.S 1 ! 3"f f 4‘V ATTI DELLA V SOCIETÀ ITALIANA# i » * '&2s 4/ ■ DI SCIENZE NATURALI 5 APR 1971 E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MILANO VOLUME CX Anno 1970 Pubblicato con il contributo del C.N.R. MILANO 1970 . INDICE Belloni S. & Orombelli G. - Osservazioni e misure su alcuni tipi mor¬ fologici nei campi solcati del Carso triestino . Pag. 317 Brambilla G. - Le ammoniti domeriane di Clivio (Varesotto) ...» 256 Cappa G. - La Grotta Masera di Careno (Nesso, Lago di Como) e il suo sistema idrografico . » 39 Charrier G. & Maxia C. » Nuovi reperti di foresta pietrificata a Zuri-Soddì entro la formazione dei tufi eomioeenici (Lago del Tirso, Sardegna centrale) . » 224 Fier.ro G. - I minerali pesanti nei sedimenti marini del Golfo dell’Asi- nara e delle Bocche di Bonifacio . » 155 Leonardi C. - Materiali per uno studio filogenetico del genere Psyl- liocles ( Coleoptera Chrysomelidae ) . » 201 Mainarli D., Mainardi M., Pasquali A. and Zafra C. F. - Adoption of mice by golden hamsters . » 150 Nangeroni G. - Appunti sulla geomorfologia del triangolo lariano . . » 69 Pesarini C. - I Chilo neus italiani, con descrizione di tre nuove specie e di un nuovo sottogenere (Vili Contributo alla conoscenza dei Coleotteri Curculionidi) . » 373 Petrovitz B. - Zwei neue Aphodiinae aus dem Gebiet des Boten Meeres ( Coleoptera Scarabaeidae) . » 387 Pigorini B., Soggetti F. & Veniale F. - Studio pirografico di alcune serie sedimentarie mio-plioceniclie quaternarie del Pedeappennino vo- glierese (Valli dei torrenti Bile e Briguolo - Prov. Pavia) ...» 277 Pont A. C. - Bezzi’s species of Fijian Mmcidae ( Diptera ) ...» 418 Bavizza C. - Osservazioni sui Bembidion netolitzTcyanum Schatzm. e B. sclimidti Woll. ( Coleoptera , Carabidae). Studi sui Bembidion. V Contributo . » 62 Bobotti C. - Eypsibius ( D .) ramazzotlii spec. nov. e Hacrobiotus avi - glianae spec. nov. (Primo contributo alla conoscenza dei Tardigradi del Piemonte) . » 251 Stigliano M. - Note geomorfologiche sul territorio di Valbondione (Aita Val Soriana, Alpi-Prealpi Oróbie) . » 5 Tortonese E. - A note on thè generic name Cerila Bp. ( Pisces , Ser- ranidae) . » 198 Wolf H. - Wegwespen aus dem Museo Civico di Storia Naturale in Mailand ( Hymenoptera Pornpiloidea ) . » 391 434 INDICE Società Italiana di Scienze Naturali Consiglio Direttivo per il 1970 . Pag. 425 Museo Civico di Storia Naturale di Milano Personale scientifico, tecnico e amministrativo (1970) ...» 425 Cronaca Sociale della Società Italiana di Scienze Naturali Adunanze sociali . » 426 Contributi straordinari . » 430 Contents . » 431 Indice » 433 Data di pubblicazione dei singoli fascicoli Fascicolo I Fascicolo II Fascicolo III Fascicolo IV (pp. 1-68) . . (pp. 69-200) . . (pp. 201-316) . (pp. 317-434) . 15 Marzo 1970 15 Giugno 1970 15 Settembre 1970 15 Dicembre 1970 Pavia • — Editrice Succ. Fusi — 15 Dicembre 1970 Direttore responsabile: PROF. CESARE CONCI Registrato al Tribunale di Milano al N. 6574 ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MILANO VOLUME CX Fascicolo I Pubblicato con il contributo del C.N.R. MILANO IR Marzo 1970 t SOCIETÀ’ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI CONSIGLIO DIRETTIVO PER IL 1970 Presidente: Nangeroni Prof. Giuseppe (1970-71) « ( Viola Di*. Severino (1970-71) Vice-Presidenti: ^ qonci prof. Cesare (1969-1970) Segretario: De Michele Dr. Vincenzo (1970-71) Vice-Segretario: Buscaglia Cav. Italo (1969-1970) Cassiere: Turchi Rag. Giuseppe (1970-71) Consiglieri : (1970-71) Bibliotecario: Magistretti Dr. Mario Marchioli Ing. Giorgio Moltoni Dr. Edgardo Ramazzotti Ing. Prof. Giuseppe SCHIAVINATO Prof. GIUSEPPE Taccani Avv. Carlo Schiavone Sig. Mario MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MILANO PERSONALE SCIENTIFICO Conci Prof. Cesare - Direttore (Entomologia) Pinna Dr. Giovanni - Vice-Direttore (Paleontologia e Geologia) Cagnolaro Dr. Luigi - Conservatore (Teleologia ed Ornitologia) De Michele Dr. Vincenzo - Conservatore (Mineralogia e Petrografia) Leonardi Dr. Carlo - Conservatore (Entomologia) PERSONALE TECNICO Lucerni Cav. Giuliano - Capo Preparatore Bucciarelli Sig. Italo - Vice Capo Preparatore (Insetti) Giuliano Sig. Giangaleazzo - Preparatore (Vertebrati) Bolondi Sig. Lauro - Preparatore Spezia Sig. Luciano - Preparatore (Fossili) ) A EDITRICE SUCC. FUSI - PAVIA • N- \ \ \ x Camola di Bovegno V < < < <1 Servino m Verrucano Formai di Colilo (membro argillosa si-oso) Formai- di Colilo ( membro vulcanico ) dosamento Cristallino Fig\ 3. 16 M. STIGLIANO — zona intorno ai 1800-2000 m, con frequenza di 30-35 giorni, spessore da 30 a 200 cm, permanenza del manto da novembre ad aprile-maggio. — zona oltre i 2000 m, con frequenza di 50-60 giorni, spessore vario da 50 cm a diversi metri, permanenza del manto da ottobre-novembre a giugno. Bisogna osservare che i dati sullo spessore del manto nevoso presentano scarso interesse ai fini dell’ indagine, in quanto legati sempre a condizioni topografiche particolari ed a fattori locali molto variabili. Tra questi ultimi ha molta importanza il vento, per il quale tuttavia i dati sono ancora più scarsi. Il Gavazzeni, sulla base di interviste presso gli abitanti e dei dati dell’Aero¬ nautica Militare raccolti alla Grigna settentrionale, ha tracciato una sintesi per il territorio bergamasco in generale, con puro valore qualitativo. Da essa risulta che le masse d’aria in movi¬ mento sono generalmente incanalate lungo l’asse delle valli e ma¬ nifestano prevalenza di venti settentrionali nel semestre inver¬ nale, inversione del fenomeno in quello estivo. Egli segnala anche che non si ha eguaglianza fra i due flussi al di sopra dei 900-1000 m, ove prevale il flusso settentrionale, sia come durata che come intensità. Sembra poi naturale tener presente che i ver¬ santi a solatio e ad O sono generalmente più ventilati dei rispet¬ tivi versanti opposti. Infine, il fattore più importante della morfogenesi per gran parte del territorio, è la temperatura. Noterò qui che ai fini del lavoro non importano tanto i valori medi delle massime e delle minime annue, rispettivamente di 14°-15° e di — 4°, quanto i va¬ lori giornalieri, il cui andamento può fornirci il numero annuo di oscillazioni attorno allo 0°. I dati raccolti dairUFFicio Idrogra¬ fico del Po [60] per il triennio 1963-1965 si riferiscono a due sole stazioni, Fóppolo (m 1508, Val Brembana) e elusone (m 648, gruppo della Presolana), per di più, come si vede, fuori zona. Per elusone si ricava una media di 60-70 passaggi annui attorno allo 0" nel periodo da dicembre a marzo, con massimo in gen¬ naio; per Foppolo, una media di 90-100 passaggi annui nel pe¬ riodo da novembre-dicembre a maggio con due massimi localiz¬ zati in dicembre ed in febbraio-marzo. Alla parte meno elevata del territorio si possono attribuire i valori di elusone legger- NOTE GEOMORFOLOGICHE SU VALBONDIONE 17 mente aumentati, a quella media i valori di Fóppolo, mentre alla più elevata si attribuiscono i valori della Grigna settentrionale, oscillanti tra 50 e 60 passaggi annui attorno allo 0°. Il quadro che ne risulta mostra il maggior numero di oscil¬ lazioni, presumibilmente intorno a 100 al Fanno, nella zona alti¬ metrica compresa fra 1000 e 2000 m. E’ un valore puramente indicativo, s’ intende, sia per il modo con cui è stato ricavato, sia principalmente per la sua stretta dipendenza dal fattore espo¬ sizione e dal fattore vento, che possono farlo variare notevolmente anche in punti molto prossimi tra loro. Caratteri morfologici generali del territorio (5). 1. - Idrografia ed andamento delle valli. Il fiume Serio rappresenta il solco principale in cui conflui¬ scono le acque di deflusso incanalate e no. L’apporto maggiore deriva dalla sinistra idrografica, ove prevale il deflusso super¬ ficiale (rocce e suoli derivati scarsamente permeabili), ad ecce¬ zione della Val Sedornia (presenza del fenomeno carsico); alla destra idrografica, invece, si verificano numerose perdite in rela¬ zione alla profonda tettonizzazione ed alla struttura dei terreni, cui si è aggiunta l’opera dell’uomo, almeno per la parte del solco che va dal lago Barbellino a Gavazzo; qui infatti da più di un trentennio manca l’apporto d’acqua della conca del Barbellino, mandata in condotta diretta alla centrale dei Dossi Per quanto riguarda l’andamento delle valli, prevale la dire¬ zione NE-SO per le tre principali del Serio, del Bondione e del Sedornia, mentre le incisioni di minore entità come Val di Coca, Valle della Foga, Valle Antica, seguono una direzione press’a poco ortogonale alle precedenti. Il tronco di Val Seriana ha un decorso ad esse molto stirata e presenta un fondo piatto di modellamento glaciale, più ampio in corrispondenza della confluenza Coca-Bondione, ove sorge F inse¬ diamento omonimo. A monte di tale confluenza il fondovalle ap¬ pare angusto e rotto da una serie di salti e gradini che raccor¬ ci Esigenze di stampa hanno consigliato di pubblicare su tavole fuori testo, le illustrazioni dimostrative dei fenomeni descritti nel testo. 18 M. STIGLIANO dano i 1326 m della base della cascata, un tempo attiva, con i 900 m circa di Pianlivere; a valle invece la sezione è ancora suf¬ ficientemente ampia ed a pendenza uniforme molto debole. La Val Bondione inizia dalle pendici meridionali del Pizzo dei Tre Confini, a 2600 m circa, e si snoda con andamento sinuoso fino alla confluenza. Il profilo longitudinale è dato da un’alter¬ nanza di salti e spianate in roccia viva, che denuncia chiara¬ mente il modellamento glaciale subito, fino a quota 1400 m circa (località Passevra), ove il fondovalle diviene ampio e piatto con profilo trasversale ad U leggermente asimmetrico; poco prima di Lizzola il torrente ha scavato una profonda gola per supe¬ rare lo sbarramento costituito da deposito morenico e gettarsi con un ulteriore salto nel Sèrio : si tratta dunque di una valle sospesa. Anche per la Val Sedórnia è evidente il modellamento gla¬ ciale ad U, ma meno imponente, forse perchè interessata da una colata di minori dimensioni. Si inizia poco sotto una sella scavata in corrispondenza del contatto stratigrafico calcare di Angolo- calcare di Prezzo e raggiunge anch’essa il Sèrio mediante una successione di salti e spianate, qui però meno netti che nella pre¬ cedente valle, per la presenza di formazioni più tenere del ver- rucano lombardo ed anche probabilmente in coincidenza di una massa glaciale più piccola, come già accennato. Ambedue queste valli presentano un improvviso mutamento di direzione verso NO poco prima della confluenza del solco del Sèrio, rispettivamente prima di Lizzola per la Val Bondione ed al Prato di Vigna per la Val Sedórnia. Uno sguardo all’anda¬ mento delle principali linee tettoniche ci può con ogni probabilità fornire una spiegazione della direzione preferenziale dell’ idro¬ grafia del territorio. Dalla conca di Maslana si dipartono tre grosse faglie: la prima, per gran parte ipotetica, segue la destra idrografica del Sèrio fino alla confluenza col Bondione, quindi si dirige verso il Pizzo della Corna per ricongiungersi con la seconda, quella di Lizzola-Valcanale, che segue invece la sinistra idrografica e passa lungo il Canale dell’Asta e la Val Sedórnia, ove, in corrispondenza del Prato di Vigna, taglia il costone meridionale dirigendosi verso la Valle Fradenga ; la terza, infine, attraverso la Valle della Cascina e la Valle Spondón, rispettivamente a NO ed a SE del NOTE GEOMORFOLOGICHE SU VALBONDIONE 19 M. Cimone, si collega in località Passevra con la faglia del Fles. Ad oriente di questo terzo elemento altre faglie di minore entità interessano la formazione del verruca-no lombardo del Pizzo dei Tre Confini con andamento NE-SO. Mi sembra che si possa riferire la disposizione idrografica delle due valli affluenti e del tronco di valle principale da Ma- slana a Valbondione alla presenza di queste linee tettoniche, che indubbiamente devono aver costituito una zona di minor resi¬ stenza e quindi una direzione preferenziale. E, d’altro canto, ciò sarebbe avvalorato dal fatto che molte delle vailette laterali e delle semplici incisioni dei versanti corrispondono o hanno preso le mosse da zone interessate da linee di faglia. Meno facile è invece spiegare le brusche deviazioni dei tor¬ renti Bondione e Sedornia. Seguendo l’ipotesi del Nangeroni [43] [50], in base alla quale il fondovalle pliocenico sarebbe da porre intorno ai 1800 m, si potrebbe pensare che il solco principale se- riano in questa parte seguisse il percorso rifugio Curò-M. Toazzo- Passo della Manina-insellatura tra Costa Magrera ed il Collino e che successivamente si sia avuta la deviazione verso 0. Posto dunque che l’ idrografia mostra un adattamento alla struttura superficiale tettonica, una spiegazione potrebbe essere questa. Nel Pliocene il Fiumenero si versava nel Serio più a S della confluenza attuale, e riceveva un affluente il cui decorso doveva coincidere col tronco di valle seriana attuale che va dall’abitato di Gavazzo a quello di Fiumenero, separato dal Serio stesso me¬ diante un diaframma piuttosto esiguo di tenero Cóllio, rispetto ai cui strati aveva andamento in gran parte cataclinale. Un sol- levamento tardo-alpino di minima entità può aver accresciuto il potere erosivo di tale affluente che, per fenomeno di erosione re¬ gressiva, finisce col catturare il Serio. Sarebbe dunque questo un tronco di valle di tipo antecedente. In tal caso sia il Bondione che il Sedómia hanno subito la deviazione verso 0 di cui si di¬ ceva perchè i due tronchi rispettivamente del Canale dell’Asta e dell’ insellatura del Collino hanno perso il loro potere erosivo. Deviazione che, nel caso del Bondione, è stata relativamente più facile per la presenza di formazioni coerenti ma enormemente tettonizzate, anziché, nel caso del Sedórnia, sul cui cammino si trovava una roccia molto coerente e meno travagliata. 