S. ii¥^ 1 ATTI Del Real Istituto d'Incoraggiamento alle scienze naturali DI NAPOLI. /^.ìtq e. ATTI tr DEL R E A L I STIT U T O D' INCORAGGIAMENTO ALLE SCIENZE NATURALI DI NAPOLI. T O M O L IN NAPOLI, 1811. DALLA TIPOGRAFIA DI ANGELO TRANI. S. R. M. D. 'I molti conquistatori parla la sto- ria ^ di niuno però con più lodi che del figlio di Filippo , non perchè Egli aA an- zasse tutti gli altri per numero di hat- taglie o per gravezza di flifficoltà supe- rata , ed ampiezza di paese conquistato , ma perchè dovunque la sorte della guer- ra lo rese superiore, ehbe cura delle arti della pace , e soddisfece generosamente il debito Immenso clie ad ogni guer- riero la vittoria impone verso liimanl- tà . L' Egitto venerò in lui il lestaura- tore del suo antico sapere . Cosi que- sta terra , o Sire , men favolosa ma non men classica dell'Egitto , venererà in voi il grandissimo guerriero ed il bene- fico restauratore di quelle arti , delle quali fu altrui maestra , e dalle quali prese ne' tempi anticbìssiml lo stesso suo nome . Questo volume di memorie acca- demiche , o Sire , è il primo saggio de' tentativi clic han fatti per seconda- re i vostri benefìci disegni coloro che il vostro genio ha riuniti , protetti , animati . Piacciavi accoglierlo benignamente non per lo merito dell' ingegno ma per quello dello zelo col quale han cercato di eseguire le idee della M. V. Allri col tempo faranno meglio, e noi ci consoleremo colla gloria di coloro che avran saputo esser più eli noi utili alla nostra patria . Ma qualunque sia r utilità che questo stabilimento potrà produrre col tempo , e ne produrrà certamente una grandissima , la gloria principale del henefìcio sì dovrà sempre a voi che ne siete stato il primo autore e protettore . Il cielo conservi lungamente V. M. per la felicità de' suol sudditi . Napoli 25 Luglio i8n. Pel Real Istituto d' Incoraggìatnfnto // Cnns. di Stato Coca P residente, Gaetano Gagliardi Segretario. INTRODUZIONE. \f CESTO Istituto , sebbene tragga il suo nome dalle scienze sperimentali , pure ha per iscopo principa- le i progressi dell' industria e delle arti che da tali scienze dipendono. Sotto gli auspicj di un Re guerriero la nazione nostra vede risorgere le arti della pace . Un an- nua esposizione de' prodotti della nostra industria ha già mostrato quanto possa , allorché è eccitata da nobile emulazione , quella energia d ingegno , che la natura ne ha dato, e quanta fiducia possiamo avere in noi stessi, noi che finora troppo' ammirammo e troppo imitammo le opere della mano straniera . Abbiam veduti i nostri Sovrani discendere tra noi j applaudire e premiare V industria de' loro popoli , ed offrire nuovo guada- gno al lavoro , nuovo stimolo all' emulazione ; ed a tuttfi la nazione è sembrato rivedere i bei giorni ara- gonesi, quando Alfonso disegnava egli stesso gli archi del suo trionfo , e Fontano cantava in bei versi la coltura degli aranci in una corte in cui la tipo- grafia, e tutte le altre arti utili ricevevano e premj ed onore . Ma le arti non basta proteggerle : è necessario istruirle. Una protezione non illuminata spesse volte , lungi dal migliorarle , le corrompe. Il bisogno è forse egli solo sufficiente ad attivare quella intrinseca na- turale energia che muove l'ingegno e la mano delCuomo B ad ad accrescere , migliorare , trasformare ì prodotti della natura : ma questa energia non si estende oltre le idee, e quel bisogno che vince l'indolenza, non può superare V ignoranza . Chiunque conosce lo stato attuale delle idee de- gli uomini e delle cose , deve confessare che le arti non mancano oggi né della protezione de' governi , né degli stimoli dell' interesse , e deve convenire , che se non fanno que' progressi che si desiderano , ciò non vie- ne se non da mancanza d' istruzione . Un' altra osservazione non sarà ne anche sfuggi- ta , ed è quella che noi non manchiamo certamen- te di sapienti , i quali si occupano delle cose utili alla vita ; e che la teorica di tutte le arti è coltivata quan- to , e forse più di qualunque altra parte delle cogni- zioni umane . Onde avvien dunque che la pratica non corrisponde alla teorica , e che mentre noi ab- biamo un grandissimo numero di buoni precetti , scar- seggiamo ancora di buoni esem.pj ? Pare che T istruzione delle arti sia mal af- fidata alla sola cura degV individui privati , e che a promuoverla ejfìcacemente sia necessario commetterla ad un corpo permanente . L' istituzione delle società agrarie ed economiche è ima delle più utili idee di cui si possa applaudire V ultima metà del secolo scor- so ; e chiunque conosce T Europa , e specialmente l al- ta Italia , deve confessare , che a tale istituzione si deb- bono i rapidi progressi che ivi han fatte l'agricoltura e le altre orli. ^ L' istruzione delle arti deve essere più universale di XX di quella delle scienze ; perchè se è pericoloso pre- tendere , ed impossìbile ottenere che tutti gli uomini componenti ima società politica sien filosofi , è utile però e necessario , che tutti sieno industriosi . Ma non può mai divenir generale uri istruzione , la quale non consista più in esempj , che in precetti ; ne i precetti e gli esempj possono divenir abitudine , se non sono moltiplici e continuati . Il buon esempio di un uomo solo non si estende che per un brevissimo raggio intorno a lui. Che ha mai prodotto di bene nelle terre vicine V esempio di quel paroco di Montagano , il di cui nome non si deve obliar giammai , se è vero che la gloria non è altro che il beneficare i suoi simili [x)? La saviezza di un solo si perde tra la stoltezza universale : Il buon esempio è soffogato come una pianta utile dalla folla delle erbe cattive : le buone massime si estinguono : il fi- glio di un proprietario savio di rado è savio anche egli : la saviezza passa da una famiglia all' altra , B 2 ma (i) Damiano Petrone . Quest'uomo intimamente persuaso che l'amore dell'utile lavoro fosse il patire di ogni virtù pubblica e piivata , diresse tutta l' influenza che la leligione gli dava sugli animi de' suoi parroc- chiani a generarvelo, ed a fonientarvelo. Le penitenze che egli imponeva, non erano che opere di agricollnra. In meno di un' età di uomo ha (ormato del territorio di Montagano un giardino. Galanti ne ha scritta la vita. SII e dopo una generazione vi si estingue egualmen" te : farà il giro di tutte le famiglie , ma non forni e- rà mai la saviezza e la ricchezza di una nazione intera. I più belli esperimenti , il più delle volte si deb- bono al caso ; ma il ripeterli si deve alla ragione ; alla ragione sì deve il ripeterli molte volte ed in molti luoghi, acciocché acquistino tutto il grado di probabi- lità di cui sono capaci ; alla ragione il modificar- li ed adattarli alle varie circostanze de' luoghi e de' tempi ^ onde ottengano quella precisione die di rado hanno tra le illusioni , che accompagnano sempre le pri- me scoperte . Se i primi esperimenti rimangono igno- rati, ornai noti ^ essi saranno perduti per lo progresso della scienza, o ne nasceranno de' sistemi precoci, i quali lungi dal promuovere le verità , spesso conferà mano e moltiplicano gli errori. U agricoltura ne' suoi principj è una ; ma intan- to sono mille e diversi i metodi e le pratiche che si seguono dalle varie nazioni , dalle varie provincie di uno stesso stato, dalle varie terre di ima stessa pro- vincia , dalle varie famìglie dì una stessa terra . Se sorge uno scrittore , per V ordinario tenta convertire in precetti generali ciò che si pratica nella sua ter- ra , nella sua provincia . È egli sicuro che ciò che ivi si pratica convenga a tutti i siti , a tutti i climi , agli interessi dì tutti i popoli ? Quindi , o non è ascoltato , o mal inteso, produce più male che bene. Quale uti- lità non ritrarrebbero V agricoltura e tutte le altre arti dal conoscere i metodi di tutti i popoli colti ? XIII Affidisi dunque T istruzione delle arti ad un col- legio che sia eterno come deve essere V industria di una nazione \ abbia questo collegio principale de' col- legi minori in ciascheduna provincia , e ne sieno come le braccia : sieno iscritti in esso i principali agricoltori^ e manifatturieri di uno stato ; abbia corrispondenza con tutti gli altri collegi di simil natura , che sono presso le altre nazioni colte , e cosi noi avremo la riunione degli esempi ai precetti'^ un istruzione rapida e simultanea in tutti gli angoli del regno : ciò che si fa in un an- golo ^ sia buono , sia cattivo, si saprà in tutti gli altri per imitarsi j o per ischivarsi ; ciò che si fa in tutta V Europa sarà rapidamente comunicato a noi : i pro- gressi di un solo artefice diventeranno per questa via i progressi della specie umana. Sarebbe difficilissimo alla diligenza di qualunque privato procurarsi le notizie di tutta V Europa : im- possibile diffonderle rapidamente tra gli altri privati . Di molte macchine non basta averne la descrizione ; convien vederne i modelli: molti esperimenti è neces- sità vederli ripetere : e tutto ciò se non stanca la dili- genza , supera però di molto la forza di un uomo solo. Una delle cure principali di questo Istituto sarà quel- lo di ripetere tutti gli sperimenti importanti , e di raccogliere i modelli di tutte le macchine utili , onde l istruzione sia completa , e non solo si sappia ciò che si debba fare , ma anche , il che nella pratica è impor- tantissimo ed al tempo istesso difficilissimo , il come sì debba fare . In fatto di macchine sopratutto , ( è un'osservazio- ne XIV ne che ha potuto fare cliiunqiie conosce la storia della meccanica ) , pochissime sono iltippo di principj ; il maggior mimerò si deve ad un impeto naturale d' ingegno , che prima di conoscere i principj ne ha scoperta l'applicazione. Se- guendo questa costante inclinazione della natura , V os- servazione sulle moltissime macchine riunite insieme nel Conservalorio di Parigi deve essere più feconda di tut- ti i principj di meccatnca analitica. Tra noi questa raccolta sarà riunita all' Istituto , onde sia piìi faci- le l acquisto de' modelli , piìi facile la diffusione. Cosi questo Istituto istruisce gli artefici commu- nìcando loro le teorie e le macchine delle arti, e nel tempo istesso perfeziona le arti raccogliendo in un p un- to solo j in un centro comune , le osservazioni degli artefici . Se uno di questi due oggetti mancasse , V istituzio- ne sarebbe incompleta , poiché ne gli artefici si pos- sono dirigere altrimenti che rendendo loro comuni e facili i principj delle arti ; né queste si possono pet^- fezionare se non moltiplicando e raccogliendo le os- servazioni degli artisti . Che sono mai i principj , che formano la teorica' delle arti? Essi sono formati dalla ragione, ma sono risultati astratti de' dati che ha forniti V osservazione . L' intelletto s' impossessa di questi dati , li paragona tra loro , li classifica , e ne estrae delle conseguenze generali , per le quali determinandosi i rapporti del- le cose tra loro ,, vengonsi a fissare i precetti delle azioni degli uomini sulle medesime. Ma XV Ma queste conseguenze sono sempre in picciol nu- mero , incerte, e , se si vogliono estender troppo , di- ventan perniciose . Sono in picciol numero , perchè in verità quanti sono i dati che noi sappiamo a fronte di quelli che dovremmo sapere neW infinita immensitìi del- la natura ? Incerte , perchè la certezza di una con- seguenza dell' esperienza è una probabilità , la quale è sempre in ragione del numero de' casi osservati, pa- ragonato al numero de' casi osservabili . Or il numero de'secondi è quasi infinito , e picciolissimo è al contrario il numero de' primi , perchè molti casi non si ossei- van sempre y molti non si osservano allo stesso mo- do y le osservazioni ora sì contradicono , ora sono inesatte , e lungi di apportar luce , spargono nuova te- nebria sugli oggetti ; ora finalmente , ancorché fatte con esattezza e precisione , si perdono inutilmente, perchè rimangono ignorate tra le carte , e talora nella stessa testa dell autore che le ha fatte . Quindi in tutte le scienze che dir si posso- no sperimentali quella mancanza di dati necessa- rj a poterne dedurre principj certi ; quindi V insuffi- cienza e T inesattezza dei principj medesimi ; quindi tra per la necessitcì , e per la naturale inclinazione ed il naturale bisogno che abbiamo di formare e di ser- virci di principj generali ; tra per la negligenza che naturalmente abbiamo in osservare , si veggono le osservazioni di un nomo reputarsi risultato delle osservazioni di tutti gli uomini ; le pratiche di alcu- ne età tener luogo della sapienza del genere uma- no y gli usi di una limitatissima regione confon- der- XVI dersi colle nonne universali di tutta la terra , onde poi ignoranza, errori, pregiudi zj , e la corruzione, o il lento progresso delle arti. Stabilito una volta un pre- giudizio o un errore , T ingegno umano per sua na- turale indole si ostina a sostenerlo , ed associa le sue idee tanto ampiamente e tanto stranamente , che per distruggerlo , invece di un errore , è necessità comhat~ terne mille , tra i quali molti tanto più forti , quanto che, avendo tutto il loro fondamento non già nella natura delle cose , ma nelle immaginazioni degli uomini , è sem- pre difficilissimo richiamar costoro al giudizio de' sensi e trovare un fatto che smentisca le loro opinioni . Chi crederebbe , per esempio , che un popolo , che con ra- gione si venera come maestro in agricoltura , avesse limitato i suoi tentativi in far nuovi innesti , perchè gli Dei aveano coi fulmini riprovata tale audacia (i)-'* Funesto esempio di ciò che può lo spirito umano una volta traviato dal retto sentiero, e norma ai sapienti per ricondurvelo incominciando sempre dall' osservazione! Riportare continuamente gli uomini all' osserva- zione è il modo più sicuro per allontanarli dagli er- rori ; è il modo più efficace d' insegnar loro ciò che è utile . Ne altra è la ragione per la quale ne' secoli barbari sono nate tutte le arti , ed han fatti molto più grandi progressi che ne' secoli colti. A que' secoli che noi chiamiamo barbari dobbiamo di fatti l'invenzione della carta , della bussola , della majolica , de'molini a ven- (i) Plin. tit. 9. XVI I vento ec. Ne' secoli colti abbiamo certamente perfezio- nate tali invenzioni ; ma quanto si paragona il cam- mino che lo spirito umano ha dovuto correre dalla igno- ranza all' invenzione , oh di guanto esso è maggiore di quello che rimaneva a fare dal punto dell' invenzio- ne a quello dell' attuale perfezionamento ! Ma i po- poli ancora barbari ^ simili ai giovinetti ^ osservano più de' vecchi : questi ragionano , e la ragione è più fatta per perfezionare , che per inventare . La ragio- ne paragona , classifica , ordina i dati; la sola osser- vazione però li somministra . Gli antichi , dice V Alambert , osservavano più di noi , e meglio di noi , perchè osservavano con più diligenza ed assiduità . Noi vinciamo gli antichi neW arte di sperimenta- re . Ma T esperienza suppone sempre la precedente os- servazione ', e spesso sarebbe superflua se si fosse be- ne osservato ; perchè spesso quella verità che ricer- chiamo con lunghe e sottilissime induzioni , era sotto i nostri occhi ^ e noi abbiam trascurato vederla . Tut- to è così strettamente connesso nelV universo , che una semplice ma abbondante collezione di fatti basta sola a far progredire rapidamente le nostre scienze ; ed il render questa collezione di fatti quanto più si possa completa , deve essere il primo scopo di ogni ben or- dinata istruzione . Il numero moltiplicato delle osser- vazioni e' insegnerà nuove esperienze a tentare , e nuove verità a scoprire. Ma che s' intenderà mai quando si parla della necessità di moltiplicar le osservazioni ? Mancano es- c se XVI li se forse ? Ogni nomo è inclinato ad osservare per na- tura ; ogni artefice è costretto ad osservar per neces- sità . Moltiplicar dunque le osservazioni , non vuol dir altro che raccoglier quelle che o n-ituralmente , o per necessità gli uomini tutto giorno van. facendo , e che si perdono . Si dice , che hi p'à bella opera prodotta dalle osservazioni degli antichi , gli aforis'ni d' Ippocra- te , sia il risultato delle osservazioni di molti uoinini, e di molli secoli depositate in un tenypiu. Mollivlicare le osservazioni non è altro che / ìaprire un tempio , dove si possono depositare quelle che gli uomini fanno , e che oggi inutilmente si perdono , e dare a^li uomini degli stimoli a depositarvi quelle che han fatte . Ma noi possiam fare più degli antichi ; noi dohbiam far si che le osservazioni nostre sitano an- che più numerose e più esatte ; piìi numerose , per- chè pili estesa è a tempi nostri la civiltà e Y istru- zione , più facili le comunicazioni tra i varj popoli . Gli antichi , olire degli ostacoli politici e religio- si, che tali comunicazioni o impedivano , o rendevano difficili y imo grandissimo ne aveano nella mancanza di una lingua tecnica per ogni scienza ; lingua che fosse comune a tutti i popoli , lingua che sola può far si che T osservazione fatta in un luogo s' intenda in un altro . Chiunque è versato nello studio degli an- tichi scrittori sa quanta difficoltcì s' incontra ad ogni passo , per ridurre lui osservazione di Teofrasto all' unisono di un altra di Plinio . Noi V abbiamo questa lingua y essa si va di giorno in giorno perfezionando , ed XIX ed è uno de' più grandi mezzi che Y Europa abbia per accrescerle la civiltà, e perfezionare le sue scienze . Noi possiamo avere osservazioni più esatte , per- chè possiamo regolarle ; il che non credo che gli antichi abbìan mai fatto , ed è divede credere die abbian potuto fare , almeno in grande , nella man' canza in cui erano di ima lingua tecnica . E le os- servazioni non sono mai veramente utili j se non sono ben dirette j imperciocché essendo necessario , per aver buone osservazioni , che esse sien fatte per lungo tem- po , in molti luoghi, da ìnoltissimi uomini, è impos- sibile che ciò si ottenga, senza che i molti nominine' varj luoghi , e ne' varj tempi non osservino con una nor- ma comune . Senza questa norma , ciò che si osser- verà in un luogo sarà trascurato in un altro ; mol- te osservazioni saranno superflue , molte mancanti , moltissime inesatte , tutte incomplete . jyoi dunque possiamo far più cammino degli an- tichi , ma questi erano sulla buona strada ; ritonùa- mo sul loro sentiero, e coi mezzi che abbiamo, otter- remo effetti maggiori . L' Istituto dirigerà le osservazioni prima che si facciano , le raccoglierà , le paragonerà quando son fatte : i risultati saranno più certi e più esalti , perchè il numero delle osservazioni sarà stato maggiore ; da questi risìdtati nasceranno le indicazioni di nuove os- servazioni ; ed i progressi delle scienze saranno si- mili a quelli di un viaggiatore , il quale quanto più Ita veduto , tanto piii conosce che gli rimane a vedere . Né questi progressi saranno limitati alle sole àr- C 2 ti, ti , ma ne trarranno profitto anche le scienze , dalle quali tali arti dipendono ; perchè mentre queste som-^ ministrano alle arti i loro principj , ne ricevertmno le osservazioni . Chiunque vuol separare le une dall'altre, tende a rendere o le arti barbare , o le scienze pom-^ posamente inutili . Chiunque conosce la storia della filosofia , deve confessare che i progressi delle scien- ze fisiche sono stati effetto del progresso delle arti , e delV unione che si è stabilita tra loro : le arti han- no sbandite dalle scienze lo spirito dì sistema , sog- gettando i principj sistematici all' esperienza che gli ha smentiti / le arti han somministrate alle scien^ ze le pili esatte osservazioni , perchè non vi è , ne può esservi mai migliore osservatore di colui che agisce . LéC arti non altro sono che V applicazione delle forze dell' uomo ai materiali che somministra la natu- ra. Tra le scienze , la storia naturale è quella , che in- dica questi materiali: le matematiche calcolano e di- riggono le forze : la Chimica , analizzando i corpi , ora accresce i materiali delle arti , facendo trovare in molti corpi quelli che prima eran visibili in pochi ; ora accresce le forze dell' uomo , insegnandogli ad unire e separare quegli esseri , che resisterebbero all' azione dei soli mezzi meccanici : la fisica , scienza che nello stato attuale delle nostre cognizioni si può dire di es- ser rimasta indeterminata , e che forse non potrà aver giammai un significato eguale all' ampiezza del suo nome , senza che usurpi ciò che a molte altre scienze è stato concesso , la fisica , o applica a taluni corpi par- XXI particolari le verità della matematica , o calcola le azioni di alcuni grandi agenti della natura , quando operano non già analizzati dal chimico , ma in mas- sa , e quali sono nel loro stato naturale . A questa parte della fìsica appartiene la meteorologìa , scienza che forse taluno crede non esìstere sol perchè le si è prestata troppa fede nei secoli , che noi crediamo me- no culti del nostro , ma di cui non si può negare la possibilità , se prima non precedano le osservazioni , almeno di due altri secoli . jfe' applicazione di tutte queste scienze a conosce- re e descrii'ere il paese che noi abitiamo , deve esse- re la cura principale di un istituto addetto principal- mente a promuovere V industria nazionale . Quest' ap- plicazione è quella che si può chiamare Statistica , parte delle nostre cognizioni , a cui pare che ancor si disputi qual posto se le debba assegnare . Alcuni credono che essa non sia diversa dalla geografìa , prendendola nel suo più ampio significa- to di fisica , istorìca , politica , e commerciale . Ma anche in questa ipotesi la statistica non darebbe che piccolo ajuto all' econotnia pubblica di un regno , per- chè non indicherebbe quasi mai lo stato attuale delle cose , che è quello dal quale gli uomini ed i governi debbon prender la norma delle loro operazioni. Tutto cangia , e la descrizione di ciò che fu ieri , non è nor- ma sicura per ciò che si deve far oggi . Converrebbe fare una geografia , fisica , istorìca , politica , com- merciale in ogni anno y e per /' imjiossibìlìtà di poterla fare , convien confessare che tutte le opere di statistica avu- XXI I afute Jìnora non hanno prodotto neW economia pubbli- ca quei buoni effetti , che i loro autori se ne promet- tevano . Tra gli oggetti della Statistica ve ne sono dei permanenti , e di quelli eh*; cangiano sempre. I pri- mi bisogna osservarli diligentemente , ma niun uo- mo può lusingarsi di osservar tutto egli solo nel più piccolo angolo della terra . I secondi bisogna osser- varli sempre : le cose cangiano con certe leggi , che importa conoscere y e queste , non ci scuoprono se non a forza di osservazioni continue , non sopra i risultati de' cangiamenti ma sopra i cangiamenti me- desimi . Alcuni han confusa la statistica coli' aritmetica politica , sol perchè uno de' primi che tra i moderni si occupò di qualche soggetto di statistica volle dare alle sue ricerche questo nome , confondendo le cogni- zioni aritmetiche che gli servivan d' istrumento , col- le verità economiche che n erano il risultato. A que- sto modo non vi è parte delle nostre cognizioni , la quale non possa meritare il nome di aritmetica , perchè poche ve ne sono nelle quali il calcolo non sia un istrumento necessario , almeno principale . Alcuni vorrebbero separare la statistica dalla storia. Tale è V opinione dell'Inglese Plaifair , il qua- le ha ridotta la statistica ad esser una miniatura per donne , o per fanciulli . Di fatti una statìstica per donne e per fanciulli , che bisogno ha della storia ? Es- sa né deve analizzare le cagioni de' mali , né incari- carsi de' rimedj . Ma tostocchè si hanno in mira que- sti XXI 1 I stì dite oggetti , non s' intende come si possano conse- guire senza storia , la quale sola può farci ben cono- scere lo stato attuale delle cose , ed insegnarci ciò che convenga fare per migliorarlo . Per conoscer bene lo stato attuale , non haxta sapere qual esso sia : sic- come nulla è permanente di quanto è sotto il so- le, cosi quello ituto si dirà prospero^ il quale ^ sia pur quanto si voglia picciolo , progredisce verso l'au- menlo ; quello si dirà cattivo , il quale , sia pur quan- to si voglia grande , va verso la diminuzione . La sola storia riunita alla statistica può darci questo pa- ragone , tanto necessario tra ciò che è stato , e ciò che è : la sol» storia descrivendoci V azione simultanea di tutte' le nazioni , che hanno influito sulla felicità nazio- nale , può insegnarci a calcolare l'influenza di ciascu- na : la sola storia , mostrandoci ciò che si faceva quan- do si faceva bene , può insegnarci a non far male . Senza saper quello che si è fatto j di rado si può sa- pere ciò che si ha a fare . Quando la storia applicata all' industria naziona- le fosse inutile a tutto il rimanente deW Europa , non lo sarebbe per noi. La terra che abitiamo è an- tica ; i popoli che T han coltivata sono grandi; né della loro grandezza è pervenuta a noi una fama in- certa ed oscura come dell Etruria , e dell'Egitto , nomi grandi per f ammirazione de' posteri , inutili per la nostra istruzione y ma ne son pervenute a noi le me- morie di ciò che facevano , ed esistono gli avanzi di Ciò che han fatto . Gli XVIV Gli antichi coltivarono in queste nostre regioni quasi settanta specie di viti , e ne traevano quasi al- trettante specie di squisiti vini . Molti di questi sono rimasti quasi illustri nomi di mitologia . Tale si può dir che sia il Falerno y la regione che lo produceva non dà ora , siccome dice Metastasio , che vino da galeotti ; pure la vite arainea in quella regione esi- ste ancora : io V ho riconosciuta quale la descrive Plinio , ed il vino di questa vite fatto con cura , e serbato per qualche anno , ha mollo dell' austero e del flavo di quel vino, a cui dovea gran parte del suo estro il poeta filosofò di Venosa . Sarebbe utilissimo sulle nostre viti un lavoro egua- le a quello che il Sìg. Presta ci ha dato sugli ulivi ; lavoro a cui niuna altra nazione può controporne uno eguale , ma lavoro che non si può sperare , se non ripigliando tutte le idee degli antichi , ed aggiugnen- do all' esperienza nostra i due mila anni dell' espe- rienza loro . In quante pratiche di agricoltura noi ci siamo allontanati dal vero , sol perchè non abbiavi voluto seguire i nostri antichi ? // libro veramente classico di Tanoja sulle api , lo dimostra ad evidenza. Tutti i prodigi narrati intorno questo utilissimo insetto sono svaniti : sono svanite tutte le quasi superstizioni , che si praticavano nella di lui cura : le semplicissime pra-i^ iiche de' nostri antichi Ajmli tramandateci per cenni da Varrone e da Aristotile , si son trovate esser al tempo istesso le più ragionevoli , le più facili , le più utili . IVoi interrogavamo gli altri per saper ciò che si do- ves- XXV vesse fare , ed i nostri padri lo facevano da molti secoli . Oserò io esporre un mio pensiero , con quella C ircospezione però che si conviene in un sofgeCo tanto dubbio , e di tanta gravezza ? Oggi tutta l Eu- ropa crede , e crediamo anche noi , che V introduzione de' merinos sia L' unico mezzo di restaurare le dege- neri razze delle nostre pecore . lo non mi opporrò a questa idea , ma non mi sarà permesso di fare os- servare , che a tempo di Plinio , e di Coliiniella le nostre Ione eran superiori di molto a quelle di Spa- gna? Queste venivano non solamente dopo le lane Tareiitine , ma anche dopo quelle di PoUentia . Col tempo il pregio delle lane nostre decadde , perchè diminuì colla barbarie la cura diligentissiina che si avea delle pecore ai tempi di Plinio. Alfonso di Ara- gona trovò la nostra pastorizia quasi interamente di- strutta , e volle rigenerarla . Si poteva allora pro- porre un problema : sarei meglio rinnovar le razze degli animali , o ripristinare V antica industria degli uoìnini ? Jo non so , se il problema si propose : so che fu adottato il primo metodo , come quello che era piii facile , piii analogo al modo di pensare di un re aragonese , il quale dovea esser intimamente persuaso , che le pecore della terra conquistatrice fosser naturalmente migliori delle pecore della terra conquistata . Allora quasi tutte le nostre pecore di- vennero Spagnuole ; ma ritornarono perciò le nostre lane ad avere il pregio , che aveano all' etcì di Pli- nio ? Noi dunque abbiamo avute lane eccellentissime D dui- XXVI dalle nostre pecore indigene ; ed abbiamo lane medìo^ cri didie Spaglinole: io non disputerò del mellito di queste , ma avrà torto chi sosterrà che a migliorar le nostre lane, piìi che la j-innovazione delle razze ^ deb- ba influire la rìpristinazione dell' antica diligenza ? E sarà condannabile chi ripigliando V antica industria si lusingherà di vincere anche le lane Spagnuole ? Jo non fa che indicare tentativi : ma questi pos- sono essere infiniti ed nidi in un suolo tanto fertile , in un cielo tanto vario , quanto il nostro , e di que- sti tentativi gran parte ne lian fatti i nostri pred e- cessori . Perchè perdere il frutto della loro esperien- za? Se , come dice Cicerone di ogni altra storia , Y ignorare ciò che sì è fatto prima di noi è lo stesso eh' esser sempre fanciullo , noi possiam dire della no- stra , che il saperla basta quasi solo a farci grandi . Altri han confusa la statistica coli' economia pO' litica , la quale a ben intenderla , non ne deve essere che il risultato ; e V averla preceduta , ha prodotto gli stessi mali , che ha prodotto in fisica la smania di aver voluto stabilire de' sistemi generali , prima di aver raccolto un numero sufficiente di osservazioni . Quindi lo stato attuale di quella scienza, che si chia- ma economia politica è tale , che , tranne alcune po^ che verità che dir si potrebbero di senso comune , il dìppiiì non è che un composto di sistemi contraddite torj , o esagerati a segno , che quando si vogliono ap- plicare alla pratica , o non riescono , o hanno biso^ gno di tante modificazioni , che a forza di eccezioni, 'SÌ distrugge la regola . Lo dirò io ? U economia po^ liti- XXVI I litica non esiste ancora ; e quella che deve esistere non si può sperare , se non dall' attenta osservazione de' fatti , la quale non si può ripetere che dalla sta- tistica . Da tutto ciò che ho detto risulta una proposizio- ne , la quale forse sembrerà un paradosso , ma che io credo vera / cioè che la statistica è una scienza sperimentale, utilissima j necessaria , ma che ancora non esiste. Io credo j 'che da quello che ho detto sì sciolga il problema agitato tra molti eruditi , se di essa ne avessero , o nò conoscenza gli antichi. La risposta è semplice : gli antichi aveano descrizioni di stati ; perchè senza averne non avrebbero potuto essi governarli: ne doveano averne delle molte più detta~ gliate di quelle che i geografi han tramandale a noi, per la ragione , che con il solo ajuto di queste , non si potrebbe governare . Tale dovea essere il famoso me moriale di angusto , che Tiberio recitò al Senato; ma tutte queste descrizioni non erano slaùsùca ., scien- za per cosi dire perpetua , che per soddisfare alt og- getto a cui è destinata si può dire che non sia mila ancora . La statistica non può esser F opera di un uomo solo . £ questa una verità, che quasi tutti i Gover- ni han compresa . Né l' attività , né la vita di un uo- mo , sono sufficienti a conoscere e descriver tutto . La statistica deve esser opera di uii collegio perma- nente per molti secoli , perchè di molti secoli di os- servazioni sempre imiformi essa abbisogna , per poter prendere abito , ed utilità di scienza . In Francia vi D 2 è un XXVI I r è un officio addetto alla statistica dell' Impero y vi è una società di dotti che si occupa dello stesso ogget- to .' nel nostro regno la cura della statistica è data a questo istesso corpo , il quale è incaricato de' pro- gressi deli industria nazionale . La statistica è una scienza, la quale ha bisogna dell opera di molte altre scienze , e tende alla perfe- zione di tutte . Ha bisogno di molte scienze , perchè è fondata sulle ossen>azioni , le quali non sono che interrogazioni , che noi facciamo alla natura ; ed il S:ipere interrogare , come diceva Socrate , è già una scienza. Di fatti , noi dobbiamo alle matematiche , al- la fisica , ed alla chimica la precisicme e l esattezza di alcune descrizioni de' moderni su quelle degli an~ tichi . La descrizione di un terreno fatta dagli anti- chi è sempre indefinita , e di rado dà- norme utili al- la pratica ; fatta da un moderno coi metodi che som- ministra la chimica , mentre è precisa , e insegna il modo di migliorarlo , di renderlo più opportuno ai nostri bisogni. Molte scienze dunque debbono somministrare le interrogazioni alla statistica , ma le risposte che que- sta raccoglie possono servire alla perfezione di non poche delle scienze medesime , che han som,mi ni stra- le le interrogazioni . Io non parlerò dell' economia politica : essa non esiste ancora , né esisterà senza ■ statistica . Ma la geografìa fìsica , e la geologia , di quanti fatti non si potranno esse arricchire , se si osserverà costantemente per molti anni sopra i varj punti della superficie della terra ? Qua li progressi non XXIX non può sperarne la meteorologìa .^ scienza la quale , come da molti è stato ben ovi^eitito , non può trarre i suoi dati , se non da osservazioni fatte in grande ,■ e sopra vasti spazj di terreno ? Allora si potrii cal- colare quanto itifiniscano sulle vicende dell' atmosfe- ra l'azione de' corpi celesti, prima cagione delle me-' desime , e le elevazioni de^ siti , e le varie direzioni de' monti , e la diversa vegetazione , e tante altre ca- gioni , le quali , perchè ancora mal note , non pos- sono finora ben diffinìrsi , ma che intanto , non ces- sando di agire , e turbando T effetto delle cagioni principali , fanno si , che si corra ai due estremi , o di dar troppo , o di non dar nulla di fede ad una scienza, che è molto importante pel ben essere de IT umanità , e che in conseguenza non deve rimaner neir incertezza . Senza meteorologia noi descriviamo il clima di un paese colla slessa inesattezza , colla quale , senza storia naturale , e senza chimica , de- scriviamo il suolo . Qual altro vantaggio possono ricevere dalla sta- tistica tutte le scienze , che riguardano la salute degli liotnini , e degli animali ? La vita è uno stato forzo- so, e tre quarti della medesima dipende dagli esseri che mi circondano \: essi modificano le azioni della natura nelV uomo sano , modificano V azione delle mc' decine nelV infermo y le malattie prendono il carattere del clima , e secondo il clima cangiano gli effetti delle medicine . Abbiamo noi raccolto tutte queste os- servazioni , le abbiam paragonate tra loro , ovvero senza averle né raccolte , ne esaminate , osiam dire , che XXX che non offrirebbero alcun risultato utile ai pregressi della scienza salutare ? Poche interrogazioni aggiunte alle ordinarie tavole di popolazione ne accrescerebbe- ro di motto V utilità . Io non fo che indicare alcuni oggetti : chi potreb- be annoverarli tutti ? Ma da quel poco che ho det- to -, si vedrà , spero , al tcrr.po istesso V ampiezza e de' doveri de' socj delV Istituto , e de' benejìcj che col- la sua fondazione il Go vento ha fatti ai suoi popoli. XXXI STATUTI. UHI gBa liM*** C A P. I. PiSFOSIZlONI GENBRiLI. I L Real Istituto d' Incoraggiamento di Napoli avrà tre ordini di SOC), cioè Ordinar], Onorar], e Corrispondenti . Il numero de' pri- mi è di sessanta , e saran divisi in cinque classi , come sarà detto nel capitolo Vili. Gli Onorar] , e Corrispondenti saranno di un nu- mero indeterminato . I soli Soc] ordiuai-j han diritto al voto . §. .. Sarà governato da un Presidente , le cui funzioni dureranno un anno. ^ §. 3. Inoltre avrà un Vice-Presidente , il quale disìmpegnerà le fimzio- ni del Presidente nel caso questi sia assente , e durerà similmente un anno . §•4. In mancanza del Presidente , e del Vice- Presidente ne farà le v«- ci il Socio più anziano in età . Vi sarà un Segretario, e Vice-Se^etario : tutte e. due saràn per- petui : le di loro incombenie saranno spiegate nel capitolo IV. XXXII $.6. Avrà un Consiglio di Ainminislrazione composto di tre indivi- dui , uno de' quali avrà V iucaiico di Tesoi'iere . Le loro funzioni dureranno un ajino . §■ 7. Avrà finalmente un Archivario e BiHiotecario , un Commesso e Custode , ed un Usciere . §• 8. I soldi de' predetti impiegati sono fissati nel modo seguente : Al Segretario ducati venti al mese. Al Vice-Segretario ducati dieci al mese . AI Bibliotecario ed Archivario ducati venti al mese. Al Commesso e Custode ducati quindici al mese . All' Usciere ducali otto al mese , §• 9- - Nel caso che qualche articolo de' presenti stabilimenti meritasse col tempo del cambiamento , se ne farà relazione a Sua Maestà . Nelle deliberazioni ordinarie un voto al di sopra della metà sa- rà riguardato come il voto generale : ma non si reputerà seduta ac- cademica quella che non abbia il numero di i5 Sorj. Il Real Istituto avrà un locale in cui vi sia una sala grande per le assemblee pubbliche , e per le adunanze accademiche ; una sa- I Xxxiu sala di lettura ; una biblioteca ; un gabinetto di maccbine , e special- mente di quelle che dovranno introdursi nel Regno , o che saranno di nuova invenzione . Avrà benanche un Gabinetto meteoroloyico , una Stamperia , ed uu Elaboratorio . §. 12. Vi sarà in ogni anno una sessione pubblica , ove si pubblicherà il Tomo degli Atti : ed ove si distribuiranno i prenij d' incoraggiamento. §• i3. Nelle sessioni economiche dell' Istituto non possono assistervi che i soli Socj Ordinar) . §. i4. Sarà aperta una soscrizione libera , ove potranno farsi registra- re indistintamente tutte le persone , che vorranno concorrere alla perfezione delle opere dell' Istituto . §. i5. Queste soscrizionl si riceveranno presso del Segretario , e le somme che se ne ricaveranno , vei-ranno depositate nella cassa del Tesoriere . §. 16. Si pubblicheranno in tutti gli anni le liste di coloro , clic si soscriveranno in fine delle memorie dell' Istituto . §• »7- In ogni anno si renderà un conto esatto dell' uso in cui si sarà impiegato r importo delle soscrizioni . B. CA- C A P. II. Elezione , e modi delle medesime. §■ 18. L'elezione del Presidente, del Vice-Presidente, e del Consiglio di Amministrazione si farà nella prima sessione di ciascliedun anno, §• >9- In questa elezione, in cui il numero de' voti dev'essere almenor di ventiquattro, ogni Socio scriverà in una scheda il nome di quel- r accademico che vorrà nominare , e tutte le schede saranno deposte in un'urna. Il Presidente nominerà due Squittinatori , i quali dopo di aver numerate le schede , le leggeranno una dopo 1' altra con vo- ce alta . II Presidente , il Segretario , il Vice-Segretario , e '1 Tesorie-- re son tenuti a scrivere i nominati in ciascuna delle schede . Colui c^e avrà avuto maggior numero di voti sarà proclamato Presidente , e quegli in cui sarà un numero di voti prossimo al maggiore sarà il Vice-Presidente . In parità di voti deciderà il Presidente . §. 20. Lo stesso Socio non potrà essere rieletto . §• 21- L'elezione del Segretario e Vice-Segretario si farà allo stesso- modo : la loro elezione sarà presentata al Real Trono per averne r approvazione . L' elezione de' Socj Oi-dinarj sarà trattata in due sessioni ; nella prima essendone stati prevenuti lutt' i Socj Ordinar] , ciascuno di essi / essi indipendentemente dall' altro produrrà una scheda , nella quale saranno registrati i nomi di tanti soj;gelli creduti degni quanti sa- ranno i posti \acantl . Tutte le siLide raccolte in una bussola sa- ranno lette da due Scnitiuatori . 11 Presidente, il Segretario, il Vi- ce-Segretario , ed il Tesoriere ne prenderanno nota , e se le altre note non si trovassero uniformi , si rileggeranno le scliedc , e verifi- cate le note si registreranno que' soggetti , su i quali saranno con- corsi almeno tre voti , formandosi la lista de' candidati . Questa lista sarà passata alla classe cui appartiene il posto vacante . ^ Si passerà quindi alla bussola il nome di colui , che si troverà notato in primo luogo, e poi gli altri secondo il loro ordine. JS'on dovrà concorrei-e meno di due terzi di voti inclusivi de' Socj presen- ti : ben inteso che tutti i nominati secondo l' oi'dine posto dalla clas- se saranno messi a squittinio avendosi per eletto quello che riassu- merà il massimo numero di voti . Tale elezione sarà presi'ntatti al Real Trono per riscuoterne 1' approvazione , senza la quale non po- trà prendersene 1' esercizio , §. 23. Nella elezione de' Socj Onorarj , e CoiTÌspondenti sarà in liber- tà di ciascuno degli Ordinar) di farne la proposta in una sessione , e questa si passerà alla considerazione delle rispettive classi , le quali dopo di aver prese le dovute indagini , proporranno il Soggetto per lo squittinio , e la maggioranza de' voti deciderà dell" ammissione , o dell' esclusione . C A P. III. DSLLE FDWZIONI DEL PRESIDENTE , B DEL VlCE-PnESlDENTE. . Il Presidente reggerà le sessioni perchè sieno tenute con ordine « regolaiità. xsx\i Darà la parola a que' Socj che vorranno leggere le memorie , o i rapporti . §. a6. Scioglierà , o prolungherà le sessioni secondo il bisogno , Soscriverà gli atti accademici , e tutti gli staLUimenti , relazioni , e rapporti , che si manderanno al Re , o a' suoi Ministri . §. a8. Spedirà , e soscriverà i brevetti , e le patenti . §• 29- Convocherà le assemblee straordinarie , e stabilirà i cambiamenti de' giorni delle periodiche . §. 3c. Sarà Presidente nato di tutte le deputazioni che potranno esse- re inviate dall' Istituto al Re , o a' suoi Ministri . §. 3u Designerà, alla semplice deliberazione dell'assemblea , i Socj che dovranno comporre la Deputazione, o qualunque Commessione che recar debbasi alla presenza del Re , o de' suoi Ministri . §. 32. Rimetterà alle rispettive classi le materie , ordinandone anche- l'unione, nel caso che il bisogno lo richiedesse. GAP. XXX vu GAP. IV. Del Segretario Perpetuo , e Vice-Segretario . §. 33. Il Segretario perpetuo sarà il direttore di tutti i registri acca- demici . §• 34. Avrà cura che dall' Archivario si conservino nell'Archivio ben ordinato tanto i registri , quanto le lettere di corrispondenza , e i manoscritti degli Accademici , e de' non Accademici che vorranno de- positarveli . §. 35. Nelle sessioni leggerà gli atti della sessione precedente , e li soscriverà col Presidente , indi noterà quelli della sessione attuale . §. 36. Disporrà tutte le relazioni , e le lettere , e le soscriverà dopo il Presidente . "^ §• 37. Riceverà , e metterà in ordine tutte le memorie che saranno date nel corso dell' anno , e dirigerà la compilazione e la stampa dei lavori accademici. $. 38. Indirizzerà i brevetti , e patenti delle nomine , e gli soscriverà dopo il Presidente , e vi apporrà il suggello . §• 39. Spedirà tutt'i biglietti di avviso delle convocazioni accademiche e di qualunque altro invito. Q. 4o. §• 4o. Terrà corrispondenza con tutti i Socj sì esteri , che nazionali di qualunque classe essi sieno . §• 4i. " Ànnnnzierà la morte de' Socj , e ne formerà gli articoli necro- logici . §• 42- In caso di assenza nelle assemLIee dell" Istituto sarà rimpiazzato dal Vice-Segretario , U quale adempirà in sua mancanza tutte ie di lui veci , e coopererà col medesimo ai lavori accademici . C A P. V. Dell' amministrazione . §. 43. Sarà nominato un Consiglio Amministrativo composto di tre Socj , uno de' quali avrà V impiego di Tesoriere , a tenore del §. 6. §■ 44- Il Tesoriere incasserà tutte le somme , cte s' introiteranno per conto dell' Istituto . §. 45. Provvedere alle spese , che occorreranno per le sessioni , pei mobili , per la Contabilità , e per I' Archivio . $. io. xmx §• 46. . - Egli non potrà fave spesa alcuna senza la firma almeno «li uno de' (lue Ammiuistratovi . §• 47- Malgrado ciò , potrà egli fare le ricevute delle partite che in- casserà . $■ 48. Li Amministrazione renderà i suoi conti nella fine dell' anno . S- 49- Allora saranno nominati due Censori per rivedere i conti , e farne i rapporti all' Istituto . Siffatti rapporti esaminati dal Presiden- te , e dal Segretario saranno letti all' assemblea , §. 5o. 11 Tesoriere riceverà i mensuali appuntamenti assegnati , e da assegnarsi da S. M. , e pagherà tutte le spese che saranno ordinate dal Consiglio di Amministrazione . C A P. VI. Delle Sessioni. §• 5i. Vi saranno delle assemblee pubbliche , periodiche, e straordinarie. §• Sa. Le assemblee periodiche si terranno regolarmente ogni settima- na in un giorno da destinarsi dallo stesso Istituto . §.53. §. 53. Le assemblee straordinarie saranuo convocate con biglietto del Segretario d' ordine del Presidente . §. 54. Per potersi fare una sessione, il numero de' Socj non deve es- sere minore di i5, come fu detto nel §. io. §. 55. Nel principio della sessione il Presidente domanderà al Segreta- rio perpetuo la lettura degli Atti della sessione precedende '. §. 56. Ogni Socio potrà accennare se abbia osservazioni da proporre su gli atti suddetti , e discusse che saranno , il Segretario li dai-à a registrare nel libro, mentre dura la sessione. §. 57. Immediatamente dopo il Segretario leggerà gli ordini del Re , o de' suoi Ministri , e si determineranno alla pluralità de' voti le ri- spettive risposte da darsi, rimettendosi alle classi quelle materie che han bisogno di esame . §. 58. Fatto ciò il Presidente annunzierà una dopo 1' altra le cose da trattarsi . §• %• Tutti gli affari dibattuti si metteranno allo squittinio a voti Segreti , purché sia reclamato da' Socj . §• 60. $■ 5o. Indi si leggeranno le memorie , le quali dovran sempre conte- nere un soggetto degno dell' occupazione dell' Istituto. §• 6i. I Socj cte vorranno leggere le loro memorie , o i loro rappor- ti , ne faranno inteso prima della sessione U Presidente , il quale da- rà r ordine della lettura. §. 62. L'ultimo atto delle medesime sarà la soscrizione cLe faranno il Presidente , ed il Segretario, degli atti deUa sessione precedente re- gistrati nel libro. S- 63. La Sessione non si scioglierà , se il Presidente non ne darà il segno. §■ 64. Ninno de' SocJ potrà innanzi tempo ritirarsi , se il Presidente non gliene darà il permesso. §• 65. Sarà preciso obbUigo di ogni Socio Ordinario d'Intervenire nel- le unioni periodiche dell'Istituto, come anche in quelle deUe classi, e la sua mancanza per otto volte continue senza legittima scusa da' prodursi con biglietto al Segretario , il quale la riferirà all' Istituto , sarà interpetrata , come una rinuncia al Corpo Accademico , che al- lora avrà dritto di sciegliere un altro Socio in di lui vece. «• GAP. C A P. VII. Modo pi votAhe. §. 66. Si formeranno le tabelle a guisa di carte da giuoco di picciola forma , sopra le quali sarà impresso eoa la stampa P. placet , o pu- re N. P. NON PLACET . A ciascun Socio saran consegnate due di es- se , cioè una del voto affermativo, e l'altra del negativo . Ciò 'fatto porrà ognuno la tavoletta del suo voto neir urna , 1" altra la conser- verà in un luogo , dove non potrà essere riconosciuta ; il Segi-etario pi-enderà T urna , e fatta la separazione delle tavolette negative , e delk affermative , le presenterà al Presidente, dal quale numeran- dosi in pubblico , si vedrà se v' ba inclusiva , o negativa . Ciò per altro potrà praticarsi colla bussola , usando le pallette. GAP. Vili. Delie Classi. §.67. Avendo per oggetto questo R. Istituto la floridezza della Nazio- ne poggiala su le Scienze utili , quali sono T Economia pubblica e privata , T Agricoltura , e le Arti che vengono sussidiate dalle Mate- matiche , dalla Fisica , dalla Chimica , dalla Storia naturale , dalla Medicina , e dalla Veterenaria , le sue occupazioni per esser condotte con conveniente analisi , saran distribuite in cinque Classi nel modo seguente. 1 . Matematiche , ed Arti che ne dipendono. 2. Fisica , e Chimica , ed Arti che vi han rapporto. 3. Storia naturale con la sua applicazione, 4. Medicina e Veterenaria. 5. Economia civile e rurale. §. 68. §. 68. ^ Ciascuna classe avrà un numero iudcterminato di Socj , conve- niente però alla quantità del materiale. La loro destinazione sarà fatta prudenzialmente in un assemblea generale. §. 69. Un Socio non potrà appartenere a due classi . Resterà però in arbitrio di ciascun Socio il produrre delle memorie su qualunque materia , abbeuchè appartenente alla classe non sua. §. 70. Ciascuno argomento , o discussione sarà rimessa in puTsblica se- duta a quella classe cui sì appartiene , e anche a due e a più , se la materia lo esiga. §■ 7»- Ciascuna Classe avrà un Presidente , ed un Segretario , i quali si cambierauno in ogni anno , e la cui elezione non sarà dissimile dalla esposta nel §. 19. §■ 72- Le Classi avranno le loro particolari sedute nello stesso locale del R. Istituto , e sarau convocate d' ordine del Presidente della classe , e con biglietto del Segretario speciale. §.73. Le discussioni saranno registrate dal Segretario e firmate da tutti i componenti. r a §. 74- xliy §• 74. I rapporti saian segnati dal Presidente , e dal Segretario , fatta che ne sarà la lettura nella sessione Accademica. §. 75. Nella riunione di più classi presederà il più anziano de' Presi- denti delle medesime , purché però non vi sia il Presidente dell' Isti- tuto, il (juale ha il dx'Mo d'intervenire , e di votare in tutte le classi . §• 7&- Ciascun Segretario delle classi potrà aver carteggio co' Socj Cor- rispondenti , che dipendono dalle medesime . §• 77- Tutte le memorie lette , o presentate al Real Istituto , saranno rimesse alle classi rispettive , le quali , inteso 1' Autore nel caso si credesse che la memoria meritasse o cambiamenti , o dilucidazioni ; e dopo maturo esame , ne faranno rapporto all' intiero Istituto acciò si decidesse se meritino , o no d' essere inserite negli atti , 0 se dehf- ba farsene altro uso. GAP. IX. Delle memorie da coronarsi per cohcorso §• 78- Ciascuna Classe presenterà in ogni anno un programma che crederà il più conducente a proporsi per 1' utilità nazionale , e dal Real Istituto dovrà essere approvato in una Sessione generale . Sarà in- inoltre umiliato a S. M. , affinchè , vedendone 1' impórtanra , possa asst'gnai'vi de' preiaj convenienti. ' §• 79- Ottenuto da S. M. il permesso , e la destinazione de' premj , si renderà puiblico colle stampe. §. 80. Elasso il tempo prefisso , i concorrenti presenteranno le loro me- morie al Segretario PerpetHO chiuse , o aperte a lor piacere , ma senza nome di autori , e segnate con un motto arbitrario. Contemporaneamente presenteranno una scheda siiggellata , nella quale sarà notato il nome dell' autore , e al di fuori sarà segnata con lo stesso motto scritto nella memoria . §. 82. Le Memorie saranno rimesse alle classi rispettive , e le schede saranno conservate nella cassa del suggello . §. 83. Le classi , fatto un severo esame di tutte le memorie , ne fa- ranno in iscritto la classazione , che sarà presentata alla generale unioue dell' Istituto , il quale in un' altra sessione dovrà decidere a voli segreti del loro merito ; e del premio da conferirsi . S- H. In seguito di tal rapporto sarà fissata la sessione generale , che rivi il convoclicrà con due biglietti l'flrtiooUTÌ , e specificati , ed In essa si coronerà la memoria , che più avrà soddisfatto ai programma , « quelle che meritano 1' accessit . §. 85. Nel tempo che si frappone tra '1 rapporto fatto dalle Classi , e !a decisione dell' Istituto , sarà in libertà d' ogni Socio d' istruirsi del contenuto si delle memorie , che de' rapporti delle classi ; a qual ef- fetto si terranno in Archivio a continua disposizione di tutti i Socj , ma non si potranno estrare per qualunque causa . §. 86. Al momento che sarà fatto il giudizio , si apriranno quelle sche- de che avranno i corrispondenti motti della memoria che avrà me- ritato il premio , e di quelle che avranno ottenuto 1' accessit , e si pubblicherà il nome dell' autore rispettivo , bruciandosi le altre sche- de nella stessa pubblica sessione . §• 87- Si supplicherà il Re tutte le volte che si dovrà fissare il giorno , e il luogo della gran sessione. §. 88. L' atto' accademico di ammissione al premio sarà stampato, e scritto nel libro . §• 89. Oltre a'premj sopradetti, se saranno presentate al Real Istituto memorie , libri , invenzioni , perfezioni di metodi tecnici , modelli di macchine , ed ogni altro che tendesse ad aumentare la pubblica ilori- dez- slvli dezza , ne sai-à fatto rapporto al Real Trono , per implorare un premio corrispoudente. C A P. X. De' Regis'^'ri. §• 9°- Vi saranno quattro registri generali . Il primo conterrà la Real determinazione, con cui fu fondato il Real Istituto , i presenti Sta- tuti , r elezione de' Socj , il loro elenco , ed ogni altra innovazione che abbia forza di statuti, o di cainbiamento de' presenti. §■ 91- Il secondo sarà il registro delle Sessioni generali. §. 62. 11 terzo comprenderà le relazioni del Governo. §•93. Il quarto sarà il registro delle lettere che saran dirette ai Cor- rispondenti , e ad altri particolari in nome dell' Istituto. §• 94- Ciascuna classe avrà il suo registro delle sessioni , quello dei rapporti all' intero Istituto , e delle lettere a' Socj Corrispondenti. §• 95. Tutti siffatti registri , terminato 1' attuai bisogno , saranno con- servati nell' Aixhivio. CAP. xlviii GAP. XI. De' Suggelli. §■ 96- Il Real Istituto avrà due suggelli , uno grande pe diplomi di Socio , e di Corrispondente , e per gli atti di approvazione , o di coronazione ; T altro piccolo per le lettei'e. §•97- Il suggello grande sarà conservato nell' Archivio , e chiuso con due chiavi , delle quali una sarà presso il Presidente , e T altra ia potere del Segretario Perpetuo . §• 98- Il grande sarà apposto ove contenga , nel tempo d' una sessio- ne , negli atti della quale sarà fatta menzione della carta che ne sia stata munita, §■ 99- Il piccolo sarà presso il Segretario Perpetuo , per adoperarlo Belle relazioni , e nelle lettere scritte a nome dell' Istituto, GAP. XII. De" Soci Onorari, §, 100. I Socj Onorarj avranno un posto nelle assemblee ordinarie , e pubbliche. S- 101. Essi potranno essere nominati fra Socj , che saranno deputati al Re , o a suoi Ministri. C A P. XIII. De' Soci Cohbispondebti. §. loa. I Socj Corrispondenti che si troveranno in Napoli, potranno assi- stere in tutte le assembree periodiche , e pubbliche. §. io3. Essi avranno una voce consultiva , e potranno fare delle pro- poste , e delle discussioni su tutti gli oggetti delle deliberazioni. Napoli 6 Novembre i8io. APPROVATI. Firmato-GlOACCBmO NAPOLEONE Per copia conforme Il Ministro dell' interno Firmato GIUSEPPE ZURLO CA- h CATALOGO Dei Signori Ascritti al R. Istituto. iiiicapiiiw Socj Ordinarj . Anaantea Cavaliere Bruno, P. P. di Anotomla Pratica. Andria Cavaliere Nicola , P. P. di Medicina Teoretica. Andrai Cavaliere , Medico di S. M. Barba Antonio , Professore di Fisica. Bianchi Giovanni, Medico Direttore dello Spedale di S. Francesco. Boccanera Angelo , P. P. di Chirurgia. Bonnet Giovanni. Briganti Vincenzo , Professore -di Botanica. Capecelatro Giuseppe , Arcivescovo di Taranto , e Consigliere di Stato, Carelli Cavaliere Francesco , Capo della Seconda Divisione nel Mini- stero dell' Interno. Cagnazzi Luca , P. P. di Pubblica Economia. ' Cotugno Cavaliere Domenico , P. P. di Anotoiuia. Costanzo Cavaliere , Colonnello del Real Corpo del Genio. Conciliis Gennaro , P. P. di Fisica. Cottrau Cavaliere Guglielmo , Ispettore alle riviste della Real Marina. Coco Cavaliere Vincenzo , Consigliere di Stato. Daniele Cavaliere Francesco , Direttore della Stamperia Reale. Delfico Cavaliere Melchiorre, Consigliere di Stato. Fazio Giuliano , Ingegniere in capo de' Ponti e Strade. Flauti Vincenzo , P. P. di Matematiche Miste. Pergola Nicola , P. P. di Matematiche sublimi. Ferrara Michele , Professore di Chimica. Gagliardi Gaetano , Segretario perpetuo. Gagliardo Giovan Battista, Direttore Generale dell" Agricoltura dei Beni della Corona a 2 Giam- ht Giampaolo Cavaliere Paolo, Consigliere di Stata. Guidi Leandro , Professore di Agricoltura. Longo Gabriele, Professore di Chimica. .Macri Saverio , P. P. di Storia Naturale. Mansi Cavaliere Tito , Segretario del Consiglio di State. Melograni Giuseppe , Professore di Mineralogia. Milano Cavaliere Michele , Ciamherlano di S. M. Monticelli Cavaliere Teodoro , P. P. di Filosofia Morale> Ouorati Nicola , P. P. di Agricoltura. Pelliccia Alessio, Professore di Diplomatica. Petagna Luigi , Professore di Storia Naturale. Peborde Cavaliere , Chirurgo di S. M. Pignatclli-Strongoli Francesco , Tenente Generale . Piscicelli Cavaliere , Tenente Colonnello del Real Corpo del Genia- Ramondini Vincenzo, P. P. di Mineralogia, Reynier Cavaliere Luigi , Consigliere di Stato. Romano Francesco , Ingegniere in capo de' Ponti e Strade. Rosini Cavaliei-e Carlo , Vescovo di Pozzuoli , e Consigliere di Stato» Ruggiero Pietro , Medico Direttore dello Spedale di S. Francesco. Ruggieri Luigi , P. P. di Meccanica. Savaresi Antonio , Medico Ispettore dell' Armata , Sangiovanni Giosuè , Professore di Storia Naturale. Sementini Cavaliere Antonio, P. P. di Medicina Pratica, Sementini Luigi, P. P. di Chimica. Semola Mariano , P. P. di Logica e Metafisica. Sonni Domenico , Professore di Matematica. Stellati Vincenzo, Professore di Botanica, e Vice Segretario Perpetuo. Stile Cavaliere Ignazio , Ingegniere in capo de' Ponti e Strade. Tenore Michele , Direttore del Giardino delle piante. Venanson Flamminio , Uditore al Consiglio di Stato (a). So- (a.) Mancano da qnestn elenco i Signori Andrea Savaresi , FUipp o Ciivulini , Giuseppe Casella, Giuseppe Galante, Monsignor Forges Davanzati , Vincenzo Petagna , che la morte ha rapito alla Patria ^ ed alle Lettere. De' mede%inii si daranno i corrispoadenU articoli /le* erologici nel tegnente volume . Ini Socj Onorarj. Abbamonte Giuseppe, Giudice della G. C. di Cassazione, Andrcs Giovauni , Prcfello della Pubblica Biblioteca. Anguissola Conte , Consigliere di Stalo. Ai'cambal , Consigliere di Stato. Bisignano Principe di , Consigliere di Stato. Baudus , Sotto Governatoi-e di Sua Altezza il Principe Keals. Belli Andrea , Bibbotecario Regio. Bario Marchese. Charrou , Intendente in Capitanata. Cavaignac , Consigliere di Stato. Canzano Duca di , Consigliere di Stato. Carfora Aniello. Cassano Duca di , Gran Cacciatore di S. M. Cantalupo Duca di. Campochiaro Duca di , Consigliere di Stato. Cianciulli Michelangelo , Vice Presidente del Consiglio di Stato. Ciampitti Niccola , P. P. di Eloquenza. Cotti Luigi. Curzio Vincenzo , Professore di Matematiche. De Fusco Aureliano , Professore di Architettura. De Rogatis Francesco Saverio , Giudice della G. C. di CassazioSK. De Tommaso Giuseppe, Relatore al Consiglio di Stato. Della Torre Bernardo , Vescovo di Lettere e Gragnano. Dragonctti Marchese , Vice-Presidente nella G. C. di Cassazione. Filangieri Michele , Ciamberlano di S. M. . Folinea Francesco, Dottore in Medicina. Franchino Gaetano , Professore di Matematiche. Galdi Matteo, Intendente in Calabaria Ulteriore. Gallo Marchese di , Ministro degli Affari esteri. Gennaro Raimondo di , Consigliere di Stato. Gianualtasio Felice , Professore ili Matematiche. Giannattasio Orazio , Dottore in medicina. - - Laureazana Duca di , Consigliere d/i Stato. IlV Lamparelli Michele, Dottore in Medicina. Lippi Carminantonio , Professore di Mineralogia. Leone Muzio , Bibliotecario del R. Istituto. Montagne Camillo, Chirurgo Maggiore della Guardia Reale. Wannula Antonio , Professore di Anatomia. Nolli Barone , Consigliere di Stato. Pignatelli Giuseppe , Ministro Segi-etario di Stato. Pignatelli Luigi , Tesoriere del Real Ordine delle Due Sicilie. Petrucci Alessandro , Giudice della Corte di Appello di Napoli. Poerio Giuseppe , Procuratore Generale nella G. C di Cassazione. Puoti Giovan Maria. Parisi Giuseppe , Consigliere di Stato. Ricciardi Francesco , Gran Giudice Ministro della Giustizia e Culto. Rucco Giulio, Dottore in Medicina. Ruffa Giuseppantonio , Prefett» della Biblioteca della Università. Sansone Domenico, Giudice della G. C. di Cassazione. Scatigna Vitantonio , Professore di Chirurgia. Santarpino Duca di , Consigliere di Stato. Simone Francesco , Consigliere di Stato. Spinelli Luigi , Direttore del Collegio di Marina. Sterlich Pietro , Presidente del Comitato di pubblica beneficenza. Sirignano Principe di , Consigliere di Stato. Suppa Pasquale , Dottore in Medicina. Susanna Tommaso, Procurator Generale presso la R. C. de' Conti. San Teodoro Duca di , Gran Maestro di Cerimonie di S. M. Ventignano Duca di. Zurlo Giuseppe Conte , Ministro dell' Interno. Socj Corrispondenti nel Regno. ./\.Liprandi Giovanni Pennei Acclavio Domenico Taranto. ■Gl'acri Gregorio Catanzaro. Araneo Gio: Battista Solniona. Biscardi Lucantonio Caserta. Bisceglia Yitangelo Terlizzi. Ca- h Casazza Chiamo Coletti Comi Candito Candiota Cagnazzi Corte Cortese Cerasoli Cassitti Como Durini DelGco Del Giudice De Acetis De Lucretiìs D' Egidio De Focatiis De Sanclis De Rospis De Leo Filippi-pepe Fiore Gatti Giovene Orio Gervasio Giannelli Jatta Lapira Lagioja Lioncavallo Lombardi Michitelli Antonio Vincenzo Michele Vincenzo Francesco Onorato Giuseppe Matteo • Paolo Carlo Federigo Massimo Giuseppe Oi-azio Gennaro Cherubino Gaetano Antonio Vincenzo Giacomo Francesco Annibale Francesco Felice Serafino Giuseppe Giuseppe Antonio Antonio Donato Gaetano Giuseppe Giuseppe Filippo Eugenio Monlefuscolo. Cotrone. Atri. Teramo. Lecce. Altamura. Àltamura. Salerno. Potenza. Gallipoli. Bovino. Taranto. Chicli. Teramo. Fraine. Caramanico. Sansevero. Barletta. Serre. Ferrazzano. Musciano. Arciv. in Brindisi Civitella Molfetta. Foggia. Molfetta. Polistena. S. Severo. S. Severo. Conversano. Foggia. Taranto. Barletta. Lucerà. Teramo. Mai^ Ivi Manni Pasquale Lecce. Morina Giuseppe Portici. Melluso Antonio INIontesarchio. Mosca Antonio Aquila. Moschettini Cosimo Martano. Morelli Vincenzo Taranto. Messeri Gioacchino Cajazzo. Marugi Giovanni Manduria. Milone Marc' Angelo Avellino. Montenegro Giuseppe Lecce. IVIancai-elli Benedetto Lecce. Manfredi Gio: Battista Allamura. TMammone Francesco Monterosso. Mola Emanuele Bari. Malvazzi-Malvini Antonio Matera. Monticelli Pietro Brindisi. Nardi Luigi Arpino. Pinto Vincenzo Salerno. Pacelli Giuseppe Manduria. Palma Achille Galatone. Pepe Raffaele Civitacampomarano. Petrolini Giovanni Cervaro. Rossi Canonico Maddaloni. Ricciardi Francesco Caserta. Romano Alessio Pato. Rosato Giuseppe Foggia. Ripoli Giovanni S. Severo. Salvia Carlo Tito. Scarano Giosuè Trivento. Taulero Giovanni Teramo. Torti Carlo Teramo. Todaro Diego Taranto Topputi Domenico Bisceglie Virgilio Gaetano Barletta. Vulturale Nicola Canosa. Uracri Giuseppe Catanzaro. Ivii ELENCO Delle Mt morie lette che non han luogo in questo |k^ primo Tomo . ■■millim^lii SIG. ARANCO. Statistica del suolo Sulmonese, ' SIG. CHAVASSIEUX. Dell' Epidemie in generale , e de' modi di prevenirle , e curarle. Sulla malattia del iiioco S. Antonio ; modo di prevenirla , e cu- rarla . Sull'Epidemia che regnò in Caserta nell'anno 1807. SIG. CAGNAZZI DE SAMUELE LUCA. Sulle curve parallele. SIG. CASSITTO GIULIO. Sulle miniere della Provincia di Capitanata. MGR. FORGES DAVANZATI. Su i cangiamenti fisici del Regno di Napoli. Sullo slato fisico del Regno di Napoli. Su i cangiamenti fisici dell' Italia. Suir Epoca dell' emersione dell' Italia dalle onde. a SIG. SIG. GAGLIARDI GAETANO. Sulla necessità di ristabilirsi la fabbrica della porcellana in Napo- Ji , e mezzi per eseguirla . SIGNORI CEMBALI , e SCHIAVONE. Sulla miniera di ferro di Acemo. SIG. MELOGRANI GIUSEPPE, Geologia delle montagne d' Avella. Descrizione di alcune pietre rinvenute nel Territorio di Ginosa in Terra d' Otranto. Su tre minerali venuti da Calabria. SIG. MONTICELLI TEODORO. Sul burro. Sul formaggio. Sulla Grotta della Linganasa, SIG. RANALDI DOMENICO. Sull' imbiancamento delle fibre Tegetalì. SIG. ROCCO DOMENICO. Piano di pubblica economia. SIG. SEMENTINI ANTONIO. Sulle medicine calmanti. «G. hi SIG. SEMENTINI LUIGI. Analisi chimica delle acque Acetosella e Media di Castellamare . Sul preteso fenomeno della incomLustibilità . Sulla Bacchetta Divinatoria. SuU' uso medico del muriato di calce per le malattie linfatiche. Sul Potassio , e Sodio . Memorie due. SIG. TENORE MICHELE. Sul modo da ottenere un liquore zuccheroso dalle canne del fru- mentone , e da varie specie di saggine. SIG. PRISCO CARMELO. Sulle intemperie dell' aria clie sogliono produrre de' tifi disenterici. SIG. PEPE VINCENZO. Nuovo estratto stittico per V emottisi. ELEN- ELENCO Delle opere puhJjlicatc da'Socj dal 1806; epoca dell'istallazione del R. Istituto. «WWW^^^IWW» SIG. ANDRIA NICOLA. iyj.ateria Medica in 8. Napoli 1811. SIG. CAGNAZZI DE SAMUELE LUCA. Elementi dell' arte Statistica. Tomi due in 8. Napoli i8og. SIG. FLAUTI VINCENZO. Geometria Descrittiva. In 8. Roma 1807. Lettere sulla medesima. In 8. Napoli 1809. Addizione alla memoria delle Frazioni del Sig. Pergola. In 4. Na- poli 1810. SIG. FERRARI MICHELE. Istituzioni di Farmacia Chimica. In 8. Napoli 1810. SIG. GAGLIARDI GIO. BATTISTA. Catechismo Agrai-io. In 8. Napoli 1807. Biblioteca di Campagna. lu 8. tomi venti Napoli dal 1807 al i8og. Descrizione Topografica di Taranto. In 8. Napoli i8u. SIG. In SIG. CALDI MATTEO. Pensieri sull' istruzione pubblica relativamente al Regno di Napoli . In 8. Napoli i8o(). Stato Politico sull'Olanda. In 8. Tomi due. Milano 1809. SIG. MONTICELLI TEODORO. Dell' Educazione , e Governo delle api nell' Isola della Favignana . In 8. Napoli 1806. Suir Economia delle acque da ristabilirsi nel Regno di Napoli. In 4- Napoli i8oy. SIG. MELOGRANI GIUSEPPE. Manuale Geologico. In 8. Napoli uSog. Istruzioni Fisiche ed Economiche su i boschi. In 8. Napoli i8io. SIG. ONORATI NICOLA. Sul miglioramento de' vini Napolitaili. In 8. Napoli 1808. Sul coltivamento , ed industria della Bambagia. In S.Napoli 1809. li Calendario dell'Agricoltore. In 8. Napoli 1810 e i8n. SIG. RUGGIERI PIETRO- Lettere Ottiche. In S. Napoli 1808. SIG. RIZZI FILIPPO. Osservazioni Statistiche del Cilento. In 8. Napoli i8oq. SIG. STELLATI VINCENZO. Istìtozioni di Filosofìa Botanica. In 8. Napoli 1809. SIG. Itii SIG. SAVARESI ANTONIO. Medicine Militaire ; ou Histoire Medicale ,de T armée de Naples . In 8. Paris 1807. ^ Memorie , ed Opuscoli fisici e medici suU' Egitto. In 4- Napoli 1B08. De la Cévre jaiiue en gouoial , et particuliermciil de celle qui a re- gné à la Martiniqiie cu l'an XI et XII ( i8o3 , et i8o4 )• To- me premier . lu 8. Naples i8io. SIG. SEMENTINI ANTONIO. Parere sulla Tisi polmonare in 8. Napoli 1809. SIG. TENORE MICHELE. Corso delle Botaniche lezioni. Fitognosia Tomo primo e second» in 8. Napoli 1806, e 1810. Saggio sulle qualità medicinali delle piante della Flora Napolitana , e sulla maniera di servirsene per surrogarle alle droghe Esotiche. In 8. Napoli 1808. Catalogo delle piante del Real Orto Botanico di Napoli. In 8. Na~ poli 1808. Catalogo delle piante dell' Orto Botanico del Principe di Bisignano. In 8. Napoli 1809. IN- (^ ) Dei vantaggio che sì può ricavare dalle osservazioni meteorologiche per V avanzamento delle scienze utili. Discorso del socio ordinario Luca de Samuele Caonazzi P- professore di economia politica nella Regia Università di Napoli , letto nell'adunanza del giorno 26 febbrajo 1807. Il OTissiMO è , che le funzioni de' corpi organici ces- sano al monienlo che manca 1' eccitamento , ossia quello stimolo conveniente de' corpi esterni , che ne promuovono l' attività . Sono da collocarsi tra questi principalmente le meteore, la cui diretta influenza pro- duce la vita SI animale , che vegetativa, e le sue fun- zioni ne regola, e ne ravviva : che perciò è dei no- stro massimo interesse il riconoscerle parlilanif^nte , e i' osservare con diligenza i loro varj andamenti co' melodi finora escogitati. L' aria respirabile , ossia quella massa fluida , che investe il nostro globo , detta atmosfera , non solo ani- ma , e regola in primo luogo le funzioni organiche con le sue meccaniche proprietà , ma con le chimi- che altresì. La sua enorme gravitazione («) , che ri- tiene i fluidi ne' canali di lor circolazione , e che fo- menta la rfspirazione animale , la riconosciamo con tutta la esattezza nelle sue variazioni , per mezzo del I (a) Si calcola su del corpo umano circa 3o mila ■ libbre . barometro . I suoi moti poi , ossiano i venti , i quali vedremo quanto influiscano sulle altre meteore , ci vengono con egual precisione dinotati nella lor direzio- ne 5 e nella loro forza, cogli anemometri y e cogli ane- jnoscopi . E siccome la massa dell' atmosfera da due principali componenti vien formata , differenti nelle Joro chimiche qualità, e che diversamente influiscono suir ecoDomia organica 5 cosi mediante gli eudiometri conoscer possiamo le varietà della loi'o proporzione, benché a dir il vero tult' i processi finora inventati mancano di quella precisione , e di quella esattezza , eh' è desiderahile in un corso di delicate osservazioni . Nulla poi dico delle altre sostanze volatili vaganti nell' atmosfera, capaci di stimolare le fibre organiche , per le quali finora non si sono rinvenuti processi valevoli ad analizzarne speditamente la loro indole , e la loro intensità [a] ; solamente qualche metodo di correzione abbiamo per alcune di esse , dopo che da' funesti ef^ fetti ce ne siamo avveduti . Il calorico , quella sottil materia , che con la sua combinazione mantiene nello stato di fluidità 1' atmo- (a) Si propose amii sono in Inghilterra di tener sospesi de' palloni di vetro ^ entro de' quali vi Josse del ghiaccio col sale ; di raccogliere poi in dose suf- ficiente ad un analisi chimica T umido che investe que- sti palloni entro a delle tazze y radendo dolcemente la loro estrema superficie con coltelli dello stesso vetro : ma un tal metodo fu ritrovato inefficace ■ C3) sfera , Iia la più notabile influenza su lult' i corpi or- ganici . La sua mancanza , ed il suo eccesso , relativa- mente al bisogno , cagionano mano mano delle altera- zioni, e delle sospensioni alle lor funzioni, e quindi anche la lor distruzione . Però questi fenomeni bau luogo allorché dallo stato di combinazione , o di lati- tazione , rendesi il calorico attivo , e sensibile . I fisi- ci han ritrovato de' metodi da misurare il calore sotto questi due aspetti ; ma per noi giova solamente accen- nare , che mediante il termometro possonsi misurare comparativamente i gradi del calorico sensibile , detto perciò termometrico , o semplicemente calore . I gradi del calore dell' atmosfera diconsi poi con particolarità, temperatura . Questa generalmente opera su' corpi organici, per cui è l'oggetto delle nostre vi- ste principali . Se gli effetti del grande astro non fos- sero disturbati neir atmosfera da cagioni , o accidenta- li , o locali , sarebbero costanti ne'periodi, com'è il suo corso, uniformi nelle stesse latitudini, e proporzionali alla differenza di queste. La determinazione della tem- peratura sarebbe in quel caso un risultato perfetto di semplice calcolo , dato il punto del periodo del sole , e quello della superficie della terra, detta perciò tem- peratura astronomica ; ma non essendo cosi , infinite -viste , e considerazioni preceder debbono per tal de- terminazione , le quali estend..r si possono sulle ciixo- stanze locali , che sono visibili , ma non su gli acci- dt nli , che prevedere , e determinare difficilmente si possono. Ora per espJlere da' dati gli accidenti gior- nalieri , che possono influire nel più , e nei meno del- (4) la temperatura , si coacervano da' meteorologi tutt' i gra- di termometrici di uq mese , o di un anno , e preso- ne il medio colla conveniente divisione, la chiamano. temperatura media , mensuale , o annua . J\on tutt' i corpi organici sono stati costituiti dal- la natura in modo da star bene in tutte le temperature terrestri ; che anzi se vi sono degli animali , a' quali è stato conceduto dalla natura un particolar istinto di garantirsi da' rigori della temperatura con alcuni mez- zi , ciò non esclude che non soffrano , posti in una temperatura disconvenevole . I vegetabili poi , privi di quello , che a rigore dicesi senso , e della facoltà loco motiva , non possono garantii'si da questi rigori , on- de nudamente ne ricevano le impressioni , per cui senza un artificio umano è impossibile, che alcune piante di un clima allignino in un altro molto diffe- rente . È dunque della più grande importanza il co- noscere , e '1 valutare la temperatura locale , per cono- scere con precisione quelle piante , e quegli animali , che introdur si possono , e qual esser debba il metodo di trattarli in cadaun paese. La valutazione di tempe- ratura su di un modello costante, secondo le idee del celebre A^/nvrtn ^ sarà poi l'oggetto di un altro discorso. L' acqua somministra due degli essenziali compo- nenti i corpi organici , come la nuova chimica ne di- mostra ; e quindi intendesi come a spese di essa an- dar debba avanti la loro vita . Niuno ignora quanto le piogge influiscano alla vegetazione . Vi sono però de' vegetabili , che bau bisogno per loro alimento di ab- boudaulissime acque , altri al contrario vi stanno ma- le , e languiscono ncU' abbondanza . È dunque della precisa necessità conoscere il tempo della caduta delle piogge, il loro periodo, la lor quantità mensuale , ed annua in ciascun luogo , e gli altri fenomeni cbe 1' ac- compagnano, per regolare le operazioni campestri. Con- tribuiscono assai le circostanze locali , come la posizio- ne de' mari , de' laghi , de' fiumi , de' monti , e delle selve ; la qualità del terreno , ed altre simili , che non sono cosi facili a calcolarsi ; quindi giova verificare con le osservazioni il periodo , e '1 quantitativo medio delle piogge , ed ogni altro che vi ha influenza . Tralascio di parlare, in grazia della brevità , de- gli effetti delle giornaliere brine, de' veementi stimoli che danno a' corpi organici le brume , le nevi, le gra- gnuole ed altre simili meteore acquose , essendo questi abbastanza noti a tutti . La influenza dell'acqua poi su de' corpi organici non è solamente nello stato concreto di essa , ma in quello di vapore altres'i . Di fatti frammischiandosi que- sta con r aria atmosferica diventa allora un sottil flnido circonfuso a' corpi organici , che serve di stimolo- ad alcune delle loro funzioni , ed anche di alimento a'vc- gttabili , che l'attirano col mezzo delle foglie. Que- sto vapore però , allorché trovasi in perfetta combina- zione , ossia in dissoluzione nell' aria , e saturato di calorico , rendcsi invisibile , ed incapace di essere con facilità misurato da' fisici ; quindi non altrimenti che il calore latente , sfugge alle osservazioni esatte , mentre sarebbe della piìi grande importanza trovarne il mo- do spedito da valutarlo . Coraiacia dunque a ricouo- (6) scerlo r osservatore allorché dallo stato predetto di som- ma elasticità , e di combinazione coll'aria , passa a quel- lo di semplice sospensione , ossia , che rendcsi sensi- bile con notabile impressione su' corpi organici . Ci serviamo a tale oggetto degl' igrometri , che sono di sostanze organiche composti , e con preferenza , come più sensibili , delle animali nello stalo di morte , le quali attraendo 1' umido sensibile dall' aria si distendo- no, e si raccorciano abbandonandolo j queste variazio- ni con differenti metodi vengono segnate nelle scale , e vengono rendnte comparabili , Le fibre organiche pe- rò , e specialmente le animali, siccome nello stato di vita per un saggio provvedimento della natura acqui- stano col tempo una certa indiffei'enza agli stimoli, eh' è ciò che dicesi incallire , così parimenti nello sla- to di morte non solo acquistano una simile indifferen- za alle impressioni dell' umido , ma quella altresì a prontamente riceverlo , e a comunicarlo a' corpi vicini. Ne nasce da ciò , che le variazioni dell' umido atmosfe- rico non possono mai essere dinotate da varj igrometri con esatta comparabilità . Questi generali difatti degl' igrometri vengono in parte corretti con l'uso di quel- lo a capello di Saussure , purché spesso vengagli cam- biato il capello . («) Il volere sostituire altre sostanze , (a) Porta qualche impaccio la snstitiizinne de' ca- pelli a questi igrometri , variinlosi la graduazione ; ina a ciò è stato da me riparato con una aggiunta fattavi , ( 7) come 1 sali , o gli acidi alla costruzione degl' igrome- tri , i quali imbevendosi dell' umido vagante possano col peso accresciuto dinotarlo , soffre gravisssiuii in- convenienti 5 cos'i pure quelli proggettati , mediante r elettricismo , a s. gno , che se n' è lasciato il pcn- siere . Questo ramo di osservazioni meriterebbe una mi-» gliorazione in tutta la sua estensione, se fosse possibi- le , giacché il vapore elastico 5 ossia invisibile , non es- sendo altro che l'acqua saturata di calorico, e di elet- tricismo , al massimo grado possibile , mentre all' op- posto nello stato vescicolare, ossia apparente contiene la minore dose possibile di questi due fluidi : quindi avviene, che se l'atmosfera da serena fassi torbida, il calorico abbandonato altera la temperatura, e l'at- mosfera ne diviene elettrica positiva, e ciò per elettri- cismo abbandonato; all' opposto se da torbida ella pas- sa allo stato sereno , la temperatura si diminuisce , e r atmosfera passa allo stato elettrico negativo . Contri- buendo dunque alle variazioni della temperatura que- ste conversioni , benché non ne sieno desse le sole cagioni , e dando elleno alle meteore elettriche 1' ori- gine altresì, ottimo sarebbe se riconoscere si potessero con ogni precisione. L'occhio però dell'osservatore esperto per la lunga pratica supplir potrebbe in parte a ciò, col notare continuamente le varie tinte del cie- lo. Sono per altro finora vaghe, ed incerte le osser- vazioni fatte su quest' oggetto da' meteorologi , forse perchè non han dato loro tutto quel peso , che meri- tano . Non dico con ciò , che si fiieuo tralasciali di (8) segnare all' ingrosso i varj aspetti del cielo , le nubi sfumate , le caligini ec. ma si sono trascurate quelle delicate tinte , che gioverebbe Gssare con una gradua- zione comparativa , come in un altro articolo sarà da me particolarmente esposto . L' elettricismo , essendo , come si è detto , uno de' componenti de' vapori con simil legge del calorico, ( onde i vapori elastici , vescicolari , concreti , cioè le piogge , contengono in combinazione progressivamente minor dose di elettricismo ) col passaggio successivo secondo 1' ordine esposto , rende 1' atmosfera elettrica positiva in rapporto alla terra j come il passaggio in- verso la rende in conseguenza elettrica negativa . Ora s^ questi passaggi son assai rapidi il disquilibramento elettrico tra la terra e 1' atmosfera trovasi ad un trat- to eccessivo , il quale se ha mezzi da ristabilirsi in si- lenzio , lo fa , in altro caso vediamo le spaventevoli meteore elettriche e spesse volte i tremuoli , essendo più che dimostrato , esser l' elettricismo un potentissi- mo stimolante , per conseguenza , qualunque sia il , suo passaggio tra l' atmosfera e la terra , ed inver- samente , stimolar dee le fibre de' corpi organici , po- sti sulla di lei sujierficie . Non è poi una qualità pri- vativa delle fibre nervine la sensazione elettrica, giac- ché l'esperienza dimostra, the la lisentono anche le piante. Chi non sa il risultato di tante esperienze ten- tate coir elettricismo su vegetabili ? Gli efìelli de' re- pentini temporali a secco , e de' tremuoli sulla vege- tazione sono abbastanza noli : lo sconcerto , che si pro- duce nella economia fisica dell' uomo da' fenomeni (9) temporaleschi , e da' Iremuoti , non è tolalmente 1' ef- fetto del nostro sistema morale agliaio , effettuandosi anche in alcuni bruti molto diversamente dall' uomo organizzati . Riguardar dobbiamo inoltre non solo i funesti fenomeni di questi violenti passaggi , ma ben anche il periodico stato elettrico dell' atmosfera se sia negativo , o positivo , e quella secreta corrente elet- trica , che scorre per lo j^'ù dall' atmosfera alla Terra , o da questa a quella, e combinarla con gli altri feno- meni meteorologici , e specialmente con 1' aspetto del cielo , e con quei delicati efletti , che risultar ne pos- sono ne' corpi organici. L'ultimo apparato , escogitato dall' insigne Cavalier Volta dell' elettroscopio a pagliette col lanternino , pare che per la sua semplicità, e com- parabilllà contenti per ora i nostri desiderj , purché si usi quella solita pratica , e vigilanza nelle minute os- servazioni elettriche ricercata ; ma desiderabile sareb- be , che altro apparato più sensibile , e comparabile si ritrovasse , cosa che non parnii difficile ora che un tal ramo è divenuto F oggetto della occupazione di tutti i fisici . Finalmente risguardar dobbiamo la luce , come uno degli eccitanti principali della regolarità delle funzioni organiche , a segno tale , che non solo gli animali , ma i vegetabili tutti la ricercano per un ammirabile instinto, e senza di essa languiscono , né danno pro- dotti di perfezione alcuna ; anzi pare, che entri in com- binazione con gli altri principj componenti i corpi or- ganici . Chi non sa l'attivila di alcuni fiori, che si rivolgono all' aspello del sole per riceverne pienamen- 2 ( IO ) le j raggi? Ma non solo la vivissima luce del sole ani- ma le orgauiclie funzioni , ciò fa quella eziandio , hen- cliè debolissima , della luna . Un tempo si credea , anche con superstizione , agi' influssi lunari , forse per qualche sperienza esagerata dall' immaginazione . Si corse subilo all' opposto , solito passaggio precipitoso che fa l'uomo, e si annullò ogn' influsso lunare. Ora le osservazioni ci hanno persuasi , colia scorta dell' in- signe Toaldo , ad ammettere gli effetti della luce lu- nare , la quale benché infinitamente inferiore a quella del sole, è sempre però una quantità reale in riguar- do al nulla . Se dunque creder non si voglia capa- ce ad eccitare la vegetazione , sarà almeno sufficien- te , come le osservazioni ci mostrano , a maiiten cr- ia in qualche modo attiva . Vediamo in fatti , che durante il periodo della luce lunare le piante sono più vigorose , e non cosi quando regna il bujo not- turno . Se però la luce de' due gran luminali liberamente su la superficie terrestre glugnesse , il solo calcolo ce ne darebbe la qualità , appoggiandolo su le distanze de' luminari , e su la inclinazione delle superficie irra- diate ; ma siccome passando per la densità dell' atmo- sfera soffre ella una perdita , che misurar non si può per mancanza de' dati accidentali , cos'i non farà mai esatto qualunque calcolo che voglia farsi . Un foto- metro , ossia misurator della luce , sarebbe desiderabi- le , ma unir dovrebbe speditezza , e comparabilità, per accoppiare alle altre osservazioni periodiche quella della luce cadente . Non mancano j è vero , processi ( '' ) chimici , che indichino 1' efìetlo della luce , ma non hanno le desiderate prerogative da essere adoperati all' uopo indicato . A questa mancanza l' abile osserva- tore supplir dee per quanto può con la sua avverten- za , indicando 1' aspetto del cielo , e propri aiiienle se il luminare eh' è sull' orizzonte sia oscuralo più o uìe- no prudenzialmente da nubi dense ed oscure , o sem- plicemente velato, dallo slesso vapore , che altera la tinta del cielo , come già si è detto . Ogni altro feno- meno poi di semplice apparenza non dee trascurarsi dall'esatto osservatole , giacche da esso ad arguir si viene dello slato de' vapori che nuotano nell' atmosfe- ra , e che sono la cagione di ogni meteora di semplice apparenza ^ Se dunque la temperatura , la quale formasi dal corso periodico del sole , e dalla latitudine locale , soffre variazione per gli cambiamenti di stato de' va- pori ; se questi stessi danno origine a tutte le meteore elettriche ; se l'azione della luce vien da questi vapori intercettata col rendersi sensibili , e con ciò opachi , può dirsi , che queste varietà meteorologiche sieno conseguenze immediale di quelle de' vapori . Questi poi vero è che ubbidiscono alla temperatura astrono- mica , ma più assai all' azione de' venti . Inoltre ima corrente di aria venendo pregna di vapori per esser passata su' mari , o laghi, li depone su di noi ; come al contrario venendo più secca , per aver abbandona- ti nel suo corso de' vapori su delle terre , sollecita l'e- vaporazione delle nostre acque . In egual modo diret- tauieute influiscono i venti sulla temperatura , venendo ( I^ ) essi dalla linea pregni di calore ; oppure scarsi di qaesio , sa vengono dal gelido polo . Di più avendo 1 aria la facoltà dissolvente dell' umido, questa auniea- taudosi iu ragion della sua agitazione e densità ; ed essendo quindi 1' effetto de' venti quello di accrescer- ue la massa in alcuni luoghi , e con ciò anche la den- sità , ìTienlre in altri la minora , ne viene in conse- guenza , che que' venti , i quali rendono più pesante l'at- mosfera , come ne indica il barometro , facilitano l'eva- porazione non solo con l' agitazione , ma ben anche la densità cresciuta. I venti all' opposto , che fanno abbassare il barometro , fanno altresì precipitare i va- pori dall' atmosfera . Da lutto ciò ben si comprende essere primario scopo de' meteorologi conoscere, se sia possibile, 1' ori- gine de' venti , e la lor natura , la quale varia a nor- ma de' luoghi donde vengono . Ardua impresa è poi certamente l' investigare le cagioni de' venti ; son desse molte , ed oscure per noi , non ostante i grandi sforzi d' immaginazione fatti da tutti i fisici e la lusinga di alcuni di esservi pervenuti , i quali uel fatto si sono poi ravveduti del loro inganno . Lungo sarebbe , ed alieno dal nostro oggetto il voler numerare le opi- nioni più o meno probabili delle origini de' venti , ma mi conviene fare qualche osservazione necessai'ia al filo del mio discorso . Il sole , e più la luna per la sua vicinanza con la terra, mediante la gravitazione, producono sulle acque del mare quello , che dicesi esto , o mar&a . L' atmo- sfera , eh' è r ammasso di un fluido , che nel grado ( ^3) ^i massima condensazione naturale è ollocento volte più leggiero dell'acqua, dee risentir lo stesso periodi- co efletto di esso da simil cagione prodotto . Qnesta verità fu conosciuta fin dal principio del passato seco- lo (i) , ma niuno tentava prima dell' insigne Toal- do (2) paragonare i periodi di questi esti , o maree atmosferiche , ossia de' venti con delle meteore che ne dipendono , con quelli de' due predetti astri , e delia loro azione . Fece egli conoscere , che la luna la quale regola col suo periodo le maree , contribuir deve som- mamente alle variaziqni atmosferiche giornaliere, e men- suali , richiamando , spogliata però da' pregiudizj , 1' antica volgare opinione dell'influsso lunare. I travagli profondi di questo illustre Italiano , poggiati su delle sue lunghe osservazioni meteorologiche , e di quelle del suo antecessore Marchese Po/e/u, gli aprirono delle tracce a potere pronosticare all' ingrosso delle variazio- ni atmosferiche , prendendo per base i periodi solari , e lunari. In questa operazione adunque non di altro tratta- si , che di assodare in primo luogo col calcolo le pe- riodiche azioni di gravitazione della luna , e del sole su r atmosfera , e di dedurne quindi gli effetti , e le (i) Riccardo Mead : Traaatus de imperio solìs , & lunae in corpora humana, et morbis inde oriundis . (2) Della vera influenza degli astri sulle stagio^ ni , e mutazioni di tempo . ( ^4) mbs$e con quella maggioi- precisione che sia possì- Lilv3 ; in secondo luogo eli prevedoie le altre circo- stanze, che alterare, o disturhar possono queste mosse, e con quale intensità, e direzione ciò facciasi. Questa seconda operazione è la più ardua per la mancanza delle cognizioni opportune . Una macchina prodotta dal sapientissimo Artefice aver dee un ordine in tutte le parti : e V ordine ndla successione delle azioni è ciò che dicesi periodo . Se r astronomia non avesse fatta tra noi avvanzamenti tali da aver assodati i periodi degli astri , e le loro orbi- te , ci sembrerebbero gli ecclissi accidentali, come le piogge , e come sembravano agli Americani , ritrovati dal Colombo . Posto ciò dunque 1' uomo non dee pre- cipitare il suo giudizio credendo accidentali , e senza periodi i fenomeni atmosferici , perchè non l' abbia po- tuto ancora determinare . Sono però innegabili i pe- riodi di alcuni venti riconosciuti , come gli etesj , fia da' tempi più antichi, e che osserviamo costanti in alcune regioni , ove altre cagioni locali non gli al- terino . Per rischiaramento dell' assunto indicar possiamo la traccia dell'analisi de' venti giornalieri , che potreb- bero osservarsi per rimontar quindi alle altre origini de' venti . Da quel che si è detto si deduce dovervi es- sere un flusso e riflusso di aria nelle varie ore del giorno , regolate dal corso lunare , come le maree . L' atmosfera rarefatta dall'azione de' raggj solari nel me- rigio , e quindi nuovamente addensata nella notte , deve avere de' movimenti corrispondenti . I vapori che si (,5) sollevano uè' \icini mari durante la presenza del sole su r orizzonte debbono spingere 1' atmosfera sulla ter- ra , e ricbiamarla di notte . Queste tre cagioni giorna- liere possono essere poste a calcolo e dedurre se ne possono gli effetti con qualcbe precisione , purché al- tre non ve ne concorrano . Se si unisse ora a questi lisultali di calcolo la considerazione del periodo luna- re, e con ciò la concorrenza, e la opposizione della gravitazione con quella del sole sul!' atmosfera ; se si aggiugnesse quella degli effetti del calore solare sulla terra nel suo corso annuo, che a vicenda rai'efà , e ad- densa l'atmosfera ne' poli opposti ; se tutte le altre cagioni generali, e particolari de' venti, forse non puranche no- te , prese con la stessa analisi fossero conosciute , chi negar oserebbe , che predir non si protrebbero i ven- ti , che sono i principali moventi delle altre meteore? Se queste predizioni però non potranno avere il grado di certezza , e di esattezza , dirò col Toaldo , che hanno quello di probabilità , e di approssimazione almeno . I cronologi da tre periodi , che sono i tre cicli solare , lunare , e delle indizioni , han formato con la moltiplicazione il gran periodo Giuliano di 7980 an- ni , terminato il quale si combina lo stesso numero de' tre componenti periodi . Quelli poi meteorologici essendo , come pare , moltissimi , quante migliaja di anni comprender non dovrebbe il gran periodo me- teorologico , composto dalla moltiplicazione di essi , se conoscerli tutti ci riuscisse ? Noi però non dobbiamo di ciò disperar pienamente , giacché a Toaldo , e ad (i6) altri meteorologi è riuscito ravvisarne alcuni , con le osservazioni di meno di un secolo. E se con le osser- vazioni astrononiiclie le più remote , cominciate da' Caldei non ci è riuscito ancora di esaurire la cono- scenza di tutti i periodi degli astri , come lusingar ci possiamo di giungervi cosi subito nella meteorologia assai più difficile , e complicata ? La instituzioae delle moltiplici osservazioni meteorologiche, fatte con dili- genza , e con precisione da persone istruite , e con istronienti perfetti, su varj punti, possono promettere questo gran bene all' umanità . Se lungo però sembra questo travaglio , e se mossi non siamo dal grande utile , che verremo a preparare a posteri , ci muova almeno 1' utile immediato , che ne risulterebbe , non solo nel generale , che nel par- ticolare . Un cumulo di esatta osservazioni atmosferi- che , con quelle contemporanee sulla economia de' ve- getabili , e degli animali , mostrerebbe vie più all' uo- mo col fatto, quale stretta influenza abbiano le mete- ore su di loro . Non dobbiam noi persuaderne , che conosciute le generali teorie di tale influenza , non ci restino da scoprire innumerabili perticolarità . Ci ser- vano di esempio alcune raccolte , che vanno a male , senza poterne a prima faccia conoscere la cagione ; ed alcune infermità constituzionali , che non si possono ad altro attribuire , che ad alcune circostanze atmos- feriche . Fin dal 1774 la Real Società di Montpelier pro- pose il problema : » Qual sia 1' influenza delle meteo- » re su la vegetazione , e quali conseguenze pratiche ('7) n rapporto a quest' oggctlo si possono ricavare dalle » diverse osservazioni meteorologiche finora fatte u . Abbracciò questo problema due quistioni , una teori- ca , e 1' altra pratica , che dal Toaldo furo io nel mi- glior modo trattate, onde ne ottenne il premio j ma non soddisfece pienamente, com'egli slesso il confes- sò . Circa la parte teorica ora si potrebbe , è vero , con maggior chiarezza ragionare , per essere la chi- mica , e la fisica un poco più avvanzate , ma conver- rà riempire delle grandi lacune in tali scienze , prima di lusingarci di potere progredire a pie fermo j e ciò non altrimenti potrà ottenersi , che con le osservazio- ni . Circa la pratica poi confessar dobbiamo , che man- cauo tuttavia degli esatti giornali degli andamenti cam- pestri , essendo ovunque 1' agricoltura non nelle mani de' filosofi, ma de' rozzi coloni, e de' proprietarj in- tenti solamente all' immediato guadagno , onde non si potrebbe da noi parlar meglio. E necessario dunque, come ko per varj anni ho fatto , avere un esatto gior- nale degli andamenti campestri con tutta la precisio- ne ; e cosi potrassi dai paragoni conoscere in tutta la sua estensione 1' antica massima di Teofrasto cioè che annus fruclijìcat , non terra . Uà p -riodico registro poi delle malattie correnti non solo nella campagna per gli uomini e per il be- stiame, ma nelle città, e specialmente negli ospedali, con ddlle osservazioni ben intese su delle loro qualità , e po.-tamjnti, e con le tavole necrologiche paragonate con le moise atmosferiche, sarebbe un ampia messe pe 'l medico filosofo . Se il celebre Retz avesse avuto de' 3 ( ^8) materiali cosi precisi ed esatti si farebbe molto di più spaziato nella sua memoria sulla meteorologia appli- cala alla medicina , cbe fa coronata dall' Accademia di Bruxelles nel 1778. Ho slimalo superfluo mostrare il grande utile , che da' pronostici atmosferici, anche probabili , ne risulte- rebbe sulla navigazione, ed in ogni altro, che diret- tamente riguarda la civile economia, essendo ciò abba- stanza noto . Il nostro Regno , avendo una varietà di suolo no- tabilissima, non solo per la forma, ma per la qualità ancora; ed esssndo certissimo, che il suolo influisca al clima , sarebbe del massimo vantaggio Io stabilire con avvedutezza in yarj siti di esso degli osservatori esalti, ed istruiti. Questo , oltre di facilitare il rischia- ramento delle predette teorie , fisserebbe la natura e r indole del clima di ciascun luogo, e eoa ciò le pian- te da introdurvi , i metodi di agricoltura opportuni , i sistemi di medela convenienti , e le specolaziojji eco- nomiche da eseguirsi in ciascuna Regione . Non essen- do dunque la semplice terra , che produce , ma ben- sì il clima , benché da quella in parte modificato , non altrimenti che con questo stabilimento si soddis- ferebbe interamente all' esposto precetto del Mantova- no Poeta . ( ^9) Sulla preparazione della Canapa prima di essere pet- tinata , e della sua filatura . Memoria del Socio ordinario Vincenzo Ra.mondiisi P. Professore di Mineralogia nella B. Università di Napoli. Letta neW adunanza del giorno aS aprile 1807. N, El 1801 il Governo mi ordinò di viaggiare il Re- gno di Napoli per oggetti di Storia naturale , e per vedere lo stato dell' Agricoltura , delle Arti , e del Com- mercio de' rispettivi luoghi , e gli stabilimenti , che taluna contrada potea ammattere . Or avendo veduto che nel Paraggio di Reggio in Calabria Ultra, luogo dove in- cominciai le mie osservazioni , si coltivava della canapa , e che da essa altro partito non si rfcavava se non per corde, o tele da sacchi, d'infima qualità, e grosso- lane, mi tolsi l'impegno, per secondare le mire del Governo , di rendere con un metodo il più semplice e facile la canapa stessa , già gramolata , bianca , mor- bida , resistente , e col tiglio lungo e fino , capace ad esser filata a filo finissimo , come vidi praticare in Ger- mania , e come si pratica in tutt' i paesi industriosi, dove si fabbricano tele finissime, e i merletti più di- licali . Avendo mostrata la canapa preparata agli abi- tanti del Paese , e fatte a' medesimi delle premure , acciò s' impegnassero a migliorare la loro derrata , e la manifattura della tela , poco costoro m' intesero , e credo che dopo la mia part-nza da que' luoghi , non si pnriò più di canapa . Il Governo nel tempo stesso mi ordinò di scrivere una memoria su l' assunto , ac- (20) ciò passando sotto gli occhi di tutti , si potessero tro- vare delle persone , che s' impegnassero a moltiplicare un ramo d' industria nel Paese , che occuperebbe un numero significante di persone. Essendo le mire del nostro Reale Istituto dirette ad incoraggiare la nostra Nazione , ed istruirla nel tempo stesso di quelle pratiche utili , che si trascu- rano fra noi 5 mi pare in questa occasione di rin- novare l'idea, che si ebbe nel i8oi , di puJjblica- re , cioè , il risultato delle mie esperienze , e delle riflessioni , su la preparazione della canapa prima di esser pettinata, e su la sua filatura, non come una cosa nuova tra le Nazioni industriose , ma per ani- mare i nostri , acciocché si occupassero a perfezionare un ramo di economia , che tanto e' interessa , e che coopera alla ricchezza nazionale . L' operazione di preparare la canapa dopo di es- sersi gramolata, e prima di pettinarsi, consiste nel toglierle la naturai gomma , l'endere in tal guisa mor- bido il suo tiglio , e disporlo in modo da essere bea suddiviso dal pettine , per potersi tirare a filo finissi- simo . Il metodo per riuscire in questa operazione è stato finora tra noi tenuto , come un segreto di po- chi , e forse questi stessi non ne han conosciuto il più facile , e spedito ; ma si sono serviti di mezzi dispen- diosi , e complicati . La maggior parte de'nostri si è contentata di pettinare la canapa gramolata con petti- ni grossolani , e formare perciò delle tele ordinarie . Qual vantaggio per lo Stato se la nostra canapa giu- gner potesse ad esser tirata a filo fino ? Quante brac- (2. ) eia oziose non s' impiegherebbero tra noi ; e quanto meno cainbiercmino con 1' estero , per aver le tele fi- ne , allorché queste si formassero nel Paese? I metodi che comunemente propongonsi per pre- parare la canapa gramolata , o son quelli di bollirla nella lisciva di sola ceneie , o di cenere , o di calce , o nella soluzione di sapone , o con 1' uso degli acidi , del latte della crusca , o di cose simili : ma il metodo da me praticato , e che io propongo , e il più sem- plice , ed il meno dispendioso . Si ravviserà , che l' incomodo che porta è picciolissimo paragonato con la utililà, che produce; ed io avrò il piacere di contri- buire a' vantaggi de' miei Concittadini . II Signor Marcandier considerando , che la mace- razione ordinaria della canapa che si fa allorché la pianta è già secca , altro non è , che la dissoluzione di una parte della gomma , che contiene la corteccia , per separarla dalla parte legnosa , o lisca 5 giudica che r acqua capace a separare la corteccia dalla lisca, esser dovesse ancor atta a divider le libre della cor- teccia tra loro , per la totale dissoluzione della gomma natmale . Di l'atti , mettendo la canapa gramolala nell' acqua , ottenne 1' inlento . Io , dietro le norme del Marcandier , instituii il mio esperimento , che ora ho il vantaggio di presen- tare al pubblico . Macerai la canapa gramolata nell' ac- qua semplice, e l'ebbi morbida , bianca , e con tiglio lungo, e fino . Ecco l'analisi del mio saggio , e 'I ri- sultato del medesimo . Presi due libbre di canapa gramolala del Para^- r 25 ) gìo di Reggio scevra interamcnle della parte legnosa ■; ne formai sette mannelli , legando leggermente ciascuno di essi nel mezzo con dello sj>ago ; e li silaai nell' ac- qua in una vasca di jìietra . Correndo allora il mese di luglio, esposi di giorno al sole, e li lasciai per sei giorni nell' acqua stessa senza rimuoverli . Dopo questo tempo presi per lo spago tutt' i mannelli uno dopo r altro , e li battei leggermente con una maz- zuola ordinaria da iiìibiancatrice , per tutta la loro lunghezza su di una pietra ben levigala , e ciò per suddividere il tiglio, e per disporre la gomma natu- rale ammollita a sciogliersi nell' acqua , lavando la canapa . Indi lavai ben bene i mannelli l' un dopo 1' altro in una nuova acqua, tenendoli per lo spago , e di- menandoli nell'acqua stessa senza managgiarli , par timore di rompere il tiglio , e per non ingarbnglia- ]e la canapa . Ripetei questa lavanda con acqua nuo- va , ed ottenni la canapa bianca , e col tiglio lun- go quanto lo era prima della macerazione . Final- mente appesa , ed allargata su le canne , la posi ad asciugare . Il tempo , durante il quale la canapa dee restar nell'acqua, è proporzionato alla sua qualità, ed alla stagione , nella quale si fa la macerazione . Se si mette nell' acqua esposta al sole di està , ha bisogno di restarvi per uno spazio di tempo assai minore di quello, che esigerebbe in altra stagione. Nell'inver- no , e ne' luoghi montuosi , e freddi , difìicilmjnte si vede sciogliere la gomma naturale . Ciò osservai , ripetendo 1' esperimento a Bova nel mese di gen- (.3) naro . Per accelerare dunque V operazione è molto meglio che si faccia - pa che resta ne' cardi filata con diligenza , serve per trama di tela più giossolaua, o per altri usi domeilici. La sola macchina trovala oliima per filare la tana- 4 (26) pa 5 lino e fioi-etto di seta è il fllatojo Fiammingo fig. 6. Nel filare la canapa a tiglio lungo , che dee servi- re per trama della tela , è necessario avvertire alle fi- latrici , che leghino la canapa suddetta per una delle sue estremità ad un bastone posto al filatojo in g , e che r altra estremità pendente arrivi all' altezza del pet- to della filati'ice seduta, perchè questa in tal guisa uni- sce , secondo il bisogno , i tigli senza romperli , e 'l filato si ha con men di punti d' unione , e di nodi , e per conseguenza più resistente . Il fioretto , perchè il suo tiglio è più corto della canapa suddetta , si avvol- ge alla rocca , e si fila col filatojo medesimo , e '1 fi- lato che si ottiene , serve per trama , giacché questa nel tessere non dee far resistenza alcuna . Si avverta , che facendo uso dell' acqua nel filare , è necessario che vi si mischi un pò di midolla di pane, per som- ministrare una dolce sostanza mucilagginosa . Il filatojo alla Fiamminga differisce dal Tedesco , perchè , oltre alla carruculetta del rocchetto , ha un' altra carruculetta al fuso delle ale , come in Q fig. 6. e la ruota , che la filatrice gira col piede , ha un fu- nicello ripiegato , che gira tutte e due le carruculette nello stesso tempo , mentre il Tedesco ha la sola car- ruculetta al rocchetto, e la ruota ha il funicello di un solo giro . I filatoj Fiamminghi costan tra noi ben caro ; co- sicché dilficilniente le nostre povere donne se ne pos- sono provedere . Sarebbe dunque necessario , che il nostro Real Istituto proccurasse di far fai'e i filatoj me- desimi in modo che costassero il meno fhe sìa p os- (=7 ) sibile, e che avessero la perfezione che si richiede, per poter essere ogni lllalrice in islalo di provveder- sene . L'arte di filare tra noi è. ridotta a tale, che man- tiene chi vi si occupa nella più gran miseria. Si do- vrebbe perciò regolare la mercede della tllatma in mo- do , che le filatrici , filando con attenzione , ed un da- to tempo nella giornata , potessero ritrarre un guadagno conveniente alle loro fatiche . Questa mercede debb' esser regolata non secondo il solo peso del filato , co- me fra noi si pratica , ma giusta la misura parago- nalo al peso. Se p. e. da un rotolo di canapa una fi- latrice trae cinquemila canne di filato , ed im' altra diecimila , il tempo che questa impiega , è più del dop- pio di quello della prima , perchè formando un nu- Tnero doppio di canne di filalo più fino , ha bisogno di attenzione maggiore , e di maggior tempo ; e quin- di la mercede debb' esser maggiore . Nelle grandi manifatture di tele di Europa v'èla tariffa per rapporto al modo come deesi pagare la fi- latura, in guisa che un rotolo di filato, a filo grossola- no , si paga alquante grana , ed un' oncia di filato fi- nissimo ad uso di merletti si paga più ducati per fila- tura . Ogni filatrice ne' luoghi suddetti fa uso del ma- tassatojo a naspo , per determiqare la lunghezza del filalo . Questa macchinetta ha ftd una delle estremità dell' asse il manubrio , col qual si gira una ruota slel- lata . Questa ruota ha ad una delle estremità dell' as- se , situato parallello al diametro del naspo un altra ruota stellata , e questa muovo il va e viene con le (.8) gnide paralcUe all'asse del uaspo. Dal numero de'raggi delle mole stellate si determina il numero delle- volle clie il filo dee avvolgersi al naspo ; e quando la ruo- ta del va e viene ha determinalo il suo giro, dà il segno . loccaudo con una punta di ferro un campanel- lo situalo alla maccliinelta stessa, ed allora la filatri- ce lega la matassa per fare l'altra di sopra. Con que- sto metodo ogni filatrice sa la misura del filo , e la mercede che dee ricavarne . Questo nostro Reale Istituto dovrebbe occupa?-si della formazione della riferita tariffa rapportala al prezzo delle nostre derrate , con ricavare la gradazio- ne de' fili , e 1 prezzo corrispondente a ciascuna qua- lità . Io non mancherò dal canto mio , se le eirco- etanze me Io permetteranno , di cooperarnu per la tariffa mentovala , acciocché 1' arte di filare non sia tanto odiata , come lo è tra noi , e le filatrici , tro- vando un competente mezzo di sussistenza , ne pro-> movessero la perfezione . Avendo trattato della marnerà di preparare la ca- napa dopo gramolata e di renderla propia ad esser filata a filo finissimo, non resterebbe altro che parlatr de' telai da tessere la tela con quella proporzione , e larghezza che si conviene; che i loro pettini fossero d'una quali là proporzionata al filato, onde dee for- marsi la tela; che s'introducesse tra noi la naveita vo- lante all'uso Inglese, acciocché una tessitrice tesser potesse il triplo della tela , che formerebbe nel tempo richiesto dal metodo ordinaiio . Spero che il pubblico ne possa avere iu breve de' dettagli , perchè ho dato r^^. 'Ig. T. J-. al Signor Cotlrau , Capo della seconda Divisione del Miuiitero dell' Interno, una navetta volante con un pezzo di cardo , di cui si servono gì' Inglesi , per car- dare il coltone , per metterla ìi\ pratica ntl Reale Albergo de' Poveri , dove si sia adattando ad un telajo, per addestrare uno di que' giovani a questa specie di lavoro. (3o) Dell' Arachìtide Americana , sua coltura ed usi . Me- moria del Socio ordinario Michele Tenore . Letta nella adunanza del giorno 28 giugno 1807. T ' • JLj Arachide ( arachis hypogea ) Lin. ecce di terra degl'Italiani, pistace de terre de' francesi , cacahuale, o mani de' Spagnuoli , è una pianta erbacea spontanea dei climi caldi di ambedue le Indie . Dalle descrizioni che ne danno i botanici , e da ciò che ho particolar- mente osservato , si dee però inferire che 1' asiatica sia molto diversa dall'americana. Rumfio (1) dà una ac- culata descrizione accompagnata con figura della spe- cie asiatica , che egli osservò coltivarsi copiosamente nel Regno di Baiava , e di Amhoina sotto il nome di Ratiang , ove era stata trasportata dai Cinesi , ed asse^ l'isce che il Giappone , la Cina , e specialmente il Maccassar, siano i luoghi natali di questa pianta. Gu- glielmo Pisone (2) e lo Spagnuolo Monardes descrivo- no la varietà americana nota nel Brasile , e nel Perù col nome di Mantubi . Cosi dell' una , che dell' altra , gV Indiani e gli Americani conoscono pienamente le qualità, essi ne mangiano i frutti crudi ed ab]>rustoli- li , uè preparano delle bevande simili al tè , ne fanno pag. 425 (i) Herbarium amboiiiense tom. V. parte n. 425. (2) De re naturali utriusque Indice pag. 256. (3. ) delle confetture e ne spremono l'olio. Nelle Antille al riferire di Bosch , se ne valgono espressamente per quest' ultimo uso , e ve ne sono stabilite le più estese coltivazioni . La sua coltivazione in Europa rimonta ad un epoca molto rimota, giacché nel 1725 Nissolio ne dette una dettagliata descrizione , eseguita sulla pianta che osser- vò nel botanico giardino di Montpellier e che trovasi inserita nelle memorie dell'Accademie delle Scienze di queir anno ; ma bisogna dire , che allora la coltura di questa pianta era limitata nei soli botanici giardini. Nel 1774- già era estesamente coltivala in Inghilterra, giacché il Signor Watson lesse in quell' anno una me- moria nella Real Società di Londra sulla bontà dell' olio , che ad imitazione degli americani , aveva egli cavato da questa pianta. Nel 1787. ne fu dal Brasile portata gran quantità di semi nel Portogallo , ed in Ispagna, ove ne furono intraprese le coltivazioni che vi prosperarono oltrciuodo . I Spagnuoli se ne son serviti per cavarne 1' olio , prepararne il sapone , e il cioccolatte : e mischiandolo al frumento , ne han fatto anche del pane . Gli economi- sti francesi attenti a profittare di tutti i nuovi acquisti dell' agricoltura non tardarono a divulgarla in Francia, ed i Sigg. Mechain e Tessier , contribuirono partico- larmente a promuoverne la coltura in tutt' i paesi me- ridionali di quel vasto Impero . L' arachide ivi colti- vata, ha generosamente compensato le cure che si era- no prese a suo riguardo ; essa ha fornito uu olio lim- pido luoodoro , meno grasso del più fino olio di oli- (3.) ve , che secondo il giudizio reso dalla Società di Agri- coltura , gareggia col miglior olio di Provenza . AI presente tutt' i proprietarj della Francia donjandano de' semi di arachide per vieppiù estenderne le colti- vazioni , e malgrado il gran numero di negozianti di piante , e senù che incessantemente si occupano ad ammassarne , riesce nuUadimeno impossibile il soddi- sfare a tulle le richieste che ne vengon fatte . Presso di noi non si è tralasciato d' istituire sull' arachide gli stessi esperimenti ; ed io mi sono parlicolarmente oct cupato a ripeterli ed a verificarli più estesamente . I risultati ne sono stali egualmente felici , siccome si ri- leverà da ciò che anderò ad esporre . Descrizione (Iella pianta . Io imprendo a descrivere quella varietà di ara^ chide che coltivasi presso di noi , e che corrisponde esaltamente alla varietà americana , Mi sforzerò anche a dimostrare nel decorso di questa memoria che l'ara- chide conosciuta in Europa debba sempre riportarsi a questa istessa ; e che l' altra varietà asiatica sia tanlo diversa dall' americana che , seguendo il rigore botani- co , dovrebbero considerarsi come due distinte specie. L' arachide è una pianta leguminosa , che Linneo e tutt' i botanici che sieguono il suo metodo riportano nella classe diadellia ordine decandria , ma che con- verrebbe rimandare alla classe poligamia ordine mo~ Boecia ]ìer ciò che si dirà in seguito . Radice . A somiglianza della maggior parte delle piante della sua famiglia, e specialmente del lupino a cui ( 33 ) sì avvicina moltissimo , 1' arachide ha la radice fusifor- me , ossia fittonata che si profonda circa 4 pollici nel terreno e si carica di molte bai-be . Essa qualche volta è tortuosa. Fusto . Nissolio , e Lamarch han descritto il fusto dell' ara- chide come prostrato , forse perchè ne hanno conside- rate alcune ramificazioni . Esso aell' origine è dritto e semplice, ma poi si ramifica, e tutt'i rami acquista- no una quasi eguale grossezza , si elevano fino a due piedi , sono nodosi ed alternativamente angolati tra l'inserzione di una foglia e l'altra, hanno un color rugginoso nella parte più invecchiata , e sono di uu verde gajo in tutto il resto , e coperti di una debole e morbida peluria . Foglie . Le foglie sono alterne pinnate , composte di due coppie di foglioline, disposte nella parte superiore di un picciuolo comune . Delle quali una coppia è termi- nale , e r altra è situata al di sotto ed a piccola di- stanza dalla prima : talvolta non v' è né che una sola coppia , specialmente nelle foglie più' inferiori e radicali . L»e foglioline sono cuneiformi intierissime, di api- ce ottuso munito di una picciola punta , hanno molti Bervi paralelli , e sono pubescenti nella pagina infe- riore , sono di un verde gajo e liscie nella pagina su- periore . Neil' ora della sera si dispongono combacian- dosi per le pagine superiori e diventano perpendico- lari al picciuolo comune . 5 ( 34 ) TI picciuolo connine è lungo due pollici circa , e scannellato , con un nodo die lo articola col fusto con ^cui convengono nel colore . I picciuoletti che sostengono le foglioline sono lunghi circa due linee ed hanno uà colore bruno violetto cupo . Stipiti e . Ogni foglia di arachide nella inserzione del pic- ciuolo comune col fusto è munita di una coppia di sti]>ule lanceolate . Il Sig. Loureiro (i) ha appoggiala alle siipuie la distinzione tra la specie Asiatica e Afri- cana . Egli asserisce che la prima le abbia bifide e la seconda le abbia intere, Willdenow (2) assicura di averle trovate indivise in ambedue le specie . Le no- sti'e piante anche le hanno sempre così . Fiore . Nelle ascelle delle foglie nascono i fiori riuniti a mazzetti di tre a sei ciascuno , e sostenute da pedun- colelti luni frutti scoprire quelle che hanno acquistata molta du- )> rezza ed un colore oscuro cineriiio , le bianche so- » no immature e debbono serbarsi per la raccolta sus- » seguente , allora ricoprendole con nuovo soffice ter- >i reno , se ne potrà par due anni istituir la raccolta » nel medesimo campo . Nai mesi piovosi puossi an- » che propagare la pianta per mazzo dalle sue propa- >i gini , giacché pronlamenle si sviluppa, e moltiplica. Tutti questi caratteri che concorrono nella pianta di RuuiGo , mancano affatto nella nostra . Questa ha il fusto drillo ramoso e sfornito di ogni sorta di polloni , o propagiiii, manca altresì della irsuzie bianchiccia av- vertita da Rumfio ih tutta la sua pianta , ed appena è coperta di minuti peli giallognoli , non ha che un solo anno di vita, né può altrimenti mdtiolicarsi , che pT via di semi . Anche le foglie sono ovali bislunghe nell' arachide asiatica , mentre nell' americana sono ovate- cnnei formi . Sono dunque le arachidi asiatica , ed americana , due piante affatto diverse, giacché quando anche si voglia credere che Rum(io nel dire che la sua pianta si radica dappertutto, abbia inleso parlare dei flutti che a guisa di radici si profoudono ael terreno, re- (39) • stano lultavia intòressanli caratteri, onde distinguere I' una dall'altra. Tuttociò può anche rilevarsi dalla ocu- lare ispezione della tavola di cui egli ha corredata la sua descrizione , ove egli ha rappresentato un pezzo della pianta, che corrisponde esallamenle ad una di quelle jjropngini avvertite nella sua descrizione col no- me'di sttiifellci . Tuli' i botanici , tranne l'Autore dell' Erbario di Amboina , non han conosciuta che la specie americana . Questa islessa è introdotta e coltivala in Europa', e sembra che giammai la specie asiatica sia uscita fuori della sua patria . Fa sorpresa che Burmanno illustrando il testo di RumGo , riporta tra le sinonimie di questa specie di arachide le citazioni di molti autori , come Pluk- netio , Barreliero e Sloane che han descritta la specie americana . Ma forse le confuse descrizioni che questi ne danno non gli permisero di rilevarne le differen- ze . Anche Linneo descrivendo l'arachide, cita nel medesimo tempo le sinonimie di Pisone e di Rnmfio , mentre il primo ha cOn molla precisione descritta la' specie ame./.ana , ed il secondo ha parlato dell' asiati- ca . Bisogna dire in discolpa del sommo Botanico Sve- dese, cTie non avendo sotto gli occhi gl'individui ve- getanti né dell'una, uè dell'altra, si sia' interamente riportato all'altrui autorità. Solo dai moderni che avevano sotto 1' occhio la specie americana introdotta nei giardini, e l'opera di Rumfio, poteva sperarsi qu s'a distinzione, ed allora' senza ricorrere al carattere delle stipule , che anche nella tavola data da Rumtìo della specie asiatica si os- (4o) servano interissirae , si sarebbero dalla descrizione di questo illustre botanico attinti i caratteri opportuni a stabilirne le differenze . Forse costoro perchè occu- pati di un immenso lavoro avranno pi'eterilo di con- sultarla . Molti dei caratteri dell'arachide asiatica conven- gono alla glycine subterranea altra pianta ipocarpogea indigena dell'Africa, e coltivata nel nuovo Mondo, ma a ni uno potrà cadere in mente che RuraGo avesse inteso parlare di questa quando ha descritta I' arachide asiatica , mentre son queste due piante che disconven- gono in tutto il resto, e basterà consultarne le descri- zioni per restarne appieno convinto . Pisoue ha descritto nel tempo stesso 1' arachide a- mericana , e la gljcine . Da lui sappiamo che i brasi- liani le coltivano insieme, e chiamano niundubi la prima , manobi la seconda . Taluni confondendo que- ste due piante affatto diverse, spesso riportano tra i si- nonimi dell'arachide anche la voce inanobi (i) . Que- sta confusione ha fatto credere a qualche moderno scrit- tore che l'arachide sia nativa dell' africi^ /o.) . Dalle descrizioni di già esposte sarà facile rileva- re i caratteri differenziali delle due specie di arachide. Questi si riducano ai seguenti . Arachide americana di Lina , di Pisone , e di altri. (i) La Jacopiere . Pìsintes hypocarpogees j pag. 3g. (2) Tollard Bibliotheque physico-écoaomique 2. an. voi. I. pag. agS. (4> ) Fusto annuo , eretto , ramoso , pubescente . giallo- gnolo •■, foglie ovxile-cuneil'ormi , pubescenti nella super- ficie inferiore . y/rachide asiatica di Ptum/io . Fusto bienne , serpeggiante , stolonifero , irsuto , grigiastro j foglie ovali bislunghe grigiastre nella super- ficie inferiore . Qualità ed usi dell' arachide . Tutta la pianta dell' arachide , partecipando del carattere della ianiiglia a cui appartiene , è molto mu- cilagginosa; quindi le sue foglie possono proporsi per ottimo jiascolo degli animali , di modo che ([uando si fa la raccolta de' suoi fruiti , eh' è seniore su la metà di autunno, si cavano dal terreno le ])iante, e dopo averne distaccai' i frutti si lasciano disseccare e si con- servano per foraggio . Neil' inverno , quando di ogni altro ])ascolo suol' esservi penuria , è questo un foraggio che amministrato con moderazione nutrisce assai bene i besliami . Ma non è dalle foglie che pretendesi tirare il più gran profitto nella coltivazione dell'arachide, è bensì dal seme, il quale si presta ad una infinità di usi impor- tantissimi, e che è mio pensiero di far rilevare . Il seme dell'arachide mangialo crudo non è di disgustoso sapore ed è uiolto nutritivo perchè abbonda di fecula muci- laggino-oleosa ; ma questa istcssa copia di mucilaggiue e di olio che contien;^, ne rende dannoso l'usarne in gran copia , mentre allora riesce flatulento ad eccopro- lico . Per ispogliarlo di queste cattive qualità , bisogna abbrustolirlo , siccome costumasi fare delle mandorle , 6 (40 delle fave , de' ceci ed altri semi che partecipano de- gli stessi rimproveri . In questo stato acquistano un sapore molto più grato , potendosi scambiare con le mandorle j e sostituirle a tutti gli usi a cui queste so- glionsi destinare. Gl'indiani amano mangiarle cosi: eglmo ne fanno delle polente cnocendole col latte, che condiscono con aromi , e trovano di un sapore squisi- to ; ne fanno delle confetture, de' dolci , ed ogni altra sorta di vivande composte . Gli americani , al riferire del nostro rispettabile collega il Sig. Savaresi , soglio- no infornare le arachidi con tutto il baccello, e an- che cuocerle sotto la cenere siccome noi costumiamo fare delle castagne , e cosi calde le mangiano , e le tro- vano di im sapore squisito . Alcuni han pensato di sostituire 1' arachide al cacao nella fabbrica del cioccolate , ed in Francia , e nella Spagna con un terzo di arachide , e due terzi di ca- cao di caracca , se n' è ottenuto del buono . Presso di noi si è fatto altrettanto , ed i risultati ne sono stati egualmente felici. Nella Spagna sogliono mischiarla con la farina per farne del pane , ed a questo uso si suo- le specialmente destinare il pastone che si ottiene dall' arachide dopo averne spremuto 1' olio . In farmacia si fanno dell' emulsioni , sostituendo l' arachide alle man- dorle , Avendo ammassata gran quantità di semi di arachi- de mi son creduto nell' obbligo di replicare tutt' i sag- gi summentovati per assicurarmi delle sue buone qua- lità , e sì da i saggi che ho avuto 1' onore di presen- tare a questo Real Istituto , come da quelli che eoo ,( 43 ) ho potuto eseguire che privalamente , ho rilevato che al seme di arachide convengono luti' i vantaggi di so- pra riferiti , e sopratulto ho osservalo che fabbrican- done il cioccolatte , può sostituirsi il cacio selvaggio al carNcca,e risparmiarsi il quarto dello zucchero che suole ordinariamente adoperarcisi , mentre la dolcezza del seme di arachide ne mitiga il sapore austero . Wiuno si attenda però di ottenere dal miscuglio dell' arachide un cioccolatte dell' istessa qualità dell' ordi- nario, mentre esso non lascia di partecipare del sapo- re oleoso proprio di questo seme. Il più eccellente prodotto che dai semi dell' ara- chide può trarsi è 1' olio che se ne spreme , e di cui suole ottenersene sino alla metà del peso . L'olio dell'arachide ha la consistenza ed il peso specifico dell'olio di mandorle, è limpido, biancastro, senza odore , e di un leggierissimo sapore proprio , niente disgustoso . Quest' olio può servir bene a tutti gli usi economici , brucia con fiamma più chiara e più durevole dell' islesso olio di olive . In tutti gli stabili- menti Europei situati fra i due tropici , 1' arachide è coltivata espressamente per quest' uso . Nella Spagna forma oggi giorno un oggetto di speculazione economi- ca , e nei paesi meridionali della Francia si moltipli- cano sempre più le coltivazioni di questo seme , e se ne sperimentano gli stessi vantaggi . Dell' olio di ara- chide si fabbrica in Ispagna dell' eccellente sapone . Mentre nei paesi che scarseggiano , o mancano affatto di olio , non si saprebbe abbastanza raccoman- (44) dare la coltura dell' arachide , per rimpiazzare un pro- dotto di SI grande uso , presso noi che di olio alihoa- diaino oltremodo , potreb])e ad alcuno sembrare stra- no , il vedersi proposta l' introduzione di un gene- re coloniale , a solo oggetto di profittare del suo olio. Ma a tal proposito conviene riflettere che per le stes- se ragioni che concorrono a farci godere 1' inapprez- zabile vantaggio di essere i soli popoli in Europa che possiamo conservare il più florido commercio dell' olio di olive , mentre da una parte dobbiamo impegnarci ad estendere sempre più ed a perfezionare le coltiva-» zioui , e le manipolazioni di quella interessante derrata, non dobbiamo disprezzare dall' altra , i vantaggi che potranno trarsi dalla coltivazione di altre piante olei- fere , e sopratulto dell'arachide , che minorando il con- sumo del primo renderebbe sempre più esteso il suo commercio . Giova anche fare avvertire che 1' olio di arachide rimpiazzando quello di mandorle , potrebbe risparmia-* re il consumo che di esso suol farsi per gli usi far- maceutici , il che influirebbe non poco a minorarne il prezzo . In effetti non vi è cosa più mal sicura ed in- certa della raccolta delle mandorle. Impazienti i fiori dell' albero che le produce di aprirsi nel mese di gen- uaro e febbrajo , sono non di rado vittima delle gelate e delle brine di quei mesi , che perciò giammai que- ste non sogliono pagarsi meno di quattro carlini ai- rotolo , e di ciascun rotolo appena possono cavarsi quallortlici once di olio . Desiderando persuadere coi (45) fatti r utilità che per luti' i titoli dall' olio di arachide può cavarsi, espongo in questo luogo il risultalo de' miei saggi economici . In un canipicello di cinquecento palmi quadrati ho seminalo 3oo semi di arachide, equivalenti nel pe- so ad once tre in circa ; nella fine di ottobre ho sca- vati i frutti del terreno , e dopo averli l'alti disseccare ne ho ottenuto io libbre di semi , ed in conseguenza cinque libbre circa di olio , cavato per espressione . Or fissandosi l' estensione di un moggio di terra a palmi quadrati 4° 5 800 , dall' intero moggio si sarebbe- ro ottenute 81 5 libbre di seme di arachide, ed in con- seguenza 407 libbre di olio : e quindi calcolandosi la rendita annuale del moggio a ducati 20 , il prezzo dell' olio di arachide ricade a gr. 5 la libbra . Ma dalla rendila primitiva del moggio dovrebbero anche scemarsene due terzi, perchè 1' arachide occupan- do la terra per soli sei mesi , dal novembre all'aprile può essa destinarsi alla coltura degli ortaggi , e perchè la coltivazione dell'arachide non impedisce che il cam- po sia alberato . Dippiù per la coltura dell' arachide possono desti riarsi i campi di un terreno piuttosto fab- hioso , locchè non può farsi degli ulivi. Ecco perchè, destinando per la coltura dell' arachide gì' immensi campi alberali , che spesso rimangono inutili , o anche facendo servire per la sua coltura quei campi , che per lo addietro erano addetti ad altro genere di pian- te , sarà sempre di gran vantaggio ai proprietarj , ed allo Stato di moltiplicare e 1' estendere al più possibile ( 4(3 ) la collivazioiie dell' arachide , che dà sì gran copia di olio ad un prezzo cosi discreto . Per contribuire per quauto è possibile da mia parte al pieno conseguimento di quest'oggetto , ho ri- serbato una sufficiente quantità di semi di arachide, per distribuirli a coloro che animati dall' interesse del pub- blico bene , e da quello spirito d' industria che tanto influisce su la prosperità delle nazioni , vorranno in- traprenderne la coltivazione nei proprj poderi . Ecco perchè credo indispensabile di qui aggiugnere li pre- cetti che ne riguardano la coltura . Coltura dell' arachide. Neil' intraprendersi la coltivazione di qualsivoglia genere di piante , da ninno s' ignora che fa d' uopo prima di tutto determinare la qualità del terreno che gli conviene. L' arachide ama i terreni leggieri , sciolti e piuttosto sabbiosi j questi caratteri sono ricercati dal- le circostanze che accompagnano la sua fruttificazione ; in un terreno argilloso e compatto , i suoi peduncoli non potrebbero profondarsi , e la raccolta ne sarebbe perciò scarsa ed infelice . Si prepara la terra per la semina arandola, e la- vorandola colla zappa onde vieppiù scioglierla ed at- tenuarla . Se vogliasene ottenere un prodotto maggiore , bisognerà anche concimarla ; servendosi a tal uopo di foglie consumate , o di terriccio di selva , non mai dì ingrasso animale. Questo, oltre al riscaldare soverchia- ( 47 ) mente la vegetazione dell' arachide, ricliiamerebbe sul terreno un formicajo d' insetti che ne divorerebbero i frulli . Il terreno da seminarsi dovrà dividersi in lunghi e profondi solchi , simili a quelli che sogliono prati- carsi per la semina del frumento , serbando la distan- za di due palmi circa tra l' uno , e 1' altro . Dal priucipio a tutta la fine del mese di aprile, può effettuarsi la semina dell'arachide . Si metterà nel fondo de' solchi , alla distanza di due palmi 1' uno dall' altro, un seme per volta, alla profondila di quattro dita , e si coprirà leggermente col terreno . Secondo la stagione più o meno calda , tra 20 giorni circa , la pianta è già nata, e dopo due mesi incomincia a fio- rire : allora conviene rincalzare ogni pianta ammontic- chiandovi intorno la terra dei solchi contigui , e que- sta operazione uopo ò replicare fino a 4 volle in di- versi tempi , cosicché in fine , la parte più alta dei solchi si troverà cangiata nella più profonda . Se que- sta operazione si trascurasse, i peduncoli fruttiferi che partono dalle ascelle de' rami superiori a misura che la pianta si eleva, prima di giugnere a toccare il ter- reno , si allungherebbero oltremodo , acquistando una certa rigidezza , che si oppone all' affluenza de' succhi che deve favorire lo sviluppo del fruito sotterra , e per- ciò o darebbe appena un frutticello con un picciol se- me poco nudrilo , o finirebbero per abbonire del tutto. Nel forte dell' està sarà ben fatto innaffiare la pian- ta , se è possibile j ma ciò conviea farlo di raro e so- briamente: del resto l'arachide non soffre moltissimo (4S) per la mancanza di questo benefico soccorso . Gli ullimi giorni di ottobre, ed i primi del no- vembre sogliono offrire il tempo proprio per la rac- colta dei fruiti : qncsta è annunziata dall' ingiallimento delle foglie . Bisogna allora scavare il terreno a cia- scuna pianta , e quindi strappamela dolcemente con tutti i suoi baccelli , cbe si troveranno sospesi pendo- loni sotto di essi . Sa ne scrollerà tutta la terra , e se ne faranno de' fasci cbe si avrà cura di tener sospesi a delle travi in luogo asciutto e coperto , afUncbè pos- sino seccarsi . Quando i semi si sentono suonare nel baccello, quello è il tempo opportuno per distaccare tutti i baccelli dalla pianta e conservarb slesi sul pa- vimento di una camera bene asciutta , e ventilata ; av- vertendo a tenerne lontani i topi cbe ne sono gliiol- tissimi . Per cavarne i semi bisogna comprimere il bac- cello per ì due bordi longitudinali ed opposti : in tal modo si caveranno interi , e molto facilmente . Que- sti per altro conservansi bene nel baccello per quei tempo cbe si brama , onde è sempre meglio estrarnelì nel momento che vogliono destinarsi a qualche uso , ARACHIDIS AMERICANA BOTANICA DESCRIPTIO. Radi'x fuslformìs , spìlhameae longitudinis , tortuosa barbis capillaribus onusta. Caudex annuus , basi simplex , erectus , subligno- ( 49 ) sus ; dein ramosus . Rami altitudine gequales , bipeda- les , umbellati , subangulati , nodosi , senesceutes eru- ginosi , juniores laile virentes , pubescentes. Folla alterna, composita bijuga. Alterum par api- ce pelioli communis inserlum 5 alterum pauUo infra . Foìivh* ovato-cuneiformia integerrima , apice obtuso cum acumine, parallelo-nervosa , superiori superficie lasvia, laete yircntia , inferiori pubescentia . Nocte dor- tniunt connivendo. Petinlus universalis bipollicaris ca- nabculatus , prope insertionem nodosus . Petioli par- tiales bilineares atropurpurei . Stipiilce geniinae lanceo- latae integerrimae. Flos . Calix Perianthium bipartitum , dehiscens : Labium superius ovatum semitrifidum ; lacinula inter- media fere niajore , emarginata . Labium inferius lan- ceolatum concavum, acnlum , fere longius . Corolla papilionacea , resupinata , lutea. Vexillum subrotundum , deflexe-planum , maxi- mum , emarginatum , calyce longius. Alce liberse subovatae vexillo breviores. Carina subulata , incurva, longitudine calycis , basi levissime bifida. Stamina. Filamenta monadelpha , superne divisa, subulata , longitudine carinae. Antherce octo ad decem alterne siibcotundae , alternae oblongao. Pistillum. Flores masculi . Germen nullum. Stj~ bis subulatus longitudine pedunculi , apice adscendens. Stigma simplex. Flores fcEmmei . Germen minimum Incospicuum basi pedunculi recondilum , cablerà ut in pra?cedentibu.s. 7 ( 5o ) Pericarphim. Legumen ovalo-oblongum griseo-lu- teum , gibbum , torulosum , venosum, coriaceum, uni- loculare . Semina duo , oblonga , obtusa , gibba , hinc truncata , epidermide carnea venosa teda. Pedunciilus floriferus , filiformis , pervius post an- thesim una cum flore marcescens , fructiferus ab axil- la folli exor.'ens , reflexus , terram penetrans. Bractece inteiflores lanceolalae deciduae. Character essentialis genericiis. Classis polygamia , ordo monoecia. Flos hermaphroditus . Corólla resupinata. Gernlen recondifum , post anlhesim pedunculo reflexo suffultum, terroe fructificans. Legumen coriaceum evalve. Flos mas . Gerraen nuUum , caetera ut in berma- pbrodito. Character essentialis specìjicus. Caulis annuus erectus , pubescens subluteus , folla ovato-cuneiformia subtus pubescentia (i). (i) Dopo la pubblicazione di questa memoria , diversi altri valenti scrittori si sono occupati dell' istesso soggetto , sviluppandone più estesa- mente la parte agraria . Il Signor Biroìi , ne pubblicò una dotta memo- ria nel Giornale di Agricoltura di Milano 1808; e quindi una secon- da nel primo bimestre del Giornale di Fisica , Chimica e Storia na- turale del Signor Brugnatelli . In queste memorie il Signor Biroli fa conoscere con quanto profitto siasi intrapresa nel Regno d' Italia la col- tivazione dell' Aracliide . E da notarsi di' egli designando la patria di questa pianta , cita indistintamente il Perù , il Brasile , l'Asia e l'Africa; onde sembra che non abbia posto mente alla diversità delle specie , clie allignano in queste diverse regioni , e che si è stabilita in questo luogo. Neil' anno 1809 il Signor Sonnìni pubblicò im eccellente Trautto lulT ( 5i ) suW Af aditele [a) , nel quale mostra di aver conosciuta la mia memoria, giucche allotta la correzione da me fatta alla classificazione dell' arachis ^ riporf.uidola alla P oly gaviia monoecia , non già alla Diadelpìtia , ove era stata riportata dal Signor Linneo e da' suoi seguaci. Quindi nello stes- so anno il Signor Bayle Barelle pubblicò nel IV numero degli Annali di Agricoltura del Regno d' Italia , del Signor Filippo Re , un' altra memoria molto interessante . In questa egli descrive due varietà di ara- cliide r una indiana , e 1' altra africana , suU' autorità di Willdenow e Persoon ; ma è da riflettersi die Willdenow ( Sp. pi. voi. 3. p. 2. pag. 1021 ) dopo di aver citali i sinonimi delV arachis hypogaea , di cui forma una specie sola , e ne cita per varietà il •solo sinonimo di Nissolio per l'arachide americana , accenna soltanto che Loureiro nella Flora Co- chinchinense pag.522 distingue due specie di questo genere , cioè \asia- lica che à le stipole bifide , e 1' africana die le à indivise , né aggiunge alcuna sua particolare osservazione su questa pretesa specie africana \ anche Persoon ne riporta la varietà africana suU' autorità di Loureiro . Lo stesso sopralodato Bay. Barelle assicura che questi due sommi Bota- nici abbiano detto che la specie indigena delle indie sia liscia, e l'afri- cana villosa ; mentre Willdenow à detto asiatica est valde hirsuta , e Persoon africana est glabra . Noi dunque ci contenteremo tli rico- noscere tuttavia le due specie , attendendo ulteriori dilucidazioni per questa terza specie africana , sul conto della quale lio già palesato il mio dubbio di crederla confusa colla Glycine snbterranea ; che anche Bur- manno (b) chiamò arachis africana. (a) Traile sur l'Arachide, oit Pisiache de terre . Paris 1809 chex Colas. (b) Planile indicee 22. Dello sfato dell'arte vetraria nel Regno di Napoli , e dei mezzi di migliorarla . Memoria del Socio Ordinario Michele Ferrara . Letta nelV adunanza del di 23 agosto 1807. JT Ra' rami d' industria , onde la nostra Nazione va tributaria alla manifattura straniera , debbe annoverar- si quello dell' Arte Vetraria , che ne cosliluisce una mancanza veramente marcata. Nel secolo passato la sua importanza non isfuggì le vedute di qualche sagace speculatore. In Mouteleo- ne , Città della Calabria Ultra , venne istituito uno stabilimento di tal natura j un altro simile ne fu eretto dal Signor Baldassarre Monti in questa Capitale , in cui vi concorse anche l'ajuto della Reale Munificenza, ed un altro finalmente in Castellammare. Questi stabilimenti fabbricarono cristallo, bottiglie nere , lastre , e vetro comune ; ma il sistema irregola- re tenuto da' direttori , la mal guidata garanzia , l' or- dinaria indipendenza de' maestri , e la crassa ignoran- za su i prodotti del nostro suolo cosi bene applicabili a tali operazioni , furono basi sì deboli , che produsse- ro il crollo precipitoso di sì pregevoli intraprese. Un tal fatto destò nell'animo degli speculatori sen- timenti così determinati di alienazione, e di scoraggia- mento , che , resa vana ogni risorsa , costituì di nuovo la Nazione soggetta all' industria degli esteri. In questa Capitale rimase confinata una branca di tal ramo, la quale tuttavia esiste , ed è solamente ( 53 ) limitata a fabbricare vetro comune 5 ma perchè non ha mai ricevuta , ne riceve altra guida, che quella del nu- do mecanismo , è stala perciò incapace di risorsa ^ e di miglioramento . In fatti il fabbricato vitreo monta a tal grado d* imperfezione , che la nostra Capitale non ha un cri- stallo, una lastra, o altro genere di tal sorta ben for- mato, se non le pervengono dalla Germania. Le no- stre Provincie del Levante sono obbligate a provveder- si da Venezia, e quelle di Abruzzo per una caraffa, per im bicchiere ricorrono a Roma . La cenere di soda , la fdice , il manganese , le ar- gille , il combustibile , sono i generi primordiali per talo industria . La nostra nazione n' è cos'i doviziosa- mente fornita , che della cenere di soda ne fa com- mercio , del manganese n' è ricca la Calabria , le ar- gille le sono comuni , del combustibile ne abbonda , e della silice ne provvede Roma . E pure ad onta di si benefica naturale influenza , paga a prezzo indiscre- to , e con quella legge , che all' estero piace imporle siffatti generi d' industria , che risultano dalla manifat^ turazione de' suol proprj prodotti . Fisserai una volta , o illustre genio Vesuviano , l'epoca alta a destarti dal vergognoso letargo del tuo avvilimento? Sarà forse fissata da quel giorno , e da quel momento medesimo , in cui trovasi segnata quel- la della instituzione di questo Istituto, dietro le prov- vide mire del Governo ? Io te 1' auguro . II nou poter ricever* uà vetro coiuaue bea for- ( 54 ) malo dalle nostre vetriere , e l' assoluta necessità di tal genere per la mia fabbrica di acido solforico, aven- domi obbligato a stabilire una picciola vetriera per proprio conto , mi han fallo instituire de' saggi co' uo-« stri prodotti . Quello delle bottiglie nere ha ottenuto lutto il suo effetto . La scoperta della terra selciosa , clie co- stituisce la base al fondente , è commendabile j l' im- mensa quantità che ne abbiamo , non richiede altra cura che quella di raccoglierla ; la sua proprietà è a tal segno marcata , che bisogna impiegare il 3o per cento di più della proporzione ordinaria ; il suo colo- re è tutto simile a quello delle bottiglie di Francia ; ed ha finalmente il raro e prezioso vantaggio , che il suo rottame col mezzo della fusione ritorna allo sta- to di vetro , quandoché quello delle bottiglie estere è infusibile . Il saggio sul vetro a lastre di Germania mi ha dato delle pruove convincenti di approssimazione , ed è anche il risultato de' prodotti nazionali . Io che ho sempre protestato il dovuto filiale af-» fello alla mia nazione , e che determinatamente mi sou dichiarato pe' suoi vantaggi , non posso per conse- guenza fare un mistero delle mie scoperte , anzi ascri- verò a mia gloria l'appalesarle, quante volte il Gover» no a ciò mi autorizzasse. Affinchè possa pertanto cotest' arte ricevere le pri- me fondamenta di sussistenza nel nostro Regno , cre- do mio indispensabile dovere sommetlere alla sana (55) intelligenza di queslo Real Islilulo quale sia il suo sta- to alluiale , e quali sieno i mezzi valevoli per la sua risorsa . Stato attuale clelT Arte Vetraìa nel nostro Regno . In tulio il Regno vi sono olio fabbriche di vetro; fiei nella Capitale, la settima in Cardilo , e l'ottava ia Monteforte . Ognun vede che queste due ultime sono in piccola distanza dalia Capitale medesima . Una di queste manilaltura lastre a vetro comune , e bottiglie nere j la seconda solamente lastre anche a vetro comune ; e le altre sei fabbricano caraffe , pi- retti j ed altri generi di bufferia col vetro medesimo . Ordinariamente quelle addette a bufferia fanno uso di poca cenere di sonla , e di silice j quale combi- nazione chiamasi fritta j e s' ingegnano di raccogliere lutto il vetro rotto , con cui cuocendosi , e ricuocen- dosi , sostengono la nianifatlurazione . Si avvalgono esclusivamente non d' altra soda , o silice , che di quella della Sicilia , si provvedono delle argille da Monlecalvo , e per la costruzione della Ibr- nacc , si servono della pietra di Montesarchio . Ado- perano il manganese del Piemonte , e da qualche an- no praticano anche quello di Calabria . Il magistero non sa adattarsi che alle forme le più ordinarie ; esso si traiuauda da padre a figlio eoa uu meccanismo il ( 56 } più mcscliino ; ed 1 propiielarj non agiscono , che eoa )a sterile norma della tradizione . Il fabbricalo vitreo possiede le seguenti difettose caratteristiche . Il suo colore è vario ; dimostra al tut- to della rugosità e dell' asprezza; è pieno di bolle; è facile a spezzarsi ; ed ha fìnalnjeute pochissima tem« pera . Tale marcata imperfezione deriva i . Perchè non la^* vasi il vetro rotto che raccogliesi , per nettarlo dalle lordure, e dalle terre, ond' è ordinariamente attaccato. Le prime , calcinandosi , rimangono incorporate all' ammasso vitreo , e ne alterano il colorito naturale. Le peeonde , perchè non incontrano il fondente , restano isolate sotto la forma di tanti minuti gruppi. 