iiiiiiaiìiSpifei!! lì!'!!!; l'IiiiifeiilRlIfeì iiRJi;j!l!ili!!ì;!!!ll;i!!!Ì!iìi!! ii:!:i;lKiajll S|!!y:ji:!lì iij)ipiljl;l;fei|;!i;:iyi-iiS !lllllP;frjl i ì'«i !!:ì! I! jiP|w;il!;^!?'!f; Jf'iHD'i'n'i; ^ji5ì>.h.l' DELLA SOCIETÀ' PONTAKIANA DI NAPOLI. VOLUME PRIMO. NELLA STAMPERIA REALE, 1810, INTRODUZIONE DI VINCENZIO DE MURO SEGRETARIO PERPETUO. JLL riforgiraettto felice delle lettere e del gufto in Ita- lia a quella bella ornatiffima patria è in gran parte do- Yuto . Appena in volgar favella fi fchiccheravano frot- tole, flrambotti, ed altre baje : appena cominciavafi a leggere e a guftare v vezzi dell' eloquenza e dello rtile de' fommi uomini del fecol beato di Augufto : appena avea l'Alighieri colla divina Commedia data una forma fissa e permanente alia lingua , ed imprellb alla nafcente poesìa l'impronta del fuo carattere afpro, fiero, e Ai- blime ; allorché due rari ingegni , nello fludio degli an- tichi nutriti, e nella Corte del buon Roberto accolti , accarezzati, onorati, tolfero ad arricchire la materna lin- gua l'un di tutte le grazie dell' eloquenza , 1' altro di tutte le dolcezze della poesìa. E sì il fecero così beue, che r uno fu con indicibile avidità afcoltato nella regal corte, e l'altro riportò dal re un diploma, con cui gli fu decretala la corona d' alloro (i) . Le loro maniere al per (i) Confervafi il pipiotua uei regio AtaUirio detto della Zecca . lù IV per volger di /ècoll non" fono mica invecchiate : fecero- la delizia della corte di Roberto; e furono in ogni tem- po e faranno la delizia delle colte e gentili perfone . Jl favore , e la munificenza del re , 1' efempio e la gloria, del Petrarca, e del Boccaccio deflarono i fervidi ingegni del paefe , e crebbero rigogliofe le lettere , e per tal modo fiorirono, che frutti fpontanei parvero di lui fuolo naturalmente ubertofo e felice . Ma, quel nu- golo di mali , che alla morte di Roberto qu.efio cielo ingombrò, fpenfe ogni ardore negli animi , e minacciò d' introdurvi le tenebre antiche . In mezz,o alle tempe- flofe vicende del regno di Giovanna , e di Carlo della Pace; in mezzo alle perpetue coutefe per la fucceffione al trono ; in mezzo alle turbolenz-e fufcitate dal genio bellicofo e feroce di Ladislao, dall'ambizione e prepo- tenza de' Papi, dalla debolezza di Giovannella , e dagl' intrighi di fua corte, ebbero il bando le fcienze , e quafl temeflèro T afpetto del pubblico, fi chiufero fparute , e inonorate ne' chioftri , o tra le domeftiche mura di qual- che amatore . Alla fine però un genio tutelare fece montare sul trono il magixanimo Alfonfo , e pofegli affianco un uom d' alto affare , riguarde-^'ole e chiaro di fangue , di co- flumi, di dottrina, e di fenno, Antonio Beccadelli; co- nofciuto viemeglio fotto il nome di Panormita . Seppe quefti ispirare al re il gufto de' buoni fìudj , /ìcchè coi fuoi ammactìramenti non fu malagevole Jid Alfonfo pe- aetrar ne' fegreti de\U fi,lofolÌuUt « teologiche difcipline;; e- y e' della bella letteratura s'invaghì sì forte, che tenendo fenipre in mano gli antichi , e lor dando tutte quelle ore, che gli lafciavano libere i grandi affari ^el regno, ebbe in gran pregio tutti coloro , che folTero flati in grado di conofcerne , e di ritrarne negli fcritti lor le bellezze, o di trasfonderle nel patrio idioma, ed arric- chirne la profa e la poesìa italiana . Kon è da dire, qual acuto fprone aggiungefle il fa- vore del re alla naturale vtvacità de' napolitani ingegni, e quanti uomini illulki richiamafTe in quefta metropoli da tutte le parti d'Italia, e d'oltramare ancora. Napoli e Firenze erano allora V asilo delle lettere , e di colo- ro, che le coltivavano : e fi. divifero quefla gloria Co- fimo" il vecchio, che con munificenza fuperiore ad ogni privata fortuna i favj e letterati uomini in Tua cafa ac- coglieva, ed Alfonfo, che indegni non gli flimò di avere albergo tra le dovizie , le magnificenze , e lo fplendor della reggia . Infi-a i molti però , che qui vennero a godere del fa- vore del re, e ad acquiiìar fama di letterati, merita il primo luogo Giovanni, o, come giulìa l'ufo di qut-I tem- po amò meglio di efler chiamato , Gioviano Fontano , uomo ftraniero d'origine, noflro per privilegio, per af- fezione , e per fortuna . Dalle domeniche difawenture" irritato, il fuol natio abbandona delf Umbria il gio^3- netto Fontano, e va a prefentarfi ad Alfonfo in Tofca- na. Il re, che di fino difcernìmento era. »" l"i ^<^"0" pre- nott ordinar j calcini , e gì' impone di feguirlo nel VI regno. Amato z,za alle lettere ìi conlàcrano , render dove- va impoffibile 11 ritorno della barbarie , e indipenden- te dalle vicende de"" tempi la loro forte . E in quello regno principalmente, che è flato più d^ogni altro paefe tea- XIII teatro di luttuofi e flrani rivolgimenti , non vi è fiata Città , che non abbia avuta un Accademia , dove una folla d'uomini ftudioll coltivavano a gara i loro talenti. Egli è vero bensì , che han dovuto lottar lungo tem- po le fcienze colla fuperllizione , T ignoranza , e l' orgo- glio di quelli , che han pretefo di tener la ragione tra ferri, ed eflèr padroni dell'opinione. Ma non mancaro- no mai tra noi nomini di tefta e di coraggio , che le- vandofi di lunga mano sul volgo , ofarono entrare ia lizza , ed intraprendere or a purgare del fudiciume fco- laftico le filofofie, e a fottomettere alla ragione l'auto- rità di gran nomi ; or ad alzare il manto ad Ifide , e forprendere i fuoi fegreti , e prevenire le più folenni fcoperte del Galileo , e del Newton ; e mentre nel fon- do delle Calabrie , pria che fofle al mondo il Bacone , sbalzava dal trono Ariflotile, e nuovi fìftemi fabbricava il Telefìo y in Napoli cantava i principj delle cofe il Capece in verfi degni di Lucrezio , il Colonna e Tira- parato (pianavano la ftrada al Tournefort, e al Linneo, deferi ve va i telescop) il Fontana , e fpiegava 1' origine de' colori il Porta , fcoperte , delle quali ci han per fom- roa ingiuria involata la gloria gli ftranieri . Era egli giufto, che la coltura tra noi feguiflè ne'fuoì progreflì l'andamento naturai delle cofe . Per conofcere e giudicare gli antichi', uopo p»-» «»ver contesa-» degli ufi, de' governi, delle opinioni, del fapcie, e de' pregiudizj loro: e le fatiche degli eruditi da Aleflandro d' Alelfan- dro fino al Mazzocchi niuna cofa han lalciata indietro, che XIV che avefle potuto giovare all'intelligenza delle opere de- gli antichi, fino a perderfi tal fiata in ricerche quanto laboriofe , altrettanto frivole e vane . Hanno elfi cosi dato luogo alla critica, e ci han pofto ìq illato di {In- diar con difcern-imento , e d' imitar le bellezze de' gran modelli lafciati dalla Grecia , e dal Lazio . E noi in quella parte , dall' Accademia Pontaiiiana partendo , ab- biamo avuto in ogni genere fcrittori eccellenti , e fiam giunti mano mano ad un punto , il quale niuna forfè delle antiche nazioni, niuna certo delle moderne ha mai tocco, e di la dal quale non è per avventura poflìbile sudare più innanzi, fiara giunti, io dico,' fino al gran Torquato, che chiude la bocca all' invidia, ed aflecura a quella patria il vanto, che fi difputarono le più fa- mofe città della Grecia, il vanto di aver dato al mon- do il principe de' poeti . Difperando di afferrare lo flefìò punto di perfezione, ne potendoli impunemente okrepaffare , ne rimanere al sì fotto con gloria , il rivolfero gì' ingegni alla contem- plazione della natura per trovare nelle di lei opere nuo- ve bellezze a delcrivere , e nuovi argomenti a creare . Da quello fìudio nacque lo fpirito filofofico, e lo fpi- rito di analifi , quello fpirito di lume , che sa scomporre i più complicati oggetti , penetrare fino ai primi loro elementi , q giungere fino ai principj generali , che la loro forza ed uiflu^nza a tutti i rami difendono dell'u- xrano fapere . Fornito di quello fpirito l'ingegno, fé non fi e tro- vato xt vato più atto a concepire ed efeguire grandi opere d'im- maginazione ; fé ha veduto come da micidial vento diC- feccato e ifterilito il campo della fantasia, fé non può lufingarfi di uguagliare la gloria del Sincero e del Taflb, e refta tanto da quefli lontano, quanto dall' eftro imma- ginofo e ardente è la fottile e fredda analifi lontana'; ha in contraccambio però il vantaggio di viemeglio co- nofcere , e di giudicare a ragion veduta de' loro pregi , come quello, che sa fcovrire fin nella loro forgente le cagioni di quelle foavi , e deliziofe fenfazionì , che in noi defilano le belle opere dell' immaginazione . Oltrecchè non può egli novella carriera aprirfi , e con non minor lode percorrerla? Egli non reputa inutile pefo della memoria la più vafla e ricercata filologia ; non difprez- 2a come vano lo fìudio della proprietà e dell'eleganza, non isdegna come fuperftuo il ricco e pompofo abbiglia- mento dell' eloquenza . Se colpifcono 1' immaginazione la grandezza di Roma, e il deflino del primo popolo della terra, e' ravvifa fotto la penna del non men eloquen- te , che profondo Gravina i fondamenti politici , su cui poggia ciafcuna forma di Governo, e lo fpirito-^che guidò' quello di Roma per giungere all'auge della fortuna, e i materiali apparecchia allo Spirito delle leggi , e alle Cagioni della grande\\a dei Romani . E' coli' ajuto della più vera e folida erudizione ha faputo fra le tenebre della più rimota antichità rintrancWe Torigin» delle So- cietà, delle lingue, delle religioni, de' governi, de' co- fiumi , delle leggi , degli ufi delle nazioni , ed ha dato alla XVI alla luce la Scienza nuova opera immortale del noflro Vico, che non farà mai ne fìudiata , ne ammirata ab' baldanza. L'erudizione con giudizio fcelta giova ad inaf- iìare l'aridità delle materie afìratte, e ad ingentilire la ruvida afprezza delle fìlofofiche dottrine. Lo fpirito fi- lofofico, che fé ne para, la fa fervire utilmente a'fuoi difegni : è il condimento , col quale adatta ad ogni pa- lato quel , che prefentato nella fua natia femplicità fa- rebbe per avventura da flomachi troppo deboli rigetta- to. Adorno delle più belle cognizioni della lloria, della filologia , della critica , ovunque ponga le mani , lo fpi- rito filofofico -vi porta l'ordine, e tutto fparge di luce. Se faffi a confiderare il iìilema delle leggi dallo flato di natura allo flato di focietà, produce T Efame anali- tico del iìflema legale; e contemplando i progreflì del fifleraa civile dall' efillenza perfettibile fino alla perfetta confìflenza , dà fuori V Efame economico del fiftema ci' yile, opere entrambe del noflro Briganti^ che lo pon- gono in un de' primi polli allato ai Montesquieu , ai Mably , ai Smith , quando dietro a pericolofe novità non delirano. Se gli vien dato d'occhio all'orrendo caos delle leggi, che han governato, e governano i popoli, egli , che fcorge di lancio le più lontane € impercetti- bili relazioni delle <:ore , e fempre ai principj rimonta , che il germe contengono d' ogni utile verità , da una immenlu indigena mole , per fé iìefTa , e vieppiù pe'di- fpareri rltiui intrigata, difTonante , e confufa , fa forge- xe un iillema maravigliofo , in tutte le parti ordinato e bea xvu ben commeflo, fa nafcere la Scienza della Legislazione, e colloca il fenfibile ed eloquente Filangieri tra i primi luminari del fecolo. Se tutte finalmente abbraccia le parti della filorofia , gli antichi e i moderni fiftemi chiama con nobile libertà, e con fevero giudizio ad efarae, gli svolge da tutti i lati , fcevera ciò che v' ha di vero da ciò che havvi di falfo e d'aflurdo, ne fabbrica egli uno, in cui l'energìa della verità sfolgoreggia , difcendendo dai primi e più univerfali principj alle leggi fisiche , che reggono il mondo , e alle morali , che reggono gli uo- mini e le focietà , alla religione , che ne indirizza a più fublime fine le opere, ai dritti e doveri , che ad enti forniti di ragione competono, a tutto ciò, che il viver ipcievole può rendere agli uomini caro , e a quel che può degli Stati lìabilir la grandezza , la profperità , la ■potenza, verfando su di ciafcuna parte viviffimo lume, che fenza abbacinare rifchiara , e fpargendo dapertutto fiori di bella e squifita erudizione, che l'animo, fenza opprimerlo , e dilettando tien defto . Tal è lo fpirito deli' illuftre Genovefi, di quel filofofo sì benemerito del- la patria , e che più di tutti ha contribuito alla vera coltura della nazione . Nella fcuola di lui fi formò quella folla di giovani-filofofi , che verfo il dechinar del feColo XVIII portarono in tutte le profeffioni lo fpirito d'indagine, di critica, e di verità, e fparfero per le provincie il gudo del vero e folido fapere. Taccio un' altra molti- tudine di grandi uomini, che h^"no il caduta ^colo u- lulìrato in ogu» genere di fapere j, e che meritano fenza e con'» xvin contrago di federe tra ì primi: taccio i nomi fimolì de- gli Aloisj , de' Majelli , de' Sangro , de' Martino , de'Gen- naro, de' Cavallari , de'Matteì^ de* Cirillo, de' Conforti, de' Pagano, e di tanti, e tanti altri, che lungo fareb- be il rammentare, e de' quali vivrà eterna ne' farti della, noiba letteratura la rimembranza .. In quello flato erano le cofe, in tanta ricchezza era- vamo di letteratura e di fcienza , non avevamo che in* vidiare agli flranieri , allorché 1' orrenda e per fempre metrioranfla cataftrofe , che chiufe il fecolo. xvni. , met- tendo tutto a foqquadro. , avvolfe come in un turbine devaflatore e lettere e fcienze e virtù , e da tanta ca- lamità rimafero sbalorditi gì' ingegni e come intronati . Cominciammo però a rideftarci, e a refpirare fotto l'alt dell'aquila vittoriofa. un'aria fereni e tranquilla di civile: libertà : ma non potemmo rimirar fenza lagrime l'orribile: gualìo, che vandaliche mani avean fatto- Allora fu , che per rifare in qualche modo la patria delle gravi e dolorofe perdite, e per rianimare i talenti a fare ogni sforzo per confervarle T antico onore, furfe in mente al benemerito noftro e coltitlìmo Signor j-Vice- prefidente un penfiero, fc lì poteffero unire e legare iti focietà uomini noa volgari , ma fcelti , non con altro legame , che con quello fortiflìmo e foaviffimo dell' af- fezione a' comuni fìudj , pe' quali mantenere ed accrefce- re ciafcuno giulh fui pofla fi afFaticafle ; poter quello le frefcht piaghe rammarginare , e le fcienze e le belle arti nel priftino fplendore rimettere con fomma lor lo- de» de , e con fomma riputaz,ion2 della patria . Comunicò egli a pochi amici il difegno; piacque, ed abbracciatolo con calore dicron principio a quello nobile liìituto. Si pro- pofero in eflb di ricercar materie da trar fuori , e por- re in bella e laboriofa carriera le forze delf anima; di lludiar la natura nelle più elevate ed utili contemplazio-» ni ; di fchierarfi dinanzi tutte l' età , e da quelle racco- gliere il migliore; d' intrattenerfi affiduamente con gli an- tichi fapienti , che nelle -venerande lor carte fpirano an- cora; di ammirarli, ma fenza cieca e fuperftiziofa defe- renza ; d' imitarne il gufto , ma fenza copiarne i difetti; di mettere a profitto le antiche invenzioni , e di arric- chire, fé fia polTibile, il general patrimonio dell'umano fapere di nuove , e fode , e pellegrine creazioni d'ingegno. Appena corfe la fama del virtuofo progetto, e videfì concorrere a gara in queda lega la gente, ne quella già da dozzina, ma uomini nutriti ne' buoni fìudj, e pronti tutti a contribuire colle loro vigilie al ben effere e all' ornamento delle lettere . Si entrò allora nella giuda fpe- ranza , che , ficcome dopo le turbolenze e le fciagure de' tempi fcorfi da Roberto fino ad Alfonfo avea l'Ac- cademia del Fontano non folo riftabilito 1' onore e la riputazione delle lettere e delle fcienze in Napoli , ma àveale portate benanche al più elevato punto di perfe- zione, e di gloria, che in quell'età fi potea; così una Società formata su di cotanto illuflre domelìico efempro avrebbe, fp non f^tto Jiuicntìcare , almen renduto meno fenfibili le paflàte perdite, avrebbe mantenuto e fparfo e z il il gufto delle utili cognizioni, ed avrebbe alla barbane, che ci fovraflava, raofla fiera e irreconciliabile guerra . Si cominciarono adunque le letterarie adunanze . Ma per andar dritto al noftro fcopo , e perchè qualunque itìituzione è vana , ove fopra faggi e fiffi regolamenti non poggi , ed ogni compagnia tumultuariamente compo- fla , e che proprie leggi non abbia , o valli a fciorre da fé, o in confufìone e difcordanza degenera ; uopo era, che fi ftabiliflero le leggi, le quali regolar doves- fero di ciafcuno i carichi , i vicendevoli doveri , e le fatiche. Furono quefte propofte, difcufle, e di comune confentimento adottate . Uno però de' principali regola- menti è fiato; che a ninna legge foflero i noflri fìudj fottopofii , e ninno foflè a determinata occupazione ob- bligato. Le più felici produzioni dell'ingegno fono fem- pre figlie della liberta , fon opera di quello fpirito , che fpira ove gli aggrada , fon parto di quel genio , che crea ciò che vuole , e quando , e come il vuole ; e i lavori forzati , e contra filomaco fi abbracciano , e a di- fpetto di Minerva fi efeguono , e benché regolarmente condotti , ben si pajono alla maniera ilentata , e rotta , e non di vena. Vogliamo, che piena facultà abbia cia- fcuno di fpaziarfi nel vafio campo dell' umano fapere , e di fermarfi a quel punto, ove il fuo genio , le fue abitudini , e gli fìudj fuoi prediletti lo chiamano . Su' quello mediti , di quello favelli , prenda il momento dell' ifpiraiione, o feriva : e i lanvpi ael genio sfavilleranno ia mezio alle fue trea7Ìoni . Al. Allora fi pofe mano air opera. Ma ficcome efler dee la nortra cortituzione tutta di carità , di benovoleuza , e di falda e leale amicizia comporta , e sulla bafe fonda- ta del coraggio nell' intraprendere , della coftanza in prò- fcguire le opere incominciate, ed aver per compagne e per guida la pace , T amorevolezza , e la decenza ; così conveniva innanzi ad ogni altra cofa premunirli contro a quelle peftilenze d'ogni bene diflruggitrici , l'invidia, la gelosìa, la falfa modeflia , e la critica fcortefe ed a- mara . Lungi da noi , dicemmo Y uno alf altro , lungi da noi cotelta nemica d'ogni virtù, l'invidia, che con cento arti maligne cerca di nuocere , e chiunque tocca , avve- lena . Lafciara , che roda fé fteffa ; troverem fempre i più , che generofi e benevoli daranno mano alla virtù lodandola e confortandola . Lungi da noi le baffe gelo- sìe, che con occhio trillo e dolente la nafcente riputa- zion risguardando fi fìudiano di foppiatto di ferirla , o di affogarla . Comuni fon tra noi le fatiche , comuni gli fìudj , comune, fé ve n'abbia, la gloria. Lungi la falfa modeflia, che all'ozio ne invita, ed una infinità di ta- lenti invola alla fama . Evvi mai da fperar gloria nelle cofe facili e piane ? Ma fé le belle cofe fono difficili , come per maniera di proverbio dicevano i Greci, in que- lle è fempre degno di lode un generofo ardimento^ men- tre la foverchia timidezza col manto di virtù in vitupe- revole infingarderìa riefce. Difprezziamo con magnanir^o filenzio le tronche voci e i iufurri , che j^ fanno da tjuella rea gente e malvaggia , la quale tutte le belle XXlì ed onorate imprefe , e tutto ciò , che non le va a ta- lento, per maniera fconcia e villana difonefla e beffeg- gia. Non curiamo la vana alterigia di coloro, che pre- tendono di governare da dittatori la repubblica delle let- tere, e tiranneggiare T opinione del pubblico; che tutto credono al di fotto di fé , e tutto guardano con aria di disdegno e di fcherno. Non ci fgoinenti ne la futile garrulità degli uni , ne la grave e profuntuofa albagìa degli altri . Ma alle difcrete e corted cenfure prefìiam facile orecchio , € docil cuore , ed , anzicchè dolercene , mettiamo a profitto gli avvertimenti altrui , e a chi li dà cortefemente , fnppiamne buon grado. Ponghiamci in cuore di far tacere ogni altro riguardo , di tener fempre fiso l'occhio suir eccellente modello, che ci abbiam pro- poflo d'imitare, di farci degni del nome, che abbiamo adottato , di meritare la ftima de' noftri concittadini , e la protezione d'uà Governo faggio, illuminato , e ma- gnanimo , -d' un Monarca , che allevato alla fcuola dell ìmmortal Napoleone , ed emulator fedele della fua glo- ria , è perfuafo , non contribuir meno alla felicità della nazione, ed alla gloria del fuo Regno-le arti pacifiche di Minerva, che gli lìudj rumorofi di Marte, e le une e gli altri, meritevoli reputa egualmente del fuo favo- re , e della fua munificenza » Con quefto fpirito, e con tale proponimento s'intra- p^efero gli accademici efercizj , e frutto delle noftre pri- me fatiche o il faggio, che ni cniro pubblico in quefto primo volume prelemìamo . Io non debbo prevenire il Tuo xxn fuo giudizio . Egli ci giudicherà fovranamente ; ma fé non potrà del notìro lavoro dichiararli pienamente con- tento; iìam certi però, che non potrà non commendare altamente i generoll sforzi d' uomini, i quali ritirati in feno alle Mufe , vigilie , fudori , e talenti , qualunque e lìanfi, confacrano volonterolì al bea delle lettere , e alla gloria della patria ^ XXV STATUTI DELLA SOCIETÀ' PONTANIANA ■_.'» Sanzionati nell'adunanza de' 21. Dicembre 1809. jDt natura, magis magifque detegatur, et artes promoveaniur human» generi utiles . Bacon de Verul. ART. I. ,^a Società Pontaniana fi propone efclufiva- «lente di coltivare i feguenti oggetti : I. Le matematiche , e tutte le parti della fifica prefe nella loro più grande eflenfìone . 1. Le fcienze morali , e le politiche . 3. La letteratura , e le belle arti . Sarà perciò la Società divifa in tre claflì . ART. a. E' compofla di un numero determinato d' in- dividui dimoranti in Napoli , che hanno il nome di Socj rejidenti ; e queflo numero è di ottanta . Avrà in- oltre un numero indeterminato di aflbciati dimoranti nelle Provincie del regno , e fuori . I primi faranno detti non refidenti, ed i fecondi corrifpondetitì . Ed avrà al- tresì un numero determinato di Socj onorar) . I foli focj rendenti hanno il diritto del voto per le cariche . ART. 3. Gli Officiali che la diriggono fono: 1 . Un Prefìdente 1. Un Vice-Prefidente 3. Un Segretario 4- Un Vice-Segretario 5« Un Teforiere . XXVI ART. 4- Il Prefidente , fra le fue attribuzioni, ha quella di accordar la parola a' focj , che la dimandano ; di confer- var Tordine nelle adunanze ; di differire le queftioni , quan- do lo ftimi a propofito ; e di annuziare il rifultato de' voti. •'ART: 5. In affenza del Prefidente farà il Vice Prefi' dente riverito dalla, fleffa autorità ^ ART. 6. In aflenza del Prefidente , e del Vice-Prefi- dente diriggerà. Y adunanze il focio più anziano in età . ART. 7. 11 Segretario è incaricata della compilazione del proceflb verbale. Sarà obbligato ad annunziare con arti- colo necrologico la morte de' focj di qualunque claffe , benché vi foflè chi volefTe fcrivcrne un più eftefo elogio. Sottofcriverà. dopo del Prefidente gli atti della So- cietà, le patenti, il procefTo verbale, e qualunque al- tra carta , a cui apporrà il fuggello della Società , di cui è efclufivamente confervatore . Manterrà la corrifpondenza con i fòcj flranieri , ed affenti , ed anche colle altre focietà , e ftabilimenti letterarj.' Sarà rirponfabile de' regiiìri , de' titoli, e di tutte le carte riguardanti la Società , e ne rimetterà, in ogni iémeftre al Prefidente un hotaraento da lui fottofcritto , che verrà ccmunTt'ato all' intera afl^mblea . Sarà incaricato della cuftodia della bibliotecai-, e- dell* archivio . E finalmente farà un' analifi ragionata , colP inter- vento dell'autore, di quelle memorie" ^ che 11 ffimano non poter fi tutte intere inferire nfé^lr àttr . ' ' ■ ART, 8. In affenza del Segì:etirio ' ne- ftrà*- le Veci il Vice-Segretario. ■" .- ART. XXV II ART. 9. Il Teforiere è incaricato di tutti gì' intereffi, e di tutte le fpefe della Società . ART, IO. La durata delle cariche di Prefidente, di Vi-' ce-Prelìdente , di Teforiere , e di Vice-Segretario farà di un anno . La nomina ne farà fatta dalla Società a maggioranza di voti . Potranno effere confermati per una fola volta col beneficio di due terzi di voti de' foci intervenuti . Il Segretario , eletto nelfiflefix) modo , farà perpetuo. ART. 1 1. Vi fiirà un configlio di amminillrazione, com- pofto di tre focj , il quale riceverà i conti dal Tefo- riere , e ne darà parte alla Società in adunanza pubbli- ca . L' elezione ne farà fatta a maggioranza di voti , come quella di tutti gli altri officiali , e la durata fa. rà di un anno . ART. 12. Il Teforiere non potrà fare alcuna fpefa fìraordinaria fenza averne ottenuto il permefTo della Società. ART. 13. Ogni clafle avrà un Prefidente, ed un Segre- tario , eh' efTì eleggerà nel modo medefimo degli altri offi- ciali . ElTa efaminerà le memorie , che i focj leggeranno, o prefenteranno , e ne darà quindi Ìl parere in ifcritto ! ART. 14. I fccj refidenti, ed i non refidenti fon te- nuti di dare una memoria almeno ia ogni biennio. ART. 15. Tofto che una memoria farà llata letta , ver- rà rimefi^a dal Segretario perpetuo al Segretario della clafl'e , cui appartiene ; la quale intefo 1' autore della memoria su' cambiamenti , e fulle modificazioni, che cre- derà di proporgli , darà il fuo parere con un rapporto in ifcntto , fé la memoria meriti , o nò di effere inferita negli ^ i atti. XXVIII atti . La Società riunita darà poi il fuo giudizio a voti fegretì. ART. i6. Delle memorie approvate , che gli autori vo lefTero flampare feparatamente , la Società noa garantifce, che l'importanza, T utilità, e la novità, non tutte le opinioni o dottrine particolari degli autori : ne efla fi ren- de punto garante di quelle memorie , che fieno llate fem- pliceraente lette , e non fottopofte alla fua approvaziones. ART. I 7. Le deliberazioni della Società faranno fanziona- te a maggioranza di voti fegreti per buflola . In cafo di parità ne farà rimelTa la difciillìone ad un'altra adunanza. In una feconda parità la propofizione farà rigettata . Per le deliberazioni bailia un numero competente di fbcj . ART. 1 8, L' elezione de' nuovi focj fi farà a voti fe- greti per buffola . Sarà il candidato annunziato neir adunanza , che precede quella dell' elezione , da uno de focj refidenti . Non farà ricevuto fenza aver riportata due terzi di voti inclufivi . Ed appena amraelTo dichiarerà a qual clafle voglia appartenere . ART. 19. La Società terrà le fue adunanze di obbli- go ne' giorni io., ao., ed ultimo di ciafcun mefe. Se un cafo particolare efiga un' adunanza ftraordinaria , o la variazione de' giorni fifTati, il Prefidente ne farà palTas r avvifo a' focj per mezzo del Segretario . fei Prendente aflente Il Vice-Prefidente GIUSEPPE DE CESARE. Il Segretario Perpetuo Viatcn/.iy de Muro. ELENCO DF MEMBRI DELLA SOCIETÀ PONTANLVNA. 50CJ RESIDENTI. De Angelìs Pietro , Profetare della fcuola militare . Avellino Francesco Maria , IJlitutore di S. A. R. il Priaci/fe Ereditario . Berio Marchese Francesco . Bianchi Giovanni , Dottore di medicina • Boccanera Angelo , P/ofeJfore di chirurgia nella regia univerfiih di Napoli , <■ Brunetti Lazzaro , Segretario della legatone de regno italico .' Cagnazzi Luca de Samuele, Arcidiacono di Alcaniura, e pro-^ fejfore di economia politica nella regia uniyerjìtà di Napoli» Carfora Agnello, Avvocato^ De Ccfare Giufeppe, Capo di divi/ione nel minijlero delle fi' nan-{e , Vice-Prefidente attuale della Società , Ciampi Angelo , Profeffore di filofofia . Coco Vincenzio , Qonfigliere di Stato . De Coaciliis Gennaro , Profeffore di fijlca nella, regia univer- fìtà di Napoli 5 e di matematiche nella fcuola militare , Coflanzo Francefco , Colonnello del corpo del Genio . Diana Francesco . Gagliardo Gio: Batrifta , Direttor generale de' beni della corona di S. M. il RE delle due Sicilie . Galanti Luigi, Profcffore di geografia. Gervafio Agoftino, Vice-Segretario attuale della Società. De Horatiis Cofimo , Dottore di medicina , e di chirurgia . Lamparelli Michele , Chirurgo maggiore dell.i Guardia Munt. cipale f e membro dei comitato di vaccinaiione di Napoli . Lauria Francefco, Avvocato del Configli^ di Stato ; e Trofejfo- re di dritto criminale nella regia univerjìià di Napoli . Marinelli iìngelo , Vrojejjore di letteratura nella regia uni' ver/ità di Nufoli^ Marruncelli Giuflirio ,. Dottore di medicina . Micheroux Aleirandro, Uditore del Cò:ifiglio di Stato. Miglietta Antonio , Segretario perpetuo del comitato di vacci- tun^ione . | Monticelli Teodoro , Segretario perpetuo delP Accademia delle fetente, /iella focittà reale di Napoli. Mosbourg Conte dì, Mini/lro delle Finanr^e . De Muro Vincenzio , Direttore delk clajji di belle lettere , e filojhfia nella fcuola militare , Segretario perpetuo della Società . Nanula Antonio , P. Profetare di notomia umana nello Spedale di S. Francefco , Navarro Pafquale , Capitano , e Profejforc di artiglieria nella fcuo- la militare. Nicolini Nicola, Prefidentc della corte criminale di Napoli. Pa-rrilli Felice , Giudice della G. Corte dt caffar^ione .. Petiuccelii Francefco , Dottore di medicina , Petrucci Aleffandro, Giudice nella corte dC appello di Napoli. Piccinni Domenico . Puoti Marchefe Fafilio . Puoti Gio: Maria Avvocato. . ^ . r h'3 Sanfoni Domenico, Giudice della G. Corte di ca([ay.0Tm ,' ^ ,_. ., Santoro Leonardo, Dottore dì chirurgia. , .' Savare/ì Antonio, Primo medico deWarmata francefe . Sementini Luigi, Profejfore di chimica nella regia^ u^ver/ìtà^di^ Signoreili Pietro Napoli , Profeffore emerito di diplomatica »^ Bologna . Sonni Domenico , Profeffore di matematiche . Tafuri p^ichelc, Capo di divifìone nel rnimflcro del culto. Taffoni G: Ctfare, Minijlro del regno £ Italia . Tenore Michele, Direttore del re al giardino delle piante , Pro- fcfj'ore di botanica nel primo collegio di Napoli . Vargis Macciucca Marclief^. Tomniafo ,'. Giudice della coree >■ 'i .d' appeUo ■ dr .NàfoU- . Vulpes Gio: Battifta . Winlpeare Davide, Relatore al Confidilo di Staio, So/linito"-ttÌ Procuratore generale del UE prcjjo la G. Corre di cajj'à'^ione. Zurlo Giufeppe , Minijiio dell' Irtrerno y P ri-/ident& attuale ' delkt Società. •-'- -'^ '^ -^' :■} SOCJ ONORARI. - '' Andres Giovanni, Prefetto- della biblioteca reale. Manli Tito, Segretario geàerale del Configlio^dl Stato\ - Ricci Angelo Maria , Capo di divi/ione neda Segreteri:^ di Stato. _ ■ De Rita Gic: BatriQa , Profefjore di filojoftji nètla fci:(é/C rtl'-': liiare , JjlituiOre di- S. A. il Prirxife Luciano . ' : Valletta Nicola . , " ' SOGJ NON. RESIDENTI. D'Ambrofio Angelo, ColorMello dd terreo re^i/fi'è'htò di Ittica Navol'tano . Aracri Grc;gorio , a Catat:-^aro . Bciiclli Michelangelo . Bifccglia Vito, a Terli^-i . Bi-undifìni G letano , a Cofe:2^a , Prefidetite del tribunale di prima ijìant^a . CafTitto Giovanni, a Bonito, Caflltto Federigo, a Bonito. Caftaldi Giufeppe, a Trani , Pre/ìdente della corte criminale. Cianciulli Carlo , ad Avellino , Segretario generale di queil' In- tcndem^a . Cicala Berardino , a Lecce . Colletta Pietro , a Monteleone , Intendente di Calabria ulteriore. Domanico Rocco, a Cofen^a , Giudice del tribunale di prima i(ìanr^a . Caldi Matteo , a Cofen^a , Intendente di Calabria citeriore . Galiano Bruno , a Salerno , Giudice della corte criminale . Giovine Gìufeppe Maria ', a Lecce . Lamannis Gabri-sle , a Salerno ^ Camme jfa.rio dille polveri -e del falnitro . Lapira ) Si allude alla nuova Società Pontanima. I Ogfiof sì chiare i e celebrate sponde Splendeva in pien meriggio il tuo bel Sole. Volgi lo /guardo in cerchio , augufia Diva , JE VJppulo, e'/ Sannite, eH Bru'^io intorno Mira fuperhi in le fuperbe fronti Sculta recar de"" figli tuoi V imago. Mirane i campi ancor cofperfi, adorni Di cune illuftri^ e di famofe tombe. Fìggi ver r Aufiro il ciglio in sulle rive Ch or giaccion brune di fraterno fangue. Ivi tua prima ftirpe avea ricetto : (i) Cola £ AJlrea le prime voci udiva V attonito mortai: {i) cola d'Orfeo (3) Le dolci note rifuonar nelt alma Città, cui refer poi sì chiara un giorno Del gran Saggio di Samo i detti e V opre . (4) Ed ivi alfin, poiché sul Mondo emerfe , Dopo lunga fiagion,. turbo di Marte,, Alma fublime in folitaria cella Suir Italo fplendea cieco Ori^onte Come lucida fella in notte buja . (5)' Inclina ad Euro il guardo , e ve' £ Alcide (6) La 0) I primi Fi lofofi cìie ("tìrfero ìa Italia furono cfi Mapna Grecia. (2) Zaleuco di Locri fu il primo a dar lepgi fcritte a' Cuoi Concittadini. U) Orfeo Grotoniate, diverfo da quello diTracia, ed Autore del Poema de* gfi Argonauti . (4) Pitago ra flabilì la fua fcuola principalment'é in Crotone. (5) Il Gran CsfTiodoro, cui dobbiamo eterna riconofcenza per aver ccn tanta accutate27a confervato alla j-cflerilà gran copia di rranofcritti , accrefcendone an- cora il Rumerò per nje22o de' luci infaticabili ccmraEni di travaglio j e di foli» tucrine. {,6) La diflrutta Città di Eraclea , o Erculea . La già famofa^ ed or negletta fponday Che la prirn alba , e poi V ultima fera Del prifco Italo Apelle ( i ) accolje un tempo . Quindi non lunge altera ancor torreggia Citta divina (a) , di celejle ingegno Madre ^ ed albergo. (^) Al magno augujlo nome Applaude r Univerfo , e f noni fi tace . Val mar deW Oriente (4) ancor tu afcolti Gemer t Adriaco flutto in suW eftremo Fato immaturo del Cantor di Enea. Là £ Appennin sul declinante dorfo Del triforme cantor la cuna antica (5) Sfida il furor del tempo edace ancora . Dal nevofo Aquilon (6) V altera fronte Erger Sulmo tu miri, e t onor primo Aie altra difputar , ne forfè invano; Poiché 7 Vate d' Amor là vide il giorno . Le luci or china, IS CORSO DEL CAVALIER SANSONI SOCIO RESIDENTE Sulla Storia dell'Umana Ragione 'Pronunciato- nella fiejfx folenne apertura-I Tuit JovianM rsvhefcentis- natura? fpecimin-. Pietro Summoiue» SICMORI l!L L titolo dìfiintìvo della voflra Società non e putito ufurpato. Egli è di vofira competew^a . Uomini di let- tere, i quali kanno' dalf amicìzia la prima occafione di unirjl: che neW unione trattano le fcien^e e le belle arti come abituale fuggetio di lor converf airone-, che, dallo fperiniento' deW milita di fa' congreffl s' inducono a fijfarli colle regole' d-una flabilefocieta: che nel darfì un re- golamento fociale fervono alla neceffita deW ordine , non air ollenta\ione <£ un pompofo i/ìituto : uomini tali , Ji tardajfero effi ad ajfumere un titolo , V altrui difarnl' mento farebbe foUecito ad additarli Poncaniani . Né Né t opera che intraprendete è meno degna del Ge- nio di Fontano: an-(i fé fojfe mai vero^ che per ejfo e per le fue iJiitay.oni fi foJfe già preffo noi la ragio- ne elevata al più alto grado deW umana condizione , la vcfira intraprefa farebbe onorata da difficolta maggiore. ' Colui che travaglia al progrejfo d'' una facoltà eccita- ta , ha nel fuo travaglio compagna la natura , che per fé tende allo fcopo ; ma e d' uopo qua/i colla natura combattere , quando fi cerca eliminare o fofpendere il fatale periodo della decadenza . Quefta farebbe allora r opera vojtra; opera tanto più giovevole^ della prima, quanto la corruzione della fcienza perniciofa e più delV 'ignoranza . Tali cofe nelt animo rivolgendo , mi fi fono offerte fpontanee offervazioni sul fiflema della Ragione: in pri- ma suir indole fua primitiva ; dappoi sugli accidenti del fuo fviluppo . Portando rapido lo fguardo sulla fioria di tali accidenti , mi ha trattenuto in. una particolare offervay.one il genio di Fontano ; ed in un altra tifii- tu^ione delle focieta fcientifiche^, che riconofce Fontano autore , e voi rifìoratori . Quejle vedute compongono V argomento che mi ho propofio; ma non vi afpettate, ch'io lo tratti in tutta la fua efìenfione . Non può contenerlo la brevità d' un di/corfo . Temo forte d'altronde che della brevità fi offenda la degnila del fuggetto ; ma io non pretendo che dar ec- cÌLamemo ad un opera nella quale ciafcuno di voi potrà meglio occuparne V amputa , e foddisfarne la degnila. CA- CAPO I. Primitiva Ragione Umana. i J(L Stile di molti oflervatori della natura diffinire il genere colla limitata idea della fpecie , fenza incaricarfi di ciò , per cui V uno dall' altra fi diftingue . Per tal modo han confiderato il genere degli uomini nella flefla condizione dell' uomo Angolare : in confeguenza gli hanno aflegnato ne' diverfi periodi dell'età gradi di- verfi di ragione ; e ficcome nell' uomo fano la ragione non da paffi retrogradi , nel Genere Umano fi è figu- rato altrettanto , e fiiblimi talenti 1' han foflenuto . Lepida immagine è quella dell' infanzia dell' Uman Genere durata fino al tempo di Pitagora . La più anti- ca geometria degli Egizj , l' agronomia degli Affirj , la nautica de' Fenicj fi fon dette fperimenti di fenfo , pri- vo di ragionamento . Mercurio Trifmegifto , Ojfco , Zo- roafiro , Vulcano diconfi nomi favolofi . L'opera di Trifmc- gifio fi afferma già da' dotti difcoperta fiippofla . Per le oflervazioni del P. Rapino gli uomini non han co- minciato a ragionare, che nella fcuola di Pitagora e di Talete . In confeguenza la divina Poefia di Omero, e molto pili la lingua comune de' Greci di quel tem- po , dalla quale prendiamo tuttora a preftito le parole, per diftinguere con efattezza i penfieri , erano vngùi di bambino in culla •, e meno che puerili uaftulli erano » le IO le magnificenze di Tebe , e di Babilonia , gli argini flupendi dell' Eufrate , i portentofi aquedotti fotterranei della Media , e tante del pari antiche opere del genio , e dell' induftria , fegnalate da' ruderi a recenti viaggia- tori. La marcia della Ragione procede nel genere degli uomini altrimenti che neli' uomo fingolare . Oilèrviaraolo da capo. Fiffiamo Tidea della Ragione ; ma fi badi che non il può con regolare diffinizione difegnare ciò che non ha genere proffimo , nel quale fi comprenda , ne fpecie compagne , colle quali fia comparato a notarne la dif- ferenza . In quefto cafo debbo contentarmi di additare quello che io fento . Se lo farò per modo che , come me , altri fenta la diftinzione dell' oggetto , avrò fod- disfatto il bifogno della diffinizione . Quello metodo è flato riconofciuto giuflo da tutti coloro che han tenuto difcorfo della Ragione . Così r hanno additata nelle principali fue funzioni . Hanno comunemente detto efler tefercì-yìo di quella facoltà, per la quale conofciamo i rapporti delle cofe , e giudichia- mo della loro convenieny^a . Ma fi è oppofto che i Bru- ti fanno altrettanto , moftrandofi per forprendenti ope- razioni eh' e fi 1 conofcono, e giudicano de* rapporti delle cofe . Quindi è parfo feguire o che i Bruti abbiano con noi comune la -facoltà di ragionare , o che altron- de debba il concetto della ragione ripeterfi . Ecco il fondo delle eterne quiftioni , che hanno tanto agitato i talenti metafisici . Una II Una novella filofofia, rlftorando, ó svolgendo alcu- ne antiche idee , ha sgombrato tutti gV imbarazzi . Ha affermato non effervi altra facoltà, che quella del fen- fo , il quale col miniftero della fantafia conofce , col foccorfo della memoria ragiona. Una miglior coftituzìo. ne fa che il fenfo adempia nell'uomo, più efattamente che ne' Bruti, le additate operazioni. Ultimamente fi è avuta per dimoftrata la cofa con una fpecle di fperien- za . Con ingegnofa fantafia fi è invertita di fenfo una fìatua, e fi è felicemente educata fino all'alta filofofia. A confolare la propria ignoranza , e dar termine alle penofe meditazioni, colle quali tenta l'uomo di ufcirne, abbraccia con facilità le idee che ne io poffono lufin- gare. Da quella umana debolezza è derivato il traspor- to, col quale fi è abbracciata la ftatua animata dall'Aba- te di Condillac . Io riconofco il pregio di quell' ope- ra . Lo riconofco in ciò , che vi fono con beli' ordine difpoile le operazioni dello fpirito ; ma il neffo fra loro parmi tutto fuppofio , fenza ragion fufficiente. Freniamo la fantafia: moderiamo la metafisica: offerviamo la natura. E' un fatto della natura la differenza di due modi, ne' quali dal fenfo riceviamo l'impulfo ad operare. Senza accorgimento in un modo: con accorgimento nell altro. CU atti Angolari interrotti, ne' quali le noftre operazio- ni mancano di accorgimento , fono di frequentiffimo fpe- rimento . Se tutti li raccoglielfimo , ne comporremmo la maggior parte della nollra vita. Ma ciò che la na- tura opera in un atto, può ben continuarlo ia acti fuc- ■I» cefllvi. Può bene dunque ftare nella natura una catena di non avvertite fenfazioni : in confeguenza una ferie d' impulfi di tal coadizione , donde rirtilti un iifccma di operazioni fenz' accorgimento fentite. Quello fillema ab- bonderebbe di tutti que' fenomeni , a' quali da luogo la moltiplico combinazione delle fenfazioni e degl' impubi : farebbe nella fua sfera confeguente , com'è nella fera- plice natura la catena delle cagioni e degli effetti ; ma farebbe limitato a certa sfera , perpetuamente uniforme ed invariabile , come il fisico fiftema » Ecco V iftinto che co' Bruti abbiamo comune . Ma noi non diciamo conolcere, fé non che ciò che con accorgimento fentiamo : e queft'accorgimento non può provenire dalla fantafia , o dalla memoria , perchè fi con- "viene co' fettarj medefimi del fenfo , che l' ofiìcio di tali facoltà lìa femplicemente quello di ferbare, o rinnovare le forme delle fenfazioni nel proprio loro flato fenz' al- tro aggiungervi ; e dallo fperimento fappiarao , che ne- gli atti operati fenz' accorgimento noi non manchiamo aè di memoria , né di fantafia . E' dunque facoltà diver- fa quella che fomminiflra 1' accorgimento . Intelletto e la voce comunemente ufata a dillinguerla : Mente è chia- mata nel principio attivo: Ragione nel progreflìvo efet- cizio . Ad indicare dunque l'indole della ragione baflerebbe diffinirla /' eferciiio di quella facoltà per la quale ci accorgiamo di fentire . Se alcuno di nuovo dimandafle in the confifta l'accorgimento, io ricercherei che innanzi mi fi fpiegafte in che conHl^a il moto: in ciré confida il fenfo. Quelle cofe fingolari con-iunemcnte intefe ad uà modo, fono jibbalìanza difEnite dal nome. Moto, fen- fo accorgimento noi chiamra^mo alcuni fatti della natu- ra , li quali , come fingolari , per loro lleffi da ogni al- tro fi diiìinguono ; ciò che vuol dire fi diEnifcono. Nel diffinirc la ragione per le fue funzioni io ho fo- lo notato l'accorgimento . Le diftinte operazioni , che altri notano , non fono che rifultati , li quali fervono a defcrivere , non a diffinire . In fatti è r accorgimento che cangia le fenfazioni e le loro forme in conofcenze : e ficcome la natura pro- cede dal femplice al comporto , dal facile al difficile con perpetuo progreflb , così sulla più femplice fenfa- zione, e fui più facile accorgimento ^\ erge tutto inte- ro r alto edificio della ragione . La fenfazione del fi- mile e del diverfo è riconofciuta per la più fem.phcc : così r accorgimento di queda fenfazione e il più faci- le . Or la conofcenza del firn ile e del diverfo contiene ^dirò megho) è la fìefla che la cognizione del genere e della differenza ; nel fimile è il genere : la differenza nel diverfo . Ciò vuol dire eh' effa contiene la diffini- zione delle cofe fentite ; ed è noto come per la diffi- nizione fi erga lo fpirito da un genere all' altro lino a comprendervi tutta 1' efiUenza fentita ( pregio dell an- tica Filofofia ) ; e come per lo fleffo mezzo difcenda allji più femplice cognizione fpecifica o individuale ( pre- gio della Filofofia moderna ) . Sen- t4 Sentirono quella verità gli antichi ; iìcchè la diftin- zione del limile e del diverfo , avvertita coli' efattezza de' numeri, fervi a Pitagora per fiflare le reg-ole dell' ar- monia univerfale : a Platone per comporre la fabbrica dell' Univerfo . Come neir uomo 11 fviluppi : come dia paffl progref- £vi : come li dia retrogradi , farà argomento del fe- gucnte capitolo . CAPO II. Sviluppo della Ragione ." La natura ha dotato gli efleri di facoltà corrlfpon- denti agli officj, che ha loro desinato nell'ordine uni- verfale; ma è notabile l'economia, colla quale fviluppa ed efercita tali facoltà , fecondo V efigenza dello flato attuale. Ha pollo nella coftituzione dell'uomo la facol- tà di ragionare non meno che quella di fentire ; ma nel felvaggio non riconofciamo che la feconda , cioè 1 illinto , perchè a foddisfare gli officj di tal genere di \'ita balìa l' impulfo del fenfo . Allora quando gli accidenti del primo flato avranno dato luogo a novelle fenfazioni , e quindi a nuovi bi- fogni : allora quando per tal modo il piano dell' efigen- za lì troverà eflefo oltra i confini dell iflinto ; e quin- di ad ordinarlo infufficienti o fallaci diverranno le re- gole che r iflinto ha nel limitato , invariabile , fempre uniforme fuo lìftemà : è allora che 11 fenfo ,- agitato dalla neceffita d' una guida , fviluppa 1' attività della mente . Si oflervi che ogni elTere tende perpetuamente ad efercitare le fue facoltà : fpiega con quella tendenza il fuo dedino nell'ordine . Avviene così , che la mente de- fìinata a conofcere , tende perpetuamente a tal opera , ed è quella tendenza illimitata , che chiamiamo curiofità: operazione che non porta ad alcuna: conofcenza, fé un bifogno non ne determina T oggetto . Di quello feno- meno abbiamo una viva immagine nella defcrizione che fa Robertfon dell'indole di alcuni felvaggi dell' Ameri- ca , li quali palTano una gran parte del giorno sdrajati fulla ripa di un fiumicello in apparenza di profonda meditazione sugiuochi dell'acqua corrente , fenz'apprendcre alcuna cofa . E' quella fatua curiofità , che incontrandofi in un'oggetto di bifogno , vi trattiene la mente , ed in tal guifa fi cangia in attenzione . E' figlio dell'attenzione quell accorgimento , che ponemmo nella bafe della ragione . Da quella pofizione deriva , che il piano della ragio- ne fia in perpetuo rapporto col piano de' bifogni , per modo che ne fegua tutte le condizioni . I Greci fenti- rono intimamente l'efficacia di quello rapporto , onde mife- ro fomma cura alla regolarità del piano de' loro bifogni. Alterarlo era attentato all' ordine pubblico ; e temettero iìffitta alterazione fin nel fuono delle corde armoniche. Alla regolarità , all' unità di fiftema pollo nel piano de' bifogni fu corri fpondente la regolarità e l'unità del fiUema nell' cfcrcizio della ragione , per la quale tanto pre- IO prevalfero ad ogni popolo. Se nfànze elbtiche , fé di- \erfi o difcrepanti principj di Legislazione , di Governo, di Religione inducono nel piano elìgenze repugnanti , incompatibili , incapaci d' ordinato fiiìema j 1' attenzione farà dagl' impulfi difcordi paralizata , 1' accorgimento farà perpetuamente incerto , e la ragione incontrerà in ogni confeguenza V aflurdo . Ecco la degradazione della ragione . La floria la mo- flra in Grecia proporzionata alla depravazione , che da tempo in tempo mifero nel piano de' bifogni le addita- te cagioni . La Greca Filofofia fu nella decadenza richiamata da Tolomeo nelF Egitto , quali efule alla patria ; ma fera- brò ch'ella amaffe ftabilirfì nella Capitale del mondo . Il ceto de' dotti 1' accolfe con trafporto : i più gravi , come i Giureconfulti , le rinnovarono i Portici di Ze- none : i cultori del g-ufto dilicato i giardini di Epicu- ro . Fu vana la cura . Pianta di Grecia non poteva al- lignare in Roma . La filofofia Greca fu rifpettata per riputazione , fu profetata per vanità , fu derifa per r inopportuna applicazione al piano de' bifogni che {en- tivano i Romani . Il più rifpettabile rtoico di Roma nieriiò di efler chiamato fatuo : la virtuofa fetta di Epi- curo fu detta in Roma gregge di porci . Scorrete co- munque con rapido fguardo la feguente floria del Po- polo Romano : voi quali cogli occhi vedrete marciare a paflo eguale il difordine dell' efigenze del fuo flato colla degradazione della comune ragione. Giunfe cotefla mar- ftiarcia a tal grado, che parve neceffario tutto diftrug- gerll innanzi che fi poteflè l' ordine riftabilire . Soddis- fecero i Barbari quefto bifogno della natura univerfale. Tutto fu diltrutto nella loro invafione ; ma non fu il ferro o il fuoco che diflruflè la ragione: ella fu fpen- ta nel convivere i Barbari con noi . Noi avevamo da gran tempo trafcorfo tutt' i periodi della civilizzazione , quando i Barbari vennero ad in- cominciarla in continuazione della noa fi procaccia i modelli da imitare. Ciò vuol dire, che il primo paflb regolare della coltura della ragione è la let- teratura , o r erudizione , la quale appreiìa i modelli : il fecondo le belle , arti , nelle quali è T efercizio dell' imitazione : il terzo le fcienze , ofTia la libera iìlofofìa inventrice di novelle verità, fabra di nuovi modelli. E' fiata quella la marcia della noftra riftorata cul- tura . 11 metodo fcolaftico , menando quali per mano la fmarrita ragione , l' aveva polla a portata di un confe- guente efercizio , quando gli ultimi Greci ci recarono gli antichi loro modelli, ed eccitarono in noi la ricer- ca de'proprj noflri modelli latini . Eccoci occupati alla letteratura, ed alla erudizione . Eccoci rapidamente tra- fcorlì allo fìudio dell' imitazione , cioè alle belle arti . Fu rapido in quelli periodi il nolìro progreffo, per- chè le reliquie de' coflumi , degli ufi , delle leggi , e tanti permanenti fcgnali del vetullo ingegno , e delle arti, mantennero preifo noi nell'involucro della barbarie feni- pre vive le faville dell'antica coltura, le quali al pri- mo agitamento divamparono . Ma quello che maffima- mente giovò a fpandere la chiarezza della ragione , ed a per- a perfezionarne le operazioni, fìi riflltuzione delle So- cietà letterarie. Iflituzione tutta nuova , ignota agli anti- chi , provvidamente fuggerita dalla natura nelF efigenza delle circoftanze . A raccogliere i modelli della ragione ebbero bifogno gli antichi favj d'una lunga peregrinazione prefTo le più rimote Nazioni flraniere. 1 viaggi tennero luogo di let- teratura: le tradizioni e le ofTervazioni locali coftituiro- no r erudizione. Voi conofcete i falli di queflo metodo; ma vi è noto egualmente qua' vantaggi haii tratto dall ufarne anche i favj recenti . Socrate il maggiore degdi antichi favj potè aftenerfene ( ciò è Vero ) , ma fu perciò che la fua filofofia fi tenne flretta ne' confini della fem- plice morale , alla quale ballava nel fuo tempo la ri- cerca de' modelli nella patria, e nel proprio cuore, che non femiva bifogno di fapienza , fuori quella dell' one- fta della vita . La noftra ragione rinacque nel feno della barbane , che ricopriva tutta la fuperficie della terra per commer- cio conofciuta , ogni acceffibile regione . Il metodo dei viaggi non poteva aver luogo. D'altronde i modelh del fapere erano nelle memorie di quegli antichi dotti , che non avevano lafciato fuperfliti fucceflbri in alcuna parte del mondo : eravamo noi poflelfori di cotefte memorie . L'Ordine della natura aveva nella noftra Patria dellinato il depofito del fapere . OfTervaile con quale induftria , or per invafione, or per afilo vi fece penetrare gli ap- portatori de' modelli che mancavano . Conofcerli era pn- mo pafTo della coltura; e l'acqulfto di quefta conofcen-? za era faccenda della vita comune . Egli è così che tutte le umane iftituzioni, egualmente che le femplici idee , fon formate dalla natura prima che fieno dall' uomo avvertite . Cofmo il magnanimo eb- be preflb fé il confeflb platonico prima d' immaginare r irtituzione d' un Accademia fotto la prelìdenza di Mar- fìlio Ficino . Il Cardinal Beffarione non fece che dar tuono di Accademia alla fua converfazione : e quella di Antonio Bcccadelli il Panormita prefe così il nome di Portico Antoniano . Ad ogni modo non credo ingannarmi fofpettando , che alle iftituzioni delle Società letterarie abbia fervilo di efempio, o di fomento il circolo fcolaflico. Queflo fo- fpetto il accomoda bene all'idea del Signor Tirabofchi, il quale alle tre indicate Società fa precedere l'adunan- za tenuta nel Convento di S. Spirito de' Frati Agoiìinia- ni di Firenze; mentre altronde fappiamo , che quell'adu- nanza verfava in difpute fcolafìiche , come tutte le al- tre tempo innanzi iftituite in ogni convento di Religiofì. DifFi tutto nuovo il gufto delle unioni letterarie ; ne il titolo prefo dalle Greche iftituzioni deve con quelle confonderle. Nell'Accademia, nel Portico, nel Liceo un Savio fpiegava a difcepoli la dottrina ch'egli aveva An- golarmente tratta dalle fue oflervazioni . In quelle fi a- dunano gli oflervatori : fi comunicano le notizie delle altrui dottrine ; e sul calcolo del loro valore fi fonda la propria , rettificata dall' gmichevole cenfura de' Socj . Un Un colpo d' occhio difcopre 1' enorme differenza eh' è tra l'antica e la nuova iftituzione. Difterenza che giu- flifica la dilicatezza del voftro guflo nel rigettare il ti- tolo di Accademici , ed ogni altra di antico colìu- me , ritenendo quello di Socj , che nella femplicità dell' efprefllone perpetuamente rimembra il bel principio che 5 E' poi pregevole foggetto di orazione ad encomiare, non di difcorfo a dimofìrare, la prefìanza della nuova iftituzione fopra 1' antica . Si prefenta allo fguardo di ogn' uno il vafto campo , che per efla fi apre all' efer- cizio della ragione , ed alla celerità della fua coltura . In fatti letteratura , erudizione , belle arti unirono nelle noftre Società quafì fenza intervallo all' intraprefà la per- fezione . Ma è d' uopo confeflarlo , il gufto dell' erudi- zione alimentato oltre il bifogno dal comodo della ftam- pa ( bella produzione della ragione imitatrice ) portò qual- che remora alla ragione inventrice, difFerì l'acquifto del- la libera filofofia. Avvezzi a non difcernere, che coli' altrui veduta, ci formammo all'affldua meditazione reftii. E parve per verità prudenza efler tali . Ne' greci e latini papiri noi trovammo uomini a noi fuperiori fen- za mifura . Nel di/porci a ricercare dappoi per noi me- defimi qualche verità, abbiamo trovato fempre nel tra- vaglio d' un libro ftampato una migliore difpofizione didee, che non fentivamo in noi nell'accoftarci alla let- tura. Abbiamo preferito un libro ad un altro, ma fia- mo flati aftretti a pofporre perpetuamente l'informe no- flro '31 ilro embrione. Se qualche volta con raro ardimento ci lìamo riputati fuperiori all' autore del libro : come ciò non è avvenuto che dal ripruovarlo , il corfo naturale delle idee ha riftretto l'opera noflra a femplici modifi- cazioni dell' altrui iìflema , ed ha rimoflb fempre V in- ^venzione • Lo fpirito d'erudizione troppo innoltrato ha danneg- giato pure le belle arti in quella parte , che richiede modelli tolti direttamente dalla natura . Nel celebre trat- tato dello Stile fublime 1' Oratore Iperide è comparato a Demoflene. Iperide è il modello del perfetto Oratore: egU ha improntato da Demoflene tutto il bello, depu- rato dalle brutture : le regole dell' orazione fono cfT'r- vate con efattezza , che non lafcia alcuna prcfa a mali- gno cenfore. Demoflene ha molte cofe a riprenderli, e Longino le nota . Malgrado ciò , Longino riconofce giu- Ho il comune fentimento , che preferifce Demoflene ad Iperide . Come può avvenire che fi pofponga il perfet- to al difettofo , comunque pure {limabile ? Per me non efito rifpondere , Demoflene cercò i modelli nella Na- tura: Iperide li prcfe da Demoflene. Sia pur dotto quan- to chiunque fi voglia nella cognizione del triplice ordi- ne dell' architettura , colui che primo l' efibì nell' opera fua , farà eternamente maeftro d' ogni fagace imitatore . Nel principio del fecolo decimofeflo i talenti faziati dalla perfetta imitazione fentirono il bifogno dell'inven- zione . La provvida natura portava la marcia sull' ulti- mo periodo della cultura della ragione. 11 Signor Tho- mas 35 mas nel coronato elogio di Cartefio, ufando di queirelo- qucnza che tanto lo diftingue nel!' inclita fua Nazione, con vive immagini rileva il fermento dello fpirlto d'in- venzione , che in quel tempo agitò l'Europa , e fviluppò come cofpiraii i talenti di Vafco Gama , Colombo , e Magellano : di Copernico , Ticone , Galileo, Bacone , Cartefio . Stia ferma la lode dovuta all' invenzione di cotefti fublimi talenti del fecolo decimofeflo . Innanzi a coftoro , nel fecolo decimoquinto marciava già T ardito genio di Gioviano Fontano . Io non so, ne ni'interella fa pere , con quanta giù- flizia l'Accademia Romana, ed il Portico Napolitano con- trarino r anteriorità dell' iftituzione all' Accademia Fio- rentina . Certa cofa è , che cotefte Società non tentaro- no paflare il confine dell' imitazione . Letteratura , erudi- zione, belle arti, ed in ilpecie l'oratoria, e la poetica furono gli oggetti , che fi propofero . Fontano , che nel Portico aveva tenuto il luogo del veterano Panormita ancor vivente , in morte fuccedendogli con pieno dritto, cangiò il piano dell' iftituzione , ed in fegno del graa cangiamento, abolito l'antico titolo, fu furrogato quel- lo di Accademia Pontanìana; ex qua (piacerai di tra- Icrivere il luogo di Giacinto di Cridofaro rapportato dal P. de Sarno ) Ikterati viri , velut ex equo Trojano excun- tes, undique honas artes propagarum ; adeo ut per eain Poejìs^ Reihorica, Hijioria , Jur'fprudentia, Grammatica, Critica , & deinceps Philofophia , Medicina , Geometria, Ajìronomia , ceteraeque liberales difcipUnae perfecìiores, 5 6 34 & cuìtiores evaferint '. In quefto piano di facoltà non riconofcete voi Signori il primo articolo de' voftri fta- tuti ? Non è deffo il piano della libera Filofofia ? Se non è incorante la regola di natura , che ogni facoltà eccitata ama di efercitarfl con perpetuo progref- fo; Fontano, il quale aveva in giovane età fcorfo fino agli eflremi il Regno dell' imitazione , come mofìrano le incomparabili opere fue d'erudizione, di eloquenza, e dì poefia ; per forza di natura dovea tentare il paflaggio al regno dell'invenzione. Nelle opere filofofiche è ma- nifefto il conato (a): l'Accademia n'efièttuì la riufcita . L'efercito che lo feguì quafi difcefo , fecondo la bella immagine di Criflofaro, dal Cavalla Trojano , è porto in ordinata raflègna e diflinto in corpi Acccademici dall' egregio Signor Giufliniani nell' erudita operetta : breve contei^ii deW Accademie ìftituite nel Regno di Napoli. Inutile farebbe ripetere cofe già dette, ed al compimen- to dell'opera mia bada fegnare, che Gioviano Fontano aprì la breccia , e sull' alta rocca deir invenzione pofc Io stendardo della vittoria , e vi annunciò l' ingreflo del Genio Napolitano . Voi militate fotto quella bandiera .. ME- (a) Il Fontano nelle morali, e nelle fisiche fcienze introdulTe idee nuove , ed anche oggi lieneralmente applaudite. Egli è flato il primo a proporre il (ìftemi, che fa confiftere il piacere nella diftanza da due contrari eflremi; e nelle cofe fisi- che, il primo tra moderni ha fatto parola della così celebre les^ije di continuità , parlandone come di'cofa già comunemente adottata. Veggafi il libro rie fortitudine nel capo intitolato : Fortitudinsnt in mediocritate effe pofìtam . Vesjqafi anche il Dra- £hettt nelle fue DifTertazioiu Pficolosicbe DifTetr. i. e'I Tirabofchi tom. VI. p. u «ap. II. ÌS MEMORIA SULLA. VITA DI DANTE DEL SIGNOR GIUSEPPE DE CESARE SOCIO RESIDENTE letta nella Seduta del di 31 Luglio 1808 Cbt f anima di quel , cJ' oie ■, non pofa , Ni ferma feJe per exemplo eh'' haja La fua radice incognita e nafcofji , Né per altro argomento che non paja Daiit. Farad. Cant. XV II. RISPETTABILI COLLEGHI . V ella memoria che mi pregio di prefentarvi , la vita contienfi del primo Poeta delV Italia no/Ira , del divino Alighieri. Avvegnacchè Boccaccio^ Leonardo Aretino, Crejcimbeni , Fabroni , ed altri ancora abbiano dijfufa- mente fcritto su quejlo oggetto interejfante , pure un nuo- 36 vo lavoro sul medefìmo femhrarvi non deve una lette- raria fdpcrfetaiione . Tutte le Vite di quel Poeta foin- mo comparfe finora fon piene di lunghe e fuperflue digrejjloni , e de'' pregiudiy de luoghi e tempi in cui furono fcritte . Niuna e difpojìa e compilata sui grandi modelli delt Antichità , poiché niuno degli au- tori di quelle camminar ha voluto sulle immortali tracce di Tacito , e di Plutarco . Ma avrò io feguìto degna- mente quefle tracce onorate ? non ardifco al certo di ciò lufingarmi : ho fol procurato di allontanarmene il meno che le mie deboli for\e mi ahhian permejfo . Gradite pertanto^ a miei Colleghi, in atteftato della filma che nutro pei talenti , e per le virtù vofìre , e del nodo fi aterno che a voi mi lega, gradite T omag- gio che ora ho t onor di farvi di quejla mia quaìfiajl memoria sulla VITA DI DANTE. ÀUor. 37 ^allorquando i degeneri difcendenti d' illuftri ante- nati con turpi e vili opre la gloria di quelli ofcura- no , e le onorevoli gefte , di gran lode degno al certo è quegli tra effi , che , libero ancora dal comune con- tagio, di allontanar tenta dall'erroneo fentiero i traviati fuoi congiunti col prefentar loro alla naente quella glo- ria pallata , e quelle nobili gefte . Così nell' attuai de- cadenza dell'Italia nofira , è da commendarli lo zelo di quel cittadino di ciTa , che a rammentar imprende la vi- ta luminofa di qualche uomo infìgne , il quale con le file opre , e col fuo ingegno onor grande arrecato abbia all'Italico nome, ora foprattutto che quello nome Tonor fuo primiero rivendicar fembra, e l'antica fua gloria. Né folamente alla brillantiflìma epoca della romana potenza ricorrer dobbiamo per rinvenire uomini forami di ogni genere ; potendo noi volger anche lo fguardo verfo quel medio evo tenebrofo tanto pel refto dell'Eu- ropa , e chiaro fbl per l' Italia . Nel mentre , infatti , che la fuperftizione , la feodali- tà , la tirannia giorni d'ignoranza, e di fangue fcorrer facevano per tutte le altre parti dello fquarciato roma- no imperio , nel noftro felice fuolo foltanto con libera- lifllme forme di governo riforgevano il patriotifmo , il valor militare, le fcienze , il commercio, e le arti.- Bello era il vedervi piccioli repubblicani flati relìfter non folo alla potenza politica de' più gran Sovrani dell' Europa, ma benanche alla più ellefa e più temuta mo- rale 3^ rale potenza de' romani pontefici , e gV ingiufii anate- mi , che non pel ben della Chieia , ma per isfrenata ambizion di potere, da taluni di cofìoro eran lanciati, e che la corona flrappavan dal crine agi' imperadori alemanni , ai monarchi franced , venir difprezzati e fcherniti da Venezia , da Genova , da Fifa , da Firenze^ da Siena , e da altre indipendenti città del F Italia , ove r amor della libertà , e della patria ben più alto par- lava di qualunque umano affetto , e della flefla reli- gione (i) . Bello era il vedervi, a cagion di efempio,^ in fulla fine del fecol decimoterzo , quando il rello delF Europa altro uomo celebere prefentar non poteva all' a- fpetto del mondo che Alberto Magno , S. Tominiafo d' Aquino dar preffo noi un tanto lurtro alla metafili- ca , e alla teologia colle dotte fae opere ; Cimabuc , e Giotto far riforgere la fierduta pittura ,• Fra Guittor.e di Arezzo inventar la fcala della mufica ; Guido Guinicclll da Bologna , Guido Cavalcanti da Firenze , e Cjno da. Piftoja non indegnamente verfeggiare in volgar poeda ;. ed il creator del bello e foave noftro idioma, il fom- mo Dante portarla a quel grado di fplendore , e di altezza , d'ande ninno de' poeti fuoi fuGcelFori ha mai più potuto rimuoverla , e lafciarci nella veramente divina. fui Commedia un opra profondifTima di filofofia , di floria , di teologia , e di morale , da formar per fempre r ammirazione , e l' incanto de' meravigliati fuoi poderi. Or di quefto grand' Uomo a narrar mi accingo li vita , affiu di ergere un fecondo , benché rozzo monu- mea* 39 mento (i) alla fua gloria ; e quello mio forfè ardito tentativo fcufato elTcr dovrà certamente, fé noti laudato per r amor della patria , e dell' Italica gloria , che me ne ha dellata V idea . Dante (3) Alighieri nacque in Firenze nel 1^65. da; nobili genitori . Il fuo Padre Aldighierì , fé dobbiara credere al Boccaccio , l' origin traeva da un Elifeo , del- la nobiliflìma famiglia Frangipane, venuto da Roma (4) in Firenze . Ma fia pur qual vuolfì una tale origin della fua famiglia , certo è che Cacciaguida di lui tri- tavolo perde la vita pugnando contro i Mufulmani fot- to le infegne di Corrado di Svevia Alemanno Impera- tore (5) . Di fua madre a noftra memoria altro non giunfe che il nome : fappiamo che fu elTa chiamata Ma- donna Bella . Quantunque perduto egli aveflè il padre nella fua puerizia , pur fu allevato nella coltura di tutt' i buoni Hudj per V opra , e diligenza della faggia ed amorevo- le madre. Brunetto Latini, gran filofofo e letterato , per quanto il comportava quel tempo , fu fuo maeftro in tali ffudj, infegnandogli , fecondochè dice Io fleffo Ali- ghieri , con" dolci e paterni modi come t uom fi eter- na colle fue opre onorate, e coi belli prodotti del fuo ingegno . Leggefi benanche nel rinnomato commento di Benvenuto da Imola , che non folamente in Firenze , ma eziandio in Bologna , ed in Padova attefe Dante ad ammaeflrarfi nella naturale e moral filofofia . A preferenza egli però applicoffi a guftar le bellezze dei poe- poeti claiKìci del Lazio, e principalmente di Virgilio , le quali pofcia trasfufe tutte nel Tuo Poema , perchè con nuovo vi brillaffero , e con più vivo fplendore . Dotato di un cuor fenfibile , e di un umor malin- conico e lilenziofo doveva elìer egli neceflariamente av- volto negli amorofi lacci , ove non cadon facilmente gì' infenfibili , i loquaci , e gii allegri . Narraci in «-f- fetto il Boccaccio che fin dalla fanciullefca età di anni nove fu Dante prcfo da un caldo affetto per Beatrice figlia di Folco Portinari, nobil fanciulla Fiorentina , e bella al
  • e i-he cominciò P anno 131V ? crejrono efTì una iMagiftratura di ot- to cittadini ptrchc quella amminiflrafle con ampli poteri . Or ebbe- ne quefti delegati del l'opolo aveffero fpogliate le chiefe de' loro be» ni , dilprezzate le cenfure Pontificie , e sforzato il clero alla celebra- zione de' Divini Offìcj ad onta deli' interdetto del Papa , pure furono circondati Tempre dalla confidenza nazionale , ed ottennero perfino il foprannome di Santi: tanto, al dir di Macchiavelli, quelli cittadini li- mavano allora più la patria, che l'anima. (i) Nell'i/a/ne della Divina Commedia da me ptibblicato il 1807. ho trattato del piano e della condotta, dello ftile, e della filofofia profon- da di queir impareggiabil Poema . Qucfto opufcolo pili utile che bril- lante ha meritata l'indulgenza di tutti i buoni Italiani , e fpecialmente dell' illurtre Monti , il quale onoromrai della fua approvazione in ter- mini oltremodo affcttuofi e lufinghieri . • (3) 11 nome proprio del Poeta era quello di Durante » del qualff Dante è uno di quelli accorciativi , e vezzeggiativi tanto ufati in Fi- renze . Il nome di Aldighieri prefelo fuo padre per parte materna da una f:imiglia di Ferrara , (4) Coloro che foflengono quefta antica origine della cafa di Dante,, principalmente (ì appoggiano a ciò che nel canto XII. dell' Inferno Brunetto Latini maeftro del Poeta , predicendogli gli eccedi ai quali i Fiorentini contro lui portati iarebbonfi, gli dice ne' fegusnti verii :; Faccian le bejtie Fief alane (ìrame Di lor mede/me , e non t'occKin la pianta , S'' alcuna /urge ancor nel lor letame,, la cui riviva la Jemertta [anta Di quei Roman , che vi rimaftr quando Fa fatto il nidto di malizia tanta . (0 Nel canto XV de! Paradifo finge il Poeta che dallo fteflb di Itii tritavolo narrata gli venga quella gloriofa fua morte, io credo pre- f;io dell' opra di qui riportar quefto bello fquarcio , il quale interef- lar deve eziandio pel frizzo che contiene contro le ufurpazioni dei Pa- pi , e per le morali oflervazioni che vi s' incontrano . Dice dunque Cacciaguidà al fuo nipote : Fot feguitai lo Jmperjtor Currado,- Fd ei mi cinfe della /uà milizia y Tanto per bene oprar gli venni in grado , Dietro gli andai incontro alla nequi^u. Di quella legge, il cui popolo ufurpa , Per colpa del Paftor y vofira giujìi^ia. Quivi i6 Quivi fu^ io da. quella genie tarpa Difviluppato dal mondo fallace , li cui amor molte anime deturpa , E venni dal martirio a quefta pace , (6) La magiftratura de' Priori cominciò in Firenze alla metà di giugno del 1282. Da prima fu di tre, quindi di fei, prefi indiftinta- nieate tra i popolani , ed i grandi ; e la fua durata era di mefi due . Dovevano i componenti Tuoi eflere afcritti ad un arte , giacché il go- verno di Firenze eflcndo meramente democratico, la ibvranità rifedeva nelle corporazioni degli artigiani ; e Dante , benché di nobil famiglia , pure per entrar nel governo afcriver fi dovette nella fella arte della Città , quella cioè degli fpeziali, e dei medici. Pare tuttavolta che anche prima dell' indicata epoca i capi delle arti in Firenze il chiamaf- fer Priori , e che allorquando la democrazia trionfò del tutto in quella Città i fuoi governanti prendeffero una tal denominazione per fare la coite al Popolo . Comunque ciò fìa , certo è che quefta magiftratura ben prefto pervenne a fchiacciare i grandi , e con elfo loro il partito Ghibellino ( vedi il Villani lib.VlI cayj.Si., Melchiorre di Coppo Stefani Uh. 111. cap. ló/, e /38. , l'Ammirato il (Giovine lib. I. pag. (>y.\ il Dottor Targioni nei fuoi viaggi ediyone II. tom, I. pag. 60. , il Ca- valiere dal Borgo dijfert. VII. tom. II. pag. /j. in not.., ed il Bor- ghini nel difcorfo fé Firenze ricomprò la liberta., tom, II. pag.^i^^. ). (7) 11 racconto del crudele attentato , che diede origine alle fette de' Bianchi , e dei Neri può vederfi nel lih. II. delle Iftorie Fiorenti- ne di Nicolò Macchiavelli , edizione Romana di Antonio di Biade pa. gin a ì8. (8) Se meritale fede Francefco Filelfo in quel che fcrilTe di Dan- te, dovremmo dir che, in nome de'Fiorentini , fol^lenne quefti fino a quattordici ambafciate, a Sanefi , a Perugini, a Veneziani, a Genove- fi , al Marchefe di Ferrara , al Re di Francia , due al Re di Napoli , altrettante al Re di Ungheria , e quattro al Papa ; ma di tre fole , cioè di quelle al Re di Napoli , e di una a Bonifazio Vili fi poffo- ro addurre o probabili congetture , o' certe teftimonianze . Ciocché leggefi nel canto ottavo del Paradifo relativamente alla grande amicizia che Carlo Martello Re di Ungheria ebbe per l' Alighieri potrebbe por- tarci anche a credere ad una fua legazione preOTo quel Principe , am- nienocchè non l' aveffe egli conofciuto alla Corte di Napoli , effendo Carlo Martello figlio di Carlo il Zoppo, e fratello del Re Roberto di Angiò . (9) L' autentico documento di quefta feconda condanna di Dante è ftato per la prima volta pubblicato dal Tirabofchi, e leggefi nella fua Storia della Letteratura Italiana tom. V. pag. ^8S, Come S7 (io) Come mai potrebbe crederfi reo di tante ribalderie T autore di quella immortale terzina : Se non che cofcien^ia rri' affé cura, La buona compagnia che V uom francheggia Sotto r ufbergo del fentirfi pura ? E' vero che fi può anche predicar virtù col cuore corrotto , e né fono una prova Salluftio , e Seneca ; ma è vero altresì che fonovi certe ef- preflìoni le quali vengono affolutamente dall' interno dell' animo , C ne dimoftrano i più fegreti fentimenti . Tale fi è appunto la citata ter- zina del nortro Dante; ed io fon del tutto convinto che fé non avef- fimo altre irrefragabili pruove della probità fua , baderebbe fol quefta a non farcene punto dubitare , ed a diftrugger tutte le calunniofe in- venzioni de' fuoi nemici . (li) Nel magnifico proemio delle Storie di Tacito trovafì un int2- TefTantiffimo fquarcio che ci rammenta gli orrori , cui la Francia , e r Italia furono in preda in fui finir del fecol decimottavo . Chi non crederà infatti di udirne il racconto da quell'egregio Storico allorché fclama egli: plenum exiliis mare, infecli cxdihus /copuli: atrocius in urbe fx- vitum , NohiUtas , opa , ornici gefÌLque honorem prò crimine , & oh vìr- tutes certljjimum exitium , Nec minus premia delatorun invifa quam [ce- lerà , cum aia facerdotia & confulatus ut fpolia adepti , procuratìones ahi & interiorem potentiam , agcrent ftrreiit ctincta . Odio , & terróre corrupti in dominos fervi , in patronos liberti , & qiiibits deerat inimicus per c.micos oppreffi . l\Ia come a confolar l'Uman Genere di tante fcel- leratezze , anche nei tempi più trilli la Provvidenza fa forger anime pure intrepide e virtuofe , perchè colle onorate lor opre arroflìr facciano, e tremar fin nella fua potenza T iniquità trionfante , così nel meh fu- nefto anzi ridente quadro delio fleffo immortale Scrittore , che fegtie appena dopo, delineate trovanfi quelle medefime belle e coraggiofe a- zioni di cui fummo noi pur fpectatori nella fuddetta funeftiflìma epoca. Non tamen , foggiunge egli , non Carnea adeo virtutis jìerile feculun , ut non & bona exempla prodiderit . Comitatce profugos liberos matres , fecutx maritos in exilia conjuges , propinqui audentes , conftantss gene- ri , contumax ctiam adverfus tormenta fervorum fides ; fupremx clarorum virorum neceffttates , ipfa neceffitas foriiter tollerata , & liudatis anti- quorum monibus pares exitus . Tutti i tempi dunque fi fomigiiano , ed i popoli cadon fempre lìei medefimi ecceflì ogni volta che i Gover- ni abbandonando il retto fentier della giuilizia lafcianfi foltanto trafpor- tare dagli sfrenati impeti dell'ambizione, e della vendetta . Ma in turtì i tempi eziandio la virtù riceve l'omaggio, che l'è dovuto, acciò gli 'uomini non mai poffan perder di mira quella unica via delia lor feli- cità , fuor della quale non havvi che rimorfi , pianto, tniferie , e de- 'olazione . S Nel 58 (i2) Nel canto XIX dell' Infimo fìnge il Poets, che il Papa Ni- colò IH, da lui trovato in una di quelle foffe , fentendolo a fé avvici- nare lo prenda per Bonifazio Vili , e prorompa in atroci invettive coa- ira quello Pontefice . Si è in quefìo rteffo canto che 1' Alighieri fca- glicifi con tanta eloquenza, e con tanta forza contro il dominio tempo- rale de'fucceffori di Pietro» (13X Nell'ottobre del 1306, fu Dante mandato dai fratelli FraHce>. fchino, Maroello , e Corradino Malafpina ambafciatore preffo Antonio Vcfcovo di Luni per ottenere una pace , che lunghi odj , e crudeli delitti avevano da quelle contrade infelicemente allontanata. (14) Io non comprendo, perchè Monlìgnor Fabroni foftener voglia nel fuo elogio di Dante che i primi Signori prelTo i quali fi rifugiò queft'Uomo celebre , dopo il fuo efilio , furono i M.ilafpina . Come mai ha potuto CIÒ combinar egli con quello fquarcio del canto XVII. del Paradifo, ove finge il Poeta che deito g'i venga dal fuo antenato Cac- ciaguidaj alludendo alla generofa accoglienza fattagli dal Signor di Veronas Lo primo tuo rifugio , e il primo o/lello Sarà la cortef.a del gran Lombardo , Che porta, in. Julia fenici, il fanto uccello? E come mai afferir ha potuto il dotto Biografo che per quel Gran Lombardo intender dovevafi Cangrande y e non già Alboiiio della Scala, quando poco dopo foggiunge il Poeta fteffo : Con lui vedrai colui che impreco fue ^ Nafcendo , s\ da q-uefla flellu forte , Ch€ notabili fien l' opere fue ; facendo allufione al valor militare , ed alle belliche imprefe di Can- grande , alla cui naftita , fecondo il fifiema allrologico dominante in quei tempi, influir dovette il pianeta di Marte, ove Cacciaguìda , co- me buon guerriero, e morto in battaglia, godeva la celefle beatitudine? Se dunque dopo aver parlato del Gran Lombardo^ lo ftelfo Cacciaguida dice al Poeta con lui vedrai colui... è chiaro, eh' eifendo quelli Can- grande, quel Gran Lombardo non può efl'er che Alboino di lui t'ratello. Ecco gli errori , e le contradizioni in cui cadono i più grandi eruditi- per una mal' intefa fmania di novità . Gredad quindi che vai meglio- dir bene, che dir nuovo, e che ^\ può anche ottener quell'ultimo fco^ pò con olTervazioni fagge e non da altri prefentate fui fatti che nar- rai) fi , fenza punto alterarne la natura. Ho voluto confutar un pò lun- gamente quefla pretefa filologica fcoperta, perchè quella di un dotto uo- mo, e perchè annunciata ancora con una ficurezza tale da far effettO' sull'animo di chiunque, come fatto aveane fui mio. (i^) Taluni han prefo motivo di tacciar d'ingrato 1' Alighieri per aver egli collocata uell' inferno quelb intereilanie fi-^ha del fao prin- J9 ■cipal benefattore . To però credo di foftener con ragione , che , per la jrrefirtibile forza delle idee del fuo tempo. Dante non poteva altrimenti ■trovar Francefca nel purgatorio, o ntl paradifo , ma nell'inferno foU •tanto, a motivo del p;enere di morte violenta di cui era perita. Pote- va egli bensì non mentovarla ; ma forfè queflo ofcuro filenzio pii fpiaciuto farebbe al padre di effa, che il modo patetico rifpettofo ed •intereffante nel qual fa parola il Poeta di quella Bella infelice, allor- ché ne racconta il crudele infortunio. Ed una prova ficura di querto^ mio penfiero fi è , che il Conte Guido non ne prefe alcun rancore contro Dante, anzi continuò ad ainfterlo, e ad onorarlo fino alla fua morte, e perfiii dopo quefla refe alla memoria fua tutti quelli omaj^-- si , dei quali ho io parlato nel corfo dell' opera . In generale pref- io i popoli o barbari primitivi , o ricaduti nella barbarie la mancanza di fama, e l'oblio è più dolorofo e fpiacente che una fteffa sfavore- vole rimembranza ; come far ne poffono un' ampia fede le poefie di OC- ■fian , le quali, fiano o no di queflo Bardo famofo , fono pure una vi- vace dipintura dei cortami , e delle idee di tali popoli . A tempi dell' Alighieri poi l'aver ottenuto una commemorazione nel fuo celebrato Poe- ma riputavafi a così grande onore da far dire a Vincenzo Acciajuoli , che •avrebbe egli pagata una grofla fomma di danaro, fé Dante avelTe fatta menzione di alcuno della fua cafa, ancorché cacciato l'aveffe nella più cupa bolgia dell'inferno. (i6) Franccfco Doni tra le profe dell' Alighieri da lui pubblicate riporta una lettera dello fteflb al Signor di Ravenna, la quale prove- rebbe che quefta ambafciata ai Veneziani ebbe luogo nel 1313* ^"* tal lettera piena di farcafmi , e di amarezza contro quella Repubblica vien però generalmente riputata apocrifa , ed una folenne impoftura del Doni. (17) Bernardo Bembo padre dell'illuftre Cardinale di tal nome,feo- -do governator di Ravenna, erger fece quel monumento sì accetto alle Italiane Mufe che ora fi venera in quella Città . 11 Cardinal Corfi nel 1691., ed il Cardinal Valenti nel 1780, Legati nella Romagna, ripararon poi le ingiurie cagionate dal tempo n quel fagro depofito ; e queft' ul- ■tiino eziandio incider fece in rame il difegno dello flefib . Ecco le opre che tramandano alla tarda poflerità , e benedir fanno il nome de' grvernatori dei popoli. (18) Nel 1804., effendo io in Firenze , nna di quelle letterarie So- cietà detta del/a Stona Patria , cui ho !' onor di appartenere , ideò di elevare un cenot.ifio all'Alighieri a fpefe de'Socj, e di tutti gì' Ita- liani che concorrer voleflero alla beli' opra . EiTa non chiefe al Go- verno che alcuni pezzi di marmo giacenti inutili in un de' publici ma- gazzini. E pur, chi '1 crederebbe , difprezzò quello la difcreta domanda, * C 6o e rife su coloro che fatta 1' aveano ! ! ! Un efemplare del difegno del monumento reflò in mio potere, ed è quello che ho prefentato all'Ac- cademia : il giovane Signor Digny verfatiffirao nell' architettura ne fu r autore . L' epigrafe : Onorate V altijfimo Posta , Z' Ombra fua torna eh'' era dipartita ', che fi legge in fuUa bafe , venne da me prefcelta tra i verfi deH'iftefTo Dante , ed opportunamente efprimea , che la fua grand' Ombra finallor giuftamente fdegnata contro la patria pei ricevuti'torti , veniva di bel nuovo ad aggirarfi nel di lei feno placata per l'onore , ancorché tardi ,. ma pur una volta refo alla fua memoria. ('19) La prova della paffione che 1' Alighieri ebbe per la mufica trovali nel canto II. del Purgatorio , allorquando rivolto egli ad un tal Cafella, celebre cantore del fuo tempo, e molto a lui caro,, dices-, <. , , se nuova legge non ti toglie Memoria , 0 ujo all' amorofo canto Che mi folea qustar tutte mie voglie ; Di ciò ti piaccia confolar alquanto L' anima mia , cha con la fua perfona 2 Venendo qua , è affannata tanto . Quindi foggiunge , che moffo effendo quel fuo amico dall'invito grazìofoj Amor che nella mente mi ragiona Comincio egli allor sì dolcemente , Che la dolce Xx'^ ancor dentro mi fv.ona% cioè che cantò quella amorofa canzone di Dante, la qual comin- cia col primo verfo della citata terzina , e la qual forfè Ca'fella , men- tre era in vita , fpeffo cantar foleva all' amico fuo, come quello, che più di ogni altra lo dilettafle . /20) Figuran pompofamente tra coloro , oltre Dante , anche Pe- trarca, Fra Paolo Sarpi , Giannone , ed a giorni noflri Conforti , So= lari , e Ricci . (il) Qualcuno pretende che il trattato de vulgati eloquentia non iìa del Poeta noflro ; e potrebbe ciò effer vero : ma come la gran mag- gioranza dei dotti glie Io ha pure attribuito , così ho creduto di fé- guir su quefla credenza la comune opinione. 6-r DELLE F A V OLE ATELLANE E DE' LORO ESODI DEL SIGNOR VINCENZIO DE MURO SEGRETARIO PERPETUO letta iielt adunanza del dì io Agojìo 18^08' 4 tutti i moderni critici, che E antico teatro fi fo- no fludiati d' illuflrare , niuno è, che io fappia , che abbia di propofito tolto fopra se di fpiegarci la natura, le leggi , ed il carattere di quel genere di antichiffima poefia drammatica , che è conofciuto fotto il nome di Favola Atellana . Eglino non han fatto altro , che ri- petere quel poco , che a primo incontro han trovato detto dagli antichi , ed han creduto , che ballafTe fape- re, che fu un genere giocofo, e fcherzevole. Io penfo però , che facendo più diligenti ricerche tra le fparfe memorie dell' antichità , raccor potremo di che appagare su di ciò la noflra curiofità . Io ho abbracciata l' im» prefa , e tanto più di buon cuore V ho fatto , che que- iìa fpecie di dramma è nata fra noi , e porta ancora il nome della mia patria. Efaminerò dunque in primo luo- go , qual ila flato il carattere dell'Atellana , quali i lo- i-o efodj , e donde finalmente traeflero quel ridìcolo , onde divennero così rinomate , ed ai Teveri Romani sì ■care . Gli antichi Gramatici , Diomede, e Mario Vittorino fono i foli , che ce ne abbiano data qualche idea . Dio- niede afferma , elfervi una terza fpecie di favole latine, da Atella citta degli Ofchi , ove nacquero , dette Atella- ne , le quali nell' argomento , e nel burlefco delle fen- tenze fomigliano le favole fatiriche de' Greci (i) . Ma in quello folo differiva , foggiunge Diomede , l' Atella- iia dalla Satirica Greca , che in querta gl'interlocutori d'ordinario fono fatiri , o altri perfonaggi ridicoli a' fa- tili fomiglianti , come Autolieo , Bufiride , ed altri ; in quella erano perfonaggi Ofchi (a) . Ma vi ha po- ca efattezza in quefìo gitidizio, e mi pare, che egli non conofceffe a fondo ne l' una , né 1' altra , tanto più , che e' conchiude , che la Satirica Greca è un genere dello 'ntutto ignoto ai latini . Non fu ignoto ai lati- ni lo fpettacolo de' Satiri ; e Vittorino al contrario ci afficura, dopo aver favellato della Satirica Greca , che lian quello genere, cioè le Satiriche, i latini nelle K- tellane (3) . Or 1' autorità di quello dotto ed accurato Gra- (O Tertia fpecies eft fabularum latinarum , quae a civitare Ofcorum Atelia , in qua primum caeptae , Atellanae diftae lunt, argumeiitis diftis- que jocularibus fimiles fatyricis fabulis graecis . Lib. III. (2) Latinìs jitelLma a Gtaeca fatynca cliffert , quod in fatyùca fere SatytO' rum perfonae inducutitur , ai'.t fi quae fv.nt r'iàuidae fim'des Satyris ^ Autolicm •, Biifiris, in AtellanaOfcae (così dee leggerfi, in vece A' obfcenae ., cht è nel- le ftimpe, ficcome olferva il Salmafio in Exerc. Pliniar,. p. jf. ) peffome ^ ■ut Maccus . <3) (iuod genus ^oftri in Atellaais habeat . ViUor. lib. IL «3 Gramatico ha nelf animo mio tanto pe(b , perchè non è difficile dimoflrare col latto, che la comparfa de' Sa tiri sulle fcene in Roma non fu negli antichiirimi tempi co- fa lìrana , che Satiriche furono talvolta anche dette le Atellane , e che quelle furono interamente lo ftcflb , che le Satiriche de' Greci. Non furono di fatti fìranieri al Lazio i giuochi, gli fpcttacoh , e le cicalate de' Satiri . Nella pompa , che accompagnava il trionfo de' Generali Romani , fa fe- de Dionifio d' Alicarnallb che dopo i cori de' faltatorì armati feguivano i cori de' Satirifti , o piuttofto Satìrìfci, o lìaa Satìretti^ che ballavano la greca ficìnni , fpecie di danza fatirica concitatiffima (i). Quelli, foggi unge , imitavano ferie danze con gelìiculazioni ridìcole , gua- ilandole per ludibrio , e per far ridere gli fj>cttatori . Or gli accompagnamenti de' trionfi dimoflrano , fegue a dire Dionifio , che quelìi giucchi burlefchi , e fatirici erano da antichiffimi tempi in ufo preflb i Romani (2). Ma Dionifio , uom greco , è così certo , che una tal ifiituzione abbiano i Romani apprefa dai Greci, che te- me di recar noja ai lettori, fé imprenda a dimolìrarlo. Quella vanità, ordinaria ne' Greci, è fomma in Dioni- iìo . Appiano Alelfandrino al contrario , defcrivendo il trionfo di Scipione , fa precedere i cori de' citarilli , e de'Sa- (1) MiT« rxf e'j'airXxf Jt"/"*' "'' ''"'''"' '^«TupKay t-jrojj.'ìrwìy X'poi , Tvy fXXiii'iKii' tiS'ofopus'Ta iny.ivvni/ . Aritìqu. lib. VII. in fin. (2) Ai^Bffi (Te al TU'V ^pMfjL^av tiaoS'oi iraKotuiv xxi fTi;)fi>ipiay i^ctv Fai/.ctiSI( VHP KipTonKn Kui SaTupiKHf vaiìiiccp . Dm. ib. -64 de' Satiri , vefliti all' etrufca maniera , che marciavano or- dinati cantando e danzando , ed aggiunge , che quelli erano ludii appellati , perchè a fuo credere gli etrufchi erano colonia de'Lidj inventori di siffatti giuochi (i) • La qual originazione vien confermata da Erodoto , e da Tertulliano (2) . I Lidj erano Fenicj : quefti li portaro- no in Grecia , quelli li portarono colle loro colonie nella Tirrenia , o iìa nell' Etruria . Atella fu colonia, etrufca, come -ho altrove dimollrato , e da Atella paf- farono a Roma le favole , e i giuochi Atellani , e ciò in tempi antjchillìmi , cioè nei principj del IV fecolo ^i Roma in occafione di contagio , come Livio dilte- famente racconta (3). Ebbero dunque comune origine e le favole Atellane , e le fatiriche de' Greci, e la fatirica de' Greci non fu , come pretendeva Diomede , ignota a' latini , e fu lo fìeflb , che 1' Atellana . Maggior forza però acquilleranno quefte rifleffioni, le vogliam la cofa nella fua vera origine confiderare . 11 regno animale non ha fatiri: quelli non furono mai ne mezz' uomini , né bellie felvagge . Satiri non furono , che mafchcre, colle quali fi cuoprivano coloro, che celebra- vano fpecialmente in tempo di vendemmia le felle di Bac- co Ipfum Imperatorem praecedunt liàores paludati , & chorus cithan- ■ftarum & fatyrorum etrufco more cinfìorum , ornatorumque coroive aureis, qui pariter incedunt ordine cum canru & tripudio . ^pP. in Pioitcìs p. 'ì<.. (2) Lydii ipfi ajunt fé ludos inveriifle , qui eriamnum apud Gr.iecos cum illis communes fuiit : fimul autem haet inveii i(Te , & in Tyrreniam colo- «OS deduxiffe . Her. lib. IL v. Tertidl, de Speiìac. e, V. (3) Liv. lib. VII. «5 Bacco . Come queft' ufo venne d* oriente , cosi di la ven- ne ancor nella Grecia il loro nome (i). Lordi il vifo di feccia, rabuftati i capelli, fi cuoprivano di pelle di capra : ubbriachi divenivano loquaci , licenzio'fi , e con quelle fconce gefticulazioni , che negli uomini avvinaz- zati fi veggono , moveano a rifo . I poeti ne fecero femi- iiomini e femicaproni . Or V ufo di quefte mafchere fu dagli Etrufchi portato tra gli Ofchi , e dagli Ofchi in Ro- ma . Ed oflervilì , che gli Atellani , cioè gli Ofchi foli eb- bero il dritto di portar fempre la mafchera , e di non to- glierfela mai, perchè eflènziale al loro carattere era la ma- fchera , vale a dire , che le loro rapprefentazioni erano Satiriche. Si cambiò la mafchera col tempo, ma non fi abbandonò giammai dal mimo Atellano ; perchè nuovi caratteri s' introdufTero sulle fcene , ai quali non conve- niva Tabito degli ubbriachi feguaci di Bacco . Se dunque i Latini ebbero le mafchere Atellane, fegue, che -ebbe- ro le Satiriche Greche. E per verità che vuol dire Ateneo , quando raccon- ta , che L. Siila fcrifTe commedie fatiriche nella patria lingua? (i) ed io non intendo, perchè fi dovefièro, co- me il pretende il Cafaubon (3) , le commedie di Siila creder chiamate metaforicamente Satiriche, e che avefle 9 vo- ci) Difcende quefta voce da Satar^ latititi e abfcondit . (2) ^ukKav ifKcrt 'Niy.^Xxo; rav VaiJtaMir ^pccTiiyoy «Voi ^«ipfi^ fii(À,iis , xiti ;f\(ciT3 ■3-5/5IS ifih.oyt'Kay ytvoinivoi' y «j x«/ noWa yiti (itiit a'j'rois )(^upi(^(àai Tilt éitfiojixi ' ([/.^xii^aa ir ^a'jru rn nrtpi T»VTtt iKapit «'( vif «W« ypitipti7eit SaTC-" fiXKi xa'/ji.wìiai TU rrar pitia (pdiVft . jith. Hi. VI. (.3) De Sasy'r. Craercr. Poefi III: II. e. 4. 66 voluto dir foltanto Ateneo, che Silìa abbia fcritto cotn- niedie piene d'ilarità, e poco onede, e non già favole fatiriche compolle sul modello de' Greci . Perchè mai avrebbe notato artitamente Plutarco la circoilaiiza , che le fcrillè nella patria lingua ? Era fil!a pocfia e del tea- tro latino quella fona di fàvole , che abbiano portato- la Roma il nome di Satiriche; perchè non diremo, che furono conofciute in Roma fotto il nome di Atcllane , dacché gli Atellani ve le introdaflero ; e che , come efprimevafi poco fa Vittorino , nelle Atellane ebbero i latini le fatiriche de' Greci? Orazio finalmente , allorché indirizzava la fua arte poetica ai Fifoni , non avea certamente difegno di dar precetti intorno ai generi di poelra , che foffero Ila ti ignoti ai latini . E' parlava a' fuoi coiicittadini , par- lava di ciò , che era in ufo prelfo di loro , e cerca- va di fpjrgere in Roma il buon gullo , di cui era eccellente maeftro. Or perchè mai far^bbefi egli avvifa- to di favellare a pirte delle fatiriche, diadicaib a un di preffo con quello nome, di raccoatarne l'origine, e di efporne le regole, fé la poefia fatirica era un genere proprio de' Greci , Uraniero affatìo al Lazio , e non co- no- nofcluto in nefTun modo? (i) Il Dacier, e il Sanadon, fomentatori di Orazio , ban molto bene oflervato , che Orario dando precetti della Satirica , intendeva darli dell* Atellana , che a quella fpecie di greca drammatica poe- fia era fomigliante . Doveano dire , che era la fìefla Pocfia fatirica de' Greci, e che preffo i latini prefe da' fuui attori il nome di Atellana . K da qnelìo fìeffo luogo di Orazio apprendiamo , che nelle Atcllane comparvero, come nelle fatiriche greche» i Satiri ; giacche comanda , che quelli fiano sì motteg- gevoli e ciarlieri , che l' eroe della tragedia , poc' anzi veffito d'oro e di porpora, non paflì a parlare un lin- guaggio convenevole alle più vili commedie (a,) . Ma s'intenderà meglio quello luogo d'Orazio, quando par- leremo degl'interlocutori, e dello llile delle Atellane , ed avremo nuovo argomento per diraoflrare , che Dio- mede non conobbe l' indole ne della Satirica , ne dell Atellana. Da una di quelle favole trafle Mario Vitto- rino quel verfo, che nel iv. libro riporta: Jgite, fugite ^ quatìte^ Satyri. Forfè vi fu tempo , in cui furono banditi dalla fce- iia i Satiri , e furono ad eflì foftituiti altri perfonaggi ridicoli. Ma fembra indubitato, che vi furono un tem- po, e che in confeguenza in nulla differivano le Atel- * la- (0 Carmine U(TOf . (2) Carmine qui tragico vilem certavit ob Iiircum , Mox etiam agreftes Satyros nudavit, & afpsr Incolumi gravitate jocum tentnvit , eo quod Inlecebris erat , & grata novftate morandus Spectator. Hcrat. de Jyt. v. 220. veggafi Diomede ìiL II. e Mar. Viftorin. de Metris 2. ineteò', e del fecondo la Medea ^ il Fiìottete , il T>ìm^ ■e i Mietitori . L'ultima delle quattro tragedie era una Satirica . Vogliono alcuni , clie Tefpi inventore della tragedia, il foffe della Satirica altresì . Ma Orazio afferma , che il primo ad introdurre sulle fcene i Satiri fu colui , che il primo difputò ne' folenni agoni della Grecia il premio della tragedia (i). Or quefti pubblici giuochi della Gre- cia , in cui il popolo dava in premio un caprone al tra- gico , al quale aggiudicava la vittoria , non erano an- cora in ufo a' tempi di Tefpi, teftimone Plutarco (a) , Sembra dunque, che Orazio intenderli debba di Fratina, che fiorì verfo la fettantefima Olimpiade, e fu fucceila- re di Tefpi . Di coftui afferma nettamente Suida , che fu il primo inventore della Satirica, e che fino a tren- tadue ne compofe (3) . Compagna dunque indivifibile della tragedia partecipò la fatirica della di lei natura , giacche i perfonaggi in effa introdotti erano quegli lleffi , che comparivano nel- la tragedia-, e talvolta più flraordinarj , e raaravigliofi ancora , come i Centauri , i Ciclopi , e qualche Dio ben- anche. E per quefla ragione vuol Orazio, che lo dio, o r eroe , che moiìrafi sulla fcena nella fatirica , confer- vi una certa dignità nel fuo linguaggio, effendo quello fìeffo, che fu poc'anzi veduto ricuoperto d'oro , e di por- co Horat. ib. (2) «Va yap ùs eèfiiKXttp ìfaydinov i]v i%iiy'.