tI Po6? tf #] Lhal te Hi LI RITRÀ MEL RTRT eda peene pianti JABRERITÌ ì $ griala rst encesed Ò a" n e ii ME ei mete PIÙ E dt ”e. » > catutar LES n (930 SELL 414 | ti It dIT Il {i TIT nice eni ® sis vs e____- pre im ina rive me mini rinato ra une mov HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY 31697 Di Zovember 26, 1919- May 6, 1929 DELLA SOCIETÀ ITALIANA SCIENZE NATURALI. ANNO 1875. eee MILANO, TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE BERNARDONI RODE Hi Aq59I ATTI ‘ DELLA SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI VOLUME XVIII. FascicoLo IT. — Fogli 1 a 6. CON TRE TAVOLE. MILANO, COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. PER L'ITALIA: PER L'ESTERO: PRESSO: LA PRESSO LA SEGRETERIA DELLA SOCIETA' LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI MILANO MILANO NAPOLI Palazzo del Museo Civico. Galleria De-Cristoforis, Via Roma, già Toledo, Via Manin, 2. 59-60, 224. Maggio 1875. i) Per la compera degli ATTI e delle MEMORIE si veda la pagina di questa copertina. a SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ. Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli rendi relativi alle scienze naturali. ‘. I.Socj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, în una sola volta, nel primo tri- mestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali, le quali dimorino fuori d' Italia. — Possono diventare socj effettivi, quando si assoggettino alla tassa annua di lire venti..— Non sono invitati partico- larmente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi o farvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- mente gli Atti della Società. La proposizione per l’ ammissione d'un nuovo socio deve essere fatta e firmata da tre soc] effettivi. I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima della fine dell’anno sociale (che termina col 81 dicembre) continuano ad es- sere tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un anno, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere i suoi diritti per le quote non ancora pagate. Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate negli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo la loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed alle Memorîe non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti o delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur- chè li domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone; regolare ricevuta. PRESIDENZA PEL 1875. Presidente, CornaLIA dottor Emiio, direttore del Museo Civico di Storiai Naturale di Milano, via Monte Napoleone, 36. Vice-presidente, Vira AnTONIO. Milano, via Sala, 6. SropPANI sac. ANTONIO, prof. di geologia nel Reale Istituto tecnico superiore in Milano, via Palestro, 2. SorpeLLI FERDINANDO aggiunto al Museo di storia naturale \. di Milano, via Monforte, 7. | Cassiere, GARGANTINI-PIATTI Giuseppe, Milano, via del Senato, 14. | Segretar] SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI. PRESIDENZA PEL 1875. Presidente. — CoRNALIA prof. cav. EmInio, direttore del Museo Civico di storia naturale in Milano, via Monte Napoleone 36. Vice-Presidente. — ViLLa AntoNIO, Milano, via Sala 6. STOPPANI ab. cav. ANTONIO, professore di geologia nel R. Istituto Tecnico sup. in Milano, via Palestro, 2. SORDELLI FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di ‘storia naturale in Milano, via Monforte 7. Conservatore. — Pini NAPOLEONE, via Crocifisso 6. Vice-Conservatore. — FRANCESCHINI rag. FELICE. Cassiere. — GARGANTINI-PrATTI Giuseppe, Milano, via Senato 14 Economo. — DELFINONI avv. GOTTARDO. GARAVAGLIA rag. ANTONIO. Visconti ERMES march. CARLO. CAVALLOTTI ing. ANGELO. Segretarj Commissione amministrativa SOCJ EFFETTIVI al principio dell’anno 1875. 4 ArBanELLI rag. FiLippo, Milano. ALesi Vincenzo, alunno nella R. Università di Napoli. ALESSANDRI sac. prof. ANTONIO, civico bibliotecario, Bergamo. Anpreossi ENRICO, Bergamo. \ AraDAS cav. ANDREA, professore di zoologia nella R. Università di Catania. ArcoNATI-VISCONTI march. GIANMARTINO, pot ArRIGoNI conte Oppo, Padova. BaLESTRA sac. SERAFINO, Como. BeLLENGHI dott. TIMOLEONE, assistente alla cattedra di agraria nella R. Università di Bologna. BeLLortI dott. CrIstororo, Milano. i Pe È BeLLuccI dott. GiusePPE, Perugia. RRLE i BerLA ETTORE, Milano, BerNnARDONI Firippo, Milano. BeRNASCONI sac. BALDASSARE, Torno (Como). BeRNASCONI ing. GIUSEPPE, Caserta. BertoLoNI GIUSEPPE, professore di botanica nella R. Università di Bologna. BESANA dott. CARLO, professore all’ asiliato Tecnico di Santa Marta, Milano. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1875. 5 BrancoNI GIUSEPPE, professore nella R. Università di Bologna. BienamI ing. Emwizio, Milano. Boccaccini CorraDo, Ravenna. Bomgicci Luci, professore di mineralogia nella R. Università di Bologna. Borromeo conte CarLo, Milano. BottI cav. ULDERICO, Lecce (Terra d’ Otranto). Borzi dott. ANTONINO, assistente alla cattedra di botanica nel R. Istituto forestale di Vallombrosa. BrioscHi comm. FRANCESCO, senatore del Regno e direttore del R. Istituto Tecnico superiore di Milano. - Burt sac. ANGELO, professore nel R. Istituto Tecnico, Milano. Buzzoni sac. Prerro, Milano (CC. SS. di Porta Romana). CALDERINI sac. Pietro, direttore dell'Istituto Tecnico di Varallo (Val-Sesia). CaLpesi Lopovico, Faenza. CanettI dott. CARLO, Milano. Cantoni cav. GAETANO, direttore della Scuola superiore di agro- nomia, Milano. CaPELLINI comm. GIOVANNI, professore di geologia nella R. Uni- versità di Bologna. CapRIOLI conte Tommaso, Brescia. CaseLLA dott. GiusePPE, Laglio (Como). CassaneLLO dott. NicoLò, Tunisi. CasteLFRANCO prof. Pompeo, Milano. CasteLLI dott. FEDERICO, Livorno. CavaLLorti ing. AnceLo, Milano. CavEezzaLI dott. FRANcEScO, Milano. CeRRUTI ing. GiovannI, Milano. CesatI barone VIncENZO, professore di botanica alla R. Univer- sità di Napoli. A CETTI ing. Giovanni, Laglio (Como). CLERICETTI ing. CELESTE, professore al R. Istituto Tecnico supe- riore di Milano. CLERICI nob. Pietro, Milano. 6 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI Cocci cav. Ieino, professore di geologia al Museo di storia na- turale, Firenze. Cocconi GEROLAMO, professore di zoologia all’ Università di Parma. CoLienon dott. NicoLa, professore di meccanica nel R. Istituto Tecnico, Firenze. ì CoLogna avv. AcHILLE, Milano. CoLucci NuccHELLI dott. PARIDE, professore di str naturale al Liceo di Vercelli. CornaLIa dott. cav. Emzio, direttore del Museo Civico di storia naturale, Milano. CORNELIANI ing. ANGELO, Milano. Corvini dott. LorENZo, professore nel R. Istituto Veterinario, Milano. Cossa dott. ALFonso, professore di chimica al Museo industriale - di Torino. CrEspI-REGHIZZO sac. GIOVANNI, reggente l’Istituto in Legnano (provincia di Milano). | CriveLLi march. Lurci, Milano. Curioni GIovannI, Milano. Curioni nob. comm. GruLio, Milano. Curò ing. ANTONIO, Bergamo. D’AcHIARDI dott. ANTONIO, assistente di geologia al Museo di storia naturale all’ Università di Pisa. D'Ancona dott. CESARE, Firenze. , Dxr-Bosis ing. FRANCESCO, Ancona. DELFINONI avv. GoTrTtARDO, Milano. DELLA Rocca ing. Gino, Genova. DeL Mayno march. NorBERTO, Milano. DeLPINo FEDERICO, professore di botanica al R. Istituto Agrario di Vallombrosa. Dr-Manzoni ing. AntoNIo, direttore della Società montanistica Veneta, Agordo. Dr-RomirA dott. VINCENZO, professore di storia naturale al Liceo di Bari. De-SANcTIS LEONE, professore di anatomia comparata alla R. Uni- versità di Roma. .AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1875. + PL De-Zieno bar. cav. ACHILLE, Padova. Di NEGRO GraAcoMO, canonico, Spezia. DopERLEIN PirtRo, professore di zoologia alla R. Università di Palermo. Doria march. Gracomo, Genova. DusARDIN cav. GIOVANNI, professore di mineralogia e geologia nel- l’Istituto Tecnico di Genova. Direr BernARDO, Villa Sommariva presso Tremezzo (Lago di Como). Emery CarLo, dottore in scienze naturali, Napoli. Fassò ing. GiusePPE, Novara. i Ferrero Ottavio Lurci, professore di chimica al R. Istituto Agra- rio di Caserta. Foresti dott. Lopovico, assistente al Museo geologico dell’ Uni- versità di Bologna. FrANcEScHINI rag. FELICE, Milano. GALANTI ANTONIO, professore di agraria nel R. Istituto Tecnico, ‘ Milano. i GALLI padre BerNARDO, barnabita, Lodi. GarAvaGLIA rag. Antonio, Milano. GARBIGLIETTI cav. AntONIO, dottor collegiato in medicina, Torino. GARDINI GALDINO, professore di storia naturale all’ Università libera di Ferrara. | GarGANTINI-PIATTI Giuseppe, Milano. ‘ GarovagLio cav. Santo, professore di botanica nella R. Univer- sità di Pavia. Gasco prof. LEONE, assistente alla R. Università di Napoli. GemeLLARO GAETANO GiIoRGIO, professore di geologia nella R. Uni- versità di Palermo. © i GentILuoMo dott. CamiLLo, direttore del Bullettino malacologico italiano, Pisa. GaiortI ALessanpro, Milano. GIacoMETTI dott. Vincenzo, Mantova. GiseLui dott. GrusePPE, professore di botanica nella R. Univer- sità di Modena. | 8 |. RRENCO DEI SOCJ EFFETTIVI Giovannini dott. Finippo, Bologna. Gora conte CarLo, Milano. Gouln ing. Leone, Cagliari. GrAMIZZI ing. Massimiano, Borgo San Donnino. Grancini sac. CarLo, Milano. GuaLteRrIO CARLO RarrArLe, Bagnorea (Orvieto). GuiscaRDI dott. GUGLIELMO, professane di geologia nella R. Uni- versità di Napoli. IGHINA padre Ficippo, professore di storia naturale nel Collegio di Carcare (Liguria). Lancia FepERICO duca di BRoLo, segretario dell’Accademia di scienze e lettere di Palermo. LAZzzoNnI conte CARLO, Carrara. LAwLEey RoBERTO, Montecchio, presso Pontedera (Toscana). Lessona dott. MicHELE, professore di zoologia alla R. Università di Torino. LezzanI march. MAssimiLiano, Roma. LicoPoLi dott. GAETANO, assistente di botanica alla R. Università di Napoli. Lioy cav. PAOLO, deputato al Parlamento, Vicenza. MaAGGI dott. LeoPoLDO, assistente alla cattedra di zoologia e ana- tomia comparata nella R. Università di Pavia. MAIMERI ing. ANTONIO, ispettore censuario e reggente le misure, Reggio di Calabria. Ma; AnprEA, Travagliato (Brescia). MaALFATTI BARTOLOMEO, professore di storia antica all’ Accademia scientifico-letteraria di Milano. ManinvernI ALessio, Quinto (Vercelli). Mantovani Pro; professore di storia naturdle nella R. Università di Sassari. Manzi padre MicneLANGELO, barnabita, Lodi. MARANI cav. Giovanni, Moncalvo (Monferrato). MarcHi dott. Pietro, Firenze. Marinoni nob. CamiLLo, professore all’ Istituto Agrario di Ca- serta. ‘AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1875. 9 MarsILI Lurei, professore di fisica nel Liceo di Pontremoli. MARTINATI dott. Pietro PaoLo, Verona. MartINENGO VILLAGANA contessa RacHELE, Milano. MaruLLo conte GiusEPPE, Napoli. Mask sac. FRANCESCO, arciprete a Castel ito (provincia di Mantova). MasserorTI dott. Vincenzo, professore di storia naturale, Milano. MazzoccHI ing. LuIGI, assistente al R. Istituto Tecnico superiore di Milano. MELLA conte CarLo ARBORIO, Vercelli. MenecHINI GiusePPE, professore di geologia nella R. Università di Pisa. 3 MercaLrI sac. GIusePPE, Milano. Motino-Foti Lopovico, Barcellona (Sicilia). MoLoN cav. ing. FRANCESCO, Vicenza. MontanARO CARLO, all’ Intendenza di Finanza, Verona. Mora dott. Antonio, Bergamo. MoragLia ing. Pietro, Milano. Mori Tommaso, professore di storia naturale nella Scuola Nor- male di Aquila. . NeaRI avv. FrANncEScO, Casalmonferrato. “ NeeRI dott. cav. GartANO, Milano. NicoLucci cav. GiustINIANO, Isola, presso Sora. Ninni conte ALESsANDRO PERICLE, Venezia. Nocca CarLo FraANncESco, Pavia. OmgonI dott. Giovanni, professore di mineralogia alla R. Univer- sità di Padova. PADULLI conte PietRO, istruttore pratico di chimica nel laboratorio della Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri, Milano. PancERI Paoro, professore di anatomia comparata nella R. Uni- versità di Napoli. PaoLucci dott. LurGI, professore di storia naturale nel R. Istituto Tecnico, Ancona. ParLATORE Ficippo, professore di botanica al Museo di storia na- turale, Firenze. 10 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI ‘ Parona dott. CorRrADo, assistente al Museo di storia naturale nella R. Università di Pavia. PASsERINI GIOVANNI, professore di botanica nella R. Univeniià di Parma. Pavesi dott. Pietro, professore di zoologia ed anatomia compa- rata nella R. Università di Genova. PrRAZZI CosrantINo, ingegnere del Corpo reale delle. miniere, Torino. PranzoLa LvuIei, dottor in legge, Milano. Pini nob. rag. NAPOLEONE, Milano. Piroxa dott. GIuLIo ANDREA, professore di storia naturale al Liceo di Udine. PoLLi PieTRO, professore di storia naturale all'Istituto Tecnico di Bergamo. Ponte cav. GAETANO, Palagonia (Sicilia). Pozzi AnceLo, professore di fisica al R. Istituto Tecnico di Vi- gevano. Pozzorini cav. Giorgio, addetto militare all’Ambasciata italiana, Vienna. PrapA dott. TropoRo, professore di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Pavia. RAINERI ARISTIDE, professore nel R. Istituto Professionale di Mo- dica (Sicilia). i RamoRINO prof. GIovANNI, Buenos-Ayres (Repubblica Argentina). RancHeT ab. GiovanNI, Biandronno (Varese). RanzoLi dott. ANDREA, conservatore del Gabinetto Gin idatto del- l’ Università di Pavia. RaAvioLIi cav. GrusePrPE EpoARDO, maggiore nel Genio militare, Ca- salmonferrato. REGAZZONI dott. InwoceNzo, professore nel R. Liceo di Como.. RespPINI dott. Francesco, Varallo (Val-Sesia). RisoLpi sac. Agostino, professore nel Seminario di Monza. Ricca dott. Luier, Porto Empedocle (Girgenti). Rocca SAPORITI march. APoLLINARE, Milano. RomanIN dott. EMMANUELE, Padova. AL PRINCICIO DELL'ANNO 1875. 11 Rossetti dott. FRANCESCO, professore di fisica all’ Università di Padova. SALMOIRAGHI ing. FRANCESCO, Cosenza. SaLvaporI dott. Tommaso, Torino. SANSEVERINO conte FausTtINO, senatore del Regno, Milano. Savosa ing. GIovanNI, addetto al Genio civile, Roma. ‘ ScaRABELLI-GommI-FLAMINI GIusEPPE, senatore del Regno, Imola, Scora dott. Lorenzo, Milano. ScortI dott. GiBERTO, medico municipale, Como. SeGuENZzA GIusEPPE, professore di storia naturale nel Liceo di Messina. SELLA QuINTINO, ingegnere delle miniere, deputato al Parlamento. Roma. SiLvestRI ORAZIO, professore di chimica alla R. Università di Catania. SorpELLI FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di storia natu- rale di Milano. i SPAGNOLINI ALESSANDRO, professore di storia naturale nella Scuola Militare di Modena. Spezia ing. GioreIo, Piè di Mulera (Domodossola). SPINELLI GIOVANNI BATTISTA, Venezia. STEFANELLI PIETRO, professore di storia naturale alla Scuola Ma- gistrale di Firenze. d StoPPANI ab. ANTONIO, professore di geologia nel R. Istituto Tec- nico superiore «di Milano. StoPPANI sac. CARLO, professore a Modica (Sicilia). STROBEL PELLEGRINO, professore di storia naturale nell’ Università di Parma. TAPPARONE-CANEFRI avv. CESARE, Torino. TARAMELLI ToRQUATO, professore di storia naturale nel R. Istituto Tecnico, Udine. Targioni-Tozzetti Aporro, professore di zoologia al Museo di storia naturale di Firenze. TASSANI dott. ALESSANDRO, consigliere sanitario, Como. Terracciano cav. NicoLa, direttore dei Giardini Reali a Caserta. 12 ELENCO DEI SOCI EFFETTIVI AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1875. TorNABENE cav, FRANCESCO, professore di botanica nella R. Uni- versità di Catania. TranquiLLI Giovanni, professore di storia naturale nel Liceo di Ascoli. TrEvEs ing. MicHELE, Torino. TREVISAN conte VirtoRE, Monza. TrincHESE SaLvaToRE, professore di zoologia alla R. Università di Bologna. Turati conte ErcoLe, Milano. Turati nob. Ernesto, Milano. Varisco ing. AcHLLe, Bergamo. Viconi nob. Giunio, Milano. ViLLa ANTONIO, Milano. Vira Giovanni BartIstA; Milano. Via VirtorIo, Milano. VIMERCATI conte ing. Guino, Firenze. Visconti conte ALFonso MARIA, Milano. Visconti Ermes march. CARLO, Milano. Visconti DI MopronE duca RaAIMoNnDO, Milano. VoLta dott. ALessanpRo, professore nel Liceo di Sassari (Sar- degna). ZIMMERMANN BERNARDO, assessore di Collegio, Pietroburgo (Russia). ZosA dott. GIovANNI, professore di anatomia nella R. Università di Pavia. i ZuccHi dott. CARLO, medico-capo dell’ Ospedale Maggiore, Milano. SOCI CORRISPONDENTI. AscHERSON PaoLo, addetto alla direzione dell'Orto botanico, Berlino. BARRAL, direttore del giornale L’Agriculture pratique, Parigi. BoLLe CARLO, naturalista, Leipziger Platz 13, Berlino. Boufg Amico, Wieden Mittersteig, Schlossel-Gasse 594, Vienna. BRUSINA SPIRIDIONE, soprintendente del Dipartimento zoologico nel Museo di storia naturale in Agram (Zagrab), Croazia. DARWIN Caro, della R. S. e G. S., Londra. Davis GiusEPPE BERNARDO, ao della Società Antropologica di Londra. Desor EpoaArpo, professore di geologia nella Scuola Politecnica di Neuchàtel. FavrE ALronso, professore di geologia, Ginevra. FieuieR Luci, vue Marignan 21, Parigi. FinscH dott. Otto, conservatore del Museo zoologico in Brema. GeINITZ Bruno, direttore del Gabinetto mineralogico di Dresda. GorPPERT H. R., direttore dell'Orto botanico di Breslavia. . Hauer FRANCESCO, direttore dell’I. R. Istituto Geologico di Vienna. HeeR OsvaLpo, professore di botanica nel Politecnico di Zurigo. JANNSENS dott. EUGENIO, medico municipale, rue du Marais 42, Bruxelles. i Le Prg dott. Amepro, presidente della Società libera d’ emula- zione, Rouen. Lory CARLO, professore di geologia alla Facoltà delle scienze a Grenoble. MERIAN, professore di geologia al Museo di storia naturale di Basilea. MORTILLET GABRIELE, aggiunto al Museo Nazionale di Saint-Ger- main en Laye, presso Parigi. i Netto dott. LADISLAO, direttore della Sezione botanica del Museo Nazionale di Rio-Janeiro. 14 ELENCO DEI SOCJ CORRISPONDENTI PiLLet LUIGI, avvocato, direttore del Gabinetto mineralogico di Chambéry. Pizarro dott. GioAczIno, direttore della Sezione zoologica del Museo Nazionale di Rio-Janeiro. PrancHon GiuLIo, professore di botanica a Montpellier. RarmonpI dott. ANTONIO, professore di storia naturale all’ Univer- sità di Lima (Perù). Ramsay ANDREA, presidente della Società Geologica di Londra: Museum of practical geology, Jermin Street, S. W. SENONER cav. ApoLro, bibliotecario dell’I. R. Istituto Geologico di Vienna, Landstrasse Hauptstrasse 88. STUDER BERNARDO, professore di geologia, Berna. VaLLeT, abate, professore nel Seminario di Chambéry. WALTERSHAUSEN bar. SARTORIUS, Gottinga. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI al principio dell’anno 1875. ITALIA. 1. R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. — Milano. 2. Ateneo di scienze. — Milano. 3. Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri. — Milano. 4. Società Agraria di Lombardia. — Milano. 5. Accademia Fisio-medico-statistica. — Milano. 6. Ateneo di Brescia. 3 7. R. Accademia delle scienze. — Torino. * 8. Accademia di agricoltura, commercio ed arti. — Verona. 9. R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. — Venezia. 0. Ateneo Veneto. — Venezia. 15. 33. 34. 35. 36. 37. 88. 39. 40. 4l. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1875. 15 . Accademia di agricoltura, arti e commercio. — Verona. . Accademia Olimpica. — Vicenza. . Società Veneto-Trentina di scienze naturali. —- Padova. . Associazione Agraria Friulana. — Udine. Società Italiana delle scienze. — Modena. . Società dei Naturalisti. — Modena. . Accademia delle scienze. — Bologna. . Accademia dei Georgofili. — Firenze. . Società Entomologica. — Firenze. . R. Comitato Geologico d’Italia. — Roma. . Accademia dei Fisio-Critici. — Siena. . Società di letture e conversazioni scientifiche. — Genova. . Società Reale delle scienze. — Napoli. i . R. Istituto d’Incoragg. per le scienze naturali. — Napoli. . Associazione dei Naturalisti e Medici. — Napoli. . Società Economica del Principato Citeriore. — Salerno. . Accademia Palermitana di scienze, lettere ed arti. — Palermo. . Consiglio di perfezionamento. — Palermo. . Commissione Reale d’agricoltura e pastorizia. — Palermo. . Società d’acclimazione e agricoltura. — Palermo. . Accademia Gioenia di scienze naturali. — Catania. . Società d’orticoltura del litorale di Trieste. SVIZZERA. Naturforschende Gesellschaft Graubiindens. — Chur. Institut National Génèvois. — Genève. Societé de physique et d’histoire naturelle. — Genève. Societé Vaudoise de sciences naturelles. — Lausanne. Societé des sciences naturelles. — Neuchdtel. Naturforschende Gesellschaft. — Zurich. Naturforschende Gesellschaft. — Basel. Società Elvetica di scienze naturali. — Berna. Naturforschende Gesellschaft. — Bern. 16 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 02. 53. 54. 55. 06. D7. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI GERMANIA E AUSTRIA. Naturwissenschaftliche Gesellschaft Isis. — Dresden. Zoologische Gesellschaft. — Franckfurt am Mein. Zoologisch-mineralogisches Verein. — Regensbursg. Physicalisch-medizinische Gesellschaft. — Wiirzburg. Nassauisches Verein fiir Naturkunde. — Wiesbaden. Offenbaches Verein fiir Naturkunde. — Offenbach am Mein. Botanisches Verein. — Berlin. Verein der Freunde der Naturgeschichte. — Neibrandenburg. Geologische Reichsanstalt. — Wien. Geographische Gesellschaft. — Wien. Zoologisch-botanische Gesellschaft. — Wien. Siebenburgisches Verein firr Naturwissenschaften. — Her- mannstadt (Transilvania). Verein fir Naturkunde. — Presburg (Ungheria). Deutsche geologische Gesellschaft. — Berlin. Physikalisch-medizinische Gesellschaft. — Erlangen. Senkenbergische naturforschende Gesellschaft. — Frankfurt am Mein. Verein fiir Erdkunde. — Darmstadt. Naturforschende Gesellschaft. — Gorlitz. Schlesische Gesellschaft fir vaterlindische Cultur. — Breslau. Bayerische Akademie der Wissenschaften. — Munich. Preussische Akademie der Wissenschaften. — Berlin. Physikalisch-oeconomische Gesellschaft. — Kénigshberg. Naturhistorisches Verein. — Augsburg. Deutsch-Oesterreichisches Alpen-Verein. Section. “ Austria ,, — Wien. K. K. Hof-Mineralien-Cabinet. — Wien. Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Jena. Naturwissenschaftlich-medizinischen Verein. — Innsbruck. . Verein zur Verbreitung naturwissenschaftlicher Kenntnisse. — Wien. 70. a 72. 73. 74. 75. 76. A 78. 79. 80. 81. 1 82. 83. 84. 85. 86. 87. 88. 89. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1875. 17 Antropologische Gesellschaft. — Wien. x Naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Chemnitz. SVEZIA E NORVEGIA. Kongelige Norske Universitet. — Christiania. Académie Royale Suédoise des sciences. — Stockholm. RUSSIA. Académie Impériale des sciences. — St-Petershourg. Société Impériale des Naturalistes. — Moscou. BELGIO. Académie Royale de Belgique. — Bruxelles. Société Royale de botanique de la Belgique. — Ixelles-les- Bruxelles. . Société Malacologique de la Belgique. — Bruxelles. Société Entomologique. — Bruxelles. FRANCIA. Institut de France. — Paris. Société d’Acclimation. — Paris. Société Géologique de France. — Paris. Société Botanique. — Paris. Société Linnéenne du Nord de la France. — Amiens (Somme). Académie des sciences, arts et lettres. — Rouen (Seine inf.). Société des sciences naturelles. — Cherbourg (Manche). Société des sciences physiques et naturelles. — Bordeaux (Gironde). Académie des sciences, belles-lettres et arts de Savoie. — Chambéry. Société Florimontane. — Annecy. Vol. XVIII 2 18 90. 91. 92. 93. 94. 95. 96. 97. 98. 99. 100. 101. 102. 103. 104. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISP. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1875. Société d’agriculture, d’histoire naturelle et des arts utiles de Lyon. Société d’histoire naturelle. — Toulouse. INGHILTERRA. Royal Society. — London. Geological Society. — London. Zoological Society. — London. Geological Society. — Glascow. Literary and philosophical Society. — Manchester. Natural History Society. — Dublin. Royal physical Society. — Edimburg. AMERICA (Stati Uniti). Smithsonian Institution. — Washington. American Academy of arts and sciences. — Cambridge, Academy of sciences. — S. Louis (Missouri). Boston Society of natural history. — Boston. Connecticut Academy of arts and sciences. — New-Haven (Connecticut). Orleans county Society of natural sciences. — Newport. Seduta del 31 gennaio 1875 Presidenza del Presidente prof. Emilio Cornalia. Il segretario prof. A. Stoppani presenta alla società una Memoria del prof. Pio Mantovani intitolata: Delle argille scagliose e dì al- cuni Ammoniti dell’ Apennino dell'Emilia, esponendone in suc- cinto il contenuto e proponendone l’inserzione per esteso ne’ no- stri Atti. Esso è lieto di rendere testimonianza al valore della Memoria del socio Mantovani, per la copia dei fatti, per l’impor- tanza delle osservazioni e per la speciale chiarezza dell’ esposizione, e di dividerne in genere le opinioni. Perciò che riguarda tuttavia l'origine delle argille scagliose, avrebbe amato che 1’ autore discu- tesse le ragioni che lo consigliano a mantenere ancora delle ri- serve riguardo al ritenerle originate da vulcani di fango. La pre- senza di filoni e di rocce eruttive, che possono essersi e si sono | formate in seno a rocce d’ogni specie, non ha nessun immediato rapporto colla origine delle stesse rocce. Crede poi lo Stoppani di poter vantare qualche diritto di priorità in questa quistione della origine delle argille scagliose. Riporta in proposito il paragrafo del III volume delle sue Note ad un Corso di Geologia, pubblicate nel 1870, e ripetuto nel III volume del Corso di Geologia pub- blicate nel 1873, che comincia così: “Pel complesso dei loro caratteri non v'ha dubbio che le ar- gille scagliose dell’Apennino non rispondano all’ideale dei fan- ghi eruttivi cui vediamo attualmente prodotti dai vulcani di fango dell’Apennino e del Caspio. ;; 20 SEDUTA DEL 31 GENNAJO 1875. Il capitolo sulle salse e i vulcani di fango, nel primo volume del Corso di Geologia e buona parte del capitolo XXII del terzo vo- lume, offrono un’ampia dimostrazione ‘di ciò che è asserito nel pa- ragrafo citato. Fermandosi poi lo Stoppani alla nota in cui si parla del rinve- nimento di una mandibola di Rhinoceros leptorhinus nelle sabbie subapennine dello Scandianese, gli spiace di vedere che l’autore ammetta ancora senza eccezione che le sabbie gialle appartengano al pliocene e che siano pliocenici quei grossi pachidermi (PR. lep- torhinus, Elephas meridionalis) che lo stesso Stoppani considera o come i prototipi della fauna glaciale. Stante l’ epoca recentissima della loro pubblicazione, non potevano essere noti all’autore i fatti e le osservazioni che provano ad evidenza doversi considerare le sabbie gialle del così detto pliocene superiore come equivalenti del terreno glaciale *. Ma l’equivalenza delle sabbie gialle e di tutti i depositi a E. leptorhinus ed Elephas meridionalis fu’ larga- mente discussa e dimostrata dallo Stoppani sino dal 1867 nelle Note ad un corso di geologia (vol. II), e più ancora nel Corso di Geologia (vol. II). È cosa ordinaria il vedere gli scienziati rifiutarsi anche all’ evidenza, quando si tratta di errori che hanno in loro favore la diuturnità, l’ autorità delle persone e l’ universalità dell’ o- pinione. Ma il signor Mantovani non è di questi certamente, e qui non c’è altro da notare, secondo lo Stoppani, che un difetto di cognizioni. Non vorrebbe però lo Stoppani meritarsi quell’avviso medice cura te ipsum, dichiarandosi non convinto di ciò che ritiene il si- gnor Mantovani circa l'epoca dell’Ammonites scoperto nel maci- gno. Egli ricorda le grandi quistioni già sollevate dalla presenza delle belemniti nelle rocce schiettamente nummulitiche. Egli stesso ! Vedi l'articolo: I7 mare glaciale ai piedi delle Alpi. Ricordo del Congresso geo- logico dì Roma, pubblicato în tre parti nei fascicoli d’agosto, novembre e dicembre della Rivista Italiana, Milano, 1874. SEDUTA DEL 31 GENNAJO 1875. 21 ne raccolse un esemplare che non offriva nessuna traccia d°’ ero- sione ed era libero perfettamente dalla roccia matrice. Sostenne egli pure la contemporaneità del fossile e dello strato eocenico che lo conteneva. Ma l’eocene è sviluppato in tutto il mondo, si presenta sotto le forme litologiche più svariate, accusa tutte le possibili condizioni del mare, è ricchissimo di fossili, è studiatis- simo. Se vivevano degli ammoniti e delle belemniti in quell’ epoca, perchè non si sarebbero trovate che quattro o cinque belemniti in Lombardia e un solo ammonite sul dosso di Costa de’ Grassi? Quando un fatto è contrario ad un infinito complesso di fatti che hanno servito a stabilire una regola, prima di ritenerlo come una eccezione alla regola stessa c’è da osservare assai se sia vera- mente un fatto, se cioè appartenga a quell’ ordine di fatti che possono dare appoggio o fare eccezione alla regola. Chi potrebbe indovinare tutte le maniere con cui una reliquia organica di un’ e- poca, possa trovarsi trasportata in un terreno di formazione po- steriore? Non abbiamo noi a Bardello una intiera fauna, composta di ammoniti d’ epoca giurese, conservatissimi, inchiusi nelle marne cretacee, mentre nè quelle specie di ammoniti, nè la roccia in fram- menti che li contiene, non sono conosciuti in nessun luogo nè del- l’Alpi, nè delle Prealpi lombarde? In quel modo che tante migliaia di frammenti di roccia, anzi di rupi, con ammoniti, si trovano in un deposito marnoso, di pasta finissima, perchè non potrebbesi trovare un ammonite già sciolto dalla sua originaria matrice? Per discutere sul valore stratigrafico dell’ammonite descritto dal si- gnor Mantovani, si aspetti almeno che ne sia determinata la spe- cie, poi che ne trovi almeno un secondo. Il segretario Sordelli dà quindi lettura del sunto di due Memo- rie presentate dal socio Delpino alla Società entomologica di Fi- renze; l’una concernente Altre osservazioni sui rapporti fra cica- delle e formiche, Vl altra Sui rapporti tra insetti e nettarii estranu- 22 SEDUTA DEL 31 GENNAJO 1875. ziali in alcune piante. Tale sunto, fatto dall'autore stesso, verrà inserito negli A? della nostra Società. i Dalle sue osservazioni l’autore è tratto ad accordare alle for- miche una notevole importanza nell’ economia della natura, rite- nendole nel loro complesso piuttosto utili che dannose, poichè il danno che molte producono col loro costume di allevare e proteg- gere le infeste tribù degli afidi e delle tettigometre, viene di gran lunga compensato dall’utilità di parecchie specie, le quali colla loro assidua presenza sulle piante le preservano mirabilmente dalla voracità dei bruchi. Su questo proposito il socio prof. Galanti dice essergli noto lo spediente adoperato in alcuni paesi per liberare le piante invase dai bruchi, di trasportarvi cioè in abbondanza certe formiche rosse, assai mordaci. Si dichiara però persuaso che in realtà l’utile loro non è gran fatto compensato dal danno da esse portato col pro- teggere una popolazione ostile quant’altra mai al prodotto dei nostri orti e dei nostri campi, e mette in guardia contro un ecces- sivo sentimentalismo a favore delle formiche. Propone, anzi, come efficace, l’uso del petrolio onde distruggerle. Il segretario Sordelli legge il processo verbale della seduta pre- cedente 27 dicembre 1874, che viene approvato. Il socio cassiere ingegnere G. Gargantini-Piatti presenta in se- guito i bilanci sociali, consuntivo 1874 e preventivo 1875, già previamente esaminati, discussi ed approvati in seduta ammini- strativa di questo stesso giorno, dalla Presidenza in concorso coi soci membri della Commissione a ciò delegata. Dal bilancio con- suntivo dello scorso anno appare una totale attività di L. 8691,40 (ivi comprese L. 4180, residuo attivo della precedente gestione), a fronte di L. 5218, 18, ammontare delle passività, d’onde una rimanenza attiva di L. 3473,22 alla fine dell’anno sociale 1874. Nel preventivo dell’anno in corso si è calcolato un complesso di attività per L. 10833,22, cui contrapponendo L. 5390 di spese SEDUTA DEL 31 GENNAJO 1875. 23 presumibili, si avrebbe un residuo attivo di L. 5443,22. Codesti bilanci vengono entrambi approvati. Si passa indi alla votazione per la nomina del vicepresidente, del conservatore, del cassiere, dell’economo; nonchè dei 3 membri componenti la commissione amministrativa. Sono rieletti i signori s0cj: ANTONIO VILLA, vicepresidente. GARGANTINI-PIATTI ing. GIUSEPPE, Cassiere. DELFINONI avv. GOTTARDO, Economo. GARAVAGLIA rag. ANTONIO Visconti Ermes march. CARLO CAVALLOTTI ing. ANGELO. Pella carica di conservatore, vacante per la morte del socio in- gegnere E. Spreafico, viene nominato il socio Napoleone Pini. Si procede in seguito alla votazione per iscrutinio segreto sulla Membri della commissione amministrativa proposta per nominare socio effettivo il signor: MANTOVANI Pio, professore di storia naturale nell’Istituto tec- nico di Sassari, presentato dai socj prof. C. Besana, P. Strobel e A. Volta. È nominato all'unanimità. È del pari nominato all'unanimità, quale socio corrispondente, il signor: BRUSINA SPIRIDIONE, soprintendente al dipartimento zoologico nel Museo di storia naturale di Zagabria (Croazia) proposto dai socj Antonio, Giambattista e Vittorio Villa. È infine approvata la spesa di L. 6, quale prezzo d’ associazione al periodico pubblicato in Parma dai signori Pigorini, Strobel e Chierici col titolo: Bullettino di Paletnologia italiana che uscirà in un foglio di stampa alla fine d’ogni mese. F. SORDELLI, Segretario. 24 (Allegato 4) © BILA Attività. 1 | Esistentein cassa al ristretto conti 1.° gennajo 1874. L. || 418 AEISIÀ 2 |'Interessi Lt voi I 3 | Importo N. 80 quote arretrate 1870-73, cioè: { )i UN, 1 quota 1870 . . . La, {A ssteroio STA r0kat asi A 2 PRO CLI RRPEORO soul; [isov ii SO cia 1020—I| P Totale L. 1600 4 | Importo di N. 126 quote anno corrente a L. 20. di di ® i i 5 | Ricavo rimborso copie a parte... ./... lb 6 | Ricavo vendita Aiti e Memorie . //.0.00.0.0.0% hi Totale attività. . L. Passivo da dedursî , | 921 " mura Rimanenza attiva e pareggio . L. || 3473 25 CONSUNTIVO al 54 Dicembre 1874. 0 DD q1 O | 10 Passività. Al Tipografo Bernardoni per stampe Atti e circolari L.|| 2780 | — Al litografo Ronchi per lavoro di litografia s || 1050 | — Al librajo Hoepli per somministrazioni librarie e porto ar all'osterorzeze, siena o, Bi Aia SLI »|| 435 | — Ai fratelli Dumolard per somministrazioni librarie . , 10% 75 Spese d° Amministrazione, posta, segreteria e porto MAR n Lei Mag 149 A Colombo Ettore, aiuto alla segreteria. . n 3004 Associazione all’opera Iconographie des Ophidiens À Zi ro Al legatore Sordelli . pae E ZIA A Canedi e Barberis incisori $ 45 | — Stipendio agli inservienti o A e Totale delle passività L. || 5218 | 18° — sn 26 È (Allegato B) BILANCIO PREVENT sui fi Attività. 1 | In cassa al ristretto conti 1.° gennajo 1875. . . L. 9 | Importo di N. 10 quote 1871 a Ti:20g.OTIDIR LOC DARE Mafie rage SERIETA NOOO rece sati RSS, CI218757, Colle. SH pae RTRT ino STA: Liclaroe “06 balordi 3 | Importo di N. 200 quote pel 187.511 920.31) SUCRE 4 ,s presumibile per rimborso copie a parte . » 5 | Ricavo presumibile per vendita Atti e Memorie . . » 60, | L, 10833. PER L'ANNO 1875. > 0 27 lei I Passività. Stampa Atti e circolari... .e0.0.00.0 0000 LA] 2000-| — Mme Memorie milita atto si. orbinelee9 dios. al 1000] — Spese per litografia IMIFEO00!] — Spese di cancelleria, segreteria e riunione |straor- dinaria sl 400 | — Ai librai Hoepli e fratelli (Dumolard, per Associazioni, e somministrazioni librarie e porto libri dall’estero , || 500 | — Aiuto alla segreteria . sl 800 | — iSupendio soli'inservient il. mitiva già descritta. Mentre nell’epitelio della borsa avvengono mutamenti così sin- i golari, il connettivo che aggrega i follicoli, e che costituisce la trama della mucosa, non resta indifferente. Già dal primo insor- gere delle modificazioni che abbiamo descritte, questo connettivo che prima formava degli strati tenuissimi, incomincia grado a grado ad aumentare, in preferenza attorno agli insaccamenti | dell’epitelio (fig. 12 7), dove forma come degli strati concen- _ trici, e le sue fibrille si fanno più evidenti. Nè è tutto, chè i suoi i corpuscoli, i quali dianzi erano pochissimi, essi pure aumentano | e a dismisura, oltrechè non sono tutti della stessa forma: alcuni, e sono in minor numero, non differiscono dagli ordinarii corpu? scoli fusiformi del connettivo (fig. 14 c); gli altri però sono ova- — lari, molto allungati; e finalmente ve ne ha di quelli che hanno | una forma rotonda, e quasi non presentano alcuna diversità dellé — cellule adenoidi dei follicoli. I corpuscoli delle due prime forme | sono sempre messi con il loro asse maggiore nel senso in cui de- | corrono le fibrille connettivali. Questo accrescimento rigoglioso | nel connettivo, che in'un primo periodo è limitato a singoli punti, | sì fa sempre più strada, e si accentua viemaggiormente a misura che nell’ epitelio si succedono le graduali modifiche. SULLA BORSA DI FABRICIO NEGLI UCCELLI. 157 .. Facilmente si può prevedere che i follicoli, come quelli che rappresentano gli elementi specifici della borsa, devono prendere una parte attivissima nel generale mutamento; e nel fatto non si resta delusi. Imperocchè nello stesso tempo in cui per riguardo all’epitelio ed al connettivo si avverano quelle cose che abbiamo riferito, molti follicoli in un punto della loro sostanza centrale offrono nella sezione una piccola area, nella quale le cellule si sono fatte alquanto più rare di prima (fig. 14 000); e ciò che ac- cade per uno, indi a poco si osserva per tutti. Tale diradamento in seguito si allarga ad una zona di maggiore estensione non solo, ma il numero delle cellule va sempre decrescendo, finchè si giunge a tanto, da avere una completa perforazione. È naturale però che, se si considera il follicolo completo, questa escavazione, la quale al microscopio è un foro, ivi sarà un vuoto sferico rac- chiuso nella spessezza di esso, e senza alcuna apertura alla super- ficie. Gradatamente il foro si allarga, ed in uno visi osserva allo interno come un cencio sfumato e pallido, che occupa tutta od una piccola parte del suo lume, e guardandolo con le lenti più acute, non si arriva mai a scorgere in esso alcuna forma di ele- \ menti istologici. Alla formazione di questo unico foro può succe- dere quella di un altro, ma contemporaneamente in tutta l’area del follicolo, che impiccolisce nel suo assieme, le cellule adenoidi seguitano a diradarsi sensibilmente. In pari tempo i contorni dei follicoli, che prima erano oltremodo evidenti e precisi, a questo punto si rendono incerti ed indistinti, poichè si sperde il limite che esisteva altravolta tra il follicolo medesimo ed il connettivo circostante. Anzi non di rado accade di poter osservare in qual- che follicolo, che in taluni punti della sua periferia le cellule adenoidi, libere tra di loro, si riversano in molto numero nel con- nettivo, insinuandosi tra le sue fibrille, come se per forza mec- canica si fosse rotta quella trama che le teneva aggregate in un corpo solo. Mi è sembrato il fatto di un interesse capitale, per lo che mi sono creduto in debito di darne una figura, che ho ri- levato da un preparato con ogni scrupolosità. Finalmente i follicoli addivenendo ancor più scarsi di cellule, 158 V. ALESI. si dissolvono per completo, però non tutti nel medesimo tempo; ond’è che in un periodo avanzato, ma non estremo, dell’atrofia, si trova il loro numero grandemente scemato, ed i pochi che an- cora restano si vedono impiccoliti e sparsi qua e là in un vasto campo di tessuto connettivo, sempre riboccante di corpuscoli con le forme descritte. È notevole l’osservazione che per quanto più i follicoli procedono nel loro graduale dissolvimento, in ragione in- versa cresce il connettivo, e con esso il numero dei corpuscoli, i quali a preferenza sono rotondi in prossimità degli stessi follicoli. E quando questi sono scomparsi completamente, altro non resta che un accumulo di connettivo, percorso in ogni direzione dalle ramificazioni delle insaccature dell'epitelio, e pieno di corpuscoli, i quali non sono più rotondi, ma quasi tutti ovalari, e disposti. come a strati concentrici attorno alle aree che circoscrive l’ epi- telio (fig. 13 aaa). Dopo tante metamorfosi ché subisce la struttura intima della borsa, è facile di concepire come ogni forma delle creste vada perduta, e nella cavità della borsa, che è divenuta estremamente i | | 1 piccola, ma che non perde il suo epitelio, restano poche spor- |. genze irregolari, delle quali una sezione è rappresentata dalla citata fig. 13 della tav. 1°. Nel medesimo tempo in cui la borsa va incontro a questi cam- biamenti, altri ne insorgono di natura differente, che interessano tutto il corpo di essa. Quando si parlava delle sue forme macro- scopiche e dei suoi rapporti, richiamammo più specialmente l’at- tenzione sopra il fatto, che la faccia dorsale della borsa è in con- tatto intimo con l’aponevrosi dei muscoli addominali per tutto quel tratto che si ripiega al disotto del coccige. Dicemmo pure che ad essa era unita da un piccolo strato di tessuto connettivo, ma che verso il peduncolo l'adesione diveniva molto più stretta, fino al punto che dietro lo sfintere avveniva la fusione completa delle due parti. Ora accade che come prima si determina il pro- cesso di atrofia, questa fusione, limitata dianzi al solo peduncolo, o poco al di là, tratto a tratto si estende verso il fondo chiuso della borsa, procedendo di pari passo con la successione di quei SULLA BORSA DI FABRICIO NEGLI UCCELLI. 159 mutamenti istologici che ci sono già noti. Onde avviene che al tempo in cuii follicoli sono scomparsi in buon numero, l’ estremo anteriore della borsa non ancora si è saldato con l’aponevrosi, sulla quale al contrario sembra che sia impiantato come un pic- colo mammellone; ma allorchè la dissoluzione di tutti i follicoli è avvenuta, più non resta alcuna traccia di tessuto isolato che ricordi la esistenza dell’ organo di Fabricio. Però, intanto che tutto questo va succedendo, è naturale che la borsa, per la perdita che fa de’ suoi follicoli, non possa conservare le dimensioni primi- tive; infatti il suo corpo diminuisce contemporaneamente in ogni senso; si raccorcia, si restringe, diventa fusiforme. La sua cavità si riduce a tale, che appena permette l’entrata ad una setola, ed il suo sbocco nella cloaca si oblitera del tutto; la fusione con la citata aponevrosi addiviene così più vasta e più facile ad avve- rarsi. Da altra parte questo tratto dell’ aponevrosi, se prima era sot- tile, e per nulla diverso dal rimanente di sua estensione, incorpo- randosi i residui della borsa, si accresce considerevolmente, così che in ultimo appare come un robusto legamento al disopra della cloaca, raggiungendo lo spessore di un millimetro e mezzo, ed anche maggiore. Se si fanno dei tagli della borsa in atrofia nel tratto in cui si è già riunita all’aponevrosi, accade sicuramente di vedere che, in tutta la metà della sua periferia corrispondente alla faccia dorsale, prendono inserzione in mezzo ad una massa di connettivo moltissime fibre muscolari striate (fig. 15 c), le quali, considerando il preparato nella posizione naturale che aveva nel corpo dell’ animale, sono dirette senza dubbio verso la colonna vertebrale. Confesso francamente che la presenza di fibre striate in questo punto è stata per me un enigma, che per più tempo non ho saputo spiegarmi, e perchè non vedeva alcun muscolo al quale riferirle, e perchè non comprendeva come mai potessero arrivare fino alla parete della borsa. Ma con l'esame ordinato ‘di tutte le parti che potessero avere qualche attinenza con que- sta, ritrovai finalmente il bandolo appunto nel rapporto sude- scritto in che stanno la borsa medesima e l’aponevrosi addominale, 160 V. ALESI. e nella successiva fusione che accade tra loro. Infatti a nessuno può riuscire malagevole il darsi ragione della cosa, quando, oltre tutto quello che sopra si è esposto, si tenga conto di quel fa- scetto di fibre muscolari altra volta menzionate, le quali attac- candosi profondamente sotto il coccige, alla faccia esterna di que- sto tratto dell’aponeurosi addominale che ci riguarda, si fissano per l’altro estremo alle fibre tendinee dei due muscoli abbas- satori della coda dallo interno della pelvi, formando parte del sistema protrattore della cloaca. - Allorchè la borsa si è fusa interamente con l’aponevrosi, i suoi follicoli ad un dipresso sono scomparsi già tutti, onde non restano che l’epitelio ed il connettivo con i suoi corpuscoli, e questi ele- menti anch’ essi scemano con l’andar del tempo. E per vero nelle sezioni trasversali del detto legamento che si ha incorporato la borsa, lungo tutto il margine che ne rappresenta la superficie dorsale, si vedono le inserzioni delle fibre muscolari, ed in mezzo segue un vasto campo di connettivo fibroso ordinario (fig. 15.a a); che è il corpo della lamina aponevrotica; ma per un certo tratto dell’opposto margine, che esprime la superficie addominale del legamento, in mezzo allo stesso connettivo si scorgono appena delle piccole isole, fatte dalle solite aree circoscritte da epitelio cilindrico (fig. 15 d d), sparse qua e là, e circondate dai corpu- scoli ovalari, senza alcun vestigio della cavità della borsa. Esse sono gli ultimi avanzi di quest’ organo, gli ultimi ruderi, se ci si permette l’ espressione, i quali a loro volta non tardano a sva- nire; tutto ritorna come prima, e così finisce la storia della borsa di Fabricio. Volendo fare un riepilogo per sommi capi di tale atrofia, di- stinta da caratteri singolarissimi, si potrebbe dire così: l’epitelio si insacca complicatamente nella spessezza della mucosa, in mezzo al connettivo, il quale aumenta rigoglioso, e si sovraccarica di cor- puscoli; in pari tempo i follicoli si dissolvono, tutta la borsa si raggrinza, si oblitera e si unifica con un tratto dell’aponeurosi addominale. Nella mucosa della borsa. al periodo di sua massima funzio» 1 | SULLA BORSA DI FABRICIO NEGLI UCCELLI. 161 nalità, gli elementi essenziali sono certamente i follicoli linfatici; intanto mi piace di far rilevare che quando poi si passa allo sta- dio atrofico, gli altri due fattori di questa membrana, l’epitelio . cioè ed il connettivo, per la natura delle cose, addivengono la sede di un movimento tale, che la loro importanza è ben lungi | dall'essere secondaria rispetto a quella dei primi. Le poche specie che ho messo in raffronto con il pollo comune, per riguardo al processo di atrofia, non presentano alcuna diffe- renza, poichè ripetono perfettamente i fatti medesimi. Quei fo- rellini che indicammo nella superficie della mucosa della borsa, nella Monedula turrium, erano appunto le prime introflessioni del- l’epitelio. Aggiungo in proposito che disseccando un giorno la borsa di un pollo già di molto raggrinzata, ed in parte saldata con la nota aponeurosi, vi trovai nello interno incastrato un cor- picciuolo della grandezza di un pisello, duro e di color gialliccio, il quale, enucleato dalla cavità che lo conteneva, alla sua superfi- cie si presentava tutto irto di piccole punte coniche, ed al micro- scopio non apparivano forme cellulari. Facilmente mi convinsi del fatto, pensando che essendosi obliterata l’apertura della borsa nella cloaca per circostanze accidentali, il detrito dello sfalda- mento epiteliale, impastato col poco secreto che danno tutti gli epitelii, restò chiuso nella cavità in cui si formava. Intanto il pro- cesso di atrofia impiccoliva la borsa, e quindi quel materiale che vi era raccolto per caso, essendo considerevolmente compresso, dovette modellarsi appuntino alla forma della cavità, ripetendo quindi anche le insaccature dell’epitelio con quelle punte che abbiamo detto. | Un argomento in conferma di ciò si deduce dal fatto che le pareti di questa borsa essendo stirate, ed a loro volta anche pre- mute dallo interno verso l'esterno, erano diventate assai sottili in molti punti, ed i follicoli che ancor vi restavano, si erano allun- gati, così come lo dimostra la fig. 14 della 2* tavola che ne rap- presenta uno. Huschke, nella sua citata Memoria, esprimendo il concetto che la borsa è semplicemente un aggregato di piccole glandule, dà Vol, XVIII, 11 162 V. ALESI. anche la figura dei follicoli sporgenti sulla superficie della tnu- cosa, ciascuno provvisto di una boccuccia; è chiaro che l'illustre anatomico sia stato tratto in errore precisamente dai forellini epiteliali, di cui abbiam tenuto parola, ma che si trovano sempre nello intervallo dei diversi follicoli. Reputo opportuno di riferire come lo stesso Spangenberg ebbe ad osservare in un’anitra il le- gamento aponevrotico che si fonde con gli avanzi della borsa. 6 In un’anitra femmina, egli scrive, studiata d’inverno» sulla faccia posteriore (dorsale) della cloaca scorreva una sorta di le- gamento di forma rotonda e di color bianco, al cui fondo, aperto con lo scalpello, potetti introdurre un crine di cavallo, che ne percorse tutta la lunghezza, ed invece per la sua naturale aper- tura verso la cloaca mi fu impossibile sia di introdurvi una se- tola, che di gonfiarlo* ,. In questo caso quantunque la borsa si fosse già fusa per completo con l’aponevrosi, tuttavolta restava ancora la sua cavità ridotta in forma di un canalino. Nella borsa della E%ea, di cui ho potuto disporre, non mi è accaduto mai di osservare qualche fatto che accennasse all’ atrofia; però sarebbe importante di conoscere come mai avvenga. Per certo si deve convenire che ci debbano essere delle modificazioni non lievi, perchè manca il connettivo interfollicolare, ed i follicoli sono in continuazione con le pareti della borsa pel solo peduncolo. Se si voglia argomentare con le norme .che si desumono dagli altri casi, già si può prevedere che l’epitelio non prende alcuna parte in questo processo, e che lo svuotamento dei follicoli può avve- nire solo per i peduncoli, attraverso la membrana elastica, sic- come diremo di poi. Qualunque cosa sia, non è bene insistere maggiormente sopra ipotesi più o meno verosimili, mentre giova augurare a chi ne abbia l’opportunità, che possa presto fornire alla scienza questi nuovi lumi. Assegnare con precisione in qual punto della vita degli uccelli incomincia il processo di atrofia, e di quanto sia la sua durata, se è cosa facile per sè stessa, non riesce altrettanto agevole. A ! Loc. cit, SE, PISO SULLA BORSA DI FABRICIO NEGLI UCCELLI. 163 far questo vi sarebbe bisognato un tempo abbastanza lungo ed una serie di circostanze favorevoli per ottenere risultati sicuri; oltrechè era necessario di fare dei confronti tra più specie. L’ op- portunità di attuare in regola tali cose mi è mancata; e da altra parte la quistione non ha molta importanza. Nondimeno, fondan- domi sul complesso delle osservazioni fatte, credo si possa in ge- nerale ritenere che l’atrofia della borsa accade durante il periodo dell'adolescenza fino al completo sviluppo dell’ organismo. Poichè nelle borse di tutti quei polli che non aveano oltrepassata l’età di due mesi o poco al di là, l’epitelio era sempre intatto, e senza alcuna insaccatura. Invece ogni qualvolta ho dissecato individui adulti o quasi, e di ogni specie, la borsa o non appariva più, o già per la massima parte aderiva all’aponevrosi. Un solo caso in contraddizione con questa norma ho riscontrato in un pulcino di piccione non ancora impiumato completamente, la borsa del quale mostrava qualcuna di quelle aree circondate da epitelio, e le sezioni dei follicoli in buona parte perforate nel mezzo. Avendo per tal modo esaurita la esposizione dei. fatti che si rilevano con la diretta osservazione, è necessario di esprimere qual sia il concetto che ci possiamo formare intorno alla natura intima del processo di atrofia. Per verità non esiterei molto ad affermare che nel nostro caso si verifica precisamente una migra- zione su vasta scala, o meglio totale, degli elementi adenoidi dei follicoli nel connettivo; mentre in pari tempo queste cellule su- biscono quella serie di mutamenti che valgono a trasformarle in semplici corpuscoli. Da una parte i follicoli incominciano ad im- piccolire, e dall'altra in ragione inversa il connettivo diventa più abbondante, e parimenti per quanto più i primi si mostrano scarsi di elementi cellulari, per altrettanto il secondo se ne mo- stra riboccante. Inoltre la differenza nella forma di essi, da quella rotonda della cellula a quella oblunga e poi fusiforme dei corpu- scoli, rivela ad evidenza il graduale passaggio delle une negli al- . tri. Le cellule rotonde. si osservano più specialmente ed in gran copia in prossimità dei follicoli, e quando di questi non vi ha più traccia, anch’ esse sono scomparse, ed in loro vece restano sola; 164 V. ALESI. mente i corpuscoli oblunghi, i quali dopo breve durata danno luogo ai veri corpuscoli del connettivo, che sono duraturi. Nè in minor conto deve tenersi il fatto che tutta la borsa si dissolve e s’immedesima con una aponevrosi, anzi io credo che questo dissolvimento di un organo essenzialmente linfatico nella massa di un tessuto connettivale indica ad evidenza che esiste grande omogeneità fra i due elementi; e quindi questo fatto può essere un altro argomento per dimostrare ancor meglio la stretta parentela che unisce il tessuto adenoide, propriamente detto, al connettivo, onde l’uno può trasformarsi nell’ altro. Per riguardo alla borsa in atrofia completa, essa non lascia re- siduo alcuno di sè, appunto perchè la sua sostanza è tutta assi- milabile dal connettivo. Tutto questo però non si avvera per altri organi che scadono dalle loro funzioni, come le arterie e la vena ombelicali, 1’ uraco, ecc., i quali cessano di essere, ma lasciano una traccia della loro compage. Non saprei dire quanta parte possano avere i linfatici degli stessi follicoli .in questo trasporto di cellule; ma il vedere che lo svuotamento ha printipio più specialmente in una parte centrale della sostanza dei follicoli, non esclude del tutto la possibilità che questi vasi siano le vie naturali per le quali le cellule pos- sono uscire dai follicoli ed entrare nella trama del connettivo. Oltrechè, in seguito a quelle poche considerazioni che abbiam fatto sull’ atrofia della borsa nella Rhea, possiamo aggiungere che se questo processo ha luogo anche qui, siccome abbiam ragione di credere, le cellule dei follicoli, dovendo riversarsi in un tes- suto connettivo, sono per forza obbligate ad attraversare la mem- brana elastica; la qual cosa non potrebbe verificarsi senza imma- ginare delle vie di diretta comunicazione, quali sarebbero i lin- fatici. Per riguardo ai mutamenti così singolari che subisce l’ epitelio, è difficile di darsene ragione, nè per quel che mi sappia è noto un altro fatto consimile; e pertanto dopo avere esposto le osser- vazioni, non vorrei aggiungere altro. In conclusione possiamo dunque affermare, che se da una parte PO E CO 0 n n N SULLA BORSA DI FABRICIO NEGLI UCCELLI. 165 la distruzione della borsa può essere considerata siccome un’ atrofia nel senso della cessazione della individualità e dell'autonomia del- l’organo, non si deve fare lo stesso per rapporto al movimento - degli elementi istologici; imperocchè questi non perdono la loro vitalità quando la borsa cessa di funzionare; ma invece, subìte alquante modificazioni, vanno a compiere il loro ufficio in un altro tessuto con non minore attività. Quindi è che se si vuol tenere in conto, e con più ragione, questo secondo concetto, ci si deve parlare di una metamorfosi della borsa, meglio che di un pro- cesso di afrofia della stessa, nel senso che gli elementi adenoidi della medesima, migrando nel modo che si è detto, vanno a com- piere la loro vece in altre parti dell’ organismo. Gli antichi anatomici parlando di organi evanescenti come que- sto ed anche il timo, poichè non entravano nella minuta disamina del processo, come noi abbiamo fatto, nè supponendo mai che gli elementi assorbiti potevano essere attivi nella migrazione, espri- mevano la scomparsa di essi col termine di assorbimento. V. CONSIDERAZIONI. Quando si tenga presente il concetto altra volta espresso, che l’organizzazione generale degli uccelli è la stessa in tutti gli or- dini, bisogna convenire per conseguenza che anche la borsa non deve mancare in nessuna specie. La qualcosa non avrei detto se in qualche autore non avessi trovato che quest’organo in certi casi può mancare. Così Huschke*, in appoggio delle sue argomen- tazioni, riporta l'opinione di altri anatomici, che la borsa cioè non si rinviene nei Brevipenni, e lo Spangenberg® afferma che lo stesso accade per lo Struthio camelus, mentre in pari tempo è provveduto di una vescica urinaria. Ma per me risponde in parte a queste affermazioni l’acutissimo J. Miiller nel suo lavoro ! Loc. cit. 2 Loc, cit. 166 V. ALESI. sull’apparecchio genitale maschile degli struzzi, dicendo che nes- suno degli struzioidi manca di borsa, e che quella dello Strutkio camelus è rappresentata da una tasca membranosa che sta, come di solito, alla parte dorsale della cloaca, e che di essa non è nota la struttura. Il tipo morfologico di un organo linfatico come la borsa non è nuovo nell’ organismo degli animali superiori, imperocchè se la si considera ridotta ad una forma elementare, trova un perfetto riscontro in quei speciali follicoli che Frey! ha descritti e figu- rati nell’appendice del cieco nel coniglio. Anche quivi si tratta di grossi follicoli linfatici ovalari, che occupano per intero la spes- sezza della mucosa, l’ epitelio cilindrico della quale in corrispon- denza di ciascuno di essi si avvalla per un certo tratto in forma di un imbuto rovesciato, e quindi, riflettendosi sul corpo del fol- licolo, ne riveste quasi la metà. Per il che la mucosa di questa parte dell’intestino si presenta alla superficie cribrata da tanti forellini del diametro di un millimetro e crateriformi, nel mezzo dei quali si vedono le sommità dei rispettivi follicoli perfetta- mente libere; onde ne risultano degli organi linfatici che per sè soli danno luogo ad una cavità rivestita da epitelio, e comunicante con il tubo intestinale. In questo caso la cavità non oltrepassa la spessezza della parete dell’intestino, mentre negli uccelli, per l’accumulo dei follicoli, la borsa forma un’appendice indipen- dente. Le appendici diverse che si trovano nella cloaca dei rettili, col nome di tasche anali non hanno rapporto di sorta con la borsa di Fabricio; d’ordinario sono in numero di due, e sebbene non abbia osservazioni dirette, pure mi avvalgo delle opinioni dei diversi anatomici, i quali si accordano nel ritenerle appartenenti al si- stema delle glandule cutanee, oltrecchè per questa classe di ani- mali nulla si conosce intorno agli organi linfatici, mentre tante scoperte si sono fatte per riguardo alle vie della linfa. Molto meno poi si potrà paragonare la borsa a quel sacchetto digitato, 1 Untersuchungen tiber die Lymphgeftisse des Darmkanales. Leipzig, 1863. SULLA BORSA DI FABRÌCIO NEGLI UCCELLI. 167 unico, che si vede attaccato alla parete ventrale del retto degli squali, per non dire già che esso si trova in un punto diametral- mente opposto a quello della borsa di Fabricio; ricorderò che la sua sruttura è stata abbastanza chiarita dal Leydig*, il quale ha trovato che è costituito dallo insieme di glandulette simili a quelle del Brunner. Dopo tutto quanto si è detto non è necessario di intrattenerci sulle differentissime opinioni che gli autori hanno emesso intorno alla natura della borsa: quasi non vi è organo in apparenza ana- logo, a cui non sia stata paragonata. Quei casi poi che si regi- strano, nei quali la borsa non si ritrovava più, od era profonda- mente alterata nella forma e nei rapporti, si spiegano chiara- mente ora che ci son noti i diversi stadii di metamorfosi involutiva ai quali essa va incontro. Ho provato ad asportare la borsa in qualche pollo molto gio- vane, mediante un taglio al disopra dell’ano, ma, come era da attendersi, l’animale non ne ha risentito per nulla della man- canza, ed alla sezione fatta alcuni mesi dopo gli organi non si presentavano alterati in nessuna parte. Parimenti il sangue di questo individuo, paragonato a quello di un altro pollo, messo in eguali condizioni per riguardo al tempo del pasto, non mostrava differenze pel numero dei globuli bianchi. ‘Una certa relazione pare evidente tra le glandule linfatiche degli uccelli e la borsa stessa, poichè durante il periodo della prima , età, in cui la borsa è in funzione, le glandule linfatiche cervicali sembrano più grandi e rigogliose, mentre nel tempo successivo, quando già gli organi genitali funzionano pienamente, esse si tro- vano più piccole e meno tumide. Non si può dare un giudizio de- finitivo, mancando quella serie di osservazioni che si vorrebbe; ma è certo che il fatto entro certi limiti non si deve sconoscere. In conclusione si potrebbe dedurre da ciò, che gli organi linfatici degli uccelli hanno più spiccata nell’età giovanile la loro fun- zione, la quale in seguito diviene di secondaria importanza. 1 Beitrige zur mikroskopischen Anatomie und Entwickelungsgeschichte der Ro- chen und Haie, Leipzig, 1852. 168 V. ALESI. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. TAVOLA 1.* Fig. 1.a — Cloaca di un pollo alla grandezza naturale, in cui vedesi in — « borsa di Fabricio, — g piccola vena che circondata da connettivo esce dal suo alto fondo, — bb due legamenti fibrosi che uniscono la borsa alla cloaca, — c aponevrosi ad- dominale in quel tratto che circonda l’ estremo della cloaca dietro lo sfintere anale — e, e passa sopra la borsa, — d d d tre muscoli del sistema protrattore della cloaca, che si inseriscono alla detta aponevrosi in vari punti, — f uretere. Fig. 3.2 — Sezione trasversale della parete della borsa di un pollo a x 370 — a a due follicoli, — d connettivo della mucosa, — c membrana elastica, — d strato di con- nettivo esterno, che per semplicità è stato molto impiccolito. Fig. 4.2 — Sezione trasversale di due creste della borsa di un pollo a x 50, in cui si vede la disposizione dei follicoli e del connettivo interfollicolare, — e e epitelio della cavità della borsa, — f follicoli linfatici, — c (bis) c connettivo mediano delle creste, che si continua in — d (bis) d ed in — 7 (bis) X riunendo la mucosa alla parete esterna ed i follicoli tra loro, — g g sezione dei vasi che camminano nel connettivo mediano della cresta, — @ membrana esterna della borsa. Fig. 5.4 — A cellule delle glandule linfatiche di un pollo, messe in raffronto in — B con le cellule dei follicoli della borsa, tra le quali è disegnato il reticolo di Billroth. Fig. 6.2 — Cellule disgregate dell’ epitelio della borsa del pollo con il loro nueleo ova- lare, vedute a >< 370. Fig. 7.2 — Figura semischematica della lamina connettivale mediana delle creste in- grandite circa sei volte, per mostrare la distribuzione dei vasi arteriosi nella sua spessezza. — 6 membrana esterna della borsa che in — @ si continua a formare il peduncolo, — e tronchicino arterioso con le sue ramificazioni nel mezzo della. cre- sta — e — d tronchicino venoso dell’alto fondo della borsa, il quale si è iniettato per la via dell'arteria attraverso i capillari. H Fig. 8.. — Un follicolo della borsa di pollo con i vasi arteriosi e capillari iniettati, veduto a x 115. — @ follicolo con le sue cellule, — d sezioni dei piccolissimi vasi che decorrono nella sostanza, — ce un tronchicino arterioso che fa parte di una specie di rete arteriosa esterna del follicolo, — d sezione di un tronco che decorre nella spessezza del connettivo mediano della cresta — e e, — f — f (bis) connet- tivo interfollicolare. Fig. 10.x.— Tre follicoli della borsa di una tortora veduti a x 95, nei quali sî osserva chiaramente uno strato periferico o corticale meno spesso e più denso — a,-ed una sostanza centrale più chiara — d. Fig. 13.4 — Sezione trasversale della parete di una borsa di pollo con un residuo delle creste, che si trova in uno stadio molto avanzato di atrofia, onde non vi si scorge nessun follicolo; nullameno il taglio è caduto in un tratto dell’estremo chiuso il quale non ancora si era saldato con l’ aponevrosi addominale. x 95 ingran. — e eeee epitelio che ricopre la interna parete della borsa, — % membrana elastica della parete della borsa, — wa a connettivo che formava la trama della mu- cosa primitiva, e che ora è ricchissimo di corpuscoli ovalari, — d.dd aree limi- tate da epitelio, che sono le sezioni delle insaccature arborescenti dell’ epitelio stesso — g connettivo esterno. Ò 3] spiace ani nti Usa mia Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. SULLA BORSA DI FABRICIO NEGLI UCCELLI. 169 TAVOLA DIA 2. — Cloaca di una Rhea americana femmina alla grandezza naturale, alla cui parte posteriore si vede la interna parte della borsa con le sue anfrattuosità ed i suoi follicoli liberi. — @ parete posteriore della cloaca, — è parete interna della borsa di Fabricio aperta dalla parte dorsale, — 4 un lembo della parete della borsa ripiegato allo interno, — e clitoride. 9.2 — Uno dei più piccoli follicoli delle glandule linfatiche del pollo, a + 50 diam., in cui in— a si vede lo strato periferico più denso, ed in — d la sostanza centrale più chiara. 11.8 — Sezione trasversale di una sporgenza della borsa della Rea, a > 50 diam.,, in cui si vedono in — 4aa i follicoli linfatici liberi, ed attaccati alla membrana elastica — d d per mezzo del peduncolo — c c. — bd d epitelio della borsa che co- pre i follicoli e la membrana elastica, — e connettivo che forma lo strato esterno della borsa, e che si continua in — f a riempiere lo spazio che rimane tra le due lamine della membrana elastica, quando questa si introflette per formare le spor- genze. 12.2 — Sezione trasversale dello epitelio della borsa di pollo in via di atrofia, veduto a x 370. Osservasi ‘in — @ una insaccatura profonda dell’ epitelio nella spessezza del connettivo interfollicolare — f, assai ricco di corpuscoli, e tra due follicoli — dd, mentre in — d e — c se ne scorgono altre due in via di forma- zione. 14a— Due piccoli follicoli di una borsa di pollo in atrofia, che per eccezionali circostanze sono molto allungati. — a @ follicoli, — 00 d' punti dei follicoli dove accade lo svuotamento, e che sono occupati da una sorta di cencio sfumato e senza forme istologiche, — e connettivo interfollicolare abbondante e ripieno di cor- puscoli di varie forme. 15.8 — Sezione trasversale del legamento fibroso col quale si è fusa la borsa, ve- duto a x 95. — a @ tessuto ordinario e fibroso del legamento, che per semplicità è stato impiccolito, — c inserzione delle fibre muscolari striate di uno dei mu- scoli protrattori della cloaca, — 24 ultimi residui della borsa in forma di piccole isole sparse, e fatte da aree limitate da epitelio, attorno alle quali si vedono an- cora molti corpuscoli ovalari. Seduta del 25 aprile 1875. Presidenza del presidente prof. E. Cornalia. Îl segretario prof. A. Stoppani legge la sua memoria Sui rap- porti del terreno glaciale col pliocenico nei dintorni di Como, in appendice all’ altra pubblicata lo scorso anno nella Rivista Ita- liana: IZ mar glaciale ai piedi delle alpi. Nel presente suo la- voro l’ A. conferma quanto aveva detto nel precedente, diffen- dendo le sue opinioni contro le obbiezioni alla sua teoria, mos- segli da alcuni geologi ed in partieolar modo dal Gastaldi, riferisce i risultati delle sue ricerche fatte di bel nuovo a Cas- sina Rizzardi, a Ronco, ad Appiano e nel tratto fra Mendrisio e Camerlata. Quali documenti comprovanti le sue asserzioni mostra - agli astanti una veduta prospettica delle località da lui illustrate, dei ciottoli striati raccolti a Ronco ed a Cassina Rizzardi nel terreno contenente la fauna marina, nonchè sassi perforati dai litodomi. Conchiude il suo lavoro, che verrà, del resto, pubbli- cato nel volume in corso degli Att, rispondendo al signor C. De- Stefani, il quale sostenne recentemente che la morena di Val d’ Arni, nelle alpi Apuane, non è una morena, ed invita lui e chiunque volesse a vederne le prove nei ciottoli striati dall’ A. recati a Milano. È quindi fatta presentazione del Catalogo generale dei Ragni SEDUTA DEL 25 APRILE 1875. LIL della Svizzera inviato dal socio prof. Pietro Pavesi, ed il segre- “tario Sordelli ne legge la introduzione in cui 1° A. spiega il con- cetto del suo lavoro ed indica le fonti alle quali ha attinto i suoi materiali. Il vice-presidente signor Antonio Villa mostra in seguito una freccia in selce di color biondo-sporco ad alette piegate un po’ in dentro ed un po’ rotta trasversalmente in punta, rinvenuta nella torba di Solferino nel Mantovano, dal signor ingegnere Rossi, insieme ad una nocciuola del tipo ovato, assai abbreviato. F. SoRDELLI, Segretario. > SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE COL PLIOCENICO NEI DINTORNI DI COMO NOTA di ANTONIO STOPPANI IN APPENDICE ALLA MEMORIA i IL MARE GLACIALE A’ PIEDI DELLE ALPI. (Seduta 25 aprile 1875.) Nel processo verbale della seduta 29 novembre 1874,' pubbli- cato da qualche settimana soltanto, leggo che, in seguito alla pre- . sentazione di una Nota del compianto Spreafico, sulle conchiglie fossili marine del terreno erratico di Cassina Rizzardi,* il Pre- sidente prof. Cornalia presentò alla seduta alcuni schiarimenti * g intorno al giacimento da .cui provengono le conchiglie suddette. “ Dice (il prof. Cornalia) di avere da pochi giorni visitata la loca- lità che trovasi nei possedimenti dei nobili sigg. Giulio e Giberto Porro Lambertenghi, e precisamente a pochi passi lontano dalla _ loro villa: aggiunge che la collina in cui giace il deposito è co-. stituita dall'alto al basso da terreno vegetale per un metro cir- ca, indi da ghiaja di diversa natura, grossa e minuta, tra cui straterelli di sabbia, più o meno fina, talvolta mista a poca ar- gilla, entro i quali stanno le conchiglie fossili marine. Il deposito non contiene del resto alcun ciottolo striato. , Mi spiace che al- lora non poteva essere presente, nè alla seduta, nè alla lettura del verbale, mentre ritengo che l'onorevole Presidente, parlando dei ciottoli striati, volesse dire semplicemente di non averli av- 1 V. il vol. XVII degli Atti a pag. 408. 