2. Dalla fornace , che non ha cenerario , e da ciò avviene che , gittandosi le legna nel focolare con im- peto, si dà luogo all'esalazione del polverio della ce- nere, e questa imboccandosi nelle padelle, ed essendo incapace di fusione , forma la grana nel vetro . 3. Dalla pratica che per lo più si osserva , di fondere il solo rottame, e rara fritta. Il rottame quan- do si fa cuocere così isolalo , vi ene a perdere sempre una porzione di alcali , che n' è il componente , e la silice , rimanendo per conseguenza scevra di questa parte salina, non può produrre che un vetro fragile, e rugoso . E vero che il rottame è necessario nelle vetriere , ma dee considerarsi come il bevilo per la fabbricazione del buon vciro , e la fritta come il fru-^ pienlo , conciossiachò l' alcali che U'ovasi sempre ìì\ (57) una proporzione soprabbondante nella combinazione della fritta, viene a surrogar quella, che il rottame ha perduta per le fusioni solìerte . Più ; il sale mari- Bo ospitante nella cenere di soda , all' azione del ca- lore intenso si decompone , il suo acido , divenendo li- bero, attacca 1' ossigeno del manganese, e risulta aci- do muriatico ossigenalo . In tale stato questo esercita la sua azione su la materia colorante dtìlia soda , e delle lordure , se mai ve ne restano attaccate al rot- tame , e la distrugge , e 1' alcali marino trovandosi isolato , in parte volatilizza , ed in parte serve di fon- dente a quelle terre che sono sempre unite allo stesso rottame . 4- Alle notate imperfezioni del nostro vetro co- mune concorre ancora la poca cottura , che ordi- nariamente riceve . L' acido carbonico naturalmente combinato con la silice, e con la cenere di soda, e r aria atmosferica «he rimane intercettata nel git- tarsi il rotarne , non avendo il tempo proprio a svilupparsi , producono le bolle nel vetro , e que- ste sono più , o meno voluminose , e rare a misu- ra del maggiore , o minor tempo di coltura , che il vetro riceve . 5. La tempera , che si applica al nostro vetro manlfatturato , si esegue in quel forno , che viene ri- scaldato dal fuoco medesimo che cuoce il vetro . In questo forno è picciolo lo spazio , che si frap- pone da quel punto , in cui la temperatura è ol- tremodo calda, a quello in cui è già fredda; quin- 8 (58) di ne avviene che i vetri lavorati , non potendosi gradatamente raffreddare, debbono pei'ciò esser facili a spezzarsi . Finahnente tralascio di accennare 1' ignoranza su la conoscenza delle nostre argille , e 1' inespertezza di depurarle dalle terre vetrificabili . Taccio la poca pratica nella formazione de' vasi , ì difetti marca- ti nella costruzione del fornello da fusione , e la trascuraggine nella preparazione della fritta . Non parlo del magistero così meschinamente limitato , della scarsa compensazione , che gli artefici ritrag- gono dalle loro fatighe , e altre simili insuftìcien-> ze , per le quali converrebbe formarsi un piano este- so d'istruzioni . Da quanto ho osservato chiaramente rilevasi, che il nostro fabbricato vitreo non può non risultare , che nel grado marcato d'imperfezione, ed il fatto Io confer- ma , perchè conoscendosi per esperienza da tutti per difettoso, mette tutti ragionevolmente nella dura ne- cessità di ricercarlo dall' estero . Più : Sono già due anni da che i proprietarj di quelle fornaci addette alla bufferia hanno fra loro adot- tata una convenzione avvalorata dal Magistrato , in viitù della quale si ripartiscono il lavoro in modo , che due di essi fabbricano per lo spazio di mesi sei , e gli altri due negli altri sei rimanenti mesi dell' anno . Più : I due proprietarj , che sono in attività , cor- rispondono ducati 1 20. mensualmente a quelli , che (59) sono fuori esercizio, e ripigliando questi il loro lavo- ro , praticano la stessa corrispondenza . Tale convenzione riconosce la sua origine dalla viltà del prezzo , con cui ognuno proccurava far lo spaccio del proprio lavoro. Ciò faceva mettere in uso de' mezzi sempreppiù ruinosi , ond' erano impossibili- tati a potere fabbricare un buon vetro , giacche il prezzo vile introdotto noi permetteva . Questo assurdo cagionava oltremodo l' avvilinien- lo , e la deteriorazione dell' industria , ed affinchè que- sta meschina branca non fosse stata nel cimento di vedersi affatto arrestata, convenne ricorre all'espedien- te della mentovata convenzione . Questo è lo stato dell' arte Vetraria nel nostro Re- gno . Passo ora a rapportare i mezzi , che credo poter concorrere al suo miglioramento . Mezzi dì Miglioramento . Quante volte due delle quattro fornaci esistenti in questa Capitale, ed addette soltanto alla bufferia non possono mettersi in attività, se non dopo che le altre due abbiano lavorato per mesi sei , e ciò per dar luogo allo spaccio de' generi manifatturati eoa prezzo convenevole , potrebbero due di esse rimaner sempre in esercizio in tutto 1' anno nella Capita- le , ed obbligar le altre due a trasferirsi una iu Ab- bruzzo , e r altra alle falde del Monte S. Angelo in Puglia . (6o) 2. Potrebbero a tal uopo prevenirsi due de' no- stri Socj corrispondenti , ed incaricarsi , con 1' autorità del Governo , della scelta del locale pel facile acquisto così del combustibile, che degli altri generi primordiali per tale manifatturazione . 3. Questi Socj corrispondenti potrebbero stabilire una Deputazione con quelle istruzioni , che loro si comuniclierebbero , dietro 1' approvazione del Gover- no , per potersi più agevolmente somministrar que' mezzi che possono contribuire all' esilo felice di tale operazione . 4- Questo Real Istituto costituirebbe una Commes- sione di due Socj ordinar} , che conferendo co' pro- prietarj delle fornaci , potessero rilevare da vicino tutte le cagioni, le quali arrestano- la risorsa di questa in- dustria tanto interessante; conciliare i mezzi i più ana- loghi alle nuove istituzioni delle vetriere nel Regno ; esaminare, se converrebbe o no la dfsmissione della porzione degli artefici , de' quali si avvalgono tutta- via , e riguardare finalmente il miglioramento del ma- gistero . La suddetta ComuTessione dovrebb' essere autoriz- zata a potere instituire de' saggi ne' padellotli in quelle fornaci , che si troverebbero in attività . 5. La situazione di siffatti padellotti non arrestan- do il corso della manifattura , e non esigendo spesa pel combustibile, soiiiministrerà alla Commessio ne tut- ta la faciKtà di eseguire gli esperimenti , e di familia- rizzarsi con la pratica dell' arte . ( 6r ) 6. I maleriali , che occorreranno pe' saggi , po- tranno proccurarsi da questo Ileal Istituto, tanloppiù che la loro spesa è tenuissima . 7. Colesti saggi dovranno eseguirsi co' prodotti na- zionali , ed avere per iscopo principale la formazione del cristallo , delle lastre a vetro di Germania , ed al- tro genere ricercato . 8 Cosi la Commessione di Napoli , che quelle delle Provincie, apriranno fra loro un corrispondenza, partecipandosi reciprocamente le idee , i fenomeni , e le scoperte . 9. Subitochè una delle Commessloni avrà verifica- to col fatto la manifatturazione di quel genere vetra- rio che manca alla nazione , ne dovrà fare il rapporto a questo Real Istituto , acciò possa il medesimo con- sultare il Governo , e proporre i mezzi si d' inco- raggiamento , che di esecuzione . Con tal sistema verrebbe promosso questo ramo d' industria , che fa reale mancanza fra noi . La Capitale , e le Provincie , che presentemente debbono ricer- care i generi di tal manifattura dall' estero , sarebbe ro a sufficienza provvedute . Gli artefici, che in sei mesi dell' anno non sono in esercizio , e vivono a spese di quelle velriere , che sono in attività , avrebbero perenne la loro sussistenza dalle proprie fatiche . I prodotti del noslro suolo , che giacciono tuttavia sepolti nell' iner- zia , e nella sconoscenza, e che sono tanto bene appli- cabili a tale operazione, sarebbero ravvivati. L' estrazio- ne di somme non indifferenti , che si esitano in ogni ( 60 anno per tale oggetto sarebbe rinfrancata , e finalmente il Governo , non addossandosi altro interesse , che quello della garanzia , e dell'incoraggiamento, non farebbe che destare l' amore , e l' impegno per le scoperte , che costituiscono la vera gloria, e la reale ricche/zza delle Nazioni . {63) Sulla Flora della Provincia di Bari . Memoria del Socio Corrispondente yiTO bisceglia . Letta nelt adunanza del di 3. novembre 1807. JL/Opo le occupazioni del mio ecclesiastico Mini- stero , le mie cure da alcuni anni a questa par- te sono state tutte dirette nel coltivar la scienza , che riguarda le piante . Fu mio disegno da pri- ma raccogliere delle erbe per formarne una flora Appula , nella quale fossero comprese quelle della Terra di Bari , di Lecce , e di Capitanata . Que- sta Flora sarebbe servita di stimolo, e di emulazio- ne alle altre Provincie , per aversi le Flore Luca- na , Bruzia , Campana , Sannitica , &c. Da queste si sarebbe formata la Flora generale Napolitana, e eoa uno sguardo solo si sarebbero vedute le copiose dovi- zie , che il regno vegetabile presenta alle ai'ti , alla sus- sistenza , a' comodi , ed al miglior essere della vita . La fortunata situazione delle diverse contrade di que- ste Provincie lusingava le mie speranze. Monti alpini, colli , valli , pianure , un littorale , che circonda tutti questi paesi , (lumi che l' irrigano , debbono per ne- cessità contener delle piante, che nascono nelle regioni boreali , nelle australi, e nelle intermedie. Qual ricco tesoro , dicea fra me , e qual vergogna per gì' ingegni Napolitani il non avere una Flora Sicula , mentrechè tutte le nazioni eulte le hanno da più tempo ! Ma per l'esecuzione del mio progetto yarj ostacoli si sono op- { 64 ) posti . Ho cercato di vincerli con 1' aspetto de' vantag- gi, clic ne sarebbero derivali, con la persuasione , colle preghiere , co' deboli soccorsi , che le mie scarsissime finanze mi somministravano . Tutto è stato inutile . Quindi mi sono limitato a visitare varj territorj di questa Provincia per mia privata istruzione , e con l' ajuto dell'egregio Professore di Botanica Sig. Vincenzo Petagna , che ha in differenti rincontri rischiarato -i miei dubbj , lio raccolte , classificate secondo il sistema Linneano , e ridotte nel mio erbario oltre a mille spe- cie di piante coltivate , e spontanee . Egli è vero , che questa Provincia, le cui campagne sono in buona par^ te ridotte a coltura, ha una situazione monotona , se se n' eccettuano i piccioli colli detti le murge ( ramo bas- so della catena degli Appennini ) e perciò non fecon- da di erbe di climi diversi ; ma ciò non ostante ha essa la sua sufficiente porzione , che può essere util- mente impiegata , ed io di alcune di esse tesserò fra poco il catalogo . Ritorno in tanto alla Flora Appula, ed alla Sicula. Vede ognuno di qaanta u l'ià potrebbe questa riuscire; ma se la potente ed attiva mano del Governo non toglie gli ostacoli ; se non facilita i mez- zi con ispedire nelle Provincie giovani versati nella materia , facendoli proteggere da' Ministri Politici , ed Economici , 1' impresa non potrà mai avere un felice successo , e lo Stato continuerà a sentire la privazione di sì gran vantaggio . Nelle mie ricerche botaniche ho rinvenute molte piante impiegate da diverse nazioni per varj rami di economia , e per 1' uso dell' arte salutare . Farò di (65) esse tre classi . La prima sarà composta delle piante , che presenta il littorale : la seconda di quelle , che si adoperano per le tinte : la terza comprenderà le of- liciuali . PRIMA CLASSE Delle piante marine utili per la Soda. E ormai cosa risaputissima , che le piante , le quali nascono nel lido del mare , o nelle sue vicinan- ze , abbondano quale più , e quale meno d' alcali fisso minerale , ossia di soda . La nostra nazione è nell' obbligo di acquistare dall' estero questa sostanza necessaria alla fabbrica de' vetri, e de' cristalli , a' sa- poni , ed a tante altre arti , ed usi della vita, mea- trecchè le piante , che la danno , nascono fra noi in una copia tale , che potrebbe straregnarsi il loro pro- dotto , ed essere impiegati i poveri ne' Reclusorj a bru- ciarle , ed a ridurle in soda co' dovuti metodi . In soc- corso della natura per la maggior propagazione , e per la miglior coltura può accorrere la mano dell' uomo , come altrove si pratica. Basta per ora il sapere, eh' esse nascono spontaneamente , e che forse un tempo erano poste a profitto giacché , se è vero ciò che mi è stato riferito, nelle paludi di Trani , contrada estesa situata tra quella Città, e Barletta, e dove nascono spontanee la Salicornia herbacea , la Salsola Kali , Tragiis , ed altre piante della stessa indole , eravi un tempo una fabbrica di vetri , i cui ruderi si osservano tuttavia. È 9 questo il Catalogo in modo alfabetico delle piante: marine , e lillorali proprie per quesll'uso , co' nomi triviali Linueani . Antirrhinum Cirrliosum Alriplex Glauca Laciniata Bunias C ikile Bnpl) (hai munì Maritimum Chelulonium Glaucium Confeiva liltoralis , ceru- ginosa Convolvulus Soldanella Critlimunì Marilimuin Echinophora Spinosa Eryngium marilimum Fucus. Molte specie Glaux marilima . Mesembriauthemum Nodi- floruni PI ani ago Marilima Polygonum Maritimuriir Salicornia Herbacea Salsola Rali . Tragus Statice Echiodes Ulva Umbilicalis Zostera Oceanica marilima seu Phucagrostis Philip— pi Camolini Osseri>azÌQnì ■ Le più abbondanti di qtieste piante sono 1' Atri^- plex , il Buphthalmuni , il Chelidonium , la Glaux ,, la Salicornia , le Salsole , le Zostere. Ija Salicornia si offre in due aspetti . Quella che nasce immediata- mente nel lido , o nelle rime degli scogli è suffrutico- sa , si eleva oltre a due piedi , e forma rome una pic- cola siepe . Suole anche abitare in qualche distanza dal mare , ed allora mostra realmente d' essere erba- cea . Non molto lungi da M ilietta avvi un sito , dove le acque piovane sogliono per lo più ristagnare . Ivi la (6;) Salicornia assiepala da giunghi fa una bella comparsa. Si vede un campo di color rosso oscuro . Essa può moltiplicarsi a segno da farne copiosa raccolta . Le Salsole nascono per lo più nelle arene mobili del lido . Si alzano fino a quattro piedi , e co' loro nioltiplici rami diventano cespitose . Una sola pianta diramala ha talvolta tre piedi di diametro . Le Sai- soie danno la più abbondante, e buona Soda. Non ignorandosi il sito die amano in preferenza di ogni altro, jiotranno con vantaggio impiegarsi le immense arene , che da Trani vanno sino a Manfredonia , e quelle di Bari , e del rimanente littorale , dove spon- taneamente vegetano , e dove inaridite nell' està sono rotolate da' venti con vergogna degli abitatori , che po- trebbero di esse profittare . Sapendosi anche il terreno che cerca la Salicornia , tult' i luoghi paludosi posti in riva al mare , e ve ne ha molti in questo esteso litto- rale , possono servire ad una vasta piantagione . La Salicornia ha un vantaggio su le Salsole . Queste sono piante annuali . Quella , perchè suffruticosa, è perenne, e basta averla piantata una volta per raccoglierla per più anni, purché non sia maltrattata. I Fuchi , e le Conferve meritano tutta la consi- derazione , ed al presente sono del tutto trascurate . Non v' è scoglio , che non ne abbia le sue differenti specie . Alcune amano di gittare le loro radici su dei testacei . Una gran quantità n' è espulsa al lido , dove putrefassi . Queste piante sono piene zeppe di sai ma- rino, la cui base, com'è nolo, è l'alcali fisso mine- rale . la quelle , che io couservo , i rami , e le foglie (68) sono tutte ricoperte di quel sale , e bruciandosi , da- rebbero molla soda . Per la propagazione di questa pianta non vi bisogna la mano dell' uomo : tutto fa la natura doviziosissima in siffatta produzione. All'uomo spetta soltanto il raccoglierla, e ridurla in cenere . Fra' Fucili trovansi spesso le due indicate specie di conferve , che in forma di ciocche , talvolta lunghe im piede , ed altre di pochi pollici , pendono dagli scogli , ed a guisa di capelli di un bel verde sono agi- tate dalie onde . Fo di loro espressa menzione per un sospetto che in me risvegliano . I loro filamenti com- posti di tanti tubercoli uniti, e visibili allorché sona inessi tra 1' occhio , e la luce , conservano anche sec- chi il loro verde natio . Abbondano dunque di sostan- za , e di principi coloranti . Potrebbero su di essi fìnsi de' saggi per le tinte. Le due Zostere , o piuttosto 1' Oceanica , e la Fucogrosti , cosi corretta dal nostro celebre Filippo Cavolini ,^ detta un tempo Marina d_iil Cavalier Lii n ;o, vengono comunemente chiamate col nome di yilghe . Esse nascono in gran copia nel nostro mare . Dell' ul- tima soprattutto simile alle piante graminose n' è si pieno il fondo del nostro mare , che rassomiglia un ca«ipo seminato di biade del mese di oprile . I flutti sbarbicano una gran quantità di amendue , e la gitta- 110 nel lido , dove si accumula specialmente nell' au- tunno , tempo in cui la pianta è giunta alla sua ma- turità . In alcune Città littorali la gente di campagna per un'economia mal intesa, e che si rende pregiu- dizievole alla vita degli uomini , la raccoglie , e la (69) spaiKÌe per le strade . Ivi gli animali da soma solleci- tali dall' umido di quelle piante vi depongono i loro escrenienli , e soprattutto le orine , che promuovono con la fermentazione Io sfacelo , e la coiTuzione . L' aria in que' luoghi, e nelle loro vicinanze è appestata, il lezzo è insolfrihile, i vapori aeriformi sono mici- diali , ed avvi chi è persuaso che la cecità , cui sog- giacciono gli abitatori delle Città , dove quell' opera- zione si consuma , debba ripetersi dalle sostanze cau- stiche e corrosive che in forma di gas si elevano da que' letamai , In vece dunque di destinarsi ad un uso tanto nocivo alla salute, sarebbe assai meglio impie- gar quelle piante ad estrarne la soda . Si farebbe un tesoro inesauribile , tanta n' è la quantità messa fuo- ri dal mare , o che nel fondo stesso potrebbe rac- cogliersi . SECONDA CLASSE Piante utili per le Tìnte -. II catalogo , che vado a dare, è preso dalle piante tintorie rapportate dal celebre Dottor Talier , il qua- le, per quanto è a mia notizia, è l'ultimo che cou la scorta de' più insigni recenti autori IngKsi , e Fran- cesi , ha per comodo de' tintori italiani dato il suo bel Trattato su l' arte di tingere . Io T ho confron- tato con le piante cnlte, e spontanee che la Povin- cia produce , e da esse ho formalo il segueuitì cala- C70) logo . È da rimarcarsi precedentemente che alcune di esse nascono in copia per le strade di campagna , e tuttogiorno si calpestano . Esse invitano la mana dell' uomo neghittoso per essere addette a nobili usi . Soggiugnerò poi quelle, che volgarmente si usano per le tiute senza metodi, e per semplice pratica, noa notate dal dotto Talìer . Agaricus Quercinus , detto Iguiarius da Talier per r esca che se uè cava . Anchusa Tiuftoria, tralascia- ta da Talier . Carthamus Tinflorius Clematis Vitalba Convolvulus Arvensis Crataegus Oxiacantha Croton Tinftorium Cyuara Scolymus Fagus Castanea Ficus Carica Galium Verum Holcus Sorguni Impaliens Balsamina Isatis TinSoria Juglans Regia Lichen Prunastri Mespilus Inermis Morus Nigra Plantago Psyllium Prunus Armeniaca Pteris Aquilina (a) Pyrus communis Quercus Robur Reseda Luteola Rhamnus Alaternus Rubia Tiniloriuni Riibus Fruticosus Ruta Graveolens Sambucus Nigra Saiiguisorba Officinalis Thiaspi Bursa Pastoris Trifolium Rubens (a) Non nasce in questa Provincia , altrove è co- mune . (71 ) Piante che si usano volgarmente per le tinte. Amygdalus Communis Juglans Regia Aspliodelus vai', sp. Pastinaca Opoponax Bupleurum Rotundifoliutn Punica Granatum Conferva : vulgo diSa Ver- Pyi'us Malus ga (F ava . Pyrus Cydonia Crocus Salivus Thapsia Asclepium. Daphne Guidium Osservazioni . Alcune delle dinotate piante abbondantemente na- scono , altre sono rare . Tra le prime il Cartamo Tin- torio , il Cratego Ossicantha , il jCroton Tintorio , il Cinara Carciofo , il Fico , V Isatide tintoria , la JSoce , il Nespolo, il Gelso, la Piantagine Psillio , V Albicocco , il Pero, la Quercia , la. Reseda Luteo- la delta nella Provincia la Cariazza , 1' Alaterno , il Uovo , la Unta, la Sanguisorha , il Sambuco ,\a. Bor- sa Pastore , il Trifoglio Rubente , il Mandorlo , gli 'Asfodeli , il Bupleuro Rotondifulio , il Croco Satino, o Zafferano , il Dafne Gnidio , la Conferva verga d' ova , r Opoponace , il Granato , il Cotogno , la Ta- spia Asclepio . Quest' ultimo , il Bupleuro , e 1' Opo- ponace volgarmente vengono chiamati Ferolazzo per una lontana somiglianza , che hanno nelle umbelle con la Ferola. (70 Fa veramente dispetto il vedere che li natura è stata tanto prodiga con 1' uomo in questa Provincia , ed egli non cura i suoi doui . Il Croton Tintorio ve- geta di està in quasi tutt' i campi lavorati a maggese : esso dà un bel ceruleo , che ho niostrato a molti col solo compi'imere le sue piccole coccole . E vero che dalle foglie, e dall'intera pianta si ricava da prima un verde diluto ^ ma le stoffe tinte col succo delle medesime acquistano , esponendosi a' vapori dell' orina , il nativo colore della pianta . Gli esteri lo coltivano , e ne fanno gran uso. JJ Isatide , pianta perenne , na- sce in tutta la Provincia di Bari, ne teme il freddo , poiché r ho veduta benissimo vegetare in Altamura . Essa ama soprattutto i luoghi coltivati a biade , e si eleva quasi sino all' altezza umana . Può bene ognuno immaginare quante foglie può dare per la costruzione del Guado , o Pastello^ e , se è vero ciò che ho letto , per l'Indaco . Nel tempo delle piove estive vegeta quasi per tutto l'anno . Qui è del tutto ignorato l' uso , che se ne fa altrove, ed appena è distinta da' campa- gnuoli col vocabolo di Cauliciello . Fin dalla prima memoria da me presentata a' Georgofili di Firenze , cui ho r onore di appartenere per altro oggetto , mi dolsi della grossolana ignoranza de' nostri Baresi , che la calpestano . La Reseda Luteola è coltivata , e serve per sem- plice mordente. Vegeta benissimo , e divien cespitosa. Ma oltre a questa specie vi nascono spontanee , e vi 5Ì moltiplicano 1' Undata , V Alba , la. P/titeuina ^ della (73) quali una più , altra meno si approssima OiUa Luleold , massimamente V Undata , die trovasi comunemente ne' campi , e nelle vecchie mura . I Botanici insogna- no , ed è un fallo che giornalmente vien confermalo dall'esperienze, che le piante , le quali convengono nel classico carattere naturale,© nel generico, soglio- no per lo più avere le medesime proprietà . Que- st' assertiva è molto più vera nelle j)iante congeneri , perchè forse han tutte avuta una madre , dalla quale riconoscono gli stessi principi . Procedendo con questa teoria , non si farebbe perdita se si assoggettassero a a ^ perchè con essa si tingono di un bel rosso chermisi le uova pasquali pe' fanciulli , L' ho- chiamata Conferva , perchè è quella famiglia , per quan- to a me sembra , appartiene . Nasce sa gli scogli sot- tomarini , e nel fondo del mare . La sua maggiore elevazione non è più di quattro o cinque pollici. Da una radice comune sorgono molti cauli filiformi , che si dividono in piii rami rappresentati la figura cespi- tosa . Abbondano di molte foglie tenui , dilicate , se- milineari , j innate . Non saprei con precidono assériT- re a quale specie apjarienga. Quindi è che per non andaie eri aio, mi son servilo del nome triviale, ch.e (77) le vien dato nella Provincia da coloro clie la vendo- no . Essa si dislingue da tulle le allre per la linla rossa inclinante al violaceo , onde ogni sua parte è ri- coperta . Le onde procellose la sbarbicano dal luogo natio 5 e l' espellono al lido , dove se ne trova una gran quantità . È rimarclievole clie talvolta abbandona- ta da' tlulli su gli scogli , nel gocciolare l'acqua marina, e nel seccarsi ùnge quelli di un rosso oscuro . Sono sì copiosi i principj coloranti di questa pianta , che anche secca dà mia leggera tinta alle carte , nelle qua- li la conservo. Messa nell' infuso acquoso a fresco co- lorisce leggermente 1' acqua , ma in decozione se ne ha un bel chermisi . Trattata con gli acidi, o con gli al- cali svilupperebbe tutta la sua sostanza colorante . Io non io che indicare le piante utili : gì' intendenti po- tranno valersene jier un uso migliore . Poche donne nelle Città di questa Provincia si avvalgono delle piante notale nel secondo Catalogo . Del frullo dell' Asjodele ramoso si servono per le tin- te verdi , ma d.lle sue radici tubercolate si può fare allr' uso economico , come di quello dell' Aro , e del Ciclame Europeo , piante ovvie . Macerate se non dan- no il pane il più salutare, di cui per altro nel tempo di carestia , ed iu alcuni luoghi il popolo si è servito e si serve , })ossono benissimo dare una sostanza bian- chissima da ridursi alla così della polvere di cipro , ed.air aiiiiilo . Il Croco Satu'o , o Zafferano nasce spontaneo, e vegeta benissimo nell'autunno, e nell' inverno . In altri tempi forse si coltivava , pircbè nel- le carte di Altamura di due secoli addietro leggesi che (73) si facevano degli avvanzi di danaro per pagarsi poi in zafl'erano. Colà iu Gravina , ed in molti luoghi, mal- grado la fredda temperatura , fiorisce nella stagione fredda" quando i tempi sono buoni . Non si cura , e solamente una picciola quantità ne fanno raccogliere le Monache per tingere le tele ad oggetto di formarne fiori di Cliiesa, o per ornamento delle donne , ed un altro poco gli Speziali per le loro preparazioni . E co- mune il Daphne Gnidiuin in tutt' i Casali di Bari , ne' territori di Conversano , e ne' luoghi vicini , nelle pa- ludi di Trani , nel piano della Puglia da Barletta in poi^ ed altrove . Non trovo fatta parola di questa pian- ta tra le tintorie : intanto le donne par una pratica , la cui origine ignoro , se ne servono con altre sostan- ze per tingere di verde le loro stoffe , e lo chiamano ciuccino . Le cortecce di granato servono soltanto di mordente per alcuni colori , come 1' esteriori cortecce fresche della noce ( Juglans Regia ). Le foglie di Po- mo , 0 Melo , quelle del Cotogno , dell' Opoponaco , della Tapsia Asclepio , e del Biipleuro per le tinte gialle . Le radici del Mandorlo pel cosi detto color di legno . Qualche uso si fa della Galla Quercina per r inchiostro , e per le tinte nere , ma quasi tutta si estrae per 1' estero con nostro discapito . Ho più volte impegnata persona di mia cono- scenza, che si diletta a colorire delle stoffe nostrali, ' e che ha avuto presente i processi insegnati dal Sig; Talier , a seguirne le regole, ed a mettere in pratica r erbe comunali tra noi dal medesimo indicate . Tja risposta datami si è che noi manchiamo delle soluzio- (79) ni melaUiclie , e degli ossidi de' dilferenli metalli ci- tali dallo slesso Anlore , i quali formano i più belli mordeiili per preparare le lane , il (ilo , il cotone , e la seta a ricevere i colori . Qui anzi se ne ignorano i nomi , ed al più si fa , e si usa il vilriolo comune , e 'I cosi detto verderame , che ò un ossidazione di metallo . Degli acidi minerali conosciuti di somma utilità non se ne fa affatto uso per le tinte , ed appe- na si trova qualche poco del solforico nelle Farmaco- pee da poter servile nelle febbri putride , e dissoluto- rie . Qualora piacesse al nostro Governo d' introdurre delle Tintorie nelle nuove case di Reclusione , per servire di travaglio a' poveri , ed avvalersi delle nostre erbe per le varie tinte ;, potrebbe benignarsi di com- mettere r esecuzione di questo piano a qualche bravo tintore di codesta Capitale , il quale inteso del suo mestiere , e de' priucipj chimici , mettesse in opera quanto dal dotto Sig. Talier vien prescritto su l'arte tintoria . Dovrei passare all' enumerazione delle piante offi- cinali , ma soffrile , Signori , che come un' appendice alle piante tintorie , sottoponga alla vostra savia intelli- genza alcune mie vedute economiche dedotte da altre piante , che si coltivano , o potrebbonsi coltivare in questa Provincia . Il Lino usitatissìmo de' Botanici , che è il lino comune , sì semina quasi in tuli' i luoghi della Pro- vincia, ma si può dire che generalmente riesce catti- vo , se se n' eccettua qualche poco mediocre , che dà Allamura. Negli anni passali era cresciuto 1' impegno ( 8o } dì coltivarlo, massimamente nella mia -patTÌa ; ma at- tesa la non buona qualilà , e le considei?evoli spese clie debbono erogarsi nelle diverse operazioni , cui va soggetto, quell'ardore si raffreddò immediatamente. Io non so se questa coltivazione riesca utile alla salu- te degli uomini , sopratutfo in luoghi dove mancano le acque correnti , e dove gli stagni ridotti a curato) appestano l'atmosfera a distanze considerevoli. Quan- do soltanto si volesse l'illettcre alla spesa nello stato presente , mancando I processi più facili , e meno di- spendiosi per ridurlo al suo punto , quella equipare- rebbe , se non fosse maggiore , ciò che bisogna per acquistailo dalle altre Provincie , che lo danao mi- gliore . All' Incontro crederei che dovesse risparmiarsi r atmosfera dal , saturarsi di gas micidiali in un paese, che neir estiva stagione è tanto disposto alle febbri putride, alle terzane, e ad altri malori. Coltivasi parimente il Gossjphim herhacemn , os- sia la bambagia. Non vi è forse città della Provincia , se se n' eccettuano I luoghi montuosi , dove ogni fa- miglia benestante non abbia il suo picciolo campo se- nwnato a bambagia. La maggiore industria è in Bari, e ne' suoi casali. Essendo una pianta estiva, è per lo più soggetta , mancando la pioggia , di perire . Esige molti coltivi , e suole assai bene compensare il suo cokivatore negli anni ubertosi . Ve né ha di due spe- cie , una dà il cotone comune , 1' altra il cosi detto cotone turchesco . Il primo è bianco , il secondo co- lor di legno. La pianta di quest'ultima, che è una varietà dell' altra , suol essere più elevata , ha le foglie (8. ) più larglie, le capsule maggiori , ed ha maggior quan- tità di lana vogelabile . Sarebbe preferibile , se il suo coione non fosse d'una natura fragile , e di minor durata dell' altro . Con delle speculazioni potreJ)bero ripararsi questi difelli . Nasce non solo nelle campagne vicine al mare, ma nelle mediterranee, ed in quasi tutt' i luoglii in- colli , e boscosi della Provincia il Lentisco ( Pistacia Letìtiscus ) . Siccome non vien curato , anzi è gior- nalmente vilipeso , non si eleva oltre alla condizione di frutice . Io però ne ho vedute delle piante arboree. Il suo picciolo fruito, che suol esser copioso, si man- gia col sale dal volgo. In certi luoghi si preme , e se n' estrae un olio di forte odore , ma che è ottimo pe' lumi . Oltre a questi usi , la pianta è altrove impie- gata a dare quella nobile resina detta comunemente Mastice, di cui si avvalgono per oggetti di voluttà, Cloe per profumare gli appartamenti del serraglio di Costantinopoli , per rendere odorosa la bocca ec. L' uso più nobile però è quello di servire per le tinte, e per le vernici. Nell'isola di Scio, ed in altre dell'Arci- pelago, dove nasce il Lentisco , e dove per incisione fii fa percolare il Mastice , qnesta pianta si considera dd tanlo merito , che il Gran Signore ne ha fatto per se un diritto proibitivo. Noi che l'abbiamo in copia, e che siamo a un di presso alla latitudine di Scio ' potremmo fare de' tentativi su la medesima per esilar- ai o quella preziosa resina. Il Sig. Donato Jatta di Conversano ha colà introdotto , e coltiva per suo conto molte migiiaja di piante della II (80 così denominala Seta vegetabile [Asclepias fruticosa). Io 1' lio trovala anche in picciola quantità in Trani , ed in pochi altri luoghi coinè oggetto di curiosità . Lo stesso Jatta , per mezzo del Direttore dell' Opihcio sta- bilito in Taranto , ne avea iatlo lavorare delle varie stoffe da me vedute a forma di nioerri , ed altre si- mili . Ma con mia sorpresa ho osservato , che o per effetto delia mala filatura , o di tessitura impropria j avea perduta quella dolce morbidezza , che ha il pap- po chiamatosela vegetabile, e quel bel lucido , che ri- ceve dalia natura . Ridotte al punto di perfezione quel- le due operazioni , potrebbe 1' Asclepiade fruticosa riuscire di molto vantaggio, tanto più che la pianta alligna bene in questi luoghi , elevandosi a forma di siepe fino all' altezza di quattro piedi co' suoi molti ra- mi , ed essendo la sua durata di molti anni. In Trani r ho veduta abbandonata a se stessa , e pure abbon- dava di grossi follicoli . La mancanza delle legna per fuoco cresce da an- no in anno , sopratutto dopoché con de' pretesti si è avuta la manìa di quasi distruggere i boschi . Vi ha delle Città , che ne sono prive del tutto , e la pove- ra gente per riscaldarsi nell' inverno è obbligata rac- cogliere i secchi steli degli Asfodeli . In Trani , e ia Barletta sono nella necessità di provvedersi di legna , e carboni dal Gargano , e da Monopoli , Altamura è nella maggiore penuria . Vi sono state delle persone ■celanti pel pubblico bene , che non han mancato di suggerire , e d' impegnare , benché con poco , o niun profitto , delle popolazioni a piantarle . Si è fra gli al- (83) tri distinto Monsignor de Genimis in Allamura , do- rè non ha lasciato in ogni rincontro di raccomandare, e d' inculcare , che si piantassero degli alberi in quel vasto territorio atto ad ogni vegetabile produzione . Si crede un operazione lunga e 1' uomo che si credo na- to per se solo , non vuole aspettar molto tempo , e cerca vantaggi pronti , e pi'esentanei . Se dipendesse da me , e se le mie riflessioni potessero essere di qualche merito , li contenterei su questo capo ; ed ecco quel che ne penso . Non v' è quasi Città della Provincia , che non abbia una porzione del suo ter- ritorio posta jn sito basso , dove le acque per una l)uona parte dell' anno ristagnano , e le campagne o sono a pura perdita , o danno piccioli lucri al pro^ prietario . Questi luoghi pantanosi , per effetto delle erbe, che si putrefanno, o per altre cagioni, ne' mesi estivi massimamente , corrompono in modo 1' aria , che micidiale si rende la dimoila per breve intervallo in que' luoghi, ed i campagnuoli , che da fanciulli sono stati obbligati a resjiirarla , malgrado 1' assuefazione , rnenano una vita malsana , ed il periodo della mede- sima e breve . Ne cito un solo esempio , ed è quello del Garagnoue . Per ovviare in parte a questi ma- li , od avere abbondanza di legna , non vi restereb- be a fare , che una sola operazione , ed è quella di piantare il pioppo ( Populus nìgra ). È già nolo , che questa pianta ama in preferenza i luoghi paludosi , e fci nutre di gas idrogeno. Si fa parimente, eh' è di pronta crescenza , e che in capo a pochi anni si può (84) avere da' suoi rami ima sufficiente pvovvisla di legna per fuoco , oltre al tronco , eh' è di tanta utilità pe' diversi oggetti economici , cui è destinato , mentreccliè in questa Provincia manca del tutto il legname per ogni altro uso . Con questa piantagione si migliorereb- be la condizione dell' atmosfera , giacché è una verità da non chiamarsi più in dubbio , che gli alberi si sca- ricano per le loro foglie del sopravvanzante gas ossi-^ geno solo atto alla respirazione de' viventi . Senza toc- care la proprietà , potrebbe prescriversi a' padroni di que' fondi, che piantassero quell' al]>ero utile, e cer-, carsene conto . Il pascolo , a cui forse quelle terre sono destinate , nulla perderebbe ; il proprietario in breve tempo triplicherebbe il suo prodotto , e la pro- vincia non senlirebibe più il bisogno delle legna . ( H^> ) TERZA CLASSE Catalogo delle piante officinali • Vengo air nlliino copioso Catalogo citile piante of- ficinali . L'ho estratto da quello, che si trova nelle IgsIiIuzÌohÌ Botaniche citi celehre Professore Sig. Tin- cenzo l'elagna , e tlt-ll' Illusile Swediaur. IMaleria Me- dica. Edizione di Milano 1801 . e che ho collazionato con cpielle , che nascono nella Provincia . Siccome al- cune di esse sono ovvie , ed altre rare , così ho ag- giunto a ciascuna specie la lettera C che dinota Co- iiiuiie ^ e la lettera R che vuol dir Rara . Quelle che non hanno c{ueste lettere sono in quantità mediocre . Quando vi sono più specie , che apj^artengono allo stesso genere, le metto una dopo l'altra . E da avver- tire , che non ripelo nel Catalogo delle ofiicinali quel- le già nominate nelle altre due classi, e che sono an- ch'esse medicinali. A Persica . C. Anagallis Arvensis. C. Acanlhus Mollis . C. Auagyris Fcelida . C. Achillea Millefolium . C. Anchusa Tinfloria . Officl- Adianthum Capillus Ven. ualis . C. Agave Americ.ina Anemone Ncmorosa . C. Agrimonia Eupatoria Anethum Graveolens . Fce- Alcea Rosea. C. niculum . Allium Sativum . Coppa. C. Anfliemis Nohilis . Pi. Amygdalus Communis . Anlirrhiuum Cjmbalaria (86) Apium Gr aveolens . Petro- selinuni . C. ArSiuiu Lappa . R. Arislolochia Roluncla . Longa Artemisia Vuìgaris R. Ab- sinthium Arunì Maculatum . C. Allindo Phragmitis Asclepias Vincetoxicum. R, Asparagus Offic. C Asperula Odorata Asphodelus Ramosiis Aspleniuni Ceterach. C. Trichomanoides Atropa Mandragora Avena Saliva. G. B BelHs Perennis . C. Beta Vuìgaris . C Borrago Oilicin. C. Brassica Olei'acea. Eruca. Rapa . C. Buhon Macedonicuni Bupleurum Rotundiflorum. G. Buxus Sempervirens Caflus Opuntia Calendula Officinalis . G. Capparis Spinosa . C. Capsicum Annuum Carex Arenaria Carlina Vuìgaris Carthamus TinSorius Centaurea Calcitrapa . C. Benediaa. R. Ceratonia Siliqua . G. Clienopodium Bonus Henr. R. Rubrum . G. Cicer Arietinum . G. Cichorium Intybus . Endi- via . G. Citrus Aurantium . Medi- ca . G. Glenialis Vitalba Colchicuni Autumnale . C. Conferva Helmintliocar-- pton. C. Goniuni Maculatum Convolvulus Sepium. Sol* danella . C. Coriandrum Sativum . C- Corylus Avellana . C. Crocus Sativus Cucumis Melo . C. {87 ) CucurLila Pepo . Lagena- G na Climi nu in Cyinlnum Ciipressus Sempervirens C Cuscula Europea Galiiim Aparine Genliana CeuLaurium GeraniumMoscliatum. Pio- bertianum . C Cyclamen Europeum . C. Gladiolus Conimunis . C. Cyiioglossum Oriicin. C. Glycyrrhiza glabra Cyperus Longus . C. Gossypium Herbaceum. C. D H Daucus Carota . C. Del |)h ini uni Slapbisagria Hedera Helix . C. Herniaria Hirsuta. C. Diaulhus Gariophyllus . C Horclcuni Vulgare C. Hiosciamus Albus . C. E Hypericum Perlbratum. C» Equisetum Arvense Ervum Lens . C Eryngium Campestre. C. Erysimuni Olficinale . C. Euf)Horbia Lathyris . R. Paluslris . C. Euphrabia Odontites . Jasminmìi Officinale. Inula disenterica . C. Iris Fcelida. Florenlina. Ger- manica . Fragaria Voscgi Fumaria OIììcìd. C Lafluca Saliva . C. Viro- sa. C. Lavandaia Spica » G Laurus Nobilis . C. Leontodoa Taraxacum. Lichen Pyxidatus Lilium Canclidum. C. Ijiniim Usitatissimuni . Lilliosperinum Olllcin, Purpureo Ccerul. Lonicera Capri folium . Periclymenum Lujiiuus Albus Lycoperdoa Bovista M (88) C. o Ocimum Basilicum . C. Olca Europea. C. C. Ononis Spinosa Onoporduni Acanlhium c. e. Orchis . VarÌ33 Species Origauuni Vulgare . C Majorana Oxalis Acetosella . Malya Fiotundifolia. C. Marrubium Vulgare . C. Matricaria Chaniomilla. G. Melissa Ofilcinalis Menlha Saliva Mercurialis Annua . C. Mcsembryanthemum Gryr- stallinum JVJespilus Germanica Momordica Elateiium G. Morus Nigra . N Ncpela Gataria IVicotifina Tabacmn Pecenia Ofilcinalis . R. Panicuni Daftyloa Papaver Somniferum . Rhajas. G. Parietaria Officia. C. Pastinaca Opoponax Peucedanum Officinale Peziza Auricula Phalaris Ganariensis . G. Pliaseolus Vulgaris . G. Pbilolaeca Decaudra Pimpinella Anisum . G. l'inus Piuea Pislacia Lentiscus . G. Pisum Sativuni . G. Plantago Major.. Psyllium i^) Plumbago Europea . C. Polygonum Aviculare . C Portulaca Oleracea . C. Potentina Reptans Poterium. Sanguisorba . C. Prunus Spinosa . Cerasus Domell. C. Psoralea Bituminosa . C Pyrus Malus. Quercus Elobur. R Ranunculus Ficaria . C. Raphanus Sativus . C Rhamnus Zyzyphus . C. Jujuba . C. Rhus Coriaria . R. Ricinus Communis . R. Rosa alba . Damascena . Rubra. C. Rosmarinus Officin. C. Rumex Acetosa. Acutus C. Ruscus Aculeatus. Ruta Graveolens Salix . Variae specie* Salvia Sclarea. R.ofiicin. C. Salsola Kali Sambucus Kigra Sanguisorba Officin. C Santolina Chamaecyparis- sus . R. Scabiosa Arvensis Scandix Cerefoliura . C. Scilla Maritima . C. Sedum Telephium . R. Acre Sempervivum Tectorum Senecio Vulgaris . C. Sinapis Nigra . C. Alba C. Sisymbrium Nasturlium . R. Sophia. C. Smilax Aspera. C. Solanum Lycopersicon . Nigrum. R. Tuberosum Sol. Sodomeum . R. Sonchus Oleraceus . C Sorbus Domestica . C. Spiraea Filipendula . R- xa 8T Unica Dioica . Pilulifera Tamarix Gallica V Ttucrium Chaniaedris . ClKiinoepitis Polium. G Verbascura Thapsus . C. Maruin . R. Verbena Offìcinalis Thymus Sorpillum . C. Vida Faba . C. Trifoliiiin Rppens . C Viola odorala. Tricolor. Trigonella Fcenum Grse- C. cuni Viscum Album. C. Trljicum Repens. Hiber- Vilis Vinifera. num . C. Tussilago Farfara. X U Xanthium Strumarium . R: TJlmus Campestris Osservazioni . f' Nulla dir dovrei delle piante officinali , non es- sendo la medicina , cui esse appartengono , mia pro- vincia, e di esse si è trattato da tutti gli scrittori della Materia Medica , massimamente dal dotto Professore Petagna nella sua opera delle facoltà delle piante. Mi basterebbe solo di aver fatto notare , che questi luoghi non mancano di erbe proprie a ridonar la salute , a togliere la cagione de' mali , ed a minorarne 1' inten- sità , e la durata . Ma ad oggetto di rilevare la pra- tica j che dal volgo si fa di alcune di esse , e l' uso (9^ ) cne di altre potrebbe farsi , dirò di passaggio qual cte cosa . ' Dalle puerpere , e dalle donne , che non hanno felici i periodi niensuali molto si pratica il Capeh'e- nere ( Adianthwn Capillus t^eneris ) , q V Asplenio Ceteracli . Il primo nasce spontaneo nelle vicinanze delle cisterne, e ne' luoghi dove sgorga dell'acqua. Il secondo, detto comunemente Spaccapietre, fra le ri- me delle vecchie mura campestri . Si hanno , come rinfrescanti , ed aperitivo , promovendo i lochj , e le purghe, e generalmente se ne lodano gli effetti. Più attiva , e più pericolosa è 1' Artemisia vulgate per 1' uso anzidetto . Vi è una classe di donne , che per in- slituto religioso hanno professato un perpetuo celiba- to . Sogliono coltivarla forse per facilitare le loro re- gole attrassate . Da esse io l'ho avuta, poiché non nasce. Le fanciulle, che non hanno saputo resistt-re alle seduzioni dell' amore , si contentano , per quanto mi è stato riferito , di abusare di questa pianta p'er distruggere con un delitto il germe , che han con- cepito , e nascondere agli occhi del Mondo la loro infamia . Mangia il volgo gran quantità di agli , e cipolle in tutto r anno , e gli uni , e le altre tanto allorché sono in erbe, quanto i bulbi, e le radici. Si colti- vano amcndue , ma l' Allium sativum nasce anche spontaneo con diverse altre specie , che non sono in uso , alcune delle quali producono de' fiori di grazioso aspetto . I campagnuoli non si sentono contenti se nel loro pranzo , o cena non vi sia per companatico la (9^) cipolla . L' aglio poi è la loro gran medicina per im- pedire gli effetti dell' aria cattiva , e per ristorare le loro forze infiacchite . Allorché 1' hanno mangiato , ac- quistano realmente un vigore da fare le maggiori fatiche . È comune 1' Anemone Nemorosa , che nasce in tutt' i luoghi incolti , e ne' coltivati eziandio , dove non giugne r aratro . E' chiamata comunemente la Torto- ra , pianta micidiale per le pecore , e pe' buoi , se la mangiano , utile di molto per gli uomini . Io non so se da altri sia stato osservato , ma riferirò ciò che su r altrui esperienza mi è stato rapportato . U a vecchio padrone di pecore si avvaleva delle radici di questa pianta , e la conservava anche secca per darla nel bi- sogno , per calmare gli acuti dolori de' denti . Egli morì senza manifestare la pianta : disse soltanto eh' era per- niciosa al minuto bestiame , ed indicò la forma della radice . Per lungo tempo un suo figlio Ecclesiastico r ha cercata in vano ; ma su le vaghe notizie dateme- ne y indovinando piuttosto , mi è riuscito trovarla . Egli r ha riconosciuta a' caratteri esteriori della radice , e r ha trovata propria a guarire da quel male . La sua affinità con gli altri aneuioni, e soprattutto col silve- stre , che anche qui nasce in copia co' suoi be' fiori , dovrebbe rendere comune la stessa virtù , e quindi se ne potrebbero fare de' saggi . Usano per gli stessi do- lori di denti la radice dell' Hjosciamus albus , che nasce accanto alle vecchie mura di campagna , e da poco tempo a questa parte ho suggerito per Io stesso male l' uso delle foglie della Psoralea Bituminosa , (93) che nasce in copia , e se ne sono veduti de' conside- revoli vantaggi . Dell' Asparago officinale , o piuttosto do' suoi te- neri germogli , che sono un cibo dilicato , e delle sue radici se ne fa uso in decozione , e se ne beve 1' ac- qua . Gli viene attribuita forza aperitiva , e diuretica . Ma ho trovato de' medici , che 1' hanno contraddetta , e ne hanno riprovato l' uso . Senz' alcun dubbio di più sicura utilità per quel bisogno è l' Ononis Spinosa , che nasce nelle marine di Bitonto , e Ruvo, nelle pa- ludi di Trani , ed altrove ; e che viene valutata quan- to r Uva ursina ( Arhutus Uva arsi ) , che fra noi non nasce. L'ho proposta più volte agl'infermi, ed ho loro dati i saggi per distinguerla , ma senz' alcun frutto , perchè non han curalo di mandarla a racco- gliere dove nasce . Si sono servili piuttosto della Sal- via Sclarea, che da alcuni si coltiva, ed i cui van- taggi non sono paragonabili a quelli dell' Ononis . Dal territorio di Bisceglia per tutta la Puglia Pia- na nasce spontaneo il Capparis Spinosa . È ur.a pian- ta , che col suo lungo caulo e rami , i quali , senza elevarsi , riposano su la terra ( procunibcnti ) occuja mollo spazio . lu Barletta , ed in altri pochi luoghi della Puglia Piana raccolgono i suoi fiori , o plullosto calici quando sono della grossezza poco men d' uu coce , e li mettono in salanioja . Indi li conservano con V acelo in barili , e li servono in insalata , ed iu altri UjÌ di cucina . Pictiola quantità n' esca fuori . Di questa pianta , che la naluiu a larga mano ha data a.' Pugliesi , se ne dovrebbe tenere maggior conio . Mi (94) ricordo di aver !etto in alcune memorie di Accade- mie Francesi , che si proponeva con impegno , e pre- mura la moltiplicazione , n collura di questa pianta , la quale vien considerata come antiscorbutica , e di somma utilità no' lunghi viaggi di mare, ne' quali Io scorbuto suol inanifestarsi con tanta desolazione degli equipaggi de' vascelli. Per guarire gli umori della stessa indole perversa, benché non abbiamo la Co- chlearia OJjftcinalis , che comincia a coltivarsi da un valente giovane Professore di Bitonto , abbiamo bensì la Cochlearìa Coroiinpus , che vegeta in tutt' i luoghi, dove le acque stagnanti si disseccano , e che si pratica con profitto . Generalmente si coltivano i Melloni d' acqua ( Cucurbita Citrulhis ) , ed i Melloni di pane . ( Cu- cuinis 71/e/o).Una considerevole estensione di territo- rio detta le arene di Balletta, cui appartiene, ne pro- duce una quantità prodigiosa da somministrarne a molte città della Provincia . Sono in concetto di piìi saporosi , e realmente lo meritano quelli , che si col- tivano nel territorio di Altamura , massimamente i de- nominati della Vecchia, e di Massimo. Ne'mesi di agosto , e di settembre sono il cibo comune : altri se ne serbano per l' inverno . E' più innocente il Mello- ne d' acqua , che si suole prescrivere agl'infermi come un rinfrescante, soprattutto nelle febbri ardenti; ma e dell' uno , e dell' altro convien mangiarne con mode- razione : quello di pane non è da tutti felicemente di- gerito : r altro di acqua mangiato ia copia illauguidi- (<>5) stvs Vò stomaco, inconveniente, cui si cerca riparare col bere del vino . Coltivasi dal popolo in poca quantità il Delphi' niwn Stapliisagria , ina in copia nasce ne' campi il Delphìniitni peregrinuni , ed una sua varietà , che ne' mesi estivi s' incontra per tutte le strade di campagna. Di queste piante se ne raccolgono i semi , e se ne fa uso con profitto ad uccidere gli schifosi e nocivi in- setti , che si annidano nel capo . Alcuni coltivano la Catapuzia minore , e poche piante si veggono della maggiore. E quella l' i^i/yu/ior- bia Licityris ; questa il Ricinus Commimis . L' ultima è un oggetto solo di curiosità , perchè forse ne ven- gono ignorati gli usi economici, e medicinali, che in altre parti se ne fanno. Dovrebbe apprezzarsi di van- taggio , e moltiplicarsi . Da' suoi semi se n' eslrae un olio , eh' è ottimo , e salutare . Negli anni passati ne fu proposta nell' alta Italia la propagazione , e la coltura per riparare alla mancanza dell' olio , soprat- tutto iu qua' luoghi , dove 1 intensità del freddo o non permette la coltivazione dell' ulivo , o 1' espone a' fre- quenti geli , ed alla morie . Pralic.uio certuni la Cata- puzia minore per nettare il corpo , inghiottendo 1 suoi semi senza misura , ma essendo essi un purgante dra- stico, gli espone il più delle volte ad acuti dolori di viscere , e non di rado a pericolo di perire . Qualcu- no de' mi'ji concittadini, che ne ha fatta l'amara espe- rienza , si guarda bene dal ripeterne la pruova . Altri più savj praticano le decozione djlla Mercurìalis an- nua^ che è ovvia, e che purga il corpo dolcemente. ( 96) Abbiamo due specie di Fumaria , che dall' au- tunno vegetano sino all' està vegnente , e si usano dif- ferentemente . Quella eh' è più proficua è a fiori ros- si , e non molto si eleva : 1' ho additata a molti . La sua leggermente amara decozione è di molta utilità , dà un certo tuono allo stomaco , ed al tubo intestina- le, e purga il sangue dell' acredine , e dal salso . Io ne ho ritratti de' considerevoli vantaggi . Forse più at- tiva per guarire dalla salsedine è la Sarsapariglia no- strale ( Smilax Aspera ) che nasce, e vegeta benissi- mo in tutte le vecchie pareti di campagna . Le sue cime tenere ed allesse, preparate con l' aceto , si man- giano in insalata . Le sue lunghe , e dure radici ac- ciaccate , e bollite con 1' acqua , comunicano a questa la loro virtù purgante, che per lo più si manifesta per la via della pelle. Non è mia incombenza il dimo- strare , che la sarsapariglia nostrale sia la stessa , che l'esotica. Basta sapere, che i vantaggiosi effetti sieno gli stessi per doverla preferire all' ultima , che si com- pera , forse già dissipata , mentrecchè la prima s' in- contra ad ogni passo senza danaro , fresca , e nel suo maggior vigore . Per lo stesso uso si praticano le ra- d ici del Panicum Dactylon , che appesta , con quelle che sono repenti , e di cui son piene tutte le campa- gne . Viene chiamata comunemente Gramigna , ma questo nome si dee propriamente al Triticiim repens , p ianta anche comune fra noi , ma di cui non si av- valgono i Medici . Ad una Conferva , che trovasi tra le officinali del Signor Petagna , e che io ho aggiunto , avvalendo- (97) mi del nome datale dal Signor Swediaur comune i n tulle le nostre marine , restituisco il nome triviale , col quale e qui , ed altrove è conosciuta da' medici . E essa la Corallina , pianta di mezzo ])iede di allozza con molli tenui rami , e con foglie brevi lineari , tut- ta di color bigio . Si confonde co' Fuchi , e con le Conferve , che le rassomigliano ; ma i marinari sanno distinguerla , la raccolgono , e la vendono . Mangiata fresca non è di disgustoso sapore . La sua riconosciu- ta virtù consiste nell' essere vermicida , e gli effetti ne sono pronti . Già secca si riduce in polvere, e si uni- sce con la farina di frumento , colla quale s' impasta : se ne fanno poi delle frittelle con 1' olio , ed indi si passano o pel mele , o pel vin cotto , e si mangiano . INulla si sente nel gusto dell'odore naturale dell' erba 5 ma la sua facoltà si manifesta dopo alcune ore per le vie del sedere . E certamente una pianta di deciso van- taggio pe' corpi umani, e merita d'esser molto ap- prezzata. Forse in cotesto delizioso cratere non nasce , giacche frequenti commissioni ne vengono da cotesta Capitale da coloro , che ne conoscono il valore . L'e- gregio Signor Petagna mi assicura che si trovi . La Centaura Minore ( Gentìana Centaurium Mi- nus ) ugualmente che il Camedrio ( Teiicrium Clia- mcedris ), il Camepizio ( Teucrium Chamcepithis ) , cà il Pollio f Teucrium Polium ) piante comuni sono usale dal volgo, ed anche prescritte da' medici in de- cozione , per estinguere le ostinate febbri terzane , e quartane . Molti le hanno usate con utilità . Io non so se le loro facoltà sieno dirette ad espellere la caus a i3 ( 98 ) «Iella fc'Lbre , ma siccome I' origine di quelle deriva da leulesceaza , cosi lu' iiiiiiiagino che l'amaro, onde son esse dotate , come tonico , sia jjroprio a rinvigorire i viscni , e a togliere il lentore . Il più amaro di tutti, per quanto a me pare è il Came[)izio, che ha di più un odore resinoso. Vi ha de' medici che lo riprovano ; ma io ilo conosciuto persone, che ne masticano frequentemen- te i rametti , e le foglie, raccontandone le maraviglie pe' Lenelicj , che ne ritraggono nel fortificare lo stomaco . Non dee trascmarsi il Teiicrium Siipinum , che nasce ne' piccioli colli sovrapposti al mare , ed è forse più ulile . Coltivasi l'erba forte ( Teucriwn Marum ) , ma il suo potente odore eccita molte volte il dolor di capo. Abbiuiu eziandio il Teiicriuin Jva comune per le strade : il suo potente odore di muschio come del Gè- ranìimi Moschatimi , ovvio parimente, dà sufficiente luollvo da supporlo pianta di somma utilità. M >!to uso si fa della Malva rotnndifolia , che trovasi in tult' i luoghi , e per tutto l'anno. Allorché talvolta manca viene sostituito il Malvone ( Altea Ro- sea ) che si coltiva. Bollita si applica come emollien- te su de' tumori , che mostrano di venire a suppura- zione j per facilitarla . Il suo decotto si ha per pur- gante degli umori , e del sangue . I fiori secchi sono commendati per varj usi, e nelle Farmacopee vengo- no impiegali con profilio. Per tal ragione gli attaccali da lue ceiiica lo biyono giornalmente. Nascono del pari la M.h'a par^'iftora , e la Silvestre , \ Altliea Ci ìivhiiia , \ Aliliea liirsuta . La loro affinità, ed il loro abito esteriore fauno pvesiiuiere j che abbiano la e 99) stcs.:n facoltà , e perciò potiebbaro servire p.n- eli slessi usi . " Nasce in molta quantità la Malricann Chamomil- la: essa prod.legge massimamente le terre vicine alle abitazioni rustiche , e ìualgraJo di essere calpestala vegeta Lenissimo. iVel maggio, tempo della sua (iori- tura , non si può slare impunemente ne' luoghi , dove ve n' ha copia , tanto u' è Ibrte 1' odore . È un ecrel- lente anodino . Della sua decozione non solamente . K-ìnno uso le femmine ne' dolori , che derivano dagli orgam uterini , ma anche gli uomini per qualnnoue altra affezione spasmotica . Negli orti suole coltivarsi il Papavenim Somnife- rum pe' suoi fiori , e non per estrarre I' oppio dallo sue capsule ; nasce spontaneo in Trani a fiore sempli- ce . II Papoi'er Rheas , e 1' Ilihridum dal volgo si mangiano teneri in insalata, e con l'aceto. Si crede comunemente , che promuovano il sonno , come la Lacluca Sativa , di cui avvene più varietà . De' fiori degli ultimi Papaveri si fanno delle preparazioni nelle officine . La Piantalo major , che nasce per lo più nelle vicinanze de' serbatoi d'acqua , il Sedum Thele- phium, ed W Sempervwum Tectorum , che si. colti- vano , sono quasi sempre praticati per rinfrescare le ansure delle piaghe , e per tenerle morbide con la lo- ro copiosa mucilaggine. Le ultime , ed il Cotiledon innìnhcus pianta , che da per tutto si trova nelle fes- sure delle pareti campestri , si usano vantaggiosamente ■per ammollire ed estirpare i calli delle dita de' piedi Sul proposito delle piaghe , delle contusioni , e delle ( 100 ) lividure giova qui fare osservare , cln i solJuli f'^nn- Ccòi nella dimora da essi falla ia q'tisli noslri luoghi i}'gli mini passati hinno additalo al volg) jih' descrilli iii;i!i r liso di Geraniuin molle , die da alcuni pra- t^ si inlendenli di materie erbario è stalo chiamilo AL- chitnilld , benché erroneamente, e dal popolo •Stelhiz- Zfl . Si è conosciuto d' una decisa utilità iu guisa che generalmente vien praticato con l' acciaccarsi , e col mettersi su la parte affetta . Usasi parimente dal po- polo la comunissima Salvia Pratensis da esso chia- mata Centragalla , per lo stesso bisogno , e le foglie dell' Ufoscìainiis Albiis . 11. anche ovvia la Plumbago Europcea chiamata im- propriamente dal volgo Romice . Questo nome appar- tiene a piante utili e salutari , come sono il Riimex Acetosa , Acetosella, che nascono in questa Provin- cia, e non sono curale, eccetto la prima, le cui fo- glie fetide , e subacide si mangiano da' campagnuoli . Alla Piumbagine si ascrive ima virtù sedativa de' do- lori pe' denti 5 e chi ne ha patito , e l'ha usata , dice di averne ricavato del vantaggio . Si pratica nel se- guente luodo . Le sue foglie teneie si stropicciano sul braccio nel tempo che si soffre il dolore : elleno fan- no arrossire la pelle , e con la loro virulenza richia- mano un afflusso di umori , come se fosse un epi- spaslo. La corteccia del Pruno spinoso era un tempo in mollo credilo come medicina propria ad espellere la febbre terzana , e si valutava quanto la corteccia Pe- ruviana . Ora non è più usata, ma non dovrebbe ca- ( '''' ) dere in nWjlio : potrcbbiiu firsi de' nnovi saggi soprat- tulio perchè è Irulice che si trova in ogni parie . Era anche molto in modi negli anni j)assati la Ruta Grnveuleiìta . Le donne l'avevano come aiilisterica , e de' suoi rami ne ornav.ino il petto . La moda è ora passata, né più si cura. Dovrebbesi al contrario avere in concetto , perchè il suo lorle e grave odore pro- mette molle virtù. Si coltiva negli orti , e rasce spon- tanea , iiiassimamoDle intorno a Palo di Molfetla . Molte specie di Salvia nascono nella Provincia , ed a me pare di averne scoperta nna nuova non in- dicata da' Botanici . Vegeta nel cosi dello ) vera nel fondo del vaso la fecola di un hellissiino co- lore hleu , che si filtra per tela assai fitta , o meglio per coloncino, e si nielte in ultimo ad asciugare su tavole di leguo prima al sole , e poi all' ombra ia luogo arioso , per riporre questa fecola , o indaco asciutto bene che sia , dentro delle scaltole , e servir- sene al bisogno per le tinte. Questa pratica di eslrarre r indaco dalle foglie fresche del Guado , che si è de- scritta , si può estendere in grande , e formarne uno stabilimento qualunque , che riunisca insieme tutti i mezzi , e tutti i comodi di questa semplicissima ope- razione . -, '( IO? } Dello zafferano e sua coltura nella Provincia delt Aquila. Istruzione pratica del Socio Corrisjiontente Antonio Mosca. Presentata ncll adunanza del di 23 febbrajo 1808. L LL Zafferano ( Crocus sativus autiimnalìs Liti. ) è una pianta bulbosa , cbc si moltiplica per mezzo del- le cipolle . I suoi fiori , che hanno nn color celeste mescolato di rosso porporino , presentano una specie di fiocco diviso in tre cordoni , che si chiamano (ila , e e che soli Ibrmano ciò che vi è di più stimabile pel Zafferano . Kou vi è luogo in tutto il postro Regno , dove meglio si coltivi , e dove sembri meglio prospera- re , che uella Provincia dell'Aquila , sebbene la sua coltura non vi sia tanto miiver3ale quanto si conver- rebbe , e quanto lo era prima , che la emigrazione in- cominciasse a spopolare gli Abruzzi . Le terre , dove alligna con successo maggiore , sono le nere , le ros- sicce , ed anche quelle, che senza essere nere conten- gono un poco di sabbia ; tutte però debbono essere asciutte, e leggiere, non essendo buone assolutamente né le umide , uè le argillose . Per piantare un Zaffe- raneto cominciano i nostri Abbruzzesi dal far con la zappa , oppure con la vanga un lavoro profondo uà braccio , rivolgendo , e attenuando bene la terra , non altriinenti che si pratica nel piantare le viti . Coloro, che meglio intendono i loro interessi, eseguo- no questo lavoro alcuni mesi prima del tempo in cui ■si vuol fare la piantagione, affinchè gl'influssi dell' at.- mosfera dispongano il terreno ad una vegetazione più (io8) j.crfelta, e più vigorosa . Preparala cosi la terra j e -iiiigliorata con qualche concime, sopratUitlo con le vi- ' nacce ,' nel mese di agosto piantano il Zafferano . Que- sta operazione consiste nel dividere tulio il terreno per la sua lunghezza in tante linee diriit^, o solchi fat- ti con la pnnla della zappa, distanti l'imo dall'altro un palmo , e profondi quattro pollici : e nel disporre in tali solchi le cipolle alla stessa distanza di quattro pollici r una dall' altra , ricovrendo le cipolle del sol- co antecedente con la terra, che si ricava dal solco che segue . Ogni quattro solchi piantali , e ricoperti a questo modo , si ha da lasciare un solco vuoto ^ vale a dire , che tutto il Zafferaneto viene ad essere ripartito in tante prose lunghe ad arhi trio, larghe mezza canna, e lontane 1' una dall' altra circa due palmi , onde po- ter più agevolmente sarchiare il Zafferano , e racco- glierne i fiori. Un mese dopo piantate le cipolle si prende con la zappa tutta quella terra smossa , che trovasi negli spazj tra le prose, e si rivolge successiva- mente su le prose medesime, eguagliandone la superficie con un rastrello di legno in guisa che le prose piantate di Zafferano vengano a rimaner come elevate in mez- zo a due grandi solchi j cosa che non solamente fa- cilita là coltura del Zafferano , ma procura nel tempo stesso un libero scolo alle acque . Verso il fine di maggio , quando i capeìli o sien le foglie del Zaffe- rano divengono bionde , e che mostrano di esser ma- ture , queste si dislaccano dalle piante , e si riserba- no come un ottimo, e riscaldante nutrimento pel be- stiame 5 specialmente per le vacche durante l'inverno . Immsdiala incute dopo la raccolta delle foglie si dà il primo lavoro al Zafferaneto , sarchiandolo , ed estirpai:- done tutte le cattive erbe, senza però danneggiare le cipolle , e le barbe 5 e la stessa operazione si ripete a luglio , ed a settembre . Le cure , che esige il secon- do anno non differiscono punto da quelle del primo , eccettuatane la piantagione, ed il ripianare le prose , che non vi hanno luogo . Verso la fine di settembre inco- mincia la fioritura del Zafferano , e dura per lo spa- zio di un mese. Allora ogni nìallina allo spuntar del sole una truppa di conladiui , relativa alla estensione del campo, si distribuisce fra le prose del Zafferaneto , e ciascuno rivolto dalia sua parte destra coglie con due dita il fiore, e lo ripone in un panerino, che sostie- ne con la mano sinistra . Siffatta operazione , che non lascia di presentare uno spettacolo grazioso , e piace- vole , debb' esser fatta con la maggior destrezza, e sol- lecitudine precisamente all' ora indicata , perchè dopo di essersi alzato il sole su l'orizzonte, allargandosi so- verchiamente il calice del Core , i suoi Glam;nti si ap- passiscono, e si perdono affatto. Ricondotti a casa i fiori , si ha cura di separare dalle spoglie del fiore , e da tuttociò che è inutile, que' filamenti , che come si è detto , costituiscono propriamente ciò che chiamasi Zafferano . Quindi non rimane altro , che dissecarlo . A quest' oggetto si distende una certa quantità di Zaf- ferano sopra di un paniere di vinchi piatto , e roton- do , e per via di tre corde attaccate all' orlo del pa- niere, e che si riuniscono insieme a forma di pirami- de , si sospende il paniere stesso col Zafferano sopra ("0) di uu fuoco lento ad una competente altezza , facen- dolo girare continuamente all' intorno del proprio as- se 5 e rivolgendo spesso la massa dei Zafferano , sino a che sia interamente asciutto . Tutto ciò esige molta attenzione . Quattro libbre di Zafferano fresco non ne danno , che una quando è secco . Ridotto a questo stato se ne spedisce la maggior parte per Livorno , per Trieste , per Venezia ec. , che lo passano quasi tutto alle piazze del ]\ord. Una libra di Zafferano co- sta ordinariamente in questa Provincia da quattro du- cati sino a sei , secondo le raccolte . Il migliore , e più l'icercato da' forastieri è quello , che ha gii stami larglii , di un bel color vellutato rosso , che ha pochi filaménti gialli , e che è ben asciutto , e netto da ogni parte eterogenea . Ritorniamo ora al Zafferaneto . Do- po due raccolte di fiori si dissotterrano le cipolle del Zafferano , se ne distaccano tutti i fìgliuolini , si mon- dano da ogni parte secca, e le più belle, e più sane si trapiantano in altro terreno , già ])reparato nel mo- do , che si è detto . Qui ricominciano gradatamente tutte quelle cure , che si sono descritte di sopra . Li ultimo bisogna avvertire , che il più terribile nemicQ di questa pianta # il sorcio , ( III ) Della cassetta per le fratture alT estremità inferì ori , inventata per il trasporto degli ammalati negli ospe- dali ambulanti che seguono le armate. Memoria del Socio Corrispondente Mangin. Chirurgo in capo dell' firmata di Napoli . Presentata neW adunanza del di 29 Aprile 1S08. N. On v' ha cosa tanto da bramarsi per la chirurgia militare, e per 1' umanità quanto il poter proccurare su i campi di battaglia , o nelle loro vicinanze , de' buoni letti , e la tranquillità a' feriti . Questi vantaggi farebbero evitare senza dubbio a molli bravi soldati 1' accrescimento de' dolori , ed anche la morte , che ia- contran talvolta ne' mezzi che si adoperano per tra- sportarli agli ospedali più o meno lontani , e per pro- curar loro i soccorsi che 1' umanità implora . Troppo sovente il numero de' carrettoni che se- guono gli ospedali ambulanti , non basta al trasporlo de' feriti . Si è nella necessità di avvalersi di cattivi carri o carrette , di farli viaggiare per cattive strade , dove sono esposti a' balzi ed alle scosse pericolose , so- prattutto per coloro , che hanno delle fratture , spe- cialmente alle estremità inferiori . Si è osservalo con dispiacere che i trasporti sconcertavano la buona situa- zione delle parti fratturate , e divenivano delle cagioni secondarie , che le rendevano complicale con pericolo cagionando il disordine delle ossa, delle loro scheg- ginole , r implanlazione nelle parli molli vicine, la stiratura , il dilaceramento di queste parti , dolori , emor- ragie j e successivamente eretismo , conti-azione , iucor- danieuto , tensione , infiammazione , febbre , spasimi ,1 convulsioni , tetani , ed altri accidenti . Quanto non hanno avuto a dolersi 1 chirurgi del- la cattiva posizione delle membra fratturate , e i feriti de' dolori che han sofferto su le vetture al loro arrivo negli spedali ! Quante volte , io dico , non sono stati obbligati i chirurgi ne' campi di battaglia ad armarsi d' un coltello , o d' una sega per amputar delle mem- bra fratturate, con istrepilo, contusione, e laceramento, che avrebbero conservate , malgrado questi disordini , se fossero stati in uno spedale sedentario , dove non fossero mancati de' mezzi atti e convenevoli al traspor- to de' feriti ! Pr isi'uggire gli accidenti cagionali dal trasporto de' feriti , si sotto inventate da gran tempo delle macchine ad oggetto di tener fisse ed immobili le parti fratturate . Tali sono le cassette di legno con de' mastietti , e de' gangheri ; le cassette , e gronde di ferro bianco , di cuojo , di cartone j e di cortecce di alberi &c. La cassetta perfezionata da Petit , e dettagliata da Garengeot non ha gli stessi vantaggi , che quella della quale mi son servito . Le perlezioui che Petit ha date a questa macchina, non possono servire , che per le fratture all' estremità inferiori stazionate in un letto . Qui trattasi di far viaggiare gli ammalati col minore sconcerto , e dolore possibile , e con mezzi semplici , e comuni , facilissimi a rinvenirsi , ed a trasportarsi . Non ostante che queste niacchine non sieno state di piena soddisfazione , non può osservarsi senza sor- presa 1* derelizione , e 1' obblio , in cui fioa cadute ( n3 ) negli ospedali ambulami . Dipendo forse dalle difficol- tà del loro trasporto , o della loro applicazione in ra- gione delle coinplicarioni , disproporzioni , e cattive congegnazioni tra esse , e lo parli frallutato ? Sj ne sono ottenuti de' vantaggi ? Le cassette ])er fratture , che io propongo , sono semplici , facili a farsi ed al trasporlo , nò sono spe- sose . Non avvi falegname , per cattivo che sia , il quale non possa farle. Ne feci formar loo. in due giorni nel villaggio di Albano , dandone il modello in carta . Un mulo , o un cavallo può agevoln^ente por- tarne i5o. o 200. Guernite con morbidezza possono servire non solamente a ben contener le fratture nel loro trasporto , ma anche quando sono stazionate nel letto 5 frenano l'azione muscolare, tengono fisse l'cslre- niilà delle ossa fratturate nella posizione del contatto, e della circonferenza rispettiva al loro livello naturale, si applicano più agevolmente , e con maggior pron- tezza , che tuli' i pezzi , che si è nell' obbligo di uni- re alle fasciature ordinarie. Dee contarsi moltissimo su questi mezzi , sopratutto al seguito delle armate , dove trai gran numero de' chirurgi , che si è nella necessità d' impiegare , non han tutti 1' abitudine di curare con- venevolmente le fratture : con un pò di attenzione , e d' intelligenza possono essere perfettaiìieute contenute per mezzo di queste cassette , che godono altresì del vantaggio di agevolare a' feriti il cambiamento del letto . L'utilità di queste macchine è stata confermata dall' esperienza nell' annata di Napoli , specialmente i5 neir assedio di Gaeta . Esse servivano al trasporto de' nostri feriti nella trincea di Castellone , di Sessa , di Capua , di Napoli , dove le fratture giugnevano senza sconcerto , essendo ben tenute nelle loro cassette , e- Senz' altri sintomi td accidenti, all' infuori di quelli, di' eran prodotti dalle loro cagioni efficienti , o dalle loro conseguenze essenziali . Esse contenevano non so- lamente il vantaggio di tener bene le fratture nel loro trasporto, ma faceano evitare molti dolori a' feriti nel dover cambiar le vetture per le disposizioni degl' in- fermieri poco pratici , ed intelligenti . L' allontanamento delle estremità fratturate è il più delle volte , soprattutto in tempo di guerra, cagio- nato dagli sforzi mal diretti di coloro , che rilevano , e portano i ferifi , o per le cattive posizioni , che dan- no alle parti fratturate , o ancora per le stesse cagioni delle fratture. Sarebbe cosa necessariissinia , che il Governo scegliesse gli uomini che impiega come in- fermieri al seguito delle armate . Per averne de' mi- gliori , bisognerebbe meglio pagarli , e far loro appren- dere negli ospedali in tempo di pace a curare i feriti . Sovente i pìccoli mezzi , o i mezzi semplici pos- sono avere de' gran vantaggi . Potrebbe ascriversi a queste cassette, ed a' carrettoni coverti j e sospesi («) (a) Vetture a quattro ruote , e sospese ordinate dal Signor Arcampal Commessario Generale dell' ar- mata . Erano coperte di materassa al dì dentro del cassone , e seryivano specialmente pe' feriti . (1,5) la guarigione di un gran numero di fralture compli- cale, per la buona situazione .che tali macchine con- servano alle parti ferite . I buoni effetti di questi ajuti ne' gran caldi, come In quelli, che si ebbero nell'as- sedio di Gaeta , dove il servizio degli ospedali fu ve- ramente esemplare , e degno degli elogj che ha rice- vuti , non sarebbero cagioni , che preserverebbero dal tetano, evitandosi nel trasporto gì' IrritainentI nervosi? Su d' un numero di circa dugento cinquanta malati gravemente feriti non potei contare , c^e tre affezioni tetaniche. La scienza , che preserva dalle malattie debbe senza dubbio anteporsi a quella che le risana , ed a quella che non risana che di rado alcune malattie . Se gli uomini non han potuto scoprire nella terapeutica de' rimedj atti a guarire II tetano cagionato dalle fe- dite d' arme da fuoco , debbon prendere i mezzi d'igle- na , che possono preservare da questo accidente , spes- slsslme volte funesto . Potrei aggiugnere in favore de' mezzi preservativi, che io propongo , ad oggetto di evitare i tetani , molte pruove analoghe , che mostrerebbero gì' irritamenti , o affezioni secondarie delle ferite , come le cause le più frequenti di, questo morbo . Nel 1781. nell'assedio di*Yorck nella Virginia Io spedale ambulante era convenevolmente situato nelle vicinanze della trincea . I feriti vi eran portati su de' carri . Il Signor Robillard chirurgo consultore dell' armata fé conservare a questo deposito le maggiori fratture , e ferite j le altre eran condotte su de' carret- ( "6) toni a Willianisbourg in distanza di circa 18. a 20. miglia da Yorck . Dopo la resa di questa piazza otten- ne un numero d' uomini necessario per portar dolce- mente ne' quadrali all' inglese tutte le fratture , e feri- te conservate nello spedale di Williamsbourg . I feriti di questo assedio ebbero la sorte di andare esenti dal tetano , accidente clié scoraggia la gente del mestiere , per ragione che porta quasi sempre la morte. Ho fatta riflessione su la causa dell' assenza dell' affezione tetanica nelle ferite da noi curate nella Vir- ginia . Da quel tempo l'esperienza mi ha dimostrato, che quest' orribile accidente di rado era essenziale alle ferite, quando si eran completamente secondati gì' ia- dizj che offrono , come degl'irritamenti cagionali dalle loro cause essenziali, e'I più delle volte da cause sus- seguenti, come nel trasporlo de' feriti , dallo stiramento delle parti molli , e dallo sconcerto delle solide nelle . fratture. Il tetano dimostra il carattei'e di un grado supre- mo d' irritamento nervoso manifestato dagli epifeno- mini più , o meno regolari, prodotti da una cagione irri laute s?u 1' organo sensorio , e che vi agisce con maggior frequenza , e più specificamente ne' paesi cal- di, che ne' freddi, a cagione d'una maggior debolezza organica degl' individui , e del loro più allo grado di sensibilità , e d'irritabilità . I. Distruggere con delle operazioni , e co' rimedj indicati le cause essenziali d' irritamento delle ferite , è un prevenire il telano . ( »i7 ) 2. Evitare nel traeporto de' feriti per mezzo della cassetta , di cui ho fatto uso , il dolore , 1' irritamento prodolto da cause susseguenti alle ferite , è anche un isfuggire il tetano , altri accidenti pericolosi , o morta- li . Questo è stato il mio scopo . Esso è analago a quello de' quadrati all' inglese , de' quali si è servito il Signor Rohillard con successo nella Virginia pel tra- sporto del gran numero de' nostri feriti da Yorck a Willamsbourg . Quanti esempj non potrei qui citare del tetano prodotto dagli urli cagionali a' feriti pe' cat- tivi mezzi di trasporto , e per le cattive strade ! Non è mia intenzione di dissertare , né di qui addurre le os- servazioni , che le grandi occasioni mi han posto a por- tata di fare intorno a questo accidente funesto. Mi re- stringo al presente ad implorare, dietro l'esperienza, ed a nome della umanità, che si formasse un Humero ' bastevole delle cassette o macchine , che propongo , e che anderanno unite alle casse di apparecchio al seguito degli ospedali ambulanti delle armate. Esse non sola- mente servono a proteggere solidamente l'applicazione dell' apparecchio nel trasporlo de' feriti , ma possono eziandio servire in mancanza di biancheria per la cu- ra , ad oggetto di trasportare con una buona posizione le frattuie nell' estremità inferiori , e procurano un gran risparmio nell' impiegare la biancherìa, facilitano r uso delle cose proprie a tenore più , o meno calde le parti fratturate. Consiglierei a' chirurgi di marina di far uso di queste cassette nel caso delle fratture all' estremità in- ( ^^8) ferìori , che si sconcertano agevolmente per 1' agitazio- ne , e per l'oadeggiamento del legno , malgrado la buo- na situazione che abbia potuto darsi a' feriti . Vi ha circa dugento di queste cassette distribuite nelle diJIe- reuti divisioni dell' armata di Napoli . Forma della macchina. Non è mia intenzione proporre questa cassetta co- me una novità , ma certamente come la riduzione d'una macchina complicatissiuia in un' altra molto semplice la più facile a costruirsi , ed al trasporto delle fratture all' estremità inferiori . Come scorgesi dall' annessa ta- vola , queste cassette son composte di quattro pezzi per le fratture di coscia, i. uno che forma il suolo. 2. un altro il fondo , su cui dee poggiare la faccia po- steriore della gamba ; 3. due altri laterali , uno intei'- no o tibiale , 1' altro esterno , o peroniere. Si vede be- ne che questi tre ultimi pezzi per la gamba , come quelli , che vi si aggiungeranno per la coscia , do- vranno avere delle lunghezze , e delle lai'ghezze propor- zionate a' volumi , ed alle lunghezze delle parti che dovranno contenere : la densità delle tavole , che le compongono , dee avere circa un mezzo traverso di dito . Il suolo debb' esser legato o articolato all' estre- mità del fondo della cassetta per mezzo di due cordon- cini di filo, o grossi spaghi. Le tavole laterali debbo- no ancora ciascuna esser legata o articolata per uno de' loro orli agli orli laterali del pavimento per mezzo di sei cordoncini , tre da ciascuna parie , li quali pas- sino ne' buchi corrispondenti a' bordi di questo pavi- mento , ed agli orli de' pavimenti laterali . Si potreb- bero adoperare ancoia le picciolo corregge con delle fibbie per articolar queste tavole. L'esperienza ha di- mostrato , che le -cerniere di ferro, i gangheri, ed j mastietti sarebbero di un uso incomodo e vizioso ncl- r uso di questa cassetta . Presso del bordo non artico- lato o anteriore di ogni pezzo laterale , esser vi deb- bono tre buchi , i quali al pari che gli anziddetti , debbono essere situali nelle parti medie , e vicino all' estremità di questi orli . Questi ultimi forami servono a (issare o ad attaccare delle cordicine della lunghezza di circa mezzo piede . Queste tavole laterali pel loro ravvicinamento ad ogni parte della gamba, la manten- gono solidamente nella situazione per mezzo delle cor- dicine, o legature, che formano de' nodi scorrendo al- la parte anteriore della gamba . Il suolo avvicinato al- la pianta del piede lo sostiene per mezzo d'un cordo- ne o fettuccia di filo assai lunga , che vi è attaccata , o la fissa accrescendosi alla parte anterioi'e della ganì- ba , passando pe' buchi, che servono di attacco alle le- gature o ligami anteriori delle tavole laterali ; ben inte- so che queste non debbono essere strette in guisa che compri man forte le membra che debbono contenere , ma che possan piuttosto per le loro larghe superficie , e per mezzo d' una compressione uniforme , impedire col mezzo delle loi'o guarnitura 1' azione de' muscoli f ilo ) senza slanciarli , e garantire 1' immobilità delle ossa do- po la loro riduzione, anche nelle IValture obblique , o a piano inclinato . Questa cassetta , contenendo l' unio- ne muscolare , impedisce lo slogamento delle ossa se- condo la loro lunghezza , e densità . Essa sostiene il ])iede in una linea naturale . Bisogna anche mettere le parti fratturate in una situazione conveniente , e da- re al tronco tale posizione , che non possa spingere al basso il frammento superiore dell'osso . Questi mezzi adoperati con giudizio , mantengono le ossa in una buona confronlazione , senza esporre la parte agli acci- denti che cagionano le estensioni permanenti . Nelle fratture di coscia , si tratta di ligare , o di articolare di rimpetto il ginocchio per mezzo di cordoni situati a fronte 1' uno dell' altro , tre tavole corrispon- denti a quella della gamba , e vi sono fissate per mezzo di due cordoni ; < sse si articolano e si ligano come quel- le che servono alla gamba, per inezzo di forami , e di legature praticate presso de' loro bordi , come può os- servarsi nelle figure . Questo accessorio , che può dir- si femorale , dee avere la sua tavola laterale interna un pò incavata alla sua estremità o bordo superiore , per adattarsi alla parte superiore , ed interna della coscia . Le fratture alle parti superiori del femore come quella del collo di qnesl' osso , han bisogno costan- temente di una tavola laterale esterna assai lunga per giugnere sino al di sopra del ciglione dell' osso delle isole , ed al di sotto delle false coste . Questa fe- morale esterna aver debbe alla sua estremuà superiore ( •=■' ) e presso a' su&i bordi due aperture deHa lunghezza di circa tre pollici , proporzionate alla larghezza d' una cintura di tela , che dee passarvi , per fissare al cor- po del ferito questa tavola , che si potrebbe fare assai lunga perchè giugnesse sino all' ascella , dove sai-eb- be facilmente sottoposta per mezzo d'un cordone, o fascia larga due pollici , che passasse in due aper- ture praticate all' estremità superiore di questa tavola , qual cordone si attraversasse su la spalla per passare sotto l'ascella opposta, e ritornare a fissarsi su 1' estre- mila superiore della tavola . Ma questa tavola , che arrivarebbe sino all' ascella , per quanto guarnita di cuscinetti essa fosse , cioè di corpi molli tra essa , e la pelle renderebbe troppo penosa al malato la situa- zione che esigerebbe . Per mezzo di queste ultime di- sposizioni sarebbe facile senza dubbio, allorché i feriti fossero ^abiliti in uno spedale sedentario di operare delle estensioni permanenti 5 ma potrebbe avvenire ciò che ho veduto più volte in queste sorte
  • f ; . Per mancanza di altre osservazioni meteoròlogi- clie neir Italia , all' infuori di quelle del celebre Toal- do di Padova , non potè il citato autore spaziarsi di molto su la temperatura di questa nostra regione , on- de :si restrii^se a dire nell'opera citata quelche sie- gue : ») Secondo le osservazioni del celebre meteorolo- » go Signor Toalilo la temperatura media di questa » Città negli anni 1781 , e 1782 , fu 52 . 2 Farenheit . » La temperatura del modello è Sy . 2 F. (a), la dif- )• fereuza è 5 F, ma la distanza di Padova dall'Ai-» >i lantico è 600 miglia , dalla quale dovrebb' essere » raffreddala di 4 gradi (Z») . Neil' inverno è raffredda- » ta anche di più dalla sua vicinanza ai mouti Euga- » nei , e nell' estate ancora dalla vicinanza all' Adriati- M co ; il Mediterraneo l'è per verità molto più vici- » no dell' oceano , ma la sua influenza è intercetta- » ta dagli Appennini , che si frappongono ; così la » sua vera temperatura pare che sia Sa . 6 F. , o >. 52 . 8 . F. Volendo eseguire un lavoro cosi utile per Alta- (a) Padova è situata alla latitudine 45. 25. ^ ortde tal' è la temperatura di modello che l' appartiene , se- condo il calcolo rapportato . (b) L' Autore fissa dalle osservazioni il raffred- damento di un grado dalla temperatura per ogni iSe miglia di distanza dall' oceano Atlantico. . ( '37 ) mura mia patria , dietro un lungo corso di osserva- zioni meteorologiche , mi convenne prima d' ogni al- tra cosa fare delle generali riflessioni su l'intera Ita- lia , avvalendomi delle osservazioni altrui , e di quelle da me fatte viaggiando per la medesima . Alcune di queste furono da me esposte ne' quadri periodici di meteorologia , che anni sono io dava al pubblico , e che quindi unite ad altre costituirono una memoria su la temperatura dell' Italia , che presentai alla Rea- le Accademia delle Scienze in Firenze . Mi conviene dare al presente un reassunlo di essa, perchè serva di preliminare al mio argomento 5 e prima di far ciò mi sia permesso richiamare alla memoria le teorie generali risguardanti le temperature de' luoghi, già l'iconosciute per le più sicure dagli osservatori , e che brevemente accennai nel mio precedente discorso . Vien modificata soprattutto la temperatura d' una regione da' venti che vi spirano . Questi oltre al ca- rattere essenziale , che concepiscono a norma della prossimilà a' due opposti cardini , ne acquistano un altro dalla qualità de' luoghi , su cui scorrono prima di pervenirvi . In qualunque modo poi , se essi au- menlauo 1' evaporazione , diminuiscono la temperatu- ra 5 e l'accrescono al contrario se causano precipita- zione . L' aria sollecita 1' evaporazione non solo a mi- sura della sua siccità , ma anche a norma della sua densità ; come all' opposto la precipitazione succe- de non solo per l' affluenza de' vapori sospesi nell' at- mosfera pe' venti umidi che vi pervengono , ma p'^r la sua rarei'azione altresì. 18 (i38) La posizione dell' Italia bagnata dal Mediterraneo, e dall' Adriatico , è tale , che lo Scilocco , o Sud-Est , porta seco un umido molesto , facendo abbassare la colonna del mercurio nel barometro , ossia reudendo più rara 1' atmosfera , donde deriva quell' abbattimento di forze che si risente, ed una impressione molesta alla nostra fibra , per dover ritenere nel loro corso gli umori con maggior forza , essendosi diminuita la pressione esterna , onde risultano delle sensazioni do- lorose nelle parti del nostro corpo offese (a) . Questa proprietà benché sia privativa di siffatto vento in un sommo grado , non mancano di averla anche gli adja- centi nella slessa proporzione della loro prossimità . Il Maestro , o Nord-Ovest , per lo contrario , spiran- do dal sito opposto a questo , porta il secco ed il sereno , facendo elevai-e il barometro , ossia adden- (a) Questa esterna pressione o reazione allo sfor- zo , che le nostre fibre fanno per mettere in circola- zione gli umori , diminuisce , a calcolo fatto , circa novanta libbre per ogni linea che il mercurio si ab- bassa nel barometro . Da ciò nascono V emorragie nel salire le altissime montagne . Nel mio discorso deir anno 1 792 , e g3. mi trovo di aver parlato alla lunga su questo assunto , e dimostrai con numerose osservazioni quanto influiscano le variazioni barome- triche ai mali specialmente dì petto , e come possa ciò servire di presentimento ad alcuni animali nel- le variazioni atmosferiche . (,39) sando l' atmosfera , per cui produce del vigore nel- la fibra , ed un accrescimento di forze per T'aumen- tata pressione ossia reazione alla superficie del nostro corpo . Conviene però considerar le stagioni , in cui tali venti spirano . Rendesi desiderabile nelt' inverno lo Scilocco dopo di ostinali freddi , perchè produce l'au- mento della temperatura , e dà delle piogge . Questo vento nel pervenirci scorrer debbe alla lunga più de- gli altri adjacenti su le acque del Mediterraneo j che tra'inari chiusi è il più temperato relativamente, on- de si rende più efficace agi' indicati fenomeni . Neil* està poi rendesi alquanto molesto per la rarefazione che produce nell' atmosfera , cagionando iin caldo sfi- brante , ed umido sospeso , che suole alle volte scio- gliersi in pioggia. II Maestro , o Nord-Ovest , è molto rigido nell' inverno per tutta l' Italia : ci perviene senz' aver toc- cato mare alcuno , ijnmediatameute dopo di aver lam- bite le gelide cime delle Alpi , e così dura fino agli estrenti di questa regione , la cui forma di stivale è posta lungo la direzione di questo vento . Dopoché il vento di Maestro ha disposta pian piano 1' atmosfera ad una temperatura molto bassa , al soffiar di qualche altro formasi della neve. Se poi l'atmosfera si trova soverchiamente gravida di vapori vescicolan, all'im- provviso soffiar del Maestro , non potendosi questi al momento convertire in elastici , si precipitano in ne- "ve . Non di rado però succedono tali cambiamenti con ( i4o ) posatezza , altro non ne risulta , che un freddo secco nell' inverno . il Settentrione, o Nord, è per noi meno freddo del precedente , benché venga dal Polo , perchè tocca minore estensione di montagne nel gingnere lino a noi . Si aggiugue per la bassa Italia , che dee scorrere di più il golfo Adriatico . Il Signor Williamson ripete r essersi reso meno freddo questo vento per 1' Italia da diecisselte secoli in qua dallo sboscamento della Germania , essendosi ravvisato che i venti passando su de' boschi si raffreddano maggiormente di quel che fanno nel passare su di terre nude, giacché si aumenta V evaporazione col mezzo de' vegetabili , e soprattutto degli alberi boscosi , e delle foreste . Questo golfo non ostante , che s' imbocchi col temperato Mediterraneo , crede il Signor Rirwan (a) , che sia d' una temperatura assai al di sotto per essersi alcuni anni gelate le lagune Veneziane , onde conchiu- de che in nulla può condurre ad addolcire il riferito vento . Non è da negarsi eh' essendo lo stretto Adria- tico circondato da inontagne assai alpestri , non sia d'una temperatura relativamente molto bassa , incapa- ce però a far gelare 1' acqua pregna dell' intera salse- dine marina . Chi non sa essere le dette lagune un pic- ciolo e basso seno assai circoscritto , entro cui si sca- ricano alcuni fiumi , onde le sue acque sono assai piìi (a) Cap. XI. della citata opera . ( '4. ) dolci delle ordinarie , spirando specialmente i venti bo- reali , che frenano l'ingresso alle altre acque? Non è malagevole ora il comprendere come gelar possano in alcuni anni . Neil' anno i8oo , mi avvenne osservare questo fenomeno , benché parziale , ed avendo preso un pezzo di gelo lo trovai leggiermente salso . Servi ciò a togliermi la gran maraviglia , che cagionata avea- mi r opinione precipitosa del citato Meteorologo . Da ciò risulta, che in ogni modo l'Adriatico influir dee, benché di poco , a mitigare il detto vento . Rendesi anche molesto il vento di Mezzogiorno , 0 Sud , il quale ha gli stessi caratteri dello Scilocco , ma con qualche grado di meno , né cosi spesso risol- vesì in pioggia . Il Libeccio, o Sud-Ovest, spirando porta del calore bruciando e dannoso s'i agli animali , che a' vegetabili . Questo vento nel pervenirci percor- re un grande spazio delle aduste terre dell' Affrica , onde seco porta la temperatura più calda dell' Atlan- tico . Considerando poi la posizione della nostra Italia vediamo che sebbene non molto distante dall' oceano Atlantico, pure il suo influsso viene intercettato da terre montuose . Il vento di ponente , ossia Ovest , ve- nendo dall' oceano Atlantico , elevar dovrebbe la no- stra temperatura , ma l' osservazione dimostra il con- trario , considerando tutte le circostanze , e i diffe- renti stati dell' atmosfera che ritrova , giacché scor- rendo i Pirenei , e porzione delle Alpi , viene a raf- freddarsi . (i4. ) In generale però dobbiamo osservare , cfee la no- stra bella regione essendo cinta da piccioli mari , non sono questi sufficienti ad elevare di molto la tempera^ tura de' venti , che ci vengono raffreddati relativa- mente dalle terre . Da ciò avviene che la temperatura italiana non solamente è inferiore a quella di modello dell'Atlantico, ma ad altre temperature di regioni del- la stessa latitudine bagnate dal mare . Dice il Sig. Raymond [a] : » Benché la Grecia , e « r Italia sieno di qualche grado più meridionali del- » la bassa Provenza , soffrono intanto de' freddi più » forti , giacché i venti vi giungono dopo di aver per- » corsa una più grande estenzione di terre più fredde. Prima di lasciare però le nostre considerazioni in- torno alla influenza de' venti su la temperatura dell' Italia, non istimo alieno dall'assunto accennare, i. che quelli di Maestro , e di Settentrione co' loro solleciti cangiamenti sogliono cagionare delle nwsse elettriche f ma se lungamente dura con costanza un soffio leggie- ro di questi venti , allora rendendosi il cielo secco e caliginoso , è da temersi o un fòrte temporale , o qual- che tremuoto elettrico . 2. Il Greco , ed il Levante so- gliono essere apportatori di piogge , ma con minori mos-r se eletriche . 3. Il Ponente è di un carattere variabile secondo le stagioni opposte , e le varie disposizioni che incontra nell' atmosfera . Questi caratteri non sono eo- (aj Mem, de la Soc Rojal de Med. ann. 1777- 78. ( U3) stanti nelle stagioni medie , in cui regna una varlahi- lità da confondere ogni osservatore . Ha è vero , cia- scun vento la stessa natura , ma il risultato è vario , e si uniforma a produrre quegli effetti , che son analo- ghi alla stagione che più gli è prossima . Circa il ca- rattere degli altri venti sarebbe lungo il parlarne , poi- ché si dovrebbero individuare tante minute circostanze , senza delle quali non si potrebbe distinguere . Contribuisce inoltre alla bassa temperatura delF Italia la lunga catena degli Appennini , che si dirama in tutta la sua estensione. Quel punto nell'atmosfera, ia cui gelano i vapori , e che perciò è al di sotto del zero di Reaumur , o de' 32 di Farenheit, fu detto punto nivale . Questo si eleva dalla superficie della terra ridotta al livello del mare secondo la stagione , la latitudine , e le circostanze locali . Poste le tempe- rature medie annue , questi punti costituiscono una curva , che ha principio sotto la linea all' altezza del livello del mare, secondo Bouguer (a) , i46o4 pie- di , quale ripiegandosi tocca la terra progredendo verso il polo . Questa curva si approssima alla re- golarità sul mezzo dei grandi mari solamente , essen- do altrove più , o meno irregolare. Le cime delle montagne quanto più si avvicinano a questa linea ni- vale , più in conseguenza debbono essere di bassa tem- peratura . La lunga catena degli Appennini contiene moltissime montagne , oltre a quelle di origine vulca- (a) Voyage au Perou . ( ^44) nica , che nella maggior parte dell' anno sono al diso- pra delia linea nivale , ond' è che sono ricoperte di ghiaccio , senza parlare del Graa Sasso d' Italia , ossia di Montecorno , altro 9577 piedi dal livello del mare, secondo che fu misurato dal chiarissimo Sig. Colon- nello Deltìco con le osservazioni barometriche . Esso contiene nella cima continui geli , e perciò non è mai tra noi il punto nivale al di là di tale altezza . Il chia- rissimo nostro Socio Sig. Tenore nel suo viaggio botani- co sulla Majella , fatto per ordine dell' attuai Gover- no , ha similmente ritrovate le cime di questo monte coperte di nevi nel cuor dell'està. Il suolo italiano essendo più montuoso che piano è in conseguenza più freddo del conveniente , e le pianure sono ben anche rinfrescate da' venticelli che da queste montagne spi- rano . Queste circostanze osservate in generale dagli altri meteorologi sono confermate dal calcolo preciso del Signor Rirwan , il quale mostra , come si è veduto che la temperatura media reale di Padova sia più bas- sa di 5 gradi F. di quella di modello . Sarebbe desi- derabile che con altre molte osservazioni fatte in varj punti del suolo italiano fossero ravvisate siffatte diver- sità , per potersi ragionare con una nnaggior pi'ecisione. Ciò posto, mi cade in acconcio esporre la seguente tavola, nella cui prima colonna sono annotate le tem- perature reali medie di Altamura , ricavate dal lungo corso delle mie osservazioni mdereologiche , secondo la graduazione di Reaumur 5 e nella seconda sono le medesime temperature ridotte alla graduazione di Fa- ( i45 ) renheit . La terza dinota le lemperaluve tnensuali di moilcllo secondo la latitudine di gradi 4» > e minuti 45, in cui, secondo lo osservazioni del Signor Zunno- ni , è situata Altaniura . I,a quarta colonna coiiliene Je differenze di queste due temperature . NJlIa quinta colonna si contengono le temperature reali di Padova, e nella sesta quelle di modello del grado di latitudine 45 e 23 di detta Città. Nella settima fiualuieule le loro {lifferenze . 19 1 TEMPERATURE MEDIE MENSUALI. I iGenn. DI ALTAMURA. Gr. d. Rea. \ Febbra. Marzo. Aprile. Maggio ^Giugno. 2 - 5 4-1 di F. 41 37 -6 41-2 di MODELLO di F. 47 - 1 5o -6 59- 6 5-7 44-8 12-5 16-1 [ Luglio . ^8-9 1 Agosto. Ottobre iNoTem. Oecem 60-1 68 -: 74-5 18-2 7* - 9 70 - 2 61-3 67-2 DI PADOVA. ! REALI. di F. 18 -4 di F. 53- 54-7 45 -2 16-5 7 -1 70-1 1-9 70-3 16- 1 9 . 8 7-3 5-6 68-2 54- o 48-4 69- 7 Si- e 55. 3 di MODELLO DIFFEREN- ZE. di F. di F. 44-5 46-3 54-3 57-2 ti - 6 9 -1 58-4 62-8 4-4 71 -9 4-3 a-7 1-5 76. 5 75-0 65-8 67.8 67- 8 62 5-2 5i -9 55-2 6 40-1 I 53 - 2 i3-i 41-2 36 62-8 o - « 6 -i i 7 -2 54 -8 5o-S 48-8 9-6 Il -9 y-^^/^^-^^^^^^-^^^i^^;^^^! ( '47 ) Altamura è situata su d' un placido e distaccalo eolle di pietra calcare ( carbonaio di calce ) detU> tra' Pugliesi Murgia , corrottamente da Muriccia. La sua elevazione dal livello del m»re per calcolo da me più. volte ripetuto con delle osservazioni barometriche , iu corrispondenza di quelle del Signor Arciprete Giovene sul lido Adriatico , è di piedi circa ^oo . Il Signor de Saussure dice, che tra' gradi [^o in 47 di latitudine la temperatura media nell' atmosfera diminuisca dal li- vello del mare sino alle vette delle montagne alla ra- gione di un centesimo di grado R. per ogni quattro piedi [a). Il Signor Rirwau {bì) riflettendo, che le ci- me delle montagne di placida elevazione sono più tem- perate di quelle egualmente alte , ma più precipitose , conferendo le falde nella prima a moderare il freddo , fa varie distinzioni comuni a qualunque latitudine. Se r elevazione del mare è di sei piedi per ogni miglio di distanza , bisogna scemare un quarto di grado R. per ogni 200 piedi di altezza , se di sette piedi , un terzo di grado, se di 1 3 piedi, due quinti, se di i5 piedi» 0 più, un mezzo, ed in quest'ultimo caso importa, come sopra, un centesimo di grado di diminuzione dalla temperatura media . L' elevazione di Altamura dal livello del mare essendo di 36 piedi a miglio , la diminuzione dee regolarsi con 1' ultima formola , che (a) Vojage sur le col. du Geant. Journ. de Pìvys- 1788. dicembre. (b) Opera citata . ' ( i48 ) importa gradi R. 2. in circa . Questa differenza è slata più volte da me notata prossimamente , paragonando le mie osservazioni periodiche con quellj dello stesso àig. Giovene falle in Molftlta , ma qualche anomalia osservasi in alcuni tempi per ciò che vengo ad ac- cennare. La distanza di Altamura dal lido Adriatico , die è al suo S ttentiione , è circa venti miglia geometri- che ; e dal Joiiio, posto alsuo Scilocco , di circa ven- tolto miglia . Questi due venti , perchè meno toccano terra nel pervenirvi , sono poco modificali , tantoppiù che niuna montagna incontrano, anzi lo Scilocco vie- ne dopo di aver corso il seno Tarantino , ed una pia- nura, che un tempo formava la sua continuazione (a). Lf montagne della Basilisata alla distanza di i5. mi- glia incombrano un quarto del suo bell'orizzonte, co- minciando dal Mezzodì sino al Ponente , e presentano una graziosa veduta . Questa estesa catena di montagne diminuisce per Altamura la temperatura di Libeccio , che viene dal mar Tirreno , distante sessanta miglia . Hanno tali montagne , durante l' inverno , per lo pitt le loro cime vestite di neve ,-e così quelle della Sila di Calabria poste al suo mezzogiorno , ond' è che que- sto vento d' inverno suol essere molto freddo relativa- mente . Il Ponente poi , che spira verso Altamura (aj Si vegga la mia memoria, inserita nel XIIJ. volums degli atti della Società Italiana , su lo sboc- co dell' Adriatico per la Daunia nel seno Tarentiìio . ( »49 ) dal famoso Vulture , antico Vulcano , concepisce un caialtore cosi ligido , olire a quello che aLbiani detto avere per tutta 1' Italia , che produce delle dannose brinate . Molto più rigido è poi il Maestro , di cui abfjia- «10 parlato , perchè passa per le alte montagne del promontorio del Gargano . L'iiifia:^so delle montagne di Basilicata, e di Ca- labria debb' essere senza dubbio maggiore per Altamu- ra che per Molfelta , circa ventidue miglia geometri- che più lontana ; quest' ultima al contrario soffre di- rettamente r influsso delle montagne del Gargano , che sono più vicine , a cui il solo picciol golfo di Manfre- donia vi si frappone . Queste differenze si rendono- minime ne' risultali , e perciò rimane solo quella che in Altamura vien prodotta dalla elevazione , e che può valutarsi di due gradi R. al di sotto di quella di Mol- fetta. È però siffatta differenza costante , ed alle volte maggiore nell' inverno , variabile nelle stagioni medie e nulla per lo più nell' està . La situazione di Altamu- ra su di un sassoso colle , nudo quasi affatto di alberi , e di vegetabili viventi in tempo della calda stagione, e senz'acque scorrevoli all'intorno, e sol consistente in aduste pianure, fa che risenta l'azione de' venti caldi senza cvajìorazione che la mitighi. IMolfelta per lo Contrario situala tra un bosco di ulivi , e di altri alberi IVuttileri , bagnata dal mar<> , ricevo non solo il beaellcio dell' evaporazione ne' calori , ma ben anche guello de' placidi venti marini, che com? sono tem- perati dai rigori del freddo ncli'iuveruo , cosi lo sono ( '5o) nella siale da' colorì estuanti (aj . Il snolo di enti'am- bi , benché egualmente di sodo e duro carbonato cal- care , capace a ritenere il calore , pure il colle Alta- uiurano essendo più scoperto di terriccio , che mode- ra il calore , più agevolmente se ne imbeve . Ciò , a parer mio , fa che la sua temperatura estiva non sia al disotto di quella di Molletta , malgrado l'elevazione di già osservata . Coacervate poi le reali temperature mensuali di Altamura , e divise quindi per dodici , danno 1' annua temperatura media reale di gradi R. q. g. , che sono 54- 2. F. Quella di modello su 1' Oceano Atlantico al grado 4o. e 49-5 é di giadi F. 6i. 3. , dunque la reale è più bassa di 7. i. F. Da ciò conchiuder si dee , che in generale vi sono maggiori cause in Altamura , che in Padova , da far abbassare la temperatura , giacché la differenza in questa come si è veduto , è di 5 dal mo- dello corrispondente su 1' Atlantico . Dando poi un' occhiata alla tavola proposta , do- po i dettagli fatti , molte osservazioni risultano ; ma io mi contento , per servire alla brevità , di notarne le principali. Le differenze mensuali della temperatura rea- le da quella di modello in Padova serbano un ordine più regolare , che in Altamura. Ne' tre mesi d' inverno (a) // Ch. nostro Socio Signor Teodoro Monti- celli mi assicura , die nelV Isola della Favignana il vento di mezzogiorno negli ardori estivi si sente pìi^ fresco degli altri , scorrendo da sopra mare- (,5, ) la temperatura reale di Padova trovasi più bassa di quella di modello in undici gradi F. con qualche de- cimale. Nelle due stagioni medie la ditì'erenza diviene minima . Ne' tre mesi estivi passa poi nel negativo , vai quanto dire che la temperatura reale supera quel- la di modello fin di otto gradi F. con qualche deci- male . Ciò conferma ad evidenza quanto sopra ho det- to , cioè , che il mare è egualmente efficace a tempe- rare il freddo , che il calore , e 1' opposto succede su le terre . Osservando poi le dette differenze di temperature in Altamma , trovasi essere nel maximum più bassa la reale dalla corrispondente di modello ne' mesi di mar- zo , e di aprile, e non già in quelli d'inverno. Ciò nasce or dal più , or dal meno di straordinaria varia- bilità , che suol regnare in quel clima in questi due mesi di primavera. La temperatura reale di Altamura poi giugne ad essere di gradi 18. 4- F. al disotto del mo- dello. Ciò conferma sempreppiù che le circostanze lo- cali di Altamura , e direi della bassa Italia , rendono più fredda del conveniente la sua temperatura ; ed è ciò tanto vero che le differenze negative ne' mesi esti- vi non eccedono 4- ^- F. malgrado di aver veduto quanto Altamura nell' està sia più calda degli altri pros- simi luoghi litlorali . Lungo sarebbe 1' entrare in mi- nuti dettagli su lo varietà locali , che contribuiscono al- le anomalie predette , come alle differenze annue le quali per altro possono essere di gran lume alla im- portante scienza meteorologica . ( i52 y Di gran vantaggio sarebbe certamente Id valutaz'o-. ne di temperature pe' varj luoghi di questo Regno , e sopraltuto per questa Capitale, il cui clima è d' mia variabilità singolare . Le sole osservazioni termome- triche di più anni non sarebbero bastanti , che a dare uno sterile calcolo di risultati senza conoscere con pre- cisione le cause . Prima che le osservazioni meteoro- logiche non vengono qui stabilite col metodo da me esposto nel discorso antecedente, ogni ragionammo che voglia azzardarsi su la sua temperatura , non sarà che inesatto. e i53 ) Delt Oppio . Sagf^io del Socio Ordinario Teodoro Monticelli . P. Professore di Filosofia Morale nella R. Università dì Napoli. Letto neW Adu- nanza del di 27. agosto 1808. J. Ralle occupazioni lodevoli Ji questo R. Istituto d' Incoraggiamento non è la nien considerevole quella che si è prefissa di supplire alla mancanza delle dro- ghe , medicine , e prodotti esteri coi prodotti del no- stro suolo. Secondando io queste utile vedute ho cercato di cavare l'oppio dal papavero ( Papaver somniferiim ), e ve ne presento il Saggio . Da 200 capi di papaveri per incisione ho estrat- to una mezz'oncia e più di oppio puro, che all'odo- re, al sapore, al colore somiglia il migliore oppio, che si abbia nel commercio ; ed io spero , che speri- mentandosi da mano medica si troverà ancora più at- tivo , ed energico dell'officinale. E inutile il dire, che le incisioni potevano essere più regolari, e fatte in tempi opportuni . Basta accennare, ch'è il primo esperi- mento , che io mi abbia fatto, per credere , che da 200 capi di papaveri si debba attendere una quanlLtà di oppio in lacrime assai maggiore di quella , che io vi presento . Seguendo il costume degli Egiziani , raccolto l'op- pio in lacrima ho fallo poi pestare i capi dtl papa- vero , e sotto il torchio mi han dato un liquore, che 20 condensato al fuoco , vi presento parimenti per farne sperimeulare la forza. Quando anche questo secondo oppio fosse racyio efficace dall' officinale , che a noi viene dall'Egitto , il primo si potrà avere in tanta abbondanza , e perfezio- ne nelle Provincie meridionali , ed orientali del nostro Regno , che potremo da ora innanzi liberarci dal bi- sogno degli esteri per questo articolo medicinale co- tanto in voga . -( Io vi prego, Rispettabili Socj, a far di. qnest' op- pio le necessarie esperienze: e trovandolo idoneo all', uso, crederei che si dovesse incoraggiare la coltiva- zione del papavero , ed istruire i contadini insegnan- do loro il modo di ben coltivare la pianta , che Io produce , e facilitando ad essi i modi, de' quali deb — bono far uso per raccoglierne l' Oppio sia per incisione , sia per espressione . / ( i55 ) Del Papiglìone delV Asclepìade . Descrizione del Socio Ordinario Gaetano Maria Gagliardi Segretario Perpetuo . Letta nell adunanza del di 5 novembre 1807 . I À Alloggio che presero le truppe Inglesi nella mia Villa alla Torre del Greco allorché da Castellamare passarono per istabilirsi in Napoli l'anno i8o5 avea dalo al clima di questa Capitale uno de' più belli pa- piglioai delle Indie Orientali, se i geli di queste con- trade avessero potuto permettere che fosse prosperato . Io non disconvengo dal parere de'Signori Vincenzo , e Tjuigi Petagna nostri onorati Colleghi , e tanto bene- meriti della Entomologia , che sieno spesso venuti , e possano tuttavia venire dall' Affrica molti insetti di quella regione per mezzo delle uova su le barche de' Corallari ; ma siccome questo insetto è sicuramente Indiano , cosi io vivo sicurissimo esser venuto per mezzo delle uova fra le quisquilie , delle quali gì' In- glesi si ripulirono nella mia Villa , dove alloggiarono per cinque giorni , e delle quali appena bastò un me- se per risestare il casino . L' insetto , di cui vi parlo , è un papiglione molto affine al Crisippo di Fabricio , e del quale esser potrebbe anche una varietà, e per conseguenza dell' Indoslan , e de' luoghi meridionali e littorali adjaccnti a Bengala , clima tanto analogo a quello della parte meridionale del nostro Vesuvio . Questo papiglioue adunque avendo trovalo e clima e cibo aualogo , potè prosperare negli anni j8o6, e 1807, ne' quali la stagione si portò oltre 1' usato dol- ce , e senza geli : cosa , che non essendo stata possi- bile negli anni susseguenti , ne cagionò la perdita . Il papiglione die io vengo a descrivervi , e eh' ebbi la opportunità di osservarne 1' intera metamorfosi , era uno de' più belli che avremmo potuto avere in queste contrade . Il suo moto più tardo degli altri nostrali , il parco cibo di poche foglie dell' Asclepiade , che non distrugge , la vaga mostra che fanno le crisalidi sospe- se come tanti vaghi flocchi pendoloni dalla pianta, il volo alto , e maestoso della farfalla , lutto nobilita- va il mio giardino j e lo rendeva sommamente pre- gevole . Descrizione dell' Insetto La larva è di un violetto più o meno scuro quan- do è piccola, dilavato quando è grande. In ogni anello ha cinque fasce nere , delle quali quattro sottili late- rali , e seguite , una larghetta nel mezzo formata per lo più dalla contmuazione di altrettante macchiette, le quali, col prendere il totale accrescimento , si coalizza- no , e rare volte quella di mezzo resta alquanto divi- sa . Due lince bianche in ciascun anello formano un sequito di macchiette , che orlano i fianchi di bianco alla base dell'addome; e quattro di macchie gialle or- lano , cioè due i due laterali , e due il dorso , formate in guisa , che le due ne' laterali in ogni anello son quasi coalizzate, le due sul dorso sono grandi, distan- ( ^'^1 ) ti , e laterali alle suddette macchii; nere . La testa ha tre lasce nere con una macchia gialla divisa in due su la fronte. Nel secondo anello ha due come lunghe nere, nel quinto, e nel penultimo due corna più cor- te . Finalmente ha sei piedi uncinati al torace , otto piedi addominali , e due caudali . La crisalide è in forma di un fiocchetto per Io più di color carneo più, o meno dilavato, rare volte verde inglese , appiccala a Cfualunque parte della pianta con attaccatura di seta , che caccia lo stesso insetto divenuta nera con un umore dell'ano che trasuda nell' atto di appiccarsi capovolta in giù . Essa ha olio stel- lucce d'oro nella-parte della testa in giù come nella figura delle quali le due seconde superiori spesso obli- terale, ed una fascetta sonile nella parie superiore della pupa composta di due giri di punti rilevati e coalizzali , uno di punti d'oro sopra, l'altro di punti ner, luc.d.ssimi al di sollo , i quah svaniscono al sor- tir dell' insello . Il papiglione ha le ale intiere, delle quali le su- penor, bislunghe, ed ottuse, le inferiori rotondate Le superiori di un biondo scuro ora più , ora meno in- tenso con 1' apice sopra nero con macchie bianche, sot- to metà nero , e metà giallo con macchie bianche Le ale inf.r.ori gialle, rare volte col fondo bianco, sem- pre pero hanno nelle parte superiore tre, o quattro macchie nere nel mezzo , ora più, ora meno grandi , delle quali la più grande suole spesso avere un occhio bianco ; indi col margine nero frastaglialo da sette , o da nove macchie bianche, le quali in alcune variclà mancano totalmente; nella parte inferiore poi altre tre , o quattro macchie nere corrispondenti alle su- periori , e similmente orlate di una fascia nera con mac- chie bianche . Le antenne nere , il torace , e la testa di nero di velluto tutte asperse di macchie bianche . L' addome sopra biondo fosco , sotto biancheggiante . La proboscide è piuttosto corta rispettivamente all' insetto . Istoria dell Insetto . La larva si pasce delle foglie dell' Asclepiade fru- ticosa . Giunta alla sua età , caccia una seta , con la quale volendosi incrisalidare , si appicca con 1' ano capovolta in giù in qualunque parte de' tronchi della pianta , restandovi fortemente appiccata con un umore nero che caccia dall' ano . Ed in questo stato piegata per metà in giù resta per più ore , e per lo più un' intera giornata. Venuto il momento cangia di colore biancheggiandosi, o illividendosi tutta, dando segni d' una convulsione; indi si spacca la sua spoglia-, e si arriccia salendo sempre verso la parte superiore , fin- ché co' tanti dimenamenti dell' insetto cade arricciata in piccolissimo glomeretto nero . Resta allora la cri- salide cosi spogliata sospesa alla pianta all' aria libera , facendovi una vaga e dilettevole mostra per lo spazio di quindici , o venti giorni secondo che la stagione è più o meno calda . Finalmente venuto il tempo an- nerisce, dimostrando già l'insetto, a traverso della pel- licola che lo involve , i colori resi , gialli , e bianchi ( i59 ) che lo conlradislinguono. Accalorato dunque dal sole s'ingrossa, crepa la pellicola, la quale si apre, e per- mette all' iusetlo di dilatarsi agevolmente , e più di tutto nelle ale , le quali nel sortir dell' insetto son corte , umide , e ripiegate , ma sotto 1 ' occhio si di- stendono , s' ingrandiscono , e torna 1' insetto grande , bello , ed agile . Questo papiglione sorte con la testa in giù j ma appena è uscito si rivolta in su , e tenen- dosi co' piedi su la pellicola bianca , sottilissima , e trasparente che rimane crepata , resta per più ore cosi sospeso al sole finché rasciugate , cresciute , e conso- lidate le ale comincia a volare per andar succhiando il nettare de' fiori , ed indi disporsi alla copula , dopo della quale depone le uova nella terra , e spesso a' piedi dell' asclepiade , di cui pascer si dee la larva . Il volo alto di questo papiglione mi fa credere che la copula sortisca nella parte più alta dell' atmosfera, e nelle ore più calde del giorno, dapoichè avendone tenuta una quantità in una gran galleria , non fu mai possibile vederle inclinate alla copula . E si sa che la notte dormono assiderati sugli alberi, ne si destano la mat- tina che con l'ardore del sole. Il favore della stagione che diede il più bello autunno che mai siesi veduto negli anni 1806, e 1807 diede a questo bel papiglio- ne la felice opportunità di prosperare, in maniera che io già mi lusigava di esser esso divenuto nostrale , ma infelicemente si è perduto , come accade ordinariamen- te a tutti gl'insetti esotici che sogliono quivi allignare per simili circostanze. ( iGo ) Questo papiglione è molto affine al Crisippo, ma non saprei determinarmi a crederlo sicmamente una varietà ; tanto più che allora dovremmo credere tali molti altri papiglioni della stessa famiglia , cosa inve- rosimile , perchè non si saprebbe comprendere come una specie potesse contenere un numero cosi prodigio- so di considerevoli varietà . Giudicheranno di ciò me- glio di me que' naturalisti che avranno il piacere di vedere uell' Indostan i papiglioni di quest'ordine. FAPILIOmS ASCLEPIADIS TECHNICA DESCRIPTIO. Papilio Asclepiadis^ Asclepiaclis P. alìs fiilvis albo nigroqne macula- tis , anterìoribiis apice nigro albo maculato, poster ìo- ribus margine nigro saspe maculis 7. vel Q.albis,tho- race capiteque nigris albo punélatis. Habitat in Asclepiade fruticosa , cestivo & autum- nali tempore , advena ex India Orientali vel Aegypto, nunc deperditus. D. Imago pulcherrima . Alce integerrimce , ante- riores oblongce fulvce , apice saprà nigro albo macu- lato , subtus flavo nigroq. vario albo maculato ; poste- riores rotimdatce subtus flavce interdum idbo macula- tee , supra fulvce nigro maculatce , margine nigro sce- pìus maculis 7. vel g. albis in quibusdam varietatibus obliteratis , subtus maculis tribus vel quatuor nigris quanim maxima scepius ocello albo , margine nigro albo maculato . Caput , thorax &• peciiis nigerrima al- bo p To/ìi . Z, P'^^6,, ( i6r ) ho punclata . Abdomen supra fulvum suhtus albicans , pedes supra ni^ri , suhtus albi. Pupa venusta , nuda , pendala e pianta , ddute carnea vel viridescens , striga aurea nigraq. puncfis- fjue aureis , sub dio deget donec nigrescit & animai prodit. Larva 16. poda , pedibus tlioracinis sex uncina- tisi abdondnalibus odo, caudalibus duobus , tota vio- laceo-alhicans , flavo nigroq. annulata ; tenlacula sex nigra quorum duo cujuslibet colli , dorsi , caudceque . Caput fasciis tribus nigris , media duplici macula fla- va ad frontem. Kariat a. alis posticìs supra margine nigro albo punRato. V. Tab. num. i. 2. h. alis postìcis supra margine nigro imma- culato. V. Tab. num. 3. 4- e. alis postìcis maculis in disco quatuor nigris , quorum major supra annulo ra- diisq. albis cincia .^ suhtus pupillata . V. Tab. num. 5. 6. 21 DelT origine e formazione de' Volca/ii . Memoria del Socio Ordinario Giuseppe Melograni . Letta nel- l'Adunanza del dì 3o dicembre i8o8. X Volcani , queste monlagne ignivome che incutono terroi-e e spavento in tempo di esplosione ed apporta- no la desolazione nelle contrade ov' esistono , sommi- nistrarono anticamente a' poeti vasto campo di favo- leggiamenti , ed agi' ignoranti soggetto di errori vani e puerili . Hanno essi , in tutti i tempi , tirato a se r attenzione de' Naturalisti , e suscitate delle dispute e contese interminabili sulla loro origine . Oggi pare che la maggior parte di essi convenga, doversi questa attribuire ad un ammasso più o meno grande di com- bustibile , sepolto nelle viscere della terra , e pretende che questo materiale consista principalmente nel car- bon fossile , il solo che possa nutrire ed alimentare i volcani per secoli . Ma qual' è mai , io domando , la specie di carbone che presta un tanto uffizio ? Vi è mai un carbon fossile vegetabile , vi è un carbon fos- sile animale , se mi si permetta questa espressione ? Chiunque si trova avere visitato le miniere di carbone d'Inghilterra e di Germania, avrà potuto scoprire, in alcune di quelle cave , il vero carbon fossile vegeta- bile con tutta la gradazione delle sue metamorfosi , da legno bituminoso sino al carbone più perfetto , ov' è riconoscibile ancora , ai cerchi concentrici , ai nodi, alla- corteccia , alla tessitura fibrosa , la natura del le- ( i63 ) gfto, ed io alcuni pezzi benanco la specie stessa dell* albero . Al contrario il carbon fossile animale , conq- sciato sotto il nome generale di bitume , ora volatile , ora leggiero e galleggiante , ora fluido , ora solido e compatto , sotto forma di etere , di petrolio , di asfal- lo , di malta, di pece minerale, di succino ec. pare che riconosca principalmente l' origine sua dal regna animale . Perciocché se noi gilliamo lo sguardo sopxa di- TCrsi punii del globo , nella terra , nell' aria , nell' ac- qua , reggiamo tuttogiorno andare a morte una quan- tità ingente di animali, un'altra più enorme perire negli abissi dell'oceano, e nel fondo degli altri mari, la cui scomposizione va sempre cangiando la faccia della Terra . Che diventano mal gli ayanzi di tante creature morte , ed a quali rivoluzioni vanno essi sog- getti ? Il mare, questo vasto laboratorio della natura, contiene molte sostanze saline ed oleose : né possianiQ dubitare , che 1' acido muriatico , la soda , la magne- sia, la calce non si formino specialmente in questa grande officina , e che buona parte 'di esse non sia dovuta principalmente alla scomposizione degli ani- mali . Gli olj che si sprigionano da queste sostanze ia putrefazione , volatili o fluidi nel loro primo stato , esposti sulla superficie delle acque , all' azione dell'at- mosfera , si vanno mano mano addensando a guisa di cera , come vanno assorbendo 1' ossigeno dell' aria {a]. (a) Si sa c/ie tutù i corpi che contengono guest» ( i64 ) Presa una cella aria di consistenza vanno via via at- taccandosi alle terre calcari ed argillose , che le acque depongono nel l'ondo del mare o sulle sponde de' li- di , sotto nome di antraciti, geantraci , litantraci, no- mi riferibili alla specie diversa di tene , o alla mag- giore o minore dose di materia petrosa , cui sono combinali, i quali costituiscono , propriamente parlan- do , il vero carbon di terra o carbon pietra . Sogliono questi strati bituminosi andare quasi sempre accompagnali da una folla di scheletri ìiiarini lapidefatti , anzi i cimiteri maggiori di questi si tro- iano appunto , ove esistono i gran depositi di bitu- jni (a) . Tuttociò non esclude che gli olj e le resine ve- getabili , modificate dalle sostanze saline , non prenda- no qualche volta un aspello bituminoso , e che i le- gni sepolti attaccati o penetrali dall' acido solforico , non passino a poco a poco allo stato carbonoso , si \Uole soltanto infei'ire , che non ostante questa somi- principio j lo cedono volentieri agli olj : molti acidi , e sopratutto V acido muriatico ossigenato , gli ossidi metallici ec. addensano gli olj fissi , e h ravvicinano allo stato di bitume . (a) In alcune provincie d' Inghilterra , le spoglie marine petrefatte sono spesso indizio geologico del carbone , ed in alcune miniere vanno qualche volta alternando cogli strati carbonosì , o con altri subor- dinati al carbone . { iC5 ) glianza ; il Lltume animale contiene in se qualche co- sa di più che lo distingua e caretterizza dal bitume vegetabile. E quantunque gli speiimenti , fatti su queste sostanze , siano molto scarsi , uè la chimica se ne sia finora seriamente occupata , tuttavia , dai pochi tenta- tivi operati , sappiamo , che il bitume animale ha un sapore e un odore suo proprio j non è solubile nello spirito di vino ma si bene negli olj espressi e distil- lali dei vegetabili; è assai più pesante [a]; e brucian- do si comporta tutto altrimente dall' altro . Il bitume vegetabile brucia più facilmente , ma si consuma più presto , r altro lentamente sul principio , ma si eleva mano mano ad una temperatura di calore si alta j che fonde le sostanze più resistenti e refrattarie , e (a) Trovo nel mìo giornale minerologico-metallur- gico d' Inghilterra notato quanto siegue . Presi un pollice cubico dì carbon fossile della specie detta Kennelkole carbone di Kennel nel Pancashire , che io credetti di origine animale , il più puro, il più ne- ro , il pili compatto , il più nitido tra tutti ì carboni conosciuti , atto a ricevere al tornio qualunque for- ma , ed un altro pollice cubico del carbone di Bo~ vejs j eli era incontrastabilmente di origine vegetabi- le , e pesando V uno e l' altro , trovai j che il carbone di Bovejs era tre ottave meno del peso di quello di Kennel ; e comparandolo con quello di Carron , in- quinato di piriti j lo trovai più leggiero quasi della metà . ( i66 ) concepisce , bruciando , una specie di amtìiollimento. che si accosta alla semifusione , lasciando qfualche volta , dopo la combustione , ceneri che rassomigliano alle scorie delle forge . In somma dai saggi istituti fi- nora sul petrolio, su i litautrici, sulla malta, si rile- va , non trovarsi in essi cosa che fosse esclusivamente propria del regno vegetabile , e se mai per caso vi si trovi , si deve riguardare come accidentale , come so- no appunto le diverse materie terrose o petrose , di cui sono combinati i bitumi . Oltracciò i sepolcri del carbon fossile vegetabile sono molto ristretti , chiusi tra limiti angusti , senza ordine certo , ove si veggono i tronchi ammonticchia- li confusamente insieme , secondochè le piene gli depo- sero qua e là nel fondo delle valli (a) . Ne tutti gli alberi abbattuti , strascinati , e sepolti *oggiacciono sempre e coustantemente alla carbouizza- )EÌoue , perciocché se ne trovano alcuni nel fondo (a) Nella citata valh dì Bovejs non lungi da Exeter nel De\>onshire j vidi una cava dì carbon fos- sile vegetabile , di una profonditii di circa quaranta verghe inglesi ( i4o palmi napolitani ) , tutta scO" perta al giorno , ove sono distinguibili tutte le gra- duazioni della carbonizzazione , ove i tronchi sono ammassati insieme scompigliatamente , se non quanto piccioli strati di litomarga , interposti in quel fascia- me , ne separano qualche volta gì' intervalli . In essa non vi sono petrijicoti. ('67 ) delle miniere o in altri sotterranei , che noti ostante che vi giacciono da secoli , si mantengono illesi o poco tramutati (a) . (a) JYel maggio del 1789 un gran masso , sicco- me rapporta Spallanzani nei suoi viaggi alle due Si- cilie , staccato dal monte Cimane il più alto del Mo- denese , urtò di fronte un altro vecchio francamen- te, lo ruppe , e lo aperse in modo , che si vedeva- no , da' suoi aperti fianchi , diverse specie di alberi , tra i quali vi erano molti abeti , di cui non esiste ve- stigio alcuno in quei contorni , né aveano mai esisti- ti a memoria de' più zwcchi del vicinato. Presi que- sti alberi ed esaminati si trovarono sanissimi j fuori di im picciolo superficiale annerimento , ciocché non im- pedì di farli servire agli usi stessi , cui servono le piante recise di recente . Di più non lungi dalla la- va di Boccasuolo vicino i fuochi di Barigazzo nella stessa contrada , si scoperse in un altro smottamento di cui s'ignora l'epoca j un sepolcro di tronchi di faggio j consunti soltanto nelle poche punte scoperte , ma conservatissimi , ove per la terra che gli copriva, vennero protetti dalle impressioni dell' aria . Lo stes- so accade nelle invasioni del mare : scavando , presso Bruges nelle Fiandre , il terreno a quaranta piedi di profondità , si trovano alberi in gran numero radicati nel suolo , come quelli di una foresta all' in piedi , ove i tronchi, i rami, e le foglie stesse sono si per- fettamente conservate , fh? si possono facilmente di-> ( :68 ) Altri poi si ritrovano petrificali , com' è 1' albero detto del diluvio Siiudllullibaum , specie di faggio eoa tutti i suoi rami e foglie , trovalo a Tohachimsllial nel cunicolo di BarbarastoUen, alla profondità di cento cinquanta tese , e più di tremila dalla bocca dello slesso cunicolo . Parecchi ancora si scorgono più o meno carbonizzati , secondocbè le circostanze locali , o le sostanze concomitanti favoriscono questo o quell' altro cangiamento . Ciò dimostra che il numero delle selve gcpolte non è tanto grande , quanto comunemente si crede, e che molto più limitato è il numero di quelle che sono passate in carbone , e conseguentemente che gli olj vegetabili non sono in natura cosi abbondanti da formare , coli' azione dell' accido solforico , quella stingiiere le specie . Ove si disotterrano questi alberi, sì sa , che cinquecento anni addietro era mare , ne •vi é tradizione alcuna che dica , che prima di quel tempo vi fosse stata terra , quantunque vi dovesse essere , giacche in quel terreno sono nati e cresciuti questi alberi . Perciò convien dire che quel luogo , in tempi più remoti , fosse stato terraferma , coperta di hoscaglie , invasa in seguito dalle acque del mare , le quali , dopo avervi deposto quel sedimento terroso^ si siano quindi ritirate . Neil' isola stessa di Man po- sta tra r Islanda e V Inghilterra si trovarono , entro una gran palude a venti piedi di profondità , molti (fbeti tuttora dritti , colle radici piantate in terra , che si conservarono interi Jinanco nelle stesse foglie . ( >%) congerie di bllumi , che veggiamo con. maraviglia oc- cupare immensi tratti di paese (a) . Al contrario il carbone animalo occupa spazj pro- fondissimi , superficie mollo eslese , serba una regola- rità di stratificazione decisa , constante , successiva , cose tutte che non si avverano nel carbone fossile ve- getabile . Onde mai , domando , fenomeni cotanto sin- golari ? La distruzione continua e non mai interrotta di tanti animali , specialmente marini , è la cagione vera, la sorgente inesausta e feconda di quel materia- le , che le acque depongono incessantemente a strati , ora in uno , ora in altro luogo , la cui riproduzione sempre rinascente , supera di gran lunga il consumo , che gli uomini fanno giornalmente di esso , e che l* uso o r abuso di tutto il passato tempo' della creazio- 22 (a) Se tutta la superfìcie ci' Inghilterra , dì Sco- zia , d Irlanda fosse stata un intera foresta sepolta e carbonizzata , sarebbe già terminata da più secoli fjuesta provisione di carbone , tanto grande è il con- sumo che si fa di questo contbustib le in quei paesi , e lo spaccio che se ne fa in Olanda e nella bassa Germania . Anzi oserei dire , che se tutta la super- jìcie , che forma oggi il fondo del mediterraneo , fos- se stata anch' essa un' intera jeha sommersa dallo sboccamento dell' oceano , e carbonizzata , sarebbe stata già consumata dai Volcani , che bruciarono un tempo , e che bruciano attualmente . ( »70 ) ne non ta potuto , ne potrà mal diminuire in meno- ma parte . Tuttociò dimostra doversi questo bitume riferire al Regno animale , dimostrazione che si accosta all' evidenza , quando vogliamo considerare i prodotti che si cavano da questa sostanza : dalla distillazione del carbone , così in grande che in piccolo , si ottiene 1' ammoniaca 5 e l' ammoniaca è un edotto che si deve principalmente agli olj grassi, e delle carni degli ani- mali che soggiacciono allo slaccio ed alla putrefazio- ne [a) . I sali ammoniaci che veggiamo in copia subli- mati sul cratere dei Volcani , e quel torrente di gas idrogeno , ammoniacale , carbonico , azotico , che sca- turisce dalle gore dei volcani e pseudovolcani , attesta parimente la stessa origine. Mi riserbo di confermare in appresso con una serie di esperienze tuttociò che va- do qui leggermente toccando . Poste a giorno le due specie di carbone , doman- (a) Lord Dundonal , volendo ridurre il suo car- bone in Coaks , tanto nelle sue Signorie di Scozia ,, quanto in quelle che possiede nel Shropshire in In- ghilterra , fece costruire dei forni chiusi in maniera che per mezzo di un fuoco lento e ben amministra- to , nulla si perdesse poi degli edotti di questo fossi- le . Cosi ottenne egli V alcali volatile , che va a ser- vire alla preparazione del sale ammoniaco , la pece-^ il petrolio , di cui il più denso serve ad uso di ca-^ trame , il più fino per illuminale le strade . (^7' } do, quale delle due nultisce i volcaui? Il carbon fossile vegetabile , per le ragioni enunciate , non è in ista*o di prestare un uffizio sì terribile e di tanta durala , quindi è forza conchiudere , che il massimo, forse il solo alimentatore de' volcani , sia il carbon fossile ani- male , come quello che possiede tutti i requisiti a ciò necessari . Esso mantenne un tempo i volcani estinti , mantiene tuttavia gli attivi , e manterrà in appresso i volcani rinascenti . Questa è forse benauco la ragio- ne, onde i volcani si trovano constantemente in mezzo ai mari sulle isole , o vicinissimi ai lidi , perciocché essendo questo elemento il gran depositario di una merce si ricca , i volcani non possono che di là pren- dere la loro nascita e '1 loro incremento Questa pare anche la ragione , onde le acque , adiacenti alle falde de' volcani, si trovino in tempo di bonaccia sparse di petrolio, che tramanda un odore niente ingrato (a). Quindi potremo inferire stanza timore d'ingannar- ci , che i volcani si vanno mano mano estinguendo, co- me si vanno allontanando dal mare , quasicchè 1' ab- bandonamento di esso si tirasse dietro la perdila ine- \itabilt; dei loro nulrimento . La proviicia di Terra di Lavoi'o , e quella di Napoli sono piene zej'pe di volcani (rt) Volendosi in tempo di state andare per mare da Napoli a Portici , si sente per tutto quel tratto , specialmente nelle ore della mattina , im odore di pe- trolio . Le acque di Catania ne sono anch' esse im- pregnate : e ciò è comune ai pseudovolcani . e ^7^ ) raffreddati, oggi lontaui dal mare (a). Tali sono pari- Bicnte i \olcaui estinti dello slaio Romano, Toscano, Po dovali o , Vicentino, Modenese e di quasi tutta l' Ita- lia . La lontananza quindi o vicinanza del mare, po- treLl>e servire d'indizio a giudicare, se un volcano aia totalmente estinto , o abbia soltanto , per poco , sospeso i suoi fulmini . Da ciò non segue , clie non si possono dare nelle contrade interne molto distanti dal tiìare , depositi di carbone dell'una e dell'altra origine , ma bensì che non possaHO essi produrre voloani vivi , e vivi per secoli . Perciocché per quanto è a mia notizia , le mi- niere di antraciti con tutto il corredo degli scisti in- fiammabili, delle argille o marne bituminose sogliono si qualche volta bruciare da sestesse , senza strepito o rumore ; produoendo quella specie d' incendj sotterra- nei , conosciuti sotto il nome di pseudovolcani , ma non mai volcani esplosivi e durevoli [b] . (a) // monte Friello , antico volcano estinto sito nel lenimento di Conca , è distante dal mare più vi- cino di Gaeta , quindici miglia ■ J volcani estinti di Teano , e della piana di Cajazzo , sono presso a po~ co in eguale distanza . Il Vulture , grandissimo vol- cano estinto della Basilicata , si trova più di trenta miglia lontano dal mai^e di Barletta . (1j) La miniera di antraciti di Thalern vicino Krerns , quaranta miglia distante da Vienna , brucia p»;r dieci anni continui da se sola. Quella di Comma- ( '73 ) E se la presenza costante dei volcani sul mare , o la loro tro])po vicinanza ci fa ragionevolmente con- chiudere che di là traggono i loro principj , perchè non tirare poi da questo latto generale un corollario egualmente giusto, e dire che tutti o buona parte al- meno dei psoutlovolcani , lontani dal mare ^ si pascano ancor essi dei residui lasciati dal mase stesso ? S' è ve- ro ciocché insigni naturalisti , Ramazzici , Frassoni , Valisnieri , Spallanzani, aifermano delle salse della Mai- na , di Boccasuolo , di Querzuola , di Montezibio ce. nel Modenese , le quali vomitano un argilla bianchic- cia inquinata di petrolio , salata al gusto , ed aspersa , quando è secca , di una fioritura bianca , eh' è un ve- ro muriato di soda ; e l" acqua limacciosa o fanghiglia ch'eruttano insieme coli' argilla, pitna anch' essa di sa- le marino , non è questa una prova sicura , che il mare avesse un tempo lasciato colà quei depositi , e poi si fosse ritiralo ? La pietrarena stessa che forma r ossatura di quelle montagne da dove scorrono fontane perenni di petrolio , non è essa un altro deposito del mare ? E se è vero ciò che dicono valenti minerologisti , che il diaspro porcellana ( prodotto dei pseudovolca- ni ) non era , avanti la sua metamorfosi , che argilla lau in Boemia ,elo stato carbonoso di Saazbruke bru- ciarono ancora : bruciano attuahneute altre miniere di Scozia , bruciano i fuochi di Darigazzo , dell' Or- to dell' Inferno , di Fetta , della Raina ec. nel Mo- denese . ( '74) scistosa, compagna indivisibile del carbone basallino , una colla pielrarena , e col minerale di ferro argillo- so-, non è questo un altro argomento che prova die il pseudovolcano corra le stesse vicende del volcano vero [a) . Pare quindi elio tanto ì veri , quanto i Coli vol- caui abbiano comune 1' origine , com3 hanno comune (a) Siccome il carbone di terra occupa general- mente le regioni piane e basse , cioè le ultime od es- sere asciugate o abbandonate dcdl' acque , cosi questa sua posizione geologica manifesta non tanto la novità di queste terre , quanto la vera origine di sua forma- zione. Il mare suole , nel rilircrsì , lasciare sparsi qua e là depositi di acque , pni o meno estesi e pro- fondi , o staccati interamente o comunicanti ancora con esso . 