(iivòv ro 'irpoiyfut. Pht.wS clone. (3) Shìd. V, vpsCTiyecs . porpora , vale a dire , quello flefìo , che fi è veduto nella tragedia (i). Ma ogni materia di rifo era profcrit- ta dalla tragedia , e i peiTonaggi della fatirica non avea- no a fare, fé non colla famiglia de'Satiri, irrifori e mot- teggiatori perpetui . E,ficcorae oflerva Ifacco Tzeze {i)y, mentre la tragedia ron avea che lagrime e lamenti; la fatirica accoppiava alle ferie azioni la lepidezza , e l'ila- rità, e p:iirava in un iflante dalle lagrime all' allegrez- za . Perciò Demetrio Falereo la chiama fcher'^evole tra- gedia (3). Avea ciò di comune colla commedia , che do- vca Tuna e l'altra efTer follazzevole , dar diletto , e far^ ridere. Ma gli argomenti, e i perfonaggi della comme- dia dalle private fortune prendevanfi , e dal viver co- mune , e dagli andamenti ordinar] della focietà ; e i per- fonaggi , e le azioni della fatirica erano ben lontani dal comico focco , e i cori erano fempre di Satiri . Sembra dunque , che non fenza ragione poffiarao af- fermare , che la Satirica era un genere di drammatica poeiìa mezzo tra la tragedia ^e la commedia . Ma paiTiam la cofa per lo minuto . La favola , o fia 1' argomento della Satirica femplice e breve procedeva fenza invilup- po, e fenza intrigo, animato foltanto , e continuamente dalla dicacità de'Satiri: laddove la tragedia avea meftieri (i) Ne, quicunque deus, quicumque adhibebitur heros Regali codfpeftus in .nuro nuper & oftro , Migret in obicur.is huimli (ermone tabernas. Hor. de Art. (2) Aii/{5e,'»J( nrfii a\Ki>\ii' ;/' Tf^aytk'ìix , xat a ^vrupii , òri (liv Tptiya^iàt X«i «710 S'ax'uay tu xataf xaTavray (l'uS'e . (ìì vu^vaar ifayaiictv . Demetr. -min ìpinr. di grandezza e d' inviluppo , da cui sbucciar poteffero quegli accidenti inafpettati , quelle iinprovvife agnizioni, e peripezie, che ne formano il maravigliofo e il bello. L'efito della favola nella fatirica è Tempre lieto, come nella tragedia è fempre compaffionevole e funvcllo . II fine di qiiefla è generare la pietà e il terrore; T ogget- to di quella è aprire all' allegria il cuore ferrata dalle tragiche atrocità . Lo fìile della tragedia grave e fublime,- lo lìile del- la commedia umile , difadorno , e volgare ; quel della fatirica men fublime del tragico , più fcelto ed ornato del comico . Quella è la differenza , che mette Orazio nel carattere di ciafcuna ( i ) . La commedia non sa di- fcoflarll da un parlar triviale, e fcevro d'ogni ornamen- to . La Satirica è più corretta , ama lo fìil figurato , e nella favella de'fuoi perfonaggi non dimentica affatto la lor dignità . Ella cader non dee nella baflèzza delle com- medie tabernarie, in cui, a dir di Feflo, fi adunavano, come far fogliono nelle bettole, fervi, accattoni, e pal- tonieri , ladri , ruffiani , e tavernieri (a) . E fèbbene lo flile della Satirica debba effer men grave e fublime di quello della tragedia; vuole Orazio però, che non deb- ba allontanarfene tanto , che non fi ravvifi divario tra la favella di Davo, fervo in una commedia di Menan- dro, (i) Non ego inornata & dominantia ■nomina folum, Verbaque , Pifones, Satyrorum fcriptor amabo . Hor. li- (2) Migret iti obfcuras humili fermone tabernas . Horar. ib. V. Feftum y. tabernariae . 7ì ^ro , o di Pizia , fervetta , che pelava il vecchio Simone in una commedia di Lucilio, e la favella di Sileno cu- fìode e familiare di Bacco . Ella dee avvicinarfi alla tra- gedia più, che dalla commedia non fi difcolìa (i). Il metro finalmente della fatirica non era sì regolare ed efatto , come quello della tragedia , ne così libero e liceiiz.iofo , come quello della commedia ; e proprio della fatirica , è fpezialmente de' cori fu il piede detto dagli antichi Gramatici Trocaico tetrametro, e proceleus' matico dimetro catalettico, come il meglio adattato al- la concitata allegra danza de' Satiri (a) ; laddove la tra- gedia non poteva ufcire dal giambico , e sì libero era il verfo della commedia , che non fé ne potè mai de- terminar fida e collante la mi fura . Cone diffcrifcono nella natura quefle tre fpecie di drammatica poefia , così differivano ancora nelT efterno appurato , e negli ornamenti della fcena . Nelle fcene tragiche, dice Vitruvio (3) , fi vedevano colonne, fafligi, IO e fta- 0) Nec fic eni^tar tragico differre colori. Ut nihii interfit , Davusne loquatur, an audax Pyrias, prnun£>o lucrata Simone talentuin, An cuftos famulusque Dei Silenus alumni. (z) Exemplum prnceleusmatici dimetri cataie£^ici , ut a^'ite juvenes . Hoc metro vefres fatyricos choros modulabautur , quod Graece e'/crjj^»^ ab inerclfu chori fatyrici adpellabant, metrumque iprum nao^tt, dixeruut . Mar. yiticr. d' Mftrif in fin. (V Genera funt fcenarum tria , unum quod dicifur traE;icum , alterutn comicum, tertium faryricum . Horum autem ornatus funt inter fé diflimi- Jes, dispsriqiie ratione ; quod tragicae d<-formantur columTis , f-lligiis, & lianis, rel.quisque rrgalibus rebus . Comicae autem aedificiorum priv,.to- rum, & msenianorum liabent fpeciem . S^fyricae vero ornanfur arbonbus, ipciunris , m. nnbus, reliquisque agre(hbus rebus , in topiaru opcris fpe- ciem detormatis. l^iiruv. tiù. v. <•. viii. f4 e fìatue, ed altre infegne regali . te comiche hanno 1* afpetto di privati edifizj , e il prolpetto delle fìnellre difpoflo a modo delle comuni fabbriche. Le fatiriche poi vengono adornate di alberi, di fpelonche , di monti, e d'aftri camperecci oggetti. Ogni poelìa drammatica finalmente, che avea cori, ave- va altresì la fua danza particolare . E però tre fpecie di danze vi fono , dice Ateneo , di fcenica poefìa , fic- corae tre ve ne fono di poefia lirica , la pirrica , la gimnopedica, e V iporchematica (i). La danza propria però della fatirica dicevafì ficinne , o ficinni , che era pur quella de'fatiri nel trionfo romano, come da Dio- nifio Alicarnaflèo abbiamo intefo ; e v' ha chi crede , Ibggiunge Ateneo , che fu Jìcinne chiamata dal movi- mento concitatiffimo della danza de' fatiri ; perchè quella danza , die' egli , è fenza affetto , e però noa ammette lentezza veruna (a) . Ma io qui non intendo , perchè Ateneo affermi , eflèr così celere e concitata la ficinni , dacché non ha affetto, e però non può foffrire lentez- za alcuna. Credeva egli dunque, che qualfivoglia aflèt- to efiga lentezza nell' efpreffione ? Non fono anzi ne- miche della lentezza le focofe e violente paffioni F La danza de' fatiri era il ballo dell' allegria , della briachez- za, e dell' amore: or non fono quelli fentimenti , che pon- (i) jithen. lìb. XIV. (2) E(i7i S'i Ticic o't xai ^aft ITU» eiKiH'iv còvo/iccatti ùir» Kiyi/« ^ 'i^^^* pampe . pongono in fiamme il fangue , e comunicano al corpo la violenza e la celerità de' movimenti , che refprimono così bene ? Chi sa , fé la tarantella de' nodri contadini, danza certamente tra noi antichiOima , e nazionale , e pie- na di fuoco e di efprefllone , non è la fidane dei fa* tiri nelle Atellane . Ella al certo ha nome dalla celerità delle mofTe , come la ficìnne . Di tutte le favole fatiriche de' Greci, di cui appena ci han confervato i titoli gli antichi, folo il Ciclope di Euripide è campato dal generale naufragio. Euripide ne prefe l'argomento da Omero. UliiTe sbattuto dalla tem^ pefta approda ai lidi della Sicilia, e falvo dai pericoli del mare, l'altro peggiore incontra di eifere divorato da Polifemo. Già alcuni de'fuoi compagni gli danno delle lor carni faporofo fìravizzo. Ulifle cerca di trarre al fuo partito i fatiri , che fono nel medelimo rikhio , e che il Cicli pe ha deteinati per ora a guardar le fue pecore. Concerta con efll la maniera di abbattere quel moUro . Ma i fatiri han paura, promettono aflai , e nulla fan- no . Alla fine riefce alla fua prudenza ed avvedutezza di ficcare una trave infuocata nell'occhio di Polifemo , e lieto della fua vittoria ritorna alla nave . E con ciò reftano liberi da ogni pericolo ì fatiri ancora . La favola non può efler più femplice. Elh, come la tragica , contiene perfonaggi , ed azioni conofciute , men- tre la comica le finge a talento . Difavventure a prin- cipio, che han lieto fine. I caratteri fono la prudenza e la virtù forama di Ulifle, l'empietà e la crudeltà or- y6 ribile del Ciclope . I Satiri ferbano un carattere mezzo tra i due eftremi , non hanno ne la virtù di Ulifle , ne la fceileratezza di Polifemo . Per effl ancora ha buon fuccefTo l'azione , ma per opera altrui , non per virtù loro . La fcena è il lido del mar di Sicilia , da una banda V antro di Polifemo , dall' altra colline e pafcoli con gregge, e fatiri, che le guardano. Il fuolo è tut- to ricuoperto di verzura . Tutto poi il corfo dell' azione è rallegrato dalla vi- vacità , e dalla fempre feftevole loquacità de' fatiri , che nella lor fervitù non dimenticano V indole proterva , e le lor libere baje . Graziofa è la maniera di menare al pafcolo il gregge di Polifemo . Non men graziofo è l'in- contro, e il mercato di Sileno con UlifTe , e lo fcuo- primento de' novelli ofpiti fatto da Sileno al Ciclope , e lepidiffima è la mentita, che i fatiri gli danno. Ri- dicolo è foprammodo il coraggio , che dimoflrano i fatiri in voler concorrere con Ulifle all' acciecamento di Polifemo ; mentre poi , quando fono al fatto , gli uni non vogliono entrare uell' antro, e reflano all'ufcio , al- tri diventano zoppi dalla paura, altri non veggono più, altri confefl^ano il timore e l'ignavia loro , e alla fine promettono di cantare una nenia incantevole , onde il tizzone entri da fé nell'occhio di Polifemo. Fefliviflìmo è in fine il modo, onde all'ottenebrato Ciclope infulta- no . Niun tratto però difonefto e fconcio ne' fatiri fi of- ferva , ninna frafe , che pofla far fremere il pudore . So- lo a Sileno fcappa un motto, che farebbe arrolfire, fé non non folTe la cofa fotto il velo delle metafore afcofa , e non fi dovefle condonare ad un briaco. Ma fé vi è lai- dezza , o empietà fpiattellata , è del Ciclope . Quarto è il carattere, e l'andamento, e la teflura è quefta del Ciclope di Euripide . Di qui dunque argo- mentar poffiamo , qual fofle il carattere delle Atellane e ' per gli argomenti , e per lo ftile , e per lo burlefco e il ridicolo . I fatiri , che diedero il loro nome alla fa- tirica greca , furono anche attori nell' Atellana , e l' una dall' altra non differì , che nel nome , come abbiam di- moftrato . Che fé ne furono pofcia banditi , vi fotten- trarono gl'iflrioni e i mimi, perfonaggi ugualmente ri- dicoli . L' argomento delle favole era tragico piuttofto , che comico , ed eroici i principali perfonaggi dell' azio- ne. Per queflo lato le Atellane, come le Satiriche, fi avvicinavano più alla tragedia , che alla commedia . Così 1 Atellana, di cui fa menzione Giovenale , intitolata T Autonoe , rapprefentava le avventure di quella princi- pefTa figlia di Cadmo re di Tebe, e madre di Atteone, che fu da Diana trasformato in cervo , e da' fuoi cani divorato (i) . E un' Atellana fu Paride ed Enone, di cui fa parola Suetonio nella vita di Domiziano, il qua- le mandò a morte Elvidio il figlio , autore di quefta fa- vola, come fé nella feparazione di Enone da Paride a- vefTe voluto defcrivere il fuo divorzio dalla moglie (2). Gli (0 Urbicus exodio rifum mov.t Atellanae Geftibus Autonoes. i'jfyr. /f/. (i) y. Suet. in Domttian. e. io. T8 Gli avvenimenti funefti rifvegliavano il terrore e le la- grime; e il mimo Atellano , il quale con quella ma- fchera , che avea Tempre qualche cofa di ilrano , di ter- ribile, di ridicolo , come quella , che facea fpiritare t fanciulli, come attefta Giovenale (i), col fuo abbiglia- mento, che non era molto diflomigliante da quello del noflro Pulcinella , e foprattutto co' fuoi geiti , e co' fuoi movimenti , col metro adattato alle giocofe fue mofTe , e ai fuoi gefti (2) , col fale finalmente , e col frizzo de' fuoi motti, con allufioni ingegnofe, e col far inten- der co'gefti a chi fi voleano applicar le parole , che fi pronunziavano , dileguavano dagli animi il terrore , e tutte le maninconofe impreflìoni , che la tragedia vi lafciava. E ferbava in tutto ciò l'antica eleganza, co- me attefta Donato (3) , vale a dire femplicità e natu- ralezza fenza lifci, e fenza belletti. Ecco dunque la vera natura delle Favole Atellane , di quefla terza fpecie di drammatica poefia . Veggiamo adelTo, che fiano mai flati gli efodj . L'anno di Roma 309. nel confolato di Gajo Sulpizio Petico, e di Gajo Licinio Stolone, la pelle, che 1' anno antecedente avea cominciato a fare fìrage del popolo, non celTava d'in- crudelire orribilmente. Nella general collernazione la ti- mida (0 . : . tandemque redit ad palpita notum Exodium , cum perfoiiae pallentis hiatum In gremio matris formidat rufticus infans . Jiiv. Sat. VI. (2) Salibus & jocis erat compofita , & in fé noa habebat,aifi vetuftara elegantiam . (3) Denat. di TtagceL & Cmctd. p, m. a. 79 mida fuperfìizione del popolo inventò nuove maniere di placare lo fdegno degli Dei. Ma non ifceniando ne per umano provvedimento, ne per divin foccorfo la violen- za del male , è fama , che tra l' altre cofe furono an- che i giuochi fcenici ifìituiii , cofa affatto nuova per uà popolo bcllicofo , che fino allora erafi dello fpettacolo circenfe appagato. Si fecero venir dall' Etruria gli attori, dice Livio lib. VII. e. 1. i quali fenza verfi , fenza gefti, che imitaffero l'efpreffione de' verfi , al fuono di una tromba fallando facevano alla maniera tofcana non difpiacevoli movimenti . Era dunque una fpecie di pan- tomimica il ballo e il geflir degli etrufchi . Cominciarono i giovanetti romani ad imitarli , lanciandofi però a vi- cenda fcherzevoli frizzi in verfi difadornì e tefluti alla fciamannata; ne difcordì dalla voce erano i gefti. Piac- que la cofa , e agli attori del paefe fu dato il nome d'iflrioni , poiché hìfler in etrufca fivella il giocoliere dinota. Ma quelli non più, come per l' addietro avea- no fatto , rozzi ed incolti verfi , fimili ai fefcennini , re- citavano alla rinfufa alternamente; ma fatire ben piene di cofè, col canto adattato al fuon delle trombe, e colla convenevole gefticulazione . Andronico , uom greco , il quale affrancato da M. Livio Salinatore, i cui figli ave- va ammaeilrati , prefe il nome di Livio Andronico , fu il primo, che dalle fatire ^ le quali così, o faturae era- no dette , perchè erano un mifcugliò di varie dicerie fenza ordine, e fenza legamento accozzate, ebbe il co- laggio di paffare a compor favole di regolare argomen- to. 80 to. Egli fìi, come tutti allora, attor de'fuoi verfi . Ma richiamato più volte alla fcena , perde la voce . Per lo che chiedane licenza, pofe un giovinetto fervo a canta- re preflb al tibicine , mentre egli faceva i gelH confa- centi al canto, con movimenti tanto più vigorofi e snel- li , qu.into che non erano dall' ufo della voce impediti. Quella è la minuta narrazione di Livio , dalla quale rileviamo, che tre allora erano le perfone , le quali ad una medehma cofa concorrevano. Uno cantava; cioè pro- nunziava con una certa modulazione i verfi : vicino al cantore era il tibicine, col cui fuono era il canto d'ac- cordo; ed un altro finahnente co' movimenti delle mani e de piedi quello efprimeva , che col fuono e colla voce efprimevano gli altri . 11 primo era quello , che da Suetonio (i) è detto tragcdo , il fecondo il d- hicìne , il terzo 1' ifirione , che da Suetonio lieilb (2) ipocrita %ien chiamato. Allora s' introdufle l'ufo, fe- gaie a dir Livio , che un cantafTe , mentre 1' iflrione gelliva ; e quello appunto vuol dire il cantare ad manus , che è la frafe qui adoperata da Livio : in de ad manum cantari hiflrionibns coeptum : frafe non ben capita dal Salmafio nelle note a FI. Vopifco in Carino, ove pretende, che nel teflo di Livio legger lì debba /altari , in vece di cantari ; ne dal Turuebo , il quale fpiega il cantare ad manus per cantare in prefen- za d'altri. La lloria di Livio Andronico ci fa vedere, che (0 If Cali^. e. 54. . , , irì in Nemie e. 24. 8r che il giovane fervo che cantava, era ben dìftìnto dal tibicinc, e dall' iftrione , che faltando facea geili corrt- fpondenti al canto . Quel fervo adunque cantabat ad manus ^ cantava, mentre affianco a lui T iflrionc imita- va col geflo r cfprellìone della di lui voce . Leggafl il Gronovio su quello luogo di Livio . Così a poco a poco diventò arte lo fcherzo . Allora, foggiunge Livio, i giovani romani abbandonando agl'i- fìrioni la rapprefentazione delle favole , tolfero fecondo l'antico coftume a pronunziare a vicenda verfì , che con- tenevano motti fpiritofi e ridicoli , verfi , che pofcia fi chiamarono Efodj ., e furono particolarmente alle Favole Atellane inframmezzati. Il qual genere di giuochi , fegue a dire lo llorico di Roma , ricevuto dagli Ofchi la gio- ventù per fé ritenne, ne comportò più , che foffe da- gV iftrioni contaminato . Dal che avvenne poi , che gli attori delle Atellane non furono mai dalla tribù rimoilì, e militar poteano fotto le bandiere romane , come fé giocolieri non fofTero flati . Fin qui Livio . Or da quanto colle fleffe parole dello llorico latino abbiam raccontato finora, apparifce, che gl'iflrioni ve- nuti dalla Tofcana non erano altro che pantomimi . I giovani romani vi aggiunfero in verfi , che non aveano regolar mifura, de' motti licenziofi e fcherzevoli. Ma di- rozzandofi a poco a poco il guflo, prefero miglior for- ma i verfi , e furono ripieni di concetti , di giuochi dì fpirito d'ogni forta, e di motteggevole vivacità. Di qui ebbe origine la Satira, genere di Poefia pro- 1 1 prio prio de' latini , e non mai conofcluto dai Greci . Eli» di origine, e di nome è latina, detta Satura da priit- cipio dall'abbondanza e varietà de' concetti. Livio An- dronica abbandonò la fatira ,. e cominciò a comporre , e rapprefentac delle favole . Ma i giovani romani non Tollero abbandonare l'ufo di quelle facete e folkzzevoli cicalate , che furono pofcia chiamate EfodJ , ed inferite particolarmente nelle favole Atellane, vale a dire , ri- pigliarono Tufo delle fatire, le quali poi fi. chiamarono Efodj-, quando alle favole Atellane furono aggiunte- si vogliono dunque diftinguere le favole Atellane da- gli efodj , che ad efie , e forfè ad effe fole fi aggiun- gevano : e dal racconto di Livio fi può ben intendere^, che mai fi foffero gli efodj. Erano ridicula intexta ver- fibuSy che fi cantavano in fi-ne d'ogni atto , o in fine della favola intera . Imperciocché era propriamente Te/ò- dio, o V efoda, una fuonata , che dava avvifo ai cort di ritirarfi , ed ai fuonatori di far filenzio . Così lo de- finifcono Snida, ed Efichio (i). Al ritirarfi delle per- fons , che erano in ifcena, cantavafi quella, che canzo-^ ne Atellanica chiama Suetonio (a) , e che dal ritirarfi degli attori della favola prefe il nome di efodio. Ben- €hè creda il Sigonio (3), che gli efod^ fìano lo fieffo, «he (i) In Neron. ^) In N.er. ad Lìxu. cìie gli epifoclj di Annotile , e che fiano fìati det> ti epifodj , perchè erano fuori dell' argomento della favola , ed efodj , qaafi siaoSix , perchè nella favola in- neftati . Nacquero eHl fenza dubbio dalla fatira primitiva d^ei latini, quantunque abbiano pofcia cangiato nome . Ma fìccome la fatira dall' eflere un teflìito informe di motti fcherzevoU e frizzanti , in verfi rozzi , e di niuna , o di capricciofa e difugual mifura , diventò poi una fpecie di poefia regolare, che fi propofe d' infegnare agli utj^ mini la verità , e la moral filofofia ridendo , e fcher- zando , e di combattere or colla derìfione , or col rim- provero il mal coftume e i vizj della focietà ; così non poflo indurmi a credere, che gli efodj in tutte l'epo- che de' progredì e della perfezione della fatira latina fiano flati a qnella fomiglianti nella forma , e nella ma- niera di poefia . Almeno da quelle poche reliquie di motti tolti dagli efodj delle Atcllane , che fparfamente troviam negli antichi, fi fa chiaro, che quelli non eb- bero mai quel metro regolare e coftante , che fu dato alla fatira, ne abbiamo argomento da credere , che la flefla forma, lo fleffo andamento, e lo fleflb fine con- fèrvaffero . Saranno flati per avventura fimili alla fati- la di Pacuvio , di L. Pomponio , di Ennio , p^effo i quali fa un mifcuglio di verfi di ogni genere; e forfè ancora alla fatira Varroniana, nella quale anche la pro- fa fu co' verfi mifchiata , il burlefco col ferio , e fino il latino col greco, come da' frammenti apparifcc, e fu * da jr4 da Quintiliano oflervato (i). Ma non è credibile, che abbiano avuto mai nulla di comune con quella poeda maledica, comporta per riprendere i vizj degli uomini, col carattere delF antica commedia , col carattere cioè li- cenziofo e mordace, e pieno di liberta, giutla la defi- nizione di Diomede (2), nella quale ebbero il piimato per l'invenzione Lucilio, per l' eleganza , per la mode- razione, e per la iìnezza della critica Orazio. Gli efodj adunque erano farfe, o piuttollo canzoni, elle fi cantavano come intermezzi tra gli atti delle Atei- lane, o in fine di effe; non altrimenti che le Atellane niedefime dopo la tragedia fi rapprefentavano . Ma qual era la forgente di quel ridicolo , per cui e le Atellane, e i fiaoi efodj furono tanto commendati dagli antichi ? Ecco 1' ultima parte del foggetto , che mi ho propoflo . Io non comprendo , su qual fonda- mento han fatto alcuni difcendere il ridicolo delle Atel- lane o dalla lingua , o da certo contorcimento di boc- ca proprio degli Ofcbi, o dalla impudenza, ed ofcenr- tà delle loro gefticulazioni , e delle loro frafi . E mi duole, che, non che altri, lo Ileflo diligenti ili ino Pel- legrini (3) fia in quello errore inciampato. Infatti dir, che la lingua Ofca rendeva ridicole le favole Atellane e parlare fenza intendere quel che fi dice . Come mai «na favella, che può efprimere i penfieri della mente, e (1) ì'ìSìh. Or. Vtb. X. e. I. (2) Uh. 2. (3) Appar. alle Aat. Camp. Dìjf. iv. r. r. 8y e ì movimenti del cuore , una favella , e fuppongafi pure , quanto fi vuole barbara e rozza , come mai può, come tale, eflcr ridicola? La lingua Ofca non era af- folutamcnte fVraniera in Rona , era 1' antica lingua dei più antichi italiani; e nel fecolo, in cui furono quelle favole ili Poma introdotte, non era la lingua de' Ro- mani affli più linda , ed elegante dell' Ofca . Qual ra- gione adunque aver poteano di ridere , e di cotanto ri- dere in afcoltare per cagion d' cfempio , Mceflus , in vece di Majus , famul per famulus , pitpìt , per quid- quid , ed altre limili voci degli antichiffimi italiani ? La lingua , qualunque ella fia , come femplice idruniento da appilefare i fecreti fentimenti delf animo , non può mai clTcr ridicola , fé i penfieri , che efprime , non con- tengono una ragione , ed un eccitamento al rifo . 01- trecchè non è vero , che feti'pre in dialetto Ofco iìano Hate le Atellane rapprefentate , ficcome dimoftrano quei pochi motti Atellanici, che ci han confervato gli anti- chi , e che fono della più pura lingua del Lazio . E fé è vero, che alcune ne fcrifle Siila nella patria lin- gua , come racconta Ateneo da noi di fopra allegato , non nel r Ofca certamente, ma nella romana lingua le foriflè . Or dove poteva eflere allora il ridicolo della lingua . Molto meno intendo poi , qual torcer di bocca , o di labbra fofle d' uopo , per pronunziare le parole Of- che , e come abbia potuto fognare Giufeppe Scaligero , eifer quello iìato il coiìume , o il difetto naturale di S6 quel popolo in profferir le parole di fua favella (i) . Aprire più o meno la bocca , lìringere più o meno le labbra , come è di meflieri nel diflinguere il Tuono dellV, o del dittongo ce dal fuono dell' a , chiamaiì ridicolo contorcimento della bocca ? Noi viviamo su lo lleflo fuolo, e fotto lo flefìb cielo, che gli antichiflìmi Ofchi; uè in tanto trafandare di fecoli alcun cangiamento fi è fatto nella bruttura dell' organo della voce . Or qual torcer di bocca fi oflerva tra noi , anche prelR) T infi- ma plebe e la più incolta , o credefi naturale e necef- fario a pronunziare le voci del noftro dialetto. Dunque uè la lingua Ofca , ne la maniera diflorta e guada di pronunziar le parole, pofTono effere Hate la forgente di quel ridicolo , che andava si bene incontro al genio dei Romani. Ma che giova in un affare di sì alta antichi- tà combattere i fogni de' moderni , quando chiaramente gli antichi , que' che ne furono telìimoni , fecero confi- flere il ridicolo delle favole Atellane negli argomenti , ne' motti fcherzevoli e fpiritofi , nella maniera di dan- zare, e di geflire, come atteftano Livio, Orazio, Va- lerio Maffimo, Diomede, e Donato (2)? Ma forfè la laidezza degli argomenti, l'ofcenità delle frafi , la fconcezza de'gefti faranno ftate la fonte di quel ridicolo , che tanto divertiva i Romani ? So bene , che pa- co Maefnis maìorem fignificat Ofca lingua , diftorfione oris , ut mos «jus gentis erat , quafi Majus : qaare Majus meofis apud^eos Maefius di- cebatur. Scali ^. ad Varron. da L. L. liù. vi. (^) Liv. lib. VII. e. ^ Horat. di Art. V. Zio. Val. Max. Uè. VI. e. i. Dim. t. (. DQrì0iiis Ae Trag. & Cm, »? parecchi han così penfato , perchè laida oTtremodo ed ofcena ci dipingono l' indole degli Olchi , in guifa che non ha avuto ritegno Ginfeppe Scaligero colla folita ma- giftrale franchezza di affermare , che fìccome Cimbro fi- gnilìca un ladro, come Ifàuro un pirata, come Ambro- ne un dilToluto , e un ghiottone , così Opico , o fia Ofco un ofceno, giacché, foggiunge, talf furono quelle nazioni , e noi col loro nome appelliam quelli , che fo- no tali (i) . Ed evvi ancora chi crede , che la flefla voce ofceno dagli Ofchl derivò . Ma quefto è far in- fulto alle nazioni, alla critica, e al buon feafo. In qual de' latini fcrittori trovò la Scaligero, opico eflèr finoni- mo di ofceno? E' chiaro, che ei dipinge a capriccio , e non dietro la natura e la verità. Gli Opici, che fon pur lo flelfo, che gli Ofchi , ci vengono- dagli antichi defcritti come barbari, falvatichi, rullici, fudici ancora, e privi di quel ritegno e di quella dilicatezza , che fi of&rva nella perfezione della focietà, come era natura- le , che foflero uomini , i quali non- erano ancora al vi- ver focievoTe avvezzi, ne dalla pratica di ciò, che chia- mali mondo, e focieta, ingentiliti. Ma che il loro ca- rattere Ila flato una brutale e sfrenata ofcenità ne' co- ftumi, nelle parole , ne' gefli , ninno è degli antichi , che io fappia-, che il dica. Né e pollibile intendere, quan- do (i) Non ma^isCimber làtronem flgnifìcat, quam Tfaurus r'Mtam , Am- bro diffolutum & voracem, Opicus obfcenum . Sed quii tales fuerunt eae nationes, de eoxum nomine vocamus qui tales lunt. Seal, in Not. ad Fé-- Jfum .9 88 do così fofle flato , come cofl:oro pretendono , come avel^ fero potuto ottener le Atellane sì coftante e sì grande applaufo in Roma . Le laide cofe laidamente fpicgate , anzicchè deflar rifo, agli uomini più corrotti fanno nau- fea , ed orrore agli onefli , e fanno ridere folamente , fé non apparifcono , quali fono in loro fleflè , laide e fchi- fofe, ma col velo di onefle, o almeno ambigue parole vengono ricoperte . Ma non fono le cofe allora , che fanno ridere : è sibbene la maniera ingegnofa di efpri- merle , o piuttoflo il ripiego ufato per cuoprirne la fcon- cezza e la difbneftà . Oltrecchè nel fecolo , in cui furono le Atellane in Ro- ma introdotte , la gravità de' coflumi era tale , tale lo fpirito pubblico, tale la pubblica oneflà, che non avreb- bero mai patito orecchi romani di afcoltare ofcenità sì fpacciate, come quelle , che fi fuppongono nelle Atel- lane . Ma i Romani all' incontro non folo le riceverono con piacere e le applaudirono , ma ne onorarono a tal fegno gli attori, che non permifero , che gli Atellani foflèro con gì' iitrioni , e con altri giocolieri confufi , e trattati del pari. Vollero, che gli attori delle Atellane confervaflero il privilegiò di cittadini romani , non fof- fero dalla tribù rimoffi, alla quale erano afcritti, e mi- litar poteiTero nelle legioni, ficcome Livio , e Valerio Maffimo atteflano (i). Anzi crebbe cotanto la flima e la pafflone loro per le Atellane , che non ebbero a fde- (0 Liv. m. VII. Val. Ma%, Vib. V. ^ gno , mentre erano sì fchlfiltoil e reflii per tutto ciò , che r onore e la dignità di cittadini romani avelTe po- tuto in menoma parte adombrare ; e mentre in tanto difprezzo aveano quelli, che fi davano in ifpettacolo sul teatro; non ebbero a fdegno, io dico, di montarvi elfi fltffi per rapprcfentarc le Atellane, riputanflolo un efcr- cizio oncfto , liberale , ed ingenuo . Or come mai avreb- bero que' vecchi romani fofferto , che la gioventù , la fperaiiza della puciia , deftìnata a proteggere e a dila- tare coir armi, e col fenno T imperio della repubblica, fi fbfle per tal modo involta in quel lezzo, che ayelTe fi:elto di rapprefentare ella fiefla quelle laidezze , che vituperevole e fconcio era intendere dalla bocca altrui ? Come mai avrebbe chiufi gli occhi su qucfto fcandalo pubblico , su quella nefanda fcuola di corruzione , fé tal era la favola Atellana, quel Senato, che proibì con tanta feverità i baccanali , che pur nafcondevano nelle tenebre il libertinaggio , la licenza , il difordine ? Avreb- be egli mai tollerato , che in un infame bordello tea- trale fi fofTe snervato ed infranto quel vigore di fpf- rito e di corpo , che con sì faggia educazione , e con sì frequenti efercizj fi fludiava di mantenere , e di ac- crefcer ne'giovani? Ma io mi affanno indarno a cercare argomenti di una verità , che dai più folenni Storici di Roma ci e contéflata . Valerio Malfimo , dopo aver raccontato colle fìefle circoftanze di 'Livio T introduzio- ne de' giuochi fcenici in Roma , foggiunge , che fi fece- ro venir d'Atclla gli attori, e che il divertimento da 12 elfi 90 eflì dato a'Homani era coli' italica feverità temperato , e perciò efente da ogni macchia ed infamia (i). Piacque- ro dunque, e furono onorate in Roma le Atellane, non perchè foiTero fcuola d' imraoderata lafcivia , e di ftoma- chevok ofcenità ,, ma perchè accoppiavano felicemente il dilettevole ■cuirantica aufterità degl' italiani coflumi . JJou debbo dilfimulare però, che ficcome col cadere della repubblica cadde ancora il rigore dell'antica difci- plina , e la più generale e la più grande depravazione fuccedette alla feverità de' coftumi repubblicani ; così il libertHiaggio , che trionfava in tutti gli ordini delle per- sone, in una città dai vizj di tutte le nazioni corrotta, del teatro benanche s'impadronì. I vizj lleilì degl' Im- peradori, gli efempj d'ogni lafcivia, che davano al po- polo , la diiTolutezza , e la vigliaccheria de' grandi , die- dero incitamento alla profìituzione de' teatri ; e la per- dita della libertà , e le crudeltà , e le oppreffioni del governo furono uno fprone alla licenza del dileggio, e della fatira . Si videro applaudite le ofcene buffonerie , perchè Itìfingavano il gufto generale, e i pungenti frizzi degli Atellani , che ferivano anche i padroni del mon- do, perchè almen colle beffe credevafi vendicare il po- polo della vergognofa fervitìi, in cui gemeva. Tale fu quel verfo Atellanico, che pafsò in proverbio preffo il popolo, col quale fu fotto il velo d'una metafora , e d' una voce a doppio fenfo 'rinfacciata al vecchio Tibe- rio (t) Atellani autem ab Ofcis acciti funt , quod §enus deleftationis ita- lica feveritate temperatimi , ideoque vacuum nota eft . Vel. Max, Ub.U. cj,,. 9ì fb la più fozza é flomachevole libidine: Hlrcuin vetu- lutn capreis naturam ligurìre , alludendod alla dimora dell' Impcradore in Capri, dove avea ftabilito l'albergo di tutte le ofcenità , e alla coftanza della generofa Mal- Ionia , la quale amò meglio piantarli in petto un pu- gnale , cbe piegarfl alla fchifofa , e fìrana lulfutia del vecchio Tiberio (i) . Così Dato , attore dell' Atellane nelTcfodio, che Suctunlu chiama cantico, il quale in- cominciava uyixivs TTXjsp , Cyixiys [xTìTsp, osb rapprefentare co'geUi Claudio, che tracannava il veleno, ed Aarip- pina , che falvavafì a nuoto dalla morte orditagli dal figlio ; e all'ultime parole della canzone , orcus vobis ducet pedes , accennò col gcdo il Senato, volendo dir, che Nerone , dopo aver uccifo Claudio , e tentata la morte della madre, avrebbe mandato in malora l'ordi- ne intero de' Senatori . Per la quale audacia 1' Impcra- dore fi contentò di bandirlo dall'Italia, o perchè, co- me oflerva Suetonio (2), difprezzaflc oramai qualunque infamia , o perchè con moflrarne rifentimento non ve- nifle ad aizzare viemaggiormente gi' ingegni . Non fu tale però la pazienza , o la politica di Caligola , il quale fece bruciar vivo il poeta di un'Atellana per uà fol motto ambiguo, che potevafi contro di lui interpe- trare (3). Molte novelle della crudeltà, e dell'avarizia di Galba aveano preceduto il di lui arrivo in Roma . * Quin- (0 Sueton. in Tiùer. e, 45. (i) Siictcn. in Nero», e. ^g. (.3) Sutton, in CalÌ£. e. 27. Quindi avendo gli Atellani incominciata la nota canzo- ne : venit io funus e villa, gli fpettatori ne cantarono ad alta voce il reflo , e 1' accompagnarono con gefti , che additavano Galba fotta il nome di Simo, come fé aveffero volato dire , V uom dal nafo fchiacciato , e lo fpilorcio , poiché quefto carattere ha Simo nelF antica commedia (i) . Da quelli piccioli faggi , ^^Iic delle Atellane ci ha confervati Suetonio , fi può ben comprendere , che avea- no degenerato dalla primiera innocente giovialità . E li può comprendere ancora , che non tanto le ofcenità , quanto V audacia nel motteggiare e ferire anche quelli , che difponevano della vita e della morte , obbligarono il Senato a porvi freno , e a difcacciare gl'iftrioni d'Ita- lia . Tacito fembra parlarne con difprezzo , allorché racconta la loro efptilfione (a) . Ma le fue fteflè parole dimoi1:rano , che fé delle Atellane favella , nominando uno fpettacolo Ofco di leggerifllmo divertimento della plebe, favella delle Atellane de' tempi fuoi, di quel che erano divenute allora, non di quelle , che erano Hate tin genere burlefco sì , ma temperato dall' Italica feverì- tà , che avea per più fecoli , e con tanto applaufo eil- larati gli animi de' fieri e rigidi repubblicani . (0 Sueton. in Galba r. 25. (2) Ofcum quoddam ludicrum leviflìmse apud vulgus obisflrationis , eo flagitiorum & vitium venifle , ut auftoritate patrum coercendum fit : pulfi tum hiftricnes Italia. Tac, Annal. Ut. IV. 9S C A O I O N I DE' PROGRESSI STRAORDINARI DE' GRECI NELLA LETTERATURA E NELLE BELLE ARTI, Ze(ta ai 20. Dicembre iS^g^ '^ DAL SOCIO RESIDENTE ANGELO MARINELLI Profcjjore di Letteratura antica c moderna nelV Univer- Jlta de Regj Studj di Napoli . JL Greci che hanno fidata l'epoca la più brillante della letteratura, e che, in materia di buon guflo, han mai fempre fornito i modelli più perfetti alle nazioni civi- lizzate , sul principio furono felvaggi , a fegno che non avevano d'uomo che la fola figura. Le loro prime fco- verte, al dir di Paufania , confiltettero nelP apprendere ad alimentarfi di ghiande , a covrirli di pelli , ed a co- Ilruire delle capanne. In una parola, ignorando fin'an- che i dolci vincoli dell' imeneo , vivevano ed erravano pe'bofchi, a guifa di beftie feroci. Un sì fiuto fpetta- colo è certamente umiliante pel genere umano; ma eflb per altro ci dimoftra ad evidenza di quanto tenuti fia- mo alle lettere , fenza le quali faremmo ancora nello flato di falvatichezza . Fama è che Cecrope, Danao, entrambi Egizi, ed il Fenicio Cadmo, trafportando delle colonie nella Grecia, vi abbiano introdotta la civilizzazione . Cecrope fondò la città di Atene , e fece , per la prl- ma volta , fentire ai Greci il nome deir altitonante Gio- ve. Cadmo innalzò delle are in Tebe ; ed Orfeo pre- ferire in tutta la Grecia i riti, onde tributar fi dovef- fero gli omaggi alle divinità . La Religione fu dunque il primo fentir"cnto cbe fu loro infpirato . All' idea di un D'o terribile fi fecero fuccedere le inipreffioni pia- cevoli ; e finalmente 1" incantefimo nafcente dalle belle arti, fu chiamato in foccorfo della politica, per addol- cire i coflumi , e difporre infenfibilmente gli animi a ricevere il giogo delle leggi. Ma la Religione non penetra in una contrada , fenza condurre dietro di fé un lungo corteggio di cognizioni. Appena che efla Ci moftra , gli organi desinati ad in- vocare gli Dei, fi fciolgono ; la lingua (ì perfeziona ; i primi accenti della poefia e della mufica fanno rim- bombare r aere d' ogni intorno , e la morale fi forma . Ciò che, per altro, contribuì moltiflìmo alla pronta civilizzazione della Grecia , fi fu che que' fuoi legislatori, illuminandola , non le propofero dapprinìa dottrine aftrat- te ed intralciate . Poiché chi non vede che quegli fpi- riti inculti trovandole fuperiori alla loro intelligenza , le avrebbero rigettate ? Pel contrario , ficuri che la virtù s' infpirerebbe meglio per via del fentimento che dei precetti , fi diedero a parlare all' immaginazione ; e le verità che annunziarono , furono mai fempre abbellite dalle grazie della poefia e della mufica . Tali mezzi cattiva- rono gli fpiriti di quegli uomini agrefii , e , mercè il canto e le danze traendoli dall' alto delle montagne e dal 9-5 dal fondo delle fpelonche, li trattennero nelle pianure, palcendoli di favole, di fefle e di fpettacoli. Per tal modo i Greci cominciarono a ripulirli , ed a diftendere la sfera delle loro idee. Ma il maggior nu- mero delle cognizioni , di cui andarono in appreflb gra- datamente corredandoli , loro venne dal commercio coi popoli culti, non meno che dalle guerre di leW e di Troja. Quella ultima particolarmente ch'era fiata fecon- da di giaudi avvenimenti, efaltò in modo la loro im- maginazione , che , volendo trafraetterne ai pofteri la memoria , non fi contentarono di teflere una floria fe- dele, ma, adornandola di racconti romanzeschi, compo- fero altrettanti poemi. In tale occafione furfe una gran- de folla di vati , i quali celebrando in verfi le vicende di Troja , formarono Omero , il primo raaeflro del ge- nere umano ; il primo , da che il tempo edace a noi forfè rapì le produzioni di altri più antichi , e valenti fcrittori . Per riguardo poi alle nazioni eulte che in quella Ca- gione per mezzo del commercio fparfero la luce fcien- tifica nella Grecia , chi non sa che i Perfiani erano ver- fati nella politica , i Caldei nell' afìronomia , gli Egizj neir ailronomia , del pari che nelle fcienze fublimi , i Fenicj nella navigazione, e tutti generalmente nella teo- logia , nella guerra , nell' agricoltura , nella metallurgia , e nelle arti meccaniche/' Quelli popoli adunque che la Grecia in apprelfo appellò barbari , furono quelli che gettarono nel fuo fuolo il primo fé me delle fcienze . E 9<5 E' vero per altro ch'effe cader non poteva in un ter- reno più fecondo : poiché fi vide totlo germogliare, e mettere fuori un arbore immenfo , i cui rami ftenden- dofi a poco a poco , coprirono tutta la fuperficie della terra . Vaglia pp'-ò l'onor del vero : le cognizioni che gli altri popoli vi trafportarono , non erano che un germe grolTolano , il quale cambiò di natura e di forma in quel terreno feliciffimo . Minerva ftc/Ti , al dir degli antichi, fcelfe quella contrada pel foggiorno de' Greci, poiché la temperatura del clima riguardar a lei la fece come il fuolo il più acconcio a produrre grandi inge- gni. Quell'elogio , come ognun vede, non è che una finzion poetica ; ma pure efla dimoltra perfettamente Tin- fluenza grandlfnma che il clima efercitava su i talenti di quella nazione. Si confideri in fatti il gufto fquifito che regna nelle opere Greche, e trovcraflì ch'eflb non aveva folamente il fuo carattere diftintivo , ma che tra- fportar non potevafì altrove, fenza foffrir un'alterazione fenfibiliflima . Un argomento irrefragabile ne fiano le llatue che nella Grecia , e quelle che in Roma dagli artifti medelinii furono lavorate . Qual differenza nota- bile tra loro! Di quanto lungo tratto quelle ultime fo- no al difotto dei primi modelli ! Quel cielo ridente e puro contribuiva altresì , in una maniera prodigiofa , alla perfetta organizzazione de' loro corpi, ed immaginar non puoffi in quante guife , per aver fanciulli ben fatti , effi ajutaffero l' influenza naturale. Su- Subito che a Sparfa una donna fcovrìvafi incinta , in^ troducevaniì nel fuo appartamento le immagini ài Ebe, xJi Caftorc, di Polluce e di Apollo, affinchè la di lei fantafia fcofla da quegli oggetti vaghi e leggiadri , ne trafraetteiTe al fuo feto i lineamenti. Nato il fanciullo qual cura non prendevafì dello fviluppo ^1 fuo cor- picciuolo , della fua fisica e morale educazione ! Quindi i Greci vivendo fotto un ciel fèreno ed all' ombra di un governo temperato , foccorfi , d' altronde dall' iftituzione, fi formarono al fuono della lira di Li- no e di Orfeo una lingua sì bella -che con efla dipìn- gevano tutto ciò che loro cadeva nell' animo . Ma don- de mai quello vantaggio ? I loro fenfi operando per mezzo de' nervi agili e fottili su di un cervello dilica- tamente teffiito , e perciò concependo di leggieri ed ali* iftante le differenti qualità degli oggetti , le rendevano nella maniera la più nobile e pittorefca . Qual dolcezza infarti ! Qual abbondanza ! Qual armonia in quel lin- guaggio divino ! Fedele interprete dello fpirito e del cuore, nel tempo fìeflò che per la dovizia e per l'ar- ditezza delle fue efpreffioni, manifellava chiaramente tut- te le idee, e fapeva adornarle, al bifogno, di vivi co lori, la fua melodìa rapiva altresì e foggiogava l'altrui volontà. Tale era la lingua del popolo il più fenfibile ;he fia giammai efiftito. EfTo lafciava di leggieri impu- lita Toffefa che gli oratori potevangli fare , opponen- lofi ai fuoi voleri, ma era però con eflo loro inefora- ^ile, fé permettevanfi d'infultare il fuo orecchio. L'at- i| te» 98 tefti Pericle ,, quel domina tor di Atene . Coflui , tutte le volte che montar doveva sulla tribuna , faceva a Giove la feguente preghiera : Io non ti domando , o padre de- gli Dei e degli uomini, lumi e faggeta , ma bensì un linguaggio puro ed fì^g^te ; fa dunque ,■ ten prego , che dalla ^•-ca mia non efca parola alcuna che ferir pojja gli orecchi delicatijjimi degli Atenìefl . Or fé i Greci erano tanto fenfibili per la fempUce melodìa della parola , e fé i fìlofofi fteflì , ove giun- geflèro a cattivarli l'orecchio, erano lìcuri di efpugnare il cuore, qual effetto su di loro produr doveva la poe- iìa fecondata dalla raufìca e da una voce armoniofa ? Sembra certamente che gli fcrittori vogliano indurci in errore , allorché narrano che quel governo con ferieta difcuteva , fé una corda aggiunger dovevafi alla lira , e le un'aria rauficale era da araraetterfl o da rigettarli , poiché, per sì fatte innovazioni, paventava , che, co- niunicandofi al popolo emozioni molto violente , fi fa- rebbe rifchiato di fpinger troppo lungi i fuoi vizj e le fue virtii; e pure niente è più vero , ne più naturale di ciò preffo di un popolo ch'era dominato dai fenfi . Chi non sa che allorquando sul teatro di Atene rap- prefentoffi la tragedia delle Eumenidi di Efchilo , il po- polo fu prefo da tale terrore , che più di una donna incinta abortì , ed alcuni fanciulli vi perirono ? Quefta loro fenfibilità naturale era eziandio maggior- mente eccitata dalla mufica. Imperciocché eifa, fempli- ce nella fua origine , ed infeparabile dalla poefia , ne 99 accattava le grazie, o pluttoflo le predava le Aie; men- tre tutta l'ambizione eh' effa nutriva, altro fcopo jion aveva che di abbellir la fua compagna . Qual impreflio- ne dunque non doveva fare fopra di un uditore fenfi- bile una poefia eccellente, ed in tal modo efpreffa ? Se la femplice declamazione ci flrappa le lagrime , quale forza non debbe aggiungervi tutto l'incantefimo delfar- monia , quando effix V adorna fenza foffogarla ? Perchè la vecchia niuiìca di Lulli ci va sì bene al cuore ? Perchè tutti i fuoi emuli fono rimalli sì al di fotto di lui ? La ragione fi è che nelTua tra loro ha intefo , al par di effo, l'arte di accoppiare la mufica alle parole , e perchè il fuo recitativo fi avvicina maggiormente al tuo- no della natura ed alla buona declamazione. Non giù. dichiamo dunque degli effetti della mufica Greca da quelli che produce la noftra , poiché efla nulla ci ofìre di fomigliante a tempi noflri . Prefib gli antichi Romani Orazio , e tra noi ancora Chiabrera e Malherbe fingevano di cantare sulla lira . Ma Orfeo ed Anfione, per ammanfare i popoli feroci, per riunirli in fociet'a , per determinarli a vivere ali-om- bra delle leggi ; ma Terprandro , per diffipare le difcor- die che laceravano la Repubblica Spartana ; Tirteo , per animarla ai combattimenti ; Alceo infine , per fufcitare la guerra alla tirannia , e riaccendere negli animi de'Les- biani r amor della hbertà , non fingevano , ma cantava- no realmente al concento di sì portentofa mufica . Se credito prefiar vogliamo ad Omero , la lira , nel- * la roo la corte de' Greci Monarchi , faceva la delizra de' batti- chetti . Il cantore eravi riguardato come V amico delle mufe , ed il favorito di Apollo . Quindi 1' entufiasmo de' popoli e. dei Re accendeva quello dei poeti , ed il genio che aaima-** Ja Grecia tutta , dovevafi in parte a queft' arte prodigiofa. Ma ciò che contribuì a rendere la poeiìa lirica, vie più grave ed importante , si fu 1' ufo che ne fece la politica, chiamandola in fxio ajuto per formare i colìu- nii e la morale. Non dobbiamo quindi efìère forprefi , che il poeta ©norato nella corte de' Sovrani , ne' tempj degli Dei , nelle folennità della Grecia infiem raccolta , fia fiato afcoltato ben' anche ne' configli ed alla t^efla degli efer- eiti , allora particolarmente eh' egli lleflb elettrizzato dal fuono della lira , paflar faceva nelle anime altrui , ai dolci nomi di libertà , di gloria e di patria , i fenti- Hienti profondi di cui era penetrato-. Oltracciò il carattere diftintivo de' Greci , fonte di gran prodigj nelle belle arti e nella letteratura , fu l'im- portanza ch'effi attaccavano ai loro piaceri . Tutto ciò che aveva il dono di lufingare i fenfi di quel popolo idolatra della bellezza e della voluttà , era da elio di- vinizzato . Uno fcultore , un pittore , un poeta lo riem- piva di ammirazione . Una cortegiana celebre per le va- ghe fattezze del fuo corpo , è incinta : ecco un modello di beltà perduto: Atene è immerfa nel duolo e nel lut- to: fin da Coo fafFi venire Ippocrate , per procurarne l'abcr- i.0< r aborto: quefli la lafcia cadere: la leggiadra donna a- bortifce: il modello di Venere è falvato: la città fi ve- de al colmo deir allegrezza . La vezzofa Frine è acca- fata d' empietà avanti il tribunale degli Eliafd : l'oratore Iperide , vedendola convinta, le Urappa 11 velo che la copriva, e rivolto a quei vecchioni efclama : Efi bene avrete voi il coraggio di far perire una beltà sì rara ? I Giudici ne fono tocchi, e Frine è a pieni voti aflbluta. Non fia dunque meraviglia, fé, al dir di Teofrafto^ furono a Tenedo ed a Lesbo flabiliti i tribunali , per decidere della venuflà delle donne ; e , fé in una città del Peloponnefo , tutti gli anni effe efponevanfi al eon- corfo, e colei che le fue rivali forpaffava ia beltà, ric- chi prefenti otteneva in ricompenfa. Molto fìrano fera- brami però che gli uomini ancora fi abbiano queflo pre- mio difputato; e pure, fecondo il rapporto dello fteflo Scrittore , ciò pratica vafi ad Elea . Alcibiade nel fior della fua età apprefe a fuonar il flauto ; ma cffendofi avveduto che gU sforzi i quali faceva per trarne i fuo- ni , sfiguravano le regolarità del fuo fembiante , mife r iftrumento in pezzi , ed a fua imitazione tutta la wio ventù Ateniefe riguardò fpregevole quel divertimento che alterava le leggiadre forme della loro figura . Malgrado però V entufiasmo e la fenfibilità eftrema dei Greci, il carattere del loro gufto esa fempliciffimo. Nella fcultura , nella pittura , nel!' architettura , nella poe- Ca, nella roufica, le loro compofizioni , le loro forme, i loro ornamenti raedefinii erano femplici : non vi fi ve- de- tot deva niente di complicato, niente di confufo, niente dì fìentamente compofto , foprattutto niente che non fofTe ben legato, e che ne' rapporti della caufa all' effetto , ridotto non foffe all'nnità: Deniq'-''^ fit quodvis fimplex dumtaxat & unum. Ecco la divi fa , la regola, e la magìa delle loro arti. Ma quello carattere di femplicità tanto vantata , non fu fé non effetto dei coftumi, poiché 1 colìumi dei Gre- ci , fé in paragone lì mettano coi nofìri , erano fem- plicifllmi, per la ragione ch'effendo repubblicani, effer dovevano più liberi e generalmente popolari . Sì, quella libertà ch'eleva l'anima dei cittadini, fu la prima cagione che contribuì allo sviluppo di quel po- polo claffico , poiché la forma del governo influifce ef- fenzialraente sulle arti e sulle fcienze di tutte le nazio- ni . I Sovrani che , rifpettando il codice eterno della natura , lafciano ai fudditi la porzione della libertà ch'è loro neceffaria per illuminarfi , bifogno non hanno di minacce e di catene per tenerli a freno , ne innalzar debbono baluardi sulle frontiere, per garantire lo flato dagl'infuki fìranievi. Il genio, il valore, i lumi e la virtù fono i figli della libertà . Ma confidiriamo di grazia più da vicino la città di Atene, e troveremo che ivi tutto è moto, tutto è at- tività , tutto confpira alla propagazione de' lumi . Vedete da nna parte que' giovanetti , che abbando- nati alla fuperftizione ed al piacere fi slacciano di buon mattino dalle braccia delle più avvenenti cortiggiane , e riem_ 103 flempiono i licei, i teatri ed i templi. Dall'altro can- to mirate i capi della repubblica , che quantunque efpo- m al pericolo di effere immolati alla gelofìa di un po- polaccio inquieto , pure fono rutti intenti al maneggio degli affari pubblici , e meditano delle grandi imprefe , egualmente che de' gran delitti . Più in là guardate i Retori ed i poeti , che immerfi in una meditazione profondiffima , paflano il loro tempo a comporre trage- die,, commedie, difcorfi eloquenti e canzoni immortali . Quindi in un angolo appartato fi oflèrvino quegli ucK mini trilli e queruli, che fcreditano gli Dei, rampogna- no i coftumi della nazione , mettono- in veduta le fcioc- chezze de' grandi e fi lacerano tra loro : coftoro , fé noi fapete, fono i filofofi che di tratto in tratto il fa- natifmo dei preti e la fuperchierìa de' magidrati perfe- guita e caccia di città. Paffiamo alla piazza pubblica , ed entriamo in quelle botteghe che la circondano . In una fi difcutono gli affari della Repubblica , gli aned- doti delle famiglie, ed i difetti dei particolari. Più a- vanti fi parl-d di notizie e di fpedizioni militari. Da qualunque lato adunque fi gettino gli fguardi , vi fi vede f impronta del genio , il movimento , 1' atti- viù dello fpirito, ed il vizio a fianco della virtù.. A quelli vantaggi fé n'aggiunga un'altro non meno effenzialc e rimarchevole . Preffo i Greci , lo fiudio delle lettere abbelliva quello delle fcienze , e lo fìudio delle fcienze dava alle lettere maggior lufìro , e splendore . Poiché avendo eflì comprefo che tutte le facoltà hanno tra tra loro i legami ed i rapporti i più intimi e jdrettì , le fecero mai Tempre marciare di conferva , in modo che fervir fi doveffero fcambievolmente di appoggio . In fatti, quantunque le raufe prefedeffero le une alla poefia ed alla ftoria . !<: altre alla dialettica , alla geometria ed air aflronomia , nondimeno efiè erano nella Grecia riguar- date come forelle infeparabili . Omero ed Efiodo le in- vocano tutte ne' loro poemi , e Pittagora ad effe indi- Aintamente facrificò un' acatombe filofofica quando ebbe fatta li fcoperta che il quadrato dell' Ippotenufa nel trian- golo rettangolo è eg-uale ai quadrati degli altri lati . Quindi Empedocle, Epicarmo, Parmenide, Archelao fu- rono egualmente celebri tra i poeti che tra i filofofi . Socrate coltivava nel tempo fleflb la filofofia , l' eloquen- za e la poefia . Senofonte fuo difcepolo fu oratore , flo- rico , uomo di flato , guerriere e politico . Platone ed Ariflotele gran rifalto dettero alle fcienze, il primo per uno flile fiorito, l'altro con precetti pieni di un guilo raffinato . A dirla in uno , fé i Greci unirono al me- rito il più folido la più brillante riputazione , effi lo dovettero a quella felice affociazione delle belle lettere colle fcienze efatte. Ma di tutti i loro ritrovati fpiritofi , un luogo di- ilintiffimo occupa certamente quello del fiftema filofofi- co e religiofo . Oh quanto è effo ingegnofo ! Oh quanto riefce acconcio alle belle arti, non meno che alla poe- sìa ! I vati Greci eh' erano nel tempo fleffo i filofofi ed i teologi della nazione, ignorando le leggi della natu- ra, Ì05 ■n , ed eflendo dall' altro canto dotati di una Curiofità grande sì , ma incapace di penetrarne i fenomeni , ri- duiTero la filofofia all' invenzione del maravigliofo . Tut- te le caufe feconde divennero per elTi , come fuccede a tutti i popoli fanciulli ed immaginoiì , altrettante intel- ligenze attive. Gli elementi furono quindi popolati . La luce, il fuoco, l'aria, l'acqua, i venti, le procelle , tutte le meteore , i bofchi , i fiumi , le campagne , i fiori, e le frutta ebbero le loro divinità particolari. In cam- bio d'indagare , come mai il fulmine lì accenda nella nube , donde procedano i tremuoti e que' venti furiofl il di cui urto fconvolge le onde del mar'e, differo che la folgore è fcagliata da Giove; che il gigante Encela- do fottopofto air Etna , agitandofi , fcuote la terra , e vomita torrenti di fiamme ; che Eolo fcatcna i venti , e che Nettano mette folTopra i mari col fuo tridente . Una fisica di tal natura , quantunque poco foddisfacefle la ragione, pure lufingando l'immaginazione di quel po- polo eftremamente vago de' prodigj , entrò nel fiftcma teologico , e dopo aver efTa perduta la fua autorità , conferva tuttavoka a giorni nollri le fue grazie e le fue bellezze. La morale , come la fisica , è infiorata di finzioni maravigliofe . Agli Dei , alle anime virtuofe ed ai mal- vaggi, differenti luoghi fi aflegnarono nell'altro mondo. L' Olimpo era il foggiorno degli Dei . Là , in mezzo all'allegrezza, agli amori, ad una pace imperturbabile ed a lauti noa interrotti conviti , la veziofa Ebe diflri- 14 bui* buiva il nettare e l'ambrofia, ed Apollo circondatx) dalle mufe cantava inni divini al fuono della fua lira armoniofa. Gli Elisj erano la dimora degli uomini giudi . Co- floro afilli sulle zolle fiorite ivi paflavano: dolcemente i loro giorni fereni all'ombra degli alberi fronzuti. Mille rufcelietti ferpeggiavano in mezzo a quelle campagne ri- denti , ed innumerevoli rufcelli le facevano ecbeooiare del loro canto . Da per tutto regnava la pace e la tranquillità . Il Tartaro era la fede del pianto e della defolazio- ne ; i ribaldi vi fi vedevano abbandonati ai fupplicj i più fquiiìti. Là , Sififo rotolava continuamente uno srai- furato faifo dal pie alia vetta di una montagna fcofce- fa , donde alf iftante ricadeva . Ivi , il fitibondo Tanta- lo , immerfo in un lago , bere non ne poteva 1' acqua che, alfavvicinarfi del fuo labbro, fi ritirava , ed un ramo carico di frutta , flando curvato davanti la fua bocca famelica , raddrizzavafi tofto eh' ei voleva raan- gian\e. Il Tartaro fu in fomma per loro il terrore dei malvaggi, {ìccom.e gli Elisj furono la fperanza dei virtuofi. La metafisica, al pari della fisica e della morale, fi getto nel maravigliofo . Da ciò la filofofia trafTe un van- taggio egualmente rimarchevole, e fi fu quello di ren- dere fenfibili le idee aftratte , elevandole al rango di divinità. I vlz), le virtù, le paffioni umane non furono pui, fecondo il loro fiftema, nozioni vane e chimeriche. Tutto acquifiò vita e movimento . La faggezza , la giuflizia, la verità, l'amicizia, la pace, la concordia, la beltà , le 107 le grazie, il tempo fìefTo, in una parola, tutte le idee fattizie e compolle , furono perlonificate . Qual cofa puollì efcogitare più di quella , favorevole alle belle arti e fegnatamente alla poefia ? La mitologìa, confiderata fctto quello punto di veduta , è la produ- zione la più ingegnofa e bella dello fpirito umano; ed anche oggidì ad efla abbiam ricorfo, tutte le volte che infiorar vogliamo di vaghe immagini i poetici compo^ cimenti . La iloria nazionale non era men fingolare del filìe- ma religiofo e filofofico. La Grecia era Hata popolata da una folla di colo- nie , a ciafcuna delle quali toccato era per duce un ven- turiere coraggiofo . La rivalità di quelli fondatori , nei tempi di barbarie , produfle difcordie ed effufione di fangue . Quindi la gelofia e V ambizione dei popoli , efa- gerando i delitti dei vicini , ed efaltando gli eroismi dei loro proprj antenati , alterarono la Iloria patria . Da ciò venne quel mefcuglio di fcelleraggini e di virtù ne'mc- defimi eroi . Ciafcuna famiglia era imbrattata t^i misfatti ereditar] . Il ratto , l' adulterio , V incerto , il parricidio formavano gli annali di que' primi briganti. Le Danai- di, gli Atridi , le favole di Meleagro e di Minoffe , quella Medea che Giafone menò dalla Colchide , la guer- ra di Tebe e di Troja, fono il terrore dell'umanità ed il teforo delia poefia . Che diremo di quell'ebbrezza di gloria che riportata avevano da Maratona , da Salamina , da Platea e da '^ Mi- FO'8' Micak ? Quefle profpentà , del pnri che il' loro orge*- glio continuamente irritato dalle rainaccie della monar- chia Perfiana , e dal pericolo di cadere fotto il di lei di- fpotismo, diedero una fcofla sì rapida e gagliarda al gG- nio loro, che, nello fpazio di un mezzo fecolo, effi fecero nella poefia drammatica progreffi incredibili e prodigiofi. Ma donde mai derivò quel patetico forte e terribile, il' quale nelle tragedie Greche fìrappa a forza le lagri- me dagli occhi ? I Greci erano fatalifti . Secondo il lo- ro filìema , gli Dei dirigevano le azioni degli uomini e gli fpingevano al delitto . Venere liefla accende nel cuore di Paride quel fuoco criminofo che produce tan- ta ftrage e defolazione . Gli Dei nemici feminano l'odio e la difcordia tra Achille ed Agamennone. Minerva, di concerto con Giunone , regola la freccia disleale di Pan-- daro , per rompere una tregua {biennemente giurata . Ore- ile, per ubbidire ad un Dio , aflaflìna fua madre Cli- temneflra , e, per quefto delitto inevitabile, è abban- donato alle flirie vendicatrici . Qual cola dunque aver può forza di eccitar negli fpiriti maggior compaflìone e terrore, che il veder l'uomo, fchiavo di un potere in- giuflo, capricciofo, ineforabile, sforzare invano di fchi- "vare il delitto che l'attende, e la disgrazia che Io pcr- feguita? L'antro di Polifemo , in cui Ulifle ed i fuoi compagni vedevano da quel moftro tutti i giorni divo- rarli qualcheduno de' loro amici, e fremendo afpettava- no la loro forte fatale, è 1' immagia vera della trage- dia Ateniefe. ro9 Per rapporto alla commedia , ì coftumi Greci aveva- no anche alcuni vantaggi incalcolabili e che facilmente non fi rinvengono predo le altre nazioni . Si confideri sulle prime un popolo repubblicano , fpiritofo , attivo , allegro, naturalmente fatirico, e portato per le facezie. S'immagini quindi un teatro in cui fi trattavano gli af- fari di flato , la pace , la guerra ; un teatro in cui i comici ed i tragici erano in emulazione , e continuamente alle prefe ; un teatro in cui era permeflb di abbando- nare alle rifate della Grecia intera , non folamente uà cittadino ridicolo o viziofo , ma altresì un giudice ingiufto o venale; un a uminilìratore dell'azienda pubblica , ofci- tante, rapace , ingordo ; un magiftrato fciocco o imo- rale ; un general di armata fenza talenti e vigliacco- . S'immaginino quelli perfonaggi primieramente efpofti sul- le fcene e difcgnati pel loro nome;^ pofcia ( quando fu proibito il nominarli ) così ben caratterizzati e rallbmi- glianti, che, al vederli comparire , erano incontanente riconofciuti , e da ciò fi giudichi qual vafliflimo campo era aperio al genio comico di Eupoli e di A"rtofane . In una parola , la necellkà portava che Atene favorilfe la commedia , perche un popolo nemico di ogni domih nazione, paventar doveva la fuperiorità del merito. La iàtira dunque la più fanguinofa e cauftica , era ficura di piacere ad un popolo fofpettofo , foprattutto quando efla cadeva sull'oggetto della Tua gelofia . L'arte oratoria, al pari della pocfia drammatica, fu promoffa e favoreggiata in Atene .. Le no Le leggi , avendo Segregati gli oratori .dalla minuta plebe , formato ne avevano un corpo rifpettabile , che fcnza interruzione vegliafTe alla cuftodia della libertà , ed alla floridezza dello flato . Nelle deliberazioni impor- tanti, un araldo, a nome della patria, invitavali a di- re il loro fentimento , ed a rifpondere agli ambafciadori dell' efiere nazioni . Sovente ad effi principalmente affi- davafi il piano degli affari fcabroiì , con ampio potere di efeguirli a feconda de' loro lumi. In fomma, gli ora- tori , quali fovrani , fignoreggiavano gli fpiriti con im- pero affoluto-sì , ma fondato sulla loro vafìa capacità e rettitudine . Tal fu durante il governo di quaranta anni quel fa- mofo Pericle che , mercè la Tua facondia , il foftenne contra tutti gli sforzi di una turba di rivali , la mag- gior parte di un merito e di un rango diftinto . Egli feppe guadagnarli V inltabile moltitudine , e rendere il fuo nome formidabile agli flranieri . Fu Re , fenz' aver- Ile il titolo . Finanze , piazze , alleati , ifole , truppe , flotta , tutto obbediva agli ordini fuoi . Tal potere im- menfo fu il frutto di quella mafchia eloquenza , che dar gli fece il cognome di Olimpico . Xe ricompenfe che agli oratori compartivanfi , erano anche di un forte incentivo per animarli a calcare co- raggiofam.ente quell'onorevol carriera. E, per vero di- re , il bifogno continuo die avevaii de' loro talenti , pic- car doveva la riconofcenza de' particolari , ed impegnare lo fiato a rimunerarli largamente . Gli ut Gli onori che ad efTì profondevan(ì in vita e dopo la morte ancora , dovevano , più che remolumeuto, fol- leticare la loro ambizione . Allorché eglino pronunciato aveffcro degli oracoli alla patria falutari , venivano , nell' aflomblea del popolo o sul teatro, pubblicamente coro- nati . Demoitene a cui tal alta ricompenfa fu più volte compartita , ci afficura nella fua aringa a prò di Tcfl- fonte, che sì fatto onore non accordavafì che ai fovra- ni potentiffimi . Quindi Atene , mettendo gli oratori al livello dei Re , e donando delle corone di oro ai cit- tadini eloquenti , mentre rifiuta vane una di olivo al gran Milziade , dava chiaramente a conofcere ch'ella, fopra ogn' altra cofa , avevali in eftimazione. Vi ha di più; vecchi, erano alimentati nel Pritaneo, e trapaflati, per eternarne la memoria , loro ergevanfl monumenti magnifici sulle pubbliche piazze . Di una grande emulazione furono altresì per la gen- te di lettere , i certami di poefia che fi dettero nelle folennità Dionifiache e Panatenaiche . In quelle ftfte i poeti fi difputavano il primato tra- gico , e ciafcun di loro al fuo competitore- opponeva una tetralogìa . Il premio non era aggiudicato dal capriccio di un'af- femblea tumultuofa . L' Arconte che prefedeva ai con- corfi , tirava a forte i giudici che con giuramento ob- bligavanfi a decidere fenza parzialità » In quelle afiem- blee ( e chi noi sa ? ) Pindaro entrò in lizza letteraria con la bella Corinna da Tanagra che ben cinque volte Io li» lo Tuperò. In efle Erodoto lefTe la fua Horia fa quale fu sì ben accolta che li nove libri in cui efla era di- vifa, riportarono i nomi delle nove Mufe ; ed il gio- vinetto Tucidide ne fu talmente commoflb che fparfe lagrime di tenerezza , lagrime le quali forfè quel mo- dello compiutiffimo ci produlTero della floria del Pelo- ponnefo . E vero , noi nego , che le corone le quali in quei concorfl letterarj fi diftribuivano , teflute non erano che di foglie di albero . Ma qual altra ricompenfa potevafi ai vincitori proporre , fé fi confìderi la qualità de'con- correnti che alle fiate erano Sovrani , Generali di ar- mata , o i primi magiftrati delle Repubbliche? Ne'giuo- chi Ginnici che comprendevano tutti gli efercizj del cor- po , la corfa a piedi , a cavallo , su i carri , la lotta , il falto , il difco , il pugilato ; in que' giuochi che fi ce- . lebravano con tanta magnificenza , e che attiravano da tutte le parti del mondo una sì prodigiofa moltitudine di fpettatori e di combattenti ; in que' giuochi , io dico, ai quali dobbiamo le odi immortali di Pindaro , non iì dava per guiderdone che una corona di frondi di albe- ro o d'erba. La Grecia volle in quella maniera ai fuoi figli infegnare che 1' onore efler doveva 1' unico fcopo delle loro azioni. Riufcì ella , infatti , nel fuo intento . Poiché eglino at- taccarono fomnia importanza a sì fatte ricompenfe , e 1 avCTle ottenute , loro cagionò talora sì gran piacere che alcuni di efll vi lafciarono la vita . Chilone che fu URO 11} uno dei fette favj della Grecia, fpirò di gioja nell'ab- bracciare il fuo figliuolo che aveva riportata la palma ne' giuochi Olimpici . Diagora da Rodi avendo a quei combattimenti efpolli due fuoi figli , efli meritarono la corona . Appena che Y ebbero ricevuta , ne fregiarono la teda del padre , e prendendolo sulle loro fpalle , lo menarono in trionfo nel mezzo dell' aflemblea che , co- vrendolo di fiori, feco lui congratulavafi . Quel vene- rabil vecchio , non potendo reggere alla piena di una sì grande felicità, efalò gli ultimi aneliti fotto gli oc- chi della Grecia fpettatrice , afpcrfo delle Ugrime dei fuoi figli che teneramente lo fìringevano al loro feno . Quindi leggiamo che , durante la guerra di Perfia , Tigrane fentendo parlare de' tenui guiderdoni che davanfi dai Greci, e dell'importanza grandiffima che elfi vi at- taccavano , fi volfe a Mardonio , e , prefo da maravi- glia, efclamò: Dei, con quali uomini ci fate voi guer^ reggiare! Ivfenfibili altinterejfe , effi. non combattono che per la gloria • Sì , la gloria era la paffione dominante dei Greci ; e non fembrerà affatto fìrano che i più faggi di quella nazione 1' abbiano confiderata come la più bella e no- bile mercede delle loro azioni , ciuando fi porrà mente che il più gran numero di eOTi , la minima, idea non avevafi formata di alcun' altra ricompenfa . Se ve n'era- no di quelli che gufavano la fperanza di una felicita futura , eglino fé la figuravano come una cofa defide- revolc , piuttofto che come un dogma ben fondato . Quindi fludiavanfi di confeguir la loro immortalità dai i; fuf- 414 fufTragj dei pofteri , e per un infingimento aggradevole ravvifavano quella rinomanza onorata , come una pro- pagazione delk vita ed un prolungamento della loro efifìenza. A fìringere in uno , efll confìderavano le loro azioni come: tinti femi fparfi, ne' campi immend dell* univerfo, che loro produrrebbero il frutto dell'immor- talità attraverfo U fucceffione de'fecoli. Le belle arti preflo i Greci» ebbero un'intima rela- zione con la letteratura . Il medefimo genio , k mede- fima forma di governo che forger fecero un sì gran nu- mero di oratori e di poeti, produflero una moltitudine prodiglofa di artifti inimitabili. Pericle portò al più alto grado di perfezione le beile arti in Atene , elevando tempi •> ^ teatri , proteggendo gli llatuarj ed i pittori . A chi noti non fono i prodigj operati dagli fcalpelli di Fidia ,^ di Mirone, di Alcamene, di Agoracrito, di Ctefilao, di Praffitele, e da' pennelli di Zeufi , di Par- rafio, di Timante, di Apollodoro? Il Regno di Aleflàndro il Grande fu , egualmente che la ugnoria di Pericle, favorevole alle belle arti. Quefto eroe ^ divorato dalla paffione della gloria , e vago di moltiplicare le immagini delle fue imprefe, ebbe de'Li- fippi, de' Protogeni , degli Apelli ; ma fu delufo nella Speranza di veder rinafcere un' altro Omero . Stabilita per univerfal confenfo la preminenza che la Grecia, in fatto di buon gufto, vanta su tutti gli al- tri popoli , vediamo per quali vie i fuoi artifli fiano pervenuti all'apice della perfezione. I Greci 5 dotati di un genio felice , non (blamente •eLbero il talento di ritrarre al vivo la natura, ma com- prefero altresì , che volendo imitare le cofe , far fé ne doveva una fcelta efatta e giudiziofa . Prima di quefta epoca fortunata , le loro produzioni non lì diftinfero che per r enormità della mafla e per l'audacia delFintrapre- fa . Effe erano le opere - tichi ordini, che come cerchi di vafo per tempo si slar- gano . Se beir ingegno voIelTe indagare quando le armi, la difciplina, i comizj , i magistrati, lo Stato di Roma al finir del fettimo fecolo folTero tanto cangiati da quel- Io che i primi Confolati vi stabilirono, dovrebbe a col- po ficuro unir molte, lente, fuccessive , e quafi inav- vertite caufe che Iene Iene il cangiamento produflero . Chi e che fappia fissare un'epoca, nella quale gli Ate- niefi vincitori dell' Afia, maestri delle belle arti, istan- cabili ricercatori del vero nelle fcienze, fuperbi del lor libero stato , operatori di tante illustri cofc, che appo fecoli ne vive ancora fra noi la memoria , e la mera- vi- 126 viglia; chi è che valga a preeifare il momento, quan- do vani folo delle cofe andate, vendevan per tre obo- li i loro dritti che gli fcappavano dalle mani , co- me già gli erano ufciti dal cuore ? Ninno il potrà : ne basterà fermarfì a Pericle, e ad Afpafia: già il tem- po avea rallentata la legislazione : i padri avean rilafcia- ta r educazione degli avi; fortuna avea annighittite quelle virtù, che la fventura avea fatto brillare, ed alla età di Temistocle, ed Aristide era fuccefla quella di Peri- cle, ed a questa l'età di Alcibiade, e de' Trenta; ed a ciafcuna di queste la degradazione era crefciuta ; il tem- po , e le fuccessive combinazioni avean depravati quei cuori. II tempo tutto corrompe, ed i più belli stabili- menti fisici e morali ne fon rofi e sfigurati . E per verità il tempo apportando nuove fortune , nuovi rapporti , bifogni nuovi , non che nuove idee -, trafcina infenfibil mente i cuori a nuovi ufi , ad altri ■fentimenti. E vero , che i tanti che le Greche , e le Romane cofe fcriffero , ed oflervarono , portaron parere che le ricchezze ne corruppero i costumi; ma cosa è un muc- chio d'oro, e di gemme , fé non fi lafcia al tempo , che per l'ufo di eflè introduca nuovi defiderj, alimenti r infingardagine , ifpiri il luflb e la turba de'vizj com- pagni? Chi più ricchi degli abitatori delle coste di Ame- rica in metalli, e pietre preziofe -^ Eppure il poco \^Co .che ne facevano , non aveva alterati i loro costumi . Quando Poflumio portò le fpoglie di Grecia, Marcello quelle 12 7- quclle di Sicilia, Roma ne fu ornata, ma non corrotta. Quando Milziade, Temiftocle , Cinione arrecarono le ric- che fpoglie dell'armate Perfiane, Atene fu gloriofa , ma noa depravata . A poco , a poco , quando i Cittadini vollero un vafellame d'argento per gii ufi privati, una vcfte di lana pellita, una fervitù numerofa, lauti pran- zi, cibi ricercati; e per un feguito neceffario i più ric- chi vollero in preferenza gli onori, le cariche , i co- mandi , allora furfe, infenfibilmente il fafto degli avi , l'orgoglio delle ricchezze, la boria del luflb ; allora fo- pratutto l'invidia, l'odio, la gara, l'oppreflìone, le di- fcordie civili fopravvennero . Ecco il primo male politico di un popolo ; vediamone il corfo . La corruiione di un popolo ha i fuoi gradi. Il pri- mo è r egoismo ; il fecondo è la depravazione de' coftu- mi ; il terzo la degradazione de' fentimenti . Si comincia dal ritrarre fopra di fé tutte le cure , che pria fi da- vano al pubblico bene , ifolandofi gli affetti , e le fa- miglie; fi difcende quindi al traffico di tutte le nequi- zie per gara di luffo, di onore , e di preponderanza . Infin confufi i limiti del giufto, e dell' onefto, mal co- nofciute le velli del vizio, e delle virtù, e cangiate fin l'idee delle cofe, tal fucchia e porta via il patrimonio altrui , e dicefi induftriofo : tal su i figli fcannati falò in grandezza, e chiamafi uom di carattere; tale infine impudentemente vende facri doveri , compra dritti fcel- lerati, immola i timidi onelìi, palpeggia gli audaci mal- vagi , e di tanta sfacciata baldanza le fue infamie ri- COr- 1 28 copre, ed ammanta , che fin plaufo e rifpetto sul pa- vido corrotto popolo ufurpa , e ritiene . E' allora la cor- ruzione nel fuo colmo : il Governo incoraggia , e da Tefempio del vizio fra '1 popolo: il popolo alimenta, e dà l'opportunità del vizio al Governo, e nella uui- verfal corruzione entrambi fon perduti . Scorriamo leg- giermente quefti tre gradi . Egoismo è il primo grado della corruzione : tiene que- llo fua origine nella natura : ognuno in nafcendo porta feco il fentimento del fuo meglio . Quella è la focietà, che cangia con efTo parte de'fuei dritti colla garanzia che gli offre degli altri. Or così uniti i popoli pianta- no in mezzo a loro alta colonna, a cui tirano le linee d' ogni cuore . E' quello il pubblico bene : per cfTo uniti corrono fopra nemici che tentano attaccare le loro mu- ra : per efiò congregati confultano le migliori leggi : per eflb accettano le pubbliche cariche: e poiché il ben privato dal pubblico emerge e dipende , così ognuno concorrendo colle fue cure alla comune tranquillità, la -fua parimente forma, e fofliene. Se crolla la pubblica, la privata fortuna è in ruina . Ma quello concentrico amore, queflo cofpirare airifleflb oggetto va per gradi freddando . Subitochè fi fproporzionano i patrìmonj , fi -accumulano in un fol ordine gli onori , ne gli avvan- 'taggi fono uguali , allora ciafcuno comincia a ritrarre quelle cure , che avea dirette al pubblico bene . Se i Patrizi ( diceva la plebe sul monte facro ) dividono fra ■loro i .campi de' vinti, fé effi efcrcitano i Confukti , e le 129 le Preture : fé effi comandaflo in Città , e n^l campo , che vadano efll pure all'inimico, che minaccia. Quefto pubblico bene refo parola per tutti , slaccia infenfibil- mente i nodi de' popoli . Quel che non giova non in- terefla , e fatalmente 1' uomo è indolente sugV inutili rapporti . Fu quefto il cominciamento della corruzione di Roma, e di Atene . Sparve a poco a poco agli occhi di tutti queir alta colonna centrale , che amor di patria nomoffi, e furfe nel cuore d' ognuno l' egoismo . Atene confcriveva galee per la guerra del Peloponnefo , ed i mercatanti trafugavano, e nafcondevano le loro. 11 popolo inorgoglito sulle gefta degli avi , quafi for- tuna fofle catenata al Pireo , Sciagurata mente fìcuro , fan- zionava pena di morte a chi proponefle altro ufo sul teforo de'fpettacoli : fi annojava delle pubbliche adunanze, ove il pubblico bene efaminavafl , e bifognò che Peri- cle facefle pagare tre oboli ad ogni cittadino, che vo- leile darfi la pena di andare a rifolvere , fé doveflè fard la pace, o la guerra, formarfi , o fpezzarlì le le- ghe: dovea Demollene ricorrere all'ombra delfafino non affittata per richiamare l'attenzione d'uomini che con Fi- lippo alle fpalle , anziché metter mente ai pericoli che r accerchiavano , amavan , sdrajati sulle panche della loro cara commedia, rider de'frizzi arrotati su de' loro capi , e su de' loro filofofi . L'egoifmo intanto che allontanava il popolo dai pub- blici affari, facilitava gli ambiziofi a prenderne il tiroo- 17 ne,- ne; ed a quefto piuccliè ad altre ragioni devefi la lun- ga dominazione di Pericle , la balorda amminiftrazione di Cleone . II Governo era una pena , una diftrazione alle private cure: volentieri il popolo ne lafciava il pe- fo a colui che gli faceva la grazia di comandarlo. Che più ? L' egoismo , e V abbandono delle pubbliche cofe arrivò al fogno , che eflendoil radunato il popolo per difcutere una faccenda sulle propofìe di Cleone , coflui fi lafciò afpettare lungo tempo , ed arrivato in fine pregò di posporfi Y adunanza air indimani , giacche eflendo arrivati preflb lui degli ofpiti , dovea curare , che s' inibandilTe loro buon pranzo . Il popolo l'applaudì, e la cura di un brodo fu preferita a quella delio Stato. Qual fu l'effetto di quefto egoismo F Le affemblee in- frequenti , od inconclufe ; le rifoluzioni deboli , o allun- gate : i Magiflrati vili , o perfidi : le leggi impotenti , o ingiuile : il timone pubblico abbandonato a mani in- fedeli , o inefperte ; ed aperto così largo il cammino al fecondo periodo della corruzione , cioè alla depravazio- sie dc'coflumi . Subitochè una famiglia ritira dalla focieta, ove vive, i fuoi doveri , e circofcrive i fuoi travagli e le fue cu- re intorno a fé fìefla , allora l' idea di migliorazione refa individuale fpingee trafcina a tutte le azioni che a que- lle han rapporto . Lucullo depreda Y Afia , e fé ne ap- propria le fpoglie: Craflb va ad attaccare i Parti a fue fpefe , perchè fuo foffe il faccheggio . Siila e Mario immolano mezza Roma per gara di lor principato. Ce- fa- ni fare ripudia , ed impalma fpofe , per far partito . An- tonio cabala fra i congiurati , e '1 popolo per elevarli alla tefta di tutti . Tutti in fomma , ellinta ogni idea di tltrui, non che di pubblico bene, facrificano al privato interefle. Altri è povero, e vuol ricchezza ? Briga una carica , e va a fpogliare una Provincia come Verre : mefce alla fua mercatura qualunque fraude ; infidia gli altrui patrimonj o con calunnie applaudite, o con varj ravvolgimenti; fparge ufure; macchina, ed efeguc tutte le peffime infami arti . Altri avvampa di ambizione ? Egli difcende all'adulazione de' grandi , mentifce fenti- menti , inviluppa intrighi , diflrugge rivali , ogni vii arte per lui è in opera ed in pregio . L' ambizione infpira la manìa di grandeggiare ; quefta fi nutre di luiTo . Il fallo, che figlio della nobiltà, fi pafce di grandiofità , ed informa gli ambiziofi , genera il dispregio per gli altri , e la infulfa vanità per fé (leflb : ciafcuno mette fua forte nel deprimere, e nell' offufcare l'altrui merto. Quindi fvanita ogn' idea di fcambievole benevoglienza ; refo nojofo , e ridevole ogni precetto dì giufto ed one- fio j la gioventù leggiera fi alimenta , e bea di vane opere, e cofe: l'età virile debacca nelle fue intraprefe, e ne'vizj 4 e la vecchiaja langue infipida fotto il pefo d' ignobili anni . La morale è fpenta : i doveri pel co- niun bene fono refi ignoti : la verecondia che abbelliva tutti gli atti , la moderazione che ornava la virtù , tutte cedono il luogo all' impudenza , ed all' audacia , che met- tono il colmo alle corruzioni de' coftumi . Roma fu in * que- IJ2 quello flato quando il Mondo muliebre ingofava ì tri- buti di una Provincia , quando k famiglia Claudia co- vriva i fuoi immenfi latifundj di cinquantamila fervi, e quando non gloria ed onore , ma fallo e tracotanza fpie- gava in pompa i tefort di un trionfo, la profulìone di un pranzo popolare, e la prodigalità di un rogo inau- rato • Quando le applaudite comedie rapprefentarono le giovanili lufliirie ; i poeti efecrarono gì' inventori delle armi, e cantarono amori, amanti, ed arte di amare : le matrone profanarono i facri miflcri , e fin la Reli- gione fervi all'ingegno di Mundo per corrompere il pu- dor di Paolina . Santa oneflà tu folli allora virtù sol perchè rara ! Quando il Confolato non più meta delle Magillrature, premio d<;ll-e virtù , difefa , e governo del- lo Stato, addivenne o compra de' ricchi, o trionfo delle fazioni , o violenza del forte . Quando i Cavalieri fé- deano a proferire la venduta fentenza , il Senato incer- to , o vile innanzi ai potenti bilanciava idee , e prov- vedimenti mezzaiii, ed i Tribuni male eletti e tacendo, ed arringando moveano gli ondeggiamenti , e le fedizioni della plebe , per pattuirvi o la protezione de' Grandi , o il loro potere , Quando in fine fa la Pieligione degli avi inculta , o derifa , gli onefli modi irrifi o cangiati , i doveri ed i dritti fprezzati , o negletti , e '1 popolo intiero , zeppo di liberti , e vivendo delle carni delle are, di tumulti, e di fuffragj , trovava infoffribile Ca- tone , Clodio ammirabile . Ma è queflo l' ellremo della corruzione del popolo f Che Che nò . I coftumi poflbno ancora depravarfi dippiù : può mancare il fentimento : è corrotto quel popolo che -vive ne' vizj , abbenchè ne conofca il danno ; ma è cor- rottiifimo quello che ne perde anche quella conofcenza. I Sibariti non folo amavan V inerzia , ma la crede- van nobile virtù ; non folo eliininavano le arti laboriofe, ma premiavano gì' inventori di' ben condite vivande - Atene demoralizzata per non efferne corretta, d'una ma- no toglieva air Areopago la poteftà d' invigilare su t coltumi,. coir altra facrificava ad Anito, e Melito il mo- dello , e il propagatore della morale Socrate ; e quegli Ateniesi che rigettarono dopo la battaglia di Salamina il progetto di Temiftocle , perchè ingiufto , abbenchè utile; quelli Ileffi approvarono la domanda de' Samj di •violarli un articolo della generale, alleanza, perchè uti- le , febbene ingiuftiffimo ^ Roma dichiarò facri i Tribuni, e nell' cfhremo della' 'corruzione fu creduta onefla cofa il farli a pezzi . Un- Confole era intangibile , e '1 popolo applaudì a Cefare, che fece battere, e cacciare dalla bigoncia Bibulo. Per le leggi Valeria, , e Porcia era reo di morte il Magi- ilrato che facefle battere , o uccidere, dai littori im Ro- mano, e fi vide accordato il trionfo' a chi ne avea fat* to Ilrage in una battaglia civile ; l' adulterio era in or- rore , e Clodio fu afloluto , e quafi in premio creato Edile. Allora fu che niente vi era di peflimo, cui noa fi cftendcffe V impudenza , niente delle antiche virtù , cui non fi dafle spregio , o nome di antica rozzezza : fi» «34 fu tale in fomma il rovefciameato delle idee , e de* prìn- cipj , che le parole più comuni cangiarono di fignifica- to . Fu chiamata femplicità la buona fede , deprezza la callidità , debolezza , pufìllanimità la prudenza , e la mo- derazione; mentre che i tratti di audacia, e di violen- za pafTarono per colpi di un'anima forte. In altri tempi fi danno colpi alle virtù , ma fé ne riconofce ancora l'autorità ; ma quando fi va fino a fpogliarla del fuo nome , ella non ha più dritto al Trono , il vizio fé ne impadronifce , e vi fi tiene tranquillamente ; allora la corruzione è giunta al terzo ed eftremo fuo grado . Quali intanto darà provvedimenti , quali precetti fe- guirà il Governo in così deplorabile flato del fuo po- polo ? Ecco quello che io vado ad accennare . La corruzione di un popolo può attaccarfi o diretta- «lente ed a vifiera calata , o indirettamente . Licurgo tenne il primo modo . Egli mercè T influenza dell' Ora- colo Delfico sugli Spartani , la fua qualità regale , non che il lungo efercizio delle fue virtù , era già a tutti cofpìcuo e venerando . Si aggiunfe che i poveri eran molti, i ricchi pochi, e tutti fianchi delle loro ruinofè divifioni, ed egli fi tenne dal canto de' primi . Forma il piano della fua riforma , il mofira a pochi amici , che ne fpargono le bellezze fra'l popolo: il manda alla Pi- zia: quefìa in nome di Apollo l'elogia. Licurgo allora Io pubblica , e Sparta l'abbraccia . Ma quale fu quefia riforma ? Tale , che nel profieguo de' fecoli non fuvvi wn fecondo efempio. Licurgo dillruflè le antiche leggi, I i vecchi codurai , è non fu limitato a rimpiazzarli eoa nuove ordinanze . Egli volle che gli Spartani fi aveflero fin nuove idee delle cofe. La loro virtù era diverfa da quella degli altri Greci , come n' era diverfa V educazio- ne. I bifogni ben altri, come ben altre le cure. Que- lla riforma ebbe un fuccelTo feliciifimo . Sparta riforfe dalla fua corruzione : fiorì fopra tutta la Grecia , e vive ancora ammirabile preflb di noi . Colui però che volefle correre su i pafli di Licurgo; dovrebbe unire infieme autorità di natali, e di virtù , tutta la forza della religione , un momento di general disgufio per le antiche forme , ed un gran feguito nel popolo . Un folo di quefti accidenti che mancafle , l'in- traprefa fora inutile. Il vizio è un moftro , e tante of- fre refiflenze , ed offe fé a chi l' attacca , eh' è più facile efferne la vittima , che il vincitore . Quefta riforma violenta può bene efeguirfi da un va- lente uomo , quando il popolo corrotto fi avvegga eflerc a due dita dalla fua perdita . L' ingegno dell' uno che richiama ogni fiducia in se, la cofternazione dell'altro, che il rende docile , e pronto , pofibn combinare un» depurazione di coftumi . Fu tale lo flato di Crotona do- po la fcoraggiante disfatta ricevuta da Sibari , e tale apparve Pitagora, cui diede attente le orecchie. Quefto uòmo divino riportò in mezzo a loro la morale, e tutte le virtù che producono il valore. Avvenne 1' ifleflx> ai Tebani, ed agli Achei, quando oppreffi da mali, Epa- Biinonda iflruì gli uni , Arato prefe a guidare gli altri- Il popolo vedeva la riforma come un 'bene: un uom di genio la diede , e la corruzione fu vinta . Quefìe ri- forme però , opera dell' uomo , e delle angaflie del mo- mento più che delle iftituzioni , fono pafTaggiere come i grandi uomini. Caddero Epaminonda ed Arato; ed i Tebani e gli Achei ripiombarono nel lor lezzo . Può un popolo eflèr migliorato da un conquiilatore . E ben fovvente , che il vincitore importa coli' armi nuovi coftumi : il vinto atterrito teme violarli , e l' efe- gue ; e tratto tratto vi fi accofluraa , e fcorda gli anti- chi . La Perlìa , la Siria viliffime fotto Dario , addiven- nero guerriere fotto i fucceflbri d' Aleflandro ,• Italia mi- gliorò moltiffimo fotto i Goti . In fine opera un immediata correzione de' coftumi po- polari un qualche grande avvenimento che ne cangia la collituzione : allora tutti gli fpiriti eccitati dalla novità , ed ardentemente attaccati al nuovo ordine di cofe , forma- no, e feguono \olontarj, novelli e più fenfati fiilemi . La corte di Servio Tullio corrotta refe incapaci i Ro- mani delle liberali riforme, che quel gran Principe pro- poneva. La corte de'Tarquinj intrattenendo gli fpiriti o nelle elevazioni di grandi edificj , o nelle guerre , appe- fantiva lo fcettro fopra uomini che non ancora conofce- •yano fé fìeffi, quando 1' improvifo attentato su di Lu- crezia , la fimulata follìa di Bruto , 1' opportuna aflènza della famiglia regnante , e le rumorofe querele di Col- latino produffero 1' inopinata vicenda . I Romani fcofll dal coraggio de' capi, dall' efaltate virtù di Coclite, Mu- zio, 1J7 zio, e Clelia, dalla neceffità della dìfefa, quafì volon- tari e nel momento fi rigenerarono . 11 Confolato richiamò al fuo fianco 1' amor della Pa- tria , il Senato prepofe alle fue deliberazioni la pruden- za , e il popolo amò e feguì le virtù che vide brillar ne' Grandi . Or queile Aibite riforme de' popoli corrotti tengono più alla fortuna , che all' umana prudenza . Eflè abbifo- gnano di grandi avvenimenti improvifi , de' quali l'uomo d' ingegno può ben profittare , ma non mai procurarne , o prevederne 1' arrivo . Le riforme intanto indirette, o che vanno più lent:*- mente al loro fine , fon quelle che figlie delle rifleffio. i fono regolate dalla coflanza dell'uomo faggio , e con- dottiere del popolo. E' effo, che fcandaglia, ed analizza il male : è eflo che efcogita , e prepara i farmaci : è efib che li prefcrive , e ne foftiene la forza : è eflb in fine, che ne regola, e dirige gli effetti. I coflumi non s' impongono , s' introducono . I fenti-» menti non fi comandano, s' ispirano ; quindi la prima bafe di quello diffìcile edificio è l' efempio , e Tefempio delle virtù . I ricchi di Sparta fi alzarono in tumulto ad una delle fevere leggi di Licurgo : un giovine fra efll ardì ferirlo suU' occhio : il popolo furiofo pel ten- tato parricidio prende il reo , e '1 confegna a Licur- go . Coftui gli ordina di feguirlo a cafa : ivi fi fa medicare da effo fìeffo : niun rimproccio , niuna do- glianza : per ogni pena vuol che lo fegua dovunque ; i8 il 138 il giovine ubbldifce in iìlenzio , e tefìinionio a cia- fcuno iftante della benignità, della paxienza, delle virtù di Licurgo, arrossì del fuo delitto, e vicino ad un cosi bel modello egli reprefle la violenza del fuo carattere, e addis'enne faggio. Socrate, Confucio, fparfero la mo- rale più coir efempio delle loro intemerate vite , che colla purità de' loro precetti . I gran Capitani riportaro- no la vittoria nelle più dubbie imprefe , più col met- terfi innanzi alle linee delle loro armate , che col co- mando, e coir ingegno . Ha noi così formati natura , che o fofle beli' emulazione , o moto fpontaneo , noi fe- guiamo l'altrui efempio, come altri in notte bruna ile- gue una face. Spinge, anima, accende la voce eloquen- te di un'uomo, ma come fragorofo tuono, che ci fcuo- te , pafla , e non dura : l' efempio intanto è permanente: ci è fotto gli occhi : ci è sul cuore : ci è sulla lingua: r efempio vai più che il collume (a) . Voi vanamente ricorderete al giovine infingardo , che alla fua età fi con- •\'iene il travaglio/: indarno raccomanderete il pubblico coftume al viziofo : entrambi correranno alle loro lor- dure ; ma fa Palemone coronato di fiori , ed olezzante profumi entrerà fra gli allievi di Socrate, il di cofloro efempio il farà prender vergogna di fé ftefTo , e lo svol- gerà dalla difcefd. de' vizj . La forza di (juello efempio però è raddoppiata, quan- do. 00 Dlutlus durant exempla ? quain mores ■,. Tacit. IK biftor, . i • •• '39 do legislazione il fofliene , e l'applaude . L'eroismo degli Spartani premiato dalla legge allettava, ed obbligava k gioventù. Il Sannio era virtuofo per iftituzioni , e pet cortami; bifogna però che quefte fieguauo, o coadjnvino: fole fono inefficaci . Inutilmente fi proclaman leggi , e fanzioni fra uu popolo corrotto: efiè fono male efegul- tc da' Giudici , derife da' potenti , ed illufe da tutti . Siavi legge, ma fianvi efempj : fon querte inutili quan- do fole , come tronchi in arida terreno : ma fono que- lle giovevoli , quando efirtono i cortunii , come piova sul prato. Era legge di Roma, che il Senato, i Coraizj non. vedeffero armi. Ne' tumulti di Coriolano i giovani Pa- trizj cacciarono a pugni dal Foro un popolo , che a pugni fi difefe: non fuvvi una fola daga: ma nella cor- ruzzione , Gracco fu uccifo dalle Tribù , il Foro fu co- verto di cadaveri , ed in ogni lato delia Città balena- rono daghe , e fpade . Spettacolo , che fra le vicende di Siila , e Mario , Cefare , e Pompeo fu fovventi fiate rinnovellato . Si tacquero le leggi , perchè eran mancati i cofiumi . Chi intanto darà querti efempj di virtù per la riforma de coftumi ? Evvi chi crede , che debba farlo il capò del Governo; è vero, perchè è tal la condizione de'Principi, che fembrano comandare ad altri ciò che efll fanno (a); e tale è de'fudditi il carattere, che la voglia di aggra- * dirli ; (") Hsc conditio principum , ut quldquid faciant, praectpere vidMtitur . Quin* 'II. Ueclam, 4, 140 dirli , e di emularli gli trafcina più che la pena della ]egge (a) , e tali in fine efler fogliono gli abitanti di ■un regno , quali i Re fono (b) . Ma per quanto un capo cofpicuo s' ingegni , ed addeflri a farlo , egli non balìa. Né Antonino , ne Marco Aurelio correlTero Roma , e pure fcritti , leggi , ed efempj a larga mano difFufero . Devono cofpirar col Governo i Miniftri della Religio- ne, ed i primati del popolo . Un cittadino corrotto , che dovefle arroffire innanzi a tutti quefti , farebbe co- me catenato alla -virtù ; e fé la di coftei bellezza non gii va fino al core , egli almeno ne dovrà fimular Ta- more , ammantando il più che fappia la fua corruzzione^ «d intanto è già sul cammino delle virtù chi fente ver- gogna del vizio» La Religione figlia del Cielo, alimento degli uomini, freno del popolo, e bafe de' Governi , la Religione è indispenfabilmente la prima molla della riforma . Minos in Creta, Mosè ne' deferti d'Arabia, Numa in Kcma , Maomet nell' Afia alzarono lo ilendardo della Religione, ed a nome di un Dio alto buccinarono premj , e pene, tartaro , ed elisj : il popolo die lor credenza , e li feguì. Ciò che ci fpa venta ottien fempre fede appo noi : mai riforma fenza il nome di un Dio. I Sacerdoti adunque debbono concorrere col Governo , ed ambi cominciar dal- _(«) Obfequium in principem, & zmulandi amor validiora , quam poena ex le- gibus . Tucit. J. /Irina/. (i) Qi-iales de republica principes funt , tales reliquos lolere effe cives- Cicir. ia MI dallo flrakiare la religione da tutte quelle pratiche fu- perlliziofe , o vane , che ne avean bruttata la purità , e refe fprezzevole il culto. Devou d'avanzo imporla al popolo coU'eferclzio di tutte le virtù di quella religio- ne che profeflano . Ma non balla ancora . Bifogna che ai Miniflri del Tempio corrifpondano eziandio i Primati , la voce dei quali è Tempre la norma della plebe • Se mai un Governo unirà la cooperazione di quefle due elafll ; allora fia che il giovine corrotto rattenuto da facro tremore innanzi Tara dalla veneranda autorità di un minill.ro del culto , frenato nella Città dall' impo- nente efempio de' Grandi , contenuto dalla legge , che ne minaccia i vizj , e guardato dal Governo , che gli ac- cenna col fuo efempio l'efercizio delle virtù, allora que- Ao giovine quafl llretto fra tanti, deve o mondar fua fcoria, o a colpo lìcuro migliorare ne' figli. Quefta rigenerazione però non e l'opera di un gior- no : abbifognano anni , e coilanza . Se la legge perdo- na talvolta , fé il Governo permette qualche ecceflò r fé i facerdoti rallentano la loro influenza , e danno i capi qualche efempio di vizj , la corruzione riprende- forza , e rinafce . Così erba infelice non sbarbata fino all' ultimo flerpo rigogliofa ripullula , e rinver- difce . Finalmente può il Governo folo , mettendo in una linea Grandi, Sacerdoti, e Popolo , corrigger tutti, fé tenendo con una mano ferma le redini della Nazione , ir- 142 irrimiTibilmente fa piovere le pene , ed il ridicolo sul vizio , i premj e la lode sulla virtù . L' Areopago per frenare il luflb delle donne foleva •di volta in volta ordinare , che quei pezzi ruinofi , dì cui avean prefo ad ornarfi , foifero il distintivo delle cortigiane ; sul momento quel ludo era svilito dal ri- dicolo , e dall'infamia. L'Areopago steflb, penetrando neir interno delle cafe , condannava i Cittadini oziofi , o diOoluti , nel momento che faceva fpargere delle ricom- penfe fin su i Cittadini , che nel fegreto delle loro pa- reti efercitavano la virtù (a) . Dippiù , distribuendo dei premj al valore nelle statue che decretava , e metten- do nella pubblicità delle corone , una viva gara fra i giovani , eccitava , e nutriva la virtù ; ma tuttocciò era con tal fevera mano efeguito , che vizio non is- fuggiva air infamia , non virtù alla lode . L' infleffibi- lità di questi Giudici era un talismano della virtù , e questo fu alla riforma di tal Magistrato, che cominciò per Pericle la corruzione . Oh ! fé un Governo fi met- teffe alla testa di un Areopago ! Quali felici rifultati per i costumi ! Il Governo può tutto preffo il fuo popolo, quando decifamente vuol formarne la felicità . Ch' Egli ■costante cerchi il virtuofo , e V innalzi ; rintracci il ri- baldo, e Tabbaffi: che amando l'uno, odiando l'altro, istancabilmente divida prenij, e pene. Che fenza rallen- tar/! («) Meeurs, Areop. f, 5; 145 tarfi giammai fiegua per anni tal defiderato iìstema , e fia allora corretto il popolo , felice la Nazione , forte ed amato il Governo , la pubblica, vita dignitofa , la privata tranquilla . Ille Keipuhlicae status optdbìlìs & firmvs efl^ in quo & privatìm fancìe ^ ìnnoxìeque vivìtur , & publice jujll^ tia , ù clementìa vì^ent . Polyb. lib. IX. NO^ NOTIZIE DEI PREZZI DI ALCUNE DERRATE DI ALIMENTO PER PIÙ' DI DUE SECOLI Raccoltele lette nella Società ai ^o. Gennaro 1809. DALL' ARCIDIACONO LUCA DE SAMUELE CAGNAZZI . Facilius per partes in cogiiitiOnem totius adduci tnt« Scaec. Ep-f. LXXXIX. ^^Lttacca ciafcuno alle cofe quel valore , che il fuo bì- fogno fuggerifce , ma fìccotne variano all' infinito i bi- fogni predo degli uomini nella fpccie e nel vigore , che da tante circolìanze dipendono , così uniformità alcuna e collanza ne' valori aflblutamente non può eflervi . Il prezzo poi delle cofe, che è il compenfo che dailì co- munemenre per ottenerle , nafcendo dal mutuo bifogno nel cambio, molto meno fervir può di fedele norma ad indicare i valori. Per rimediare a ciò fi è dagli Econo- milti creduto poterfi prendere in pratica , come campio- ne de' valori , il puro bifognevole alla fuflìflenza del baflo operajo , e per campione de' prezzi il falario con- veniente . i^ Suo 14<5 Suole alle volte però il prezzo del giornaliero trava- glio di un operajo non eflere corrifpondente alla fua ruffiftenza, e ciò facilmente fuccede ne' tempi di fcarfez- za , in cui ciafcun poffldente rellringe le fue fpefe , ed ove abbondano oltre mifura i non poffidenti , e con ciò quelli che offrono travaglio ; ed al contrario , elìèndo po- chi i poffidenti , può con facilta avvenire il monopolio contro quella mefchina clafle . Per rendere più collante quefto calcolo lì è dagli Economici foftituito al predet- to falario il prc/.zo delle derrate di alimento , che pro- porzionale è ìli confegjiienza a quello di fuffiflenza . Anzi ove il pane , che è il cibo il più analogo al nofìro fìo- maco, forma il principale e comune alimento, suol pren- derli il prezzo del grano come unica bafe ; ma più ac- curato riefce il travaglio accoppiandovi i prezzi di altri neceffarj prodotti commeilibili . 