20 M. STIGLIANO Per quel che riguarda infine la gerarchizzazione del reti¬ colato idrografico, il livello di base dei vari bacini è costituito dal Sèrio. In tutto il territorio non si riscontra per alcun corso d’acqua un ordine superiore al IV0, indipendentemente dalla lito¬ logia e dalla tettonica. Se invece si osservano per ciascun bacino le frequenze dei tronchi di ordine inferiore si manifestano mar¬ cate differenze tra uno e l’altro. Ad esempio, i due maggiori, Sedórnia e Bondione, presentano reticoli fluviali in cui numero totale e frequenze di segmenti nei vari ordini press’a poco coin¬ cidono, mentre la disposizione gerarchica è' ben diversa : nella Val Bondione il numero di segmenti di 1° e di 11° ordine che in¬ fluiscono direttamente sulla formazione di segmenti rispettiva¬ mente di II0 e di III0 ordine è circa il doppio dei corrispondenti della Val Sedórnia. Bacino ben gerarchizzato il primo, in rela¬ zione ad una situazione morfologica e di drenaggio favorevoli, al contrario del secondo in cui si ha minor deflusso per la presenza del fenomeno carsico e di una relativa rete idrografica sotter¬ ranea. 2. - Morfologia ecl evoluzione dei versanti. Mi sembra di poter affermare che il modellamento dei ver¬ santi è passato attraverso tre fasi : — una « fase preglaciale » ad erosione prima normale, quindi crionivale. — una « fase glaciale » con relativo modellamento, complicata dagli interglaciali. — una « fase postglaciale » a modellamento prevalentemente crio¬ nivale. Della prima rimangono poche tracce, riscontrabili nella forma delle cime e delle parti alte, mentre è evidente la morfologia im¬ pressa dai ghiacciai e si riconosce tuttora l’efficacia dell’azione crionivale. Nell’esame di ciascun versante è opportuno descrivere sepa¬ ratamente la sezione a monte, zona di prevalente erosione, da quella a valle in cui prevale l’accumulo, onde mettere in evidenza la maggiore o minore capacità di eliminazione del detrito da parte delle acque di deflusso superficiale. NOTE GEO MORFOLOGICHE SU VALBONDIONE 21 a) Versanti del solco seriano. Il versante destro è in Collio argilloscistoso, tranne la parte di raccordo col fondovalle, in cui affiorano gli gneiss del cristal¬ lino; gli strati immergono a NO, con angoli varianti da 15° a 50°. Il raccordo al fondovalle è costituito da un angolo piuttosto netto, in gran parte mascherato da una serie di falde di detrito, in cui prevalgono i materiali minuti provenienti dalla gelivazione degli argilloscisti. Queste falde, a valle di Pianlivere, costituiscono una fascia continua che si insinua nei canaloni e nelle vallette che intagliano il versante; nella parte a monte, invece, sono frazio¬ nate in conoidi da spuntoni e bozze rocciose di gneiss che, dato il graduale innalzamento delle formazioni verso N e NO, affio¬ rano sin sotto il Pinnàcolo formando pareti verticali. Le falde ed i conoidi appaiono colonizzati da erba e più spesso anche da vegetazione arbustiva piuttosto rada. Nella parte superiore, il ver¬ sante mostra convessità verso l’alto, convessità che si articola in una serie minutissima di ripiani dovuti alla giacitura degli strati. Subito sopra le falde di detrito anzidette presenta aspetto ruini- forme, specialmente nel tratto Pinnàcolo-Pizzo Cast-elio, quindi prosegue verso le cime, come s’è detto, con terrazze; queste ul¬ time tuttavia non si presentano ben nette, avendo alla base un leggero velo di detrito ad elementi grossolani. Il versante, dunque, mostra i resti della morfologia precedente abbastanza ben conser¬ vati, anche se attaccati energicamente dal prevalente fenomeno di gelivazione. La quale in materiali siffatti dovrebbe invece dar luogo a forme crionivali ben diverse, per la presenza dell’argilla che ne deriva. Il fatto può spiegarsi principalmente con la giaci¬ tura e con l’esposizione a solatio ; infatti, la prima dà luogo ad un versante a pendenza ripida, su cui è impossibile che si for¬ mino dei colloidi in seno al detrito, in quanto questo non trova un angolo corrispondente a quello di riposo e rotola giù. D’altro canto, l’esposizione se da un lato permette un maggior numero di disgeli, dall’altro provoca una minore umidità complessiva. Nella parte bassa del versante, invece, ove il materiale riposa sul fondo, l’acqua può formare colloidi con l’argilla e dar luogo ad un suolo per il progressivo disgregarsi degli elementi grossolani grazie all’azione di crioturbazione. Q‘J M. STIGLIANO In conclusione quindi, versante regolare a forma tipica di S molto stirata, che si evolve arretrando parallelamente a se stesso. Analoghe considerazioni possono farsi per la piccola Val di Coca, a profilo longitudinale piuttosto ripido, per la quale interviene anche un deflusso scarso per probabili perdite nella parte supe¬ riore attraversata da una faglia. Ancora più accentuato quindi il modellamento glaciale sul fondo, che si svolge con una serie di gradini in roccia viva. Molto diverso il versante sinistro, a profilo più uniforme e meno ripido, per cui la valle assume una caratteristica forma a\ _ (profilo trasversale visto da monte). Nella parte di rac¬ cordo il materiale di accumulo forma una concavità molto marcata e presenta V aspetto di colate successive e sovrapposte, almeno tra Valle della Cascina e le falde del M. Toazzo, spesso in forma arcuata, al di sopra delle quali è una bozza arrotondata. Ne ri¬ sulta pendenza leggera e superficie ondulata. La parte superiore ha andamento dolce, in cui ogni rottura di pendio è morbida e tende a scomparire grazie alla pellicola di detrito di gelivazione sul quale si esercita un’ intensa azione energica, derivandone un suolo ricco di vegetazione. In cima af¬ fiora la roccia profondamente incisa che fornisce tale detrito. Un primo fattore favorevole a questo andamento è senz’altro la giacitura a franapoggio degli strati che contribuisce non poco ad esaltare l’azione di gelivazione, ma la caratteristica convessità verso l’alto della parte mediana e le forme dolci in corrispon¬ denza dei residui di morfologia da modellamento glaciale chia¬ mano in causa anche il fattore esposizione. Infatti esso provoca una più intensa attività dei processi crionivali per la più lunga permanenza della copertura nevosa, con pochissimi disgeli d’ in¬ verno, ma un maggior numero in primavera ed in autunno, quando il versante opposto non ne è interessato. La cosa è ancor più evidente sul versante del monte Vigna Soliva, ove gli strati si presentano a reggipoggio, seppur con angolo minimo, e tut¬ tavia il pendio, rispetto a quello del versante opposto, è più dolce ed a bozze molto meno accentuate. Intervengono infine alcune modificazioni locali, da mettere in relazione con le differenze litologiche: il verrucano lombardo NOTE GEO MORFOLOGICHE SU VALBONDIONE 23 delle parti sommitali del M. Toazzo e del M. Vigna Soliva deter¬ minano pendii più ripidi per la maggior resistenza della roccia agli agenti modificatori, per cui si osserva la presenza di serie di terrazzi, specialmente sul Vigna Soliva. In generale possiamo dire che il versante denuncia una forma in evoluzione per modellamento da crioturbazione, con perdita di materiale in alto ed accumulo alla base. Fig. 4. — Versante sud del M. Toazzo dall’Asta Bassa ( Stigliano ). b) Versanti della Val Bondione. Abbiamo visto che la valle presenta nella prima parte, dal Pizzo dei Tre Confini a Passevra, una serie di salti e spianate che riflettono sia le differenze litologiche, sia l’andamento tetto¬ nico, mentre da Passevra a Lizzola essa si allarga. E’ bene quindi dividere l’analisi dei versanti in due parti. In quella a monte ambedue i versanti sono costituiti in gran parte da verrucano lombardo, che cede il posto al Colilo argillo- scistoso sotto il M. Cimone ed il M. Pomnolo per il versante destro, al Còlilo vulcanico nella parte inferiore del versante sini¬ stro da Marifunt alla Valle Crapa. Gli strati immergono in gene¬ rale a N e NO con angoli da 30'’ a 50°, per cui avremo versante a reggipoggio sulla destra, a franapoggio sulla sinistra. Ritro¬ viamo dunque lo stesso motivo che caratterizza la Valle del Sèrio, 24 M. STIGLIANO con raccordo al fondovalle ad angolo ben netto per il versante destro, a convessità verso Paltò per quello sinistro. Tuttavia in questo caso bisogna osservare che il raccordo in tal guisa è rico¬ noscibile solo in corrispondenza del fondovalle di modellamento glaciale, cioè delle spianate, in quanto il torrente ha inciso per erosione lineare numerose gole, nelle quali la velocità dell’acqua è tale da riuscire ad eliminare i prodotti della detrizione. Il versante destro si presenta in generale con pendio uni¬ forme molto ripido, rotto verticalmente da profonde incisioni, che funzionano da canali per l’eliminazione del detrito che la geliva- zione produce nelle parti alte. A Marifunt ed a Passevra P affio¬ rare del Cóllio vulcanico provoca una rottura di detto pendio, che si raccorda a queste spianate con angolo netto (supplemen¬ tare di quello di riposo del detrito di falda). Il versante sinistro, dato l’andamento degli strati, ha profilo meno ripido e non presenta uniformità; analogamente al corri¬ spondente del solco soriano ha ammorbidito le rotture di pendio, assumendo aspetto concavo verso l’alto inferiormente, quindi con¬ vessità e di nuovo concavità. La bozza che così viene ad otte¬ nersi nella parte mediana è continua e costituisce un terrazzo unico che va da Marifunt alla Manina ed al Pizzul. Esso corri¬ sponde al passaggio stratigrafico verrucano lombardo-Cóllio vul¬ canico, litotipi a comportamento molto diverso. La parte supe¬ riore del versante in corrispondenza di Marifunt presenta il pro¬ filo modificato dalla presenza di un circo la cui spianata giunge sino alla base del M. Sasna. Al di sotto della soglia rocciosa mon¬ tonata tuttavia il motivo a concavità verso Paltò è ancora presente. Il secondo tratto di valle si differenzia nella parte inferiore dei versanti non più condizionata dal solco a V del torrente. L’ampia spianata fu, con molta probabilità, sede di un lago di sbarramento morenico che costituì in epoca immediatamente po¬ steriore all’ultima glaciazione il livello di base del tronco supe¬ riore del torrente, quindi responsabile di un accumulo maggiore del materiale detritico sul fondo di quella parte della valle. Suc¬ cessivamente l’erosione della soglia portò il livello di base sul fondovalle del Sèrio, per cui Pavimentato potere erosivo, da un lato diede luogo al profilo a V, dall’altro eliminò il materiale accumulato sul fondo, concentrandolo più a valle ove la velocità era di colpo smorzata. Il modellamento dei versanti riprese così da una fase più giovane e condusse all’attuale situazione. NOTE GEO MORFOLOGICHE SU VALBONDIONE 25 Si può dunque concludere che i versanti della Val Bondione conservano in gran parte la morfologia glaciale, ma evolvono verso forme più mature grazie ai fenomeni criergici. Questi si esercitano diversamente sia a seconda della esposizione, sia a se¬ conda del tipo litologico in cui il versante è inciso, tenuto conto naturalmente della giacitura degli strati che costituiscono un ele¬ mento di base importantissimo. Sul versante destro l’azione di gelivazione energica produce detrito ad elementi grossolani nella parte superiore (verrucano lombardo), misti ad elementi fini solo in corrispondenza del M. Cimone e del M. Pomnolo; a questi si aggiungono gli altri, prodotti nella parte mediana dal Cóllio vulcanico a monte e dalle formazioni dello Scitico a valle (M. Toazzo), specie quest’ultimo ad elementi sottili. L’acqua derivante dalle precipitazioni, tuttavia, data la forte pendenza, dilava tale detrito delle sue parti più minute, per cui prevale l’azione di gravità con formazione di falde di detrito che solo alla base del M. Toazzo sono fissate dalla vegetazione, a causa della scarsa forza di trasporto da parte del torrente. Qua e là esse sono interrotte da profonde incisioni lungo le quali frequentemente si formano valanghe. Sul versante sinistro la presenza del ripiano di cui si è detto, dovuto essenzialmente, a mio parere, a differenza litologica, frena l’azione gravitativa del materiale derivato dalla gelivazione, aiu¬ tato in ciò dalla minore pendenza generale derivante dalla giaci¬ tura degli strati ; l’acqua non riesce quindi a dilavare i detriti, anzi forma dei colloidi e dà luogo ad un suolo, come mostra la vegetazione, per cui si hanno numerose forme da crioturbazione. Da Valle Crapa in su, però, le cose cambiano nella parte alta del versante : infatti siamo già nella zona di cerniera dell’anticlinale e gli strati si presentano a reggipoggio, per cui la massa del detrito rotola a valle e per di più viene dilavata, quindi il pro¬ filo diventa terrazzato, almeno lungo la fascia del verrucano lombardo. c) Versanti della Val Sedórnia. Quello di destra presenta verrucano lombardo a strati im¬ mersi a S-SE con angolo di 10° circa, nella parte superiore; infe¬ riormente ambedue i membri della formazione di Cóllio a strati immersi a SO circa dello stesso angolo. 26 M. STIGLIANO Il versante sinistro invece è interessato dalle formazioni me¬ sozoiche a strati variamente immersi ed inclinati, in relazione al minuto piegamento ed alla presenza di numerose faglie ; inoltre risente molto delle differenze litologiche, dato il diverso grado di coerenza esistente tra le formazioni ladiniche (Wengen e Buchen- stein da una parte, Ésino dall’altra). Soltanto nell’ultimo tronco di valle compare di nuovo il ver- rucano lombardo (Costa Magrera), immerso come nel versante destro. Data P immersione degli strati del verrucano lombardo, la parte superiore del versante destro mostra una serie di gradini ben netti, con blandi fenomeni di crioturbazione, che interessano anche parzialmente la zona sottostante, il cui raccordo al solco torrentizio è meno ripido, anche e principalmente grazie al di¬ verso comportamento delle formazioni di Cóllio. Più a valle, sempre in relazione alla giacitura, la situazione è marcatamente a franapoggio, per cui il versante si addolcisce ed assume un profilo più uniforme. Sul versante sinistro l’evoluzione è modificata dalla presenza del fenomeno carsico, il quale si esplica sull’Anisico, sul calcare di ’Esino della zona intorno al M. Barbarossa e sul calcare della formazione di Breno nella zona di Foppana. La parte alta ap¬ pare modellata da una serie di circhi, le cui spianate sono tutte a quote intorno ai 1900 m, sulle quali si è insediato il carsismo, ed il raccordo con la parte inferiore avviene mediante ripide pa¬ reti alla cui base si accumula il detrito in falde continue, le quali si insinuane lungo i solchi di scolo dei circhi. La crioturbazione, quindi, può aversi soltanto da questo punto in poi, con formazione di colate erbose che addolciscono la pendenza. Il tratto finale del versante, con strati di verrucano lombardo in testata, è piuttosto ripido, a gradini, e presenta alla base una serie di conoidi di detrito in corrispondenza delle incisioni torrentizie. 