1 fiumi stessi arrestati da catene di mon~ tagne sogliojio formare anch' essi dei ristagnamenti . In questi laghi di acque salse o dolci , soggiorna e vive un numero prodigioso di pesci e di altri esseri organici , oltre quelli che menano i fiumi che i}' im- boccano . La destruzione di questi esseri ha potuto , col decorso del tempo , e col concorso di altre circostan- ze favorevoli , formare quotili spaziosi e profondi stra ti di carbone che si veggono nelle loro adjacenze , come attestano le sponde occidentali del Caspio , le rive dei laghi Arai e Baikal nelt Asia , ed i numerosi ed am- plissimi laghi dell' America settentrionale . la somiglianza . Infatti sembra che tutta o la sola dif- ferenza consista nell'impeto, perchè ove gli uni ardo- no 2'lacidi e tranquilli , gli altri al contrario scuoto- no, squarciano, fulminano- Ma se si esamini un poco più attentamente il fa- re di ambidue , si scuopre qualche cosa di più che non è la sola esplosione . La vita del pseudovolcano , comparata a quella del volcano vero , non dura che momenti , e ciò non può ripetersi altronde , che dal- la massa circoscritta e limitata dal combustibile che gli serve di alimento , quale consumata , forza è che muoja con essa il finto volcano . Al contrario i volca- ni veri che durano d' ordinario migliaja di anni e for- se di secoli , suppongono non tanto una copia ingente di comljuslibile , ma fanno sospettare , ancora e non senza fondamento , che venga essa rigenerata tutto gior- no dalle cagioni medesime che la produssero la pri- ma volta . E che sappiam noi , se il silenzio , tenuto per secoli da un volcano , non derivi appunto da que- sta cagione , e non aspetti , nel suo stato inoperoso , quel materiale, che la natura va successivamente pre- parando , e con esso le circostanze favorevoli all' in- cendio ? Io non saprei spiegare , o immaginare altri- menti questi incendj a riprese , che ammettendo egua- li ripr ese tra i vecchi consumi e i novelli prodotti . Perciochè se si volesse soltanlo supporre eh' esistano sotto r interno della terra o sotto il fondo del mare strati continuati e profondi di combustibile , si dovreb- be presumere nel tempo stesso , che acceso una volta V incendio , quando non vi sia una cagione particola- ( 176) re clic Io estingua , dovesse proseguire sino alla totale consumazione àA combustibile , che sarebbe anche l'ul- timo periodo del volcano . Ma noi veggiamo al con- trario volcani , come sono 1' Etna e il Vesuvio , dopo più secoli di quiete , riprendere , con maggior furore , la loro forza , e cagionare guasti assai più terribili dei passati [a) . Onde inai queste forze novelle ? da ali- uieuti già preesistenti , o da nuova messe venuta di (.a) Jl nostro Kesuvìo scoppiò la prima volta sotto T impero di Tito V amio 79 deli' Era cristiana , ma ciò fu un comiìiciamento relativo alla storia dell' uo- mo . La sua forma conica , troncata nelV apice , la positura isolata , il suo cratere , le cave profonde ta~ pezzate di materie abbrustolite , fecero dire a Stra- hone lib. 5. pag. 247. e seg. dell' edizione Parigina dell' anno 1620 ^ super hsec loca ( parlando di Nola , Nocera , Acerra ) situs est Vesuvius mons , agris cin- clus optimis: dempto vertice , qui magna sui parte pla- nus , totus sterilis est, adspectu cinereus , cavernasque osteudens fistularum plenas , et lapidum colore fuligi- uoso , utpote ab igne exesorum : ut conjecturam facile possis facere , ista loca quondam arsisse , et crateras ignis habnisse , delude materia deficiente reslincta fuis- se ; e dimostrano infatti quelle tracce avere esso bru- ciato altre volte prima che cominciassero gli annali di Roma . Ciò attestano le case e le strade della di- sotierrata Pompei , costruite tutte di lave , e gii avanzi della via Appia formati della stessa roccia . e 177 ) fresco dalle mani della natui'a ? Io sono dì questo ul- timo sentimento ', checché si dica altri , e mi terrò fermo , fìutanlocchè non sarò vittoriosamente convinto del coj*(rario . Si possono dare , e ne convengo anch' io dei vol- cani estinti nel seno stesso del mare , ma ciò può di- pendere da più circostanze , o perchè tra il volcano e la materia combustibile sia stata , da cagione ignota , insuperabilmente intercettata la comunicazione, o per- chè mancano le disposizioni favorevoli alla combustio- ne, o perchè , e ciò è più frequente, l' incendio , apren- dosi un altro passaggio più facile e comodo , sbuca fuori per altro orificio , formando , nelle vicinanze dreir estinto , un volcano novello , com'è l'esempio dei volcani delle isole Eoliche , ove la morte di alcuni dieda occasione al nascimento di altri , e com'è l'al- tro dei volcani estinti d' Ischia , della Solfatara , dei campi Flegrei , e di quanti altri esistano nel cratere di Napoli , di Pozzuoli , o nel mar di Gaeta , i quali morendo , cederono tutti i loro dritti al comune ere- de , il vicino Vesuvio . In quella lunga tregua dì settecento e più anni pote- j-ono crescere sul suo dorso alcuni alberile le grotte divenire praticabili tanto , da permettere a Spartaco capo degli insorgenti sen'i , assediato in quel nionte , al dir di Lucio Floro cap. 20. ^ da Clodio GLibrione , di escludere la vigilanza di questo generale , scap^ panda via coi suoi per quelle profonde caverne . ( ^78 ) Ciò non è vero poi in tutta la sua estensione , n« Tpos^ianio con certezza asserire, che i volcani vivi, se- guita r eversione dei loro crateri , si spegnano inlt;ra- iiìente , qnan do 1' esperienza e 1' osserviizlone giorna- liera attestano , che la combustione proceda ancora oltre , sebbene con atteggiamenti diversi dai passati . Cosa è mai quel sobbollinieuto che si sente sotto i piedi nei nostri campi Flegrei , e negli altri volcani estinti delle isole Lipariche ? Quello strascico di ruote che si urtano insieme , quei fumajuoli perenni , que- gli spiragli o crepani , dai quali sortono tìumi di gas , acque termali bolL;ntissime, e sublimazioni continue ;di sostanze saline ? Ciò non viene sicuramente da qualche ghiacciaja che vi fosse in quei profondi, ma sì bene da un calorico sotterraneo che corre a guisa di picciolo ruscello placidamente mormorante , senza incutere più timore di allagare traboccando. La sov- versione per lo più dei volcani e dei loro crateri non è di fatto , che un passaggio dal più al meno dallo stato burrascoso a quello di calma , e per dirla tutta usieme , da volcano vivo a pseudovolcano. Perduta esso avendo, in questa rivoluzione, buona j arte di sue forze , prosii'gue a bruciare tranquillamente per secoli , finché dura il fomite alimentatore dell' incendio. Kon è poi il solo sostentamento l' oggetto che costituisca il mare patria dei volcani; la presenza dell* acqua è ad essi necessaria per mille altri riguardi non meno importanti. E fatto costante iu geologia , che non solo i volcani , ma i pseudovolcani ancora , sieno cosianteuieate vicini ai grandi ammassamenti di ac- ( '79 ) qua . Tutte le miniere di antraciti e litrantraci , da nit visitate in Germania e in Inghilterra , sono presso fiu- mi più o meno considerabili ; i litantraci di Thalern soprameutovati giacciono sotto il Danubio , e nell' an- no 1 ngo. quanto io fui colà , già si ei-a arrivato , scavan- do , alla profondità di quaranta tese sotto al letto di quel fiume ; i litantraci di Dresda sono prossimi all' Elba ; quei di Commotau in Boemia non sono lontani dal Moldau ; gli altri di Newcastle radono il Pine , e quelli di Colbrokdale nel Shropshire sono vicinissi- mi al Severn : in somma non iscorgerete deposito alcu- no di carbon fossile , che non abbia nelle sue vicinan- ze un serbatojo più o ineno frequente di acqua . Per- chè un andamento si conforme , o perchè mai la na- tura ha posto quella accanto a questo ? Se non pos- siamo indovinare qual premura o disegno avesse ella avuto in ciò fare, possiamo ottimamente comprendere tutti gli effetti che da tale accozzamento derivano j e questo è ciò che interessa . Uno di questi , già lo ripeto , è Fa deposizione delle sostanze bituminose, l'altro consiste nel sommi- nistrare l'acqua quel principio che serve allo sviluppo dell'incendio. Le osservazioni reiterate , fatte a que- sto uopo , dimostrano inconlrastabilmenie , che le com- bustioni volcaniche hanno stretto ed iminediato rap- porto coir acqua , ciocché indica dovervi esser? non tanto una comunicazione interna e segreta tra essa e i volcnui , quanto che il suo concorso sia assoluta- mente necessario alla formazione dell' incendio . Le miniere di litantraci o di qualunque altra spe- ( iSo ) eie di carbon fossile , sono quasi sempre accompa- gnale da una prodigiosa quantità di solfuri e di solfi in massa . Dall' isola sola di Volcano si tiravano , tem- po fa, quattromila canlaja all'anno di solfo , oltre una quantità maggiore , che somministrava il rimanente^ dell' Eolie . Gli altri nostri volcani e pseudo-volcani ne abbondano , e nelle eruzioni noa si sente che il puzzo soffocante del solfo . La natura in somma pare avere prodigato questo combustibile nel paese degli altri combustibili . Le miniere poi non brucianti di carbone sono anch' esse largamente provvedute di pi- luti , che vanno alternando col carbone , o fognando ammassamenti isolati ed ingenti . Questi metalli miuex'alizzati dal solib , siano essi ferro , rame , arsenico , o altro , non possono sicura- mente riscaldarsi , se non intervenga o vi assista una data quantità di umido che gli disponga a scomporsi. Quest' acqua non può venire che dal mare o dai fiu- mi , non essendo quella delle piogge sempre a tiro di penetrare sino a quella profondità . Al solo contatto dell'acqua concepiscono le piriti un calore tale da ri- scaldare non solo la massa carbonosa , ma di scomporre r acqua stessa nei suoi priucijij . Questa scomposizione appunto è quella , che somministrando l' ossigene e 1' idrogeue 5 accende l'esca, accosta la miccia, e desta (queir incendio che si manifesta sotto mille apparen- ze (a) . (nj Si possono dare alti-i agenti promotori dell' incendio , la materia elettrica , il fulmine ec. , ma la { '8i ) In questa conflagrazione succede naturalmente , che si svolgano molli fluidi aeriformi , che non esiste- vano avanti la combustione , proveziienli dalle sostanze bruciate . In fatti veggiamo scaturire dalle eruzioni dei volcani , e dai fumajuoli de' pseudovolcani molli di questi gas , l' idrogene principalmente libero e solfora- to, r ammoniaca semplice o combinata , l' acido solfori- co sciolto o legato a qualche base , 1' acido cai-bonico ec. Succede ancora che una porzione grandissima di acqua rimanga soltanto risoluta in vapori , che una porzione di solfo si sublimi ,- e che 1' aria atmosferica inviluppata nell' acqua , si sprigioni dai suoi impacci , e si metta anch' essa in libertà (a) . Succede talora che 1^ olio stesso , addensato e fìsso nel carbon pietra , riscaldato dalla scomposizione dei solfuri , trasudando fuoi'i , si volatizzi in parte , venga tra- sportato dalle acque in qualche fogna , da cui poi esca al giorno, come accade colle fontane di Montezibio nel Modenese , che fanno 1' uso di cisterne a petrolio . In questo caso la pietrarena , lo scistargilla , o V argilla via più frequente che batte la natura è la scomposi- zione delle piriti e dell' acqua . (a) Chi mettesse in dubbio che, V acqua contenga una dose pia o meno grande di aria , vada a vedere le nostre fonderie della Mungiaiui , animate da tubi i>enlilatori , e vedrà qual profluvio di aria si svolga dall' acqua , che cadendo frange sopra un macigno chiuso in una gran vasca . ( ^82 ) Semplice , che formano la parte pendente o giacente del bitume, investite costantemente da questa corrente oleosa , si manifestano anch' esse più- o uìeno carbo- nizzate , secondo il maggiore o minore grado di pe- netrazione , come accade appunto cogli alberi sepolti. Ciò dipende in gian parte dalla natura e tessuto delle pietre , altre essendo più porose e bibaci , altre meno. Tutti questi gas sopramentovati accquistano via vìa per l' intensità del calorico un elaterio tale , che mal soffrendo di vedersi chiusi tra stretti ergastoli , cer- cano ad ogni costo di aprirsi una strada : quindi i Ire- muoti e gli scuotimenti che precedono 1' esplosione , finché trovato un passaggio nella parte più debole del- la roccia , o tra i punti di separazione Ira strato , e strato, ovvero tra i vuoti lasciati dalle piriti o dai carboni bruciati , percorrono uno spazio simigliante al collo di un imbuto, che sì va mano mano allargando quanto meno di resistenza incontra , o quanto più si avvicina alla superficie , ove questo collo va finalmen- te a terminare in un cono capovolto . come sono or- dinariamente tutti i crateri dei volcani . Se a questo primo cono , per le sovrapposizioni successive , accede un' altra corrente di lave , e vi si pianti sopra , sorgerà un altro cono , unito al primo per la base , il cui ultimo cratere rappresenterà anch' esso una campana capovolta . Cosi va ergendosi a po- co la montagna , finche spuntando fuori del mare , forma coli' andar del tempo un isola . Ma se mai av- venga appresso , che le correnti sopravvegnentì trovi- no nei fianchi defla montagna meno resistelàza che nel (,83) rertice , si apriranno là uno o pift passaggi , formando altri nionticelli anch' essi conici . Da queste premesse possiamo comprendere, onde vengano quei getti di acqua che lanciano qualche vol- ta i volcani in tempo di eruzione , onde i venti che sbucano dai loro spiragli , onde quelle colonne fumi- fere e conglobate , che precedono e spianano la strada alle succGSSive grandinate di sassi e pietre che cuo- prono città intere e villaggi . La forza del calorico nel centro dei volcani esplo- sivi è diversamente intensa, qualche volta la tempera- tura è cosi alta, e la fusione si completa , che le ma- terie fuse si accostano più o meno allo stalo di vetro o di smalto . Qualche volta la fusione si mantiene tra i limiti di una moderata liquefazione , e in questo ca- so le rocce refrattarie vi reggono ferme , e i cristalli d' horniblenda , invischiati nella pasta dei basalti , non soffrono punto («) . Qt^alche altra volta non è affettala dal fuoco , che la corteccia esterna della pasta , restan- do illeso ed inlatto il nucleo . Spesso le pareli interne (a) La lava del Vesuvio dei i3. agosto \So5. pre- ceduta dal tremuoto dei 26 luglio era tanto liquida , che somigliava all' acqua. Dalla boera del volcano al mure pose quattro minuti primi di tempo , non ostan- te la distanza di tre miglia . Credo che la somma li- quidezza di essa venisse , non tanto dalla forza d< l calorico , quanto dalla lungliezza del tempo che restò «sposta al fuoco del volcano . ( i84 ) degli strati adiacenti , strappate e divelle dall' impeto dei gas , sono a brani lanciate fuori del cratere . Queste vicende diverse debbono necessariamente imprimere nei fossili già preslstenti caratteri diversi: alcuni sono tramutati in modo , che , perduta affatto l'antica fisonomia , prendono col nome tutto l'aspetto di rocce volcaniche ; altri sfigurate lasciano però tra- vedei'e le tracce della prima indole j altri poi si mo- strano affitto illesi ; altri finalmente sono novellamente combinati dal miscuglio dei corpi volcanizzati . Da quanto finora si è accennato si possono ricavare i se- guenti corollarj . 1. La rocce volcaniche riconoscono la loro origi- ne non già dall'acqua, ma dal fuoco, di cui portano impresse tracce più o meno distinte . 2. Si conoscono esse all' aspetto asciutto , abbru- stolito , squarciato , vescicoso , scoriaceo . 3. La formazione delle montagne volcaniche cade in un epoca di tempo assai più recente di quella del- le montagne primitive e stratose . Perciocché il fuoco dei voìcani non produce né crea fossili novelli , ma cangia e svisa i fossili già preesistenti . ISè si può im- maginare mai , che avesse questo fuoco esistito avanti eh' esistesse la materia necessaria al suo sviluppo. 4. Il materiale atto all'incendio , o la materia com- bnstiLile , cui i volcani debbono tutto 1 essere , è un corpo appartenente principalmente al fondo del mare o all'interno della terra lasciato in abbandono dalle acque. I volcani vivi o estimi in molte regioni del globo , fanno supporre che un tal fossile non solo esi- 1 ( i85 ) stesse anteriormente ad essi , ma si rigenerasse conli- niiamente dalle stesse sostanze che lo formarono la prima volta. E se noi vogliamo procedere dalle cose piccole , le cui cagioni sono note , alle più grandi , ci sarà forza confessare e riconoscere nel carbon fossile animale tutti i caratteri e prerogative di questo com- bustibile . 5. Le montagne volcaniche sono di due specie : alcune riconoscono l' intera esistenza dal fuoco , e si chiamano volcani veri ; altre parimente dal fuoco , ma senza gli effetti dell' esplosione , e si dicono pseudo- volcani. Secondo le differenze di queste due specie di montagne , le rocce si dividono in due famiglie , cioè in rocce vere volcaniche , formate o per dir meglio sformate nel centro del volcano , ed in rocce pseudo- volcaniche , diverse da quelle e per la qualità , e per la quantità meno estesa delle prime. 6. Siccome il grado dell' azione del calorico è mol- to differente , e dipende soltanto dal caso la sorte dei fossili 5 che ne sono attaccati o svisati , cosi bisogna sempre supporre, che le rocce volcaniche , rispetto ai loro caratteri , sono anche diverse . Rispetto poi ai componenti , pare che siano principalmente d' indole argillosa , come farò vedere quando parlerò dei vol- cani in particolare . a4 ( '8G ) SulV imbianchimento delle tele . Memoria del Socio Ordinario Michele Ferrara . Letta neW Adunanza nel dì 2^. febbrajo i8og. Imbianchimento è quella ultima operazione , per la quale la canapa, il lino, ed il cotone si spogliano dalla loro materia colorante , ed acquistano il colore affatto bianco , senza che il tessuto filamentoso ne sof- fra la menoma alterazione , o cambiamento . La felice riuscita però di questa operazione non dipende solamente dai metodi , che soglionsi appli- carvi , ma assolutamente da quelle pi'eparazioni , che devono necessariamente precederla . La chimica nella dovizia della sue numerose sco- perte potrà suggerire qualunque ritrovato prosperevole ; non mai però lo rileverà corrispondente all' effetto , se questi corpi non saranno precedentemente preparati . Le operazioni , che devono prevenire 1' imbianchi- mento , sono la preparazione della canapa , e del lino prima di essere pettinati , la costruzione de' pettini , tutta diversa dagli ordinar] , e 1' uguaglianza della fila- tura . Tali preparazioni nel nostro Regno generalmente s' ignorano , e ciò costituisce la vera ragione , onde non si vede formato fra noi un bel filo , ed una buona tela . Fino a che perdurerà questa marcata Ignoranza fra ì nostri industrianti nella esecuzione di queste pre- cedenti applicazioni 1' imbianchimento non potrà avere ( i87) mai luogo . Ed è , a dir vero , cosa oltre modo di- spiacente allorché si rifletta che la oanapa , il lino, ed il cotone tanto fecondamente allignanti nel nostro suo- lo , non vagliano ad offrirci tntta la estensione del loro uso per la sola mancanza di inanofatturazione , e neir atto che ne siamo doviziosamente forniti dobbia- mo essere riconoscenti della loro eslesa applicazione alla industria degli esteri . Io neir esporre questa memoria a questo rispettabile Istituto sarei nel dovere occuparmi prima delle prepa- razioni , che devono precedere l' imbianchimento . Ma con mia soddisfazione vengo alleviato a rapportarle per le lodevoli fatiche del nostro valente Socio Sig. Ra- mondini , il quale in ima sua memoria inserita in questo nìe;lesimo volume tratta queste preparazioni con una pratica tanto istruttiva , alla quale altro non manca , se non quella dell'imbiancamento per potersi questo ramo interessante d' industria istituirsi fra noi . Nel rassegnare pertanto alla vostra profonda intel- ligenza, Signori Colleghi , questo qualunque siasi mio txavaglio , devo prevenirvi essere il medesimo quel sincero risultato di fatti , i quali ho avuto occasione di osservare costantemente nell'eseguire tale operazione, perciò 5e nell' esporre quanto opino sulla combattuta teoria mi allontano dai sentimenti di quei rao^oruarde- voli chimici , che meritano il primo luogo nello stu- dio di questa scienza , intendo sempre nudrire per i medesimi tutta la stima , che giustamente 1' è dovuta , ( ì88 ) ■ né ad altro scopo teiulono le mie riflessioni , che alla ricerca della scoperta , e della verità . Con la guida dunque de' fatti io procedo a pro- vare 1. che la materia colorante le iihre filamentose vegetahili sia un principio identico, e puro di sua na- tura 2. Che la potassa , la soda , i muriati a loro base, ed a terra calcare siano efficaci mezzi per togliere la parte estrattiva da queste sostanze , ma non per imbiancarle . 3. Finalmente che il solo e vero dissol- vente della materia colorante sia 1' ossigeno . Con la guida de' fatti istessi passo inoltre a j)ro- • porre 1' applicazione del metodo col gas acido muria- tico ossigenato , e la esposizione di quei mezzi , che concorrono al felice successo della operazione . La operazione dell' imbianchimento è stata per lunga serie di anni la industria delle semplici donnir- ciuole . Essa non ha meritata 1' attenzione de' chimici se non dopo la scoperta dell' acido muriatico ossige- nato fatta dair illustre Signor Priestley , e siamo debi- tori air indefesso operatore Signor Berthollet dell' ap- plicazione utile di questo acido alle arti . Da tale epoca questa operazione uscì dall' angusto suo limite , in cui meschinamente si raggirava , richia- mò la occupazione della scienza -per osservarne i feno- meni , e divenne oggetto interessante per la bellezza de' risultati . Quanto siamo debitori però all' indicato illustre chi- mico per l'applicazione di questo ritrovato nel togliere la materia colorante dalla fibra filamentosa vegetabile , e { >% ) quanto siamo riconoscenti ad altri non meno valenti operatori per la diversità del metodo che lianno cre- duto apporvi , altrettanti siamo dispiacenti nel riscon- trare una discrepanza di opinioni sulla teoria di tale operazione . Quindi è , che data 1' incertezza sulla co- noscenza de' componenti , che costituiscono il fatto , vario e mal sicuro ne sarà sempre il metodo , che viene a comprovarlo . Da tale circostanza a mio cre- dere è derivato quel meno favorevole incontro con cui r imbianchimento col gas-acido muriatico ossige- nato è stato generalmente ricevuto . La opinione della maggior parte de' cliimici i più accreditati conviene, che la materia colorante della fibra filamentosa de' vegetabili morti sia un composto di due sostanze fra loro diverse , e perciò richedono per po- terla distruggere due dissolventi , qual è la potassa , e r ossigeno . Si uniformano altri con la cennata teoretica opi- nione , ma discordano sulle attribuzioni de' dissolventi. Vi è chi crede che questa materia colorante sia una sostanza identica e sola , la quale dopo di essere passata allo stato di acitìo carbonico per il contatto dell' ossigene , il resto risulta in uno estratto solubile . Da me non valutandosi altro che il fatto , mi propon- go a sostenere che sia un principio identico di sua natura . Tulli i vegetabili morti presentano generalmente nella loro analisi l'acqua, l'olio, la resina, la mucil- lagine , uua sostanza salina, il carbone, la parte ter- rea , e qualche ossido metallico . ( 19» ) Se si rifletta sulla natura di questi prodotti , chia- ramente rilevasi , che tulli sono , eccetto le tene , ed i metalli , il risultato della diversa proporzione con cui trovansi comhinati fra loro 1' ossigeno , 1' idrogeno, r azoto , ed il carbonio . Questi prodotti dunque , che di loro natura sono un composto delle mentovate primordinali sostanze , costituiscono nel loro tulio un essere sui generis , che dai chimici si dice Principio vegetabile , e dall' inge- gnoso Fourcroy Materiali immediati alla vegetazione. Ed in vero trattandosi questi prodotti medesimi con i rispettivi reattivi essi vengono perfettamente a disciogliersi o a distruggersi , e la dissoluzione , o la distruzione succede ugualmente nel tutto insieme delle loro partì , senzacchè ciascheduno de' componenti ne rimanghi isolato . In conseguenza di tale verità la resi- na , r olio volatile gli olj crassi , la mucillagine, la parte salina , e tutti gli altri prodotti della vegetazione mor- ta meritano la denominazione di principio vegetabile, quantunque riconoscono per componenti le sostanze primitive . La materia colorante delle fibre filamentose de' vegetabili morti , cosa è mai ? Non è anch'essa un pro- dotto , che ci presenta l' analisi della vegetazione ? E se è cosi , perchè non si deve considerare come un ri- sultato della combinazione delle sostanze jirimitive , ed in conseguenza come principio vegetabile , o ma- teriale immediato alla vegetazione ? La necessità di doversi impiegare la potassa , e r ossigeno nell'imbianchimento ha fatto giudicare che ( ^90 questa tnatei'ia colorante sia uà composto di due so- stanze diverse , giacché se fosse una ed idenlica , non esigerebbe due reattivi per disciogliersi. Si accordi pure che sia un composto di due so- stanze , una che richiede la potassa , I' ossigeno l' altra, qual' è il loro nome, e quali sono le loro caratteristi- che ? Nissnno l'accenna. Come agisce l'affinila nella combinazione , e qual' è 1' attribuzione de' reagenti ne' risultati? Se s'ignora la loro natura. Li chimica non riconosce per vero che il fatto. Dal fatto dunque rileviamo il vero . Il metodo ordinario d' imbiancare consiste nell'es- porre le tole ed i fili umettati all' azione dell' aria , e della luce: ed è noto a chiunque-, che dietro le suc- cessive umettazioni applicate per quattro o cinque set- timane , queste tele, e questi fili si osservano quasi imbiancali . E un fatto che l'imbianchimento sia succeduto 5 non è perfetto j ma non vi è stata applicazione di po- tassa , Chi mai ha sciolto o tutta, o in parte quella so- stanza, di cui all'alcali solo è riserbata la dissoluzione? Se si sommergano queste stesse tele, e questi fili istessi in un bagno di potassa , che segui il grado 5. all' idrometro , il di loro colore da quasi bianco qual era , diviene citrino . L' alcali forse esercita la sua azio- ne sopra quella sostanza , che 1' appartiene ? Nò .• per- chè se vi rimangano sommersi non uno, o due gior- ni , ma mesi , il colore mai permuterà . Se la potassa disciogliesse una di quelle sostanze ^ ( 192 ) che la costituisce componente della materia colorante perchè non si rinviene in parte distrutta : e perchè il colore si rileva sempre ugualmente lo stesso ? Se le tele ed i fili , che non hanno ricevuta alcu- na precedente preparazione si espongano umettali di potassa fluida al vapore dell'acqua bollente in una stu- fa , la potassa costituisce una pioggia coli' aggregazione acquosa , seco trasportando la parte estrattiva ; il tessu- to fibroso rimane di un colore citrino 5 e nella calda- ja si trova 1' acqua alcalizzala tinta da un colore gial- lognolo fosco con un sedimento copioso . All' opposto se le tele ed i fili sieno stali antece- dentemente preparati , ed umettati di potassa , venga- no esposti alla stessa azione del vapore a stufa , il co- lorilo di essi risulta ugualmente citrino , 1' acqua appe- na succede colorata , ed il sedimento è quasi incalco- labile . Finalmente se si espongono al vapore istesso quelle tele, che hanno ricevuto l' imbianchimento ordinario, l'acqua della caldaja si osserva appena colorata, ed il sedimento in una proporzione tenuissima. Da tali fatti chiaramente deducesi , che la potassa ha prodotto l'effetto istesso , che l'umettazione ajutata dalla luce nell' imbianchimento ordinario , giacché sul tessuto fibroso , il quale è stato antecedentemente pre- paralo , non si è rilevato 1' effetto istesso ; si marca però la differenza che la potassa animala dal calore a stufa spoglia le fibre filamentose dal materiale estrat- tivo nel corso di un giorno , e le umettazioni all' aria pi'oducono lo stesso dopo quello di più settimane. Do- pò tali operazioni si osserva costantemente , che il tes- suto (ilamentoso risulta tinto di colore citrino 5 clic questo coloriio sia il iiialeriale colorante, giacché la sua dissoluzione si nega cosi alle successive umetla- xioni , che all'applicazione della potassa, che esiga al- tro reagente per essere distrutto . L' applicazione dunque della potassa tanto ricevu- ta dai chimici nell' imhianchimento è necessaria ? Si . Per distruggere forse la materia colorante delle libre filamenlose, o uno di quei due componenti di cui si crede composta ? Nò. Ma per quale vantaggio ? Perchè essendo una sostanza salina , la sua azione è più pene- trante , conseguentemente è più spedita delle umetta- zioni all'aria per separare il materiale feculaceo-estrat- livo , non già per imbiancare . L' applicazione dall' ossigeno , che io considero il solo e vero reagente per distruggere la materia colo- rante le libre filamentose vegetabili confermerà quanto finora ho esposto . Questo benefico primordiale agente della natura non mai va isolato , ma sempre con altre sostanze tro- vasi in unione, ed i suoi preziosi effetti si sperimen- tano più o meno attivi , giusta la niaggiore , o mi- nore tendenza eh' esercita nelle combinazioni . Se si esponga la limatura di ferro ad una tempe- ratura umida, l'ossigeno di quell'atmosfera agisce sul metallo , e lo riduce in ossido . Tale ossidazione però nou succede se non dopo il corso di più settimane , perciié 1 ossigeno istesso quasi lambendo esercita la sua azione . 2S ( ^9i ) Se si sommerga la limatura mcfltsiiiia nel!' acido solforico dilulo, eli' è l'ossigeno a base di solfo, allora , la ossidazione riesce prontanea , perchè queslo agonie vi si scarica con latta la sua forza , Succede lo stesso, quando 1' azione di questa pri- mordiale sostanza viene applicata sul tessuto filamen- toso vegetabile . Allorché le tele ed i fili si espongono umettati all' azione dell'aria e della luce , si trovano dopo il corso di più settimane superGcialmente imbiancate . Ciò chia- ra uieute si compi-ende ; perchè 1' ossigeno non ha po- tuto agire che lambendo le libre filamentosa , in con- seguenza l'imbianchimento non è che superiiciale . Se si bagnano le stesse tele , e gli stessi fili di aci- do muriatico ossigenato, allora il tessuto fibroso rima- ne corroso perfettamente dall' acido , e 1' ossigeno che -si trova al contatto immediato delle sue particelle ^ distrugge prontamente la materia colorante , E se si sommergano le tele ed i fili umettati di potassa nel gas acido muriatico ossigenato , i quali hanno ricevuto le antecedenti preparazioni , allora il tessuto fibroso è in cimento di deteriorazione , ma ri- mane Imbiancalo . Finalmente se le tele , ed i fili pre- parati rimangono nel bagno di muriato di potassa oijsi- genato , allora il lessato filamentoso è in salvo , e I' imbianchimento succede felicemente . Chi non rileva che quando le tele si sono som- merse cosi isolate nel gas acido muriatico osiigenato , questo ha marcato la sua azione sul tessuto filamen- toso , e r ha corroso , e la materia colorante che si è I ( ^95 ) presentala in tulli i suoi punti all'ossigeno, è slata, dissipata AH' opposto quando le tele si sono fatte soniuiergero umettate di potassa nello stesso gas-acido , allora questo in virtù di tendenza all' alcali si è uni- to, e l'ossigeno si è scaricato sulla materia colorante, e l'ha distrutta. In questa operazione vi è sospetto di deteriorazione nella libra filamenlosa , perchè può es- sere acido soprahboiidanle alla potassa, e rimanendo il medesimo isolalo può esercitare la sua azione sul tessuto, e corroderlo. Neil' ultima operazione final- meute l'acido, che si trova pe rl'ellamenle neutraliz- zalo dalla potassa , e questa più tosto in grado mag- giore, cosliluisce la sicurezza nel tessuto , senza im- pedir r efll'tto dell' ossigeno por imbiancarlo. In queste indicale operazioni l' imbianchimento e succeduto. Ma a spese di qnal reagente ? Dell'ossige- no , giacché la potassa nell' ultimo sperimento non ha ^ servito che a neutralizzare 1' acido , per cui il tessuto ^^ llbroso è rimasto illeso da corrosione. E di fatti neir immergere le tele umettate di po- tassa nel bagno summenlovato della seconda opera- zione , si manifesta prontaneo 1' odcye del muriato os- sigenato di jiolassa , e la effervescenza con le bolle sulla superficie del bagno. Il primo dinota la combi- nazione dell'acido colla potassa, la seconda indica lo sviluppo dell' acido carbonico che si svolge dalla potassa islessa . Finalmente evajìorandosi questo ba- gno di gaa-acido mr.riaiico cssigenaio , in cui è slata sommersa la lela umettala dalla potassa , si ricava il muriato di potassa , e non già il muriato ossigenalo alla slcssa base . ( '96 ) Quesli fatti compruovano gli ultimi sperimenti tanto ben ricevuti dai chimici , cioè di applicare t riìuriati ossigenati o di potassa, o di sodalo di calce sull' imbianchimento. Queste saline dissoluzioni penetrando con la loro attività 1' interno del tessuto filamentoso si decompon- gono . Esse neir alto che efficacemente disciogliono la parte estrattiva, aprono la strada all'ossigeno, il quale in virtù di tendenza abbandona la combinazione , ed attacca la materia colorante , e la distrugge , senza che il tessuto suddetto ne risenta la minima deteriorazione . Il liquore di questo bagno fatto quindi evaporare som- ministra parimente il muriato semplice , e non giù os- sigenalo a base di potassa . Dalle addotte osservazioni tutte risultanti da fatti , pare dunque provato che la materia colorante le fibre filamentose vegetabili sia una sostanza sui generis , ed un principio identico , come tutti gli altri della ve- getazione morta ; che la potassa , e più efficacemente i jnuriati ossigenati alla sua base o a quella di soda , o di calce siano efficaci e spediti mezzi per esentare dal tessuto fibroso la parte estrattiva , non già per imbian- carlo , e che il vero reagente per distruggere la ma- teria colorante sia il solo ossigene. Con la guida della teoretica esposizione sulFira- biauchimento 5 io procedo all'applicazione, descriven- do prima il metodo per estrarre il gas acido muriati- co ossigenato , e quindi l'apparecchio corrispondente per eseguire eoa sicurezza la operazione . ( '97 ) Metodo per la formazione del gas-acido muriatico ossigenato , che dovrà servire all' inibianclùinento . Si costruisca wna vasca di legno, le di cui ginn* ture siano csallamenle chiuse 5 si applichi in uno de' suoi Iati verso il fondo una chiave a vite , e nel cen- tro del suo piano superficiale vi sia uno spiraglio, por il quale s' introduchi un'asta di legno, che abhia nella sua estremila quattro shranche incrocicchiate , lunghe due piedi , e larghe mezzo piede , facendo quest'asta medesima l'uso di agitatore. Nel piano superiore suddetto vi sia anche un al- tro spiraglio e proprian)ente verso 1' estremità della sua periferia , che jiossa aprirsi e chiudersi a piacere per immettere il fluido che Lisogria . Si costituiscano j)oi tre o quattro fornelli sempli- ci poco lontani dalla vasca , ne' quali rimanghiuo adat- tati i rispettivi bagni di arena 5 in questi si situino del- le marmitte di vetro di collo lungo , e vi si applichi- no de' sifoni ben suggellati , le di cui estiemilà vanno ad introdursi per uno spiraglio nella vasca . In uno de' lati delle iudicate marmitte vi sia anche un becco, che si apra e chiuda a piacere per immettervi i ma- teriali , che producono il gas acido, che si desidera. Ciò fallo, s' immetta nella vasca tanto di potassa di- luta , che segni il grado 4 ^H' idrometro , e che ne resti quasi pieua, ]ioi si getti per il becco della mar- mitta l'uguale porzione di murlato di soda, e di man- ganese di Calabria calcinato , e soj)ra di questi ber» soppestati si afionda a successive riprese 1' uguale porzione parimenti di acido solforico dilungato con acqua semplice . Terminala l' effusione , si chiuda il becco , e ces- sala la effervescenza si procuri con una dolce tempe- ratura di calore lo sviluppo gassoso, il quale per il suo sifone va ad introdursi nella vasca . Da tempo in tempo si dimeni l'agitatore, che trovasi ueir interno, ed in tal modo si proceda fino a che il materiale nelle marmitte sarà divenuto asciut- to , e lo sviluppo del gas affatto terminato. Il liquore che trovasi nella vasca è il muriato di potassa ossigenato diluto , ed applicabile al tessuto fi- broso vegetabile per imbiancarsi . Esame teoretico sul metodo proposto . Allorché sopra del muriato dì soda , e del man- ganese soppcslati si affonde dell'acido solforico, que- sto in virtù di tendenza agisce sulla soda, che fa la base dell'acido muriatico, e vi resta neutralizzato. L'acido muriatico a misura che viene abbando- nato dalla sua base, esercita la sua azione sull'ossige- no, che si trova nell'ossido metallico, e coU'ajuto della temperatura passa nello stato gassoso . Questo gas è ricevuto da i sifoni applicati alla marmitta, e s'introduce col mezzo de' -medesimi nella vasca . Finalmente 1' agitatore dimeuando . 1' acqua alca- ( '99 } lizzata facilita la combinaziuue del niuriato ossige- na lu . Avi'ertìineiilo per il felice successo della •* operazione . 1 . La vasca poli a essere coslruila da ogni specie di legno, all' infuori di quello di castagno. 2. Essa dovrà ossero accerchiala da cordoni di ferro , o sostenuta da sbranclie situate a strcttoja . 3. I spiraglj , e le commessure dovranno essere tanto ben chiuse, che non j)ermettano tras]3Ìrazione - 4- Le bottiglie, o le marmitte di vetro, f[nanto più saranno sottili , altrettanto debbon essere resistenti . 5. Non si dovrà applicare la temperatura del ca- lore se non dopo la effervescenza per impedire lo svi- luppo violento del gas , che potrebbe cagionare la rot- tura de* vasi . 6. II quantitativo de' materiali descritti dovrà cor- rispondere a saturare di gas-acido l'acqua alcaiizzata, e ciò lo dimostra quando il fluido della vasca segnerà il grado 5 alT idrometro . L'operatore però potrà di- minuire o crescere il grado di saturazione giusta 1' ef- fetto che juodurrà sul tessuto filamentoso . 7. Il nostro manganese di Calabria è inferiore a quello del Piemonte nella bontà, perchè contiene mol- to carbone , Col mezzo della calcinazione rendendosi privo di questa sostanza , diviene applicabile all' ope- razione . ( 200 ) 8. Sarà bene diluire coli' acqua semplice l' aci- do solforico per impedire la violenza dello sviluppo gassoso . g. La temperatura del calore dovrà essere da priucipio leggiera , e non converrà accrescerla se noa verso la metà della operazione. 10. Finalmente. Quando i materiali nel fondo del vaso di vetro compariranno affatto disseccati , essi dimostrano l' indizio cerio di essere il gas già ter- luiuato , Descrizione della stufa a vapore. Si costruisca una stanza di fabbrica , cbe sia lun- ga palmi dodici, larga palmi sedici, ed altra palmi diciotto . L' altezza però abbia la forma di una cupo- la , che termini con un camino del diametro di once quattro . Fino all' altezza di sei palmi si formi un masso di fabbrica, nel di cui centro vi l'esti un forame per adattarvi una caldaja di rame del diametro di xm palmo e mezzo , e la superfìcie della medesi- ma venghi levigata col masso islcsso , ed allo stesso livello . Il fondo jioi di questa caldaja abbia l'appoggio sopra di un fornello semplice , da costruirsi nel pieno del masso indicato, e contengbi un tubo dello stesso metallo , clie sporga fuori da un lato della stanza , nella di cui estremità vi rimangbi suggellalo un al- ( 201 ) tro di vetro , che servirà di esploratore all' acqua che evapora . Nello stesso lato vi sia anche uno spiraglio a vi- te , per il quale possa introdursi 1' acqua nella caldaja . Finalmente sopra il livello del masso vi si faccia un apertura con la sua porta , alla quale si ascenda per mezzo de' scalini di fabbrica . Questo apparalo è la stufa a vapore . Metodo (T imbiancare col gas-acido muriatico ossigenato ■ Quando la canapa ed 11 lino dopo la dovuta ma- cerazione son passati per i pettini ordinar) , e quindi per i cardi ; poi trattali colla potassa , o col sapone sono divenuti asciutti col mezzo dell' aria e della lu- ce ; e finalmente quando è stata praticata tutta la esattezza sulla uguaglianza e sottigliezza de' fili, giusta le istruzioni pratiche del nostro Socio signor Ramon- dini ; allora i fili di tale natura , o le tele formate da questi fili umettati di potassa , che segni il grado 5 all'idrometro, si sospendano nel vuoto della stufa, so- stenuti da corde , e fatta piena di acqua semplice la caldaja, si proceda con fuoco attivo alla ebollizio- ne, avvertendo di sospenderla, quando l'esplorato- re indica l' abbassamento della evaporazione fiuo a due terzi . Ciò fallo dallo spiraglio della cupola si getti dell' 26 ( 202 ) acqua fresca col mezzo di uno imbuto grande di le- gno , e finalmente rafl'reddala quasi la stufa , si rac- colgono i fili , e le tele , che vi erano sospese , facen- do uscire per il suo tubo l'acqua tinta, che trovasi nella caldaja. Allora questi fili , o tele si sommergano in un canale ad acqua corrente, e rese ben lavate , ed asciut- te , si gettano in una o più tine di legno , sopraffon- dendoci dell' acqua gassosa che trovasi nella vasca . Dopo ore 24 si bagnino di nuovo nell'acqua sem- plice, ed asciugate si ripeta per la seconda volta l'o- perazione , se r imbianchimento non sarà succeduto affatto bianco . La facilità, l'economia, e la marcata brevità del tempo, ch'apporta il metodo descritto, ha ricevuto col fatto il più felice successo con la guida della teo- ria , che bo antecedentemente esposta . Quando la canapa , ed il lino sono stati pettinati, e passati per i cardi , allora il di loro tiglio si è cbtre- mamente diviso , e presentandosi in tale stalo alla po- tassa, o al sapone diluti, questi vengono al contatto immediato di tutta la parte mucosa , ed estrattiva , che quasi intieramente la disciolgono . Il tessuto fibro- so difatti non ha quel color giallo-fosco , e macchiato di nero, ma all'intuito giallognolo, ed al tatto non è aspro , e rugoso , ma cedevole , morbido , e di- licato . Esposti i fili , e le tele di tal natura umettati di potassa nella stufa, ne avviene che quel residuale estrat- tivo come traspirando svanisce, e non li rimane che ( ^o3 ) la pura rualeria colorante , la quale viene distrulla dall'ossigeno, che gli offre deconipouendosi ilinuiialo di potassa ossigenato . Ripetuta per due volte questa operazione , si os- . serva il filo , e la tela di color bianco latteo , senzac- chè il suo tessuto abbia sofferto la minima deteriora- zione , per esser l' acido muriatico , che poteva corro- derlo , in combinazione con la potassa , e non già isolalo . Questo metodo però tanto facile , spedito ed econo- mico non riesce applicabile a i fili ed alle tele nostrali , perchè risulta dispendioso . Essi divengono bianchi , ma il prezzo di ogni canna sormonta le grana 24 7 e forma un calo nel tessuto circa del terzo . Il pubblico eh' è avvezzo ad erogare ordinariamente grana tre , al più quattro per ogni canna, e non sa persuadersi del- la cagione dello sfrido rende incompaùbile 1' istituzio- ne di questo interessante stabilimento , perchè il suo filo, e la sua tvla , che manofaltura, non hanno rice- vuto le antecedenti preparazioni . Fino a che queste non verranno a praticarsi da i nostri industrianti di tal ramo , non è sperabile che si potrà sperimentare tutta la vantaggiosa ed estesa applicazione della nostra canapa , e del nostro li no , di che la prodiga natura con una influenza benefica ne ha reso fecondo questo regno; non è sperabile che la operazione dell' iinbianchimenlo potrà solidamente vedersi istituita fra noi : conseguentemente saremo sem- pre nella dura necessità di essere riconoscenti con ver- gognoso tributo alla industria degli esteri , (204) Io rapporterò in un' altra memoria 1' uso della stufa a vapore , che risulterà di marcato vantaggio non solo a quelli , che ritraggono la sussistenza col bian- chissaggio ordinario, ma benanco agli osjiedali , ed alle numerose comunità, proponendoli per tal mezzo di poter evitare il consumo della biancheria col ri- sparmio della lavanda ordinaria . ( 205 ) Dello stato , e conservazione de boschi della Provincia di Molise . Memoria del Socio Corrispondente hAF~ FAELE Pepe . Presentata neU Adunanza del di 3o. giugno i8og. J. Passi clic i popoli danno verso la civilizzazione se- no sempre a spese della natura . Più le società si sono slargate , tantoppiù la faccia agreste , e selvaggia della terra ha cambiato aspetto . Nelle foreste cominciarono le prime società, e le prime arti. Dalle foreste 1' uo- mo passò alla capanna , dalla capanna al villaggio , e dal villaggio alla città . A poco a poco l' uomo usando del suo braccio potente , e della perfettibilità del suo spirito , risentendo una moltiplice massa di bisogni , moltiplicò in conseguenza le arti . Disgustato degli aspri frutti delle foreste , e tante volte incerti , egli cominciò a cibarsi delle piante spontanee che il caso gli avea mostrato : allora cominciò 1' agricoltura , nacque la distinzione del mio , e del tuo , e si formò r idea morale della proprietà . Diviso in due grandi famiglie il genere umano di selvaggi , cioè, e di civi- lizzati , la conservazione delle foreste doveva interes- sare amendue , gli uni per la caccia, e pastorizia, gli altri per le arti : ma l' idea di proprietà ignota a' pri- mi , e tanto potente presso i secondi , produsse che i civilizzati siensi sempre allargati in superficie . Le sel- ve ('(rusche , le sacre querce de druidi , nidi di arcana religione, le sanguinolenti boscaglie d' Odio , e L' Vcn- toniche souo cadute sotto la scure ; ed ove s' immola- ( 206 ) va U prigioniero al nume , ore la voce di un sacer- dote spaventava , armava , e disarmava a suo piacere le orde superstiziose , ivi si sono erette delle città , e delle accadenìie che rimbombano dello strepito delle arti , e de' cantici della filosoUa . Gli uomini addensati , e riuniti moltiplicandosi , moltiplicarono ancora il lusso ed i bisogni , e le società riunendo le somme de' bi- sogni , e de' bisogni primitivi, hanno perciò di secolo in secolo diminuiio i boschi , in modo che tal dimi- nuzione è maggiore ove le società sono più antiche , e più civilizzate : ed i boschi dell' Europa dovendo dar materiale alla marina , al commercio , ed a tutta la filiera delle manifatture , i popoli più potenti , e più ricchi sono divenuti tributar] per il legname al Nord, ed all'America settentrionale. I Governi Europei finalmente conobbero il vuoto che si era fatto nelle foreste , e cercarono ripararvi , alcuni con leggi , ed ordinanze particolari come 1 a Francia, altri con incoraggiare la piantagione de' nuo- vi boschi come l' Inghilterra , e varj Stati della Ger- inania , altri dichiarando le foreste regalie . Inutili sfor- zi! L' uomo distrugge in un giorno di lavoro quanto la natura ha creato in cento anni. GAP. I. Estensione de boschi di Molise . La superficie totale del dipartimento di Molise è di novecento miglia quadrate, le quali formano nove- ( 207 ) cento mila tomoli della gran misura di novecento passi quadrali . Dallo slato generale delle sezioni apparisce che la parte boscosa è di tomoli cento quarantadue mila cinquecento cinquantuno , che sono quasi il selli- mo delta superficie totale. Di questi tomoli 1 4^551 di bosco , tomoli 54263 sono comunali , e tomoli 88286 sono de' particolari cittadini. La popolazione di Molise ascende a 200000 abitanti circa , i quali relativamente all' estensione di gooooo tomoli vengono ad avere quattro tomoli e mezzo per testa sulla superficie totale , e tra questi avranno an- cora tre quarti di un tomolo boscoso. Calcolando quattro individui per famiglia , vi sa- ranno in Molise 40000 famiglie: ed assegnando ad ogni famiglia 1' una per 1' altra , secondo i pratici ru- rali , due canne (a) di legname , la provincia ha qnindi bisogno di 80000 canne per anno . In questa somma di 80000 canne non si compren- dono i legnami per costruzione , per il bisogno delle manifatture , per le fornaci ec. 5 ma il solo legname per il consumo domestico . (a) La canna è la misura comune del legnarne in Provincia : essa è di 8 palmi di altezza , 8 di lun- ghezza j e quattro di larghezza . (208) e A P TI. Natura^ e stato de' boschi di Moline. La natura del bosco , come quella di tutt' i ve- getabili segue sempre quella del terreno : generalmente il legno bianco , e leggiero vuole una esposizione alta, ed un terreno soffice fresco: il legno forte ama i ter- reni forti , e profondi : e questa varia indole si mani- festa molto bene ne' boschi di Molise . .Questa Provincia ha la forma di una conca , i di cui orli al Nord, ed all'Ovest sono le montagne, ra- «lificazioni degli appennini. Il snolo è più ricco di 'sorgenti , più carico di ter- riccio, più siliceo vtrso i monti , ma è più asciutto , più alluminoso nel seno della conca: ond' è che i bo- schi diversi pare che si abbiano diviso 1' impero della parte alta, e della parte bassa della Provincia. Sono comuni i legni forti e pesanti nelle parti basse , e nelle colline intermedie mentre il legno bianco e leg~ giero è più universalmente sparso su i gioghi , e nelle valli de' monti . I boschi pritnarj della provincia sono coxiiposti di querce, e di cerri e questi sono i più utili perchè dan- no legname, ghianda, ed uno squisito pascolo, tre importanti oggetti della nostra industria rurale . Oltre di un gran numero di porci che si allevano presso di noi , numerosi branchi ne vengono dalla Puglia nel tempo della gliiandata : nell' està poi vi pascolano le greggi che riloroauo dalla Capitanata : questi due punti ( 209 ) formano in parte la maggior rendila delle nostre fo- reste , e forse in tale aspetto rende più una terra a bosco , che una di eguale estensione a grano . La quercia più comune è la rovere ( Quercus ro~ bar Lin. ) che produce molta ghianda ma piccola , non alza molto , lìia si dirama , e dà un legno duro e pe- sante . Si accusa la nostra quercia di esser soggetta a screpolare quando si lavora , Io che può derivare dall' ignoranza de' legna] noli i quali tagliano in ogni stagio- ne purché sia a luna mancante , unica norma del ta- glio per i conladini . Se gli alberi si scortecciassero una stagione prima di tagliarli , o il legname taglialo si mettesse a mollo nell' acqua per un ora prima di metterlo al lavoro, allora si vedrebbe di quale durez- za ed incorruttibilità sia suscettibile la nostra quercia. I boschi di Guardialfiera , Casacalenda , Sessano , Vastogirardi , Castelluccio , Cerceraaggiore , Montene- ro , Riccia ec. sono abbondanti di rovere . La farnia ( Quercus racemosa Encicl. Met. ) fa la ghianda con pe- duncolo lungo che è molto amata da' porci . L' Ischia si vede prosperare ne' luoghi bassi e profondi : amen- due fanno un fusto alto , e dritto , che può mettersi in riserba per la grossa costruzione . E ancora comune l'altra varietà di quercia detta castagnola ( ^ne/'CiiJ ir//- lota ) , il di cui frutto è dolce e mangiabile , e che nelle carestie del 1801. , e 1802. servi di nutrimento a qualche sventurato contadino . Bolli Cerri ( Quercus crinita Encicl. ) sono quelli di Carpinone , Triventi , Rocca , Busso , Acquaviva ec. se vi fosse una strada rotabile ve ne sarebbero degli 27 ( 2t0 j ©tlinii per le costruzioni navali. Il faggio ( Fagus syì~ vestris Lin. ) cresce maeslosamenle , divcnla un beli* albero, e forma belli boschi ne' fianchi de' monti. So- no bellissimi quelli di Malese , e formano una sisorsa all' industria di que' montanari , i quali ne fanno car- bone , lo lavorano in maniche di znppe e vanghe , in pale , mestole , sedie, zoccoli , casse , vasi per diversi bisogni , tavole , assicelle ec. Ilaller consiglia , prima di usare queslo legno , d'immergerlo nell' acqua : quesl' uso non è mollo generalizzalo , ond' è assalito da' tarli e dura poco. L'acero dell' a])pennino ( Acer campe- stre Lin. ) è ollremodo bello , ed avvene ancora delle varietà : potrebbe essere un oggetto di commer- cio per i montanari se la Provincia avesse de' tornitori, de' lavoratori di mobilia , d' istrumenti musicali , o se avesse una strada per trasportarlo in città . Sono belli i carpini di Frosolone , Sessano , Ca- pracotta , tanto il bianco ( Carpinits betulns ) , quanto il nero ( Carpiniis otrja Linn. ). Il tiglio è ancora co- mune ne' luoghi freschi ( Tilia Europcea ). Ve ne so- no de' grandi e bellissimi a Sassinoro, Baranello , Bo- jano ec. In generale sono comuni sopra i monti il frassino ( Fraxinus excehior , e 'I Fraxinus ormis Lin. ) ^ il tasso ( Taxiis baccata ) , l'olmo ( Ulmiis campe stris ); come il leccio ( Quercus ilex Lin. ) è comime nella parte del Malese che guarda Isernia , e ne' boschi di Guardia , e Casacalenda sul Biferno . La bassa macchia de' boschi sul monte è più abbondante di nocciuoU cornioli , sanguinelli , meli , peri , ginestre , agrifogli : (2Tr ) iove che ne' boschi tlelle valli , e ne' luoghi ascinlti sono più comuni i ramni , i crateghi , i pruni , i rovi, gli smilaci ec. Guardando con occhio attento ì boschi della Pro- vincia si vede subilo che sono in uno stalo di drgra- dazione . Alcuni hanno alberi vecchi sopra gli 80 anui : altri sono soverchio larghi di alberi : vi sono degli al- tri , i cui alberi sono in uno slato ruinoso di potagio- ne : s' incontrano d^gli spazj vuoti : e pochissime selve giovani si veggono che possano supplire alla mancan- za tolalc, e vicina delle vecchie . GAP. III. Cagioni della decadenza de' Loschi. Bisogna metter tra le prime la trascuratezza de' passati governi , presso de' quali tutto era Fisco , e niente Kazione . Giicondali dal mare, il commercio marittimo dovea essere la nostra principale risorsa , ma i drilli di porto , e dogana riurtarono l' attività civica . nicchi d' inmiensi ])rodotti territoriali aveva- mo il Kord tributario per il vino , acquavite, olio, seta , ma si stabilirono gii arrendanienti , e così si limilo il corso delle derrate. La molliplicilà delle arti ma- neggiala da' nostri fervidi ingegni poteva , migliorando le manifatture , aumentare la nostra ricchezza , ma le maeslranze , le corporazioni , i privilegi esclusivi pa- ralizzarono la nostra industria . Le nostre foreste ci esentavano dali'csscr soggetti al legname del Word , dau- r 212 ) docene dell' ottimo pei* la marina mercantile , e mili- tare, ma questa non vi poteva essei'e ove non vi era lina potenza politica , e F altra non si trova ove nou vi è libertà. In quella massa enorme , ed indigesta di leggi che nella passata Dinastia ci ha oppresso , varie pra- maticìie , varj dispacci vi erano per la conservazione de' boschi , ma nulla modellato sulla statica , e sulle teorie delle foreste. Al bosco si assegnano quattro età . La prima dal- la nascita fino a dieci anni; da dieci a venti la secon- da; da venti a quaranta la terza; e da quaranta agli ottanta anni la quarta ; passata questa ultima età , il bosco è dichiarato vecchio . Se le leggi avessero regolato il taglio secondo que- sti periodi , ed avvicendate le foreste ad un taglio di nove anni, le foreste si sarebbero conservate. Or que- sta vicenda di taglio in Molise non vi è stata mai in uso ne per consuetudine , né prescritta per legge : si taglia egualmente un bosco di prima età , ed un bosco di terza , o di quarta ; ma egli è un fatto che ia quantità uguali im legno di prima età dura la metà meno di tempo al fuoco, che non un legno di terza, p erchè dopo questa 1' alburno prende una consis enza eguale a quella del legno interno : il consumo delle legna da fnoco sarà per conseguenza doppio , e doppio pure il danno dèi bosco : e '1 danno sarà triplo se il Losco è di legno bianco, il quale come più inliam- niabile dura al fuoco molto meno del legno forte . Il Cerro avendo uu legno più pieghevole viene I ftdoperalo per cerchiare le botti , ed altri tiul da ven- dcinmia , da bucalo ec. , destinando a tale oggetto o il legno interno sfilato, o i giovani rimessiticci di sette, o otto anni , i quali non scortecciandosi sono rosi da' vermi , ed inutili dopo due anni : or in un paese di vigne come Molise si vede bene qual consumo si può fare de' boschi per i cerchi, e per pali da sostener le viti , i quali non durano che due o tre anni al più , mentre ce ne vogliono sette , o otto anni perchè un rimessiticcio sia buono per cerchio , o per palo : così il consumo supera sempre la riproduzione . La Pro- vincia ha ima grande pastorizia , la quale è errante come la tartara , e le bisognano mandre , capanne , agghiacci, pagliai, paraventi in varj punti del paese: e cambiandosi luogo qunsi in ogni anno . Bisogna per conseguenza in ogni anno atterrare nuovi alberi per fare i ricoveri per gli armeaii . Per provvedere gli armenti di mangime per l' inverno , i pastori tagliano una gran quantità di rami di quercia nel settembre , ed ottobre ; questo taglio libero , ed indeterminato deturpa gli alberi fatti e guasta gli alberi crescenti . Le consuetudini municipali permettono di tagliare la bassa macchia de'boschi per cuocere la calce , il ges- so , i mattoni , e si crede che il bosco giovane debba esser tenuto nello per prosperar meglio. Ma le osser- vazioni di Buffon , e la giornaliera esperienza ci pro- vano, che più è netto di macchia il bosco giovane, decresce piuttosto che migliorare. La macchia è ne- cessaria per riparare i giovani querciuoli dall'urto de' venti , dalle gelate , e dall' ardore del sole . Altri prò- ( ^'4 ) cLolll rurali vogliono essere coUìvati per rendere , e più si collivaiio , più rendono : il bosco più tiglio del- la natura che dell' uomo non vuole esser toccalo ; per esso la coltura nuoce alla rendita: esso vegeta e muo- re per il tempo che ripara , e per il temj)o che. di- strugge : il bosco giovane non si deve nò polare , né allargare , né nettare , esso deve presentare la natura in tutta la pompa della sua selvaggia indipendenza . Tagliando un bosco di alto fusto , o i qnerciuoU bisogna che il taglio si faccia Ira cielo , e terra , ac- ciò il tronco riproduca de' polloni , ma il nostro con- tadino taglia sempre allo , ccsicchò gli alberi non ne riproducono niai . Grande consumo di legname da fuoco si fa ia Molise per la cattiva costruzione de' cammmi : esso si diminuirebbe mollo se s' introducessero le stufe , o i cammini Pensilvani . Ma questi danni sono piccioli in confronto di quelli che finora han dipenduto da jussi cii'ici che forJunalamenle la legge ha tolti colla ripartizione de' Leni Comunali . L'altro gran danno proviene dai proprietarj de' boschi i quali credono poter trarre doppio vantag- gio dalle loro terre boscose , col vendere il le^^name , e mettere a coltura il terreno : e lasciando venti o trenta querciuoli per moggio essi sperano che a ca- po di tempo il bosco risorga. Ma trenta querciuoli non sono un dato cerio sul quale si jiossa Sj)crare che il bosco si riformi , perche sono troppo al largo , e come ho avvertito più sopra , più le selve sono guar- I lille, dense , e folte , più crescono; e poi di trenta quer- ciiioli aj>pena se ne salverà un quinto 'dagli animali, dalle gelate , da' seccori , da' venti : io ho veduto che in molte terre ove si erano fulte simili riserht; , il bo- sco non si è riprodotto più . Finalmente i boschi eb* Loro r ultimo crollo nella infelice epoca del 1799, quando la libertà politica si prese per licenza , e si giunse all'anarchia. S'ingannerebbe quel polilico che dallo sbosca- nienlo diuturno volesse tirarne la conseguenza che l' agricoltura faccia progressi in Molise , che i boschi atter- rati sieno tanti campi dippiù per il grano, e che gli uomini moltiplicati abbiano dovuto dissodare le foresta per aver terreno a coltivare . Nò . L' osservatore che senza rinchiudersi nel gabinetto guarda le campagne di Molise da vicino , conoscerà molto bene, che i boschi diminuiscono non perchè l'agricoltura migliori, im bens'i perchè retrograda e peggiora . La prodigiosa fer- tilità delle terre da bosco ove V humus , quel terriccio nato dalla morte di tanti vegetabili , ed accumulato da secoli, pare che aspetti di esser lacerato dal vomere : ove le incinerazioni che si fanno per abbattere la mac- chia sono tanti stimoli fertilizzanti , ove le raccolte possono seguirsi in ogni anno senza quel riposo tanta caro a' nostri coltivatori , tutte queste cause riunite allettano i nostri contadini all'atterramento de' boschi , per ridurli a campi seminatorj . Nemmeno deriva lo sboscamento perchè la popo- lazione è cresciuta ; anzi io credo in contrario , che la mancanza delle braccia , quella de' letamai , degli (2,6 ) auiniali , de' buoni metodi , e della ruota agraria , nou facendo rendere alle terre antiche tanto quanto con minori spese rendono le novali , si sono sempre pre- ferite queste alle antiche . Ancora : se fosse la molti- plicazione degli uomini la causa dello sboscamento , si dovrebbero vedere tutte le terre antiche coltivate : si dovrebbe veder tolto I' uso de' riposi , perchè non vi è riposo nelle terre , ove gli uomini son molli , come si vede ne' contorni di Napoli , in alcune Contee dell' Inghilterra , e generalmente nella China . Ma noi ve- diamo il contrario , che vaste contrade antiche si ab- bandonano quando si possono avere i novali , ed al- tre si discreditano , come infertili , appunto per man- canza di braccia travagliatrici ; che è generale in Mo- lise di lasciare un terzo de' campi a riposo ed un al- tro terzo a nocchiarica ossia riposo di tre anni ; che vasti sono i pascoli comunali , ove non crescono che magri fili di erba ; devesi dunque conchiudere che i boschi nel nostro dipartimento decadono , perchè 1' agricoltura retrograda, e nou perchè migliora. C A P. IV. Idee Sulla conservazione de' bos'chi , È inutile sperare dalle comuni la conservazione de'boschi comunali non ostante la divisione de' medesimi. Ci vogliono 60 anni per formarsi un bosco di alto fusto , e la generazione presente sicura di nou goderne , trascura il bene delle geneiazioni future. Si dovrebbe perciò stabilire una istruzione pratica sulla coltivazione dei boschi , la quale desse le regole del taglio, e della potatura , regolata su di un dato nu- mero di anni , e che riunisse 1' interesse del flttuario con quelli del proprietario . Allora si metterebbero in riserba tutt' i boschi di più allo fusto , i quali sarebbero gli arsenali viventi . Le foreste dovrebbero essere divise in due clas- si : di legname da ardere , e di legname da costru- zione . Nelle foreste disotto a venti anni si dovrebbe li- mitare il pascolo libero : ma il taglio limitalo . Conosciuta l' indole del terreno , e quella del bo- sco , e calcolalo il bisogno con 1' annuo aumento le- gnoso , si conoscerebbe a qual vicenda di taglio si deve assoggettare jl bosco , se a sette anni quando 1' aumen- to legnoso è più celere , se a nove anni quando esso è più lento . Questa vicenda di taglio è 1' unico mez- zo per conservare i boschi , poiché soddisfa il bisogno, e non esaurisce il legname : e mentre distrugge da un lato riproduce dall'altro, perchè il periodo di no- ve anni di taglio è bastante a mantenere la foresta sempre guarnita nelle altre otto parti che non si ab- battono . La direzione delle foreste suppone degli uomini istruiti nella botanica, nella statica delle piante, nelle teorie , e pratiche de' boschi , e dell' economia rurale . Dovrebbe Ja direzione dipendere interamente dalle acoudemie di agricoltura modellate sulla camera dell' 28 (2l8) agricoltura dell' Ingliilterra . Ogni provincia dovrebbe avere una colonia agraria dipendente dall'accademia, ed in ogni distretto un comizio agricola corrispon- dente con la colonia . Questi punti scientifici sparsi per le campagne formerebbero la statistica , la flora , la geologia ec. della provincia , invigilerebbero sulla pra- tica agraria , ed introdurrebbero i migliori metodi , e mettendosi in corrispondenza fra loro ne risulterebbe un fermento di attività fra le teorie , ed i fatti utilissl- ìuo all' agricoltura . La direzione si dovrebbe ancora occupare de' boschi degradati che si volessero riguar- nire j e delle macchie che il bisogno di una Comune vorrebbe rialzare a bosco , per vederne la natura del fondo, l'estcnzione, e la qualità degli alberi più con- renienti alla qualità del terreno . Gli usi civici che talune popolazioni hanno sa i boschi si dovrebbero restringere , e rendere più fissi , risecando quel che adesso hanno di vago , ed incerto. Il pascolo, e '1 taglio si dovrebbero re- golare secondo le stagioni . Quando il bisogno di una Comune richiede che si allarghi il terreno semi- uatorio , dissodaudo porzione di un bosco di monte , allora si deve badare all' angolo d' inclinazione del monte : se questo passa i venti gradi , il dissodamento non può che recar danno nelle nostre contrade , il di cui terreno alluminoso è soggetto alle lave o siano frane . Ke' pendii gli alberi con le radici intralciate so- stengono il terreuo , ma quando soa tagliati , il so- e 2^9 ) stegno manca , e le gi-osse piovane trascinano il ter- reno , lasciando nude rocce ribelli ad ogni coltura . Abili economisti hanno opinalo che una nazione non deve avere né più di un terzo , uè meno di un q^uinlo della sua supertìcie in foreste . Per i bisogni del dipartimento di Molise un buon bosco deve essere composto di due terzi di ghiandi- feri , e di un terzo di altro legno . Per i bisogni della nazione un buon bosco deve presentare legname por pilotaggio , ed alta costruzio- ne, per fuoco, per la grossa, e minuta carpenteria, per le fornaci , e fucine diverse , per i lavori di lus- so : dee quindi esser composto di ogni specie di legno . Nella disastrosa penuria dalla quale siamo minac- ciati sarebbe per la nazione un sommo soccorso , e meriterebbe la riconoscenza civica quel cittadino, che iu vece degli alberi indigeni che tuttodì spariscono , introducesse gli esotici , come gli aceri , cioè lo stria- tum , il sacchariniim , e '1 negundo , i pioppi della Virginia, e della Carolina, la Robinia, tanto hispida j quanto la. pseiido acacia, il castagno d'India Aesculus I/jppocastanum , la Catalpa Bignonia Catalpa ,'\^\ov\. papiriferi , i Platani &c. albei-i tutti naturalizzati in Eu- ropa , alberi belli , ed utili per il legname a qualun- que uso vogliansi destinare . La robinia di io anni vale quanto una quercia d 4o , e tanto vale un castagno d' India a 3o anni , quanto una quei'cia a 70. Perchè dunque restringere ( 220 ) la piantagione de' nuovi boscLi alle sole varietà di querce ? introducendo gli alberi esolici , la nazione ver- rebbe a guadagnare treni' anni di tempo . Ma quesli alberi sono ignoti in Molise , appena se ne vede qualcuno negli orti degli amatori . Un to- molo di terreno seminato a robinie , o catalpe , e regolato secondo l'arte, dà in due anni tante pian- te da guarnire a bosco cinquanta moggia almeno . Quando la divisione de' beni comunali sarà intera- mente eseguita j quando sarà abolita la ruinosa servi- tù del compascuo 5 quando i coloni divenuti proprie- tarj miglioreranno i loro fondi , e per l' articolo 47 del decreto de' 3 dicembre li chiuderanno , allora da una parte la maggiore istruzione, e l'interesse, dall' altra un obbligo nascente dalle leggi possono costrin- gere i coltivatori a piantare di alberi, le siepi, e le chiusure . Or potendosi senza timore del danno deli' ombra tenere dieci allieri di robinie , o di catalpe in ogni moggio di terreno seniiuatorio l'uno per l'altro, e valutando a 200000 moggia i campi rasi comunali semiuatorj delia Provincia , a capo di dieci anni avrem- mo 20000000 d' al]>eri di mezzana grandezza disponi- iili per il consumo douìesiico . In quelle età in cui il genere umano non era tanto corrotto bastò alla conservazione de' boschi il circondarli del sacro rispetto della Religione . Ogni albero avea un nume protettore : ogni foresta una di- \inità . Gli oracoli , come le leggi rendendosi nell' opaco orrore di una boscaglia era un sacrilegio l' at- :ì' ( 221 ) lerrarla . Appena si tagliava una quercia per farne uà simulacro ad un nume, o una coroua per il valore y e per il palriotlismo . Così gli alberi giunsero a quel- la smisurata grandezza che ci narrano Plinio , e Teo- fraslo . Ma oggi le idee morali sono cambiale , e bi- sogna che la vigilanza delle leggi guardi sempre le foiesle . Ciò che per gli antichi nasceva da un sacrò dovere, presso ipopoli attuali esser deve l'effetto della legge , Finalmente la conservazione della temperatura del clima e' impone la conservazione delle foreste . Ab- battendole si espone ima maggior superfìcie di terreno all' azione del sole di già troppo potente : si lascia li- bero ii corso ai venti, e si diminuisce l'annua quan- tità di pioggia. Dalle osservazioni melereologiche si rileva che di dieci primavere, due sono umide 5 che le scaise raccolte derivano piuttosto dalle siccità ; che queste siccità sono frequenti; e che il calore aumenta appunto per lo sboscamento . Conserviamo dunque tjueste masse verdeggianti , sono esse che richiamano le nuvole, addensano i vapori , tirano le piogge , man- tengono l'umidità colla loro traspirazione, rinfrescano le terre colle rugiade . Se la vegetazicyie vuole una giusta combinazione di calorico e di umido , e se que- sta combinazione è rara presso di noi , cosicché non possiamo in alcune Provincie variare le piantagioni , introdurvi delle nuove, e de' prati , lasciamo adunque che le lioscaglie unite all'astro della luce , temperando i loro influssi si accordino a rinfrescare , ed a riscal'' ( 222 ) dare la terra , ed a rianimarvi la vita . Lasciamo spar- se le foreste qua e là tramezzate da' prati , da' campi , da vigne , acciò il nostro territorio presenti un qua- dro variato delle sue ricchezze in vigne , ulivi , messi indorate che accrescono il nostro commercio, ed in foreste per fabbricar navigli da scorrere 1' Oceano , e figurare una volta fra le uazioni Europee . ( "3 ) Suir argilla smettica . Memoria del Socio Corri* spandente Giuseppe Antonio Ruffa . Presentata nell'adunanza del di 3o agosto 1809. J_^GI1 è certo , che la provvidenza ha sparso lulorno all'uomo con prodiga mano una infinilà di materiali , che sono ugualmente necessarj alla sua vita ed alle 6ue comodità. È un error grossolano il credere, che i metalli e le pietre preziose naerilino sopra tutte ié le altre cose la nostra atteuzione . Questo gloho terre- stre nei suol tre regni ci presenta sempre immensi te-' sori , se noi sapremmo trarne proGtto . I più piccoli Minimali, le piante più disprezzabili, e le terre più vili si adoperano spesso dall' industria umana ai bisugai della vita , e si fan servire ancora qualche volta alla comodila ed al lusso : e perchè la terra ha soll'erto delle grandi alterazioni per mezzo dell' acqua e del fuoco , ed in tal modo tutto divenne o coofuso , o misto con aliene sostanze , o nascosto , tocca all' inge- gno dell'uomo la ricerca, all'esperienza l'esame, ed alla prudenza il farne l'uso convenevole , Una delle terre importantissime sparsa in molta copia sul nostro globo è senza dubbio Y argilla ; que- sta ha servilo sempre , e serve tuttavia alle fabbriche delle stoviglie , ed a varie arti ; essa è il principale mezzo usato dalla natura per la vegetazione delle pian- te ; e iinalmente è stata anche adoperata per servir® ( 2^4 ) agli ornamenti di lusso , come chiaramente dimostra- to i vasi italici antichi , ed i moderni portati in Eu- ropa dalla Gina, e dal Giappone, cui si die il nome di porcellane, e che furono indi mollo bene imitali in Sassonia , in Germania , ed in Francia . Tra le molte argille descritte dagli autori, ve n' è una che il sig Haùy chiama Argile Smectiqne , e che il sig. Brochaut, seguitando il sistema di Wer- ner , mette tra le terre magnesiache col nome di ter-' Te à foulons : questa appunto è la terra di Gualchie- ra , della quale iutendo parlare . Trattando io un og- getto isolato non devo entrare in discussioni minera- logiche : appartiene a chi forma un sistema di classi- ficar tutto , ed ordinare i generi , e le specie dei mi- nerali 5 per tal motivo mi servirò della nomenclatura usata comunemente , lasciando ad ognuno la libertà di collocarla o tr^ le terre argillose , oppure tra le magnesiache , Neil' anno i8o3 ebbi il piacere di ritrovar que- sta terra , che mi si dimostrò esser tale dai suoi ester- ni caratteri . Non credei opportuno di pubblicare allora questa scoperta , perchè dovea prima esaminar bene i caratteri della medesima , e paragonarla con quella d' Inghilterra , che allora mi mancava . Oggi dopo aver- la bene considerata , e dopo averne fatto il deside- rato paragone mi fo un dovere di manifestarla al nostro Il cale Istituto [a] . (a) Per non errare, ho consii^liato il Socio Signor ( 225 ) Se 1 Francesi slessi asseriscono , che gì' inglesi dehbono la b.Hezza, perfezione, e durata dei loro j)anni lani a questa terra, la quale n' eslrac tulio l'o- lio senza corroderli , o guastarli , spero che i nostri nazionali, conosceiulo di averla nel proprio paese, non tanh'ianno a farne uso, ed io mi crederò felice se in qualche ])iccola parie potrò così contribuire al bene dei miei simili (a) . La natura ha sparso abbondantemente i suoi doni prezioù nel nostro Regno , ma noi non conosciamo le nostre ricchezze . Quando lascieremo quella iner- zia , che tanlo degrada la nostra nazione ? Vorremo noi essere eternamente ammiratori degli altri popoli ? Giuseppe Melograni , ed il Socio Sig. Vincenzo Ramon- din i , ottime persone e molto intelligenti nelle cose mine- ralogiche : essi furono del mio sentimento . Il secondo mi somministrò un pezzo di argilla smettica d' Inghil- terra , col quale ho paragonato la mia, e Ilio tro- vata della stessa specie . (a) Celle d' Angleterre est reconniie la nieilleure de toutes , e est pourquoi les étrangers qui pcuvent jaire ejcporter clandestinement des laines d' Angleterre ire peuvent jamai atteindre ìi la perfection des draps de ce ménie rojaume sans la terre ci fouUons du nu'mc royaume : et dont les Anglais sont si jaloujc : e est l'unique raison qui a deterininé et en faire une marchandise de contrehande . Vanehnoat de Boniare Mineralogie t. i. p. 100. ( 226 ) Sì risvegli dunque in noi quello spirito che agita tut- te le culle nazioni, e le incoraggia a perfezionare le arti e le manifatture , ampie sorgeuli di ricchezze e di comodi . DESCRIZIONE Argilla Smettica. Argile Smectique . Haìiy tom. 4 p- 445- Terra da Follone . Ncipione p. 253. La terre a foulons . Brochant t. i p. 4G4. Argilla Smeclis . TValler. tom. i p. 20. Fullers' eartji. Kinvan. [ci) . II suo colore è giallo di varie gradazioni : certe volte è rosso, color di carne; ed il giallo in certi pezzi è così smorto che va al bianco . Si trova iti massa 5 il suo interno è matto ; la sua tessitura è schistosa . (a) Argilla pingttis tritura nitens , lainellosa in aqua , in pulverem dilahens , in aere fatiscens , igne fortiori in virimi lacteum cihiens . Liun Mineralog. pag. iS^. Gmeliti. Habitat in Anglia , Svecia , Savonia , Lusatia mine f lisca , nnnc cinerea, nunc ex vire- sceitti alba, mine viridis , mino càrnea. Argilla virescens parum indurata , particidis ini~ palpabiltbus exiccatione Lamellaris , vel rhomboidalis. Waller. system, minerai, i pag. 48- e 237 ) La frattura è terrosa a grana fina, e lamcllosa; i frammenti sono irregolari. r, opaca, tenerissima, e quasi fria])ile ; al tatto è untuosa; stropicciata j)rende un lustro grasso. Si attacca mollo alla lingua; non fa effervescenza cogli aciJi ; è poco fredda , e poco pesante , Col tratto lascia una impressione più chiara di ciò che presenta il componente . Si scioglie subito nell' acqua in parti poco coe- renti . Questi sono i caratteri che io ho raccolto dell' ar- gilla smetlica di Cahibria Ultra ; ed a me sembrano sufficienti , sì per distinguerla dalle altre argille con- generi , come ancora per conoscerla della stessa specie descritta da'min ralogisli sotto i nomi sopra indicati. Mi sono servilo della nomenclatura del Signor Haùy, e l'ho chiamata Argilla smetlica, perchè un tal voca- bolo esprime una delle sue proprietà , e derivando dal Greco , può ben usarsi in italiano . Terra da follone , terra da gualchiera , sono anche termini usali nella nostra lingua . Il Sig. B.irgman avendo analizzato quella d'Hamp- shire vi trovò 5i , e 8 dì silice, aS di argilla, 3, 3 di calce, o 7 di magnesia , i3 , 7 di ferio , i5 , 5 d' acqua . Si trova in Briatico nella Provincia di Calabria Ultra . ( 228 ) Osservazioni. L' argilla ucU' appendice del Sig. Haiiy è posta tra il secondo ordine , il qnale contiene generalmente tutti gli aggregati di seconda , o di terza formazione , e che sembrano per lo più dover la loro origine ai sedimenti , e la durezza al disseccamento . Questa sostanza è una miscela di silice, e di alu- mina , alla quale si uniscono spesso altri principi , co- me la magnesia ed il ferro . Le quantità relative delle due terre principali variano all' infinito : la silice è sem- pre dominante: le argille umettate per mezzo della espirazione esalano un odore chiamato per tal ragione argilloso : questa nostra posta allo sperimento dà tale odore . Dortès atribuisce ciò alla presenza dell' ossido di ferro . La nostra terra ha tutte le propietà generali delle sue congeneri , ma differisce da esse alla untuosità , che dimostra al tatto, dovuta alla magnesia, ed allo sciogliersi facilmente nell' acqua in parti tra se poco coerenti : il suo colore dipende probabilmente dall' os- sido di ferro , che entra nella sua comjiosizione . Una delle cose più essenziali nella descrizione d'un minerale si è l' indicare la sua posizione geologica , e descriverne con esattezza il luogo , ciò che io procu- rerò di fare. Il distretto di Briatico come tutte le con- trade vicine mostrano , che la base inferiore è il gra- nito a cui sta sopra un tufo calcareo più o meno du- ro : la superdcie dei terreni è formata di varie mar- ne miste a terra vegetabile : si trova verso Pannaco- ( ^^9 ) ni uno strato di litantrace^ e presso il paese di Bria- tico si ritrovò in mezzo al tufo calcareo imo strato poco esteso di manganese , che lu esauiilo : trenta pas- si in circa lontano dal paese verso la parte di mezzo- giorno v' è una piccola collina nel luogo dello S. A- paco in mezzo alla quale si vede uno strato di argilla smettica : questo è preceduto da due strati superiori , il primo alto due palmi in circa di terra vegetabile marnosa, ed il secondo alto io palmi di tufo calcareo arenoso Inabile : poi s' ossserva lo strato d'argilla il qua- le cinge come una fascia larga un palmo la colliua , e s'estende sia sotto il casino del sign. Antonio Satria- iii , nel qual luogo viene interrotto dallo scavo della publica strada : piosegue poi alla slessa altezza nel ter- ritorio detto Solaro dove s' interna : questo tratto è cir- ca 200 passi : sì manifesta ancora sotto S. Leo clie u'è «listante un miglio e mezzo* detto strato d' argillla è anch' esso composto di varj strati della medesima , sein- pre però i superiori , e gì' inferiori sono d' uu giallo più carico , ed in alcuni luoghi di color rosso di car- ne ; sotto r argilla succede un' altro strato di tufo cal- careo duro; nella parte di levante della stessa collina si vedoa alternare gli strati dell' argilla , e del tufo cal- careo . Sembra che i Greci conobbero la nostra argilla sotto il nome gè smecti ovvero smectice terra sniectis ossia smectica dal verbo smeco il quale siguilica puli- re, mondificare , eh' è appunto una delle proprietà del- la nostra terra ; fu anche delta cimolia dal nome dell' Isola Cimola una delle Sporadi . ( 230 ) Uso. La conoscienza delle cose naturali non solamente reca piacere allo spirito , ma porla altresì infiniti van- taggi alla vila umana. Dioscoride ni libro v. cap. i,3c) dice che la terra cimolia sciolta nell'aceto è risolvente, scioglie i tumori dei testicoli : dai caratteri , che egli le attribuisce, e dalla breve descrizione che ne fa, si conosce bene esser la sua terra cimolia , la stessa che la nostra argilla smettica . Plinio dice lo stisso nel lib. 35. cap. 17. : ecco le sue parole » CretK phira gene- ra . Ex ììs citnolice duo ad medicos pertinentin , can- didiini , £- ad piirpin issimi iiiclinans . Vis ittrique ad discutiendos tuinores , & sistendas Jlujcioiies , aceto assitmpto . Panos quoque , & parotidas cohibet: & li~ chenas illita ^ pustulasque . Si vero aplironitrum , et nitrum adjiciatur , & acetum , pedum tuniores sanat ; ita ut in sole curatio hcec fìat , & post sex horus aqua salsa ahluatur . Sebbene noi non facciamo più uso né di questa argilla , né delle altre dì cui si servivano gli antichi nella inedicina , pure nelle Memorie della So- cietà economica di Berna dell'anno 1764 Mr. Bour- geois propose la terra da follone sciolta nell' aceto co- me un' ottimo rimedio per le scottature , e per arre- stare le infiammazioni della pelle , adoprandola ester- namente . Questa nostra terra smettica di Calabria si può usare dagl'indoratori a vernice in luogo del bolo , ed io ne ho fatto fare delle pruove , che sono felicemente riuscite : potrebbe servire ancora per colorire 1' este- / {23l ) rìore delle case : sì ritrova un casino in Brialico colo- rito al di fuori di quest'argilla , e mantiene molto bene il colore non ostante che sien trascorsi 5.G anni : di più essa ha la proprietà di migliorare alcune spe- cie di terreni , qualora con gli stessi si mischia , ed accresce la vegetazione delle piante : serve per to- gliere le macchie degli ahiti convenientemente usata , come io stesso ne ho fatto dell' esperienze , ed i Ro- mani al dir di Plinio («) 1' impiegavano a tale uflìzio. Finalmenle per la proprietà , che possiede d' as- sorhir l'olio, e d'attaccarsi al medesimo, è impiegata nelle gualchiere per lo sgrassamento dei panni lani , e riesce eccellente per si fatta operazione ; è noto che nelle fahhriche di tali panni è necessario , che le lane prima di adoperarsi si preparino coli' olio , il quale si deve poi togliere dalle medesime .-i mezzi sono diversi in diverse fahhriche . In Francia si servono delle urine putrefatte, delle marne , delle crete unite all' argilla , (a) Et est Ciinolice iisus in vestibus ; nam Sarda qne affertur e Sardinia, candidis tantum assnmitur , iinitilis versicoloribus , et est vilissima omnium cimo- lice generum ,- prceciosior Umhrìca , et qnam vocant saxum .... Unibrica nonnisi policndis vestibus assu~ mitur . Ncque enim pigebit Itane quoque partem attin- gere cum lex Metdia extet /ullonibut dieta , quam C. Glaminus , & L. JEniilius censores dedere ad popu- lum ferendnni . Adeo omnia majuribus cura fuere . PUn. lih. 3J. cap. 17. ( 232 ) e del sapone , ma si sa che le urine , e le marne pro- ducono molli inconvenienti , logorano le lane , e le rendono aspre (a) . GÌ' Inglesi si servono dell' argilla smellica simile alla nostra descritta di sopra , e da essi chiamala Fullers' earth , la quale nell' atto che toglie r olio dalle lane ha il vantaggio di rendere i panni più di corpo, più durevoli , e più morbidi ; essendo priva di sabbia , e la sua grana iìuissima , non v' è af- fatto timore né che logori le lane , nò che produca alcun' altro svantaggio. Riguardo alla maniera come deve farsene uso n.:lle gualchiere potrà vedersi 1' En- ciclopedia metodica {b) . (a) Car les draps degraissés avec l urine ne soni ni aussi heaux , ni anssi doux , ni aussi durnbles que ceux qui soni degraissés cwec une bonne terre à fou- lons , et ih ont d' ailleurs moins de corps. Somare p. loi. mineralog. (b) Encyclopedie Methodique , manifactures , arts j metiers. T. i. à P adone 1799. ( a33 ) Sulle locuste , dette volgarmente Bruchi Memoria del Socio Corrispondente G^iei\ìiso de Luchetus . Pre- sentata neir Adunanza del di 6- novembre 1809. Scilicet hoc deerat post tot mala , undique nostris Locustui ut rapereiit cjaidciuid inesset agris . Andr. Alciati Emblem. CXXVIII. X Er quanto I' uomo il più versato nel maneggio de- gli aflari economici regoli sulli calcoli e sulla spcricn- za le sue operazioni , e \e combini nella maniera eh' €gli repula la j,iù efficace a fargli raccogliere nella m.issiina possibile abbondanza li frutti li meglio con- dizionati ; non può n< garsi , clie sovente ostacoli in- sormontabili e talora inopinati attraversano le di lui misure , sconcertano le di lui speculazioni , e lo fan- no rimaner deluso nelle sue lusinghiere speranze ; giacché, giusta la espressione di un elegante sirillore , il male si roverscia a' torrenti sulli brevi giorni dell' uomo , ed il bene si trova sparso in piccioli fram- menli nel gran volume delle umane vicende . Lutta perennemente lo sventurato agricoltoi'e contro una folla di accidenti , che la sagacità e la prudenza la più consumata non saprebbe prevedere , uè le più vi- gili cure potrebbero allontanare. Le intemperie delle stagioni, che producono nella temperatura dell' atmos- fera un repentino disquilibrio ne' gradi nieute propizio alla vegetazione delle piante alimentari dell'uomo, sono 3o f ^34 ) ordjnan'ametite la sorgente principale de' discapiti che soffrono le vaiie specie di derrate campestri , e che possono meno prevenirsi . Una gelata preceduta da lino scioglimento di gliiaccio , o danna pioggia ahbon-- dante prodnce ne' vegetabili ^di effetti li più funesti : tutte le parli elelle piante sono alloia inibevnte di ac- qua , e questa agghiacciandosi ne' piccioli tubi se[uar- cia le libre con una violenza, che inevitabilmente ca- giona la loro rottura e la loro morte . La caduta di. una grandine elesolatrice stermina iu un colpo d' oc- chio le campagne cariche de' tesori dell' abbondanza ,. dà il guasto a' frutti, ed alle messi , rovina gli alberi,, ed uccide talvolta gli animali e 1' uomo stesso esposto alia sua caduta . Li venti violenti , un colpo di sole- allorché l'atmosfera non è affatto agitata, le inonda- zioni subitanee , 1' eccessive siccità , le piogge copiose e continue , ed una nebbia specialmente nel tempo della lloritura fanno svanire le speranze del coltivato- re. Le malattie epizootiche e contagiose portano negli armenti e nelle greggi una mortalità , che spopola i pascoli e le mandre, e che 1' uomo non sempre ha 1' efficace abilità eli arrestare , e privano 1' agricoltore dell'opera sussidiaria delle bestie da lavoro, da tiro, e da soma . Variano pnrnondimeno queste calamità se- condo la diversità de' tempi , le vicende delle stagioni, le influenze del cielo , e le particolari circostanze delle località. Ma tra gl'innumerevoli detrimenti , a cui van- no soggette le industrie delle campagne, uno delli più distruttori e l' incalcolabile molliplicilà di piccioli ani- maletti j ed inselli , catlivissime porzioni di materia ( 235 ) ;animala , ciascuna delle quali prosa isolatamente nien- te ha che di debole e di spregevole , ma che per l'ec- cessiva aiiollìplicazione, e sorprendente voracità diven- tano tanti esseri perniciosissimi , ed un vero flagello pubblico, capace di rendere inabitabile un intero can- tone . Le invernate soverchiamente dolci , e che non fanno provare 1' usalo rigore del freddo , favoriscono •disgraziatamente la generazione e lo sviluppo de' pic- cioli animali, e specialmente degl' insetti j cosicché in taluni luoghi la di loro moltiplicazione eccede moltis- simo i limiti degli anni ordiuarj , ne' quali delle loro uova non ne sarebbe schiusa la millesima parte . Koa tutti certamente sono del pari nocivi . Li grossi scia- mi di api , di calabroni , di vespe , e le nuvole di mo- scherini , di zanzare, e di altri somiglianti insetti, so- no più incomodi che nocivi . Non può dirsi lo stesso delle legioni di formiche , di farfalle , di scarafaggi , che compariscono in primavera ed autunno , e che per il loro numero , e per la loro picciolezza scappa- no a' mezzi di distruzione , che potrebbero impiegarsi contro di essi . Quasicchè però non fossei'o sufficienti a gettare nella desolazione 1' industre agricoltore li to- pi devastatori, li vermini mangiatori delle gemme delle viti , li punteruoli o gorgoglioni distruttori de' grani e de' legumi , e tanti altri malefìci animaletti ed insetti , che nascono nel seno delle nostre contrade , e che danno il guasto ai frumenti, orzi, avene, alle vigne, alle piante legnminose , ed ortensi , si soffre anche la sventura di vedere legioni incalcolabili d'inselli slra- jaieri , che abbandonando di tempo in tempo li deserti { :ì36) della Tarlarra , e dell' Arabia , vengono a piomHare su queste nostre contrade , ed a guisa di falangi fol- tissime di barbari conquistatori invadono il territorio della fertilità, tagllono , rodono, distruggono li vege- tabili sul loro passaggio , che cuoprono col lugubre velo della desolazione , e mettono le popolazioni a ri- schio di essere gettate negli orrori della tniseria e della faine ; dacché divorando la riproduzione de' seminati e delle praterie , rendono le campagne squallide , ed incapaci di somministrare agli uomini non men che agli ammali famelici e spossali il necessario nutrimen- to ; onde il gregge andante , e 1' armento kiflevojito m cscola li suoi belati , e li suoi mugiti , a' tris0 ge- mi ti del costernato pastore, e dell'abbattuto agricol- tore . Sono queste le locuste , o cavallette , chiamate comunemente brucili, che da qualche anno a questa parte hanno invaso le più fertili Provincie del nostro Pvegno . Calamità non nuova per l'Italia, avendo scrit- to Plinio : Italiani ex Africa maxime coortce flocu- sice J infe stani , siepe populo ad Sibillina coacto re- media confiigere , inopice metu. Senza trattenermi a darne la descrizione, che può agevolmente rinvenirsi in tante opere di storia natu- rale e di economia , mi limiterà a versare sulla di loro indole ,moltJpHcazione , emigrazioni , e sulli varj periodi della loro vita , secondo i quali debbono di- sporsi li mezzi da impiegarsi per la loro distruzione . La culla delle locuste ( GriUiis jnigratorins Lin. ) chiamate da' naturalisti Francesi Criquets de passage , è la Tai-laria , e l' Arabia y abbandonando però talora (^37) il luogo natio , si uniscono a sciami , emigrano , c" vengono a recare la desolazione e '1 raccapriccio nella Europa , e specialmente in queste nostre meridionali contrade. Basta un vento di Est per favorire il volo di queste orde sterminatrici composte ordinariamente di un numero incalcolabile d'individui; ciocché con- fermasi dall' accurato osservatore Adanson nel suo viaggio al Senegal , che fu testimonio della emigrazio- ne di quest' insetti j)resso il fiume Cambia nell' Af- frica : Verso le otto dalla mattina , egli dice , nel mese di fehbrajo ,uua densa nube intproi'i'isa ci stava sopra , ed oscurava V aria si che toglieva i raggi del sole . Osservammo , di' essa era una nube di locuste innalzatesi a circa ceni' ottanta piedi da terra , e che copriva lina estensione di piìi leghe : finalmente una immensa quantità di esse come piovendo a scroscio si posò a terra , divorò quanto vi era di verde , e riprese quindi il suo viaggio. Questa nuvola era spin- ta da un forte vento di Est , ed impiegò tutta la giornata ad oltrepassare il paese adjacente . Soggia- cquero queste campagne per 1' ultiina volta alle loro devastazioni nell'anno i^SS. Serviva di preludio aldi loro arrivo un rumore sordo prodotto dalle agitazioni delle loro ale, e l'oscurazione del sole annunziava la loro imuiinenle caduta sulli campi ; e guai a quelli', suiti quali si ri])Osavano dalle fatighe del loro viaggio, che si valuta fin di trenta miglia al giorno ! Le cam- pagne le più fertili non rappresentavano dopo la loro •visita che un tristo deserto ! -.• ( 238 ) Ne' loro paesi nativi quando Testa è Calda, eS. abbondante in erbaijgi , la loro moltiplicazione è ec- cessiva ; ed il tempo sereno ed asciutto è il più pro- prio alle loro emigrazioni; e talvolta volando sul Bal- tico si spinsero fin nella Svezia ; ciocche mi ha fatto rammentare , che trovandosi nella Bessarahia il troppo rinomato Carlo XII , si credè sorpreso da un orago- no con orribile grandine , quando una nuvola di locu- ste , che oscurava il sole , venne a cadere , e cuopren- do uomini e cavalli arrestò 1' armata intera nella sua marcia . La loro voracità è sorprendente. Grundler pose al- cune locuste sotto un vaso di vetro , in cui aveva col- locato dell' orzo di fresco raccolto : esse divisero alla prima il tubo in due parti , divorarono da cima a fon- do la parte rimasta in piedi , e consumarono indi tut- .tocciò che la morsicatura aveva fatto cadere a' lati 5 ma questo si fece con un' agilità e prestezza da non po- tersi descrivere . Né d ve recar meraviglia quando si sappia , che ogni locusta nelle due mascelle ha quattro denti incisivi le di cui punte ben affdate s' incrociano tra di loro a guisa di picciole seghette , e sono altissi- mi ad afferrare e tagliare . E pure io penso , che li danni prodotti da ciascuna di queste locuste merite- rebbero appena 1' attenzione dell' agricoltore , se esse venissero , come le altre specie , in bande meno nu- merose ; ma perchè i loro sciami sono composti da le- gioni innumerevoli, le quali somigliano a quelle den- se nubi che il loro proprio peso fa piombare dal eie- ( ^-39 ) Io accoppiando rsj'e ad una grande attività devastatrice ^ e ad una sorprendente ngilità, il disastroso vantaggio dell' esorbitante numero , clie talora sorpassa ogni calcolo , cadono su di corte contrade, ed in un batter d' occbio divorano tutte le piante che loro si parano avanti. La loro prima furia si scarica suU' erbe sottili , e sulle te- nere piante più abbondanti di succo; venendo però a mancar loro questo nudrimento , e trovandosi più in- grossale , attaccano le piante leguminose , le foglie e le corteccie di alberi , e generalmente tutte le classi de' vegetabili , senza risjiarmiare neppure quelli , il di cui odore o sapore hanno qualche cosa di acre, di aci- do , di astringente, di amaro, ed anche di velenoso, come rodono parimente le coperte di lana, e gli abi- ti della gente di campagna, allorché sono inumiditi dal- la pioggia, dalia brina, o da altra cagione, e talora fin le stoffe di lino o di seta . Sull'emigrazione delle locuste meritano 1' attenzio- ne dell' osservatore alcune circostanze quanto comuni altrettanto neglette . Esse s'innalzano più sollecitamen- te ed a maggiore altezza allorché l'atmosfera trovasi ad Tina temperatura calda , e 1' aere è sereno ed asciuto ; e per Io contrario quando 1' atmosfera è carica di vapori o di pioggia , oppure faccia sentirsi un poco di freddo, o anche nel levarsi e tramontare del sole , esse sono più lente, e provano una certa rigidezza, muovono con difficoltà le loro ale , e non s' innalzano a molt' altez- za ; e dandosi loro la caccia con violenza in un tem- po piovoso o che tenda al freddo, esse cominciano ad agitare le loro ale , e fanno tulio lo sforzo per iunal- ( ^40 ) ^arsi , ma non trovandosi in islalo di sostenere un lun- go viaggio , alla prima si abbassano , ed indi piomba- no precipitandosi a terra, e sono forzate a continuare il loro viaggio a piedi . L'Irlandese Guglielmo Bowles , che menò li suoi anni nelle Spagne , ove scrisse una Introduzione alla sfarla naturale ed alla geografia fisica di Spagna pubblicata e conientata dal cavaliere d' Azara parlando delle locuste , che desolarono varie provincie di quel- la Monarcliia dall'anno 1724 sino al 1757 , sostiene, qhe l' ardore di perpetuare .la loro specie non sia ugua- le nelle locuste de' due sessi , osservandosi il ìuaschio inquieto e sollecito, mentre la femmina mostra freddez- za, ed è sempre intenta a mangiare ; onde -in tutto' il fresco della mattina li maschi assaltano , e le femmine fuggono e si nascondono ; ma due ore prima del inezzo- giorno incominciano le femmine a libararsi colli salti e voli dalla petulanza de'maschi , li qiali più s'impe- gnano ad inseguirle ; e con questo esercizio s' innalza- Uo nell'atmosfera sino all'allt^zza di quattro o cinqne- qenlo piedi 5 che la prima legione prende sempre ii cammino a seconda del venlo , ^^ol di cui favore di primo volo si allontana circa due leghe j ed allorché il cielo è sereno e l' aria non agitata da' venti , li vo- li sono più brevi ; che nelle loro fermate li maschi importunano le femmine, e queste fuggono ; e da que- sta cagione fa risultare 1' emigrazione delle cavallette , allegando , cke un giudizioso contadino spagnuolo ve- dendo il suo campo da esse divorato , «sclamò : Se queste maledette femmine non fossero si schizzignose. (^4r ) e si lasciassero godere dal maschio nel paese dove nacquero , non ci accaderebbero queste disgrazie ; ma la canaglia teme la morte , e tira ad allungare la vi- ta come noi altri , perchè ella sa , che congiuiigen- dosi non le resta che sgravarsi e morire . Bisognerebbe essere eccessivamente portalo pel me- raviglioso per adottare la credulilà del buon contadino S])agnuolo , e persuadersi , clie le locuste prevedano le conseguenze dell' accoppiamento fatale per esse , e per attribuire alla castimonia ed al rigore delle rem- mine l'emigrazioni di queste innumerevoli colonie, le quali vanno di lontananza dall' oriente sino all' occi- dente di Europa . Ma perchè non attribuire piuttosto quest' emigrazioni ad una cagione quanto semplice e naturale , altrettanto fondata suU' istinto di ogni essere organizzato , di ricercare il proprio nudrimento ; per cui consumate in un luogo le sostanze nutrienti , si porta a ricorcarle ove queste abbondano ? E questa senza dubbio la prima tra le tre cagioni principali , che determinano l'emigrazioni delle specie viventi, cominciando dall' uomo , e continuando ne' quadrupe- di , ne' volatili , in alcuni rettili, ne' zoofili , ne' mo- - scherini ed altr' insetti ; ed a questa si debbono qu' gì' immensi ridussi di Barbari, che usciti dalle bilze set- tentrionali inondarono più volte le calde e fertili con- trade del mezzogiorno . Infatti tutti quegli sciami di Goti , Unni , Cimbri , Vandali , Borgognoni , Alani , che sboccarono nelle vaste provi ncie del Romano Im- pero, per trovare ne' suoi rottami una vita, e quegli alimenti che loro venivano negati dtUe loro sterili pa- 3i ( 24^ ) Irle, e le freqnenli invasioni de' Turlari nell'Asia me- ridionale, di cui Je s'orie riferiscono undeci esempj , olire agli altri rimasti sepolti nel bujo de' secoli vetusti, non rassomigliano a quelle bande di volpi e di orsi del Nord , che vanno disseminandosi molto lungi per ricercare prede più abbondanti; e molto più propria- mente alle nuvole spaventevoli di locuste , che dalla Tartaria e dall' Arabia passano ad inondare le campa- gne dell' India , della Palesti.ia , della Polonia , delia Spagna , e dellu Italia , di cui divorano le sostanze ve- getabili ? In realtà poi è noto, che la supposta seve- rità, la resistenza delle femmine delle locuste , quanto vi fosse , dovrebbe essire di pura mostra 5 giacche ter- mina finalmente, come ognuno sa, col prestarsi alli desideri de' maschi , come il dimostra la sorprendente quantità di uova fecondate eh' esse depongono . Viag- giando esse in masse incalcolabili , distruggono le so- stanze vegetabili di una intera contrada , ed il bisogno di alimentarsi le obbliga a passare in altri luoghi per rinvenire nuove materie nutrienti . Varie classi di uc- celli, e di pesci , come li salmoni, le aringhe , &c. , per deporre le loro uova cambiano domicilj , ed emigrano non ad altr' oggetto che per quello di trovare abbonde- volmente o piccioli animaletti, o picciole piante proprie al di loro alimento, ed a quello delle di loro novelle progeniture. Questa è la gran legge della natura , e tutto è in una perpetua agitazione sulla faccia dell ' Universo: tutto si cambia, tutto vi si rinnova, vi si moltij lica , ■yi si distrugge : li poli ricalcano perennemente i loro esseri viventi suUi Tropici, e li Tropici riagiscono e =«43 ) sulli Poli . Tal' è la circolazione delle sostanze organiz- zate . La materia vivente coli' emigrazioni si dissemi- na, si moltiplica senza fine in questo flusso e riflus- so ; onde niente resta inerte ed inutile } e le genera- zioni che scompariscono sono il fermento di nuove generazioni. Questi trasporti, queste marce di sostan- 2e organizzate disseminandosi per tutta la Terra sono per la materia vivente ciò che sono il flusso e riflusso dell' Oceano , e le maree del atmosfera . Neil' accoppiamento di queste locuste orientali niente vi è che differisca da quello delle altre specie; ma Gleditch dell' Accademia di Berlino fece la se- guente osservazione , oh' egli credè molto singolare . Egli vide tre maschi accopiarsi colla stessa femmina , e si persuase , che la natura ahhia avute delle viste particolari in questa siugolarilà . Nel considerarsi il numero esorbitante delle uova , egli dice , che per la fecondazione loro non sarebbe sufficiente l' accoppia- meuto di un solo maschio , e che quindi o avrebbe dovuto esso più volte accoppiarsi , o altri avrebbero dovuto rilevarlo; e soggiugne , che prima di questa osservazione non si era sicuro se lo stesso maschio leplicasse li suoi accoppiamenti , o se altri maschi si servissero della stessa femmina . Uopo è però di riflettere , che 1' organo sessuale nel maschio è nascosto , ed ha li muscoli erettori na- scenti dalle di lui viscere; ed allorché sonte lo sti- molo della riproduzione , lo fa apparire , ed é d^lla lunghezza di quattro linee , e più grosso di qualunque altra sua parte . Si accoppia allora con furore alla ftm- ( ^'^4 ) mina , e rimane accoppialo per ore ; e siccome 1' or- gano sessuale di questa si restringe in quell'atto, cosi non possono separarsi per qualche tempo , come si osserva ne' cani. L'accoppiamento dunque di ore po- trebbe far pensare , che anche un solo maschio basti per fecondare tutte le uova di una femmina ; tantop- più che si è riconosciuto da celebri entomologisti , che nelle locuste le vescichette seminali sono mollipli- catissime , e li testicoli hanno una forma apparente , che si avvicina molto a quella de' mammiferi . Questi testicoli di forma ovale sono fissati sotto la parete del dorso , e la loro superficie convessa è tempestala da molle trachee di un colore dorato lucido 5 e dopo aver tolte queste trachee si viene facilmente a capo di svol- gere il testicolo , ed allora si scorge , eh' esso non è che un vaso rotolato su di se stesso , nella di cui ori- gine vi sono delle vescicole seminali disposte in fascetti così numerosi che nel tempo degli amori riempiono li tre quarti della capacità del ventre dell' insetto , e sono ripiene di un liquore limpido , eh' è il seme . L' osservazione dunque di Gladi tsch avrà potuto essere il risultalo non del bisogno di fecondarsi le uova , ma del numero de' maschi , che tra quest' insetti eccede moltissimo quello delle femmine ; essendosi osservato , che talvolta per una femmina vi sono cento maschi , e talora giungono sino a trecento, distinguendosi age- volmente il loro sesso al ventre ed alla tromba . Que- sta numerosa turba di maschi soprannumerarj ha po- tuto dar luogo alla descritta osservazione. E poi è no- to , che secondo l' esperieuze di Spallanzani poche ( 245 ) stilla di spenna del ranocchio diluite in molt'acq^ua bastano per fecondare un gran numero di uova . Le- tuwenhoech dopo replicate osservazioni microscopiche trovò , che un solo merluzzo poteva contenere nel suo latte i5o,ooo,ooo,ooo, animalcoli viventi, ed in una femmina di inedia grandezza della stessa specie nu- merò nove milioni e trecento quaranta quattro mila uova 5 e si sa, che lo sperma espresso dal maschio su di questo sorprendente numero di uova si mescola coir acqua, e vi si diluisce; e ciò non ostante opera la loro fecondazione . Non vi è dunque motivo di duhitare , che tra le cavallette un maschio fornito delle descritte numerose vescicole seminali, e che prolunga per ore il suo accoppiamento colla femmina , possa es- sere sufhcientissimo a fecondare da venti sino a cin- quanta uova, ed ove siano le locuste di specie più grande, come quelle ch'egli osservò nella Prussia , ne fecondino sino a cencinquanta . Kel tempo degli amori le locuste prima disperse si uniscono a truppe foltissime , e si accingono a tra- vagliare per la propagazione della specie ; opera che Lcn di rado si prolunga al di là di sei o sette setti- mane . Terminata questa operazione , li maschi resta- no non solamente spossali , ma dehbe credersi , che provino un grande ardore , giacché suhito cercano di rinfrescarsi , e quindi corrono alle acque le più vici- ne, sia un lago, una corrente, un pozzo, una palu- de, ove ordinariamente muojono annegali a motivo che hagnandosi le ale , e raffreddandosi , non possono più prendere il volo . E però un problema se ne muo- ( MG ) jano più per i loro amori che per le di loro morsi- calure crudeli . Li maschi nel loro calore attaccano altri maschi, ed anche le femmine, le feriscono gra- vemente, strappano le loro membra, e specialmente le antenne ^ in una parola questi perversi insetti si maltrattano reciprocamente con tale violenza , che per questi comhattimeuti ne perisce un gran numero ; ed un'altra osservazione del citalo Gledilsch dipinge più. al vivo la fierezza di qucst' iuselli . Un ingrato ma- schio, egli dice, dopo aver terminato l'accoppiamento si pose ad esercitar sulla femmina utia specie di carne?» ficina , che non poteva avere per cagione la mancanza di alimenti ; esso saliva sulla femmina , che resisteva con tutte le sue forze, le lacerava la carne viva, e ne inghiottiva ardentemente il succhio sino a farla perire prima che avesse potuto deporre le sue uova . Quan- do questi atti di sevizie siano comuni , non deve met- tersi in dubbio , che vi siano leggi costanti ed immu- tabili stabilite dal Supi'emo Autore della Natura rap- porto a ceri' insetti, per Impedire che la loro mol- tiplicazione seippre incomoda o perniciosa agli altri animali non oltrepassi la qtiantità de' pascoli , di cui abbisognano . Passano le locuste per varj stali dalla loro esisten- za nelle uova sino alla mortele la cognizione di que- sii può somministrare delle indicazioni siili! mezzi aq. impiegarsi pel di loro esterminio . Il primo periodo è quello, in cui le locuste si trovano racch'use nella uova , e dura per sei o sette mesi , vale a dire , d^jil line di settembre o principi di ottobre sino a circa la metà del mese di aprile , dipendendo il più e '1 meno dal piti tardo O più sol- lecito riscaldamento dell'atmosfera nella stagione di primavera, e mollo più della esposizione, in cui si trovano li terreni , che conservano il deposilo delli uova , e da altre circostanze locali . Escono nel secondo periodo le locuste dalle uova sotto la forma di larve , o sia di vermi bianchi , li quali hanno un corpo lungo formalo da una serie di anelli, che sembrano membranosi, ed incastrali gli uni negli altri, ed indi passano allo stalo di ninfe. Sono allora nere e della grossezza de' moscherini : si ammucchiano queste neonate appiè delle zolle, ed at- torno a* cespugli, saltando gli uni su gli altri, ed oc- cupando uno spazio di tre o quattro piedi in tondo , allo due pollici; e siccome credesi, che quest'insetti vivano allora di sola rugiada , si alzano e si abbassa- no perennemente l'uno sull'altro per raccoglierla ; on- de il di loro ammasso ha tutta 1' apparenza di uu panno nero, che si muova ondeggiando . Essi si allon- tanano jjochissimo dal luogo della loro nascita , aven- do le gambe deboli , le ale non ancora sviluppate , e li demi non abbastanza duri per rodere l'erba. Circa il line del mese di maggio le locuste co- minciano a passare allo stalo di adolescenza , stato perniciosissimo a' prodotti del terreno . Racchiude que- sto periodo lutti li cambiamenti che loro avvengono noli' accrescimento sino al termine, in cui essendo sviluppalo il loro corpo, li membri hanno acquistala la loro grandezza, e la loro naturale proporzione, all' e ^48 ) infuori delle ale ancora inguainale negli astucci . Con- suinauo allora tutte le piante erbacee prima che que- ste abbiano acquistati steli bastantemente duri per re-» sistere a' loro denti . , Nel corso del mese di giugno le loro ale pren-< dono un bel colore di rosa, ed acquistano tutta la forza ed attività di cui sono capaci ; e così tutta la loro metamorfosi si riduce allora principalmente al completo sviluppo delle ale , ciocché si eseguisce sen-^ za che la loro forma ed il loro genere di vita soffra-^ pò veruna considerevole alterazione . Si uniscono nuo- vamente in legioni per la seconda ed- ultima volta, ed allora comincia la loro pubertà , e si acceiKle in essi il fuoco , e '1 desiderio di perpetuare la loro specie . In questo stato, che si chiama perfetto, perchè sono allora elevate a tutta la perfezione organica conve- niente al rango che debbono occupare , quest' insetti destinati all'adempimento di una funzione più impor-- tante alla natura, che per noi, si affrettano a soddi- sfare il pressante bisogno della riproduzione 5 onde i maschi inseguendo le femmine , e queste col saltellare sfuggendo la loro importunità, per quanto da taluni si crede , o piuttosto perchè dopo aver divorata la ver-r dura di una certa estensione di territorio sono nella necessità di cercare nuovi pascoli , si elevano nell' at- mosfera , e formano tante nuvole , che giungono ad intercettare i raggi del sole . E finalmente il quinto periodo è quello della di loro riproduzione , ed indi della loro morte ; giacché passato il tempo della propagazione psse muojono.Co-' ( ^49 ) iniiicia questo periodo verso il fine del mese di ago- sto , e lermina col mese di settembre o principi di ottobre . Allorcbè le uova sono stale fecondate , lo fein- miue passano il resto della loro vita a costruire un nido in terra per depositarle. La natura sempre prov- vida per la conservazione della specie ha dato a que- sti animaletti 1' istinto di cercare il terreno più sodo per deporvi le uova , onde mettere a coperto dalle influenze delle meteore , e da' guasti degli uomini , e delle bestie questo deposito prezioso per essi , dal qua- le dipende la conservazione della loro razza, che nelli terreni coltivali polirebbe essere agevohneule distratta .anche colla sola rinnovazione de' lavori ; e su questo proposito mi piace di trascrivere un articolo del ci- talo Bowles , come quello di un accurato osservatore, che nelle Spagne ebbe occasioni ben frequenti di ri- petere a piacere le sue osservazioni: Subitoccliè , egli dice , le uova sono state fecondate dal maschio , cer~ ca la femmina un terreno sodo ed indurito da depo- sitarle , affinchè non siano esposte a' colpi delF aratro e della zappa . Benché milioni di locuste siano su di im campo coltivato , non vi è timore che ninna vi deponga le uova / e se vi è un pezzo incolto per picciolo che sia , ivi anderanno tutte a sgravarsi . Questa preferenza è necessaria per la conservazione della loro specie , e viene alla locusta insegnata dall' odorato . E qui dopo aver addotte varie pruove per dimostrare , che le locuste ed altr' insetti , come pure gli uccelli ed altri animali sono fornii! di una squisita sensibilità negli organi oU'atlorj , couchiude : E sicuro 32 { 25o ) dunque , che la locusta conosce coli' odorato la terra mossa , e la fugge , senza sapere il motivo perchè prejerisca la terra incolta ; poiché non può prevedere il pericolo della zappa , e dell' aratro &c. E qui nell' anno i^58 si osservò parimente , che in lulta la esten- sione di questi vigneti , e de' terreni coltivati non si trovava un solo astuccio di uova di cavallette , ma tutti furono scavati ne' terreni saldi . E da notarsi , che le larve delle locuste allorché giunte allo stato dì ninfe hanno le ali rinchiuse in una specie di hottoni situati sul loro dorso , a somi- glianza di tutti gli altr' insetti , non sono atti a ripro- dursi se non dopo 1' intero sviluppo di queste parti , il quale non ha luogo che quando esse lasciano le lo- ro spoglie di ninfe. La loro fecondità è tale , che in un distretto di ■mediocre estensione si può raccogliere una considere- vole quantità di uova ; ed il succennato Gleditsch ne accerta che nell'anno 1^33 invasero •queste la Mar- ca di Brandeburgo , ove se ne trovarono sino al '73g, quando cominciarono ad essere insensibilmente distrut- te dalle rigide invernate; che nel 1748 nuove legioni sbucarono dalla Tarlarla , e si gettarono non solamen- te sulla intera Ungheria , Transilvania , e Polonia , ma anche sulta Scozia, e sulle Isole vicine a quel Rea- me, e che ogni ovaja conteneva ordinariamente da cento trenta sino a cencinquanta uova. Senza dubbio la specie di locuste , di cui parla Gleditsch , ha do- vuta essere delle più grosse ; giacche il citato Bowles parlando di quelle di Spagna» non fa ascendere il nu- (.51 ) mero delle uova , che depone ogni femmina , se non a circa quaranta ; e qui dopo aver io aperti molli astucci o cannellini di varie larghezze, ho ritrovato un solo astuccio , che ne conteneva cinquanta , altri che ne contenevano quaranta , e questi erano anche rari ; il massimo numero poi di queste guaine non ne racchiudevano che da diciotto sino a trenta , o po- chi di più, ed avendo osservato nel passato anno, che non tutte le locuste qua piombate avevano una gros- sezza uguale , essendosene vedute delle ben grandi , sebbene rare , e moltissime assai picciole uopo è cre- dere , che il maggiore o minor numero delle uova sia provenuto dalla varia mole delle femmine che le han- no deposte . Vi si riconosce però in sostanza 1' abbon- devole fecondità dcgl' insetti , e la loro pullulazione incalcolabile ; e se un gran numero di cotesti germi non fosse distrutto da una folla di circostanze , la ter- ra ne sarebbe bentosto inondata . La natura spiega una ricchezza ed una fecondità senza limiti: e per preservare le sue produzioni dalli peiicoli di una in- tera disti'uzioue, rende inesauribili li tesori di ripro- duzioni; tesori certamente preziosi per essa che ha in mira la conservazione della specie , ma rovinosi per noi a motivo delle depredazioni e guasti che poi fan- no delle nostre sostanze alimentari . La figura delle uova delle cavallette è cilindrica , ed ogni uovo è lun- go una linea , di color hianco e ben levigato . Sono situati obliquamente nel!' astuccio o sia guaina , e la testa della picciola locusta è nel sito , pel quale deve uscire . È sovpreadente poi la maniera colla quale le femmine formano li loro nidi , e vi depongono le uova. Hanno esse nella loro estremità posteriore dol corpo una specie di punteruolo vuoto al di dentro , lungo circa otto linee, di (igura rotonda e ben levigato, alla di cui radice vi è una cavità , che contiene una vescica piena di un umore glutinoso , la quale imbocca nel canale del punteruolo, donde l'umore scola al bisogno . Vi sono nello slesso punteruolo quattro mu- scoli picciolissiini , li q'i;di contraendosi ed estenden- dosi alternativamente vengono a muoversi o perpendi- colarmente o orizzontalmente secondo 1' occorrenza. Qnallro membrane elastiche occupano gli spazj che Iramezzano questi muscoli , e queste agiscono come suste nelli movimenti del punteruolo ; e T insetto coti questa organizzazione muov il punteruolo a suo ar- bitrio in tutte le possibili direzioni. La femmina dopo aver forata la terra con questo istromsnlo , operazione che non esige altro tempo che quello di due ore , Ciiopre la parte inferiore del foro di un intonaco che ■fo-ma col liquore glutinoso contenuto nella cennata vescica, e vi depone le prime uova con un ordine sorprendente . Dopo il primo scarico di uova la lo- custa getta altro intonaco per formare il cannellino , e ve ne depone altre ; ed indi a varie riprese repli- cando il suo travaglio termina V operazione , la quale suole durare cinque in sei ore ; e col'o stosso liquore ne chiude l'apertura superiore; ed essendo questo in- dissolubile nell'acqua , resistente al calore dil sole senza screpolarsi , e non soggetto alle impressioni delle ( 253 ) foni gelariire, restano- le nova ben difese da dilli gli accidenti , che potrebbero provenire da queste tre ca- gioni , come molle uova di allr' insetti passano 1' in- verno , Senza cbe le gelatnre e li gran freddi \lÌ6trug- gano il loro germe di vita. E ben da notarsi però , che si("Coiiie alle femmine delle locuste manca la i'a- gina gpiiitalis , eh' esca dal suo corpo , essa lascia ca- dere a poco a poco le sue uova conficcando più della metà del suo corpo nel terreno ; ma talvolta le semi- na e le disperde solamente nella superdcie . Sono que^ sta picciole uova legale tra di loro da una specie di mucosilà indurita , e disposte simmetricainente in un astuccio come in ima membrana , nella quale restano rinchiuse sino all'epoca del loro sviluppo. Vero è, che la Provvidenza oppone felicemente nn gran numero di nemici ad insetti così formidabili ; Un vento gagliardo , una pioggia fredda , una tempe- sta , possono distrnggerne in im istante molli milioni . Le volpi, i porci, le lucertole, le ranocchie , ^li stor- ni, li corvi, le cornacchie, li volatili di bassa corte, le allodole ed altri uccelli ne fanno strage ; ma la per- secnzione che si fa soffrire a questi quadrupedi e volatili scema notabilmente il numero degli animali dislrnltori dille locuste, e protettori delle nostre mes- si , che non sono mai da essi danneggiale . E stata b.n diversa su questo articolo la condotta de' popoli Orientali, Plutarco attesta , che nt^ll' Isola di Lemnos , ove le locuste cagionano dinni iii>-alco]a])ili , le allo- dole orano riputate uccelli sacri , j>erchè cons imavauo una sorprendeiite quaulità di uova col cil>arscne ; ed ( a54) indubitatamente lì servigj che prestano all'uomo que- sti uccelli nel tlistruggere li germi dello generazioni di varie specie d'insetti devastatori delle nostre raccolte , dovrebbero impegnare tutti a risparmiarli , ad averne riguardo 5 ma sventuratamente a questi si fa la guerra la più inconsiderata. Plinio riferisce la venerazione che gli abitanti della stessa Isola avevano per le cor- nacchie distruttrici delle Locuste : Et in Lemno In- sula certa jnensura prcefìnita est , quam singuli ene- catarum ad niagistratiis referant . Graculos quoque oh ìd coliiiit , adverso volatu occurrentes earuni ( lo- custarum ) exitio . Ed in altro luogo parla di certi uccelli chiamati Seleucidi ne' seguenti termini : Seleu- cides aves vocantur , quarwn adventuni ab love pre- cibiis impetrant Casii montis incolae , fruges eoi imi locustis vastantihiis . Nec linde veniant , quove abeant compertwn , nu nquani conspectis nisi cum praesidio earum indigetur . Ed il di lui comentatore Gabriele Brotier in una nota soggiunge : Seleucides aves . Per- sa eas vocant Abnielec . Sunt magnitudine nierula- rum , plnmis nigris , carnìs coloris coerulei . Valde appetere dicuntur aquam fontis , quce est propre Ur- bem Cuerch. Sa]>piamo ora , che gli Arabi di Mosul e di Aleppo conoscono le seleucidi sotto il nome di Samnrmar , a di Samarniag . Non s'indirizzano più questi popoli a Giove , come negli antichi tempi , per ottenere il soccorso delle seleucidi contro le devasta- trici locuste ; ma alcuni Deputati vanno a cercarle in gran cerimonia nel Rhorasan . Il Governo spedisce persone di sua fiducia ad una sorgente presso il vii'- ( 255 ) {aggio di Samaran situalo in mezzo ed alcune monla- gne nelle vicinaoze di Mesched o Musa er ridda . Li Deputati osservando il cerimoniale prescritto riempiono di acqua attinta in quella fontana una cassa die chiu- dono ermeticamente ad oggetto d'impedirne l'evapo- razione . Dalla fontana alla Città la cassa deve sempre tenersi Ira il cielo e la terra senza che si possa mal posare a terra, né lasciarla su di uu tetto , né farla entrare per una porla . Si colloca sulla più alta parte del principale edifizioje nommeno li Maom.illani che li Cristiani e gli Elirei sono sicuri , che le Simarmar, o siano le S^leucidi seguono costantemenle l'acqua al- lorché è stata trasportata colle richieste condizioni , e che restano nel paese sino a tanto che vi rimane nella cassa una goccia di acqua . Per quanto favolosi possano essere somiglianti rac- conti , racchiudono però essi un fatto certo, cioè , che nelle contrade orientali , ove nuvole foltissime di lo- custe devastano le campagne, esiste una specie di uc- celli , i quali fanno a quest' insetti una guerra così viva, che gli uomini di tutti li tempi l'hanno ricono- sciuta , e ne hanno fatto un soggetto di superstizione . La misteriosa esistenza di questi uccelli , le precau- zioni indispensabili per ottenerli o nell' indirizzarsi a Giove , o che si creda adescarli coli' acqua eh' essi bevono , impongono alla moUiludine il dovere di ri- spettarli , come uccelli sacri . Guaj alle contrade di Arabia se si gingnesse a distrustgere qnesta credulità, e se le seleucidi confuse cogli altri uccelli venissero straziale ed uccise , coiue si pratica qui con tutti gli ( i5G ) animali distruttori delle locuste ! Fuggiranno esse una terra di persecuzione , e l' abbandoneranno a tutta la voracità di qucsl' iuselti d"Solatori. Non vi è poi in queste contrade il gusto de' po- poli Acridofagi , o sia mangiatori di locuste , che per imbandiiue le loro mense, e per portarne a' mercati , ne consumano un numero immenso , come de' Parti accerta Plinio: Parthis & Jiue [ locustoe) in cibo gra^ tee . E Strabone ; Curn iis jEthiopes , qui Siiti appel- lantur belluin gerunt oiygum cormbus prò armis iiten- tes .... vii'unt ex locustis , quas verni lìbes & ze- pliiri vehementiiis flantes in e a loca compellunt .... ù athnijcto sale , ex eis massulas conficiunl , & iititn- tur . E con:e i popoli di varie contrade dell'Oriente, li quali ne prendono niollissime per farle seccare , ma- cinare , e formarne una specie di pane , che si porta in tale quantità ne' mercati di Bagdad da far ribassare il prezzo delle altre vivande 5 li Bedovini dell'Egitto , che le fanno arrostire vive sulll carboni , e dopo aver loro tolte le ali , e le gambe , ogn' individuo ne man- gia sino a duecento per colazione; le donne ed i fan- ciulli di alcuni paesi dell' Arabia Felice le infdzauo e le vendono; gli Arabi fanno arrostire questi animalet- ti, e r inzuppano col burro , ed allorché vogliono spingere più lungi la loro delicatezza li sottomettono ad una picciola bollitura nell' acqua , ed indi li frig- gono nel burro ; gli abitanti di Marrocco li fanno sec- care sulli tetti delle di loro case , e li mangiano o afi- fumati , o arrostiti, o bolliti; altri popoli djl la Barba- ria , e ^quelli deli' Arabia Petrea li mettono iu salauiO" (.57) ja ad oggetto di conservarli per più lungo tempo per' li momenti di carestia ^ insomma ne fauno in varj modi un consumo incalcolabile . E finalmente gliOt- lenlolti li più selvaggi pensano di ricevere dalla prov- videnza un vero regalo quando di tempo in tempo ii\anda loro gli sciami di cavallette , che sovente dopo r assenza di otto , dieci , quindeci , o venti auni , ed anche più ricompariscono a legioni innumerevoli 5 e sebbene siano ben certi , che le locuste distruggeranno nel loro territorio sino il più picciolo filo di verdura, essi festeggiano nel loro arrivo. Le femmine di quella specie , eh' essi preferiscono a' maschi , sono meno at- te al volo per la brevità delle loro ale , e pel ventre pesante e trojipo gonfio dalle uova . Di queste prepa- rano una zuppa bi-ima , che sembra grassa , e ne man- giano tanto, che in pochi giorni si vedono impin- guati , per quanto ne accerta Brcz nel suo Discor- do sulla utilità degl' inselli e dello studio della In- setlologia . Pare , che ciò non dovrebbe sorprendere nel ri- flellersi , che Moisè diligentissimo nella scelta de' cibi convenienti agli Ebrei permise loro di mangiar le ca- vallette come un cibo salutare ; ed è notissimo , che S. Giovambattista nel deserto cibavasi di queste e del mele ^ selvaggio . A me però sembra, doversi prendere in considerazione , che li menzionali popoli acridofaj,i, privali di ogni mezzo per la loro sussistenza a moti- vo delle orribili devastazioni cagionate dalle locuste nelle di loro campagne, sono nella inevitabile pcccssilà di gettarsi ,su. di questi medesimi animaletti per sa- 33 ( 258 ) zlare la di loro fame ; ed è noto altresì , che se Pli- nio , Diodoro di Sicilia , e Strabene , parlano di po- poli che si nudriscono di locuste , essi medesimi di- cono , che costoro sono piccioli uomini , gracili , sot- tili, di debole complessione, e che non vivono al di là di quarant'^ anni , e periscono della malattia chiamata ■plithiriase , o sia morbo pedicolare . Indubitatamente però gì' insetti danno un nutrimento acre , irritante ^ e che non fornisce quasi niente di chilo; e quindi le persone, che usassero di continuo , non potrebbe- ro avere lunga vita . Ma si è inoltre osservato , che questo nutrimento colla sua acrimonia cagiona delle picciole ulcere nella gola ,. e talvolta una specie de angina.. II gusto frattanto degli Europei non- ha mal per^ messo che si fosse tra loro introdotta la moda di quest'intingoli , e si è sempre pensato , come hanno» praticalo altri popoli , a sterminarli ia diversi modi adattabili a' varj periodi della loro vita . Scrisse Pli- nio : In Cyrenaica regione lex etiam est ter anno de- Bellaiidi eas flocustasj, p'-imo ova obterendo , deinde foefum y postremo^ aduTtas 5, desertoris pana in eum ,■ qui cessaverit . Et in Lemno Insula certa mensura prwjìnita est , quam singuli enecntariim ad Magisfra- tus referanf . . . . Necare & in Sjria militari imperio coguntur, E tutti li Governi Europei , li quali per meltei-e a coperto li loro popoli dalla fame e dalla peste y che quest' insetti vivi o morti cagionano ; e quello specialmente delle Spagne, le di cui provincie Eaeridiouali ne sono quasi perenneurenle infettate, han- no sempre in primo luogo emanati gli ordini di far cavare dal terreno gli astucci pieni di uova , e farli consegnare ad una deputazione incaricata di farle se- pellire in profondo fosso. E nelle recreations tirées de V histoire natiirelles des insectes leggesi , che nel pas- saggio delle locuste in Francia nel i6i3 avevano que- ste radicalmente mietuti sino alla radice piìi di quin- decimila arpenti di grano ne' contorni di Arles , ed avevano anche penetrato ne' granai , quando mólte cen- linaja di uccelli, e specialmente di storni, quasi man- dati dalla Divina Providenza, andarono a travagliare alla di loro diminuzione; e malgrado questo felice av- ■venimenlo, su gli ordini emanati dal Governo, che obbligavano a raccogliere le loro uova , se ne raccol- sero più di tremila misure, da ciascuna delle quali sarebbero schiusi presso a due milioni di locuste. Neil' altro passaggio di esse venute dalla jìarte di Bontzhida in Tra nsilvania nel i;^8o ad oggetto di prevenire le spa- ventevoli conseguenze, che avrebbero potuto risultar- ne, si comandò a mille e cinquecento persone , cia- scuna delle quali doveva raccogliere un sacco pieno di locuste , che furono in parte schiacciate , in parte bruciate e seppellite 5 e pure se ne riconobbe poca di- minuzione sino a che non sopravvenne un freddo acu- to. Nella primavera seguente vi furono milioni di astucci di uova disotlerrati e di strutti dal pojìolo , che si fece levare in massa per qu' sta operazione ; e mal- grado tultocciò , vi furono delle campagne ben estese, nelle quali il suolo e?a coperto di giovani locuste sino al punto di non lasciarne niente a nudo . Si posero (260) allora a scoparle , feci a spingerle in fossi a tal' uopo scavati , de' quali si era gnarnilo il margine di tele ben tese , ed in tali fossi furono schiacciate . Tutto questo in Francia . Rilevasi poi dagli atti della Reale Accademia dt Berlino, clie nell'anno 175© immense nuvole di locu- ste dalla Polonia passarono su di alcune contrade del Circolo di Sterneherg j ed in un istante ne fu coverto il villaggio di Sclionagarer . Il Signore di quel canto- ne che aveva sofferti altri guasti da qutsi' insetti , os- servò-da quale punto spirava il vento, e trovatolo co- sfante , radunò li suoi vassalli e vicini ^ e prescrisse loro r ordine che dovevano eseguire , la di cui parte la più impoi'tante consisteva a gettar delle grida cla- morose , ed a fare molto rumore battendo con violen- za su di varie sorti d' istrunrenti di rame . Eseguitosi questo metodo verso la punta del giorno , riuscì con tanta felicità , che le locuste essendosi iinite in legioni salirono a poco a poco nell' aria , ed abbandonaron» intieramente il cantone 5 ma essendo V aria ancora fredda e carica di vapori , quest' insetti si mossero al- la prima stentatamente, e s'innalzarono con un volo lentissimo all' altezza di circa sei piedi al di sopra de' grani, e cominciavasi anche a temere, che non potes- sero salire più in alto, quando al levar del sole giun- sero all' altezza delle foreste y e bentosto 1' oltrepassa- rono di molto . Spinte poi dal vento si portarono sul territorio di Bucliolos , li di cui abitanti istruiti di ciò che dovevano attendersi da questa visita si erano pre- parati a riceverla ; e quando le videro giungere fecero (.6. ) Tifi tnmoi'e s'r grande , un fracasso così orribile ai gri- da , di vasi di metallo battuti , di colpi di fucile , e di tultocciò che poteva spaventarli ed allontanarli , che il successo corrispose molto bene a' desiderj . Andarono indi più lungi a riposare , e quando il calore del sole cominciò a rarefare 1' aria , varie colonne discesero sul territorio di Zerbow , li di cui abitanti poco informali del pericolo non si presero la pena di dar loro la cac- cia^ ma in poche ore furono ammaestrati a loro spese dal guasto che cagionarono allo di loro campagne . Al- tre bande avendo passato 1' Oder si gettarono nelle campagne di Lebus , e le loro uìlimc divisioni giun- sero alle vicinanze di Berlino , ove cagionarono altri guasti , e vi lasciarono il giusto timore di veder rina- scere il male nella seguente priniavera , ciocché ecci- tò r intera Alemagna a cercare preservativi e rimedj ; e '1 princi[)alc spedicnle fu quello di roversciare rapi- damente il terreno, sulla (iducia che le uova recente- mente depostevi essendo mosse e rivollate , una por- zioue sarebbe stata distrutta dalla rigidezza della sta- gione invernale , e 1' altra portata via dagli uomiui , e dagli animali nommen quadrupedi che volatili \ ol- trecchè scavandosi coli' aratro nel t rreno le uova che vi erano nascoste , con questa operazione dovevano affondarsi le uova disperse nella superficie , e quelle deposte a (ìor di terra , e quindi suffocarsi e ridursi a putrefazione . Il» d'.soliizioni poi cagionate dalle cavallette nella nostra Puglia Diurna a diverse epoche sono state ben limarchevoU . Tralasciando li tempi della più riuiola ( 26i ) aDtichltà, ed omettendo altresì le meno rovinose, ranv- menterò l'anno laSi, in cui questi perniciosissimi ia-- selli astrinsero il saggio Imperadore Federico li. a promulgare una legge particolare , con cui si prescrisse^ che ogni agiicollpre nel tempo della invasione di que- sli animaletti avesse dovuto la mattina prima di levarsi il sole raccoglierne quattro tomoli per presentarli al Magistrato, che doveva farli bruciare. Dell'anno i54i scrisse Rovero Fontano : Sub cestatem istiiis anni in- gens locustarum agnien per Germaniani in Italiani versus nostrum clima volahat . Sicubi vero agmen il- lud consederat , depascebat omnia . Erant enim locu- stce copiosce et mognoe . Gravissimi ancora furono U danni , che produssero in queste contrade neli' a;ino 1571 , e che obbligarono il Viceré Duca di Alcalà P. Perafante de Ribera ad emanare col volo e parere del Regio Collaterale Consiglio nel dì 8 del mese di ottobre i562 la Prammatica prima de Bruchis . Tit. XXIII. , colla quale ordinò , che i Comuni avessero Riandati esploratori ed uomini pratici per li di loro territorj , li quali avessero dovuto ricercare i luoghi , in cui le cavallette avevano deposte le uova ; e trova- tele , ne' mesi di settembre ed ottobre si fossero arali, perchè con questa operazione si sarebbero cacciati fuori del terreno gli astucci delle uova . Che in ogni paese per ciascun fuoco si fosse fallo raccogliere im quarto dì tomolo di questi astucci , e si fossero con- segnati alli capitani ed eletli , che dovevano farli get-' tare ne' fossi , o nel mare , o in qualche acqua cor- rente, ne' luoghi marittimi o di fiumi. Che quando .( .63 ) fossero eominciatì a nascere , li padroni delli seminati di quelle terre salde , dove sogliono mettersi a man- giare l'erba, avessero scavalo un fosso conveniente- mente grande , perchè le locuste desiderando il fresco, quando avessero sentito un poco di caldo sarebbero andate nel fosso , dove avessero dovuto ricoprirsi col terreno scavato e posto dalla parte de' seminati , per lasciare libero quel Iato , dal quale dovevano saltare nel fosso . Che nel mese di aprile tutti coloro che ave- vano'porci avessero dovuto mandarli a mangiare le cavallette , di cui questi quadrupedi sono ghiotti. jE finalmente che tutti li massari ne' tempi convenienti atessero dovuto spandere li lertzuoli , o recane ( sono queste certi lunghi e* larghi panni di tela grossa ) ^ e gettarvi sopra afcune cavallette , dove vedendosi dalle altre , verrebbero qufsle a porsi anche sulle dette tele, ed indi piegando li leozuoli o racane,le avessero prese. Inondarono anche la Puglia nell'anno 1G62 , e distrus- sero tutti li seminali : onde il Viceré conte di Penaranda non .solamente accordò a coloni de' terreni fiscali la ge- nerale abolizione del debito di quell'anno, ma dimi- nuì per la metà quello dell' anno' seguente , oltre di Varj ajuti che fa indispensabile di accordar loro ne- gli anni susseguenli . Invasero' nuovamente là Puglia' Daunia nell'anno' 1727", e ne distrussero le campagne. E tìnalmeute ricomparvero in queste contrade nell' anno 1759, in cui governava la dogana di Foggia il Presidente D. Antonio Belli ; e questi a i!\ agosto del-^ lo stesso anno emanò ordini somiglianti a quelli del D'uca di Alcalà ,. ed aggiunse, che li Deputati di' canai*- r 264 ) pagna avessero ingiglialo a far attaccare il fuoco colla paglia su di tutt' i luoghi occupati dalle locuste prima che queste si fossero rese atte al volo. Neil' auno poi 1770 al ì'j'ji crebbero nelle Provincie di Bari, Mate- ra , e Lecce ed il Governo ordinò a quo' Maj^islrali , che si fossero impegnali all' estirpazione di esse coli' adoperare gì espedienti li più eHicaci, e specialmente quelli praticati dal Presidente Belli , e comandò , che le spese si facessero da Ptegio Erario , con accordare anche particolari gratificazioni a coloro , che avessero psata maggiore diligenza nella distruzione delle uovaj, p somiglianti provvidenze ebbero tal' efficacia , che questi malefici insetti non solamente non penetrarono nella nostra Puglia Daunia , ma furono iuteianiente di- strutte nelle connate Provincie. Da quanto finora sono andato divisando risulla, che li mezzi di sterminare questi nocevolissimi insetti possono ridursi alli seguenti : i. Nel primo periodo , e propriamente ne' mesi di settembre ed ottobre dcb- be rimuoversi coli' aratro o colla zappa il terreno , in cui furono depositate le uova, e debbono farsi que- ste raccogliere e seppellire ne' fossi ; ed è questo il tempo d' indrodurre ne' territorj arati a' quest'oggetto li porci , che continueranno a mangiarne una quanti-. là sorprendente sino al terzo periodo , 2. Nel secondo vale a dire, allorché sono schiusi dalle uova, possono prendersene abbondevolmente, e schiacciarsi anche dal- li contadini colli piedi, e con istromenti di legno pe~ Sfinle : e ])er tutto il tempo, in cui non hanno ; ali e sono .quindi incapaci di prender volo , e vannq sola- { iG5 ) mente saltcllaiulo , può anche vantaggiosamente gcltar- si della paglia su di essi nella iiialliiia , e verso la S2- la , quando si trovino in gran numero su di qualche estensione di terreno, ed attaccarvisi il fuoco da più lati , onde non possano evitare di essere incendiali. 3. Quando poi avranno spiegate le ali , che prima era- no invilupjjale come in due bottoni sul dorso , potrà farsi uso delli lenzuoli , delle racane , e de' fossi , nel- la maniera prescritta del duca di Alcalà . Ed ove si trattasse di scacciarle da un seminalo per farle passare in un bosco vicino, o in qualche terreno incollo, gio- verà allora fare de' rumori battento violentemente su di ogni sorta d' istrumenti di rame , e di altri metalli, tirando colpi di fucili , e gettando grida clamorose . E finalmente siccome nel tempo degli amori e dell' ac- copiamento le legioni di cavallette prima disperse, se si rendono sulli terreni saldi , e sulle paglie rimaste do- 2)0 la trebbiatura de' grani e biade , e vi si uniscono in truppe foltissime , lo stato di turbolenza in cui al- lora si trovano , fornisce alli conladini 1' occasione favo- revolissima per distruggerne agevolmente una immen- sa quanlità colla loro progenie. Quando li succennali modi si adallino giudizio- samente agi' indicati varj periodi della loro vita, pro- duranno indubitabilmente il più vantaggioso effetto. Ma non debbo tralasciar di avertire , che tra tutti li modi impiegati finora il più distruttore è quello di far ca- vare le guaine di uova , o che questo si eseguisca colf aratro , o con allr' islromcnti rurali , avendo la spe- . - - (, 2GG ) rìeiiza dimostrato di non potersi affatto equiparare con questo r efficacia dogli altri spedienti ; onde 1' esattis- simo osservatore Bowks scrisse : Abbiamo riferiti i ma- li, che quest' insetti cagionano. Il rimedio anticipato sarebbe , che i soprintendenti ^ ed i magistrati di E stre- madura e della Mancha inculcassero li contadini e so- pratutto li pastori per iscoprire li siti dove hanno de- poste le uova , e che unendo gente praticassero li mez- zi soliti per distruggerli ^ senz aspettare che aiansi sviluppati o die incomincino a saltare ; perchè al- lora per quanto grande sia il numero , che se ne di- strugge , ne restano sempre eserciti immensi . Ma il meglio sarebbe annichilare qaesi orribile Jlaggello ne- gV incolti dove si produce : questo sarebbe sterminar le radici. Per procurare però il pieno effetto degl' indicati provvedimenti non debhe trascurarsi una osservazione essenzialissima , ed è che in ogni genere di calamita pubbliche non si debba mai affidare l'amministrazione de' rimedj , che loro si oppongono , a persone iguorai»- ti , neghittose , di cattiva volontà , che trascurano di eseguirli colla indispensabile frequenza , o di osservare le diverse circostanze , che ne assicurebbero il succes- so , e che trascurate producono conseguenze fatali . Ed infine con rammarico debbo rammentare , che in tutte le succennate epoche delle invasioni delle lo- custe in questa Puglia Daunia taluni possessori di ter- reni saldi o per non periù di quello , che ha agito ; e ciò è conOrmato dalla giorna- liera osservazione . Se dunque la sostanza novellamen- te indrodotta slimola meno, dee la medesima produrre un effclio proporzionalo ; dee cioè abbassare 1' eccila- iTjenlo , e per conseguenza dee debilitare. VI. In questo luogo polrei molto bene occuparmi delle varie diatesi morbose , come pure di tutte le ne- cessarie loro distinzioni , che la teoria stimolante sug- gerisce , ma come non è questo il mio principale scopo ; cosi passo a quello , che più importa , cioè al- la sposizione do' principi della teoria controstimolante j sendjrandomi bastante ciò che della prima ho detto , onde possa farsi quel giusto parallelo tra le due dot- trine , dal quale maggior luce avranuo i miei argo- jucnli , e le mie induzioni • («) . (a) / principi , che vo ad esporre , da me sono stati traili da poche pagine non ha guari stampate presso di noi dal dottor Prospero Postiglione , come pure da quelle poche notizie , che ne dà d signor liasori nelle annotazioni alla Zoonomìa di Dan,vin . e. 76) TU. Secondo questa nuova teoria non tutte le so- stanze agiscono sliniolaudo , come Brown avea stabilito ina alcune di esse producono un'effetto contrario; e perciò diconsi controstimolanli . Si reputano quindi stimolanti solamente quelle, che innalzano l' eccita- mento 5 e contro stimolanti quelle altre, che lo depri- mono ; potendo la azione loro andare tanto avanti da dislrug£;(rla affatto. Vili. Sotto l'azione degli stimolanti, e de' con- trostiniolanti si stabilisce un diverso, ed opposto statoi della fibra . Si vuole, che i primi la contraggano, ed i secondi la rilascino. Sarebbe di falli ragionevole, eh' essendo diametralmente opposta V azione di queste sostanze , dovessero produrre anche effetti opposti : ma questo non rattrovasi vero; e perciò molti dubj haa luogo, come in appresso si osserverà. IX. Abbenchè i controslimoli procurino alla mac- china animale alcune volte uno stato di calma , e di quiete, ed altre volte ne minorino il vigore; pure non sono da confondersi coi sedativi , e coi debilitanti: ào~ vendosi aver presente , che la calma può venir dietro anche agli stimolanti , quando lo stalo turbolento è figlio della debolezza ; e che il controstiittolo spesso ridona alla fibra la sua perduta robustezza , allorché la debolezza viene in seguito di eccessivo vigore, come osservasi nella diatesi infiammatoria : ed in tal guisa il controstimolante fa le veci di uno stimolante pintosto che di debilitante . In un sol easy agisce couTe debi- litante j ed è quando l' animale godendo un perfetto ( 277 ) stato di salute, sotto la sua azione scusibilmente s' iu- debolisce . X. Non è ancora chiaro il modo di agire del con- trostimolo 5 e perciò non è determinato ancora il cam- biamento , che il medesimo produce nella fibra . Da alcuni si pretende , che questo la intorpidisca , e la inabiliti a sentire gli stimoli . Da altri poi si è vedu- to , che alcune volte la fibra s' intorpidisce , e sente meno 1' azione degli stimoli j altre volle poi diviene più sensibile, e disposta a convellersi, o col fatto si convelle : propiietà anche comune agli slimolanti . XI. Si disti ngnono i conUosli molanti alio stesso modo degli stimolanti, cioè in diretti , ed indiretti. Dicousi direni qnei che agendo direttamente sulla fi- bra ne minorano il vigore, e la vitalità. In tal caso il languore non deesi attribuire alla mancanza degli stimoli, come sinora si è pensato, ma sibbene alla presenza di qualche sostanza, che si oppone agli sti- moli , e così viene ad indeboliie la vitalità medesima . Chiamansi poi indiretti quegli altri , che producono lo stesso effetto, non già perchè si fosse adopu-alo al- cun controslimolanle , ma perchè si toglie , o si mi- nora qualche stimolante . La cavata di sangue j pev esempio , come pure la dieta sono controstimolauti indiretti , perchè indeboliscono indirettamente la nìac- china animale , cioè senza 1' azione diretta di qualche controstrmolanle . Da ciò è facile rilevarsi, che quei mezzi , che sinora han portato il nonìa di debilitanti diretti , divengono al presente controstimolanti indiret- ti} ma restano però nella classe de' debilitauti. ( =^78 ] XII. Essendo r effetto de' controstlmolanti sempre lo slesso , deprimendo cioè essi sempre 1' eccitamento, convengono in tult^ i casi , ne' quali questo è sover- cliìamente inmlzato , cioè quando vi è aumento di forze vitali . E' chiaro quindi , die del)bonsi precisa- mente impi>^gare in tutte le malattie infiammatorie. XIII. Il più curioso della teoria controslimolante è , clie nella cura delle malattie non è necessario ba- dare alle cause peccanti in più , o in meno , che le hanno prodotte; ma bisogna por mente a quello, che nell'atto osservasi. Quando vi è irritazione, che se- condo tal teoria è sempre un'azione io più sono com- ;nicndati i controslimolauti . Se poi esisto rilasciamen- to , eh' è un'azione iu meno, deblìonsi impiegare gli Stimolanti: e secondo che il controslimolo produce ef- fetti più , o meno pronti , si viene in cognizione della natura della diatesi predominante . Da tali dati si de- duce, che quando in una malattia stenica sonovi se- gui di rilasciamento , si dee dar di piglio , senza ba- dare ad altro , agli stimolanti ; e così per 1' opposto , allorché in una malattia astenica vi è irritazione, del)- bonsl adoperare i controstimolanii . Osservandosi ciò più volle nel corso di una malattia , il medico non dee perder tem])o a cambiare subito il metodo cu- rativo . XIV. Dividesi finalmente la diatesi stenica in di- retta , ed indiretta. Secondo il di lei carattere si ado- perano ora i conlrostimolanti diretti, ed ora gì' indi- relti . La diatesi astenica poi non è suscettibile di di- visione, perchè sempre accompagnata da rilasciamen- (^79) (0 ; é perciò deesi trattare Sftnipre cogli slimolanli . Quale poi tUbha essere il grado di attività da darsi agli sliuiolauti , e mollo più ai conlrostimolanli , non è ancora dclernìinalo . La più o inen lunga durata della irritazione , o del rilasciamento farà determinare il medico a conlinuare, modiGcare , o cambiare i ri^ mcdj , che adopera , e sostituire a questi altri di dif- icrcnle natura . XV. Questi sono In breve i principi della teoria fontrostimolanttì . Dal quadro finora fallo di auieudue II? dottrine, sarà facile il rilevare la differenza, che passa tra la prima, e la seconda , e quali siano i van- taggi , che quesl' ultima promette , onde poter esser nel caso dì abbandonare la prima . Passo quindi ad una breve analisi del coulrosliriiolo , acciò si possa giustamente giudicare del di lui valore , e se sia , o nò conducente alla spiegazione do' fenomani. Son per- suaso , che tale ricerca desterà contro di me la indi- gnazione di molti , ma come i fatti , le mie osserva- zioni nello Spedale; di S. Francesco , in cui niente si risparmia per la salute degl' infermi dai direttori di un tale stabilimento, e le accurate osservazioni, chsì in unione del citato de Sanctis ho fatte sugli animali , sono la mia guida , cosi di nulla mi curo ; e solo mi anima il vantaggio de' giovani studiosi , che sembrano ora aggirarsi, come attoniti ne' vortici di Cartesio, non iiien che degl' infermi , i quali cercano da noi la loro salute. Onde prima esporrò le qualunque siano mie riflessioni , e poi il risultato costante di una lun- ga serie di spericnze ripetute più e più volle. [ 280 ) XVI. Qual sicurezza in primo luogo può mai of- frire una dottrina, se la dt'finizione n' è vacillante, ed incerta? Si domanda qua!' è T idea , che deesi attacare alla parola controstimolo ? Si ris[)onde , quella di uà rimedio , che alcune volte intorpidisce la libra , e la rende meno atta a sentire lo stimolo, ed altre volte la rende più sensibile , e soggetta perciò a e onveller&i ( Postìg. pag. XVII. parag. 