11 valor monetario poi è foggetto a molte variazioni, non folo pe '1 pefo , che per la qualità di ellraneo me- tallo che fi allega con quello preziofo , ma per l' incre- mento o decremento che aver pofibno i preziofi metalli preffo la nazione . Per femplificare quefto ..ragguaglio ri- conofcer conviene il preziofo metallo contenuto nelle mo- nete, che è il loro valor reale y a differenza di quello nominale che loro può darli , e ridurre i detti prezzi delle derrate di alimento prefi per campione, a pefo dì puro metallo contenuto nelle monete corrispondenti. In quello cafo vienfl a rilevare altresì la proporzione dei preziofì metalli riguardo allo ftabile campione de'valori. «47 e ciò molto giova efeguirlo pe'l progreflb di più tem- po fino a noi in ciafcuiia nazione . Inoltre ha ciafcun prodotto due prezzi, uno naturale^ che è quello rifultante dalle fpefe opportune alla fua produzione , e V altro corrente o cangiabile , che è quel- lo che daffi. o ricevefi in compenfo di eflb prodotto . Quando il prezzo corrente di un prodotto è maggiore del naturale, la produzione vien attivata; come al con- trario ^\ paralizza fubito che faffi minore : ma ficcome il prezzo naturale varia a norma del campione predetto, per cui avvenir fogliono delle alterazioni fcambievoli tra quelli duplici prezzi progrefTivamente , quindi il ramo di lor produzione fpeciale vien a foffrire delle vicende , che nella Storia Economica di ciafcun paefe meritar dee il primo luogo . L' Arte Statidica intenta a fissare lo flato attuale ia tutt' i rami, e con ifpecialità l'economico , rivangandone però fempre le caufe che han contribuito , comincia il fijo travaglio dallo flabilire il progredivo campione lo- cale de' valori reali , da quel tempo che opportuno fem- Lri ad aprire la traccia nell'importante analifi della pro- duzione, confumazione delle rendite e foldi , e dei pub- blici tributi (a) . Prima che quefta fcienza ottenuto avelTe quella regolarità e fiftema che oggidì veggiamo , già il Vefcovo Fletwood in Inghilterra occupato fi era a rac- cogliere i prezzi per qualche fecolo delle derrate le più * ne- («) Si veggano i miei Elimtmi dtW Arte Swijiica Part. II. 14-8 necenàrie all' alimento da molte memorie di comunità ; ed il Signor Duprè de Saint-Maur in Parigi fece lo fìei^» In feguito i due inilgni Economilìi Arturo Young , e Smith profeguirono quelle ricerche, e furon loro di gran- de lume neir indagine di molte difficili teorìe di pub- blica Economia . Quello intereflante travaglio intentato tra noi , come preiTo molte nazioni , ho voluto efeguire, ed ho creduto doverlo deportare in quella nollra So- cietà Pontaniana , intenta con ispirilo di pura filantropìa al nazionale vantaggio . Per rendere più efatta la determinazione de' predetti prezzi , sulle tracce dei menzionati autori , ho creduto doverli ragguagliare folamente a pefo di puro argento , per elTere il fuo llilema monetario piìi collante , e me- no foggetto a vicende , fpecialmente tra noi , mentre quello dell' oro , oltre di trovarli in balTa proporzione di valore con l' argento , per cui è Hata la moneta di oro foggetta ad elTere portata fuori del Regno , tante alterazioni ha fofterte colla lega , che rendono oltremo- do irregolare il fuo fillema (a) . Per proceder poi con regolarità mi conviene efporre ^na fuccinta iloria di tutte le operazioni efeguite sulla no- (3) Colla Pramniatica del 1744 fi flabill tra noi la bafTa proporzione di valore tla l'arqenro e l'oro nel monetarti, come i a 14 e mezzo. Dopo qualche anno fi conobbe l'errore commeffb , siacche eflendo preiTn le altre nazioni , come 1 a 15 e mezzo circa, pran profitto fi faceva da fpecuhtori coninrando la noflra moneta d'oro nel Regna, e vendendola fuori. Per rifarcirfi in parte a quello male fi vol- le aumenrare la leua prudenzialmente, ma fenza formile dichiarazione. L' irretjo- lantà della noftra Zecca, e molto piti della Zecca di Palermo , diede quindi luoq» a molte frodi , per cui ora fi trovano delle monete in oro di m.i^qi'ir valore (^ quello che ioro ii affissa, altre preflb a paco di eguale, ed ai:r« di minore , noAra moneta di argento fin dall'' origine del fiflema at- tuale, quale è un riafluiito di ciocche fcrifle Giandona- to Turbolo nel 1629 (a) , dei regolamenti progreffìvi di Zecca , e di ciocche dall' efame delle monete iftelTe mi è riufcito rilevare . Neiranno 1442, fi cominciarono a coniare nella Zec- ca di qucdo Regno delle monete di argento colla: pro- gredlone decimale di ducati, carlini, e grana, chiaman- dofi tari i carlini due, denominazione che molto prima efilleva , come ci attefta il Summonte (b) . Al carlino fi diede allora il pefo di acini 81 e mezzo, col titolo di undeci danari di fino , ed uno di lega (e) , ofTia coti 916 millefimi di fina, ed il reflo lega , fecondo il nuo- vo fillema Francefe , onde ciafcun carlino conteneva di puro argento 74 acini e-^,ed il ducato in confeguen- za un oncia , fette trappefi , e fette acini . Con ogni libbra (d) di lega dunque , contenente oncie undici di puro argento , ed uno di rame , fi venivano a coniare ducati otto, e grana 83 e mezzo, ma non è che tanto coftafle allora una libbra di argento non lavorato del titolo di undeci danari, ma bensì, come dalle memorie che (a) Difcorfo fotra la monetit del R'!;ko di Njpoli . {i) l^ol. ìli. /a. 5. C.1». j. Trovafi anche menzionato il tari fin dal loop, in moire fcritturc. liid. i>..r't. i. G.!/j. (3. U) Secondo i resolanienti della Zecca Najwletana, per valutarfi il titolo di eia* fcuiia mafTa di arseino intendefi divifa in dodici parti , chiamate oiae , ed altro- ve danari, e ciafcr.n oncia in venri flerlini. Col nnovo Clìema Francefe fi confide-» ra tutta la in'Oa divil'i in mille parti. id) La libbra Napoletana, che equivale a gramme 520. 760. , fidivide i" '2- WKie , l'onciii in ^o. trafpefi , ed il trappefi)'in i». acini-, laiche la libbrae di 7100. acini'. IJO che abbiamo, ducati 8. 65. e mezzo, giacche il dippiù era per dritto di conio e iìgnoria • • Nel 1510 fi fece a ciafcun carlino la diminuzione di un acino di pefo, recando di ottanta acini e mezzo, e permanendo lo Iteflò titolo di undeci danari, venne a contenere acini 7 3 -^ di puro argento . La libbra di ar- gento non monetato del predetto titolo montò allora a ducati 8. 73. e mezzo, Neir anno 1533 fi diminuì il pefo del carlino di acini 4. e un quarto, facendofi di acini 76. 2., onde ciafcun carlino venne a contenere di puro argento aci- ni 6g. 8., e l'argento ad undeci danari di titolo moa- tò a ducati g. 23. e mezzo la libbra . Neir anno 1542, fi diminuì il pefo del carlino di acini 5. 7. , e divenne di acini jo. 5. , contenendo acini 64. 6. di puro argento , onde quello col titolo predetto venne a coflare ducati dieci la libbra . Nell'anno 1552 fi coniò nuova moneta colla dimi- nuzione al carlino di acini 2. 5. , riducendolo collo fleflo titolo ad acini 68. ad oggetto di far elevare tutta la moneta del cinque per cento, ed il prezzo delfargento dello fìelfo titolo di undeci danari, che fi vendeva du- cati dieci la libbra , fu taifato ducati dieci e mezzo,- ma tale fpeculazione poggiata fopra inefatti calcoli non pro- duce il ragguaglio che fi delìderava colf edere monete. Il carlino venne a contenere allora di fino argento aci- ni Gì. 3. Nelfanno 1554, per ripararfi all'errore, fi volle ri- foa- fondere detta moneta, diminuendo il carlino di un mez- zo acino, facendolo di acini 6j. 5., e contenea di pu- ro argento 6 I . 9. Nell'anno 1572 la critica pofizione delle finanze di quello Regno fotto il governo del Cardinale Granuele fuggerl la formazione di una moneta plateale di ballò titolo , e propriamente di danari due e flerlini tre di fino argento , e danari nove e llerlini 1 7. di rame , olììa di 177 roillefimi di argento. Vedendofi immedia- tamente r inconveniente inevitabile da una moneta priva di giuiìo valore , riparar fi volle ritirandola per rifon- derla con altro titolo . Facendo reflare lo fteflb pefo dar fi volle alla nuova moneta il titolo di danari dieci e fìerlini dieci, vale a dire di 879. millefimi, fenza pe- rò abolir la prima coniata con undeci danari di titolo. Ciafcun carlino venne a contenere in quella nuova mo- neta acini 59. 6. di puro argento. Cominciò allora ad introdurfi V aggio tra quelle due monete di argento , giacche ogni qualvolta un Governo in vece di ricono- fcere i valori vuol fiflarli arbitrariamente, il commercio ne rifente diilèflo . Negli anni 1582 ed 83 fi batterono monete di gra- na due e mezzo, dette cinquine , e di grana cinque , col titolo antico , diminuendofi però ciafcun pezzo a rag- guaglio di acini 5. e mezzo per ciafcun carlino , e fu ridotto ad acini 6a., che-perciò contenevano quelle mo- nete per ciafcan carlino acini 56. 8. di puro argento. Ne furono coniate in feguito da tempo in tempo, fino al 15» al 1 6 1 7 , di cinquine e mezzi carlini J con titolo alle Tolte inferiore . Sotto il governo del Viceré Cardinal Zapata dal pre- detto anno 1617 fino al 1625 varie monete furono battute, ma eoa titolo incerto e variabile , perfilìendo nel tempo fleflb l'antecedente moneta, e fi alterò allora il dritto di conio e fignoria al cinque per cento . Quello produfTe grandiffimo ditlurbo al commercio , giacche ogni venditore contrattar volea colla moneta mi- gliore , che fi eflraeva dal Regno , tanto più che era alquanto piìi fina di quella del vicino Stato Pontificio. Altri inconvenienti a ciò fi aggiunfero, come vedremo, per cui fi pensò nel 1683 dal Viceré Marchefe del Carpio rifonderla tutta , e ragguagliarla con quella del- le altre nazioni . Si diede a detta moneta il titolo co- lante di danari II. , offìa di gì 6. millefimi di fino argento, ed il pefo del ducato fu di acini 635. , per cui contener dovea , a ragion di titolo legale , di fino argento acini 582-., e così corrifpondentemente le altre monete . Quefla operazione fi vide poco valevole ad impedire i difordini , e fi fuppofe che trovandofi la nuova mo- neta per poca accortezza di maggior valore di quella delle altre nazioni, e fpecialmente del vicino Stato Pon- tificio , veniflè eftratta , onde penuria di efla in quefio Regno fi vedeflè . Dal Viceré Conte di S. Stefano nel 1689 ^ credè poterfi a ciò riparare, elevando detta mo- neta del dieci per cento fenza rifonderla . Il ducato fin ^ al- allora coniato divenne di carlini undeci , il mezzo du- cato di grana 55-, il tari di grana 0,2,., ed il carlino di grana 1 1 . Nuova moneta intanto comincioffi a bat- tere di ducati, mezzi ducati, tari, e carlini a raggua- glio della precedente , già alterata nel pefo , ferbando lo fìeflò titolo . Il ducato venne a pefare acini 570. , e ne dovea contenere 52,2. 5. di puro argento, ma qual- che cofa di meno vi fu, come da faggi fatti fé ne av- vide il Signor Newton, e così in feguito li è praticato. Il carlino fi fece in confeguenza del pefo di acini 57., contener dovendo, come fopa,per titolo legale di puro argento acini 52. a. Siccome poi il valor reale della moneta nafce dalla quantità del metallo preziofo che contiene , e 1' elevare il prezzo nominale non è che una cofa illuforia da fer- vire al momento per favorire i debitori , minorare i fol- di, e le impofte, cofa in quel tempo necefTaria , come vedremo, così con l'alterazione predetta non fi venne ad ottenere alcun profitto , e riparo all' eftrazione della moneta , nafcente da altre caufc , che in feguito efpor- remo , giacche gli efteri non curano nella moneta altro che il valor reale . Non abbaflanza illuminato il Gover- no di quel tempo a comprendere tal verità , credè per lo contrario che a confegulre l'intento dlppiù convenif- fe elevarfi il valor nominale . Fu ordinato dunque con Prammatica nel 1691 di confiderarfi elevata tutta la moneta fin allora coniata del venti per cento , onde il ducato coniato prima del 1689 divenne carlini 13., e 20 gra- 154 grana due , il mezzo ducato grana 66. ^ il tari grana a6., ed il carlino grana 13., come ora vediamo. Il ducato poi coniato dopo il 1689 divenne carlini dodi- ci, il mezzo ducato carlini fei, il tari grana 24., ed il carlino grana 12. , come anche vediamo . Si battè intanto altra moneta collo flefTo titolo ed in pefo cor- rifpondente , e furono il ducato del pefo di acini 475., che per legge avrebbe dovuto contenere acini 435. 5. di puro argento, e così proporzionalmente il mezzo du- cato, il tari ed il carlino. Quello è il firtema moneta- rio di argento che tuttavia fufTifte , a riferba di qual- che piccola diminuzione fuccefla in feguito sul titolo per quelle folite frodi degli appaldatori , che per imperizia dei faggiatori fi è tollerata . Da tale epoca fino all' ingreffo del Governo Borbo- aoico, che fu nel 1734 , ninna variazione fuvvi circa la moneta di argento , come ci afficura il Galiani nel- la fua dotta opera sulla moneta . Il nuovo titolo poi che prefe la moneta fotto il Re Carlo fu di dieci da- nari e 18 llerlini, o fia di 908. millefimi di fino ar- gento , con aumentarfi proporzionalmente il pefo , in mo- do che ferapre venne a contenere la flefla quantità di puro argento. Similmente nel 1784, ed in feguito, fi è fatta la moneta col titolo di danari io. e fterlini I. e mezzo, vale a dire con 839. millefimi di fino argento, e con la fleifa proporzione fi è aumentato il pefo, talché fempre viene a trovarfi in effe la fleffa quantità di pu- ro argento . Gio- Giova qui oflcrvare che nel darfl prezzo alla lega dell'argento , di cui lì conofce il titolo , porto il già detto fiftema dì noftra monetazione , fi valuta alla ra- gione del contenuto di puro argento , dando il prezzo di ducati 16. 32,. a ciafcuna libbra di qucfto ; ma fa alcuno voglia avere una libbra di puro argento libero da altro metallo , detto tra noi di coppella , pagar U dee un altro ducato circa di più , e ciò per la fpefa che vi occorre di raffinazione. Efièndo l'argento un pre- zìofo metallo di molto ufo per le fue qualità , e fpe- cialmente in ragion della Aaa purezza , fa che venga pregiato in quefta fleffa proporzione : perchè è ben fa- cile allegarlo con altri metalli , ma difpendiofo a fepa- rarlo . Da ciò avviene che non oflante la ftefla quan- tità dì argento che pofTa contenerfi nelle monete di di- verfi titoli , pure fono più pregiate quelle di fuperior titolo nelle piazze elìere di quelle d'inferiore, e trova- no maggior corfo , confiderandoll la moneta come fempli- ce metallo pronto ad efTere convertito ad altro ufo . Eflendo poi tutt' altra la condizione della moneta nel proprio paefe , ove niuno la fonde per non perderci il valor di fignoria e conio , non molto fi confiderà que- flo pregio relativo, e fuol valutarfi la fola quantità di preziofo metallo contenuto fenza curar la lega . Vengo ora ai prezzi delle principali derrate di ali- mento. La tavola qui anneflà contiene in fei principali colonne il prezzo di ciafcuna in moneta noftra , ed a cauto il puro argento contenuto in efla in pefo napo- * ^ le- I j6 letano , e fecondo il nuovo fidema Francefe , affinctè fè» die fi renda diftinguere a colpo d'occhio le varie pro- porzioni di elli prezzi intrinfeci . In fine di qucfte fei colonne ve n'è un' altra, la quale indica i libri o re- giflri di contabilità de'Religiofi , da cui fono fiate de- funte Is notizie de' prezzi predetti , quali fi confervano ora nel generale Archivio . PofTono le vicende delle ftagionl , e quelle dell' in- duflria, e del commercio rendere meno abbondante u.i genere di fufTiflenza da farne alterare fenfibilmente , o nbafTare il prezzo , ma fé ciò avvenga , per efempio , sul grano , che è il noftro principale alimento , le notizie degli altri prezii non proporzionalmente elevati , o ribas- sati nello fleflb anno indicar, pofibno 1' accidentale cau- fa , per cui ho creduto utile nel fifTare il campione dei valori di prendere in confiderazione più di efTì generi, oltre delle altre ofièrvazioni che ne rifultano . I libri o regifìri già detti non contenendo le minu- te fpefe giornali da cucina, ma bensì il loro totale, e 2e provifle , non han potuto fomminiflrarmi i prezzi del- la carne frefca , uno de'principali noflri alimenti , ma cre<- do aver rifarcito rapportando quelli del lardo, che co^ xne è ben noto corrifpondono alla, carne frefca proflàma- mente come 3. a i- Veio è poi che i carboni non fono un oggetto di prima necelfità , ma i loro prezzi fucceflìvi indicar po- tendo lo flato progreflìvo di. aumento , o diminuzione 1^' bofchi 5, che ora richiamano 1' attenzione di tutti, gli Eco? Economifti , meritano perciò non effere trafcurati'. Vedefì in fatti che eflTi prezzi fi van aumentando nel decorno dell'ultimo fccolo in maggior ragione di quegli degli al- tri generi , che perciò è chiaro che lo fiato de' bofchi ya deteriorando . Benché fufficienti' foflèro alle noftre vifle flatifìiche le notizie dei prezzi delle derrate di alimento da due fecoli circa , nondimeno ho creduto non trafcurare i prez- zi dell'anno 1509, che fi rilevano da una antica affi- la {a) , tempo in cui , benché conofciuta fi foflè l'Ame- rica , non ancora ci avea dato tanti preziofi metalli , ed anteriore anche al governo di Carlo V. , i di cui fafìi molto intereflano la floria economica di quello Regno , oltre alla permanenza che per qualche tempo vi fece , quale dovè accrefcere la maffa del numerario . Con gran- de meraviglia in fatti oflervafi da detta tavola che i prezzi del vino e dell'olio , giacche manca quella del grano, nell'anno 1600 fi trovano importare il feftuplc del pefo dell'argento puro, da quelli dell'anno 1509. L'infigne Economifta Serra, che fcrifle nel 161 3 sul- la moneta {b) , ci aflìcura , che pe '1 grande traffico cha quefto Regno avea in tale tempo, eflraendo molti pro- dotti più di quelli che ritraeva annualmente dagli efie- ri , oflìa che k bilancia del commercio era favorevole ,' la moneta veniva ad aumentarfi in quelli luoghi. Di più dal' («) Vien rapportata dal Diodat! nella fua memoria sulla monet» di queno Re^ Sno Voi. l. Atti dfllg R. Ac. d, Napoli. VY Reccolt» degli Evorfomifii Ittlitmi . Milana;. Ij8 dalle grandi rendite che avea qui il Re di Spagna , allori dominante di quefto Regno , venivano qui fpefe tutte , oltre più milioni che ritraeva dal nuovo mondo , per cui molto folca immettere in quefìo Regno per le fpefe del- le truppe . Per avere i dati politivi ed efatti su di quan- do rapporta il citato Serra del fuo tempo , ho creduto interefTante rapportare nella tavola i prezzi del 1614, che può averli come il raaflìmo della floridezza in quel fecole . La quantità de' preziolì metalli potendo crefcere , al dire del Sig. Smith (a) , per l' abbondanza delle minie- re preflb lo ftefTo Sovrano , o per l' aumento delle ric- chezze preflb del popolo per la fua induflria , pare che in quefto Regno ambi fienfi combinate nel principio del decimofettimo fecolo , e crefciuta oltremodo farebbe la quantità delf argento fé le circoftanze così favorevoli non a fofTero air intutto cambiate . Diamo dunque uno sguar- do sulla fìoria noftra di quel tempo, per quanto Taf- funto richiede . Benché quefle Provincie dopo l'epoca predetta godu- ta aveffero nel loro feno la pace , e chete foflèro Ha- te da ogni invafione , la loro floridezza nondimeno a gran paflì fi diminuì e diftrufle . Le continue leve mi- litari che fi facevano, non per la cuftodia e buon or- dine del Regno , che molto poco farebbero fiate , ma per fupplire alle guerre di Lombardia , di Fiandra , di Ca- 0») Rì»Ttbi Sull* »«tm t h tashfi itlìi BJHbczze, W. I. Cap. Xl. 159 Catalogna , ove grande era il bifogno per fedare i po- poli tumultuofì , ed opporli a' nemici eflerni , non pochi, quelle noftre popolazioni venivano a fcemare in modo che mancavan le braccia all'agricoltura ed alle arti , onde la miferia ne rifultava. Più di tutto defolava le noftre Provincie un arbitrario e peflìmo fillema di governo dei Viceré di quel tempo, e l'enormità delle impofizioni , che fotto nome di donativi fi efìgevano con tutta la fierezza , a fegno che molti per isfuggire queflo flato defolante , andavano a rifugiarli ne'paeli Turchi . Nel go* Terno folaniente dei due Viceré Monterei, e Medina de las Torres, che durarono anni tredici , cioè dal 1631 fino al 1644, fi conta efTerfl eflratta dal Regno di Na- poli fopra cento milioni di ducati (a) . Di tali donativi ed ordinarie impofle non più del quinto pafTava nel re- gio erario , rellando il dippiù nelle mani degli efattori, de' miniflri , dei grandi, e dei favoriti della Corte fotto varj pretefti . Per maggior rovina di effe Provincie il pefo delle gabelle e di altre gravezze piombava con fo- verchiofì fìftemi folamente sul baflb popolo , che è la claflè operativa ed indufìriofa , e propriamente quella che produce la vera ricchezza nazionale. I baroni e gli ecclefiaflici refìavano per lo più immuni all'intuito per raggiri e prepotenze , anzi i primi affumendo a loro ca- rico r efazione dai loro vafTalli ne abufavano in modo d'attirare molto più della taffa da quelli. Dai («) Brufonì Hi. 15. Ii66 Dai Miniflri in Madrid fi reputavano i nortri luoghi come forgenti inefauribili di monete , onde fenza com- paffione s'imponevano tributi. Dopo il governo del Vi- ceré Medina venuto ellèndo D. Alfonfo Enriquez Am- miraglio di Cartiglia nell'anno 1644 vide lo flato de- plorabile di quefto Regno , e 1' impofllbilita di venirli a nuove gravezze, non potendoli foftenere quelle che vi erano ; ma le fue rimoftranze furono fchernite e derifè da' cortigiani in Madrid , onde a fua petizione ne fu fubito richiamato, ed -in fuo luogo venne il Duca d'Ar- cos . Quello uomo crudele fi pofe a tiranneggiare il Re- gno con gabelle le più gravofe , e fpecialmente con quella sulle frutta in quella Capitale , che fu caufa della fa- mofa rivoluzione , in cui fu capo Tommafo Aniello , vol- garmente detto Mafaniello . E' ben noto il feguito che portò quella popolare moffa , e le vicende fempre più lagrimevoli del Regno fino alla venuta del Viceré Mar- chefe del Carpio nell'anno 1683 . Que^o faggio Mi- niftro il accinfe a rimettere V ordine , e la tranquillità fra i popoli , ed a far rifiorire la pubblica induilria , onde pria di tutto rifufe come fi è detto la moneta , die in feguito fu elevata dal Conte di S. Stefano fuo fùcceffore fin al 30. per cento in due volte , e fé ciò poco opportuno fu per impedire l' eilrazione della mo- neta , come ho moftrato , fervi opportunamente a mino- rare i dazj del 30. per cento , da cui non poco van- taggio ai popoli rifultonne. E' ben noto poi che nello fcoprimento del nuovo i6i ■mondo, gran quantità di preziofi metalli eflendovifì tro- vata, fu mano mano in Europa trafportata , e le loro miniere fotto la direzione degli Spagnuoli, e Portoglieli diedero sulle prime un profitto conGderabile ; ma in fe- guito i ricchi filoni eflendofi efauriti cominciò a mino- rarfi l'annua quantità di effi metalli, che veniva immefla nel noftro continente . D''altronde eflendofi l'argento , e r oro impiegati in Europa a molti ufi , e fpecialmente alle filature , alle indorature ed inargentature , che gran- de confiamo fiarmano , e fommamente da un fecolo in qua che quello luflb in tutte le claffì fi è difFufo, quin- di r iramifllone, che quafi privativa degli Spagnuoli era divenuta, e per circollanze belligeranti diminuita oltre- modo , non è fiata fufficiente a rifarcire annualmente , onde le mafie di preziofi metalli a calcolo fatto , pare che fienfi diminuite sul noflro continente da un mezzo fecolo, e la proporzione tra efll metalli fi è in confe- guenza alterata nel valore . Su di ciò avvertir bifogna , che non equabilmente Ei- nerte mafia de' preziofi metalli fi diffonde sul continente come un fluido , ma a mifura della pubblica indullrii che Eanima ed attira co'fuoi prodotti; quindi le nazio- ni ne contengono in proporzione del vantaggio che la loro bilancia commerciale ha sulle altre. Da ciò conclu- desi che E aumento o diminuzione de'preziofi metalli pres- so una nazione, dipende da quelle già dette circoflanze generali , e dalle fue particolari . Con quella prevenzione diamo uno fguardo alla no- ti Ars ì6'2 lira tavola , e ritroveremo che ad onta delle turborenze e veflazioni fofFerte da quefto Regno nel fecolo decimofet- timo , r incremento dell' argento in generale durò fino al principio del paflato fecolo deeioiottavo , e fu quin- di ^azionario fino al 1740, per la poc' attività indu»- fìriale,e per le politiche circoflanze ; ma in feguito eflèn- do divenata queda Capitale fede di un Regnante , ed il filo governo avendo prefa miglior forma , la fua indù- Uria , propriamente rurale , cominciò a fiorire , ed i fuoi prodotti con un libero commercio andiedero acquiltando maggior prezzo . E' qui da notarfi però che quefìa na- zione fé ha goduto un commercio vantag'giofo circa ai prodotti grezzi , è lì:ato però fommamente fvantaggiofo circa le manifatture-, quindi è avvenuto che i prezzi di q.uefte fonofl elevati adai di più in proporzione di queiH de' uollri prodotti , come ciafcuno partitamente può n^- levare (a) * Altre intereflanti ofTervazioni offrir può quefla nollria tavola fpecialmentc su particolari rami di produzione dei rapportati generi, oltre quelle già menzionate innanzi . PREZ- (a) Stimo fiiperfTuo far qliì notare il ben noto effetto d-;'!.-! bilancia commercia- h fvanta^i^Tufe , quale efaurifce la moneta, e ti nel tempo fteflo elevare i pre2;-a de' generi che fi ricevono, potendofi vedere ciocche ho detto nella mia Arti. St'iti- Am P *;. IL 5.»,3. III. C-if. IX. ì pag. i5) PREZZI ©I ALCUNE DERRATE Bl ALIMENTO BA PiU' DI BUE SECOLI. Anni 1 Grano Tomolo Ettolitri 0. 505 Vino Barile Litri 45. 660 Olio Sraro di tot. 10 -, Decagramme 920. 7 Formaggio Rotolo Gramme 891. Lardo Rotolo Gramme 891. Carboni Can t ajo Ettagramme 891. Ducati Argento puro contenuto Peso Ducati Argento puro contenuto Peso Ducati Argento puro contenuto Peso \ Ducati Argento puro contenuto Peso Ducati Argeito puro cottenuto Peso Ducati Argento puro contenuto Peso Di Nap. Acini Di Frane. Gramme Di Nap. Di Frane. Acini Gramme Di Nap. Acini Di Frane. Gramme Di Nap. Acini Di Frane. Gramme Di Nap. Acini Di Frane. Gramme Di Nip Acini Di Frane. Gomme Documenti 1509 0. 167 124- 2 J- 531 0. 21 156. 8 7. 028 0. 047 34-4 I- 535 0. 04 29. 6 I. 317 Atti della Real AcciHemia Napoletana Voi. 1. Mm. drl DiaJ^n . 1600 I. 50 8)2 37- 9<56 I. 30 738. 4 32.894 I. 80 1022. 4 45- 547 0. 15 85.2 3- 794 0. 14 79. 6 3- 544 Regiflro de'PP. Domenicani di S. Spirito. 1614 ■• 35 766. 8 34. i6d 1. 00 568. 25. 303 1. 25 710. 31.630 0. IO 56. 8 2. J29 0. 11 -j 65.2 2.903 I. IO 624. 8 27- 833 "'-"• 1650 I. jo 85» 37.966 I. 00 568. 25. 303 1. 25 7 1 0. 31. 630 0. 1 1 62. 4 2-779 0. lo 56. 8 2. 529 Rei-inro detto y^tibitta di S. Benedetto a Chi.lja . 1700 0. 9J 413- 3 18. 430 I. IO 479- 21. 341 1. :o 522.6 23. 341 0. 14 60. 9 2. 716 0. I 2 52. 2 2. 334 0. 70 304. 6 13. 580 Reginro dc'PP. di S. Nicola di Toledo. 1710 ■• 55 674-8 30. 071 0. 83 361. I i6. 102 I. 25 544' 3 24. 251 0. 14 60. 9 2. 716 0. ij 65.2 2. 910 UiJrm . 1720 I. so 652.6 29. lOI I. 00 435- 5 19.401 I. 00 435' 5 19. 401 0. IO 43- 5 I. 940 0. I3i 58.6 1. 619 Vacchetta di S. Benedetto a Ghiaia. I7JO 1740 1750 0. 9j 404. 6 iS. 041 0. 90 391. 6 17. 460 0. 94 409. 0 18. 236 0. 14 60. 9 2. 716 0. 13 56.6 2. 522 0. 72Ì 315- 4 14- 063 RceìAro de'PP. di S. Nicola di Toledo. I. 17 553- 0 24. 639 0. 98 426. 4 19. 012 I. 17 509-4 22. 699 0. 15 65.2 2. 910 0. 14 60. 9 2. 716 IbAem . ..65 7i8. 3 3 2. 01 1 1.05 457- 2 20. 371 1. 3D 566. I 25. 221 0. 14 60. 9 2. 716 0. 14 60. 9 2. 716 0. 76 3 3°- 7 14- 744 UiJfm . 1760 2. IO 914. i 40- 74 3 I. 10 479- 0 21. 341 "• 35 587-8 26. 191 0. 16 69.6 3. 104 0. 16 69.6 3- 104 Vacchetta de' PP. Benedettini di S.Sevetim j 1770 1780 •• 55 I. 90 674. 8 827. 1 30. 071 36. 861 I. 30 "• 35 )66. I 587.8 25. 221 26. 191 1.50 1. 66 652.6 722. 7 29. 101 0. 15 62. 2 1. 910 0. I7i 73.9 3- 298 Regidro de'PP. di S.Nicola di Toledo. 32. 205 0. 20 87. I 3. 880 0. 20 87.1 3. 880 lt:itm . 1790 2. 12 923. 2 41. 131 I. 20 522. 6 23. 341 1-70 740. I 32. 981 0. 20t 89. 2 3-977 0. 26 113. 2 5. 044 ItiJem . iSoo 3. 07 ■336.9 59.562 1.45 631. 3 1 28. :3i 2. 18 949- 3 42. 295 0. 24 104. 5 4.650 0. 28 121.9 5- 432 Uidim . ■= 1859 2. 50 08S. 6 48. 503 1 I. 80 783. 6 j 34.9:1 2. 5: 1097. 3 A'i. 891 0. 36 156. 7 6.984 0. 30 130. 6 5. 820 I. 60 696. 6 31. 041 *6j RELAZIONE DELLA PIOGGIA DI CENERE Avvenuta in Calabria ulteriore nel dì 2,7 Marzo 1809 DI BERNARDO DE RISO Prefentata dal Socio SIGNOR ALESSANDRO PETRUCCI ; on farà difcaro a codefìa Società Poiitaniana un bre- ve racconto dei fenomeni , che accompagnarono la piog- gia di cenere vulcanica avvenuta in quella Provincia po- chi dì fono , avendo prefente che T improvifo avveni- mento, e la folla delle occupazioni della mia carica di Giudice non permifero un più attento efame. La caduta di detta cenere Ci refe vifibile dalle otto ore di Francia della mattina fino alle ore dieci del dì 2,7. del p. p. marzo ; ma ho ragione di credere che dovette incominciare molto prima, perchè d'alcune don- ne de' contadi , che foglionfi portare qui in Catanzaro * sul j:64 sul. far del giorno, intefi le doglianze che ftrada facen- do, la cenere avea recato loro molto faftidio negli oc- chi, fpecialmente nel luogo chiamato Falco ^ che è ap- punto nello flrettifllnio Iltmo tra i due golfi, di Squil- lace, e S. Eufemia . Nella, notte precedente , il tempo fu vario tra il ven- to di. mezzogiorno , ed il libeccio : però quefl:' ultimo fu dominante. Nella mattina poi vi fu una calmeria di venti , ed il caldo era flraordinario . La parte dell' orizzonte frappofta tra il detto mezzo- giorno e libeccio, era ingombra di una denfa caligine, che rapiva il mare- alla noftra veduta , e fi avvicinava fino al littorale. Le notizie ricevute da Reggio e Scil- la , fono che in tale tempo tutta la Sicilia fi vide ia- volta tra un denfo velo di caligine. L' arena poi , che cadde nella riviera di Reggio , e Scilla, fti forfè fette volte più voluminofa. ne'fuoi gra- nelli di. quella che cadde nelle ncftre contrade .. Da ciò fi vede che la forza' di projezione del vulcani nulla con- tribuifce in fimili pioggie- , ma nella medefima foltanto operano V aria ed i venti , giacche in contrario la più minuta e leggiera dovrebbe cader prima della più pefante. Nelle ore dopo il mezzo giorno incominciò; ad inga- gliardire il libeccio ed a foffiare anche il ponente, per cui da quel gruppo di denfa caligine fi fchiufe una or- ribile tempefta a guifv di un turbine con acqua,, tuoni. *• venti isnpetuofi . Vi. i65 Il termometro nella mattina, dorante la pioggia dell' arena vulcanica , fegnava il grado 1 4 di Reaumur , ed il barometro montò fino ai pollici 27, e 6 linee. E' da notarfi ancora che le arene cadute , almeno nei primi giorni che fi raccolfero , venivano attratte dalla ca- lamita , benché a granelli folitar j e non in fi^rma di fili. Quello conferma ciocche da naturalifti fi è ofTervato , che tali ceneri vulcaniche, oltre delle varie terre, con- tengono anche del ferro che le colora . Finalmente fi ofièrvò che le teneri foglie, ed i fiori di quegli alberi già fchiufi, come gli albicocchi ec, che fi trovarono airafpetto ed azione maggiore del libeccio, e con ciò furono invefìite da molta arena ,, divennero- appaffiti , e fecchi ., AL' ALTRA RELAZIONE DELLA PIOGGIA DI CENERE > Avvenuta ia Calabria ulteriore nel detto giorno DEL CANONICO SIGNOR GREGORIO ARACRI Prefentata parimenti dallo ftejfo SIGNOR ALESSANDRO PETRUCCI,- uT^bbeuche le ben note peripezìe di quefti luoghi mi abbiano fatto perdere tutti i libri ed ordigni fisici , e ritirato mi fia dalle oflervazioni naturali, nondimeno la- fciar ora non voglio di rapportare a codefta dotta So- cietà Pontariiana ciocche mi riufcì oiTervare della detta' cenere vulcanica in quelli luoghi . 11 dì a 6 marzo che precedette al fenomeno, di cui parliamo, il tempo fu vario, nuvolofo, fecco e freddo^ anzi che nò . Nella notte feguente il vento fu vano , ma fempre occidentale , che poi verfo le fette in otto dopo mezza rotte fpirò tra Sud-Ovefl: , e Sud , che fu durante la pioggia, e Paria divenne caliginofa. ì6i YerCo le ore 9 e mezza della mattina del giorno 47 cominciò a cadere in quella Cittì, di Catanzaro , e nei fuoi contorni della cenere vulcanica , ed in un quarto d' ora già fi dillingueva molto bene sulle tegole delle cafe, sulle foglie delle piante, sulle flrade ec. Era ella di un colore nericcio , e fimile all' arena che noi ufia- mo sulle carte fcritte, vale a dire fottile , non molto dura, fecca , ruvida al tatto, e di colore inclinante a quello di piombo non levigato: colore che in feguito il refe quafi nero . La pioggia era ben rara , ficchè per lo fpazio di circa due ore che durò , non giunfe a co- prire intieramente , o con qualche fpefièzza la fuperficie de' corpi, su quali cadde , fé non ove venia radunata dall' azione del vento . L' aria come ho detto era ingom- bra da denfa caligine fopra di noi , e per tutto l' oriz- zonte verfo il Sud, e Sud-Oveiì, e nel redo era cali- ginofa bensì , ma non molto , e verfo il Nord vi era una tale rarità di nuvole che lafciava di tratto in trat- to vedere il ciel fereno. Verfo l'Ovelì 1' aria era nu- "volofa anche , e poco caliginofa , e fi aumentava la ca- ligine a norma che fi avvicinava al Sud-Oveft . Il ven- to fpirava non molto forte tra il Sud , e Sud-OveO: . L'aria era fccca e molto temperata , anzi inclinante ad un caldo tra noi fuori ftagione , giacche il termometro fi manteneva tra i gradi la e 13 di Reaumur,e quin- di fi elevò anche di poco , in modo che già fentivafi incomodo da quelli che paffeggiavano , a fegno che co- minciofll a promuover loro del fudore . Tale durò la tem- 169 temperatura dell'aria, e tali furono le fuc affezioni già descritte per lo fpazio di circa due ore , per quanto du- rò la caduta del polverìo . Ceffata verfo le 1 1 e mezza della mattina la caduta della cenere , efTendo già poco tratto di tempo prima cominciato a foftlare il vento Sud-Oveft, ed Ovefl, Tana sMrrigidì a fegno, che il termometro fegnò i gradi no- ve di Reaumur , e fopravvenne una pioggia di acqua ben forte, con vento gagliardo , che a diverfe riprefe durò fino a fera . La pioggia continuò durante la notte con qualche intermiffione , ed il vento feguitò ad efle- re impetuofo , e freddo . La detta cenere vulcanica nel principio del fuo ca- dere era in certo modo friabile tra le dita , reftando quelle imbrattate , come fé aveflero fregato piombo . Do- po qualche tempo, e fpecialmente col contatto dell'aria è divenuta più dura e ruvida al tatto . I fuoi granelli immediatamente dopo la caduta fentivano , benché debol- mente, r azione della calamita , ma in feguito poco o nulla venivano attratti . Codefti dotti Naturalifti dicano ora ciocche su di es- sa cenere penfano , giacche io folamente ho potuto ad- ^ditare i fenomeni che immediatamente precedettero , ac- compagnarono , e feguirono la fua caduta . Oltre a queflo da me oflcrvato , unir voglio ciocche da veridiche relazioni di miei amici ho rilevato . In Reggio e nelle fue riviere la steffa mattina dei 27 cominciò la caduta della cenere un poco più presto a z che 170 che qui in Catanzaro , accompagnata però dallo fleflb' vento Sud, e Sud-Oveft , e dalla fìefTa caligine fecca , e calda , e durò più tempo , eflendo ceffata all'ora di mez- zogiorno . La quantità di cenere ivi caduta fu maggior della noftra; la qualità la fteffa , ma i granelli un po- co più grolìì. Seguì la fleffa mutazione di vento nella prima ora pomeridiana , e quindi la pioggia di acqua . La temperatura atmosferica fa anche più calda dell' or- dinario , ma non mi fi dice fino a. quale grado . Lo ftellò preffo a poco mi fcrivono effer avvenuto nella regione che da Reggio va pe'l Capo delle Armi, e per quello di Spartivento , e nei paefi mediterranei , che guar- dano il littorale dal Ionio fino a Cotrone j e nelle ri- viere e paefi mediterranei della Calabria Occidentale , che guardano il Tirreno fino quafi al fiume Angitola, e ne- gli altri paefi , che fono al Nord di quella Città fino a Gimigliano foltanto. In Nicaflro , e nei paefi fiti al fuo Nord , ed al Nord-Est , non vi fu pioggia di pol- vere , ma folo di acqua alla fì;effa ora pomeridiana . In generale fi offervò poi che quanto più il paefe fi allon- tanava da Reggio in qua , vale a dire verfo la parte del Nord e Nord Est, la polvere era più rara, più fini erano i fuoi granelli , e la caduta cominciò più tardi , e finì più predo. Quando anche non vi fo fiero pofi:eriori notizie delle contemporanee eruzioni dell' Etna , quelle offervazioni ba- flerehbero a mollrare , che detta cenere appartenga a que- llo Vulcano , e fia fiata trafportata in aria nel modo lleflb , che altre volte ci è venuta dal Vefuvio . DI- 171 DISCORSO SULLE CAUSE DELLA SOSPENSIONE DELLE TERRE NELL' ATMOSFERA . DELU ARCIDIACONO LUCA DE SAMUELE CAGNAZZI SOCIO RESIDENTE Letta nella fediita del iz 30. Aprile 1809 Qii^fo , ne noflra ìe^cntes ( quoniam ex bis fpermntur multa ) ttiarn relata falìidio Jumnent-, mm in contenipìatione natura mhil pojjit vi- 4eri fupcrvitcuu/n . Plin. Hift. lib. XL Cap. II. .SLlìc oflèrvazioiii sulla caduta della cenere vulcanica nel- la Calabria ulteriore , cortefeniente comunicate a quella Società Pontaniana dai Signori Giudice de Rifo, e chia- rifllmo Ab. Aracri , mi dan motivo ad efporre ciocche mi trovo aver riconofciuto nelle mie annofe oflervazioni meteorologiche efeguite nella mia patria , e ciocche io penfo sulla caufa della durevole fofpenflone delle polve- rofe terre nell' atmosfera . Nel difcorfo meteorologico dell' anno 1794' da me pubblicato , come periodicamente far folea , trovo * aver 37* aver detto „ Merita qualche efame la pioggia di polve- „ re vulcanica , che fi ebbe nelle ore di mezzogiorno nel „ dì IO Giugno. L'antecedente efplofione del Vefuvio, 5, dittante da Altamura circa cento miglia direttamente , 5, avvenuta nella fera del dì 17, avendo fatto elevare 5, tale polverìo , fi vide approifiniare dalla fua parte , ), che è rOveft, nei due giorni precedenti alla fua ca- „ duta in forma di sfumata nube temporalefca . Subito „ che mi avvidi della precipitazione di tale polverìo 3, efpofi de' puliti piani fui mio terrazzo , e mi riufcì „ raccoglierne un pochette femplice . La piccioli quan- „ tità non mi permifc un efatta e precifa analifì , come „ defiderava , ma folo potei fcorgere eflère a bafe di ,, terra argillofa , con poca iìlice, tinta dal ferro di un 5, colore medio tra quello di terra ed il cinericcio ; ru- „ vìda al tatto per la fofFerta azione del fuoco . Con ,, gli acidi non fermentò. Coli' acqua tramandò Y odor „ terrofo, proprio dell'argilla , e la palìa che rifultou- „ ne fu friabile umida ^ e friabililfuna fecca . Non agi- 3, va in modo alcuno sull'ago magnetico , ma tinfe di „ turchino verfata nel pruffiato di potaffa . All' azione 5, della lucerna animata col tubo ferruminatorio fi con- ,, vertì coli' unione del muriato di ammoniaca in uno „ smalto bruno . La caduta di tale polverìo produce „ fenfibilmente un certo ammortimento alle piante , dal j, quale ne rifultò anche del danno al beftiame . " Altra volta in feguito , dir non faprei fé nel 1797 ° 9^ ? giacché le mie olTervazioni di quelli due anni re= 1 17$ reftarono inedite e diftrutte nella funeda catafìrofe della mia patria , mentre un polverofo nembo trafportato dal Sud-Oveft , incerto fé dallo lleflb Vefuvio perveniente , o da vulcani delle Eolie ifole , su di noi fi precipita- va, oflervai che il mio delicato elettrofcopio atmosferi- co di Volta dava fegni non equivoci di elettricismo po- iìtivo in gradi avanzati nell' atmosfera . Al vedere che r igrometro di SaufTure mi fegnava un fecco inoltrato nella baffa atmosfera-, fofpettai che T elettricifmo vagan- te pofitivo r effetto non era delia converfione del va- pore fottihflìmo ed elaftico in vefcicolare o concreto , ma aderente folFe al polverìo cadente . Immaginai sul mo- mento fofpendere un piatto metallico con quattro fili di feta da rellare in poiìzione orizzontale ed elettricamente ifolato, facendolo comunicare con altro elettrofcopio , per vedere fé redava elettrizzato dalla cenere cadente . Con foddisfazioue trovai verificato il mio fofpetto . Quefìa bella fcoperta dovuta al cafo , che vale più di ogni profondo genio, largo campo di riflefììoni ven- ne ad aprirmi sul forprendente fenomeno della cenere predetta, che fuol foflenerfi nell'atmosfera, attribuendolo all'elettricismo. Chi non conofce le tante anomalie, chs le meteore' ci prefèntano , dovute tutte alla fua attività! Quanti fenomeni inefplicabili colle teorìe iìatiche , e cre- duti dipendenti da altre forze meccaniche, fi fono quindi ravvifati effetti dell'elettrico fluido, che qual Proteo in mille modi fi trasforma nella vafla regione che ci fo- vrafta , e grandi illufioni ci produce ! Sta.^ 174 Stabilito però che il polverìo cadente contenga dell'* elettricismo, indagar ci conviene fé così lanciato venga dal vulcano, o pure fé ne imbeva fcorrendo a feconda del vento nell' atmosfera . E' ben noto che nelle vefu- ■viane eruzioni di ceneri , dei baleni ferpeggiar fi veggo- no nell'atro nembo che sul cratere fi eleva. Chi sa fé i fluidi aeriformi , che nell' interno del vulcano fi fvi- luppano, quali è da crederfi che contengono elettricismo a dovizia , urtando alle pareti del cratere , e facendo faitare in aria quel polverìo diflaccato, non lo elettrtz- zino benanche/' Nell'eruzione di cenere fatta nel dì 7. Giugno del 1806 dal noftro Vefuvio , trovandomi in quella Capitale mi accinfi ad oflervare il fuo elettricismo nella caduta , ma l' improvifa pioggia che prima di que- lla Tenne , mi tolfe un tal piacere (a) , giacche folle- citò la precipitazione di efla cenere , togliendo lo squili- brio elettrico . Molto lume arrecato mi avrebbero tali oflervazioni , perchè fé più elettricismo contenuta aveflè nel cadere qui che in Puglia , con fondamento creduto avrei , che tutte lo ricevono nell' efière eruttate , e nel cafo oppofìo d' imbeverfene nella regione atmosferica fcor- rendo a feconda del vento . Perchè poffa con precifione efporre le mie idee suU aflunto , fiami permeffo richiamare i ben noti principj suir elettricismo atmosferico . Nella formazione delle va- rie (.a) Si vegga la mia Letttra suìP elettricismo della ceneve lanciata dal Vefuvio , diret'' ìa al P. Taddei, Ciornale Encicl, di Napoli Giugno 1806, 175 rie qualità de' vapori oltre l'acqua ed il calore vi con- corre il fluido elettrico, quale nel modo ifteflb faffx la- tente, e ferba anche la lìefTa gradazione di quantità nei pafTaggi, vale a dire che dei vapori quello invifibile ne contiene la maffinia quantità , come ne contiene di calo- re, e pallàndo a farli apparente, offia vefcicolare lo svi- luppa e rende libero , e quindi di vefcicolare paflando ad elll-re concreto , che colla caduta coftituifce la piog- gia , anche di più ne sviluppa . Il contrario fuccede nei paffaggi inveri!. Se dunque l'elettrico fluido sviluppato venga in tale fatta nell'alta regione dell'atmosfera, re- fta quefta elettrizzata pofitivatnente , e cerca eflb fluido fottiliflìmo per la fua indole fcorrere verfo del fuolo , per riftabilire l'equilibrio. Similmente fé quantità di va- pore dallo flato vefcicolare palla a quello elaftico , ren- dendo latente con se l' elettrico fluido , in meno elettriz- za la fuperiore regione dell'atmosfera, quindi dal fuolo all' atmosfera cerca darli paffaggio 1' elettricismo . Soii quefle le circoflanze e caufe, che tanti variati fenomeni meteorologici producono . Qualunque foftanza capace d'impregnarli d'elettricismo per comunicazione , almeno in parte , trovandoli in qual- che ambiente por lì dee nello flato ifteflò , e renderfl giuoco di queflo agente il più poderofo. Non faccia ma- raviglia dunque fé il polverofo nembo, che da vulcanica eruzione fi elevi , fofpefo rimanga per quella elettrica azione , che dall' effetto repulfione fi appella , come per i vapori concreti e per la grandine iflefla fuccede. Non 't7^ è certamente come altri han fognato , l' azion dell' aria ( parole vuote di precifìone ) , che mantenga durevolmea- te fofpefe nell'atmosfera foftanze di maggior gravità fpe- cifica , e fpecialmeate poi in altezza tale ove 1' aria è tre o quattro volte più rara . Oflervai nel 1806 (a) la cenere lanciata dal Vefuvio s guifa di denfa nube , non a molta altezza , che orizzon- talmente ftendevafi verfo Caflellamare feguendo la cor- re'rite del vento , ma ad un tratto rarefacendofì fi ele- vava molto al difopra . La forza di projezione anche di un vulcano, l'azione meccanica qualunque fìa dell'atmo- sfera non potevano produrre quedo cambiamento tutto contrario alla direzione che confervava , ed alle leggi pneumo ftatiche , e ci conviene ricorrere alla fola azione elettrica per darne la fpiegazione. Mi avvidi inoltre che una picciola nube vagante, proffima al nembo che fi ele- vava , fi tracciava e prolungava per raetterfi a contatto di elfo, come appunto fa il cotone fofpefo nell'efler vi- cino ad altro corpo elettrizzato in più o meno . Che i turbini elevar pofTano del polverìo fott' occhio lo veggiamo, ma terminato il vorticofo moto va cadendo. Non così fé un gran turbine ecciti la corrente elettri- ca colla immediata precipitazione de' vapori fofpefi nell' atmosfera, che fa l'un sull'altro urtare , o rarefacendo l'aria, inatta la rende a foftenere effi vapori , o final- mente lo fteflò elettricismo atmosferico squilibrato fia cau- fa («) Si vegga la citata mia Itttera.' ^77 la degriftefli uragani, come altri penfano , allora non folo il polverìo , ma corpi i più pefanti vengono dall'aere trafportati , ed a lunghe dillanze gittati . Lungo farei fé maravigliofì fatti rapportar vokfli, che giornalmente avven- gono in altre regioni, ove quefte meteore fono frequenti. Non altrimenti fpicgafi h. caduta di alcuni corpi dall'atmo- sfera, e fpccialmente delle pietre, ma ciò non elTer dee una regola generale, ripetendo alcune di quefte la loro iftanta- nca formazione nell' atmosfera , che dalle circoftanze concor- renti e loro analid ben fi diftinguono, come farò rimarcare. Lo squilibrio elettrico tra l' alta regione dell' atmos- fera ed il fùolo regna, finche la bafla regione atmosfe- rica fia inefiìcace a fare fcorrere quello fluido. Il va- pore nello ftato di perfetta diifoluzione nell', aria , olila nello flato di maffima fottigliezza , e trafparenza , talché niuna fenfazionc arreca all' igrometro , è una foftanza quafi coibente dell' elettricismo , quindi la bafla atmosfera de- ve coftantemente moftrare un fecco igrometrico allorché regna squilibrio elettrico tra 1' alta regione atmosferica ed il fuolo . E' ben noto poi che V elettricismo niuna malìa fa a traverfo le follanze coibenti, ed a traverlb di quelle deferenti fi propaga e riftabilifce nel fuo equi- librio fenza fosforiti e rumore .^ Non così avviene a tra^ verfo delle foftanze femicoibenti , al paflar le quali , ftre- pito, fosforiti ed altre apparenze in variati modi pro- duce. A mifura dunque che il vapore nella bafià atmo- sfera rendefi fenfibile , odia igrometrico , iì moftrano 1 elettriche meteore , finche giugne 1' umido ad ellère 2 3 foni- 17^ fomraamente fenfibile , e molto più fé convertefi in piog- gia , giacche le gocce fucceffivamente cadendo ilabilifco- no in ogni fenfo una catena deferente .. Suole alle volte aggiugnerll la combuftione del gas idrogeno nell' alta atmosfera , ove per la fua minor gra- vità fpecifica va a prender fede' , ed allora i fenomeni elettrici rendonfi. più complicati . Per quello che ho detto non farà meraviglia il Cea~ tire coftantemente , che mentre il nembo- di cenere sul!' atmosfera percorre in forza dell' elettrico fluido squili- brato , un fecco il più inoltrato fi moftri nella bafla. at- mosfera . In fecondo luogo che terminar fogliono le ca- dute di quefto polverìo che ingombra V atmosfera , o con le piogge fpeiTo temporalesche , o con tremuoti elettrici , per cui il volgo fpaventar fi fuole nel vedere r atmosfera caliginofa e fecca . PafTo ora a delle confiderazionl sull' arena vulcanica caduta in Calabria . Il Signor de Rifo dice , che nella notte precedente al- la caduta „ il vento fu vario tra 'l mezzogiorno ed il „ libeccio , però qued"' ultimo fu il vento dominante . ,, Nella mattina poi vi fu una calmerìa di venti , ma „ r atmosfera era urente, ed il caldo eftraordinario . " Anche il Signor Aracri attefla che fpirava lo fieflo vento „ e Taria era fecca e molto temperata, anzi inclinata „ ad un caldo fu ori flagione " . Quefto vento ho al- trove dimollrato ( a) che nel pervenire all' Italia percor- ■" re (a) D.'/h valutaz'oie li; Ile ismperatu/e loca/i .. Saggi lii Scienze nuturali delU Reil Soderà d" IncDtjg. di N-ipoH Fu/,, IL. 179 re un grande fpazio delle adufte terre dell'Africa, on- de non folo porta feco la temperatura la più calda dell' Atlantico, ma deponendo qualunque umido, che sulle acque abbia contratto, ferobra più caldo sulla nolìra pel- le del fuo grado termometrico . E' oflervabile che a quali tutti i fenomeni elettrici atmosferici di molta ccmfidera- zione preceda quefto vento , giacche è il più atto a ren- dere fecca la baffa atmosfera , e con ciò coibente . Caduta 1' arena in Catanzaro nella mattina del 27. marzo, foggiugne il Sig. de Oifo, che „ nel dopo pran- „ zo incominciò ad ingagliardire il libeccio ed a fpira- „ re anche il ponente , per cui da quel gruppo di den- „ fa caligine fi fchiufe una orribile tempclTia a guifa di „ turbine con acqua, baleni, e venti impetuofi . " II Sig. Aracri racconta la flefla pioggia temporalefca avve- nuta per tutto il tratto di Calabria ulteriore , in cui cadde la detta cenere , e ciò maggiormente conferma l'uni- formità della caufa di efTo fenomeno . Dice inoltre il Sig. de Rifo . „ V arena che cadde „ nella riviera di Reggio , e Scilla è forfè fette volte ,, più voluminofa ne' fuoi granelli di quella che cadde „ nelle noflre contrade, come dalla picciola moftra che ,, fi rimette. Da ciò fi conofce che la forza di proje- „ zione de' vulcani nulla contribuifce in fimili piogge , „ ma nella medefima foltanto opera 1' aria ed i venti , „ giacche in contrario la più minuta e leggiera dovreb- „ he cader prima della più voluminofa e pefante . " Se egli non giunfe a conofcere la caufa pofitiva del feno- * me- 1^0 meno per mancanza di altre oflèrvazioni , è degno di lode di averne rimarcata 1' impoffibilità dalla fempliee proiezione . Giova notar poi ciocche quefìi degni uomini ci rife- rifcono circa V effetto della cenere predetta su' vegetabili, uniforme a quello da me oflervato in Puglia , vale a dire che le tenere foglie e fiori rellarono diseccate . Se il contatto della polvere vulcanica faceiTe da per fé que^ fìo male a' vegetabili , certamente che poco o nulla pro- fperar dovrebbero le piante nei fuoli profllmi ai vulca- ni , ove il vento di continuo elevando quefìo polverìo lo fa ricadere sa di e& . Ben poi mi ricordo , che of- fervato avendo in Puglia un tale funefìo effetto sulle tenere cime delle piante , fofpettai sulle prime che la cenere caduta pregna foffe di qualche acido o alcali , capace a produrre su delle fibre o su gli umori qual- che impreflione, ma ponendola sulla lingua ne relìai dr- fingannato non provandone alcuna difgaftofa fenfazione. Per non effere precipitofo a concludere , fparger volli delicatamente la detta cenere raccolta su di alcune te- nere piantoline di bafilico, e su di altre che erano ai- lev ate in un vafe , ma nulla ne soffrirono , e ciò può da chiunque replicarfi con della cenere del nofìro Ve- fuvio . Come dunque nafce il danno alle tene re foglie , e fiori dalla pioggia di cenere ? E' di ricordarfi che volendo r fisici fpiegare il dan- no delle caligini , nebbie e brinate su' vegetabili , haniK) immaginato formarle artifizialraente , ma dò pò averle all' in- infutfo imitate lioti hanno prodotti gli fteffi effetti di quelle cadenti dall' atmosfera , per cui fi è creduto do* verfì tutto attribuire al paflaggio elettrico promoflò ec- ceffivamentc , o impedito con tali meteore dalle loro te- nere cime , che fono i veicoli più opportuni a quello attiviffimo fluido. Lungo ed eftraneo farebbe al mio af- funto rapportare quanto su di ciò fi è detto, e quanto fi è immaginato per impedire quelli dannofi effetti , ma ommetter non devo che lo fìimolo replicato prodotto sulle tenere fibre vegetabili caufando loro del male , cer_ taraente che la cenere elettrizzata cadendo sulle tenere cime e fiori , produr deve lo lleflo , per cui ne avvie- ne il patimento già detto, eflendo per ogni altro innocente. Dicono inoltre i Signori de Rifo ed Aracri , che elfa cenere ne' primi glurni Uopo la caduta veniva attirata dalla calamita , e quindi mano mano perde quefla facoltà. E' déffa la malTima prova che tale cenere o arena , con- tenente del ferro ofiìdato , ha dovuto fubire una forte azione elettrica . Chi non sa che il feiTo toccato dal ful- mine, o da lunga azione elettrica, acquifla la magnetica attività , e che alcuni offldi ferruginofi col mezzo illeifo fogliono renderli in qualche modo attirabili dalla cala- mita , quali che un principio di riduzione o decombu- fiione rifentano, quale coli' azione dell' offigeno van di nuovo perdendo .'* Conofciuto , che la lunga fofpenfione del polverìo vulcanico nell'atmosfera, non fia che un fenomeno elet- trico-atmosferico , ci fi apre la traccia a delle congetture sul-^ sulla formazione degli aeroliti ] o meteoroUd , di cui tanto se n'è parlato (a). Fin da remoti tempi vi fono flati de' racconti di pie- tre cadute dal cielo , come fopranaturali prodigi , a cui molti non predarono credenza . Che da' vulcani fieno (late lanciate delle pietre , che da'turbini fieno fiate altre fol- levate e gittate altrove, e così altri pefanti corpi, concor- rendovi anche l'elettricismo, non vi è chi rignora. Ma che fi pctefTero generare nell'atmosfera iftefla ninno lo fofpcttò prima del chiariffinio Ab. Soldani noflro Italia- no (b) , richiamando per altro V opinione gittata fenza prove dal Cartefio (e) . Gran contrago su di ciò tra fi- sici fuccefi"e , e lo fleffo illuftre Spallanzani la maffima difficoltà incontrò nell' ammettere delle fofìanze minerali, anche polverofe nell'atmosfera, eccetto che per qualche turbine, e per breve tempo, da dar luogo a tali con- crezioni {d). Il fofpetto del P. Soldani pare ora confer- mato dalle mie ofTervazioni , tanto più che egli ad elettrica accenfione credè doverfi attribuire la loro generazione . La pioggia di fafll <:aduta nell' agro Senefe nella fera de' {a) Si vegga una mìa lettera diretta a, S. E. Reverend. Monfiqnor Capecelatro Arcivefcovo di Taranto &c. dor/i/ìle Encidop. di Napoli, Ceanaio 1S07. (i) Si vegga il Traiilunto della difTerrazione del P. D. Ambrogio Soldani Ab. CamalJolcfe. Opuf. di Milano, voi. XVIII , an. 1795. (e) Qu(,n'urni vatdt varia ejì & multiplex exhalattonum natura ) mihi facile perfiia- dea fieri pojje in!srdu»7, ut a nubihus compreff.r materiam quamdam comportam , quie co- fare ac fpecie cxterna iac , cameni aut Jangmnem aliquo modo referant ^ vel qute fuhitò eccenfa 6" combufla fiat talis, ut prò ferro aut lapìdibus fumi poffìt & i>iter frodigia fiepe tegimus ferro, Jangiune , aut aliis fimilibus pluiffe. Cap. ". de Meteor. {d) Si vessa la lettera del detto Spallanzani . Opuf. di Milano voi. XVIII. an. i?3 de' 1 6 Giugno 1794, che da queflo dotto fisico , e da tanti accreditati ed iftruiti uomini fu oflervata , accom- pagnata {i vide da notabili Tcopp] ed accenfioni elettri- che, che tra aride nubi fi facevano, e le pietre cadde- ro infocate , e fi profondarono nella terra , fenomeni che codantemente fi^ oflervano in tutte le cadute degli aero- liti. Ecco poi ciocché lo Itcfix) Soldani (a) ne dice di quelle pietre „ Efteriormente quefte pietre fon tutte co- „ porte di una patina nera , che fi riconofce efTere una ,, vetrina a fuoco . Interiormente fon tutte di una pa- „ fta uniforme di materia neraflra in forma di criilal- „ letti di figura diverfa , ma fpecialmente cubica , e di „ varia mole fecondo la maggiore , o minor grandezza „ della pietra. Di tre foiìianze fon efle tutte compofle, „ una fempre lucida e rifplendente , forfè metallica , o „ femimetallica , la feconda nera forfè fulfurea minera- „ lizzata, o anche ferreo-bituminofa , e la terza una ce- „ nere quafi impalpabile fottiliflìma, conglutinata firet- „ tamente con quelle due fofìanze, la quale dal cine- „ reo fi muta in color ofcuro , quando la pietra viea „ pulita e luftrata " . Fu in feguito offèrvato che coli' andar del tempo notr perdevano tali pietre la loro coefione , e così con' for- prefa ofTervai in pochi raefi nella fuperficie di un pez- zetto quanto una fava , che potei averne ,^ fiaccato da al- e-i) UiJ,m : 184 altro più grande, a rlferba però della crofla vetrificata che reflò intatta . Quefte pietre fconofciute a' Litologi cominciarono ad eccitare la curiofità de' chimici. Il Sig. Howard Inglefe, dall' analili di alcuni aeroliti caduti in varj luoghi , e tempi riconobbe per loro collanti componenti la filice, il ferro, la magnefia , lo zolfo, il nikel ed accidental- mente qualche poco di calce ed allumina . Il Sig. ProuQ: vide in feguito effervi del manganefe , e ciò confermato venne da altri chimici . Il Sig. Langier incaricato per Tanalifì del mufco di ftoria natiurale in Parigi, in una fua memoria , letta nell' Ijlituto nazionale nel dì i o. marzo 1806, annunziò eflervi anche del cromio . Final- mente nel dì 15 marzo del 1806 caduto efTendo nel territorio di Valenza , dopo gran fragore elettrico un aerolito infocato , che fu trovato del pefo di quattro libbre francefi circa , quale profondoffi per la caduta mezzo piede nel terreno , fu in feguito completamente analizzato da tre infigni chimici Monge , Fourcroy , e Berthollet . Ritrovaron effi che contenea di ferro oflida- to al minimum 38 centefimi, di filice 30, di magne- fia 1 4 , di nikel 1 , di cromio 1 , di carbone 14,2 di zolfo quantità inapprezzabile (a) . L'uni- {a) Devo qui richiamare, che le pietre cadute nel Coatado di Molife nell'anno fcorso , alcune delle quali furono a quefta Società Pontaniana prefentate dal fu» Chiariflìmo Socio Sig. Giampaolo Gonlìgliere di Stato , furono riconofciute a bafe di allumina, di teflìtura, e componenti differenti, dalle predette, e fimiliffìme per r oppofto ad altre di quel fuolo, che perciò fi crederono follevate in aria da qual- che turbine, e non già nell'atmosfera generate, tanto più che la loro caduta non f» accempagnata da fragore ed accenfione elettrica , n^ caddero infocate . 18,- L'uniformità de' componenti , e teflìtura riconofciuta ne<>li aeroliti , e nelle altre circofìanzc che concorrono alla loro caduta, mollrano T uniformiti di loro genera- zione . A ben intenderla però due eflenziali confidera- zioni aver fi devono . La prima riguarda la forza , ri- peto, che foftener pofTa nell' atmosfera foperiore contro le leggi pneumo-ilatiche le foftanze minerali componenti , da cfl'cre richiamate al momento della concrezione , e la feconda , come venga querta efeguita . L'elettrico fluido, mantenendo in illato di rarefazio- ne , olfia di repulilone , le folknze minerali a fegno di vincere la loro gravità, fé per qualche accidente, non raro a fuccedere nell' atmosfera , un volume di quella da uno lìato elettrico all'altro oppoflo vada a palfare, allora la repuliiune in attrazione fi converte , come è ben noto, e richiama ad un tratto tutte le di^perfe fo- fìanze in un sol punto . Aggiunta a ciò 1' infiammazio- ne elettrica , che vi concorre , un principio di fufione fubifcono, con;e alla fuperficie patentemente moftrano . E' d'avvcrtirfi che all'attrazione elettrica par che vi fi combini anche la chimica affinità de' componenti fopra veduti, da prevalere anche per la prefenza del calore, per cui la coflanza nella proporzione di eiTi componen- ti , e nella teffitura rifulta . E' anche rimarchevole la perdita di coefione che col tempo suol avvenire agli aeroliti, fpecialmente fé efpo- fli fieno all'azione della pioggia , ed alle altre atmosfe- riche intemperie , per la quale non fé ne trovano di 24 que? 15C) quefte pietre confufe con altre nella fuper ficie della ter- ra da poter eflère foUevate da turbini come le altre, e quefto t'orma la maffima, prova della, loro- precipitofi for- mazione ueir atmosfera . DE' 187 DE' PRIMI ABITATORI DELLA CAMPANIA. E DELLA OPICIA PROPRIAMENTE DETTA MEMORIA DI VINCENZIO DE MURO SEGRETARIO GENERALE E PERPETUO DELLA SOCIETÀ' Letta neWadunam^a de' io. di Maggio 1809 J]^" on vi ha cofa nella floria delle nazioni sì ofcura , come le origini, le antiche emigraziooi, e i primi loro flalilimenti. Siccome siffatti avvenimenti rifalgono a tempi, de' quali non giunfero fino a noi memorie coeve, ficure, e parlanti; così grandi sforzi d'ingegno fan di melHeri a camminar tentone in mezzo al bujo delle favole , e delle volgari tradizioni dalla vanità de' Greci maraviglio- faraente guade , e {travolte , per ifcoprire qualche pic- ciol tratto di luce, che condur ne pofla al ritrovamen- to del vero , o di quello almeno , che più avvicina/i al vero . Di qui è addivenuto , che tante fono e sì varie, e fpeiTe fiate sì oppofle fra loro le opinioni degli an- * ti- i88 tichi , e de' moderni altresì^ sulle primitive popolazioni d' Italia , che fcbbene abbiano la più parte per appog- gio gran nomi, e grandi autorità , non è tuttavia ma- lagevole ravvifar V incertezza di ciafcuna , e forza è re- fìare in bilico, per non poterne abbracciare alcuna fca- za timor d'ingannarli. Poco di fatti, o nulla giova l'autorità degli antichi, quando dell' origine fi tratta di popolazioni , che furon le prime a metter piede in un paefe , ed a gettar ivi le fcHida menta delle grandi focieta . Pbteano, per cagioa d'eferapio, Erodoto, Diodoro Siciliano, Dionifio d'A.li- carii.dìo, Paufania, A pollodoro , venuti più iecoli dopoj poteano , io dico , raccontar altro , che fole , quando non aveano alla niano documenti autentici per favellarne con. ficurezza ? Poteano far altro , che ripetere le vecchie ba- loccherie popolari? Ferecide fu il primo , che tolfe di proponto^ a teflere genealogie di principi, e di nazioni. Ed ei feppe lufingar così bene la lìolta ambizione dei Greci , che fi millantavano di aver colle loi'o colonie popolata la terra , e di eflere i padri e progenitori di tutte le nazioni' , che meritò per quelita piaccenteria il danQ della cittadinanza di Atene . Gli altri o animati dallo ileffo fpirito lo copiarono , o arroffirono di quel- le baje , e li tacquero . Per la qual cofa io fon d' avvifo , che a troppo fot- tìi filo fi attennero quei tra' moderni , i quali ripofando ai-la cieca sulT autorità degli antichi ripeterono le loro follìe,, e lafciaron la cofa nella flefia ofcurità ed incer- te z- 189 tezza. Quefte tracce féguì il volgo degli eruditi', mentre altri per altre ftrade s' incaminavaiio. Alcuni su qualche leggici- cenno, su qualche notizia monca ed ifolata, fpef- fo sulla raflbmiglianza di un -vocabolo levandoli a volo fabbricarono in aria lìlliemi maravigliofi , e videro nella lor fantafia nafcere i popoli , e moltiplicarfi , e cambiar cielo, e nome, e confonderfi con altri, e fparire. Al- tri più ardimentolj.., per una certa boria di diftinguerfl dalla folla , ii sforzarono di torre all'oriente il vanto di aver popolata la terra, e fecero sboccare dal Setten- trione gli fciami d'uomini, che a poco a poco riempie- rono il globo. Altri, nulla intendendo di quefto erudi- to cicaleccio , fi diedero a credere , che tutti i popoli iiano indigeni , sbucciati cioè dal fuolo , che calcano , non altramente che forgono nelle paludi le rane, e sul- la terra i fonghr. In quanto a me , pare , che la difperfione delie gen- ti , e r emigrazioni de' popoli , la fpedizione di colonie in paefi difabitati , o dagli antichi abitatori abbandonati, e le afpre guerre a que' popoli fatte , che non voleano Jafciare il lor nido, fieno avvenimenti , di cui è piena k floria^ , e di cui relìano ancora negli antichi monu- menti, e foprattutto nelle loro lingue le tracce. Sicché a mio giudizio non minore iìolti^ia farebbe a porre in dubbio siffatte cofe, che a predar fede alle minute cir- coftanze, di cui le ha riveftitc la fantafia de' Greci, o alle favole , onde le hanno , non faprei dire , fé illeg- giadrite , o contraffatte i poeti . Le I9Ó' Le idee fingolari poi del 'Rudbeck, e del Bailly,clié han pollo nel None la culla degli uomini, benché non disgiunte dalla lode di raro ingegno , fono sì contrarie a quanto v'ha di più collante , e di meglio avverato nelle tradizioni e negli annali del genere u.nano , che le poffiam fenza fcrupolo flringere in un fafcio colle più flrane produzioni dell' umano ingegno . Voi già prevedete quel che io vado a penfare dei primi abitatori della Campania , e della Italia tutta . Cerchiam dunque di fcuoprire , chi furono i primi ad occuparle, o almeno i più antichi, di cui il abbia me- moria, e donde vennero, ed ingegniamci di fcorgere in mezzo agli errori, ed alle favole il vero. I. Dioniiìo d' Alicarnaflò , inveiligator diligentiflìmo delle romane antichità , ammirando lo fpirito fecondo di Ferecide , le frottole da lui elegantemente ordite fenza efame,, e fenza ribrezzo adottò (i). Secondo lui dun- que una colonia di Pelasgi fotto la condotta di Enotro, figliuolo di Licaone re di Arcadia, nipote di Pelasgo II , valicato l'Ionio, diede fondo in Italia. Pria di quefta fpedizione, foggiunge Dionifio,non vi è memoria, che l'Italia fia ilata da altri abitata. Ma chi furono cotefti Pelasgi venuti in Italia con Enotro? dopo queflo efame ci faremo a rintracciar memorie di fpediziioni più antiche. La genealogia di Pel.isgo , def^:ritta con eflrema pre- cifione da Ferecide, appartienfi a tempi , in cui giufta l'efpreiHone di Macrobio (2), la floria è muta. Non aven* (l) Ant'iqu. Uè, i. (z) S^fi^f' li^' !• i9r avendo <3unq;ue fondamento- in inorici monumenti, è da dire, che pretta ioìmaginazione fia di queflo ftorico adu- latore . La denominazione di Pelasgi non viene già da un re, che l'ignoranza e la fantafia de' Greci lor diede. Quando quelli non intendevano V origine del nome di un popolo, erano ufi di trarli d' impaccio con mettere in campo un condottiero, o un re, che avelTe lor dato il fuo nome. S'inventò un re Pelasgo , come un re Ita- lo , un re Siculo , perchè s' ignorava l' origine delle na- zioni, che un tal nome portarono . Oggi è noto fra gli eruditi, che quefta voce difcende dalla radice ebraica l'jQ phaleg , che difperfione e fper pera mento dinota . Dee riputarli adunque come appellazione comune a tutte le nazioni infìabili, erranti, e apparecchiate Tempre a mu- tar cielo, come appunto defcrive i Pelasgi Strabone ( i ). l Pe- (l) TloWirXxyop ì'i xoci Ttf,^u lo iSyo< rrpit iirxVaT-xtriti . Strab. lib. XUI Ma i Greci medefimi , che ignoravano la vera origine di quefto nome, ed avea'io dei buon fenfo, né lo ftemma di Pelasgo credevano, né la ge- nealogia de' Pelasgi , e quefto nome ai più popoli attribuirono. Mirfiio preflb Dionifio fteflb voleva , che foffero flati così chiamati dai Greci , quafi iTiXapyoi , o fìano cicogne , perchè a guifa di quefti uccelli andavano a dormi vagando. Dal qual fentimento fembra non elfere ftito alieno l'accuratiflìmo Strabone Itb.V. A-rii^a aurypapai/Tn i^opisii ':Tipi tuv Tr«.«5- yav , Sia S'f To irKaiiinm nfat , xai S'tx.ìiv opiniDH tir t.iìtìì Oiis r» Navi/ Proc. in Vandalic. (2) H. N. tiÙ. IL <:. 12. paefe de' Bruzj , e ài là fi ftefera verfo le maremme orientali d' Italia . La venuta de' Pelasgi Enotrj in Italia fecondo il com- puto dell' Alicarnafleo medefimo appartiene al fecolo 14, del mondo gialla la cronologia UlTcriana. Imperciocché venne, a dir di Dionilìo, al mondo Enotro nella diciaf- fcttefima età prima della guerra di Treja. Quindici età computate alla maniera di Erodoto (i) vagliono cinque fccoli ; ma fecondo il calcolo di Efichio (2,) , e di altri Greci computandoiì l'età per 2,0, 2-5, o 30 anni , le diciaffctte età fcorfe dalla nafcita dei favolofo Enotro (fino alla guerra di Troja giungono a quattro fecoli , o a quel torno . Ma la guerra di Troja cade nel dodice- iìmo fecolo prima di Augufto, vale a dire nel ig del mondo . Dunque la fpedizionc di Enotro in que^e re- gioni nou è anteriore agli anni 2500 del mondo. Qucflo calcolo è fondato sulle favnlofc genealogie inventate dai Greci. Intanto combaciali perfettamente con quello, che de'Cananei abbiam detto. Cade la loro fuo-a verfo la metà del fecolo XV. prima di Grido circa gli anni 2,500 del n>ondo , otto fecoli e più dopo il diluvio . Nuovo argo- mento , che i Pelasgi Enotrj , e Coni non furono altri , che i Pelasgi Fenicj , o fiano i Cananei commercianti , o i Cananei fuggitivi , e difperfi . Or neir ipotefì Dionilìana , che gli Enotrj fiano flati 45 i pri- (0 Herod. lìb. IL n. 4^ Ct) Hefych, V. ytytcc. Vedi Ryckii D>ff- Jc primis Italia cokniis^ r94 i primi a por piede in Italia, farà egli mai credibile, che nello fpazio di otto fecoli dopo il diluvio fia ri- mafo queflo bel paefe un deferto.^ Sarà egli credibile, che le popolazioni erranti , e T una dall' altra incalzate e fofpinte abbiano tanto tempo perduto- pria di trovare la. ilrada da penetrare in Italia , paefe sì vicino alTorien- te? Abhiam forfè meflieri de' calcoli del Petavio per cre- dere in otto fecoli sì popolata T Alia, che abbia a\u- to bifogno in quello intervallo di sgravarli più volte del pefo d' una fenipre crefccnte popolazione ? Tutto dun- que par che porti a credere, che colonie molto più an- tiche fi fiano da più fecoli flabilite in- Italia ; che in eonfeguenza febben fia vero , che in tutte le città ma- rittime del mezzogiorno d' Europa , e sulle coftiere Afri- cane, bagnate dal mediterraneo, s'incontrino velb'gie di flabilimenti Fenicj , penfar tuttavia , che i Fenicj fiano fiati i primi abitatori d' Italia , e della Campania parti- colarmente, è fogno d'infermi,, che confonde, e tempi, e, nazioni . Una tradizione antlchiffima, confervataci dà quafi tutti gli Storici latini , e da Dionifio. fieflb , nomina Abori- gini i primi popoli , che abbiano pofTeduto il Lazio , ed Opici qudli, che i primi tennero la Campania. A quefìi fon compagni i Sicoli , i- quali venuti poi a guer- ra con gli Opici e gli Aborigini, furon da quefli cac- ciati d' Italia , e coilretti a fuggire nella vicina Ifola , che da elfi prefe il noQie di Sicilia . Quefli tre popoli erano neli' antico linguaggio del Lazio chiamati Cafci , vale 19) •vale a dire , i vecchi , gli antichi . Si pofTono leggere su di ciò Dionifio Alicarnafleo, DioJoro Sicolo, Livio, Giullino, Aurelio Vittore (i). Ma meglio di tutti, e con maggior diftinzione ne fa parola Arillotile nelT vm libro delle Cofe Politiche . Mentre quefll ( i Coni e gli Enotri ) e' dice, nella Japigia , e lungo il mare Ionio abitavano il paefe, che fi appella Siriti; quella parte, che J porge sul mar Tirreno , occupavano gli Opici , i quali anche Aufoni fon chiamati (a). Abongini dunque furono i primi popoli, che abita- rono il paefe, che in tempi polleriori fu Lazio appel- lato; e gli Opici furono quelli, che abitavano intorno al cratere , e nel paefe , che più fecoli apprefTo dalla bontà delle fue terre chiamofh Campania . Ed erano di tanta antichità in Italia , che fmarritad og"i memoria della loro venuta , le popolazioni , che vi vennero do- po , ignorando , donde fofler partiti , e come qui avef- fero approdato , li crederono indigeni , e fi perfuafero , * che (i) Tìionyf. Jntìqu'it. Uè. I. Dìod. Bibl. ì'tb. IV. Liv. l'tb. I. in pr. jujììn. Hi/i or. iib. 45. (2) llr/.oìsv S'è riiv (nv ct/ws riiv ruppiivivn Oirir.Ot , x«i irponpv km v'Jv x.a- Knfiiyoi r»v tvayui^iay Autroyis ' Tuy St irpot my lcti:ijyiav , Kxt roy l'ayioy x'a- pxy Tiiv KaKuixsyi/y 'S.vpnv : MOav «Te 01 )^ai'ts aivaipiot To yeyis . yfri/t. Polie. ttb. Vili. e. 10. Sul qual luogo coafessò nel Tuo cemento il dittiffi'nr) Pier Vettori di non fapere , e di non aver niii letto , quii foffe il paefe chia- mato Sirti da Anftotile , ed abitato ài Coni . Ma offervò bene il Cafau- bnn , e pofcia il Mazzocchi eflervi error di copiib , i quali in vce di 1vf.(iTiy v'intrufero 'Supn-uy . Poiché Siritide era il p.iefe bagnato dh. tìtiil. {4) Fenicj primi abitatori di Napoli. 199 ftro Fenicj, e non precedeflero di più fecoH la venuta de' Fenicj in Italia . Io dunque fuppongo, che quelli popoli abbiano avu- ■ ta una lingua : chi oferebbe negarlo ? che quella lingua fu quella, che (ì parlò in tutta l'Italia dalle nazioni, che vedremo difcender dagli Opici; e che fi confervò, anche quando \inta la nazione opica fi mifchiò, fi con- fufe, e formò un fol popolo con gli Etrufchi , e che quella lingua fu la madre della latina. In quella lingua antichiflìma d'Italia, e compofla la più parte di toono- fillabi , come tutte le lingue di popoli barbari , e rozzi, ops fignificò la terra , come dimollra il noflro profon- difilìmo Vico (i) . Vennero dunque Opici chiamati quelli noUri antichiflìmi progenitori , quafi figli della terra, che abitavano, per quella llefia ragione, io fJ'Co, per cui gli abitatori delle montagne del l^do furono detti Aborigini . Furono letteralmente gli autoctoni dei Greci , gente nata da fé , e non da altri . Conferma quello mio penfiero quel che racconta Dio- doro Sicolo degli abitanti delle vicinanze di Cuma , i quali per la grandilTima riputazione di fortezza e di ga- gliardia, e per l'eccelli va grandezza della loro corpora- tura furono chiamati giganti , e giudicati terrigeni , o fiano figli della terra (2) . Di ciò avremo più innanzi occufi ne di favellare . Ma (i) Sciama N'wva . (z) ^vb:)\nyiir'r^«<- "^^ x"''"'* •»H« fivyi^v!. Dud. Sic. B'ibl. lib.lV. p.zój.m. apitd iV^rJhnks . E' qui de- Ma chi dunque furono cotefli Opid , cotefti Atori- gini , che precedettero di più di quattro fecoli le colonie de' Pelasgi Fenicj ? Variano all' infinito le opinioni dei dotti . Alcuni diranno , che in una interminabile fuccef- fione di nazioni gli Opici fono una delle prime popo- lazioni , di cui abbiano fatto motto gli fiorici a noi pervenuti . Ma in quelli giucca più T audacia , che la ragione. Altri diranno, che fono di que"" primi, che di- fcefero dalle montagne , dacché fi cominciarono a ritirare le acque , che aveano ricuoperta V Italia , come degli Umbri affermano alcuni per render ragione del nome . Ma quefla ofcura tradizione di diluvio italico proverebbe al più, che vi fiano flati popoli più antichi ancora , ma del tutto ignoti; e mio difegno è di provare foltanto , che gli Opici fono in Italia più antichi de'Fenicj , e di tutte le colonie Gre- che, e i j>r;mi, che ci faccia conofcere f ifloria . Altri forprefi della ralToniiglianza , che fcorgefi tra alcune voci latine , ed alcune della favella teutonica , o celtica , fi fanno a credere, che i primi itaUani fiano flati figli di p0. gna di rifo l' oflfervaiione del Weffelingio su quefto luogo di Diodoro . Egli li vuole chiamati yitytnn , o fia terrigeni per l'ofcurità de' loro nat.i" li., in quel modo che inteade il Poliziano Mi/celi. e. i8. il (mterculum gì-_ gantìs di Giovenale Sat. IV. , come fé tra i rozzi antichilfimi Opici vi aveffe potuto efler quiftione di nobiltà di natali. Se altri poi voleffe , che un tal nome portato abbiano dall' Oriente , o piuttofto 1' abbiano lor dato le popolazioni venute qualche fecolo dopo in quefte contrade per la lle(Ta ragione della opinione , che aveaf: della lor robnftezza , io non mi op- pongo. Veggo bene , che potrebbefi ripetere il nome di Òpir/ dalla radice DQK ac- , roboravìt , da cui difcende D»3'3>{ apicìm , robufli . Forfè per quella riputazione furono chiamati giganti , che figli della terra erano detti dai Greci . 20I popolo fettentrionale , fenza tiflettere , che quando alcu- na cofa provar potcfTc sifFatta raflbmiglianza , proverebbe con egual forza , che i fettentrionali popoli fiano fìati colonie venute d' Italia . Pretenderanno altri , che i pri- mitivi italiani abbiano dall' ultimo oriente emigrato ; poi- ché fi racconta , che il poco fa trapaflato Sig. Hageman avefle contato nel linguaggio fanscreto fino a 60 co. voci , che fi trovano tali quali nella favella del Lazio. Ma fé non errò nel fuo conto l'erudito Tedefco , di che poffiam dubitare , non elTendo a ftampa i fuoi MSS. ; egli non avrà intefo al certo di additar con quello no- me la lingua , in cui fono fcritti i Bedas , lingua in- ventata dai bramini per avvolgere in un midero impe- netrabile i dogmi della loro religione, e della loro fi- lofofia. I fuoi flud) adunque, e i fuoi calcoli faraunofi aggirati sulla lingua volgare antica dei Gentous , o fia degl' Indi : e che fi può inferii-ne allora ? Nò , non è neccflario di far venire dall' Indoflan gì' italiani , e rifparmiando loro un sì lungo viaggio , non potreb- befi dire , che tanta raflomiglianza dimoftra in ogni lingua gli avanzi di una favella primitiva e comune del genere umano , modificata pofcia e cambiata dal- le variazioni portate nella maniera di fentire , nella maniera di penfare , e nella leggerezza , o rigidezza dell' organo dalla differenza de' climi ? Rifponderanno finalmente i Greci , e i Latini , che furono audax la- pethi genus: e verrà loro in appoggio il primo ùorko del mondo , fecondo il quale furono le prime colonie 26 ita- tot italiane de' difcendenti di laphet . Imperciocché lavan , il quale fecondo la proprietà ebraica può pronunziarli anche laon, e lon^ diede il fuo nome all'Ionia, e al mar , che la bagna . Tra i fuoi figli vi fu Ceth , i cui difcendenti detti Cetthim occuparono le maremme della Cilicia , o fìa la Cilicia montuofa , detta perciò Ceti da Tolommeo, la Macedonia, Cipri, e l'Italia. E' naturale, che quelli aveifero adorato come dei i capi della nazione, e Giano , che fenza dubbio è il lavan dello florico ebreo, fu ne' verfì faliari chiamato padre degli uomini , e degli dei , dio degl' iddj ; e a lui fecondo Dracene Corei- reo preffo Ateneo (i) fi attribuiva 1' invenzione delle corone, de' foderi, o fiano zattere, e de'navili; e per- ciò, foggiunge, molte Città e in Grecia, e in Italia , e in Sicilia nell' impronto delle monete effigiarono un perfonaggio a due facce, e dall'altra parte una zattera, o una nave, o una corona (2.) . E ciò non fenza ra- gione : lavan , o fia Giano dovea confiderarfi come uà de' primi navigatori, che abbia ofato tragittare il mare, e flabilirfi nelle ifole, o in altro continente, e il pri- mo condottiero e capo di numerofa colonia, che appro- dò in quedi lidi . Giova fenza dubbio a conciliare autorità alla narrazio- ne Mofaica queft' analogia colle tradizioni mitologiche de' (l) ^th. Deìpnofoph. lib. 15. p.6<)2. Tupavoi/ eupiiir , xat ^e e dai Latini i Romani : Kinoi «g » AuTim , oi xxi Poi/ukio) . (2) Mazoch. Spie. Bibl. Au^. de Cetthim t. \. p. 25 ^ & feq. (5) ATiz-SeiKT! tK (Te t)(^af,av ròinTai' i^oi piu/jia , ;;' ti/;;» . A/« tuto i'i y.cei ritr •7rccpaKixi> TauTHv iXivripvicty "^Tpoaayofin^iy . Strab. lib.VI. E' difficile decidere, fé la Leucemia epica di Strabone fia la ftefla della Leiitarnia del tenebrofo Licofrone , che fembra unirla col Siri : TìoKKoi cTf 2ipiv «i/fi XXI Aivrxpyix!/ AfKfoey oiKiixitaiy , v. 978. 204 che non ebi)e di qui nome Literno, Citta in quel me- delìmo luogo edificata ? Un altro ramo degli Opici furono i Leflrigoni che abitavano di là dal Liri, dove fu Formia, i quali Ome- ro defcrive iìmili non ad uomini, ma a giganti (i). La moglie di Antifate lor capo parve ai compagni di Ulif- fe, come il vertice d'un monte (a) . Effi non pianta- vano , non aravano ^ ma viveano su gli alti monti den- tro le caverne vita anzi ferina , che umana . Gli Aurunci, che tennero quella parte della Campa- nia, che flendevafi dal Volturno al Liri, furono un'al- tra generazione di Opici , de' noftri antichiffimi giganti . Da efli SueJJa prefe il nome di Aurunca . Dioniiìo di Alicarnaflb li dipinge come uomini d' indole bellicofa , 1 quali tra per la grandezza e la robuftezza delle mem- bra , e per cotal ceffo barbaro e fiero un afpetto pre- fentavano crudele oltremodo e terribile (3) . Altra razza di Opici furono i Sidicini , ì quali abi- tarono là , dove è Teano , detto perciò Sidìcino . Que- lli furono gli ultimi , che fopravvifTero all' efìinzione della lor nazione , la quale non ebbe più nome , quan^ do furfe quello di Campani (4) . Gli (i) • . . . i(x av^Hffaiv hi>:0Te< , ccWet yf^acri . Honi. Ocìyff. ìtb, X. v. I2Q. '^/ .... Tiiv «Te yji'xfjiix. 'E.ueot òattii T opioi >iopU(p:iy . Ib. 1». 112. (J-)' ViXiTTOKifji.ji' ytifi Sii to toij Apvv/MV iSi'Oi i! y.at Tii [/.eyeSii ti xcei /n>- f-ri i xai o^-fO! SiivoTuri "ìtoXu xm SiipiuS'i; ey^ntri (polSipoTxrov . D'tonyf. Uè. PI. (4) Ovm offKoi ( parla de' Sidicini Strabene ) K-awìia^uy lòyn ixxixomos . StraL l.V. 105 Gli Aufonì finalmente, che poflèdettero gran terre di là dal Volturno , e fopra entrambe le fponde del Liri, non furono nazione diverfa dagli Opici. Abitavano , di- ce Arilìotile, quella parte che fporge sul mar tirreno, gli Opici e pria ed al prefente Aufoni cognominati (i). Parla allo iìefTo modo preflb Strabone 1' accuratìffimo Antioco (a) . Che fé Polibio preflo lo flelTo Geogra- fo (3) fenibra averli giudicati due nazioni diiìinte, eb- be riguardo alla dillinzione delle terre , che abitarono feparatamente quelli , cui reflò il nome di Opici , e quelli, che prefero il cognome di Aufoni , diflinzione , che dur rò fino alla loro diftruzione . Della medefima flirpe furono i Sanniti , i Lucani , i Bruzj , i quali fecondo che varj luoghi occuparono , quan- do fi fparfero per Y interno d' Italia , diverfi nomi an- cora adottarono'. Imperciocché la ilefìà favella parlava- no sì gli Opici della Campania , come i vicini Sanniti-, e i Lucani , che difcendevano da' Sanniti , e i Bruzj , che dai Lucani erano nati. Di qui avvenne , che il confolo L. Volunnio prellb Livio per indagare , quali foflèro i difcgni de' nemici, mandò nel loro campo fpie, che in- tendevano la lingua Ofca , vale a dire, la lingua, che L San- ti) lìxtii' J'e TO i^tv rrpos TVppiiVMii Oviy.ct ^ xat rrpuTiptiv ^ xm r^f x.ttXni/.H'Cl fiutoni . Arìfl. Polh. lib. Vili. e. io. (2) Aprio)^ii f/,111 HI, ^^a-i rni: X'^i"-" Tawr»;' O-ar/.m oixno-m , tktik S'i xxi Aj3oya< x«\i$ai. Strab. l'ib.V. (?) TloWjffai J-e (jj,i^,vi, Im iii'it !'Ou:(ù>y Taura . Otikus yp pi" 3 '-«' ^'^'" ro,ui oiKiiy ri/y x'^P"' TavTìie iripi Toy xpccmpce , Strab. ib. to6 ì Sanniti parlavano (i). Ed Ennio, il quale dì fé fo- lca dire , che avea tre cuori , perchè tre lingue parla- va, la latina, la greca, che era la favella della Magna Grecia , e V Ofca , che era la lingua di Rudia , vale a dire de' Pugliefì (2), chiamava bilingui i Bruzj^ perchè parlar foleano or ofca, or greca favella (3). Cade qui in acconcio ofTervare , che quelli, i quali nella più alta antichità furono Opici appellati , vennero in tempi pofleriori ad avere il nome di Ofci . I Latini additar volendo i difcendenti degli Opici, lor diflero al- la maniera del paefe Opiscl dapprima , ed accorciando poi in due fillabe quello nome, Opsci li chiamarono , e finalmente Osci . Poiché per teftimonianza di Fello Opsci leggevafl in tutti gli antichi libri, ed ei lo pruo- va coir autorità di Titinnio , e d' Ennio (4) . E Servio comentando un luogo di Virgilio , ove degli Ofci fi parla , facendo falfamente difcendere quello nome dalla greca voce , che dinota la ferpe , motlra di ellèr per- fuafo, elfere Opici, ed Ofci una niedefiraa cofa , giac- che r oji de' Greci può ben avere qualche relazione con Opici , ma con Ofci non già , fé Ofci non è un accor- cia- ci) Gnarosgue Ofcs l'inguic exploratum quid agatut , mìtili. Liv. ìib. X. (2) Quod loqu't grxce & ofee & Ialine farei . (?) BUingues Brutates Ennius dìx'tt , quod Brutil & o/ce & grxce loqui fo- litì fmt. Feft. V. Ofci. (4) In omnibus fere antiqui! commentariis fcribitur Opfcum prò Ofco , ut in Titìnnii fabula Qiùnto : Qui Opfce , & Voìfce fabulantur , nani latine nefciunt. E poco dopo : Ofcos quos dicimus , ait Verrius Opfcos antea dicìos , tejìe En- nio , quum dicat : de muro rem gerit Opfcv.s . Leggaafi le aaaotazioui dello Scaligero su quefto luogo di Fefto. 207 ciamento di Opìci (i) • Infatti Stefano Bizantino dall' Ofi racconta, che alcuni il nome di Ofci traevano (a). Keftringendonii intanto agli Opici foli della Campa- nia , confinando quefti col paefe de' Volsci di là dal Liri , ebber tutte le terre , che fono di qua , e di là dal Volturno , inoltrandofi lungo la riviera fino alla fpiaggia, ove furono edificate Cuma, Partenope , Erco- lano, e Pompei. Infatti Cuma è negli Opici, o fia nell Opicia pofla da Tucidide (3) , da Dionifio Alicarnas- seo (4), e da Paufania (5), e negli Opici ripofe il va- go e profondo porto di Mifeno lo fleffo Dionifio (6) ; e di Ercolano , e di Pompei afferma Strabene , che i pri- (0 Capuenfes d'tcit , qui ante Ofc't adpellatì funt , gitod illìc plurimi aHuri' davere ferpentes . Serv. in VII. iEaeid. Ci) Steph. ■jnpi 'TToXiUf V. Ocry.oi : ì^vi; Itx\i«ì ' yK^sat/! a'JVi}j.ii,K9' oìS'i., ori optMi , cmo tav opfuv . Il Cluverio vide qui una laguaa . Alcuni volle- ro riempierla così: oì y.ey , ori yKcirous auyeyA'^xy , ot ìe ec. Ma donde dun- que dilcenderà la voce Ofci , fé la ragione del nome è il mefcolamento delle lingue? II Betchelio vide la difficoltà , e cercò di dileguarla leg- gendo: 0/ //£!', ori yXaaoa.; a-Jt'ifjii'^x/ y octto m oiro; ' oì S'i e. Ma derivandofi quefto nome wjo tv o'jof , o fia dalla voce, dov'è l'idea del mefcolamen- to, che Ci fuppone la cagione del nome? E bifognava oltracciò far inten- dere, in che modo fi fuppone, che gli Opici mifchiaflero le lingue . Mi- fchiarono la lingua loro con quella degli Aufoni , e degli Aurunci , ri- fponde il Berchelio. Ciance : erano tutti e tre la fteffa nazione, e parla- vano la medefima lingua . (0 Z«j'x\)/ S'i rit/ (/Alt apolli' «Va Kufun Tvr fv omxia ^/^a^x.iS'txiii •^oKtas Mi-ay eèifiKO[iiyuy axiòai . Thucyd. lìb. VI. (4) i^>Jf/.mi !vvj.xcuy • Dionj/f. HO. VII, 2 08 mi ad occupare que' luoghi furono gli Ofci (i). Il qua- le accuratiffimo geografo le iinprefe narrando , che dei Rodiotti fi fpacciavano , riferifce fra le altre di aver fondato Partenope negli Opici , ed Elpis nel paefe dei Daunj, coll'ajuto de' Coi (2). Il che fu da Stefano Bi- zantino qua fi colle fteffe parole ripetuto (3) . Ma poiché le popolazioni , che diramate dagli Opici fi erano in varj luoghi flabilite , aveano prefo diverfì nomi : quindi a parlare con proprietà venne a reilrin- gerlì rOpicia di qua dal paefe, ov' erano i Leflrigoni, gli A«fonj, gli Aurunci^ e i Sidicini. Imperciocché ri- tenendo il nome , che era flato generico da principio , gli Opici foli , che dal ponte campano sul fiume Sao- ne fino al mare ftendevafi , tranne folo la fpiaggia di Leuternìa , il nome di Opicia diventò proprio di que- fla fola regione . Non goderono però gli Opici lungo tempo in pace le terre al mar più vicine. La colonia Calcidefe , che venne a piantar fede sulla noftra maremma , non potè al certo fenza contratto , difcacciarne , ma ne difcacciò finalmen- te gli antichi abitanti , e fondò Cuma , che è a giudizio di Strabene la più antica delle colonie Greche venute in Si- (l) OiTKOf Si tìycl' TaVTiiV {Hctcuìantum') xxt thv ìfi^iK TOiiirccmV ^ vV 'ira* f-appti 0 '2v.pi/os -TTOTafiO! . Strab. lìb. V. pag. ^78. foy mceas-xKiaTeti y.uTi^^oy ' in Si toh O'ùikois .tiiv Ylaprivoinit , ir Si Aauyioi' (iiraxrooy Exir/«< . Srrab. Uè. XI(^. (3) Steph, V. Tlcep^iyoiri! : itoKa sr Qwmoti rm lT«\<«f, XT/uft» foSiayt 209 Sicilia, e in Italia (i). Crebbe poi quefta Citta in ricchez- za e potenza col commercio del mare , e cercò di llen- dcre dentro terra il fuo imperio , e di difcacciare gli Opici dal poffeilb delle più belle e fertili terre dcirOpi- cia . Non poterono però fenza verfar molto langue i Cumani forzare quegli uomini famofì per la lor gagliar- dìa ad abbandonare in balla de' novelli ofpiti il natio fuolo: ma vinfero alla fine uomini, che non àveano ne arte , ne difciplina , ne fortificate Città , ma viveano fparu, come ne afllcura Dionifio di Alicarnaflo (2) qua. e là in piccioli villaggi , ed altro oppor non fapeano all'arte bellica de'Fenicj , o Greci , fé non i petti loro , ed un indo- mabile coraggio. Da quefta guerra, che non dovette ef- fere né leggiera , ne breve , e dovette anzi più volte , e fenipre con maggior rabbia rinafcefe, fiirfe nella fan- tafia de' Greci la favola de' giganti domati da Ercole , i quali fcuotono di continuo la fovrappofta terra , e col loro fiato le vicine campagne abbronzano (3) . I poeti confufero gli avvenimenti della guerra , che vollero rendere maravigliofi, con i fenomeni delle vul- caniche eruzioni, che in quc' contorni offervarono . Ma 27 la (t) T[x7CùV yxp fri 'rpiclìvraTit Tav re ^r/.=Kiy.(x:y , /.ut tiiv iTay.nnri^xy , Strjb. liù. V. (2) Koui/^oy XXI ciripxS't-- . Dìonyf. Hi. I, (?) Abbiam veduro di fopra quefto racconto di DioJoro Sicolo . Si pub leggere ancora ApoUodoro liù.]., Ovidio nelle Metamorfofi Hi. I. , eClau- diano neUi Gigantomachia , Silio Italico reca in quefli tetiiiini l'antica tra- dizione : Tradi'.nt Herctilea proflratos mole j;i^^aiìtes Tellarem injfSam quatere , & (piram'in; anhelo Torreri late campos . . . Lib. XII. 210 la verità è, come oilècvò faggiamente anche Strabene (iL che la favola degli ard campi , e della fconfitta. de'oi- ganti non ad altro fi vuol riportare , che alle lunghe contefe eli confinanti popoli , che il pofleflb fi contra,- flarona a vicenda di un Aiolo sì ubertofo. , e felice . I contrafiati campi fi difiero flegrei dai Greci , o fiano ar^ denti a cagione de' fotterranci fuochi , che nelle vicinaa- ze ancora fi fcorgono : ma furon pofcia in man de' Cu- mani conofciuti fotto il nome di agro, o campo cuma- no . I Latini lo chiamarono Lahorie , e campi Labori- nf , o Leborinì (2) . Or eiTendo il campo flcgreo^ e il campo cwnano una mcdefima cofa , che le Laborie , non è diflicile indovi- nare, qual fofle il territorio in quella parte dall'Opicia fl:acca$o, ed occupato dai Cumani. Imperciocché le ia- borìe ^ ficcoire Fhnio, (3) attefla , erano terminate da lui lato dalla via confclare, che da Pozzuoli a Capua coa- duceva ., e dall' altro da quella , che alla fl:eflà Capua conduceva da Cuma . La qual confinazione aflegnata alle Laborie da Plinio, e in confeguenza al campo flegreo , è fiata ben a torto di poca accuratezza accagionata dil Clu- (1) K«/ TO tpKeyfa:ov xaKtutuor "ritùtov , ty a tu ':npi Tt« yiyavTus f^i/iiiiatr >■ àx. à\>.!