2 Ivi, pag. 432. SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 173 vertiti, tutto inteso com’era a raccogliere dei fossili per arricchir- ne il nostro civico Museo; e nel caso poi avrei aggiunto da mia parte tali schiarimenti e tali spiegazioni, da togliere dalla mente dello stesso onorevole Presidente qualunque dubbio sulla realtà dei fatti, che io aveva raccolti colla maggior attenzione, e di- scussi in apposita memoria. Per sventura, anche di questa mia Memoria — I! mare glaciale a’ piedi delle Alpiì — dove i fatti in discorso gono esposti e discussi, benchè ultimata fin dallo scorso luglio, non era pubblicata che la prima parte soltanto nel fasci- colo d’agosto della Rivista italiana, rimanendo le altre due ri- tardate, senza mia colpa, l’una fino al novembre, e l’altra fino al dicembre. * Era appunto nella seconda parte che io mi faceva a narrare ed a discutere le scoperte fatte a Cassina Rizzardi, e nelle altre località forse più interessanti nei dintorni di Balerna. Ora che quella mia Memoria è pubblicata e fra le mani, per estratto, dei più distinti naturalisti italiani e stranieri, sarebbe quasi superfluo di ritornare sulle parole del citato verbale. Se lo faccio, non è tanto per levare qualunque dubbio potessero inge- nerare le parole dell’ onorevole Presidente, mentre trattasi sem- plicemente di un fatto constatato, come nessun fatto geologico potrebbe esserlo meglio; di un fatto che del resto possono tutti, presenti e futuri, verificare quando e come loro aggrada; se lo faccio, dico, è piuttosto per cogliere una buona occasione di ri- tornare sopra un argomento di tanta importanza e di aggiungere qualche notizia alle già date, che possa meglio rischiarare i fatti già raccolti, ed allargare l'orizzonte delle applicazioni. Il deposito di Cassina Rizzardi® è nel cuore dell’anfiteatro mo- renico edificato dall’ antico ghiacciaio del lago di Como; fa parte di una morena, o di un sistema di morene; può dirsi esso mede- ! V.il giornale Rivista Italiana del 1874, vol. I pag. 690, vol. II pag. 136 e 282. 2 Nella mia Memoria: Il mare glaciale @° piedi delle Alpi parlo sempre di una località vicino a Bernate. Lo è di fatti quella in cui si trova la morena fossilifera or- mai divenuta celebre. Essa però verrà indicata d’ora innanzi più precisamente col nome di Cassina Rizzardi, trovandosi appunto vicinissima al casale di questo nome, fra il torrente Livescia che corre sotto Fino e la stradella che conduce da Cassina Rizzardi a Firenzuola. 174 A, STOPPANI, simo precisamente una porzione di morena. Anche in oggi, ap- pena di ritorno da una visita fatta sul luogo il 15 del corrente aprile, non trovo di mutare una sillaba alla descrizione che io ne diedi nella citata Memoria, e che qui amo riportare: « Arrivammo al piede della collina. Evidentemente essa non era altro che una morena. Il marchese Rosales vi aveva già pra- ticato alcuni scavi, e disposti degli operai che li continuassero in mia presenza. Sotto i colpi dei zapponi, un’ ampia breccia 8 aperta in seno alla collina, e la mostra composta non d’altro che di sabbie, di ghiaje, di ciottoli, di massi. I ciottoli sono stu- pendamente striati; la struttura dell’ ammasso è assolutamente caotica ; insomma, se giova ripeterlo ancora, quella collina è una morena. Notai soltanto che alla base quel cumolo di detrito gla- ciale presentava un’incoerenza straordinaria, mancandogli quella parte puramente fangosa, che serve di cemento, e vale a dare qualche consistenza alle morene ordinarie. La parte più minuta era rappresentata da un specie di finissima ghiaja, sicche si sa- rebbe detto che quella morena avesse subìto una lavatura, ap- pena sufficiente a levarne la parte fangosa, lasciandone intatta la parte più grossolana. Non tardò un minuto che io osservai la parte più sabbiosa sparsa di un certo tritume bianco, che non poteva ritenersi altro che un tritume di conchiglie. In breve ogni dubbio era tolto, ed era una meraviglia il vedere come, tra le ghiaje che franavano, tra i ciottoli striati che rotolavano al basso, si svolgessero, come create lì per lì per incanto, vaghissime con- chiglie marine d’ogni stampo, tinte ancora dei nativi colori, an- cora luccicanti della nativa madreperla. , Quanto alla specialità dei ciottoli striati, osservo che eravamo in quattro a rimarcarli e a raccoglierli: io, il marchese Rosales, il defunto Spreafico ed il socio Franceschini. Ognuno sa oggimai che vi fu una specie di accorr’uomo in quella località, e primi, dopo di me dietro mio invito, vi si portarono e collo Spreafico ed il marchese Rosales,il Desor di Neuchàtel e lo Schimper di Stras- sburg. Vi andarono dopo, oltre il prof. Cornalia, i signori C. Mar- tins di Montpellier, Liscard di Berlino e il prof. Omboni. Io ho SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 175 pubblicato nella mia Memoria la lettera colla quale il prof. De- sor mi rendeva conto della sua gita col suo collega Schimper. Mi si permetta di riportarne il brano dove parla precisamente dei ciottoli striati rinvenuti colle conchiglie marine. “ L’ami Schimper ne pouvait en croire ses yeux, quand il vo- yait apparaître sous la pioche des ouvriers, que M. le marquis Rosales avait eu l’obligeance d’ installer, tout une faune de co- quilles marines, melangées pèle méle avec des débris moraini- ques au nombre desquels se trouvaient des cailloux striés in- contrastables. Sa première impression était que ces coquilles avaient du ètre arrachées par le glacier de quelque gisement ter- tiaire situé en amont du coté nord. Mais il n’ a tardé pas à se convaincre qu'il n’en etait rien et que le coquilles se trouvaient en situ. , Io volli, come dissi, rivedere quella località, appena fui in grado di farlo dopo il disastroso caso avvenutomi nel mio viaggio in Oriente. Volli di più estendere le mie ricerche, ciò che feci ap- punto il 15 del corrente mese, ancora in compagnia dei signori Rosales e Franceschini, e dei socî Sordelli e Delfinoni. Non dove- vasi mancare naturalmente di osservare e di raccogliere di nuo- vo, in mezzo alle conchiglie marine, i ciottoli striati. Osservo in proposito che la loro presenza potrebbe facilmente sfuggire a chi fosse meno avvezzo a colpire a prima vista i caratteri dei ciot- toli glaciali, o a chi non fosse disposto ad impiegarvi quel tanto ‘ di pazienza che si richiede per discernervi le striature. I caratteri glaciali dei ciottoli di Cassina Rizzardi, come sono l’irregolarità delle forme, le spezzature, le ammaccature, il liscio caratteristi- co, balzano all’ occhio immediatamente, come immediatamente si rimarcano la struttura caotica e gli altri caratteri della morena, che qui è appena leggermente modificata dall'azione del mare dove si veniva formando. Quanto alle striature, bisogna cercarle più pazientemente per due ragioni, oltre quella che i ciottoli d’ una morena qualunque non si levano che sporchi di fango. La prima delle due ragioni è questa, che in seno alle nostre morene, quando siano sottoposte a rocce calcaree, o ricche di ciottoli calcarei, e qui 176 | A. STOPPANI. principalmente dove abbonda il tritume di conchiglie marine, si trova facilmente generato, per azione delle acque pregne di gas acido carbonico, il carbonato di calce incrostante, che spesso ce- menta le morene poco profonde, o per lo meno riveste i ciottoli quasi di una vernice alabastrina, la quale maschera interamente le striature. Sono così comunemente inverniciati i ciottoli di Cas- sina Rizzardi. i i La seconda ragione per cui i ciottoli striati non si svelano così presto come nelle morene ordinarie, sta nelle condizioni spe- ciali di questa di Cassina Rizzardi. Trattasi di un deposito, mo- renico sì, ma misto a conchiglie marine, e che dovette subire più o meno l’azione erosiva del mare. Ai ciottoli glaciali, come è ri- ferito alla pag. 33 della mia Memoria citata, i signori Desor, Schimper e Spreafico trovarono confusi dei veri galets, cioè dei ciottoli discoidali così caratteristici delle formazioni marine. Io pure li ho osservati, coi colleghi summentovati, nella mia ultima gita. Osservammo anche l’altro fatto interessantissimo che molti ciottoli, dalle forme glaciali, sono traforati dalle foladi in numero infinito, e vi si scopersero anche molte conchiglie di questi litofagi ancora annidate nelle rispettive gallerie. Quei ciottoli dovettero dunque rimanere scoperti sul fondo marino per mesi e forse per anni. È un fatto di più per dimostrare che noi ci troviamo pre- cisamente sul lido del mare pliocenico, sulla linea di confine tra esso e il ghiacciajo, sicchè il ghiacciajo stesso colle sue morene faceva sponda al mare. In tali condizioni pare impossibile che si trovino, misti ai ciottoli così erosi e traforati, altri che conser- vano le delicatissime striature che vi incise il ghiacciaio. Eppure è così, e bisogna dire che il tritume glaciale franasse in tanta ab- bondanza in seno alle onde che coprivano il lido, che gli uni servissero di schermo agli altri, rimanendo questi ricoperti da quelli, e perciò salvi tanto dalla furia del mare, quanto dalla edacità dei litofagi. Questo complesso di fenomeni, fa della Cassina Rizzardi una delle località più interessanti per la geologia avvenire, nè imme- ritatamente a così inattese scoperte fecero eco, contro il solito cinta SUL RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. . 177 così rumoroso, i geologi stranieri. Deve premere troppo ai geo- logi italiani di mettere in luce questi fatti, e di liberarsi da ogni dubbio che sovr’ essi tentassero di spargere gli oppositori, che pur troppo non vorranno piegarsi nemmeno all’evidenza. Io ne reco pertanto tutte le prove a questa Assemblea. Ecco qui dei ciottoli striati meravigliosamente, dei più classici che si possano rinvenire in qualunque morena antica o moderna; ecco dei ga- lets; ecco un pezzo tutto traforato dalle foladi. Quanto alle con- chiglie ve ne hanno ormai collezioni in più luoghi, e ve ne reca in buon numero e di nuove, il collega Sordelli. Credo che questo basti per assicurare al deposito di Cassina Rizzardi il carattere di una morena formata sopra il lido del mare pliocenico. Ho detto che era mia mente di spingere più oltre le indagini su questi depositi interessanti. Avvisato dal marchese Rosales dell’esistenza d’un altro deposito fossilifero nelle vicinanze, mi recai con lui e cogli altri colleghi a Monticello, sul tenere dei signori fratelli Arnaboldi, lontano appena un chilometro o poco più da. Cassina Rizzardi. Dovunque sulla via, in mezzo ai colli e ai terrazzi morenici, affiorano, o posano sul suolo i massi erratici talvolta di riguardevoli dimensioni. Da Monticello, seguendo il gran terrazzo morenico che fiancheggia la Lura, ci portammo a Ronco, frazione del comune di Cassina Rizzardi. Qui, sotto 1’ al- tipiano suddetto, precisamente nel villaggio di Ronco, nella corte di una casa colonica, di proprietà Arnaboldi, mediante una fossa scavata per estrarvi ciottoli e sabbia, abbiamo veduto ripetersi i fenomeni presentati dal deposito di Cassina Rizzardi. A due o tre metri di profondità, e dentro un caos di ciottoli, di ghiaia, di sabbia fangosa, sono sparse conchiglie marine in gran numero. Quelle che vi abbiamo raccolte (e sono molte) vi saranno presen- tate dal. collega Sordelli. Quanto a me, rimarcai che il deposito mantiene, meglio che quello di Cassina Rizzardi, i caratteri mo- renici. I ciottoli sono più grossi, talora del diametro di 20 a 40 centimetri; i ciottoli striati poi abbondanti e conservatissimi. Vi presento alcuni saggi anche di questi. Anche qui le conchiglie Vol, XVIII, 12 178 pal. A, STOPPANI. marine sono sparse in quella ghiaiuola, mista di ciottoli glaciali, _ come a Cassina Rizzardi, che risulta evidentemente dalla lavatura che ha sofferto dal mare il minore detrito morenico, sicchè, in- vece del solito fango morenico, abbiamo un materiale sabbioso, che perciò si estrae, e, purgato dai ciottoli, si impiega nelle co- struzioni. Ci rimaneva da visitare una terza località, quella di Bulgaro, vicina pur essa a Cassina Rizzardi. Ma, avendo voluto spingere le nostre ricerche fino alla grande morena di Appiano, che forma la cerchia esterna di quel grande anfiteatro morenico, ci venne meno il tempo per visitare la località suddetta. Le notizie però le ebbimo raccolte dal signor dott. Grilloni di Appiano, il quale ci disse che già da tre anni si erano raccolte a Bulgaro delle conchiglie marine, nelle stesse condizioni di quelle in cui si tro- vano a Ronco e a Cassina Rizzardi. Credo anzi che il signor Sordelli voglia presentarvi un saggio di quelle conchiglie, di cui ebbe communicazione dal socio professore Regazzoni di Como. Ecco dunque tre località ben accertate, dove il terreno glaciale si confonde e si mesce al terreno marino pliocenico, anzi, ne co- stituisce la porzione più alta. Del resto, per valutare queste importanti scoperte che irra- diano una luce così abbondante sulla geologia dell’epoca quater- naria da una parte e dell’epoca pliocenica dall’altra, e smasche- rano tanti errori, e rovesciano tante teorie, non bisogna arre- starsi ai fatti presi singolarmente, per trovarvi ragione nel caso, come direbbesi, di fiscalizzare su di essi. Non si tratta soltanto di Cassina Rizzardi, piuttosto che di Ronco o di Bulgaro; trattasi di un’ area di oltre duecento miglia quadrate, dove si raccolgono gli stessi fatti delle indicate località, ed altri ancora non meno evidenti, da cui si possono cavare le stesse conclusioni che furono già a quest'ora proclamate da buon numero di geologi nazionali e stranieri. Risulta da questo splendido complesso di ‘fatti che il mare pliocenico flagellava ancora le basi delle Alpi e delle Prealpi ‘ quando i ghiacciai avevano raggiunto od erano vicini a raggiungere il loro massimo sviluppo: risulta ché il grande ghiacciajo, il quale SUI RAPPORTI DEI. TERRENO GLACIALE, ECC. 179 discendeva dalle Alpi della Valtellina, riusciva, pel doppio sbocco del lago di Como e del lago di Lugano, a tuffare nel mare la sua fronte ed a deporvi le sue morene sui confini che sono oggi quelli della pianura lombarda. Molti dei fatti, che ci por- tano a tali conclusioni, erano già stati raccolti da molti anni, ed io aveva cercato invano di chiamare sopra di essi l’attenzione dei geologi. Ora che alle località del Faido e della Folla d’Induno presso. Varese, dove le argille plioceniche sono coperte immedia- tamente dal terreno glaciale, s' aggiungono quelle dei dintorni di Balerna, dove il detrito glaciale si infossa profondamente nelle stesse argille marine, e quelle finalmente di Cassina Rizzardi, dove le conchiglie marine si inoltrano, per dir così, nel cuore delle morene; si può sperare che anche i geologi più renitenti si risolvano almeno a studiare un po’ meglio l'argomento, e ad ap- prezzare i molti altri fatti, anche di diverso genere, ch'io ho rac- colto in più lontane località, e che conducono alle stesse conclu- sioni. Il momento non può essere più opportuno. Il terreno pliocenico-glaciale si mostra squarciato da ardite trincee sopra una linea di trenta chilometri almeno, tra Camerlata e Lugano. Non mai forse avvenne che una ferrovia recasse sì largo tributo alla scienza geologica. Piange il cuore a pensare che fra qualche mese tutto sarà sepolto; che sui depositi, larghi per poco di tante inat- tese rivelazioni, si stenderà di nuovo quel velo d’incomposto sfa- sciume e di umano lavorìo che mantenne finora, a danno dei geologi, un così rigoroso segreto. Affrettiamoci pertanto di san- cire i fatti che ebbimo od avremo la fortuna di vedere, per con- segnarli alla posterità. Ecco in succinto quelli che si raccolsero finora. Il terreno che forma gli altipiani ed i colli al piede delle Pre- alpi, entro i limiti del grande anfiteatro morenico di Como e di Lugano, si compone, dal basso all’ alto, così: 1° Argille azzurre con fossili marini pliocenici. 2.° Le stesse argille con ciottoli e massi striati in gran nu- mero, fino a formare ‘con esse un conglomerato. 53.° Strati irregolari di sabbia, di ghiaja, di ciottoli, poco 180 A. STOPPANI. dissimili per la struttura dal terreno morenico, anzi, composti di detrito glaciale, zeppi di conchiglie marine. Questo deposito misto, marino glaciale, passa rapidamente nella parte superiore allo schietto terreno glaciale, ossia alle morene. 4.° Morene e altipiani morenici, ossia morene terrazzate per erosione fluviale. In tutti i depositi suddetti, ad eccezione delle schiette more- ne, che mantengono ancora la forma, la disposizione, la struttura — delle morene alpine; si scoprono fossili marini, riferibili al plio- cene, e principalmente al così detto pliocene superiore, che. com- prende le sabbie dei colli subappennini. Nelle pure argille, senza miscela di ciottoli glaciali, si scoprirono fossili marini in gran numero al Faido, alla Folla d’ Induno, ed a Pontegana. In que- st’ultima località, prossima alle fornaci di Balerna, le argille, contenenti l’istessa fauna marina e la stessa flora terrestre della Folla d’Induno, sottostanno al terreno glaciale, e discendono alcuni metri soltanto sotto il livello delle argille con ciottoli striati, che si trovano più sotto a Balerna. Nelle argille con ciottoli e massi striati, i fossili marini si trovano alle fornaci di Balerna. Finora però non si può citare che l’echino, apparte- tenente alla famiglia degli spatangi, raccoltovi dallo Spreafico. Nella trincea, oltre le fornaci di Balerna verso Mendrisio, i ciot- toli e i massi, striati meravigliosamente, formanti quasi un con- glomerato a cemento di argilla plastica, discendono nell’argilla stessa fino alla profondità di 12 metri, quanto cioè vi discende la stessa trincea. Tanto fu da me verificato in compagnia dei si- gnori Sordelli, Rosales e Delfinoni in una gita sui luoghi, ese- _ guita il giorno 5 del corrente mese. Nel terreno misto, avente già il carattere di pretta morena, i fossili marini furono scoperti in numero ingente a Cassina Rizzardi, Ronco e Bulgaro. Lascio a’ miei colleghi di misurare tutta l’importanza di que- | ste scoperte. Esse furono molto valutate all’estero. Alla lettera | del signor Desor, pubblicati nella mia Memoria: 17. mare glaciale a’ piedi delle Alpi, potrei aggiungerne molte-altre da me ricevute, e dal marchese Rosales. Mi si permetta almeno di riportare un SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 181 brano della lettera che mi scriveva il signor Schimper, sotto la data del 6 aprile corrente: “ Vous avez eu la bienveillance de m’ envoyer votre importante exposition sur la mer glaciaire de la Lombardie, que j'ai lu avec le plus vif intérét. La constatation de cette mer, dont l’ existence ne saurait plus offrir le moindre doute, est certainement une des découvertes les plus curieuses de l’époque. Elle servira à expli- quer bien des phénomènes restés dans V’obscurité jusqu’à présent. La grande affaire sera maintenant de préciser rigoureusement l’époque à laquelle remonte l’immersion du pied méridional des Alpes. Si cette immersion est contemporaine de celles des ‘îles britanniques, ou si elle est antérieure. ! Je crois que des consi- derations sur la corrélation des dépòts subapennins avec les dé- pots glaciaires de la Lombardie seront d’un grand poids pour trancher cette question. Je pense, qu’ en admettant aussi pour les Alpes deux époques glaciaires, comme on est obligé de le faire pour la Scandinavie et les Îles britanniques, certaines diffi- 1 To non ho raccolto nessun argomento per indurmi a sospettare che avesse luogo in Piemonte, in Lombardia, e nemmeno lungo l’ Appennino, una immersione posterior- mente all’epoca miocenica. I fatti generali per me sono questi: 1.° Sollevamento post- miocenico che determina i confini del mare pliocenico. Questo non arriva ancora al piede delle Alpi; 2.° formazione delle argille azzurre subappennine nel mare plioce- nico fino al piede delle Alpi; 3.° arrivo dei ghiacciai alpini ai confini del mare sulla fine del periodo delle argille azzurre; caduta dei massi glaciali nelle argille; 4.° for- mazione di un deposito misto glaciale-marino, con prevalenza del glaciale; 5.° for- mazione del terreno morenico e delle prette morene; 6.° ritiro de’ ghiacciai e ter- razzamento delle morene e dei depositi fluvio-glaciali; 7.° Sollevamento post-pliocenico contemporaneo o posteriore allo sviluppo dei ghiacciai subalpini. Anche per riguardo alle isole Britanniche io non trovai ancora citati dei fatti che mì obbligassero ad ammettere quell’ immersione durante l'epoca glaciale, sostenuta dai geologi inglesi. Gli Inglesi ammettono anzi una doppia oscillazione, come Lyell e Darwin, per cui l’ Inghilterra sarebbe emersa anteriormente all’ epoca glaciale, poi si sarebbe sommersa fino a una certa altezza durante l'epoca stessa, per riemergere più tardi. Ramsay ammette anzi una tripla oscillazione. A me pare che i fenomeni sui quali si fondano le tesi dei suddetti geologi, sì possono spiegare senza nessun bisogno di ricorrere alle oscillazioni, ed ho tentato di farlo nel mio Corso di geologia (Vo- lume II, Cap. XXVIII). Confesso però di non conoscere ancora abbastanza gli studi sul terreno erratico del Nord-Europa, che si sono moltiplicati a dismisura, principal- mente in Inghilterra, in questi ultimi anni. 182 A. STOPPANI. cultées disparaitront. Nous avons du reste des données très-plau- sibles pour cette admission sur le versant septentrionel des Alpes de la Suisse. * , i Gioverà ricordare dopo questa lettera il recentissimo articolo pubblicato da Martin nella Revue des deux Mondes 15 aprile 1875, dove rende conto delle scoperte fatte alla Cassina Rizzardi. L’argomento del resto non è del tutto nuovo. Voglio dire non essere soltanto dopo la scoperta della morena ‘fossilifera di Cas- sina Rizzardi che si comincia a parlare degli intimi rapporti fra il pliocene e il glaciale. Nelle mie Note a un Corso di Geologia, pubblicate fino dal 1866,i0 aveva già discorso a lungo su questo arsomento. Già fin d’ allora io aveva sostenuto e dimostrato che | g il terreno glaciale succede immediatamente alle argille plioceni- che, ed aveva combattuta l’interposizione fra il pliocenico ed il glaciale di un’ alluvione antica, nel senso di Gastaldi e Mortillet (Vol. I, $ 560-564): già fin d’allora aveva sostenuto che le sab- bie subappennine, riferite al pliocene superiore, erano contempo- ranee al terreno glaciale, non rappresentandone cioè che un equi- valente marino. Non parlo già del mio Corso di Geologia, dove le stesse tesi sono più ampiamente discusse, sopra basi più rigoro- samente scientifiche, dimostrandosi a tutta evidenza che il ter- reno glaciale succede immediatamente al pliocenico; che suoi equivalenti sono, oltre le sabbie subappennine, la formazione la- i Io ho discusso nel II volume del mio Corso di Geologia ($ 1257-1260) i fatti pei quali i geologi svizzeri sembrano concordi nell’ammettere almeno due periodi gla- ciali. Ho riportato nello stesso luogo fatti somiglianti da me raccolti in Lombardia. Ho cercato però di dimostrare in pari tempo che la moltiplicità dei periodi glaciali nelle Alpi è illusoria, e che i fenomeni sui quali si fonda questa idea, sì spiegano he- nissimo con quello delle oscillazioni dei ghiacciai, fenomeno questo che si verifica an- che attualmente per tutti i ghiacciai del mondo. Intanto il terreno glaciale, che co- mincia coi massi glaciali infossati nelle argille azzurre subappennine, continua, col deposito misto marino-glaciale, e termina coll’edificio delle morene e degli anfiteatri morenici, si presenta in Lombardia, per così esprimermi, tutto d’un pezzo, e disegna una grande epoca che corse fra il deposito delle argille azzurre, e la formazione dei terrazzi morenici e alluvionali. Che s’ intenda per questa formazione dei terrazzi mo- renici e alluvionali, ossia delle morene e delle alluvioni terrazzate, lho spiegato am- piamente nel Cap. XXX, vol. II, del mio Corso di Geologia. SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 183 custre della Val d’ Arno, le caverne ossifere, il crag di Norwich, ecc. (Vol. II Cap. XXIX). Che poi nell’ epoca glaciale il mare oc- cupasse ancora i piedi delle Alpi e delle Prealpi, era talmente nelle mie idee, che non dubitai di accennare dapprima nelle mie Note a un Corso di Geologia, e di sostenere più decisamente nel Corso di Geologia (Vol. II, $ 1159) che il mare s’insinuava nelle sole della Lombardia, e che i nostri laghi non erano che altret- tanti fiords occupati dai ghiacciai, i quali, discesi fino ai limiti settentrionali dell’ attuale pianura, edificando colle morene frontali una barriera tra il mare e le gole alpine, queste intercettarono; e convertirono in laghi. Le nuove scoperte devono certamente modificare le mie idee Circa il modo con cui avvenne lo sbarra- mento di quegli antichi fiords, mentre la barriera, quale si mo- stra attualmente, è formata dalle morene, in concorso colle ar- gille marine sottoposte. Le nuove scoperte però, se suggellano con nuovi argomenti le tesi generali da me sostenute, non aggiun- gono nulla di nuovo a quanto era dimostrato circa l’esistenza del mare al piede delle Alpi nell'epoca glaciale, all’ immediata suc- cessione del glaciale al pliocenico, ed alla contemporaneità delle sabbie subappennine col terreno glaciale. . Altri con me, e anzi prima di me, avevano sospettato gl’ intimi rapporti fra il terreno pliocenico e il glaciale, e avevano raccolto dei fatti per sostenerne l'immediata successione, anzi, la quasi contemporaneità. Ecco in proposito un brano della lettera indi- rizzatami dal signor Renevier (Losanna 6 marzo 1875), in se- guito all’invio fattogli della mia Memoria /l mare glaciale ai piedi delle Alpi: “ Quant à votre travail il m’a vivement interessé. Quoique j eusse connaisance du fait par la communication de Desor è Coire, ou plutòt à cause de cela, j'ai bien de plaisir à lire des dé- tails plus circonstanciés sur cette importante découverte. J’admets . d’autant plus volontiers vos conclusions, que j'avais beaucup hé- sité en préparant mes Tableaux des terrains (que je vous ai en- voyés jadis) si je réuniràis le subappennin è la periode moder- ne, ou à la periode molassique: et si je me suis décidé pour. la 184 A. STOPPANI. 2.° alternative ce n’était pas conformément à mes inclinations personnelles, mais pour m° écarter le moins possible de 1’ opinion générale, n’ayant pas des preuves positives de ce qui me paraissait pourtant le plus rationnel. Si j' avais connue alors l’opinion que vous soutèniez dans le 2.° volume de votre Corso di Geologia, et mieux encore vos découvertes de Bernate, je n’eusse certaine- ment pas hésité à faire l’invers. , Ma i fatti più interessanti li trovo ancora a pie’ delle Alpi, ri- chiamati precisamente da uno scritto destinato a combatterne la interpretazione che io, cogli illustri geologi citati, credo 1’ unica possibile. Parlo della Nota del signor Gastaldi: Sur les glaciers pliocéniques de M. E. Desor, appena pubblicata negli Atti della R. Accademia di Torino (Vol. X, seduta 21 febbrajo 1875), ch'io ricevo per estratto, precisamente nel momento di chiudere questa mia. “Ilya,scrive il prof. Gastaldi, une vingtaine d’années, que M. A. Sismonda, qui n’a jamais cru et qui ne croit pas à l’an- cienne extension des glaciers alpins, disait: Comment voulez vous que la Serra et les autres collines qui entourent Ivrée soient des anciennes moraines puisqu’elles renferment A leur base des fos- siles marins du pliocène? — Moi-méme, dans les Mémoires que j'ai publiées sur le terrain erratique du Piémont, j'ai signalé quelque part la présence de la marne pliocénique avec des débris de coquilles marines en contacte immediat avec de débris mo- rainiques dans l’intérieur de l’amphitheàtre d’Ivrée, entre Mazzè et Vische, sur la droite de la Dora Baltea. Mais ,, continuo colle parole del Gastaldi “ il ne s° agit pas ici de la nouveauté, ou non, du fait: il s'agit plutòt de la manière de l’interpreter. , Si potrebbe domandare perchè passarono inavvertiti i fatti ci- tati dal signor Gastaldi, mentre si mena tanto rumore dei fatti simili raccolti recentemente in Lombardia. La cosa s'intende assai facilmente. Il contatto delle morene con un terreno qualunque, tanto più col pliocenico a piè delle Alpi, non ha nulla per sè di specialmente rimarchevole; nè il prof. Gastaldi, preoccupato dalle sue idee a tutti note, era nelle migliori disposizioni per avvertire 79 SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 185 ciò che per avventura poteva assai prima d’ ora svegliare l’atten- zione dei geologi su ciò che rende specialmente interessante quel ch’egli chiama semplicemente contatto immediato degli strati ma- rini pliocenici coi,detriti glaciali. Ma ora, almeno in Lombardia, non trattasi più di semplice contatto, e, per forza di analogia, c’è da scommettere che anche in Piemonte questo semplice con- tatto si risolva in quella serie brillantissima di fatti, da cui risulta che gli antichi ghiacciai mettevano capo nel mare pliocenico, sic- chè si mescolarono, si fusero insieme gli strati superiori delle ar- gille marine e i rigetti inferiori dei ghiacciai; che questi preval- sero; che alle sabbie, le quali si deposero sopra le argille marine a’ piedi dell’ Appennino, si sostituirono ai piedi delle Alpi gli strati misti marino-glaciali. In attesa che quanto io suppongo, colla fermezza di una decisa convinzione, si verifichi in Piemonte, io credo che anche il signor Gastaldi, meglio informato ora dalla mia Memoria, che nol fosse dalla comunicazione non esattissima del signor Desor alla riunione di Coira; non possa più rifiutarsi a riconoscere come stabiliti in Lombardia, nel senso suddetto, i rapporti immediati fra l’ antico mare e gli antichi ghiacciai, fra gli strati pliocenici ed i depositi glaciali. Nella sua Nota sembra aver dettato egli stesso le condizioni del suo assenso. La prima condizione sarebbe quella che il con- tatto del terreno glaciale colle argille plioceniche, da lui stesso osservato, non sia un semplice accidente, ma un fatto così gene- rale, o verificato almeno su tale estensione, che si debba ammet- tere almeno il rapporto di immediata successione fra le argille plioceniche e il glaciale, concedendo già del resto che al piè delle Alpi il terreno morenico in più punti si sostituisce alle sabbie gialle, che succedono immediatamente alle argille azzurre a’ piedi degli Appennini. Ecco almeno le sue parole: “ Tout le monde sait qu’en plusieurs endroits on voit au pied des Alpes des lambeaux de terrain pliocénique; dans la première partie de mes Stud geologici sulle Alpi occidentali, j'ai fixé la place de ceux qui gisent au pied des Alpes piémontaises. ,, 186 A. STOPPANI. “ Ces lambeaux font partie de l’horizon inférieur; le supé- rieur, celui des sables jaunes, n’existe plus ou se trouve compléte- ment remanié, et ses débris sont mélés à ceux qui proviennent de l’altération des roches cristallines dont sont formées nos Préal- pes... Ri. « Il est de fait que sur quelque point, dans l’intérieur de l’ amphithéàtre morainique de la vallée d’ Aosta, on rencontre le terrain morainique à contact avec la couche pliocénique. Mon- sieur L. Bruno, qui a fait en détail le relèvement géologique de la région comprise dans la feuille d’Ivrée de notre carte topo- graphique au 1:50000, en a fixé un bon nombre. Mais ce contact immediat n’est qu’un accident: dans “la plupart des cas l’an- cienne moraine couvre le diluvium alpin, qui, à son tour, couvre la marne pliocénique, ainsi que je l’ai indiqué sur la coupe pu- bliée dans le Précis des terrains superficiels de la vallée du Po. Ora in Lombardia non è più un semplice accidente. Le osser- vazioni ripetute da lunghi ammi nei dintorni di Varese, e nella valle della Bevera, i fatti raccolti a Cassina Rizzardi, a Ronco, a Bulgaro, le trincee che squarciarono profondamente il torrente da Camerlata a Monteolimpino, da Monteolimpino al lago di Lugano, altre osservazioni, ch'io mi riservo di far note altre volte, sulle due sponde del lago di Lecco, stabiliscono senz’eccezione che sopra un’estensione di parecchie centinaia di miglia quadrate, il terreno glaciale non ha altra base che le- argille plioceniche ; che non c'è di mezzo nè diluvio alpino, nè equivalente di diluvio alpino; che il terreno glaciale è è dovunque a contatto immediato col pliocene; che il terreno stesso glaciale si mesce col terreno marino e si trova riempito di conchiglie marine; che i ciottoli glaciali furono ridotti dal mare in galets e traforati dalle foladi ; che i ciottoli e i massi striati caddero in seno alle argille ma- rine, e furono coperti da argille marine fino al punto da formare colle stesse argille marine un conglomerato glaciale che ha la potenza almeno di 12", Se un’alluvione, a cui si volle dar nome di diluvium alpino, si frammette ordinariamente in Piemonte fra. le argille plioce- tritati tette SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 187 ! niche e il terreno glaciale, ciò vuol dire che il terreno misto ma- rino-glaciale ha talora per equivalente un terreno alluvionale; che se vi erano ghiacciai, i quali si scaricavano immediatamente nel mare pliocenico, vi erano anche dei fiumi che contemporanea- mente vi mettevano foce; che gli stessi fiumi, i quali sgorgavano dai ghiacciai, hanno potuto prevenire il loro arrivo fino al mare, creando un’alluvione che s’interpose fra i fanghi marini e il ter- reno morenico; che finalmente si verificò in Piemonte ciò che av- veniva contemporaneamente altrove, cioè nella stessa Lombardia, fra il lago di Como e il lago di Garda, ed a scala ancor più vasta nel Friuli e sulle. coste dell'Istria e della Dalmazia. Che un’ alluvione andasse colmando il mare pliocenico, prima che i ghiacciai giungessero al mare, o dove anche non giunsero mai, è una cosa naturalissima, come è cosa naturalissima in ogni tempo la coesistenza nella stessa regione de’ ghiacciai e de’ fiumi. Ma la esistenza in un luogo o nell’altro, sopra un’estensione più o meno grande, di un’alluvione, che tenga luogo del glaciale ne’ suoi rap- porti col mare, nè impedisce, nè rende meno credibile, che, in un luogo o nell’altro, sopra un'estensione maggiore o minore, i i ghiacciai sboccassero in mare immediatamente, tenendovi luogo di fiumi e versando in mare il loro detrito. Ciò che ammette il signor Gastaldi circa l’esistenza di un’antica alluvione che si so- vrappone, o anche talora si sostituisce alle argille plioceniche, io lho già ammesso e discusso da lungo tempo, senza trovarmi imbarazzato per questo ad ammettere tutte le conseguenze che derivano dalle ulteriori scoperte, risguardanti i rapporti imme- diati fra le argille plioceniche e il terreno glaciale. Di quanto riguarda quelle alluvioni che io dissi plioceniche, e dovranno rite- nersi come tali anche conservando loro il nome di diluvium alpino, ho trattato ampiamente nel mio Corso di Geologia, vol. IL Rac- comando singolarmente all’attenzione del signor Gastaldi il capi- tolo XXV, $ 1024-1032. In questo capitolo ho già citato le osser- vazioni del professore Taramelli sulle alluvioni preglaciali o plio- ceniche nel Friuli. Ora posso annunciare che il mio carissimo amico ha continuato sopra una scala ben più vasta le sue inda= 188 A. STOPPANI. gini in proposito, e da queste risulta che il terreno delle allu- vioni plioceniche deve diventare per la scienza un terreno di primo ordine, come quello che ha pari importanza ai terreni ma- rini e al glaciale, coi quali sta nei più immediati rapporti. Ma tutto questo, ripeto, non lede per nulla le conseguenze dedotte dai rapporti del terreno glaciale col marino in Lombardia, ob- bligandoci unicamente ad ammettere che nel mare pliocenico mettevano foce, secondo i luoghi, o ghiacciai o fiumi, creando in un luogo, quasi direi, coni di dejezione glaciale e in un altro coni di dejezione fluviale. Questi coni di dejezione pliocenici li ammette già del resto an- che il signor Gastaldi. Eccone le parole: “ L’observation nous montre qu’au débouché de chaque vallée apennine il a du se former dans la mer pliocénique un delta caillouteux, un banc, une espèce de cone de déjection; mais ces dépòt cailloutenx, ces conglomérats sont bien moins étendus, bien moins puissants que les cònes diluviens, que ceux mèmes qui se forment aujourd’hui. Du reste dans les conglomérats, dans les deltas caillouteux du pliocène on‘rencontre fréquemment des fos- siles et des cailloux troués par les lithodomes. ,, Perchè questi coni di dejezione non sarebbero il diluvium al- pino o viceversa? Perchè, dice il Gastaldi, il diluvium alpino non è fangoso, ma lavato come le alluvioni torrenziali; non è fossili- fero; non ha insomma i caratteri di un deposito marino. Ma chi pretende nemmeno che questo diluvium sia marino? Un cono di dejezione, benchè si formi in mare, sarà sempre essenzialmente una formazione alluvionale. Potrà contenere qualche fossile, qual- che indizio marino alla base, dove pende ancora indecisa la vit- toria fra il fiume che avanza e il mare che si arretra. Perciò il Gastaldi ha trovato ne’ suoi coni di dejezione dei fossili marini e dei ciottoli traforati dai litofagi, come sembra che se ne siano trovati anche in Lombardia.! In genere però un cono di deje- à . 1 E rimarchevole il seguente periodo che sì legge nella Memoria Sw/la costituzione geologica e geognostica della Brianza, pubblicata dai fratelli Villa. « Sembra che le puddinghe alluvionali antiche (quelle che io dico plioceniche e sono indicate in Lom- ccà SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 189 zione torrenziale non potrà contenere fossili marini. Anzi un cono di dejezione è una formazione essenzialmente terrestre. Nè per dir questo delle alluvioni plioceniche o del diluvium alpino del sisnor Gastaldi avrò bisogno di affermare con lui che esso c'est déposé sur un sol émergé, mentre son essi medesimi i coni di de- Jezione e i detriti d’ogni specie che formano il suolo che emerge. Ma tutto questo che abbiam detto del diluvium alpino di Ga- staldi, e delle mie alluvioni plioceniche, è più che altro una di- gressione; è questione a parte, la quale, comunque risolta, non può essenzialmente nè togliere nè dar valore alle conclusioni de- rivate dai fatti che si osservano tra il lago Maggiore e il lago di Como, e da lui impugnate. Qui non c'entrano nè diluvium alpino, nè coni di dejezione pliocenici, nè alluvioni plioceniche, nè ceppo. Il glaciale posa immediatamente sulle argille plioceniche. Il terreno che separa gli strati prettamente marini dalle schiette morene, ha tutti i caratteri di un deposito misto marino glaciale, cominciando alla base con un deposito marino appena modificato dall’azione glaciale, e terminando in alto con un deposito glaciale appena modificato dall’ azione marina. Il deposito di Cassina Rizzardi e di Ronco ha tutti i caratteri a cui il signor Gastaldi condiziona il suo assenso per credere marini in genere i depositi superiori alle argille plioceniche. Un po’ sciacquato dal mare è però lontano dall’essere parfaitement débourbé, ed ha, come i suoi coni plio- cenici di alluvione, des fossiles et des cailloua troués par les ltho- domes. Vi ha di più, ciottoli e massi striati, e tutti i caratteri di un terreno glaciale; è insomma un terreno glaciale deposto in mare. Il signor Gastaldi avrebbe trovato un argomento, il quale, se bardia sotto il nome di ceppo) siansi deposte esse pure durante il soggiorno del mare. Forse le conchiglie accennate dal Breislak nella Descrizione geologica della provincia di Milano, pag. 89, 90 (precisamente nel ceppo del Lambro) potevano spettare a specie marine. Un’ostrica marina, con aderente una serpula, ritrovata dal nostro amico il nobile Lodovico Trotti nella puddinga d’Inverigo (ceppo), avvalora la nostra conget- tura che il mare abbia fatto lungo soggiorno nei nostri paesi, cioè vi sia rimasto anche dopo l’epoca del disperdimento dei massi erratici. » Noto ad onore dei signori Villa che la loro Memoria porta la data del 1844, 190 A. STOPPANI. ha veramente il valore che egli gli attribuisce, le nostre idee sulla originaria miscela del detrito glaciale con depositi contenenti con- chiglie, polipai, testacei marini d’ogni genere, sarebbero vera- mente spacciate. È impossibile, secondo lui, che vivessero animali marini alle foci dei nostri antichi ghiacciai. Citeremo ancora le sue, parole: 6 Maintenant nous pouvons nous demander si les oursins, les mollusques, les polypiers auraient pu vivre dans ces parages où venait se déverser une quantité si grande d’eau douce, froide et surchargée de limon. Décidément cela fie nous parait possible. “ Si aujourd’hui la mer Adriatique s’élevait’ jusqu’au niveau quelle occupait pendant la période pliocénique, la vallée du Po se changerait en un golfe étroit rélativement à sa longueur, et l'enorme quantité d’eau douce que dans les grandes crues dé- versent tous les torrents alpins et apennins suffirait pour dimi- nuer la salure de celle de ce golfe. Mais si l’on pense que pendant la pèriode glaciaire tous ces torrents avaient 200 fois (???) plus d’eau, l’on a de la peine à se figurer que les mollusques formant la faune pliocénique aient pu vivre dans des parages où, je le répète, arrivait un si grand volume d’eau froide, douce et bour- beuse. Et, il n’est pas ici question de mollusques qui se seraient rélésués dans tel ou tel endroit de ce golfe, mais bien de mol- lusques qui auraient préféré vivre au contact méème du glacier, au contacte mème de l’eau glaciaire. , Tutte queste difficoltà, che sembrano inespugnabili, cedono da- vanti al fatto, che centinaja di specie di conchiglie, di echinodermi, di polipai si trovano o entro le argille in seno alle quali si spro- fondavano i massi sdrucciolanti dai ghiacciai, o entro i depositi costituiti da un’ intima miscela di elementi marini e di elementi glaciali. Si potrà nel caso far questione del modo con cui quegli organismi potessero vivere in condizioni così eccezionali, ma che ci vivessero è un fatto e nulla più. Non può del resto ignorare il signor Gastaldi che quanto egli crede fosse impossibile nell’epoca glaciale, si verifica così bene attualmente. Per dimostrarlo non devo far altro che riportare il $ 462, vol. I, del mio Corso di x» CE SLIP na SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 191 Geologia, pubblicato nel 1871, cioè quattro anni prima delle sco- perte fatte a Cassina Rizzardi, a Ronco, a Bernate, ecc. Non credo sia indifferente per la causa del vero il far riflettere come, mu- tati i tempi e i luoghi, quel paragrafo che si riferisce alle regioni dove esiste attualmente il mar glaciale, può intendersi scritto alla: lettera per ciò che si osserva ai piedi delle Alpi dove esisteva il mar glaciale nell’epoca pliocenica. “ I depositi glaciali marini, provenienti direttamente dai chiao- ciai terrestri, o indirettamente dai ghiacci galleggianti che se ne staccano, presenteranno" il carattere press’ a poco delle morene rimestate. Presenteranno cioè massi angolosi o ciottoli striati di più fino detrito. Il carattere specialissimo poi consisterà nella presenza di spoglie d’animali marini. Le reliquie organiche, stante la potenza erosiva, devono essere quasi necessariamente escluse dalle formazioni glaciali terrestri. Pei marini la cosa è ben di- versa. La temperatura delle acque è anche nelle regioni polari abbastanza elevata pel mantenimento della vita animale. Hooker trovò ben popolato il mare antartico sulle coste della Vittoria fino al 78° di latitudine, e Torell trovò 150 specie d’animali sulle coste dello Spitzberg, fino alla profondità di 2700 metri, e altre ne trovò sulle coste della Groenlandia più infestate dai ghiacci galleggianti. Pare anzi che quegli animali prediligano il fango prodotto dai ghiacci galleggianti. , Aggiungeva poi in una nota allo stesso paragrafo: « I particolari che qui si accennano sono consegnati a una nota a pag. 280 dell’ opera Lyell, L’amcienneté de Vhomme. Il signor Torell osservò, sulle coste nord e ovest dello Spitzberg, che le conchiglie erano più numerose, più varie, sopratutto sui fondi composti di fango fino, derivato dalle morene, o prodotto dall’ azione erosiva del ghiaccio sulla rocce sottoposte. Il fondo del mare nel canale di Omenah (Groenlandia), è composto di fango impalpabile, di un fango simile a quello ond’erano ricoperte alcune montagne di ghiaccio galleggiante in tal guisa che vi si affondava fino ai ginocchi. Si trovavano inoltre, impigliati in quel fango marino, immensi massi di rocce granitiche e di altre di tutte le 192 A. STOPPANI. dimensioni, molti striati sopra una o più faccie. Ecco un deposito glaciale marino, come noi lo intendiamo, cioè un fango che con- tiene conchiglie marine e ciottoli glaciali. , Ed ecco; dirò, i depo- siti di Cassina Rizzardi, di Ronco, di Bulgaro e di Balerna. Io non starò qui del resto nè ad esporre nè a confutare l’ipo- tesi della riescavazione dei laghi, sulla quali il professor Gastaldi . insiste anche in questa sua nota, come ne’ suoi scritti precedenti. Tutto il mondo la conosce e sa come in generale incontrò poco favore. Io l’ho combattuta direttamente altre volte. Il signor Ga- staldi non poteva rinunciare al tentativ® di conciliare colle sue ipotesi i fatti troppo imperfettamente conosciuti di Cassina Riz- zardi. Le sue idee in proposito sono, con incredibile chiarezza, espresse nel seguente periodo. “ Le pied des grands glaciers arrive dans la plaine et s’étend sur le sommet di còne torrentiel: les eaux produites par l’abla- tion creusent d’avantage leur lit dans le diduvium et arrivent sur la couche marneuse du pliocène. Le glacier s'avance encore, fouille le diluvium et creuse la marne en s’enfoncant dans l’épaisseur de cette roche si tendre, et-rendu molle par la présence de l’eau., Ma ora non c'è più nemmeno da discorrerne. Il diluvium non esiste nemmeno: nessun menomo indizio di creusement nelle ar- gille. Essi son là in strati regolarissimi, non disturbati, orizzon- tali, solo qualche volta ondulati, come avviene degli strati irre- golarmente compressi. I massi striati son là dentro sepolti, per- fettamente lavati dalle onde. Nessuna traccia appare di una via, per cui siano entrati in una massa argillosa già formata. Nessun indizio che vi siano stati cacciati dentro da una forza qualunque; nessun indizio nemmeno che si sieno infossati propriamente nelle argille già formate, sdrucciolando dall'alto del ghiacciaio. Come dissi nella mia Memoria Il mare glaciale al piede delle Alpi, gli strati d’argilla inferiori ai massi si ripiegano all’ingiù, cioè sin- clinalmente, come schiacciati allora allora dal peso del masso che posa sul fondo del mare, mentre. gli strati superiori al masso si piegano all’ insù, cioè anticlinalmente, come modellandosi sul masso sporgente dal fondo. Sulle argille pure, sparse di massi gla- SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 193 ciali, seguono delle argille sporche, sparse di abbondante detrito glaciale, poi un deposito misto, marino-glaciale, poi morene, schiette morene, in forma d’anfiteatro morenico. L’ho detto e ripetuto ab- bastanza. In fine, a parte tutto, con codesto scavamento, che spazza i laghi fino alla profondità di 300, di 800 metri, rove- sciando montagne di detrito o sul fondo marino o sopra un molle terreno, insieme mescolando il detrito glaciale con quello dei fondi marini o dei terreni molli, rotti, trapassati, scomposti, sfracellati, è possibile la conservazione di tante conchiglie dilicatissime, de- gli echini papiracei che vi si fossero trovati o viventi o fossili? Di tritume conchigliaceo, di conchiglie rotolate, di pezzi di grosse conchiglie, come si trovano sui lidi battuti dalle onde, ce n°ha fin che si vuole insieme a conchiglie delicatissime, intatte, tinte dei loro colori nativi. Ma non ve n’ha una che si mostri stritolata sul posto, per forza di compressione, come dovevano esserlo tutte in quel pigia pigia, che avrebbe polverizzato una montagna di granito. Mi pare insomma tempo perduto quello che impieghiamo a combatterci sul campo, non delle teorie, ma dei fatti i più di- scussi, i più accertati. Quanto a me crederò di spenderlo assai meglio d’ora in avanti allargandone l’ applicazione, cercando di risolvere i molti nuovi problemi, che, come ogni scoperta, solle- vano quelle nuovissime fatte nei dintorni di Como. In quali con- dizioni, per esempio, erano i nostri laghi, quando i ghiacciai tro- vavano il mare ai limiti settentrionali dell’attuale pianura? Come non furono ripiene da quelle argille marine, che a Camerlata, a Balerna, a Varese, si trovano forse a 300 metri sul loro livello? E se le argille riempivano i laghi, quale agente ne li sgombrò, negandosi l’ ipotesi della riescavazione nel senso del signor Ga- staldi ? Forse a sciogliere questi e altri problemi gioveranno le osser- vazioni sui rapporti fra il terreno glaciale, o i suoi equivalenti, che si trovano ai piedi degli Apennini, e i terreni marini plioce- nici, che vi presentano tanto e così visibile sviluppo. Intanto la morena dell’alta Val d’Arni, da me scoperta in compagnia del com- Vol, XVIII. 13 194 A. STOPPANI pianto Spreafico, è là da vedersi da chi vuole, anche dopo che la sua esistenza venne contestata dal signor De Stefani.® Davvero quand’io pubblicai quella piccola Nota sull'esistenza di quella mo- | rena, era lontano da qualunque sospetto che alcuno volesse im- pugnare ciò che è puramente un fatto, un fatto semplicissimo, i i che può chiunque e quando vuole verificare. Ebbi anzi l’ingenuità di credere che gli studiosi della geologia, principalmente in To- scana, avrebbero compresa tutta l’importanza di quella scoperta, e si sarebbero affrettati ad estendere le indagini in quella e nelle |. circostanti regioni, dove la morena di Arni non può esser sola. | Sapendosi ora invece. come il signor De Stefani scrive sul serio per disingannare quanti avessero avuto per avventura la debo- | lezza di credermi capace di distinguere una morena da un altro deposito qualunque; a nessuno verrà in mente che egli non siasi _ recato apposta sul luogo, e abbia raccolte tutte le prove per dimo- strare che una morena non è una morena, e i ciottoli striati non sono ciottoli striati. Ma no. Egli era stato in Val d’Arni nell’agosto del 1872, quasi nel tempo stesso ch’ io scriveva la mia Nota, ma naturalmente senza conoscere, com’egli stesso l’avverte, nè le mie idee, nè le mie osservazioni, quindi ben lontano dal pensiero di verificarle e di controllarle. È ben vero che, come pur dice, era messo in sull’avviso da un discorso fattogli incidentalmente dal signor Emilio Simi, il quale gli aveva detto esservi l’ idea che i depositi d’Arni fossero glaciali. Ma ciò non bastava certamente a metterlo in grado di controllare delle osservazioni, ch' egli non conosceva. Quale meraviglia se il signor De Stefani non vide ciò che altri geologi più provetti non avevano veduto prima di lui? E dopo che le mie osservazioni gli furono note, perchè non af- frettarsi a verificarle prima di farsi a impugnarle? Ma il signor De Stefani si fidò interamente della sua memoria. “ Ripensando ! Stoppani, Sull’esistenza di un antico ghiacciaio nelle Alpi Apuane. Rendiconti dell'Istituto Lombardo, vol. V, fasc. XIV. Milano, 1872. ® De Stefani, Dei depositi alluvionali e della mancanza di terreni glaciali nel- V Apennino della valle del Serchio, e nelle Alpi Apuane. Boll. del Com. Geolog. d’Italia, N, 1 e 2, 1875, SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. 195 adesso, così scrive il De Stefani, alla forma e alle circostanze della valle, non ricordo d’avervi veduto quegli indizi sì caratteristici del passaggio dei ghiacciai; indizii del resto, che, salvo la striatura dei massi calcarei all’ estremità occidentale della morena, ove di- scende dal monte Altissimo, non son notati nemmeno dallo Stop- pani. Per questa ragione e per i caratteri da me notati sopra, ri- tengo che il deposito d’Arni, formatosi all’incontro dei canali di Ciola e d’Arni, e nel basso di quei canali, dove il loro ripido pendìo diminuisce, sia un deposito semplicemente alluvionale, come tutti gli altri delle Alpi Apuane esaminati. ,, Dunque io non ho notato altri indizi ch@la striatura dei massì calcarei. Excusez du peu... Dico così perchè la presenza di ciot- toli striati non è nemmeno necessaria per indicare un deposito glaciale, ed è un miracolo che se ne trovino nelle Alpi Apuane, costituite quasi unicamente di roccia calcarea, che può benissimo essere striata, ma non può striare.! Ma quando i ciottoli striati esistono (ed esistono per buona ventura nella morena d’Arni) è proprio il caso di dire che il documento porta, oltre gli altri ca- ratteri di autenticità, il suggello e la firma del redattore. Del resto non è vero che io non abbia riferito, fuori della striatura dei massi, altri argomenti dell’origine glaciale di quel deposito. Ho descritto la morena d’Arni e il circo da cui dipende, come si descrivono tutte le morene e tutti i circhi morenici. Via; si tratta di una cosa di troppa importanza, perchè il signor De Stefani ci mandi a spasso con un ripensando, con un non mi ricordo. Perchè chi vuol verificare ciò che il signor De Stefani credette così imme- ritevole di verifica non sia obbligato a frugare nei Lendiconti del K. Istituto Lombardo, ecco per intero il passo di quella mia Nota, che contiene la descrizione della morena di Val d’Arni. “ L’alta Val d’Arni presenta un non vasto circo, chiuso a sud- ovest dal monte Altissimo (1590 metri) e dalle sue propagini; a nord-ovest dal monte del Vestito e dal monte Sella; a nord-est dal 'Ognun sa che le strie glaciali non sono che scalfitture prodotte dalle rocce più dure sulla superficie delle rocce più molli, principalmente da granelli di quarzo sui ciottoli di calcare, di serpentino, ecc. 196 A. STOPPANI, SUI RAPPORTI DEL TERRENO GLACIALE, ECC. monte Sella e dal monte Fiocca, colle rispettive propagini, rima- nendo aperto verso sud-est. Una lamina di monte, che si stacca da nord a sud fra il monte del Vestito e il monte Sella, divide quel circo in due valli, una ad est, percorsa dal canale di Arni, l’altra ad ovest, per cui discende il canale di Ciola. I due torrenti si riuniscono a Campogrino, sotto Arni Tognacci, per gettarsi così riuniti nella Tòrrite Secca, che è il vero fiume recipiente della Val d’Arni. È precisamente a Campogrino che si trova il limite infe- riore della morena frontale accennata. Il ghiacciaio della Val d’Arni occupava evidentemente il doppio bacino, era cioè diviso in due piccoli ghiacciai, o vedette, le quali si riunivano tra Arni e Cam- pogrino, formando una sola fronte, delineata dalla morena. La stessa morena si presenta ora sotto forma di un gran cumulo de- tritico, che accenna a sbarrare tutta la Val d’Arni, appoggiandosi alle falde dell’Altissimo ad ovest, e a quelle del monte Fiocca ad est. È però naturalmente divisa in più parti dai due torrenti, e da torrentelli minori. “ La morena della Val d’Arni è composta quasi unicamente di massi di bianco saccaroide, roccia che costituisce quasi per in- tero le montagne all’ingiro della valle. Dalla parte dell’ Altissimo abbiamo tuttavia degli schisti talcosi, talora quarziferi, che si veg- gono sparsi in poca quantità entro il minor detrito della morena. Alla presenza di queste rocce si deve certamente la striatura dei massi calcarei, fenomeno che ci si presentò nel modo più evidente alla estremità occidentale della morena, precisamente ove discende dal monte Altissimo. Il geologo potrà, senza pena, raccogliere dei ciottoli striati, non meno evidenti dei migliori offerti dalle an- tiche morene subalpine. La morena è per lo più incoerente; ma salendo da Campogrino ad Arni s’ incontra un conglomerato, a elementi caotici, il quale non è altro che una porzione di morena cementata dal carbonato di calce, per 1’ azione delle acque plu- viali. , SULLA TAPHROBIA PILCHARDI NUOVO GENERE DI CROSTACEI PARASSITI NOTA DEL PROF. EMILIO CORNALIA. Con una tavola (6.2). (Seduta del 80 maggio 1875.) Dopo i lavori del Nordmann, dell’ Edwards e dello Steenstrup, che fecero conoscere già da alcuni anni una copia sorprendente di nuove forme di crostacei inferiori parassiti d’ altri animali, i naturalisti diressero la loro attenzione sopra questi esseri, at- tirati o dalla singolarità delle forme, o dalla stranezza delle me- tamorfosi, o dalla varietà della loro dimora o degli esseri su cui vivono. Per tacer d’altri, il Kroyer, il Lillieborg, il Thorell; il Claus e 1’ Hesse, continuarono in questi ultimi anni a pubblicar nuovi generi e nuove specie di questi crostacei succhiatori che è duopo ricercare sia nella pelle, o sulle branchie, o negl’ organi interni degli animali nuotanti o fissi sul fondo del mare, non esclusi i più degradati, quali vermi, ascidie e via discorrendo. Tutto rende interessantissimo pel naturalista lo studio di que- sti crostacei di difficile ricerca non solo, ma ‘ancora spesso di difficile classificazione. Le forme strane che presentano, le tra- sformazioni che subiscono spesso, le differenze delle diverse età e dei sessi, tutto concorre a far di questi ultimi crostacei un gruppo dei più singolari. Io ebbi già altre volte occasione d’occuparmi di alcuni d’essi; come quando feci conoscere il Gyropeltis doradis, la Gyge branchialis e meglio ancora quando descrissi e fisurai la Lophoura Edward- st di Kéllicker che spinge il suo capo a ridosso del corpo delle 198 È. CORNALIA vertebre del Lepidoleprus celorhynchus, e che s° avvicina, per la sua struttura all’ Hemobaphes cyclopterina di Fabricio, studiata dallo Steenstrup e dal Liitksen. All’ ordine delle lerneidi appartiene del pari il parassito di cui do ora conoscenza; singolare per la sua semplicità, 'e per i suoi rapporti con crostacei d’altri ordini. Il parassito in discorso abita sul corpo della Clupea pilchardus e fu trovato dal socio sig. Bellotti, conservatore del Museo civico, sul mercato a Nizza nel novembre ultimo scorso. Il nostro col- lega che nelle frequenti dimore fatte in riva al Mediterraneo, raccoglie pesci che studia e dona generosamente al Museo, 8’ av- vide un giorno di due fili che uscivano dal fianco destro di una, clupea, e sospettando del caso, raccolse quell’individuo, e me lo consegnò. Quei due fili non sono altro che i lunghi ovarii spor- genti e liberi del parassita di cui intendo dar conoscenza e che si vedono nella figura 1.* dell’ annessa tavola. Uscivano quei due fili da un foro a metà l’altezza del corpo, appena al disopra della pinna pettorale. A quel foro succede un ca- nale, che spaccato si vede dirigersi in avanti e in alto; de- correndo fra muscoli e approfondandosi un poco per metter foce nella cavità branchiale. Questo canale misura la lunghezza di 12 millimetri, ed è leggermente indicato all’esterno, lungo il suo decorso, da un leggero rialzo della pelle, che può già far sospettare all’esistenza d’una galleria o cunicolo sottoposto. In questa galleria giace il corpo del crostaceo, che se la scava a sua dimora, donde trasse il nome generico che propongo e che suona cumiculum habitans.! Questa galleria è di qualche poco più breve del corpo dell’animale, i cui lobi, terminanti la parte posteriore del corpo e donde sorgono gli ovarii, sporgono dalla pelle, e mentre dal foro interno sporge la parte anteriore del corpo per raggiungere le branchie sulle quali l’animale sta fissato. Il corpo si risolve in un tenue cilindro appuntato anterior- (1) Tegpos cuniculum, Bow vivo (Bios vita) NUOVO GENERE DI CROSTACEI PARASSITI. 199 mente, troncato al di dietro. La sua lunghezza è di 14 millime- tri. Veduto di profilo (fig. 4) ha una leggera forma sigmoidea, pure acuminata da una parte e tronca dall’altra con una intac- catura al margine libero. Veduto dal dorso, l’estremità posteriore termina con due lobi (fig. 2 e 3) di cui uno mediano e due la- terali, i quali sono preceduti da un legger ristringimento del corpo stesso. È dai due solchi, che dividono i tre lobi, che par- tono i due tubi ovarici. La cute della Taphrobia è dura, quasi coriacea; bianca, opaca. Sulla parte inferiore o addominale del corpo, alla distanza di 5 millimetri dalla estremità cefalica, sorge una grossa papilla, perforata nel centro. Questa specie di ventosa ha un piccolis- simo peduncolo (fig. 5) che subito s’ allarga in un bottone che porta nel centro l’ apertura tondeggiante con cui 1’ animale sta aderente alla branchia da cui trae il suo nutrimento. La ven- tosa è rotonda (fig. 6 e 7) e non presenta nella sua infossatura che due piccoli rialzi che potranno nominarsi mascelle (fig. 7) Queste sorgono dal semicerchio posteriore della ventosa, sono coniche e appena visibili all'occhio armato di lente. Nessun altro vestigio di appendice, sia paragonabile a zampa, sia paragonabile a mascelle, sorge sul corpo della Taphrobia che in ciò raggiunge il massimo della semplicità. Dalla parte posteriore fra i lobi dell’ estremità troncata, si staccano gli ovarii: due lunghi fili, della lunghezza di 50 milli- metri. Così raggiungono quasi il quadruplo della lunghezza del corpo. Questi ovarii, del diametro di un millimetro, contengono una serie unica di uova, come si vede nei Galigus, nella Dine- matura ecc. fra i Sifonostomi e nelle Lerneonema fra i Lerneidi. Con quest’ ultimo genere ha la Taphrobia molti rapporti, tra cui l’ estrema semplicità di tutto il corpo, superata anzi qui per la mancanza di rigonfiamento cefalico e di corna partenti da questo e per la mancanza di-collo più o meno annuloso. Ciò che caratterizza la Taphrobia della clupea è la ventosa addominale che richiama quella posseduta dalla femmina dei Peltogastri. Il maschio dei crostacei di questo genere si sa as- 200 E. CORNALIA, NUOVO GENERE Di CROSTACEI PARASSITI. sai affine ai Bopyrus, mentre le femmine, come sarebbero quelle dei Peltogaster tan e del Peltogaster Paguri, descritte e figurate dall’ Hesse, l’infaticabile perlustratore dei crostacei sulle coste di Francia, hanno un corpo cilindrico troncato posteriormente e che offre una ventosa che si stacca a metà circa della lun- ghezza del corpo. Ma queste femmine di Peltogaster, di picco- lissime dimensioni, hanno poi altri caratteri a sè che le fanno differenziare. Per tutte queste particolarità ritengo nuovo il genere de- scritto, ma ancor di incerta collocazione nel sistema carcinolo- gico. Su questo argomento ritornerò appena, avutone qualche al- tro esemplare e possibilmente qualche maschio, potrò in così fatta maniera estendere le mie osservazioni, ed aggiungere an- cora ai dati dell’ esterna configurazione quelli dell’interno orga- nismo, ciò che permetterà meglio di quello che non finora abbia fatto, di mettere in luce i rapporti zoologici della novella specie. dii stan vi lifo---* la. "1 CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D’ITALIA PER CURA DI PAOLO PANCERI Professore d’Anatomia comparata nella R. Università di Napoli (Seduta del 30 maggio 1875). PREFAZIONE Lo studio delle classi degli anellidi e delle turbellarie, tanto ricche di forme differenti sotto le apparenze di una costante uni- formità, tanto interessanti per la struttura, le metamorfosi, le differenze inaspettate, i misteriosi ufficî di organi così molteplici e complicati, ha ricevuto in questi ultimi anni nuovo impulso dall'opera di egregi osservatori. Senza dire di que’ naturalisti, che, principalmente nel settentrione di Europa, posero larghe fonda- menta a questi studî, pel Mediterraneo Savigny G. C., Renier, Grube, Delle Chiaje, Audouin, Edwards, Quatrefages, Oscar Schmidt, Ehlers, e Claparède vanno annoverati come i più strenui campioni. A questi si aggiungono altri esimî come Philippi, i Costa, Nardo, Krohn, Blanchard, R. Leuckart, Kolliker, Max Schultze , Max Miiller, Busch e più recentemente Keferstein, Mecznikoff e Kowalewsky, i quali, occupandosi principalmente di altre classi del regno animale o di argomenti anatomici, fecero, a volta ‘a volta, incursione in questo campo, svelando nuove forme ed im- portanti fatti. - Le difficoltà di rilevare o valutare i caratteri, e di dar base pertanto con esatte apprezziazioni ad una classificazione naturale degli anellidi, furono cagioni che distolsero, a mio credere, molti osservatori da questo studio, concorrendo pure in Italia il fatto che poche coste si prestano alla esplorazione, o perchè inospitali, 202 P. PANCERI ovvero per la natura poco favorevole dei fondi, come, per esempio, la costa Adriatica verso il Sud e in genere tutti i lidi sabbiosi, amando la maggioranza degli anellidi preferibilmente i golfi e i fondi varî degli arcipelaghi e degli stretti. È perciò che nell'Adriatico, avendo gli stessi osservatori esa- minate e studiate le due sponde, ci è convenuto, nel comporre il Catalogo degli anellidi e delle turbellarie d’Italia, comprendere anche quelli e quelle dell’Istria, di Quarnero e delle coste Dal- mate, ricchissime al confronto della costa orientale italiana. Così pure abbiamo annoverati quelli di Nizza e Villafranca, luoghi a ra- gione celebrati e dove tanti naturalisti concorsero allo studio de- gli animali del mare. Con tutto questo, crediamo sia ben scarso per le nostre co- ste il numero delle specie e forse anche dei generi che ora sono noti, a confronto di quelli che verranno da più estesi studî posti in evidenza, essendo d’altra parte, per molti di questi animali, a completarsi la storia della vita e delle metamorfosi, sia collo studio dello sviluppo e delle forme larvali, come con quello delle forme pelagiche, per cui ora le eteronereidi natanti non sono altro che una forma speciale delle nereidi della forma errante ordinaria, verificandosi per di più la presenza di organi sessuali atti alla. generazione nei due stadî. E tanto dicasi per le forme littorali che sono quelle dagli autori e da noi registrate, giacchè non per anco sulle nostre coste ed in genere nel Mediterraneo, si sono fatte esplorazioni regolari in punti diversi ed a diverse considerevoli profondità, onde deter- minare le zone differenti coi loro differenti abitatori. Per mia espe- rienza posso assicurare, che, ogni volta che nel golfo di Napoli o in quello della Spezia o di Villafranca o nelle lagune venete, buttai la draga ad una notevole profondità, ovvero feci far ricerche nelle reti a strascico pescanti nel profondo, ebbi sempre forme di ani- mali o nuove, ovvero inattese perchè dichiarate rarissime dai na- turalisti o proprie di altri mari. Anche gli anellidi oligocheti e le turbellarie delle acque dolci, fornirono di rado soggetto di studio in Italia, riferendosi in generale alle forme che trovansi in tutta O NRE SRI o STR TI O n. CATALOGO DEGLI ANELLIDI GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 203 Europa; non pertanto sarebbe importante fossero in diversi luoghi della penisola studiate attentamente le specie e pubblicate per comune conoscenza e per confronto. A questo catalogo nostro che comprende, con gli anellidi, i ge- firei e le turbellarie, abbiamo fatto precedere la bibliografia, re- gistrando tutte quelle Opere e Memorie che trattano in partico- lare od in capitoli speciali, degli anellidi italiani, quelle di autori stranieri in cui sono citate e descritte specie italiane, ovvero ge- neri di cui noi possediamo rappresentanti, ed anche quelle intorno alla anatomia e fisiologia di questi animali nel solo caso che con- tengano parti di sistematica, ovvero dati importanti per la me- desima, o per lo studio delle metamorfosi e quindi della biologia delle singole specie. Nell’ordinare le famiglie abbiamo seguìto il comune andamento, ponendo da parte le suddivisioni ed evitando spesso di citare od introdurre tanti sottogeneri nuovi, che sono usati per gli anellidi dei mari del Nord principalmente dai ch. Kinberg e Malmgreen, ed anche quelli introdotti dal ch. Quatrefages, non essendo in certi casi opportuni, ovvero per ciò che, non avendo potuto esa- minare tutte le specie di un dato genere, nè tutte essendo con egual metodo e cura descritte, avremmo dovuto lasciare molte di esse in dubbio, o compilare poi un catalogo speciale delle species inquirendae. I sinonimi li abbiamo citati in poco numero epperò i più noti ed importanti, e preferibilmentè quelli a cui corrispon- dono figure, e, nel dire delle località, abbiamo curato di specifi- care il luogo come si usa nelle faune, piuttosto che la regione, sic- come suol farsi nei cataloghi e nelle opere generali, e tanto per fornire fondamento alla conoscenza esatta della distribuzione geo- grafica. i Noi ci lusinghiamo di aver fatto lavoro che potrà essere di qualche utilità, come indice, ai naturalisti italiani ed agli stranieri che vengono a queste sponde per tal genere di studî, ed avremmo poi in conto di lavoro utilissimo, le aggiunzioni e le rettificazioni che fossero per farsi da altri in prosieguo. Napoli, gennaio 1875. PaoLo PANCERI. BIBLIOGRAFIA ‘- Audouin et Edwards M. Classification des Annélides et description de celles qui abitent les còtes de France. An. Sc. Nat. t. XXVII, 1832; t. XXVIII, XXIX e XXX, 1833. Baird. 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Abbiamo collocata la Tomopteris in un ordine speciale con Grube e Sehmarda, attesa la grande dissimiglianza con gli altri anellidi policheti, coi quali d’ordinario è commista. 2 Molto probabilmente la Milnesia nuda di Quatrefages trovata in Sicilia all’i- sola Favignana è il giovane dell’Aprrodite aculeata, come lo è PA, borealis di John- ton, (Milnesia hborealis Qtrgs.) CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D’ITALIA. 313 = Monocolea tessellata A. Costa. Napoli Delle Chiaje, Costa, Claparède, etc. spinifera Ehlers. — Quarnero Ehlers, Napoli Claparède, rara. torquata Claprd. — Napoli, rara. extenuata Gr. — Napoli Grube, Claparède. areolata Gr. — Cherso, Portoré, Lussin Grube. Napoli co- mune. = Eumolpe scutellata. — Risso? Grubiana Claprd. — Napoli. reticulata Claprd. — Napoli, rara, Trieste, nel porto, Ma- renzeller. vasculosa Claprd. — Napoli. laevigata Clapdr. — Napoli. clypeata Gr. = Eumolpe squamata D.Ch. ) Cherso, Zaole, Lussin elegans Gr. Grube. cirrata Sav. — Lussin Grube. longisetis Gr. — Lussin. pellucida Ehl. — Quarnero. lamprophthalma Marenz. crassipalpa Marenz. turcica Panceri. — Napoli S.° Servola presso Zaole. Corpus longitudine 40mm, latit. 