6. ) . Ma qual delinizione è questa? Una stessa causa produce variabilmente , e senza una regola costante, due effetti diametralmente opposti ? Ammessa la proprietà che hanno tutt' i cor- pi viventi di sentire X azione degli agenti esterni , qua- le dovrebb' essere il modo di agire del controstimolo, onde la libra variamente modilicandosi , produca due effetti contrarj affatto? Qualunque possa essere una tale moditicazione , sarà essa certamente un effetto positivo: ma l'effetto positivo non può riconoscere per cagione efficiente, che un'azione positiva: dunque positiva dev' esser V azione del controstimolo . Ma po- sitiva è ancora l'azione dello stimolo, e riguardo a ciò non vi cade dubbio alcuno 5 sono per conseguen- za amendue queste azioni della stessa natura , non so- no contraddittorie, l'una non può distruggere l'altra. Il controstimolo quindi agisce come lo stimolo . Com- prendendosi altrimenti la cosa, sarà lo stesso, che conciliare l'idea della esistenza di un agente positivo, e lo sviluppo di un effetto negativo . XVII. Di più : le principali forme , colle quali si manifesta l'eccitamento sono il senso , ed il moto ; ond' è, che tutte le sostante, le quali applicate alla mac- (.8i ) china animale vivente , risvegliano tali forme , diconsi stimolanti . Ma per potersi dire , die una sostanza agi- sca sulla macchina animale vivente, è necessario, che risvegli , o il senso, o il motoj tanto è perciò slimo- lare una macchina , quanto è assoggettarla all' azione di una sostanza qualunque ; e quindi stimolare , ed agire sono sinonimi . Dunque azione controstimolante suona lo slesso, che stimolo controstimolo , o pure azione controazione . Ecco con quali parole perfetta- mente vuote di senso si pretende stabilire una nuova dottrina . XVIII. Si determina poi dietro l' azione degli stimolanti , e de' controstimolanti un diverso stalo della GLra . Si dice , che i primi producono contra- lione , ed i secondi rilasciamento ; e che perciò a nor- ma di questi due opposti stati , sono da impiegarsi anche opposti rimedj . La sventura di questa teo- ria è che non raltrovasi ciò vero . Il più delle volte io non ho potuto distinguere nello stomaco di moltis- simi animali, che ho sacrificali , questa differenza , anzi i più rinomati controstimolanti mi haa fatto trovare Io stomaco infiammato, e corrugalo, come apparirà dal dettaglio delle mie osservazioni . La contrazione quindi , ed il rilasciamento nou essendo sempre effetti ooslanli dell'azione degli stimolanti, e de' conlrostimo- lanti , non possono dare una norma sicura da valere nella cura delle malattie. XIX. Da ciò, che si è detto ( parag. 16. 17 ) riesce agevole il rilevare quanto può valere la distin- zione, che si è fatta, di controsliuiolaiili diretti , ed 36 ( 282 ) iotlirelli . Non si potrà mai comprenrlere come il con- txostiiuolo diletto senza agire, e perciò senza stimo- lare, mentre agire e stimolare sono sinonimi, possa opporsi agli stimoli, ed indebolire l'eccitamento .Qiial maniera di ragionare è questa ? Coma potrà depri- mersi l'energia vitale, se non si minorino gli stimo- li, che ne sono la causa? Colla dottrina slimolante si spiega ciò facilmente , senza urlar di fronte la ragione . XX. De' conlroslimolanti indiretti poi niente di- co, perchè vi è un semplice cambiamento di vocabo- li, j quali non debbono interessare mai l'essenza delle dottrine . O questi si dicono conlroslimolanti indiretti, o debilitanti diretti , secondo Brown , vale lo slesso ì essendo sempre quello il di loro effetto , per causa della sottrazione che producono degli stimoli . XXI. Ma secondo questa niiova teoria , quali so- no le norme , che il medico dee aver pi-esenti nella cura delle malattie , onde determinarsi all' uso degli Slimolanti, o de' conlroslimolanti ? Ecco il più miste- rioso di tal dottrina . Lo stato d' irritazione , come si è detto { parag. i3 ) indica l'uso de' conlroslimolanti; quello poi di rilasciamento dee far adoperare gli sli- molauti ; e ciò tutte le volte, che bisogna nel corso di una malattia 5 dovendosi cambiare più o meno prontamente il metodo curativo , secondo la più , o men sollecita successione di tali stati . Ne siegue quin- di , che secondo lai dottrina sia inutile 1' indagine delle cause , che han prodotta la malattia ; e che il medico dee occuparsi solo di ciocché nell' atto esser- ( ^83 ) va , sia la tnalallia il prodotto di cause peccanti in più, che ia meno. Ma a tutti è noto, che vi sono molte malattie , che hanno un aspetto ingannevole j ed in tali casi la semplice osservazione de' differenti stati d'irritazione, o di rilasciamento, senza l'esame delle cagioni mandanti, sagriGcherà sicuramente gli ammalati alle novità. Non rare difatti sono quelle malattie le quali essendo nel fondo sostenute dalla dialesi stenica , presentano chiari segni di languore, e di debolezza j e così al contrario s' incontrano spesso delle altre prodotte da cause debilitanti , che offrono un apparalo simile a quello delle malattie di accre- sciuto vigore . In simili casi il medico fa quello stes- so, che detta la generale diagnosi delle malattìe , cioè prende conio delle cagioni produttrici, acciò possa conoscere i di loro effetti in qualunque modo questi si presentino : e similmente s' incarica del tempera- mento , della predisposizione , della maniera di vive- re , e di altre circostanze , che calcolate nel loro in- sieme fanno acquistare idea chiara della vera natura della malattia, e non già dell'apparente . Esamina a buon conto la sua origine, e per conseguenza se sia stata preceduta da cause stimolanti la macchina in più , o in meno -, e non già si occupa del predominio della irritazione , o del rilasciamento, che non forma- no mai un morbo identico ; mentre possono egual- mente appartenere alle due sorgenti delle malattie . Dietro tal giudizio difiìcilmente il medico s' inganna , e cura quindi cogli stimolanti quello stato morboso della macchina animale , il quale benché presenta de' ( .84 ) segni di accresciuto eccitamento , è sostenuto dalla diatesi astenica ; e parimenti fuga , e distrugge coi de- bilitanti le malattie , che indicano a prima vista de- bolezza , e rilasciamento , ma che poi sono il prodotto della diatesi slcnica . Se i fautori della dottrina con- trostimolante avessero riflettuto , che nel riconoscersi il significato di una cosa non debbonsi giammai guarda- re quei segni , che a più significati convengono , ma quelli bensì , che privativamente gli appartengono ,. non sarebbero caduti nell' errore di trarre la di tignosi delle malattie dagli stati d' irritazione , e di rilascia- mento , che indifferentemente appartengono a più ma- lattie e simili , e dissimili . XXII. Dippiù ne' morbi acuti accade volentieri un continuo passaggio dallo stato d'irritazione a quello di rilasciamento, e così al contrario. Si debbono per- ciò alternativamente amministrare ora i controslimoli , ed ora gli stimolile come ciò può aver luogo più volte nel corso di un giorno; si dovrà necessariamente an- che in un giorno assoggettare l'ammilato a medicine opposte . Ma chi non sa , che non vi è cosa più per- niciosa , e nocevole nel trattamento delle malattie acu- te quanto l' urtare la macchina alternativamente coli' azione di medicine diverse , ed opposte . Lo stesso deesi intendere anche pe' mali cronici, i quali presen- tano pure quella tale alternativa , che giammai farà ri- solvere il medico savio a cambiare il met,odo cu- rativo . XXIII. Finalmente per dimostrare I' insufficienza de' principi del controstimolo, basta guardare per pò- ( 285 ) co quello che spesso nelle febbri , anche di diatesi astenica , osservasi . E' comune nelle medesime 1' uso della soluzione del tartaro stibialo data per epicrasi , ad oggetto di superare lo stato di crudità , e portar la malattia alla cozione . Or mi è accaduto più volte , anche io presenza di molti miei giovani , chiaramente osservare , che dopo essersi con tal medicina ottenuta la cozione, avendola voluto continuare, sono ricom- parsi i sintomi tutti della crudità. Come ciò è acca- duto , essendo il tartaro slibiato un controslimolante ? Potea portare la febbre a cozione , perchè si vuole fi- glia di diatesi stenica , ma non dovea riprodurre la crudità , e tutti quei sintomi , che secondo la nuova dottrina indicano pura stenia. Si risponderebbe forsi , che il restringimento della pupilla, il polso teso, 1' aridità della pelle, 1' atlrasso delle secrezioni , ed escre- zioni sienosegni, che spettano pure ad uh eccesso di' astenia .''In tal casa daranno quelli, che così rispon- dessero , un addio ad ogni sintomatologia , onde distin- guere le due dialesi . XXIV. Niente finalmente dico della distinzione , che nella dottrina controstimolante si fa , della diatesi stenica in diretta, ed indiretta; perchè la medesima crolla da se , subito che abbiamo dimostrato , che con- troslimolanti diretti , i quali converrebbero nella stenia diretta , non esistono , né possono esistere ; perchè ri- pugnanti alla sana filosofia , ed anche al senso couìune . Può più tosto tal distinzione valere per la diatesi as- tenica, abbeuchè questa si voglia indivisa nella nuova teoria . Noa nego , che secondo la semplice idea della ( 286 ) debolezza indiretta, stabilita da Brown , il metodo cu- rativo di questa sembra meritare qualche riforma 5 ma non per questo dobbiaiìio porre in dubbio l'esistenza di alcune malattie di languore , clie sono il prodotto della eccessiva azione slimolante . Per avere un' idea chiara, ed adeguata della debolezza indiretta mi piace molto la distinzione , che fa di essa il Signor Monleg- gia nelle sue istituzioni Chirurgiche, e propriamente nella prima parte, cap. i. , pai'ag. 18., e seguenti. XXV. Dopo aver fatto intanto queste poche ri- flessioni suir insuflicienza , ed assurdità della teoria controstimolante ; per non eccedere i limiti , che mi son proposto, lascio i ragionamenti , e passo al più essenziale della cosa, vengo cioè ad esporre il risul- tato delle mie osservazioni fatte sugli animali . Mi lu- singo , che le medesime siano tanto decisive da far ri- credere tutti quelli , che sono stati trascinati dall'amo- re delle novità a dar retta alla parola controstimolo . Prima porrò in veduta alcuni de' miei privati speri- menti , ed indi quei , che ho avuto 1' onore di presen- tare al pubblico . Esperienze private . Tre cose mi son proposto di osservare negli spe- rimenti sì privati , che pubblici , che vo a dettagliare. I. Se i voluti controstimolanti producano qualche ef- fetto analogo a quello degli stimolanti. 2. Se gli ef- fetti di un controstimolante possano vedersi distrutti dall' azione di un altro . 3. Se dopo la morte degli ( =^87 ) animali proccurata uon men cogli stimolanti , che coi corilrosliinolanli , la vitalilà di essi oflVa , per m-zzo del Calvauismo consideralo come uno stimolante di pilin' ordine; fenomeno degno di esser ponderalo e cal- colato . La novità dell'esperienze, e la costanza de' risultati felici mi fanno angmare, che essendo ciò con- Crmato dai falli , non si parlerà più di una dottrina , che ravvisasi insudiciente in tutta la sua estensione . Prevengo però i lettori , che per individuare alla me- glio le dosi delle sostanze, di cui mi son servito nel eorso di questi sperimenti , ho fatto uso di una nìi- sura capace di quasi mezz'oncia di liquido, di cui sempre qualche poco si è perduto nel somministrarlo agli animali . Per avere poi una libertà di operare , mi son servito in particolare de' conigli, • quali sono docilissimi , ed i meno atti a turbare coi loro movi- menti il corso dell' opera. Dippiù debbo premettere , che la soluzione di tartaro slibiato , di cui ho fatto sempre uso, è stalo il'risullato di quindici acini di tal preparazione sciolti in una libbra di acqua comu- ne . E finalmente l' acqua di lauro-ceraso da me pra- ticata , non è stata coobata , ma dietro la prima di- stillazione si è adoperata . 1. Diedi ad un coniglio , per epicrasi , circa un'on- cia di acqua distillala di lauro-ceraso . Sotto le prime dosi r animale perde subito il suo coraggio ; si ac- celerarono le pulsazioni del cuore ; e diede segni non equivoci di raffreddore nervino . Si replicò la introdu- zione dell'acqua, e l'animale mori assalito da chiari, e violenti coavellimeati . Lo feci aprire , e lungi dall' ( 288 ) essere il cuore pieno di sangue , e lo stomaco rilasciato, come lo avrei dovuto trovare , ebbi il grazioso spet- tacolo di ravvisare lo stomaco, e le budella teuui ar- rossite, e corrugate. Se sotto la lenta azione dell' acqua di lauro-ceraso il ventricolo si è infiammato , non altrimenti cbe c« lo presenta l'oppio , come si vedrà in appresso, bi- sogna convenire , che amendue queste sostanze agisco- no allo stesso modo; ond' è, cbe se l'oppio è stimo- lante , lo dev' essere anche l' acqua dì lauro-ceraso . Wè posso temere di essermi ingannato ; perchè avendo più volte ripetuto un tale sperimento , mi ha sempre Io stomaco dell' animale presentata la stessa altera- zione. E quello che dà più peso , è il trovare nella illustre opera mediga del signor Riccardo Mead quello Stesso, che il fatto mi ha dimostrato. Questo gran juiedico ed osservatore , nell' appendice che fa nell' esame /dell'oppio , parla dell' acqua di lauro-ceraso , e dice che la medesima data ad un animale lo ammaz- za sollecitamente, e con forti convellimenti , e lo sto- maco di esso presenta sempre le vene goìtfie , ed il sangue passato anche ne' linfatici , come si può rile- vare dalla sua opera medica pag. i47- 2. Apprestai ad un altro coniglio , anche per epi- crasi , una soluzione di tartaro slibiato fatta nel modo di sopra espressato . Fu l' animale subito assalilo da una forte angoscia, da forti conati di vomito, e da convellimenti abbastanza sensibili . Replicai dopo qual- che tempo la dose , ed avendo consumate circa un' cucia di tal soluzione , sotto un violente singhiozzo mori (-89) Si apri r addome , e si rinvennero le budella tenui anch' esternamente non poco arrossile . La faccia in- terna poi dello stomaco anche si trovò infiammala , e corrugata . Ripetei più volte questo sperimento, e sem- pre un notabile grado di corrugazione ravvisai nello stomaco . Ma mi accorsi , che l' arrossimenlo poi era più , o meno intenso , secondo che più , o meno solle- citamente si faceva morire il coniglio. In generale pos- so dire, che quando l'animale più stenta a morire col tartaro stibiato , tanto più cresce 1' arrossimenlo . 3. Essendosi data ad un' altro coniglio a poco a poco la medesima soluzione di tartaro stibiato , fu que- sto sorpreso dallo stesso raffreddore comparso nel pri- mo sperimento , dalla solita angoscia , ed incomincia- va di già a convellersi ; ond' è , che andava anche sol- lecitamente a morire ; ma come gli feci , pure per epi- crasi , somministrare dell'acqua di lauro-ceraso , si vi- de cedere il raffreddore , divenne più coraggioso , e do- po poco tempo riprese il suo perduto vigore . Allorché le azioni sono cospiranti , debbono pro- durre un medesimo effetto . Or se gli effetti del tar- taro stibiato furono distrutti dall' acqua di lauro cera- so , dobbiamo ragionevolmente dire , che le azioni di tali sostanze non sono cospiranti , e non agiscono allo steso modo . Se si suppone quindi , che la soluzione del tartaro slibiato sia un controstimolante, non lo de- ve esser l' acqua di lauro-ceraso . Se però ricorreremo alla dollrina stimolante , ritrovaremo in essa una com- pleta spiegazione di tal fallo . Dietro l'azione violenta di un forte stimolante , qual' è la soluzione del tarla- 37 ( 290 ) ro stibiato, deve tutta la macchina, ed in particolare il ventricolo cadere in debolezza indiretta , e propria- mente in quella detta dai recenti per stanchezza . Coli' applicazione di un nuovo stimolo, qual fu 1' acqua di lauro-ceraso , diversamente essendo stimolato il ventri- colo , e lutto il sistema , si vide 1' animale risorgere da quel languore , che minacciava da vicino la sua vita . 4- Feci dare ad un coniglio , in piccole dosi ^ una mezz' oncia della stessa acqua di lauro-ceraso , e fu questo immediatamente sorpreso da tali convellimen- ti , e particolarmente dall' opislotano , eh' era pros- simo a morire . Feci subito dargli poco men di mezz' oncia della solita soluzione di tartaro stibiato , e l'ani- male a poco a poco si rimise nel pristino stato. 5. Presi poi due altri conigli , e per epicrasi ad uno feci dare la soluzione del tartaro stibiato , ed all' altro l'acqua di lauro-ceraso . Comparvero subito i soliti se- gni marcati sopra , e quando mi accorsi , ch'erano nello stato da temere della loro vita , feci apprestare anche a poco a poco l'acqua di lauro-ceraso al primo, e la soluzione del tartaro stibiato al secondo . Si vide- ro subito ravvivati , e talmente si riebbero , che han servito ad ulteriori sperimenti . Da ciò rendesi sempre più chiara la insussistenza della teoria controstimolante , e la indispensabile neces- sità di ricorrere alla stimolante , onde render ragione de' fenomeni , che sarebbero altrimenti incomprensibili. Si rileva altresì dall' enunciato sperimento , quanto sia analoga l'azione de'voluti controstimolanti a quella de- gli stimolanti . { 291 ) 6. Nel presente sperimento volli cimentare uno stimolante, qual' è l'oppio , ed il solito egregio con- trostimolante , qual' è r acqua di lauro-ceraso . Die- di perciò ad un coniglio poche gocce di laudano li- quido , le quali non avendo prodotta alcun' alterazione, dopo pochi minuti furono replicate . Dietro questa se- conda dose fu l'animale sorpreso da leggiere convul- sioni . In questo stato gli feci apprestare una parchis- sima dose , meno cioè di mezz' oncia , di acqua di lau- ro-ceraso, e quando mi aspettava veder il coniglio ri- messo in buono stato , questo mori pochi minuti do- po la introduzione dell' acqua medesima . Come si potrà comprendere questo fatto , osservato replicate volte , e come si spiegherà , essendo 1' acqua di lauro-ceraso un controstimolante ? Si potrebbe ri- spondere , che la dose del controstimolo fu eccedente, e perciò apportò la morte . Ma essendo anche ciò vero ( allorché una maggior dose di questa sostanza non fu capace di pi-odurre simile effetto , come apparisce da- gli antecedenti sperimenti ) , avrebbe dovuto prima di- struggere lo slimolo dell' oppio , e poi ammazzare il coniglio -, e perciò vi sarebbe bisognato maggior tempo. Il coniglio morì dopo pochi minuti , e la dose dell' acqua fu scarsissima . Dunque altra è la ragione di questo fatto , e propriamente quella nascente dall' azio- ne dell' acqua di lauro-ceraso analoga a quella dell' op- pio , onde la vitalità restò distrutta sotto l'azione di due forti stimolanti . Or questi fatti . ed altri riguardanti la vitalità de- gli animali dopo la loro morte , osservati replicate volte ( 292 ) e da me in dettaglio , e privatameate , mi decisero di ripetere in pubblico una buona parte di tali sperimen- ti , e propriamente quei , che credei più importanti , onde si rendesseio a tutti noti . Esperìenze pubbliche, (a) JLiA prima cosa, cbe mi proposi di far osservare, fa la somiglianza degli effetti degli stimolanti , e de' con- trostimolanti : somiglianza , che non si può negare nìal- grado qualunque prevenzione . Indi mi occupai di due importanti sperimenti , ne' quali posi in opposizione i coutrostimoli . Finalmente volli far osservare per mez- zo del Galvanismo , la dose di vitalità , che rimane: negli animali ammazzati non men cogli stimoli , che coi controstÌTHoli . I. Presi quindi in primo luogo tre conigli , ed al primo feci apprestare 1' acqua di lauro-ceraso , sempre in picciole dosi . Secondo il solito, dopo le prime pre- se , si manifestarono i convellimenti , i quali erana sempre più violenti nel momento della introduzione (a) Queste sperienze furono ripetute nel Reale Istituto nel giorno 8. g. i o ^ ed 11. del mese di mag- gio 1810, per lo cittì il medesimo ordirlo, che si fos- sero registrate in un processo verbale firmato da tutti i Socj che intervennero , e che si fosse conservato neir archivio , dove esiste . Nota del Compilatore . (.93) delle nuove dosi , e mentivano 1' aspello di tanti pic- coli salti . Tutta la scena durò circa due ore ; dopo qua! tempo 1' animale mori tutto convulso , avendo consumato poco più di un' oncia e mezza di acqua di lauro-ceraso . Al secondo coniglio poi feci , per epi- crasi , dare la solita soluzione di tartaro stibiato . Di- venne questo subito singhiozzoso , ed ansaute ; i suoi arti , in particolare i posteriori , si l'esero deboli ; le battute del cuore , ed i conati di vomito erano sempre più intensi ; e finalmente comparvero delle convulsoni violenti , ed affatto simili a quelle prodotte dall'acqua di lauro-ceraso . Sotto tali convellimenti morì l'animale quasi nello stesso spazio di tempo y non essendosi con- sumata , che circa un' oncia della soluzione medesima. Finalmente al terzo coniglio avendo apprestato circa una ventina di gocce del laudano liquido del Sidena- mìo , comparvero subito de' convellimenti , non intensi però come quelli prodotti dall' acqua di lauro-ceraso , e perdendo di botto il suo vigore divenne sensibilmen- te debole . Una sola differenza feci marcare , cioè che i convellimenli prodotti dall' acqua di lauro-ceraso si avanzavano nel momento della introduzione della nuo- va dose; e quelli prodotti dall' oppio mostravano sem- pre- una stessa intensità . Feci ripetere le piccole dosi del detto laudano , ed allora crebbe la sua debolez- za ; i moti del cuore , ed i colpi di singhiozzo , che sulle prime eran frequenti , si resero più lenti ; e cir- ca un' ora dopo mori con un sonoro stertore . Feci aprire i ventricoli de' tre conigli , né si potè dagli astanti rilevare alcuna sensibile differenza nella loro faccia in- ( 294) terna , mentre si osservò chiaramente arrossita , e cor- rugata in tutti ; come arrossite si rinvennero esterna- mente le budella tenui . In quel momento si sospettò, che un tal colore fosse proprio di questi animali an- che nello stato naturale ; ed allora fu , che presi un altro coniglio sano , Io amma2zaì , ed avendogli aper- to l'addome , si trovò tutto altro il colore delle budella tenui , ne punto arrossita si vide la faccia interna dello stomaco. Finalmente feci aprire il torace de' tre coni- gli , ed essendosi posto il cuore di ciascuno di essi al- lo scoverto , si gettò sul medesimo dell'acqua di lau- ro-ceraso , della soluzione del tartaro stibiato , ed an- che del laudano liquido : sostanze , che accrebbero egualmente , ed allo stesso modo , le oscillazioni del cuore, senza aver potuto rilevare qualche iitarcata dif- ferenza . Ecco la sana , ed unica , a mio credere , in- terpeti azione di questo sperimento . I convellimenti , che sotto l' azione dell' oppio as- salirono il coniglio , erano per gradi dissimili da quei prodotti nell' altro dall' acqua di lauro-ceraso ; e sic- come nello stesso tempo si sperimentò sì 1' uno , che r altra , così lo spettacolo fu non men grazioso , che decisivo ; mentre le convulsioni , ed i singhiozzi pro- cedevano in entrambi allo stesso modo, e non differi- vano che per gradi . Abbeuchè intanto tutte le sostan- ze allorché esercitano la loro azione sulla macchina animale vivente , agiscano stimolando , pure ciascuna deve avere il suo modo particolare, e proprio di agi- re : e ciò , com' è noto , costituisce la differenza spe- cifica di uno stimolante dall' altro . Ciò posto , noe i (^95) dee recar meraviglia , se la soluzione del tartaro sti- biato rese l'animale più singhiozzoso , ed ansante, che negli alili due , giacché gli stimolanti dotati di prin- cipi alituosi , e volatili diffondono nel momento la lo- ro azione equabilmente per tutto il sistema . Quelli poi , che sono privi di tali principj , debbono limitar- la nel ventricolo , e sue adjacenze : e tra questi appUn"- lo è posto il tartaro slibiato , il quale per conseguenza altro immediatamente produrre non dovca , che l'ansia, ed il singhiozzo . È regolare inoltre , che agendo il ventricolo , e sue adjacenze in più , perchè ivi cresce r afflusso degli slimolanti naturali , necessariamente iu tal disquilibrio deve il restante della macchina agire in meno. Deve quindi abbassarsi la temperatura negli estremi , e verso le parti esterne del corpo ; si dee Sperimenlare la sensazione di freddo ; e dee impove- rirsi di forze tutto il restante della costituzione : feno- meni , che costantemente ho osservati in tutti gli ani- mali sottoposti air azione del tartaro stibiato . Da ciò si comprt ide pure facilmente la ragione di quella pic- cola differenza , che passava tra i convellimenti pro- dotti dall'oppio, i quali erano sempre egualmente in- tensi , e quelli figli dell'azione dell'acqua di lauro-ce- raso , i quali sì aumentavano tutte le volte che s'intro- duceva la nuova dose . Tutto deriva , io replico , dalla specifica diversità di agire degli stimolanti . Se dunque i tre conigli morti coli' acqua di lauro-ceraso , coli' op- pio, e colla soluzione del tartaro stibiato presentarono gli stessi fenomeni , eccetto quella piccola diversità , di cui si è data la ragion sufUcieale ; paiu che senza ( 296) punto esitare possa conchiudersi , che tutte queste so- stanze agiscano allo stesso modo , tutte siano cioè sti- molanti . II. In questo sperimento , che fu senza dubbio il più decisivo , posi in opposizione i due soliti contro- stimoli , acciocché tutti l'ossero stati nel caso di osser- vare i di loro effetti . Feci apprestare quindi ad uà coniglio , per epicrasi , quasi un'oncia di acqna di lau- ro-ceraso , e come vidi , eh' eccetto quel solito torpo- re , e la solita angoscia, non vi erano altri segni pros- simamente miuaccianti la vita , mi arbitrai a dargli un' altra piccola dose della detta acqua . Indi vedendo l'animale più ammiserito, ed in modo intorpidito, eh' «ssendo stato posto sul suolo , ed urtato , non saltella- va , come naturalmente fauno i conigli , ma languida- mente movea i suoi arti , diedi di piglio alla soluzione del tartaro stibiato, che fu anche data per epicrasi, e questa fece immediatamente rilevare una notabile mi- gliox-ia , mentre cede 1' affanno , e tutti gli altri inco- modi , e quell'animale , che un momento prima noa potea muoversi, incominciò a camminare con maggior franchezza , e di là a poco saltellò ; ond' è , che non solo non mori , ma si rimise anzi iu istato buono di salute , non essendosi consumata , che poco più di mezz' oncia della soluzione medesima . Contemporanea- mente poi , ad un altro coniglio diedi nello spazio di circa tre ore , collo stesso metodo , quasi un' oncia di soluzione di tartaro stibiato . Come questo agisce più sullo stomaco , che sul rimanente della costituzio- ne così divenne l' animale subito angoscioso , ed an- ( 297 ) sante , ed incominciò a soffrire de' chiari brividi , i quali divennero ia seguito sempre più intensi . In tale slato volli apprestargli , in piccole dosi , circa un' al- tra oncia di acqua di lauro-ceraso , la quale produsse ■un effetto sensibilissimo , giacché l' animale riprese il suo perduto vigore , terminò 1' angoscia , la respirazio- ne si restituì nel pristino stato , ed avendolo posto sul suolo , saltellava , come se non avesse mai sofferta al- cuna malsania . Questi due conigli talmente si riebbe- ro , che servirono al seguente sperimento . Se dall' antecedente sperimento si rileva , che una data dose di acqua di lauro-ceraso fu suflìcente a dar la morte ad un coniglio , ed un' altra della soluzione del tartaro stibiato ne ammazzò un secondo , ne sie- gue per conseguenza , che se queste sostanze fossero entrambe controstimolanti , le due dosi , o poco meno, unite insieme , date ad un solo animale , come sì è fette nel presente sperimento , avrebbero dovuto molto più facilmente , e con maggior sollecitudine produrre lo. stesso effetto , cioè la morte . Ma non essendo ciò accaduto , anzi essfndosi chiaramente osservato , che r azione di una sostanza fu distrutta da quella dell' al- tra , mi lusingo di poter decisivamente conchiudere, che l'azione controstimolante sia affatto chimerica , che trutte le sostanze agiscono stimolando , e che la teoria di Brov(rn lungi dall'addivenir vacillante , venga anzi a ricevere nuova fermezza , e solidità , e ad ess,'r rico- nosciuta come la più ragionata , la più analoga alle sperienze , ed ai fatti , ed infine come la più condu- cente alla spiegazione de' fenomeni . 38 e ^98) III. Finalmente gli ulti mi sperimenti , che presen- tai al pubblico, furono diretti ad osservare la vitalità, che resta negli animali morti si cogli stimolanti , che coi controstiniolanti . A quest'oggetto preparai una pic- cola Pila Galvanica , o meglio , di Volta , ed indi am- mazzai un coniglio con due valide dosi di laudano li- quido ; gli troncai il capo , scoprendo la midolla al- lungata , e praticai altresì una profonda incisione ne' muscoli di una delle cosce . Immediatamente che l'ani- male , cosi preparato , fu posto , per mezzo de' soliti conduttori , in comuuicazione colla Pila , si vide sor- preso da forti , e generali convellimenti , i quali essen- do durali più minuti primi gradatamente andiedero a mancare , sino che si estinsero affatto . Lo stesso apparecchio praticai in un altro coni- glio, che ammazzai con due anche valide dosi di acqua di lauro-ceraso. Malgrado ciò , questo secondo animale, posto in comunicazione colla Pila, manifestò de'convel- limenli , pure V energia di questi , non men che la lor durata presentarono un apparato di cose per gradi dis- simile dal primo , giacche le scosse convulsive furono più deboli , e minore ne fu la durata : fenomeno , che »on mancai di far marcare , perchè conferma sempre più , ed in ullimo luogo , la tante volte dimostrata as- surdità della teoria controòtimolante . A tutti infatti è noto , che , secondo i di lei principi , il coniglio mol- to coir oppio poco avrebbe dovuto convellersi , per- chè quasi distrutta in esso l'eccitabilità 5 e l'altro, che fu ammazzato coli' acqua di lauro-ceraso , avrebbe do- vuto dare delle violenti convulsioni , e di magg^ior da- ( ^99 ) tata , non essendosi quella esaurita . Ma rome il con- trario accadde, è forza decisivamente conchindere , che i principi della nuova teoria sono affatto ideali , e chi- merici . Voleva finalmente ammazzare un altro coni- glio colla soluziooe del tartaro sllbialo , ed indi assog- gettarlo all' azione della Pila ; ma non si volle dagli astanti che si sagriGcasse questo terzo animale , porche i primi avean abbastanza , e chiaramente dimostrala la dose di vitalità , che osservasi dietro la morte di essi proccurata non men cogli stimolanti , che coi con- troslimolanti . Ecco in breve i principali , e più importanti spe- rimenti , clie mi son dato l'onore di ripetere alla pre- senza di molli, e che sono pronto a replicare sempre che si vorrà, a fine di render pubblici i loro risultati ,i quali «essendo stati sempre uniformi , mi pare di aver abba- stanza provato s'i a priori , che a posteriori , cioè e col- le ragioni tratte dalla Filosofia medica , e coi fatti , la nullità della teoria controstimolante . Posso quindi ben volentieri dar termine alla presente memoria , anche perchè temo di esser tacciato di soverchia prolissità . Ma prima di far ciò, vi fo in ultimo luogo riflettere, Signori , che degli esseri contraddittoriamente opposti debbono benanche le proprietà esser contraddittorie . Ciò imporla , che se un solo effetto arriva il contro- stimolo a produrre , eh' è ancora prodotto dallo stimo- lo , non è più degno di formare un genere a parte di sostanze , ma torna a confondersi colle altre . Or dagli addotti sperimenti chiaramente si è rilevata la identità tra gli effetti degli stimolanti , e quei de' controslimo- ( 3oo ) lanti ; ed in particolare , perchè questi ultimi al pari de' primi risvegliano il senso , ed il moto . Dunque posso conchiudere , che gli stimolanti non solo contrad- dittori non osservinsi ai controstimolanti; ma che anzi siano loro affatto simili j onde crolla assolutamente la base dell' edificio . I 1 (3oi ) Dell'Agricoltura Ercohmese. Memoria dal Socio Or- dinario Gio: Bjjtista Gagliardo. Letta nelVAdiu- nanza del di 12 aprile 1810. I L Vesuvio colla tenibile eruzione del 79 dell'era vol-^ gare, eruzione, che come ognun sa, coslò la vita a Plinio , seppellì di terra volcanica , detta pozzolana bianca, \a città di Ercolano , e copri di altra terra vol- canica , detta lapillo j le città di Pompei , e Stabbia . Dopo queir epoca memoranda , l'eruzioni di questo volcano furono per lo più di /avo, ossia roccia volca- nica , per lo che tutta la collina , che guarda il Sud- Ovest, restò incolta e disabitata, e non si coltivarono che quei pochi tratti di terreno , che furono immum da lai flagello . Ciò fece che gli abitanti di Resina po- tessero riedificare alcune poche case che formavano ap- pena un villaggio , al quale diedero il nome della lo- ro antica patria , abbenchè le costruissero sulla sepolta Ercolano . Questo villaggio quantunque fessesi quindi ampliato non fu mai una gran cosa sino al i63i , epo- ca di una seconda eruzione di terra volcanica , delta pozzolana di fiioco [a) la quale avendo coperte tutte le lave antecedenti , e quei pochi terreni , che si col- tivavano , diede occasione ai Resinesi , sull' esempio (a) Questa pozzolana è migliore di tutte le altre per gli edijicj : ed adoperandosi colle pietre di lava forma un masso solo. ( 302 ) degli abitanti della Torre della Nunziata, che sull'an- tica Pompei piantati avevano e viti e alberi da fratto , di ridurre a coltura tutta la collina che loio apparte- neva . Fecero lo stesso gli abitanti della tante volte se- polta , e sempre riedificata Torre del Greco . Così Pve- sina da piccola divenne grande , al segno che ora , uni- tamente a Portici che l'è contiguo, conta da quattor- dici in quindici mila abitanti . Tanto gli uni , quanto gli altri sono tutti attivi ed industrioòi , e ricavano la la loro sussistenza ben comoda da quel medesimo ter- reno , che formata avea la i-ovina e la miseria de' loro antenati . Ma in qual inodo bau saputo essi profittar- ne ? Questo è ciò che io mi son proposto , rispettabi- lissimi Signori e Colleglli , di farvi conoscere. E mi sono a ciò determinato: i. perchè non vi è stalo ve- runo , per quanto io sappia , che siasene prima di me occupato : 2. perchè la coltivazione Ercolanese si sco- sta da tutte le altre dell'Italia, e come tale merita di essere conosciuta: e 3. perchè comprova ad evidenza quel che dai moderni fisici, chimici, ed agronomi sia stato dopo lauti travagli , ed esperienze dimostra- to , cioè che il gas acido carbonico sia il vero nutri- mento de'vegetaJjili. Il terreno che , come dissi , copri nel i63t la collina Ercolanese, e che a primo aspetto rassembra un pò verìglio volcanico frammisto di frantumi minu- tissimi di talco , e di vetrificazioni , avendolo fatto analizzare con i dovuti processi chimici , ha mostrato esser un composto per la terza parte di terra calcare ridotta a carbonaio , per un'altra terza parte di cene- ( 3o3 ) re volcanica , e l'ulliina terza parte per metà di aiu- tili na , e per metà di silice. Come tale non può que- sto terreno essere in niun modo ne meccanicamente, uè chimicamente l'ertile. Voi ve ne convincerete da ciò che vi farò conoscere , «descrivendovi il modo eoa cui si lavora e coltiva. Tutta la coltivazione della collina Ercolanese con- siste in vigneti , tra i quali sono piantate promiscua- mente e confusamente, in modo che formano quasi tin bosco , molte specie e varietà di alberi da frutto. Io vi parlerò prima de'vigneti , e del modo con cui si fabbrica e conserva il vino, e poi vi favellerò de- gli alberi da frutto. Quando si vuol colà piantare una vigna , o ri- mettere una vite che sia perita, convien fare delle fosse più o- meno profonde. Questa profondità dipen- de dalla maggior qtiantita di pozzolana da fuoco , che cuopre le antiche lave ^ o quelle terre che ne furono coperte nel i63i. Da ciò nasce la denominazione di terre da fuoco , e di terre vecchie. Colla prima s'in- tendono quelle che hanno le lava sottoposta : e colla seconda quelle che cuoprono , non già la lava , ma quei terreni che collivavansi prima di quell'epoca. I.e migliori per la qualità del vino sono le terre da fuo- co, abbenchè talune vadano soggette alla mofela, del- ie quale parlerò. E queste sono tanto più migliori , se la crosta della lava , che chiamasi catracchia , sia di color rossiccio, e non già di color giallognolo , det- ta/-r/v/^'mr , ed alla quale sia unito una qualità di terreuo argilloso di color rossastro, che dicesi inani- ( 3o4 ) moso. Quivi le viti vengono più robuste , vegetano prosperamente , danno maggior quantità di uva , da cui si fabbrica un vino migliore. Ma oltre di questa distinzione se ne conosce un'altra , ed è di terre vergini ^ e terre morte j la qua- le si applica tanto alle terre da fuoco quanto alle terre vecchie^ e nasce dall'essere state o no le mede- sime im 'altra volta cavate. Se nel far la fossa i con- tadini si accorgono che il terreno fosse stato prima cavato , prendono cattivo augurio della riescila delle viti , e cercano di cavarla non già perpendicolare , ma inclinata , e per quel verso dove la terra sìa vergine. Infatti le terre morte essendo friabili , non solo soa pericolose nel farvi le fosse , ma le viti che si pian- tano vengono stentatamente , e danno poco frutto. Esistono oltre a ciò delle altre terre che non fu- .rono coperte nel i63i , ed hanno queste il nome di novelle. Sono ugualmente buone quanto le terre veC" ■chie , e segnatamente per gli alberi da frutto. La varia altezza , ossia profondità della terra vol- -canica fa si <;he talune fosse debbono profondarsi sino a 45 palmi. La vite perchè prenda , e riesca , deve colle sue radici toccar o la lava ., o la terra vecchia sottoposta. E quando non si hanno sarmenti tanti lun- ghi , usasi inettere nel fondo della fossa del letame misto a paglia e foglie secche di alberi , sino al pun- to ove arriva il sarmento. Cosi si ottiene che le radici possano liberamente scendere sino al luogo designato, ed assicurarsi della riescila della vite. Le uve più generalmente coltivate per uso da ( 3o5 ) fabbricarne vino sono le nere. Hanno queste gli ar- bitrar] nomi di aglianìca , ossia greca nera , palomhi- na , porcinola , colagiovanni , tintora , olivella , can- namela , marocco , castagnara , ed altre. Le migliori sono Vaglianica , e la palombina , perchè più zucche- rose. Le bianche si coltivano più per uso da mangia- re , che per fabbricarne viuo, e sono la greca ^ la ìuoscadella , la teresella , la catalanesca , e \uva rosa. Qualunque sia però la profondità delle fosse , la larghezza non eccede i due palmi , e la lunghezza non oltrepassa i tre , ed in ognuna si adattano sei sarmen- ti., tre per parte. Ordinariamente si preparano in lu- glio ed agosto , ma talvolta sì fanno anche in ottobre e novembre , dopo terminata la vendemmia , rh'è il tempo della piantatura delle viti , che in tutti gli altri luoghi , come ognun sa , si fa in febbrajo e marzo. la qualunque tempo , il contadino che le cava deve la- vorar senza camicia e stando curvo. Il ferro di cui si serve è il picone , che colà chiamasi sciamarro. Con questo smuove, giunto che sia al termine della fossa, il terreno sottoposto in modo che forma una campa- na, e cosi siegue salendo : cosicché quella fossa , ch'era lunga tre palmi diventa di quattro , ch'è la distanza di una vile dall'altra. Un vigneto si stima tanto più migliore , ed ha perciò maggior valuta , se ogni fossa contenga le sei vili che vi furono piantate ; per lo che da taluni in vece di tre sarmenti se ne pongono quat- tro , dicendo , che uno sempre ne muore. Ordinaria- mente in ogni moggio di terreno si fanno cinquecen- to fosse, cosicché ogni moggio dovrebbe contenere tre 39 ( 3o6 ) mila vili , le quali tenute a tre a tre formerebbero tre mila piante. Ma ciò è rarissimo. Mancandone una non si può rimeltere propaginandone un'altra. Le propa- gini non riescono («). La coltivazione de' vigneti coasiste nella potatura, nella rimondatura , nella sfossatura, e nella spampana- tura . Dico dei vigneti, poiché il lavoro del terreno non ha ninna parte per la vegetazione delle vili , e serve soltanto per gli alberi da frutto , è di altri pro- dotti , di cui parlerò . Le vili ricavano il loro nutri- mento direttamente dalla lava , oppur dalla terra vec- chia sottoposta , e lo attraggono dall' aria per mezzo dei pampini . La potatura comincia in dicembre , e dura sino alla metà di marzo . I più accorti però non fanno ol- trepassare il mese di gennaro, poiché sanno essere un errore il permettere che le vili lagri alassero , come avviene a coloro che pospongono la potatura nel tem- po in cui le piante sono in succo . La potatura a pri- mavera non va fatta , che alle viti piantate in terreni umidi, onde lagrimando sgombrar si potessero della linfa soverchia , che contengono . Questo lavoro per la collina Ercolanese è molto spesoso , perchè per ogni (a) // moggio è uno spazio di 3o passi per lato, ed in conseguenza ha la superficie di novecento passi quadrati. Ogni passo è di sette palmi ed un terzo. FI moggio è perciò cento e dieci tese meno dell'arpent di Parigi. (307) pianta che come ho detto può contenere tre vili , vi bisogna un palo tljtto spalatrone , a cui va legala ; vi bisognano i salici coi quali si lega , e dei rami di pioppo, che mettonsi colla punta in giù alle cimo de- gli s/xilatroni , acciò le viti nel salire possano avere varj punti di appoggio . I salici , ed i pioppi si han- no dalla stessa montagna : gli spalatroni si fan venire da fuori . I gambali , ossia i tronchi delle viti , non si fanno elevare che dodici palmi al più . Sembra strano, che in un terreno aridissimo , qual'è qnello della collina Ercolanese, possino vegetare i sa- lici ed i pioppi . Per i primi i Resinesi lian saputo profittare dei burroni della montagna per i quali cor- re l'acqua piovana, che in molli luoghi si ferma. Qui i salici perchè in luogo umido, e perchè protetti nella stale dal violente ardor del sole , vengono bellissimi . Per i pioppi riesce difficile la loro prima educazione, e ne periscono molti , ma allevali che sieno reggono airasciullore ed alla siccità . Ogni podere ne ha quel numero che bisogna (a) . (a) Nel burrone dello il Fosso Grande , che per la maggior parie appartiene al Dottor sig. Giovanni tozzolino mio amico, ho 'visto de' salici piantati a ta- lee neir anno 1 808 , che avevano chi cinque , e chi sei germogli . Ho visto altresì i fichi , i gelsi mori, ed i noci , che avevan dato il frutto al secondo anno . I peschi lo avevan dato al primo . Egli mi assicurò sa- persi in Resina per tradizione che lo stesso era avve- ( 3o8 ) Potate le vili e legate agli spalatronì , succede il lavoro della rimondatura, detto colà scapezzatura ^ che si fa in maggio , e giugno . Cora questo non solo si tol- gono dalle piante tutti i pampinarj , i saeppoli , e le femminelle, cioè i sarmenti inutili e soverchi, e la- sciansi i fruttiferi , ma attaccansi i sarmenti di una pianta coli' altra: cosiccliè tutti i filari delle viti ven- gono a formare tanti festoni , che in autunno quando son carichi di uva fanno il più beli' effetto . La sfossatura si fa in luglio ed agosto . Questo la- voro consiste nello scalzare tutte le piante delle vili sino alla profondità di un palmo, e serve per due og- getti. Il I. è quello di togliere tutte le radici superio- ri , le quali se soa di danno alle viti di qualunque nato nelle piantagioni dopo il i63i. Ciò è ben natu- rale, poiché le pianticelle trovano ora nel burrone del Fojso Grande , come lo trovarono quelle del i63i j abbondanza di gas acido carbonico , primo e princi- pal nutrimento de' vegetabili. Questo burrone era pri- ma coltivato, ma fii poi coperto dalla lava del 1767^ che fece tremar Napoli , per lo che fu eretta sul pon- te della Maddalena la statua di S. Gennaro . Il Sig. Cozzolino non risparmiando ne spese , né cure , pro- fittando delle acque che scendono dalla montagna , q: andò piove , ha fatto costruire da luogo in luogo de' ciglioni , i quali trattengono la terra , che l acqua trasporta . In tal modo sta rendendo fertile un luogo sterilissimo . ( 309 ) specie,. e in qualunque altro terreno coltivale, molto più Io debbono essere per le viti dell'aridissima colli- na Vesuviana , le quali ricavando il loro nutrimento dalla lava ^ o dalla terra vecchia sottoposta, obligano l'agricoltore a non trascurare in niun modo una pra- tica COSI necessaria. Il 2. è quello di preparare le fonti da ricevere le piogge , che cosi ritenute portano un alimento al basso delle fosse . Queste fosse , o fonti , si riempiono , e si appianano in marzo . Nei molti discorsi agronomici che io ho tenuto con varj proprietarj di Resina, ho loro dimostrato che era un errore il far le fonti in luglio ed agosto , e riem- pirle in marzo . Il vero tempo da far le fonti è l'otto- bre . Cos'i non v' è pericolo che il troppo ardor del sole bruci le piante , come spesso avviene colà . Ed il tempo da cuoprirle ed appianarle è il maggio . L'ultimo lavoro è la spampanatura : lavoro neces- sario, perchè col medesimo si espongono lutti i grap- poli a ricevere lo stimolo della luce . Io vi ricordo , o Signori , the Dante cantò . Egli è il calor del sol che si fa vino GiiHito all' umor che dalla vite cola . E che Galilei diceva che l'uva , ed il vino altro non essere che la luce del sole mescolata con l'umido della vite. Questi sono gli annuali lavori che i Resinesi fan- no ai loro vigneti . Ma perchè non li zappano ? Per la ragione che ho di già accennata , che le vili traggo- no il loro nutrimento dal profondo dei terreni , vale 4 dire dal gas acido carbonico , che le la^e , e le ter^ C3ro) re vecchie continuamente esalano . E quando questo gas è troppo abbondante, come succede tiopo le grandi eruzioni del volcauo , tulli quei poderi di terre da fuo~ co , che hanno la lava sottoposta non già intiera , ma a pezzi staccati , soffrono a segno che tutte le vili pe- riscono . Onesta è la mofeta , la quale apporta un dan- no non indifferente in ogni eruzione; danno per altro che vien poi ben compensato , poiché ripiantandosi le viti , vengono queste assai più presto , riescono quasi tutte , vegetano con molta celerità , e danno fin dai primi anni un prodotto abbondaulissirao. Le zappature; che si fanno son due , ma non ser- vono per le viti. La prima si fa in marzo all'oggetto di sarchiare le fave ed i piselli che ftuon piantali in settembre ; per seminare i fagiuoli , e per seppellire i lupini e le vecce seminate espressamente in autunno per farne soverscio • Le fave , i piselli , ed i fagiuoli non si seccano , ma vendonsi a legumi . La seconda poi si fa in eslate , e serve per preparar la terra a ri- cevere in settembre la semina delle fave , de' piselli , de' lupini , e delle vecce . Queste due zappature non si profondano più dimezzo palmo, e meglio direbbon- sì sarchiature. Taluni arano, ed altri seminano anche il frumento , ma raccolgono ineno uva , e frulli , e perciò quasi tutti zappano . Infatti come si possono ben arare quei poderi che son boschi senza rompere , e spezzare le vili e gli alberi ? Come possono portar frutti quelle viti, e particolarmente le più basse, se restano avvolte nel miglior periodo di lor vegetazione , qual'è quello della fioritura , e dell'allegalura dalle piante del frumento ? (3,1) Oltre del soverscio fanno uso ancora del letame che non ispandono sa tutto il terreno , ina lo pongo- no in quei fossetti , entro cui seminar debbono le ci- •vaje , cioè le fave , i piselli , ed i fagiuoli . Somma cu- ra hanno perciò del letame, che si procurano in qua- lunque modo , e che conservano nei letnmai . Ma più di ogni altro ingrasso giova colà la cene- re che il Vesuvio erutta quando è in collera . Questa cenere è un ingrasso preziosissimo , perchè abbonda di gas acido carbonico . E vero che nel cadere brucia i germogli delle viti, e degli altri alberi, ma compen- sa quindi dopo due anni in un modo generosissimo . La sorprendente raccolta del 1808 fu dovuta alla ce- nere che il Vesuvio^ eruttò nel 1806 . Ella è costante osservazione , che la cenere n&n giova se non se dopo il secondo anno della sua caduta. Dal detto fin qui ognun; vede quanta la coltiva- zione Ercolanese sia diversa dalle altre di tutta l'Ita- lia , e quali sieno le ragioni che abbiano obbligati i Resìnesi a praticarla. E si deve confessare d'essere stata una conseguenza di lunghe , penose , e reiterate sperienze. Tra queste merita che ne sia conosciuta una, ch'è importantissima, relativamente all'innesto. Allora quando vogliasi colà innestare ima vite , usasi l'innesto a spacco , e perchè l'innesto riesca , si deve scalzar la vite sino a tre palmi se la medesima è piantata in terra da fuoco. Quando 1 innesto sia riu- scito fa mestieri coricar la vite , onde il luogo doH'in- neslo resti sempre sotterra. Lo slesso sotterramento si deve fare colle vili iuuestate apparleaeuli a terra vec- (3i. ) chia , ma per queste si può praticar l'innesto a fjoi' di terra. Onde ciò? Essi l'ignorano: ed io non sapi-ei Fenderne ragione. Taluno crede che ciò derivi perchè Belle piante delle prime le radici van profonde sino a toccar la lai>a ove trovano il loro nutrimento , quando he le seconde lo ricavano anche dalla terra superioi-e. Se ciò fosse vero sarehbe inutile nel piantar le vili ia terre vecchie far le fosse così profonde sino a toccar la terra che prima del i63i era scoperta. Oh quante cose vi sono su cui non si può render ragione ! Perciò conviene rispettar gli usi , e non declamare accusando di pregiudicati coloro che convinti da una lunga serie di topici esperimenti , sono obbligati a talune pratiche, ehe sembrano discostarsi dalle regole ordinarie che la scienza precrive. Io ssn d'opinione che l'agricoltura nostra non abbia fatto verun progresso , non solo per- chè i contadini seguono tenacemente le pratiche dei loro antenati , che per lo più son fallaci ; ma piìi , perchè coloro che han <;ercato migliorarla non haa prima ben esaminate le diverse circostanze dipendenti dal clima , dall'esposizione , e dalla natura de'terreni , e non han riflettuto che la cattiva riuscita dell'inno- Tazione confermar doveva i pregiudizj . Cosi coltivato un vigneto , egli è vago , come dissi, il vederlo carico di uve . L' ottobre è 1' epoca della vendemmia . Ordinariamente non si comincia a ven^ demmiare se non dopo la metà del mese . Colà non vi è pericolo che arrivino le brinate , e che 1' uva si guasti. Ed è questa la ragione per cui i Resinosi pian*- teuio indistintamente ^ e promiscuamente ogni sorla di ( 3.3 ) vitigni , che, come ognun sa, deb/jonsi piantare separa- tamente non maturando ciascun vitigno alla medesima epoca le sue uve . Tutte le uve sono allora malurissi- me . Io ho col gleuco-enometro alla mano misurato il grado di zuccaro che contenevano i varj mosti di quasi tutti i poderi di Resina , di Portici , e della Torre del Greco , e tutti m' indicarono il grado 28 al 29 e ta- luni anche il 3o. Con questi gradi di zuccaro non si deve attende- re che un vino eccellente . Tal' è in fatti la lacrima , clie io piuttosto denominerei Ercolano , la quale in Oltramonli ha un prezzo maggiore di qualunque altro vino del Continente , eccetto il tokai . Ma qui da noi questo viiK), che veramente ristora e conforta quando sia bevuto moderatamente , ha lo stesso prezzo degli altri vini del Regno . E per disgrazia non si ha puro, perchè serve ai mercanti di vino per accomodare gli altri vini d'inferior qualità . Ciò produce che i Resi- nasi niuna cura prendono nella scelta delle uve , e ba- dano più alla quantità che alla qualità del prodotto; e perciò in vece di moltiplicar V agìiunica , piantano ed innestano idi porcinola ^ come quella cha dà più uva delle altre . Da ciò dipende ancora , che son ben po- chi quei poderi che abbiano palmento , o tinaja , e pochissimi i proprietarj che abbiano cantine . La fer- mentazione si pratica all' aria aperta , in tini mal fatti, né chiusi . Difficilmente passa il mese di novembre senza che i vini non sien venduti . La fermentazione non oltrepassa giammai il terzo giorno , ed in ogni a4 ore la grassa s' immerge nel mosto , poiché si teme 40 (3.4) che il viuo possa inacidire . Così il vino resta di gusto dolce 5 ed è questo il sapore che si ricerca dai mer- canli , i quali talvolta fanno espressamente fabbricare un vino dolcissimo detto lambiccato , la cui fabbrica- zione consiste di non far fermentare il mosto al di là delle ore i!\ , e di passarlo quindi per la manica d'Ip- pocrate . Cosa sarebbero i vini Ercolanesi se si fabbricasse- ro colle regole che la scienza prescrive . Qual durata non avrebbero se si riponessero in botti ben costruite, e si serbassero in buone e convenienti cantine ? Voglio sperare che suU' esempio del Signor Pasquale Cozzoli- no che ne ha fabbricate alquante botti colle regole che gli ho additate, potessero gli altri imitarlo, e cosi mi- gliorarsi quei vini naturalmente eccellenti .1 L vero che molti forestieri non han mancato di trar partito dalle uve Ercolanesi per fabbricare degli eccellenti vini : ma non han recato verun bene al paese; poiché ne han fatto un mistero , ed hanno aggiunto ai loro vini delle materie estranee , onde farli credere vini di Ollramonti . Ella è questa un impostura . Per ottenere , Signori Colleghi , che non solo i vini , ma tutti gli altri prodotti del nostro Reg^no sì migliorassero , non bisogna far altro che istruire i pro- prietarj , istruirli senza ciarlataneria, ed incoraggiarli. Ma ciò spetta a voi . Pensateci ! Io intanto passerò a parlare di quegli alberi , ì quali nell' atto che fauno coi loro fruiti la delizia delle nostre mense , formano colà un secondo ramo di lucroso commercio . Ma non essendovi clù non dia tra noi la preferenza ai mede- r3.3 ) simi , conosciuti sotto il nome di frutti dì Somma , tralascerò di parlarne parli tamente , e mi fermerò per un momento , onde non abusare della vostra compia- cenza , a favellarvi degli ulivi , come quelli dai quali potrebbero i Resinesi ritrarne un prodotto ricchissimo. Ben pochi sono ora gli ulivi coltivati sulla collina Ercolanese , e non appartengono che alla specie di quelli che danno frutti da mangiarsi o in concia , det- ta del capitello , o salati . Tali sono le cosi dette olive di Spagna , ò le pasole che colà chiamansi rotondelle. Ognun sa che queste due qualità di olive non danno che poco olio, e quel poco che danno abbonda di ina- cilagine . Persuaso che l'olio di Ercolano superar dovesse tutti gli altri olj del Regno, e che potesse stare a fron- te a quelli di Provenza , io mi disperava per non po- ter avere altra qualità di olive : ma la fortuna mi fu amica . Essendomi un giorno f.;rmato avanti al cancel- lo del Real Boschetto di Portici , m' incontrai eh; si vendevano all' incanto delle olive di alcuni pochi al- beri sparsi nel medesimo; ed avendo domandato a qua- le sj)ecie appartenessero , mi fu risposto che non va- levano , perchè non erano né le spagnole , né le ro- tondelle . Ciò in' invogliò di andarle a vedere , e tro- vai che appartenevano alle specie delle cosi dette cel~ line ^ ed ol'arole , le migliori per cavarne olio . Alle- gro ])er questa scoperta , tornai colà dove si procede- va alla vendila , ed avendo messo un prezzo superiore alla loro vera valuta , fui preferito nella compra . Tulle le olive furono sei tomoli , colà detti \>arri, dalle quali ho cavato un'olio, che quantunque fabbri- calo senz'arte ed in uno di quei trappoli ordinar] , pur tulavia egli è eccellente. Eccone il saggio che ho l'ono- re di presentarvi . Qual altro ramo di speciosa ricchezza , oltre quella del vino , e de' frutti non potrebbero riirarre i pro- prielaij Ercolanesi , se innestassero a cellinì i loro uli- vi , e se in vece di sorbi , nespoli , e carubbi, piantas- sero, e moliiplicassero gli ulivi! E se questi moltipli- cali , introducessero per 1' estrazione dell'olio il frattojo de' loro antenati , che fortunatamente fu nello scorso secolo rinvenuto negli scavi di Stabbia , con cui si ha il comodo d' infrangere le olive senza rompere il nu- cleo , per lo che all' olio non si unisce quell'acqua mucilaginosa che il nucleo rinchiude! Sarebbe anche ciò, rispettabilissimi Signori e Col- leghi , un altro oggello da meritare i vostri savj , e fi- lantropici liflessi. (3.7) Della macchina per le unzioni mercuriali . Memoria del Socio Ordinario Pi et no Ruggiero. Letta neU Adunanza del di 11 maggio }8io. (a). i k^E vi è un metodo curativo, per la di cui inven- zione può anilar superba , e piena di se medesima l'arie salutare , dtsso è, a parer mio , l'applicazione del mer- cuiio conilo del proteo morbo , la silillide. In tutti gli siali dt'ir iulei nio , in tutte le apparenze del male , in qualunque stagione, ed in qualsivoglia temperamento, r applicazione del mercuri», eccetto pochi casi , debel- la sempre con sicurezza la malattia. 2. Toslochè un morbo cotanto distruttivo del ge- nere umano nella fine dt;l decimo quinto secolo tra- smigrò , probabilmente , dall' Africa nell'Europa (Z»), (a) Questa memoria fu letta nel mese di novem- Vhe 1 8og . // Reale Istituto avendo incaricato i socj signori Antonio Sementini , e Bruno Amantea , onde avessero in unione dell' autore posta in pratica la 7io~ velia macchina nelf Ospedale degV Incurahili , dietro il rapporto de' medesimi fu la memoria approvata nel mese di maggio , una colie aggiunzioni fattevi dal si- gnore Arnaiid macchinista , come si rili'va dull.i se- conda tavola di cui si avrìi in Jine la descrizione . No- ta del Compilatore. (1>) Per lungo tempo si è creduto che la sifdlide sia pervenuta in Europa dall' America . Oggi però (3.8) i medici , forse senza lunga fatica , gli opposero la grande medicina , il merciuio . Mi sembra che dob- biamo onninamente confessare che ne' grandi bisogni dell' uomo la provvida natura gli offre subito le gi- gantesche risorse. Si conosceva in Europa, anche pri- ma dell' epoca del male venereo , che le ulcere cuta- nee , e le erpeti in g:>nera]e curavausi mollo bene eoa questa medicina . Ma perchè la lue nel primo suo na- scere offendeva con pustule , e piaghe depascenti la cute degli Europei, più spesso di quel che oggi osser- viamo, perciò i medici guidali dall' analogia , e perchè alloi'a la siliilide si credè morbo spontaneo , ricorsero all'uso del mercurio , e con grande vantaggio degl'ia- fenni ['jj . con molte ragioni vien dimostrato , chi nel viaggio eli Colombo già la Ine era comparsa in Europa , e che gli Americani per allora non la conoscevano. Tra tanti sentimenti , che cercano ileterminare dónde ftt lue ci è pervenuta , prevale quello che sostiene averla noi ricevuta dall' Africa . Fabre Traité des malaties veneriennes. fa) / Greci furono i primi , per quanto io sappia, che cominciarono ad adoperare il jneniirio come me- dicamento , anche prima della conoscii.ta si/ìllide ^ ma perchè non ne conobbero il vero metodo di adopt^rarlo furono avviliti dalla grande salivazione , che produce- va agi infermi , e V abbandonarono . Quindi gli Ara- bi , che neppure avvertirono essere difettoso il metodo (3.9) 3. Dippiù siccome in que' tempi , ed ad un'epo- ca ancora non molla limola da noi , si credè , che ogni male dovesse terminare con critiche evacuazioni , e che la crise più propria della lue fosse la salivazio- ne , ed i sudori, cosi li medici animarono la cura mercuriale con chiudere gì' infermi quasi ermeticamen- te in una stanza . Colà , a noruìa del Tempio di Ve- sta , ardeva in tulle le ore una grande quantità di fuoco , ahbeveravansi spesso gì' infermi con decozioni sudorifere, si tuffavano quolidianatnente ne'bagni caldi, o per Io meno si adoperavano stufe di vapori. In tal modo la medicina , e gli accessorj , agivano del pari , perchè mentre quella distruggeva il morbo , questi ammazzavano l' ammalato . Che se qualcuno meravi- gliosamente sapeva resistere alla cura senza terminare la vita, ne usciva semimorto, e difformato , avvilito di forze , colla pinguedine consunta , sdentato , con gingive e palato carico di ulcere , 1' alito puzzolente , la testa svanita ec. ; onde per riprendere 1' aulico stato (li amministrarlo , pensarono , che fosse venpjica V in- dole del medicamento , ma volendone ripigliare l'uso, proccnrarono corriggerne la malignità , mischiandolo con diverse droghe. E celebre l' unguento Saraceno composto di una nona parie di mercurio , ed otto none parti di semi di stafisagria . Ma siccome il di- fetto , ch'era il metodo , non venne neppure allontanato , perdi) anche nelle loro mani seguitò il mercurio a produrre varj sconcerti. ( 320 ) di salute , gli costava j)iù di fatica , clie per curarsi dal male . I tiìedici per altro non sopportavano con indifferenza questa carneficina degl' infermi ; ed alla fi- ne colle continue riflessioni , e colle replicate sperien- ze conobbero , die lutto il danno era vera conseguen- za del metodo mal' inteso , con cui la medicina veniva semini nistrata . Eglino adunque s' impegnarono e riu- scirono a coniggerne l'errore 5 ed oggi possiamo fran- camente asserire co' fatti alla mano , che il gran me- dicamento adoperato per frizioni liesce sempre vantag- gioso anche alle gravide , a' bambini , a' vecchi , ce. , purché si colpisca la vera occasione , e si adoperi col Hietodo ultimamente riformato. 4. Con tutto ciò mi credo pieno di ragione ad as- serire , che le frizioni mercuriali eseguite col metodo edieriìo , ch'è il piti perfetto, si rendono micidiali per alcuni uomini , e diflicili ad eseguirsi per alcuni altri. A tale oggetto mi sono determinato , eruditissimi si- gnori Colleghi , di proporre qualche mezzo come ripa- rare codesti inconvenienti particolari. 5. A tutti è noto , che la cura di mercurio ri- chiede due necessarie coudizioni , che possono dirsi esterne : la prima consiste nell' unguento ben prepara- to , il che è facile ad ottenersi : la seconda nelle fri- zioni eseguite da esperti pratici , de' quali in Napoli ne abbiamo degli ottimi . Questi manovrieri per tanto, affin d' impedire , che il mercurio penetri nella di lo- ro macchina ( giacche riesce sempre dannoso a qua- lunque individuo , allorché s' introduce nel suo corpo in grande quantità e senza bisogtio ) adoperano molte e 32t ) diligenze, che a lulli sono note. Ma ciò non ostan- te, gli unziouaij appena hanno conlinualo il di loro meslioro per lina decina di anni , clie o muojono con sfrenata eniollise , o si debilitano in modo , che diven- gono Iremoli sopratulto nelle braccia e nel collo; onde restano inabilitati per qnesla o per ogni altra fatica . Costoro adunque , dopo il corso di alcuni anni , o perdono la vita naturale, o rendendosi inutili per lo- ro stessi , e per gli altri , perdono la vita civile ; e possiamo considerarli come i condannati allo scavo delle miniere. Io per altro non so quanto sia permesfO nella Società di mettere a ripentaglio la vita di alcuni,- per rendere salva quella di altri . Mi costa solo , che la vita degli uomini è egualmente eslimabile fino al più infelice della terra, e che i medici debbono af- faticarsi non solo per restituire la salute agi' infermi , ma molto più per conservare quella degli uomini , che non ancora l'hanno perduta. G. In secondo luogo dissi , che le frizioni mercu- riali si rendono di difficile esecuzione per un gran- de numero di persone . La prima difhcoltà consi- ste nel dispendio , che ascende per lo meno ad una trentina di ducali , non tanto per il valore dell' un- guento , quanto per il compenso, che si dee agli unzio- narj , i quali non sono mai a sufiicienza rimunerati , perchè logorano la propria salute . -]. La seconda difficoltà poi è quella, che rende assolutamente ineseguibile la cura delle frizioni 5 e que- sta consiste nel trovarsi spesse volte bisognose della gran medicina le zitelle di famiglie onorate , le donne 41 ( 323 ) ligate in matrimonio , 1 figli di padri severi , 1 sacer- doti , ed altri personaggi di riguardo , che tengono mol- to a cura la propria stima, e quella de' loro congiunti - L'ordinaria cura delle frizioni non può mai mettersi in opera senza farsi nota all' unzionario , a' congiunti , ed a' famigliari . Posto ciò, molti di tal' infermi per non denigrare il di loro buon nome , si contentano sagrificare la propria salute , e qualche volta benan- che la vita . 8. Tutte queste riflessioni , che non sono sicura- mente nuove, da lungo tempo hanno toccato nel vivo il cuore de' medici , per cui molti di essi , ed io an- cora, abbiamo spesso consigliato gl'infermi ad eseguire le frizioni colle proprie mani . Un tal metodo a pri- ma vista sembra, che dilegua tutte le di ficoltà fin ora esposle , e pare , che si renda più utile del metodo generale , perchè in simil guisa il mercurio penetra per le mani, e per il luogo, che viene essere sfrolinato. Il fatto sta , che io ho veduto costantemente da ciò due conseguenze niente lodevoli nella pratica , e ini lusingo ^ che sian pur note a chi riguarda le cose criticamente, e con posatezza . La prima si è , che mai gì' infermi con lue confermata non restano perfettamente curati j non solo perchè non impiegano nel piede tutto l'unguento necessario , giacché manca loro la forza , e la pazienza di strofinare per un pajo d' ore continua quella parte in una molto svantaggiosa situazione j ma benanche perchè si sospendono le cure a mezza strada , giacché si sgomentano a consumare circa ott' once d'unguento , eh' è l'ordinaria dose per distruggere la lue conferma- ( 323 ) fa . La seconda conseguenza è più ten-iblle della pri- ma , perchè io ho trovato spesse volte vero , che questi infermi non solo per la mal comoda situazione , che so- no obbligati di sostenere nello strofinare colla propria mano l'arco plantare, ma forse anche perche la por- zione di mercurio , la quale per le mani incanalando- si ne' \'asi linfatici corto a corto giunge, subito a' pol- moni , ed offende questi , per cui spesso si assoggetli- scono air emoltise , e sopratutto i gracili di complesso. Dal canto mio nello spazio di otto anni ho veduto ben dieci individui sputar sangue con tosse nel corso delle frizioni mercuriali , eh' eseguivano colle proprie mani. Con ragione adunque ho di già eliminalo dalla mia pratica questo metodo , che in luogo di ristabilire , consuma gli ammalati . g. In fine bisogna riflettere , che gli attaccati da lue , i quali si passano per le frizioni negli ospedali , ordinariamente n' escono come n' entrarono , o poco migliorali . Che se qualche volta sembrano sani , Io sono apparentemente ; perchè nel cambiarsi delle sta- • gioni vengono di nuovo sopraffatti dagli stessi sintomi. Sappiamo che per consumare due dramme di unguen- to napolitano sotto gli archi plantari , si richieggono due ore di strofinio. In un grande ospedale al con- trario , dove sì debbe in ciascun giorno soinniiuistrare il mercurio a sessanta inalati circa , vi si tengono ad- detti ammalappena quattro o cinque unzionarj , i quali procurano disbrigarsi in du3 ore di tempo , consuman- do pochi minuti per ciascun infermo; la cura dunque dev'essere necessariamente imperfetta. Anzi gli unzionaii ( M ) pel" disbrigare In pochissimo tempo 1' operazione , un- gono JQ luogo di stropicciare , 1' unguento lungo le gambe; per cui difficilmente in questo nostro ospe- dale un uomo, che soggiace alla cura nurcurial; va esente da gran salivazione ; cosa che non osservia- mo,nelle case particolari. io Tutte queste riflessioni , vale a dire i. il fre- quente bisogno di dover n iscondere la malattia , e la cura istessa , che degradano il buon nome , 2. la spe- sa significante, che non può sost^-nersi con indiferenza da ogn' infermo , 3. il danno, che ne ricavano gli un- zionarj , 4 1' impossibiliià di potersi eseguire questa cu'- ra con esattezza negli osp dali ; 5. ed in fine il desi^- derio di moltiplicare o facilitare i nit'zzi dalla nostr* arte, mi hanno aguzzato 1 ingegno ad inventare una niacchiuuccia , colla quale ciascuno infermo possa da se slesso eseguire le frizioni , purché tenga le braccia immuni da ogni ma-I ore . (ihv^ Sfl poi. questi arti non fossero interamente a sua disposizione , allora roirajuto di un famigliare qualunque , che oslo , e che trovandolo uti- le col fallo, possa questo convalidarsi di maggiori pruo- \e , ed in tal guisa generalizzarsi in poco tempo per r utile dell' lunanilà. Descrizione della machina. II. Questa nuova macchina è composta r. daV tor- no , 2. dal telavo , dove gira il torno , 3. da un arco armato di corda , per mezzo del quale si comunica il movimento al torno istcsso y come si osserva nella fig. ^- Spies^azione della Tavola prima . 13. I^ii^- /. T'orno . Per inteni'ere bene la descri- zione di quoslo torno bisogna esaminare prima di lulto la sua ossatura , che si osserva nella /ìg. V. i3; Fig. ir. Scheletro del torno. Lo schek'tro del forno consiste in un asse di legno cilindrico nel mez/.o , e quadrato negli estremi lungo pollici i4 , e mezzo pollice doppio 5 la parte media di questo cilin- dro, che io chiamo collo del tomo , ha il diametro di un pollice e mezzo, ed un asse di pollici due in tre, secondo che le girelle tengono maggiore , o minore convessità verso del collo del torno . Il collo del tor- no è rinchiuso da due grandi girelle del diametro ip pollici 8, e due altr& girelle, ma ])iccole,vi sono ne- gli estremi A B dell'asse, le quali hanno il diametro di pollici 4 • Queste quattro girelle sono di legno di ( 326 ) noce bianco , perchè legno forte , e leggiero ; hanno piccola grossezza nella circonferenza, afGnchè il tor- no riesca leggiero . Le girelle escavale con un foro nel centro ( dove sono più doppie e convesse verso il collo del torno ] vengono ricevute dall' asse , e coli* ajuto dell' icriocolla restano ligate con quello . i4- Preparato in questo modo lo scheletro del torno , si empiono di peli caprini gli spazj voli ( AD , BT) Jìg. I. ) tra le piccole, e grandi girelle ; cmpionsi però in modo da formare due cilindri col diametro delle piccole giielle ; colla coudizione , che gli estremi loro verso le grandi girelle abbiano la se- zione di qualche linea superiore a tutto il resto , af- finchè possa questa parte empiere meglio ì'escavazlone dell'arco plantare. Questi crini vanno coperti di tela per conservare la descritta figura , e per coprii'si quia- di di cuojo , come diremo or ora . i5. Dall' esposta descrizione si capisce , che da ciascuna grande girella resta su' cilindri un orlo supe- rante , dell' altezza di un pollice circa , che io chia- mo creste del torno , le quali nella faccia esterna , corrispondente a' cilindri , saranno pur coperte di cri- ni, e di tela come i cilindri istessi . In fine i due ci- lindri , e le creste vengono coperte di quella pelle , di cui i nostri unzionarj hanno il di loro guanto per strofi- nare il mercurio . La migliore pelle è la vera pelle di dante, eh' è doppia, morbida , e di pori strettissimi ; ma questa è rara a trovarsi , almeno fra noi , ed è di molto costo . Perciò se le può sostituire qualunque xuojo , purché sia sottile . Questo cuojo si adatta (3a7 ) la modo che la superficie carnosa, che si chiama car- niccio y resta esterna , ed interna la superficie levi- gata ; perchè in questo modo il contatto ■ del torno sarà. più morbido sotto del piede. Il cuojo , che copre il cilindro sarà di un pezzo solo, ed avrà una sola cucitura ; quello poi , che copre la cresta , sarà benan- che di un sol pezzo , ma senza cucitura , eccetto quel- la che unisce il cuojo della cresta e quello del cilin- dro. Le cuciture saranno interne , e bene strette , al- trimenti 1' unguento mercuriale vi penetrerà per mez- zo dello strofinio . In fine si avrà l'accortezza di levi- gare questa superficie aspra del cuojo col mezzo della pomice, affinchè niente d'unguento rimanga nascosto, ed i punti di contatto tra 'l piede ed il torno siano molti ,. ed uniti . i6. Fig. I. Torno già terminato. Negli estre- mi del torno A, B, vi sono due perni di ferro ( ve- di ^j"'. JC. ) eh' escono dagli estremi dell'asse, i qua- li entrano poi ne' due forami I , I delle stanghe , o siano sostegni del torno [Jig- IH- ) per inezzo de' quali il torno si rende mobile. la questo modo il torno richiede molta lorza nello stropicciare i piedi , por cui ho Cercato adattarvi i perni del vero torno , e che gli artisti chiamano punte di acciajo , Jig. VII. Vili. IX. 17. La pelle de' cilindri sarà inchiodata nella su- perficie esterna delle piccole girelle A, e B , e nel!' orlo delle grandi D. ,^ e D. Fra le creste , e la pelle, che le copre , vi sarà bemnche una piccola imbotti- llèra di criai , in modo che la cresta sia sottile nell' ( 328 ) cHo , e doppia nel toccarsi col cilin dio ; ed affincliè r attrito , che si larà da questa suU' interna parte dell' arco plantare , sia nioibido , e non duro . 1 8 Fìg. II. U arco , che fa girare il torno . Que- sto consiste in una perlica di legno G , G , lunga palmi 3 e mezzo , dotata di un manico fisso in F , il quale sia lungo pollici 6; questo manico serve, perchè l'infermo vi adatti ambe le mani, e possa in qucslo modo con maggior franchezza muovere il tor- no , allorché voglia stropicciare tutti due i piedi n eli' istesso tempo ; e serv^ ancora per ivi fermare la cor- da dell' arco . S3 poi ama di fregare un piede per volta , questo manico non è necessario , e basta in quel luogo un piccolo pozzo di legno per assodare il cordellino E E dell'arco. Questa corda, la quale è fissata prima mU' estremo inferiore, si gira poi due o tre volte intorno al collo del torno , ed indi si passa per una escavazione fatta sull' apice superiore dell' ar- co , e si assoda sul suo manico F . 19. Fig- IH- Telajo dove gira il torno . Il telajo consiste in due laterali , o stanghe HH , HH , lunghe non meno di tre palmi , e mezzo , e larghe pollici due , e mezzo . Si po.^souo fare anche di legno di pioppo , non essendo necessario legno forte . Vi sono tre tavolette traverse R , R , R , delle quali la media necessariamente deve avere tre pollici di larghezza , e le altre possono farsi più strette . Negli estremi superiori delle stanghe , e propriamente nel lato inferiore vi è V incisione H per cadauna , che serve per fissare questi estremi del telajo su di uno sprocco di sedia , come (3.9) si osserva nella ^g-. V. La traversa media tiene nel mezzo una grande escavazione per dar luogo alle cre- ste del torno . 20. Fig. IV. Vedi Jìg. I. 21. Fig. V. Infermo in atto 26. E però d'avvertirsi, che queste punte ed ì forami conici ne' jierni di acciajo , da cui sono rice- vute , si consumano nello spedale dopo un mese che la macchina si è posta in attività . L' accortezza di un- gerle di olio spesso allorché gira il torno , e la sicurez- za che siano di vero acciajo daran loro una più lunga durata ; ma ì perni lunghi descritti , Jig. X. , senza di ciò sono perpetui . Adunque se le punte facilitano il moto del torno , i perni sono di maggior dm'ata ^ ed io preferisco questi per gli ospedali . 27. Fig. X. Il perno di ferro A B lungo più dì un pollice è di figura quadrata da 2 in 3 , eh' è la porzione che dee penetrare tutta nell' asse del torno : da I in 2 è di figura rotonda , ed è la porzione che resta scoperta fuori dell' asse del torno , che dicest collo del perno , e che penetrando ne'foi'ami escavati alle stanghe, ^g". III., fa girare il torno . Questo collo del perno vicino al suo corpo è più doppio , che nell' apice estremo , e quella doppiezza dicesi collare del perno . Questo collare serve affinchè il torno nel suO' moto non traballi ia mezzo a' sostegni , ( 33r ) Metodo per far uso del torno . 28. Armata la tnaccliina nella maniera esposta , si tiee situare come si osserva nella y^'g'. V., vale a dire, che gli eslreml superiori del telajo poggiuo sopra lo sprocco di una sedia, o più superiormente sul lembo del sedilo della ssdia istessa . Questa sedia è sita iu modo che tocca colle spalle ia faccia al muro della stanza per renderla fissa all' azione del torno . Gli estremi iiifc-riori del telajo tagliali a sbiscio colla tra- versa inferiore, da cui sono sostenuti , poggiano sul suolo. Quivi si adatta una sedia per far sedere l'in- fermo , la quale con uno de' suoi piedi anteriori pre- me r inferiore traversa del telajo . L' infermo intanto Seduto su questa sedia poggia il calcagno di un piede ( e sia per esempio il sinistro, com3 nella j^g. V. ) sulla traversa media del telajo , e la pianta sul corri- spondente cilindro del torno , in modo che la faccia interna dell' arco plantare tocca la vicina cresta del torno . L' altro piede lo fissa sulla stanga corrispon- dente del telajo , e prende 1' arco colla mano dritta , colla quale agitando l'arco istesso comunica al torno i moti contrarj di rotazione , necessarj per la frizione mercuriale . 2Q. Questa situazione dell'infermo è tale, che lo mette nelle circostanze di agire comodamente , ma rende anche fissa la macchina istessa nell' eseguire le frizioui . ( 332 ) Avvertimenti necessarj per V uso di questa macchina . 3o. Tutte le volte, che l'infermo comincia le frizioni , sarà prudente conJoUa stropicciare un piede dopo l'altro, e non già ambidue nel tempo istesso ; perchè in questo modo con due o tre giorni di eser- cizio acquisterà tutta la necessaria espertezza, e quln-^ di gli riuscirà facile strofinare tutti due i piedi nel tempo istesso . In questo secondo caso la sedia , dove siede l'infermo, non poggerà sulla traversa inferiore del telajo, ma sarà regolarmente situata sul pavimeni- to , ed alquanto discosta dal telajo ; perchè i piedi dell' infermo , che poggiano sulla traversa media , ba- stano per mantenere ferma la macchina . E però d' avvertirsi, che se il torno deve esser mosso dall' istesso infermo , sarà più prudente stropicciare un piede per volta, allorché si tratta di una donna o di un uomo debol e . TS. 3i. Situato r infermo nel modo descritto proccu- rerà tener fermi i calcagni sulla traversa media del te- lajo , e le piante de' piedi le poggerà Ipggermenle su' cilindri del torno. Se questa compressione fosse alquan- to pesante , ne nascerebbono due mali 5 il primo , che ( 333 ) il piede si riscalda moltissimo con positivo incomodo dell' infermo ; il secondo è , che si richiede molta forza per far girare il torno . Purché si abbia riguardo a questa prima condizione , con piccola forza si stro- picciano ambidue i piedi in un tempo solo . ni. 32. La facilità di stropicciare i due piedi nel tempo istesso è maggiore quando il torno è armato di punte ne' suoi estremi, che quando è armato di: perni IV. 33. L'arco non si debbe muovere con molta ve- locità , affinchè il torno non acquisti molto impeto , il quale riscalda il piede con gran fastidio dell' ia^ fermo . V. 34- Quanto più i cilindri del torno sono volumi- nosi , tanto più presto sarà consumato 1' unguento, che si è spalmalo sulle piante de' piedi j perchè que- sta pianta essendo quasi piana , avrà sempre maggiori punti di contatto col cilindro, allorché è più grande la circonferenza di questo : non mai però la circon- ferenza sarà tale che debba strofinare sul calcagno , e sulle di^ de' piedi . (334) VI. 35. Con questo istrumento si impiega il terzo di tempo, che consuma 1' unzionario , ed anche meno. Bastano tre quarti di ora di tempo coli' uso del tor- no per eseguire ciascuna frizione, e l' uuzionario la prolunga ben spesso due ore e .mezza , ed anche tre ore . VII. 36. Allorché il torno è nuovo bisogna ingrassar- lo, aftinché insuppato una volta , ributti poi l'unguen- to che dee stropicciare . Il torno s' ingrassa stropic- ciandolo con grasso porcino, quindi si asciuga al so- le o vicino al fuoco per replicare l' istessa operazione la seconda , e terza volta ancora . Con tutta questa diligenza pur la pelle del torno , come quella del guanto dell' unzionario , assorbisce unguento sulle pri- me ; e perciò le prime tre o quattro frizioni si fai'auT. no con dose tripla d' unguento , VIII. 37. L'infermo conosce essere terminata la frizio- ne, allorché la pianta de' piedi e la pelle del torno non è più lucida ; e dippiù quando toccando leggier- iiiente la pianta del piede coli' apice di un dito della mano , questo non si annegrisce . (335] IX. 38. Tanto II torno , quanto il guanto dell' un- zionario s' incrostano di grasso addensato continuan- do le frizioni ; e questo si mischia col nuovo unguen- to , il quale resta debilitato da tanto grasso , e ren- desi difOcile l'assorbimento del mercurio. Dunque a norma de' guanti degli unzionarj, bisogna dopo set- te in otto fiizioni pulire bene il torno con un panno qualunque . Spiegazione della Tavola seconda . Fig. I. Sheletro del torno . Vedi la spiegazione della Fig. IV. nella Tav. I Fig- IT- L' intera macchina chiusa , e guar- data di prospetto. ¥jS , ¥u braccia del torno ; r/ _, gh sostegni delle braccia ; pò , nni creste del torno , nel- la faccia esterna delle quali il cuojo forma un piano inclinato su' cilindri , il che produce una figura adat- tata per tropicciare l'arco plantare nella superficie in^ feriore ed interna laterale . Fig. III. GH, GH braccia del torno; HI, HI sostegni delle braccia , i quali sono uniti colle stesse braccia per mezzo di viti a rubinetto in HH , per po- ter chiudere la macchina. G, e G sono semicerniere, che si uniscono colle altre due metà fissate nella base del telajo , come si osserva In M, ed M, Fig. IV. { 336 ) Le punte di ferro i , 2,3 sorgono perpendicolari nelle braccia del lorno per sostenere i due perni la- terali a ^ b della tavoletta , Fig. V. che serve di ar- gine sii tallone , affichè non venga menato in dietro dal movimento del torno . Fig- If^- Base o pianta della macchina . Qui- vi sono da notarsi due laterali MN , MN con due traverse MM , NN ; le intere cerniere M ed M , e le dentature 4^ 5, 6; 4» ^5 6, le quali ri- cevono gli estremi inferiori I, I de' sostegni HI, HI^ fs- III Fig. V. Tavoletta , che sostiene i talloni , ac- ciocché il piede non si dissesti dal suo sito per il movimento del torno posto in azione . In questa si Dotane ;due rialti « d , e b , de' quali ciascuno forma il suo cavo nel lato interno in d , eà in e; due per- ni traversi di ferro a ^ h , che poggiati sopra uno de' perni perpendicolari i , 2 , 3 , fig. 111. , non solo so- stengono la tavoletta, ma offrono la comodità di portare l' istessa tavoletta avanti o in dietro secondo la lunghezza del piede , che si stropiccia . P è un po- mo di legno per prendere la tavoletta , e portarla ove piaccia . Fig. VI. U intera macchina guardata di prò-' fio. Fig. VII. U intera macchina chiusa , e guardata dì prozio . Fig. Vili. Arco guardato di prospetto. OQ pertica di legno } b manubrio dell' arco j O palla di ( 337 ) legno , die riceve una vile lunga di fono , la quale si avvila colla scrofa mobile di ollone, che si osser- va nella 7?jg-. XI: d occhiello di ollone , che continua colla scrofa , e serve per ricevere 1' estremo superiore della corda . Fig. IX. Arco guardato di profilo , e correda- to di corda , dove si osserva la corda islessa liga- ta neir estremo inferiore dell' arco RV , e coni è rav- volta intorno al collo del torno in T , e ligata all' oc- chietto di ottone S . Quest' occhietto è una continua- zione della vite femmina rinchiusa nell' arco , e che riceve il maschio di ferro affidato alla palla di legno R . Or ognuno intende , che girando a dritta la palla R, tirerà in sopra l'occhietto S, ed in conseguenza si tenderà la corda j e viceversa girandola a sinistra sarà rilasciata la corda . II pezzo di legno g h serve per coprire il gioco delle viti nascoste nell' arco . Il manubrio descritto nell' antecedente figura si osser- va in o . Fig. X. Infermo in atto di darsi le frizioni mer- curiali. Non si è stimato adattare ambi i piedi sul torno , per dimostrare più chiaramente la situazione del piede istesso . Fig. XI. Vite , che si nasconde nel manico dell' arco per tendere o rilasciare la corda giusta il bisogno . A palla di legno , dove si assoda la spira di ferro AB . Questa spira si avvita nella scrofa C . La scrofa continua in CB , dove si piega producendo Bc? con un occhio in d, il quale esce fuori del manico, e riceve 1' estremo superiore della corda de. L' uso 43 ( 338 ) di questa vite si è detto nella spiegazione deWafìg IX. Questo telajo tanto complicato rluscii'ebbe utile nella pratica, qualora si fissasse j perchè il telajo facilmente si apre nell' azione del torno , e le ferrature si rom- pono ben spesso negli ospedali , dove la macchina fa- tica moliissiino, ed è maneggiata da persone sciocche, e uoa curanti. Fa^. 33 S. a •( ^yir/z^u e. a^/j. Q/zu/T/-,-) /.'c/Au^ ^ /a T. 1. i/a // . () f 1' ^ lu^'i'/e/a/i^ . '■'^a/: . -f/c'/\z i'ic 111 ^ ; ■ ^ :i-3 1 few 'll<^l:- (339) Sulle campagne di Puglia . Saggio del Socio Ordina- rio Lucy0 DE SAMUELE Cagts AZZl . Letto all' AdU' nanza del di i8. agosto 1810. Hoc opus , hoc studitim parvi properemus , et ampli , Si patrice volumus , si nohis vivere cari . Hor. L. I. Ep. III. T leti divisa la Puglia in piana e pietrosa . La parte piana , eh' era I' antica Dauuia , confinata verso il suo settentrione dalle montagne del promontorio Gargano nell'occidente e libeccio dalla catena degli appennini, nel levante dal mare e dalle inurge [a] , sì prolunga tra queste e le montagne di Basilicata fino al seno Tarenlioo . In una mia memoria, che trovasi inserita nel XIII volume della Società Italiana delle Scienze , io ho presentato le mie congetture di essere stala mia ta- le pianura fino al detto seno Tarentino sotto le acque lungo tempo dopo che gli appennini e le nnirge era- no già discoperle, formando in conseguenza un isola del suolo pietroso che un tempo era abitato dai Salen- tiui , Peuceti e Calabri , ed oggi costituisce le due pro- vincie di Bari ed Otranto . (a) Senza credere che tali luog/ii sieno stati un tempo dominati da Murcese diconsi murge le colline pietrose della Puglia corrottamente da muricce, ammas~ si di pietre , perchè tali sembrano nelle loro falde . ( 34o ) Per ben conoscere la cfiialilà del terreno, e tutte le altre circostanze locali delle già dislinte ])aril della Puglia, uopo è che in Lieve la loro litograda io uè faccia . Sono le mrtrge di un indole tnlta diffi-rente dagli appenniiii , e d;il!a I:inga catena di questi sono distac- cate mediante l'indicata pianura, contra 1' opinione di tulli i geografi che l'han credute una continuazione di essi appennini . Queste murge nel costituire le loro diramazioni sulla già detta ostensione son poste in mo- do da indicare cliiaramonte la corrispondenzT tra gli angoli sinvoj e quelii rilevanti . I sfrati che le costitui- scono son di posizione orizzontale, o poco da questa diffcienle , purché qualche slraorclinarìo accidente non li al)l)ia turbali coinè avvi luogo a credere in varj siti. Son dessi di pietra calcare , o sia carbonato di calce , di una tessitura compatta, a segno che non può lavorarsi che con piconi e martelli, e serve aì!a costruzione di durevoli edifizj , e più di ogni altro a lastricare le strade ; colla coltura conveniente si converte in buona calce . Questi strali non sono di egual grossezza , es- sendovene alcuni di più piedi , ed altri progressiva- mente di due o tre linee. F, rimarcabile che gli strali di una rupe bene spesso corris[)ondono nella grossezza e tessitura con quelli dell' altra prossima , posli alla slessa direzione . Fra questi strati scorrer si vedono non di rado de' filoni di ossido di ferro , alquanto mi- sto di marna , che in alcuni luoghi prende la consi- stenza di ematite . Questi solidi strali calcari sono i soli componenti ( 34. ) tifile murice , tic; altro sasso ritrovasi , a riserba del tufo anclij calcar.! di cui dovrò parlare . Questi strali sembrano prodotti non già da una lenta precipitazione di materie, ma piuttosto da una sollecita disposizione causala da eslo acquoso. L da credersi però, die qual- che s azio abbia dovuto passare Ira la Ibruia/ione o sia deposizione di uno strato ed il suo sovrapposto , giacché tra aliuni non essendovi altra materia fram- mezzo, se molle fosse slato il sottoposto , nell' atto che si dcj'oneva il superiore , si sarebbe con esso unito , anche in forza del peso ; si vede anzi in molli la su- pcrlicie alquanto più dura. Il limo calcare che pro- dusse questi strali considerandolo prodotto da' corpi organici marini , dovè subire una poderosa azione dall' esto delle acque per più secoli , giacché le sue parti- celle sono assai assottigliale ed uniformi ; o pure è da credersi primitiva questa terra calcare. Giova però sapere che in queste pietre le più dure e compatte si trovano non di rado de' residui di corpi animali. Queste osservazioni unite alla monotonia che pre- sentano nella loro interna costruzione le ììiurg^, non che nell'esterna, la loro umile grandezza e forma ton- deggiante per lo più 5 ci mostrano la loro formazione subacquea , ma differente però e non contemporanea a (juella degli appennini . Hanno questi per lo con- trario r esterna ligura poco tondeggiante, e spesso alle falde dirupata e la costruzione interna confusa ed irregolare per i compononli , e posizione de' strati , giacché la parte sassosa degli appemiini prossima alle minge y che sono i monti di Basilicata, suol con- ( 34. ) sistere iu disordiuati ammassi di cote arenaria , con qualche strato di petroselce , e qualche grosso strale di pietra calcare , non cosi bianca e pura della prece- dente , né della slessa tessitura . Avendo inoltre più volte livellato le più alty cinje delle ninrge \ l'ho ri- trovate tutte più basse di quelle degli appennini ; che perciò è da credersi che le inurge erano un tempo sotto le acque , quando al di fuori erano gli appennini. In seguito poi che le acque restarono discoperte, ìe murge più elevate dimorar dovettero per lungo tempo sopra strati di quella pietra calcare di livello inferiore alle falde di esse murge ; e nelle loro valli come anche nelle pianure intermediarie tra le murge ed i monti appennini , eh' è propriamente la pianura Daunia, che stendendosi fino alle l'adici del Vulture , va quindi a dilungarsi fino al seno Tarentino . In que- sti fondi ricopeili di acqua, mentre gli appennini e le murge erano al di fuori , considerabile sedimento di residui di corpi uìarini si formarono , che costituiro- no il tufo calcare , dal quale è formato il suolo delle pianure . Questo sedimento o tufo calcare comincia presso a poco allo stesso livello all' intorno delle falde delle murge , e siccome tra i seni di queste con più agio allignar vi poterono de' testacei ed altri vermi marini , quali non avendo sofferto un esilo violento , non furono molto stritolati. Da ciò avviene che il tufo delle gran pianure è di una grana più fiaa ; mentre quello tra le murge è di una tessitura più grossolana , e vi si ritrovano di nicchi ed altre spoglie più conser- ìyate e riconoscibili . Va- ( 3/,3 ) Varia dunque la qualità del tufo pugliese d» quella in un tessuto grossolano , ripeto , vicino le mur~ gè , e di lina consistenza alle volte cosi Ibrte a segno di non potersi lavorare con sega e mannaja , ina h* bisogno di inartelli e piconi , fino a quello gradata- mente di un tessuto delicato ed uniforme , suscettibile di delicato travaglio . Sono le inurge generalmente, di leggier terreno , restando nelle cime qua e là discoperto il sasso . Égli è un composto di terra vegetabile mista di quell' ocra marziale , cbe trovasi tra gli strati di quei sassi con de' frantumi di questi ; ne' fondi e valli ove 1' acqua ha potuto radunarlo, questo terreno è molto atto alla cul- tura , e qualche volta misto trovasi con della marna . Le pianure poi di suolo tufaceo son ricoperte ove più ove meno di marna , in cui per lo più domina la parte calcare , ma bene spesso anche 1' argilla in al- cuni fondi . Ove la corrente nelle ultime epoche dell' inondazione ha avuto più azione , vi si trovano de' ciottoli silicei in essa marna. È notissimo che le gran masse argillose costitui- scono le sorgenti perenni [a) e non essendovene di queste nella Puglia , non vi sono in generale scaturi- gini e ruscelli a riserba de' pozzi , che sogliono cavarsi nelle pianure , ove incontrandosi degli strati di marna argillosa vi depongono dell' acqua , quale per altro suol (a) Si veggano i miei elementi dell' arte statistica part. I. sez. i. cap. IV. §. U. ( 344 ) contenere molia terra in dissoluzione . Wiua fiume dunque prende origine nella Puglia . La pianura Dau- nia volgarmenle detta Puglia piana dà passaggio a quattro fiumi, che sono il Candelaro il Gorvaro , la Carapella , e l' Ofanlo , quali son prodotti dagli ap- pcnnini . Le due provincie di Bari ed Otranto , o sia la Puglia pietrosa né anche ha questo vantaggio . Dippiìx se qualche filo d' acqua vedesi sgocciola- re nelle pianure non in luti' i tempi dell' anno da qualche ammasso o collina di marna argillosa , nulla di ciò vedesi nelle niurge ove non evvi che iniper- mcahile sasso ricoperto di poca terra , e terra poi cal- care, che facilmente depone l'acqua coll'evaporazione, per cui tali terreni furon detti asciutti. Per hen decidere dello stato di una regione con- viene conoscere quello delle sue meteore , e ciò ad al- tro discorso riserho per non rendermi lungo : nìa con- viene pur dire che dalle osservazioni meteorologiche da me fatte per più di un decennio ho rilevato che la pioggia non è stata mai più dell' altezza di pollici 22. e linee 7. negli anni piovosi , né meno di pollici 16 e linee 6 negli anni aridi e secchi, ma per solito può valutarsi 18 in J9 pollici . Non dissimile di ciò ha ritrovato colle sue osservazioni il chiarissimo nostro socio signor vicario Giovene . Questa pioggia è circa due terzi di quella che cader suole nelle montagne degli appennini , come si ha dalle osservazioni del si- gnor Zerella in Ariano , e del signor Nolarjanni in Jjenola . La privazione de' monti nella Puglia , e quella de- ( 345 ) gli alberi per la maggior parie , impedisce il facile e silenzioso rislabilimenlo dell' equilibrio Ira la terra e l'almoslera dell' elettrico fluido, clie per le metamor- fosi de' vapori in essa alta ragione suol natiiralniente avvenire , per cui le piogge estive sogliono essere ac- couipagnale quasi sempre da mosse elettriche . La parte calcarea predominante nel terreno pugliese permettendo la facile evaporazione , senza esservi per lo contrario assorbimento dagli alberi , fa clie le rugiade sieno più che altrove abbondanti. Questo eccessivo umi- do notturno , che succede ad un estrema aridezza del giorno, è la principale causa delle infermità endemiche nella slate . In questa stagione queste campagne addivengono arse, al dire dell' illustre Zimmerman («) , come quel- le dell'Africa, ed i raggi solari sono cosi molesti , che ben disse Orazio : IVec tajitus iinquam siderum insedit vapor Siticulosce Apulice [h). L' aspetto di desolazione che si sparge in tale iempo nelle nude campagne della Daunia , e nelle mur- ge addette alla pastorizia fa orrore . Si cammina per qualche ora senza incontrare un sol uomo, nò bestia- me alcuno , emigrando in questo tempo nelle monta- gne . Non si vede che il suolo vestilo di arido fieno , 44 (a) Viaggio alla nitriera naturale di Molfella. Opu- scoli di Milano voi. XII. (b) Epodon 3. ad Moecenatem . (346) e cielo . Tutto è silenzio . Gli uccelli stessi fuggono questi deserti , e solo qualche rettile striscia tra '1 fie- no , che accresce lo spavento. Convien provvedersi di acqua per il viaggio perchè la mancanza de' serbato] , o l'essere per lo più vuoti fanno restar deluso l'asse- tato viaggiatore . Dall' indole già descritta del suolo pugliese ben si comprende , perchè dar possa ricetto alle cavallette impropriamente chiamate bruchi. Questo insetto ( Gril~ lus migratorius ) è originario della Tartaria, propagato neir Oriente e nell' Egitto , suol da tanto in tanto per- venire nelle nostre contrade . Egli ha 1' istinto di de- porre le sue uova nel cader della state in un teireno incolto , piuttosto arido ed asciutto , qual è la marna calcare e non mai in quello argilloso , il quale quanto è duro e compatto nell' està , altrettanto è umido , e fangoso neir inverno . Cosi le sue uova non vengono offese . Per la ragione istessa detto suolo dà anche ricetto ai topi campagnoli ( Miis arvalis ). Questi animaletti si propagano in un modo prodigioso da anno in anno , finché giunto ad una straordinaria abbondanza una naturale epidemia li uccide , giacché la caccia , che lo- ro si dà, non è sufficiente a distruggerli [a). I limiti del loro domicilio sono gli Appennini , per essere di ter- reno piuttosto argilloso , in cui l' inverno vi starebbero (a) Può vedersi il mio discorso meteorologico dell' anno 1 796. Fol. 4 del giornale letterario di Napoli. (347) assai male , e 1' està non potrebbero comodameule per- forarle . Da questa naturale descrizione delle campagne Pu- gliesi ben si comprende quali piante lor convengano , e qu;il genere di coltura : ma il mio scopo è di parlare del loro attuale stato , lasciando a qnesta dotta Società suggerire le migliorie tecniche. La ])arte della Terra di Bari , verso il llttorale Adriatico è ben coltivata. Gli ulivi, ed i mandorli co- stituiscono boschi , mentre la terra al di sotto è inten- ta ad altro prezioso prodotto . Tutti gli altri alberi frut- tiferi sono ivi con diligenza coltivali. Nel modo stesso si pratica in molta parte della Terra d'Otranto. Il co- tone vi si coltiva da tempo immemorabile. La cultura in generale in questi luoghi è ben intesa a riserba di quei raffinamenti , che non sono sperabili da ignoranti coloni , che la sola tradizionale pratica li guida. A ciò supplir potrebbe una semplice, ma efficace istruzione, quale propagar si dovrebbe per mezzo de' curati di campagna, e di altri opportuni soggetti. Tutta la pianura Daunia , molta parte della pro- vincia di Bari, e di quella d'Otranto nude di alberi sono addette alla pastorizia , ed alla semplice semina di cereali e legumi . Di queste campagne, assai più estese e deserte , io mi accingo a parlare , meritar do- vendo la nostra maggiore attenzione . La pastorizia , oltre di esser errante e mal intesa, è totalmente affidata alla discrezione delle stagioni . Rinn ricovero generalmente si forma per garentire specialmente il bestiame da lana dai freddi invernali , ( 348 ) . e (la calori esiivi , per cui si è questa degenerata . Niuna speciale cura per prevenire i mali nelle greggi ed armenti si usa , e poco provvedimento si fa di io- raggi opportuni per 1' inverno . In vece poi di essere la pastorizia e 1' agricoltura associate , e di scambievole sussidio come precetta Var- rone («), sono in continua opposizione. Finora la pa- storizia è stata pi'omiscua nei terreni , detti demaniali, ma mercè le cure dell' attuale illuminato Governo , si sono tolti tutti quei domiflj sovrapposti l' uno all' altro, e tante servitù di pascolo , che in pratica sono state sempre di danno assoluto. L'odio poi dei così detti Locati del tavoliere di Puglia, garentiti dal Governo, erasi generalmente ridotto oppressivo per i coloni , e molto residuo ne resta , non ostante l'abolizione del si- stema doganale . L' avidità di non far arare , o altri- menti rompere un qualche terreno saldo, addetto alla pastorizia di esso tavoliere , ove da qualche torma di cavallette venuta dall' Africa si erano deposte le uova , ha tante volte preparato l'orrendo tlaggello della messe e di altre coltivazioni per gli anni seguenti. L' agricoltura che si pratica nelle dette campagne della pianura Daunia , ed in quelle nude di alberi nelle altre due provincie , è generalmente coli' aratro, vai dire in grande^ seminandosi grano, biade , e le- gumi . Nojoso sarei se discender volessi alle minute descrizioni degli ordigni , che s' impiegano , o dei me- (a) De re rustica lib. i. ( '^49 ) totli , ohe si usano , tanto più che variar sogliono da paese in paese. Devo però dire che quelle campagna non sono in generale ben coltivate ; infatti al dir di Catone ; Quid est agrum. bene colere ? Bene arare . quid secundiim ? Arare ; quid tertinm ? Stercorare j ed indi soggiunge ; Agrunifrumentariuìn cuni ares bene et tempestive ares («j . Benché ordinariamente si adopri- no quattro arature nel maggesare , e da alcuni si faccia profondo solco , pure parmi generale l' inconveniente (a) De re rustica cap. 6i. fJ ben noto dalla nuova chimica , che alcuni com- ponenti immediati delle piante V attraggono le terre dall' atmosfera con essere in riposo , e rimenate per qualche tempo , che dicesi maggesare , o pure loro sì comunicano col letame , vale a dire co residui de' corpi organici , che ne contengono a dovizia . JYon giova dunque arar bene le terre piii volte , ma bisogna farlo in tempo conveniente ,af finche restino per un tempo opportun o in rinoso , e non si spossino di tali materiali componenti , e che le loro parti sieno state quasi tutte al contatto dell' atmosfera per un tempo sufficiente , ecco perchè gli antichi rustici guidati dall' esperienza, insegnano tutta la coltura consistere neW impregnare le terre di tali principj componenti le piante , perchè dopo la seminazione sonmiinistrar le possono con gli altri , che presenta V acqua , e procurar così una pron- ta e vigorosa vegetazione alle piante utili , eh' è l'uni- co scopo di ogni cultura . . ( 35o ) ili ararsi precipitosamente , credendo essi , die basti il solo numero delle arature a ben preparare il terreno. La concimazione poi è relativamente ristretta e malintesa . Si fa uso del solo letame delle stalle , e degli ovili, quale senza farlo macerare all'aria, secon- do le buone regole de' rustici , si cava tuttavia fuman- te da tali luoghi , e si va a spargere nei campi , per cui la sua causticità non può certamente giovare alla vegetazione . Le immondezze poi degli abitanti sono poco curate, e restano ad infettar l'aria. Vero è che a misura dtl bisogno del letame gli abitanti esser dovrebbero più netti ; ma quando il vantaggio , che nel ricolto si ritrae dalla concimazione, può aversi col mettere a coltura terreni tenuti per più anni in riposo, ove abbondano, e cha poco costa il loro fit- to, si preferisce questo mezzo, ])er cui il letame non viene curato . Tutte le città di Puglia ricche più del bisogno di tenilorio soglio io essere perciò immonde . Non si conosce 1' uso dell' erpice , ne quello del seminatoio . La sarchiatura ai seminati per verità è fat- ta con attenzione . Si recide la messe con la picciola falce a sega , e per far ciò vi è bisogno di molta quantità di mietitori da altri paesi (fl). Si trebbia il frumen- (a) Con molto risparmio di tempo usar si potreb" he la gran falce , che si pratica pel fieno , munita pe- ro di una hanila da sostenere le spighe , ordinatamente da potersi fare i fasci senza alcuna perdita , come fu esperi mentalo dalla nostra estinta Società Patriotica (35i ) lo e le biade colle cavalle da razza , e questo molto influisce alla costoro degenerazione (a) . In Puglia più che altrove è penosa questa opera- zione , giacché non si tratta solo di separare i grani dalla paglia , ma di sminuzzar bene questa , giacché es- sendo ivi , forse per effetto del suolo , più grossa e dura , non potrebbe senza di ciò esser mangiata dagli animali. Il prodotto del grano mai si computa generalmen- te per raccolta media più del sei in sette per uno . di Milano . Con poco esercizio i contadini si adde- strano a ben maneggiarla . Se ne può vedere la de- scrizione nel IX. voi. degli opuscoli scelti di Milano. (a) Varrone ( de re rustica lib. i. cap. Sa. ^ fa menzione della carretta punica per trebbiare , ma as- sai imperfettamente la descrii>e : E spicis in arcana excuti grana , quod Ct apud alios jumentis junctis , ac tribulo , id fit e tabula lapidibus , aut ferro esasperata , quse imposito auriga , aut pendere grandi trahitur ju- mentis junctis , ut discutiat e spica grana , aut ex as- sibus dentatis cum orbiculis , quod vocant plostellum pcenicum . In eo quis sedet , ut agitet , quae tra- hant jumenta , ut in Hispania citeriore , et aliis locis faciunt . Non sarebbe un soverchio amore per gli an' tichi costumi r occuparsi ad investigare la vera co- struzione della carretta punica , giacche da moderni non si è ben conosciuta . Molte altre macchine da trebbiare si sono inventate , ma con poco successo , aggiuntovi anche V incomoda complicazione di alcune. ( 302 ) Si è veduto clie la grande estensione del territorio Pugliese nuda di alberi , e scarsa di popolazione è (col- tivata in grande , vale a dire coU'aratro . E ora bastan- temente provato di esserci della perdita , quando una^ picciola porzione di un gran territorio fosse coltivato in piccolo , vale a dire a braccia colla zappa e colla vanga , restando il dippiù sterile (a) . Dunque non al- trimenti cbe coU'aratro cohivar si possono le predette spopolate campagne . Neil' agricoltura in grande vi si richiedono però de' capitali per le macchine e bestia- me , quindi è che non può stare in mano di gente po- vera e mercenaria . Inoltre 1' economia dell' agricoltura coir aratro esige che il più meschino , che industria , non abbia di territorio men di quella estensione che si coltiva con un solo aratro , giacché se ne ha dì me- no , resta inoperoso il suo aratro per qualche tempo . Quest' agricoltura poi avendo bisogno di capitali , es- sendo in mano di piccioli projirietarj ad ogui avversa vicenda delle stagioni o di altro si paralizza , giacche son dessi allora costretti a distrarre i loro capitali per supplire ai loro bisogni . La costante esperienza ha dimostrato che ovunque la coltura sia fatta in grande pian piano vassi a ridurre nelle mani di pochi pro- prie tarj . Se in mezzo a grandi terreni , coltivati a semina- zione con macchine animate dal bestiame, vogliasi da (a) Ji/em. dell' arte statistica, part. II. sezion. 3. §.4- f 353 ) qualche misero colono collivare a braccio un piccolo- cainpicello anche a seminazione, sarà certamente me- glio coltivalo e produrrà dipiù riguardo all' estensione^ ma per ragion naturale mettendo a calcolo la spesa maggiore impiegata , trovasi il prezzo naturale del pro- i- tati , allora si aumenta la già detta causa spopolatrice. Per riparare a tutti i mali , il solo e semplice mezzo è di richiamare le famiglie ad abitare le cam- pagne . Si toglierebbe cosi l' occasioae de' viaggi de- gli Ojjerai per vedere le loro famiglie , o andare a per- nottare nelle città , e si aumenterebbe il tempo del travaglio . Inoltre si accrescerebbero all' istante le brac- cia all' agricoltura , giacché le femmine che ora langui- scono tra r ozio e la mollezza ne' numerosi abitalf o al più sono addette alla meschina arte del fuso, si adatterebbero volentieri ad ajutare i loro mariti e pa- dri nel coltivare la terra. Le donnesche arti di prima necessità sona generalmente eseguite in Puglia eoa metodi stentati , quindi è che con macchine ben in- tese , e coir impiego di tre o quattro abili artieri sup- plir si potrebbe a ciò che si esegue ora nel tempa stesso per ogni centi najo di femmine . Esposte queste di coulixiuo alle vicende delle sta- ( 3^7 ) gloni nelle campagne , si renderebbero assai più ro* buste e capaci a sostenere il travaglio . Osserviamo ora die avezze alla mollezza nell' inverno n'escono molto in tempo estivo nelle campagne per lo spicilegio in- contrando non poche infermità pericolose per 1' insola- zione , e per altre violenti im[)ressioni che risentono. Oltre delle infermità endemiche , quelle campagne so- gliono produrre de' mali nervini , avendo la testa di- scoperta al sole , ed una incomoda esalazione che si emana dalla messe recisa, che suol produrre un leg- gier furore o mania , a cui va anche soggetto qual- che maschio , guaribile colla musica e col ballo , che erroneamente si è creduto prodotto dal morso di una specie di ragno detto Tarantola . Dalle ta- vole necrologiche di Altamura , che per varj anni colle osservazioni patologiche unii a quelle meteorologiche , ho costantemente rilevato , che i mesi di luglio ed agosto sono i più mortiferi per tali donne . In unione de' loro mariti sarebbero esse più oneste, e ciò assai iulluirebbe a migliorare la pub- blica morale , non tanto perchè più difGcoltà incontre- rebbero i maschi a dare sfogo alle loro prave passio- ni, ma perchè sono le donne, che i primi sentimenti istillano a fanciulli ; e per migliorarsi il costume , cominciar devesi da quello delle donne , come al- trove ho dimostrato (a) . Inoltre non solo la prolifica- 2Ìoue si aumenterebbe , ma i fanciulli nella loro infan- (a) Arte statistica par. II sez. 4- cap. 7. §. 3. ( 358 ) zia si accoslumerebbero alle varie impressioni delle stagioni , da cui ne risulterebbe la loro maggior ro- bustezza . Il massimo vantaggio di un tale sistema ridon- derebbe poi , sebene si rifletta , ad utile degli stessi operai . Quelli die pernottano nelle nude campa- gne pugliesi di altro non si alimentano di conti- nuo , che di una semplice suppa latta col pane ba- gnato in acqua e sale, e condita con poco olio , e ciò per mancanza di chi ajiparecchi loro de' cibi variati . Si sa che l'alimento misto è il più analogo all'uomo, e che il continuo vitto vegetabile non è proprio per la gente addetta al travaglio . Le mogli essendo allora in compagnia continuamente dei loro mariti non man- cherebbero occuparsi ad apparecchiar loro variati cibi, e penserebbero da vicino alla loro nettezza, principale modo di procurare la buona salute; rasciugherebbero al focolare in tempo di pioggia le loro umide vesti , che tante volte non depongono anche nel dormire; ed altri molti sussidj potrebbero dar loro . Ma come procurare la dimora delle famiglie in catiipagna da cui tanti vantaggi risultano? Io non pi'O- pongo il precetto di Palladio : Ferrarli , Ugnarii , do- liorum , cuparumque factores necessario habendi siint, ne a labore solenni rusticos causa desiderandce urbis avertat [a) . Basta solo un molino , un forno , perchè i Pugliesi coloni possano rimanere in campagna . (a) De re rustica lib. i. tit. VI. (359) La nostra santa religione , a perfezionar la morale sommamente intenta , non si contenta che le famiglie nelle loro private mura solamente diano il dovuto cul- lo alla divinità, come ai Dei penati facevano gli an- tichi , uìa esige che si congreghino nelle chiese ne' festivi giorni per sentire la voce de' loro sagri pa- stori , e partecipare della sagramentale grazia ; quindi è che il centro ed il richiamo delle famiglie sono presso di noi a ragione le Chiese coi loro Ministri Ad onta di questa verità i Giureconsulti che com- ponevano la real Camera di S. Chiara, a cui spetta- va impartire 1' assenso in ogni erezione di ecclesiastico stahilimento , considerando che ogni erezione di nuo- va Chiesa portava seco la dotazione di fondi , li quali vincolati eternamente restavano e fuori del civile com- mercio , anche che aholite venissero tali Chiese , per una interpretazione estesa alle canoniche massime , renitenti erano nella concessione di ogni rurale Chie- sa . Ora che la ragion di stato è con saggia avve- dutezza intesa , e non si hanno più questi riguar- di , crederei che meritar dovesse il gradimento dell' illuminato Governo lo stabilimento delle rurali Chie- se, ove il bisogno richieda, per richiamarvi il domi- cilio delle famiglie , e popolare in tal modo le cam- pagne della Puglia , e quelle che simili alle Pugliesi sono anche deserte , ed aumentarsi cosi 1' agricoltura , e procurare la nazionale floridezza . Quanto poi la meschina classe de' Pugliesi inca- pace sia di adattarsi ad altro cibo , che rimpiazzar possa il pane di Aumento , come negli anni di estre- ( 36o ) ma carestia si è osservato , altrettanto è dessa parca nel contentarsi di questo solo pane ed accessoriamente di qualche altro commestibile . II solo stabilimento di un molino , e di un forno costituisce dunque l'essenziale bisognevole per l' ali- mentazione degli operar] sparsi per le campagne . Io non dico con ciò che obbliati vengano tutti gli stabi- limenti e sussidj per la miglior vita e conservazione di sì utile classe, ma questi non sono di una neces- sità la più pressante per i nostri moderati Pugliesi . Questi semplici stabilimenti sono sufficienti , co-. me ho detto a trattenere le famiglie in campagna , ma non già a richiamarle . Non è certamente piace- vole il passaggio oltre le abitudini delle donne con- trattate nella mollezza delle città. Per indurle a ciò qual miglior mezzo può escogitarsi , qualora non vi sleno ostacoli , che unire alla concessione delle porzio- ni de^ territori comunali, l'obbligo di trasferire la lo- ro dimora in campagna ? I grandi proprietarj si do- vrebbero animare ad edificare una Chiesa , un moli- no , un forno , e qualche ricovero ne' proprj poderi per le famiglie de' coloni. Non è più il tempo da te- mere r estensione del giogo feudale in questo modo , ma la sola floridezza nazionale . Quando la popolazione sarebbe spai'sa nelle cam- pagne , allora sarebbe ivi confacente l'agricoltura in pic- ciolo con sommo profitto. Altri mezzi non mancherebbero al nostro illuminato Governo da incoraggiare la campestre popolazione in Pu-r- glia , che di soverchio mio ardire sarebbe il proporli. {36i ) Sulla Pastorizia del Regno di Napoli . Memoria del Socio Ordinario Cavaliere Teodoro Monticelli . P. Professore di Filosofia Morale nelV Università di Napoli . Letta neW Adunanza del di 26 Setteni" Ire 1810. V_iHiiinquo aLbia qualche uolizia del nostro paese , e per poco riflella ai generi commerciali , di cui ci prove- douo gli esteri , si avvede dovervisi annoverare il cacio , le pelli , e le cuoja . Anzi è così considerevole la copia , ed il valore di questi generi , che ne' tempi di pace dalla Sard/gna , dalla Morea , dalla Dalmazia, e sopratutto dall'Inghilterra siam soliti ritrarre, che se- condo i registri doganali -vi s' impiegava in ogni anno 1' esorbitante somma di un milione , e 3oo mila ducali , che continua tuttavia a sborzarsi presso a poco , come prima , non ostante la guerra . Ciò basta a dimostrare , che la nostra Pastorizia essendo insufficiente al bisogno di cinque milioni d.' uo- mini , cui appartengono , oltre i sterili monti , i boschi , i (ìumi , le strade, e le abitazioni i6 millioni incirca di moggia di terra fertilissima e coltivabile (i) lungi dall' esser florida , ed animata, sia da lungo tempo nell' 46 (1) f^edi Galanti del Commercio del Regno nella sua Descrizione Geografico- Politica . In questa som- ma non è compreso l'esito di denaro per panni, e lana . ( 362 ) avvilimento , e nella più completa decadenza . Quindi mi è venuto alla mente il pensiero di esporre breve- mente della nostra Pastorizia non solo lo stato attua- le , ma benanche i difetti , e gli ostacoli , che la man- tengono neir abiezione 5 e calcolando con dali sicuri, ed incontrastabili i felici risultati , che meglio tratta- ta , e più estesa ci ripromette , cercherò di richiama- re r attenzione de'proprietarj verso di quella , e accen- nerò in ultimo luogo i inezzi più facili a farla solle- 'citamente , come il nostro interesse esige , rifiorire . Nel momento , in cui sembra terminata la l'iforma delle nostre antiche , e complicate leggi , e fissato com- pletamente il nuovo sistema dell' amministrazione , e degli ordini civili , il tentare di far risorgere tra noi una delle arti nudrici dell' uomo , che ci ripromette gran- de opulenza da noi soli dipendente , mi sembra degno della vostra attenzione. Tocca a voi rispettabili Socj , decidere se io abbia colto nel sogno , e se debba me- ritare il vosti'o compatimento . I ( 3G3 ) PARTE I. Stato attuale della Pastorizia del Regno di Napoli. ÌTXOUe sono le specie di animali, che l'uomo, è già gran tempo , apprese a soggiogare , o domestica» re . Benché tutte siano utili , ed interessanti , quelle però , che agli altri prodotti accoppiano il latte , la carne , e la lana , riscossero mai sempre presso tutti i popoli della terra ben giusta preferenza. Le preferirò ancor io in questa memoria , onde mi restringo a par- lare delle pecore , e delle vacche (i). L' emporio della nostra Pastorizia è il così detto Tavoliere di Puglia . La pecore di sei Provincie , cioè degli Apruzzi , del Sannio moderno , della Capitana- (ij La superfìcie del Regno si crede esser di 23 mila miglia quadrate , ed in conseguenza di 35 mi- lioni di moggia incirca: tolti 9. per i cennati oggetti, restano di terra coltii>abile 16 milioin di moggia, che potrebbero ridursi presso a poco a quella fertilità , che osserviamo nella Campania , ed a nudrire in con^ seguenza un proporzionato numero di abilanti , se si trattassero con quella intelligenza , e previdenza , che il nostro interesse altamente riclama , e come furon trattati dai nostri più rimoti antenati . (364) ta , e della Basilicata al numero di uu milione, e mezzo vi si adunano per passarvi 1' inverno , e dimo- rano l'estate ne' monti. Nelle altre Provincie del Regno esiste un' altro milione di pecore , se vogliam presta r fede all' Avvocato Galanti e deferendo ad altri autori il numero di queste benché sia maggiore non eccede quello del Tavoliere , Diyidousi le nostre pecore in sai specie principa- li, diverse fra loro per grandezza, par bontà, e pe'l color-vario, e preggio della laaa . Abbiamo pecore gentili bianche, e nere; bianche, e nere da pelo lun- go 5 dette di lana moscia ; pecora carfagne , e carapel- lesi (t) . Ciascheduna di queste specie varia ancor di grandezza , e di lana a seconda della abbondanza e deU )a qualità de' pascoli, -«n-*- La differenza più sensibile, che distingue tra noi le varie razze è senza dubbio tra quelle , che viaggia- no dai monti ai piatii , e quelle , che d' està , e d' inverno rimangono sempre nella stessa regione . Le pecore di Apruzzo sono certamente di singoiar bellezza, e le migliori di tutte rapporto alla lana alla di cui bontà si crede contribuir grandemente 1' in- veterato costume di farle svernare ne' piani tepidi (i) Le nostre pecore gentili si credono discenden- ti dai merini di Spagna , die maltrattati degenerarono . {Chiamiamo Carfagne le pecore di lana- ruvida mista di bianco , di nero e di bigio . Carapellesi poi diconsi quelle di lana nera pendente al bigio . . ( 365 ) della Puglia, e trattenerle su' i verdegianli prati de*^ monti ne' calori estivi , e sempre a cielo scopi-rto . I pascoli rrjigliori in Apruzzo son quelli dt^l gran sasso , e di falli producono squisito latte , e la lui- glior lana . Sono ancora in preggio quei d' Ovindoli , € (li Lucoli . In Puglia i migliori sono intorno a Fog- gia , Cirignola , Orla , e Ascoli . Quei di Lesina , e di Apricena tengono il secondo luogo . Quei di Sal- pe poi , e della Trinila ricoperti di lenlisco , e quei di Canosa , e di Andria petrosi ed aridi sono i meu estimati . Nelle pianure i nostri pascoli son più o men con- tani'nali dalle acque slagnanti , ed in conseguenza an- cora da erbe palustri , ed ombellifere (i) . V<'ggonsi poi da per tulio ritopcrli di piante inutili , o poco utili al bcstiaiìie (o.], e spesso ancora di pianle no- (i) Z/' erhe priltistri ^ di cni abbondano tra noi i prati pantanosi , ed umidi sono i ginnghi , la canna palustre , V equiseto , il carice , V idrocotile aquatica, la lobidia del fior prolungato , la pediculare palustre , la cicuta , varie sorti di solani ec. (2) Piante mutili al bestiame , o pressocchè inu~ idi sono il giungo , il dauco ispanico , la canna are- naria , il convolvolo, V imperato , V echinofora spinosa, T eringio marittimo , il corniolo , il bosso , l agno casto , il ginepro , hi salicornia fruticosa. , il ranno alaterno, il pruno spinoso, l'evonimo europeo , il cor- bezzolo , la spina , il pero selvaggio , la saponaria , le ferule , il mirto , il lenttsco , ed altre , di cui ab- bondiamo . ( 3GG } e'tve (i). L' eroa predominante ne' piali di Puglia, e delle Provincie piane del Regno è senza dnbbio la gramigna di varie specie . Si osserva questa stessa nelle colline , e nelle valli trai monti . Alle varie specie di gramigna mescolausi la cicoria , la bursa pa- storis, l'antosanto odoroso , il cardoncello , la trigonella, o sia il fieno greco , la ferfara , cioè la medica , il trifoglio a fior bianco , e a fior rosso , il fleo praten- se , la sulla in alcune regioni della Calabria abbon- dantissima , il mille-foglio , la bellide maggiore e mi- nore , la festuga rossa , ed ovina specialmente nelle alture, il timonelle sabbie, il cartamo de' tintori, il rosmarino , la ginestra , ed altre erbe agli armenti utilissime . Ma ben più di queste vi abbondano le poco utili, e le affatto inutili, e sovente ancor le nocive nelle note da noi riportate . Se ne' Colli , e ne' monti tra il ginepro , le spine , il bosso abbondano le festu- che , la pimpinella, reufragia,la nepeta , la camomil- la , la salvia, la valei'iana , la carlina, la melissa, la genziana, i bromi, le agrostidi ec. e mille altre piante aromatiche, egli è un dono della natura, e del clima e non un prodotto della nostra industria . TVoi non prendiamo alcun conto de' nostri pasco- (j) Piante nocive al bestiame oltre le palustri (il sopra accennate sono il titinialo , lo stinionio , V en'o-riibiglia , la Scilla , il tasso baccifero , i ra- nuncoli , V anemone appennUia , ed altre. ( 367 ) li . l5on dessi perloppiù , come ci furon trasmessi dai nostri padri , o al più rotti , e dissodali di quan- do in qnanclo per coltivarvi i cereali . Non si ])ensò mai di liberarli dalle acque stagnanti, di svellerne al- men le piante inutili , e le nocive , di sostituirvene delle salubri , e più utili • Non si sospetta nò anche dai nostri proprietarj , che siano suscettibili di boni- ficazione i prati della Puglia, e dell' Apruzzo . La natura , la sola natura deve somministrar tutto per la sussistenza delle nostre greggi senza la menoma coope- razione dell' iiomo (i). Alcuni prpgiuJizj vengono in appogio della gene- rale oscitanza . Comunemente credesi , che le pecore cangiando pascolo non solo vadano a degenerare , ma corrano rischio di morte , e che somministrando loro nell'inverno biada, fieno, o altro seccume , siano sog- gette agi' istessi inconvenienti , onde non si pensò mai a procurargli cibo, che spontaneo non sorga sulla su- perficie del Suolo , nò si prese mai alcuna precauzio- ne per supplirlo ncU' intemperie delle stagioni . (i) Nel Sanino, e ìielV Apruzzo si usa dure alle pecore del seccume , e della paglia nell im'crno , on- de chiamansi pagliarole ; e sono senza dubbio le più in/elici di quelle , clur abbiamo , ?na ninno ha provato ancora , se nudrendole nel corso dell' inverno con del- le patate , colla radice di abbondanza , ed oltre le f rondi , e la paglia , migliorassero la loro condizione, come deye succedere . ( 368 ) Come in Puglia , cosi nelle altre Provincie vivo- no le pecore notti e dì esposte all' ingiurie del tem- po , che nel nostro clima sono tollerabilissime , e que- sto costume giova alla bontà della lana . Vagano di giorno accompagnate dai pastori , e dai cani par i campi , e di notte sono rinchiusa no' recinti formati di fernla , e di paglia , o ne' cortili di muro . Tutte riposano su i loro escrementi , anzi in Puglia serbansL alti, e annosi strati di letame indurito, perche di so- pra vi giaccian asciutte le pecore senza sospettare per poco , che la lana , e la sanità ne debbano provare non lieve detrimento . I montoni si tengono alla rinfusa colle pecore iu ogni tempo . Ninna diligenza si adopera rapporto all' accoppiamento dell' un sesso coli' altro , donde dipende la conservazione , ed il perfezzionamento delle razze . Se per conservare le razze dalle pecore gentili si ha qualche cura , tenendole separate dall' altre , non sa ne ha alcuna per migliorarne la lana. A caso vivono, a caso si uniscono, e si propagano, a caso sono con- dotte , e regolate. L'umidità nuoce grandemente a questi animali, ed il sale è eftìcace rimedio ad impedirne le tristi conse- guenze . Il sale intanto non si dà alle pecore in molte Provincie del Regno , ma nella Puglia , e nelle Provincie dove si adopera , il di lui uso va restringen- dosi da giorno in giorno per l' arduo prezzo di questa derrata (i) . (i) // Goiferno somministrava ai Locati i8 mila to- ( 3C9 ) PfcU'arle velerenaria quanto siamo alle più colle nazioni di Europa inferiori con rossore il (lobbia ni confessare j ma per le pecore anidale inleranicole alla classe pili abji'lta , e miserabile della nazione non vi è cosa , che possa esprimere al vivo i frequenti mali contagiosi, e le molte infermità individuali da cui so- gliono esser oppresse. Il solfo , e la pece per i mali cutanei , e la cavata di sangue forman tutta la scienza de' nostri più sagaci pastori . Intanto la schiavina , la rogna, il capogirolo, il fuoco di S. Antonio, il ciam- muorro . la diarrea , il piscia sangue, la torta (i) , il marcimento del legato attaccano, e distruggono da per tutto con fnrore i nostri annenli . E di questi mali banche saj)piamo doversene ripetere 1' origine dall' er- be cattive, o velenose , dall' acque putride, e stagnanti, dal soverchio ardore del sole nell' estate. , dal cattivo , e scarso pascolo,, e dalla neve, e dal gelo nemico so- ])ralutto degli animali deboli , e mal nudriti,pure non sappiamo assegnare le cause precise , nò prevenirle , o combatterle con opportuni rimcdj . Oltre i cennali mali convien sapere , che le no- stre greggie negli anni nevosi soffrono un flagello sco- 47 tomoli di sale V anno alla metà del prezzo ordinario di quella derrata per animare la Pastorizia nel Tavolie- re . Questo benefìcio è andato in disuso , e V alto prezzo del sale ne va restringendo sempreppiù V uso . (i) Di questo morbo ancor si quistiona per sa- perne la cagione con accerto . % ( ^70 ) nosciuto al resto dell' Italia , e dell' Europa . Quante volte nella Puglia, e nelle Provincie meridionali del Regno cada la neve e per qualche giorno ricopra quelle apriche pianure , periscono a torme gli agnelli , e le pecore , e tantoppiù n' è grande 1' esterminio , quanto più sia stato scarso il pascolo nell'antecedente autunno. Il freddo precoce , e la siccità di quella sta- gione non fa germogliare l' erhe da prato . La sover- chia umidità autunnale , o corrompe l' erhe , di cui mal seconda lo sviluppo , o al meno la rende acquo- sa, e di poca sostanza . In questi casi se nell' inver- no sovragiunge la neve , gli animali spossati, e infievoliti dallo scarso , o poco sostanziale nudrimento , essendo le campagne da neve ricoverte , vengono interamente a mancare di vitto , e dalla forza del gelo assiderati muojono a folla . Suol perirne un quinto , un quar- to, un terzo, ed anche una metà negli anni i più di- sastrosi . E queste mortalità più , o meno grandi ri- novansi si di frequente , che non passa uu decennio senza soffrirne una delle maggiori . Ognun sa , che le greggi somministrano carne , lana, latte, pelli , hudella; mi si conceda scorrer hreve- mente per tutti gli accennati articoli . E da osservar- si però che in molte Provincie del Regno non si fa il menomo conto del fimo peconuo tanto utile a fe- condare la terra _, e che da pertutto si trascurano le ossa , le cartilagini , le unghie ec. di questi animali , che pur sarebbero eccellenti a concimare le terre avr- ' gillose , e cretose di cui abhondia.mo . ( 370 ^ La carne del castralo in Puglia , e negli Appruz- zi , specialmente in Caramanico, è ollima al gusto, ben- ché più leggiera della bovina; è poco piacevole poi nella Campania , e nell' altre Provincie , come l'è da perlutlo spiacevole la carne di pecora e di montone . Ignorasi donde derivi cosiffatta differenza , alla quale certainenle non poco influir deve la qualità de' pascoli . Sogliam tosare le pecore due volte 1' anno a mag- gio ed a settembre 5 questa pratica se porterà con- to per la copia della lana , deve deteriorarne la qua- lità . La lana delle pecore gentili ha del inerito , ma si Slima più del dovere dai Pugliesi , e dagli Apruzze- si. È dessa molto inferiore alla lana de' merini di Spa- gna , perchè la inigliore lana gentile presso di m)i vai circa 80 ducali il canlajo , mentre la lana di quei po- chi merini , che abbiamo in Puglia , e della di cui bontà perfetta si può muover dubbio , si vende succi- da a 100 ducati almeno , che vai quanto dire lavata a i3o ducati il cantajo . I Romani padroni un tempo di queste regioni , e delle Spagne non conoscevano lana migliore della Tarantina, della Lucerina , della Canusina. Il pecus tectum di Taranto doveva dar lana finissima , e mor- bidissima , come rilevasi dalle cure che si adoprava- no per queste greggie singolari . La lana lunga, detta moscia , è mediocre per 1' uso, cui s' impiega , cioè per materasse ; è però ancor essa assai inferiore alla lana di Tunisi . Né tampoco è da rammentarsi lana di al- tra specie dopo queste : appena se ne possono forma- *^ ( 37a ) re riividissiml arLaci , e funi (i) . Le pelli di agnello sogliono estraersi dai Roma- ni , e dai Levantini principalmente per formarne de' guanti , che potrebbero ben lavorarsi in Regno . Le pelli di pecora o di montone convertonsi in carta-pe- cora ; questa si forma in Regno , ma si suole rafGnar i n Roma , e di là si spande per 1' Europa , come se noi non potessimo raffinarla tutta , e mandarla di là dai monti direttamente con maggior profitto. Le budella degli agnelli somministrano le corde armoniche, tanto usi tate , e pregiate di là dalle Alpi. Questo ramo di commercio ed industria dovrebbe ri- scuoter da noi maggior attenzione , e buona fede. Por- tandole in Germania , in Francia, in Inghilterra , si (i) / Veneziani , e i Francesi comprar soglio- no ne' tempi di pace circa tremila cantaja eli lana a 5o o 60 il cantajo . Questo spaccio fa credere a tutti, che la nostra lana sia eccellente , onde non si badò mai a renderla migliore. Ascrivesi ad imperizia la me- diocre qualitcì de' panni , che ne formiamo , e non si ravi'isa , che manchiamo egualmente di lana fina , che di scienza perchè sia in ottimo panno convertita . Tro- vo nel bilancio del nostro commercio testé citato , che dall' estero in panni diversi , e lana grezza ci vien somministrato tanto , che non solo assorbisce il ritratto delle cantaja tremila di lana, ma dobbiamo ri-' ondere alt estero in ogni anno circa 27 mila ducati per questi soli oggetti . ( 3:3 ) . vendono all' islaute , ed in breve tempo si triplica , e si quadruplica il capitale che vi è stato impiegalo . Il latte degli animali somministra varj prodotti , tra' quali i principali sono la crema , donde si ritrae il burro, o la manteca , ed il cacio. Qual sia il ca- cio comune (i) delle nostre pecore ciascheduno di noi il conosce : duro , saliinastro , spiacevole , di po- ca durata . Tratterò in particolari memorie del burro , e del cacio, che meritano grande riforma presso di noi . Esposto quanto ha riguardo alle pecore , ci con- viene descrivere lo stato de' nostri armenti bovini. V'ha chi pretende che il maggior numero delle nostre vacche negli anni passati ascendeva a 700 mila. Ho delle ragioui da crederle presentemente ridotte a un terzo di meno , (2) ma sia come si pretende da coloro , che esagerano le nostre ricchezze , le vacche rapporto al vitto , al governo , ed alla custodia , sono (1) // cacio di Morsico , di Maglie , e di molti altri luoghi del Regno per la bontà de' pascoli ha del merito . (2) L'industria delle vacche va ogni giorno restrin- gendosi in tutte le Provincie , come T agricoltura . JSelle Calabrie è mancata per molti . IS'e' poderi , che non han pia padroni va a perdersi interamente . I cele- stini mantenevano in San Severo , e Ripalda 200 paja di bovi , 5oo cavalli , Soo vacche , 600 bufale , due 0 tre mila porci , otto , a dieci mila pecore . Tutti que- sti animali sono scomparsi , e appena vi si trovano 1 1\ mila ducati di animali. Ab uno disce omnes . f374) presso di noi trattate perfettamente a livello de' lanuti, onde soffrono le stesse vicende , e le stesse disgrazie negli anni nevosi , o di opportuno pascolo deficienti . Anzi tanto più vi soggiacciono , quanto più malagevo- le rendesi alle medesime il pascolar l' erbe corte atte- sa la grossolana struttura della loro bocca , e la diffi- coltà di gir vacando per ogni dove per la mole della loro machina , e per la lentezza del proprio movi- mento . Di cotesti animali non si ha positiva cura , si ac- compagnano semplicemente al pascolo , e si mungono nella stagione propria , la quale nella maggior parte delle nostre Provincie si restringe a pochi mesi dell' anno , ed in molti poderi non si mungono affatto , per- chè abbiamo bisogno di molte vacche per averne un numero sufficiente di partorite ; e per il poco latte che danno abbiamo bisogno di molte vacche lattifere per farne il cacio . Di loo Vacche, appena So partorisco- no nel corso dell' anno , ove l' industria va felicissi- ma, e ove questa è men felice , ne partoriscono an- che meno, e men se ne mungono quando le campa- gne presentano molto pascolo . Il latte , eh' esse dan- no per 7 mesi dell'anno al più non eccede le ^ caraf- fe al giorno compensando i tempi proprizj coi men fausti . Ma ciò avviene soltanto in alcuni pochi poderi della Capitanata, di Apruzzo , e di Calabria, in for- za di 2:)articolari circostanze di qua' luoghi privilegiati dalla natura che li fa abbondar più lungamente di er- be da prato . Ma nelle altre Provincie , o le vacche ( 375 ) non si mungono affatto , o si mungono solo nel mese di maggio e giugno, o ottobre e novembre , e danno pocbissimo latte. Quindi la rendila di una buona vacca da latte presso di noi è da 4 a 8 ducati l' anno net- ta di spese , mentre in Sorrento con maggiori atten- zioni si giunge a ritrarre dalle vacche 24 ducati a testa. Siamo soliti eziandio assoggettare le vacche in più luo- ghi alla tritura del granone delle biade, penoso trava- glio , che dirado va disgiunto da frattura di ossa , da lussazioni , ed altri funesti accidenti . A migliorare la razza , a sceglier le vacche di quella conformazione, e di quella specie, che a dar molto latte richiedesi , a conservarle lattifere colle cure rico- nosciute ormai da tutt'i popoli dell' Europa, par che non ponghiamo la menoma attenzione . Il sale che pur dia- mo alle pecore , si niega alle vacche , cui sarebbe egual- mente giovevole , e necessario ; quindi non dee far meraviglia , se menano vita stentata , se danno pochi allievi , e men latte , e se abbandonate al macello dia- no carne men buona de' bovi . Di questi il destino è alquanto migliore . Impie- gati all'aratro, ed al carro, vengono nudrili nelle stal- le, non proprie però, né proporzionate al loro nume- ro ; quindi sono ancor essi soggetti a' crudeli epizoozie cui concorrano ancora tutte le altre cagioni, che parlan- do delle infermità contagiose delle pecore accennam- mo . Invecchiando sogliono i bovi esser meglio trattati per ricavarne carne migliore, e maggior profitto ven- dendoli a macellai . Dal latte di vacca far si sogliono diverse sorti di (376) cacio , cioè il comune , il cacio cavallo , le provole , Ossian grosse provature . Vetlremo altrove qual sia il merito di queste varie specie di cacio , e come po- trebbero migliorarsi. I nostri cuoj , le nostre pelli , ed il cacio vaccino non possono star con vantaggio al paragone con quelli di Fiandra , d' Inghilterra , e di Francia , ed abbiamo veduto nel principio di questa memoria , che non sono suftìcienti alla nostra ordinaria consumazione . Questo è lo stalo de' nostri armenti bovini , e pecorini . La Nazione però lotta incerta , e divisa sai merito della pastorizia, e sinora par che ignorato ab- bia i mezzi , onde combinarla coli' agricoltura. Vantano gli Apruzzesi il fruttato delle loro peco- re da corpo , affermando porger netti di spesa dodici carlini 1' uno , quando però le stagioni corran felici . Ma computate le pecore non fruttifere , i montoni , e le infinite sciagure , che sovente , ed in varie guise op- primono questa industria, sparirà gran parte del pre- teso fruttato . Considerate oltre ciò 1' ampia estensione de' terreni addetti a pascolo , paragonateli col numero degli animali , che a stenti nudriscono , e riflettete al maggior prodotto , che meglio coltivati, anche per uso di pastura . dar potrebbero , e vedrete come ogni cal- colo , che per essi facciasi , poggia suH' ipotesi della generale , ed inveterata oscitanza , come se fosse per noi iinpossibil cosa di far ciò, che popoli men favoriti dalla natura , e da noi poco rinioti felicemente costu- mano di fare . J ( 377 ) Rapporto all' industria delle vacche le pretensioni de' nostri arnientarj sono assai più ristretto . II coin-« mercio più utile , che con queste , e coi bovi si fac- cia, è l'ingrassarle per il macello. Molti han dismes- so , e dismettono alla giornata questa stessa industria; onde se il Governo non prenderà le più efficaci mi- sure per ravvivarla, vedremo sempreppiù diminuito, e ristretto il numero de' hovi ,e delle vacche, con dan- ni incalcolabili per l'agricoltura, e per lo Stalo. Per persuaderci colla maggior possibile evidenza dell'infelicità dell'attuale nostra Pastorizia, osservia- mone il prodotto di molti anni . L'emporio di questa è senza dubbio il cos'i detto Tavoliere di Puglia , pia- na , e vasta regione , che sulla larghezza media di 40 si estende per 70 miglia. Esistono in Foggia, capitale di quella regione , e centro di questa industria, i re- gistri Doganali, ne' quali colle varie somme annuali dal Governo ritratte sulle pecore, e sulle vacche , sono segnate le ottime, le buone, le mediocri, le cattive, le più cattive , e le pessime annate . Or questi registri ci danno a vedere , che nel periodo di 5o anni , cioè dal i^5o,sinoal 1789 avemmo dai nostri armenti duo annate di olliina rendila, cinque pessime, tredici cat- tive, o più cattive , i5 mediocri , e altretlante buo- ne , vai quanto dire , diviso il prodotto di questi anni , l' ordinario , e comune è nicn del mediocre presso di noi slessi. Ma quel che noi chiamiamo an- nata ottima rapporto agli armenti , nell' alla Italia , nel- la Svizzera , nella Fiandra , in Olanda , in Inghilterra 48 (378) BOn sarebbe che mediocre, o anche infelice (i). Nel principio di questa memoria ho riportata l'esorbitante somma, che per il cacio, per le pelli, e per le cuoja paghiamo in ogni anno agli stranieri , possedendo aS milioni di moggia di fertilissima terra, altro argomento decisivo egli è questo dell' errore di coloro , che credono esser prospera la nostra pastori- zia. Finalmente la carne non entra per nulla nel vit- to de' contadini, e della plebe, e la carne vaccina non entra nel vitto ordinario degli agiati, e ricchi cittadi- ni , se non nella Capitale, ed in quattro , o cinque al- tre Città principali del Regno . Spesso ancora bisogna ricorrere all' Agro Romano , alle maremme di Tosca- na , e di Ferrara , alle Marche di Fermo , e di An- cona, e più in su ancora , perchè non resti la Capitale priva di carne vaccina (2) . Resta adunque dimo- strato , che la nostra pastorizia è in uno stato di lan- guore , e di decadenza . (i) L'uso de prati artificiali stabilito presso que- sta nazioni industriose ha dato alla pastorizia un frut- to sicuro, e slabile, almen quatruplo sul nostro . Per crederlo basta osservare quel che danno di frutto le vacche in Sorrento . (2) Nel 1807 si dovè frir venire dalle rifrrite regioni circa dieci mila bestie da corno per /' appro- vìsionamento della Capitale , che non si p(.tea atten- dere dalla Puglia , e dalla Calabria per la mortalità cK ebbe luogo . (•^79) Ma è forse il suolo , o il clima , che si oppon- gono ai progressi di qucst' arte tra di noi ? Soa forsi le leggi che finora 1' abbian rilardati ? Che il nostro feracissimo suolo sia oltremodo alla, pastorizia idoneo , non troverassi per avventura chi lo voglia recar in dubbio , osservandosi poi sotto il nostro cielo i varj climi di Europa più analoghi alla vegeta- zione j rapporto alla pastorizia , ne' nostri monti , do- vremmo esser più felici degli Svizzeri , ed al pari de' Lombardi nelle nostre pianure , se per noi si usasse di quel regolamento , e di quelle diligenze, onde que' popoli industriosi guidano , e governano i loro armenti , e le loro praterie . Arrecar si solca per iscusa de' tardi e lenti pro- grossi della pastorizia , e dell' agricoltura , li governo feudale, la comunità, e la servitù de' pascoli , cose tutte di già per le nuove leggi abolite, senza riflettere che furono presso di noi molti paesi non feudali , sce- vri di ogni servitù di pascolo , e di demanio comu- nale , e ciò non per tanto la di lor pastorizia si giac- que sempre negletta , né unqueroai divenne migliore'. Ma qu'i fa d' uopo fermarsi al quanto , per divisare più geneiali , ed esistenti cagioni , che se non saranno effi- cacemente combattute , e rimosse, renderanno vane le nostre lusinghe , e i nostri sforzi . E cominciamo dal non arrossire indicando per la prima , e più potente cagione de'nostri mali la genera- le oscitanza del popolo, e de'proprietarj . Questa , fi- glia in parte della mollezza del clima , e della fecon- dità del suolo , che ambe ci spingono all' ozio , ed in ( 38o ) parte della deficienza di publica istruzione , e di spi- rito publico , ci rende inerii , e quasi stranieri a noi stessi , allo stato , ed ai posteri . La mania di sboscare , e la tolleranza delle paludi in tutte le provincie del Regno , quanto influiscano ad ammiserire, e restringere il fruito e la fecondità delle nostre terre, ed il numero dei nostri animali, l'bo di- mostrato nella mia memoria suir economia delle acque. Inoltre gli affitti a breve tempo come tra noi u- sansi , vietan principalmente i progressi della [pastori- zia . Clhi può pensare a mescolare la creta , o 1' argil- la colla sabbia , ed a vicenda ? Chi può pensare a pro- sciugare le terre paludose , o render irrigabili quelle che presso i fiumi si giacciono? Chi si occuperà mai a formar de' prati secondo le regole dell' arie , o a fa- re delle piantagioni nelle terre , che abbandonar dee dopo tre o sei anni al più? Ninno de' fittuarj certa- mente . Sarebbe lo stesso , che rovinar se stessi ed arricchire gli oziosi avidi proprietarj , che non usa- no intraprendere siffatte bonificazioni per non privar- si della rendita attuale , e per non gravarsi di spese straordinarie . In Inghilterra non si ravvisa affitto , che minor durala di 18 anni si abbia, quindi la pastori- zia grandemente fiorisce, e vi- si fanno le migliorie corrispondenti alla prosperità di questa industria , e dell' agricoltura . ' Aggiungete il tarlo cOrrosore dell agricoltura , della pastoriza , e della pescagione tra noi , cioè quel contralto usurario , che la miseria de' contadini , de pastori , e de' marinari ha da gran tempo stabilito sol- (38i ) to il nome di contraili alla voce, o a prezzo fallo da- gli usura] islessi ; e nella povertà forzosa dvlle classi più utili della nazione trovarele un' altro polentissinio ostacolo alla prosperità della pastorizia , i di cui pro- dotti, come quelli della coltivazione, soglionsi vendere avanti l'esistenza, e maturità (i). Finalmente per un inveteralo , e generale pregiu- dizio noi vogliamo ritrarre dai lanuti , più che dagli (i) Ne secoli che chiamiamo barbari, la Religio- ne, e la pietà de' privati , osò frapporre a tal vizio qualche urgiue , creando da pertutto monti frumenta- yj a sovveniincntfì ile-' poveri industriosi, lo ne conosco circa 45o, ma disgraziatamente né questi ne V altro fermato sotto la passata dinastìa colle sostanze delle Chiese, che sono il patrimonio de' poveri , hanno ti destino , che stabdirvi un sistema di pra- ti arlillciali irrigui , i (juali eleva ida il valor natio di- quelle terre , darebbero costante maggior proGtlo colla pastorizia , e le renderebbero contjmporaneamente più idonee a dare di quando in quando abbondaulissime raccolte di cereali, di canape ec. (i) . La natura adunque ci sprona a volger la metà del Regno alle industrie pastorali , onde speraremo in va- no incremento di popolazione , e di prosperila Gnche non si pervenga a trattare i monti giusta il modo più analogo alla loro indole , a covrirli cioè di foreste , di frutici , e di ottime praterie, le quali sommini- strandoci copia straordinaria di foraggio ci farebbero abbondare di armenti bovini , pecorini , porcini ec. ^ come ne abbondavamo ai tempi di Annibale, e di Po- libio, quanrto una quarta d' obulo bastava allo stranie- re per vitto quotidiano nelle nostre locande . La stessa madre benefica, che ne' monti c'invita ad MD eslesa , e felice Pastorizia a preferenza dell' agricol- ra , in molte guise parimenti ne sprona a praticarla neir altra metà del Regno , che formata viene dalle pianure . Dirò ancora, che al verace risorgimento dell' agricoltura preceder dee quello della Pastorizia. Im- (i) / prati artificiali arricchiscono di terra ve- getabile i terreni , Oi'e vegetano , e dopo alcuni anni uguagliano la fecondità delle terre vergini . ( 387 ) peroccTiè a promuover enicacemente la prima, ed ele- varla all'apice della perlezione nelle- pianure , uopo è abbondare di legname d'ogni genere, nocessatio agli «si della vita campestre, alle macchine rurali, alle fa- Lriche , ai ricoveri degli animali , alia difesa de cam- pi ec. 5 conviene parimenti che le terre non siano aridi- te dal sole il quale presso di noi ha tanta forza al ca- der di primavera, che tutto brucia, ed inaridisce . Bisogna ancora, che le piante piìi interessami, come sono le cereali, o le tigliose principalmente , sien alla meglio riparate , e difese dal grave sofGo de' venti mi- cidiali, dalle nebbie ec. e vegilino su' terreni affatto spo- gliati di radici, e piante inutili, o nocive j uop'è fi- nalmente che la terra dia il massimo ricoUo , mercè la spesa ed il travaglio istesso , che si richiede per 1* ordinario , alla qual perfezione non potremo inalzare nelle Provincie la nostra agricoltura, se ad esempio d' una parte della Campania non sapremo accumulare tanta quantità di terriccio quanto u' è indispensabile a ricavare dalla stessa terra diversi prò lotti in ogni anno, e a moltiplicarvi le braccia. Or la moltiplica- zione delle braccia coltivatrici si otterrebbe egualmente se air errante , e negletta pastorizia succedesse la bea intesa , perche or sono addetti alla vita pastorale 5om. de' nostri abitanti per il solo Tavoliere di Puglia , de' quali col sistema de' prati artificiali , e dfgli animali a stalla , non solo non vi sarebbe tanto bisogno , ma ciascheduno di essi sarebbe al tempo stesso pastore , fi coltivatore . E con pari felicità tutte le altre condizioni neces- ( 388 ) sarie all' aumento dell' agricoltura agevolmente si adem- piranno se attenderemo a introdurre nelle pianure le piantagioni di alberi, di frutici, e di piante di ogni genere così variate, e ripartite, da somtniiiistrar sem- pre una porzione di verde alimento agli ai-menti : se avremo delle siepi, e dei fossi per custodire le pian- tagioni, e le praterie dall'incursioni degli animali , e dal ristagno delle acque . Le piantagioni , e le siepi potrebbero esser s'i saggiamente disposte , che difendes- sero coir ombra loro le terre dall' eccedente ardore del sole , dall'impeto de' venti, e somministrassero coi loro rottami, e colle spoglie degl'insetti che nudrisco- nd perenne copia di terricio (i) . Riflettendo poi , che la spesa per formar i prati artificiali , e le piantagioni di frutici , e degli alberi , benché non sia lieve , compensata pur viene ne' primi dal maggior prodotto , che le terre dissodate , e pur- gate dalle radici d' inutili piante dar sogliono : rifletten- do ancora , che le piantagioni degli alberi , de' frutici , (i) Chi riflette alla floridezza della coltivazione in alcune parti della Campania comprenderà in tutta la sua estensione la forza del mio discorso , e cono- scerà poterla render comune alla maggior parte delle pianure del Regno , covrendole di piantagioni , di sel- ve , e di prati artificiali. Gli uomini hanno sempre un rapporto colle piantagioni regolari., e coi prati ar- tificiali. Più, abbondan questi., più numerosa è la pO'^ polaziune , perchè vi abbondano le sussistenze . ( 389 ) e di molte erbe da prato durano per moltissimi , o per molti anni danno mano mano frutto maggiore ; né richiedono dalla mano dell'uomo, se non a grandi intervalli , semplici diligenze piuttosto , che lavori dis- pendiosi , e difficili : osservando in fine, che il gelo, la nebbia , il vento , la gragnuola , e la pioggia ec. le quali spesso annientano i sudori , e le spese de' col- tivatori , in nulla o poco danneggiano le piante di fo- raggio , e gli alberi da bosco , chi non vede esser noi dal proprio interesse chiamati ad esercitare con intel- ligenza , ed estender vigorosamente la pastorizia nelle pianure, come il mezzo più agevole, e sicuro da trar- ne sollecito , men incerto , e men dispendioso profit- to ? Tanloppiù , che mancando noi di braccia jjer ben coltivar nelle pianure le terre attualmente coltivabili , sarebbe, come l'è stato , non piccolo errore l'estendere r agricoltura propriamente detta , e trasandar in esse la buona pastorizia . Sarà sempre vero 1' aureo dello di Virgilio : laudato ingentìa Tura , exiquum coìito , e sarà vero sempre altresì , che dieci moggia di terra riccamente concimata , e diligentetnente lavorata ren- dano più di 20 , e di 3o moggia coltivate all' oi"- diaario . Da queste verità, che ho creduto dover sempli- cemente accennare , trascurando di adduroe le prove , per non recarvi fastidio , ragionando di cose evidenti , e notissime, egli è chiaro, che la buona pastorizia deve precedere , ed accompagnare l' agricoltura nelle pianure . Affinchè però ciascheduno ne rimanga persua- so, e tulli siano animali a metter in pratica i consigli ( 390 ) della ragione , mi sia lecito di rilevare due grandi van- taggi , che la bea inlesa pastorizia seco porla , e che , come questa , sono da noi ignorati , o negletti . Sanno i Botanici , che 1' erbe corte e tenere , nel primo loro germogliare smozzicate, hanno una straor- dinaria disposizione a crescere , qual disposizione va a mancar nelle adulte . Si sa da' pastori , che a pa- scolar 1' erbe corte ne' primi giorni della germinazione, gli animali grandi , come i buoi e le vacche , siano inetti, ma'i vitelli , come i lanuti, a proporzione dell' età si osservano più , o men' atti a profittarne ; onde facendosi pascer da' giovani animali, e ricrescendo que- sta sotto il loro dente innocente con celerità, e con maggior vigore, ottengono gl'industriosi oltramontani un dippiù di pascolo, che nel nostro sistema erroneo, e confuso ,è pressocchè perduto , specialmente rapporto ai buoi . Inoltre 1' esperienza , ed il calcolo han persuaso i Tedeschi , i Francesi , e gl'Inglesi a mandare al macello non già vecchi , ed inutili buoi , come tra noi si usa , ma giovani principalmente , appena giunti al perfetto loro sviluppo , nudriscono a tal uopo moltissime vac- che ^ e lascian crescere i vitelli sino al terzo anno , ed ingrassandoli con ogni sorte di erbe , e di radici , ne ritraggono carni più sostanziose , più tenere , e più sa- porite, e cuoi assai migliori de' nostri (i) con un pro- (i) // cuoio degli animali vecchi è logorato dall' etày dal travaglio , dalle piaghe , è più indurito , men soffice , ed elastico del cuojo d^W animale giovane , e vegeto , (391 ) fitto tra noi sconos'^iuto, perche poco avvezzi a ri- fleltere e a calcolale. V'ha un t rinins in cui l'animale cessa di crescere, e questo è ne'hiioj presso a tre anni compiuti . Sino a quest'epoca il giov:>iie animale consuma in alimenti assai meno dell'adulto, e non h'.irò, che consumatone abbia una sola metà ., ma due terzi per abbondare nel calcolo . Da ciò ne siegue , che il pascolo sufficiente a nudrire tre bovi adulti , nudrirà comodamente quat- tro vitelli , e non divenendo presso di noi vecchio , e da macello nn bue , se non dopo i nove anni , quel pa- scolo , che per nove anni sostiene tre buoi , sosterrà 12 vitelli , de' quali quattro se ne suppongono uccisi in ogni triennio. Suole altronde un animale giunto al suo perfetto sviluppo pesare un terzo meno dell'adulto vecchio ben ingrassato Adunque dodici bovetti col vitto corrispondente a tre bovi nel corso di 9 anni daranno tal copta di carne, e di cuoja, quanta ne corrispon- derebbe a 8 bovi da macello , ed aggiunta la miglior qualità della carne , e del cuojo , e considerato il van- taggio dell' erba corla di sopra menzionato , possiam francamente asserire , che sostituendo per lo macello a buoi , e vacche vecchie i giovani giunti appena al perfetto loro sviluppo , venga a triplicarsi la copia della carne , e delle cuoja. Quel che si dice de buoi può applicarsi ai lanuti , ed ai porci (1) . (i) J^i sarà chi troverà n ridire su questo mio cal- colo , perche non v inclùudo il travaglio , che per sei annt ( 39^ ) Quando poi con silTaUi nuovi metodi crescesse r abbondan7a della carne potrebbe entrar nel vitto del popolo , da cui è esclusa , ed allora vi sarebbe mag- gior risparmio di fruniento , che si potrebbe vendere all'Estero. E noto che la carne nudrisce al doppio del pane, e ancor dippiù rapporto al pane di frumen- tone, onde sotto l'uso di quella la forza, e la salu- brità de' contadini riceverebbe aumento , e faremiuo cogli esteri più utile, ed esteso commercio de' nostri grani superflui . Ma se dai nostri sforzi per moltiplicare gli ar- menti altro vantaggio non si dovesse attendere , se non quello di provvederci per noi medesimi del cacio, delle pelli , e de' cuoj alla nostra consumazione ne- anni prestano i bovi da aratro ,o da carro. Ma questi portano una spesa maggiore , abbisognando di vitto sostanzioso , e abbondante ; e come per lentezza del moto fan poco profitto colf aratro , o col carro , cosi spesso per le disgrazie e malattie , cui van soggetlti , s' inutilizzano y onde messe a calcolo tutte queste ri" flessioni , e paragonati i buoi coi cavalli, e coi mu- li , che hanno maggior attitudine ai lavori campestri ed al carro , maggior velocità , e più lunga vita , e minori pericoli , confesseremo , che saviamente si re- golano gF Inglesi j i Francesi, i Tedeschi , ed i Lom- bardi, che adoperano cavalli , e muli ne' lavori della terra , e per il carro , e serbano i buoi al macello , ed alle picciole fatiche . ( 393 ) cessai*), pur sarebbe grandissimo , sottraenJoci per tal mezzo air umiliante ed enorme tributo di un milione, e 3oom. due, che paghiamo agli esteri, come altrove si è detto . Le da me finora addotte ragioni a prò della buo- na Pastorizia non isfuggirono nei principj del caduto secolo agi' Inglesi perspicacissimi , ed avidi calcolato- ri, e da tanto seppero felicemente valutarle , che po- nendo in opera tutte le risorse del genio protetti , ed incoraggiati dal Governo , eS^tcsero , e perfezionarono la Pastorizia , e per questa via pervennero alla per- fezione dell' Agricoltura . Or questo stesso piano a noi vien indicato non solo dalla natura del suolo , dall' indole del clima , dalle circostanze politiche , e dai nostri bisogni , come ho dimostrato , ma ci vien chia- ramente inculcato dall'esempio de' nostri gloriosi an- tenati, e dai più illustri scrittori rustici dell'antichità. Nei secoli di prosperità , e di gloria meritarono queste Provincie il nome d' Italia , e fummo detti Itali dalla copia, e bellezza dei buoi. In quei tempi , come ho dimostrato in altra opera, i nostri monti , le colli- ne , e i piani vedevansi sì saggiamente di piante da bosco, da frutta , e da foraggio ricoverte , che ben si può da ognuno comprendere essere stata presso de' Marsi , de' Sanniti , de' Frtntani , de' Lucani , de' Bruz j , e de'popoli della magna Grecia considerata la pastori- zia, come la prima sorgente dell'opulenza nazionale, ed aver meritata la più grand' estensione , e diligen- za . Sono nella storia famosi i pastori del Matese , e della Sila . La regione Salentina abbondava di cavalli 5o (394) al dir di Virgilio , e non inea di 4 iwila indomiti ne ristrass^ Annibale eoa una scorreria dalla Peucezia , e dalla Japigia . Le straordinarie ricchezze del Tem- pio di Giunone Lucina presso Cotrone dai pascoli del sacro bosco derivarono . I sacrilicj di buoi , di peco- re , di por.