3. - Morfologia delle cime. E’ noto che la forma di una cima, rispecchia da un lato il grado di coerenza del tipo litologico, la giacitura dei suoi strati e la presenza o meno di linee tettoniche, dall’altro le caratteri¬ stiche del clima nel cui dominio essa si è trovata nei periodi antecedenti all’attualità, e si trova attualmente. Per quanto ri- NOTE GEOMORFOLOGICHE SU VALBONDIONE 27 guarda quest’ultimo sappiamo già che l’azione demolitrice fon¬ damentale è la gelivazione, che si esplica su tutto il territorio ; è quindi l’ insieme dei fattori che potremmo definire locali per ciascuna vetta a darle una data forma. Tuttavia, la presenza di circhi alla loro base, col continuo arretrare delle pareti, concorre a modificare ulteriormente tale forma. Nel territorio in esame si riscontrano forme ascrivibili essenzialmente ai seguenti quattro tipi : A) Tipo a piramide irregolare. Rientrano in esso tutte le cime della parte nord del territorio, come il Pizzo di Coca (3052 m), il Pizzo di Poròla (2981 m), la Punta Scais (2959 m), il Pizzo di Re- dorta (3038 m), il Pizzo dei Tre Confini (2824 m), tutti formati da scisti argillosi della formazione di Cóllio, i cui strati immergono a N o a NO con angoli compresi tra 30° e 50°. Essi in genere pre¬ sentano il versante S o SE più ripido per la situazione a reggi- poggio, talora esaltato per la presenza di una faglia, come è il caso del Pizzo di Poròla e del Pizzo dei Tre Confini, mentre il versante opposto è a pendenza meno aspra. Sono da situare in questo gruppo anche il M. Cimone ed il M. Sasna : il primo è an¬ cora costituito da argilloscisti del Cóllio, immersi a S di 30° ed è interessato da una faglia proprio sotto la cima; l’altro consta di un basamento di verrucano lombardo a strati immersi ad E con angolo di 20°, cui sovrasta una pila di strati di Servino immersi a SE con angolo di 10°. In questi casi il versante a S o a SE è a pendio dolce, mentre verso N o NO la situazione a reggipoggio de¬ termina un pendìo più o meno ripido, in relazione alla maggiore o minore erodibilità della roccia, B) Tipo a piramide regolare. Si può riscontrare soltanto nella cima più meridionale del territorio, Cima Benfit (2172 m), in cui il calcare di ’Angolo presenta strati immersi a SE e pochissimo inclinati (meno di 10°). Dato il tipo litologico, non dovrebbe pre¬ sentare questa forma, tuttavia essa risulta dalla presenza di nu¬ merose litoclasi. C) Tipo a tronco di piramide terrazzata. Anche di esso ab¬ biamo un solo esempio al M. Vigna Soliva (2356 m) ; è formato da una base di verrucano lombardo a strati immersi a SE con an¬ golo intorno a 10°, cui si sovrappongono strati di Servino perfet¬ tamente orizzontali. 28 M. STIGLIANO D) Tipo a guglie e bastioni. Sono queste le forme caratteri¬ stiche del Pizzo di Petto (2270 m) e del Monte Vigna Vaga (2332 m), formate dal durissimo e compatto calcare di ’Esino, i cui strati immergono fortemente a S (subverticali). Più precisa- mente è il versante N che si presenta a guglie e bastioni, mentre quello a S mostra un profilo uniforme menò verticale. Forme particolari. Parlando della morfologia dei versanti si è spesso fatto cenno a residui del modellamento glaciale, mascherati o complicati da quello attuale di tipo energico-. Nell’esame delle forme particolari ritengo opportuno separare quelle nettamente glaciali da quelle crionivali. Per queste ultime ritengo valida la suddivisione pro¬ posta dal Capello [14] in forme da modellamento energico in roc¬ cia e forme da modellamento criergico in suolo terroso. a) Forine glaciali. Tenendo presente quanto detto dianzi osserviamo un primo aspetto generale del territorio nel profilo ad U delle valli. A tal proposito occorre dire che nelle tre valli del Serio, del Bondione e del Sodomia detto profilo appare asimmetrico, presentando un versante, quello destro-, generalmente più ripido dell’altro. Par¬ lando dell’evoluzione dei versanti, si è fatto cenno, per spiegare il fenomeno, al fattore strutturale, aggiungendo che un ruolo non trascurabile lo gioca qui anche l’esposizione locale. Ma la morfologia senza dubbio più appariscente si ritrova alla testata delle valli, in quegli ampi catini situati tra 1900 e 2100 m, sul cui fondo montonature e striature denunciano il pas¬ saggio dì una massa glaciale. Sono conche ampie a forma gene¬ ralmente emiciclica, col fondo piatto, spesso in contropendenza, in cui trova posto un laghetto o una torbiera. Le pareti sono verti¬ cali o molto inclinate, e per esse non si può parlare natural¬ mente di modellamento glaciale, ma soltanto crionivale, che si manifesta con falde detritiche di gravità alla loro base. Il diametro medio oscilla tra 300 e 600 m ; verso valle i circhi sono limitati e sbarrati da deboli emergenze rocciose montanate, interessate da solchi e striature glaciali (quelle emergenze chia- NOTE GEOMORFOLOGICHE SU VALBONDIONE 29 mate dai geografi francesi verrous e che noi potremmo chiamare verruche , usando un termine nettamente toscano), cui segue un salto, talora unico, talora a gradino. In tutto il territorio se ne contano in numero di otto, precisamente : — circo del Lago di Coca (2108 m), rivolto a SE ; — circo del Lago Bondione (2320 m), rivolto a SO; — circo del M. Sasna (1953 m), rivolto a N; — circo delle Foppe, a settentrione del M. Barbarossa (1874 m), rivolto a N ; — circo del Laghetto di Vigna Vaga (1892 m), rivolto ad 0; — circo a S del 1VL Vigna Vaga (2000 m), rivolto ad O; — circo di Foppana, sotto il Passo degli Omini (1933 m), rivolto a N-NO ; — circo sotto la Cima Benfit (1956 m), rivolto a N. Come si vede essi costituiscono V inizio di ciascuna valle o valletta laterale, e, per la maggior parte, sono rivolti a N e NO. La forma, in generale, rispecchia le condizioni litologiche e la giacitura: infatti, quando le pareti presentano gli strati in restata, come è il caso del Lago di Coca e del M. Sasna, il circo è perfetta¬ mente simmetrico, mentre, se 1’ intaglio provoca strati in testata da un lato e di faccia dall’altro, la forma è leggermente asimme¬ trica, come avviene nel circo del Laghetto di Vigna Vaga. L’espo¬ sizione concorre a modificare le condizioni del fondo, provocando o meno fenomeni di crioturbazione. Per quelli della parte meridio¬ nale del territorio bisogna notare che il fenomeno carsico inse¬ diatosi in essi ha prodotto variazioni ulteriori, sia sul fondo, che sulle pareti, modificandone la forma e mascherando, o talvolta anche creando, asimmetrie. In tutti i casi, al di sotto della soglia rocciosa montonata che spesso sbarra il ciglio dei circhi, le valli e vallette continuano con un profilo a salti, in roccia viva e quindi ben intagliati se questa è molto coerente, ammorbiditi da copertura erbacea (cioè da una pellicola di suolo) nel caso di roccia facilmente disgrega¬ bile ; essi sono tuttavia sempre evidenti e proseguono con spia¬ nate più o meno ampie. Queste hanno una forma molto simile a quella dei circhi, leggermente più allungata, e spesso alle loro pa¬ reti fanno riscontro, sui due versanti della valle, dei terrazzi, ora continui e ben evidenti, ora invece ridotti a bozze rocciose fram- 30 M. STIGLIANO mentarie ma facilmente collegabili. La forma e la chiara genesi da modellamento glaciale fanno propendere per il nome di « circhi in gradinata ». Mentre in quelli alti è la crioerosione ad aver mo¬ dellato le pareti, per cui si può parlare di forme miste nivali e glaciali, in questi si riscontrerebbe, come fa notare il Nangeroni [43] [49], un’azione diretta del ghiacciaio su un fondovalle plio¬ cenico inciso più o meno profondamente dal quaternario imme¬ diatamente preglaciale. In altri termini si tratterebbe di semplici dislivelli che l’azione energica preglaciale avrebbe esaltato ed i successivi ghiacciai mo¬ dellato, in particolar modo in corrispondenza di confluenze. Come dicevo prima, in connessione col tipo litologico, le gra¬ dinate dei circhi sono più o meno incise, tuttavia sempre rileva¬ bili e, nella gran parte dei casi, in corrispondenza altimetrica tra loro nelle diverse valli. Così troviamo, nella Val Bondione una spianata al Marifunt (1829 m) in corrispondenza della confluenza della vailetta del Sasna, una a Passevra (1601 m), una dopo la cascata del Tuf (1400 m) veramente grandiosa, infine quella sotto l’Asta Bassa (1275 m) poco prima di Lizzala. Nella Val Sedórnia una prima spianata è posta poco sotto il Laghetto di Vigna Vaga (1782 m), cui segue quella della Baita di mezzo di Vigna Vaga (1660 m), quindi quella delle Stalle del Prato di Vigna (1290 m). Nella Val di Coca è ben chiara quella in cui è posto il Rifugio (1892 m). Infine, per il solco del Serio, se non appare il circo alto che costituisce la testata del Barbellino, tuttavia si notano alcuni circhi in gradinata, come quello sotto il Rifugio Curò a 1350 m circa, ed il successivo di Pianlivere (1000 m circa), confluenza unica della Val di Coca e della Val Bondione. b) Forme da modellamento criergico in suolo roccioso. Di quelle positive, come rocce ruiniformi e terrazzi e spianate in roccia, si è già parlato implicitamente a proposito dei versanti. Bisogna aggiungere che, mentre i terrazzi e le spianate in roccia direttamente collegabili con i circhi risalgono al modellamento gla¬ ciale, anche se mostrano una successiva evoluzione secondo le leggi delazione energica, le rotture di pendìo intermedie si devono es¬ senzialmente a quest’ultima, favorita sia dal tipo litologico che dalla sua giacitura. NOTE GEOMORFOLOGICHE SU YALBONDIONE 31 Questi più piccoli terrazzi, infatti, si sono impostati general¬ mente lungo i piani di stratificazione, ove la neve permane più a lungo senza scivolare a valle, e produce, specie sui versanti espo¬ sti a S e SE, un’arretramento del versante parallelamente a se stesso. In generale non superano i due-tre metri di larghezza, la spianata non è perfetta in quanto la parete a monte produce de¬ trito che in parte non precipita e rimane a ricoprirlo. Tra le forme negative segnalo, al di sopra dei circhi glaciali, la presenza di forme da crioturbazione a pareti molto ripide, ta¬ lora verticali, ed a contorno larvatamente semicircolare, che si possono definire, col Capello [14], di tipo circhigeno. Il fondo non è piatto ma in leggera pendenza ed è occupato dai materiali di disfacimento delle pareti per gelivazione, frequentemente disposti in forma di nivomorene. Non esiste traccia di modellamento gla¬ ciale ed il loro raccordo col sottostante circo glaciale avviene a mezzo di un ripidissimo canalone, quasi un salto, lungo il quale il detrito si muove per criosoliflusso. Le dimensioni sono comprese nei limiti di 100-200 m di dia¬ metro medio. Tali caratteristiche collimano con quelle descritte dal Capello [14] per i « circhi crionivali ». Essi intaccano i ver¬ santi subito sotto le principali cime, isolati o a gruppi, e ne modi¬ ficano la forma, spesso riducendole a semplici costoni molto stretti. Per quanto riguarda l’altimetria, nella parte settentrionale del territorio si mantengono' a quote comprese tra 2400 e 2600 m, in quella meridionale tra 2000 e 2100 m. c) Forme da modellamento criergico in suolo terroso. Tra le forme ascrivibili a tale azione riscontrate nel terri¬ torio si può fare una distinzione in « forme fisse » — cuscinetti erbosi, nivomorene, suoli sbucciati — e « forme mobili » — suoli a gradini erbosi, frange terrose, colate di detrito — . Cuscinetti erbosi. Sotto le pendici settentrionali del M. Sasna, a quota 1950 m circa, sul fondo del circo ivi esistente, si rinven¬ gono minuscoli monticelli colonizzati da erba che costellano gran parte della torbiera. Sono su suolo pianeggiante e le porzioni oc¬ cupate da essi sono nettamente delineate da stretti solchi pro¬ fondi circa 1 m, pei quali defluisce l’acqua di fusione delle nevi. A forma emisferica, in genere non sono più alti di 30 cm ed hanno M. STIGLIANO un diametro medio intorno ai 40 cm. Per quanto riguarda la di¬ stribuzione, talvolta si raggruppano in numero di 5-10, con una distanza di 2-5 m tra un gruppo e l’altro. Nìvomorene. Accumuli di detrito di forma semilunare, leg¬ germente scostati dal pendìo, se ne osservano in quasi tutti i circhi, tuttavia gli esempi tipici li ho riscontrati in quelli del Sasna e del Barbarossa e nella fascia di circhi compresi tra il Pizzo di Petto e la Cima Benfit, cioè in quelli esposti a N o a NO. Generalmente essi fasciano il pendio da cui deriva il materiale detritico per una lunghezza oscillante tra i 100 ed i 250 m. Verso valle, la pendenza è maggiore, corrispondendo all’angolo di riposo del materiale, e la scarpata si presenta blandamente inerbata; a monte invece è dolce ed il raccordo alla falda detritica sopra¬ stante avviene mediante una cunetta larga due-tre metri. La spor¬ genza rispetto al versante non supera generalmente i 4 m. Suoli sbucciati. Sul crinale spartiacque tra la Val Bondione e la Val di Scalve, tra il Passo della Manina ed il Fles Alto, si osserva un suolo in cui la cotica erbosa è interrotta per piccoli tratti mostrando il terriccio. In genere queste sbucciature, tale è l’aspetto, non hanno forma geometrica definita e la superficie è valutabile in meno di un mq. Il fenomeno si ritrova, meno esal¬ tato forse, ma abbastanza ben riconoscibile, sotto la cima del M. Pizzul ed in corrispondenza della sella ad O del M. Sponda Vaga. Il Capello, nel suo lavoro sulla terminologia dei fenomeni crionivali [14] (pag. 184 e 275), citando anche il Troll, accenna a « . . . suoli . . . dei versanti montuosi che presentano qua e là pic¬ cole escavazioni (aventi pochi centimetri di diametro) nelle quali affiora la terra nuda, priva di erba » e ritiene che l’origine debba ricercarsi nell’azione del ghiaccio capillare esaltata da quella eo¬ lica. A mio parere, nel caso esaminato, ritroviamo esattamente le caratteristiche a cui si riferisce detto Autore, però penso che qui il vento assuma una efficacia genetica fondamentale, tenendo conto di due fatti: I) Il vento prevalente nel territorio è quello di N ; II) I fenomeni si trovano in corrispondenza di passi o di selle, oppure su sommità di versanti, esposti a N e NO. STIGLIANO M. Atti Soc. It. Se. Nat. e Museo Civ.St.Nat.Milano, Vol.CX, Tav. Atti Soc.It.Sc.Nat. e Museo Civ.St.Nat.Milano, Vol.CX, Tav. II in Versante di sinistra dell’alta Valle Soriana visto dal Rif. Coca. P.zo Recastello; 2. P.zo Tre Confini; 3. M. Cimone; 4. M. Foninolo; 5. M. Toazzo ( Stigliano ). STIGLIANO M Atti Soc. It. Se. Nat. e Museo Civ.St.Nat. Milano, Vol.CX, Tav. Ili La piana della bassa Val Bondione, poco a monte di Lizzola Alta ( Nangeroni ). La testata dell’alta Val Bondione e il passaggio dal circo più elevato a quello sottostante, attraverso un gradino di oltre 100 m. Notare la differenza di modellamento dello stesso pacco di rocce, che vennero coperte dal ghiac¬ ciaio (sul gradino) e di quelle che, emergendo dal ghiacciaio, andarono sog¬ gette allo sgretolamento dal gelo ( Nangeroni ). STIGLIANO M Atti Soc.It.Sc.Nat. e Museo Civ.St.Nat. Milano, Vol.CX, Tav. IV Paesaggio montonato nella media Val Bondione ( Nangeroni ). 