7mw, lividum, segmentis setigeris 40. Elytra, paria 14, suborbicularia, valde ‘imbricata, byalina, margine integro, macula media semilu- nari candida, et zona granulosa triangulari prope elytrophorum. Acholoe Claprd. astericola. = Polynoe astericola D. Ch., P. malleata Gr. Napoli Delle Chiaje, Claparède, etc. Trieste Ma- renzeller e Grube; vive sugli ASTROPECTEN AURAN- TIACUS, BISPINOSUS, PLATYACANTHUS, nei solchi interambu- lacrali. 2 dd P. PANCERI, Pholoe Johnst. synophthalmica Claprd. — Napoli, rara. bievicornis Panceri. — Napoli. Corpus longitudine 10m», latitudine 4mm, Oculi, paria duo geminata. Elytra reniformia, hyalina; papillis ad marginem et in superficie minimis. Antennae, palpi et cirri tentaculares obtusi et brevissimi. Stenelais Kinb. ctenolepis Claprd. — Napoli, Costa, Claparède. fuliginosa Claprd. — Napoli, Claparède, Baja di Muggia presso Trieste Marenzeller. leiolepis Claprd. — Napoli. dendrolepis Claprd. = Sigalion vittatum D. Ch. — Napoli. limicola Ehl. = Sigalion limicola Ehl. — Quarnero. Lepidopleurus Claprd. inclusus Claprd. — Napoli. Sigalion Aud. Edw. squamatum D. Ch. — Napoli, Delle Chiaje Costa, Cla- parède, etc. Matildae Aud. Edw. idunae Rathke. — Zaole, Lussin Grube. tetragonum Oerst. — Leanira tetragona Malmgr. — Zaole Grube. Psammolyce Kinbersg. arenosa Claprd. = Sigalion arenosum D. Ch. — Napoli, Delle Chiaje, Costa etc., comune. Polyodontes Renier. mazxillosus Aud. Edw. — Phyllodoce maxillosa Ranzani. Adriatico, coste italiane, Ranzani, Renier. Napoli Delle Chiaje, Costa, Claparède, etc., molto raro. Blainvillei. = Sigalion Blainvillei Costa. — Napoli. »‘ TT IA CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI È TURBELLARIE D’ITALIA. dI5 Famiglia IIa PALMIRIDI. Chrysopetalum Enhlers. fragile Ehl. — Quarnero Ehlers, Napoli Claparède. debile Ehl. — raro. = Palmyra debilis Gr. — Villafranca dub Adriatico Ehlers. Famiglia IIIa AMFINOMIDI. Amphinome Bruguières. Savignyi Brullé. — Sicilia: Qtrfos. Euphrosyne Say. Audovimi. = Lophonota Audouinii O. Costa. = Euphrosyne mediterranea Gr., racemosa Ehl. Napoli, Costa, SO dale Quai Ehlers; Lus- sin Grube. myrtosa Sav. — Cherso Grube. miniacea = Sphinther miniaceus Gr. — daole; pale Say. 1 venusta Qftres. — Palermo. Zothea Risso (genus incertum.) meridionalis Ris. — Nizza. Nerinella Nardo (genus incertum.) chermesina Renier. = Nereis et Amphinome chermisina Ren. — Venezia. Famiglia IV.8 EUNICIDI. Eunice Cuv. Qtrfos. vittata D. Ch. 1 La Chloeia rupestris Risso è probabilmente una Eunice. tal P. PANCERI, = E. pennata O. F. Miiller. = E-minuta Grube (juv.) — Napoli Delle Chiaje, Cla- parède, Adriatico Grube. cingulata Claprd. — Napoli. taema Claprd. — Napoli, rara. gigantea D. Ch. = E. maxima Qtrfgs. — Napoli Delle Chiaje, rarissima. sanguinea D. Ch. — Napoli Delle Chiaje, Cherso Lussin Martinsica Grube. Bertoloni D. Ch. — Napoli. gallica Sav. — Napoli Grube. Harassiiù Aud. Edw. = E. Claparedii Qtrfgs. —-Napoli, comune; Cherso, Lussin, Zaole Grube. Laurillardi Qrrfss. — Nizza Laurillard, Palermo Qtrgs. siciliensis Gr. — Adriatico Grube; Ehlers, Schmarda; Napoli Claparède. == Adriatica Schmarda. schizobranchia Claprd. — Napoli. ebranchiata Qrfss. — Palermo. Belliù Aud. Edw. = Marphysa Bellii Qtrfos ; Trieste Marenzeller. violacea Gr. — Portorè Grube, Napoli, rara. . _ rubrocineta Ehl. limosa EAl. Quarnero. ? zonata D. Ch. — Napoli Delle Chiaje, Genova Verany. ?Grinewaldii. = Leodice Griinewaldi Risso. — Nizza. Diopatra Aud. Edw. neapolitana D. Ch. = Nereis cupreaauct. — Napoli, comune, Adriatico Grube. simplex Gr. — Napoli. Baerù Gr. — Adriatico e Mediterraneo. simplex Gr. — Mediterraneo. longissima Gr. — Mediterraneo. dI CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 517 Onuphis Aud. Edw. sicula Qtrfss. — Palermo. tubicola Mill. — Napoli, Lussin Grube. Panceri Claprd. — Napoli. ? filicornis D. Ch. — Napoli. Lysidice Sav. i torquata A. Costa. Qtrfgs. — Napoli. Valentina Sav. — Genova Verany, Nizza Risso. punctata Gr. — Martinsica, Cherso, Lussin, Villafranca Grube. margaritacea Claprd. — Napoli. ? communis D. Ch. — Napoli. Halla A. Costa. parthenopeja = Lysidice parthenopeja D. Ch. = Cirrobranchia parthenopeja Ehl. — Napoli, comune. Staurocephalus Gr. Chiaji Claprd. — Napoli Delle Chiaje (figura anonima) Claparède. rubrovittatus Gr. — Zaole, Cherso, Lussin. Rudolphi Ehl. = Nereis Rudolphi D. Ch. — Napoli. Hyalinoecia Malmer. rigida Claprd. — Napoli. Lumbriconereis Blainv. ! coccinea Ren. = Nereis coccinea Ren. — Venezia. = Lumbrinerus coccineus D. Ch. — Napoli; Genova V e- rany. Nardonis Gr. — Adriatico Grube; Napoli Claparède. impatiens Claprd. = Lumbrinerus fragilis D. Ch. — Napoli. gracilis Ehl. — Quarnero. breviceps Ehl. — Napoli. * 1 L’Ophriotrocha è 1a larva di un Lumbriconereis o di un Notocirrus. 2 Il Lumbrinerus Nisidensis D. Ch, è indeterminabile. 518 P. PANCERI, Nematonereis Schmarda. unicornis Gr. = Lumbriconereis unicornis Gr. — Adriatico Grube. —= Nematonereis Grubei Qtrfgs. — Napoli Claparède, raro. i oculata Ehl. — Quarnero. Notocirrus Schmarda. Hilairii = Lumbrinerus S.° Hilairii Delle Chiaje. — Napoli. = Lumbriconereis quadristriatus Ja = Arabella quadristriata gia ent ir geniculatus Claprd. — Napoli. ‘ Drilonereis Claprd. filum = Lumbriconereis filum Claprd. — Napoli. Famiglia V.a L ICORIDEI. Nereis L. (sens. strict.). Forma errante Ner. Dumerilii auct. = , peritonealis Clapr.] Cherso Portorè Dumeriliù Aud. }forma natante Grube. Edw. Heteronereis Malmgre- ( Napoli Clapa- eni Claprd. rède etc. = Heteronereis fucicola. Oerst. Forma errante Ner. cultrifera auct. A i Cherso Portorè Ner. ventilabrum D. Ch. |. Gata Qtrfos. (2) cultrifera Gr. Forma natante i Sa 7 ih dhe Heteronereis lobulata Napoli C A pa- Jonst. rède etc. = Heteronereis Beaucou- drayi Keferst. 41Il Lumbriconerus Rolandi D. Ch. è certamente un Notocirrus. 9 CATALOGO DEGLI ANELLIDÎ, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 519 1 macropus Claprd. — Napoli. parallelogramma Claprd. = N. pulsatoria Gr. i = N. perivisceralis Claprd (juv.) EMersiana Claprd. — Napoli. Kinbergiana Claprd. — Napoli. glauca Claprd. — Napoli. coccinea D. Ch. — Napoli, comune. guttata Claprd. — Napoli. caudata D. Ch. — Napoli. = N. diversicolor O. F. Mill. — Trieste Grube. imbecillis Gr. — Napoli Grube. splendida Gr. — Napoli Grube. Costae Gr. — Napoli Grube, Cherso e Quarnero Eh lers. pulsatoria Montagu — Adriatico Grube. lamellosa Ehl. — Lagosta Adriat. cylindrata Ehl. — Quarnero. rava Ehl. — Quarnero rubicunda Ehl. — Quarnero. acuminata Ehl. — Napoli. ? Nicaensis Risso ?. — Nizza. ? cirrosa Risso. — Nizza. Adriatico Grube. Napoli Claparède. Famiglia VIA NEFTIDEI Nephthys. scolopendroides D. Ch. — Napoli, comune. = Neph. neapolitana Gr. Hombergi Aud. Edw. — Napoli Grube. 1 Registriamo quì la Heteronereis Oerstedii di Quatrefages delle coste di Sicilia di cui non conosciamo la forma errante. 2 Le Nereis Ranzani, Edwardsii, ventilabrum, quadricornis, thethycola, seaten- taculata, delineata di Delle Chiaje e lo Lycastis Blainvillei, Ottonis, Okeni dello Stesso autore non sono determinabili. d 520 d. PANCERÌ, Famiglia VII. GLICERIDI. Glycera alba Oerst. — Lussin Grube. capitata Oerst. — Lussin Grube. tesselata Gr. — Neresine Grube. folliculosa Ehl. — Napoli. unicornis Lk. — Genova Verany. Rhynchobolus Claprd. siphonostoma Claprd. = Glyc. siphonostoma D. Ch. — Napoli, comune. convolutus Claprd. = Glyc. convoluta Keferst. — Napoli, comune. Meckeli Claprd. — Napoli Claparède. = Glyc. Meckelii Aud. Edw. Goniada And. Edw. emerita And. Edw. — Nizza Laurillard. Famiglia VIIIL® SILLIDI. Syllis Sav. (sens. strict.) gracilis Gr. — Adriatico Grube, Napoli Claparède. »- hamata Claprd. — Napoli. simillima Claprd. — Napoli. bacilligera Claprd. — Napoli. aurita Claprd. — Napoli. aurantiaca Claprd. — Napoli. spongicola Gr. — Martinsica, Portorè. vittata Gr. — Palermo Grube, Zaole, Cherso Grube e Ma- renzeller. variegata Gr. — Cherso. hyalina Gr. — Neresine Crivizza. lussinensis Gr. — Neresine Grubbe, Zaole Marenzeller. migricirris Gr. — Neresine. E I E A) CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA, 521 brevicornis Gr. — Crivizza. fiumensis Ehl. — Quarnero. Krohmi Ehl. — Quarnero. pellucida Ehl. — Quarnero. scabra Ehl. — Quarnero. macrocola Marenz. — Trieste. Ehlersia Qtrfos. sexoculata Ehl. — Quarnero. Odontosyllis Claprd. ctenostoma Claprd. — Napoli. virescens Marenz. — Zaole. Isosyllis El. maculosa Ehl. = Exogone maculosa Qtrfos. — Nizza. Trypanosyllis Claprd. cocliaca Claprd. — Napoli. zebra = Syllis zebra Gr.— Cherso Grube, Zaole Marenzeller. Sphaerosyllis Claprd. pirifera Claprd. — Napoli. Claparedii Ehl. — Quarnero. histrix Claprd. — Zaole Marenzeller. Pterosyllis Claprd. lineolata Claprd. = Nicotia lineolata A. Costa. — Napoli. lineata Gr. = Amblyosyllis lineata Gr. — Cigale Grube, Zaole Ma- renzeller. plectorhynchus Marenz. — Zaole. Eurysyllis Eblers. tuberculata Ehl. — Quarnero. Anoplosyllis edentula Claprd. — Napoli. 1 Le Syllis gracilis, variegata, Rudolphi di Delle Chiaje sono indeterminabili, b22 . P. PANCERI, Syllides pulliger Krohn. — Napoli. Sylline Gr. rubro-punctata Gr. — Cherso. Antolytus prolifer Gr. — Adriatico e Villafranca. = Myrianida prolifera Qtrfos. Schultziù A. Agassiz. — Trieste. = Sacconereis Schultzii I. Miiller. hesperidum Claprd. — Napoli. Myrianida M. Edw. fasciata Edw. — Coste di Sicilia. maculata Claprd. — Napoli. Proceraea Ebl. picta Ehl. — Quarnero. = Myrianide picta Qtrfos. aurantiaca Claprd. — Napoli. luxurians Marenz. — Zaole. brachycephala Marenz. — Zaole. Grubea Qtrfes. limbata Claprd. — Napoli. tenuwicirrata Claprd. — Napoli. pusilla Claprd. — Zaole Marenzeller. dolichopoda Marenz. — Zaole. Paedophylax Claprd. claviger Claprd.— Napoli Claparède, Zaole Mar METTO. - veruger Claprd. — Napoli. Oophylax Ehl. Oerstedi = Exogone Oerstedi Koll. — Napoli. cirrata = Ex. cirrata Koll. — Messina, Tetraglene Gr. rosea Gr. — Adriatico. = Pseudosyllis brevipennis Gr. (forma neutra). = Syllis po Ehl. #) CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA, 523 Famiglia IX. ESIONIDI. Telamone Claprd. sicula D. Ch. = Hesione sicula D. Ch. — Napoli, comune. Savignyi O. Costa. pantherina Risso ? (') — Nizza. | » | » = Fallacia I Qtrfos. Psamathe Johnst. cirrata Keferst. — Napoli, rara. fusca Johnst. — Neresine Grube, Podarke EAl. albocincta Ehl. — Quarnero. viridescens Ehl. — Quarnero. agilis Ehl. — Quarnero Ehlers, Zaole Marenzeller. = Mania agilis Qtrfgs. Stephania Claprd. flecuosa D. Ch. = Nereis flexuosa D. Ch. — Napoli, comune. = Oxydromus fasciatus Gr. — Adriat. Grube Maren- zeller, vive unitamente all’ Aclioloe astericola so- pra gli Astropecten e la Luidia nei solchi inte- rambulacrali. Perib®wa El. longocirrata Ehl. — Quarnero. Orseis Ehl. (genus incertum) pulla Ehl. — Quarnero (an Podarke juv.). Tyrrhena Claprd. Claparedii = Castalia Claparedii A. Costa. — Napoli. Famiglie X. FILLODOCIDI.. Phyllodoce Sav. corniculata Claprd. — Napoli. ! L’ Hesione furtiva di Risso è indeterminabile, > 624 P. PANCERI, Pancerina Claprd. — Napoli, rara. Rathki Gr. — Palermo. Paretti Blainv. — Genova Verany, Napoli Delle Chiaje. clavigera Aud. Edw. — Napoli Grube. Geoffroyi Aud. Edw. — Napoli Grube. laminosa Sav. — Cherso Grube. albovittata Gr. — Martinsica, vittata Ehl. — Quarnero. lugens Ehl. — Quarnero. = Carobia lugens Qtrfgs. 4 Ehlersi Qtrfes. — Quarnero Ehlers. Eulalia Sav. pallida Claprd. — Napoli Claparède, Zaole Marenzeller, » microceros Claprd. — Napoli. macroceros Gr. = E. volucris Ehl. = Fracia volucris Qtrfgs. — Cherso Grube, Zaole Marenzeller, Quarnero Ehlers. punctifera Gr. — Lussin, Cherso. guttata Claprd. — Napoli. limbata Claprd. — Napoli. marginata Claprd. — Napoli. velifera Claprd. — Napoli. microcephala Claprd. — Napoli. viridis Sav. — Cherso Grube, Genova Verany. virens Ehl. — Quarnero Ehlers, Zaole Marenzeller. = Eracia virens Qtrfgs. obtecta Gr. — Martinsica. Aniatis Malmgr. cephalotes Claprd. — Napoli. , lineata Claprd. — Napoli. peremptoria Claprd. — Napoli. pusilla Claprd. — Napoli. Eteone Sav. siphonodonta Sav. — Napoli. = Lumbricus siphodonta D. Ch, da CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA, 525 lactea Claprd. — Napoli. armata Claprd. — Napoli. pterophora Ehl. — Quarnero. Hydrophanes Claprd. Krohnii Claprd. — Napoli Claparède, Krohn. ! Famiglia XI. ALCIOPIDI, Alciopa Aud. Edw. Cantrainii D. Ch. — Napoli nelle correnti marine, non rara. = Najades Cantraini D. Ch. = Liocapa 3 Claprd. Krohnùv Hering. — Messina. vittata Hering. — Messina. Bartelsu Hering. — Messina. lepidota Krohn. — Messina. = Krohnia lepidota Qtrfes. Edwardsi Krohn. = Alciope Reinaudii Krohn. i = Krohnia Edwardsii Qtrfgs. Liocapa Costa A. vertebralis Costa A. = Alciope candida D. Ch. — Napoli e Palermo nelle cor- renti marine, non rara. = Asterope candida Claprd. = Torea vitrea Qtrfos. Alciopina Claprd. Panceri. parasitica Claprd. Pane. — Napoli. Pancerii Bucholz. — Napoli. È i Le larve di entrambe le specie vivono parassite nello stomaco e canali gastro-vasco- lari della Cydippe densa. Rhynchonereella A. Costa. gracilis A. Costa. — Napoli, rara. Le larve sono parassite dei canali gastro-vascolari e dello stomaco della stessa Cydippe. 1 A questa famiglia appartengono certo l’ Eumenia tympana e viridissima di Risso, d’altronde mal caratterizzate. Vol, XVIII, ; 15 - id LA A dd w 526 i P. PANCERI, Vanadis Claprd. formosa Claprd. — Napoli Claparède, Krohn; rarissima. Famiglia XII. CIRRATULIDI. Cirratulus Lk. Lamarckii Aud. Edw. (D. Ch.?) Cherso Grube. tenuisetis Gr. — Cherso. chrysoderma Claprd. — Napoli. Cirrineris Blainv. Blainvillei. = Cirratulus Blainvillei Gr. Audouinia Qtrfss. filigera. = Cirratulus filigerus D. Ch. —.Napoli, comune. Adriatico Grube. Heterocirrus Gr. sazxicola Gr. — Lussin e Villafranca; trovansi in cunicoli sca- vati nelle pietre; perforante? multibranchis Gr. — Neresine. Famiglia XIII. CAPITELLIDI. Capitella Blainv. capitata. = Lumbricus capitatus Fabr. — Nel porto di Napoli, co- munissima. Costana Claprd. — nel porto di Napoli, comune. major Claprd. — Napoli nel porto, rarissima. Notosmatus Sars. È lateritius Sars. — Ossero Grube. lineatus Claprd. — Napoli. Dasybranchus Gr. caducus Gr. — Napoli liziio. raro. = Dasymallus caducus Gr. — Porto di Lussin e Crivizza Grube. CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 527 Famiglia XIV. OFELIACEI, Ophelia Sav. I radiata Claprd. = Lumbricus radiatus D. Ch. — Napoli, comunissima nella sabbia del lido. = Ophilia bicornis D. Ch.* = Neomeris urophylla O. Costa. = Ophelia neapolitana Qtrfgs. Armandia De Filippi. cirrhosa De-Fil. — Cagliari. oligops Marenzell. — Zaole. Polyophthalmus Qtrfss. Ehrenbergii Qrrfos. — Sicilia. pictus Qrfos. = Nais picta Dujard. Medit. Adriatico Grube. pallidus Claprd. = Nais bipunctata D. Ch. — Napoli, non raro. dubius Qurfos. — Nizza Edwards. Famiglia XV. ARENICOLIDI. = Arenicola Lk. * marina Malmgr. — Adriatico Ranzani. = A. Clavatus Ranz. = A. piscatorum Lk. et auct. — Napoli, non comune. = Lumbricus marinus D. Ch. — Genova Verany. = Chorizobranchus marinus Qtrfss. Grubii Claprd. — Napoli Claparède, Catania Grube. Famiglia XVI. ARICIDI. Aricia Sav. foetida Claprd. — Napoli, comune. 1 La Naîs De Horatiis D. Ch. ed il Lumbricus pusillus dello stesso autore, pro- habilmente appartengono ad anellidi di questo genere, ma non sono a. sufficienza de» finiti. 2? Politrocha è la larva dell’Arenicola. b28 P. PANCERI, Latreilli Aud. Edw. — Napoli Grube. = laevigata Gr. — Mediterraneo. Theodisca Fr. Miiller. liriostoma Claprd. — Napoli. Fira XVII. SPIONIDI. Spio O. Fabr. ! fuliginosus Claprd. Mecemkowianus Claprd. > porto di Napoli, comuni. bombixa Claprd. Prionospiò Malmgr. Malmgrenii Claprd. — Napoli, rara. Nerine Johnst. cirratulus = Lumbricus cirratulus D. Ch. — Napoli, comune nella sabbia. Sarsiana Claprd. — Napoli, rara. auriseta Claprd. — Napoli. vulgaris Johnst. — Trieste, Fiume Grube. Polydora Bosc. Agassizii Claprd. — Comune nel fango del porto di Napoli. hoplura Claprd. — Napoli, perfora le valve dei balani. antennata Claprd. — Napoli, in cunicoli nel legno sommerso. flava Claprd. — Napoli, in tubi di sabbia. Famiglia XVIII. CHETOPTERIDI. Chaetopterus Cuv. variopedatus Claprd.® — Venezia Renier, Nardo, Posilipo e Baja Grube Panceri, Trieste Will, Quarnero e Lussin Grube, raro. = Tricoelia variopedata Renier. 4 Le larve nel tipo di Loven, così dette, appartengono a questo genere, ? La Mesotrocha sexoculata è la larva di questa specie. DI nd CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 529 Phyllochaetopterus Gr. (Char. emendat.). gracilis Gr. pro parte. — Adriatico Lussin. = Spiochaetopterus gracilis Gr. Sars. socialis Claprd. — Napoli, comune. fallax Claprd. — Napoli, comune. major Claprd.—NapoliMecznikoff, Claparède; rarissimo. Telepsavus O. Costa * Costarum Claprd. — Napoli, comune. Ranzania Claprd. sagittaria Claprd. — Napoli, comune. Famiglia XIX. ERMELLIDI. Sabellaria Lk. alveolata L. — Genova Verany, Napoli Panceri. = Hermella Savignyi Qtrfgs. Lissoi Gr. — Nizza Risso. Famiglia XX. FERUSIDI. Siphonostoma Otto. diplochaitos Otto — Napoli, comune, Zaole Grube. — Chloraema dubium Qtrfgs. Stylarioides D. Ch. i — monilifer D. Ch. — Napoli, non raro: = Lophiocephalus Edwardsii O. Costa. = Pherusa barbata Qtrfes. Trophonia Aud. Edw. eruca Claprd. — Napoli. = Pherusa incrustata Qtrfos.? Famiglia XXI. AMFICTENIDI. Amphictene Sav. auricoma. — Napoli, non rara, Genova Verany. 1 La Mesotrocha è con ogni probabilità la larva del Telepsavus oppure di uno Spiochaetopterus. 1,3 530 ln P. PANCERI, = Amphitrite auricoma Miill. — Martinsica Grube. Scalis Gr. minax Gr. — Coste di Sicilia Otto. Pectinaria Lk. neapolitana Claprd. — Napoli, comune. = Pectinaria Malmgreni Gr. = Lagis Koreni Malmgr. ? castanea Risso. — Nizza. ? nigrescens Risso. — Nizza. Famiglia XXII. TEREBELLIDI. n CT nen Terebella L. ! Meckelù D. Ch. = Amphitrite Meckelii D. Ch. — Napoli, comune. . — Terebella nebulosa auct. — Sicilia Edwards. = Pallonia rapax A. Costa. flexuosa D. Ch. = Amphitrite flexuosa D. Ch. — Napoli, comune. misenensis O. Costa. = Physelia misenensis Qtrfos. — Golfo di Baja. flavescens Claprd. — Napoli. vestita Claprd. — Napoli. multisetosa Gr. — Napoli. laevirostris Claprd. — Napoli. sulcigera Claprd. — Napoli. misenensis O. Costa. — Napoli. cirrata Sav. — Napoli. viminalis Gr. — Zaole, Cherso, Lussin Grube, Palermo Quatrefages. i cretacea Gr. — Cherso. lutea Risso — Nizza Risso e Grube Lussin Grube. corallina Gr. — Cherso Grube, Villafranca Qtrgfs. ‘ = Heterophyselia corallina Qtrfgs. 4 La Monotrocha è la larva delle Terebelle. CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 531 turrita Gr. — Cherso. = Physelia turrita Qtrfos. rosea Gr. — Cherso. = Heterophyselia rosea Qtrfgs. compacta Gr. — Ossero, Neresine, Crivizza. cingulata Gr. — Lussin. pectinata Gr. — Neresine. ? rubra Risso — Nizza. Heteroterebella Qtrfgs. sanguinea Claprd. — Napoli, comune. madida = Terebella madida Leuck. = tI crocea Gr. — Portorè, Martinsica. Amphitrite O. F. Miill. (Malmgr.). cirrata O. F. M. — Neresine, Crivizza Grube. incana Claprd. — Napoli. 1 Phenacia Qtrfgs. triserialis Gr. = Terebella triserialis Gr. — Villafranca, Sicilia Qua- trefages, Cherso Grube. ambigrada Claprd. — Napoli. retrograda Claprd. — Napoli. Heterophenacia Qtrfgs. nucleolata Claprd. — Napoli Claparède, Mecznikoff. pustulosa Gr. = Terebella pustulosa Gr. — Quarnero. Polycirrus Gr. caliendrum Claprd. — Napoli, comune. aurantiacus Gr. — Cherso, Martinsica Grube, Napoli Pan- ceri. medusa Gr. — - Villafranca Grube, Napoli Panceri. ì Lo Amphitrite Olfersii, Nìsidensis e Neapolitana di Delle Chiaje sono indeter= minabili. bi 32 P. PANCERI, 4 Famiglia XXIII. AMFARETIDÌI. Amphicteis Gr. curvipalea Claprd. — Napoli, rara. Sabellides Gr. adspersus Gr. — Lussin. Melinna Malmgr. adriatica Marenz. — Zaole. Famiglia XXIV. SABELLIDI. Sabella L. latisetosa Gr. — Napoli. gracilis Gr. — Napoli. brachychona Claprd. — Napoli. saxicola Gr. — Martinsica Cherso Grube, perforante brevipalpis Gr. —- Pischio, Cherso. viola Gr. — Crivizza. fragilis Gr. — Crivizza. stichophthalmos Gr. — Crivizza. oculata Kròjer. — Lussin Grube. imberbis Gr. — Crivizza. ? ramosa Risso. = Amphitrite ramosa Risso. — Nizza. Branchiomma Koll. Kollikeri Claprd. — Napoli. - vigilans Claprd. — Napoli; vive sul dorso fra le elitre del- l’Aphrodite aculeata. vesiculosum Claprd. i = Sabella vesiculosa auct. var. neapolitana Claprd. — Napoli. candela Gr. — Lussin. Spirographis Viviani. 1 Le Sabella denudata ed euplaea di Delle Chiaje sono indeterminabili. CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 333 Spallanzani Viv. = Amphitrite e Sabella ventilabrum auct. = Amphitrite Josephinae Risso. = DistyliaJosephinae Qtrfgs.— Genova Viviani Vera ny, Nizza Risso, Napoli, comune, Adriatico Grube. longispira Qtrfes. — Sicilia. Fabricia Blainv. sabella Gr. — Napoli} comune. gracilis Gr. — Villafranca. Amphiglena Claprd. mediterranea. — Napoli, comune. = Amphicora Sa Leydig. Mixicola Koch. infundibulum. — Napoli rara, Trieste, Cherso, Portorè Gr ube. = Terebella infundibulum Renier. = Sabella D. Ch. Sav. Gr. Steenstrupii Kréòjer. — Privlaka, Dalmazia Grube. Pasichone Sars. Lucullana D. Ch. — Napoli, non rara. = Sabella lucullana D. Ch. Qtrfgs. — Genova Verany Cherso e Lussin Grube. polyzonos Gr. i = Sabella polyzonos Gr. — tasti Leptochone Claprd. aesthetica Claprd. — Napoli (errante). Dialychone Claprd. acustica Claprd. — Napoli. Laonome Malmer. salmacidis Claprd. — Napoli. Oria Qtrfos. Armandi Qtrfss. — Napoli, comune. Famiglia XXV. SERPULIDI. Serpula L. Philippi Morch. — Napoli Philippi. PeR, Se VI rt ‘P. PANCERI, = Serpula vermicularis Phil. — Serpula interrupta Qtrfes. — Palermo Quatrefages. aspera Phil. — Napoli Philippi, Cherso Grube. crater Claprd. = Serpula infundibulum D. Ch. — Napoli. echinata Gm. — Napoli Scacchi. cristallina Scacchi. — Napoli. = Placostegus cristallinus Philippi ? cereolus Gm. — Napoli Scacchi. torulosa D. Ch. — Napoli. glomerata L. — Napoli Grube. proboscidea Gm. — Napoli Grube. contortuplicata L. — Napoli e Adriatico Grube. pallida Phil. — Cherso Grube. venusta Phil. — Napoli. compressa Qtrfss. — Napoli. sulfurata Edw. — Nizza. lactea Edw. — Nizza. Eupomatus Phil. uncinatus Ph. — Cherso Grube. pectinatus Ph. = Serpula pectinata Ph. — Napoli. vermicularis D. Ch. = Serpula vermicularis L. — Napoli. lunulifer Claprd. — Napoli, raro. trypanon Claprd. — Napoli, sugli aculei dei Cydaris. Protula Risso. intestinum Lk. = Serpula intestinum Lk. — DArSL) non comune, Mar- tinsica Grube. = Protula Rudolphi Risso. — Nizza Risso. cinerea Forsk. — Lussin Grube. Pomatoceros Phil. triquetroides = Serpula triquetroides D. Ch. — Napoli. Do ie rin CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 535 — Pomatoceros tricuspis Gr. — Adriatico Grube. Salmacina Claprd. incrustans Claprd. — Napoli, comune. ; = Serpula filograna Scacchi. aedificatrix Claprd. — Napoli, in ammassi a molta profondità. Vermilia Lk. infundibulum auct. — Napoli. clavigera Phil. — Martinsica Grube. galeata Gr. — Cherso. 1 Pileolaria Claprd. militaris Claprd. — Napoli. Spirorbis Lk. nautiloides Lk. — Genova Verany. pusilla Rathke. — Portorè Grube. laevis Qtrfss. — Napoli, sugli aculei dei Cydaris. Pagenstecheri Qtrfss. — Napoli Claparède. Psygmobranchus Phil. 1 protensus auct. — Napoli, comune; Portorè Grube. coecus Claprd. — Napoli, sugli aculei dei Cydaris. multicostatus Claprd. — Napoli. Famiglia XXVI. AMMOCARIDI. Owenia D. Ch. filiformis D. Ch. = Ammochares Ottonis Gr. — Napoli, comune. Il genere Phoronis si può collocare con Quatrefages e Schmarda in appendice ai capitibranchi pel carattere vistoso delle branchie al capo disposte sopra un lobo a ferro di cavallo; non sono però a disconoscersi le sue affinità coi Gefirei. Phoronis Wright. hippocrepia Wright. ® — Napoli, nel porto, comunissimo. = Crepina gracilis V. Bened. 41 La Vermilia fimbriata di Delle Chiaje non è determinabile. 2 L’ Actinotrocha è la sua larva, secondo le osservazioni di Kowalevski e Mecznikoff. 2 636 P. PANCERI, Famiglia XXVII. MALDANIDI. Maldane Gr. spathulata Gr. — Crivizza. glebifex Gr. — Trieste, Lussin, rara cristagalli Claprd. — Napoli. Clymene Sav. ! digitata Gr. — Fiume. palermitana Gr. — Palermo. ? neapolitana D. Ch. — Napoli. Praxilla Malmgr. simplex Claprd. — Napoli. collaris Claprd. — Napoli. Axiothea Malmgr. constricta Claprd. — Napoli. in appendice ai Policheti vuol essere posto il genere Myzostomum S. Leuck. cirriferum Thomson ) Coste italiane sul disco della Coma- glabrum S. Leuck. )}tula mediterranea. ORDINE III. CHETOGNATI* Sagitta Slaber. bipunctata Q. et Gaim. — Messina Krohn etc., Napoli nelle correnti. 4 Secondo Mecznikoff la Mitraria è la larva di un Climenideo. 2 La presenza di setole ai lati del corpo, carattere poco valutato dagli autori, ci fa considerare il genere Sagitta in seguito agli anellidi policheti in un ordine speciale, quale è quello dei Chetognati stabilito da Leuckart. Career, ra" SA a I aa VI ENI | i Poni CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GERIFEI-E TURBELLARIE D’ITALIA. 937 cephaloptera Busch. — Mediterraneo. draco Krohn — Mediterraneo. = Pterosagitta mediterranea A. Costa. ORDINE IV. OLIGOCHETI Sezione I. LUMBRICINI. Lumbricus Hoffm. gigas Dugés. — Pomarance in Maremma Toscana e Siligna in Sardegna A. Targioni-Tozzetti. teres Dugés. — Firenze, A. Targioni-Tozzetti. agricola Hoffm. = terrester L. Gr. — Lombardia Balsamo-Crivelli, Toscana Targioni-Tozzetti. trapezoideus Dugés. — Lombardia Balsamo-Crivelli, To- scana Targioni-Tozzetti. = communis var. carneà Hoffm. amatomicus Gr. non Dugés. — Pomarance in Maremma to- scana Targioni-Tozzetti. rubellus Hoffm. — Firenze e Farconali della Lama nell’ a- pennino casentinese, Targioni-Tozzetti. puter Gr. — Apennino casentinese Targioni-Tozzetti. chloroticus Gr. — Firenze, orti e concimaje, Targioni-Toz- zetti. stagnalis Hoffm. riparius Hoffm. ) Lombardia Balsamo-Crivelli. agilis Hoffm. olidus Hoffm. = foetidus Sav. Isidorus Dugés Trieste Grube. complanatus Dugés (*) Il ch. prof. Adolfo Targioni-Tozzetti ebbe la bontà di comunicarmi il risultato de’ suoi studii inediti sopra le specie di Lombrici da lui osservate e raccolte in To- scana e Sardegna, e per tanto gli rendo azioni di grazia. d 538 P. PANCERI, î litoralis Gr. — Villafranca di Nizza Grube, specie marina, ? iuloideus D. Ch. — Napoli. ? pusilus D. Ch. — Napoli (Ammotrypane?) Helodrilus Hoffm. oculatus Hoffm. — Pavia, risaje, Balsamo-Crivelli. Criodrilus Hoffm. lacuum Hoffm. — Pavia, risaje lungo il Po, Panceri. Thysanoplaea Os. Schmidt. (Ctenodrilus Claprd.) luctuosa Schm. — Napoli. Euaxes Gr. filirostris Gr. — Milano nei pozzi, Sordelli in litteris. = Rbynchelmis limosella Hoffm. Sezione II. NAIDINI. Nais Mill. DOO a ta Lombardia Balsamo-Crivelli. elinguis Mill. ? Brumati Nardo. — Friuli e Monfalcone. ? rigidula Nardo. — Venezia lagune. Dero Oken. obtusa Ildek. — Lombardia Balsamo- Crivelli. = Nais digitata Mill. Enchytraeus Henle. albidus Henle. — Lombardia Balsamo-Crivelli. Chaetogaster Baer vermicularis Mill. — Pavia Balsamo-Crivelli; vive sul Limnaeus stagnalis. | = Ch.limnaei Baer. | Saenuris Hoffm. variegata Hoffm. — Pavia Balsamo -Crivelli. = Tubifex rivulorum Lk. (pro parte) barbata Gr. — Cherso, Lago di Vrana. Aelosoma Ebhrenb, titti nn z CATALOGO DEGLI ANELLIDI, 4EFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 539 italicum Maggi — Palude Careggio in Valcuvia pr. Varese. Balsamo Maggi. — In Valcuvia e S. Lanfranco pr. Pavia. Parthenope Os. Schmidt. serrata Schm. — Napoli. ORDINE V. DISCOFORI Hirudo L. Sav. medicinalis L. Sav. = Jatrobdella medicinalis Blainv. — Nei laghi di Casa- lette, di Candia e Viverone in Piemonte Carena. troctina Johnst. — Sardegna, Ebrard. verbana Carena. — Nel lago Verbano Carena, Nizza Risso. Forse una varietà della medicinatis. ? paludosa Carena. — Piemonte. marginata? Risso. — Nizza. 4 Col nome di ZH. provincialis chiamò il Carena le sanguisughe provenienti da Marsiglia e da Tolone, che erano al suo tempo usate più comunemente in Piemonte; sembra però che si trattasse di una varietà della H. medicinalis, la quale con lo stesso ‘nome in seguito fu adottata dagli autori francesi; secondo Ebrard la sanguisuga di Piemonte appartiene alla varietà grigia, così chiamata. Nella Lombardia e nel Veneto la sanguisuga medicinale è ovunque scomparsa, epperò esisteva in molti luoghi a memoria. d’ uomini. Si coltiva a Senago presso Milano nello stabilimento del Dott. Francesco Ferrari. : Secondo Moquin Tandon anche in Toscana trovasi la sanguisuga medicinale. E ben noto come l’isola di Sardegna facesse, un tempo, importante esportazione di quest’anel- lide, che veniva spedito iti Francia specialmente. Dal 1827 al 1836 la Sardegna mandò _ in Francia 5,038,000 sanguisughe, superando di molto le cifre di quelle provenienti dalla Svizzera, dall Ungheria, dalla Grecia e dall’ Algeria. Le sanguisughe di Corsica cor- rispondono, secondo Ebrard, alla varietà verde ed alla gialla delle lande, così chia- mate dai Francesi. Nelle provincie meridionali i luoghi più noti per abbondanza di sanguisughe medi- cinali sono in provincia di Napoli: il lago di Licola e canali comunicanti, i fossati di Mazzone e di Varcaturo, il lago di Patria e canali comunicanti, i fossati di Ischitella e di Lingua di cane, il lago d’Averifo, ed i corsi d’acqua di Vico di Pantano e Mon- » 540 P. PANCERI, Trocheta Dutrochet, subviridis Dutr. — Nei fossati presso Pavia (var. brunnea Moq. Tand.) Polonio. Aulostomum Moq. Tand. gulo Braun — Lombardia e Piemonte, comune. var. nigra Polonio — Pavia Polonio. » fuliginosa Moq. Tand. — presso Milano Polonio. , costanea Ebrard » punctata Moq. Tand. » Olvacea Moq. Tand. » Cinerescens Ebrard. » ava Ebrard. » viridiscens Moq. Tand. » maculosa Moq. Tand. italicum Polonio. — Pavia. = Haemopis ornata De Fil. var. lineata » viridescens » Ornatissima » picta Presso Pavia Polonio. SR E nell’agro pavese Polonio. dragone. Gli abitanti di Soccavo, Pianura, Pozzuoli, Bacoli, Aversa, Giuliano, Mon- dragone, etc. fanno commercio di sanguisughe nostrali. Nel lago di Agnano, ora pro- sciugato, scarse erano le sanguisughe e più abbondanti le emopi. Nella Capitanata è a memorarsi il lago Varano ove si pescano in abbondanza e sono messe in commer- cio; ed in provincia di Bari, il lago Barsento ove pure sono copiose. In provincia di Lecce abbondano le sanguisughe nei laghi e paludi della Limini fra Otranto e Lecce e principalmente nel lago Fontanelle ove si pescano, non solo coll’ entrare dei pesca- tori a gambe nude nell’acqua e col battere delle pertiche sull’ acqua, ma anche rac- cogliendole mentre aderiscono al ventre dei rospi. In quei luoghi poco abitati sventu- ratamente la pesca è trascurata e nei paesi limitrofi si preferiscono le sanguisughe provenienti dalla Dalmazia. In provincia di Reggio di Calabria era abbondantissimo il Pantano di Zerraro nel territorio di Laureana, ora però, dopo l’entrata del fiume Mesimo, andarono sempre più diminuendo per lo insabbiamento dei fondi. Erano pure abbondanti in provincia di Catanzaro nei laghi di Marinella, di Butello, di Sambiasi e di Sant’ Eufemia, ora però . sono prosciugati e poche irudini trovansi negli stagni residuali, cosichè si usano pre- feribilmente sanguisughe di Salonicchio. Delle Chiaje asserisce che la sanguisuga me- dicinale si trovi anche in Sicilia. Non sono molti anni che si pescava in provincia di Palermo per uso terapeutico. ! Le varietà controsegnate con # sono quelle non Tate con certezza in Italia finora, ATTI E MEMORIE Gli ATTI si danno gratis a tutti i Socj, effettivi e corrispondenti. — Gli | estranei alla Società li possono comperare al prezzo di lire 20 per ciascun volume, domandandoli direttamente ai segretarj della Società. — Per i Socj attuali, i quali desiderano avere i volumi degli anni anteriori a quello in cui hanno cominciato a far parte della Società, i prezzi sono ridotti alla metà. — I volumi I e II sono esauriti. Le MEMORIE si pubblicano in altrettanti fascicoli distinti. Ciascuna Memoria ha un prezzo particolare, minore per i Socj che per gli estranei alla Società. Il prezzo totale di ciascun volume è la somma dei prezzi delle Memorie che lo compongono. — L’ associazione a ciascun volume delle Memorie è fissata pei Socj a L. 10. Per avere gli Atti e le Memorie bisogna dirigersi ai segretarj della Società. ROSE Agli autori che ne fanno domanda si danno gratuitamente 25 copie dei loro lavori stampati negli Atti o nelle Memorie. L’autore d’ogni Memoria che volesse avere un numero di copie maggiore delle 25 gratuite, dovrà pagarle al prezzo stabilito pei Socj. Quanto ai lavori stampati negli Atti l’autore potrà far tirare un numero qualunque di copie ai seguenti prezzi: Esemplari 25 30 Cio) 100 ij di foglio (4 pagine) LL1 —- L.2—-|L.2 25| L.8 50 1/a foglio (8 pagine) 3 » 150) » 3 — | » 3.50| »15 — 3/, di foglio (12 pagine) . . n.220 | n» 450] a 6 — | "8 — ini foglio (16 pagine) (ML > 260° 05 — |a MU f Pa i INDICE. C. PARONA, Sopra un .feto vitellino mummificato (conti- nuazione e fine, tav, 3%)... het ie Rae P. Pavesi, Rapporto a :S. E. al Miro della Marina .. contro la pesca dei bianchetti. Seduta del‘4 aprile 1875 . P. Pavesi, Note araneologiche. — I Outilogo 5, Ridi di Capri A — II Aggiunte al deo 0. Rel A ici 4 V.ALEsI, Sulla borsa di Fabricio negli uccelli (tav. 4° e 5°) A. Stoppani, Sui rapporti del terreno sano sol. Hei cenico mei dintorni di Como . ò E. Cornacia, Sulla Taphrobia pilcardi, nuovo plana si crostacei parassiti (tav. 6°)... P. PANCERI, Catalogo dn tra Gefir e Turbellarie d’Italia . è STRANA tO 118 111 DIS 130 1380 Moria 1917: 201240 a iii 10 } A |: SIHIÌ YA X , RI NT À vesti AV veli Il 1 ni, Do eda 1 (FERA al iv s 01 ertina . x o «$ hr » na a co È; x + le tes: e = Ù 29 AO ma AUT gpiot SOIT ti ati MP AR NUIT ‘) vi ola Bd, Ù ie osi nnba LIARE #9 “pi NLG 7 ho E ii sa III. o a Te ( i qu Moi A na d: "o o N ERCYRI È CAI RAC iù 1 , } ti asta plloge: dioigno oltob: puro aci fi su + Vita " I Pari N ù Une ros Sirino (al bo sth ilo cito vali fue Tal 1 03; ETO gi » e a to ST E "o Q } STILE 0 MRI a TY MR Bis. hp ode È i Uu- 43. : isTtRddo PI Ess OMO GTO RRCAT i bios s pian PERE lg i I sla ò l bi vAloh, fi pf 3 NEI I pp “QI: Msi {Hp £ pe ri f Ki Dagli don) 0] Nov : RO) 3 end ; Ro; z Pi na ’ A x KO i PR ast Te IT PE dio Mie esi: » 1. val 19 e SR re rr pal dad ht È LE MR TA 4 I Ve ceri | assogi rettino alla tassa) anziua' di lire (: Li i Jarmente ‘allo è Sedute “n Società, ma | cà bi Cutol ‘| leggere. delle Memorie 0 delle Cor i mente gli ‘Atti de Società. Vivai hi È ev: "sla proposizione { ed eqrernizsione: ica muovo. socio deve essere “firmata da tre s0cj è ettivi. fi DA RAR IERI va la loro estensione ed importanza. VERO dra a a Vagae La cura delle pubblicazioni spetta. alla Presidenza. DET P, ds JR ra Agli Atti ed alle Memorie non si ponno mire tavole. se. non 501 o) | formato degli Atti o | delle Memorie stesse. 0/0 °° Nara "i atti Socj possono approfittare dei libri della dibliotee: n "i li domandino a qualcuno sul membri della Presidenza, ’ “) | regolare ricevuta. MARRA TAI i) : AI 1 DI | PRESIDENZA EL 1875. SR È Presidente, CORNALIA dottor Emo, ‘direttore. dell Musco ia di Naturale di Milano, via Monte Napoleone, E; RP VIE O A IL CRI | Vice-presidente, "Vitta ANTONIO. Milano, via Sala, TSE SE È port ip CRA Hr STOPPANI “sac. ANTONIO, prof. di “fooloita n nÙ Reale T CORIO CIT ‘tecnico ‘superiore in Milano, via Palestro, | ei è ‘AMI % MPT) an SORDELLI FERDINANDO dg ‘al RT 0 Pi i DI ‘quali dimorino fuori î ; (tà Bon eni che non a rnandano la Pura rinuncia almeno i mesi; 5 f i far cessano di fatto hi pirati ia S GA tota salvo. a den i suoi po Led le punti non ancora. pagate. A ui. fia ti negli Atti (o) parto Mai della a Lr estratto o è ’ Pala a: PI % ; » i L (* Ù ’ 8% A Rat # a CEI DR Me ca CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA, 241 Haemopis Sav. = Hippobdella Blainw. sanguisorba Sav. — in tutta Italia e Sardegna. = Haemopis vorax. — Moq. Tand. Nephelis Sav. è = Erpobdella Blainw. vulgaris Moq. Tand. — comune nelle acque dolci di tutta Italia. = Erpobdella vulgaris Blainv.. var. bilincata normalis Balsamo-Crivelli Pavia» » mterrupta sanguinea Moq. Tand. » lugubris Moq. Tand. s griseola Moq. Tand. Polonio Pavia. » ticinensis » atomaria. — presso Torino Carena, e Pavia De-Fi- lippi. , testacea? Sav. — De-Fili ppi Brincio pr. Como. ? sebetia D. Ch. ? parthenopeia D. Ch. Clepsine Sav. i = Glossiphonia Johnson. = Glossobdella Blainv. complanata Sav. — Ticino e laghi di Varese e Como D e- Filippi. ; bioculata Sav. — Torino Carena, Pavia De-Fi- lippi, etc. sanguinea D. Fil. — Pavia nel Ticino. succinea D. Fil. — Milano e Pavia. Rissoi Diesing. — Nizza nei ruscelli Risso. Filippi Polonio. — Padova, aderisce e succhia i Tritoni. paludosa Carena. — Torino Carena, aderisce al Limnaus Sebeto e pozzi di Napoli, rarissime. Vol, XVIII, 16 242 P. PANCERI, stagnalis ed al Planorbis corneus Pavia De- Filippi, etc. marginata Mill. = Haemocharis marginata De-Filippi. = Sanguisuga marginata Risso? — Nei ruscelli, Torino Carena, Lombardia nei laghi De-Filippi. Carenae Moq. Tand. — Nei laghi d’ Avigliana Carena, ra- rissima nel Ticino De-Filippi. Astacobdella Vallot. Roeseli Diesing. = Branchiobdella Astaci auct. — Sulle branchie dell’ A- stacus fluviatilis, Pavia Panceri, comune. Bologna e Firenze Polonio, Lago di Vrana Grube. Pontobdella Leach. muricata Sav. ) sopra i plagiostomi, comuni nel Mediterra- verrucata Sav. neo e nell’ Adriatico. laevis Blainv. — Genova Pareto. lubrica Gr. — Palermo Grube. oligothela Schmarda. — Adriatico, nella bocca e sulle bran- chie della Scorpaena scropha. Ichthiobdella Blainv. = Piscicola Blainv. — Haemocharis Sav. stellata Kellar — Pavia Polonio, sulle Re del Cyp ri- nus barbus. Branchellion Sav. torpedinis Sav. — Napoli Rudolphi, Genova Verany e Leydig, Nizza Risso, sulle diverse specie di torpedini, non raro. Malacobdella Blainv. Valenciennei Blanchard. - = Xenistum Valenciennei Blanch. — Sicilia sulla Mya truncata. CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D’ITALIA. 243 In appendice ricordiamo alcune specie fossili trovate in Italia. . Hirudinella Miinster. laticauda O. Costa. — Nello schisto carbonifero del monte Pettine presso Giffoni O. Costa. Massalongobdella Polonio. Japetica- Pol. — Nei terreni terziarii Vicentini Massalongo. Hirudella Massalongo. Bubulcae Vallisnerii nella raccolta Massalongo non descritte. GEFIREI Sternaspis Otto. scutata Ranzani — Adriatico Ranzani, etc. = Thalassema scutata Ranz. — Napoli e Venezia comune. = Sternaspis thalassemoides Otto — Genova Verany. Bonellia Rolando. viridis Rol. — Coste di Sardegna Rolando, Napoli rara, Adriatico Schmarda e Grube, Lussin, Cherso, Portoré. fuliginosa Rol. — Coste di Sardegna. Aspidosiphon Dies. Miilleri Dies. — Cherso Lussin. = Phascolosoma scutatum Mill. — Grube Lesina. = Lesinia farcimen O. Schm. — 0. Schmidt. Sipunculus L. nudus — Coste italiane, comune. balanophorus D. Ch. — tessellatus Raf.-— Napoli raro, Genova Vera ny, Mes: sina Rafinesque. rubrofimbriatus Blanch. — Nizza. ? echinorhynchus D. Ch. Dies. — Cuma. ? microrhynchus Blainv. ? macrorhynchus Blainv. Phascolosomum Dies. (Sipunculus Qtrfgs). granulatum F. S. Leuck. = Sipunculus verrucosus Gr. — Mediterraneo e Adria- tico, comune. . = Sipunculus tuberculatus Blainv. Mediterraneo. ia ai CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 245 lima O. Costa — Napoli e Genova. = Sipunculus Genuense Blainv. . rubens O. Costa — Napoli. alternans A. Costa — Napoli tigrinum A. Costa — Nizza, Napoli. = Sipunculus tigrinus Risso. Jeffreysiù Baird — Spezia. laeve Keferst. — Sicilia. Bernhardus Forb. — Val d’Arche Neresine. ? flavum Dies. — Grube. = Sipunculus flavus Risso — Nizza. Anoplosomatum Gr. (genus incertum). utriculus Gr. -— Palermo. Paretti Dies. i = Lanceola Paretti Blainv. — Genova. TURBELLARIE —____—__—_— 6 | ORDINE I. PLAN. ARIE ° Sezione T. RABDOCELI. Monocelis Ehr. anguilla Oscar Schmidt. — Lesina. . Prostomum Oerst. immundum O. Schm. — Lesina. Spiroclytus O. Schm. (Trigonostomum 0. Schm.). NISUS O. Schm.— Napoli. setigerum O. Schm. Teca euryalus O. Schm. ; ‘Dinophilus 0. Schm. gyrociliatus O. Schm. — Coste dalmate. Vortex Ebr. i Girardi O. Schm. — Adriatico. pemicillatus O. Schm. reticulatus 0. Schm. Benedeni O. Schm. Mesostomum Dujard. Lesina. solea O. Schm. chlorostictum O. Schm. Coste dalmate. ovoideum O. Schm. — Lesina. Orthostomum Hempr. Ehr, CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D’ITALIA. 247 rubrocinctum Gr. — Adriatico e Mediterraneo. siphonophorum O. Schm. — Lesina. Convoluta Oerst. Diesingi O. Schm. ) 9 Bihutesià O. Schm. ti Proporus O. Schm. rubropunctatus O. Schm. — Lesina. Vorticeros O. Schm. pulchellum O. Schm. — Lesina. Distigma Dies. proteus Hempr. Ehr. — Pavia Balsamo- CHivelli Schizopora O. Schm. venenosa O. Schm. — Lesina. Sezione II. i DENDROCELI. Planaria Ehr. lacienMualibua Pula, 5 torva Mill. 5 = Hirudo alpina. Dara . { Lombardia Balsamo-Cri- polichroa?. Str rarigle 8, | SE velli. lugubris? . tentaculata (an Dei tremellaris Mill. — Palermo Grube. — Leptoplana tremellaris. pellucida Gr. — Palermo. = Leptoplana pellucida. atomata Oerst. = Leptoplana atomata Oerst. = Planaria R D. Ch. — Napoli. lutea Oerst. Ù = luteola D. Ch. — Napoli Delle Chiaje, Genova Verany. 2flava D. Ch. — Napoli. ?retusa Viviani. 248 P. PANCERI, = Riphlolepta? retusa Dies. — Genova. = Leptoplana? retusa Ehrenb. — Viviani, presso San Nazzaro, fosforescente. Stylochus Ebr. palmula Qtrfgs. — Taormina. folium Gr. — Palermo. = Planocera folium Blainv. Ticelis Qtrfos. fasciata Qtrfos. — Milazzo. Tetracelis Ehr. ! fontana marmorata Policelis Ehr. cornuta O. Schm. nigra Ehr. var. brunnea pallidus Qtrfg. — Milazzo. = Leptoplana pallida Dies. modestus. — Napoli comune. = Leptoplana modesta Dies. tigrinus Blanch. — Porto di Genova. = Leptoplana tigrina Dies. laevigatus Qtrfgs. — Sicilia Quatrefages, Trieste Grube. aurantiacus. = Planaria aurantiaca D. Ch. — Napoli comune, Ge- nova Verany. Tyzanozoon Gr. Diesingi Gr. — Coste italiane comune. tuberculatum Oerst. — Napoli. = Planaria tuberculata D. Ch. Dicquemaris Oerst. — Nizza Risso, Napoli D. Chiaje. = Planaria Dicquemaris Risso. D. Ch. — Genova Ve- rany. ; violaceum Oerst. = Planaria violacea D. Ch. — Napoli. Pavia, Balsamo-Crivelli. Pavia, Balsamo-Crivelli.. CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 249 Brocchi Risso.'— Villafranca di Nizza Risso e Griffe. = Folidiceros Brocchi Qtrfos. — Napoli Quatrefages. panormus Qtrfos. — Palermo. Proceros Qtrfos. velutinus Blanch. — Porto di Genova. = Eurylepta velutina Dies. sanguinolentus Qtrfos. — Crivizza Grube. Prosthiostomum Qtrfos. — arctum Qtrfgs. — Napoli. — Leptoplana arcta Dies. Polyeystis Kolliker. Naegeliù Koll. — Messina. În appendice alle Planarie, non sapendo se appartenga ai rabdoceli ovvero ai dendroceli per mancanza di caratteri desunti dall’ intestino, poniamo anche: Dicyema Kolliker (genus incertum). paradorum K61l. — Napoli. Vive nelle. appendici renali degli Octopi, Eledoni, Seppie e Sepiole. ORDINE II. NEMERTINI Nemertes Cuv. Antonina Qtrfss. — Coste di Sicilia, Quatrefages, Martin- sica e Cherso Grube. peronea Qtrfss. — Coste di Sicilia e Golfo di Napoli. = Polia bivittata D. Ch. drepanensis. = Notospermus drepanensis Huschke. = Notogymnus ; Ehr. — Sicilia Huschke, Genova Verany, Villafranca di Nizza Gràffe, Na- poli Hubrecht. 250 P. PANCERI, ligurica Dies. — Napoli Hubrecht. lactea Gr. — Villafranca. Krohmii Koll. roseus Koll. Ehrenbergi K6ll. Messina multioculatus Koll. carcinophilos K6ll. / superbus K6ll. — Posilipo. complanatus Ké6ll. — Posilipo. glaucus K6ll. — Posilipo, raro. * ? gracilis Johnston. — Nemertes balmea Qtrfgs = Omatoplea gracilis Dies. — Napoli Malgastt Borlasia Oken: carmellina Qtrfos. — Is. Favignana pr. Trapani; Crivizza Grube. = Meckelia carmellina Dies. viridis Gr. — Porto d’Ulisse a Catania. annulata Gr. — Napoli, Palermo e nell’ Adriatico Grube. =_= Meckelia annulata Gr. * olivacea Thomson. — Napoli Hubre cht. coerulescens. i — Polia coerulescens D. Ch. — Napoli. Lineus Sowerby. longissimus Sow. — Sicilia Quatrefages ® Napoli Hubrecht. = Borlasia Angliae Ok. Pollia D. Ch. bembix Qtrfss. — Napoli e Sicilia. = Omatoplea bembix Dies. humls Qtrfgs. — Coste di Sicilia. = Nemertes humilis Dies. pulchella Qtrfos. — Coste di Sicilia. = Oerstedia pulchella Dies. 4 Il Pylidium girans, e l'Alardes caudatus Busch, sono larve di Nemertini. ? Quatrefages osservò individui che superavano 40 piedi in lunghezza. CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA. 251 baculus Qtrfos. — Coste di Sicilia. = Oerstedia baculus Dies. armata Qtrfss. — Coste di Sicilia. = Oerstedia armata Dies. delineata D. Ch. — Napoli Delle Chiaje, Kolliker. = Nemertes delineatus Koll — Baseodiscus , Dies. oculata D. Ch. — Napoli. = Omatoplea Polii Dies. . punctata D. Ch. — Napoli. = Omatoplea punctata Dies. Grubei Dies. — Palermo. = Omatoplea Grubei Dies. — Amphiporus albicans Ehr. Meckelià Leuck. aurantiaca Gr. — Adriatico Grube, Napoli Hubrecht. somatotomus Leuck. — Adriatico Renier, Napoli Hu- brecht. i = Cerebratulus bilineatus Blainv. non Renier. Ehrenbergii Dies. — Napoli Hubrecht. bilineata Dies. — Cerebratulus bilineatus Ren. — Adriatico e Napoli. Kneri Dies. — Dalmazia Sebenico Kner. siphunculus Dies. — Napoli. = Polia siphunculus D. Ch. Valencinia Qtrfgs. longirostris Qtrfss. — Sicilia e Napoli. ornata Qtrfss. — Sicilia e Napoli non rara, Martinsica e Privlaka Grube. Cerebratulus Renier. marginatus Ren. — Venezia Renier, Nardo, etc. crassus Qtrfss. — Sicilia, Napoli, non raro. = Nemertes crassa Dies. — Cherso Grube. spectabilis Qtrfes. — Sicilia, Cherso, Lussin e Quarnero Grube. = Nemertes spectabilis Dies, 252 P. PANCERI, depressus Qfgs. — Sicilia. = Meckelia depressa Dies. geniculatus Qtrfgs.— Sicilia, Napoli comune, Venezia Panceri, Lussin Grube. = Polia geniculata D. Ch. = Meckelia annulata Gr. Dies. liguricus Blanch. — Genova. murenoides D. Ch. —— Napoli. — Ophiocephalus murenoides D. Ch. ? croceus Gr. — Crivizza. ? flavifrons Gr. — Privlaka, Cigale. Qerstedia Qtrfss. maculata Qtrfgs. tubicola Qtrfgs. Tetrastemma Hempr. Ehr. siphunculus Oerst. — Napoli Delle Chiaje, Genova V e- rany. — Planaria siphunculus D. Ch. (species) descritta da Griffe a Nizza ma non denominata. Polystemma Hempr. Ehr. adriaticum H. Ehr. — Adriatico. Micrura Hempr. Ebr. fasciolata H. Ehr. — Trieste Ehlers. DBrepanophorus Hubrecht. rubrostriatus Hubr. serraticollis Hubr. > Napoli. nisidensis Hubr. Chloraima Koll. siculum Koll. — Messina. Tubulanus Renier. elegans Ren. — Venezia. — Nemertes elegans Oerst. polymorphus Ren. — Venezia. pusilus Dies. = Gordius pusillus D. Ch. ? — Sebeto. Coste di Sicilia. Di CATALOGO DEGLI ANELLIDI, GEFIREI E TURBELLARIE D'ITALIA, 253 Aerostomum Gr. (genus incertum). Stanni Gr. — Napoli. In Appendice ai Nemertini poniamo :; Balanoglossus D. Ch. clavigerus D. Ch. — Napoli, raro. minutus Kowal. — Posilipo, comune. ' 1 L'animale chiamato Tornaria è la larva del Balanoglossus come Mecznikoff ha dimostrato. NOTE ARANEOLOGICHE: DEL Pror. P. PAVESI | NELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA, III. CATALOGO GENERALE DEI RAGNI DELLA SVIZZERA CON AGGIUNTE E CORREZIONI A QUELLO DEL CANTON TICINO. Bibliografia. 1775. Fuesslin J. G. Verzeichniss der ihm bekannten Schweitzeri- schen Insekten mit) einer ausgemahlten Kupfertafeln; ‘nebst der Ann- kiindigung eines neuen Inseckten Werkes. Zirich u. Winterthur. 1776. Sulzer. Abgekiirete Geschichte der Insecten, nach dem Linn- acischen System. Winterthur. 1787. Razoumowsky G, Lettre è M. Regnier sur une Araignée, in — Journ. de Physique, XXI. 1789. id. Histoîre naturelle du Jorat et de ses environs et celles des trois lacs de Neufchatel, Morat et Bienne, precedées d’un Essai | sur le climat, les productions, le commerce, les animaua de la partie du Pays de Vaud ou de la Suisse Romande, qui entre dans le plan de cet ouvrage. Lausanne. . 1789. Roemer J. J. Genera Insectorum Linnaei et Fabricii ico- mibus iMustrata. Vitoduri Helvetorum. 1831 - 41-46-48. Hahn C. W. und Koch C. L. Die Arachniden. I, VIII, XIII, XVI. Niirnberg. i 1837-47. Walckenaer C. A. Histoire naturelle des Insectes Aptères. I, IV. (Suites è Buffon). Paris. | 1845. Heer 0sw. Ueber die obersten Griinzen des thierischen und | pfanzlichen Leben in unseren Alpen. An die Ziircherischen Jugend | auf das Jahr 1845, von der Naturforsch. Gesellsch, 1846. id. Der Kanton Glarus. Histor,-geogr.-statistisches Gemalde der Schweiz, VII. St. Gallen u. Bern, PAVESI, RAGNI DELLA SVIZZERA. 255 1849. Menzel A. Kurzer Abriss einer Naturgeschichte der Spinnen. Ein Festgeschenk fiir die Jugend. Ziirich. 1849. Nicolet in Gay. Historia fisica y politica du Cile. III. 1852. Blackwall J. Descriptions of some newly discovered species of Araneida, in Ann. a. Mag. Nat. Hist., 2. series, X. London. 1856. Thorell T. Recensio critica arancarum suecicarum. Upsala. 1864. Simon E. Histoire naturelle des Araignées. Paris. 1866. Koch L. Die Arachniden-Familie der Drassidem I, VI. Nirnberg. 1867. Giebel C. Zur schweizerischen Spinnenfauna, in Zeitschr, fiir die gesammt. Naturwiss., XXX. Berlin. 1868. Simon E. Monographie des espèces européennes de la fa- mille des Attides, in Ann. Soc. entom. France, 4. série, VIII. Paris. 1868. Sordelli F. Sui ragni lombardi, in Atti Soc. ital. Sc. natur., XI, Milano. 1868. Canestrini G. e Pavesi P. Araneidi italiani, ivi. 1869. Giebel (. Am Vierwaldstidter- See, in Zeitschr. fiir die ges. . Naturw., XXXIV, Berlin. 1870. Canestrini G. e Pavesi P. Catalogo sistematico degli araneidi italiani, in Archivio per la Zool. Anat. Fisiol., 2.* serie, II. Bologna. 1870-73. Thorell T. Remarks on Synonyms of european Spiders, Upsala. 1871. Simon E. Révision des Attidae européens, in Ann. Soc. entom, France, 5.° série, I. Paris. 1872. Cambridge 0. P. General List of the Spiders of Palestina and Syria, in Proc. Zool. Soc. London. 1873. Pavesi P. Catalogo sistematico dei Ragni del Cantone Ti- cino con la loro distribuzione orizzontale e verticale e Cenni sull ara- — neologia Elvetica, in Annali del Museo civico di Storia nat., IV. Genova. 1874-75. Simon E. Les Arachnides de France, II, Paris. 1874. Koch C. Bestrige eur Kenntniss der Nassavischen Arachni- der, in Jahrb. Nassauisch. Vereins Naturk., XXVII-XXVIII. Wies- baden. i 1875. Thorell T. Diagnoses aranearum europaearum aliquot nova- rum, in Tijdschr. voor Entomologie, XVIII. Sgravenhage. 1875. Lebert H. Verzeichniss Schlesischer Spinnen, mit Aufzihlung der schlesischen Myriapoden. Tibingen. PREFAZIONE La buona accoglienza, in Italia e specialmente all’ estero, fatta al mio libro sui Ragni del Cantone Ticino, ed i lusinghieri giu- dizii, che ricevetti dalle persone più competenti d’ Europa mi fe- cero animo a migliorarlo con qualche correzione, e con alcune ag- giunte di specie trovate più tardi nello istesso paese o nuove per la scienza. — In quel mio faticoso lavoro, indico per ciascuna specie la prin- cipale sinonimia, onde si possa da chiunque ricorrere alle fonti indispensabili per la determinazione e comprendere di che vo- glia parlare; poi le diverse località ticinesi, gruppate per di- stretti, in cui rinvenni la specie; l'altitudine sul livello del mare, la stagione, la dispersione nel Cantone; ecc. Mi diffondo quindi sulla estensione geografica e distribuzione altimetrica, argo- mento di massima importanza; scrivo, quando occorra, qual- che nota sistematica e le descrizioni di specie nuove, accompa- gnate dalla frase e da figure in legno della struttura del palpo o dell’epigino. Dippiù faccio precedere un capitolo di “ Cenni sto- rici e critici sull’araneologia elvetica , in generale, passando in rassegna le pubblicazioni, che riguardano ragni della Svizzera dal 1775, epoca in cui si ebbe la prima, fino al 1878, cioè al momento di dare alle stampe. E chiudo con alcuni “ Confronti della fauna araneologica del Cantone Ticino con quella d'altri paesi » e con un quadro delle specie non per anco trovate in esso e che, a mia conoscenza, vivono nelle provincie circondanti, cioè nella Svizzera transalpina, nel Piemonte e nella Lombardia. Tutto ciò non si può riassumere, ma fu la base del lavoro che NOTE ARANEOLOGICHE. 257 presento oggi alla Società, con sostanza accresciuta e yeste nuo- va, ossia fu la preparazione di un Catalogo dei ragni di tutta la Svizzera (specie 284), che metta al corrente di quanto al- tri ed io abbiamo potuto sapere in proposito. D’ altronde que- sto serve contemporaneamente allo scopo più ristretto che sopra dissi e, con la paginatura delle specie ticinesi, diventa anche un utile indice, che si lascia desiderare nel primo catalogo. Alla sua volta, io spero, potrà diventare la base di un lavoro di maggior lena, il quale si sta già preparando dall’ illustre mio amico il prof. H. Lebert, clinico dell’Università di Breslavia, ora a Vevey, hen conosciuto nelle scienze naturali per lavori diversi, anche di araneologia ; egli mi ‘ha gentilmente esposto il piano della sua opera, che pur troppo non uscirà molto presto alla luce, e me ne ha mostrate le prime parti. Nei Cenni critici predetti mi è sfuggita una piccola Memoria, che dovrebbe aprire il paragrafo sul periodo attuale dell’a- raneologia elvetica. J. Blackwall (op.-cit.) vi descrisse sette specie nuove di ragni raccolti nel 1850 da F. Walker in Inghilterra e Svizzera; questi ultimi furono presi a Interlaken nel cantone di . Berna e sono: p. 93. Lycosa calida Blackw. p. 95. Thomisus umbratili. = Xysticus inc. sp. La direzione verticale delle mandibole e la grandezza relativa degli occhi, di cui i laterali, e specialmente i laterali anteriori, sono molto maggiori dei mediani, ci obbligano a metterlo fra gli Xystici; ma non mi riesce di riferirlo bene a qualcuna delle specie conosciute e d’ altra parte è poco probabile che sia stata nuova. i p. 96. Philodromus vivax = Blackw. La forma e lo stato depresso dell’ addome, non che la disposi- zione e grandezza relativa degli occhi sarebbero di Artanes, ge- nere ora riunito ai Philodromi pr. d.; nè posso dire altro. p-99. Epeira calva = Singa albovittata Westr. Fu ritrovata dall’ autore in Inghilterra e figurata nella gran- d’opera: Spid. of Gr. Brit. a. Ireland, II, pag. 365, tav. XXVII, Vol. XVIII, 17 258 P. PAVESI, fig. 263. Thorell ha già stabilita con tutta ragione la sinonimia sopradetta. Mi sono pure dimenticato di inscrivere, colle parecchie specie che il signor Simon ha citato di Svizzera, la seguente, la quale fu raccolta sul monte di Gosnergratt, presso il Rosa, nel Vallese: Monogr. Att., p. 37 [27]; Révis., p. 150 [26] Attus ricinia- tus Sim. = Attus lapponicus Sund. Si accenna poi a ragni svizzeri nelle recentissime opere di ; Simon, Arachm. de France cit. tom. I, p. 79. Epeira alsine Walck. p. 143. Zilla montana C. L. Koch. tom. II, p. 327. Thanatus Cervini Simon. C. Koch, Nassauisch. Arachn. cit. p. 8. Mithras alpinus = Hyptiotes paradoxus (C. L. Koch). I caratteri che l’autore dà alla sua nuova specie, presa in un unico esemplare maschio sui monti che sovrastano Montreux nel cantone di Vaud, mi sembrano tutt’al più di una varietà del maschio di paradoxus; e ciò tanto meglio perchè il prof. Lebert (Schles. Spinn., pag. 14) trovò il paradoxus in quelle stesse vici- nanze, cioè a Bex. Posseggo anch’io un maschio di quest’ ultimo che è pure giallo-verdiccio e manca delle striscie scure traverse. L’autore dice poco prima (pag. 7) che i ragni di questo genere fabbricano una tela a fili irregolarmente distribuiti (“ kein eigentliches regelmissiges Rad bilden ,,); avrebbe potuto convin- cersi del contrario, senza copiare quanto si suol scrivere di solito, consultando la memoria di Thorell (Till kinned. om sligt. Mi- thras och Uloborus, in Ofvers. Vetensk. Akad. Forhandl. 1858,. N. 4-5, specialmente a pag. 203 e seg.) e quella di Sordelli (Intorno alla tela e costumi di una specie di ragno [Mithras pa- radoxus], in Atti Soc. Ital. Sc. nat., XV. 1872, pag. 22) più recente ed al proposito particolareggiata. Thorell Diagn. aran. europ. aliquot nov. cit. p. 4 (84). Linyphia fragilis Thor. p. 10 (90). Erigone orites Thor. Lebert, Schles. Spinn. cit. E A SIE VAT, TT O” i ee. ded RISATE ent NOTE ARANEOLOGICHE. 259 Epeira Nordmanni Thor. diademata (Clerck). marmorea (Clerck). quadrata (Clerck). sclopetaria (Clerck). \ sollers Wlk. = Epeira Redi (Scop.). 13. Meta muraria C. L. Koch = Meta Merianae (Scop.). 14. Hyptiotes anceps W]k. = Hyptiotes paradoxus (C. L. K.). 17. Linypma triangularis (Clerck). 20. Bathyphantes brevi- ( o = Erigone aequalis (Menge). palpus, Menge Q = Erigone rufa (Wider). p. 28. Pholcus opilionides Schr. = Pholcus opilionoides (Schranck). Prima di entrare in materia, come si suol dire, avvertirò che in questo Catalogo accenno soltanto ai Cantoni, senza discendere in dettagli di località; per le precise località ticinesi delle specie già pubblicate si ricorra al mio libro, ai libri da me esaminati per quelle della Svizzera transalpina. La mia indicazione attuale “ Gi- nevra , significa i dintorni della città, piede della Salève, valle in- feriore dell’Arve e Genthod, esi fonda su di una collezione speditami dal prof. E. Frey-Gessner, conservatore del Museo entomologico di Ginevra; quella di “ Vaud ,, si riferisce soltanto a Losanna, dietro una raccoltina riunita dal sig. Bacon, ten.-colonn. di Stato mag- giore nell’esercito italiano e dal sig. ing. G. Brentami. Altre simili me ne fecero il dott. O. Cartier, prosettore di anatomia all’Uni- versità di Basilea, a Basilea e ad Olten e dintorni nel cantone di Soletta; ed il sig. F. Mihlberg, prof. di storia naturale nella Scuola cantonale di Aarau, ad Aarau, Schinznach, Brugg, Lenzburg e Zo- fingen nel cantone di Argovia. A tutti questi buoni amici, che coadjuvarono la mia impresa, una stretta di mano e le più vive grazie. k}] 5. 5 6. » 7 8 8 CAGAGAGA A Ord. ARANEAE. Fam. Epeiridae. 1. Argiope Briinnichii (Scop.) (Nephila fasciata aut.). Svizzera (Simon, N. transalpina): Ginevra (Sulz., Aranea zebra), Vaud (Razoum., A. pulchra), Argovia e Ticino (io, p. 37). 260 P. PAVESI, 2. Epeira diademata (Clerck). Svizzera (Fuessl., A. diadema; Gieb., Nicol., Leb.): Argovia, Soletta (io); Berna (Gieb.), Vaud (Razoum., io); Uri sulla Furka, Lago dei 4 Cantoni (Gieb.); Gla- rona (Heer, Gieb.), Grigioni (Thor.), Ticino (io, p. 39). i 3. E. angulata (Clerck). Svizzera (Fuessl., sub: Aramnea) : Zurigo (Sulz., sub: Aranea), Ticino (io, p. 41). 4. E. Nordmanni Thor. Svizzera (Leb.). 5. E. circe Sav. Aud. Ticino (Thor. ed io p. 42, E. Schrei- bersi). 6. E. marmorea (Clerck) (marmorea + pyramidata Cl.). Svizzera (Leb.): Vaud (Raz., Aranea lutea), Argovia (io), Zurigo (Sulz., A. betulae), Glarona (Gieb., E. scalaris), Ticino (io, p. 42). 7. E. alsine Walck. (non Koch) (bohemica 0. L. Koch, lutea aut.). Vallese (Simon), Ticino (io). Di questa specie, rarissima ovunque, presi due esemplari adulti d’ambo i sessi dopo la pubblicazione del mio lavoro; il ® al- l’entrata della grotta “ La Boggia ,, di Méride, la 9 alla Crocetta di Duno sopra Bosco luganese. Alt. 800.” circa. Settembre. ? 8. E. flava Gieb. Svitto, Berna (Gieb.). Inc. sp. 9. E. quadrata (Clerck). Svizzera (Leb.): Glarona (Gieb.), Ticino (io, p. 44). 10. E. umbratica (Clerck). Vaud (io); Berna, Svitto (Gieb.); Argovia (io), Glarona (Heer), Ticino (io, p. 44). 11. E. cornuta (Clerck) (apoclisa aut., arundinacea C. L. Koch). Berna, Lago 4 Cantoni, Glarona (Gieb., E. apoclisa part.) ; Ticino (io, p. 45). 12. E. patagiata (Clerck). Vaud (Razoum.,? Aranea picta + 2? A. nigrofasciata), Lago 4 Cantoni (Gieb., E. apoclisa part.), | Ticino (io, p. 46). 13. E. sclopetaria (Clerck) (sericata C.L. Koch, BI.). Svizzera (Leb.): Lago 4 Cantoni (Gieb., E. apoclsa part. “am cubane ster aber EF. virgata, fig. 113 ,,). 14. E. dalmatica Dolesch. Ticino (io, p. 47). 15. E. Redii (Scop.) (sollers aut., agalena Hahn, sclopeta- ria C. L. Koch). Alpi e Giura svizz. (Leb., E. sollers); Ginevra, Ticino (io, £. soMlers, p. 48). NOTE ARANEOLOGICHE. 261 16. E. dioidia Walck. (Zilla albimacula C. L. Koch). Ticino (io, p. 49). 17. E. dromadaria Walck. Ginevra e Ticino (io, £. drome- daria, p. 49). 18. E. cucurbitina (Clerck). Svizzera (Fuessl., sub: Aranea): Ginevra, Vaud, Argovia (io); Glarona (Heer, sub: Miranda), Ti- cino (io), pag. 50). 19. E. acalypha Walck. (genistae Hahn). Ginevra e Ticino (io, pag. 51). È 20. E. adianta Walck. (Miranda pictilis C. L. Koch). Sviz- zera (Nic.): Ticino (io, p. 52). 21. E. ceropegia Walck. Vallese (Simon, in litt.), Ticino (io, p. 52). 22. E. carbonaria L. Koch. Ticino (io, p. 53). 23. Cyrtophora conica (Pall.). Svizzera (Sulz., Aranea tri- quetra): Ginevra e Ticino (io, p. 54). 24. Singa hamata (Clerck) (o melanocephala C. L. Koch). Ginevra e Ticino (io, p. 55). 25. S. pygmaea (Sund.) (o anthracina, Q trifasciata C. L. Koch). Ticino (io, p. 56). 26. S. sanguinea C. L. Koch. Ticino (io, p. 57). 27. S. albovittata Westr. Ginevra (io), Berna (Blackw., Epeira calva). 28. Cercidia prominens (Westr.). Svitto (Gieb., Miranda carinata). 29. Zilla atrica (C. L. Koch). Ticino (io, p. 58). 30. Z. Stroemii Thor. Ticino (io, p. 59). 3 31. Z. x-notata (Clerck). Soletta e Vaud (io); Glarona e Lago 4 Cantoni (Gieb., Z. calophyMa). 32. Z. montana C. L. Koch. Vallese (Simon), Oberland ber- nese (Thor.), Glarona (Heer), Grigioni (Thor.). 33. Meta Merianae (Scop.) (fusca Westr.). Svizzera (Leb., M. muraria): Basilea, Argovia, Soletta, Ginevra (io); Lago 4 Cantoni (Gieb., M. muraria); Ticino (io, p. 59). 34. M. Menardi (Latr.) (fusca aut.). Glarona (Heer, ? M. fu- sca); Soletta, Ticino (io, p. 205, nota 2). 262 P. PAVESI, La raccolsi comune in autunno nelle grotte del Mendrisiotto e basso Luganese dette “ del Mago, presso Rancate; il “ Fornétt ,, di Tremona; “La Boggia , di Méride; “dell’Alabastro , sopra Rovio; e sul monte S. Salvatore di Lugano presso Calprino in luogo oscuro ed umido fra le pietre. i 35. M. segmentata (Clerck) (Epeira inclinata aut.). Sviz- zera (Gieb.): Vaud (io),Berna (Gieb.), Glarona (Heer e Gieh. Zilla reticulata), Ticino (io, p. 60). 36. Tetragnatha extensa (Linn.). Svizzera (Fuessl., Sulz., sub: Aranea): Solétta, Vaud, Ginevra (io); Gianona (Heer); Ti- cino (io, p. 61). 37. Uloborus Walckenaerii (Latr.). Ticino (io, p. 63). 38. Hyptiotes paradoxus (C. L. Koch). Vaud (C. Koch, Mi- thras alpinus; Lebert, H. anceps). Fam. Therididae. 39. Pachygnatha Clerckii (Sund.) (mazillosa aut., Listeri C. L. Koch). Ticino (io, p. 64). 40. P. De-Géerii Sund. (Clerckii C. L. Koch, Theridium ver- nale Hahn). Ticino (io, p. 64). ? 41. P. Listeri Sund. Lago 4 Cantoni (Gieb., Linyphia pent- ophthalmica). Il prof. Thorell mi scrive che non gli pare ben certa questa sinonimia, che io ho creduto di stabilire, in causa della descri- zione delle mandibole fatta dal Giebel. 42. Formicina mutinensis Canestr. Ticino (io, p. 65). 43. Episinus truncatus Walck. Ticino (io, p. 66). 44. Linyphia clathrata Sund. (multiguttata aut.). Ticino (io, p. 67). 45. L. montana (Clerck). Lago dei 4 Cantoni e Gite (Gieb., L. resupina). 46. L. triangularis (Clerck) (montana aut.). Svizzera ovun- que (Gieb., Lebert): Vaud (Raz., Aranea montana), Berna e Gla- rona (Gieb., L. montana), Ticino (io, p. 67). NOTE ARANEOLOGICHE. 263 47. L. marginata C. L. Koch (triangularis Wlk., BL). Ti- cino (io, p. 68). 48. L. frutetorum C. L. Wide: Ticino (io, p. 69). 49. L. Canestrinii Pavs. (albomaculata Cnstr. Pavs.). Ticino (io, p. 69). 50. L. hortensis Sund. (pascuensis Wlk., MAIO BI.). Ti- cino (io, p. 70). 51. L. pusilla Sund. (pratensis C. L. Koch). Ticino (io, p. 71). 52. L. thoracica Wider. Ticino (io, p. 72). 53. L. leprosa Ohl. Ticino (io, p. 73). 54. L. bucculenta (Clerck). Vaud (Raz., Aranea trilineata). 55. L. nebulosa Sund. Lago 4 Cantoni (Gieb., L. furcula). 56. L. phrygiana C. L. Koch. Grigioni (Thor.). 57. L. luteola Blackw. Grigioni (Thor.). 58. L. tenebricola Wider (Bathyphantes pygmaeus Menge). Ticino (io, p. 73). 59. L. Sordellii x. sp. Olivaceo-fusca, cephalothorace dimidium patellae et tibiae pedum 4." paris aequante, regione thoracica pallida, cephalica nigrescente, in o! tantum elevata et setis hirsuta; clypeo fronte altiore; oculis nigredine cinctis, serie postica leviter procurva, mediis parum majoribus et plus quam a lateralibus inter se separatis, serie antica breviore, fortiter recurva, oculis mediis imis, rudimentalibus, contiguis, a lateralibus fere 2 diam. separatis, lateralibus anticis cum posticis conjunetis; mandibulis rufescentibus, longis, basi incrassatis, apicem versus fuscis, divergentibus in e” multo attenuatis et longio- ribus, unguis stria dentibus 3 robustis, margine antico exterius - aliis minoribus adjectis; mazxillis labio triplo longioribus, parum incli- natis, rufescentibus, apice late albo; labio latiore, quam alto, fusco; pedibus 1. 4. 2. 3, 4." paris in g fere 1." aequalibus, in Q breviori- bus, brunneo-fuscis plus minusve intensis, praesertim in femoribus et tibiis, coxis rufescentibus, breviter et regulariter pilosis, aculeis in femoribus 1.® paris 2, 2.% et 3.4 paris 1, trium parium anticorum in patellis apice 1, tibiis 5 (2. 3), metatarsis 1, 4. paris aculeis nullis, exceptis paucis in metatarsorum apice; patellis et tibiis palporum & brevibus, illae seta curvata ante angulum superiorem munitae, clava capitis magnitudine et valde complexa. Lamina supra basin interius profunde excisa, exterius apicem versus lobulo expansa, prope basin 264 ._P. PAVESI, a procursu (procymbium) brunneo cineta, valido et lato; inferius et anterius angulatim directo, ad extremitatem dente munito et apice acuto; bulbi parte basali incrassata, brunneo-nigra, parte terminali stylo fere recto, trigono, a spermophoro foliaceo, exalbido, plicato conclauso; accedunt quoque tres aliae partes canaliculo inter se con- junctae, attamen mobiles: vescicula cymbiformis, cava, brunnea, pellu- cida, longitudinaliter striata; haec in depressione concava recipitur corporis cuiusdam calceiformis, antice supra vesciculam recurvi, po- stice aliud retinaculum ferentis, lamelliforme, corneum, exalbidum, in angulum rectum desinens, antice apicem dente armatum. Abdomine inverse ovato, in o' strictiore et minus gibboso, olivaceo-nigrescente, praesertim in parte postica et ventrali; vulva a latere visa tuberculum magnum prominentem roseum formante, a lamina (claustrum) externa, convexa, constituta, postice attenuata, contra ventrem et subter di- recta, marginibus concavis posterioribus setis longis, utrinque in lata . basi tuberculis rubidis (bursae seminales) munita, clavo (epygina) cy- lindrico, curvo, subpellucido, a fovea (vagina) marginibus corneis in- verse cordata exeunte. i Long. max. mill. a 3 STREET » cephal. ” Li Li n pedum 1." paris » 1027, 10 SRD vi gel cn 9 91/, 9 ga genna 8 dota 2 LI AN Ar alte Jie 10 ia È Ho trovato frequente questa specie, interessantissima e di- stinta per la forma degli organi genitali, nelle cantine di Men- drisio e Capolago, non che poco innanzi dall'entrata della grotta detta “ La Boggia , sopra Méride sul monte S. Giorgio (cantone Ticino). Nelle cantine abita la parte più profonda ed oscura, allo sbocco dei tubi sfiatatoj, che portano dalle viscere dei monti correnti d’aria freddissima; vi fa una tela irregolare, composta di pochi fili variamente incrociati, e nell'autunno, quando i sessi sono adulti, il maschio dimora abbastanza in prossimità della femina. Siccome però queste cantine non sono che antri naturali, adattati dall’ uomo a quell’uso, e siccome la rinvenni anche in una grotta poco distante, essa può considerarsi cavernicola. Di- fatti presenta la riduzione degli occhi mediani anteriori caratte- NOTE ARANEOLOGICHE. 265 ristica delle specie esclusivamente cavernicole, finora descritte da Simon e L. Koch, trovate nelle grotte dell’ Ariège,' delle Basse Alpi e di Muggendorf, cioè dovrebbe entrare nella recentissima: Liste générale des articulés cavernicoles de V Europe par MM. L. Bedel et E. Simon (in Gervais, Journ. de Zoologie, IV. 1875)'; . sarebbe la prima di questo gruppo scoperta in Italia. D’ altronde nella classificazione di Menge appartiene ai Bathyphantes. 60. L. cristata (Menge). Ticino (io). Ne presi parecchie femine ad. in autunno, nelle oscure cantine di Mendrisio e Capolago; figura quì come specie da aggiungersi nel mio libro. 61. L. concolor Wider. Ticino (io, p. 74). 62. L. glacialis.L. Koch. Ticino (io, p. 74). 63. L. fragilis Thor. Grigioni (Thor.). Il prof. Thorell anno- terà la frase specifica nelle sue Descriptions of several European and North-African Spiders in K. Sv. Vet. Akad. Handl., vol. 13, n.° 5 (1875), p. 24. 64. L. rubecula Canestr. Ginevra e Ticino (io, p. 75). 65. Erigone cucullata C. L. Koch. Ticino (io, p. 75). 66. E. Huthwaitii (Cambr.). Ticino (io, p. 76). 67. E. montigena L. Koch. Ticino (io, p. 76). 68. E. orites Thor. Grigioni (Thor.). Sarà commentata nelle suddette Descr. a pag. 45. 69. E. graminicola (Sund.). Glarona (Heer, M. rubripes). 70. E. fuscipalpis C. L. Koch. Glarona (Heer, M. rurestris). 71. E. aequalis (Menge). Vaud (Lebert, Bathyphantes bre- vipalpus ad part. A non XL). 72. E. rufa (Wider). Vaud (Lebert, B. brevipalpus ad part. 2 non F). | ?73. E. Kochii (Heer). Vetta della Scaradra (Heer, sub: JMi- cryphantes). Inc. sp. 74. Nesticus cellulanus (Clerck). Glarona (Heer, sub: Meta), Ticino (io, p. 205, nota 2). 41 Il Simon non vi inscrisse fra gli opilionidi cavernicoli l’Ischyropsalis manicata L. Koch di Transilvania (che mette soltanto in nota a pag. 18), perchè l’autore non dà alcun dettaglio sui costumi. Io lho ritrovata nel Cantone Ticino e precisamente all’entrata della grotta « del Mago » presso Rancate, sotto le pietre umide. 266 P. PAVESI, L’ ho trovato poi comunissimo in tutte le vii e cantine del Mendrisiotto; ad. in autunno. è» 75. Ero tuberculata (De Géer) (Theridium me Wik., E. atomaria C. L. K.). Ticino (io, p. 77). | 76. Mimetus laevigatus (Keys.). Ticino (io, p. 78). 77. Dipona melanogaster (C. L. Koch). Ticino (io, p. 78). 78. Phyllonethis lineata (Clerck). Svizzera (Fuessl., Ara- nea redimita): Glarona (Heer, Steatoda redimita), Ticino (io, p. 79). 79. Theridium sisyphium (Clerck) (nervosum aut.). Svizzera (Fuessl., Aranea notata), Ticino (io, p. 80). 80. Th. tinctum Walck. Glarona (Heer, T%. irroratum), Ti- cino (io, p. 81). 