^i , di capre , cosi generali , frequenti , e nu-^ merosi , sono non equivoca pruova della copia grande di animali , eh.? nudrivansi in quei tempi . Tatti gli argoiiTjnli poi , che dimostrano essere stata in quel pa- rlo lo felice la nostra Terra abitata da una popolazio- ne doppia almea della presente, convinceranno i più increduli , che allor si avevano più numerose mandre di aniivtali. Ma a che serve con induzioni provar ciò , che dagli Autori latini de re rustica chiaram.Mite si at- testa ? Benché quelli , che a noi soa pervenuti vives- sero nel principio della nostra dfcad mza , o in que- sta stessa ben avvanzata, pure riguardarono la pastori- zia come la più vantagiosa traile campestri industrie , Difatti Catone , Golumella , Plinio , non altra sor- gente più ferace di ricchezze conobbero traile cure de' campi , se non la pastorale. jYuìi dice Coluinil- la ft) in rusticatione vìi antitjnissiina est ratio pa- icendi , eaileinqus^ quoestuosissiin^ Et nunc apud nostros quidein Colonos alia rss uberior nulla est . Plinio (2) e Golumella concordemente ci narra- (i) Lib. VI. nella Prefazione . (2) hib. 18 cap. 5 Hist. JYat. Coluni, l. citato. (39^) DO , che interrogatus Cato , quis esset certissimiis qiice- stus ? RespoiìcUt , si heite pascas : quis proximus ? si medìucrifcr pascas . E <1i qiu'sla sua opinione ne adduce la ragione . Simvuu oniniiini in lioc speclanda fuit , ut friulns is maxime proharclitr , qui quam mi- nimo impendio cnnstatiirns, esset. Lo stesso Colone (i) ci lasciò scritto. Prata irrigna , si aquam ììabetis, po- tissimum /acito , non est prtedinm , quod ubi 7>is , expedit facere . II iioine stesso di prata cioè semper parata.) è una dimostrazione dell'alia considerazione, in cui furono, « della grande «tilità , che recavano. E qui non vi sia alcuno, che protestando esage- razioni , e inesattezze presso gli scrittori rustici , osi trattar queste massime come opinioni mal sicure, e parlo piuttosto d'immaginazione, che di e.sperienza . Poicchè Columella lo smentirebbe col fatto .Ci ha tras- messo quest'autore la notizia del fruttato de' prati , che fall iavansi a mnggio , e' bre . (397) dati un moggio di terra a prato artificiale dovrebbe darci <). mila e più libbre di ficQO , percliè il moggio na- po'elano in lai proporzione è più grande dello juge- ro de' Romani , die ne somuiiuislrava , come abbiam dimostrato 8. mila (i) . Paragoniamo intanto all'antico prodotto l'attuale delle nostre praterie naturali , e prescegliamo le Pu- gliesi , come le più feraci . Non avendo esperienze di- rette , ed esatte da esaminarlo , ci sarà di scorta la quantità del prato necessaria all' ordinario manteni- lucnlo d'un dato numero di pecore, e di vacche. E canone della Dogana di Foggia , e di tutti que' pasto- ri, che per il pascolo ibernale di loo pecore \i biso- gna un carro di terra, ed altrettanto per pascolo esti- va, in tutto mog. iGo. Ogni vacca nel calcolo de' Pu- gliesi vale IO pecore rapporto al pascolo. Ma 160 mog- gia a prato artificiale secondo il calcolo da noi addot- to ai tempi di Columella dar dovrebbero un milione, e mezzo di libbre di fieno , che darebbero ampio nudri- mento a 400. montoni, o a 4o vacche da latte , senza contare il pascolo verde , che per alcuni mesi se ne potrebbe ritrarre j dunque coli' introduzione de' buoni prati artificiali noi potremmo quadruplicare il nume- ro de' nostri lanuti , e de' loro prodotti , senz' accresce- (ij Un miglio quadrato contiene moggia mi ad UH dipresso , e contiene jugeri ii85. Il prodotto dunque dello j'ugero sarà a quello del moggio , come 1 11 1 a 1285, e 398 ) re le terre da pascolo . Diminuiscasi questo numero a capriccio sino alla mela , sarà sempre vero , che coi prati artificiali noi potremmo rad(lop|,iare il numero de' nostri armenti; ed iu conseguenza dei loro pro- dotti . E per animar vieppiù i nostri proprietarj a pren- der conto magi^iore degli armenti Lovini , e de' prati artiticiali , che meritano di esser moltiplicati , e propa- gati a preferenza , giova rilevare i vantaggi , che da questi dovrebbero atteiidrisi nella Paglia, ove 1' uso de' prati artiliciali venisse a stabilirsi. Fingiamo , che «ella Puglia lungo soltanto le spon- de de' liumi , e de' torrenti che la bagnano a tutto inaggio fi) siasi introdotta in vece dell' errante la bea intesa Pastoiizia , e siavi un proprietario , il quale si determini a mettere 160 moggia di terre a prato arti- ficiale , irrigabile solo nel mese di maggio dopo la ( I ) Prescelgo le sponde de' nostri torrenti , e de' nostri fiumi per dure ed nostri la facilità d'esser irri- gati . I torrenti soglion correre nel mese di maggio e spesso anche per tutto giugno . I nostri antenati davano V acque ai prati artificiali appena secato il pri- mo fieno in maggio , e cosi , ancorché non avessero altra acqua per irrigarli successivamente , ne traevano gran profitto , vi conservavano meglio le piante , e la verdura , e tornavano a falciarli in autunno , per- chè le piante i-invigorite dall' acqua dopo il primo ta- glio producevano molta erba alt apparir dell' autunnc% .J> (399) prima falciatura per aver dell' erba nell' e^là , e ot- tenerne più agevolmente una seconda in autunno . Diamo di rendila annua a questa terra il valore di 36o ducali : compuliamo la spesa necessaria per dis- sodarlo , acciò il prato riesca della più perfetta qualità, per la soumia di 800 duca^ . Diamo per ca- pilale d' 4*^ vacche sceltissime 24^0 dìicati . Por una stalla, ed un fonile corrispondente, e per la ca- scina vi occorrano due mila ducali : per custodia delle vacche diamo a 4 pastori 28 ducati al mese j per trasporti , e per commodo vi si mantengano 4 animali da soma colla spesa annua di due. 200, e per acquistare il seme di prato occorra la spesa di ducati 3oo. Risulta da queste condizioni , che a stabilire in Puglia un procojo di ^o vacche scelte, vi bisognareb- he il capitale di 53oo ducati, e l'annua spesa di i4i<5- Per abbondare nel calcolo, e per ])rovvedere gli utensili diciam le spese annuali ammontare a i5oo , e fissiamo 6 mila ducati di capitale . Veduto 1' esito calcoliamone 1' in- troito. Di l^o vacche scelte, e ben nudrite ,^ mettiamo che sole 20 diano sempre latte (i) e non dirò , che darne potranno 3o , 20, o i5 caraffe ai giorno, come la tlanno ne' tempi analoghi le vacche di Sorrento , e (i) Supponendo una vacca incinta in ogni \S me- si, l\0 vacche in cinque anni partorir doi'rehbcro 4 volte , ed in conseguenza dar iGo allievi: 32 allievi per anno , se fossero di scelta razza , ben trattate nel vitto , e nella salute y ed esenti da disgrazie . ( 4oo ) della Svizzera , ma solo 12 carafe. Avremo dunque 240 caraffe di latte al giorno , che dando il sesto del suo p3So in burro , e cacio iasieiae, darebbe, se la caraffa nostra pesasse aS oncie , e mezza di acqua, co- mi volgarmente credesi , il peso di 81 libbre di ca- cio , e burro , e prese alla ragione di 12 grana la libbra, darebbero a giorno la rendita di g ducati e 72 grana , ed in conseguenza la rendila di 365 gior- ni sarebbe di ducati 3547 ' ^^ ■ Dedotte le spese an- nuali , restarebbero di proQtto ducati 2047 , 80, cor- rispondenti , come frutto del capitale impiegato nel fondo alieno per piantarvi il procojo , come sopra da noi ideato ; ma il capitale cosi impiegato non eccede i ducati 6000 : dunque questa stessa somma verrebbe a dare il 33 per loo in circa di rendita netta, la quale è cosi rispettabile , e grande , che non può considerar- si se non come la massima , che costantemente pos- sa farsi nel commercio il più attivo , e felice . E per giungere a questo stato di prosperità non dirò per tutto il Regno , ma solo in duemila poderi dispersi su tutta la superfìcie di quello presso i fiumi, e i laghi , che abbiamo nelle valli , e nelle pianure , ove sarebbe assai facile l' accrescere coli' estiva irriga- zione il prodotto dei prati da noi calcolato di sopra , non vi sarebbe bisogno di tutta la spesa da noi com- putata , perchè generalmente abbiamo delle vacche , ma con piccolo , o niun frutto , e meaocchè nel Ta- voliere di Puglia, si hanno da pertutlo , e stalle e cor- tili , e capanne , cioè una specie di portici rustici, che meglio iatesi e riformati , ci metterebbero ia istato di [ 4oi ) ^ trarre dai nostri armenti meglio nudriti tutto quel van- lagio , che nell' alta Italia , e altrove col mezzo de' prati artificiali ritraesi . Dal sin qui esposto , e da quanto insegnano i scrittori agrarj , e i popoli culti di Europa inettoQO in pratica , egli è chiaro , che le piantagioni , e i prati artificiali siano l' unico mezzo , onde animare la Pasto- rizia . Succede agli animali come agli uomini ; pro- sperano, e si moltiplicano , ovunque abbondino i mezzi di sussistenza , ed in proporzione di essi. Quindi l'unico mezzo , che si dee proporre alla Nazione , è quello d' introdurre da per tutto i prati artificiaU irrigui, e non irrigui. Non è , che questi siano tra noi ignoti . I non ir- rigui sopratutto son comuni nella Campania , ed io qual- che altro cantone d .l Regno , ma non si esteadono alle cacche , ed alle pecore . Io vi annojerei se volessi qui ricopiare gli av- vertimenti e le regole, secondo le quali si debboa formare i prati artificiali . Piuttosto sembrami necessa- rio discorrere di quali erbe ci convenga far uso. Si ( 402 ) P A R T E ni. Di mezzi da far rifiorire tra noi la Pastorìzia '. Se dobbiamo pe'l nostro interesse iatrodnrre i prati arlifioiali di quali erbe ci serviremo ? Non om- nies feri omnia Telìns . Ci nasce quÌD('i il bisogno di disaniioar traile tante piante, che pur abbiamo, e trai- le mollissime , di cui manchiamo , quali convenga- no meglio alla nostra Pastorizia . Or questa dissami- na abbraccia due considerazioni , cioè quella della na- tura del suolo , e quella del clima . Favelliamo dun- que del nostro suolo , e del nostro clima ppr poter precisare quali erbe siano da coltivarsi a preferenza, ne ' nostri prati artllìciali . Benché le nostre terre siano tra loro varie, e dif- ferenti, io porto opinione, che possano esser classifi- cate ili modo sodisfacente al bisogno de' pastori , ss rifletteremo all'origine geologica del nostro suolo. Una catena di monti ramificali iu varie direzioni dividono il nostro Regno per tutta la sua lunghezza in molte pianure, le quali dal mare, cui dolcem?nte inclinansi , terminate , ban per lo più V aspelto dill' oriente, o di mezzogiorno , e pocha ve ne sono tra ponente , e mezzo giorno , pochissime Ira oriente e tramontana . L' indole de' nostri monti è varia. Per lo più so- no calcarei , di passaggio , o di più recente formazio- ne , ed in conseguenza contengono più o man secou- (4o3) do r clà sostanze animali , e vegetabili petrificati . Ta- li sono i monti dell' antico Sannio , de' Piceni , della Daunia , della Peucezia, de' Salentini,Ja maggior par- te di quei della Campania , e della Lucania . Da «[ue- Sta Provincia però verso i Bruzj , e la magna Grecia sino all' Esaro, e propriamente verso il Tirreno abbia- mo monti primitivi , di granito cioè , di gneis , di mica schislosa , di schisto argilloso , su de' quali in di- versi luoghi veggonsi monti calcarei di diversa età , ed anche de' monti sabbionosi . Sede di vulcani estinti , o finalmente di vulcani ardenti furono, e sono ancor mol- te regioni del nostro suolo . I campi flegrei , i monti , su cui giacciono Teano, e Sessa: il Malese , il Vul- ture, e molli altri, che per brevità tralascio di no- verare neir antico Sannio , ed in altri luoghi ancora, arderono un tempo, e formarono de' monti, e campi vulcanici colle loro eruzioni . La valle d' Ansante , la Zolfalaia , e tulli quei luoghi del Regno, donde acque termali sorgono , o vapori lumerali s' innalzano , sono a riputarsi vulcani st mi estinti ; restando al solo Ve- suvio la qualità funesta d' istruirci colle sue terribili eruzioni di quel che furono gli estinti, o semi estinti vulcani cosi frequenti in questa bella parte 'lei Mondo. Le nostre pianure una volta ingombrate delle ac- que, non sursoro certamente prima de' monti j)riini- tivi , e lungamente dopo la forma/ione degli A|q)en- Tiini. Son desse figlie del sedim-nto delle ondo nella maggior parte, e del detrito de' monti , che le circon- dano; e perciò nelle loro estremità , cioè ne' litii da poco, e leularaenle da mare abbandonati, sono, come ( 4o4 ) esser debbono, di sabbia a dovizia fornite , e ne' luoghi mediterranei debbono abbondar , coma 1' esperienza il dimostra , di sabbia , o di creta , o di argilla , a seconda della natura de' monti che lor sovrastano-' B:jnchè le alkivioni particolari , le concussioni ter- restri tra noi frequenti , e terribili , e l' eruzioai vul- caniche abbian alterato in alcuni luoghi 1' inJole na- tia delle nostre terre ,. pure la massima pnrte di esse G ha conservato , o ha acquistato nella superfìcie il mag- gior numero di quelk proprietà , che corrispondono alla loro origine . Quindi è , che il nostro littorale abbonda di sabbia , e di terreni leggieri , e sabbioiiosi ,, e di tufo : ne' luoghi mediterranei le pianure abbon- dano di tèrra calcarea sotto forma di creta , di crosta tufacea, di tufo calcareo, di marmo ec. , coma osser- vasi nelle provincie orientali , e sottentrionali d;d Re- gno 5 o pure abbondano di terra argillosa sotto forma di argilla, di mirua , coms nelle Calabrie, ed in qual- che parte della Lucania ravvisasi . Nella Campania poi, e presso tutti i vulcani estinti , a semi estinti, le terre conservano le qualità primordiali , cioè sono prodotti vulcanici sotto forala di puzzolaua , lapillo , tufo vulcanico, lava scomposta ec. Da questi brevi cenni geologici possiam dunque eonchiudere . che sono le, nostre terre riducibili a due specie principali, cioè a terre sabbioaose, e leggiere, quali sono quasi tutte quelle del nuuijroìo lungo litto- rale, e presso i monti vulcanici; ed in terre forti, e tenaci più o meno , che si possono suddividere in due altre specie , cioè in terre ere tose , quali sono ( 4o5 ) quelle delle pianure , e delle valli del Sannio , della Puglia , delle Murcie , e della Lucania , ed in terre argillose , e marnose , quali sono principalmente le terre di Calabria. E btnchè Ira queste vi sieno delle terre cretose, e sabbionose, come traile cretose vi si ■veggono de' campi arenosi, pure bastando l'occhio, ed il tallo a distinguere la sabbia , la creta , e V ar- gilla , e le più marcate loro composizioni , ninno de' coltivatori potrà ingannarsi , se vorrà per poco riflet- tere , ed osservare , intorno alla qnaliià predominante del terreno , die imprende a coltivare , e potrà age- volmente adattarvi quelle piante^ e quell' erbe da pra- to , che siano analoghe a tali qualità . ' Ma non basta certamente la ricognizione sola del- le tTre per determinarsi con felice successo a colti- varvi le piante corrispondenti . Vi sono delle partico- kri circostanze , che farebbero abortir le speranze del colono , se non venissero avvertite; e queste tali circostanze per mio sentimento si restringono alla co- pia , o penuria delle acque ,. e alla temperatura me- dia dell'atmosfera ; cioè alle qualità del clima. La copia delle acque è senza dubbio il mezzo più efficace per la prosperità della vegetazio ne , alla quale cooperano la lena , l' aria y il calore , e la luce insieme , e sono ad un di presso egual- mente necessarie , ed essenziali . Specialmente nell' està , e nelle terre arenose par moltiplicare l' erbe non v'è^altro mezzo, che l' acqua . Con essa i pra- ti irrigui si falciano cinque, e sei volte l'anno ^ mentre apperja a maggio possonsi falciare i migliori. • ( 4o6 ] ■prati secchi . Ovunque non abbonda l' acqua , forza « rinunciare ai prati irrigui , e finché non si abbia mag- gior copia di questo elemento , converrà ridursi a delle piante , che prosperano senz'abbondante umore. Quindi la Puglia, che ha poche acque correnti, e po- chi fiumi, che non manchino interamente , potrà aver de' prati irrigui nel mese di maggio, e giugno al più, Tiìa senza la risorsa de'serbatoj , e de' pozzi, ove renda conto il praticarli , noti potrà irrigarli ne' mesi di lu- glio , e settembre per far molte raccolte di Geno . E chiaro però , che quando si usasse in Puglia di dar r acqua alniino ai jwati appena tagliati nel mese di •maggio, o di giugni), si avrebbe deir erba in copia sco- nosciuta a queUe arse contrade da maggio in poi , e si potrebbe ancor serbar del (ieno peri' inverno . Che se i Pugliesi pensando a quel che furono una volta, e a quel che potrebbero essere, s'ingegnassero a vesti- re di selve i monti, che li circondaao , e di pianta- gioni le loro pianure, minorando l'ardore estivo, e richiamando le piog^^ , potrebb ;r:) aver d^'priti suf- ficienti a nudrire coi proprj ti^rreiii uà doppio nume- ro di animali , cui ora son consacrate le cainpague del Tavoliere non solo , ma di ^. Provincie del Regno. IjO sforzo primario , e generale de' Pugliesi dovreb- b' esser diretto ad approfittarsi delle poche acque che vi sono, ed a coltivare qujl genere di piante, che ve- getano benissimo sotto i cocenti ardori del sole ; e con questi mezzi diverrebbero iu breve tempo capaci di sostener le spese delle piantagioni , e de' serbato] , che reslituirebbero a quelle terre 1' antica ubertosità , e le e 407 ) rulu rrcbbcro eguali aliueuo per il valore t^c' predoni alla Campania . Ma il Sannio , i Picini , i Biiizj,e gran parie citi- la Lucania Lauro acque sullicicnti per isabilir fre- qiKnli prati arlidcialì , (ti iir'j^i-Liii . Io ccn so qial faialj rf.riOian/a n.filici.c qr,('((jo!i sciolti daile scr- ■vilù; l(i.(!ali ntl lou) irlito fcj ere per r.oc profiffar- Ee! La sulla, il U\n^V\c a fcr lineo ,. il sain- foin , la nutlica et mi jb* ic (£scr (Stt£Ì,o ii.iJtt'Clti r.e' piali (li (jiullr jitAii.cir, nelle Icio jitnie, rielle loio >alli . Le palli ii;(ni(5e joi di (,ius!e stesse re- gicrvi meglio ii\(blilc di all.di,. e di fiutici utili , po-^ triLbtro somniihistrar ancor esse rucve risorse all' in- diistiia posloiale , e jicvcdtr da se stesse si d'inverno the d'està rlla su^si^l(nza di qiugli amienti, che all' appai ir dell' fiulunno perirebbero dalla fame, se non' eni ^S( r menali ai lepidi piani della Puglia, e della C ampania . In tulle le conlrado , ed in ogni stagione anche nella^ Puglia possiamo aver dapertulto foraggio verde , e sec- co per i nostri animali . Se ne manchiamo è nostra oscitanza, e nostro danno. La Campania alternando O coltivando il trifoglio, la- h.pinella , i lupini , il pani- co, il miglio, il granone , le rape ec , facendo uso delle foglie delle vili , e di molli alberi nndrisce i suoi armenti d' està ,• e d' inverno ; e potrebbe otte- nersi lo slesso nella Puglia , e ntl Sannio , se si usas- se la stessa diligenza, ed anche maggiore . Baslarcb- Le a ciò il conoscer le piante oorrispondenl' alle di- Verse coadiziuni de' prali , alla copia delle acque ; al ( 4o8 ) gracto della temperatura o sia alla qualità del clima di cui è ormai tempo di parlare . I nostri monti si elevano a tanta altezza , che i più alti sorpassano il termine della vegetazione dalla natura assegnato alle regioni boreali . Le parti medie lungamente alla neve , ed al gelo soggette soffrono un grado di freddo alpino , e le parti inferiori son tocche ancor esse dal gelo , e dalla neve in ogni anno , e si quelle , che queste , sono soggette a violenti , ed im>- provisi turbini , a frequenti gragnuole , nebbie , e piogge . In queste regioni abbiamo il clima della Sviz- zera , e della Lombardia , cioè mollo freddo , ed umido . Opposto diametralmente a quello de' monti è il clima delle nostre pianure orientali , e meridionali . Di rado in esse cade la neve , o vi dura per pochi gior- ni : se la forza de' venti vi spande il gelo nel colmo dell'inverno, di rado nuoce sensibilmente alla vegeta- zione ; vi regna sempre un lepore benigno , e vivifi- cante , sconosciuto al resto dqU' Italia , e dell' Europa ; anzi abbiaino de' luoghi, ove non cadde mai la neve, ne si sperimentò mai la forza del gelo. Da questi caratteri comuni alle pianure del Re- gno di sopra menzionate , si dovrebbe dedurre , che godano dello slesso clima; ma pur differiscono gran- demente le orieutali dalle meridionali, non solo per la diversa loro esposizione al sole , ma ben anche per tutto ciò , che può influire a diversificarne la tempe- ratura . Nelle pianure orientali la jiioggia annuale non giunge a 20 pollici di altezza secoadQ le osservazioni (409) dell'illustre socio Monsignor Gioveno , mancano sopra- tullo le acque al maggior uopo , cioè nelT esià . Nelle meridionali la pioggia annuale e di 29 pollici d' altez- za , come osservò Niccola Cirillo , e 1' està non suol' esser mai arida , come nella Puglia . La neve cade as- sai di rado nella Puglia , e per lo più col Greca- le . Cade poi colla tramontana , o col maestro e frequentemente, ed in maggior copia nella Lucania , e nelle Calabrie intermezzate da monti altissimi . II vea- te di ponente , cioè 1' antico atabulo , distrugge le piante nella Puglia , e nelle pianure a quella paralcl- le , cui lo scirocco , ed il libeccio funestissimi alle pianure meridionali nuocciono assai meno del ponen- te . In quelle , le montagne più alte , e meglio ve- stite di alberi attraggono agevolmente i vapori , e le nubi , onde abbondano le brme , le l'ugiade , e le piogge, e in conseguenza le sorgive; vi regna perciò una minore irregolarità nelle meteore dell' atmosfera , vi si produce un grado di frescura superiore alla na- turai posizione , cose tutte, che in vano si sperereb- bero nelle pianure orientali circondate da piccioli monti pressocchè interamente denudati : onde solfrono frequenti improvisi turbini , spesse gragnuole, e dal riverbero de' raggi solari per i monti , e pe l ma- re che lo altoriii.ino , un g'ado di rslnaiile calore . Tutto dunque varia in queste due regioni , varia la pioggia, il caldo, il freddo , la neve, il g'Io, la gra- gnuola , la nebbia ce. , ed in conseguenza varia dev* esserne la coltivazione , e analoga a queste combi- 52 ( 4io ) nazioni, ed alla visibile indole del suolo. Che farem dunque per migliorare , ed aumentare l'industrie pastorali? Io non oso ingiungere ai miei concittadini , non ancora elevali ài grado d' istruzione corrispondente alle ottime regole agrarie , la pratica de' nostri maggiori, cioè di cominciar le loro campe- stri operazioni dall' emendare i difetti naturali delle varie terre con mescolarvi quelle di un carattere op- posto . Questa pratica felicemente usata a gio;'ni nostri dagl' Inglesi , dai Francesi , ed altri popoli di Europa diverrà comune anche tra noi , se risorgerà una volta la coltivazione , e la pastorizia , e con esse le braccia. Ma dirò , che non v' è proprietario , il quale coli' intro- duzione delle piante da foraggio con giudizio prescelte non possa in breve tempo mtìttersi in islalo di accre- . scere i suoi armenti , assicurarne la vita , la sanità , ed i maggiori prodotti . E qui mi par acconcio di ricordare , e suggerire come nelle terre aride il timo , il rosmarino , il pani- ciini altissimum o sia erba della Guinea , le rape , le pastinache, le palate, la radice di abbondanza, i co- comeri , e melloni possono presentare oltre le piante leguminose, e le spontanee, tanta varietà , e copia di foraggio verde, e secco nfel corso dell'anno, da non esser più obbligati a far peregrinare con tanto disagio , e spesa gli armenti . Ognun conosce il merito del timo e del rosmarino che som. nini strano squisito latte , e ottimo «iole j ma (4" ) chi ne forma de' prati , o delle siepi ? Nessuno . Igno- rasi , che si potrebbe ne' luoghi più aridi introdurre con sommo profitto il panico altissimo , la radice d' abbondanza ; pochi sanno che le patate , i cocomeri i cavoli potrebbero, come le rape, le pastinache, e le carote , coltivarsi per foraggio . Quindi mi sarà pemiesso d' intrattenermi sulle principali , e più inte- ressanti di queste piante . II panico altissimo , o sia erba della Guinea , fu trasportala da quella Regione alle Anlille , e indi ntll' Inghilterra. L'esperienze reiterate, che se ne fecero nella Giammaica , in S. Domingo , ed in Francia , e la sua origine da' terreni sabbiosi posti sotto la zona torrida assicurano , che dovrebbe grandemente pro- sperare sulle arene de' nostri lidi abbandonate , e ne- gli aridi piani della Puglia . Io ne ho chiesto in vano sinora il seme , ma non sarebbe difficile al Go- verno di provederne lo Stato , e diffonderlo . Covren- do di questa erba le terre sabbionose di niun profitto, non solo diverrebbero utili agli animali , ma andereb- bero mano mano a rendersi di maggior fecondità . E tm filo di erba nel corso dell' està in Puglia , e lun- go le nostre spiagge, vai quanto una spiga di grano . La radice di abbondanza parimenti sarebbe , in quella specie di terre , di gran vantaggio alla pastorizia colle nioUiplici raccolte delle sue ampie , e succose foglie neir està , e coi voluminosi suoi bulbi nell' in- verno . Il fu Duca di Andria ne fece un saggio presso quella Città con profitto , ma non ebbe degl'imitatori ; { 4^^ ) per la ragione che noi non dobbiamo saper più de*^ nostri avi , né far meglio di essi . Men buone di questa rapporto alle foglie , ma più utili per i loro tuberi , sarebbero le patate, quan- te volte s' inducessero i nostri contadini a nudrirne gli ariìionti . Non v' è bisogno di dilungarmi sulla pro- digiosa fecondila di questa pianta , sulla certezza del suo prodotto , e sulla sua salubrità tanto per gli uo- mini , quarito per gli animali. Orna essa da più anni le mense de' ricchi , ma non si è fatto nulla per fari» gustar al popolo mal nudrito in molte Provincie col for- mentone , che esaurisce la terra; ne si è fatto alcun passo per nudrirne le bestie. Io ne ho ingrassato de' majali meschiandole colla crusca , e la di loro carne , e il lardo riuscirono squisitissimi . Gli oltremontani ta- gliandone i bulbi in> più parti le presentano ai bovi , ai cavalli , alle pecore , che non cedono , anzi supera- no in bellezza i nostri armenti . Potendosi le patate semiuare da settembre sino a marzo non impediscono le faccende rustiche più interessanti , e presentano va- rie raccolte da luglio a ottobre ; e non solo per i bulbi sono interessanti , ma ben anche per i loro steli, e foglie , che dopo la fioritura potrebbero recidersi , e somministrarsi agli animali come foraggio vei'de. L ' introduzione poi di questa pianta in tutto il Regno per uso degli animali diverrebbe una risorsa per la vita degli uomini nel caso di penuria del grano , di- sgrazia assai facile ad avvenire nelle circostanze attuali della agricoltura , e irrimediabile nello stato di guerra in cui siamo . •■(4«3) Con viso arcigno diranno molti, il panico altissi- mo , la radice di abbondanza non sappiamo se pro- speranp in queste nostre regioni ; ma non potranno dir io slesso delle patate, de' cocomeri , e de' melloni : le arene di Barletta , come quelle di Castellamare , e di tulli i paesi che hanno terre leggiere , e sciolte producono patate, e cocomeri, e melloni di sliaordr- naria grossezza ; dunque il seminar questi per uso di foraggio, cioè sprssi e senza curar del frutto, sommi- nistrerebbe ne' più caldi mesi del!' anno lungo il na- stro litlorale nella Puglia un pascolo verde , gradito e salubre ai nostri armenti . Letame, e terra sciolta ed aprica son le due condizioni , che i cocomeri esi- gono . Se la pioggia è rara , sorbiscono la rugiada dell' atmosfera colle foglie , e vegetano bene y più te- nere foglie , e più sostanziose somininistrarebbero col- tivati per liso sol di foraggio. E se a questa , e alle al- tre piante estive testé nominate si aggiungessero le patate, le pastinache , le carote , i navoni , i cavoli , certamen- te , che la Puglia potrebbe mantener bene d' estate , e d'inverno i suoi armenti , potrebbe accrescerli, e moltiplicarli senz' aver bisogno de' prati di Abruzzo neir està , com e l'Abruzzo potrebbe sostentar per tut- to r anno i suoi animali raddoppiati , e triplicati , òv^ adottasse il sistema di aggiungere alla paglia , ed alle foglie degli alberi, con cui alimenta i buoi, e le pe- core pagliarole , le patate , i navoni , i bulbi della radi- ce d' abbondanza , e quella maggior copia di fieno , che i prati irrigui potrebbero somministrare . Con (44) « ^Xfuesli mezzi in paesi assai più rigidi de'nostri , com' è la Svezia, si conservano, e prosperano tutte le specie degli animali , che noi abbiamo , i quali danno prodotti migliori de'nostri. Scuotiamo una volta i pregiudizj a fronte dell'esperienza ; facciamo , come fanno i popoli men favoriti dalla natura , ma più industriosi di noi , e rioccuperemo , pe '1 numero degli abitanti , per la feracità del suolo , per la copia degli armenti, il nome d' Italiani , e quella potenza , che i Romani a stento distrussero dopo 80 anni e più di guerra micidiale. Ove poi la tenacità delle terre non permettesse di contar molto sulle accennate piante , la botanica è ricca abbastanza di vegetabili a giorni nostri per so- slituirvene altri eguahnente utili, ed interessanti. L' Edisarum coronariwn ( Saìn-foin d' Espagne J , o sia la Sulla di Calabria , e l' Edisarum onobry- chis [ Sain-foin de' Francesi ) , o sia la Lupinella , che riescono bene nelle buone terre , ed eccellenti nelle terre forti e tenaci , potrebbero seminarsi coli' avena , e fatta la raccolta di questa , germoglierebbero rivestendo coi loro getti i prati . La sulla è confinata in alcuni distretti della Calabria , e la nostra indolenza è si grande, che non ostante la riconosciuta utilità di questa pianta , non ha passato ancora i confini di quella provincia . La lupinella si coltiva in Terra di lavoro. Il trifoglio da fior bianco e rosso , e la medica ne' terreni alquanto umidi ed irrigabili , sono di gran- dissimo vantaggio per la industria pastorale. A queste y ( 4i5 ) bisogna rivolgersi per i prali irrigui , ed eguagliareilio la Lombardia nella copia delle vacche . Ma la pianta inigliore , che dovrebbe ricovrire le nostre campagne , e che farebbe la più pronta , e fe- lice rivoluzione nella nostra pastorizia è senza dubbio il citiso degli antichi . Invano questo si cercherebbe tra i molli de' moderni . Dietro le tracce trasmesseci da Plinio , e Dioscoride , il Maranta lo dissepelli dal lungo obbjio in cui era giaciuto sino al secolo XV ^ e ne mandò i semi a Pier Vettori , che dispiaciuto di non vederlo germogliare in Firenze , scrisse con dolore al Maranta cercando altro seme più perfetto , e miglio- re, come dalle di lui lettere pubblicate colle slampe rilevasi. Ma gli sforzi di Maranta, e di Pier Vettori non trassero dalla sua oscurità questa pianta preziosa. Gianìbaltista della Porta non tralasciò cosa alcuna per farla riconoscere ed apprezzare ; ma né i pastori , ne gli I, scrittori che gli successero se ne occuparono mai. Il sig. .Vincenzo Pelagna , la di cui onorala ìnemoria sarà cara lai sempre ai dotti, la discovri a Nisita , ed all'esire- Ima punta di Posillipo : venti anni fa ne scrisse il si- Ignor Amoreux^ come leggrsi nelle memorie della So- Icielà di Agricoltura di Parigi. Ma anche in Francia se n'è lerduta di bel nuovo la memoria , perchè M ^ La- |sleyrie mi ha domandato , se nelle pai ti del Sannio »i coltivasse il citiso dogli amichi , come diceasi da ilcuni . E dunque il citiso un frutice della classo Diadclphia, propriamente la mcdicago aiboica seniinibus liinatis , e 4i6 ) margine integerrimo caule arboreo di Linneo , o sia la medicago frutescens incarta di Tournefort , il Oythi- siis incanus di Discoiide . Questa pianta è soggetta al sonno . Per sodislazione de' Botanici vi aggiungo il ra- me , che il sig. Petagna ne ha fatto incidere. Io non credo potersi esporre meglio i preggi sin- golari di questa pianta , se non servendomi delle pa- role di Columella : CjthisuTn , ei dice _, in agro esse qiiam plurinvnn maxime refert , quod galUnis , apihus , bobus quoque , & omni generi pecudum uti- lissinius est , quod eo cito pinguescit , & laclis pluri- mum prcebet ovis'.tum etiam , quod oclo mensibus vi- ridi eo pàbulo uti , & postea arido possis . Prceterea in qiiovis agro, quamvis inacerrimo celeriter compre- hendit : omnem in j uria' n sine noxa peti tur / mulieres quidem si laclis inopia premuntur , Gythisum aridum in aqua macerari oportat , &• cum tota nocle permadue-' rit, postero dis expressi succi ternas he.minas permisceri modico vino , atque ita potandum dari ; sic & istce va- lebunt , & piieri abbundantia laSlis confinnabuntur . Che si abbia in ogni podere la più gran copia di ci-, liso, egli è cosa importantissima, perchè alle galline, alle api , ai bovi ancora , ed a qualunque sp>^cie di animali quadrupedi è utilissimo , facendo si , che pre- stissimamente divengan pingui, e somministrando alle pecore moltissimo latte \ s' aggiunga ancora , (he per otto mesi , come verde pascolo , e per il rtslo dell' auuo , come alimento secco si può adoperare . Inoltre (4'7 ) n qualunque terreno ancorché estremamente magro subitamente , e con felicità vegeta , e soffi e qualunque ingiuria delle stagioni senza restarne offeso. Le donne poi, se afflitte siano da scarsezza di latte , converrà far macerare ncU' acqua il citiso per una notte intera , e COSI rammollito spremerne il succo sino alla quantità di tre emine , e mescolandolo con poco vino darlo lo- ro per bevanda . Con questa le donne ricupereranno il loro vigore , e i bambini nudrili con maggior copia di latte staranno assai meglio. Dura questo frutice perpetuamente , comincia a fiorire a giugno , e la sua lunga fioritura dura sino a settembre , quando cominciano colla perfezion de' semi a cader le foglie ^ ed è quello il tempo da reciderlo . Rimette le foglie a marzo . Nel clima di Napoli tutto anticipa . Le foglie compariscono in gennaro : i fiori in febbrajo , e dura la fioritura sino al mese di giu- gno , tempo della maturazione de' semi , e della cadu- ta delle foglie . Si riproduce dal seme , e più celere- mente , e con sicurezza maggiore , per mezzo de' ra- muscelli svelti dalla pianta, e messi sotterra alla pro- fondità di trej o quattro dita . Prende subito in qua- lunque terra , suU' arena , sul tufo , e cresce presto for- mando de' cespugli per la copia de' getti, che rimette sempre . A mezzo palmo da terra , dopo il terzo an- no , si recidono in settembre tutti i suoi rami, si ten- gono a prosciugarsi all' ombra , iudi si sfogliano , e si con.servano le sostanziose foglie in luogo asciutto . Al dir di Plinio 20 libbre di citiso suppliscono alla bia- da, che si dà a i5 bovi da travaglio 5 e la stessa quan- tità senz* altro cibo mantiene assai bene qualunque Tacca Nel darlo secco agli animali conviene qualche ora pri'ma umettarlo nell' acqua . Quando si dà verde poi bisogna darlo moderatamente agli armenti , perchè ne maugiarcbbero sempre , e mangiandone mollo non solo nausearebbero ogni altro cibo , ma correrebbero rischio di perir dal soverchio sangue , e dal grasso , che questa pianta mirabilmente accresce . Nel tempo della fioritura bisogna usarlo ancora con maggior cir- cospezione , ed in minor copia dell' ordinario , perchè, come avverte Aristotile , in quel tempo riscalda sover- chiamente , ed infiamma. La riunione di tante eccellenti qualità nel citiso ci fa subito concepire, che quando sarà conosciuto , di- verrà la pianta prediletta de' pastori , e da per tutto a furia sarà coltivata e diffusa , tantoppiù , che reciden- dosi ogni tre anni somministra il comodo di coltivare * . . . ne' filari , in cui deve esser disposta per due anni le cipolle , gli agli , le patate , e i legumi , che ben vi vegetano, e sempre colla sua ombra conserva più lun- gamente verde la gramigna , e le altre erbe , che la terra iuculta produce. Se le nostre campagne ricoverte di ferole , di mir- to , di lentisco , di triboli , di spine , poco utili agli armenti , e di molte altre più inutili ancora , anzi no- cive , fossero di citiso abbondanti , qual' aumento non prenderebbe la nostra pastorizia , ed i suoi prodotti non solo , ma ben anche la negletta , e trascurata in- dustria delle api ? ( 4^9 ) La diffusion generale del citiso accompagnata d^ quella delle patate, della radice di abbondanza , delia sulla , della lupinella , de' navoni , delle rape , de' co- comeri e melloni , del trifoglio , della medica , e di quei varj legumi , che pur sono in Terra di lavoro principalmente per uso di foraggio coltivati , mettereb- be ben presto tutte le Provincie del Regno nello stato di rinunciar o interamente , o in gran parte alla pa- storizia errante, e di evitare quelle frequenti, e gran- di calamità , che si sovente affliggono i nostri ar- menti . Ma cosa debba farsi per generalizzare ne' nostri campi il citiso , e per introdurre la coltivazione delle altre erbe ne' prati artificiali secchi, ed irrigui ? Gli scrittori , ed i libri non produrranno mai effetti sensi- bili se non dopo lunghi anni, e ciò quante volte le ve- rità da essi predicate s'imbattano in circostanze tali da rilevarle . Le nazioni non divengono savie , se no» quando son dirette al bene , e la forza di diriggerle è nel Governo. A questo dunque dobbiam rivolgerci, e sperare , che Gioacchino , come Numa dopo Romo- o, ugunglierà 1' uno, e 1' altro riunendo le arti della pace a quelle, in cui è già chiarissimo, della guerra, e darà alla nostra agricoltura, e pastorizia quel corso, quegli ajuti , quella direzione , quelle leggi , e quegli incoraggiamenti , che sor.o necessarj per farle prospe- rar a bene del suo popolo , e alla gloria della sua fa- ma iniiuortale . Un passo utilissimo già è stato fatto sotto i suoi auspicj , ed è quello de' semenza] , e delle (420 ) società agrarie per tutto il Regno stabilite . L' abile Ministro , che dirigge le cose interne dello Slato , de' semenza) per la diffusione degli alberi si servirà ancora per le piante da prato , che presto dan fruito ; saprà ripristinare i monti frumentarj ne' distretti , escogitare un codice di Agricoltura pur troppo necessario nel nostro paese 5 e coi premj , colle onorificenze, coi soc- corsi pubblici metterà ben presto in movimento i no- stri spiriti assopiti, onde trarre dalla feconda terra que' beni , che per oscitanza perdiamo ; ne mancherà cer- tamente provedendoci delle migliori razze di animali di metterci a livello delle altre nazioni di Europa , cui non siamo certamente inferiori per feracità di suo- lo, per forza d'ingegno, per felicità di clima, ma solo per mancanza d'istruzione, di direzione, e d'in- coraggiamento. Cos'era la pastorizia in Francia prima della scuola pratica stabilita del celebre Daubenton ? Cosa era nella Svezia la stessa industria prima della scuo- la pratica ivi introdotta ad esempio de' Francesi ? L' esperienza , che accerta i contadini del lucro delle nuove coltivazioni , e delle nuove pratiche , è 1' unico mezzo da riformare le arti primitive; e l'esperienza non si può fare sulle prime se non dal Governo , o dalle Società istituite, e protette dal Governo . Io avrei dovuto in questa memoria parlare d' in^ finite cose relative alla perfezione della pastorizia , e specialmente rapporto alla perfezione delle razze , ed all' introduzione delle nuove più utili di quelle , qhe abbiamo . Ma ove tutto si dee creare o quasi tut- to , ( 4ai ) to , presenlare al pubblico i fondamenti di un' edi- ficio , e le principali parti di esso , benché siano senza intonaco, senza ornati , senza lusso , è il primo passo alla di lui felicità , e non essendo sperabile di giun- gere alla perfezione , se non per gradi , e col concoi'so di molle circostanze che or non esistono , sarò com- patito , se rimetto ai numerosi scrittori rustici quei pochi de' miei lettori , che bramassero di ritrovare in questa memoria un trattato completo di pastorizia . Non posso però dispensarmi dal far riflettere , che traile razze che si potrebbero acquistare , e diffondere nel Regno oltre i merini , le pecore di Barberia , le ca- pre d' Angora , i cavalli Àrabi , Turchi , Inglesi , e Pri- gioni , si dovrebbe principalmente badare alle vacche. Di queste Aristotile conosceva due razze differentissi- xne per la statura , ma eccellenti ambedue per la co- pia , e squisitezza del latte . Le grandi , e gigantesche erano quelle d'Epiro chiamate Pirriche , da Pirro, che ne avea 4o . Ciascheduna di queste vacche , che l'uomo non poteva mungei'e in ginocchio, ma in pie- di alquanto curvato , dava 120 libbre di latte al gior- no . Conosceva poi le vacche della Faside , Provincia della Colchide , le' quali eran picciole , e le chiama pusillce bucidce , e quarum singulìs multum lactis habe- tur[i). Or queste vacche esistono nel nostro Regno per le cure del Marchese di Valva , il quale le ottenne da 53 (i) Lib. 3. hist. animai cop. 265. ( 42tì ) Ragusa dove vengono a slenti dal Mar nero , e dalla Bosnia perchè era vietato sotto rigorose pene di estrar- le da quello Stalo . K-son certamente desse 5 poiché alla picciolezza del corpo uniscono poppe grandiose , e quella voracità , che secondo Aristotile è 1' indizio del mollo latte , e della fecondità (i). Il Marchese Val- va mi accerta, che danno assai latte in proporzione del loro corpo e molto più rapporto alle nostre vac~ che comuni ; ed il loro latte dà un sesto di formag- gio più del latte vaccino ordinaiio . Egli è certo , che questi piccoli animali si portano da per tutto, come le capre , mangian di tulio anche strappando le radici dalla terra, e l'erbe le più corte, come fan i monto- ni, e qualunque seccume ancor vile; agili , e forti in- sieme non temono il freddo , contro del quale la na- tura di ruvido , e irto pelo dopo il raso , comune alla specie grande delle vacche , nell' inverno le riveste . Quindi ne' luoghi montuosi questo genere di animali sarebbe assai più utile della specie grande , e mea soggetta ai disastri, e alle infermità. Io ho con un toro, che somiglia per la sua docilezza e bellezza quello , che animò Giove quando volle rapire Europa , due di queste vacche , dono del detto Marchese , che brama- rebbe si conoscesse il merito di questi piccioli animali, e che si diffondessero per tutto il Regno. Ban nudrite danno queste vacche 1 2 caraffe di latte al giorno . (i) Ved. lib. 3. e. 265. l p. 'y- 422. T. /. V ^■M.,^^/// y. ^ J}fu^ ^^ (4^3) Sulla efficacia della semenza del Cismè nelle Oftal- mie . Memoria del Socio Corrispondente Luigi Fhmnk . Letta nell adunanza del dì i3 no\>em- bre 1810 . Il EU' Egitto , al pari di molli altri paesi caldi , si osserva frequentemente 1' oftalmia , la quale priva non pochi della vista , ed in particolare quando non è cu- rata a dovere, e con somma cautela. Avendo io dato per lo spazio quasi di un lustro un'attenzione partico- lare a questa infermità , ho creduto perciò utile lo scri- vere questa memoria , la quale riguarda tutto quello , che appartiene alle cagioni ed alla di lei natura , non che al metodo curativo della medesima . Gli abitanti doli' Egitto sogliono impiegare nella predetta malattia un rimedia , la di cui somma effica- cia merita esser conosciuto nell' Europa . Questa è la semenza , eh' essi chiamano Cismè , la quale è co- nosciuta anche nella Turchia Europea sotto il nome di Cismaton . Ma la maggior parte di questa semenza è portata dall' interno dell' Affrica , e particolarmente da quella regione chiamata Var-four situata al Sud Est dell'Egitto. Sembra assai probabile, che i Negri ab- biano propagato fino al Gran Cairo le nozioni primi- tive sul vantaggioso uso di detta semenza . Il sagacis- simo osservatore Prospero Alpino nella sua storia na- turale dell'Egitto ha delineata una pianta , eh' egli chia- ma Ahsus \ ma per quanto egli sia circostanziato su tutte le cose vedute in quel celebre paese , pure nulla ( 44 ) parla dell' uso vantaggioso , che se ne può fare nelle oftalmie . Alcuni -membri dell' Instituto delle arti e scienze d'Egitto hanno seminata in un luogo ombro- so la semenza del Cismè , dalla quale nacque una pianta , ch'essi conobbero per la Cassia absus di Lin- neo . Presso lo stesso Linneo poco di sodisfacente ri- trovasi su questa pianta , e la sua semenza . Il mio pregiatissimo , e dotto collega Savaresi è'il primo fra i moderni , il quale abbia fatto qualche menzione di questo rimedio nella sua tipografia di Dami ette , Desideroso di conoscere se il Cismé potesse pro- sperare in un clima dolce, come quello dalla Grecia, ho dato nello scorso mese di aprile una piccola por- zione di semenza al signor Pouqueville console Fran- cese in Giannina , ed ebbi la consolazione di vede- re sviluppare una pianta molto analoga a quella chia- mata da Prospero Alpino Absus . Nel mese di luglio del corrente auno i signori Pieri , e Doria Prosalendi , ambìdue socj distinti dell'accademia Tonica, seminaro- no il Cismè neir Isola di Gorfù , ove bea presto spun- tarono varie pianticelle . La semenza del Cismè è della grandezza di una lenticchia, più o meno rotonda, con una, e talvolta con due piccole punte di un colore bruno e scuro , e di somma durezza . Polverizzandola , ed infondendola nell'acqua somministra buona quantità di mucillagi- ne . Il suo sapore è leggiermente piccante , ed alquan- to aromatico . Per fare uso della semenza del Cismè nell' Oftal- (4^5 ) mia , fa d' uopo , eli' ella subisca la seguente prepara- zione. Bisogna in primo luogo scrupolosamente pulir- la: da qualunque materia eterogenea die vi potrebbe essere unita. In seguito si lava più volte la semenza neir acqua fredda , quindi si asciuga al sole . Quando ha riacquistala la sua primitiva secchezza, si pesta dili- gentemente in un mortajo di bronzo , e si passa da un setaccio sottilissimo, vi si unisce quindi una egua- le porzione di zucchero bianco finissimo , e si con- serva il miscuglio in un fiaschetto ben otturato . Prima di favellare dell' uso dell' anzidetto rime- dio gioverà qui osservare, che l'oftalmia dell'Egitto non è, come molli sonosi immaginati , una malattia di natura infiammatoria , o sia stenica , ed è perciò appunto , che sonosi veduti peggiorati quasi tutti gV individui trattati col metodo cosi detto antiflogìstico . Una lunga , ed attenta osservazione mi ha parimente convinto , che moltissime oftalmie de' nostri climi so- no per lo più di natura astenica , e puramente loca- li 5 e desideraremmo per il bene dell' umanità , e per r onore della nostra arte , che i medici , e chirurghi si persuadessero di questa verità col rigoroso esame di ciò che si trova sparso presso molti autori , e con quello che si osserva al letto dell' ammalato . Se si considera inoltre con quanti pochi riguardi molte per- sone dell'arte trattano l'organo il più sensibile , e deli- cato del corpo umano applicandovi una moltitudine di rimedj senza che ne sia determinata la precisa quan- tità , facile cosa sarà il convincersi della fondata asser- zione dell' insigne Federico Hofmann , il quale pre- ( 4^6 ) lendc , che l' inconsiderala applicazione de' riinedj ac- ceca maggiore quantità d' in ferini della malattia me- desima. Del resto ella è cosa rimarclievolissima , che per quanto siano semplici .in generale gli abitanti dell' Egitto , hanno nulla dimeno potuto stabilire delle re- gole giudiziose , dalle quali risulta , che il Cismò con- viene impiegarlo ne' casi determinali dall' esperienza . Cosi per esempio eglino Io encomiano nella prirnia in- vasione dell' oftalmia , ed allora si veggono in fatti degli effetti sorprendenti . Se poi l' occhio è di già sommamente rosso , dolente , lagrimante , allora il ri- medio è nocivo . Quando in vece la prima violenza dell'oftalmia è passata, lo che accade per 1' oi'dinario verso r ottavo , o decimo giorno , allora si può di bel nuovo impiegarlo con successo . Ordinariamente si ap- plica questo rimedio una sola volta il giorno , e di preferenza verso sera; sovente una sola applicazione fa dissipare l'oftalmia. Se poi l'occhio fosse estrema- mente sensibile in seguito di detta applicazione , sarà bea fatto di reiterarne il suo uso ogni secondo giorno. L' effetto costante del rimedio è di cagionare un mo- mentaneo, e moderato bruciore, e qualche lagri- mazione . Ci resta d' accennare ancora due circostanze es- senziali , e queste risguardano il modo particolare di applicare questa polvere, e la sua consueta dose. Bi- sogna che l'ammalalo si corichi orizzoutalmaute : al- lora il medico , o qualche altra persona intelligente apre colle dita della mano sinistra blandamente le due palpebre j colla diritta prende per mezzo di uoa pie- ( 4^7 ) cola , e sonilo moneta una quantità di della polvere equivalente in circa alla grossezza di un grano di or- zo; versandolo da vicino sul mezzo dell' occhio, cioè sulla cornea . So sono affettali entrambi gli oachi , si farà la stessa operazione anche al secondo . Debhonsi a parer mio attribuire i salutari, e sor- prendenti effetti di questo rimedio allo stimolo pro- porzionato, ed il più omogeneo nelle predette oftal- mìe. Egli è certo , che un tale rimedio, produce de- gli effetti salutari , solleciti , e superiori a qualsiasi co- nosciuto collirio . Questo successo dipende a parer mio non solamente della natura istessa del rimedio , ma egualmente dal modo 'blando , con cui si applica sopra r occhio ammalato una determinata quantità del- lo stesso . Sono altresì persuaso , che se i medici , e chirurghi avessero pensato più seriamente a- non mo- lestar l'organo della vista nel caso'di malattia, che con •una ben determinata quantità di rimedio , eglino sa- rebbero slati pfù felici nelle loro cure, ed avrebbero ottenuto in breve coli' arte quello che spesso non ot- tengono che col lungo volgere del tempo . Anche nelle oftalmie croniche la predetta polvere è assai giovevole , ma non di rado egli è necessario di aumentare alquanto la sua attività. Una delle addizioni la più convenienti è il Curcu- ma nella proporzione di un quarto , o di un terzo . Taluni sogliono infondere una porzione della semen- za del Cismè polverizzata nell'acido di limone, e quin- di la fanno asciugare al sole , per poi servirsene . Al- tri ancora sogliono unirvi qualche volta piccola por- l A28 ) zione di alunie , e di noce di galla. Io pertanlo do la pietereaza al Cismè unito collo zucchero solo , o tut- to al più col Curcuma ; dal quale miscuglio ho costan- temente veduto degli efletti molto salutari. Servonsi ancora gli abitanti d'Egitto del Cismè per la guarigio- ne delle macchie della cornea trasparente ; ma biso- gna , che non situo molto opache , e invecchiate . Ter- nìiuerò di favellare di si eccellente rimedio , i-acco- mandandone la cultura, e l'uso alle persone dell' arte 5 giacche son sicuro , che questa pianta vegeta anche ne' climi temperati, qual' è quello della Grecia , e di Cor- fù . Unisco alla presente memoria una porzione di detta semenza , la quale conserva per molto tempo la sua facoltà vegetativa acciò cotesto reale Istituto possa nella vegnente primavera vedere naturalizata una pian- ta fino ad ora affatto sconosciuta in Europa , e quia- di verificare la sua noa equivoca efficacia . Nota del Compilatore. La semenza fu presentata dal Socio Signor j4n- tonio Savaresi , e fu consegnata al Socio Signor Mi- chele Tenore , che s' incaricò di coltivarla nel Reftl Giardino delle piante . Fiifs DEL Tomo Primo . •Il ( 4'9 ) INDICE GENERALE. XNTnoDuziotrs . »x 'Statuti. xKxi Elenco de' Socj Ordinar] . Ix Onorar]'. ini Corrispondenti . liT. Delle memorie lette che non han luogo in questo primo Tomo. Ivir Delle opere pubblicate dai Socj dal 1806. epoca dell' istallazione del Real Istituto . Ix INDICE DELLE MEMOPvlE. Del vantaggio che si può ricavare dalle osservazioni meteorologiche per l' avanzamento delle scienze utili: del socio ordinario Luca de Samuele Cugnazzi. pag. i Sulla preparazione della Canape : del socio ordinario yincenzo Ramondiiii . i g Dell' Arachide Americana , sua coltura ed usi: del so- cio ordinario Michele Tenore . 5 o Dello stato dell' arte vetraria nel Regno di Napoli : del socio ordinario AUclie.le Ferrara . 5 2 Sulla FI' ira delta Provincia di Bari : del socio cor- rispondente Vito Bisceglia • 63, 54 Della coltura e preparazione del Guado : del socio corrispondente Antonio Mosca. io4 Dello Zafferano , e sua coltura nella Provincia dell' A.- quila: dello stesso. 107 Della Cassetta per le fratture all' estremità inferiori-: del socio corrispondente Mangin. ut Della valutazione delle Temperature di jdltan.ura : del socio ordinario Luca de Samuele Cagnazzi. i54 Dell' Oppio : del socio ordinario Teodoro Monticelli. i55 Del Papiglione dell' Asclepiade : del socio ordinario Gae- tano Maria Gagliardi. i55 Dell' origine , e formazione de' Voìcani : del socio or- dinario Giuseppe Melograni . 162 Suir imbiancamento delle tele : del socio ordinario Mi- chele Ferrara. 186 Dello stato , e conservazione de' boschi della Provincia di Molise : del socio corrispondente Raffaele Pepe. 2o5 Suir argilla smettica : del socio corrispondente Giuseppe Antonio Huffa. 220 Sulle locuste dette volgarmente bruchi : del socio cor- rispondente Gaetano de Lucretiis ■ 235 Sul preteso controstimolo : del socio ordinario Vincen- zo Stellati . 270 Dell' Agricoltura E'colanesc : del socio ordinario Gio: Battista Gagliardo. 5oi Della macchina per le unzioni mercuriali : del socio or- dinario Pietì-o Paiggiero. 5 17 Sullo campagne di Puglia : del socio ordinario Luca de Samuele Cagnazzi. 53g Sulla pastorizia del Regno di Napoli : del socio ordina- rio Teodoro Monticelli. 36i Sulla efficacia della semenza del Cismè nelle Oftalmie: del socio corrispondente Luigi Frank 4z^ \ ERRORI. CORREZIONI. INTRODUZIONE. pag. XI. Un. 12. paroco parroco nota Plin. tit. Plin. lib. MEMORIE pag. IO. li n. 25 Farà Sarà i3 22 Solo Sole 21. 6 Cenere 3o. I Arachilide Arachide , 3i. 3o Inoodoro Inodoro 4.. 6 Cnocendole Cuocendole 52. 22 li il 53. 12 f ilice silice 70. 19 Tinfloriuni Tinftoriim 76. 21 perchè è perchè a id. 26 Rappresentali Rappresentanti 9G. 29 Che trovasi Che non trovasi 98. 20 Altea Alcea 101. 18 Prunelli Prunelle id. 25 delio delle 104. 8 Indignofera Iiidigofera io5. 24 Una Una 107. 2 Corrispolente Corrispondente 120. 29 delle isole deli' ischio ' 125. I ni (eslavasi infcslavasi id. 2/1 della nella 144 pag. 144. lin, 4 Montecorno, altro Montecorvo, alto 148. i5 Basilisata Basilicata 154. 4 dall' dell' 168. 14 accido acido 170. 14 gore ■ gole 178. 21 nsienie insieme »79 I lilranlraci litantraci / 189. 25 nn un 193. 16 dall' dell' 197- 21 sisoni sifoni 200. i5 altra alla 210. 4 sisorsa risorsa id. 19 otrya ostrya 218. 3o terreuo terreno 23o. I conoscienza conoscenza 247. 8 vermi bruchi 264. I invigliato invigilalo id. 7 §i gli id. 9 da dal 272. 21 Illosofoquaado filosofo . Quando 280. 3 attacare attaccare 281. 14 producouo producono 285. i4 pura pure 287. 3 Galvanismo Galvanismo 288. 3o violente violento 289. 25 steso stesso 295. 25 io lo 3l2. 6 he che 325. 7 machina macchina id. 27 ip di 326 I pag- 326. Un. 6 icriocolla ictiocolla 340. 20 coltura cottura 345. 4 ragione regione 357. 20 influirebbe influirebbe 358. 5 sebeiie sebbene 365. 3 nota 2. imperato imperata SG6. 2 noia slimonio stramonio 367. 12 appogio appoggio 372. i3 riondere rifondere id. 27 ondere fondere 38o. I publica pubblica id. 2 publico pubblico 383. 12 se proprietarj se i ])roprietarj 389. 19 exiqiium èxiguum 396. 12 dubitare dubbitare 399- 27 trattate trattati 4o3. 24 delle dalle 4og. II paralelle parallele 416. I margine margine 4'9- 21 Romoo Romolo 417. 17 j ed è quello il quello è il 427. 25 convenienti conveniente >^«-^x^2L r^^^.%^ - C^ *U^. V7.' ■ ■.,-> ATTI Del Real Istituto d'Incoraggiamento alle scienze naturali DI NAPOLI. ^. lì/^-9. ATTI DEL REAL ISTITUTO D'INCORAGGIAMENTO ALLE SCIENZE NATURALI DI NAPOLI. TOMO II. IN NAPOLI 1818. DALLA TIPOGRAFIA DI ANGELO TRANL S. R. M. J_je Scienze , e le lettere sono il più beli' or- namento delle Nazioni , e contribuiscono più cbe ogni altro parto della mente , e della ma- no dell' uomo ad accrescere Io splendore del Trono. Ma quando poi \engono specialmente dirette aU' utile de' popoli , ed all' aumento de' beni dello Stato , agevolando , e promoven- do ogni arte ed ogni industria , meritano il doppio titolo d' instruttrici , e benefattrici del genere umano. I membri componenti il Real / A Istituto d" Iiicoraggiainento si lusingano aver finora utilmente diretti i loro sforzi , e le lo- ro vigilie a questo lodevol fine ; e sotto l'Egi- da protettrice della M. V. spermio compiere un giorno ciò , che hanno con le più pure in- tenzioni incominciato. Si degni la Maestà Vo- stra proteggere l'Istituto d'incoraggiamento al- le Scienze Naturali , ed allora con maggiore alacrità di animo continueranno i lor travagli di cui ora si dan la gloria di olTerirle un se- condo breve saggio ; sperando in avvenire me- glio corrispondere alla magnanimità della M. V. , ed all' aspettazione della Patria. Pel Real Istituto d' Incoraggiamento ce // Pìincipe di Cai dito Presidente. P'incenzio Stellali Segretario Perpetuo ■U (vip PREFAZIONE. JLja contemplazione della natura fu sempre riputata lo studio pili nobile , e più conveniente alla dignità dell' uomo , al benessere della società , e ai progressi generali delle scienze , e delle arti tutte • ^'olendosi concepire questo studio nel senso stes- so che l' intendeva il vecchio Plinio^ egli abbracce- rebbe V Universo intero ; e non escluderebbe alcuna delle cose create . La Cosmogonia , 1^ Cosmologia, V Astronomia^ ta Geografia , /' Idrografia , la Chi- mica, la Zoologia^ la Mineralogia, la Botanica, e quindi V Antropologia , e la Tecnologia ec sareb- bero tante diramazioni dell' interminabile , . ed ine- sauribile scienza della natura . Ma i Filosofi sorpresi , e spesso smarriti nella immensità di sì vasto e profondo pelago , non tro- vandone mai sponde , e mai fine , per ajutare la loro intelligenza , e la memoria distribuirono , e classificarono acconciamente tutte le parti di sì ric- ca scienza , diedero ad ognuna il suo nome , e con- sacrandosi a coltivarne qualche ramo isolato , giun- sero a misurare , almeno per approssimazione , e da lontano il campo , che loro veniva dalle limitate ( VII! ) forze delt intendimento umano concesso di percor-' rere . ./ pili arditi ed immaginosi tra savj vollero sartia tinare la difficile scienza della Cosmogonia : altri ri- volsero gli occhi , e la mente a contemplare i feno- meni della sublime Urania : altri percorsero la su - perfide de' mari , e della terra , e la sottoposero ai loro calcoli , e alle loro teorie : altri finalmente meno audaci , e piìi riflessivi si contentarono di sa- per poco ^ e con accuratezza ^ piuttosto che molto, ed indigesfamente . Ma qual fine si proposero essi nelle loro medi- tazioni , e nelle loro giudiziose indagini ? Qiello di ammirare nelle cose piccole , e nelle pai grandi l'o- pera del Supremo Fattore del tutto , di conoscer meglio se stessi, di scegliere neW immensa suppel- lettile delle cose create tutto ciò che possa vieppiìi far ammirare V onnipotenza di Dio , e la nobiltà della natura dell' uomo , e tutto ciò che meglio po- tesse condurre alla maggior coltura , e vantaggio de* suoi simili • JSella infinita catena , che tutti lega , ed uni- sce gii esseri creati si rinvenne , e si elesse parti- colarmente ciò che pili condur potea alt ntiliià , e perfettibilità delle società intere, e de^^V individui , che le compongono . A questi oggetti dunque pUt precisamente si rivolsero le cure , e le vigilie defi- losofi naturalisti . E per procedere con piìi sicuro passo nell'in- ( »x ) cominciata carriera, stabilirono, per quanto fu lo- ro possibile , i punti di contatto , e quelli di sepa- razione fra gli anelli di continuità , e di connes- sione di sijffatta catena , che dall' alto de^ cieli per infino agli impenetrabili abissi della terra si diffon- de, e si protende j come il fossile si avvicina, e giugne a confondersi col vegetabile , e come il ve- getabile coir animale , e come poi con ordine inver- so si rlistinguono , si separano , e si allontanano tra loro . Ottennero così il vantaggio di fissare V idea ge- nerica della scienza , di contemplarla nella totalità, e di considerarla nelle sue grandi diramazioni . Dalle grandi diramazioni si venne allo f^ìù par- ticolari, e si st^hilJ^ono ì ffoaorl, SI divIscro in Ispt- cie , si suddivisero in individui . La mineralogia , la Zoologia , la Botanica egualmente subirono que- ste divisioni , e suddivisioni , che vieppiii servirono all'esatta classificazione delle create cose, ed a cono- scer l'uso , cui destinate tavea il Creatore Supremo. jdccio niente mancasse all' uomo iniziato in sì utili studj , si volle ajutare il suo intendimento , ap- plicandovi il rigore delle matematiche , le ricerche delle fisiche, l'analisi delle chimiche, e gli utili precetti della tecnologia. In tal guisa , e per gV im- mortali travagli de' Porta , de' Colonna , de' Ca- pua , degV Imperati , degli Aldovrandi , de' Redi , de' P'ollisnieri , de' Malpighi , de' Buffon , de' Lìn^ nei , de' Bonnet , degli Haller , dei Fallas , la scien' h (O za della natura crebbe ^ ed elevassi a quelV altezza , e a ff'iello splendore , cui la veggiaino giunta oggi giorno . Con tali principi , e calcando le orme di sì gran maestri , /' membri di questo Reale Istituto haii cer- cato , per quanto il comportavano le laro f>rze , e i loro talenti , rendersi utili alla Società , ed al Ge- neroso non men che Savio Governo die li proteg- ge. Piivatas qiioeriimis opes : fu , e sarà sempre la piìi particolare , e prediletta loro divisa. Investicare C'à , chi! fjof'ia vieppiii migliorare la nostra agricolturaj la past'»/ izia , le arti meccaniche , fu il primario , e piti caro oggetto delle loro ricerche . Vastissimo campo ulte tnro scoperte , alle utili teorie , alle ap- plicazioni , ai proggeiit .ict-.s.st , offerì tot u la varia^ e vagita superficie did pili bel regno di Europa ^ e quanto cont^ensi nelle memorie del primo volume detr Istituto , non men che di (ptesto , d qu ile or vede la luce , n'e un sicuro , irrefragabile documento. I membri dtlt Istituto , che tanfo interesse pren- dono ai progressi delle scienze naturali , che sì fer- ventemeiUe le coltivano , onde rendersi utili ad una patria adorata , han veduta con dolore e con la- grime distrutta una parte della sperata messe , e recise finanche non poche delle loro speranze, per la perdita di alcuni da' loro Socj , e cooperatori esi' mj , che morte di recente ne tolse . Non può richia- marsi senza una dolorosa emozione la memoria de' Galanti , de'Dunieli , de'Forges Davanzali , de'Sati- (XT ) soni, de" Bianchi , da' S emeni ini , de' Vnlletia, de- gli ^ndria , che formavano il pia belP ornamento di questa Società , e che ora non san piìi . 3Jn la lor perdita i stessa , per noi tanto deplorabile , sarà for- se incentivo ai cuori generosi de' piii giovani nostri Socj , e corrispondenti , onde imitarne i dolci urbani costumi i) la prudenza , il sapere^ e riparare a poco a poco, o renderne meno sensibile una calamitasi grande . , A fronte pero di s\ dolorose rimembranze , e della frequente interruzione dé'nostri travagli , pos- siamo mostrarci con qualche specie di orgoglio al cospetto del pubblico , giacche all' util suo , al suo vantaggio sono state dirette le nostre fatiy^he , e le ricerche , di cui imu puico limane inedita, ed un' altra e consegnata nelle memorie dé'nostri atti ac- cademici . Si presenta a fronte di questo secondo volume de' nostri aiti la memoria del P. .Nicola Onorati , nostro Socio ordinario , sul coltivamento , e sull'in- dustria della bambagia nel Regno di Napoli , ov e raccolto quanto seppero gli antichi , e quanto han- no dappoi aggiunto i moderni sulla coltura di que- sta pianta preziosa . In essa campeggia una solida eruiizione , e le teorie non son mai disconipagnate dalle osservazioni pratiche; sicché in poche pagine ognuno pub leggere , ed istruirsi di quanto riguarda quesi' util ramo d' industria , che ha considerevol- mente uutrunlato il valor di non poche delle nostre b 2 (xn ) terre., ed offerto immenso materiale alle nostre ma- nifatture , non che un nuovo ramo delle nostre espor- tazioni aHo straniero. Segue V altra non men dotta che interessante memo'ia sulla coltivazione dell' ^ grò Brindisino di Monsignor Annibale di Leo , Arcivescovo di Brin- disi ^ e nostro Socio corrispondente. Si parìa in essa della coltura di quella classica terra, non solo del- la pili alta antichità , ma de' mezzani tempi ^ e di quelli a noi pili vicini . Si fauno conoscere Cuii esquisita erudizione , ed intelligenzi delVarte le ca- gioni della sua prosperità , e del suo decadimento, si propongono facili , e salutari mezzi per ricon- durla alti prioitna sua feracità . La terza memoria è opera anche di uno de'hene- meriti nostri S>cj corrispondenti Sig. Felice Fi we di Mo fetta , ed e intitolata : Saggio sulle cagioni della decadenza delT Agricoltura presso gli amichi Romani. Le ricerche d II' autore s<>n varie , ed interessanti , e t li Ite fondate sulla storia , e suW esperienza de* georgici nn/ii hi . Quel eh' ei dice sulla stnisumta estensione dt' poderi de' Patrizj , e Senatori Boniani , motivo principale da farli rimaner sterili e deserti ^ quel che aggiunge sulla deficienza delle braccia , on- de metter a coltura le abbandonate terre , e una le- zione importante per tutte le nazioni agricole , e per tutti i proprietarj , che perdon di vista la massima V^irgiliana : Laudato ingentia rura , exiguum colilo » / leggitori delle tre prime memorie di questa ( XIII ) volume vedranno con piacere , come i loro beneme- riti Olii ori han saputo accoppiare V erudizione , e le pratiche antiche a c/uelle dc^ moderni , e con quanto studio , ed impegno abbiano cercato di richiamare in uso le (secchie regole , che portano con esso loro V impronta dell" esperienza di piìi secoli , e che per disavventura troppo sovente sono state , non solo tra- sandate , ma screditate mid a proposito da recenti Scrittori, che senza darsi la pena di approfondir le dottrine di Cafone, di Virgilio, di Columella , han creduto propria invenzione, e novità, ciò ch'era antico quanto lo erano quei vecchi padri del geor- gico sapere . P^erte la quarta memoria delV egire^'-^ chimico Sig. Michele rerrara , ^uvìu ordinario delf Istitu- to , sulla depurazione della Canfora greggia : ella tende ad introdurre , come si e introdotto fra noi con successo , un nuovo ramo d' industria , di cui fecero per lungo tempo un mistero g'i Olandesi, e che produsse infiniti vantaggi al loro commercio . I procedimenti del Sig. Ferrara per la depurazione della Canfora greggia sono altrettanto semplici che poco dispendiosi ; e tulli gli amici dell' industria patria dovranno sapergli buon grado de' suoi lode- Voli sforzi . La quinta memoria sugli usi medicinali della di- gitale ^ial'a appartiene al Socio ordinario , e Segreta- rio dt'W Istituto Sig. Vincenzo Stelliti . La digitale gialla j già cotnutumcnte nota ai botanici j e sta- ( X'v ) ta sperimentata dal Sìg. Stellati specialmente utile nella cura dell' idropisia . Avvalorato il dotto Au' iore da numerose esperienze , e da non equivoci suc- cessi , è giunto a presentare aW umanità sofferente un nuovo antidoto contro i mali che VaJJìiggono , ed in particolare contro V idropisia , refrattaria so- vente ai rimedj piìi eroici dell' arte saiutare , e fi- nanche creduta inesanabile . Appartiene al dotto geologo , e mineralogista Sig. Giuseppe Melograni , nostro Socio ordinario , la memoria sesta sulla Grafite di Olivari nella Pro- vincia di Calabria Ulteriore , o ve campeggia vasto sapere geologico , riflessioni iipportanti sali utilità , ed usi di . luca. Elementi dell' Arte statistica T. 2 in 8. Napoli 1809, Elementi di Economia politica in 8. Napoli i8i3. GAGLIARDI D. GIO: BATTISTA. Vocabolario agronomico in 8. Napoli i8i3. Del Vino , modo di fabbricarlo , e conservarlo in 8. Napoli 1814. Lettera al Professore Filippo Re sulla coltivazione del- le canne a zucchero nelle Calabrie in 8. Napoli i8i4» GRILLO D. ANTONIO. Ragionamento istorico filosofico esposto in occasione di un acranio in 8. Napoli i8i3. Istoria .della fabbrica del corpo umano in 8. Napoli 1814. Elogio storico del q. Cavai. D. Antonio Sementini in 4. Napoli 1816. ( XXXI ) LANCELLOTTI D. FRANCESCO. Istituzioni di Farmacia Galenica in 8, Napoli i8i3. Piano di un corso teorico-pratico di Chimica applica- ta alle arti in 4- Napoli 1818. MIGLIETTA D. ANTONIO. Rapporti sull' uso medicinale delle acque minerali del tempio di Serapide in Pozzuoli in 4- Napoli 1818. MONTICELLI D. TEODORO. Vita Philipp! Caulini in 8. Napoli 1812. ONORATI P. NICCOLA. Della educazione de' Bachi da seta per animarne l'in- dustria nel Regno di Napoli , e Sicilia in 8. Napoli 1817. Memorie sull' iLconomia campestre, e domestica, che possono servire di supplimento all' opera delle cose rustiche. Parte I. e II. in 8. Napoli 1818. Prefazione , e note al Saggio di una difesa della DI- Ivina Rivelazione di Lionardo Eulero in 8. Napoli i8i5. SEMENTINI D. LUIGI. Trattato Elementare di Chimica con un atlante sepa- rato in 8. Napoli 18 15. STELLATI D. VINCENZIO. Istituzione botanica con alcune nozioni di fisiologia vegetabile in 8. Napoli 1818 seconda edizione. Catalogus plantarum , quae iu horto botanico in usum Collegii Medico-chirurgici nupcr consito colunlur in ( xTxir ) TONDI D. MATTEO. Istruzione sulla seminagione artificiale , e piantagione de' boschi ad uso forestale in 8. Napoli l8i8. La Caccia considerata come prodotto selvano ad uso forestale in 8. Napoji 1816. Elementi di Orittoguosia. T. 2 in 8. Il terzo di sole figure sotto al torchio. Napoli 1818. Discorso per 1' apertura della Cattedra di Geognosia in 4- Napoli 18 16. VULPES D. BENEDETTO. Prospetto di un corso di sperienze chimiche in 4» Na- poli 1813. Elogio istorico del q. Cavai. D. Niccola Andria in 8. Napoli 18 15. Istituzioni di Patologia T. 2 in 8. Napoli 181 7. Oratio prò solemni studiorum istauratione CoUegil Medico-chirurgici in 8. Napoli 1818. Sul ( I ) Sul coltivamento , e su V industria della bambagia nel Regno di Napoli . Memoria del Socio ordi- nario P. NiccotA CoLVMELLA OffORJTi Minor Osservante , P. P. emerito di Economia rurale nella R. Univei-sità di Napoli , Corrispondente della Società d y1 gricoltura di Parigi ec. Letta nelV adunanza tenuta dal R. Istituto nel dì 9 Di^ cemhre i8io. Nullum lini geniis huic candore , et mollitie prae- fertur. G. B. Portae. Villae L. XI. C. 64. OcoRSi son già anni sedici, dacché manifestai al Pub-- blico (1) un onesto mio voto , cioè , che la coltivà- zion della bambagia, che da secoli si fa allignare nella nostra Puglia (2) •, si propagasse altresì nella pianura di Eboli , in tutto il Cilento , ne' campi marittimi di Terralavoro , e in altri molti della Puglia^ e della Terra di Bari . Il mio desiderio è stato in qualche parte adempito, veggendosi ora una tal pianta prospe- ramente vegetare , e in gran copia fruttare e nella Torre della Nunziata (3) migliji IX lungi da Napoli , e in moltissimi altri luoghi, non discosti dalla regione me- desima . Il profitto , che si è cavato , e che tuttavia dagli Agricoltori si trae, per coltivamento silfatto^ ven- dendosi oggi nella Torre un cantajo di bambagia sepa- rata dal seme , fino a ducati dugento ^ non che l' otti- ma qualità della stessa , da stare a fronte a tutte quelle I di oltremare ; ha indotto voglia a non pochi Agricoli - di volerla, cioè, coltivare nelle altre provinole del Re- gno. E poiché nella Torre , dove io soglio andar so- vente a rusticare, molti errori ho notato su la coltura di questa pianta ; e perchè altri operar possa con i principj dell' arte ^ così ho stimato di far cosa grata agli- uomini industriosi, scrivendo la presente Memoria, la quale potrà servire per avventura non solo ad emen- dare i difetti , che oggi comunemente si commettono da' nostri Villici su tal obbietto , ma bensì di norma a tutti coloro , che vorranno coltivarla nel paese pro- pio. L'economia di questa Memoria si legge nell' indice de' capitoli. Molti Scrittori mi hanno preceduto , anche negli ultimi tempi , nella materia presente , ma io spero che ia mia Operetta non debba riuscire alle altre secon- da^ e che sia per incontrare l' approvazion di tutti co- loro , che a siffatti ameni utilissimi studj sono applicati. _ (0 N^l V^ol. II, pag. 5 deìle mie Cose Rustiche , Ediz. prima , Nap. 1793 , presso Flauto 8. (2) Satus rationem apud Appulos observavimus , ubi copiosissime seritur etc. Così il nostro celebre Gio'. Battista della Porta, che fiorì nel secolo XVI. Villae L. XI. e. 54. (3) / primi ad introdurne quivi nel 1788 la col- tura fiirono i Sacerdoti jD. Vincenzio Gargano, e'I P. Pacifico da Ceppaloni minor Osservante', il pri- mo nel suo podere irrigatorio , detto Mezza-torre , «7 secondo nel giardino del Convento di S.Gennaro. Questo buon Religioso portò seco la sementa da Ca- stello dell'Abate nel Cilento. (3) CAPITOLO I. Del cielo, e del terreno più atto alla coltura della bambagia. Si premettono le notizie della pianta, e delle diverse sue specie , secondo i Botanici. I. Si crede comunemente da'dotti, che i Saraceni, che dall' Affrica vennero in Italia verso l' anno 85o , conquistando i paesi de'Cristiani , introducessero nelle soggiogate Nazioni diversi generi di piante nuove , o esotiche , e fra di esse ancor il Cotone . E noto per la Storia , che nel Secolo XI , tanto nella Spagna, che nella Sicilia la bambagia occupava campagne molto estese I, e che la carta bambagina fosse in USO e in Italia, e nelle Spagne sino alla metà del Secolo XIII. Io pos- seggo un Codice ms. di tal carta, che si giudica essere del Secolo XI. Il Signor Tappati mi assicura, che in Bisceglia, sua patria, sonvi degl'Istromenti antichi, e propiamente del io5o , o là intorno , co' quali i Preti di S.Adueno davano a fitto le terre della lor Chiesa ad colendam gossypium. Ciò posto, possiam dire con ragione , che nella Terra di Bari il cotone si coltiva da anni 800 in circa . II. La bambagia , detta dal greco Teofrasto Xy- lon , o sia lana nata in un frutice ^ e da Snida bam^ bax , e pampax j dagli Arabi cotum ; da'Latini gos- sipyum j e da' nostri volgarmente cotone , e bamba- gia j appartiene , giusta il linguaggio botanico , alla classe XVI Monodelphia Polyandria. Secondo il Lin~ (4) rieoj che ne forma un genere particolare ^ essa ha un calice doppio , essendo l' esterno trifido y la corolla campanulata , distinta in petali cinque , a base co- mune-, la capsula cfuadriloculare '^ e i semi vestiti di lana. Lin. gen. 845. Le sue foglie poi sono frastagliate in cinque lobij sostenute da lunghi gambi :^ e la sua radice è a perno , e ramosa. Il frutto detto volgarmente noce, e cardo, è acuto in punta , e si apre da se stesso nella parte superioie , e ne' lati. Lo stelo in fine è erbaceo, cilin- drico, e ramoso: il fiore nasce dalle ascelle, e le fo- glie sono situate sopra gli steli. in. Non convengono i Botanici in quanto alle va- rie specie della bambagia. TI d^^. Linneo ne conta 5 5 il Signor Laniark 8;, il Signor Rohr , Naturalista Da- nese , 34 i e altri circa ^o. Nelle nostre Provincie di Lecce , e di Bari , nelle Calabrie , e nella Basilicata si coltiva in grande il cotone erbaceo ( gossypium herbaceum ) j e in piccola porzione il così detto turchesco bianco ( gossypium Siamense ) ; e il mal- tese , come vien chiamato , a color di camoscio, ov- vero isabella (^gossypium hirsutum). Nella Torre poi, e in altri luoghi della Provincia di Napoli si coltiva soltanto il cotone turchesco bianco. M. de Lasteyrie , mio Amico , nel suo libro , impresso a Parigi nel 1808 (i) pag. 85, dice , che il cotone annuale ìmpro- piamente si appella da'Botanici ^o.^.^j'/^/wm herbaceum; e che meglio si direbbe gossypium- fruticosum.. Inol- tre il nostro Signor Canouico Giovene afferma (2) , (5) che il cotone a color isabella , sia il gossypium hir- sutuììiy e altri pi'etendono , che sia il religiosiim. Noi lasciamo siffatte quistioni a'Botanici , de' quali moltis- simi , per estendere il loro regno , mohiplicano senza necessità gì' individui ^ e da alcune modificazioni acci- dentali passano a formare specie novelle. IV. La bambagia in genere ama un cielo caldo , secco, e sereno^ siccome anchela primavera anticipa- ta , l'estate fervida , con qualche pioggia , e 1' autunno lungo . Fra lutti i venti , il borea nuoce assai al co- tone j e fa lo stesso la nebbia , la gelata , non che la pioggia dopo la seminazione , e in tempo della matu- rità delle noci . L' aria solamente umida non fa male a questa pianta ^ e il coniraiìu si dica dell' aria umi- da insieme , e fredda . Secondo le mie osservazioni , la bambagia può vegetare , e fruttificare nelle nostre Provincie dal grado 57 . di latitudine boreale fino al grado 42 • In oltre ho osservato ne' diversi miei viag- gi inter patriam , che questa pianta prospera bene fi- no a miglia 3o lungi dal mare, dal grado ^o in giù, quante volte le condizioni indicate sopra non manchi- no . Basta che la temperatura non sia troppo elevata , essa può jirosperare anche ne' luoghi i più mediterranei , lungi dalla spiaggia del mare . Dal che possiamo infe- rire , che la coltura di tal vegetabile si può estendere quasi in tutte le Provincie del nostro Regno , il qua- le forma una penisola . Ora passo a descrivere , ad istruzione de' nazio- nali , e degli estranei , V anno mctereologico da me notato nella Torre, luogo mafiltiino di questa Provia- (6) . eia di Napoli , che ha il mare a mezzo giorno . Pei lo spazio di mesi 8 , comiaciando da Aprile sino a tutto Novembre , il cotone abita nel terreno . I mesi più freddi sono il Dicembre , il Gennajo , il Febbra- jo , e il Marzo j e i mesi più caldi sono il Giugno , il Luglio , r Agosto , e il Settembre . I gradi del cal- do neir estate arrivano ordinariamente a' 25 in 2.6 del Reaumur 5 e que' del freddo nell' inverno a' gradi i in 2 sotto il zero . I venti, che dominano nell'inver- no sono lo scirocco , o sia austro , lo scirocco a li- beccio , e il borea , e alle volte il greco a levante . Dal Maggio in Giugno , comincia a soffiare dalla mat- tina fino al mezzo giorno il levante j e nelle ore po- meridiane il ponente, che domina per tutta l'estate'. 1 mesi più piovosi sono d' ordinario il Novembre , e '1 Dicembre nell' autunno ^ e il Marzo , e l' Aprile in primavera ^ e i mesi più secchi sono il Giugno , il Luglio , e r Agosto . In quest' ultimo mese cade qual- che pioggia , siccome anche ne' due appresso , di Set- tembre cioè, e di Ottobre. Per l'ordinario la primavera comincia a' principi ^^ Febbrajo , correndo fra' nostri contadini il proverbio seguente : La cannelora ( alli 2 del mese indicato ) 5 V inverno e fora : 1' estate è caldissima -^ e l' autunno , o sia il tempo caldo , e temperato , arriva fino a i 25 di Novembre . Nel pros- simo passato anno 1809 nel giorno poco anzi notato , il termometro ha segnato in Napoli il grado i^ in i5. Ordinariamente i Napolitani si ritirano dalla Villa nel giorno medesimo . Nella Provincia di Napoli si gode ogni anno per lo spazio di giorni 8 , e ancor più , la (7) così detta estate di S. Martino , che o precede , o sus- segue il giorno del detto Santo , che cade agli 1 1 del mese accennato. A mezzo Aprile le nebbie, e le gela- te sono per lo più finite. E questo corso metereologico si osserva per la più parte in tutto il lato meridionale di Terralavoro , e delle due altre Provincie limitrofe , di Napoli cioè , e di Salerno . V. Dal cielo passiamo al suolo . Perchè il coto- ne ha radice pernale , e ramosa , che nell' erbaceo si distende fino a mezzo palmo , e nel turchesco fino a un palmo ^ e perchè ama il caldo ^ perciò esso si vuol coltivare in terreno profondo , grasso naturalmente , e poroso , e in campo aperto , detto da' nostri volgar- mente scampia . Ho detto , che il campo sia natural- mente grasso j perciocché il Sole riscaldando il leta- me , specialmente immaturo , e indigesto , sparso su di esso , e con la terra incorporato , fa morire per lo comune le piante . Quindi la bambagia mal vegeta in terreni argillosi , o cretosi , o sassosi , che sono fred- di, e connessi, e forti j e su i colli, e ne' luoghi pen- denti , e molto inclinati : il contrario si dica delle ter- re vegetabili a base arenosa , o pur calcarla , o pur vulcanica ( che serbano il calorico , facendo anche pe- netrar le radici ) ^ non che delle pianure , e delle vallate . Ecco 1' analisi , che io ho fatto nel terreno aperto , e piano della Torre , che produce ottimo co- tone ed eccellente . Terra vegetabile parti a Calcaria parte i Cenere del Vesuvio parte i (8) Nella Basilicata poi all' Ionio io ho osservato •, che le terre bambagifere di Tursi , di Craco , di Pi- sticci , di Rotondella ec. erano composte come ap- presso : Terra vegetabile parte i Argilla parte i Arena parti 2 I miei Lucani seminano il cotone e ne' campi som- mersi dalle piene de' fiumi, e delle altre acque del Cie- lo , e nelle terre porose . Nelle due Provincie di Bari , e di Lecce la terra addetta a simil coltura , è a base calcarla j e nelle Calabrie a base arenosa , o pur cal- carla. E debbo notare in questo luogo , che i Torres! seminano anche la bambagia nelle terre arbustate : essi però non hanno sempre il contento di torre tutto il cotone maturo , e perfetto . Neil' anno scorso , nel- la contrada di Capodimoiite , sopra Napoli , le noci del cotone, piantato in terra con viti sposate co' pioppi e con bronconi , si sono marcite nel maggior numero ancor verdi , a cagione e delle piogge autunnali , e più dell' ombramento. (i) Du Cotonnier , et de sa culture 8. Questo Libro e stato tradotto in Italiano dal Signor Luigj Targioni , con le notizie in fine sulla industria del cotone nel Regno di Napoli ivi 1809. 8. (2) Istruzione su la coltura del cotone a color di camoscio , mandata alla Società Patriottica di Milano. Opusc. scelti, tom. i5 , an 1792. (9) CAPITOLO II. Metodo di coltura nella Provincia di Napoli . Suoi difetti , e correzioni necessarie . VI. Nella Torre, e negli altri paesi di questa Provincia , come in Scafati , in Castello a mare , in Gragnano ec. , ne' quali s' ignora affatto il riposo del- le terre , prodncendo esse in tutti gli anni j una sem- plice zappatura basta a preparare il campo per lo co- tone . Le gramigne , e le altre erbe spontanee invano si cercano in dette campagne fortunate . Dopo di aver in Marzo fatto lo scioverso (volgarmente zarrima^ delle fave cavaliJue , nouiìnate volgarmente favole j o de' lupini , o delle erbe da prato ec. j dalla metà di A- prile sino alla fine di Maggio si solca il terreno con zappa all' intervallo di palmi due , e nelle porche si mette il seme pollicando , con coprirlo con la stessa zappa air altezza di un pollice . Altri contadini più industriosi piantano le fave in Novembre alla distanza di palmi 3 in larghezza fra solco e solco : colgono il fratto in Maggio , e intanto piantano la bambagia in mezzo alle fave nel tempo debito ^ cavando dallo stes- so suolo due raccolte . Prima di piantare le fave , il terreno s' ingrassa con letame stagionato . La semenza prima di essere^ consegnata alla terra , si bagna con acqua in sul pavimento, e si stropiccia con le mani, acciocché la lana si ristringa intorno alla medesima . S' intende per poUicare il fare cadere fra 1' indice e 'i 2 (IO) pollice della mano il seme nelle porche . Per un moggio di terra , vi bisogna un tomolo di seme , Il cotone nasce dopo giorni 8, o 12 , o i5, secondo il calorico atmosferico . Le piantoline si diradano dopo che hanno meòso foglie 4 j con isvellere le più debo- li ^ e con lasciare le più robuste , all' intervallo di un palmo e un quarto fra di esse . Ne' principj di Giu- gno si sarchia il campo, e nel tempo stesso si rincal- zano le piante. Una seconda sarchiatura si fa nella line del mese accennato. Le piante si cimano con la mano, perchè non lussureggino , alli 26 di Luglio , giorno di S. Anna , o circa quel tempo ; i rami laterali si estendono e si fortificano : il cotone turchesco non cimato, giugerebbe airalrezza di palmi ^., e V erbaceo a quella di palmi 2 e un quarto , con tal operazione il primo s' innalza a palmi 3 , e il secondo a un palmo « mezzo (3). I fiori compariscono su le piante nella fine di Lu- glio o ne' principj di Agosto : essi escono bianchi , e ca- dono rosseggianti , o sia a color di rosa secca . Pri- ma della fioritura il campo a cotone s' irriga due vol- te , in Giugno cioè , e in Luglio . Se non piove in Agosto , le piante s' irrigano per la terza volta . La raccolta della bambagia comincia ne' principj , o pur verso la fine di Settembre secondo il caldo della sta- gione , e dura fino a tutto Novembre . Per accelerare la maturità del frutto , molti contadini levan via la frodi inutili 5 sponendo quello ali' azione del Sole , e della luce . Le noci ^ che rimangono ancor verdi e -i ì ( " ) immature , si mettono al coperto , e si aspetta la ma- turità di esse. IN eli' anno scorso in molti paesi di que- sta Provincia si sono formate le stufe a tale obbictto. L' esilo è riuscito felice . le frondi del cotone al- quanto avvizzite si danno per cibo agli animali , cioè ai buoi , ai cavalli , agli asini , e alle pecore . Le pian- te secche o si mettono al fuoco , o pur servono per formare capanne . Del seme superfluo o si fa uso per lo forno , o jH;r lo braciere . Un tomolo di semenza si vendè da carlini 6 lino a io . VII. I difetti da me notati nella Torre sono i se- guenti : 1. Nel seminare il cotone, anziché pollicai lo ^ ottima cosa sarebbe il formare con la mano ne' fian- chi de' solchi verso oriente , delle fossette . superficiali alla distanza di palmi 3 , e di mettere in ogni fosset- ta semi 3 , o 4- Se piove dopo la seminazione , l' ac- qua , che vien accolta dalle porche , non impedisce la germinazion del seme, che la riceve di passaggio. Neil' Aprile dello scorso anno 1809 il cotone si è risemina- to nella Torre a cagion delle piogge , le quali hanno impedito il primo suo nascimento. La pioggia , secon- do il linguaggio de' Villici , acceca la semenza della bambagia , e non la fa nascere . Delle piante nate se ne serberà una sola, e la più robusta. Ecco 1' origine di questa mia dottrina , di piatare cioè il cotone nel- le fossette, e a giusto intervallo^ essa è nata dal fatto che ora racconto . Il Sacerdote D. Michelangelo Mov- licchio di Scafati seminò anni indietro un suo cam- picello pollicando : i sorci , le formiche ec. si man- ( lO glarono la maggior parte della semenza : le piante nac- quero air intervallo di palmi 5 , 6 , e 8 fta di esse . Il contadino voleva fare altro uso di quel terreno : il buon Sacerdote vi si oppose . Nel mese 'di Settembre sì contarono sopra molte di quelle piante rade radis- sime , fino a noci i2o . Anche la maturità di esse an- licijò per giorni i5 in 20 . Non v'ha dubbio alcuno, che le piante rade , essendo dominate dal Sole , ma- turano più presto il loro frutto : il che giova moltis- simo al cotone in particolare , che non cessa mai di fiorire , e di fruttificare , sino a tanto che non venga frenato dall'asprezza dell'inverno . Ad accelerare la maturità del cotone , non che a fare che il seme di esso più felicemente , e in maggior copia nascesse , si legge presso il nostro Porta la dottrina seguente : ,, 5, Si vuole , che gli Ortolani dell' Isola di Candia fac- ,, ciano macerare la semenza della bambagia nel fimo 5, porcino , e nel vaccino : in tal guisa le piante na- 5, scono presto , danno più fruito , e prevengono il „ rigore del freddo (4). Io ho tenuto per giorni 2 a macerare 10 semi di cotone delle materie predette : essi sono nati nel tempo stesso che gli altri ^ e le piante hanno maturato il loro frutto nella stagione me- desima . La sola differenza è stata , che tali piante si mostravano più robuste delle altre . Il frutto nella quantità è stato simigliante. E ciò potrà servire anche di risposta al Signor Tuppiiti , il quale alla pag. 9 della sue Memorie ec. scrive, chela colombina, con le altre materie fecali , e spezialmente il fimo di mon- ( i3) tone, misto con data quantità di calce , e il tutto unito alla terra , acceleri la vcgetazion della bambagia . L'altro difetto della coltivazion Torrese si è quel- lo , di corre cioè la bambagia dalle noci mezzo aper- te , e non ancora mature . Il cotone dee maturare nel suo involucro , e quando quest' ultimo è secco , allora si dee fare la raccolta . I Torresi , che sono ol^bligati a svellere le noci per farle aprire interamente al Sole j perdono quasi la terza parte del frutto j hanno cotone imperfetto , e semenza quasi lattiginosa . Né vale il dire , che i ladri la rubano nottetempo : perciocché minimo divien il furto in una contrada , nella quale ( siccome oggi nella Torre della Nunziata ) moggia 2000 di terreno in circa si trovano addetti a coltiva- zione siffatta . ) ti, :i Il terzo difetto sì è quello d' irrigare la bambagia sino a tre volte . Una sola irrigazione ne' principi di Luglio è sufficiente al bisogno . Le piante del cotone , specialmente ne' luoghi bassi , e vicini ai monti , resi- stono al secco dell' estate , più del frumentone . Neil' anno prossimo passalo in Angri , e in S. Pietro di Scafati la raccolta è stata scarsissima , o nulla , a ca- gion de' replicati irrigamenti . Le j)rime noci hanno ritardata la loro maturità , e le seconde , ancor im- perfette , sono state sorprese dalla gelata , e si sono tutte perdute . Oltre a che si è sperimentato , che il cotone raccolto da un campo troppo inaffiato , non giugne a un alto grado di finezza . La bambagia colta neir anno scorso in Ottajano , con un solo irrigameli- io 5 ha superata tutte le altre nella qualità . ( i4 ) Il quarto difetto si è quello di ' separare il cotone col mezzo della macchina dal proprio seme subito do- po la raccolta . La bambagia dee esser ben secca , e asciutta , prima di farla passare fra i cilindri . Io ho veduto nella Torre , che molti semi insiem col cotone passavano schiacciati in mezzo a' cilindri . Egli è vero , che il cotone ammassato , e compresso ne' magazzini per lungo tempo , come si pratica nella Basilicata , e altrove , peggiora di qualità , perchè V olio de' semi s' infiltra ne' fiocchi j e fa perdere la lucente sua bian- chezza . Ma io intendo di evitare gli estremi. Se il co- tone è ben asciutto , si separi pure subito dopo la rac- colta^ e se qualche circostanza vi si oppone, che si differisca il minor tempo possibile . L' ultimo difetto si è di coltivare la bambagia per molti anni nel campo medesimo . Io conosco nella Torre il bravo Agricoltore , e 1' ottimo uomo Pietro Jlardo , il quale da anni i^ semina nel suolo stesso . La pianta s' indebolisce , il prodotto si fa minore , il seme degenera j e gì' insetti nimici di essa , si molti- plicano all' infinito j siccome è avvenuto nell'anno scor- so 1809, con le così nominate campe y delle quali ragioneremo appresso . È vero , che fra tutti i generi coltivabili , il cotone rende moltissimo , ma bisogna alternare la coltura , a beneficio delle piante medesime . Ecco la ruota campestre , eh' io suggerisco a' Torresi : Nel primo anno , grano , o pure orzo , o vena . Nel secondo , rape , o lupini . Nel terzo , frumentone . (i5) Nel quarto bambagia , che si può anche seminare neir anno quinto . E così appresso : il grano riesce bene dopo il coto- ne . Ch' il crederebbe ? i contadini delle due Provin- cie , di Napoli cioè, e di Terralavoro , che sono av. vezzi dall'infanzia a mangiare il pane di grano d'India, pagano oggi lai genere , per la scarsezza dello stesso , carlini 20 il tomolo . I Cinesi hanno sperimentato , the dopo la coltura della bambagia erbacea non bisogna seminare nel campo né piselli , né fave . Si può fare da' nostri questo sperimento . Essi o fanno succedere al cotone 1' orzo , e il miglio ^ o pure per due anni seminano il cotone , e per gli altri due appresso il riso. (3) // nostro Signor Tupputi a ragione riprova nella sua Memoria sur la colture du cotonnier , Pa- ris 1807 ,' la dottrina di M. de Goufller , il quale dice , che il cotone alle volte s' innalza fino a piedi 5. Forse Egli avrà avuto in mira il cotone arboreo , che vegeta ne' luoghi arenosi dell India. f4) ^4junt , Candiotae olitores semen suillo ster- core , et vaccino macerari ; sic uheribus , et fieli cius enasci , ìievipe celerius einergit , et uherius fiert , antevcrtitque firìgoris fyrannidem, et scevitiarn. Vii' lae Lib. XI , e. 54. ( i6 ) CAPITOLO IH. Si espone il metodo di coltivazione nelle altre Provincie del Regno j e si notano i difetti , con i rimedj opportuni . Vin. Passiamo ora alle altre Provincie del Regno, con notare la coltura della bambagia , e i difetti , che si osservano nella stessa . Noi ci avvaleremo inquanto alla prima parte delle notizie dateci negli ultimi tempi dal Signor Cantore p^ito Biseglia nella sua Lettera scritta a S. E. il Sig. Duca di Ganzano , Intenden- te della Provincia di Bari ec. , e inserita nel Gior- nale Enciclopedico di Napoli , num. 3 , pag. 285 , e seguenti . Tanto nella Terra di Bari ( così il Sig. Bi- seglia scrive a un di presso ) , che in quella di Otran- to , la bambagia si coltiva nelle maggesi , cioè in quel- le terre , che nell' anno appresso si debbono coltivare a frumento . Quindi il terreno si prepara con le ara- ture ordinarie alla coltivazion delle piante cereali. Ol- tre delle maggesi , non pochi di que' contadini scas- sano , o divelgono nel primo anno profondamente il terreno , con torre le radici di tutte le erbe sponta- nee , e in particolare della gramigna ( triticum repens^. Preparato il campo , e ridotto quasi in cenere , si se- mina il cotone nel declinare di Marzo , o ne' priucipj di Aprile , in giornate serene , e asciutte . Prima che il seme si consegni alla terra , si bagna con acqua nel ( ^7 ) giorno precedente , e si mischia con sabbia , per se- pararne i grani : si semina poi o a getto , con^e il fn.- niento j o a pizzico , come volgarmente si dice ^ con mettere semi 5 o 6 in un buco , che si apre con le dita alla profondità di pollici 2 , coprendoli con ter- ra , e all' intervallo di un piede in circa fra di essi . Appresso con un fascio di rami di un albero qualun- que , o di virgulti spinosi , nominati scorve , ligato con fune , e aggravato con grossa pietra , e tirato da un. villico , il campo si uguaglia a superficie quasi levi- gata : il che si appella in quell' idioma rustico traglia- re , o scorveggiare . Dopo che le piante nate han messo foglie 2 , o 3, il terreno si sarchia , e nel tempo stesso si sbarbicano le più gracili , restando le sole vigorose . Il cotone e/'- . haceo s' innalza in quelle contrade un piede in circa, e il turchesco , o Siamese , palmi 2. Le piante do- po che sono giunte a tal elevazione , si cimano , altri- menti s' innalzerebbero di vantaggio : esse si caricano di gemme fiorifere , e non lussureggiano . Secondo le osservazioni del Canonico Giovene , la bambagia a co- lor isabella non dee essere cimala negli anni medio- cremente asciutti j ma tal operazione giova moltissimo i»«gli anni piovosi . Sino al tempo della fruttificazione si fauno nel campo due , o tre altre sarchiature , ])ev estirpare l'erbe nocive . Per la prosperità delle pian- te si richieggono delle piogge verso la fine di Giugno, o ne' principi di Luglio : qualora mancassero , il co- tone andrebbe in deperimento . La fioritura comincia 3 (i8) nel mese di Luglio , e continua lino a Settembre , e alle volte fino a Novembre . La raccolta ha principio nella metà di Agosto , e dura per tutto il mese di Ottobre . Per avere cotone ottimo , si dee corre subi- to che le noci sono aperte , e nelle ore prime del mat- tino . Se si coglie più tardi , e nelle ore pomeridiane, le foglie calicine , che facilmente si frangono , si mi- schierebbono , come realmente si mischiano , per di- fetto di avvertenza , con la lana , dalla quale con dif- ficoltà si distaccano . Le capsule , o noci residue , che son quelle della fine di Ottobre , o si mettono al sole , o pur si fanno aprire in un forno leggiermente riscal- dato ^.i semi però di tal cotone sono imperfetti, e la lana serve soltanto per imbottire . Fin qui il Sig. Bi- segUa , il quale giudica buone le regole per la coltura del cotone ne' luoghi da lui conosciuti della sua Pro- vincia di Bari. Il Sig. Tupputi , nativo della Provincia medesima, ha sostituito al metodo antico il seguente, come si legge nella lodata sua Memoria. Nel mese di Luglio egli ha fatto zappare la terra alla profondità di pollici i5. Appresso con due altre zappature ha fatto estirpare tutte V erbe cattive . Verso la fine di IMarzo ha fatto zappare per la quarta volta il campo , e alla profondità , come prima . Dopo ha letamato la terra con fimo animale , come si è detto sopra , ( Nani. J^II. ) misto con data quantità di calce . In ultimo ha fatto interrare il letame mezzo putrefatto , ed ha •seminato , con aver prima tenuto immorsi i grani per ore 5 iu 6 iu un liquore alcalino , di cui appresso ( ^9) tratteremo . Ed avendo fatto sarchiare tre , o (niattro volle il fampo •> * stato ricoinpeusato nella ratcolia del cotone e delle sne cure, e delle spese sue. 11 me- todo poi di coltivazione , che sì osserva nella Basili- cata , e nelle Calabrie , conviene nella maggior parte con quello ,■ che ahljiam descrillo col Sig. Bi.. ;., p;,\ lngcihi di quella Provincia con gli olivi . In oltre tutti i col- tivatori della bambagia potrebbero imitare l' esempio di alcune nazioni , cbe ingrassano i campi con le ce- neri degli escrementi umani bruciati. E al caso nostro, noi potremmo anche far uso delle ceneri delle piante secche del cotone , sottoponendole al fuoco. Terzo , in quanto alla macerazione de' semi delia bambagia nel liquore alcalino , composto , secondo il Sig. Tnpputi , ( pagg. 27 , e seg. ) di acqua di leta- me , di vino ( o pur di sidro , o di birra 5 o della stessa acquavite ) 5 di nitro comune , ( o di una forte lisciva di cenere , o di soda ) ^ e di sale raai'ino ^ e su le coste di acqua di mare 5 nelle debite proporzioni . Noi avvertiamo come segue . Le immersioni delle se- menze ne' varj fluidi tanto semplici , che composti , non ignote agli antichi , possono avere due obbietti differenti j cioè il preservare i semi da' vermi , e da altri accidenti ^ e l' accrescere la virtù moltiplicativa dei medesimi. In quanto al primo , i vermi non possono vivere che in una terra viziata , e malsana , amando essi il putrido 5 e che i vermini attaccano soltanto le semenze guaste , e quelle , che hanno già contratto qualche principio di corruzione. Il rimedio per le terre viziate è quello di spargere su le medesime la calce , o la fuliggine , che fanno morire i vermi , o pur di appiccarvi il fuoco a tempo debito 5 e per i semi guasti , e vecchi , e corrotti j sarà quello di scegliere ( 21 ) 1 sani , e i giovani . Ottimo è quel seme , che si è estratto ililk- noci della prima raccolta , e che resiste alla pressione dell' indice , e del pollice , restando in- tero . In quanto al secondo , benché la macerazione Uk. . 70 fluidi alcalini , acceleri alle volte lo svi- luppo ciel eeiiiic , ^ ,, , . „ . ,, .... , , ... Z^'o. influisce nella virtù mol- tiplicativa de medesimi. Anzi aaiut lui.uc.:,!., nascono molti incomodi j e sono i , che i semi molliti necessariamente si diseccano, languiscono ^ ■" fine muojono , se dopo di essere stati s,.j.i'eiiili nel suolo , sopravvenga un caldo soverchio, che faccia esa- lare le particelle acquose tanto dcll^ terre, che de' se- mi stessi : 2 , che sopraggiiignendo molto freddo , l'ac- qua rinchiusa in tali semi , si gela , ed bassi rottura de' vasi: 3, che correndo l'aria troppo umida, i vasi delle semenze si distendono per 1' umidità , e si cor- rompono : 4 '^ fi"'-' 5 <^be non procedendosi con tutta la possibile accuratezza in tale mollificazione , l'acqua può togliere a' semi tanto di virtù , quanto può essa comunicarne a quelli. Si vegga, se piace, quel tanto, ch'io ho scritto su della presente materia', cioè se r arte possa accrescere la virtù moltiplicativa delle se- menze nel Voi. II , cap. IX della mia Opera j Delle Cose rustiche, Edizione 2.» Napoli i8o3. E conchiu- do , con dire , che il vero segreto di raccorre molto cotone si è quello di aver seme perfetto , e di metterlo al debito intervallo in terra atta a simil coltura , e ben apparecchiata come abbiam notato sopra . Se mai il seme degenerasse , siccome dopo anni io degenera (22) sensibilmente, si può imitare l'esempio de' Maltesi , che se ne provvedono dalla Sicilia ^ con praticare lo stesso anche i Siciliani, che Io fanno venire da^ilta. ]Voi potremmo fare il cambio con le Rrovincie finiti^ me. Dunque il licpiore del Sig. ^"/V'f ^4;:f;4"k ve- accelerare Io sviluppo del ep'""" ,. ,. j j. acceieiaic _^_i ^ al , com'egli dice, essendo di- ^^^^A\?^^n e non conservandosi più di giorni due , •^ me egli stesso afferma j non può avere qued et- fe«o , che dall'autor suo si asserisce. Quarto , fa al certo meraviglia , come gli Sciittori Baresi non abbi.^"'^ finora corretto il metodo di tra- gliare , o sia di appianare il campo , dopo la seinina- zione della bambagia. Ecco i motivi , che m' inducono a riprovarlo. Se piove dopo la seminatura , il terreno disposto a superficie piana , divien un loto , e la bam- bagia non nasce , e si dee riseminare . Se succedono giornate calde , quel suolo , eh' è a base calcarla , e per conseguenza amico del calorico , investito da' raggi solari , evapora 1' umidità , che contiene , a danno delle piante , che debbono nascere , o che sono già paté, I contadini della Torre della Nunziata nel decli- nare del mese di Maggio , o ne' principi di Giugno , hanno il costume di disporre con la zappa la superficie de' campi con gli arbusti di viti , situate alle falde del Vesuvio , rimpetto al mezzo giorno , o a solchi , o a monticelli. Ed avendo richiesto a'medesimi la ragione di tal novità , mi hanno con molto senno risposto : per spezzare la for:ia del sole , e per non fare seccare (23) le vili . Ed in vero i raggi solari quanto più sono ri- flessi su duna superficie scabra di un campo , tanto minore succede l'evaporazione dell' umidi là delle terre. Quindi si semini, o meglio si pianti il cotone a solchi aperti , e a giusta distanza^ come abbiam notalo sopra: in tal modo V evaporazione sarà minore , e le piogge accolte nelle porche , non impediranno la germinazione della semenza . E que' nostri proprietarj delle lodate Provincie si ricordino, clie avendo essi il mare ad orien- te, i solchi si vogliono tirare da borea a mezzo giorno j giacché in quelle contrade , il borea è favorevole alla vegetazione di tutte le piante. Quinto in fine , io non saprei approvare Intera- mente il costume di dare a' buoi nell' inverno in cibo i semi del cotone. Essi contengono dell'olio , che da- gl'Inglesi si estrae nelle loro Colonie. Anche i Siciliani li fanno mangiare ai buoi , alle vacche , ai cavalli , agli asini, ed ai muli , dopo di averli tenuti nell'acqua per più giorni . ]Non v' ha alcun dubbio , die que' go- mitoli di pelo , che i buoi inghiotono nel leccarsi , detti da'Greci egagropiles , tormentano , e fanno di- magrare le bestie cornute. Io ho vedute delle egagro- piles y estratte dagli stomachi de' buoi , e datemi dai macellai nspoletani, del peso di una libbra. Anche gli agnelli muojono bene spesso per lo così detto ; mal dì pallotta , Di agnelli 36 morti , il Dauhenton scrive , che undici eran morti di questo morbo , perchè certe egagropile, o pallotte di filamenti di lana , inghiottite du' uiedesimi , aveano chiuso il passo dal venlricino alle (24) budella. Ora essendo i semi del cotone vestiti di lana, ancorché nella minima quantità, io non debbo affermare assolutamente, eli' essi possano servire di cibo innocente allo stomaco de' buoi , e degli altri animali. Io invito i Medici Baresi, non che que' delle altre Provincie, ad osservare se ne' quattro stomachi, spezialmente de' buoi ammazzati da' macellai, e nutriti con seme di bambagia nell'inverno , e con altri cibi , si trovino delle egugro- piles . In quanto al seme superfluo , se ne potrebbe cavare olio per le lucerne , sotto allo strettoio. E per- chè spira cattivo odore , potrebbe servire per le arti . Di più si potrebbe imitare l' esempio degli Spagnuoli, che lo impiegano per ingrasso de' campi , dopo che si è convertito in concime. CAPITOLO IV. De' danni , e delle malattie del Cotone in erba . Riinedj. Se le piante del nostro Cotone tanto e/'- baceo , che tarchesco si possano rendere biennali , o triennali ? X. Secondo le replicate mie ossei'vazioni , fatte nfeUa, Torre della Nunziata, a sei si possono ridurre i dfnni del Cotone cagionati dagl'insetti^ e a quattro i mali prodotti dall' atmosfera . Cominceremo da' primi : I. I sorci , le formiche , i porcellini terrestri, alcuni piccoli scarabei ec. si mangiano la semenza posta liCl campo. Contenendo essa dell'olio, è uq cibo (25) gradito a* sorci, e ad altri insetti. Ne' Magazzini biso- gna serbarla o dcnUo alle vecchie botti , o dentro alle casse, o in altri vasi grossi, e sempre in luoglii asciutti j perciocché V umidità la spinge al corrompimento ^ e gl'infetti corrono al putrido. Il miglior seme è quello, che si ottiene dalle noci , che maturano naturalmente prima delle altre , che si separa subito dalla lana , dopo la raccolta , e che non abbia passato gli anni due , con essersi serbato in istanze asciutte , e tempe- rate . E giova avvertire in questo luogo , che i semi del cotone di ogni specie divengono sterili , e inutili , se per ([ualche spazio di tempo sono stati invasi dal i'ummo di alcun cammino. Alcuni suggeriscono a met- tere il seme in un vaso di acqua , e di scegliere per la semenza quelli, che dopo alcune ore, dall'immersione, non galleggiano sul fluido, o sia, che vanno al fondo "^ del vaso. I nostri contadini mescolando le semenze di tutte le varie raccolte , e mal custodendole j o pur chiudendole non ben secche, debbono soffrire il danno, di cui si è ragionato . 2. / gojfoli ( acheta giyllo - talpa . Linn. ) . Quest' insetti , che alloggiano ne' terreni bassi , acqui- trinosi , e umidi , e che mancano nelle terre elevate , ed asciutte ^ rodendo , e cibandosi delle prime radi- cette , fanno morire le piante nella loro infanzia , e appena nate . Quindi bisogna riseminare la bambagia. Il rimedio consiste nella scelta del campo aperto , po- roso , e rasciutto . Alcuni giudiziosi ortolani distrug- gono i goffoli , che pur danneggiano le loro piante , 4 (26) non che il frumentone , con rartificlo seguente : pren- dono una foglia di vite , o sia pampano , e ne formano una specie d^ imbuto , che col suo collo viene intro- dotto nel nido : indi vi versano gocce 3 o 4 di olio , e appresso altrettante di acqua : l'animaluccio esce su- bito fuori come stordito , e si ammazza . Altri conta- dini mettono nel campo a cotone molti e spessi fascetti di erbe tenerelle e umide : i goffoli vanno a nascon- dersi sotto que' fascetti ; e così in sul nascere del sole sì uccidono da' rustici . Questo metodo vien praticato spezialmente nella Provincia di Bari , per testimonianza del Sig. Biseglia. E si potrebbe usare anche contro ai goffoli 3 che devastano le piante tenerelle del frumen- tone . Io però preferisco la scelta del terreno idoneo al cotone aiizi che 1' uso delle medicine . Sero medi- cina paratur (5). Ed avvertiamo qui col Signor Fe~ hurier , che la femmina del grillo-talpa in ogni covata produce fino ad uovicini 220 j che probabilmente fa due covate nell' anno j e che per distruggerla , in vece dell' olio , che non sempre produce 1' effetto desidera- to , benché sia 1' unico mezzo per farle perire j giova operare nel modo seguente j notando le stesse parole dello Scrittore lodato : » Appena io scopro la meno- » ma traccia di un qualche nido , ficco il dito nel bu- » co verticale : prendo allora uno strumento , in for- » ma di cucchiaio , e cavo intorno al buco , dove ten- >> go fermo costantemente il dito, sino a che sento l'a- » nimaluccio j altrimenti scavo sino al fondo del bu- » co . Allora con un sol colpo dello strumento , che ft (27) » calco nel buco , mi riesce facile di prendere l' inset- » to . Se la prima operazione non ha il suo effetto , » batto allora la terra col piede , con appianarla , e so- » spendo la ricerca. Nel di seguente l'animale risale, » e forma un monticello di terreno , che indica il luo- » go del suo ritiro . In questo caso la caccia è fatta . Finalmente il N. A. , cha paga soldi 2 per ogni gril- lo-trappa , e soldi 12 per ogni covata, assicura, che in pochi giorni gli sia riuscito di distruggere co' suoi contadini nel proprio giardino i6,ooo e più insetti , tanto in uovicini , che nati (6) . 5. La morsicatura de' goffoli , o di altro gril- lo . Tra i due mesi di Luglio , e di Agosto si veggo- no alcune piante di bambagia inclinate verso terra , i contadini appellano ciò podagra . Io ho visitato nel terren basso di Scafati simili piante , e ho trovato una morsicatura profonda alcune bnee verso la base del fu- sto del cotone . L' epidormide nel luogo del morbo era tutta corrosa per la lunghezza di un pollice . L' incli- nazione della pianta era più della metà dell' arco ver- so terra tra la verticale, e l'orizzontale. Volli visitare le radici , e trovai , che la pernale verso il lato dell' inclinazione della pianta , era corrosa per la lunghez- za di due pollici , e nella profondità di linee 4- in 5. Forse il grillo-talpa , o altro grillo non avendo potu- to dar morte alla pianta adulta , era corso ad attacca- re il fusto verso la base . Le noci di simili piante podagrose , maturono la lor lana nel tempo debito : esse però in tale stalo morboso cessano di fiorire , e se hanno fiori , tutti seccano , e cadono . (28) 4- I tordoni , o sieno vermini rossi , e lunglii li- nee 12 in circa, che rodendo lo stelo del cotone an- cor tenero , fanno perire le picciole piante . Questi vermini , che sono in picciol numero , si cavano eoa la zappa , e si schiacciano co' piedi . 5. / pidocchi , o afidi , o pulci , che succhiano 1' umore delle frondi ; essi però non recano danno né a' fiori , né alle noci della bamhagia. Contro agli afi- di delle altre piante giova moltissimo 1' aspersione di acqua , in cui sieno state infuse le frondi del tabacco. 6. Le campe ( larvce noctuce peltìgeris . Hu- bner ) . Ecco la storia in breve di queste larve . Dal seme d'una farfalla, detta dall'autore citato noctua peltigera ( Tav. 63- fìg. 3io. ) si schiudono le cam- pe nel mese di Agosto , e corrono ad annidarsi den- tro ai calici de' fiori della bambagia . Esse divorano i teneri germi , e le parti de' fiori cadono . Dopo un tal guasto , e dopo di essersi ben ingrossate , corrono alle noci , già formate da' primi fiori tanto grosse che pic- cole , bucano in tondo le capsule , e si cibano della sostanza lattiginosa de' semi . In fine terminato il pe- riodo di lor vita , escono nel declinar di Settembre , o pur di Ottobre , dalle noci già distrutte nella mag- gior parte , e vanno a seppellirsi nel terreno . Dopo giorni 28 in 32 , non essendovi ostacoli nell' atmosfe- ra , come il freddo ec. , s' incrisalidano , come tutte le altre nottue . Esse restano nello stato di pupe , duran- te r inverno , e in primavera passano a quello di far- falle . Queste larve abitano ancora su V aster chinen- (29) sìs , e su di altre sortì di asteri ; su le ceiosie , det- te volgarmente fiocchi di Cardinale j su gli amaranti ec. Ora qual rimedio proporremo contro siffatti deva- statori di campi interi di bambagia ? Alcuni nostri or- tolani nelle vicinanze di Napoli , per distruggere le cainpe , che si mangiano tutti i broccoli , e gli altri cavoli , e le rape ec. mettono dentro una mezza bot- te piena di acqua 1' erba jusquiamo ( hyoscyamus , L. ) , eh' essi appellano erba cannocchiale , dalla fi- gura del fiore , e con detta acqua aspergendo le pian- te suddette , le campe sen mujono, essendo quell' erba narcotica . Altri si servono dell' infusione di assenzio { absynthiiim officinale . L. ) j o pure di quella del- le cipolle . Ma possono giovare simili infusioni contro alle campe della bambagia ? Si tenti un tale sperimen- to -, e trattandosi di un rimedio utile , io propongo an- che una forte infusione delle frondi di sambuco nano ( samhiicus ehulus ) j non che delle foglie di ontano, e anche di quelle del noce , che non sono mai tocche dagl' insetti . In Scafati i contadini si rallegrano quan- do veggono molti passeri ne' loro poderi di cotone , as- saliti dalle campe: que'volaiili se ne cibano con avi- dità. Un gran proprietario mi dimandò 1' anno scorso , se i gallinacci potevano introdursi con vantaggio ne' campi bambagiferi , infestati da tali insetti? La rispo- sta si fu affermativa , essendo lecito di tentare ogni mezzo per distruggere gì' insetti nimici . Io però ho avvertito nella Torre , che o poche , o nulle campe si veggono oe' terreni asciutti , e che alternativamente ser- / (3o) «vono a' prodotti differenti j e per lo contrarlo mo Iti di tali insetti si scorgono sovente nelle terre acquitrinose, e grasse , e che da più anni si trovano destinate alla coltura del cotone . Quindi s' introduca la ruota cam- pestre ^ non si faccia uso per l' ingrasso delle terre a bambagia , che di scioverso , o pur di letame passato in terriccio , e che si badi alla scelta del seme , pren- dendolo , se abbisogna ^ dalle contrade vicine 5 con isbarbicare dal campo tutte l'erbe spontanee , che so- gliono alimentare gì' insetti . XI. Passiamo ora ai danni dell' atmosfera : 1 . La brusca del mare , che nel mese di Mag- gio fa seccare le piante del cotone nella loro infanzia,- onde si dee riseminare . Ma non solo 1' acido muriati- co del mare può produrre nelle teneri piante della bam- bagia simil danno j perciocché esso può anche nascere da un' inconstante alternativa del caldo , e del freddo. In fatti io ho veduto in un luogo mediterraneo secca- to nel mese di Maggio un campicello di cotone j ed avendone interrogato i contadini , mi hanno risposto , che a due notti fredde erano succedute due giornate calde , e serene . Quindi il rimedio sarà di aspettare fino a tanto che la stagione si sarà messa in regola , / per la seminazione di tal pianta . E che forse in Smir- ne , e in Messina , per questa , e per altre cagioni , non si semina la bambagia ne' principi di Giugno ? 2. La sinopica y o sia la nebbia , che venendo nel mese di Maggio , fa seccare le frondi , e i ramoscellij le piante però rimettono i novelli rami dalle ascelle j (3i ) che danno il loro frutto . Ma se la nebbia viene in Giugno , o in Luglio , allora benché la pianta o con la pioggia , o con 1' irrigazione , sbucci nuovamente , essa non dà frutto , sopravvegnendo i freddi . Talvol- ta la sinopica fa seccare interamente le piante fino al- le radice , ed esse sono perdute . Il rimedio preserva- tivo consiste nel seminare la bambagia a giusto inter- vallo ^ acciocché 1' aria non vi muoja dentro ; e in ter- reni bas si non già , o nelle vallate , nelle quali la nebbia esercita tutta la sua forza j ma in suolo aperto, e do- minato dal sole . 3. // secco eccessivo , le piogge forti , e i ven- it Jì'eddi sono nocivi al cotone in fiore . Contro al sec- co , che fa dimagrare le piante , il rimedio consiste nel- l' irrigazione , essendovi il comodo delle acque vicine. Niun rimedio possiamo prescrivere contro ai due altri danni . j, 4- l'I fine, La gelata, che venendo in Novem- bre , fa cadere le frondi , e attacca le noci imperfette, le quali non si aprono mai , cadendo marcite nel suo- lo : non così avviene alle noci perfette , che raccolte , e messe al coperto , si aprono nell' inverno , e danno della lana di qualità inferiore . In quanto poi ai mor- bi del cotone nelle altre nostre Provincie , il lodato Sig. Biseglia nella citata sua Lettera , ha descritti , benché in linguaggio del volgo , quei della Terra di Bari : i quali poi corrispondono in buona parte con i nostri . Il Sig. Targioni , per far cosa grata al nostro Pubblico nel Foglio volante , n. XLIII , della Corri- (53) sporidcnza generale dì Letteratura , Scienze , ed Ar- ti , ha inserito un articolo , col titolo : Nimici del co- tone , estratto dall' Enciclopedie MetJwdique , v. Co- tonnier . IMa que' morbi riguardano il cotone arboreo di America , non già le specie , che si coltivano da* nostri . XII. Nel Volume II. delle Memorie concernenti i Cinesi , dateci da'Missionarj Europei ^ e propriamente in quella , che ha per obbietto la coltura del cotone in queir Impero j si legge , che quantunque nella Cina insiem con 1' arboreo si coltivi pure 1' erbaceo ^ questo secondo però , benché annuale , come presso di noi , getta di nuovo sopra la sua radice ne' paesi , ove 1' in- verno non è molto rigido . Esso si lascia durare anni tre , e nel quarto si svelle dal terreno , e in quel cam- po si semina o il miglio , o 1' uno . In Molril , città di Spagna, nel Regno di Granata, le piante del cotone durano per anni 5, 6, e tal .4 IO. Que' coltivatori assicurano, che le prime semenze sieno venute dall' Isola di Malta. Il Sig. Galanti nelle Aggiunzioni fatte al Dizio- nario di Agricoltura dell' Ab. Rozier., tradotto in 'ta- liano , e stampato in Napoli nel 1794» 8. Tom. Vili, pag. 333 parlando del cotone , dice : » La pianta è » biennale nella Calabria , e nel secondo anno dà mag- » gior prodotto . Il Sig. Ab. Melograni , della Calabria ulteriore , i^ accerta , che nel Capo Vaticano , cominciando da oriente fino a Briatico , e propriamente ne' paesi Spi- (33) Unga, Carciadi , Bratterà, Drapìa, Zaccanopoli, Filili, Dafinà , Brivadi , Parghelìa , Tropea, Zainbroni ec. la pianta del cotone è biennale , e ancora triennale , ri- producendo dalla radice. Il suolo è sabbioso , prove- niente dalla decomposizione de' graniti , e asperso nella superficie di una terra calcarla , nata dalle conchiglie marine decomposte , e spezialmente dal!a sj)ecie degli echini ec. La Città di Tropea è sotto al grado Sg iti circa di latitudine (7). Nella Torre però due proprietarj , cioè Pietro Il ardo , e D.Saverio Battista avendo lasciate alcune piante di bambagia nel campo , esse in primavera non hanno caccialo verun germoglio. Io nel Dicembre del- l' anno scorso ho fatto tagliare il fusto , alcuni pollici dentro terra , a molte piante di cotone , e mi rimane a vedere se nella stagione novella germoglino , o no dalle radici . La mia opinione si è , che non sia im- probabile un tale germogliamento ne'terreni o sabbiosi , o calcarei , esposti a mezzo giorno , e riparati dal borea , e dalle gelate. Invito i nostri nazionali a farne le pruove replicate. Se la desiderata riproduzione dalle radici fosse costante nella bambagia , oltre al risparmio della coltura per alcuni anni , le noci maturerebbero più presto, e le piante sarebbero soggette a' danni mi- nori . Il Sig. Canonico Giovcne dice nella ciiata sua Istruzione f che nel clima proprio la pianta del cotone a color di camoscio è biennale , e t he nella Puglia conserva talora per tutto l'inverno radice, e stelo vi- 5 ( ^ ) vente , per rigermogliare in primavera. E giova avver- tire in questo luogo , che alcuni de' nostri , fra' quali il Sig. p^incenzio Briganti , inutilmente si sono stu- diati di fare vegetare ne' paesi nostri il cotone arboreo: esso è nato , è cresciuto , ed ha avuto vita per qual- che anno , ma in fine è morto prima di fruttificare. (5) // cel. Signor Scopoli scrisse al nostro pro- posito : fimo equino allicitur , porcino pellitur . Dun- que contro al grillo-talpa ingrassa il terreno a co- tone col letame di porci , e in tal modo allontane- rai i goffoli ^ ovvero metti vicino , o in mezzo al campo 4 o 5 secchie piene piìi della metà di le- tame cavallino : i goffoli nella notte vi si anni- deranno : prima di spuntar il sole inaffia con mor- chia , o sia feccia di olio quel letame , colmando- lo in ultimo di acqua : i goffoli verranno su , e man- cando loro V aria esterna per respirare , a cagion della morchia , restano soffogati . (6) Quest' articolo si trova inserito nel Voi. VII ) pag. i86 della Biblioteca di Campagna del ce- lebre nostro Signor Gio: Battisa Gagliardi . (7) Nelle vicinanze dell' antica Velia nel Ci- lento , e propriamente nel podere del Sig. Gervasio Passero , vicino alVAscha , il cotone ha riprodotto dalle radici ; essendo quella contrada tiepida , e riparata dal borea , non altrimenti che i luoghi vicino Tropea nella Calabria ultra. ( 35 ) CAPITOLO V. Prodotto dal Cotone nelle Provincie diverse. Osser- vazioni su le (jualità del medesimo . Manifatture JSazionali . Commercio . Perfezione della mac- china per separare la bambagia dal seme. Come si conservi il cotone netto . XIII. Comincerò a notare il prodotto della bam- bagia nelln Pro\incia di Napoli , prendendo la norma da cpiello della Torre • e quindi farò passaggio a quello delle altre Provincie . E a procedere con l' ordine dovuto , segnerò prima le spese di coltura , e di go- verno , con indicare il prodotto, e'I suo valore^ e ap- presso sottraendo le prime dal secondo , avremo la rendita netta di un dato spazio di terra. Conto delle spese per un moggio di terreno irriga- torio nella Torre della Nuziata. per affitto 35 co per apparecchio del campo 06 oo per semina 00 60 per diradare le piante 00 3o per due sarchiature , e per cimarla ... 01 4^ per tre irrigazioni 06 60 per sfrondarla 01 20 per corre la bambagia . 06 00 67 IO - (36) Si raccoglie tra annata fertile e infertile un cantajo e mezzo di cotone netto , che venduto nell'anno scorso 1809 ducati 180 il cantajo , sono 270 00 Dalla qual somma tolte le spese . 67 io Più le altre spese per separarla dal seme i5 00—72 io restano di guadagno 197 90 Si avverta in questo luogo , che non so a qual relazione il Signor Targioni appoggiato , abbia nelle sue Notizie scritto , che la rendita netta di un mog- gio di terra irrigatoria nella Torre della Nunziata sia di ducati 100 all' anno. Conto delle spese per un moggio di terreno arhustato , e non irrigatorio nella Torre della Nunziata. per affitto , e per le spese di apparecchio del campo 25 00 per semina , per diradamento , per due sar- chiature , per cimare le piante , e per corre le noci mature , e immature ... 08 00 Si raccolgono tra stagion fertile, e in- fertile rotola 5o di bambagia netta , che venduta nell'anno scorso ducati i8o il can- tajo , sono 90 00 Dalla qual somma tolte le spese 25 00 più 08 00 più per separarla dal seme ... 04 00—37 ^'^ restano di guadagno 53 00 V ( 37 ) Ed avveniamo , che se cade qualche pioggia nella fine di Giugno , o ne' principi di Luglio , la raccolta si fa jnaggiore . Di più avvertiamo , che nella Torre da un rotolo di cotone lordo si hanno once 8 in g di cotone netto . Similmente notiamo , che lo stesso guadagno si ricava a un di presso da un moggio di terra a cotone in Ottajano , in Sarno , in Nocera , in Angri , in Gragnano , in Castello a mare , in Scafati ec. che sono paesi, che spettano alla Provincia di Sa- lerno per la maggior parie . Di lutto il cotone poi , che si raccoglie ^ il più forte , il più bianco , il più netto , o sia quello delle noci aperte naturalmente su le piante ^ si è venduto ducati i8o il canta jo , e fin a ducali 200 ^ il mediocre , quello cioè delle noci aperte o al sole , o con altro mezzo , ducati 80 , 90 , e ancor 100 ^ e V infimo , o sia quello delle ultime noci mezzo guaste \ e imperfette , che serve per im- bottire , o per lavori grossolani , ducati ^o in 5o il cantajo . In oltre si avverta , che dalla sola Torre si sono estratti nel 1809 cantaja 2,000 e più di cotone netto ;, e che dagli altri Paesi ricordati sopra , se ne sono estratti cantaja 10,000, e ancor più. Nulla dico della quantità , che si è raccolta e nella Cava , e nella pianura di Salerno , e in Nola , e in altri luoghi delle ; due Provincie , di Napoli cioè , e di Terralavoro . la ultimo giova sapere , che nella Torre i |>rezzi del co- tone , da anni io in qua , sono stati due. 60 , 70 , 80 , e 90 il cantajo 5 e solo da anni 3 fino al 1809 , per lo concorso de' comjjralori francesi, sono arrivati a ducati i5o , 180 , e fino a 200 il cantajo. (38) XIV. E alle altre Provincie del Eegno facendo passaggio , noteremo , secondo le notizie , che abbiamo ricevute , le spese , e il guadagno per la coltivazione della bambagia. Nella Basilicata ali Ionio. per affitto di un tomolo di terra .... 