1 2 Frangia terrosa e colata di detrito alla Cavàndola della Corna. 1. Pizzùl; 2. P.zo della Corna ( Stigliano ). STIGLIANO M Atti Soc.It.Sc.Nat. e Museo Civ.St. Nat. Milano, Vol.CX, Tav. V Roccioni in disgregamento nella media Val Bondione ( N anger oni ). Gradini erbosi da criosoliflusso all’Asta Bassa ( Stigliano ) STIGLIANO M Atti Soc.It.Sc.Nat. e Museo Civ.St. Nat. Milano, Vol.CX, Tav. VI 11 circo del Monte Sasna. Si noti a sinistra un arco di nivomorena ( Nangeroni ). Intensa crioclastia nell’alta Val Bondione (Nangeroni) STIGLIANO M Atti Soc. It. Se. Nat. e Museo Civ.St. Nat. Milano, Vol.CX, Tav. VII Colate di detrito a festoni nell’alta Val Bondione (vedi pagg. 33-34). (Nang eronì) Colate di detrito fine nell’alta Val Bondione. Questo paesaggio va collocato esattamente a destra del precedente (Nang croni). STIGLIANO M. Atti Soc. It. Se. Nat. e Museo Civ.St. Nat. Milano, Voi. CX, Tav. Vili Notevole arrotondamento glaciale al circo del lago di Bondione ( N anger oni ). Striature glaciali alla testata della Val Bondione ( Nangeroni ) NOTE GEOMORFOLOGICHE SU VALBONDIONE 33 Suoli a gradini erbosi. Nella Val Bondione, tra l’Asta Alta e l’Asta Bassa, ad O del Passo della Manina, si osserva un ver¬ sante il cui profilo mostra piccoli gradini disposti trasversalmente al pendio, non sempre rettilinei, spesso anzi a leggera convessità verso il basso, talora intersecantisi. Sono larghi 20-30 cm, con dislivelli intorno ai 30 cm ; il bordo è colonizzato da cotica erbosa che ne accentua il rilievo. Il versante che ospita tali torme ha una pendenza di 30° circa ed è esposto a NO. Per quel che ri¬ guarda la genesi, mi pare che essa si possa far risalire ad un distacco e scivolamento in blocco della cotica erbosa sotto l’azione del gelo, che si esplica con maggiore rapidità ed energia nelle zone di suolo scoperto tra un gradino e l’altro. Tutto ciò sembra collimare con quanto dice a tal proposito il Trtcart [58] (pag. 136). D’altro canto Y inesistenza, a quanto mi risulta, di forme simili su versanti esposti a S od a E avvalora l’ipotesi di un’azione del gelo prolungata alle stagioni intermedie. Frange terrose. Si trovano alla base del versante settentrio¬ nale del M. Sponda Vaga, poco sopra la Cavandola della Corna, a quota 1700 m circa, e si presentano molto simili a colate, spesso sovrapposte, di piccole dimensioni (pochi cm di spessore e qual¬ che mq di superficie), a concavità verso monte. Risultano formate da detrito fine e terra, spesso inerbati, ed il versante che li ospita ha una pendenza intorno ai 20u. Anche in tal caso, dunque, entra in gioco razione del gelo, ma la minor ripidezza del pendio dà luogo a forme diverse. Colate di detrito. Restano infine da segnalare, in particolare sui versanti esposti a N e NO, piccoli accumuli di detrito posti sempre in stretta dipendenza di pareti rocciose di non rilevanti dimensioni spesso soltanto spuntoni e lamine di roccia emergenti dal profilo dei versanti. Essi appaiono distanziati di qualche metro da tali pareti e se ne allontanano di più in corrispondenza di in¬ cisioni e vuoti della roccia, assumendo così la forma di festone, naturalmente rivolto a valle, lungo il quale gli elementi del de¬ trito appaiono selezionati gravitativamente e disposti secondo l’an¬ golo di riposo del materiale. Le dimensioni dei festoni sono molto varie, da 1 e 10 m di diametro medio, con una sezione che pre- 34 M. STIGLIANO senta spessore minimo sotto la paretina (metri 0,20-0,60) e sempre crescente verso la parte mediana, fino ad uno spessore massimo di 1-2 m. In genere il versante su cui sono disposti è a pendio vario, comunque non si discosta mai molto dai 25°-30°. Il fenomeno probabilmente è spiegabile secondo questa suc¬ cessione. In corrispondenza di litoclasi, razione di gelivazione si esercita più energicamente, creando le incisioni ed i vuoti ; qui la neve si accumula e permane più a lungo, esaltando tale azione, ed il detrito che si produce acquista un angolo di caduta minore di quello suo proprio, in quanto scivola; ai lati invece la coper¬ tura nevosa permane per un periodo più breve, durante il quale, per di più, non è continua ed il detrito compie un minor cammino verso valle per r aumento dell’angolo di caduta. Queste forme sem¬ brano esse mobili, almeno laddove il versante presenti pendio uni¬ forme, senza rotture, mentre al minimo addolcirsi il materiale presenta una componente terrosa che dà luogo al formarsi di col¬ loidi, cioè alla comparsa di fenomeni di crisoliflusso diversi. Il fenomeno carsico. La parte interessanta da forme carsiche è compresa tra il M. Pizzul ed il M. Sponda Vaga a N, ed il Passo degli Omini, la Cima Benfit ed il Collino a S. Essa costituisce l’appendice settentrionale, del gruppo Preso- lana-Monte Ferrante, in cui tale fenomeno trova più ampio e significativo riscontro. I terreni interessati sono il calcare dolo¬ mitico di Esine, i calcari compatti e ben stratificati della forma¬ zione di Breno (Raibliano) e la massa sovrascorsa dei calcari neri a stratificazione massiccia delle formazioni anisiche. Si tratta essenzialmente di forme superficiali molto varie sia dal punto di vista morfometrico che morfogenetico. Per quanto mi risulta, la zona in particolare non è stata mai oggetto di studio diretto, ma soltanto di accenni in margine ad indagini condotte più a meridione [16] e [36]. Essendo già in corso da parte mia uno studio particolareg¬ giato sul carso del gruppo della Presolana, in cui rientra tale parte della Val Sedórnia, mi riservo di descrivere in quella sede NOTE GEO MORFOLOGICHE SU VALBONDIONE le diverse forme, la loro genesi e la loro evoluzione ; mi limito qui a segnalarle. Una prima osservazione di carattere generale riguarda la idrografia superficiale, che è pressoché assente, limitandosi a poche pozze lacustri sul fondo delle doline. Più a valle, in cor¬ rispondenza del passaggio Ésino-Wengen, si notano alcune sor¬ genti che vanno ad alimentare il torrente Sedórnia. In generale il fenomeno carsico pare arrestarsi, nelle sue forme più rappresentative, al gradino strutturale B reno-’ Es ino nella parte più meridionale, mentre, verso N, si trovano doline e lapiez anche sul calcare di ’Esino e su quello di Prezzo. Forme superficiali. Si manifestano con lapiez, scanalature, impronte di dito, occhielli che cesellano sia la roccia in posto che i blocchi di calcare staccatisi dalle pareti per crioclastia. Nei punti più riparati queste forme evolvono rapidamente grazie al prolungato stazionare della neve, mentre sui versanti a forte pendenza sì attenuano e nel numero e nelle dimensioni. Forme miste . Consistono in numerose doline delle più diverse dimensioni, di cui si osserva la massima concentrazione nella zona di Foppana, sotto la Cima Benfit. In genere sono di piccole dimensioni, secondo una media di 20-25 m di diametro medio, tuttavia non mancano quelle più grandi. La forma è varia, con prevalenza del tipo a tegame o ad imbuto ; il margine è spesso sbrecciato ed in alcuni casi resi¬ stenza di esso tra una e l’altra è denunciato da un leggero dosso. Sul fondo si rinviene il detrito finissimo di dissoluzione del cal¬ care, misto ad elementi grossolani generati dalla crioclastia, e di inghiottitoi attivi appena mascherati da tali depositi. A SE del M. Sponda Vaga, a quota 1950 m circa, inizia una serie di minu¬ scole doline perfettamente allineate lungo l’asse del pendio ; hanno forma pianimetrica ovale, con asse maggiore lungo da 5 ad 8 m ed orientato nel senso del pendio, profondità intorno ai 3 m., fondo leggermente depresso nella parte a valle, con inghiottitoio sempre mascherato dal detrito. Si susseguono alla distanza di 5-10 m, e con ogni probabilità denunciano la presenza di una linea di frat¬ tura che ne ha favorito la localizzazione. 36 M. STIGLIANO BIBLIOGRAFIA [1] ArdigÒ G., 1954 - Notizie preliminari sul rilevamento della zona ad est di Valbondione (Bergamo). Boll. Serv. Geol. It., LXXVI, 2, Roma. 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Sulla base dei rilevamenti topografici e degli studi idrologici eseguiti mediante l’uso di traccianti si è osservato che : il sistema idrico sotterraneo si sviluppa in un unico interstrato che presenta vari livelli, con un regime normale di tipo gravitazionale ed uno di piena di tipo artesiano; i vari livelli appaiono connessi con abbassamenti del livello di base; la cavità ha subito in epoca glaciale una fase di riempimento con apporto di detriti esterni ed inversione del senso di flusso delle acque. Si constata che per una completa conoscenza del sistema manca ancora la determinazione sperimentale del bacino di alimentazione : le conoscenze attuali permettono solo di formulare alcune ipotesi. Summary. — Masera Cave near Careno (Nesso, Como Lake) and its hydrographic System. A report has been drawn up on thè present situation of thè generai knowledge concerning thè underground water System con- nected with thè Masera cave (2213 Lo). Detailed cadastral data, description and relief of thè cavity are supplied: Masera cave (2213 Lo) and Bus of Speren (2019 Lo). According to topographic surveys and to hydrologic studies carried out by means of dies it has been noticed that : thè underground water System consists of one only water-bearing stratum with different levels, having a normal gravity regimen and an artesian type flood regimen; thè different levels seem to be connected with thè basic level lowerings; thè ca- (*) Gruppo Grotte Milano - Società Speleologica Italiana. (**) Studio eseguito con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche. 40 G. CAPPA vity has undergone during thè Glac-ial Period a refilling phase where limes- tones were brought in and thè current flow of thè water was inverted. It has been ascertained that for a complete knowledge of thè System thè experimental reckoning of thè feeding basin is stili lacking: present information allow only a few assumptions. 1. - Premessa. La zona del triangolo Lariano costituisce un interessante campo di ricerche per gli studiosi del fenomeno carsico grazie alla ricchezza e complessità delle forme sotterranee: esse com¬ prendono profondi abissi verticali, grandi cavità suborizzontali con corsi d’acqua perenni e sistemi idrici sotterranei impenetra¬ bili molto particolari, tra i quali sono già note le sorgenti a flusso pulsato-rio della villa Pliniana (2034 Lo) e della Menaresta (Ma- greglio). La valle del Nosè, che da Nesso risale verso il piano del Ti- vano, assieme alle montagne che la circondano, rappreenta la zona più ricca di sistemi idrici sotterranei G). Essi sono per ora noti solo in parte : si conoscono alcuni torrenti interni, p. es. al fondo di varie cavità, e numerose sorgenti (in parte perenni e in parte temporanee) di notevole portata, le cui acque sono palesemente di provenienza non locale. Da parecchi anni il Gruppo Grotte Milano compie ricerche in questo settore. Dopo un periodo di esplorazione generica delle varie grotte si è passati ad un’indagine più sistematica, approfondendo l’esplorazione speleologica e completandola con le ricerche idro¬ logiche. La presente nota fa il punto sulle cognizioni acquisite durante gli ultimi anni di ricerche in uno di questi sistemi idrici. Benché la conoscenza del sistema non sia ancora completa, si è ritenuto opportuno pubblicare quanto è noto perchè la parte stu¬ diata costituisce un insieme abbastanza completo ed interessante dal punto di vista della interpretazione dei sistemi idrici sotter¬ ranei terminanti con sorgenti di tipo voclusiano, mentre il settore (1) Si veda la fig. 1 su cui è riportata la posizione delle cavità 2198, 2199, 2029 e 2037 Lo. LA GROTTA MASERA DI CARENO 41 Fig\ 1. — Schizzo oro-idrografico della zona soprastante la Grotta Masera. Cavità : 2019 Lo (Bus di Speren); 2029 Lo (Grotta Tacchi, corso d’acqua interno); 2037 Lo (Grotta Zelbio, corso d’acqua interno temporaneo); 2197 Lo (Bus del F rigirò, sorgente); 2198 Lo (Bòc del Castel, sorgente temporanea); 1299 Lo (Bus del Nosé, sorgente); 2213 Lo (Grotta Masera, sorgente tempo¬ ranea); 2221 Lo (Abisso Guglielmo); 2228 Lo (Grotta della Bianca Monda); 2229 Lo (Bus di Gravinale o Abisso Como); sorg. : sorgente Frigirola. Abitati : C (Careno); L (Lemna); M (Molina); m.c. (Monti di Careno); N (Nesso); Pa (Palanzo); Po (Pognana); Q (Quarzano); Z (Zelbio). Monti : 1 (M. Pòi); 2 (M. Preaola); 3 (M. di Fallo); 4 (M. Palanzone); 5 (Braga di Cavallo); 6 (P. dell’Asino). N.B. - Sono sottolineate le cavità Masera. Guglielmo e Como, in probabile connessione idrica (vedasi pag. 54). G. CAPPA 42 a monte ancora da esplorare presenta una minore importanza sotto questi aspetti e non è determinante per la valutazione del regime idrico studiato. Ambiente geologico. La Grotta Masera si apre nei calcari do- meriani (Lias) ; si tratta di calcari di colore grigio scuro, in banchi di 20 e- 30 cm di potenza, talvolta fossiliferi (sulla volta della grotta appaiono numerose impronte di Ammoniti non determi¬ nabili). Benché in tutta la regione circostante i banchi e gli strati di questa formazione siano tormentati da complessi piegamenti, nella zona interessante il sistema idrico della Masera la giacitura è assai regolare con immersione di circa 30° verso NNE e direzione WNW- ESE. Non sono segnalate in questa zona faglie o fratture di grande rilievo. 