81. Th. Blackwallii Cambr. Losanna (io). La femina di questo ragno, scoperto in Inghilterra e ritrovato in Francia, è tuttora sconosciuta; ma io ne ebbi fortunatamente una dal Monferrato, che mi permette d’indicare le differenze dall’altro sesso, benchè gli assomigli moltissimo. Cefalotorace bruno-fosco a margine nero più largo, testa nera, specialmente all’occipite e nello spazio fra gli occhi. Mandibole e mascelle più scure, quest'ultime nere alla base. Sterno nera- stro, bruno lungo la linea mediana. Palpi esili, testaceo-pallidi, eccetto i tarsi rossastri. Zampe meno lunghe e meno sottili nella seconda metà, pallide, anellate di rossastro e nero; i femori delle tre prime paja presentano una macchia nera al disotto, più presso alla base che alla estremità, tutti poi hanno un anello rossastro completo, più o meno distinto verso l’apice; tibie con un anello rossastro alla base, più scuro ed intenso sulle paja posteriori; metatarsi con due anelli rossastri, uno verso metà, l’altro al- l’apice; tarsi rossastri. Addome più grosso, ma simile a quello del maschio ne’ tubercoletti e nella distribuzione dei colori; la macchia dorsale anteriore è però più larga, ondulata sul mar- gine esterno, e le macchiette bianche che la circondano al di dietro non penetrano tanto verso l'interno da separare una por- zione posteriore, onde tutto il dorso in mezzo è nero e sopra le ”- NOTE ARANEOLOGICHE. 267 filiere si osservano macchiette rotonde ed irregolari bianche. Ventre nero nella regione intorpo alle filiere, nerastro nella ge- nitale, testaceo sui lati; una striscia testacea lo traversa fra la regione genitale e le filiere e contiene due puntini bianchi. Vulva poco sporgente, rossiccia in mezzo. Lungh. tot. mill. 3. 82. Th. denticulatum Walck. Soletta e Ticino (io, p. 81). 83. Th. varians Hahn. Glarona (Gieb.). 84. Th. formosum (Clerck) (sisyphum o lunatum aut.). Vaud e Ticino (io, p. 82). 85. Th. riparium (Blackw.) (sazazile C. L. K. e aut.). Ticino (io, p. 83). | 86. Th. bimaculatum (Linn.) (dorsiger Hahn, carolinum aut.). Ticino (io, p. 83). 87. Th. simile C. L. Koch. Ginevra (io, Th. pinastri, p..212), . Glarona (Heer). 88. Steatoda hipunctata (Linn. ) (T%. 4- punctatum aut., Phrurolithus ornatus C. L. K.). Vaud (Raz., sub: Aranea; io), Lago 4 Cantoni (Gieb., Theridium cruciatum), Ticino (io, p. 84). 89. S. triangulosa (Walck.) (TReridium venustissimum C. L. Koch). Ticino (io, p. 85). 90. Lithyphantes Paykullianus (Walck.) (Phrurolithus ha- matus + Ph. lunatus C. L. K.). Ticino (io, p. 86, L. hamatus; p. 88, L. dispar). Simon (Aran. nouv. ou peu conn., IL 1873, p. 82) aveva già riunite le due forme; Thorell ( Verzeichn. Siidrussisch. Spinn., in Horae Soc. entom. Ross., XI. 1875, estr. p. 30) conviene recen- tissimamente in questa opinione, ma indica la priorità del nome Paykullianus. 91. Euryopis inornata (Cambr.). Ticino (io, p. 90). Fam. Scytodidae. 92. Pholcus phalangioiles (Fuessl.) (nemastomoides C. L. Koch). Ginevra (Fuessl., sub: Ararea; io); Argovia, Soletta e Ticino (io, pag. 90). 268 1 P. PAVESI, 93. Ph. opilionoides (Schr.). Svizzera (Lebert, Ph. opelio- nides): Ticino (io, p. 92). Î 94. Ph. rivulatus (Forsk.) (dmpressus C. L. K.). Ticino (io, p. 93). e | 95. Spermophora senoculata (Dug.) (Rachus 4-punctatus Wlk.). Ticino (io, p. 94). 96. Seytodes thoracica Latr. (tigrina C. L. K.). Ticino (io, p. 95). Fam. Agalenidae. 97. Dictyna arundinacea (Linn.) (benigna aut.). Svizzera (Fuessl., sub.: Aranea): Vaud, Ticino (io, p. 96). 98. D. viridissima (Walck.). Ticino (io, p. 97). 99. D. puella Simon. Vaud (io). 100. Titaneca tristis L. Koch. Ticino (io, p. 97). 101. Amaurobius fenestralis (Stroem) (atrox aut.). Soletta (io), — Grigioni (Thor., in litt.), Ticino (io, p. 98). 1 102. A. ferox (Walck). Soletta, Vaud e Ticino (io, p. 99). 103. A. claustrarius (Hahn). Glarona (Heer, A. montanus). 104. A. crassipalpis Canestr. Pavs. Ticino (io, p. 100). Ne ripresi i maschi a Pontegana (Mendr.) e sul Monte S. Sal- vatore presso Calprino (Lugan.), ove scopersi anche la femina, ancora ignota. Q. Cefalotorace più lungo della patella e tibia del 4.° (ed anche — un poco del 1.°) pajo di zampe, largo quanto la tibia + !/, pa- | tella del 4.°, testa più larga che nel &', olivastro, più scuro e bruno alla parte anteriore. Prima serie di occhi diritta, seconda pro- curva ; occhi mediani anteriori piccoli, vicini e separati appena 1 diam., distano dai laterali almeno 2, laterali anteriori più grossi, _ i mediani posteriori distano fra loro circa 2 diam., l'intervallo tra questi ed i laterali della medesima série è un po’ maggiore. Man- dibole rosso-brune, più grosse che nel o' e dei femori del 1.° pajo, quasi verticali, convesse verso la base, lunghe circa il doppio delle patelle anteriori. Labbro e mascelle rosso-bruni, quest’ ultime NOTE ARANEOLOGICHE. 269 gialle al margine. Palpi olivastri, coi tarsi rosso-bruni armati di robusti e lunghi acnlei, specialmente all’interno; alcune setole supero-interne della tibia sono contorte. Zampe più robuste, ma più brevi che nel , specialmente quelle del 1.° pajo, olivastre, del pari che lo sterno, senza indizio di anelli e rosso-brune ai tarsi anteriori. Addome nerastro, con nessuna traccia della fascia te- stacea longitudinale e degli accenti circonflessi che la seguono; invece il ventre è percorso dalle quattro serie di punticini testacei, le mediane poco distinte, che non arrivano alle filiere. Area della vulva sporgente; ha molta rassomiglianza con quella del jugorum, nè le punte laterali sono prolungate all’ indietro come nell’obustus (onde meglio ancora la specie si distingue da quella cui voleva riunirla il Simon); però la piastrina rosso-bruna è breve, larga, semilunare e non incavata in mezzo nè tronca, approssimandosi a quella dell’Erderti. Lungh. tot. mill. 11, cefal. 6, zampe del 1.° pajo 17, 2.°° 14, RARO, Il o venne ridescritto l’anno scorso del lenta Simon (Arachn. de France, I, pag. 230) sul mio esemplare tipico. Esso presenta talvolta olivastro-chiaro il cefalotorace e le sue appendici, eccet- tuate le mandibole olivastro-brune, quantunque sia perfettamente sviluppato. 105. A. jugorum L. Koch. Ticino (io, p. 100). 106. A. Erberii (Keys.). Ticino (io, p. 100). 107. Coelotes atropos (Walck.). (Amaurobius. terrestris C. L. K.). Ticino (io, p. 101). 108. €. solitarius L. Koch. Ticino (io, p. 102). 109. Tegenaria parietina (Fourcr.) eri C. L. K., Gu- yonii Wlk.). Ticino (io, p. 108). 110. T. Bremii x. sp. * Cephalothorace */, patellae et. tibiae pedum 4. paris breviore, latitudine maxima 1 mill. superante, antice di- midio minus huiusdem latitudinis, testaceo, vittis thoracicis non manife- | stis, linea marginali antice tantum prospicienda, parte cephalica brevi, elevata, brunnea; oculis nigredine cinctis, serie postica modice, antica le- vius procurva, oculis posticis aequalibus, mediis paullo proximioribus, 270 P. PAVESI, oculis anticis non contiguis, mediis rotundis ceteris minoribus, fere 2/, lateralium, lateralibus majoribus; clypeo duplo oculis anticis lateralibus altiore; mandibulis tarsos 2.° paris longitudine aequantibus, ad basin ut femora 1.” incrassatis, conicis, divergentibus, leviter porrectis, brun- neis pilis nigris instructis; maxillis directis, antice latioribus, 4/3 labio superantibus, cum labio brunneis, margine late albescente; sterno ro- — tundato brunnescente, linea mediana et utrinque maculis tribus pallidio- ribus; pedibus longis exilibus, testaceis, patellis obscurioribus, coxis et | femorum 1." paris parte basali brunneis, femoribus posticis subter maculis nigrescentibus indistinctis; palpis exilibus, femorum parte basali vix incurvata, patellis quam longis strictioribus, tibiis patellis fere duplo longioribus, subter non carinatis, setis longis armatis prae- sertim superne, exterius apophisi instructis, deplanata, lamellosa, marginibus prominentibus, ovali, fere longa ut dimidium articulum, antice in 3 lobos divisa, mediano minimo recto, superiore maximo, nigro, acuminato et statim exterius recurvo. Bulbo interius et antice stylo filiforme, exterius lamina in 2 cuspides postice desinente, bulbi parte basali unco longo N) - formi extrorsum horinzontaliter directo. Abdomine ovato, testaceo-nigrescente, lateribus lineolis nigris, antice utrinque macula oblonga et macula rotunda subeunte albis cordis re- gionem limitantibus, parte postica lineis curvis transversis testaceis albo-punctatis; ventre maculis nigris; mammillis testaceis, majorum parte basali, supra, pallide nigrescente. Long. cephal. mill. 5, abdom. 5 #/,, pedum 1." paris 84 cire., 2.% 31, gli 27, 4.0 32. Raccolsi quest’ unico esemplare maschio adulto entro la Grotta dell’Alabastro sopra Rovio (cant. Ticino) verso la metà d’agosto. È specie assai vicina alla 7. tridentina L. Koch, del Buco di Vela, _ ma differisce, secondo me, per l’apofisi lamellosa della tibia dei palpi, che ha il lobo superiore, non il medio, maggiore; e per al- | tri caratteri di grandezza, colore ecc. 111. T. domestica. (Clerk) (ferruginea Panz., Simon). Svizzera (Fuessl., sub: Aranea: Argovia, Soletta, Vaud, Ginevra (io); | Oberland bernese (Thor., in litt.); Svitto e Nidwalden (Gieb., — T. domestica var. petrensis); Glarona (Heer). Gli esemplari del Ticino (p. 102, sp. 79) da me riferiti a que- sta specie, appartengono piuttosto alla parietina, e viceversa alla NOTE ARANEOLOGICHE. 271 domestica quelli di Losanna, che ho chiamato erroneamente (p. 212) T. tridentina L. Koch. Secondo i miei studi, la domestica non si trova al di qua delle Alpi. 112. T. Derhamii (Scop.) (civilis aut., domestica Linn., Simon). Svizzera (Sulz., Aranea longipes): Soletta (io), Ginevra (Fuessl., A. longipes), Vaud (io, Raz., Aranea domestica), Glarona (Heer, T. civilis). 113. T. campestris C. L. Koch. Glarona (Heer). 114. T. silvestris L. Koch. Ticino (io, p. 104). 115. T. Fuesslinii Pavs. Ticino (io, p. 105). Il Thorell ne riparlerà a p. 78 delle Descr. Europ. Norih-4fy Spid. sopracitate, avendone ricevuto un esemplare di Liguria dal prof. Canestrini. ? 116. T. similis Gieb. Berna (Gieb.). Giovane di inc. sp. 117. Hahnia elegans (Blackw.) (pratensis C. L. K., Menge). Ticino (io, p. 107). 118: Agalena labyrinthica (Clerck). Svizzera (Enessl., sub: Aranea): Argovia (io), Glarona (Heer, sub: Agelena), Ticino (io, p. 108). 119. A. similis Keys. Ticino (io, p. 109). 120. Textrix denticulata (Oliv.) (2ycosina aut.). Ticino (io, p. 110). 121. Histopona torpida (C. L. Koch.) Glarona (Heer, sub: Textrix). Ticino (io, p. 109). Fam. Drassidae. 122. Zora maculata (Blackw.) (spinimana aut.). Ticino (io, p. 111). 123. Liocranum domesticum (Wider). Soletta, Vaud (io); — Glarona (Heer, Philoica notata), Ticino (io, p. 111). 124. Anyphaena accentuata (Walck.). Ticino (io, p. 112). 125. Clubiona corticalis (Walck.). Ticino (io, p. 113). 126. C. montana L. Koch. Ticino (io, p. 113). 127. C. terrestris Westr. Ticino (io, p. 114). 128. C. frutetorum L. Koch. Ticino {io, p. 115). 129. C. compta C. L. Koch. Ginevra e Ticino (io, p. 115). 272 P. PAVESI, 130. €. holosericea (De Géer). Lago dei 4 Cantoni (Gieb., C. phragmitis). DE 131. €. pallidula (Clerck). Svizzera (Fuessl., Aranea holo- sericea; Menzel, C. holosericea): Glarona (Heer, C. holosericea). 132. €. pallens Hahn. Uri sulla Furka (Grieb.). 133. C. genevensis L. Koch. Ginevra (L. Koch). 134. Chiracanthium italicum Cnstr. Pavs. Ticino (io, p.116). 135. Ch. Mildei L. Koch. Ticino (io, p. 116). 136. Ch. carnifex (Fabr.). Ticino (io, p. 117). 137. Phrurolithus minimus C. L. Koch. Ticino (io, p. 118). 138. Micaria fulgens (Walck.) (fastuosa C. L. K.). Ticino (io, p. 118.) | 139. M. chlorophana, (Heer). Glarona al Panixer Pass (Heer, |. sub: Macaria). i 140. Drassus scutulatus L. Koch (sericeus C. L. K.). Soletta e Ticino (io, p. 119, D. viator). La determinazione primitiva è sbagliata; il &' preso più tardi mi guidò alla vera. D. viator è specie più meridionale, cioè me- | diterranea ed africana. 141. D. ravidus Pavs. Ticino (io, p. 119). 142. D. Razoumowskyi Pavs. Ticino (io, p. 123). La femina, non per anco descritta, si rassomiglia moltissimo al maschio. Cefalotorace un po’ più stretto. Occhi mediani della 1.* serie continuati all’indietro da uno spazio nero. Mandibole più sporgenti alla base. Sterno ed organi cibarii più chiari; le | mascelle marginate di giallognolo. Palpi testacei di mediocre gros- sezza, a femori incurvati, tarsi che vanno assottigliandosi all’ estre- mità rosso-bruni. Zampe più brevi, (egualmente armate e colo- rate. Addome giallastro pure come nel descritto (in questo può passare anche al nerastro ed allora si fa meglio evidente un pic- | colo e breve spazio quadrilatero testaceo, glabro, a cute grossa) e vi è accennato il posto della solita piastrina basale del et. Vulva in area ristretta e lunga; una lamina rosso-bruna, quadrilunga, tronca all'estremità in linea retta, ov'è nera, cogli angoli poste- riori ottusi, striata pel lungo, si dirige all’indietro ed è limitata: NOTE ARANEOLOGICHE. 273 posteriormente da due grossi tubercoli (borse seminali) rotondi, vicini l’uno all’altro, ma non contigui. Lungh. tot. mill. 7, cefalot. 3 circa, zampe 1.° pajo 11, 4.'° 12. 143. D. troglodytes C. L. Koch. Grigioni (Thor. in litt.), Ti- cino (io, p. 125). 144. D. lapidicola (Walck.). Ginevra e Ticino (io, p. 126). 145. D. Heerii Pavs. Ticino (io, p. 126). 146. D. 4-punctatus(Linn.). Svizzera (Fuessl., sub: Aranea). 147. D. cinereus Hahn. Glarona (Heer). 148. Prosthesima clivicola L. Koch. Vallese (Simon, in litt.), Ticino (io, p. 130). 149, P. praefica L. Koch. Vallese (Simon, in litt.), Ticino (10, p. 131). Asl 150. P. Petiverii (Scop.). Oberland bernese (Thor., in litt.), Glarona (Heer, Melanophora subterranea), Ticino (io, p. 131). 151. P. atra (Latr.). Oberland bernese (Thor., in litt.). 152. P. nigrita (Fabr.) (M. pusilla C.K.). Ticino (io, p. 132). 153. P. petrensis (C. L. Koch). Ginevra (io). 154. P. oblonga (C. L. Koch). Svizzera (Heer, sub: Mela- phora). ” 155. Gnaphosa lugubris (C. L. Koch).. Vallese (Simon, in litt.), Grigioni (Thor.), Ticino (io, p. 132). 156. G. badia L. Koch. Ticino (io, p. 133). 157. G. bicolor (Hahn) (Pythonissa tricolor C. L. K.). Ti- cino (io, p. 134). 158. G. nocturna (Linné) (P. maculata C. L. Koch). Ticino (io, p. 134). Westring (Bemerkungen diber die arachnologischen Abhandlun- gen von Dr. T. Thorell, in Abhandl. Wissensch. Litter. Gesellsch. Gothenburg, XIV. 1874, estr. p. 43) propone di farne il genere a parte CalWilepis, in causa del numero dei griffi tarsali e palpali diverso che nelle vere Gnaphosa'; e adotta il nome specifico di — maculata Wider, anzichè nocturna Linné, non essendo certo che l’Aranea nocturna L. sia proprio quella che noi intendiamo. Con simili ragionamenti bisognerebbe cancellare quasi tutti i nomi de- Vol. XVIII, 18 “ 274 P. PAVESI, gli antichi, che descrissero brevemente e non figurarono affatto, o poco bene, le specie nuove, perchè oggi non è più possibile di- mostrarne l’identità,a meno che restino le raccolte originali esi abbia la ventura di esaminarle. Invece si segue l’uso comune, o si tien conto della frequenza maggiore di una data specie in quel paese ove la prese e descrisse il primo, o d’altro. Egli è per- ciò che non mi sono occupato delle precedenti note di Westring a proposito della Singa Her, Linyphia PYGMACG, Melanophora subterranea, pusilla ecc. 159. G. exornata (C. L. Koch). Ticino (io, p. 135). 160. G. lucifuga (Walck.). Ginevra e Vaud (io). 161. G. fumosa (.C. L. Koch). Uri sulla Furka (Gieb., sub: Pythonissa). È 162. G. muscorum (L. Koch). Svizzera (L. Koch.). 163. G. helvetica (L. Koch.). Grigioni (L. Koch). 164. G. Aussereri L. Koch. Vaud (io). Fam, Dysderidae. 165. Segestria senoculata (Linn.). Glarona (Heer). — Ti- cino (io, p. 136). i 166. S. bavarica C. L. Koch. Ticino (io, p. 136). 167. S. florentina ( Rossi P.) (perfida Walck.). Ticino (io, p. 137). 168. Dysdera crocota C. L. Koch. Vaud e Ticino (io, p. 138). 169. D. Pavesii Thor. Ticino (io, p. 138). ? 170. D. Cambridgii Thor. Glarona (Heer, D. erythrina). 171. D. rubicunda C. L. Koch. Glarona (Heer). ‘172. D. Scheuchzeri n. sp. Cephalothorace subexagonali, in 9 paullo, in x multo breviore quam tibia cum patella 1." paris, latitudine maxima inter basin 2a et 8.4 paris angulo obtuso, punctis impressis nullis, brunneo-fusco nigro-marginato, linea cephalica mediana vix ma- nifesta; oculis in area nigra, mediis anticis proximis sed non contingen- tibus, posticis rotundis ceteris minoribus; mandibulis valde porrectis, pa- tellarum 1. paris longitudinem horumque femorum magnitudinem ae- NOTE ARANEOLOGICHE. eo 275 quantibus, in e' minoribus, in Q ad basin incrassatis, subeylindricis, api- cem versus repente constrictis, antice setis hirsutis, ungue robusto ; ma xillis directis, basi lata, margine interno incavato; sterno inverse ovato,” rugoso; pedibus longis, in g exilioribus, femoribus 1.” paris prope api- cem aculeis ante 2, 2.% paris 1, 4.‘ supra 1. 1. prope basin, tibiis et metatarsis posticis aculeatis, testaceo-fuscis, dimidio extremo femorum et basali tibiarum nigrescentibus; palpis longis, robustis, rufo-brun- neis. Bulbo genitali subsphaerico, flavo, in scapum longissimum arti- culatum excurrenti; parte prima dente brunneo basali praedita, extre- mitatem versus fortiter expansa et interius curva, parte terminali cum prima angulum rectum formante, antice directa, 1 ‘/, partem basalem aequante, in sua longitudine fere aequaliter lata sed prope apicem in- fundibuliformi, mucronulo interno summitati' adjecto. Abdomine finis- sime piloso, pallide coerulescente, supra mammillas macula flava, subter duabus lineolis nigrescentibus ab ano divergentibus; vulva rima trans- versale exalbida, medio latiore. Long. max. o mill. 6, 9 8; cum mandibulis 7 et 9. Ho preso entrambi i sessi adulti di questa specie, verso la fine di settembre, a Calprino sul monte S. Salvatore presso Lugano, sotto le pietre umide, e fra le crepature della roccia in basso di Pontegana (cant. Ticino). Essa somiglia a primo aspetto ad una grossa Hombergii, per gli anelli scuri delle zampe ed il colore generale, ma non è un Harpactes, sibbene una vera Dysdera, vi- cina alla punctata, ben distinta da tutte per la struttura del bulbo e per altri caratteri. 173. Harpactes Hombergii (Scop.) (Dysdera tessellata Ca- nestr. Pavs.). Ticino (io, p. 139). 174. Oonops pulcher Templ. Ticino (io, p. 140). Fam. Filistatidae. 175. Filistata nana Sim. Ticino (io, p. 141). Fam. Theraphosidae. 176. Atypus piceus (Sulz.). Svizzera (Sulz., sub: Aranea; Hahn e Koch, Atypus Suleeri; Walck., Oletera atypa). x 276 P. PAVES], Fam. Meteropodidae. - Questa famiglia fu istituita già da Thorell (Rem. Syn., 1873, p. 606) prima che Simon la proponesse (Ann. Soc. Ent. Fr., 5.° se- rie, IV. 1874, p. 243) col nome di Sparassidae, come ho detto sopra nel Catalogo dei Ragni di Capri. : 177. Micrommata virescens (Clerck). Svizzera (Fuessl., sub: Aranea): Glarona (Heer, sub: Sparassus); Ginevra e Ticino (ioy p. 141). 178. M. ornata (Walck.). Svizzera (Cambr., sub: Sparassus) : Ticino (io, p. 142). Simon (Révis. esp. curop. des Sparass., p. 271, 277; Arachn. . de France, II, p. 843) espone le ragioni per cui dobbiamo ritenerla una specie distinta dalla precedente, sopratutto pel carattere degli occhi della 1.* serie. ? 179. M. longipes (Gieb.). Glarona (Gieb., sub: Sparassus). Inc. sp. £ Fam. Thomisidae. 180. Philodromus margaritatus (Clerck). Svizzera (Fuessl., Aranea laevipes; Sulzer, A. ornata): Ticino (io, p. 143, sub: Ar- tanes). 181. Ph. pecilus Thor. (Philodromustigrinus Walck.). Ticino (io, p. 144, sub: Artanes). Persisto nell’ adottare il nome di Thorell, contro il parere di Westring (Bemerk., p. 56) onde evitare confusioni; quest’ultimo si appoggia anche sull’ autorità di Canestrini e Pavesi, non curan- dosi però di vedere che io ho già abbandonata la prima nomen- clatura. 182. Ph. fallax (Sund.). Ticino (io, p. 144, sub: Arfanes). ? 183. Ph. vivax (Blackw.). Berna (Blackw.). 184. Ph. aureolus (Clerck). Svizzera (Thor.): Svitto (Gieb., sub: TRomisus), Glarona (Heer, Gieb.), Grigioni (Heer, Thor. in litt.); Argovia, Ginevra, Vaud e Ticino (io, p. 145). NOTE ARANEOLOGICHE. MER 185. Thanatus formicinus (Clerck) (rhombiferens aut.). Uri sulla Furka (Gieb., 7%. rombicus), Ticino (io, p. 146). 186. Th. arenarius Thor. Ticino (io, p. 146). 187. Th. Cervini Sim. Vallese (Sim.). 188. Tmarus piger Walck. Ginevra e Ticino (io, p. 147, Mo- neses cuneolus). 189. Thomisus albus (Gmel.) (diadema Hahn, Koch; ab- - breviatus Wlk.). Ticino (io, p. 148, Th. onustus). 190. Pistius truncatus (Pall.) (TRomisus horridus c. BC.) Soletta e Ticino (io, p. 150, sub: Misumena). 191. Misumena vatia (Clerck) (citrea aut.). Svizzera (Fuessì., Aranea calycina): Glarona (Heer, Thomisus calycinus); Argovia, Soletta e Ticino (io, p. 149). 192. M. tricuspidata (Fabr.). Ginevra e Ticino (io, p. 151, Diea capparina). ‘ Thorell (in litt.) mi prova che i maschi di capparina sono maschi di tricuspidata, onde sostituisco questo nome a quello . della sp. 137. 193. Dia dorsata (Fabr.). Glarona (Heer, sub: Thomisus). 194. Heri®us hirsutus Walck. Ticino (io,.p. 150, Misumena villosa). 195. Synema globosum (Fabr.) (Zhomisus rotundatus WIk.). Ticino (io, p. 151, sub: Dica). 196. Xysticus Kochii Thor. (viaticus C. L. Koch, fig. 1003- 1004). Glarona (Heer, X. viaticus); Ginevra e Ticino (io, p. 152). 197. X. cristatus (Clerck). Svizzera (Fuessl., Aranea viatica) : Ginevra (io). 198. X. pini (Hahn) (X. audax C. L. Koch e aut.). Oberland bernese (Thor., in litt.), Ticino (io, p. 153). ‘199. X. sabulosus (Hahn). Svitto (Gieb. “ Thomisus cri- status von Typus des Kochschen T. sabulosus , ). 200. X. ulmi (Hahn). Argovia, Ticino (io, p. 154). 201. X. lineatus (Westr.). Vaud (io). 202. X. lateralis (Hahn). Ticino (io, pag. 154, escl. sin. _X. lanio C. L. Koch, fig. 1009?). 278 P. PAVESI, 203. X. robustus (Hahn). Ticino (io, p. 155, X. META. 204. X. gallicus Simon. Ticino (io, p. 155, X. impavidus). 205. X. bifasciatus C. L. Koch (lario "i L. K.; fig. 1010-11). Ticino (io, p. 155). 206. X. erraticus (Blackw.). Ticino (io, p. 156). ? 207. X.umbratilis(Blackw.). Berna(Blackw., sub: Thomisus). 208. Oxyptila horticola O. L. Koch. Ticino (io, p. 156, sub: Xysticus). È 209. O. brevipes (Hahn). Ticino (io, p. 157, sub: Agro 210. Coriarachne depressa (Razoum.). Vaud (Raz., sub: Aranea). Westring (Bemerck., p. 52-53) combatte Thorell, sostenendo — che le ragioni da lui adotte non sono sufficienti per separarla dal genere Xysticus, in cui l’ha posta il Koch; però ultimamente anche Simon (Arachn. de France, II, p. 209) mantiene il genere Coriarachne. Se Westring e Simon si fossero compiaciuti di guar- dare a p. 22-23 de’ miei Ragni del Canton Ticino, avrebbero vista la discussione per ridonare la. priorità al Razoumowsky, che scoperse e descrisse questa specie prima di tutti; Thorell invece è venuto subito del mio avviso, come mi scrisse, appena dopo la lettura di quel paragrafo. Fam. Lycosidae. 211. Aulonia albimana Walck. Ticino (io, p. 158). 212. Lycosa lugubris Walck. (silvicola aut., alacris C. L. K.). Basilea, Soletta, Vaud, Ginevra e Ticino (io, p. 158). 213. L. hortensis Thor. (saccata C. L. K.) Basilea, Soletta, Ginevra, Vaud e Ticino (io, p. 159). 214. L. palustris (Linn.) (monticola C. L. Koch, fig. 1447, 1449). Ginevra (io), Grigioni (Thor., in litt.), Uri sulla Furka (Gieb., Pardosa monticola part.), Ticino (Sulzer, Aranea sulcata; 1 io, p. 160). 215. L. monticola (Clerck). Glarona (Heer, Gieb.), Lago dei 4 Cantoni (Gieb., sub: Pardosa), Ticino (io, p. 160). NOTE ARANEOLOGICHE. 279 216. L. cursoria C. L. Koch. Ticino (io, p. 161). 217. L. bifasciata C. L. Koch. Ginevra e Ticino (io, p. 162). 218. L. vittata Keys. Ticino (io, p. 163). 219. L. striatipes C. L. Koch. Glarona (Gieb., sub: Pardosa). 220. L. nigra C. L. Koch. Ticino (io, p. 163). 221. L. pullata (Clerck). Glarona e Lago 4 Cantoni (Gieb., sub: Leimonia). 222. L. paludicola (Clerck) (fumigata C. L. K.) Ginevra e Vaud (io). 223. L. amentata (Clerck) (paludicola C. L. K.). Svizzera (Fuessl., Aranea saccata): Glarona (Heer, L. saccata), Grigioni (Thor., in litt.), Ginevra (io), Vaud (Razoum., Aranea saccata part.), Ticino (io, p. 164). 224. L. blanda C. L. Koch. Vallese, Uri, Grigioni, Glarona (Heer, L. blanda var. obscura). | 225. L. Giebelii Pavs. Ticino (io, p. 164), Uri sulla Furka (Gieb.,? Pardosa obscura). Il sig. Simon, cui ho comunicati gli esemplari tipici, mi scrive in modo che pare propenda ad identificarle la L. Wanda; ho già detto anch'io (p. 167) della sua affinità con questa specie, ma me ne risultò distinta per la struttura degli organi genitali. ? 226. L. atra Gieb. Svitto (Gieb.). Inc. sp. 2227. L. calida Blackw. Berna (Blackw.) Inc. sp. 228. L. prativaga L. Koch. Ticino (io, p. 168). 229. L. Wagleri Hahn. Grigioni (Thor.), Ticino (io, p. 168). 230. Tarentula Sulzeri Pavs. Ticino (io, p. 169). Il prof. Thorell ne, ritratterà, a p. 164 delle Descr. sopracitate, su esemplari provenienti dal mezzodì della Russia e del Tirolo; così risulta più estesa la sua distribuzione geografica. Egli la registrerà fra le Zrochosa, riconoscendo tuttavia in essa una transizione alle Tarentula, generi diversi per caratteri assai in- decisi degli occhi e del clipeo. 231. T. radiata (Latr.) (L. famelica C.-L. Koch, L. captans WIk., L. liguriensis WIk.). Ticino (io, p. 171). 232. T. albofasciata (Brullé) (L. sagittata C. L. K., albocineta BI., numida Luc.). Ticino (io, p. 172). 280 P. PAVESI, 233. T. aculeata (Clerck) (L. cursor Hahn, 7. taeniata C. L. K.). Oberland bernese (Thor., in litt.). 2234. T. trabalis VClgrno). Lago 4 Cantoni (Gieb., L. Tar. VOrax). 235. T. andrenivora (Walck.) (inquilina C. L. K.). Ticino (io, p. 172). 236. T. pulverulenta (Clerck) (cuneata C. L. K.). Oberland bernese (Thor., in litt.), Ticino (io, p. 178). 237. T. cuneata (Clerck) (L. armillata Walck., clavipes C. L. K.). Vaud e Ticino (io, p. 174). 238. T. nemoralis Westr. (nivalis C. L. K.). Oberland ber- nese (Thor., in litt.), Ticino (io, p. 174, T. meridiana). Westring (Bemerck., p. 60) ha provato con sufficienti argomenti chela L. meridiana Hahn non è identica alla 7. nivalis C. L. Koch, come credette il Thorell. Siccome non si può adottare il nome di nivalis, per la confusione che nascerebbe con l’Aranca mivalis Clerck, questa specie deve chiamarsi col nome proposto dal We- string, ed io lo sostituisco, cancellando la sinonimia di Hahn nella sp. ticinese n.° 168. 239. Trochosa terricola Thor. Soletta, Ginevra e Vaud (10), Uri sulla Furka (Gieb., Tr. trabalis); Ticino (io, p. 175). Anche questa e le seguenti tie specie si vorrebbero riferire _ dal Westring (Bemerck., p. 59-60, 64-65) al gen. Tarentula. . 240. T. ruricola (De Géer). Oberland bernese (Thor., in litt.), Glarona (Heer, Lycosa ruricola 4 L. alpina). 241. T. leopardus (Sund.). Ginevra e Ticino (io, sub: Pi- rata, p. 179). Preferisco rimetterla nel gen. Trochosa, come già aveva fatto il Thorell (Eur. Spid., p. 193), togliendola dalle Pirata in cui l’avevo inscritta secondo l’ avviso posteriore dello stesso Thorell (Kem. Syn., p. 331-332). 242. T. pieta (Hahn). Ticino (io, p..176). 243. T. insignita Thor. (Lycosa superba L. Koch). Ticino (io, p. 176). Questa sinonimia, già da me indicata, ora è certa; i miei esem- NOTE ARANEOLOGICHE. 281 plari furono esaminati dal dott. L. Koch e dal prof. Thorell e riferiti alle loro rispettive specie nuove, pubblicate quasi con- temporaneamente nel 1872. 244. Pirata piraticus (Clerck). Basilea. (io), Friburgo (Ra- zoum.,? Aranea palustris part.), Ticino (io, p. 178). 245. P. Knorri (Scop.) (Potamia piscatoria C. L. K). Fri- burgo (Raz., Aranea saccata part.?), Ticino (io, p. 178). 246. Dolomedes fimbriatus (Clerck). Basilea (io), Vaud (Razoum., Arancea fimbriata + A. palustris part.?), Ticino (io, p. 179.) 247. D. plantarius (Clerck) (riparius + plantarius Hahn). Basilea, Ticino (io, p. 180). | 248. Ocyale mirabilis (Clerck). Svizzera (Gieb., 0. murina) : Basilea, Soletta, Vaud (io); Grigioni (Menzel “ Dolomedes Scheu- chzeri.Bremi ,); Ticino (io, p. 181). Thorell (Rem. Syn., pi 350) ed io (p. 29) ignoravamo dove il Bremi avesse parlato di questo Dolomedes, ridescritto e figu- rato dal Menzel; io supposi che si trattasse di una semplice comunicazione epistolare, ma il prof. A. Menzel di Hottingen mi spiegò come stanno le cose. Il Bremi, appassionato zoologo sviz- zero, aveva fatta una raccolta di ragni con tele, bozzoli delle uova ed altro, anzi sopra di essa aveva scritto un catalogo, seguendo Hahn e Koch, che però non andò mai per le stampe. Anche Mattia Scheuchzer a Coira, Zurigo e finalmente a Basilea, dove morì, si occupò molto nel raccogliere e studiare ragni e figurò quelli presi nel cantone Grigione in un magnifico volume. Ora appunto “ eine dieser Abbildungen war die von mir in meiner Arbeit unter dem Namen “ Dolomedes Scheuchzeri Bremi ,, aufgefiihrte Spinne, wel- che ich mit Bremi, der ihr jenen Namen beilegte, fiir eine noch unbeschriebene Art hielt ,. Così mi scrisse il Menzel nella sua in- teressantissima lettera. I manoscritti di Bremi non si sa dove siano, e la raccolta, passata dopo la sua morte al Politecnico svizzero, è forse andata in malora; il volume dei ragni grigioni di Scheuchzer si trova probabilmente ancora presso la ditta Scheuchzer, ed io auguro che qualche patriota ricerchi e pubblichi questo documento storico. 282 |P. PAVESI, Il Dolomedes Scheuchzeri non è altro che l’Araneus mirabilis di Clerck; ma, se fosse stata una nuova specie, avremmo dovuto aggiungere l’autorità di Menzel e non di Bremi, perchè i nomi di coll. privata o pubblica, i nomi MMS. o in litt. non possono aver diritto e valore in ia sono senza controllo e quindi da abolirsi. . Fam. Oxyopidae. - 249. Oxyopes transalpinus (Walck.) (Sphasus gentilis C. L. K.). Ticino (io, p. 182). Fam. Attidae. ‘ 250. Salticus formicarius (De Géer). Svizzera (C. L.- Koch, Pyrophorus helveticus; Walck., Attus helv.; Simon, Pyroderes helv.) : Ginevra e Ticino (io, p. 183). È 251. S. tyroliensis (C. L. Koch). Vallese, (Simon, in litt.), Ticino (io, p. 484). 252. Leptorchestes mutilloides (Lucas). Ticino (io, p. 185). 253. Epiblemum scenicum (Clerck) (scenicum + Wistrioni= | cum C. K. e aut.). Svizzera (Fuessl., sub: Aranea): Glarona (Heer, sub: Calliethera); Svitto, Uri (Gieb.', sub: mt une (io, p. 186). 254. Heliophanus cupreus (Walck.). Ginevra (io), Lago 4 Cantoni (Gieb.), Glarona (Heer, H. cupreus + chalybaeus), Ti- 9 cino (io, p. 187). 255. H. muscorum (Walck.) (truncorum C. L. K.). Ober- land bernese (Thor., in litt.), Ticino (io, p. 188). 256. H. flavipes (Hahn). Ginevra e Ticino (io, p. 189). 257. H. exultans Sim. Ticino (io, p. 189). i 258. H. Cambridgii Sim. Ticino (io, p. 190). 259. H. Kochii Sim. Ticino (io, p. 190). 260. H. inornatus Sim. Vallese (Sim.). 261. H. hecticus Sim. Vallese (Sim.). NOTE ARANEOLOGICHE. 283 262. H. uncinatus Sim. Svizzera (Sim.). 263. Ballus depressus (Walck.) (Attus annulipes Walck., ecc.). Glarona (Heer, Euophrys brevipes), Ginevra e Ticino (io, p. 191). 264. B. biimpressus (Dol.). Ticino (io, p. 191). 265. Marpessa muscosa (Clerck). Ticino (io, p. 192). 266. M. falsifica (Simon). Ticino (io, p. 193). 267. M. nitelina (Simon) (M. Nardoi Ninni). Ticino (io, p. 193). 268. Euophrys frontalis (Walck.). Oberland bernese (Thor.) Ticino (io, p. 194). 3 269. E. finitima (Simon). Ticino (io, p. 195). 270. Philaeus chrysops (Poda) (# Attus sanguinolentus aut. Q Dendryphantes leucomelas C. L. Koch). Vaud e Ticino (io, p. 195). 271. Ph. bicolor (Walck.). Ticino (io, p. 197). 272. Attus arcuatus (Clerck) (Salticus grossipes Hahn). Gi- nevra e Ticino (io, p. 197). 273. A. falcatus (Clerck) (S. Blancardà Hahn). Ginevra e Ticino (io, p. 198). 274. A. pubescens (Fabr.). Ticino (io, p. 199). 275. A. rupicola C. L. Koch. Vallese (Simon), Ticino (io, pe.99): È 276. A. pratincola (C. L. Koch). Svizzera (Simon). 277. A. lapponicus Sund. Vallese (Simon, A. ricimniatus). 278. A. erraticus Walck. (Euophrys tigrina C. L. K.). Ti- cino (io, p. 200). 279. A. terrestris Simon. Ticino (io, p. 200). 280. A. barbipes Sim, Ticino (io, p. 201). 281. A. scriptus Sim. Svizzera (Sim.). 282. A. cingulatus Sim. Vallese (Sim.). 283. A. miser Sim. Vallese (Sim.). 284. Aelurops lineatus (C. L. Koch). Ticino (io, p. 201). 285. Yllenus V-insignitus (Clerck) (Salticus o Euophrys quinquepartitus Hahn, Koch). Ticino (io, p. 202). 284 P. PAVESI, IV. ELENco DEI RAGNI DEL MONFERRATO. Conseguente al proposito, altrove espresso, di accumulare buoni cataloghi locali per una futura fauna araneologica d’Italia, pre- sento oggi in contribuzione un elenco dei ragni del Monferrato. Il nucleo della collezione, su di cui si fonda, appartiene ai din- torni di Casale nella regione Bassa e lo dobbiamo al signor avv. F. Negri, distinto cultore delle nostre scienze ed in particolare della Botanica, il quale raccolse in persona e ci procurò ragni dal signor G. Mens, professore nelle R. Scuole normali di Casale, e dal signor E. Capra, censore in quell’ Istituto Leardi. Ma anche l'Alto Monferrato non si trascurò dal signor avv. P. Filippa, che — esplorò i dintorni di Lerma, e mi offrì in questo modo l’oppor- tunità di confrontare le due zone della provincia, molto diverse sotto tanti rapporti. Infatti, mentre parecchie specie sono comuni ad entrambe, ed io le citerò man mano, finora non si trovarono che a Lerma le seguenti: 1. Linyphia tenebricola Wid. 10. Sparassusspongitarsis(Duf.) 2. Nesticus cellulanus (C1.) 11. Philodromus aureolus (CI.)_ 3, Lithyphantes corollatus (L.) 12. Misumena vatia (CI.) 4. Textrix denticulata (Oliv.) 13. Xysticus cor Cnstr.! Drassustroglodytes C.K.L. 14. Salticus formicarius (De G.) 5: 6. Gnaphosa lucifuga (Walck.) 15. Marpessa muscosa (CI.) 7.G. exornata (C. L. Koch) 16. Philaeus chrysops (Poda) 8. Segestria florentina (Rossi) 17. Attus barbipes Simon 9. Dysdera hellenica L. Koch 18. Aelurops Bresnieri (Luc.). ' Questa specie (Att? Soc. Ven. Trent. sc. nat., II, fasc. 1, liglio 1873, p. 49), che vive anche in Liguria e Sardegna, per la macchia cordiforme o triangolare bianca che spicca dal fondo nero del cefalotorace, e per tanti altri caratteri, somiglia mol tissimo allo X. comptulus Simon (Ann. Soc. entom. de France, 5.* serie, III 1873, pag. 333, tav. 10, fig. 3, 4, 5), quasi da confonderlo con esso. Però la . colorazione dell'addome non è la medesima e diversa la struttura del bulbo genitale, non per anco inni NOTE ARANEOLOGICHE. 285 Cioè una metà circa di quelle conosciute per l’Alto Monferrato. Questo materiale di Lerma fu visto per la maggior parte dal chiar. prof. Canestrini anni sono, ma io l’ho esaminato di nuovo e vi ho fatte alcune aggiunte. Se non ricordo questa località, s'intende che si tratta di spe- cie finora rimaste esclusive al Basso Monferrato; osservo pure che la mia indicazione di frequenza va riferita soltanto alla mag- giore o minore quantità di esemplari che ho sott’ occhi, può di- pendere dalle fortuite ricerche e non essere reale. Sopra un totale di 98 specie per tutta la provincia, la presenza delle filistatide, del Pholcus rivulatus, Spermophora senoculata, Dysdera hellenica, Sparassus spongitarsis, Lycosa proxima, Epi- blemum tenerum ecc.; l'essere comunissima l’ Argiope Brinmicha, la Sfeatoda triangulosa, l’Agelena similis ed altre, indichereb- bero un paese molto meridionale. Ord. ARANEAE. Fam. Epeiridae. . Argiope Briinnichii (Scop.). Comunissima. . Epeira diademata (C1.). Comunissima. . E. circe Sav. Aud. Comunissima, vive anche a Lerma. . E. umbratica (CI.). Una 9. . E. cornuta (CI.). Comunissima anche nell’Alto Monferrato. . E. patagiata (C1.). Non rara. . E. Redii (Scop.) (sollers aut.). Comune. . E. cucurbitina (CI1.). Rara. . E. acalypha Walck. Rara. O 090 + Sì I o _ DO MNT descritta. L’ esemplare del Monferrato e tipico, ha perduti i palpi; invece quello della Sardegna (Mus. civ. Gen.) mi presenta un’apofisi gracile, mediocre, curva all’estre- mità verso l’indietro, e l’altra assai lunga e che gira dall'interno all’ innanzi verso il margine della lamina e poi all’ esterno ed indietro, assottigliandosi sempre più e terminando contorta. Questo specimen sardo ha inoltre la macchia cordiforme de- composta in due macchiette divergenti verso la testa e separate da nero-bruno. 286 P. PAVESI, 10. Cyrtophora conica (Pall.). Frequente. - 11. Singa hamata (CI.). Rara. 12. Zilla atrica (C. L. Koch). Frequente. 13. Meta Merianae (Scop.). Rara. 14. M. segmentata (C1.). Comunissima, anche a Lerma. 15. Tetragnatha extensa (L.). Comunissima. 16. Hyptiotes paradoxus (C. L. Koch). Non comune; a Lerma fu preso il o che è ancora più raro ovunque. Fam. Therididae. ‘ 17. Linyphia triangularis (Cl.). Comunissima, anche a Lerma. 18. L. marginata C. L. Koch. Un esemplare. 19, L. frutetorum C. L. Koch. Comune, anche a Lerma. 20, L. bucculenta (C1,). Un solo esemplare. 21. Pyllonethis lineata (C1.). Rara, ma vive pure nell'Alto Monferrato. 22. Theridium sisyphium (C1.). Comune. 23. Th. formosum (Cl.). Comune. 24. Th. riparium Blackw. Una 2. 25. Th. denticulatum Walck. ppt anche a Lerma, 26. Th. varians Hahn. # e 9. 27. Th. Blackwallii Cambr. o £. Specie nuova per l’Italia. Vedasi nel Catalogo dei ragni della Svizzera i cenni descrittivi di quest’esemplare femmineo, non per anco conosciuto. 28. Steatoda bipunetata (L.). Rara. 29. S. triangulosa (Walck.). Comunissima, pure a Lerma, Fam. Scytodidae. 30. AERltue phalangioides (Fuessl.). Frequentissimo. 31. Ph, rivulatus (Forsk.). id. 32. Spermophora senoculata (Dug.). Rara. 33. Scytodes thoracica Latr. Comune, vive anche a Lerma, NOTE ARANEOLOGICHE. 287 Fam. Agalenidae. 34. Dictyna arundinacea (L.). Comunissima, 35. D. civica Lucas. id. 36. Tegenaria parietina (Fourcr.). Frequentissima, anche nell'Alto Monferrato. 37. T. pagana C. L. Koch. Un &. 38. Agalena labyrinthica (C1.). Comunissima, anche nel» l’Alto Monferrato. —_—39, A. similis Keys. Comunissima. Fam, Drassidae. 40. Chiracanthium Mildei L. Koch. Un d. 41. Ch. carnifex (Fabr.). Non raro. 42. Drassus Razoumowskyi Pavs. o! e 9. Vedi sopra nel Cat. dei ragni della Svizzera la descrizione di uno di questi esemplari femminei, sesso rimasto ignoto. Non sembra così raro nel Ca- salese. 43. D. seutulatus L. Koch. | Fam. Dysderidae. 44. Dysdera crocota C. L. Koch. Vive nel Basso come nel- l’Alto Mopferrato. 45. D, rubicunda C. L. Koch. Comune. Fam. Filistatidae. 46. Filistata testacéa Latr. Rara. 47. F. nana Simon. Comune. E | Fam. Heteropodidae. 48. Micrommata virescens (CI.). Rara, anche a Lerma. 288 ‘P. PAVESI, Fam. Thomisidae. 49. Philodromus poecilus (Thor.). Raro. 50. Thomisus albus (Gmel.) (onustus Walck.). 51. Heriaeus hirsutus W]k. Raro, anche a Lerma. 52. Misumena tricuspidata (Fabr.). Comune. 53. Xysticus Kochii Thor. Un &', vive anche nell’ Alto Monferrato. i 54. X. lanio C. L. Koch. Un e. 55. X. ulmi (Hahn). Una £. 56. DI. 98. 59. 60. ferrato. 61. 62, l’Italia; Oxyptila bufo (L. Duf.). Una g. 0. praticola C. L. Koch. Un a. 0, simplex Cambr. (pusio Thor.) Un d. Fam. Lycosidae. Lycosa lugubris Walck. Non rara. L. agricola Thor. Comunissima, anche nell’Alto Mon- L. monticola (C1.). Non rara, anche .a Lerma. L. proxima C. L. Koch. Abbastanza comune. Nuova per |. non è indicata che di Grecia e dubitativamente di Pa- | lestina, ma io l’ebbi anche dall’isola Capraja e dalla Tunisia. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. TI. 72. 73. Tarentula radiata (Latr.). Non rara, anche a Lerma. T. albofasciata (Brullé). Un e. i T. andrenivora (Walck.). Frequentissima. T. pulverulenta (Clerck). Una 2. Trochosa terricola Thor. Comunissima, anche a Lerma Tr. picta (Hahn). Una %. Tr. leopardus (Sund.). Una 9, ma vive pure a Lerma. Pirata piraticus (C1.). Esemplare unico. Dolomedes fimbriatus (CI.). Ad. e giov. Ocyale mirabilis (C1.). Esemplare unico. Fam. Eresidae. Eresus . ... sp. £ jun. L’esemplare è troppo giovane onde poterlo riferire a qualcuna delle specie europee, di cui |. NOTE ARANEOLOGICHE. 289 Simon ha dato da poco tempo una monografia (Ann. Soc. entom. de France, 5.* serie, III. 1873, p. 335); ma ho voluto segnalarlo per la rarità di questo genere da noi. Esso ha la lunghezza totale di 6 mill., cefal. 3, addome 4, zampe del IV pajo 5, di cui patella + tibia 1 ?/. Sterno lungo soltanto 1/, di più della larghezza in corrispondenza delle anche del I pajo. Testa larga quant’è lunga, cioè dagli occhi mediani alla fossetta, ma più breve della patella e tibia del IV pajo. Cefalotorace ros- so-bruno, finissimamente zigrinato, con peli lunghi neri e peli brevi, . lanosi, fulvi. Occhi mediani anteriori piccolissimi, separati circa l1diametro l’un dall’altro; medianiposteriori grandi, in una depres- sione, staccati da un rialzo un poco più largo del loro diametro e formanti cogli anteriori un trapezio. Sterno nero, lucido, a su- perficie un po’ ondulata. Zampe rossastre con femori e tibie neri, rigati di chiaro. Addome bruno, coperto da fitto pelo olivastro, fra cui sorgono peli bianchi qua e là sparsi. Fam. Attidae. 74. Epiblemum scenicum (Cl.). Un e. 75. E. tenerum C. L. Koch. Comunissimo. Il Simon (Révis. Att., p. 333 (111)) lo chiama Callietherus mu- tabilis Luc. Ammesso che la specie di Lucas (Expl. Alg. Artie. pag. 168, tav. 8 [non 18], fig. 8) sia la stessa, il nome deve pas- sare ancora in sinonimia, perchè il volume che contiene gli aracnidi porta la data del 1849 ed il Koch (Arachn., III, p. 43, fig. 1112-13) lo pubblicò nel 1846. 76. Heliophanus cupreus (Walck.). Non raro. 77. Marpessa encarpata (Walck.). Un o. 78. Euophrys frontalis (Walck.). Un solo specimen, ma tro- vasi eziandio a Lerma. 79. E. finitima (Simon). Comune. 80. Yllenus v-insignitus (C1.). Una £. Vol, XVIII. 19 dai > P. PAVESI, V. CENNI SULLE COLORAZIONI E FORME MIMETICHE UTILI NEI RAGNI. Se la “ double préoccupation chez tout ètre vivant, c'est, d’une part, de manger et, de l’autre, d’éviter d’ètre mangé', il mezzo più efficace, sommamente' utile e semplice messo in opera dalla Natura, oltre aver loro concesso formidabili armi di attacco e difesa, astuzia ed industrie mera- vigliose, è quello di nasconderli all’inimico ed alla preda con forme e colori imitativi di altri corpi viventi od inorganici. Di queste rassomiglianze protettive, di questa mimi- ca, s'intende involontaria, ci offrono numerosi esempi anche i ragni; come il leone, il camello, i Pterocles e cent’ altri si con- fondono colle sabbie del deserto, l’ orso dei poli è bianco e la nostra lepre alpina lo diventa d’ inverno per nascondersi fra ‘ le nevi, domina il verde nei pappagalli e nei colombi delle foreste dei tropici, le cavallette del deserto sono grigie ed altri ortotteri che vivono fra 1’ erbe sono viceversa verdi, ed i PhyMium e la curiosa farfalla malese (Kalliama paralekta) non distinguonsi dalle foglie secche delle piante su cui si posano, e le larve di friganee si chiudono in tubi di fuscelli o di granellini di sabbia; come i rigogoli del genere Mimeta nelle Molucche ed in Australia co- piano i Tropidorhynchus delle rispettive località, molte farfalle imitano imenotteri aculeati, simulano perfettamente dei longi- corni alcuni coleotteri malacodermi ed ispidi, e via dicendo. Difatti il colore grigiastro prevale nei licosidi, che menano la loro vita girovaga sulle sabbie; guardiamo il gruppo delle Ar- ctosa di Koch, la Trochosa cinerea (Fabr.), l’amylacea C. L. K. ecc. Vediamo un colore bruno-giallastro, terroso — abbiamo la Zo- chosa terricola Thor., la ruricola (De-Géer), la Lycosa lugubris 1 Candèze, Lettura pubblica in BwMetins de VAcad. roy. de Belgique, 2.8 serie, XXXVIII, n. 12, dicembre 1874. 2 Mimicry è il vocabolo adottato da Bates e Wallace, fu tradotto in francese mi- mique, e adoperato in italiano per mimismo o mimicrismo; mi sembra di migliore lingua la parola mimica, NOTE ARANEOLOGICHE. i 291 WIk., la monticola (C1.), palustris (L.), cursoria Hahn, la Tarentula radiata (Latr.); l Ocyale mirabilis (CL), e così di seguito, che vivono nel terriccio, nel tritume di foglie secche. Li troviamo lungo gli stagni, celati fra le erbe riverane o su galleggianti ninfee? — sono Pirata, Dolomedes dal colore uniforme verdiccio od olivastro più o meno intenso. Sono tutte specie nostrali che ci capitano sotto gli occhi quando che sia. Nei tappeti verdissimi dei nostri campi corre la IMicrommata virescens (C1.); abbiamo un’ Epeira cucurbitina (C1.) ed alpica L. Koch, un Theridium viride Nic.; Dictyna viridissima (WIk.), Chiracanthium carnifex C. L. K., Misumena tricuspidata (Fabr.), Clastes viridis Wlk., Peucetia viridis (Blkw.), Attus pistacius, viridis, e tante altre specie verdi che vivono sulle foglie. Le Tetragnathe traggono anch’ esse generalmente al verdiccio, ma lucente, argentino o dorato, e fanno la tela attraverso limpidi ruscelli. Le molte Clubione, dal pelo sericeo, si chiudono in foglie to- mentose accartocciate. Grigio sporco o bianchiccio sono le Tege- narie, i Pholci, gli Epiblemum, i Menemeri, bene svisati sui muri o sulle pietre o negli angoli delle camere. Eccoci neri o scuri quasi tutti i ragni che si rintanano nei fori delle mu- raglie, nelle cantine, sotto i sassi dei monti, come i Lithyphantes, la Titaneca tristis L. Koch, gli Amaurobii, le Gnaphose, le Prosthesimae; quest’ ultime ebbero infino ad ora 1’ opportunis- simo nome di Melanophore, cangiato sol perchè ha servito già prima per un genere di ditteri. Quei Philodromi, gruppati nel genere Artamus o Artanes, chi li vede sulla scorza degli alberi schiacciati come sono, di color grigio od azzurrigno punteggiato di nero? Sfuggono persino al- l’occhio esperto dell’aracnologo. Anche quegli altri tomisidi, il Pistius truncatus (Pall.) o Thomisus horridus C. L. K., la Co- riarachne depressa (Razoum.), non imitano bene la corteccia secca delle piante sotto la quale vivono? Mi ha' sempre impressionato il raccogliere l’ Epeira ceropegia Walck. subito appena fossi giunto nella zona della Rosa delle 292 P. PAVESI, Alpi, associata per così dire a questi celebrati arboscelli; essa è di colore fondamentale rossastro e forma ai lati della sua tela, proprio sotto le foglie, una specie d’amàca, ove si pone in ag- guato. È impossibile vedere quì soltanto un fatto di distribuzione geografica, vi è troppo .intimo rapporto fra il colore del ragno ed il rugginoso della pagina inferiore delle foglie di Whododen- dron. L’ E. carbonaria L. Koch ne è gemella, ma più scura, anzi ha tegumenti neri, rivestiti di peli bianchi, che formano diversi disegni sul corpo; ebbene, non la troviamo più fra gli arbusti, cercatela invece fra le grosse pietre cadute dalla vetta delle più alte Alpi, sul S. Gottardo, per esempio, dov’io pure la presi. Volete che sia sempre il caso che abbia ravvicinato il colore del ragno e quello del pietrame? Ad ogni modo le nostre epeire dovrebbero ringraziarlo. L'E. alsine Walck. o lutea C. L. K., ha l’addome giallo-ros- sastro, vive nei boschi e si. crede da tutti assai rara. E non è mica vero, mi disse un giorno il prof. Lebert, è perchè non si ‘ cerca bene sotto le foglie più o meno diseccate, che la confon- dono ai nostri occhi; ignaro egli che avevo già scritte queste pagine, ben persuaso da altri fatti di rassomiglianze utili. Le centinaja di attidi e tomisidi floricoli sono tutti di colori eleganti, vivaci, variegati come i petali che li. mascherano.* Dis- graziati pronubi dei fiori, che aleggiate di calice in calice, vi aspetta ben altro del nettare; due acuti uncini di più robuste mandibole vi stilleranno nel corpo mortale veleno, prima che le mille lenti dei vostri occhi vi abbiano avvertiti! Allorchè una specie offre delle varietà di colore, non di rado le forme diverse abitano pure luoghi differenti. La Misumena va- tia (CI.), quand’ è tutta bianca, bianca o gialla con strisce rosse sui lati dell’ addome, varietà della femina chiamata Thomisus ci- treus Hahn, vive soltanto sui fiori; e, se dimora invece fra l’erbe, 1 Anche Bates scrive (Trans. Linn. Soc, XXIII. 1861, p. 508) che nella zona torrida vi sono molti ragni, che imitano le gemme dei fiori e si tengono immobili, ad aspettare al varco la vittima, nell’ascella delle foglie od in altre parti della pianta» NOTE ARANEOLOGICHE. 293 è verde d’ erba con striscie scure sul cefalotorace, talora anche sulle zampe, diventa il 7%. pratensis Hahn, il Th. calycinus C. L. Koch, che ne furono specificamente distinti. Gli Argyrodes sono ragnolini dai colori smaglianti, a fondo rosso o nero con fascie o macchie argentee; vivono quasi tutti parassiti di Epeire, nutrendosi degli insetti trascurati dal proprietario della tela e, se costui è assente, persino delle sue ova; ma ve n’ è di indipendenti, che stanno sui vegetali — subito abbiamo un A. viridis (Vins.)! Ogni legge ha la sua eccezione (spesso apparente) e mi potrete objettare con non pochi fatti, chè non saprei pel momento rispon- dere. Perchè quasi tutte le Dysdere, esempigrazia, hanno più o meno crocee le parti anteriori del corpo, mentre sono notturne e vivono nei buchi dei muri, fra le crepature della roccia? » + +. qualcun mi chiederà; Certo, che una ragione esser vi de’, E se v'è una ragion, si troverà; E poi, quand’anche non ne arrivi al fondo Sarò forse il prim’asino nel mondo? » Intanto, vedremo che queste stesse Dysdere sono imitate da altri ragni di famiglie diverse, indizio che anche qui dobbiamo avere un caso di colore protettivo, quantunque brillante. La Tarentula Apuliae Wlk. e le specie affini hanno il ventre d’un bel colore ranciato, con fascia trasversale nera, ed altre ta- rantole, che vivono in terra, presentano pure il ventre nero. Sì, ma queste specie non hanno l’abitudine di star resupine, come le Linyphie, ed il loro dorso è sempre terroso, grigiastro, di color ‘misto e poco o nulla evidente. Moltissimi attidi, anche non floricoli, mi si dirà che offrono colori metallici, eleganti e vivaci, e non meno le Gastheracan- the ne sono abbellite. Ma gli attidi sono agilissimi, saltano tutti, e per ciò cacciano facilmente e sfuggono i pericoli, senza gran bi- sogno di essere protetti da colori imitativi; del pari che vedete le Gasteracanthe e simili già riparate da una cute durissima ed 294 P. PAVESI, armate di tutto punto da lunghe spine. Le quali, dirette in vario senso e diverse da ‘specie a specie, non dubito che in avvenire si troverà che imitano qualche cosa... Inoltre, il Philacus chrysops (Poda), più conosciuto come A#- tus sanguinolentus (e l haemorrhoicus C. L. K. che n° è una va- rietà, come il Salticus erythrogaster Luc.), il Ph. bicolor Wik. e molti eresidi hanno l’ addome con macchie e striscie nere su fondo assai vivace. Il chiarissimo prof. Canestrini, col quale ho scambiato qualche parola intorno alla mimica nei ragni, crederebbe di attribuirne il rosso alla somiglianza con alcuni emitteri rossi, che gli uccelli non mangiano, per esempio del genere Pyrrhocoris, e che vivono in gran copia negli stessi luoghi dove trovò questi ragni. Può darsi... ma fa d’ uopo pro- vare l’ asserto con una serie di fatti, bisogna conoscere meglio le abitudini delle specie mimetiche ed imitate.’ Però i ragni sopradetti sono splendidi esempi di un altro fatto, che ha sempre rapporti col mio assunto. Non ha guari che il dott. L. Koch, ben noto aracnologo, sorprese in dolce accoppia- mento entro un medesimo bozzolo il Ph. chrysops col Dendry- phantes leucomelas C. L. Koch; senza dubbio i due sessi erano classati come specie e generi diversi, e la femina ha colori mode-. stissimi, grigiastri. Sono pure varietà di questa i D. zanthomelas e dorsatus C. L. K. Soltanto poi verso la fine dell’anno scorso si è saputo quali siano i maschi delle specie brune, nerastre o scure di Eresus e quali le femine delle specie a colore fondamentale. rosso, gruppate sotto il nome generico di Erythrophorus dal C. L. Koch. Il Simon, poco dopo aver pubblicata una monogra- fia degli Eresi europei, nella quale conserva la divisione nei due gruppi suaccennati, ci dà ° la scoperta che gli Eresì rossi sono 1 Allora, vi sono anche i O7/oerocoris che imitano i colori del Synema globosum (Fabr.) e specie affini; ma quali sono mai i rapporti fra queste e quelli e perchè an- che gli emitteri sono protetti? ? Dopo tutte le argomentazioni in contrario, è ammesso ancora dal dottor Carlo Koch, nel suo recente opuscolo sugli aracnidi di Nassau (in Jahrbiichi Nassauisch. Ver. fiir Naturk., XXVII-XXVIII. 1874, estr. p. 10). ® Ann. Soc. Entom. Fr., 5. serie, IV. 1874, fas. 4. ed. 28 aprile 1875 Bull. p. CCXVI. NOTE ARANEOLOGICHE. 295 i maschi di quelli scuri, o viceversa gli scuri sono le femine dei rossi! Ciò ch’ era da prevedersi. In entrambi i casi abbiamo le femine a colori assai meno belli e vivaci dei maschi, la qual cosa succede sempre e pel principio protettivo, giacchè alle fe- mine è confidato il grande ufficio della deposizione delle ova e della cura dei piccoli. Esse chiudono le ova in un bozzolo sericeo ben fitto od anche senza tutta questa precauzione se le portano poi seco, attaccate alle filiere come le licose o fra le mandibole come i folci, e le difendono ad oltranza. Ma non basta, anche il bozzolo qual- che volta ha colori protettivi, verde è quello della Micrommata virescens (CI.), verde azzurro della Tetragnatha extensa (L.) e di alcune licose, cannellato chiaro del Theridium formosum (CI.) ecc. E la difficoltà grave, incontrata dal Walckenaer*, quando il co- lore del bozzolo non corrisponde più a quello della madre, è un nonnulla, imperocchè possa riuscire più utile, per la salvezza della prole, il bianco o il ranciato dei bozzoli che non il colore scuro, olivaceo, bruno del ragno. Il Th. formosum sa mascherarlo così bene sotto pezzetti di le- gno, di foglie secche e d’altro, che sembrano caduti casualmente sull’ intreccio di fili, che bisogna saperlo per trovarvelo; ma, ap- pena voi tocchiate questo tetto artifiziale, casca qualche cosa che più non si vede. Ecco un bell’inganno: l’animaluccio ritira le sue zampe, si lascia andare a terra e rimane immobile, contraffà il morto. Vi ricorre non solo questo Theridium, ma molte altre spe- cie di ragni, l’ Erigone formivora (WlIk.), l Epeira carbonaria L. Koch, la Dolophones notacanthas (Quoy et Gaim.) di Sidney... come pure un gran numero d'’ insetti. Fra le diverse supposizioni, pare ben più probabile, anche al Candèze,” che essi sperino, col- l’ immobilità, di sfuggire agli sguardi nemici, confondendosi cogli oggetti inanimati che li circondano. Vo? dire ancora di un altro fatto simile. Ognuno avrà visto da noi la Cyrtophora conica (Pall.), che è un ragno comune di me- 1 Hist. nat. Ins. Apt., I, p. 147, 2 Op. cit., estr. p. 20. 296 P. PAVESI, 2 diocre grossezza, variegato di bruno, nero, rossastro, rimarchevole per un conetto sporgente sopra l’ano; questo suol appendere alla tela le sue vittime, involte nella seta, pezzetti di legno, di foglie — 3 secche ecc. Si è pensato persino che lo facesse per ostentazione, per far pompa della sua caccia!... ed un aracnologo distintissimo dei nostri giorni non ci sa dire dippiù che questa ipotesi è “ poco probabile ,. A me pare facile la spiegazione, credendo che così il ragno nel centro della tela, con le zampe ravvicinate al corpo, con colori misti, si confonde meglio fra oggetti che non servono; è un’altra astuzia dove c’ entra sempre l’ imitazione utile. i : E, fin quì ho parlato di rassomiglianze protettive, ma non mancano moltissimi esempi di vera mimica, poichè si vuol restringere il significato di questa parola al travestimento per imitare corpi vivi. Li prenderò specialmente dove il nome esprime già la forma imitata. Questa può essere della medesima famiglia. Così abbiamo della Polinesia una Nephila tetragnathoides (Wlk.), il genere Larinia Sim. della regione mediterranea, e particolarmente una specie nuova, che descriverò, d’ Egitto, è tetragnatoide; viceversa vive una Tetragnatha epeirides Wlk. Vi è un’ Argiope epeiroides Cambr. di Palestina, un’Epeira nephilina e 1’ Ariadne dysderina L. Koch d’Australia, l’Epeira gasteracanthoides e Olios sparassoides Nic. del Chilîi, la Thysa pythonissaeformis Kemp. d’ Ungheria ; l’ Ept- sinus theridicides Sim. di Corsica è tanto somigliante ai The- ridium per la forma dell'addome e dello sterno; il Theridium erigoneforme Cambr. di Palestina ricorda assai nella forma ge- nerale e persino del cefalotorace, il genere Erigone, benchè sia un Theridiumj; 1 Attus heliophaninus Tacz. dell’ Isola della Sa- lute nella Guiana francese imita nel colore gli Heliophanus, e via dicendo. i O si tratta di imitazioni in famiglie molto diverse e lontane per molti rapporti. Parecchi drassidi sono salticiformi, come le Gnaphosa dives e fastuosa (Luc.) di Algeria; Nicolet ci fece conoscere un Drassus lycosoides chileno, che dovrebbe alludere . NOTE ARANEOLOGICHE. 297 alla famiglia delle licose, similmente la Zora tarantulina L. Koch d’ Australia, anzi le Zor@ in generale sono drassidi licosoidi, sia nelle forme che nel colore. Anche altri generi hanno grandi ras- somiglianze colle licose; la nostrale Textrix denticulata (Oliv.) o Uycosina aut., e diverse Zextrix per le quali il Lucas stabilì appunto il genere Lycosoides; la Tegenaria dolomedes Dol. del- l’Arcipelago indiano, l’Agroeca lycosiformis Cambr. di Palestina, la Mygale o Trechona lycosiformis C. L. Koch di Giava; vive in Australia persino un’ Argiope ocyaloides L. Koch. Terididi, agalenidi, drassidi contraffanno nel colore o nelle forme i disderidi. Si ricordi il Coelotes segestriformis (Duf.) 0 roscidus C. L. K. di Europa e l Amaurobius segestrinus L. Koch . d’Australia. La Desis mazxillosa (Fabr.), pure australiana e più nota come D. dysderoides W]k., è un drasside o piuttosto un agale- nide eminentemente disderoide, non solo pei colori rossi, ma per le lunghe mandibole e per la forma delle mascelle e del labbro; pel colore anche il Theridium (Erigone?) dysderoides Reuss, un . Drassus algerino figurato dal Lucas, ecc. Citerò ancora la Trechona drassiformis C. L.K.,1°Olios mygali- nus Dol. e 1 Eresus ctenizoides C. L. K., cioè due tipi migaloidi di famiglie molto diverse; il Rhanis Jelsckii Tacz., della Guiana francese, è un attide con le forme di Eresus; Il Epeira thomisoi- des Dol. d’ Amboina, la Celaenia excavata L. Koch d’Australia e molte altre specie ricordano i tomisidi; 1’ Ebaea theridioides L. Koch, anch’essa australiana, è un epeiride. Le rassomiglianze possono, estendersi ad altri ordini di arac- nidi. I nostri comunissimi folci alludono con le loro zampe ai fa- langidi e furono chiamati perciò Pholcus phalangicides (Schr.) o nemastomoides C. L. K., Ph. opilionoides (Schr.). Il Peltosoma ixoides Sim. o Peniza europea Auss., epeiride che io presi pure nel Parco Reale di Caserta, è abbastanza issoideo, ma lo è dippiù il teridide australiano Ulesamis chelys L. Koch; L’Attus obisioides Dol. dell’ Arcipelago malese somiglia molto ai chernetidi del ge- nere Obisium pel grande sviluppo e la forma delle zampe ante- riori, 298 5 P. PAVESI, Ma sopratutto l’Arachnura scorpionoides Vins. od Hapalocrota. caudata Keys., dell’isola Maurizio, per l'addome prolungato a coda | flessibile e grinzosa trasversalmente, si prenderebbe a primo aspetto per uno scorpione, tanto più quando l’abbassa e la sol- leva e la ricurva verso il dorso; ciò che fanno proprio gli scor- pioni, ed anche gli stafilini, irritati che siano. Il Liphistius de- sultor Schibdte, ha persino un vero postaddome, sessile e sprov- visto di filiere,' si collega ai Phrynus ed agli scorpioni. D'altronde parecchi ragni, in particolare epeiridi e terididi, hanno un pro- cesso caudale; dopo le nostre specie a brevi tubercoli, io ne ho | | visto parecchie di Amboina e dell’ Arcipelago malese, il dot- | tor L. Koch ne figura molte d’ Australia, Ausserer descrive il | Mastigosoma Idae di Borneo ecc. In tutti questi casi le rassomiglianze possono credersi affinità, _ specialmente quando si tratta di generi di una medesima fami- glia, e negli ultimi citati si volle trovare una transizione di un | tipo d’aracnide all’ altro, una “propinquity of descent ,; però molte sembrano piuttosto casi di mimica. Questo modo di | vedere mi persuade tanto ‘più se penso che vi sono analoghe | rassomiglianze con artropodi di altre classi. Non dirado i nomi specifici allusivi hanno poco o nessun senso. Conosciamo difatti una Tetragnatha nepaeformis Dol. dell’ Arci- pelago indiano; d’ America una Delena cimicoides Nic., gli Attus 1 locustoides WIk., elaterinus Tacz. e paederinus Tacz., una Plec- tana vespoides Wlk. ecc. Ma non possiamo negare la tendenza | di molti ragni ad imitare proprio diversi artropodi. Alcuni ragni, particolarmente i Phrynarachne dell’ isola di Francia e Madagascar, ed in genere molti tomisidi contraffanno | tanto certi piccoli crostacei che alcuni loro gruppi si dissero s 1 Una seconda specie (Liphistius mammillanus di Pinang) recentemente pubblicata dal rev. Cambridge (Ann. and Magaz. Nat. Hist., 4.2 serie, XV. 1875 aprile, p. 250) d ha però le filiere; mentre né manca anche un tomiside, cioè 1’ Anetes coeletrum Menge. E l’agelenide (?) Mutusca mammosa Cambr., d’ Australia, è curiosissima per averne soltanto quattro, due quasi impercettibili al solito posto, 16 altre due grosse ed assai P lunghe, derivanti invece dal ventre, assai vicino alle stigmo respiratorie! Pi PRICES ZI CIO NOTE ARANEOLOGICHE. 299 crustaceidi, malacrustaceidi, crabroidi. Vi basti che indichi la Gasteracantha cancriformis (Linn.), Mygale (Eury- pelma) cancerides Latr., Attus cancroides Wlk., Delena cancerides WIk. ecc. Il dottor O. Beccari, nostro insigne esploratore della Malesia e Papuasia, ci mandò recentemente da Celebes un curioso epeiride, finora indeterminato, che inganna col colore e con la forma del corpo, simulando una cimice. I Rhanis, dell’Arcipe- lago indiano e d’ America, dal corpo cubico, integumenti assai chitinosi e duri, zampe cortissime e nascoste al disotto, colore metallico, sono attidi coleotteriformi; il Salticus (Rhanis 2) cocci- nelloides Cambr., di Nuova Friburgo, in cui l’autore volle appunto trovare grande somiglianza con una coccinella, risulta dalla figura almeno certamente coleotteriforme; non che un genere affine, forse nuovo, di cui si sono ricevuti esemplari al Museo civico di Genova dalle isole Aru e dalla Nuova Guinea. Anche nell’ 0xy- ptila (Thomisus) claveata Sav., per l’armatura del corpo, venne raffigurato un piccolo coleottero del senere Hispus. Cosa vogliamo di più significativo d’un Salticus volans Cambr., cioè d’ un piccolo- attide dai colori smaglianti e metallici, che porta ai lati dell’ addome un’ espansione dermica, larga, elittica, capace di ripiegarsi intorno al corpo, densamente coperta di peli squammosi, insomma d’un ragno-farfalla? Il sig. Brad- ley, che l’osservò vivente a Sidney e ne fece dono al Cambridge, al quale dobbiamo tutte queste notizie e la figura," racconta che questo ragno estremamente interessante, suol correre, saltellare sulle piante basse e sui fiori, e solleva e deprime quei lembi cu- tanei od anche effettivamente se ne serve come ali o mezzi di so- stegno durante il salto. O che, i ragni forse saranno per ciò legati genealogicamente con crostacei, emitteri, coleotteri, lepidotteri? Certo che sono artro- podi e quindi devono mantenere relazioni cogli altri del tipo me- desimo, ma non si può credere ad una stretta parentela, a figlia- 1 Ann and Magaz. Nat. Hist., 4.2 serie, XIV. 1874 settembre, p. 178, tav. XVII, fig. 4, 300 P. PAVESI, zioni immediate, quasi che quest’ultimo attide, poniamo, se- gni il passaggio alle farfalle, i Rhanis ai coleotteri e via via. Quì non è punto interessata la struttura, non sono affinità reali ed intime, sono superficiali, esterne, apparenti ed indubbia- mente vantaggiose. Ripeto che, se noi sapessimo qualche cosa dippiù intorno alle piante ed agli animali imitati ed ai loro rap- porti con questi ragni mimetici, potressimo certamente dedurre conseguenze più importanti. Wi Però un’ analoga mimica, presentata da molti ragni di fami- glie diverse, è assai istruttiva, quella cioè di assumere l’abito di formica.' Le Micarie in generale, sopratutto la I. formicaria (Sund.) o myrmecoides Ohl. d’ Europa, la M. Lucasii Thor. 0 Drassus formicarius Luc. d’ Algeria ed altri drassidi neri di Ce- - lebes, che io ho potuto vedere, ed una speciè che descriverò di Tunisia, il Janus myrmeciaeformis Tacz. della Guiana francese, Toxeus mazxillosus C. L. K. e Salticus bicurvatus Cambr. di Cei- lan, i nostrali Leptorchestes mutilloides (Luc.), L. formicaeformis (Luc.), il Salticus formica Dol. dell'Arcipelago indiano, il S. for- maicarius (De-Géer), S. myrmecinus e myrmecoides W. Rossi di Europa, il S. myrmeciaeformis Luc. hanno così colpito ognuno per le loro rassomiglianze di colore o di forma o d’ uno e l’altra coi generi Formica, Myrmica, Mutilla, che ricevettero questi nomi molto espressivi. Inoltre nessun articolato, ch'io conosca, presenta un aspetto di formica così evidente come il genere di ragni americani Myrmecia. Il corpo è strozzato di tanto in tanto, tre o quattro volte, dopo l'inserzione di ogni pajo di zampe, quasi a segnarvi le divisioni del capo dal torace e di questo dall’addome, i palpi e le zampe sono esili, il colore nero, rossastro, fulvo... in una parola ci ve- diamo il vero tipo di Myrmica. Notisi che certe abitudini dei ragni formiciformi concordano con la rassomiglianza; tanto i drassidi che gli attidi sono molto ! Non soltanto ì ragni offrono questa rassomiglianza; il Reuter (Mittheil. Schweiz. [] Entom. Gesellsch., IV. 1874, p. 156) ce n’ ha ultimamente mostrati numerosi esempi ,&@nche fra gli emitteri. NOTE ARANEOLOGICHE. 301 agili e muovono continuamente i palpi e l’ addome, come fanno appunto le formiche. Sappiamo poi che spesso questi ragni vivono negli stessi luoghi ove troviamo gl’imenotteri così bene imitati, sappiamo di certo che alcune specie, p. e. le Micaria silesiaca e splendidissima L. Koch, di Slesia, sogliono proprio coabitare colle formiche. E volete voi che scaltri e tristi animalucci, vora- cissimi carnivori, siano tanto ingenui di star loro in compagnia ‘all’ amichevole, senza un tornaconto? Non è possibile, ed è più ovvia l’ induzione che vivano di ladroneccio o d’assassinio sui loro ospiti. Ma in questo caso non siamo manco ridotti a dover fare ca- stelli in aria, perchè alcune osservazioni ci provano che questa mimica è vantaggiosissima per dissimularsi in mezzo alla preda. Wallace appunto ci racconta che vive ai tropici un genere di ragni (forse le Myrmeci@e?), i quali si nutrono di formiche, men- tre ne sono somigliantissimi, locchè deve facilitare assai la loro caccia. Simon, che si è occupato egregiamente delle Eny0, stu- diandole con attenzione anche nei loro costumi, ha pure osservato ‘che vivono a spese delle formiche. Secondo le sue stesse parole,” se non tutti, parecchi ragni di questo genere stabiliscono la loro dimora in vicinanza di formicaj, ma non costruiscono nè tela nè altro per arrestare la preda, che è sempre più grossa e più forte di loro; nelle ore di caccia si aggirano intorno ai for- micaj, si mischiano alle file di formiche, andando dall’una all’al- tra, ‘assalgono all’ improvviso gl’ individui deboli, feriti o straca- richi, e li portano via in fretta presso i loro nascondigli. Per as- sicurarsi di questo fatto curioso egli ha provato più volte a ferire una formica e subito vide molte Enyo precipitarsi su di essa, ti- rarla ciascuna per una zampa in senso contrario. Il numero di ‘ Nel suo Zssay II sulla « Mimica e le altre rassomiglianze protettive degli ani- mali» delle Contributions to the theory of natural selection. London 1870, p. 98. Quest'opera fu tradotta anche in francese da L. De-Candolle « La sélection naturelle » Paris 1872. 2 Mém. Soc. roy. des sciences de Liège, 2.a serie, V. 1873, estr. p. 55; Arachnides de France, I. 1874, p. 242. l 302 i P, PAVESI, questi parassiti è talvolta considerevole, un solo formicajo del- I Atta cephalotes gli ha fornito più di 150 individui di Eryo | elegans Sim. Anche l’ Erigone formivora Wlk., lo dice il nome, mangia formiche. E questi ragni, se non imitano le formiche nella forma, si dissimulano abbastanza bene fra di esse pei colori fulvi, bruni, neri. Onde, assai probabilmente, anche gli altri casi di mimica hanno un identico scopo. Il genere Mimetus, fondato dall’ Hentz nel 1832; è tanto mi- metico di epeiridi e terididi che n’ è dubbioso il posto nelle clas- sificazioni, avvicinandosi alle Meta ed alle Ero, benchè sembri di preferenza un teridide. E noi sappiamo, che i Mimeti predano veramente altri ragni della famiglia degli epeiridi e dei terididi, invadendone la tela e distruggendo anche le ova. Il M. interfector Hentz, dell’ Alabama, divora le ova del Theridion vulgare o V’a- nimale stesso; l’ Epeira labyrinthea è vittima del M. syllepsicus Hentz, della Carolina settentrionale; il M. lacvigatus (Keys.) o Ctenophora monticola Blkw., che trovasi nella regione nostra me- diterranea, si crede dal Simon che si nutra della Meta Merianae, di cui imita infatti le forme ed i colori e che è pure comunissima nella medesima regione. Risulta da tutti questi fatti che anche i ragni, non meno e forse più degli altri animali, comprovano la teoria di Bates," maestrevol- | mente svolta dal celebre Wallace," confermata dal Trimen* nelle farfalle, dal dottor Hagen* e dal Meldola” negli insetti e da Ed. S. Morse® nei molluschi. Anzi i ragni, pel loro genere di vita, hanno molto bisogno di mascherarsi coi colori delle cose circo- stanti; o coi colori e con le forme di animali innocui, perchè ! L’autore la dedusse dallo studio dei lepidotteri dell’Amazzoni. Op. cit. 2 Il capitolo nell’ opera sopracitata fu pubblicato prima isolatamente nella Westmin- ster Review, 1867. 3 Trans. Linn. Soc., 1868. ‘ American Naturalist, 1872. 5 Proc. Zool. Soc. of London, 1873. 5 Proc, Boston Soc. Nat, Hist., XIV. 1871, NOTE ARANEOLOGICHE. 