02 oo per 4 arature 02 ^o per isvellere la gramigna 00 60 per due sarchiature , e per cimare la pian- te 00 80 per corre la bambagia 01 20 7 00 Sì hanno tra stagion fertile e infertile rot. 25 di cotone netto , che venduto cari. 10 il rotolo , sono 25 00 Dalla qual somma tolte le spese 7 00 più per separarlo dal seme ... i 00 — 8 00 restano di guadagno 17 00 Si noti , clie nella Basilicata il fitto di un tomolo di terra , non irrigatoria , secondo i luoghi , varia di prezzo, come da carlini 12. fino a 25. Ne' paesi poi , che godono del beneficio dell' irri- gazione de' due fiumi Aciri , e Siri come in Tursi, in Rotondella , in Montalbano , in S. Arcangelo ec. le spe- se per un tomolo di terra ascendono fino a ducati 20 ; (39) e '1 guadagno netto arriva fino a ducati 5o in 60, giac- ché da un tomolo di terreno irrigatorio , che si dà a fitto due. 4 •> si hanno fino a rot, 80 di cotone net- to . E diciamo lo stesso delle due Provincie di Cala- bria , o sia di que' paesi , ne' quali evvi coltivaraento siffatto , cioè del cotone erbaceo . Non posso assicura- re con certezza la quantità di bambagia , che si rac- coglie ogni anno nelle due Calabrie, e nella Basilica- ta. Solo dico con qualche verisimilitudine , che in 2^ e più paesi bambagiferi della Calabria ultra , si raccol- gono canta ja 3, eoo in circa di cotone : in quella di Cosenza , ove ristretta n' è la coltura , più di cantaja 000 , e nella Basilicata cantaja 12,000 in circa , che si ricava da' Comuni 20 , e ancor più . Nella Provincia di Bari. Per affitto di un tomolo di terra non ir- rigatorio 5. 00 Per 4- arature , e per tutte le altre ope- razioni, indicate nel n. YIII 8. 20 Si raccolgono tra 'I più , e '1 meno roto- la 3o di cotone netto , che venduto car. io il rot. sono 3o. 00 Dilla qual somma tolti . . . 5. 20 Più tolti 8. 20 Più per separazione dal seme . 2. ^o-i5. 60 Restano di guadagno ...... 14. 4° (4o) Questo calcolo si dee intendere per Io cotone er- baceo j poiché il cotone turchesco , spezialmente quel- lo a color isabella , si suole vendere un carlino , e ancora due più il rotolo . Dalle Notizie raccolte dal Sig. Targioni si rileva, secondo il rapporto di quell' Intendente , che nella Pro- vincia di Bari si raccolgono cantaja 766 di cotone , proveniente da Comuni ^1 , fra i quali si distinguono per tal coltivamento que' di Canosa , di Rutigliano , di Corato , di Noja , di Barletta, e di Bari. Questo cal- colo però si vuo'e rettificare . Il Prelato di Canosa Mon- signor Forges Davanzali mi assicurò, che anni indie- tro entrarono in quel Comune circa ducati 24,000 per cotone venduto . Quindi la raccolta della bambagia nel- la Terra di Bari si può valutare per cantaja 12,000. Confesso , che oggi per lo poco commercio di mare in tutte le Provincie del Regno una tal coltivazione sia diminuita j ma per lo consumo nazionale , il prodotto non è si scarso come da taluni si crede. E giova sape- re , che nella Provincia , di cui parliamo , da libre 6 di cotone ordinario lordo , se ne cava una libbra net- ta j e per lo contrario bastano per ottenere la stessa quantità d' una libbra , libbre 3 di cotone a color isa- bella . In genere il colon turchesco sì bianco , che co- lorato ha più lana , e meno semenza in paragone del- l' erbaceo . La coltura della bambagia è molto estesa nella Provincia di Le^^ce . Il metodo , secondo il Signor Bi~ seglia. , non difllrijce da quello della Terra di Bari . (40 Non essendovi acqua da irrigare , possiam dire , eie il prodotto , o sia il guadagno è lo slesso nelle due Pro- vincie lodate . La quantità però della raccolta si vuo- le dire maggiore nella Terra di Otranto , e che si può fere ascendere a cantaja 1 6,000 ^ perciocché in essa le manifatture di cotone sono moltissime, e varie, come si dirà appresso . Sicché unendo insieme tutte le som- me predette , che noi diciamo di approssimazione , avremo . Dalla Provincia di Napoli , e dagli altri luoghi vicini (8) cantaja 12,000 Dalla Calabria ultra ........ 8,000 Dalla Calabria citra 3oo Dalla Basilicata . , 12,000 Dalla Terra di Bari 12,000 Dalla Terra di Otranto 16,000 In tutto 6o,3oo XV. E venendo alle qualità del nostro cotone, io ho osservato i . , che la bambagia de' terreni non irri- gato rj è più forte di quella delle terre irrigue; 2., che una tal fortezza si scorge anche nel cotone erbaceo ( che pur meglio riesce ne' lavori ) in confronto del turchesco sì bianco , che a color isabella : 3. , che i terreni a base arenosa , come nella Calabria ultra , dan- no cotone debole , e non molto bianco : 4- > che ove domina V argilla bianca , la bambagia prende un color cenericcio^ e un color flavo, ove domina l'argilla ros- sa , come avviene nella Basilicata , nella Calabria citra , 6 (40 e In Salerno : 5., clic nelle terre a base calcarea, co- me in Bari , e in Lecce , il coione riesce aspretto al tatto , e '1 suo colore inclina al piombino : 6. finalmen- te , che ne' terreni , ove la cenere vulcanica .^ unita a molto terriccio , non manca , come intorno al Vesu* vio , e a qualche intervallo da esso j il cotone riesce bianco , leggiere , morbido , e di giusta consistenza : esso conservato senza il seme in luogo asciutto, e di- feso dalla polvere , acquista dopo un anno disposizio- ni tali , ad essere impiegato ne' lavori più fini , e gen- tili . Ed avvertiamo in questo luogo , che alla poca bianchezza della bambagia delle nostre Provincie con- corre moltissimo il sistema di separarla dal seme dopo molti mesi , e talora dopo qualche anno j con tenerla anche ammonticchiata, e calcata in magazzini alle volte umidi , e ben spesso sorditi. XVI. In quanto alle manifatture nazionali di co- tone , nella Terra di Otranto si nominano con lode le felpe , o vellutini di Taranto , le calzette di Franca- villa , le coperte da letto di Nardo , le tele , la bian- cheria di tavola all' uso di Fiandra , e le mossoìine e larghe, e strette di Gallipoli, di Calatone, di Casarano, di Parabita ec. E se quelle mossoìine > che pur si ven- dono carlini 3 il palmo , non divenissero crespe (forse per la filatura del cotone a fuso ) , sarebbero di pregio maggiore. E si ricordano anche con lode le ventinel- le f o sia il filo finissimo di Monopoli , di Taranto , e di molti altri paesi , un rotolo del quale si vende circa ducati io j non che lo scottino, o sìdi Jiannina ^ (43) composta di bambagia , che serve dì stame , e di lana gentile, che serve di trama, di Tricase , di Galatina, di Nardo , di Galatone ec. In detti paesi lodatissimi sono altresì i guanti , le calzette , e le tele , da fare giubljoni , che si lavorano con bambagia unita a' peli di lepre, o di coniglio. Nella Terra di Bari all' infuori del filo finissimo, e bianco per ricamo , che viene an- che in Napoli, con vendersi carlini cinque l'oncia j non abbiamo lavori di bambagia , che sieno ricercati almeno dagli altri nazionali. Le varie manifatture, non escluse le stoffe di color isabella , servono per uso dei provinciali . Un tal colore poi , siccome il Canonico Giovene ne assicura ^ non solo resiste alla lesciva di cenere, e al sapore j ma bensì gli alcali lo rendono più forte j e gli acidi , benché lo dilavino , pure lo fanna di aspetto migliore . La tinta in nero regge su di que- sta specie di cotone meglio assai che sopra tutte le al- tre di color bianco . In Basilicata si reputa la Jiannina o sia scottino ( eh' è composto di lana gentile , e di cotone , come sopra ) di Ferrandina , paese in cui è nata siniil manifattura , e dal quale negli anni passati ne sono uscite in ciascun anno fino a canne 12,000 : la tela di Pisticci, e di S. Arcangelo; e'I filo sottile, come la ventinella , di Tursi , di Rotondella , e di Colobraro . Le matasse colà si appellano morselle . In Tursi si lavorano anche delle coperte da letto , che possono stare a fronte a quelle di Nardo. Nella Pro- vincia di Cosenza si ricordano con qualche lode le fasce pe' bambini , e la biancheria da tavola , eh' è (44) tutta di coloìie , della Città di Cassano ; come pure k «ajetta di Castrovillari , eh' è composta di lana , e di cotone •, e in quella 'dfella Calabria ulteriore si lodano le coperte da letto -di' Paf^hèh'a , di Briatico , e di Tro- pea . Quindi a torto il Signor Targioni , non ben in- terpetrando l' articolo dell' Enciclopedia Metodica , at- tribuisce nelle sue Notizie le manifatture delle Cala- brie alle due Provincie di Bari cioè , e di Otranto . Egli però riferisce una lettera de' i6 di Marzo 1808 del Signor Mario Amato , con la quale fa sapere di aver egli promosso in Catanzaro la fabbrica delle tele di cotone all' uso di Malta , con diversi concerti , e con colori differenti . Finalmente sono degne di tutta la lode le manifatture della Città della Cava , che da tempo antico col cotone e netto , e filato di tutte le Provincie bambagifere del Regno , ha lavorato , e la- vora non solo biancheria da tavola , all' uso di Fian- dra , che si comprava fin anche dagl' Inglesi 5 ma an- cor tovaglie da asciugar le mani , e la faccia , doblet- ti , frustagni , nankini , nankinetti , a color isabella ri- gatini , trapunti , e cose simili . In molte di tali ma- nifatture ha luogo anche il lino . Negli anni passati si lavoravano in detta Città fino a cantaja 25,ooo di co- tone. Finalmente per opera del Sig. Capano si è intro- dotto in Napoli da alcuni anni in qua un filo finissimo di cotone , ottimo e per ricamo , e per farne calzette a telajo , le quali riescono bellissime • Nella Capitale poi da tempo antico si fabbricano le tele bambagine for-» tissime per le vele tanto ad uso delle barche piccole, che delle navi. ( 45 ) to confessò che tutte le nostre manifatture di co- tone sono ancora nella loro infanzia . Presso di noi mancano le macchine per cardare, e per filare. L'arte del tintore non ancora si è perfezionata. E noi speria- mo , che distendendosi nelle Provincie i lumi delle Scienze naturali , dirette al miglioramento delle arti , e de' mestieri , possano col volgere del tempo vedersi fra noi condotti a perfezione le mossoline , che si av- vicinino a quelle di Bengala, e i inaìcali e i malca- tini , uguali , ai hasen d'Inghilterra , e di Francia j e i vellutini , non dissimili da que' di Roven , e di A- miens , e tutti gli altri lavori nostri . Le nostre tele bambagine avrebbero maggiore spaccio nella Nazione , se coloro , che oggi fanno uso di camiciolette di lana a corpo nudo , sì nell'inverno, che nell'estate, si de- terminassero a sostituire quelle di cotone, il quale as- sorbisce il sudore più del lino , e della canapa , e tiene aperti i pori della pelle , che pur si conserva, asciutta j con frenare le calde esalazioni, che noi spiriamo. I più dilicati , potrebbero avvalersi delle tele bambagine tessute a metà col lino. Tutti gli Orientali, ed ancora gli Euro- pei , stabiliti nelle Colonie , per biancheria da corpo , non adoperano altro, che manifatture di cotone, come i nostri provinciali in que' luoghi , ne' quali una tal pianta si coltiva. Dagli stracci poi di bambagia si po- trebbe fabbricare la carta ; imitando l' esempio de' po- poli dell' Asia , buona per scrivere , jier lo disejiuo , per la pittura, per la stampa, per la decorazione de- gli appartamenti , e per sostituirsi ai vetri delle fine- ( 46 ) stre . In somma Noi abbiam un genere , che difficilis- simamente si può coltivare e nel restante deli' Italia , e ancor nella Francia , e che può formare buona parte della ricchezza nazionale. XVII. Ora veniamo al commercio del cotone. In tempo che la navigazione non incontrava ostacoli , quasi tutta la bambagia di nove paesi della Calabria ulteriore (9) verso il Mar Ionio ^ e buona parte di quella delle due Provincie di Bari, e di Lecce, si tra- sportava in Trieste . Quella poi di Basilicata 5 e dei paesi al mare opposto della stessa Calabria , con altra porzione delle due Terre di Bari , e di Otranto veni- va in Napoli, e nella vicina Città della Cava^ donde e grezza , e lavorata si distendeva nelle altre Provincie del Regno , e per tutta l'Italia. I nostri Scillitani , e i Tropeani commerciavano con Genova , con Marsiglia , e con Livorno , vendendo da per tutto , e filo, e cal- zette , e berrettini , e coperte di cotone . Quasi tutta la bambagia poi della Provincia di Napoli , e quella de' luoghi vicini , da alcuni anni in qua, vie n traspor- tata per terra nella Francia . Il prezzo di simìl genere , superiore a quello di tutti gli altri prodotti del campo, ha determinato moltissimi a una tal coltura . Tutte le nostre terre lungo i tre mari cioè il Ionio , l' Adriati- co, e il Tirreno , fino a certa distanza da essi , si ve- dranno ben presto coverti della pianta del cotone j e noi oltre al proprio comodo e consumo , e a quello di tutta l'Italia , saremo nella felice circostanza di som- ministrare abbondantemente cotone e bianco , e a color (47) isabella alle fatbrìclie francesi di Roven , di Amìens , di Rubaix, di Caux, di Parigi con i suoi contorni, di Coen , di Alenzon , di Maine , e di Bearu . Da' quali paesi poi vengono a noi le inossoUIne, e calicut, e mol- lettoni , e frustagni , e fazzoletti , e l»asen , e piques , e trapunti , e crespogni , e nankin , e velluti ec XVIII. Per separare il cotone dal seme in tutte le nostre Provincie si fa uso di una macchinetta , o sia molino , chiamato manganello . Essa è composta di due cilindri , o meglio di due coni troncati , posti orlz/ontalraente Tuno sopra l'altro in mezzo a due pilastri , e ristretti col mez;4o di cunei j con avere in una dell'estremità a destra delle viti a lumaca , che si addentano , e che son messe in molo da un manu- brio. Il lavoratore con la diritta muove in giro il ma- nubrio , e con la sinistra mette innanzi a' cilindri il cotone : esso passa alla parte di dietro , e in quella di avanti restano i semi . In una giornata non si net- tano da una donna o da un giovanetto , che libbre «ette in otto di cotone . Il prezzo della fatica consiste in grani 3 a libbra , e alle volle in grani 3 e mezzo . E la stessa macchinetta si trova in tutto il Levante . Niuno finora tra di noi si è applicato al miglioramento ^ di strumento siffatto. Nelle Indie occidentali , e nella Spagna questo molino si è renduto più spedito , e più facile j pcrcioc~ che esso è posto in moto jerco, e C. Cornelio Lentulo , i Tarentini confe- derati co' Reggini ebbero una rotta da un Esercito di ventimila Messapi (4) ■ E Plutarco (5) , Ateneo (S) e V (i) Ital. Ani. T. II. Lib. IV. cap. i3. (2) Herodot. "Vii. (3) De Repub. Lib. V. cap. VI. (4) Diod. Sicul. lib. IV. (5) Plutarch. in, Aegid. et Camil. (6) Alhen. Uh. XII. cap. XVII. 8 (58) Pansania (i) rendono testimonianza di un'altra batta- glia de' Messapi , e Tarenlini presso Manduria , nella quale restò ucciso Archidamo Duce de' Tarentini . Ma l'islesso Pausania poi attesta, che i Tarentini di- votissimi di Apolline più volte spedirono de' magnifici doni , eh' egli va numerando , al Tempio di Delfo per le vittorie riportate sopra de' Messapi . VII. Cosi queste due Città si disputaron tra loro il dominio della Penisola . Ma i Tarentini da Japigì divenuti Greci per la Colonia Spartana furon rispettati dai Greci : i Brindisini all' incontro coi Messapi rima- seso sempre esposti alle incursioni de' Greci . Attesta r Isterico Giustino abbreviatore di Trogo (2) , che Alessandro Re dell' Epiro venne in Italia a far la guer- ra a' Messapi 5 ma avendo conosciuto, non saprei dir come , il destino della Città di Brindisi , tece la pace, ed amicizia col loro Re : Alexander cum in Italiani venisset , primum ibi helliim cum Appulis Jecit , quorum cognito Urbis fato , brevi post tempore pa- cein , et amicitiam cum Rege eorum fecit . Erat namque tunc temporis Urbs Appulis Brundusium . Qui sotto il nome di Appuli credo bene , che voglia- no intendersi i Messapi , non avendo mai Brindisi este- so il suo dominio fuori della Penisola . Ci) Pausan. in Lacan. (2) Justin. Uh. XIL (59) Vili. Queste furono le vicende di Brindisi sia che cadde in poter de' Romani . Dopo che questi eb- bero soggiogati i Tarentini , per divenir padroni di tut- ta r Italia , altro lor non restava che di occupare l'in- tiera Regione de' Salentini , e de'Messapi . Fu portata loro la guerra nell'anno 486 di Roma dai Consoli At- tilio Regolo , e L. Libo ne , che nella prima campa- gna ottennero 1' onor del trionfo . E nel seguente an- no 487 fu conquistato tutto il Paese dai Consoli Fa- bio Pittore , e Giunio Pera , che parimente trionfaro- no, come le Tavole Capitoline pul^blicate dal Sigo- nio (i) , dal Panvinio (2) e dal Gruteio ci assicura- no (3) . IX. Se non fossero periti i Libri di Livio , ove una tal guerra era descritta , potremmo saperne i più minuti dettagli , come ci sono stati tramandati di tutti gli avvenimenti della guerra de' Tarentini , e di Pirro. Ma noi altro non sappiamo , se non ciò , che ha la- sciato scritto r abbreviatore di Livio , e L. Floro . Sappiam da quest' ultimo , che la Capitale de' Salenti- ni era Brindisi (4) : Salentini Picentibus additi , ca- piitque Regionis Brundiisium cum inclito Porta . (i) Sigon. in Fast.pag-.iiJ^. et de Jiire Ital.lib.I. Cap. XII. (2) Panvin. in append. ad Fast. p. 26. (3) Grut. p. CCXCFI. (4) Fior. lib. XX. Liv. Epitom. lib. XIX. ( 6o ) 'Sulle qxiali parole ecco ciò , che ha scrìtto Paolo Me- rola nella sua Cosmografia (i) : Bnmdusium , scri- hente Floi'o , tantis opibiis , tantaque potentia . . . ut Salentinorinn hahita fiierit caput , et frequenta- ta ab Asiaticis , Graecisque populis . Né da que- sti discordano Eutropio (2), e Giornande (5), Scrit- tori del V. e VI. Secolo : Salentinis in Apu Ha, scrìs- se Eutropio , heìlum inditum est , captique sunt cuin Civitate simul Brundusini , atque de fiis iterum trhiinphatum est . X. Non poteva Brindisi né esser Capo di una Regione , né sostener guerre con potenti vicini , né obbligare i Romani a due campagne , se non era una Città popolata e ricca , e '1 territorio nello stato di una florida coltivazione . I Romani fecer la guerra ai Salentini , dice Dione , col pretesto , che avessero ri- cevuto Pirro ne' loro Porti , ed infestato i loro Socj, ma in realtà per occupare Brindisi a cagione della co«- modità del suo Porto, ond'era facile il passaggio nel- r Illirico , e nella Grecia : Arma Calahriae intule- rnnt praetcxtu qiiidem quod recepissent Pyrrhum -y et socios infestassent , revei'a tamen , quod Brun- dusium propter commoditatem , facilemque in Ilfy- ricum , et Jlelladem trajectum snbigere intende^ (i) Merul. Cosmograp. p.iì. Uh .IJ^.cap .XXXII- (2) Eutrop. lib. IL (-3) Lib.I. (6i ) ì>ant (i) : e Zonara ancora scrisse (2): Romani, riti Bnindusio potirentur propter portuum ' commodi la- tem , facilemque in Illjricum , et Graeciam trnj'e- Ctum 5 codem enim vento spirante , et solvere ex portu , et in eundcin appellere licet . XI. Ma si deve perdonare, la noja , ch'io reco con produrre le proprie parole degli antichi per* non lasciar dubbio , eh' io voglia imporre , tratto dall' im- pegno d' ingrandire le cose proprie . Ma la grandezza di Brindisi antica deve ripetersi dall' epoca , in cui cadde in poter de' Romani . Città non ci è stata iu tutta r Italia più celebre di essa nella Storia Romana. Vi fu dedotta , come assicura Patercolo (3), nell'an- no 5og una floridissima Colonia , il di cui ingresso accadde nel quinto giorno del mese Sestile , che fu celebrato in ogni anno con istraordinaria allegrezza y come attesta Cicerone in una Lettera ad Attico (4) j e neir Orazione prò Piando , perchè egli vi si trovò presente , e ricolmò di magnifiche lodi i Cittadini di Brindisi . Agli antichi abitanti fu ancora accordato r onore del Municipio , e fu permesso di vivere se- condo le proprie leggi , e di continuare a battere le proprie monete . E di qui è , che le antiche Iscrizio- (i) Dio. lib.Xf. (2) Zonar. lib. XI. (3) Patere. Uh. I. C4) Ep. I. lib. IF.adAttic. et in Orat.pro Piane, (62) ni Brindisine ci offrono il nome del Senato e della Repubblica Brindisina , de' Municipi , de' Decurioni , dell' Ordine Equestre , e Popolare , de' Censori , degli Auguri, e degli Edili , e di tanti altri titoli , che il dritto Municipale assicurano . XII. La Colonia 'Brindisina con i Messapi, e Ja- pigi tenne apparecchiati 60,000 fanti , e iS.ooo ca- valli per difesa della Repubblica contro i Galii Seno- ni , come assicura il grave Storico Polibio (i); e nel- la seconda Guerra Punica , allorché Roma vi.de im- minente la sua rovina, Brindisi non solo si mantenne nella sua fede , e fece restar deluse le speranze di An- nibale di occuparla per tradimento , ma poderosi soc- corsi prestò a' Romani contro di lui , onde cantò Si-. lio Italico (2) : Additar his Calaher S olenti naeqiie Cohortes , Necnon JBrundusiuin , quo desinit Itala tellus ^ Parehat Legio , audaci praemissa Cethego , E fu ella una delle diciotto Colonie , delle quali Li- vio (3) ha registrato il glorioso nome , che pronte si offerirono in quella guerra di sostener la Repubblica , ed alle quali dal Senato , e dal Popolo Romano fu-, ron decretati pubblici ringraziamenti . (i) Lib. II. cap. XVI. (2) Sii. Ital. Uh. mi. (3) Liv. Uh. XXII. cap. io. f (63) XIII. Stal)ilita in Brindisi la Colonia , che fu la prima spedita in questa nostra Regione , cominciarono a pensare i Romani alle conquiste d'oltre mare, pro- fittando dell'opportunità del Porto ^ e per rendere più facile il tragitto da Roma a Brindisi , fu formata la celebre Via Appia chiamata da Stazio la Regina di tutte le strade : Appia longnrnm terìtiir Regina viariim . Allora fu che cominciarono a venire in Brindisi i Ro- mani Eserciti , e divenne questa Città la scala , e l'em- porio di Roma . Sarebbe cosa lunga il narrare distin- tamente tutte le spedizioni fatte da questo Porto del- le truppe Romane , ed il loro ritorno dopo i gloriosi fatti d'arme, del che può vedersi Livio in più luo- ghi (i) . In questa Città erano i quartieri de' Soldati, qui r Arsenale per la costruzione delle triremi , qui le armerie, qui i magazzini de' viveri . L'Iscrizione di L. Aurelio Epafrodito pubblicata dal Pratillo nella sua Via Appia (2) r appella Custos alimoniae , et di- Strihutor armorum exercitus asiatici . Qui la fre- quenza di tanti Uomini illustri , tra' quali basta no- minare il Padre della Latina Eloquenza , ed i due Principi pur de' Poeti Latini Orazio , e Virgilio . Qui (i) Lib. XXXT. XXXII. XXXVI. XXXFIL XXXXLI. XXXXHII. (2) Prat. FiaApp.Ub.JJJ. cap. FU. (H) tanti Consoli, Imperatori , e Generali di Armate, tra quali il Dittatore Siila dopo la Guerra Mitridatica , che approdò in questo Pòrto con milleseicento navi al dir di Appiano Alessandrino (i) , ed ai Brindisini accordò l'immunità da ogni tributo , che per lungo tempo mantennero . Di qui ebber principio tutte le conquiste dell' Oriente , e questa Città fu il primo tea- tro delle guerre Civili (2) , ove Pompeo fu assediato da Cesare , la Città dovea essere ben fortificata , co- me oltre Plutarco (5) avvisa il Poeta Lucano (4) : Brundusii tutas canscendit magiius in arcete ^ altrimenti come poteva nelle stesse guerre Civili , se- guendo il partito di Ottavio , chiuder le porte al Triumviro M. Antonio , che vi mise l' assedio , ed obbligò a venire in di lei soccorso da Roma l' istesso Ottavio con numeroso Esercito? Ma fu composta ogni briga colla pace detta da Tacito (5) Brindisina , pro- curata da Mecenate , e da Coccejo Nerva , co' quali si accompagnò il Poeta Orazio , che ne descrisse il viaggio nella Satira quinta del primo Libro , Insorti poi nuovi disturbi tra' medesimi , questa Città ricusò (i) App. de B. C. lib. I. (2) Caes. de B. C. Uh. I. C25. (3; Plut. inPomp. (4) Lib. II. (5) A linai, lib. I. (65) per la seconda volta di ricevere lo stesso Antonio , che dovè ritirarsi in Taranto . XIV. Io ho dato un prospetto benché prolisso, ma nondimeno ìm{)rrfetto di Brindisi antica per for- marne un argomeniu d'induzione sulla coltivazione del suo territorio . Se questa Città era popolata , e ric- ca le sue campagne non doveano restare incolle . U suo recinto, io son d' opnione, che dovea raccogliere più di cento mila abitanti , Non è credibile , che uà gran Popolo potesse sostentisi , senza la coltura dei campi , o che dovesse ricevere la sussistenza unica-» mente dall' estero , o che dovessero essere così stupi-. di i Brindisini , ed i Romani , che trascurassero di mettere a profitto e le loro braccia , ed un territorio per se stesso fertilissimo. i ou i.^i i.ui . XV. JNon si creda di grazia , che io parli in aria: eccomi pronto a produrre le testimonianze di gravi Scrittori antichi riguardo alla nostra coltivazione , ed a' nostri prodotti . Incomincio da Strabone , quell'esat- to e giudizioso geografo , che fiorì a' tempi ■ di Tibe- rio . Egli assicura , che l' Agro Brindisino era migliore del Tarentino , perchè era meno gleboso , e produce- va degli eccellenti frutti 5 ma che sopra tutto si loda- va il suo mele , e la sua lana (i) . Ager Brundusi- norum est qùam Tarehtinorum melior , ut enim mi- nus glebosus est , ita fructus cantra bonos proferì . (1) Strab. Uh. FI. a 66) Mei quidem et lana ejtis cinn primis laudantur . Or può dubitarsi della coltura dell'Agro Brindisino al tempi di Strabene ? Queste campagne non solo erano coltivate per ritrarne i frutti della terra , ma vi resta- va ancor luogo per i pascoli , dacché Strabene com- menda le sue lane , e per aver delle lane doveano es- serci delle greggie di pecore , le quali sono ancor utili a fertilizzare i campi col loro concime . E quindi è , che dopo di avere i Romani soggiogata Brindisi coi Salentini , al dir di Floro (i) fu innalzato in Roma un Tempio a Pale Dea de' pastori 5 chiaro indizio , che in questi luoghi fioriva ancora la Pastorizia . XVL Ma passiamo innanzi . Assicura Frontino nel suo bel Libro de Coloniis (2) , che il territorio Brindisino non era tutto eguale nella fertilità , lo che si osserva a colpo d' occhio anche oggidì , e che quan- do per ordine dell' Imperador Vespasiano furon fatte le misure , e raccolta la somma de' jugeri , le campa- gne di Brindisi furon divise giusta la perizia fatta sul- la loro ubertà : Quando terminavimus Provinciant Apuliam , et Calabriam secundum constitutionem , et legem Divi J^espasiani , variis in locis mensurae actae sunt , et jugerationis modus collectus est , (i) Fior. lib. XX. In hoc certamine victoriae pretium Templum sibi Victoria Pales ultro popò- sci t . (2) Front, tii.de Civ. Prov. Calahr. (67 ) Brundusinus ager prò aestimio uhertatis est dwisiis, caetera in saltibus sunt assìgnata . XVII. Eran dunque coltivate le nostre campa- gne , e non solo producevano del frumento , ma an- cora del vino , e dell' olio , e questi generi servivano per la propria sussistenza , e per darne fuori , ed im- barcarsi . Il dotto Varrone nella sua beli' Opera de Re Rustica (i) parla degli asini da soma , eh' egli chia- ma dossuarii , che trasportavano al mare dall' Agro Brindisino e dalla Puglia il grano , l' olio , il vino , ed altri generi : Grcges Jiunt fere Mercatorum , ut eorum , qui a Brundusino agro , aut Apulia asel- lis dossuariis comportarli ad mare oleum. , aut vi- tium , itemque fruinentum- , aut quid aliud . XVIII. Varrone istesso parla delle viti dell'Agro Brindisino, che al sno tempo si sosteneano colle funi- celle . Plinio ancora attesta , che in questo territorio le viti si univan tra loro o con le pertiche , o con funicelle, o con crini al pari di quelle di Spagna (2): Juguni jit pertica , crine , funiculoque , ut in Hi- spania , Brundusioque • Questo sostegno delle viti si eseguiva con molta accortezza , poiché essendo il ter- ritorio palustre j i tralci specialmente delle viti giova- ni difficilmente si sostenevano senza toccar la terra di sua natura uraidu , e che percossa dal sole rovinava i (i) Varr. de R. R. lib. I. cap. FUI. (2) Plin. H.N.lib.XFILc, io3. (68) gdajipoli , che sii di essa posavano . Il Rendella (i) ripoila un Distico del celelirè Giureconsulto Giulio Claro sulle viti , e vini di Brindisi : -f- Molle caput Cervi mndidis tibi mittit ah agì'is Quale jugata olim vitihus uva dahat . De' vini , che si estraevano da Brindisi vi è un bel pez;zo del Giureconsulto Pomponio nella Legge Ratio 3 • de act. empi, et vend. nella quale risponde , che nel- la vendita di t]iTesto genere non deve riguardarsi il luogo del contratto , ma il luogo , ove si fa la conse- gna : Item non oportet , ejus loci prcetia spectare in quo agatur , sed ejus , in quo vina tradi opor- tet. Nam quod a Brundusio vinum venit ^ etsi ven- ditio alibi facta sit , Brundusii tradi oportet . XIX. La coltivazione adunque di questi territorj produceva de' frutti in tanta abbondanza , che servi- vano a sostenere un commercio coli' estero , rammen- tato in varie Leggi Romane . Ma a me piace di pro- durre un bel passo del Giureconsulto Scevola nella Legge qui Romce 121. de verhor. obligat. ove si par- la della pecunia nautica coli' ipoteca delle merci , che da Berito si doveano portare a Brindisi , e di quelle che da Brindisi si doveano trasportare a Berito: Cai- liinachus mutuam pecuniam nauticam accepit a Sticho servo Seii in Provincif^ Syrice usque ad Brentesiuin j idque creditum esse in omnes navigii (1) Rendella de Kend. i ( 69 ) dies ducentos sub pignoribus et hypothecis , merci- bus a Berito comparads , et Brentesium perjeren- dis , et quas Brentesio empturus csset , et per na- verri Berito invecturus . XX, Lunga cosa sarebbe il divagarmi sul com- mercio di Brindisi antica , la quale benché occupata da' Padroni del Mondo , non avea un commercio sem- plicemente passivo , ma dava fuori i proprj prodotti , come abbiam veduto dall'accennata Legge di Scevola, e riceveva dall' estero il bisognevole . Io ho presso di me una bell'urna Cineraria di un tal Negoziante del- la Bitinla , che mi piace di riportare : C . HOSTILIVS HYPATVS BITHYNVS NEGOTIATOR V . A . XXX mi XXI. Aveano ancora gli antichi Brindisini le loro Case di campagna , che servir potevano non solo di sollievo , ma ben anche per vegliare alla coltura dei loro terreni . Tal era la Casa di M. Lenio Fiacco brindisino dottissimo situata ne' suoi Orti non molto distanti dalla Città , e nella quale fu da lui, e dal vec- chio suo padre , e dagli ottimi figli a fronte di qua- lunque pericolo cordialmente accolto il gran Tullio profugo dair Italia per la Legge Clodia , ed interdetto dell' acqua , e del fuoco . E da' medesimi fu ancor ri- cevuto nel suo glorioso ritorno , come con sentimenti - (70) della riconoscenza più viva egli medesimo assicura nel- le sue Orazioni (i) , e nelle sue Lettere (2) . XXII. Ma basti quanto ho detto sullo stato flo- rido della Città di Brindisi , e della sua coltivazione , e del suo commercio . Tempo è oramai , che io di- scenda alla mezzana età , e che io sviluppi com' ella andò decadendo dal suo antico lustro e splendore , e le sue campagne rimasero desolate ed incolte. Due po- tentissime cagioni io ritrovo della nostra desolazione e rovina. La prima fu la divisione dell'Imperio di Orien- te da quello di Occidente . La seconda le incursioni , le devastazioni, e gì' incendj de' Barbari. XXIII. Dappoiché fu diviso 1' Imperio , e Roma cessò di esserne 1' unica Capitale ed il centro , cessò quel gran commercio , che quivi era stato per Tiunan- zi dell'Italia coli' Oriente . Non più qui si radunaron le truppe per le spedizioni , non più in questo porto si uniron le armate di mare , non più qui rimasero i quartieri de' Soldati , gli Arsenali , ed i Magazzini dei viveri j e Brindisi , che sin' allora era stata come l'em- porio e la scala dell' Imperio di Roma per 1' Oriente , si ridusse ad esserne un confine senza comunicazione. Con tutto ciò si mantenne qualche tempo in uno sta- to di floridezza. Gli Atti del Martire S- Pelino, che (i) Pro Piane, n. 40. et ^i. Pro Sext. n. 63. (2) AdAuic. III. 3. Fami/iar. XI J^. 4- (7^ ) fu Vescovo di questa Chiesa a' tempi di Giuliano Apo- stata , assicurano che alla njetà del IV. Secolo era mol- to ampia, fortificata, e ricca (i) . Ma a'tempi di Giu- stiniano, vale a dire poco dopo un secolo , Procopio ce la descrive mezza distrutta , e priva di muraglie(2). XXIV. Per ben sei volte ella sostenne le deva- stazioni de' Goti , e de' Greci , che a vicenda se ne rendettero padroni . Cadde in poter de' Goti sotto il Regno di Teodorico j ma Bellisario la prima volta che venne in Italia , la restituì all' Imperio senza contrasto alcuno . Dopo otto anni ritornò di bel nuovo sotto il dominio de' Goti , ed è credibile , che allora fossero state diroccate le sue fortificazioni . Giustiniano la ri- cuperò per opera di Giovanni suo Generale j ma Te- lila avendo conquistato molte Provincie , fece entrar* in Brindisi per la terza volta i Goti , che vi si man- tennero contro le irruzioni degli Eruli mandati da Giu- stiniano . Ed in questa occasione ci fa sapere Proco- pio , che 1' agro brindisino era divenuto incolto , per- chè gli Eruli inseguiti dai Goti furono spinti entro una folta selva di questo territorio . Finalmente essendo stato spedito in Italia Narsete , Brindisi ritornò all'ub- bidienza de' Greci , finché non cadde in potere de'Lon- gobardi . (i) Ap. Ughell. T. IX. in Brundusinis. (2) Procop. Lib. III. ( 70 XXV. Romualdo Duca di Benevento , come assi- cura Paolo Diacono (i) , espugnò questa Città circa Tanno 668. Guidone di Ravenna Scrittore del IX. Se- colo attesta , che allora fu diroccata insieme con Ta- ranto 5 perchè nelle incursioni de' Longobardi si eran mantenute fedeli a' Greci , ai quali non restarono che le sole Città di Otranto , e di Gallipoli (2) . XXVI. Ma l'ultimo esterminio della Città fu ca- gionato da'Saraceni , gente nemica del travaglio , e del- l' agricoltura , ed avvezza a vivere colle rapine e colle stragi . Costoro nell' anno 836. partiti dalla Sicilia con grande armata vennero ad occuparla . Sicardo Duca di Benevento spedì subito un grand' esercito per ricu- perarla . Ma i Saraceni gli diedero una rotta . Niente atterrito dall' infelice successo della prima spedizione , si preparava a condurre in questa Città una seconda armata . I Saraceni , avuta notizia delle misure riso- lute di Sicardo , attaccarono il fuoco alla Città , e se ne fuggirono per la via del mare in Sicilia , come at- testa l'Anonimo Salernitano (3) . XXVII. Il Ducato Beneventano fu lacerato da Si-' conolfo Principe di Salerno , e da Landolfo Conte di Capua , che fecero sorgere sulle sue rovine due potenti (i) De Gest. Longohard. Lib. VI. Cap. I. (2) Porphirog. cleadm. Iinp. cap. 27. ' ' (5) Cap. 57. ap. Mur. R.J.S. T. II. pag. 2. (73) Signorie . Radelchi succcssor di Sicardo cliiamò i Sa- raceni in suo ajuto , che si annidarono in queste no- stre Provincie •, scorrendo da pertutto , e caijionando infiniti danni agi' istessi Beneventani , che gli aveano invitati . Non si conobbe allora altro rimedio, se non quello d' implorare il soccorso degli Augusti di Occi- dente , e perciò si ricorse all' Imperatore Lotario , ed al di lui figlio Lodovico . Quest' ultimo venuto con poderoso esercito nel Ducalo Beneventano , die la caccia ai Saraceni , e nell' anno 867. fece anch' egli una disgustosa visita alla Città di Brindisi, perchè nuo- vamente l'incendiò, e distrusse, come attesta lo Sto- rico del Monistero di S. Clemente di Pescara pubbli- cato dall' Ughelli (1) 5 e dal Muratori (2) , ed è da credersi , che i Saraceni vi si fossero nuovamente sta- biliti . XXVin. Tal era la condizione di tutte queste contrade , ma specialmente di Brindisi , di dover sof- frire cioè le incursioni , or de' Saraceni , or de' Lon- gobardi , ed or de' Franchi 5 e se nuovamente vi si univano pochi abitanti , eran di nuovo visitati da quel- le genti feroci . Neil' anno 924 e 25 i Saraceni fecero nuove irruzioni nella Puglia , e finiron di distruggere Brindisi, come rilevasi da antichi Cronisti , ma spe- cialmente dalla Cronica Saracenico-Araba del Monaco (i) Tom. IX. pag. 699 . Ed. Ven. (2) R.j.S. T. II. Péli. col. 778. (74) Arnolfo pubblicata dal Pratilli, e dal Muratori , ove cosi si legge : Saraceni ìntravcrunt in Apuliam , et fecerunt magnani stragcm , et coeperunt Leciian , Nai'deum , Uriam , et Brundiisiuin , et alia loca , multos captivos duxerunt in Calavriam , et alios in Africani miserunt . La Cattedra Vescovile disparve di qui , e fu collocata in altro sito ^ qui non si vide più Clero , e fu abbandonata la Chiesa , ove riposavan le Oisa del primo Vescovo ed Apostolo de' Brindisini S. Leucio . L' Anonimo Tranese Scrittore della tras- lazione del corpo di questo Santo pubblicata dal Bol- lando (i) dice , che in quegl' infelici tempi la Città era tutta distrutta , e che alcuni pietosi Tranesi ne in- volarono il Corpo , e che tal desolazione durava sino al suo tempo, vale a dire sino alla metà del Secolo XI. Bisogna sentire le di lui proprie parole : Contigit , ut ■praefrita Urhs hostili marni frinditus everteretur , et (juae quondam fiiit divitiis suhlimis et gloria , par- vissimi sub specie oppidi nunc usque incolitur , et videtur , cujus quidem ruina intueri eam voleutium. ociilis patet . XXIX. Or ridotta Brindisi ad uno stato cosi de- plorabile e per le devastazioni sofferte abitata parvis- simi sub specie oppidi , ove poteano esser le braccia per coltivar le campagne , esposte sempre alle incur- sioni Saraceniche , e co.me poteva fiorirvi 1' Agricoltu- (i) T.L ad diem XL Ja^. (75) ra ? Doveva il suo territorio divenire per necessità tut- to incolto , e macchioso 5 tanto più che i Saraceni oc- cuparono un sito otto miglia da Brindisi distante po- co rinioto dal lido Adriatico didla parte Settentrionale, che ritiene tuttavia il nome di Saracenopoli , ov'è cre- dibile , che si fossero fortificati per scorrere di là , e saccheggiare , e depredare le vicine campagne , e po- ter quindi , incalzati da forze superiori , fuggir per mare . XXX. L'Agro brindisino adunque nel mezzo tem- po restar dovea per tante disgrazie macchioso , bosco- so , e senza coltivazione . Bisogna ora vedere come co- minciò a risorgere questa Città , e come il suo territo- rio cominciò nuovamente a coltivarsi . GÌ' Imperadori Greci , che occupati per molti Secoli in dispute Teo- logiche avean lasciato invadere le loro Provincie dai Goti , da' Longobardi , e da' Saraceni , risvegliati final- mente come da un letargo cominciarono a pensare di ricuperare questi luoghi . Fu il primo Basilio il Mace- done , che alla fine del IX. Secolo spedi delle arma- te in Otranto Città con Gallipoli rimase sotto il gre- co Dominio . Ricuperarono ancora la desolata Città di Brindisi , che ritrovaron tutta distrutta , e che dovero- no rifabbricare dì pianta , come rilevasi dall'Iscrizione mutila fatta scolpire dal Protospata Lupo nella base dell' antica Colonna situata in fronte alla bocca del Porto , ove leggesi questo verso : Protospata Lupus Urhem hanc struxit ab imo. (7^) XXXI. I Greci perciò cominciarono a coltivare 1' Agro brindisino , e si sparsero per tutto il suo ter- ritorio , come ne fan testimonianza le tante Chiese Greclie in parte esistenti , e in parte dirute , clie s'in- contrano in varj luoghi . Vi formarono ancora delle Popolazioni , che oggidì son distrutte , ed esiste sol- tanto il Casale di Tuturano popolato di greche fami- glie sino a due secoli addietro . Eressero anche in queste campagne de' Monisteri di Monaci , come fu quello di S. Maria de Ferulellis oggi Badia del Semi- nario in un sito ferace di picciole ferule non molto lontano dal mare a . quattro miglia di distanza dalla Città dalla parte meridionale . Perciò 1' agricoltura co- minciò qui a ■ rifiorire nel tempo de' Greci \ e come neir istessa epoca i Greci della guarnigione di Otran- to si sparsero nelle campagne adiacenti , e formarono tanti luoghi , che ritengono tuttavia il greco idioma , e li ridussero in florido stato di coltura , così i Greci di Brindisi si sparsero eziandio nel suo territorio . XXXII. Ma venuti qui dopo la metà del secolo XI. i Normanni chiamati dai Pugliesi , conquistarono queste Provincie , e ne formarono tante piccole Signo- rie , che furon divise tra i loro Capi con piena Sovra- nità ^ e questa Città cadde sotto il dominio del Conte Goffredo di Conversano nipote di Roberto Guiscardo. Io non ho dubbio , che si avessero appropriato i più speciosi campi , com' è solito de' conquistatori . Ma conoscendo il profitto , che ritraevano da" greci agri- (77 ) coltori , 11 lasciarono in questi luoglii . Abbiamo bel- lissimi monumenti del Clero Greco , e del Clero La- tino di questa Città non solo de' tempi Normanni, ma anche sotto le susseguenti Dinastie . Ed esistevano i Preti greci sino al i565 , come rilevasi dagli atti del- la Visita dell' Arcivescovo Bovio del detto anno , per amministrare i Sagramenti alle greche famiglie . Nei tempi più antichi i Preti greci aveano il loro Arcipre- te , giacché il Sommo Pontefice Innocenzio ITI. , co- in' è scritto nella di lui vita pubblicata dal Baluzio , spedì suo Nunzio all' Imperatore de' Bulgari Domenico Arciprete de' Greci di Brindisi uomo dottissimo , che unì quella nazione alla Cliiesa Romana. Oggi vi è an- cora un vestigio dell' antico Clero greco , cioè una funzione , che si supplisce dal Clero latino , di can- tarsi r Epistola , e r Evangelio greco nella Domenica delle Palme . XXXIII. Ridotto a Monarchia il dominio de'Nor- manni , per quanti sforzi avesse fatto la Corte Bizan- tina per ricuperare queste Provincie , tutti i tentativi furono inutili . GÌ' incostanti Pugliesi , che avevano chiamato i Normanni contro de' Greci , invitarono poi i Greti contro i ISormanni . Ma i poveri Greci, ch'e- rano qui stabiliti ne pianser la pena , specialmente sot- to il Re Guglielmo il Malo, che fece di essi una stra- ge , clu! li ridusse all' ultimo eccidio : e quindi avvili- ti, fuggitivi , ed oppressi andarono mano mano ad estinguersi , e 1' agro brindisino ne soffrì sopra ogni altro il detrimento nella sua coltura. Ne' tempi poste- (78) riori a' Normanni io son persuaso , che questo territo- rio sia stato egualmente trascurato , e per conseguenza imboschito per difetto di agricoltori . I grandi proprie- tarj non avendo mezzi di mettere a profitto i loro ter- reni , cominciarono a concederli in enfiteusi a varj coloni col peso di ridurne a coltura una data quantità in ogni anno , e di prestar la decima di tutti i frutti, che sarebbero per nascervi . Esistono moltissimi istru- menti di tali concessioni di cinque e sei secoli a que- sta parte j e di qui è avvenuto , che una buona metà del territorio di Brindisi è soggetto al peso della de- cima a varj particolari . Ma la penuria degli agricol- tori ha fatto ritornare ancor questi fondi enfiteutici al- lo stato macchioso . XXXIV. I Principi , che vennero dopo i Nor- manni , gli Svevi , gli Angioini , gli Aragonesi non eb- bero altro impegno che di rendere popolata e florida questa Città . Avvertirono bene V importanza di questo sito , e la comodità di questo porto , e che novanta miglia di littorale da Monopoli ad Otranto sarebbe ri- masto deserto , se fosse andata in rovina la Città dì Brindisi . Perciò cercarono di ripopolarla ed arricchirla di privilegi . Lunga cosa sarebbe se io volessi minuta- mente esporre le loro beneficenze , che si trovano re- gistrate ne' nostri Archivj . Ma gli abitanti , la maggior parte de' quali dovea esser gente collettizia , vi corri- sposero male colle loro intestine discordie , colle quali si sterminavano fra di loro , formando de' partiti con (79) gente armata , che fu d' uopo più volte di reprimere con forze maggiori . XXXV. Leandro Alberti , che fece la sua descri- zione dell' Italia nel i52o così scrisse di Brindisi : Era Capo de' Salentini j ora è molto male abitata , e peg- gio edificata . E ciò dice Razzano esserle intervenuto per le sue maledette fazioni j imperocché tra se si so- no rovinati i cittadini , guastando ed abbruciando gli edifizj , e peggio facendo che non avrebbero fatto i nemici . Così V Alberti . Ora da cotesta gente era mai sperabile , che si badasse al bene pubblico , ed alla coltivazione de' campi ? Ci è rimasa ancora una brut- ta descrizione degli abitanti di Brindisi , di Taranto , e diSquillace lasciataci dal Poeia Fiorentino Facio degli" Uberti , che scrisse il suo Poema nel i322 , giusta r avviso del Salviati ne' suoi Avvertimenti , e che ci fa quest' onore : Ma non cercamo senza molti affanni I Sqnilaci , Taranto , e Brundizio , Perché p' è Malandrin di tutti inganni . Con tutto ciò il medesimo Alberti , che fu testimonio oculare , assicura , che il territorio al suo tempo era pieno di ulivi, che producevano un'immensa quantità di olio , e tanta , che sembrava incredibile a chi non aveva veduto le grandi selve di ulivi , che vi erano . Io porto opinione , che queste immense selve di ulivi vi fossero state piantate dagli agricoltori greci , e non già da posteriori coloni , a' quali non era molto a cuo- re la fatica . Ma come disparvero i tanti oliveti , e i ( 8o ) tanti fraatoj , de' quali nelle campagne , e nelle Città si veggono i vestigj , e le grosse macine sparse per le strade ? Ecco la loro sorte . XXXVI. I Veneziani sostennero ben sovente del- le guerre contro de' Turchi . Si cominciò dall' invasio- ne , che questi fecero di Cipro, di Candia , della Mo- rea . Le navi venete avean bisogno di vino e di ace- to . Perciò nel passaggio da questo porto si provvede- vano di questi generi , che salirono a' prezzi altissimi . I Brindisini osservando , che una soma di vino , ed anche di aceto valeva più di una soma di olio , si diedero a piantar vigne ; ed esistono i vecchi palmenti in molte miglia di distanza dalla Città . E come le viti prosperavano poco in mezzo agli ulivi , comincia- rono a spiantar questi alberi , e ne spiantarono tanti , che non ne rimasero da poter produrre tant'oiio , quan- to bastasse a condir l' insalata . Finiron le guerre col Turco , e le spedizioni de' Veneziani , e per conseguen- za i vini cadder di prezzo , furono abbandonate le vi- gne , e questo territorio restò con poche viti , e senza ulivi . Ma i nostri vini doveano essere di un' esquisita qualità , specialmente navigati j ed è certo , che ' tra le poche vigne rimase la natura piuttotto che l'arte con- ferisce asì eccellenti liquori, che si conservano per mol- ti anni : e ciò sembra di aver dato luogo al dilterio di far de' Brindisi ne' saluti, che si fan nelle tavole , e come per avventura lia creduto il Redi , appellando il vino Brindisevol merce , e facendo invitare Arianna da Bacco a navigare fino a Brindisi nel suo Ditirambo . (8i ) XXXVII. Diamo ora uno sguardo allo stato pre- Sente dell' agro brindisino . Questo occupa diciotto mi- glia di littorale a diritta ed a sinistra della Città . Io' calcolo la sua estensione per lo meno a i5o miglia (juadrate -, ed assegnaudo ad ogni miglio quadrato ^oo tomoli della nostra misura , noi avremo 60 mila tomoli di terre . Ma di queste appena è coltivato un terzo, e due terzi restano macchiosi ed incolti . XXXVIII. Prima di passar oltre facciamo un' os- servazione . Tutta la Provincia di Lecce è per lo più incolta nel suo littorale , e per molte miglia addentro, ed è soltanto coltivala la sua schiena , o sia la parte mediterranea . La Provincia di Bari all' incontro , che appena ha il terzo del littorale , e la metà di estensio- ne di territorio è tutta coltivata , ed ha quasi la stessa Popolazione della Provincia di Lecpe . Neil' estensione di sessanta miglia da Monopoli a Barletta ha nove Cit- tà ben popolate e piene di agricoltori . Questa all' in- contro in un littorale di i5o miglia e forse più , non ha che quattro Città . Ciò è derivato , se io non m'in- ganno , da due ragioni . La prima si è, che il litto- rale della Provincia di Bari non ha territorj palustri , né acque stagnanti , ed in conseguenza vi si respira aria più sana , e i lavoratori delle campagne sono più robusti , più attivi , più industriosi . Il littorale della Provincia di Lecce è paludoso , pieno di ristagni , e gli agricoltori vi contraggono delle infermità, e si ren- dono poco atti alla fatica . Di più il littorale di Bari ha nove Baloardi eoa nove Città , che atterriscono II (80 gì' Invasori . AH' incontro quello di Lecce è più espo- sto , e le invasioni de' Pirati , e de' Turchi sono state frequentissime , che han portata la desolazione ed il terrore a tutta la nostra marina , ed anche alle Città Episcopali , come avvenne a Castro . XXXIX. Ma ritornando al nostro territorio , chi può dubitare , che il suo cielo sia mal sano ? Cicero- ne , eh' ebbe a dimorar qui per molti mesi , scrisse ad Attico , che non potea sostenerne la gravezza (i) . E Cesare ancora lasciò scritto (2) , che le sue Legion avvezze a respirare 1' aere salubre delle Gallie , e delle Spagne , venivano a perire nel clima della Puglia , e intorno a Brindisi j e pure allora non vi era quell' in- fezione di aria , che ci è oggidì . Coli' andar de' se- coli essendo cresciute le paludi , e le acque stagnanti y si è avanzata. ancor l'infezione , non solo nelle adia- cenze della Città , e nell' estremità de' seni del porto interiore , ma ancora nelle campagne -, e questo è il primo ostacolo per la coltivazione dell'agro brindisino. Se noi potessimo purificare quest' aria , potrebbe dive- nir subito coltivatissimo . La Campagna Felice ne' pri- mi tempi ubertosa e fertile , ne' mezzi tempi divenne infelice , perchè tutta palustre , ed in un clima mici- diale . L' esercito de' Francesi comandato da Lautrech ebbe a perir di contagio sotto le mura di N^apoli circa {\) Qìc.adAttic.XI.iQ. \ (2) Caes. deB. C. Uh. III. cap. II. ì l (83) tre secoli addietro. Ma il saggio Conte di Lemos Vi- ceré , uomo di talento e di genio colla direzione del Cavalier Fontana fece formare de' gran tagli, die rac- coglievano lo scolo di tutte le acque , e le conduceva- no al mare , e così tolse 1' infezione dell' aria ^ e la Campagna infelice divenne Terra di Lavoro , come tuttavia si appella. Lo stesso potrebbe farsi nell' agro brindisino , e ne' suoi siti palustri . Ma questa opera- zione non è della forza de' privati. Sarebbe parte di un benefico So.vrano , che pur dovrebbe calcolare gì' im- mensi vantaggi , che potrebbero derivare al Regio Era- rio dalla coltivazione di questo Territorio. Questo re- sterà sempre incolto e deserto senza un tale soccorso, essendosi sperimentato , che gli agricoltori de' luoghi ccnvicini qui trasferiti per coltivare le nostre terre pa- lustri vi han lasciata la vita j onde hanno in orrore iV inoltrarsi ne' nostri siti non sicuri : Ed è ancor no- tabile , che in una raassaria di grandissima estensione vicina al lido adriatico , ed alla Torre detta delle Te- ste vi sono due pozzi , uno detto della Comunione , e r altro della Estrema Unzione , per significare , che chi va a coltivar que' terreni , o vi lascia la vita , o deve soffrire gravi e pericolose infermità. XL. Questa infezione di aria non fa crescere la popolazione , la quale da mezzo secolo a questa par- te si mantiene traile sei e sette mila anime . E come ■può coltivarsi un territorio immenso, ove mancan le braccia ? Non vi sono in Città che circa ^oo agricol- tori , che appena lavorano due o tre mila tomoli di (84) terre le più vicine per lo più piantate a vlgoe, abban- donando i siti più rimoli , Felici qtie' possessori , che han de' terreni alle frontiere di Carovigno , di San Vi- to , di Latiano , e di Mesagno , luoghi pieni di agri- coltori, che penetrano ne' confini di questo territorio, e ne hanno perfezionata ancor 1' aria colla coltura . Queste terre oggidì colle braccia de' cqnvicini son ren- dale fenili e di molto prezzo^ ed il resto è abbando- nato. Vi sono delle massarie , che hanno molle miglia di estensione , ma per lo più si affittano per uso di pascoli , e talora rimangono inaffittate . XLI. È verissimo , che non tutto il territorio di Brindisi è della stessa qualità , Fu avvertita da Fron- tino l'ineguaglianza della sua ubertà- Vi sono de'pez- zi fertilissimi adattabili ad ogni sorta di coltivazione . Ve ne sono degli sterilissimi a guisa di arene lavate, qhe non producono veruna sorta di vegetabili . Ma se ci fosse la popolazione , le terre di loro natura sterili di- verrebbero feconde . Niente può idearsi di più sterile delle spumose lave del Vesuvio , ma appena raffredda- te , io ho veduto gli agricoltori di Terra di Lavoro raccoglier per le strade la terra e lo stabbio , e andarlo a gittar su la lava , ed in seguito piantarci de' foglia- mi , delle viti , e degli arbusti. Se noi avessimo brac- cia , sarebbe senza meno coltivato il nostro territorio. L' augusto Carlo III. fece venire una Colonia di Greci da Paiga , e, da Prevesa , credendo di potere per mez- zo di essi ridurre alla debita coltura 1' agro brindisi- no. Ottima fu r idea , ma gli effetti non corrisposero ( 85) alle speranze , che se n' erano concepite . I Greci eran fuorusciti de' loro Paesi non molto amici della fatica , e dopo che si ebbero consumati i grossi sussidj , che loro furono somministrati, 1' un dopo l' altro sloggiaro- no di qui . Ad un saggio Governo non mancano dei mezzi per richiamare qui delle braccia , ma di gente onesta , non di bricconi e di scelerati . XLII. Purificata 1' aria , ed asciugate cogli scoli le paludi , sarebbe desiderabile , che in cinque o sei de' migliori siti dell' agro brindisino si piantassero del- le abitazioni per forniarvisi delle popolazioni agricole , assegnando loro delle terre incolte per ridurle alla con- veniente coltura . Ma bisognerebbe accarezzare tali co- loni , con far loro sperimentare de' vantaggi . L' uomo corre ove trova il suo interesse . Bisogna animarli, al- lettarli, e non opprimerli . Essi sono la gente più be- nemerita dell'umanità, e dello Stato, Que' , che nien- te possedono , e vivono co' loro sudori , e che sono nella classe de' miserabili , quando sieno veri agricol- tori , debbono essere esenti da ogni contribuzione . Questo è quanto ho potuto raccogliere riguardo allo stato antico , della mezza età , e moderno dell' a- gro brindisino , ed a' mezzi , che ho potuto escogitare per farlo riliorire . Volentieri rimetto il tutto al giudi- zio de' Saggi , che potrebbero spargere su questo og- getto lumi migliori . ^ ( 86 ) - Saggio sulle cagioni della decadenza deltagricoltuìa presso gli antichi Romani, del Sig. Felice Fiore di MolJ'etta , Socio corrispondente . Presentato nelV adunanza del dì ii Febhrajo i8i3. Frangitur ipsa suis Monta superba bonis Propert. Lib. III. Eleg. XI. JLi ottenere dalla campagna la maggior quantità possì- bile di derrate , onde poter alimentare il maggior nu- mero , che si può di uomini , formò presso le antiche nazioni uno de' precetti essenziali di politica , le cui leggi sono sempre rivolte ad assicurarne il potere . L' agricoltura , che nacque collo stabilimento della umana società , e che si avvicina per conseguenza al- l' epoca la più felice , è la base , ed il sostegno del genere umano j e senza di cui né il commercio , né le manifatture avrebbono di che alimentarsi , perchè pri- ve delle materie , sulle quali debbono esercitare la lo- ro azione . Per tal via giunse Roma a quella tanta for- za j che suggettò una gran parte della terra al suo im- perio • Tuttoché però di tal verità piena fede ne facciano le Storie , pur nondimeno le moderne nazioni non an- no avuto dell' agricoltura quell' alto concetto , che n'eb- 1^ ( 8; ) bero le antiche j e dove prima si vedeano de' Sovrani, e de' gentiluomini occuparsi di quest' arte , e su di essa comporsi de' libri , dettarsi de' precetti , poco , o nul- la in tal proposito trovasi scritto fino a' tempi a noi vicini , come poi di esempj così lodevoli ninna imita- zione rinviensi uegli annali d'oggigiorno. L' epoca , in cui 1' aratro restò negletto nelle ma- ni de' gentiluomini , e la coltura della terra fu riputa- ta mestiere di schiavi , fu quella ancora della decaden- za dell' Impero romano ^ come al contrario il primo scalino della potenza dell' Inghilterra , che al tempo di Cesare non si brigava neppure di seminare il frumen- to (i) , fu r epoca , in cui i signori cominciarono a riputare la nobiltà non disgiunta dalla proprietà terri- toriale . I primi re di Roma , dopo il culto degli Dei , e il rispetto alla religione , raccomandavano la coltura della terra . È ben certo argomento dell' interesse , che prendeva all' agricoltura ne diede ne' tempi appresso il Senato romano , quando de' 28 volumi composti su quest' arte da Magone cartaginese , ne commise la tra- duzione in latino ad uno de' primi suoi magistrati . jSuma , il re più saggio dell' antichità seppe associare le leggi agrarie alle leggi politiche , e stabilì la garan- zia della loro unione nelle istituzioni, e nelle cirimo- (i) Interiores ple.rique frumenta non serunt Gaes. de Bel. Gal.lib. V. (88) nie religiose . Tra i popoli antichi , che In sommo pre- gio tennero V agricoltura , sembra , che gli Egizj deb- bano occupare un rango distinto . Essa formava il pri- m' oggetto di quel governo, e uno de' priuii fonda- menti della sua politica j e quanto quel paese sia stato potente , ricco , e popolato , non v' è chi noi sappia , Era tanta la riverenza , che aveano gli antichi all'agri- coltura , che si giunse fino al punto di effigiare lo scet- tro reale nella forma di un aratro . In Roma le leggi, e il culto istesso contriliuirono a renderla onorevole : i tempj dedicati a Cerere , a Pane , a Flora , a Po- mona , a Bacco , e ad altre divinità fan testimonianza dell' alto concetto , in che si tenne da quel popolo 1' agricoltura : le virtù campestri erano assai valutate j e si vedeano chiamati dall' aratro ad occupare i primi posti della repubblica i Serani , e i Cincinnati , al mo- do stesso , che altra volta in Persia vedeasi sedere tra grandi del regno colui , che avea la cura di distribui- re le acque alle terre . Quale spettacolo non dovette esser mai quello , quando a Cincinnato mezzo ignudo , e ingombro il volto di polvere j intento ad arare un suo podere , venne dall' araldo annunciata la Dittatura , decretatagli dal Senato ! Qual differenza di elogio da questi , a que' tempi , quando il nome di buon coltivatore me- ritava le laudi , e il rispetto degli uomini (i) ! Così (i) Cum viriim boninn coloni/m dixissent , am- plissime laudasse existimabont . Pliu. Hist. nat. Uh. xvin. e. IH. (89) vennero onorali in Roma , mercè la polizia dì quel governo , 1' agricoltura ^ e 1' agricoltore ^ e così que- st' arte nodrice degli uomini crebbe ad altissimo pre- gio all' ombra del favore della opinione pubblica , ch'è sempre più imperiosa della legge . Lungo sarebbe, e fuori del mio scopo, se io vo- lessi delineare un quadro de' rapporti , che legano l'a- gricoltma a tutte le parti di uno stato , e dimostrare come la popolazione , le arti , il commercio , la navi- gazione , la milizia debbano a lei la lor origine, il lo- ro progresso, la loro perfezione . Una infinità di filo- sofi agricoltori comparsi in questi ultimi tempi , le ac- cademie di agricoltura stabilite in ogni angolo di Eu- ropa , i premj accordati alle utili invenzioni geor- giche dimostrano abbastanza , che questa verità è ora- mai universalmente conosciuta , benché i difetti di una legislazione malintesa , o di una maliziosa esecuzione ne ritardino lo sviluppo . In un tempo , in cui le primizie de' campi si of- ferivano agli Dei Arvali , in un tempo , in cui il pri- m' ordine de' cittadini era tratto dalle tribù rustiche , in un tempo , in cui la legge della censura condanna- va la negligenza del coltivatore , in un tempo final- mente, in cui la legislazione, ed il costume onoravano r arte primitiva degli uomini , non dee recar meravi- glia lo stato di potenza , a cui giunse Roma , che mer- cè r agricoltura , moltiplicando i mezzi di sussistenza moltiplicò la popolazione , che forma il nerbo , e la floridezza degli stati . Questa verità , eh' è così sempli- 12 (90) ce à il pregio tìi farsi conoscere senza il treno di una verbosa dimostrazione . Ma se Roma colle leggi , e co- gli esempli promosse , e incoraggiò T agricoltura , se essa considerò quest' arte necessaria a rien^pire il voto della popolazione , cLe produceva il sistema di conti- nua guerra , se alle sue risorse fu debitrice dell' im-. mense confine , a cui estese il suo dominio • d' onde mai fu , cbe sotto i Cesari dimentica de' suoi interessi, o stanca quasi di tanta fortuna avesse tollerato l'abban- dona mento della coltura della terra , ed ape ito il var- co alla decadenza dell' agricoltura fino al segno di aver bisogno di una sussistenza straniera, ed incerta ? Quali furono le cagioni , che jirodussem un sì ruinoso can- giamento ? In qual modo queste cagioni operarono la rivoluzione dell' economia politica? Ecco il subbietto delle mie ricerche , che io m'ingegnerò di esporre col- la maggior brevità possibile , e alle quali sarà di norma fedele la Storia di Roma . Mio proposito non è di ram- mentare le piaghe , che recarono all' agricoltura roma- na le guerre civili : niuno ignora la desolazione delle campagne sotto quell' epoca infausta . Che se dovessi rintracciarne la prima origine , mi converrebbe rincu- lare fino alla seconda guerra punica , la quale lasciò impresse profondamente suU' agricoltura le prime orme della devastazione , e della mina . Io limito al tempo de' Cesari le mie indagini soltanto, e le mie riflessioni. Tutto ciò che conduce ad aumentare la fecondità della terra , la somma delle fatiche , e quindi la po- polazione 5 aumenta ancora la ricchezza , e la potenza (90 di una nazione . Rivolgo ora l'argomento. Tutto quan- to tende a scemare la fecondità della terra , la somma delle fatiche , e quindi la popolazione , sccuia ancora la ricchezza, e la potenza di uno stato . Io vol^o uq' occhiata allo stato dell' Italia nell' epoca de' Cesari ^ e nella desolazione delle sue campagne , io veggo il fu- nesto ritratto della miseria de' suoi abitatori . Veggo in Roma un immenso popolaccio sfaccendato assistere , e godere degli spettacoli , e de' giuochi j io lo veggo sa- ziarsi alle sontuose cene , che gli prepara 1' ambizione, e l'interesse degl' impeiadori : io veggo i signori posse- dere de' vasti poderi , ed affidarne la coltura alla ma- no degli schiavi ; veggo finalmente sparsi In tutti gli ordini de' cittadini la crapula , la gozzoviglia , la mol- lezza , e la suntnosità , ed il lusso nel mangiare , e nel vestire . Dagli effetti risalgo alle cagioni , e con- chiudo , che le cagioni produttrici della decadenza del- l' agricoltura , debbono attribuirsi all' ozio , a una ec- cessiva dissuguaglianza di fortune, e ad un lusso smo- deralo . La storia di Roma , sotto il governo de' Ce- sari , contiene la lunga serie de' tristi effetti , che pro- dussero le indicate cagioni su la sorte di quello Impe- rio . L' incou.paral)ile liberalità de' principi recò il pri- mo colpo fatale all' agricoltura . Questa liberalità pro- dusse r ozio , 1' inerzia , la scioperatezza ^ e mentre Roma si satollava nella inazione , l' Imperio languiva nello stento . La noja , che sogliono recare i minuti rasiZTiagli non ini distrae dal proposito di abbozzare almeno un picciol quadro della profusione de' Cesari , (92) e die pnò condurre più l'acilmeute a dimostrare la ve- rità di questo primo argomento . Se la Storia non (osse fornita de' caratteri di au- tenticità , si sarebbe stentato più di una volta a pre- star fede ad alcuni racconti , che sembrano dettali so- lamente da una vivace immaginazione . Le largizioni degl' imperadori romani sano di tal natura . Io comin- cio da Cesare il doraator de' Britanni , e il vincitor di Pompeo . Io non parlo de' donativi fatti al popolo in tempo della sua edilità : rammento solo le ingenti lar- gizioni da lui fatte all' immenso popolo di Roma do- do i suoi quattro raagniflcentissimi trionfi . Egli distri- buì dieci moggia di grano , ed altrettante libbre di olio a testa : vi aggiunse 3oo sesterzj , oltre altri cento di mora per ogni individuo . Non contento di tanta ge- nerosità apprestò al popolo un sontuoso convito , in cui la copia gareggiava colla squisitezza delle vivan- de (i) . Fu in questa cena trionfale , che si videro apparecchiate per la prima volta sei rada murene , e dove fu consumata una gran quantità di Falerno , e di Chio , specie di vino prezioso , e di molto valo- (i) Populo pi-aeter frumenti denos modios , ac totìdem olei libras trecenos quoque nummos quos pollicitus olim erat , viritim divisi t : et hoc ampli us centenos pi'o mora adjecit epulum ac visce- rationem . Svet. in Caes. e. XKXVlll -, et Idìon.His. lib. XLJIL (93) re (i) . Ove si volesse fare xin calcolo delle somme spese in questa occasione , si irovercLbe ascendere a jnolti milioni una simile profusione , Taccio i pranzi, che diede dopo la guerra di Spagna : taccio il convito fatto nel suo terzo consolalo , ove pose il colmo alla liberalità sua nella profusa distribuzione de' pregiatissi- mi vini Falerno , Chio , Lesbio , e Mamerlino (2) . Augusto tentò di moderare le distribuzioni fru- mentarie , che racnsualmente si faceano al popolo . Egli dispose , che tre volte nell' anno , e in ogni qua- trimestre foss' eseguita tale distribuzione. Conobbe quel savio principe , che allettata la plebe da così frequenti largizioni , avrebbe potuto distrarsi dalle arti , e dai mestieri . Ma egli non seppe resistere a' clamori della moltitudine , ed accordò di nuovo le antiche usan- ze (3) . I Cesari temevano di disgustare la plebe di Roma : il loro interesse , la loro ambizione , i loro ca- pricci non eran compatibili con una saggia legislazione- L' olio , il pane , le cene , i giuochi , gli spettacoli era- fi) Plin. His. nat. lib. XIV. e. XV. , et Uh. IX. e. LV. (2) Id. lib. XI r. e. XV. (3) ISe plebs fruìnentationum causa freqiientius a negotiis avocaretur , ter in annum , qiiaternum mensinm tesseras dare destinavit : sed desideranti cónsitetudinem veterem concessit rursus , ut sui cu- jusque mensis acci per et . Svet. in Oct. e. XIV. ( 94 ) _ no presso il popolo , gli agenti efficaci del dispotismo, e de' deliij degl' imperadori : essi erano come il teschio di Medusa , d' innanzi a cui la giustizia impallidiva , s' impietrivano le leggi . Con questi mezzi si acchetava il popolo : con questa moneta si comperavano gli ono- ri , le cariche , le acclamazioni , il trono , le apoteo- si (i) . Quindi fu, che il popolo romano quando scen- deva a' comizj adoperava invece de' suffragi le spade , i coltelli , le frombe per sostenere le domande del ge- neroso suo donatore (2) . Augusto dunque non potè dispensarsi dalle solite distribuzioni frumentarie : egli auzi con frequenza donò al popolo varie somme di da- naro (3) . Tiberio ad onta della sua avarizia , e tenacità non risparmiossi da siffatte largizioni : egli dopo il trionfo Illirico fece su di mille mense apprestare un pranzo al popolo , a cui distribuì anche trecento sesterzj a te- sta (4) • (1) Qui honores principatiisque petehant , ovini abjecta prorsns verecundia epiiliiin publice largitio- nesque distribuehant in popidwn . Plnt. in Caes. (2) Corruptum mercede populuin ad coniitia descendentem cerneres non siifjragiis , sed arcu , gladio , fundaque prò largitore decertantem . Id.ib. (3) Svet. in oct. e. XLI. (4) Prandiam populo mille mensis , et congia- riiim trecenos nummos viritim dedit . Svet. in Tib. e. XX. (95) Caligola fu assai più liberale del suo antecessore . Egli diede più d' una volta de' lautissimi conviti j di- spensò danaro , e non soddisfatto di tanta sua gene- ^ rosila , distribuì alle donne, ed a' fanciulli delle fasce di porpora , e di ostro (i) . Venne Nerone per dare degli esempj funesti di una insensata dissipazione . Io mi sdegno a leggere le profusioni , le prodigalità , gli scialacqui di questo mo- stro assiso sul trono de' Cesari . Lungo sarebbe , se io volessi ad una ad una numerare le di lui follìe nelle profusioni fatte al popolo . Il famoso convito da lui dato nel lago di Agrippa, e disposto da Tigellino ba- sti per una pruova di suo scialacquare . Fu quivi fab- bricato un tavolato mobile , ove fu imbandita la men- sa sovrapposta a galee tutte commesse d' oro , e d'avo* rio ^ d' intorno giravan taverne fornite di cibi dilicati per ogn' uno j immensa era la quantità delle vivande j uccellami , e salvaggiumi di varie parti del mondo , pesci insin dell'oceano, tutto era squisito , e sontuo- so (2) . Nerone non sapea contenersi di profonder te- sori : egli all' occasione di finire le Terme dispensò del- l' olio (3) ^ esempio del tutto nuovo di prodigalità, poiché i suoi predecessori erano soliti di fare simili largizioni , ma sol per caso di pubblica letizia . Tacito (i) Id.inCalig. c.XVII. (2) Tacit. An.lih.XV.c.XXXVII. (3) Id. An. lib. XI'F. e. XLVII. (96) fa montare a 55 milioni d' oro l' eccedenti dissipazioni di questo parricida (i) • E giunse a segno la di lui prodigalità , che prestando fede a un tal Cesellio Basso uomo visionario , che gli fece credere di trovarsi ripo- sta una massa immensa d'oro in una spelonca nel ter- ritorio dì Cartagine , si animò a profondare , e a dis- sipare con maggior eccesso , e inconsiderazione . Commodo , fra i tiranni di Roma , occupa anche egli un luogo distinto ne' fasti della prodigalità. I con- giarj da lui dati al popolo furono frequenti , e Dione rapporta , che spesso distribuì cinque scudi d' oro , e x5 danari a testa (2) . Settimio Sfivero il quale» , se assi a Credere a Spar- ziano ^ lasciò morendo ne' pubblici magazzini di Roma una provvista di grano per sette anni , e di olio per cinque, non solo per Roma, ma per T Italia ancora(5), non fu meno liberale de' suoi predecessori . Egli toc- cato eh' ebbe il decimo anno del principato , dato il solito congiario al popolo, distribuì anche dieci scudi d' oro a testa 5 della qual largizione egli si gloriava , perchè niuno prima di lui avea donato in una volta una egual somma (4) . (i) Id. Hist. lib. J. e. XX. (2) Populo saepe aureos V. denariosque XV. , viritim dedit . Dion. Hist. in Epit. (5) Ael. Spari, in Sev. (4) Quam oh caiisam sibi mirum in viodum placebat f cimi re i'era neìno' iinquam si mul tantun- dem eis dedisset . Dion. in Epit. I (97) Aureliano alle distribuzioni del frumento, dell'o- lio-, delle carni volle aggiungere anche quella del vi- no (i) . Egli a qiiesl' oggetto avea stabilito di compe- rare de'ternni incolti , dove assegnare degli schiavi per piantiire delle vili , onde saziare di quel vino il popolo roiuano (2) . Fgli donò anccra delle tonache di varii paesi , e fu il primo , che regalò al popolo degli scingaioi (3) . In somma non vi fu imperadore buono o cattivo, saggio^ o demente, prodigo o avaro, che non iiicesse delle largizioni di grano, di olio, di carni , di danaro , e d' altro . Queste distribuzioni do- ▼eano assorbire una somma immensa di danaro , se si consideri, che immenso eia il popolo di Koma^ né si facean già di rado ^questi donativi : nulla è più ovvio quanto di trovare nelle monete marcata la sesta , la settima , 1' ottava liberalità di un principe , che indica il numero de' congiarj dati al popolo . Ecco come la liberalità politica affrettò la ruina della economia pub- blica : ecco come la munificenza del principe istupidì l'attività del cittadino . Qual molla potea spingere la plebe a procurarsi il vitto , quando la legge Serapro- (i) Statuerat , et vinnin gratuituin populo ro- mano dare . Flav. ^'^opis. in Aurei. (2) Id. ihid. (3) Sciendinn donasse populo i-omano tunicas QÌhas maiiicatas ex divcrsis provìnciis . . . ìpsum- que primum donasse oraria populo romano, Id.ibids IO (98) nia , la legge Terenzia , la legge Clotlia avean provve- duto alla sua sussistenza ? il mangiare , e bere a sa- zietà a spese degl' imperadoii , era egli ben diverso dal rompere le dure zolle de' campi . Angusto fu tentato di abolire per sempre le distribuzioni frumentaric , poi- ché vedeva, che con questa fiducia andava a cessare la coltura delle campagne (i) , Ma il vizio era radi- cato , e per isbarbicavsi ci volea tempo , e saggezza di legislazione . Più dannosa però della liberalità de' principi fu air agricoltura la eccessiva dilatazione de' poderi. Que- sto male riconosceva la sua origine nell' antichità , esso fu , che diede campo alle, tante gare tribunizie , e ai frequenti tumulti della plebe , la quale malgrado il so- stegno di una pubblica autorità restò sempre la vitti- ma della potenza , e del raggiro de' grandi . Questi ampliarono le loro possessioni , or coli' inganno , or colla forza , or col danaro (2) . Siila , Cesare , ed Au- gusto ripartirono le terre a' loro soldati vittoriosi , i quali non contenti delle assegnate porzioni si faceaa lecito di occupare i campi confinanti discacciandone (1) Impetiim se cepisse scribit , frumentationes piihlìcas in perpetuiim aholendi , quod eariun fidu~ eia cultura ngronnn cessarci. Svet. in Oct. c.XLlL (2) Divites vicinoì'um pauperum portiones modo vi ndjtmgentes j modo praetio . App. Alex. In Bel. Civ. L.J. I ì (99) gli nntkhi possessori (i) . Cesare nella clistribuzione, che fece a' suoi veterani , volle prevenire questo male, assognaodo loro le terre , ma non contigue , onde non vi l'asse luogo a un abuso così ruinoso (2) . Poteva mai prosperare 1' agricoltura, quando la proprietà non era rispettata ? Il possesso de' fondi mal sicuro dall'ag- gressione era mal difeso contro la violenza . Vi è dip- più . Guerrieri avvezzi lunga stagione al brio delle vit- torie , assuefatti a un sollecito mezzo di arricchirsi , mercè le spoglie, e il bottino, mal potevano sofferire i disagi di una vita laboriosa , e assoggettarsi tutto a un tratto ad incallir sulla vanga, e sull'aratro . Egli è pur vero, che in Roma la classe coltlvauice forniva il miglior nerbo delle armate , ma egli è vero altresì , che se di un colono sì può formare un soldato , di un soldato non è facile di formarne un colono . Que- sta gente dunque di costume diversa , e di nazione, priva del nobile amore della patria , senza legame di famiglia , e di parentela , stanca dalle cure , che ri- chiede la coltura delle terre , le cede a' ricchi per po- (1) Jinenes pari ter, ac seniores, inulieresque cum parvis liberis coiujiierentes nullo suo peccato se ho- mines italici nominis pelli agris focisque , tamquam iure belli captns . Id.ilnd.lib. V. (2) yJssignai'it , et ngros , sed non continuos , ne quis possessorum expelleretur . Svet. in Caes. C. XXXFIIJ. ( 100 ) co prezzo , e invitata dal fonte inesauribile delle lar- gizioni , che offerivano i Cesari in Roma , abbandona- va i paesi , e le campagne^ e a torme andava verso la Capitale , ove fornita di pane , di olio , e di danaro cresceva ben pasciuta , come greggia di Epicuro. Qual diminuzione di popolazione non dovè seco trarsi que- sto abbandonamento delle campagne? Quanto non do- vè scemare l' annua riproduzione ? Si è detto , che la popolazione cresce a misura , che crescono i mezzi di sussistenza -^ i mezzi di sussistenza crescono in ragione della somma delle fatiche . La terra divenuta sterile , colpa dell' inerzia dell' uomo , scema la massa degli alimenti . Questa mancanza di alimenti quante famiglie non toglie ad uno stato ? Ecco il casa di Roma . Ti- to Livio si meraviglia come ne' primi tempi della re- pubblica gli Equi , ed i Volsci abbiano potuto soste- nere tante guerre , e va investigando delle lagioni , on- de determinare il modo tenuto da quei popoli per ri- trovare tanta gente , con cui supplire a quella , che soccombeva a' casi della guerra (i) . Se una delle ca- "gioni della popolazione di un paese , è la fertilità del terreno , e la diligenza della coltura , il territorio dei Volsci non mancava certamente di questi requisiti . Strabone lo chiama insigne (p) . Sebbene sotto Augu- (ì) Tìt.hìy. ffist.lib. FI. (2) Volscorum ager pracclamsfuit. Strah. Geog^. lib. F. \ I ( 10^ ) sto P Italia non somministrava , die pochi soldati , e Io stesso Livio n' è il testimonio (i) . E i Biuzj , i Lucani, gli Appuli, i Sanniti dove sono? dove i Ta- rantini , che osarono di provocar Roma ? essi più non esistono : quelle regioni , eh' erano un semenzajo di uomini , sono divenute ora un deserto. La vastità dunque de' poderj appartenenti a un solo individuo reca un sommo pregiudizio a' progressi dell'agricoltura. Ed in vero l'eccesso di proprietà in un solo suppone il difetto di proprietà in molti . Mi ricordo di un hel motto di un antico Imperadorc Cinese, il quale diceva , che se vi era in un angolo del suo imperio un uomo oizìoso » doveva cocorvì altrove un al- tro , che mancava del necessario. Nel caso proposto si verifica questa lezione : il possesso stravagante è adat- tabile alla circostanza indicata. Questa gran parte di non proprietarj non ha il modo da impiegare le sue braccia^ e quando anche l'avesse, non può certamente coltivare i fondi altrui con quella diligenza , e con quella cura con cui coltiverebbe i suoi : questa verità non abbisogna di argomenti per essere dimostrata. Ol- tracciò i poderi quando sieno troppo estesi , e soggetti (i) Simile veri est . . . innumerabilem mnlti- tndiiiem libcrorum capitimi in eis Jtiisse locis , quae mine vix seminario exigno milìtum relieto, servi fia romana ab solitudine vindicant . Tit.hìy. I/ist.l.f'I. ( 102 ) a un proprietario solo , sono ordinariaraenle negligen- tati. Virgilio Quello savio gentil , die tatto seppe. e che sapea , sopratulto di agricoltura , ne fece un canone agrario (ì) . Non si replica mai abbastanza dal dire , che la terra quanto è più divisa , altrettanto è più cortese , e feconda . Sì ^. né si dovrebbe cessar mai dal pr>,dicare questa verità. Quel Cajo Furio Cre- sino , che raccogliendo nel picciolo suo campo di frutti copiosi , mentre scarseggiavano altri ampj poderi con- finanti , accusato ne' comizj d' incantesimo , come si sbrigò dall' imputazione fattagli ? Egli portò nel foro gì' istrumcnti rurali , condusse sepo una sua figliuola robusta , e ben adorna , de' ferri ben fatti , delle zappe pesanti, de'vomeri gravi, e de' buoi grassi, e nudriti. Ecco, disse, o Romani, i miei incantesimi, né posso mostrarvi , o portare nel foro i miei travagli , le mie vigilie , i miei sudori (2) . Non men grave danno reca all' agricoltura 1' abu- so , che fanno de'terreni cotesti grandi proprietarj . Essi ne sacrificano al piacere una gran parte , che bagnata dal sudore del villico laborioso , darebbe abbondanti ricolte , e presterebbe la sussistenza a molte famiglie. I boschi dedicati alla caccia , le ville spaziose , e su- (i) Exiquiim. colito. Virg. Georg. Lih. II. (2) Plin. Hist. nat. Lib. XFIIL C. FI, ( io3 ) perbe , i lunghi , e tortuosi viali destinati colla loro ombra infeconda a difendere 1' ozioso , e ricco possessore dagli ardori del sole , quanti alimenti , quanti mezzi di sussistenza , quanta popolazione in conseguenza non tolgono ad uno Stato ? Ecco come considerevoli som- me , che dovrebbono consecrarsi alla conservazione , ed all' aumento dell' annua riproduzione , sono irrepa- rabilmente dissipate da folli capricci di un lusso rui- noso , e da' bisogni dell'opinione, cui sa mal resistere la legge . Onde convincersi della vastità de'poderi all' qioca de' Cesari basterà leggere la lettera scritta da Tiberio al Senato. Egli chiama infiiiiie 1' estensioni delle ville de' suoi tempi (i) . L' Italia , la Sicilia , e altre pro- vincie dell'imperio romano furono il vasto patrimonio di poche famiglie. Plinio attesta , che una metà dell'Affrica era divisa fra sei soli proprietarj (2). Taccio i giardini di Lucullo , che venivan riputati i primi fra i più son- tuc^i de' Sovrani (5) j taccio le possessioni di Crasso, che non giudicava ricco colui , che non potea assoldare a sue spese un esercito (4). Quale immensità di fortune (1) Villanim injinita spatia Tacìt. on.Lih. III. C. LI IL (2) Sex domini semisseni Africae possidehant. Pliii. Ili^t. nat. Lib. XVIII, C. FI. (3) Plut. in Lue. C4) Id. in trass. ( 'o4 ) qual vastità di beni ! Qnal differenza da' primi tempi della repubblica , quando Curio considerava pernicioso quel cittadino , che non era contento di sette jugeri di terra ? Io non voglio già farmi difensore della uguale di- visione de' beni. Lungi un'idea, clie ricorda ^odio^a le- gislazione de' Gracchi; lungi un progetto assolutamente chimerico , o pericoloso almeno alla pubblica tranquil- lità. So che le terre troppo divise si oppongono anche al miglioramento dell'agricoltura, poiché escludono quel- le grandi spese in anticipazione, da cui essa riconosce La sua perfeziono. INIa quei colossi mostruosi , che as- sorbiscono tanti piccioli patrimonj , quelle vaste posses- sioni , il di cui confine è segnato dall' orizzonte j quei proprietarj enormi , che visitano cosi spesso quella parte di terreni dedicati alle dehzie , e non degnano mai d'un guardo quell'altra parte consecrata alla fruttifica- zione , non possono certamente fiivorire 1' agricoltura. E furono appunto questi colossi, furon queste stermi- nate possessioni , furon questi stragrandi proprietarj , che minarono sotto i Cesari l'agricoltura, e l'Italia (^i). Ma se vi furon in Roma di cosi vasti proprietarj , non potendo essi da se soli promuovere la fertilità de' loro fondi , dovettero cercare nelle moni lavoratrici gli strumenti uecessarj a fender le zolle degli smisurati (i) Lnt/fiindia perdìdere Italiarn. Plin. Hist. fiat. Lih. XP III. C. FI, I ( 'o5 ) loro campi . Fosse pur piaciuto al cielo , che la coltura di così ampli terreni fosse stata affidata a gente libera, a contadini esperti, ad uomini laboriosi. Una turba di schiavi atterrita dalla sferza di un padrone crudele, eJ ingrato, era la coltivatrice di quelle vaste possessioni. Cosa poteva mai sperarsi da questa classe scioperata , che ministra in gioventù della mollezza de'potenli, di- venutane il rifiuto in vecchiaja , veniva cacciata ne'cam- pi , ove èra forzala a divenire tutto ad un tratto la maestra di un' arte , che richiede esperienza , e robu- stezza (i) ? Le gocce di sudore , che grondano dalla fron- tjB dell' operajp , quando non sono riscaldate dall'azione di un travaglio volontario, ma sono figb'e del tenore, isteriliscono , e non fecondano la terra. Misera Italia ! Questa bella regione , che nella conquista del mondo somministrò dal suo seno tutti gli eserciti , e che dal prodotto delle sue campagne alimentò provincie stra- niere, sotto i Cesari vota di popolazione, straziata dalle guerre intestine , smunta dall'ingorda avarizia de'pub- blicani ebbe di bisogno delle messi dell'Africa, e dell' (i) Si fundiim locuples mercatus est , e turba pedisseqnorum , lecticarioriimque defedi ssimum an~ nis , et viribus in agnini relegai . . . ignarum rei cui praejuturus est , magistrum Jieri jubet . Colum. in Praef. '4 ( io6 ) Egitto , fidando così alle navi , e alla fortuna la sus- sistenza de' suoi abitatori (i). Non si può non rattristarsi , quando si legge sotto il governo de'Cesari così spesso affamata l'Italia. Sotto Augusto Roma provò il flagello della penuria . Questo principe , che fondò , e resse il suo imperio sulle basi di una raffinata politica, conobbe T importanza di man- tenere in Roma un* annona sempre abbondante : perciò egli dopo conquistato l'Egitto si diede cura di facili- tare lo scolo a que' tanti canali destinati a raccogliere le acque del Nilo, che lunghezza di tempo aveva op- pilati (2) : perciò egli vietò a' Senatori , e a' Cavalieri distinti di entrare in Egitto , perchè temeva , che un cittadino riguardevole potesse impedire 1' estrazioni di (1) Olìm ex Italiae j^egìonihus longìnqiias in provincias commeatiis portabant ; nec mine ìnfecun- ditate laboratiir ^ sed AJricam potìus , et yEgyptum exercemus , navibusqiie , et casibus vita populi Ro- mani permissa est. Tacit. an. Lib. XII. C. XLIII. (2) ^gyptum in provinciae formam redactam , ut jeraciorem habilioremque annonce urbicae red- deret fossas omnes , in quas Nilus exoestuat , obli- matas longa vetustate , militari opere detersit. Svet. in Oct. C. XVIII. 1 ( io^ ) grano per la sede dell'impero (i). In falli sotto Cesare Roma fu afllitla dalla faine , perei è Pompeo , che te- neva occupata la Sicilia , la /Sardegna , e la Corsica impedì le regolari spedizioni frumentaric'. né l'Italia poteva allora riparare a questo bisogno per l'estrema decadenza dell' agricoltura (2) . Una fame a Roma ec- citava degli ammutinamenti ^ quella plebe avvezza nell' ozio ad esser nudrila dalla mano degl' Imperadorì di-^ veniva insolente, quando non sentiva il ventre pieno, e in quel caso la vita del Piincipe era mal sicura . Qual fu il fine , che spinse Werone ad esentare i mer- catanti di grano da ogni sorta di gabelle (5) ? fu la fame a cui Roma andava così spesso soggetta , fu il (i) Aiigustus Inter alia domina/iones arcana vetitis , ni.si permissu , iiigredi Senatoribus , aut eqiiitihus Ronianis iìlustrihus , seposuit y^grptnrn , ne fame iirgeret ftaliam , quisqitis eam provinciam .... ingredisset. Tacit. an. Lib. II. C. XLIX. (2) Urhs fame lahorabat , ifnf)editis per Pom- penm frnmentatio?iibìis maritimis : in Italia vero prce continuis hellis agricultura neglecta propemo- dnm^ et siquid agri ferrent , absiimentemilite. App. in Bel. Civ. Lib. V. (3) Imperata apud transmarinas provincias fru- menti suhvectio '. et ne censibus negotiatorum naves ascriberentiir , tributumque prò illis pender ent, con- stitutum. Tacit. an. Lib. XIII. Q.^i. > ( io8 ) timor della vita , da cui gì' Imporadori eran sempre minacciati all'epoca di una carestia . Tiberio , questo principe sempre sospettoso , sempre timido diede un aria più misteriosa allo statuto del suo predecessore . Egli riserbò 1' amministrazione dell' Egitto ad uno dei suoi liberti, e sgridò acremente Germanico, che senza suo ordine , e contro il divieto di Augusto avesse messo piede in Alessandria (i) : tanta era la premura , che aveano i Cesari di fornir Roma di copioso frumento . Ciò però non tolse , che sotto il suo governo non vi fosse carestia. Tacito afferma , che una volta fu per tumultuare il popolo , il quale in teatro spiegò una licenza non mai usata agi' Imperadori (2) . Claudio , l'imbecille Claudio, invigilò più d'ogni altro Impera- dore all' annona. Egli a quest' oggetto fece restaurare il porto di Ostia (3) , e costituì molti privilegi a' costrut- tori di bastimenti : propose a' negozianti di grano dei guadagni certi ^ e giùnse fino al punto di assumere in se que' danni che avessero potuto cagionar le tempe- ste (4). Ad onta però di tutt'i suoi provvedimenti, la fame non cessò di mostrare 1' orribile suo ceffo . Essa (1) acerrime increpuit , quod cantra instituta Augusti , non sponte principis , Alexandriam, introis- set. Id. ib. (2) Id. an. Lib. VI. C. XIII. (3) Dion. Hist. Lib. IX. (4) Svet. in Claud. C. XVIII- ( '09 ) andò tanl' oltre , che Claudio fu irailcnuto nei loro dalla plebe, e fu così malmenalo, e coperto d'ingiu- rie, che a stento potè sottrarvisi, cercando un asilo nel suo palagio (i) . Finalmente fame sotto Antonino Pio , fame sotto M. Aurelio , fame sotto Cominodo , e fame generalmente sotto tutti gì' imperadori Romani Eppure il primo pensiero de'Cesari era quello di prov- vedere all'annona di Roma. Infatti Vespasiano, chia- mato dall'Oriente a prender possesso dello imperio, si avvisò di occupare Alessandria , che veniva riguar- data come la chiave dell'Egitto. Severo di ritorno dal- la spedizione de'Parti, volle passare per l'Egitto, prendendo esatto, e minuto conto della situazione, e dello stato di quella provincia. Aureliano si gloriava di avere accresciuta 1' annona , e di avere stabiliti dei nuovi barca] uoli nel Nilo , altri destinati nel Tevere per lo pili facile trasporto de' grani ; a qual' oggetto egli scriveva a Flavio Arabiano Prefetto dell' annona , perchè proccurasse , onde non' andassero a voto queste sue disposizioni , poiché sapea , che nulla poteva esser più importante che la sazietà al popolo Romano (2) . Tutti gli sforzi però , e tutte le provvidenze de' Cesa- (i) Id. ibid. (2) Tuum est officium. Ambiane iuciindissime ^ elaborare , ne mece dispositiones in irritum veniant. Neque eniin populo Romano saturo quicquam po- test esse Icetius. f^opisc. in Aurei. (no) ri , non fiiroii bastanti a guarantire l'Italia dal flagel- lo della fame . Né potea diversamente avvenire . Una nazione, dice l'Ab. Genovese, che può avere in sua casa grano , ed altre derrate , ed arti di prima neces- sità, se in ciò dipende dalle straniere, è stolta, e schia- va . Se per accidente fosse venuto a interrompersi il regolare trasporto de' grani , Roma, e l'Italia sarebbe- ro perite sicuramente di fame . Alla mancanza dell' E- gltto , e dell'Affrica potea forse supplire l' Italia ? Vana lusinga . Il giardino dell' Esperidi non presentava allo- ra che l'orrido spettacolo di vastissime solitudini (i). Ecco lo stato lagrimevole dell' Italia sotto il regime dei Cesari ; ecco i tristi effetti dell' abbandonamento dei campi : ecco le conseguenze funeste della vastità di quei poderi , che al dir di Columella non eran in caso nep- pure di essere trascorsi a cavallo da' loro proprietarj , o che si lasciavan devastare dagli animali , o la di cui coltura si affidava agli schiavi, e a' mercenarj (2). Ne' primi tempi di Roma , quando si cacciavan di Senato personaggi distinti , perchè faceansi servire a (i) Solitudines , quce tum erant per Italiani , plurimce freqiientahantur. Dion. Hist. KKXVIII. (2) More preepotentìum , qui possident Jìnes gentiuin , qiios ne circiimire equis quidem valerti , sed proculcandos pecudibus , et vastando.s , ac po- pulandos feris derelbiquunt , aut occupatos nexu civium , et ergastidis tenent. Colum. Lib, I. C. Ili' ì (in) mensa in vasi di argento , il possesso territoriale era circoscrittto ne' confini della mediocrità : qual'era dun- que la cagione della tanta ubertà d'allora, e di cui ne fanno fede le Storie ? Plinio risponde j perchè la terra coltivata dalle mani de'Generali, andava superba di un aratro ornato di alloro, e di un aratore trionfante*, o perchè essi coU'istessa diligenza trattavano le sementi, che le cose della guerra , impiegando nella coltura del- la terra l' istessa attenzione , che usavano nel disporre gli alloggiamenti , o finalmente perchè le cose fatte da jnani onorate riescono più felicemente, perchè fatte con più diligenza (i). Questo era lo stato dell'agricol- tura de' primi tpmpi j ma i Romani del settimo secolo e de' susseguenti anzicchè nelle messi , e ne' vigneti amarono meglio di esercitare le loro mani ne circhi , e ne' teatri (2) . Si è veduto fin' ora il grave pregiudizio , che la liberalilà degl' imperadori recò all' agricoltura ^ si è ve- duto il più grave danno, che portò a quest'arte la so- verchia dilatazione de' poderi resta ora a vedersi qual inlluenza ebbe alla distruzion dell'agricoltura il lusso, e dimostrare come la precipitosa decadenza della pri- ma rispose alla precipitosa irruzione del secondo : che (i) Pìin. Hist. nat. lib. XFIII. C. III. (2) Manus movere mahierimt in Theatro , ac Circo ^ quam in segetibus ac vinetis. Varr. de R.R. Lib. II. ( "2 ) a guisa di contagio attaccò tutti gli ordini , e tutte le classi de' cittadini romani. Il lusso è il segno indubitato della opulenza di una nazione . Quando questa opulenza sia il frutto del travaglio , quando il lusso sia figlio dell' uso , che si fa delle ricchezze per proccurarsi una esistenza pia- cevole , egli è un bene', perchè promuove l'industria, incoraggia il commercio, impedisce il ristagno del nu- merario , e favorisce 1' agricoltura . Esso anzi la mi- gliora , poiché un proprietario , che sacrifica al lusso il superfluo delle sue rendite , si affatica a coltivare la terra con più diligenza , onde poter cambiare una maggior quantità di produzioni, con una maggior quan- tità di comodi . Ma questo non fu il lusso di Roma , perchè 1' opulenza di Roma non fu il lento frullo del travaglio , e della industria , ma fu il rapido effetto di una più rapida conquista . Quei pretesi pronipoti di Marte passarono in poco tempo dalla povertà alle ricchezze , dalla sobrietà al lusso , dalla fatica all'ozio, dalla vigilanza all' inerzia . L' ardor del bottino , e la cupidigia dell' oro non conobbero gradi ne' loro petti . Essi restarono ammaliati in faccia allo splendore , e alla magnificenza asiatica j irritati dalla fame delle ric- chezze soggiogarono tutt' i popoli , desolarono luti' i regni . Avea ragione quell' aulico poeta di dire , che Giove guardando la terra non vi potea veder nulla , -che non fosse trofeo delle armi romane . Roma diven- ne in un istante il tempio di Saturno , ove andavano a depositarsi l' oro , 1' argento e gli oggetti preziosi di ( "3) tutte le nazioni . Qual differenza tra il popolo roma- no, die rende ad Aitalo l'Asia conquistata collo armi, e il popolo romano , che avido de'tesori di Tolommeo ,. Re di Cipro, lo condanna a perdere il regno, e le fa- coltà (i) ! Tito Quinzio Flaminio , che ridona la li- bertà alle ricche città Greche conquistate , è un esem- pio ben diverso da Crasso , che per V ingordigia del- l'oro malgrado le imprecazioni del tribuno Atejo, in- tima la guerra ai Parti (2) . Questa veemente irruzione delle ricchezze , e del lusso in Roma portò l' ultimo colpo distruttore all' a- gricoltura . La storia di Spagna al tempo della scoper- ta di America , la ColcKido moderna , può fornire un esempio luminoso della situazione de' Romani nell'epo- ca di cui parlo . Si è avuto luogo di osservare di quanto danno ca- gione fu all' agricoltura romana l'uso degli schiavi. Ma se il forzoso , e stentato travaglio degli schiavi, anzi- ché fecondare, isteriliva la terra , il niun travaglio do- veva inorridirla . Non è possibile di esprimere la pro- fusione , che faceano i Romani nella compera degli schiavi destinati a formare il corteggio de' ricchi . Quel Cajo Cecilio Isidoro , che malgrado i mali sofferti nel- la guerra civile , lasciò morendo 4000 servi era a mio (0 Hor. Lib. IH. C. IX. (2) Phit. in Flam. Valer. Max. lib. IF. CXIIL e Fior. Lib. II. C. FU. i5 ("4) giudizio un nemico dichiarato dell'agricoltura (i). La famiglia servile di Cesare era composta de' più belli , e speciosi soggetti ; egli li comperava a carissimo prez- zo , e nascondeva sempre ai suoi computisti il loro costo per risparmiarsi il rossore di pubblicare la sua profusione in questa specie di lusso (2). Non vi era ricco , che camminando per la città non si traesse die- tro un esercito di seivi (3). Le matrone istesse quan- do uscivano erano accompagnate da questo lungo cor- teggio (4). Tiberio dunque non esagerò, quando nella sua lettera al Senato li chiamò popoli, e nazioni (5). Tante braccia tolte all' aratro toglievano altrettanti ali- menti alla popolazione . Questi) è un lusso di fasto ^ è un lusso di ostentazione , che ferisce direttamente l'agricoltura, attacca nel suo principio la riproduzione, e prepara insensibilmente la ruina delle nazioni . (1) Plin. HisU nat. Lib.XXXIIL C. X. (2) Servitìa recentiora , politioraque immenso pretio , et ciijus ipsiim etiani puderet, sic ut ratio- nibus vetaret inferri. Svet. in Caes. C. XLVIL (3) Familiarum agmina post terga traentes. Amm. Marcel. Lib. XIV. (4) Quo comitatu matronce complures opertis capitibus , et basternis per Intera civitatis cuncta discurrnnt. Id. ibi. (5) Familiarum numerum et nationes . Tacit. an. Lib. «I. C. LIIL ( 1^5) I Romani degenerati in un subito si abbandona- rono ad ogni sorta di corruzione : la corruzione li gettò in una sentina di vizj , che per alimentarli si spende- vano immensi tesori . Uno de' vizj più prediletti fu l' intemperanza , e la ghiottoneria. Ortensio il facondo oratore fu il primo , che nella sua cena sacerdotale introdusse i pavoni ^ e Marco Aufidio Lurco ebbe l'o- nore di trovare il nìodo d' ingrassarli . Roma fu debi- trice a Fulvio Irpino della istituzione de' viva) di lu- niaclie , e della maniera d'ingrassarle con vin cotto, e farro . Sergio Orata comunicò il primo alle ostriche un sapore squisito, e Cajo Irrio fece gustare le mure- ne (i). Macrobio rapporta, che la villa di costui, benché di mediocre grandezza , pure pel pregio dei vivai fu venduta quattro milioni di sisterzi , che di nostra moneta oltrepassano i 100,000 ducati (2) . La storia ci ha conservato il nome di Clodio Esopo ric- chissimo istrione , il quale volle sperimentare qual' ef- fetto avrebbe prodotto al palato il sapore delle perle disciolte in aceto (3). È celebre in questo genere di lusso il convito dato da Cleopatra a M. Antonio . La cena di Metello pontefice massimo era imbandita dei (i) Plin. Hist. nat. Lib. IX. (2) Htijus Hirrii villani quamvis non amplam , aut latam constai propter vicaria quce hahuit, qua- 4ragies sestertium venundatain. Macrob. Sat. Lib.IIL C. XV. (3) Plin. Hist. nat. Lib. IX. C. XXXV. (ii6) cibi i più ricercati , e i più squisiti (i). Le mense dì Vitellio , e fli Lucio Vero oltrepassano qualunque im- maginazione . Il fasto della gola de' Romani era insul- tante , essi facean costare una vivanda 100,000 se- sterzi , non altramente , che* praticarono alcuni di que- gli Spagnuoli , che arricchiti in pochi giorni dall' oro del Messico , e del Perù facean riscaldare de' ragù con dei biglietti di Banco . Giovenale avea ragione di dire che nn solo convito divorava il patrimonio di una fa- miglia (2). Ammiano chiama voragini le mense dei Romani (3). Ma quando i Principi , quando i Pontefi- ci , i quali erano non meno i presidenti del culto reli- gioso c]ie i luaesiri d*»!!» cucina davau degli esempi contagiosi di lautezza^ cosa poteva mai sperarsi dal resto de' cittadini ? Vespasiano fu frugale nel vitto , modera- to nel vestire : i Romani ad imitazione del principe riformarono in parte le loro abitudini , i loro costu- mi . Così r esempio ottenne quello , che non avrebbo- no potuto ottenere la pena, e il timor della legge (4). Tanto è vero quell'aureo dettato di Cicerone, che (1) Macroh. Sat. II. C. XK (2) una comedunt patrimonia mensa . Juv. Sat. L (3) Mensarum voragine^. Amm. Lib. XIV- (4) Oh.sec/iiium in principem , et cemuìandi ajnor - vaìidior qiutm pcena ex legibus , et metus . Tacit. An. Lib. III. Cap. LV. ^ tali sogliono essere in uno slato i ciltadini, quali so- no i principi (i). Io lascio indietro una infinità di esempi della profusione , e dello scialac(|uamento dei Romani . Io non debbo tessere i fasti della gola , o della intemperanza di quella nazione. Orazio ci ha la- sciato nelle sue Satire un monumento eterno della in- gegnosa ghiottoneria di quei tempi. Un lusso di questa natura è un lusso di consumazione , cui non vi è la via di riparare . Quando poche bocche divorano il frutto dal travaglio di molte braccia, allora una parte di queste dee languire di stento : Quando un uomo solo consuma quello , che potrebbe bastare a molti , allora egli fura agli oltrl la euesistenza, e tende a sce- mare la popolazione , scemando così 1' agricoltura . Che dirò io della corruzione del lusso donnesco, e di tanti ministri della dissolutezza romana ? Le pse- cadi , le veslìpUci , le imtatrici , le tessitrici , le cosmetc da una parte ^ gli unguentar] , i bagnaiuoli, i cuochi, che doveano avere lo stesso raffinamento di gola de' loro padroni (2) , e il resto degli artefici del- la voluttà dall' altra . Questo lusso aumentò , e nudrì in Roma un infinito numero di mestieri , e di arti (i) Quales in repuhlica principes siint , tales reli'pios^olere esse cives . Cic. (2) Non satis est drs sola coquo servire palato Naim/ite cnquns domini debet habere gulam . Mar- tial. Lib. XIV. Epig. 218. (ii8) non produttrici di alcuna ricchezza j e diminuendo in conseguenza il numero della classe coltivatrice , dimi- nuì , e spossò l'arte dell'agricoltura eh' è la sola pro- duttrice delle rendite vere , e reali . Che se si voglia riguardar il lusso sotto un altro punto di veduta , qual'è il lusso di generi stranieri , si troverà , che V agricol- tura in Italia dovea diseccarsi fin nel suo fonte . L' I- talia in ogni tempo rinomata pe' suoi vini , benché non dispregiasse i proprj , fece uso sotto i Cesari di vini forestieri (i) . I più pregiati erano quei della Gre- cia, e dell'Asia. Il Chio , il Sarao , il Cipro, il Lesbo accupavano sempre il primo posto sulle mense do' ric- chi . 11 pili lodalo , e il ju'ù iioLilo era il primo . Or- tensio ne lasciò al suo erede più di 10,000 caratel- li (2) . In tal modo le provincie dell' impero si arric- chivano a spese del folle lusso de' Romani . L' Egitto forniva il frumento, e Roma mandava danaro. L'AtlVi- ca provvedea le frutta , e Roma spediva danaro . La Gullia r Olio , e Roma danaro ; la Spagna la cera , il mele, e Roma danaro ; la Grecia i >iiii, e Roma danaro. Potea mai l'agricoltura prosperare , quando il consumo cadea tutto sopra generi stranieri , non esclusi quelli di prima necessità? L'agricoltore, che non può smerciare le sue derrate si disanima , e non coltiva più (i) yai'ibiu< vindeviianicondimus ex insìila Coa, et Ghia. Varr. de R. R. lib. II. (2) Plin. JJùt. nat. lib.XIF. cap. XIF. ( "9) quei campi , le di cui |>ro inurcìn: . ()ui:hi<) spirilo (al^li; di noviù è connine anelili alla moderna Jl.dia . Non vcngon inTha oggi hulh; nostre menHc , a firer«;r';n/,a d«' nostri i)\\ , e de' noslii vini , gli Olj ili l'roven/.a , e i vini di Sciam|)agna , «; di iJoigogtiii ? lo non rammento «jnì la propensione, o pinttosto il furore deMloinani jx.-r gli ungii<;iiti , per gli aromi, per le gemme, le [xrrle , l'avorio, 1' ehano , Tauilira , e per mille alde merci di fasto, e di voluttuosa delizia. Questi generi venivan somministrali dalli; Indie , dali' Araliia , «lall.i l'ersia , dall'Egitto, dall'Etiopia, e da altri remotissimi paesi ^ e Koiiu tranne un poco di olio, e di vino li c-onliiava con argentai, ed oro effettivo . Io lio voluto WilarnenU; fare un cenno di questo lusfco sempre ((assiso po' H orna ni , [M;rche si possa facilmente conquendere , come 1' industija ue , qiiest' utile com- pagno dell'uomo nelle faceude lusticlie, e ministro di Cerere (i), il bue, la cui uccisione riell' anticliiià rne- (i)'///c aociius hominum in rustico opere ^ et Cerei in rniuuter . Var. de R. K. lih. II. e 120 ) rito la pena della morte, e dell'esilio (i) , II bue fu riputato la vittima la più gradita ai bugiardi numi di Roma (2) . Quelli eh' erano destinati a sacrificarsi da' trionfatori si facean venire dall' Umbria , che avea fa- ma di produrne de' bellissimi . Merania ne forniva de- gli speciosi , e prima di essere tratti al sacrificio fa- ceansi lavare nel fiume Clitumno , perchè si credeva , che quelle acque li rendessero bianchi (3) . Giuliano r acerrimo persecutor de' Cristiani fu furente in questa specie di sacrifizio . Egli alcune volte giunse ad im- molare cento tori , e innumerabili gregge di varii be- stiami (4) • Il togliere questi animali alla coltura , e toglierli nella loro gioventù , non era egli lo smembra- re dal corpo le braccia ? Se Costantino in tale deca- cenza dell' agricoltura sforzandosi di riparare in parte al suo ultimo fato , esentò i buoi aratori dal servizio delle pubbliche vetture , con quanta maggior ragione non si sarebbe dovuto proibirne il macellamento ? In (i) Ab hoc antiqui manus ita ahstineri l'oltie- runt , ut capite sanxerint , si qiiis occidisset. Id. Uh. IL cap. V. Plin. Hist. nat. Uh- J^III. C. XLV. (2) Vittima opima , ci laudatissima deorum placai io Id. ibid. (3) Fedi Virgilio . Georg, lib. II. v. 146. (4) Tauros aliquoties immolando centenos , et inmimeros varii pecoris greges . Amm. Marcel, lib. XXII. I ( 121 ) un paese ove il lusso superstizioso immolava a centi- naja sugli altari questi utili animali , sarebbe stato ne- cessario , che la legislazione li avesse protetti . La cervice , eh' è atta al giogo non dev' essere esposta a' colpi della scure ^ il bue si dee lasciare in vita perchè è quello , che insieme coli' uomo travaglia alla sussi- stenza dell' uomo (i) . Esiodo facea consistere il so- stegno di una famiglia nel padre , nella madre , e nel bue aratore. In tal modo decadde 1' agricoltura presso un po- polo , che fu signor di ogni cosa , finché allo spirito guerriero seppe associare i germi dell' attività , e del travaglio . In tal modo ruinò una nazione , che su queste basi fondò il più vasto , e il più potente domi- nio dell' Universo . D' onde si conosce chiaramente quanto vadano errati coloro , che allo imperio della forza pospongono quello della industria . (i) Apta jiigo cervix non est ferienda securi Fivat y et in dura serpe laboret humo. Ovid. Fast. Lib. IV. i6 ( 122 ) Memoria sulla depurazione della Canfora greggia del Socio ordinario Signor Michele Ferrara , Letta neir adunanza del dì 16 di aprile 1812. JT ra i generi coloniali pervenuti in questa Capitale nell'anno 1810, vi fu quello di circa libbre 4oniila di Canfora greggia . E noto che questa sostanza vegetabile si raccoglie abbondantemete nel Giappone da una specie di Lau- ro , Laurus Camphora . Il metodo di estrarla consiste nel tagliare minuta- mente i rami , e le radici di quest' albero , e di get- tarli così picpaiitti in un lambicco ove trovasi ripo- sta dell' acqua . Nel capitello di questo vase si adatta- no i fascetti di paglia di riso , ed applicato il recipien- te al suo becco si procede in seguito alla distillazione. Con tale mezzo la Canfora si separa dal tessuto legnoso, elevandosi una porzione col vapore acquoso, altra aderente alla paglia del riso , il resto finalmente sotto forma di una massa galleggiante sull' acqua nel lambicco . Raffreddato 1' apparecchio si raccoglie la sostanza indicata che nel tutto insieme rappresenta un colore bian- co-fosco , lucido , granoso , facile a rappigliarsi in gru- mi , ne' quali va sempre fiammischiata qualche parti- cella legnosa . Questi grumi strofinati colla mano si < 123 ) dipartiscono in tanti minuti granelli di figura confu- sa . La massa nell' insieme spande 1' odore acuto della droga • imprime sulla lingua un sapore prima amaret- to , quindi di un aroma piccante fresco , ed espansi- vo in modo , che promuove la lagrimazione . I paesani dopo d' averla raccolta , 1' immettono nelle casse formate da lamine sottili di piombo , sug- gellando le commessure collo stagno , ed in tal mo- do condizionata la passano in commercio col* nome di canfora greggia . Gli Olandesi , e gì' Inglesi sono i soli che ne fan- no r acquisto . Eseguono con riserva il metodo , che praticano nel raffinarla , ed è diversa la forma , che le conciliano . I primi la trasmettono nelle piazze d'Europa a piccioli pani di figura sferica , ed ognuno di questi non eccede il peso di once 26. I secondi la riducono alla forma medesima , ma ogni pane sormonta ordinariamente le libbre 12. Queste masse sono compatte , consistenti , dure , di colore bianco trasparente , e tramandano 1' odore grazioso canforico . Parlando della storia dì questa sostanza vegetabi- le , credo opportuno l'aggiungere , che la medesima non si sapeva estrarre dai nostri antichi , se non da un al- bero , che cresce nelle isole Molucche . Venne in se- guito trovata abbondantemente nel Laiirus Campho- ra , e quindi scoperta negli olj volatili della cannella, del timo , del rosmarino , del sassafrasso , e più dovi- ( 1^4) ziosamente nella lavendola : tanto cìie un fannacrsta di Marcia, provincia meridionale della Spagna, la ri- traeva da quest' ultima con un processo semplice , co- me r assicura il Signor Agerula . E noto finalmente d' essere stata discordante 1' o- pinione de' chimici sulla natura di questa sostanza . Taluni la credevano una resina , altri un olio essen- ziale concreto . Finalmente riconosciute oggidì le pro- prietà così fisiche, che chimiche , le quali l'apparten- gono , è stata perciò considerata come uno de' princì- pi immediati della vegetazione , e come tale ha meri- tato dalla Scienza 1' articolo rispettivo nella classe de' medesimi . Per uno incidente politico intanto trovandosi una massa rispettabile di questo genere greggio in doga- na, venne, comò gH altri, esposto alla vendita^ ma perchè non era alla conoscenza degli speculatori , e non indicando altro segno di essere canfora ^ che il solo odore , così ognuno credè un azzardo di farne 1' ac- quisto j e come inutile rimase ne' vasti magazzini do- ganali . Scorso qualche tempo il Sig. Ferrier Direttore delle dogane mi fece pervenire una libbra di questa droga , incaricandomi di saggiarla , e se dal risultamento era assicurato d'essere canfora, ne avessi stabilito, così il metodo di raffinazione , che di ridurla alla fattura dell' estero . Neil' osservare il genere non credei istituire alcun saggio ajaalittico per conoscerlo , giacché le sue proprie- ( »25 ) tà fisiche 1' appalesavano bastantemente , ini rivolsi per- ciò a rallliiarlo . A tal eiìetto io mescolai esattamente la libbra della canfora greggia col quinto del suo peso di calce . Esposi in seguito la mescolanza alla subli- mazione colla temperatura corrispondente . Essa dopo d' essersi perfettamente riscaldata prese lo stato di fu- sione . Allora venne diminuita la temperatura medesi- ma , e l' operazione fu portata al suo termine . Raf- freddato il vaso trovai la canfora sublimata ne' lati , di colore bianco diafano , consistente , gratissima nell' odore . Era in somma la canfora railìnata di com- mercio . Assicurato quel Direttore della natura del gene- re , ed informato col fatto , che poteva depurarsi , e conciliarglisi la fattura estera , lo propose a mercatan- ti, e questi dopo d' averne fatto 1' atcjuishn , mi die- dero l' incarico di raffinarlo . Io cominciai a procede- re air operazione col metodo tenuto nel saggio . L' e- sito non corrispose . La canfora al grado 5o del ter- mometro si elevava sotto forma di tanti aghi bianchis- simi , e coir aumento della temperatura invece di pren- dere lo stato solido nella sublimazione si fondeva di nuovo , ritornando sulla massa , d' onde era partita . Ripetei r operazione ben due volte , ed ottenni lo stesso risultamento . Allora mi proposi di sostituire alla calce il suo carbonato . La canfora in tale mescolanza rimase dei proprio colore senza punto imbianchirsi . Esposta alla temperatura, si fuse, elevandosi nello stato concreto. ( 126 ) Raffreddato 1' apparecchio , il colorito della droga era giallognolo con qnalche tinta rossastra , aveva lo stato trasparente , e tramandava un odore empireumatico cosi disgustoso , che faceva nausea . Finalmente mi rivolsi a trattarla colla calce resa sotto-carbonata all' aria . La canfora greggia con que- sta terra divenne bianca all' istante . Coli' applicazione della temperatura prese la mescolanza lo stato di fu- sione , e s' elevò regolarmente sotto forma diafana e consistente . La sublimazione però veniva accompagna- ta da uno strepito , e da un fragore , che faceva te- mere la rottura del vaso . Se per poco veniva dimi- nuita la temperatura corrispondente alla fusione , al- lora la massa passava prontamente allo stato d' adden- samento , si rimaneva dal sublimarsi, e conveniva con avvedutezza riprendere lo stato primiero . Ad onta di tale molesta , e pericolosa progressione fu portata al suo termine . Dagli antecedenti fatti venni alla conseguenza . 1 . Che la calce viva era capace di denudare la canfora greggia del suo materiale colorante , ma non atta a farla sublimare nello stato concreto , quasi che la decarbonizzava in parte . 2. Che il carbonato calcareo non era meritevole di applicazione , perchè incapace di spogliare la droga del materiale colorante , d' onde dipendeva l' elevazio- ne di quest' ultimo nella sublimazione . Che questo materiale sublimandosi confusamente le conciliava il colorito giallorossigno , ed acquistava la droga un gra- ( »27 ) do d' adustione , donde lo stato empireuraatico . 3. Che il sotto-carbonato calcareo conferiva ol- tre modo alla raffinazione , perchè la imbiancava all' istante ^ conseguentemente il materiale colorante veni- va trattenuto fra le particelle terrose senza punto po- tersi elevare , e quasi sopraccarbonizzandola conduce- va allo stato di concrezione e depurallssimo della dro- ga . Bisognava però proccurare un intermedio , che va- lesse a reprimere lo strepito , il fragore , e talvolta la forte ebull izione , che soleva adombrare la nettezza del genere sublimato . Io debbo qui con ingenuità confessare di non aver mai provato un' angustia tanto penosa , né una con- fusione più molesta per tutto quel tempo , che s' in- terpose sino alla sicurezza del processo , perchè i mer- catanti curiosi di vedere un saggio del loro genere raf- finato , mi facevano le più incessanti- premure , all' opposto io non sapeva che dir loro , né che rispon- dere . Istruito intanto dalle osservazioni indicate io pro- cedei air applicazione del metodo , ed impiegai colla droga r ottavo del suo peso di calce estinta , e circa il sesto di carbonato calcareo . Adoperai quest' ultimo coir oggetto, che come più greve venisse ad intrattene- re fra le sue parti la calce estinta , e non avesse luo- go lo strepito ed il fragore , che la medesima produce- va impiegandosi isolata col pericolo della rottura del vaso , della combustione violenta ec. ec. Il fatto cor- rispose prosperevolmente . ( 128 ) Esposta la mescolanza in un sargiuolo sepolto nell* arena , applicai alla sua estremità un tubo ricurvo , che s' immetteva in un ampolla. Suggellate le giunture la trattai colla corrispondente temperatura . Essa placi- damente prese lo stato di fuzione . Allora minorai la temperatura istessa , sostenendola a far bollire legger- mente la massa , e discoprendo il vaso dall' arena ^ che occupava i lati superiori del medesimo . Con tal sistema la canfora si sublimò colla più precisa regolarità . Lo strepito , ed il fragore non eb- bero luogo , e 1' operazione placidamente pervenne al suo termine . Raffreddati i vasi raccolsi la droga sublimata . Es- sa era compatta , trasparente , bianchissima , tutta si- mile a quella del commercio . Neil' ampolla di rincontro trovai dell' acqua , eh' era circa 9 per ogni cento , con una poca quantità di canfora , che seco aveva innalzata , e nel fondo del sar- giuolo rinvenni poca quantità di canfora inviluppata tra le parti terrose , e la massa nell' insieme presenta- va un colore bigio . Assicurato il metodo , io procedei a portar il raf- finamento all' ìngraude , ed in tale proseguimento os- servai , che quando si adoperava la calce spenta per lungo tempo all' aria , questa contribuiva altrettanto all' esito felice dell' operazione : che quando si poteva far uso isolatamente di questa terra estinta per lungo tempo , conveniva applicare una temperatura sempre eguale , dopo la fusione avvenuta j che questo grado i ( »29 ) costante non poteva sperarsi impiegando il nostro car- bone senza una vigilanza penosissima, che per tale cir- costanza gl'Inglesi , e gli Olandesi dovevano riconosce- re un vantaggio niarcalissinio coli' uso del carbon fos- sile, potendo questo conciliare alla massa fusa la tera- peralnra eguale per la lunga durata di tal combustibi- le , e finalmente con tale mezzo si poteva Hire a me- ro di adoperare il carbonato calcareo a condizione del- la calce, che fosse stala esposta all'aria per lungo lenipo. Osservai inoltre , che il caio sul raflinamento non succedeva sempre Io stesso , e ciò proveniva dall'acqua, che non si trovava costantemente nella proporziona intesa in unione alla canfora greggia j anzi quando que- sto Iluido v' era in abbondanza , esso produceva del gonfiamento iH;lla massa , prolungava la fusione del- la droga , e dopo che questa era fusa , se n' elevava una picciola porzione coli' acqua medesima , che veni- va ad addeusiusi nel vaso di rincontro. Finaluieuie iile\ai, «he la canfora greggia con^'er- vata per lungo tempo soffriva un calo jnaggiore nella sublimazione , e ciò proveniva dalla dissipazione del principio canforico , che come volatile , oltremodo si dispeiideva ad onta che trova\asi ben condizionato Utile lan)ine di piombo. lo conciliai la fwrnia «li figura sferica ai miei pa- ni di canfora. Ogni j>anc però era diverso nel ptso da quello d'Oiand,! , e d' lughilurra. Esso ordinar'amen- te eccedeva le lilibie tre , e con ciò veniva a di&tiji- luei'bi d'essere falluia JN'apoleluua. J7 ( j3o) Su gli usi medici della Digitale Gialla. Memoria del Socio ordinario , e Segretario perpetuo Signor Vincenzo Stellati. Letta ncW adunanza de' 12 Dicembre 181 1. Plantce , qiicv genere conveniunt , iisdem facullali- bus pr cedi Ice sani. Linn. Pliilosopli. Boi. pag. 278. n. ù3]. A. .MANDO quella parte della Storia Naturale , che pre- cisamente ha per oggetto la conoscenza ilelie piante, e coltivandola per quanto me lo concedono le mie po- che forze , preferisco sempre che posso quel ramo di essa , che ci riguarda , cioè la cognizione di quelle piante , le quali son proprie del nostro suolo patrio, e proccuro tanto maggiormente di perfezionarla al mio possibile , quanto me ne occorre alcuna , che posso "per giuste ragioni , o anche lo debbo , annoverarla tra le sostanze medicamentose , credendola non a caso op- porttina ad importanti oggetti della Medicina. È stato questo l'incontro de' motivi , che mi hanno spinto a raccogliere le notizie riguardanti la Digitale IjUtea di Linneo, che io chiamerò Gialla, alla di cui consi- derazione mi ha, per così dire, attaccato quello, che della Digitale Purparea si è affermato da accreditati Autori. La quasi totale mancanza di quest'ultima , es-» t ( i3i ) sentlosi oppposla presso noi al generale di lei »iso , e perciò al generale conoscimento delle sue eroiche fa- coltà mediche ^ sarà sempre ben impiegato il travaglio di porre a giorno quanto può sapersi della pianta , che r è affatto analoga ^ sicché può dirsi dotata delle virtù medesime, se non che sia di qualche grado più debole la sua attività : circostanza che invece di costituire uno svantaggio della nostra Digitale , potrebbe anzi parere che la renda più accomodata agli usi nostri , e più opportuna alle nostre fisiche costituzioni. Sembrami intanto non inutile il confessare , che fin oggi non è se non accennata la digitale gialla dal Sig. Viteto , il quale per testimonianza del dottor Bet- toli avrebbe voluto sostituirla alla purpurea , come ri- levo dal terzo volume dol Giornale della Società Me- dico-Chirurgica di Parma pag. 265 , quantunque io non sappia , né è stato possibile rinvenire alcun tentativo già fatto su tal proposito dallo stesso autore , o da altri. Né infine debbo passar sotto silenzio , che II no- stro chiarissimo Signor Domenico Cirillo nel secondo volume de' Fondamenti Botanici pag. 271 parlando della Digitale Ferruginea accenna di passaggio esser la Digitale gialla fortemente emetica , ed anche drastica , e come tale da doversene temere 1' uso . Ecco le sue parole : Postremo loco de Digitalis Fermginece exi- mia qualitate diuretica dispu indimi A^os ab speciei flore ferrugineo rari taf em , Digitalis lu- teoB decoctum. asciticis , et hucoplhegmaticis prò- ( i32 ) pìnavìmus. P'evum veliementissimn emetica , atqnc drastica facultate perterriti , post breve tempiis ab hoc efficacissimo quamvis diuretico cd>stiiiuimus. Io rispetto assai i detti di uu uomo sì illustre , ma non debbo celare uon aver giammai ossorvato né il vomi- to , né accrescimento di evacuazioni ventrali dietro la giusta e moderata amministrazione della digitale gialla , che da molti anni continuamente pratico non meno in decotto , che in polvere . Solo fa ella nel momento della introduzione sentire un certo malessere dello sto- maco , che dura pochi momenti : fenomeno da me posto a calcolo , come potrà rilevarsi dalle rapportate osservazioni . Sarebbe stato desiderabile , che il citato dotto Scrittore avesse fatto menzione della dose , se- condo la quale ha egli dato il luentovato decotto ^ co- me pure delle particolari circostanze di tali infermi , e del numero delle sue osservazioni . Ogni giorno in fatti r esercizio della professione ci fa marcare varj ef- fetti ne' rimedj secondo la lor dose , e secondo i varj gradi di sensibilità delle differenti costituzioni . Tutt' i medici riconoscono nel Chermes minerale il potere di promuovere 1' espettorazione , ed intanto si sa da tut- ti , che non di rado tal rimedio dato in dose avan- zata , o pure amministrato in una macchina molto ec- citabile , suscita il vomito , ed accelera le separazioni ventrali. Lo stesso accade spesso nell' amministrazione della così detta polvere di James, nel mentre che vien sempre prescritta come un esimio diaforetico. Né sono pochi altri simili esempj tratti dal regno vegetabile. La ( i33 ) somma delle attuali cognizioni relativa al generale modo di agile de' rimedj rende completa spiegazione di tutto ciò . Ma poi se la Digitale purpurea è molto lontana dal far vomitare , e dal purgare , non vi è ragione da credere , che possa produrre tali effetti la Gialla , la quale gode delle istesse virtù. Pare dunque non dover esser proscritta la Digitale gialla dal catalogo delle so- stanze medicamentose , dacché ha forse qualche volta suscitato il vomito, ed aumentate 1' escrezioni ventrali j che anzi debba guardarsi come uno de' più efficaci ri- medj adatti a fugare le più terribili malattie. Non. poclii sono gli Scrittori di opere mediche , i quali han fatto parola del valore della Digitale Pur- purea di Linneo in molte malattie. II dottor Wilhering è stato forse il primo , il qnale in un trattato partico- lare con molta precisione ha parlato delle qualità me- diche di questa pianta nelle idropisie . Lentin pose a giorno r attività della medesima nel disciorre le scro- fole. Haller nella storia delle piante Elvetiche anche la propone contro le medesime allorché in particolare sono ereditarie. A questi due ultimi illustri Scrittori fa eco il dottor Merz , il quale in una sua disserta- zione ha fatto vedere quanto sia questa pianta efficace nella cura delle scrofole istesse . Cullen non ha man- cato di far rilevare la sua forza diuretica . Swediaur oltre al raccomandarla nelle idropisie , e nelle scrofole , la propone nella nefritide calcolosa , nella epilessia , e e nella disuria. Darwin nel terzo volume della Transa- zioni mediche fa lodevole menzione non solo della ( iM ) polvere , ma benanche del decotto della digitale pur- purea nel trattamento delle ulceri scrofolose . Scliie- mann , Murray finalmente , ed altri molti convengono tutti relativamente alla virtù risolvente di questa spe- cie di digitale . Né vi sono mancati di quelli , i quali temendo la sua soverchia facoltà acre , ed irritante si son limitati a raccomandarla come nn egregio risolven- te solo per l'uso esterno . Parkinsono infatti vuole , che posta la digitale purpurea acciaccata sulle scrofole in breve tempo le dissipi 5 che anzi lo stesso effetto produca un linimento fatto coi suoi fiori . Il dottor Hulse poi ha dato un passo più oltre , giusta la rela- zione di Rajo nel tomo i della storia , facendo vedere che r applicazione esterna della Digitale purpurea rie- sce utile nelle scrofole secce , e non già nelle umide . Finalmente anche ne' tempi più reconditi piacque ad Elmonzio , come riporta Quarin , dare non solo la polvere della medesima internamente , ma di unirla alla gomm' ammoniaco , ed allo bdellio in forma di empiastro per applicarsi sulle scrofole- A quest' oggetto tutte le farmacopee riportano l' unguento della digi- tale , ed il suo empiastro da servire per la cura di esse . Nel mentre però che molti han parlato delle fa- coltà mediche della digitale purpurea introdotta sì in- ternamente , che applicata esternamente , bisogna con- fessare il vero , che non poco han contribuito al co- noscimento del valore di questa pianta , e delle ma- lattie , nelle quali spiega tutta la sua attività , le dotte ( 135 ) Tnemorìe del dottor Tommasini , e del dottor Bettoli inserite nel terzo volume del giornale della Società Medi- co-Chirurgica di Parma. Da esse si rileva di qual' ener- gia sia ella fornita nel debellare le più ostinate , e le più contumaci malattie. L' ascite , l' idrotorace , l' ana- sarca , non meno che le affezioni pituitose del petto , e le siippressioni della mestruazione , restie a tutti gU ajuti dell' arte sono state fugate dall' uso della digitale purpurea . Con ragione perciò da mollo tempo ha in- cominciato questa pianta a fare una luminosa comparsa nel catalogo delle sostanze medicamentose. Con ragio- ne corre impegno presso tutt' i Medici di osservarne da vicino gli effetti . Con ragione infine si è ormai resa presso noi generale la lagnanza di non poterne avere quella quantità , che corrispoadpsse al bisogno. La di- gitale purpurea in effetti non è indigena del nostro Regno , o almeno finora non è stata incontrata né da me 5 né dagli altri nostri amatori della Botanica . Di essa non si è istituito ancora alcun commercio . Non vi è stato dunque altro mezzo , onde poterla praticare , ed osservarne i suoi effetti , che quello di strapparne qualche individuo , come io ho fatto , che trovavasi coltivato ne' giardini . Ma come ognuno può scorgere di leggieri è questo un mezzo molto debole da speri- mentare le grandi virtù della digitale purpurea , come quella , che convenendo in molte malattie ne abbisogna continuamente una non indifferente quantità . Quindi n' è avvenuto , che non solo il di lei uso non si è reso generale presso noi j ma pure vi sono de' medici , i ( i36 ) quali neanche conoscono il valore di una cotanto im- portante pianta. Ecco la circostanza, che m'indusse a pensare ad altro , ed ecco quello che forma l' oggetto della presente memoria , che credo non esser stalo fi- nora di proposito trattato da altri. Son varj anni dacché dolente per la mancanza della digitale purpurea rivolsi le mie mire sulla Gial- la ( Dìgitalis Lutea. Linn. ) , ritrovandosi questa molto abbondantemente disseminata nelle nostre cam- pagne , ed in particolare nelle colline che circon- dano la Valle di S. Rocco a Capodimonte , come pure nella valle istessa j in quelle de' Gamaldoli , ed infine lungo la strada de' Ponti Rossi. Le prime mie ricerche caddero sulle sue qualità fisiche , le quali se non pro- cedono del pari con qjiellft della purpurea , sono sola- mente di qualche grado iiiferiori. Eccole . Masticandosi le foglie recenti della Gialla si avverte subito un amaro forte unito ad un chiaro senso di astringente. Tutte le parti interne della bocca risentono l' impressione di un acre , che si determina in particolare sull' ugola , onde ne siegue dell' asprezza nel fondo delle fauci , e grande esito di saliva. Continuandosene la masticazione, si au- menta sempre più lo sgorgo della saliva , e quella che sul principio è semplice asprezza , passa ad un dichia- rato ardore. Questo stesso si avverte masticandosi le foglie secche. Bisogna solamente impiegar maggior tem- po , onde possano svolgersi tali principj esistenti nelle medesime. Questi però ravvisansi più fievoli nel fusto della pianta , e molto più nella sua radice. I fiori fi- ( i37 ) nalmcnte non sono mancanti delle indicate qualità . Per 1' uso medico intanto sono da eleggersi le foglie j perchè ricolme, come si è detto , in preferenza di tutte le altre parti , de' mentovati principi . Debbo dire il vero : subito che ravvisai nelle fo- glie della digitale gialla le qualità riportate , pensai di già all'applicazione delle medesime in quelle stesse malattie , nelle quali sarebbe indicata la purpurea. Ma prima di far ciò volli saggiarla con ambedue i mestrui , coll'acquoso, cioè, e collo spiritoso, ad oggetto di os- servare quali risultati avess' ella somministrati. Avendo dunque posta egual qnantiià delle foglie della digitale in quistioiie non meno nell' acqua , che nello spirito di vino , dopo poche ore amendue i liquidi acquistarono un color giallognolo tendente al verde ^ il di loro sa- pore divenne dichiaratamente amaro , e siccome più intenso scorgevasi l'amaro del mestruo acquoso, così più acre di questo divenne lo spiritoso . Cimentai in- fine r infuso acquoso , ed il decotto colla soluzione del solfato di ferro , ed immediatamente si produsse un co- lor nerognolo. Or tuttociò senz'alcun equivoco mi fé com- prendere , che in tale pianta , oltre all'acido gallico , debt- bono esservi delle parli sì gommose che resinose^ che r amaro risiede nelle gommose ^ e che le resinose ven- gono a sostenere quell'acre, di cui ho fatto menzione. Né si andrebbe lontano dal vero se si dicesse esser talmente unite tra loro le parli gommose , e le resi- nose , che il mestruo acquoso discioglie anche porzio- ne delle resinose ; e cosi per lo contrario lo spiritoso i8 ( i38) ne discioglle parte delle gommose. Finalmente gli estratti manifestarono presso a poco le medesime proprietà. Dopo aver ciò osservato , e per conseguenza dopo essermi assicurato , che la natura della digitale gialla è molto prossima a quella della purpurea , e che som- ministra presso a poco i medesimi risultati ^ mi animai a praticarla nelle malattie , in cui vien quella racco- mandata. I primi saggi furono da me fatti nello Spe- dale di S. Francesco alla presenza di molti giovani , i quali sono altrettanti testimonj de' portentosi effetti del- la nostra digitale. I felici successi di questi primi saggi mi hanno in seguito sempre più animato a praticarla pure nelle case de' privati. Il mio esempio è stato ben tosto seguito da molti altri professori , e sempre col medesimo felice risultato. Io intanto non farò che ri- portare la storia di pochi casi , perchè altrimenti an- drei troppo alla lunga , ed eccederei sicuramente i li- miti di una memoria. Questi però saran sufficienti a dare giusta idea del valore della pianta in quistiofie. Venne nella mia sala una donna di circa anni So , e di buona costituzione attaccata da febbre quotidiana , di cui ciascun parosismo era preceduto da leggieri bri- vidi , e seguito da generali sudori. Avea la lingua molto vestita , un continuo incitamento al vomito , ed ema- nava un alito puzzolente. In buono stato poi erano le funzioni del capo e del petto. La prima indicazione , che credei di riempire, fu quella di togliere la grande località esistente nello stomaco . La feci quindi vomi- tare con una lunga soluzione di tartaro slibiato , die* ( »39) irò la di cui azione diede fuora un gomitolo di vermini con de' succhi gastrici guasti . Keplicai nel giorno se- guente r istesso emetico, ed anche un materiale pravo si vide sortir fuora con gran sollievo della inferma. In- tanto la febbre continuando a ricorrere temei , che non avesse a cambiar aspetto la malattia , come accade spes- so negli ospedali , col crollare il sistema nervoso in roagj^iore avvilimento. I polsi essendo molli , la lingua umida , la cute giustamente temperata , mi determinai all' uso d^lla cbiu-china , la quale produsse i soliti suoi lodevoli effetti j giacché di giorno in giorno il paro- sismo si mitigò , i pulsi divennero meno tempestosi j infine nel decimotpiarto gìinuo ia febbre si estinse af- fatto , comparvero ddle separazioni abbondanti per se- cesso , ed anche de' sudori , e la Rngua perfettamente si nettò . Avrebbe dovuto 1' infeima in tale stato ser- bare un esatto regimine di vita j ma dopo pochi giorni dando luogo a qualche eccesso di cibo , ed anche a qualche disordine di traspirazione , mentre spesso girava nuda per la sala , ricadde nel male. La febbre si riaccese con gagliardia. Di bel nuovo si vide in campo il ga- stricismo. Vi si Unirono finalmente anche de' dolori nella muscolatura , i quali venivano accompagnati da un notabile innalzamento di temperatura della cute. II bagno , la china , e le preparazioni antimoniali fecero al termine del primo settenario il tutto svanire. L' in- ferma si rimise nel pristino stato . In grazia della brevità tralascio di riferire minutamente tutto quello che in seguito accadde. Solo fo riflettere che non pas- ( i4o ) sarono molti giorni , e di bel nuovo ricadde con una più distinta comparsa di tutti quei sintomi , i quali accompagnarono la prima recidiva . In luogo però de' dolori reumatici avvertiva l' inferma in ogni accessione febbrile de' forti dolori nella regione ombilicale , i quali duravano sino al cader del parosismo. Ecco l'origine di una seconda, e più terribile malattia. Immediata- mente diedi di piglio , premesso un emetico , all' uso della china animata da qualche granello di oppio , ed a quello del bagno. Né mancai cogli opportuni mezzi di sostenere le forze della vita. Un tal sistema intanto nel mentre che produceva i più chiari vantaggi riguar- do alla febbre , niun beneficio arrecava relativamente a' dolori ombilicali 5 che anzi siccome i medesimi nel principio di quesia' ultima recidiva affliggevano l' in- ferma, solo nelle accessioni feijbrili , divennero da gior- no in giorno più frequenti sino al punto di tormentar- la pei- tutto il corso del giorno e della notte . Final- mente cede dopo altri due settenarj compiutamente la febbre , si videro copiose evacuazioni , la lingua per la terza volta si nettò j ma i dolori continuavano "sem- pre colla medesima intensità . Non avendo né i repli- cati bagni , né la china , né le preparazioni oppiate date in dosi superiori alle ordinarie prodotto alcun sollievo , mi determinai di assoggettare 1' inferma alla dieta lattea , acciocché facendosi una sottrazione degli stimoli naturali , si potesse veder minorato lo squisito senso morboso , acquistalo dalle viscere del basso ven- tre , ed in particolare dalle budella tenui , coutinuaa- ('4t ) do altresì 1' uso del bagno , ma più tosto fresco , e di piccola durata. Anche inutile un tal espediente riuscì . Dopo una decina di giorni all'asprezza de' dolori om- biiicali si accoppiò una sensible tumefazione dfcU' ad- dome , ed una diminuzione nella separazione delle ori- ne. Ecco di già manifestato il carattere di quella ma- lattia secondaria , cioè di quell' ascile , cbe veniva fin dai primi giorni indicalo da' mentovati dolori. La tu- mefazione intanto della pancia si avanzava a gran passi , essendosi resa chiarissima la fluttuazione , e le orine per conseguenza anche a gran passi scarseggiavano. Le notti erano inquiete e vigili , e la nutrizione sofferiva un gior- naliero detrimento . A proporzione però che si aumen- tava il volume dell'addome, i dolori si mitigavano sino a scomparire perfettamente . A farla breve inco- minciai a trattar subito V inferma coi diuretici . Prima praticai 1' uva orsina , ed il solano spinoso . Indi posi mano agli aselli, cremor di tartaro, e scilla. Sul prin- cipio questi rimedj produssero qualche sollievo , accre- scendo la quantità delle orine ^ ma da lì a pochi gior- ni di bel nuovo crebbe la tumefazione del basso ven- tre , le orine si resero scarsissime , e le notti sempre più inquiete . Costretto dunque dalla necessità mi ri- solvetti di darle le foglie della digitale gialla in sostan- za , cioè in polvere , di cui da quest' epoca giammai me ne ho fallo mancare una sufficiente quantità . La ripartii in piccole dosi di quattro acini l'una, e di queste ne facevo introdurre tre il giorno. Sotto le pri- me dosi avvertì l' inferma uel momento della introdu- ( I42 ) zìoue un disturbo significante nello stomaco : disturbo ftiolto simile a quella nausea , che precede il vomito : disturbo che generalmente avvertesi usandosi la polve- re deVÈÈ nostra digitale , come si avverte pure allorché usasi quella della purpurea . Furono intanto continua- te le solite tre dosi per due giorni , e nel terzo se ne aggiunse una quarta . Al principiare del quinto giorno sì videro chiaramente divenir le orine più abbondanti, cacciandone più libbre nel decorso di 2^ ore col mas- simo sollievo della inferma. Allora fu che con maggior coraggio feci continuare l'uso delle polveri , le quali nel decorso di circa dodici giorni dissiparono l' agcite , rimisero l'addome nel primiero stato , ed innalzarono le forze della inferma in modo da passeggiare per la sala . Contro il mio sentimento intanto vedendosi in questo stato non volle ulteriormente continuare l' uso delle polveri-, ma fu dopo pochi giorni nel bisogno di riprenderle , giacché di bel nuovo T addome s' ingran- dì, e le orine si minorarono. Infatti appena ne riprese l'uso, si vide migliorare sollecitamente, essendosi su- bito aumentata la separazione delle orine medesime . Malgrado di questi vantaggi feci continuare il rimedio per altri pochi giorni , accrescendone la quantità gradata- mente sino a granelli sei per ciascuna dose, finché ri- acquistò perfettamente 1' appetito , e le forze j sicché si pose nello stato di sortire dallo spedale. Un'altra donna di anni circa 44» ® ^^ costituzio- ne non molto valida, venne nella mia sala afflitta da forti dolori di carattere gallico , e da esostosi dolentis- ( ^3 ) sime in ambedue le tibie . A questi non lievi incomo- di si accoppiava lo stato malsano del fegato , e degli organi vicini. Appetiva molto poco , ed a stento dige- riva quello , che introduceva. In tale stato credetti espe- diente attaccar subito la causa prima di tutti questi di- sordini. L'assoggettai perciò all'unto del comune un- guento mercuriale , accompagnando la cura con tutto quello , eli' è solito l'arsi in tali casi . Né mancai di conciliare all'inferma un poco di pace , mercè gli epi- spastici afqiHcati , com' è mio costume , sull' esostosi , ed anclie con qualche dose di oppio . La cura andò avanti felicemente sino al consumo di tre once di un- guento , giacché i dolori eransi resi fievolissimi , 1' eso- stosi abbassate , appetiva meglio , e meglio anche di- geriva . Nel mentre però , che tutto prometteva una prossima guarigione, comparve della tosse, in partico- lare nelle ore della notte . Sul principio fu ella giudi- cata per catarrale j ma dopo altri pochi giorni dive- nendo sempre già imjiortuna anche nel corso del gior- no si manifestò un Jeggiero edema ne' piedi ^ i polsi sì resero alquanto tesi^ ed infine una certa anzietà di' re- spiro venne ad inquietare la povera inferma nelle ore dt'lla notte . Or T apparizione di questa nuova serie di malanni fece sospettare già qualche minaccia di separa- zione sierosa nel petto. Non volendo perder mai di vista la diatesi sifilitica , aggiunsi all' unto mercuriale I' uso di un risolvente esimio , e gran diuretico insieme , qual' è la miscela del nitro , e del tartaro stibiato. Prese l' infer- ma di tal miscela tre o quattro piccole dosi in ciascun ( '44 ) giorno , ma con poco sollievo j che anzi non passò molto , perchè l' edema de' piedi occupasse anche le gambe , manifestandosi eziandio qualche gonfiore nella cellulare delle gote. Tutto a buon conto indicava un idrotorace , che andava a stabilirsi. Non volendo quindi perder più tempo posi mano all' amministrazione della polvere della digitale gialla nel modo anzidetto , ren- dendo le dosi più prossime tra esse. Feci però sospende- re le frizioni mercuriali per il giusto timore di non ur- tare soverchiamente il sistema nervoso con i stimoli differenti. Seguitò l'inferma a prendere nelle ore del- la sera qualche granello di oppio . Posso assicurare i miei lettori , che dopo il consumo di circa una dram- ma di tale polvere , si aprirono profusamente le orine j si abbassarono le gote ; a poco a poco si minorò 1' e- dema j i polsi si resero muUi j la tosse divenne soffri- bile . Continuò per altri quindici giorni 1' uso della digitale , allontanandone gradatamente le dosi sino alla introduzione di due solamente per ciascun giorno , e così svanì la minaccia dell' idrotorace colla massima sorpresa di tutti. Feci in seguito riprendere i' unto mer- curiale finché l'esostosi furono completamente distrutte 5 ed essendo ciò accaduto dietro il consumo di circa tre altre once di unguento , trovossi l' inferma perfet- tamente rimessa in salute , e nelle circostanze di sor- - tire dallo spedale . Tra le cure fatte colla digitale vi è quella di un fab- bro ferrajo avanzato più. tosto in età, il quale si portò in mia casa per provvedere al suoi guai di salute. Dal ( i45 ) suo racconto rilevai , che da molti anni era divenuto asmatico ^ che il bisogno di vivere lo avea obbligato a fàtigare stando continuamente avanti al fuoco j che dal principio della sua malattia nelle ore matutine espetto- rava una quantità di bava , e così andava l' affanno a minorarsi ^ e che da qualche settimana non avendo il giornaliero beneficio di dar fiiora tanto materiale dal petto , vedevasi assai maltrattato . Era intanto compas- sionevole il suo stato, mentre per causa dell'eccessivo affanno sembrava strangolarsi. La respirazione osserva- vasi superiore e celere ^ uno stridente scroscio si sen- tiva neir atto della inspirazione \ ma quello che atter- riva , si era la impetuosa e continua tosse , la quale enormemente lo arrossiva , e sembrava togliergli il re- spiro . Avea di più la faccia , il collo , ed i piedi gon- fii . I polsi linalmente si mostravano vibranti , e tesi . Osservando questo povero uomo in tale stato dubitai molto della sua vita , ed oso dire che ne avrebbe chiunque dubitato , trattandosi di un chiaro idrotorace sopraggiunto ad un annosa affezione asmatica . E tan- to più vidi in grave pericolo la sua vita, dacché si ri- trovava in uno stato sì misero da non poter profittare di niun ajuto dell'arte, né di poter usare un buon regimine dietetico. Ciò non ostante proccurai d'incorag- giarlo. Gli diedi dodici dose di cinque acini T una della polvere della digitale, delle quali ne dovesse prender tre in ciascun giorno con soprabbere su \ ultima della sera un poco di latte, e lo esortai a ritornare dopo il quarto giorno . Attentamente infatti eseguì il povero uomo 19 ( i46) tutto il prescritto da me, ed essendo ritornato mi ri- feri, che quando prendeva la polvere sentivasi una mos- sa , diceva egli, nello stomaco, dopo la quale vedevasi r espettorazione di quella bava accresciuta j e che 1' af- fanno non era tanto forte come ne' giorni antecedenti. Avendo io ciò inteso , gli diedi buon numero di altre simili dose da prenderne quattro nel decorso di cia- scun giorno . Gli feci continuare altresì il latte per cena , e gì' imposi di ritornare dopo altri cinque o sei giorni . In questa occasione debbo assicurare i miei rispettabili lettori, che non vie stato per me momen- to più lieto di quello allorché venne per la seconda volta il ferrajo , Il suo aspetto indicava già i vantaggi della medicina , che praticava . Egli dunque mi riferì che la mossa di stomaco facevasi costantemente senti- re nella introduzione della polvere j che per mezzo della tosse cacciava dal petto grande quantità di bava spumosa, in particolare nelle ore della mattina 5 che l' affanno erasi reso soffribile \ e che continuamente ( furono sue parole ) veniva chiamato ad orinare. Per non diffondermi di più soggiungo solamente , che con- tinuò costui a prendere la digitale per un'altra venti- na di giorni , ma minorandone a poco a poco le dosi . Avendolo per 1' ultima volta veduto , lo trovai rimesso quasi perfettamente in salute , giacché non altro soffri- va che una discreta tosse nelle ore della mattina, la quale veniva seguita da piccolo esito di materiale lin- fatico. Da quel tempo non essendo più da me venuto, xfA fa credere che continui a star bene. (»47) Non debbo ommettere di riportare il gaso di Un ragazzo di otto anni figliuolo di un galantuomo, il quale noi mentre godeva un lodevole stato di salute , fu sorpreso da un pessimo morviglione. Essendo stato però questo trattato co' più efficaci ajuti delf arte , si ottenne una mediocre eruzione, ed il nior\iglione sem- brò ("are un corso regolare sino al suo termine. Benché intanfo si fosse imposto ai parenti di tenerlo custodito per molti giorni , non passò guari perchè il ragazzo volle uscire dal letto , ed arbitrandosi semprepiù die luogo ad una infreddatura. Si riaccese subito la febbre , un generale abbandonamento si manifestò, ed alla ter- za accessione divenne anasarcatico. Molti ajuti furono allora praticati , ma infruttuosamente . Le istesse pol- veri di James, ed il bagno niim vantaggio apportando si disperava con molta ragione della sua vita . Non aven- dolo io voluto abbandonare, indussi i parenti a dargli la decozione della digitale gialla . Feci quindi prepa- rare un carico decotto colle foglie della medesima , impiegandone due dramme per i primi giorni , ed indi tre per ogni libbra di acqua , e di quello ne facevo introdurre due once ogui tre ore , non lasciando di farlo addolcire per sottrarre le fauci alla solita asprez- za . Ubbcdiente il ragazzo a quanto gì' imposi inco- minciò a ])rcndere il mentovalo decotto . Per il pri- mo e secondo giorno questo niente fé veder di buono ^ ma al termine del terzo giorno si videro fluire le ori- ne in maggior quantità . Un notabile cambiamento pe- rò si osservò nel colore delle medesime , mentre os- ( i48 ) servavansi più cariche , che negli anlecedenti giorni . Pel decorso del quarto giorno si inanlcnnero esse nello stesso stato . Al cominciare però del quinto giorno si- no al finire del sesto si resero tanto abbondanti , che furono di generale sorpresa. Intanto cede perfettamente la universale tumefazione della cellulare. Si videro ri- sorte le forze , e tranquillazzat' i polsi . Per una mia scrupulosità feci continuare per altri pochi, giorni qual- che altra dose del detto decotto , e così il ragazzo trovossi perfettamente ristabilito. I succennati fatti , ed altri simili che per brevità tralascio , i quali non restano dubbio alcuno riguardo alla grande facoltà risolvente , e diuretica della digitale gialla , mi animarono a sperimentarla anche in qualche altra malattia , ove non vi fosse ristagno sieroso , ed ove d' altronde si avesse pure bisogno di ricorrere ai risolventi irritanti , come accade tutte le volte che occorre promuovere la mestruazione , ed an- che la locchiazione attrassata , ma non per malattia organica. Ebbi in fatti la fortunata occasione di ciò osservare per la prima volta in una giovane di circa anni 18, la quale trovandosi mestruante fu soggetta ad una fortissima passione d' animo , di cui 1' effetto im- mediato fu quello di chiuderle l' utero . Disprezzò ella per più mesi un tal inconveniente accaduto , adope- rando solamente quelle piccole cose , che le donne in simili casi son solite fare , e spesso infruttuosamente . Ma vedendosi deteriorare l' appetito , e perdere il suo solito colorito 5 si risolvè di consigliar me per potersi ( »49 ) sottrarre a tale indisposizione . Questa mi parve la più lavorcvole circostanza di sperimentare la digitale . Glie ne diedi dunque un buon numero delle solite dose di quattro acini l'una, e la esorlai a prenderne due pel primo, e secondo giorno, e tre nel proseguimento. Fu in vero cosa meravigliosa dacché nel sesto , o settimo giorno quella mestruazione, clie non avea vo- luto ubbidire a molti ajuti antecedentemente appresta- ti , comparve in modo , che arrecò spavento j sicché il bisogno portò di dover sospendere il rimedio . Da questo momento la giovane riacquistò 1' appetito , e do- po pochi giorni il suo volto mostrò gli elletti delle buone digestioni . Questa giovane è rimasa così affe- zionata alla digitale , che appena osserva una tardanza nella ricorrenza del suo tributo mestruo , ricorre im- mediatamente all' impero di quella . Merita finalmente tutta l' attenzione il segue nte caso di un' altra donna di bassa condizione , la quale dopo aver sofferto un felicissimo parto si ritrovava nel terzo giorno del più regolare puerperio , quando vide il neonato assalito di botto da forti convulsioni. Ciò produsse, com'è solito accadere, una tale altera- zione nella sua costituzione , che immediatamente l'ute- ro si chiuse, interrompendosi perfettamente la locchia- zione . L' addome si gonfiò ^ i polsi osservavansi feb- brili , ed una sj)ecie di smania di già si appalesava . Essendovi stato io chiamato, fui animato dall'antece- dente osservazione ad amministrare la polvere della digitale gialla . Mi servii quindi delle solite dose , da (i5o) doverne prendere quattro in ciascun giorno , non es- sendovi tempo da perdere. Or queste produssero tanto sollecitamente il di loro effetto , che fa al di sopra della mia aspettativa. Dopo la introduzione della quinta, dose di già si videro delle macchie sanguigne sortir dall' utero . Queste crebbero dopo aver introdotta la sesta , ed in tale stato si mantenne lo scolo per tutta la notte seguente. Con maggior fiducia incominciò l'in- ferma a riprenderne l'uso nella mattina seguente j ma non ne potè introdurre che tre altre, giacché si avan- zò tanto lo scolo , che bisognò sospenderne la ulteriore introduzione. I polsi intanto si tranquillizzarono 5 l'ad- dome riacquistò il primiero volume j cede la smania •, e si rimise perfettamente nello stato primiero di sanità. Non la terminarri per ora se volessi porre a ras- segna , e qui riportare tutte le malattie osservate non men da me , che da molti miei giovani , ed amici , nelle quali la digitale gialla ha spiegata la più grande attività . Basta dire , che malgrado nello spedale di S. Maria della Fede , dal di cui degnissimo Direttore Signor Canonico Ricciardi niente si tralascia pel buon trattamento delle inferme , io mi trovassi a medicare i corpi li più astenizzati e maltrattati dai moltiplici e variati effetti della sifilide , la digitale ciò non ostante fa prodigi ri^^l^ idropisie , specialmente nelle asciti ed idrotoraci , e nelle anche annose suppressioni delia me- struazione. Tutti coloro quindi, che assistono alla mia visita vanno ogni giorno in campagna a provvedersi di tale pianta , ed animati dalle continue felici osser- (i5, ) vazlonl r amministrano ben anche nelle case de' privati. Niente poi dico di molti farmacisti , i quali di già ne han preparata la polvere , di cui fanno uno spaccio significante. Spinto cjuindi da tali decisive osservazioni mi è sembrato buono non dilungarne ulteriormente la pub- blicazione. Deesi iu verità la digitale gialla stimare come uno de' più grandi risolventi da farne conto per con- seguenza tutte le volte che questi sono indicati . Con ogni fiducia quindi sì può essa impiegare nell' ascile , nell' idrotorace , nell' anasarca , ed in tutte le malattie idropiche . Vale altresì nell' asma umido e nella sop- pressione della mestruazione , e locchiazione . Deesi infine tener presente questa eroica pianta nell'emottisi, che spesso mostrasi contumace a tult' i più valenti ri- medj , come ho dedotto da altre mie posteriori osser- vazioni , tlelle quali mi risèrbo parlarne in un' altra memoria. Dalle moltiplicate mie osservazioni ho rilevato , che per poter fare decisivo colpo nelle mentovate due indisposizioni delle donne , fa d' uopo che non sieno esse conseguenza di qualche febbre , la quale pone a so([quadro tutto il sistema , e spesso lo gitta nel più considerevole avvilimento. In questo caso all' uso del- la digitale bisogna unire quel metodo curativo , che vien indicato dalla particolar natura della febbre . Né sarà inutile similmente il far riflettere , che quando alle indicate malattie , nelle quali conviene la digita- le , si accoppii V impegno di qualche organo , come ( i52 ) spesso accade nell' ascile ^ come pure vi siano chiarì indizj della diatesi sifilitica , non bisogna fidare sola- mente nella medesima ^ ma sarà prudenza unirvi nel primo caso i così detti deostruenti , come per esempio , r estratto di cicuta, quello dello giusquiamo, la gomm' ammonìaco ec. j e nel secondo le frizioni mercuriali . Potranno i medici istituire delle altre sperienze , che io non sarò alieno dal farle , onde osservare l'attiij'ità di questa nostra pianta in altre malattie , ed in par- ticolare nelle affezioni nervose , e scrofolose . Son si- curo che non anderà guari perchè farà la medesima una luminosa comparsa nelle materie mediche . Ecco intanto 1' opportuno luogo , in cui mi dovrei occupare del modo di agire della digitale gialla sulla umana costituzione . Partecipando questa dalla mede- sima natura della purpurea j spiegando la sua attività nelle medesime malattie , e per conseguenza potendosi a quella surrogare , dovrei entrar anche io nella tanto agitata controversia , se , cioè , la digitale gialla agisca stimolando, o pure controstimolando. Come però non è a me ignoto tutto ciò , che riguardo al modo di agire della purpurea si è detto da valenti Scrittori , in particolare da' Dottori Bettoli , e Tommaslni ^ così sembrami inutile riandare le istesse cose , ed impe- gnarmi o pel sentimento del primo , il quale protegge la forza stimolante della digitale purpurea ^ o del se- condo , che ne sostiene la facoltà controstimolante . Il mio unico scopo in questa occasione è di render nota 1' attività della digitale gialla nelle indicate ma- J ( ^53) lattle , pubblicando le mie particolari osservazioni . Altri forniti di maggiori lumi discuteranno meglio ta- le qiiistione . Solo fo riflettere ai miei rispettabili Col- leglli , che restando tutta via gì' istessi miei dubbj re- lativi alla dottrina del controstimolo : dubbj esposti in un' altra memoria inserita nel primo volume degli Atti del nostro Reale Istituto d'Incoraggiamento , non posso accordare , che la forza stimolante alla digitale medesima . Il suo forte amaro , l' acre e l' astringen- te , che contiene , l' aura graveolente , che tramanda allorché riducasi in polvere j e molto più l' energia che sviluppa in quelle malattie , ove chiaramente cam- peggiano languore ed abbattimento-, sono per me tanti argomenti decisivi , onde giudicare del suo modo di j»»».. JUa Grafite di Ollvadi va tirando a se l' attenzione del Governo , come quella che , supplendo il voto che lasciò colla guerra la grafite inglese , potrà un giorno o r altro prestare i medesimi uffizj , e ser- vire ai medesimi bisogni , ed usi , cui serviva prima questa ultima . Era di fatti giusto , che un minerale cosi prezioso , che la Provvidenza pare avere quasi esclu- sivamente conceduto alla provincia di Cumberland , ed alla Calabria ulteriore , fosse valutato egualmente , ed utilizzato sul piede medesimo nell' una e nell' altra contrada. GÌ' Inglesi aprono le miniere di grafite di Barrowdale nel distretto di Kesvig una volta in ogni otto anni , e ne cavano tanto quanto basta per tutto quel tempo al commercio. Questo metodo di versare a bocconi una merce siffatta , mantiene una rarità ar- tifiziosa , e proccura un traffico , che porta loro più migliaja di lire sterline all' anno di lucro . I nostri al contrario ignari del valore di questa merce , lasciarono ai baroni , entro i cui feudi esisteva , la piena facoltà di usare, ed abusare di un minerale tenuto generalmente a vile , e negletto . I baroni , anch' essi meno istruiti (i57) del popoli, e del Governo, non sapendo trarre parlilo migliore , vendevano la grafite nostra a' Messinesi a prez- zo tenue e basso, i quali spiegando in questo affare un personaggio tutto passivo, la rimettevano ai loro com- mittenti in Venezia , e in Trieste , e pochissima ne mandavano in Napoli a solo uso del disegno , dico a solo uso del disegno , perciocché i nostri orefici non sapendo allora costruire con essa 1 crogiuoli apiri , fa- cevano venire questi da Passau , e da altri luoghi di Germania , pagando forse al ritorno la nostra materia lavorala a danaro contante . Sarebbe quindi interesse del nostro benefico Go- •verno di spingere avanti la coltivazione di un mine- rale ch'è tutto nostro , che le montagne danno a dovi- zia , che può riempiere i nostri bisogni , e quei dei popoli confinanti , e che con promuovere , ed animare questo ramo d' industria , verrebbe a sottrarci da quel tributo , che per siffatto genere paghiamo tuttodì agli stranieri. Sembra che ciò consigli la politica, che ciò lichicgga r utilità . ^,/, Queste vedute hanno già determinato II Governo a fare de' passi che menano a questo scopo ; siccome lo [ "scavamento dalle miniere consuma una quantità di le- • gname per la fortificazione interna, ed un'altra niag- ■^ giore ne consumano i minerali per loro trattamento , e i. questa non si può ottenere che dai boschi bene ammi- «^nislrati , era perciò necessario lar precedere una legge. ;.forestalo , che servisse come di preparazione al ramo mi- •^neralogico. Ciò fa fallo colla promulgazione della leg- ge organica delle foreste , data fuori ai 20 gennajo del- Tanuo 1811. (158) In questo medesimo tempo conoscendo la Direzio- ne della Reale Artiglieria di Napoli la necessità che avea l'Arsenale di questo minerale, domandò a S. M. per mezzo di S. E. il Ministro dalla Guerra, il permesso di proseguire avanti a conto suo la coltivazione della miniera di Olivadi ^ onde trarre di là un articolo tanto bisognevole agli usi moltiplici di quella officina. Il Re si compiacque approvare la domanda , ed oggi il la- voro della miniera è riguardato come un'appendice di quello della Mongiana . La prosecuzione di questo scavamento non reca detrimento alcuno ai boschi , perciocché non avendo bisogno la grafite di processi metallurgici , ma venendo fuori tutta pura e perfetta dalle mani della natura , le foreste quindi poco o nulla ne soffrono . Questa stessa ragione dovrebbe animare il Governo a fare coltivare le altre miniere di grafite sparse nella Calabria Ulteriore , onde stendere questo ramo di fi- nanze di una maniera più celere , e vantaggiosa 5 e '1 mezzo j>i^ conducevole sarebbe quelio , di concedere dette miniere alle società particolari de' cittadini sotto alcune date condizioni , che esprimano la natura di queste concessioni secondo T uso degli stabilimenti me- tallici . Mentre io mi trovava in commissione alla Mon- giana nel i3ii , incaricato per l'ingrandimento delle miniere, e fonderia di ferro, ebbi ordine diportarmi' ad osservare la miniera di Olivadi , e fare delle mie osservazioni un minuto rapporto. Io che amava di «ve- ( i59 ) dere una miniera che non avea veduto ancora , colsi volentieri 1' occasione , e movendo dal luogo di mia dimora , dopo un viaggio di 3o miglia , pervenni final- mente ad Olivadi. Descrizione topografica della miniera di Olivadi , e delle montagne adjacenti. Giace la miniera di grafite sovra una montagna posta nel lenimento di Olivadi , compreso nel circon- dario di Gasparina , distretto di Catanzaro nella Cala- bria oiienlale , quattro miglia distante da Olivadi , otto dal mare , allreltanli da Squillace , diciotto da Catan- zaro , e 270 da Napoli. Avanti di entrare nella miniera, divisai conoscere preventivamente la posizione topogra- fica , e geologica delle montagne limitrofe , onde tirare da questa conoscenza un risultato più o meno proba- bile degli andamenti di tutta la paile montuosa , che cinge la miniera. Apersi questo mio pensiero al Capi- tano di Artiglieria De Vouge preposto ai lavori di que- sto scavamento , e mio compagno di viaggio in questa visita , il quale mi condusse sovra la cima di una mon^ lagna più elevata, denominata Serra alta , sulla costa della Rivisa , la quale , mentre serve di frontiera , ai lenimenti di Maida, di Laconia , di Girifalco, di Fila- delfia , Polia ec. domina una vasta estensione di paese. Arrivato lassù , quale spettacolo imponente si aperse alla vista ! mirava ai miei fianchi due mari opposti , il mare di mezzogiorno , ed il mare di settentrione , scoi- ( i6o ) geva a manca un buon tratto del Tirreno colla mae- stosa prospettiva di Strongoli , e di tutte le isole Eo- lie , a destra il mare di Squillace quasi sino al ca- po delle Colonne j, mi trovava sul dorso di una mon- tagna , che costituisce il punto intermedio tra 1' uno e l' altro mare , dì una montagna impiantata nella parte più esile ed angusta del regno, mi trovava là, ove la gamba , e lo stivale dell' Italia si accorcia e stringe al maggior grado possibile , ove il passaggio di un mare air altro non. occupa che il tempo di mezza giornata , ove pare volesse la natura un giorno o 1' altro riunire i due mari , tante e tali sono le tracce terribili impresse in questo breve punto del nostro continente . Esso è chiuso dalla parte del nord tra i due fiumi Angitola , e Lamato , da quella del sud tra il fiume AUi , e la punta di Stallatti . Questo spazio comprende i circon- dar) di Maida , e di Monterosso appartenenti al di- stretto di Monteleone , e dall' altro lato i circondar] di Chiaravalle , di Davoli , di Gasparina , di Squillace, e di Borgia , attinenti al distretto di Catanzaro. Descrizione geologica delle inontagne , che formano listmo del nostro continente. Le montagne, che radono l'Angitola, e Lamato , formano dei poggi , che si vanno mano "mano elevando a guisa di gradini sino alla montagna ove io mi era , e delle scarpe formano le montagne opposte contenute tra AUi , e la punta di Stallatti , colla differenza , che ( i6i ) sono queste meno distinte, meno decise delle prime, più confusamente conglobate, ma le une, e le altre si accordano perfettamente insieme nell' interrompere in Natura della matrice. La matrice, o gangue, che accompagna il filone, e le sue ramificazioni , tanto dalla parte pendente , quanto dalla parte giacente di esso , consiste in una specie di argilla friabile, untuosa al tatto, che affetta ( '66) l'aspetto di steatite, proveniente dalla fatiscenza del feldspato , e della mica , la quale , asciugata , e indu- rita alquanto , si manifesta per una vera litomarga di colore gialliccio. Qualche volta succede , ma di raro , che il gneis si trova in alcuni punti poco o nulla scom- posto , o alterato , e in questo caso , stando a contatto immediato col minerale , si veste superficialmente di un intonaco di grafite , che gli è tenacemente aderen- te , siccome mostrano alcuni pezzi da me scelti a que- sti caratteri. 5. Qrafite di Olivadi , e sua differenza da quella di Lamato , e Monterosso. La grafite di Olivadi comparisce diversamente mo- dificata secondo le circostanze locali , e le sostanze concomitanti -. generalmente è dessa di una tessitura scistosa sottile , a grani fini , fornita raramente di la- minette flessibili, che ubbidiscono alla pressione , sino ad un certo dato segno senza rompersi , come attestano alcuni pezzi da me scelti a queste note . Il suo colore va al grigio violetto , più «o meno chiaro^ le varietà di un grigio lucido si trovano meno inquinate , ed ubbi- discono più facilmente alla zona . Ordinariamente si trova essa aspersa di grani quarzosi solitarj , prove- nienti dalla scomposizione del gneis j spesso spesso porta fra mischiati de' granati ignobili , spezialmente là, ove il filone rade quella varietà di gneis che porta seco I ( i67 ) questo (ossile accidentale , ed ove la risoluzione della roccia , abbandonando i granati a se stessi , vanno que- sti cadendo , ad impiantarsi nella massa del mine- rale. È accompagnata ben anco da picciole tracce di solfuro di ferro , per lo più impercettibili. Le grafiti poi di Lamato , e Monterosso si pre- sentano a strati decisi , di una tessitura scistosa più compatta , di un grigio violetto sporco e scuro , e pie- ne zeppe di solfuri di ferro in massa. Differenza tra la grafite della Calabria Ulteriore, e quella d Inghilterpi. La grafite di Barrowdale nel distretto di Kes* vig nella provincia di Cttmberland esiste in una mon- tagna di scistargilla di color grigio verdognolo , mi- schiato di steatite , di piccioli grani di spatocalce , e di sottilissime strisce di quarzo di un colore bianco verdognolo. Si manifesta essa diversamente conformata , ora dispersa nella roccia in pezzi grandi e piccioli di forma globosa o ovale ^ ora in pezzi scistosi compatti , dì una superficie specchiante , peiielrati internamente di grani di steatite di color grigio verdognolo , di li- te marga di un bianco sporco , e di picciole macchie di ocra di ferro, ora in pezzi solitarj, aspersi soltanto di ocra di ferro , e qualche volta comparisce ingrom- mata nella stessa roccia , accompagnata da solfuri di ferro. Da questa posizione risulta che la grafite inglese ha dei caratteri particolari, che la distinguono da quel* ( i68 ) h\ di Calabria , perciocché ove questa si trova nel gneis , la cui risoluzione , proveniente principalmente dal feld- spato , versa nel minerale una quantità non indiffe- rente di particelle quarzose , 1' altra al contrario si tro- va nello scistargilla , accompagnata dalla steatite , so- stanza anch' essa untuosa , molle , e tenera , che nulla deroga alla qualità della grafite ^ e se vi si trovano in questa roccia delle strisce di quarzo , queste sono rare ed impercettibili , e non così facili a scomporsi . La grafite inglese ha di più una grana fina , sottile , coe- rente , che si presta a qualunque trattamento. Ciocché succjgde alla grafite , si avvera parimente nel regno minerale di molti altri individui della stessa specie , ove le differenze accidentali , e parziali vanno a costituire la gradazione delle varietà . E se noi vo- gliamo consultare la mineralogia geografica , porge essa molti attestati di tali discordanze ; i cristalli per esem- pio della calce fluata, del quarzo, dello spatocalce ec. di Boemia , Sassonia , Ungheria non sono perfettamente di accordo coi cristalli della stessa specie esistenti in Inghilterra : e se mai succeda , che si presentassero confusi tutti insieme in un armadio , un occhio pra- tico , e ben esercitato distingue gì' inglesi dai tedeschi al lustro , alla vivacità , al brio , e a cetti tratti ignoti più facili a discernersi, che ad esprimersi. Queste mo- dificazioni , vengono principalmente dal clima , dal suolo , e dalle sostanze concomitanti , le quali impri- mono a ciascun individuo la divisa della patria ,ì e la propria costituzione fisica. Tuttavia non alterano esse ( ^^9) il carattere distintivo della specie , come si ravvisa nell' esempio delle tre varietà di grafite sovraindicate , le quali convengono insieme nel carattere fondamen- tale, e costitutivo della specie. In quale ordine di montagne '■ esiste la grafite. • Da ciò che si è detto poco sovra risulta , che la grafite si trova ordinariamente nelle montagne primi- tive : di fatti non solo quella di Calabria s' incontra nel gneis", e quella d' Inghilterra nello scistargilla , ma ben anche V altra di Schonpikel sotto Ens , tra Glo- cknitz e Schattwien nell' Austria si trova , sebbene in picciolo partite , nello Scistomica. Quella poi d' Invier- tel , vicino Passali , comparisce a picciole dosi , ora disseminata , ora impiantata , o sovrapposta ad una massa granitosa , o incrostata qua , e là a modo dì macchie sulla superficie del quarzo. Or la difficoltà consiste a spiegare come mai la grafite si rinvenga in questa specie di montagne, quan- do gì' infiammabili , al parere dei mineralogisti , alber- gano generalmente nelle montagne secondarie , o stratose contemporanee ai regni organici ? Tuttociò è vero , ma è anche vero , che la natura non si lascia circonscri- vere da legge alcuna nei suoi andamenti. Dalle osser- vazioni geologiche da me fatte sulla faccia de' luoghi , quando fui a visitare la grafite d'Inghilterra, e quella di Calabria , mi accorsi , che Jo scistargilla di quella , 22 ( I70 ) e 'I gtiels di questa non aveano di primitivo che il solo- embrione : il primo affettava tutta V aria di roccia di passaggio , ed imitava perfettamente i caratteri degli scistargilla di Colbrookdale , e di Marty che sono in- dubitatamente secondar] , distinti dai primitivi al colore smorto , alle picciole scaglie di mica disperse coafusa- mente qua e là , alla vicinanza degli scisti a base di pietrarena e di grauwacke , e qualche volta alla pre- senza dei petrificati che portano addosso. Le montagne di gneis comprese nell' istmo della Calabria ulteriore si mostrano egualmente svisate, scom- pigliate , ed alterate in modo che non si ravvisa più in esse , che qualche misera traccia della loro prima origine : le adiacenze di Borgia , le quali costituiscono una parte dell' istmo , offrono una pietrarena zeppa di petrificati, che forma il cappello al sottostante gneis 5 e le vicinanze di Filadelfia, Girifalco, e Polìa, e tutte le coste lungo il mare di mezzogiorno presentano segni di rivoluzioni , e di sconcerti assai più decisi . I tre- muoti del 1783 cagionarono quivi de' danni terribili, giusto perchè trovarono le montagne disposte allo svi- luppo delle cagioni produttrici di questo flagello. Por- tando quindi tali rocce la sembianza di rocce di pas- saggio , poteva benissimo succedere , che avesse la na- tura accumulato in esse la grafite , ed altre sostanze infiammabili j ed i mineralogisti stessi assicurano po- tersi trovare in questa sorta di rocce dei bitumi , e dei petrificati. ' ( '71 ) Natura della gi'ajite , e come si produce ne^ forni , ove si fonde il minerale di ferro. La grafite , detta volgarmente piombaglne , fu lun- gamente confusa col moliddeno , e noi non sappiamo ia sua vera natura , che dopo i saggi fatti da Scheele , Monges , Bertholet, e da altri valenti chimici. Da que- sti siamo assicurati non essere altro la grafite che un vero carburo di ferro , vale a dire , un composto di carbone , e ferro , combinati in modo , che il primo forma la massa maggiore ,6 1' altro la parte minore . Ha esso tutta la natura di corpo infiammabile, brucia lentamente , e per bruciare ha bisogno di essere espo- sto alla grande aria , e di essere spesso dimosso , e vol- tolato. Ignoriamo poi quale sia la sostanza che impri- me al carburo di ferro l' indole sua untuosa , e scri- bente , se sia il ferro , o il carbone , ovvero tutti e due insieme , o qualche acido esistente in uno stato ancora ignoto come pensa Flahnenmanns t Ciocché sappiamo di certo è , che si forma esso frequentemente nelle for- naci , ove si fonde il minerale di ferro , come ebbi occasione di osservare più volte nella fonderia della Mongiana. Ciò succede quando il minerale del ferro , conce- pendo nella fornace una temperatura di calore assai alta , e continuata , si riduce in parte , e in parte si ossida. Questa qualità di ferro dipende principalmente dalla sproporzione della carica , o mescuglio , perchè ove il carbone prepondera di molto sul minerale , al- ( 172 ) loia si ottiene un l'erro , che i fonditori chiamano bru- ciato , di un colore nerognolo , e di una rraltiua sca- gliosa. In questo caso appunto avviene , che una por- zione di ferro si evapora , e si volatilizza , e con essa ancora si volatilizza una porzione di carbone , che fram- mischiandosi insieme , e spandendosi nella fonderia in forma di pioggia , questa si attacca , cadendo , alla superficie de' corpi che incontra . Avviene ancora in tempo dell' operazione , che trovandosi il ferro troppo assottigliato , e vaporoso , una porzione di esso viene assorbita dal carbone 3 assorbimento , che il tramuta ia vero carburo di ferro , il quale scappa, via dal forno confuso colle scorie. Queste sono appunto le due va- rietà di carburo di ferro , che si osservano alla Mon- giana , quando il processo metallurgico si risente del vizio sovraindicato. La prima varietà di questo carburo di ferro , come più pura , si raccoglie con diligenza , si impasta coll'argilla , o colla polvere di carbone , e serve , battuta , a formare la base de' fornelli a riverbero. L'al- tra poi si vede diversamente modificata 3 perchè , o i pezzi di carbone si trovano interamente cambiati in parte , o incrostati superficialmente di grafite , modifi- cazioni , che si ravvisano tutte nei gran cumoli delle scorie gittate sulle sponde dell' alaro sottoposto alla fonderia. ( ^73) De' lavori interni della miniera d' Olivadi. Ora tornando ai lavori della miniera , posso fran- camente asserire , che il metodo tenuto finora a spin- gere avanti questi scavamenti , sia il più assurdo , il più imbarazzante del mondo , sia quello stesso che u-. savano i popoli antidiluviani , o che userebbero i sel- vaggi di tutt' i tempi. Basta dire che la maniera tenuta ad aprirli , e spingerli avanti , sia stata quella di a- prirli e spingerli alla scoverta , per dire tuttociò che di vizioso , e di sconsigliato può dirsi in questa ma- teria. Ecco un breve quadro della miniera di Olivadi . Figurate una voragine fatta a modo di cono rovescio, o di una campana capovolta , che abbia un altezza di 194 palmi napolitani , un diametro nella sua massima apertura di 200 palmi , ed un fondo di 3o palmi , tutta intagliata nel gneis , tutta grondante acqua , non già a gocce , ma a rivoli , e in tempo di pioggia a torrenti , che va tutta ad imboccare nel fondo del cono , e a for- mare un lago. Questa appunto è la miniera di Olivadi. Una posizione così minaccevole , non manca di ca- gionare tuttogiorno effetti funesti alla vita de' minato- ri , e frapporre ostacoli insuperabili al proseguimento de' lavori. Infatti succede spesso , che le acque operan- do tempestosamente contro le pareti del cono , vi pro- ducano smottamenti enormi , che fanno de' grandissimi guasti j e se mai avviene , che corrano placide e tran- quille , non lasciano , nello stato di calma , di rodere pian piano quel glutine , che serve di coesione a' ma- ( 174 ) cigni f di scantonarli , e precipitarli già . Succede an- cora , spezialmente in tempo d' inverno , che i geli , frapposti tra strato e strato , o tra le cavità della roc- cia , facendo 1' uffizio di cunei , staccano grandissimi massi 5 e più frequentemente accade , che la terra ve- getabile, che circonda le margini della voragine, dimos- sa la base sottostante , dirupi anch' essa , e precipiti ab- basso , e che la superficie interna del cono , esposta all' azione libera del sole , e dell' aria , si scomponga è risolva , cagionando continui e successivi scoscendi- menti. Piano di una galleria di scolamento. Queste circostanze doveàno naturalmente sommer- gere la miniera , riempirla di rottami di ogni genere , e bepellire lo strato o filone della grafite. L'antico pa- drone della miniera, volendo proseguire avanti la coltivazione della grafite , divisò aprire una galleria di scolamento ad oggetto di votare l' acqua dal co- no , sbarazzarlo dalla congerie inutile , e scovrire di nuovo il filone. Il piano o progetto di questa galleria è bizzarro è rivoltante , e 'l peggio si è , che fa eseguito tale quale fu proposto , ed ecco come . Immaginate di avere sotto gli occhi la gran voragine , chiusa in- torno intorno da mura torreggiami j immaginate , che una porzione di esse guardi verso mezzogiorno un vallone sottoposto , che abbia questo spazio un pen- dio , ed una distanza di 5oo palmi sino al vallone ; ( 175 ) in questa linea appunto fu fatto il taglio della galle- ria , e fatto iu tutta la sua lunghezza dall' apice del mu Taglione sino alla sponda del vallone , e fatto ia tutta r altezza dalla sommità della montagna sino al fondo del cono , taglio due palmi largo , taglio che ha per letto il suolo della galleria , e per tetto il cielo. Questa è appunto la galleria fatta, cavare dal possessore del luogo. Bettificazione di questa galleria. Passata in questo tempo la miniera nelle mani del- l'Artiglieria , il capitano Devouge accorgendosi, che un opera siffatta andava esposta a gravissimi incomodi, divisò dare a questo cuniculo una forma migliore , onde trarre l'utile, che si attendea da esso, qual era appunto r evacuazione dell' acqua , e la scoverta del fi- ione. Fece perciò intravare arabi i lati di questo gran solco , o taglio con pilastri di faggio robusti , alti sette palmi , impiantati verticalmente nel suolo della galleria, sulla testa dei quali fece sovrapporre le cornici in mo- do , che formassero tanti angoli retti coi pilastri , e fa- cessero tutti insieme una tettoja continuata sino alla boc-« ca (iella galleria. Dal tetto in su fece disporre di tratto in tratto delle travi traversali inzeppate in ambi i lati della roccia, onde sostenessero, e dividessero col tetto la fu- tura carica. Oggi si va mano mano riempiendo il vo- to , che resta in tutta la larghezza, e profondità delle due montagne laterali. JVello stato attuale ( risecato lo e 176 ) spazio occupato dalla fortificazione ) la larghezza della galleria si riduce ad un palmo e quarto , la sua pro- fondità perpendicolare , presa dal fondo del cono sino alla sponda del vallone a 5o palmi , e la sua lunghez- za a 3oo. Un lavoro così rattoppato secondò in parte l'oggetto , 1' acqua fu evacuata , e '1 filone scoverto. Ma siccome gli scavamenti furono da quel momento spinti più giù , la galleria si trovò inutilizzata , e le acque , se- guendo a percolare dalle pareti del cono , si adunava- no nella parte più ima , attraversando sempre le ope- razioni j e non ostante , che si fossero praticate su i lembi superiori della voragine delle sezioni ben intese per deviarle , ed imboccarle in un canale comune , che le scaricasse nel vicino vallone, tuttavia la copia, che si accumula tutto giorno nel fondo , è tale , che due barili attaccati all' argano non bastano ad esaurirla. Ol- tracciò non ammettendo questa galleria per la sua an- gustia r accesso libero al minatore per risarcirla , suc- cede naturalmsnte , che le cornici , e i pilastri , che si vanno via via corrompendo , non venendo rimpiazzati dà altri più freschi , si tireranno inevitabilmente dietro u» croUamento generale. - ( 177 ) Mezzi praticati ad assicurare le persone degli operai , e la continuazione dei lavori. Appena terminata la galleria di scolamento , la seconda operazione fu quella di assicurare le persone dei minatori da' pericoli che doveano temere dal lato della roccia. A questo fine il citato capitano di artiglieria fece piantare intorno intorno al fondo del cono delle travi robuste commesse insieme eoa altre travi poste in traverso egualmente forti nhe le prime , e poi un altro incrocia- mento di legname legato ed uaito di una maniera stabile , e sovra quest' ultimo un intavolato bpn inchiodato col tetto. Questo doppio ordine d' intravamento sarebbe stato sufficiente a mettere gli operai a coverto di qua- lunque insulto , se le circostanze locali non portassero la necessità di sturbare , e di muovere spesso spesso dal sito loro le travi fondamentali j perciocché calando giù i lavori a gradini discendenti , il lineamento deve na- turalmente cangiar sito come cangia di base , e que- st' alternativa di cambiare i pilastri , e portarli da un luogo all'altro è quella che rende l'architettura labile e minacciosa. 23 ( 178 ) Piano di mi lavoro mineralogico da seguirsi nella miniera di Olivadi. Siccome i tentativi fatti , e i mezzi praticati finora poco o nulla risposero al fine proposto , bisognava con- seguentemente introdurre un sistema di coltivazione più diritto , meno dispendioso , e fondato sulle regole dell' arte. E siccome le operazioni antecedenti si risen- tivano di una tale quale imperfezione, e la galleria, e l'architettura avevano inerenti de' vizj umanamente in- corregibili , proposi doversi assolutamente abbandonare le opere fatte nella voragine , e ricominciare un lavoro più regolavp , e in un sito più Convenevole : progettai quindi 1' apertura di una nuova galleria dal lato del vallone , che si trova ad Occidente della miniera , e propriamente nel luogo da me segnato. Questa galleria andrà dopo un pajo di centinaja di palmi a raggiun- gere la grafite , e servirà nel tempo stesso di scolamento alle acque , e di trasporto al minerale , e alle materie inutili. E quando mai la necessità portasse doversi a- prire un' altra buca per mantenei'e la circolazione del- l' aria , dovrà ciò farsi sul dorso della collina in un punto , che andasse a scendere a piombo sul suolo della galleria , ciocché sarà determinato dalle operazioni tri- gonometriche. Accompagnai' questo mio piano di tutto ciò, che poteva illustrare, o interessare i futuri lavori, dando nel tempo stesso le misure , e le regole da ser- ( 179 ) barsi nell' esecuzione. Di questa maniera si eviteranno tutti gl'intoppi, e pericoli, che presenta la voragine, e con essi le spese ingenti che si tira dietro la forti- ficazione interna del luogo . Uso della grafite. La grafite serve a diversi usi : mischiata ad una proporzionata quantità di argilla , è ottima per i cro- giuoli api ri ^ serve a fare i mattoni refrattarj per la co- struzione de' forni a riverbero -, serve a pulire i vasi di ferro , a' quali comunica un bel lustro , ed imprime in essi una specie di vernice , che gli preserva per qual- che tempo dalla ruggine j serve anche , stropicciata tra gli orecchioni, o cardini delle ruote , n diminuirne l'at- trito 5 serve pure a raddolcire le palle di piombo ad uso di caccia , rotolandole nella polvere di grafite j serve a far parte di quella composizione , che si ap- plica al cuojo, ove si fanno passare e ripassare i rasoi j serve ad uso del disegno , e principalmente alla ma- nifattura de' lapis . Manifiittura de" nostri lapis. Volendo tentare se la grafite di Olivadi desse dei lapis cosi buoni come quelli d' Inghilterra , mi presi la cura di farne le pruove , assistito dal Sig. Dome- nico Barilaro primo ebanista della Mongiana . I risul- tati de' primi saggi doveano naturalmente risentirsi di ( i8o ) una tale quale rozzezza , che suole sempre accompa- guare i cominciamenti delle novelle manifatture , e que- sta imperfezione nel caso nostro era tanto più certa , quantochè nulla vi era , che potesse farci sperare una mediocre riuscita . Mancavano le zone atte a tal uo- po , mancavano le trafile , mancavano gli utensili op- portuni , ed io era altronde persuaso , che la squisi- tezza de' lavori dipende principalmente dalla bontà del- la materia , dalla mano esercitata , e dall' apparecchio convenevole. A fronte di questi ostacoli feci segare un masso di grafite pesante 67 rotoli , che trovai inqui- nato di particelle quarzose , che rintuzzavano forte- mente la zona , ed impedivano , che le tavolette , o sbarrelle dì grafite venissero fuori cosi condizionate come esige il lapis ^ e di quella misura e lunghezza , che richiede la bacchetta : vi bisognavano tre e quattro pezzetti di grafite per riempiere 1' astuccio , e questi aveano poca , o nessuna coerenza , aveano una grana grossa , e stritolabile al menomo urto. Feci quindi se- gare un altro masso di rotola 26 , che manifestò gli stessi difetti del primo j ma tasteggiando via via di- versi punti di ambi i massi , trovai de' frammenti , che mi parvero meno ingombri di selce , i quali soggettati alla zona diedero fuori tavolette di grafite più tollera- bili delle prime , e sebbene non avessero esse la lun- ghezza ricercata , né la grana la più lodevole , tuttavia provate sulla carta palesavano un tratto mediocre per la formazione de' contorni. ( »8i ) Mi accorsi , facendo questi saggi , che la grafite fresca , uscita allora allora dalla miniera , era poco atta alla costruzione de' lapis , ma esposta all' aria , e sta- gionata per qualche tem])o , si rendeva più agglutinata , più asciutta , e più unita ^ mi accorsi ancora , che per avere de' lapis fini bisognava scegliere la grafite più pura , di una grana picciola , eguale e compatta , e che le varietà di un grigio chiaro erano quelle, che si ac- costavano più a questi caratteri. Io non dubito punto , che , proseguendo avanti la coltivazione della grafite , non saremo per abbatterci un giorno in una qualità di grafite , che abbia gli stessi attributi di quella d'Inghilterra, tanto maggiormente, che le montagne dell' istmo (fall' uno all' altro mare pa- jono tutte piene zeppe di questo minerale. E facile an- che trovarla negli strati più profondi di Olivadi , di IVIonterosso , o di Lamato. Noi per ora ri serviamo pei nostri bisogni della grafite più scelta che abbiamo per le mani , aspettando , che la Provvidenza coroni meglio in appresso le nostre fatiche . I primi saggi de' nostri lapis furono da S.E. il Ministro della Guerra presen- tati a S. M. che gradi con piacere questo primo frutto dell' industria nazionale. Oggi si cerca a fare un appa- recchio più convenevole alla manifattura j intanto la polvere , che si ottiene dalla segatura della grafite , si conserva da parte , per fonderla col solfo e con un poco di gomma , e fare di questa pasta de' lapis ordi- nar] ad uso de' falegnami , ed altri artefici. ( i82 ) L' altra difficoltà fu quella di trovare un legno proprio a fare gli astucci , un legno arrendevole e mor- bido , un legno che stringesse , ed abbracciasse egual- mente la sbarrella della grafite , un legno che ubbidisse al temperatojo come il cipresso americano , che usano gì' Inglesi j si provarono a questo riguardo diversi le- gni , il €Ìriegio, il pero , il tasso , il sorbo ec, ma riu- scirono duri e resistenti ^ finalmente si provò la fusa- ria ( evonymus europceus ) , che rispose in parte al voto , di cui attualmente ci serviamo , finché non ci si presenta un altro legno più cedevole , ed ubbidiente. (183) Osservazioni Mediche , e Notizie Storiche intorno alle Digitali lutea, e purpurea ^ del Socio ordinario Cav. Sig. ANTONIO Savaresi . Lette nelV adu- nanza de' 2 Aprile 1812. Nostrce vero cetati reservatum Jldt , eum excogitare administrationis modum, quo exosum veneni no- jnen ainitteret , et numero , Jideque experimen- torum , morhos exacte determinare y quibus sa~ nandis par est . Murray, Appar. Medie, de dig. purp. JLiA digitale purpurea (i) , che taluni credono un rimedio moderno , o de' nostri giorni , è stata impie- gata in medicina sin dal principio del penultimo se- colo , sono ormai dugento anni , e si trova descritta (i^ Digitalis purpurea di Linné, Wildenow, La- marck , e Persoou . Digitella o Digitale rossa , o pur- purea degl'Italiani. Gantelée , gants de notreDame, digitale ponrprée, grande digitale de' Francesi . FiU'. gerhuthhime , Fingerhut , Fingerkraut de' Tedeschi . Fox-giove, purple fox giove degl'Inglesi. Dedalera purpurea p qualda perra degli Spagauoli. ( i84) da Leonardo Fuchs (i), medico che viveva prima del- l' epoca testé indicata . Giovanni Ray , celebre botanico inglese di quel tempo, e avanti di lui, secondo Qua- rin (2) , il famoso alchimico Vanhelmont, ne fanno menzione nelle loro opere (3) , e parlano della sua forza antiscrofolosa . Dopo di questi il regio farmaci- sta di Londra Giovanni Parkinson (4) l' ha resa fami- gerata, ed usoUa nella cura di varie malattie, segna- tamente nelle scrofole , nell' asma pituitoso , e nelP epi- lessia . Le antiche farmacopee di Londra , e di Edim- burgo (5), e quelle di Parigi e di Vittemberga porta- (i) Leonardo Fuchs, medico e botanico Aleman- no del XVI Secolo, nella sua historia stirpium , cap.88. descrive abbreviatamente le digitali purpurea , e lu^ tea y ed attribuisce ad ambedue le proprietà delle piante amare . (2) Quarin , Animadversiones practiccB ^etc. Vin- dobonae 1781. (3) Ray , Historia plantarum , tom. r , Londini 1686 in fol. (4) Parkinson , Theatrum hotanicum , Londini 1640 infoi. (5) La Farmacopea di Londra del 1721 V inserì nel suo catalogo : l espulse dall' edizione del 1746 , e la riportò in quella del 1788, di' è l'ultima. La Farmacopea di Edimburgo la riceve nel suo indice nel 1744» l'escluse dalle edizioni del 1765 e 1774» ( i85) no la digitale purpurea nell' indice de' loro rimedj ve- getabili , e danno diverse formole per la sua prepara- zione . Co' fiori di questa pianta , e col grasso porci- no si faceva un unguento mollo usato nelle scrofole , il quale è infinitamente lodato in questa malattia da- gli Scrittori moderni (i), ed io stesso ne ho sperimen- tato r efficacia in alcuni casi . Plenk nella sua tossi- cologia (2), parlando della medesima pianta, cita la fa- coltà antiscrofolosa de' fiori , manifestata coli' applica- zione del soprallodalo unguento, o col prescrivere il decotto delle foglie . Le qualità deleterie della digitale purpurea , e gli effetti del suo veleno estremamente acre ed irritante , in particolare applicato all' esterno , son note a' Medici ed a' Fisici dietro le osservazioni e gli sperimenti di Boerhaave , di Pennant , di Lenti n , di Lettsora , di Schiemann, e di Merz (5). Il Dottor Withering , di Anglezark in Inghilterra , nella Contea e V accetto di nuovo nel 1783. Queste vicende sul- V ammissione , o esclusione della digitale purpurea ebbero luogo dalla poca certezza ^ che si aveva sul- la sua azione . Veggasi Murray, app. med. voi. i. Goet- tingae, J793. (i) Tra gli a///7 Haller ( histor. stirp. helvetic. ), Merz ( Dissertatio de Dig. purp. ejusque usu in scrofo- lis . Jenae 1790. ) . (2) Plenk, Toxicologia , p. il^b. Viennae 1785. (3) V;. Murray op. cit. . 24 ( i86) di Lancaster, il medesimo che ci ha latto conoscere la viterite , ossia carbonato di barite , è stato il pri- mo a servirsi della digitale purpurea nella cura dell'idro- torace verso il 1775 (i)- e poscia è stata applicata dal- lo stesso , e da' suoi colleghi corrispondenti , alia gua- rigione dell' idropisia atonica , della nefritide calcolosa , dell' epilessia , e della disuria ; da Darwin nella ma- nia (2) , da Baker nella tisi pulmonare (3) , da Jones neir emottisi (4) , e da altri nell' itterizia , nella pal- pitazione , e nell' aneurisma dell' aorta , ne' quali mor- bi è stata amministrata , a dosi picciolissime , in pol- vere , in infusione , in decotto, in sugo , in estrat*- to , in tintura , ed in forma di sciroppo (5) . Gli au- tori delle materie mediche le più recenti , e dei trattati delle facoltà delle piante , come CuUen (6) , Murray (7) , (i) Withering. , an account of the fox-glove . Birmingham 1785. in 8. (2) Darwin, V. Medicai transactions •, 3 voi. (3) Baker , la sua memoria nel sopraccitato voi. delle Medie, tr ansaci. (4) Jones , V. Medicai commentar, etc. voi. 1. London 1786. (5) V. Magennis , London Medicai and physi- cai Journal v. 5. p. 201. (6) Cullen , Matiére Medicale ytiàd. par Bosquil- lon . (7) Murray, op, cit. ( ^87 ) Petagna (i) , Swediaur (2), Schwilgué (3), Savi (4), Tenore (5) , Duncan (6) ec. , ammettono la digitale purpurea tra' buoni diuretici, e tra' rimcdj efficaci nelle diverse idropisie , raccomandando alcuni di essi di ordinarla eoa infinite circonspezionl . Han pure rico- nosciuto la sua forza diuretica l'illustre Darwin, Frank il figlio , Rasori , e Borda ; ma le loro opinioni son contrarie sul modo di agire di questo rimedio (7) j (i) Petagna , Delle facoltà delle piante . Nap. 1796. (2) ^yfeàiAìiT ^ Materia Medica. Mediolani 1801. (5) Schwilgué , Traité de Matiére Medicale . Paris i8o5. (4) Savi , Materia Medica vegeiubile Toscana. Firenze i8o5. (5) Tenore , Saggio sulle qualità medicinali delle piante della Flora Napolitana. Nap. 1808. (6) Andrew Duncan , The Edinburgh new di- spensatory , with the materia medica , etc. Edin- burgh i8o5 , p. 218. (7) // Dottor Jones , nelV opera citata , ed il Dot, Hosack di Filadefia , nella sua materia medi- ca , sono a mia conoscenza gli autori , che han ri- conosciuto la forza o la qualità sedativa della di- gitale purpurea molto prima di Rasori e di Borda . TI secondo consiglia siffatto rimedio nella tisi inci- piente, preceduta da emorrogia de' polmoni, ed as- ( i88 ) poiché i primi 1' han caratterizzato come eccitante , ed i secondi accorgendosi , che durante la sua azione il calor generale , e la frequenza del polso diminuiva- no (i) , fenomeni già osservati da Jones , da Vithe- ring , e da Baker, l'han creduto coiitrostimolante (2). Questa utilissima pianta , eh' è comune in Inghilterra , nella Scozia , nella Danimarca , nella Svezia , in Ger- mania , e nella Francia settentrionale , non è indigena de' nostri luoghi , benché alcuni botanici asseriscono esser nativa delle regioni le più australi dell' Europa: gerisce che opera maravigliosamente : ecco le sue pa- role : In one case of incipient phthisis , preceded by haemorrhage from the lungs , it operated like a charm in relieving the patient from some of the most formida- ble symptoms of the inflammatory stage of that di- sease I remark of digitalis that is only useful where blood-letting and other depleting remedies are indicated . p^. V interessante operetta del mio com- pagno d' Egitto ^fisico botanico^ e Dot. di Medicina Alire Raffeueau Delille , An inaugurai dissertation on puhnonary consumption . New-Jork , 1807 , p- 4'^' (i) Anzalone , dell'Oppio, pag. 3i. Nap. i8o4- (2) Leltsom ha avvertito però che , continuan- dosi r uso della digitale purpurea per piìi di un giorno , i polsi riprendevano la loro velocità ordi- naria . V. Memoirs of the medicai Society of London , voi. 2. ( ^89 0 Dumont-Courset (i) è uno di quei che nota che sia settentrionale . Fin ora non si è trovata spontanea nel Regno di Napoli , malgrado le ricerche de' giovani bo- tanici corrispondenti del Sig. Tenore , e secondo le no- tizie che questo dotto Collega mi ha comunicate . In contraccambio noi possediamo abbondantemente la digi- tale lutea (2) , che vegeta fastosamente ne' valloni at- torno Napoli j e dippiù abbiamo la digitale ferrugìnea e r ambigua , eh' è la grandiflora della Flora Francese . Ma le specie che s' impiegano da' medici sono tre , la purpurea , la lutea , e la ferruginea , di cui Michele Ettmuller ci ha dato conoscenza è circa un secolo , e mezzo (3) : la prima coltivandosi al solo orto bota- (i) Duinont-Gourset , Le Botaaistc-cultivateur , tom. 2. Paris 1801 . (2) DigitaRs lutea di Fuchs , di Linnè , di Jac- quin , e di Persoon ^ Digìtalis parvifLora di Lamarck j Digitale à petites Jleurs de' Francesi j digitale gialla , capo di cane , erba aralda ,fior gentile degl' Italiani . (3) Ettmuller, nella prima classe della sua Fi- lologia , dopo aver citato la digitale flore purpureo , luteo , et albo , che a' suoi tempi non era ancora am- messa nelle Officine, dice: habetur et Digitalis major ferruginea, ita dieta a floribus ejus dbsoletis, et quasi ferrugineis. Rara est et exotica (^ forse non vi e in Ger- mania ) , pariter ad symphita , sive verbasca referenda . V- Ettmul. Op. omnia , Venet. 1700 , voi. 3 p. 48. GV Italiani la chiamano Digitale maggiore . ( 190 ) uico , e non essendo troppo usuale presso di noi , i nostri medici si son rivolti verso la seconda specie , e 1' hanno adoperata con successo . Se mal non mi ap- pongo , gì' Italiani sono stati i primi ad introdurre nel- la medicina la digitale lutea , non men che la ferru- ginea^ e per quante ricerche io abbia fatte, son incli- nato a credere , che il Dottor Savi sia stato il primo a promulgarne 1' uso , a cui eran destinate da' pratici j ed a stimarle come potenti diuretici, pressappoco quan- to la purpurea . Il soprannominato professor di fisica ci fa saper parimenti , che nella Toscana non vi cre- sce questa ultima specie (i) . L'anno scorso, i8io, lessi nel giornale Enciclope- dico di Napoli (2) , compilato dal Sig. Tenore , una memoria curiosa sulla tisi pulmonare , scritta da un anonimo , forse giovine medico , che vantasi di esser discepolo dell' illustre Rasorl , e la quale ha per ti- tolo : Cenni sulla tisi . In questa operetta 1' autore parla con enfasi il linguaggio della Scuola Rasoriana , cioè quello della nuova dottrina del controstimolo , e ad alcuni buoni principj accoppia errori madornali , e stravaganze senza pari : tra queste è notabile quella che generalizza tutte le tisi di una sola forma, vale a dire (i) Savi , op. cit. (2) Giornale Enciclopedico di Napoli , quarto anno di associazione, toni. 3. Napoli 1809. pag. 64- ( igx ) di diatesi stenica , senza badare alle innumerevoli ca- gioni , ed a' diversi stati di siffatta malattia j adattan- dovi in conseguenza un solo trattamento , eh' è il cou- trostimolante , ovvero antiflogistico . Allorché questo saccentello, che osa spacciar sentenze, e paradossi con un tuono affermativo di poliatro , avrà venti o trenta anni di pratica, ed avrà curati in varie zone del glo- bo più di mille casi di tisi, negli ospedali civili, o mi- litari , riconoscerà il suo inganno , ed apprenderà a di- stinguere cou Dumas (i) , e con me , dietro le vesti- gia di Sydenham (2) , di Morton (3) , di Leigh (4) , e di altri Padri della Medicina (5) , le numerose specie di tisi pulmonare idiopatica , e sintomatica , stenica ed astenica o nervosa , la quale può ancora dividersi in locale e generale , ereditaria ed accidentale , trattandosi (^1) Vedete le note di Dumas all' opera di Reid de la phthisie piilnionaire . (2) Sydenham , Phthisis seu tabis descrip. et cura in process. integr. in morbis omnibus curandis. Oper. omnia . Ven. 1762. (3) Morton , Phthisiologia . Genevae 1696. (4J Car. Leigh, Phthisiologia Lancastriensis . Lendini 1694- (5) Sauvages , Nosol. Method. Venet. 1764. Borsieri, Insiit. Med. Pract. Voi. vii. Venet. 1789. V. de phthisi pulm. §. tv. CuUen, Sinops, JSosol. Method. Ticini 1790. ( 192 ) di caratterizzarla rigorosamente, e che richiede diversi metodi curativi , a norma della diatesi , e secondo lo stato, ovvero la condizione generale, e locale del mor- bo . Siccome questo medico anonimo , dietro 1' esem- pio de' suoi Maestri (i), loda l'uso delle digitali pur- purea , e lutea nella tisi sia ereditaria o acciden- tale , non conoscendo io l'azione delle predette pian- te sulla tabe di petto, ed avendola per lo passato im- piegate soltanto nelle affezioni scrofolose , ed idropi- che, ho voluto sperimentarle sopra alcuni tisici di pri- mo e secondo grado , ne' quali esistendo i -vizj di strut- tura, la malattia era generale, sviluppatasi in seguito di catarri negletti , e delle raffreddature sofferte nelle (1) Q^^esti rispettabili Maestri non sono stati cèrtamente i primi ad immaginarsi , che la digita- le purpurea sarebbe un buon rimedio coiitra la tisi pulmonare , ed a prescriverla coli intenzione di gua- rir tal malattia j io trovo che sin dal 1710 // Dot. Guglielmo Salmon, Inglese ■) ha indicato la digitale rossa come un rimedio da tenerne conto nella con- sunzione del petto ( London medicai revieW , and raagazine , vol.v. p. 3o3 ). Dopar di questo autore, i suoi compatriotti Beddoes , e Baker , medici di ri" putazione in Inghilterra., hanno pubblicato verso il ì 780 alcune ossej'vazioni sulV uso di questo medica- mento nella tisi 3 e parlano con gran lode della sua azione . r, ( ^95) fatiche della guerra , ed accompagnata con tosse vic- Jenta , con doloretli vaghi al torace, con is])uti un pò marciosi o striati di sangue , con principio di cmacia- zione universale , con febbre etica in (juakheduno , e con sudore ed escreato abbondante mattutino , ma ho- labilmente con irritazione particolare , e con senso di calore, e di brulichio al di sotto dello sterno : questi soggetti scelti al numero di dieci , già sottoposti ad un trattamento antielico, erano soldati di Cavalleria e di Fanteria , tutti giovani e passabilmente robusti prima di cader onimalati , ad onta della loro difettosa con- formazione . Presso tre di questi il male poteva con- siderarsi come ereditario, i loro genitori essendone stali afflitti, e presso gli altri sette era onninamente acci- dentale . L' eretismo particolare , che si osservava in questi ammalati , parte de' quali era alla fine del pri- mo stadio delia malattia, e parte nel corso del secon- do stadio , mi fece stimare che fosse il vero caso per provare con utilità gli effetti della digitale gialla , am- ministrata con intenzione di abbattere il resto della dia- tesi infiammatoria, o di quello stato irritativo, che do- mina tanto negli etici al primo grado . Prescrissi dun- que ad ognun di questi sei grani di digitale lutea la mattina, ed altrettanti la sera, e lasciai loro parte dei medicamenti usuali , cioè una decozione leggiera di fiori pettorali con ossimele semplice per bevanda nel corso della giornata, ed un locco addolcito con picciola dose di ossido di antimonio solforato rosso per la notte . Dopo sci giorni di questa cura in alcuni la tosse di- 25 ( »94) minuì , e l'espettorazione diventò più lodevole, e nei rimanenti 1' uno e 1' altro sintoma svanirono quasi del tutto , e gli ammalati migliorarono di mollo . A buon conto , ottenni gli stessi effetti che si hanno praticando nella tisi il metodo di Reid (i) , che consiste a pre- scrivere ogni due o tre giorni una lieve dose d' ipeca- cuana^ ovvero, come ognua sa , lo stesso benefizio che proccura 1' estratto di oppio gommoso , il lichene pissi- dato , la gomma ammoniaco , ed il latte di asina . Con- tinuai in tutti e dieci la cura per un mese accrescen- do gradatamente la polvere della digitale lutea sin a ventiquattro grani al giorno, cioè dodici la mattina, ed altrettanti la sera, ed osservai che la quantità del- le orine aumentò in tutti , la febbre passò a quei che n' erano travagliati , e dormivano naturalmente , vale a dire il loro sonno non era stentato come prima . Que- sti progressi sensibili promettevano la guarigione radi- cale, ed io la credeva vicina ^ ma disgraziatamente non si ebbe , malgrado che si prolungasse l' istesso metodo ancora per quindici giorni . Accorgendomi che il calo- re eccessivo del maggio del i8ii fece peggiorare quat- tro ammalati , che si avanzavano rapidamente verso il marasmo , sospesi la digitale , e consegnai questi indi- vidui ad altri medici col giornale della loro cura : fui (i) Reid , Essai sur la nature , et le traite- ment de la phthisie pulmonaire , traduit par Dumas,, et Petit Darsson . Lyon 1792. ( 195) Informato qualche leinpo dopo , cioè in giugno , clie perirono tutti quattro con sintomi più presto di i'ebbrc nervosa marasmatica che di tisi . Gli altri sei rimasero sotto r uso de' surriferiti rimedj , a' quali , scorgendo che la loro efficacia si era molto rallentata, stimai be- ne di aggiungere 1' ossimele scillitico , una maggior do- se di ossido antimoniale solforato rosso , il latte di asi- na, o di capra la sera, con vitto un pò più nutritivo del solito, con frutta cottele con picciola quantità di ■vino innacquato e tepidetto . Con questa aumentazione di mezzi curativi 1 sei infermi migliorarono di giorno in gioi'no col riacquistar le forze , e le carni , furono n teramente guariti alla fine di giugno , e raggiunsero i loro reggimenti con agevolezza, e senza pena nel cam- minare . Si deve inferire da tutto ciò , che la digitale lutea non è bastata essa sola per guarire questi indivi- dui ^ ma li à ben disposti alla guarigione . Lasciamo da parte la futilità della dottrina dei conlrostimolo , ed i vantaggi che se ne possono rica- vare , i quali fin ora non son ben noti , né ben de- terminati , e ragioniamo dietro il lume della sperienza e della osservazione , vere sorgenti della scienza della vita , e guide sicure della pratica medica , le sole alle quali ci dobbiamo appoggiare per decidere in materia di nuovi rimedj . La digitale gialla , secondo quel che ho osservalo attentamente , ha un' azione particolare su i mali del petto ^ essa calma la tosse ed i dolori , dis- sipa l'emottisi, attenua e scarica i muchi, che si de- pongono su' polmoni , e fa trascinare del materiale per ( 19^ ) le orine , che provoca grandemente . Essendo stala utile da principio in quelle tabi sopravvenute a' catarri vio- Itnli , in cui si è osservato irritazione eccessiva , do- glia , e calore al petto , io la credo maggiormente gio- vevole nella tisi polmonare stenica , soprattutto nel pri- mo periodo ^ e dippiù penso , che riuscirebbe di mag- gior efficacia adoperata nel principio della malattia, che nel secondo e terzo stadio di essa . In una cura di emottisi , che tormentava una fanciulla di quattordici in quindici anni , già mestruata , piena di brio e di mobilità , ed avendo una struttura di petto difettosa , ho ordinato la digitale lutea combinata colla purpurea , nella propoi one di due terzi della prima con un ter- zo della seconda , alla dose di quindici in diciotto gra- ni nelle ventiquattro ore , presa in tre volte , ed ho avuto la soddisfazione di veder totalmente cessato lo sputo sanguigno alla fine del terzo giorno . Il mede- simo successo ho ottenuto , impiegando l' istesso rime- dio, in un uomo emottoico con febbre infiammatoria, accidente che sopraggiunse , in seguito di una terribile caduta da sopra una carrozza : poche prese di digitale rossa e gialla . la neve acidulata , l' amministrazione di un eccoprotico , il riposo , la dieta lo sanarono perfet- tanlente . In somma questo nuovo rimedio in alcuni mali del petto , nati da infiammazione , da rottura di vasi , da esulcerazioni , e da sommo irritamento , si deve valutare per buono , come lo dimostrano le spe- rienze accuratamente fatte . Ma la medicina nel suo stato attuale mancava di rimedj equivalenti ? No , poi- ( '97 ) che ne' divisati morbi, e principalmente nell'emottisi, l'amministrazione della polignla virginiana, del lichene islandico , della Scilla e dell' ossimele scillitico , del sugo di ortica , semplice o combinato coli' oppio , e colla tintura marziale , della gomma arabica , del de- cotto del legno Campecliiano, degli acidi solfoi'ico, ni- trico, e benzoico allungati, dell'oppio torrefatto o etio- pe vegetabile , del ghiaccio tritato ed acidulato , ec. ce. (i), produce gli stessi effetti , ed opera bellissime (i) Tralascio di annoverare tra questi rimedj , spezialmente utili nella emottisi^ e nelle tabi che le sopravvengono , V acetato di piombo liquido , poi- che non ignoro che la maggior parte de" Medici han ribrezzo di ordinare siffatta preparazione chimica per uso interno . E un vero pregiudizio questo ti- mor mal fondato , o quella eccessiva precauzione , che e' impedisce di estendere le nostre conoscenze nella medicina pratica , e di ben calcolare V azione de' medicamenti . Dietro V esempio de' medici Te- deschi, ho prescritto neW emottisi accidentale, ed in varie emorragie interne , tre o quattro gocce di ace- tato di piombo liquido , sciolte in mi bicchiere or- dinario di acqua aromatica distillata , o d' infu- sion di camomilla , o di acqua semplice , con dodici o quindici gocce di laudano liquido , il tutto due volte al giorno, e ne ho avuto bonissimi effetti. Fo avvertire , che ho ordinato itu altre malattie , delle . ( "98 ) guarigioni . Essendo però utile di arricchir sempre la materia medica di sostanze medicamentose attive , le digitali lutea e purpurea vi trovano naturalmente il loro posto , per le moltiplici facoltà eh' esse posseggo- no, e di cui bisogna far conto in varie circostanze del- le malattie . Avendo fatto appena cenno della dottrina del con- trostimolo , applicata alla cura della tisi pulmonare , non reputo fuor di proposilo di fare nn' obbiezione ai medici che la professano , e che cercano di propagar- la . Quantunque fin al presente i Rasorlani non abbia- no ben definito il controstimolo , di maniera a farci capir chiaramente la loro idea , pur tuttavolta pare che i medici ragionevoli debbano intendere per questa pa- rola uno stato negativo , uno stato contrario , e nemico dello stimolo, cioè un abbassamento, o una sottrazio- ne dell' eccitamento , e quindi la diminuzione delle forze e delle potenze eccitanti . Sembra dunque che la debolezza , 1' astenia , l'atonia , l' adinamia , la prostra- zione di forze , ed il controstimolo siano cose identi- quali tratterò , fin a una dramma e mezza di ace- tato di piombo liquido , senza che ne sia risultato il menomo danno , come suole accadere con altre sostanze medicamentose deleterie . Debbo aggiunge- re che questo rimedio agisce debilitando, per cui i Rasoriani non mancheranno di dire , ch^ e contro- stimolante , e di classificarlo per tale . i (^99 ) che , vale a dire fenomeni che si arleguano , effctli uguali. In fatti riflettendo sodamente su questo assun- to , il controstimolo non può esser altrimenti interpe- trato che come io asserisco . Ciò posto , il salasso es- sendo uno de' primi controstimolanti , è fuor di dub- bio , che il freddo e V acqua ghiacciata siano ancora tali, e che nel!' ordine della classificazione vengano im- mediatamente appresso all' emission del sangue , in con- seguenza , se il salasso , come afferma il nostro anoni- mo giova a' tisici del secondo e terzo grado , deve an- che a questi esser di giovamento 1' esposizione rego- lata all'aria fredda, e T amministrazione dell'acqua nevata . E di grazia , prescrivete questi rimedj nella tisichezza , e vedete quel che ne risulta ? Chi non sa che il freddo uccide i tabidi , e che ne' tempi vernali i catarri cronici degenerano in tisi? Chi ignora che le bevande ghiacciate fanno aumentare d' intensità tutti i sintomi della tisi pulmonare , specialmente la tosse, ed i dolori di petto ? Quale è il Medico che non abbia osservato ancora che i freddi rigorosi son micidiali per gli etici di ogni grado , e che questi son soggetti a perir tutti dcdla fine dell' autunno al principio della primavera? Ne' nostri spedali militari stabiliti nel Re- gno di Napoli , si è osservato costantemente , che i tisici han subito la loro luttuosa catastrofe dal mese di Dicembre a quello 'di Marzo , soprattutto quando sof- fiavano i venti boreali . Le stessissime osservazioni ho fatte anni addietro più particolarmente ne' climi freddi e temperati dell' Europa , e dell' America , che negli altri luoghi . ( 200 ) Memoria sulla coltivazione de' papaveri , e sulla maniera di cavarne V Oppio ^ del socio corrispon- dente Z)/ Francesco Ambrvosi . Letta neW adu- nanza de' iS. Giugno 1811. Oe uno degli oggetti più interessanti delle colte , ed avvedute Nozioni egli è stato mai sempre quello di conoscere distintamente , e di migliorare la coudiz,ione de' proprii prodotti , onde soddisfare nel miglior modo possibile a' bisogni indispensabili della natura , non meno che , con menare a perfezione le arti , e le ma- nifatture , a' comodi , ed agi della vita umana , ogni cittadino amante della patria, e de' suoi simili non dee lasciar mezzo intentato , e cooperare all' eseguimento di tal lodevol fine : e facendo saggi , ed esplorando spezialmente la natura , e 1' indole delle produzioni , e de' vegetant' indigeni , che abbiano gli stessi gradi di efficacia , per poteri' indi surrogare in luogo degli eso- lici , soprattiitto nelle presenti circostanze di penuria di generi stranieri. Non hanno a tal effetto trascurato i Duhamel , i Buffon , i Bonnet , ed altri esimii con- templatori delle fisiche produzioni di soggerire, e pro- muovere con fervore cotal salutevol ed economica mas- sima . Dietro a ciò i saggi professori dell' arte salutare non cessan di valersi con profitto , e sostituire di tem- po in tempo a' semplici esotici gli equivalenti nostrali ( 201 ) vegelanti , che la Suprema Provvidenza , dispensatrice imparziale de' suoi doni , ha fatto aUignarc , relativa- mente a' climi , per ogni dove della terra in sostenta- mento degli esseri viventi , non che in presentaneo farmaco alle loro endemiche morbose indisposizioni . Di fatti quanti nostri semplici , che pareggiano , e so- vente vincono anzi che no gli stranieri in virtù , ed energia ci posson somministrare delle medicine utili , ovvie , e poco dispendiose ? Possibile , che la sola idea di raro , inusitato , e peregrino , debba suonar tanto bene all' orecchio de- gV imperiti , che imponga stima , e rispetto ? Possibile ancora , che le sole Indie , l' Arabia , 1' America , deb- bano godere la privativa di produrre delle droghe , e de' generi si maravigliosi ? Non si può senza sorpresa osservare il trasporto , che induce gli abitatori d' Eu- ropa a trarre a di loro uso le produzioni sole di quelle regioni . Un tale pregiudizio , al dire di un dotto scrittore sembra ingiurioso alla Provvidenza , contrario alle salute umana . S'ignora forse , che vegetano presso di noi tanti por- tentosi vegetabili , da'quali si trae profitto con riputarsi a ragione succedanei alle droghe , ed erbe oltramontane? La Camamilla , la Genziana minore , la Valeriana , la Verbena , ed altrettante piante nostrali , non ci pre- stano le veci della corteccia del Perù? La Salsa vol- . gare (i) , la Dulcamara, la Bardana, la Fumaria, e (i) Smiìax aspera. 16 ( 202 ) diverse piante aquatiche , non ci valgono come la Salsaparilla ? La Poligala nostrale (i) , e 1' Iride Fiorentina , non profittano al pari della Poligala del- la Virginia . Il Calamo aromatico volgare , e le ra- dici della Cario-fillata (2) o della Primulaveris , nort possono sostituirsi alla Canfora , ed alla Serpenta- ria ? L' Assenzio , il Camedrio , la Salvia j ed il Ga- mepizio y non possono equivalere alla Cascarilla , ed al Quassio ? La radice della Genziana (3) non può masticarsi romft il Rabarbaro ? La Centaui'ea polve- rata (4) 5 o r istessa Genziana minore (5) , non po- trebbero supplire all'Angustura ? Non è l'olio di Pino, che con ugual successo viene usato , che il balsamo di Copaive , o quello del Perù ? Le radici della Conso- lida (6) , e la Conserva delle Rose secche , come -quella de' Balausti , ed altri leggieri stittici , non presterebbero l' istessa efficacia della Simaruba ? La conserva dei fiori di Persico , o dei Prugni ortensi , come quella preparata dai Selvaggi , e l' olio estratto dai semi del Ricino (7) , non sarebbero i succedanei i più analoghi alla Cassia fislula , ed alla Tamarindi ? (i) Polygala vulgaris. (2) Geum Urbanuin. (3) Gentiana lutea. (4) Chironia Centaui'ium. (5) Gentiana Acauli s. (6) SymphYtum Officinale. (7) Ricinus comunis. ( 2o3 ) Ciò basti per non fare una lunga serie di tanti al- tri prodotti stranieri , che una male intesa prevenzione a favore , per la maggior parte di essi , per non dire una interessata impostura , va coonestando col titolo misterioso di Specifiche Medicine . La breve esposizione delle sopracennate medicine ci guida senza dubbio a ritrovare puranche nell' oppio nostrale una efficacia così bene marcata , che quando si cerchi di sottoporlo alla pruova , si avrà più attivo di quello d' Asia , di Tebe , e di tutte le altre Regio- ni , dove si manifattura . Né ciò deve credersi un tratto d' entusiasmo per l'are gli elogj della proposta medicina, giacché se è vero, che i fatti siano superiori a qualun- que raziocinio , sarei nel caso di esporre in dettaglio una lunghissima serie di fatti evidenti , dai quali po- trebbe ciascheduno rimaner convinto . Ma il mio og- getto non è quello di comporre un mero Giornale di osservazioni , perchè imponga , ed accrediti con un'aria d' empirismo la cennata medicina . Basta dire , che da più tempo si sta propinando da molti Professori , ed è stata il soggetto delle di loro accurate osservazioni , come delle mie ancora, in tutte le malattie, ove con- venga, con essersene sempre ritratto il desiderato fine. Dall'analisi poi potrà ognuno restar' anche con\into circa 1' efficace modo d' operare di questa droga . Da una continuata , ed uniforme relazione di pa- recchi viaggiatori , sappiamo , che in due differenti mo- di manovrano la raccolta dell' oppio gli Orientali . Pri- mo , coir incisione sulle capsole de' verdeggianti papa- ( 204) veri, adoperando un ferro a cinque punte, che in una lanciata produce cinque ferite , ronie ci avvisa preci- samente il dotto Geoffroy nella sua Materia Medica . O con altro a due sole lamine una a ridosso dell' al- tra , a norma delie relazioni del viaggiatore Rerr . Sco- la dalle incisioni un umor lattiginoso , che quindi con- densasi sul dorso delle stesse capsole; e distaccandolo , lo ripongono in un vase d' argilla , che a tale oggetto portano pendente dal collo sull' addome . Secondo con forzare sotto del torchio le capsole, e foglie verdi j pri- ma acciaccate, dalle quali cavandosi il snrrn espresso, lo rendono compatto coli' evaporazione . Il primo è r oppio puro in lagrime . Il secondo è il Meconio . Gli antichi Scrittori , tra' quali Plinio (i) , Dioscori- de (2) , e Galeno (3) , conoscevano pure due specie d' oppio , e vi davano le istesse denominazioni . Sappiamo ancora , che trovansi occupate estesissi- me campagne neir Asia minore , nella Natòlia , nel- r Egitto , nella Persia , e nell' Arabia , per la coltiva- zione de' papaveri , seminandosi come noi sementiamo il frumento : E che molta gente sfacendata ne trae pro- fitto , occupandosi in quella manovra. Perciò non deve recar maraviglia , se tanto della prima , quanto della seconda sorta, se ne traggono quantità tali da portarsi (i) Lih. XX. Cap. XriII. S. N. (2) Lib. IV. Cap. LXV. (3) Né libri spuiii : De simplicibus pag. 93. ( 2o5 ) in commercio tra tante nazioni . Malgrado però le sì ubertose raccolte non dobbiamo lusingarci , che perven- ga in Europa ad uso di tutti l'oppio in lagrime, poi- ché prima deve servire per le persone di distinzione di tutti i luoghi , dove quello si raccoglie , e quindi per tutti i nazionali , che quando anche si vogliano sup- porre sobrii, ve ne bisognano per lo meno due dram- me al giorno a ciascheduno tra il masticare , e farne uso per condimenti , supplendo così al divieto del vi- no . Ma ciò non basta . Vedremo anche coi fatti , che quello puro in lagrime non ci perviene j o assai di ra- do . Ed è questo il giudizio , che vien dato concor- demente da tutti i più imparziali Scrittori , che possa vantare la Storia Medica dall' epoca di media età sino ai dì nostri . Che se alcuni granelli di perfetta qualità si sieno talvolta presso di noi rinvenuti , bisogna pur credere , che si abbian dovuto appartenere a quella clas- se , in cui vi era miscela di quello in lagrime . Il Meconio ridotto in pezzi appianati a forme di focaccia è quello , che capita presso di noi europei : e tuttavia ne bisogna quantità eccessiva per esserne prov- veduti tanti popoli . Intanto ogni più triviale Farma- cista presume di conservare 1' oppio genuino ^ come sup- pone di avere il Balsamo della Mecca , quello vero del Perù , ed altri prodotti stranieri ben rari , e difficili , anche ad aversi nelle regigni stesse , ove si manifattu- rano . Circa la specie della pianta , che in que' luoghi si coltiva , si conviene da tutti i viaggiatori , che sia il ( 206 ) Papaver somnìfernm di Linneo (i) tanto a semi neri, che a semi bianchi 5 i quali si trovano variare non per intrinseco carattere , ma per la figura, e grandezza del- le capsole , e pel colorito delle corolle , e dei semi j essendo ambedue della stessa specie , cioè la settima in- dicata dal nostro dotto Petagna , coi caratteri : Foliis amplexicaulibus inclsis . Calycibus , capsulisque gla- hris . Semine nigro , ve/ albo . Plinio però asserisce (2) , che dal papavero di seconda specie , tra quei , che si trovavano di sua conoscenza , cioè da quello a semi neri , si traeva 1' oppio a tempi euol . Ed io di que- sto mi avvalsi nella semina de' primi anni , poiché ve- geta con più facilità presso di noi . Non lascio però di consigliare d' introdursi più estesamente quello a semi bianchì , come ho eseguito nella semina di questo an- no , perchè le piante sono più grandiose , e conseguen- temente anche le capsole, che sono il triplo di quelle de' papaveri neri . Ma con ciò non intendo , che si deb- bano questi affatto escludere, mentre che se per ragio- ne di commodo , e per le semine estese , giova meglio maneggiare quelle grandi , ed alte , che vanno anche più isolate^ per prodotto poi , ccBteris paribus , pare che ne porgan più le capsole piccole , cioè quelle dei semi neri . Nella considerazione de' fatti tanto rilevanti , e nel- la conoscenza cjel processo,, che adoperano gli Orien- (i) Classe Polyandria. ' (2) Lib, XIX. Cap. FUI. S. N. ( 207 •) tali per ottenere questa droga, avend' osservato jioco profitto essersi ritratto nelle urgenze delle malattie dal- l' oppio in commercio , attesa la penuria delle medici- ne esotiche, ed altronde avendo sperimentata la decisa efficacia de' nostri papaveri nelle differenri loro prepa- razioni , ho creduto giovare a' miei simili , con aver fat- to de' saggi , e varj piccoli travagli su di questo inte- ressante obbietto . Dietro di tali cognizioni più mi sentivo a ciò in- vogliato, sovvenendomi , che alcuni Scrittori di Mate- ria Medica avevano da alcun tempo adombrata una tal verità , e che tra i benemeriti della cognizione delle piante , e tra i valenti professori di Medicina , vi sie- no stali i Signori, Ball in Inghilterra^ Palmieri in Ita- lia ^ ed i nostri rispettabili nazionali Ripoli , Gagliardi , Tenore, ed altri, i quali avendo travagliato sullo sles- s' oggetto , abbiano intraprese delle piccole raccolte . Coir idea dunque di bandire quella inerzia , anzi le- targo , da cui siamo oppressi , in non voler valutare quanto deesi le produzioni indigene , di cui siamo for- niti, proseguendo le lodevoli tracce di quei professori, ho voluto con dettaglio porre in sistema un tal punto di pubblica economia , con aver fatto replicate semine in varj anni , ed in epoche diverse , per trarne quel miglior partito, che si poteva . Dopo d'avere atteso-, che sian nate, e venute a fiorire le piante, e dopo ca- duti i petali , quando le capsole si trovavano ingrandi- te , e succose , andava io innanzi nelle operazioni , i di cui risxdtati descriverò mano mano senza occupa'rmi < 2o8 ) dell' intiera esposizione de' variali metodi da me tenuti . Quindi dopo varj saggi istituiti , e dopo d' aver rac- colto più libbre d' oppio di prima sorta , cioè quello in lagrime , indicando i prodotti dell' analisi compara- tiva , a quello in commercio, mi sarà agevole additare quale metodo meglio convenga per la raccolta , e sua particolar maniera , pel tempo della semina ^ prepa- razione da farsi al terreno ^ e tutto altro , che possa essere analogo a tal oggetto . Si snfilga dunque un sito a solatio , che partecipi dell'oriente, e del mezzogiorno . Si fitccia il possibile, che non vi sieno alberi all'intorno, né per lo mezzo, acciocché si pongano bene in ordine le ajuole , e non resti per nulla intercettata 1' influenza benefica de' raggi solari . Sia il terreno profondo , ed argilloso , con sufficien- te ingrasso di letame ben macero , e che goda de' prin- cipii di molte parti vegetali . Se trovasi oltremodo ste- rile , e sabbionoso senza parti affatto di terriccio , non sarà mai atto all' uopo indicato . Si coltivi ne' principii di Settembre , mischiando- vi una significante dose di concime j e per far meglio si combini con altra dose di cenere . Si rompano le zolle , e coir erpice si vada appianando il terreno . Quindi nell' Ottobre , dopoché si sarà nuovamente col- tivato , sarà allora il tempo opportuno della semina- gione . Eseguita che si sarà la preparazione a quel pezzo di terra , si disponga in tante ajuole , o prose , così e 209 ) dette , della larghezza di circa quattro palmi , coi cor- rispondenti sentieri tra l' una , e l' altra prosa . Si ap- piani bene il terreno , e quindi a mano aperta , e bea raro , si sparga il seme , facendolo rimanere coperto con passarci per la seconda volta 1' erpice , o un fascet- to di spine . Ciò si faccia in ogni prosa , rimanendo i sentieri pel solo commodo di passar per dentro ne* lavori consecutivi da farsi . II seme per i terreni estesi sia de' papaveri bian- chi per le ragioni di sopra esposte . B perchè non si erri circa la qualità di esso, se si trovi alquanto oscmo di colore , le capsole , che lo prestano , oltre di essere notabilmente grandi , non debbono avere le piccole aperture sotto la corona stellata , e sono alquanto al- lungate a differenza di quelle a semi neri , che sono più globose , Verso la fine di Novembre , e principio dell' altro mese saranno fuori le piccole piante , le quali trovan- dosi di soverchio folte , si dovranno diradare j sarchian- dole quindi con attenzione per non ismuovere , o re- car lesione alle tenui radici , e cosi purgarle dalle erbe nocive , e parasite . Ne' principii di Febbrajo , o prima , conviene di- radarle un' altra volta , e sarchiarle ancora , coli' avver- timento di lasciare circa un piede , di distanza tra pian- ta , e pianta . Chi non voglia però assoggettarsi alla fastidiosa operazione di render rare , ed a giusta distan- za i papaveri , potrebbe nel tempo disegnato fare la fiemina a pizzico , come suol dirsi , in quei siti pro- 27 ( 2IO ) prlamente , dove dovrebbero rimanere a dimora ; di- staccandone però i superflui , perchè rimanga isolata ciascheduna pianta . In tal modo il terreno interme- dio verrebbe sin dalle prime meglio coltivato . Dalla metà di Aprile in avanti , qualora sono vi- cine a cacciar fuori lo stelo , si sarchino per la terza volta , togliendo sempre l' erba , e rincalzando il terre- no . E saremo già vicini alla fioritura . Prima di terminare il Maggio , come andranno a cadere i petali di ciascun fiore , attendendosi al- tri sei , o più giorni , onde siano bene ingrandite le capsole , si praticheranno mano mano le incisioni . Ma prima di passar oltre ad indicare il modo da ese- guirle , si avverta , che volendosi ritardare la semina , si potrà fare puranche nel Gennajo , come fu da me eseguita nell' anno scorso , avendo anticipatamente pre- parato il terreno coli' ingrasso , e con replicate coltiva- zioni . Ma , a dire il vero , bisogna dare tutta la pre- ferenza a quella dell' Ottobre . In fatti a pari circo- stanze 5 e nello stesso sito , dóve fo tali saggi , le pian- te nate spontanee nel Novembre del i8og. , e quelle prodotte dalla semina del Gennajo seguente , vegetaro- no sempreppiù rigogliose le prime , e con più pronto sviluppo 5 essendo state superiori a qualunque nociva influenza di meteore . la simil modo avendo in que- sto anno fatto la semina dell' Ottobre su. di molte pro- se , e su di una sola quella del-.Gennajo , le piante di questa vanno innanzi con piccola statura, e le pri- me grandiose con molti estesi rami promettono una ( 211 ) raccolta d' oppio ubertosa , e soddisfacente del pari , che ne diedero le spontanee degli anni antecedenti . Se si crederà da taluni , che giovi di traspiantare i papaveri per migliorare la lor condizione , o per for- nire delle altre prose , potrà benissimo disingannarsi j poiché avendone in due anni fatto la pruova , tanto se sieno di tenuissima statura le piante , che più adul- te . Nel mese di Gennajo , o più tardi , coli' inaflia- mento , o senza di esso , ho osservato costantemente , che la maggior parte è andata a perire : Altra porzio- ne con una vita lenta La prodotto un piccol gambo, e pochissime capsole , di grandezza niente regolare . Ma è già questo un punto d' osservazione , che gene- ralmente si avvera in un gran numero di piante . Per i papaveri poi , che sono forniti di radici perpendico- lari, e fusiformi, con pochissime laterali fibrose,. su- bitocchè sieno distolte dalla di loro primitiva direzio- ne , ed aderenza col terreno , perdendo ivasellini quel- la vitalità., ed energìa , onde si sosteneva la circola- zione , o marciscono interamente , oppure vanno quel- le radici a rimanere inerti , e conseguentemente anche le piante , sino a che qualche dilicatissirao fdo radica- le , e quindi qualche altro , vada a sortire , che ripi- gli il cammino del fluido circolante , sostenendo una benché stentata vegetazione . E dunque fuori di dub- bio , che il seme a dimora per le piante piccole , va a sviluppare una vita assai più energica , essendo quelle sostenute sulla base di radici seminali , le quali vanno a macerarsi nella maggior parte col trapiantarle . ( 212 ) Non occorre d' loaffiare i papaveri qualora le sta- gioni procederanno con certa regolarità , dovendosi at- tendere Il solo benefico umettamento della pioggia . Ed è ciò analogo al sentimento di tutti gli Scrittori di materia medica , quali In consigliando la plantagglone dell'erbe, e de' frutici , che debbano produrre resine, o gomme-resine , prescrivono , che I terreni siano piut- tosto asciutti , che Irrigati . E Plinio nel sopracitato luogo , parlando dell' oppio , dice : Optimum in sic- cis , et ubi raro pluit . Guidate dunque le tenere plauie cuu ijucgli ajuti di sopra esposti , essendo fuori gli steli , i fiori , e quindi le capsole , si sarà al tempo delle incisioni , e propriamente dalla metà di Maggio sino a tutto Giu- gno , qualora il Termometro nella scala di Reaumur si trovi segnare da 18 sino ai 22 gradi . La differenza de' climi potrà fissare un' epoca alquanto varia , sem- pre però approssimativa alla già enunciata . Giunto II tempo da praticare le incisioni , cioè dopo caduti i fiori , e rese progressivamente grandi le capsole sino all' intiero sviluppo , nel termine di sei giorni più , o meno , quando 1' umore è denso a suf- ficienza , e non sieroso j si prenda una piccola lancet- ta a punta non molto acuta , ma tagliente , e" sostenen- do la capsola colla mano sinistra si facciano le inci- sioni verticali , eseguendole da sotto in sopra , cioè da vicino al caule della pianta per tutta la convessità di essa capsola , e con ferire la sola epidermide . Se ne potranno praticare quattro in quelle di mediocre gran- ( 2i3 ) dezza , e sei nelle altre più grandi j come precisamen- te nei papaveri bianchi . Saranno eseguite neli' istesso tempo , e serbando una certa uguale distanza . Intanto si osserverà con maraviglia , che il ferro andrà avanti , ed un umor lattiginoso gli correrà dietro prendendo la figura di una lagrima , che sarà pendente nella parte inferiore della capsola : un tal latte sarà di sapore no- tabilmente amaro , e di odore nauseoso di muffa . Devono sempre farsi le incisioni nelle giornate a- sciutte , e calde , e due ore circa dopo lo spuntar del sole in avanti , acciocché si renda meno scorrevole 1' umore , e non si gitti sulle foglie . E servendomi del- l' espressioni dello stesso Plinio , dirò : Ciim. ros exa- ruerit , hoc est hora diei sereni . Giova ancora , che r atmosfera non sia agitata da vento . In tal modo coli' attività di una temperatura calda sì formerà in cia- scheduna lagrima una pellicola esterna j ed a capo di dieci in dodici ore quella gocciolina acquisterà una consistenza viscosa con colorito che tira al giallo . Nel- la giornata appresso sarà più consistente con colore rosso-bruno prendendo 1' aspetto della mirra lucida j e r oppio sarà maturo . Questa dunque è 1' epoca da raccogliere quelle la- grime , e ciò si verrà a fare nel cadere della seconda giornata . Il ferro , che bisognerà per tale operazione , potrà essere quello stesso delle incisioni , o altro simi- le , ma più largo , oppure a dirittura un temperino . Si porterà nella mano dritta con distaccare ciaschedu- no pezzo dalle rispettive ferite , alle quali si trova ade-^ ( 2i4 ; rente , mentre la mano sinistra ferma '-, capsola dall' al- tra parte . Adattati quei pezzetti uno a iMosso dell'al- tro, formeranno quei più rimarchevoli, che andranno bene riposti ia un bicchiere di cristallo , ovvero -^i ar« gilla . Se le sopraddette lagrime si facciano rimanere al di là dei due giorni sul dorso delle capsole , sarà no- tabilmente diminuita la lor forza , rendendosi carbo- nizzate dall' attività del sole , portata troppo innanzi , e già il colorito negrognolo ne addita il carattere , « la poca forza , come ho osservato nelle occorrenze del- le malattie , in cui ne ho fatto uso . Il solo caso di una pioggia , o di altro incidente , che impedirà la rac- colta , farà un eccezione alla regola proposta. Altronde se si sia a tempo di prevenire una im- minente pioggia , che possa sciogliere , o porta via una buona porzione di lagrime , converrà sollecitamente andarle a distaccare senza prender conto se siano al punto della perfezione , mentre quei piccoli ammassi potranno rendersi consistenti con esporli al sole per una , o due giornate finché acquistino i caratteri so- praindicati . Un tal caso mi è accaduto talvolta , e vi ho prestato riparo , perchè si è trattato di piccole rac- colte. Una seminazione estesa non potendo ammettere simile ajuto , si compenserà con andarle a raccogliere consecutivamente,, td a proporzione della consistenza acquistata . Dopo le replicate osservazioni, e metodi praticati ^ relativi al numero delle incisioni , convengo semprep- ( 2i5 ) più , che nei nostri papaveri quattro , o al più sei fatte nel medesimo tempo , bastino a portar fuori tutta la dose dell' umore già preparato , che serbato tra 1' e- pidermide , e gli altri integumenti delle capsole , poiché facendosene in maggior numero , come più volte ho pra- ticato , non è che scaturisca più umore , ma si viene a ripartire per tutte quel fluido , che doveva scorrere dalle sole quattro ferite. Nel caso dunque di volerne istituire dippiù, altro che una piccola squama non si rinverrà su di ciascheduna ferita . Perciò ci dovrà im- piegare più tempo per la raccolta 3 si verrà a distac- care l' epidermide fresca dai papaveri 3 e l'oppio, non essendo puro , presenterà sempre il senso , e 1' odore erbóso . È inutile di fare incisioni su di altre parti della pianta , perchè nessuno umore andrà a fluire , o sarà puramente aqueo . Così , nella generalità , nemmeno giova fìune altre nello spazio intermedio alle prime , poiché sortirà un puro siero di latte oppiato . Questa pratica ammette tuttavia qualche eccezione per alcune capsole , le quali esplorate nuovamente col ferro pre- stano latte di buoùa condizione , e come il primo . Sicché in quelle , che sembrano succose ancora , si potranno benissimo reiterare , e si avrà l' intento . Il metodo , che riferisce Dioscoride , di fare le incisioni circolarmente sotto la corona stellata dei pa- paveri , e quindi inclinarli per riceversi il succo gron- dante in un vasellino , che si esporrà al sole , non mi sembra plausibile per varie circostanze , che ho ravvi- ( 2i6 ) sato col fatto. E basta dire, che avendone taluni fatto il saggio , tra' quali il diligentissimo lames , non ne sono rimasi soddisfatti. Giova qui puranche rimarcare 1' uso , che si tiene dagli Orientali , cioè a far rimanere aderenti alle cap- sole le lagrime per il solo corso di una notte . Non deve tale sistema da noi adottarsi , sì perchè la tem- peratura del clima sia ivi notabilmente avvanzata rela- tivamente al nostro , e quello di tutta 1' Italia j come perrhè nemmeno colà si trae maturo , ed a giusta con- sistenza qualora si raccoglie . Tanto ciò è vero che gli stessi viaggiatori ci riferiscono , che dopo raccolte le lagrime , espongono al sole i vasi semipieni per farle acquistare una competente spessezza . Per lo contrario distaccandosi già maturo l' oppio gode di altre emi- nenti prerogative . E tale circostanza non può dirsi , che sfugga I' attenzione di quei popoli , che sono ora^ mai assai bene istruiti in quella pratica dalla lunga serie delle osservazioni . Deve supporsi piuttosto , che ragioni d' industria li determinino a trattarlo in quel modo . Forse per ridurlo più agevolmente nelle forme in cui ce lo recano : o per combinarci delle altre so- stanze, come precisamente il meconico , essendo più facile ciò far.n qualora sia maneggevole , ed umidiccio. Ma non bisogna andar tant' oltre in vane discetta- zioni . Vediamo quali prodotti ci presenti l' analisi di questa droga tanto necessaria , ed essenziale in medi- cina , che , senza di essa , asseriva il dottissimo Syden- ham , non avrebbe avuto il coraggio di fare il medico , ( 217 ) Avendo sciolto una dramma dell' oppio nostrale , ridotto prima in fina polvere , nello spirito di vino ben rettificato, e datoci un sufficiente grado di calo- re , dopo circa un' ora è rimasa una gran parte per- fettamente in soluzione , Raccolto quindi il sedimento insolubile , si è rinvenuto quasi tutto gommoso , e del peso di circa venti granelli . Ho reiterato un tale processo ; ed avendo acceso lo spirito di vino , che serbava in soluzione 1' oppio , dopo d' essersi consumato tutto l' alkool , e con esso la parte resinosa , è ugualmente rimasa a fondo una materia gommosa , però carbonizzata dall' azione della Gamma . Messone un pezzo ad una punta di ferro , ed ap- prossimato alla fiamma si è veduto sul momento an- dare in violenta combustione , avendo presentata una fiammetta rosso-sulfurea , e vaga all' aspetto , che ha dato fuori un fumo bianchiccio di odore nauseoso di muffa , che muoveva a starnutare . Si vede bene in questo incontro , che andando avanti la combustione si consuma gran parte della massa dell' oppio , il qua- le terminato di bruciare , presenta a guisa di carbone la sostanza gommosa residuale delle due sopradette operazioni . Dunque, prima di terminare l'analisi, si può as- sicurare , che di una dramma il terzo pressappoco è una materia gommosa , insolubile nello spirito di vino ^ e tutto il rimanente è quasi per intiero sostanza resino- sa friabile , e lucida , che separata coli' evaporazione 38 (2l8) dell'acquavite, che la conteneva, ed adattata alla lin- gua , vellica sensibilmente le papille nervee conciliando un senso acre - caldo , che dà molto dell' aromatico . Per meglio riuscire in questo saggio , ho voluto servirmi pure dell' acqua , con aver versato l' istessa quantità d'oppio attivato da calda temperatura, ho os- servato che a gradi, e con qualche stento, si è andata a sciogliere la porzione della gomma , essendo rimaso pressocchè insolubile tutto il restante di sostanza resi- nosa leggìermenie salina , che ne costituiva la parte maggione . Col divisato esperimento si è veduta andare a galla una materia oleosa fissa , eh' è quella , che presta un insensibile untume , stropicciandosi tra le dita un pez- zetto d' oppio . Merita pure d' essere rimarcato un principio vo- latile graveolente , eh' è quello appunto , che produce la sensazione odorifera di quella sostanza , ed in gra- do assai eminente , di maniera che in aprirsi una bot- tiglia , che conserva la nostra droga , non si può tol- lerare r impressione , che ne ricevono i nervi olfatto- ri 5 circostanza , che non accade tanto sensibilmente nell'oppio in commercio. Ciò però dipende da un olio essenziale penetrantissimo. E questa è quella sostanza, che gli concilia tanta forza , ed opera nei primi istanti, che sia propinato , anche prima di sciogliersi dai suc- chi gastrici la gomma , e la parte resinosa. Questa stessa sì potente esalazione odorosa rende incommoda , e fastidiosa la raccolta , ed è perciò che ( 219 ) disperdendosi una parie aliluosa dalle lagrime aderenti alle capsole si forma una piccola atmosfera , che va ad aftéttare la sclaliva del raccoglitore con miscliiarvisi, ed eccita una molesta nausea , anzi talvolta il vomi- to , oltre di una certa temulenza , che produce al ca- po. Queste affezioni furono da me sperimentate a se- gno , che nel meglio de' saggi mi decidevo sin dall'an- no scorso a svellere tutte le piante de' papaveri , e porre in oblio una utile intrapresa . Il minore incom- modo , che mi è accaduto è stato quello di sputac- chiare peicnueuienie per il tratto della lunga e nojosa . raccolta , che negli anni di siffatto travaglio ho dovu- to per ben due mesi portare innanzi in tutti i giorui dalla metà di Maggio sino al principj di Luglio. Ma ciò sarà ben lungi di accadere a quegf individui , che dotati di minor sensibilità di fibra , e meglio condi- zionati nella di loro costituzione , prendendosi dalla classe de' contadini , possano benissimo adattarsi alla facile manovra di trattare quelle piante per ritrarne la desiderata medicina. Taniopiù sarà necessario di ren- dere istruita quella gente , per quanto convenga non per solo diletto , o per fare de' saggi , ma per indu- stria , ed occupare qualche considerevole pezzo di terreno ad una si vantaggiosa speculazione. Esposta la sopradetta analisi ottenuta da un pro- cesso semplicissimo , ma veridico , se però non si giun- gerà colla stessa esattezza a rimarcare quella propor- zione di principj tutte le volte , che si voglia reitera- re , come a me è puranche accaduto , ciò dipende a ( 220 ) buou senso da varj accidenti , che possono avere del- l' influenza , e specialmente dalle differenti qualità del- l' oppio , in ordine anche alla sua maturazione \ e dal- l' affinità grande , con cui la resina , e la gomma so- no aderentemente unite , formando l'impasto di quella sostanza con altra poca porzione di parti terrose , e saline j per cui non sempre tutta la parte resinosa si scioglie neir alkool , né tutta la gomma nell' acqua. Circa i caratteri esterni di un tale oppio , posso con ingenuità assicurare , che si trovano non che cor- rispondenti a quello d' ottima qualità , eh' è andato sempre in commercio, m' anzi in gradi più eminenti: essendo di spiacevolissimo odore ^ alquanto tenace , con essere un ammasso di tante lagrime , è molto ama- ro al gusto 5 uniforme , e senza parti eterogejiee j di colore di succino , o di mirra , sembrando in tutto una pura resina , prontissimo ad andare in combustio- ne , con produrre una fiamma assai più chiara , e sfa- villante ^ è friabile , per cui si può più agevolmente polverizzare \ e non rimane alcuna feccia allorché si scioglie. Le preggevoli qualità rappresentate , non sono certa- mente ipotetiche, o fallaci, dacché han potuto ravvi- sarsi senza equivoco in quello esposto con tutti i ge- neri nazionali nella Fiera di Agosto in Napoli . Altro simile è stato , ed è , presso la considerazione di molti professori dell' arte sanatrice , cui 1' ho fatto pervenire. Ed è ancora esposto in alcune Farmacie per oggetto venale, ( 221 ) Ma perchè sieno sino all' evidenza dichiarate le sublimi prerogative di qnesta patria medicina , e ad oggetto di avere un' analisi di comparazione , ho sotto- posto ad esame il più squisito , che si trovava anni indietro^ ed il prodotto del breve processo istituito si trova essere di una metà tutta gommosa ^ meno di un terzo di resina , ed il restante una materia terrosa mi- sta a poco olio fisso. Il desiderio di rimanere sempreppiù convinto nel- la serie delle mie osservazioni , mi ha spinto a fare delle altre ispezioni sulle masse dell' oppio asiatico . Perciò ho costantemente osservato , che di due sorti sogliono essere quei pezzi . Alcuni di massa alquanto uniforme , ed a guisa di un verace estratto , di colo- rito fosco con delle impurità per dentro , e riducibile in altra forma a picciol grado di calore. Altri sono di massa varia , poiché in aprendoli si ravvisano per mez- zo dei pezzetti più lucidi di colore , e più compatti , ma sempre colle stesse impurità. Ho conchiuso da ciò , che i primi siano il semplice nieconio fatto da succo espresso. Kd i secondi , anche questo , ma con esservi in miscela le lagrime dell' oppio puro . Intanto ciò si trova appuntino analogo alle relazioni , che ne abbia- mo ^ usando gli orientali di rotolare le lagrime col me- conio non ancora giunto a consistenza , ed in modo che risulti una massa apparentemente uniforme . Que- sto in fatti presso di noi si è stimato sempre migliore. Di pezzi poi , che potevano dirsi ammasso di sole la- grime , non è stato facile vederne ^ perchè oppio co- ( 222 ) siffatto di rado , o non mai , si sono compiacimi di recarci. Gli antichi però , tra' quali Galeno , sotto la denominazione di oppio , includevano le sole lagrime. Di fatti nella Classe 5. pag. 114. così si esprime: Qui autein Opinin , idest Papaveris lacrymam biberint , iis statini etc. Alla giusta considerazione di tali fatti bisogna pur soggiungere , che varie e multiplici adulterazioni sieno soliti di manovrare gli Asiatici , anche a seconda dei di luro pixTati bisogni. Per avere piacevolissimi sogni , ed immaginazioni , che allettino , mischiano il Giu- squiamo nero, e lo Strammonio. Come alessifarmaco , e per suscitar loro allegria , precisamente ne'combattimenti marziali , combinano il Succino , lo Zafferano , la Mir- ra , la Noce Moscada , ed il Cardamomo 5 e ciò fan- no più di tutto ncJla Persia dando a questa composi- zione il nome di Pholonia. Ma se queste adulterazioni si limitassero alle pre- parazioni di loro semplice Uso non se ne incaricherebbe alcuno certamente. Subitochè però lo recano così alte- rato in commercio , e gli stessi nostri nazionali si fan- no lecito di replicare le miscele in passandolo nelle officine , reclama ognuno , ed a ragione , come dal tempo de' Greci sino ai dì nostri , non mancano di farsi le più alte querele Dioscoride , Remfero , e Geof- froy coi più recenti Scrittori , perchè vi adoprino tante miscele , che sien giunti a combinarci la liquirizia , r assafetida , lo sterco bovino , ed ancora il sevo , con molte altre sostanze eterogenee. ( 223 ) È fuor di dubbio , che il Glaucio , composizione celebre nell' antichità , che a buon conto era il succo estratto del Rumex Lapathum ; o conciliando 1' opi- nione di altri , il succo condensato del Chelidonium , o del Papavev curniculatum , pianta , che presso di noi trovasi a dovizia per la spiaggia dell'Adriatico , go- dendo di un succo giallo-amaro , faccia parte dell'oppio officinale . E ciò rapporto al Glaucio non tanto deve supporsi vero , perchè si rileva da autori degni di fede j quantochè volendosi distaccare le foglie secche , e se- mi , che spesso vengono aderenti ai pezzi dell' oppio , quei semi sono effettivamente del Rumex surriferito , come replicate volte mi è riuscito averne la conoscen- za. L' erudito James è fermo a credere , che il succo solito a mischiarsi coli' oppio puro, nelle regioni, ove si manifattura , sia quello della lattuga selvaggia , op- pure dell' ortense. Né ciò deve sembrare lontano dal vero, poiché le lattughe godono della forza oppiata, serbando un succo latteo amaro mollo analogo a quel- lo de' papaveri , tantoché Galeno , e varj au tori , le danno le istesse attribuzioni , e quei che se ne ciba- no , si attendono un sonno tranquillo. Ognuno dunque vede bene quale notabile diffe- renza vi possa essere tra l' esotico , ed il nostrale • e per quanti secoli siamo rimasi illusi su di un ogget- to di tanta importanza , che ha obbligato le nazioni tutte d' Europa ad acquistare dagli esteri quella dro- ga , di cui ciascheduno può presentemente fornirsi nel proprio paese in qualità, e dosi tali da formare il (224) lustro , ed il decoroso ornamento delle officine farma- ceutiche. Preparazione , o processo alcuno , non bisogna per migliorare la sua condizione , e renderlo depurato , nello stato di lagrime , poiché geme come se fosse di- stillato in dorso delle capsole , e l' attività del sole dissipa, e corregge qualunque piccola impurità , che vi si possa trovare , rimanendovi per due giorni , o sino alla perfetta asciuttezza . E di bene però di attendere circa un mcso di tempn per incominciare a farne uso j mentre in quel!' epoca avrà acquistato 1' odore puro , ed i caratteri veraci dell'oppio, trovandosi dissipato ogni qualunque senso erboso. Per essere ora a giorno dei fatti favorevoli , e della decisa efficacia di questa medicina ne' varj casi di ma- lattie , ove possa convenire , dopo di aver s aputo col- r analisi di essere la resina assai predominante alla g'omma j e d' essere più odoroso , friabile , e lucido j più accensibile , e puro , che con difficoltà si scioglie neir acqua , bensì nell' alkool , o vino spiritoso , qua- lità tutte , che non si ravvisano in tal grado in quello d' Oriente , ma che ne costituiscono l' ottima condizio- ne : si deve sapere , che opera con sicurezza in tutti i casi , in cui quell' altro suole giovare ^ colla diffe- renza , che debba propinarsi in dose più discreta , al- trimenti si corre rischio di far incontrare tristi effet- ti a quegl' infelici , per i quali si sia adoperato . In conferma di ciò si vuole avvertire , che per una mera affezione catarrale , che portava una tosse di stimolo ( 225 ) assai fastidiosa , essendosene usato un granello da un infermo , che aveva tutta la diffidenza , che mezzo gra- nello fusse stato sufficiente a tranquillarlo , fu tormen- talo in tutta la notte da continuo vaniloquio , da gran mossa di vomito , e da calore estuante. A tale oggetto per determinare con certo metodo la dose , conviene stahilire , che nei cuiirplessi di dilicuiu cosili uziuue , e laddove il bisogno di urgente malattia non Io richie- da , si può prescrivere da mezzo sino ad un granello, o sciolto , o in forma pillolare. Qualora poi i sintomi, o r indole del male , esigano un prontissimo ajuto , se ne appresti subito un granello. E se sembra espe- diente , come nelle violpntl emorragie , nelle ostinate convulsioni , r nelle doglie acute , si può replicare la dose dopo dissipata la forza della prima. Essendosi dunque da molti giudiziosi medici , e da me istesso , adoperato nelle malattie spasmodiche ^ e dove si tratti di affezioni dolorose in generale , ed in quelle ancora , in cui la gran sensibilità è un pro- dotto della debolezza , si è osservato , che non sola- mente produce narcosi , calmando lo spasmo , ma ec- cita in rerto mrxln , coiiciliantìo iiuuva energia al si- Stema nervoso. Così nelle cardialgie , e coliche , piut- tosto convulsive , che materiali , si è osservata una calma nella circolazione , notabile diminuzione di sin- tomi , e quindi un sonno placido . Tra gli altrettanti casi un giovine di delicata complessione , che per una cardialgia spasmodica era violentemente molestato da vomito inane, essendosi ridotto con sudori fieddi la 29 ( 226 ) una mortale asfissia per non aver ritratto alcun solile' vo dalle replicate dosi del laudano , e con avere re- stituito tre granelli d' oppio , se gli sciolse uno del- l' indigeno nel vino , e fattolo a slenti ingojare , di 11 a mezz' ora cessò il vomito , e fu restituita la calma all' infelice giovane. Neir ibteiisino , asma , e tossi prellamenle convul- sive , dove un' atonia del sistema generale favoriva quelle affezioni , ha operato da narcotico , avendo ec- citata altra forza viva agli organi vitali . Ed in questi casi ha giovato tanto meglio , per quanto se n' è rei- terato r uso colla miscela de' leggieri tonici. Nelle emottisi , e nelle emorragie in generale , pre- cisamente in quelle accoppiate da mal abito di corpo , ha recato un utile decisivo. Si può assicurare , che tra gli altri , una donna , che sofferiva una emorragìa na- sale violenta , e protratta per più giorni , essendosele propinato , misto alla china , profittò portentosamente. Un' altra affetta da ostinata menon-agla sino al punto d'essersi avvanzato un buono edema, resa già cachet- tica dopo le grandi perdite di sangue , ne ha rilevato gran vantaggio avendolo preso unito a' marziali. Ad un emottoico di età non tanto avvanzata , allorché il san- gue a sbocchi affettava un oscuro periodo , dopo le molte dosi dell' oppio , e dell' etiope vegetabile , è riuscito con due granelli in due giornate , d'impedirlo a gradi , e con regolarità tale da non seguirne peggior male. ( 227 ) Debbo però con ingenuità asserire di non averlo voluto mai , senza urgentissimo bisogno , somministrare ai giovani assai pletorici , e dotati di troppo valida costituzione , predominando la diatesi stenica -, come non debba convenire nell' isterìa delle donne robuste j e laddove , servendomi dell' espressione degli Antichi , si trovi l' utero in una temperie calda , nel caso di sofferire emorragie uterine , convellimenti , ed altro , per la ragione , che composto quest' oppio di resina , eccitando troppo qualora non sia opportuno , si pone la circolazione in maggiore orgasmo , e ne sieguono più triste conseguenze. In tali casi io consiglierei piut- tosto , che si faccia uso dell' istess' oppio sì , ma pre- parato a guisa dell' estratto aquoso del Pecquet , o un tantino bruciato , come l' etiope vegetabile . Ne' delirii malincolici soliti ad effettare i corpi ippocondriaci , ed accompagnati talvolta da qualche grado di cachessìa , ha giovato senza dubbio . Una giovane che dopo le replicate , e non indifferenti per- dite di sangue dall'utero, era caduta in una grave de- bolezza del sistema vascolare , e quindi in un delirio malinconico , che si rendeva in alcuni giorni anche furioso \ in quelle sere , in cui prendeva un gra- nello deir oppio indigeno , dormiva tranquillamente , e rimaneva per più ore in pace. Tutte le altre volte , che per istituire un saggio , se le prestavano due , o tre granelli dell' estero , non ne ritraeva sollievo , ed era sempre agitata , e delirante . ( 228 ) Nelle diarree abituali prodotte da poca concezio- ne de' cibi , e da un' astenìa viscerale ben marcata , iiggiunto a qualche estratto amaro , ha prodotto pur- anche effetti sicuri . In tutte le altre affezioni lente in- testinali , per le quali si fa facile passaggio alla disen- terìa , ed in questa istessa , purché non. vi sia princi- pio di riscaldamento , combinato con poca ipecacuana o con una terra assorbente , come la magnesia , ha operato a guisa d' antidoto , Molti fanciulli , che sono andati soggetti nello scorso autunno all' affezione di- senterica , dopo d' essersi adoperati in vano altri ajuti, si sono riavuti quas' istantaneamente con tenue dose di questa medicina sciolta nell'emulsione dei semi cu- curbitacei . Quegl' infermi , ai quali 1' uso frequente dell' op- pio r aveva loro reso pressocchè infruttuoso , ed erano obbligati a prenderne tre , o quattro granelli , con un granello solo del nostrale , hanno ottenuto 1' intento . Tra questi uno piucchè mai , eh' erasi abituato per un asma convulsivo , nell' ingojare delle dosi generose del laudano , oppio , e massa di stirace , quando 1' asma istesso si era fatto umorale con notabile infarcimento ne' pulmoni , avendo fatto sospendere qualunque altro narcotico , ne feci uso alla dose di un granello senza averlo potuto replicare , se non a capo di quattro giorni , perchè la narcosi prodotta sopprimeva V espet- lorazione. Ed intaìito perchè l'asma continuava tutta- via ad affettare qualche periodo , e bisognava ad ogni modo un oppiato , gli dava quello venale alla dose ( 229 ) di Ire granelli in tntte le altre scie , però senza vciun profitto. Una Signora poi , che per una spasmodia ute- rina di più giorni era tutta convulsa , mentre da più tempo sembrava perennemente isterica , ed era giunta in quel parosismo ad introdurre con istento quattro granelli d' oppio nel corso di una giornata , con un granello dell' indigeno , e quindi con un altro fu per- fettamente ristabilita da quell' acuzie . Non manco ancora di avvertire , che nei gravi dolori in generale giova , e molto meglio , che quello d'Asia , benché in minor dose. Perciò nelle nefralgie , nei reumatismi acuti , e nelle doglie intestinali è decisa la sua efficacia , come da replicati fatti viene piena- mente dimostrato . Così per dare una calma al tutto nelle malattie locali si è più volte adoperato. Una gio- vane , che per un profondo carcinoma all'utero spasi- mava continuamente , e non ritraeva sollievo da tre , e quattro granelli d' oppio , con uno del nostrale fu- rono mitigati i dolori lancinanti , che sofferiva , per cui se ne ripetè 1' uso sempre con profitto. In una costituzione di febbri intermittenti , che precorse nella passata stagione estiva , e nell' incomin- ciar deir Autunno , e che produsse dei sudori profu- sissimi , onde gì' infermi rimanevano oltremodo sner- vati di forze , comecché conveniva un oppialo coli' an- tifebbrile ( giaccliè è deciso , che 1' oppio trattiene le avvanzate secrezioni , ed escrezioni tutte ) 1' usai prima del parosismo ^ ed avendo contribuito a rinvi- gorire i nervi , e calmare lo spasmo de' vasi cutanei , ( 200 ) servì d' ostacolo ai tanti sudori , e fece migliorare su- bito l' infelice stato degl' infermi . In fine senza entrare in erudite discettazioni sulla maniera d' agire dell' oppio in generale , se rarefacendo il sangue , e con ciò facendosi pressione maggiore al cervello ; e se sciogliendo , o rappigliandolo : se asso- pendo y o risvegliando V irritabilità musculare degli Stalleriani ^ o 1' eccitabilità de' nervi di Brown : O che in qualunque altra maniera operi , per noi basta d' es- sere convinti coli' analisi , e coi molti fatti di pruova, quali si sono enunciati appena , ed in brevissimo nu- mero , per non eccedere i limsti di una Memoria , e non far da Empirico ; che l' indigeno non solo equi- valga air esotico , ma sia anzi preferibile. Non occorre ugualmente , che io stia additando tutti gli altri casi di malattie , ove possa , e debba es- sere opportuno V oppio nostrale al pari dell' estero • Tutto ciò è abbastanza noto ad og li Piofessore dell'arte salutare. Chi voglia notizie più estese, e soddisfacenti , oltre di poter riscontrare qualunque Autore di materia medica , potrebbe in preferenza consultare chi si sia con precisione occupato in un' epoca non molto lungj da noi , cioè il Sig. Tralles. E circa la maniera d'agire di questa droga diffusamente , e da profondo fisiologo negli ul'imi tempi il Sig. Giovacchino Carradori in una Memoria inserita negli Opuscoli scelti di Milano. Ed affinchè si promuova evidentemente l' utile pubblico, ed il particolare interesse de' cittadini , men- tre r uomo neghittoso spesso trascura i doni della Prov- (23l ) videnza, giova scuoterci, ponendoci in una ceila atti- vità, ed impegno, onde faccia scorgere la Nazione d' essere animata da lodevole entusiasmo , e da vorace spirito di filantropìa in occuparsi d' intraprese tanto prcggevoli . Perchè dunque si attacchi quell' idea di conflderiya propria da andar oltre in simili speculazio- ni, è di bene far osservare col fatto , che si può be- nissimo combinare in tale incontro 1' utile dulci. Vengo perciò a dettagliare quel tanto, che ho enunciato in astratto , determinando per punto di approssimazione qnal profitto possa ritrarsi da un pezzo di terreno ad- detto a questa semina. Conviene dunque stabilire. 1 . Ghe si divida il dato terreno in tante varie prose coi rispettivi sentieri , assegnando a ciascheduna ia larghezza di palmi quattro , e con situarvi quattro piante alla distanza di un palmo per ciascheduna : si abbia 1' attenzione di rimanere la prima mezzo palmo dentro dell' orlo della prosa , ed in modo che la quarta pianta venga pure situata mezzo palmo dentro della medesima dall'altra parte. Ciò si vuol fare ad oggetto , che i rami , e foglie dei papaveri non vadano ad in- clinarsi nello spazio di terra occupato dai sentieri. Alle prose poi non occorre di dare ampiezza maggiore dei quattro palmi , altrimenti le braccia dell' operajo sa- ranno incapaci di giungere sulle piante dai sentieri li- mitrofi . 2. Che ogni sentiero abbia la larghezza di due palmi per potersi con tutto commodo eseguire i lavori , e le operazioni dovute all' una , e 1' altra prosa conti- ( 232 ) glia , tanto nell' epoca , in cui si trovano le piante , che per i nuovi ingrassi , e preparazioni , che converrà fare sino al tempo dell'altra semina. Giova pure, che i sentieri sieno in tal modo larghi per aversi un facile passaggio , e non accada ciocché avverte Dioscoride , che in passando per le piante già sanciate , il raccogli- tore tragga seco cogli abiti il latte grondante. 5. Che se sia data una superficie di terra , che abbia per ciaschedun lato la lunghezza di palmi cento , si avrà tutta la superficie quadrata di palmi diecemila. Perciò si avranno diciassette prose con altrittanti sen- tieri della lunghezza di palmi cento , e la larghezza co- me sopra denotata. Ma questa estensione si è prefissa per una mera norma . Volendosi ampliare , per aversi un calcolo comparativo sul prodotto , si vuol sapere , che corrisponde a poco men di un quinto del moggio napoletano. Ogni prosa darà piante 400 • E tutta 1' estensione del terreno ne presenterà 6800. Tutte queste a quattro capsole per ciascheduna per lo meno , e segnando le sole più grandi , senza porre a calcolo le molte altre piccole de' rami inferiori, che offrono pure 11 di loro latte , ne daranno 27200. Ciò vale in rapporto ai papaveri neri , perchè i bian- chi ne producono tre , o al più quattro tra' grandi , e piccole . Ciascheduna capsola avendomi dato agevolmente, e nella più scarsa dose , due granelli d' oppio adden- sato , da quattro incisioni j con supporsi di mediocre I ( 233 ) grandezza , come quelle delle nostre piante , rlducen- dosi il prodotto da' granelli a libbre , si otterranno set- te libbre , once sei , e -3 , le quali calcolate al -valore discreto di ducati sei la libbra^ daranno la somma di ducati quarantacinque, e grana trentacinque. Sembra intanto, che questo solo compenso possa essere suffi- ciente a render paghe le premure , e V aspettativa di chi se ne sia occupato . Trattandosi però , che questo sia il profitto del solo oppio puro , non si limita qui r industria dell' accorto proprietario . Distaccate che sieno le lagrime progressivamente , e fatta anche la secónda raccolta a quelle capsole, ove saranno state necessarie le nuove incisioni , sarà egli at- tento ad osservare , se altre ve ne sieno non ancora in- cise . Quindi non si tardi a svellere le piante tuttavia verdi , e succose , che si recheranno sotto al torchio do- po d' averle ben bene acciaccate ^ e serviranno propria- mente a tal' uopo le capsole, e le piccole foglie vicine, poiché gli steli prestano pochissimo, o nessuno umore. Il succo espresso si evapori a fuoco lento sino a dura consistenza 5 e si avrà il Meconio , il quale adoperato in doppia dose compete in tutti quelli casi , in cui gio- va r oppio puro . Debbo in tale incontro avvertire i Farmacisti , che per la composizione del laudano di Si- denhamio , per la massa di Stirace , e di Cinoglossa , ed altre preparazioni, qualora avranno il meconio estrat- to giusta le regole dell' arte, senza renderlo in menoma parte carbonizzato, è in loro libertà di servirsene, poi- ché avendo fatto istituire più saggi , ci è stata sempre 3o (234) una favorevole riuscita . Però la dose dovrà essere al doppio . Facendosi un calcolo d' approssimazione , che dal- le capsole , e da poche foglie premute d' ogai pianta , si estragga circa mezza dramma di mecooio ( attenendo- mi sempra al meno ) si avranno di questa seconda sor- ta libbre ventotto, ed once quattro , le quali valuta- te , a prezzo medio , alla ragione di ducati tre la libbra , daranno 1' altro" prodotto di ducati ottanta- cinque. Rimanendo in fine altre piante già rese aride, po- tranno le capsole servire per lo sciroppo così detto dei papaveri, pel Diacodio; per la conserva, che si pre- para come blando sonnifero ai ragazzi , e per le altre preparazioni , che si vogliono , coli' attenzione però di essere un poco esuberante la dose , per la sicurezza , che abbiano perduto alquanta forza colle incisioni pra- ticate . Ma quanto si è finora esposto vale per gli usi della sola Farmacia . Vi è dippiù ancora . Cosa ben rimarchevole è quella di porre a guada- gno i semi , che dalle quantità immense delle capsole ( allorché si facciano seminagioni molto estese ) si ver- ranno ad estrarre . E qui cade in acconcio di ricor- dare , che r olio puro , e limpido , che prestano quei semi , godendo di un sapore dolce , e senza vernn di- fetto , ha formato , e forma tuttogiòrno parte del so- stentamento , ed industria di molti popoli , dove per condizione di clima, o per iltri ostacoli , che vi si op- pongono , non si trovino introdotti gli ulivi , servendo ( 235 ) non solo per le arti , e manifatture , che per condi- menti nelle vivande , e per uso de' lumi . I Popoli antichi , come si esprime Plinio (i) fa- cevano usu di quei semi al terminare del pasto mischiati con del mele^ e che i contadini precisamente poneva- no quella miscela sulle croste del pane , bagnato prima coi tuorli d' uova . Ma Ippocrate assai prima di lui li annovera tra le sostanze alimentose (2). Quindi a tem- po di Galeno , e nelle epoche posteriori , si sono in va- rie guise usati per nutrimento tanto presso i Persiani , e gli Egizj , che nella Polonia, Ungheria, ed anche in Italia , avvalendosi della pasta , come quella delle man- dorle , componendone alcune gustosissime confetture . Ed intanto , riflette il Mattioli (3), che tali popoli non perciò dormono più del dovere . Gli Alemanni , ed i Fiauiniiiighi, che si avvalgono quasi esclusivamente del- l' olio di tai semi, non ne perdono la pasta, che ser- ve più d' ogn' altro per ingrasso de' porci , e delle vac- che . Sappiamo ugualmente , che in diverse provincie della Francia si è generalizzato l' uso di quest' olio con notabile profitto della nazione , chiamandolo Olivette . Ora essendo questi tanti fatti evidenti, non occor- re maravigliarsi in considerare , come nell' istessa pian- ta, anzi nella stessa parte di essa, qual' è la capsola , (0 Lib. XIX. Cap. Fin. S. N. (2) Lib. II. de Diceta . (3) Lib. IF. Cap. LXFJI. ( 236 ) si trovi preparato un succo efficacemente narcotico , e perciò un potente veleno , a canto di un seme oleoso dolce , e nutrimentoso^ poiché contemplando un poco davvicino le bizzarre produzioni, che fa la Natura, e gì' intrighi portentosi , che servendo come tanti anelli di concatenazione tra gli esseri organizzati dell' Uni- verso , nel mentre , che fanno sorpresa , ci fanno però conoscere , che sia tutta una maravigliosa armonìa , e tutto disposto dall' Ente Supremo con ordine preciso » che costantemente risponde ad un fine . Dopo di aver calcolato alla meglio possibile , ed in una maniera la più equa , nel segnare il guadagno, che possa rendere un pezzo di terra addetto a questa speculazione , dietro ad una esperienza non equivoca, posso con sicurezza stabilire , che di mano d'opera più di ducati dodici non potranno erogarsi nel corso di tutti i lavori , e necessarie operazioni per 1' estensione di so- pra fissata , trovandosi però di lodevole condizione . Ma già una dolce lusinga mi fa sperare, che il te- nue travaglio, e l'occupazione da me tenuta, sia fa- vorevolmente accolta, a solo fine di utilizzare, e pro- muovere i prodotti nazionali . I Professori dell' arte sanatrice , i zelanti Farmacisti j ed i Filantropi d'ogni classe , che amino prender parte in un oggetto tanto interessante , non potrebbero occupar meglio i di loro talenti , ed il desiderio di giovare , che in opere di si- mil fatta . Il clima d' Italia ^ tutto il nostro Regno j e questa costa dell' Adriatico precisamente , favoriscono assai bene la vegetazione di queste piante per tempera- (237) tura, e per qualità di suolo (i). Però non devo mancare di esprimere il mio gran compiacimento , mentre assi- (i) La coltivazione, de^ papaveri ^ la ricolta del- l' oppio f e l' espressione del meconio si e sempre mai nell'età le pia remote industriosamenf eseguita nella nostra ^pulia : e per avventura fin da que' for- tunati tempi , in cui le abbronzate Apuliesi si eser- citavano co' laboriosi , e diligenti lor mariti 'nsieme nelle piìi malagevoli operazioni della campagna ; ed accrescendo in cotal guisa le braccia , ed il tra- vaglio ne multipUcavano le produzioni . Il nostro venosino Poeta così cel ricorda nelV Epodo Ode II. Sabina qiialis , aut perusta solibus Pernicis uxor Appuli . Bai'tolommeo Maranta , ei pur di Venosa , che scrisse verso la metà del secolo decimosesto , par- lando dell' oppio , onde altri ne rimanga convinto , chiaro il dimostra . IL che viene altresì lealmente rapportato dal Barone Haller nella sua Biblioteca Botanica, in cui leggesi: Bariholomaeus Maranta ve- nusinus testalur boniim opium in Regi)o Neapolitano ex albo papavero colligi ec. E prima di tal epoca gli Autori della Censura delV Antidotario di Giovanni fi-^Ho di Mesue così ancor attentarono nel capo i66. §. De omni papavere : linde opium Thebaicum praefertur ( 238 ) curato dai replicali fatti favorevoli , e dopo la raccolta del 1810, allorché feci vagare per più luoghi, un det- tagliato rapporto circa il modo da preparare il terreno caeteris , secnndnm ipsos. Verumtamen scimus , quod in partibus Apuliae , et aliis locis , non ex nigris , sed ex albis faciunt , non tamen per contusionem capitum , sed per ipsorum scarificationem lac assumunt. // Don- zelli 5 ed altri coerentemente . Ma perche cagione fosse quinci dismessa la seminazione de" papaveri , ed abbandonata l'antica industria , egli non e age- vole il determinarlo . Cambiamenti politici , rifles- sioni economiche , lunghi periodi d' ignoranza , e di disordine , vicende , e diversità di reggimento , guerre sterminatrici , incursioni , e devastamento di barbari , o che che altro , ne an forse alienato gli animi, e cagionata la totale derelizione di questa y non che di altri laiidevoli usi , e procaccianti pra- tiche di agricoltura. Ma succeduta la calma de' tempi , e sparsi nuovi lumi su i diritti, e gV interessi delle nazioni , si scossero i sagaci appuli dal lor lungo letargo ; e fin dal cominciamento del secolo passato , ne ri- presero i saggi . Ed egli à degli anni ben trenta , che il Sig. Giovanni Ripoli della Città di S. Severo , incidendo con prevedimento alcune capsole di papa- vero, e ricoltone oppio eccellente, ne diede al pub- blico esatto ragguaglio. (239 ) sino alle ultime necessarie operazioni , con avere ani- mato, e posto in emulazione le persone di buon sen- so, e nella stessa epoca presentai al Governo una buo- na porzione del prodotto, abbia veduto, che taluni han- no eseguita la semina col metodo da me proposto, es- sendo già prossimi a ritrarre il compenso del di loro onoralo travaglio . // nostro Autore con più felici successi si occupo indi di questo non indifferente ohhietto , e dietro a un competente ricolto di lagrime di puro oppio, ol- tre al meconio , à egli acquistato un diritto alla pubblica riconoscenza. È a sperare j che altri 'neo- raggiati dal di lui esemplo , ed animati pel bene de' nostri popoli , con estendere la coltura de' papa- veri , si addestrino a fare un esuberante ammassa- m^ento di oppio , eh' e' fosse valevole non solamente à sottrarre la nostra nazione dal tributo , che per siffatto farmaco paga agli orientali , ma a formarne altresì un ramo di commercio attico. Non è e^li questo il solo genere , di che possano utilmente industriarsi gli abitatori di quella calda regione , dacché , siccome dagli orni ricavano la manna , da' pinastri la pece , potrebbero non altri- menti trarre con picciola fatica dagli aceri la ma- teria zuccherosa , dal lentisco , di piìi dell' olio , il mastice , dalla ft-rula V ossa fetida j e da tanti al- tri esseri vegetanti , di che ridondano quelle campa- ( 240 ) E quando anche 1' amore dell' interesse , e di una industria tanto sicura , non basta a svegliare le anime inerti , e pigre , sarà certamente 1' avidità per la gloria , l' istinto sublime , che ecciti V entusiasmo nazionale ad intraprendere non solo il miglioramento delle arti , e delle manifatture , ma 1' uso ancora dei succedanei al- le droghe ; e prodotti Oltramontani . gne , altre sustanze , o manipolazioni vantaggiose alla sanità , o agli agi della vita umana . Nella econom.ia rurale non ci à cosa , che delibasi negli- gentare . Ogni saggio , e diligente agricoltore dee mettere a profitto tutto ciò , che la natura gli pre- senta 5 e qualch' e' si sia V obhietto , avvegnacche di piccai momento , dee mai sempre occuparlo , e divenir Vargomento delle sue incessanti speculazioni N. del C. ( 24^ ) Sul Guado , sua coltivazione , e modo di estrame V indaco ^ Memorie del Socio' Corrispondente Sig. Giuseppe Mori n a lette nell'adunanza de' iS. Feb- hrajo 1811. MEMORIA PRIMA. Di 'ipendendo 1* estrazione dell' indaco dal Guado , o da qualunque altra pianta che somministrar possa una tinta da sostituirla all' indaco di America , dal modo come debhonsi preparare le foglie^ ed essendo assolutamente necessario aver pronti tutti gli strumenti , e vasi atti all' uopo , così prima di parlare dei modi di piepararle la di mestieri descrivere il laboratorio , ove praticar debbonsi tutte le operazioni. C A P. I. Del Laboratorio. Questo laboratorio , senza del quale , per ragion del nostro clima , ben diveVso da quello di America , ci vedremmo inabilitati a poter operare in ciascun gior- no , che ci sia del Guado maturo , per attendere sola- mente a' giorni più caldi dell'estate, non può altii- raenti costruirsi , che con dei commodi , i quali per 3i (242) maggior vantaggio, ci mettano nello stato di poter an- cora operare in ciascun giorno di primavera, e di au- tunno , malgrado i tempi freschi , e piovosi , che in queste stagioni sogliono correre , giacché il guado più oltre dell'estate ancor esiste, e ricresce. Egli è perciò necessario , che lo collochiamo dentro un edifìcio , il quale abbia la maggiore vicinanza al guado, ed all'ac- qua perenne ed abbondante. Questo edificio avrà tre stanze superiori prossime una all'altra , colla differenza però, che una di dette stanze avrà una elevazione maggiore delle altre due di cinque in sei palmi. Due di dette stanze , cioè la più elevata , e quella di mezzo devono essere sostenute da volte, o archi ben solidi, perchè la prima, ossia la più alta portar deve il peso di un recipiente destinato a conservar 1' acqua , e la seconda il peso di altro reci- piente per la fermentazione del guado. La terza stanza poi , che non porta un tal peso , e serve solo per asciugar la fecola , e tenervi una stufa , che non meno a se , che alle altre due stanze comunichi il calore , potrà essere sopra travi. Sotto le dette tre stanze su- periori ve ne saranno altre tre inferiori , le quali abbiano 1' altezza non minore di 25 palmi per potervi in esse collocare tre altri recipienti in varie altezze , ol- tre di altri quattro , che appresso diremo (i) . (i) Abbiamo detto , che sotto alle tre stanze superiori ve ne siano altre tre inferiori . Queste tre stanze inferiori meglio sarebbe , che non avessero ( 243 ) Vicino alle tre stanze inferiori a pian terreno Bono altresì necessarie altre quattro , o cinque j cioè due per i filtri, altra per uso di magazzino, e registro delia scrittura, e una o due per comodo de' lavoranti, ed altre occorrenze . GAP. II. Passando ora alia costruzione de' recipienti , ossia de' membri servibili , e necessarj alle operazioni , ne dimostraremo colla maggiore chiarezza , e brevità pos- sibile il loro uso , situazione , e proporzione di cia- scuno , affinchè col concorso dello sviluppo , che fac- ciamo di tutto il meccanismo delle operazioni atte a trarre la fecola azzurra dal guado , o da qualunque altra pianta indigofera , si venga nel bramato intento di averla con economia , e di bontà uguale all' indaco , del quale , aumentandosene le fabbriche , se ne potrà avere a sufficienza per tutto lo smercio , che si crederà potersene fare non solo dentro , ma anche fuori dello Stato. I recipienti , ossia vasche , si devono costruire mura all' intorno , ma soltanto archi, e volte per so- stenere le stanne superiori , ajjinche tutti quei reci- pienti, che sono sul pian terreno , abbiano maggio- re spazio , tanto pili , che le operazioni , che in que- ste stanze inferiori si dovranno fare , non sono sog- gette all' inclemenza j e varietà del clima . e 244 ) più o meno grandi secondo la maggiore , o minore ampiezza dell'edifìcio, che si vorrà formare, giusta la quantità della fecola , che si desidera giornalmente estrarre , e debbono essere al numero di nove , cioè cinque situate una sotto l'altra , e le altre quattro au- siliarie situate a differenti piani per maggior comodo , ed economia delle operazioni. Nome , ed uso dei recipienti. I cinque principali recipienti sono i seguenti; 1. La conserva alta. 2. La vasca grande. ;-'. 3. La vasca mezzana. ;,ir 4- La vasca della ruota. 5. La vasca piccola. I. La conserva alta serve per riporre un giorno per r altro una quantità di acqua naturale , acciò ab- bia tempo di acquistare una temperatura di i5 gradi di calore prima di farla passare nella vasca grande. 2. La vasca grande è destinata alla fermentazione del guado. 3. La vasca mezzana serve per lasciarvi depo- sitare nel fondo le impurità del liquore fermentato nella vasca grande. Questa vasca mezzana avrà in una delle sue parti laterali altri due piccoli recipienti , come si dirà appresso. 4- La vasca della ruota è de- stinata alla formazione, e precipitazione della fecola. ( 245 ) 5. La vasca piccola serve a lavar detta fecola (i) . Gli altri quattro recipienti sono li seguenti : 1. La vasca del precipitante. 2. La conserva bassa. 3. ì I due piccoli recipienti situati lateralmente 4. j alla vasca mezzana. Uso dei medesimi . I. La vasca del precipitante serve a conservare questo liquore un giorno per l'altro preparato in dose sufficiente. 2. La conserva bassa serve a contenere ac- qua naturale a sufilcienza per tutti gli usi , che a suo luogo verranno indicati. 