2. - Descrizione delle cavità e risorgenze. Si riportano i dati catastali già pubblicati in (10) con gli ag¬ giornamenti e le correzioni che si sono resi necessari. 2019 Lo-Bùs di Sperèn. Comune : Nesso; Località : Careno, Cascina Pecavra. Carta IGM 1 : 25. 000: 32 - IV - SE Moltrasio. Posizione : Long. 3°17'52" W M. Mario - Lat. 45053'57" N. Quota ingresso : 329 m. Speleometria : sviluppo 38 m dislivello + 5 m. Rilievi : A. Pozzi 1950; S. Dell’Oca, 1954; G. Cappa 1967 (Tavola IX, f.t.). Itinerario : dal paese di Careno si sale per la mulattiera che conduce ai monti di Careno; poco prima di giungere alla Cascina Pecavra si prende a sinistra per un piccolo sentiero orizzontale, si supera il greto del torrente originato dalle acque di piena della Grotta Masera (2213 Lo) e si giunge dopo qualche decina di metri ad uno spiazzo erboso sostenuto da un muretto ; la grotta si apre contro parete e il suo ingresso è sbarrato da un muro con porta. Sul rilievo è indicata la traccia del sentiero di accesso. Descrizione. La grotta è costituita da un’unica galleria pia¬ neggiante, alta 3 o 4 metri e poco più larga, sviluppantesi secondo LA GROTTA MASERA DI CARENO 43 la. direzione degli strati ESE-WNW. La sezione della galleria ha forma sub-triangolare: il suo soffitto è determinato dal letto dello strato superiore ; il suolo è prevalentemente composto da argilla e terriccio: si notano rivestimenti concrezionali sulla parete SW. La galleria termina con uno stretto cunicolo sopraelevato di ca. 1,50 m, percorribile per poco più di 3 metri. Sulla parete di destra en¬ trando, poco prima dell’ inizio del cunicolo terminale, si notano tracce di depositi ghiaiosi conglomeratici ricoperti da strati calci¬ tici, che formano anche il pavimento del cunicolo ; questi depositi indicano uno stato di maggior riempimento della cavità rispetto al momento attuale. Gli elementi costituenti il deposito conglomera^ tico sono di evidente provenienza esterna perchè comprendono an¬ che rocce non calcaree. Osservazioni. Un assaggio di scavo operato da S. Dell’Oca nel 1946 ha portato alla luce nel conglomerato terminale reperti osteologie! del genere Cervus. 2213 Lo - Grotta Masera. Comune : Nesso: Località : Careno, Cascina Pecavra. Carta IGM 1 : 25. 000: 32 - IV - SE Moltrasio. Posizione : Long. 3°17'49",5 W M. Mario - Lat. 45°53'56" N. Quota : 361 m. Speleometria : Sviluppo ramo principale (pianimetrico) 780 m (rilevati ; prosegue). Dislivello ramo principale — 121,4 m. Sviluppo complessivo (pianimetrico) 890 m (rilevati; prosegue). Dislivelli totali — 124 m; -f- 30 m. Principali note idrologiche : ingresso = sorgente temporanea ; n° laghi interni 8 ; numero sifoni 6 ; corso d’acqua interno perma¬ nente. Rilievi : A. Pozzi, 1949-1954; S. Dell’Oca, 1955; G. Cappa 1969 (Tav. IX, f.t.). Materiale occorrente. Attrezzature nautiche e subacquee per superamento laghi e sifoni ; n° 3 corde da almeno 30 m per la di¬ scesa di alcuni scivoli inclinati. 44 G. CAPPA N.B. - L’esplorazione della cavità è pericolosa durante i pe¬ riodi di pioggia. Poiché intercorrono poche ore tra Y inizio di una pioggia intensa e lo sbocco delle acque dall’ ingresso della cavità è necessario, prima di iniziare una esplorazione di lunga durata, sin¬ cerarsi sulle condizioni del tempo e, se la ricognizione dura più di 10 ore, conviene lasciare una squadra appoggio all’ ingresso che sia in grado di dare l’allarme in caso di sopravvenienza del mal¬ tempo. Il periodo più indicato per le esplorazioni in profondità è quello costituito dai mesi di dicembre, gennaio e febbraio quando la temperatura ambientale esterna è inferiore a 0°C. Itinerario. Come per la 2019 Lo, dal paese di Careno si sale lungo la mulattiera che conduce ai monti di Careno ; superata la Cascina Pecavra si giunge ad un ponticello in pietra che scavalca l’alveo roccioso di un torrente che diventa attivo solo quando le acque fuoriescono dall’ ingresso della grotta Masera ; immediata¬ mente dopo il ponticello si volge a destra per tracce di sentiero ; l’ ingresso della grotta dista poco più di 30 m dal ponte. L’apertura è alla base di una parete rocciosa ; massi di grandi proporzioni sono accatastati intorno all’ ingresso e nella parte ini¬ ziale dell’alveo del torrente, dove sono ricoperti da muschi che in¬ dicano il passaggio temporaneo delle acque. Questi massi impedi¬ scono di vedere l’ ingresso della grotta fino a che non si è giunti a pochi metri ; si sconsiglia la sosta nei pressi dell’ ingresso alla base della parete per il pericolo della caduta di frammenti roc- ♦ dosi : sono spesso state notate le tracce di cadute molto recenti, specie dopo i periodi di disgelo. Descrizione. Nelle linee generali la cavità è costituita dalle se¬ guenti parti : una galleria orizzontale ; un ramo ascendente fossile che si dirama a metà della galleria orizzontale a destra entrando ; un ramo discendente che parte dal termine della galleria orizzon¬ tale e porta a un primo sifone denominato « pensile » ; un secondo ramo discendente che dal sifone « pensile » porta fino al ramo at¬ tivo ; la galleria del ramo attivo comprendente un « sifone » a valle e una serie di « sifoni » a monte ; un ramo ascendente attivo che inizia al di là dei « sifoni » a monte e che finora è stato solo par¬ zialmente esplorato. Galleria orizzontale. Tutta questa galleria, orientata ESE- WNW, si presenta mediamente ampia, di sezione quasi triango- LA GROTTA MASERA DI CARENO 45 lare, essendo delimitata come per il Bus di Sperèn da un soffitto formato dal letto di uno strato, da un pavimento coperto di detriti e ciottoli e da una parete di destra costituita dalle testate di vari strati scalate generalmente con andamento obliquo ; l’altezza e la larghezza della galleria si mantengono intorno ai 4^-6 m. Questo ramo è suddiviso da alcune strozzature ed è caratterizzato dalla presenza di 3 bacini d’acqua : il primo si trova immediatamente dopo l’ingresso, ad esso fa seguito una sala, abbastanza ampia sbar¬ rata sul fondo da una grande concrezione parzialmente degenerata (latte di monte): dopo una seconda sala la galleria si stringe di¬ scendendo al 2° bacino che come il primo è temporaneo; in caso di piogge questo 2° bacino può arrivare a sbarrare il transito. La galleria quindi si rialza allargandosi notevolmente in una sala da cui parte il ramo ascendente ; essa prosegue quindi a sezione co¬ stante di 4 -f- 5 m fino al terzo lago che è quasi permanente (esso si asciuga solo in occasione di stagioni invernali particolarmente asciutto) ; pochi metri oltre il 3° lago la galleria orizzontale sbocca all’ inizio del ramo discendente, al di là del quale prosegue sotto forma di un piccolo cunicolo praticabile per soli 8 metri. Il pavimento della galleria è, per circa metà percorso, rico¬ perto da grandi massi di crollo; per la restante parte da ciottoli, tra. i quali si notano elementi cristallini, di apporto glaciale. Con¬ crezioni mammellari, vaste colate calcaree e rare stalattiti di varie dimensioni sono presenti nella galleria. Questo ramo lungo circa 200 metri non presenta difficoltà di percorso : sono necessari stivali lunghi o un canotto per il su¬ peramento del terzo lago mentre gli altri due sono generalmente aggirabili senza difficoltà. Ramo ascendente. Esso inizia a 100 m dall’ ingresso ed è co¬ stituito da una ampia galleria che risale con la pendenza degli strati; il suo pavimento è formato integralmente da una vasta colata calcarea che ha inglobato e ricoperto un cono detritico. Dopo alcune decine di metri le pareti presentano un restringi¬ mento al di là del quale si raggiunge un secondo ambiente di ri¬ dotte dimensioni ; anche qui il pavimento è coperto da una colata calcarea lattiginosa; questo ambiente termina in un cono detri¬ tico di frana contenente tracce di elementi esterni (detrito vege¬ tale, radici). Questo ramo è tipicamente fossile ; proprio per que¬ sto motivo è in tutta la cavità l’ambiente più ricco di fauna. G. CAPPA 40 L’accesso al ramo ascendente richiede una risalita su roccia che presenta qualche difficoltà; è opportuno equipaggiarsi con una corda per facilitare la discesa al ritorno. Ramo discendente . Terminata la galleria orizzontale la cavità discende con una inclinazione di circa 30° seguendo 1’ immersione degli strati. Dopo uno scivolo su roccia viva per il quale si con¬ siglia l’ installazione di una corda fissa, si giunge ad un tratto di galleria in cui il pavimento è occupato da grandi massi fra¬ nati, ricoperti di argilla che forma tipici « plastici ». Questa zona corrisponde come quota e posizione ad un ideale prolungamento del Bus di Speren : è possibile che al di sotto dei grandi massi franati si nasconda un cunicolo che porta a tale grotta; l’ostru¬ zione dell’ imbocco di questo cunicolo potrebbe giustificare il fe¬ nomeno di insenilimento e riempimento di depositi osservato nel Bus di Speren. Il ramo discendente continua con un’ampia gal¬ leria il cui pavimento è ricoperto da un deposito di sabbia; la sezione si restringe progressivamente fino a trasformarsi in un cunicolo molto basso che talora risulta completamente ostruito dalla sabbia ; dopo circa 150 m il cunicolo si allarga nuovamente e conduce ad una saletta occupata da un lago. In fondo al lago si trova un sifone che per molti anni ha costituito il termine noto della cavità; esso in realtà può essere superato in apnea senza alcuna difficoltà: la sua lunghezza non supera i tre metri e la volta si immerge neìl’acqua per pochi centimetri. Il lago si prolunga al di là del sifone per alcune decine di metri ed ha un livello praticamente sempre costante, determinato da una soglia rocciosa rimasta in corrispondenza di un ansa della galleria che per un breve tratto, da discendente secondo l’ immersione degli strati, passa ad orizzontale, secondo la direzione degli strati. Una piccola sorgente perenne, posta dal lato interno del sifone, ali¬ menta il lago; la sua portata però è così scarsa che è possibile, con un normale tubo di gomma da giardinaggio, svuotare me¬ diante sifonamento il lago pensile. Per abbassare il livello del lago di 1 m occorrono circa 20 ore. Gli ambienti al di là del sifone sono caratterizzati da una copertura omogenea di argilla che, sul pavimento, forma nume¬ rosi plastici. Subito al di là del lago la galleria presenta un salto di alcuni metri seguito da un tratto in lieve pendenza che porta LA GROTTA MA SERA DI CARENO 47 in cima a uno scivolo roccioso simile a quello da cui ha inizio il ramo discendente. Anche per discendere questo scivolo si con¬ siglia T installazione di una corda fissa che deve essere ancorata mediante un chiodo a pressione. In fondo si incontra un nuovo deposito di sabbia mista a ghiaia con elementi del diametro di alcuni mm; dopo una breve discesa la galleria diventa orizzon¬ tale e, in pochi metri, conduce al ramo attivo. Ramo attivo. Il ramo attivo inizia con una fossa profonda due metri nella quale scompaiono le acque del torrente perenne, attraverso un sifone che appare impenetrabile. Risalendo il corso d’acqua si trova una galleria perfettamente rettilinea di sezione sub-triangolare come tutte le altre gallerie orizzontali della ca¬ vità; il pavimento è occupato dapprima da grandi massi e quindi si incontra una successione di laghi. All’ inizio dei laghi sulla volta si nota un camino dal quale discende un intenso stillicidio. A poco più di 80 m dal sifone « a valle » il passaggio è sbarrato da un nuovo sifone; il primo dei sifoni a monte. Durante l’esplo- razione del 6-1-1968 sono stati superati ny 3 sifoni aventi una profondità di alcuni metri ed intervallati da due piccoli laghi; tutto il percorso è lungo nel complesso più di cento metri e deve essere effettuato mediante auto-respiratori. Ramo attivo ascendente. Al di là dei sifoni la grotta cambia morfologia; la galleria volge bruscamente a SES e risale con pendenza di 30° 35°, in senso opposto alla immersione degli strati ; essa è percorsa dalle acque del torrente perenne ed è in¬ gombra di massi di frana; le pareti ed il pavimento non sono più ricoperti da depositi argillosi ma dilavati dalle acque e la roccia tende a presentarsi degenerata e friabile. Questa galleria è stata risalita fino a un lago, al di là del quale inizia un nuovo sifone (n° 6). Esso è stato esplorato in data 25-1-1969 per circa 40 m di lunghezza e 20 di profondità senza riuscire a superarlo. La morfologia ambientale ha vari punti in comune con le gallerie attive di note grotte della valle del Nosè, come le Grotte Zelbio e Tacchi. Risorgenze. La risorgenza del corso perenne si trova presso la Villa Frigirola, 4,50 m sopra il livello medio del lago. La sua posizione è: Long. 3" 17' 59" W M. Mario Lat. 45° 54'08"N; quota m 203,6. 48 G. CAPPA Le acque sboccano da una fenditura di interstrato che sem¬ bra impenetrabile, sul fondo di una grande vasca circolare mu¬ nita di saracinesca e di presa di acqua per r alimentazione della rete della Villa Frigirola. Pochi metri più in alto, cioè 23 m sopra il livello del lago e sempre lungo il fronte del medesimo interstrato, si trova una nicchia trasformata artificialmente in grotticella, dalla quale nei periodi piovosi sgorga una sor gemella, che è verosimilmente con¬ nessa con il sistema idrico Grotta Masera-sorgente Frigirola. 