303 devono essere temuti assai più che ricercati o distrutti dalla pecora nera delle steppe russe, dalle Arachnoptera ed altri uccelli, dalle lucertole, rospi, scolopendre, Sphex;! oppure di animali disgustosi ai loro nemici, per esserne protetti. Io non pretendo di aver trattata a fondo la quistione, e per ora non si potrebbe anche volendolo; ho creduto però utile di riunire e collegare molti fatti poco o nulla conosciuti od appena accennati qua e là senza uno scopo diretto, onde interessare specialmente i naturalisti viaggiatori a recarci un contingente maggiore di minuziose prove, perchè le specie di ragni, che presen- tano meglio casi di rassomiglianze protettive e di mimica, sono in gran parte esotiche. - La brillante teoria della mimica fa parte integrale, e forse è la più vera, di quella della trasformazione delle specie, conduce ai principii darwinisti; ma vorrei pormi in guardia dal confondere rassomiglianze con parentele, dal dedurre conclusioni | più estese che nol permettano le premesse, dal lasciarsi sedurre troppo coi soliti diagrammi o cogli alberi genealogici dalle mo- nadi all'uomo, con le idee su la Gastrula, la corda dorsale dei tunicati, gli organi segmentari dei selachidi, per trovare a forza l’incatenamento dei molluscoidi o degli annullosi coi vertebrati, quando non si può capire osservando un piano generale di struttura e particolarmente un sistema nervoso ed uno sviluppo di tipi affatto diversi. i ! Un grosso Pelopeus ronzava da parecchi giorni nel mio studio aracnologico a Genova; scopersi recentemente che aveva cementato insieme alcuni libri e chiuso in quattro camerette ben 24 ragni semivivi, dai freschissimi colori, per le sue ova ivi deposte. Appartenevano alle specie: Epeira diademata (C1.), E. angulata (C1), E. Stur- miti Hahn, E. dalmatica Dol., E. adianta Wlk., Marpessa notabilis C. L. Koch. AVVERTENZE. Oltre le poche mende tipografiche ed insignificanti, che possono essere incorse, si noti che fu scritto essere procurva la serie ante- riore degli occhi nel Liocranum Cerioi n. sp. di Capri, mentre è re- curva. Il Drassus affinis n. sp. di Capri si chiami invece Amaryò 304 P. PAVESI, NOTE ARANEOLOGICHE. quel nome specifico essendo preoccupato. In luogo di quanto si legge al paragrafo dell’ Ocyale mirabilis, nel Catalogo dei ragni svizzeri, bisogna sapere che la raccolta aracnologica di Bremi esiste ancora al Politecnico di Zurigo e si conserva in discreto stato; e che il vo- lume dei ragni grigioni di Scheuchzer trovasi a Basilea, per quanto mi venne riferito da persone in caso di darmi queste notizie con si- curezza. L’ Epeira cornuta (C1.) vive pure in Argovia, ed io raccolsi ad Andermatt nel cantone d’Uri le seguenti specie: Epeira patagiata (CI.) Lilla montana C. L. Koch Erigone longipalpis (Sund.) Amaurobius fenestralis (Stroem) Lycosa monticola (CI.) Epiblemum scenicum (CI1.). x L’ Amaurobius vi è assai comune; l’ Erigone è specie nuova per la Svizzera, da aggiungersi in catalogo. Seduta del 30 maggio 1875. Presidenza del presidente prof. Emilio Cornalia. Il prof. E. Cornalia legge la sua Nota sulla Taplrobia pil- chardi, crostaceo parassita della Clupea pilchardus, di cui fi- nora non si conosce che la femmina osservata e raccolta per la prima volta a Nizza, dal socio nobile Cristoforo Bellotti; l’ autore presenta agli astanti il pesce col suo parassita, nicchiato in una piccola cavità dietro la branchia destra; indi ne dà la descrizione e la figura, mettendo in evidenza i rapporti e le differenze im- | portanti che passano fra codesta specie ed altre già conosciute tra i crostacei succhiatori; differenze per le quali è condotto a proporre l'istituzione di un nuovo genere, che viene a collo- carsi poco lungi dalla Lophoura Edwardsi di Koelliker, dallo stesso Cornalia illustrata nel vol, IX (1866) dei nostri Affi, pag. 258. È fatta quindi presentazione dell’ Elenco dei Ragni del Mon- ferrato, elaborato dal socio prof. Pietro Pavesi, in continuazione alle sue Note araneologiche già presentate alla Società, ed ora in corso di stampa negli Atti. Il segretario legge la introduzione di codesto Elenco, in cui l’ autore indica le località da cui ebbe i materiali da lui studiati, e fa rimarcare le differenze che sinora sì osservano tra la fauna araneologica dell'Alto e quella del Basso Monferrato. i Vol. XVIII, 20 306 SEDUTA DEL 30 MAGGIO 1875. Viene del pari presentato il Catalogo degli Anellidi, Gefirei e — Turbellarie d’ Italia, scritto dal socio prof. Paolo Panceri quale contributo ad una fauna generale d’ Italia, di cui una parte, quella spettante ai vertebrati, vide già la luce nella grande opera illu- j I strativa sull'Italia, edita in Milano per cura del dottor Fran- LI cesco Vallardi. Il lavoro del prof. Panceri è un semplice cata- logo, ma riassume tutto quanto finora è noto intorno ai citati ordini di vermi; dà le più importanti indicazioni sulla sinonimia e sulle località italiane, ed è preceduto da una copiosa bibliogra- fia e da una introduzione, in cui è chiarito il piano e lo scopo dell’ intiero lavoro. Di questa il segretario Sordelli ne dà lettura; indi soggiunge sembrargli non essere compresa nel Catalogo del Panceri una specie di verme (oligocheto) da lui osservato in Mi- lano, estratto coll’ acqua d’ un pozzo di una casa sul corso di Porta Magenta; dice dolergli di non averne fatto altro, fuorchè | una descrizione ed alcuni disegni affatto sommarj, ma che tut- tavia invierà al prof. Panceri, nella speranza possano servire a. far riconoscere di che si tratta. Il verme è di quelli ad anelli. muniti di spine geminate, come le Nais, ed il Sordelli crede possa venir identificato coll’ Ewaxes filirostris, descritto e figurato dal. Grube nell’ Archiv fiv Naturgeschichte, vol. 10, 1844, pag. 204.. Lo stesso segretario Sordelli legge quindi le sue Osservazioni pa- leontologiche sulla fauna marina di Cassina Rizzardi, nella provin- | cia di Como, e presenta al tempo stesso uma numerosa serie di conchiglie marine da lui determinate, provenienti dalle località, ormai classiche, di Cassina Rizzardi e di Ronco, tra Fino ed Ap- piano, a sud-ovest di Como, nonchè un catalogo ragionato di ben 98 specie, in parte già menzionate nell’Elenco steso da Sprea-. fico e pubblicato nel vol. XVII degli Atti (pag. 432), in parte, cioè quarantacinque, affatto nuove per quelle località. L'autore con- sidera dapprima l’indole, il facies di tale fauna; si sofferma poi di preferenza su quelle specie che, vivendo ancora attualmente fi SEDUTA DEL 30 MAGGIO 1875. 307 nel Mediterraneo e nei mari vicini, possono dar lume sulle con- dizioni in cui la detta fauna deve aver vissuto; ne considera il cattivo stato di conservazione, la giacitura loro in un terreno non prettamente glaciale, ma rimosso dalle acque, per dichiararsi, infine, contrario alla teorica espressa dal prof. Stoppani, che vuole tale fauna abbia vissuto mentre il ghiacciajo proveniente dalle valli alpine della Mera e dell’ Adda fabbricava le proprie morene allo sbocco occidentale della gran valle lariana. È data quindi lettura del processo verbale della seduta ante- cedente, 25 aprile, che viene approvato. Si procede alla votazione per ammettere tra i socj effettivi il signor RosALEs-CIcALINI marchese LuIGI, residente a Bernate di Como, proposto dai socj Stoppani prof. Antonio, Franceschini e Sor- delli. È ammesso all’unanimità. La Società toscana di scienze naturali, di recente fondazione in Pisa, avendo chiesto il cambio delle proprie colle pubblicazioni della nostra Società, il Presidente ne chiede alla Società stessa l'autorizzazione, che viene accordata. i Lo stesso signor Presidente chiude indi la seduta, annunciando d’avere dato incarico al socio prof. Antonio Galanti, di rappre- sentare la Società al Congresso degli agricoltori italiani, inau- gurato in Ferrara il giorno 25 del corrente maggio. F. SORDELLI, Segret, LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI OSSERVAZIONI PALEONTOLOGICHE BRE CDI FERDINANDO SORDELLI Aggiunto alla Direzione del Museo Civico di Milano. (Seduta del 30 maggio 1875.) Non è mia intenzione di sostenere od illustrare in questo scritto la tesi della immediata successione del terreno glaciale al plio- cenico. Essa fu già trattata con molta ampiezza e strenuamente difesa dal prof. A. Stoppani in parecchi suoi scritti.! D’ altra | parte io ebbi già una volta occasione * di pronunciarmi senza ri- serva in favore di codesta teorica, appoggiandomi in particolar modo al fatto, allora nuovissimo, della presenza di ciottoli striati in seno ad argille riposanti immediatamente sopra strati che :con- tengono una Flora ed una Fauna marina del più schietto plio- cene, anzi, si direbbe quasi, fuse con essi e costituenti, in appa- renza almeno, una sola e medesima formazione. Fu nella mia gita del 14 settembre 1872 che io ebbi la prima volta la ventura di osservare il fenomeno della presenza di ciot- toli dalle strie glaciali sepolti nelle argille che alimentano le fornaci di Balerna, nella occasione in cui visitai quella località 1 StopPANI ANTONIO, Note ad un corso annuale di Geologia. Milano, 1867. Vol. II, p. 226, $ 575 e seg. — Corso di Geologia. Milano, 1871-72, nel 2.° vol. — IZ mar gla- ciale ai piedi delle Alpi. Ricordo del Congresso geologico di Roma (estratto dalla £7- vista italiana, agosto, novembre e dicembre 1874). — Suz rapporti del terreno gla- ciale col pliocenico nei dintorni di Como (Atti della Società italiana di Scienze | naturali, vol. XVIII, 1875, p. 172). ? SORDELLI FERDINANDO, Descrizione di alcuni avanzi vegetali delle argille plioce- niche di Lombardia, coll’ aggiunta di un Elenco delle piante fossili finora cono- sciute in Lombardia, con 4 tavole (Atti della Società italiana di Scienze naturali, t vol. XVI, 1873, p. 350-429). LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 309 colla speranza di rinvenirvi delle filliti; e fu nell’anno successivo (22 settembre) che ritornatovi in compagnia dei nostri soc] prof. P. Pavesi ed ing. E. Spreafico, mostrai loro il fatto e potei con nuove osservazioni constatario meglio e rilevarne ad un tempo la somma importanza. . Poco tempo dopo una nuova scoperta aveva il merito di de- stare l’ attenzione dei geologi ed in particolare quella del prof. Stoppani, il quale fu sollecito ad accorrere colà dove sembrava dover rifulgere di viva luce la più convincente dimostrazione di una tesì ch’egli aveva già tanto caldamente propugnata. Intendo dire del deposito ghiajoso con fossili marini e ciottoli striati di Cassina Rizzardi,” presso Fino. Come fu già scritto dall’egregio professore, parecchie notabilità della scienza, messe sull’ avviso, sì recarono a visitare quest’ultima località, trascurando (ed a torto) quella forse più meritevole di Balerna. Anche gli illustri naturalisti professori E. Desor di Neuchatel, W. Pa. ScHIMPER di Strassburg e CrarLes MaRtINS di Montpellier, visitarono essi pure la famosa cava e tornati in patria ne parlarono con entu- siasmo, il Desor alla Riunione dei naturalisti svizzeri in Coira * nel settembre 1874, ed il Martins in un articolo della ievue des Deux Mondes, dell’ aprile corrente anno.’ Ed è veramente gran peccato che il cattivo tempo è la solle- citudine del ritorno non abbiano permesso ai signori Desor e Schimper di esplorare il giacimento delle argille di Balerna in ogni loro più minuta particolarità, ma solo abbiano potuto alla sfuggita vedere la località di Cassina Rizzardi, guidati dall’ inge- gnere Spreafico e dal marchese Rosales-Cigalini. Poichè son certo che nel caso contrario non sarebbe avvenuta una così orribile confusione di luoghi e di cose come quella fatta da Desor nella Il prof. Stoppani ha già avvertita la convenienza di chiamare con tal nome la località indicata altrove col nome di Bernate (Sui rapporti del terreno glaciale, ecc., p. 173). 4 11 e 12 settembre 1874. Ne diede un resoconto la Revue Suisse del successivo 15 ottobre. Il rapporto ufficiale non è ancora pervenuto alla nostra Società. 5 CH. MARTINS; Recherches récentes sur les glaciers actuels et la période glaciaire (Ievue des Deux Mondes, XLV.e année, III période, tome VIII, 15 avril 1875). 310 F. SORDELLI, sua relazione al Congresso di Coira. Se il cenno che ne com- parve nella Revue Suisse è esatto, almeno quanto al senso, ecco cosa il signor Desor avrebbe scoperto nella cava di Cassina Riz- zardi (ch’ egli chiama dal nome del villaggio di Bernate, poco lontano); sono le precise parole del citato resoconto: “ M. le professeur Desor communique les observations qu'il a faites sur les moraines du versanti méridional des Alpes. On trouve à Ber- nate, près de Camerlata, non loin de Como, au milieu des cailloua et des marnes d’une ancienne moraine, un grand nombre de fossi- les pliocènes (Et. Astien, J. Mayer) qui sont très bien conservés et ne sont nullement roulés... (dà qui alcuni nomi di tali fossili) Un échantillon qui se trouve au Musée de Milan contient à la fois un caillou poli et strié et une spatangoide, oursin delicat, mais bien conservé, qui prouve que ces fossiles n’ont pas eté roulés. Il faut donc quun ancien glacier ait déposé dans cette localité sa moraine terminale au bord méme de la mer pliocène..., E più sotto: “On y trouve des polypiers; on y a recueilli aussi des fragments de plantes qui indiquent une végétation arborescente. ,, Ora io mi permetto di far osservare che il ritrovamento di fossili vegetali a Cassina Rizzardi non può affatto sussistere, es- sendo impossibile la conservazione delle impronte di foglie fossili in un deposito tutto di ghiaja, di ciottoli e di sabbie, grossolane quanto mai ed incoerenti; tutt’ al più vi si potrebbe rinvenire qualche pezzo di legno fluitato, ciò che finora, per altro, non è mai avvenuto. Quanto al campione contenente un echino spatan- goide colle delicate sue spine ancora in posto ed un ciottolo stria- to, dirò che il signor Desor vide al Museo di Milano (e ne fui io stesso testimonio) un ciottolo striato raccolto (22 settembre 1873), me presente, dall’ ora defunto Spreafico, nelle argille alle fornaci presso Balerna “a un metro di profondità sotto le sab- bie ferrugginose , come si legge sulla etichetta che lo accòmpa- gna. Vide poi anche un echino, raccolto l’anno appresso dal me- 6 Il prof. Stoppani chiama quella relazione non esattissima; la frase mi pare più indulgente che esatta essa stessa. Ad ogni modo vedremo come sarà la relazione uf- ficiale, LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 311 ' desimo Spreafico e proveniente anche quello dalle argille di Ba- lerna, ma ignoro affatto a quale livello. Essi non costituirono mai dunque un solo échantillon e molto meno poi provengono dalle ghiaje di Cassina Rizzardi. Quanto alla conservazione perfetta delle conchiglie di codest’ ultima località vedremo fra poco quanta fede meriti codesta asserzione. Intanto mi preme di constatare come il signor Desor abbia, secondo me, confuso, certo colla miglior buona fede del mondo, non due, ma tre depositi diversi e cioè: 1.° Quello ch’ egli vide a Cassina Rizzardi e d’ onde riportò le conchiglie plioceniche, inviate poi per la determinazione al prof. C. d’ Ancona. 2.° Quello delle argille alle fornaci di Balerna contenente i ciottoli striati come quello da lui visto a Milano. 3.° Il deposito fossilifero delle rive della Breggia, a Ponte- gana presso Balerna, noto a lui pei fossili pliocenici (conchiglie marine, echinodermi, foglie di dicotiledoni, ecc.) speditigli dal signor Lucio Mari," già maestro comunale a Chiasso ed ora bi- bliotecario a Lugano. Codesto deposito della Breggia, formato da strati di argilla marnosa azzurrognola, alternanti talvolta con letti sabbiosi, non contiene alcun ciottolo striato. Ivi le conchiglie si ritrovano veramente conservatissime cogli spigoli e rilievi intatti, però non di rado fessurate pella pressione subìta in un terreno plastico e cedevole; tuttavia le singole parti si ritrovano vicine ed in perfetto rapporto tra loro e le bivalvi spesso colle loro valve ancora unite. Non hanno quindi rotolato. Ciò è dimostrato inoltre dai numerosi echini spatangoidi del genere Schizaster i quali conservano tuttora aderenti al guscio le loro delicatissime spine filiformi.® ? Fu il signor Mari che erborizzando, or sono circa dieci anni, lungo le rive della Breggia scoperse pel primo il deposito fossilifero in discorso. Dietro le sue indicazioni il signor Carlo Fumagalli raccolse buon numero di esemplari studiati poi da Sprea- fico e citati dal prof. Stoppani, nella cui collezione al presente si conservano. 8 Oltre le conchiglie citate dal prof. Stoppani (Corso II, p. 548; IZ mare glaciale, p. 22) ho riconosciuto in questo deposito anche le seguenti specie: Nassa costulata Brocchi, Cassidaria echinophora Linn. sp., Cuvieria astesana Rang. Esso contiene an- 312 i F. SORDELLI, Anche il prof. Martins diede un’idea affatto erronea di ciò ch’ egli aveva veduto o doveva ian siccome avrò ben presto occasione di far conoscere. E mi spiace che anche il prof. Stoppani, forse troppo preoc- cupato nel riunire argomenti a sostegno della sua tesi principale, non abbia avvertito la convenienza di tenere separati i var) de- positi sopra menzionati, dal momento che offrono caratteri tanto diversi. Così, per esempio, egli indica ripetutamente siccome plioceniche e marine,” oppure pliocenico - glaciali, le argille az- zurre che, poggiando sugli strati del terreno cretaceo sollevati fin presso la verticale, sono squarciate dalla grande trincea fra Ba-. lerna e Mendrisio; esse argille sono assai potenti e contengono una enorme quantità di massi e ciottoli glaciali d’ ogni gran- dezza e d’ogni forma, ma non un solo fossile! che ci dia con- tezza se sono marine o d’ acqua dolce. Io le ho invano attenta- mente esplorate, mentre continuavano i lavori,"! in occasione della gita che vi feci.lo scorso aprile in compagnia dei signori che una copiosa Flora: qualche specie fu già descritta da me, ed in quest'anno vi ho riconosciuto inoltre: Sequoja Langsdorffi Bgt. (foglie e strobilo), Salix denticulata Heer (foglie), Juglans acuminata A. Braun (foglie), Prinos hyperboreus Unger (fiori). Al- cuni esemplari di questa località debbo alla cortesia del signor Lucro MARI. Tra essi un bellissimo musco (Hypnwun?) tuttora indeterminato. ? Il mare glaciale ecc., p. 25, ed altrove. 1° Ho interrogato. anche i lavoratori, parecchi dei quali essendo delle provincie dell’ Emilia mi fecero capire colle loro risposte che conoscevano henissimo di vista i testacei dei terreni subappennini. Ma anche questa apparente fortuna non mi fu di alcun vantaggio. 1! Gli è senza dubbio per aver voluto riunire in un solo concetto fenomeni e luo- ghi disparati, che sfuggì dalla penna di Stoppani la frase (Sui rapporti, ecc., p. 190): « centinaja di specie di conchiglie, di echinodermi, di polipaj, si trovano entro le ar- gille in seno alle quali si sprofondavano î massi sdrucciolanti dai ghiacciaj.... > Davvero? e dove di grazia si son visti cosiffatti prodigi? Il fatto che meglio spicca invece, a Balerna e in tutta la circostante regione si è la otale estinzione della Fauna che sî verifica coll’ apparire appunto dei primi ciottoli striati in seno alle argille. Io credo del resto che ciò sia dovuto non solo alla profonda mutazione del clima che spinse si lontano i ghiacci alpini, ma anche alla circostanza che giungendo il ghiacciajo ad occupare tutto il ramo di Como, il bacino di Balerna doveva rima- nerne sbarrato e quindi disgiunto dal mare (nel supposto che ancora esistesse da queste parti); in ogni caso, mare o non mare, il bacino di Balerna doveva conver- tirsi in un laghetto glaciale, tranquillissimo, in cui si deposero le argille dapprima LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 315 marchese Rosales ed avvocato Delfinoni, colla guida dello stes- so professore Stoppani; nè mi consta finora che i miei tom- pagni o chiunque altro sia stato al riguardo più fortunato di me nelle ricerche. Io mi accontenterei dunque di chiamarle semplicemente glaciali quali risultano in effetto, pure ammet- tendo che tra esse e le argille della Breggia con Flora e Fauna plioceniche, non vi sia di mezzo, in ragione di tempo, nè al- luvione antica, nè altro terreno comunque si voglia esso deno- minare.!° Ma io non debbo insistere su tale argomento, dolendomi già troppo di aver dovuto, quasi mio malgrado, rilevare gli accennati errori di fatto e sembrare così meno riverente verso persone che hanno bene meritato della scienza e godono a ben giusto titolo della universale estimazione. Amicus Plato sed magis amica ve- ritas. Mio scopo è quello di soffermarmi a studiare la Fauna di Cassina Rizzardi onde vedere se realmente corrisponde in tutto e per tutto all’ideale che il prof. Stoppani ed i suoi seguaci si sono miste a massi e ciottoli abbandonati dal ghiaccio, poi più tardi venire ricolmo dai depositi erratici. Mi pare insomma che la sostituzione dell’acqua dolce, glaciale, ricca del suo fapgo impalpabile caratteristico, debba essere stata la natural conseguenza della conformazione e dei rapporti orografici del bacino di Balerna. 3 4? Il virgiliano « 0 formose puer, nimium mne crede ‘colorî» sembra stato scritto apposta per mettere in guardia i naturalisti d’ ogni tempo e specialmente quelli d’a- desso, contro le fallaci apparenze. Citerò qui un esempio, che calza assai bene al caso nostro. A N. 0. della collina di Bergamo scorre il torrentello Morla il quale sì è scavato il proprio letto fra terreni assai erodibili tra cui, notevoli per noi, sono banchi di argilla finissima, azzurrognola, che si scorge qua e là poggiare sulle testate degli strati cretacei sottoposti e rialzati, in condizioni tali da far supporre che si tratti di un vero lembo del pliocene, tanto più che qui siamo proprio sulla linea dei depositi pliocenici marini già noti nella provincia. Anch’ io quando visitai quella località nello scorso giugno, in compagnia del prof. Elia Zersi (distinto botanico, cui sì deve un eccellente Prospetto delle piante della provincia di Brescia) inelinava verso tale opi- nione, ma faceva osservare nel tempo stesso che non si poteva formulare alcun fon- dato giudizio senza il soccorso, almeno, di alcuni fossili caratteristici. Le successive scoperte dell’ ottimo prof. Zersi giustificarono appieno la mia riserva. Poichè avendo egli potuto rinvenirvi numerosi avanzi di una Flora sepolta, potei persuadermi che quel deposito non è nè pliocene, nè glaciale, ma ‘nterglaciale e d’ origine lacustre. Nessuna traccia di ciottoli striati, nessun indizio di piante dei climi freddi. Del resto il nominato mio amico ne darà pel primo ampie notizie in un lavoro illustrativo, che egli prepara, sulla collina di Bergamo, 314 F. SORDELLI, formati di quel deposito, se, cioè, veramente si può considerare | comè una morena deposta în mare. Io mi propongo quindi di esaminare le circostanze più notevoli in cui si ritrovano gli avanzi di codesta Fauna, lo stato di loro conservazione, ed i caratteri attribuiti al terreno in cui si rinven- gono, onde conoscere se essi giacquero primitivamente nel luogo in cui li troviamo adesso, ovvero se vi provennero, per così dire, di seconda mano col disfacimento di depositi più antichi. Poichè risulta evidente che il valore geologico dei fossili dipende tutto dalla condizione che siano realmente contemporanei, siano cioè | di organismi che abbiano vissuto mentre il deposito si andava formando. Così pure dopo aver fatto rimarcare il carattere e le affinità | delle specie complessivamente note, onde per analogia si possa poi argomentare con certo fondamento qual si fosse a un di presso il clima nostro mentr’ esse abitavano nel golfo dell’ Adriatico, di- venuto più tardi valle del Po; stimai utilissimo tener nota in modo | speciale della distribuzione geografica e batimetrica attuale, non- chè della stazione, di quelle specie, e son molte, le quali tuttora vivono nei nostri mari e non possono a meno quindi d’.istruirci,. non più colla scorta di semplici analogie, ma bensì con quella di fatti ben più positivi ed incontestabili. Cedendo all’ invito fattomi nell’ ultima seduta dall’ egregio no- stro segretario prof. Stoppani, di presentarvi le conchiglie di Cas-. sina Rizzardi e di Ronco raccolte nella istruttiva nostra escur- sione del 15 aprile corrente anno,!* io non ho voluto farlo senza prima averne riconosciuto il nome ed il significato, affinchè meno. muta vi riescisse la loro presenza. Parecchie tra esse sono nuove. per le citate località. Ho perciò stimato opportuno di offrirvi l’in- tiero elenco delle specie fin qui constatate nel celebre deposito, illustrando poi ciascuna di esse: 1 Col citare le descrizioni e le figure che mi hanno sonno per la determinazione, onde altri possa facilmente riconoscerle. 4 13 Presero parte con me & questa gita i signori prof. A. Stoppani, marchese L. Ro- sales-Cigalini, avv. cav. F. Delfinoni, rag. F. Franceschini. Con tali compagni ess& | riescì non solo amena, ma per me anche assai interessante. LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 315 Coll’-indicare i sinonimi più indispensabili. Se rinviensi allo stato fossile, coll’accennare in quali ferreni è posta dagli autori e in quali località italiane. All’ estero ne ho avvertita la presenza, soltanto per confronto, nel crag d’ Inghil- terra e nel bacino di Vienna di cui si posseggono già compiute monografie. In tal modo soltanto potrò dire di avere riunito i materiali per una discussione un poco seria dei fenomeni osservati a Cas- sina Rizzardi. A rendere meno imperfetto questo mio lavoro concorsero, per vero dire, varie favorevoli circostanze. Premetto, anzi tutto, che avendo avuto l’opportunità di veri- ficare sugli esemplari originali 1’ esattezza delle determinazioni istituite dall'ing. E. Spreafico, accetto qual punto di partenza del mio lavoro la nota da lui elaborata,'* così che nel mio elenco tralascio a bello studio di riferire tutti quei dati di giacitura e di geografica distribuzione che stanno già raccolti nella nota pubblicata; solo ricordo a suo luogo i nomi delle specie onde figurino nella serie, aggiungendovi soltanto, all'occorrenza, quelle | circostanze di fatto, che il compianto amico nostro, lavorando da un altro punto di vista (quello di constatare l’ età geologica di codesti fossili) e stretto dal tempo, non credette di dover ri- - levare. 4 + Mi vennero inoltre affidate per lo studio: La numerosa collezione portata da Cassina Rizzardi dal nostro egregio presidente prof. EmiLio CornaLia, da lui donata poi al Civico Museo. Altra raccolta, pure copiosa, proveniente da Cassina Rizzardi e da Ronco, di proprietà del nostro socio nob, comm. GIULIO CURIONI. Alcune specie raccolte a Bulgaro Grasso, presso il torrente Lura, dal signor dott. GrusePPE GRILLONI, comunicatemi dal socio prof. INNocENZO REGAZZONI. !4 Conchiglie marine nel terreno erratico di Cassina Rizzardi presso Fino nella provineia di Como, determinate dall’ing. EmrLio SPREAFICO (Atti della Società ita- liana di Scienze naturali, vol. XVII, 1874, p. 432-436). 316 F. SORDELLI, Ai nominati nostri colleghi i quali mi onorarono della loro fi- ducia, come pure al signor dott. CESARE D’ ANcoNA, anch’ esso operoso nostro socio e paleontologo valente, cui debbo degli schiarimenti su alcune specie, permettete che qui esprima la mia più viva gratitudine. Con tali presidii il novero delle specie che già nella nota di Spreafico era di 53, potè ben presto salire a quello ragguarde- vole di 98. Di gran lunga maggiore però esso sarebbe, se avessi potuto tener conto di una quantità di conchiglie che si rinven- gono spezzate o talmente guaste, da non lasciare sussistere ca- ratteri bastevoli alla loro ricognizione. La più elementare pru- denza mi suggerì di passare sotto silenzio cotali avanzi, accennanti a generi ed a specie che un giorno, colla scorta di nuovi e mi- gliori materiali, potranno prender posto nei cataloghi locali. Ag- giungo che ivi si rinvengono non solo spoglie di molluschi testacei, ma ancora polipaj, punte di echinodermi specialmente del gruppo ‘delle Cidariti, Foraminifere (tra cui vidi una bella Cristellaria) ed | altri somiglianti avanzi, sui quali debbo passare oltre per man- canza di studj speciali in proposito. Intorno. ad essi potrà forse un giorno qualcuno esercitare il proprio spirito d’ indagine ed aggiungere nuovi e preziosi elementi ‘alla Fauna già ricca ed istruttiva di Cassina Rizzardi e vicinanze. È veramente deplorabile la leggerezza con cui gli egregi uo- | mini che divulgarono la scoperta di Cassina Rizzardi, scrissero dello — stato in cui si trovano quei fossili. Chiunque li vide sul posto 0 nelle raccolte sa benissimo che dessi sono più spesso rotti che in- tieri, così che raccogliendo tutto quanto di fossile viene man mano | alla luce nelle ricerche, non solo la quantità dei frammenti in- determinabili supera quello delle conchiglie sufficientemente ca. ratterizzate, ma queste ancora non sono se non per eccezione in- tiere. Di ciò potete persuadervene osservando la raccolta che vi presento. *!* Malgrado il copioso materiale di cui ho potuto di- 15 Nella seduta del 27 giugno l’autore presentava una numerosa serie dei fossili di Cassina Rizzardi e di Ronco, da lui determinati, non che i copiosi frammenti lasciati in disparte e di impossibile o troppo incerta classificazione. ; LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 317 sporre per la formazione del mio elenco, non mi fu dato ancora vedere moltissime specie se non in esemplari fratturati. Su 86 esemplari del Cerithium vulgatum neppur uno era intiero; su 77 di Chenopus pes-pelecani uno solo aveva l’ala ancora in posto ed abbastanza conservata. Spezzati inoltre si trovano sempre gli Strombus, i Mureax, i Triton, le Terebre, le Pleurotome, le Tur- ritelle, i Dentali, per citare soltanto alcuni dei generi più fre- quenti e caratteristici. Non parlo delle bivalvi, le quali vi ab- bondano, ma di cui per lo più non si possono avere se non dei pezzi isolati ed è gran ventura ritrovare delle valve intiere, giam- mai unite, s° intende, quelle d’uno stesso individuo. Ma non basta: poichè anche quelle intiere portano le tracce di una corrosione più o meno estesa e profonda, sopratutto al- l’apice, sugli spigoli, al peristoma, nelle parti insomma più espo- ste, talora su tutta la superficie esterna della conchiglia, nelle specie liscie in particolar modo: Columbella, Conus, Cassis, Na- tica, ecc. La qual corrosione indica chiaramente avere esse a lungo rotolato prima di deporsi dove ora si trovano. In tale stato troviamo specialmente le conchiglie più grosse e quelle di media statura, mentre si è tra le più piccole che vediamo gli esemplari meglio conservati. Ma questo non prova affatto che esse si tro- vino è posto, giacchè quelle poche pervenuteci intiere lo devono appunto al loro piccolo volume ed al loro peso troppo esiguo perchè potessero offrire serio ostacolo al loro rapido e facile tra- sporto. Inoltre conviene riflettere che in proporzione delle con- chiglie conservateci, assai maggiore deve essere il novero di quelle che andarono distrutte, di guisa che i loro frammenti se ven- gono ancora raccolti quando appartengono a specie grosse, non vengono neppure degnati d’uno sguardo allorchè pervengono da specie piccole, poichè risultano di particelle troppo minute per fermare l’attenzione del raccoglitore. Bene avvisò per altro il prof. Stoppani!’ quando ci fece rimarcare quell’ indistinto tri- tume biancastro che vedesi frammezzo alle ghiaje ed alle sab- 16 STOPPANI, IZ mare glaciale, ece., p. 30. — Sui rapporti del terreno glaciale, ecc. (Atti Soc. îtal., vol. XVIII, p. 174). 318 F. SORDELLI, bie, a null'altro dovuto fuorchè a minute conchigliette frantu- mate. f Che le piccole specie siano anch'esse rotolate, lo si rileva guar- dandole con qualche attenzione e meglio confrontandole colle stesse specie provenienti dalle argille, dalle sabbie gialle o co- munque da terreni conservatisi in posto. Io stesso non seppi a ‘ tutta prima riconoscere la Mitra obsoleta del Brocchi tra i nostri fossili, quantunque abbastanza diffusa nel pliocene e mal- grado avessi sotto gli occhi le descrizioni e le figure di Brocchi e di Hoernes. E ciò a motivo di un certo arrotondamento del- l’apice e del peristoma, che senza far scomparire del tutto le minute costicine di cui tale conchiglia va ornata, dà però al suo complesso una forma a tutta prima nuova e singolare. E ci volle il giudizio, per certo autorevole, del chiarissimo paleontologo dott. C. D’ Ancona per persuadermi che la specie in questione era veramente la stessa da tanto tempo descritta dall’ illustre autore delle Conchiologia subappennina. Sbagliò dunque del tutto il prof. Desor!" quando disse che tali conchiglie sono “ très-bien conservées et nullement roulées ”?, E non si saprebbe come giustificare il chiarissimo professore di aver asserito cosa si contraria al vero se non ammettendo, com’io feci, ch'egli abbia confuso in questo casoi fossili di due depositi | tra loro diversissimi, quello, cioè, di C. Rizzardi e quello: delle argille plioceniche di Pontegana. !* 17 Atti Accad. Torino, vol. X, p. 490. 18 Non più felice nell’esporre i fatti come stanno realmente fu il prof. Charles Mar- tins, il quale, dopo aver visitato la cava di ghiaja di Cassina Rizzardi, ne parlò nella Revue des Deux Mondes, del 15 aprile 1875, nell’articolo intitolato: Recherches récentes sur les glaciers actuels et la période glaciaire. Ivi, a. pag. 849, dice che queste conchiglie sono « admirablement conservées» e dopo questa bella premessa non si perita di aggiungere, nella stessa pagina: « La moraine dont nous avons parlé était donc une moraine sous-marine déposée par les glaciers des Alpes dans la mer pliocène. Tout le prouve: en effet, ces coquilles ont vécu sur le lieu méme où on les observe actuellement, elles n’ont point été deplacées, ni roulées par les vagues, car les angles n’en sont pas émoussés, les arétes sont vives, les épines intactes. » Ora tutto ciò è semplicemente falso, ed è precisamente il contrario che è vero. Prima di | me se n'era bene accorto il nostro Spreafico (vol. XVII di questi Atti, p. 433), il LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 319 Quanto dico della conservazione va riferito anche ai colori. Fossili pliocenici e per soprappiù pervenutici in tali miserande condizioni, era ovvio il comprendere che non potevano conser- vare i loro colori naturali. Infatti voi li vedete tutti biancheg- gianti, d’ un bianco opaco, come i fossili di S. Colombano, di Castell’ Arquato e delle più note località delle sabbie subappen- nine. Non arrivo quindi a comprendere con quali occhiali il prof. Stoppani abbia potuto vedere è nativi colori !* in codesti gusci calcinati.*° Le sole specie in cui, oltre la tinta bianca fon- damentale, si notano, e non sempre, linee o macchie di colore come rugginoso più o meno dilavato, indizio se non dei primitivi colori, almeno della distribuzione dei disegni primitivi, sono: Natica millepunctata, Buccinum polygonum, Pleurotoma turricula, Pisania striatula, Terebra pertusa. Ma la prima soltanto è vivente e voi potete vederla davvero coì suoî nativi colori negli esemplari che vi pongo sott’occhi, della collezione di questo Civico Museo. Eb- bene vedete quanto sono mutati! La sola specie il cui guscio è tutto colorito con una tinta plumbea a fascie nere è la Nerita Bron- ni, di cui vidi solo tre esemplari. Ma questa e le altre sono specie estinte e non vi ha confronto possibile. Così l’alterazione del gu- scio non ha permessa nemmeno la conservazione dell’ aspetto ma- dreperlaceo, e ben di rado resta, sulle parti non corrose, un poco di lucentezza che non ha niente a che fare colla tinta madre- perlacea propria delle conchiglie fresche od appena decorticate. quale avvertiva che queste conchiglie, « nonsi rinvengono sempre intatte; anzi le più grandi.... si trovano sempre ridotte în pezzi ed i loro frammenti cogli spigoli smus- sati, come se avessero a lungo rotolato in balìa delle onde.» Infatti i Murex, ben lungi dall'avere «es épines intactes » le hanno sempre spezzate e così dicasi degli altri generi forniti di spine, ali, canali, spire allungate, ecc. Ma il nostro rimpianto amico era osservatore coscienzioso e non scriveva poemi geologici. 19 STOPPANI, Il mare glaciale, ecc. — Sui rapporti del terreno glaciale, ecc. (Atti Soc. ital. XVIII, p. 174, 193 ed altrove). 20° Il vocabolo è tanto più esatto in quanto che codeste conchiglie, avendo perduta la materia animale, constano quasi esclusivamente di sali calcarei (in massima parte carbonato di calce). Applicate alla lingua vi aderiscono tenacemente. I colori che le ornano in vita sono dovuti ad una materia animale, al pigmento; e si sa quanto sof- frano le conchiglie delle collezioni se sono tenute per lungo tempo esposte alla luce, 320 F. SORDELLI, Delle 98 specie da me constatate a Cassina Rizzardi e vicine località di Ronco e di Bulgaro, 47 vivono tuttora nel Mediter- raneo, 3 mancano al nostro mare, ma vivono, giusta gli autori, nei mari tropicali (Ramella marginata, sec. Kiener, Matheron e Kiister, Terebra fuscata, Venus plicata); 48 specie si ritengono estinte. L’ indole, la fisonomia (facies) di codesta Fauna appare dunque a prima vista siccome quella propria di un mare now meno caldo di quello che lo sia il Mediterraneo attuale; ma ag- giungo subito che dessa rivela anche ai meno veggenti dei carat- teri affatto particolari che richiamano la Fauna di mari assai più caldi del nostro. In essa si trovano infatti, oltre le tre specie tropicali accennate poco fa, dei generi che più non esistono fra noi, ma sono largamente rappresentati fra i tropici, nel mar Ros- so, alle Indie orientali, alle Antille, ecc.: tale è il genere Sfrom- bus di cui lo Str. coronatus trovasi così frequente e caratteristi- co della nostra Fauna fossile, i generi Ficula, Pyrula, Nerita, la Cassis variabilis, le grandi specie di Terebra, Pleurotoma, Turri- tella, la Mitra scrobiculata, ecc., le quali non hanno più alcun riscontro in forme mediterranee, ma ricordano specie assai affini di mari più prossimi all’equatore che non il nostro. Trovandosi però tra i nostri fossili un numero non piccolo di specie che ancora vivono nel nostro mare, cioè 47, poco meno della metà della cifra totale, era naturale che io, per 1’ indole stessa dei miei studj, mi sentissi meglio disposto a prendere in esame codeste specie le quali essendo tuttora vive e bene cono- sciute nella loro geografica distribuzione e nei loro costumi, non possono a meno di tornare istruttive rivelando quali dovevano essere le condizioni della vita in un tempo che per essere recente. : nella storia del globo, non cessa per questo d’essere per noi, nati Jeri, remotissimo. Di codeste 47 specie mediterranee la più parte trovasi sparsa ovunque, talvolta in molta abbondanza lungo le nostre coste; | ma un certo numero, 9 almeno tra esse, trovansi oggidì ristrette — ad una regione sola del nostro mare e precisamente a quella re- gione dove il calore fassi maggiormente sentire, non solo agli LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI, I abitanti della terra, ma anche a quelli dell’ elemento che pure sembrerebbe dover prestarsi meglio, per la sua mobilità estrema, congiunta ad una densità non piccola, se non a levare, per lo meno a diminuire d’assai le differenze di temperatura. Tali spe- cie esclusive alle coste del Marocco, dell’ Algeria, del mare fra Sicilia ed Africa, dell'Arcipelago greco, sono: T'yphis fistulosus, rinvenuto solo dal Forbes nelle sue esplorazioni nell’ Egeo; Can- cellaria cancellata delle coste algerine, mancante sulle coste set- tentrionali e nell’ Adriatico; Turritella subangulata, già ritenuta, come il Typhis, estinta e trovata da poco, vivente, da Benoit sulle coste di Tunisia; Mangelia incrassata, i Solarium (pseudo- perspectivum, simplex, moniliferum) che si rinvengono solo nel mare di Sicilia e sulle coste africane; Cardium hians su quelle del- l’ Algeria. Codeste specie, una volta così abbondanti nel pliocene, ed ora così scarsamente rappresentate, hanno tutte bisogno di un clima piuttosto caldo e trovansi perciò ristrette a quella sola plaga del nostro mare interno, dove possono godere di una mag- gior copia di calore. Alcune specie, come Murex scalaris e Sola- rium momiliferum, abitano sopra i cespi dei coralli e questa loro preferenza ne limita naturalmente la estensione geografica, es- sendo risaputo che i coralli hanno il loro massimo sviluppo nei mari caldi. Meno facile è lo spiegare il perchè la Cassidaria echinophora, che appare già nel pliocene, ed è frequente anche adesso, non si trovi alle spiagge occidentali del Mediterraneo (Spa- gna, Francia), mentre non manca mai sulle coste italiane, greche, algerine, ecc. Da quello che precede si può argomentare che alcune specie siano prossime ad estinguersi. Se si eccettuano quelle che, vi- vendo anche nel)’ Atlantico, possono sempre trovare sulle coste africane le condizioni propizie al loro sviluppo, come, per esem- pio, la Cancellaria cancellata, la Mangelia, qualche Solarium, le altre che non varcarono Abila e Calpe,"* debbono man mano 24 Naturalmente non ho tenuto calcolo del canale di Suez che mette in comunica- zione le acque del Mediterraneo con quelle dell’ Eritreo. Il tempo solo saprà dirci quale influenza avrà quest'opera colossale sulla dispersione delle specie mediterranee. Vol. XVIII, 21 322 F. SORDELLI, necessariamente cessar di vivere col progressivo mutare delle condizioni del loro ambiente, a meno che, non siano suscettibili di modificazioni tali da adattarli al nuovo regime, circostanza che non si verifica, sempre, a quanto pare, nè tanto di frequente. Non meno istruttivo è il tener dietro alla diffusione attuale delle specie secondo la diversa latitudine. Abbiamo visto che già entro lo stesso Mediterraneo, quantunque ristretto fra pochi gra- di, tale influenza si fa già sentire abbastanza sensibilmente. Fac- ciamo ora astrazione di 15 specie che non passano lo stretto di Gibilterra; ce ne restano ancora 32 comuni al Mediterraneo ed all’ Atlantico. Or bene, osservando la loro estensione a nord ed a sud, si vede che 5 sole si spingono a nord fino a toccare le coste della Norvegia e della Svezia meridionale e sono tra quelle che hanno una maggiore estensione geografica ?*?; 5 s’ arrestano alle coste di Francia e d’ Inghilterra; 4 piegano sulle coste di Spagna e di Marocco senza spingersi nè più in su, nè più in giù. Mentre d’ altra parte ne abbiamo 20, quasi i due terzi, che non piegano punto a nord, ma diffondono le loro colonie lungo le aduste rive del Marocco, delle Canarie e del Senegal. Una tra le altre, la Cancellaria cancellata fu rinvenuta perfino alla Gui- nea.°° Le isole di Madera accolgono 7 fra le nostre specie; e 6 si possono raccogliere ancora presso il più lontano gruppo delle Azzorre, residuo di un continente scomparso che ravvicinava 1’ Eu- ropa all’ America del nord." 22 Tra queste Nassa reticulata, Cerithium scabrum, Lucina spinifera, specie con- statate anche alle Canarie ed al Marocco. — Anche le isole Shetland (59°-61° lat. N.) non hanno che 6 sole specie nostre: Nassa reticulata, Cypraea europaea, Turritella com- munis (terebra L.), Chenopus pes-pelecani, Alvania zetlandica, Lucina spinifera (G. G. Jeffreys, A. M. Norman, W. 0. M° Intosh and E. Walker. — Last Report on dred- ging among the Shetland Islands. 1868). 23 DunKER GuIL., Index Molluscorum quae in itinere ad Guineam inferiorem col- legit Georgius Tams. Cassel., 1853, pag. 23. — Si potrebbe aggiungere forse anche qualche altra specie, per es. la CRama gryphoides L., citata da Jeffreys all'isola di S. Elena (The mollusca of St. Helena, 1872). 24 Gl’intimi rapporti che in tempi non lontani univano l’ Europa all’ Atlantide, di cui le Azzorre non sono che un residuo, sono provati dalla Flora di quelle isole; so- pra 400 fanerogame che vi crescono spontanee, 316 sono comuni all’ Europa; 23 sol- tanto alle Canarie ed a Madera. ‘LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 923 Il carattere tropicale della nostra Fauna si rivela quindi non solo nell’analogia delle forme estinte colle viventi dei mari caldi, ma persino nella tendenza di quelle stesse specie sopravvissute presso di noi a propagarsi sotto latitudini più meridionali. Che se volgiamo la mente a considerare la stazione propria dei Molluschi le cui spoglie dissepolte ci stanno davanti, onde rintracciare quale fosse la profondità e la natura del suolo su cui avevano dimora, siamo costretti del pari a fare astrazione dalle specie estinte, le quali noi non sappiamo di sicuro quali costumi avessero e certo non è dalla loro giacitura fra le ghiaje di Cas- sina Rizzardi che ne potrà venir lume a studiarne le abitudini. Ristrette quindi le nostre indagini alle sole specie viventi e più ristrette ancora a quelle intorno alle quali gli scandagli fatti in ‘questi ultimi tempi hanno fornito le più precise notizie, abbiamo qual fatto generale che tutte le anzidette specie sono proprie alle spiaggie, nessuna abita l’ alto mare; più esattamente ab- biamo 12 specie che non scendono oltre i 10 metri di profon- dità; 7 non vanno oltre i 20 metri; 6 non sorpassano i 50; al- tre 7 non sorpassano i 75-100 metri. È dunque preferentemente una Fauna ripuaria e dovrei dire piuttosto esclusivamente, in quanto che le pochissime specie rinvenute oltre i 20 metri sotto il pelo dell’acqua, furono poi quasi tutte, ed in copia, osservate e raccolte anche a profondità molto minori. Non così esclusiva è la dimora delle nostre specie se si ha riguardo alla natura del fondo da esse preferito. Infatti 9 abi- tano soltanto, od in guisa affatto preferente, i fondi fangosi, e presso le nostre spiagge alcune tra esse si rinvengono, spesso in gran numero, nei porti, ove alla melma va unita gran copia di detriti organici; talora perfino sembrano compiacersi di stare alle foci dei canali scaricatori delle acque immonde, come fanno, per esempio, il Murex trunculus ed il Fusus corneus. Dieci sono rupicole e stanno alle rive formate da viva roccia e sugli sco- gli sottomarini; 5 soltanto dimorano sulle ghiaje e sulle sabbie. Nella Fauna di Cassina Rizzardi abbiamo quindi un miscuglio di specie che avevano dimora affatto disparata; e già da questo. 324 © F. SORDELLI, fatto possiamo argomentare che non vi si trovano in posto, 0s- sia nel sito dove vissero, ma pervennero da luoghi diversi dopo la morte dell'animale. Basta per altro riflettere per poco a quello che avviene tuttodì dei gusci dei molluschi, onde persuaderci quale illazione di maggiore importanza si può cavare dalle qui esposte cifre. Si sa infatti che, meno quelli d’alto mare, gli acefali edi gasteropodi acquatici, fin che sono in vita, non si lasciano trasportare, in circostanze ordinarie, dal moto delle onde e delle correnti, ma aderiscono col loro piede od altrimenti e si dirigono unicamente guidati dall’ istinto e dalla volontà. Non è cosi dopo morti; quelli che dimoravano nel fango o nelle sabbie più fine vi restano sepolti, spesso nella postura medesima in cui si trovavano all’ultimo momento della vita; le bivalvi conservano unite le loro valve, ecc. Le specie rupicole, invece, cessata la vita, abbando- nano le inerti loro spoglie in balìa dei flutti i quali vanno a de- positarle man mano, in ragione del loro peso, ove l’acqua si fa vieppiù tranquilla. Buon numero quindi di tali conchiglie, che chiamo rupicole, le troviamo frammiste a quelle che non lascia- rono mai la melma e le sabbie native. Ora a Cassina Rizzardi vediamo appunto scarseggiare le specie veramente arenicole; per cui se aggiungiamo al novero di quelle che abitavano il fango, quello delle specie rupicole, abbiamo un totale di 19 specie, os- sia la gran maggioranza di quelle di cui ho potuto conoscere la stazione. Mi pare quindi ben fondata la mia credenza che, cioè,. i nostri fossili siano primamente stati sepolti in un terreno argil- loso od argilloso-sabbioso, col disfacimento del quale vennero, in tempi posteriori, a trovarsi mescolati col terreno glaciale che gli tenne dietro e fu a sua volta in parte demolito. Tale credenza trova poi, a mio avviso, una conferma di fatto nella circostanza che avendo spezzati varii gusci di gasteropodi i quali avevano la bocca otturata da sabbia grossolana (quella che a Cassina Riz- zardi forma straterelli irregolari frammezzo alle ghiaje ed al ciottolame), ne trovai le spire occupate da un’argilla piuttosto fina cinereo-azzurrognola quando è asciutta, identica a quella dei nostri depositi pliocenici; argilla di cui, all’ infuori delle conchi LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 32 glie, non havvi traccia in tutto il deposito. Il passaggio tra la sabbia grossa e l’argilla non è già graduale, ma brusco, senza transizioni di sorta. È chiaro che avrebbe dovuto avvenire diver- samente se tali fossili fossero în situ, come fu scritto.?5 Circa la natura dell’acqua in cui vivevano fu già notato da tutti che l’indole di codesta Fauna è schiettamente marina; non è una Fauna di acque salmastre come avrebbe dovuto essere se (nell’ipotesi di Stoppani, d’ un ghiacciajo contemporaneo che quivi avesse la sua fronte) si fosse verificato il miscuglio coll’acqua salsa di un discreto corpo di acqua dolce; e ciò maggiormente in quanto che 1’ acqua dolce essendo più leggera della salsa, sor- nuota per qualche tempo, ed avrebbe dovuto quindi (a parte la questione della temperatura) avere molta influenza su di una Fauna che abbiamo visto essere d’ indole prettamente littorale. Le mie indagini mi hanno condotto infatti ad ammettere che il complesso delle specie ancora viventi, abita il mare senza inqui- namento di acque dolci. Una sola specie, la Natica Josephinia, *° preferisce le acque salmastre, mentre altre due, la Nassa reticu- lata ed il Cerithium vulgatum, specie assai diffuse, hanno varietà schiettamente marine e qualche loro forma soltanto preferisce le ‘acque salmastre, le lagune, le imboccature dei fiumi, ecc. Ebbene, tenuto calcolo anche di queste leggere modificazioni, trovo che la Nassa reticulata rappresentata a Cassina Rizzardi, appartiene alla forma tipica abitatrice delle rupi e degli scogli flagellati dall’ a- perto mare, mentre il Cerithium vulgatum, così abbondante a Cassina Rizzardi ed a Ronco, appartiene, come già fece notare lo Spreafico, alla varietà intermedia di Weinkauff ed è propria dello schietto mare; il tipo invece preferisce le acque miste. I fatti fin qui esposti, da me primamente raccolti allo scopo di constatare se venivano o meno in appoggio alla teorica sostenuta dal prof. Stoppani, quantunque indiscutibili, vedrebbero tuttavia infirmata la loro importanza, se fosse realmente provato che il deposito delle conchiglie di Cassina Rizzardi è una vera morena, 25 STOPPANI, IZ mar glaciale, p. 34. 26 Del resto rara a Cassina Rizzardi, avendone visti fin qui duo soli esemplari. dle J 326 ; F. SORDELLI, una morena, cioè, intatta, non rimaneggiata dopo la sua depo- sizione. Prima di stendere queste note ho voluto istituire esatti e ripetuti confronti fra codesta ed alcune morene della Brianza in cui il carattere glaciale è incontrastabilmente impresso, e sono rimasto colpito dalle differenze enormi che esistono fra una mo- rena schietta ?” e questa dai fossili marini. Il prof. Stoppani stesso ha notato alcune di tali differenze, ma le attribuisce all’ essere state deposte cotali morene, questa nel mare, quelle in terrafer- ma. Non occorre ch’ io ripeta qui come l’ indole della Fauna da lui invocata a comprovare il suo asserto, deponga invece contro di esso. Tutte le specie finora osservate a Cassina Rizzardi fanno in coro testimonianza contro l’ ipotesi di Stoppani; infatti non vi ha tra loro una sola specie artica o che viva nelle condizioni dal chiaro autore immaginate.** 27 Cito tra queste la bellissima morena tra Casate Nuovo e Monticello. Ivi non vi ha neppur uno dei sassi calcari che non sia davvero magnificamente striato. È una morena vergine che mai fu rimestata, nè dal mare, nè da altre acque. Or bene come va che mentre quella di Cassina Rizzardi sé formava in mare (secondo Stoppani), questa che è a un livello più basso, si è formata su terra perfettamente asciutta? Ammessa la teoria di Stoppani, esse non potrebbero dunque essere contemporanee ; e se la mo- rena di Monticello si suppone deposta prima, dovrebbe esservi stata in tal caso una immersione tale da permettere al mare di ritornare sui depositi glaciali già formati nella Brianza, immersione di cui non vi ha traccia ch'io sappia. Se al contrario si sup- pone deposta dopo, il ghiacciajo doveva in allora passare sopra il deposito di Cas- sina Rizzardi, segnando così un sollevamento in corrispondenza alla maggiore esten- stone che abbiano tra noi avuto î ghiacci; sollevamento che non è ammesso dallo stesso prof. Stoppani. Ma basta; che mi par già di combattere, come don Quixote, contro molini a vento. i 28 Non mi dilungherò certo a parlare della Nuova Zelanda che fu addotta come esempio di località ove, presso ai ghiacciaj vivono Felci arboree, dracene, aralie ed altre tali piante a facies tropicale (MARTINS in: Revue des Deux Mondes, 15 avril 1875, p. 850 e 861). Intanto colà i ghiacci mon giungono al mare e se ne interroghiamo la Flora e la Fauna non possiamo trovare una sola specie che ci serva quale elemento di confronto, nello stesso modo che non si possono confrontare gli Ornitorinchi, i Kangorù, gli Fucalyptus, le Casuarine e le Zamie della Nuova Olanda, cogli ani- mali e le piante dei nostri paesi d’adesso e del periodo quaternario. Più serio è il paragone fra lo Spitzberg e la nostra Lombardia allorquando i ghiae- ciaj fabbricavano le loro morene al limite dell’ attuale pianura, ossia alle sponde del mare glaciale di Stoppani. Ma qui è lo stesso prof. Stoppani che ci soccorre in parte e ci addita le grandi differenze fra i due paesi. Infatti l’egregio mio collega nell’ac- cennare agli studj fatti da Torell allo Spitzberg, insiste assai sulla circostanza che LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 327 In quanto al terreno stesso in cui troviamo ora le conchiglie in DI questione, esso contiene, è vero, amche dei ciottoli striati, come nel territorio circostante si rinvengono sparsi in copia i massi erratici; cosa naturalissima, giacchè qui siamo proprio da ogni parte circondati dalle formazioni glaciali, da vere morene prove- nienti dall’ antico ghiacciajo che dalla valle del Lario, dividen- dosi contro la mole del monte S. Primo, scendeva in tre rami principali, pell’ attuale lago di Lecco, pella Vallassina e pel ramo di Como. Ma so benissimo anche quanto siano rari, in confronto agli altri, i ciottoli che hanno conservato traccie delle strie gla- ciali e quanto bisogna cercare per raccoglierne di sufficientemente caratterizzati. Chiunque abbia visitata la località fossilifera, può far fede che quanto dico è vero, e che non esagero in un senso, “come si è già pur troppo esagerato in un altro. a la vita non è spenta in quelle gelide regioni; ma le conchiglie sono « più numerose, più varie, sopratutto sui fondi composti di fango fino, derivato dalle morene o pro- dotto dall’ azione erosiva del ghiaccio sulle rocce sottoposte » (Vedi nel presente vo- lume degli Atti, p. 191). Egli ci dice altresì che tali animali furono trovati « fino alla profondità di 2700 metri. » Pare dunque che si tratti, almeno in. parte, d’ una Fauna abissicola o delle grandi profondità. In ogni caso a Cassina Rizzardî non po- tevamo avere profondità notevoli, nè le conchiglie stanno entro depositi di fango glaciale. Dal canto mio mi permetto ad ogni modo di far osservare che le «150 specie di animali » rinvenute da Torell, non lo furono soltanto « sulle coste dello Spitzberg » come dice Stoppani, ma nel novero sono comprese anche quelle della Groenlandia e dei mari circostanti; inoltre non si tratta di animali di qualsiasi classe, ma di mol- luschi (vedi LyeLL, L’ancienneté de V homme, trad. par M. Chaper, pag. 280). La Fauna malacologica dello Spitzberg per sè sola è poverissima di specie e poi- chè s'è voluto scegliere quella classica località per contrapporla al nostro paese gla- ciale, ricorderò che i molluschi spitzbergensi forniti di conchiglia (i soli che possano servire di confronto coi fossili), sommano appena a 16 specie, numero che mi per- mette di nominarle tutte, senza abusare di più dell’ ospitalità concessami” in queste pagine: Tyiton norvegicum, T. cyaneum, T. clathratum, Trichotropis borealis, Na- tica clausa, N. Johnstoni, Littorina groenlandica, Terebratella spitzbergensis, Mya truncata, Sacicava rugosa, Pecten islandicus, Cardium groenlandicum, Arca glacialis, Astarte corrugata, Leda pernula, Yoldia arctica. Sono specie abitatrici dei fondi melmosi ad eccezione della Littorina che sta presso le coste. Codesta Faunula, ora confinata presso il circolo polare, trovasi però fossile nei "terreni glaciali della Sve- zia meridionale e dell’ Inghilterra. Si confronti, di grazia, questo numero con quello delle specie di molluschi dei mari che albergano una Fauna paragonabile colla no- stra di Cassina Rizzardi. Il Mediterraneo conta 7 00 specie di molluschi conchigliferi 328 —_F. SORDELLI, Perfino le piastrelle (galets) ed i sassi perforati di litofagi fu- rono prodotti dai prof. Stoppani, Desor e Martins come testimo- nii della presenza del mare. Non avrò bisogno di grande studio per dimostrare che anche codeste supposte prove, provano un bel nulla. Anzi tutto i ciottoli appiattiti, o piastrelle, si trovano non solo in riva al mare, ma anche alle sponde dei laghi d’acqua dolce. Ciò che ne determina la forma non è già la natura del- Do” acqua, ma la conformazione della spiaggia; bisogna, cioè, che questa sia piana, a dolcissimo pendio, sul quale scorrendo l’onda faccia avanzare ed indietreggiare il sasso con lunga vicenda. Ora nell’ ipotesi emessa dal prof. Stoppani, di un ghiacciajo che shoc- cava dal lago di Como e si gettava in mare tra Cucciago ed Appiano, come può supporsi l’esistenza d’ una spiaggia della forma richiesta? Il ghiacciajo, nel supposto che finisse in mare, doveva presentare al suo estremo limite, delle sponde a picco, come si vede attualmente in quelli delle terre polari, anzi il mare do- veva insinuarsi almeno per qualche tratto sotto di esso, giacchè il ghiaccio, più leggero dell’ acqua, sornuota sovra di questa. Le frequenti spedizioni artiche hanno ormai resi popolari i paesaggi presentati da quelle inospiti regioni e chiunque, credo, potrà di leggeri persuadersi che dappertutto ove la costa è invasa dai ghiacci, ivi è impossibile la formazione delle piastrelle. » Restano i ciottoli perforati dai molluschi. La forma dei fori da me esaminati mi fa supporre che la specie perforatrice sia un Litho- domus.?? Comunque sia è un mollusco bivalve e noi sappiamo secondo Weinkauff. Secondo i recenti lavori dell’Issel, 598 se ne contano nell’ Eritreo. Il golfo del Messico e le Antille non hanno meno di 1800 specie, giusta C. B. Adams, e così in proporzione per gli altri mari. Il mar Nero in cui immettono il Danubio e le maggiori fiumane della Russia ha un’ acqua poco salata e questo fa sì che esso sia povero di molluschi, 68 specie soltanto essendo citate dal Middendorff mentre tra le isole dell’ Egeo, Forbes ne pescava 450. Quanta povertà da una parte, quanta ric- chezza e varietà dall’ altra! Il lettore avrà poi da sè rimarcato che nemmeno una delle specie spitzbergensi (e potrei aggiungere anche lappone e groenlandesi) si rin- viene a Cassina Rizzardi. 29 Stoppani e Martins parlano di foladi. Stoppani ci assicura che «si scopersero anche molte conchiglie di questi litofagi ancora annidate nelle rispettive gallerie. » (Atti Soc. ital., XVIII, pag. 176). Io però confesso di non averne vedute. Lo stesso prof. Stoppani soggiunge ancora: « Quei ciottoli dovettero dunque rima- | LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 329 che tali animali non hanno per vezzo di perforare i sassi isolati che giacciono sul fondo e possono essere rotolati od asportati dai colpi di mare. Essi preferiscono le rupi delle rive e gli scogli, scavando i loro cunicoli ad un livello corrispondente alla linea di oscillazione fra l’alta e la bassa marea.*° Inoltre l’ orificio dei fori è sempre a margine acuto, come fosse tagliato fuori con uno stampo e così dev’ essere, poichè 1’ animale, nicchiato da piccolo entro il foro, lo va man mano ingrandendo, così che 1’ interno diametro risulta maggiore di quello dell’orificio con cui s’apre al- l’ esterno e l’ animale stesso non può più uscirne fuori. Ma que- sti ciottoli di Cassina Rizzardi, di cui ne vidi parecchi essendo frequenti, non hanno orificio tagliente; al contrario l’orlo porta sempre le tracce d’ una erosione profonda dimostrando chiara- mente che essi furono perforati mentr’ erano chi sa dove e stac- catisi dalla rupe di cui facevano parte rotolarono per lungo tempo prima di giacere interrati siccome oggi li troviamo.?! Una prova di quanto dico si ha inoltre nel fatto che tali cunicoli ci si of- frono anche sezionati in ogni senso, il che non sarebbe di certo avvenuto se fossero stati praticati entro massi rimasti dappoi in- columi sul posto. Inoltre non sono giammai striati. I fatti che qui ho procurato di esporre colla maggiore esat- tezza possibile, non appoggiano, come si vede, l’idea della for- mazione in mare del deposito di Cassina Rizzardi e nemmeno quella della sua contemporaneità con un periodo di estensione det ghiacci. Eccone per sommi capi le risultanze principali: mere scoperti sul fondo marino per mesi e forse per anni.» E per ispiegarci come, misti ai ciottoli erosi e traforati, altri se ne trovano che conservano le loro strie « bisogna dire (continua nella stessa pagina) che il tritume glaciale franasse in tanta abbondanza in seno alle onde... » Ma come facevano allora i sassi coi litofagi a ré- manere scoperti per mesi e forse per anni? In verità io non riesco a capirlo. 30 STOPPANI stesso nel suo Corso di Geologia (II, pag. 549) rammenta questa cir» costanza. Son note del resto le colonne del tempio di Serapide presso Pozzuoli. Qui la Specie perforante è il Lithodomus lithophagus L. sp. %4 Ciò mi ricorda un fatto consimile menzionato da BREISLAK nella sua Descrizione geologica della provincia di Milano, p. 13. Ivi parla di ciottoli del selciato di Pavia perforati da molluschi marini (Venere litofaga = Petricola lithophaga nella mo- derna nomenclatura) ed a ragione ritiene che fossero divelti e trasportati giù dai tor- renti dell’ Oltrepò dai quali provenivano i materiali pel riattamento delle strade. 330 F. SORDELLI, La Fauna fossile marina di Cassina Rizzardi, e vicine località di Ronco e di Bulgaro, ha un carattere prevalentemente tropi- cale, sia che si consideri il facies e l’ affinità ‘delle specie estinte, | sia che si-abbia riguardo al modo di dispersione delle specie tut- tora viventi. Tale carattere è niente affatto in armonia colle con- dizioni climatologiche in cui doveva trovarsi la valle del Po, al- lorquando i ghiacciaj costruivano le loro morene allo sbocco delle nostre valli. So bene che alcuni geologi vorrebbero a questo punto insinuare l’estensione dei ghiacci essere stata una conseguenza non del freddo, ma solo di una umidità maggiore dell’attuale. Senza negare l’influenza della umidità, io non posso per altro acconciarmi a tale sentenza. Anzitutto le prove del raffreddamento esistono (v. nota 38). Inoltre chi tien calcolo delle circostanze che regolano, da una parte la distribuzione delle temperature, dal- l’altra la dispersione degli esseri vivi, non dura certamente fatica a persuadersi che Natura non viola giammai le sue proprie leggi, e che il pretendere che una Fauna propria dei mari caldi possa abitare nelle condizioni medesime in cui vivono gli animali proprii | delle gelide spiagge di Groenlandia e dello Spitzberg, gli è a un . dipresso come voler far vivere i pesci fuori dell’ acqua. Me ne appello al giudizio dei zoologi. È una Fauna essenzialmente littorale, con poche specie areni-. cole, molte rupicole, o viventi nei fondi melmosi, per cui sembra logico supporre che essa debba essere stata dapprima deposta in un terreno argilloso; il che viene confermato dall’ argilla con- servatasi entro gli anfratti delle conchiglie. ] La cattiva conservazione di tali fossili, l’ essere corrosi sempre | più o meno, spezzati e frantumati assai spesso, lasciano credere. che siano stati non tanto sfracellati dalle onde, * quanto roto- lati o trascinati dalle acque da un luogo all’altro. Il terreno in cui si trovano i nostri fossili non è una vera mo= rena, non avendone i caratteri; ma si è formato in gran parte n . 32 E noto che molte conchiglie conservate nelle argille, le grandi in particolare, si trovano fessurate naturalmente pello schiacciamento cui furono sottoposte in un ter+- reno cedevole. Esse vi sono tuttavia in posto, tanto è vero che le bivalvi conservano spesso le loro valve unite. LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. © 331 a spese e col disfacimento delle morene circostanti, di cui ora non iscorgiamo se non i residui. Lo provano i ciottoli striati che in piccolo numero conservano ancora le tracce delle strie glaciali. Le piastrelle o galets ed i sassi perforati dai molluschi litofagi, addotti siccome prove della presenza del mare, non provano nulla; perchè le piastrelle possono essere state sospinte anche da onde d’acqua dolce, mentre d’altra parte escludono l’ idea che la spiag- gia fosse occupata da un ghiacciajo. I ciottoli perforati poi non lo furono di certo in questa, ma bensì in altre località e qui per- vennero rotolando siccome è dimostrato dalla corrosione dei loro spigoli e più ancora dell’orificio dei cunicoli. Queste risultanze di fatto, così contrarie alla teoria propugnata da Stoppani e dietro lui da Desor e da Martins, conducono natu- ralmente a riflettere quale altra spiegazione devesi dare a quanto si osserva a Cassina Rizzardi. Dal canto mio ho già espresso l’idea che tale deposito si sia formato a spese delle circo- stanti morene °° e non sia esso stesso una vera morena formata sul posto e non rimaneggiata. Quanto ai fossili essi provengono con tutta evidenza da un deposito pliocenico marino demolito dalle stesse acque che demolirono le morene. È noto quanto le argille e le morene siano facilmente erodibili, così che, spero, la mia interpretazione sembrerà naturalissima. Essa si appoggia, del resto, soltanto a fatti che si possono constatare facilmente e da tutti, senza bisogno di ricorrere ad ipotesi, non solo destituite di fondamento, ma appoggiate in gran parte a confusioni di luoghi e di cose tra loro disparati, ad errori, perdonabili è vero, poichè errare humanum est, ma pur sempre errori che vanno con ogni mezzo combattuti. Se poi si volesse ritenere poco ammissibile quanto io ammetto senza riserva, che cioè il deposito fossilifero di Cassina Rizzardi provenga da due diversi terreni antecedenti, io mi permetterei in allora di far osservare che il mio modo di vedere si fonda su 33 Ovunque le acque proseguono l’opera loro demolitrice ed i materiali incoe- tenti delle morene si prestano a ciò mirabilmente. Non per questo siamo autorizzati a chiamare glaciali i nuovi depositi che si vanno formando. 332 f. SORDELLI, uno dei pochi veri fondamentali della geologia stratigrafica. In- | fatti è verità incontrastabile che ogni terreno che s’accresce dal- l’esterno si forma a spese di altri preesistenti. Nel caso nostro ab- biamo poi molti esempi di terreni contenenti fossili di un’altra età. E senza andar tanto lontano, il prof. Stoppani ne ricordava uno assai interessante nella seduta 31 gennajo di quest’anno; °* quello, cioè di ammoniti giuresi rinvenuti a Bardello nel terreno cretaceo. Così il prof. Cocconi * ricorda i fossili pliocenici marini che. si raccolgono nel letto del torrente Rimore nel Parmigiano, ancora abbastanza bene conservati quantunque travolti fra ghiaje e ciot- toli in gran parte silicei; sono fossili furati dalle acque alle cir- costanti colline terziarie, ognuno lo vede adesso; ma se col tempo i rapporti fra l’alluvione attuale fluitata dal Rimore ed i terreni | circostanti non rimanessero più così evidenti, dovremmo per que- sto ingannarci al punto da ritenere il greto del torrente d’ ori-. gine marina? Mai più; ma si dovrebbe in tal caso esercitare un. poco lo spirito di osservazione per poter discernere dove cessano le apparenze e dove comincia la realtà. Classico, infine, fra i vari depositi che chiamerei volontie a Fauna aliena è il red crag o crag rosso, studiato da Searles Wood nella sua bella monografia dei molluschi del crag d’ In- ghilterra. Anche questo è un deposito formato da materiali gros- solani e sembra impossibile come i fossili vi abbiano potuto es- sere conservati; eppure, oltre un certo numero di specie proprie, contiene numerosissime conchiglie provenienti dal crag corallina e da depositi ancor più antichi. Non meno di 85 specie sono ac- cennate da Wood nel suo a °° la più parte anzi 5050 specie assai piccole e fragili. * 34 Vedi il presente volume degli Atti, nel processo verbale 31 gennajo a pag. 21. 35 CocconI G., Enumerazione sistematica dei molluschi miocenici e pliocenici delle provincie di Parma e di Piacenza, p. 13. i 36 Sono quelle ch’egli chiama fossili derivati (derivatives). — La cosa del resto era già sospettata fin dal 1836; leggo, infatti, in Lyell, Principles of Geology, 5 ed., IV. p. 74: « Mr. Charlesworth suggests that, even of these 150 species (common to the two divisions of the crag) many may have belonged originally to the lower bed, and have been washed into the newer one, in the same manner as some fossil shells of the chalk have certainly been imbedded in the crag, and as crag shells are now daily washed into the sea on our coast, and mixed with recent shells. » ; 37 « With three or four exceptions these are shells that from their minuteness or LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI, 333 Ma dopo risolta una questione, mille altre ne sorgono che re- clamano l’attenzione degli studiosi. Nel nostro caso, interpretata, così com’io feci, l'origine del deposito di Cassina Rizzardi, re- sterà pur sempre da vedere quali rapporti esso abbia coi nostri depositi veramente pliocenici e veramente marini da una parte, e coi depositi glaciali per davvero dall'altra; se si sia formato dopo la prima o dopo la seconda invasione dei ghiacci, ** ecc. Tutte questioni che io lascerò volontieri risolvere dai geologi. PA , fragility would only be preserved under occasional circumstances in so roughly ac- cumulated a deposit as the Red Crag, and their not having been detected in that formation need not surprise us.» S. Woop, Supplement to the Crag Mollusca, p. 199. 