>iiv , US tixos , hK\' ìx. tu ■:Tepiux,vi:To:' TUf jJ-iv iivxi ìi apiiay . Strab- Ijb. V. pag. 378. (i) Quantum autem e ampia circum campanai un'tverfas tenas aniectà'it , tan- tum ipfum pars eji'.s , qux Labona vocantnt , quem Phlegrxu.m Gr.xci adpellanr. Plin. Hift. Nat. lib. XVIIL (3) Finìnntur Labattcc via ab utroqae ìatere con/alari , ^nx a Puleclir, &" qus a Cum'ts Capuam ductt, Plin. ib. tir Cluverio (i)," e clal fagaciffimo indagatore delle antichità Campane Cammillo Pellegrini (a) pienamente illuftrata, e difefa . Riftretto così tra le due flrade confolari il territorio Cumano , da quel lato , che il mare risguarda, rOpicia tutto il refto abbracciò fino al ponte Campano, toltane la picciola fpiaggia de' Leuternj , e quella ove fu dagli fleffi Calcidefi di Curaa edificata Parteoope (3). (i) Gecgf. Ant. lìb. ÌV. e. 2. (2) jipparat. Diff. IL e. 19. (5) Quefto era precifameate il (ito de" Campi Flegrei , e delle Laborie, come lo ha Plinio circofcritto. Ma una tal denomiaazione fi ftefe a poco a poco a tutte le terre vulcaniche , e di Angolare fertilità . Così Pulibio chiama Campi Flegrei le terre , che fono intorno a Capua , e a Nola : aix Tori Kv.K>:[/.iyx Tct mfi K«-yj;i' , -/.ai NsK»// TreS'ia . Hilì. tiù.IJ.c.17. E campo flegreo è chiamato 1' agro vefuviano da Diodoro Siciliano lib.lV. e. 21., e per lo vulcano, che vi è , e per la fertilità, di cui gli è cjgio- ne . Non altrimenti il nome di Laborie, e di campo Laborìno fu trafporta- to a tutte le terre, che fono di qua dal Clanio, e che da Acerra fi ften- dono fino al mare > chiamate pofcia coftantemenre Liburia , di cui fa co- me capo Atella , e che il foggetto fu di tante , e sì oliinate contele ne' fecoli balTi. 215 ORIGINE E PROGRESSI DELLA LETTERATURA E DELLE BELLE ARTI PRESSO I ROMANI. MEMORIA DI ANGELO MARINELLI Profcflòre di Letteratura antica e moderna nell' Univerfita. degli Studj di Napoli . Letta nella Seduta de' 30.. Maggio 1809 y^ppcna che i Greci tratti dalle fpelonche , furono ri- dotti in Società ed iftruiti nella Religione , il videro fenfibilmente fiorire tra loro le Eelle Arti , e da un luo- go air altro di quella terra beata, fpanderfi. i lumi in modo prodigiofo . I Romani, al contrario, quantunque profittar poteflero,per incivilirfi , della coltura dell' Etru- ria , delle Colonie Italo-Greche, e della Sicilia, pure, occupati delle conquifte , ed intenti a portare il ferro , il fuoco , il terrore , e lo fterminio tra le popolazioni circonvicine, recarono, per lo fpuzio di cinque fecoli, involti nelle tenebre dell' ignoranza . Ad 214 Ad onta tuttavolta di tal verità irrefragabile, il Si- gnor Abate ]e Moine d'Orgival in un fuo opufcolo fi sforza di perfuaderci clie i Romani, fin dalla fondazio- ne della loro monarchia , fi difìinfero per le fcienze e per l'atfe oratoria. Se evvi chimera, o paradofTo , V è queflo certamente . Poiché Cicerone che ci ha ìafciato una floria compiuta di coloro che fino al quinto fecole montarono sulla tribuna tlelle arringhe , non trova in eflì alcun vefligio di quel!' eloquenza , che , regolata dall'arte, domina su i cuori, e coflituifce il perfetto oratore. la fatti, un popolo ch'era foldato per neceffità , per edu- cazione, per fiQema di governo , per pofìzione di fla- to , per efempio dei vicini ; un popolo cui più grato riufciva lo squillo fragorofb della tromba guerriera , che il dolce fuono della lira di Apollo ; un popolo prefTo il quale la nobiltà, gli onori, le magiftrature , i titoli, le flatue , i trionfi , le ricchezze non accordavanfi che all'arte militare; un popolo finalmente nel cui petto fa sx bollente V amor della rapina , che per afferzione di Servio, il commentator di Virgilio, un tempio innalzò a Giove Predatore, come mai coltivar poteva una facoltà che e ftudio, e tempo, e molti lumi ricercar' In oltre affinchè la vera eloquenza fiorifca , evvi bifogno di una lingua già formata, ricca, fleffibib, e mclodiofa . Or chi non sa che a Roma fino alla feconda guerra Puni- ca , non parlavafi ne Greco , ne Latino , e che vi fi cinquettava folamente l'antico dialetto italo, o fia ofco, dialetto barbaro, tronco, e difìulatto all'armonia dell' e- lo- Zlf locuzione? Quindi Polibio ci h fovvcnire, che nel tem- po in cui cfib era occupato a tcffère la Storia Romana, molta diftlcultà incontrò a trovare in quella capitale un^ o due pcrfone, le qu.^li , quantunque verfatininie negli annali del loro piclè , foflero in iftato di fpiegare al- cuni trattati che i Romani avevano conchiufi con Car- tagine , e che erano {lati per confeguenza da loro fcrittt nel patrio linguaggio . Ed in conferma del mio aminto^ giova ricordare che avendo clll bifogno di leggi , non folamente furono corretti ad inviare Deputati nella Gre- cia per farne raccolta (i), ma, aflìn d' interpretarle , fu loro meflieri di aver ricorfo ad un certo Er modero uom Greco , al quale in ricompenfa una llatua innal- zoflì nel foro . Fuic , dice Plinio , et Herinodori Ephe/ìi ( Jiatua ) legum , quas Decemviri fcribcbivit , interprcds puhLice dicala . Ma per rapporto alla loro rozzezza , qual argomento addur puoftl maggiore di quei chiodi che per fare la numerazione degli anni, o per fegnare gli avvenimenti più flrepitofi dell? Repubblica , fi con- ficcavano folennemente d;il Pontefice o dal Dittatore , nelle pareti del tempio di Giove Ottimo Maffimo.' Che diremo di quell'uomo zotico, e grofTolano del Confole Mummio , il quale dovendo far trafportare da Corinto , a Ro- (i) Non s' ignon» che Giimbatrifta Vico lulli fai ScL-ìiza nuova inumo a'.ì.r ìi.iturj d:l!c cefi lia mcfTo in forfè quello fatto ; ma il dotto Avvocato Antonio Terraffon in una delle fue memorie inferita negli atti dell'Acca- demia delle Ifcrizioni Tcr,i. XII. l' lia dj'sfo v.i modo, che fembra non pa- MrfsQc più dubitare . Ì1& > a Roma i capi d'opera di Ariflide, di Zeufi, di Par- rafio, di Timante, di Fidia, di Mirone, e di Prafllte- le, minacciò i noleggiatori, che fé alcune di quelle fla- tue e pitture fi foflero difperfe o guadate, obbligati gli avrebbe a farne lavorare un numero eguale a loro fpefe ? Che diraffi dell'ignoranza afibluta in cui effi furono in- torno alla divilìone delle ore del giorno e della notte, e della mancanza ancora d' ogni iiìrumento per la mi- fura del tempo? Giacche, fìccome ognun sa, l'orologio folare e la cleflldra , non furono che dopo la conquida della Sicilia e della Grecia , T uno da Valerio Meifala , e r altra da Scipion Nafica , in Roma introdotti . In fomma, egli e fuor di dubbio, che per 500 anni,e{ri ron conobbero ne grammatica , ne poefia , ne floria , ne eloquenza, ne filofofia , he divilìone di tempo. Alcune canzoni ruflicane, i libri fibillini opera dell' impollura , gli annali dei Pontefici fcritti in uno ftile fcabro e di- giuno, la fcienza militare , finalmente 1' arte di prefa- gire il futuro dal volo degli uccelli , e dalle interiora delle vittime, arte ch'apparata avevano dagli Etruschi, formarono tutta l'Enciclopedia de' primi Romani . Non fia dunque maraviglia , {er noi? Tutta la bella ferie delle piante che nafcono tra le nevi perpetue delle nodre più alpine montagne , di quelle che vegetano tra le aride fabbie del nortro littorale, che adornano e livefìono i uofiri campi e le noftre colline, o che lulTLii-eggiano nel fondo de' nofiri bofchi , manca tuttavia di una completa defcrizione . Oltre alla doviziofa peregrinazione iilituita nelle noflre contrade dal Tofcano Pietro Antonio Micheli, noi non ci 243 ci fianchiamo di ammirare le belle raccolte fatte dai noftri celebri concittadini Fabio Colonna e Ferrante Imperato . I Botanici fono forprefi di riconofcervi la maggior parte delle piante Europee, oltre ad una ricca ferie di piante affatto proprie del noflro fuolo, ed a quelle che divi- diamo colle cofle dell' Afia e delF Africa . Ma intanto non poflìamo negare che la noflra fìoria botanica non vanta che quella fola coppia di nomi infigni, e che la ileffa fuperiorità de' loro progreffi accrefce la forza dei rimproveri che fi lanciano contro di noi. GÌ' intereffanti lavori del roflro celebre Cirillo , rimafli in gran parte inediti per le vicende de' tempi , e le nuove piante de- fcritte dall' illuftre Petagna ballano appena ad inteffere un ferto induilriofo sul negletto capo della Flora Partenopea. Che diremo della Zoologia ? Dopo le poche imper- fette offervazioni che ce ne fono fiate trasmeilè dagli flcflì noftri Colonna ed Imperato , il più profondo fi- lenzio regna su quella parte della floria naturale. I la- vori sugl'infetti degli flefll Signori Cirillo, e Petagna, quelli sulle conchiglie del Signor Poli, e le curiofe of- fervazioni del Signor Cavolini fopra alcuni altri prodotti marini , non fanno che gittare una macchia ^ul maeflofo quadro zoologico che potrebbe vantare la noflra Fauna. Pefci , Uccelli , Quadrupedi , Vermi ; tutto giace fepolto nella più compiuta dimenticanza . Se ci fermiamo intanto per poco a fcorrere la floria de noflri falli letterari noi troviamo abbornlantemente di che giuflificare la noftra negligenza per lo Audio delle * fcien- M4 fcienze naturali. Noi ci convinceremo allora che per più di due fecoli i genj partenopei , dallo fpirito della edu- cazione predominante diretti verfo altre dotte applicazio- ni, mentre hanno debolmente coltivate le fcienze fisiche, fi fono refi celebri nella filofofia , nella legislazione , nella fìoria , nella numismatica , nell'antiquaria e nelle fcienze politiche e morali . Quindi avviene che fé fiamo collrctti a cedere il primato alle altre nazioni quando ci fanno pompa de' loro copiofi fcrittori di fcienze fisiche , noi fiamo fuperbi di opporre loro i nomi veramente immor- tali de' Vigo, de' Filangieri, de'Giannoni, de' Mazzocchi, de'Genovefi, de' Pagani, de' Conforti , e di altri moltis- fimi che lungo di troppo farebbe il voler qui tutti men- tovare . D' altronde fé ci fermiamo a dare un rapido col- po d'occhio ai più antichi tempi della ftoria delle fcien- ze , noi ofl!èrvererao con foddisfazione , che quando il gufto delle fcienze naturali fi dettava appena in Europa, noi già potevamo vantare nella fine del XVI fecolo Fabio Colonna, Ferrante Imperato, Giovanni Maranta, Giambatifta della Porta che fiorirono quafi contempora- neamente , e fi rivolfero i primi a ricercare i naturali prodotti del noflro fuolo , interpetrando gli ofcuri tedi fino allora negletti di Plinio, di Teofrafio, di Diofco- ride, di Averroe, e formando 1' ammirazione di tutt' i dotti di quell'epoca. Ma quefìi propizj raggi di un aflro rigeneratore del noftro genio fcientifìco , non fecero che balenare appena sul noflro orizzonte , per disperderfi ben prefto nel vortice delle filofofiche difcuflìoni , e delle let- letterarie ricerche che ne inviluppavano tutte le monti; cosicché malgrado refempio di quefti dotti naturalilìi , e le feduccnti attrattive delle fcienze che li refero ce- lebri , effi non ebbero feguaci . E' da fperarlì che per- fualì una volta delle fruttuofe applicazioni che di que- lle fcienze può farli ai bifogni della vita , e fpronati dalla forza delle pubbliche idituzioni attualmente in vi- gore, i fervidi talenti partenopei non tarderanno a rac- cogHere nuove palme in quella carriera sì gloriofamente calcata da quei primi noilri benemeriti concittadini , riem- piendo r umiliante lacuna che folFriarao in quella parte di fa pere . Al prefente che a rideftare tra noi il guflo delle fcien- ze naturali, concorrono ugualmente i nobili sforzi della dotta adunanza a cui ho l' onore di appartenere , pub- blicando le offervazioni che il mio bravo collega Signor Sementini ( Luigi ) ed io , abbiamo avuto occaflone di fa- re su di una nuova fpecie di pefce pefcato prellb il nollro lido, io prenderò argomento di dimollrare ai no- flri concittadini da quanto profitto potrebbero effer co- ronate le ricerche intraprcfe su quello ramo di zoolo- gia. Io debbo prevenire i mici lettori che quella confi- derazione ha influito maggiormente a farmi render pub- blica una defcrizione in gran parte imperfetta , perchè compilata quando già il pefce di cui fi tratta era llato ridotto in pezzi , e fgravato di tutti i fuoi vifccri dai marinari che lo avevano pefcato , nel momento fteiro che lo avevano tirato sul lido . Rac J46 Racconto della pefca del pefce . JLL di a 5 Luglio alle 6 pomeridiane taluni pefcato- ri foliti a gittare le reti nelle vicinanze della riviera di Chiaja , furono forprefì al tempo fleflb , e ralle- grati dello flraordinario pefo che mofìravano le reti gittate da effi in quel giorno . La loro forprefa fi ac- crebbe oltremodo, ma la loro gioja fi cangiò in lutto, quando eflendo riufciti a tirare le reti sul lido, fi av- videro che invece della gran quantità di pefce che vi credevano raccolta , le reti erano riempiute da un folo pefce di una fmifurata mole , che prefentava tutt' i ca- ratteri di una fiera marina . Dopo averlo ammazzato , offervandolo più agiatamente , lo credettero sulle prime una canefca , ma vi fu tra loro chi fi dichiarò altamen- te contro quella opinione , ed aflìcura che quel pefce non era il primo a vederfi ne' noftri mari , additandolo col nome di capochiatta, o capopiatto. Così tra il vol- go de' marinari medefimi già fembrava efi"erfi definito che mentre quql pefce non era una canefca, fi meritava egli una particolare attenzione per parte de' naturaliili . Efll fi occuparono ben tofio a vuotarlo de' vifceri , e dopo averlo fatto in pezzi lo trovarono pefare due cantaja , e fettanta rotoli . Incaricati dalla prefettura di Polizia , il Signor Semen- tini ed io , di recarci ad ofTervare quello pefce per de- cidere fé potefle permetterfi lo fpaccio della fua carne , noi ci fermammo a rintracciarne diligentemente tutt i 247 caratteri zoologici . Noi avvalorammo allora il giudizio de'pefcatori che non lo avevano creduto una canesca , ma non tardammo a riconofcervi tutt' i caratteri dello fleflb genere Squadro ( Squalus ) . Dopo varj faggi efe- guiti sulla carne di eflb per afficurarci deUe fue quali- tà , determinammo non poter ella nuocere alla falute , e ne permettemmo lo fpaccio. Quindi m'incaricai particolar- mente d' intraprendere un lavoro sulla determinazione del- la fua ipecie . Defcriiione del pefce » Qucfto Squadro è lungo otto piedi e due pollici , ed ha fei piedi e fei pollici di maffima larghezza in giro, offia un maffimo diametro di due piedi in circa , egli è perciò molto più lungo che largo, onde prende la for- ma di un cono allungato . La fua pelle e di color gri- gio fofco al di fopra , ruvida al tatto , fpecialmente por- tandoli la mano dalla coda verfo la teda , il di fotto del corpo e di color bianco fporco . Tagliato trasverfal- mente il prefenta la fua carne fibrofa , mediocremente compatta , di color bianco rofeo ; la fua fpina del dia- metro di tre pollici , formata di grofTe vertebre carci- laglnofe , facili a tagliarli in fette col coltello ; ed il fuo cuojo della groflezza di due terzi di pollici, di un color bianco latteo , e di una confidenza quafi cartllaginofa . La tcfta di qucfta nuova fpecie di Squadro ne oflre i caratteri più rimarchevoli. Ella è una volta più larga di tutto il rcflo del corpo , e fchiacciata , di figura rom- boi- 248 boidale, terminata anteriormente da un gran mufo coni- co, che sul piano intero della teda obbliquamente s'in- nalza per circa due terzi di piede, ed inferiormente da una larghiflxma apertura femicircolare di due piedi e mez- zo che ne forma la bocca ; a dritta e finiftra del mufo fi oflèrvano gli occhi che ferbano tra loro la diftanza di circa un piede e mezzo mifurata fecondo la linea del- la maffima elevazione del mufo ; effi fono rotondi del diametro di un pollice e mezzo ; la parte inferiore del mufo ifleflb è lateralmente traforata dalle fue narici con- tigue tra loro , che in quella razza di pefci fono la fede di un odorato finiffimo e molto dilicato . Dietro agli occhi, ed alquanto più fotto fono difpofte le orecchie fornite di fette aperture per ogni lato , e formate di membra- ne coriacee addoffate le une alle altre , la diftanza tra eflc mifurata dalla parte fuperiore della teda è di due piedi e dieci pollici . Aprendoli la bocca dell' animale fé ne poflono a beli' agio confiderare le malcelle , nelle quali merita di efière particolarmente rimarcata la brut- tura de' denti che fomminiftrano i caratteri più impor- tanti di quello genere di pefce . La mafcella inferiore del noflro squadro prefenta nel fuo bordo una ferie di denti fchiacciati , duriffimi e più bianchi del più fino avorio; ognuno di elfi è di figura triangolare non dis- fimile da una falce piatta , della quale il lato inferiore iiicallrato nel bordo cartilaginofb della mafcella è lun- go circa 1 5 linee , il lato più corto difpoflo ad angolo di 45 gradi col primo rapprefenta la maffima larghezza del dente 2 49 dente, ed è lungo circa 5 linee; il terzo lato che va obbliquamente a terminare nell'altra ellremità della ba- fe, lungo circa un pollice, prcfenta una ferie di punte aguzze al numero di 1 1 che decrefcono infenlibilmentc, finche l'ultima fi confonde coli' angolo alla bafe del den- te medefimo. Di quelli denti l'animale ne ha al nume- ro di 14. In mezzo ai due primi oiTervafi un picciol dente femplice di forma conica molto aguzzo e di fo- flanza affatto cartilaginofa . I denti della mafcella fupe- riore hanno una llruttura ben divcrfa da quelli della mafcella inferiore . Di elfi in una prominenza lìtuata in mezzo al fornice della bocca fé ne oflervano dieci che hanno la forma de' denti delle fiere, effi fono femplici, uncinati, dilaniatori; quefti fono fituati in tre ferie, due anteriormente, quattro dopo di quefti, e quattro in una terza ferie pofleriore . Dai due lati della prima ferie traggono origine le due ferie dei denti feghettati , piatti di quella mafcella, de' quali i più vicini ad eflì prefen- tano appena una o due punte, e quindi negli altri fé ne accrefcc il numero di mano in mano, finche diven- tano fimili a quelli della mafcella inferiore , io ne ho contati fette per ciafcun lato della bocca . Nel fondo della bocca giace la lingua maflìccia , lar- ga , cartilaginofa , bianca e coverta di fcabrofità come quella del gatto . Le pinne fono poco confiderevoli relativamente alla mole dell'animale. A fomiglianza degli altri fquadri efiè fono di forma triangolare , rigide e cartilaginofe con del- le oflature raggiate. Di quelle ve n'è una dorfale, due 3 i pet- 2 JO pettorali , due ventrali , ed una della coda . La mancanza di una pinna dorfale e della pinna dell'ano nel noflro squadro ne forma uno deTuoi principali caratteri . L'unica pinna dorfale , ch'egli ha , è fituata immediatamente pres- so la coda . Le pinne pettorali e ventrali non offrono alcuna particolarità . Il lato fuperiore della coda lunga circa tre piedi prefenta una pinna continuata duriffima , e molto robufta , a cui bifogna rifondere tutte la forza che fi comunica all' animale agitandofi nell' acqua . Que- lla pinna termina dividendoli in due lobi ineguali trian- golari , de' quali il fuperiore è più lungo dell' inferiore. Il noilro squadro manca affatto della linea laterale , offia di quella linea longitudinale elevata , più o meno fen- lìbile riguardata da Lacépéde come un indizio dei princi- pali vafl desinati a fpandere sulla fuperficie del corpo de' pefci un' umore vifchiofo neceffario ai movimenti , e alla confervazione di effi . Il noflro squalo manca tuttavìa de' due fpiragli che i fuoi congeneri fogliono avere nella vicinanza degli oc- chi , e che fono deftinati a fpinger fuori con forza r acqua che effi ingozzano ; delle due appendici peni- formi , offia di quelle produzioni lunghe circa il dodi- cefimo della lunghezza totale del corpo, che i squali ma- fchi hanno preffo la coda, e di cui fi fervono per avvitic- chiarfi al corpo della femmina nell'atto dell'accoppiamento, ciò fa conchiudere che egli appartenga al fefio femmineo. Clajffificaiione degli Squadri . Defiderando afficurarmi della metodica claflìficazione del del pefce da me efaminato, io ebbi sulle prime ricorfo a quella immaginata dal Cavalier Linneo , che diftribuen- do i pefci in quattro ordini, non vi comprende i pefci cartilaginofi , ma li riporta nell' ultimo ordine de' fuoi amfibj, caratterizzati dalla prefenza delle pinne, e delle branchie laterali. In realta non mancò di eccitare in me una \iva forprefa il vedere claflìficati tra gli amfibj in- sieme col pefce da me oflervato , un' altra lunga ferie di veri pefci diftinti in circa 14 generi . Come mai il celebre Plinio della Svezia potette indurfi a riportare tra gli amfibj animali che al primo afpetto di già annun- ziano tutt' i caratteri de' veri pefci , fra quali quelli fpe- cialmente ben Angolari delle pinne , delle branchie , e della impofiìbilità di poter vivere fuori dell' acqua ? Ma non è quello il folo errore che nella claflìficazione de- gli animali fu obbligato a commettere quefto fommo uo- mo , perchè Y immenfità degli oggetti comprefi nel fuo gran h^•oro del Siftema della natura non gli permifero di profondare le fue ricerche sulla fìoria particolare di eflì . Del reflo bifogna confeflare che la confiderazione di taluni caratteri poco ben conofciuti poterono indurre quel gran naturalifta a far claflìficare quelli animali fra gli amfibj . Tali fono , per efempio , la prefenza delle appendici peniformi di fopra defcritte , che da eflb fu- rono prefi per veri membri genitali , e la forma di ac- coppiamento propria di quelli pefci , che fi difcofta dal meccanismo della generazione di tutti gli altri che non fi accoppiano affatto, ma foltanto il mafchio di elTi ncU' infeguire la femmina che fi fcarica delle fue uova, non * fa fa che afpergerle del fuo umore femlnale. ConorcendoH perciò che in quelli creduti amfìbj il mafchio il corica sul ventre della femmina che giace fupina , fu creduto che quelle appendici peniformi faceflero T ufficio di veri organi fefluali ; ma iu feguito delle più diligenti ofTer- vazioni de' moderni naturalisti è flato dìmoflrato che quel- le appendici non fervono che ad abbracciare il corpo della femmina , mentre effa fcaricandoll delie uova , il mafchio le afperge del fuo liquor feminale . Linneo cre- dette altresì che , oltre alle branchie , quefti pefci fof- fero forniti di veri pulmoni , ficcome ferabrava apparire dalla dilezione di qualche fpecie di quella clafTe, e fpe- cialmente del facco aereo che hanno i tetrodonti che si può vuotare e riempire a volontà dell' animale ; ma que- lli creduti pulmoni fono fimilmente fcomparfì fotto le diligenti indagini de' moderni fctiologi , non potendofi ac- cordare un tal nome a qualche prolungamento delle bran- chie flefle che fuol riconofcerfì in alcuni di quelli pe- fcir. Meritamente il Signor Gmelin nella fua ultima com- pilazione del Siflema della natura di Linneo, feguendo le tracce de' moderni naturalifli ha portato via dagli a m- lìbj X ordine dei nuotanti di Linneo , e ne ha aggiunto due altri fotto dei pefci , coi nomi di brdnchiopterygii , e ckondropterygii ^ dei quali i primi fono caratterizzati dalle branchie olTee e le offe cartilaginofe , ed i fecon- di dall' efTer cartilaginofi in tutte le parti che fono offee negli altri pefci . Il Signor la Cépéde nel ' fuo efìmio lavoro fopra i pefci fomminiflra tutti gli opportuni dettagli per claffi- fica= 453 ficare il pefce defcritto. Nella fua claflìficazione , i pe- fci condropterigj formano la prima fotto-clafle che com- prende i pefci cartilaginofi , odiano quelli che hanno le parti folide dell'interno del loro corpo tenere quanto le cartilagini degli altri animali . In quefta fotto-cIafTe il IV ordine comprende i pefci addominali, offiano quelli che hanno delle pinne fituate fotto l'addome. I Squa- dri coftituifcono il terzo genere di queft' ordine caratteriz- zati dal numero delle aperture branchiali di ciafcun la- to del corpo. Tutti quelli caratteri trovando^ conveni- re al pefce che ho defcritto , non efitai a confermarmi nel giudizio che ne avea portato nel principio, creden- dolo una fpecie di fquadro. Il genere degli Squadri dal Signor la Cépéde è fuddivifo in tre fotto-generi; il pri- mo comprende quelli che hanno una pinna all' ano , e fono privi di fpiragli; quelli che hanno la pinna all'ano ed i fpiragli fi riportano nel fecondo ; e quelli che hanno i fpiragli e mancano della pinna all' ano fi ri- ducono al terzo . Oflervando quefta divifione io conobbi ben predo, che il nollro squadro, eflendo privo ugual- mente di Ipiragli e della pinna all'ano, non poteva ripor- tarfi fotto alcuna di quelli tre fotto-generi . Malgrado ciò io mi applicai ad efaminare fé mai avelie potuto avvicinarli ad alcuna delle fpecie defcritte fotto quelle tre fuddivifioni . Differen'^a tra il nuovo Squadro , e gli altri a cui più fi fomiglia . Confultando attentamente tutte h defcrizioni partico- lari riportate dal Signor Lacépéde fotto la Itoria degli SqUH- aj4 squadri , io mi fono fermato a quelle (bltanto che per la forma del corpo ed i caratteri zoologici offrivano una mag- giore analogia col noftro . Quefte fono : il vero pefce cane^ lo [quadro majjlmo , lo /quadro cinerino ed il milandro. Il pefce cane ( Squalus carcharias ; Lin. , réquin de'Fran- cefi ) conviene col nuovo squadro nella mole del cor- po, nel colore, nella qualità della fua pelle e nelfef- fer privo degli fpiragli preflb gli occhi ; ne difconviene poi perchè mentre egli ha il mufo rotondo e fchi accia- io nella medefima direzione del dorfb, due pinne dorfali, una pinna all'ano e cinque branchie; il noilro ha il mu- fo conico e rilevato sul piano del dorfo, una fola pin- na dorfale , e privo della pinna all' ano , ed ha fette branchie , Oltre a ciò la più rimarchevole differenza tra quelli due fquadri viene flabillta dalla diverfa flruttura de' loro denti . Il pefce cane ha fino a fei ferie di denti triangolari quafi equilateri e tutti uniformi ; il noftro non ha che una fola ferie di denti falciformi, ed oltre a quelli ne ha dieci altri conici , uncinati , e ben di- verfi da quefli , fituati nella mafcella fuperiore . Intorno la mancanza delle moltiplici ferie di denti , potrebbefi intanto fofpettare che nel nolìro squadro esse non erano del tutto fviluppate a cagione della fua giovanile età , mentre fi sa che anche nelle canesche molto giovani non fé ne oflerva che una fola ferie. Ma a diflìpare quello fofpetto balta far riflettere alla forma de' denti medefi- mi , abbaflanza diverfa anche nella più giovanile età di quelle due fpecie di squadri . Il Signor Lacépéde , de- fcrivendo la forma de' denti di uno squadro lungo fei piedi 251 piedi, ed in confeguenza molto più giovine del nofìro, ne dà le particolari dimenfioni che non lafciano verun luogo a dubitare della loro diverfa bruttura. Quefti den- ti , fecondo lui , hanno la bafe lunga fei linee , ed i lati lunghi fei linee , e tre quarti , cosicché rapprefentano quali de' triangoli equilateri . Nel noiìro squadro al con- trario effi hanno 15 linee di bafe, e de' due lati, uno è privo di punte , ed è lungo appena 5 linee , e l'al- tro armato di 1 1 punte aguzze è lungo un pollice , e qualche linea , prendendo così la forma di una falce , offia la figura di un triangolo fcaleno baffissimo . Lo Squadro mafjimo ( Squalus maxiraus ; Lin. , Squale trés-grand ; Lacépéde ) conviene col noftro nella grandez- za del corpo, e nella mancanza degli fpiragli predò gli occhi i fé ne allontana poi moltìflìmo perchè ha cinque branchie, due pinne dorfali, ed una all'ano, mentre il nodro ha fette branchie, una fola pinna dorfale , e man- ca affitto della pinna all'ano. Dippiù la forma de'denti di quefle due fpccie di squadri è notabilmente diverfa, cflendo nel niaffiino non già fchiacciati , falciformi e fc- ghettati , ma conici, uncinati e femplici, fìmili quafì ai dieci denti femplici che il nofìro squadro prefenta nella protuberanza della mafcella fuperiore . Lo Squadro cinerino ( Squalus cinereus ; Lin. , Squale feriali-^ Lacépcde ) conviene col noftro perchè ha fette branchie , manca degli fpiragh ed è il folo tra gii squa- dri finora deferirti che manca di una pinna dorfale; ma fé ne difcofta moltiflìmo perchè non è più grande di tre piedi in circa , perchè è fornito della pinna alfano, e di una ij6 una linea laterale molto sviluppata , che mancano nel no- Itro . Egli è dippiìi di color cinerino , e non grigio fofco , ed i fuoi denti fono fchiacciati , feraplici ed alquanto uncinati. Lo Squadro milandro ( Squalus galeus ; Lin. , Squale mìlandre ; Lacépéde ) è armato di denti triangolari , fchiac- ciati fimili a quelli del pefce cane, ma effi hanno dip- piìi in uno de' lati un grande angolo rientrante , guer- nito di punte aguzze , la qual cofa non fi oflerva nel nofiro squadro. EfTo ha fimilmente due pinne dorfali , una pinna air ano , e due fpiragli, caratteri che man- cano in quell'ultimo. Del refto quelìi due squadri con- vengono nella grandezza , e nella forma del mufo allun- gato e fchiacciato. Non fono fìate più felici le ricerche che ho ifìituite sugli antichi fcrittori , sul dubbio che nelle classificazio- ni fatte dai moderni fofle sfuggita qualche fpecie che potefle convenire allo squadro da me efaminato . Arifto- tile, Plinio, Rondelct, Jonfìon , Gesner, Altrovando fo- no fìati da me confultati in vano. Tra le figure ripor- tate da quest' ultimo , io ne ho rimarcata una col no- me di squalus carcharias alius che nella forma del mu- fo e nell'efler privo della pinna all'ano conviene efat- t:imente col noftro, ma egli mentre manca di una pin- na al dorfo ha in vece di efTa una fega cartilaginofa fi- mile a quella di cui è armato il mufo dello squalus trìftis , ed oltre a ciò ha cinque branchie , e denti ben diverfi dallo squadro che deferivo . Un' altra figura che per la forma del mufo raffomiglia paranco al no- ilro squadro, ed e indicata collo Ikflb nome di squalus car- 2J7 carcharlas alìus , appartiene ficuraniente allo squadro mi- landro già mentovato di fopra . Forma\ione della nuova specie di Squadro : Dimoflrata in quefto modo la fìngolarità dello squa- dro che ho defcfitto , fembra non eflèrvi più luogo a dubitare che egli non fia una nuova fpecie finora non oflèrvata da verun naturalifta . Il noflro squadro cofli- tuifce anzi un nuovo fottogencre, oltre ai tre già rico- nofciuti dal Signor Lacépéde . Quefti eflendo caratteriz- zati dalla diverfa combinazione dell'alternativa prefenza, o mancanza della pinna all' ano , e degli fpiragli preflb agli occhi , ed il nuovo dalla totale mancanza dell' una e degli altri. Il genere degli squadri farà allora divifo we' feguenti quattro fotto generi . I . Pinna anali , foraminibus ad oculos nullis . a. Pinna anali ^ foraminibus ad oculos. 3. Pinna anali nulla ^ foraminibus ad oculos. 4. Pinna anali nulla ^ foraminibus ad oculos nullis. Delle quattro fpecie di squadri mentovate di fopra, il carcharias , il maximus , ed il cinereus appartengono al primo fotto genere , il galeus al fecondo , ed il no- flro al quarto . Dovendo dare un nome a quefla nuova fpecie di squadro , ho penfato defumerlo da uno de' fuoi caratteri più apparenti , e propriamente dalla forma fchiacciata e grande della fua tefla , l'ho chiamato perciò Squalus platy- cephalus dal greco nMrug latus ^ aniplus, e Kf^aZ)? caput. 33 Re- 258 Recandone il nome in italiano amerei ritenere in par- te quello che gli fi dà dai noflri pefcatori , e perciò lo direi Squadro tefta piatta , o capo piatta . Ecco la Aia frafe caratteriftica fpecifìca : Sqimlus platycephalus ^ capite maximo deprejfo , rojlro conico obtufo , obhlique porrigenti , pinna dorfali unica, branchiis feptem , dentibus variis , aliis falciformibus ferratis y aliis conicìs uncinatis . Eccone la defcrizione naturale fillematica : Squalus platycephalus . Corpus longe conicum , lon- gitudine octo pedurn & duorum pollicum , amplitudine maxima fex pedum , feu diameter maxhnus bipedalis . Color corporis fupra grifeo-fujcus , fubtus defedato ai- bus . Cutis fcabritie infignis , compacia , femipollicaris craf- fitieì . OJfa cartilaginofa teretiufcula . Caput maximum deprejfum , rhomboidale , roftro conico obtufo , oblique porrigenti^ antice munitum. Os fub roftrwn femicircula- re duos pedes (5 dimidium latwn . Oculi duo ad roftri latera , Jubrotundi . Nares fub roJIro approximatce cri- briformes. Branchie^ feptem pone oculos , cartìlagineo- membrana<:cie^ imbricatcc.. Mandibula inferior , dentibus qudtuordecim compreffis fesquipotlicis tatis ^ falciformibus, lateri unico verticali ferrato, in medio dente unico re- cio cartilagìneo , annata . Superior prominentia interme- dia dentibus decem triplici ferie di/pojìtis, necnon late- ribus dentibus ferratis magnitudine variis, fenjlmque cre- fceniibus . horrida . Pinnce pecl:)rales bince , triangulares, radiis cartilagineis ; pinna dorfalis unica prope caudam. Pinna caudalis tertii corporis longitudine, biloba, lobi s 259 incequalihus , fuperiore majore ; pinna analìs nulla . Li- nea lateralìs nulla . Nulla foramina temporum . Nullce. appendìces peniformes . Notizie relative alla floria naturale degli Squadri . Quefta famiglia di fiere marine e fpecialmente le fpc- cie più coloflali di efla fono fiate note agli antichi fi- no dai più rimoti tempi della fìoria . Teofrafto ne fa diftinta menzione defcrivendo particolarmente il pefce ca- ne che egli difegnò il primo col nome di carcharias dall'acutezza de'fuoi denti (i). Egli aflerifce dippiù vc- derfi queiìo pefce frequentemente nel mare roflb. Stra- bone lo defcrive anch' egli come abitatore de'maridelli Sicilia . Eliano ed Ariftotile nelle loro ftorie degli ani- mali trattano di parecchie fpecie di squadri . Queft' ul- timo fcrittore che deve ai fuoi libri di zoologia , 1' a- versi confervato un dritto all' immortalità , facendo la ftoria del carcharias , lo difegna fempre col folo no- me di canis . Ne manca tra i moderni chi è di avvifo che di quefta fpecie di squadro abbiano iutefo parlare Omero quando fa dimorare il fuo Ercole per tre notti nel ventre di un pefce ; e le fagre carte che e' infegna- no efler accaduto lo fteflb al Profeta Giona . Le più grandi fpecie di squadri s'incontrano ordina- riamente nel più alto oceano , e ne' mari della zona torrida . Effi fono voraclffimi , e cercano col più grande .* ar- co Dal GrtCO A«/>x«;:Jr, acutl'.s , afper . a6o ardore di pafcerfi de' corpi de' grandi animali. In confe- guenza della perfezione del loro odorato e della prefe- renza che efla gli dà per le foftanze il di cui odore e più efaltato, elfi fi danno gran premura di correre da- pertutto ove li richiamano i corpi morti de' pefci o dei quadrupedi e de' cadaveri umani . Effi fi rendono così capaci d'intraprendere de' lunghi viaggi feguitando le fpe- dizioni marittime colla fperanza di divorare i cadaveri , che ne fono gittati. E' rimarchevole ciò che hanno of- fervato i viaggiatori circa la coftanza colla quale le canelche fcortano le imbarcazioni de' negri delle code dell' Africa che accompagnano fino alle colonie Americane , mollrandofi di continuo intorno ai baftimenti , agitandofi alla fuperficie dell' acqua , ed avendo per così dire l'im- menfa voragine della loro gola fempre aperta per in- ghiottire i cadaveri di quelle infelici vittime di un traf- fico il più umiliante per 1' umanità , che fuccombono fotto il pefo della fchiavitù e delle fatiche di una du- ra navigazione. Commerfon riferifce che efTendo uno di quefti cadaveri fofpefo ad una trave elevata di venti piedi fuori dell' acqua, fi e vifto lo squadro slanciarfi a molte riprefe fuori dell' acqua fopra di queda fpoglia, raggiungerla finalmente e farla a brani . Quefla immen- fa forza che fa slanciare come un dardo ad una sì gran- de altezza un pefce di mole così smifurata è dovuta ai mufcoli della fua coda , efTendofi ofTervato che un' ani- male di quella fpecie , quantunque molto giovine è lun- go appena fei piedi , con un fol colpo della fua coda ha fpezzato la gamba ad un' uomo molto robuflo . Que- fto 26l fio traffico ha contribuito talmente a popolare di quefli pefci il mare delle colonie, che ficcome attedano tutt'i viaggiatori , tra i quali il noflro dotto collega Sig. Sava- re(l,è diventato colà pericolofo anche l'andare in piccole barche di diporto nelle vicinanze del lido; cosicché quei marinari avvertono i foralìieri di "non tener né anche le mani fofpefe fuori della barca per timore che il pe- fce cane non fi slanci a divorarle , eflèndo colà molto frequente il vederfì delle perfone che fono fiate così mu- tilate di una mano o di un braccio . Quello pericolo , fìccome fa oflèrvare il Signor Lacépéde, e fempre mag- giore per i negri , che per i bianchi , attefo il più for- te odore che effi efalano dal loro corpo . Speflb i ne- gri ed i bianchi bagnandofi infieme , i negri fono immo- lati i primi alla ferocia di quelli animali , e danno così ai bianchi il tempo di falvarfi colla fuga. I viaggiatori riferifcono, a fcorno dell'umanità, che talvolta i bian- chi hanno portato la loro snaturalezza fino al punto di obbligare quelli fventurati a formarli una barriera im- penetrabile agli attacchi di quelli animali , circondandoli nelle acque mentre fi bagnavano . A quefl' iilinto di tener dietro alle fpedizioni marit- time noi dobbiamo intanto rifondere la cagione della comparfa ne' nollri mari del pefce , che ha formato il foggetto di quefla memoria. Dalle vicine code dell'Afri- ca irafportati dalle correnti s imboccano frequentemente nello ilretto di Meflìna varie fpccie di squadri, tra qua- li , il cane e la ■:i^igena fi fono refi noti ai noflri ma- rinari. In un nortro foglio politico del mefe di Luglio deb i6i tlello fcorfo anno, noi deplorammo il trillo avvenimento che ebbe luogo nelle acque delle Calabrie , ove bagnan- doli due foldati francefì , fi avventò ad uno di effi la canefca , che divorandogli una gamba lo avrebbe mife- ramente ingojato fé alla coraggiofa deflrezza del fuo ca- merata non fofle riufcito di tirarlo a viva forza sul li- do . Da quei mari avendo fatto vela la flotta anglo- sicula per portarfi all'attacco delle noftre Ifole, è pre- fumibile che fia flata feguita dal noftro squadro , che ilabilendofi nel noilro golfo fu fpinto ad avvicinarfi al lido dalla fperanza di potervi predare qualche infelice nuotatore . Forfè l'ecceffivo calore che provammo in quell' epoca potè fìmilmente contribuire a farlo avvicinare al lido . Ne può fervire di conferma il feguente paflb di Eliano. Canìculae & alta maris alumna ammalia, qui- hiis audaciam naturae infevk , cum fummus per aeflatem calor viget ad litora fé recìpiunt, & verjus praecìpìtìa natant & expo/ita fluciibus promontorìa fubeunt , & an- guflis profundisque fretìs fefe infinuant (i). In fatti gli ultimi giorni di Luglio fono flati per noi quelli del maffimo calore eftivo di queQ'anno; in quelli giorni il mio ter- mometro fituato allombra e rivolto al nord , alle quattro po- meridiane ha fegnato fino a a6 gradi della fcala di Reaumur. La carne degli squadri è dura coriacea , e di fapore non buono; e(Ki però è del tutto innocua alla falute . Gli abitatori della Guinea , della coda d' oro , e delle code del Mediterraneo , la mangiano impunemente , e ne ri- l'i) Lib. 4. cap. 24. i6i ricercano a preferenza la ventrefca . Se il fegato di qual- che fpecie di squadro fia fornito di qualità perniziofe , come hanno avanzato taluni naturalifti io non poffo af- ferirlo . Quello del te/ia piatta non lo era certamente, perchè prima che noi ci foffimo portati ad efaminarlo già il fuo fegato era flato nraogiato da moltiffime per- fone di que' contorni, ne alcuna di effe potè dolerli di averne provato qualche finiftro effetto. Delle fpoglie di squadri petrificati s' incontrano fre- quentemente nelle montagne di feconda formazione . Il monte Bolca preffo Verona lì è refo celebre per ciò . I denti petrificati dello squalus carcharias fi offervano in tutte le collezioni di prodotti follili. I mineralogilli gli hanno impropriamente chiamati gloffopetri , giacche la loro forma triangolare li fa raffomigliare piuttorto a lingue di uccelli; del reflo fono in effi tuttavia ricono- fcibili i margini fcghettati che ne formano il principale carattere . Gli antichi di quefti denti fpeffo li fono fer- viti per amuleti; nelfifola di Malta efii fono più fre- quenti che altrove . Io chiudo quella mia memoria riportando per intero uno squarcio della Storia degli squadri del Sig. Lacé- pcde che riguarda la loro maniera di accoppiarli . „ Il tempo in cui il mafchio e la femmina fi ricercaìio, dice quello celebre naturalifta , varia fecondo i climi ; ma egli e fempre quando la llagione calda "dell' anno ha incominciato a farfi fentire che elìì provano il bi fogno imperiofo di sbarazzarfi , 1' una delle uova che porta , r altro del liquore dellinato a f:condarle. Efli fi avvan- zar.o 264 zano allora v'erfo il lido , e Ci ravvicinano ,' e fpeflò quando il mafchio ha foftenuto contro un rivale un combattimento pericolofo e fanguinolento , efll fi appli- cano l'uno contro l'altro in modo da far toccare i lo- ro ani. Soilenuti in quefla pofizione dalle appendici un- cinate del mafchio con i loro sforzi fcambievoli , e con una fotta d' incrociamento di molte pinne e dell' eftre- mità della loro coda , effi vogano in quefta sforzata fi- tuazione, ma che dev'eflere piena di godimento per effi finche il liquore vivificante del mafchio abbia animato gli uovi giunti di già al grado di sviluppo atto a farli ricevere la vita, ed è tale la potenza di quella fiamma sì attiva che fi accende anche in mezzo delle acque , ed il di cui calore penetra fino nel più profondo degli abifll del mare , che quefio mafchio e quella femmina che in altre llagioni farebbero sì terribili 1' uno per l'al- tro, e non cercherebbero che a divorarfi fcambievolmen- te, fé fulTero ftimolati da una fame violenta , raddol- citi al contrario e cedendo ad affezioni molto diverfe da un fentimento disruttore, mifchiano fenza tema le loro armi micidiali , ravvicinano le loro gole enormi , e le loro terribili code , e ben lungi dal darfi la morte , piuttofio fi efporrebbero a riceverla che a fepararfi , e non celTerebbero di difendere con furore 1' oggetto dei loro vivi godimenti . Spellb le uova di cui la femmina fi fcarica fchiudono i figliuolini vivi poco tempo dopo che effa l'ha refi; di quell'uova fé ne fono contati fino a quaranta in uno squadro femmina di 10. piedi." t6f SAGGIO Sullo stato imperfetto, nel quale è ancora la Geografia antica DI DOMENICO FORGES DAVANZATr PRELATO DI CANOSA Letto alla Società nella Sezione de"" io Settembre iSop* S9ooee^eoeee« ^-i/E rivoluzioni fisiche avvenute al noflro pianeta nel- la ferie lunghlffima de' fccoli , hanno fatto prendere di tempo in tempo novelli afpetti alla fua fuperficie . le rivoluzioni politiche fia per lo forgimento, o per la ca- duta de' grandi imperi, o per l'emigrazioni de' popoli da kiin luogo ad un altro , hanno parimente con efle can- giato la geografia delle nazioni nell' epoche , nelle quali fono accadute. L'impero Romano per le conquilT:e fatte fà\ quafi tutti i luoghi della terra allora conofciuta , mutò incora l' afpetto di quella , che l' avea preceduta ; ma per §;li annali delle fue vittorie ne ferbò la memoria di effa. Caduto queilo vado impero per 1' invafione di un ^popolo barbaro, il quale diftruggendo in gran parte le |antiche popolazioni , e le città infieme , e fovra tutto 34 eflin- i66 eftinguendo ogni lume di Tapere, immerfè in quella prò» fonda ignoranza , che feco portava , V avanzo di que' po- poli , che infelicemente veniva da domare , e la geogra- fìa antica divenne in quel!' epoca di barbarie, un mon- do del tutto fconofciuto da doverli difcovrire . I primi che nel forgimento delle lettere tentarono di riconofcerlo, privi di libri in parte diftrutti , o fepelliti ne' chiollri , fanciulli nella fìoria de' tempi antichi , non fecero , che cataloghi molto imperfetti delle città , e de po- poli , che vi erano itati , e quelli fondati per lo più fovra le noa Tempre ficure tradizioni . Gli OrtelJ, i Cluerj , i Cellarj, i dell' Isle, i Dan- ville , e tanti altri compilatori di dizionarj geografici , che fucceflero a quelli , hanno fatto de' nobili sforzi per illuflrare, e rettificare la geografia antica, e nelle tene- bre in cui fi trovava iramerfa , le apportarono una lu- cida aurora , che in gran parte la veniva a rifchiarare. Ma cofloro benché verfatifllmi nella ftoria, e nell'eru- dizione antica , ma altronde ( mi fi permetta il dirlo- eon lor pace ) poco filofofi , e per la maggior parte chiufi ne' loro gabinetti letterarj , fenza aver giammai of- fervato i luoghi , de' quali doveano parlare , non face- vano che delle congetture molto lungi dal vero. E fé alcuni viaggiarono a quello effetto, ti-afcorfero i luoghi eon un guardo raoko rapido , per cui o poco , o aulla fi è da effi giovato al loro fcopo. E come egli- no hanno voluto imprendere ad illuflrare tutta la geo- grafia antica del noflro globo , lavora a cui facea d'uo- po s<5r pò di moltiflìme braccia per efeguirlo , fono flati quindi obbligati di fervirfi delle relazioni altrui , o di quelle de' viaggiatori per lo più romanzieri , e fon caduti sul la fede di coiloro oltre a' proprj , in nuovi errori i quali da quelli che fono loro fucceduti , fono (lati ab bracciali fenza alcuno efame , e fi fono così perpetuati infino a noi . Non balta , io mi penfo , il volgere gli fiorici , geografi, e gfitinerarj antichi; fa meflieri di confrontar li infieroe , e pefare ancora il grado della loro accura tezza , e fovra tutto oflervare i locali di quelle città delle quali fanno ricordanza . Poiché talvolta gli antich fcrittori hanno fituato una flefTa città in diverfi luoghi come è avvenuto alla noflra Metaponto , ad Eraclea ed al tempio di Minerva della nofira Japigia . Gli er- rori corfi ne' loro tedi per 1' ignoranza , o per la ne- gligenza de'copifti , hanno alterato i nomi delle città , le fituazioni , e le diflanze , le une dalle altre , ed hanno prodotto ne' moderni , per poco efame , un numero gran- de di errori : quindi è fucceduto, che per lo fcambio di una vocale in un'altra nel nome d'una fleiTa città, efll ne hanno fatto due , ed hanno avanzato delle llra- vaganze : al contrario di due città diverfe , ma poco dilfcmiglianti nel nome , ne hanno formata una fola . La mancanza dell' ifpezione de' luoghi ne' moderni, è flata un altra forgcnte di errori . Il Buonacciuoli nella fua traduzione di Strabene ha creduto Sora diftrutta , ed hz detto che effa era dove è Poutecorvo, e Locri ove * è ora »68 è ora la Roccella , mentre le rovine di quefta fono al di là di Ceraci. Gli. Enciclopediihi hanno avuto Paler- mo per non efiftente, mentre è ancora in piedi. Le ro- vine di Caulonia citta marittima fi oflervano al di là del fiume Allaro; intanto alcuni hanno fcritto, che Zìa la prefente Caftelvetere, la quale è mediterranea. Il Pe- ripolio di Tucidide era nella noftra Locride preiTo il fiu- me Alece. 11 Cluerio, il Cellario, ed il Mazzocchi ne hanno fatto una città ; e chi l' ha fituata in Bova , chi in Mandolia , ed altri in Pagìiopoli ; e quello che for- prende piti è, che il Petavio la fìtua in Sicilia colla Lo- eride . 11 Canonico Macrì ha provato , che il Peripolio era una fortezza avanzata de' Locrefi , come fcrivono Tu- cidide , e Diodoro di Sicilia , e non una città , che nef- fbno geografo , o altro fcrittore antico abbia chiamata col nome di Peripolio ; ed ei creù'e , che quello fofie nel luogo detto Lainmana , àove fi veggono degli anti- chi edificj al di qua dell' Alece. Le rivoluzioni fisiche hanno cangiato di tempo in tem- po la faccia del noflro pianeta . I geografi moderni han- no creduto , che eflo fia fiato fempre tale quale ufcì dalle mani jl collo di una femmina dolente ^.che fb in piedi preflb il carro , e che tiene per mano un fanciulletto . La memoria non mi foraminiftra al prefente alcun fatto iitorico , o fàvolofo , che potefle riferire a quefto baf- fo rilievo , e quando anche 1' avelli il trafanderei , per- chè farebbe fuori del mio fcopo . Lafciamo dunque agli antiquarj lo fcrivervi fopra un volume , e torniamo noi - al noftro oggetto . In Tito Livio fi trova mentovata una città col no- me di Herdonia , ed un'altra con quello di Ardonia , e piuttoflo che fupporfi un error di copilla , e che fi parlaiTe d' una fteffa città , fi è creduto dal Cellario , eh' effe foffero due ben diverfe tra loro ; cioè la Herdonia ne confini degl' Irpini , e propriamente dov' è Lacedo- nia , e la Ardonia nella Daunia preflb il fiume Cer^ baio . Ma fé per sì lieve cangiamento nel nome di quefla città , egli aveffe dovuto moltiplicarla , in vece di due dovea farne quattro , cioè una in Herdonia -, r altra in Ardonia , la terza in Cerdonia , come la chia- ma Strabone , e la quarta in Serdonis , come vien no- mata neir itinerario Gerofolimitano . Ma quello geogra- TI fo moderno fi è ingannato . Egli fitua la Herdonia ne' confini degli Irpini , e propriamente in Lacedonia j e collo fìeflb nome Tolomeo chiama quella , che da lui è pofta nella Daunia . Se avefle ben riflettuto a due paffi di Livio , dove iì parla di Herdonia , e*- gli avrebbe veduto chiaramente che queila era nella Daunia . Il primo è nella deca III. libro V. , in cui a 287 fi legge , clie Annibale eflèndo flato avvifato da alcuni ambafciatori Pugliefi , che il Pretore Gneo Fulvio , per le cofc favorevoli a lui fuccedute , e per le prede fatte-, era incorfo colle fue truppe in tanta licenza , e trafcuraggiue , che non vi era più alcuna difciplina , fi inoffe colle fue genti , fono le formali parole di Livio, alla volta della Puglia. Le romane legioni, e 'l Pre- tore Fulvio erano intorno alla citta di Herdonia , ove battè le legioni romane . Da ciò fi vede , che Herdo- nia era nella Puglia . V altro paflb di Livio è nella me- defima deca lib. VIL , dove fi fa anche menzione di Her- donia . Egli narra , che il Proconfolo Gneo Fulvio fi era portato fotto quella città per riprenderla , per eflèrfi ribellata da' Romani dopo la battaglia di Canne • An- nibale , per meflaggi ricevuti da Herdonia , fi affrettò col fuo efercito a foccorrerla . Al fuo arrivo il Pro- confolo fchierò le fue truppe in battaglia , ed attaccò la zuffa , ovei refiò perditore . Quefto ftorico dice , che Annibale il motteggiò per la fomiglianza del no- me , avendo vinto già due anni innanzi Gneo Ful- vio Pretore in quefti medefimi luoghi : dal che appare ,' che quefta Herdonia era quella fìeflà. , dove il Pre- tore Fulvio fu vinto , la quale per 1' antecedente paffo di queflo fìorico , {{ è veduto cffer nella Pu- glia , e non già negP Irpini , ove erroneamente la fi- tua il Cellario . Di più la Herdonia dell' itinerario di Antonino è ventifei miglia lungi da Canofa , la qua- le , per cffer e il miglio romano minore del prefente jni- 2^8 miglio italiano ( perchè il grado preffo i Ptomanì era di fettanta miglia , ed il noftro è di fefTanta ) ver- rebbe 'ad eflerne preflb a poco ventiquattro miglia diico- fto , e Lacedonia n' è più di trentadue miglia lonta- no . Vede ognun bene , che 1' tlerdonia non pub jituarfi , ov' è Lacedonia . Or in quefta fìefla icittà l' Olftenio ha fiflato V antica Aquilonia , ma ha travia- to dal vero ; poiché V itinerario Gero foli mitano nove- rando i paefi , eh' erano sulla fìrada , che ^a Otran- to menava a Roma , mette Herdonia dopo Canofa , quindi Eca , ed indi Aquilonia . Da quella numerazio- ne di luoghi è manifefto che Lacedonia , la quale e poda preflo una delle forgenti dell' Aufido , e che viene ad el'iere tra gì' Irpini , e alla iiniilra di Ca- nofa , non può effere Y antica Aquilonia <, eh' era fi- tuata dopo Eca , la quale , fecondo V OUìenio , era ov' è Troja , che come ognun sa , è nella Daunia . Da tutto ciò che abbiamo detto appare , che tanto Herdo- nia , che Ardonia fono una fola , e fìeflà citta . Il Cellario erra ancora quando pone Ardonia vicino al Ccrbalo : eiTa è lungo la Carapella , e propriamente prelTo il pubblico albergo , che dal fuo nome è detto di Ardona , ove fi veggono ancora molti avanzi di antichi edificj . Afcoli , che dagli antichi fcrittori , è annoverata tra le città della Daunia , vien fituata nella Peucezia dal Signor Romano Joly nella fua geografia antica , e moderna non guari pubblicata a Parigi . Un fimìle sba- i89 glio prende ancora allorché mette Metaponto nella Ja- pigia , mentre , come ognun sa , apparteneva alla Lu- cania . Ma fé voleflì rapportar qui tutti gli errori com- meffi da quello geografo francefe nella fua opera , ol- trepaiferei di molto i limiti proprj d' un faggio . Le rovine della città di Salapia , tanto di quella che fi vuole fondata da Diomede fui mare Adriatico , quanto dell' altra , che i Romani a cagione dell' aere ma- ligno fabbricarono cinque miglia lungi dalla prima , preflb il lago , che porta lo fleflb nome , fi ofTervano ancora in ambedue quelli luoghi . Intanto il Ferrari nel fuo dizionario geografico , ed il Boutrand fuo an- notatore hanno fituata quella città alla foce dell' Aufi- do , dieci miglia da elle difcollo . Quell' antica città , una delle autonome della nollra Puglia , celebre , fecon- do Plinio , per gli amori di Annibale , e pe' fatti di quello gran duce quivi accaduti , forte per le fue mu- ra , polla vantaggiofaraente fui lago che , per la foce' apertavi da' Romani, divenne ancora un porto degli Ar- giropani , non meritava di elTer chiamata dal nollro dotto Mazzocchi, non so su quale appoggio , Salapia obfcuri nominis oppidum. Licofrone nella fua Caflàndra , facendo parlare profeticamente collei del culto divino , che le farebbe fiato renduto nella Puglia , dice : à,xv'Ji(iìva^i ÌSramai Thyìvyiì tX'-y/.ilS^ '/jOveg 710TUV 37 cioè 3C)0 cioè a dire , che i princìpi della Daunia Le fabbriche- rebbero de" tempi falle fponde di Salpe , ed anche gli abitanti di Dardano vicino alle acque palu/iri . L' Ollìeiiio , nelle fue note all' Ortelio , dice fera-' plicemente che quefta città era nel promontorio Gar- gano, fenza fpecificarne il fito . Io vado a proporvi le mie congetture fulla fituazionc di effa . Nel 1790 an- dando io da Cirignola alle rovine della Salapia fonda- ta da' Romani , un miglio prima di arrivarvi , ed al- trettanto dal fuo lago , mi abbattei in una grande aja tutta feminata di frantumi di mattoni di antichi vali di un colorito nero brillante , e di avanzi di an- tichi edificj . Quella villa mi forprefe- , ed io vi ten- tai uno fcavo . Alla profondita di fette palmi vi di- fcovrii un fepolcro di figura paralellogramma , formato da fei pezzi di tufo podi a calce . Dentro vi fi rinvenne uno fcheletro di non ordinaria flatura , il quale avea la faccia volta all' oriente , come ho oflervato trovarfi fem- pre ne' fepolcri delle noftre città italogreche , ed intorno a lui erano fituati molti vafi . Quella fcoverta mi fpin- fé a tentare un altro fcavo , trenta pafll dal primo lon- tano . Dopo uno flrato di terreno vegetale di poca fpefièzza , ne trovai uno di calcinaccio mifto a' fran- tumi di tubi di terra cotta appartenenti ad antico acqui- dotto : in un rottame di quelli fi leggeva in greco quella parola dimezzata àapScc Da tutto ciò , che ho detto è evidente , che quivi ha dovuto eflervi in tempi antichi una popolazione . Or ciò pollo , e flaado 291 fìando alla defcrizione di Licofrone , che fìtua quelk citta preflb alle acque paluflri , è più che ragionevole il pretendere , che quivi debba collocarli la città di Dar- dano . E' vero , che quello lago non è palufìre,ma tale era prima che i Romani vi avellerò aperta una foce per farlo comunicare col mare . Per confermare quella mia fup- pofizione , io ho portato le raie oflervazioni fogli altri laghi della Daunia , cioè su quello detto Lago Salfo , fui Brifentino , e su quelli di Lefìna , e di Vara- no , ma non vi ho oflèrvato fegno alcuno di an- tico edificio per poter fofpettare , che preflb uno di elfi fi potefle riporre la città di Dardano . Da tutto ciò che ho detto , mi fembra , che in quell' aja di cui ho parlato , fia Hata Dardano ; e la parola dimez- zata Aa^Jit ^ die fi leggeva full' avanzo di quel tubo da me trovato , iniziale al certo di Dardano , il con- ferma ancora abballanza . L'Ollìenio dunque fi è ingan- nato nel riporlo nel promontorio Gargano . Paflìamo ora alla Peucezia . Molti fcrittori hanno confufo Canne con Canofa , e di due città ne hanno fatto una : ma quello errore groflblano è un prodot- to dell' ignoranza de' luoghi . Canofa , una delle più grandi città italogreche della Puglia , efifte ancora , e non è diftrutta , come fcrivono il Nardi , ed il Buo- none nelle note full' introduzione alla geografia del Cluerio . Sette miglia lungi da Canofa, e non già venticin- que (ladj , come fcrive Procopio , fi ollèrvano le rovi- * ne ne di Canne , che portano ancora il fuo nome . Quivi negli fcavi clic fi praticano , il trovano de' fepolcri , de' vafi , e delle monete antiche . In quelli da me fat- ti ho difcoverte alcune ifcrizioni , di cui mi fi permetta che qui ne rapporti una , che può fervire ad illuftra- re la fìoria letteraria . Il Volfio in quella de' poe- ti latini ha fcritto , che fotto V Impera tor Domiziano folfe fiorito uà tal Voconio Vittore poeta , fenza faperfi di quale nazione fi foiTe , ne qual patria avelie . 0.v neir ifcrizione da me fcoverta a Canne fi legge D. M P. VOCONIO . VICTORI P. VOCONIVS . RVFVS PATRI . B. MERENTI Il nome di P, Voconio Vittore dell' ifcrizione cannenfe , come è del tutto fimile a quello del poeta, ci può fare a giuda ragione fupporre , che fia la fief- fa perfona , ed allora noi fapreramo , che Canne abbia dato a quel poeta il natale . Ai mezzodì di Canofa , e più di venti miglia da effa difcoflo , fi efiolle a grande altezza il monte Vulture ce- lebrato dal noftro Pindaro latina . Quefto monte , ben- ché gli annali degli uomini ci tacciano, che foflè fia- to un volcàno , quelli della natura però ci fanno ve- dere , che ha arfo in epoca remotiffima , e benché e- flinto da gran tempo , come dimoflrano le lave in par- te 293 te decompone , pure conferva del fuoco nel fuo fono , e di tempo in tempo fa fentire de' cupi boati , e delle brevi ofcillazioni di terremoto , le quali per lo fpazio di molti anni , che ho dimorato a Canofa in qualità di prelato di quella real chiefa , ho fpciTe volte ikn~ tito . Or il Cluerio ha fcritto , che il monte Vulture s' innalza tra Venofa , Forenza , e Banzi , quando effo e pollo tra Venofa , Atella , e Melfi . Il Nardi ha creduto che Barletta fia 1' antica Canne ; ma noi abbiam veduto ov' erano le fue rovi- ne , e quella città era diftrutta nel XVI. fecolo , men- tre Barletta cfifteva più fecoli prima . Alcuni fcrit- tori delle cofe del noflro regno hanno detto , eh' ella non fia cominciata ad elfere , fé non alla metà del XI. fecolo , e che dov' è ora quella città vi era un olleria, che facea per infogna una bariletta , da cui quella trai- fc il fuo nome . Fole ! Guglielmo il Puglicfe nella fua floria metrica delle gelle fatte in Puglia da' Nor- manni , racconta che Petrone I. Conte di Trani avelie edificata Barletta più prellb al mare dell' antico fuo fito ; onde pare che quefra città non folo era polla più dentro terra , ma che efifteva di già prima del XI. fecolo . Ed infatti in una carta notarcfea del IX. feco- lo efillente nell' archivio della metropolitana chiefa di Trani , parlandofi di un villaggio nominato Giugiaricllo, io ho letto : & Jujanellum in finibus BaruLetanorum - 11 fu medico Fiauccfco Paolo Lione nella fua opera fui monte di futa di Barletta fua patria ha fcritto , che eira £94 efTa era 1' antico porto di Canofa , di cui StraLone fa ricordanza , e che trae il fuo nome dal greco Bacpsa'/j^r/i, che lignifica porto nel mare . Ma Strabone dice che il porto de' Canolìni eia nella foce delf Aufido , tre miglia lungi da Barletta . Barletta è il Barduli delle tavole del Peutingero , come fi vede chiaro dalla di- fìanza , che mettono tra l' Aufido , e Barduli , diflanza, che coincidendo a quella che vi lia tra quefio fiume , e la prefente Barletta , dimoftra chiaramente eh' elfa fia 1' an- tico Barduli . EiTo non perde dell' antico fuo nome ne' tem- pi di mezzo , che il fole D , ed in luogo di Barduli il difiè Barulum . Io non poiTo tralafciare di avverti- re , che il Signor Romano Joly nella fiia geografia an- tica e moderna , dice che Plinio fa menzione di Bar- duli , e di Turenum , mentre le fole tavole Peutinge- rane fon quelle , che ne parlano . Trani è l' antico Turenum di quefte tavole , e le ifcrizioni , i fepolcri , le monete , ed altre antichità , che vi fi difcovrono , lo dimofirano ahbaftanza . AH' o- riente di efTa fi trova fatta menzione nelle pubbliche carte del IX. , e X. fecolo di un' ifoletta nomata Colon- na . Il fu Filippo Fefta avvocato de' poveri nel tribuna- le provinciale di Trani , nello fcrivere le memorie di que- lla città , non avendola trovata ne' fuoi mari , ha credu- to che fofle fiata difirutta da' flutti , o ingojata da qual- che terremoto . Ma fé quefio fcrittore avefle fatto of- fervazione a quella penifola , che porta anche il nome di Colonna , avrebbe veduto che quefta ifoletta era »95 reftata congiunta all' appulo continente per mezzo di un breve iftmo di arena ricoperto da uno llrato di ter- reno vegetale . Quefta è una pruova , o che il mare fi fia ritirato , o che vi abbia accumulato della fabbia nel fuo piccolo euripo . Moltiffimi efempj conlìmili .ne fomminiftrano gli fcrittori . Demetrio di Scepfi , fecondo riferifce Strabene , avea rapportato nelle fue opere , che Artemia, una dell' ifole Echinadi,fi era unita al conti- nente nel tempo eh' egli fcriveva . Plinio ci fa fapere che il mare , per mezzo della fabbia , avea congiunta Antifla a Lesbo , Zeffiro ad AlicarnaiTo , Ecufa a Minto , Drani- fcone , e Perna a Mileto , Nertecufa al promontorio Partenio , Dorofide , e Sofonia a Magnefia , e T ifola di Siro ad Efefo . La penifola di Leucade famofa per efler- fì Saffo precipitata dalla fua fommità , per rifanarfì dall amore del fuo Faone , tagliata un tempo dagli abitanti , fi era unita di nuovo al continente . Ma lafciamo gli efempj fìranieri . L' ifoletta di Terìna , di cui fauno ricordanza Licofrone , e Plinio , facea parte della Calabria fin da* tempi del Bario . L' ifoletta di S. Vincenzo detta ne'tempi di mezzo Ifola minore , per diftinguerla ali i- fcla maggiore, o iìa Megaride , ov'è poflo ora il ca- fiello deir Uovo , è unita a Napoli , e fa parte della Darfena . Queft' ifoletta è quella , che Stazio chiama Limon, e che il Cluerio, ignaro del fuo flato attuale, ha fituata preffo Nifida . Alcuni fcrittori hanno opinato che Bifceglia fia fiata fondata da Diomede . Il Signor Pviedefel nel fuo viaggio t9^ viaggio in Sicilia ] è nella Magna-grecia ftima che fia opera de' Romani , e che fi nomava Vigilice ; e su que- fìa fuppofizione ha creduto di vedere le mura di Bi- fceglia efler di mattoni , mentre fono di pietra calca- . rea , i palmenti dove fi pigiano le uve li ha prefi per antichi bagni , e tante altre fole , per le quali quel fuo viaggio fi può dire un vero romanzo . Ma quello che abbatte queft' opinione, è ciò, die narra Guglielmo il Pugliefe , il quale ha lafciato fcritto , che Patrone I, Conte di Trani , avendo radunato gli abitatori di alcuni villaggi nomati Boxilìce , andò a fondare con effi una città preflo il mare , che dall' antico fuo nome chiamò Bifceglia . Il Signor dell' Isle , nella fua carta delF Ita- lia antica , ha fituato i popoli Vefcellani di Plinio nello fìeflb luogo , ov' è ora Bifceglia , e l' ha chiamata Ve' fcellae . Il Signor Danville lo ha feguito non fenza qual- che dubbio . Ma Plinio non folo ha pollo i popoli Vefcellani tra' popoli mediterranei , ma dalla nume- razione , che fa de' luoghi dentro terra della feconda regione d' Italia formata dagl' Irpini , dagli Appuli , da' Calabri , e da' Salentini , fembra che li abbia fi- tuati tra gì' Irpini . Il Signor dell' Isle fi è dunque ingannato in collocare Vefulle fui mare tra TurC' num e Uefpa , mentre i Vefcellani erano popoli me- diterranei . Il Cluerio ha creduto che Giovinazzo fia l'anti- co "Natiolum , fenza darne alcuna pruova : altri V hanno feguito , ma piuttofìo perchè dell' Isle ha fituato Ture- 197 num dopo Refpa , ecì Indi Natìolum: ma V opinione di colloro e del tutto oppofta alle tavole dei Pe utingc- lo, dove Nacioimn vieii portato fei miglia dilbmte da Turemim , e nove da Bari . Benché fia evidente 1' erro- re corfo nella numerazione delle fuddctté tavulc , per ecfore Turenum , cioè Trani , ventiquattro miglia lon- tano ài Bari, e non già quindeci quante effe ne fegna- no , nuUadimeno volendo confervare a Naiiulo Li di- Jlanza di fei miglia da Trani , e quella di nove di Ba- ri, non mai Giovenazzo , dodici miglia ditlante da cia- feiina di queiìe due città , pub efler prefa por V anti- co Naziolo . E' chiaro dunque che Naziolo era fei mi- glia lontano da Trani , e che dopo di eflb fia corfo errore in quelle tavole . Ed ecco le ragioni , che m' in- ducono a crederlo. Ninno ignora che il nome , e la diftanza delle città , fono in quelle tavole indicate fopra picciole liuee gradatamente tkate le une dopo le altre . Or la linea che fuccede a quella, falla quale è icritto Naziolo , non ha veruna indicazione né di paefe , ne di miglia , e dopo quefla viene la terza , fulla quale fi L'gge Bari . Quella linea fenza nome è unico efempio in tutte quelle tavole ; ed a me pare , che quarta mancanza 11 debba attribuire, o a negligenza del empiita che hi tra- lafciato il nome della città , che vi era fcritto , o pure al teiDpo , che colle fue ingiurie l'ha fenduto impercetti- bile air acume clsirocchio . Ora attefo la ditlanza di ven- tiquattro miglia , che pafla tra Tureno , o Ha Trani , 38 e Bari , e Bari, e quella di quattcrdeci che 1" itinerario di An- tonino pone da Refpa a quella flefla città , io fono in- clinato a credere , che il nome fegnato su quella li- neetta vuota fofle flato quello di Refpa : coficchè su di efla dovrebbero^" notarfi quattro miglia da Naziolo a que»- fta eittà . Fgli è vero che il Signor dell' Isle nella fua carta dell' Italia antica pare che fi opponga a quel eh' io ho detto , coir aver ri pedo Refpa tra Tureno , e Na*- ziolo ; ma debbo dir con fua pace, ch'egli fi è ingan- nato : imperciocché fé avefFe pollo mente a quella linea vuota , che nelle ta^'ole del Peutingero vi è tra Naz.iolo, e Bari , avrebbe fofpettato che tra quelle due città ve ne folTe dovuto eflere uà altra . Egli dovea inoltre ri- flettere , che benché la diilanza in linea retta dall' Au^ fido a Bari fia di trenta miglia ^ e paja in apparen- za uguale a quella , che per cammin tortuofo fegnano le tavole tra quelli due luoghi, pure ficcome il prefen- te miglio è più lungo dell' antico miglio romano , per le ragioni dette di fopra , la diilanza fegnata dalle tavole pcutingerane , è fificamente mancante di cin- que miglia. E poiché oggi la diilanza, che vi è dall Aufido a Bari per la ilrada regia , è di trentaquat- tro miglia , per quanto diritta voglia fupporfene l' an^ tica via , non fi piK» fare a meno di credere , che per le circo ila nze locali folTe Hata in qualche parte tortuofa , e per confeguenza di un' ellenzione mag- giore delle trenta miglia , che fegnano quelle tavo- le tra quelli due luoghi . Ed infatti conferma quan- 299 to io dico r itinerario di Antonino , il quale fe- condo alcuni tclli pone ventitre , e fecondo altri ven- tiquattro miglia tra 1' Aufido e Refpa , e tredici da Refpa a Bari ; le quali diftanze unite infieme fanno la fomma di trentafei in trentafette miglia : ciò che fa vedere non folo , che la diftanza di trenta mi- glia , che quelle tavole mettono tra l' Aufido e Ba- ri, fia mancante, ma viene ancora a confermare la mia fuppofizione , che fulla lineetta vuota , che fi offer- va dopo Naziolo , vi era il nome di un' altra città e che quefia non poteva efi"ere , che Refpa . E ficcome fi è provato poco innanzi , che Trani fia 1' antico Ture- man , ed efiendo quefia città per la flrada regia venti- quattro miglia lungi da Bari , da quefii due dati , cioè che Naziolo era fei miglia difcofto da Trani , e Refpa tredici da Bari , ne viene in confcguenza che Refpa non poteva effcre prima di Naziolo , come ha creduto il deir isle , ma bensì tre miglia dopo : e fi potrebbe da ciò inferire , che la dilìanza fiflata dalle tavole pcu- tingerane tra T Aufido e Bari fia di trentafette migha, come fegna V itinerario di Antonino . Da queHo efame appare manifefto 1' errore di alcuni teili di Strabone , -che mettono tra Bari e T Aufido la dilìanza di quat- trocento fiadj , cioè di cinquanta miglia ; dilìanza fifica- iriente impofiibile, e che per le antecedenti ragioni par che debba ridurfi a trecento fiadj , vale a dire a trenta- fette miglia e increto , le quali corri fpondono alla di- fìanza fifliìita dall' itinerario di Antonino. * Or 300 Oc fé Hiai fi vuol fupporre Giovinazzo forta Jaf- le rovine di una città antica , fi dee credere piuttofto. forta da Refpa , che da Naziolo . Primo , perchè, 1 attuale dilìanza di dodici migUa fra Giovinazzo e Bari, coincide a quella , che vi era tra Refpa e Bari , avuto riguardo alla minore eiìenzione dell'an- tico miglio romano relativamente al nolìro . Secondo ,. perche ìa Giovinazzo fi difcovrono molte ifcrizionl fcp Icrali , una delle quali fu pubblicata dal Mura^ tcri . Giovinazzo efill:eva di già nel 993. col nome di CaJIrum Juvena^ip^amim , come fi rileva dal diploma gre>^ co di Gregorio Tarcagnota Catapano di Puglia a fave- re di Rodortamo vefcovo di Irani , il cui originale cfille neir archivio arcivefcovile di quefla città , che il mio prozio Monfignor Davanzali arcivefcovo di Tra-? ni y e patriarca d' Alexandria niandò a far tradurre al fuo aniico il dotto Monfignor AlTemanni , che pubbli-r collo nelle fue opere . U dotto canonico Mazzocchi ne' fuoi commentar] fulle tavole di Eraclea fpinto dalla fua paffione predo-» n.inante per T etimologie non fempreficure, parlando di Bitento dice , che il nome di quella città trae la fua ori* gine dalla voce ebraica heten., che dinota ventre , proe- niinenza : e ficcome le fue monete fanno anche per ti-» pò il delfino fegno non equivoco di città marittima ;. co- sì ha fuppofto , che Bitonto era pofta fopra un pror monto! io in riva al miare Adriatico , e che poi nel foudarfi in gÌ^-4. la fede vefcovile fu trafportata , ove ora giace giace quattro , o cinque miglia lungi dal lido . Ma que- ito dotto antiquario lì è lafciato trafportare dalla fua palFione . Nella marina di Bitonto non vi e f^gno di promontorio , ne veftigio alcuno che vi lìa flato , per «Otero ammettere la fua etimologia riguardo al nome , e la fua ipotcil fuUa fituazione marittima . L' ifpezions fola di quella riva gli avrebbe fatto vedere quanto era vana la fua etimologia . Quanto poi alla fua affortiva, cbe Bitonto colla fondazione della fede vefcovile fofl'e fiata traslatata dentro terra , non eflèndovi fcrittore alcu- no che '1 dica , la fua autorità non può imporre a chi che iìa . Anzi è da riflettere , che Plinio fin da' fuoi tem- pi ripone Bitonto tra le città mediterranee dell' antica Calabria , dicendo : Calabrorurn mediterranei Mgctini , Àpameflini , Argentini , Eutuntinenfes , Deciani , Rube- jìini , Narbonenfes , Falionenfcs , Sturnini , Tutini : tempi , in cui non vi è memoria di flabilimento al- cuno di fede vefcovile in quelle parti. Si aggiunga di più , che il luogo ove ora lìede Bitonto è appunto quello, in cui fi trovano le antiche fue monete coli' epi- grafe greca 'BoLTomva-j : ciò che prova , che quella cit- tà non abbia affatto cangiato il fuo fiìo. Egli- è vero, che il tipo del delfino fìa per gli antiquari argo- Hiento certo di città marittima : ma per non affollare tante fuppofizioni , quante il Mazzocchi ne ha immagi- nate per la fpieguzione di quello tipa , creando uà promoT\torio , su di cui era Birontu da prima, e aven- dola in lèguko trafportata dove ora e , avrebbe potato eoa 30J con un poco di fìlorofia dire , che il mare col volgere de' fecoli fi è ritirato da Bitonto . Un infinito numero di efempj a lui certamente non ignoti avrebbe garantita que- lla opinione . Noi ne abbiamo addotti poc'anzi alcuni , « ve ne farebbero ancora nioltilfimi da addurre , che io ■tralafcio per non defaticare i miei lettori . Alcuni fcrittori poco accurati hanno confufo la città di Ka/7i/a , che Strabone fitua nella Peucezia , col Ccelium , che Plinio pone nella Japigia . Tra que- fti è il Cluverio , e del fuo avvifo è il Mazzoc- chi ne' fuoi commentar] fui le tavole di Eraclea . Nifi, quod.) dice egli, prope Egnatìani haud longì{fime a ma- ri Codia ^ feu potius Ccelium fuit . Egli rapporta per ap- poggio di ciò una medaglia coli' epigrafe greca K.cci?i.i!/&}V, col dittongo ai ; e perchè ha creduto , che la termi- nazione in inus derivi fempre dal fingolare in um , non ha dubitato di avanzare , che la fua medaglia appar- tenga al Coclium di Plinio , benché fcritto col ditton- go cs . Ed avendo trovato che Frontino faceva menzio- ne dell' agro Celino nella Calabria antica tra Butrintì- nus , Cailinus , Genufinus , Lupienfis , ha ancora fijppo- fto , che Frontino in querto paflo abbia parlato del Cttliwn di Plinio : e ficcome il dittongo che leggefi nel- la fila medaglia è formato da «/ , e così trovafi anche in Frontino, ha pretefo ancora che in Plinio invece di Cxlium. col dittongo ce , {{ doveffè leggere Cailium col dittongo at' Ma fembra che querto dptto uomo fia andato lungi dal vero . Primo , perchè ha obliata la medaglia pubbli- cata 303 cata dall'Arduino, in cai fi legge AEL. MUNIC. C(EL. A NT. cioè a dire JElium municìpìum , Ccelìwn , Antoni- nìanum . Secondo , perchè Frontino notando fempre topo- gratìcaniente i luoghi , de' quali parla, fé avefle voluto defignare Tagro Celino appartenente al Ctzliuin di Plinio, r avrebbe poflo tra T agro di Egnazia , e di I upia , e non già tra '1 Bitontino , e il Genofino , come li legge nel fuo teOo. Frontino dunque ha intefo di par- lare in quel luogo della Celia di Strabone fituata tra Bitonto , e Bari , dove viene ancor collocata dalle ta- vole peutingerane . E' chiaro da ciò che la medaglia del Mazzocchi non appartiene al Ccelium di Plinio , ma alla Cailia di Strabone , in cui il dittongo è ^' , e non oe . La Celia di Strabone è differente dal Ca^ lium di Plinio , il quale era fituato tra Brindili , e Balelìo , come appare dal- feguente paffo di Plinio, che dice ah Ilydronte . . . Lupìoe , Baleflum , Coe~ lium , Brundufmm : da cui fi rileva , che il Mazzocchi fi è ingannato collocando il Celio vicino ad Egnazia quando quello autore lo ripone tra Brindili , e Valefìo. La Celia , che Strabone mette nella Peucezia , è quel villaggio al prefente chiamato Ceglia cinque miglia dilìan- te da Bari, dove ogni dì fi trovano vali eccellenti, e gran numero di monete colTepigrafe greca ^xiT^tvcov , col dit- tongo ai limile a quclU del Mazzocchi . L'origine di quefla citta fi perde nella più alta antichità . 1 (cpolcri, che VI Ti cliTcovrono Cy.'^<:> nlUi profondità di trenta pal- »i , Tetto una gran quantità di ilrati , ccl dimollrano ab- ba- 504 baldanza . Quefba città ha dovuto efTere molto florida, e potente . Il gran numero di vail egregiamente di- pinti , e con epigrafi greche , che tuttodì fi difcovrono ne' fuoi fcpolcri , le gemme fuperbamente incife , il gran numero di medaglie , che ha coniate , e di cui fon pieni i gabinetti di Europa , i loro difierenti tipi rapprefentanti da -una. parte la teda di Minerva, e dair altra i fulmini , V aquila , la clava di Ercole , e talora un trofeo foften^ito da una vittoria alata , ci dimoftrano chiaramente che effa fu una repubblica della nollra Puglia , ricca , guerriera , e vittoriofa . Ma ia- felicemente noi non fappiamo delle nortre repubbl'che italogreche , fé non quel poco che hanno avuto che fare co' Greci , e co' Romani ; tutto il reflo e fcpolto nell' oblio . L' itinerario gerofolimitano mette la Torre Giulia- na undeci miglia lungi da Bari : i geografi moderni hanno tralafciato , come luogo di poco momento , d' in- velìigarne il iìto . Io non temo di avanzare che eiTa fia Hata là, dov'è oggi la torre di guardia militare detta la Pellafa . Non nego che quefta fia nove miglia dinan- te da Bari , mentre 1' itinerario gerofolimitano la iìtua ad «ndeci ; ma avuto mira all' antico miglio romano eh' era più corto del noilro , è chiaro che quel1:a di- fìanxa corrifpondc benifilmo coli' attuale . Ma ciò che toglie ogni dubbio , e che conferma la mia conget- tura , e che lungo quel lido, fecnrirlo rìfcnTce 1 eru- dito Signor Emmanuele Mola , il oflervano avanzi di antichi edificj , ed antri artefatti con fedili intorno , che vengono bagnati dal mare, e che forfè han fervilo per ufo di bagni marini : e vi fi fcovrono ancora fcpolcri pie- ni di vafi eccellenti . Anni fono nel farfi quivi uno fca- vo , fotto un mucchio di pietre ben alto , che i Puglie- fi chiamano [pecchia , e che dagli antichi erano detti tumuli , fi rinvenne una quantità di vafi di belle for- me con egregie dipinture . E qual maggiore argomento per credere , che quivi fia fiata la Torre Giuliana ? Le tavole del Peutingero mettono la Turrìs CX' faris venti miglia lungi da Bari ; i geografi moder- ni , come luogo di poco rilievo , non han curato di ri- cercarne la fituaziwie . Io vado ad eiporvi le mie con- getture , che potrebbero forfè indicarcela . Nella badia di S. Vito di Polignano un miglio e più prima di ar- rivare a quefìa città , fi oflervano fegni manifefti di un antico porto , dal quale effendo retroceduto il mare , fuir antico fuo letto fi vede ora fiorire un ameno giar- dino . Quivi preflb fi fcorgono avanzi di antichi edin- cj , e tra gli oliveti , che lo circondano , fi difcovrono He fepolcri , che in vece di coperchi di tufo , o di pietra , fono chiufi da mattoni polii a fchiena d' afino , firaili a quelli , che s' incontrano a gran profondità a Nola . Quefte antichità dimofirano che queflo luogo fu un tempo abitato : e ficcome quefìa badia è quafi venti «biglia difìante da Bari , quante appunto le tavole del Peutingero ne fegnann , così fi può con qualche fondamen- to avanzare , che quivi foflè fiata la torre di Cefare . 39 ' L''"* 3o6 L' itinerario di Antonino pone Arnefto Yentidue miglia lungi da Bari : alcuni moderni geografi , coma luogo appena noto , hanno tralafciato di ricercarne il iìto . Il Cluerio folo aflerifce effcre la prefente Poli- gnano . Io nell' unirmi, alla fua opinione , la fortifico eoa dire; i. che quivi coincide predo a poco la di- fcanza , che 1' itinerario di Antonino mette fra. Arnefto e Bari ; 2. che anni fono in quefto luogo fi fcovrì un antico fepolcreto , ed in efTo un fepolcro fuperbo , dentro al quale iì trovarono de' vafi eccellentiflìmi , di cui monfignor Santoro vefcovo di Polignano fece dono al Re dell' ultima dinaftia . Ma quando anche non i\ volefle ammettere ■> che quivi sia flato Arnefto , quefto fepolcro pieno di vafi , ufo delle noftre città italogre- che , ci fa chiaramente vedere , o che Polignano fia una citta antica, o pure che fia forta dalle rovine, di qual- che altra .. Jl Signor- dell' Isle nella fua carta dell'Italia an- tica ha. pofto Decia tra Amelio ed Egnazia fai mare- Adriatico . Io non so , come quello dotto uomo non. abbia riflettuto, che Plinio ha annoverato i popoli De- , ciani tra' mediterranei dell' antica Calabria. . Egli dice Calabrorum mediterranei JEgedni , Apameflini , Argenti- ni^ Butunìneiifes y Deciani , Rubefiini^ Narbonenfes , Pa- lìones , Sturnini , Tutiiii . Io fofpetto inoltre che nel lud- detto paflb di PU«io fia corfo errore , e che in vece de' popoli Tutini , fi deliba leggere Turi ni , cioè po- ;polL di Ture piccolo, villaggio ancora, efiftente.- ... Ciò che 307 che mei fa fofpcttare fi è , che di tempo in tempo Vi il trovano delle medaglie imperiali , tra cui merita di effere rapportata una piccola jnoneta della deificazione di Colìan- tino,chc io ebbi nel 1793; la quale da una parte rap- prefcnta la teil;a di quello imperatore coirefergo: DV. COxNSTANTINVS. PT. AYGVSTVS : nel rovefcio di cfla fi Tede la figura di Coftantino elevarfi al cielo fopra un carro tirato da quattro cavalli colla mano dritta al- zata : fotto il carro fi leggono le feguenti lettere S.M.A.R. vale a dire : fìgnata moneta apud Romam . Quella mo- neta è notabile per efler tutta differente dalle altre co- niate in occafione delle deificazioni di altri imperatori romani : poiché qui è il carro , e non già 1' aquila-, che porta al cielo Coftantino . Ma i fuoi figli criftia- ni come lui , potevano feguire 1' antica deificazione de- gl' imperatori pagani? Efli prefero forfè T idea del carro da qucìlo di Elia , fui quale quelli fall al ciclo . Alcuni fcrittori ( e tra quelli il Wolart nel fuo leffico geografico di tutti que' paefi , di cui fa menzio- ne Orazio nelle fue poefie , e che va ad effe appoflo ) parlando di Egnazia , della quale quel poeta fa ricor- danza , dicono che queila città era mediterranea , e re- flava tra Bari , e Brindifi , e propriamente nel luogo , ov'è ora un piccolo villaggio chiamato Gna:(:[i : ma efli fi fono ingannati; poiché Strabone la mette tra le citta marittime della Peucezia : e quando anche l'opera di quello geografo ci fofie mancata , le fuc jovine preflò al mare , tra le quali se ne veggono alcune attualmente da cffo ba- * gnate-. '30 8 gnate , cel dimoftrerebbefo abbaftanza per marittima . Tra quelle rovine fi offerva ancora il lato di un tem- pio , che alcuni antiquarj hanno creduto appartenere a quello , in cai era T ara rairacolofa , la quale fenza fuoco ardeva l' incenfo , e di cui Orazio , e Plinio fan- no menzione . Il Bayle ha podo a tortura il fuo ta- lento , per ifpiegare quelto prodigio . Intanto Ari- Itotele ci ha lalciato fcritto , che nella Tracia fi trova- va una pietra nomata fmarille , che bagnata colf acqua s infiammava ; e parla ancora di un' altra pietra , che fi rinveniva nelle vicinanze di Atilanea , la quale ftrofi- nata coli' olio bruciava. Della fìefla natura era quella, che fecondo Plinio , s' incontrava nel territorio della Sa- bina , ed in quello di Sedicino . Se mai folTe vero tut- to ciò , che quefii autori ci dicono della natura di quefte pietre , farebbe del tutto fpiegato il miracolo dell' ara di Egnazia : effa era formata da una di queue pie- tre . 1 Sacerdoti antichi hanno faputo in tutti i tempi mettere a profitto i regni della natura , ed i Tuoi fe- nomeni per ingannare , ed imporre a popoli ignoranti, e mantenere in effì la fuperiìizione . Ma ripigliamo il filo delle noftre ricerche . La Peucezia , benché oggi bagnata dal folo Au- fidor, il quale la divide dalla Daunia , pur tuttavia avea QQ altro fiume , che l' irrigava . Le tavole pèu- tingerane pongono tra Barduli , e Turenuni un fiume nomato Aveldium . Neffuno Je'geogm fi n-vodcnii fi ha prefa la pena d' invefligare il luogo per dove fcor- reva . 309 reva . Io vado ad interrogare la natura in que' luoghi, per ritrovare il fuo letto . Prefìo il moniftero della ba- dia cafinefe di Andria vi ha un torrente , il cui letto fembra affatto un alveo di fiume . Quello torrente dopo eiTere fcorfo tortuofamente per più miglia va a fi- nire nel mare Adriatico , e propriamente nelle paludi che fono tra Barletta , e Trani , dove fi vede un rufcelletto nomato Arafciano . Non fi può dubitare , che quello torrente fia llato un letto di fiume ; fopra tutto dopo che su di elTo fi è gettato un ponte per farvi palTare la flrada regia di Puglia ; poiché eflendofi dovuto fare i pilaftri per il ponte , alla profondità di circa tre palmi di terreno, ù trovò della fabbia fluviale miila a ciottoli ro- tondaflri . Si aggiunga a ciò che iu una carta notarefca, che fi conferva nelP archivio del monillero di Monteca- fino colla data del ioai., fi- trova farfi menzione di un rufcelletto , che fcorreva per una vigna deferta ap- partenente a quei monillero nel territorio d'Andria; for- fè un avanzo dell' antico Aveldio . Le fcofie di terre- moto , o qualche altra cagion fifica hantfo probabilmen- [te deviate le acque di quel fiume , ed han fatto rima'- tnere a fecco il fuo letto, o pure divife percorrono per [canali fotterranei , e vanno ora ad ufcire poco lungi [dal mare in due rufcelli , V uno , come ho detto , di ^Arafciano , e 1' altro di Boccadoro , che poco difendo lai primo va a metter foce nel mare . Noa è quello kil folo cC-mpio di fiumi , lf> «"» acque fieno diminuite ; (o che prima fcorrevano per la fuperficie della terra , e poi 310 e poi per fotterranei meati vanno a sboccare nel ma- re . Lo Scamandro era un fiume ben grande a tempi di Omero , il quale racconta che avea -due forgen- ti l'una di acque calde, e l'altra di acque fredde . La prima , al dir di Strabene , non efilleva più fin dal tem- po di Demetrio di Scepfi . Il Grellet fcrittore degno di fede , nel fuo viaggio di Coftautinopoli ci ailìcura , che al prefente lo Scamandro non è che un piccioliffi- mo rufcelio , che fi perde nel mare a poca diftanza dalla fij3 forgente . Sono diminuite le acque al Cerba- lo , air Aufido , ed a tanti altri fiumi del noilro regno, the Strabone , e Plinio rapportano come fiumi navigabi- li , e che ora più noi fono . Chiudlaiuo le noftre ricerche col dare uno fguar- do paflaggiero fulla Japigia . Plinio il naturalifta , fecon- do quafi tutte le edizioni della fua opera , fa non fo- lamente menzione dell' Aufido , ma anche di un fiume chiamato Pazzie , dicendo : Pcdiculoriim oppida , Rudia, Egnatla , Barìon , ante Japìx a Dedali filio , a quo Yapìgìa ; Amnes PaBius , Aufidus . Ma il dotto ano- nimo traduttore di Plinio in francefe legge quello paflb nella feguente guifa : F edicidorum Oppida , Riidia ,, Egnatia , Barìon , Amnes Yapix a Dedali filio , a quo .Yapigia , Faclius , Aufidus , e non già Barìon an- le Yapix , che dice eflère lezione falfiffima adottata da quali tutti gli editori, liiente conforme a quella de' migliori manorcriui ^el ra- mo , il quale palla per Calitri è quello appunto , che ha r origine al di là degli Appennini , così è chiaro che quefto non può cflerc il Pazzio , eflendo il fondo principale dell' Auiìdo . Le tavole peutingerane tra Bnindufium , e Bale- fium mettono un fiume col nome di Pajiium . 11 Cella- rio ha creduto , che fofie il Pacììus di Plinio . Ma 10 non so unirmi alla fua opinione , eflendo del tutto contraria alla ragione , ed all' autorità degli antichi fcrit- tori . Ne vale l'ofl'ervazione , che i\ potrebbe fare d' al- cuni , che Plinio nel noverare le città comprefe tra i Pedicoli , nomini immediatamente il fiume Pazzio , e f-'^ li- fido V poiché da ciò fi dovrebbe piuttorto ro«chiudere che il Pazzio frorreva neir agro Fedicolano , e non già tra: Brindifi , e Balefio , che erano nelf antica Calabria. Mi. Jlt jMa fi rifletta che Plinio dopo aver detto in particola- re , che Rudia , Egnazia , e Bari erano nella regione de'Pedicoli , nomina in generale i fiumi , che fcorrevano nella Puglia. Ed in fatti nefluno degli antichi fcrittori ha eftefa la regione de' Pedicoli fino all' Aufido , che tutti mettono nella Peucezia . Ma mi .fi domanderà ancora dove fcorreva il fiu- me Japige , di cui i migliori manofcritti fanno menzio- ne ? Eccovi ciò che io ne penfo . Le tavole peutin- gerane fegnano tra Lupia , ed Otranto un fiume, di cui non è notato nome . Io credo che quello fiume ano- J^imo Ca appunto il Japige, sì perchè bagnava la Japi- gia , SI perchè è uniforme al paflb di Plinio amnes Yapix a Dedali filio , a ^uo Yapìgia , Paciius , Aufidus . Quefti due fiumi or più non elìltono; \i ha però qualcheduno , che poco verfato nella fìoria delle rivo- luzioni fifiche avvenute nei noftro pianeta , avendo veduto in alcune carte geografiche del XVI. fecolo fegnarfi preflo Brindifi un piccolo rufcello, e non po- tendo indurfi a credere , che il Pazzio per una di quefte rivoluzioni fifiche fofìè ceflato di fcorrere, ha cre- duto in quel rufcello veder quefto fiume ; andando con- tra le tavole del Peutingero, che '1 pongono nove mi- lia da Brindifi lontano . Ne quefii è il folo che fi fia lii tal guifa ingannato. A tal propofito mi fi permetta che io , fcnra allontanarvi dalle patrie cofe , rilevi ac- cora gli erroii di quakVic altrn fcrittore . Il fiume Veferis , che fecondo Livio era prefib il Ve- Vefuvioi ha fatto dire all' erudito Cafnillo Pellegrini , che noi vedeva più fcorrere , eflère il Sebeto , il qut<^ le paflando p^r la città di Veferis ne prendeva il no(i.e, che lafciava poi preflb Napoli cv' era detto Sebeto : in conferma di che porta l'efempio del fiume Liri , che fi chit* mava Minturno fcorrendo per quella città ; e del Voltur- no che prendeva il nome di Cafilino quando paflava qui- vi d' appreflb . Ma il Sebeto non è il Veferis , perchè quello fcorreva a canto il Vefuvio, dove avea la fua for- gente , mentre il Stbeto ha la fua a poca disianza da Napoli . Un paflo ài Sifenna rapportato da Nonio Mar- cello dice , che la città di Ercolano era polla fopra una eminenza a pie del Vefiavio in mezzo a due fiumi ; ed il Pellegrini ha fuppofto , che quelli due fiumi foflèro « uno il Veferis , e 1' altro il Sarno . Io fon d' accordo col Pellegrini fui primo , ma non poflci mJufmi a crede- re , che r altro folle il Sarno : poiché fcorrendo que— fto fiume al di là di Pompei , e ben lungi da Ercolano, Sifenna non avrebbe defcritta topograficamente , come fi conveniva, la fituazìone di quella città, dicendo ch'era in me7.zo a due fiumi. Bifogna dunque fupporre, che fcor- reva un'altro fiume tra Ercolano, e Pompea. E qual era onai quefto fiume? Io fon portato a credere che foflè il Dragone , la cui forgente , fecondo Procopio, era a pie del Vefuvio . Il Cluerio ha creduto , che quefto fiume andava ad unirfi al S.uno fotto Nocerai ciò che farebbe contra- rio alla mia foppofizione: ma quello geografo non fi e avveduto, che il Dragone per paifare dal Vefuvio, ♦'^^ 40 *r5» àvea la fua fonte, ed andare a Nocerà , dóvèa prim» attrayerfare il Sarno . Io non ignoro che V abate Troy- jp neU4\_^fua florià del regno di Napoli, non trovando più il Dragone ; ha opin-ito che fofle lo ftefTo Sarno, ma egli fi. e ingannato: i. perchè il fiume Sarno noa ha la forgente a pie del Vefiivio , come fcrive Procopio del Dragone; a. perchè quello florico dice, che quefto fiume benché «oa aveile molta acqua , pure avea le fponde molto alte , e non guadabili : nel mentre fin da' tempi di Strabene il Sarno era navigabile, e lo è tut- tayia . »( E'pcp, in quante erronee fuppofizioni vanno a ca- dere colorp ,. i quali credendo che la fiiperficie del no- ti''^ globo, npn fia foggetta a verun cangiamento, vo- gliono rp'icg'ire r inefilìenza di que' fiumi , di que' monti , e. di quelle ifole , di cui gli *niaoh; fanno men7Ìone . Ma ;!pl^re alle cagioni generali , .la Horia de'yolcanji , e de' teV' xemoti ci fomminiftra infiniti efempj .de' cangiamenti che cffi producono. Potevano efi che ha fotto gli occhi la gemma . lo aggiungo , che il Gori aveva già detto , che la figura di donna avea un tirfo nella fua mano , quantunque 1' avefle poi fpiegata per Europa . In quanto all' altro monumento , r Fckhel lo avea prefo dalla raccolta del Gravelle 0). •fc. ancor eflo una gemma fiinile per l' argomento alla prima ; ma invece di tirfo la donna ha in effa nella finiftra qualche altra cofa , su cui 1' Eckhel non ha fat- ta (i) Muf. EtruT. Tom. T. taB. "^f. num. j. (i) I^«. ^ Anti^. tniTj. IV. pag. 164. (i> t\f(Htil dt firn. grav. \. li", n. 45. ta alcuna attenzione '. Si guardi il difegno , e non fi tarderà a riconofcere , che queila non altro fia che un grappolo di uva , fimbolo , che come il tirfo può convenir folamente ad una Baccante , ed a Bacco , e non già ad Europa , ne a Giove . Quefti monumenti , che fono indubitatamente per Bacco , fono appoggiati da Nonno , de' cui Dionilia- ci non veggo , che fiafi fatto nella queftion prefente tutto V ufo , che fi potea . Si sa , che queflo accurato, e diligente fcrittore , che ha riunite nella fua opera tante notizie fulla teologia bacchica , è fiato finora im- meritevolmente in certo modo negletto dagli eruditi , ed il eh. fìgnor Show fé ne lagna con ragione in una difTertazione particolare , in cui ha moflrato di qual vantaggio efTer pofla per gli fludj archeologici un'' attenta lettura del di lui poema (0. Noi fappiamo adefTo con piacere dagli annunzj letterarj , che il fi- gnor Creuzer in Alemagna ne tira infiniti lumi per le in- tereffanti fue ricerche s^ Bacco , delle quali il primo volume pubblicato in Heidelberga nel 1809 non è fi- no a noi ancor pervenuto (0. Noi fcegliamo due luoghi de' Dionifiaci , i quali meritano a noflro credere tutta 1' attenzione nell' efa- me prefente . Il primo è prefo dal libro XXI. v. ali. 41 feqq. (0 Nella di{rertazione intitolata : Mo>i/ìrata ìndole carm'm'is Nomii Dio- BaccrirarKm urpnicartimque cri^inibiis et cc'JJ'i ■ foii.men t. netai-'urrg Veggafi il Magafm Encj/clopftii'jue An. ibi09. tom. 2. fag. 199. ieqq. Ili ^ feqq. ^'). Erafi creduto finora , che di un bue a. vol- to umano alcuna menzione non efifleflè preflb gli anti- chi fcrittori . Cui non mirum videatur , avea detto r Eckhel (^) , hujus helluae , quam in his civitatibus ìlliijlrem fuijfe tot praeconiis numorum tenemus , nul- latn a veteribus , Jlve hìfioricis , jive mythologis , five poetis fieri mentionem ? E vero , che 1' Ignarra (3) avea creduto riconofcer nella defcrizione fatta da Sofo- cle (4) della metamorfofì di Acheloo , efprefTo un bue a volto umano colle efpreffioni Booxp^vc^ avSpsiu tvnq; e eh Empedocle in un frammento , confervato da Elia- nò CO, e citato dall' Eckhel, ha , parlando di taluni moftri , fatta menzione di uomini a volto di bue , e di buoi ad umano . Ma il primo di quefti luoghi è per lo meno incertiffimo , e '1 fecondo di un fifico fenome- no ci ragiona , che non può aver alcuna relazione col moftro delle medaglie . All' incontro le parole di Non- no , che foggiungeremo , non folamente ci parlano col- la maffima chiarezza di buoi ' volto umano , ma ci moftrano ancora , che quello fia un (imbolo dionifiaco . Infatti quando a Deriade fovrano delle Indie , e figliuol dell' Idafpc fi prefentano per combatterlo i compagni di Bacco , il poeta ce li rapprefenta precifamente na- fcofìi fotto quella forma . Ecco le parole che al loro afpetto fa egli pronunziare a Deriade ; (1) Pag. 444. 'in colleSl. I. Lecl'iì . (2) Doilr'in. Tom. [. Pag. 129. 1 50. (3) D^ Palxft. N^apol. pag, 240. (4) T/-«;);il/. in'll. (5) Dt Ne tur. Animai. lil>. XFL cap. 15. 