9/t ( S ! ! 3T a ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI . E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MILANO VOLUME CX Anno 1970 Pubblicato con il contributo del C.N.R. MILANO 1970 * INDICE Bulloni S. & OROMBELLI G. - Osservazioni e misure su alcuni tipi mor¬ fologici nei campi solcati del Carso triestino . • • • » • Brambilla G. - Le ammoniti domeriane di Clivio (Varesotto) . Cappa G. - La Grotta Masera di Careno (Nesso, Lago di Como; e il suo sistema idrografico . Charrier G. & Maxia C. - Nuovi reperti di foresta pietrificata a Zuri-Soddì entro la formazione dei tufi eomioeenici (Lago del Tirso, Sardegna centrale) . Fierro G. - I minerali pesanti nei sedimenti marini del Golfo dell 'Asi¬ nara e delle Bocche di Bonifacio . Leonardi C. - Materiali per uno studio filogenetico del genere Psyl- ìiocles ( Coleoptera Chrysomelidae . . Mainardi D., Mainardi M., Pasquali A. and Zafra C. F. - Adoption of mice by golden hamsters . Nangeroni G. - Appunti sulla geomorfologia del triangolo lariano . Pesarini C. - I Chiloneus italiani, con descrizione di tre nuove specie e di un nuovo sottogenere (Vili Contributo alla conoscenza dei Coleotteri Curculionidi) . Petrovitz E, - Zwei neue Apliodiinae aus dem Gebiet des Koten Meeres Coleoptera Scarabaeidae ) . Pigorini B., Soggetti F. & Veniale F. - Studio petrografia di alcune serie sedimentarie mio-plioceniche quaternarie del Pedeappennino vo¬ gherese (Valli dei torrenti Pile e Brignolo - Prov. Pavia) . Pont A. C. - Bezzi’s species of Fijian Muscidae ( Diptera ) Pag. 317 » 256 » 39 » 224 » 155 » 201 » 150 » 69 » 373 » 387 » 277 » 418 Ravizza C. - Osservazioni sui Bembidion net olii zhyanum Schatzm. e B. schmidti Woll. ( Coleoptera , Carabidae). Studi sui BemUdion. V Contributo . Robotti C. - Hypsibius (D.) ramazzottii spec. nov. e Macrobiotus avi- glianae spec. nov. (Primo contributo alla conoscenza dei Tardigradi del Piemonte) . Stigliano M. - Note geomorfologiche sul territorio di Valbondione (Alta Val Seriana, Alpi-Prealpi Oróbie) . Tortonese E. - A note on thè generic name Cerna Bp. ( Pisces , Ser- ranidae ) . Wolf H. - W egwespen aus dem Museo Civico di Storia Naturale in Mailand ( Hymenoptera Pompiloidea) . » 62 » 251 » 5 » 198 » 391 434 INDICE Società Italiana di Scienze Naturali Consiglio Direttivo per il 1970 Pag. 425 Museo Civico di Storia Naturale di Milano Personale scientifico, tecnico e amministrativo (1970) ...» 425 Cronaca Sociale della Società Italiana di Scienze Naturali Adunanze sociali . » 426 Contributi straordinari . » 430 Contents . » 431 Indice » 433 Data di pubblicazione dei singoli fascicoli Fascicolo I (pp. 1-68) . . . . 15 Marzo 1970 Fascicolo li (pp. 69-200) . . . . . 1 5 Giugno 1970 Fascicolo III (pp. 201-316) . . . . 15 Settembre 1970 Fascicolo IV (pp. 317-434) . . 15 Dicembre 1970 Pavia — Editrice Succ. Fusi — 15 Dicembre 1970 Direttore responsabile: PROF. CESARE CONCI Registrato al Tribunale di Milano al N. 6574 ATTI DELLA V PR1971 V// SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI > E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MILANO VOLUME CX Fascicolo II Pubblicato con il contributo del C.N.R. MILANO 15 Giugno 1970 SOCIETÀ’ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI CONSIGLIO DIRETTIVO PER IL 1970 Presidente: Nangeroni Prof. Giuseppe (1970-71) ( Viola Dr. Severino (1970-71) Vice-Presidenti: ^ qonci prof. Cesare (1969-1970) Segretario: De Michele Dr. Vincenzo (1970-71) Vice-Segretario: Buscaglia Cav. Italo (1969-1970) Cassiere: Consiglieri : (1970-71) Bibliotecario : Turchi Rag. Giuseppe (1970-71) Magistretti Dr. Mario Marchigli Ing. Giorgio Moltoni Dr. Edgardo Ramazzotti Ing. Prof. Giuseppe SCHIAVINATO Prof. GIUSEPPE Taccani Avv. Carlo Schiavone Sig. Mario MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MILANO PERSONALE SCIENTIFICO Conci Prof. Cesare Pinna Dr. Giovanni Cagnolaro Dr. Luigi De Michele Dr. Vincenzo Leonardi Dr. Carlo - Direttore (Entomologia) - Vice-Direttore (Paleontologia e Geologia) - Conservatore (Teriologia ed Ornitologia) - Conservatore (Mineralogia e Petrografia) - Conservatore (Entomologia) PERSONALE TECNICO Lucerni Cav. Giuliano - Capo Preparatore Bucciarelli Sig. Italo - Vice Capo Preparatore (Insetti) Giuliano Sig. Giangaleazzo - Preparatore (Vertebrati) Bolondi Sig. Lauro - Preparatore Spezia Sig. Luciano - Preparatore (Fossili) EDITRICE SUCC. FUSI - PAVIA Atti Soc. It. Se. Nat. e Museo Civ. St. Nat. Milano - 110/2: 69-149, 15-VI-1970 Giuseppe Nangeroni APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO (*) Riassunto. — Vengono esaminati e discussi i rapporti tra struttura (tet¬ tonica e litologia) e geomorfologia del territorio montuoso planimetrica¬ mente triangolare Como-Bellagio-Lecco nelle Prealpi comasche, tutto in for¬ mazioni mesozoiche (dal carnico al cretacico), piegate e fagliate con ten¬ denza a rovesciamenti a sud e con assi prevalentemente O-E. Vengono quindi riconosciuti da una parte notevoli rapporti diretti e positivi tra i due fatti, dall’altra viene riconosciuta una notevole difficoltà nella ricerca interpre¬ tativa e nella datazione di superfici cicliche (sistemi altimetrici di mon¬ tagne, terrazzi in roccia probabilmente ciclici, piani carsici glacializzati, ecc.). Osservazioni sul glacialismo quaternario. Vengono quindi esaminati anche i problemi inerenti a.d una probabile antica derivazione della idrografia val- lassinese da una provenienza orientale al di là del Lario lecchese (Grigne). Résumé. — Notes sur la géomorphologie du « Triangolo lariano ». On examine et on discute les rapports entre la structure (tectonique et lithologique) et la géomorphologie du territoire montagneux planimétri- quement triangulaire Como-Bellagio-Lecco dans les Préalpes de Cóme; il s’agit de formations mésozoi'ques (dès le Carnique jusqu’au Crétacé) avec des plis et failles qui ont la tendance à se renverser au sud et dont les axes ont surtout la directions O-E. On reconnait d’une part des remar- quables rapports direets et positifs entre le deux faits, d’autre part on remarque une notable difficulté dans l’ interprétation et la datation des sur- faces cycliques (systèmes altimétriques des montagnes, terrasses en roche probablement cycliques, plans karstiques deformés par l’action glaciaire, etc.). Observations sur les phénomènes glaciaires de la période Quaternaire. Enfin au su jet de ì’hydrographie dans la zone de la Vallassina on examine mème les problèmes d’une probable dérivation ancienne de l’est, de l’autre part du Lario de Lecco (Grigne). CVO/ Giura : rosso ammonitico, radi ola ri ti Lias: calcari selciosi e calcari marnosi In Fra lias: calcari rupestri a Conchodon Reti co: calcari marnosi madreporici, marne N ori co: calcari dolomitici Carnico : marne e gessi Antidi nati Sinclinali ernobbio Fig\ 4. — Carta geologica schematica del Triangolo Lariano. Anticlinali : 1. Brunate-Cornizzolo-Rai (marginale); 2. Bolettone-Corni di Canzo-Mori- gallo; 5. Palanzone-Morigallo nord; 7. Piano Rancio-Croce di Magreglio- Castel di Leves; 9. Nuvolone; 11. Garnasca. Sinclinali: 3. Merma-Alpe Turati-Vai Ravella; 4. Pizzo dell’Asino; 6. Val Nosé; 8. Civenna; 10. Che- vrio; 12. Loppia, ecc. 82 G. NANGERONI Infralias (= dolòmia « Conchodon »). Calcari dolomitici ru¬ pestri, stratificati o massicci, molto compatti, caratterizzati dai Conchodon, di dimensioni spesso molto notevoli. In qualche raro punto presenta una facies marnosa. Forma strisce caratteristiche di pareti o di ripidissimi pendii, ben visibili anche perchè com¬ prese tra i blandi pendii del sottostante retico e i verdi pendii non ripidi del sovrastante lias. Formazione molto compatta e car- sificabile. Località più tipiche: da Civate salendo al Cornizzolo e poi scendendo in Val Ravella e risalendo al Prasanto, i 4 Corni (2 di Canzo e 2 di Valmadrera), la base della conca-terrazzo da Civenna a Guello, la striscia che sale obliquamente dal Ponte di Sasso di Barai alla selletta Ponciv-M. Forcella passando sotto l’Alpe Spessóla, il dosso 1076 della Colmenetta presso l’Alpe delle Ville nell’alta Val Perlo. Lias. Complesso notevolissimo e imponente costituito di cal¬ cari ben stratificati: calcari selciosi (selci, in strati o mandorle o in forme diverse o frammiste al calcare) e calcari marnosi. Oltre a frequenti pieghe normali, spesso si notano pieghe dovute a scivolamenti di materiale fangoso durante la sedimentazione sul fondo marino (= slumping ). Formazione mediocremente degrada¬ rle, generalmente ben carsificabile. Questa formazione, verde di pascoli, è la continuazione non solo litologica ma anche struttu¬ rale, almeno in linea generale, del gruppo di montagne ad occi¬ dente del Lario comasco che vanno da Cernóbbio alla Tremezzina, diviso dal solco della Valle Intelvi in due notevoli gruppi che fanno capo al Generoso a sud e al M. di Tremezzo-Calbiga a nord. Occupa i 4/5 del nostro territorio: dalla costiera occidentale del triangolo il lias si va restringendo quasi a punta verso il centro orientale toccando il ramo di Lecco solo in un punto poco a sud di Onno e in posizione anormale. Essa tiene quasi tutta la sponda comasca del triangolo da Como fin quasi a Lézzeno e gran parte delle pendici prealpine da Como a Pusiano. Di essa sono formate le cime e le catene più caratteristiche da San Maurizio al Bolettone, al Palanzone e al San Primo e, a oriente, il Cornizzolo e, poco più a nord, i bassi monti Megna e Oriolo. Tipica è poi la serie di dossi dominanti Civenna e Guello, ricavati dall’erosione da un gruppo Massico contenuto come in un cesto, in una sinclinale infraliassica. APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIAho 83 Giura. E’ rappresentato da calcari marnosi rossi (= rosso ammonitico) e da selci variegate (= radiolariti). Forma numerose strisce al sud, generalmente accompagnate dalla posteriore maio¬ lica, in rapporto alla grande piega-faglia che da Bromate (?) va fino alia Colma di Val Ravella (e oltre, discendendo in Valma- drera) separando anche morfologicamente con ripiani, nella ca¬ tena del Bolettone, il basamento pedemontano dalla serie culmi¬ nante di cime, nel gruppo orientale dei Corni, invece, separando, con la Val Ravella, la catena del Cornizzolo-Rai dalla catena del Morigallo-Corni ; e, nel centro, separando, con la piana di Canzo, le pendici della catena Palanzone (Barzaghino, ecc.) dai dossi del- r altopiano di Castelmarte-Prosérpio-Scióscia. Creta. E’ rappresentata alla base, passante al Giura, da un calcare bianco, talora candido, ricco di strati e di mandorle sel¬ ciose variegate, chiamato localmente maiolica (il termine « bian¬ cone » usato nel Veneto è oramai giunto anche qui); formazione ben stratificata, molto compatta, poco degradabile, molto carsifi- cabile. Nonostante la sua compattezza, si mostra quasi sempre intensamente piegata (nel qual caso il frantumamento è notevole); caratteristiche le stiloliti che in sezione figurano come « suture craniali », derivate probabilmente da una minuta carsificazione epidermica di banchi emersi di poco dal mare e successivamente ancora abbassatisi e lasciatisi ricoprire da altri depositi calcarei. Strisce semplici o ripetute per faglie, al sud (Val Ravella fino al Panigàa e poi all’Alpe Turati e al Pian della Rovere-Merma). Notevoli gli affioramenti da Carella a Givate, poi, a Sala al Barro, largamente utilizzati per cementi. Sopra stanno le arenarie del cretacico medio (alta Val Ra¬ vella) e gli strati del flysch del cretacico superiore, limitatamente alla linea pedemontana. Rocce molto degradabili, non carsificabili. 2. - Tettonica. Quanto alla tettonica, le nostre montagne sono caratterizzate da una imponente sinclinale liassica (o, meglio, sinclinorio) al cen¬ tro, diretta da ONO a E SE, amplissima verso il Làrio comasco, poco più stretta verso il Lario leechese (Vassena); poi da almeno tre notevoli anticlinali al sud, dirette da 0 a E ; da una lunga fa¬ glia, o piega-faglia, compresa tra l’anticlinale più meridionale, 84 G. NANGERONI detta, propriamente, anche « marginale » e quella appena più a nord (Bolettone-Corni Canzo), piega-faglia che diventa sinclinale all’estremo est (Val Ravella-Valmadrera) ; da tre brevi anticlinali al nord, alternate con 2-3 sinclinali (o pieghe-faglie) dirette O-E le due più settentrionali, NO-SE quella più a sud (Piano Rancio- Castel di Leves), confinante con la grande sinclinale Massica del centro. La cartina e le sezioni geologiche penso siano sufficienti per avere una comprensione generale della tettonica ; solo mi permetto elencare o descrivere, cominciando dal sud, questi elementi tetto¬ nici, soprattutto esaminando i rapporti di ciascuno con la altime- tria e con la morfologia. Anticlinale marginale. Tiene il basamento della catena del Bolettone da Como a Casiino stazione, poi i dossi di Castelmarte- Prosérpio-Longone, poi la catena del Cornizzolo-M. Rai. L’asse tende prima a deprimersi da Como a Casiino, poi s’innalza rapi¬ damente fino al Cornizzolo-Rai, dove il Mas, fin qui dominante (sia pure con la copertura in qualche punto, come all’Alpe Turati, di giurese, cioè di rosso ammonitico, di radiolariti e di cretacico maiolica) lascia il posto, alle medesime altezze, prima al Con- chodon (Cornizzclo), poi al retico (Culmen) e, col M. Rai, al nórico. Nonostante la salita della cerniera dell’ anticlinale verso oriente, le cime conservano un’altimetria pressoché eguale : 1200, 1241, 1261. Però, tanto verso Como quanto verso Lecco, alla cer¬ niera dell’anticlinale corrisponde qualche particolare morfologia: intumescenza a balconata da Como a Erba, catena marginale da Erba a Givate. Col Monte Rai questa piega diventa molto compli¬ cata e cambia direzione, deviando verso SE (M. Barro, ecc.). Faglia-sinclinale Brunate-V al Ranella. Imponente fatto tet¬ tonico che da Brunate (probabilmente) va a Valmadrera passando per il Pian Róvere-Merma, l’Alpe Turati, il Buco del Piombo, il San Salvatore-Panigàa, Casiino, Canzo, Val Bavella* Val Gattón. Le rocce interessate sono in prevalenza, oltre, naturalmente, ai calcari Massici, il calcare rosso ammonitico-radiolariti (giurese) il calcare maiolica e le arenarie cretaciche. Nel tratto occidentale la sinclinale è accompagnata da pieghe-faglie e il tutto è riflesso dalla topografia pianeggiante sugli 800-900 metri: Pian Ròvere- APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO -r CO -, OJ - V) Fig. 18. — Sopra: sezione geologica dal pedemonte di Albavilla alla Punta di Bellagio. Sotto: Sezione geo¬ logica dal pedemonte di Suello alla Punta di Bellagio. 98 G. NANGERONI III. - Il rilievo: altitudini, forme, elementi. 1. - Altimetria e direzione delle catene e dei monti. Si è già detto, almeno indirettamente, della corrispondenza delPanticlinale marginale con iì basamento-balconata della catena del Boìettone (per quanto della balconata sia responsabile anche la piega-faglia che separa le due anticlinaìi sovrapposte) e con la successiva catena Cornizzolo-Rai ; la corrispondenza della piega- faglia con le balconate sotto il Boletto-Bolettone, con il Passo del Panigàa e il terrazzo S. Salvatore, con la estesa e lunga piana di Ganzo, con la Val Bavella, ìa Colma e la opposta Val Gattón; la corrispondenza della anticlinale Boìettone con le due successive catene del Boìettone e dei Corni-Morigallo ; la corrispondenza della sinclinale Pizzo dell’Asino con i piani a est e a sud del Palanzone; la corrispondenza dell’Anticlinale Palanzone con la vetta omonima e forse con alcuni dossi sopra Candalino in Valbrona; la corri¬ spondenza della sinclinale di Nesso con la Valle Nosè (ma non con ìe cime Megna e Oriolo e tanto meno con la costiera S-N che va dal Palanzone al Ponciv); la corrispondenza della anticlinale Piano Rancio-Castel di Leves con il basso spartiacque tra il nord e il sud (ma non con la catena del San Primo); la corrispondenza tra iì leggero abbassamento centrale di tutte le pieghe (grossola¬ namente dirette da 0 a E) che ha preparato il terreno ai due mag- fiori corsi d’acqua, Perlo al nord, Lambro al sud. Mi pare che la conclusione sia questa : coincidenza piena tra direzione delle pieghe e delle catene con relativi solchi longitudi¬ nali solo per ìa parte meridionale (2 anticlinaìi O-E separate dalla piega-faglia O-E e, poi, OSO-ENE), un po’ minore coincidenza, o molto minore o nessuna, per le altre pieghe a nord, soprattutto a nord del San Primo. Altro problema è qullo deH’altitudine delle cime e delle ca¬ tene. A questo proposito ritengo che si possano stabilire tre gruppi di cime: 1° gruppo, cime superiori ai 1400 m: la catena del San Primo nel tratto compreso tra la Forcoletta (1256) e la sella del¬ l’Alpe Spessola (1255); e poi la cima del Palanzone-Bul nel breve tratto tra le quattro selle 1307, 1293, 1210, e 1182 che la separano APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 99 dalle ramificazioni confluenti meno elevtae. Noto che i limiti sono abbastanza netti e bene indicati da selle. 2° gruppo, cime comprese tra i 1400 e i 1200 m. Sono, na¬ turalmente molto più numerose e sono diffuse in ogni angolo, salvo che al nord del San Primo. Quindi : grande sviluppo ad occi¬ dente, dall’Alpe Spessola fino sopra San Maurizio (eccetto il Pa- lanzone); certamente tutto il gruppo Cornizzolo-Rai-Prasanto-Mo- rigallo-Corni di ’Canzo. 3° gruppo, livelli inferiori ai 1200 m e, soprattutto terrazzi elevati. Tra i primi, oltre alle parti estreme delle normali catene che scendono al lago o alle valli, sarà sufficiente ricordare: al nord il M. Nuvolone 1079; le due catenule dell’Oriolo e del Megna: la Croce di Magreglio 999; il dosso 878 sopra il Ghisallo, i dossi Passici sopra Civenna sugli 850, la serie di dossi che dal Piano Rancio scendono alla media Val Perlo passando per i 924 m del Monte Grioncio; a sud il Castel di Leves 971, il Sasso Deo 724 sopra Asso, e molti altri. Si tratta probabilmente di lembi resi¬ duati di antiche superfici pianeggianti, cioè di antichi elevati ter¬ razzi, separati dal rimanente territorio per intervenuta ero¬ sione dovuta a selettività litologica o a faglie. Esempi tipici sono i dossi Passici sopra Civenna (separati dal rimanente per 1’ erosione in retico), il dosso dolomitico del Garnasca, se¬ parata per 1’ erosione nel vicino retico di Chevrio, il Castel di Leves per l’erosione in retico del Cavai di Barai, il Dosso Deo forse per faglia alla sella del paese di Megna, il dolomitico Nu¬ volone per l’erosione nelle marne retiche del Ròccolo, ecc. L’argo¬ mento è perciò da collegare all’esame di terrazzi in roccia, di cui si vedrà in seguito. 2. - Morfologia delle cime. Quanto alla morfologia delle ernie (intendendo per cime quelle elevazioni che sono separate da altre per mezzo di depressioni) si nota una certa dipendenza delle forme dalla struttura. Le cime in lias sono generalmente alquanto calme, per quanto si noti un leg¬ gero aumento delle pendenze con l’aumentare delle altitudini ; un utile confronto può esser fatto tra il San Primo (quasi 1700 m) e le numerose cime tondeggianti non superiori ai 1400 m di tutto il G. NANGERONI 1 00 « ferro di cavallo » liassico che si apre verso il Lario comasco. Aspre sono le cime costituite di compatto Conchodon : verticali con canalini verticali quelle fatte di strati verticali (Corno di Canzo occidentale, i cui canalini diventano cenge oblique o addi¬ rittura terrazzini suborizzontali appena gli strati da verticali ten¬ dono, verso la sommità, a piegarsi e a divenire orizzontali), a gra¬ dinata quelle fatte di strati orizzontali (Corno di Canzo-orientale), a muraglioni quelli fatti di banchi nettamente verticali (Sasso Malscarpa), a leggio quelli con strati obliqui (cimetta del Prasanto). ESPLICAZIONE DEI SIMBOLI DELLA FIG. 19. Cime del I Sistema (1700-1400). Cime del II Sistema (1400-1200). Cime del III Sistema (1200-900). Piani carsici (con doline). Piani carsici con lunghe emergenze parallele separate da vailette + o — orizzontali con depressioni. Selle notevoli (quota e simbolo della roccia interessata: R = retico, N = norico, C = cretacico, RF = retico e faglia, SC = sinclinale in flysch cretacico, senza lettere = lias). Terrazzi in roccia. Terrazzi in alluvioni. *rrrrrr Ciglio de! terrazzo pedemontano. Linee di cresta suborizzontali ondulate. Archi morenici più notevoli. Piani alluvionali o alluvio-morenici. Sommità tondeggianti di montagne in roccia compatta (dolomia norica come il Morigallo). il triangolo rettangolo indica sommità mono- cl inale (M. Rai). Costoni aspri e rupestri e creste costituite da cime aspre (Corni di Canzo, ecc.). I I Lunghi terrazzi con superficie alluvionale. Gola percorsa da un torrente con cascatelle o rapide. APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO L ARIANO 101 Aspri versanti offrono anche le cime costituite di dolòmia nórica, come il Rai, il Morigallo e il Castel di Leves, versanti con Fig. 19. — Schema geomorfologico del Triangolo Lariano. N.B. - Tanto i piani già classificati come carsici, quanto molti altri elementi geomorfologici mostrano spesso delle forme per cui si può supporre che siano poi stati ± intensamente modificati dall’azione glaciale diretta e indiretta (fiumi subglaciali, periglaciali, glaciali). G. NANGERONI 102 canaloni o con cenge a seconda dell’inclinazione dei banchi (vedi la base del Morigallo dietro la raffineria di petrolio a Parè), con pinnacoli dove gli strati sono verticali (vedi il pendio che saie da Sambrosena alla vetta del Morigallo), ma la vetta è talora grosso¬ lanamente calma : tondeggiante quella del Morigallo e del Castel di Leves anche perchè coincidenti con la cerniera dell’anticlinale, ma a leggio quella del Rai, sia perchè a strati obliqui sia perchè la sommità è mascherata da un sottile velo di marne retiche ; però nei particolari anche qualche vetta in dolomia è molto turbata, per esempio la vetta del Castel di Leves (con doline profonde presso la sommità, forse per la fortissima asimmetria dell’anticlinale). Veramente calme e tondeggianti sono le cime dolomitiche del Nu¬ volone 1079 e del Garnasca 698, come alquanto calma è anche la sommità dolomitica del dosso Croce di Magreglio, sopra Pra Dalco (Pian Rancio) 999 coincidente con la cerniera della anticlinale. Solo una cima è costituita di retico, ed è la vetta del Prasanto 1250, a deboli gradini per l’alternanza di marne e di calcari mar¬ nosi (è il blocchetto compreso tra le stecche di Conchó don-calcari rétici madrepòrici, divergenti dal basso all’alto, ben visibile da Valmadrera). Molto franoso è il gesso carnico presso Rimonta. Le fasce più ripide, qualunque sia il tipo litologico affiorante e la struttura tettonica, sono quelle che guardano il lago. Vivis¬ simo è ad esempio il contrasto, da Como alla Cavagnola, dove tutto è ìias, tra la ripida e ripidissima costiera e le più calme sommità. E’ ovvio pensare che ciò dipenda dall’azione demolitrice esercitata direttamente o indirettamente, dai ghiacciai quaternari lungo le sponde e per quasi tutto lo spessore del ghiacciaio. Lungo il Làrio comasco, ad ogni modo, la punta chiamata Poncetone, a sud di S. Giovanni di Bellàgio, deve la sua aspra forma al subentrare della dolomia norica. (strati immersi a nord) alle marne retiche di San Giovanni ; così dicasi del passaggio dalle marne retiche dei blandi pendìi di Villa (Casate) e da Sossana- Cendraro alle rupi sovrastanti il Crottino presso la Fornace di Calce in piena dolomia norica. 