3. - Cenni storici. Le prime notizie storiche sulla grotta Masera, 2213 LO, ri¬ salgono alla metà del 1800 (7) (23): la cavità era certo nota agli abitanti del posto da molto tempo prima ma le prime descrizioni risalgono al periodo di grande diffusione delle ricerche natura¬ listiche in Lombardia. E’ notevole infatti che la prima pubblica¬ zione che parla della Masera (7) si riferisca proprio ai reperti paleontologici. Nel 1800 era certamente nota tutta la galleria orizzontale iniziale; resplorazione del ramo discendente risale in¬ vece presumibilmente intorno al 1900; cenni descrittivi della gal¬ leria discendente si hanno in (1) ma è impossibile sapere se fosse già stato raggiunto il sifone pensile. E’ interessante notare che la Masera è citata in varie pub¬ blicazioni (9) (14) (16) (21) per le sue caratteristiche idrologiche. Già nel 1918 il Mariani (16) diceva: « Così le sorgenti nella Grotta della Masera vicino a Careno sono alimentate dalle acque che vengono inghiottite dalle piccole voragini che si aprono qua e là sul versante settentrionale del Monte Preaola » ; è interes¬ sante notare come le sue ipotesi coincidano sostanzialmente con le nostre attuali vedute, benché a quel tempo non fosse noto l’an¬ damento sotterraneo delle Grotte Guglielmo e Como e fosse per¬ tanto più difficile emettere ipotesi sulla struttura tettonica della zona. L’esplorazione speleologica propriamente detta della Masera è iniziata intorno al 1925, ed è stata ripresa nel dopoguerra dai gruppi speleologici di Como e Milano, che ne hanno eseguito una esplorazione sistematica e tracciato il rilievo topografico. CAPPA G. Atti Soc.It.Sc.Nat. e Museo Civ.St.Nat.Milano, Voi. CX, Tav. IX LA GROTTA MASERA DI CARENO 40 E’ stata scoperta ed esplorata la galleria fossile ascendente e, superando il deposito di sabbia nella galleria discendente, è stato raggiunto il laghetto che precede il sifone pensile. Per molti anni questo è stato il punto terminale della ca¬ vità: infatti si riteneva di avere raggiunto a quel livello la falda freatica interna e, pertanto, non si pensava che fosse possibile incontrare a breve distanza altre gallerie non allagate. Nel 1962 una ricognizione rapida effettuata dal gruppo Grotte Milano, mediante l’ausilio di autorespiratori, ha permesso di superare il sifone pensile constatando che si trattava di un ostacolo estremamente breve e che al di là la galleria proseguiva ancora in discesa. Nonostante la brevità del sifone pensile, sono stati neces¬ sari vari anni per completare l’esplorazione della parte rima¬ nente della cavità, non tanto per le difficoltà oggettive incon¬ trate, quanto perché l’esplorazione può essere effettuata senza rischio solo in brevi periodi dell’anno: i tre sifoni consecutivi nel tratto inferiore del ramo attivo sono stati superati per la prima volta il 6-1-68 e il sifone nu 6 è stato raggiunto il 25-1-69. Per dare una idea delle difficoltà che è necessario affrontare per proseguire l’ esplorazione si elencano i principali materiali occor¬ renti: oltre all’armamento con chiodi e corde di tutti gli scivoli, è necessario inviare oltre al gruppo dei tre sifoni inferiori una squadra di almeno quattro persone, ciascuna munita di proprio autorespiratore. Essi devono portare altre due bombole cariche al sifone n° 6 per consentire a due persone di proseguire verso l’ ignoto. Tutto il materiale di appoggio (viveri, telefoni, stru¬ menti topografici, pile di scorta, ecc . . .) deve passare in conte¬ nitori stagni e zavorrati per ben 5 sifoni! Sia il sifone pensile che il gruppo dei tre sifoni inferiori che il n° 6 devono essere attrezzati con linee telefoniche indi- pendenti. La durata dell’esplorazione non sarà inferiore alle 16 ~ 24 ore e richiede una punta preliminare per portare i materiali (oltre 300 Kg) al 1° sifone (pensile) e eventualmente svuotarlo con un tubo e una squadra recuperi per il loro ritorno. L’altra cavità compresa nel presente lavoro, il Bus di Speren (2019 Lo), è invece di più recente scoperta : essa appare citata solo in lavori posteriori al 1930. 50 G. CAPPA Ciò è dovuto non solo allo scarso interesse della cavità, priva di un sitema idrico attivo e di qualche interesse solo sotto l’aspetto faunistico e paleontologico, ma può essere anche attribuito alla difficile reperibilità del suo ingresso. 4. - Considerazioni sui sistema idrico. L’ importanza del sistema idrico della Masera era stata chia¬ ramente delineata quando ancora non si conosceva nulla della grotta al di là del sifone pensile e non era ancora stato definito il punto di risorgenza delle acque di un eventuale corso perenne sotterraneo. Ci riferiamo agli studi di Dell’Oca-Pozzi (10) i quali dànno una descrizione accurata dei fenomeni connessi con i re¬ gimi di piena che portano alla comparsa del torrente uscente dal- 1’ ingresso della Masera. Le considerazioni che seguono sono il frutto delle esplora¬ zioni interne (i cui risultati sono compendiati nella descrizione del paragrafo 2 ed illustrati dal rilievo topografico della tav. IX, f.t. e delle misurazioni effettuate sul corso perenne sia all’ in¬ terno della cavità che alla risorgenza (in data 29.5.1966). Il collegamento idrico tra la cavità e la sorgente della Fri- girola è stato verificato mediante una prova di colorazione con tracciante: immediatamente sopra al sifone a valle del ramo at¬ tivo interno sono stati immessi 0,500 kg di fluoresceina (gentil¬ mente fornitaci dalla Società I.C.I.) ; essi hanno determinato una colorazione molto intensa nella sorgente Frigirola: l’inizio della colorazione è avvenuto Ih 15' dopo l’ immissione del colorante. In base al rilievo della cavità che è stato completato con un colle¬ gamento di precisione tra il suo ingresso e la sorgente Frigi¬ rola, è stato possibile calcolare la distanza e il dislivello tra i due estremi del percorso sconosciuto ed inesplorabile : distanza piani¬ metrica 732 m, dislivello 34 m. Dalle osservazioni esterne risulta evidente che tutto il percorso ignoto delle acque si svolge in un medesimo interstrato e quindi, sulla base delle analisi del rilievo topografico della parte nota, si può supporre che detto percorso abbia un andamento quasi rettilineo. La velocità pianimetrica \ , media delle acque può essere pertanto calcolata come segue: v = 732 : 1,25 = 587 m/h = 0,163 m/sec LA GROTTA MASERA DI CARENO 51 tenuto conto che lo sviluppo spaziale è superiore, ma non di molto, si può presumere una velocità media reale V = 0,2 m/sec. In base alla velocità di riempimento della vasca in cui sbocca la sorgente, alla data dell’esperimento è stata valutata la por¬ tata in: Q = 50 1/sec. Chiamata con S la sezione media del condotto, poiché si ha V X S = Q, si deduce il valore della sezione media pari a : S = Q : V = 50 : 2 = 25 dm- — 0,25 m2. Il valore della sezione è dunque piuttosto basso e risultano molto scarse le probabilità di poter percorrere, sia pure con qual¬ che semplice disostruzione, il ramo che congiunge il sifone a valle alla risorgenza della Frigirola. La diluizione del colorante all’ uscita non era forte e Tonda colorata è stata molto netta: pertanto si può ritenere che non sussistano, su tutto il percorso sconosciuto, ampi bacini di capa¬ cità superiore a qualche metro cubo ; a differenza della parte co¬ nosciuta della cavità, dunque, non si presume che in questo ramo esistano laghi ed ampi passaggi. Questo fatto trova una conferma nella considerazione sulla origine e sviluppo del sistema idrico che verranno più oltre esposte. I dati sono completati da alcune misure di temperatura : temperatura acqua, sifone a valle Ti = 10,2°C temperatura acqua, sorgente Te = 10,4°C Tenendo conto che tra questi due punti l’acqua compie un dislivello di 34 m e supponendo che tutta l’energia potenziale si trasformi in calore, si otterrebbe un aumento teorico della tem¬ peratura delTacqua pari a: 34 JT = — = 0,08°C 427 Questo valore è dello stesso ordine di grandezza della diffe¬ renza misurata, dato che Terrore sperimentale può essere stimato di ± 0,1°C. G. CAPPA 52 Tutti questi dati si riferiscono a un tipico regime di magra. Esaminiamo ora invece che cosa succede nei regimi di piena che si verificano in corrispondenza di piogge eccezionali e par¬ ticolarmente nell’autunno avanzato. In queste condizioni la sezione del cunicolo che porta le acque alla sorgente Frigirola è insufficente a smaltire tutta la portata ; l’acqua risale allora la galleria discendente per un dislivello di quasi 130 m, riempie tutta la galleria orizzontale superiore e fuo¬ riesce dall’ ingresso principale della grotta che funziona pertanto da « troppo pieno ». La ricomparsa del torrente all’uscita della grotta Masera viene avvertita dagli abitanti di Careno con qual¬ che ora di anticipo per un forte rumore che proviene dall’ interno della cavità : esso è provocato dallo spostamento di alcune decine di migliaia di metri cubi di aria che avviene in un tempo rela¬ tivamente breve a causa della forte portata del torrente (che può essere stimata di qualche centinaio di litri al secondo). Contemporaneamente la portata della sorgente Frigirola au¬ menta notevolmente: infatti nel tratto di percorso sconosciuto l’acqua del ramo perenne viene sottoposta ad un aumento di pres¬ sione di ben 13 kg/cm2; essa fuoriesce violentemente dal bacino di raccolta ed in certe occasioni minaccia di allagamento la Villa stessa. L’ imponenza di questo fenomeno testimonia V importanza del bacino di raccolta delle acque, che attende tuttavia di essere an¬ cora determinato. Non è stato possibile osservare il fenomeno della piena al- l’ interno della cavità, nemmeno nel ramo orizzontale superiore, a causa del rischio che ciò comporterebbe: infatti in tali occa¬ sioni 1’ ingresso della grotta forma sifone. Si è avuta invece roccasione di seguire il fenomeno di ritiro delle acque dalla galleria discendente, nel tratto superiore al si¬ fone pensile. La discesa delle acque avviene ad una velocità rela¬ tivamente considerevole, pari ad alcuni centimetri di dislivello al minuto ; durante il ritiro si liberano numerose bolle d’aria, intrap¬ polate in sacche laterali, che provocano un moto ondoso sulla su¬ perficie libera delle acque : questo fenomeno genera, sui depo¬ siti sabbiosi, una interessante serie di ondulazioni. A questi fenomeni di periodico riempimento della galleria in¬ clinata è dovuta la particolare disposizione dei depositi sabbiosi LA GROTTA MASERA DI CARENO 53 presenti nell’ interno' della cavità. Essi si trovano dislocati in corrispondenza di gallerie inclinate a circa 30°, pendenza poco inferiore all’angolo di attrito della sabbia stessa; nei periodi asciutti si ha un lento abbassamento del deposito, che viene ri¬ portato nella posizione iniziale durante le piene. Questo movi¬ mento ciclico determina una selezione granulometrica dei depo¬ siti : gli elementi più minuti si dispongono nella parte superiore e quelli più grossolani in quella inferiore. Vi si nota inoltre una assenza totale di ciottoli e altri grossi frammenti : si può presu¬ mere che il continuo movimento della sabbia ne determini o l’af¬ fondamento o lo sminuzzamento ; si può anche esprimere 1’ ipotesi che 1’esistenza dei depositi di sabbia sia condizionata da questi fenomeni di va e vieni che determinano « in loco » la creazione della sabbia stessa per sminuzzamento degli elementi più grossi e l’asportazione, durante le piene, di quelli che sono invece dive¬ nuti troppo fini (comprese le parti di argilla). Si segnala che anche altre cavità della zona contengono analoghi depositi sab¬ biosi: se ne trova uno, ad esempio, in fondo alla Grotta Zelbio (2037 Lo). Nel ramo discendente è stata installata una serie di reci¬ pienti il cui controllo periodico ha permesso di accertare che, oltre alle piene principali che rendono attivo 1’ ingresso della grotta, si verificano numerosi casi di riempimento parziale : i recipienti per¬ mettono di misurare il massimo livello raggiunto in questi casi e di valutare la capacità dell’acqua al trascinamento degli elementi solidi : il residuo argilloso-siltoso reperito sul fondo dei recipienti indica una torbidità di 2 -f- 3 g/1. Il volume complessivo delle gallerie che devono venir riem¬ pite prima che la piena arrivi a sboccare dall’ ingresso è di qual¬ che decina di migliaia di m3: corrisponde dunque ad alcune ore di portata in regime di piena massima (circa 1 m3/sec) e spiega come un riempimento anche parziale possa consentire lo smalti¬ mento delle onde di piena meno importanti. Anche la formazione dei plastici di argilla, presenti lungo quasi tutto il percorso della galleria discendente, può essere messa in relazione con i fenomeni di periodico riempimento, cioè con un moto a senso alterno delle acque; si constata che i plastici si ringivoaniscono in occasione di ogni piena. In base a queste os¬ servazioni si può esprimere 1’ ipotesi che in generale gli ambienti 54 G. CAPPA ipogei contenenti plastici di argilla, tanto comuni in molte grotte del comasco, siano o, per lo meno, siano stati soggetti a fenomeni di periodico allagamento ; dallo stato più o meno fossile dei pla¬ stici si può ricavare una indicazione circa il ripetersi attuale delle innondazioni. 