38 S’'intende che io ammetto due distinti periodi glaciali corrispondenti a due di- stinti periodi di freddo, separati da un periodo intermediario in cui il clima raddol- cito permetteva di vivere a certe specie che dappoi scomparvero per sempre dal no- stro paese. Lo studio della vegetazione postpliocenica di Lombardia mi va sempre più persuadendo della necessità di una tale distinzione, già ammessa in Inghilterra ed in Isvizzera, coll’appoggio di fatti indiscutibili. Intanto le nostre Flore quaternarie di Lu- gano, della Morla, di Leffe, di Pianico, ecc., non sono Flore glaciali. Vere lore gla- ciali furono fatte conoscere mercè i begli studj di Steenstrup, di Heer, di Nathorst, di Schimper, nella Svezia meridionale, in Inghilterra, in Danimarca, in Germania, ‘ nella Svizzera. Si tratta di specie le quali vissero in località ora rallegrate da mite clima, e che al presente abitano soltanto le più fredde regioni della Lapponia, dello Spitzberg, ovvero trovansi confinate sulle somme vette delle Alpi; sono, in una pa- rola piante glaciali. Per quel che riguarda la Fauna marina noi possiamo trovare le prove di un raf- freddamento del clima, indagando la distribuzione nei varii terreni, di quelle specie di molluschi le quali comparse già un tempo nel bacino del Mediterraneo, ora non vi si trovano più se non allo stato fossile, mentre vivono tuttora, e in grande abbon- danza, confinate nei mari d’Inghilterra, di Norvegia, della Groenlandia e dello Spitzberg. Il prof. Giuseppe Seguenza di Messina ha messo in bella evidenza alcuni di questi fatti e non ha esitato ad attribuirne la causa al graduale abbassamento della temperatura ed al successivo suo innalzamento, per cui il clima venne a subire profonde modifica- zioni non una ma più volte. Infatti egli trovò in Sicilia i rappresentanti di codesta Fauna artica nel quaternario (sabbie con Fauna quasi tutta vivente), nel pliocene (in cui comprende le sabbie gialle e le marne azzurre) e perfino nello zancleano dal- ‘l’egregio paleontologo separato alla base del pliocene. Ma tra le 24 specie artiche da lui fatte conoscere nel 1870, nessuna finora è rappresentata a Cassina Rizzardi e nelle vicinanze (V. Bull. malac. ital. III, p. 66). Il prof. Stoppani nega la duplicità del periodo glaciale, ma la spiegazione ch’ egli dà a sostegno della sua tesi, mentre dà ragione di alcuni fenomeni prodotti dalle oscillazioni dei ghiacciaj, non ispiega nè punto nè poco i motivi degli avvertiti mu: tamenti della Flora e della Fauna. 354 F. SORDELLI, ELENCO DELLE SPECIE, MOLLUSCHI. 1. Strombus coronatus Defr. — Hoernes I, p. 187, t. 17, f. 1. — D'Ancona p. 8, t. 1, f. 1-2. — Sin. Str. fasciatus Brocchi (non Linn.). — Spreafico Conch. n. 1. Frequentissimo a C. Rizzardi; vidi pure un esemplare prove- niente da Bulgaro; ma nessuno finora intiero: gli adulti sono ridotti in pezzi, i meglio conservati hanno rotto l’ala e i primi anfratti e sempre sono assai corrosi. Non rarii giovani (= Buccinum marginatum Brocchi t. 4, f. 17 a-5). — Foss. del bacino di Vienna e di parecchie località DIneNICNE italiane. Astigiano, Umbria, Taranto, Palermitano, oltre quelle accennate da Spreafico nel suo elenco. — La specie è estinta, ma affine assai al vivente Str. fasciatus Linn., meglio cono- sciuto col nome di S?r, bubonivs Lamk., dell'Oceano Indiano. ( 2. Murex spinicosta Bronn. — Hoernes I, p. 259, t. 26, f. 6-8. — D'Ancona p. 18, t. 2, f. 5 a-b. — Spreafico n.° 3. C. Rizzardi. — Foss. nel miocene, Modenese, bacino di Vienna; nel pliocene dell’ Astigiano, ecc. 8. Murex brandaris Linn. var. — Hoernes I, p. 257, t. 26; f. 3 (M. brandaris var.). — D'Ancona p. 19, t. 2, f. 1-2 (M. pseu- dobrandaris). — Già d’Orbigny aveva riconosciuto che la specie fossile differiva alcun poco dal più comune tipo vivente e l’aveva. chiamata M. subbrandaris. Confrontato però accuratamente il nostro fossile con esemplari dell'Adriatico, non vi ho riconosciuto. fuorchè un estremo della serie di leggiere variazioni che la specie. offre anche ai giorni nostri. Però conservo il nome linneano, solo (39) Nell’ ordinamento ti: generi ho seguito per quanto mi fu possibile le tracce segnate da Woodward hel pregiato suo Manual of the Mollusca. — Le indicazioni di frequenza o di rarità si riferiscono unicamente al materiale da me esaminato fino a_ tutto giugno 1875. | LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 335 citando quelle figure che coincidono meglio coll’esemplare in que- stione. C. Rizzardi. — oss. nel miocene del Piemonte (M. torularius Bell.), del Modenese, del bacino di Vienna (M. drandaris var.), nel pliocene dell’Astigiano, di Nizza; Piacentino, Parmigiano, Modenese; Bolognese, sabbie gialle e argille turchine (plioc. sup.) e sabbie mar- nose giallastre (plioc. inf.); Valle Biaia in Toscana, Monte Mario. Nel pliostocene d'Ischia, Pozzuoli, Calabria, Sicilia. — Vivente nel Medi- terraneo e nell’Atlantico sulle coste dell’Africa occidentale, dalle Ca- narie al Senegal, alla profondità di 5 a 15 braccia (40); abbondante sui fondi fangosi, nei porti, all'imboccatura dei canali di scolo e di ri- getto delle immondizie. _ 4. Murex trunculus L. — Hoernes I, p. 671, t. 51, f. 4. ._— D'Ancona p. 28, t. 4, f. 5a-b. — Spreafico n.° 2 (M. cfr. trun- culus). C. Rizzardi. e Ronco. — oss. nel miocene del Modenese, e del bacino di Vienna; nel pliocene dell’ Astigiano, di Valle Bia- ja, ecc.; nel pliostocene di Pozzuoli, d'Ischia, di Calabria e di Si- cilia. — Vivente nel Mediterraneo e nell'Atlantico sulle coste dell’ A- frica occidentale, alle Canarie, spingendosi, a quanto pare, fino al Se- negal. Comune sul fondo fangoso, a 5-15 braccia di profondità, nei ‘porti, all'imboccatura delle fogne e dove si raccoglie molta immondizia in mare. 5. Murex Veranyi Paulucci, Descript. d’un Murex foss. des «terr. subap. (Journ. de Conchyl. 3.° série, tome VI, p. 64, pl. II, f. 1; pl. III, f. 1. — D’Ancona p. 13, t. 3, f. 7. — Sin. M. tri- pterus Brocchi (non Linn.) C. Rizzardi. — Foss. del miocene di Piemonte; del pliocene del Bolognese (sabbie marnose giallastre, pl. sup.) e di Toscana; pro- babilmente anche del Piacentino e d’altre località, ma confuso dagli autori col M. Swainsoni Micht. avanti la separazione additata dalla egregia cultrice della malacologia, la marchesa Paulucci. 6. Murex fusulus Bronn. — Brocchi II, p. 409, t. 8, f. 9. — D'Ancona p. 27, t. 4, f. 9a-d. C. Rizzardi. — Foss. nel pliocene del Parmigiano, Modenese, del Bolognese nelle sabbie marnose giallastre e nelle argille turchine superiori. (40) È questo il braccio marino, brasse dei francesi, Faden dei tedeschi, fathom degli inglesi, corrispondente a metri 1,8248. Ho conservata questa misura perchè ancora ge- neralmente usata nella marineria. 336 F. SORDELLI, 7. Murex (Coralliophila) scalaris Brocchi. — Brocchi II, p- 407, t. 9, f.1. — D'Ancona p. 39, t. 7, f. 5-6. — Spreafico n.° 4. C. Rizzardi, dove è citata anche da Desor e Martins; quest’ ul-. timo però la annovera erroneamente tra le specie estinte. — oss. nel. miocene del bacino di Vienna, ecc. nel pliocene dell’Astigiano, di Nizza, ecc. del pliostocene delle Puglie ed in Sicilia. — Vivente nel Mediter- raneo, sui coralli delle coste di Dalmazia e delle isole dell’ Egeo. 8. Typhis fistulosus Brocchi (Murex). — Brocchi II, p. 394, t. 7, f. 12. — D'Ancona p. 52, t. 6, f. 10. i Ronco. — Foss. del miocene del Piemonte, del Modenese, del bacino di Vienna; del pliocene, Astigiano, Piacentino, Parmigiano, Modenese, Bolognese (in tutte le zone), Toscana e Sicilia. oss. si rin- viene del pari nel pliocene del Faido, presso Varese. — La specie si ritiene in generale estinta, ma è affine al Typhis tetrapterus Bronn, vivente nel Mediterraneo. Forbes assicura di avere trovato un esem-. plare vivo del fistulosus a Nouse-Bay, isola Paros, alla profondità di. 5-6 braccia, su fondo fangoso qua e là leggermente sabbioso (Wood-. ward). Nessuno però, dopo di lui, ebbe a verificare l’ esistenza di que- sto Murice nella fauna attuale. 3 | 9. Pisania striatula Bivona. — D'Ancona p. 55, t. 10, f. 2, — Sin. Buccinum maculosum Lamk. i Ronco, un es. comunicatomi da Curioni. — oss. del miocene, Piemonte, Modenese, bacino di Vienna; del pliocene Piacentino, Par- migiano, Modenese, Bolognese (nelle 3 zone superiori), Toscana. — Vivente nel Mediterraneo, sulle rupi e gli scoglia fior d’acqua, nell’A= tlantico e nominatamente alle Azzorre. 10. Ranella marginata Brongt. — Brocchi II, p. 332, t. 4, f. 17. — Hoernes I, p. 214, t. 21, f. 7-11. — Sin. R. laevigata Lamk. — R. Brocchii Bronn. — Spreafico n.° 5. i C. Rizzardi e Ronco, non rara. — Foss. del miocene, Mode- nese, bacino di Vienna, ecc.; del pliocene di Maggiora nel Novarese, dell’Astigiano, della Sicilia, ecc. — Secondo Matheron ed altri la spe-' cie vive ancora sulla costa africana dell'Atlantico (Hoernes); da altri invece si ritiene estinta. 11. Triton tuberculiferum Bronn. — D'Ancona p. 67, fe 10; (ED. i C. Rizzardi, un solo es. nella coll. Curioni. — Foss. nel mio-. cene del Piemonte e del bacino di Vienna; plocene, Astigiano, Pia- centino, Parmigiano, Bolognese (argille sup. e sabbie marnose), Senese, j i LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. DAT 12. Triton distortum Brocchi (Murex). — Brocchi II, p. 339, t. 9, f£. 8. — D'Ancona p. 71, t. 10, f. 7a-b. — Sprea- fico n.° 6. C. Rizzardi, nonrara, — Foss, nel pliocene, dell’Astigiano, Se- nese, Sicilia, ecc. 13. Triton Doderleini D'Ancona p. 68, t. 9, f. 3. C. Rizzardi, un solo es. — Foss. nel pliocene ad Orciano (Pi- sano), ma senza dubbio anche d’ altre località, confuso colla sp, affine T. distortum Brocchi. 14. Cancellaria cancellata Lamk. — D'Ancona p. 115, t. 11, f. 14. — ChenuT, p. 275, f. 1822. — Spreafico n.° 7. C. Rizzardi, frequente (citata anche da Martins sotto il nome C. cucullata per errore tipografico). — Foss. nel miocene di Pie- monte, del Modenese, del bacino di Vienna, secondo varj autori. D'Ancona fa tuttavia osservare, rettamente secondo me, che gli es. mio- cenici figurati dal Bellardi e dall’ Hoernes differiscono notabilmente dal tipo, onde ammette per essi il nome specifico C. subcancellata D'Orb. Nel pliocene abbonda in più località italiane e nel crag corallino d’ In- ghilterra. Nel pliostocene di Sicilia. — Allo stato vivente è meno co- mune; rinviensi nel Mediterraneo, più spesso sulle coste dell’Algeria, nell'Atlantico, sulle spiaggie della Senegambia e della Guinea. Abita sulla sabbia fina, presso le sponde a 3-8 braccia di profondità; la va- rietà a solchi più numerosi e stretti (da 20 a 24) preferisce i fondi, mel- mosi a 10 e più braccia. Di fango ha sempre coperto il guscio e la ® base del piede (Weinkauff). 15. Cancellaria serrata Bronn. — D’ Anodi p. 114, t. 13, f. 13-14. — Sin. C. Bonelli var. taurinia e dertonensis Bell, i d’Ancona). C. Rizzardi, rara. — oss. nel miocene del Piemonte, del Mo- denese; pliocene, Piacentino, Parmigiano, Modenese, Bolognese (argille sup.), Toscana. 16. Pyrula rusticula Bast. — Hoernes I, p. 266, t. 27, f. 1-10. Ronco, un solo es. spezzato. — Foss. nel miocene del Piemonte e del bacino di Vienna. Pliocene del Parmigiano (sabbie gialle). — Cocconi la ritiene vivente, e la identifica colla P. spirillus Lamk. (Mu- rex spirillus Linn.), dell'Oceano indiano. I più la ritengono semplice- mente affine. Dal canto mio debbo notare che tale affinità è per al- tro grandissima. Vol. XVIII, 22 338 F. SORDELLI, 17. Ficula geometra Borson (Pyrula). — HoernesI, p. 271, t. 28, f. 7,8. — Sin. Bulla ficus var. Brocchi II, p. 279. — Sprea- fico n.° 8. C. Rizzardi, soltanto in frammenti. — Foss. miocene del Mo- denese e del bacino di Vienna; nel pliocene del monte Pellegrino, presso Palermo, ecc. — Cocconi dà per sinonimo di questa specie la Pyrula ficus Kiener (Species p. 30 t. 13, fig. 1), che vive attual- mente nell’ Oceano Indiano. Per quanto grande sia la rassomiglianza — fra le due specie, esse non possono tra loro confondersi per la diversa ornamentazione; piuttosto è da vedere se non somigli il nostro fossile | alle Pyrulae (Ficula) ficoides Lamk. (Kiener, p. 29, t. 13, fig. 2), e reticulata Lamk (Kiener, p. 28, t. 12, fig. 1) entrambe dell’Oceano Indiano. Notisi in proposito che Wood (Crag mollusca, p. 42) iden- . tifica la sua Pyrula reticulata colla specie vivente. La descrive del crag corallino e le dà per sinonimo Bwu//a ficus, var. 1 Brocchi. Quasi | tutti i paleontologi ritengono estinta la P. geometra. 18. Fusus rostratus Olivi. — Brocchi II, p. 416, t. 8, f£. 1. — D'Ancona p. 124, t. 14, f. 8-9. 1 C. Rizzardi, poco frequente. — Foss. nel miocene del Piemonte e del bacino di Vienna; nel pliocene e nel pliostocene, Astigiano, Pia- centino, Parmigiano, Modenese, Bolognese (sabbie ed argille sup.), Pisano, Senese, Imola, Puglie, Calabria, Ischia, Messina, Palermo, ecc. — Vivente nel Mediterraneo, non molto frequente, sui coralli e gli scogli, alla profondità di venti a cento braccia. Nell’Atlantico trovasi alle coste delle isole Canarie. . 19. Fusus aduncus Bronn. — D'Ancona p. 138, t. 14, f. 15. — Spreafico n.° 10. Ronco e C. Rizzardi, raro. Citato anche da C. Martàns e Desor — Foss. nel pliocene del Parmigiano, Modenese, ecc. 20. Fusus (Euthria) corneus Linn. (Murex). — Chenu Manuel I, f. 632, 633. — D’ Ancona p. 137, t. 14, f. 13, 14. —. Sin. Euthria cornea Chenu, Weinkauff. — Fusus lignarius De- france, Spreafico n.°9, ed altri aut. — Hanley (Ipsa Linriaei Conch.) | ha dimostrato che questa sp. è il Murex corneus di Linneo, men-. tre il nome di M, lignarius Linn. spetta. alla Fasciolaria taren- tina Lamk. r C. Rizzardi, poco frequente. — Foss. nel miocene del Mode- nese, del bacino di Vienna, ece.; nel pliocene dell’Astigiano, del Se- nese, d’Imola, delle Puglie, del Messinese, di Palermo, ecc.; nel plio= LÀ FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI, 339 stocene d'Ischia, di Taranto, di Calabria e di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo, frequente nel fango alla profondità di 5-15 braccia, so- pratutto nei porti ed all'imboccatura dei canali d’ espurgo. Rinviensi anche nell'Atlantico. 21. Buccinum polygonum Brocchi II, p. 344, t. 5, f. 10. — Hoernes I, p. 160, t. 13, f. 14-15. — Spreafico n.° 11. C. Rizzardi, e Ronco, frequente. — oss. nel miocene del Modenese, del bacino di Vienna, ecc.; nel pliocene di parecchie località. 22. Pollia d’ Orbignyi Payraud. (Buccinum) Moll, de Corse p. 158, t. 8, f. 4-6. C. Rizzardi, piuttosto rara. — Non trovo citata questa specie siccome fossile fuorchè nel pliocene di Livorno (Caterini). È vivente nel Mediterraneo, comune nella zona littorale, per lo più sulle rupi e gli scogli sin presso il pelo d’acqua. Nell’Atlantico, sulle coste di Africa sino al Senegal. DR Terebra fuscata Brocchi (Buccinum). — Bronn Leth. , f. 5. — Hoernes I, Pe. 128, t. 11, f. 15-18. — Spreafico, jn.° st C. Rizzardi e Ronco, poco frequente. — oss. nel miocene del bacino di Vienna, ecc.; nel pliocene di varie località italiane. — La specie, giusta l'opinione di Hoones trovasi vivente al Senegal e nell’ Oceano Indiano. 24. Terebra acuminata Bors. — Hoernes I, p. 130, t. 11, f. 22-24. — Spreafico n. 14. Frequente a C. Rizzardi. — oss. nel miocene col bacino di Vienna, ecc.; nel pliocene di molte località. — La specie si ritiene. estinta ma è rappresentata oggidì nei mari tropicali da forme affini e segnatamente dalla Terebra corrugata Lamk. 25. Terebra pertusa Bast. — Hoernes I, p. 131, t. 11, f. 19-21. C. Rizzardi, poco frequente; della stessa località è citata an- che da Ch. Martins. — oss. del mzocene nel bacino di Vienna; del pliocene di Val d’Andona in Piemonte, del Parmigiano, di Castell’Ar- quato, ma piuttosto scarsa; del Bolognese nei 3 piani inferiori. 26. Terebra Basteroti Nyst. — Hoernes I, p. 132, t. 11, f. 27-28. — Sin. Buccinum duplicatum Brocchi (non Linn.) — Spreafico n.° 13 (7°. Basteroti). . ©. Rizzardi e Ronco, abbondante. — oss. nel mzocene del bacino di Vienna, rara però: nel pliocene di Sicilia, ecc., assai frequente, ) 3 p ) ) L 340 F. SORDELLI. LI — La specie è estinta, ma è rappresentata dalla affine T. duplicata Lamk. dell’ Oceano. 27. Nassa musiva Brocchi (Buccinum) II, p. 340, t. 5, f. 1. Un solo es., finora, a Cass. Rizzardi. — oss. nel miocene del Modenese; nel pliocene del Parmigiano, del Modenese, del Bolo- gnese (sabbie marnose inf. ed argille sup.) di Toscana a Valle Biaia, di Monte Mario. — La specie è estinta. Foresti nel suo Quadro si- nottico comparativo che chiude il Catalogo dei Molluschi fossili plio- cenici delle colline bolognesi, pag. 79, la indicherebbe siccome vivente nei mari britannici, ma ritengo ciò dipenda da un errore di stampa; infatti la N. reticulata L., che Foresti cita dopo, manca del segno di sua presenza nei mari inglesi, mentré è certo che vi esiste, e credo sia cotal segno, spostato sulla riga superiore, che fa dire all’ autore una cosa non. vera. La N. musiva citata da Wood nel Crag d’Inghil- terra è invece la N. reticosa Sow.; Wood stesso ne corresse la de- terminazione nel supplemento alla Monografia dei molluschi del Crag, pag. 176. 28. Nassa clathrata Born. — Bronn, Lethaea, t. 41, f. 32. — Spreafico n.° 15. C. Rizzardi e Ronco, frequente. — oss. nel pliocene di pa= | recchie località italiane. 29. Nassa limata Chemn. sp. — Brocchi II, p. 337, t. 5, f. 7 (Buccinum prismaticum). — Hoernes I, p. 146, t. 12, f. 13, 14 (B. prismaticum). — Spreafico n. 16 (N. limata). . C. Rizzardi e Ronco, assai frequente. — oss. nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene di Nizza, di Tortona, del Napole- tano, della Sicilia, ecc., nel crag corallino d’ Inghilterra e nel crag rosso. Nel pliostocene di Calabria e della Sicilia. — Vivente abita nel Mediterraneo, ma vi è scarsa; più frequente lungo le coste dell’A- tlantico, alle Canarie ed a Madera. Le forme affini sono più frequenti nei mari tropicali. 30. Nassa serraticosta Bronn. (Buccinum). — Risso vol. IV, f. 91. — Hoernes I, p. 147, t. 12, f. 15. — Sin. Buccinum pusil- o lum Phil. Sicil. II, p. 192. — Spreafico n.° 17. C. Rizzardi, frequente. — Foss. nel miocene del bacino di Vien- — na, ecc.; del pliocene di varie località italiane. 31. Nassa costulata Renieri. — Buccinum costulatum Bra È chi II, p. 343, t. 5, fig. 9. — DB. variabile Philippi. — B. Cumierì Payraud.; B. Ferussaci id. — Nassa pusillina Wood Crag Moll. Suppl. p. 14, t. 2, f. 7. — Spreafico n.° 19. LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 341 C. Rizzardi e Ronco. — oss. nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene di Lombardia al Faido, alla Folla d’ Induno, ed a Pontegana; di Toscana a Valle Biaia ed altrove; nel crag d’Inghil- terra. Nel pliostocene di Calabria e della Sicilia. — Vivente nel Me- diterraneo, frequente dovunque sulle rupi e sugli scogli a fior d’ ac- qua; nell’Atlantico, sulle coste di Spagna, del Portogallo, alle Canarie, a Madera. 32. Nassa reticulata L. sp. — Brocchi II, p. 336, t. 5, f. 11 (B. reticulatum). — Bronn Lethaea t. 41, f. 35. C. Rizzardi e Ronco, piuttosto rara. Della prima località è citata anche da Desor. — oss. del pliocene di Lombardia a Caste- nedolo, del Piacentino, del Parmigiano, di Toscana a Valle Biaia, del Bolognese nei tre piani superiori; nel pliostocene di Sicilia; nel crag d’Inghilterra (post-glaciale, sec. Wood). — Alcuni autori la ci- tano anche del miocene viennese, ma è facile convincersi che la N. re- ticulata di Hoernes non è la nostra. — La specie è vivente e comu- nissima nel Mediterraneo sulle rupi e gli scogli, meno frequente nei fondi sabbiosi e fangosi sino a 20 braccia di profondità. Una varietà a coste meno numerose che non nel tipo, e diversa quindi dagli esemplari comaschi, abita anche le acque salmastre (Nassa marginulata Lamk. N. nitida Jeffreys). Vive altresì sulle coste di Norvegia, nel Baltico, nel golfo di Kiel, ad Helgoland, sulle coste dell’ Olanda, d’Inghil- terra, di Francia, del Portogallo, alle Canarie, alle Azzorre. 33. Nassa semistriata Brocchi II, p. 651, t. 15, f. 15 (Buccinum semistriatum). — Hoernes I, p. 144, t. 12, £.9. — Spreafico n.° 18. C. Rizzardi e Ronco, abbondantissima, citata anche da Ch. Martins, erroneamente quale specie estinta. — oss. nel miocene del bacino di Vienna, ecc.; nel pliocene di Lombardia al Tornago, a Nese, a S. Colombano, di Calabria, di Sicilia, e di quasi tutte le altre loca- lità italiane, come pure nel pliostocene. — Vivente nel Mediterraneo a Palermo, Messina, fra le isole dell’ Egeo, sulle coste dell'Algeria; nel- . PAtlantico lle coste della Francia meridionale (dip. della Gironda), della Spagii del Portogallo, a Magador. — Codesta specie non è la Nassa semistriata di Forbes (= N. corniculum Olivi). 34. Nassa corniculum Olivi (Buccinum). — Buccinum fa- sciolatum Lamk. — Bucc. politum Bivona. — Bucc. Calmeillei Payraud. Moll. de Corse p. 160, t. 8, f. 7-9. Hoernes I, p. 13 f. 15. — Spreafico n.° 20. C. Rizzardi e Ronco, non rara. — Foss. nel miocene del ba- 342 F. SORDELLI, cino di Vienna; nel pliocene del Piacentino, dell’Astigiano, di Militel- lo, ecc. — Vivente nel Mediterraneo, comunissima sulle rupi e scogli a fior d’acqua; nell'Atlantico, sulle coste della Spagna meridionale è del Marocco. 35. Nassa obliquata Brocchi II, p. 336, t. 4, f. 16 (Bucci- num obliquatum). — Spreafico n. 21. C. Rizzardi, rara. — Foss. del pliocene di parecchie località italiane. 36. Nassa mutabilis Linn. (Buccinum). — Bronn. Lethaea t. 41, f. 33, (non 5. mutabile Brocchi). C. Rizzardi, rara; vi è citata però anche da Desor e Martins. — Foss. del miocene di Vienna, del Tortonese, del Piacentino, di Mes- sina; del pliocene del Parmigiano, del Bolognese (nei 3 piani sup.), di Valle Biaia e d’altre località dell’alta e media Italia; del pliostocene di Calabria e di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo, comune dovun- que fra le 4 e le 10 braccia di profondità sui fondi fangosi, sabbiosi o ghiajosi. Nell'Atlantico, sulle coste dell’Africa occidentale e delle Ca- narie. 37. Ringicula buccinata Renieri ( Voluta). — Brocchi II, p. 319 e 645, t. 4, f 9 (Voluta buccinea Brocchi). — Hoernes I, p. 86, t. 9, f. 3-4. — Spreafico n.° 22. C. Rizzardi e Ronco, non rara. — Foss. nel miocene del ba- cino di Vienna; nel pliocene di Lombardia al torrente Tornago; del Nizzardo, dell’Astigiano, a Valle Biaia frequentissima, in Sicilia ed in moltissime altre località dell'alta e media Italia; nel crag corallino d'Inghilterra e nel crag rosso, ma in quest’ultima zona soltanto qual fossile derivato. Nel plostocene delle Calabrie e di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo. non infrequente su fondo fangoso a 5-20 braccia di profondità; manca all’Adriatico (Weinkauff); nell'Atlantico abita le coste del Portogallo, della Spagna meridionale, del Marocco, le Canarie e l’isola di Madera. Gli esemplari viventi differiscono dai fossili per le dimensioni appena un poco minori. 38. Cassis variabilis Bell. e Micht. — Hoernesti, p. 176 t. 15, f. 9. — Chenu Manuel I, p. 205, f. 1119 (C. intermedia). — Spreafico n.° 23... C. Rizzardi, rara. — Foss. nel miocene del bacino di Vienna, del Modenese, ecc.; del pliocene di varie località italiane. 39. Cassis saburon Lamk. — Buccinum saburon Brocchi. — Hoernes I, p. 177, t. 15, £. 5. I E E RR È CAIO bi TO ite Sd Po ALIA mn sa nec RANE aL IT, SE ti eni aaa ata i pe, La dl DINA CIA LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 343 Ronco, un solo esemplare nella collezione Curioni. — oss. nel miocene di Torino, del Modenese, del bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano, del Piacentino, del Parmigiano, del Bolognese (nei tre piani sup.), di Toscana, di Nizza, di Taranto, di Palermo, del crag rosso qual fossile derivato. Nel pliostocene di Sicilia. — Vivente nel Medi- terraneo e nell'Atlantico sulle coste della Francia meridionale, della Spagna, del Portogallo e del Senegal. — Ignoro quali siano i costumi di questo mollusco; ma so che la specie vicina, C. sulcosa, abita sulle rupi e gli scogli a 1-10 braccia di profondità. 40. Cassidaria echinophora Linn. (Buccinum echinopho- rum). — Hoernes I, p. 183, t. 16, f. 6b (var. con una sola fila di tubercoli). Cass. Rizzardi e Ronco, scarsi esemplari e sempre in fram- menti. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna, della collina di To- rino. Nel pliocene di Nizza, dell’Astigiano, di Castell'Arquato, del Par- migiano, del Modenese, del Bolognese (plioc. sup. argille e sabbie), di Toscana, del Monte Mario, di Gravina nelle Puglie, di Messina, del Palermitano. Nel pliostocene di Sicilia e di Calabria. — Vivente solo nel Mediterraneo a 4-6 braccia di profondità. Manca alle coste della Spagna e del Marocco. 41. Columbella subulata Brocchi II p. 426, t. 8, f. 21 (Murex subulatus). — Spreafico n.° 24. C. Rizzardi e Ronco, frequente, ma sempre spezzata. — Foss. nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene di varie località ita- liane. i 42. Columbella scripta Linn. (Murex). — Buccinum cor- niculatum Lamk. Anim. s. vert. — Mitra Gervillei Payraud. — Buccinum Linnaei Payraud. 161, t. 8, f. 10-12. — Spreafico n. 25. Cassina Rizzardi, non rara, ma sempre assai corrosa; di co- -desta località è citata anche da Ch. Martins. — oss. nel miocene del bacino di Vienna, sec. Hoernes. Nel pliocene di Nizza, dell’Astigiano, del Tortonese, di Valle Biaia in Toscana, di Calabria, di Sicilia. Nel pliostocene di Pozzuoli, d’ Ischia, di Sicilia. — Vivente in tutto il Me- | diterraneo ov’ è comune nella zona littorale sugli scogli e le rupi. 43. Conus pyrula Brocchi II, p. 288, t. 2, f. 8. — C. me- diterraneus Brug. B franciscanus Phil. — Spreafico n.° 26. C. Rizzardi, assai frequente. — oss. nel pliocene dell’Asti- giano, del Parmigiano, del Bolognese e della Toscana. Del pliostocene 344 f. SORDELLI, di Calabria e della Sicilia. — Questa specie non è distinta dal C. me- diterraneus di cui sembra non costituire altro fuorchè una leggera va- rietà. Attualmente il C. mediterraneus colle sue numerose modifica- zioni vive dovunque nel Mediterraneo, nel mar Nero, sulle coste di Cri- mea e nell'Atlantico sulle coste del Portogallo e delle Canarie. Esso abita di preferenza gli scogli e le rupi a poca profondità; i giovani escono anche sopra il pelo dell’ acqua. 44. Conus striatulus Brocchi II, p. 294, t. 3, £. 4. — Spreafico n. 27. C. Rizzardi, abbondante. — oss. nel miocene e pliocene di varie località italiane. 45. Conus Mercati Brocchi II, p. 287, t. 2, f. 6. — Sprea- fico n.° 28. | | C. Rizzardi, raro. — Fossile citato nel miocene del Modenese e del bacino di Vienna, ma dubito assai che gli es. di quest’ultimo gia- cimento appartengano alla nostra specie. Nel pliocene dell’Astigiano e d’altre località italiane. 46. Conus deperditus Bruguière. — C. virginalis Brocchi p. 292, t. 2, f. 10. — Spreafico n.° 29. C. Rizzardi, un solo es. citato da Spreafico. — Foss. del Par- migiano nel pliocene. 4T. Pleurotoma ‘intorta Brocchi II, p. 427, t. 8, f. 17 (Murex intortus). — Bellardi Pleur. p. 16, t. 1, f. 13. — Sprea- fico n.° 32. C. Rizzardi e Ronco, frequente. — oss. nel miocene del Mo- denese e d’altre località italiane, del bacino di Vienna. Nel pliocene di Sicilia, ecc. e nel crag rosso di Sutton (Inghilterra), ma pro- babilmente ivi derivato da terreno più antico, giusta l'opinione di Wood. 48. Pleurotoma ‘interrupta Brocchi II, p. 433, t. 9, £. 21 (Murex interruptus). — Bellardi Pleur. p. 31, t. 1, f. 11. — Hoer- nes I, p. 340, t. 36, f. 19 a-c. i C. Rizzardi, non rara. Citata anche da Desor e da Ch. Martins sotto l’erroneo nome generico di Pleurotomaria. — Fossile nel mio- cene di Torino, del bacino di Vienna; nel pliocene del Tortonese, del- l’Astigiano, di Castellarquato, del Parmigiano, del Modenese, del Bo- lognese (nelle sabbie marnose inf. e nelle argille sup.), di Siena, di Monte Mario, di Sicilia, del Crag rosso di Sutton ma qui solo de- rivato. LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI 345 49. Pleurotoma turricula Brocchi II, p. 453, t. 9, f. 20 (Murex). — Hoernes I, p. 350, t. 38, f. 11. — Spreafico n.° 30. C. Rizzardi e Ronco, assai frequente, citata anche da Desor. — Foss. nel miocene del bacino di Vienna, del Parmense, del Mode- nese, ecc.; nel pliocene dell’Astigiano, della Sicilia, ecc. — Secondo Hoernes la specie vive nel mare Artico, nel nord d’ Europa, e sulle coste di Groenlandia; mi pare per altro ch’egli si confonda colla PI. turricula Montagu, ch'è ben diversa, dalla specie di Brocchi. Wood . identifica la forma inglese colle P7. pygmaea Philippi ed oblonga Re- nieri. Piuttosto è da considerare l’ affinità grande che esiste fra la PI. turricula Brocchi e la crispata Jan; affinità che le fece riguardare da Weinkauff siccome varietà d’una specie medesima. La PI. crispata trovasi assai rara vivente nel Mediterraneo; fu rinvenuta tra Ustica e Palermo, a grande profondità, da Allery di Monterosato. 50. Pleurotoma dimidiata Brocchi II, p. 431, t. 8, f. 18 (Murex). — Hoernes I, p. 361, t. 39, f. 2, 3. — Spreafico n.° 31. C. Rizzardi, frequente. — Foss. nel miocene del Modenese, del bacino di Vienna, ece.; nel pliocene dell’Astigiano, dell’ Imolese, di Calabria, di Sicilia, ccc. 51. Pleurotoma obtusangula Brocchi II, p. 422, t. 8, f. 19 (Murex). — Bellardi Pleur. p. 65, t. 3, f. 21. C. Rizzardi, non comune. — oss. del miocene del Piemonte, del Parmense, del Modenese, del bacino di Vienna; nel pliocene di Castelnuovo (Piemonte), del Tortonese, del Piacentino, del Parmense, del Modenese, del Bolognese (nelle argille turchine sup. ed inf. e nelle sabbie marnose giallastre inf.), in Toscana, nell’Imolese, in Sici- lia, ecc. | è 52. Pleurotoma Bellardii Des Moul- — Bellardi Pleur. p. 79, t. 4, f. 8. — Spreafico n.° 33. C. Rizzardi, piuttosto scarsa. — oss. nel miocene del Mode= nese, ecc.; nel pliocene di varie località italiane. Cocconi la dice ra- rissima nel Parmense. i 53. Raphitoma plicatella Jan. — Bellardi Pleur. p. 92, t. 4, f. 18 (Raphitoma). — Hoernes I, p. 374, t. 40, f. 5-6 (Pleu- rotoma). C. Rizzardi, rara. — oss. nel miocene del Piemonte e del bacino di Vienna; nel pliocene del Piacentino, del Parmense, del Mo- denese, del Bolognese nelle argille superiori; della Toscana. 54. Mangelia incrassata Dujard. sp. — Pleurotoma Ma- 346 F. SORDELLI, ravignae Bivona. — PI. elegans Scacchi. — Raphitoma incrassata Bellardi. — PI. incrassata Hoernes I, p. 383, t. 40, f. 14 a-c. C. Rizzardi, poco frequente. — Fossile nel miocene del Tor- . tonese, del bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano, del Mode- nese, del Parmense, delle Puglie, della Calabria e di Sicilia. — Vi- vente nel Mediterraneo nei fondi fangosi a 10-20 braccia di profondità, piuttosto rara; citasi in particolare della Sicilia. Nell’Atlantico abita ‘ presso le coste della Spagna, del Portogallo, delle Canarie. i 55. Mangelia angusta Jan (Pleurotoma). — Bellardi Pleur. p. 103, t. 4, f. 25 (Pleurotoma). C. Rizzardi, piuttosto rara. — oss. del pliocene del Parmense, del Bolognese nei due piani superiori, di Toscana. 56. Defrancia clathrata Marc. de Serres (Pleurotoma). — Pleurotoma quadrillum Dujard. — PI. granum Philippi. — Ra- phitoma quadrillum Bellardi. — Hoernes I, p. 379, t. 40, f. 20 (Defrancia clathrata). — Spreafico n.° 34. , C.Rizzardi, piuttosto rara. — oss. nel miocene del Piacentino, del bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano, del Parmense, del Modenese, di Valle Biaia in Toscana, di Palermo, ecc. — Vivente qua e là nel Mediterraneo, a poca profondità, piuttosto rara. 58. Mitra scrobiculata Brocchi II, p. 317, t. 4, f. 3 (Vo- luta). — Bellardi Mitr. p. 16, t. 2, f. 5-9. — Spreafico n.° 35. C. Rizzardi, assai frequente. — Foss. nel miocene del Modenese, del bacino di Vienna, ecc.; nel pliocene di parecchie località ita- liane. i i 9 59. Mitra ebenus Lamk. — Brocchi II, p. 318, t.4,£. 5 (Voluta pyramidella), id. f. 7 (V. plicatula). — Payraud. Moll. de Corse p. 166, t. 8, f. 26 (Mitra Defrancei). — Bellardi Mitr. pi. 23,-t-0:2, 2 vari i ‘24020: C. Rizzardi, poco frequente. — Foss. nel miocene del Piemonte, del Modenese, del bacino di Vienna, ecc.; nel pliocene del Parmense, del Modenese, di Toscana, a Valle Biaia, del Bolognese nelle due zone superiori, nel crag corallino e nel rosso d’ Inghilterra: nel pliostocene di Sicilia, di Taranto, ecc. — Varie forme di codesta specie sono vî- venti e comuni nel Mediterraneo; nell’ Atlantico vive al Marocco ed alle Canarie. È 60. Mitra obsoleta Brocchi II, p. 646, t. 13, f. 30 (Voluta). — — Bellardi Mitr. p. 28, t. 2, f. 29. — Hoernes I, p. 110, t. 10, Î. 32. _ LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 347 C. Rizzardi, non rara. — Fossile nel miocene del Piacentino, e del bacino di Vienna; nel pliocene del Parmense. 61. Cypraca (Trivia) europaea Montagu. — C. coccinella Lamk. (in parte). — Bronn Lethaea t. 42, f. 7. — Hoernes I, pitone 8, T. 15. C. Rizzardi, rara. — oss. nel miocene del bacino di Vienna, e della collina di Torino; nel pliocene dell’Astigiano, del Piacentino, del Parmense, del Bolognese (nei 2 piani sup.),. di Valle Biaia, di Siena, di Monte Mario, di Messina, della Sicilia, del crag d’ Inghilter- ra; nel pliostocene d’ Ischia, di Calabria e di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo fra 5 e 50 braccia di profondità; nell’ Atlantico abita le coste dell’ Inghilterra, della Francia, della Spagna e del Por- togallo. 62. Natica millepunctata Lamk. — Nerita canrena Broc- chi. — Natica stercus-muscarum Auct. — Philippi in Kiister Conch. Cab. gen. Natica p. 9, t. 1, f. 7-8, t. 2, f. 5-6. — Hoer- nes I, p. 518, t. 47, f. 1-2. — Spreafico n.° 36. C. Rizzardi e Ronco, assai -frequente. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene di S. Colombano e della Folla di Induno in Lombardia, dell’Astigiano, d’Imola, di Sicilia, nel crag co- rallino e rosso d’ Inghilterra, ecc., non che nei depositi pliostocenici di Taranto, di Sicilia, ecc. — Vivente nel Mediterraneo, frequente sui fondi a sabbia fina, da 5 a 50 braccia di profondità. Nell’Atlantico si - rinviene dall’ Inghilterra alle Canarie. 63. Natica Josephinia Risso IV, p. 149, f. 43 (Neverita). — Nerita glaucina Brocchi. — Hoernes I, p. 523, t. 47, f. 4-5. — Spreafico n.° 37. C. Rizzardi, piuttosto rara. — Fossile nel miocene di Messina, del bacino di Vienna, ecc. Nel pliocene dell’Astigiano, dell’ Imolese, di Sicilia, ecc.; nel pliostocene pure di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo e nell’Adriatico, più spesso nelle acque salmastre, di rado nell’ aperto mare. 64. Natica Guilemini Payraud. Moll. de Corse, p. 119, t. 5, f. 25-26. — Spreafico n.° 38. C. Rizzardi e Ronco, assai frequente. — È segnalata dal dott. Manzoni a Valle Biaia in Toscana, ma deve essere comune an- che in altre località plioceniche italiane. L’intricatissima sinonimia di codesta specie lascia luogo però a molti dubbi; provvisoriamente ho adottato la denominazione già indicata da Spreafico, la quale si adatta 348 f. SORDELLI, assai bene alla nostra specie. Weinkauff la cita fossile di Taranto, di Calabria, di Sicilia, e con dubbio anche del crag d’ Inghilterra. — Essa è tuttora vivente nel Mediterraneo. 65. Cerithium vulgatum Brug. var. intermedia Weinkff. — Murex alucaster Brocchi II, p. 438, t. 10, f. 4. — Cerithium vulgatum, var. tuberculatum Philippi En. Moll. Sicil. I, p. 193, t. 11, f. 6. — Spreafico n.° 39. Cass. Rizzardi e Ronco, estremamente abbondante; ne vidi 86 esemplari d’ogni età e neppur uno intiero e non corroso. Citato anche da Desor e Martins. — oss. nel miocene del bacino di Vienna e di Sicilia; nel pliocene dell’Astigiano, del Tortonese, d'Albenga e di molte altre località italiane. La varietà che si trova a C. Rizzardi è precisamente la stessa che rinviensi in maggiore abbondanza e spesso sola nel pliocene, mentre è meno frequente nei depositi posteriori e nella Fauna attuale. Trovasi nel pliostocene di Calabria e di Sicilia. — La specie è abbondantissima nel Mediterraneo; il tipo vive di pre- ferenza nelle lagune ed alla imboccatura dei fiumi; la varietà inter- media, invece, abita nell’aperto mare, a varia profondità, per lo più sugli scogli della zona littorale, o nei seni tranquilli. Forbes la rin- venne a 5-6 braccia di profondità a ‘.Nouse Bay, presso l’isola Paros, su fondo fangoso misto a poca sabbia. Vivente altresì nell'Atlantico sulle coste di Francia, della penisola iberica, di Madera, delle Canarie, del Senegal. 66. Cerithium bicinctum Brocchi II, p. 466, t. 9, f. 13, (Murex). Un solo esemplare spezzato a Cass. Rizzardi. — Yossile nel pliocene del Parmense, di Toscana a Valle Biaia (Manzoni) ed a Li- vorno (Caterini). 67. Cerithium (Cerithiopsis) scabrum Olivi (Murex). — Ce- rithum lima Brug. — Brocchi II, p. 448, t. 9, £. 17. — Hoer- nes I, p. 410, t. 42, f. 16, 17. — Spreafico n.° 40. C. Rizzardi e Ronco, assai frequente. — Diffusissimo allo stato fossile nel miocene di Vienna, di Torino, di Messina. Nel plio- cene di Lombardia a S. Colombano, al Faido; di Sicilia, di Calabria, ece.; nel pliostocene d’ Ischia, di Pozzuoli, di Sicilia, ecc. — Vivente nel Mediterraneo, comunissimo ad ogni profondità (41); nell'Atlantico, sulle coste della Norvegia, del Baltico, d'Inghilterra, di Francia, della (41) Secondo Forbes rinviensi nel Mar Egeo vivente, fra le 3 ele 80 braccia; morto a profondità maggiori. ù pe Sano tari wo: si LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 349 Spagna, del Portogallo, del Marocco, nonchè alle Canarie, a Madera ed alle Azzorre. ‘ 68. Chenopus pes-pelecani Linn. (Str bugia — Murex gracilis Brocchi. — Rostellaria pes-pelecani Lamk. — Aporrhais pes-pelecani Wood Crag Moll. — Hoernes I, p. 194, t. 18, f. 2-4. — Spreafico n.° 41. OC. Rizzardi e Ronco, abbondantissima, ma sempre in esem- plari rotti e corrosi; sopra 17 esemplari uno solo vidi coll’ala abba- stanza completa ed in posto. È citata anche da Ch. Martins. — Fos- sile nel miocene di Torino, del bacino di Vienna; nel pliocene di Lom- bardia a S. Colombano, dell’Astigiano, di Wa e di tutte le località italiane, del crag corallino e rosso ed in posteriori depositi dell’ Inghil- terra; nel pliostocene di Pozzuoli e di Sicilia. — Vivente è comunis- sima nel Mediterraneo, fra il pelo dell’acqua e 50 braccia di profon- dità (Weinkauff). Il dott. A. Manzoni la rinvenne al largo di Sini- gaglia, su fondo fangoso, fra 30 a 40 metri di profondità. Nell’ Atlantico vive presso le coste di Norvegia, dell’ Inghilterra, dell’ Olanda, di Fran- cia e della penisola iberica. 69. Turritella communis Risso IV, p. 106, f. 37. — Brocchi II, p. 364, t. 6, f. 8 (Turbo terebra, non Linn.) C. Rizzardi, poco frequente. — Fossile nel pliocene di Lom- bardia a S. Colombano, nell’Astigiano, del Piacentino e del Parmigiano, nel Bolognese (sabbie ed argille sup.) in Toscana a Valle Biaia ed altrove, nel crag d’Inghilterra; nel pliostocene di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo, comune dovunque, spesso assai copiosa, alla pro- fondità di 5 a 100 braccia. Il dott. A. Manzoni dice averla pescata di contro a Sinigaglia, su fondo melmoso, alla profondità di 30 a 40 metri. 70. Turritella vermicularis Brocchi (Turbo) IL, du 372, t. 6, f. 13. — Wood Crag Moll. (1848), t. 9, f. 7.2 — Spreafico n.° 42. C. Rizzardi e Bulgaro, non rara — Fossile nel miocene del , bacino di Vienna; nel pliocene dell’ Astigiano, del monte Pellegrino presso Palermo, di Girgenti, ecc. e nel crag d’ Inghilterra. 71. Turritella bicarinata Eichw. — Bronn Lethaea t. 42, f. 36. — Hoernes I, p. 426, t. 43, f. 8-12. Rara a Cass. Rizzardi, citata però anche da Ch. Martins. — Fossile nel’ miocene del Piacentino, del bacino di Vienna; nel pliocene del Tortonese, del Parmense, del Modenese, di Siena, 350 F. SORDELLI, 72. Turritella subangulata Brocchi (Turbo) II, p. 374, t. 6, f. 16. — Bronn Lethaea t. 41, f. 2. — Spreafico n.° 43. Cass. Rizzardi, Ronco e Bulgaro, frequentissiga. — Fos- sile nel miocene del bacino di Vienna ; nel pliocene di Lombardia al Faido, alla Folla d’ Induno; nell’Imolese, in Sicilia a Buccheri ed a Militello, ecc. — La specie si riteneva estinta; ma recentemente fu segnalata vivente sulle coste della Tunisia da Benoit. Weinkauff men- tre ammette la nuova scoperta nel suo supplemento alle conchiglie del Mediterraneo, opina che la razza di tale mollusco vadasestinguendosi. — Allo stato fossile codesta Turritella offre diverse varietà; le quali furono registrate come specie diverse dai paleontologi; nelle nostre lo- calità abbiamo rappresentate quelle che furono descritte da Brocchi sotto i nomi di Turbo acutangulus, subangulatus e spiratus. 73. Turritella Strobeliana Cocconi (var. ?). — Cocconi PISO N1O19.0 Un esemplare incompleto a Cass. Rizzardi. = Ho citato la figura di Cocconi per dar un’idea del singolare carattere del nostro fossile d’avere una carena rilevata, non in mezzo all’ anfratto, ma vi- cinissimo alla sutura inferiore. Il nostro esemplare però differisce dal tipo cocconiano in questo che anche gli anfratti superiori (5.° e se- guenti) hanno la carena prossima alla sutura, per cui veduta la con- chiglia di profilo sembra composta di una serie d’imbuti uno dentro l’altro. Fra le striature spirali che ornano la parte più periferica de- — gli anfratti si scorge un cordoncino o filo mediano più distinto degli altri e collocato appunto al posto dove nel tipo della Turritella sub- angulata corrisponde una carena più o meno elevata. Forse che tanto la T. Strobeliana, come questa conchiglia di C. Rizzardi, non siano altro fuorchè esemplari anomali della 7. subangulata, specie già per sè stessa variabilissima? Anche la rarità della supposta nuova specie me lo farebbe credere. 74. Vermetus intortus Lamk. — Bronn. Lethaea t. 36, f. 18. — Hoernes I, p. 485, t. 46, f. 16. — Spreafico n.° 44. C. Rizzardi, frequente, citata anche da Ch. Martins. — Yos- . sile nel miocene del Piacentino, e del bacino di Vienna; nel pliocene . di Gravina nelle Puglie, di Militello, Nizzeti, Catania in Sicilia, ecc.; nel crag corallino d’ Inghilterra e nel rosso, ma in quest’ultimo forse solo come, fossile derivato (Wood). Nel pliostocene di Sicilia. — La specie è vivente nel Mediterraneo, lungo le coste. 75. Scalaria pseudoscalaris Brocchi (Turbo) II, p. 379, t. 7, f. 1. — Scal. lamellosa Lamk. (non Brocchi). : Ronco,-finora un solo esemplare non adulto. — Yossile nel plio- LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI, 351 cene dell’Astigiano, del Piacentino a Castellarquato, nel Parmigiano, in Toscana a Valle Biaia, in Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo a poca profondità, nei fondi fangosi; nell’ Atlantico rinviensi alle Az- zorre, sulle coste della Francia meridionale, al Marocco, alle Ca- narie. 76. Solarium simplex Bronn. — Hoernes I, p. 463, t. 46, f. 3 a-c. — Spreafico n.° 45. C. Rizzardi, poco frequente; ivi è citata anche da Ch. Mar- tins, il quale erroneamente la pone fra le specie estinte. — ossile nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano, di Sicilia, ecc. — Vivente nel Mediterraneo, rara però e rinvenuta soltanto nel mare di Sicilia. 77. Solarium pseudoperspectivum Brocchi II, p. 359, t. 5, f. 18 (Trochus). — Sol. perspectiviforme e pulchellum Tiberi. C. Rizzardi, rara. — Fossile nel pliocene del Tortonese, di Castellarquato, del Parmense, del Bolognese nei 2 piani superiori, di Palermo, Messina, ecc. — Vivente, sebbene rarissima, nel Mediterraneo, sulle coste della Spagna, di Sardegna, del golfo di Napoli, di Taranto, di Sicilia, dell’ Algeria, e presso Gibilterra alla profondità di 50 braccia. 78. Solarium moniliferum Bronn. — Hoernes Lp. 466, t. 46, f. 5 a-c. C. Rizzardi, non rara. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene del Tortonese, dell’Astigiano, del Piacentino, nel Modenese, nel Bolognese (argille infer. e sup.), nella Toscana. — Vé- vente, secondo Tiberi, fra le conchiglie dei fondi coralligeni di Sar- degna e nel golfo di Napoli a 60 passi di profondità. Jeffreys riferi- sce d’averla pescata pure nel Mediterraneo, sulle coste algerine a 51 braccia (fathoms) sotto il pelo dell’acqua, durante l'esplorazione della nave Porcupine e nell'Atlantico in varj punti fra 204 e 589 fatloms di profondità. Secondo quest’ultimo autore la specie, fino a questi ultimi anni creduta estinta, si troverebbe vivente sin nei mari d’In- ghilterra. 79. Rissoina pusilla Brocchi II, p. 381, t. 6, f. 5 (Turbo). — Hoernes I, p, 557, t. 48, f. 4. Spreafico n.° 46. Abbondante a C. Rizzardi. — Fossile nel miocene del Pia- centino del-bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano e del Par- mense, 352 F. SORDELLI. 80. Rissoina decussata Mont. (Turbo). — Hoernes I, p. 553, poi Rara a Cass. Rizzardi. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano, del Parmense, del Modenese, di Toscana a Valle Biaia (Manzoni) ed a Livorno (Caterini), di Sici- lia. — La specie si ritiene vivente: Hoernes dice che vive alle Antille e crede si trovi ancora nel Mediterraneo. Secondo Cocconi si trova nel mar Nero; mentre non pare certa la sua presenza nel mare d’ Inghil- terra, indicata da Montagu. , ‘81. Alvania zettandica Mont. (Turbo). — Hoernes I, p. 566, t. 48, f. 11 a-b (Rissoa). Cass. Rizzardi, rara. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene nel Modenese, del Bolognese (argille superiori), della Toscana, del crag corallino e nel rosso, in Inghilterra. — Vive nel Mediterraneo sulle coste di Francia, «di Nizza, di Dalmazia; nel- l’Atlantico sulle coste della Svezia meridionale e nel canale del Cat- tegat, della Scozia, dell’ Inghilterra, della Francia, della Spagna, alla profondità di 20*a 60 braccia. 82. Nerita Bronni Jan. — N. polita Brocchi (non Linn.), sec. Jan. — N. Addoli Mayer (sec. Cocconi). — Cocconi p. 212, t. V, f. 14-15. — Spreafico n.° 47. 3 Ne vidi sinora solo 3 es. di C. Rizzardi. — Fossile nel plio- cene del Piacentino, del Parmense, di Toscana e del Bolognese. — Cocconi rivendicando a Jan la priorità della distinzione specifica di questa Nerita, dice che non la descrisse; il fatto è, invece, che 1’ illu- stre naturalista la descrisse benissimo nel suo catalogo Conchylia fos- silia ex form. tertiaria, a pag. 4, con queste precise parole: Neriîta Bronni nob. — C. Arq. — N. polita (L.) Br. non Lin. — N, festa crassa, tenuissime transversim striata; spira retusiuscula’; labiis utri- sque dentatis, dentibus in dextro 10-14, duobus superioribus duplo ma- Joribus, in sinistro 2-5 obsoletis, ejusdem area labii plicata .. 83. Dentalium sexangulare Lamk. Hist. Anim. s. vert. ediz. Deshayes V, p. 592. — D. serangulum L. (non Brocchi). — Deshayes, Gen. Dentale p. 350 t. XVII, f. 4-6 — Spreafico n.° 48. Cass. Rizzardi e Ronco, comune, citato anche da Ch. Mar- tins. — Fossile del pliocene del Tortonese, di Sicilia, ecc. 84. Dentalium inaequale Bronn. — Michelotti Descript. des foss. des terr. mioc. de l’Italie sup. t. 5, f. 19. — Spreafico D° 49, di "3 (ali ATTI si o gratis a situ i i Soc], effettivi e ‘corrispondenti. _ l'o estranoi alla. Società li possono comperare al prezzo di lire 20 per ciascun volume, , domandandoli direttamente ai segretarj della Società. — Per i Socj attuali, i quali desiderano avere i volumi degli anni anteriori a quello in cui hanno cominciato a far parte della Società, i BED sono ridotti alla: metà. — I volumi I e II sono esauriti. i | Le MEMORIE si pubblicano in altrettanti fascicoli distinti. i si l'assega Memoria ha un prezzo particolare, minore per i Soc] che per gli estranei alla Società. Il prezzo totale di ciascun volume è la somma dei prezzi delle Memorie che lo compongono. — L’ associazione a ciascun yolume delle Memorie è fissata pei Socj a L. 10. ivi STARE i .. Per avere, gli, Atti e. le Memorie bisogna. dirigersi ai segretari della ° Società. | Agli autori che ne SEA cea si danno gratuitamente 25 copie dei ho. lavori. stampati negli. Atti o nelle Memorie. i * L’autore d’ogni Memoria che volesse avere un numero di copie maggiore delle 25 gratuite, dovrà pagarle al prezzo stabilito pei Socj.. È Quanto ai lavori stampati. negli Atti l’autore potrà far tirare un numero A di AL ai seguenti TO Esemplari i i i i N | 28 | 50 a 1 100 bit: di foglio (4 Parto CINE ee a 50 l*a foglio (8 pagine). + | » 150| » 3 —|» 3 50] » (SPIRE 3], di foglio (12. pagine) «0. |» 2251 » 450 » 6—| » 8 Sr) | 1 foglio (16 paste) Da RA, RT MI PI Da E Er MEA I RAI È 5 dp CURTI | eo e INDICE. Le e(fine) . . o P. Pavesi, Note ‘araneologiche. — II Catalogo siate | dei Ragni della Svizzera, con. aggiunta e correzioni a quello del Canton Ticino... . 327 «PRI — IV. Elenco dei Ragni del Monferrato >. asa y — V. Cenni sulle colorazioni e termo ppi utili néi ragni . PIE RENDE, ao, RS SME OA pre AI TIZIA, (IO ION Seduta: del'30 ‘maggio 875; e i i, F. SorpELLI, La fauna marina di Cassina Rizeardi . -, iii, pertinenti SUA SEN 1 ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI VOLUME XVIII. FascicoLo IV. — FoaLi 23-31. | | | CON TRE TAVOLE. | I | MILANO, | COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. PER L’ITALIA: PER L'ESTERO: PRESSO. LA PRESSO LA SEGRETERIA DELLA SOCIETA' LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI MILANO MILANO NAPOLI Palazzo del Museo Civico. Galleria De-Cristoforis, Via Roma, già Toledo, Via Manin, 2. 59-60. 224. MARZO 1876. Per la compera degli ATTI e delle MEMORIE si veda la 3.° pagina di questa copertina. SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ. Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studj relativi alle scienze naturali. I Socj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. I Socj effettivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo tri- mestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali, le quali dimorino fuori d’ Italia. — Possono diventare soc) effettivi, quando si assoggettino. alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- larmente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi o farvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- mente gli Atti della Società. La proposizione per l’ ammissione d’ un nuovo socio deve essere fatta e firmata da tre socj effettivi. I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima della fine dell’anno sociale (che termina col 31 dicembre) continuano ad es- sere tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un anno, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere i suoi diritti per le quote non ancora pagate. Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate negli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo | la loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti o delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur- |. chè li domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone regolare ricevuta. PRESIDENZA PEL 1875. Presidente, CorNnALIA dottor EmiLio, direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, via Monte Napoleone, 36. Vice-presidente, Vira ANTONIO. Milano, via Sala, 6. StoPPANI sac. ANTONIO, prof. di geologia nel Reale Istituto Segretarj tecnico superiore in Milano, via Palestro, 2. \° di Milano, via Monforte, 7. Cassiere; GARGANTINI-PIATTI Giuseppe, Milano, via del Senato, 14. Fe: SorpELLI FeRDINANDO aggiunto al Museo di storia naturale ‘ LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 353 C. Rizzardi, Ronco e Bulgaro, comune. — Fossile del mio- cene del Piacentino; del plocene della Folla d’Induno e del Faido in Lombardia. 85. Arca diluvii Lamk. — Brocchi II, p. 477, t. 11, f. 2 (A. antiquata, non Linn.) — Bronn Lethaea t. 39, f. 1 a-c. — - Hoernes II, p. 333 (in parte) t. 44, f. 3 a-c (soltanto!). \ Dai C. Rizzardi, non rara. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene del Parmense, del Modenese, del Bolognese (sab- bie ed argille sup.), di Nizza, di Toscana a Valle Biaia, di Monte Mario (A. antiquata Conti); in Lombardia è caratteristica delle argille plioceniche al Faido, alla Folla d’Induno, a Nese, a S. Colombano. Trovasi pure nel pliostocene di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo, ma non copiosa, e nell'Atlantico, all'isola di Madera. Secondo Philippi . troverebbesi anche nel mar Rosso. 86. Pectunculus insubricus Brocchi (Arca) Conch. foss. subapp. II, p. 483, t. 11, f. 8 (A. nummaria); loc. eit. p. 492, t. 11, f. 10 (A. insubrica). — P. violacescens Auct. C. Rizzardi e Ronco, frequente. — oss. nel pliocene del Parmense, del Bolognese (nelle 3 zone inferiori), di Toscana a Valle Biaia, di Monte Mario, presso Roma, di Sicilia; nel pliostocene di Si- cilia. — Vivente nel Mediterraneo sui fondi sabbiosi alla profondità di 6-20 braccia, talora copiosissima (secondo Weinkauff); nell'Atlantico trovasi sulle coste della Spagna. — A codesta specie va forse unita an- che l'Arca inflata di Brocchi, come già propose Cocconi (p. 327); però notisi che i nostri esemplari determinabili corrispondono soltanto alle descrizioni e figure citate e segnatamente all A. nummaria Brocchi, che è lo stato giovanile della specie. Gli adulti sono quasi sempre spez- zati a C. Rizzardi e d’incerta identificazione. 87. Chama gryphoides Linn. — Ch. Lazarus Brocchi non Linn. — Bronn Lethaea t. 38, f. 11. Hoernes II, p. 210, t. 31, ESE. C. Rizzardi, rara assai, avendone veduta una sola valva. — Fossile nel miocene del Piemonte e del bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano, del Tortonese, di Castellarquato, del Parmense, del Modenese, del Bolognese (in tutte le 4 zone), di Toscana a Valle Biaia ed a Siena, di monte Mario, di Palermo, nonchè dell’ Inghil- terra nel crag corallino e per derivazione anche nel rosso. Nel plio- è ° . ss]. . DI . . fsocene d'Ischia e di Sicilia. — La specie è vivente nel Mediterraneo, aderente con una valva alle rocce, ai sassi o ad altre conchiglie. Vol, XVIII. 23 354 F. SORDELLI, 88. Cardium hians Brocchi II, p. 508, t. 13, f. 6. — Sprea- fico n.° 53. O. Rizzardi, rara e soltanto in frammenti. — Fossile nel mio- . cene di Sicilia e del bacino di Vienna; nel pliocene è assai diffusa a Nizza, nell’Astigiano, ecc.; nel pliostocene di Taranto, Cefalù, ecc. — La specie è tuttora vivente nel Mediterraneo, ma confinata sulle coste dell'Algeria ove abita alla profondità di 20 a 100 braccia. 89. Cardium papillosum Poli. — Brocchi II, p. 507, t. 13, f. 1 (C. planatum); t. 16, £. 11(0. punctatum). Hoernes II, Di 19%, t. 30, f. 8. — Cardium Poli Payraud. Ronco, rara. — Allo stato fossile è diffusissimo; nel miocene di Torino, del bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano, di Nizza, di Castellarquato, del Parmense, del Modenese, del Bolognese (nelle sabbie gialle sup. sec. Foresti), di Toscana a Valle Biaia ed a Mon- tepulciano, di Monte Mario, di Sicilia; nel pliostocene di Pozzuoli, delle Calabrie e di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo, frequente a 6-75 braccia di profondità (Weinkauff); Forbes ne pescò degli esem- plari alla- profondità di 40 braccia all’ estremità N. di Paros, nell’ E- geo, da un fondo ricco di vegetazione (weedy). Nell’Atlantico è rara sulle coste dell'Inghilterra meridionale, più frequente su quelle della Francia, della penisola iberica, del Marocco, delle isole Madera, Ca- narie ed Azzorre. 90. Lucina miocenica Michtt. — Hoernes II. p. 128, t. 33, f. 3. — Spreafico n.° 51. 0. Rizzardi, non comune e finora solo in frammenti. — Fos- sile nel miocene del Piemonte, e del bacino di Vienna; nel pliocene dell’Astigiano. 91. Lucina spinifera Montagu. — Hoernes II, p. 236, t. 33, f. 8. — Spreafico n.° 52. C. Rizzardi e Ronco, rara. — Fossile nel miocene di Mes- sina, del bacino di Vienna; nel pliocene di Nizza, dell’Astigiano, ecc. ; del pliostocene di Calabria e di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo ovunque alla profondità di 10 a 40 braccia. Nell’Atlantico rinviensi sulle coste di Norvegia, d'Inghilterra, del Portogallo, di Marocco ed alle isole di Madera e delle Azzorre. 92. Cardita rudista Lamk. — Hoernes II, p. 268, t. 36, Li C. Rizzardi, rara assai. — ossile nel miocene della collina di Torino, del Piacentino e del Parmense, del bacino di Vienna; nel # LA FAUNA MARINA DI CASSINA RIZZARDI. 355 pliocene dell’Astigiano, di Castellarquato, del Parmense, di Siena, di Messina, Palermo, ecc. 93. Cardita scalaris Sow. — Hoernes II, p. 276, t. 36, f. 12 a-db. Ronco, rara. — Fossile nel miocene di Torino, del bacino di Vienna; nel plocene del Modenese, nel crag corallino e nel rosso d’ Inghilterra. — Wood ne sospetta l'identità colla C. ventricosa Gould, vivente nel Pacifico. 94. Venus istandicoides Lamk.(Cyprina) — V. islandica var. Brocchi (non Linn.) II, p. 557, t. 14, f. 5. — Hoernes II, pi 122; t. 12, £. 7-8. C. Rizzardi, rara. — Fossile nel miocene di Vienna ; nel plio- cene di Castellarquato, del Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille sup.), di Siena. — Codesta specie, talora erroneamente in- dicata col nome di Cyprina islandica, non è la Cypr. islandica fossile nel crag corallino e rosso ed in parecchi altri depositi più recenti d’ Inghilterra e tuttora vivente nell'Atlantico e nel mare Artico. 95. Venus plicata Gmel. — Hoernes II, p. 132, t. 15, f. 4-6. — Spreafico n.° 50. C. Rizzardi, rara ed in frammenti. — Fossile nel miocene del Piacentino e del bacino di Vienna. Nel pliocene dell’Astigiano, di . Nizza, Sicilia, ecc. — Secondo il concorde parere degli autori la spe- cie è tuttora vivente al Senegal e nell'Oceano Indiano. 96. Venus senilis Brocchi II, p. 539, t. 13, f. 13. C. Rizzardi, una sola valva completa. — Fossile nel pliocene del Parmense, del Bolognese (nelle 3 zone sup.), di Toscana, di Monte Mario. — La specie è affine senza dubbio alla V. gallina L. Ma il confronto che ho fatto tra il nostro fossile ed es. viventi nel Me- diterraneo della V. gallina, mi persuade a mantenere distinte le due specie, giusta l’avviso di Brocchi, Cocconi, Foresti ed altri. Weinkauff le vorrebbe invece riunite. La forma descritta da Brocchi, ad ogni modo, è estinta. 97. Cytherea clvione Linn. (Venus). — Bronn Lethaea II, mr954, t. 38, f. dae. C. Rizzardi, rara ed a pezzi. — Fossile nel pliocene dell’ A- stigiano, del Piacentino, del Modenese, del Bolognese (nei 3 piani sup.), in Toscana a Valle Biaia, ov’ è frequente (Manzoni); a Monte Mario; nel crag corallino d’ Inghilterra e nel crag rosso, ma in que- st’ ultimo probabilmente derivato. Nel pliostocene di Calabria e di Si- cilia, — La specie è vivente nel Mediterraneo alla profondità di 5 a 356 F. SORDELLI, xi 40 braccia, su fondi di fina sabbia. Nell’Atlantico abita lungo le coste meridionali dell’ Inghilterra e d'Irlanda, quelle d’ Olanda, di Francia, della Spagna ed il Portogallo, delle Canarie e delle Azzorre. ANELLIDI. 98. Ditrupa incurva Renieri (Dentalium). — Brocchi II, p. 264 t. 1, f. 4 (Dentalium coarctatum). — Hoernes I, p. 659, t. 50, f. 39 (Dentalium incurvumì). C. Rizzardi e Ronco, rara. — Fossile nel miocene del Pie- monte, del Piacentino, del bacino di Vienna; nel pliocene di Lom- bardia al Faido, a S. Colombano, del Parmense, del Modenese, del Bolognese, in tutti i piani, di Toscana, di Monte Mario. AUTORI CITATI NELL’ELENCO. AuLERY DI MonTEROSATO T. — Sulla scoperta del genere Dacrydium nel Mediterra- neo (Bull. malac. ital. TII p. 43). 1870. AppPELIUS F. L. — Catalogo delle conchiglie fossili del Livornese, desunto dalle col- lezioni e manoscritti del defunto G. B. CATERINI (Bull. malac. ital.). 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Caro Massalongo, la prima delle quali tratta di due anomalie osservate nel fiore della Lina- ria vulgaris; codeste anomalie consistono in un caso nella pre- senza di fiori mancanti di sperone sopra uno stelo portante an- | che dei fiori normalmente conformati, in un altro caso nella È presenza di tre speroni in un unico fiore; l’A. dopo avere tessuta _ in succinto la storia delle principali anomalie di codesta linaria, — fa notare anche negli esemplari abnormi da lui osservati qualche | aberrazione nel lembo e nella disposizione degli organi sessuali, K senza che per altro si possano queste anomalie ravvicinare alle Pelorie, il cui carattere essenziale si è quello di offrire la rego- bi larizzazione del lembo e degli organi sessuali in fiori normal- mente irregolari. La seconda nota riguarda alcune piante da aggiungere alla Ita BAL Flora della provincia di Padova. Queste note, cui si accompa- di gnano due figure rappresentanti i fiori anormali della Linaria, } sono accolte per la stampa negli Atti della Società. da at Il socio segretario Sordelli legge indi un suo scritto intito»_| lato: Primizie della Flora fossile del calcare liasico di Carate- SEDUTA DEL 25 LUGLIO 1875. 359 Lario. In esso l’A. descrive undici specie appartenenti alle Fel- ci, alle Cicadee ed alle Conifere fossili nel calcare marnoso delle cave di Carate presso Moltrasio e non mai prima d’ora . menzionate dagli scrittori di paleontologia lombarda. Nota per ogni specie la distribuzione geografica e geologica secondo i var] autori che ne hanno parlato e cerca mettere iu rilievo il fatto della uniformità grande che havvi tra la Flora dell’ Infralias, del Lias e dell’ Oolite, uniformità la quale autorizza a ritenere che le condizioni della vita rimanessero ben poco diverse durante il lunghissimo intervallo che corse fra il trias ed il periodo creta- ceo. L'A. mostra indi alcuni esemplari delle piante da lui de- scritte e segnatamente un’impronta di Pachypteris ovata che permette di studiarne i caratteri meglio di quello che si potesse fare fin qui colla sola scorta dei cenni incompleti e contraddi- torii che ne diedero il Phillips ed il Brongniart. È accordata quindi la parola al socio prof. Galanti per esporre alcune idee intorno alla malattia del frumento che si ebbe a lamentare in varie parti del territorio milanese e specialmente nella parte sua più elevata. Secondo il prof. Galanti, una parte delle crittogame e degli insetti che assalgono le nostre piante da coltura non lo fanno se non perchè le piante stesse vi si trovano già preparate da condizioni morbose dovute all’incle- menza, all’irregolarità delle stagioni, alla cattiva coltivazione, e quindi si trovano mal nutrite e più o meno già ammalate an- che prima d'essere assalite da quei parassiti, che altri suol ri- guardare come la cagione precipua dei lamentati malanni. Se- condo il socio Galanti tali parassiti non sarebbero quindi altro fuorchè un effetto necessario di uno stato di cose che la scienza coi suoi studii microscopici si sforza invano di migliorare. Indagando poi la cagione della clorosi che in quest'anno de- cimò il prodotto del frumento nell'alto milanese e nel comasco, il socio Galanti vorrebbe trovarla nel fatto della lunghezza ec- 360 SEDUTA DEL 25 LUGLIO 1875. cessiva della fredda stagione, divisa, per dir così, in due inverni dalla gran nevicata. “ Ponete, egli dice, che questa interrom- pesse l’azione del freddo, prima ancora che il freddo stesso avesse distrutto la gemma centrale del cespo. La neve, covando il calor del suolo, impediva questa specie di potatura erbacea che il freddo in altri anni produce e che fa dire ai contadini, gran pesto fa buon cesto. , Ebbene questa gemma centrale svi- luppandosi tolse vigore alle gemme laterali che dovevano for- mare il cespo, danneggiandone per conseguenza le spighe che riescirono scarse, stremenzite o vuote affatto. Il freddo prolun- gato che tenne dietro alla nevicata agì poi a danno delle gem- me laterali ancor tenere, inceppandone lo sviluppo; laonde il socio Galanti vuol concludere che l’avversa stagione e non le crittogame sia stata la causa del fallito ricolto della più preziosa fra le nostre cereali. Intorno a tale comunicazione trovano da obiettare il presi- dente prof. Cornalia ed il segretario Sordelli, i quali mostrano di non credere alla asserita distruzione della gemma terminale per cagione del freddo. Il presidente Cornalia poi nella specia- lità del caso accennato dal socio Galanti, della clorosi apparsa nel frumento dell’alto milanese, aggiunge di avere osservato il frumento stesso attaccato alle radici da una specie di afide e di avere già dato annuncio di questo fatto in un’adunanza del R. Istituto Lombardo. È letto ed approvato il processo verbale della seduta prece- dente, 30 maggio 1875. Il presidente chiede alla Società se essa intende farsi rappre- sentare al Congresso dei Naturalisti svizzeri che si riunirà in Andermatt nei giorni 13-14 settembre p. v. additando il socio prof. Pietro Pavesi siccome persona adatta allo scopo. La Società aderisce alla domanda ed incarica la presidenza di munire il socio Pavesi della relativa lettera di rappresentanza. RE L] SEDUTA DEL 25 LUGLIO 1875. 