3. Le selle. In tutto il territorio occupato dalle formazioni Massiche, solo con un preciso rilevamento geologico a grande scala sarà possibile vedere entro quali limiti fratture e litologia hanno influito sul APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO 103 modeilamento distinguendo quanto venne operato da acque cor¬ renti e quanto, invece, da azione meteorica generale ; e questo valga anche e soprattutto per la localizzazione delle selle. Penso, ad esempio, che la Forcoletta (1236), che è Y ultima sella occiden¬ tale della costiera del San Primo, possa essere in rapporto con una frattura trasversale, che è forse seguita anche dalle due valli che scendono da essa in direzione opposta (Vaìlerna verso il Lario, Val di Gorla verso Erno). Così dicasi forse anche della sella 1330 tra il M. Preàoìa e il M. di Palanzo, dove per di più è possibile notare, poco sotto il Passo, verso il Piano di Nesso, dei caratteri¬ stici fenomeni di erosione carsica, la cui localizzazione è forse spiegabile con la presenza d’una faglia quale causa iniziale o con¬ comitante, e su cui ha scritto recentemente il Dr. Agostini. Invece nei casi di presenza di fratture, faglie o rocce facilmente degra¬ dagli, comprese tra altre meno facili, in strati obliqui o verticali, la spiegazione è evidente, a meno che si voglia indagare,, ma con poca certezza di riuscita, quale dei due fatti — struttura o ero¬ sione — abbia avuto maggiore o specifica importanza. Alcune selle sono talmente lunghe che si possono considerare delle vallette suborizzontali ; per esempio, le 3-4 vailette pianeggianti NE-SO sui 400-450 m che s’interpongono tra i lunghi dossi di Castelmarte, Gualdrea e Scióscia. del blocco marginale che tiene separata la piana di Ganzo dalla piana di Erba; alle quali vallette si può ag¬ giungere la valle del Lago Segrino (380 m) e, in ultima analisi, anche la stretta di Caslino-Castelmarte passata dal Lambro (330 m), derivata dalla erosione fluviale lungo una sella sui 400 m che prima univa i territori dei due paesi che si fronteggiavano. Come anche le vallette pianeggianti sui 750-800 m, parallele, tra l’altro interessate da carsismo (doline), che separano lunghi co¬ stoni asimmetrici, e che interessano tutto l’altopiano-spartiacque in dolomia che va dal Passo del Ghisallo alle falde del Castel di Leves. Certamente l’erosione quaternaria, sia fluviale vera e pro¬ pria sia dei torrenti subglaciali debbono aver avuto notevole im¬ portanza, ma, anche secondo Repossi e Vanni, per quanto riguarda l’altopiano di Castelmarte-Proserpio non è improbabile che questa erosione sia avvenuta in corrispondenza di fratture trasversali come, con qualche probabilità, può dimostrare la notevole asim¬ metria dei versanti in ciascuno dei lunghi dossi Massici. Ma in generale le selle sono brevi, anche quelle nelle forma¬ zioni Massiche. In genere si può dire che lungo le linee di sommità 104 G. NANGERONI ad ogni affioramento di rocce molto erodibili comprese tra rocce compatte si sono formate depressioni, dalle forme più o meno blande. Vediamone un gruppo, naturalmente escludendo, come già si disse, quelle totalmente in lias ; mi sia permesso ricordare che quasi tutte vennero già elencate dal Pracchi(1940) e da me (1969). Sella 1190, tra il M. Cornizzolo (1241) e la sua anticima Pesura (1196): limite cale. marn. lias-dol. Condì . ; obliqui. Sella 1110 (Culmen di Cà Rotte), tra il M. Cornizzolo e il M. Rai (1259): limite marne retiche-dol, norica; obliqui. Sella di Cà Rotte (1188) tra il M. Rai e il Prasanto (1251): limite marne retiche e calcari madreporici ret.. Due selle ai lati del Prasanto : al limite tra dol. Condiodon e cal¬ cari marnosi retici (in uno obliqui, neltaìtro verticali). La Colma (997), tra i Corni di Ganzo (circa 1300) e il Prasanto : in corrispondenza longitudinale di arenarie marnose creta¬ ciche disposte in sinclinale. Sella di Moregge-Sambrosera (1110), tra i Corni di Canzo e il Mo- rigallo (1276); in corrispondenza longitudinale di marne re¬ tiche comprese tra la dol. Conchodon (Corni) e la dolòmia nórica (Morigallo). Sella di Megna (659), totalmente in lias (frattura molto proba¬ bile). Cavai di Barai (850) e Piano di Crezzo (810), in marne retiche base Monte Colla, a contatto con dol. norica (Castel di Léves e ciglio Piano Crezzo sopra Onno); obliqui. Ghisallo (749), in piena dolomia norica (ma al limite d’una spia¬ nata carsificata e interessata da 5-6 polja parallele, come si vedrà); culmine anticlinale. Sella di C.na Barco (o C.na Dell’Acqua, 810), che mette in comu¬ nicazione Civenna con il T.te Spino (Perlo); in marne retiche compresse tra dol. norica del Piano Rancio e dol. Conchodon del Dosso divella sopra Civenna ; obliqui. Sella di Chévrio (585), in marne retiche comprese e compresse (con faglia) tra la dol. norica del Garnasca e la dol. Con¬ chodon di Limontasca, obliqui. APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 105 Sella 1290 tra il Ponciv (1456) e il M. Forcella, al limite tra dol. Conchoclon (base Ponciv) e calcari marnosi retici del M. For¬ cella, le cui ondulazioni corrispondono all’alternanza di cal¬ cari coralligeni, calcari marnosi e marne; obliqui. Lungo la costiera suborizzontale, diretta S-N, sui 1100 m che, a nord del San Primo va dall’Alpe delle Ville al M. Nuvolone, poiché si passa regolarmente dal lias alla dol. norica in strati obliqui immersi a sud, è ovvio che si abbia un’alternanza di dossi e selle: M. Fopa^=lias; Quota 1076 = Conchoclon; Ceppo del Mucchio = = Madreporico retico; sella del Roccolo 987 = marne retiche; M. Nuvolone = del. nórica. Anzi la Valle che da Cusate sale al Roccolo e che dal Roccolo scende a Rovenza, è scavata al limite tra retico e norico in corrispondenza d’una faglia. Spesso si trovano dei brevi pianori-terrazzi leggermente rial¬ zati verso valle, tanto da sembrare degli accenni di sedette. Ne ri¬ cordo alcuni: la selletta alla Torre del Broncino (1075) tra l’Alpe Turati e il Bolettone (faglia?), la selletta del M. Panigàa (980, faglie), San Maurizio sopra Brunate (900); il Monte Piatto (620) sopra Torno, i 2 + 3 ripiani del M. Colmenacco (1150, 1100, 1000) sotto la Forcoletta di Erno, il M. Cappón (700) sopra Nesso, la C.na Pelo (600) sopra Brogno, l’Alpe di Carella (660) sopra Ca- rella, la sella 600 della Villa Carolina sopra Maisano, e altre an¬ cora, come la selletta sopra Magréglio in piena dolomia norica che separa il dosso 999 della Croce di Magréglio dal dosso 873 (fa¬ glia?). Sono sedette che vorrei collocare nel gruppo di quei ter¬ razzi che si sono modificati in seguito ; ma in causa di quale fe¬ nomeno? Carsismo? Faglie? Erosione normale? Sembra poi su¬ perfluo accennare alla depressione di Lóppia in piena sinclinale retica compresa tra il dosso norico della Punta di Bellagio(a nord) e il dosso egualmente norico del Garnasca (a sud). 4. - Alcuni tipici fatti morfologici. Nel territorio, che stiamo esaminando, che morfologicamente si presenta molto più vario del territorio che lo fronteggia ad occidente (Generoso, Intelvi, Calbiga), vi sono alcuni tipici fatti morfologici su cui non è opportuno passare sopra. Uno di questi è V Altopiano di Pra Giorgio -Par aguai. Chiamo con questo nome 106 G. NANGERONI tutto l’altopiano in dolomia norica che va dal Ghisallo al Castel di Léves e che coincide colla cerniera-culmine dell’anticlinale Castel di Léves-Piano Rancio diretta da SE a NO : banchi immersi a NE verso Civenna, immersi a SO verso Barai, suborizzontali in sommità (il motivo anticlinale è ben visibile soprattutto guar¬ dando la parete dal dosso 999 del Piano Rancio dalla C.na Para- guai). La superficie alta è sui 750-800 m. Da questa emergono al¬ meno tre dossi rocciosi allungati da NE a SO e separati da lunghe superfici piane, qualcuna interessata da doline, somiglianti a pic¬ cole pólja. Penso che a determinare questa morfologia, simile anche come direzione delle vallette e dei dossi, ma più in piccolo, a quanto si è visto per l’altopiano di Castelmarte-Proserpio, sia intervenuta l’azione dei torrenti subglaciali e il carsismo. Natu¬ ralmente, anche qui non si hanno prove decisive, anche perchè la copertura di vegetazione e di morenico è tale da nascondere gran parte della struttura. Il versante che guarda Barai comprende tre parti morfologi¬ camente diverse : a ovest è l’altopiano che scende verso Barai molto frastagliato ma non ripido, tanto che la roccia non sempre è visibile ; al centro sono 5-6 valloncelli asimmetrici d’interstrato, che ripidi scendono a sud, mostrando apertamente la struttura a banchi di dolomia immersi a SO ; a oriente, separate dalla valle del Camprónd, scende il versante occidentale del Castel di Léves che, almeno in alto, ripete le forme aspre della vicina zona centrale (e sulla cima rocciosa del Castel di Léves, oltre a morenico, 1-2 doline). Ma tutta questa anticlinale nórica offre aspetti fuori dal normale: spartiacque incerto, carsismo in pieno, modificazioni do¬ vute a fiumi subglaciali, abbondanza di morenico. Anche il Piano Rancio (950 m), su cui si trova uno dei più belli e caratteristici massi erratici (la « Pietra Luna ») e, poco lontano, uno dei massi erratici tra i più grandiosi (« Sasso Lentina » d’un magnifico ghiandone), ha tutto l’aspetto d’un polje (e il termine italiano « piano » corrisponde al termine slavo polje — campo, piano), tra l’altro con la tipica sorgente carsica intermittente (o inter¬ calare) del Lambro; e dello strano dosso 999 si potrebbe compren¬ dere meglio la struttura e la morfologia nascosta se non fosse più che abbondantemente coperto da morenico, in cordoni e no, sia pure non dovunque. L’aspetto è d’una conca valliva che scende a SSE per confluire nel Lambro; ma mi pare che anche qui, come APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 107 per l’altopiano Paraguai-Pra Giorgio, si possa parlare di valli su¬ borizzontali chiuse, tipo polje. Altri piani, probabilmente carsici che furono o sono tuttora pólja sono: il triangolare Piano della C.na Proda, a 700 m, late¬ ralmente bagnato dal T.te Spino, di cui forse un tempo rappre¬ sentava la normale via indipendente per scendere nella Val di Voglia e quindi nel Lario lecchese presso Limonta. Poi il Piano del Tirano e il Piano di Nesso, la cui forma odierna, che è dovuta certamente a sbarramento morenico, maschera una più antica forma di piano carsico, tradita anche oggi da doline e inghiottitoi situati ai margini, tra cui notevole e famoso è il Buco della Nico¬ lina sul Pian del Tivano che, riapertosi, ha determinato un de¬ corso naturale delie acque che hanno terrazzato il piano che, dopo 10 sbarramento morenico, era divenuto un lago o una palude (vi¬ sibili sabbie, argille e torba nelle sezioni dei terrazzi). Non so se altrettanto si possa dire del Piano dei Monti di Emo dove una risorgiva potrebbe essere anche una prova. Ondidazioni di sommità del Monte Forcella (1300-1330). 11 Monte Forcella divide le acque del T.te Spino da quelle del T.te Perlo. Si stacca dal Ponciv in corrispondenza d’una sella di 1300 m, scavata a contatto della dolomia Conchódon (che è la base del Ponciv) con una fascia di retico marnoso sottoposto. Il monte è costituito d’un imponente pacco di retico dei più diversi tipi lito¬ logici (marne, calcari madreporici, calcari marnosi, scisti) in strati immersi a sud. La sommità s’allunga verso nord per circa 600 metri ed è costituita d’una alternanza di dossetti e di sedette, in rapporto all’emergere obliquamente dei diversi tipi di roccia, alti- metricamente comprese tra i 1300 e i 1330 m, quindi suborizzon¬ tale. Data la suborizzontalità della linea di sommità in opposi¬ zione all’obliquità degli strati, che per di più sono litologicamente vari, viene da pensare che si tratti di un resto di vecchia super¬ ficie matura molto antica, leggermente modificata in seguito anche dal carsismo di cui qui vi sono notevolissime tracce, soprat¬ tutto doline, tanto che il toponimo locale è i culdér che significa « le péntole ». Il pendio settentrionale della montagna scende poi verso nord, prima ripido (calcari madreporici), poi più lento (anche perchè subentra una certa tendenza all’immersione a nord (Pra Filippo), fin che si giunge ai soli 700 metri, o poco più, dei 108 G. NANGERONI dossetti (in retico) di Cernóbbio, di C.na Lumaca, ecc. emergenti prevalentemente dal piano di Prada, con abbondanti doline. Costone Foppa-Mucchio-Nuv olone 1185-1094. Costone setten¬ trionale della catena del San Primo; si stacca a 1200 m da un ri¬ pido costolone che scende dalla vetta del San Primo (1686), domi¬ nante l’Alpe delle Ville (sorgenti del T.te Perlo). E’ costituito di tutta la serie stratigrafica che va dal Lias (innesto col San Primo fino al M. Fopa) alla dolòmia norica del M. Nuvolone (1904), im¬ mersa a sud e poi verticale e subverticale, passando per il Con- chodon (ripidissima la quota 1074 sul versante Lario e nei costoni, di per sè tutti molto ripidi che scendono dalla cresta occidentale del San Primo) e per tutta la serie del retico : aspra parete (verso il Lario) del Ceppo del Mùcchio (1807) in compatto calcare proba¬ bilmente madreporico; depressioni alla quota 1007 con bei prati, e all’ampia depressa sella del Ròccolo (937) in marne verticali presso il Ròccolo dove esse vengono a contatto con l’erto Nuvo¬ lone in dolomia norica immersa a nord (quindi con faglia inter¬ posta). Dovunque abbondanza notevole di morenico e, in modo ben visibile, di erratici (gneiss, ghiandone, serizzo), il che spiega parzialmente sia l’aspetto pianeggiante delle verdi selle interposte tra l’una e l’altra emergenza, per riempimento, sia la loro fertilità. Piano Rancio (970-974). Spazioso pianoro, dolcemente con¬ cavo, leggermente carsificato, in dolomia norica sottoposta ad ovest alle marne e ai calcari retici della Forcella, sbarrato a nord dal cordone morenico rissiano su cui poggia la « Pietra Luna ». Da una fessura monoclinale in roccia sgorga la sorgente del F. Lambro, chiamata normalmente Mena-resta perchè la portata varia periodicamente, oggi di poco (8-10 cm) e con breve periodo (4-5 ore), quindi sorgente intercalare. Alla stessa altezza emerge, a SE, il Castel di Léves (culmine anticlinale norica). Croce o Monte di Magreglio 986-999. Piccolo, ma caratte¬ ristico dosso, in dolomia norica, leggermente allungato da NO a SE secondo la direzione deiranticlinale Castel di Leves di cui occupa un tratto della cerniera (ben visibile dalla C. Paraguai sopra Magreglio) separato dalle falde del M. Ponciv in retico dal¬ l’alta vailetta del Lambro (poco a valle della sorgente Mena-resta), mentre gli strati di dolomia norica continuano a sud, in basso, fino quasi a Barni. APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 109 Dossi sopra Fra Filippo 926-922. Sono 2-3 dossi, separati da sedette quasi insignificanti, costituiti di retico, qui variamente piegati; carsificazione molto notevole (doline, ecc.). Dossi di Civenna 880-850. E’ una striscia di dossi diretta N-S, compresa fra il terrazzo di Civenna verso il Lario lecchese e il piano carsico di Lumaca-Prada a occidente, costituiti, quelli a nord di calcari selciosi Lassici e quelli a sud anche di calcare ru¬ pestre Conchodon; meno aspri i primi dei secondi, ma in genere, salvo il margine meridionale, a gobbe lente separate da ampie depressioni pianeggianti. Strati tutti in forte prevalenza immersi a nord, anche se i calcari Massici si mostrano intensamente pie¬ gati e costituiscono una vera sinclinale rovesciata a Sud. A questi si può aggiungere il dosso 878 sovrastante la Sella del Ghisallo verso il Piano Rancio. IV. - I terrazzi. Il problema dei terrazzi in riguardo al loro riconoscimento e, molto più, alla loro origine e alla loro datazione, è certamente molto impegnativo e lascia sempre molti dubbi. D'altronde qua¬ lunque scienza, qualunque ricerca lascia un margine più o meno largo di dubbio. Conviene quindi continuare nella speranza che qualcuno, più avveduto e sperimentato di me, possa giungere a soluzioni più convincenti. Io mi riferisco, naturalmente, in questo capitoletto solo a terrazzi in roccia e, con ogni probabilità, non dovuti a selettività o, almeno, a sola selettività. A questo propo¬ sito può sorgere il dubbio, quando trattasi di terrazzi situati ad altitudini inferiori all’altitudine massima raggiunta dai ghiacciai quaternari, che l’erosione glaciale, che è riuscita a scavare anche le profonde conche lacustri e ad allargare il fondo delle precedenti valli percorse dalle colate glaciali, possa essere riuscita anche ad eliminare ogni traccia (o gran parte) dei terrazzi prequaternari. Intanto noi dobbiamo escludere da questo dubbio almeno quei terrazzi che per l’altitudine o per la posizione non vennero toc¬ cati da ghiacciai, locali o di lontana provenienza. A questo ri¬ guardo è opportuno premettere che nel nostro territorio solo il rilievo sopra i 1300-1000 e solo i pendìi della catena marginale, dai 700 metri in su, non vennero interessati dalla imponente co- 110 G. NANGERONI lata valtellinese ; e aggiungiamo che, purtroppo, ben diversamente da quanto accade ad occidente del Lario dove una valle prealpina tra il Generoso e il Bisbino, cioè la Val Bréggia (o Val di Muggio) nel quaternario non venne occupata da nessun ghiacciaio, nè lo¬ cale nè di lontana provenienza (caso strano, anzi unico, nella Lom¬ bardia occidentale), tutte le valli e vallette del nostro territorio vennero penetrate da lingue glaciali (persino la valle del Prina, airinterno di Casiino, fino a 700 e più metri, e la Val Ravella fino a ben 850 metri). Per gli altri terrazzi che vennero interes¬ sati dalle glaciazioni quaternarie, esprimo il mio modesto parere, basato soprattutto su numerosissime osservazioni compiute nelle più diverse regioni attualmente ancora glacializzate, soprattutto Spitsberg, Scandinavia e Alpi. Una lingua glaciale, qualunque sia il modo di « lavorazione », scava e modella il solco in cui penetra; se dal solco ante-glaciale emerge un dosso, questo viene altimetri- camente esagerato perchè l’erosione si è esercitata soprattutto nel¬ l’approfondimento ecc. dei solchi ai due lati (così si spiegano le isole dei laghi prealpini e 'e « verruche » emergenti dai fondi valle) ; se una lingua lambisce e tocca un versante interessato da deboli gradini, « lavora » sui singoli gradini, non eliminandone i ripiani, ma esagerandone le dimensioni. In ogni caso tende, quindi, secondo me, ad esagerare le forme ereditate da precedenti periodi in cui hanno lavorato i più diversi agenti. Quindi, anziché elimi¬ nare i terrazzi ne hanno, al più, esagerate le dimensioni. Quanto poi alla datazione, i dubbi che sorgono non so come possano essere risolti, e non solo qui, come dirò, ma anche dove è possibile istituire un certo collegamento-corrispondenza crono¬ logica tra erosione-degradazione nella montagna e sedimentazione alla base. Nella regione montuosa ad occidente del Lario (monti di Tre- mezzo-Generoso-Bisbino) la presenza di depositi fluviali conglo¬ meratici e arenacei d’età oligocenica e miocenica, e di depositi ar¬ gillosi marini pliocenici nella fascia collinosa pedemontana (Ba- lerna, Cavallasca, ecc.) ha facilitato l’interpretazione cronologica dei sistemi montuosi e dei terrazzi là riscontrati, sia pur sempre come ipotesi. Di più, come già si disse, là abbiamo il felice esem¬ pio, l’unico nella Lombardia occidentale, di una valle prealpina che per la sua posizione non è mai stata interessata da ghiacciai, nè locali nè di provenienza alpina, favorevole quindi per uno studio di terrazzi non influenzati da attività glaciale. Nel caso nostro APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO 1 1 1 si ebbero condizioni diverse. Assenza, per quello che si può rico¬ noscere in superficie, di formazioni fluviali oligo-mioceniche (salvo nei dintorni di Como) e di formazioni marine plioceniche, occu¬ pazione glaciale per tutte le valli, sia pure non sopra i 1300-1000 m e solo sotto i 700 m per il versante meridionale della catena mar¬ ginale da Tavernério a Sueìlo. Fig. 20. — Da sinistra: il «filo» in retico, sui 1100 m, che congiunge le falde sett.li del S. Primo al M. Nuvolone (in dolomia norica) deprimendosi al Roccolo (935). Sullo sfondo: monti di Tremezzo. In primo piano, il pendio (900 m) in retico, che scende al Piano di Prada (700), tenendo se¬ parati il T. Perlo dal confluente Spino. Per altro verso, poi, queste ricostruzioni riescono in generale estremamente dubbie perchè sono fondate sopra ipotesi forse ir- resolvibili. 1) Quando è cominciata la degradazione delle mon¬ tagne? Durante la loro costruzione strutturale o dopo? 2) Anche supponendo che vi sia stato un momento finale della definitiva costruzione complessiva, e pur supponendo di conoscerlo, come possiamo essere sicuri che non siano poi intervenuti movimenti locali che hanno eventualmente potuto mutare le forme precedei!- 112 G. NANGERONI temente foggiate o addirittura eliminarle o cambiarne l’altitudine e l’inclinazione? Viene quindi il dubbio che queste ricostruzioni abbiano un fondamento troppo incerto perchè si debba occupare del tempo per la loro elaborazione. Ma così è la scienza. E spero che in seguito mi sarà possibile, con maggiori osservazioni, di altri e mie, tentare di risolvere qualcuno di questi problemi. Per ora, in queste pagine, mi limiterò ad elencare questi terrazzi (in roccia, probabilmente non da selettività) e di indicarli con un unico segno sulla cartina geomorfologica, con la quota relativa. Ritengo però conveniente elencare anche quelle superfici che si possono as¬ similare, per la cronologia, ai veri e propri terrazzi ; prego di scu¬ sare qualche ripetizione. I - Triangolo settentrionale (a nord del San Primo - Castel di Léves). 1) Il M. Forcella, lungo 600 m, compreso tra 1300 e 1331 ; si innesta alle falde del M. Ponciv, diretto al nord, suborizzontale ma ondulato, tutto in marne e calcari retici immersi a sud. Tracce di morenico non più in su di 1300 m. 2) Il filone suborizzontale, ma alquanto ondulato, che dai 1100 sotto l’Alpe delle Ville, alle falde del San Primo, si dirige a nord per giungere al M. Nuvolone (1094), lungo 3 km. Le ondu¬ lazioni sono in rapporto prevalentemente con i tipi litologici af¬ fioranti, tutti immersi a sud: Fopa 1116 = calcare selcioso Mas¬ sico, Dosso della Colmenetta 1074 = Conchodon, Ceppo del Muc¬ chio = calcari retici, sella del Roccolo 937 = scisti retici, M. Nu¬ volone 1094 = dolomia norica. Il tutto abbondantemente cosparso di morenico. 3) Una serie lineare di dossi sugli 850 m, leggermente in¬ taccati da deboli depressioni, di calcare liassico, dominanti Ci- venna da occidente, strutturalmente costituenti come una conca sinclinaloide sostenuta dal « canestro » di Conchodon. 4) L’insieme di terrazzi e ripiani di fondo valle sui 725- 700 m della media Val Perlo-Spino (Rovenza, Gravedona, Seller). 5) Una linea di terrazzi e dossi sui 625-650 m che compren¬ dono gli elementi di Civenna (in lias, ma con basamento di Con¬ chodon suborizzontale), C.na Gorla, dossi di Limontasca e di Guello (in Conchodon subverticali), Makallè di Garnasca (in dolomia norica). APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 113 6) I ripiani sui 600 m di Brogno, Bégola e C.na Pelo, nella zona del Nuvolone, e della Capanna Elisa nella zona del Garnasca. Sotto i 600 m la superficie è punteggiata da piani e terrazzi ad al¬ titudini diverse, ma quasi tutti talmente coperti di morenico per cui non è possibile un loro riconoscimento genetico. II - Lungo il versante del Lario comasco e nelle maggiori valli confluenti. Ricordiamo almeno tre-quattro serie. 1) Al Colmenacco: tre piani in gradinata, orientati in di¬ scesa verso SO, più o meno abbondantemente carsificati: 1140, 1100, 1000 m. Siamo nei limiti della III serie di montagne. 2) Al Cappóni piano a 700, carsificato, con ai due lati due piani a 650 (Cappón di Val Nosè e Monti di Careno volti al Lario). 3) Al Monte Piatto : 635 m. 4) Da Torno a Como : 500 Monti di Cazzanore, 500 Monti di Sorto, 525 Monti di Capo Vico, 490 Monti di Sopravilla. 5) Zona Brunate : 1050 (M. Astelè), 1025 (sopra Croce Ar- dona), 900 S. Maurizio. Anche qui siamo nella III serie di mon¬ tagne. Poi a Brunate p.d. : piano alto a 640, piano basso a 575. 6) Val Nosè: i piani carsico-glaciali del Tivano, di Nesso e d’Erno sui 900 metri; il piano d’Erta a 810; i piani dei villaggi di Zéìbio e di Erno sui 725 m; il piano di Gorla 650 e il piano di Cappón a 650 ; Piadera a 480 m. 7) Val Faggeto: i piani dei villaggi di Palanzo e di Cassino- Bicogno a 650 m; la C.na delle Perle a 640; i piani, sospesi per soli 250 m sul Làrio, di S. Alessandro, Lemna, e Molina, sui 400-450 m. Ili - Valle del Lambro dalle sorgenti al piano di Canzo-Asso. Oltre a I sistema di monti = M. Ponciv 1400. II sistema di monti = gran parte di quelli ad occidente, da sotto i 1400 m a 1200. = altri, più vicini 1200-900. Ili sistema di monti 114 G. NANGERONI Possiamo ora esaminare i terrazzi : 1) Penso che si possa considerare come vero terrazzo più elevato, tra quelli interni, il Piano Ràncio sui 950 m. 2) Più sotto, l’altopiano di Pra Giorgio - C.na Paraguài, sui 750-800 m, ma che con i suoi monticali, di cui s’è detto sopra, si eleva anche oltre gli 800 m ; a questo possiamo unire, come al- timetria. il Piano di Grezzo e il Cavai di Barai, pure sugli 800 m, i quali troverebbero la loro prosecuzione allo sbocco, con l’Alpe Carella 650-600. con il Monte Scióscia 670 e, in Val Casiino i 730 del dosso sopra l’Alpe Prina. 