5. - Ipotesi sull’origine e formazione della Grotta Masera. Allo stato attuale delle conoscenze non si hanno elementi si¬ curi per stabilire l’esatta ubicazione ed estensione del bacino ali¬ mentatore della cavità. Osservando i rilievi di due importanti cavità verticali (Grotta Guglielmo - 2221 Lo e Grotta Como - 2229 Lo) si è stati indotti a formulare V ipotesi dell’ esistenza di una grande frattura sub- verticale (o di un sistema di fratture) che si svilupperebbe sulla direttrice Monte Palanzone, Grotte Guglielmo e Como, Monte Preaola, Valle di Kalimort. Questa frattura dovrebbe intersecare lo strato entro cui si sviluppa la Grotta Masera poche centinaia di metri a Est della zona dei sifoni del ramo attivo: la Masera potrebbe dunque rap¬ presentare una via di drenaggio, totale o più probabilmente par¬ ziale, del sistema. La presenza di vaste cavità verticali molto profonde spiegherebbe la rapidità di arrivo dell’onda di piena mentre che la scarsa portata dei regimi di magra potrebbe es¬ sere attribuita al fatto che verosimilmente la grotta non rappre- senta l’unica via di drenaggio. Resta però da verificare la reale esistenza di tale grande frattura e il suo passaggio in prossimità della Masera. Secondo un’altra ipotesi invece, il bacino alimentatore po¬ trebbe essere rappresentato dai Piani di Nesso (è da escludersi invece il Piano del Tivano perchè esso alimenta, quasi certamente, il corso interno della Grotta Tacchi - 2029 Lo): la zona è ricca di doline ed inghiottitoi ; non si conoscono altre sorgenti, sulla sponda sinistra della Valle del Nosè, più vicine ai Piani di Nesso della Grotta Masera; tuttavia anche questa ipotesi non sembra sufficientemente suffragata perchè implicherebbe che per una no¬ tevolissima distanza (6 km in linea d’aria) il reticolo idrico sot- LA GROTTA MASERA DI CARENO DO terraneo dovrebbe svilupparsi quasi tutto lungo un medesimo in- terstrato. L’orientamento dello strato lungo cui si sviluppa la cavità e l’elevato spessore della montagna ad essa soprastante (400 m) rendono poco probabile 1’ ipotesi dell’esistenza di una rete di gal¬ lerie con drenaggio locale. Infine risulta ancor più improbabile una derivazione delle acque dal letto del torrente Nosè perchè esso non dovrebbe inter¬ secare lo strato entro cui si sviluppa la Masera. A prescindere dalle ipotesi sulla provenienza delle acque, un breve calcolo consente una valutazione di massima dell’estensione del bacino imbrifero che alimenta la cavità: una portata di piena di circa 1 m3/sec corrisponde a circa 100.000 m3/giorno ed è provocata da precipitazioni di 20 -e 50 mm/giorno, pari a 20.000 -e 50.000 m3/km2. Il bacino imbrifero si deve estendere dunque per alcuni chilometri quadrati : sotto questo aspetto sia i Piani di Nesso che Tallineamento col Monte Palanzone sono ipo¬ tesi coerenti mentre resta da escludere 1’ ipotesi di una prove¬ nienza locale delle acque. Risultati più concreti ed interessanti si ricavano invece dalla analisi del sistema idrico compreso nella parte di cavità che è già stata esplorata : essa, come già sopra accennato, si sviluppa tutta lungo un medesimo interstrato; la causa originaria di que¬ sto fatto può essere ricondotta ad un fenomeno tettonico che ha provocato una superficie di discontinuità oppure alla presenza di uno strato di materiale molto meno resistente alla erosione chi¬ mica (2). Il percorso delle acque segue dapprima la linea di massima pendenza, forse pilotato da qualche piccola frattura verticale; raggiunto un livello al quale probabilmente cessano tali fratture, le acque si dirigono secondo una galleria sostanzialmente orizzon¬ tale, la quale, dopo un centinaio di metri, presenta un piccolo salto e si restringe bruscamente per trasformarsi, per i succes¬ sivi 700 m, in un cunicolo impenetrabile appena sufficiente a smaltire soltanto le acque nei periodi normali. (-') In alcuni settori della cavità, in particolare subito a monte del « si¬ fone pensile », si nota che lo strato in cui si è sviluppata orig’inariamente la galleria è minutamente fratturato e presenta numerose vene di calcite bianca perpendicolari al piano dello strato stesso. 56 G. CAPPA Al di sopra di questo stretto cunicolo si sviluppa invece una rete di gallerie molto ampie che risalgono per circa 130 m; il loro andamento è piuttosto vario e si spiega con motivi tettonici : dove la galleria ha andamento inclinato si nota quasi sempre sulla volta la traccia di una frattura in asse con la galleria ; ai tratti incli¬ nati si alternano altri settori, di lunghezza molto variabile, ad andamento orizzontale. Dalle dimensioni dei vari passaggi e dall’orientazione degli « scallops » presenti quasi dovunque si deduce facilmente che la galleria del « ramo discendente » e quella del « ramo orizzontale superiore » rappresentano il percorso più antico delle acque, men¬ tre il cunicolo che conduce alla Villa Frigirola è visibilmente di origine molto più recente. Nei due rami sopra citati si incontrano numerosi detriti di evidente apporto glaciale : essi sono più frequenti e di maggior mole in prossimità dell’ ingresso della grotta. L’origine della ca¬ vità è dunque precedente almeno all’ultima glaciazione e, verosi¬ milmente, anche parecchio più antica; durante le epoche glaciali, essendo il suo ingresso notevolmente inferiore alla superficie del ghiacciaio, si è verificato un movimento di acque dall’ ingresso verso 1’ interno, tale da poter fluitare detriti del peso di parecchi chilogrammi. Lungo il ramo orizzontale superiore, così come pure nel Bus di Speren, si notano detriti morenici cementati alle pareti : si può dunque ritenere che si siano verificati periodi di riempimento quasi completo di questi rami. Tutti questi evidenti segni di un ciclo in cui le acque flui¬ vano dall’ ingresso della grotta verso l’ interno non devono però trarre in inganno: la genesi della cavità, che è molto più antica, è differente. Alcune rapide ricognizioni effettuate sulle coste del Lago di Como, specie nella zona di Nesso, hanno messo in luce resi¬ stenza di numerose sorgenti temporanee che, come la Masera, hanno le caratteristiche seguenti : quota m 350 360 s.l.m. periodo di emissione : solo dopo forti piogge portata : o nulla o dell’ordine del m3 al secondo. LA GROTTA MASERA DI CARENO O i Tra di esse si può forse includere anche la ben nota Grotta del Fiumelatte (1501 Le) di Varenna. Si è notato che in tutti i casi esistono altre sorgenti perenni, in prossimità del lago e circa in corrispondenza di quelle tem¬ poranee. Naturalmente, a differenza della Masera, non essendo riusciti a penetrare nell’ interno, non è stato possibile verificare con traccianti le connessioni tra le sorgenti perenni e quelle tem¬ poranee. Queste constatazioni, anche se piuttosto incomplete, consen¬ tono già di esprimere l’ ipotesi che tutte le sorgenti temporanee a cui si è accennato siano state determinate dall’esistenza, in epoca precedente almeno alle due ultime glaciazioni, di un livello la¬ custre o di fondo valle posto a quota m 350 circa. Un altro re¬ litto di questo paleolivello può essere ritenuto la soglia della Ca¬ merata, a sud di Como, posta ora ad una quota poco inferiore ai 300 m. Osservando il profilo altimetrico della Grotta Masera (Ta¬ vola 2) si nota che esso approssima abbastanza bene l’andamento generale delle linee di flusso delle acque sotterranee che scorrono sotto al livello di base (24) (25). Sulla base di tutte queste considerazioni si può dunque sup¬ porre che la Grotta Masera si è sviluppata in regime freatico in un’epoca in cui il livello di base si trovava intorno a quota 350 m : essa si compone pertanto di una successione di gallerie che por¬ tano l’acqua fino ad un livello molto più basso, dal quale essa poi risale in pressione, in regime artesiano, formando una tipica sor¬ gente « voclusiana ». Conseguentemente poi all’abbassamento del livello di base esterno, le acque si sono scavate una nuova via d’uscita (il cunicolo che conduce dal « sifone a valle » alla sor¬ gente Frigirola) che sbocca in prossimità dell’attuale livello di base. Sarebbe molto interessante poter esplorare questo cunicolo : non è improbabile che anche esso segua un andamento curvilineo con un punto di quota minima situato a 150 200 dalla sorgente. Il forte dislivello tra gli sbocchi di quota 350 circa (in¬ gressi della Masera e del Bus di Sperèn, estremità superiore del ramo fossile ascendente della Masera) e la nuova sorgente può essere spiegato con il periodo di inversione del flusso delle acque G. CAPPA 58 interne, durante il quale Fazione di riempimento prevaleva su quella di escavazione, mentre all’esterno si verificava invece una rapida erosione del fondovalle che avrebbe portato, alla fine della glaciazione, ad un nuovo livello di base prossimo all’attuale. Per¬ tanto le acque interne non avrebbero avuto l’occasione di aprirsi un varco a quote intermedie. Queste considerazioni costituiscono, allo stato attuale delle conoscenze, più una serie di ipotesi che quella di vere e proprie conclusioni : occorrerà intraprendere uno studio sistematico dei fenomeni idrici temporanei di tutta l’area del Lago di Como e corredarlo con attente osservazioni sui depositi morenici, sui li¬ velli di argille, ecc. per ottenere un quadro più completo ed una datazione più sicura, ma uno studio di questo genere, che viva¬ mente si auspica possa essere presto iniziato, trascende i limiti della presente ricerca. 6. - Conclusioni. I risultati degli studi compiuti sulla Grotta Masera hanno portato alle seguenti conclusioni : — la grotta si sviluppa in un unico interstrato con un regime idrico normalmente di tipo gravitazionale che diviene ascen¬ dente artesiano nei periodi di piena ; — la presenza di più livelli (fossile, temporaneo, permanente) in¬ dica che lo sviluppo della cavità è connesso con una evolu¬ zione della morfologia esterna, comportante un abbassamento del livello di base; — l’esistenza di detriti interni di apporto glaciale dimostra che la cavità preesisteva alle glaciazioni e che, nonostante l’ap¬ parente violenza delle alluvioni attuali, la forma dei rami superiori non è sostanzialmente mutata nel corso del quater¬ nario recente (Olocene); — la presenza di detriti morenici cementati contro le pareti e di depositi argillosi stratificati fa supporre che in un periodo glaciale la grotta sia stata in buona parte obliterata e che l’attività idrica abbia subito una inversione rispetto a quella attuale ; LA GROTTA MASERA DI CARENO 59 — resta ancora da identificare l’esatta, ubicazione ed estensione del bacino alimentatore : si sono formulate varie ipotesi ma solo due di esse appaiono plausibili. Solo ulteriori ricerche esterne e la prosecuzione dell’esplorazione interna potranno completare questa conoscenza. Ringraziamenti. Ringrazio in modo particolare il prof. Giuseppe Nangeroni, che è stato per molti anni il Presidente e animatore del Gruppo Grotte Milano, per gli aiuti, i consigli e gli insegnamenti che Egli ci ha elargito. Ritengo doveroso dare il giusto riconoscimento all’opera degli amici del Gruppo Grotte Milano che hanno partecipato disinteressatamente per molti anni alla realizzazione di questa ricerca; tra quanti hanno maggiormente collaborato alle campagne di esplorazione, rilevamento e studio, ricordo in particolare: Tito Samoré (che ha per primo superato il sifone pensile, por¬ tando alla scoperta del ramo attivo), Sandro Corno, Vincenzo de Michele, Lia De Sanctis, Enrico Ferri, Alberto e Cesare Nadalini, Roberto Potenza, Renato Tommasini, Paolo Vismara. Rngrazio inoltre la Società I.C.I. che ci ha fornito il colorante (fluo- resceina) impiegato per le ricerche idrologiche. BIBLIOGRAFIA Bìb lio grafia specifica . v (1) Anonimo, 1901 - Alla Grotta della Maséra presso Como. Riv. Mens. CAI, Torino, 20 (1), pg. 15 (posizione, descrizione accurata del ramo principale, osservazioni sulle concrezioni e fauna). (2) Anonimo, 1953 - Vita del Gruppo Speleologico Comasco. Rass. Spel. It., Como, S (3), pg. 92-94 (attività e ricerche nella 2019 Lo e 2213 Lo). (3) Bertarelli L. V., 1939 - Guida d’ Italia del T.C.I., Lombardia. VI ed., Milano, pg. 312 (citazione della 2213 Lo). (4) Boegan E., 1928 - La speleologia in Italia nell’anno 1927. Le Grotte d’Italia, 2 (1), pg. 5 (citazione della 2213 Lo). (5) Cantù C., 18 . . . - Como e il suo lago. Ed. Brigola, Milano, pg. 35 (ci¬ tazione della 2213 Lo). (6) Caselli C., 1906 - Speleologia (studio delle caverne) - Ed. Hoepli, Mi¬ lano, pg. 89 (cenni della 2213 Lo). (7) Cornalia E., 1850 - Su alcune caverne ossifere dei monti del Lago di Como. Nuovi Ann. d. Se. Nat., Bologna, pg. 18 (descrizione della 2213 Lo). G. CAPPA 60 (8) Curti P. A., 1872 - Il Lago di Como e il Pian d’Erba. Escursioni au¬ tunnali Ed, Brigola, Milano, pg. 61 (citazione della 2213 Lo). (9) De Alessandri G., 1915 - La Fonte e la Villa Pliniana sul Lago di Como. Periodico d. Soc. Storica Comense, 21, pg. 5 (citazione della 2213 Lo). (10) Dell'Oca S. -Pozzi R., 1958 - Primo contributo alla conoscenza del fe¬ nomeno carsico nella provincia di Como. Atti Vili Congr. Naz. d. Spel., Como 1956, pg. 138 (dati completi sulla 2019 Lo), pg. 153-156 (dati completi, fino al sifone pensile, sulla 2213 Lo). (11) Focarile A., 1950 - Contributo alla conoscenza faunistica delle cavità della Lombardia Occidentale. Rass. Spel. It., Como, 2 (1-2), pg. 42. (12) Erico P. 1899 - Il Lago di Como. Nuova guida con illustrazioni e carta orografica. Ed. Ostinelli, Como, pg. 165 (citazione della 2213 Lo). 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(Sono esposte in sintesi le varie ipotesi speleogenetiche degli Autori anglosassoni : — teorie di Swinnerton, pg. 62 -y 64, fig. 20; — teorie di Davis, pg. 64-^65, fig. 21; — teorie di Bretz, pg. 65 -y 70, fig. 23 (seallops); — teorie di Rhoades & Sinacori, pg. 70 -f- 72, fig. 24). (25) Chiesa P., 1962 - Alcuni problemi dell’ idrologia carsica. Atti Convegno di Speleologia Italia ’61, Torino, pg. 113 -4- 123 (l’Autore nota che molte cavità sviluppate in regime freatico hanno andamento curvo, ascendente in prossimità dello sbocco). (26) Gèze B., 1962 - Sur quelques caractéristiques fondamentales des circu- lations karstiques. Atti II Congr. Internaz. Spel. {Bari, 1958), 1°, pg. 3 -f- 22 (citando le esperienze eseguite in Francia con traccianti, si indicano velocità medie di traslazione delle acque comprese tra 5 e 100 m/ora, rispetto alle quali la velocità misurata alla Masera — 587 m/h — risulta eccezionalmente elevata). (27) Glennie E. A., 1954 - The origin and development of cave sistems in limestones. Transactions of C.R.G., 3, nJ 2 (l’Autore afferma che in regime artesiano le acque limpide tendono a dare pareti con superfici levigate e « flow-marks » ; le acque torbide invece provocano incisioni profonde nei giunti di stratificazione e lungo le fratture). Atti Soc. It. Se. Nat. e Museo Civ. St. Nat. Milano - 110/1: 62-68. 