3. e 4- Gli ultimi due reci- pienti , o vasche piccole , i quali in una piccola fab- brica possono anche di legno essere costruiti , servono a trar profitto del restante liquore fermentato rimasto col sedimento in fondo della vasca mezzana. (1) Questi piccoli recipienti sembrano a prima vista superflui , ma si vedrà colf esperienza , che sono di grand' economia , poiché altrimenti ci tro- veremmo nella necessità di buttar via insieme col sedimento della vasca mezzana una gran quantità di liquore , che non si può raccogliere in altro mo- do , che col restringerlo in un recipiente piccolo . (246) GAP. m. Situazione di tutt' i recipienti. I primi due recipienti , cioè la conserva alta , e la vasca grande si collocheranno nella parte superiore dell'edificio, e verranno chiuse in due differenti stanze^ cioè la conserva alta nella stanza più. elevata , e la vasca grande nella stanza di mezzo , a fine di mante- nere sì all' una , che all' altra il calore , che si richiede alla fermentazione . Nel pian terreno sotto alle dette stanze si situe- ranno le altre tre vasche , cioè la mezzana , quella della ruota, e la piccola, una soprapposta air altra per tutta la loro altezza . Superiore a queste tre vasche sarà la mezzana , la quale si collocherà sotto la volta della stanza , ove sta posta la vasca grande . Al piano di mezzo sarà la vasca della ruota , la quale avrà un ripiano alle due parti laterali per commodo delle per- sone , che devono girar la ruota . E al pian terreno sarà la vasca piccola , la quale però starà due palmi più alta del pian terreno . Si deve avvertire , che nel costruire la volta , sopra la quale poserà la vasca grande si lascerà un buco, pel quale passandovi un tubo di rame , l' acqua fermentata possa calare con facilità dal- la detta vasca grande nella vasca mezzana . I due recipienti, cioè la vasca del precipitante, e la conserva bassa , si possono situare in qualunque altra parte laterale del laboratorio, purché però le loro (247) acque si possano per mezzo di tubi , o canali condurre con facilità nella vasca della ruota , o nella vasca pic- cola . Finalmente gli ultimi due piccoli recipienti si de- vono situare uno superiore all' altro in maniera che la sommità del primo stia sotto il fondo della vasca mez- zana , e la sommità del secondo sotto il robinetto superiore del primo. GAP. IV. Grandezze , e proporzioni di detti recipienti. Siccome dalla quantità del guado , che si può jaccogliere , o si vuole impiegare all' estrazione della fecola regolar si deve la capacità della vasca grande , dove si mettono a fermentar le foglie , così la capacità di' questa deve dare la norma della maggiore , o mi- Hore ampiezza delle altre vasche , o recipienti , e per- ciò dobbiamo parlare in primo luogo di detta vasca grande , benché vada ella situata più bassa della con- serva alta. La vasca grande (i) sarà di una capacità tale , (i) Una vasca per la fermentazione , che con-- tenga il guado necessario per estrarre ^o libbre d'in- daco in una sola operazione avrà di capacità 1200 palmi cubici , cioè palmi 24 di lunghezza , palmi io di larghezza , e palmi 5 di profondità . Da queste ( MS ) che possa contenere nelle due terze parti della sua pro- fondità, quella quantità di guado, che in ciascun giorno Yorrà porsi a fermentare. La sua larghezza dovrà essere commoda per quei che portano le foglie, onde poterle situare nella vasca coli' ajuto delle mani senza bisogno di entrarvi dentro, e calpestarle. La sua lunghezza sarà regolata dalla capacità , che si desidera. La conserva alta sarà di sufficiente grandezza , se sarà minore di una quinta parte , ed anche un jioco meno della vasca grande. La vasca mezzana , costruendosi anche minore della vasca grande di una quarta parte , sarà sufficiente. La vasca della ruota , come quella , che oltre del liquor fermentato, deve contenere una data quantità di precipitante , e per le acque , che sbalzano fuori della vasca neir azione della ruota , dovrà essere maggiore della vasca grande di una quarta parte. La vasca piccola , dove si lava la fecola , sarà bastantemente grande , se la sua capacità non oltrepas- seià la quarta parte della vasca grande. La conserva , o vasca del precipitante sarà della grandezza della vasca mezzana. La cojiserva bassa , come serve per avere un commodo pronto, e vicino di prender l'acqua per lavar la fecola , ed anche per fare il precipitante , come altresì dimensioni potrà ciascuno calcolare , e dare la do- vuta proporzione ai recipienti secondo la grandez- za del suo laboratorio . (249) per farla passare alla conserva alta In mancanza di al- ti' acqua , così dovrà questa conserva bassa essere di una grandezza proporzionata per contenere una quan- tità sutliciente a' detti usi. Le ultime due vasche finalmente, o recipienti pic- coli , si costruiranno di una capacità bastante a conte- nere tutto il restante liquore unito al Redimento , che rimana tra i robinetti superiori della vasca mezzana , e del suo fondo. Dimostrata così la proporzione di tutt' i suddetti H recipienti , ci resta ancora ad avvertire , che le di loro profondità , particolarniente de' cinque primi non deb- bano oltrepassare i cinque palmi , poiché riuscirebbero troppo incomodi a' lavoranti , o bisognerebbe alzar di troppo tutto r edificio. t: A p. V. Dei robinetti , e loro situazioni in ciascuno di detti recipienti. Essendo necessario , che per la pronta esecuzione delle operazioni abbiano i recipienti uno, o più robi- netti , che dall' uno all' altro diano pronto passaggio alle acque , o liquore , abbiamo perciò trovato espe- diente dare ai medesimi la seguente situazione. La conserva alta dall' acqua avrà uno , o più robi- netti collocati due o tre dita più sopra del suo fpndo per non far passare nella vasca inferiore qualche im- 02 ( 25o ) purità 5 o sedimento solito a deporsi nelle acque. La vasca grande avrà parimenti uno o più robì- netti a livello del suo fondo , acciò , finita la fermen- tazione , lutto il suo liquore passi per mezzo di essi in breve tempo alla sottoposta vasca mezzana . Avver- tendo , che la detta vasca grande avrà inoltre un robi- netto (i) verso la metà della sua altezza, che servirà soltanto per tirare di quando in quando in un bic- chiere un poco del detto liquore , per ossei'vare se la fermentazione sia giunta al suo punto. La vasca mezzana avrà i robinetti situati a due differenti altezze. Ne avrà uno , o più situati di fronte circa un mezzo palmo più alto del fondo ^ ne avrà poi un altro di lato , e nel piano dello stesso fondo , acciò tutto il sedimento possa colare nel piccolo reci- piente superiore , che le sta lateralmente sottoposto. La vasca della ruota avrà un robinetto situato nel fondo per far passare tutta la fecola nella vasca pic- cola , ne avrà poi in una delle sue parti laterali altri (i) Abbiamo stimato collocare un piccolo robi- netto verso la metà dell'altezza della vasca grande, atteso V esperimento fatto del liquore cavato a va- rie altezze della vasca , avendo trovato meno fer- mentato quello preso nella parte superiore , che quel- lo tirato nella parte inferiore , cosicché con detta chiave di mezzo si avrà piìt accertato il saggio per intraprendere V operazione , ( 25i ) Ire, cioè uno all'altezza di un palmo, e gli altri due situati quattro dita più sopra T uno dall' altro per far uscire gradatamente l'acqua soprastante di color giallo, ed inutile , dopocchè la fecola sarà precipitata nel fondo della vasca . La vasca piccola avrà ugualmente un robinetlo nel suo fondo di mediocre diametro per far calare , e raccogliere ne' vasi tutta la fecola dopo lavata j e ne avrà poi a diverse altezze altri tre, anche uno superiore air altro di quattro dita , che servono pure per far uscire colla stess' attenzione 1' acqua so])rastante a mi- sura che la fecola lavata si precipiterà nel fondo. La conserva del precipitante avrà un rohinetto si- tuato un buon palmo più alto del suo fondo, affinchè r acqua esca limpida e chiara senza portar seco me- noma parte di calre. La conserva bassa dovrà anche avere il suo robi- uetto un pò più alto del fondo , affinchè l' acqua na- turale che contiene , possa aver luogo di depositare in essa qualche impurità di terra , o altro , ed esca pura per non imbrattar la fecola. I piccoli recipienti avranno ciascuno due robi- netti. Il più alto ne avrà uno di lato situato a livello del fondo , e ne avrà poi un altro situato un palmo più alto del fondo, acciò il colore passi ben limpido, e chiaro dopo il sedimento nuovamente fatto in questo primo recipiente. Il secondo recipiente avrà anche due robinetti , uno nel fondo per ricevere la fecola, e l'al- tro più sopra di un mezzo palmo per farvi uscire ( 252 ) .l' acqua inutile , come si è detto di fare alla vasca della ruota. Tutt' i robinetti della conserva alta , della vasca grande , e della vasca mezzana , come altresì quella del precipitante devono avere un diametro tale , che in mezz' ora si possano mandar fuori tutte le loro acque , o liquore rispettivamente nelle vasche sotto- poste , C A P. VI. De' filtri , ed altri utensili necessari . I filtri saranno formati in figura conica , in mo- do che la base venga situata verso sopra , la di lo- ro sezione deve avere il diametro di un palmo nella base , e r asse del cono la lunghezza di due palmi . I suddetti filtri devono essere di forte tela di cotone , ed in numero sufficiente alla quantità di fecola , che giornalmente si estrae, ed in numero anche triplicato, acciò mentre gli uni sono ripieni di fecola de' giorni antecedenti , vi sieno gli altri vuoti per ricevere la fecola del giorno corrente. Detti filtri si attaccheranno a due listoni , uno vicino al muro, e l'altro un palmo e mezzo distante in linea parallela al primo, che sieno tramezzati di due in due palmi in circa , che formino tanti quadretti , nel mezzo de' quali verranno situati ^ legati ai detti listoni . RichiedesI una quantità sufficiente di scatole di legno poroso di forma bislunga con un bordo alto un ( 253 ) buon dito di traverso per farvi asciugar la fecola. Sono necessarj altresì molti cesti grandi per averne una quantità proporzionata al guado che giornalmente 6Ì ha da raccogliere , e portare nella vasca grande. E finalmente varj tubi , o canali di latta , o le- gno , ma meglio se fossero di rame, per condurre dal- l' una air altra vasca le acque , secondo richiederà il ■bisogno . GAP. VII. Della Ruota. La ruota', dì cui noi ci serviamo con buonissimo effetto per agitar il liquore , e formata di dodici palette a forma di remi , situate in modo , che nel giro di detta ruota fendano 1' acqua senza incontrare molta resistenza . JNel centro di detta ruota vi sarà un asse di ferro avente un manubrio alle due estremità per poterla far girare da due o più persone. Detto asse di ferro starà appoggiato sopra i due orli laterali di detta vasca dentro i loro cardini disposti in maniera da po- tersi levar la ruota quando occorra . Le suddette pa- lette sono lunghe tre soli palmi , e con tutto ciò agi- tano molto bene V acque , ancorché sia questa alla profondità di cinque palmi. ( 254 ) GAP. Vili. Del modo di estrarre la fecola in pìccola quantità per isperimentare , se il guado sia giunto alla sua maturità . Dopoché sarà construito nella maniera da noi de- scritta un esatto laboratorio , prima di porre mano alle operazioni in grande , conviene fare un saggio in piccola quantità per assicurarsi se sia giunta la stagione propria della maturità delle foglie del guado. Si farà dunque un tal saggio, prendendo una por- zione delle sue foglie , che sieno di un color verde carico , e di nessuna maniera ingiallilo ( segno di troppa maturità ) si pongano in un vaso di creta , le- gno , o vetro dopo lavate 5 si coprano di acqna , ob- bligandole star sotto di quella col peso di alcuni pezzi di legno , indi si lasci detto vaso in una stan- za , ove il termometro graduato secondo M/ Rea- mur noti li 20 gradi di calore . Fra lo spazio di 20 ore circa si troverà 1" acqua tinta di un color giallo di limone carico con un iride verde bellissima , ag- gradevole alla vista , che vieppiù comparirà tale nel versare il liquore da un vaso in un altro. Se 1' acqua ancora non sarà giunta a tal segno , si lasci stare altro poco di tempo in fermentazione , quindi si gettino via le foglie. Si decanti l'acqua in un bacile , o altro vaso, con passarla anche per istaccio , o tela . Quindi si agiti con un legno , o spatola per pochi minuti , e se le ( 255) versi sopra contemporaneamente uno, due, o più bic- chieri di acqua di calce ben chiara , e trasparente , fintantoché il liquore da giallo si cambi in un bellis- simo color verde smeraldo carico. Allora si cessi l'agi- tazione, e l'aggiunzione del precipitante, e si lasci ri- posare , che quindi in meno di un' ora si vedrà la fe- cola precipitata , ed ammassata in fondo del vaso. Tosto si decanti 1' acqua gialla soprannotante , rimettendovi sopra della nuova acqua chiara naturale per lavarla , il che si ripeterà per due altre volte . Dopo queste abluzioni , se la fecola ccmparlrà di un bel colore az- zurro violaceo , è segno che si possono cominciare le operazioni in grande nel laboratorio. Visto dunque per i saggi fatti , che il guado sia giunto a maturirà da potersi cominciare le operazioni j e disposto 11 laboratorio nel modo di sopra descritto , si empieranno di acqua le due conserve , e si preparerà il precipitante pel giorno seguente, e così un giorno per i' altro si faranno sempre anticipatamente dette fun- zioni per tutto il tempo che si avrà il guado maturo, e che se ne vorrà estrarre la fecola. ( 256 ) GAP. IX. Del ìnodo di fare il precipitante (i)'. Si prepara il precipitante , gettando prima nel fondo della sua vasca un quantità di calce spenta , che resti almeno due dita sotto il robinetto , acciocché quando si debba far uso di questo liquore, e condurlo (i) Tra' precipitanti è preferibile V acqua di calce per essere piìi facile , e piìt economica . Que- sto precipitante però ha un inconveniente , che al- l' aria libera subito si repristina la sua crema , del- la quale passando7ie Colt acqua qualche piccola quan- tità si unisce alla fecola, che poi dopo asciutta com- parisce tutta seminata di puntine bianche , le quali colle lavande non si distruggono , per essere indisso- lubili nelV acqua naturale . Nei piccoli saggi si ri- inedia con tener V acqua di calce chiusa dopo fil- trata j ma nelle operazioni in grande come filtrare per carta tanta quantità di acqua , e come conser- varla esattamente chiusa , senz'' aggravarsi di spesa oltre r imbarazzo , e perdita di tempo ? A questo inconveniente si ripara mediante la vasca del pre- cipitante a suo luogo nominata , che nelle fabbriche in grande sarà meglio suddividerla in tre , o quat- tro separazioni anche di pietre , e con un robinetto ad ogni separazione . Quando si tira V acqua con qualche lentezza , non vi e timore , né che la calce ( 257 ) per mezzo di un luLo nella vasca della ruota , la calce non possa intromettersi dentro nel buco , e scorrere insieme col liquore . Posta la calce sino all'altezza in- dicala , si empierà la vasca di acqua, naturale , rimo- vendo ben bene la calce, sinlanlochè se le versa l'ac- qua , con una paletta di legno , acciò , disciogliendo- si , diventi questa come un latte. Ciò fatto , si lascerà rassettata in fondo si muova , ne che la crema si unisca con V acqua, la quale lentamente scendendo come un panno , impedisce che V aria abbia accesso colV acqua , e formi nuova crema •, in tal modo si ottiene un precipitante limpido , e chiaro , senza di- fetti , e di quasi niuTia spesa , tanto piìi che la cal- ce posta in fondo puh servire almeno per i5 o 20 operazioni , essendocene noi serviti sino a 3o volte; e per t'innovarla si toglie una terza, o quarta par^ te di calce dal fondo di delta vasca , e se ne rimet^ te altrettanta dose uguale. Ai'endo ottenuto per mezzo della calce un pre- cipitante pili facile , ed economico ho tralasciato di . pili servirmi dell acali caustico fatto con soda , o con potassa , e calce , di cui prima io faceva uso . E ben vero, che il suddetto, ed ogni altro precipi- tante si pub risparmiare , facendo agitare il liquo- re fermentato per molte ore •■, ma questa faticosa funzione, oltre del ritardo che darebbe alla forma- zione della fecola , ci obbligherebbe a tener più, lavoranti pel solo giro della ruota. 53 ( 258 ) Ìq riposo fino al giorno seguente, in cui dovrà servire. Con un giorno sempre anticipato di riposo , la calce avrà tutto il tempo di rassettarsi tutta nel fondo della vasc« , e di restar l'acqua chiara e limpida senza biso- gno di filtrarla , che nelle grandi operazioni recherebbe imbarazzo , spesa , e perdita di tempo. Fatti questi preparativi si è in grado di dar prin- cipio al lavoro , il quale consiste iu quattro principali distinte operazioni , che sono le seguenti : 1. La fermentazione del guado . 2. La formazione della fecola . 3. Il modo di lavarla , e filtrarla . 4' II suo diseccamento . Prima però di passare alla descrizione di queste quattro principali operazioni dovremmo in primo luogo trattare del guado , e sua coltivazione ^ ma perchè que- sta pianta è troppo conosciuta nel Piemonte da tempo antichissimo (i) , perciò ci asterremo per maggior bre- vità di parlarne , e solo daremo il metodo di racco- glier le foglie per migliore accertamento della buona qualità della fecola . Il tempo di tagliare il guado è lo stesso che per la solita raccolta di esso si osserva per formare il pa- stello , ma badar si deve nel caso nostro , che le fo- glie non abbiano affatto cominciato ad ingiallire . Ab- (i) Chi non sa che il guado coltivasi negli d- briizzi da tempo immcinorabile'ì Io non ho fatto ab- tro che coltivarlo in jS^apoli • ( 25/) ) hìiTTìo »«npr* amln una fecola rMtivmtm» ^ fpiiri'ì'ì ahfnamo oper;rto cfm ìd^ói: in^litt';: *^i\ ^H'o^iprAto d è rìuMrito un indoro più barilo, e j>i».« fino, qu;)ri'io abbiamo of*erai/i ton f'^lii: tut.rjAu; \n uno %t^»o 'li on bel \t:tiìt: firìcOf fKrrao »iA>r-iuif) f^ttjt vrgnif»; l;i rac- colta da 20 m 25 giórni da una ali* altra , areri'i/i ha» dato di far tz^tut le fo)rfi« ^km^a danu/'^iifr*: b j»i;»n- ta . Bfoi da' 3 di rna^^io fino a tutto il rri*ry: di ot- tobre abbiamo £uto nore tagli da an iftCMO campo , rìcresceodo tempre le (tti^ Az noi tvdte al prado di nuova raccolta prima die paaaaMefo «letti fpomì, dopo i qoaiì coanaciaTa a ctagionarM di tropp^j . Da questo rlx; abbia ?»o rbHlto, potrà ^ia4>c«Mo re- golarci per a**T»; «n emo^fy di fftt»do , fìm in f- «o po*M dargli quamitii £ foglie a mtikàetn» per le m^ opera^ìoDÌ , altemaodo ora in nn ìaoffì f on ìtr oa al^ tro il ta^io tempre colf intermetlimeato di 20 a 25 pomi ¥ uno dall' Atro . Resta però da aTrerttrH , die le penose adilrfte alla racr::olta d«l gnado deMMmo zvere V arrrrteaTA d' iitnare le li.gUe eoa ddtcatezza ntf c«ui coMa premer- le troppo , poìdiè ▼erfdibero ad a/fieroiini , e co- mincerelibef» a fementare prima di porle oeHa raset delb IcrmeBianoiie. fiìemfiuA i omci £ dette fef^y ai porteremo Milito sei ìahontorìo , t^tonendisfi fnteirnameDte in patte ombroia, ùmo a taaio'de « di«ociciip«ra la ir»- «ca gmde, pvereaesdo aoeon di ISvae eoflundare fl t»C^ dopo «Mito 3 fole, e iolo tetuuuw a tn^ ( 260 ) proprio per poter mettere le foglie dentro ■ la vasca , acciò non restino lungo tempo nei cesti ammassate . G A P. X. Del modo di estrarre la Jecola in grande diviso nelle suddette quattro operazioni . Articolo I. ... Della fermentazione (i) . Questa prima operazione , da cui principalmente dipende la buona , o cattiva qualità della fecola , do- vrà eseguirsi con ogni esattezza possibile , e compiersi (i) Per non interrompere la descrizione dell' ope- razione in grande , ci siamo qui estesi nel trattare sulla fermentazione del guado . Per base noi fissia- mo circa ore i8 per questa fermentazione , avver- tendo però con premura somma di non variare que- sto termine piucche sicuro pel vantaggio , e certa riuscita dell' operazione . Conveniamo , che si po- trebbe abbreviare il prefisso tempo , ma si verreb- bero ad incontrare piìi difficoltà , e spese . Non si potrebbe evitar quella maggiore spesa nella materia combustibile ■) e V altra per i scaldar di piìi le acque^ anch'' estendendosi a quella del maggior corpo del- l' edificio , dovendosi perciò costruire i membri al ( 26i ) fra lo spazio di óre i8, mercè le cautele da noi indi- cate per difendere la vasca grande dai venti, e freddi, che si sogliono provare nei mesi di primavera , e di piano uguale della conserva alta , come abbiamo detto , per rinchiudervi i Jórnelli colle loro caldaje , dalle quali dovrebbero co" tubi opportuni colare le acque nella vasca grande . Abbreviando la fermentazione , anche con ridur- la ad ore 12 per potersi eseguire due operazioni in ogni 24 ore , cadremmo infallibilmente nelV incon- veniente di doversi fare gli esperimenti in ore not- turne, le quali a lume di candela giammai bene pos- sono eseguirsi , per non potersi osservare accurata- mente i fenomeni , ed i cangiamenti nella fermenta- zione f che sono piucche necessari di doversi vedei-e. Nasce un altro positivo inconveniente , e danno ad un tal fine con V acqua così calda . Con questa, e vero che si estraggono sollecitamente le particelle coloranti del guado , ma e altresì vero, che si scio- glie molta maggior quantità di materia estrattiva , che deturpa la vivacità, e bellezza del colore, do- vendo poi di necessità ricorrere ad altro rimedio dispendioso per purgare il colore con degli acidi , oltreché rendonsi necessarie maggiori quantità di lavande , che occorrono farsi e prima , e dopo dato i acido qualunque sia . La fermentazione è bene che si Jaccia ne con precipizio ^ ne con troppa lunghezza di tempo , ma ( 262 ) autunno, e tal volta anche in alcuni giorni dell'estate in seguito di qualche pioggia, che suole rinfrescar l'aria j al quale oggetto devesi anche colle stesse cautele tener custodita la conserva alta situata al di sopra della va- nel termine da noi fissato di ore i8 : e supponendo che avvenga verso il mezzogiorno , ella e quella l'ora che reca tutV i vantaggi , e comodi da noi desi- derati . Supponiamo che la fermentazione giunga al suo termine verso le ore 14 , o al piìi 16 d' Italia ^ noi così saremo in grado di seguitare sino a sera tutte le altre operazioni con ogni nostro comodo , poiché dalle ore 1^,0 16 fino alle 20, o 22 si avrà sufficiente tempo per fare uscir il liquor fermenta- to , levare il guado inutile , e ripcrvi il nuovo , ac- ciocché questo sia in grado di cominciare alla stess* ora del giorno antecedente la sua fermentazione , per finirla all' istess^ ora il giorno vegnente . Per ottenere un^ esatta fermentazione fra il det- to termine noi abbiamo fissata la temperatura della stanza della vasca grande a gradi 20 , e che V ac- qua da passare sopra il guado sia temperata non meno dì gradi i5 . Questo regolamento sebbene si osservi esattamente , con tutto ciò è soggetto ad al^ cune variazioni secondo le stagioni j e perciò vi si richiede una persona di qualche cognizione per dirigere la suddetta fermentazione , che preveda ne' casi gV inconvenienti , e ne regoli a forza di espe- rienze la temperatura!, dell'acqua , e della stanza ( 2B3 ) sca suddetta , acciò 1' ambiente delle due stanze si tro- vi a quel grado di calore , che si richiede a facilitare la fermentazione nel termine prefisso , perchè se fra il suddetta , affinchè non si preterisca di un quarto rf ora la Jermentazione . Nelle giornate già troppo fresche , massime se si saranno spesse fiate aperte le porte delle suddet- te stanze , vicn di conseguenza il ritardo di qual- che tempo della Jermentazione , perciò la necessità della persona di conoscenza e , che possa fare le necessarie osservazioni } tanto piìi , che a noi alcu- ne volte V istesso guado ci ha sollecitata , o ritar- data la fermentazione y cioè , avendolo posto nella vasca venuto feddo dal campo , coli' istessa tempe- ratura ha ritardata la fermentazione di alcune ore, ed altre volte colto in giornata caldissima , o essen- dosi alquanto riscaldato ne' cesti , ha fatto il con- trario ^ onde coir esperienze , ed osservazioni si po- trà rimediare a siffatti inconvenienti , tralasciando infinite altre riflessioni , che crediamo inutili , e di tedio . Qui ci occorre di avvertire però , che se alcu- ne ore prima delle ore 14» o 16 si sperimenterà , che V acqua della conserva alta non sia giunta al gra- do solito , per essere stata introdotta troppo fedda la sera antecedente , come accaderà spesso ne* gior- ni feschi , si può rimediare , con porvi subito uno a due cilindri di rame, con entro un poco di fio- ( 264 ) detto termine non si troverà al suo punto la fermen- tazione , non avremmo più tempo a far le altre opera- zioni successive nelle altre sei ore , che compiono co per riscaldar V aerila , come, sì fa per quella de' bagni . Ma torniamo ai gradi della fermentazione , la quale ci darà un indaco chiaro , e poco servibile , se il guado non ha fermentato tatto- il tempo neces- sario , e perciò e massimo errore ciocche dice nel- la Biblioteca del Nord fautore sull'articolo dell'in- daco del guado , in cui si esprime , che tirando 1' ac- qua da sotto le foglie di guado troppo presto si ha dell' indaco , ma poco . Doveva egli dire , che si ha bensì dell' indaco , m.a con poco colore , - come sem- pre succederà , quando le foglie sono poco jermen- tate . Il colore adunque si perfeziona secondo i gra- di della fermentazione , e si otterrà secondo la bon- tà delle foglie del guado piìi o meno perfetto inda- co : perciò il guado dovrà essere a giusta maturità raccolto , perche anche cooperi al giusto punto del- la fermentazione , e della miglior bontà dell' indaco . abbiamo estratto per saggio dal liquore fermen- tato solamente ore io , e fattane la' solita precipi- tazione ci ha dato una fecola più bianca che cele- ste ; replicando poi gii stessi saggi , il colore si fa- ceva pili carico , e piìi bello a misura che si acco- stava al punto preciso della fermentazione , e in ul- timo si fece così carico di colore , che pareva ne-^ ( 265 ) l' intiera giornata , anzi quella quantità di fecola , che dovrassi in ciacun giorno ricavare, si avrebbe soltanto in due giorni. ro j motivo per cui siamo di parere , che non dico- no bene gli Americani , i quali credono , che il lo- ro indaco abbruciato , o nero provenga da essere stato troppo battuto il liquore , ma bensì , dorreb- bero dire , dall' avere troppo fatto fermentare Z'anil, poiché, quando non è ben seguita la fermentazione, V indaco dii'ien chiaro , e di niun uso , e non nero. Ben vero che quando V indaco riesce solo alquanto nero , e non bianco , tanto resta pregevole . Qui anche ci pare a proposito di far osservare il perchè abbiamo avvertito di far riposare il liquo- re uscito dalla vasca grande solo i5. o 20 ore . Pri- mo ; perchè un tal tempo è sufficiente per deporre ogni sedimento ; secondo , perchè il liquore fermen- tato uscito da sotto le foglie passerebbe con maggior tempo alla fermentazione putrida ,• e terzo , perchè si deve cercare guadagnar tempo , essendo troppo necessario il non perderne , neppure in un quarto d" ora , acciò possa sollecitamente seguire la preci- pitazione della fecola , lasciarla riposare , e far uscire /' acqua gialla dopo riposata , con mandar la fecola nella vasca piccola , dove deve nuovamen- te riposare per farvi uscire V acqua gialla , e rimet- tervi V acqua nuova , per così aver tempo , come si è detto f di far avanti notte la prima lavanda . 34 ( 266) Poste le foglie del guado nella vasca grande sino all' altezza di due terze parti in circa , o tre quarti della sua capacità (i) j si metteranno sopra di esse tanti pezzi di legno di quercia (2) , quanti bastano a man- tener sott' acqua le foglie , quindi, aprendo i robinetti della conserva alta , si farà subito discendere l' acqua , che a quel punto dovrà trovarsi temperata a 1 5 gradi, secondo lo dimostrerà il termometro posto dentro l'ac- qua della conserva , acciò non cali troppo fresca nella vasca grande , e ne ritardi la fermentazione . Finita di scorrere l' acqua così temperata , si userà uguale atten- zione alla stanza della vasca grande , ove si terrà il termometro appeso al muro , dandovi un calore di cir- ca 20 gradi . Per fredda che sia la stagione , usando queste cautele , non mancherà la fermentazione di per« Sezionarsi fra il divisato termine, troppo necessario per (i) N eìl e giornate , in cui il guado .ù trova fre- sco , e vegeto , siccome abbonda di umido , e che non gonfia tanto neW acqua , così si potrà mettere fino a tre quarte parti di altezza nella vasca. Nelle giornate poi aride , ventose , e troppo calde , per- che le foglie si trovano affievolite , e senza umido, si situeranno fino alle due terze parti della vasca , acciocché ripigliando neW acqua la lor freschezza non salgano gonfiando sopra gli orli. (p) È preferibile il legno di quercia ad ogni altro legno , perche non comunica colore . (267) Bon prolungare a due giorni le operazioni tutte , che si possono far in un giorno solo. Essendo quasi prossimo il termine della fermenta- zione si faranno de' replicati saggi di tempo in tempo per assicurarsene , tirando un poco di liquore per mez- zo del piccolo robinetto dentro un bicchiere , e tro- vandolo di un color giallo di limone con un iride ver- de , si apriranno i robinetti della vasca grande , e si farà subito passare il liquore nella vasca mezzana , sot" toponendo ai robinetii un setaccio di crine , e meglio sarebbe un canestro foderato di grossa tela , acciò uscen- do foglie , o altra materia non passi nella detta vasca mezzana ^ e questo passaggio dovrà succedere anche la mezz' ora circa , acciò il tempo , che resta per compie- re le altre successive operazioni non. sia occupato di soverchio dallo scolo delle acque , motivo per cui si deve badare alla grossezza , e numero dei robinetti , e Jbuttare via subito le foglie fermentate (i) . (i) Oggetto di economia sarà il far servire le foglie alV ingrasso de' campi del guado , i coltiva- tori del quale , senz' aggravio di spesa del proprieta- rio della fabbrica , possono essi stessi levarle dalla vasca , e portarle via . ( 268 ) Articolo II. Della formazione della fecola. Questa seconda operazione , che principia dopo- ché nella vasca mezzana il liquore avrà avuto un suf- ficiente riposo di circa i3 a 20 minuti , quanto basta per depositare ogni impurità , dovrà farsi anche con sollecitudine , acciò i recipienti restino disoccupati pel giorno seguente . Perciò subito schiarito il liquore , si apriranno i robinetti di detta vascha mezzana , e si farà passare nella vasca della ruota , ove fintanto che cala il detto liquore , per nou perder tempo , si co- mincerà a far girar la ruota appena , che le punte de' suoi raggi cominciano a toccarne la superficie , e si continuerà il suo giro fintantoché sia tutto il liquore calato dentro di essa . Finito di calare , si farà tutto discendere nel primo recipiente piccolo , ove , dopo un secondo sedimento , si trarrà profitto dal liquore , che andrà nuovamente a chiarirsi • Dopoché r agitazione della ruota sarà durata an- cora circa 20 minuti , oltre quel tratto di tempo , che ha agitato il liquore in quell' atto , che scorreva dalla vasca grande , si farà passare in questa vasca il preci- pitante ben chiaro e limpido, seguitando sempre a gi- rar la detta ruota , ma con quella lentezza , che basta per far che il precipitante si mescoli bene col liquore . Durante quest'azione, si andrà prendendo un poco di detto liquore , che comparendo tutto cambiato io un bel > ( 269 ) color verde smeraldo carico , si cesserà tosto di far ca- lare più precipitante , né più si muoverà la ruota , la- sciando il liquore in riposo , acciò le particelle colo- ranti si precipitino al fondo , ciocché succederà fra il termine di tre in quattro ore . Intanto che questo li- quore riposa , s' impiegherà il tempo a far la stessa ope- razione nel primo recipiente piccolo situato lateralmen- te alla vasca mezzana j ove il liquore depurato si farà passare pel suo robinetto superiore nel secondo re- cipiente a lui sottoposto , nel quale agitandolo con un bastone o pala , e postovi sufficiente dose di precipi- tante, si lascerà anch'esso in riposo. Finalmente si farà dal primo recipiente piccolo uscire tutto il sedimento, e lordure , che si butteranno via. Articolo III. Del modo di lavare , e di filtrare la fecola. Per riconoscere se sia precipitata al fondo della vasca della ruota la fecola , si sperimenterà con cavare un bicchiere del liquore , e riconoscendolo giallo , nien- te tinto di color verde , sarà sicuramente precipitata j perciò si farà uscir fuori tutto il liquore inutile con aprire gradatamente i robinetti, affinchè non s' intorbidi la fecola già rassettata in fondo . Finito che avrà di uscir fuori tutto il suddetto li- quore , quanto più si potrà , si aprirà il robinetto del fondo , e si darà esito a tutta la fecola , facendola scor- ( 270 ) rere dentro la \asca piccola . Lo stesso si farà al se- condo piccolo recipiente , da cui si farà uscire pel robinetto superiore il liquore inutile , e la fecola che starà nel fondo , si farà scorrere , o si trasporterà me- desimamente in detta vasca piccola . Dopoché questa vasca piccola avrà tenuto per jil- cun tempo in riposo la fecola , e vi comparirà su di essa ancora del liquore giallo , si farà questo uscire per quel robinetto , che si trova più vicino alla super- ficie della fecola . Quindi facendovi entrare dalla conserva bassa per mezzo di un tubo , o canale 1' acqua chiara , e natu- rale sopra la detta fecola in una mediocre quantità , si darà principio alla prima lavanda , operandosi , che mentre 1' acqua scorre sopra la fecola , vpnga agitata questa ben bene con una paletta di legno , acciocché venga esattamente penetrata in tutte le sue parti ; cosa che non si potrebbe così bene ottenere , se si lavasse sopra il filtro , come alcuni hanno proposto . Questa prima lavanda è troppo necessario che si faccia la stessa sera , benché fosse 1' ora tarda , affin- chè nel giorno seguente di buon mattino si possa fare la seconda , e dopo tre o quattro altre ore si faccia la terza , «seguitando sempre il metodo suddetto . Dòpo finalmente altre tre ore circa di riposo , che la fecola di nuovo sia ben ricalata in fondo , si farà uscire tutta 1' acqua della terza lavanda , con indi a- prirsi il robinetto del fondo della vasca per far passa- re in un tinello , o vaso di creta la fecola , la quale ( 27' ) si porterà nella stanza de' filtri , in cui si verserà in tini situati vicino a' medesimi : cosi seguitando , finché tutta la fecola sia finita di uscire dalla vasca piccola . Finita questa operazione , si porrà ripartitamente la fecola dentro i filtri , prendendola con qualche vaso conveniente di creta, rame, o cristallo. Al primo scorrere , che faranno i filtri , uscirà l'acqua ancora carica di colore : per questo non si do- vraniiO togliere i vasi posti al di sotto per raccoglier- la , ma vedendola poi passar chiara , come succederà ben presto , allora si leveranno detti vasi per lasciarla scorrere nel suo declivio . L' acqua poi scolorita pas- sata nei vasi posti al di sotto de' filtri , si rimetterà nuovamente sopra di questi . I suddetti filtri si lasceranno stare nella loro si- tuazione per una intera giornata, e finché abbiano in- teramente finito di gocciolare . Indi si distaccheranno, e si situeranno in altra parte , lasciandoli stare altre 24 ore appesi , acciò la fecola prima di mettersi nelle scatole, sia, quanto più si può, priva di umidità. Levata poi la fecola dal filtri , si laveranno questi in acqua pura , e questa si gitterà nella vasca piccola per profittare del colore , che ai medesimi stava attac- cato . ( 272 ) ARTICOtO IV. Del diseccamento della fecola. La fecola dopo essere stata ne' filtri per due intere giornate, si passerà nelle scatole , nelle quali dopo appia- nata, e lisciata entro le medesime con una stecca, o col- tello di legno , o di ferro si esporrà al sole , ed in difetto si collocherà dentro la stanza della stufa sopra varj piani espressamente in essa formati , mentre richiedesi di essa il suo pronto diseccamento per impedirne la pu- trefazione j a qual* oggetto la temperatura di detta stanza dovrà avere un grado di calore maggiore delle altre due , facendolo arrivare fino ai gradi 26 in circa , e si avrà la cura di metter le scatole più umide nella parte più calda di detta stanza , non solo di giorno , quando manca il sole, ma soprattutto durante la notte. A misura che la fecola si andrà asciugando , con un coltello di osso , o di ferro, purché non sia attaccato dalla ruggine , si taglierà in quadri , che poi si ritaglie- ranno in quadretti più piccoli per agevolare il totale diseccamento , il quale non succede , per quanto si voglia affrettare, prima di otto giorni. Diseccate poi a sufficienza tutte le fecole separate in varie scatole , si andrà riunendo in poche il loro volume, a misura, che si van restringendo, per passarle in seguito nel magazzino dell' indaco , ove si porranno nel barile a questo fine preparato , avvertendo a non mescolare in esso varie qualità di fecola. Si deve in fine poi badare, che per quanta cautela si usi nel tener lontana la fecola dalla polvere, quando ( 275 ) si tiene esposta a diseccare , non si può giammai im- pedire , che alla sua superfìcie non se ne attacchi -, per- ciò prima di portarla nel magazzino, si metterà dentro un sacco di pelle , nel quale vi sia dell' indaco già spolverezzato, e scuotendola dentro il sacco riprenderà alla sua superficie il colore uguale al suo interno. GAP. XI. j Della Schiuma. La schiuma , che coli' agitazione del liquore nella vasca della ruota si forma in una quantità densissima, e' s'innalza a segno di stravasare sopra gli orli della medesima , rendendo alcune volte faticosa 1' azione della ruota, comincia a vedersi a poco a poco bianca j poi diviene più o meno azzurra. Questa schiuma si fa ribassare con alcune poche gocce d' olio asperse dal fiocco di una penna. Ma siccome ve ne rimane sempre una buona quantità sopra il fiquore, così si raccoglierà con diligenza con una scumaruola quadrata di rame sottile , ed a misura , che si raccogHie , si porrà entro un filtro , o più filtri di grossa tela , distesi sopra un telaro quadrato , affinchè ne scoli 1' umido , ed a mi- sura , che si deve restringere , premendola in ogni mez- z'ora con una stecca liscia di ferro , o di legno , che così alla fine di un giorno , o due si troverà ridotta da una gran massa ad una ben piccola , la quale poi seccata al sole ,yO- stufa , si troverà essere il più bel- r indaco fiore, che mai si possa vedere. 35 ( 274 ) MEMORIA SECONDA. J_JA mia memoria sull'estrazione dalla fecola mandata air Accademia di Torino nel dicembre 1792, com'era unicamente responsiva al programma di quell' Accade- mia , che prescriveva soltanto 5 d' indicare il più fa- cile , ed economico mezzo per trarre dal Guado , o da qualsivoglia pianta nostrale una Jècola azzur- ra , così eh' essa si possa con vantaggio sostituire all' indaco negli usi tintorj • cosi altro non feci , né dovea fate , che descrivere in quella memoria il me- todo delle operazioni , ed il piano d' un laboratorio , che 1' esperienza mi aveva fatto conoscere essere neces- sariissimo , ond' estrarre con vantaggio , ed economia la fecola da qualunque pianta indigofera . Oggi però che mi son ben note le savie premure del Reale Isti- tuto d' Incoraggiamento di promuovere in questo Regno la fabbricazione dell'indaco, per quindi esimere la no- stra nazione da un tributo , che annualmente paga agli esteri per 1' acquisto di siffatto prezioso articolo tanto necessario per le tinte azzurre ^ mi fo un dovere di aggiungere tutte quelle altre notizie , e cognizioni , che ho io acquistate pel corso di tanti anni di pratica . Descriverò dunque : 1 . L' esperienze sulla coltura dell' y4nil . 2. L'esperienze sulla pianta del Guado. ( 275 )^ 3. Per qual ragione sia da preferirsi il laboratorio che ho prescritto . 4. Se la fecola del Guado sia d' uguale , o minore bontà di quella dell' AniL . 5. Quali sieno gli unici mezzi da adottarsi per in- trodurre con felice successo nel nostro Regno la ma- nifattura dell' indaco . Articolo I. Esperienze sulla coltivazione dell' Anil . Le mie prime esperienze furtin fatte sulla pianta dell' Anil , che fu da me coltivata in un giardino alla spiaggia di Chiaja , dalla quale al suo maturo ottenni un vero indaco americano di ottima qualità , che a decisione de' periti fu trovato , che se non avea la per- fezione deir indaco Guatimalo , era però superiore di molto a quello della Carolina . Ma con tutto ciò , do- po tre anni di assidua applicazione , non avendo ri- sparmiato ogni possibile diligenza, e nella coltura , 'e neir estrazione della fecola , fui convinto , che giam- mai sarei riuscito a trarne almeno le spese , con istabilire una manifattura in grande ^ e ciò perchè il nostro cli- ma ha delle alternative di caldo , e di freddo così spes- se , e facili , che rendendolo incostantissimo , non per- mettono la riuscita di una pianta , che ama un clima sempre uguale, ed ugualmente temperato , cora' è quello di America dove si coltiva . (276) Articolo II. Esperienze sulla coltivazione del Guado . Convinto , che avrei inutilmente impiegato il tem- po coltivando 1' ^nil mi decisi a coltivar il guado ^ il perchè , avendomi proccurati , non senza difficoltà , de' semi dal Piemonte , e da Rieti nella Romagna , ignorando allora , che in Abruzzo si coltivava questa pianta da tempo immemorabile , ne' principi di febbra- jo 1784 seminai il guado nel cennato giardino di Chiaja, dov' era solito a seminare 1' Anil ^ e sebbene la stagio- ne fosse rigorosa , pute il seme germinò dopo di dieci giorni tutto ugualmente ; e prosperò in modo , che do- po la metà di maggio ne feci il primo taglio , quando- ché r Anil non era ancor nato . Avendo operato nello stesso modo , come negli anni antpcerlenti coli' u4nil , ottenni da un quadro di terreno di simile dimensione una bella fecola uguale a quella dell' Anil , ma molto più abbondante : e siccome i tagli del guado in un cli- saa uguale a quello de' contorni di questa Capitale se ne possono fare da otto sino a nove ^ così il frutto di questa nostrale pianta è infinitamente maggiore deìVAnilj oltre che la sua coltivazione anche è molto più facile, e sicura . Or dunque animato da questo vantaggio , mi occupai totalmente a lavorare sul guado , per recare a perfezione la manifattura della sua fecola ^ ed ho il piacere di assicurare, che questo non cede di merito ad ogni più perfetto indaco , ( 277 ) Articolo III. Per guai ragione sia da preferirsi il mio laboratorio. Seguitando le mie esperienze, conosceva semprep- più quante difficoltà restavano a superare j poiché se per la diversità del clima l' Anil dava un si meschino prodotto da non poter pareggiare le spese della colti- vazione, e della manifattura , anche col guado vi era molto che fare . Per ottenere la fecola colorante dalle piante che avea coltivate j e per averla di buona qua- lità , e con economia in ciascuuo degli otto , o nove tagli , "che poteva fare in ogni stagione , sempre nuovi ostacoli mi si presentavano , nascenti dall' inconstanza del nostro clima con l' uguaglianza di temperatura , che richiede la l'ermentazione del guado , o Anil che sia . Inoltre è da sapersi , prima di tutto , che per avere tutto il prodotto della semina del guado, è necessario ripartire il campo in venti quadri circa , seminandone uno per giorno ^ acciocché venendo il maturo del pri- mo taglio del proporzionato a dare la quantità delle foglie necessarie pei- riempiere la vasca grande ^ racco- gliendole poi di mano in mano per venti giorni circa, si può fare un' operazione giornaliera successivamente con molta facilità , e comodo degli operar] , e racco- gliere sempre il guado al suo punto di maturità . Do- po terminato il taglio de' suddetti venti quadri , s' in- comincia da capo a recidere le foglie di guado crescia- ( =^78 ) te, e mature dal quadro tagliato prima, e così per tut- to il tempo , che la buona stagione continuerà permet- terlo ; giacché questa pianta ripullula sempre , purché venga inaffiata subito d^po tagliata j sapendo dunque regolare le operazioni con questo metodo , si avrà un abbondantissima raccolta d' indaco con molto vantag- gio . Ma per ottenere tutto l' intento , vi occorre an- cora , che la fermentazione compiuta, succeda al più lun- go fra le sedici alle diciott' ore , altrimenti s' inciampa in grandi inconvenienti , e sono che vi vuole due gior- ni per fare quel che necessita , e può farsi in un sol giorno , evitando così la spesa di due laboratori , e di due stabilimenti in luogo di uno , in conseguenza du- plicata spesa vi occorre ^ oppure si avrà il dispiacere , ed il danno di perdere molto guado , perchè , oltre- passando nella stagione calda di molto i venti giorni a raccogliere il guado , questo essendo troppo maturo dà una pessima fecola , per cui in questo caso conviene meglio di reciderlo , e buttarlo , e dar luogo ad una nuova vegetazione : altro grave inconveniente sarà , se la fermentazione passa detto termine di tempo , poiché giungendo verso sera , si corre rischio di sbagliar l'ope- razione j essendo il giusto punto della fermentazione anche molto importante pel buon esito , il quale si de- cide più a colpo d' occhio , che ad ogni altro segno ^ perciò per distinguerlo con certezza si deve evitare di lavorare a lume di candela 5 e lo stesso per la sepa- razione della fecola , eh' è ben vedere di giorno chia- ro tutta la precipitazione della medesima , per cono- ( 279 ) scere s'è ben riuscita. Per le operazioni successive poi non vi è più da temere , se si fanno dopo tramontato U sole . Durant' i calorosi giorni della state , è facil cosa che la fermentazione si compisca nel termine stabilito^ ma non sarà così negli altri mesi senza uno stabilimen- to fornito d' un regolato laboratorio . Mi è accaduto di passare le ventlquatt' ore , e anche più assai , prima che la fermentazione giungesse al suo giusto grado -, altre volte il guado è passato insensibilmente alla pu- trefazione , per cui si ha dovuto buttar il lutto con grave perdita di spesa , e di tempo . A tanti inconvenienti si può riparare per mezzo del suddetto laboratorio, col*quale resta appianato ogni ostacolo del clima , e delle varie stagioni ora più cal- de , ora più fredde 5 e nel tempo stesso si facilitano moltissimo le operazioni , né se ne sbaglierà alcuna , ed il tutto si farà col massimo risparmio , e semplicità . Da ciò ognuno ben comprende, che per fare uno stabilimento in grande , è necessario fornirlo d' un la- boratorio nel modo da me prescritto , affine di ottenere con sicurezza tutto quel vantaggio maggiore , che si potrà j quantunque per la prima volta vi occorra qual- che spesa per la formazione del medesimo , questa ben presto sarà compensata da una grand' economia nella manovra , con la sicurezza di non isbagliare alcuna operazione. Si dee considerare alla fine, che tutta l'o- perazione si riduce quasi ad un giuoco di chiavi , tal- mentechè un intelligente direttore , due operar] di qua- ( 28o ) lunque sesso, con pochi ragazzi di varie età sono suf- ficienti per una grandissima fabbrica . Ben inteso però che io calcolo le fatiche, e le spese dal momento che r erba entra nel laboratorio per porla alla fermentazio- ne nella vasca grande ( vedi -la prima memoria ), at- tesoché sino ad un tal punto le spese , e Le fatiche sono le stesse che vi occorrono , come se 1' erba do- vesse andare al molino per farne i pastelli al modo solito -, an^i con una differenza ben grande di spesato , il quale è assai maggiore se si lavora un campo di guado a pastelli, che lavorarlo per l'indaco. Per per- suadersene basta riflettere che questo è la pura parte colorante della pianta , il cui volume è quasi un nul- la a paragone dell' immelmo volume de' pastelli , do- vendosi questi travagliare lungamente , maneggiarli , e trasportarli a forza di un gran numero di persone , di animali , ec. Articolo IV. Se la fecola del Guado sia d' eguale , o minore bontà di quella dell' Anil , ossia indaco . Quando si considera la solidità , e la bellezza del colore azzurro delle lane , e de' vestiti de' nostri Abruz- zesi tinte di solo guado, e che non mai vedesi scolo- rilo , l'unico abito di quei campagnuoli , sebbene lo portino addosso per molti anni , né alterato il colore dalla forza del sole nella state , né per effetto delle piog- ( 28i ) gè , e nevi dell' inverno , deve cessare in tutti ogni dubbio , che la fecola del guado sia d' inferiore' , o di diversa qualità di quella dell' Anil. Ma dippiù è da sapersi , che col guado si è sempre tinto il color bleu, ed eccellente , prima della scoverta dell' America j ed era l' unica droga conosciuta allora per tingere azzur- ro , sebbene preparato coli' antico rozzo metodo. Gli Abruzzesi (i), e tra gli altri quei del circondario di (i) Nelle nostre Provincie degli Apruzzi , regioni abitate un tempo da' Marsi , Sabini , Frentani , Peli- gni , Vestini ec. popoli, quanto prodi nelle armi, altrettanto industriosi , e sagaci nelle arti , fin dall' età primordiali , ed innanzi che il Guado in Italia ad altri fosse noto ^ si conobbe tal pianta tintoria, si coltivò , e se n' estrasse comunque il co- lore azzurro. La multiplicità de" lanificii , che quivi medesimo eran rizzati , e de' Collegi de lanajuoli , sparsi per ogn' intorno , come ne fitn testimonianza le antiche iscrizioni lapidarie tuttavia esistenti j Jra quali quella di Teramo , con che descrivesi li Col- legio de' Centonarii Praetutiani Interamniti , ne prò- Tìiosse di assai la coltura , e ne reco /' estrazione del succo colorante presso che al suo intero raffinamento. E si diffuse tant' oltre tra di costoro V arte lanifica , e tintoria , che non d' altronde i Romani traevano quanto era lor di mestieri di saie , e di panni lani pel vestimento delle numerose loro milizie , che da 36 ( 282 ) CatnpoH, poche miglia distante da Teramo, e partico- larmente nel luogo detto Campovalano , coltivano eccel- lentemente il guado, dove espressamente mi sono por- talo nel i8o3 a verificarlo, dippiù si coltiva in Penna cotaìi peligne officine : sicché il Sago , la Lacerna de' militi , non meno che le Clamidi o Paludamenti de' .sommi Duci erano Imponi di cotesti popoli. Colla decadenza dell'Impero Romano^ che cagionò all'I- talia soprattutto tante sciagure , decadde ogni scien- za , ogni arte , ogni manifattura \ ed in cotal vor- tice desolatore fu eziandio assorbita V arte della lana , la coltivazion del guado , e V opera della tintura ; e benché isfuggisse il suo totale distruggi- mento, si rimase non per tanto in guisa trascurata, e negletta , che rifuggita in alcuni remoti angoli di quelle regioni , quivi serbassi pel decorso di molti secoli , ma sempre mai in uno stato di abiezione , e di languore : mentre che altrove appena n' era rimasa la memoria , perche suggerita da' rottami degli edi- fizii delle vetuste tintorie. Allenata la general catastrofe, il seminamento del guado , e /' estrazione della materia colorata ebbe qualche incremento , senza però uscire da quegli angusti limiti , in cui era stata per lo addietro con- finata ; e merce della cura , e sedulità delle labo- riose apruzzesi , che assai sovente ne fan uso in. colorire i loro graziosi vestimenti, si conservò sue- ( 283 ) S. Andrea, e in Montegualtieri nel circondario di B!- senti^ in Terra di Lavoro, benanche i naturali di S. Do- nato , circondario d' Alvito , e di altri luoj^lu vicini coltivano moltissimo il guado ^ e fanno gran conimer- cesshamente in tal condizione sino al di d' ozsi . La foggia quanto elegante , agiaV altrettanto del ve- stir sabino , che anno in usanza le ingegnose don- ne di Scanno , e di altri luoghi di quelle contrade j egli e oltremodo commendabile ^ non tanto solamen- te per la lucidezza , e per la varietà de colori , tutti estratti con indicibil maestrìa da piante indigene , quanto per la loro immutabilità, poiché ei veruna, avvegnaché minima , alterazione , o iscambiamento di colore risentono ne dalla impression delV aria , ne dall' attività dalla luce, ne dall' azion degli aci- di , sien dessi citrici , od urici. Questa singoiar proprietà dell' estratto del gua- do , o vogliam dire dell' Indaco nostrale di lucci- care sulle pannine , e sulle stoffe anzi che no , e di rintuzzare , in virtù forse ancora del loro ap- parecchiamento , la forza di sì efficaci agenti, non lascia certamente dubbio alcuno di dover essere tal pianta collocata in primo luogo nella classe delle indigofere, ( ben cinque ne descrive la Sy- nopsis piantarum Horti Botanici Accademiae Regiae Panorraitanae anni 1 799 : oltre a quella , non à guari discoperta in Bengala dal Sig. Roxburgh , e pub- ( 284 ) ciò di pastelli . Nella Romagna , nella Lombardia , nel Piemonte, nella Turingia, ed in tanti altri luoghi del- la Germania , e nella Francia , e particolarmente i pa- stelli d'Albynella in Linguadoca sono i più rinomati^ e blicata sotto il nome di Nerium tinctorium ") e di accordare all' Indaco nazionale quel preferimento sopra V asiatico , e V americano , che per diritto si a guadagnato , come i repetiti saggi il conferma^ no , mediante V ottima preparazione , che con tra- vaglio assiduo , ed indefesso dal N. A. tutto 7 dì gli si appresta: e che verrà successivamente porta- ta dal non interrotto magistero alla sua compiuta perfezione . A tal fine potrehh' essere di non poco agevolamento V eccellente , e ben raro libro , intito- lato, Grolucchius ( Henr. ) De cultura herbae , isatidis, ejusque praeparatione ad lanas tjngendas . Tiguri i555 in 8 , qualora de sciente penna venisse volgarizzato. Un abbietto adunque di cotanta importanza do- vrebbe destar V attenzione , ed eccitar il proprio in- teresse , massime de' nostri provinciali , ( intormen- titi 3 dirò cosi , in mezzo a tanti be ni , che la ter- ra incessantemente lor offerisce ) di promuovere , e di estendere il seminamento di questa preziosa pian- ta^ e la manipolazione delP Indaco , e cosi non al- trimenti di aggrandire , e di perfezionare la colti- vazione , e 7 preparamento della Robbia , del Car- tamo , del Croco , e di altrettali piante tintorie . ( 285 ) così in tante altre parti di Europa , dove i migliori tintori ancora oggidì pongono molto guado nel loro tino d'indaco -, essendo sicuri, che il colore viene più solido , che se fatto fosse col solo indaco . Se i tintori più celebri si sono appigliati all' inda- co , ed hanno trascurato di tingere co' pastelli del guado , non è già per effetto , che il color dell' inda- co fosse migliore , anzi II contrarlo • ma non curano ì pastelli per cagion dell' Incomodo , ed imbarazzo che recano , essendo questi formati d' una picciollssima dose di parte colorante, framischiata col gran volume della parte inutile della pianta diseccata, e prima pestata, e che o spontaneamente nascono . o appena in qual- che stremila delle loro possessioni senz' arte , e scia^ auratamente ora si coltivano . Il che , mentre accre- scerebbe la somma delle nostre ricchezze , ci tor- rebbe, non che altro, per questi generi da quella vo- lontaria dipendenza dalle nazioni straniere , che non per precisilo bisogno , ma per rea nostra indolenza il bene, ci tiene tuttora soggettati . Avverrà ciò mai? Sì ; qualunque volta , deposto quel nostro infermo , ed eteroclito vensare , e dispogliati da queW assur- do fanatismo , che ci mena a travedere per le cose forestiere, imprenderemo con più sano consiglio a valutare , com' e' si dee , le produzioni fisiche del nostro suolo, non meno che le scientifiche della no- stra mente. INotaz. del Comp: ( 286 ) putrefatta , framichiata di tante altre impurità , come insetti , terra, e corpi estranei, che infettano conseguen- temente il bagno del tintore. Tutto il merito dunque dell' indaco non è già nell' intrinseca qualità del colo- re ^ ma per la ragione , che avendo avuto una prepa- razione molto più perfetta , si rende comodissimo al tintore in qualunque operazione , che lo destini , sia trattato cogli alcali caustici per le tinte di forte azzur- ro su qualunque stoffa di seta , lana , lino , o cotone , sia cogli acidi minerali , tra gli altri coli' acido solfo- rico , nel quale si fa sciogliere , quando si vuole tinge- re in azzurro , o in verde di Sassonia . Se le colonie Americane ci avessero mandato il loro anil preparato in pastelli , come lo è il nostro guado , non mai gli Europei avrebbero comperato un pastello indiano . L' indolenza dì costoro merita ogni critica j poiché fra il decorso di varj secoli , da che si è commerciato colle colonie suddette finoggi , non si sono giammai occupati di dare al guado , a questa preziosa pianta nostrale , quella stessa preparazione , che in quelle , e ben anche nell' indie orientali danno alle loro indigofere , sebbene sieno di varie specie . In fine chi mai ne può dubitare ancora, dopo le rigorose esperienze fatte eseguire dalla Reale Accade- mia delle Scienze di Torino nel 1785 e 1786, in pre- senza di una deputazione di scelti soggetti , dai migliori tintori di quel paese in seta , lana , cotone , e lino , su queir istessa fecola di guado da me consi^gnata al Marchese di Brerae , allorché era Ministro di quella Cor- .( 2C7 ) •te a questa di Napoli , che poi per essere stato deciso, che per la sua eccellente qualità era uguale all' indaco americano, si determinò quell'Accademia, dopo alcuni anni , a pubblicare il programma del 1791 '. nella quale occasione, separatamente diede alle stampe tutte quelle altre notizie, che si aveva procurate circa le qualità del guado , che si coltiva in Piemonte da tempo antichis- simo , e che lavorato in pastelli se ne fanno delle spe- dizioni pel Pò. Articolo V. ' Quali sono i mezzi di adottarsi per introdurre con facile successo nel nostro Regno la fabbricazione dell' indaco . Sono ben pochi i mezzi , che io propongo per po- ters' introdurre fra noi la fabbricazione dell' indaco . Io li sottometto al savio discernimento de' miei Colk- ghi . Il Reale Istituto perciò procurerà. 1. Che la coltivazione del guado si estenda in pre- ferenza nelle Provincie degli Abruzzi , e nel Contado di Molise , dove fortunatamente si coltiva da tempo immemorabile . 2. Farà pubblicare non solo una istruzione prati- ca djl modo di coltivar il guado , ma bensì la prima mia memoria, acciò ognuno potesse disporre un labo- ratorio nella maniera che ho prescritta . • ( 288 ) 3. Proporrà a S. E. il sig. Ministro dell'Interno che possa ottenere dalla munificenza del Sovrano un premio da distribuirsi a coloro che saranno i prinri ad introdurre la fabbricazione dell' indaco , construen- do un laboratorio . Quando ciò si voglia fare ardisco proporre il sig. Michele Tabassi Alanno , che fortunatamente trovasi in Teramo , essendo degnamente giudice di quel Tri- bunale , per render facile agli Abruzzesi non solo la coltivazione del guado , rùa altresì la fabbricazione del- l' indaco . Il sig. Tabassi è il soggetto 11 più opportuno per avere infinite volte assistito a tutte le operazioni , che da me si praticavano , allorché il mio laboratorio era in attività , e sempre aperto al pubblico . Premiati , e protetti dal Governo coloro , che si occuperanno di questa interessante industria , e sicuri che ne otterranno un guadagno grande , chi potrà du- bitare che le fabbricazioni dell' indaco non saranno au- mentate ? Così il Reale Istituto avrà la gloria di aver pro- mossa prima di ogn' altra parte di Europa un indu- stria quanto interessante alla Nazione , altrettanto uti- le ai proprietarj . (289) RAPPORTO DELLA CLASSE DI CHIMICA Sulle memorie riguardanti V indaco estratto dal guado. SIGNORI COLLECHI X.ÌSSENDOSI la nostra Classe riunita per esaminare giusta gli ordini vostri, le quattro memorie presentate a questo nostro Reale Istituto , risguardanti l' indaco che si può estrarle dal guado (^isatis tinctorìa'): una del socio corrispondente Signor Gennaro del Giudice, r altra del Signor Michele Tabasei Alan no , e la ter- za , e la quarta dell' altro socio corrispondente Signor Giuseppe Morina , ed avendole attentamente conside- rate, ci facciamo un dovere , prima di esporvi il pa- rere della classe , di farvi conoscere il contenuto del- le medesime . Il socio Signor del Giudice espone il metodo di tinger la lana in bleu col guado ridotto ia pastello . A tal' effetto descrive il modo di coltivar la pianta , accennando qual terreno più le convenga , il tempo della semina, l'applicazione dell' inaffiamento , la sar- 37 ( 290 ) chiatura , e finalinf^nte il tempo della raccolta delle fo- glie ia luglio , o agosto , e novembre . Propone inoltre la norma di formare il pastello , ridiicendo le foglie in massa , soppestandole , ed ag- giungendo una piccola dose di argilla , e prescrive il tempo eh' esige di macerazione . Passa in seguito all' esposizione del processo della tinta, il quale consiste nel trattare il pastello con una lisciva di sotto-carboaato di potassa , segnando la pro- porzione così de' pastelli , che della lana da tingersi. Quindi do[)o d' aver -fitta bollire la mescolanza con la corrispondente quantità di acqua , debbesi aggiungere il sopr'atrattato di potassa , ed il sopra solfato di allu- mina , e di potassa. Allora la lana tolta dal bagno, e divenuta asciutta , si espone alla nuova ebollizione nel- l' acqua con la noce di galla , e solfato di ferro , ed in fine si sottopone alla lavanda . Questo è il metodo che tengono gli Abruzzesi nel tingere le loro lane , e le loro stoffe , che così tinte resistono all' azione dell' aria , e della luce , e sono poco alterabili ai contatti degli acidi nitroso , e nitri- co diluiti , e trattate in fine coli' acido citrico riesco- no solide , ed indelebili . Questa memoria non contenendo altro, se non se r esposizione del metodo di tingere in hleii col pastel- lo del guado , conosciuto non solamente negli Abruz- zi, ma in tutta l'Europa , così stimiamo , che non possa meritare la vostra attenzione , eh' è quella di a- Ter si un metodo facile , e sicurg di ottenere dal guado ( 290 un indaco da sostituirlo all' iudaco Americano . Il Signor Michele Tabassi Alanno nella sua me- moria espone, che nel Ì796 ijnmaginò d'introdurre la coltura della pianta esotica denominata anil , e che non ebbe il piacere di vederla fecondare per alcune circostanze, che non accenna. Ciò gli fu di sprone di rivolgere le sue mire al guado , ed esprime la sua soil- disfazione per avere estratto da questa pianta la fecola tutta simile all' indaco Americano ; ma che non aven- do fondi sufficienti per una fabbrica in grande , ab- bandonò r impresa . Avendo però letto in giugno dello scorso anno nel Giornale Letterario di PSapoli l' Imperiai Decreto , con cui si propone un premio a favore di chi esporrà il metodo sicuro di estrarre l' indaco da una pianta in- digena , disegnò di scrivere una memoria , e rimetter- tcrla a questo R. Istituto, unitamente a due pezzettini di tela tinti in hleii , e co' corrispondenti saggi d' in- daco j prevenendo, che le indicate mostre sono state eseguite senza laboratorio , senza strumenti , e fuori stagione . Dopo ciò passa a descrivere la coltura del guado , dando un dettaglio più circostanziato di quel- lo rapportato dal Signor del Giudice . S' inoltra in seguito a disegnare il modello per la costruzione di un laboratorio , ed in questo commen- da tre vasche 1' una sottoposta . all' altra , assegnando alle medesime le denominazioni rispettive , I' uso , e la situazione , nell' ultima delle quali , eli' egli chiama vasca di sbatlimento ^ vi applica l'agitatore raggiante, (^292 ) dinotandone la struttura , e prescrìve la preparazio- ne dell' acqua di calce , con la rispettiva proporzione della terra , e dei fluido , Avverte finalmente d' essere necessaria una stanza ventilata , per mctterNÌ nei lati delle njura interne i telai per appoi;gio dei cappucci di tela , solto de' quali dovranno essere collocati dei recipienti, che possano ricevere le acque j e giudica importante cosa, che il la- boratorio sia provveduto di una stufa per asciugare la fecola . Terminata la descrizione del laboratorio , procede ad esporre il processo per estrarre la fecola . A tal ef- fetto prescrive , che le foglie del guado , separate dalle corrotte e cattive , debbano riporsi nella seconda va- sca detta d' infusione , sopra cui va a cadere V acqua contenuta nella vasca superiore per mezzo de'robinetti, ed aftinché le foglie rimanessero sommerse , prescrive di soprapporvi de' pezzi di legno a traverso . Cosi pre- parate le foglie , egli dice , la fermentazione va a suc- cedere dopo l' intervallo di circa ore 20 , e sarà più spedita , se la temperatura dell' atmosfera sarà calda . Asserisce, che la conoscenza della matura fermen- tazione derivi dall' abitudine , non essendovi norma precisa , e che il solo calore dell' infuso divenuto si- mile al vino bianco alquanto carico , ed azzurognolo neir agitarsi , potrà verificarne la sicurezza della ma- turità . Quando l' infuso mostrerà un tal colore , allora per mezzo dei robinetti si farà passare nella vasca sot- ( 293 ) toposla detta di sbattimento , adattandovi nel passag- gio del fluido de' canestri foderati di tela per separar- lo da qualunque materiale estraneo ^ e quindi bisogna muoverlo coli' at^ilare . Quando il liquore è divenuto schiumoso , debbe affondersi 1' acqua di calce , proseguendo l' agitazione, e la schiuma, qnando comparirà azzurra, darà l'indizio della sospensione del travaglio . Allora si lascia il tutto in riposo per dar luogo alla fecola , che possa precipitare nel fondo , ma si raccoglie la schiuma , riponendola nei canestri foderati di tela , per ottenersi un sedimento che ha il viva- ce colore d' azzurro , conosciuto col nome d' indaco fiore . Seguita la precipitazione feculacea , si fa passare l'acqua sopranuotante della vasca, per mezzo dei ro- binetti , nei cajìpucci, per ivi ricevere quella porzione d' indaco , che potrà seco trascinare ; e raccolto il re- siduale sedimentoso , si pone all' ombra , e non al sole per asciugarsi , ma prima di divenire asciutto perfetta- mente , fa di mestieri tagliarlo in forma di tanti piccoli quadrati per metterlo in commercio . Questo è l' in- daco . La memoria termina con alcune osservazioni per aversi presenti tanto sul campo, che si destina alla col- tivazione del guado , quanto sul laboratorio . Ci duole , Signori , che le mostre di tela tinte in bleu , che il Sig. Tabassi ha rimesse , non sieno plau- sibili , e the Ira i saggi dell' indaco , che ha egli estrat- . 294 ') lo dal guado j" quidl solo eh© poteva €sser f;oddisfacen- te per farne gli assaggi ^ftoti^^ba potato fornire alla Classe le bella occasione' di' sperimentarlo , non essen- do stata la dose che di soli (jnatft^o granelli : ma ciò non ostante contenendo la di 'tuì memoria un'esatta descrizione su la coltura d^'l guado , sulla costruzione del laboratorio , e sul ppoctfsso - basi estrarre la fecola , proponiamo che il R. Istituto nel rendergli con una lettera i suoi ringraziamenti lo aggreghi a suo socio corrispondente . Le due memorie successive sono del socio Signor Morina . Nella prima egli espone il metodo pratico per estrarre la fecola azzurra dal guado , descrive l' econo^ mìa nell' estrarla , dettagliando precisamente tutte le cir- costanze, che accompagnano il suo processo^ e com- promette il suo indaco risultante dotato di tutte le pro- prietà, riguardandolo tutto simile a quello di America. Asserisce di più, che questa memoria sia una co- pia di quella, che diresse all' Accademia di Torino in dicembre dell'anno 1792, ed è responsiva al program- ma della medesima , con cui si prescriveva d' indicare soltanto il mezzo facile, ed economico per èstrarre dal guado, o da qualunque altra pianta indigena una fe- cola azzurra da potersi sostituire all' indaco America- no 5 e che l' indicata memoria venne coronata col pre- mio di mille lire . Il Signor Morina In essa descrive il piano esteso delle operazioni jier potersi es trarre sicuramente la fe- cola dal guado , previene con solide precauzioni 1' ia- (295) costanza della nostra temperatura atmosferica , disegna mimitamente la costruzione del laboratorio con le ri- spettive dimensioni, le forme degl'utensili, la loro de- nominazione, e la situazione, l'agitatore, e la sua strut- tura, la stufa, e la corrispondente temperatura, e det- taglia l'uso di lutto l'apparato con una precisione cosi chiara , che ne fa comprendere con evidenza il mecca- nismo , e r esecuzione . Propone in seguito il modo di saggiare le foglie del guado , se sieno al punto da somministrare la fe- cola , e con tal mezzo assicura 1' esito prosperevole del processo dal piccolo al grande . Espone inoltre la preparazione dell' acqua di calce, eh' egli denomina precipitante , assegna la situazione de' vasi, che la contengono, e ne marca l'uso. Il Morina non crede doversi trattenere su la col- tura del guado jier essere la medesima comunissima ne- gli Abruzzi . Procede poi a dettagliare II suo processo In gran- de, e lo divide in quattro articoli . Il primo riguarda la fermentazione delle foglie ; il secondo l' estrazione della fecola^ il terzo il metodo per lavarla;, ed II quar- to il di lei diseccamento al sole, o alla stufa . Avverte di trar parlilo dalla schiuma , che deriva dall'agitatore per ottenere l'indaco fiore, ed In ultimo esamina tutto ciò, che crede di schiarimento per potersi eseguire il processo, che; ha })roposto . La seconda memoria è dl\isa In cinque articoli . Nel primo espoue tulli gli sperijiicnii fatti sulla colta- (296) la dell' yinìl j assicura d' averne ricavato l' indaco nel 1784, ma ad onta di tutta la sua sofferenza praticata per rendere fecondante questa pianta esotica , confessa , che l'inconstanza del nostro clima si oppone diametral- mente alla di lei vegetazione . Nel secondo articolo an- nunzia , che convinto di ciò, si determinò a coltivare il guado j ed in quest'occasione volle osservare il gra- do della vegetazione così dell' Anil , che del guado . Questa osservazione gli dimostrò, che V Anil nel mese di maggio di quell'anno non era ancora nato, quan- doché dal guado n' aveva ricavato il primo taglio nel- r epoca istessa , e dopo di avere estratta la fecola da quest' ultimo , trovò eh' era tutta simile a quella del primo . Nel terzo articolo descrive tutti i saggi , e le sue penose fatiche per assicurare il processo dell' estrazione dell'indaco dal guado, ed indica tutti gli ostacoli, che ha dovu^o sormontare per rendere prosperevole questo stabilimento. Nel quarto articolo fa rilevare, che in Europa non si dava il colore hleiL su la lana , se non se col pa- stello del guado, che questo metodo sia antico, e che là sospensione dell' uso venne prodotta dalla introdu- zione dell' indaco Americano , non per la solidità dei colore , ma per essere scevro da materiali stranieri , e più alla portata della tinta, che non è il pastello j tal- mente che se gli Americani avessero spedito in Euro- pa il loro Anil in pastello , la loro speculazione noa avrebbe avuto luogo , ( 297 ) Nel quinto articolo fiiialnienfc propone tutl' i mez- zi, e tutte le dilucidazioni, onde agevolare la mani- fattura di questo genere importante , e V assicura con uri dettaglio così preciso , che esclude ogni diflicollà sul felice successo . Neir esaminare le accennate memorie del Signor Morina, la Classe ha provato non solo il soddisfacente piacere d' avere un travaglio tanto completo su la isti- tuzione di questo ramo d' industria , ma vi ha rilevato la nettezza nelT espressioni , la semplicità ne' mezzi , r accorgimento in tutte le circostanze , che 1' accompa- gnano , la lealtà m gli sperimenti , ed infine l'assicura- zione del fatto . La Classe perciò , dopo d' avere attentamente con- siderato , quanto il Signor Morina ha partecipato a que- sto Reale Istituto con queste due memorie , ha cre- duto per confermare il ilitto trattare P indaco , eh' egli ha estratto dal guado con varj modi ^ ed in presenza dello stesso ne ha istituito il saggio , avendo in con- torno quello d' America . A tal' effetto si è gettato dell' acido acetico in due picciole ampolle di cristallo , ove in una v' era riposto r indaco americano ridotto in polvere , e nell' altra r indaco estratto dal ^uado , parimente in polvere e nella medesima proporzione • Quindi si è agitala la me- scolanza , e si è lasciata in riposo . In questo frattem- po non è comparsa né bolla , né movimento , anzi la fecola si é depositata nel fondo , mostrando il suo co- lorito naturale, e l'acido vi soprassedeva limpido , e clii^iro . Si è impiegata inoltre l' uguale do^e d' indaco 38 ( 298 ) d' America , e di quello del guado , dell' Infima qua- lità , fra le mostre esibiteci dal Signor Morina , con la potassa caustica , e la miscela è stata esposta contem- poraneamente all' azione della corrispondente tempera- tura . La dissoluzione è succeduta parimente j allora dopo d' avere allontanati i vasi dal fuoco vi si è ag- giunta la quantità corrispondente di solfato di ferro di- luito , agitando 1' unione . In questa , divenuta quasi fredda, si è immerso il filo di canape affatto bianco, e dietro le ripetite immersioni è sortito tinto in hleu senza una marcata differenza . Lavato il filo d' ambe- due i bagni , e reso asciutto , è stato trattato col sa- pone diluito , la tinta è rimasta illesa , e saggiato col- r acido del limone non ha dimostrato niun cambia- mento . Si è in seguito formata una nuova dissoluzione nella potassa caustica con la stessa diversità di genere, e vi si è unita la medesima quantità di solfato di ferrq. diluito . Allora vi si è impiegata la lana , questa è di- venuta quasi ugualmente colorita in bleu , e resistente ai reagenti medesimi . Non si è creduto praticare lo stesso con la seta , perchè quella , che ci era stata esibila , si è ritrovata biancheggiata col vapore dell' acido dello zolfo . Si è gettata in fine l'eguale dose d'indaco ame- ricano , e dell' indigeno separatamente in due vasi , e \i si è sopraffuso il sesto del loro peso rispedivo di acido solforico di gradi 66. La mescolanza agitata con una spatola di vetro si è ugualmente oltremodo riscal- data , e dopo ore quattro di macerazioue , la dissolu- ( 299 ) zione è perfettamente riuscita così dell' uno , che del- l' altro . Poche gocce di queste rispettive dissoluzioni sono state gettate nell' acqua . Questa si è tìnta del mede- simo colorito , senza che vi Casse comparso il minimo indizio di sedimento . Si è diluita poi una loro porzione separatamente, e fatta bollire, vi si è aggiunto il soprasoUato d'allu- mina, e di potassa, e quindi vi si è immersa la lana, la quale è sortita tinta in bleu chiaro . La Classe dòpo tanti decisivi sperimenti , avendo interrogato il Signor Morina su la ragione di non ave- re egli profittato -di sì preziosa scoperta dopo il dispen- dio , e la fatica , che per tale scopo era stato obbli- gato d' erogare , il medesimo rispose , che un guasto rovinoso avvenuto nel suo fabbricato , l' interessante premura di doverlo rimettere nello slitto primitivo , e gli avvenimenti politici quindi succeduti , ne soppres- sero l'incominciato avviameclo , per cui decadde, ed andò quasi in oblio . La Classe avendogli domandato inoltre , se pote- va suggerirle , almeno per approssimazione , qual quan- lità d' indaco può produrre un moggio di terra atto alla coltura del guado , egli rispose , che un moggio di terreno può dare libbre 200 e più d' indaco asciut- to , e commerciabile . Noi pertanto nel presentare a questo R. Istituto le mostre di lana , e di filo tinte in bleu coli' indaco del guado , e le mqstre d' indaco , e d' indaco fiore esibi- te dal Signor Morina , proponiamp : ( 3oo ) 1. Che questo R. Istituto si compiaccia dì scrive- re una lettera al Signor Morina , attestandogli i senti- menti di sincera congratulazione per avergli partecipa- ta la preparazione dell' indaco dal guado con una pre- cisione, e con un dettaglio così completo , che nulla lascia a desiderare . ^. 2. Che le due sue memorie sieno registrate, ed in- serite negli Atti. 3. Che con la massima sollecitudina si manifesti ne' Giornali politici, e letterarj questa preziosa scoperta, eseguita fin da 27 anni indietro ^ ed a tal effetto il Segretario di questo R. Istituto ne formi un estratto completo , affinchè 1' Europa conosca che la fabbrica- zione di questo genere è originaria della nostra Na- zione . 4- Finalmente , che il Reale Istituto formi una Commissione , coli' incarico di presentare a S. E. il Sig. Ministro dell' Interno così le mostre d' indaco , e d' indaco fiore del Signor Morina , che i saggi di tinta praticati dalla Classe , per verilicarne le proprietà , af- finchè si compiaccia di umiliarle a S. M. Napoli 18 Aprile 181 1* Luigi Sementivi Presidente, Michele Tenore. Antonio Barba. Gabriele Longo. Michele FfiR&Aiu Segretario . (3oi ) Memoria suWAgricoltura di Sessa del Socio ordi- nario Sig^. Gto: Battista Gagliardo , Letta nel' l'adunanza del dì i5 Marzo 1814. Ì^ESSA giace sulla medesima deliziosa collina dov' era l'antica , otto miglia al di qua del Liri , oggi Gari- gliano. Fu essa conosciuta nell' antichità sotto il nome di Sessa Aiu'unca , non solo per distinguerla Asl Sessa Pomczict , capitale de' Volsci , nel Lazio , presso le Paludi Pontine, ma più perchè in essa si rifuggirono, e stabilironsi i cittadini di Auriinca , quando minac- ciati dai Sidicini abbandonarono la loro Città , e for- marono coi Sessani un popolo solo . Ma non comin- ciò Sessa a figurare nella storia , se non quando di- venne Colonia de' Romani , epoca in cui ebbe il por- tico , il foro , il teatro , 1' anfiteatro , le terme , e tutti quegli altri pubblici edilicii , che i Romani avevano in uso . Di tutti questi non si veggono ora che le rovine 5 le quali però sono sufficienti per dimostrarne la magni- ficenza . Solo alcune colonne di granito sono rimaste in piedi , e sostengono il volto , ed il portico della Cattedrale , edificala sulle rovine dell' antico Tempio dedicato a Mercurio : ed incontransi per la Città va- rie lapidi , ed iscrizioni . ( 302 ) Ciò che esiste in piedi , tale e quale , è un ma% gnifico Ponte , detto ora Ponte Ronaco , il quale è lungo palmi 55o , e largo palmi ventuno . I suoi archi, al numero di ventuno , sono sostenuti da pilastri, lun- ghi otto palmi , costruiti di opera reticolata , e vestiti di mattoni lunghi palmi due . Gli antichi Io inalzaro- no per rendere piana la strada di una valle , detta ora di Sansevile , la quale menava all'antica Via Appia , e vi si giunge per uno de' rami della medesima , dei quali in Sessa , come nella vicina Teano , incontransi varii spezzoni benissimo conservati . E tali sarebbero tutti, se si avesse avuta cura di conservarli, e non già di distruggei'li , come si è fatto . Con non picciolo di- spiacere ho A^eduto i grossi pezzi di selce , di cui erari costruiti , far ora parte de' muri delle case , e de' con- venti , e destinali a selciare le strade della Città ^ quan- do che i Sessani ricavar potevano le medesime pietre dalla stessa cava , donde tratte le avevano i loro ante- nati , non lungi da Sessa che un miglio e mezzo . All'intuito simile, e forse anche assai più magni- fico dell'antico , perchè al doppio più. allo ,. è il no- vello ponte innalzato nella medesima valle da quella parte che separa Sessa dalla via consolare , detta J^ia Nuova , che fu cominciato nel lygS , e terminato nel 1808 . Questo ponte è costruito di mattoni , e d' una qualità di pietra bianca dura , eh' è una specie di tra? vertino , colà detto piperno . I mattoni si fabbricano nel vicino villaggio di Cascano , dove sono stabilite varie fabbriche di stoviglie , le quali conservano tut- ( 3o3 ) tavìa la forma delle amiche: ed è da siipporsi , che an- che in Cascano esistessero le antiche fabbriche di sto- viglie , sì per r alumina che si trova nelle sue vicinan- ze , sì perchè scavandosi s' incontrano lun ghi tratti di rimasugli di vasi ordinarli , di anfore , e simili . La lunghezza di questo ponte è di palmi 546 , è largo palmi trenta, ed alto I25 . Gli archi al numero di do- dici poggiano sopra pilastri , de' quali quelli di mezzo sono sostenuti da due altri archi sottoposti , che occu- pano la parte profonda della valle , eh' è la più stretta. Mi renderei nojoso se volessi intrattenervi dinotan- dovi tutto ciò che Sessa offerisce relativamente ai suoi edifìzii , ed alle sue antichità . Ciascuno potrà riscon- trarle neir opera del suo cittadino Signor Masi del Pezzo , che nel 1762 pubblicò le memorie della sua patria , ove non mancò di parlare anche delle mone- te e medaglie Sessane , che avevano un conio eccel- lente . Io mi limito a descrivere lo stato attuale della sua agricoltura 5 e per ciò fare divido la presente me- moria in tanti articoli . Te IT il or io , Il territorio di Sessa ha 1' estensione di 70 in 80 mila moggia quadrate . Confina all' Est con quello di Teano ^ all' Ovest col Garigliano , il quale lo divide da quello di Traetto 5 al Sud Est con quello di Cari- nola , da cui vien diviso dalla cresta del Monte Clas- sico , celebre pe' vini di Falerno ricordati da Orazio ^ ( 3o4 ) al Sud Ovest col mar Tirreno j ed al Nord con quel-» lo di Rocca Monfina ^ e contiene ventiquattio villaggi, dei quali il più lontano, detto Sctìicar'o , è distante da Sessa miglia sei (i) . Tulli gli altri le son vicinis- simi , e formano con essa insieme una popolazione tutta industriosa di tredici in quattordicimila abitanti. I suoi prodotti principali sono olio, vino, cereali, e civaje. Si divido in tre parli ; una è in piano , l'altra incolline, e la terza è montuosa . La prima , il cui terreno è piut- tosto alumii^oso , è destinala alla semina , ed alla pa- stura . La seconda , che ha un terreno sihceo , dove cretoso , e dove tufaceo , di color cenerognolo , si col- tiva ad ulivi , e vigne . E la terza , il cui terreno è un poco più cattivo delle colline , è incolta , e non ha che delle piccole piantagioni di castagni (2) . Il miglior ter- reno è quello accanto al Garigliano , Il clima è tem- (i) Questi villaggi sono Cascano , Gusti , Va- lagno , Cai boi a , Marzulo , Svezzano , Sorbe! lo , Piedimonte , Cavano , Cellole , Fasoni , Cupa , Sancastrese , Lauro , AuruncoUsi , Corigliano , Ce- schelo , Sanimartino , Sancarlo , Santamaria a Va-r lo^no , Fontana Radina , Ponte 3 Tauro , Anlpi . Ed è da notarsi , che in ciaschedun villaggio e l'a- ria la vestitura delle donne , le (f itali portano in testa una tovaglia differentemente piegata , ed or- nata di merletti pili o meno ricclji secondo la VU' ria condizione e fortuna . (2) Castanea vesca = ( 3o5 ) iierato , e poco soggetto ali*- dcLI'Ìp. II mcgplo è com- posto di trenta passi quadrati : ed ogni p;',st.i) è lungo sette )ialini e mezzo . All' infuori del Liri , che lo ba- gna dalla parte di Ponente non ha altri fiumi . Vi so- no però de' ruscelli , dd' quali quello , che corre per la valle di Sansevile , e che parte dal Monte Gaiiro , alle cui pendici giare Rocca Monfina , è il più ahLon- dante. Dopo aver questo ruscello animati varii niolini, va a perdersi nel Liri. Tutta la campagna non è che pochissimo abitata. Ciò sarà forse avvenuto dall' essere i suoi villaggi tra 'oro molto vicini : ma oltre ciò io penso , che nasca dalla poca sicurezza, che prima vi era abitandosi lon- tano dalla Città, e da' villaggi- e dall' aere , che nella state è pessima nella parte piana pe' piccoli stagni, che, come in tutto il littorale del Regno, esistono anche colà, e pel lago detto Pantano , che anticamente fu cono- sciuto sotto il nome di Paludi Mmturnesi , celebri *ina volta , perchè ivi si nascose Mario allorché fuggiva le crudi Uà di Siila. Quell'aria non solamente pregiu- dica la pianura , ma anche le colline, allorché i venti di mare strascinan seco loro qtiei miasmi . E non solo mancano le abitazioni campestri , i poderi non han chiusure affjtto , all' infuori di taluni posti a canto della via consolare , che hanno delle siepi di sambu- co (i) e di rovo (2) . 39 (i) Sambncus nì^ra. (2) Ruhiis fruticosiis . ( 3o6 ) Gli alberi sparsi per la campagna sono castagni, e guercie (i) . Nelle vallate incontransi de' pioppi (2) , e degli olmi (5) , dai quali i Sessani non raccolgono le foglia per nutrirne il bestiame, se non nel solo caso, che mancasse loro qualunque altro foraggio j ma non sanno conservarle nell' inverno . II cibo ordinario de' contadini , e delle contadine, le quali , all' infuori dell' arare, e del potare , sono im- piegate in tutte le altre faccende campestri , consiste in minestre di ortaglie , d' erbe selvatiche , e di civaje. Il pane che loro si dà è di bolu formentone , e quello di frumento è cattivo, né si dà vino, se non nel solo tempo della messe , epoca in cui il prezzo della gior- nata dai due ai tre carlini , che è 1' ordinario , aumen- ta sino a' cinque . La polenta , eh' è il cibo il più sa- no per la gente di campagna , non si conosce affatto . Gli strumenti rurali son molti, e ben lavorati , e si fabbricano in Sessa , ove se ne fa Io spaccio in ogni giovedì , giorno di mercato (4) ? al quale concorrono (1) Qiiercus racemosa . (2) Populiis tremula , alba , ecc. (3) L'imus campestris . (4) Tra gii .strumenti rurali, che Jin dalla più remota antichità si usano in Terra di Lavoro , ed in oltre Provincie del nostro Regno , merita di es- ser ricordato lo stranio, ossìa la tragula menzionata da Fanone , ddla quale ha parlato il Sig. Abbate (3o7) Ijoìl solo gli abitanti dei villaggi del Circondarlo y ma i Cittadini di Carinola , Teano , e Roccamonfìna , ed anche quei di Mola , e di Gaeta , che vanno a provve- dersi di vaccine . Ma , oltre del mercato , la piazza abbonda di carne eccellente , e di ogni sorta di com- mestibili , e si lia il piacere di avere dell' olUmo pe- 6ce , il qnale per la vicinanza del mare ordinariamente arriva due ore dopo pescato . Coltivazione . I terreni per lo più si coltivano a conto proprio. Si risano per le mezzadrie, volgarmente colonie, e gli affitti , che ordinariamente si stabiliscono in generi , e rinnovansi in ogni biennio . La coltivazione è alterna- iiva . Ogni podere , sia grande o piccolo , vien diviso Romanelli nella ^iin memoria , inserifa nel voi. V. delle Notizie interessanti V agricoltura , sulle due macchine usate dagli antichi per trebbiare il grano . Egli e questo , come sapete , un carro senza ruote, che serve per trasportare le gregne dal campo al- l' aja , ed i fasci del fieno dal prato al fenile . E Ja meraviglia , che potendolo egli vedere alV uscir da Napoli , non essendovi podere , ove non se ne fac- cia uso , ci mandi sino al Danubio per farcelo co- noscere . ( 3o8) in due partì . Nell'atto che una parte vien coltivata a frumento, o a biada , l'altra si suddivid..- in due mela, delle quali una si ara , e rimane a maggese sino alla novella semina , e 1' altra si coltiva a ci^aje , a for- mentone (i) , a lupini (2) , ed a prato , sotto il qnal nome s'intende la coltivazione del trifolitim sativiim(J>) di Cirillo , oppure a pascane , la qnal coltivazione consiste nel seminare rape (4) , lupini , e sorgo (S) che si dà a pascere al bestiame jjer tutto il mese di febbrajo , e quindi si zappa o si vanga , seppellendo r erbe rimaste . Passato 1' anno , la metà coltivata a frumento, o a biada vien destinata alle civaje, al for- mentone , ed a prato , e quella che ha dato il formen- tone ecc. riceve il frumento , o la biada . Sono stato assicurato , che la parte che più rende è sempre quella che restò a maggese *, e con ragione , poiché riceve cinque arature, ed una proporzionata quantità di leta- me , e perchè ordinariamente viene stabbiata : le quali (i) Zea mays. (2) Liipinus albns . (3) Di questo trifoglio ve ne sono due varietà . Uno vien detto tempestivo , che si falcia a tutt'' apri- le , et altro chiamasi verdosco che dura per tutto giugno . (4) Brassica rapa. (5) Holeus sorguin. ( 3o9 ) cose non si pralicano all' alua metà , a cui non si pre- mettono che due, o al più tre araluie , e non se le dà «litro ingrasso clie il soverscio . Il grano seminalo si copre con un erpice chiamato Abhatiello, eh' è assai più piccolo dell'ordinario, che chiamasi Mangano , il quale si usa dalla parte dove non vi si son denti per rompere le zolle delle arature, e dalla parte opposta per appianare 1' nltimo lavoro. Campo. Sotto questo nome non solamente s' intende dai Sessani un pezzo di terreno privo di alberi , ma qua- lunque altro , che si destina a cereali , ed a civaje , benché arborato. Il frumento si semina a getto in settembre senza dar veruna preparazione alle semenze. Si ha però cura di scegliere i grani migliori • e se ne sparge un tomo- lo , cioè circa cinquanta rotola per ogni moggio di terreno , qualunque sia la specie , o duro, o gentile : ma non si coltiva mai una specie sola . La semina si fa in confuso , sulla falsa credenza, che se una venisse a patire, rimaner possa illesa l'altra. Per questa mede- sima ragione mischiasi ai formenli anche la segale(])5 che non si coltiva mai a solo. Nato il frumento, in gennapb non si sarchia , ma (i) Secale cereale . ( 3io ) si ara , il che dicesi solcare : in marzo si zappetta ^ ed in maggio il campo si monda da tutte l'erbe spon- tanee, come papaveri (i) , felici (2), ed altre erbe parassite , ciò che si pratica svellendole colle mani. Oltre del frumento , si coltiva anche V orzo (5) , e la vena (4) nel modo istesso. Le fave (5) poi si se- minano in ottobre . Nate le piante , il terreno non si zappa , ma si ara , il che fatto lasciansi in loro baha , ed esposte alla voracità dell'erbe parassite sino alla raccolta. La specie, che si coltiva in preferenza, è la fava piccola , detta Java da cavalli . La specie delle grandi si coltiva soltanto negli orti , come i jùselli (6), poicliè usasi di mangiarle fresche , e non secche . I fagiuoli (7) , de' quali vi è una specie bianca piccolis- sima , ed eccellente al gusto , detta risiilo (8) , si col- tivano unitamente al formentone j non così le lenti (9), e le cicerchie (io) . Queste due specie si seminano a (i) Papaver Jìeas. (2) Pteris Aquiliiia. (3) Hordeum vulgare, (4) Avena saliva. (5) Vida f ab a. (6) Pisimi sativiiin. (7) Phaseolus ^ulgaì'is. (8) Phaseolus vulgaris albuS' (9) Erviun lens. (io) Lathirus sativus. (5ii) solo j e della prima ve a' è una varietà di forma pic- colissima, e quasi sferica, eccellentissima al gusto, che lingcsi di olio , onde preservarla dai gorgoglioni. Tanto i fagiuoli , quanto le lenti , e le cicerchie , si seminano in primavera, e raccolgonsi in estate. Una delle parti del campo viene occupata dal for- mentone , a cui si destina quella porzione , che restò a maggese , e si prepara , o col soverscio , o col pasca- ne . Il lino (i) anch' esso occupa costantemente una parte del campo . La specie che si coltiva è l' inver- nengo , e si fa macerare nelle acque stagnanti , ove si fa macerare anche la canapa (2) j la cui coltivazione per altro non si estende , che pel solo bisogno delle famiglie . La trebbiatura si esegue facendo camminar i bovi , e le giumente sopra le gregne . Pochi usano il coreggiato . È ben pochi sono i poderi , che hanno le aje lastricate . Caderebbe qui in acconcio , che dicessi qualche cosa delle macchine colle quali si dovrebbe far eseguire la trebbiatura j oggetto tanto importante, che ha meri- tato mai sempre 1' attenzione di tutti gli agronomi ed agricoltori, e di tutte le Società di Agricoltura dell'Eu- ropa : ma io mi riserbo di farvcne parola un' altra volta . Intanto avendo lo stesso Sig. Abbate Roma- (i) Linum usitatìssìmum, (2) Canabis saliva. < 5i2 ) nelli , nella prelodata memoria sulle due macchln© • usate dagli antichi per trebbiare il grano ecc. , voluto investigare quale poteva essere // tribolo , e quale il jifostello punico, di cui parla Varrone, dandone anche i disegni, non posso far a meno di ricordarvi, che nelle nostre proviucie di Bari, e di Lecce si usa un tribolo assai preferibile a quello descritto da questo Patriarca dell'Agricoltura Romana, poiché non consiste in un pezzo di legno ornato di ferri , o di pietre , ma in un pezzo di travertino , chiamato pesara , o di altra pie- tra calcarea , lungo palmi tre , e largo da uno a due palmi , il quale vien tirato da un pajo di bovi guidati da un uomo , che molte volte si tiene in piedi sul sasso , onde renderlo più pesante . Se in vece di un sasso solo , se ne usassero due , come io aveva proposto nelle mie Istituzioni Agrarie , stampate in Roma nel 1791 ,. e poi in Milano nel 180T , oppure se questo sasso si facesse strascinare da un carro le cui ruote fossero dentate , voi vedete bene , che si avrebbe una macchina assai migliore del plostello punico imma- ginato dal signor Abbate Romanelli. Concimazione , ed Ingrassi. La concimazione non si conosce affatto, e neanche la marnazione. Degl' ingrassi , oltre del soverscio , di cui ho già parlato , si usa il letame , e lo stabbio . Il letame formasi di qualunque materia , non escluso il fimo de' majali : ma si fa maturare a cielo aperto , e (3i3) si adopera non bene scusso . Il suo prezzo ordinario è di due carlini al carro . Le fecce umane all' incotro si pagano di più ; si fanno bene stagionare , e si ado- perano soltanto negli orti. Prati . Se non si usasse il così detto Pascane , eh' è un prato annuale , non si conoscerebbero i prati artificiali il quale , come dissi , fa parte della rotazione j non vi è perciò proporzione veruna tra i prati ed i seminati , pon destinandosi i pasconi , ch$ al solo nutrimento de- gli animali addetti al lavoro. Le mandre si nutriscono ne' boschi , e ne' pascoli naturali , ove abbondano varie specie di trifogli , e particolarmente il rosso (i) , ed \\ bianco (2) . Orti , e Giardini. Gli orti fan parte de' giardini j son tutti all' in- torno della Città ; e sono cosi abbondanti in ogni sorta 4^ eccellenti ortaglie, che da Sessa vengono provveduti tutt' i villaggi vicini . Eccellenti sono anche i frutti . Gli strumenti degli ortolani consistono in due zappe 4ella medesima forma , una grande ed una piccola , e di un piantatore. _± (i) Trifolium incarnatum. (3) Trifolium repens. ( 3i4 ) Ulivi . Gli ulivi (i) si moltiplicano piantando in aprile , e maggio le talee , colà dette piantoni , che sono i rami giovani del diametro di un quarto di palmo, ed alti da otto in dieci palmi. Prima di piantarli non si scorzano , ma si denudano dell' epidermide , per uà palmo e più dalla parte che andar deve sotterra , e pongonsi ciascuno in una fossa , preparata due mesi prima , profonda palmi cinque , e larga quattro , op- pure si fa un fossato lungo quanto il podere , ove di- spongonsi alla distanza di 24 sino a 28 palmi. I pian- tati nelle fosse non hanno verua ordine. Benché gli uliveti occupino per Ja maggior parte le colline , pur non di manco vi si praticano tutte le coltivazioni , come n^i campi in piano ^ cosicché le arature , e gl'ingrassi servono più pe' cereali, e per le civaje , che per gli ulivi , ai quali non si usa veruna attenzione. Evvi però qualcheduno che ingrassa i suoi ulivi, scalzando gli alberi, e ponendo il letame intorno al pedale . E non ostante che dalla metà de.llo scorso secolo si sia introdotta la potatura , che prima noa conoscevasi affatto , questa é così mal regolata , e mal diretta , che lasciansi andar in alto gli alberi a lora voglia . (1) Olea Europaea . (5.5) "Le varietà che si coltivano sono quattro , dette Gaetana , Cicinella , Olivella ed Olivastra . Evvi anche qualche albero di ulivo di Spagna . Quella che dà il miglior olio, ed in maggior quantità, è \a. Cici- nella. L' olio è eccellente ^ ma lo sarebbe in superior grado , poiché non è grasso , se le olive si raccoglies- sero a tutto dicembre , e non si aspettasse che cades- sero da loro stesse, e se non si bacchiassero gli alberi, allora quando non cadano , come succede nelle inver- nate fredtle ; se si usasse la nettezza negli utensili , lavandoli con ranni e liscive ^ e se prima ili macinarle non si tenessero per quaranta giorni in serbo in tante vasche , dette Rine , per riscaldarle . Ogni vasca ne contiene da' quaranta ai cinquanta tomoli. Macinate le olive , pongousi nelle gabbie , che si sottopongono non già al torchio , ma ai pendoloni (i). Gli olii per altro si conservano bene , poiché ripongonsi in vasi ,di terra cotta verniciata . J^iti , e Vino . La vigna si porta, attaccando ogni vite ad un olmo, e legandole una all' altra in modo che formino tanti festoni , lo che dicesi Arbusto , colla qual voce espri- (i) Evvi però quahheduno che usa il torchio . Ne vidi uno assai ben fatto nella Masseria del Signor Paolo de Ruosi di Casale. mevansi anche gli antichi ; ed occupano le colline , Havvene anche nelle pianure , ma in poca quantità . La loro moltiplicazione si ottiene per mezzo dei ma- gliuoli , e delle barbatelle , mettendo i primi in genna- jo , e le seconde in aprile j o in fossi lunghi quanto il podere , profondi quattro palmi , e larghi due , op- pure in tante fossatelle preparate due mesi prima , lar- ghe, e profonde quattro palmi. Così piantate , si fanno crescere da dieci in dodici palmi ^ e giunte a quest'al- tezza non si ha veruna cura per la coltivazione annuale successiva , all' infuori della potatura , che ha luogo in gennajo , e della mondatura, che si pratica in giugno. Le arature , e gli altri lavori servono più pe' cereali , e per le civaje , che vi si seminano , che per le viti. I vitigni, che si coltivano sono al numero di tren- ta , venti di specie bianca , e dieci di specie nera , e ciascuno ha de' nomi arbitrarli . Le migliori uve pel vino sono le nere ; ma per la maggior quantità delle bianche , i vini son quasi tutti scolorili , ed ordinaria- mente non buoni , sì perchè non si ha l' uso dello spampanare , per lo che le uve non sempre arrivano alla perfetta maturità , come anche perchè non si usa veruna attenzione nella loro fabbricazione . Ecco il modo che si pratica ; Vendemmiate le uve sul finir di settembre ^ nulla badandosi se sieno , o no interamente mature , si por- tano nelle vasche , o nei tini , che preparansi nella vigna medesima , ove pigiansi . Il mosto che ne cola si pone negli otri , e trasportasi in Città , ove si passa (3i7) im mediatamente nelle botti , che chlamansl fusti . Le cantine sono per lo più umide , e poco ventilate . La grassa si stringe per mezzo dei pendoloni, ed il mosto che ne cola si mischia col primo , che colò dopo la pigiatura. Evvi però qualcheduno , tra i quali il Signor Struftì , che usa lo strettojo , e che fa fermentare il mosto unitamente alla grassa (i) : ma per adattarsi al gusto del paese , che preferisce i vini bianchi e dolci ai rossi ed asciutti , non fa egli terminare la fer- mentazione ^ per ciò la parte zuccherosa non tutta si decompone , ed il vino uun acquista tutto il colore . Durante la fermentazione , e per lutto gcnnajo , epoca della tramuta , si ha cura di tener sempre piene le botti. Fatta la tramuta nulla importa il sopraempirle , poiché il vino non ne soffre , e si può impunemente tener le botti semipieue y purché se ne tiri vino ogni giorno. Le botti son di castagno cerchiate di ferro, ed hanno ciascuna il suo portello corrispondente. E chiaro che vini in tal guisa fabbricati , e tenuti in cantine umide, e poco ventilate, non possono aver lunga du- rala 5 cosicché i Sessani sono obbligati di vendere i loro vini in primavera , e provvedersi di vini straniar per la state, e per l'autunno. (i) La cantina del Signor Stniffi. occupa una parte delle antiche Terme , in cui tuttavia vengonsi i residui delle vasche e de' condotti per dove cor- reva /' acqua. (3i8) Boschi. I boschi occupano una porzione della pianura dalla parte del mare, e del Pantano , e tutta la falda del Monte Massico da Cascano sino al mare. Gli alberi dominanti sono le querce (i) colle cui ghiande ingras- sansi i majali. Il terreno de' boschi è destinato , come tutti gli altri del Regno , al pascolo delle vacche. Vi sono anche delle selve cedue castagnai! , che tagliansi regolarmente ogni s4 auui , Risaje . Fortunatamente non esistono risaje , che In po- ca quantità nei villaggi di Corigliano , e Bancario : le quali si coltivano nel modo stesso , che praticavasi in Salerno , vale a dire , che essendo artificiali , e noa naturali , 1' acqua non si dà , né si può togliere se?» condo il bisogno , come si fa in Lombardia. Animali . Tanto i bovi , quanto le vacche hanno quel pela- me bianco detto marino . I bovi allevansi pe' lavori , e nutrisconsi a stalla con fieno o paglia, né si dà loro (i) Quercus racemosa , et robur. biada. Le vacche poi allevansi per averne la prole, e'I latto , da cui fabbricasi il caciocavallo , e nutrisconsi ftei boschi , ove vivono all' aperto tanto di giorno quan- to di notte. Lo stesso si fa per le bufale , col cui latte si fabbricano le provature , o siano le provole , e mo:i- sarelle. Vi sono anche delle razze di cavalli , ma ben po- che , e di qualità mediocre . Pochi sono anche i muli . Non cosi gli asini , che sono abbondantissimi. In man- canza di questi nnimali i Sessani Hou potrebbero senza grandissima spesa far la vendemmia , e la raccolta delle olive , essendo gli asini gli animali i più opportuni al trasporto del mosto , e delle olive dalla campagna alla Città , ove , come dissi , esistono i trappeti , e le can- tine . I majall sono della specie di quelli senza peli . Nutrisconsi in campagna sino all'epoca dell'ingrasso, a quale oggetto si dà loro ghiande , oppure castagne , e formentone . Oltre 1' uso della carne , che si mangia fresca da ottobre a tutto il Carnevale , si fabbricano degli eccellenti prcsciuttl , ed altri salami. Le pecore sono di razza gentile , e la lana sareb- be ottima, se nell'inverno si facessero pernottare negli ovili , invece di tenerle a stabbiare chiuse ntU' agghiac- cio. Fatta la tosatura in maosio si mandano alla mon- 'bb' lagna . Le capre sono anch' esse di buona razza , e cosi feconde che ordinariamente danno due figli ad un par- lo . Tengonsi la notte nelle stalle , mandauJole nel ( 520 ) giorno alla campagna , ove arrecano de' non pic- cioli guasti . Il latte tanto delle pecore , quanto delle capre serve per farne cacio , il quale sarebbe eccellen- te se fosse meno salato (i) . Filugelli non se ne allevano affatto . Non così le api che custodisconsi in arnie di pietre , o in tronchi di alberi . Ho visto però qualche arnia di tavole . Il miele sarebbe ottimo , se le arnie si smelassero : ma per disgrazia della buona economìa in Sessa le api si am-i mazzano per ricavarne il miele . Conchiusione . Da tutto ciò che ho avuto 1' onore di rappresentar-i vi, illustri Colleghi, è facilissimo lo scorgere, che non vi ha parte della rurale economìa , che in Sessa , e nel suo Circondario ( e potrei dir lo stesso de' Circondarli di Teano , Carinola , Traetto , ed altri di Terra di La- voro ) , non abbia difetti , e che , questi corretti , ot- terrebbesi in quei luoghi un vantaggio notabilissimo ; (i) Se questo formaggio fosse ben fabbricato ^ potrebbe riavere quel posto ^ che ottenne nelV antichi- tà y per cui fu ricordato da Plinio nel cap. 42 del lib. XI. sotto il nome di Cacio cedizio , poiché fabbri- catasi , al riferir del Signor Dacier , nel campa Cedizio nelle vicinanze di Sinuessa , oggi Mondra^ gone. (321 ) vantaggio che sarebbe poi di gran lunga maggiore , se vi si accoppiasse la premura di trar profitto da tanti oggetti , che ora si trascurano , e se s' introducessero e nuove pratiche , e novelle coltivazioni. Io non man- cai nella mia dimora colà di far toccar con mano a coloro , che ebbi occasione di conoscere , qual bene ri- caverebbero , se si applicassero a migliorare la loro agri- coltura . Diedi anche loro i miei libri . Ma cosa può far la voce di nn ^n\o ? Il hene generale agronomico della nostra Nazione non si può ottenere che da que- sto lieal Istituto , come quello da cui diramar debbonsi i lumi necessari! in tutto il Regno , e da cui dipen- dono le Società Economiche , che il Governo con tan- ta saviezza ha già stabilite in ogni Provincia . Rivolgete perciò , illustri Colleghi , le vostre cure su ciò: ma prima di tutto vi sia a cuore l'introduzio- ne dei prati artificiali irrigui • Favoriteli , per quanto è a voi. Sollecitatene lo stabilimento : poiché solamen- te da questi si potrà ottenere 1' aumento del bestiame bovino , che già comincia a mancare j e si potranno rendere utili quelle acque, che in Terra di Lavoro pro- ducono r aria lual^aiia ^ cosicché inutili e sterili , o semplicemente destinate alla pastorizia errante , giac- ciono migliaja di moggia di terreni , che potrebbero restituirsi all' agricoltura . 4» ( 322 ) Estratto di alcune notizie de' velenosi effetti , che sulle pecore bianche produce la pianta del Fumalo ( Hypericum Grispum L. ) D> 'a molto tempo è noto ai pastori dì pecore della Provincia di Lecce nel Regno di Napoli , che le pe- core bianche , a causa del fumolo , andavano a peri- re . Anche il Professor D. Domenico Cirillo fin dal 1787 avea annunziata questa verità, allorché nel II. Vo- lume della sua Opera che ha per titolo : Fundamenta Botanicce pag- i35 ci lasciò scritto qnaniu siegue — Hypericnni Crispum : Frcesentaneuin ovium albarum venenum j ideo omnes quce modo in agro Tarentino aluntur nigrcB sunt : nec lana inter reliquas emi- net , uti tempore Romanorum . Portasse tunc pianta hcec rarior . Boves contra Hypericum crispum co~ medunt sine ulla nota : verum si dum hoec herba vescentur , lingua partem aliquam proprii corporis lambendo humectant cutis statim depilatur . p^ulgo ab incolis appellatur Fumulo . Crescit quoque in SicilicB campis . Il Sig. Manni di Lecce , Socio corrispondente di questo Real Istituto , ci ha dato un qualche dettaglio degli effetti del fumolo. Il nostro fumolo, egli dice, » ( Hjpericuni Crispum L. ) verso la line di Aprile ( 323 ) M incomincia a danneggiare le pecore bianche. La ra at- 7) tina, menate che sono al pascolo , mentre si cibano , M delle aUre erbe , toccando con le labbra e colla iac- j> eia la pianta del futnolo aspersa di brina, all'istan- w te il mento e le labbra si trovano investite di un 3> certo umore . Esse probabilmente incominciano a ì) soffrire una sensazione molesta, cercano a tutta pos- w sa di liberarsene , stropicciandosi le labbra ed il w mento per varitì parti del corpo . In tal modo spar- j> gono il veleno in diversi luoghi della macchina j e » con maggior prontezza , se pochi giorni prima loro » si fosse tosata la lana . Incominciasi a tumefare la 3) faccia , si dipela , addiviene ancor erpetica ogni j> parte del corpo, ove colle labbra si è portato il ve- » leno . Si manifesta un mal essere generale . Alle vol- M te perdono la facoltà di vedere : non pascolano ■« La jj maggior parte- in mezzo a delle convulsioni ne muo- j> re tra lo spazio di due settimane j altre poi , me nan- » do una vita meschina , seguitano a vivere per più j> mesi , precipitando sempre in salute e finalmente 3> ne muojono . jj E costante l'osservazione, che il veleno del fu- « mulo offenda espressamente le pecore bianche men- ji tre le nere non ne soffrono alcun danno . Anche il Socio corrispondente , Sig. Marinosci di Martina , ci ha forniti di alcune notizie sulP argomen-. te in quistione . Egli ben' anche riguarda /' hyperi- 5j cuTn crispum come un veleno particolare alle peco- >» re bianche senza alcuna macchia di nero sulla la- ( 224 ) V na j e che gli effetti di questo veleno si estendono » ancora alle carfagne , ed alle ruvide e bastarde : Inasta j:) che bianche del tutto sieuo , e senza la più piccola ìi orma di nerezza. Bisogna avvertire però che queste ij ultime ne sono meno affette delle altre . Del resto >j non è più da cFedersi ciò che il Cirillo , V Onora- li ti , ed altri hanno scritto essere l' ipperico nocivo 3j alle sole pecore gentili . In fatti benché queste sie- w no affette molto più delle altre , e quasi sempre mor- 3J talmente , alle bianche in generale è pregiudizievole jj questo veleno . Nella sezione delle pecore morte per w gli effetti dell' ipperico altro non si trova di preter- w naturale , al dir de' pastori , che un diseccamento }3 nelle viscere del basso ventre , un dissesto nel cer- 3ì vello per la consistenza , e nel fegato uu impetri- tì mento , o sia un indurimento notabile . I fiori dell' ipperico danno un tanfo di teribinto ed un' odore insoffribile . Pare che la materia venefica contenuta ne' fiori di questa pianta abbia bisogno di essere sciolta dalla brina per potersi insinuare nella superficie esterna del mento, e delle labbra. II veleno del fumolo manifesta la sua attività im- mediata ne' siti che trova più umidi , come sono cer- tamente le labbra , e la bocca , ma poi rimanendo as- sorbito nel resto della costituzione animale , per invi- luppare quegli altri sintomi , che nascono dalla di lui azione mediata , al riferir del Sig. Manni . Se gli accorti possidenti delle mandre arrivano a conoscere che le pecore sono colpite dalla velenosa ( 325 ) azione del fumolo , immccliatamcntc lavano loro la faccia , perchè più olire non passi il veleno . L' hypericuin crispimi non è funesto in tulli i luoghi , ina lo è solo ne' campi bassi ed umidi . Ed in vero i campi di tal indole danno quasi sempre pa- scoli pericolosi . Non sarà discaro di riportare l' opinione del Sig. Manni riguardo all' attività di questo veleno soltanto per le pecore hianrhe « Pare corso ordinario della na- w tura imporre un carettere di robustezza in quegli >j animali il di cui pelo , o abito lanifero possiede ■>:> tinte oscure o nere . In ogni trailo si possono rile- vi vare argomenti distinti per illustrare questa verità , w Gittando l' occhio sulle pecore e bianche , e nere M abbiamo nel confronto la differenza effettiva della 3j robustezza delle nere , la copia maggiore di latte ^ 51 che rendono , e lo andare meno soggette a delle 5j malattie ^ e si parli solo della natura della di lor « lana . La finezza della lana , che le nere hanno è jj di gran lunga superiore a quelle delle bianche . Non 55 dipende questa proprietà della maggiore , o minore >} doppiezza del vello ^ giacché tante volte i velli sot- w tili sono pili rigidi de' grossi . Io fo derivare la sua »} pieghevole morbidezza dalla robustezza della vita w dell' animale . Tutto è perfezione dove la vita è sa- » na , e se in concorso le pecore di color diverso go- « dono ugual salute , le nere hanno prodotti migliori M per intrinseca posizione . Siami permesso registrare » un pensiere suU' antica bontà , e perfezione delle ( 326 ) » nostre lane Tarantine cotanto rinomate . I pascoli ì) abbondanti , clie le natura lor prestava , e che oggi » r industria , coltivando , ha tolti , è il primo passo, » che si oppone alla natura della buona lana delle w attuali nostre mandre . Passo sotto silenzio le altre » cure che ne prendeano nel difenderle dalla intem- » perle dell' aria , coprendole il corpo ^ ancora pre- >j parandoli ottimi ovili ec. I cavalli bianchi sono w molto deboli a confronto de' morelli , e dei baj ec. j> Il toro dal momento che resta mutilato , perde di M forza e di ferocia , ed il suo manto dal nero passa » al bianco. L'uomo medesimo col passare l'infanzia, » e la pubertà perde il bianco del crine ed acquista » nella sua verilità le graduazioni delle tinte oscure , » giacché nella vecchiezza passa alla ranizit; assoluta . 3j Questi fatti mi portano a stabilire nelle pecore bian- » che uno stato di certa debolezza in confronto delle » nere : stato che le dispone alla suscettibilità della » malattia mortale , che vanno a soffrire dall' azione » venefica dell' Hypericum Crispum . Tutti gli esseri » deboli sono di fatti soggetti a risentire gli urti delle » potenze nocive più prontamente de' robusti e validi. Ecco un fatto , alla di cui illustrazione sarebbe necessario, che a bella posta alcune pecore bianche in diversi tempi si facessero pascolare ne' diversi siti do- ve r ipperico rincontrasi . In tal modo si potrebbero meglio stabilire i seguenti articoli . I. Se la pianta sia nociva in tutte le ore del gior- no , ed in quali stagioni . (327) II. Se realmente i fiori contengano la materia ve- lenosa. III. Se lo sia in tutte le contrade. IV. Esaminare con attenzione l'indole dell' e/yjcf e , da cui sorge 1' alopecia . L' esame di tali articoli ci menerà a conoscere con maggior precisione la natura , e gli effetti di sif- fatto veleno. E benché dalle nostre Società agrarie provinciali se ne attendano più sperimentali cognizio- ni , si è creduto non ostante di renderne pubblica la notizia , acciocché ognuno possa intanto a sua posta occuparsene per darne quindi un più determinato rag- guaglio . (328) Descrizione , f^ uso di un naoco apparecchio per le dislillazioni composte . Memoria dA Signor D. Benedetto Fulpes FiceSegret mio perpetuo . Lietta naif Adunanza de' zS JSuvembre iBi5. I.Uno degli appareccìii , mercè di cui l' indusire Chimico viene a raccogliere esatiainente i risnUali dell'a- nalisi eseguita colla forza ripulsiva del calorico , egli è appunto 1' apparecchio di Wonlf . E' troppo noto ai cultori della scienza , perchè io ne faccia qui una mi- nuta descrizione j eri è continuamente adoperato per avere diverse preparazioni necessarie alla medicina ed in varie arti , perchè io ne dimostri i comodi ed i vantaggi. Infatti nelle distillazioni composte, e pneu- mato-chimiche , oltre a' risultali solidi e liquidi, si ot- tengono anche i fluidi , e di questi tanto i gas misci- bili coir acqua , co' liquori acidi , od alcalini j quanto gli altri gas, che non possono mescolarsi co' mentovati liquidi , e quindi raccolgonsi nell' apparito pneumato- chimico . II. ITales , Rouelle , Woulf, Lavoisier, Hassen- fratz , ed altri celebri Chimici si sono impegnati suc- cessivamente a rettificare , ed a perfezionar siffatta in- venzione . Bisogna confessare però , che la mohlplici- tà delle giunture de' vasi , obbligando il Chimico spe-? (329) rìmentatore a lutarle tnlte esaltamente , ed oblilifjaii- dolo altresì ad aspettare che i luti sieno asciulli , vita a formare nn' iml)arazzo , e rende l' operazione non molto facile e pronta ad eseguirsi . III. Queste riflessioni non isfnggirono all' accorto penetrante genio dell' immortale Lavoisier . Di fat- ti parlando de' luti così egli scrisse : Si farebbe un gran vantaggio ai Chimici , e soprattutto ai Chi- mici /iiieiimatici, di metterli in istato di potersi di- spensare (lei luti , o almeno di diminuirne cunsidc- rubiìmente il ninnerò . A tal fine nelle distillazioni composte propose una bottiglia a due colli in modo che tra loro si formasse nelV interno un profondo canaletto destinato a ricevere il mercurio , e in que- sto canaletto si accomadasse un coperchio di vetro. L' avveduto Chimico però in ultimo conchiuse : Un, apparato d\ rpiesta specie sarà comodissimo in un gran numero d' esperienze j ma non si potrà mette- re in uso , che nelle distillazioni di materie^ le quali non hanno azione sopra il mercurio (i) . IV. Mentre questo primo progetio dell' illustre La- voisier meritava di essere portato innanzi col rendere queir apparecchio più perfetto, e coli' estendere l'uso, egli stesso seguitò a servirsi dell' apparato di Woulf . Rè i Chimici , che in tutto il resto hanno seguite le 42 (1) Lavoisier , Elementi di Chimica , Parte IH. Cap. TI, §. /. (33o) orme luminose di questo giaiide sperìmfntaìore , Ino- lio poi pensalo a perfe/iiuiiare , ed a uietture iii o^jara quel!' appaialo tla lui pioposlo. V. Il Sii^nor Welter volend) di;ninuire il nir.ne- ro delle giunture de' vasi , elio luta:' si d!-;iii»j(ir> rveli'''ip- piuocchio di WoulC, iiU nuj-i io i suoi tubi dt coia«- nicazione , e nel teni,) ) sie->so di sicur'iz.i , delti co- inunemente tnln alla fVclicr . Questi però, rne.iire Hon sono tanto facili a coslruiisi , diininuiscono , ma Bon tolgono iuleramente il bisogno di dover lutare tutte le giunture de' vasi ^ VI. Penetrato io dalle difficoltà, e dSlla perdila di lenijio , nel servirmi et nlinnamente dell' usato ap- parecchio di VVoulf ne' miei cor-^i di Chimica speri- njeulaie, destinati all' istruzione della giovenlù, che fre- quenta il mio studio j)rivalo di Medicina , andava escogitando un apparecchio j)iù semplice , p ù ficile e più ^p^■dito . Aveva sempre presente al mio spirito quel- la lìottiglia a due colli proposta d I sagace Lavoisier- Ma ij doversi necessariamente adoperare il mercurio j la dillìcile costruzione di s. (falla boltiulia nelle nostre velraje , quel profondo cariale , che per quanto si fos-e profondo , non lo era giammai aiibastanz.i j in fi- re l'esser mollo rislretto 1' uso dell' appai ecohio di cui parlo;, tulle queste riflessioni m'impegnarono a com- binar diversamente le cose . Comunicai un mio primo pensiero all' intimo mio amico D. Raff;iele Polizzy » Commissario delle polveri e de' Salnitri , giovane che alle cognizioni di Chieiica accoppia una pronta e dot- (33.) ta mrccanica . Ci uniiiitiio a far continue sperienze nel mio laboratorio di Chimica , e siamo j^imai fiiial- inente a costruire un apparecchio per le di.\lillaz/o- ni pneumnto-ch'lniche , il ({iialc può sostituirsi con vantagr^io all'apparalo di WoulCj e di cui vengo a presentarvi , dottissimi Colleglli , la descrizione noa solo , ma il vero tipo . In tal modo avrò il vantaggio di ricevere dai vostri suolimi talenti molti lumi riguar- do ad un apparato tanto utile nella Cl-.imlca analitica. VII. L' apparecchio , ( Ajjparecchio I. ) oltre alla storta col recipiente tubolato , o pure al matraccio , secondo le diverse sostanze poste a distillare , cor)siste in varie combinazioni di una bottiglia semplice dentro due bicchieri di diverso diametro. Questi poi hanno i corrispondenti tubi di comunicazione e di sicurezza ; in modo che ciascuna di esse così combinata coi due bicchieri corrisponde ad una bottiglia di VVouir(i) . Vili. La diversità de' diametri della bottiglia e de'due bicchieri di ciascuna combinazione è tale, che, posto r uno dentro agli altri , tra essi rimane uno spa- zio libero al passaggio de' tubi di comunicazione e di sicurezza . IX. 11 bicchiere esterno , a cui daremo il nome di vasca (2) contiene nel suo mezzo una bottiglia sem- (1) In vece della bottiglia potrebbe adoperarsi benanche un bicchiere . (2) Questa vasca nella parte inferiort tiene un (532) plirp (Fig T.) clie chlaineremo recìpii^nte , perchè (ìc- stiu.tla a ricevere quell'acqua che si vuol s;itiirnre del- la base di un dato gas . INeilo spazio , che lasciano tra loro la bottiglia e la vasca, si ver^a una deie: mi- nata quantità dì acqua per separare V i.'itcrna capacità della bottglia dell' aria atmosferica esteriore , mercè l'al- tro bitchiere , che vi s'immerge capovolto. Questo bic- chiere (Figi. HI.) che sarà detto il separatore, col suo margine appcgolasi sul l'ondo della vasca . Ed è perciò, che siffatto margine deve avcie tre incavi ben grandi B, M , E, per dar passaggio alle cnrva'ure de' due tubi di comunicazione, e di quello di sicurezza. Es- so deve sovrastare almeno per due dita traverse alla gola del recipiente, per lasciare un libero spazio a' tu- bi che si appoggiano su di essa (S) . X. I tubi di comunicazione (Fig. II.) sono di- sposti in varie corvature a zigzag . Ognuno di essi , con un' estremità A partendo dalla gola del recipien- te , discende per 1' acqua contenuta tra il recipiente e la vasca . Quindi si curva in b , passa sotto il par- ticolar incavo dell' orlo del separatore capovolto ,- e foro ed un tubo, il r/itnle si chiude e si apre a pia- cere per dar uscita all' ac(pia in essa contenuta , quando la bisogna il richiede . (3) // separatore , e V acqua in quest' apparec- chio fanno ciò che si debbe al luto nell' apparato di TFoulf. ( 333 ) risalendo al di sopra del mnrgine superiore della va- sca in e va sino a quella dell'altra succ(;sslva in e^ia seguilo giunge sino al di lei fondo , e curvandosi ine, passa sotto all' incavo del margine del separatore ca- povolto . t inalmènle risale all' orlo del reci|)iente in ft;, e s'immerge coli' altra estremità h sino al fondo dell* acqua contenuta nel recipiente medesimo . XI. Dai!' ultimo recipiente parte un t.d)o conve- nevolmente curvalo [ler aiulire ad immerg'rsi nell' ap- parato pneumatico-chimico. XII. Dai recipienti s'innalzano benanche i tubi di sicurezza. Onesti sono diversi da quei dell' ap]);i- recchio di Woulf. Ciascuno ( Fig. IV. ) è formalo da un tubo a due rami aperti ne' loro estremi a, f. Il ramo più lungo AM trovasi esposto all'atmosfera, di fianco alla faccia esterna del separatore , mentre il ramo più corto CDEF alquanto curvo nella sua e- stremit.à va ad appoggiarsi su la gola del recipiente . Una piccola goccia di acqua , che discenda vertical- mente sino alla curvatura B C , impedisce che il gas del recipiente vada a disperdersi nell' atmosfera . Nel caso poi dì assorbimento , la preponderante pressione dell'atnjosfera meilesima, facendo entrare nel recipiente la piccola goccia di acqua, va a ripianare il voto. Allora è , che lo sperimentatore vi ripone un' altra goccia di acqua , per impedire in seguito 1' uscita del gas . Questi tubi di sicurezza , così da me inventati , si possono in qualche modo sostituire ai dispendiosi e complicati tubi di Welter . La curvatura de' njiei fa (334) le veri iloHa pallina de' Uibi del Signor Weller. XIII. Neil' adoperare qnt'St' apparecchio , se fa^si uso dui malracclo , si può risparmiare benanche di lu- tar la Locca del medesimo j purché intorno al collo dui nintiaccio ( Apjjart-ccliio I.) si adatti un largo tu- Lo A B G D, (i) il quale sia !unt;o in modo da poter contener una ben alta colonna di acqua (a). Nel col- (i) Si scelga un tubo aperto nelle sue estremi^ tà 5 una di queste dalla parie esterna , con luto di albumine d.' uovo e di calce si attacchi alla base del collo del matraccio j e poi questa giuntura si copra col luto di argilla , con cui si è loricato lo stesso matraccio nella parte esterna •, finalmente si ponga un poco di luto grasso circolarmente alla giuntura medesima . (2) Questa colonna deve accrescersi di altez- za , allorché nel tubo , che apre la comunicazione tra il matraccio , ed il primo recipiente , i vapori provvenienti da quello si convertono in gocce d'ac- qua . Queste gocce appunto fanno tale resistenza al gas , eh' esso potrebbe vincere la pressione della co- lonna di acqua contenuta nel largo tubo, e quindi disperdersi nelV atmosjera . ColV accrescer dunque la colonna di acqua si aumenta la pressione j ed in conseguenza il gas , non potendo scappare per questa strada, vince la resistenza delle gocce, e V a finalmente a gorgogliare nel recipiente . ( 33'! ) Io del matraccio sieno due incavi • uno per contpnnre la curvaliiia d<'l luho A destinato a versar qnaiclie li- quido :, ed un alno per abbracciare la curvatura del tubo, che fa comunicare il matraccio col resto dell'ap- parecchio. Si prenda un altro tubo cilindrico (KMON) chiuso in un estremo E \I , ed aperto nelTiiltro N O, il cui diametro trasversale sia medio tra quello del col- lo del matraccio ed il Uiho grande. Un tale tubo ci- lindrico si dovrà porre capo\olto , appoggiandolo col suo fondo E M sulla bocca del matraccio, senza pre- mere le corvature de' tubi . Col suo margine aperto arriverà sino alla parte inferiore del collo del matrac- cio, laiciando libero il passaggio alle corvature de' tu- bi, le quali debbono trovarsi al più basso che sia pos- sibile . E così viene a risparmiarsi di lutar la bocca del matraccio, come si è detto . XIV. Se poi si fa uso della storta col recipiente tubolato , allora non può farsi a meno di lutare le giunture del collo della storta con quella del recipien- te . Ma nella tubolatura di questo si adopera lo stesso meccanismo , the si è fatto per la bocca del matraccio . XV. Descritte così isolatain>Mite le parti dell' ap- parecchio , andiamo ora ad indicarne l' uso . S' inco- mincia dal situare a fianco del matraccio le vasche , successivamente le une dopo le altre in fila . Al di dentro di ciascuna vasca si pongdno i ree pienti , in modo che sieno equidistanti d.tlle pareti interne di quelle . In questi recipienti , per mela della loro capa- cità , si pone quel liquido che si vuol saturare della (336) base de' gas provvenicnli dal matraccio. TI solo primo recipiente resta \ oto . Quindi si situano i tubi di co- inunicazione , e quei di sicurezza. Fatto ciò, si pone dell'acqua nel tubo grande che circonda il matraccio. L'altezza di questa colonna di acqua dev' essere ugua- le alla somma delle immersioni de' tubi succesivi en- tro i liquori de' recipienti . Si mette benanche dell' ac- qua nelle vasche , fino a quell'altezza che giunga a co- prire gì' incavi fatti nei margini de' recipienti capovolti . Allora sul collo del mairaccio sì pone quel tubo me- dio capovolto , di cui si è parlato nel §. IX. Dopo- ché è terminalo il gorgoglio dell' aria nel recipiente della prima combinazione , si pone anche su di que- sto il separatore capovolto j e così successivamente gli altri . XVI. Quando non si vogliano adoperare tante va- sche quanto sono le bottiglie , si i)uò far uso di una sola vasca grande quadrangolare A B C D . ( Apparec- chio II.), capace di contenere un dato numero di bottiglie , o bicchieri , coi corrispondenti separatori . Questa vasca potrebbe avere il suo fondo di legno ben inverniciato , e gli altri quattro piani laterali potreb- bero essere di cristallo sostenuti negli angoli da quat- tro colonnette anche di legno . Nei vani A,B, C, D, ( Pianta dell' apparecchio li.) che restano tra i separatori e le pareti della vasca , si pongono i tubi di comunicazione e quei di sicurezza^ per cui i piani inferiori di detti vani debbono essere alquanto più incavati di quel sito del fondo della va- (337) sca su cui appoggiansi le bottiglie , ed i separatori . XVII. Eseguendosi un'operazione con questi ap- parecchi ^ se mai si vede, che l'elasticità del gas in- .ualzi il separatore capovojto , subito sul fondo di cjueslo si mette un peso . Se per la stessa elasticità del gas si ai)bassi di molto l' acqua contenuta tra il recipiente e il separatore , si pone altr' acqua nella vasca , per accrescere la pressione e così impedire l'u- scita del gas . XVIII. Quest'acqua contenuta nella vasca , o tro- vandosi a contatto del gas che si ottiene dalla distil- lazione , ne riceve una porzione. Per non perdersi po- trebbe servire per le successive operazioni , rimetten- dosi nei recipienti, onde renderla perfettamente satura- ta. Potrebbe benanche contenere qualche acido , o al- cali , poiché si combinasse subilo alla base del gas . Cosi a modo d'esempio, prejìarandusi l'acido muria- tico , 1' acqua della vasca potrebbe contener la calce per formare ni) muriato di calce . Per l'acido niu- rialico ossiggenato , l'acqua potrebbe consistere in una soluzione di potassa . Se si prepara T acido nitrico , potrebbe esservi una soluzione di potassa , ovvero di ammoniaca liquida, onde fermare un nitrato di potassa, o nitrato di ammoniaca. So l'apparecchio s impiega per l'am- moniaca, I-acqua potrel)l)e contenere o dell'acido acetico, o dell' acido nmrialico , per formare un acetato , o im muriato di ammoniaca . In una parola : spetta al Chiniico operatore di trarne qu^-l partito che meglio gli conviene . In ogni modo trattandosi di prcparazio- 45 (33G) DÌ cliimichc, basta che l'acqua dePrecipìenle restì perfeltaineiiLe saturala 3 giacché quella della vasca , in cui la base del gas trovasi dilnila , servirà per altri usi . Sempre però si avrà il vantaggio di aver^ econo- mizzato tempo, e di aver assicurate le preparazioni (1)- XrX. Vi ha più. Quando dall'aumento di volu- me dell'acqua contenuta nel primo recipiente, il chi- mico operatore potrà decidere ch'essa siasi perl'eta men- te saturata della base del gas , allora invece di far passare il gas dal primo nel secondo recipiente, po- trebbe togliersi il reci])iente della prima vasca , e so- stituirvi il secondo . Questo può eseguirsi con tanta maggior facilità , in quanto che non si sono adopera- ti"! luti 5 e le parti dell'apparecchio si possono solle- citamente separare e riunire. XX. In questo apparecchio si ha benanche il van- taggio , che se r assorbimento della base del gas ne* recipienti innalzasse di molto la temperatura ;, in fune- sto caso l'acqua delia vasca farebbe 1' uf^^io di rcfri- gcratorio . Riscaldata essa si farebbe uscire pel foro praticato nella parte inferiore delle vasche, mentre dalla parte superiore si ri affonderebbe nuova acqua fresca, ovvero ( quando e' fosse di mestieri) la stes- sa neve ^ (i) Adopcrnndosi V apparecchio di fVoiilf, chi non sa quanto tempo si perde per lutare, e per aspet-^ lare che i luti sic.no riseccati ? Quante volte i luti inaspettatamente si fendono ? '^MS^':^ l"' H.c^c'': 0 k Ed ecco giù descritto l' apparecchio , e '1 metodo pnrticolarc che si può adoperare per le distillazioni com- poste , come mi era proposto . Finalmente ornatissimi Accademici , andrò ad eseguire la preparazione dell'a- cido muriatico, nell'apparecchio, che ho avuto 1' ono- re di presenlaivi . (340) NECROLOGIA. ..«o^ VINCENZO PETAGNA. N acque Vincenzo Potagna in Napoli il di 17 Gen- najo del 1734- da Antonino Petagna , e da Orsola Cuouio onesti genitori. La sua tenera età la passò nelle scuole de'PP. Gesuiti , presso de'quali prese gu- sto per la belle lettere, e per la lingua latina:^ quiinli attese agli studj di filosofia, e poscia di medicina 5 E. nel dì 22. Luglio 1704 contando il ventesimo anao so- pra i sei mesi di sua età, si lanreò in medicina. Coa un corredo di buoni principi intraprese il corso di me- dicina-pratica presso il famoso Clinico D. Luigi Viso- ne. Ed essendosi egli acquistata fama non equivoca nella sua professione, nel 1770 intraprese il viaggio di Vienna , seguendo il Principe di Raunitz Ministro Plenipotenziario della Corte Imperiale in Napoli ^ ed in tale occasione ebbe la opportunità di visitare gran parte della Germania , tutta la Stiria , la Gainiola , e (34i ) l'Italia. Ritornalo in questa sua patria ricco di non volgali cognizioni , proseguì indufessameate lo studio della Storia naturale in lutti i suoi rami , a cui fu, seiiipic mai portato da particolar inclinazione. Chia- mato iud' in Palermo a consultare sulla sanità del Mar- chesc Presidente Airoldi, che andava di giorno in gior- no declinando , si prevals'egli di tal congiuntura per ^irar gran parte delia Sicila, e |)er osservare con occhia di naturalista lilosolb molte produzioni , e depositi , che la natura cou larga mano ha sj)arsi in quell' Isola. Fupalrialosi j)cr la seconda volta fu ben tosto eletto lettore iuierino nella cattebra di Botanica in questa R. Unisersilà degli Sludj , e non istette guari che die- tro a varj concorsi condegnamente ne meritò la pro- prietà. Fu annoverato tra gli accademici pensionar] della Real Accademia di S. e B. L. di allora. Fu di- rettore dell' Orlo botanico dimostrativo nell' abolito Mo- nastero di Monleoliveto , che in breve tempo menò al suo compimento. Fu medico ordinario della real De- putazione di Salute . Fu socio di questo R. Istituto d'Incoraggiamento , fu membro della nuova R. Socie- tà delle Scienze , ed Accademico della Società R, di Londra , di Firenze, e di altre Italiane. La sua sta- tura piuttosto alta che no , il suo aspetto affabile , e sempre mai tranquillo , l' illibatezza de' costumi, I' os- servanza , e '1 fervore per la Pveligione gli aveva conci- liata r amicizia , e la benevolenza di tutti i cittadiui. Questo esemplare di virtù , e di morale dietro a pc- nora e lunga malattia ci fu rapito da morlcj e '1 per- ( 342 ) demmo il dì 6 di Ottobre del 1810 lasciandoci a sua onorevole ricordanza le seguenti opere. Institutiones Rei Botanicae, 4- voi. 8. Neap. 1785. Specimen Insectorum Calabriae Ulterioris , 4* fi§' iFeap. 1786. Institutiones Entomologicae, 2. voi 8. Neap. 1792. Delle facoltà delle piante, 3. voi 8. Nap. 1796. ( 343 ) ANDREA SAVARESI. A ndrea Biaggio Pasquale Ignazio Maria Savaresi nac- que in Napoli , nel quartiere di Cbiaja il dì i di Febbrajo del 1762 da' coujugi Francesco Savaresi ed Elena Cecere. Appresi i primi rudimenti dell' umano sapere nella propria casa, passò in età di anni 12 nelle scuole pie di Caravaggio di questa città , ed ia quelle si perfezionò nella lingua latina , compì un corso di filosofia , e studiò le Matematiche Elementa- ri. Ma trovandosi allora in famiglia due suoi zii me- dici , ed avendo ancora due suoi cugini addetti all' arte salutare , fu da' suoi genitori destinato a quella professione , anche perchè fin da' tempi di Carlo V. soH fioriti de' medici fra' suoi antenati , come appare da' documenti di sua famiglia j quindi fu che mandato alla R. Università degli Studj di Napoli seguì le lezioni de' celebri professori , Dolce , Serao , Giannelli , Ci- rillo , Cotugno , Petagna , Vairo , eFasano, ed intan- to non tralasciava de' corsi privali di Anatomia , e di Chirurgia nel grande Ospedale degl' Incurabili . Qua- lunque l'orse stata però la sua attenzione per una professione da Ini scelta , egli si applicò con ardore alle Matematiche sublimi , ed all' Astronomia sotto la disciplina di Marzucco , e di Sabalelli , ed alle lingue e 344 ) orientali sotto de' Martorelli , de' Morelli , e de' Santo- ro ^ né tralasciò lo studio della Metafisica col profes- sore Vico ultimo figlio del rinomato Gio: Battista. Tutto ciò eseguì egli dall'anno 1774, ^"0 al 17805 epoca in cui , riconopcinti i suol progressi , principiò la sua clinica col professore Tiberio Gambajoli , che lo amò come figlio, e gli rese degl'importanti ser- vigi- Neil' anno diciannovesimo di sua età, cioè nel 1781 per mezzo del signor Marchese di Cesa fece la conoscenza del suo mecenate D. Michele Vecchioni allora Giudice della G. G. della Vicaria, e poi pre- sidente del Tribunale di Foggia, il quale fece il gio- vane Savaresi dispotico della sua magnifica biblioteca, e medico di casa , cohie Io elessero ancora II principe di S. Angelo Imperiale , il Marchese di Cesa , e molte Comunità religiose. Verso r anno 1783 contava egli nel numero de' fiuoi amici , e professori I primi medici della capitale, fra' quali Giuseppe Vairo , che lo fece nominare sosti- tuto alla sua cattedra di chimica ^ e già egli comin- ciò a godere delle ricerche de' forestieri come di Do- lomieu , Fortis , Spallanzani, ed altri. Dal 1784, al 1789 perfezionandosi nella medicina , e nella chimica scrisse delle memorie interessanti su' nuovi oggetti di queste scienze , che dirette al signor Vairo rimasero inedite j e cinque altre operette furono stampate come si vedrà nel catalogo generale che qui dappresso si da- rà j ed intanto dava a' giovani de' corsi di chimic? (345) spmmentale in compagTiia di Salvatore Ronchi , e di Carmelo Prisco , ciò che suscitò conlra loro della ge- losia , e contribuì ad introdurre la nuova nomencla- t-ura con molto accanimento contrastata da alcuni scien- ziati seguaci tenacissimi della chimica Italiana; ed al- lora fu «he aggiunse delle note alla Medicina dome- stica di Buchan , che si stampava dal Gabinetto Let- terario , e fece ancora delle annotazioni al Dizionario di chimica del Macquer , che uscivano alla luce sotto il nome di Vairo per le stampe del Porcelli ; e fece la conoscenza del cavalier Planelli di cui divienne medico ordinario , e dell' illustre professore Scopoli col quale ebbe un carteggio scientifico. Intanto allettato estremamente dallo studio della chimica , della Mineralogia , e di tutta la Storia Natu- rale , il Ministro Acton su la proposta del Colonnello Parise , ■che ne avea conosciuto il merito , lo fece no- minare dal Governo il dì 21 Aprile 1789, direttore della Società Mineralogica , destinata a recarsi in Ger- mania per apprendere tutto quello che ha rapporto con io scavo delie miniere ; e partì da Napoli ]ier 1' Ale- magna nt;l Maggio del 1789 co' suoi compagni Malico Tondi , Vincenzio Ramondini , Giuseppe Melograni , e Giovanni Faicchio , a' qnali si accoppiò Carminanto- nio Lippi nell'alta Italia, e nell'Austria. Rimase di- rettore di questa riguardevole società fino alla fin dell'anno 1791 • Quindi si divisero in tre cop]iie , ognuna delle quali viaggiava separatamente per la pro- pria istruzione, visitando Je principali miniere di Eu- 44 ( ^G ) ropa , e studiando la Mineralogia , la Mettallurgia , e la Fisica sotterranea sotto i primi professori di Ger- mania , e singolarmente sotto il fumoso Werner a Frey- berg in Sassonia . Nel dì 5o Agosto del iByo., dopo sette anni e tre mesi , ritornò nella sua pai ria , avendo trascorsa 1' Italia , 1' Austria , la Sassonia , 1' Ungheria la Boemia , la Galizia , la Polonia , la Prussia , le Cit- tà Anseatiche, l'Inghilterra, e la Scozia, n^lle quali regioni coltivò 1' amicizia di lutti i Fisici , Medici , e INaturidisti i più famosi. Allora fu , che le occupazioni mineralogiche , che assorbivano tutto il suo tempo , e la speranza di un nuovo impiego onorevole che gli si prometteva gli fecero totalmente abbandonare la pro- fessione di Medicina , nella quale prometteva la più gran riuscita . INel 1797 fu chiamato a riconoscere co' suoi compagni la Cava di Carbon fossile di Giffo- ni , e ad esaminare i forni di Morino, e di Canneto. Fu indi spedito cogli stessi nelle Calabrie , con Ict in- combenza di portare a jìcrfezione le ferriere di quelle Provincie , di v sitarne le mine che s'indicavano, di trovarne delle nuove, e di stabiliie delle altre ferriere ne' luoghi dove si conibinavano la opportunità de' bo- schi e delle acque. Ma una inopinata catastrofe lo ri- menò in Napoli , ed in seno della sua famiglia , dove godendo ])er qualche tempo la tranquillità dello spi- rito, tutto si diede con intenso studio ad accrescere, e raffinar la massa delle sue cognizioni. I suoi meriti letterari però , ed i saggi non equivoci , che dati ave- 'va d' ialender molto avanti , massime nella chimiua , (347 ) e nella minerologia , non gli permisero che lungamen- te e' si rimanesse qui teorico inoperoso, poiché fu di nuovo spedito con l'ottimo amico Vincenzio Kimon- dini nelle Calabrie con un geografo , ed un disegna- tore cogli ordini di rilevare una carta fìsica , geogra- fica , ed orittognoslica di quelle Provincie, e con le mire di attivare q-.ielle miniere , e di far eseguire de- gli altri progetti . Partirono si bravi compagni nel 1801 e si recarono al loro destino , dove faticarono moltissimo, e fecero delle operazioni non meno utili , che interessanti , ad onta di alcune traversie , a cui ben sovente van soggetti gli uomini di merito ^ il Ramon- dini ritornò in Napoli , ed egli rimase alla Mongiana come Direttore delle ferriere , che vi erano stabilite , donde uscì nel mese di Ottobre del 1807 e si ricon- dusse in questa sua patria. Mentre qui dimorava per ristabilire il suo fisico notabilmente alterato dalle fatiche , e dalle pene dura- le in regioni aspre e solitarie , questo Regale Istituto lo ammise fra' suoi Socj ordinar] nella sessione de' 28 Dicembre 1806, e già quest'Accademia aspettava sue preziose produzioni . Ma la nuova carica eh' egli ebbe di Commissario dell' Amministrazione alla Polveriera della Torre dell'Annunziata, da lui disimpegnata con ardente zelo, ma cdn deteriorazione irreparabile della sua snlnte, ci fece pedere Andrea Bavaresi, che pie- no di pregi letterarii , e di cristiana virtù cessò di vi- vere il giorno 2 di M.trzo del 1810 , contando l'anno quarantanovesimo dell' età sua. (348) NIGCOLA AND RIA Nacqu' egli nel 1748. in Massafra piccola Città nella regione de' Salentini dal Dot. Fisico Gennaro An- dria , e Giacomina Resta. Da giovanetto, avvegnaché foss' egli unico , e la di lui casa a sufficienza fornita di beni di fortuna , fu da suo padre tosto avviato allo studio delle belle lettere; in che, avendo ei fatti non ordinari! avanzamenti , diessi a quello della filosofia , e con singolar propensione alle matematiche : per la qual cosa poco men che di contintio scemava le ore del sonno . Ed avendone quivi dati pubblici applau- diti saggi , que' illuminati suoi concittadini ne preco- nizzarono da quel dì il futuro di lui gran metito nel- la letteratura. Nella sua adolescenza fu dal genitore mandato in Napoli ad apprendere le scienze legali : nelle quali e' fece non men rapidi progressi , che fatti aveva nelle antecedenti , e diede altresì prove luminose del suo felice ingegno . Divisando quindi , che colali scienze non del tutto appagavano il suo vasto intendimento ; ed anelando altrpnde di dare sempre mai la maggior possibil estensione alle sue cognizioni , ripigliò il suo prediletto stadio delle matematiche ; a cui unì le scien- ze fisiche nell' ampia loro sfera ; ma determinossi al- lora per quella della medicina , scienza quamo utile ,, altreltaQto difficile j ad un felice talento però con uno ( 349 ) studio indefesso non riuscì malagevole cotanto l' Ini- ziarsi ne' più recondili arcani della natura . E portan- dosi incessantemente ad ascoltare le lezioni di un Se- rao , di un Vairo, di un Colugno, rinomali professori in questa Regia Università .degli studj , fece progressi tali in tuli' i rami di questa scienza, che ne divenne hen tosto ancor egli professore. Di fatti nella fresca età di anni 23. aprì scuola medica nella sua casa , ove essendo egli stato uno de' primi , che tra di noi sep- pe associare alle scienze mediche la Chimica sperimen- tale , ebbe un gran concorso di giovani studiosi , ed acquistossi nel pubblico sommo credito , e gloriosa ri- putazione. Ques'a di lì a poco lo fé chiamare per su- slituto nella Cattedra di Medicina pratica , che occu- pavasi dal Dott. de Robertis . Fu indi promosso alla Cattedra di Agricoltura j che , quale scienza , ed arte, fu da lui , non meno nella teorìa , che nella pratica , con cln'aro metodo e dottrina dissimpegnata , ed esal- tata , onde siccome salì in maggior pregio il suo no- me , desiò così nella nostra gioventù un nobil genio per questa parte di scienza naturale , che forma la ba- se della prosperila delle nazioni. Sos*"' ne quindi suc- cedevolmenle , e sempremai con cìiiarissima fama la Cattedra di Fmoloi^ìa , di Patologìa, e d'i Nosologia. Eia sua miniera d'insegnare, la solidità, e la dottrina dell ■ sue opere , ed i (elici successi della sua pratica renderanno a perpelualilà indelebile, non che imuiorlaltt il di lui nome ne' fasti della scienza salutare. e 35o ) Al suo merito letterario accoppiò egli con ugual zelo, ed onore le virtù tutte morali, e civili: ottimo padre di famiglia, vero cristiano, egregio cittadino 5 piacevole , e nobile nella sua conversazione j liberale con tutti; profuso co' poveri j zelante , e premuroso pel bene dell' umanità j onesto , grave , temperato per rispetto a se , e signore di tutti i suoi affetti. Doti , cbe da giovanetto lo accompagnarono inseparabilmente sino alla tomba , iu che fu menato da un tifo nervo- so nella fine del iRi^. , e nella sua età di anni 67. Amante di tutti , d> tutti amato 5 ed ora in perpetuo desiderio di tutti i buoni , e virtuosi cittadiai. Opere da lui pubblicate. Trattato delle acque minerali. Istituzioni di Chimica filosofica. Elementi di Fisiologia. Dissertazione sulla Teoiìa della vita. Elementi di Medicina teoretica. Istituzioni di Materia medica. Istituzioni di Medicina pratica. Istituzioni di Agricoltura. Inedite. (35r ) GIUSEPPE CASELLA Nalo in (ausino in Terra di Lavoro nel 1755. , e morto ili Napoli nel 1808. Gli ollimi di lui geni- tori avvedutisi con anticipazione de' talenti del fanciul- lo , che toito ei fé conoscere nel precoce compimento degli studi! elementari , come lor parve tempo l' in- viarono al Seminario Diocesano in Cerreto , dove istrui- to da' valenti precettori nelle belle lettere , di che tras- se ei gran profitto, si die quindi tatto allo studio del- le scienze sublimi , e con trasporto alla matematica ; e terminatone con somma lode, e vantaggio , felice- mente il corso , ritirossi in patria^ e per un anno in- tiero che dimorovvi , non fé, che, di per se con as- sidua a|)plica(^ione , a^giugnere maiserapre novelle co- gnizioni scientifiche alle già acquistate. Ma la sua men- te irrequieta dal fervente desiderio di far continuamen- te maggiori avanzamenti nell' ampia sfera dello scibile, recossi a noja di quivi più a lungo trattenersi ; il per- chè si condusse in questa Metropoli . Q il , apertosi dinanzi a lui un più lucido, e vast' orizzonte scienti- fico, provò un più vivo incitani 'nto , ed elettrizzossì in maniera il felice inj^egno d'I nostro giovanetto Ca- sella , che momento di tempo non andava , in, cui di smgoìar erudizione, e «lottrina noi arricchisse il suo animo . Divenuto per essolui lo studio una passion imponente , vegliava le notti su' lib;i , e consuuiava ( 352 ) la giornata in ascoltare le lezioni de' pubblici professori della R. Università , ed in frequentare le più rinomate biblioteche . E benché , per non contradiare il volere Volum&f (559) INDICE OEiNERALE PnEFAZJONE p3g. ^,, Cataldo; de' Sig. ascritti al R. Istituto . Sodi ordinurii. XXI ivi Socii onorari i esteri xxiv] Ouorarii nazionali xxv | ammessi dopo la Sodi corrispondenti esteri xxvi i ( P'^bhlicazione del Corrispondenti nazionali xxv in) ^" f^olume. Opere ditte alle stampe da' sodi ordinari dopo pubblicalo il £. Volume. xxx INDICE DELLE MEMORIE CONTENUTE IN QUESTO II. VOLUME. Sul coltivamento , e .mila industria della Bam- bagia nel Regno di Napoli . Memoria del Sodo ordinario P. JV/ccola Cnlumethi Onorati Minor osservante P.P.