3) Ancora più sotto la Conca di Barai (640) il fondo della conca di Lasnigo (520), i bassi terrazzi che guardano dall’alto Asso. dell’Osteria della Trinità a 500, ecc. e, allo sbocco, l’alto¬ piano di Castelmarte 450 e il piano di Casiino a 425 m. 4) Da ultimo, la Piana di Asso-Canzo 400. IV - Nella Val Brona. Oltre alla catena montuosa dei Corni facente parte delia II se¬ rie di monti (1300-1150) e al gruppo Oriolo-Megna facente parte della III serie di monti (1150-1000) troviamo: sul versante destro : sul versante di sinistra : 1. a 730 il piano dell’Alpe di Monte a 725 l’Alpe di Oneda a 728 il dosso del Tuf sopra Maisano a 720 il Dosso Deo sopra Pagnano 2. A 600 il dosso della Villa Carolina a 600 il piano del Cep¬ po (5) della Forca che tendono ai due dossi elaborati che sovrastano lo sbocco della Valbrona sulla piana di Asso-Canzo. Poi il fondovaìle 500 di Osigo che oggi scende ai 446 m dove si forma una stretta gola chiamata C) Ceppo in Lombardia, parlando di rocce, ha sempre il significato di roccia compatta e magari rug'osa; ma, naturalmente il tipo litologico cui viene attribuito il termine di ceppo varia secondo le località in corrispon¬ denza della presenza d’un determinato tipo. Così a Paderno d’Adda si parla di ceppo per indicare il conglomerato quaternario affiorante sulle pareti e sul fondo della gola abduana; a Erba, per indicare la maiolica e il lias; così a Canzo. APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO 115 Val Lavategna (significa : lava la tegna, cioè lava il capo per to¬ gliere una malattia simile alla scàbia, in dialetto chiamata tègna), chiamata ufficialmente Vallategna, valletta le cui acque, dopo la rapida della piccola gola, precipitano per 25 metri sul piano di Asso. 1 2 3 Fig. 21. — La sella-terrazzo-dossetto (1) del I Alpe di Val Ravella, con lo sfondo del Prasanto (2) e del Ceppo dell’Angua (3) in dolomia Conchoclon ( Achermonn ). V - Nella valle Ravella, oltre alle catene del Cornizzólo e dei Corni facenti parte del II sistema di monti 1300-1150 e il ter¬ razzo a 1025 m delì’Alpetto (in Val San Miro), vi è il fondo aperto e lento della valle che dagli 850 m del III0 Alpe scendeva ai 730 del dosso piano del I Alpe, mentre oggi taglia sempre più ripidi versanti per scendere da ulitmo in una stretta gola, da San Miro al Gaiùm per raggiungere la piana di Ganzo tenendosi sempre a sud della bassa costiera di maiolica, emergente dal piano, che tiene separato per qualche chilometro il T. Ravella dal T.te Lambro. 116 G. NANGERONI VI - Nella valle di Caglio , oltre alle cime che dalla Colma del Bosco vanno quasi al M. Bui, facenti parte del II sistema di monti, alle cimette dominanti le due sponde della valle-anfiteatro, fa¬ centi parte del III sistema di monti e al gruppo Bul-Palanzone, facente parte del I sistema, si osservano molti terrazzi, tuttavia difficilmente interpretabili per l’origine, data l’enorme abbon¬ danza di materiale morenico. Forse il piano di Càglio a 800 m e corrispondentemente il dosso di Sormano (800 m) che trovano la prosecuzione a monte rispettivamente nei piani terrazzati a 840-870 m di Campoè e della Roncaglia. Più sotto i due piani di Rezzago e di Brazzova sui 650 m. Subentrano poi quelli sui 500-550 m, forse collegabili oramai a quelli opposti sotto Pagnano. VII - Valle di Casiino (o Val Prina - Valle Lunga). Oltre alle montagne che la circondano e che fanno parte della serie II e III, anche del I col Palanzone, non si notano particolari terrazzi se non il ripiano a 725-700 del dosso sopra l’Alpe del Prina e il ter¬ razzo dello sbocco a 430 m su cui poggia Casiino, corrispondente a quello opposto dell’Altopiano di Castelmarte-Proserpio a 450. VII - Lungo la sponda del Laido Lecchese. Oltre alla serie di dossi sugli 850 m sopra Civenna, forse, almeno indirettamente, collegabile con l’altopiano di Prà Giorgio (800 m), e oltre ai piani del Cavai di Barni e di Crezzo, probabilmente del Pliocene infe¬ riore, sono da ricordare: il terrazzo di Civenna sui 650 m, scen¬ dente a nord, e il terrazzo-ciglio sospeso di Valbrona sui 500 m. Non saprei come collegare i ripiani che si rinvengono scendendo da Maisano al Lario, anche perchè mi sembrano in generale deri¬ vati da selettività litologica (p. es. S. Giorgio in dolomia Con- chodon; il piano sopra Caprante sostenuto da dolomia Conchodon, come in Val San Pietro sopra Civate il ripiano di San Benedetto a 700 è forse dipendente da una base di dolomia principale. IX - Ai piedi della catena marginale. Dei bassi terrazzi sui 450-350 m vedremo alla fine delle nostre considerazioni. Ben poco v’è da dire degli altri, perchè quello sui 900-950 m che a lembi fa da alta balconata alla catena marginale, è ovvio pensare che APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 1 1 7 sia stato determinato dalla presenza della sinclinale-faglie che separano il tronco occidentale della catena marginale dalla so¬ vrapposta anticlinaìe del Bolettone. L’altopiano di Castelmarte sui 400-450 si collega, come ve¬ dremo, agli altipiani ad altitudini simili, o poco più, che si os¬ servano alle falde del Resegone e del M. Barro, forse la stessa cosa si può dire delle ondulazioni sopra Givate, effettivamente più basse, sui 350 m. Invece notevoli : la presenza del Piano di S. Tommaso a 580 m, sopra Valmadrera, tuttavia parzialmente spiegabile con la presenza di retico marnoso sovrapposto a dolomia norica ; i piani sui 600 m presso l’Alpe Carella, uniformemente in pieno lias, di cui si è detto a proposito dello sbocco della Valle del Lam- bro, e le sedette, poco sopra, che isolano due bassi dossetti (in roccia). Al più si potrebbe accennare a S. Benedetto, nella valle di Givate, a 630 m, forse collegabile al vicino piano degli erratici, e questi due sì probabilmente ciclici, anche se il basamento del primo è di dolomia norica. Vorrei ora tentare una classificazione cronologica della serie di monti e terrazzi, almeno per il versante Lambro, cioè quello meridionale. Mi sembra, però, che prima bisognerebbe tentare di risolvere due problemi che interessano gli estremi della Valle del Lambro, cioè la zona di Magréglio e quella di Castelmarte. Quanto alla prima, è impressionante il vuoto di testata che esiste tra le catene Morigallo-Corni, alta sui 1300 m, e la catena del Ponciv-Palanzone compresa tra gli oltre 1400 m agli estremi e i 1300-1200 della serie di dossi che legano questi estremi; vuoto che se non è ancora tale poco a nord di Asso, dove le cime sui 1000 m appartengono al III sistema, diventa sempre maggiore andando a nord fin che si arriva agli 830-750 m dello spartiacque rappresentato dalla turbata dorsale che dal Ghisallo va alle falde del basso Castél di Leves. Sembra cioè di vedere uno spazio di 9 km attraverso il quale passava una fiumana o una serie di fiumi provenienti dal nord-est, cioè dalla Grigna settentrionale, fiumi che riuscivano in seguito a scavare ciascuno un proprio solco le cui tracce sono ancor oggi visibili (come già in parte si disse) nei solchi, tutti ancora diretti da NE a SO, che sono: quello, appena ora accennato', di Prà Giorgio-Castel di Leves, quello del Camp s G. NANGERONI 118 Rond e poi quelli oramai noti di Orezzo (Lambretto), della Val- brona e, se vogliamo arrivare airestremo sud, di Valmadrera (pro¬ veniente dalla Valsàssina). Se tutto ciò fosse esatto, si dovrebbe concludere : I - che fino a tutto il Pliocene inferiore la Valle del Lambro aveva le sue origini in una terra a NE della nostra, quindi che fino ad allora esisteva una terra che univa il nostro triangolo alle Grigne e che, se avvenne lo sprofondamento di quella fascia di terra da cui doveva poi derivare, sia pure indirettamente, il ramo lecchese del Làrio, doveva perdurare, sia pure ad altitudini sempre inferiori rispetto ai due versanti laterali, per tutto il Pliocene o addirittura fino al Viliafranchiano, perchè solo col Quaternario antico hanno inizio i rapporti di sedimentazione tra la Valle del Làrio lecchese e la fascia pedemontana e collinosa corrispondente, come ci mostrano le sezioni deir Adda in corrispondenza di Pa- derno d’Adda; II - che il ilvello dello sbocco dei fiumi pliocenici del nostro territorio era con ogni probabilità sui 400-500 metri attuali come sembrano dimostrare i ripiani che a quest’altezza si notano alle falde del Resegone e del M. Barro, in qualunque tipo di roccia non in strati orizzontali. Qualora dunque si volesse proprio costringere la datazione dei sistemi montuosi e dei terrazzi ciclici, si potrebbe forse arri¬ vare a questa conclusione : I Sistema montuoso II Sistema montuoso III Sistema montuoso Terrazzo più elevato : dagli 800 del Ghi- sallo-Crezzo ai 600 deir Alpe Carella (e 730 degli altri terrazzi di Val Brona, 800 di Val Caglio, 130 di Val Ravella) == Pliocene inferiore Terrazzo medio : dai 500 sotto Pagnona ai 450 di Castelmarte (e 500 dei gradini di sbocco di sospensione verso il Lario lecchese, della Valbrona, della Val di Caglio da Val Ravella al Gaium, e di Casiino = Pliocene superiore — Oligocene superiore? = Oligocene superiore? = Miocene inferiore APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO J 11) Fig. 22. — Come doveva presentarsi l’ idrografia del nostro territorio prima del Pliocene superiore, secondo Staub (con modifiche). Argomenti positivi: le depressioni orientali di valli dirette da NE a SO e troncato-sospese sul Lario lecchese; i terrazzi alti della Val Menaggio verso il Ceresio. Argo¬ mento forse negativo, per il Lario Comasco, la presenza di conglomerati oligo-miocenici di composizione alpina anche a SE di Como. G. NANGERONI 120 Fondi valle attuali (compreso il fondo terrazzato della Valle del Lambro — Quaternario. Naturalmente, ripeto, è un tentativo. Un altro problema riguarda V altitudine della linea pedemon¬ tana da Como a Lecco. Dai 200 metri di Como, salendo insieme col Tte Cósia si giunge ai 425 metri circa di Tavernério inferiore dove il Cosia penetra nella montagna tagliando un imponente de¬ posito di conglomerato quaternario, forse sincronizzabile col ti¬ pico « ceppo dell’ Adda », coperto di morenico. La linea ora segue le basse falde della catena marginale, mette a contatto le rocce dell’infrastruttura con il quaternario alluvionale e morenico della collina, e si mantiene sui 425-450 m fin quasi a Erba. Qui la linea di contatto devia un po’ a NE, scende ai 300 m di Mazzónio (di¬ luvium recente e alluvium), devia verso SE girando alle falde del¬ l’altopiano di Castelmarte e, con Pusiano, si dirige verso NE per giungere così a Parè sul Lago di Lecco, conservando un’altitudine che va dai 260 ai 200 m. Quindi alle falde della catena del Bolet- tone, il limite è a 425-450 m., ed è qui che comincia l’alta pianura; mentre da Erba a Lecco, il limite si aggira sui 250 m, e qui si ha la fascia dei laghetti pedemontani (Alsério, Pusiano, Annone, O g- giono). La causa fondamentale è da ricercare nel diverso sviluppo dei ghiacciai quaternari : la fronte comasca si è fermata a Cas- sano-Albese (e quindi da Como ad Albese si ha la salita della Zungebecken, invece la fronte vallassinese si è fermata lateral¬ mente ad Albavilla, lasciando quasi intatta la fascia quaternaria tra Cassano e Albavilla (e quindi vi è la conservazione dell’alti¬ tudine 425 tra Cassano e Albavilla e, invece, la discesa dai 425 ai 300 da Albavilla alla piana di Erba). Ad oriente di Erba si ha l’unione delle lingue estreme delle due colate (Valassina e Làrio lecchese), quindi imponente attività di erosione della Zungebecken (pianura, conche lacustri). Quanto all’idrografia agli estremi, il Cósia che dalla sua direzione nor¬ male a sud devia verso ovest, e il Rio Torto, che è obbligato a dirigersi verso NE (proveniente dal L. di Oggiono), anziché a sud, sono una conseguenza della morfologia impressa dall’azione model¬ latrice dei ghiacciai quaternari ; solo il Lambro, al centro e l’Adda, APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO 121 ad oriente, sono riusciti a tagliare la barriera di rocce prequater¬ narie e di alluvioni o morene quaternarie, forse perchè i loro tor¬ renti glaciali hanno trovato migliori condizioni, soprattutto alti- metriche, almeno in un primo tempo, per vincere la gara con tutti gli altri torrenti glaciali, per scavare un più profondo solco che mettesse in comunicazione idrografica l’ interno della Zungebecken (solo conca o conca-lago) con la pianura; conche le quali, indi¬ pendentemente dal successivo riempimento idrico, sono una delle prove fondamentali della possibilità di escavazione da parte dei ghiacciai (con intervento o meno dell’attività crionivale alla fronte o ai lati del ghiaccio). Altro piccolo problema : se nel nostro territorio le differenze altimetriche della linea pedemontana dipendono dalla occupazione o meno e dell’attività erosiva d’una fronte glaciale, bisognerebbe concludere che prima dell’ultima glaciazione (o almeno della ris- siana, poiché da Sirtolo di Cassano a Villalbese si tratta, secondo i piani di rilevamento del Riva, di morene rissiane) anche tutta la fascia pedemontana da Erba a Parè è probabile che dovesse essere costituita di materiale quaternario e che raggiungesse l’al¬ tezza di almeno 400 m. Se così fosse, noi dovremmo trovare delle tracce di materiale quaternario antico e medio, fluviale e glaciale, alle falde della catena del Cornizzolo, sui 400 m. Ed è innegabile che di tracce ve ne sono, e non poi troppo scarse. Le località più caratteristiche al riguardo sono comprese tra le Cascine Pozzolo e Santa Maria della Neve, dove è possibile osservare un notevole spessore di alluvioni ben cementate, molto simili a quelle che si trovano sopra Aibese a quasi 500 m (dove, anzi, è sorto un arti¬ gianato che utilizza questo materiale, simile al « ceppo di Pa- derno » per abbellimento roccioso di giardini), tra 400 e 500 metri, con una copertura notevole di morenico recente (non esiste più il piccolo lembo di conglomerato sotto San Calogero di Casiino, di cui ha scritto il Vanni nel 1927). Forse in questo periodo anche il complicato terrazzo roccioso (dalla creta alla dolomia infraliassica) che da Givate sale a Scola e alla C.ma Ora, era coperta dallo stesso materiale. E al pendio sottostante alla balconata 900 m della catena del Bolettone corrisponde, come intermezzo, l’altopiano di Castelmarte e, poi, ben separata dal solco del Lago Segrino, la catena del Cor- nizzólo-Rai. 122 G. NANGERONI V. - Le testimonianze del fenomeno glaciale quaternario. Riassumo quanto venne già scritto dal Pracchi e da me. Durante il quaternario il nostro territorio venne invaso dalla imponente fiumana glaciale derivata dalla confluenza delle due colate provenienti rispettivamente dalla Valtellina (Cevedale, Ber¬ nina, Disgrazia) e dalla Val di Chiavenna (monti della Valle Spluga e della Val Bregaglia), come è largamente testimoniata dagli im¬ ponenti e classici depositi morenici. Si hanno tracce di almeno tre invasioni glaciali, rispettivamente omologabili alle tre ultime tradizionali glaciazioni : Mindel, la più imponente, Riss, legger¬ mente inferiore, Wùrm d’ancor minore estensione e potenza. In una montagna normalmente si osserva : in alto, del morenico sparso, probabilmente attribuibile al Mindel, morenico che mentre nella bassa fascia collinosa pedemontana o dell’alta pianura venne profondamente ferrettizzato, qui, a 900-1000 metri più in alto, andò soggetto ad una ferrettizzazione minima e, invece ad una no¬ tevole demolizione da parte delle acque, tanto da presentarsi spesso solo sotto forma di massi sparsi, talora di dimensioni molto note¬ voli. Ad un livello di poco inferiore si allungano dei cordoni more¬ nici, generalmente solo mediocremente alterati ; probabilmente rap¬ presentano il Riss. Ancor più sotto si hanno quasi sempre, dei ter¬ razzi costituiti di morenico o di fluvio-glaciale, di materiale ge¬ neralmente fresco, cioè utilizzabile per costruzioni : siamo con molta probabilità nel Wiirm. Nel nostro territorio troviamo tracce notevoli di tutte e tre le forme, disposte altimetricamente come si disse. La emergenza del triangolo lariano determinava una prima grande biforcazione della colata diretta al sud in due colate di¬ stinte : comasca a occidente, lecchese ad oriente ; ma 7-8 Km a sud della Punta di Bellagio il rilievo che ad occidente raggiunge col San Primo i 1686 m, ad oriente non solo si abbassa ai 750-800 metri del Ghisallo e dintorni, ma, ancor più scendendo a sud, il rilievo è interessato da ben tre aperture depresse, collegate a valli che scendono nella Vallasslna: 860 il Cavai di Barai sopra Barai, 800 il Piano di Grezzo sopra Lasnigo, 490 la sella della Val Brona che scende a Asso. Come ipotesi si può supporre che l’altitudine di questi elementi risalga al primo quaternario, cioè APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 1 23 / TREMEZZO^" . * / / . / i ^ ■ o / -1350 1230 / 'v^rgegIno / 1 _ ✓' \ 1150 0 1300 1300 f “O \ 1250 Ri 41 1090 '/ X / \ ■ I \ T Sella di' ^ v %NDELLO > C rezzo \ X \ ✓ ^ ^ ^ ,( & >\ v-"' ** Sella 1 V / / 5e//<3 1 \ / s ! Va! Br.ona \ s ~ \ eoo ; o / / Val , V * / © o w1 ,fi © 3 ì>* CO y"H — » «V s«- Q sJ /C3 •r* -m 0£ © £ © sj : f— o c w r* 4© « T~ 'v «w S - _ w O W Ò> £ fi; o o *-43 • V .2 © Ò0 g. sx .2^ Q t: fi ©3 n: C . ^ 02 Ó rr* Cj wv O bjo o> d 0) -4-» i ^ ■< -4-5 •F— w r^: a) 'fi 4© cjC ò C w ©“J Q * '"H -T3 0) 03 e y ^H w © '■+3 2 © fi ” o © > * fT* fi P fi) '© o3 © 4© 35 +? © © © fi "fi fj N c © "3 © © fi fi c .P fi G! © © ÓJC © fi, fi >j 1 a £ fi • rH fin — • M fi fi © • — c3 4© o3 £ fi > fi c ? _© C*2 • rH o bfi © fi fi fi • rH ?H H fi 4© 4© • rH © © M o 1 fi 4© A fi fi • i— i © fi ©I 4© fi fi. O > © in '© © 'fi fi 'fi. o 35 c fi © fi 4© ifi ÒJC fi p © o © •<4 © ' © §3 , h fi & fi se fH © 0> ©e ©5 , _ , o • — ( s — ' 02 xn C © CsS c fi g LO fi CI A Cd fi h— ! tH NANGERONI G. Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXII Il « Sass Négher » (= sasso nero) sopra San Martino in Valmadrera. Blocco di tipico serpentino arrossato ed annerito per alterazione meteorica. Col suo colore scuro spicca sul chiaro del calcare di cui sono fatte queste montagne (in primo piano). Come si vede, è accompagnato da simili « fratelli minori ». Siamo a circa 400 m. L’anfiteatro di Caglio-Sormano (800 m) e di Rezzago-Brazzova (650 m), circondato da montagne liassiche (II sistema, salvo, a sinistra piccolo lembo del I sistema sul Balanzone). Ossatura di calcari liassici con pochi lembi di Conchodon (altopiano del Pliocene inferiore) e copertura abbondante di mo¬ renico (talora a cordoni, visibili sopra i due maggiori villaggi) spezzato in tre spicchi da due torrenti (da una cartolina). NANGERONI G. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXIII Il Piano paludoso di Crezzo (800 m) e la morena che lo sbarra separandolo dalla precipite discesa al sottostante Lario lecchese. La Pietra Narióla, enorme tavola di g-hiandone, sporgente per alcuni metri dal pendio che scende al Lario sopra la cappelletta dei monti di Sorto, a 585 m, sopra Blévio. V V NANGERONI G Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tay. XXIV La « Pietra Luna » di Bellagio, il caratteristico « trovante » di gneiss mi¬ caceo valtellinese, situato ai marg’ini del Piano Rancio (960 m), sopra Ma- greglio. Si osservino le incisioni a sinistra (P.L.D.B., mezzaluna, e data 1792). Un bel g-ruppo di giganteschi trovanti sotto Bertei, dominanti il Lario co¬ masco di fronte a Moltràsio, a circa 575 m. NANGERONI G. Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXV Morenico sparso a circa 900 probabile residuo di morenico m, più in alto dei cordoni morenici mindeliano, a Morane sopra Caglio. rissiani, Un « trovante » di ghiandone presso Civiglio, a 650 m. NANGERONI G Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXVI Morena wiirmiana sopra Carella, erosa a calanchi, a circa 500 m. Deposito deltizio (wiirmiano) ricoperto di fluvio-glaciale (stadiale wurmiano) a Lasnigo, a circa 570 m. NANGERONI G Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXVII Sezione del cordone morenico materiale alquanto alterato. rissiano del Dosso al Piano del Tivano, con Un cordone morenico sopra Ponzate con (Riss), a circa 500 m. caratteristici erratici affioranti NANGERONI G. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXVIII L’imponente piana di Caglio (800 m) in roccia coperta da abbondante mo¬ renico (sparso e a cordoni). In alto a destra il Palanzone (1436 m, I sistema di monti); a sinistra le dolci emergenze del Dosso Fornace, Dosso Mattona e Barzaghino (m 1001, 1046, 1069), del II sistema. Tra queste emergenze e il Palanzone, la depressione di Vallelunga, qui appena accennata. Il Golfo di Como. Alle spalle di Como, le colline sui 650 m, di conglomerati e arenarie oligo-mioceniche, che separano il pedemonte dalle colline moreniche (a sinistra, Cantù). A sinistra, in primo piano, l’estremo occidentale della catena Massica del Bolettone, con i Piani di S. Maurizio in sommità (circa 900 m) e di Brunate, sotto (circa 600 m) ; il morenico sparso si trova sino ai margini di S. Maurizio; dato il breve percorso e la struttura geo-litologica, i torrenti sono semplici o pochissimo ramificati ( Brunner ). NANGERONI G. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXIX Come si presenta un lastrone verticale di calcare Conchoclon presso il Pra- santo (Sasso Malscarpa). Due sistemi di diaclasi, perpendicolari tra loro e alla « faccia » degli strati hanno determinato la tipica forma di muraglione di cubi verticali. Notevoli i numerosi solchi carsici paralleli; non sono qui visibili i pur abbondanti Conchodon. Siamo a circa 12000 ni. Il tipico carsismo di superficie sui lastroni obliqui di dolomia Conchodon al Prasanto ( Achermann ). NANGERONI g. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXX I monti dominanti Valmadrera, visti dal M. Barro. Ben visibili i 4 Corni (2 di Canzo, 2 di Valmadrera) in Conchodon, e il Morigallo (in dolomia norica). No¬ tevole il piano di S. Tommaso in retieo, sostenuto, in basso, dal norico suborizzontale. Le due stecche di retieo -Conchodon del ventaglio tra cui, per faglie, sta un com¬ plesso retieo (morfologia blanda, in contrapposizione a quella delle due stecche per verticalità o per testata). Si noti: la grotta a sinistra (in rapporto con pic¬ cola anticlinale) e il gruppo di pieghe minori in retieo a destra. Siamo nella zona Prasanto, versante Valmadrera. NANGERONI G. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXI Il Corno di Ganzo orientale visto da oriente; morfologia varia in rapporto alla varia tettonica del Conchodon di cui sono formati i 4 Corni. La cima asimmetrica del M. Rai 1261 (II sistema), costituita di dolomia norica coperta da marne retiche. In secondo piano, le torri del Resegone. NANGERONI G Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXII Il M. Morigallo in dolomia norica. Notare, a sinistra, il rapido passaggio dalla sinclinale all’anticlinale e, quindi, dai terrazzi selettivi ai canalini selettivi (Agostini). La tondeggiante sommità del M. Morigallo (dolomia norica) in corrispondenza della cerniera delPanticlinale Morigallo-Corni di Canzo. mà NANGERONI G. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXIII Barili (in basso a sinistra) e Magreglio, sopra. Pieno dominio di norico formante anticlinale, questa visibile nel dosso della Croce di Magreglio 999 m. In secondo piano i monti di Tramezzo e, sullo sfondo, le montagne gneissiche delTalto Lario occidentale. L’altopiano di Pra Giorgio-Paraguài sugli 800 m, spartiacque Perlo-Lambro, in corrispondenza, della cerniera delPanticlinale norica che raggiunge la sommità del Castel di Leves, qui ben visibile, a sinistra della depressione in retico del Cavai di Barni (Perin, Civenna). NANGERONI G Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXI V La sorgente « intercalare » del Lambro che esce da una cavità d’interstrato mo- noclinale. Il Piano del Tivano, a 950 m ( Perin , Civenna). NANGERONI G. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXY Salendo al San Primo, guardando verso SE, con Grigna merid., Resinelli e Resegone sullo sfondo. Si noti: in secondo piano i monti Oriolo e Megna (III si¬ stema) ; in terzo piano, il Corno di Ganzo occid. (II sistema) ; in basso, a destra, il Dosso Deo (terrazzo deformato). Le forme tondeggianti dei monti liassici sui 1250 m del II sistema, presso la Colma del Bosco. Sullo sfondo, da sinistra : i due Corni di Ganzo ( Conchodon ), il Prasanto-M. Rai (retico), e il Cornizzolo (retico, Conchodon , lias) del II sistema. In secondo piano, a sinistra, s’intravvedono le cime Oriolo e Megna del III sistema. NANGERONI G Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXVI Lias in strati orizzontali : a sinistra, roccia fresca, solo recentemente messa a nudo ; a destra, la stessa roccia, molto alterata, da molto tempo esposta agli at- mosferili. Alterazione selettiva nei calcari selciosi del Lias. NANGERONI G Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXYII Piccola sinclinale in lias presso la Colma del Piano. Il M. San Primo (I sistema), la Valle di Torno e gli Alpi di Torno (con more¬ nico). Leggermente in alto a sinistra dell’Alpe Alto di Torno, si osservi una buca circolare : è una dolina di sprofondamento formatasi circa nel 1966, notevole perché mostra la rossa superficie costituita di morenico molto ferrettizzato (Min- dei) sia pure mescolato a eluviale di « terra rossa ». NANGERONI G. Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXVIII Il calmo Monte Ponciv 1456 (I sistema), in lias, sovrastante la fascia di paretine di Conchodon, a sua volta sovrapposto al fertile retico piegato. Si noti, in basso a sinistra, la salita degli strati verticali di Conchodon che, più in su, si alzano obliquamente, determinando, per selettività, forme caratteristiche. Foto da Barai. Solchi paralleli da nivazione alla Colma del Bosco, dalla via per l’Alpe della Spessóla. NANGERONI G. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XXXIX Il Pian del Tivano, visto salendo alia Colma del Bosco. Si noti Parco morenico che ha determinato la formazione d’un lago, successivamente colmato e, oggi, terrazzato dal torrente che, a destra in secondo piano, s’inabissa nel Buco della Nicolina. La morena del Dosso, presso il Pian del Tivano. Evidente il punto di partenza e l’opera di sbarramento sulle acque (del Vallone) che impaludano. Sullo sfondo i monti della Valle Intelvi. NANGERONI G Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XL Il cordone morenico del Piano dell’Alpe d’Erno a 1050 m, interessato dall’erosione a calanchi e a piramidi di terra. La linea orizzontale ondulata, sui 1300 m, del M. Forcella (II sistema) che si stacca, al centro, dal M. Poncìv (a destra; I sistema). Sullo sfondo le Grigne (Anisico + Ladinico). IBM NANGERONX G Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XLI Il piano di Merma-Róvere 940; strati obliqui in corrispondenza della piega-faglia immersa a nord, che separa la sottostante anticlinale (marginale) dalla sovrastante anticlinale del Bolettone. Da sopra Véleso, guardando verso sud. A sinistra, in alto, il M. Palanzone 1436 (I sistema); al centro, in alto, i monti Palanzo e Preàola 1391 (II sistema?) e il ripido vallone di Kalimort. NANGERONI G Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XLII Il terrazzo del M. Cappón, 700 m, alquanto earsifìcato. A destra le montagne della Valle Intelvi; a sinistra, le costiere del Bolettone; sullo sfondo, Como e la bar¬ riera delle colline di gonfolite (conglomerati oligo-miocenici). Il monte Piatto, sopra Torno. Dosso earsifìcato, sui 625 m, alla pari del piano che sì vede a sinistra (C. delle Perle). Le montagne fanno parte della catena del Bo- lettone (II sistema) (Agostini). NANGERONI G. Atti Soc. It. Se. Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XLIII La linea orizzontale ondulata sui 1050 m che va dal M. Nuvolone (a sinistra) al M. Fopa, interessando la dolomia norica (Nuvolone), le marne retiche (Sella del Ròccolo), il retico madreporico (Ceppo dei Mucchio), altre marne retiche (Sei- letta 1009), calcare a Conchodon (dosso della Colmenetta) e, qui non più visibile, il lias (M. Fopa) che sale fino ai fastigi del San Primo (qui visibile). 11 M. Nuvolone, in dolomia norica, a contatto, a sinistra, con il pacco di marne retiche del Ròccolo, formanti una calma depressione. NANGERONI G. Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XLIV 1 La costiera del San Primo 1686 che scende al Colmenacco-Forcoletta 1280. Si noti la semplicità e il parallelismo dei ripidissimi solchi, scavati in lias, che scen¬ dono al Lario (Lézzeno, Pescaù). Il morenico arriva fino a quasi 1300 m (cimetta 1). La penisola che emerge dal lago è quella di Lavedo (dolomia norica) e fa parte della Tremezzina. Il costone liassico (pieghettato) che va dai Lardei (sinistra) al Monte €roce, sul versante di destra del Piano di Nesso. È difficile non accettare Fipotesi che si tratti d’un lembo di antico terrazzo (miocenico?) ulteriormente modellato. Sullo sfondo, la Grignetta (a sinistra) e il Resegone (a destra). NANGERONI G Atti Soc.It.Sc.Nat., ecc., Voi. CX, Tav. XLV La linea orizzontale ondulata dei dossi costituiti di numerose pieghe in lias, a occidente sopra Civenna, a circa 850 m L’anticlinale del Castel di Leves determinante una sommità tondeggiante (ma nei particolari molto turbata da carsismo : doline, ecc.) ; a sinistra, il Cavai di Barni, in retico marnoso (Agostini). APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO 133 Alcuni di questi massi, soprattutto quelli costituiti di rocce granitoidi, sono interessate da « scodelle » e da « canalicoli », ecc., da qualcuno interpretati come opera umana, mentre è quasi ovvio che almeno la maggior parte sia conseguenza di degradazione per opera naturale (se ne trovano un po’ dovunque e anche sulla viva roccia granitoide a 2000 e più metri d’altitudine). Naturalmente non parlo di quegli autori della metà dell’800 i quali ritenevano che gli stessi massi erràtici fossero dovuti a trasporto umano in periodo ligure o gallico, e collocati in certe posizioni per sacrifici religiosi. In alcune località, poi, il morenico venne dalle acque inta¬ gliato a piramidi di terra o a vallette calancoidi, e cioè : a Rezzago, dove però la piramide più tipica è scomparsa per la caduta del masso protettore, all’Alpe di Erno dove le piramidi sono in forma¬ zione, sopra Pusiano a 450 m, e presso Carella a 400 m dove si hanno degli inizi. VI. - Descrizione ragionata del minore triangolo settentrionale e della valle del fiume Lambro. Prima di concludere con una descrizione ragionata del Trian¬ golo lariano mi sembra opportuno procedere alla descrizione geo¬ morfologica dei suoi due territori attuali così diversi, che sono il nord e la valle del Lambro. 1) II nord e il triangolo di Bellàgio. A nord della lunga cresta spartiacque del Monte San Primo che con la cima omonima raggiunge i quasi 1700 m, diretta da ONO a ESE, e dell’altopiano carsico del Piano Ràncio che s’ innalza dolcemente verso oriente nel tondeggiante carsico-morenico Monte della Croce di Magreglio (o Prà Dalco, 999 m), l’elemento idrografico fondamentale, se si escludono i ripidi torrenti che scendono ai due rami del Lario, è rappresentato dal T.te Perlo. Esso deriva dalla confluenza di due torrenti : il Perlo a occidente e lo Spino a oriente, le cui valli sono separate in alto dalla costiera trasversale del Monte Forcella (1331) M. Grioncio (921) che si stacca dal M. Ponciv (1456, ultimo dosso orientale della costiera del San Primo) alla quota 1300, in corri¬ spondenza d’una tipica selletta dove la dolomia Conchodon (base 134 G. NANGERONI del Ponciv) lascia il posto al pacco di retico calcare madreporico- calcare marnoso, immerso a sud di cui è costituito tutto il dosso ondulato suborizzontale della Forcella che si spinge a nord per oltre 800 metri, tra 1300 e 1331, e che più a valle continua nel versante terrazzato dei piani di Pra Filippo (900 m) e nei dossi di calcare retico di C.na Lumaca, ecc. Ai due lati la valle è tenuta separata dai due versanti lariani da due costiere ben diverse. A occidente da una lineare costiera suborizzontale, diretta a nord, che parte dai 1100 della base del San Primo e raggiunge dopo tre chilometri il Monte Nuvolone 1093; costiera alquanto affilata, lineare, altimetricamente sub¬ orizzontale, ma interessata da un susseguirsi di piccoli dossi bo¬ scosi alternati con piccole selle pascolive, tutte in rapporto con P al¬ ternanza di rocce variamente degradabili che vanno dal calcare selcioso liassico (M. Fopa), alla sottostante dolomia Conchodon (dosso della Colmenetta), ai calcari coralligeni (Ceppo del Muc¬ chio) e ai calcari marnosi retici (sella del Ròccolo) e, finalmente alla dolòmia nórica del M. Nuvolone. Dal tondeggiante (ma dolo¬ mitico) Nuvolone, la costiera scende a gradini al Lario comasco a sud di S. Giovanni di Bellagio. A oriente, invece, una costiera molto irergolare, va dai dossi liassici sopra Civenna, sugli 875- 800 m, ai dossi di Gailasca in retico -Conchodon e dolòmia nórica sui 700 m, al M. Garnasca (698 m) in norico e poi a Visgnola sul Lario lechese, separati da tranquille selle sui 600 m corrispondenti ad affioramenti di tenero retico. E anche la morfologia delle due valli confluenti è ben diversa. L’Alto Perlo : un ventaglio di vai¬ lette che intaccano il pendio settentrionale che va dal Ponciv al San Primo e che confluiscono a quasi 900 m sotto l’Alpe delle Ville; segue una valle accompagnata da terrazzi che dagli 800 scendono ai 725 m (su ambo i versanti) intagliati in marne e cal¬ cari retici, prima, e in norico, poi, abbondantemente mascherati da morenico, lungo cui si stendono campi, cascine e nuclei perma¬ nenti, soprattutto a sinistra (Taiana a 800 ni, Rovenza, Grave- dona e Seller sui 725 m). L’Alto Spin : un irregolare insieme di bassi dossetti collegati a monte con l’altopiano del Piano Rancio 950 m (dol. nórica) e a valle con i dossi (860) dominanti Civenna (in lias) separati dalla valletta dell’Acqua (in marne retiche); più sotto, un piano sui 700 m, molto carsificato (doline, ecc.) da cui, verso la confluenza dello Spin nel Perlo, si ergono i piccoli dossi APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 135 di calcare retico che hanno inizio con Cernobbio e che compren¬ dono le piccole emergenze di Lessin, di Lumaca, il Dosso Maggiore (725), Gallasco (699). Questo piano, su cui si estendono i prati di C.na Prada ha tutte le caratteristiche d’un pólje : doline molto complicate con inghiottitoi alla periferia, acque stagnanti al cen¬ tro, opportunamente canalizzate e drenate (come si può ricono¬ scere anche dalla tavoletta). Di tutto il bacino, la testata è preva¬ lentemente in Lias (in nerico all’estremo est); la fascia mediana in retico ( ConchocLon compreso) e Lias, oltre al norico del Nuvo¬ lone. Con Brogno (600 m) ha inizio l’ultima parte del Perlo che è rappresentata da una gola scavata, prima nella dolomia norica del Nuvolone e del Garnasca, e poi nel retico della sinclinale di Lóppia (Bellàgio). La sponda occidentale del piccolo triangolo in questione non offre particolari caratteristiche ; solo possiamo ricordare : 1° l’asprezza del paesaggio dovuta sia, ma in piccola parte, alla dol. norica del Nuvolone (zona Grosgalli), sia soprattutto, al¬ l’azione diretta o indiretta, glaciale laterale (qui il gh.io valtel- linese giungeva almeno a quota 1300 m attuali) ; 2° il tipico paral¬ lelismo dei torrenti, grossolanamente unitari, intaccano il versante nord della costiera occidentale del San Primo, in contrasto con i pochi torrenti complessi che scendono dalla stessa costiera verso la Valle di Nesso (sud) il cui corso è tagliato sui 1000-1100 m dai cordoni morenici (che qui hanno potuto essere costruiti in rap¬ porto ad una precedente morfologia blanda, ma intaccata da po¬ tenti correnti glaciali dirette ; 3° la valletta, che dal Ponte del Dia¬ volo (lungo il Lario) sale sul versante nord del Nuvolone e la op¬ posta valletta che poi scende a Brogno, coincide con una linea di faglia, ben testimoniata presso Brogno da un notevole affiora¬ mento di retico (verdi fertili campagne), che separa il nórico del Nuvolone dal nórico del Garnasca; 4° Ai 600 m di Brogno corri¬ spondono i 600 m, sia del dosso carsico di Bégola, sia della tipica conca-piano della C.na Pelo e, di fronte, sotto il Garnasca, di Capanna Elisa-Makallè. La sponda orientale è invece tipica per altri fatti di geomor¬ fologia (salvo l’eguaglianza di forme della costa, aspra per fatto glaciale, qui in rapporto anche con l’affioramento generale di do¬ lomia norica, agli estremi, e di Conchodon, da Vassena a Limonta). 130 G. NANGERONI Notiamo qui: 1° la serie di dossi liassici sopra Civenna sugli 870- 800 m, carsificati ; 2° il lungo terrazzo che da Civenna conduce al- rOsteria dei Cacciatori, percorsa dalla strada della Vallasslna, sui 620 m, altitudine conservata dai dossi carsificati (dol. Conchodon) di Limontasca (620); 3° la sella di Chévrio (585) e la valletta che scende all’Osteria di San Giorgio, corrispondente al contatto anor¬ male della fascia di retico marnoso con la dol. norica del Garnasca, prima, e con il gesso raibliano, presso il lago (« Cava di Pietra » della Tavoletta) ; 4° i 698 m del M. Garnasca forse si possono unire geneticamente ai 700 m di C.na Lumaca e vicini dossi emergenti. 2) II corso e la valle del F. Lambro. Il Lambro ha le sue origini ad una sorgente carsica intercalare (cioè a portata varia¬ bile con alternanza di valori pressoché regolari e con un periodo che va da 4 a 5 ore) che sgorga da una apertura d’interstrato tra strati di dolomia norica immersi a O, al margine meridionale del Piano Rancio a circa 950 m, sorgente opportunamente chiamata Mena-resta. Il torrente scende per un ripido vallone, quasi al con¬ tatto tra dolomia norica e marne retiche, raggiungendo Magréglio (730), nella vailetta che scende dal Ghisallo (754) e che taglia l’altopiano in norico della C.na Paraguai (765). A Barni siamo sul fondo d’una conca in retico (630) limitata: a N e a E dalla tor¬ mentata costiera altopiano-norico sugli 800 m che dal Ghisallo va al Castel di Léves (971) e che scende nella piana attraverso 5-6 valloncelli asimmetrici monocìinali d’interstrato alquanto ripidi ; a S, dal pendio, abbondantemente cosparso di morenico (con inte¬ ressanti erratici), che scende dal Cavai di Barni (875) e dal M. Colla (1101), in pieno retico (secondo gli Autori qui anche il Conchodon ha assunto una facies marnosa); a O, dal pendio che scende dalla costiera che va dal Garbàl al M. Ponciv (1331-1456) e che in alto si avalla dolcemente nei prati dell’Alpe Spessola 1255, con morenico (il più elevato in questo territorio, ma di quasi 50 metri inferiore alle sia pure scarse tracce che si notano ai 1299 delle sedette con pozze e doline al M. Forcella, poco sopra l’Alpe di Magréglio, e quindi nel bacino idrografico del Lambro). Questo pendio è molto interessante per la serie geolitologica cui corrispon¬ dono elementi geomorfologici caratteristici : alla base il retico in strati molto ripidi ma interessati anche da pieghe particolari; più sopra : la fascia di Conchodon tipico che prima sale verticalmente APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO 137 (partendo dai pressi del Ponte di Sasso cioè dal punto dove ter¬ mina il fondo della conca e ha inizio il solco nettamente vallivo, scavato tutto in lias, che scende a Lasnigo), per salire, poi, obli¬ quamente, dai Fò di Barni per i Faggi di Magreglio fino a pochi metri sopra la selìetta 1299 che separa il Ponciv dalla linea di ondulazione tondeggiante chiamata M. Forcella (copia, tuttavia non molto felice di quanto si vede al Monte di Tremezzo-Calbiga) ; più sopra il complesso Massico che tiene tutte le montagne del San Primo. Segue la vaile che da Barni scende a Lasnigo, è cioè dai 611 ai 530, su una lunghezza di 3 Km, quindi con la scarsa pendenza del 25 fc, rettilinea e con versanti prima vicini, poi un po’ più lon¬ tani, ma sempre alquanto ripidi; ma fasciati alla base da alluvioni alquanto ben terrazzate, soprattutto nel versante di destra; ora¬ mai presso Lasnigo, dal fondo emerge un dosso roccioso (coperto di morenico e di fluvio-glaciale) su cui torreggia 1’ elegante e snello campanile romanico di S. Alessandro, dosso risparmiato dalla azione escavatrice glaciale. A Lasnigo siamo in un’altra conca, colmata tuttavia da un notevole spessore di alluvioni di cui è costituito un'imponente co¬ noide di deiezione allo sbocco della valle del Lambretto che scende dal Piano di Grezzo, valle molto aperta in alto dove strapiomba per 600 m sul Lario lecchese e di cui si è visto la probabile antica origine. Le alluvioni della conoide sono coperte di abbondante ma¬ teriale fluvio-glaciale ; è quindi probabile che non siano postgla¬ ciali ma risalgano ad una delle ultime fasi deiroccupazione gla¬ ciale wurmiana. E’ invece nettamente postglaciale il terrazzamento delle stesse alluvioni, in rapporto anche alla struttura del solco successivo, tra Lasnigo e il piano sotto Pagnano, dominante Asso, solco nel quale confluiscono le acque dell'anfiteatro morenico di Caglio-Sormano costituito sull’imponente anfiteatro liassico-retico che dal Palan- zone va fin quasi al Ponciv. E vi sbocca anche una valletta, da oriente, che scende dalla selìetta 670 di Megna che separa il M. Megna (1052) dal piccolo Dosso Deo (724) e che corrisponde forse ad una delle numerose faglie che interessano il solco pianeg¬ giante e i complicati versanti della Val Brona, Si giunge così ai 475-500 m, valori che molto interessano il piano delle Cappellette, 138 G. NANGERONI per noi, e i terrazzi rocciosi (Ceppo Rosso, al Dosso, che sembrano sbarrare il fondo della Valle Brona) che guardano, da 50 metri sopra, sulla sottostante borgata di Asso che ha dato il nome alla Vallassina. Il Lambro taglia il salto con una rapida rocciosa in lias e in Conchodon ; mentre il torrente di Valbrona vince il salto con la cascata che ha il nome di Vallategna. Siamo così oramai nella Piana di Canzo. L’aspra costa bas¬ si ca di Cranno giunge al Lambro e qui corre il confine tra il Co¬ mune di Asso e il Comune di Canzo, tra la Vallassina (dal Ghi- sallo a Cranno) e la Brianza(da Cranno in giù); la costa di Cranno mi è sembrata paragonabile, anche sotto l’aspetto storico (giuri- dico-tradizionale) alla Costa di San Gerolamo, in bianca roccia maiolica su cui vi sono le primitive opere dei Padri Somaschi (anno circa 1540) e le rovine di un Castello al quale s’è ispirato il Manzoni per il Castello dell’Innominato (circa anno 1630) che dal M. Magnódeno scende al Chiuso di Lecco, che ha da secoli servito a tenere separata la bergamasca dal lecchese (Ducato di Milano- Serenissima e, oggi, prov. di Como - prov. di Bergamo). Siamo sui 390 metri. Oltre il Lambro, la Massica Costa di Cranno trova la sua prosecuzione nella lunga bianca striscia Mas¬ sica di Scarenna, che fa da basamento alla Croce di Pizzallo. In¬ vece dal fondo della piana ecco emergere per 70-80 metri una linea di dossi (Grimello, Cà Neppi), diretti da NE a SO e che tengono separate le acque del Lambro da quelle del Ravella : dossi preva¬ letemene di maiolica (ma con striscia di rosso ammonitico e di flysch cretacico) che provengono dai pendìi sotto la Caldarina. La piana, lunga non meno di 4 Km, altimetricamente compresa tra 390 e 330 metri, allungata da NE a SO è circondata da rilievi estremamente diversi. A oriente la Val Ravella con i suoi versanti che raggiungono la non ripida sommità del Cornizzolo 1241 a sud, e l’aspra vetta del Corno di Canzo occidentale 1375, a nord, de¬ pressa in corrispondenza della Colma (997 m), fondo della sincli¬ nale tra le due anticlinali del Cornizzolo e dei Corni, pochi metri sotto il limite locale della colata lecchese; a NO le due montagne Massiche Croce di Pizzallo e Barzaghino (976-1069), separate dalla sella di Morano (notevole la bianca fascia di maiolica con interpo¬ sizioni di rosso ammonitico, che s’allunga alle falde del Barza¬ ghino) ; a sud il blocco-altopiano Massico sui 450 m di Castelmarte- APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO 139 Proserpio-Longone da cui emergono i dossi di Gualdrea e dello Scioscia allungati da NE a SO sui 600 metri, compreso tra il solco-gola del Lambro (ai piedi di Castelmarte-Caslino 330 m) e la lunga valle pianeggiante del Lago Segrino (390-374) che la separa dal Cornizzolo. Insomma questa piana conicide esattamente con la lunga serie di pieghe-faglie che a oriente tengono separati la anti- clinale del Cornizzolo da quella dei Corni, a occidente determi¬ nano gli alti pianori-selle del Panigàa, Alpe Turati, Pian della Ròvere, piani di Brunate, e qui, al centro, viene seguita dalla Piana di Canzo, abbondantemente elaborata da ghiacciai e da fiumi nel quaternario. La forra d’uscita del Lambro dalla piana di Canzo a quella di Erba ha separato i pendìi liassici di Casiino dalla loro regolare continuazione nell’altopiano di Castelmarte, probabilmente formatasi durante tutto il quaternario e non solo nel post-glaciale, tanto che la mancanza di argille lacustri o di torba nella piana può essere una testimonianza negativa di una improbabile presenza d’un lago vero e proprio perdurato per de¬ cine di secoli. VII. - Alcuni rapporti strutturali e geomorfologici tra il nostro territorio e le due terre montagnose prealpine che l’accompagnano a oriente (Grigne, ecc.) e a occidente (Tremezzina, Intelvi, Bisbino). 1) A occidente. Il collegamento è regolare tra le due sponde del Lario comasco, sotto molti aspetti. Da Como alla Punta di Bel- lagio troviamo una corrispondenza geolitologica quasi perfetta : lias da Como a Pescaù e lias da Cernobbio a Colonno ; successiva¬ mente, Conchodon , retico e dolomia norica tipica, sia da Pescaù alla Punta di Bellagio sia da Colonno fino alle porte di Menaggio. Così dicasi, almeno in generale, per la tettonica. Tralasciando di parlare delle grandi pieghe (per esempio, della imponente sincli¬ nale di Val Nosè che si può supporre continui nella sinclinale di Brienno, e della contigua anticlinale del Palanzone che si può sup¬ porre continui nell’anticlinale del Colmegnone), basti ricordare la corrispondenza del Nuvolone con l’Isola Comacina (ambedue in norico), della faglia-sinclinale del Ponte del Diavolo-Brogno con la successiva breve depressione di Campo, della successiva anticli- 140 G. NANGERONI naie norica del Garnasca-Grosgalli con il Dosso di Lavedo, della successiva depressione-sinclinale retica di Lóppia con la depres¬ sione di Azzano, della successiva emergenza norica della Punta di Bellagio con il Dossone norico sopra Griante. E con questo fi¬ nisce da noi la serie, mentre essa continua più o meno regolar¬ mente sulla sponda opposta fin quasi ad Acquaséria, dove si ha ormai il basamento cristallino. Vi è però un fatto notevole: nel piccolo triangolo settentrio¬ nale, a nord del San Primo-Ponciv, si notano le formazioni retiche al centro e quelle noriche ai lati ; dunque si deve supporre una depressione tettonica centrale N-S da Lóppia alle sorgenti del Perlo. Di più, a sud del San Primo, per quanto la presenza di lias ad occidente e di norico ad oriente (naturalmente allo stesso li¬ vello altimetrico) indichi una notevole salita generale delle pieghe da 0 a E, tuttavia la presenza di giura e creta al centro (Canzo) sta ad indicare anche una depressione centrale, quella seguita dal corso del Lambro. Si potrebbe così concludere, come si accennò in precedenza, che da Bellagio a Erba vi sia una depressione tra¬ sversale alle pieghe, depressione che ha favorito il formarsi delle due valli trasversali opposte più notevoli, e cioè la valle del Perlo e la valle del Lambro. Ben diversa è invece l’altimetria, almeno a nord del San Primo, Mentre a occidente del Làrio a pari latitudine si ha un insieme di montagne che dai 1200 m sopra Argegno salgono ai 1700 sopra Menàggio, qui è ancor più dell’opposto, perchè dai 1700 del San Primo si scende ai 200 m del lago, sulla Punta (o almeno ai 333 della collina norica di Bellagio); là dalla Valle Intelvi si sale al Calbiga, qui si scende dal San Primo al lago. Ma ciò è soprattutto imputabile all’originaria idrografia di¬ retta al centro lago, con tutte le conseguenze successive, morfolo¬ giche e altimetriche, originaria idrografia, come già si disse, forse determinata, o almeno favorita, dalla immersione generale delle pieghe (e degli strati) a nord. Ricordo poi un’ipotesi prospettata come tale — cioè senza impegno — da Solch (alla quale, tuttavia, sembra che ci tenesse, tanto che lo stesso compianto Solch mi aveva scritto in questo senso quando era ancora a Heidelberg) : è possibile, cioè, ammet- APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 141 tere che la Valle di Nesso un tempo proseguisse per la Valle In- telvi, con passaggio quindi dal Tivano al Cerésio via Intelvi? Mi sembra un’ipotesi molto azzardata anche se il passaggio dovrebbe essere avvenuto quando i fondivalle dovevano trovarsi ad un’alti¬ tudine ben superiore a quella odierna. 