15-III-1970 Carlalberto Ravizza OSSERVAZIONI SUI BEMBIDION NETOL1TZKY ANUM SCHATZM. E B. SCHMIDTI WOLL. ( Coleoptera , Carabidae ) Studi sui Bembidion. V Contributo Riassunto. — Il Bembidion ( Emphones ) netolitzkyanum Schatzm. de¬ scritto come t azza del B. tenellum Er., è in realtà una buona specie. Seguono alcune considerazioni sui Bembidion ( Nepha ) schmidti ssp. jeanneli Dew. e ssp. alluaudi Ant. ; il primo descritto di Francia è presente anche ai confini italiani, il secondo descritto del Marocco è diffuso anche nella Sierra Ne- vada (Spagna). Sumrrtary. — Note* on Bembidion netolitzkyanum Schatzm. and B. schmidti Wall. The Bembidion ( Emphanes ) netolitzkyanum Schatzm. descri- bed as a race of B. tenellum Er., is a good species well distinguishable. Some considerations on Bembidion {Nepha) schmidti sbsp. jeanneli Dew. and sbsp. alluaudi Ant. follow; thè first described of France is present also in Italy, thè second described of Marocco lives also in Spanish Sierra Nevada. Nella presente nota prenderò in considerazione alcune entità del genere Bembidion Latr., ben rappresentate nelle collezioni del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, che ho potuto stu¬ diare grazie alla cortesia del Direttore Prof. C. Conci. Bembidion (Emphanes) netolitzkyanum Schatzm. Esaminando la serie tipica ( holotypus , cdlotypus e 2 para- typi) del Bembidion tenellum (]) ssp. netolitzkyanum Schatzm. (1940; Natura, pp. 33-34), notai che questi esemplari, pur avendo (') Il B. netolitzkyanum Schatzm. era stato descritto come razza del B. moeoticum Kol. Wagner (1930, Col. Centr., Berlin, pp. 19-26) stabilì che moeoticum Kolenati 1845 cade in sinonimia di tenellum Erichson 1836. OSSERVAZIONI SUI BEMBIDION NETOLITZKYANUM ECO. una facies che richiamava assai davvicino il B. tenellum Er., se ne allontanavano sensibilmente per i due caratteri messi in evi¬ denza dal descrittore, cioè : solchi frontali del capo non prolun¬ gati sul clipeo ed assenza quasi completa della settima stria eli- trale. Già Schatzmayr (1940) era rimasto assai perplesso sul va¬ lore sistematico da attribuire a questi esemplari, ch’egli aveva raccolto in Palestina in una palude presso Haifa ; dopo avere in¬ terpellato Netolitzky il quale aveva espresso il giudizio che, pur non escludendo che si trattasse di una nuova specie, propendeva per una razza del tenellum Er., decise di attribuirlo con riserva al Bembidion tenellum Er. quale razza geografica. In un secondo tempo sembra tuttavia che Netolitzky abbia mutato il suo giu¬ dizio, come risulta da due cartellini posti sotto uno dei quattro esemplari della serie tipica ; infatti sul primo cartellino auto¬ grafo è scritto testualmente : « non ! moeoticum. 6 Punktreihen (7a vacat). Clypeus fast glatt n. sp. Netol. » e sul secondo cartel¬ lino « netolitzkyanum n. sp. ». Poiché i Carabidae in genere ed i Bembidion in particolare hanno nell’organo copulatore maschile caratteri tassonomici sta¬ bili e di sicuro valore, ho creduto opportuno esaminare in tal senso gli esemplari a mia disposizione, per verificare se le differenze ri¬ scontrate basandosi sullo studio deH’esoscheletro si ripetessero ed a quale livello nell’edeago. Avendo provveduto a fare dei prepa¬ rati in Baiamo del Canada degli edeagi dei due esemplari $ S (ko- lotypus e paratypus) di questa entità, li ho confrontati con quelli del Bembidion tenellum Er. str. s., accertando delle notevoli dif¬ ferenze. Infatti già il contorno del lobo mediano delhedeago del B. netolitzkyanum Schatzm., con la parte distale più incurvata ed apice più sporgente, differisce da quello del B. tenellum Er. ; inoltre anche la parte flagelliforme delle membrane è molto svi¬ luppata e con una conformazione ondulata nel B. netolitzkyanum Schatzm., mentre nel B. tenellum Er. è breve e rettilinea (Fig. 1). Per i caratteri della morfologia esoscheletrica e per quelli dell’organo copulatore maschile, il Bembidion netolitzkyanum Schatzm. va per certo separato dal Bembidion tenellum Er., e con¬ siderato una buona specie. Risulta per contro difficile stabilire con esattezza la posizione sistematica del B. netolitzkyanum Schatzm. rispetto alle altre entità del sottogenere Emphanes Motsch. Tenendo conto sia del carattere « solchi frontali paralleli non prolungati sul clipeo » sia di quello « parte flagelliforme delle (14 C. RAVIZZA membrane assai sviluppata », ritengo che il B. netolitzkyanum Schatzm. vada situato più vicino al B. latiplaga Chaud. che al B. tenellum Er. Sarà tuttavia necessario un approfondito esame Fig\ 1. — Lobo mediano dell’edeago: in alto di Bembidion ( Em - phanes ) netolitzkyanum Schatzm. ( holotypus ); in basso di Bembi¬ dion ( Emphanes ) tenellum Er. di Metkovich (Dalmazia). di tutte le entità del sottogenere Emphanes Motsch., finora accer¬ tate nel bacino del Mediterraneo per poter chiarire con maggior certezza la questione anche dal punto di vista filogenetico (2). (2) Mùller (1918, Kol. Rund., p. 31) riassume la filogenesi del ssg. Emphanes Motsch. basandosi sulla evoluzione dei solchi frontali del capo. Ritiene di tipo primitivo un gruppo di specie ( normannum , lais, latiplaga e minimum) i cui solchi frontali decorrono paralleli arrestandosi al livello della piega frontale; di tipo più evoluto il tenellum Er. (= moeoticum Kol.) i cui solchi frontali sono prolungati sul clipeo da due sottili linee conver- gnti ; di tipo ancora più evoluto il quadriplagiatum Motsch. e Vazurescens Wagn. ( = tenellum auct. nec Er.) i cui solchi frontali già convergenti sulla fronte proseguono sul clipeo colla stessa direzione ed evidenza. OSSERVAZIONI SUI BEMBIDION NETOLITZKYANUM ECO. Bembidion (Nepha) schmidti ssp. jeanneli Dew. et ssp. alluaudi Ant. Nella ricca collezione di Coleotteri donata recentemente dal P. Prof. Carlo Brivio al Museo di Storia Naturale di Milano, era compreso anche un lotto di Bembidion indeterminati che ebbi modo di studiare e classificare. Assieme a numerosi esemplari di varie località italiane, appartenenti a specie a larga diffusione, vi erano anche due esemplari $ S , raccolti nella Forèt de Turini (Alpi Marittime), che in base alle tabelle dicotomiche elaborate da De Monte (1952, Mem. Soc. Ent. It., pp. 85-95) determinai come Bem¬ bidion schmidti ssp. jeanneli Dew. Poiché fino a quel momento non avevo avuto occasione di esaminare alcun esemplare appar¬ tenente a questa rara entità che non era rappresentata neppure nelle collezioni del Museo di Milano, ritenni opportuno poterli con¬ frontare coi tipi. Dal Museo di Storia Naturale di Parigi, rice¬ vetti runico esemplare o , cartellinato typus colà conservato, che risultò identico agli esemplari in mio possesso (3). Questa entità fu descritta da Dewailly (1951, Rev. Fr. d’Ent., p. 91) come specie propria, su una serie di esemplari pro¬ venienti dalle Alpi Marittime: Vallèe du Boréon (typus), Madone de Fenestre, l’Authion, St. Dalmas le Selvage, le Pra, Vens, le Veyans; dalla Corsica: Corte; dall’Ariège: Ax-les-Thermes ; dai Pirenei Orientali: Amèlie-les-Bains, Prats de Mollo. Successiva¬ mente De Monte, 1952, studiando alcune entità del sottogenere Nepha Motsch. appartenenti ai gruppi dei Bembidion genei Kiist., callosum Kiist. e schmidti Woll., accertò l’appartenenza del B. jeanneli Dew. alla linea filetica del B. schmidti Woll. del quale rappresenta una razza geografica. Anch’io ebbi modo di occuparmi della questione (1968, Boll. Soc. Ent. It., pp. 30-36) e verificai l’esattezza di quanto affermato da De Monte. Tutte le località nelle quali il Bembidion schmidti ssp. jean¬ neli Dew. fu catturato nelle Alpi Marittime, si trovano in prossi¬ mità del confine con 1’ Italia. Secondo l’ interpretazione estensiva (3) Ringrazio a questo proposito l’amico Dr. C. Leonardi, Conservatore del Museo di Milano, e M.me Bons del Museo di Parigi, pel tramite dei quali ho potuto avere in visione il typus del Bembidion schmidti ssp. jeanneli Dew. C. RAVIZZA <><; data da Luigioni e seguita poi da Magistretti (1965, Cat. Car., p. 3) il confine occidentale italiano dovrebbe situarsi sul corso del Varo. Adottando un criterio più proprio da un punto di vista geo¬ grafico si può assumere come confine lo spartiacque che divide il bacino del Varo da quelli del Roia e del Paglione ; esso corre lungo il crinale di quel contrafforte delle Alpi Marittime, che dal Monte Clapier scende verso il mare fino a Nizza. Scarsa importanza hanno i confini politici stabiliti daH’Uomo nei riguardi delle di¬ stribuzioni delle specie, tuttavia da un punto di vista corologico si può in ogni caso considerare il Bembidion schmidti ssp. jean- neli Dew. appartenente anche alla fauna italiana. Nessun cenno è stato fatto da Dewailly riguardo all’habitat di questa sottospecie probabilmente non strettamente legata al¬ l’ambiente ripicolo di montagna, ciò che giustificherebbe la ra¬ rità dei reperti (4). Non si può escludere che in futuro possa es¬ sere trovata anche in altre località del versante piemontese delle Alpi Marittime particolarmente nelle valli del Cuneese. Per la determinazione del Bembidion schmidti ssp. jeanneli Dew. si possono utilizzare le ottime tabelle dicotomiche di De Monte (pubbl. cit.) riportate integralmente anche da Porta(1959, Fauna Col. It., Suppl. 111°, pp. 18-19) alle quali rinvio, limitan¬ domi a dare una illustrazione (Fig. 2) del lobo mediano dell’edeago di questa entità e di quello del Bembidion callosum Kiis.t., col quale potrebbe essere confuso da un esame superficiale limitato alla morfologia esoscheletrica. Il Bembidion schmidti ssp. alluaudi Ant. è ben rappresentato nelle collezioni del Museo di Storia Naturale di Milano, da nume¬ rosi esemplari (5 SS e 11 2 2) provenienti da diverse località delFAtlante del Marocco. Vi sono inoltre altri 14 esemplari (6$ S ed 8 2 2) della penisola Iberica: Sierra Nevada, attribuiti da Schatzmayr al Bembidion alluaudi Ant. (sensu Antoine). Questi ultimi esemplari della Spagna non vennero studiati da De Monte (4) Ho personalmente cercato il B. schmidti ssp. jeanneli Dew. in alcune delle località indicate dal descrittore (V. du Boréon, l’Authion, Ax-les- Thermes), ma senza successo. OSSERVAZIONI SUI BEM8IDI0N NETOLITZKYANUM ECC. in occasione della sua revisione del gruppo ; io pure, riprendendo il problema delle razze del gruppo callosum schmidti, li attribuii dubitativamente al Bembidion schmidti ssp. alluaudi Ant., poiché a quell’epoca non conoscevo in natura il B. schmidti ssp. jeanneli Dew. Avendo ora provveduto al confronto posso confermare la mm 0,5 F. 2. — Lobo mediano dell’edeago: in alto di Bembidion ( Nepha ) schmidti ssp. jeanneli Dew. della Forèt de Turini (Alpi Marittime); in basso di Bembidion (Nepha) callosum Kiist. di Monte Limbara ( Sardegna). determinazione di Schatzmayr in quanto tutti gli esemplari della Sierra N evada appartengono al Bembidion schmidti ssp. alluaudi Ant. Antoine (1955, Col. Car. Maree, p. 159) cita la cattura di questo Bembidion anche del Tibesti alla sommità (m 3.400) del- T Emi Koussi, ciò rende assai singolare la distribuzione del B. schmidti ssp. alluaudi Ant. localizzato in aree montane condate da regioni aride a clima mediterraneo o subdesertico. 68 C. RAVIZZA BIBLIOGRAFIA CONSULTATA Antoine M., 1955 - Coléoptères Carabiques du Maroc. Mémoires Societé des Sciences naturelles et physiques dii Maroc, 1, Rabat-Paris, pp. 158-159. De Monte T., 1952 - IV Contributo alla conoscenza dei Bembidiini paleartici. Memorie Società Entomologica Italiana, 31, Genova, pp. 85-95. Dewailly M., 1951 - Note sur un Peryphus nouveau de France. Renne Fran- caise d’ Entomologie, 18, Paris, p. 91. Lindroth C. H., 1960 - The Ground-Beetles of thè Azores. With some Re- flexions on Over-seas Dispersal. Boletin do Museo Municipal do Fun- chal, 13, Funchal, pp. 8-10. Magistretti M., 1965 - Coleopteì'a: Cicindelidae, Ca.rabidae - Catalogo Topo¬ grafico. Fauna d’Italia, 8, Ed. 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CESARE CONCI Registrato al Tribunale di Milano al N. 6574 SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (Data di fondazione: 15 Gennaio 1856) \ - - - Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle Scienze Naturali. I Soci possono essere in numero illimitato. I Soci annuali pagano una quota d’ammissione di L. 500 e L. 4.000 all’anno, nel primo bimestre dell’anno, e sono vincolati per un triennio. Sono invitati alle sedute, vi presentano le loro Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti e la Rivista Natura. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargizioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale o reso segnalati servizi. La proposta per l’ ammissione d’un nuovo Socio deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Consiglio Direttivo. La corrispondenza va indirizzata alla « Società Italiana di Scienze Naturali, presso Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia 55, 20121 Milano ». 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Tener presente quale riduzione dovranno subire i disegni, nel calcolare le dimensioni delle eventuali scritte che vi compaiano. Gli zinchi sono a carico degli Autori, come pure *-f le tavole fuori testo. Le citazioni bibliografiche siano fatte possibilmente secondo i seguenti esempi: Grill E., 1963 - Minerali industriali e minerali delle rocce - Hoepli, Milano, 874 pp.; 434 figg., 1 tav. f. t. Torchio M., 1962 - Descrizione di una nuova specie di Scorpaenidae del Mediter¬ raneo: Scorpenodes arenai - Atti Soc. Tt. Se. Nat. e Museo Civ. St. Nat. Milano, Milano, 101, fase. II, pp. 112-116, 1 fig., 1 tav. Cioè: Cognome, iniziale del Nome, Anno - Titolo - Casa Editrice, Città, pp., figg., tavv., carte; o se si tratta di un lavoro su un periodico: Cognome, iniziale del Nome, Almo - Titolo - Periodico, Città, voi., fase., pp., figg., tavv., carte. ( segue in quarta pagina di copertina) INDICE DEL FASCICOLO I Stigliano M. - Note geomorfologiche sul territorio di Valbondione (Alta Val Soriana, Alpi-Prealpi Oróbie) . Pag. 5 Cappa G. - La Grotta Muserà di Careno (Nesso, Lago di Como) e il • suo sistema idrografico . . » 39 Ravizza C. - Osservazioni sui Bembidion netólitzkyanum Scliatzm. e B. schmictti Woll. ( Coleoptera , Carabidae ) Studi sui Bembidion. V Contributo . . » 62 ( continua dalla terza vagina di copertina ) La Società concede agli Autori 50 estratti gratuiti con copertina stampata. Chi ne desiderasse un numero maggiore è tenuto a farne richiesta sul dattiloscritto o sulle prime bozze. 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