3Ì3 Oioug Ayj^icc^Y] SiSuixoypooig avSpccg ix7J\.si Taupotfvrig àioi/vaog , aSupixocTa Sn'ioTYjTog t A'À7io(f:usig , ou ifcoTScg ÒAyiv ^pOTOsiS&x (j.op-^y]9 , eY;pi3<^ siSog sx^^'^'^i'^'^^i AIATMAONI MOP$H/ E121 NO0OI TATPOITE KAl ANEPES . AM<50TEPON TAF KAI B002 EIA02 EX0T2L, KAI ANAPOMEOIO nPOS- fìnOT. I quali verfi vengono così tradotti dal Lubino : Quales Dcrìadi bìcolores viros mìttit Taurifonnis Bacchus , lufus belli ! Àkcrìus naturae ; noJi homines qiioad totani humanam formam. , Ferarum ìmagìnem habentes; cum gemina forma Sunt adulterini taurique et viri ; utrumque enim Et bovis formam habent , et humanae faciei . Leggendo queftx verfi con attenzione , farà facile 1' oflervare , eh' effi cor^tengono colla maggior precifione, che defiderar fi pofTa , il ritratto del moftro delle me- daglie . Tutte le circoflanze della defcrizion di Deriade gli convengono infatti meravigliofamente , e 1' ultimo Verfo , in cui fi dice che Boof siSog syQi>(7i,v.xi x'jSpoyiSoia - irpoauTTOU ( bovis formam habent , et humanae faciei ) , è tale , che bafia a dileguar ogni dubbio , anche de' più difficili . Abbiam dunque di ficuro , che a' compa- •gni di Bacco cambiati in toro fi accordava , come |una diftinzione ed un fegno non equivoco di una più nobile natura , un \olto umano ; e quella cer- * tezz a 324 tezza e' invita a farci riconofcer nel bue a volto uma- no delle medaglie un fìmbolo dionifiaco , per non dir Bacco itefTo , al quale non è credibile , che iìefì ne- gata una diftinzione , che veniva accordata ancora a' fuoi feguaci . L' altro luogo di Nonno non folo appoggia il no- ftro fentimento , ma dilegua ancora una obbjezione gra- viffima , che fuol farfegli comunemente , ed alla quale veggo che 1' Eckhel non abbia data rifpofta . Suol efTa tirarfi dalle medaglie di Alonzio , in molte delle quali , pubblicate da varj autori , ed in ultimo luogo dal Torremuzza CO , rimir?»a per fervirmi delle efpref- fioni dell' Eckhel Bos cura facìe hwnana , ìs in non- nullìs cruciare aquam yidetur (^) . Si è creduto quello un argomento indubitabile in favor di coloro , che ne' buoi a volto umano hanno voluto riconofcere il fimbo- lo di un fiume . ì^wn clarius , dicea il fignor Neu- mann (3) , defìderari potejl fluminis ìndicìuml Vel fo- li hi numi dirimere videntur diu agitatam inter eruditos- litem &c. L' Eckhel , che non ha parlato per niente di quefte medaglie nella fua difTertazione , ha detto però con modella ingenuità nel parlar delle medaglie ficule: typum bovis aquam vomentis explicare non tento C4). Farmi che Nonno dia la foluzione di quella dif- ficoltà nel libro XI. de' fuoi Dionifiaci CO , ov' ei rar (1) Sicil. veter'is Numi/m. (2) DaEìr. Tom. I. pag. igj. {■() Num. popul. tom. 11. pa^. 117, (4) DoBr. 1. e. ; Cs) ^- 15Ó. /«^^. pag. 379. in Colisa. Le^iì. 3M ragiona della favola di Ampelo . Queflo giovine amico di Bacco , die' egli , che venne poi trasformato nella vigna , cui diede il nome , avea intefo ripeterfi dagli oracoli di guardarli da' tori . La malefica Are , fecondo il poeta , fé gli prefentò un giorno per rinfacciarli l'ozio in cui lì giacca , e per ifpronarlo a mollrar qualche pruova del fuo valore , eccitandolo cogli efempj di al- tre divinità , e di Diana in particolare , domatrice de' tori . Il giovine Ampelo fente allora nafcere nel fuo cuore un vivo defiderio di fegnalarfi , quando vede ia un fubito prefentarfegli un toro . Parca quello manfue- ■to fui principio, e riguardava, come dice Nonno , quel giovinetto, come fé flato fofle il fuo paftore. Or qui- vi è che il poeta aggiunge , parlando di quefto toro , una particolarità , che fpiega , a creder mio , mirabil- mente le medaglie di Alonzio ; giacche il redo della favola , eh' egli continua a narrar diftefamente , non dee per ora intereflarci . Qucfto toro fitibondo , dice dun- que Nonno , eifendoll accodato ad una fontana , dopo efferviil largamente abbeverato , cominciò a verfar co- piofo umor dalla fua bocca , che vale a dire a far quello, che fa il toro nelle medaglie di Alonzio; quafi, aggiunge il poeta , profeta di quel , che farebbero un giorno i tori mortali , aprendo co' loro folchi il cammino alle acque per inaffiare , e fecondar le vigne . Ecco i fuoi verfi medeliini : Ka/ T/f ano ayioniMio yctTS^pecfis tm^oq ocTì-^tyi^ Anpoi3y]gj Kdi y?MCicciìf irji eniuciùTvpot, Si^/jg 3»^ XsiTiSGiìf ciyofisvoiot apoì(iyot)/sì> ai/Ss^sòms , Kxi nisv . aix(j!i Ss Koupoi/ oCnsp Tixpsonx vo[x'/^x IsTccro yivijay.ont TtoLVSixsT^OQ , ovSs fj.innou ho'^ov sov xs^ccg eiysì^ . a^oct/xonisroio Ss ravpou Ylvuvov spsvyojxsmo noTOV TtoXiy^OLvSs'i TiOci^of W^'OV/ìv eSiYì'js xecTtxp^bTOQ sxfxag sspayjg. BaaoiJ.smi> ars [j.ccvT(g, òri yi^ovicg jiosg é?\.m Afxi^i iJAVj jxoysonsg ocTspfjiOvi xvxÀccSt Kioaou tòccaiv annsÀosaaw snap^svovaiv 07rcop'/]v. che vengono così tradotti nella verfione del Lublno : Et aliquìs ex [copulo decurrehat taiirus vagus Iniprovifus , et lìnguam fuae tefiem fitis Labris apertis proiendebat ex ore ; Et hìh'w.cìrca puerum vero tanquam prefentem pajlorem Stahat intelligenti fnnilis , neque in fronte Curviim fuum cornu habebat ; indomabilis vero tauri Crebro eruclanti potum capaci gutture Juvenein madefaciebat defuens humor roris ; Futurorwn tanquam vates , quod terrefiri boves tracìu Circa unum lahorantes interminum circulum hederae Aquis vileum irrigant frucìum . Or dopo aver letti quelti verlì , parci di riconofcec qual fia il vero fenfo del copiofo umore , che fortir fi vede dalla bocca del bue a volto umano delle medaglie di Alonzio. Non è forfè ancora in effe Bacco taurifor-; me , che indica come il toro di- Ampelo , i vantaggi , che rifente la cultura delle vigne dal travaglio di quell' ani- 3*7 animale appunto , dì cui egli vede le fpoglie ? Giacche quantunque qui rintracciar non voglia qual (ìa precifa- mente il miiìico fenfo celato in quefta fua metamorfofì , io non dubito , che T Eckhel (0 non abbia con mol- ta ragiono riconofciuto anche nel Bacco tauriforme un fimbolo dell' agricoltura . E' tanto dunque a mio crede- re lungi dal vero , che le medaglie di Alonzio nuoccia- no al fentimento di quefto autore , che debbono anzi , rifchiarate dalle parole di Nonno , fervìre a maggior- mente confermarlo . Il folo efempio di quefle medaglie può provarci quanto iìa vero ciocche T Eckhel lleflb diflè altra vol- ta , con ragione (^) , che fpello quelle cofe, che ci fem- braflo le più certe , e le meno foggette a difficoltà , trovanfi poi lontaniffime dal vero . Una fola parola di un antico autore , o un fol monumento nuovamente fcoverto , fconvolge un intero fiftema . Sul qual propo- sto , giacche abbiamo confermato Bacco nelle medaglie di Alonzio contra il par t-s. comune , ci fia permeflb di efìliarlo da quelle di Nocera , in cui parrai che con poco fondamento fé gli faccia occupare una fede . Mi- rafl in effe una tefia giovanile ornata di corna arieti- ne , e dair altra parte un eroe nudo alP impiedi accan- to al fuo cavallo . Fra coloro , che le pubblicarono , fuvvi alcuno , che credette riconofcervi la telìa di Alef- fandro Magno . V Eckhel , non contento a ragione di (i) DrSIr. Toni.I. pag. 139. Veggafi 11 luogo di Diodoro , ch'eglicit». (z) Silloge 1, pa3- to. ài tale fpiegazione ^ profufe molta erudizione a pro- var , che quella tefta dovefle crederli di Bacco (O . Io ne feguii il fentimento , quando nella prima edizio- ne del mio catalogo delle medaglie Italiche parlai di tali medaglie di Nocera (0 . Ma un luogo di Sueto- nio , in cui mi fon poi imbattuto , mi ha mollrata la vera lignificazione di quella teda . Parlando nelle vite de' retori (3) di un certo Epidio , che fu fecondo lui, maeflro di Marco Antonio, e di Augnilo, dice che fi credea quelli difcefo ab Epidio Nunciono , quem , fog- giunge , ferunt olini praecipitatum in fontem fluminis Sarni, paulo pojì cum cornibus exfiitijfe , ac flatim non comparuijfe , in numeroque deorum habitum . Bada per poco ricordarci , che Nuceria era bagnata per 1' appun- to dal fiume Sarno , che diede a' fuoi popoli il nome di Sarrafles , che trovafi preflb Virgilio C4) , o di S amine r , come leggiamo nelle medaglie ofche di quel- la città (0, per non tardare a riconofcer quell'eroe indi- geno efprellb nel dritto ; il quale forfè dee anche nel rovefcio crederfi rapprefentato invece di uno de' Diofcu- ri , o di Marte , come erroneamente altri , ed un tem- po fulle lor tracce io fleflb avevamo creduto altra volta. Ne avrà Bacco, a vero dire, molta ragion di do- lerfi fé fui teflimonio di Suetonio fi vede efiliato dalle me-. (1) Nt'.m. vetef. Anecd. pag. 22. 25. (2) Pag. 46. Ciornal. 'Num'ifm, num. HI. (3) De Rhetor. Cap. 14. . (4) JEnejd. Uè. C/'H. v. 7^8. ed ivi Servio. _ |l (5) Seftini defcri'2.. pag. 13. Lanzi Saggio di lingua Ettufctt tom. II. J pag- 399- Il 329 medaglie di Nocera , quando in tanti altri indubitabili monumenti le parole di Nonno ce lo han fatto ricono- fcere . Nel che mi riputerò precifamente futtunato , fé farò giunto a dimoftrare , che i miei dotti nazionali , a' lavori de' quali non veggo fempre renderli la merita- ta lode , aveano i primi riconofciuta felicemente la ve- rità . Quando elfi in fatti fpicgarono per Cbone il bue a volto umano delle medaglie , quello lleflb diflero , che molto tempo dopo follenne l' lickhel ; giacche Ebo- ne, co ne Microbio 0) chiaramente lo afferma , noa fu che un cognome di Bacco . Ne pare che dalla de- fcri/jon di Macrobio fi rilevi , come lo ha creduto r Eckhel (') , che T Ebone, non come un bue a teda umana , ma come un uomo in forma fenile fia flato TappraCentìto : fenili fpecie in Campania ÌS eapolitani cele- hrant Hehona cognominantes : giacche le parole fenili /'pe- eie non vanno intefe a mio credere che del volto o al più della teda , come in quel luogo di Fedro , in cui egli fa dire ad una volpe, ragionando di una mafchera (3) : O quanta fpecies ., inquit, cerehrwn non habet ! 11 bue dunque a volto umano è certamente , come Macrobio dicea parlando dell' Ebone , fenili specie , quantunque non abbia il corpo umano . Del refto bifogna confef- fare altresì , che qualche volta Ebóne fenza alcuna for- ma di toro , ma femplicemente , come quel Bacco , che fogliam chiamare Indiano , venne effigiato . Tale al- . 42 meno (0 Saturnali, lib. I. Cap. 18. (2) Inc. cit. pag. 159- (J) Lìb. J. faù. 7. 330 meno lo fapprefentano due Ermi , che nell' anno i S07 oflervai in Roma in un illuflre Mufeo , e su i quali attendiamo con impazienza le dotte iilullrazioni del eh» lìgnor Filippo Vifconti . A poter più facilmente tavvi- fare il nume in effi rapprefentato , Io Tenitore ne ha fcritto il nome in greci caratteri : BAKX02 HBr2ì^ . Nefluna differenza lì offerva fra efll per quei che ri- guarda la forma del nume ornato di lunga barba , va- riando foltanto un poco V acconciatura de' capelli , ed altre circollanze di minor confeguenza . Ma tanto in elll quanto nel bue a volto umano , e barbato delle me- daglie , fi ravvifa ugualmente V Ebone , fenili fpecie ^ da JVIacrobio defcritto . Per finir di ragionare di tutt' i monumenti di Ebo- ne , non ci refterebbe che a dir qualche cofa delle ifcriiioni a quello nume indirizzate . Una ne fu pub- blicata dal Capaccio CO , che la dice efilìente già il Napoli , in aedibus Sanctìnor'm , ma aggiunge che già al fuo tempo avea rofiferto il fato comune a tanti altri belli monumenti . E effa dedicata al nume da Giulio aquila il più giovane. Un'altra ifcrizione diretta allo fleflo dio in nome del fenato , e del popolo di Ca- lazia , è pubblicata dall'Egizio C^) , dall' Ignarra (3) , e ripetuta dall' Eckhel C4.J. A quelle potrei aggiunger- ne una terza , preffo me efilìente , che porta il nome di (i) Wftor. Neapol. lib. I. Cap. i^, (2) ^J S. C. de Bacch. pag. 33. (5) De paìaeftr. pag.l^"^. (4) /oc. cit. pag. 11^, 331 di P. Plozio Gllcero , e che mi riufcì per (ingoiar for- tuna , negli anni fcorfi , di falvar dalle mani di un la- picida , fé non teme dì , che le molte ofrervazìonì , del- le quali bifognerebbe accompagnarla , non mi dilungaf- fero molto più di quel che mi fon propoflo . Ma for- fè in una particolar diflèrtazione procureremo un gior- no d' illuftrare , il meglio che per noi fi potrà , que- llo iuterelTante monumento d' iftoria patria . FINE. TAVOLA DELLE MEMORIE Contenute nel prefente volume . Introduzione di Vincenzio de Muro Segretario perpetuo . pag. ni Statuti della Società . xxv Elenco de' membri della Società . xxjX Invocazione a Sofia , del Duca di Ventignano Socio refidente . I Difcorfo fulla iToria dell'umana ragione, del Cav. Sanfoni Socio refidente . 7 Vita di Dante , di Giujcppe de Cefare Vice pre- fidente . 3 5 Delle favole Atcllane, e de' loro cfùdj , di Vin- cen\io de Muro Segretario perpetuo . 6 I Cagioni de' progredì liiaordinarj de' Greci nella letteratura , e "elle belle arti , di Angelo Marinelli Socio refidente . 93 Saggio fulla corruzione de' popoli , di Francefco Lauria Socio rcfidente . i 2. 1 Notizie de' prezzi di alcune derrate per più di due fecoli , di Luca de Samuele Cugna\yj. So- cio refidente. 145 Difcorfo fuUc caufe della forpenfìone delle terre neir atmosfera , di Luca de Samuele Ca- gnaiy. Socio refidente . i 7 1 334 De' primi abitatori della Campania, e dell' Opicia propriamente detta , di VinceriT^o de Mu- ro Segretario perpetuo . 187 Origine « progreffi della letteratura, e delle belle arti preflò i Romani , di Angelo Mari- nelli Socio refidente . 2. 1 3 Sopra una nuova fpecie a pefare , a calcolare , ad analizzare filile tracce or d;;gli antichi or de* moderni geometri? a varcar mercè di un ago nell'ofcurita delle notti e de' nembi un abilfo d'acque ignote? a forpaflar per l'attivitli di un fluido aeriforme il volo delle aquile e a navigar per le vie de' venti ? Mirabili lavori cha nierita' niente acclamanfi come protiigioll , che hamrb riempiute le biblioteche di prezioli volumi , le univerf-ta di profeflbri elì- niii , le accademie più chiare di genii fublimi,il mondo tut- to di ammiratori! Nonpertanto a riguardar le cofe create con occhio attento, fi troverà che tanti predigli precedette una operazione pri- mitiva che gli fopravvanza , e che fervi di bafe infierae e di fcala per gir rant'aito , fulla quale però o poco o di ra- do o non mai fogliono altieri arreftarfi i moderni penfatori. E qual fu mai quella primitiva operazione che noi repu- tiamo COSI attiva e teconìa da tutto produrre il teforo delle fcientifiche cognizioni nella valla fua eltenfionej Ciò che fé didiriguere l'uomo di mille e mille elTeri che riempiono l'aria, la terra e le acque, fu la felice articolazio- ne dsi'fuoni, che in forza della propria org\nizz.ìz oae dove l'uon-.o mandar fuori dalla bocca fin da' primi momenti de^la Tua efiflt-nza , la qual cofi fi nominò p/irol^ . Fu verame ne quefla parola un gran paff'i deciiìvo dell' umnira che col tempo ridotta a metodo artificioio fervi à difvilupjare i peo- iìeri. Ma la parola che cominciò co' primi paffi dati alla vi- ta dall'uomo ufcito dal nulla, mn fu una fua invenzione ma s\ bene ui attributo diftintivo della fua organizzazione na- turale , pel cui m zzo il Creatore volle mo.^rargli , che a diffrenza di ogni altro elfere animato era egli d-ftinato alla focialifà . Imperocché la parola non abbifogna all'oomo per indirizzare i luoi voti all'eterno Amor del tutto , non per * racr 4 racco manc^arfi alle foftanze incorporee di lui miniflre , noti per coir.andire agli efferi non ragionevoli a lui l'oggetti, non per cont.ibaIar con fé fteflb. Finché egli fi vide nella prima fua deliziofa dimora tutto folo fra' quadrupedi a' Tuoi piedi fottopoiH e fra' canori volatili che gli fefteggiavano fui Capo, dovette con niecivig'ia e diletto fé ibflb e gli altri contem- plare e notar .che alcjna/cofa particolarmente da quelli lo dilt'ngu'va, giacché non fi udì corrifpofto allorché verfo di loru qualche fuono profferiva . Ma come ad un cenno del fupremo Ente vi-leli dappreffo un nuovo oggetto che lo raf- fomigliava nella fjrma e lo fuperava in delicatezza , è da erederfi che attonito miroUo e con voce di lieta meraviglia mofle ad incontrarlo, voce che altra fimile per avventura m traile dalla vaga fi;^m'a che gli fi po^e accanto, ed aprila un diilogo di fuini articolati che disvilupparono le novità de-' moti interni e de' primi penlieri di s'i mirabil coppia. N 'n a-T ftaroafi certamenre a que' olloquii della prima coppia de'noltri progenitori i prjgiJIl Jella parola, e fi tras- fufe ai figliuoli e r' nipoti f} j' fanuli foprawenuti nella forraizion; delle, famiglie patriarcali antidiluviane . E non può dubitarli eh va feconla de'bifoj^ni della vita la parola fi arri^thì di vy, o di nomi che dir fi vog'iano , che gli oggetti efprelTéro , neceflarie a fuffiftere e a confìftere CJti agio , e fucceffivamente a disviluppar regole , ronfigli , pre- cetti e doveri , che form-irono li (jpienza volpare nafceate. Co-'i nacquero di mano in mano i vocaboli che dinotarono le^cofe, I movimenti di rincref.imento o di gi'.)ja , d'ira o di affezione , e quinto pjtè occorrere ai primi ragionevoli abitatori della terra ; e la parola con acconce inflelììoni di- venne fentenza , r^iziocinio , giudizio, dif.orfo ; e colle etni- grazioni d-lle famiglie che li fparfero p.-r la gran felvadeJ.'a terra prefe andamenti a ciaf».uaa peculiari negli abituri , al- ber- bergoli , recinti ò\ qualunque fl:nomlnaz'one ne' quali filTaro- no la prop ia dimora . Occorfe inranto all'uomo dì fovvenirfi de'paflati nomi dati alle cofe , e tanto ne feppe quanto la memoria ne ritenne, e rparvero come quefta venne meno. Occorfe a'tres'i di con- ferire alcjiia cofa con qulli f'ella propria fpecie eh.' in lori-, tane ri-gijtii eraifi ftabiliti,nè potè in alrri foggia fupplirvi che con m.'fl'iggi che per la voce parte;ipairjro e Is duman» d- e le tifpvlte , Tempre col dubbio o che mal fi rifeiilfe o che fi traJiife l'arcano. Oltreacc ò ben potevano gli a tidt-« luviani longevi non aver b fogno che della propria v ce col- le generazioni alle quali furono coevi- Ma comi l'età dell'' uomo divenne di più corta durata , almeno dopo l'univerfdl diluvio , mancata h viva voce e ilorie e fc )perte e leugi e m^norie , tutto giva a' perire, né altro ne rmaoeva che una poco particolare.'giata tradizione che con gli anoi di giorno in giorno s'indeboH ed al fine totalmeire difparvt? . Tutte quelle orcorrenze fugerirono all' uomo ia necefiltk alToluta di foccorrer la memoria, di conimunicar co'kntan, di premunirli contro b rapine d'Ila morte e del 'empo. Ed ecco donde a lui provennero gl'impulfi ad aguzzare l'inge- gno per Mniracciar la guifa di fiflar fu mute inerti materie, lu pietre e metr.lli e fo9lie e pelli di cgni fpecie, la mira- bile proprietà umana delia parola. Nato quello pr'mo penfiero fe^^uir ne dovette un altro , quello di «lare a' Tuoni della nropr a voce una nota, un fegno che gli dift'nguefie e n' confai vafle alle occorrenze e ne ram- ment-ifle i'u'o. Or cunii e quali sforzi coltar non dovete? all'uomo il Tublim?? d fegno di convertre in note non lo- quaci e i p'nfi-iri e i fjoni delli propria voce, e fare in fe- ^u to che queite note o fegni acconciamente aianodati /crif' tuta divenifiero? s E' quefta, pregiatiffimi Colleghi , la primitiva prodiglofa operazione dell' umano ingegno che non ha guari enunciai e che confiderò qjal primo Itabile fondamento di ogni Icienza e di ogni arte. Una idea che all'uomo fopravvenga ma che non fi cotifervi , può averli in conto di non disviluppata to- fìo che la memoria Te ne in lebolifca e fi dilegui . Ren luta ftabile col fottoporfi alla villa p.T la fcrittura, può effer le- condata e f^gu'ta e divenire f.-rtile fcaturigme di pen!ìeri ul- tciiori, di de-iuzioni vìe più importanti, di nuove fcoperte, di quanto in fomma racchiule il teforo delle fcienze e del- le arti. Mnemofine madre delle mufe, fenza il foccorfo del- la fcrittura , farebbe obbligata a non ceflar mai dal far mi- racoli ; ma la natura ( voi vel fapete ) quanto è difpolta a produrre opere mirabili , altrettanto è lontana da' miracoli . Adunque fenza quefto gran mez^o della fcrittura , ritrov:Uo rutto umano ( poicchè il Creatore non l'ha rivelato ) l'uo- mo da lui creato a fua iinmagine fi elevò ad arricchir la terra di prodigi! . Per quedo mezzo da agricoltore, cacciato- re, pallore, artifta , raarin.ija s'innalzò alla contemplazione, tenendo conto di tutti i paTi che dava, e fé de' peniieri fuoì conferva e gli fottopofe alla villa , per ripeterli a fé (leflb ad ogni occorrenza con una occhiata. Io mi figuro io Crotone fiorente, e non già folinga e fpa- ruta quale ora fi ravvifa , Pitagora circondato da (ìlenzofo duolo di afcoltatori Italogreci di entrambi i feffi , il quale apparecchiatane con- la mulìca V attenzione e la pacatezza dello fpirito e del cuore, profonde in copia le ricchezze del- le fue meditazioni , mentre che i piii chiari Pitagorici Te- lauge , Filolao , Timeo , Archita , Epicarmo, e le crebri •Pita^orine Alia, Erirefe di Fing..il,fe i canti di Selma rinialfa fniìVio confinate ne' monti Scozz-fi e abbandonate ad una foh- taria trdizione, fenza paflare per opera di Macferfon , in- vei'f^re o tr^iduttor che fi folTe , al continente dell'Europa, fi f r be cunjf.iuto il Bardo OlTian nella nobile verfioce dei GeLntti ì Se la mufica fi rimaneva ai primi fooni for- mati da' colpi di martelli fabrili lafciati cadete ia cena ca- denza fuUe iacudini: (e non paflava dal Pitagorico Aridofle- no all' ini'enzior.e della mano di Guido Aretino per mezzo .della fcrittura , quando quell'arte divina che partecipa dell' armonia delle sfere, avrebbe coln^ato Napoli di gloria e l'Eu- ropa di dolcezza per le note immortali palTite dal cembali alla fcrittura del Pergolefe, del Jommelli , del Pai fielloi' Cef- fo dall' efemplificare in un confedo di tanto fenno , che la- P'à veder da fé quel che io balbettando aggiugner potrei , e palfo ad un'altra ricerca. Jl gran pafla-:gio dal lavoro delle braccia agli slanci dello fpirito , dalla parola alla fcrittura che gii conferva , gli fu- gerifce ad ogni incontro e gli tramanda alla pdler'tà, fecefi per gradi ovvero ad un tratto ? La natura che no.i ama i miracoli , fapete che abborrifce uG;ualmente i falti . Per evi- tarli e per feguir l'uomo alla pefta ne' fuoi ritrovati , bilo ne» p gnerebbe ce«ven!r prima ful^e mìgliaja di fecoli di cfiftenza di quello pianeta che abitiamo , ed in tan'a notte cercar le prir»!e v»ftigia della fcrittura . Se afcoltiamo gii Egizii , i Frigi» , i Caldei, i Ginefi , gli Sciti , luui cootano a cen- tinaia di migliaja , non che a decine , i (ecoli , e coiitef;ro accaijitamente per l'antichità. Nund.nieno le riduzioni allro- I) m che della voce anno chs da pruiu li^iifi:^ rivoluzione^ la cietinaroHO infine ad indicare il giro lolars di tijdci tnetì, e le ceinioaja di migltaja di fecoii difparvero , e nelle co- nolog'e iperboliche s' intefe ragione , -jd i computi fi approi» Cmarono all'ebrea. Cosi la Conaca Egi^fiaia diede all'era volgare óiiZ anni, Diogene f^aerzio 6158, Diodoro di Si- cilia ^081, la cronologia babilonica 6x58, 1' Indiana 6204, Je tradizioni Gin fi dico o poco pù . A quelle moderate riduzioni attenendoci ancora, privi pur ci vediamo di ioccor- fo, e non ci rimangono ù non congetture per rifalire all'e- poca dell'invenzione della fcrittura , Avventuriamo qualche conato . Quali furono le prime note Indicanti i Tuoni della voce umana deftinate a confervare le m.'morie paifate ? Stranezza farebbe affermare che primi folTero i caratteri che oggi no- miniamo Fenici, Caldei, Siriaci, Etrufchi, Grr-ci e Luinij e pure quelta fìranezza fi è avanzata da un gran numero di fcrittori. A me pare che paiTar dal fiato che rompendo l'a- ria produca un fuono, che di fé non laici imprelTione alcuna vifibile , all' invenzione artificiofa di caratteri dalla mano trat- teggiati , farebbe la cofa ftefla che di un falto volar da un remore non apparente ad un fegno che fi tocchi o fi veda . In qualunque epoca dell' efiftenza dell'umano genere av- venifle, convien pcnfare, che come l'uomo ebbe affcgnati i nomi alle cofe che vedeva, per richiamarne a fé o agli al- tri le idee, dovè mollrare le cc^fe ftelfe. Come efprime il Toni.ll. 2 Un- IO fa.iciullo. un pomo, che defi^eri ? lo. cerca con gli ocelli e f ad lira; come uà animale fhe lo (paventi ? 1' accenna , e (ì aTiira . Come manifella il mutolo il fuo concetto fé non pei: atti o corpi ciie fpiegliino i rapporti naturali che elTi hanno alla idee? E dove fé non in queflo è fondato il prin- cipio dd naturai parlare primitivo riconofciuto da Platone nel Cratilo e da Giamblico, ne Mtfterl degli Egizii (i ? Qaz- fti furono indubitatamente i primi caratteri ^ de^qualL l'uomo^ fi. valfe a rapprefentare i fuoi penfieri, qjefla la prima fcrit- tura nella fua fanciullezza , le Co/^- .. La ftoria na fornifce efempli . Lo Scita Idantura volle- rirpondere al Perfiano Da- rio che gì' intimava la puerra , eff^re i (uoi popoli non ric- chi ma che fapevano coltivando la terra fufliitere, e mane^- gianda le anni difenJerfi . Ciò ia:licò con^ cinque parole jW/, inviandogli una ranocchia un tono un uccella- un dente di un arairo un arco da faetrare , che da'coafiglieri del Perfiano male s'interpretarono. Tarquìnio coir una bacchetta troncan- do i capi de' papaveri efpri.ne per cofe il fuo penfiero al li» gliuolo che era in Gabii»Una folia. di peJao.ti trapaflaii con erudizione fenza modo e con niuna filofofia folleiinero che le lingua cominciarono prima delle lettere. Il gran Vico il maggiore de'noftri filofo^ con merafifica eJ erudizione uguil- tnente folide e ftringenti che gli mette in rotta ^ prova che le lin=?u3 e le lettere nacquero gemelle ; paradolTa apparen- te chi è una verità eh? fi palpa. Oflervare una cofa > è di- notarla e dillinguerla dalle altre; indicarla con un motto, è defcriverla. Come fepayare la parola da quella prima fcrittu- ra d?lle cofe,' Pollo Tuomo in via per l'efirenìone vifibile de' fuor pen^ fieri, pafsò dalla fcrictura reale, alla feconda che è la gerjgli' JÌCA (i) Offervifi Di^Principa di una- Scienza Nuovi del Vico la degniti 53. n fca, vide egli il bifogno di j-appeìlaffi le cofe allcrchè noti le avea prefenti, e ritenendone nell' jmniaginazionè le forme «d i fegni diHintivi, <;hi fa che da priaia non ne tratteggiò col dito nelU polvere i contorni e \à grandezza? Chi fa che , non cominciò da l'abbozzar f^cch; figure di una pianta, dì un uccello, di un infetto^ di un psfce per richiimire alla memoria fimili produzioni naturali? Chi fa che per elle non pafsò come per muta comparazione ad efprìniere in akri og- getti qualità rafllirtiiglianti , e colla figua'di un tigre o di altro animale non volle indicare la fiarezza? Hj ardto addi- tarvi come confettura ciò che elTer •dovette ft'^ria . I popoli remoti che mag-^iormente ambirono di eiHjr tniuti come i più antichi d-Ua t^-rra , altra manica da prima non elibero di fcrivere i penfìeri che per geroglifici . Gli Egìzi! o' ebbera nelle loro due prime età dette degli Dei z de^li £>-o/ , che fecondo il loro avvifo precèdettero qujMa degli uomini (i)» Fede ne 'f.moo le loro pìramdi ed obeiirrh' ; e n'ebbero di diverfe fpe.ie. Geroglifici naturali e parla ni fi dilf ro quelli che ind'cawnio pianie, fiori, animali; altri erprélT.'rL» per la forma fei'nalata l'oggetto, cime un circj'o il S Az rappella» va imitandone la roionJiià; ebbero altri un rapo jitj di con- venienza, e per l'ippotaino additirotio l' impa ie izi , p 1 coc- codrillo l'infidia o la crooiltà , delle qmli eoe ii occupò Porfirio 2 .Prr Herogiitìci voglio.io gli fiorici naz onali che fcrivell'ero anticamenie gli Scozz'fi remiti abitatori dcUuhi- ma Tuie. G roglifica fu la fvrittura Meflicàfia i' é qu i che reggevano le popolazioni, facevani all' imperaJore le loro re» lazioni dipingendone le pariicolautà più figoifi^anti (jj.Di- * Ititi'. (') Legpafì i1 Canone Cronico 'Egiziano del civ. Ciov^.nni Marfam . (2) V?d Hijìoire du Monde fiurìe & profane tom. i. iiv. 4. (J) Potrebbe intorno a ciò o/Tervarii il tomo U pag. 6j delia noflra Cri" tua Diplomaitta pubblicala in Milano l'aano iSj5- '3 Frcret che effa provenne da una invei^zione precedente che n\h fcrittura flefla equivaleva, c'oè dal T ufo di alcune cordel- line legate infìeme come leganfi le parole ferii te che forma- vatio una fpecie di 1 bro che difviluppava i peofieri (i). Ne inverifimile parrìj ne'Cinefi l'ufo di fmili cord; atTerito dai Freret, trovandoQ ia gjia parte oppofta del globo tra' Perù- viatii fiffaJta fcrittura ne' loro ^e ^rte Typagrif fhìta ^ td anche logevoaldo Elingio De Hijitria Lin^utt Grtuét. per applicarfi p. e. alla fcrittura Cinefe ed a' geroglifici delle altre, the hanno apparenza più di enigmi che di caratteri? E fa l'uoTio le s'inveaiò,ed in tantvi guife i fuui difceà* denti le alterarono, rimane ad offeTvare eJ indicare, fé pof- fibil fia, I per qual via egli poiè rinvenire- i caratteri de' jTuO' ni ; 2 quali popoli ci la/ciaro'io i piti antf^bi monunfinti di si mirabile op -razione; 3 qui^l nazione Europea fé ne approfitta prima di ogni altra. Ad ogni paffo anJreoio incontro ad un pericolo; ma in un campo inceflantemfiate fmolfo e lavora- to e non ancora diflbdato appieno;, farà permcflb aprir qual- che folco . Neil' inveftigare in qual maniera potè l'uomo con pochi caratteri induftriarfi di elprimt:re tutti i fuoni da eftrinfecar per le parole i penfieri , confifte furfs la p.ù fcabrofa delle ricerche che intraprendiamo. Ne fatò come po'To alcun cen- no; e fé riefcirò ad intravedere la poffibilità fola delli guifa OH' e vi fi giuiife, 4ni riconcilìerò coli' ardaitk che mi lgo« menta. l'ore ( ofo dire) la natura fv?gliare 'neli' uomo collo ftrì- fciar della folgore l'idea di un Giove fulminante, e fu^erir per ronn,nat>pea la voce Z yr per indicarlo; e prefeutargli f»oi l'altra idea d'imitarne par geroglifico la poffanza fegna- ando una rapida fiamrna che rerpeg^i(i). Quelle idee poteva- no deter.ninario a cerca.e i f^goi da in.^icar gli elementi di ^ueiU parola. In tal ca'o il ferp^ogiar d-Ua fiamma nell'at- n>osfera col faono eh? forctia fcoppiando fimile a quello che fi fa nel prifF-ririi Z.;r,pjtè foTi.n aiilrare il primu elemen- to di qu,'lla parola, ed ine na-" alla mano ad im car la li- nea che corre la fiam.na ferpendo ed andar dalia finiiira alla delira i.rizoufalinenie \z) , indi dal punto che termina quella (•) T.;vrtfàT'R?u'-a T , lettera a (») Tav. I fi^. » ) leiiera 5 *5 fetta alta clanra, fcencf.'re obliquamente alla dm (ira formando un an3olo acuto fi), e tornar dal punto eftremo di queft' altra linea alla d-'Rra alla maniera bufìrofedonn grcca ed etrufca tirandola parallela alla retta, fuperioie fcos'i (i) . Niuna cofa parmi che ripugni a tener probabili quefte ide^ e ad influire a trovare i fegni, 7n;j.xTx^ de' fuoni . Con fimile indullria potrebbero rinvenirfi, altri fegni.ll verbo Arcadi, Greci, Etruschi e Latini . Non vo' lafciare di ricordarvi in fine la * pre- ci) Mei libro V delle fue Storie . (i) Nl> additiamo una parte, Cknebrardo , Bellarmino, Arias Mintano, H'jet, Ca mer , ivlontlaucon . Renaudot, Giufeppe Scaligero Giozi', H >t- tinger, Catjiibon, Druiio , Wa;er, Cspella , Walton , Bothard , Voffio , Pri« éiì\ì\ , òhuckford , £eiaard ecc. ecc. 40 pr^tenzione dì alcuni dotti boreali, a' quali è piaciuto di afle» lire che non altr mda che n^' loro paefi fiefi trovata la ferir» tura alfabetica- Ma Giovanni ed Olao Masni cIt; foftennero che i Goti fin dal principio del mondo coofervarono le ler- tere travate divinamente da Adiino: Goropio Bacano che fi venire la fua lingua Cimbrica dal Paradifo Terrjfire : Olao Budb-ciiio che v iole che le lettere Greche fieno figliuole , che il (ìg. Fabbroni creda efere uno ftenb popolo i Celti e e i Pelafgi. Se per Pelafgi intende popokiioni erranti, come li defcrive Stra- bone , i Celti furono fen7a dubbio Pelafei • Ma fiano flati pure una ite'fa gente in origine, abbiano molTo doncfe che (ìa , egli t) certo, che gli antichi h:n dato il nome di Cel'i e di Galli a quelli , che per la Scilia entrarono in Germania, popolarono tutto il Notte . occuparono le G^'lie , e le itole vicine ; e han dato quel di Pelafi^i a quelli che sboccati dai.' Af's fi liabili- Tono nella Grecia , fi fparfero rer le if.-le dell' Arcipelago , e del Jod'o , C afferrarono terra nella parte piCi meridionale dt'l' Italia . Ma anche quelli ( quando non Cì:> nome comune delle più antiche popolazioni erranti ) co- me trovarono i Lelegi , e gli Aoni nella Grecia , così trovarcno gli Opici e gli Aborigini in Italia , a que'li fecero da orincipio la guerra , e alta fine eon cfTì fi mifchiarono e coniufero . Così può efTer vero , che nell'alta Ita- lia, e appiè delie Alpi s'incontrino veftiqie della celtica lingua ; e i Fenici nelle maremme orientali e meridionali , e in quella, che fu pr pr amente Ita- lia , introduHero vocaboli e forme della materna lor lingua . Del redo la fo- migliania de' termini nelle lingue non fa maraviglia a chi riflette alla lorco- roune origine; e quanto piti alto fi fale nell'antichità, quanto piìi all' origi- ne loro ci appreffiamo, tanto maggiori argomenti di affinità , e di raflomi- glianza vi fcnrgercmo . Noi abbiamo in altra Memoria determinato ad uà dipreflo il tempo, in cui penetrarono in Italia i Fenicj,e traquefli i Tureoi» 3© ,. . , ... nafceffe l'imperio di Roma, dice Livio (i), fìendevafi grati- demente , e (ul mare , e in terraferma la potenza de' Fo- fcani . tffi avcano dodici città nell' ^truria . Ma crefciu- ti oltremodo di ricchezza , di popolazione , e di forza , fpe- direno dodici colonie di là dagli Appennini , le quali di tutti que'luoghi s'impadronirono, che erano di Ih dal Po, tranne queil' angolo ov' erano i Veneti, che intorno al golfo abitavano. Ivi altre dodici città a\eano iabbricate ^ che fui modello reggevano delle dodici dell' Etruna . Le ricchezze però, e gli agi, che le accompagnano, fecero dimenticare i mezzi, onde aveano quelle fertili contrade acquiflace , e li riduffero a doverle cedere ad un nemico più povero -, e pifi bellicofo. I Galli sboccati con impeto dalle ftrette dell'Alpi, entrarono in gran numeio nel paele , che giace tra gli Ap- pennini , e le Alpi , e dopo varie e fanguinofe battaglie , finalmente dalle terre circumpadane difcacciarono i Tirreni . Pretende il Cluverio C2}, che i Tirreni difcacciati dal Po vennero a fermarli neli' Opicia , o iìa nella primitiva Cam* pania . Vediamo fé regga a martello la fencenza di quello- erudito Geografo . Diodoro Siciliano (3; riporta la fuga de' Tirreni dal J'o al tempo , che DioniOo tiranno di Siracufa cingeva di Rretto aifledio Regio .■ Or 1' afledio di Regio ac* cadde verfo la fine del IV fecolo di Roma, e intorno atre fecoli e mezzo prima di Crifto ; gi-ìcchè Dionifio dopo uà rtgno di 38 anni mori l'anno dell'Olimpiade 105, 358 an- ni (1) Tufcorum 'ante Romanum ìrrtperìitm terra marìque cpes patuefe- E po- co appreflo : Si in utrumijue mare 'oergeates inccluere urbibia d:wHe>ì's terras p'-us eis ^penniium ad infentm mìve ( quefta è 1' Etruria ) ; poflea trans ^ipinnintim totidem , fjuot capita originis erant coloniis mijjis ^ qii.e trais F'idinn ornila Joca , excepto Ve^ietorum an^ulo -y ^ui fin:tm circunicolunt nti- ris , ufque ad Alpes teiuere . Liv. Lib. V. 33. SiSt, tranfalp. (2) Strab. Geogr. Anr. lib. 1. e, zz. <3j Biblioth. lib. XVI. 3'' BJ prima di, Cnf^o , l'anno di Roma 395 (i) . Ma i Galli prelero Roma dulia di ki fonJazione 353 , e non è da cre- dere , che ufciti dal patrio nido fi fiano portati dirittamente a Roma,, fenza impadronirlì prima di' luoghi , per li qjali doveano paflare . Dunque e l'ingrelVo de' Galli- in Italia , e la caccia data ai Tirreni dai contorni del Po , dee riferirli ad un' epoca, anteriore di molto a quella , che le ha. Diodo- ro affegnata . E però fembra , che confervata. ci abb'a- Livio la vera, data di quello avvenimento. 1 Galli , die' egli (2), entrarono in Italia dugento anni prima che efpugnafTerQ •Chiufi , e prendeflero Roma ,. e molto innanzi che a lare aveffero con coiefti Tofcani ( parla di que' di Chiufi ) che erano nell' Etruria ,, ebbero a combattere più fiate con quel- li che abitarono tra l'Appennino, e le Alpi.. Or la prefa di Roma accadde 1' anno 363 dalla Tua fondazione , come ho poc'anzi accennato . Uopo è dunque di dire , che fiano iti Italia entrati i Galli l'anno 163 di Roma , e non gaari dopo abbiano forzato i Tirreni a ripafìare gli Appennini. I Tirreni , fe^ue a dire il Cluverio , difcacciati dal Po paiTarono nell'Opicia, e- fatta lega con gli Umbri e i Dau- nj la più fiera ed oftinata guerra fecero ai Cumani , e ciò folo per glofu d.'Ua di coltoro m,'rav!g'iofa fortuna . la foftegio di quefla fujpoGzions- reca, ut luigo di Dicn fn d' Alic'.rnalTo , nel, qual fi racconta la gJerra fatta a' C ma- ni dagli Etru'chi collegati con gì' U.nbri e i Diunj '3Ì . Viene quindi a. conchiudere , eh? l'arrivo de' Tirreni n.-ll' Opi" (1) D'ai. SIcu'. !ib. XV. Cic. Tufc. §; Veggafi il Petavi», nel Rjiìo'?,, Temp. P. r. lib. nr..c. I. IO. (2) Diirenih tfu'tppe ann's ■, avlequam Clufii/nt oppugiareit , nrbsmque fif. raa'n caperint i »ìter ylpsnnìnum AìpiJ'jut ''""'l'^ant t fiipe ex'fciiut G iHici r>ri^n''tre t Liv. lib. V. (^; Djonyf. Halic. lib.. VII.. 5» . Opic'a ca^e treil'olKnpiade 64 y regnanc^o in Roma Tar. quinia Pni'co » che è i'epjca della loro tugi dal Po , co- me le dedur fi pjteffe dalle pirole di Diomlìo , che fof- fero venuti dal l'o gli EtruLbi alleati degli Umbri , e de' Daunj . lo fon perfua 0 al contrario , che fé è vero qu^I che delia guerra concia i Romaiii racconta Dionifij, il Clu- verio favella in aria , e , come uom dice , e' non annoda; perciocché anzi dal racconto di Dionifio il fa chi.fro , che a-in 1u queJa la prima volta che entrarono nell' Opicia i Tirreni, e da graa tempo dominavano quelle contrade. Ve. dremo pjco appreffj , cjms l'autorità dell' AlicanuiVeo , di cui G fj. fchermo il Gluverio , ie di lui prerenfiooi aperta- mente dillrugge. Bafta ricordarfi per ora , che i Tirreni , giù- fla la narrazione di Livio, molto innanzi che Roma forgef- fe, aveano diihfo l'imperio loro dall'uno all'altro mare , e tutta i'iialji av-eano della fama del loro nome riempiuta . Ed io non fo il tendere , come abbia potuto reftar Caramillo Pel- legrino in bilico tra l'opinione del Cluverio a troppo leg- ger foniiamenio appoggiata , e la fpecchiata autorità di Li« vio , e molto più di PoLbio . Quefii ?.vea prima di Livio chiaiamente detto , che quando poflcdtfvano gli Etrufchi le. pianure intorno al Po , pofledevano ancora i campi Flegrei all'interno di Capua e di Nola; e perchè faceano fronte a tutte le altrui inalvagge intraprefe , erano venuti preflb gli fìranieri in grandilTjma riourazion di valore . Ed e' vuole al- tres'i , che quando delle imprefe fi p^rla^e delle fìgnorie de* Tirreni , non fi debbano intendere del paefe , che a tempi fuoi abitavano , ma di tutti i luoghi da lui accennati , che da i Tirreni nella Campania principalmente fi erano pofiedu- ti (i). Or non combatte egli di fronte l'opinione Cluveria-. na , (i) Tlvn/ fKJTo. y% ijairsT'i* ta TaXniav IvvMVTt) Tuppiivii xar n; y_p;/os x-xt Ter, fMypf.M TTirt x«^sf/.i>•« Ttt irifi YLairuiiii x«j No^v* mìia, E poco appreiio ,» na, quando afferma , che i Tirreni eranrj gi^ nelPOpìcia, quando pofledevano lungo il Po quelle terre, dalle quali fu- rono poicia difcacciati dai Galli? E' dunque fuor di dubbio, che la venuta de Tirreni ncll'Opicia fia anteriore ancora all' ingreflb de' Galli in Italia; e però quelli , che vi vennero, non furono gik i Tirreni del Po, ma dall' Etruria immedia- tamente fpiccaronfi. Debbo condurvi tra quelli gineprai, va- lorofi colleghi, per potere colla face della critica alla mano, in mezzo a contrarie autorità , e tutte di gran pefo , deter- minar quello , che fi convenga credere fenza temenza di er- rare. Quella ricerca vi porterìi a ravvifar ne' Tirreni i fon- datori delle più antiche citta della Campania, e a fcuoprire l'epoca del lor nafcimento. Convengono tutti, ed è cofa oramai pofia fuor di eontra- Ho, che Capua fu opera de' Tirreni. Livio, Strabone, Pom- ponio Mela (i) la chiamano citta de'Tofcani. Servio (2) di- chiara,eflere fiata fenza dubbio da'Tofcani edificata. Lo con- feflava Catone nelle Origini delle citta Italiche (3), e lo con- tesa Velico Patercolo, antico ftorico Capuano, ed altri ancora preffo di lui (/^). Ma non fono tutti d'accordo fui tempo della di lei fondazione. Catone, il quale a giudizio di Dionifio d'A- licarnafib (5) avea con fomma diligenza raccolto le Origini delle Italiche citta, pretendeva, che ella era ftata dai Tofcanì edificata circa 260 anni prima che foife prefadai Romani . Ma Tom. II. 5 fu ilo xiti T»f Ì!-ipiPTcti Tuppnvu» S'irafUtif nX!"' Tisiu^ui tok ayaptpicy tiri TX.i> yi/u xaTtyoiitviiii wr etvnur \Kptii , aK\ tiri tu nrpitipiifiita ■rrtS'itt x«( Tas ix tutui' Tk'dero loro ajuto per fottrarre all' odia- to giogo la patria . Cade dunque la fu^ipofizione del Cluve rio, il quale da quello racconto di Dionifio vuol dedurre, che gli P.trufchi congiurati con gli Umbri e con i Paunj furono quelli del Po , e che quelli fiano (lati i fondaiori di Capua. L'altra è, che Capua eTifteva prima dall'anno lói di Koma , quan lo accolfe i banditi Cumani : or come fup* pone, che fu edificata l'anno 282, come pretendeva Cato- ne? E dove trovar ragione di dubitare del racconto di uw* ftorico di tanto pefo , come Dioni.'ìo d' AlicarnaflTo ? Forza è dunque di conff::ir;re, che la fondazione di Capua è di qual- che fecolo più antica, che non creJea Caton.? , e che non fu digli Errufchi del Po eretta, ma da colonie venute di propo- sto dall' Etruria . Non farà dunque fuor dì ragione abbracciare il fentimento, chea tempo di Velleo Patercolo era comune, ed altra oppofi- zion non a^ èva, che l' autorità di Catone. Velleo medefimo, che come Ilorico e Capuano doveva efler nelle patrie anti- * chi- ^6 ., , . chitk verfato più d ogni altro ftraniero, confuta l'opinion di Catone con un argomento bens'ijche al Pellegrino non fem- bra efficace , e a quella adcrifce , che era de' più degli fcrit- tori (i). La fentenza de' più era, che Capua fu da'Tofcani edificata ottocentotrent' anni prima del tempo , in cui Vel- ico quelle fue memorie itioricha diftendeva . Or egli le in- dirizza al Confolo M. Vicinio , il cui confolato cade nelT anno di Rome 782 . Non v'ha dubbio adunque , che intor- no a quell'anno egli fcrivefle. Se dunque Capua fu edificata ottocentotrent' anni prima , fegue , che l'epoca della di lei fondazione va di 48 anni innanzi a quella della fondazione di Roma fecondo la comune cronologia . In quefta guifa tro- var poffiamo fi'jridiflimo l'imperio de' Tofcani in quafi tutta l'Italia, anche pria che Roma nafcefle , come Livio il de- fcrive, e pjffiam credere con Polibio, che le grandi impre- fe, che in s'i rimota antichità fi raccontano de' Tofcani , nos fi debbono intender folo di quelli , eh: fignoreggiavano 1' E- truria, ma di quelli altres'i,che erano nell'Opicia trapianta- ti ; e poffiamo giudicar finalmente, che non dal Po , ma dall' Etiuria molto prima fiano qui vetiute colonie tirreuiche a fìabilirfi . Ma (0 Dopo aver favetlato Velleo tib. i. dell'età di Efìodo , foggiunge ; Dwn in e^teriis moro-y incidi in rem dome'ì'icam , mjximijue errori^ ,& mul~ tun difc-eoiniem da'orum opìnìonbiis . Num ^aida/ii hujus temporis traan ajuyit a fu^ci! C::>'iayn , Nolamtj'ie conditam ante an'ios fere DCCCXXX , guibiis e^'iiien adfen/erim . ^ed M. Cato fuoniam dìffert , gui dicat Ca- puani ab eifie'n Tiifcis conditam, ac fubindt Nolam : Jìetilfe aittem Capuam, anteqtiam ì Roman'ts capire'uf enn'is circiter CCXX . Qj(od fi ita efl , quum fi-it a C.ipud CCXL ^ut cnndha efì , anni funt fere D. Ego (pace diligenti^ Ca'oriit diterim ) vix crediderim tam miture tantam urbem crevi[fe , floruiffey concidiljfe , re/iirrexijfe. U Pellegrino trova debole qiierto ragionarnento di Velr leo, il quale non poteva indurii a credere, che aveffe potuto una città in sì po- co tempo fin cinquecento anni) innalzarfi ad un grrindezza , che la rendeva cmola di Roma, ed una delle -tre più poffenti città dsì mando, e cader poi e for^ 37 Ma non fu Capua fola traile coloiiie etrufche , come • qui giunfero , edificata . Doccici citta aveano nel!' Etruria ì Tirreni , dodici ne fondarono vicino al Po , tefiimone Li- vio (i),ff dodici ne piantarono nclfOpicia ^ dice Strabene (2), delle (j»di quella^ cbc n era come il cnpo ^Cnpua nppdlarofio. Nel fe«?ro, fjogiung« (j)» ^ Capu.i toro Metropoli ^ capo vera- mente dell'altre feconda l'origine del nome ; poi, he l' altre po- trebbonfi in confronto riputare piccioli ca/ì:lli , anzi (he no , tranne Teano Sidicim . Al qual luogo del greco Geografo al- lude Euftazio nel cemento fopra Dionifio Pc-riegera, ripeten- do a un diprefTo le Relìe parole . Dodici, à^ t^W ^ejfenda le cittJ de' Campani , nel centro giace Capua , capo 'veramente dell' altre giujìa l'orìgine del nome nella lingua latina (4^*. Qua- e forger di nuovo , e giugnfre a qusl grado di riccfiez7a e di fplendnre , in cui la defcrive Cicerou» in più luoghi . Certamente il corfo ordinario delle eofe umane non foffre quelìe quali fufaitanse efìremità ; e Roma crefcend» fempre e Tempre favorita dalla fortuna, di quanti fecoli di vittorie ebbe me- ftieri per pareggiare la grandezza di Capua? A me fembra , e il dirò con buo- na pace di quello egregio Critico , molto più frivola la confutazione, che egli ne fa , dedotta dai luogo comune della illabilità della fortuna . Non è già , che io creda valevole la ragion di Velleo a rtabilire la verità dell' opi- nione contraria a quella di Catone ; ma pub ben edere un motivo di cam- minar per la poita , di co-.fi.-ntire piuttollo ali^autorità de' più, che a quella di un folo , il tener dietro -ai progrelTi ordinar) delle cofe umane • (i) Incoluere uràihui d.-io-lenis priiis cis .^p^nninuna ad iaftrum mareifo- Jìe.7 irai' -^peinintm toti.lem. Liv. V. e. ^7. (:) Ajtixa l'i rroxit! tyxxToixia avru ( cos"; legge il Calaubon ) rit» oioy x«- ipt'Kjif iìyitix y ir\ny T%oevs Eii^iXJim . Strab. Lib. V. p. milli ?7-;. (4) Asftxx t cercarono gli Etru- fchi d'ingrandirli, furino da loro o conqjiltate , o edificate. Aff';rma con f>verthia fraache^.za il Capaccio (i) effire ftate le prime do.iici ,. o p'uttolto le fola dodici città, degli Etrufchi n.'lla Campania : Capua, Cuma , Pozzuoli ^ Erco* Jano, Pompei, Atella, Ca'azia , Caferra ,. Cafilino^ Voltur- no, e SJdicino. Kel che es)'\ fi è manifvllai-Hente, e in va- rie guile allontanato dai vero. E' parla, delle città, che abi- tarono gli Etrufchi y fenza vcuna dilHnzjone di. tempo , e ^uefie furono fenza dubbio aflai più' delle accennate da lui: poiché fé furono città etrufche un tempo Ercolano,P mpei, Pozzuoli, e Cuma, lo furono lenza dubbio ancora e Teaoa, e Nola, e Velila, e Marcina , e Stabia, e Sorrento, e No- eera. Ma noi andiamo in traccia delle piime , che entrardo EcU'Opicia fonc'a'ono. Oltracchè non fono poi dodici le cit- tà che nomina; e Caferta,che tra le aniich'fliine città etru- fche annovera , non può vantare si ahi fiatali , effendo fiata aella mezza età edificata.. Il Ma'chefe de Ar ellis,il quale non ha voluto feguire il filo cronologico degli avvenimeiJti , né riflettere, quali Etru- fCG- femani Irai. H'/fcr. Script-, tcm..r. cap-. XIL. p. ?4?. , eiacchè queflo nome S^ intele la prima vclra , allorché il fianiofo anfiteatro convertito dsi Princi- pi di Cspua in CrlVilo fii dai Saraceni occupate e 'eriuo per lei anni in- fi(-m colle tiuppe Napolir^ne di Atranafo , cio»^ da')' arno Ìs82 fino ali óHS. Non parlo dell' oricine celtica datale dal Sii.. Bsrdert' . Egl la F'e' de dalia voce ccl'ica h:ppv , o hnpDy ^ eie din( ta profperc yfelhe : frn'bbe Oato UB nome di buon augurio, (e po-enTi perfuadermi , cHe i noOri pmicniti'ti , gli O^'ici , o gli Etrufclii fiano (lati Galli , o Tedel'chi . Quello fìiiema rit\i?rdo- a;ia Campania , ed ali* Etrur.a fa a calci con tutte le memorie inconiraiiabj.-- U: dell* ant-chitì . (^i) H'tjlon. Neaj>, lib. i^ e. 2.. 40 .... fco-Fefiicj , e doa:{e fiano venuti nelT Opìcia , creda , che fiano itace Vefcia, Volturno, che egli tien per fermo, che poi fu detta Gapua , Guma, Pozzuoli, Falera, detta poi Par- tenope e Napoli , Acerra, Ercolano, Nola, Pompei , Noce- ra , Stabia, Sorrento. Mi ve ne ha tant' altre, ugualmente dagli Etrufchi fondate in quelle contrada : perchè danq ui fce- glier quelle per crederle L- più antiche, e le prime? Se Ja ragione, che induffe il Marchefe a qjefta fcelta , fu perchè creuè naturale, che i Fenicj mercatanti, o corfari dovelTero ftabilirfi fulle maremme, perchè nominarvi Acerra, Nola , e jNocera, che fono medherranee? Perchè avrebbero piantata la loro metropoli entro terra, beo dieci miglia lontana dal mare? In mezzo a tante difficolta, il Pellegrino difparò di rag. gìugn:;re il vero . Io però fenza attaccarmi ad alcun filte- ma, lenza dar libero corfo ad ingegnofe, ma deboli conget- ture, ed in cofe di si rimota antichità rifpettando più l'auto- lira degli antichi, che i lìitemi fabbricati da noi medeiìmi, cfpo rò il mio fentimento colla lufinga , che fé non avrò colpito nel vero , mi vi farò almeno più dappreflb avvicina- to. Vedian^o dunque, fé gli antichi ci poflbno fu di ciò por- gere qualche lume. Strabene, ed Euftazio affermano, come abbiam poc'anzi offer\ato, che Capua giaceva nel centro, nel bel mezzo del paefe da' Tirreni occupato, in modo che fi poffa dire, che le undici altre le facean corona dintorno , e forma- vano tutte inr;eme l' agr» che fu detto pofcia Campano, o fia il primitivo tertiiorio Capuano . Quefla è la forza dtlla voce jAiToycnx , di cui fa ufo Strabene , e ixuoyxiov , che adopera Euftazio. Dunque pare, che dobbiamo andare in trrccia dell' altre undici in un fito non molto lontano da Capua , e rav- vifarle nel di lei contorno, e non ifcorrere fino a Stabia, e S&rrento, per ritrovarvi citta tirreniche. Or di quelle che foiìo 41 fono intorno a Capua, Cuma fu opera de'Calcidffi , che da «ju.lla fpiaggia di cacciarono gli Op ci , ed è la pili antica delle colonie greche venute in Italia, teftimone Strabune (i). Pozzuoli, o lia la Dicearchia, come tu da princpo chiama- ta, riconofce per fondatori i Greci di bamo.e non oltrepafia nella fua antichità l'annj 232 ai Roma (2) . Falero , b fia Parienope » citt^ greca, nou fu mai n.l territorio Capuano. Stabia, Sorrento, Nocera , e Marcina fono troppo lontane dal centro, ove era Capua, e convien dire , che fi ftefero fin Ik gli Etrufchi , quando crefciuti di popolazione e di for- za giudicarono troppo riltretta per loro la Caupania Capua- na. Ercolino f e Pompei furono un t^-mpo abitazione degli Ofchi , indi tolte Lr dagli Etrufc'ii . Ma neppur è da cre- dere , ch« ciò fia nella prima fpedizione -avvenuto ; e i loro nomi fopracciò dimollrano origine gr<;ca piuttofio,che etruTca. Ma (e vogliamo volger lo fguardo all' antica topografi* del contado Capuano, fé vogliamo attenerci all'idea, che ci foniminiRrano Strabona ed Euftazio , fé non vogliamo ufcir dai confini deli'Opicia propriamente detta , o fia della Campa- nia Capuana , farem non lenza ragione portati a credere , che le undici cittìl , che cingevano Capua, furono Cafilino, Larif- fa, Volturno, Literno, Atella, Acerra , Trebola , Sueflo'a , Saiicola, Combultsria, Calazia. Qucfte furono fuor di dubbio po(!e tutte nella Campania Capuana; fono le fole, che nell' antica geografia in quel contorno fi veggono ; formano un fcmìcerchio intorno a Capua , che é nel centro ; e fono di Ton.il. 6 tan- (i) Strab. L. V. Ki/a» yk\v.i^(i)v , Xrfi Yiufi:tia9 iruyutUTctroi' nrirfict: ira- ut/ >«/> eri Tfne (SuTiem perciocché favellando lo dorico greco della marcia di Anni- bale, le tre vie defcrive difallrofe ed anguRe , per le quali cotidur poteva l'armata dalle vicinanze di Roma nella Gara- pania Capuana, e l'una dice venire dal Sannio, la feconda dall' £»;^<7Ko , e dal paefe des-li Irpini la terza (i). Il noa trovarfi motto di coteflo Eribano in alcun altro autore antì- co fece venire in penfiero al Pellegrino, che Polibio avefle fcritto Trebiano, ove legGefi Eribano (2). L'Olftcnio appro- vò la correzione del Pellegrino , e Merico Cafaubon cadde fer.z' altro efame nello Iteflo folpetto- Ma quando fupp^r (i debba quefta magagna nel tefto di Polibio , e vog'iafi (ofti- tuire Trebiano ad Eribano, non è egli evidente, chi fiam» ancor lontani dal trovar Treboia^ dove abbiam porto Treb'ta' noi Qual fomiglianza tra Treboia, e Trebia per fupporre, che follerò lo Iti (fo luogo ? Ne potrà f.-guir lola^nente , cha vi fu un luogo chiamato Trtbia per cui poteva palfare An- nibale: ma Trebia non è Tribola. Su quella fuppofizione pertanto e' viene a guerra finita con Livio, e lo accagiona nientemeno che d'ignjranza, di ccxjfufione , di gelolia , e d'ingratitudine , per aver pollo di * qui (0 M;tf (Hf tiro riis "Saunn^if , S'ivrira ìt V aira w ^ruPam '* ^t x«- r«XmM5 oiVj tu» /.etri ih < 'Ifirivaf-rairav . Pi yb. Hlltor. Llb> 3« J. (2j «Tra Td "TfifSictyTu , la vece di ^piiScty» • 44 qua dal Volturno Trebo^a in Jefcrivendo il cammfn tenuto da Marcello, e da Fabio. Di Marcello, dice Liuo fi), che tragittato il Volturno, per lo contido di Saticola,e di Tri- bola fopra Sueflòla, giunfe pe' monti a Nola. Di Fabio poi racconta , che paflato il Volturno entrambi i confuli erano in fazione. Fabio prefe d'affalio Combulterla , Trebola , ed AufTicola , o fia Saticola , città , die avean feguito te parti di Annibale . Or ri.9:ettare !a fpe:chiaM autorità di ù grave * ?^bg-'2'''^'^''0^2 Iffoiico,coma Livio è, perchè fi fuppone un errore r.el tello di Pdihio , e per;hè queflo fi vuol correg- gere, come ha potuto venirci in mente, o come meglio fi confa al rofiio proi-onimento , quefio è, lo dirò con buona pac^ di Pellegrino, un volerfi far beffe della buona fede di chi le^ge, e far abufo troppo ftrano della critica. Né vai punto il dire, che la ftraJa , che Livio fa tenere a M r:ello a traverfo de' monti, non potea condurlo a Na- ia, che egli anjla^a a foccorrere. Imperciocché effen.^o NoU afleciiata da Annibale, il quale ritornando dalla corfa fatta a Fai poli avea piantato il carneo al mezzogiorno di Nola; Marcello, che avea tragittato il Volturno, dovea paffare per Su'ffola , S'aticola , e Trebola, e pe tnonti di S. Mariano e Rocca Rainola diQ;endere al fettentrione di Noia per far pe- retrare agevolmente il foccorfo nella piazza . Ecco la llrada , che Livio defcrive , e che il Pellegrino non ha veduta . E* vorrebbe f.ir nafc -re il nodo nel giunco per indebolire in qu (la parte l'auioFità del padre della lloria ronaana. Ma (i) Voltirryjn amie trnnfacìo per agrurA Sar'etilanum Tre&ulanumqtte fuper Suefìolum pur moie! NJim perven'it. Li", lii). XXIH e. 17. Tra'it;relfo l''ùliuriiim Fitb'io poft erpìma ta-id.-m protìtqia , ambo confutes rem ^ercòint . Combiiheria'n & Tnbul.fn , & A'ijicolam ( fi vuo! leg°;re Saticalan } urbes , qitod ad Foenun defccerant , Faiins vi cep'it . Lu>. ib. ,45 Ma Io voglio efTer pur liberale . Sia quanto e' vuole di- fordinato e confufo il racconto di Livio : che direme della Si cliiara ed orportLuia telHmonianza di Plinio , il quale an- noveraiido i vini d Ila Campania, nomina particolarmente i viai Tribolani nel teritoro Capuano (i) ? Tutte le foli- llerie del Pellegrino non f. ranno mai , che i vini Trebo- la li , e però Trebula Ifelfa , non fumo ftari a fentimento di Plinio nella Campania Capuana , n'- che le parole in fm agroy nel contado di C^pua non omotino , che i vini Trcbolani nafcevano nel territorio Capuano . Or non è egli ragione- vole atitnerfi , trattai^lofi di cf'fe antiche , alla chiara lelli- monianza di qualcha antico e non ignobile Ccrittore, che al- le fonili o fhtiche interpretazioni, o immi^tnazioni de' mo- derni? Ma io voglio pur impattarla col Pellegrino ; ^-Oichè m'increfce oltremodo di dare fpiattellat.nnenre il torto ad uti' uomo SI giullamente rifpettato , e delie patrie anti^-hirk benemerito aliai. Sia sbaglio di ananuenfi \ Er'ibana d; Poli- bio , e ripongane in vece Tr^bìaììo , o fé (ì vuole ancora , Trebbiano. Ma non facciam neppur onta, o violenta ai due «grandi Storici della Natura, e di Roma. Direm">, che furo- no due Trebole , una di là dal Volturno, per la /»■" f«/« . JÌd quartum a Neapolì lapidem Trebelliàs , juxta dipuam Cauli'iis & hi fiio e^ro TreóiiUiit , alìoqui femper imer plelnìu > & Trifelims ^Iettata » Piin. Hi!l. Nat. lib. XIV e» f> . U) Neiie ADBot. a Caaimillo Pellegrioo. 4 ac fubinde Nolam , 4« pua eia capo. Or in qael contorno non altre clttk fi ritto. vano nominate dagli antichi , e antichiffime riputate , fuori di quelle, che vi ho poite. Se la confinazìone dell'Opicia è qua! altrove hu diivoikaro eff,;re (lata , Te la Campania Capua- tu era in origine tra tjui' confini rinchiufa , che io le ho dati , lenza aver gli oc^hi di lince, fi potemo in qu^-Iie ter- re ra^'vifirs ie prima Citta piantate dajli Etrufchi , fenza wa portarli di primo lancio fino a Nocera e Sorrento, come ha. t-itto il Sig. eie Attellis , e fenza ri^nanerfene fenza ra- g'one in furi»;, cum? ha creduto dover tare il Pellegrino. Furono l'.unqne dodici le prime Coionie Etrufchc cui fta- bi ite, perchè il d.jd ci era preflb i Tofcani nuinero facro ed augurale . Ciafcuna di effe vivea da fé con proprie leggi , e da proprj magiiìrati governata in quanto all'interna ammì- nilirazioae. Ma erano fra loro unite da i legami di una con- fedeiazione ù llreita, che formavano un popolo folo, la cui falvezza era nella falvezza di ciafcuna ri polla, e la caufa e T interelVe di ciafcuna era caufa ed intereffe di tutti . Quindi a tutta la nazione prefeJeva un Supremo Maiiilfrato col nome di Meddidutico, il qu.de eleggevafi a voti comuni niella dieta ge- neiaiii della nazione, la quale coni al fuo dove ^ Dante" Farad. Xil. Sic!)Ovpnti fiate, Colleghi illufori, di lafciar mi occorfefdl buon grado più voice e non volendo talora ) qjelta patria diletta e di ri ed -ria pofcia Tempre mai con nuova gioja e con nuu.o trafporro di filial tenerezza. Vidi in fimili oc- correnze a più r prefe ]? primarie cit'h d-U'Ital'a e dell' liitima EipC'ia e ce la Francia, e mi toccò fovente d'in- rarcar le ciglia rngol..rmente in Roma, in Milano, in Fi- renze, in Venezia, in Madrid e nel grjn Parigi . Né po- tei nel perconerne le parti più imperlanti n^n illupire di tanti predigli d-Ue arti che rinferr.in'j, d' innu n ^rabli ef(»- ticha e dom'vì.'tich? dovizie, di che fa;r.-.o i 1 )ro Mu'-i tef)- ro , (li cento in 'egnole m.icciiine e il'-imenti fifìci ed aftro- nomici , onde abbondano tar-te Biblioteche, Gabiu^nti , Tea- tri (0 Letto nella feduta de' jo fettembre 1810, 52 tri anatomici, Tflìtutì nazionali ed Oflervatorii . Mifìo al du letto che me ne ridondava, mi fi prefentò talora ala man- te, quafi noa volendo, la nuditk e la raiferia d-ella vita Tel - valigia fofpirata ed elaltata per filofofica oltentazione dal ce» lebre Ginevrino , e la comparai di volo colle meraviglie , co' ritrovati e colle dolcezze della fjc:al3 . E. di p^nfiere in penfiere quindi elevandomi, avvennemi fpeflb di rifiutere tut- to folo full' Uomo, e di efclam.ir con islancio non volon- tario, l'Uomo! . . . Quanti prodigi! quella voce in fé non raccoglie! . . . Grande, Tublìme, ammirando fpsttacplo Tem- pre agli offervatori 'Helle meraviglie che ne circon 'ano! Pro- duzione di poco fango di uno de' più piccioli globi vagami ài[ noftro (clare (li'ema : nato nuio, debole,, inerme nella claOTe degli animali,, alleìiato da moli'plici bif'^ni, iniidia- to da ceato e cento poderofe razze ferine ; 1' Uomo vince ogM oftacolo che gli rjfilte, e Io refpinge , p'ovvede alla fua fudi'lenza, dima i^li avver'ani , O-cupa campi, edifica, po- pila., reg-a, e corti uifce la ftupen-la mole del mondo civile delle nazioni , che forma i' eteno fuo elogio e l' ellafi de'fe- c li ammiratori ► Alza queft'eff^re prodigiofo lo sguardo fa- gce verfo i cielr, e vi contempla e adora una fapienza e una po'enza infinita e una provvidenza incomprenfibile, e v' incravvede !e perenni leggi che contengono nelle orbite le 5ram,enfe moli che rotano nelio fpazio , e vi fcorge le co- fianti rivoluzio.ni delle Ragioni e deg'i anni , e le ofcura- zioni per o.nche e le prodigi fé de' grandi e de' piccioli lu- minaci,, e gli apparenti errori di altri corpi per lonian ffime cllilfi o paiabole da noi divifi , antivendendone il ritorno dooo p ù centinaia di anni, attendendolo con fcurezza fulla fede di cilcolo , rived>'ndoli lenza ftupirne e con di'etto . Sc-nde colla corten^plazione entro T ombrofo gren~bo della terra che io ioitiene , e ne divifa fcortamente gli ftrati di tex- terfnì, ^\ arjj'lle, di f-'dfpati, di pietre calcaree, cìi grani- ti , di felci ciie ne cornpo.T?&no la mafla , e vi ravvila in- tepido folfi , fall, piriri, nitri, nafte che vi fi accendono, e metal! e balanite e cnitalli e gemme che vi luccicano , e me aicora voluaii immcii!: di inaeftolì fiuni che ihcL-ffan- te ente .ip-p-jrtano, può dirli, anzi che tributo, guerra all' O .ano. Jn vano la natura rinferia i fuoi mill'.riofi arcani n'=:ile vifcere djlli terra , quafi involar gli volefle all'umatia f.i.a ith, ovvero fluzzicarna 1' induliria p-rchè più cari gli rjnda la fatica di rintracciarli. Invano afiCoia la natura con» gegna i corpi di parti eterogenee, e di tenebrofi involucri gli ricopre. Franco e coraggiofo l'Uomo gli affronta, gli efamina per ogni banda, vi s'interna, gli decompone , ne rileva le bafi e gli elementi, ne diftingue le particelle, ne deduce le proprietà , e ne manifefla il veleno che uccide e l'antidoto che rifana e conferva la vita. Gli Stahal alcua tempo e i Boeraavi e i Prieifley , finché durò il flogifto , indi i Morveau, i Lavoifìer, i Fourcroy, i Ghaptal ,i Bru- gnarelli, inclita progenie dell'uomo invefi'gatore indefelTo , fottopongono ai loro chimici Javoratoni i tre gran corpi, e {cernano ad ogni palfo che danno il numero de mille i na» turali, ed aumentano i vantaggi che procacciano alla propria ra'zi le loro feliLiffup.e fccpirte. Armoto pqfcia l'uomo di fé Delfo e delle a.quiflate cognizioni foddisfarto benché non faz'o e ricco d'ingjunofi ritrovati corre prima con lo sguar- do fin dove giugne fui mare , indi con pini audici apre in ogni fenfo dovunque fpaz;a tjuelto inieiminabile elemento che la terra circonda e loveote imperiofo dis'?iunge e fre- mente ad ogni iftante minaccia. Ed in fitti allorché cre'ciu' ta l'ard ta razza umana fi divile in tante ord; v.4g>nti , e col nome or di Peiasgi . or di Tirri?ni , or di Fenici e di Tufci ed Etrufd e Greiefi, corfe per le colte bagnate dal Me- di' 1* diterraneo , quale effer non dovette la Tua baldanza o ca-" raggio che dir fi voglia? Qual petto cinto e ncitito d' ac- Ciajo non palesarono quegli argonauti che valicarono l'En- fino diligendoli alla ColchiJe in traccia di lontani tefori che favoleggiando comprefero fotto l'immagine di un vello d* oro? Le Cicladi ft-mpre fonanti, gli Ar£"pelig'ii procellofi , i vortici del Siculo mare , non isbigottirono gli Anten ri , gli Evandri , gli Uliffi. E qual coftanza,o fortezza nan ma- ;nifeflcirono ìi fchiatte Fenicie della Giudea e di Tiro che gi- rono in traccia dille m ni^re di Ofir e di Tan'o ? Che feb- berte ulteriori meno lontane cognizioni abbiano diftrutta l'an- tica credenza, che tali contrade collocate folfero verfo l'eftre- mita dell'Indie Orientali; pur non dovette il ricercarle co- flare a que' naviganti fatica leggiera, an orche lituate, come or a reputaoo,nel reame di Sofala in Africa oggi ancora iici,adi abbondanti miniere, giacché impiegavanfi in tal viaggio ben tre anni (i). Ma qual. meraviglia recar mai dee che si gran tempo e tali 'perimenti e diligenze et Zafferò fimiii viaggi, se Iacea moado , mentre cominciava a pre entirfi l'ehftenza di un nuovo continente? Si fprfero anni ed anni a ceniinaja a irisliaja nelle Tuccs-irue inveiriga.'zioni ; ed ora apparve una punta , ora un (eno nel m.onte chve s' incurva, ora ifolato (1 icoperfe un grande fcoglio , quando gittofTì l'anc'jra in una radi, quando fi afferrò un bei porto, una colonia Oabilitìi in •unj contrada atta a nudrirla , altr.^ (e ne fpedirono in bu- fca di nuove terre , di rifugio e di ricchezze in altro cielo. Ed (i) Legger vito!(l la navigazione di Salomone pteCfa Huet vefcovo d'Avran- ches cap. vjjj , n, j . 55 J.Ì allora che Abila e Calpe coftrìnfero gli antichi nocchie- ri ad arr.miirar le vele, ad attaccar le gomene a quelle ter- re , efitar dovettero per anni molti prima di tentar la fco* pena dell'Atlantide che per vaghe notizie e dubbie conget- ture prefentavafi all'avida loro fantafia (i).Ofarono p^r av- %entura taluni falpar con mal fjfidato arliinento e fidarli ali*' intentato mare, e perir vi dovettero; mentre si tri meno audaci o meno ingordi arreltaronfi fulle (pende bagnate dallo ftret- to Gaditano e fondarono Tartefo o Ca-teia (2); e quindi colla (coperta non pericolofa delle ubeiiofe miniere d'i' Pire- nei corfero altrove a dare i propri! nomi ed a confonderli in altre regioni con coloro che fé ne credettero gl'indigeni- A forza di tentativi iniruttuofi ben dovette l'antichicà av- vederfi dell' infifficienza de' prcprii -Jegni per ifparg.rfi in mezzo all' Oceano : ben fentir dovette la mancanza de' mez. 2i per gire oltre fenza smarrì rH . Affirurato talvolta qualche nocchiero da' venti etefii che fpiravano coffantemente da al- cune fpiagge fenza cangiarfi , ardi abbandonar le cofle e cor- rer pel golfo Arabico, ceno, per la lunga efperienza, della collanza di que' venti. Mentre gareggiavano naviganti Egi- zi! e Siriani per difendere nell'Indi-; il loro commercio , Ippalo che comandava un legno dell' Egitto , fu il primo ( dice Ariano di Nicomedia ) che efaminato il fito degli tmporii e la figura di qu:lle acque, fi fpinfe in alto mare fpirando dall'occidente il vento periodico eh? vi domina « pervenne a Mufiri oggi detta Coda del Malabar ''3); e fu talmente notabile e quafi fing. ìlare qucrto felice trafitto che il nome del nocchiero pafsò all'ifleilb vento, che da allora Jppalo appelloflTi (4j . Ma qualunque altro forfè nien deftr© cui (0 Ne fecero motto Pla'one ed Eliano. (2) Strabene. Pomponio Mela, Plinio. (5) Robertlon ''ùfrjuts. Hifì. (nucemìrms the ancìeiis India, not. Il- {4) il citato Ariano nel ttriplo del Mar RojJ'o ,_ cui ùlh tal foccorfo,non ardi avvanzarfì veì-fo eli una meta, di cui ignorava la diftaoza, allorché folcili nembi involavan- gli ogni Itella e correva manifefto rilchio di torcere dal cam- jnin dritto o di girar deviando da' lati o di tornar indietro in vece di gir oltre. L'uomo adunque benclrè al fommo iotraprendenre circai ferine la fua navigazione ad una parte ^ né multo eftefa,per lo più littorale, del noflro emisfero, rifoluto di non paflTare all'altro, Te di Icona fida e di più confifìeoti navi^ij non fi foraifle. E pur di quello al fine venne l'uomo a capo! E lo fulcò al fine fenza ribrezzo e con tuira fidanza queft' in- domabile Oceano; e più volte girò intorno all' intero glo- bo ; ed ora e va e riede a fua polla, e dorme fonni tran- quilli non vedendo che cielo ed acqua , e traffica e cambia i prodotti de' iuoi talenti e delle terre che conobbe prima, con quegli antipodi che Agoftino fuppofa immaginarli . Ma chi tanto fece? ed in qual guila? e quando? Non venne a noi verun Mogollo, Indiano, Arabo, Cinefe, Caf- fro, P.-ruano o llafcalteia, ad iftruirci del redo del nollro globo. L'anima baldanzosa che intravide un altro mondo che tentò dlfcoprirlo, che impavido pa'sò la linea, nacque in Europa, in ItaUa, tra' Liguri ; ed attoniti co' proprii oc- chi lei videro i Tifi d.lla Gran Brettagna, del Portogallo , delle Spagne, della Francia. E qual degli aTtichi e de' mo- derni navigatori i^ra dimenticare il nome di Crilloforo Co- lomSo, fpirito raro incomparabile che lottando con un ma- re che aitri g!an^«idi non corfe e coli' ignoranza e coil' in- vid'a, dopo aver previfta 1 efillenza di un nuovo m ndo , avventurò fé ftv-ffo all' aib'trio di un abifìo di acque e per mezzo di effe guidò l'audacìffimo vafcello colla ferenita del fa?g'o, colli coliànza del torte, colla iuhìimir'a del gen.o . Né a lui dobbiamo meno, fé dietro alla fua fcorta correndo la S7 la ftefla via girono ancor più innanzi i Cabottr, i Verazza- ni, i Vefpucci Italiani anch' effi , e quindi i Magellani, i Cook, i La — Peroufe, e tanti altri Portugheli , Francefi , Ba- ravi, Ingleli , ai quali famigliare divenne il nujvo emisfero, ed innoitrandoli nel Mar Pacifico difliparono mille «rrori , e colla fcoperta della nuova Olanda che trovarono effir divifa in due gran parti , rendettero evidente la continuazione del mare dove fuppooevafi uaa nuova terra , e la continuazione poi della terra rinvennero dove credevafi che un nuovo ma- re efifleffe. Quella ferie di fatti lumìnolì faguiti, può dirli, io poco pii di circa tre fecoli , non im^'icciolifce i tenutivi dell'antica navigazione agli occhi, non che de' volgari, del filofofo im- parziale, ad onta di chi tutto rifonder vorrebbe agli antichi? Non mortra che un mezzo ignoto all' antichitìi predò i van- ni agli abeti Europei per efeguire in un periodo non eftefo di anni quel che in più ceiitinaja di fecoli non feppe effet- tuire l'antichità remota? E come fi pervenne a difcoprire quel gran m^z^o oide (i menò a capo il memorabile pairiggio ? Ln rivelazione non r inlegnò , perchè l'Autore d.li' univerfo co' fu .i oracoli fu- ' premi foccorfe l'umanità , pir>;hè nulla le mancafle per tro- vare il cammino dell'eterna falute ; ma lafciò all'attivitìi dell'uomo lo fcoprimento degli arcani naturali. Adunque appellan.Io l'uomo a ("e flMlo e alle forze onde l'Bnte fupremo lo forni, provvide a' Tuoi bifogni e ai como- di ed ai piaceri eziandio . E quanto alla navigazione ( mi fi permetta di far qualche momento da indovino ) parmi ch2 r uomo trafficante dovette avvifarfi d'interpellar l' uomo filo- fofo , in prima full'efìftenza di un mondo ulteriore al di là delle Colonne dette di Alcide ; e 1' uomo filofofo rifalendo a' primi paffi dell' aflronomia fatti nell'Egitto e nella Caldea, Tom. II. 8 affi. 1^ afficurato della sféricitti della terra , affermò che efirter certa-- mente dovea un continente forfè molto più eftefo di quello- che conobbero i Fenici , i Pelasgi y. ed i Tirreni . Il traffi- cante paffando innanzi faper volle ancora , fé modo efTer vi poteife di condurre un legno per mezzo d-jli* aperto Oceano^ fino a,, fcoprire il rimanente del globo con probabilità di ri- torno; e l'uomo filofofo dovè indicargli la neceflita di propor- zionare: innanzi altro la folida confidenza del legno all'im- petuòlha, delle acque che givanfi ad affrontare ; ed indagar poi qualche via da tragittar quello, mare , e gir diritto allo. Ìqo pò ancor quando le ftelle fi occultano, e tutto è notte ed acqua.. Ardua, imprefa! . .• Ardua pur troppo, ma neceffa- ria ,. . . . Ma poffibile? . . .. Chi fa !. Tante fono le occul- te proprie:a delle materie componen.i. il nolfro globo , cha potrebbe accadere di rinvenirfL qua'che analogia tra alcuna produz un- terrena, già nota e le celefU ignote.. Da che fi disviluppò l'antica confufione d-lle cofe ( diceva un poeta che fìlolofava ) la. terra ritiene cognati femina codi : accol- gonfi in tonta diftanza. i raggi della, luce folare che in fette- foli minuti a noi difcende, fino a produrre un incendio : la luna ed il fole infljifcono potentemente full' eflo del mare : non è ornai dubbia l'analogia dell' elettricità col fulmine che iix aria, fi accende, e col. tremuoto che fcuote le città e le mi- naccia dal feno. de'monti e dil fondo de' mari (i): non fo- ]p vegeta, negli orti un'erba che par che fenta e che rifug- ge djl contatto, della, mano che al fine non l'è lontana , ma un fi^re volgefi al fole dovunque- la terra rotando- fel condu- ca: qu Ila nera piatta chi da molti tienfi per una fpecie di diamante , con. meravigliofa affezione tira a fé il ferro, ej ad elfo. Ci) Uri eccelletite defcrizione fé n?. ha nella quedione IH' dell' Ottica, C ilacco. Newton ». 'eflb comunica la propria forza attraente. E chi fa che il tem- po ed un'aflldua oflervazione non difcopra un giorno in s\ attivo produtio dell'India o di altro paefe ancora , qualche proprietà novella onde il marinajo poffa giovarfi ? . . . . SiiTiili cenni che il navigante potè trarre dalla naturai fi- lolofia , Huzzicarne vie più dovettero la curiofuàj.e nel cor- fo di tanti fecoli a forza di fpiare e fperimentare dovè con- durfi a icopr re nella IlelTa calamita la proprietà collante di voigerfi al Polo ignota al certo fino a' baffi tempi, che l'affi- curò di un punto del cielo da regolare il fuo corfo anche ncir ofcurita . Gli antichi naturaliiti Ariftotile , Teofralto , Eliano , Plinio, nulla ne feppero; niuna traccia ne conferva- XiO i libri che ce ne rimangono ; la qua! cofa obbligò gli antichi naviganti a lim tare i loro viaggi dentro del Medi- terraneo fenza abbandonar le code . Il desino del Trojano condottiero de'inileri avanzi dell'ira di Achille , fu quello degli antichi nocchieri che trovavanfi fmarriti toflo che gli iitìri loro lì occultarono : Jpfe (Item >2.ìHtmque negat dìfcernere coelo , Nec memitiijjfc viae media PaHuurus in u'ida . Torto dunque non ebbe l'erudito Abate Trombelli nel.'a fui d;liertazione in cu-i fi oppofe al dottiffimo camalJoL'fe Anto- nio Collina, il quale folteneva che la bullola nautica non fu ignota agli antichi (i). Pr ma però che dall'ignoranza dell' antichità intorno alla polarità della calamita fi palla Ile a faperla applicare alla na- vigazione, e che fi maiuralVe, ed accertafle per l' efperienza il grande eifetio, corfervi fuor di dubbio di mola anni .- Ne volò tizie fjperìori a quelle de' Greci e de' ,, Romani , o degli Arabi . Nel viaggio che erano avvezzi jy a fare da Canton a Siras , feguivano la corta per arrivare j, a Ceilan ; prenlevao) pofcia il Capo Gom ?rin , e profe- „ guivano lungo la cofla occidenra'e fino all' imboccatura ,, dell'Indo, e di Ih fi dirigevano Tempre corteggiando " (i)» Contutrociò una folla di autori ci lì fi incontra dichTaran- dofi pe'Cinefi. Martino Marini ( tralafcio Menagìo , Huer, Le Gendre, Vcrtìo, Fournier ) facenJo l'ertratro dilla rela- zione di Maiila (2) , allerifce che tremila anni prima degli Europei i Cinefi trovarono la buffola nautica Cj) . Domaa- diamo però quale sì remotamente fu coderta loro bufloìa nau* tica ? Certo curro ( aggiugne ) eflì ebbero che additava il meriggia da qualunque parte fi volgeffe ''4'. Kmi K' i.npe- radore cinefe del XVljI fecole favellando della butlbla con Ismiiloff ambafciadore di Pietro il grande d flegli chi 1* direzione dell'ago calamitato conofcevafi pella Choi da ben duemila anni. LuJovico Le Ccmte affarmi eh; da gran tem- po (ì conofcuno nella China la polvere da carinone^ la /iaitì' p/j e l' ^go calamitato y arti novi Ile in Europn ''g'. Ma che mai rifpondono i patrocinatori de' Cinefi alle opno- fizio- (I) Dl/juìx. Hi/}, toncernigs the Krnnoesdge w'uh the ancitnt hjve of IndÌHf tiot. 57. il) Hìlhìr. pìnìral de la Chine Paris ^777, lib. IV. (j) Mani-.ius Hiiior. Sinic. lib. IV. {4) L' iileflb nel luogo citato. (J) Mimoires fur l' itat prifent de U Chin* Paris Ì696. 6z Jìzionl del cel'-bre Buffon ?" Se i Clnefifegn dice ì conobbe* 5, ro la bufloia, perchè non 1' ufarono?. Perchè ne' loro viaggi „ alla Cochinchina prendevano una Itrada piìì lunga ". ? E quando ancor 11 conceda che conofcefTero 1' ago calamitato , diremo perciò che ne comprefero il vero pri.nario vantaggio, quello che apporta alla navigazione ? Cièi non fanno prefu- mere le notizie più accurate venuteci de' Cinefi . EfTì lafcia- rono fempre imperfette le arti che inventarono, o che forfè tla altri ricevettero da tempo immemorabile. Dipinfero pri- ma di noi , e la pittura è nell'infanzia e goffa p^'r lo più: Itamparooo prima di noi, ed i loro libri fono ben male im- prcffi : amavano in tutti i tempi con predilezione la mufica che a fronte dell' Europea dicefi che fembri un fr^ftuonj : vantano dramaii da tanti fecoli , e fono i più inond.ti e Jrregulati delia terra : offervano gli aflri ( fecondochè oflen- lano ) da decine di migliaja di anni , e fon tuiravia deboli aOronomi (x). Altronde convengono forfè tutti in credere che i Cinefi adoperino l'ago calamitato? L'infigne Girolamo Ti- rabo'chi adduce contro di ciò la teftimonianza del mi.fllanario Entrecolles citato dagli autori Inglefi della Storia UnivsrfnL'^ il quale afferma che i Cinefi in vece dell' ago calamitato ufano per la loro buflbla il ferro unto di certo empiallro do- tato della fteffa pola'rità della calamita . Or come poteva o Marco Polo o altro viaggiatore di Venezia recarci , come avventurò taluio , l'invenzione di un agi calamitato dalla China .che non l'adoperava? Altronde è provato , né il Ti- rabofchi lafciò di dirlo , che Marco no» venne in Europa prima del 1295 , ed allóra già vi fi conofceva e fi ufa^a quafi dapertutto . Ciò ballerebbe per efcludere i Cinefi dal pretendere al pri- 0) Barrovv Pieflo ilirna pochi OTioio le cognizioni -afìronoiniclie ii Cinefi ■• Brimato dell'invenzione' della baflbla , ancor quando noa ij volelle tener conto deli'aiferzio i; del rniflionario Enire- coUes che avrebbe bifogno di nuove prove . Ma un nuovo campione è apparfo nella lizza a foflenerli , cioè il pro- feffore di lingue orientali nell' univerfivà di Pavia Giul'ep- pe Hager . Egli aflerifce che la buflola nautica è di ori- gine orientale ed ufata anteriormente n^lla, China .. Da più di duemila, anni ( egli ripete ) i Cinefi hanno un carro che addita il meriggio da qualunque parte fi rivolga, e 1' qfano viaggiando pe' deferti della Scizia . Ma fé è un carro , noti è la noRra buflola ; hanno forfè gli Europei trasfoimaro in buffala il carro cinefe ? E fé quello carro fi ufa da' Ci- nefi per terra , end' è che gli Europei 1' ufarono per ma- re ? Ha inoltre quello carro fimiglian:?a veruna colla buf- fola europea ? E qual fondamento poi fi adduce per foftene- re quefto carro che pure i Cinefi in tante migliaja di anni non hanno faputo adattare alla navigazione ? Il profeffore Hager fi appoggia fu gli Annali Cinefi nell' atto fìeffo eh» non ofa negare ciò che dinioftrano ed il miflTionario Cibot e l'accademico Des Guignes,cioè che quegli ^/;;W; abbonda- no di racconti fnvoloft ^Q perciò fono pochiflimo accredit.iti . Di elfi il mero" foipetto di ciarle , favole e menzogne è quel- lo che chiamafi Scìng King , come egli nello attefla , ed in quefto punto non fi fa motto di ago calamitato o di buflola , e folo vi fi accenna che i Cinefi hanno due carri 'Velli al mezzogiorno . Ofl'irva di piìi il fign. Hager , che la buffola europea fi volge al fettentrione , ed il carro cine- fe al mezzogiorno ,, dal che conchiude che i Cinefi non hanno dagli Europei ricevuta la buflola- . Ma come non fi avvide che con tale offe; vazione egli fuggerifce agli huro- pei la maniera di diftruggerla contro di lui , e di conchiudere ger, la fua ragione che gli Europei non hanno ricevuta la lo- ro ro bufìola c'a Cinedi ? Una buflbla, dice un moderno viag* giarore ,• haano oggi i Cinefi ( che non è gih l' antico Joro c.rro, e perciò cofa moderna ) ed in affa fi trova congiun- ta la loro mitologia antica , il cielo , le codellazioni , gli elementi, uo, eihatto della loro fcienza adronomica ed aflro- logica e magica ancora , giacché il (ìg. Hager (leflTo prova che r ufauo pe' loro fortilegii (i) . Or tutto ciò che altro pruova le non che i Ciaeu non conofcono il vero utile di si preziofo ritrovato ? Se il conolceirero 1' empirebbero di fa- vole, di fogni, d'inezie divinatorie? Il fìg. Hager fi ferifce con le proprie armi . La buffola cinefe ( egli dice ancora ) rfljjom'i^ita all' Europea , e quelta che oggi in oriente fi ufa, nun è l'an'ico cairo cinefe che egli ha detto non raflbmi» gliarfi alla noflra ; di piti egli no:i negi che ad eflà preda. DO i Cinefi un culto firn le a quello che i Greci e i Roma- ni preltarono ai loro Genii Tutelari (2) . Ora chi da ciò non r.ivvifa che elfi la confiderano coma miracolafa , e n )a per la fua importanza ( giacché non fanno l'.Tvirfene p^r la navigazione j ma bensj perchè 1' acquillarono per cafj , e non per raziocinio? Avvedendofi l'erudito profeffbr di Pavia di mal poter reggere , fé fi limitafle a proteggere i foli Ci- nefi , pe' quali non poteva addurre che i loro Annali accre- ditati come favolofi , e trovandofi sfornito di ogni prova nel difteniere a' baili tempi, prefe il partito nella fua memoria di d'iend^ri la bulfola coitiì orie^ittile ingenerale; e cos^ fi vale della teft'monianza di Bailak Al Kiptehaki , il qu,ile nel fuo Tejoro de Mdrcatanti inedito dice che i padroni di vaicela ne' ma- (0 -^cH magnat'ica etiam ìi/lruilur PJx'is Sìnenfìun fortUtga ubi fcrtto tfeu titciio facieid'i ejufmodì acii iadicatur . Hyde de Relìg. vet. Per farmi . (2) Egli allef^a non folo il volume ! di Barrow ma l'opera di Srauton jìicohat of an Embaff)/ to Chìaa, London 1797. mari dell' India „ in vece den'ano calamitato ac3oper?.no nn „ piccìol pefce di ferro vuoto al di dentro che fi fa nuotare „ nell'acqua in un vaio,,. Ma che può giovae queft' autore iiied to del Xlfl fecolo , giacché ninno diforda che verfo que' tempi {i>\ in diverfi luo'^hi fi parlava della poIititH del- la calimi ra , e f'gnatamenti da Brune to Latini , e da! car- dinal di Vitri, e da Boivais, quando g'a facevanfi varie efpe-^ rienze dell'ago piantato in una lelluca o in un pezz-tto dt fugherò ? Ognun vede che ciò qiova pur meno di quel che rillclfo Ha^er dice nella pagina 7 di Vafco di Garna il qua- le fi valfc nel 1498 di un piloto Indiano che fi abbandonò alla Vidi eneofjone dell'Oceano, fatto fegato poco meno di dug-nro anni dopo dell' invenzione della buffola amalfita- na (i) . E che giova il filenzio che l'itteffo H.iger all-^ga di Ebn Junis agronomo arabo del fecok) Xf , il quale noa fa menzione dell'ago calami iato nelle fue Tabla Haf^emites?, Quefio argomento negativo al più non ferve che ad efclu- dere gli Arabi di lui patrioiti ; ma alla fin fine feirpre è li» argomento negativo inconcludente. Inconcludente argomento negativo è pur quello dell gnoranza di Polidoto Virgilio full' autore dell'invenzione della buflola . Forfè Polidoro tut- ti feppe gì* inventori delle cofe (ino a' fuoi giorni ritrovate? Hager dice ancora che Polidoro eia vicino ai tempi della flnpitofa fcoperta . La Cadetta nautica s'inventò fecondo un centinaio di croniche e di fcrittrri noa volgari il fecondo anno del feculo XIV; Polidoro fior'i tra il XV e XVl,c'oè un pajo di fecoli diliante dalla fcoperta ; fi chiama quefta .vicinanza} Allega ancora il fi;;nor Hager il filenzio di Ma- [rino Sanuto intorno all'invenzione del Gioja. Dalla f:op?r- Ita di lui all'epoca del libro del Sasuto ( AB rum Dà per Tom.II. p' Fran' (i) Farla y Scjm a Lisboa .4Jì* Pcrtaguef. \è6i 66 Franco! ) fcrìtto nel i^o6 pafTano tre o quattro anni ; or farebbe, meraviglia che egli in si pochi anni ignorale in Ve- nezia il ritrovato di un nocchiero amalfitano attivo che for- fè navigava in Oriente mentre Sanuto componev^a nel Tuo fcrittojo?Di fimili argomenti è piena la memoria del fignoc Hager, il quale ( mi fi, permetta il dirlo ) fecondochè il vento fpira or fi dichiara pe' Cinefi fidando ne' loro Aitnual}^ or per gl'Indiani fu i fatti di Vafco di Gama , 'or per gli ■Arabi per far che da. efli venga la fcoperta di Amalfi , ora fcredita. gli Arabi col loro patriotta. Ebn. lunis, or torna a Cinefi, coi quali cenchiude. Ed in iatti per conchiudere ficcome ha cominciato l'eru- dito profeffore va incontro all'oppofizione di chi non crede ;.all3 bbAbla cinefe, perchè que' popoli non. fanno col foccor- fo di. efla difcodarfi dalle code navigando . La ragione di ciò ( egli dice ) è perchè le- loro navi atte non fa o a re- filiere in alto mare, efli;ndo troppo alte e troppo m^.l co- ftruite, ond'è che noa poflbno. follenere L'impeto degli ura- cani colà chiamati tifoni che rendono pericolofiffimi i m.iri delli China ; e ne allega la. teftirnonianza di Birrow . Ma. ciò. dimollra ad. evidenza, quanto noi abbiamo detto, cioè che i Cinefi o hanno formata a cafo o copiata fetiza ogg.^tco una bi;liola (traniera nelle loro mani divenuta infruttuosi .. Stra- na co fa ! Temendo i Cinefi di smarrirfi ne' deferti fa' brica- lono un carro eoa onori di buflbla. per non perdere di vida. il meriggio, intanto, che. o, inventano o adottano una. vera bufl'ola lenza fervirfene a migliorare la propria navigazione; la qu,il c.ofa fubito loro avrebbe fugerita una corruzione più folida , meno alta e conveniente pe' loro pericoloiìlfimi ma- ri. Se l'oggetto, priiridrjo della navigazione e. tra elfi e da perrutto è il commercfo,fe il raddoppiar il profitto dtl traf- fico difende lìngolarmente dall' abbre-.iar la aavigaz.one ,ond' è che. ... . . . -^7 'é che ì CìneiEi manufatturien ed agricoltori e trafficanti tion 1) curano, conofcendo la bulTola, di abbreviare i loro viag- gi, e navigando fiequentemente alla Cochinchina, a Giava, al Giappone, non comprendono il guadagno del tempo che ]^a bufìola luro preferita r Ond' è che benché vedelTero che per elfa pon'ano intiohrarfi con fiducia in que' mari, trafcuiano la cura che dovea la bufìola fugerir foro di ccflruire navigli più perfetti? Se quelfa non curanza de' Cinefi per l'ufo del- la buffbla che potrebbe ctntiibuire al vantaggio de' loro af- fari maritimi , ridondi ad onere di una n.izione che un tem- po volle averli in conto della più coita della terra, il pen- li, non che altri, l' iffeffo erudito H-ger. E fé le offi.rva- zioni di lui poflano valere a difìruogere la convizione cha rifulia contro la biffola oiicnnle^ ):er rimuovere i Cinefi dal pretenderne il piimato, ne giudichi chi legg^; ed ama l'ar- te di penfare . Ma l'Arabia che coltivò lungamenre le fcienz:;, a ^ ri mag- gior difitto ad arrogaifi 1' in\ elisione d Ila bullola ? Mi veg^ go incontro due Commi critici filn'otì, due riputati '.Si^ofuiii, il cnvalicr Girolair.o TiraboLhi ]ta'iaiio,e l'a'^ate Giovanni Andres Valenziano . Soifenitori invitti dell' .uabd letteratura danno elh agii Arabi l'ulto onore dJla ionorceoza de. 1' ago calamit-ito e dell' invenziui)e della butìola. Il Tirabochi tutti aftale e fcoiifig^e gli avvrrfarii, e pre- ferifce g4 Arabi . Desume il primo arguiiento a lor favore da un paflb di un libro artyibuito ad jìnfìoiile citato da Al- berto magno mi trattato de M'tnerM , Che il greco fi'ofofo fcritto aveffe un libro intitolato irepi t;;^ ^iS^y ^ de In'-'-de ) fi afferma da D;og.^iie Laerzio (r). No't v' ha però quefl'' opera né in greco n-^ in htiaj; b;*ns"t il p. Labb^ cita ufj * co» (l) Nelle File d,' Filo/ufi al libro V. tf8 ^ codice ms di un' opera de gemnùs tradotta in li'ngua ara- ba (ij. Se quetV opera è la Uelià de lapide^ forfè gli Arabi Ja trafportarono alla loro lingua, ficcome fecero delle altre opere di Ariihuile. E perchè nel XIII fecolo frequenti fu- rono fi.nili traduzioni che dall'arabo recaronfi r)el latino idio- ma, è probabile ( dice il dotriffimo idoneo della LetteratU' ra Italiana ) die 1' opera di Ariliotile citata da Alberto , ovvero da chi ne prefe il nome , lofle venuta dagli Arabi . Non è ft.uo folo il Tirabolthi a penfare che un tradutto- re arabo polTa avere iafcnta nel libro attribuito ad Arifloti- le la notizia dfU'ago cala'iiitato , mentre il Cabeo 1' avea già prop Ito nel l'bro de Magnete. Ma di grazia riflettia:Tio fu di co. Ariliotile noi ditf;, e l'Arabo che ne traduce I' opera, gliel fé dire; dunque ( da ciò fi conch'ude ) la co- Dorienza della polaiità della calamita e la buflbla viene dall' Arabia . E perchè mai ( domandiamo ) quel buon traduttore fdliificò il tello a proprio svantaggio e degli Arabi , e ne diede l'onore ad un Greco almeno dodici o tredici fecoli di lui p ij antico? Qu'l ne avrebbe potuto eflere l'oggetto? Un eroismo letterario ovvero un iitinto falfario? il penfiero del Cabeo adottato dal Tirabofchi fcarfeggia di verifimiglianza . Può aggiug.ierfi che il Tirabofchi Dell'adottarlo o dovia ne- gare che tal libro veniffe da un originale greco di Ariiioii- le o combattere contro fé (telfo che avu'a negata agli anti- chi ogni cunofcen^a dibufTola e della polarità della calami- ta . Ma avrebbe potuto difenderfi con affermare che non il diffe in i paefani . Era dunque per lui una f^-mplice opinione che abbifognava accre- ditarli con un gran nome, mentre altronde li ricava che af- fai (0 Biblkmb. MSS p. 25J. _^9 fai prima «li quel fecolo più di uti popolo ne avea noiizia e lungi dal dubitarne, ciafcuno fi ne appropriava la fcoper- ta . Ma infine che altro potrebbe ri'illtare dall' artificio dell'Arabo tradu ture fé non che ei;li come altri nel XIII fecolo ebbe njtiza de\U pulariia della cal.; ficevaio la fu; navi ad Ofir. Del rimanente fé volelfi anch'io far val-f- re di fiinili generalità, trattanduli di (coperta sì rileva.ne , potrei citare contro la dottrina degli Arabi non pxlie pue- rili o ftravaganti produzioni arabiche, quando anchi volefli fcltanto ricorrere a qu'lle che ci fornifce la Bibliot..ca Ara- bo-iMatritenfe , che minorano il credito delle cognizioni vantate degli Arabi ed in confeguenza la prefunzione a loc favore che ne deduce l'abate Andres . Solo aggiug.ieiò che Tom. II. jo non (i) Venanfoa Invcntlon di la BouJJ'uh Njmìgue pa 5,. 49. 74 . non tutti e Tempra ebtero degli Afa'ol s'i vantaggiofa opì- nione , E, ricorderò a! miei leggitori ciò che degli Arabi fcri0e nelle Senili V immortale Francefco Petrarca, nel feco- lo XIV appunto quando la bulTola s' inventò . Eccone uno squarcio colla traduzione deli! infigne Tirabofchi . ,, Io fo- „ ( diceva, il noflro principe de' Lirici al medico Giovanni 5, Dondi ) „ che fono fiati tr.^'Gieci duttiflìmi ed eloquen- jj. tilTimi uomini, molti filofofi ... ma quali (iano i medi- „. ci Arabi, tu bene il fai . Io fo qiali fono i poeti . . . „ Appena poflb perfuadermi che dagl'Arabia ci pofla venire j, alcuna- cofa. di buono '* - OlT-Tvifi anche ciò che dice lo Spagnuolo illuRre Ludovico Vives: Avenois docìiifia^Ù' me- t/ipèyfira Avice>>nae , omnia rleviqtte illa A,nbica mihi "viden- tur refip-re cìtlirtimenta Alcorani ; nihd fieri potejì illis in' fulfius , fngidiufque {ly, E. ciuf] gii antichi, i Cinefi e gli Arabi , pafTiamo a cer- car tra gli Europe i Ja nazione che per la buffola meriia. gli ettrni encomi!' della polleriià. Gli Spagnuoli dotti ed acuii , a' quali tante fcoperte pur debbonfi nell'antico e nel nuovo mondo, e fegnatamente nel Mar del Sud, non parmi che abbiano mai afpirato ad arro- gare l'invenzione della, buflbla . Ed il fignor Gapmany in una memoria pubblicata in Madrid col titolo , ^aefìiones criticns fobre varios punios de Hi/ìoria^ entra a parlarne uni- ca ; ente per ricettar l'avvifo dell' Azuni che fi era a favor de' Francefi dichiarato. Rimangono gl'Iaglefi e gli Aleman- ni ed altri uomini boreali rifpettab'li per tutt' altro oggetto, i quali nel voler comparire in lizza credettero poterli lode- nere L'nza traballare full' arenofo. fondamento deli' etimolo- gie , ficcome può vederti da ciò che ne affermò il cdebra.- illQ^ (0. Vedafi il libro V de Cauf. corrupu ^Irtium , . . . "^s ìnorico delle Matematiche fi). Se nt disbriga parimente ia •poche linee il preiodato profefTore Hager , oifervando folo -che la voce alemanna , bikhfe ed il diminuitivo bmhjele raeolio convengono all'italiana buffala. Non r-Ra nell'arena che T erudito Azuni , il quale milita pé' Francefi.), Sin dalla metta del Xll fecole (dice nella Tua dif- j, fertazione ) trovafi l'ago calaiiiitato mentovato da Guyot de „ Provins col nome ài tnarhihre ; dunque affai prima che ,, Flavio Gioja inventalTe la buffola '' . E cita i verfi di quel poeta tratti ( dice ) da un codice ms della biblioteca impe- riale di Parigi. Senza andare a frugar si tardi ne' manofcrit- ti dell'imperiai biblioteca parigina , io fin dalla mia giova, nezza Kfli tali verfi in Madrid nella biblioteca r.'ale belli e flampati nel 1 bro del prefidente Claudio Fauchet (2) , nel qual libro ben xio'o alla cala-Tiita (ì dà il nome di iniihef- te, Vujlfi che Guyot vivefle circa la metta del lecolo XII, {giacché r.inno 1181 egli trovavafi in Magonza in corte di Federico 1. Qualche altro francefe però attribjifce que' verft al monaco Ugo di Bercy contemporaneo del re fan Lugi circa la metta del fei-oh) XIII . Gli Enciclopedilli vogliono che fi leggono nel romanzo della Rofa , e pur ne ciedjno autore Guyot. Ma un Ginevino anonimo in uia lertera pub- blicata dal Formey (3) riprende gli Encicloped fti p.r tale aflerzione , negando che gi' indicati verfi legg^ifi in quel ro- manzo, ed afl'^rma che appartengino ad un altro componi- mento più antico dove la calamita è drtta farinette . Le Geodre poi relìituifce que' verfi al monaco di Bercy , ma cre- de che quello monaco lia la perfona Ileffa di Guyot, il qua- * ie (i) Monfucla Part. ». p. 4?