2) La Punta di Bellagio, costituita da dolomia nórica in la¬ stroni immersi a sud, come già si disse, si collega con ogni proba¬ bilità alla dolomia norica in lastroni immersi a SO delle falde del Dossone di Griante, nascosti sotto l’imponente mantello morenico della Tremezzina. Quindi anche questo lembo fa parte dell’impo¬ nente copertura di sedimentario mesozoico (e permico-carbonico) che riveste il metamorfico del Bregagno e che da questo è sepa¬ rato da una notevole linea di faglia che dai pressi di Acquaséria giunge a Lugano (e oltre), chiamata dagli autori Linea della Grona od anche, impropriamente, Linea Orobica, e che io mi ero per¬ messo di chiamare Linea insubrica meridionale (ho aggiunto « me¬ ridionale » per non confonderla con quella che va dal Passo San Jorio al Tonale e che, con un termine molto improprio alcuni chia¬ mano ancora Linea insubrica, mentre più propriamente dai nostri geologi è chiamata Linea del Tonale; ricordo che la Insubria è una regione storica nettamente solo prealpina). 3) A oriente. E’ impossibile stabilire un collegamento geo¬ litologico diretto tra le due sponde: nel triangolo, solo rocce che vanno dal Trias superiore (minimo e forse unico è l’affioramento di gesso càrnico presso Limonta) al Lias (oltre a piccoli lembi di Giura e Creta); a oriente solo rocce che vanno dal trias inferiore (servino) al Trias medio (Anisico, Laclinico e Càrnico); da noi pre¬ valenza di pieghe e di pieghe-faglie immerse prevalentemente a nord, a oriente tre scaglie sovrapposte (anche queste immerse a nord). Di più la nostra piega meridionale, quella marginale del Cornizzolo-Rai è opinione comune che continui nel Barro e, al di là dell’Adda-Lago di Garlate, nella piega coricata del Magnódeno- Albenza, una parte delle cui rocce (almeno le marne del Càrnico) si sottopongono alla scaglia del Coltignone-Pizzo d’Erna (che è la più meridionale delle tre scaglie di cui si è detto). Ora la for¬ mazione, lo slittamento e l’accavallarsi delle tre scaglie è avvenuto probabilmente per lo sprofondamento d’un blocco prealpino meso- 142 G. NANGERONI zoico topograficamente situato al posto delle attuali scaglie (sponda orientale del Lario - depressione della Valsàssina). Questo sprofondamento sarebbe avvenuto in seguito alla for¬ mazione, tra le altre fratture, d’una grande frattura trasversale che partendo dalla linea insubrica meridionale al centro lago sa¬ rebbe giunta a Lecco seguendo più o meno l’attuale costa orientale Bellano-Lecco, frattura chiamata Linea di Lecco. Lo sprofonda¬ mento (6) avrebbe determinato lo slittamento — spezzettamento in tre scaglie — accavallamento delle tre scaglie delle Grigne. Le superfici base di slittamento e di accavallamento furono, come al solito, le rocce più tenere che funzionarono da piani inclinati di scorrimento, quali, soprattutto, servino, càrnico e rético. Un re¬ siduo visibile della Linea di Lecco sarebbe probabilmente la linea situata alle pendici orientali del Coltignone, che separa il Sasso di Borbino (presso Abbadia Lariana), costituito di dolomia norica (molto visibile anche macroscopicamente), il quale sarebbe un resto del Morigallo, quindi del nostro triangolo, rimasto giustap¬ posto alla dolomia ladinica della scaglia del Coltignone che gli è scivolata vicino nel suo scorrimento verso sud. In un periodo pre¬ cedente, cioè prima della formazione della Linea di Lecco e quindi dello sprofondamento prealpino ad oriente del lago, il blocco au¬ toctono dello Zuccone dei Campelli (dolomia norica), doveva pro¬ babilmente essere collegato al nostro territorio attraverso il blocco sprofondato sul quale sono scorse le Scaglie delle Grigne. Siamo quindi oramai nelle condizioni di riesaminare una ipo¬ tesi riguardante l’origine del solco del Lario lecchese il quale, se come ultimo momento si può lecitamente supporre sia dovuto a escavazione glaciale, è ovvio che ben prima della discesa dei ghiac¬ ciai quaternari, e cioè per almeno 10-15 milioni d’anni, altri av¬ venimenti debbono essere intervenuti a preparare il terreno, se (G) E’ noto che dal Verbano alla Valsàssina si sono avuti tre sprofonda¬ menti di blocchi, determinati da imponenti faglie trasversali prealpine: il blocco varesino mesozoico meridionale sprofondato rispetto alla sponda gra- nitico-metamorfica piemontese del Verbano centro-meridionale; il blocco co¬ masco rappresentato dal complesso Capolago-Tremezzina-triangolo lariano, sprofondato rispetto al precedente, secondo una faglia chiamata Linea di Lugano ; finalmente il blocco sotto le Grigne sprofondato rispetto al prece¬ dente secondo la Linea di Lecco. APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARIANO 143 così si può dire, all’azione glaciale. Alcuni fatti sono fondamentali al riguardo, fatti che qui elenco, chiedendo venia se ripeterò al¬ cune cose già dette. 1) Per tutto il Lario lecchese manca o è ridottissima la for¬ mazione càrnica (raibliano), costituita di calcari marnosi, pur così abbondante nelle Grigne e nella vicina Valsàssina. 2) Come si è già più sopra accennato, mentre a sud delle Prealpi, da Sesto Calende a poco oltre Como, è notevolmente svi¬ luppata la formazione oligocenico-miocenica costituita in preva¬ lenza di alluvioni anche grossolane, alla base di provenienza al¬ pina e sempre più in alto di provenienza anche prealpina, nulla si conosce di questa formazione conglomeratico-arenacea, da Al- bavilla alPAdda e alla terra bergamasca, almeno emergente tra le colline della bassa Brianza. 3) Non si conoscono formazioni plioceniche ; e, ciò che più importa, la base alluvionale del quaternario a sud di Lecco (p. es. a Paderno d’Adda) è costituita di ciottolame calcareo e dolomitico in assoluta prevalenza, cioè con assenza di materiale alpino. 4) La valle di Crezzo-Lasnigo è sospesa sul Làrio lecchese per almeno 600 m, l’ampia e pianeggiante Valbrona è sospesa sul lago per almeno 300 metri. Lo stesso altopiano che dal Ghisallo va al Castel di Leves, sugli 800 metri, e che fa da testata alla Valle del Lambro, sembra più che uno spartiacque normale, un tronco di un antico ampio fondovalle che avesse le sue sorgenti a NE cioè nel gruppo delle Grigne. Le due valli, di cui si è detto, non solo dirette da NE a SO ma altresì sospese e che possono essere collegate idealmente con i solchi di altre valli che scendono dalle opposte Grigne, fanno sorgere l’idea (ipotesi prospettata già dalla fine del 1800 con Taramelli, ecc. e ripetuta poi, più recen¬ temente, da Solch, da Vanni e da Pracchi) che i fiumi di queste due valli e dell’Altopiano del Ghisallo avessero le loro alte origini veramente nelle Grigne, naturalmente prima che si formasse il lago e prima che la valle lariana fosse diretta verso sud. Concludendo: la probabile mancanza di depositi fluviali-del- tizi oligo-miocenici e di depositi marini pliocenici nella fascia col¬ linare pedemontana briantea fa sorgere l’ipotesi che almeno fino al tardo Miocene il Làrio lecchese non esistesse ma al suo posto 144 G. NANGERONI esistesse una terra, strutturale prolungamento orientale del nostro triangolo, che giustapponeva questo alle tre scaglie delle Grigne- Coltignone, terra attraversata da fiumi che avevano le loro sor¬ genti nel gruppo delle Grigne (dalla conca di E sino alla Grigna meridionale). Penso che si possa poi, per ciò che riguarda la successiva evo¬ luzione, formulare la seguente ipotesi : il lungo e stretto territorio che univa il futuro nostro triangolo alle Grigne viene ad un certo momento interessato da due faglie parallele, dirette più o meno N-S : una è data dal ringiovanimento della Linea di Lecco, e quindi, salvo Borbino, coincidente più o meno con la sponda Bel- lano-Lecco, l’altra è nuova, e corrispondente alla linea costiera Bellagio-Parè (Faglia di Onno?). Quindi il lungo e stretto blocco, forse favorito dalla intercalazione di marne raibliane, lentamente sprofonda, ma non è ancora lago agli inizi del quaternario ; questa nuova striscia valliva, estremamente modificata dai più diversi agenti esogeni, forse diventa una polje, riesce a inviare verso il sud solo del ciottolame prealpino, perchè non esiste ancora la co¬ municazione con l’alto Làrio, comunicazione che avverrà solo con il collegamento della nostra valle lariana lecchese con la valle del¬ l’alto Lario, e cioè con la penetrazione della imponente colata gla¬ ciale, che data la natura del ghiaccio, poteva sussistere in ambe¬ due le valli lariane con deflussi divergenti (Como e Lecco), am¬ bedue scavandole e derivandone una grande unità lacustre quando, col ritiro del ghiacciaio, rimasero le varie conche a profondità diverse, ma colmate ad egual livello dalle acque, a quel livello fis¬ sato dal livello di sbocco verso la pianura da una depressione già a minore altitudine, se questa già esisteva, o dalla depressione maggiormente scavata da uno dei diversi fiumi emissari, qua¬ lunque sia la causa del maggior grado di abbassamento delle soglie di sbocco. A proposito, poi, della diversa direzione delle correnti acquee in periodi precedenti al quaternario nel nostro territorio, è nota la teoria di Staub. Non possiamo accettare l’ ipotesi dell’ emi¬ nente geologo d’una primitiva direzione delle correnti prealpine verso il nord e, attraverso la Valtellina, verso oriente, almeno perchè manca la documentazione dei sedimenti alla supposta foce. Che, invece, vi sia stato, dopo, una convergenza di fiumi alpini¬ prealpini verso il Cerésio attraverso una sella di Menaggio, molto APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO L ARIANO 145 più elevata dell’attuale, ciò è molto probabile. Mi sia tuttavia per¬ messo obiettare che tra il varesotto e il comasco occidentale esiste sì una imponente quantità di conglomerati di provenienza alpina- vaìtellinese da far pensare ad un’antica apertura tra Valtellina- Làric e il Luganese-varesotto in corrispondenza della depressione di Menaggio-Porlezza, ma che identica formazione si trova a for- Fig. 33. — Un lembo di conoide interessato da solchi paralleli (torrentizi da neve?, artificiali?) all’Alpe del Borgo a 1180 m {Agostini). mare il Monte Tre Croci a oriente di Como ; quindi o noi ammet¬ tiamo che il delta oligo-miocenico del Cerésio (p. es. di Capolago) si estendesse fino ad oriente di Como, oppure dobbiamo ammettere che, almeno per un certo periodo di tempo deH’oligo-miocene, prima o dopo la via di Porìezza, i fiumi oligo-miocenici valtellinesi se¬ guissero la via del Làido comasco. Purtroppo non si hanno, per ora, dati un po’ precisi al riguardo, salvo la presenza di terrazzi, su ambo i versanti del Làrio comasco, che, se avessero valore, come credo, ci parlerebbero anche d’una direzione centrolago-Como, sia nell’antichità oligo-miocenica, sia nel Pliocene. E’ tuttavia inne- 146 G. NANGERONI gabile che la sporgenza di Torno, collegata al sovrastante Monte Piatto e la sporgenza della Punta di Cavagnola, punta estrema occidentale della lineare catena del San Primo, lungo il lago dalla insenatura di Nesso, possono dare l’impressione visiva che un tempo, molto da noi lontano, certamente anteriore al miocene, quando il fondo della valle del Làrio comasco era ben più alto del livello attuale del lago, le acque prealpine scendessero soprattutto verso nord, anche in corrispondenza della immersione generale degli strati liassici. Siamo sempre in piene ipotesi, d’altronde ac¬ cettabili come tali, in quanto non mancano elementi negativi. Ad ogni modo può sembrare strano che mentre li primitivo solco del Làrio comasco sia oggi privo di emissario, tutte le acque lariane scendano attualmente per la via di Lecco, la cui apertura colla valle del Làrio lecchese fu certamente molto tardiva, certamente non anteriore al Pliocene inferiore. Vili. - Conclusioni. La forma triangolare con altezza N-S non rispecchia la strut¬ tura la quale è data da pieghe e da faglie principali grossolana¬ mente dirette da 0 a E (o da NO a SE). Essa è probabilmente il risultato d’un abbassamento per faglie parallele d’una striscia di terra NO-SE dal centrolago a Lecco (= valle tettonica), poste¬ riore alla erosione d’una più antica valle Colico-Como, ambedue trasformate in due navicelli dall’erosione dei ghiacciai quaternari e successivamente colmati di acque ad un livello non lontano dal¬ l’attuale, ad ogni modo superiore ai 140 metri di profondità della soglia di Bellagio-Griante che, sotto i 140 m separa le acque del Lario da Còlico a Lecco da quelle del ramo comasco, la cui profon¬ dità tuttavia giunge, a metà del suo percorso, fino a 410 m. Nel Triangolo Lariano la morfologia rispecchia solo alcuni elementi strutturali. In particolare : le catene meridionali seguono con una certa esattezza la linea di due anticlinali, la grande mag¬ gior valle occidentale segue grossolanamente un grande sinclinorio, il tronco orientale dello spartiacque di testata del Lambro si iden¬ tifica con la cerniera di parte dell’anticlinale mediana, la balco¬ nata dominata dal Bolettone, la piana di Canzo e la Va Ravella sono in rapporto con un sistema di pieghe-faglie diretto OSO-ENE. APPUNTI SULLA GEOMORFOLOGIA DEL TRIANGOLO LARI ANO 147 La depressione settentrionale di Bellagio si identifica con la cer¬ niera d’un sinclinale in marne retiche; ma lo spartiacque più ele¬ vato (costiera del San Primo) non coincide con nessun fatto strut¬ turale. Le selle coincidono quasi sempre con rocce più degradabili. Altimetricamente si possono distinguere tre sistemi montuosi : circa 1700-1400, 1400-1200, 1200-900; forse ciascuno corrisponde a un ciclo d’antica erosione (oligocenico tardo e, soprattutto mio¬ cenico). Nei terrazzi in roccia è possibile una ricostruzione ipote¬ tica dal Pliocene inferiore al quaternario. Vi è qualche prova che potrebbe dimostrare il mutamento da un 'idrografia centripeta verso il Centrolago-Lugano a una totalmente verso sud e da una parziale idrografia di provenienza NE (Grigne) quindi della pre¬ senza d’una antica fascia elevata al posto dell’attuale ramo di Lecco, abbassatasi in seguito ad una notevolissima erosione inter¬ venuta dal primo pliocene al quaternario lungo la via del futuro Lario lecchese, o in seguito a fenomeno tettonico per formazione di due linee di faglia parallele (la Linea di Lecco e la ipotetica Linea di Onno). La forma delle cime rispecchia la struttura e, so¬ prattutto la litologia, oltre a fasi di spianamento anteriori al Plio¬ cene. Quanto a carsismo , qui si parla solo di qualche spianata e di polja, perchè altri stanno lavorando su questi fenomeni. Il sol¬ levarsi delle pieghe verso oriente, e quindi l’affiorare di dolomia norica e di dolomia infraliassica ad oriente determina qui una morfologia molto più varia e più aspra d quella ad occidente dove prevalgono le formazioni liassiche solo mediocremente erodibili. Tre blocchi di dolomia principale al nord, elevati al massimo sui 1000 metri, assumono forme tondeggianti in sommità. Qualunque tipo sia la roccia, le costiere dei due laghi sono inolio aspre, in contrasto, in generale, con la morfologia interna (salvo eccezioni), asprezza determinata probabilmente dall’escavazione glaciale la¬ terale, cui si deve anche l’ultima fase dei due laghi e cioè l’escava- zione delle loro conche a navicello. Nel quaternario il nostro territorio non ebbe ghiacciai propri, data la non elevata altitudine, ma venne interessato solo dall’im- ponente colata valtellinese che potè occupare non solo i due rami del Lario ma attraverso ampie selle sui 950-750-500 m penetrare nella valle del Lambro (e uscirne nella Brianza), lasciando come testimonianza abbondante morenico, sparso (Mindel), a cordoni (Riss), a terrazzi (Wurm), che dai 1300 m a nord, giunge a 1000 m 148 G. NANGERONI ai due lati e a 700 m allo sbocco mediano (sopra Erba), dimo¬ strando la non accettabilità d’un sollevamento recente quaternario della fascia meridionale rispetto alla fascia settentrionale. Nume¬ rosi e famosi i massi erratici (con prevalenza di ghiandone e di serpentine delle valli Màsino e Malenco). Mancanza quasi assoluta di delta in rapporto sia alla ripidità dei versanti sia alla brevità dei corsi fluviali. 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La dimostrata possibilità di far adottare topi da criceti con un’alta per¬ centuale di sopravvivenza degli adottati apre nuove possibilità di studio del¬ l’effetto dell’apprendimento precoce nel comportamento adulto, ed anche sullo localizzazione degli eventuali periodi critici, data la dimostrata accettazione di giovani topi di varie età da parte delle femmine di criceto. Summary. — Albino mice between 3 and 10 days old have been put with nursing female golden hamsters. All thè young mice were adopted and nursed. Newly born mice or mice 6 days old put with virgin female golden hamsters never evoked any maternal behaviour. The behaviour of aduli mammals is in pari dependent on thè experiences that they have when young (Ewer, 1968; Sluckin, 1964). In thè house mouse ( Mus musculus ) this has been studied, regarding its sexual and social behaviour, both with alterations to its normal rearing (Mainardi, Marsan and Pasquali, 1965) and with fostering by rats (Denenberg, Hudgens and Zarrow, (*) Authors’ address: Istituto di Zoologia, Università, 43100 Parma, Italia. (**) Supported by a grant from thè Italian National Council of Re¬ search (C.N.R.). ADOPTION OF MICE BY GOLDEN HAMSTERS 151 1964). In thè knowledge that female golden hamsters ( Mesocri - cetus auratus) can adopt thè young of various species of rodents (Kahmann and v. Frish, 1952; Lauterbach, 1956), experiments have been undertaken to ascertain whether and to what extent thè house mouse could be adopted and reared by thè female gol- Table 1. - The behaviour of nursing golden hamsters . female hamster N. days after thè birth age of mouse numher of in days tested mice adopted mice 1 3 4 2 2 3 3 3 2 2 4 3 3 2 2 24 3 3 2 2 30 3 4 2 2 70 3 3 2 2 14 6 6 2 2 19 6 6 2 2 20 6 6 2 2 33 6 6 2 2 7 10 10 1 1 9 10 10 1 1 10 10 10 2 2 26 12 10 1 1 30 8 10 1 1 31 8 10 -i i 1 den hamster. So, albino mice (Swiss strain) between i 3 and 10 days old have been put with nursing female golden hamsters, who had given birth between 3 and 12 days previously. The young mice were put into thè young hamsters’ nest during thè morning, taking advantage of thè absence of thè mother. As a ride 2 young mice were put into thè nest, but in some cases only one was used. Table 1 shows thè results of thè experiments. All thè young mice (27 individuals) were adopted and nursed by foster mothers, until removed at between 18 and 20 days old (15 individuals), or until 152 D. MAINARCI, M. MAINARDI, A. PASQUALI and C. F. ZADRA they died apparently independently of any fault in thè foster mo- thers behaviour (12 individuals). The minimum period of survival of thè young adopted mice in thè golden hamsters nest was 8 days. The female hamsters showed their normal maternal behaviour (Dieterlen, 1962 ; Eibl- Eibesfeldt, 1953 ; Rowell, 1960) in dealings with thè young mice, for example habitually finding thè young mice when they were lost and putting them back into thè nest (Fig. 1). Fig. 1. — Female hamster who takes thè young adopted mouse back into its nest. ADOPTION OP MICE BY GOLDEN PIA M STER S 153 Maternal behaviour can be induced in non-nursing females of some species of rodents by thè presence of thè young of their own species (Lehrman, 1961 ; Richards, 1967), and this has been also demonstrated in golden hamsters (Noirot and Richards, 1966; Richards, 1966; Rowell, 1961). Young of six or more days old elicit thè maximum response in hamsters, whilst for mice thè response is greatest for young immediately after birth, and it Table 2. - The behaviour of Virgin golden hamsters. number of female first test seeond test (*) hamsters testecl age of mouse in days adoptions age of mouse in days adoptions 5 1 0 6 0 5 6 0 1 0 (*) Between thè first and second tests on every hamster there was a 10 days’ interval. decreases as they get older (Noirot, 1964). We have therefore looked into thè behaviour of thè virgin temale hamsters, put in contact with newly bora mice, or mice 6 days old. All thes.e above mice were attacked, killed and eaten as soon as they were discovered, and never evoked any maternal behaviour. Clearly this experiment shows thè possibility for mice to be fostered by golden hamsters, with a large percentage of survival. This opens up new possibilities for studying thè effect of early learning on thè behaviour of thè adult mouse, and for locating possible criticai periods (Scott, 1962). 154 D. MAINARDI, M. MAINARDI, A. PASQUALI and C. F. ZADRA REFERENCES Denenberg H., Hudgens G. A. and Zarrow M. X., 1964 - Mice reared with rats : modification of behavior by early experience with another spe- cies. Science, 11+3: 380-381. Dieterlen F., 1962 - Das Verhalten des syrischen Goldhamsters. Zeits f. Tierpsychol., 16 : 47-103. Eibl-Eibesfeldt I., 1953 - Zur Ethologie des Hamsters. Zeits. f. Tierpsychol., 10: 204-254. Ewer R. F., 1968 - Ethology of mammals. Logos Press, London. 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Milano - 110/2: 153-197, 15-VI-1970 Giuliano Fierro (*) I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI DEL GOLFO DELL’ASINARA E DELLE BOCCHE DI BONIFACIO Riassunto. — Riportali i risultati di uno studio sui minerali pesanti pre¬ senti nei sedimenti attuali del Golfo dell’Asinara e delle Bocche di Bonifacio, si mettono in evidenza le relazioni intercorrenti tra le formazioni geologiche della Corsica e della Sardegna settentrionale e la composizione mineralogica dei sedimenti delle piattaforme continentali tirreniche delle stesse isole. I risultati, oltre che con il metodo convenzionale (associazioni), sono stati esaminati anche attraverso quello dell’analisi vettoriale. Il primo metodo ha permesso di individuare tre associazioni mineralogiche principali: sillimanite, augite-iperstene, orneblenda-epidoto. Applicando il secondo metodo, con pro¬ cedura in questo caso differenziata da quella comunemente riportata, si sono potute individuare le direzioni e il verso del trasporto dei sedimenti anche in rapporto al passaggio attraverso alle Bocche di Bonifacio e alla disper¬ sione nel canyon dell’ Isola Rossa. La frequenza di alcuni minerali (andalusite, zircone, glaucofane) in de¬ terminate classi granulometriche, anche in rapporto alla distanza delle sta¬ zioni di campionamento dalle zone di alimentazione, ha confermato l’ influenza dell’usura sulla dimensione e sulla forma dei granuli. In considerazione delia ben localizzata area di provenienza, il glaucofane ha dimostrato di rappresentare un buon tracciante naturale della disper¬ sione dei sedimenti sia sulle piattaforme continentali orientali che nell’area compresa tra la Corsica e la Sardegna. Summary. — Heavy Minerals in thè Marine Sediments of thè Gulf of Asinara and of « Bocche di Bonifacio ». The results of analysis of thè heavry minerals found in thè modera sedi¬ menta of thè Gulf of Asinara and of « Bocche di Bonifacio » have been re- ported. The relations between thè geologie formations of Corsica and Nor- (*) Istituto di Geologia dell’Università di Genova. Il presente lavoro è stato realizzato con il contributo della Commissione per l’Oceanografia del Consiglio Nazionale delle Ricerche. 