361 È data indi comunicazione degli avvisi di concorso: Dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna pel con- ferimento del premio Aldini (L. 1000) sui mezzi di salvezza e difesa contro gl’incendii, e - della Reale Accademia dei Lincei relativo al premio Carpi (L. 500) da conferirsi all’ autore del miglior studio di minerali e rocce italiane. Il presidente chiude la seduta annunciando la perdita fatta dalla Società del cav. Vincenzo MAssEROTTI, professore di storia naturale in questa città e dell'ing. GIOVANNI SAvOJA, addetto al Genio civile in Roma. F. SorpELLI, Segretario. DI DUE ANOMALIE OSSERVATE NEL FIORE DELLA LINARIA VULGARIS MILL. NOTA DEL DOTTOR CARO MASSALONGO (Tav. 7.9) (Seduta 25 luglio 1875). La Linaria vulgaris Mill. specialmente, ed in generale tutto il genere Linaria ed Antirrhinum, in causa delle numerose ano- malie che di quando in quando presentò il fiore nella sua corolla, furono l'oggetto di moltissime Memorie di numerosi e distinti botanici, i quali, colpiti da queste forme insolite, o, dirò meglio, — da queste deviazioni del tipo specifico, non mancarono di farcele conoscere a mezzo di accurate descrizioni, ed il più delle volte accompagnando le stesse da fedeli figure. Nel 1742, pel primo, Zioeberg, discepolo di Linneo, trovò, in una piccola isola del Baltico, un esemplare di linaria comune, i — cui fiori, invece di presentare corolle con un solo nettario, come d’ordinario, ciascuna ne avea cinque, ed il loro lembo si era rego- larizzato, offrendo pure cinque lobi simmetrici, alternanti con un —. numero eguale di stami, che normalmente sono in numero di quattro e didinami; soltanto, possedendo presso della base del | tubo un piccolo filamento appena visibile (vix conspicuum Lin. Phil. Bot.) filamento che altro non è se non il rudimento di un quinto stame atrofizzato. Questa strana anomalia da Linneo pi fu chiamata peloria (da 7îì09 mostro, prodigio) per designare questo singolare fatto creduto da lui derivare dalla fecondazione con polline di altra pianta. Ora, invece, pel vocabolo peloria | vuolsi intendere il ritorno accidentale alla regolarità delle parti di un qualsiasi fiore normalmente irregolare. Gmelin, nella sua DI DUE ANOMALIE DELLA LINARIA VULGARIS MILL. 363 Flora Badensis, ha figurato egli pure una peloria di linaria co- mune differente da quella di Linneo per essere sprovveduta di nettarii, da lui perciò chiamata peloria anectaria. Le stesse de- formazioni sia nella testè nominata specie, sia in altre dello stesso genere, furono descritte e fisurate ancora dallo Chavannes nella monografia delle Antirrhineae (Monograph. des Antirrh.), da Decaisne e da altri. Oltre alla peloria nettarifera ed anetta- rifera, la corolla del genere Linaria fu svisata d’ altre strane forme che si trovano figurate nelle opere dei sopradetti bota- nici. Tutti questi fatti di teratologia vegetale, per lo passato ve- nivano presi in considerazione piuttosto quale oggetto di curio- sità ed ammirazione; si fu solamente più tardi, e specialmente per opera di Alfonso de Candolle, che tali anomalie, come altre numerosissime, tratto tratto osservate in molte e diverse piante, diedero il mezzo a metterci più addentro nella conoscenza della natura dei vegetali, col porgerci la via più sicura a stabilire le vere basi di quelle parti della botanica che sono di un grande ajuto nell’ ordinare i vegetali in classi e famiglie, cioè dell’ orga- nografia ed organogenia, le sole che possano darci un giusto cri- terio per conoscere le leggi della subordinazione dei caratteri, argomento essenzialissimo nel metodo naturale. Per questo ho creduto di far menzione di due nuove anomalie da me osservate nel fiore della linaria comune, che, per quanto a me fu dato, non trovai annoverate nè nelle opere dello Cha vannes, del Gmelin, nè nella teratologia vegetale del Moquin- Tandon, nè altrove. La prima di tali anomalie osservai in un unico fiore di linaria ‘comune, nel quale la corolla era deformata dalla presenza di tre nettarii e di un calice ad otto sepali, mentre nel fiore normale la corolla va provvista di un solo nettario, ed il calice offre soltanto cinque sepali. Il lembo di tale corolla anormale, quantunque un po’ mostruoso, conservava ancora l'aspetto di corolla personata, ed il tubo della stessa si era soltanto leggermente raccorciato, e, quasi per compenso, allargato. Il Gmelin, nell'opera succitata, descrive un fiore di linaria presso 364 C. MASSALONGO, a poco di tale apparenza, quantunque però, nel caso da lui de- scritto, nè il lembo, nè il calice avrebbe in ciò preso parte. A prima vista lo credetti un fiore sub peloriato, ma una osservazione più attenta da tale opinione mi distolse, poichè, se ciò fosse stato, il lembo avrebbe dovuto, almeno in parte, regolarizzarsi, presen- tando, cioè, i tre lobi eguali ed i tre nettarii alternanti coi sepali del calice, caratteri del tutto mancanti nella mia pianta, avendo il lembo del fiore le due labbra abbastanza distinte, ed i tre net- tarii si trovano in un medesimo piano. La saldatura di più fiori, neppure, a parer mio, può essere succeduta, nessuna traccia tro- vando di fasciazione nel peduncolo e per nulla alterata la dispo- sizione fillotassica, e, per conseguenza, la posizione del sostegno del fiore stesso. Per questo io crederei tale mostruosità essere piuttosto originata da uno sdoppiamento simmetrico bilaterale tanto del nettario quanto dei sepali del calice. L’altra deformità fummi offerta da parecchi esemplari pure di linaria comune, i di cui fiori erano provveduti di corolle del tutto mancanti di nettarii; il calice generalmente aveva quattro sepali, di raro soltanto cinque; nel qual ultimo caso un sepalo era però sempre più o meno atrofizzato. Quando il calice era tetrasepalo l’inferiore di questi sepali si trovava opposto al luogo dove rin- viensi nel fiore normale il nettario, per cui sembrerebbe che la mancanza di esso sarebbe la conseguenza dell’ostacolo offerto alla. corolla nella produzione della sua normale appendice. Oltre a ciò, i due stami, nei fiori da me studiati, che hanno nel fiore per- fetto l’inserzione uno per lato alla base del nettario, n’ erano saldati assieme. Lo Chavannes, come pure il Gmelin, fanno men» zione di corolle, nella pianta in questione, prive di nettarii, ma che per altro sono accompagnate dalla regolarizzazione del lembo, sia in cinque lobi simmetrici, sia in quattro. Nella anomalia che io ebbi agio di osservare, per lo contrario, il lembo per nulla ne fu influenzato e conserva sempre i caratteri di una corolla per- sonata, differendo essa da quella del fiore normale soltanto per la mancanza del nettario. Il genere Antirrhinum, il più vicino alle linarie, manca di una % k ùo d a A) DI DUE ANOMALIE DELLA LINARIA VULGARIS MILL. 365 appendice così sviluppata, e soltanto la sua corolla alla base è saccata, come si suol dire, pressochè unico carattere che distin- gue a prima vista il genere Linaria dall’ Antirrbinum. Nel nostro caso noi abbiamo un bell'esempio di riversione ad un carattere abituale pegli individui di un altro genere della stessa famiglia, e per ciò siamo convinti della grande affinità di questi due generi e della poca importanza del carattere preso dalla presenza o mancanza di un nettario allungato nella sepa- razione di detti generi, che del resto ci viene testimoniato dalle specie stesse componenti il genere Linaria nel graduato sviluppo del nettario a cominciare dalla sua sezione Cymbalaria, e salendo sino alle Linariastrum. Quali cause hanno determinato queste deviazioni della forma specifica? Egli è probabile che la natura del suolo v’ abbia con- tribuito. Ma, d’altra parte, se il suolo fu causa di tali svisamenti, perchè in piccolo tratto di terreno, si vedono crescere esemplari portanti fiori mostruosi insieme a fiori normali, o i mostruosi sopra un individuo ed i normali su d’ un altro? Da ciò sembre- rebbe la causa doversi cercare piuttosto nella pianta stessa. Del resto, poco si può dire di sicuro in proposito, la cono- scienza di ciò posando ancora troppo alto nel dominio della scienza, ed essendo troppo inerente al secreto della vita. ALCUNE PIANTE DA AGGIUNGERSI ALLA FLORA DELLA PROVINCIA DI PADOVA RACCOLTE DAL DoTToR CARO MASSALONGO. (Seduta 25 luglio 1875.) LI La provincia di Padova è certamente fra quelle del veneto una delle meglio conosciute rispetto alla sua flora, ed i suoi colli Euganei furono esplorati da distinti e celebri botanici, a cui dobbiamo intera- mente la conoscenza delle sue ricchezze. Gli Euganei toccando appena la regione montana non possono raccogliere le rare specie proprie delle regioni alpine, ma però si può dire che relativamente alla re- gione della pianura e della collina la ricchezza della flora di Padova, non è di molto inferiore a quella delle più ricche provincie venete. E ciò non tanto pella sua estensione in superficie, ,quanto per gli accidenti del suolo, pelle sue terme numerose, per la copia di rivi e fossi d’acqua, or stagnante, or corrente, talora fresca e spesso calda, di cui è fornita, per cui può offrire molteplici e svariate stazioni alle piante medesime. Siccome poi il terreno stesso, massimamente in prossimità delle acque termali, può impregnarsi di qualche sale delle stesse, qualche specie vi si potrà trovare che di solito presso il mare alligna; di questo ne sia prova ch’io stesso presso il paese di Monte-Ortone rinvenni una stazione di Agrostis maritima Lmk., ed altrove alcuni esemplari di Hordeum secalinum Schreb., e d’ Agropyrum acutum R. et S., che nel veneto prediligono il litorale. Pochissime escursioni botaniche ho potuto fare nell’estate dell’anno scorso in alcuni luoghi dei colli Euganei e nei dintorni di Padova, in questi, però, fra molte specie di piante da me raccolte, abbastanza rare pel luogo, parecchie, oltre le succitate, ne trovai che sono inte- ramente nuove pella provincia. Ciò mi consta e dal catalogo delle piante che crescono spontanee sui colli Euganei del signor V. Tre- visan, e sopratutto da quello, più recente, delle piante vascolari del veneto, compilato dal chiarissimo professor cav. Roberto de Visiani _ ALCUNE PIANTE DELLA PROVINCIA DI PADOVA. ——1367 e dal professore P. A. Saccardo. Per lo che sono d’opinione che in questa provincia, sebbene esplorata fin d’antico, per indagini e ricerche più accurate si possono scoprire numerose ed interessanti specie non ancora trovate in essa. Dall’ enumerazione delle Boohio: specie. qui unita, colle rispettive località ove le rinvenni, si vedrà come pochissimi luoghi della pro- vincia sieno stati da me esplorati. Hordeum secalinum Schreb. — Hord. pratense Huds. — (Host Gram. T. I, tab. 33. — Rchb. Icon. Flor. Germ. Cent. I.®, tab. XI, fig. 1363). Trovai varii esemplari di questa bella graminacea lungo il margine della strada che conduce, uscendo dalla porta S. Croce, ad Abano, non lungi dalla strada ferrata; essa fu trovata soltanto nel litorale veneto, nel Friulano e Mantovano. Bromus madritensis L. — Br. diandrus Curt. — (Engl. Bot. 14, tab. 1006. Rchb. Icon. Flor. Germ. Cent. I, tab. LXXIII, fig. 1584). Questa graminacea raccolsi pella prima volta, fra i crepacci di un muro all’Orto Botanico di Padova e presso la porta di Codalunga. Agrostis maritima Lamk.— (Rchb. Icon. Flor. Germ. Cent. I, tab. XXXVI, fig. 1436). Fu creduta propria soltanto del litorale veneto e del friulano; ne trovai una stazione presso il paese di Monte-Ortone. Alopecurus bulbosus L. — (Engl. Bot. 18, tab. 1249). In com- pagnia del giardiniere Bizzozzero lo trovai fio in un prato presso il monte S. Daniele. Agropyrum acutum R. et S. [Rchh. Icon. Flor. Germ. Cent. I, tab. XXII, fig. 1393 (?)]. Nel veneto Maly fu il primo a trovarlo nel litorale ; lo rinvenni pure presso le terme d’Abano. Lolium iii A. Br. Ne raccolsi alcuni esemplari presso le terme pure d’Abano. Scirpus Tabernaemontani Gm. — Ren. Icon. Flor. Germ. Cent. IX, tab. CCCVII). È abbondante alle terme d’Abano. Chrysanthemum segetum L. — (Engl. Bot. 8, tab. 540 — Flor. Dan. 6, tab. DOCCCLXXXXV). Fu trovata da Host nel Veneto sol- tanto nei campi del Friuli. Ne raccolsi un solo esemplare presso la stazione d’Abano. 'îragopogon porrifolius L. — (Engl. Bot. 9, tab. 638). Sulla via ferrata poco lungi dalla stazione d’ Abano; nel Veneto fu trovato soltanto nel Friulano e Mantovano. 368 C. MASSALONGO, ALCUNE PIANTE DELLA PROVINCIA DI PADOVA. Campanula Erinus L. — (Rchb. Icon. Germ. Cent. XIX, tab. MDCVII, fig. I). Ne trovai due mbemplazi. alla stazione d’Abano fra le ghiaje. Jasminum fruticans L. — Rchb. Icon. Flor. Germ. Cent. 17, tab. MLXXVII, fig. II et III). Questa bella specie, che Sieber trovò presso Aquilegia, raccolsi ai colli Euganei presso il paese di $. Pietro di Montegrotto. Torilis helveticà Gm. — (Sturm. Icon. Flor. Germ. Cent. 20, tab. 93). Secondo il Brumati fu trovato soltanto nel litorale friulano; io ne trovai molti esemplari, sulla fine dell’estate scorsa, in un I appena fuori della porta di S. Croce. Rumex nemorosus Schrad. — [Rchb. Icon. Crit. Cent. 4, fig. 551 (?)]. Nei luoghi umidi ed ombrosi del bosco di Cerverese; credo non sia stato ancora trovato nelle provincie venete. PALETNOLOGIA .LOMBARDA ESCURSIONI E RICERCHE DURANTE L'AUTUNNO DEL 1875 DEL SOCIO Pror. POMPEO CASTELFRANCO. (Seduta 28 novembre 1875.) Profittando dei mesi di respiro concedutimi dalle vacanze au- tunnali, volli intraprendere, anche quest’anno, qualche piccola escursione in cerca di notizie paletnologiche. Si dava la fortunata combinazione che anche il professor Pi- Ì ‘gorini, il distinto paletnologo, disponesse egli pure del mede- simo tempo, onde compiere un giro scientifico nell’Alta Italia. Combinammo ben presto di trovarci, e giunto egli a Milano verso la metà dello scorso agosto, due giorni dopo partimmo in- sieme per Bergamo. Ci vollero onorare della loro compagnia anche due distinti membri della nostra Società, l’ egregio avvo- cato G. Delfinoni ed il chiar. professor F. Sordelli, nonchè i signori ingegneri G. Miani e T. V. Paravicini. A Bergamo ci fermammo un giorno solo, che occupammo tutto nella visita delle raccolte pubbliche e private. Cominciammo dal Gabinetto dell’Istituto Tecnico, ma quivi poco rinvenimmo che si riferisse all’antichità dell'Uomo. All’infuori di una cuspide di selce, lunga 8 centimetri e finamente lavorata, nulla vi ri- marcai di nuovo nè di notevole. Questa cuspide venne trovata a Trigolo, circondario di Crema, in un prato stabile di natura argillosa, a mezzo metro circa di profondità, nel praticare un ca- nale di scolo. Quel bel pezzo venne donato all'Istituto tecnico dall’alunno signor Lazzari, il quale ha così dato occasione di notare una nuova località lombarda da aggiungere alle altre già note; chè, quantunque si tratti qui, forse, soltanto di una selce erratica e non di una stazione, viene però il fatto a di- Vol, XVIII, 24 370 P. CASTELFRANCO, mostrare vieppiù la ricchezza dei dintorni di Crema quanto ad antiche memorie delle diverse età preistoriche. Voglio sperare che il signor Lazzari, come pure i signori avvocato Albergoni e dottor Alcide Giavarina di Crema, noti e distinti raccoglitori di quei rari cimelî, vorranno, all’occasione, nell'interesse della scienza, tenerci al corrente delle ulteriori scoperte, come già ci mandarono nota, per mezzo del nostro socio dott. C. Marinoni, delle località di Vajano, Chieve, Monte Cremasco e Ricengo. 4! A Bergamo trovammo pure; nelle sale della biblioteca, nu- merose reliquie delle antiche età; ma la maggior parte degli oggetti esposti, rare volte portano l'indicazione della prove- nienza loro, il che toglie quasi ogni importanza scientifica a quelle reliquie stesse, relegandole nel novero delle curiosità da vetrina. Solo due gruppi di quella collezione meritano qualche cenno, non foss’ altro che a titolo di documento, onde tener nota delle località. Il primo gruppo si compone di alcune fibule e altri 0g- getti di bronzo, rinvenuti, a quel che pare, nei dintorni di Ver- dello, e donati a quella biblioteca dal signor conte Pietro .Mo- roni, Nella parte arcuata di una di quelle fibule, sono infilzati alcuni dischetti di ambra rossastra, tenuti insieme allo stesso modo di quelli di Golasecca, Villanova, Felsina, cioè coi pun- tini tenuissimi sul piano delle faccie interne. Un'altra fibula è pure di un tipo frequente nell’Alta Italia, alla Prima Età del Ferro, ed è identica a qualcuna delle rappresentate dal G. B. Giani nel noto suo lavoro °. | Wi Il secondo gruppo si compone di bronzi rinvenuti in località diverse, ma vicine, e donati da varie persone benemerite. Al- cuni scoperti fra Zanica e la Basella (località a circa sei chi- lometri al sud di Bergamo) furono donati dal signor N. Volpi. Altri, trovati pure presso Zanica, nel luogo detto Cassine piane, ! C. MARINONI, Le abitazioni lacustri, ecc., nelle Memorie della Soc. It. di Sc. nat. E Tom. IV, N. 3, pag. 34-36. : 2 GIo. BATT. GIANI, Battaglia del Ticino tra Annibale e Scipione. Milano, 1824, Tav. V, fig. 12. PALETNOLOGIA LOMBARDA, SAL furono regalati dai fratelli Salvi di Bergamo, ed inoltre altri consimili bronzi, provenienti da altre località non designate, ma ancora presso Zanica, furono in parte donati ed in parte acqui- stati dalla signora contessa Paolina Varese-Rosate e dai signori Bosio e Bertacchi. Consistono tutti in oggetti d’ ornamento, nei quali trovo pure numerosi riscontri con bronzi di Golasecca, Villanova e Felsina, e specialmente con quelli figurati dal Giani nella tav. IV, fig. 14 e tav. V fig. 8.° Simili bronzi appartengono certamente a qualcuno dei diversi periodi dell’ Età del Ferro, e furono, non ne dubito, rinvenuti in sepolcri; ma perchè i bronzi della biblioteca di Bergamo po- tessero avere un vero interesse, sarebbe stato duopo, lo ripeto, fossero accompagnati dall'indicazione di tutte le circostanze di | ritrovamento e di luogo, e divisi tomba per tomba. Tuttavia ci giova sapere per ora di queste tre località di Verdello, Zanica e la Basella, le quali determinando un’area di pochi chilometri quadrati, potranno servire di punto di partenza a metodiche ri- cerche, e spero che qualche volonteroso ed intelligente di quei paesi ci vorrà più ampiamente informare, ed all’occorrenza es- serci guida a qualche scavo di saggio. i Da Bergamo, il 22 agosto, ci recammo a Brescia. Quivi, il 19 dello stesso mese, s'era aperta solennemente un’ Esposizione di Archeologia preistorica e Belle Arti della provincia. Giun- gemmo troppo tardi pei discorsi d'apertura, ma a tempo onde vedere tutta quanta l’ Esposizione, ordinata e completa. E dico ordinata, perchè la Presidenza dell'Ateneo fece qui quanto stava umanamente in suo potere. Dovunque custodie di vetro ben di- sposte, e cartellini, e numeri ed anche un catalogo ben parti- colareggiato * del quale mi sono anzi giovato onde aiutare la mia memoria, e le poche annotazioni, nel compilare la presente relazione. Fra tanti benemeriti espositori giustizia vuole che si accordi ® G. B. GIANI, Op. cit. 4 Catalogo dell’ Esposizione di Archeologia preistorica e belle arti della Provincia di Brescia nell'agosto 1875. Brescia, tip. Apollonio. 372 |P. CASTELFRANCO, il primo posto al signor dott. Giovanni Rambotti di Desenzano, . la cui raccolta può essere considerata come la colonna princi- |. pale dell’ Esposizione stessa. La torbiera di Polada, esplorata da quel signore con dili- genza ed intelligenza non comuni, gli ha fornito una tale quan- | tità di reliquie dell’ Età della Pietra e dell'Età del Bronzo che, | quantunque già prevenuto dell'importanza di quelle scoperte, ne rimasi veramente stupefatto. La parte della collezione Ram- | botti, depositata provvisoriamente nelle sale della Esposizione di | Brescia, occupava ben 100. cassette, e si componeva di più che 8000 pezzi diversi. E tutto questo immenso materiale era clas- sificato ed ordinato colla logica la più giudiziosa, ed in modo da metter invidia a molti pubblici Musei. Il merito maggiore della raccolta Rambotti è quello di riu- nire in un corpo solo tutto quanto fu trovato nella palafitta | della torbiera di Polada. Il Rambotti fu gelosissimo, e con ra- gione, di non lasciar uscire dalle sue mani il benchè minimo esemplare, e questa gelosia porta oggi i suoi frutti, poichè l’e- same di quella raccolta ci dice tutta la storia ed i costumi | della popolazione di Polada, permettendoci, cosa rara, di fare | delle precise osservazioni intorno alla proporzione delle tali ar- | mi relativamente alle tali altre, ben sicuri come siamo, lo ri- peto, che tutto quanto abbiamo sotto gli occhi è la totalità de- gli oggetti rinvenuti nella torbiera. Ì Premessa questa generale idea, passerò ora, non alla minuta descrizione di ogni singolo oggetto chè, ci vorrebbe un grosso volume a voler dire di tutto, e d’altra parte il Rambotti ne ha promesso una relazione ampia con molte tavole, ma passerò bensì ad una rassegna generale, notando solo, strada facendo, alcune principali osservazioni. bo Come dissi, la raccolta Rambotti è disposta bene, e, gene- w ralmente, gli oggetti ne sono classificati e determinati benis- simo. Nella cassetta N. 1 ci presenta anzitutto il fondo della tor- biera, che si compone di limo contenente conchiglie fossili; indi PALETNOLOGIA LOMBARDA. 373 tre campioni della torba stessa presi a diverse altezze, inferiore media e superiore. Poi ghiande, nocciuole e strobili di pino tro- vati nella torba. Finalmente, nella medesima cassetta, alcune conchiglie oggi viventi nella palude. Logicamente continuando, il dotto raccoglitore ha disposto, nella seconda cassetta, i palî della abitazione palustre, essendo ragionevolissimo che, dopo averci presentato la fisionomia della torbiera, ci facesse conoscere addirittura l'abitazione stessa; e perciò mi meravigliai che non si fossero qui collocati i fram- menti del pavimento e dell’intonaco delle capanne, i quali ritro- vai invece molto più in là, nella cassetta N. 35, fra le ferre cotte. Ma questa non è che una pedanteria e tiro innanzi. Le sette cassette seguenti, dalla 3* alla 9°, contengono ciot- toli-martelli di quarzo, schegge, coltellini e raschiatoi di selce. Sotto il nome di coltellini e raschiatoi il Rambotti colloca molte schegge senza alcun ritocco, nè traccia di essere state adope- rate, e può darsi che, per qualcuna, queste designazioni siano un po’ arrischiate; tuttavia non è impossibile che molte schegge anche informi abbiano potuto servire, nell’ Età della Pietra, a raschiare, tagliare e ad altri usi, ma per meritare il nome di col- tello, per esempio, una scheggia ha bisogno di essere atta a ta- gliare, e di dimensioni tali da poter essere comodamente te- nuta fra le mani, onde far forza nell’adoperarla. Ora, fra i sup- posti coltellini, havvene un centinaio di così piccoli, tenui e fragili, da ritenerli piuttosto schegge inconcludenti, e rifiuto del- l'operaio. D’ altra parte ritrovo pure, fra i raschiatoi, certe selcì riquadrate ed a piani trapezoidali, le quali mi ricordano esattamente la forma più comune delle nostre pietre da fucile. Non credo che si tratti qui di raschiatoi, ma bensì di qualche altro arnese non ancora determinabile; e fra i coltellini noto del pari qualche esemplare delle così dette selci romboidali ac- curatamente studiate dal Chierici ® e dal Nicolucci,° e dal primo 5 G. CHIERICI, Le selci romboidali ; nel Bullettino di Palet. It. del Gennajo 1875, pag. 2-6. 5 G. NIcoLUCCI, Le sele? romboidali, nel Biillettino di Pal, It. del febbrajo 1875. . pag. 17 e 18, 374 P. CASTELFRANCO, © x dimostrate, con chiarezza di dottrina, come parte di più com- plessi arnesi. Altre, con due intaccature laterali, tipo già noto in altre località, sono ritenute dal Chierici “ e dal Pigorini * non raschiatoi, ma hensì pendagli d’ornamento, ed anche qui non saprei trovare serie ragioni in contrario. La maggior parte però degli altri raschiatoi sono evidentemente tali, e quasi tutti del preciso tipo di quelli arnesi in uso presso i moderni CANI mesi, descritti e figurati dal Lubbock °. Le cassette 10 e 11 contengono selci ammirabili; sono seghe le cui dentature sono di una regolarità e di un parallelismo meravigliosi; sembra quasi impossibile che a quei tempi, e sprov- veduti di lime, rozzi e miseri selvaggi siano riusciti ad un la- voro così preciso. E non fossero la lucentezza e la patina di autenticità di quelle selci, e la rispettabilità dello scrupoloso. raccoglitore, vi sarebbe da dubitare della loro vera antichità. Generalmente questi primitivi arnesi andavano appaiati ed im- | manicati; e lo provano due seghe ritrovate incastrate in un manico di legno unico, ed altre paia di seghe, che, dalle loro forme e dimensioni, mostrano di essere state immanicate a due a due. Se non per finitezza, almeno per dimensioni e spessore, ricordano qualcuna di quelle del lago di Varese, palafitta cen- trale di Bodio !°. Però è da notarsi che le seghe di Polada, | quando sono appaiate, hanno, unite, la forma di mezzaluna; i denti occupano la parte piana, e quella convessa s’incastra nel. manico. Le cassette dal 12 al 15 sono ricche di cuspidi di freccia di forme variatissime, quali con peduncolo, quali senza; alcune li- scie, altre seghettate; tali colle alette pronunciatissime e pro- Fi lungate, altre in forma di cuore o di foglia, molte sottili e | 7 G. CHIERICI, Quarto gruppo di fondi di capanne dell’ età della Pietra nella Pro- vincia di Reggio dell’ Emilia; nel Bull. di Paletn. Ital. Luglio 1875, pag. 106. 8 L. PIGORINI, Esposizione di Antichità preistoriche tenuta in Brescia ; nella Nuova Antologia di Firenze, del novembre 1875, pag. 524. i ° JoHN LuBBOCE, L’Romme avant V histoire, trad. Barbier. Paris 1867, pag. 72. È e 74, DI 41° CAamiLLo MARINONI, Op. cit. PALETNOLOGIA LOMBARDA. 375 snelle, altre molto tozze e robuste. Ve ne sono di ovali, di trian- golari, di romboidali, Fra quelle senza peduncolo sono rimar- chevoli alcune cuspidi a base concava con alette più o meno pronunciate, alcune pronunciatissime. Fra quelle con peduncolo alcune poche hanno un’ aletta sola, sicchè prendono la forma di un 4. Nella cassetta 16° trovo sei esemplari di un arnese di selce piccolissimo, col vertice a guisa di peduncoletto, e la base op- posta taglientissima. Non trattasi certamente qui di cuspidi di freccia, chè, così foggiate, non avrebbero prodotto alcun effetto, ma pure quel peduncolo prova che dovessero essere assicurate in qualche manico, e chissà che non concorressero, tutte insie- me, vista la loro piccolezza, a formare uno stromento complesso. È noto, per esempio, che gli attuali selvaggi di alcune isole, in- nestano certe schegge di vetro, disponendole in fila, a mo’ di sega, in un manico qualunque, adoperandolo così come sega e come coltello; altri le assicurano con resina in una scanala- tura lungo la parte esterna di un’asta o lancia, formandone così un’arma orribile ad adoperarsi. Non intendo dire con ciò che quei sei misteriosi oggettini fossero parte di una sega-coltello, nè di una lancia, opponendovisi la loro sottigliezza e la finitezza di loro fattura, ma solo mettere sull’avviso che talora anche delle schegge che sembrano inconcludenti devono essere state parte di oggetti complessi. Non è questa una mia particolare opinione, ma bensì un parere già espresso da autorevoli palet- nologi. !* Nella cassetta N. 17 rimarco due sole ascie levigate, ambe= due di diorite, e poche altre di selce scheggiata; e quel numero, ristrettissimo in confronto della quantità straordinaria di freccie ed altri oggetti, dovrebbe meravigliare, se non si verificasse, esa- minando la cassetta N. 24, che l’uomo di Polada sostituiva alle ascie di pietra, quelle di corno di cervo, faticosamente foggiate ii GAETANO CHIERICI, Le selci romboidali; nel Bull, di Paletn. It. Gennajo 1875, — PD. P. MARTINATI, Esposizione di Arch. preist. Bresciana, nel giornale l’ Adige, N. 239 del 1875. 376 P. CASTELFRANCO, colle povere taglienti selci. Potrebbe darsi però che gli stromenti di corno di cervo, ch’io battezzo col nome semplice di ascie, e che sono designate nel Catalogo dell’ Esposizione col nome di martelli da guerra, non avessero nessuna di queste due destina- zioni. Un'altra cassetta è piena di moltissime schegge di selce, ten- ‘denti a provare che l’uomo di Polada fabbricava egli stesso, nella sua abitazione, i diversi suoi arnesi di pietra. Sono pur notevoli una trentina di bellissimi pugnali o punte- ruoli fatti con ossa e corna di animali. Quelli designati sotto il nome di pugnali sono di belle dimensioni, e formati coll’ ulna o cùbito. L’olècrano avrebbe servito d’ impugnatura. In altra cassetta rimarco 36 pezzi designati dal raccoglitore col titolo di oggetti d’ornamento; e si compongono di così dette fusaiuole di terra cotta e di conchiglie e di denti con un foro per appenderli; aghi, bottoni, anelli ed impugnature di osso. L’ orna- mentazione dei bottoni e degli anelli, ed una lamina di metallo (rame o bronzo), avvoltolata parecchie volte intorno all’ estre- mità di una delle impugnature, lascia supporre, con ogni ragio- ne, che alcuni di quegli oggetti debbano riferirsi all’ Età del Bronzo. Inoltre, come conferma, troviamo nella cassetta 93, co- me provenienti dalla torbiera di Polada, tre ascie di rame o di bronzo, ed una lama di pugnale dello stesso metallo. Quando dico che questi oggetti appartengono all’ Età del Bron- zo, non intendo dire che la popolazione di Polada sia giunta a quel grado di civiltà, ma bensì che si trovò in relazione con popoli più avanzati. Ed è forse una prova della mia supposi- zione la rozzezza colla quale venne inchiodata l’accennata la- mina di metallo sull’estremità del manico d’osso. Si comprende che un popolo selvaggio, riconoscendo il prezioso valore del me- tallo, lo ricercasse avidamente, onde profittarne, non essendo poi capace di foggiarlo egli stesso; e questo avviene anche oggi È. nelle relazioni degli Europei con certe popolazioni selvaggie mo- derne. n Nelle altre cassette alcuni legni lavorati, come spatole, remi, PALETNOLOGIA LOMBARDA. 377 punteruoli, manichi, scodelle, ecc. Indi pietre forate per servire . da martelli o da pesi. Talvolta l’uomo.ha scelto, a questo sco- po, alcune pietre già traforate da molluschi litofagi, riducendole quindi con poca fatica. E via via, frangitoi e martelli di pietra, pietre da macina, fusaiole di terra di forme diverse, pesiî di terra cruda, cocci di vasi rozzi e di altri più fini, e vasi interi; qualcuno di questi, fra i più fini, sono ornati da disegni a punteggiatura, eseguiti con un certo gusto artistico particolare dell’ Età del Bronzo. Molte anse di vasi sono sormontate, alla parte superiore, da un bottoncino, talvolta da due, tanto da potervi appoggiare il pollice mentre si tiene l’indice nell’ansa stessa; questo modo di tener alzati i vasi muniti di un’ansa sola, ricorda un po’ la mo- da dell’ansa lunata delle terremare, senza però che di vera ansa lunata si trovi la minima traccia nella stazione di Polada. La maggior parte di quelli fra i vasi che sembrano riferirsi all’Età della Pietra, sono di terra cruda, pochissimi con traccie di fuoco. Nella cassetta 52° poche ossa bruciate, esponendo le quali il raccoglitore fa notare che sono le uniche con traccie di fuoco trovate nella palafitta, ed osservando che perciò convien credere che le carni sì mangiassero quasi crude. L'osservazione è sot- tile, e meriterebbe una seria discussione; tuttavia farò osservare, a mia volta, che le ossa delle carni allesso, per esempio, non por- tano traccie di fuoco, e che, se mi si volesse opporre la piccola quantità di vasi portanti segni di cottura, potrei rispondere che si fa bollire l’acqua anche in vasi di legno, sia esponendoli di- rettamente al fuoco, sia gettando nell'acqua ciottoli arroventati alla maniera dei Cafri e degli Ottentotti. Nella cassetta 53° alcune ossa umane, compresa la parte su- periore di un cranio dolicocefalo, sembrano appartenere ad un solo individuo, sia perchè non è ripetuto due volte il medesimo osso, sia per le proporzioni relative. E finalmente, nelle 35 ultime cassette, dalla 55° all’ 89% una profusione di ossa, denti e corni appartenenti.a molti e diversi “x 378 P. CASTELFRANCO, animali, e sono: duoî di varie razze (determinate dal Cane- strini), capre, pecore, cinghiali, maiali, cervi, caprioli, tartaru- ghe, uccelli, pesci, cani e cavalli. Nella cassetta 84° poi, sotto il titolo di avanzi di sostanze alimentari, si osservano conchiglie di molluschi, nocciuole, cor- niole, morespine, poche graminacee, altri semi, ed una galle di quercia, il tutto senz’alcuna altra designazione di specie. Sa- rebbe quindi interessante venissero questi avanzi affidati a qual- che distinto specialista, onde li determinasse maggiormente, es- sendo importantissimo conoscere a quali varietà appartengano, e se selvaggie o coltivate. E qui ha termine la collezione della stazione di Polada. Certe conclusioni generali, davanti a tanto bell’ ordine, mi sembrano facili, quelle almeno che si possono dedurre dall’ esa- me complessivo della raccolta stessa e dagli schiarimenti del Catalogo dell’ Esposizione. E sono le seguenti: 1.° Sulla palafitta di Polada viveva nell’Età della Pietra una famiglia od una tribù, della quale si potrà conoscere l’importanza allorchè il Rambotti, nella promessa Relazione, ci avrà parlato del numero dei pali, della loro disposizione, e dello spessore dello strato archeologico nelle diverse parti della torbiera. 2.° Quella popolazione proseguì a vivere nel medesimo luogo .. fino ai primi albori dell’Età del Bronzo, e questa nuova civiltà fu probabilmente la causa di sua distruzione, come avviene an- | che oggidi alle diverse popolazioni selvaggie dei continenti e delle isole, le quali popolazioni non vogliono o non possono ad- dattarsi rapidamente alle esigenze della nuova civiltà delle razze di progredite invadenti. 3.° Era una popolazione che allevava bestiame e si consacrava alla caccia; non credo fosse gran fatto agricola, vista la piccola quantità di graminacee raccolte, e la mancanza d’ importanti ar- nesi addatti al lavoro della terra. Altre conclusioni generali e di dettaglio le potremo dedurre allorchè saremo al fatto di tutte le circostanze locali e di scavo. a dei EA a i i sa PALETNOLOGIA LOMBARDA. 379 Ed ora la scienza aspetta ansiosamente che il dott. Rambotti mantenga la bella promessa, l'ordine scrupoloso della sua rac- colta e di quella parte del Catalogo che lo riguarda, essendoci caparra della sapiente chiarezza della sua Relazione. Oltre la raccolta degli oggetti che si riferiscono alla stazione di Polada, lo stesso Rambotti ha esposto alcune selci lavorate, un cranio umano colla mascella inferiore e pochi legni carboniz- zati ed ossa lavorate, il tutto proveniente dalla torbiera del Mac- chetto, di cui hanno già fatto parola i signori Martinati e Ber- toldi nel 1868 "2. Esposti del pari dal Rambotti, noterò, solo per memoria di località, alcuni oggetti in bronzo: un paalstab trovato presso Car- penedolo, una fibula di Rivoltella ed una falciuola del Trentino. Inoltre, sei cassette di oggetti di antichità, designati come pro- venienti dai dintorni di Catanzaro, ma qui, per la maggior parte di questi apprezzati cimelî, siamo fuori del dominio della palet- nologia, e quindi proseguo senza occuparmene maggiormente. L’Ateneo di Brescia ha pure portato all’ Esposizione un hel nu- mero di cocci, carboni, fave, ciottoli, ossa, coti, anse, mattoni, vasi fittili, fusaiuole ecc., nell’ ordine in cui li espongo anch’ io, scoperti dal signor capitano Salvatore Fadda e cav. professor Gius. Ragazzoni, nell’ eseguire alcuni lavori di sterro sulla col- lina ove siede il castello di Brescia. L’esame di queste anti- chità, riunite alla rinfusa, lascia supporre si tratti di un ter- reno rimaneggiato più volte, e che tutte le Età vi siano rap- presentate, partendo dalla Prima del Ferro per arrivare sino alla presente. Il prof. Ragazzoni ha voluto però vedere più in là, e, dal ragionamento che leggo nel citato catalogo, m° accorgo che egli tira in scena il primo periodo glaciale, come Età in cui l’uomo vivesse in quella località, allo stato di avanzata civiltà, e gli fa succedere, nel secondo periodo glaciale, un altro uomo più rozzo del primo. Citerò le precise parole del Catalogo: “ Chia- mò sopratutto l’attenzione del prof. Ragazzoni la presenza di sto- 42 P. P., MARTINATI e A. BERTOLDI, Un’ abitazione preistorica presso Desenzano; nel giornale l Adige, Anno III, N. 309. 380 P. CASTELFRANCO, viglie più fine nel piano della marna, più rozze nel terreno er- ratico superiore... !,, Per quanto abbia aguzzato gli occhi ed il cervello, non sono riuscito a capire in qual modo il prof. Ragazzoni, tanto chiaro geologo, abbia potuto cavare una così fantastica conclusione da un tale cumulo di oggetti disparati, confusi e disordinati, trovati quasi alla superficie, in un terreno tante volte rimaneggiato, anche in tempi storici, qual è quello delle sponde dei fossati del castello di Brescia. Il prof. Ragazzoni che seppe con tanta ordinata sapienza immaginare e condurre a compimento quello stupendo lavoro che è il Profilo geognostico del versante meri- dionale delle Alpi nella Lombardia orientale **, esposto nelle me- desime sale della Esposizione di Brescia, non si riconosce nel giu- dizio emesso relativamente agli sterri del Castello. In altra vetrina il Museo di Brescia ha esposti 25 paalstab di bronzo, provenienti dal Comune di Torbole, e trovati in un vaso di terra di cui si espongono i cocci; ed inoltre cuspidi di selce ed altri oggetti di pietra. Dei Comuni di Longhena, Seniga, Castellaro presso Gerson Bagnolo, Toscolano, Mairano e altre località non designate, 0s- servo molti bronzi e molte selci; alcune di queste notevolissime per dimensioni e finitezza, ma dalle quali mi sembra non si pos- sano dedurre serie conclusioni, bastande per ora tener nota delle località, in attesa di ulteriori scoperte ed ordinate ri- cerche. Mandati all’ Esposizione, dal Museo Civico, coll’ appellativo di romane e d’ignota provenienza, rimarcai alcune bellissime fibule della Prima Età del Ferro; di quasi tutte conservo uno schizzo nel mio album, ma poco costrutto se ne potrà cavare, per la so- lita mancanza di documenti; tuttavia alcune di quelle sono delle forme particolari che si rinvengono, nelle urne ornate a trian- 13 Catalogo dell’ Esposizione ecc., pag. 21. 14 Pubblicato in scala minore di quello dell’ Esposizione, negli Atti della Soc. del- V Ist. geologico di Vienna. Quella magnifica tavola a colori, esposta a Brescia, è lunga 10 metri, ed è accompagnata da tutti i campioni delle roccie disposti lungo la ta- vola stessa in apposite scatolette, con ordine mirabile. PALETNOLOGIA LOMBARDA. - 381 goli graffiti, nei dintorni di Golasecca e Castelletto; e questa è l’unica utile conquista. Mi sembra più bella la raccolta del signor conte Andrea Pan- cera di Zoppola, con oggetti provenienti dal comune di Urago d'Oglio. Sono bellissimi vasi fittili interi, di forme eleganti, ma di rozzo lavoro, accompagnati da fusaiuole di terra; armi, aghi crinali e ascie di bronzo, due freccie in osso, ed alcune ossa e corna di animali selvaggi e domestici, capra, due, cervo, cinghia- le... Non fossero quegli avanzi di animali, inclinerei a credere la maggior parte di queste preziose e belle reliquie, lo spoglio di una necropoli dell'Età del Bronzo o della Prima del Ferro, ma per esserne più sicuri converrebbe proseguire quegli scavi, tenendo conto delle scoperte, separate gruppo a gruppo, o a strati; ed il benemerito signor conte Pancera di Zoppola, ha promesso di occuparsene. Se condurrà ad effetto il lodevole pro- getto avrà reso alla scienza un importante e notevole servigio. Anche il signor prof. Luigi Erra ha aguzzato la nostra curio- sità con alcune selci lavorate ed anse lunate e fusaiole, trovate al Dosso Negrone, presso Verolanuova; dovrebbe essere una sta- zione interessante, l’ansa lunata ricordando le terremare della riva destra del Po, così chiaramente descritte dai professori Strobel, Pigorini e Chierici ‘°, e potrebbe gettare qualche luce sulla storia delle migrazioni di quel popolo misterioso delle ter- remare. La raccolta del signor conte Tomaso Caprioli è pur copiosa di pietre lavorate e cocci di stoviglie, provenienti dalle Fornaci di S. Nazaro Mella. Le armi sono generalmente finamente lavo- rate, e si sono rinvenute sporadiche in diversi punti di quelle fornaci, nel cavare le argille destinate alla fabbricazione di mat- toni e di vasi da fiori. Questo deposito di argille viene spesse volte inondato dalle piene del Mella. Gli oggetti di pietra sono 15 PELLEGRINO STROBEL, Avanzi preromani raccolti nelle terremare e palafitte del- l’Emilia, pag. 32 con 8 tav. ed una carta. Parma 1863, 1864 e 1872. — P. STROBEL e L. PiGORINI, Le ferremare e le palafitte del Parmense, negli Atti della Soc. It. di Scienze naturali. Vol. VII. Milano 1864, e molte pubblicazioni intorno a singole ter- remare, dal 1861 in poi, 382 . P. CASTELFRANCO, di selce, di arenaria, di diorite e di calcedonia; sono foggiati a cuspidi di freccia e di lancia, a punteruoli, raschiatoi, penda- gli, azze, ecc. Vedemmo per ultimo la raccolta del sacerdote G. B. Ferrari. Le località di Seniga, Regona, Bina e Gottolengo, e le ghiaie del Mella e dell’ Oglio, hanno fornito all’ infaticabile raccoglitore quella gran messe di oggetti che venne già lungamente descritta dal nostro socio prof. C. Marinoni, negli Atti di questa So- cietà !°. Non parlerò dunque che brevemente degli oggetti di quella raccolta. Anche qui troviamo avanzi di diverse Età, dalla Pietra al Bronzo, e dal Bronzo al Ferro, fino ai tempi medioevali e mo- derni. Almeno così mi parve di scorgere nell’esaminare tutti que- gli oggetti, riuniti ora in un corpo solo, mentre prima giace- vano dispersi in molti terreni, parte dei quali tante volte scon- volti dall’aratro. L'insieme appartiene certamente a molte di- sparate epoche, ma, come fa il Ferrari nel Catalogo, e partico- larmente il Marinoni nel lungo suo lavoro, ad affermare che le tali freccie appartengono all’ epoca archeolitica, tali altre alla media, e quest’altre alla neolitica; che il tal coccio è romano, il tal altro preistorico e quest'altro gallico, mentre questi furono rinvenuti mischiati alla rinfusa in campi rimaneggiati? Forse dal minore o maggior grado di rozzezza? Ho già dimostrato coi fatti, in altra mia breve Memoria *, quanto insufficiente e fal- lace sia il voler formulare un giudizio dietro questo dato. A me pare che, dalla raccolta del Ferrari, non si possano de- durre altro che le due seguenti conclusioni: 1.° Al confluente del Mella e dell’ Oglio, l’uomo-abitò du- rante l’Età della Pietra e continuò ad abitarvi fino ad oggi. 2.° In qualcuna di quelle località, e specialmente al Chiavi- chetto ed a Gottolengo, ebbero certamente sede delle popola- 16 C. MARINONI, La terramara di Regona di Seniga e le stazioni preistoriche al confluente, del Mella nell’Oglio, nella Bassa Bresciana. 17 CASTELFRANCO, I Merlotitt, stazione umana della 10 Età del ferro sulla riva destra del Ticino, in- lai con 2 tav., negli Atti della Soc. It. di Sc. nat. Vol. XVII, fase. IV, PALETNOLOGIA LOMBARDA. 383 zioni identiche per costumi a quelle delle terremare del Parmi- giano e del Mantovano. Oltre queste conclusioni, le quali, mi affretto a soggiungerlo, sono pur fra quelle dei benemeriti signori sac. G. B. Ferrari e dott. Camillo Marinoni, non credo prudente arrischiarne altre, aspettando perciò scavi regolari e sistematici, i quali non ven- nero fatti finora nelle accennate località. La scienza ha delle esigenze matematiche, e tuttociò che esce dal campo delle certezze incaglia il corso degli studî e delle investigazioni; le supposizioni e la poesia vanno bandite dalla seria discussione scientifica, se non si vuol cadere d’uno in al- tro errore, appoggiandosi sulle malferme fondamenta di afferma- zioni avventate. Finchè l’archeologia si è contentata di accu- mulare, nelle vetrine dei Musei, oggetti di curiosità, senza quasi mai assicurarsi delle provenienze e delle condizioni di primitiva giacitura, nè tampoco notarle, quella scienza rimase vagante, in- certa e derisa; il giorno invece in cui il Boucher di Perthes ed il vecchio Nilsson ed altri valenti naturalisti incominciarono a ri- cercare le antichità, dette preistoriche, coi più severi metodi d’investigazione, la paletnologia prese nome e posto rispettati fra le scienze esatte; e tutti noi dobbiamo vegliare a impedirle di vagare nell’ incerto, ed esser pronti a correggere noi stessi, pei primi, ove occorra, qualche nostra propria avventata affer- mazione. Sotto il titolo di due grossi bottoni trovo pure, nella raccolta del Ferrari, uniti a una wvolsella, due di quelle placche di bronzo, ornate; consimili a quella che ho descritta come proveniente da Rovio, in altro mio lavoro !°. In queste, come in quella, nel ro- vescio, si scorge la particolarissima ansetta centrale che doveva servire a fissarle sulla stoffa dell’ abito col mezzo di alcuni punti d’ago. Non vi ho scorto però il gancio terminale della placca di Rovio; ma non è a dirsi che non ce ne fosse in origine, que- ste del Ferrari essendo tosate e logore sui margini. Sono pro- 18 CASTELFRANCO, La necropoli di Rovio, ai piedi del Monte Generoso nel Can- tone Ticino, In-8 con 2 tav. nel Bull. di Paletn. It., Anno 1°, N. 4 e 5, 384 P. CASTELFRANCO, ” venienti da Gabbionetta, presso il cimitero, nella provincia di Cremona. Intorno a questi arnesi, pubblicherò, ove me lo per- metta il Ferrari, una particolareggiata Memoria. A Brescia perdei la compagnia degli amici Delfinoni, Miani, Paravicini, Sordelli e Zersi, i quali se ne tornavano verso Milano. Rimanemmo a Brescia in due, il Pigorini ed io, e per qualche giorno ancora seguitammo a visitare l’ Esposizione e prendere annota- zioni. Durante questo tempo fummo colmati di gentilezze d’ogni sorta dai signori Giuseppe Gallia, segretario dell'Ateneo; Pietro | da Ponte, distinto archeologo bresciano; conte Tommaso Caprioli, | conservatore del Musco Civico; dott. G. Rambotti, ecc. Colgo | quest’ occasione onde tributare a quei distinti signori tutti i mi- gliori ringraziamenti e le più vive attestazioni di riconoscenza. — A Brescia venne a prenderci il sacerdote Francesco Masè di Ca- stel d’ Ario, e con lui ci recammo a Verona. In quella bella città visitammo i Musei e la stupenda molle di oggetti litici e stoviglie, scavati e raccolti dal prof. Pellegrini sulla cima ed al piede della Rocca di Rivole, alle Chiuse del- — l’ Adige, e descritti dallo stesso in una dotta Memoria.'* . Dopo esaminato, in casa del Pellegrini, tutto quell’immenso | materiale, fra cui uno scheletro umano, l’indomani, gentilmente | guidati dal cortesissimo professore, ci recammo a Rivole e visi- — tammo minutamente tutti i luoghi degli scavi, assistendo pure alla | scoperta, fatta sotto i nostri occhi, di alcune di quelle helle | freccie. : Di lassù si gode di una vista stupenda. Al piede della monta- gna a picco sulla quale giaceva la preistorica stazione, scorre | l’ Adige fra due mura di roccie, alla profondità di quasi 200. me- tri. Spettacolo sublime! E quali pensieri di meraviglia e di stu- pore mi si affollarono alla mente, pensando a tutte le vicende di quel lembo di terra italiana, a quelle forti posizioni sempre dispu- tate da tutti i nordici invasori della terra nostra! E con quel pa- — norama stupendo sotto gli occhi e riportandomi involontariamente 1° GAETANO PELLEGRINI, Officina preistorica del Monte Rocca, Rivole veronese, con | 10 tavole, Verona 1875, PALETNOLOGIA LOMBARDA. 385 ai tempi di tante storiche lotte, risalivo mano mano, affannosa- mente, fino al giorno in cui, su quell’aspra roccia, e riparati solo sotto le sporgenze dei còvoli, viveva una tribù di nudi selvaggi ognora in lotta contro la pioggia, il vento, la fame; incerti del domani come dell’oggi; sempre in agguato in cerca di una mal sicura preda, oppur vegliando immoti, con lo sguardo fisso nella valle, intenti a sorprendere o indovinare, lungo il tormentoso corso del fiume soggiacente, le intenzioni ed i passi d° altra tribù nemica. Ad un tratto odo un lontano rumore, seguìto da un acutissimo e prolungato fischio; è una lunga fila di carrozzoni della ferrovia, che passa rapida lungo le sponde dell’ Adige e mi richiama bru- scamente all’epoca in cui siamo. Il treno è passato; ed io tornato ad esaminare le selci lavorate e le stoviglie della tribù selvaggia, pensavo che questi miseri ed uni- ci documenti storici di un tempo così lontano, eran forse destinati a sopravvivere a tutte l'altre storiche memorie delle Chiuse d’Adige! Ma qui mi accorgo di essermi lasciato trascinare anch'io nel campo della poesia e mi affretto ad uscirne. Ed esco pure dalla provincia di Verona, chè, avendo deciso, nel titolo di questa Me- moria, di occuparmi di Paletnologia lombarda, non vorrei man- care alla promessa. A Verona ci furono larghi di cortesia, oltre il Pellegrini, i si- gnori prof. Martinati, De Betta, Patuzzi ed altri, ai quali offro pure il mio tributo di riconoscenza. Il Pellegrini partì con noi da Verona, e col Masè, che diventava allora la nostra guida, ci recammo a visitare le terremare del Mantovano e la ricca raccolta dello stesso Masè che ci volle ge- _nerosamente ospitare in casa sua. Di queste terremare è già stato discorso, con sapienza di ve- dute, dal Masè?° e dal Giacometti di Mantova?' in qualche loro scritto. Mi limiterò quindi a parlarne in modo sommario. 20 Francesco Mask, Atti della Soc. It. di Scienze naturali. Vol. XII, pag. 142 e 143. Dello stesso: Abitazioni palustri nel Mantovano, 4 pagine e una tavola; negli Atti della Soc. Veneto-trentina di Sc. nat., Vol. II. 21 VINCENZO GIACOMETTI, Relazione intorno ad alcune scoperte paleoetnologiche fatte nelle adiacenze di Mantova. 1868, in-8. Vol. XVIII. 25 386 J P. CASTELFRANCO, Sono finora 8 stazioni: Bigarello, Pomella, Franciosa, Castel- lazzo, Casazza, Demorta, Coazze, Sorgà-Tione. Queste ultime due sono in Provincia di Verona. Il Masè ci condusse a visitare due di quelle terremare; quella di Castellazzo dove fummo cortesemente accolti dal padrone di quel fondo, signor Martini; ed alla Franciosa, di proprietà del si- gnor dott. Giov. Nuvolari, il quale volle pure gentilmente gui- darci. Le terremare del Mantovano, causa forse la grande estensione delle risaje livellatrici, sono generalmente mal conservate, nè vi si osserva il rialzo o mammellone così spiccato nel Parmigiano; alcune di quelle stazioni sono anzi quasi esaurite pei notevoli e ripetuti abbassamenti fatti subire al terreno da quei laboriosi col- tivatori. Tuttavia, dall’ispezione delle località stesse, dalle prese informazioni, dagli oggetti raccolti da noi stessi, a fior di terra, in quelle due località, e finalmente dall’esame accurato della co- piosa raccolta del Masè, ho potuto, per parte mia, venire alle se- guenti conclusioni generali : 1.° Queste stazioni del Mantovano, e le due del Veronese, sono terremare probabilmente identiche a quelle del Parmigiano. 2.° Le popolazioni che le formarono cominciarono ad abitare tutte quelle località durante l’Età della Pietra e quasi in tutte continuarono a rimanére circa fino ai primordii dell’ Età del Bronzo, che fu causa della loro distruzione totale. 3.° Le loro abitazioni dovevano essere costruite allo stesso modo di quelle delle citate terremare dell’ Emilia, e ne fanno fede i pezzi di battuto?* raccolti da noi stessi sul luogo, e non accennati nelle memorie del Giacometti e del Masè. — Tuttavia non ci fu possibile assicurarci se si fossero trovate mai le trac- cie dei diversi ordini di palafitte, come si verificò sull’altra sponda del Po. ; 4.° I costumi di queste popolazioni dovevano essere iden- tici a quelli dell’altra sponda, e ne fanno fede le anse lunate e l’ornamentazione dei vasi, in tutto simili, per esempio, a quelli 27 STROBEL e PIGORINI, Op. cit. PALETNOLOGIA LOMBARDA. 387 di Castione; le cuspidi di selce, la scarsità degli oggetti di bronzo, gli aghi e punteruoli d’ osso; l’ornamentazione e la forma delle così dette fusaiuole, ecc.; e non mancavano neppure, come prova delle stesse vicende, le scorie porose di vasi fittili, le quali, uno dei sapienti illustratori delle terremare della riva destra del Po, dice ridotte a questo modo dai violenti incendî subiti dalle ca- panne stesse. Due o tre giorni dopo visitammo il Museo civico di Mantova. Non ho mai visto tanta polvere, tante ragnatele e tanta confu- sione quanto in questo. Di chi ne sia la colpa, non so; fatto sta che vi regna il caos in tutto il suo trionfo. Vetrine semi- vuote; oggetti senza numeri, nè indicazioni; tutte le Età storiche e preistoriche gettate alla rinfusa qua e là, come nei terrapieni del Castello di Brescia. Fra questo pandemonio notai tuttavia una interessantissima situla di bronzo, di lastra sottile, congiunta con chiodi ribaditi. È simile, o consimile, per fattura e profilo, a quelle di Hallstadt, di Vadena,”° di Golasecca. ?* Quanto sarebbe interessante conoscerne la provenienza precisa, e quanti tesori di simil genere restano così inutilmente giacenti anche in altri Musei! A Mantova mi separai dal prof. Pigorini e dall’ eccellente Masè, e ripresi la via di Milano. Tornato a casa, e dopo due o tre giorni di riposo, ripresi la ferrovia, onde recarmi a Golasecca a praticarvi quegli scavi che, a diverse riprese, soglio farvi tutti gli anni. Questa volta ci an- davo per incarico della Direzione generale dei Musei e degli Scavi, di recente istituita in Roma, e con fondi somministratimi dal Ministero della Pubblica Istruzione. È noto che, al sud del Lago Maggiore, e sulle due rive del Ticino, si estenda, sopra un’area di circa quaranta chilometri quadrati, una sparsa necropoli. A gruppi a gruppi, quando sulla 23 GioRGIo SULZER, Dell’origine e della natura dei dialetti volgarmente chiamati Romanici ecc., tav. IX. 24 BERNARDINO BIoNDELLI, Dì una tomba Gallo-Italica scoperta a Sesto Calende sul Ticino, Milano, 1867. tav. II, fig. 1.9 388 P. CASTELFRANCO, cima o nei pendii delle colline, e quando nelle profonde valli, s’ incontrano, nascoste sotterra, antiche tombe, formate di rozze sfaldature di pietra o di ciottoli, e che contengono ognuna un’urna cineraria formata senza l’uso deltornio; ed inoltre sco- delle, coppe, fusaiuole, cilindri a cappocchia, fibule, anelli ed armille di bronzo, ecc. Sessanta o settant'anni fa, quelle tombe si attribuirono al dia- volo ?"; nel 1824 il Giani le disse di Romani sepolti da Galli°°; nel 1852 il B. Biondelli le riputò ad un tempo celtiche e gal- liche?”; e gallo-italiche nel 1867?*; altri le dissero etrusche, e così via. Oggi i moderni paletnologi, esaminandole con tutta la scrupolosa esattezza della scienza, si contentano di farle risalire alla Prima Età del Ferro, senza designare per ora alcun nome di popolo. E, per parte mia, concordo ora pienamente col loro parere; senonchè, la Prima Età del Ferro essendo durata cer- tamente in Italia per un lungo tratto di tempo, mi sforzai in questi anni addietro, dedicandomi quasi esclusivamente allo stu- dio della citata necropoli, di vedere a quale periodo di quella Età dovessero appartenere le tombe di Golasecca e dintorni. Poco ‘a poco, scavando centinaja di quelle tombe, e notando esatta- mente tutte le particolarità di ciascuna, mi era parso di osser- vare che tutte quelle sepolture appartenessero a due classi o ca- tegorie distinte; ma non sapevo a cosa attribuire quelle diffe- renze, nè dove cessassero. . Preoccupato da quella idea, e désiderando venirne in chiaro, e d’altra parte scarseggiando dei denari necessari onde eseguire — scavi regolari e sistematici, chiesi al Ministero qualche piccola somma a tale scopo. Dal canto suo, il Ministero della Pubblica Istruzione bramava collocare nel nuovo Museo paletnologico di Roma qualcuna delle - 25 G. B. GIANI, Op. cît., pag. 221. 26 G. B. GIANI, Op. cit., pag. 166. 27 B. BIONDELLI, Antichi monumenti celtici în Lombardia; nel periodico I? Cre- puscolo del 12 settembre 1852. 28 B. BIONDELLI, Di una tomba Gallo-Italica, ecc. PALETNOLOGIA LOMBARDA. 389 tombe e delle urne delle nostre celebri necropoli; aderì quindi alla mia proposta, e mi venne accordato quanto io chiedeva. Giunto a Golasecca, il 2 settembre scorso, scavai durante il mese, in quei dintorni, 35 tombe, ed avendone studiato i partico- lari con tutto lo scrupolo, fui così in grado di venire alle se- ‘guenti conclusioni: 1.° Tutte le tombe della Prima Età del Ferro, sparse sulle due rive del Ticino, appartengono a due distinti periodi di quella Età medesima. 2.° Il più antico dei due periodi è caratterizzato dalle urne a triangoli graffiti, e da altre particolarità nelle forme degli al- tri vasi e dei bronzi accessorîi; il meno antico è caratterizzato da urne liscie, rosse o nero-lucide, con ornamentazioni non graf- fite, ma brunite a stralucido,’° e talvolta senza ornamentazione alcuna; ed anche qui, i vasi accessori ed è bronzi di questo se- condo periodo si distinguono, per molti caratteri, da quelli del primo. La stazione dei Merlotitt®° è un’abitazione del 2° periodo. Distinte così le numerose tombe di Golasecca, si possono de- durre, per corollario, le Età relative di altre necropoli della valle del Po; così, per esempio, la necropoli di Villa Nessi in Val di Vico," appartiene al 1° periodo di Golasecca; Malgesso, od al- meno l’urna di quella località, esposta al Museo di Varese, ed illustrata del Garovaglio,”° è del 2° periodo. Robarello,"* Breccia," Bismantova °° si riferiscono al 1.° Ritengo che questa scoperta, non frutto della mia perspicacia, 29 In favore della chiarezza sua mi si perdoni il neologismo imitato dal dialetto lombardo. 30 CASTELFRANCO, Op. cit. 34 A. GAROvAGLIO, Ultime scoperte dell’ Epoca Gallica a Malgesso, a Robarello ece., nella Rivista Archeologica della Provincia di Como. Fase. 2, agosto 1872. — Dello stesso autore: Ultime scoperte nella necropoli di Villa Nessi, ecc., nella Rivista Arch. della Prov. di Como, fasc. 6, dicembre 1874. 32 A. GAROVAGLIO, Rivista cit., fasc. di agosto 1872. 83 A, GAROVAGLIO, Op. cit. 34 A. GarovaGLIO, Nuovo sepolcreto gallo, trovato in Breccia presso Como nel 1872; nella Rivista cit., fase. 4, dicembre 1873. 35 G, CHIERICI, Sepolcri dì Bismantova; nel Bullettino di Paletn. It., Anno 19, N. 3. 390 P. CASTELFRANCO, PALETNOLOGIA LOMBARDA. ma bensì del gran numero di scavi praticati durante questi ul- timi anni, nelle non mai esaurite necropoli di Golasecca, possa portare una luce importantissima nella complicata questione della Prima Età del Ferro, e ci debba dare la chiave dei primi capi- toli della soluzione. A complemento delle accennate notizie intorno ai due periodi di Golasecca, pubblicherò il mese venturo, nel Bullettino di Pa- letnologia italiana, una estesa Memoria con tavole illustrative. Ed intanto chiudo la troppo lunga relazione, facendo voti per- chè il buon esempio datoci da Brescia, col farsi iniziatrice di una così splendida esposizione, venga presto seguìto da altre città della regione del Po, sperando che Milano, dove ha sede la So- ‘ cietà che fu la prima iniziatrice dei congressi Pei non vorrà essere l’ultima a mettersi in rango. LA TERMINAZIONE DEL NERVO OTTICO NELLA RETINA DEI BATRACII URODELI PEL D CARLO EMERY IN NAPOLI (Con una tavola.) (Seduta del 28 novembre 1875). Quantunque, da molti anni, valentissimi ed operosi istologi siansi affaticati a cercare una connessione anatomica fra i diversi ele- menti nervosi della retina, finora i *isultati ottenuti sono assai scarsi e non proporzionati agli sforzi a questo scopo diretti. Un tempo, il benemerito EnkIco MiiLLER credeva aver scoperto, nelle fibre raggiate che portano il suo nome, il legame che riunisce gli strati della retina, ma più tardi fu d’uopo riconoscere che questo legame non è nervoso, ma connettivale, per quanto sia lecito chia- mare connettivo il tessuto di sostegno dei centri nervosi e della retina. Diversi autori, nell’imprendere a lavorare su questa com- plicatissima membrana, ebbero per iscopo di dimostrarne la con- tinuità nervosa, ma senza poter conseguire il loro intento: così LanpoLt*® studiava la retina dei Batracàù; Reica® quella dell’ E- sox lucius; le ricerche di entrambi non diedero il risultato desi- derato, benchè d’altronde non siano rimaste infruttuose. Al LAN- GERHANS® è sembrato vedere in parte, e W. MiLLeR* ritiene per dimostrate le connessioni ammesse da M. ScHULTZE, sulle quali è fondato un ben noto schema della retina, cui però si attribuiva generalmente soltanto un valore ipotetico. 1 Beitrige zur Anatomie der Retina. Inaug. Dissert., Ziirich, 1870. 2 Zur Histologie der Hechtretina. Arch. f. Ophthalmologie, XX, 1. 3 Untersuchungen ueber Petromyzon Planeri: Freib. i. Br. 1873. * Ueber die Stammesentwicklung des Sehorgans der Wirbelthiere. Leipzig, 1875. 392 c. EMERY, Avendo incominciato a lavorare sulla retina, nel laboratorio del prof. FREY a Zurigo, tornato a Napoli, non tardai a ripren- dere, nell’istituto patologico di costì, lo studio interrotto, ponen- — domi a cercare anch’io la soluzione dell’arduo problema; in ciò mi decisi a seguire le orme del LAnpOLT, prendendo ad oggetto dei miei studî la retina dei Batract, i quali, tra tutti i verte- brati, primeggiano per la grandezza degli elementi dei loro tes- suti, e perciò si rendono cari all’istologo, che con minore fatica riesce a scoprirvi i più minuti particolari di struttura. Intanto la retina della rana non mi diede risultati soddisfacenti, mentre ne-_ gli urodeli potei sciogliere, almeno in parte, il quesito propostomi. Prima di venire alla esposizione dei fatti osservati, dirò qual- che cosa dei metodi di ricerca: Il reagente più importante, per lo studio della retina, è sempre l’acido osmico. Allo scopo dà ottenere buoni preparati per disgre- gamento, mi sono avvalso del metodo seguente, che è una modifica di quello adoperato da LANDOLT: i bulbi incisi vengono immersi, per 15 a 20 minuti, in una soluzione forte (1 a 2%) di acido osmico, lavati poi in acqua distillata e lasciati per alcuni giorni in alcool debolissimo (25 %). Prima di sottoporre la retina al lavoro degli aghi, conviene liberarla dall’ alcool, lavandola con acqua distillata. I preparati microscopici così ottenuti, si conservano benissimo, chiudendoli, secondo il precetto di M. ScHULTZE, in una soluzione concentrata di acetato di potassa, anzichè in glicerina. Inconveniente dell’acido osmico è quello di coagulare, o. me- glio, di solidificare i liquidi interelementari, di modo che questi vengono a costituire, attorno alle cellule, reti delicatissime, le quali aderiscono ai prolungamenti cellulari ed alle fibre di so- stegno, celando anche talvolta i contorni; queste immagini hanno tratto in errore il LANDOLT, il quale non ha potuto, in mezzo a quell’intreccio complicatissimo, discernere le fibre di sostegno e le fibre nervose; però d’ordinario non mi è occorso vedere re- ticoli così complicati come li descrive l’autore citato; forse ciò dipese da lievi differenze nel modo di adoperare l’acido osmico, forse anche dall’aver io cercato, nei miei preparati, quei punti in LA TERMINAZIONE DEL NERVO OTTICO NELLA RETINA, ECC. 393 : cui gli elementi cellulari apparivano maggiormente liberi da sif- PI fatte appendici, che ritenni, fin dal principio, per artefatti. L’acido picrico mi ha dato ancora buoni risultati, sia per in- durimento, adoperandolo in soluzione acquosa satura, sia per ma- cerazione, unito all’ acido salicilico nella proporzione seguente: acido piaggio. . 030 ‘acido*Sghieste0157% 20 1 UgRio acqua distillata . . . 100 — L’acido salicilico impartisce agli elementi cellulari una tenacità maggiore, che permette d’isolarli più facilmente con i loro pro- lungamenti. Però, con un po’ d’esercizio, si apprende a ricavare, dalle retine trattate con acido osmico, preparati buonissimi, e le immagini ottenute con quest’ultimo reagente sono sempre assai più nitide. » L’acido picrico non solidifica i liquidi interelementari, ma rende fortemente granulosi i nuclei, e ciò nuoce alla chiarezza dei preparati. Le retine trattate con l’acido picrico si prestano assai bene alla tinzione col carminio, ed in questo stato possono for- nire ancora bellissimi tagli. A tale scopo, pongo sopra un pezzo di midolla di sambuco ben spianato una goccia di densa solu- zione di gomma arabica, vi applico il pezzo di retina, su questo aggiungo altra goccia di gomma, indi vi distendo sopra una sot- tile fettolina dell’istessa midolla di sambuco, fissandola ai due estremi, per impedire che la retina si contorca, lascio disseccare il tutto, finchè la superficie libera della gomma non sia più at- taccaticcia, e l’immergo poi in un bagno d’ alcool a 75 %,. In questo liquido, la gomma acquista una consistenza tale da per- mettere di ‘eseguire i tagli più sottili; la colorazione rossa del pezzo rende più agevole valutare a prima vista, dalla gradazione della tinta, la spessezza delle sezioni. Immersi in acqua distillata, i tagli si liberano in pochi istanti dalla gomma e dalla midolla di sambuco ad essi aderenti. ‘ Gli animali sui quali ho istituite le mie ricerche, sono: la Sa- lamandrina perspicillata, il Triton cristatus e l’Axolott ; di que- 394 C. EMERY, st'ultimo sono debitore al prof. PANCERI, il quale, con somma gentilezza, volle porre a mia disposizione un esemplare dei pochi che possedeva. Nelle pagine che seguono, tratterò principalmente della retina del Tritone, perchè di questo solo mi è riuscito ot- tenere numerosi preparati. I, TESSUTO DI SOSTEGNO DELLA RETINA. Avrei poco a dire su questa parte della retina, se non dovessi combattere alcune vedute di LanpoLr. Ho già detto che considero il reticolo intercellulare dello strato granuloso interno, come un prodotto artificiale, dovuto all’acido osmico, o in altri termini come l’espressione di spazî riempiti di un liquido solidificabile per azione di questo reagente; esso non ha nulla di comune con le fibre di MiiLLer, nè con le fibre nervose. Con l’acido picrico, ed anche talvolta con l’acido osmico, si riesce a dimostrare come le fibre di sostegno si continuano tutte, senza ramificarsi, fino allo strato intergranuloso. L'acido picrico permette d’isolarle quasi perfet- tamente liscie, come ScawALBE le ha ottenute, per mezzo del clo- ruro di sodio (10 %). L’estremità interna delle fibre di MiLLER costituisce un rigon- fiamento imbutiforme, la cosidetta zampa d’oca, che contribuisce a formare la membrana limitante interna, o limitante di PACINI. Non mi è stato possibile scorgere un nucleo in questa estremità delle fibre di sostegno; però, sembra che la dilatazione imbuti- forme contenga una sostanza speciale, capace di rigonfiarsi in modo straordinario sotto l'influenza di alcuni reagenti, sicchè, tra la limitante interna e la jaloide, si vede, in taluni preparati macerati nel miscuglio picro-salicilico, una serie regolarissima di spazîì limitati da sottile membranella, che danno, a prima giunta, l’idea di interstizî comunicanti fra loro. Isolando una fibra in questo modo alterata, quella specie di vescicola che trovasi alla sua estremità interna si rompe, e forma delle pieghe, le quali ap- pariscono come filamenti che partissero dai margini della zampa d’oca. COMPERE E RE ANZA, ). " ae LA TERMINAZIONE DEL NERVO OTTICO NELLA RETINA, ECC. 395 Le fibre di sostegno tutte si arrestano nello strato intergranu- loso,_ove si sfioccano, inviando parte dei loro rami nello strato granuloso esterno, mentre un’altra parte contribuisce a formare la porzione più interna dello strato intergranuloso. Quella parte che penetra nello strato granuloso esterno è massimamente co- spicua nell’Azxolo?l, nel quale le fibre di MiLLER sono assai ro- buste, mentre nella Salamandrina invece. sono molto sottili, e le loro ramificazioni poco visibili. Nello strato granuloso esterno, i rami delle fibre di sostegno raggiungono: la membrana limitante di SCHULTZE. Anche in questo strato l'acido osmico è capace di produrre coaguli intercellulari, i quali, talvolta assumono l'apparenza di sottilissime membranelle, tal’ altra volta quella di un reticolo con maglie proporzionate alla grandezza degli elementi cellulari. I cosidetti nuclei delle fibre di MiiLLeR mi hanno mostrato sempre la forma di cellule endoteliali applicate sulla superficie delle fibre. Il loro corpo è appiattito\e limitato da contorni an- golosi; pare che dagli angoli partano talvolta sottilissimi prolun- gamenti; la colorazione a carminio vi dimostra un nucleo, per lo più non molto precisamente contornato. Questi rapporti si rico- noscono specialmente bene nelle retine della rana e del tritone trattate con acido picrico, poi colorate a carminio e lasciate per lungo tempo in glicerina. Una volta mi è occorso vedere nella rana due fibre di sostegno riunite da una cellula endoteliale comune. Lo strato molecolare interno appartiene anch’ esso, per la mas- sima parte, al tessuto di sostegno. II. PARENCHIMA DELLA RETINA. Sotto questo titolo comprendo le fibre del-nervo ottico, le cel- lule ganglionari, le cellule dello strato granuloso interno, quelle . dello strato granuloso esterno con i rispettivi bacilli e coni (cel- lule visive di W. MiiLLER, neuro-epitelio di ScawaALBE) ° e le clave di LANDOLT. 5 GRAEFE e SARMISCE. Handb. d. gesammten Augenheilkunde. I, pag. 398. Leip- zig, 1874, 396 C. EMERY, Le fibre del nervo ottico presentano nel Triton una disposizione affatto speciale: nei tagli delle membrane dell’ occhio, nel punto — d’ingresso del nervo ottico, si vede che le sue fibre, prima di giungere alla superficie interna della retina, prendono un decorso | obbliquo;, ed in questa direzione traversano lo strato delle cellule ganglionari, di modo che, una parte di queste cellule, più vicine — al centro della papilla, trovansi situate all’interno dei fasci di | fibre nervose (fig. 4). 4 Nei Batracii le cellule ganglionari hanno forma globosa, con un grosso nucleo che riempie quasi tutta la cellula. Nella Sala- | mandrina il loro diametro è di 12 p, e sono disposte in tre o quattro ordini; nel Tyriton misurano 15, e sono ordinate in uno | o due strati; raggiungono 18 p. nell’ Axotot!, ove formano uno strato solo. I Lo strato granuloso interno è costituito per la massima parte | da cellule nervose bipolari con un prolungamento centrale esilis- simo ed un prolungamento periferico più spesso, che seguiremo | poi fino alla limitante esterna. Quelle cellule, che poggiano di- rettamente sullo strato molecolare, non mi hanno mostrato pro- lungamento periferico; esse sono certamente diverse dalle altre cellule dello strato, e probabilmente non sono nervose, ma vanno . ritenute come quelle stesse cellule alle quali BABUCHIN attribuisce £ la formazione di questo strato molecolare, per cui W. MiiLeR le ha nominate Spongioblasti. Per la loro grandezza, le cellule di | questo strato, tanto le bipolari, quanto i Spongioblasti, sono quasi eguali a quelle dello strato ganglionare. L'altezza dello strato è di 7 a 9 cellule nella Salamandrina, di 4 a 5 nel Tri- ton, di 2 a 3 soltanto nell’Axolotl. È Lo strato granuloso esterno è più variabile nella sua struttura: Nella Salamandrina consta di due a tre serie di cellule fusifor- . mi; le più esterne trovansi impegnate nelle lacune della limitante esterna e raggiungono lo strato intergranuloso, mediante un ‘sot- tile prolungamento; le più interne poggiano direttamente sullo strato intergranuloso, e, per mezzo di un prolungamento perife= rico, si mettono a contatto col rispettivo cono. LA TERMINAZIONE DEL NERVO OTTICO NELLA RETINA, ECC. 397 Nel Zriton queste cellule hanno una forma cilindroide irrego- lare, da somigliare a cellule epiteliali, e sono più allungate e sot- tili nel centro della retina, più larghe e depresse nelle regioni anteriori; disposte sempre in uno strato solo; sono assottigliate con una certa alternanza all’ apice o alla base, di modo che il punto più stretto di una cellula corrisponde pressocchè al punto più largo della cellula vicina; non vi è differenza tra le cellule apparte- nenti ai bacilli e quelle spettanti ai coni. Parlando di questo strato, LANDOLT ha disconosciuto affatto la struttura delle cellule che lo com- pongono: egli descrive come corpo cellulare il nucleo grandissimo, il quale riempie quasi tutta la cellula, mentre chiama-nucleo il nu- cleolo. Il protoplasma cellulare, rafforzato da coaguli estracellu- lari dovuti all’ acido osmico, vien considerato da lui come invi- luppo connettivale delle cellule, o tessuto di sostegno, che con- giunge lo strato intergranuloso alla limitante esterna. Quando però si hanno per controllo preparati colorati a carminio, non può restare dubbio alcuno sul significato istologico di questi ele- menti. Il protoplasma cellulare, che avvolge d’uno strato sotti- lissimo il nucleo, acquista alla base maggiore spessezza, adagian- dosi sullo strato intergranuloso, mentre alla periferia si conti- nua col segmento interno dei bacilli e coni. Nell’ Axolotl, le cellule dello strato granuloso esterno hanno forma globosa e rassomigliano a quelle degli altri strati; sono disposte in due ordini: le più esterne spettano ai bacilli, stanno per metà fuori la limitante esterna e raggiungono lo strato in- tergranuloso per mezzo di un breve e robusto filamento alquanto dilatato all'estremo; le più interne appartengono ai coni, siedono propriamente sullo strato intergranuloso, e con un collo un po’ ristretto si mettono in rapporto con la limitante esterna e col rispettivo cono. In mezzoalle cellule di questo strato, trovansi altri elementi, de- scritti per la prima volta da LANDOLT, per cui li chiamerò organi di LANDOLT o clave di LanpoLT; nel Tritone costituiscono filamenti non molto esili, i quali si vedono sorgere dallo strato intergranuloso ed innalzarsi fino alla limitante esterna; verso la loro estre- 398 C. EMERY, mità, si rigonfiano in una clava; talora presentano due rigon- fiamenti. e alcuna volta occorre osservare nel loro interno qual- che granulazione, dovuta probabilmente all’azione dei reagenti. Nell’ Axolotl le clave sono quasi perfettamente simili a quelle del Tritone, ma sono più grandi, come ancora sono più grandi gli altri elementi della retina. Invece nella Salamandrina non ho rinvenuto clave propriamente dette, ma bensì filamenti esilissimi,. con grosse varicosità o meglio dilatazioni (forse dovute all’ acido osmico?), i quali traversano lo strato granuloso esterno, senza contrarre relazioni di continuità con le cellule di questo strato.° Non mi sono specialmente applicato ad investigare la minuta struttura dei bacilli e coni; mi trovo però in completo accordo con W. MiiLLER, nel dichiarare che questi elementi non possono giustamente considerarsi come produzioni cuticolari; solo il seg- mento esterno ha tutti i caratteri di un’appendice cuticolare; il segmento interno invece fa parte del protoplasma delle cellule dello strato granuloso esterno e gli organi lenticolari, che vi sono contenuti, sono parti singolarmente differenziate di questo protoplasma, il quale li avvolge completamente. Nelle tre specie da me studiate, i coni mancano di goccia rifrangente” e pro- babilmente sarà così in tutti i Batracii urodeli; sonovi coni sem- plici e coni doppi; il segmento interno nei coni doppi è general- mente più lungo che nei semplici. Dalle pagine che precedono e dalle figure 1, 2 e 3, si rileva che le retine dei tre animali di cui ci occupiamo, quantunque foggiate sul medesimo piano, rappresentano tre forme diversa- mente complicate: a principiare con la Salamandrina e finire con l’ Awolotl, si vede che, mentre gli elementi cellulari diven- tano sempre più grandi, ne diminuisce il numero e si semplifica $ SCHWALBE (I. cit., p. 423) ritiene che le clave di LANDOLT non debbano essere . altro che filamenti distaccati dei conîì o dei bacilli; probabilmente egli non ha mai esaminato la retina di un Tritone; ogni equivoco è impossibile, perchè i granuli esterni di questi animali sono sprovvisti di filamenti. 