(5, (2) De la Laipue C Pefie Franp'tff . (3) Nei.veUe Biblìoth. (Strm. corti. XV. 7U a chi ama l'Italia e li verità iltoiica il trovar flìridj CQmiti'rcio , artnate navali, vittorie Itrcpitofe, ri- nomati comandanti di mare in quell' ofcuro periodo, in cjÌ un gran Ltterato esgefuita di Mantova non fèppe rinvenire f§ non che un campo di jlfa^i e d' ignoranza ^ te nn pnlude ,un d-cferto ^ fenza indù fina ^ Jenz.' arti^ fe-izn popolo^ faza l-:g],e e fenza rnoione (i) . Ma qual era Amalti alla venuti de' tMor- Qianai può vederli dallo dorico ooeca Gu<^lielmo Pugliefe (2): Urb'i hac dives opum ^ populique referta 'vtdetur ^ Nulla mngis locuples argento ^ vejltbus^ auro ^ Peirfibus innumcris oc plurinius Orh^ moratur Nanfa marii cxlique viat numerare perieus , Hic & yJlexaniiri diverfa feruntur ab urbe Rcgts & Antiochi , hisc freta plurima tranfìf » " ' Hic Arabes^ Indi ^ Stcuh nofcunrur (y Afri; Hjc eens ejì totum pr'^pe nobilitata per orbem Et mercanda ferens^ & anians mercata re f erre . Or r iltorica. dipintura che ci tornifce Guglielmo fcrlttore del fecole XI ch;^ vedeva co'propni occhi quel die narrava, non è più confolante per gì' Italiani della fopraccennata fattane nel decimottavo da una immagina/Jone po-;tica che fenza leg- gere o leggendo male volle mixhiarfi a narrare iftorie? E pur fenza rilalire fino all' XI secolo poteva giuftizia e verità iftorica imparare dal Muratori noftro contemporan'o, il qjale gli a- vea infegnato che Amalfi qjando' li diede a Roberto Guifcar- ao era città mercantile al fommo , piena d' oro , piena di popol» e di ntvì (3). Poteva imparar le Itorie di que' tempi dall' ar- TomJl II el- eo Saverio Bettinelli nel R'iforgimento èP Italia prima di Mille. (z) Nella raccolta de! Mutitnri Rer. Italie, Script, tona. V. pajj. 2,6^ Vi) -Annali d' Italia ann. 1077 f?2: civefcovo Gu5;!iei'mo il Tiro il quale- difle degli Amalfitanu- Hifjms regionts habifaPores.. (^ dlBi Amalfitani^ primi mercei- pS'- regrinas quas. Onens non noverai , ad fupradiBas parta irt' ferre tentaverunr fi). Adunque gli Amalfitani prima del sa-- colo XI, erano già. celebri naviganti, coltruttori eOerti , dc- ftri ofll-rvatorl del mare e degli aftri; e lungi dali' ar enda- re lozioni di n,)vigare e di trafficare dagli Arabi , come altri fognò, correvano initancab.lmente dalle vicinanze di Laodicea in- Siria .fino ad. x^leffandria, e. co.T3-Tiercia.vano. con, -Arabi, Indiani,, ed' Africani .. Un popob COSI, cofpicuo che tanto lungi trafcurfe n-' ma- ri orie Itali, ed occidentali, chj ricco d'oro, non meno che benefico e fagace fondò in. Gerufalemme un famofo or iinc. militare con un ofp3d.ile e- due conventi , che pili che altri f". ammirare in. Alia i prolotti dell' induRria amalfitana e la. perizia nel navigare: (ìfFatto popolo non raccoglie in fé tut- te, le probabilità, che ad altri mancacio, di eiìere flato nella nautica anzi maellro che fcolare de' barbari? di aver prima e meglio di ogni a'tro, comp efo ciò che facea meflieri al nocchiero per abbreviare il tragitto, correndo una retta iri vece- di uia, curva ben. tortuora? Se non fu allora da meno, di veruno degl' Italiani , fé più degli altri operò e fi difìinfe,. fé- gli oltramontani fuperò. fenza contrafto negli affari mariti- mi-;, elfer non dovè' de^li ultimi ad approfittarfi della noti- zia che dal fcecolo; XI al XIII corfe per l'Europa della pò- larità della, calamita . Che Te forfè non fu folo a. fperimen- rame la co'danza. lìtuando. 1' ago calamitato fu di una fejìuca o di un pezzetto di fugherò e tacendolo- nuotare in un vafo di acqua; do\è alnieiio pù felicemente riufcirvi e coticepirne- più; pielto e più: fondatamente migliori iperanze. Ed in fatti, fpun=^ 0) Se ne vegga la ftoria della Guerra di G:f:veranza rpioj^ànfì lui!' in- ventor della bufl'ula e fullo ftemma di Ama'fi è del Prinr cipaio Flavio Bii/ndj , Tommalo Pofi-j- , Fili-po Bn'ezio ^ Ortelio , Filandro , Purcb/io , Gilberto e cento altri ferino- ri deli' ifteflb XV fecolo , de' quali le teftirndnianze lì rap- portano colle proprie loro parole dall' er dito napoletano Grcfiorio Grimaldi , che pofsouo rfcontrarfi nUa diflertjzio- ne regi (irata ne' i'tfi^^/ deli' /Icc'ademin di Cr.rto^a -l)- Cont.fla r iniigne Girolamo Tiraboi'chi la concorrenza di m liifTimi autori che acclamano il Git^ia e me inven- tore della bufsola ed attelfano che Amalfi ne pr-fe \'i flem- ma ; e^ afferma che provata l'cfinenza 'dello f'emma prefo da Amalfi, l'invenzioae della bufTbla ad elfi è sflÌDrara. Se un tal valentuomo non fi full' arrogato furo 1 araba bandiera -, avrebbe quefto c-jncor'^o di tanti in un folo av- vifo riconofciuto come un conf-n'b un'v rfile dell' Enr^^pa . Ma per bilanciar \à forza di s'i folta fchicra oppone che tut- * ti (r) Molte altre fé ne leggano nell'opera del Brenckman àt Repui.'ka À- fnalphìiaria . ^4 ti quefti poffano confìcìerariì ref:ts «n autor foto eff^ndafì T un l'altro copiati fen^a produrne documsnto veruno. In pri- ma fi può replicare chi e:;ii non d moltrò che effi fi copiarono; ed egli eccellente accurata fcrittore fapea per prova cha notv femore che d ripete ma Ibria nota vuol dire die fi copi! ; p.Tchè gli feritori obbìi^ati adir lo ftjifo, le non TjaG doz- zina'}, ma abili e zelanti del proprio onore , fempre al ri- petere il fatto aggi jogonj uri nuovo efame, e perciò nwlti- plicandulì gli ferii tori concordi v.'ngJtic» a molti plicarfene gli cfa ni o All'exfzioie cbe alie-»a eh* tali (crittori non han- no di ciò che iffetuiario recato docttme'ito veruno, Ci può do- manJare , fi il celebre o^p «fitore Ikflo nel patrocinar gli Arabi abbia della fua opinione recato a!cu>t documf.nto ? fé nel parrocioare i Francefi Azuni , ed i Cin.'G Hager dcint docmne'ìto proJuflera? EiTi tutti altro non adducono che re- mote concettare, annali icreditafi , fcrittori incerti ed ofcuri. Ma chi ftà p^r gli Amalfit.'iii Ichiera un valido drappello di vicini fcrittori i .iò l'attuai governo neli'imprifa decretata per le Scili* L'anno 1807 '^-^ P^it anco dinotara qa;lla provincia «oU'infegna della buflbia naut.ca. Avverfo di tale ftemma forgono due potenti avve'-farii,. An.^res ed Hager , partigiano degli Arabi il primo, d;' Cinefi. il fecondo. Elli fi lufingano poterlo ricettare in due manie- re, fcreditando il Pan fa , e raoftrando di non trovarli nel fu- gello del comune di Aruallì gli otto venti indicati dal Breick- man . Il profelTof di Pavia fé richiedere refgrfuita pre- fetto della Biblioteca di Napoli del fao avvifo fu tali affare, e ne ricevè in rifpofta clie l'opinione favorevole ad Amalfi è priva di ogni f'^nàa'mnto ed uno ie rùcc-^nti f.'.-jolift c'js ab- bondano nella /ìorij di Fr.i?jcsfco Pan/a 0 Lanfa compilcfìrè in- (i) Anche og^i !a Città conferra nna barca astica i\ fm proprietà , in cui vedeC dipinta io oao scjìo la croce di Malta e la BjiToia. (j) Std -mI atfer:e i-ìeiì c-^mpr^bit ( ciaf C3e! che Aqss!o del.'a Nocj t Camillo Borreilo affermano ) : Iijl^ne Crvhjth jinta'.phitinx , torìufjits, ni fjl- Itr , dricì-.ui qucA fymly.licim p'ix'tàis njuritjt diliifttioiem exhrbet . Di R:- ftiè. ^ta.'prÌ!. C. XXri. Benché però a;cenoi le otto ale deii' infegna dice nella nota ó, Plerìcue vetires oSo vi-.tcs Jijìiixerunt meAh wia ima quaintr cjrdtnj!!! SittrJfHj , ciranjo Csliario Ge;^. vet. (?) Il Pacicch?i;i nelia carta che aidtice de! Principato ne! ruo Regf ài Njpcii in pr:'pis:rji . Si regga in q-jelo Ragio-am.e"fo la Figii'-a ?, do- rè è da avvertirti che bea orto punti vi fi notano, cioè q;3ttro a!e nei pri- mo cerchio eiìeriore e quattro punti segnalati fui cerchio inscritto così ^ Oj^^o che equivalgono ad altri qcattro venti e compiono il njmero ieWt «tto alette defcricte ca! Breackman. 87 v'felke . Aq°iinfe che nel ru?g2llo ricavato .V.la comune di JÌmaih trovanft dui ali,e»v; g'à 0//0, come fcriir^ il -Brenk- mai. In prima njci avvertiDtio co-i^fti due fili oppoGto- ri eh." qjella freon fa oppoQzioa; diilrug^e la prima. Nel^a prima dice o Andres o Hd^-r eh? in Amalfi }n>t fi trova tno>iur,7et:t3 nlcuao di B'iJJola ^ & Q^lla fcccti.la fi affarraa cha TJil fugelh fi.veggì'io due alt. par due veriti. Grazie al Cielo già comincia dunq le a- fpun'ar qualche traccia di bafTaia . Ma eUminiamo L'importanza di entrambe. E poiché i' abate Andres le ha imboccate al prjfeiTbr di Pavia , ofo in prima a lui domandare, fé Ga la fteiTa cofa effere ^;<^/;7//o,eJ elTire fcrtttore i'.felia ? fé vale lo lìeffo rmntire , e narrare infi- l'tamsnte ? Per me .fono quefle due imputazioni ben dicia- te , e credo che fi polla, elfcre ftorico acche m;.'c'i:no ed intanto non nemico della verità, con r'frrir ciò che fi ve« de . Accorderò di buon grado a chi il prete.ida che do- ve fi tratta d-i erudizione, di fcienze, o di buona cr'tica non fia (lato il Panfi r uomo, più illruito della terra. Ma nel ri- ferire fé una infegna eiiiìeva nella propria Città, non fi trat- tava di decidere fj qualche telio arabico, cin?fe, ebra'co o greco, o di arcani di ftoria natufa'e, o del calcolo delle fljf Coni . Si trattava di aver occhi per -jedere óò che i fuoi con temporanei pur vedevano con lui . In fnccia a quelli avr^b be egli ofato defcrivere come efiUente uno lìemma immagi njrio? Altronde gli oppofitori hanno forfè alli. mano docu meati che quel nobile amalfitano, quel giure:orifulto. onora to , ancor dopo morto tenuto in pregio , folfe flato a tal fegno impud^ate e menfognero per figgere quello llemma delli pirta della città e del parato? Ed i compatriocti tali anch' efll Itati larebbero '^3. concorrer tutti con un co'pevole. filenzio alla di lui iiipoHura? E la città eoa pari impuden- 3iiL cciminoU ratin:aca avrebb; la favjla dello fte.nma colla. but- buflbla innalzando la fontana marmorea nella fua pìaiza? Stra- na, colpevole maniera di ragionate è ceno qutlia che ufano i due brivi oppafitori . Conrinuj a damanJare alla coppia rifpetrabile che ho a fronte, fi dorati come entrambi fono di tanra dottrina e di s« fine- Ciifcernimenro, polla 10 etìcr fu-uri chi p.r diitruggere ciò eh? tanti fcrittori afi riruno , e forfè non pjchi per a* verlo villo, chi il Paufa induiiiatinieoie vide mi parato,e che avea fotto gli occhi i tratti ro!ì deli' effigie coMa buffala e la croce di !Ma!ra della porta della marina; fo,dicj, adi- firuggcre tutto co b.^fìercbbe il fugello attuile dato che nul- la in qucRo fievi eh-- l'antico rteinma conreaL'fle ? Se gli op- polltori non fi foio p^r altra via accurati delLi falfìta alfe, rita ftira-tico flemma ( mi permettano che il dica) e{fi fab- bricano fu di un bel fofisma . Imperocché potrebbe il fugeU lo pr-feute n dia contenere dell' antico fìeiTima, ed intanto n( n eif.r p.i-.-'namentc diRiutta 1' aiferzione di tanti feri i tori , de' qujli b ona parte po'terono aver veduto 1' antico .flemma. Md ie qualche difcendente del Panfa rapprifentafife loro chs A nalfi ha ben potuto penfare a riparar le ingiurie del .tem- po e fuppliie alia p^Tdira dello flemma che vedevafi nella porta indicata coU'a'tUil fusello di minor grandezza e per- ciò riflretto a fegrialar niù pochi emblemi ma i più necefla- rii a rapprefentar l'antico H-emma,a c:ò (di buona fede) che replichercfbbero s'i infgiii oopoiìrori ? L' infegna defcritta dal Brenckiran ( fi oppone in fecondo luogo } cuiitiene otto aletta per ind care otto venti, e nel fu- gello del cummune di Amiilfi ve ne fono due; dunque que- tìo fiig Ilo fa fparire la defcrizione del Brenckmao ed in C' niesuenza ogni monunento di buffola in Amalfi . Temo per gli oppofirnri che ancor quefti potranno fembr.ir lonsmi a chi bcc ragiona. Tutto quello che col fugello alla mano fi pò- fi pitteffe Opporre al Brenckman (quindo pur dritfnmcnfe fi ragiotialTe ) non nocerl) tutto ciò che può adJurfi dell' antico fteinma di Amalfi, Ma ciò lalciando ancora vediamo che cofa intrÌDlecimente nuoce ailo llemma l'elfi-T due le alette indicanti i venti. Per buona ventura il /ugello attuale che Andres fé pervenire ad Hager è quella lìelTo die io lo fcorfo anno 1810 ho fatto rimettermi dal co- mune di Am.ilfi. Il lettor cuiofo può vederne l'identità ticlLi merKorìa dell'Hager ed in quefto no^-lro ragionamento fi). In tal fugello fi vede uno fcuuo di forma ovale centinata intorno alla quale fi \z^it ^^dAijJtma c'fu'ttas jimnlpèh ^ fut quale feudo è una corona ; tutto è divifo dà una linea in due parti , in quella eh' è alla (ìniltra di chi lo guarda è un» zona, ed alia delira fi vede la croce di Malta di fopra , ed una BulTola legnata in <]t;atrro punti , cioè da due dette da lati oppofli e ^i. due altre accennate foltanto àà lu in giù . Se quella non è una buflbla come le altre che altros/e li ve- dono, che cofa fembra che fia agli eruditi oppositori? Con- feflano cffi che qu^ fi veggono quattro punti tra quali due alette mirate ancor fenza occhiali? offervano che etìe accom- pagnano la Croce di Malta che fi vede nelle altre? Or per- chè non vogliono rav'figurjxvi gli emblemi drillo flemma amaU fitano? Ma perchè (ripeteranno) non fono otto le alette co- me nell'altre del Brenckmanno? Rifpondo: perchè non li trova filfato nell' arte del Blasone un canone che vieti di ri- conofcerfi per buflola una ijnprefa che non abbia una rofa con otto venti, pi grazia donde ellì deJicono che non po*^» fono eflere né più né meno? E fé taluno s' intalentalfe di f.« gnarne feJici ? ventiquattro? trexitadu.:? trentafei ? fé sole qua^- Ji tfCì? ♦i) Tavola I Figura 2 5°' iror fé due come i'n'queft''ultima dì Amalfi 'Saranno tali caflTefte o impiefe rimolfe dall'onore d' intitoiarii bulFole ? Md lurfa pure diranno elìrando, psrcKè quegli altri du^ pjnti ft?g iati di fopra in giù non fi fono pur anco convertiti in ale te ?• Potrebbe replicarli che il diiegnatorì non cavillofo le avefle (ti- mate fuperflue ad indicare di vantaggio i. quattro venti car- dinali bafiando accennarle.. Pure dicaft qualche cofa di più. Lo feudo del (ugello è centinaio e fi ftringe alquanto verfo la. parte inferiore per dar luo^o alle lettere dell'accennata i- fcrizione che °irano per tutta la periferia del fugello; e iorfe appunto perciò non vi hanno luogo fé non due ioli lati che formano uno degli angoli del rettangolo che accenn^po. Aggimgo qualche efmpip. di fimili arbitrii ( lafcianda per ora da. parte i pittori che ne prefentano per ogni ban- da ) ben conti a coloro che svolgono i libri delle imprefe. la famiglia del noftro poeta Bernardino Kota ha per infe- gna una rota d'oro con otto raggi ; fr:a nel!' efecuzione non ie ne contano, vifibili che fei; diremo perciò che quefia im- preca non appartenefle al Rota : Il celebre Antonio Epicuro. p'T alludere al nome Feigilia di certadama invernò una im- prefa fulle fette itelle Vtrgilie , ma. neli' efecuzjone fé n'ef- preflero fèi foltanto, e voi e fare intendere che la dama fof- fe la fettima Feigilia; or perciò non fi riconobbero ne'ie fei manifelte le llflle Vergilie lette di cutne^o? Una figura con alcuni occhi chiufi, ed altri aperti in una imprefa fpa^nuola aijimaia col motto Los Jerrndos por no mirar y, Los avterto'! por llorar, ben manifefla nella fii^ura di molti occhi l'Argo della m'tc- lo;iia greca, benché il burino o il pennello non pocè efpri- mervi tutti i fuoi cento occhi . Infinite bande , zone , o ia- fce d'cfcritte come eguali di lungli?zz.i vegjjonfi negli feudi -^ uri- ineguali eflendo alcune o più lunghe o più ampie delle -altre a cagif^ne delle forme e delle centinature di effi feudi . Si cffcrvino in prova di ciò le armi delle famiglie Loria, Toc- co, Aragona. Una teda chiufa in un elmo che pur non ap- pare, fuole indicare un guerriero tutto intero, come quella della famiglia Gallucci. Un braccio che tiene una daga che efce fuori di una torre nell'imprefa di Medina-Sid' nia, potrk ridurrli in mente all' iipano Andres la grandezza d' animo di Gu'^man el Bueno governadore di Tariffa che getta al Moro aflalitore qu^'l ferro perchè ferva a fvenare il proprio figlio pripioni>.^ro, anziché violar egli ofaffe la fede rendendo la piaz- za. Ma in sì chiaro argomento ho foverchio efemplificato. La- fcio ancora di ricercar più oltre dietro ad ogni altra fofilH- cheria che potrebbe opporfi , difpolto per altro ad un bifo- gno di ritornar full'alfunto. Non vo però Lifciar di fare of- fervare che Andres in Napoli ed Ha^^er in Pavia non videro o veder non vollero nel ("ugello di Amalfi per cui credeva- no di trionfare , la buffola nelle due ahtte ^ e nt due punti accennati, e nzWdL croce di Malta che ad effa fempre fi con- giunge, nell'atto poi che elfi beono sV groflb , e formano pu- ri atti di fede ad ogni (tante* in prò deg'i Arabi e de'Cin;fi. Rirulta,s'io m'appongo, da quanto s' è detto , che gì' Italia- ni , e fingolarmente quegli di Amalfi , ne' baffi tempi navi- garono, cofiruirono , trafficarono , e tra(rero a fé lo ((upore e le. ricchezze delle nazioni: che alla loro fagacith p^r tem- po fi manifedò la p-'Iarità della calamita e l'utile che appor- tar poteva alia navigazione: che quella fcoperca maturò lull' aprir del fecolo XIV l'invenzione della bu(rola nautica mer- cè degli fperimenti diU'induftre nocchiero amalfitano Flavio Gioja o Goya o Geri che voglia dirli: che Amalfi ne prefe lo (lemma: che una folla di non volgari fcrittori del XV fc colo proffimi al gran ritrovato e coetan-à allo Itabdimento * dello 9' dello flemma, l'aneftano: che appofizìonì di poco momento A quefta gloria italiana al noRro regno peculiare fi fono fi» nora addotte da'patrociadtori degli Arabi , degli Orientali e de' Francefi . Termino eoa indicare per epilogo i primarii contradittori e j difeofori degli Amalfitani , perchè il leggitore imparzia- le tragga qualunque confeguenza gli piaccia dal numero e dalla qualità degli uni e degli altri ► Stauiio coatra Amalfi i leguenti ; il fig. Glufeppe Hngar coprendo del proprio fcjdo gli Orientali tjtti , e trionfando^ ia i Catri da fortilegii folìenuti dagli accreditati Annali Ci- neft ; il cav. Girolamo Tirabufchi che lì dichiarò per gli Arabi fu mere congetture e Tulle voci Zomn ed Aphton pe> fcate ia uà libro che non efifts o che non efiftè mai; il (ìg^ Giovanni Andres che cangia %o;-Dyi ed aphroft in giarun , e auran^e che accula come falio un teltimone- oculare de' fatti di Amalfi che fl veggoiio neiriiteflo fugelio ch'egli prefen- ta in g'udizio; il Ggnor Domenico Azuni dichiarato fautore de' Francefi fulla fece di pochi verfi gaulefi che- non fi fa ar-cora quando (i compofero,e che, purché efcluda gli Amal- fitani,, ora fd r'falire la fcov-rtJ della buiflbla due (ecoli p ù' fu,, ora la fa piombar giù quafi due fecali fino ai Portoghe» fi. La cauTa degli Amalfitani meglio foiienuta che oppugna- ta conta i leguenii p^irtigiaoì . In prima vien difefa da una sradizione generale e criucorde che riconofìze Flavio Gioja per inventore , e lo flemma della, buffola in Amalfi » Appreflb è per l'invenzione e per lo fiemiiaa fi fono dichiarati quali iu;ti gli au-Lori del XV e XVì fecolo . In feguito il geogra- iij Guthrie nelle Tavle Cictiologichti riconolce Flavio per verO' inventore della buflbla. Il Kirker rigetta ogni alrra opi- nione, e (i uuifce a chi lalliet:e Flavio (ij. L' iilglefe De?. htam (i) jlrt. Maga, lib. I par. r. 9i ham allottò ravvlfo del Gilbert ^i), e fi ilicbiarè anch' egli per Gioja (2). Il Kicciuli conviene con Filippo Briet fopral- legato circa l'aver poruto ceno Giovanni Goya pure amal- fitano incominciar la f operta e fnirla Flavio , e diftribuire nella bullula fedci e p>i treiualei veuri , e adattarne cnlybi magfierico la rufa in una carta rotonda (3) . Nell'opera tur- chefca ftampata in Coltantinopoli io cui fi tratta della cala- mita e d'Ila baflr>>la , fé ne attribuilce l'invenzioni alla citt'a di Amal'i , ed il Tolerini amore non ignoto all'Hager, la cita nella Letteratura Tmcbefca ft.impata in Venez'a nel Ì787. Il furano illorico Robercfon dimollra vit'oriofamente l'infulfiltenza d;lle pretenfioni alla bulTola e degli Arabi , e de'Cinefi, e le probabilità che concorrono a favore degi Ita- liani , e foftieoe al fine con fermezza che al folo Flavio Gioja fi appartiene l'onore della grande fcrperra (4". Per finirla l'eruditilTimo Flaminio Venanfon, tutto difculfo (5), conchiude i che la fur^a direttrice della calamita e l'a^'pl'ca* zione di effa alla marina appartiene agl'Italiani , z che tra quelli gli Amaltìtani poffono in preferenza rclan.rne la gloria, 3 che Flavio Gioja è il folo inventore dtlla vera buffola . li Napoli Sij'^norelli raccoglie le v°Ie e ravvifa reglì A- inalfitani gl'inventori della bulTola nautica ed i pofleflari deif antico flemma che la dinota al pari ézW attuale fugdla. J.ertor nlorofo tocca a te a giudicarne; MeJ[o i ha imianù or tu per te ti ab». SUL CO Vie Ma^n, (Z) Ffl'ent, &■ JllrìB De! Uè. V. (jl Geo-r. & Hydro^T. lib X C. ? , (4) Nelle ricerche fu 1' i"oria dell' Indie, e nelfa ftoria à\ America. (3) De flnveniim de /« Bouffolt Nauti 'j ne , in Mapoii od iSo8. lav I. '^al letterd a ^^ LctLera l) — , UUcra. C /^ letL.d Z_ SUL GERUNDIO FRANCESE M E M 0 R I J: DEL SOCIO ALESSANDRO PETRUCCI GiUDiCE qj;lla c. di appello LETTA nell'adunanza TìNUTA IN ACOSTO l8ir. 9% I _L mio onorato efilio in Francia mi fics- una. piacevole necenTità , per poter ivi parlar e feri vere correttam^nra , di applicarmi con mo'to ftudio a conofcer , quella Jingua d ffici- le a maneggìa'Ti d.igli itninieri , perchè ha minor numero di regole generali che di «tezioni particolari , perchè poco pieghevole alle circonlocuz;oni , ed alle inverfioni , e perche mai Lffre, che per analogia 11 tragga argomento alcuno ne modi del d're .. Or nella lettura degli fcritiori , e nell'ufo, coftantc di par. lare mi avvidi di una cena confufiune rifpetto all' impie- go de' participi dei piefente e de'gerundj. Anzi- fuHa difini- zione di quarti ultimi trovanfi fcifù i pareri de' grammatici,, ne parvemi /oddisfacente l'articolo c'el Dizionario dell'Ac- cademia che ne tratta» Infinita peiò iu la mia f. rprefa , al» lurcbè ra" imbattei in una nota al cap 2J. della parte 2. de'piincipi generali di grammatica del f'g. di Condiilac , il quale fnfHene „ che Ja lua lingua non ha gerundj , e che „ per eflerfi voluto in ella rinvenir verbi foftanti.vi, ag°et!Ìvi, >, aitivi , paflivi , participj , ge-un'j, era'ene complicafa la, jj, grammatica come quella che li era tcmpilaia lui fiftertra ,. d:l. „ della grammatica latina. Noi la reideremo tanto più fem- „ plxe ( egli foggiunge ) quanto più ne richiaaijrejio le 5, efpreffioni agli elementi del dilcorfo . E ficco.n.- non mi fembrò che fiftarta fua opinione reggede a marcellu , t-^mei forte , che poteff; indurre in errore l'autoruà di un illuftre e fublime irutafilico ; foprai tutto in quel momanro , in cui era fama , che 1 Iftituto Lriperiale li occupafle di riprodurre miglicrato ed accrefciato il Vocabolario della liiigua . Vo:li quindi meditare fopra fifF^tco puucj grammaticale non bene ancor fiflato preflo quelia nazione. £ dei fietto delle mie meditazioni fattone il logge to di una riizcnoru fcritta io Francia , ma letta in un confeflo jetterarjo , al quale ave- va, ed ho l'onore di appartener come Socio , i m'ei «ol- leg!ii non trovarono prive di fonJamenco le mie oflervazio- ni , ed io mi animai a pubblicarle p:r le llarnp^ , anche per un certo orgoglio nazionale, e per imitar It bifce , che iafciano la lor traccia io tutt' i luog'hi dove p:iffano. Ora voi, ornuiffimi Accademici, nel concadermi il per- mefl'o di pTefentarvele recate in Italiano mi date on nuovo pegno di benevolenza; e Te potranno efie nel vcfìro impar- ziale e fopraflino giudizio non fembrare indegne di attenzio- ne, io avrà riportato il pai bel premio dei mio arido lavoro- Il Dizionario dell' Accademia Francefe ecco come fi efpri- me nell'art. Gerundio. „ Gérondif: terme de Grammaire . „ En notre lan2ue , e' eft une efpèce de f^articipe indeclina- „ ble , a-uquei on join-r fouvent la prépofition f«,par exenv „ pie, en allant , en faifant , il allait courant „ . Voi già vedete che n una idea aHeguara vi C fa prefente cen una co- tal rronca ed inefjrtta definizione^ Egli è vero , che avendo in francefe il gerundio -4a fìeffa terminazione del participio del prefente , tie è derivato che foffio icno l'ati .confufi e fcani'biaii l' un per l'altro , come ti cocfondono , e fcambjano nella giornaliera abitudine di 57 parlare e di fcrivcre . Nondimeno il fenfo della frafe dovreb- be naturalmente farne diftinguere l'ufo e la fignificazione. Intanto 1' Abate di Condillac credendo di richiamar l' e- fpreirioni agli elementi del difcorfo, mentrcciiè conviene con gli altri grammatici, die i participi fien veri aggettivi, af- ferma che i gerundi fieno per 1' oppoRo foiìantivi , dopo di aver aflunto ciie la lingua francefe non abbia gerundi (i) . Io dunque mi propongo di dimofirarvi, che, (e I articolo del Dizionario è infufficiente,!! fig. di Condiilac non fi è ne- anche apporto al vero.; e che tutt' altra effer debba la difi- nizione de'Gerundj, de'quali non può negarfi l'efiftenza nel- la lingua francefe. Egli (ieflb me ne fomminifira le pruove che mi fembrano evidenti , e che io fottometto al voflro difcerniraento . I foftantivi in fatti , fecondo i fuoi princi- pi (z) che fon comunemente ricevuti fra i dotti^ efprimona ( per fervirmi delle fue flefle parole ) „ touta-la fois cef- .„ taines qualités,& le foutien fur le quel nous les reuniflbns, „ ks adjeftifs au contraire n'expriment que certaines qua- „ lités , 8c nous aurons befoin de les joindre h des fubffan- „ tifi pour trouver le foutien, que ces qualités doivent mo- „ difier .,^ _ ... 1 Intanto i participj fono fenza contraflo asgettìvi , poiché «ffi non fanno altro ufficio che quello di modificar i foflan- livi efprein o fotiointeri , defignandone le qualità . Se non che diffetifcono dagli altri nomi aggettivi in quanto che confervano lo fteffo reggimento affoluto o relativo de' verbi, ai quali efii appartengono. Or fé i participj dei prefente a fentlmento del Condiilac fono aggettivi , non altrimenti che quelli del paifato , non Tom.If. J3 veg- (0 Loc. cit. W) Princjpes generaus de gramnialre chap. i, deuxe panie. veggo poi il perchè egli neghi generalmente i generi ed t numeri al primi , allorché gli concede ai fecondi . L'auro in- tanto della lingua francefe ammette indiftintamente la de- clinazione digli uni e degli altri .. Une ìiante y perforine^ obl'tgeantes y ftxe frèvsnnnT ^ hommes vaili am ^ jeunes /imanfs ^(oao frafi ricevute per buone preflo i Francefi, e fi veggono compofte di un foftantìvo e di uà participio del prefente accordati infieme nel genere, nel nu- mero , e nel cafo . Ed i Signori di Porto Reale avvertono, che anticamente quefto. participio era Tempre , e non folo nel nominativo, ma anche ne'cafì obliqui fufcettibile di ge- ^oeri e di numeri, citandone gli efempj feguenti .,vLes g?ns tenants notre cjur de parleiient, h renJante compte (ij„- Ma pofleriormentc. è in.valfo. l' u'b che bene fpeflb il par- ticipio del prefente fi. riguardi come indeclinabile , e s'im-. pieghi avverbialmente qualunque fofle il genere , il nume- ro ,. e'L cafo del foftanrivo efprefib. o foitointefo , a cui fi. jiferifce . Quindi eflTi dicono: „ les jeunes gens bien elèvés. „ font tous piévenans. „ . E, per contrario dee dirli : „ La. „ Claufe partant que les epoux fé marient fans comunautéy 5, ne donne poinr à la f^mme le droit d'adminiftrer . Le. ,, gouvernement a pris. une mefure, oppure des mefures con. ^ycernnnt les émigrés „. E. non folo farebbe ridere, ma^ mo- nterebbe d'ignorar affitto la lingua chi fi avvifatfe di dire, j,. le gouvernement a pris une mefure fo»rer.??««ri? les etriigrès,. ovvero des mefures concernantes. les ém'tgrés . Eppure chi noa vede che in, quella frate la. parola concernane altro non fia. che il participio, del prefente del: verbo concerner il quala come aggettivo, che modifica mefure ^ dovrebbe egualment-e- che ogni altro aggettivo accoppiarfi al fuo- foftantivo. in ge- nere (0 Grammaire generale & raifontie'g chap. 21. { remar^ues ) nere, numero e cafo. In fatti le in vece elei participio con- .'I- ]e dirp..te ceflerebbe ove l' liiituto Imperiale e gli fcritturi di qucILi ndzione rìconuiceriJo nil participio del .prelente un vero aggettivo, fi unlfero a dich".irar co' precetti , e ad u fare col fatto , eh' n^n polfa altrimenti adopj arfi nel di- fworfo lia n^l nominativo, fia negli altri cafi , ii noi accor- dandu'o in g:nere e numero col (olLintivo e'pre(fj o fottin- tefo di cui deve indicare lo Rato e !:• qui'ira . fn lomma far SI che il paiiicipio del prefcnte fofle tome qu-llo del paflato declinao le lempre ed in tutti i cali , prclcrivendo l'ufo contrario e me un grave ciror granmatirale . Kè poi dovr.bj'efllr dilhcile per la fcrittor-- di fcorgere, fé è un participio d-;! prefen'e il nome verbale di cu vuoi fervirfi, ficcome fan'bbe molto fac'le p;r chi legge il ricn- nofcere, che un participio appunto d, tra-ìfor- mandola col relativo ejtii , e col prefeniC del verbo da cui quel nome deriva , è indubitato allora che la parola flelfi * al- ci) Vedi la Scienza Nuova del Vico , affioma XIX pag. 140 éell'eilr.o- ne Napoletana . lOO altro non fìa che un partrcipio dt-I prefente . Cos'i allorché effi dicono ^cnnne obligetint , fcmme prévcntiute , les hu- dìitm en droit ^ ognuno ravvifa chiaramente che vuol parlarli- di un uomo che ha l'abitudine- di obligare , oITia di effer cortefe , di una donna che ama di prevenire, di giovani ap- plicati allo ftudio del diritto, ed' è altronde ficuro di poteri! dire egualmente bene , bmrime qui oblige , femme qui pré- •vient- , èlévts qui è:u(iicnt en d)oip , fetrza nuocere né alta chì p'ego nelle due lingue francefe e latina , aon vi farà chi non dehba convenir meco , che la lingua francefe abbia t fuoi gerundj , e propriamente quelli che ccrrifpondono int«-- ramente ai gerundj in do de' Latini. Ma quel che darà maggior pefo fenza dubbio ai miei ar- gomenti, farà l'avvertirvi , chi le parole /ictord^mt e laìf- jitnt che il fignor dì Condillac indica al fuo difcepolo , cò- me foRantivi di due propofizicni fubordioate ^ non fi legga- no nel dircorfo di Racine,e' fono quelle appunto da lui IleP fo a bella pofla foflituire ad altre , del che egli ne rende informati' colla feguente nota (i). „. '^2,z\x\t. d'i t. accorda <& lai/- fa^ mais j'ai cru pouvoir me permettre ce changemenr, pour trouver dans cet exemple un tour donr J'avais befoin „« Or fé per formare delle propofizioni fubordinate Condillac ha dovuto fervirfi di accordant C /«/^^«f j', perchè mai .ci vuol dare ad intendere, che per femplificar la 'grammatica francefe convenga cancellarne la deno minazior.e- di gerundio, e chiamarlo foftantivo ? Certamente un foftantivo non pb- irebbe efiere impiegato per efprimere un giudizio fubordina- to , o incidente , fenza che foffe preceduto da una proposi- zione . Intanto i gerundj non debbono di neceffità eflerne- accompagnati. E Condillac nell'efempio che abbiamo efami- rato non ha voluto né anche aggiungere- ad accorda-n , & laìjjant la prepofi?ione e;j, la> fola che non indifp.'nfabilmefl- te , ma per vezzo o per maggior armonia 1' ufo permette a' Franceiì di congiungere alle voci che hanno fimigliante; natura. Che fé poi mi fi voglia opporre aver gli ftefll Signor! di Por- co Note (i) ai) cliap., X. L. Porbo-Reale J ci alcuni altri Grammatici riguartlati i gerua- <ìj cotie foftaiitivi, io lifponderò che coftoro ne iianno alme- no ammefla la efiftenza nella loro lijpgua , ladJove Gondil- lac l'ha del tutto negata ; ch'efll fono flati trafcinaii in in- ganno dalla uniformiti della defìn^nza de' gerundj e de' participi , e che ficcome era evidente che quelli follerò ag:^ettivi , fi fon dati per contrario a credere che fof- fer quelli foRantivi ; e che la incertezza che regna tutta- via in quefto punto grammaticale della lingua francefe mi ha fpinto a diflendere la prefente memoria nella quale mi fembra , fé mal non mi appongo , di aver provato centra l'opinione di un s'i grande Metafilico , che vi fono in quel- la lingua i gerundj , di averne fidata la differenza che gli diftingue da' participi in anf , e di aver dimollrato , che non fono foftantivi . Finalmente contraporrò all'autorità l'autorità. Il trattato della Grammatica Francefe di Regni er des Marais è certa- mente una delle opere le pìià riputate che abbia la Franci.:. in quello genere . Or ecco come vi fi definifce il gerundio (i) . Le geron- drf efì parmì nous une pnrt'te invnr'ttible du verbe qui a le vnème regime que fon 'uerbc , mais qui n a d' elle mème ìit tems , ni nombve , vi pevfonne . ... La principale niar^ue à quoi on pitiJJ.e connoìtre un gèi ondif fnv? rais efì tirée de fa nature mèmc qui efì de ne fcrvir jnmais qu a defigner ou une /i6iio>i p^/l^gère ,' & fubordofinée à une nutre cxpriniée p^>' le verbe , qui le ròsbif , ou wte circojìance , & une ìnanière de t a&ion principa'e m^vq-ié" par le mème verbe ^ ou enfi» un moyen tendant à ce qui efì fìgnifié par ce verbe . Quella deBaizione mi fembra efatca , fi.:ofcnca , e chiara , non ^1.) .'\rr.. des gèrondifs. non che conforme all'ufo ed al genio delle lingue , dj ma, niera che farebbe a defiderarfi -, che fofle in preferenza di ogni altra adottata nel- novello Dizionario Francefe, che do- vrà certamenie pubblicarli corretto ed aumentato per le cu- re dell' Iftituto Imperiale , onde veder principalmente emen. 'dato quell' articolo dell'antico Vocabolario deli' Accademia-. ÌAE- ELOGIO ALLA MEMORIA >V DEL SACERDOTE VINCENZIO DE MURO DAL SEGRETARIO PERPETUO PIETRO NAPOLI-SIGNORELLI Letto nel i8ll. (a) JL Er onorarmi, ornatiflìmi CoIIeghI , coti uà pefo glorio lo voi mi chiamale ad occupare una fede che mi obbliga a ravvivarvi Ja memoria dell' Uomo degno che non ha guari perdemmo . Quefto incarico efigerebbe che alimentaffi con irifti modi il voftro cordoglio par la perdita di chi con taa- IO plaafo corfe la carriera della filofofia e delle amene let- tere . Nondimeno ( e permettetemi che vel manifefli ) o fia che trovifi talora 1' uomo meno atto a rattriftarfi che a me- ditare; o fia che un oggetto Oefib fecondo il punto profpi- tico , che fi prefceglie , prefenti diverfi afpetti ; o fia che r uomo goda più di buon grado di trattenerfi fu ciò che ci rimane del foggetto perduto che fu ciò che ne perdemmo, a guifa di chi efce da un naufrjgio o da un incendio ; fia- ne, dico, qualunque la forgente, io in quello punto non Tem.ll. 15 rai (a) Fu qiieflo accompagnato da varie felici rime a lui tributare da di» vkG r«oi Colleghi . "4 mi trovo tanto difpoflo a fentire e^ efprlmere l'amarezza della per ita, (guanto a rifl:ttere fi;!.' imporranza del merito che la cas^iona ; e ciò tanto poi che mi accordo che in fif- fatta lizzrt corfa da. tanti filol'-fi ed orarori di prima nota , uUimo mi ritnarrei . Ed in fatti come ron ifcoraggrfi in raiiiment:r gli elogii tributati agli uomini illultri ed a' tìfici e matemuci dal Gimma , dal Gioviu , dal F ntenelle, dal Capaccio, dal Thomas, ovvero le inimitabili f inebri arin- ghe di un Boffnet , cU un Fieary , di un Giicchi , di un Vanaliiii , di aa Gh.ra'do de Ang.'lis , onde tommoffero e trafportarono gli afcolta'ori profondendo melliflui fiumi d'in- finuante animata elacjuenza che refe immortali i lodatori e i lodati'? Io non fo vincertni , Pootaniani , in-ntre alla me» ftizia fon preflb ad abbandonarmi , fento rapirmi ali' ammi- rare, fento fui ciglio inaridir le lagrime vicine a Igorgare , fofpendeifi entro il cuore il dolorofo fentimento , e riem- pierfi la mente del fulgore de' lami fcieniifici del nofìro Se- greario, dili'aur^o ftiie onde la dottrina illeggiadriva, della ripofta univeifale erudizionj onde condiva l'eloquenza e la filofofia .. 11 dolore è fovente un affetto che in gentil cuore e fenfibile ratto fi appiglia , ma generalmente è una fpecie di debolj?zi che male alligna o fi disdice in animi mafchi- li come i voflri fono, ed è piìi di una volta mezzo anzi di difacerbir la pana che di rappelLirfi le glorie dell' eftinto, ed i vantaggi che ne traemmo. S'incitenano, è vero, van- no infieme qu.fti fentimenti diverfi ; rè può ammirarfi il perduto fenza fofpirarC per la mancanza . Ma fé da prima il dolor preponderi all'ammira-zione , potrà quella arriva;' fuor ^i tempo dopo che ci faremo fpoffati in lamenti , dopo di aver tutte fpiegate le vele ai fofpiri ed agli omei . Comun^ -^ue fia , accordatemi in grazia alcuni iflanti onde vi addita Te ihi che ora mi occupano nel ftlar il pen.lero luli' efiraia no-- "5 ìBoftro Segretario, e fulle opere che ce ne rimangono; Volgendo lo sguardo alle andate cofe da che 1' Autor del Tutto diede l' efifteoza a quefto LJniveifo fra gì' innumera- bili poffibili prefcelto ; alerò fatto più univerfale non ifcor- 'giamo fe non che una guerra perenne mofla dal Tempo di- voratore alle cofe create, le quilla della Scrittura , che rintuzza 1' SCuio taglio all' adunco ferro dell'alato veglio fenza rifcatro. E fermoffi qui l'Uomo immagine mirabile di Chi diegli l'effere? Divenuto vie p ù coragsiofo nelle vittorie e nel ve- der la rabbia che divorava il fi^nore delle ftagioni,corfe più oltre ancora . Il parlare e lo scrìvere ( egli diffe alla Tua audace proge- nie ) finifce con chi fé ne vale. Se ciò ch^ lo fcrirto e la favella erfvrime,non fuperi l' inteUigen?» de' volgari , non fac- cia inarcar le ciglia , non meriti che fi ripeta tra' noftri li- mili , che fi confervi , che palfi di lingua in lingua p'r tut- ti i terricoli, avremo in vano inventata la favella e la fcrit- tura. Meditare al certo folidamenre importa ; ma ciò non bafla. La meditazione che non pafTì di mano in mano, muore col peofatore . Bìfogna che alla meditazione giuHa e profonda - con congiuoga la v.ioherza nel disvilupparla che fiffi 1 attenzione di chi ai'colta , la delicatezza che mujva le anime feafibili , la grirJa che la innamori, e non di rado la tnaerta , la gran- dezza , la fubliaiitk che incanti e forprenda .. Bilbgna che quanto patte dall'intimo del cuore e dalla mente più efer- cirata,^ e per l'organo della parola (catta o profferita altrui, fi cornmunichi , fpoglio n' eica di ogni terrea fcoria e fra- lez^a,. ch'è ia nodo indiir^lubile a'ie animi umana accom. pagnata.: che fenta quanto dir fi polla della divinità che il Creator del ru ro in efl"-' deg.ò tra.';fo:i lere : bilogna chj fem- bri da un nu'ne talmente accefo e commoff^ che rapifca chi>^ lo circonda e rafcolta,e rapprefenti i'eftro, il fuoco, l'eti-^ tufiasmo d'un ifpirato ^ Per quanto debolmente è a me conceflb d' immaginare', in fimil gui fa ( benché- con intenfuh infinitamente maggiore ) mi èguro che in Grecia favellafle il buon fenno ed il gudo nel irrido petto di Omero, di Pindaro, di Piantone, di Demoftene, di Teofraflo, ed in Arguito di qu;lla immortale fchiera che gì' ingegni Greci emu'ò nel Lazio, delle opere de'quali , voi,erimii l'ontaniani, vi padelle e nuirifte convertendola in, fucco. ed in fangue. Con. fi mi li efpedien'i que" fonimi ingegni incantarono i contemporanei ne' giuochi fingolarmente di Olimpia e di Atene e ne' Capitolini di Roma e- ne'Sebafli di Napoli , ed in ~-~fèguito i pofteri di tante eulte nazioni ; ed oggi fono per fc noi l'organa per cui i ncftri petti conccpifcono il nume che ci rifcalJa . Le loro opere vivono tuttavia, quafi pur cnò ver* [ gite e profferite. Morda pur dunque il Tempo l'impotente (ila falce; feco frema digiignando i denti fcarni ed ambe le mani per furor fi morda la pallida fua compagna che osò troncare vite sì care e preziofe.. E che traflero dalla loro a- trocità l'uno e l'ahra ? I lavori dall'ingegno efenti fono da. Ogni ofTisa, fonj perenni oraameoti del tempio dell' Iraaior- X2Ò talita; effi sfidano U rabbia llvorofa de' divoratori de'bronzi e degli eroi ; effi non moriranno finché il genere umano fuf- fifta, finché Libitina infetti la terra, finché il Tempo noa precipiti neir abiflb dell' eternità . Per cordoglio del Tempo che già minaccia e medita col- tro di me le vicine fue vendette, aggiugnerò che i trionfi dell'Uomo non fi fono limitati agl'ingegni Greci e Latini, e le perdite del suo nemico fi foao fuccedute nella moderna Europa. Ne trionfarono in Italia i lavori immortali del Por- ta, del Borelli , del Galilei, del Tilefio, dell'Arioso e di Torquato; in Francia quelli di DesCartes , di Buffon, di La Grange e di Racine e di Voltaire.; ìù Alemagna di Ke- plero, di Ticone , d;;gli Euleri , e di Leibnirz e di Klops- to:h; nelle SpagTe di Jorga Juan, di Antonio Ulloa , di Uflariz e di Camoens; fui Tamigi del gran Newron, ài Locke, e di Milton e di Pope. L'Uomo continua a vincere per quefia gloriofa infallibil via, ed il Tempo nulla potendo falle produzioni dell'ingegno continua a vendicarfene fui frale de'grandi uomini che rendo- no il terreno foggiorno vie più vago e dilettevole . E che' ahro potè egli full' antica adunanza Pontaniana ? Voi fvolge- te ancor come oggi nate e con iftupore e piacere ognor piiì vivo le opere eterne di Gloriano Pontano , di Az2Ìo Since- ro, di Scipione Cipeci,di Girolamo Seripando , degli Acqua- riva. Voi di bella invidia infiammati avete intraprefo a con-' tinuare le vittorie dell'ingegno calcanda le loro veftigia; ne' avete dato un faggio nel volune che pubblicaRe lo fcorf» anno; ed in quello che vi accingete a produrre . Il tempo' fremendone in vano ed altro non potendo ha vibrato un col- po per noi mortale fu colui che ebbe cura di raccorre in quel- le cane le voftre ingegnofe ricchezze e di farne unite allefae al pubblica un dono preziofo. Egli giace, è vero, preda di' mor- morte; tra egli vive pe'veri filofofì, pe' filologi di prima no- ta, per gli aratori egrcgii. Vincenzio de Muro Arpinate nato nel 1758 non viffe af- fai lunga vita, m?>" l'allungò colle op re . Li meno di tre luftri nel fei«iniTÌo della Città fjndata da' vi uoriofi Norman- ni diede opera ad imernarfi ne' mifteri d 11^ ebraiche , greche e latine lettere in guifa che perv^jnne tutta a guftaroe 1' ulù- ma b.llezza , la proprietà e l'eleganza. Furono i progress lapidi a fegno che dove fiudiato avea divenne precettore di froria e delle lingue dotte che pofledeva e maneggiava eoa perfezione e nitore. In Napoli per buona ventura dell'Ac- ca lemia Militare egli infegnòalla g'oveniù gli elementi gra- rnaticali d,'ile lingue latina, italiana e fraucefe , imprfifa ma- Jagevole per gli fcrittori non filofofì e non eccellenti; perchè in elfi fvolgendo la piìi profonda filofofia Teppe proporli in fa- cile afpetto alla prima gioventù per avvezzaria , non avve- dendofene, a meditar drittamente intorno al veicolo delle idee, vale a dire alle parole. Il Muro con tale arte fulle Tracce del CondilJac pubblicò le tre ben ragionate gramatiche^ Letina^ Italiana e Francefe . Con pari profonditli di penfare e con metafifica più folida e iuminofa coprendo fcorramente 1' a'tificio con un titolo fcm- piice di j^rte di jcrivere -pe giovavctti fpiegò gli arcani at- irattivi dello flile e dell' eloquenza, che trafcende la medio- crità. Tuita l'educazione indifpenfabile neli' ingreflb al mon- ÒQ difviluppata dal prelodat» Condillacwf/ Cor/o dì /ìndio ^n- p:irato per Ferdinando Borbone di Parma epilogò con origi- Kàl maeftria tuua fua il Muro neW Jntroduzione che vi pre- mife traducendofi in Napoli nel 1788. Splende in effa la più fana e la piìj utile filofofia fenza nebbie fenza fottigliezze diretta a rifchiarar l'ingegno ed a rettificar il cuore, condita di tutta l'energia dell' elotjuenza , di tutta la purezza della Tom. 11. 16 lin- Ì2% lingua-, dì tutta la dottrina, l'erudizione e ring?gno del Mu- ro. Q_u;ft' ingegno , queft,he- ne conoscale jfingolanncnre in quelia che compofe pel ritcno della palTatd corre in Napoli nel I7pi , e nelì'uhiiua. fune» bre pei Vefccva Agoftino Golino di cui pochi giorni prima del fa'al colpo che a noi il loKe , egli ci fé parte. Voi ri- conofcete le medefìme indicate pr^roguive eminenti in tante altre Tue fatiche- leiterarie, per le quali l'Accademia Jonica. lo prefcelfe tra' fu ai ornatifllmi individui ► Voi le ravvifate dapertutto, e vi determinaft? ad eleggerlo per vcllro Segreta- rio perpetuo; e b'n vedefte con quan;a ufura egli corrifpofa alle voitre ben fondat; fperanze sì ns\[' htfoduz'to-ic ch'i prepo- fe al voftro volume come nelle due eruditiffime Memorie fulle Favol'g Ateila7je e {aW Opicin che ne fanno 11 degna parte... Voi forp.'rate? Vi fovvenite eh' egli non è piìivoftro ? E' vero!: Vincen'io de M.jro non è più nofìro, è vero; ma della glo- ria e della ben. meritata immortalità ! Non è più noiiro, è vero; ma noftre. fono le fudate- opere che come- teloro ne ferbiamo, che faettano con tanso fuccefla it Tempo .. Q_uefto- tiranno- non fi confolirk mai dell'oltraggio che ne riceve mal grado^ della vittoria riportala fulla mutria- chi in fé chiuJeva ani- ma fi degna- Egli freme al vederlo coHocafo in un fegg^o rifplendeoce in m^zzo a un Vico , a un Genoved, ai Mar- tini, al Maz-tocchi , al Sabatelli , ai Ci ri Ili , al Serao , aL Filangieri , al Palmieri , tutti abbigliati della divifa di Pirte- nope , i quali fiedono ridenti accanto ai grand' ingegni chs refero eterne Roma ed Atene. Non i'^figgi all' acuta vidi dell' livido nemico delle cofe creite confelìb fi gloriofo , e- f) difpv-ra vedendofi debelhto a fjrza unicamente di puole ch-e fono non pertaata cjntro di lui aliai piià. di acuta fol« . gore. ' : 1 ^are penerranii, e raddjpplando il volo precipitofo fi rplnge tra" barbari ed incolti popoli d' entrambi gli emisferi , e fu elU e delli cofe che gli circondano fi vendica de' fuoi ran- cori, (ì vendica fu di coloro che non danno fegni d-lla pro- pria e(ilìen?a fé non per le vefti ricamale e pt diamanti di Golconda lavorati in Olanda e in Inghilterra. S'i, è chiaro, muoiono le Cittb , mjojono i regni , ma nott é vanità di cupida e fuperba mente che coprendo i falli e le pompe arena ed e;,ba , per nobil desio di cofa nun mor- tale cerchi l'Uomo uu glonofo compenfo di ciò che p^rdc ne' lavori dell'ingegno che du'-ariJ col mondo. In Atene ab- bacata dagli anni al borgo negUtto di Setine piega il ti- ranno vorace a fuo dtfperto la fronte a' carmi eterni di Omero € alle divine meditazioni di Platone . In Palmira cangiata in ruine fi onora e (i onorerai Tempre il Sublims del Miniftro di Zenobia . Pet^ l'antica Siracufa , ma non mai p.'rirono i libri di Archimede e di Teocrito. Il Tempo per mezzo del Vefuvio fotterrò Ercoluno , e gli adufti papiri di Epicuro forgono di fotterra a firfi ammirare' ancora . Peri • Roma antica , e Giulio Cefare , ma i fuoi Commeniarii do- po quafi venti fecoli ce ne rammentano le gelta e la fcien- za. Peri tutto il Romana Impero, ma non i poemi eterni di Marone , di Orazio , di Ovid o , e le ftorie immarcefci- bili di Salluflio , di Livio , di Taciro . Trionfino pure gì: anni di tutto che deg i anni trionferanno eternam.nte le let- tere. Vincenzio de Muro che trasfufe nelle fue opere tutto il bello e tutto il fapere greco, latino , italiano , fi leggerà fempre, e fi dirh con gioja ed ammirazione : /w t]uefìi i' in- fig*is Segret/irio perpetuo de Pontaiiiam del primo decennio del \Jecolo XIX ; t la ferie de' vollri fuccelTori fulle di lui tra:ce, e fulle voftre fermi camminando continueranno a iricnfar Wel Tempo. E voi fofpirate? Ho detto. "* MEMORIAE NVNQVAM PERITVRAE VINCENTII A MVRO PRESBITERI PII PROBI SCIENTISSIMI PRAEMATVRO FATO GRAECIS LATINISQVE LITTERIS AC SEVERIORIBVS DISCIPLINIS ABREPTI OPTIME DVM PONTANIANAE SOCIETATIS MVNERE PERPETVO A SEGRETIS PERFVNGERETVR STYLIQVE AMABILITER VENERES PHILOSOPHIAE LAVDABILITER PLACITA VNDIQ.VE SCITISSIME DIFFVNDERET HOC MAERENTES GRATIQVE ATRATI CONTRA VOTVM PONTANIANI P MDCGCXI. DISCORSO RECITATO X» MORTE DEL SOCIO PONTAJilANQ VINCENZO GAETANI D A L S O e I O I OTTAVIO COLECCHI nel iSii. ' V Iticenzo Gaetani, nato ^at dottor Fifico Gefualdo Gat- lani di Civita Situangelo, provitjcia del primo Abruzzo ul- teriore, Profeffore di geografìa s itoria nelU Rea] Paggeri», ornamento della Pontaniana Società , lume e fplendor delle lettere , nel più bel fiore degli anni fuoi è ft.ito il dV4 Giugno di immatura morte colpito. La fua perdita, miei ornatiffimi Colleghi , merita ben che fi compianga t)on folo da ogni fpi- rlto penetrante e rublìme,ma da ogni cuore altresì b^n fjr- mato-e virtuofo. CoDciofiachè e l'elevatezza ile' Tuoi 1 uniti , e la purità di fua morale il rendeano tanio più pregevole e ca- ro all'uom di lettere, all' uom faciale, quantoppiù ardua e difficil colà parmi che fia oggidì il poter rinvenire chi q e- Q'i due pregi aSìcm riuniti in un grado s\ eminente, come il noRro Gaetani, in fé fteffb accoli^a . Voi che '1 conofcefle, e Sigaori , ed una ben degna e giulia idea di lui concepire; Voi che ài alto fiupor comprefi avete meco più volte fa- vellato della fublimità dalie fue idee , e della rettitudine delle lue azioni, fateini giuflizia e garentite i detti miei ora che '1 dover dell'amicizia a rimembrar m'ingiunge qual fi folle ftato lo fpirito che faceva si ben penfire , e'I cuore che induceva a si ben agire il mio Gaetani : fpirito e cuo- re US re da cui traeva origine il noSife treno sdente fpecolative t pratiche virtù che l'adornavano. Ed è ben giufto che fi tramandin q-iefte alla fucata memoria de'pofteri , acciò ne godano i buoni, i malvagi ne frettano , e gl'invìdi ne at- trillino e addolorino. Santa verità, tu che profanata fovente dal labbro reo di vii adulatore, anzi elierlo in qu.-fto dì dal labbro mio, l'omaggio accogli del mio favellar fincero che più nitida e bella fpiccar ti far'a nei fulgido tuo lume. Co- minciam dapprima .delle quaiii'a del luo fpiriio. I. E chi mai potrebbe i pregi conten'ergli di una men- te perfpicace e fublime ? Pareva egli fatto dalla natura per la meditaziotie .e per produrre i pemieri più vaili ed elevati. La ragion eragli Tempre compagna, e la vivacità e la gra- zia, il vigor, la chiarezza, rendeaa si brillanti ed ingegnofe le letterarie Lue produzioni che non fenza un' ellrema mera- viglia., non fenza un vivo interno convincimento fi poffoa .leggergli fcritti fuoi. Anche nell'eileriore fui forma efpref- fi vedeanfi i caratteri dell'interna fua difpofizione . L'aria fua penfante e mfilancolica-, Jl volto macilente e pieno di fpirito, gli occhi Tuoi penetranti e vivaci-, la dolce ed ar- rendevole fifonomia , raollravano ad evidenza la profondità e folidezza del fuo intelletto, la fecondità e fottigliez^a del fuo ingegno, Ja forza e '1 brio del fuo immaginare. E per darvi più dilUnta idea e particolar notizia di fua non ordi- naria letteratura: era egli dotato di ut talento, a cos'i dir, univerfaie, di una perfpicacia non comune, di un genio il- limitato, penetrante , attivo , si e p;r tal modo che Ipaziar potè., fenza f;iiarrirfi , nel vafto campo dello fcibile , fegre- gando però fempre con avveduto difcernimento , ciò che può lo fpirito umano conofcere da ciò che tenta indarno di fa- pere . Il perchè non fi udiva mai foftenere o promulgar dot- trine che xion potellero^ alle umane ricerche convenire , ed in h querto faceva rirpl?ncler Tempre un ingegno màravigUófo, un giudizio fevero , un gullo alfai fquifito e dilicato . Coti quelta moderazione-, con quefte ragionevoli vedute s'avviò egli nella nobìl carriera delie fcienze e maeftro ne divenne; che anzi non volle folo de'lunghi ftuJii e delle fagge.fue fpecolazioiii pifcce ed allettare il p?netr.'va era per rijndir in un iftante ferva di Ate- ne la Grecia intera» fappian l'ordine che gli fa dato di co- municarla ad Ariitide ,. a quell' Aridiie la cui favie22a e vir» tìi eran fi conte e riaomate. Q_iefti avendo dichiarato al po- polo che 'l progetto in quiftione era veramente uiile, ma e. flremamenta iagiufto , all' ilfante gli Ateoiefi ,, per bocca d-j' quali fpiegavalì allora l'umanità, proibirono a Temiftocle di andar più oltre. Ecca, aaiico, l'impero della virtù. Tutto un popolo rigetta fenz,' altro efame un vantaggio io finito , per la fjla ragione che non può ottenerfi fetiza ingiuiliiia . Oi.e mi Danno duaque adire alcuni de'raoderni Fiiofofi che la vir- tù, non è per fé amabile,, fé non quaaJo concorre al prefente noftro intereffe ? E noa è forfè vero ch'ella fovente nel mon- da fj oppone al nofiro bene, e mentre il vizio coli' arte fua snaiigna fionfce e profpera ,.la feraplice virtù foccorabe e geme? ma che perciò diventa effa allora men amabile, raen bella? e .non femb-a anzi che ne' rovefci e ne'giand' infortunii fi fa la virtù, più. cara ed interelfante ? anzicchè nulla perdere di fua gloria effa brilla di un più nitido fplendore fotto gli ora- gani e le tempefle . Ah chi può refiftere a°li afcendenti del- la virtù, quando è perfeguitaia e profcritta! Qual cer feroce non s'inteosrifce ai fofpici di un uom dabbene:* Ma il vizio coronato, può far tanta impre/Gon fopra di noi ? Io ti fcon- giurp ( dicea.aii ) o amico: dim.Qi «eli' iii.ie^riti del. tuo cuo- ^uorc, fé con maggior entuGaimo tu vedi Regolo di ritorno .A Cartagine, o Siila che profcrive la Tua patria? Catone cha piange fopra i fuoi concittadini, o Gufare che trionfante dk a Roma la catene? Ariftide che prega i Numi per gl'ingrati Ateniefi, o '1 fuperbo Gonolano iufenllbile ai gemiti de' fuoi concittadini? Nella venerazion the Sociale moribondo m' i("pi- ra , qual'interefle prender pofs ìj, fé non l' interefle della virtù? Qual'è il ben che mi vieiie dall' eroifmo di Catont- o dalla bonik di Tito? Che timore aver pois' io degli attenta- ti di un Catilina o delia barbarie di un Nerune? Eppure io detefto gli uni, e mentre amo ed ammiro gli altri , (ento chfi l'anima mi s' infiamma, s'ingraridifce e con effilor fi edolie. Amico, io ne appello a te fteflb, quando aprendo i fifti del- ia ftoria tu vedi paffart' innanzi gii uomini dabbene ed i mal- vagi, hai tu invidiato mai l'apparente f.-licita de' colpevoli, o non piuttoflo il loro trionfo ha eccitata la tua indignazio- ne? Nei diverfi perfonaggi cbe la nostra fantafia ci ta rap- prefentar talvolta, hai tu defiderato un fol iftante di effer Tiberio con tutta, la fua gloria, o non avredi mille voice voluto fpirar come Germanico, coaipianto da. tutto l'impero, aozicchè regnare, come il fuo uccifori fopra tutto l'univerfo? Eccovi,, rifpettabili miei Colleghi, eccovi i fentimeoti di morale, e '1 carattere fpecoiativo di vittii- che adornava il mio Gaetani. Veggiam adeflò qual fofie la fua maniera di agire io confegucnza della fua luatiieia di penrare'. Sfbben ira'pi^eti regolari della Madre di Dio kUcù egli riiiraio dal mondo, pure non feppa mai dimcnticafu di elTer nato uomo e cittadino, ed in confeguenza. tenuto a que'doveri fociali che fendon più dolce il viver nofìro e meno i'jcomado il noftro flato. Ed oh potefs'io, fenza temer di troppo fiancar la fof- ferenza voftra, qui dipingervi in tutta la fua eftenfione il fuo carattere fociale . Animato egli diì l'tiotimeiiii della più. dolce filau' »34. fiiaatropia era bsti pjrsuif"-) della perfetta eguaglianza di lut- ti gli uomini-, e chi i diritti di fupjriorith , di preminenza aver noa poffaao il lor f)i1amjaco falla coitituzioa natura- le, mi dipenloa folo da un certo artifiziala inflituto , invea- tato dall'uomo, e con difegno forfè apporto al difegoo gene- rale della natura . Quindi non mai di fa o del fuj (lato vi- des'infuperbire , ma fempre docile, sempre affibile , fempre umano , con tutti urbinimenre fi tratt-neva, tutti con pia - cevoi volto careggiava, tutti umanamente foftViva ; che anzi era talmente di' doveri di umanità e di comp.iHij>a convinto che ne' loro attentati i malvagi ftelfi compativa. Voi, mi diceva , avete pietà Hi un cieco, e che altro è un malvagio, fé non un uom di corta viita che non vede al di la del mo- mento in cui agifce ■. Gh;i fentiminti! Chi nobiltà di pen- fare j Diceva che la focietà deve alla biaefìcenza i legami p'.ù dolci e pili forti, e chi'l mezzo principale di cui er^ifi fervilo l'autor della natura pjr iftabilirU e confervarla quel- lo era flato di render comuni tra gli uomini ì beni eJ i mali. Che fé v'ha tra quarti chi par anbiiion, p?r interef- fé è incapace di provar nel cuore i teneri fentim^oti di be- neficenza, non può effervi però alcuno che non ne porti i ferai nell'animo, vicini a fchiadeifi in favo'e dell'umanità e della virtù, purché un fentinento fuperiore non v^-nga a mettervi ortacolo . Che fé mai qualche uom fi trovafle che non aveflTe ricevuto dalla natura quc-fti prezioi; germi, ciò fa- rebbe ut) difetto di conformazione, fimile a quello che rende gli orecchi di alcuni infenfibili al grato e dolce piacere di Mti armoniofo canto. Or che ne dite , Signori, poteva darfi di quefto, animo meglio formato e più ben fatto? Che fé verfo tutti gli uomini eran quefti i fentimenti d'I mio Gaerani , s' egli era con tutti fi virtuofo , penfate qual' effer poi dove- va coi fuoi amici? Qui dovrei allegarvi l'efperienza che n' ebbi ebbi Copra me ftefTo; ma come contener le lagrime nel fov- venirmi della lincerità dell'amicizia di colui ch'era al mia male aifai pili lenlibiie che al fuo ? Che cuore amabile! Che anima benfurmat)! Ma oimè cha queft' uom fingolare, quefl' uom s'i retto di Ipirito e di cuore y nel più bel fiore degli anni fuoi, nel maggior colmo di fua gloria, mtntr'era di tanto ornamento e vantaggio alla Società, è egli inafpettata- mente già morto .. Ed oiniè eh' io non poflb rammentarlo fenza verfar dagli occhi un amaro dirotifTimo pianto. Io ch3 feco comunicava tuit' i miei penfieri , io che si avidamente de'ìuoi confioli e delle fue cognizioni la mia mente pafceva, io che prendeva tanto diletto di converfir con lui , perchè eratnt .1 caro, io che s'I mi pregiava della fua amicizia, io.. ahi di mer Io l'ho miferamente perduto ! Morte, ineforabil morte, e perchè non ufare maggior riguardo coli' uom dab- bene ? perchè vibrar cosi indidintamente il dardo fatale e contro il vizio che dovrebbe pteRo morire, e contro la vir- tù che dovrebbe fempre vivere e trionfare? Ma poiché for- da è la morte alle mie giufte querele, a voi mi rivolgo, viftuori colleghi, che si degnamente afpirate a far il bene, e pretendete con ragione di aver diritto alla virtù. Ram- mentatevi rpeffo dell' uonr rilpettabile che ha camminato in* nanzi a voi in quella brillante carriera, e ficcome aH'afper- fo de' capi d'opera de' Michelang.* li e de'Raffaelli i giovani pittori s'infiammano e fiupifcono di ammirazione, cos'i voi fenza mai ceffare di contemplare edamnirar il modello eh" vi ho prefentato, vi l'entirite bruciar il cuore del vivo de- fiderio d'imitarlo. Diceva. tDSSIERVAZlONl S13L1.X MEDAGLIE, CHE SOGLIONO ATTRIBUIRSI A TERONE SOVRANO DI AG&IGENTO, E SU TALUNE MEDAGLIE DELLA CITTA* DI TERINA^ DEL Cay. F. M. AVELLINO t.etft nella feduta de i$ dicembre 18 XI-. N. El terzo numero d;l mio Giornale Namìsmatico {1% ragionando di un medaglione di argent'j appartenente a Ge- Tonc r re di Siracufa , efpofi di paflaggio il mio fentimen- to fulle medaglie , nelle quali fi è pritefo leggere il nome di Terone fovrano di Agrigento. Come intanto s'incontra quefto principe in tutti i cataloghi , ed in tutte le opere di numismatica -regiftrato fra quelli, di cai efitVono realmen- te medaglie, e come qu ile, che fé gli artribuifcono , fono f^ate, e poflono effere ancora cagione di gravi dubbj, o di falfe confeguenze nella ftoria delle belle arti , e della pa- leografia , COSI ho creduto ora non inutil cofa confermare f\h a lungo in ^uefte ^flervazìeni il ^e^t^meoto, che allora propofi , Terone figliuolo di Enefidamo fi diftinfe fra gli Agrigen- tini ugualmente pe '1 porto eminente , cfhe occupò preffo di loro per lo fpazio di fedicì anni > che per ie qualità illufiri^ che ne lo refero degno (2). H fuo governo fu avveniurofo, e fegna'ato dalla cooquifta d'lmera,da cui egli difcacciòTe- tìHo fuocero di Anaffilao ('3) , dandole Tralideo fuo figlio per fovrano (4) , dalla parentela contratu col celebre Gero- Tom.II, ly DC ne re di Slracufa y a cui dieJe in moglie fua fìgl/a Dama^ reta , dalh infigne vitro-ia riportata da quelli due principi cnlleg.iti prefl'o ad Imera lui Carta 'inefi, ed altri popoli al numero di trecentomila. coinbaiteiin (5) , nel giorno ftcflb , in cui i Greci vinfero i Pe;fi in Salamina (6) , e da due vittorie Olimpiche, che Pindaro h» ceLb are (7) . Appren- diani da Diodoro, che. Terone mor'i l'anno I lell' Olimpia- de 77 folto l'Artontato di Carete [^) ; per cui avenJo ei regnato, come ii è già. detto , l'editi aini^ bifogoerk fiflare il principio del fuo impero circa l'anno I delTOlimpiade 73. Gli Agrig:intini refero onori divini al loro Principe ; e gli erfero un magnifico, fepolcro che venne in feguito diftrutta da up fulmine (9) : ma Traddeo fjo figlio erede del di lui (lato noA lo fu delle di lui q;ial:ta , e perdette ia breve il dominio (ic).. Filippo Paruta è, per quanta fi fappia , il primo, che- alibia pubblicate medaglie col nome di Terone .^. Se ne ia.- contrano due nelle [w- tavole (11), e quelle fi raffomigliano. preflo die interamente fra loro, avendo ambedue dalia parte del dritto una tefia , che nella prima di effe fi riconofce chiaramente per muliebre,, e par covrta nell'altra da una fpecie di pileo , e nel rovefcio uà grancbio fralle cui bran- che faperiori fi mira una luaa crefcente coli' epigrafe GEPO.. QueSe medaglie fono di bronzo,, e di terza grandezza.. Dall' op>.'ra del Pa'Uta hanno copiate neUe loro le meda- glie di Terone, o la defcrizione dimeno di elle,, il Qsflner (iz'>, r Arduino (13» , il Froe'icli (14), il Principe di Torre- muzza (15), il Rafcha (ló.), 1' Eckhel (i8) , il Sefiini (18V ed il i\jinnnet (19). E' intano da oflcrvarfi , che niuno di ^U'^fti auiori ha vift.i oriainalmente alcuna medjglia , che a qislle del Paru'a famialiaffe , aia che tuli le citano fui h fola di lui fede . la aelfua laafso inoltre , di cui fia fia- to 10 puMlicato il catalogo , ìncontfafi citata cowe efftente alcuna medaglia di Terone. E' vero, come ha oflervato rEckhel,che il Pellerin notò di averne ben quattro nella di lui collezione {io); ma lo fteflb diligente antiquario ci av- verte che a Tua premura il (ìg. Abate le Blond pregatons che mentre l'una feivivafi ancora de' più antichi caraiteri Greci , e della pù vetuOa ntanicra di fìtuarli , l'altra aveva gih adottate le nuove forme e la nuova maniera di fcrivere (32)? Le ftefle confiderazioni forgono ancora a convalidare il noftro aflunto , quando fi paragonino le fiefle medaglie di Terone con quelle incufe di Buflento Cittadella Lucania, in cui mirafi ne'piìi vetufti caratteri il n'irne di quella titti niSOIZ dall'una parte coli' epigrafe MIPINOM dall'altra. I tipi di quefla medaglia che (ono un bue clT una parte, e dall'altra , appartengono allo fti!e più antico e più rozzo^ Efia efifleva altra volta n?! nofìro Regal Mufeo di Capodi- monte, dove la vide il Winckelmann (33), ed ha corfa fin da piuaani la fventurata forte di tante altre ricchszze ^34!. Lo fleffo o altro efemplare fé ne ha ora nel Mufeo Imp riale di Parigi ; e il benemerito mio smico fig. Miornet ne ha^ data ultimamerite un' improntai in folfo. eJ un difegno '35). Tal medaglia fenza contradire a' diti fiorici^ più ficuri y ■on puè riputarfi anteriore a quelle di Terone e di Anaffi. lao', effindo fiata, come fi fa, fabbricata BulTenco d;)po la morte di quell'ultimo principe dal tutor de- di lui figli Mi- tilo nell'Olimpiade 76 (36). Qiidl differenza intanto non- pafla fra eCa e quella coM' epigrafe ©EPfl e p?r ragion del- lo Itile, e per ragion dell'ortografìa; e come potrebbero ere- ilcrfi ambedue opere di uq' epoca médeliuui ì. Bi- Bifognerk duhque in ogni conto, flippOBendo che le epi. grafi delle medaglie del Paruta fiano fedeli, riputarle, come ha fatto r Eckhel , pofteriori ali'etk di Terone : ma in que- fto calo, come offcrva lo fteflb erutito, niente obbliga a cre- dere che il nome di Terone in effe impreffo fia quello del fignor di Agrigento piuttodo che di qualunque altra perfo. na . Si aggiunga a ciò una oflervazione sfuggita alla fagaci- tà di queir antiquario . L'epigrafe delle medaglie del Paru- ta è 0EPÌ2 . Or fé in vece di quella epigrafe per riputar la, medaglia coeva a Terone egli avrebbe con ragiófi« defi- derato vedervi ferino all'antica maniera THERO , fecondo le leggi della paleografia , e l'analogia delle altre meiaglie di quell'età , ne' tempi più' recenti avrebbe dovuto fenza alcun dubbio fcriverfi ©HPfìN coU'H, come il nome del fovrano d' Agrigento s' incontra collantemente fcritto preffo tutti gli fcrittori greci, Pindaro, Erodoto, Diadoro &c. l'au- torità de' quali vieo confermata pure da Virgilio che allun- ga la prima (illaba dello fieflb nome , dandolo ad uno de' feguaci di Turno : /iravìrijue Latinos,, Occifo Tberone (37), e da Ovidio che l'al'unga pure dandolo ad uno de'cani di Atteone.* Nebrop&onofcjue v/iUns O* trt^x cum Laelnpe Theron. Ma nella medaglia, in cui per altro s' incontra, per non par- lar del 0 , la nuova lettera fì, l'È mirafi occupar tuttavia il luogo dell'H; chiaro indizio, a mio credere, che fpuria ne fia 1' epigrafe. Se a tante ragioni di dubitar della lezione delle medaglie in quiftione, fi aggiunga ancora la confiderazione , che me- daglie affatto fimili e fenza dubbio antiche elìftano in molti mufei, l'epigrafe delle quali leggermente alterata ha potuto facilmente far nafcere quella che il Paruta credette rinvenir neile fue , parmi che non pofla più riguardarli come poco fondato il fofpcti^ che quelle uliime fiano viziate . Infatti me- meJagHe in bronza di terzo modulo col tipo dì un prckh»» (ralle cui branche rimirali una luta cre'centii, e con quello di una t Ila di donna nel dritto ^efiflono fenza alcun dubbio; ed oltre agli originali che in Italia, e nel Regno di Napoli in particolare, non è difficile incontrarne in gran copia, tro- vanfi o incife o defcritte nelle opere del Magnan (39),del> 1' Arigoni (40) , del Geffner (41) , dell' Hunrer (42) , del Rafche f-fj), del Mionnec (44) , e di altri . L' epig'afe di tali niedaol e TEPI , ha ficilm?nte potuto alterarli in quel- la delle medaglie del Parma GEPfl ; dd che tanto nxeno è da maravigliufi , quanto più è ormai noto, con quanta faciltà nella età di collui il celtbra Golzio, e taluni altri antiqnuj ancora, che calcarono le Tue orme-, fi permettevano di alterar le legge ide ed i tipi delle medaglie che avevano per le mani, lìa perchè veramente per la loro poca coniervazione s' in- gannafl'ero efTì (ìefli nel difcifrarle , fia perchè volelfero im- porre alla credula pofterità . Vegganiì fu tal particolare le giufle r fleflloni dell' Eckhel, dettate dalla più Tana critica e perizia numismatica , e dopo i tanti en?mpj prodotti da lui non parrà punto temerario il dubbio che noi pro-puniamo fuir epigrafe del'e medaglie date dal Paruta a. Terone (45).. Q_ueRo dubbio fi è in me maggiormente confermato quan« do neli'oflervar taluni dilegni di medaglie rimeflTi anni fono di Sicilia da un ben conofciuto erudito di quell" ifula ad un fta corri ponJente che trovavafi in Napoli, incontrai fra elfi la prerefa medaglia di Terone , l' epigrafe della quale era per altro non già GEPfìl, qual è in quella del Paruta , ma be.')sV TEPI, come in qaelia di Terina,fe non cha l'ultimo l veniva confideraw da', podeflbre come una delle afiedell'fì, di CUI l'altra metà p?r-nag'i fvanita,di mo:!o che l'epigrafe intera lecondo lui elìerd-jvea TEPn.Noi the abbiamo lotta g;U o^du og.ii giorno medaglie firaili , poffiama aflicurare , che. ^;he gl'ultima lettera in effe fia fempre un I, e non mal un il.; per cui di Terina ragionevoiraente , e non già di Tera- «e -^debbono riputarlL ClTerviamo intcìmo che tali medaglie, in particolare quando fono poco conlervate, a chi fi lafcia prevenir foverchio dall'autorità dei Paruta , fembrano appar- tenere a Terone , ed ellsr le rtefle dì quell« che pubblicò quell'autore. Così fi capi fce come il Principe di Torremuzza potè afferir di averne oflervate talune : lurono fecondo ogni probabilità delle me.^aglie mal co.'.fervate di Terina quelle che egli prefe per medaglie di Tero.ne , fulla fede del Para- ta.; e c'invita a ciò credere 1' oflervar pure eh' egli non ha già ^afo alcun nuovo difegno ditali medaglie, contentandofi di copiarle dall'opera del Paruta ; il che non avrebbe ficu- rameote fatto, fé le medaglie da lui ville foffero (fate di ot- tima confervazione , e tali in confeguenza che poteff;ro fer- vire a confermar la dubbia o mal fondata lezione delle altre due . Simili medaglie ancora per un fimile fallo dovette il Pellerin credere di Terone; e la cagione per cui l'abate Le- blcnd non le rinvenne mai nel di lui Mufeo , e per cui non fi trovano oggi nell' Imperiai Gabinetto di Parigi , che conferva tutte le medaglie del Pellerin , farà flato appunto, perchè efaminandole fenza prevenzione, vi fi farà letta 1' epi- grafe TEPI invece di 0EPn , e tolte cosi a Terone fi fa- ranno claflificate fotto Terina , cui realmente -appartengono. F>no a che dunque non vi fia alcuno il quale citi come efiflente una medaglia fimile a quella del Paruta , di fede fuperiore ad ogni eccezione, ed in cui l'epigrafe GEPfi ÌB> contraflabilmente fi legga , parmi che 'quelie non fenza ra- gton« debbano riputarfi fefpette. .Noi non diremo certamente lo fteflb delle altre medaglie che fi fono ancora volute attribuir da taluni a Terone. Ef- fe fono veranunte antiche, e di ottima fed« , quantunque mal- '37 molto (^ubbìofo Ha ecl Incsrto, {jcr non dir falfo, che appar. tengano a Terone. L'una di quefte , pubblicata dal Principe di Tonemuzzd (45) , ha nel Tuo dritto uria teiìa giovanile laureata , ed un'aqu'la nel rovefcio coli' epìgrafe AKPAFAN- TINfiN- L' editore ha leggermente fofpettato che la teda . del dritto pofla appartenere a Terone, fondato fulla figla ©E, che gli parve ofiervarvi nel campo del rovefcio; fé non che invece di 0E il Neumann (47), e l' Eckhel (48;, che han- no fotto gli occhi la medaglia originale, attedano che in ef- fa fi legge ©K ; per cui il fentiniento dell' erudito Principe, che venne pur legLi'to dall' illuflre fig. Sellini ('49), qui tan- to dee la numismatica, quanto è ben noto a ciafcuno^, vie- fi'e a mancar dell'appoggio fuo più confiderevole . Un' altra medaglia a Terone ancora ha voluto riferir l'egregio Spanhemio (50); ma anciie quella come sfornita di ■epigrafe o di effigie che difegni un tal principe , non può elier conlìderata come fua fcnza alcun dubbio. Oltre delle medaglie rammentate al di fopra non trovo che fé ne fiatio altre pure a Terone attribuite , e come mi hufingo aver dimoftrato quanto poca fede meritino quelle del Paruta , ed è ben chiaro d'altra parte quanto dubb'o fia che a Terone appartengano quelle dal Torremuzza , e dallo Spanhemio attriba!te Pare che con tai tipi (ìafi voluto dinotar la poiizion maricima. delle. Città che ne fecero ufo (60). L'occafione che abbiamo avuta di ragionar del fignificato di quello tipo, delle meda:?lie in bronzo di Terina, c'invita, ad aggiunger talune ffl-ffioni fulie altre in argento di que.- lìa (lelTa città, i tipi de' quali non ci fembrano ancor piena,- mente fpiegati, Que. 139 1C>ueRa rcbll citt^ della Bruzzia pofta nel lato occidentale ■di eHa, :ul mar Tirreno, venne fondata da'Crotoniani (di). Licoirone e' infegna eh' efìa era funata preflb il fiume Ocena- ro , e die vi lì mirava il Sepolcro della Sirena Ligea trafpor- taravi dopo la lua morte dalle onde del mare {62). La maggior parte delli di lei medaglie d'argento , fralle quali fé ne contano talune molto antiche , ptelentano una teita di donna nel dritto, affai limile a quella che fi offerva nelle medaglie di Napoli; ed una figura di donni alata nel rovefcio in vatj atteggiamenti , or fedente , or all' erta , or con un caduceo m mano, or con un globo, or con un au- gello, or con una corona ec. L' Eckhel (6^) ha creduto con ragione che la telta del drr.to doveffe riputarli quella ddìà Sire- ra Ligea, come la teOa (ìmile deih /medaglie di Napoli fecon- do Io HeTIo autore , e, non g:a quella di Diana , come han- ■no lu'igo tempo creduto colori> che fi facevano ingannar dal "Golzio (54j,ma qu'tlia Dens'i dell'altra Sirena Parteaope, ivi fepolta nel modo iìeffo che Lig:a lo era a Terina ^ Prima dell' Eckh-'l il Maj-ro (55) aveva pur riconofciuta n ^11 j me- daglie di qu-ib ciaa la tei'la di Lig-'a , né meritava di «f- ferne rip'-efo dal Liebe 66: ^ che con minor ragiona volle vedervi invece la teftì di Giunone Lacinia molto altriinenci effigiata, coms è noto, lollt: medaglie di Crotone. In quanto alla fi^^ura di donni a'ata , che fi mira nel ro- vefcio , non è a mia notizia eh; efli fia fiata fpiegin fod- disfacentem.^nte da a'cuno de'numologi . il Conibe (Ó7) , e primi di lui lo fteflb Liebe (ó8), l' hanno pre^a per una Vic- toria ; mi il lor feutim nto non e po'^giato fupa altro fon- damento che fulle ali, le quali non ijlo, come è noto , a moltiffjme altre divinità convengono , mi anc ra non fempre accordaronfi alle immagini delia Vittoria '69) . Per effetto della Aelfa prevenzione fu creduta pure fulle medaglie di Ca- * ma- I4a marina una Vittoria quei'a donna afata che 1' EckheF p'ù felt- cernente ha riconolciuta pjì per una Nemefi (70 . S'imiimen* te parmi che n 11 meda^li^ di Terina Ja (teffa Li^ea fìa iìata con p ca ragione tia>fjrmara in una , Vinoria . E' vero che ordinv . Anche Silio Italico allunga quefta fteffa fillaba nel nome df Ter;n che s'incontra nel fecondo libro De bello Punico v. 149. e feqq. (jSÌ Metam. lib. 3. v. 211. (39) Bnittia numis. tab. 81. fig. 2. & tab. 82. fig. 6. (40) Muf. Arigop. num. urb. tab. 21. fig. 209. ; (41) Num. urb. p. 539. (42) Pag. r-^- (4?) Lexicon Rei NumarÌE V. Terina . (44) Defcription &c. tom. i. p?a. 'n/^. (4^) Ccà veeeijfT, reri'^^fe OBOA02 fcAmbi''ta in 0EOAO2 nel'e me- dael'P ^i Met-ipr nto vreft'^ !' Hunter : *LIPENSE per ILIPENSK , AKTIfiN -per ATTTmN , ASTAIÌN per AESILLAS incontranfi' pieffo il Golzio . V. Eck/el tom. I. p.CXLVIir. (4<5j -Sicil. num. tab. 107. fig. 3. (47) 145 (^y) Num, popul. tom. i. p. 40." (48) Doti. lom. I. p. 26Ó. ... . • (49) Leit. Numìfm. lom. II. p. 4. Il fig. Seftinì è moìfo lungi del reflo •dair accordar fede alle medaglie di Terone pubblicate dal Paruta . Ecco co- me quello infigne numografo mi ha fatto l' onore di fcrivermi riguardo a •quefte, in data de' 29. Noirembre 181 1.: La medaglia dtfcr'itta dal Paruta e i'Golziana , 0 fu malamente letta dal medefimo . Pelìerin fcamhio nel fu» fommario nelP accennare che ne aveva tre : tutte guelle che ho vedute nel M, Imp. d'i Parigi hanno TEPI ptr Terina . lì (ìg. Mionnet mi ha pure afTicu- rato gentilmente in una fua lettera che la medaglia csll' epigrafe ©EPIinoH ha mai efiftito nel M. Imp. Hi Parigi . (50) De ufu Ù" prie!]ant;a ver. numi/m- tom. I. p'»^»55>* (51) D08. tom. I. pag. 2C;oo Avea già dillefe le prefcnti offervaiioni quando nelT ultima applauditiflfimìi opera del celebre erudito /ìg. Abate Ennio Quirino Vifconti intitolata Ico- nographie Grecque & Romaine pirt. II, pag. 187 feqrj. ho incontrato una medaglia anepigrafa , che l'autore crede appartenente ad Agrigento, e pre- l'entar nel dritto la teda di Terone. Effa ha in fatti dalP un desiati una te- da diadt-m.ua , e dall'" altro un granchio, tipo che fecondo il fit^- Vifconti ci forza a richiamar U medaglia indub'tatamente ad Agrigento . Paragonandola poi con quelle dal Paruta date a Terone, fulPautenticiti ddle quali par che il dotto A. non abbia concepito alcun dubbio, e^li fofpetfa che la fella Jfia polla nella fua medaglia invece delP epigrafe ©EPfl che s'' incontra in quelle. Una tal congettura appoggiata da fcelta erudizione , e da molti efem- pi analoghi ovvj in numismatica , farebbe cetamente di mallimo pefo fé per tutte quelle ragioni che abbiamo erpolle nelle noftre elfervazioni -, non foffe permeilo il dubitare d;lla verità delle medaglie del Paruta , fulP analogia deile quali fi fonda intanto , come abbiam detto, la congettura del fìp. Vifconti. Del rello fé a Terone nei^arfi dovrà forfè una fede neìP Iconologia Greca, una cerramen'? Oimo che accordar vi fi debba a Leucippo Acheo , il cui nome AETKinnOS li legge intorno ad una teda barbata e gaieata , eh"' è fenza dubbio il luo ritratto, in molte medaglie Metapontine ( V. i nollri Italia Veteris ìitimifmata tom. ^. paq. 14. feqq. Viiim. 50. ad S» 70- ad 7;. %é. 92. , ove per errore ieggefi Martis , io?. J'.i. ) L' Eckhe! non P avrebbe prefo per un femplice nome di Migilnto , fé fi folTc ricordato de'le fegienti parole di StraSrm? ( f7»/)(ii-. /.-i. /■//. ) h-, S'i tu -K-ei Ti>nuT:>! Myo; 'à; ò 1nl^pill! Ciro Tov auviiy.iffii.iv '^ryj MeTraTs/riay ^ AET'C 10(102 eii; x^,:' '/^ vuìltx f/.ii aT S'oli/. fjLif iifitpxv ft.f' t^iyar Trpof Toi/f ccraiTo.'yras , òri ugu (ts T»v t[cftT« toio'jtìis eiioia. qr-ip Si ÌTtpup rrayoupit Ti ■ASixapx.ffiìi , /^ «Tctxoi. , )(j(4- Ji xa/JXiwt , njK fi. Tt rjyiouToy crvyyivn x. r. A.. (57) t Terinci. preleto forl'e. uà tal tipo dalle medaglie dslla lor metro- poli Crotone . i^'y àl^ghar. Brutf. numifm. tab. 19. 20. 8cc. (59) Pembrock. par. ?. tab. j 17. Zelada de numis aer. unciar. tab. i. fig. J. p. 25. Fajferi Paralig.. tab. 5. f. 5, p. 178. V. haìi.e veterìs mmismate tom. 1. p. 15. fi^o; Il m;o ciiliiffìmo amico e collega S's.. G. de Cefsre, noro pev vari? opere meritamente applaudite, ha avuta la bcni.'i di farmi o.Tervare ciie non- avrei dovuto omettere di ragionare in quefto luogo di un altro fenfo clic potrebns ricevere il ripo del granchia e della luna crefceiTie , che fi olTerva nelle medseiic , delle quali favelliamo . E' noto the gli antichi affegn-ì-rono a cialcun dt'pianeti il fuo domicilio in uno de' fegni del zodiaco , ch'era quello, in cui fecondo I.t loro credenza fi ritrovava quel pianeta ne' ft'ncip.) del mondo. Or fra queiii la luna fecondo il più comun fetitimento ,.occtipiva il fegno de! Ci7Wi-o , come può leggerli preffb Macrobio de Somn.Scip. i.:f. Sejlo Er»pn-icn aàv. ^ftra!. p.- 11^. Por^r/o de Antr. Nymph. F/rw.Vo Maieno l 3.prxf. &.C. eà ahri autori , che trovanfì più pienamente indiati in una diHer- tazione del eh. Barthe'Iemy inferita nelle memorie dell'Accademia d" Ifcrizio- ni e B» L. voi. XZ7. p.^oi e citati pure dal Zoegì Nun,i Mgyptii pag. 181.. e 182. e dai;'Ec'?hel DoR.tom. 4. p.ig.yc.y i. Il fo'o Manilio (l'b.n.v.^^g.) attribuilce la fede del Cancro a Mercurio : ira le monete Ei^izie deli''anno 8. di Antonino Pio, che pofToro confultarfi preflfo i lodati Scrittori, fono per t& pritna opinione, riunendo Tempre la luna al Cancro ; tipo che IT trova pure in altre medaglie preffo il /'fZ/fr/'/jC tav. 77. f. 27. e ta\,79. f.5^ &c.) ^-^r'^o- vi ( tom. ;,. tav. 15. fig. 187. ) &c. L'analogia di quelli monumenti dia cer- tamente non poco pefo alla fpiegazione , che il: fig. d? Csfare lia preferita . Mi Hi Mi fi permetta poi d! nptare in tal» occalìone un luogo di CsnrorÌDb, if ^uale panni che dia la fpiegaziooe di talune medaglie pur Egizie di Antonia» Pio, e che è non oftante, sfuggito alla diligenia de'' fonimi eruditi Zoega eà Eckhel . Eidicev, De die Njtali cap. it.pag. i^S. Haverkamp. )clie nel fecondo Coofolato di AnfOfitffo Pio, in cui ebbe per Collega Biuti'io Prefente, che vale a dire neli''anno 892. di Roma ijiJ. dopo G. C , la Canicola forfè ia Egitto y^'tte diem XII. (o come più correttameme leggerli dee XIII.) Ka- It'idas Augujìi , E" noto che quella particolarità coilituiva 1' anno canicolare, olfia il periodo di 1461. anni, che Cenforino mn diitingue dalP al rro perio- do, cui davano gli antichi il nom^ di anno grand: ^ di anno di Dio &c. In /atti egli foggiugne ; Quare fcire etìam licit , anni illius magni , gui ut fu- fra àiìium eft , & fohris & caniculari! , & Dei annui vocatur , nune^cioi nell' anno di Roma 992. dopo G- C. ijS. fotto il confolato di Ulpio e di Ponziano, come fi apprende dallo llelTo autore un poco avanti p. 1 1 j. ) agi vertentem anmtm centefimum . Or che al ritorno di quello qrand'' anno (ì at- taccane pure l'idea dell' appariiion dell.i fenice, e , »'i.!Vi;i,ut>. u^liM fji/}.,>^MV Virili Ilo traCciiid iiiicMincmc t|iiolli vfili \>et(M mi fpiiiHr» , che i iliie ultimi. H.. Iiiilriiio ii)ir.iliiliiiciiii; laimil^t^lia di arijpiito Hi Terin.i , di cui li,nii ) predo u\ un rdil'cio ( nftAwM^n «r/u» ) , il Sepolcro della Si- tcnu , tol uiiul nome »ori'e il poeta iiiicndc 1« ciiià iiiedeCm.i . (cij) lUiU». tPfii. I p, iHj. {6^) V. /.'«(•*. /. /. ^. li;, iij. ed 1 nollri iMlìatFutilt I\,Mmì/m«t» voK. 1. /». 41. (ft.^j (. .. (f^7) Vrdi l« dlllcTt«»!one di F. Ci. DojrlnR Df ahrt Tìftim-n Imt^ìiìhtit (l.iiiip.uti III Cr^ih.» uri ,.,H,r Aiilnotonte pittor di T.ifo . o iVcondo :iltri il |>..lic- di Uo,.rtlo di ( h;„ f„ il p,i,„o »A :l,•^ìol;^<l>t\<>t, Jtfìt. n "ji, (^r. e*>'r. (7S) .iVrt'. «,V ,?:»«;,<. IH, y, .,, Rrf^. p rf» vUrìna futtuit , p<»rre t>(ift*r tfft.,^Pi>tUH. Kk'J, .^rM... /;a rr. ,.. 808. /r^; Llcofronr nel In,»;,! clfjtn chiama l.ii>ra (./'r.?»»«Mr* .rrtlU-ihvKeth . Po», prini» pjildndij di l'utenopc chIì I.1 .h!; v f !j- |{»li lolle Niiriie (jiiel che dott«meiue lu lenito lo S^v^nhemio . I^f t-fn f'r Jt^!Ì4Hi>ii C».. ioti,. I. p. Vepij.iK il diiegne the noi iir di.imo fif, i, e 'SO l.if.. I, ciiv 4«. ,«t^, -. T' MxItn dv*l If ne Indie;» pure iin frntc nel M( vaio dì hi«mrt d,«l NtDfe*^ K V-funo, che «pprefent» U fpeditione de- gli Ar^on,•^^ln, V. /if^ ; ^;,f ,\, . ; .?>^ ...^, ,, Col /v».//. ;•/). ;v,;,,;^,, v/,,»^|, ,• v Ro'»hAt. -.d DìonvP. ^eriei;. ) U t>>n.) del le«iim»-nti» de I.' H 'mv'o' , !' qiMle caom» l*.-iT,>'i.on dello iV.^'ìa !s «be vi»o| jiiii, u ,'„„j j, ^m,i^ idillitì' R^Un'*!»lK 41v9j?? \, fo|Kea,e ch'e-r» d»l>,' 4«Wha fituarfì nrtricalia. Oltra, il nome di qurfla fontana ,ch EuAazio ehm- ni.i folle iteli Irali.i , il fiinTie^ Alfnie , dì cui vi Ci ragiona , é certamente c|U(?llo lidio tìiimc della Lucania, il cui nomi.' s'incontra puri- in altri idilli delio Hello puc(.\ ( Id. V. V. 11^) A qiieili indi'] locali io ne aggiungo un •Uro elle ravvilo nel v. i ;o. di qm.-ll'' idillio . Il poeta vi parla di un luoga che chiama Tìu^^t nome che mette a tortura il povero l'eolia. la , il quale per elTcr fedele al Ino (iilenia , non manca di darne intanto varie l'piega^ioni tut- te cnntradidorie , e che tulle in cnnlcmienia vicendfi olmente (i dilìru£;gono. A me pare che il poeta abbia voluto indicar con tal nome la citti di Buf- fenio pur nella Liicuvi non lungi dal fiume Alcnie , cosi denom nata dalia quantiii\ dc'^bolli ( Uu^oi . h* vero che gli al'ri fcrittori greci la chiama- no rii/^au» r noi) t-u riu'i» come Tcciciiio , ma é noto pure che i poeti preo- dcvand ipelliliimo la libi'rtà d'inflettere altrimenti le dcfinen7e de' nomi pro- prj delle Cina per Icrvire al verlo . .S'irabunc lidio infctjna che molti di lai nomi promircuamtnte .-idopravanli al lìni;o!.UL' ed al plurale , e al mafcolino come al fiiuinino ed al neutro ( Geogr. Iib. IX. p. m 554. ). Qiieflo fleC- fp Reof^rafo ci dA «lirove ( lih.. Vllf. p. m. ;v"^. ) molti altri efempj di nomi proprj abbreviati da' poeti , fia'tiuali cwer.'ino Mtjfj per Alefj't'ie puf- fo Omero, .'llcimo invece di ^■lliime.h'iie , 5^/-«xiv per Syracii/ji prelTo Epi- carmo , e ^aiS'u per Du,j'o''* predo Simmia . Cosi pure una llelfa Cittù ven-^ ne detto l'hryos e l'h-yorlft da Omero ( S'trab. ih. p. 955. ) (So) Nel bell'inno lii'^la\'»cri di Pallade v. 4^. e feqq. SajUi-o» CffOftftì fin ffit^Ttri , ertfttpy Afyoi riinr' «Ita Xfttraur (jii^^ ats iny rr^n/iAny , Sarjui.^:>i> ai >r«A«i t«v xt(\wiS'as t< ^iaafiieif H II Afnfit'H'y 013ITI Ttty Acttxi»., E*" niato inoltre il collume de' tempi painafcali , di cui la S. Scrittura ci of- fre molti efempi Gon. rap. 24. Exod. cap. 2. i!tc. Vegganfene altri ne' libr\. X, e XX. dei' O.lilfea «Stc, (81) Niim. vef; Pag. Xfi, feqq. faK ^. fi". 1?. (81' Ktti xty ùfvp pfi' Mi , II. 2. V. 458., (8,0 M.i.n.ui Bruii. Numi'sm. lab. 8;. tìn. 4. (K4) Tbnry,). liS. VI. e. ?. Scymn. v. ?>uriati terrofi- , e partico!arn:ente calcarei, e di magnefia, poiché verfando l'acido folforico diluto fu la Ilefla foluzione difl\'ccata , non ha formato rè folfito di calce, né folfato dì magnefia; fali , le di cui ca- ratteriftiche fi diftinguono beniffni o fra i redenti. Pit coBvaliiiare la mia affertiva fu 1' inefiftenza de' muriati, e nitrati nell'acqua faggiati , giovami far oflervare , che verfando dell'acido folforico fui fale ricavato dalla foluzione alccolira lion fi è fviluppato alcun vapore di acido nirrico, muriatico, o nitro muriatco . Efciufi i fali fummentovati daf'a fuluziono alcoolica fui refiduo fiflb dell' acqua foifurea, non dovremo ommettere, chi avuto riguardo alle affinith, e quia- ^5» . quindi alla folubilita de' materiali nell'alcoole^ (ìffatta folu* zione poteva contenere beniffimo due alcali, la ; foda , e la potafl'a. Or queft'ultima, e non la prima fi contìen- di lat- to nella noftra folu^ione. Ciò fi prova in quanto che trai*, tato il rifukato "dell' anzidetta evaporata folu ione ton l'aci- do folforico, non fomminirtra per criltalliza-iune 'oifato lii foda , bensì folfato di potafla, fali laciliffiu.i a CiUmquerfi per la varieth della figura , pel fapore , per effere il tojfaio di potafia inalterabile all'aria atmosferica , ed il fulfaro di (oda efflortfcepte &c. In feguito all' aver cimentato il reTiduo fiiTo, chi ci occu' pa , col folvente alcoolico, fono piffato a scioglierò nell'ac- qua. Ciò facendo, 'mi fono alficurato , che quella foluzione evaporata a fecchezza 1° Non contiene de' folfati , poiché trattata col mariato di barite non dk alcun fegno di precipitato. 2.°. Ella non contiene de' nitrati , poiché non deflagra . 3.° Non ha muriati di calce, e di magnefia , poich." fé ne foffe f .rnita, quefti farebbero rimafti anticipatamente fciolti dall' alcoole. 4.° E' iniiiile di far offe r vare , che carbonati terrei non ne può avere, attefo che quefti fono infolubili nell'acqua. Debbo conchiudere da ciò, che in effa non poffono ritro- varfi difciolte , che muriati , e carbonati alcalini. Per giu- dicare fondatamente della loro efiftenza ho evaporato a fec- chezza uia me,tà 'della foluzione indicata, e 1' ho trattato con l'acido dell'aceto, che mi ha prodotto una viva eff;r- vefcenza , .propria de' carbonati .Salutando ad evaporare a fecchezza h fìelfa foluzione acetica mi ha "prodotto un ace- tato alcalino, che dall' eirerfi interamente liqu fatto , fi <3i- fl'ngue beniffimo eflere l' acetato di potafla. L'aitila metà i' ho ricornata a fciogliere eoa 1' acqua dillillata , e vi ho ver- i5i? verfatojla.folùzione.di nitrato d'argento, che dall' abbondan- te preeipirato bianco mi ha fatto chiaramente olTervare h prefenza di un muriate di poiaffa . XelUva, dopo ciò, a determinare la quantità di muriate, e carbonato, di pota{ra,.che nella foluzione acqujfa efil^cnc. Ho.prefo una egual quantità di fali avuti dalla foluzione acquofa evaporata a ftcchezza , ed ho faturato il carbonat» di po'aflk per Tacido nitrico perfettanTiCnte puro ; indi vi ho verfato a gocciai a goccia la foluzione di nitiato d'argento fino a quando non fi è formato più precipitato. Ho fepara' to diligentemente qu-Qo precipitato , eh* ho trovato effire del muriato di argento, e bene aTciurto l'ho pefaro per gr. 5. Da ciò fono venuto in cognizioni immediatamente dslia quantità di muriato di potaffa , e di carbonuo della medelì- ma efiftenti nell'acqua, la di cui analifi ora vi pre'^ento . SeconJo le piiì recenti analifi rapportate da Thomfon nel toni. 4. del fuo Sìjì-ina di chimica ^ il muriato d' a gento è compolto di 75. parti di quello m'itane, e 25 d'acido mu- riatico: in confegu^nza in cinque-acini di murato d'argenta efiite un acino ed un quarto, d'acido muriatico.. Lo iK'lfo Autore rapporta, che il muriato di piulT* è com- poi!o di :55 farti di acido muriatico, e 65 di j oca'Ja ; quindi un acino e un quar'o di acido muriatico efìge circa dje aci- ni e ui> cua tu A\ potatra;e perciò n Ila fclujioneacqujfa, che fi elamina , vi foio circa tre scini e mezzo di mutiato di potalla ,, e or. ij. %\ di carbonato, dallo lleiTo. alcrili .. Ho finlmente- trattata, la (olu^ione- aceti a p?r- l'acido fol- forico allung to, il' q: ale in formar.dj il (olfato di calce mi ha farro apertame.n e difcetnere- la preltnza di «r 53- circa di cabotato di cakc in.ciò. che era; rimafto iufolab le allo, fpuitu di vino rettificato , ed all'ac^^ua. Se? ì6o Secondo dunque la efpofta analifi 'm ogni due lib. dell'-acT qua folfurea di Napoli vi fono difciolti i' Gas acido carbonico ^5 pjl. cub. ,cioè circa 4 poi. cub. di più del volume dell'acqua impiegata. 2° G35 idrogeno folforato 21. poi. cub. , cioè circa 4 poi, c-ub. meno i | del volume dell'acqua impiegata. 3° Pot.flk gr. 5I 4° Muriato di potaffa gr. .^~; 5. Carbon.Tio di potafla gr. li. 8-j 6. Carboiicito di calce gr. 5^ Mi (i permetta di far qui oflervare che la prefenza della potafli^; pura nell'acqua analizzata , è dovuta alli decompoli. z-ion-e di una parte del carbonato di potafla avvenuta duran- te -l'evaporazione ; non potendo effa eiilìervi nello fiato di libertà per eflere avidifTima di gais acido carbonico , che tanto sbbDflda nell'acqua minerale fottopofte alle noRre li- cere he. Un'altra oflervazione . Io ho ripetuto per più volte i miei faggi analitici fu i 'principj filli : la loro prelenza non e Hata mai alterata, ma la proporzione de' loro componenti io è fiata fibbene per qualche acino di differenza . Quarta varieià non forprende gli avveduti : effi conofcono , che ciò può dipendere direttamente dal diverfo ^rado di attrazione., che il mertruo eferciia con quei principi in grazia della tcm* peratura, con la quale gì' invefte ; dalla diverfa attività im- piegata nella evaporazione, e quindi dall' efferfi diffipata al- cuna parte degli ftefiì principj fiffi, &c. -Accurati dell' analifi dell'acqua folfurea paffiamo alla fintefi. SIN- SINTESI } t)clt arijua SOLFÙREA di N/ip-)H efeguìta in prefeniut ' (iella clnffe delle faenze fjvbe e mediche delta Joóctà Pomonima in •'» congr.jfo • tenuto a tal uòpo. P£r cfcgulre ficilmenfe, eJ efattam^nte li fintefr (bell'ani ziddetta acqua fulfurea ho prefo ilieci libbre di acqua di- fiiliata, e vi 'ho Icio'to ì fopr.icdecii p'iticipj hlfi nslf iodica*- ta proporzione, al di fuori del carbonaro di calce, che lot tiliflìmaniente polverato bo ben bene unirò ali accjua ; dops ciò ho filtrato la détta foluzione, che non hi laici jio alcun refiduo fui filtro. Ho pien-i una bottiglia di cri U-llo di que- (ìa foluzione ac^uofa , nella quale ha fegnto diftintam;iite la mifura di una libbra di acqua, eflendo la bottiglia capo- volta, ed anche quella di 28 ^ poH cub. al di fopra dell acqua , ed il dippiù della foluzione l'ho meffa in un bacile per lervirmi di apparecchio pneumato-chimico . Ciò fatto, ho introdorto in una bottiglia tubolata tre once ■e fei dramme di carbonato di calce, e due once, ed una dram- ma di folfuro di ferro ben polverizzati , e mcfudaii infieme: io-li vi ho unito i>n poco di acqua, e pi vi ho verfito al de fopra dell'acido folforico ; fubito fi è incominciato a fvilup* pare il mefcuglio di gas acido carbonico , e gas idrogeno fol- gorato nella debita proporzione , che ho fatto paflare nella bottiglia capovolta all'accennato apparecchio fino a circa il doppio della fopraindicata mifura di 28 7 poli. cub. per ogni libbra, ho ben bene agitato quefto mifcuglio , ed ho in tal maniera ottenuta l'acqua folfurea artefatta, fimile alla vera appena fgorgata dalla forgente. Erudiiiflìmi Socj, il mio travaglio (che altro non è che Tom, li. n i'efpo- iefpofizìone de fatti ) è timafto efaurita per quanta le mie- deboli forze: potevano, permetterlo . Io, non ho ofato fpaziar- mi in veruna ipotefijQ, foggiar teorie > si per-hè. cooofco ab- baftanza> quanto poco valgino i miei omeri , s'i perchè la materia non ne farà fufci;itibile . Lad love ft tratta di cono- fcere 11. fatto , niente p ù congruo quanto il folo linguaggio del fatto, medefimo. Pel bene delle noftr'. contrade, e pe' pro- grefli dtlla, fcienza , io, mi auguro , eh; altri calchi più glo- riofamente- quefte pedate. In quanto a me farò contento ab- baftanza fé; in. uà articolo di cotanta utiliik fmgar vice cotisc.. A chi ^ eh Ugge: I ^A Società l'ontanlana che nel secondo lustro de) secolo XIX ha preso il nome dell'Accademia Napo- letana del XV già norma ed esempio alle posteriori adunanze letterarie Oltramontane ed Italiane ; non contenta d.'gli esercizi! particolari di ciascuno *, ha proposto per ogni anno quattro pubblici certami al- ia concorrenza de' suoi più zelanti indivìdui . Il pri- mo di essi per l' anno i8ri si è consacrato all' in- teresse eccnomico dello stato, li premio che i con- correnti sì prefissero fu di manifestare unicamente lo zelo che gli anima ^ lasciando agli ambiziosi qua- lunque altro vantaggio fisico o morale . Sette Socii se ne sono occupati , e le loro Memorie sono state esaminate da una Commissione zelante e chiaroveg- gente , ed approvate dalla Società , come appare da- gli originali Processi Verbali firmati ed approvati . La Corona si è conceduta alla memoria che porta per epigrafe il detto di Orazio, Jilter'tui sic ^ìteira poicìt 'opem res ^ & conjurat amìcì . Si è in seguito reputata pregevole quella contrast- gnata col motto di Tacito, Non modo caius eveiuus' que rerum , seà ratio etiam cauf^cque noscantur . Meri- tò in terzo luogo la pubblica considerazione quella •• ìa- indicata dalla legge di Solone tov api^ov cvTà Tisi fauTou aiv rsxvav at rn&iv tv ljpurcii,vu:^ Xot/ut/Soo'Ws^ I biglietti sugellati che se ne aprirono il dì del Concorso 5 di gennaro 181 2, sQ^prirono gK aut<^ri (Qhe si premettono alle tre Memorie se^uenti^ 1. LE- '^5 LEZIONE ECONOMICA CORONATA DI P. NAPOLI SIGNORELLI - . S U'L P R O G R. A M M A. PROPOSTO PEL. PRIMO CONCORSO ECONOMICa PONTANIANO CHE PORTA l' EEIGJIAFC Aheriys Jtc Altera pofcif openi rtfy & conjurat amnì, I Orto che la Società Pontaniana Invitò i fuoi vaIbroS Accademici ad efercitar la propria attività e fapere fui prò* pollo programma , " Sino a qual punto debbana proteggerli le manifatture in un paefe agricola '* , commendando il bel. difigno di rendere le cure letterarie del noftro Confeffo uti- li allo Stato, ed aliene dalla rancida fenlpre Aerile pedante- ria ; vennemi in mente che a bene incammiaarfi alla folu- 2Ìone di queflo problema farebbe innanzi altro da penfàre a. disviluppar l'intento della Società nel dèfiderarla. Domandare fino a qual fegno convenga proteggere le ma- nifatture in un paefe agricola , dir non vuol certamente che il peofator che fé ne occupi , debba unicamente riempierli de'iolidi pregi dell'agricoltura in pregiudizio delle manifat- ture, o degli oftentati vantai^gj di quefte a> danni di quelle.. No; chi s' iateonafle nell'ana o lisli' altra, difcufiione efclufi- va- \amente , perderebbe di vìfta l'oggetto della Società . E fé prendeflè ad afferire che un paefe agricola poffa fufliliere per- petuamente feti /a attendere io verun modo alle "manifatture, ficcome efageraado taluni foventi date fuppofero, o che pof* fd fiorire per le fole arti ieaza gran fatto impacciarli dell' agricoltura , come da altri entudaHi fì pretefe in Francia fotto Colbert, anderebbe ugualmetite fuor di ftrada. Quando la Sccieth domanda , fino a qua) puntj il paefe agricola debba occuparfi delle manifacture,credj cha Suppon- ga, an^i che a chiare note maoifelli^ 'ch; uà popolo agrico- la, per ricco che lì dica in prodotti rurali, non può d 1 tut- to dirpenfarlì dal promuovere in alcun mo 'o le manifatture, le quali utilmente fi trafficano, quando non altro-, al pari almeno de' frutti villefchi , per comprar oro ed argento fe- gaì delle cofe,e per non efl&r foggetto a venderne per acqui- ftaile. Antivede nonpertanto la Società , die per effere una "ve- rità luminofa facile a fallare agli occhi, che l'indadria ma- nifattrice innalza l'utile ^elle materie prime affai pù fu del loro valor naturale, potrebbe la popolazione talmente inna» morarfene^che minor cura poneflfe di qu'^l che h uopo alla coltivazione bafe del traffico (i) , che caratterizza le terre agricole. 