156 G. FIERRO thern Sardinia and mineralogie composition of thè sediments of their eastern Continental shelves have been pointed out. The results were checked by thè conventional method (associations) as well as by vector analysis. The former one allowed to single out three main mineralogie associations : sillimanite, augite-hyperstene, hornblende-epidote. The latter method, applied in this case with a practice different from thè one commonly related, made possible to specify direction and sense of thè sediment transportation, also in relation to their passage through thè « Boc¬ che di Bonifacio » and their dispersion in thè « Isola Rossa » canyon. The frequency of some minerals andalusite, zircon, glaucophane) within certain granulometrie classes, proved thè influence of abrasion on grain size and shape, also in relation to thè distance between thè sampling stations and thè source areas. Because of its well localized source area, it became clear that glauco¬ phane has to be regarded a good naturai tracer of thè sediment dispersion on thè eastern Continental shelves and on thè area between Corsica and Sardinia. Introduzione Lo studio dei minerali pesanti ha avuto, da poco più di un ventennio a questa parte, un grande sviluppo. Per mezzo di esso è possibile differenziare, in un bacino di sedimentazione, le aree di distribuzione dei sedimenti marini attuali e recenti e di corre¬ larle con le rocce da cui esse hanno' origine. I sedimenti delle Bocche di Bonifacio e quelli del Golfo del- P Asinara (fig. 1) sono stati esaminati sotto questo aspetto; in modo particolare si è cercato di mettere in evidenza le relazioni che intercorrono tra i sedimenti attuali di queste zone e le forma¬ zioni geologiche della Corsica e della Sardegna settentrionale. Per questo motivo V indagine sui minerali pesanti è stata estesa alla piattaforma continentale del versante tirrenico della Corsica ed a parte di quella settentrionale della Sardegna, ancorché in queste zone, per ragioni più avanti indicate, si disponesse di una maglia di campionamento molto più rada. I minerali pesanti sono stati esaminati secondo le tecniche convenzionali e i dati ottenuti hanno permesso d’ individuare as¬ sociazioni mineralogiche rappresentative di province petrografi- che sedimentarie secondo la definizione di Edelman C. M. (1923). L’applicazione dell’analisi vettoriale ai dati statistici compo¬ sizionali della frazione pesante dei sedimenti attuali presi in I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 157 esame ha permesso d’ individuare la dispersione dei sedimenti stessi nella zona considerata. Ancorché il numero dei campioni a disposizione per questo studio non fosse molto alto, Pappi inazione del metodo matematico è stata necessaria in quanto l’analisi convenzionale ha messo in evidenza estese aree di mescolamento delle diverse associazioni e Fig. 1. — Ubicazione dei campioni presi in considerazione per l’ana¬ lisi vettoriale. 158 G. FXERRO ha dato informazioni insufficienti per una interpretazione che conducesse a risultati sicuramente attendibili dal punto di vista geologico. Ci si è valsi, per questa elaborazione, di una procedura lie¬ vemente diversa da quella descritta da Imbrie e Van Andel (1964) e ripresa da Pigorini (1967), esistente presso il Centro di Calcolo deirUniversità di Genova C). Questa ricerca rientra in un programma di analisi minera¬ logica per accertare la dispersione dei sedimenti sulla piatta¬ forma continentale della Corsica e della Sardegna ed individuare le direttrici di trasporto. I campioni utilizzati sono quelli prelevati in occasione delle Crociere oceanografiche della nave Bannock del Consiglio Nazio¬ nale delle Ricerche effettuate tra gli anni 1964 e 1969 dall’ Isti¬ tuto Idrografico della Marina Militare. Altri campioni sono stati prelevati nel 1967 con la stessa nave per conto del Ministero delle Poste e Telegrafi. Sono stati analizzati anche i vertici di carote campionate dalla nave Recorder della Cable and Wireless Ltd. I campioni sono tutti rappresentativi della porzione superfi¬ ciale del fondo, e sono stati prelevati per la maggior parte con una piccola draga (2); alcune carote ed un certo numero di cam¬ pioni sono stati prelevati rispettivamente con un carotatore di gravità di due metri di lunghezza e con la benna Wan Ween. Le coordinate geografiche e le batimetrie delle Stazioni di campionamento sono riportate nella Tabella 4. Analisi dei minerali pesanti La separazione della frazione pesante dal resto del sedimento è stata effettuata secondo la tecnica in uso presso il « Labora- tory of Regional Pedology, Mineralogy and Geology, Agricoltural University » di Wageningen in Olanda (3). O Ringrazio vivamente la dr. A. M. Rizzuto, la cui brillante collabo- razione ha reso possibile portare a termine questo studio. (2) Per le sue caratteristiche vedasi L. Argiero-G. Palmas-S. Manfredini, 1965. (3) Durante uno stage di tre mesi svolto nel 1966 presso quel Labora¬ torio, PA. per gentile concessione dei Proff. D. J. Doeglas e D. J. G. Nota e I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECO. 159 Dal campione naturale sono stati presi da un minimo di 100 grammi a un massimo di 200 grammi di sedimento con succes¬ sive quartazioni onde conservare la migliore rappresentatività. Successivamente il materiale pesato è stato trattato con acqua os¬ sigenata al 10% per eliminare la sostanza organica presente; quindi il sedimento è stato attaccato con acido cloridrico (0,5 N) per distruggere i carbonati ; il successivo trattamento con pirosol¬ fato sodico al 5% è servito ad eliminare la parte argillosa e fer¬ rosa agglomerante. Dopo queste operazioni è stata separata per decantazione la frazione maggiore di 50 micron e successivamente, sempre per decantazione, è stata isolata la frazione di 32-50 micron. La fra¬ zione maggiore di 50 micron è stata poi setacciata a secco otte¬ nendo così le frazioni 420-210 micron, 210-105 micron, 105-75 micron, 75-50 micron che sono state pesate. Alla fine di queste operazioni su ogni singola frazione si è proceduto alla separazione dei minerali pesanti col metodo dei « liquidi pesanti » utilizzando il bromoformio a densità 2,89. Dopo opportuni lavaggi il residuo pesante di ciascuna frazione è stato pesato e fissato con balsamo del Canadà su vetrini. Su ciascun preparato sono stati conteggiati 100 dei granuli determinabili, escludendo dalla statistica gli aggregati e i mine¬ rali opachi. L’analisi dei minerali pesanti, eseguita sulle cinque frazioni dell’ intervallo 420-32 micron, effettuando il conteggio per linee, consente di ridurre l’errore dovuto alle diverse proba¬ bilità che un granulo ha di essere conteggiato a seconda delle sue dimensioni. Infatti, la probabilità che un granulo sia intercet¬ tato da una linea, dipende sia dalla sua dimensione sia dalla sua frequenza, cioè, più grande è il granulo, maggiore è la probabi¬ lità che esso entri nel conteggio. In altre parole se su uno stesso preparato sono presenti granuli di dimensioni molto diverse, i più grossi avranno più probabilità di essere conteggiati che non quelli più piccoli, per cui le percentuali numeriche vengono di molto alterate (4). con l’aiuto del tecnico Sig. A. T. Jonker ha eseguito ed iniziato a studiare i preparati microscopici relativi anche ai minerali leggeri di una parte dei campioni raccolti durante la prima crociera oceanogafica (1964). (4) Un’ampia trattazione teorica del problema è stata svolta da Van Harten D. (1965). 160 G. FI ERRO Associazioni e provincie. Lo studio statistico dei minerali costituenti la frazione pe¬ sante di ciascun campione di sedimento ha permesso di indivi¬ duare nella zona esaminata tre associazioni mineralogiche prin¬ cipali : 1) S (associazione a sillimanite); 2) AI (associazione ad augite, iperstene); 3) 0 E (associazione ad orneblenda, epidoto). Neirambito delle associazioni principali sono state indivi¬ duate quelle secondarie dovute al mescolamento di elementi delle tre associazioni principali. Tuttavia la loro distribuzione areale risulta poco significativa e di dubbia interpretazione geologica, 1) S (associazione a sillimanite): campione rappresentativo 0117. Questa associazione è costituita prevalentemente da sillima¬ nite (046, 054) associata talora ad alte percentuali di biotite (0117, 0118, 043) dell’ isola, Asinara, talora ad andalusite con un contenuto minimo di granato ed orneblenda verde. I sedimenti caratterizzati da questa associazione sono dislo¬ cati lungo le coste orientali deir isola Asinara e nella parte occi¬ dentale del golfo omonimo prospiciente la Murra, fino alla ba- timetrìa di 270 metri circa. Le percentuali di sillimanite contenute nei sedimenti presi in esame diminuiscono da W ad E, allontanandoci cioè dal com¬ plesso dei parascisti e filladi dell’ Asinara e della Nurra occiden¬ tale, dove questo minerale è abbondante. 2) AI (associazione ad augit©, iperstene): campione rappresen¬ tativo 039. I sedimenti caratterizzati da questa associazione hanno rile¬ vato generalmente, un alto contenuto in minerali pesanti. La pre¬ senza percentuale di augite, diminuisce col diminuire della di¬ mensione dei granuli e nelle frazioni più fini (50-75 e 32-50 mi¬ cron) si presenta con le tipiche terminazioni multiple piramidali dovute a fenomeni di corrosione hacksaiv e cockscomb corrosion structures (Gandolfi G. e Gazzi P., 1963). Anche l’ orneblenda, I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 161 la cui presenza è sempre e di gran lunga subordinata ad augite ed iperstene, si presenta spesso alterata. Nelle frazioni più piccole, nelle quali è abbondante, lo zir¬ cone si presenta in un tipico aspetto dovuto a inclusioni opache parallele alle facce dei cristalli. Questa facies mineralogica, chiamata dagli AA. anglosassoni dartmoor zircon è stata riconosciuta dagli stessi tra i minerali accessori del granito di Dartmoor, ed ha permesso di stabilire che questa formazione ha contribuito alla costituzione dei sedimenti deir Inghilterra sud-orientale (Graves, 1931 riportato da Milner H. B. 1962, pg. 62). I sedimenti ad augite-iperstene si trovano in una fascia della piattaforma continentale antistante la Sardegna settentrionale, da Porto Torres alle Bocche di Bonifacio e si disperdono verso il largo seguendo Tasse maggiore del canyon dell’ Isola Rossa (Fierro G., 1968); infatti tale associazione è stata rinvenuta an¬ che nel « top » della carota C 3 a 2050 m di profondità. 3) 0 E (associazione ad orneblenda, epidoto): campione rappre¬ sentativo 033. L’associazione ad orneblenda ed epidoto si trova distribuita in tutta la zona a sud della Corsica meridionale sia ad W che ad E delle Bocche di Bonifacio nonché nell’area circostante l’ar¬ cipelago della Maddalena e prospicente la Gallura. Nelle zone da noi esaminate l’associazione 0 E risulta avere la più ampia distribuzione in senso areale e s’estende dall’ Isola Rossa dove (035, 086) si ha il mescolamento di questa associa¬ zione con quella A I (augite, iperstene). I sedimenti ad O E presentano, specie quelli localizzati a le¬ vante delle Bocche di Bonifacio, un contenuto variabile in glauco- fane e il valore percentuale più alto (12,5%) di questo minerale è stato riscontrato nel campione 005. Per la scarsa frequenza e un particolare comportamento per quanto riguarda il trasporto, del quale sarà trattato più oltre, può essere azzardato attribuire al glaucofane il carattere di asso¬ ciazione. Non di meno un’accurata indagine su questo antibolo azzurro ci ha permesso utili considerazioni sulla dispersione dei sedimenti che lo contengono. 102 G. FIERRO Per ottenere una indicazione solo orientativa (5) sulla com¬ posizione della frazione dei minerali leggeri si è operata la co¬ lorazione selettiva con il metodo recentemente perfezionato da Doeglas D. J. e coll. (1965) su di una parte dei campioni trat¬ tati per la separazione dei minerali pesanti. Il rapporto tra le varie frazioni risultava piuttosto costante tanto nel Golfo del- l’Asinara, quanto nel settore ad E delle Bocche di Bonifacio, ed indicava mediamente i seguenti valori percentuali : feldspati al¬ calini 26, feldspati calcici 25, quarzo 34, aggregati 12, opachi 3. Considerazioni sui minerali pesanti caratteristici. Gli elementi necessari ad identificare le associazioni, non sono limitati all’ identificazione pura e semplice dei minerali, ma bisogna tener conto anche degli elementi cristallografici speciali, delle caratteristiche fisiche (colore, lucentezza e morfologia dei granuli), delle proprietà ottiche, della frequenza, della granulo¬ metria dei minerali. Quest’ultimo elemento è di grande impor¬ tanza poiché il valore medio della granulometrìa, sia dell’asso^ ciazione mineralogica totale, sia di una o più specie predomi¬ nanti, può essere rappresentato dai campioni per i quali costi¬ tuisce elemento di identificazione. La dimensione dei singoli granuli acquista grande impor¬ tanza quando un minerale predomina su tutti gli altri in gran¬ dezza. E’ il caso della mica che si presenta normalmente in grandi dimensioni, 2 o 4 volte maggiori di quelle delle specie associate. Sull’argomento recentemente Pigorini B. (1967) ha dato una esauriente ed aggiornata trattazione delle conoscenze esistenti in letteratura. Successivamente Dietz V. (1968) ha apportato un notevole contributo per quanto riguarda le modificazioni morfometriche nei granuli dei minerali pesanti. (5) E’ ben noto dalla letteratura specifica che per questo tipo di studio sono necessarie analisi su campioni prelevati con una maglia molto più fitta di quella usata per lo studio dei minerali pesanti. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 163 Le esperienze condotte dall’ Autore su circa 17.000 granuli di minerali pesanti hanno permesso di apprezzare 1’ influenza del¬ l’usura sulle dimensioni, la forma e l’arrotondamento. Per l’espo¬ sizione dettagliata dell’esperienza si rimanda all’Autore. I valori della forma e deH’arrotondamento dei granuli sotto¬ posti alle prove di trasporto in laboratorio sono stati confrontati con i corrispondenti valori dei medesimi minerali contenuti in campioni di sedimenti naturali. I risultati ottenuti da Dietz dimo¬ strano l’influenza deirabrasione meccanica sulle proprietà mor¬ fometriche di minerali. La resistenza selettiva dei minerali alla abrasione meccanica, che deriva dalla modificazione delle pro¬ prietà morfometriche, ha permesso di stabilire la seguente clas¬ sificazione : zircone molto resistente quarzo granato stauroiite rutilo distene tormalina andalusite resistente relativamente resistente orneblenda poco resistente olivina non resistente Inoltre Dietz ha potuto osservare che il trasporto dei gra¬ nuli da parte di agenti diversi (acqua, vento) causa gradual¬ mente determinate correlazioni tra le proprietà morfometriche : l’azione meccanica di usura e di rottura causa una diminuzione di arrotondamento al crescere della dimensione (lunghezza); du¬ rante il trasporto i granuli tendono a classarsi secondo la loro dimensione, forma e densità. Sempre lo stesso Autore ha osservato che la densità dei gra¬ nuli aumenta al diminuire delle loro dimensioni, fatta eccezione 164 G. FIERRO per orneblenda e tormalina le cui dimensioni dipendono dalla forma. Le esperienze fatte per verificare l’effetto del trasporto hanno consentito di redigere una tabella di frequenza delle di¬ mensioni per i diversi minerali. quarzo i distene nella frazione maggiore orneblenda ) andalusite staurolite granato tormalina nella frazione media rutilo zircone nella frazione minore La constatazione del grado di arrotondamento dei minerali considerati dopo il trasporto più o meno lungo ha consentito a Dietz di stabilire una graduazione di minerali più o meno arro¬ tondati. — Trasporto breve orneblenda nessun arrotondamento, frattura spigolosa. distene quarzo granato staurolite principio di arrotondamento tormalina rutilo zircone andalusite maggiore arrotondamento olivina arrotondamento relativamente buono I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 105 — Trasporto lungo quarzo i granato [ scarso arrotondamento staurolite ) distene \ zircone , medio arrotondamento rutilo tormalina andalusite buon arrotondamento orneblenda olivina arrotondamento molto buono I fattori che possono influenzare la composizione minera¬ logica (in particolare quella della frazione pesante) di un sedi¬ mento clastico, possono, secondo Dietz, essere riepilogati in un prospetto (fig. 2). I sedimenti della S associazione (a sillimanite) presentano generalmente un alto contenuto in miche. Per i suoi caratteri morfometrici questo minerale ha un comportamento, da un punto di vista sedimentologico, diverso da quelli ai quali si trova as¬ sociato. I granuli di miche hanno sempre una forma appiattita e quindi una considerevole superficie di portanza; questa caratte¬ ristica consente ai granuli di questo minerale, una volta messi in sospensione, di flottare a lungo nell’acqua ed essere quindi facilmente trasportati, sotto l’effetto delle correnti, anche per lunghi tratti. La ragione per cui questi minerali, nei campioni da noi esaminati si trovano con la massima frequenza nella frazione 210-420 micron, potrebbe essere ricercata nel fatto che, flottando, i granuli di mica non vanno soggetti all’usura e frattura dovute a rotolamento e saltazione sul fondo. Questa considerazione può essere utile in parte a correlare la frequenza relativa delle miche nei sedimenti e il regime degli ii G. FIERRO 1G6 ROCCE (tessitura, forma XXna, abito) tipo d'erosione Fig. 2. — Prospetto secondo V. Dietz (1968) dei fattori che intera¬ giscono sulla composizione mineralogica di un sedimento clastico. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 167 spostamenti delle masse d’acqua nelle aree in cui questi minerali sono distribuiti. Anche l’andalusite, minerale abbastanza frequente nella S- associazione (sillimanite) e nella A I-associazione (augite, iper- stene) è più frequente nella frazione maggiore e ciò è in accordo con i risultati dell’esperienza di Dietz ; questa caratteristica ri¬ duce la significatività dell’andalusite nell’ambito dell’associazione, soprattutto per quanto riguarda la dispersione. D’altra parte il glaucofane e lo zircone sono presenti quasi esclusivamente nelle frazioni più piccole e ciò in relazione con la dimensione di questi minerali nelle rocce che li contengono. In particolare la frequenza dello zircone nelle frazioni minori è in pieno accordo con quanto è stato più volte osservato da altri Autori. (Van Andel T. H., 1964; Imbrie J. e Van Andel T. M., 1964; Nota D. J. G., 1958; PlGORINI B., 1967). Mentre lo zircone si trova abbastanza equamente distribuito su tutta l’area esaminata, il glaucofane, che fa parte della coni- posizione mineralogica del complesso dei calcescisti e rocce verdi costituenti la parte nord-orientale della Corsica, è più frequente nei sedimenti dislocati ad E delle Becche di Bonifacio. Le di¬ mensioni dei granuli di glaucofane sono al massimo comprese fra i 105 e 75 micron (campione 0105) mentre Treillet (1964) ha trovato che nella roccia che lo contiene questo minerale mi¬ sura mediamente 200 micron; ciò significa che durante il tra¬ sporto le dimensioni si sono almeno dimezzate; le caratteristiche morfometriche di questo minerale fanno ritenere che subisca un trasporto in sospensione ; tale è appunto anche l’ ipotesi, avvalo¬ rata dai recenti studi, di Froget M. C. e Picard F. (1968). Per avere una visione più completa e sintetica della disper¬ sione del glaucofane nei sedimenti esaminati, sono state messe in diagramma le variazioni di frequenze lungo la piattaforma con¬ tinentale tirrenica della Corsica e della Sardegna e attraverso le Bocche di Bonifacio (figg. 3 e 4). Questa rappresentazione ha permesso di rilevare una gra¬ duale diminuzione del glaucofane, procedendo da N a S, lungo il versante tirrenico della piattaforma continentale sardo-corsa; inoltre poiché il massimo di frequenza è stato riscontrato al largo della foce del T avignano (campione 117 AT), possiamo ritenere 168 G. FIERRO che nel bacino drenato da questo fiume il glaucofane sia relati¬ vamente abbondante. Il secondo profilo condotto a partire dal campione 1 (1°) si¬ tuato in posizione prossimale alla costa e attraverso le Bocche di Bonifacio, presenta un andamento piuttosto irregolare; infatti la frequenza del glaucofane risale a valori alti nei campioni 0104 % o/ /o Fig. 3. — Diagramma delle variazioni di frequenza del glaucofane nei campioni di sedimento prelevati lungo la piattaforma continen¬ tale tirrenica della Corsica e della Sardegna e attraverso le Bocche di Bonifacio. Sulle ascisse le distanze tra i campioni; sulle ordinate i valori percentuali; i numeri lungo le curve indicano le batimetrie alle quali sono stati prelevati i campioni. L’ubicazione dei campioni è riportata in Fig. 4. e 024, come nel campione 117 AT, mantenendosi poi su valori mi¬ nimi attraverso le Bocche fino alla profondità di 2050 m (cam¬ pione C 13). Questa variazione della frequenza del glaucofane potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che poco a N delle Isole Cer- bìcale la corrente marina che discende dal N della Corsica I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 1G9 (Canò M, e Stocchino C., 1966) trasportando il glaucofane in sospensione si divide in due rami dei quali quello più vicino alla costa, per effetto della diminuzione di profondità, perde velocità e quindi la sua competenza permettendo a parte del materiale in sospensione di sedimentarsi, di conseguenza sarebbe giustificato l’aumento delle frequenze del glaucofane nei campioni 0104 e 024. Fig. 4. - Ubicazione dei campioni di sedimento per i quali è stata analizzata la variazione di frequenza del glaucofane (vedi Fig. 3). La sillimanite associata a granato e zircone, che caratterizza i sedimenti della parte più occidentale del Golfo dell’ Asinara, si presenta più frequente nelle classi maggiori (210-420 micron); nei campioni che la contengono la presenza dei minerali pesanti diminuisce nelle frazioni più piccole. Per queste caratteristiche e per la sua limitata diffusione, la sillimanite acquista significa¬ tività e un carattere distintivo di questi sedimenti ancorché sia stato riscontrato che generalmente questo minerale ha tendenza ad essere più frequente in un limitato intervallo granulometrico. 170 G. FIERRO Le frequenze dei minerali caratteristici dall’A I-associazione conservano rapporti costanti nei diversi intervalli dimensionali; qualche anomalìa è stata riscontrata negli intervalli estremi. Mettendo opportunamente in diagramma la frequenza e la classe dimensionale dei minerali predominanti (6), si è potuto evidenziare la « tendenza » delPaugite, dell’ iperstene, dell’orne- blenda e dell’epidoto nella A I-associazione e 0 E-associazione (vedi fig. 5). Attraverso questo procedimento si è potuto constatare che nella A I-associazione la frequenza deU’augite tende ad aumen¬ tare con la dimensione, mentre la frequenza dell’ iperstene resta approssimativamente costante in tutti gli intervalli dimensionali. 1 campioni della 0 E-associazione generalmente hanno rive¬ lato uno scarso contenuto in minerali pesanti nell’ intervallo 210-420 micron; questa caratteristica è con ogni probabilità il fattore che, nelle curve rappresentative delle « tendenze » del¬ Paugite nell’O E-associazione, determina un picco in corrispon¬ denza dell’intervallo 105-210 micron; il tratto di curve relativo alle classi comprese tra 32 e 105 micron mostra ancora la « ten¬ denza » che l’augite ha di essere più frequente con l’ aumentare della dimensione, come è stato precedentemente visto nell’A I- associazione. Al contrario, nella O E-associazione, la frequenza dell’ iper¬ stene tende ad aumentare al diminuire della dimensione. L* orneblenda sia nella A I- che nella O E-associazione pre¬ senta sempre la stessa « tendenza » ad avere cioè massimi di fre¬ quenza nell’ intervallo 75-105 micron (fig. 5). Nei sedimenti della OE-associazione il rapporto orneblenda/ epidoto è, nella maggior parte dei casi, favorevole all’ orneblenda e l’epidoto mostra la « tendenza » ad essere più frequente nell’ in¬ tervallo granulometrico 50-75 micron; al contrario nell’A I-asso- ciazione questo minerale tende a una frequenza costante, special- mente nelle frazioni minori ai 210 micron. (6) Questo argomento è stato oggetto di studio della tesi di laurea del dr. G. B. Piacentino, tesi sostenuta nel 1968. Al collega, con il quale ho successivamente ridiscusso i risultati, va il mio ringraziamento. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 171 % AUGITE 50 75 105 210 420 % IPERSTENE O.RNEBLENDA 50 75 105 210 420 * CAMPIONI AI • CAM PIONI OE 0/ / 0 E PIDOTO 50 75 105 210 420 Fig. 5. — Relazione tra le percentuali dei minerali caratteristici e le loro dimensioni nelle associazioni AI (augite-iperstene) e OE (or- neblenda-epidoto); la «tendenza» di ciascun minerale nelle associa¬ zioni, è rappresentata dalla linea continua per la associazione AI e da quella tratteggiata per quella OE. 172 G. FIERRO I risultati di queste indagini ci permettono di riconoscere la validità delle associazioni determinate : S-associazione, A I-asso- ciazione ed 0 E-associazione. Provenienza delle associazioni mineralogiche. Per quanto riguarda le aree di provenienza delle associa¬ zioni mineralogiche sono state condotte ricerche bibliografiche e sono stati raccolti i dati pubblicati sulle composizioni mineralo¬ giche dei litotipi presenti nella Corsica e nella Sardegna setten¬ trionale. Inoltre non sono- stati trascurati i risultati dei lavori di psammografia esistenti per le regioni da noi esaminate. La documentazione tratta dalla letteratura è stata integrata con analisi della composizione mineralogica della frazione pesante dei sedimenti raccolti alla foce di quei fiumi della Sardegna e della Corsica che presentano un apporto solido di un certo rilievo in quanto, anche i corsi d’acqua maggiori, hanno generalmente un regime torrentizio-. Si sono pertanto individuate le zone di alimentazione, ter¬ mine col quale s’ intende il complesso delle rocce dalla cui denu¬ dazione (insieme delle azioni di erosione fluviale, abrasione ma¬ rina, corrosione eolica e degradazione meteorica) si originano i sedimenti di un certo bacino marino. Nel nostro caso le aree di alimentazione sono costituite dalla Corsica e dalla Sardegna settentrionale. Per queste aree, sche¬ matizzando, si sono distinti (fig. 6), alcuni « complessi » di lito¬ tipi geologicamente e petrograficamente differenti che si possono considerare come caratterizzanti per il loro contributo di mine¬ rali pesanti. 1. - «Complesso» dei calcescisti e rocce verdi della Corsica orien¬ tale con epidoto, glaucofane, titanite, granato rosa, lawso- nite, diopside, iperstene, cloritoide, tormalina verde, mine¬ rali opachi. Sono comprese in questo complesso anche le for¬ mazioni sedimentarie cenozoiche. 2. - « Complesso » dei graniti caratterizzato da biotite, musco- vite, orneblenda, epidoto, zircone, rutilo, titanite e tormalina. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 173 3. - « Complesso » dei micascisti dell’ Asinara e delle filladi e quarzitoscisti con rocce verdi della Nurra (biotite, musco- vite, andalusite, sillimanite, orneblenda, epidoto, granato, ru¬ tilo, distene, staurolite e tormalina). 4. - « Complesso » dei calcari organogeni cenozoici più o meno sabbiosi e dei calcari compatti e calcari dolomitici meso¬ zoici. Questo complesso della Sardegna settentrionale ha uno scarso contenuto in minerali pesanti. 5. - Andesiti iperstenico-augitiche e trachiandesiti della Sardegna settentrionale. O 10 20 100 * m "Complesso,, dei calcescisti e rocce verdi. ”Com pie s s o„ dei graniti. ”C o m p le s s o„ dei micascisti e filladi. "Complesso,, dei calcari. "Complesso,, delle andesiti e trachiandesiti. Fig. 6. — Carta schematica dei cinque complessi di litotipi che per le associazioni di minerali pesanti si può considerare caratterizzino settori della Sardegna settentrionale e della Corsica. 174 G. FIERRO Lo schematico raggruppamento di rocce diverse per origine ed età nei cinque complessi, è stato ottenuto tenendo conto esclu¬ sivamente della affinità di contenuto in minerali pesanti. Tutti questi complessi contribuiscono alla formazione dei sedimenti ma¬ rini attuali o direttamente attraverso l’abrasione marina che si esplica sulle coste rocciose o indirettamente per mezzo degli ap¬ porti fluviali. Il caso degli apporti fluviali presenta alcune complicazioni nell’ individuazione delle rocce di provenienza per la interpreta¬ zione delle associazioni mineralogiche. La maggior parte dei fiumi della Corsica e della Sardegna settentrionale, almeno di quelli che hanno i maggiori apporti solidi, drenano complessi rocciosi caratterizzati da differenti associazioni di minerali pesanti e che per mescolamento, danno origine ad associazioni miste, le quali, giunte nel bacino di sedimentazione, si mescolano a loro volta a quelle che si trovano nel bacino e che possono derivare in parte da rimaneggiamento dei sedimenti più antichi (ad es. quater¬ nari); ci si rende così facilmente conto come possa essere in certi casi arduo il riconoscimento di associazioni-tipo che spie¬ ghino la composizione mineralogica complessiva del sedimento; per questo si è preferito applicare l’analisi vettoriale alla distri¬ buzione dei minerali pesanti. Un altro problema che si presenta è quello relativo al fatto che non si può valutare con esattezza la quantità e la specie di minerali pesanti asportati durante il processo di denudazione dei complessi rocciosi compresi nei bacini imbriferi dei corsi d’acqua; infatti selettive sono l’alterabilità e l’erodibilità delle diverse rocce. A seconda del profilo longitudinale reale del corso d’acqua, si avrà poi una diversa intensità dell’azione erosiva nei tratti che si discosteranno in modo maggiore o minore dal profilo di equi¬ librio dello stesso corso d’acqua. Questo è il caso del Golo e del Tavignano, i maggiori fiumi che sboccano sulla costa, orientale della Corsica ; se è pur vero che scorrono per la maggior parte del loro corso nei calcescisti, tuttavia nella loro parte iniziale scorrono nei graniti e trasporteranno anche abbondanti minerali pesanti propri di quella roccia poiché ivi la loro azione erosiva è massima. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 175 Un’altra complicazione che sussiste, oltre che per l’ambiente fluviale anche per quello marino, deriva dall’azione di usura do¬ vuta alle modalità di trasporto. Così le specie mineralogiche a durezza minore si consumano fino a scomparire in un tempo più breve di quelle a maggiore durezza ; pertanto, il sedimento che si deposita sarà arricchito dai minerali più resistenti, proporzio¬ nalmente alla sua maturità sedimentologica. La percentuale dei granuli usurati in misura diversa dal tra¬ sporto, varierà ulteriormente a causa del sorting durante il tra¬ sporto e la deposizione (Pigorini B., 1967 ; Berthois L. e Fur- NESTIN J., 1938). L’alterazione chimica ante- sin e post- deposizionale (Pigo- rini, 1967), se pure presente nei nostri sedimenti, non dà effetti troppo accentuati di variazione nelle frequenze percentuali dei minerali pesanti. La somma di questi fenomeni determina un errore di cui bisogna tener conto e che influenza le nostre valutazioni ; questo errore, che si cumula a quello commesso durante la campiona¬ tura ed a quello che può derivare dalla determinazione al micro¬ scopio dei minerali, determina un residuo che non è spiegabile neppure con l’analisi vettoriale; affinché questo assuma un ef¬ fettivo significato geologico è necessario che l’ incertezza non su¬ peri complessivamente il dieci per cento. I fiumi che sfociano nel Golfo dell’Asinara hanno un ruolo prevalente, per quanto concerne la formazione della coltre di se¬ dimenti, ad occidente delle Bocche di Bonifacio; essi sono, pro¬ cedendo da occidente verso le Bocche, il Santu, il Mannu ed il ? Coghinas. I sedimenti compresi tra l’Arcipelago della Maddalena dipen¬ dono invece dagli apporti solidi del fiume Liscia che si distingue per l’ampiezza del suo bacino. L’analisi mineralogica della frazione pesante relativa agli apporti solidi dei fiumi sopramenzionati, ha permesso di ricono¬ scerne le associazioni. Alla foce dei fiume Santu è stata rinve¬ nuta un’associazione ad augite con abbondanti miche; il fiume Mannu presenta un’associazione ad augite ed iperstene; il Co¬ ghinas, il bacino del quale interessa sia i graniti sia le rocce pi¬ roclastiche del sassarese, presenta un’associazione ad augite ed orneblenda; la frazione pesante del fiume Liscia rispecchia la 176 G. FIERRO composizione mineralogica dei graniti della Gallura con un’asso¬ ciazione ad epidoto ed orneblenda. Fra tutte queste associazioni la più caratteristica è quella ad augite ed iperstene del fiume Mannu dove la frazione pesante risulta essere costituita per oltre l’ ottanta per cento da questi due minerali. Il contributo in minerali pesanti dovuti all’azione erosiva del mare esplicantesi sulle coste dell’ Isola Asinara è difficilmente riscontrabile, tuttavia trattandosi di parascisti a filladi nelle quali abbonda la sillimanite (Charrier G., 1958), dobbiamo' ritenere che questo sia il minerale più caratteristico dell’associazione che ne deriva. I corsi d’acqua della Corsica che sfociano a N del Golfo del- l’ Asinara e ad E delle Bocche di Bonifacio, sono di scarsissima importanza. Più a N, sulla costa orientale della Corsica, sfociano il Travo, di scarsa importanza, il Tavignano e il Golo che sono i più importanti fiumi della Corsica. II loro apporto è caratterizzato da un’associazione ad epidoto e in sottordine granato e glaucofane, che sono i minerali più frequenti nel complesso dei calcescisti che occupano gran parte della Corsica nord-orientale. Sulla costa occidentale i fiumi Gravone e Taravo che sfo¬ ciano rispettivamente nel Golfo di Aiaccio e in quello di Valinco, sono i più importanti e il loro apporto è caratterizzato da un’as¬ sociazione ad epidoto ed orneblenda tipica dei graniti drenati da questi fiumi. Provincie vetro grafiche sedimentarie. Sulla base delle associazioni mineralogiche individuate nei se¬ dimenti del Golfo dell’ Asinara e alle Bocche di Bonifacio e delle considerazioni sulla geologia e petrografia delle aree di alimen¬ tazione, si possono definire, secondo i princìpi formulati da Edel¬ man C. M. (1933) e ripresi da Nota D. J. G. (1958) e da Milner M. B. (1962), le tre provincie petrografiche sedimentarie (fig. 7). a) Provincia dell’ Asinara, b) Provincia del Coghinas, c ) Provincia meridionale corsa. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 177 a) Provincia dell’ Asinara. Caratterizzata dall’associazione sil- limanite con granato ed orneblenda subordinati, ed abbondante bi otite. Il campione rappresentativo 018 è costituito per oltre il 50% da sillimanite e per il resto da orneblenda e granato; as¬ sente è l’andalusite che peraltro a volte si trova anche abbon¬ dante nei campioni di sedimento prelevati all’ interno del Golfo dell’ Asinara ; tuttavia scarsa è 1’ informazione fornita da questo minerale. I sedimenti di questa provincia si trovano lungo la costa orientale dell’ Isola Asinara e nella parte occidentale del Golfo omonimo. La zona d’alimentazione è costituita dai parascisti a filladi dell’ Isola. Asinara e della Nurra occidentale. La morfologia piuttosto tormentata del fondo non consente un passaggio graduale alla vicina provincia di Coghinas. Fig\ 7. — Provincie petrografiche sedimentarie del golfo delPAsinara e delle Bocche di Bonifacio. 178 G. FIERRO b) Provincia del Coghinas. Caratterizzata dalPassociazione augite-iperstene (campione rappr. 039), s’estende nella fascia an¬ tistante la Nurra, l’Anglaia e la parte occidentale della Gallura e si prolunga nel canyon dell’ Isola Rossa. I sedimenti di questa provincia provengono dagli apporti dei fiumi Santu, Mannu e Coghinas che drenano il complesso delle rocce vulcaniche e piroclastiche. II Coghinas drena parzialmente i graniti della Gallura; in questo senso ci si può spiegare in parte la presenza di orneblenda ed epidoto nella provincia del Coghinas. La frequenza di questi minerali aumenta verso le Bocche di Bonifacio e verso N dove si estende la provincia meridionale corsa. c) Provincia meridionale corsa. Caratterizzata dall’associa¬ zione orneblenda-epidoto (campione rappr. 033). Appartengono a questa provincia i sedimenti che ricoprono la piattaforma continentale a S della Corsica, sia ad E che a W delle Bocche di Bonifacio e il fondale compreso nell’Areipelago della Maddalena. Il complesso dei graniti sardo-corsi drenati dal Taravo e dal fiume Liscia nella Gallura, è il principale responsabile della com¬ posizione mineralogica di questi sedimenti. La presenza di glaucofane in questa provincia è da attribuirsi al trasporto verso S dei sedimenti portati dai fiumi della Banda di dentro della Corsica: Golo, Tavignano e Travo, che drenano il complesso dei calcescisti nei quali questo minerale abbonda. Così pure altri minerali come l’epidoto, particolarmente frequente a occidente delle Bocche di Bonifacio, hanno la stessa provenienza del glaucofane. I campioni relativi alla piattaforma continentale della Cor¬ sica orientale vennero prelevati lungo i percorsi di trasferimento delle navi oceanografiche che si portavano nelle zone di opera¬ zione ; per esigenze di campagna e per le condizioni meteorolo¬ giche spesso avverse, s’è potuto raccogliere solo un limitato nu¬ mero di campioni. L’analisi di questi ultimi ci ha però consentito di individuare nei sedimenti di quest’area una associazione ad epi- doto-glaucofane che ha la sua zona di alimentazione nei calce¬ scisti drenati dai fiumi Golo e Tavignano. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC 179 Fig. 8. _ Mappa di proiezione vettoriale relativa al membro prin¬ cipale 1 (campione 033, contenuto ad orneblenda). 180 G. FIERRO I sedimenti che contengono l’associazione epidoto-glaucofane appartengono ad una quarta provincia, la 'provìncia tirrenica il cui campione rappresentativo è il 115-AT. I sedimenti di questa provincia all’altezza delle Isole Cerbicale si mescolano a quelli della provincia meridionale corsa caratterizzati dall’associazione ad orneblenda-epidoto, e questa mescolanza interessa gran parte dei sedimenti ad E delle Bocche di Bonifacio. Per l’ informazione che ci può dare il glaucofane, bisogna ammettere il passaggio di sedimenti della provincia anche ad W delle Bocche di Bonifacio. Analisi vettoriale. I dati della composizione mineralogica della frazione pesante dei sedimenti del Golfo dell’ Asinara e delle Bocche di Bonifacio, oltre che col metodo convenzionale (associazioni) sono stati stu¬ diati anche attraverso l’analisi vettoriale (membro principale). Quest’ultima costituisce un complemento utile a meglio individuare la dispersione dei sedimenti da noi presi in esame. NeH’approssimazione convenzionale le associazioni di mine¬ rali pesanti sono definite come insiemi tipici o come composizione media di gruppi di campioni che caratterizzano' le province di minerali pesanti, i sedimenti delle quali sono omogenei per pro¬ venienza e distribuzione nel tempo e nello spazio (Edelman C. M., 1933). I risultati dell’ analisi vettoriale di una serie di dati compo¬ sizionali sono espressi come vettori di riferimento, ognuno dei quali corrisponde a un campione reale. I vettori di riferimento di una serie rappresentano i membri principali del sistema e ciascun campione della serie viene analizzato in termini di proporzione rispetto ad ogni membro principale che contribuisce alla sua com¬ posizione. II grafico di distribuzione regionale è reso in mappe con linee di contorno che mostrano la distribuzione areale del contri¬ buto di ciascun membro principale in ogni campione, mentre col metodo convenzionale i risultati approssimati sono espressi in ter¬ mini di media ed è appena ammessa l’esistenza e il riconoscimento di mescolanze e transizioni tra le diverse associazioni. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC 181 Fig. 9. — Mappa di proiezione vettoriale relativa al membro prin c-ipale 2 (campione 0117, contenuto a biotite). 182 G. FIERRO Il significato dei termini di associazione e di membro prin¬ cipale nell’ interpretazione delle composizioni della frazione pe¬ sante di un sedimento analizzato per individuare la provenienza, può assumere un valore più estensivo rispetto alle definizioni so¬ pra riportate. In un grande fiume, ad esempio, ogni suo affluente erodendo formazioni geologiche distinte e petrografie amente uniformi de¬ terminerà un’associazione primaria. Per ogni affluente si avranno perciò altrettante associazioni equivalenti a membri principali. Nei sedimenti del fiume nel quale confluiscono questi affluenti si avranno associazioni di ordine più alto (Van Andel T. G., 1950). Analogamente in un bacino di sedimentazione marino le as¬ sociazioni primarie saranno quelle proprie dei fiumi che vi sfo¬ ciano ; quelle di ordine più alto saranno il risultato della compo¬ sizione delle primarie ad opera del trasporto in ambiente marino. La difficoltà sta essenzialmente nell’ intuire o calcolare le asso¬ ciazioni di più basso ordine. Analoghe considerazioni potrebbero esser fatte nei riguardi dei membri principali, tuttavia questo metodo ha il vantaggio di essere puramente mineralogico e di non tener conto nella sua formulazione di considerazioni geografiche e geologiche legate alla definizione di provincia e di associazione; inoltre i membri principali rappresentano singoli campioni reali di composizione estrema anzicché medie caratteristiche. Se agli apporti solidi di tutti i fiumi corrispondono associa¬ zioni complesse e perfettamente mescolate, queste saranno equi¬ valenti ai membri principali nel punto di immissione nel bacino di sedimentazione (Imbrie J., Van Andel T. M., 1964); nel caso non raro che il sortìng (Van Andel T. M., 1955) o un qualsiasi altro effetto legato al trasporto più o meno lungo determini una differenziazione, è possibile riconoscere diversi membri princi¬ pali in una singola associazione. Inoltre, se più aree di alimenta¬ zione forniscono membri principali puri presenti anche nelle me¬ scolanze di altre aree di alimentazione, è possibile applicando l’analisi vettoriale al concetto di membro principale, risalire alla struttura originaria. Questo caso si è verificato, nell’area da noi esaminata, per il contenuto ad orneblenda dei parascisti del- l’Asinara e dei graniti del massiccio sardo-corso. I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC 183 Fig\ 10 Mappa di proiezione vettoriale relativa al membro prin cipale 3 (campione 039, contenuto ad aug’ite). 184 G. FIERRO La teoria dell’ analisi vettoriale è stata ampiamente trattata da diversi Autori (Imbrie J., 1962; Manson V. e Imbrie J., 1964; Imbrie J. e Van Andel T. H., 1964; Briggs L. I., 1965) specifica¬ tamente per le sue applicazioni geologiche. Le trattazioni di que¬ gli Autori hanno messo in evidenza l’utilità di questo procedi¬ mento matematico che presenta vantaggi fondamentali e tecnici rispetto ai metodi convenzionali di interpretazione dei dati sulla composizione mineralogica della frazione pesante dei sedimenti. I vantaggi fondamentali sono dovuti soprattutto all’ introduzione del concetto di membro principale contrapposto alla classifica¬ zione che sta alla base dell’approssimazione convenzionale. L’ iden¬ tificazione dei membri principali e delle serie graduali di transi¬ zione ad essi relative, ci consente una comprensione della strut¬ tura che sta alla base dell’ informazione più significativa di quella che si può ricevere dall’ interpretazione diretta dei dati. I van¬ taggi tecnici sono offerti soprattutto dall’espressione quantitativa dell’ informazione e dalla definizione rigorosa dei componenti che stanno alla base del sistema considerato. Inoltre con i moderni calcolatori elettronici l’elaborazione dei dati è molto meno labo¬ riosa dello studio interpretativo delle tabelle dei dati per la scelta delle associazioni: questo vantaggio si ha soprattutto quando il numero dei campioni è molto elevato e l’ informazione è com¬ plessa. Solo pochissime applicazioni sono state fatte con successo negli USA ad opera sempre dei medesimi ricercatori, Imbrie J., Purdy E. C. e Van Andel T. H. e in Italia da Pigorini B. I programmi utilizzati da quegli AA. sono diversi ma so¬ stanzialmente eseguono le medesime elaborazioni. Imbrie nel 1963 si valeva di una procedura composta di due programmi : il COLFALC ed il VOP, mentre nell’anno successivo Manson e Imbrie (1964), descrivevano un terzo programma (COVAP) che li comprende entrambi. Analogamente da J. M. Wild jr. è stato messo a punto un programma unico per il calcolatore « Control Data 1604 » del Centro di Calcolo di S. Diego dell’Università di California (Imbrie J. Van Andel T. H., 1964). Sul calcolatore C I I 10070 del Centro di Calcolo dell’ Uni¬ versità di Genova era già stata messa a punto una procedura, composta di due programmi, di cui ci si è serviti per l’analisi vettoriale dei minerali pesanti nei sedimenti delle Bocche di Bo- I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC 185 Fig. 11. — Mappa di proiezione vettoriale relativa al membro prin¬ cipale 4 (campione 115 AT, contenuto ad epidoto). 12 186 G. FIERRO nifacio e del Golfo dell’ Asinara. Nel primo di questi due pro¬ grammi vengono eseguite le seguenti operazioni : 1) calcolo delle medie e degli scarti quadratici medi; 2) calcolo della matrice di correlazione (o dei coseni); 3) calcolo dei componenti principali, come autovettori della ma¬ trice di correlazione. A questo punto è stato necessario scegliere il numero dei fattori significativi ed i campioni reali da prendersi come membri principali. Sono stati presi come significativi i quattro fattori che da soli spiegavano l’88,52% della variabilità composizionale. Nella Tabella 1 sono stati riassunti i risultati dell’analisi fatto¬ riale fino a questo punto: dei primi quattro fattori sono stati elencati gli autovalori, le percentuali della variabilità composi¬ zionale e le percentuali cumulative. Tabella 1. — Sommario dei risultanti delVanalisi fattoriale. Fattori Autovalori Percentuali di variabilità Percentuali cumulative 1 24.65 46.52 46.52 2 10.68 20.15 66.67 3 8.48 16.00 82.67 4 3.10 5.85 88.52 La seconda decisione è stata presa scegliendo come membri principali i campioni 033, 0117, 039, 115 AT (Tabella 2). Questa scelta è stata fatta secondo criteri sia matematici che geologici. Infatti dovendo essere i membri principali di composizione estre¬ ma (Imbrie J. e Van Andel T. M., 1964) sono stati scelti i quat¬ tro campioni « indipendenti » con il maggior scarto quadratico medio. Per « indipendenti » si considerano i campioni caratteriz¬ zati da minerali o gruppi di minerali diversi per provenienza. Nel nostro caso questo criterio ha dato risultati altrettanto validi di quelli ottenuti da Pigorini B. (1967), che ha scelto come membri principali i campioni di composizione più vicina a quella delle aree di alimentazione (da gentile comunicazione dell’Autore). Il criterio esclusivamente geologico' lascia un certo margine d’ in- I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 18 Fig\ 12. — Direzioni principali di trasporto dei sedimenti attuali sulla piattaforma continentale, individuate con il metodo dell’ana¬ lisi vettoriale. •<4 ?> ■ SO « SO s* <» CO 8, A tì • ss © •ss tì 0 ^ © Ss so s o ©s cS ft • H O C • rH ?H ©Ì < J J H CQ < H (*) FOT iO (M 9;iU0SM'BrJ auBjoonBtf) IO OJ cc O^IAODSnj\[ 5.75 ^^oig »o n 3 co oua^sjadx IO' io t— 9}iSny 58 12 BDpx'BS'Bq Bpuajqou.io Bun.iq epuo^qeujo 0.25 0pj0A BpU9iq9UJ0 IO io ri ^ cc co io t- a^pinssn^s 4.5 4 3 o^opida 13.5 2.5 35.25 9pi0^IJ0I0 O^IUBUllinS 10.5 4 0.75 9Xisn^puy IO oJ 9U9XSIQ IO L- 9^i[oan^s . o^iu^xil 0.25 oisB^uy omng o:p2ue.i£) IO IO IO L-~ ri ^5 F © 9U09JI2 3 1.5 1.25 'euqBiujox lUOldUIB^ m h a <1 co ~h co io 9uip.io;p 0N 50 51 52 53 (:!:) Actinoto, Topazio, Cassiterite, Apatite. CTf 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1C 11 12 13 14 15 16 17 18 19 HO 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 4C 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. Tabella 3. — Matrice delle 'proiezioni dei campioni ( vettori ) sui quattro vettori di riferimento ( membri principali). 4SQ = 3.100U101FSR 88.52 PER CENT C » 4 58 j 7 2c ’ 0 1 -O9H7418E-02 -C* 30757SE-01 - 0 » 355063E ■" 0 1 G * 355942E + u0 -0* 34995CE-G1 C* 1^56305+00 C* 438152E + 00 C» 101607E+01 C* 659446E + 00 0» 38 1 649E + 00 0*7511 1 1E + G0 0» 1000205+OÌ 0*6272015+00 0* 1C0301E+G1 C» 985G75E + G0 C.372834E+00 G* 988209E+00 0*5^2836E+uO 0* 477675E+00 0 • 359243E+0G C* 459605E-G1 0* 1618515+00 C*5H2439E+G0 C • 6491 S0E"0l CÓ67571E + G0 C.473177E-G1 0 * 564245E + 00 C * 6 045405+00 0* 103694E+01 0 * 549062E+00 C * 75524GE + uO 0 • 9903585 “0 1 C • 539572E+00 C*989413E+00 C* 103144E+C1 C* 1C5825E+C1 C * 974296E + 00 C * 572976E+G0 C * 926465E+00 0* 932224E + C0 0* 10161 1E+C1 0 • 935457E + 00 C*6H14SGE+GQ C* 130732E+00 0* 174167E+00 C * 206645E + 00 C» 973094E + 00 C.785807E+00 0* ÌQOOOGE+Ol 0* 119209E-C6 Q.OOOOOCE+50 0* 1 19209E-06 "0* 3 1 47 4 3E + 00 0* 1 89G84E + 0Q 0*440911 £.