'Ora per evitar -quello non lieve perniciofo errore la Società avvertita e zelante domanda che diffinifcanfi i li- miti , oltre de^ quali non debbono proteggerli le arti , per- chè non ne rrdondi detrimento alla coltivazione . E qu-ft» lignifica che fi vuol Colrivazione ed ^rW , ma con certa fog- gia proporzione fugerita dalla natura delle terre. Adunque la- fcioglimento tende a rintracciar quella faggia proporzione. Su (i) V agrìcoìture tjì la laft du commerce^ Cette maxime «/? iT une telle ìmpnrtance < qi^ il ne faut jamais crainàre de la ripeter. Vedanfi s'i •£/*'"*'»- ti del Commertio nel libro 1 e. j. Per altro queftc fono verità che non ab- bifugnaoG di citazioni . indo da avventurare , col trafportar ciò che 'le altre prifleg^ono , le pongo a contribuzione , e mie diventano, Is. loro ricchezze .. Qual di effe vanta ragione meglio fondata? Per rilevarlo,, neir iporefi che ognuna fcarleggi di alcuna co^a ed abbondi di un'altra, pongh.iamo un.i fiepe intorno a ciafcuna . Q_ual di loro fuflìfterà da fé? Non fi dirh che la manifattrice pof- fa fuffillere fé la chiu/lete , perché e{!C:i non ha fondo onde attinga i mezzi di alimentarfi . Uti moderno ottimo ragio- natore, il fig^. Mengotti, aggiungerà in vece mia che un pò- t'io privo di territorio e di darrar^- , e compoflo di foli mani- fitt-i . '7t f attor) , i coflretto a dipendere d/iglt flranìert , da quali fico- nofce 1(1 fuJplìeriTia (i). Un'ifola di altro non fornita che di uomini e di iegni^ farh tanto più povera, fé Ja guerra, uti blocco, o un contagio la chiuJa, o la renda nemica di alrri popoli , quanto far^ più di navi ' e di uomini provveduta; tjuedi p;r mancanza di nutrimento , quelli di mezzi da raf- fettarfi o corredarfi, p2riranno. Adunque la fola popolazione agrico'a che per alimentarli non abbifogna che di fé (ìefla, fcnza d pendere da veruno, è pofledirrice della vera ricchez- za . Chiudete p. e. le Calabrie o la Sicilia per qualunque ragioni con recinto infuperabile, ìa. Sicilia e le Calabrie ric- che di frumento , dì vino, di olio, di cottone, di canape, di lino, di feta , di lana, di ogni fpezie di prodotti , e di alveari e di pafcoli , fulFifteranno e riprodurrà ino felicemen- te. Pur troppo è vero. La nazione agricola non manca ài foflenramento , e ad ogii altra per quelto capo fo v ralla . Pure arrediamoci di grazia un momento , e foffrite una domanda. Sarà perciò tanto ricca da procacciarfi compiuta- mente e fjmpre quanto riihiede uà' agiata fuflìllen za ? Voi la fupponete priva delle arri, e taluno, fé alcune glene ac- corda , app-'na quelle fole arti le permette che fon di prefi- dio alla coltivazione perchè fiorifca . Voi non le darete né anche commercio , o almeno non gliene date uno attivo . Suflifterà , vivrà, è v?ro , in preferenza delle altre . Ma a qual patto ? ma fino a quando ? Udite fé vi par giufto . Suffifterk r purché mi afficuriate che la riproduzione lia fempre felice e coftante , e non g k che ad una, a dui , a tre tertili annate, ne fuccedano altre in pari o in maggior numero infelici . Suflifterà 2 purché * mi (O Francefco Menijotti nel tomo II pag. 90 del Colbertifmo dell'edizio- ne Milanefe del i8o8j '7* mi aflìcuriate che non foggiacela a guerre , blocchi o ad al- tri flagelli che le divietino di tirare a fé i metalli Qra- nieri rapprefetitami delie cofe che le mancano . Sulfiflerà 3 purché il bifogno di derrate continui fra vicini o lontani per difonerarf» del fuperfluo . 4 Purché non crefcano eforbi- tantemente di prezzo le altrui manifatture , e le altre cofe che le bifogaino , e non venga aftretta ad un eccedente dif- borfo di prodotti che oltrepaffi il proprio fuperfluo peracqui- ilarle . 5 Purché abbia fempre alla mano legni o proprii Q locati ( che talvolta può avvenire che manchino ) per tra- fportare a tempo i fuoi prodotti a chi ne fcarfeggia. 6 Pur- ché non fia prevenuta nell'efitargli da altra nazione agrico- la più diligente e più accinta a foflenere fenza fvantaggiy la concorrenza ; perchè niuno ignora che non fono pochi i paefi agricoli nel noftro emisfero. 7 Purché le cavallette non invadano e non divorino con l' erbe e le piante le fue fpe- < ranze. 8 Purché conio fmaltimento del fuperfluo poflàugua-^^4 gliare fé non forpafl'are la pro{)ria neceffita di armarfi , di cingerfi di rocche , di alzar argini , di aprire ed appianare ftrade ai trafporti, di gittar ponti fu' fiumi, di coprir la nu- diti de' coloni e de foidati , di foddisfare a tutti i peQ dello flato . p Purché , per finirla , inondazioni , ficcita , eruzioni vulcaniche, diluvii, tremuoti non interrompano il corfo na- turale delle produzioni. Ma fé tali condizioni non Ci verifichino almeno in gran parte, fé la coltivazione o diminuifca o fi tenda inutile per uaa abbonianza fovente micidiale nella penuria delle fpccie e di fmercio: che cofà addiverrà della nazione puramente a« gricola? Oirbè .' come faprete indicarmi di quanto l'abbon- danza precederne infruttuofa e la mancanza delle fpecie abbia intepidito 1' arder fucceflìvo per la coltivazione, o di quanto i prodotti faranno riefciti infsrioti alla copia de' bifogni_, io vi .'73 vi dirò fubito fra quanti anni, ne'quali verr^ da narrati di- faftri percofla » d<:clinerà e quindi fallirà perfettamente la nazione agricola la più feconda produttrice di frutti rinafcea- ti (i). Abbiamo qui bifogno di accurauLir citazbni? Diaft un'occhiata alla (ioria. Concediamo però che le derrate fieno vera ricchezza delle nazioni > e ricchezza permanente, immancabile, più che fuf- ficiente a'bifogni, e che vi gettino innanzi un teforo incal- colabile per me-jza del loro fuperfluo . Degnatevi però in- fegnarmi che cofa dir fi voglia fuperfluo di una nazio- ne . S' io mi appongo , fuperfluo fi^nifica quella maffa di prodotti che non può confumarfi in cafa. E perchè ciò? Per- chè la popolazione far^ minore di quel che potrebbe nudri- re r eftcjnlione del territorio e l'abbondanza de' prodotti . Ma fé la popolazione , fecon^io i voti e lo fcopo de' fag^i gover- ni, fi aumenterà, forza è che il fuperfluo diminuifca. Nò, mi fi dira; perchè colla popoJazione crelceranno anche i pro- dotti , diffodanJori le terre che rimanevano tuttavia in.oue. Ortiniamenie; anzi quella faià la più gloriofa onorata cjd- quilfa che far pofla un popolo fenza ingiuOizia, fe.iza fpar- gimento di fangue, fenza fufcitar gelofia ne' vicini. Ma com- piuta la beila operazione di aver ridotto tutto il territorio a coltura, crefcerh a proporzione la popolazione, ed allora, ed in appreflb, g.li refteranno terre da diflbdare per ottenere un fuperfluo? Se crefcera la popolazione a fe^no che- tutta giung.a a confumare la domeftica ricchezza , e più non riman- ga fpanna di terra da coltivare per aumentare i prodotti , converrete meco che non fi avrà più fuperfluo di forra veru- na . Allora come foddisferà a'bifogni ulteriori, come compre- rà le maniiauuce che gH mancano, come fupplirà a i pefi COG- (0 Per fimili confidera^ioni ftrfe Feri^iaando Gnliani chiama il paefe agri- ola H pia infilici (iti mondo. Vedi i fuoi pregiad piah^iitt dts iledr . 174 continui e contingenti ^deIIo fiato? S' indebiterà . Ecco un nua- vo motivo d'impoverire. Il danaro che avrà accumulato , cor- rerà dietro alle cofe, puiìerà agli efteri , lo (bto li fpjlfetà, e forgerà una nuova malattia, il debito nazionale. Tutto in feguitofi compreià a crediro. Le nazioni iaduUriofe fi ap- profitteranno delle circoftanze dolorofe del paefe puramente agricola; e mentre lo nudrifcono, l'abb-gliano , lo tornifcono di quanto abbifogna (co. ne ix-ro per gran tempo gl'Jnglefi liei Portogallo malgrado degli sforzi di Pombal ) gli coni- municheranno nuovi blfogni, nuovi deiiderii, i coftumi pria ma d' ingentilirfi fi corromperanno : il lufl'o vi penetrerai pri- ma delle arti ; gli agiati faranno nelle vendite defraudati , i bifognofi oppredi dalle ufure . Sparito il danaro languirà la coltivazione, le impofizioni aumenteranno , la popolazione numeroia diventerà pefo e non follievo, come nella Nigri- zia e nella China, e comincerà paflb palTo a divenir minore o fuccombendo al'a miferia o difertandu; la rendita 'naziona- le diminuirà di giorno in giorno, e lo fiato oppreffo dal pro- prio pefo cadetk ad alienare il demanio tanto di terre quanto di diritti, e ne proverranno anarchie e difpotifmi . In tal po- fizione quale fcampo avrà l'agricoltore addetto alle glebe , at- taccato come Prometeo al Caucafo? Potrebbe trafporiar feco alfove i fuoi campi , come farebbe il manifattore degli ftro- menti della fua arte ? Egli fi -rimai rà inchiodato allo flato a rodere le fue catene. La Turchia, Ja Polonia prima degli ulteriori ftrepitofi eventi, e qualche altro paefe anche pura- mente agrario, in fimili difaiirofe congiunture poflbno addi- tarci l'immagine de'paefi che altro non fanno che coltivare. Simifi paefi fi troveranno abbandonati alla ferviiù , all'indì- g-nza, agli orrori non infrequenti delle carelHe, ridotti a'Ie fole produzioni delle terre, le quali in tal fortuiolb fiato (1 coltiveranno ancor male. Dipingetevi, Tulle tracce dei preci- tato , '75 tato Mengotti, o de'feguaci di Quefnay, quanto volete in bello il paele agrario allorché fiorifce, chi lo folleverà, ca- duto che fia una volta in tanta. opprefTione, in tale avvili- naento? Quella ferie di confeguenze manifefte a chi medita, con principii , 5/à^^tf deplorabilmente a chi è condannato a cO'. piare .. Allontaniamo da noi sV trifìe idee. Rimangafi il paefe a-- •ricola nella fua floridezza maggiore, rinafcano ognor più copiofi per lunga ferie di anni i moltiplici fuoi prodotti, il fuo fuperfluo fupplifca. pienamente ai bifogni della popolazio- ne e dello flato. Per qual via, ditemi, efl'o tira a fé le ric- chezze firaniere? Pel traffico, mi fi. rifpondera. Compariamo dunque per un momento ii, commercio, de' frutti della colti- vazione e delle manifatture . Qualche- noftro illufìre fcrittore gli ha pur comparati (i), volgiamoci ancor noi uno fguardo. Vuolfi in prima offervare che il maggior vantaggio di ua^ genere deftinaio al commercio confifte nel!' ottenere il mag- gior prezzo fotto il minor volume. I frutti del campo in natura, fpecialmente il frumento, che n'èil vello d'oro del- la greca, mitologia e l'aurea mefle della poefia latina, varrà meno di, ogni altra cofa in proporzione del pefo e del luogo che occupa. L preziofi metalli del Nuovo Mondo , le pene dell'Eritreo, le gemme di Gomorin, di Golconda,. del Bra- ille, le mofelline di Bengala, occu'.iano affai minor luogo de frumenti, della Sicilia, delle lane: della Puglia ,, degli, olii delle Calabrie e di Maffa. e. di Valenza, de' vini di Somma, di Gra- gnano, di Siracufa, e di Malaga, di Chianti &c.. e tirano in feno di chi gli. poffiede copia mirabilmente maggiore de' pro- dotti della coltivazione di gran pefo e di gran volume. Pre- zi ofo., è un carico di fera delle Calabrie, d'Ila Sicilia, di Va- lenza, ma tutta occuperà una gran pjlacca,ra dove fé fi la- vo,. (^1) Dii'.o^uts dti bleds.. 17^ vorerà ne' telai di Firenze , di Genova , di San-Leucio , di Francia, di Olanda in velluti, rafi , zendadi, fanpareglie , baiavie., levantine, ne occupeik là (dh parte, e produnk il decuplo di guadagno. La lana di Spigna, d' Inghilterra, delle pecora gentili della Pugiia, riampia un groflb naviglio di Ra- jju^a che la trafparti a' miriifittoa , e produca al proprietaria p. e. feimila piatire; fé tal carico fi convertirà in panni di Segovia e di San-Fernando, in ca'^tori di Olanda, d'Inghilter- ra, di Sedan , di Abeviile, arricchirà i raanifattori di venti- mila almeno, ed occupe.à fjrfe la quarta parte de-1 naviglio. Una libbra di lino che (i merca con tjn nolho tari, divenu- ta merletto in Fiandra, in Val-ncieone, in Alanfon ,acqui(la il valore di cento piaftre (l). -Un rotolo di ferro al più ca- ro .prezzo fi venderà mezza pialtra , lavorato in uaa ferratu- ra da mano Jnglefe , può cangiarli in una produzione d* ia- duRria di fgi zecchini, temperato l'itletTo pefo di ferro per formarfene una canna da schioppo in Napoli o in Barcellona varrà poco più di uno zecchino , crefcendo di pregio in Bi- fcaglia fi venderà dieci , perfezionata all'eccellenza in Ma- drid frutterà all'armiere felTanta dobble.Qual difproporzione fralle materie prime e le manifatture che ne rifultano? Ma qui ( malgrado di una folla di etìmii ragionatori di- chiarati p'r le manifatture , quando trattafi di guadagno à fronte de'femplici prodotti campeftri ) ci attraverfa il cam- mino il [-relodato valorofo fcrirtore Mengotti. E vool dimo- flrarci che la d fferenza di prezzo e di guadagno tra mani- fatture e materie prime fia una pura ìllufione^ e che non è vero che le arti moltiplichino il valore delle materie prime, co- (i)" Le materie prime, dice Mélon, aumentano proJi^iofamente paffando in potere del manifattore ". t/»je livre de Un divenne denteile faìt plus ^ue cen- jupler . Così avea già detto Bernardo Ulloa , Tommafo Uiìarit, loht» Cary, H «a feguito Antonio Genovefi &c. &c. '77 come vero non è ( notate lllufirl afcoltatorì ) che una im- magine sola veduta in uno fpeccbio a cento facce ft mohiplicbi in realtà come appare (i). Ciò vuol d're, s'io m'appongo, che fc una libbra di lino che vale un ducato, divenuta mer- letto ne vale cento, sarà una illufione , ai fuo dire, e quell' ««0 è moltiplicato folo in apparenza in cento , e noti in realth? Ma quali prove ne adduce? Eccole. " Perchè ( dice il fignor Mengotti ) il manifattore noi è folo a lucrare que'cento feudi, lavorando iecoiui chi fila, chi fcardaffa , chi teflè ": di più perchè n.'ila maniattura li contien; il prezzo delia materia prima, ed il tonlumo dell'artefice per foltenerli ". Analizziamo fiffatte prove . Non potrà egli negare in prima cflere inutile contare il prezzo della materia prima perchè fé ne ha ragione nell'ipoteli, ed è liquidato, e fi conta p.-r uno, e fi contuplica nelle mani del manifattore. Vuol to- glierfi in oltr« il confumo di eflo manifattore, il cjuale an- cr,r non manifatrurando consumerebbe, e la It.'lTa cofa dicali di quei che conLorrono al lavoro, e la focietk dee contare il confumo per ifpefa e non per rendita , e quando pure vo- leffe toglierfi alcuna cofa pel confumo, farebbe una fpecie di frazione a petto di cento scudi di prezzo e guadagno. Final- mente dee toqlierfj dal conto dfll'oppofitore l'opera di chi fila, di chi fcardaffa e di chi tefls , perchè qucfle msni non fanno parte della coltivazione, ma fono fezioni della mani- fattura . Or che cofa rimane da compars rfi fé non il valor proprio della materia prima, e quello della manifattura ? Di grazia diremo lanamente illufione che cento fieno piij di u:o? Trovate voI,illullri colleghi e aftoltatcri, raffomiglianza ra- gionata di quella evidente realità con una inirnagitte fola re- plicata in apparenza in \ì\\o fpecchio a cento facceì Tonj.ll. 2 3 or- co Mengotti nel capo V dtllt Manifétture nella fua differiaxione ielC*!- bercifmo . 178 O^rerv'o poi con pena eh'? fifFitta pretefa illurione pofla ìa ca npo venga accom.agnau Ha altri noo dkffunili raiiocinii del va'oruto avv^erlariu Jel Colber tifino. Suppone che il me- r'to eh? dinj «li artUÌi alle maiititrure .non in altro con- futa ciie ntW alto lori pr;; zzi ^ ed argoraema dall' afl'urdo che ne rifalta p r ne^aroè ■! prezzj e.\ il gu.idagoo . Vi pire chj fiborichi fopra fjliJo tonJameoto ? Al centrarlo egli do- vei poitare la propria acu'e^za ad avvertire che non il me- rito del lavoro cou^ilta nell'alta prezzo, ma sj bene che l' alto prezo neceinriamente di'^c^nla dal merito , Il valore della mioif ttura non ri ulta punto dal farla coftar più che fi polfa, ma beisi dalla necelTita che fé ne ha, dall' importan- za di eda, dalla dilicatezzi ed eccellenza e dalla preltezza di lavorarla cosi perfetta che non pofifa cadere di pregio ve- nendo al paragone di un'altra fatta con ugual maeiiria nia in più lungo tempo. In tale ipot-'fi, a tutt'altra cosa ugui- li , chi fatica pù lentamente d.;rk luogo al manifa'tore p ìi follfcito di condurne a capi due, e nella concorrenza il ;;; ii attivo venderà a mii^lior mercato del più lento, pT;hè rif- parmia tempo e fpefa nel Tuo confurao, fenza Icemar punto il merito del fuo lavoro (i^\ Vi (i) Né anche femSrami giuda la di lui afTeriione generale che ^Vi /chiavi ahborrìfca'io ogni indu/iria . Veri) è che chi nai'ceva in fervitù , ed era con- tato in Roma traile cole più che tra gli uomini, non poteva non abborrire il pidrino , ed i lavori rurali a"" quali erano i fervi condannati. Ma i padro- ni, pe' quali gli Ichiavi acquillavano , molti ne educarono con maggior cura desinandoli ad ufficii non vili, ed alle arti ed alla letteratura ; e quedi vi fi didinlero non rare volte, e divennero utili e cari ai padroni , e ne otte- nevano la libertà, end' è che tra effi conraronfi letterati, filofofi , uomini di fiato afcefi alle prime dignità della repubblica, non che mariitattori pregevo- li. GP ingenui coltivavano le arti e le fcienze dimolati dalia gloria ( honot elU artes , diceva Cicerone ); gli fchiavi in Roma, quando non mancavano d'ingegno , le coltivavano eccitati da doppio rtimolo, amor di gloria e deflo di libeità . . , AI- *7P Vi Mancherei foverchlo , fé infifteffi ancora fu altri firn. li ragionai' del ciotto Mengotti . PalTo dutiijue a continuare la compdrazione delle matilature co'pr^>dotti campeliri. Chiude il maoifattore in cafa i fuoi lavori e ripofa tran- quillo: il coltivatore laf.ia i prodotti all' ap-rto efpolti aio- culle, a Torci campagnuoli, ad uccelli, a bufere, a rempefìe, ad uomini rapaci . Il manifattore lavora ugualmente in fac- eia al fole ed al lume della lucerna , e raddoppia il valore dei fuo profitto giornaliere: l'agricoltore al cader fui campo alte li ombre del monte fofpende l'aratro. Il manifattore an- * cor Altro paralogismo par che contenga ciò che egli dice delle filatric'i di Coo, e delle manfatrure di piz7.i . Le feirmine di Coo filavano con fufi di gun- gn loitiliinmi, e con q-iel filo teirei'aiill ll^'fF.- voluttuofe , legoe-iruTie e tra- Iparenri che valevano moltiflTimo , come Plinio racconta ( lib. VI, e. 17. ); ma quefte filatrici non erano piìi ricche di quelle di Samo , di Delfo , di Lesbo. E da ciò che vuol conchìudfre ? Che il lavoro di quelle ftofTe di Coo valeva poco? Egli smentirebbe le meJefi:Ti? fue citazioni Hi Ovidio; i/e- yìrie ani. ) e di Properzio . Delle merlettaie dice : le una danna con un .paolo di lino ta un lavoro di mille feudi , perch' la della donna non è ric- ch'llìmj ? Altri può domandare a lui : perchè chi lavora nelle ricche miniere e ne Iciva tanti telbri , lucra appena il Tuo fcarfo vitto? Se rifpondelTe che chi laverà nelle miniere, Ilenia pier altri e non per fé, a lui fi replichereb- be ancora fuUe merlettaie che effe locano la loro giornata al minifirtore , e non lavorano per fé, e f opera loro non è che una parte di un finimento di pÌ7?' . AnC'ir più Urano mi fembra ciN che apsiiigne intorno a' merletti feriamen- te . Se l'arte di lavorarli t^ si ricca, perchè gli uomini compatriotti delie inani'attrici di pizzi non fi applicano a lavorarne, eà e'eg^o>io il mr'ìiere di cariotain^ e di purqator di foq'ie ' E che ne coTchiiideremo ? Che i aite di far merletti non è ricca ? Che il carbonaio ed 1 purgator di fo^ne fceglie sì Vili immondi meftieri come più lucroli? G'i fcel^ono anzi come pi'i faci- Ji per efl'i dotati di forza di corpo , e difficili a piegarfi ad altro lavoro pili dlhcato che moftra in lontananza il guadagno, e dapineffo lomma fatica , ed efii^e pazienza, induilria , e certo sforzo d'ingegno che mn conofcmo , In- tarro il Mengotti da tali premeffe tira quella confeguenu , che le cencnTt gamie delle merlettaie fanno chiara fede , che la loro arte nsn vale a moluplt' ccT U ricchez.ze , i8o cor mancante di un pleds zoppicancJo come Vulcano o Fì- Jottete, o dall'etri affievolito, incapace di vagare, non cef- fa di giovare a fé ed alla nazione, e lavora ledendo; il cul- tore infermiccio gemendo fotto il pefo degli anni, Che il curva e preme sì che porgli un monte y incapace di levar la zappa, di menar la falce, di trattar la fcure e la ronca, di guidar l'aratro, di fa'chiars, inneRare, potare, rimane a vegtar preffo al focolare ioutil pefo della gioventù fana e vigorofa. il manifattore ripone il lavoro in un armadio o in un gabinetto , ed attende i compratoci fenza temer che marciTca o fcemi di quantità o di frefchez- za: il cultore fempre incerto per li fuoi prodotti gli confer- va a forza di una cura continuata. Il manifattore lavora e vende in ogni tempo : l'agricoltore non può lavorare che a feconda d-lle liagioni , e tutte gli fono neceflarie fino alla vendita; il frumento p. e. richiede che la terra fi diflodi e il folchi nel ffeddoifi femini quando il tempo lo pprmetta, fi raccolga nella ftjts, fi batta e fi ftritoli nell'aja , fi ri- ponga ne' granai, fi fmjova, fi cangi di fito, fi faccia ven- tilare, attendendo l'equinozio di autunno , e che fi ponga in , fé non poflano efll'r provvedu- te del fuperfl jo delle agricole . Per fupplire però l'agricola a ciò che le manca ed a' p-^fi dello llato, abb fogna delle ar- ti. Ed in fatti la Società Pootaniana nel fuo progranfima prefuppone che debba p^flederne, e l'iiìeffo prelodato autore del Colbettisnio non pref^rifce l'a-^rico'a alla mnifattrice fa non oujndo nel tempo (lefTo e mamfarturi e rmjfi^hi . S^ pe- rò l'ag'icola s' intalentalTe per qualunque motivo in detri- «unto de* proprj doni naturali, di convertirfi in manifatiri- ce o navigante , perderebbe la propria ricchezza ^ che da ^uel puntu gli tugi^irebbe davanti come Itaca ad Ulifle , o per meglio dire a foraiglian-'.a del cane femplicione fi Lfce- lebbe fcappar di bocca il pane per tener dietro ali' ombra più grande. Goardifi dunque il paefe agricola dal disnaturare i fuoi terreni! Confervi il coltivatore ni nativo carattere tutta la parte capace di coltivazione perchè annualmente riproduca . Vegga fenza intermiffijne ridere i prati, biondeggiar l'ajo di grano, verdeggiar di vici e di ulivi le colline, i granili, i magazzini, le cifteroe , i ferbatoi elevati o fottcrranei ri- dondar colmi di frumenti , di olii , di vini , e di tutti gli altri [efori naturali. Ma perchè, come fi è olJsrv4io,in con- gion» l82 giunture mcn fel'ci potrebbero quèfti teTori naturali frovar- fi inferiori ai bi fogni , s'ingegni di minorar Cjueiii b'fogni provvedenJofi neiJa propria regione anche ài n-ianifatture mij;lioratrici . A tale oggetto protegganfi le inanifattu:e fecondo eire nel programma fi efpone. Ma che fignifica proteggere ? Det- tar leggi forfè da cagionare itjvidia re" ccliivatori pt;r ec- citare il guiio delti arti r Spiegar per cjuefte una deferenza eftlufiva?d ftinare i foli man. fattori ?gU opori ? Nulla di que- llo. Proteggere le arti nel pregiaiv.ma vujI dire approvarne i conati, fecondarne benignamet,te le indufine, lafciarle fa- re mettendofi da' lati ad olTervarne il cor'o , fchivar di ag- gravarle, accenderne l'emulazione perchè tendano alla per. lezione, ufarfi da' migliori del popolo domeiiici lavori per- chè tutti gli altri ne ufino ancora, facilitane 1' efportazio- ne per agevolarne lo fmercio nella concorrenza , non avvilir la coltivazione in grazia d.^Ue manifatture, ma applaudir le inanifatture come prodotti indultiioli della mano e dell' in- gegno. Ma quali arti in un paefe agrario vogliono proteggerli ? Taluno ha creduto che le fole arti neceflarie alla coltiva- zione debbano ammetterfi e fomentarli , p.rchè ha fuppolto che la coltivazione fenza altro prefidio bafli fempre alla pro- fperita della nazione. Nò; quello farebbe lo fteflb che lanciar- la puramente agricola. Tutte le arti, a mio avvilo, poflb- no contribuire a fcemarne i pefi ed i bifo.ni ; tutte le arti che, indipendentemente da' prodotti rurali, attirino nel pae- fe o i generi che vi fi defiderino o i metalli che gli rap- prefentino, tutte meritano il favore indiretto de' governi . Nonpertanto alcuna ve ne avrà che trovi nel paefe ag'-ario facilità dì fornirli di materie prime colla perfezione che l* arte richiede, di br4ccia cooperatrici eferciiate , di maefìri in- iooegoofì e idonei al lavoro al paefe confacente. Or quelt ane conviene che fi pref^rif-a; vale a dire l'orologeria in Ginevra, la fab-rica di freccili e crift^lH in Venezia, in Bjemid , in fan iKiefonfu , in fonderie nella Svezia ed in Binniiga.n, g'i a^lii e le fpille in Germania , le telerie njlle Siìen.;, i piizi nelle Fiandre, i lavori di tartaruga in Napoli, le porcelane nella China , in Dresda, in Napoli, ed :n Madrid , i lavori di ventioelie , di feta vegetabile, di lana-peltc in Terra d'Otranto. Tutti coav:*nPono che nel temoo fteflb che l'agricoltura fi confiderà come la bafe d.'lia ricchezza nazionale, fia pi- rimente la genitrice delle ani (i) . Ma fi avverta che ab- bonda'i.lo in un paefe le materie prime ugualmente che i panegirici en'ufiafti de' lavori dell' iodafìria può faciliflTima- m^nte awenre ciie la voglia di manifatrurare fecondata dai fucceffb prendelTe foverchia voga : che cohivandofi le arti prima per foriegn) d -U' a'^ricolrura , indi per commodo del reftj della (lato, in file perchè celli li ,rrib,^ta che fi paga per ignoranza agli efteri , le arti tutte fi efercitaflero di ma- no in mano con pericoloso eccenfivo trarporio : che l'agricol- tore s' inna-noralfe di un m.'lliere mno laboriofo e di mag- gi'jr guadagno, e palTafle tra gli artieri che lucrano feden- do, e coir efempio creafle d^'profditi , ed involale troppe braccia alla coltivazione. Ora quelli è appunro il cafo io cui le ani foverchio protette nocerebbero al paefe agrario; quello è il calo in cui il legislatore dietro i fu^erimenti della fazgezza interporrebbe lo fvjettro , non del rigore e della forza raa della oen fica infinuizione , perchè le arti Don trafcenddoo i limiti che elìge la natura delle terre agri- cole j (0 mio», Urtarii, M lon, Genovelì, Du Tor , Vèrri &c. . Mi quaa- do pure niuao l' avelie detto , non farebbe ciò vero i 2^4 cole; quefto è il cafo che rìcliiecle che s'Indaghi quanta parte delle terre e delle braccia potrà toglierfi alla coltiva- zione per confagrarfi alle manifatture . Iti urrà vada regione agraria che avefl*e ( fingafi ) fei mi- lioni di abitanti, ne'quali fi concenefle una decima pafte di più della mena di donne rreno atte alla zappa che alle arti, dovrbbe drditarlì la meith almeno di tutta ia popoiazioas air?gricoliura eoo tutte le fue parti , comprefì i paf.oli , gli alveari e le b'>lcai;lie. Il rimanente potrebbe tolerarft che fi rj,pan;ffe tra' manifattori e naviganti, fecondochè il paefe ( è da notarli ) conterrà più o meno porti , rade, ifole e fiumi fpecialmente navigabili. Che Idreraj in prima di tante danne? Le impiegheremo tutte alle campagne a tra- fpo:tar uve nelle vendemmie, biade nella fiate, fardelli in ogni tempo? Ci contenteremo -che tutte le più abjette la- vino al fi 'me, attendano alle pentole, preparino il defco , xaccoliano farmenti ed erbe pe' campi , fpii;olino dopo la raiGolta , fervano In citti o vendano ceci , fave , e frumen- tone abbraltolito,^ Ecco utia folla di braccia da togliere alla Hiiferia fcemandone la calca e popolasdone i telai di ftofie e di panni, e convertendole in ricamatrici, in merletta)?, in filatrici dil'care, in manifanrici di naftri , in farte , in crrfiaje, in modifte. Che faremo ancora de" noftri fanciulli che cammin^iao verfo l'adolefc^nzi, non atti ai duri lavori campefiri?Le ani poflflino iti molti di effi educare i miglio- ri tironi , i quali mentre lucrano in ragione dell' eih e del- le fo'ze , progredifcono nelle arti apprendendole foodatamea- te. L'agricoltura nulla perderà fé co' fuoi prodotti e colle materie prime occuperà e natrirà tanta parte della popolazio- ne, che farà il femenzajo de' manifattori confumati . Quan- to agli adulti e maturi , la fteffa natura aflegna loro le ri- spettive applicazioni a feconda de' talenti più o meno difvi- Jup- lappati e della loro (5(icft eoftitnzione. Gli organi interiori di uaa graa parte di codeiti eflari telTjtì di fibtjre, di mufco- li e di nervi vigorofi, pefanti , di afpetto truce o fatirefco, «e formano tanti Ercoli roroli e membruti atti ad improbe fatiche materiali; or perchè togliere quefle robufte macchine ai campo che le attende? perchè fperarne artieri che abbi- fognano d'ingegno, di agilità, di acutezza di vifla e di delica- tezza di tatto? Ecco la parte chi fenza p.-rdira dell'agricol- tura può l'erbarfi alle arti . Io ora non ofa dire , fi quella parte prefceita debba comprendere la decima o dodicefima o vigefima degli adulti e matuii ; perchè una fina organizza- zione, un talento fleifìbile ed una m *nte acuta , fono prero- gative che non fi accoppiano fpefliffimo ed in molti , olire di trovaifcne più in alcuni popoii che in altri . Ma fé per o^ni migliujo che fi dedichi alle arti , la nazione potrà for- nire un c;;ntinajo di maeftri primarii , può elevare le (uè fperanze . . Qi'anto al territorio da efentarfi dagli efe-rcizii rurali , convien parimente confuhar la natura . Che farà il paefe 'agricola delle fue alpelìri montagne ? Che d^'lle terre crcto- fe ? Che delle rade arenofe ? Clie de'fiti paluihi ? Che de' porti che la natura gli -oncefle fponfaneamenre? Rimarranno tali parti del fuo territorio infrutiuofe per fervir di ombra e di chiarofcuro al verde quadro delle ridenti campagne? Q^uefte ineguaglianze eh? pur le abhellano colla varietà che ne dilirug- ge la monotonia, fé vengono per neceffiià abbandonate da' col- tivatori, non poffbno ricettar fabbriche proficue e manifat- tori indù 'riofi e c:)ncorrere anch'effe alla floridezza del pae- fe? Q.ue' porti, quelle code fcofcefe in faccia al mar- rion poffono . . . che dico ? non debbono anzi eccirar i'uiilfi brama di navigare ed invitar con moli, torri, fanali e ma- gazzini i naviganti ad approdarvi? Que'bolchi anaofi , le Tom. IL 24 fel- lS5 felve qual fu un tèmpo 1' £1*01011, o ^^^^ ^ 1* Sila -del/* Cdlabra , non invitaoj iiicaffaDte.nenre i n).iritìcni coPruito ri? Pcr.hè liflatta terri refilt mo alla b^n^fi.a agricoltura, le lafceremo «.o'ioro pantani, colle macchie, co' canneti ia preda agl'infetti, a'ierpenti, ad upupe, a gufi, a lupi, a mafoaJieri cha vi fi appiattano , in vece di conlacrarle alle manifatture e alla navigazione ? P-^rchè le fponde petro* fc e le pendici battute dal mare G abbandonano in potere di alc^uanti Glauci e Tritoni fcalzi , difcinti e mal nutriti che fienrano a folientarlì per mezzo di un amo , di un tridente, di un fardello di reti e di una filza di nalTe ? E perché non ifcuoterne la detid a che dal meJefimo lor melHere pefJie- rc^cio d riva , convertendoli in tanti fucceflbri corasgiolì ed attivi de'Tirii, de' Pelafgi, degli Eìleni? Le colte Afiti- cane non pra.^utfero Annibale terrore dei Campidoglio, Gin. ba i!'orico filofufo, Magone agronomo ed Amilcari ed Afdru- bali rocchieri audci che insalerò e fvitcerarono le miniere Ifpane pnma che la Buflola Nautica Amalfitana apriffe quel- le dell' oppollo emisfero ? L'Inghilterra non è compolU di agricoli, di manifattori , di commercianti e di guerrieri? Le Spagne pofleditrici di ricche miniere e di fertili terreni non diitelero ne* primi tempi u previdenza a chiu.lerne i loro preziofi filoni, per approfirtariì della feracira rurale, ed intanto videro in Siviglia molte migliaja di telai che te>fls- vano u a q^antuà prodigiofa di Ùoffe pompofe , e corfero il mare oltre la linea dietro la. fcorta del gran Lisu'-e ? In fomma finché una vera (ìatilHca icalt.a , inJu;triora , chiaroveggente non ci additi con efattezza la qua.t:i delle noftre terre che indocili refilbao al e provvide ferite del vomere, e lì ri.uaia alla falce di'raettori , fon di avvi'o che a chi doma idi qujnta parte del noiìro p-iefe cjnlacrar fi potrebbe alle maoifacture , e 6n dovi fecjadarle, e ooa p;ù 187 p'ìt in la ; potrebbe rirponderR che /jueUs t>aytf 'p5,Ta detrar- fi alia cultivaz one che per natura raffomiglia alh rtrre ma' ntfattrUi male atte a produzioni rurali^ q . quella parte della popolazione che fovrabbìndì aW agricoltura ed abbonda, d'ingegno e di tale'iti più che di forza, Efpri inaiò Ja ftefT^ foluzione del ploblema in termini differemi- Re/li agraria il, paefe che lo è tenacemente fino al punto in cui il suo terri- torio Jì cllontana del proprio carattere agrario; e diventi nid' nifntturiere dove non può prevalere la coltivaxione , e navi' gante zerso le cojie . E' li natura, che p^r noi oecide , e Ifciuglie il problema: è la filo.oha che lafcia fcappar Jal iuo fcno le facre icintilie del vero che ne fcorgouj v.rfo il pubblico be;ie : è la previd.nzt le^'slatrice chi fega^nii- ne il lume può prot^g^ere iodiretiam'nte le arti f^nza pr-giuJizio del paefe agricola . Ma in qual maniera polF» ciò pia acconciamente confeguirfi , potrebbe elTere argomen- to di un nuovo programma . lo prendo da voi commiato con un epilogo che mena feco un COROLLARIO. UN pa?fe puramente agrìcola efpofto a contìng-^nze infinU te non è ficuro di piter fempre agiatam -nte fuTi fere, ftgnipre fiorire, Tempra fupplire col fuo fupe.flji a'b^fjgni ed ai pel dello ftato; ma intanto può da f; fuGllere ancor- ché chiufj a tutti ; e per quefta parte f)vr^fta a i paefi che manifatturaao . Alcuni franchi econom'lli p^rò decifi per l' agricoltura veggono rutto in bello, e fchivan^ di ravvifars che il mondo ci prefenta un continu") m rabil contrapofto Ji lume, di ombre, e di riflelTi bizzarramente va'iati che por- gano mueria inefauribile di offirvaziini al filofofj , e di ar- tificiofe tele alla pittura loquace, ed alla muta poeTia, Se ia * coni" i88 competenza col manifatturiere vince il paefe agricola fiorer?- te , il bifogno che pur cflb ha indubitatamenre àdk arti , afforbirk tutto il fuo fuperfluo ; e fé la Tua popolazione au- menterh , gradatamente diminuirà il fuo fuperfluo , ed ove altre terre norv rimangano da diffodarfi , mentre Ja popola- zione non ceflà e pur crefce , fparira il fuperfluo . L' oro e r argento corrono dietro alle cofe , si betie , ma cofe fono tanto i prodotti campeftri quanto gli artificiali . Altronde tali metalli correndo verfo le cofe non ne troveranno mai i canali oftrutti? le cofe and:'ranno fempre incontro ai metalli con ugual profitto fenza mancare ? Non nuoce al corfo dell' oro e dell' argento il furor di Marte , di Nettuno , di Vul- cano ? Penurie, careftie , tremuoti , inondazioni , lave di Mon- gibelli e di Vefuvii nel noftro,e nell' oppofto einisfero, non fanno di tempo in tempo riftagnare e fparir non di rado le cofe? Le guerre non obbligano le arti a rimpiattarfi ed a languir nell'ozio? Non defolano le campagne? Non ne fchiaa- tano gli abitanti ? I flutti marini col loro impeto non uurpano le terre, fé non vi s'internano e ne (laccano intere regioni, e le convertono in ifole ? Contro fimili fconcerti niturali e veniiicci, contro i fatali rirulrati delle umane pafTioni eccef- ^ve la prudenza non infegna a prevenirfi? Non ci rammen- ta che a penfar dritto vere ricchezze non debbono aifoluta- mence fupporfi né i metalli preziolì , né i prodotti della coltiva- zione, né le m^nifittue, né il commercio (leflb , v lendoltf fep^rare e ifolare , g'acchè tutte poflbno foggiacere a cireo- ftaiiie variabili non fempre previde ? Non dee ogni focietk apparecchiarli e premunirli contro i difaftri ? Ora ciò fi ot- tiene col minorare i bifogni e i pefi del popolo agricola mer- cè delle arti fenzi nuocere alla natura delle terre agricole. Coltìvifi dunque e fi raanifatturi in ogni focietk , ma T agricola più coltivi che manifatturi feguendo il pendio della prò» i8j> propria natura con quella proporzione che fenza denaturar' la la foftengi. Singolarmente abbia cura di non opporfi all', aumento della Popolazione che è l'unica invariabile ricchez- za degli ftati , fé ben s intenda la pubblica eco'jomiay fé ben fi diriga e fi adopri con fenno, /t? no» fi opprima. Sia que- lla vera ricchezza operofa relativamente alle proprie forze ; fi confacri per la maggior parta alla coltivazione , e non ometta di dividere ciò che rella alle arti , aILt navisazione ed al commarcio . Cos'i non reOando in verun angolo del paefe infruttuofa , fornirà di braccia le diverfe m.aaifdtture, di remiganti i bgni mercantili e gli armati dello (lato > di difeolori le fortezze , e di eforciti i confini . Tutto ciò come potrebbe fperirfi, fé prevale(^^J la fingolare ftrav;iginte infinuazione di non dover ft far nulla a fomlgliaaza degl'iner- ti Groenlandi ? Gli uomini adunque ricchezza fenza eccezione degli flati fono le braccia robuHe del Moderatore della nazione , fono quelli che nazione la codituifcono ; quelli che accorrono a tutto; che coltivano, manifatturano , trafficano , navigano, guerreggiano , coftruifcono in mare ed in terra ; che mercè de' prodotti del campo e dell' inJulìria attirano in cafa l'oro e l'argento, bandifcono i b fogni, efigono rifpetto dagli au- daci, contengono gl'intraprend-nti , dilfipano gli aggreffori , « rendono cofpicuo lo flato e temuto ed augufto il Trono . III. II. MEMORIA APPROVATA PEL CONCORSO COLL' EPIGRAFE Uort modo cafus evetitufque rtrum , fei ratto eaitjcfquf pofcatìtur « DELSOCIO CESARE DELLA VALLE DUCA DI VENTIGNANO. »> XN Ogni paefe, dove più, dove meno, i Legislitori fo' no Itati fedotti da uno fpirito mal penfato di ordine e firn- metria,ed haa ricercato di compaffare e modellare quel mo- to fpontaneo della Società, di cui le leggi poffono bensì co- nofcerfi con un'attento efama fu de' fsnoraeai politici , non mai anticipatamente prefcriverfi ", ( Meditazioni full'Econ. Pollt. ) IL quelito propofto dalla Società Pontanìana in Programma di quello concorfo di Scienze Politiche e Morali riguarda un'articolo di s'i grande impi^rtanza , che già venne dai più gravi ed inligni fcrirtori di civile economia, ed ampiamente difcuffo , e talor pienamente efaurito ; cosi che fcmbrar po- trebbe a prima villa ^u^erflao il difcorrernc di vantaggio . Ma può mai rag'onarfi abballanza intorno la pubblica felici- tà? Ed i Governi fa orifGono efìTi forfè gl'intceffi tielle genti con fiffaita avvedutezza e colìanza , che iuutilc riefca il ri. por- portarli eli tempo in tempo fotto k dì loro attenzione ? La- fciando che ciafcuoo rifponda per fé Oelfo a quefte mie di- mande , mi contenterò di ripeter foltatKo , che non furono mai foverchi gli oratori del genere umsfio , e che degni fa- raano pur fenipre della di lui riconofcenza coioro , i quali avranno tentato almeno di renderne meno trifta la condizione. Grazie foienni fi rendano intanto al noftio infigne Colle- ga e Segretario perpetuo , il quale con fommo accorgimen- to nii^i'iorando il progetto de' quattro annuali conLOrfi , e proponendoci di addirne ciafcuno ad una fcienza diverfa, ab- biaci bcliamente invitati ad otfrirne le pritnizie alla Umani- tk, alla Patria. Grati doppiamente ce ne faranno al certo i noltri concittadini afcoltatori ;e la gran Madre Italia, rivoU gendo lo fguardo ai fuoi figli Partenopei > avrà campo di fcor- gere con una dolce compiacenza , che pur fra quefli havvì di qudli , i quali nell' ingegnarti di ferbar fra l'inondante neologismo pura ed intatta la materna favella , non ad ina- zie canore , ma alle più nobili ed importami difculTioni ne confacrano reTercizio, Sino a qual punto debbanfi dai Governi proteggere le Artj preffo un popolo agricoltore: ecco il tema propolto, rilevan- tiffimo per fi?.fte!ro,e doppiamente per noi, che fra i popoli agricoltori dobbiamo principalmente annoverarci , E qui incomincio dal chiedere di quali arti ragionar ci convenga, imperocché il noliro Genovefi nelle fue pregiata Lezioni di Commercio le divide in tre clalTi , cotne quelle chi da tre varie forgenti fcaturifcono ; dal bifogno cioè , dal commodo , e dal diletto , chiamando le prime fondamentali ( e conta fra quelle anche l' agricoltura , la quale anzi può dirli la prima fralle arti tutte ) , le feconde mirglioratrici , le terze di luflb. Sembrami quindi , che il quefito fi aggiri fopra tutto intorno a quelle , che alla feconda claffe appar- te- tctieodo,contrlbuìfcono alla più facile efercitazion delle primi- tive, e vengono meglio r^vvifate folto i! Bcme di manitanure. Df-tnandandofi inoltre nel Programma * fino a qu^l fegno le arti vadano protette; par che lì voglia Uxó credere, che un ecceflb di prcitezione riufcir potrebbi parnictolo o alle arti naedefime, o ad altro ramo di pubblica pro'iperitìi ,. Ma poiché uti tal dubbio cader non potrebbe giammai fu tjueli. uaiverfale, ed imparzial favore, ch^ ogni ben' ordinato Go' verno conceder deve alle più utili e Lboriofe dalli della Società . così conviene credere, che nel Programma intendali parlare di quella diretta ed immed ara protezione, la quale confilie in un cerco fpirito d'imp.crioio patrocinio tendente non folo a promuoverne il progrclTo , ma a prefcriverne pur anche il corfo, a regnlarne T economia . Tale infatti è la na- tura delle cofe , che in quilfiafi forra di protezione va fem- pre inclufa una maggiore o minor dofe di ferviiù p::i protet- to, di dominio pel protettore . Per vie meglio dunqne farmi flrada alla folozione del quelito, mi fi permetta per poco di bipartirlo , e confiderar prima fé ed in qual modo i Gover- ni debbano proteggere le arti , per difcendere dappoi ad inda- gare quali modificazinni efiga un popolo cgricohore . Neceffario a tal' oggetto parmi dapprima conofcere la natura delle ani , le caule del di loro nafcimento e fviluppo , i di loro rapporti colla focietà : teflerne infomma la lìoria , e ri- montando alla di loro prima origine , e feguendone il corfo , rav- vifarle in tutte le loro varie eth, guardarle in tutt' i loro va- ri afpetti ; poiché le caufe ifieffe , che riconofceremo aver con- tribuito alla loro nafcita ed incremento, potranno rawifarfi u. tilt del pari a farle profperare . Chieggo intanto perdono a quefta colta Aflemblea , fé rai veggo coftretto ad intrattener- la per poco fu di un fi trito argomento , benché pur foglia Tom.II. a 5 piìi «94 ^ talvolta riurdrft ò\ non lieve diletta il raramentarfi dr venti §ià lene e penfate. L'uomo è circondato di biro^niy ed intento perennemente a foJdi^fd li; e mohiplici effin 'o le di lui neceflità, varj fu» rono d-'l pari i mezzi litrovari par appagarle . Sono quarti ap- punto le ani.. Arte non v'hi di farti , chi non tragga la fua ocigioe da qualche ununo biroono,e che diretta non fia a foddisfarlo. E ilxoma quefti nacquero coli' uomo, e creb- b«!ra a norma dello fvi lappo delle fue fìfiche e morali fa- coltà ; così le arti lagirono ótì pari intorno la fua cuna j| rnoltiplicaronli colle fue necefTHà, migliorarono coL'a fua ra- gion;; mentre a norma della Jor varia importanza furono pi iì o meno di buon'ora inventate, da maggiore o minor numero à inJividui , e con minore o radggior cura coltivate. E però fi(.come il cibarfì "può venir condlerato come il primo aff.iluto umano bifogno : così le arti fnnilamentali cor- rifpondenri , cioè la caccia e la pelea , in feguito la pafìoc rizia e l'agricoltura vennero in ogni luogo , in cgni età , da qualunque barbara o colta nazione , e dalla maggior parte di ogni popolo elercitatea Le arti miglioratrici al contrario non nacquero, che quan- do lo fviluppo della ragione ravvifar fece all'uomo nell'ufo di alcuni prodotti del fuolo il mezzo di render più piacevo- le la propria cfilfenza. Oltre che variando l'importanza del- le umane commodità a norma degli ufi e coffumi , del cli- lìia y del fuolo , e di altre circodanze particolari delle na- zioni, le arti miglioratrici in confeguenza non furono né tur* te, né nel modo iftePo , né per ogni dove , né con egual cura coltivate» Ai popoli del fettentrione fu fempre ignota , perchè femore inutile, l'arte, per dir così, (*ì ferbar fotter- la il ghiaccio per temperar gli ellivi ardori; come alle adulte nazioni della calda Zona fconofciuca fmùlmente fu quella di caa< cangiare In cappa ^t pefanti e vellofe pelli degli orfi . Le arti finalmente di lu(Tb, ficcome non a^li umani affo-, luti bifogni , né alle commoditk della vita, ma foddisfana foltanio alle noftre vanità e paffiooi , e qjcite cangiano foven- te di oggetto, divenendo Tempre più diffÌMi ad eff re appa- gate a miltira che f? accrefcono i mizzi di appagarle; cos'i, replico, le arti di luffo non necellarie ad alcuna nazione , fconolciU'e ancora a molte , utili talvolta alle ricche , alle povere fempre funelle, veg^ mii più o meno efercitate , più o meno ratàiiate in ragion co-npolta della vauitk e delle ric- chezze di chi ne ricerca i prodotti. Nate duique le poche e rozze prime arti per Soddisfare ì primi individuali bifogni , dovettero gli uomini da principio ■eiercitarle tu-te fimultaneamente , perchè tutti rifentivano i bifogni medefimi. Quindi ognuno provvide al fuo vitto :ognuF no prepara le lue vcili , la fua capanna, il fuo letto. E nel tem- po Ueflb niuno eleicitò alcuna arie, fé non quando la necef- firh ve Io coflripoeva , giacché la previdenza è un'efercizio dell' inrelletto affano ignota all' uomo felvaggio. Quando pe- rò collo fviluppo delle morali facoltà le arti crebbero di nu- mero, e progredirono verfo la loro perfezione ; quando non folo agli atiuali , ma anche ai futuri bifogni provveder Ci volle; divenne allora più diffi.ile, e quindi inipoiTibile, che un fol' uomo le elecitaffe tutte, e con quel grado di perfe- zione, al quale ciaicuoa di ef'e era pervenuta. D altronde la Provvidenza ordinatrice dell' univerfo , per avvicinar l'uomo all'uomo, ed inlieme rannodarlo col vincolo indilTolubile del- la reciproca utilità difpenfando gl'ingegni di varia altitudine ed acutezza, fece s'i , che ciafcuno riufcilfe più idoneo all' efer- cizio di un'arte, che di un'altra, ed a quella efclufivamente fi app'icaffe. Onde avvenne , eh egli col proprio acume mi- gliorandola, e rendendofi più deliro ad eiercitarla per mezzo « di 1^6 di una annofa abitudine ed efperienza , otténefle T ammirazione de'fuoì vicini , i quali incomiociaflero in confegenza a ri- correre a lui per confegiur pronta e piena foddisfazione del bifognoa quell'arte corrirpondente. Allora accadde quella uni- verfal rivoluzione, per cui le arti cangiarono di natura, e ceffando di effere in ogni individuo mezzo immediato- di fov- venire ifjlatamente ai proprj bifogni , divennero quafi una rete di tenaciffune fila, che moItipliGandofi ed intrecciandofi fempre più fra loro, e ftringendo in mille guife l'uomo all' uomo, coflimirono i più faldi vincoli delle fociet^ . Occupar» allora ciafcuno ad un divsrfo meftiere , mentre appreftava di che foddisfare agii altrui bifogni , vivsvi ficuro, che gli altri accingevanfi ad appagare i Tuoi . Ricco del giornaliero prodot- to della fua induitria , egli andava incontro a' fuoi vicini lì curo di commutarlo con tutti que' varj oggetti , che à fuoi varj bifogni confacevano. Quinvii quella perenne circolazione di derrate e di merci, che iii d'allora in poi l'anima e U vita delle nazioni . Non tutte le arti però hanno un merito ifteflb, confide- rate per la difficoltà del di loro efercizio e per l'importan* 23 deloro prodotti. E però il cambio delle merci, ch'efier dovette verifiniilmente in principio regolato dalla fola necef- lìià del raomenro , incominciò poi pian piano a calcolarli fui vale re reale delle cofe , ed il prodotto di ogni arte a fronte de' prodotti delle altre venne valutato in ragione del- la maggiore o minor difficoltà di prepararlo, e della minore o maggiore importanza di ( ttererlo . Quefte circolianze riu- nite alla general proprietà delle arti tutte, cioè che quanto maggiore fìa la receflìtà di confeguirne ì prodotti , tanto minore (ìa la difficoltà di efercitaile, fecero si, che le arti più oeceffarie , perchè più facili , vennero dal maggior nume- ro eferciutCj ed i loro prodotti pagati a minor prezzo ; Bien* , , , , . . . ^97 mentre all'oppofto la nugìoi' difficolta di efercjzio , e la minore importanza de' prodotti di un' altra arte faceva sì , che minor numero di perfona a quella fi adJicefle, e ne crefcef- fé nel tempo Ikflb il valore. Or ficcome i bifogni affcluti rifentonfi egualmente da tut- ti, cosi avvenir dovette, che il cambio de' prodotti delle arti iì faceflTe indiltintamente per tutte o direttamente, o iodi- rettamente con generi di prima neceffità , offia con i comellibili ; la«nde è facile il comprendere, perchè le biade^ ed i belliami etTendo gli oggetti più avidamente ricercati da- gli artigiani per prezzo dell' opera loro , finirono con dive- nite a;po le p;imitive nazioni la merce raprefentativa del valor delle altre . Prima di piti innoltr^rci , non parmi qui inutile il tiflettere , che fino a quefia feconda epoca Je arti inventate da principio per foddisfare immcdi.ita- mente le necefiiià di ciafcun' individuo , divenute in fepui- to mezzo indiietto di appagarle co! cambio de'prodotti dell* ■una con quelli dell'altre, non furono animate e fpinte in- nanzi , che dal folo defiderio di procacciarfi il vitto di un giorno, e qualche commodità della vita. Imperocché, non confiflendo fin' allora le ricchezze , che ne' numercfi ar- menti e nelle vaRe poflefiioni territoriali, la di cui con- fervazione e coltura erano pur' effe delle arti , che richie- devano un'aflidua applicazione; nafcer così non potea iti mente di alcun' artigiano la fperanza di anichire per mezzo de' prodotti del fuo meftiere : giacché niun d' efli aurebbe auv- to e l'agio ed i mezzi neceffarj per coltivare un fondo, o confervare un gregge ; né afpirar poteva alla fortuna di acqui- ftare ad un tratto tanta terra, o tanto beliiame, quanto lof- fe fiato fufficiente a fargli cangiar di meliiere , fvnza fargli peggiorar di condizione. Quindi è, che. non promettendo le ani , che un mediocre profitto , la mediocrità della fperanza noi) ip8 non comunicava agriogagnì, the Una "mediocre attiviti, né permetteva ai meftieri , che un mediocre progreffo . Era rifcrbato ai metalli il dare alle arti (juafi l'ultimo mpulfo verfo la perfezione; e fé il ritrovamento, e 1' ufo del ferro, che ne valle l'apoteofi all'invenrore , somminiHrò s'i all' agricoltura , che allearti gli (Ircimenti neceffarj a ben eferciiaile, gli altri metalli furiero a (olecitaroe in al- tra guifa l'efercizio. Di fatti quando il cambio delle in>"rci non lolo fra gì" individui, m de' vin- citori , incominciaiono a venir confidetate come uooili e U- be- '2*7' berali menieri, mentre l'agricoltura vanne a villpcnJetiì ed a reputiirfi qu.ifi un'arte fervile e dilonorante . Coiìcchè , feb- b.-ne col rilorgimenio. di ogni filofofia , l'agricaitors abbia cefiatQ di rifguardarfi come un vii fervo della gleba, ciò noii oiiante egli òancca b.'n lun?i .dal riprendere quel polio di onore , cha mcritameota conferito gli aveva la veneranda antichità ; e le odiernii Cereri non hanno né tempj ne fa- oerdòti ^ Ma ritornando all' intralafciato argomento , non poflo ade- nermi dal ritl-ttere che mentre appo le pm celebri nuio- nì del mondo [' agricoltura fu Ai. p:T tutto egualmente favo- rita ed onorata, non rimane al contrario alcun vefligio , al- cuna memona d'inlHruzioni tendenu a promuovere l' eferci^io delle arci miglioratrici , le qujli , ove fi tolgano k cade deal' Indiani e le trafminTio i crednarie negli Egi^j, fembra eh; fieno fiate fempre abbandonate a fé ft-ffj ed all' interelTe ge- nerale dille nazioni . Eppure a qual grado di perfezione non gijnf;ro fra i popoli fopradderti ? Vel dica per me U (ioria: vel dicano que' monumenti (amofi , a pie di'quqli il tempo arreda ancora la fua falce, e le preziofe (l^ìffe di I^'ffia, e le da voi pregiate cinefi porcellane, e qua' vafi e qu.-'b'-onzi ,che trionfatori deTecoU e dell' ire vesuviane, riedo- DO intatti alla, luic con meraviglia, dell' univerfa . Ma tdlC' è la condizione delle, a.ti, che quando l'agricol- tura ( fono quefte parole del preloduo Filangieri } ,, qu.indo l'aorxoltura ha fatto i maggiori, pro^r.-lli in uaa naz one ; quuido lotto, i fuoi aufpicj la, popo'az one è crefciuta ; quan- do quella è fujeriore a q iella , che la ti.'rra richiede per la fua coltura, e l.j focietà p-'l fj/i bu.)n'ordine ; quando l' ab- hmdan^a illelT.v dA\i cofe neceifarie alla, vita mette l uomo, nel dritto di ricercir quelle , <;h^ gliela rendono pù piice- Vole ; quanJo finalm;uie molte braccia remerebbero oziole , fc. fé non fi addeftraffero a dare una certa forma à p^rodotti del fu&lo , allora una porzione degli abitami di quefto paefe di- viene manifatturiera j allora fé quelto popolo non è immerfo nella conquifta , non è oppreffo dai)a l.hiavirù, uiiifce i be- nefizj dell'agricoltura a quelli deli' indullria , produce con uni triàjjo , e perfeziona coll'aUra. Ecco ( egli aggiugne ) qual fu là forts delle Indie e dsUa Cina d 11* Perfia e dell' E- gitto, di guertì paeli , cli2 accoppnrono a tiitt'i tefori della natura le più brillanti invenzioni dell' arte:ecc9 qual farebbe ttata ancora la forte della nolìra Italia , (e avefiTe potuto lafciar per un momento d' effe re schiava , o di combattere.,, E fui propodto ricordarvi mi giova di quelle nazioni Indiane, che difpenf.ite qusiì del tutto dalla coltura de' cam- pi per la fomma feracità del iuolo , fofpinrero le manifa'ture ad un tal grado di perfezione die oltrepaffa ogni umana credenza. Felici, fé circondate da rupi inacceffibili , aveffero potuto fchivare le invafioni di popoli robufti e bellicori , che da fecolo in fecolo le hanno collantemente foggiogaie.' Mettano dunque i Governi de' popoli agricoltori ogni loro «ura in favorire ed incoraggiar l'agricoltura, in accref:er le cognizioni utili alle diverfe parti di eflfa , in rimuovere fopra rutto gli cffacoli , che ne impedifcono il progreffo ; fi ram- mentino di quel buon Principe, il quale credeva che il fuo popolo avrebbe dovuto dirfi felice, folo allor quando ciafcun contadino aveffe potuto mettere ogni giorno la fua pentola al fuoco; e ripofino poi fuli'accrefcimenio de bifogni cagio- nato dall'aumento delle ricchezze, lafciando a queffì il pen- fiero della dilatazione e perfezione delle arti miglioratrici , e delle manifatture proporzionate alle circoftanze patticolari de' popoli. Q_uefta importante verità ci porta naturalmente a far del- le altre non meno importanti offervazioni . E primieramente fé 20p fé Tagricoltura deve eflTefe II primo fcopò della vigilanza del Principe ptelVo un popolo agricoltore , qualora alcuna parte di eHa veggafi imperfetta e trafcurata, fi dovrk reputare di fom« ma importanza il promuoverne e migliorarne l'efercizio. In tale Itato p. e. mirafi appo di noi la coltura de' prati artificiali, e quella de' bofihi . In lecondo luogo le manifatture inferviea* li o direttamente o indirettamente all' efercizio dell'agri, coltura medefima meritano per la Hefla ragione di effer più di ogni altra incoraggiate. Vero è che quelle, per lo facile fmercio de' lor prodotti, fono sì communi che l'agricoltore non ne mancherà giammai: d'altronde la fabbricazione degli firomenti rurali è così facile, ch'egli può formarfeli da fé ftelToo col foccoMo del più imperito artigiano . Ma può Hare talvolta, che ne vengano inventati de' nuovi e de' migliori dai profeflori delle ani fublimi , ed in quel cafo è dovere del Principe il follecitarne la propagazione. PoHono finalmente effervi delle circoflanze, in cui la col- tivazione delle piante cereali non poflfa occupare tutta la fu- perfide di uno (tato , perchè limitata o dal numero de' con- fumatori o dalla difficoltà della efportazione , e che fieno per- ciò coftretti i poffellori ad cfiendere la coltura di altre piante, che preflino maieiia a diverfe manifatture , come farebbero la canapa, il lino, i gelfi, la foda , il cotone ed altre. Ed in quei calo il Governo dovrà favorire più di ogni altra le manifatture adatte a porre in opera i prodotti delle fopiad- dette particolari coltivazioni, appunto perchè poffano quefte profperare , e riufcendo profittevoli ai poffcflbri , concorrano a rendere fempre più florida e vivace l'agricoltura in tutt'i fuoi rami . E'quefta, o Signori, la ferie delle idee fufcirate nell' animo mio dal propollo argomento; e fembrami aver dìmoRrato a fufficienza : Tom.ll. 37 I, 210 I. Che la arti , figlie del bifogtio, fono intimamente' colle- gate al generale interefle deali uomini ; e ficcome queflo può venir confiderato come un fluido, proclive Tempre a livellarfi ed a prendere la piti conveniente at ti tudine, purché non ven- ga turbato da un'impulfo ftianiero, C( s'i (ara fempre inutile e fpeflb pericoiofa alle arti quella protezione , ch'io chiamo diretta, e che confifte in, volertie favorire il progreffo , mi- furandone e prefcrivendone il moto per uno. fpìrìto mal pen- Jato ds ordine e ftmmeiria .. 2.. Che l'unici fpecie di protezione,, la. quale ad effe ceni- pére, è la indiretta : quella cioè, che contentandofi di rimuo* ver gli ofìacoli , laTcia che la natura ifteffa delle cofe , vai quanto dire le fifiche e morali circoiìanze della nazione af- fegnino alle arti quel polio, che più ad effe conviene fra gli altri oggetti della pubblica induflria. E quella maffima non. folo alle arti , ma a qualunq^ue altro rama della induftria urna-, na è applicabile.. 3. E finalmente, che preflb un popolo agricoltore , la fo- praddetta protezione all' agricoltura principalmente compete , ed a tutto ciò, che al di lei efercizio e miglioramento con- corre . Ond'è , che viene in tal guifa rifoluto il problema propoftoci ; ed al quefito : Fino a cjiial punto àebban proteg- ger/i le /irti prejfo un popolo agricoltore ; va rifpoflo : Fifio a, ^uet punto , in cui effer pojjano utili ali agricoltura . Lafcio ora libero il campo ad altro, di me più valente 0- ratore , il quale con orme più ardite e ficure, fappia calcar l'indicata difficile aringo o. III. III. MEMORIA APPROVATA IN TERZO LUOGO PEL CONCORSO GOLL' EPIiRAFE Toi> aptfov ovrci rutv ikutou iu. TlpVTCCl!(l(i) KccildccVUi JCCCt TpOi^plAif D E L S O C I O V.INCENZO DE RITÌS. Dilucida%.ìone dd Problema , \^ N griJo preffbchè generale fi è innalzato tra gli Eco- nomici contro l'ammmiltrazione di Colbert :con pruteogera troppo le arti, fi è detro, quello miniUro ha depielfa l'agri- coltura, e rovinata la Francia (i). Ma i (e.^ua:i di una tal fentenza fon forfè troppo attaccati alia ingegnofa teoria di QuESNAY,il quale limitando la ricchezza n-Jzionale al folo prodotto annuo della terra , non riconufce nelle manifatture che un hmatto: l'artiere, fecondo quello autore , dà sì bene una nuova forma a' prodotti dell'agricoltura , ma non ns accrefce punto il valore; ei non fa che barattare di continuo il prefente con l'avvenire , ed accumulare femplicem.?nte il fuo falano (2). Or dietro quelli principi era ben confeguen- te che i paefi favoriti dalla narura , qu Ili che poflesjgono vafte, e f rtili campagne, e che abbon 'anri mt[{\ ti- ra col- gono, doveffero rifentire altamente la diminuZ'One d Ile loro ricchezze ppr qualunque operazione del governa che d.ltac- caUe gli uomini dall'aratro; era b'n coufeguente che in un * pie- 212 pae'e agricola fi pot^fTe 'anche (3el fufto fare a meno dì ut- tigiani, giacché fé non fuflVro Je manifatture che un barat- to, e di rulla accrefceflero la ricchezza nazionale, potrebbe quefto indifferentemente efercitarfi con V eiìsro . non refiando^ per avvifo degli economici , dopo d commercio neJJ'uno ài barattntori p.h ricco di quello f jjfe in tivanti (3, ; era ben conffguente in fine, che fé artigiani pur dovelfeio fuffiftere in un paefe agikola, quelli dovtflero avere un cero lioìite e lungi dall' accrrdar loro una protezione , il govemo dovefle occupirfi piuttofto a cercare i mezzi di minorarne il nume- ro , quando foffe piunto a tale da dìmiruir cu«11'j necefiario alla coltivazione ed inriero migtioram.'n'o de'ierreoi. Dietro cuefte ve-'u'e per la (oluzione del problema fsm- bra doverfi efamicare: i.° Si^no i foli piorionì dell'agricoltura quelli che ferma- no la ricchezza nazionale? 2° Quali fono i danni e ì vnntapgf che può recare in uti pop» Io agrico'a Tintror'uzione deile «rantatrure ? Z° Quale d< vrà efffre la cura del governo per accrefcere la rIC(.hez^a nazionale in un f^opolo agricola? Ma il problema fi pre'^en'a in altro afpetto di m g:5Ìore imereHe relativamente ai ra porti de'coftumi,e della poteOf 23 nazionale. E' ftao o ini ne ài non pochi che le ^rti l'e* prava ;n i coltunii , e pi-pparano la rovina delle n zioni . Se Ciò tulle vero, le arti dovrebbero effere del rutto bandire iti un paefe agr cola , r> almeno limi-ate alle meuo cuirumpi- llici . Quindi for£''=' l'e'ame >^i altri qijefiti: 4." Qual'è l'influenra delle «rti fu i cona-ni,e fu la po» terza ' azio; ale' 5." Vi fmo d Ile arti che meritino di eflere prof^r fte? 6." Q'jale do>^r''. eflore Ih cori del "ovemo relati v un nre alle arri riguardate fui rapporto de'cortum:, e d.lla pjtn^a Oa-iuuaie f Hi* Dt/iiì^»KÌon(y e metodo ài quefla Memoria. j Eraine òche della fua civilizzazione. Una fcienra che (ì annuncia comi adente p^^r Tuo fcopo la profperitìi di ruttigli uomini, diventa qua'ì ui oggetto di derifione, qua'ora fi li- miti a vane teorìe, di cui giaiiiinai uon »' anrapreada l'ap- plicazione. § I. Sono i foli prodotti d If airrlc^ltura quelli che formar.» la riccòezza nazionale? i ^ Oro , e t'arq'nto f gnì di rune le riccheeze , mpzzì di baratto (n tuiti gli uomini , prezzo di tutte le mer- cuizie y non fur nano per effi (tiffi la ricchezza di una na- zoic : e fé v'è (Ura u * epj.a, nella quìaz'iorii (^6 j . L' efame delle opinioni di quefli ultimi dee perciò richiamare la noftra attenzione. Il lavoro delle inani libere,- dice l'autore inglefe , forma la ricchezza delle nazioni •= La terra fenza dubbio è un iftrumeBto produttivo: la terra refa fertile prodiga all'uo- mo i Tuoi tefori ; ma la terra rimane infrurtuola, fé l'uo^ •mo non le confacra il fuo fudore -, Che f no in fatti le forcfle^che k coprono , i prati che l'adornano, gli an ma- li che vi errano , ove l'uomo è rimafto nelU inattivi- tà ? Quelle apparenti ricchezze non hanno valore alcuno : è quello un luffo della natura, non l'opulenza dell'uomo,. Le prime ràelìi , la prima gregi,ia , le prime capanne i-i-r nai. 21$ «alzate co* rami dì quercia, le prime pellicce, fpoglle delle prime prede della caccia,, furono acquiftate par niizio del lavoro creatore dell'uomo; ed al prefente l' abbondanza del- ie noftre cam-pagne, i frutti de' noftri giardini , i grani de' nodri maggefi , i vini delle nollre vigne fon pure il lavoro dell' l'omo che fecondando la natura, e. dirigendo le di lei forze verfo 1' utilità , ne ha fatta la fua. ricchezza . Ma la ricchezza nazionale , che è milurata foltanto fui pro- dotto annuo della terra , è ben poca cofa, fé il lavoro dell' artigiano non accumula quella ricchezza e non la fa frut- tare.. I velli delle noflre pecore han pochiffimo prezzo ia faccia ai fontuofi panni di Sedan, e Louvier, o agli fcialli di Cachemire : le foglie del gelfo non ne han d' avvantaggio a fronte della ricca ftoffa di feta: le canape e. i lini appena fvelti fon quafi un nulla a fronte della trina, e della batii- fta • Fra quelle produzioni che il lavoro del coltivatore Orappa alla natura,, e quelle che le arti prefenrano in tutto il raffinan-ento al lulTo. de' ricchi , l'intermedio è il lavoro, il lavoro variato di tutte le clafli delli focieta, il lavoro uni- ca ferapre forgeote della ricchezza (7)., Ma il lavoro degli artigiani , dicono gli economifti , non è che un baratto: il frutto di quello lavoro non è che i' equivalente del loro, falario. Una pezza di panno diftaccata figgi dal telajo rapprefenta i velli delle pecore , che fono flati impiegati per farla; rapprefenta il nutrimento , e il mantenimento di chi ha lavata, p^^ttinata, filata, telfuta la lana; r^ppref-nta in fine il mantenimento e il nutrimento di chi ha diretta l'opera.. Sono l*ati lempre diflruni de' be- ni prodotti dalla terra pria che altri beni fieno llatl imro^ dotti dagli l'omini (8).. Q. ale iark. il noOro avvilo traopi-- ©ioni co'i. difc'jrdanti ? Non ogni lavoro è. caufa della., ricchezza nazionale ; vi fo-- 00 2l5 Bo de' lavori non protJuttìvI ; ve ne fono ancora de' disrut- tori. Ma febbene ogni lavoro diretto alla utihtà e ai godi- menti dell'uomo potefle confiderarfi come un lavoro prcdur- tivo^ e forgente per confeguenza della ricchezza nazionale (j?), pure riA^ibandoci lo fviluppo di una tal verità ad una me- moria che avrà relazione con qnefta, ma che per ora fareb- be eftranea al foggetto , limitiamoci al prefente a chiamar Lvoro produttivo quello fol tanto che lafcia dopo di fé una produzione nuova o migliorata , ed una merce baratrabile . Or dietro quelle vedute , vivere fenza nulla diminuire col proprio conlumo la mafia delle ricchezze nazionali, aver la- ìciato alla focietà un completo indenoizzamento per ciò che vi ha fomrainillrato , non è Tempre un'accumolazione di ca- pitale, un accrefcimento di faiario? Li terra lungi dal formare efciulivamente 1' opulenza na- zionale, non dee conliderarh che comt una maturili prima ^z\ lavoro dell'uomo, e come un ijìmmento che collocato tra le di lui mani ne rende più produttivo il lavoro . In efla dee conijderarfi: 1.° il valore che poteva avere per fé fìefla , 2." il \alore ricevuto dal travaglio accumul.ito dall'opera delle pafl'ate generazioni , che ha refi i no(tri g'ardini e le nofire vigne tanto fuperiori ai deferti della Nuova-Olanda • Or quello fecondo valore è incalcolabile a fronte del primo. Non è n-ceflario portarfi alla foce del Reno e della Mofa per ammirare il miracolo della umana induflria, una terra che forta dalle acque oppone colle fue dighe, informontabili barriere all'impeto de'flutti ; che tagliata in tutt'i fenfi da iiumerofi canali agevola la navigazione interna , anima mil- le macchine idrauliche per ogni genere di manifattura, foPtie» ne una immenfa popolazione, ed offre all'ouchio dello fpet- tatore attonito i più urbertofi pafcoli,i campi più produttivi, j giardini più varj e luflureggianti . Non è neceifario por- tarfi 217 tafG fu le rive della Senna per oflfervare un terreno Tabbiofo rcfo al più a'to grado ferrilo dall' indu'.Jria dell' uom> , e che fenza il foccorfo dell' arce farebbe cundaonato alia Iterili- tk finale come le f-.bbie dell'interno ddl' Africa, e i deu-rti ove s'innalzava già la magnifica Palnira (iO) . Senza ufcire dalla noflra patria, gli fcogli del Capo Iap)gio (ii), molte montagne fecoadarie della noftra Campania (j2) ci prefentano un egjal proJigio d'induftria: non farebbero che deleti li.li e burroni inacceffibili , fenza la m.ino induftriofa che vi for- ma ed accumula di continuo la terra vegetabile ; mentre, le pianure dell'agro brindifino, i rotai di Pelto , le delizie di B^ja non offrono piti che rterilita e fquallore , un fuolo in- fecondo ed un aere peltilenziale . A che dunque fi ridurrebbe la ricchezza nazionale, fé a fen- tenza degli ecooomifii efla fi limitafle ai foli prodotti pri- migeni della terra? Ma le nazioni civilizzate oltre al prodotto incalcolabilmen- te (13; aumentato de' loro campi hanno ben altri capitali che accrefcono illimitatamente la loro ricchezza: // capitale jijfo è il c/ipitnle in circolazione (14). E' capitale fiffo il lavoro accinnulato degli uomini che ferve ad aumentare le forze produttrici; ed appartengono a queila claffe di ricchezza, i." tutte le fpecie di arnefi e di macchine dal più complicato apparato deUe fabbliche fino al più femplice iftromento di agricoltura, 2.' 1' abilità acquiftata da certi ope- rai (15)- Quefto capitale ha lunga durata, ma non eterna: gli arnefi deteriorano, gli operai mancano; ma per la focte- là qu?fta perdita è più che compenfata dall'aumento del va- lore delle cofe annualmente prodotte col loro mezzo . D'al- tronde quefìo fato non è comune ugualmente alle terre ? JLa loro fecondità è efla inefauribile? ]1 capitale in circolazione è quella parte della ricchezza z8 na.- ai3 nazionale cha non è confumata fé non per fervìre alla riprcv duzione. Le ricchezze nazionali fono s'i bene deltinate al confuTio e al godimento degli uomini ; ma quefti beni foa meffi in parte tra le mani di operai produttivi che non li confu.nano fen2a rimpiazzarli con nuovi beni di maggior va- lore, opera delle loro mani; or tutto il capitale che una na-. zione lafcia ogni anno come falario nelle mani de'fuoi prò» prietarj produttivi, è ci^ che forma il capitale in cTColazio- ne; capitale che pdffa per un movimento continuo, ma fot- to d-fF:renti fjrme dall' aitig'ano al manifattore , da quefli al mercante, dal mercante al confumatore^ per ritornare co- me monetatane mani di queft'ultimo al mercante, al mani- fattore, all'artigiano, e che mentre genera dapertutto la vi- ta e il movimento , fembra diftruggerfi per effer di conti- nuo prodotto; capitale che forma in ultima analifi il fondo primitivo delle diverfe fpecie di vendita, e che fommitaifiran- do il /filaria fuperjluo (i(5) dell' artiere, il profìtta di chi chia* iKa qucfii al lavoro porgendogliene i mezzi , l' allegagione o cffitto al proprietario de' fondi fu cui fi efercita il lavoro , fi accumula indefinitivamente in ogni anno , e fa partecipi egualmente alla rendita nazionale tutt' i pvoprietarj de' terre- ni, a titolo di entrate, tutt' i negozianti , manifattori , im- prefarj di lavori, e c^pitalifli , a titolo di profitto , e tutti gli operai ed individui che lavorano per un guadagno, a ti- tolo di falario; capitale ia fine che dando la nozione preci- fa della rendita annua della focieth , rende ragione del para- doflb politico : come una nazione (17) pofla fomminiltrare annualmente al Governo una contribuz'one fuperiore alla forn- irla di tutt'i fuoi prodotti territoriali! E' confeguenza del fifierra degli Econora'fli che l'unica contribuzione debba effcre la fondiaria. Le contribuzioni In- ai tette j dicono cffi ( e confeguentem^nts ai loro priocipj ) D0« 7lp WQTi gravitano In ultima analifi che fu ì proprie far) eie' fon- idi, ed è cofii più ficura , e piìi economica di domantiar loro direttamente quefta impofizione piuttofto rhe farla p.gareatì- ticipatairiente di altri i quali ne efioeranno in fegu to con ufura il rimborfo. Ma qu;;fli erronei rifaltati moltrano ad evidenza tutta l'erroneità de'principj del fiftema degli Eco- romifìi. Non fono dunque i proprÌPtDrj de' fondi i Ioli ricchi della nazione; e i foli prodotti dell'agricoltura non formano tutta la rendita nazionale . La diftinzione delle impòfizioni in dirette ed indirette è una mera iìlulione; giacché Te quel- le fu i 'erreni fono in^pofizioni dirette (opra i proprietarj y quelle fopra le con^uma^ioni fono imp( (izioni dirette fopra i cmlun/atori , fopra tutti qu.jii cioè che hanno una fp eie di rendita di qualutqne n.itura efl'a fia : la lotteria è una im- pofizione dir-tta fopra ' ^^^ocatori ; il bollo e il regiflio fo- no impòfizioni dirette fu i capitali; e fé vene fono di quel- le che anticipate dal mercante vengono poi rimbofate dal confumatore, come le dogane , e gli «f?ro;, h circolazione tra chi fa l'anti.-ipazione echi la rimborfj, non è cosi lunga e difpendio'a quanto qu^'U.i che Quediay aveva calcolata , e non lo è forfè nemni'^no quanto l'aveva annu^iziata Smitli, eflendo probabile che una parte di quarte impòfizioni venga pagata cai Commercio. E' tempo dunque di rinunziar finalmente al fiflema degli economidi , filtrma elegante, ingegnofo , ma fofilìico : Olle- ma che non pog-;ia fé non foora oflT'rvazioni incomplete -, fopra di' òli erronei, fp^ra aif rzioni fp»;liare di prove: fi- flena finalmente iche 1' efperienza è venuta a r vefciare , e che tanti inconvenienti prefcnta nelle fue ap.-djc.zimi . Ma f^ i prodotti dell' a^ricoliD':a non formano la iola ric- ch?z/:a nazionale, non è per qu.Mio che elfi non n.^ fjr'viino una parte eflenzialilTmia in un paefe favorito duU^natu-a. * Una 2tO Una nazione agricola non dee trafcurare ì vaa taggi che può ritrarre dalla fua agricoltura per addirfi totalme me alle ani e al com.Tiercio; non dee privarfi delia fuperiorità che a con- con MoNTEsa'JiEU (ip) che i paefi non fono coltivati in ragione della loro fertilità, ma in ragione della libertà di cii \\ fi gode, e che fé fi divida tutio il globo col penfiere, refleremo forprefi io ve* dere fpeffo de' deferti ne' luoghi più fertili ed ubertofi , e grandi popujazioai JQ ^aelU ove il terreno fcmbra tutto ri- fìii* 522 fiutare all'agricoltore. Q_ue(ìa ipotefi è incompaitfbile totiì^ condizioni éa, noi richiefte, onde otrenerfi un popolo agricola^ e la libertà dell' commercio impeiirà che il prezzo delle der- rate Ha bailo a fegno da fcoraggire in un abbondante raccol- ta la ccliura dell'anno fegu:nte. Supponiamo perciò che la nazione ctefca di popolazione. Qual vantaggio potrà ritrar- ne lo flato ? Non altro chi un' armata numerofa , felice fé avrà un potente confinante a combattere, vahrofa nelle prove -di coraggio , ma inutile nelk -lontane fpedizioni , inabile alle manovre indurtriofe di difafa e di attacco, ìu- mu'tjaria e incapace di quiete in città , infoiente e indifci- pli.ata nel campo , dlftrutir;ce e rapace nella vittoria, cor- rotta ed annichilata nella conquida 1 20) . Ma dalla gran maffa del popolo lo fiato non ritrarrà che un inutile luffo di braccia pei travagli agricoli -, e pei fervigj domeftici . Cr^fcerà il numero de' travagliaori, ma il prodotto del tra- vaglio non potrà eff^re aumentato . Si avvera allora il ca- fo di una popolazione onerofa ; fi temerà l'introduzione del- le macchine per non accrefcere l'ozio de' travagliatori l'zi), o ad infamia dell' umanità fi' adotteranno allora le barbaia leggi d-'lla efpofizione de' fanciulli (22) e del comm rcio degli fchiavi. Se poteffe averfi il coraggio di confiderar 1' uo- mo come uua mercanzia, la vendita degli fchiavi loinmini. Arerebbe preffb un ral popolo un aliquota della fua ricchez- za. Ma chi non freme a quella idea? (23) Coi'i rutta la ricchezza nazionale farà limitata a' foli prodotti bruti della terra; e fupponendo ancora che la quantità di quefti prodot- ti crefca annualmente con la perfezione de'l' agricoltura, un tale aumento dovrà finalmente avere un limite, e la quan- tità del prodotto diverrà fiazionaria fé non retrograda . Sarà dunque allora anche limitato il (m fuperfluo , unica rendita che gli economifti chiamano tietfa, e che fola può fjrmar là la mafla della ricchezza nazionale» Or queAo fupsifljo ven- ga baratrato xo' prodotti dell'arte, e del commercio. Q_uali faranno le condizioni di un tal baratto? quale ne farà il ri- fultato ? Quelta nazione non (i limiterà certamente agli oggetti di prima neceffita . Come impedire che i primi bifo^ni fodis- fdtti non ne producano de' fecondar) , e coj'i in feguito, quan- do fi ha un fuperfijo a barattare? Non c'illudiamo alle de- clamazioni de<^li antichi, e di alcuni moderni entufiaiti iu i vantati provvedimenti di que' legislatori che vollero allonta- nar le ricchezze dalle loro repubbliche. Le e of e fuori del loro Jìato f!^ furale tiè vi ft adagiano né vi durano (2.4) . Aq- ehe prima di Lifandro l'oro era penetrato in Lacedemone, e le condizioni di quei cittadini divenute ineguali. Adonta . delle impotenti leggi di Licu-go, le donne Spanane vivevS' no nella intemperanza , e n-.lla lnjjuria , le proprietà erano fprojorxionat amente ripartite , ji acquijìavano per prezzo le magi[ìrotnre ^ e gli (IsJJì E fri vendevano pubblicamente le h» ro derift'ini (25).. Il luiTo dovrà dunque indirpenfobilmente, introdurr in una nazione agricola. . Ma il luffj non ha li- nciti : una volta introdotto in un popolo y vi fignoreggia da, tiranno , e non conofce più oftacoli . L' emulazione , afF;tto indidaccabile dalla natura, umana , (pinge l'uomo Tuo mal- grado ad innaharfi oltre il fu) livello . Le itefle derrate na- zionili fi avranno a vile , e lì baratteranno con isvantaggio co'cibi e con le bevande efìere. Tutte le ricchezze fi accu- muleranno nelle mani degli ftranieri che vi efèrciteranno il commercio ; e h nazione pagherà un tributo fi:mpre ere- fcente a quegli Itati che le reliituiranno una porzione dell* fue fiefle derrate , ma crefc'ute incalcolabilmente di prezzo per opera de' manifattori : prezzo che oltre al valore del prima e feconda iraf^orto, ha provveduto alla fulTiflenza © paga il falarlo accumulato dì altrettastl individui , per quan- ti fono gli operai impiegati nell'eftere manifatture . Una Dazione puramente agricola non potrebbe trovar compeofo Ta tante ppfdite , che nell' incarimento de' Tuoi generi. Ma ad eccezione di qualche accidente molto Itraordinnio, quefta nazione potrebb' ella lufìngarfi di polTeder fola i prodotti ter- ritoriali f II commercio non fa egli di tutti i porti della terra un fol mercato? D'altronde dopo l'introduzione della coltura delle patate ( riflette un auiore di (omma avvedu- tezza ) non vi è popolo che pcfla mancar di fiifififtenza per quanto ft-rile fìa il territorio che abira. Una nazione pura- mente agrìcola non può dunque evit.ìre la fua perdita . Cos'i Sparta fparì ceflando di effer guerriera , cos'i la Polonia pri- va delle riforfe dell' induftria ha perduta la fua politica efi- fìenza (26) . Ma non é Tempre vero , fi opporrà , che una nazione pu- ramente agricola fia indirpenfabilmente nelle condizioni del- la Laconia , e della Polonia. Il Lazio ci offre un ben di- verfo rpettacolo . I primi cittadini della repubblica coltivava- no con le Loro mani la terra ; dall' aratro fi paflTava ordina- riamente alle prime magiflrature ; le tribù ruflich: erano le più onorate ; e le più cofpicue famiglie fi gloriavano fpeflb di un cognome che ricordava l'occupazione favorita" de' loro ftipiti nella coltura de' campi . Ecco dunque fparita quella clafla umiliante per la fpecie umana d' Iloti e di fervi della gleba: ecco mani 1 bere che impugnano alternativamen- te la zappa e la fpada : ecco una nazione che forra dall' af- fociazione di pochi rifugiati , ma che educata alle leggi Te- vere della frugalità e dell'utile fatica, conta co' giorni i fuoi trionfi, s'innalza al più alto grado di poteHza , ed eftcnde illimitatamente la Tua dominazione fopra tutt' i popoli cono- fciuti. — Ma una tale oppofizione è più eloquente che vera. Do- Dopo le fagaci ricerche del noftro ìmmorral Vico i ormai fuori di jdifcettazione che la coQdizioae dell'antico Lazio fa precifamente quella della Laconia , e della Polonia , e di qualunque altro popolo poffibile alla terza epoca di civiliz- zazione: epoca nella quale li orde erranti di cacciatori e di pallori invadono le terre appena diffjdate da una rozza agri- coltura , i più deboli fotto la clientela de' più forti fi rm- nifcono in tribù, i foli armati lun l'alto impero, e foli compongono la concezione\ e il Tuffragio in fine e nella voce imponente del guerriero, Che (ol fa fua ragion la fcim'uarra , Ed indice il giudizio nelh sharia . Non dobbiamo illuderci alle declamazioni di chi fcrifle neli* ultimo fecolo della repubblica romana. Quando le fpefl'e fe- dizioni della plebe , e la di lei potenza rxonofcuta fé non rifpettata obbligavano l'orgogliofo patri^io a popolarizzar fuo mal grado ; quando tanti uomini nuovi ammcifi in città ga- reggiavano con le famiglie di aurica origine^t ne diminuivano alla giornata i privilegi ; quando un tribuno faceva impal- lidire il fi.'nato, ed un plebeo dittatore faceva tremar l'uoi- verfo : era pur confeguente che qualche ambiziofo aff^t- laiTe di trar vanto dalla marra de'fuoi antenati, e che qual- che adulatore, o fé fi voglia ammirator di buona fede della femplicità de'coftumi degli aurei fecoli di Saturno, animafle con un patetico colorito l'illuforio quadro de' Cincinnati , e de'Fabj . Livio fleflb neJl'additarci un dittatore diftaccato dall'aratro, non difllmula la fingolarità dell'avvenimento; e il filofofismo che accompagna la Tua narrazione, mofira feu- ilbilmente luti' i caratteri dell' affetratura . ,, Fu dato il ca- j, mando, ei dice, al confole Nauzio ; ma ficcome una tal „ riforfa fi credeva ancora infufficiente , e creare un ditta- „ tore fembrava il folo rimedio conveniente a rama fcragu- Tom.ll. %^ „ ra, Ì26 „ ra , tutti glttarono gli occhi fopra Quin zio Cincinnato . „ ylfcohino ciò con /ittenzìom tutti quelli che foto venlutano „ qungg-.h le ricchezze , e penfam non dovcrft accordare le ,, gr.indt dignità y non p ter/i trovar forza di comando ^ fé non „ dove li fortuna cumulò ampie p'>Jf Jfii'H : il filo uomo fui „ quaL il popìlo roma fio pUva par far rifp.-ttare la fua pof- „ faiiza^ fu L. ^{i'izio che nuVa pojfadsva olire a un cam-r „ pò di quattro juge>t chi coltivava di fua mano ! . . Roma obblig.ua ad uaa perpetua g lerra da circoftanze che ben dif- ficilmente fi ripsteraicio nella ferie delle umane vicende; Kom-i agitata da perp.tje diffinfioni , cui la fola difefa eter- na dava t :egja,e U fola conquifta poteva far tacere ; Roma on'eggiante di coninuo tra la tirauiiide aiftocratica e la li- cenzi popolare , caduta finalmente folto il giogo del difpotisnio militare neU' aurora appena della fua civilizzazione , e la mezza alle fue (terminate conquifte: Roma non forma ecce- zione alcu'ia alla condizione neceflaria delle nazioni che tra- scurano le arti. La di lei potenza fu precaria , e le fue le- gioni ma! reff^ro all'urto di pochi nomadi cha lor prefen- tarono altra foggia di combattere. La di lei opulenza frutto della fola conquida fu annientata per mancanza di riprodu- zione (27) ; e fé l'impero di occidente prolungò ancora la fua efiflenza traile rovine del gran coloflb rovefciato , que- lla efilìenza non è dovuta che alle arti della Grecia, le quali fumminiftravano giornalmente nuove riforfe alla fempre vacil- Jante cofhtuzione romana. E' da quello afilo facro the fi diffon- devano r opulenza e la coltura fu le ft.fle contrade rapite all'im- pero da' popoli d*1 fettentrione : e fé dopo la prima conquida cercò io vano la Grecia foggiogata d'introdurre le fue ar i pa- cifi he nell'agrede fede del vincitore; la lenta ma perenne di 1-i itjflaenza addefirò a poco a poco le provincie romane agl'iaduftriofi Itud) di Minerva; fioche un popolo conquilla- tore tote ed artifta (2^) occupando tutto il mezzogiorno di Eu- ropa non accelerafli la felice rivoluzione che ranto ci diftac- ca dagli antichi coftumi , e a cos'i alto grado e' ionalzò di opulenza, e di civilizzazione (29). Arreltiamoci pertanto a confiderar le fafi dì una nazione agricola che accolga nel fuo feno il fuoco facro delle arti . L' Attica preffo gli antichi , la Francia preflb i moderni ci fomminiftrano i modelli di quella politica rivoluzione . Tra la clalTe de'proprietarj e quella de' coltivatori forga una clafle intermedia cha fi addica alle arti. Quello ceto medio tra i gran proprierarj e ì non proprietarj è quello che fpezza il giogo del difpoiifmo ari(locratico,e fcioglie h cat.ne della fervi- tù popolare . Non è del noflro fubjetto feguir da vicino le minu- te circoftanze di quefta crifi. I gonfaloni degli' artigiani in Italia , le federazioni anfeatiche in Germania fjno efemp) troppo noti di nuove coftituzionì libere che oppongono una barriera infuperabile alle aggr.'ffioni dell' ariftocrazia feudale, che ne minano a poco a poco le fondamenta, e ne rovefcia- no io: fine il trono di ferro; e fenza allontanarci da^li an- nali delia noflra- patria noi vergiamo le' corporazioni e le maeitranze far forgerà le prime citta del demanio, e dare i primi paffi verfo quiUa civile eguaglianra eh' effer dee l'uni- CQ (copo, l'ultimo rifultato delle cure cofpiranti di un go- verno liberale, e di una nazione civilizz-ita. Per dipìngere con un fol tratto di pennello l' imponente quadro di forza e di opulenza dì una nazione arnica^ éelle arri, efaminiamola nella Tua più difficile pofizione . '" ' '. *''*'' ' Tutte le forze della Grecia fi rìubiTcotio fotte le mura di Atene. Eccitata dalla rivaliti di Lacedemone, avida di ric- co bottino, irritata ancora da -tìna refiflen^a che n^n mai^ avrebbe immagginata , la federazióne del Pelopomeio efau-' rifce in vano tutt' i mezzi tii diflruzaionj per abbattere ije' * mura 2lS mura di Cecrope, e piantare Io fterfJardo dslla fervitii full* rocca di Minerva. Invano nella illufione della loro ignoran- za (i lufingano i coalizzati non avere a frante che un popo- lo frivolo, una turba imbelle di pittori e ftatuarj, una mol- titudine effiminata di unguentarj e ricamatori, uno Ruolo corrotto e corruttore di mimi, di cantori, e di tibicini. La di loro afpettativa è delufa : tutt'i loro sfarzi fono impotenti. E fé morto Pericle le gare de' nuovi concorrenti all' ammi- nirtra?Jone , una pefte defolatrice che porta J'eftermioio in tutte le famiglie, fconvolgono l'ordine dello ftato , ed apro- no per on momento le porte agli afledianti ; già dal Pireo forge un picciol bninco di prodi artigiani che rovefcia fui momento la fìgnoria de' trenta, riftabiiifce l'antica coflituzio- »e , e ricotiduje gli Ateniefi fu la ftrada di quell'alta per- fezione focìale, che prev'eduta dalle leggi di Solone efigeva l'opera de' fecali per elfere confegulta . Cos'i Atene educata alle arti trovò in effe la Tua ralvezza,ed è per effe ancora che non ceflà di eflere la maeftra dell' univerfa , e l' ammira- zione di tU't'i popoli civilizzati. Senza le invenzioni di A- iene i popoli più opulenti non farebbero flati , e forfè ancor no» farebbero che barbari (30). I-a Francia fomminiftra ai nortri giorni un eferapio fimi- le di vigore. Mentre tutta l'Europa congiurava alia fua per- dita; mentre il fangue e la defolazione inondavano tutti gli angoli del fuo vafto territorio; mentre fconvolti tutti gli or- dini d.llo flato l'anarchia aveva inalberato lo ftendardo del terrore fopra mille tefte recife : la Francia comprime tutte le molle della umana induftria, e riforge onnipotente dalle fue rovine. Fu amor di patria che operò un avvenimento eosìi ftraordinario ? Ma tra le caufe concorrenti il freddo filofofo calcolatore non trafcuri la parte economica di ^u^a nazione, e le forgeiiti iaefauribili delle fue ricchezze. » ^ „ I roagazzini de'fuoi negozianti erano ripieni di ftoffe , ii j, panni, >4i tele, di gioje, di mobili, di tutt'i prodotti del „ fuolo portati al pììi alto grado di valore da fuoi manifat- >, tori , di tutt'i prodotti del commercio acquiftati col mez- » zo del lavoro, e per mezzo di quarto refi più prcziofi : un „. immenfo magazzino di quefta mobilia, fé uni tale efpr^f- yy (Ione può eflire applicata ad un popolo, formava la ric- « che^za nazionale . Que'fa mobilia è (Uta i;i parte veni!u;a yy per fovvenire alle foefe della guerra e della rivoluzione ; ,y ed allora appunto fi è potuto giudicare del di bi prodigio- >, Co valore. Intanto in tutte le città, in tutt'i vilUggi ft ^ ritrovava una GlaflTe numerofa di uomini liberi e indullrio- ^ fi, intermedia tra il coltivatore e ti proprietario, la qua. „ le fenza interruzione fi occupava ad aumentare il valore „ delle materie prime, prodotte dall'agricoltura, e ad accu* „ mularne i frutti. (31) Dopo quefto quadro chiameremo più rovrnofa Tammini- ftrazione di Colbert per avere accrefciuto nella Francia il' fa- ero fuoco delle arti? Il lanyuore io cui era caduta Dell' u-lti- mo periodo della dit>aftta di Capete non dee rifonderfi a tutt* altro fuorché all' accrefcitnenio delle fue manifatture? Dimen- ticheremo le defolanti guerre di Luigi XIV , il difordine delle moltipJici e fempre opprimenti operaziooi di Finanze, e la malaugurata rivoca dell'editto dì Nantes (32)? Ma per non lafciare piij alcun dubbio all' efame, fé le ma- nifatture poffono nuocere alla profperitk ^i una nazione agrt- fo//j, fpin^iamo più oltre la noltra analifi,e vediamo fé que- llo popolo pofla mai foffrire diminozione alcutia ne' fuoi pro- dotti territoriali coli' incoraggimento delle manifatture. Or chiamando a raflegna i popoli piò indurtriofi di Europa, noi troveremo l'Inghilterra, l'Olanda, la Saflbnia,la Lombardia, la Tofcana &c. migliorare l'agricoltura in ragione che fi efteo- eH^endoflo « perfezlonancr le manifatture ; e nelle provincìe dello rteffo ftato, quelle poffedere più ben coltivati i territo- jj che maggior numero di manifattori coiitengano. Ove è maggiore il guadagno , la fi efercita un' arte con maggiore attività. Quanto più crefcono i confjiTiatori , tanto piìj le derrate cr^ilcono di prezzo, tanto piìi crcfce il falario del coltivatore , tanto più è aitimato il proprietario a migliorare i luoi fondi (33 . E fé voglia fupporfi per un momento che la clafle degli artieri fi aumenti a f?gno da far mancare le braccia alla intiera, coltivazione de' campi ; la fcarfezza degli agricoltori, accrefcendo il loro falarìo e migliorando la loro condizione , farà r fluire nelle cartvpagne un gran nu- mero di operai dalla claffv; ftefla de' manifittori. Tutto tende ad equilibrarfi in natura: gli ordini fociali fi bilandanj reci- procamente in ragione della u'.ilità g*n?rale, e concorrano a gara a quel fidema di perfezione politica che il filofofo prevede colle fue meditazioni , che il corfo necefario delle nazioni prepara, e che fi fviluppa per propria f:)rza dal g-r- me dì ordine uniformemente diffuso in ogn' individuo. Se la progreflìooe crefcente di quefta perfezione è qualche volra interrotta, fé fa paflì retrogradi , quefto momento di abberra- ?ione è determinato da una ingiufta preferenza che il corpo fociale accordafle ad una clafle più lodo che ad un'altra. Ma fé un monopolio opprefFivo non facrlfica una parte della fòcie- tk agrintereffi dell'altra; fé la molla dell'utile e dell'onore è compreffa egualmente in tutti gli ordini dello ftato : le claf- fi parafite della focieth fi dilegueranno per efle fìefle, e le produttive innalzate al maggior grado di floridezza fi, reciproche- ranno amichevolmente ì vantaggi , Cos'i un popolo agrico- la non fi limiterà ai foli prodotti terrirorlali, ma accoppian- do ai teforì della natura le più brillanti invenzioni dell'arte 4'rodurrà con una mano, e perfezionerà coW altra ^34)» Qu-'l» •«3tt.' fi* 23t faranno Intanto le ftrade da battere per giungere a quefto § III, c. ^ale (hvr^ ejfere la cura dal governa per accrefcere la ricchezza nazionali; in un popoh agricola ì iHiamiamq ad efame gli apoftegmi di Quesnay (35)» Ei nn mira •"che la proiezione dell'agricoltura. Sarebbe ben forprend nte fé le ft fle indentiche mifure, che adottafle il fiov mo per accre'cere i proJoai territoriali , formaffero il migliore incorag^imento- per 1' introduzione ed intero miglio- ramento dMle arti e d>'lle manifatrure i Sarebbe molto più forprendente a vicenda , fé quegl' ingoraggimenti accordati alle arti , che fi riconofcono gravofe per l'agricoltura , mol- to più gravgfe foflero alle arti fìefle che fi aveauo in mira di efclufivamente favorire! Una nazione che ha un pjan territorio a coltivare , dice il D.'QuESNAY (3e le arti e il corrr??eycic a' p>'t>gyej/i dell agricoltura I ^y) ,=: Mn l'impiego del denaro e degli uomini alle manifatture ed al commercio di luflb , può avere un'^- fleuffone capace ad impedire la coltura de* campi ed il cera* mercio delle derrate bru'e ? La proprietà prediale ha utia fuperlori'^ cos\ deciTa fu la proprietà mobiliare ^ eh' è impofno'H immaginare un cafj in cui polla fupporfi preferenza d' impii^go di denaro nella fé» «on.ia piuttofto che nella prima . Con le condizioni da noi richiede in un popolo agricola , ogni poflelTore di numerario 23* . sfarli tutti gli sforzi per impiegare il fuo Superfluo all'acqui- no e miglioramento de' terreni, e non fi volgerà ad altro impiego fé non dopo efauriti i mezzi onde ottenere il pri* mo fcopo . Che fé l' impiego del denaro nelle manifatture promettefle maggiori vantaggi , anche raeflà a calcolo la fubordinazione della proprietà , farebbe ben tirannica la leg- ge che voleffe limitare un tal impiego , ed obligare un citta- dino ad acquifiare un capitale di minor valore e meno pro- duttivo. D'altronde fé la ricchezza nazionale non è che la fomma delle ^^cchezze iudivlduali, e queffe fi accrefcefTero con le manifatture pmttoHo che con la coltura de' campi, fareb- be una in-ejonomia del governo limitare ?- ctproro; fé il prezzo è parte in merce, parte in moneta, la quantità del numerario determina il grado di attività o paj- fìvifà reciproca de' contraenti. Ma quelle varie qualità di * com- 2^6 «ommerclo importano Tempre un guadagno atW affìvit<ì e viceoerfaì Importano fempre un' eguaglianza nella reciprocan- za? QueRo è ciò che bifogna efaminare. Nella formola di CanardS efprime il valore del travaglio naturale, e la quantità— —— — efprime il valore del prodotto delle forgsnti di rendite che gli fono fiate applicate. Per dilucidar ciò con un efempio fupponiamo con lo fieffo auto- re, che il proprietario coltivatore di una vigna venda il fu3 vino ad un confunatore : nel prezzo del vino efpreflb da S + „ ., ,— r- la quantità S dinoterà tutto il fahrio naturale del lavoro per la coltivazione delle vigne e per la formazio- ne dJ vino; e la quantità -—r-; y efprimerà j." la rendita ' ^ 13 N + ti'j *■ della vigna , i." la rendita de capitali impiegati per la fua coltura , 3.° finahijnte la rendita del tfavngito ti:)prefo che quella fpecie di coltura e la fabbrica del vino richieggono . (47) Or femplifican '0 !a formula faremo P =: S + R'+R"-fR"' erprimendo S il falnrio naturale ed R,'R,"R,"' la prima, fe- conda, e terza rendita. Suppjniam ) ora, che il vino fia ri- dotto ai acrjUivita ; al prezzo dell'Jntero prodotto bifogne- rà aggiungere allora il filarlo naturale dell' ultimo manifatto- re pai le tre fopraindicate forgenti di rendita che fono (tate impiegate n.'lla manifattura ; quindi farà V- S + R'+ R"-j- R'"^ % ^ r'-\. r"-f /" Cosi uaa nazione che vende vino , e comp^l acquaviti fila in pura perdita pei fecondi valori, e non farà che ri- condurre fullo fleflb fuolo la derrata nazionale diminuita, di una quantità eguale al falario naturale del manifatt<^re d' acquavita , p'ù la quota del valore del prodotto delle tre forgenti di rend te applicate alla manifattura. Co':\ uno na- »tom agricola , che abbia Li facilità di efercitare un gran com- mercio in derrate brute ^ VANTAGGERÀ' I PROPr'J INTERESSI ili iasione che ^iu fi ejì:?](li3 al CQ.noìercio di I0JJO. Po- st 117 Potrà opporfi : non rlufcir^ cosi facile ad una nazione agricola alportare le fue manjfarture , coT)e gli era facile afportare le Tue derrare brute: la latitudine del guadagna farà cos'i ridotta a zero , e la nazione travaglerà a pura perdita . Ma fenza efaminare , fé una tale objezione polfa reggere conlìderara nel fuo vero afpeito, giacché il falario naturale del manifittore reità C'mpre falvo , e la naziona guadagna la fuiriften^a alcneno di ahrertanti individui per quanti ne fono flaii impi'jaati nella maiifattura, fi fuppon* ga pure quello caso flraoidinarìo. Quindo ciafctin individue» è libera di far ciò che vuole, turt* i raftii dell' indfiìria ri- cevono Tapplicazione di quei capirali , e di quel trava^li'^, che loro convengono. S^nza che il governo fi occupi al im- m.iginar leggi proibitive , l'equilibrio fi riflabilifcc- pi^r le ftelio: l'abbiamo fopra dimoftrato (48; . Que'''a oNj-'Zona però dimoflra V inutilità di quel precetto del no'ìro Filam- GiERI (45>), cb'e il lig'nhiore dee promuovere ph cit ogni al* tra co fa quelle arti e quelle mani fa ture che ir.ìpicgn^o u"a mago/or quantità di quelle malterie prime che fono i prodotti del Juo fuolo . Un tale provvediiDenro fupponebbe, che le derrate pottffero eflere pù facilmente af'portate , riducendoli in manifutura; fupporrebbe che altrinieiKi potrebbe produr- fi un rilìagno ne' prodotti territoriaU ; che il valore in con- feguenza dimìnuifle; che loffe vanraggiofo impiegar q ufte materi; prime per le manifatture . Or pofì-e quefte condizio- ni l'attività umana svincolata dagli oftacoli non prendereb- be naturai nenie nn tal pendio , lenza che una legge ve la determinane? Sia ognun libero^ diceva QuESMAY (50%"^ f'- tfvar mi fuo campo quelle produzioni , che il fuo int-rejjet h ftie facoltà , la natura del terreno gli fuggerifcovo per trarne viaggiar vantaggio . Perchè negare una libertà egua.e a tutti gli altri rami dell* umaiu indultiia? La '38 La cura t^el governo per accrefcere )a i-icchezza nazionale, dovrà dunque etìiie queJJa di rimuovere ogni ostaco- lo all'intero sviluppo dell' umanta attività'. Ma quefto principio generale, quelìa maffinìà egualmente vera in ogni gove.no , in ogni clima, in ogni |)eriodo di civilizzazion" , bafleni fola per determinare l'incovaggimento dell'agricoltura e d.-lle artii? Non pana il governo accele* vere il corlo della nazione a quella m ta di perfettibilità verfo la quale naturalmente fi dirige , ma che tardi col camrnino ordinario potrebbe cjnfeguire? Dovrebbe rinuncia- re ad un tncoraggimenta pofiti-vo ? E qu^-fto incoraggimeato rinvenuto, dovrebbe avere un imiee? Le (inticipazionl^ dice il D.'Quesnay ■,fte»o /ufficienti per far r'ifìafare annualmente con le Jpese JcUa ninno d' opera il mag- gior prodotto pojpbile (51). Ma un tal precetto rientra nel- Ta dalle degi'inccraggimenti indiretti, e può tradurfi in quell' altro: le irnpnjizioni non attentino ai capitali . La fatalità delle fomme di rendita rientri in circolazione , ? la percorra in tutta f eflenfione i 52; , profegue lo (lelTo autore. Ala ciò ancora importa foltanto un incoraggimento indiretto, e fi traduce: h!on vi fieno leggi juntuarie; vi fa libertà di commercio . Non ft diminuifca il comodo deW ultima clujje de^ citfadi' ^' (53)1 ^ "'"' y* creda , ciie il buon mercato delle derivate fia profittevole al bafso popolo (54.) . Scarfez-^a e careftia è ini feria ; abbondanza e cnre/ìia è opulen7ia : non fi faccia perciò iibb-ìffare il pre-ano dille derrate e delle mercan-^ie del' lo flato (55). 5"/ facilitino i mezzi di tr af porto r-^ó) &r. &c. Ma tutti quefti , ed altri fimili provvedimenti rientrano fem- pre nella ciafle degl' incoraggimenti indiretti; e la fcuola del , D.'Quesnay non fa fomminilìrarci un efempio iolo à' inco- raggimento direno . Da *i9 Da Smith fina a Comber gli fcrlttorì Inglefi convengono perfettamente coti gli economilli, ed efclamano ad una vo- ce : ogn' incoraggimento è un monopolio , c&e /acrifica una parte dilla razione agi' intevejji dell' altra . Intanto l'introduzione di un nuova genere d' induftria , l'invenzione d'una macchina, la femplificazione d'un lavoro è una proprietà efclufiva dell' induflriofo che l'ha procurata. Egli è in dritto di confjrvarne il fegreto; ed intanto fareb- be vantasgiofo all'intiero corpo fociale , che uà tal fegreto noa fi ferbaffe . Il governo deve allora un incoraggi.mentc pofttivo.. Si comprima la molla dell'onore, diceva il noftro ri.LANGiERi:con qaefla moneta farà tutto pagato .Ma nella perfezione della focietà, quando non vi fono altri limiti tra le varie clafli de'cifadini, oltre a quelli che la natura ilef- fa preferiva in rag'one del vario grado di energia che u applica alla concorrenza della perfettibilità fociale ; quando la ricchezza è un indizio, o almeno una prefunzione, dell in- telligenza, dell'attività , dell'economia di chi l'ha acquifU- la , e fuppone le medefime qualità trasmefle con l'indole familiare in chi l'ha ereditata da funi maggiori; quando la ricchezza fa prefumere in quefte ultime un'educazione^ pia accurata ^ maggior difficoltà a commettere quelle azioni ob- brobriofe che fon provocate dal bi fogno, e maggior attitudi- ne a difllmpegnar quelle funzioni che richieggono confidea-- za e difinterefle ; quando in una parola l'opinion generale desili uomini Ci accorda nel prr^c^'gare all'opulenza riguardi e confiderazioni proporzionate alla fi:a eftnfione, il gover- no ai dipintivi di onorificenza agi^iungerà un'equivabnte in- dennizzamenio per chi facrifica alla fccietà il guadagno che vrebbe p'Jtu'O: ritrarre da! fegreto della fua invenzione. Or q^U3 i faranno ; limiti di un tale^ ìvdc'iniz-^nmenrol di qu-lto incoraggimento, pofttivoy chi forma la potetiie molla per ^^' leTjK terminar ruomo ad un'utile Invenzione ? Baderà dire ch'eflb fia ia ragione compoita dal v4ntag:5Ìo chi la foci -tà ne ri- trae , e deil'ut'le.lie dali'invenziotis pjtea canfeguiru'f ? Ma ciò farebbe dar3 al p ublinia una foluzione inditerrn;nata, e «on aHegOire qael linj-rff che fi vuol rinvenire. Scorr amo per:anto 1' enea "une dell'umana inJuiìria . Qu-h fono i rap^wd che ie^ano i'induiTriofo al ben effere univerfale r §. IV. « ^uai' è r i'ifluenza dJh arti fu ì cojìumì ^ e la potsma nazionale f OArsbbe un' inutile ridondanza di luflb erudito procurar di combattere la feotenza di que' retori (57; , che calun* nìando li natura umana han proJamato l'impero dell' igno* ranza e dell'inattività, come l'apogeo della Tua perfezione. Sarebbe forfè urtare nell'errore di coloro che fi difendono inutilmente nel dimoftrare alcune verità nelle quali luut convengono , fé dando un maggiore fviluppo a quanto (i è cennato nel § II. ci fermaffimo ancora a feguir le minuta circoilanze di una nazione, che dopo di aver accolto nel fuo feno il facro fuoco delle arti, eftenda illimitatamente la faa 2nduflria,e porti all'ultimo grado quella divina er:srgia^che forma il principio del coraggio nel militare, del genio nell' artifla e nell'uom di lettere , della viriìi nel magiftrato , e dell'attività nell'uomo induflriofo . Prima di noi vi è cbi Ila dimoftrato fino all'evidenza , che non è tanto infelice l'umanità per dover effere, o povera, o viziofa; che le ric- chezze tanto neceffarie alla confervazione ed alla profpefità degli (iati, non farno che la viriti re(H efclufa Jalle fotietìi civili; che l'agricoltura, le arti, il commercio polTono bea effe- eflere efercìrate àa, mani vlrtuofe ; che il luflb ueflb , tanto neccflario per la diffuGone delle ricchi^zze , non è in verua modo incompatibile coi buoni codumi ; che lo fpirito fero- ce di guerra degli antichi perchè unito alla fpirito di fru- galità , non è più analogo alla virtù dello (pirico picilxa e laboriofo de' moderni, p-^rch^ u lico allo fpirito di lutfo; e che la fjla ignoranza delle diverfe lirade in apparen2a op- pofte f.a lo'o, ma che in realtà derivano da un'illelib p;in« cipio e conducono ad un' ifteflo fine, ha potuto dare origi- ne ad un'errore cosi rattriliatate per l'umanità. Vi è chi ha dimofirato prima di noi , come una f.iggia legislazione fervendofi del gran mobile del cuore umano , dando una di- rezione analoga alla progreffione Tempre crefcente di perfec- tibilirà, cui 1' uinan g.nere è diretto, a quella paffione prin- cipale dalla quale tutte le altre dipendono , a quella pafTio- ne che è nel tempo fteflb il germe fecondo di tanti beni e di tanti mali , di tante pafiionl utili e di tante paflionì perniciofe , di tanti pericoli e di tanti ritnedj , polla intro- durre la virtù fra le ricchezze de' moderni , come le antiche legislazioni l' intrcduflero già tra le legioni degli antichi (5S). E non manca finalmente chi abbia dimofirato prima di noi, che la migliorazione de'cofiumi, la perfezione fociale, quel iìfiema mirabile di politica che riunifce in una fola famiglia lutt'i popoli dell' univerfo , e bilancia i reciproci intere/lì di tutte le nazioni , non potrà ottenerfi , fc non quandi ri- ìì^ojfo ogni oftiicclo r. ir umana attività ^^o^i. quella fvilupparfi in tutta la fua energia , ed in tui;a la ferie delle fui mol- tiplici diramazioni (55?). Sembra perciò, che le nofire ricer- che debbano limitarfi (all' efame , fé tra tante direzioni che può prendere l'umana attività , ve ne fieno di quelle che iacclano dar paflTi retrogradi nel camino neceflario delle na- zioni verfo quello fiato di perfettibilità cui afpirano • Or Toin.II. 1 1 vi vi fono, delle: atti , che ofFeadono 1 coftumi , e, fi. oppongono alld. potenza, nazionale?, ed. in confeguenza I Vi fono (Aclle. (irti , che meritino di ejjsr profcritte ? I. Attlvitk dell'uomo,, che travagl'a , riflette il giudizio- fo Ca.Nard , non è la fola ragione che accumula le ric- chezze ; poicchè Te il defiderio del godimento attuale fofle: fempre in equilibrio con quell'attività , 1q (laro delle cofe Tederebbe tempre Io fteffo ; e fé l'uomo dopo l'origine del- le cofe aveffe fpefo Tempre tanto di travaglio , quanto ne ave* va prodotto, le ricchezze non fi farebbero mai accumulate.. Ma r economia con accumulare il travaglio fuperfluo efigi- bilc ha luccelfivamente create , e quindi perfezionate le diverfe forgenti di rendita. Quello procedimenti ha però un limite , Quanto piti le forgenii di rendita fon migliorate , tanto rae* no (bo capaci di migliorazjoni. Decreke allora il defiderio o il bifogno dell'economia , e fi aumenta l'emulazione della fpefa ; fi diminuifce il numero di quelli che vogliono accre- fcere la loro fortuna col travaglio, e crefce il numero di co- loro che veglione far pompa delle loro riccchezze per o- ffent azione . Qual è la cagione che àk un prezzo eforbitante a quelle rare gioje,, delie quali ama ornarfi l'opulenza? Per- chè un fine merletto orla la cuffia della femplice contadina ,. ed hanno i fuoi abbigliamenti il colore e gli apparecchi eftra- nei alla commoditk? Tutti gli ornamenti, che decorano gli appartamenti del ricco, le dorature, le fcolture, che l'arte fembra aver diflribuite con gullo per allegiare la nodra vi- fìa j, fon. il tra forfè fuorché caratteri magici che prefeatano que- quefla ifcrìzione : ammirate come io fon ricco ^ mnnir/ite quel che io pojjcggo e tioti mi è necàjjnrio {60)? Ma qu..'lti) liijji di o/ìunfa^nione , confeguenza neceflaria dello fjMrito di economia giunto al fuo limite , è la caufa unica dell' equilibrio e della circolazione delle ricchezze ac- cumulae dalle nazioni opuleru^; è il LoavenltnrQ /^bjjoy pet adottar a frafe del ncllro Filangieri , alla pli-tcri^ , che mi- naccia la loro politica cliitenza. Invano fi farebbe ricorfo al- le Tempre grav-fe ed ini; ot;nti lei^gi funtuarie. Quanto piiì gli oggetti hanno attineuza alla frivolezza, tanto meno fono capaci di cffer pr^fi in veduta oal legislatore . Non avendo alcuna aderenza C( i nolhi b'iogni, c(Ii sfuggono qualunque viijilanza; e il genio fecondo, che giornalmente crea nuovi mezzi di lufinga al gufto dell'opulenza, rende in'erniiaabi- 11 i lim'ti e le diramazioni de'diverfi capi del luffo . La legge volteJigiando da oggetto in oggetto perfi-guiterebbe un tantafma che gli fi dileguerebbe fempre davanti [61) . Ma fé ogni liinitazione è inutik" per le arti frivole , è ingiuRa ed opprelliva per q ielle che non prefentando una utilith apparente fon claflificate per oz>ofe e /ìcrili . Ram- mentiamoci, che l'uimano ingegno non è giunto ancora alla fua maturila: che gli refla ancora a percorrere uà lungo fla- dio pria di giungere a quella me:a di pt-rfettibiiìtà , che fol rimila da lontano, e che tra C( ntinui sforzi potrà foltanto conleguiie : che la llrada che dee battere prefenta ancora ofiacoli invincibili : che fptffo la d fircohà del cammino è ftaia fuperata da un tentativo che avea dappri.na tutt'i caratteri dell" iucotifeguènza , e che poi il folo azzardo ha giuflificato. Noi deridevamo non ha guati 1' alchimia e l' aflrolcgia : i Romani bandirono dalla città i matematici. Intanto da quefte arti chiamate /ìcrili , dal travaglio accu- mulato di quefli pretefi ozitft , qual vantaggio non ha ri- * trac 244 tratta la focleta ? Qual alto grado non n' è derivato dì col- tura e di civilizzazione ? Deporto il carattere d'empirifmo la chimica ha offerti all' umanità languente i più efficaci in- fieme e femplici mezzi per l'efercizio dell'arte fa lu rare , uientre ha moflrato all'agricoltore la migliorazione delle jerre , al minatore e al metallurgo i mifteri della fufione e delle leghe, ed al manifattore i principi invariabili dell' iiìibianchimento e della tintura . L'allronomia rivelava in- tanto le conofcenze de' tempi ; determinava le latitudini, le Jongitudini, la iorma della terra; additava al navigatore la lirada dell'oceano, i lìmiti del mondo, e fottometteva al Càlcolo le vicende capri<:ciofe delle maree . Una nuova ar- chitettura preparava la coOruzione di quelle citta natanti che relhingono le difìanze de' più lontani popoli, e le arma- va di que'ftblimi oro!o2,j, ne' quali come in riflretio fpec- chio fi dipingono le celelH rivoluzioni. Il genio dell'archi- tettura idraulica rendeva tributati alTagricoliura gli fìeffi torrv."nti che erano flati la rovina de csmpi , e col livello alla mano diflribuiva le acque alle campagne , le imprigio- nava neoli argini, afciugava le paludi, ed ornava con fiu- mi artificiali le popolofe città ed i giardini del ricco . Pre- fìdrono le fcienze chiamate flerili un fifìema economico di forze alla moderna architettura ;, il corfo delle acque , il foffio de' venti moltiplicarono in diverfi modi la loro impul- fione ; il fuoco rtcflb fu trasformato in moto artificiale , e con la forza efpanfiva de' vapori creò gigantefche trombe che con un folo impeto di querto ftraorditjario motore fan le veci di mille braccia , e che una reccntiiuma fcoperta rende applicabile ancora a numerofi rami d' indudria . La meccanica moltiplicò tutte le forze con 1' arte di rifparmiar- ne l'ufo. Il genio militare flefib vidde ufcire dal feno del- la geometria una tJuova tattica; foflituire fcientifiche formo- Ic 1 ]e per attaccare e difendere le fortezze, regolare il corag- gio e dirigere il volo della morte . Q_uale (ar'a il Umitc da imporfi all'umana induftria ? Oferemo comlannare i fuoi sforzi generofi ? chiameremo più flerili i fuoi ingegnofi ten- advi (6 ili Tanto d lontano di doverfi prefcrlvere un limite all'lnco' rag!^imento\ di qualunque utile invenzione , che i /e«^iah'. -eco ciò che forma V indivi- {luaitià di una nazione , e la caufa e la ragione nel tem- po llelfo della di lei potenza . Quella Individualità che riu. nifce oli uomini in famiglie , le famirjlie in nazioni, e le nazioni in fine in un filtema di reciproca relazione e l'caiir- bievole dipendenza , è Itabilita nelle leg^i iminurab'ii dell' ordine , che menrre lega gli elferi più lontani , e compone J'arrao'ica economia doli' univerfo , divide quello gran fi- ftema in altrettanti fiflvimi parziali per quante fono le cor- porazioni a cui poffono applicarfi le idee ontologiche à' in- dividualiià . Altra volta le arti e le manifatture firmava- BO quelle individunlità parziali^ e poteano conliderarfi "come al- trettanti fiRemi ilolati , comprefi piuttolto nel gran fiftema razionale , che formanti gli clementi di elfo . Gli fcrittorl di pubblica economia fi fono sforzati a dimoltrare i djnni , che ne rifultano all' intero corpo fociale non folo , ma al perferzionamenro ben anche delle arti e delle manifatture che fi credeva cos'i potentemente incoraggiare . ESendiamo qaede idee: qualunque incoraggimento abbia PRfNClPALMEMTE, ed UMICAMENTE in -veduta i' ordine generate dell' intiera focie- tà ; l' incoraggimento fpeciale prenderk cos'i il Tuo polfo coti- veniente. Or come potrà effer confeguito queft© fcopo? § VI. 247- § VI.. ^afe dovr^ efjere la cura del governo relativainenfe alle arti , fui r/tpporto de cofìumi e della potenza no-mionale ? V^Ueft' ultima ricerca, comprende la foluzione del poMem.i-. in tutta la fua eltenfione . Ma è cos'i grande la forza della verità, eh' e(Ti fi palefa a primo afpetio nel fuo mag« gior lume.. Tacito, fi è detto, parlava breve, perchè molto ed, eftefamente comprendeva; e cjuefta invidiabile brevità, quefta necelTaria. caratteriftica di quella, luce divina, che rt- fcalda nel tempa fte(To tute' i cuori, e conquide imperiofa- mente tutti gì' iinelletti , dovrebbe acconpagnar principalrniti- te gli fcrittori di pubblica economia , il neceflario oggett» de quali è di molto ed eftefamente vedere. Concentriamo per tar.- to le no(trp idee • La terra non form.* peretTa flelTa la Tergente della ricchez- za nazionale; quefta non confifte , che nel lavoro accumola* to deli' uomo, che fi ferve della terra come di una m.iteria pr'f nì/t^ e come un prinàpnlc /ìrumento del fuo lavoro. I. priint r.ifuliaii di quelto primo lavoro fono, i prodotti dell'agricoltu- ra. Ma fé una nazione induftriofa fi limitafle a quefta pri- mogenita delle fue arti, la di lei efiftenza farebbe precaria, per quinto fertile fode il territorio, fui quale eferciia il fuo lavoro. E' neceflario per l'ordine fociale che forpa una. clafle intermeiia tra i proprietarj e gli agricolrori : è neceflario che oltre ai mezzi di fufl'flenza una nazione trovi nel. foo feno gli elementi di quella energia, che foUetichi il confu- nvatore a diff'oodere tutio il fuo fupeifluo, che inviti l'iodu- (biofo al lavoro, eoa U fpefània del maggior utile, e che ali.->- 14^ . . . . ' alimentania nel tempo fteffo lo fpirito di economia e Io fcirito di confumo, leghi tutte le claffi della focieta con re- ciproci rappoiti di bifogno , e follei3ga a vicenda l'emulazio- ne fociale e l'equilibrio politico. Una naziorie , che noa trovi oracolo all'iniieto fviiojtpo delia fua energia, mentre ipan-^e il maggior luRro nelle fcienze nelle arci e nel coca, mtrcio, brilla eminentemente per lo fplendor delle armi quan- do ad effe rivolge la fua direz'one. Si rimuovano perciò tue- ti gli onacoli che impedifcono la totale efpanfioae dell'umana, attività . Non fi creda pertanto poter confeguire un tal riful- tato eoa privilegi , e diftinzioni accordate ad alcune clarfi.Ogii iacora^gimenio parziale offende con l'intiero corpo fociale quel- la dalie (leffi d'induflriori , che fi prende in veduta di fpecial. mente favorire . GÌ' interiffi di tutte le claifi produttive fo.io scambievoli : eff'e fi reciprocano ai-nichevolmente i vantaggi , Ma il proprietario di un' utile invenzione fé facrifica il fua ìntorefie al vantaggio generale, fé pubblica generofan^nre il fuo fegreto,è in diritto di afpirare alla pubblica vicjnofcea- za , è in dritto di riclamare un compenfo , ed il governo gli deve allora uu iricomgs^imemo pojnìvo. Ma quale farà il ì'imitc di un tal incorasgimento ? Le arti frìvole non ne deb- bono eff.Te efclufe: effe fuppongono un tale raffiumento dì gufio, una tanta elevazione di genio, che moffrano lo sfor» zo dell'umana induftria per riftabilire l'equilibrio di quelle enormi malie di capitali, che il corfo neceffario dello fpiri- to di economia ingorgherebbe altrimenti in poche mani: fo- ro effe il faU^jJì conveniente alia pletoy'ta dell'opulenza, ed il governo non dee privarfi di farne impiego. Le arti oz.'o- is preparano fpeffo i più grandi vantaggi .• tutte le utili in- venzioni fon fempre fiate precedute da tentativi infrhttnofi'. quelle arti fleffe , che la pubblica autorità perfeguitava , e la ptibblica opinione derider , haa moftrato ai giorni noflri tutta l'in- __ . 149 riagiuftìzia di un tale proed^iménto .' Sonò effe che hatiao innalzato al più alto grado la nodra civilizza^iooe , e raa- te riforfe han fomminiRrate all'opulenza, ed alla forza ifa- zionale . L' innraggimento non avrà dunque limite alcuno in rapporto alla fua direzione , Ma quale firk quello iocoraggì- mento? Se la nuova invenzione prefenu una utilità calcola- bile , il governo ftabilifca il grado deiU ricompenfa con la legge ordinaria delle determinazioni de" varj valori ; ma fi adotti generalmente la legge di SoI( ne (55) : eòi fa pro- gredire un arte qualunque ver/o la fun perfezione , abbia una pcJifinne che a/ftcuri la fua /uJJtfìi:nxo , e un diflintìvo di ono» re che rammtnfi i fuoi fervtgj refi alla patria. Tornii. j5 KO- 2SI NOTE (i) Filangieri, Scienza della lej^islawne , ec. (a) Il lìlkma di quello autore è poito nel maggior lume fieli' ^iw/Vm Jo«"i mes di Mirabeao , e nelf OrJre naturel <& eremiti des fmités polìtifjuts àt\7. ab. de la Riviere. Gli Encidopedilli non han fatto che elporre la dottrina di Quesnay neh'' articolo Agricole ( peuple ) deW Encyclopedie methodìgut , che gioverà nfcontraie . (3; Ordre natirel & ejfentìel ec, r. 157. Si vegga perb la nota ( Sismond' . (^7J 11 ^^Jantunque la mas>gl'ir parte deg'i fcrittori attribuTca la decai^en- j» za dell'Impero Romano a cagioni yclie lembrano eftranee alle finanze , ru- ,, re non è men vero , che il loro disordine molto vi contribuì „ Roriffelct ^e ^u"gy , Difcours pfeluniNaire a la partie Finances de /' Encyclopedie Me- thoSnue. (3 ) Gli Arabi. (29) Si fanno fpelTo di.-'' paragoni tra pipnii e popoli , tra antichi e modem?, ec. ec. Q;ie.i? falfe analogie conducono ad errori. L' ahi 1 zone della fervitù perfonale; lo (labilimento del clero, e perciò 1' iflrnzione gratuita e la diffu- (ìone de' lumi , prnmolTa in feourn snche più dell'invenzione della carta, dalla f1?mperia , Hp'^iorr.ili ; l'irfl'ienza della polvere da cannone , dell' u io della buOola , del.' iiìitti7Ìone delle armate reeolari , delle ambifcerie ordinarie, delle pode, de' tele.j|rafii ; la talTa regolare deiP intereUe del denaro, la rego- tarità delie impofiiionj , l'idea del credi io pubblici; la voga e ia moda. liforfe ÌDcakolabili per le petfone induOiiofe, ec, ec, ec. non « feparaco per intervalli immenlurabili dall" economia politica degli antichi 2 5>i aggiur- gaoo a ciò le nollre rifle/Koni del §. ■?, • , ^ l (joj Levefque Rechinlje fur la ruheffe & la mat'ert. de vivrt dts A-ht- nens. Solone avea divifo il popolo d'Atene in 4 claOi , e proporiionata la contribuzione ai var; blfogni de' cittadini . Il b'ifogn^ fifuo non dui^ea eiTer laffato: così rulrim:i elafte de' cittadini nulla contribuiva. L utile era talla- to a vane proporzioni nella 2 e 5 dalle .• non era giuìo che il fuoerfiut della 4 dafle log^atefTe ad una forte contribuzione . Cus) la grande^^a dei Jiiperfluo,t[{{eue MTnteiqtìiej , «."H'V-r H Superfluo . Oltre alla taffa reale, dalla lettera di PiMrato a Solone 11 rile^-a , che gii Aten.-fi loiponevin-. il decimo iul valore delle mercanzie importate nel Pireo. Q.u'in ralla psro cu- be ddle variazioni, e fu in le^uito rdotta al uisellmo c-d anche aj cenreli- mo : il c!ie dimoerà ne'lo Hello ternno , e la floridezza de! corcTiercio ,_e a favia amminilka-iione delle finanze ci' ^ rene . Un pop-lo che d'm nuUce le fue impofizioni può egli mancar drifrrfe? Bifidi:: effe- rrtitic nniV) '■■^- '":1 ertfcime>ìto delti popolazione , che all'' ■■'Cfrefcimenio de! 'e rendile (e la aVVI maffima di Quefaay , ed io cito quell'autore pe'ch gli --S^^' 0''," "''» vorranno, certamente dilTentire dal fuo avvifo ) : vi. è fèmpre u;. arm ra ove non manchino mezzi di fuflìflenza . Cosi gli Ateniefi accr-lcevAuj la. loro «hiatnando anche i foreflieri a' loro flif eadj . (51) Sismondi . s r r Ui) Non percib 1" inCerae d.-ll' ammininrarione d' Co!b.'rt è Terza di- fetti, o il modo d'incoraggimtnto da lui adatto per le ani è cnmmen '?vo- lo. Ma conolciamo noi la ihntica della Francia a quell'epoca per^ decidere fenza timore d'inganno d«ir aat , eiTendo le altre di ìina tale eiidenza che a primo tolpo dlocdya & manifellauo «oeieoii alle aortre' idee . {-•6) M.le ( Lecfn% aux écoles normites ) , e non elìta di efclamare nel- le augu te artemblee che riuniva i primi tjenj della Francia, che tille femme de Paris la France par P exttnfton qu" elle s do mie à >ios niodes , qiie /' hmme. gautlument aujìire qui déclame contre la frlvoliiif ( ibid. to. 4. ) If. „ Che dopo 2ooa anni foltant» le fpeculazloni degli anticfei geome- » tri iulle curve che genera la Celione della fuperficie d'un cono per un pia- „ no , e eie avevano tutta l'' appare'iza d^ una futi!* ricerca, han fatto fco« }, prire a Keplero le leggi generali del liftema planetario ( Ls Place mechs' „ nique télejìe ) . Che gli areojìoiicì , oggetto creduto, di mero divertimento , fecero guada- gnare la battaglia di Mauèeuge , e che un areoftatico d"" elfervaz'ove è d'al- lora in poi una delle maggiori fuperiorità che pofTa avere un Generale d"' ar- mata fui nemico che n'è privo ( Monge nella fu» Geometria defcrittiva da i metodi per proiettare le carte topografiche fu gli areortatici ) . Che i fenomeni della calamita fono rtatj giuochi infantili fino al XTt fe- nolo, della nodra era; quandi un noilro compotriotta mife a profitto la pi& bella, la più importante delle proprietà di querto minerale (Si vtgga Haiiy nelle fue Lezioni di fifìca ) . Quefti efemni potrebbero molr'plicarfì all'infinito. (6 ' 1 Tflir ttfiifny tiira rie» ittun-j ovb ff^^tvn n Tta\v w Ylpvfnftì^ >,»(ilScinn jwt, venieMt. LtQQk ATTltHc. ." ìi^ £3^ NOTA generale; Amarao Smith ( B. II e IH ) Iia veduto che il lavoro àìrettòvetk Turf. Ik.i , cioè verfo i godimenti che 1' uomo può procofare all'umana fpecie può avere due differenti tifultati , Qualche volta quello lavoro laFcia dietrd di fé una produzione nuova o migliorata , la quale per l' aumento del fuo valore rapprefenta tutto il travaglio che gli ha data origine : così il vafo che il vaiajo ha formato pagherà allorché farà melfo in vendita tutto il la- voro che r artefice vi ha impiegato . Altre volte il lavoro , quantunque de- fiinato al godimento ddl'uomo, allorché finiCce non lafcia di fé veruna trac- cia , e non ha prodotto die un j)Ì3cere fuggitivo : così un mufico dopo dì averci incantati coVuoni del fuo iltrmnento , allorché A /no lavoro 8 ce/Tato Dflti lafcia veruna produzione che polla divenire una mercanzia , ed accumu- lali'; per arricchire una nazione , barattarli con una nuova ricchezza , e ps-» gare un nuovo lavoro • Dietro quelìa oJfervazione l'autore inglcfe divide i lavori produttivi da i ìim-preduttivi , e riconofce ne' primi quelli che la- fciano dietro di efll oggetti capaci di efler calcolati nella ricchezza nazionale, e ne' fecondi quelli che jiuila aggiungono al capitale barattabile della tijzìo- ne , ferthè il vantaggio che fé oe ritrae cella al momento in cui finifce il lavoro, I! (ìg. SisRsondi ( RichelTe commerciale L. II ) feguendo quella divjfione comprende nella feconda clafle : 1. Qucl'i che affinano i loro fervigj alle dalli produttive; 2. Quelli che lor vendono de'godimenti'i j. ■Quelli the ne flrappajio i ioro beni per mezzo della forz^~, òell'aftuzia o della pietà . Nella enumerazione poi di quelli che compoogoiro quelle tre fuddivifioni , 51 /ìg. Sismondi colloca tra quelli che affittano i loro f»rvig; , j primari ma- giflrati e i domellici ; fra quelli che vendono de^'godimetiti , i iìlofofì , e le meretrici , ec. ec. Se la prefepte Memoria aveffe potuta avere tutta la fua tPenfiont , l'efa-* me della giiiiizia di quelle claflificazioni ne avrebbe dovuto formare una parte eff:nz>^'i(]ìmi: . Ma una memoria accademica è limitata ad una lettura pur troppo determinata, e fpeffo bifogna facrifìcare all'idolo della noja che 5 innalza dopo un'ora ad imporre fìlenzio co' faoi contorcimenti. Una me- inor'a non è un trattato : pcrcib io fcrittore di quella riferba 1' e/ami del- te clajjìfic/tzioni /odali ad altro tempo ; come ad altro tempo riferba la sviluppo di molte iltre propofizioni che hanno l'apparenza del paradoffo , Tutte quelle memorie fecondarle faranno altrettante note giuflifìcative de' fat- ti, o delle teorie che qui fi fuppongono. Ma p« ora chi poiri deterrainar- re il numero } SOLUZIONI ANALITICHE DEL PROBLEMA DELLE QUATTRO SFERE Condotto a fine col metodo delle Coordinate DA F. P. TUCCi; L' Oggetto del problema delle quattro sfere è di eoflruir- ne una, che ne tocchi altre quattro date di fito,e grandez- za. L'infigne Geometra, Fermzt , fu il primo a rifolverlo adoperandovi i foli princip) elementari di Sintefi ; e Carte- ilo, che glie lo propofe, lo afficurò di averlo anch' eflb rì- foluto, febbene non fi faprebbe addurre il motivo, onde una tal foluzione non fi ritrovi nelle fue opere. Uii'ahra foiu- zione (ìntetica del problema delle quattro sfere fi dee al Si- gnor Hachette (*) : efla però richiede la conofeenza delle curve coniche, delle quali l'autore fi ferve. Il problema del quale fi tratta è, al dire di Montuclai uio d; quelli a' quali 1' Analifi moderna fi applica con diffi- colia. Eulero il primo s'impegnò a fuperaila; ma non f.>, fé la fua difll-rtazione Analitica regidia'a njll' indice delle altre inedite, fi fia finora data alla luce. L'unica foluzione Analitica del problema dello quattro sfere, che pofla dirfi con:>pIfta, mi fembra eifer quella del Signor Fran^ais {**) » Tom. IL 33 il (') Correfpondcnce de 1" Ecole Polytechnìque n. ii, FruSidor , an. Xlf. (*"; Corre pondence de 1' Ecoie Polytechuique n.u, voi. 2 , Janvier i8ic. *5^ . Il rifultAtJ di effi dà tre equazioni a tre Iperboloidi a due nappe ^ Mediante l'eliminazione fi riduca l'autore a ritrova- re rinterfezione di tre fuperficie conidie, ed ingegnofamen- te la determina fervendofi unicamente della regola , e d^ COiìlpaJfo . Le foluzlonl , che io vengo a dare del problema di cui mi occupo non fono dedotte, che da'primi principi del meto- do delle- coordÌ7jate : poiché mi è fembrato , che quefti foli fiano baflevoli per confiderarlo in tutta la Tua generalità , fenza far ufo d'Iperboloidi di rivoluzione, di fuperficie coniche, o cofe fimili . Prima di tutto ritrovo col fuddetto metodo il fito del centro djlla sfera domandata, e mejiante lo ftef- fo pervengo direttamente all'equazione che dona il fuo rag- gio, fupponendo ignoto eflb folo . Enumero i cafi de' quali il problema è capace, ed il mado onde dall'equazioni finali fi pofìTono ottenere i corrifpondenti valori delle radici , ed ho a queflo propofito l'opportunità di notare un cafo, che noa fi pTiò rifolvere alla maniera degli altri jefTo fi verifica qua- lora una delle sfere date in fé racchiuda le altre, come fi- ì\ notato a fuo luogo. Q^ueflo efame completo del problema delle quattro siete è applicato benanche al problema analogo de' tre cerchi; ed in fine è abbozzato il modo, onde fipof- fono collo fleflb metodo rifolvere gli altri problemi appar- tenenti a'contatti sferici, e circolari ( che per altro fon fa- cili ) , affinchè fé ne abbia una completa analitica efpofizìone. § I. § I. locomlncio dairaccennare In brave i e per quanto balU al mio propofito il paflagglo di due coordinate rettan- goli? da un' affé ad un'altro; poiché me ne fervo più volta nel corfo della i* foluzione. Debbafi dalle coordinate AP , PQ^ del punto Q, pre-Fig.i, fb per affé A B , ritrovare 1' efprefiione di A R afciffa cor- rirponc^ente al medefimo punto riguardo all'al.ro affé dato AG. Dal punto P fi abb-ffino le perpendicolari Pp, Pr fulle liffCttive AC, Q^R. Si avrà, fuppinendo il raggio = i , 1 : cos A :: A? : Ap=: AP cos A I : fen Q :: I : f n A ; : PQ. : Pr = PQ_fen A e quindi AR=Ap + pR = APcos A + PQ^feo A (i) 2. Varrà la pena di offervare, per maggior chiarezza di quel che feguiià , che dalla ritrovata efpreffions di AR fé ne deduca PQ=:ARcorecA — AP cot A (2) fé ne intendeik la ragione ricordandofi che I r A cos A . -. — - =r coiec A , -. — ~ rr cot A . PRO- 25o PRÒ BLEMA." 3. Date quattro sfere di fito e grandexxa ; coftrutrne unat- tra y che tocchi le quattr» date. \ SOLUZIONE. F'g-i. Siano A, B, C, Di centri delle sfere tìate , ed Aa i Bb , Ce, Dd i rifpsttivi raggi di elTe . Suppongo fciolto il problema,e dinoto col punto M il cctto d^jla sferi ca- cata, e co' punti a» b, e, d, i contatti di q^a colh sf.-re date. Le rette Aa, aM, Bb, bM ; Ce, cM; Dd, d M giaceranno per diritto; e le altre MA, MB; M<\, MC; MA, MD non cambiando differenza quilura fi d.mitiuifca. nOi^o fi accrefcano di una fiefla qnantitH, differirannj qaaaìo le rette date Aa , Bb; Aa , Ce; Aa, D d rifpetrivainentc . Intendo abbafiate dal punto M le perpsndicoL.n M Q_, M T fu i piani BAC, BAD;dinoto colle rette Q_P, TP l'in- terfezioni di quefti col piano delle rette MQ, MT; e 4^ punti Q^ e T fuppongo abbaflate le perpendicolari QR , T.S fulle rifpertive AC, AD. Sarà chiaro che le congiungen<ì MP, MR, MS ( che non fi ve^'son marcate fulla figu'a p?r non compiicarla ) fiano benanche perpindicuLri alle tii- te AB, AG, AD (*;, e che l'angolo QP F fia l'inclina- zione ( E' una verità affai conofciura negli Elementi, che fé da un punto nel- lo fpazio fi cali utia perpendicolare fopra di un piano ) e dal piede di e(Ta fé ne conduca un'altra fu di una retta efifìente nello (len'o piano; h c( nyiun- gcr.te del punto ncl'o fpazio coli'' inconiro della feconda perpendicolare , e dv'l- la retta eH.iente nel piano , (ìa beaanch: perpc-iidicclare a queti'' ultima . zione 5e' plani BAC, BAD, è quindi dato. Ciò pofto fuppong» AB=S j AC=rc, A D=d MA — MB=:*', MA— MG— f', UA-^MD = tF Sen BAC = <7', fenBAD = »-, fen QPTzrj tos BAC=:/, cosBADrr/, cos QPT=t' AP~x PQ.=/» Q^M=r« e coll'ajuto d-.lla formola (i) del § i paflb dalle coordinate p^ 1. air efprefiìooe di AR P Q_ } } AS A P P T e ritrovo A R = qx + 9/, TP =i> + JK , A S = /« ■+ r f f)/ + r «)= e quirdi C R = <"— Y«-f-f/), BP=:*— *,DS=«/— ' > *+/(j'>+«;) Sono poi M A =r -v-^'^y^^' MB=:MA-^'=v~7;77?-*' M C .= M A - r'= V-;v/':jv - e M D ^ M A -. / = V-.-^^'TT-./ e debbono eflere (*) K'A* (•j Si fa dagli Elementi, cTie la dif!érents d ' qvivira'i <)■■- (Ide l-tl d iia trianEjo'o paret^iji la d'ff'renTa dt;*=SA— SD dunque foftituendo a quefti quadrati i corrifpon(ìenti valori analitici , dopo i fulici liducimenti fi avranno le tre equa- zioni 1 /^/"«'-j- ;''+«;'—/ '=: 2 d{rx+r ( 5/+J a )) — <^' che al fupporre b" — /»":= 2 b' b'\c^—-c '=■ 2 c'c",<^' — /' = 2 dinotando efli centri co' pqnti A, B, C , e fupponendo f'S'3- AB = ^, AC = c Q^ — Q_B=^', Q.A — QC^c Sen BAG^9, cosBAG = ^' "^ AP = ;c/ PQ=>' l'erpreflìoni analitiche delle rette AR, BP, GR faranno le flefle che quelle ottenute nel problema delle sfere. Sono poi Q_A =''^x'+y Q. B= QA— l,' =''^7Tf'—.l,' QC = QA —e' =r'^^«'4>''— e' e per la nota del §. 3 debbono eflere QA '— Q~B ' =: pTa ' — ¥b" QA '— QC' = RÀ' — Xc' dunque avran luogo le due equazioni 2 l> -^P^'^ 1;"=: ib^-^b' 2<^'^ «*-f/' — c"=2 c (q'x-i-p') ~'<'j che fupponendo b' — b":=: 2 ^' ^" , e'— e" = 2 c'f' divengono . * ^^^'*'+^'=7^^'«+2^)-< ^' 3. Si 254 5- Si vede bene che la foluzions quafsà recata al proMe» ma delle quattro sfere, e poi applicata a quello de' tre cei> xhi , abbia per fondamento il palTaggio di due coordinate ret- tangole da un' alfe ad un'altro: ma io vengo a darne un'al- tra più femplice, e che n' è del turto indipendente. Il prin- cipio fui quale efla è fo-ndata ( per aftro affai noto ) con- iìfle in eHer data 1' erpreflione analirica della diftanza tra due plinti , qualora fien date 1' efpreflìoni deile coordinate di elfi. Fig. 4. Siano A, B, C, D i centri delle sfere dare; ed Aa, Bb, Ce, Dd i raggi di efle. Jl punto M dinoti il centr© della sfera cercata , ed i punti di contatto colle sfere date fjano a, b, e, d. Si ridurrà, come fopra , il problema a determinare in modo il punto iVI, che le fue diftanze MA, MB ; MA, MG; MA, M D da' punti A , B , C , D dif- feiifcano rifpcttivamente quanto le rette Aa,Bb; Aa,Cc; Aa, Dd. Dai punto D fi abbaffi la perpendicolare DR fu'i piano BAG ; da' punti R, C cadano le perpendicolari R S, CT fulla retta AB; e fi pongano AB=r^, AT = .» I ' j ^ « che rifui a (^al rar ggìamento de'feconcìì membri d^'il' 'qu-3- z'oni B, C: fi avrk u )a retta giacente nel piaoo B A C , .-d il pulito M fi ritroverà nel piano condotto per cffa perpefl- dic'jlarmente al puno BAG. Di nuovo fi cjftruifcà 1' elui- zione che rifulu dalle due B , D : efla darà un piano 'nel quil« dovrà rrovarfi il punto M. Laon.ie il punto M ca:lrà nella Gf^mune fezione de' detti p'a'iijche dinoto colla retta £MQ Ora l'cc^iw^ioae B. , fuppooeudo b _ /' b- ~~ y e liberata dal rotti diviene e quindi * +/ +'5 : « — h::b : & cioè ( tagliandp A L = -è', e conducen.^o p-r L il piano L K I perpendxcilare ad A B ) A M farà a P L , ovvero ai ML perpendicolare fu 'I piano LKI,in data rag one . Mi d no. taado eoa S i'mcomro della retta qu^f^ù dt^ienniiuca £G~ i6>7 col piano LKI, e fupponénJo unita la L'F, Ra pure ML' ad MF in data ragione ; giacché nel triangolo L'MF fi co«» nofcono tutti gli angoli : dunque lo fark benanchi; AM ad MF. E perciò unita la retta AF, comecché nel triango- lo A F IVI fien noti il lato AF, l'angolo A FM, e la ragion ^e'iaci AM, ME; fi detzrmiacia il punto M n^lla manie» ra da tutti conofciuca^ 6. V equazioni che fi otterrebbero applicando queflo me- todo al problema de' tre cerchi fono le dus B,C dalle quali fiafi oalTato il ^' che in quefto cafo non ha luogo ; ^e per farne la coftruzione bifognerebbe prima ritrovar la retta che ha per equazione e dinotandola con EQG, converrebbe fervirfi della prima delle Fig.ji due fu.ldettc equazioni B,C come fopra fi è fatto di B. la tal modo fi ridurrebbe il problema a ritrovare nella retta E G il punto QL i" guifa , che AQ_ fofie a Q^L' in data ragio- ne, ed effenJo pure Q_L' a Q^ in ragion data; anche AQ farebbe a QJB in data ragione , e quindi la determinazione del punto Q dipenderebbe da un probletr.a elementare ca- nofciutinìmo . 7. Vengo adeflb all' enumerazione <3e' ca(ì de' quali tanto il problema delle sfere, che quello dj' cerchi è furcettibile . L'equazioni finali recate al primo ( e lo ftefTo dicafi rap« porto a quelle trovate per lo fecondo ) racchiudono i du» * cafi , 2(58 cjfi , ne' quali la sfera domandata può toccare le date colla fua convefTuà. Ma fé il punto M fi foffs rintracciato i a mo- do da fod^isf^re alle tre condizioni M A+A a=M B-hB b ) CU B=iM A— (B b— -A a) MA+A.a=VIG+CcJe quindi { MC=rM A— ^Gc— Aa) M A+A .1— vi D f D d) ( M D=M A— Jd d— A a) vai quinta dire, fé la lettere B', c\ d' H fafT.To poRe egua- li rifp.'tt vinx::nte a B'j — Ai ; Ce — ^Aa; DJ — -Aa le ftefle equazioni fin ili {ini\ punto alte-a-d nella forma ( poiché VerpreATtoni di M5.,MB, M C , M D l'avrebb^To confervata tal qu.le y r icchiadir'bb.TO ì: due foluzi^ni d.'l problema relativo z\U sfra, chi tocca la date colla fui concavità. A bu n conto , fuppunendo i' L/A, Di \ V fiinotando con A, B. C, D l?f /bt^'re roncare dilli e. in vedrà, e con j AqwO f'rr+'Aa Ce l '*'» ^'' C, D' qu.^lle toccate dalla) /concavità della richiel^a; i' equa- j j' !_/. ^^J \ ^ioni finali avrebbero date due radi-/ A'B'G'D* jci per ciafcunjdi cali r.l Itivi ad \ Un limile ragionaaiento applicato agli altri cali del proble- ma , che in o-n rale afcendono a i6 ha datoluOjjo aila for- Jnuiione della fiaueme tavola Sop. Supponendo *' = + (Aa--Bb e — +,( A.. — Ce W'=: +_. A a — Od *' = ±.(Aa-fRb e' = +_ f A a— C e / = 1_ ( A a— O d ^' = :t(Aa-fBb e =+ (Aa + Ce d'=± ( Aa — Dd ''^■^(AafCc «/' = ± (Aa 4- DJ ^'=r+ (Aa — Bb c'=;2_( Aa -f Ce /z:^j^( Aa + Dd i' = +', A a — Bb e = + ( Aa— Ce «f^: j^i A a -f Dd *' — + (Aa + Bb <•' = + (Aa — G. <'' = ±.( Aa + Dd *' — +. r A a — B b f— ^CAa+Cc à — ^ Aa — Dd requazlonl finali del pro- blema delle sf'Te daranno du^ radici per cialcuno de' ca(i indicati da ■^69 {ABCD A'B'Cd' { i ■1 A BCD A'BC'D' A B":'D A'BCD* A'B'CD 'J ABCD' r[ Ab CD J A R'CD ^ A'BC'DJ ■[ 1 BC'D ^ B CD' 27« 8. Sinailmcate , fuppoftsndo nel problema de* tre cerchi che le lettere A, B, G dinorinu quelli che fon toccati dal- la convenite del cerchio domandato , ed A', B' , C qu?Ui che lo fono dalla concavitJi; la fegueote tavoletta raoprefea- terk i diverfi cafi , de' quali il problema è fufcettibile , che afccndono in generale ad 8 Supponendo *' = ±.(Aa — 'Bb) l'equazioni finali ritrovate TA B G <■' = +.(Aa — Gc) per lo problema de' tre cer- '(_'\'B'G' ' chi , daranno due radici per A'r=+_(Aa4-Bb) ciafcuno de'ufi dinotati da J ab'C e = j^ ( A a — G e ) l A'BC è'=:+(Aa + Bb) c=+_(A a -f Ce) *' = +_( A a— -Bb) p* = i ( A a -}- C e ) J AB'D' "lA'SO p. Le sfere date poffono cfTere le une fuori dell* altre, ed allora è neceflario che fìen toccate dalla richieda nella loro conveffiih, e fi polTono avere i i6 cafi quafiù enumera- ti . RifletienJo poi che due sfere che s'incontran;i non pof- fono effèr toccate da una terza che amendue dalla concavità, o amendue dalla coaveffita di effa; qualora avvenga che due delle sfere date s'incontrino, per efempio quel'e che ha n per centri A e B, diverranno iaipoOibiU otto de'fuddetti cafi; pol- che 271 fVè convì-ne a"«r c^me tal' tutt' I teTnini della tavola n/quli li ritrosa AB,',o pure A'B. E fé le sfere che s*io- courano foio tre A » B^ C,d vendofi aver come impoffibili i cafi r lati vi a'termioi della tavo a , ove fi trovano AB', A'B , B ^', B' C , C A' , C'A ; i i6 cafr di efla dovrai ridarli a quatto, e nor» faranno che due, qualora tutte le qiattro sfere s'incontrano. Lo Iteflb dicafi del ptoblema de tre cerchi : cioè the incootrandofi due de' CTchi dati ^ fi l^n l'ano imponibili quattro cafije che incotitrandofi tutti tre, non poflaoo aver luogo che due foli. 10 Q^uandj poi una delle sfere date, per e'emp'o quella Fi( il cui rigalo è Aa comprenJa in fé L* altre ; il probi .ma si riduce f«;Tipr2 a ritrovare un pu.ito M, che ferbi da' puti- ti B, C, D tali diftunji, che uniti una p*r una alla di- lìaaza che ferba dal pjnto A, coftitu'fcano fomme date. Si potranno a 'op.'rare rs;qua2Ìotìi filali ritrovate per lo proble- ma dille ifire ddnJo alle lettere l>\ e', d' i valori conve* ©lenti. Ecco una tavola eh; co tiene tutto quello per rap* poito «1 pcoblciUa delle quattro sfere Sap-' Supponendo ^'r=Aa + Bb| l'equazioni del problema delle c'= A& + Cc\ quattro sfere daranno due fo- ABCD /i=Aa + Dd) lozioni per ciascua cafo indi» cato da h'=Aa -(-Bb) c'^Aa+CcJ ABCD' ^';= A a — Dd I ^'=Aa + Bbì c'=:Aa— Ce! ABC'D h'=:Az — Bb', c':=Aa — Cl> AB'C'D' d—A a — D d ^=Aa — Bb] f'zrAa — Ce! AB'C'D (i'= A a + D d ^'=Aa— .Bb) i,MC=f" + x, MD =f"' + H e dalle prjprieih d.-'triaigoU dirrullrate nella poj. i2,e ij del I." d gli elem.iiti fi otterranno refpreflioni di APjAK» AS, cioè ^^ — — Té ■+-& *» A R ì:1^-^' 4- ^-:^'., iJ a che fupp nenclo ^'+r -/"— r' +/'-/'-_ , r' + f -r '_, » e come nel § 3 diverranno rìfpettivamente Z." , e' „ ri- g + ^^>5 + /*'^ + — *• Si ritrovino coU'ajjto della formola (2) data Ilei §2dall, cfpreiriuni anal.cithe di %76 A A ^T quelle di PQ ^^} QM PT fi avrk P (che per bre-j [vith riduco a] Q.M =i-( ^' -}, L.jt ) — , j(,$-f-y*)che io dinoto perfi^ + ^x) tAà il quadrato di AM pareggia i quadrati di AP, PQ^, QM pres'iofieme; dunque fi avrà l'equazione 14. Per ottenere l'eluizione al ra^^io del cerchio che toc- ca tre carchi dati, i di cui ceneri fjoa A, B, G, baft-i Supporre AB=^, AC = (r Aa=:/, Bb=:/', Cc=f' sen B A C =: ^, cos B A C =; ^' Qa=r Qb == Q^c =*; poiché ritrovando 1' ebrcfFuii di AP, PQ^ che fono le ftef- U recate qui òÙ p^r lo problema dsile sfire; e dovendo ef- fere 277 fere il quadrato di A Q eguale alla fomraà de' quadrati di AP, PQ., fi avtk L'equazioni R ed R' danno ne' due valori dall'ignota ì raggi delle sfere e de' cerchi che toccano colle loro convef- fita tgtte le sfere, e i cerchi dati. 0§nuno è in grado punti diti ; e paragonandole a z che dinoterà il raggio della sfera cercata, colle fìeffe condizioni del cafo precedente, fi otterranno due equazioni. La terza farà l'equazione al piano condotto per ìnezzo a' piani dati . iV. Inoltre fé li sfera cercata debba ioccire tre piani dafi, €j)afrare per un punto o toccare una sfeia data; il centro di efla cidrh in una retta data.(ch'è la comune fezione de'pia- ni coadotti in mezzo a' dati prefi a due a due), ed il pro- blema fi ridurrà a trovare in quefta retta un punto tale, che congiunto col darò , e condotta la perpendicolare ad uno de' piani da^i , fimo qu3iìe due rette eguali fra loro, o pu- re abbiano una data differenza ; lo che G eleguirh facilmea- te di^.tro h corruzione del problema delle quattro sfere. V. Final m2nte fé la sfera rich:efla debba toccare quattro piani dati ; il fuo centro cadrà nel punto dove s'incontrano tre qualunque de' piani, che paflano per mezzo a' dati prefi a due a due. i5. Nel'o fteflo modo fi condurranno a fine le foluzioni relative agli altri prob'emi appartenenti a' contatti circolari: per cui (limo non dover mici trattener di vantaggio , tan- toppiùche fra i contatti sf.'rici,e circolari i foli problemi del- le quattro sfere, e de' tre cerchi fi reputano difficili; ed Iq m lufingo di averli efaminati in tutta la loro eflenfione-. ir SAQ. Tai^ I. V^ Tav ir 1.; ,,-•-£ ;:^:-* ^ * ^^^^^^ 1 "X Al. p S T ^ fy-'"" y G-'/'i' y--'' / ,-'\ "'n._ ji^-""""^ " -v A L P T M . b,. -<7 ^ B ^'"fc'"^^ p. SAGGIO suri A ESTENSIONE DEI LA M. GRECIA, E SULLE CirrA' m ESSA COMPRESE. DEL C A V. F. M. A V E L L I N O Inetto alla Società nt'lla Sejjione degli i r di luglio 181 z. Armi che pochi tra' filologi moderni abbi.mo dato alla deooniinaziooe di Magna Gre>.ia quel giulto valor , che le conviene; è certo almeno che molti tra Joio, cominci'ndo dal Golzio (i) fino all'Heyne (2), hanno fotto di elfa com- prefi fovente molti luoahijche ne erano fuori, per non aver forfè poflo mente alla non ambigua defin:zione,che gli amichi tecero de'confini di quella celebre regione. L'immortal Maz- zocchi (3)lu il primo ad avere idee più precife fopra un fog- getto riniado vago fin allora , e noi nella ricerca , che ci proponiamo , non faremo , per cos'i dire , che feguir le trac- ce già fegnate da quello illudre Icrittore. Forfè molti de' moderni attaccano al nome di Magna Gre- c'a I idea di tutto quel tratto, che i Greci un giorno occu- parono nell'Italia, Quiflo tratto è malagevole a determinar- li, e fé fi credeffe a taluni degli antichi, fi eflefe un d'i fi- no a Faier'a , a Pifa , a" Liguri , a' Veneti fleflì (4). la tempi più recenti eflo giunfe dalia parte del Mar Tirre* fino a Cuma (5) e Sinope (d) , e da quella dell'Adriatico no almeno fino ad Ancona {jj . Or fé a queflo intero tratto venne dato il nome di M. Grecia , non foiamen- te uopo è confelfjre che una gran parte di effa , e forfè la maggiore , (ìa fiau abitata da popoli barbari, come i Sanniti, Tom. IL 35 gli 3^2 gli OL\ , i Lucani , i B'uzz] , e molti altri , la feda ds' quali è, come fj fa, in quella parte deli' Italia per l'appunto; ria aticora che quel nome ad un^ non piccola porzioni dell' Italia Conveniva. Ma di quelle due cofa fcnncia farebbe a fuppurli U prima, e da Livio chidram;nre contraddetta (8), e la feconda non potrebbe lolienerlì fenza negar fede alle fé- guenti parole del vecchio Plinio : Ipft de en ( balia ) juàt- cavire G>-aeci , gei:us in glor'tnm fuam effufìfffmum ^ quotnm par lem ix ea appellando G'^'^eciam Magn^m (pj. Luiigi dunque dall' a:cor.iarlo ad una eft;f:o, Nel golfo di ScillaCtOf la città di Scillacio, l interno del golfo di Scili acio , // promontorio La' cinto. Nel golfo Tarantino , le città di Crotone ^ Tur.io ^Meta- ponto ^ e Taranto, — L"cgbi mediterranei della Mgna Grecia^ P-telia, jìbtjìro (n). Si fcorge da quelle parole, the la M. Grjcu era per Tolummeo , coaie per Plinio, la fronte d^il' Iti Italia rìvflta al rrare Jonio, eh' polì chiama qu^ Adriatico, t-nie Pi Ilio lu d Ile Aulonio , e bagnata di' tre goti «^ik ramm n'ati. £^li \à fa cominciar ddl Promootoiio Z.firio, Ci'me Plinio ralla proli ma e tu de" Locrelì Epizefirj . A tjic li due luoghi claiiici di gii cua.i dal Mazzocchi (12)» egli avrebbe potut', a noiìro awifo , a! che vale a dire quel tratto di elfi che dal p'o- rnomor'o Bruzzio fino al Salentino li eftr-nJe ; al qu4le ap. punto, come abbiamo gih oflfjrvato , ancor venne da Plinio e da Tolommeo dato il nome di Magna Gì aeri a . A quella chiara definizione de' confini della M. Grecia fo» gliono però opporfi come contrarj vaj luoghi di altri autori antichi ,che il Mazzocchi ha gik qujfi tutti raccolti e citati (14). Quito fcrirtore riconofce in cffi ben fei d.ff.renti opinioni. A nie pare intanto che efaminandoH con attenzione podi. no tutti dividerfi in due daflì . Taluni , lungi dall'opporfi, debbono piutioHo fervire a confermar l'opinione di P inio e di iuloniiiieo, altri o fono fovcrdiiameac^ vaghi , e non iS4 pruovano perciò nulla in contrarlo ,~ o elTando di fcoliafll e di altri feriitori di minora autorità , non meritano a m io giudizio quella ftelTa credenza cha a Plinio ed a Tolommeo rifiutar fenza temerità non fi potrebbe. Fra' primi merita particoiarcaante confiderà zione il feguen- te luogo di Polibio. Djpo di aver parlato della battaglia di Canne, i Careagheft , die' egli, divennero in brsvs tsmpi per tal fatto padroni di qunft tutto il rejìo della regione detta M. Grecia anticrmenie ( ovvero , fecondo un'altra maniera di leggere, della region marittimi detta M. Grecia ); gi^e- the i Taranii'ii fubìto ft re fero, G'i Arpani poi ^ e taluni de' Capuani chiamavano AinibJe , e tutti gli altri già rivolge^ Vanft a' Cartagineftji^). Si è creduco che con quelte parole Polibio eitioda la fui Magna Grecia fino a Gapua e ad Ar- pi . Ma qutfìi fuppofizione è priva di fondamento. Dalle fua efprcffioni può bensì ritrarfi , ch'egli abbia fituata Taran« te nella M. Grecia, non già Arpi e Gapua città Etrufca. E ciò tanto maggiormente , fé fi ammetta la lezione che luir autorità de' buoni colici ha reliituira a Polibio il fuo dottiffimo recente editor Schw^ghaaTer (i<^) , in forza della qutle le fue pirole fuonano tutto il re/io della re?Jon marit- tima detta M. Grecia; giacché le region marittima era que- fìa , potea ben Taranto in efla comprenderfi , Arpi e Gjpua, città dal mare remote, non egualmente. A buon conto Po- libio ha, a creder mio , detto quello (ìeflo , che Livio , e Silio frififero nel parlar dell'avvenimento medefimo , l'uno e r altro de' quali Gjpja ed Arpi con accuratezza dalla M. Grecia , cioè a dire dalla fpia'jgia de'Greci divifero. Co- s'i il primo: De f ecere autem ad Poenos hi pnpuli : Atellani ^ estatini ^ Hirpini , Apuloruni pan , ( che fono gli Arpani ) SamniteSy prieter Petelinos Bruttti omnes ^ Lucani : praeter bos SaneiKtniy & Graecorum orniti s ferme ora ^ Tareniinij M^ta^ poi?' 2^5 p*ntìn!\ Cy-otonienfes ^ Lomcjuf (17)-, iopo del che paflTa lua- gamenfe a ragionare di Capui . Silio poi , di cui abbiamo in parte al di fopra riferi le Je parole , coiniocu appunto il £uo libro XI. col parlar de popoli, che la bainglia di Cm- tie- avea lep.irati dal partito Kjovino ;. e dopo aver nomi- nati i Sanniti y i. È.uiij , gli Apuli, glirpini, , Caia- zia, ed Atella, parla de' rar.uuini , de' Croio iLiri , e de- Locrefi , ch'ei dice compreli tiilia M. Grecia; e palFi fiul- inente a ragionar de'Capuaii, ctie non avrebbe fejariti da- gli altri, fé nella itella regione gli avelli pure vjÌJa eoa» prendere (18; . A Polibio fuccedano due luoghi di Giufiitio, e di Ateneo^ da' quali per altro in brevi parole disbri^ir ci potr'iim, li loro, retta intelligenza eQendo già (lata fiT.iia in rane dall' immortai M.izzocchi (19). Il pdmodo.^o. aver fatto un lun- go catalogo eli Città Iialiche, di cui ei cr^d^Vd Greca l'o- rigine, lo chiude col parlar de'Tarantn-, de' Turini , e de JMetapontini , e finifce dicendo: propter cjuod oi:ì>ìÌs illa pars Italias Mngna Graecia appellata e/i \^zo]. N.-j:l può cad-;r dub- bio che qoefte parole debbana iatenJerli fuUmente di (]mU la parte ci'I(alia,òi cui aveva in ultimo Iiogj parlato Qiu- fìino, cioè de'Taratitini , de'Turini, e de' M-iapon;ini , pcv poli nella M. Grecia realmente fitoati. Se fi vjleflero c'ìca* dere a tutto il tratto , di cui Giuititìo ha prima ragionato, farebbero in contraddizione con qjjl ch'e;li fteffb dice po:o avanti , chiamando quello medefimo tratto non partrm , feà uiìiverfavi ferme Itoliam ; parole , che ci fanno comprendere ch'ei;li non ha potuto defigoarlo poche righe dopo col no- me di pars Jralhe ; tanto più che tutta l' Itali.» realmente, e non già una parte di e(Ta , è quella che da' Bruz^j fi erteti- de fino a' Liguri e da'Taraotini fino a' Veneti (21). Ed al nollio feniimento favorevole è ancora Atea^o , quando dopo. ave? av-^r parlato deUa floMclezza e dell' of>uì?nzà Ji queHa parti! d'I'àlia, eh' è fiiuaia u turno a T^rar/f» e Mr-apomo, kg. giugne che quella region venne perciò cieiia Mdgna Gre- cia; parole, che fenza rinuncidre ad ( j^ni princijpio di btior» ienfo, non poflono intenderli che della re^jicn loia , di cui a-veva egli poc'anzi ragionato ( 22) » come ha con molto giudizio tflervaio il Maezocchi (23 . Tra" luoghi poi che danno della M Grecia una idea aflaì vaga, e the non tni fembra peto he lervir pollano a fifla-ne i confi, i, meritano primieram nr- di efl'et qu'i ril.riti taluni noti Velli di O idio,cifati j^ia dal Mazzocchi e da altri, Be' quali qu'ito poeta per ap^o^^ure una etiiiv-lo^'à da lui tratta dal Greco, ci mofìra l'Italia intera poiolaia di Gre- che colonie ne' tempi p'ù remoti , co^nmciand.) co'due verfi fegu-nti il catalogo, che ne ti ite: X^ee tibi fu mirtim Già co rem ti'intìne dici , Itala nam rel'us Graei'ìa Major erti '2^). Kon parmi th-^ da que'li dt'e vefi conchuder fi m^à ^ c\\t lutti qUi' paefi , de'qoa'i Ovi.'io parla nel f^-^uito '25 liaùO fiati un giorno comprefi in un.» re;^i'in? deua iVI G e-, sa, E quando anch; v >g!ia conceJerfi , che Ò i IÌJ abb'J cffn'.i- vamenre in quel Tuo verQi cos'i cbitmato un si Vado tratto dell* Itilla^ in cui Faleia il Tevre e Pdtavio Itelfo co.n- prende^nfi , è ch'aro dalle fteffe Tue pirole , eh' e^li ha voluio rag'onar di que'tempi oTui, e fivolo', ne'quiii la Lcoi'k gutdlibet audenrii è più che m li accor.latJ a' joeti , fat-oha di cui fé fovente, o di rato (ìifi f^rvita O ■ -ho , non vi è chi igno i . Qual conto dovrà dunque f-f>- f-'oa ia una i(lo- lica di'culTiohe, e come mii col f-'lo fjnda nenio X\ quel pentametro atterrar fi pork l'autofuk di fcittori quali [Pli- nio, T'hmmeo, e Silior Minor fede ancora , a mio credere, maritar debbono le pa- iole 2S7 fole eli pochi altri fcrlttori pofterlori in eth e privi di aut'^ritH y che noi fiaaio per citare , ranto più che la loro mutilerà va^a di efprimerfi molira abbalian2a , che o noa ebbero idei preJfs lulla eltenlion della M. Grecia, o erprimer- le precifaminte non fepoero. E primieramente Seneca: Onne Italiae lattis^ dit.e , cjuod Infero mari alluìtitr ^ Magna Grascia fuit {26]. Qual fede, di «grazia , prelUr poffiamo a qu-lfe paro- le, rtan o alle qiili i L.iguri ed i Torcanijper non parlando*. Campani e de Liii.ii, faranno (taci conpreli nella M. Gre* f ia , m'Htre i Metapontinì ed i Tarantini ne faranno lìati cfciufi ? Né maggior credenza incontreranno certamen'e i dua gra.ii.i'ici Ffto e Servio , quando il primo di elTi dice eh.' Mìjnr G>ascia di8a efì It.nlia^ qttod eam Siculi quo>idam ob- tinuerunt ^ vel qw-d. in e a mulfae mngrtaeque civitates fuerunt ex Graecia profe^x (27); e l'altro: Ii/dia Mcy«A); EAAa?, iddft M Graecia eli appjìlata^ quia a Tarento ufque ad Cu- mas omnes civifates Graeci co'idiJerunt (28). Infelice troppo fa- rebbe al certo il delfino dello ftudio dell'antica geografia , fé dtflle aircrzioni di fcoliafli e di gramatici maggior ifli- rpa far fi volelle. Lo fl>.-fìro Servio per tacer di altri errori, fjcuò Pel?Q nella Calabria (30'. Del refto è vero altrcs'i ,che tanto egli quanto Fedo, dicendo che l'Italia fu detta altre vo'te M. Grecia , non folo ncn hanno certa nri^nte voluto accordar queOo nome a tutta la pjfiifola , raa ancora noa hanno circofcritfo per niente i limiti d^Ha regione di efla , cui quel notpe convenne, Efi» dur;que, come nelfuno ugual- mente deg i altri fcntiori da mi citati, parci atto a farci recedere dal fentimento de' tre primi, che con tanta chia- ezza e conformila fiifafooo i confini delU M. Gre/ia, Vago ancora nel determinarli fj il geografo Sirabone , il quile cuntentandofi di dire , che i Greci tanto cr.bb?ro ia Sraadez2a in Italia che diedero a qu;ftd il Dome di M. Qr«. e88 Giecia, aggiugne quel che in neffono altro <3eol! antichi leggiamo, ch'eflì comprelero fotto il nome medelìmo pur la Sicilia (31). Q_uefl:a geografo non avendo per nieote deter- minato I confini , in cui nell'Italia fa la M. Grecia rntrec- ta , la di lui aatorità non può eifirci di alcun ajuto nella quiìtione p-efsnt,: . Se qualcuno intanto, malgrado quefta of- lerva^rione, vo!e(Te firvirfen^ per accordare ana niagS'O''^ eden- fione alla M. Grecia di quella, che noi abbiamo definita dal p inc'pio, r olVervar f >io che Strabone ha fotto que io noine 6n.in:he la Sicilia comprefa, cofa die fuor di lui e di £ulta- 2Ìo (;52),che da lui lu ha certameate copiato,» nelìun altro i^e^ii an.ichi, che (i fapp'a , è mai venuto in mente, ci dea iar ragionevolmente conchiudere che al nome di M, Gre- cia, qua'uoque ne fia la cagione^ un fenfo tutto particolare egli abbia attaccato . E finché non fi pruovi con valide auto- rità, che il fenfo, ctie Strabone pare aver dato a quel no- me, fia flato quello generalmente ricevuto prelfo gli antichi, ragion vuole che a quello piuttofto concorde de' due illuiiri geografi Plinio e Tolonuneo, feguiti da Silio, ci attenghiamo. Per confermar maggiormente il quale, due cofe priocipaifnen- te fi oiì'ervino. Primo, che Pittagora fi dice da Cicerone, ra- ta>n ilLim vetcrem Italìae Gmechm , {^uae quondam Miign/i locitafa e/ìy ( expolivijfe ) (33), parole che convenir non pò f- ifotio fé non ■che alla Tegione rivolta al mar Jt^nlo , che fu la fede di quel -fìlofofo (34) , dove egli vifle e mor'i, e che venne e da lui direttamente e da'fuoi difcepoli il- Judrata. Se quefla adunque era l'intera M. Grecia ( foia ), vano farà al certo il proccurare di eRenderla di vantaggio (35). Secondo, che fé p'ìi eftefa re.ilmente foife fiata la M. Gre- cia, i refianti'paefi in ella comprefi verrebbero qualche vol- ta dagli amichi ad efia attribuiti , cofa che neppur di Reg- •gio ùiù vicinifTima a Locri ed alla M. Grecia in conTe- gucn- gucnza fi è provato . Nel che niuno mi opponga talune parole del vecdiio fcoliaite di Orazio, che pare avervi fi» luato Canafio (3<5), né di MalTniio Tirio» il quale feinbra che diftenJa fino alle vÌLÌtiaozì dsl lago Averno la fua M, Grecia {37; ;8'«icch.è ai primo quella tede daremo, eh, meri» ta un grauiatico di teinpi poitcriori a fronte di accuia» tiflìmi fc'iitori di tempi migliuri ; ed il fecondo ha potuto forle come liraniero e loiiiano da noi , dire che il la^o Averro era vicino alla M. Grecia , p.-r difegnar fohanto la più illuftie delle regioni polle non lungi da quel lago, Niuno inoltre fi maraviglierà che Eullazio (j8) abbia com- prefi nella M. Grecia i Lucani , che ne lono efclufi aperta- nienie oa Livio {i9ìt(s vorrà rifli;tere,che una parte della Lucania, quella cioè, in cui Metapjnro ed Eraclea erano fiiuate , trovavafi effettivamente Ov-lia M. Grecia compreia. Maravigliar piuttolto ci dobbiamo , che idee cn^i poco giullj fulla M. Grecia abbia po'uro avere uo illuilre mod.T- no fcri'.tore delle antichi cofe d' Lalla , che fia giunto ad afferire che gli antichi non ne deierminarono mai 1' eiteo- fione (40). Quelle tue parole mi tanno {orpeirare,th'ejli non. lì Ha rjcordaro de' lunghi di Plinio e di Tolommeo riferiti già da noi al di fopra , e che il Mazzocchi aveva da lungo tempo citati, per non parlar delle parole di Silio che ab* biam noi riportate per confermarli . E' vero che quello llefr fo fcriitore cita poco dopo il luogo di Plinio , ma per ap« poggiare una nuova fvifta , qual' è quella , the il nome di M. Grecia era dìù partico!arm.;nte approprialo alle regioni intorno la fpaziofa b-ija , che penetra s'i profondamente den- tro all'Italia, con i due feni di Locri e di Stillace (41), come fé Plinio di due Ioli feni, e non già di tre avelTe ra- gionato; e lo cita di unita aci un luogo di Mela , prelTo del quale il nome di M. Greci* neppure una volta s'incontra. Tom.ll. 37 Svi- Ì»po Svilla è ancora il credere , che mai queflo nome fia (lato riliretto alla loia penifoU de' Bruzzj , come pare che il dc.no autore abbia rilevato d^ un bjooo inalinrefo di rc'IKio (42). Non credo eh e iocrefca a qucilo iliuitrc: fuggettó la franchtz- 23, con cui noto nel Tuo (ii.nabile lavoro i nei, quo^ òuma- va parmn coijìt natura, Egii può effer {icijn(rimo della mÌ4 ricoQulcenza quindo vonà add!ta''ini quelli ceriamente piìj Bumeroli, che s inco'Ttreranon nelle mie carte, lo non debbo teraiin.ir la piefente difculTionf fenza rammen- Mr pure un luogo di Scimno di Chio , del quale olkrvo lOn maraviglia che il Mazzocchi non abbia fatto alcun ufo, quan- tunque irovili jn effo una aHai prec^fa definizion della M. Gre- cia . Quel geo<;rafo dà il nome d'Italia particolarmente ad una regione, che fa cominciar da Terina e giugnere fitio alla Ja- pigia , che U chiude da una parte, come l'Enotria dall'altra. Ildgionando di queiU regione, egli fi efprime ne'feguenti ter- mini: L'Italia confina coli^ Enotria .^tà abttar a fui principio àct harbar't fu denominala àa un antico Re detto Italo .'fu chiomata ■polìeriormenie Magna Grecia verjo l' ocàdente accogion delle colo' tìte Greche in rjja fiabiltte — La prima ne è Ter ma &c. ('43) E facile il rawifare da quelle etpiedioni che la M-Gteciadi Scjm» DO è la (Uffa di quella di Plinio; fé pur fé ne eccettui, eh? cuefti la fa coniinciar dalla punta meridionale del capo Bruzzio, jnentre l'altro ne prende il principio un poco più avanti dal lato occidentale delio fteffo capo . Quindi nell'opinione del primo Locri farìi fiatala prima citta della M. Grecia , mentre in quella del lecf ndo elfa farà Ihta preceduta da Terina, Ippnnio , Medma, e Reggio, che giacciono fulla ccfta oi-ci- geniale. Del retto è tanto meno da maravigliarfi di cesi lie» ve diffenfo fra (crittori di tanta autorità , quanto più è nO'» to a tutti i geografi che beo molto più grcome * po» Tipi inai poteanfene ^opo dì efla reftringere 1 lìmiti ? Dippiìi fé quelto infigne fcriuorenvefle pofio niente a' verfi di biiio ói rti rif.tui ai di lopra, avrebbe fcorto chiaramente , che fin da' tempi di Annibale, lunga Ifagione avanti la guerra focia. le , l'elteffun della M. Grecia era quella fielìa per l' ap. punto , che venne nel fe§uiio da Plinio e da Tulomnneo definita . Non farh più ora difficile l'indagare quali cittk debbano credeifi rcalireot^ compiefi nella M. Grecia , ricerca che for- ma la feconda pane del Saagio prefente. Fifl'ati i confini di quella rcgune , non ci rcfta a far altro che rapidamente percorrerli per cos"! indicare i celebri flabilimenti G^eci , on- de elfi venne compolh , ed a'qoali dee il (uo nome. Abbiamo già oUervato , che la M. Grecia rivolta al tna- rc Jynio veniva bagnata da' tre golfi di Locri, di Scillacio, e di Taranto . Il primo di quelli prendeva il fuo principio dal Piomontoiio Z-fiiio, cost chiamato da un porto elpofto a' venti di occidente, che in efl'o trovavafi (47). Quefto prò- rrion'orio avea coftiunicito il fuo nome alla vicina cuti de* Locrefi , dota quindi Epizefi j (48), ed incominciava la re- gione abi'ata da elfi, che Scabone chiama Locride 149). Il nome di Epizefirj difl ngu.'va i noftri Locrefi digli Ozoli, e djgii Epicnemidj , che abitavano la Grecia propnamenta det'a,e de'quali creJeronfi i primi -una co'onia. L'antico fi* to della ciita era sul promontorio medefimo , a qu 1 che re laTciè fcriito lo Iteflo Sirabone (50) . Ma dopo tre , o quattro anni , fecondo quel'io geografo , i Locreii abbando- narono la Io o primiera porzione per tra'portarfi un poco più lontano, ove fonikirono la nuova città fopra un'altura, chiamata Efepis, 600 ftadj lontano da Reggio. La pofizio- ne di quefta ciua ne vien dcfcn'tta con accuratezza dallo fcoliaiìe di Piodaro (^O* Tutta la region de' Locrefi veniva poi 5^3 ^nl feparata da quella «le' vicini Regìni da ima profonJa valle , per cui correva il fiume Alece ; ma quefte due re- gioni, quantunque vicine, avevano, fecondo Strabooe,un ter- ritorio di moito diverla natura. Quello de'Locrefi era fecco perchè efpodo al fole , unnido quello de* Redini ; dal chs tialceva a leniiniento di quel gc grafo la preicfi dilf.renza fralle cicale dell'un campo e dell'alf^o , delle quali mu^e er.ino le Regine, ma loquaci le Locrcfi (5:), diff^ireaza , dì cui i poeti ed i mitolo'>i rifilir finno fino al Erccle la caufa (-^ji. In quanto alL» cif'a ft.'lTa di Locri , e(Ti avv*a mol- te porte (5 + \ ed un porto ('55):Lina parte di elTi trovandod cfpofta al mare, potea con navi oppugnarfi (5<5^, men-re ut altra era fjg^etn ad effere attaccata per terra (<57 . Du^ r-jc- che trovavanfi neirinterno di L'cri (58', d<;lie qaa i 1" uoa almeno non d(wea effr molto ipaziofa (59). Mi 'a città 'lelfa fembra eff.Te (tata vada , avendo ponilo accogliere nel temao della fecondi «uerra punica tJtti «li abiranti di C'otone, nb- blinati dal vincifoie ad abbandonare 1' antica loro dimori (^do). Sul fi^me Alece trovavafi il picciolo caf'el'o o Pe- po- lio , rammentato àà Tucidide (di) , il quale non fn^hra cHere Uaro atro the una fortezza, e una dip^-ndenza d Lo» CM (di). Oltre all' Alecè eravi pr.-ffi Loci ui (ÌDiije , che Livio (63) chian\a Buihmtus^ ed il Cr^lebre fiume Sifi'a 6^\ tanto rinomato p'r la disfitta , che vi riceverono i Locreli da' Crotoniati . Secondo il Mazzocihi (d5", qurfto fiume e quello ft-flo che vien rammertaro da Tolommeo fo'to \\ nome di Locanus (66). Ma più probabilm.^nte qo'fto nome »oo è eh: un corruz' ine di quello del fiume Caec.nm li- tuato flnch« eflfo nel g'ifi di Locri preflo un luo^o dello ftelTo nome {Sj) y poco lungi dalla Sagra , e di cui fanno menzione Tucidide dS), Plinio dp), P-^ufanla ('70 ,ed E- Uaqo (71}, come il Maz20vcfai ftello ha pur lofpeiuto ^^72'. Al ài Ik della ^agra s incontrava Caofonia, che per eflfe.' re (tata fondata fui principio preffo un vallone, aveVa portato già il nome di Aulònia (73). Del redo una parte almeno di quefta città doveva cflere molto elevata, giacché le rocche di effa difcoprivaoG da lontano da' naviganti (74). Ella noti giunfe mai a qu.-l grado di floridezza , che le fue vicine Lo- cri e Grofona vantarono altra volta» Piìi sventurata di qua- fie, fu adeguila al~"fuolo da Dionigi ^ ed i cittadini ne fu- rono trasferiti in Siracufi^ accordandofi il lor campo a' Lo- crefi (75). Elfa dovè riforgere qualche tempo dopo, trovan- dofeae fatta meozioòi nel tempo delia guerra di Pirro, du- rante la quale fu dillrutta da' Campani {y6). Anche dopo quella nuova difgrazia eliti continuò ad aver qualche «li- Itenza , fé è vero che nel tempo della guerra punica fecon- da, avetido feguitò il partito de' Cartaginefi ,fu oppugnata da Fabio '77;. Non ponTiatno disegnar con diftinzione di quili delle due dillruzioni di Gaulonia abbia voluto ragiotìar Sera» bofie, quando dice che i Cauloniatì diflruttì da'barbari tras- feiironfi in Sicilia a fondarvi una cit a del nome (ìeffo{y3). Il fiume Elepnro detto altrimenti Eloro, celebre per la dis- fatta datavi da Dionigi all'elercito degli Italioti coVe^ati dovea tròvarfi preffo Gaulonia (yp). Inoltre nel refto del gol- fo prima del p'omóntorio CocintOjtrovavanfi Confilino (80}, e Myi^iae \8 1), città piìj ofcvire,e probabilmente non Greche. Il golfo di Locri era finalmente terminato dal promOfitorio Cocìniétim,i\ quale credeafi fecon;1o Pi.'nio (^2) il più lungo di tuttA l'Italia, e che dava principio al fecondo golfo del- la M.Grècia, cioè a quello di Scillacio . Il Gluverio 83) a mìo credere non ìia diftin'to abbafìanza il nome di qus'lo promontorio da quelli di Cairinus , ch'era il nome di un fiume e di un luogo preflo alla Sagra , come abbiamo già detto , e del fiutnc Carcinus , preffo a cui fuvvi uua città dello ... 291 d'Ho flfìn n'irne, ambedue nel golfo di Scillacio , Aiii:h8 Pomponio M'I.i (84) ha errato n;l cliiadere il golfo di L'i- cri Ira i prooionioij Bruzzio e Zfi'o, e far cominciar da «Jur-ft' uitirno il golfo di Scillacio . Cagion di quello errore è forfè (ta'a l'olcuriià i.\i\ promontDriq Cocinto , eh* non giunle mai ad aver qu.-lla fama, che ottennero il Z'fìrio ed il Lacinio . Fijvvi inoltre lui CocJQto una Gutìi del ao- me mfde!ìmo {85) , Scy'.laaum era la fola citta di qualche confìJenzian? , che s' incont aff; nel golfo , cui died; il nome ^SfJi.Ed'a era celebre per gli frequenti naufr^gj 87) ; ma fu fempre una citta dipendente , elfen.fo ffato il fuo campo pofleJuto da' C'ot'joiati inreramente , prima cha Dionigi non ne aveffe accordata una porzione a' Locrefi (8B), Il reHo della fpiaggia eli queffo golfo era occupare da luoghi piìi ofcuri , come da quello detto Caftra Hatimbaln ^ prelfo cui eravi un porto del Eome IlefTo !8p). Il fiume Crotalo, e quelli di Semiro, di Aroca, e di C.arcincs pò), preflb al quale s'incontrava la Gitta di Cnrcinus (pi), trova vanfì nel feguito. Da Tolom- meo fpz; fappiamo che la citià , ch'egli chiama /Ihyfìrum, e la quale , fecondo il Mazzocchi fp3) era detta ^/!i«y?»w /■p4,) da'Latini, ed ap^^arteneva ancora al golfo di Sciilaco, veni- va quantunque mediterranea attribuita alla M. Grecia. Il golfo di Scillacio formava col golfo Ippcniate, che gli è all'occidente fui mar Tirreno, quell'iflmo, che fecondo Strabene Dionigi volle chiudere nella fua guerra contro a Lucani. Il vero ogget'o di quello principe ambiziofo era quello di tagliar così ogni coiTiunicazione fra i Greci confe- derati per poter dominare nella penifola piìi facilmente; ma egli coloriva il fuo dileguo col pretefli di metterla a coper- to dalle irruzioni de barbari (P5). Plinio ha anche parlato di di qu'efto progettò, ed il fitó, in cui doveva fecondo lui finlf la murai^lia nel lido orientale, era appunto il luogo detta Calilo Hanniùalis predo il fiume Crotalo {^6) , La Croioniatide feguiva al golfo di Sciliacio,e dava prin- crpio al terzo golfo della M. Grecia ^ il più vaflo ed il più rinoiTiato di tutti. In quella regione incontravaniì prima di ogni altro le tre punte dette de'J.^pigi, poiché quefti po- poli, che fi credevano Cretefi di origine, vi fi erano al- tra volta llabiliti' (py) . Il promoncorio Lacinro, chiude- va c'a una pane il golfo di SciUacio , e quello di Tarai!» to dall'altra (<;'8). Qjielfo pronioaiorio avanzandofi nel nna- re veniva fcopcrto da' navig.inii , e riconofciuto al fuper- bo tempio di Giunone, che' vi li ammirava (pp). Più no- bile cel a llelfa ciith di Crotone , ne era lontano quello tempo ki miglia (looj. Quale folli.' la venerazioneyche rurti i p. po'i all'intorno avevano per elio, e quali le meraviglie do'la natura e d , «n cui venivano refi , a quel che pe dice Licofrone, onori divini a Fiioi rete fi 3.olar name il nome di Japi- gij , che i Greci , come ne avverte Strabone (ipz) ^ dilTero Mef- fapia, e gl'indigeni in pine Salcntini,in parte cahbria .Ta- ranto la più ricca , e la più dilfoluta delle citth Italiche vi fu §•'3 (ul mare (ipj , a cui dava il nome di golfo Tarantino. Q_ueiio mancava in graq parte di poni ; ma quello di Ta- ra iio era bello e vafto , e ratch afo da un ponce: il fuo giro era di cento (tidjjed a^^ea nall' interao una p-'Oifola , fu cui flava Taranto , f.ibb'!cata nel piano, fé fé ne eccettui l.a rocca, ]a quale (hiva fopra una picciola altura fra'l foro ed jl porto, Un muro cingeva quelta citti il'uHre ( 1 94.), preffo al quale mi- ravàfi il f polcro di Giacinto; coine i l'epolcri de' p3;rticolari ve- devaofi nejl' interno della città ove erano rtati (ì/uati per ordi^ ne Heli'oracolo (195), Vili trovava ancora on vaflo toro, uno ftadio rrnitfTimo ^ipi5),e più porte , una delle quali portava il nome di Temenide (197), Quale folfe Itato l'incanto della sua fituazione, e l'ameoitH delle campagne, che la circondavano, può rilevarli ficilm^oic da' fcaviffimi virfj di Virgilio (198) , e di Orazio (199), che ne parla cos'i fpefl'o , per tacere di altri. J prodotti dei ftio Cam '•o vjoo celebrati dà Catone (200), da Mar- ziale (2oi), e da altri, e Varrone ci ha lafciata memoria di Dna particolare fpecie di maceria , di cqi fervivanfi i Taran- tini (202), La pe'ci fioriva ir» Taranto ugualmente che l'agri- ColtU'a, di modj che neli.i t-i..h trovava^ iKibilna una grande quantità di pefcatori (203 ) , Orazio (204^, G-'Hio (265), Apule- jo (20(5) fanno menzione delle produzioni d'I di i -t mare . La vicinanza do'Japioi produT-? de'le quilticni fra q lelli popoli, ed iTaiaauni intorno a coufiai del lor campo, le quali cflendo ter'. è^^ . ... iarmin4tc Soaliiìsnte m una gmtn^i Taf aotini, quantunque ajutati da' Regi dì , vennero alla fine battuti neii' Arcontato di Menone, vale a dire nell'Olimpiade 76 (207J. Dopo varia vicende, quefta citta, la quale, come oflerva Strabene, fu co* iiretta dalla propria debolezza, frutto della intemperanza, eoa cui aveva latto ufo dalla primiera profperìta , ad implorar continuamente forze (traniere, per ferv'ir fempre a vincitrice ovin;a,\n ridotta i<\ coijnia Ro.nana (208), e cosi godè al- meno di qusiia tranquillità , che nella lua grandezza non ave. va fapuio proccurarli (2op;. JEravì nella region Tarantina il luogo detto Saiyrion da' Greci (2io)iche venne indicato dall'oracolo a Faianto dedut- tore detla colonia Spartana, quando fé gl'iigiunfe di portarli a Taranto (zi 1), e che vien chiamato S"/j/«n<^ da Virgilio (212). Il fi urne Galelb tanto celebrato dagli antichi per la Tua ameni- tk, e per la fertilità de' campi , che irrigava (213), come ancora per le greggi, che vi pafcevano all'intorno (2 14), e che dava- no 1» rinomata lana Tarantina (21 5), era, come fifa, non lun- gi da Taranto verlo la Lucania. In memoria dell'antica loro origine. Spartana, i Tarantini diedero al lor Galefo il noms di Eurota (2i5). Altri nomi fimili ricordavano la loro difcen» den/a dagli Spirtani, anche quando nulla più rimafe loro del*. Ja fe.'erità da' coftumi di que'loro celebri progenitori (217). 11 redo della Japigia al di là di Taranto fino al promoa* torio Salentioo , quantunque altra volta , fecondo Strabone, foffe fiorito per la moltitudine degli abitatori , ed aveffe ava- te tredici città ^ delle quali ignoriamo adeffo anche ì nomi,. pure era pi talmente decaduto , che non raoflrava pi ij, fé non ■che pochi paefetti.Ua tempio di Minerva, e lo fcoglio detto ultima Japigia , olrra le piccole citta di Veretum e di L:uca^ fono k fole cole, di cui quel geografoabbia fatta menziona (218). Jncontravanf» però fui lido ancora U Città Greca detta Calllpo- ii5 3o"S lls rammentata da Pomponio Mela (2Tp),e da Plinio (220. Il Mazzocchi (211) inoltre pende ad allegnare ancora alla M. Grecia gli altri luoghi mediterranei del promontorio Salenti* DO, come Rudiae patria del Poeta Ennio (222) , Manduria , So* Jetum, che fi crede eflfere la Valentia di Stefano, Neretum , Bavota, Valeotlum, Uxentum (223), Baris detto poi Vere- tutxi,come anche la pìccola citià di Leuca,che fi rimirava prefla al promontorio S^leniino, da cui chiudevafi il golfo Taren» tino , ugualmente che la regione , alla quale come ci lufin- ghìamo aver provato abbadaoza , diedero propriamente gli antichi il nome di Magna Grecia. Tom.ll. ^p AN; / Sòf ANNOTAZIONI. ti) Nell'opera intitolata.- Siàlia & M, Craecìa ex antìgu'it numismi' ìibus . (ì) N?l ir. volume degli opuscoli accademici di questo eh. letterato pa^: 5, iti/q. e spesso altrove. (^) Veggall l'eccellente commentario sulle Tavole di "Exide^ tom. i. prodr, Diair. ì. pag. 9. J'et/q. (4) Ovili. Ftifln,: lib. IV. V. 67. seyi^. J astia, hioor. lib. XX. (5} ierv. ad Virgil. j^eneid. lib. J. v. 57:;. Livio chiama oiram Grate»" rum inferi rmris quel tratto che cominciando da Turio si estende fino « Napoli, ed a Cuma^ H'sfor. lib. IX. cap. 19. (6- Fumo nome della Città Greca che venne poi detta SinueJJa da' col o« ni Romani V. Liv. h Jìor. lib. X. cap. zi. (7 li solo nome di questa Citri Aj-xai» ( cubitus ) ne prova l' or igine greca, confermata ancora dall' au'orita di Strabene Geo^r. lib. V. pig- 232. idit. Bj/lltiie 1549» ch^'è quella che ho avuta alla mano'nello 'fcrivere il pre- fente i'^^'^/o , e che >errà Tempre in elTo citata-. (8) Hisror. lib. XXXI. c^p. 7. (9) Histor. ìiatu.: lib. III. cap. '5. (io) Riiior. ìiatut. lib. IH. cap. io. x (il) Geogr. lib. IH. p. m. 146. Gr l6u (ij) yld Tab. Heract. p.:g. id. (jj) Di stcundo ìellu pitnico 'lib. XI. v. 20. & ftqq. (14) .'ìd Tal: Heracl. 1. e. (i";) ^ttp-xìi^oviti fiiv yttp ^ix tii^ Tp-t^tvt ;n»- S'oi'iyji . X. T. \. Hisiiit, Iti. III. Cip. 110. 1(5} n^paKiu! in lui)i:>o di •■?«>.«.«; . Q:ie''a lezione è confermata ancor* di' luoghi di Lwio e di Silio che citeremo fra poco, de' quali il primo par- la di ora Graecorum , e i» altro ram n^nta orj'W vado/ì litto^'s .7«« !oinJui- tur curvata profnrilo . N )n olo d.'ci'i-.'r-' '"? in v?c^ di irapttKiit! o "TaXaius non fia forfè più probabile leggere lT«\i«f in P.i'ibio ; allora quello ito- rico non altro direbbe fé non che Annibale fi refe padrone di quafi tutti il reflo deir fiaiia e de'.' a M. Grecia-. (17) Hiflor. lib. XXII. cip. 61. in fine. (lii) r)t fecundo bello ptriiio lib. XI. v. r. ad 24. (19) Ad Tab. Heracl. p. « >. 14. vot, ij. I^ izo.i Hifìor. lib. XX. init. Q;jeiìo irtorico dopo aver ivi detto che ì Greci 7ion p/irtem ,fed univirfam ferme Italiani . . . nccnpaverani , foggiugne , namqiie Tufciirum populi , qhÌ tram Inferi maris poji leu , a Lydia vtfterunt ; & * Vf Ìo8 . Veneti, 'juos incoìas fnper't marìs v'idtmuf , capta & eìtpugnata Trefa, Ari' tenore duce-, mifit : ^dria quoque , lltyrko mari proxima , guae & adria- tico mari nomen dedita Graeca urbs e/1: ^rpos iJiomedes , exci/o Ilio, & naufragio in ea loca delatus , condidit . Sed & Pifae in Liguribus Graecos suBores habent : & in Tufcis Targitinii a Tiejfalis & Spinambris ; ' Fé- rufini quoque originem ab Achaeis ducunt • Quid Caeren urbem dicam ? Quid Latiios popnlo! qui ab -Aeaea conditi videntur . J am Falifci , Nola») , med- iani, nome Cbalcidenfiumt coloni futtì Quid traBus omnis Campaniae^ Quid Bruttò Sabi'iique > Quid Samnites ? Qitid Tarentiniì qiios Lacedaemo- ne profeBos , fpuriofque vacata accepimus ? T hurirjorum urbem condidijfe c'hi- ioBntem ferunt , ibiqtie adhuc rno-iumentunt ejiis vifitur , & Herculis fagit- tae In Apt)Hinis tenplo, quae fatum Trojae fiteri . Meiapontini quoque in tempio Minervae ferramenta , qu'ibis Epeus , a quo conditi funt ,equttrnTra- ■janum fabricavit , oflemant . Fropttr quod omiis illa pars Italiat M. Gr^f tia appellata efì , (21) Querta giulla olTervaiione sfuggita alP acume del Mazzocchi fi de- ire al nolfto Cav. Rogadei nella Tua ]ialia -Cijliberina pag. 35";. (22) Detpnrfuph. lih, XII, cip. 5. Otrx ùXiyov S'i irpo! Tiiv Tpvjiiiy xoK thv *vS'(Uf/.ofiay ryj ^rujiwxvTas tùutou x^iftar»? ■j{rfi ro ir>^tihf lyinTO Tuv tti'Spioirteit , «(0 A31 NltyaAit E'>.\«s ix.\iiSii tramai 3-^iì'oi/ li xctTX Titv 1tx\icii> jcaroiXHin; . Quelle paroìe di Ateneo ci danno pure a mio credere laverà ragione delP epi- teto Magna accordato alla Grecia Italica . Molti alta fragli antichi ricono- fcono pure con (ju^>(ìo nome indicata o la potenia o lo fplendor della re- gione, cui venne dato; ma nell'uno, a mio credere , pub farci opinare eh' effo abbia relazione alla eftenfione di ella. Farmi dunque che il Maziocchi ab- bia torto di creare una Mi'?or o parva Gr.Tscia per opporla alla Miijor ed alla Magna. Se qiie'ia Grecia mi'iore avefle mai avuta ehilenza , gli .antichi ce ne avrebbero licuraraenre parlato qualche voha . In talune edizioni dì Plaiito fi trova a vero dire rammentata una Graecia parva nel v. 5«. del- la leena 6. dell'atto II. AA Truculentus y ma quella lezione è ÌDcerti(Ii- ma , e probabi.'minte guaita, e d'altra parte nulla vi è che pruovi che il Coinico abbia ivi ras^ionaro di una regione Itilica . Del rello é così lungi «al vero che 1' enitetó di Magna debba necelTariamen te includere una idea di C' mparazionejch'eflo venne accordato indilli ntamenje pure alla Grecia Orieo- l>ie. Eurip. M>,1. V. 440. Bt/Jzy.E» opvMt xapi< , ouS'i'r' tuS'ac lEf.Kah T« MhFAAA/ /Kiftvs/ . e Troad. V. 414. , A'Jiryauoi/ itia^i! i\af Ea\«^ Tf MEr ìAAi. Ifocrnre dicea parlafido dei^^li Aten'e'ì: itìWxì tnXiK tp'ìxxnpx tìi< vmipou tjji (ttyxXxi fxTisav , /ffi t^u; fj.ir jlaplìa-o'j; ninTiiJxr atro Tm 6xX*oa)i! ^ tovs «s b.>-\:!;ii; ti'iyx^my iy Tpowoy S'ijixrjyTH Txt auTar trarp'^xs /^ irpos oJ« TJ» ytliiJVTts M-^r.iAHN 7>it EAAAAi-l vn'/tnw . {Fanathen. p. m. I2ó. 127. ) '50> £' chiaro Rur da quello luogo che la voce Mij^x» iet ìitfiiderfi della fio- lidez^a interna , e del valor militare • (23 J yld Tao. Heracl. pag. 14. not, IJ. (Z4) Fafior. ìib, JK v. tj. feqq. (25) Vtnirat E.vandtr piena rum clajft fuornm ^ yenerat ^JlcidfS , (jrajus utettjue ginut . fio/pes ^ventinis armfntum pavìt in herbit Cìaviger , ('H' tan'o ift .■bibula pota dco. Dmx quoque Narysiur , tt/les i-aelhì/gonef extant f Et qiiod adhuc Circes nomina lirruT habet % Et fi^m Telegoiì , fjm moe'iia T'iiuris udì Stabant , ^^r^olicae quae pofuere manus . Venerai ^trìAte fitis a^ìtiitus Haìffus y A quo fé d'iBam terra Faìifca puta; % ^djice Trojanae (uaforem Ante'^ora pacis , Et generum OeiuUn , -Ipp'ile Oaune , tuum i Seriis ab Ilinc'is , Ù" polì Ànrenara , fiammis : .éitulit Aentas t>ì Inra vn/lra Oem ; Hu}us e-at Solvmu! Phry^ia conft unur ab Idt ^ A quo Sulmonìs moenì» nomen hjbeTit . (2Ó) Confoìar. ad Hehyam, iz?) V. Jlhjor Graectit . (28) yid l^irqil. y7e>ii;d. Hi. T. V. <:7?. (2C/Ì Ad. GtoiP. Uh. Jt'. V. 118. E Tjranfo nella Puglia Ad Jeneid. prcl. e Pete.'i.i in Calabria ^;/r/ Aene'td. ìib. ìli. v. 402. C^c. (jo) I Gramatici do' bafTi remoi avevano una iJea così falfa della M. Grecia, che Stefano ha accordato Q>eOo nome ad una foia città, la q lale ne era anche fuori, ('ale a dire a Terina . Ex«\«it5 .Te.dic'e^l' p.irlmJ' di ijuefla , <3U Mf)a\w ExA«f , «Se AtnWunS-ui ó Kiy.aVJ! n> tji mpi irapoifiia» • De uth. V. Tj/.iya. Anche Ifidnro vuol farci credere che il nome di Mj^"* Grecia fia llato anteriore a quello di Satiirnia , e di Lazio; ìtaiia olim a Graecis populis occupata , Ma^na Graecia epoeìlaia ejì ; deinde a Re«n »♦• inine Sa:ii'nia , mnx fÙT Lati m diRa rft . 0''p. ìib. X7 '". rn-, 4. (?!• Ex( tiito-jt:» »y|wrr5 ' o'i Ewitra ) ùcrrt ti;»- Miyie\ifr EKXxta TavT»» ( TtxXix) ) ixjj.}» xdi TKy "S.iK.iKi»». Geogr. Ìib. V f. pan- 244. lana Jl _"<:•' creb';e.o i Greci, de Magni Grecia nominaron quejta (T Italia ) e la Sicilia. {,•2) ^d Dionyf. perìeP^. V. j/>2. d'ielìo luogo è sfui^gifo alla diligen- za dei iVIazzocchi, quando nel fuo commentario a'Ie tavole di Eadea pag. 17 ba efaminato: art unquam Sicilia M. GrJfciae ambi tu contenta fue- rit ? La maniera con cui quello dottiflTitio uomo fpiega ivi le parole di Strabene , colle quali cu chiaramente fi afferma , merita piì) di effere ain- mirata per la fua acutezza, che fepuira da uno fcrittnre imoarz'ale. Plaufi- bile però parmi la fpietìazione , eh' ei d'i , di un lungo di Livio Hi/lcr. l'è' VII. cap, 26. f in cui fctio il nora? di Craeda , ma leni» l'epiteto di Ma- gna, gna, vieti intefa la Sicilia ; II Marroechi àweSbe poiofeg^i dna potzion non nftnoma della Grecia , effendo princi- pe della Sicilia , C55) De Orai. lib. III. p. m. 155. Vegganfi ancora il lib. IL p-m. 122, e le Tufcul. III;. I. cap. \6. lib. /". cap. I. lib. V. eap. a,, e 34. (?4) Livio lo .ifTerma colla più difiderabile chiirezza .• qumi ( Pythaga- ram ) Servio Tullio regnante y Romte C. ainftìns pojì ( Numam ) aitnos ^ n ultima Italiat ora circa Metapon'um , éieracltamtfue , & Croton em /uve- num atmulantiiim Jludia cactus -habuiffe conja: . Hijìor. Uh l. cap, i8. Lu- cano pure nella l'aa gietofa vendita delUy'f.s, così fa parlar Mercùrio del comprator di P:tagora : IraX/MT««,'ia Zeu , J^^/tsi iO Liviiis l, t. 40 (Ui) 3'4 (« ,0 TiwKS l. e. & ni,, xml. cap. 30, (ij-;) Ibid. l'ih, XXVA caf. 3. (IH Ibid. Ut, KKXiV. cap. 45, (i>"i) JÌà Tùb. Hiracl. pae. J2. (ijój Caffand^. v. 92'. /f?y. (1^7 Srrabq Ireo^r. lìb, l^l. inìt. p, 245» (lj8. Calfaiidf, V.' gii, fé jqt (159) Strato l. e. p-^. 205. SiephiUf in Kpnlla^, (140) Steph-in, in Kfiiiiatt. (141) Lyto^b', Cajjarid, v. 920. _ (14.) Non bifigna fondarli luU' autorità di Giovanni da Fiore autore fofpet- tim-n v;r rii^i eh» riguarda le pretefe medaglie di Siberene coli' epigrafe SEBHPHNrf2N che non fi veggono in alcun m'jfeo. Inoltra fé anche fof- fe licuro (;!ie Sibsrene fia Hata cirta Greca , Q\h non batterebbe a pro^rare che efTa fia tara comprefa nella M. Grecia. Rei^gio , Ipponio, Pofidonia,ed altre citrà Greche fenza alcun dubbio, e molto più celebri jii Siberenej q' erano fuori . , C14?) Geo^r. Ili. HI. pag. \6z. Par che I,ivio U comprenda fra Bruzi| Hijl. lib. XXII. e. 6,. (144) Hiflor. natur. lib. III. cap. io. (145) De fitit orb'ts lib. II. cap. 4. (146) lÀJi. IX. cap. 8. V. pure Servio ad Atn, lib. III. v. 411» (147) HiflorVlìb. XX^II. cap. 26. 324. /e^^. Titr t' apiTtuoucotr J-af, Ac ùi'pcdfei KxiAiTiuuy O' ^ctrSten ijfaiT»!' -TTvpaiuaf Kp«9i! ^ccSixi! irayceim rpupat 'E.'juvì'pov T • Kffi^ay far , (l-jS) Falìo^, lib. IH. V. 579. le.j, (fyg) Herod. hiflor. lib. V. cap, 45. (160) Hilìor. lib. I. cap. 145. Pau/an, Arcad, eap. 15» (lói) SnabQ lib. Vili, pi^nz. (162) Ovid, Mttam. Uè. XJ^. v. 714. /rj-. _ , - (i6{J Geoor. Uh. FJ. I'. i%u. Veg§alj ancora intorno a quelìi due iiuni l'Autore -Tipi iaJfietaiaii aK-r^criisiTu» , p, i8j. e4 Ateneo lìb>yi% cap,tg^ (164) hijilL 1/. er^J finoìi . (161) /'e K. R. là. !. cap. 7. & 45. (10(5) Oioiior, Siculi Ilo. XII. p. 76. Sylb.. (lóy) Cj'eo^r. Hi. l/l. p. 25^. (1^8) ^traba 1, e. Diodor. l. 0 TzUz. Ch'il, p, »», 299« d'f. Ù'e.. ( .6'.)) Oiodur. l, e. p, j6. 77. (170) i'go^r. ììb, VI. p. 2"i4. (17') Hcrod^ hijlor. Uè. H. p. 254. {yy.y nifldor. iib. XII. p. Ò8. & 77. Syìb. • Veggafi la fplegazìone della ftoria Sibaritica del Walckenaer pubblicata nell'edizione del trattato di Pili'» tarco fie Sera Numinis Vindiila data dal Wyttenbach pag. 66> (17O O'odor. lib^ XII. p, 7-, 78. 79. Sj/lb^ (l?4) Diodor. l. e. p. 81. (17'i) Li:: hiflor. Hi: XX^Il. cap. I. (176) liv. ib. lib. XXXW. tap. 55. & ilo. XXXV. tap. 9. Siraio Cft>£ri fìb. VI. p. 254, (177; Strabo l. e. ti78) Lycoph. Cajf. v 950. (179) Strabo l. e. pag, 254, FTw. hijì. ntttur, libi III. cap. ili ^ib'o) Strabo l. f, (181, Sirabo ì. e. p. 255, (182) Ptrieges. v. 525. Anche que''a Pandofia dovea edere fecondo il fen» timento di Scimno cornprefa nella Magna Grecia. Un fol verfo di quel!» poeta contiene il nome di efTa e quello Hi Crotone che n'era forfè la tne- tropjli ( Met« iTt KpiTanat Ylxrìosiit t^i Qnpioi )e'quelH inconrranfi pur riuniti in una fola medaglia rarllima pubbiicdta dal Pellerin , e che efilleva» quaa-> tunque fconfervata, nel Mui'eo Minervini in Napoli, ti 8?) liv. hijtor. III. yill, cap. 24, (184) In Pyrrho p 592. (185) Mazoch. ad Tab. Heracl. pag. IC4. (181^) Geogr. Hb. VI. pag. 255. (IR7) Strabo l. f, (188) Livius hijìor. lib. XXVII, cap. r, (189) Liv, ib. C'p. 31. (190) Vedi fopra nota 97, (191) .4pud Strabon, Geogr, Hb, VI. p. 25 J, (192) Z. e. p 2ft8, («95) Dionyf, perieg. v. ^76. 577. (194) Strabo I. r.p, 268. La pofìzione di Taranto ^ paidefcrttu da Scim* ao perieg. V. j?4. 7?S (195) Polyb. Exc. Hi, Vm, tap. 23. (196) Strabo Le. '(197J PolyL l. e. (198, Georg, lìb. IL 'V. 197. & fe^f. & Uè. IV. V. I I5. (199) Odar.lib.II.od.ó.&lìb.lU.od.'S.EpiJi. libfl.ep.j. & l6.&c,&c, (200) De R. R. cap. •J-Ù' l%i, (201) L'ib. Xin. ep. 18. (202) De R. R. lib. i. cap. 14. (709) Jriflot. Fotit, lib. ly. cap. 4. (204) ^otyr. lib. II. Sat. a- (2o'ì; Noci. Jttìcar. lib. VII. cap. 16. (20Ó) jlpalog. p- m. 5ÓJ. ■ (207) Diodor. Sic. lib. XI. p. m. 39. tzcS) VelUj. Patere, lib. L (209) Strabo Geogr. lib. VI. p. 27 r. (210) Stephanus de tirbibus v. "Sarupm (211) Strabo l. e. p. z6g. (212) Georg, lib. II. v. 197. ibìt/. Servius, tnm ad Georg, lib. IV. v. 5J5' Altrove quefk) fcoliafle cita ii fentim^nto di taluni che Credevano Satyrion edere ilato 1"' antico nome di Taranto, così poi detto dal figlio di Nettuno ( ad Aen. lib. III. v. 53 I. ). Veggalì il eh. Mazzocchi Jci Tab. Heracl. p. 92. e 9> V. (4Ó), , (215) VifPitx (ìrorg, IV, laé. Propttt.' Eleg. Uh. II. el. 34. (214) Horaf. Odar. lib. IL od. 6. Le pecore Tarantine Ibn fammentnte da Plauto Tritati. aR.IlLfc. 1. u. 15. e da Varrone De R, R. lìé. II. cap.z. (215) V. Serv. ad Georg, lìb. V. v. ^^f. ' (Uó'l Poìyb. Excerpt. lib. Vili. cap. 28. (417) Livius hqìor. lib. XXXVlll. cap. 17. (218) Lib. VI. p. 271. 272. Viig) Defìtu orb'fs Uh. II. cap, 4. (220) Hifl. nat. lib. Ili, cap. li. (221) Ad Tab- Heracl. pag. 34. (222) Strabene come avverte il Mazzocchi /. 'c. la chiama città Greca ( (?sj^.-. /.'i. VI.p.zji. ) il che per"?) non pruiva che fìa que(}é vengano ricono- fciiite dal Combe ( Muf. Huiier. pa§, 172. ) dall'" Eckhet { Dti&rina num. ver. tom. i. ^a'>.\j.a,.^ e dal Mionnet ' '^e'' r. ton. i.pa^.f^ 1 La lorpre- tefa ^'?u^enJa AETK non é alr^o che AEVH cioè a dir VEAH retrogrado ed invcrfo, ed indica la città di Velia nella Lucaaia. INDICE DELLE MEMORIE Contenute nel presente volume. 317 Elenco degli Accademici del 1812. p. iii SULLA SCRITTURA Pensiero di Pietro Napoli-Signorelli t Epoca dell'arrivo delle Colonie Tirreniche nel- rOpicia 27. Suir Invenzione della Bussola Nautica di P. Na^ poli-Signorelli 5*^ Sul Gerundio Francese di Alessandro Petrucci p$ Risoluzione Analitica del Problema proposto da Pappo di Pasquale Navarro m Sulle Medaglie attribuite aTerone,ed altre del- la Città di Tc^rina di F. M. Avellino i2p Analisi e Sintesi dell'Acqua Sulfurea di Napoli di Francesco Lancellotti 15^ Lezione Economica coronata su di un Program- ma pel Concorso Economico di P. Napoli- Signorelli I <^3 40 H gi8 II Memoria approvata per V istesso Concorso del Duca Cesare della Valle di Ventignano ^pI III Memoria approvata pel medesimo Concorso di Vincenz;o de Ritis 2ii Soluzioni Analitiche sul Problema delle Quattro Sfere col metodo delle Coordinate di f.P, Tucci 257 Saggio sull'Estensione della Magna Grecia, e sulle Città in essa comprese dei Cav, F. M, Avellino zH INDICE DELLE MEMORIE Contenute nel prefente volume « Eleùco degli Accademici del i!l(i. p<> Itt SULLA SCRITTURA Penfiero di Pietro Nipoli-Sigaorelli X Epoca dell'arrivo delle Colonie Tirreniche nell'Opicia 17 Suir luvonzione della Bussola Nautica di P. Napoli -Sig-)0- relli 51 Sul G.TunJi* Frjncese di Alessandro Petrucci ^5 Elogio detto da Pietro Napoli- Sìgoorelli pel defunto Segre- tario de Muro lij Discorso del Socio Ottavio Colecchi in morte ài Vincenzo Gaetani 125 Sulle Medaglie attribjìte a Terone^ ed altre d^lla Città di Terini di F. M. Avellino J2J> Analisi e Sintesi dell'Acqua Sulfurei di Napoli dì Francesco Lancellotti 151 Lezione Economica coronata su di un Programma pel Con- corso Economico di Pietro NjpO'Ii-Signorelli 163 li Memoria approvata pir T istesso Concorso del Duca Ce- sare della Vaile di Veotìgnano ipi III Memoria approvata pel medesimo Concorso di Vincen- zo de Ritis in Soluzioni Analitiche sul Problema delle Quittró Sfere col metodo delle Coordinate di F. P. Tucci 257 Saggio suir Estensione della M,igna Grecia, « sullfl Città m essa comprese del Cw. F. M. Avellino 281 3 3 1 a 1/ a I H o is! I a a .•C;,j!.7 il.,:", 7 ■.•O :n 4} AiiUTTlx;^^: AJJU2 1 .<• fìc,tV cv r. ;J:Jnyii''- • stisL' Oi» -C'>^<« ■i«||4M .i'ib i;wÌJi a «nife »? j;i Ì.:B:19^ 0' . r?9ir;.i1 e- ••'^-2 ci-mÌ b Ì5u Ili»-,, .. oiì9iH «b fj Ill OIUM 93 0' rs-- -'• :i.«"> ,i;-,o/ ;■ ', < ■ ? i' :; .;,i:.,. _i.,^.'..if. 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