+ 00 C * 51301 4E + 00 0 » 575673E+00 G » 461296^ + 00 -G*864667£-01 "0* 324348t + 00 0» 106l34E“01 G* 113676E-01 -G* 313341E + 00 =» 0 » 277932E + 00 ”0*366300 E “01 0» 1 G8586E + Q 1 - 0 * 1352635+00 -0* 1 47799E+Q0 -0* 238573E + 00 -0* 1 3 1859E+C0 - Q « 26 1 378E + 00 G « 955743E + 00 0*8449365-01 0 * 1 304265+00 0* 123577E+01 C* 1G7325E + 01 ■C* 1 Q4587E + 0 1 0 * 603003E + 00 0* 1 0 + 5 1 95 + 00 0*1174435+00 0 * 945572E+00 0* 181549E-01 °0*4lll59E-Ql ■0*831846E”Gl 0* 1C36Q4E+00 Q.281424E+G0 -0*2183835-01 -0. 123393E-01 0*7961335-02 " C ® 146 45 7 E + 0 0 0*7281 35E+G0 ”G * 243756E+00 ■*0* 217086E + 00 G*84b756E”0l ”0* 243446E + 00 C 0 25 + 2002 + 00 0* 1 16741E + 00 0*290707E+00 G» 1 1 5086c. + Q 1 C *6lo428E"Ol 0*3162205+00 G*596046E°07 0« 10G000E + 01 -0* 1 19209E-06 G*2384l9E“C6 0» 138588E+00 0*4497095-01 0« 174279E+00 0* 67311 2E -02 0. 143733E + 00 “0 • 16170CE + 00 Oo 887121E + 00 •0* 1 17705E + 00 0. 785309E-01 “0 * 1 72920E + 00 -0*3043335-01 -0. 1 16336E+00 "0* 2631095-01 0*2514555+00 "G*656073E”0l -0*3457245- Ql 0* 189237E+00 “ 0 * 165706E-01 0* 460447E + 00 0«933839E+00 0*94941 3E+00 0. 104439E+01 0* 126024E+Q0 0*4l9554£+00 S0*537135E«02 0 » 303454E + Q0 0. 104255E+01 0*8351925+00 0* 7589545+00 0.542459E-01 0* 8289405+00 0*6022135+00 0* 101676E+01 0.931001E+00 0*1636235+00 0*1761395-01 0*259331E-C2 -0*6761835-01 -0*7080055-01 -0*1 226775 + 00 ° 0 * 1 22447E + 00 ° 0 • 566536E °Q 1 -0*9781535-01 0* 907933E + 00 0* 1030835+01 0* 1056095+01 0* 1357555 + 00 0*9491085-01 0* +48103E + 00 ” 0 * 1341 10E-06 0*5587945-07 0*9999985+00 0*5960465-07 189 1111865+01 896762E+00 5941995+00 5313965+00 374 17 25 + 00 6308675+00 1406945+00 7013265+00 7034875-01 5427825+00 4499855+00 4241575+00 1124785+00 1107615+01 1753165+00 2211935+00 4121345+00 1892635+00 414621E+00 1021535+01 1303365+00 1686925+00 3839025+00 137555E+01 6174895-01 865837E+G0 1321075+00 3452535-03 1174355+01 5660215-01 843499E-01 115222E+C0 1336565+00 *2865075+00 , 1404585 + 00 ,4171255-02 ,4535165-01 ,2176055+00 ,6310965-01 , 3528355+00 ,2886775+00 , 4434105-01 , 346348E + 00 ,3115565+00 ,1373795+00 , 3353895 + 00 > 234 546E + 00 , 1442515 + 00 .121 8005+00 ,596046E-07 , 1758145-06 ,1192095-06 . 1000005 + 01 1 2 3 4 190 G. FIERRO certezza che dipende dalla impossibilità di conoscere con esattezza il contributo in minerali pesanti di ciascuna area di alimenta¬ zione. Nei secondo passo sono state eseguite le proiezioni di tutti i campioni (vettori) sui quattro vettori di riferimento (membri principali). Applicazione dell’analisi vettoriale. Sulla base dei dati della matrice (vedasi Tabella 3) delle proiezioni dei campioni (vettori) sui quattro vettori di riferimento (membri principali) sono state disegnate quattro mappe vettoriali di contorno, una per ciascun membro principale (figg. 8, 9, 10, 11). Queste mappe di contorno sono state disegnate separando i va¬ lori delle proiezioni oblique in sei intervalli e delimitando sulle mappe le zone in cui i campioni presentano valori appartenenti allo stesso intervallo. La distribuzione del vettore 033 (membro principale 1, con¬ tenuto ad orneblenda) è rilevabile dalla fig. 8. Il vettore assume il valore massimo (> 0.75) nella zona antistante i graniti della Corsica meridionale. La forma allungata verso W di questa zona sta ad indicare un trasporto in quella direzione. I valori minimi che si osservano nelle adiacenze e davanti la foce del fiume Co- ghinas, sono spiegabili col fatto che rapporto solido di questo fiume è caratterizzato da materiali con scarso contenuto in orne¬ blenda. Il fatto che ad W dell’ Isola dell’Asinara i valori vettoriali siano di nuovo alti, si può spiegare con il contenuto in orneblenda nelle rocce della parte occidentale dell’ isola. I valori minimi che si trovano di fronte alla costa orientale corsa, a N della foce del Travo, indicano un’assenza di apporto da S. La mappa di proiezione del vettore di riferimento 0117 (membro principale 2, contenuto a biotite) è riportata in fig. 9. L’area di massimo valore vettoriale si trova intorno all’Isola dell’ Asinara ed è allungata verso E. Dal disegno appare subito evidente la direzione prevalente di dispersione dei sedimenti di questa zona. Le caratteristiche morfometriche della biotite fanno si che essa venga trasportata in sospensione per lunghi tratti e la sua I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 191 deposizione avvenga dopo un trasporto relativamente lungo. Per questa ragione dobbiamo ritenere che la deposizione della biotite è controllata dal fattore profondità. La mappa di contorno del membro' principale 2 (contenuto a biotite) ci dà un’ulteriore con¬ ferma di questo comportamento particolare. Infatti le linee di separazione degli intervalli vettoriali seguono molto fedelmente le isobate del canyon dell’ Isola Rossa. La fig. 10 riporta la mappa di proiezione del vettore di rife¬ rimento 039 (membro principale 3, contenuto ad augite). I valori massimi si trovano di fronte alle rocce vulcaniche e piroclastiche della Sardegna settentrionale. Un contributo notevole per questo vettore è dato dal fiume Coghinas, il cui apporto solido viene trasportato molto al largo verso NW, lungo l’asse maggiore del canyon dell’ Isola Rossa. Ad E delle Bocche di Bonifacio sono presenti solo i valori più bassi di questo vettore ; ne possiamo dedurre che, per certe classi dimensionali, non vi è trasporto di sedimenti da W ed E. La mappa del vettore di riferimento 115 AT (membro prin¬ cipale 4, contenuto ed epidoto) è rappresentata in fig. 11. La zona con i valori massimi si trova logicamente di fronte ai calcescisti della Corsica nord-orientale. Tali valori diminuiscono gradual¬ mente da N verso S. All’altezza delle Bocche si ha una biforcazione delle linee di contorno. In questa posizione è oltremodo chiara la dispersione di questo vettore sia verso S, lungo la costa sarda, sia verso W attraverso lo stretto fino alla latitudine del campione 035. Come era prevedibile i valori minimi si addensano alla foce del fiume Coghinas ed intorno all’ Isola Asinara dove le aree di alimenta¬ zione forniscono minerali diversi da quelli dei calcescisti della Corsica. Conclusioni Per la posizione geografica delle Isole di Sardegna e Corsica e per la conformazione geomorfologica del fondale marino1 in quel settore del Mediterraneo, si può considerare che sulla piattaforma continentale di quelle Isole si depositano per la maggior parte i sedimenti provenienti dalla denudazione delle formazioni litoidi locali. 192 G. FIERRO N° ordine 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 Tabella 4. Campioni Lat. N Long. E Profond. m. Anno Crociera (*) 112 AT 43°00,r 9°30,1' 53 1966 BK 116 AT 42°37,2' 9°34,0' 54 1966 BK 117 AT 42°05,1' 9°35,8' 51 1966 BK 1 d°) 41°50,0' 9°30,2' 350 1967 BK 4 (8) 41°02,0' 9°58,0' 360 1967 BK Staf. 68 40°12,7' 10°00,5' 1464 1968 STF. C 13 41°21,5' 8°22,3' 2050 1968 RC. N 39 40°21,3' 9°54,2' 219 1969 BK 01 41°25,0' 9r27,0' 92 1964 BK 02 41°20,1' 9°20,3' 74 1964 BK 034 41°17,9' 9n14,8' 71 1964 BK 03" 41°17,9' 9°14,8' 71 1964 BK 013 41°21,0' 9C17,7' 61 1964 BK 018 41°07,1' 8°i6,r 69 1964 BK 024 41°27,4' 9°20,3' 90 1964 BK 031 41°18,3' 8°54,6' 140 1964 BK 032 41°22,4' 8°54,4' 76 1964 BK 034 41°24,5' 8°46,5' 140 1964 BK 035 41°17,3' 8°43,5' 63 1964 BK 036 41°01,2' 8C43,4' 99 1964 BK 037 41°00,3' 8°43,4' 44 1964 BK 040 40°53,2' 8°25,6' 36 1964 BK 043 41°10,0' 8°25,7' 167 1964 BK 046 40°58,7' 8°18,3' 47 1964 BK 047 40°58,0' 8°15,2' 24 1964 BK 049 40°54,6' 8°18,2' 38 1964 BK I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 1 93 ( segue tab. 3) N° ordine Campioni Lat. N Long. E Profond. m. Anno Crociera (*) 27 051 41°00,0' 8°50,7' 41 1964 BK 28 053 40°51,5' 8°30,1' 33 1964 BK 29 054 40°57,8' 8°31,2' 49 1964 BK 30 061 41°20,1' 9°12,4' 74 1964 BK 31 086 41°17,3' 8°44,6' 150 1964 BK 32 088 41°10,8' 9°00,2' 51 1964 BK 33 090 40°52,4' T— 1 CO co o 00 35 1964 BK 34 093 41°01,5' 8°49,4' 238 1964 BK 35 095 4in6,5' 9'31,0° 93 1964 BK 36 099 41°22,7' 9°27,1' 93 1964 BK 37 0101 41°25,0' 9°17,0' 74 1964 BK 38 0102 41°26,0' 9°23,5' 94 1964 BK 39 0103 41°31,8' 9°19,4' 44 1964 BK 40 0104 41°35,5' 9°24,0' 68 1964 BK 41 0105 41°34,0' 9°27,0' 90 1964 BK 42 0106 41°30,3' 9°27,1' 88 1964 BK 43 0107 41°26,8' 9°27,3' 92 1964 BK 44 0108 40°58,1' 8°49,3' 30 1964 BK 45 0109 40°57,7' 8°47,1' 40 1964 BK 46 0112 40°56,1' 8°45,9' 30 1964 BK 47 0118 41°07,3' 8°31,1' 269 1964 BK 48 0120 41°12,5' 8°49,2' 120 1964 BK 49 0121 41°08,5' 8°37,5' 80 1964 BK 50 033 41°26,5' 9°00,4' 76 1964 BK 51 0117 41°11,2' 8°25,4' 415 1964 BK 52 039 40°55,8' 8°36,0' 60 1964 BK 53 115 AT 42°48,3' 9°31,5' 87 1966 BK (*) La sigla che segue l’anno indica la nave: BK — Bannock, STF. = Staf¬ fetta, RC = Recorder. G. FIERRO 1114 La piattaforma continentale sardo-corsa può essere conside¬ rata come un bacino chiuso nel quale si depositano, mescolandosi in maggiore o minor misura, tutti i sedimenti e solo quelli pro¬ venienti dalle formazioni geologiche presenti nel bacino. Nel no¬ stro caso le aree di alimentazione si trovano pertanto in due posi¬ zioni al centro del bacino'. La frequenza di alcuni minerali in determinate classi gra¬ nulometriche si è presentata in accordo con i risultati delle espe¬ rienze condotte da Dietz per dimostrare 1’ influenza dell’usura sulla dimensione e la forma dei granuli. Questo è il caso della andalusite, dello zircone e del glaucofane; per quest’ultimo si è osservato che durante il trasporto fluviale le dimensioni media¬ mente si dimezzano rispetto a quelle che il minerale presenta nella roccia madre. Una graduale diminuzione del granulo si è potuta constatare procedendo da N a S lungo il versante tirre¬ nico della piattaforma sardo-corsa. Osservando opportunamente la frequenza e la classe dimen¬ sionale dei minerali predominanti, si sono potute evidenziare le « tendenze » dell’augite, dell’ iperstene, dell’orneblenda e dell’epi¬ doto nelle associazioni mineralogiche principali. Dal comporta¬ mento delle « tendenze » si è potuto trarre la conferma della va¬ lidità delle associazioni determinate. I fenomeni di corrosione ( hacksaw e cockscomb corrosion structures ) sono risultati particolarmente evidenti nei granuli di a u gite. Lo zircone si presentava spesso come dartmoor-zircon con le tipiche inclusioni opache parallele alle facce dei cristalli . I dati tratti dalla letteratura per la individuazione delle as¬ sociazioni mineralogiche e delle zone di alimentazione sono stati confermati dalle analisi eseguite sui sedimenti di foce dei fiumi della Corsica e della Sardegna settentrionale. Per quanto si riferisce all’analisi vettoriale, si può notare che scegliendo i membri principali secondo un criterio geologico- matematico, anziché secondo quello esclusivamente geologico, nor¬ malmente seguito, si tende a renderne più obiettiva la scelta. Dall’esame delle mappe vettoriali si sono potute trarre delle utili considerazioni. Un criterio di fondamentale importanza per I MINERALI PESANTI NEI SEDIMENTI MARINI ECC. 19“) 1’ interpretazione delle mappe vettoriali è il seguente ; dove si ha una diminuzione progressiva delle proiezioni senza salti di inter¬ valli, vuol dire che in quella direzione, normalmente alle linee di contorno, si verifica un trasporto di materiale che perde impor¬ tanza quando si arriva a valori negativi. Tenendo presente questo concetto è stato possibile indivi¬ duare le direzioni principali di trasporto dei sedimenti (fig. 12) ricavandone informazioni meno generiche di quelle che sarebbe stato possibile ottenere con il metodo convenzionale. Le direzioni di trasporto da noi individuate concordano con quanto fino ad ora è noto sulle correnti della zona. La corrente che scende lungo la costa orientale della Corsica, biforcandosi all’altezza delle Boc¬ che di Bonifacio, entra con un suo ramo nel Golfo dell’ Asinara deviata anche dalle isole dell’Arcipelago della Maddalena. Nel tratto P. Latoniccia-Bonifacio (Corsica S-occidentale) l’azione di questa corrente discendente è risentita particolarmente al largo, come è desumibile dalla presenza di sedimenti Iutifici sotto costa e allenitici al largo (v. carta delle distribuzioni dei sedimenti, Fierro G., 1965). All’ interno del Golfo dell’Asinara assumono importanza i se¬ dimenti provenienti dall'abrasione costiera dell’ isola omonima e gli apporti solidi del fiume Coghinas. Per quanto riguarda il ruolo degli apporti fluviali nella formazione dei sedimenti ma¬ rini, si può affermare che nella rete idrografica della Sardegna settentrionale, peraltro molto limitata, soltanto il fiume Coghinas ha una certa importanza. Sono questi materiali che danno ori¬ gine in prevalenza ai sedimenti dell’ intero Golfo : i primi di¬ sperdendosi verso E, i secondi inoltrandosi al largo attraverso il canyon dell’ Isola Rossa. Tra le osservazioni sui singoli minerali, quelle sul glauco- fané sono risultate particolarmente interessanti in considerazione della ben localizzata area di provenienza di quel minerale il quale limitatamente alla piattaforma continentale, rappresenta un trac¬ ciante naturale che ha confermato i risultati dell’analisi vetto¬ riale. 196 G. FIERRO OPERE CITATE Argiero L., Palmas G., M\nfredini S., 19G5 - Studio delle caratteristiche radioattive, biologiche ed idrografiche del mare Tirreno. Centro Ap¬ plicazioni Militari Energia Nucleare- Studio N° 26/3, 11 p. Briggs L. I., 1965 - Heavy minerai correlations and provenances. J. Sedi- ment. Petrol., XXXV, pp. 939-955. Berthois L., Furnestin J., 1938 - Elude des materiaux dragués par le « President Théodore Tissier». Ann. Office des Pèches, Paris, XXI, fase. Ili, pp. 381-424. Canò M., Stocchino C., 1966 - Sulla circolazione delle correnti nel Golfo del- V Asinara e nelle Bocche di Bonifacio. Atti Ass. Geofis. Ital. Roma, pp. 523-536. Dietz V., 1968 - Untersuchungen zur Morphometrie von Schwermineralen. Universitat des Saaidandes Arbeiten ausdem Geologisehen Institut Na 120, Saarbrucken, 150 p. Doeglas D. J., Favejee J. Ch. L., Nota D. J. G., Van der Plas L., 1965 - On thè identification of feldspars in soils. Mededeling Landbouwho- geschool, Wagenigen, N° 65, 13 p. Edelman C. H., 1933 - Petrologische provincies in het N ederlansche Kwartair, Amsterdam, Thesis, 104 p. 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It has been considered às a generic name, synonym of Epinephelus Bloch. However, a proper definition of thè genus Cerna was never given. The type species is Serranus gigas ( Perca gigas Briinn.). The activity for preparine thè list of thè European marine fishes for C.L.O.F.N.A.M. (Check List of thè Fishes of thè North- eastern Atlantic and thè Mediterranean) often involves a careful study of thè oldest literature, in order to obtain correct data con¬ cerni ng- thè nomenclature and thè bibliographical references. As far Europe is concerned, members of thè family Serranidae are chiefly found in thè Mediterranean and therefore are dealt with in a number of writings from thè Italian zoologista of 19 th cen- tury. The name Cerna , usually considered to be of generic value and synonym of Epinephelus, is thè subject of thè present note. It corresponds to thè Italian word « cerna » (Spanish « cherne ») and was firstly proposed by Bonaparte (1833: 1) with just a few remarks : « I Serrarli proprj sono sparsi in tutt’ i mari meno i (*) Museo Civico di Storia Naturale « G. Doria » - Genova. A NOTE ON THE GENERIC NAME CERNA BP. 199 più freddi, e a differenza del nostro sottogenere Cerna, che con¬ tiene Pesci assai grossi come il Serranus gigas (Ombrina-cerna del volgo), hanno piccole dimensioni ...» (« True Serrani are distributed in all seas, except thè coldest, and differ from our subgenus Cerna, which includes rather big Fishes as Serranus gigas (vulgar name: Ombrina-cerna) for their small size . . . »). Therefore, no definite description is given of thè genus or of any species referred to it. Shortly after (1845-46: 1) Costa in- troduced thè name Cernita for fishes so characterized : « Mandi¬ bola tantum squamis minutissimis tecta ». Later on (1849: 1), having confirmed that such would be thè correct latm spelling, he described and figured (colour piate VII bis) thè single species Cernita gigas = Perca gigas Briinn. Costa evidently was not aware that Cernita was preoccupied, because Fleming (1828) had so named a genus of Percidae commonly known as Acerina Cuvier (1817. Type: Perca cernita L.). Bonaparte (1846: 58) included in thè genus Cerna two species : Cerna nebulosa Cocco (Mediterran.). Cerna gigas Bp. (Mediterran. Ocean.). No descript ions, nor comments at all were added. The spel¬ ling Cernua was forgotten, but thè name Cerna appeared in se¬ vera! ichthyological papers of thè past century. Doderlein (1882, 1889) placed it as a synonym of Epinephelus Bloch (1793) and so did many following authors as Boulenger (1895), Jordan and Evermann (1896), Jordan (1917), Norman (1966), etc. All of them quoted as type species of Cerna thè commonest Mediterranean species : Perca gigas Brunnich = Labrus guaza Linnaeus. This would be correct for Costa’s Cernua, but not — strictly speak- ing — for Bonaparte’s Cerna because, as reported above, this author mentioned Serranus gigas , described by Valenciennes a few years before (1828: 270, pi. 32). Of course, thè species is thè same. It is interesting to point out that according to Doder¬ lein C. nebulosa ( Serranus nebulosus Cocco: Messina, Sicily) is a synonym of Epinephelus acutirostris Val., now Mycteroperca rubra (Bloch). Therefore, Cerna as understood by Bonaparte in 1846 would correspond to two genera, Mycteroperca and Epine¬ phelus, and not only to thè latter. 200 E. TORTONESE It may be concluded here that thè genus Cerna was never well defined as such. In thè literature it was simply quoted by tradition, often without an exact reference to thè old writings where it appeared, and therefore with dates surprisingly variable. For instance, Neave (1939: 646) wrongly dates Cerna Bp. from 1846 instead of 1833. There is no question about thè identity Cerna = Epinephelus in all thè literature, but an objection could be raised after thè remark made ab ove. The type of Epinephelus is E. marginalis Bloch = Perca fasciata Forsskal, fixed by ple- nary powers of Intera. Commission Zool. Nomenclature (Opinion 93, 1926). As in thè same occasion Perca cabrilla Linnaeus was established as type of thè genus Serranus Cuvier (1817), it is perfectly clear that Cerna cannot be listed among thè synonyms of Serranus , as sometimes has been done. CHIEF REFERENCES Note - Bonaparte’s and Costa’s books were both published in many fascicles, issued in different years and without regular pagination. Correct citations may be diffieult. However, T. Salvadori (Boll. Mus. Zool. Anat. comp. Univ. Torino, voi. Ili, n. 48, 1888) supplied all thè dates concerning « Iconografia della Fauna Italica » (appeared as a whole from 1832 to 1841). For « Fauna del Regno di Napoli », Costa himself indicated thè dates of each fasciole dealing with thè fishes. They appear in a list at thè end of thè part « Pesci » and thè extreme dates are 1829 and 1850. Bonaparte C. L-, 1833 - Iconografia della Fauna Italica. Roma, T. Ili, punt. 10. Costa O. G., 1845, 1849 - Fauna del Regno di Napoli. Pesci, Napoli. Doderlein P., 1882 - Rivista delle specie del genere Epinephelus Bloch o Cerna Bonap., riscontrate sin’ora nei mari della Sicilia. Giorn. Sci. Nat. Palermo, 15: 168-259. Doderlein P., 1889 - Manuale ittiologico del Mediterraneo. Fase. IV, Palermo. Neave S. A., 1939 - Nomenclator Zoologicus. Voi. I, London. Valenciennes A., 1828 - In: Cuvier et Valenciennes, Histoire Naturelle des Poissons. Voi. II, Paris. Pavia — Editrice Succ. Fusi — 15 Giugno 1970 Direttore responsabile: PROF. CESARE CONCI Registrato al Tribuhale di Milano al N. 6574 SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (Data di fondazione: 15 Gennaio 1856) Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle Scienze Naturali. I Soci possono essere in numero illimitato. I Soci annuali pagano una quota d’ammissione di L. 500 e L. 4.000 all’anno, nel 'primo bimestre dell’anno , e sono vincolati per un triennio. Sono invitati alle sedute, vi presentano le loro Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti e la Rivista Natura. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargizioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale o reso segnalati servizi. La proposta per l’ammissione d’un nuovo Socio deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Consiglio Direttivo. La corrispondenza va indirizzata alla « Società Italiana di Scienze Naturali, presso Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia 55, 20121 Milano ». 7 AVVISO IMPORTANTE PER GLI AUTORI Gli originali dei lavori da pubblicare vanno dattiloscritti a righe distanziate, su un solo lato del foglio, e nella loro redazione completa e definitiva, compresa la punteggiatura. Le eventuali spese per correzioni rese necessarie da aggiunte o modifiche al testo originario saranno interamente a carico degli Autori. Il testo va preceduto da un breve riassunto in italiano e in inglese, quest’ultimo intestato col titolo in inglese del lavoro. Gli Autori devono attenersi alle seguenti norme di sottolineatura: - per parole in corsivo (normalmente nomi in latino) . per parole in carattere distanziato ===== per parole in Maiuscolo Maiuscoletto (per lo più nomi di Autori) — . . = per parole in neretto (normalmente nomi generici e specifici nuovi o titolini). Le illustrazioni devono essere inviate col dattiloscritto, corredate dalle relative diciture dattiloscritte su foglio a parte, e indicando la riduzione desiderata. Tener presente quale riduzione dovranno subire i disegni, nel calcolare le dimensioni delle eventuali scritte che vi compaiano. Gli zinchi sono a carico degli Autori, come pure le tavole fuori testo. Le citazioni bibliografiche siano fatte possibilmente secondo i seguenti esempi : Grill E., 1963 - Minerali industriali e minerali delle rocce - Hoepli, Milano, 874 pp., 434 figg., 1 tav. f. t. Torchio M., 1962 - Descrizione di una nuova specie di Scorpaenidae del Mediter¬ raneo: Scorpenodes arenai - Atti Soc. It. Se. Nat. e Museo Civ. St. Nat. Milano, Milano, 101, fase. II, pp. 112-116, 1 fig., 1 tav. Cioè: Cognome, iniziale del Nome, Anno - Titolo - Casa Editrice, Città, pp., figg., tavv., carte; o se si tratta di un lavoro su un periodico: Cognome, iniziale del Nome, Anno - Titolo - Periodico, Città, voi., fase., pp., figg., tavv., carte. ( segue in quarta pagina di copertina) INDICE DEL FASCICOLO II Nangeroni G. - Appunti sulla geomorfologia del triangolo lariano . . Pag. 69 Mainardi D., Mainardi M., Pasquali A. and Zadra C. F. - Adoption of mice by golden hamsters . » 150 Fierro G. - I minerali pesanti nei sedimenti marini del Golfo dell’Asi- nara e delle Bocche di Bonifacio . 'M . » 155 Tortonese E. - A note on thè generic name Cerna Bp. ( Pisces , Ser- ranidae ) . » 198 ( continua dalla terza pagina di copertina ) La Società concede agli Autori 50 estratti gratuiti con copertina stampata. Chi ne desiderasse un numero maggiore è tenuto a farne richiesta sul dattiloscritto o sulle prime bozze. I prezzi sono i seguenti: Copie 25 50 75 100 150 200 300 Pag. 4: L. 3.000 L. 3.500 L. 3.750 L. 4.000 L. 4.750 L. 5.500 L. 6.600 » 8: » 3.750 » 4.250 » 4.500 » 5.000 » 5.750 » 6.500 » 8.100 » 12: » 4.500 » 5.000 » 5.500 » 6.000 » 7.000 » 7.800 » 9.600 » 16: » 5.500 » 6.000 » 6.500 » 7.000 » 8.000 » 9.000 » 11.200 La copertina stampata viene considerata come U pagine , non cumulabili con quelle del testo, e pertanto il suo prezzo è calcolato a parte. Per deliberazione del Consiglio Direttivo, le pagine concesse gratis a ciascun Socio sono 12 per ogni volume degli « Atti » o di « Natura ». Se il lavoro richie¬ desse un maggior numero di pagine, quelle eccedenti le 12 saranno a carico del¬ l’Autore: a L. 3.000 per pagina, da 13 a 20, e a L. 5.000 per pagina oltre le 20. Il pagamento delle quote sociali va effettuato a mezzo del Conto Corrente Postale N. 3/52686, intestato a: «Soc. It. Scienze Naturali, Corso Venezia 55, 20121 Milano ».