7 HULKE (On the retina of amphib. cnd reptiles; Journ. of Anat. and Physiol., N. 7, 1866) attribuisce a torto ai coni dei tritoni una goccia adiposa; forse, avrà ritenuto por tale il corpo elissoide ? - $ sa LA TERMINAZIONE DEL NERVO OTTICO NELLA RETINA, ECC. 399 l'architettura dell'organo. La retina dell’ Axolott è la più sem- plice, mentre quella della Salamandrina, più complicata, rasso- miglia già a quella dei Batracii anuri. III. CONTINUITÀ DEGLI ELEMENTI NERVOSI E LORO TERMINAZIONE. Vengo ora a considerare i rapporti di continuità dei singoli elementi, nelle retine descritte. Dopo più mesi di lavoro, io di- sperava quasi di poter scoprire i cennati rapporti, quando, prima in un preparato all’acido picrico della retina del Tritone, mi riuscì vedere come un prolungamento periferico di una cellula bipolare dello strato granuloso interno traversava lo strato in- tergranuloso, per continuarsi in un elemento, che riconobbi es- sere una clava di LanpoLt. Facendo nuovi preparati, non mi fu difficile trovare altri punti simili, che feci osservare ancora al prof. ARMANNI e ad alcuni colleghi. Ottenni poi preparati ancora migliori da retine trattate con acido osmico e tali da non per- mettere più nessun dubbio. Alcune volte ho visto da una sola cel- lula partire due clave, talvolta l’ una più grossa dell'altra. An- che nella Salamandrina e più tardi nell’ Axolott, ho potuto con- fermare la continuità delle clave di LAnDOLT con le cellule nervose dello strato granuloso interno. In quest’ ultima specie, quei rap- porti si riconoscono facilmente con la massima chiarezza. . Questo fatto mi sembrava assai strano, perchè mi rendeva im- possibile spiegarmi in qual modo i bacilli e i coni, i quali però devono certamente avere importanza specifica per la funzione della visione, potessero rannodarsi agli elementi nervosi della re- tina. Intanto io avea veduto, nelle regioni anteriori della retina del Tritone, qualche fibra nervosa sottilissima traversare tutto lo strato granuloso interno, senza congiungersi a nessuna cel- lula di questo strato. Studiando poi l’occhio dell’ Axolotl, que- sto fatto mi si mostrò chiarissimo in molti punti; ed in un pre- parato all’acido osmico potei riconoscere ad evidenza come una "di queste fibre, traversato lo strato intergranuloso, si metteva poi in diretta continuità con una cellula dello strato granuloso esterno. 400 C. EMERY, Non credo però che questo rapporto sia sempre così semplice; mi è sembrato riconoscere che le cellule dello strato granuloso esterno avessero tra loro alla base relazioni più intime, che non son riuscito finora a chiarire. Potrebbe essere dunque che non ad ogni cellula di questo strato corrispondesse una fibra nervosa, ma che una di queste fibre invece spettasse ad un gruppo di granuli esterni e per conseguenza ad un complesso di bacilli e coni. al Le cellule dello strato granuloso esterno e quelle dell’ interno sono dunque elementi affatto indipendenti; ciascuna di esse si continua con un prolungamento centrale, che ho potuto seguire | fino allo strato molecolare interno, ed ha un prolungamento pe- | riferico terminale. Organi terminali dei granuli esterni sono i | bacilli e i coni; i granuli interni terminano invece con le clave di LANDOLT. I bacilli e i coni esistono in tutte le classi dei vertebrati; ora. dominano gli uni, ora gli altri; pare che la struttura di questi elementi sia intimamente dipendente dalle condizioni essenziali della percezione delle immagini ottiche, perchè non mancano mai, e negl’invertebrati sono sostituiti da elementi assai simiglianti. L'esistenza delle clave di LanpoLT è invece dimostrata solo nei Batracii urodeli. Però anche in altri animali sono stati osser-. vati elementi analoghi. Così LaneERHANS descrive e figura *, nella stato granuloso esterno del Petromyzon Planeri, taluni filamenti. i quali s'innalzano dallo strato intergranuloso ed hanno gran-. dissima simiglianza con le clave dei Batracii. Reica ha scoperto. nell’ Esox lucius certi corpuscoli fusiformi, i quali, sorgendo dallo strato intergranuloso, si continuano attraverso la membrana limi tante esterna con una punta finissima che sporge tra i bacilli. Egli stesso dichiara essere questi organi diversi da quelli de- scritti dal LANDOLT; però, quantunque diversi, potrebbero pure essere omologhi. Egli è probabile che, con attente ricerche e me- di terminazioni speciali, appartenenti alle cellule dello strato. 8 L. cit., tav. VII, fig. 6. LA TERMINAZIONE DEL NERVO OTTICO NELLA RETINA, ECC. 401 granuloso interno. Abbiamo visto nel tritone una cellula dare ori- gine talvolta a due clave. Sappiamo d’ altronde che nella rana i prolungamenti periferici delle cellule dello strato granuloso in- terno si biforcano ordinariamente nel giungere allo strato inter- granuloso; MERKEL ha osservato l’ istesso nella Macula lutea del- l’uomo, e nel vitello ScawALBE descrive quei prolungamenti, come suddivisi in molteplici rami sottilissimi. Sarà certamente assai difficile seguire quei tenuissimi filamenti attraverso lo strato intergranuloso e riconoscerli poi nello strato granuloso esterno, in mezzo alle cellule ed alle fibre nervose e di sostegno compo- nenti questo strato; ciò basterà forse a spiegarci come finora non siano stati visti. Io stesso nella rana ho veduto alcune di queste fibrille traversare lo strato intergranuloso, ma le ho poi smar- rite, senza poterle seguire più oltre. Questo còmpito resta riser- vato ad ulteriori studii. Non mi diffonderò in lunghe considerazioni sul valore fisiolo- gico delle due specie di terminazioni nervose, che mi trovo con- dotto ad ammettere nella retina. Le funzioni di questi elementi non potranno argomentarsi, pria che si sia giunti a riconoscere le modifiche che subiscono le terminazioni delle cellule dello strato granuloso interno, nelle diverse classi della serie animale. Sono stato meno felice nel cercare la continuità nervosa de- . gli strati esterni della retina con le cellule ganglionari, e credo ne sia principale causa la spessezza e la consistenza dello strato molecolare interno, nel tritone. Particolarmente atta a siffatte ‘ricerche sembrami essere la retina dell’ Axolo#?, la quale, fra tutte le retine a me note, si distingue per la massima semplicità di struttura e la straordinaria grandezza degli elementi cellulari. Chi disponesse di numerosi esemplari di questo interessante uro- delo potrebbe contribuire potentemente al progresso delle nostre cognizioni sulla tessitura della retina. Vol, XVIII. 26 402 C. EMERY, LA TERMINAZIONE DEL NERVO OTTICO, ECC. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. Fig. 1. Sezione verticale della retina della Salamandrina perspicillata, Acido osmico. Ingrandimento 130: 1. » 2. Sezione verticale della retina del Tyiton cristatus. Acido osmico 130: 1. » 3. Sezione verticale della retina dell’ AxolotZ. Acido osmico 130: 1. » 4. Sezione attraverso le membrane dell'occhio del Triton cristatus nel punto d’entrata del nervo ottico. Le fibre nervose, prima di giungere alla su- perficie interna della retina, s'inflettono per traversare obliquamente lo strato delle cellule ganglionari, Acido picrico. 130: 1. » 5. Porzione di una fibra di sostegno della retina del Yrifon, con i suoi rami che decorrono nello strato granuloso esterno ed, abbracciando una cellula di questo strato, raggiungono la limitante esterna. Acido picrico e carmi» i nio. 380: 1. > 6. Dalla retina del Tyiton. Acido picrico e carminio. 540: 1. 4 a e Db. Cellule nervose dello strato granuloso interno in continua- | zione con clave di LANDOLT rimaste in rapporto con lo strato gra- nuloso esterno. » 7. Dalla retina del Triton. Acido osmico. 540: 1. di a. Una cellula dello strato granuloso interno in continuazione con due | clave ed in rapporto ancora con lo strato granuloso esterno. » 8. Zriton; cellule nervose dello strato granuloso interno, isolate con le loro È clave. Acido picrico ; carminio. 540: 1. È. a. Con due clave delle quali una sottilissima filiforme. È b. Con una sola clava, avente aderenti alcuni residui dello strato in- | tergranuloso. il » 9. Cellule simili da una retina trattata con acido osmico. » 10. Dalla retina della Salamandrina perspicillata. Acido osmico: 540; 1. a. Frammento dello strato granuloso esterno, con filamenti nodosi che | rappresentano le clave. b. Uno di quei filamenti isolato. » 11. Dalla retina dell’ Axolot!: due cellule nervose dello strato granuloso ini terno, con le loro clave. Acido osmico. 540: 1. d 12. Dalla retina dell’ Axolot2. Acido osmico. 380: 1. a. Fibra di sostegno. b. Cellule dello strato granuloso interno. . c. Cellule dello strato granuloso esterno. ‘ »d d. Una cellula dello strato granuloso esterno, in continuazione con una | fibra nervosa che traversa tutto lo strato granuloso interno, fino. ì allo strato molecolare. ti w Seduta del 28 novembre 1875. Presidenza del presidente prof. cav. Emilio Cornalia. Il segretario legge la Memoria inviata dal socio dottor CARLO: EmERY, col titolo: La terminazione del nervo ottico nella retina dei Batracj urodeli. In essa l’autore dopo aver esposto quanto siano imperfette le cognizioni che si hanno intorno ai rapporti esistenti fra gli elementi della retina e del nervo ottico, descrive i metodi da lui tenuti nelle indagini ed i buoni risultati avuti sottomettendo all’osservazione microscopica preparati presi fra i batracj urodeli, dopo avere senza alcun successo tentato sopra i batracj anuri. Correda il lavoro del socio Emery una tavola con parecchie figure che opportunamente servono a chiarire le idee espresse dall’autore. Viene quindi invitato il socio prof. Castelfranco a riferire in- torno alle escursioni e ricerche da lui fatte in Lombardia durante il passato autunno. Il socio Castelfranco dà lettura di un suo Scritto in argomento nel quale dopo di avere descritto tutto quanto di notevole si trovava all’ Esposizione di Archeologia prei- storica della provincia di Brescia, aperta nello scorso mese di ‘agosto, tocca successivamente delle cose più importanti da lui i vedute a Bergamo, a Verona, a Rocca di Rivole, nel Mantovano, | per indi riferire sommariamente intorno agli scavi da lui prati- ‘cati nella necropoli di Golasecca, tanto sull’una quanto sull’altra ‘sponda del Ticino, col far osservare come le tombe numerosissime che colà si rinvengono possono aggrupparsi abbastanza bene sotto 404 SEDUTA DEL 28 NOVEMBRE 1875. due diversi tipi, sia pel modo di costruzione delle tombe, sia per — la forma ed ornamentazione delle urne, sia pei metalli; tipi che senza dubbio ‘segnano due diversi periodi successivi nella civiltà di quel popolo. Intorno al quale argomento che più davvicino interessa l’ archeologia, l’autore promette più estesi ragguagli in un lavoro ch'egli dice voler pubblicare nel Bullettino di Palet- nologia italiana, edito in Parma. | £l segretario legge il processo verbale della seduta 28 luglio | 1875, che viene approvato. A proposito del qual processo verbale ha la parola lo stesso | segretario Sordelli, per fare la seguente comunicazione : | Otto giorni appena dopo la seduta 28 luglio scorso, nella quale fu letta la nota del dottor C. Massalongo, sulle anomalie del fiore | della Linaria vulgaris, io erborizzava nelle vicinanze della stazione di Camnago, quando sul fondo d’una cava di sabbia avevo la for». tuna di trovare, insieme a molte altre piante di nessun particolare interesse, alcuni esemplari di Linaria vulgaris, coi fiori a tre spe» roni in luogo dello sperone unico proprio della forma tipica. Ve ne. potevano essere una quarantina di esemplari, tutti affetti dalla stessa | abnormità. Ho osservato inoltre che dette piante erano assai gracili. e molte avevano filato, per usare un vocabolo dei nostri giardinieri, | mentre nella forma normale lo stelo è proporzionato, diritto e piut- tosto robusto. I fiori avevano, anche osservati freschi, dimensioni di un terzo minori del solito, ma in compenso tre speroni, il mediano. quasi sempre maggiore, minori i laterali, ma sovente di ineguale lunghezza fra loro. Non credo di allontanarmi molto dal vero attri-. buendo alla particolare natura del terreno, soltanto sabbiosa, una in-. fluenza nella produzione di dette anomalie, poichè appena pochi passi. fuori della cava ed in tutti i dintorni cercai, ma non vidi più nem- meno una Linaria a fiori anormali. | È quindi per ultimo posta ai voti la nomina a socio effettivo del signor StALIO LuIGI, professore emerito di nautica, di Venezia, proposto dai socj Spinelli e fratelli Antonio e G. B. Villa. Viene eletto ad unanimità. Il Segretario: F. SORDELLI. CENNO SU TRE CASI DI POLIMELIA NELLE RANE (con una tavola). (Seduta del 2 gennajo 1876.) n Nel fascicolo di agosto e settembre scorsi della Rivista scien- tifico-industriale del VimERCATI, pag. 214, vennero inseriti dei Cenni su due casi di Polimelia nei Batracì del prof. F. FABRETTI in Perugia. In aggiunta ad essi e nell'interesse della Teratolo- gia stimo opportuno di far conoscere altri fenomeni simili, quali si osservano in tre rane conservate nel Museo di storia natu- rale dell’ università parmense. Di due di esse a Polimelia sinistra, aveva già nel 1865 rife- rito al De MORTILLET, il quale ne diede notizia nei Matériaua pour l histoire de V homme, vol. 1, pag. 302, a complemento del sunto da lui pubblicato in quel periodico alla pag. 123 del la- voro del GERVAIS, citato dal prof. Fabretti alla pag. 215, nota 2. | Una di quelle rane appartiene alla specie Rana esculenta, var. cenerina. L’arto suo suprannumerario sporge quasi dalla linea me- diana della parte inferiore, ma un millimetro circa più verso il fianco sinistro, e sul limite tra la regione toracica e la ventrale ; si dirige all’innanzi ed all’ingiù; è assai sottile, e non giunge che alla metà circa della lunghezza degli arti anteriori normali, ma, a quanto puossi giudicare dalla semplice ispezione esterna, consterebbe di tutte le parti ossee che compongono quelli; non posso però asserirlo con certezza, avendo trovato nel gabinetto 406 P. STROBEL, l’esemplare già imbalsamato. La zampa soprannumeraria è tetra- dattila come le zampe normali, ma le dita sono assai divaricate, sì che gli esterni s'incontrano, alla base comune, ad angolo retto. — Dalla regione ascellare parte una fascia cenerina, fiancheggiata da macchie nerastre superiormente e da una striscia dello stesso colore inferiormente, attraversa la parte inferiore dell’ animale sino all’arto soprannumerario, segnandovi il limite toracico-ven- trale, e discende lungo la parte posteriore dell’arto sino alle dita. La seconda rana mostruosa è una Rana temporaria, imbalsa- mata essa pure. L’arto soprannumerario sporge dal lato sinistro — del foro anale, si articola verso la sinistra, ed è composto del | femore della gamba (tibia-fibula), delle due ossa tarsiali lunghe e delle metatarsiali delle sole due dita esterne. La membrana | stesa fra queste ossa del metatarso offre la forma di mezzaluna. — La colorazione dell'arto non è diversa da quella degli arti posteriori normali. i Il terzo è un caso di Polimelia destra e si verifica in una Rana | esculenta var. cenerina, raccolta avanti un pajo d’anni nei din- torni di Parma. L’arto posteriore soprannumerario destro parte | dalla regione del pube. Il capo articolare superiore del suo fe- more trovasi davanti al corrispondente capo articolare del femore normale destro, e quindi tutto l’arto soprannumerario penzola an- teriormente all’arto normale!. Al femore dell'arto anormale s’ar- ticola la gamba e ad essa le due ossa lunghe del tarso. Queste | non articolandosi con altre ossa, i loro capi inferiori terminano assottigliandosi. L’arto è dunque incompleto, manca cioè di parte delle ossa tarsiali e delle metatarsiche e dalle falangee. Ma esso è inoltre imperfetto, cioè, le ossa delle quali consta sono più brevi e più sottili, ed i muscoli che le muovono sono atrofici. Infatti, | i mentre che nell’arto posteriore normale destro il femore è lungo . 33 millimetri, la gamba 37, e le due ossa lunghe del tarso arri- vano alla lunghezza di 15 millimetri, nell’arto soprannumerario il femore non giunge che a 30 millimetri di lunghezza, la gamba a 4 Per maggiori dettagli veggasi la spiegazione della tavola. CENNO SU TRE CASI DI POLIMELIA NELLE RANE. 407 32 e le ossa tarsiali a 13 millimetri. Il diametro minimo della diafisi del femore di questo arto tocca appena mill. 1,75, e quello della gamba 1,50. La pelle ravvolge insieme le coscie degli arti gemelli sino oltre la metà della lunghezza; di là essi si disgiungono. — La colorazione dell'arto soprannumerario poco differisce da quella del suo compagno; è soltanto un poco più carica. Le fascie trasversali di macchie nerastre della coscia normale continuano anche sulla parte dorsale dell’anormale, e macchie dello stesso colore veggonsi sparse sul dorso d’ambe le gambe. Le macchie nerastre che limitano il lato interno delle coscie sono assai più intense nell’arto anormale che non nel normale. Esposti i fatti converrebbe passare a trarne le conseguenze te- ratologiche. Ma dovrei entrare in un campo speciale del quale non mi sono occupato, e quindi lascio che altri s’impossessi di tale argomento. ’ Solo mi permetto un’ osservazione filosofica. Se, sostenendo che la Polimelia sia rara nei Batraci, s'intende di asserire che pochi sono i casi osservati e studiati di tale mostruosità od anomalia in quel gruppo di vertebrati, nulla ho da eccepire; ma se, al con- trario, s'intendesse di sostenere, come sembra, che nei Batraci tale fenomeno si verifichi assai più raramente che nei vertebrati a sangue caldo, allora mi fo lecito di dubitarne. Nel maiale, nella pecora, nel bue, nella gallina, nell’ anitra, vertebrati a tempera- tura costante nei quali la Polimelia fu meno raramente osservata, essa, trattandosi di animali tutti domestici, ci si presenta, per così dire, contro nostra volontà; non possiamo a meno di avve- dercene e di tenerne conto. Ma nelle rane, come in tutti gli ani- mali selvatici, siamo noi che dobbiamo andare in cerca del feno- meno, se vogliamo osservarlo, e da ciò, a parer mio, la scarsità di casi conosciuti. Se in meno di 30 anni in un solo paese si sono notati tre esempi di Polimelia nella Ziana, perchè il mero caso ce li offerse, quanti, conviene ragionevolmente supporre, sa- ranno rimasti sconosciuti. È vero che le rane compaiono sul no- stro mercato, ma chi dei venditori e dei compratori pon mente alle loro mostruosità, o se pure ne fa le maraviglie, si cura di 408 P. STROBEL, far avere quei mostri a qualche studioso od a qualche museo di storia naturale? Ed in quanti paesi non evvi nè un naturalista, nè un museo, e le rane anormali vengono mangiate senza la vi- sita ed il permesso del veterinario, oppure son gettate per un senso di ribrezzo? Adunque ritengo che l’idea della scarsità dei casi di Polimelia nei Batraci sia solo relativa od almeno molto esage- rata, ed io mi augurerei di poter avere pel Museo di storia na- turale della R. Università di Parma tante lire quante rane con cinque arti apparvero in Europa dal principio del secolo a tut- . | t'oggi, e sono certo che potrei per qualche anno sollevare il pub- blico erario del peso di L. 650, splendida dote annua del detto Museo. Mi si obietterà probabilmente che la rarità è relativa al nu- mero complessivo degli individui, e che quindi, paragonando la quantità degli individui delle nominate specie di mammiferi e di uccelli con quella degli individui delle specie ranine, il numero di polimelici è proporzionatamente maggiore nelle prime specie — che non nelle seconde. Ammesso anche che la quantità degli in- — dividui del genere rana sia maggiore di quella degli individui delle — dette specie di vertebrati a sangue caldo, sebbene se ne possa dubitare, queste essendo oggidì cosmopolite, osservo che il para- gone non regge, in quanto che si pongono a confronto animali domestici con animali selvatici, animali pertanto che non tro- vansi in condizioni biologiche uguali. Per provare che la Polime- lia è più rara mei vertebrati a temperatura variabile che non in | quelli a temperatura costante, bisognerà addurre dei fatti, osser- | vati tutti od in individui domestici od in individui selvaggi, poi- chè in tale caso soltanto essi sarebbero enti d’ eguale valore fisio- logico e termini perciò paragonabili. Sinchè non si avrà ottenuta la prova in tale modo, attenendomi solo ai fatti conosciuti, mi permetto di enunciare la relativa legge in modo ben diverso, cioè: | la ‘Polimelia è più rara megli animali selvatici che non nei do- mestici, ed il fenomeno entra nel gruppo di quelli che vengono — prodotti o favoriti dal domesticamento. Il fatto non raro, che le lucertole hanno code bi- e tri-fide, CENNO SU TRE CASI DI POLIMELIA NELLE RANE. 409 starebbe pure, per analogia, contro la supposizione che le mo- struosità e le anomalie, e quindi anche la Polimelia, siano più rare nei vertebrati a sangue freddo che non in quelli a sangue caldo. Parma, novembre 1875. P. STROBEL prof. di Mineralogia. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. pi a LTL 1. Rana esculenta. Polimelia sinistra, anteriore. 2. Rana temporaria. Polimelia sinistra, posteriore. a. Articolazione del femore colla gamba. b. Articolazione della gamba col calcagno e coll’astragalo. c. Osso metatarsico del pollice. d. Osso metatarsico del mignolo. » 3. Rana esculenta. Polimelia destra, posteriore. 3.2 Articolazione superiore dei due femori destri. Parti ossee e cartilaginee. a. Parte superiore del femore destro normale. b. Parte superiore del femore destro soprannumerario. b.' Testa del medesimo, coperta da cartilagine; era ravvolta dalla capsula fibrosa. c, c. Margine anteriore cartilagineo della cavità cotiloidea, dilatatosi per modo da formare colla concavità del pube un acetabolo per la testa del femore della gamba soprannumeraria. Non solo questa, ma anche la testa del femore normale s’articola con tale prolungamento del bordo della cavità cotiloidea, il quale s° interpone tra esse a guisa di sepimento, sì che l’una testa, quella del femore anormale, gli sta davanti, e l’altra di dietro. Cadauna vi era tenuta a posto da una capsula fibrosa. » 3.b. Rivestimento cutaneo-epidermico dei femori delle gambe gemelle, il quale prova come il movimento della gamba soprannumeraria non possa essere stato affatto indipendente, bensì subordinato e quasi coordinato a quello della gamba normale. SUL CONGRESSO DEI NATURALISTI SVIZZERI IN ANDERMATT NEL SETTEMBRE 1875 RELAZIONE DEL PROF. P. PAVESI . DELEGATO DELLE SOCIETÀ ITALIANA E VENETO-TRENTINA DI SCIENZE NATURALI, ! (Seduta 2 gennajo 1876.) bttn__ùn_nnnan Egregì Colleghi, Onorato dell'incarico di rappresentare la nostra Società al Congresso dei Naturalisti svizzeri, tenutosi in Andermatt il 13 e 14 settembre scorso, con osseq. lettera presidenziale,’ fa anche 4 Queste Società non contribuirono punto alle spese, le quali vennero sostenute privatamente da me. i 2 Milano, 25 luglio 1875. Pregiatissimo Signore, La Società italiana di Scienze naturali, invitata in persona del suo presidente ad assistere al Congresso, che la Società Elvetica di Scfenze naturali terrà ad Ander- matt nel prossimo mese di settembre, è ben lieta di poter deferire colla presente alla S. V. l'incarico di rappresentarla presso quella dotta Riunione. La S. V., già nota nel mondo scientifico per avere con varii pregevoli scritti illu- strato le naturali produzioni ed in particolare la zoologia della Svizzera, vorrà certo accettare codesto invito ed accoglierlo come un attestato della stima che i suoi col- leghi le professano. Il Presidente: CORNALIA. F. SORDELLI:? Segretario. Al preg. signor prof. Pietro Pavesi nella R. Università di Genova. Anche la Società Veneto-Trentina mi scriveva la lusinghiera lettera che traserivo SOCIETÀ VENETO-TRENTINA DI SCIENZE NATURALI Onor. sig. Prof. Dott. Pietro Pavesi Genova. La Società Veneto-Trentina di scienze naturali, nel desiderio di inviare un suo Delegato alla Riunione della Società elvetica di scienze naturali, che nell’anno corrente, Padova, 23 luglio 1875. P. PAVESI, SUL CONGRESSO DEI NATURALISTI SVIZZERI. 411 parte de’ miei doveri di mostrare se ed in qual modo abbia cor- risposto alla fiducia dei colleghi. Io ho già scritto in proposito due articoli, che presento, nei giornali La Perseveranza (18 sett.) di Milano e Gazzetta Ticinese (28 sett.) di Lugano; ma hò pen- sato piuttosto alla parte festevole della riunione, che alle qui- stioni scientifiche in essa svolte, riserbandomi di qui parlarvene. Andermatt è un villaggio della valle d’ Orsera, nel cantone d’Uri, elevato 1444 metri sul mare. La sua posizione, al crocicchio della grande strada del Gottardo, che dall’Italia scende nel cuore della Svizzera per Fiora ed il lago dei Quattro Cantoni, con quella della Furka e dell’Oberalp, lo fa conosciutissimo. Esso trovasi proprio assai vicino al punto dove la valle si stringe tanto che vi passa appena il fiume, onde fu bisogno tagliarsi la via, traforando il Kirchberg col celebre e secolare Urnerloch 0 Buco d’Uri; ma gode dalle altre parti di uno stupendo panorama. Il bel piano alpino, traversato dalla rapidissima Reuss, che scatu- risce dal ghiacciajo di Lucendro, e dal Thalbach, che viene dal- l’Unteralp, si distende fino alle radici di erti monti, macchiati qua e là da candide nevi perenni, che formano solo bel contrasto col nero del bosco sacro, che protegge il villaggio. Questo ha già un carattere decisamente tedesco; le case sono di legno, ma in piccol numero, più numerosi gli alberghi in pietra e le botteghe di lavori di quarzo o di piccole collezioni mineralogiche del paese, da vendersi a prezzi favolosi. Il giorno 12 il villaggio era già tutto ornato a festa. Prima del- l’ora fissata per ritirare le carte d’ ammissiorte, l’avevo percorso, e lette le frequenti iscrizioni di saluto ai Naturalisti, non che preso alloggio nel grandioso Hòtel Belle Vue, in cui doveva trovare stanza a modico prezzo (franchi 2,50 per notte) la maggior parte di noi. sarà tenuta ad Andermatt, ha nominato la S. V. Illustrissima a suo rappresentante. La sottoscritta Presidenza confida che Ella voglia accettare tale incarico, il quale Le venne affidato, sia perchè la S. V. Ill. fa parte della nostra Società, sia perchè Ella, provetto coltivatore delle scienze naturali, saprà compierlo degnamente. 1 Presidente: Prof. G. CANESTRINI. Per il Segretario: Dott. GIACINTO FEDRIZZI, 412 P. PAVESI, Sull’albo leggo già il nome del nostro socio marchese Rosales-Ci- galini, dipartitosi subito all'indomani sera. Dobbiamo lamentare che nessun altro italiano vi accorresse, mentre l'elemento stra- niero riuscì poi abbastanza hene rappresentato. Il tempo mi trascorse in fretta, ammirando il paesaggio; osser- vando chiusi vivi, in una specie di chalet a destra dell’albergo, una giovane aquila reale, qualche marmotta e conigli; adocchiando le botteghe e visitando il vecchio Nager-Donazians, Vice-Presi- dente del Congresso, che fa pure commercio lucrosissimo in uc- celli, ma che non ha potuto accondiscendere al mio vivo deside- rio di esaminare la sua raccolta cantonale, per averla poco prima . spedita in Altdorf. l'occhio e constatabile soltanto col mezzo di un apparecchio sen- sibile. 432 i P. PAVESI, Questo apparecchio fu inventato dal Forel e chiamato Plemi- rametro. È un bacino di terra o di zinco, messo in comunicazione col lago per mezzo di un sifone in tubo di cautchuc al quale, più presso che si può al bacino, si sostituisce un pezzo di tubo di vetro del medesimo diametro, in cui circola un piccolo galleg- giante di cera, portato alla densità precisa dell’acqua con sab- bia, che non può entrare e nascondersi nel tubo di cautchuc in causa di piccole spirali di filo metallico. L’autore enuncia la teoria che le seiches siano onde di oscilla- zione fissa, cioè ondulazioni di altalena (vagues de balance- ment) dell’acqua dei laghi, che oscillerebbe nei loro grandi bacini amo’ dell’acqua di un bicchiere, al quale s'imprima una scossa o, meglio, come l’acqua di esso, agitata direttamente con determi- nata misura. Ne ricerca le leggi e le formula così: 1.° La durata delle oscillazioni è la stessa nelle medesime condizioni di lar- ghezza o profondità del bacino, qualunque sia l’ ampiezza del mo- vimento. 2.° Nelle medesime condizioni di profondità, la durata dell’onda di oscillazione fissa aumenta colla lunghezza del ha- cino. 3.° Nelle medesime condizioni di lunghezza la durata del- l’onda aumenta in misura che la profondità diminuisce. E le spiega con molti dati, assunti ai laghi di Bret, Joux, Morat, Wal lenstadt, Brienz, Thun, Neuchàtel, di Costanza e di Ginevra. Del resto il prof. Forel ha fatta l'osservazione simultanea alle due estremità del lago di Neuchatel ed ha constatato che, quando l’acqua sale ad una, si abbassa all'altra e viceversa. Infine ha scoperto l’esistenza di due sorta di seiches, che chiama longitu- dinali o trasversali, se l’onda di altalena è stabilita secondo il grande od il piccolo asse dei laghi, le quali poi possono anche sovrapporsi. La causa di queste onde costanti deve attribuirsi ordinaria- | mente alle variazioni di pressione atmosferica. Esse raggiungono il massimo di ampiezza quando il barometro è in movimento e specialmente quando si abbassa; alcune straordinarie sono con probabilità dovute a scosse di terremoto, ed anche il vento può determinarle sui piccoli laghi. aan a ini nes SUL CONGRESSO DEI NATURALISTI SVIZZERI. 433 Queste considerazioni di:geografia fisica ci chiamano a sentire di geologi, presieduti dal prof. B. Studer di Berna. In prima il dott. Stapff, svedese, ingegnere-geologo della Società del Got- tardo, descrive, con ricchezza di particolari, le roccie traforate fin’allora dalla galleria, le quali si succedono precisamente ‘come alla superficie della terra. Il 14 settembre s'era pervenuti a 2505” dalla parte di Goschenen, sempre ancora nella formazione del Finsteraar. Si credeva che a 2647” si sarebbe trovato. il calcare cristallino granuloso o marmo, segnato anche sui profili della nostra Carta proprio sotto la chiesa di Andermatt e cre- duto dal Giordano della potenza di 130". Esso sta in parte rin- chiuso nel calcare scuro è si può seguire lungo la valle d’Orsera fin sopra il Furka. Il prof. Escher della Linth tempo fa vi aveva trovato dei fossili evidentemente giuresi. In questa valle gli strati della roccia d’ ambo le rive della Reuss sono identici e la gola della Schollenen non è un’enorme crepaccio delle mon- tagne, ma una valle di erosione. Ad onta di ogni induzione, non si potrà giungere a risultati esatti sulla geologia del Gottardo, se non quando sarà perforato. Successivamente il prof. Chavannes cerca di dimostrare che il gesso e la dolomia delle alpi vodesi e vallesane appartengono @ diverse antiche formazioni nei diversi luoghi, e li chiama meta- morfici; la qual cosa non è poi ammessa dal prof. Renevier di Losanna. Questa discussione seguita con un comunicato del prof. Lory di Grenoble sulla Tarantaise e la Maurienne. Ed il prof. Gilliéron aggiunge una nuova sua scoperta, che comprova viemmeglio la presenza del gesso nella recente formazione del Flysch. Il dott. Baltzer ‘di Zurigo presenta due ceneri bianche, cadute nel 1873 sull’isola Vulcano in così grande quantità da simulare una nevicata. A differenza delle ordinarie ceneri, una di esse è di pura e microscopica tridinite cristallina, e l’altra contiene 85 per % di gesso, con fina pellicola carboniosa. Entrambe sareb- bero prodotte dalla decomposizione delle materie vulcaniche per Vol. XVIII 28 434 P. PAVESI, azione degli acidi, avvenuta durante un lungo periodo di fuma- rola del vulcano. Riprende la parola il dott. Stapff, per riferire intorno alla vi- cenda delle acque nella galleria del Gottardo. Nella parte nord essa è rimasta quasi affatto asciutta, ad onta che siasi già pas- sato quattro volte sotto la Reuss; essendo una valle d’ erosione, la roccia non può essere più permeabile quì che in qualunque altro luogo vicino. Invece dalla parte di Airolo la massa d’acqua, che scola durante gli scavi, è considerevole, fino a raggiungere 217 litri al 1". Ma si comprende che trattasi di acqua lungamente accumulata per il fatto della inclinazione rispettiva e contraria degli strati e delle fosse conduttrici dell’acqua, e perchè cessa lo scolo delle fosse poste all’indietro degli strati acquiferi ogni volta che si traforano. La seduta è chiusa colla presentazione fatta dal prof. Studer di un rilievo del gruppo del Gottardo in scala di 1:50000, mo- dellato in plastica dal sig. X. Imfeld di Sarnen, che vince per lavoro quanti si potevano vedere all’ esposizione di Vienna e che dimostra essere l’autore non povero di cognizioni geologiche. Finiti i lavori delle sezioni, circa al tocco ha luogo il secondo pranzo sociale. Non posso dimenticare almeno il discorso del dott. Hemmann, per lo scopo delicatissimo ed umanitario di proporre una colletta a beneficio dei malati opera] della galleria, degni di sollievo quanto i feriti di battaglie, perchè, la causa per la quale combattono, siccome strenui soldati, è la facilitazione dei com- merci, la fraternità dei popoli e l’incivilimento. Fu proclamato fra gli applausi che la colletta diede franchi 278,60. Ricorderò anche l’altro brillantissimo del Chavannes, che vede nello spirito della Società elvetica, al contrario delle roccie metamorfiche cir- costanti “ des elements qui ne se métamorphosent pas! ,, Verso le 4 pom. ci avviammo quindi alla seconda seduta ge- nerale nella chiesa. Il segretario legge un breve resoconto, il pre- sidente annuncia gli opuscoli donati alla Riunione, poi si trat- tano gli affari correnti e leggonsi i rapporti delle Commissioni speciali. Allora appunto venne lamentata la perdita del nostro È Ò SUL CONGRESSO DEI NATURALISTI SVIZZERI. 435 ottimo conservatore ing. Emilio Spreafico e dichiarato che si li- tografa adesso il foglio di Lugano e Mendrisio della Carta geo- logica della Svizzera, da lui lavorati per incarico della Commis- sione geologica e della Confederazione. Si decide di mandare all’ esposizione di Filadelfia gli Atti e le Memorie della Società dell’ ultimo decennio, destinandoli poi ad una biblioteca scientifica d’ America. Si vota di ringraziare la Commissione per la statistica della tubercolosi in Isvizzera, spe- cialmente il di lei segretario dott. Emilio Miiller, dietro rap- porto del prof. Hagenbach. Viene sostituito il prof. Riitimeyer di Basilea al prof. B. Studer nella Commissione pel premio annuale Schifli. Sono accettati, per votazione segreta, 41 nuovi Membri della Società e designata Basilea a sede della Riunione del 1876, sotto la presidenza del sullodato Riitimeyer. Il prof. Hagenbach informa che il Consiglio scolastico svizzero ha interpellato il Co- mitato centrale della Società sulla questione di acquistare un po- sto per la Svizzera alla Stazione zoologica Dohrn in Napoli. De- sor, a nome del Comitato federale del Politecnico, domanda pure cosa bisogna fare in proposito, ed i professori Forel ed Hiss in- sistono con vivacità perchè quel posto venga decisamente acqui- stato o dal Pohitecnico o meglio dalla Confederazione stessa; per il che si faranno difatti le più attive pratiche. Il sig. Stapff riferisce sulla temperatura delle roccie dell’ac- qua e dell’aria nella galleria del Gottardo, ed il prof. Colladon continua, il suo discorso della mattina precedente, trattando ora delle macchine usate per i trafori. La più antica, la più semplice e sempre la migliore di tutte, è la mano dell’uomo, perchè si adatta a tutte gli accidenti, ma è anche la più debole. E però ne vennero man mano inventate di artificiali, che sono più forti, ma richiedono ancora l’uomo per assisterle e regolarle. La prima perforatrice fu quella del- l'ingegnere inglese Bartlet, costruita nel 1855 e che già servì al Cenisio. Qui l'oratore entra in dettagli su di essa e sulle altre più perfette o successivamente modificate, ma non potò giungere alla fine prefissa del suo discorso giacchè si era fatta notte. 436 =. PAVESI, SUL CONGRESSO DEI NATURALISTI SVIZZERI. ‘Così è terminata la Riunione di Andermatt. I soci si separa- vano già per diverse vie, ed il maggior numero partì colle dili- genze della sera e della notte; chi si fermò o discese per Gò- schenen godette anche lo spettacolo d’una splendida e fantastica illuminazione al Ponte del Diavolo.... io quella dell’ argentea luna al Passo del.S. Gottardo. Eccovi, stimatissimi colleghi, finito il mio Sombitol Non mi resta che da ringraziarvi dell’onorevole mandato e confermarvi il carattere famigliare; senza pompa, ma assai istruttivo e serio di questi congressi, dove gli stranieri. hanno la più cordiale ac- coglienza. Auguro che l’anno prossimo non pochi fra voi vogliansi recare in Basilea a persuadersene. Pavia, dicembre 1875, NB. La presente Relazione era già stampata, quando venni a conoscere quella detta- gliatissima, che trovasi nel fascicolo di dicembre degli Archives des sciences phys. et nat. di Ginevra (Nouv. Pér., LIV. 1875, p. 301), alla quale fa seguito il discorso del prof. Colladon sul traforo del Gottardo, sotto forma di Nota (Les travaux méca- niques pour le percement du tunnel du Gothard, p. 329). NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA FOSSILE DI CASSINA RIZZARDI DI FERDINANDO SORDELLI. (Seduta del 2 gennajo 1876.) Sono appena scorsi pochi mesi da che ebbi l’onore di intrat- tenere codesta spettabile Società intorno al deposito fossilifero di Cassina Rizzardi ed alla Fauna marina ch’esso racchiude ', e già mi trovo in grado di fornire intorno allo stesso argomento nuove notizie, le quali, oso sperare, gioveranno anch'esse a ren- ! F. SoRDELLI, La Fauna marina di Cassina Rizzardi, osservazioni paleontologiche (Atti Soc. ital. di Sc. nat., vol. XVIII; seduta del 27 giugno 1875, pag. 308-357). Dopo la stampa di quel mio lavoro e la pubblicazione fattane nel novembre 1875, pervenne alla biblioteca della nostra Società il volume delle VerRandlungen der schweizerischen naturforschende Gesellschaft in Chur, am 12 und 13 september 1874 (Chur, Buch- druckerei von Gebriider Casanova 1875), ed ho potuto leggervi il testo della comu- nicazione fatta dal prof. DEsoR all’adunanza di Coira, intorno alle località di Ber- nate (si deve intendere C. Rizzardi) e di Balerna. L'articolo relativo porta per titolo: Die Beziehungen der Eiszeit in den Alpen zur Pliocenen Formation von Ober-Italien (pag. 105-121) e mi è sommamente grato il poter qui soggiungere subito che la rela- zione datane dalla Bibliothèque universelle et Revue Suisse di Ginevra (15 oct. 1874 pag. 152), citata da fautori e da oppositori, e quindi, non senza le debite riserve, commentata anche da me, attribuisce in realtà a Desor maggiori spropositi di quelli che egli veramente abbia detto. Lo stesso articolo trovasi anche tradotto in francese ed inserito con poche varianti nell’opuscolo: Le Paysage morainique, son origine glaciaire et ses'rapports avec les formations pliocènes d’ Italie, par E. DESOR, e vi forma per intiero il capitolo II (p. 28): Rapport du paysage morainique avec les formations pliocènes d’Italie. Ringrazio il prof. Desor per avermi favorito una copia di questa sua nuova pubbli» cazione; debbo però in pari tempo dichiarare che non posso in alcun modo asso- ciarmi alle di lui conclusioni. Esse poggiano esclusivamente sulla affatto gratuita 438 F. SORDELLI, dere vieppiù accetta l’opinione da me manifestata intorno all’o- rigine alluvionale ‘di quel deposito; opinione la quale ha già trovato due sostenitori autorevolissimi negli illustri naturalisti supposizione che a C. Rizzardi ed a Balerna il pliocene marino ed i depositi glaciali siano contemporanei. Quanto a C. Rizzardi credo di avere in questo mio scritto e nell’antecedente rife- rito tal copia di notizie positive e con ogni possibile cura verificate, da non lasciar più alcun dubbio sull’assenza di ogni contemporaneità fra il nostro pliocene ed i ghiac- ciai antichi. Quanto a Balerna, ho già detto in succinto cosa ne penso (V. La Fauna marina di C. Rizzardi, pag. 312, pag. 7 dell’estratto). Il signor DESOR, senza neppure aver visitato quelle località, ammette tuttavia che ivi i fossili pliocenici marini si trovino mescolati alle argille glaciali. Non potendo riportare qui tutta intera la Memoria di Desor, ne trascrivo volontieri il seguente passo onde si veda che l’esposizione dell’ e- gregio autore, quantunque erronea nel fondo, lo è tuttavia un po’ meno di quella del citato periodico ginevrino: « Du reste cette association de fossiles pliocènes et de cailloux striés ne se rencontre pas seulement dans les environs de Come. Elle se présente aussi dans Vintérieur des montagnes, particulièrement dans le Tessin. Nous venions de voir au Museo Civico de Milan des fossiles pliocènes recueillis en compagnie de cailloux polis et striés, dans les environs de Balerna. Mais au lieu de s’y trouver dans du gravier meuble, ils étaient empàtés dans un limon sableux micacé. Outre les gastéropodes et quelques acéphales, ces fossiles offrent un certain nombre d’échinides de la famille des Spatangoîdes, dont le tét est extrémemente mince. L’espèce en question, un Brissopsis, qui est très voisin de Vespèce vivante de la Méditerranée, le Brissus pulvinatus, Phi2. (B. lyrifer Forb.?) si tant est que ce ne soît pas le méme, appartient aux genres qui, de tous les oursins, offrent le tét le plus délicat. Nous pourrions encore ajouter qu'il existe au Musée de Milan un échantillon de ce méme limon sableux provenant de Balerna, sur lequel on distingue très nettement des empreintes d’oeufs de gastéropodes marins. Or, il est évident que des corps aussi délicats excluent toute idée de transport » (Pays. morain.; p. 39). Ora codesta associazione di ciottoli striati e di fossili màrini non esiste, per quanto io sappia. Io che visitai più di una volta le località di Balerna e di Pontegana non ho mai osservato fossili marini nelle argille glaciali di Balerna, come non ho del pari osservato mai ciottoli striati nelle marne argillose di Pontegana con Fauna ma- rina (Conchiglie, Echini, ecc.). I prof. FAVRE e RiTIMEYER, i quali visitarono e stu- diarono attentamente le località ticinesi situate fra Mendrisio e Chiasso hanno essi pure trovato che nessun rapporto di contemporaneità od equivalenza esiste fra il pliocene marino della Breggia ed i depositi glaciali di Balerna e dei dintorni. Dirò ancora che se mai dovessi un giorno occuparmi in modo più speciale di que- gli importanti giacimenti, vorrei, per esempio, conoscere anche la composizione chi» mica di quella marna argillosa (limon sableua micacé di Desor) fossilifera, e parago- narla con quella dell’argilla glaciale che cavasi e si lavora alle fornaci Bolla presso Balerna, intimamente persuaso che, come differiscono alquanto tra loro nell’ aspetto, devono differire anche nei loro componenti e svelare anche da questo lato la loro differente origine. Trattandosi di addurre dei fatti sia a favore, sia contro una teoria, NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 439 svizzeri prof. ALpHonse Favre di Ginevra e L. Rimmerer ? di Basilea, i quali, avendo nell’anno or ora decorso visitate ed ac- curatamente studiate le località cotanto disputate di C. Riz- zardi e di Balerna, arrivarono concordi a conclusioni non solo diverse, ma opposte affatto a quelle divulgate dai signori pro- fessori DesoR e StoPPANI, e conformi invece alle mie. mi pare che le precauzioni non possano essere mai troppe. Questa mia riflessione, del tutto naturale, concorda colla osservazione del prof. ALPH. FAVRE, il quale in una sua lettera (24 dicembre 1875) ebbe a scrivermi che: «Ze terrain de Fontegana n'a aucune ressemblance avec Vargile glaciaire; » ed il prof. L. RiiTIMEYER, senza sa- pere dell'uno o dell’altro, ripete egli pure la stessa cosa. Cito î due passi in cui il chiarissimo paleontologo di Basilea parla del pliocene di Pontegana, solo punto dove tra il terreno marino ed il glaciale ha osservato, quale unico rapporto, quello di una semplice sovrapposizione: « Solcher Pliocen, den Marne azzurre des Subapennin ent- sprechend, mit vortrefflich erhaltenen Meeresmuscheln gefiillt, unter welchen Cassìdaria tyrrhena, Arca diluvii u. s. f. besonders reichlich sind, tritt zu Tage am òstlichen Fuss des Moruinen Hiigels von Pontegana, am Ufer der Breggia. Ueber die Lagerung dieses Gesteines giebt die geringe Ausdehnung, in welcher es auftritt, keinen Aufschluss. So viel aber ist sicher, dass es sich seiner Natur nach von den blittrigen und durchaus weichen Thon an der Basis der Moraine von Saltra (tra Mendrisio e Balerna) unterscheidet, und dass auch der Niveau-Unterschied zwischen beiden Vorkommnissen wohl weit îiber 100 Fuss: betragen mag.» <.<... « Ueber die Verhiltnisse bei Pontegana kann ein ernstlicher Zweifel kaum obwalten. Pliocen mit reichlichen marinen Mu- scheln bildet dort den Grund des Thales, und aufgesetet, ohne jeglichen Uebergang, îst die mihtige Moraine von Pontegana, fiir welche es ebenfalls an carakteristischen organischen Einschliissen nicht fehlt. Jch verdanke einem meiner friiheren Schiiler, Herrn Alph. Burckhardt aus Basel, gegenwiirtig Ingénieur an der dortigen Bahn, eînen vortrefflich erhaltenen Schédel von Steinbock, den er selbst aus dem Eisenbalin- durchschnitt von Pontegana heraus gehoben hat — fiir die Fauna nicht gerade ein Beleg von Uebergang.» (Ueber Pliocen und Eisperiode. p. 19-20). 2 L. Riirimeyer, Ueder Pliocen und Eisperiode auf beiden Seiten der Alpen. Ein Beitrag zu der Geschichte der Thierwelt in Italien seit der Tertitirzeit. Basel, 1876. La pubblicazione di questo importante e coscienzioso lavoro fu fatta nel dicembre 1875. — Il prof. ALPHONSE FAvRE, dell’ Accademia di Ginevra, ha pure pubblicato, dopo la lettura di questo mio scritto un suo breve articolo su Balerna e su C. Riz- zardi; esso è inserito negli Archives des sciences physiques et naturelles di Gine- vra, gennajo 1876, ed ha per titolo: Note sur les terrains glaciaires et post-glaciaires du revers méridional des Alpes dans le Canton du,Tessin et en Lombardie. Ante- riormente egli ebbe la bontà di comunicarmene PAR Lettera un sunto dal quale rile- vai il perfetto accordo che esiste fra il mio modo “di vedere e le osservazioni fatte dal chiarissimo geologo ginevrino. — Relativamente aMaziena potrei citare anche la testimonianza del signor Lucro MARI, bibliotecario in Lugano, il quale nelle varie sue gite alle fornaci di detta località non potè mai finora sgoprirvi.. fossili marini commisti a ciottoli striati (lett. 6 genn. 1876). DI Ca 440 P. SORDELLI, Malgrado io stimi quindi già vinta la causa, pure alcune mie nuove: osservazioni potranno non tornare discare a chi s’interessa alla questione e perciò le espongo, onde se non altro usufruire, per alcune di esse almeno, del diritto di priorità. Premetto tuttavia, ad onor del vero, che in queste mie nuove ricerche ebbi un valido ajuto nella indefessa ed intelligente col- laborazione del nobile sig. VirrorIo dei conti Turati. Ad esso devo la maggior parte delle aggiunte che in oggi posso fare all’e- lenco già copioso dei nostri fossili, avendo egli dedicato tempo e cure non poche alla ricerca sopratutto delle piccole specie, le quali finora erano state quasi trascurate. Egli mi procurò del pari una parte dei saggi che ho il piacere di presentare a co- desta adunanza e volle contribuire con perseveranti indagini alla conoscenza dei molluschi litofagi, la cui presenza era già stata fin da principio avvertita a Cassina Rizzardi. — Godo quindi di poter rendere pubbliche grazie a lui, del pari che ai signori: EcIpio Corti, che mi comunicò il frutto delle ricerche da lui.fatte a Cassina Rizzardi, dove ebbe la fortuna di osservare i primi esemplari lombardi del curioso genere Jouannetia. Prof. cav. Innocenzo REGAZZONI, che mi fornì alcune altre con-. chiglie provenienti dalla cava di Bulgaro grasso procurandomi così l'occasione di confermare meglio l'identità delle condizioni in cui si trovano le tre località di Bulgaro, di Ronco e di Cas- sina Rizzardi. civ Il territorio in cui sono situate le tre località fossilifere nom è evidentemente se non un piccolo tratto della vasta estensione di paese che in altri tempi fu invasa dal ghiacciajo, sceso dalle Alpi, lungo la walle oggidì occupata dal lago di Como. Avanzi di: schiette' morene sono sparsi qua e là per tale territorio e danno al medesimo una particolare fisonomia, quella appunto che Desor, vorrebbe chiamare paesaggio morenico *. Piccoli cumuli morenici 3 L'espressione è veramente pittoresca e sotto un certo punto di vista anche esat-' ta. Ma un paesaggio comprende varii elementi la cui associazione soltanto dà ad esso il suo speciale carattere; mancando uno di tali elementi il paesaggio cambia d’ a- NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 441 sono allineati da N. a S. fra Bulgaro e Ronco. Altri maggiori sono presso Fiorenzuola tra Ronco e. Fino, nel triangolo com- preso fra la Lura e la Livescia. Il borgo di Fino è esso pure addossato ad una collina morenica e costrutti sopra residui iso- lati di morene sono altresì i casolari di Socco e Monticelli lungo la strada comacina, nonchè il villaggio di Vertemate. Oltre il torrente Seveso abbondano del pari le morene ed anzi vi si ve- dono più sviluppate e più chiaramente disposte ad anfiteatro. Ma di esse non parlo perchè stanno fuori di quello spazio di terra più specialmente da me studiato e di cui conservo, qual grato ricordo, uno schizzo geologico preso durante le ripetute escursioni da me fatte nelle citate località. Dette morene si elevano sopra un altipiano in parte coltivato; sopratutto in prossimità dell’abitato, ma in molta parte ancora incolto, coperto da boscaglie e da scopeti che l’aratro assai len- tamente va dissodando. Tale altipiano dove non sia stato intac- cato dagli attuali fiumi e torrenti, è realmente una pianura af- fatto uniforme ed unita, ed anche colà dove è interrotta per erosione delle ‘acque è facile vedere come lo stesso piano continui sulla sponda ‘opposta. Ciò appare in guisa manifesta, per esem- pio, ai lati della profonda valle d’erosione in cui scorre attual-. mente il Seveso, come pure lungo il corso della Livescia. I ma-, teriali di cui è costituito tale altipiano sono sabbie, ghiaje e ciottoli fluitati in grande abbondanza, in genere materiali. molto incoerenti e . perciò erodibilissimi. Un ‘bellissimo esempio è. la. valle ora accennata del Seveso e dell’Acqualunga * per buon spetto, diventa tutt’altro. Nel paesaggio morenico, elemento predominante sono le mo- rene, è superfluo il dirlo; ma in esso vi sono anche depositi alluvionali formatisi în tempi diversissimi, ai quali le morene fornirono i più copiosi materiali, sia diretta- mente siù indirettamente ; vi sono laghi e depositi lacustri, torbiere, ecc. La più parte di queste formazioni, benchè trovino nelle morene la ragione precipua di loro esi- stenza, non debbono però confondersi colle morene stesse e coi depositi ad esse con- temporanei. Quindi il nome «di paesaggio morenico, buono per esprimere un complesso di cose disparatissime, tutt’al più collegate tra loro per quel nesso che unisce insieme . cause ed effetti, non potrà mai servire a designare un ferrero od un'epoca, nel senso almeno che i geologi danno a queste parole. 4 Codesti due torrenti confluiscono poco lontano dalla stazione ferroviaria di Cue- ciago. 442 F. SORDELLI, tratto percorsa dalla ferrovia Monza-Como; è la valle che co- desti torrenti si sono essi stessi scavata, e non posso quindi ca- pacitarmi come mai Desor abbia potuto fare la peregrina sco- perta che dessa fosse invece un fjord flagellato dal mare. ‘ Nel suo recente lavoro “ Le paysage morainique', dopo avere premesso che le formazioni glaciali e le conchiglie di Cassina Rizzardi sono contemporanee, ecco come il prof. Desor eWlustra codesta parte della lombarda geologia: “ Si ce fuit est mis hors de doute, il en résulte que la méme mer pliocène a baigné en méme temps le pied des Alpes et celui des Apennins et que par consequent la Lombardie formait une mer intérieure à laquelle venaient aboutir les glaciers des Alpes et qui opposait un obstacle à leur plus grande extension vers le sud, comme c'est encore le cas aujourd’hui dans les contrées polaires. De cette mamière s°ex- plique aussi la disposition de cette singulière série de terrasses qui frappe le voyageur lorsque, venant de Milan, il approche de la région du paysage moraimique au nord de Monza, et qui, sem- blable dà une rangée de falaises, s’éetend devant lui a droite et a gauche à perte de vue. Selon toute probabilité, c’est là ‘que se trouvait le rivage de la mer lombarde à l’epoque de la retraite du grand glacier, après que celui-ci eut atteint l’extreme limite de son extension *. Manco male che dà la sua spiegazione soltanto ‘siccome pro- babile e subito dopo ammette egli stesso che l’assenza di conchi- glie marine ai piedi dei citati terrazzi, costituisce una diffi- coltà che osta all’adozione della sua strana teorica. Tutti sanno; infatti, che i terrazzi formati a destra ed a sinistra dei nostri fiumi e torrenti attuali non provano altro fuorchè la maggiore estensione che, in tempi geologici affatto recenti, avevano le me- desime acque, ora ristrette entro ben angusti confini. Così deve dirsi dei terrazzi del Ticino, dell’Olona, dell’Adda, ecc. Ora dalla legge comune non si scosta il Seveso “ è quale ben altro fiume esser dovea di quello che ora è ,, ©. è DesoR, Le Paysage morainique, p. 36. © AMORETTI CARLO, Viaggio ai tre laghi, p. 287. L’ Amoretti scriveva la frase ci- tata verso la fine del secolo scorso, facendo notare come quella che il Desor chiama x NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 443 | Ho voluto accennare alla formazione costituente il detto alti- piano, perchè appunto in essa, nello spazio compreso fra la Lura e la Livescia, si rinvenne sepolta la Fauna marina di trasporto, detta di Cassina Rizzardi, dal nome della località conosciuta per la prima e finora anche la meglio esplorata. È dunque una formazione alluvionale e non un deposito glaciale, come si è creduto e come sostiene ancora il signor Desor. Ed è falso del tutto quanto egli afferma, che, cioè, i materiali vi sono “ amon- celés sans la moindre stratification, sans aucune disposition régu- lière »". Certo il deposito non è così regolarmente stratificato come lo sono, per esempio, il lias di Moltrasio o gli scisti arde- siaci di Carona, ma lo è tanto quanto può esserlo una alluvione. Se si ha cura di premunirsi dall’illusione prodotta dalle frane e si osserva la sezione del terreno dove è proprio genuina, si 0s- serva benissimo a Cassina Rizzardi la seguente successione di strati, dal basso all’alto, cioè nell'ordine di loro sovrapposizione : 1.° Sabbie grossolane a grani d’ogni forma e dimensione, ghiaja e ciottoli in abbondanza, pure d’ogni forma. Ignoro la potenza di questo deposito, essendo scavato solo alla parte su- periore; esso però costituisce la parte più importante di tutta la formazione e si eleva col suo livello superiore a metri 6 circa sopra il vicino piano di campagna formato dall’alluvione recente della Livescia. Questa parte del deposito è ancora la più rimarche- vole per noi perchè da essa provengono la quasi totalità dei fos- sili marini, i ciottoli perforati e i pochi ciottoli portanti tracce delle strie glaciali. È dessa che potè far credere ad una morena deposta in mare, contro la quale spiegazione militano tutte le osservazioni che ivi si possono ripetere, sia sui fossili, sia sul terreno. Intanto la sabbia vi forma per entro degli straterelli falaise, cioè, l'alta costa su cui sono i villaggi di Minoprio, Lentate, Camnago, Mom- bello e continua fino a Senago, non sia altro fuorchè l’ antica sponda destra del Se- veso. Attualmente questo non ha acque perenni fuorchè nel suo corso superiore. In- feriormente il suo alveo è a secco la più parte dell’anno; eppure esso ebbe in tempi storici una parte importante nel regime delle acque che attraversano Milano. ? DesoR, Le Paysage morainique, p. 33. 444 FP. SORDELLI, orizzontali *, con alternanze di sabbia più fina e di sabbia più grossolana, come in qualunque alluvione. Ed è appunto. tra; le sabbie. più fine che troviamo i piccoli frammenti e le. con- chiglie. più minute e meglio conservate. Inoltre questa sab- bia, come tutta quella che traesi dalla cava, è sabbia di fiume e non di mare, come si vede esaminandola colla lente od anche stropicciandola fra le dita. I grani, cioè, non sono tondeggianti come nella rena di mare, ma conservano abbastanza bene i i loro sat spesso molto taglienti. N 2.° Un metro fino ad un metro e un quarto, circa, di sab- bia grigio-cenerognola a grana finissima, tutta uguale, simile a quella notissima della alluvione del Ticino; i ciottoli vi sono più rari, tondeggianti, non striati (almeno quelli che io vidi); i fos- sili vi sono rarissimi, ed alcuni tra quelli situati più in alto, tinti in rossiccio dall’ossido di ferro, penetrato coll’infiltrazione delle piogge. 3.° Lo strato più superiore, dello spessore di 1 metro a 1 '/, circa, secondo i varj punti dove lo si osserva, consta di pochi centimetri (da 15 a 20 circa) di terreno vegetale e nel resto di una sabbia argillosa, assai ferrugginosa, di tinta bruno- rossiccia, con entro sparsi dei ciottoli tondeggianti non striati. Questo strato, che costituisce il piano superiore, orizzontale 0 quasi, di tutto il deposito, ha troppa analogia con quel terreno che troviamo assai esteso in tutta l’alta pianura di Lombardia e chiamiamo ferretto®, per poternelo ritenere distinto. Dovunque si trova codesto ferretto alla superficie del suolo, il terreno è reso ribelle alla coltivazione, così che solo una piccola parte del- 8 Questa disposizione pare non fosse sfuggita anche al nostro Presidente professore E. Cornalia (V. Atti Soc. Ital. XVII, p. 409, nel processo verbale). 9 Circa l'origine del nostro ferretto tacciono affatto i geologi nostri nei loro seritti più moderni. BREISLACK (Desceriz. geol.. prov. di Mil., p. 37) e CuRIONI (nelle Notiz. nat. sulla Lombard., p. 86) pensarono fosse il sedimento di un antico mare, ma sol- tanto in via di mera ipotesi, senza poter citare alcun fatto che valga ad avvalorarla. Il ferretto manca di fossili proprii. Il solo ch'io vidi, un frammento di legno dico- tiledone infarcito d’ossido di ferro, rinvenuto dal dottor M. Rota nel ferretto della Groana, per la sua natura stessa, ben difficilmente potrà gettar lume intorno all’ ar- gomento. artiicazà CERI AIA NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 445 DI l’esteso territorio da lui occupato è ridotta a coltura! ; ne sono una prova, per citar solo i paesi più vicini, il territorio fra Tra- date ed Appiano, le Groane, l’altipiano fra Barlassina, Cantù e Mariano e i dintorni di Fino, di Vertemate e della Badia!!, in parte lasciati o coltivati a bosco, ovvero coperti soltanto dalla stentata vegetazione delle eriche. La stessa composizione del terreno si osserva nella cava aperta a Ronco. Tale località non è, per noi, meno importante della cava di Cassina Rizzardi; poichè quest’ultima essendo aperta sul margine di un terrazzo, si presenta a chi vi arriva da Fino come una collina bassa, orizzontale, mentre il deposito altro non è in realtà fuorchè una pianura erosa dalla Livescia. A Ionco l’illu- sione invece non è più possibile giacchè ivi siamo in un piano continuo, perfettamente livellato tutt’all’intorno e le morene ne sono assai più discoste che non a Cassina Rizzardi. Forse per questo è assai più difficile il rinvenirvi dei ciottoli striati ed anzi il prof. RirimeveR *° dichiara di non avervene potuto os- servare. Quantunque rari, pure è più facile il trovarne invece nella cava di Cassina Rizzardi. Ma come ho osservato mancano sempre in essi le strie più fine e delicate e quella lisciatura lucente che caratterizzano i ciottoli striati delle morene. Tutto ‘concorre a 10,..... «après avoir étudié les formes et la physionomie du paysage morai- nique, Jai été entrainé à en analyser les Éléments variés, è les coordonner en vue de tracer, sinon le tableau, du moins l’esquisse de cette période toute chaotique, mais interessante quand méme, puisque de ses ruines sont nés les dépòts superficiels qui par leur fertilité, devaient rendre le globe apte à devenir le séjour de Vhomme civi- lisé > (DESOR, Le pays. morain., p. VIII). Consimile idea si trova anche in altri libri di geologia. E però singolare che appunto le regioni da Desor descritte siccome ti- piche del suo paesaggio morenico siano caratterizzate invece da grande sterilità del suolo, tanto che vengono principalmente utilizzate per le esercitazioni militari. A leg- gere la descrizione che il Desor fa dei dintorni ‘di Amsoldingen, all'estremità nord- ovest del lago di Thun, e campo di manovre dello. truppe federali, colle sue morene, la pianura che ne dipende, e i suoi laghetti, sembra di aver sott'occhio il nostro campo di Somma o le sterili lande di Ghedi e di Montechiaro, dove ogni anno si at- tendano i nostri soldati, 11 È noto che il ferretto ha in Lombardia e fuori di essa un’ estensione considere» vole. Ho qui citato solo le località che più si connettono col mio argomento. 12 Riirimever L., Ueder Pliocen und Eispcriode, p. 14. 446 F. SORDELLI, dimostrare che, al pari delle conchiglie, anche codesti ciottoli siano stati rotolati dalle acque; la vicinanza delle morene spiega perchè alcuni conservino talora qualche traccia delle strie più grossolane. Nel mio scritto precedente ho detto che i ciottoli perforati non sono mai striati. Dovevo dire che non ne avevo ancora ve- duti. Infatti sono estremamente rari. — Tuttavia eccone uno, ma appunto perchè è perforato dai litofagi e porta anche delle strie glaciali, esso viene a confermare brillantemente la mia tesi. ‘Infatti se fosse vera la teorica che i nostri ghiacciai deponevano le loro morene in mare, noi dovremmo osservare i fenomeni nel- l'ordine cronologico seguente: 1.° Le strie impresse dal ghiac- ciajo; 2.° La perforazione operata dai litofagi entro il mare in cui il ciottolo si suppone caduto. Ora anche ammesso che du- rante tutto il tempo in cui vissero i litofagi le strie glaciali po- tessero conservarsi inalterate, o quasi, sotto l’azione delle onde marine, ciò che io credo per lo meno assai difficile, è chiaro, in ogni caso, che i cunicoli, formati per ultimo, dovrebbero trovarsi sul nostro ciottolo assai bene conservati e pressochè intatti, dal momento che le sue strie glaciali, scalfitture appena superficiali, non sono ancora su di esso del tutto scomparse. Ora è precisa- samente il contrario che si vede sul ciottolo in discorso. Si vede, cioè, che prima esso fu in mare dove venne traforato dai litofagi, i quali vi praticarono cunicoli della profondità di un pajo di centimetri ed anche più, secondo il calcolo più ristretto. Più tardi venne tolto dal deposito marino în cui giaceva e si trovò impigliato e trasportato nella massa del ghiacciajo, durante il quale trasporto il ciottolo diminuì talmente di volume, da avere asportato per erosione lo spessore dove d’un centimetro, dove di uno e mezzo, dove perfino di due centimetri di roccia, non lasciando in qualche punto se non una depressione di uno 0 due millimetri appena, là dove era un cunicolo ben formato e com- pleto di Gastrochena. Le acque correnti tolsero poi codesto ciottolo dalla morena di cui formava parte e lo trasportarono nel terreno alluvionale in un cogli altri materiali che vi abbiamo già osser- piace ct Di DAD i ino Son AMC I. ali i 4 i NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 447 vati. Il cattivo stato delle strie glaciali e la perduta levigatezza dimostrano abbastanza la realtà dell’ avvenuto trasporto per acqua. Il prof. Desor, mentre sostiene nei suoi scritti la contempo- raneità e la fusione del nostro pliocene marino col terreno gla- ciale, non può a meno di mettere avanti il dubbio che per av- ventura le conchiglie di Cassina Rizzardi potessero provenire da un deposito pliocenico situato più a monte. Ma egli si tranquil- lizza ben presto all’idea che finora non si conosce alcun deposito pliocenico nelle vicinanze di Camerlata. “ Nous ignorons, così si esprime, sil existe quelque part dans le district de Camerlata des traces de marne pliocèòne. En tous cas, «l serait bien extraordi- naiîre que les coquilles seules se fussent conservées d'une ma- "mière si parfaite (sic!) et qual ne fit demeuré absolument aucune trace duterrain dans lequel elles auraient été primitivement em- patées ,*°. Quanto poco serio sia cotesto modo di argomentare non oc- corre che lo dimostri. Ciò che riposa soltanto sulla nostra igno- ranza non potrà mai servire di prova concludente, fin tanto al- meno che le scienze naturali continueranno ad aver per loro pre- cipuo fondamento l'osservazione, e saranno perciò annoverate tra le scienze positive. Nel caso nostro il non conoscere finora alcun deposito pliocenico marino a nord di Cassina Rizzardi non vuol dire che il pliocene non ci debba essere. I benemeriti geologi che ci hanno fatto conoscere i lineamenti principali del territorio situato fra Varese e Como, sono ancora ben lontani dall'aver compiuto sopra di esso tutti quegli studj più particolareggiati che forse potrebbero condurre ad un decisivo risultato in pro- posito. Del resto il pliocene marino del versante meridionale delle Alpi che già si conosce tra Ivrea e Biella, a Maggiora nel- V’Alto Novarese, al Faido ed alla Folla d’Induno presso Varese, a Pontegana, al Tornago, a Nese, a Castenedolo, si vede come do- vesse formare una linea continua di cui le citate località non sono 13 DESOR, Le paysage morainique, p. 40. 448 F. SORDELLI, si può diré che semplici tracce **. Ed infatti è strettamente lo- gico il ritenere che il mare doveva toccare anche i. punti inter- medii a quelli ora citati ed avere così una costa, forse qua e là frastagliata a seni e promontorii, ma pur sempre non interrotta. Che se il pliocene non lo scopriamo dovunque, ciò dipende quasi sempre dall’essere egli stato coperto dalle posteriori forma- zioni moreniche, ed alluvionali le quali alla sinistra del Po eb- bero sì maraviglioso sviluppo, mentre mancano alla destra’ del fiume, lasciandovi allo scoperto non interrotta la zona del’ plio- cere marino al piede settentrionale d’Apennino per quanto esso si estende dall’Astigiano fino al territorio ariminese. A] quale proposito non bisogna dimenticare che talora il solo caso fa conoscere gli affioramenti di un terreno dapprima igno- rato ‘in una data località. Così, per esempio, avvenne del plio- cene di Pontegana, che si scopre in un punto ristrettissimo, e la cui esistenza fu fatta conoscere primamente da un semplice dilettante e non da‘un geologo ex professo. E lo stesso giaci- mento di Cassina Rizzardi, che sollevò sì fiera discussione, sa- rebbe forse a quest'ora del tutto ignorato se il dott. : GIUSEPPE CASELLA non l’avesse pel primo additato all'attenzione degli stu- diosi. E ciò malgrado la vicinanza di Milano, dove i Breislak, i Brocchi, i Balsamo-Crivelli, i Curioni, segnavano, or fanno ap- punto: cinquant’ anni, il primo risveglio degli studj geologici in Lombardia. Il signor Desor ha torto poi di dire che a Cassina Rizzardi mancano le tracce del terreno in cui si trovavano dapprima se- polte le conchiglie marine. Intanto nel precedente mio scritto ho già fatto menzione dell’argilla marnosa, talvolta assai ce- mentata, che rinviensi entro parecchi gusci di gasteropodi e mi fa specie il vedere come a nessuno sia venuto in mente di ten- tare una così facile ricerca, dal momento che di massima im- portanza era il decidere se i nostri fossili sono o non sono fos- sili di trasporto. ; 15 I francesi direbbero les jalons. NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 449 Ora nuove osservazioni vengono a confermarmi nella idea che le conchiglie di Cassina Rizzardi giacessero in origine entro un terreno ben diverso da quello in cui le troviamo adesso. Ecco infatti sotto i vostri occhi un ciottolo tutto perforato dai lito- fagi. La sua figura ovale tondeggiante, la mancanza assoluta di lisciatura e di strie e la sua superficie irregolare, ci dicono che esso deve avere soltanto un poco rotolato, senza aver prima fatto parte di una morena; tanto più che da un cunicolo del medesimo, dilatando il foro d’ingresso, potei estrarre le due valve conservatissime di una Gastrochaena e tracce dei tubi cal- cari della medesima specie si veggono ancora aderenti alle pareti ed all’orificio dei cunicoli. Or bene, parecchi di tali cunicoli privi dei loro abitanti naturali li trovai ripieni di una sabbia gialla che somiglia affatto alle notissime sabbie gialle subapen- nine, tanto che se non avessi piena certezza della sua prove- nienza, non esiterei un istante a ritenerla di qualche località subapennina, per esempio di Castell'Arquato. Parte di codesta sabbia si vede ancora entro alcuni fori lasciati intatti. Essa è zeppa di conchigliette (per lo più forme giovanili) e frantumi di maggiori testacei, tra i quali ho potuto riconoscere i rap- presentanti della Fauna che troviamo poi sparsa nel terreno mo- bile della stessa cava. Inoltre vi si vedono Foraminifere in gran. numero, valve di Balani e perfino ramoscelletti di Briozoi. In genere, anche i frammenti appartenenti alle specie più fragili, hanno gli spigoli assai zueglio conservati che non quelli degli esemplari che si raccolgono sciolti nella sabbia grossolana e d’a- spetto differentissimo, che già conosciamo a Cassina Rizzardi. . È chiaro per me che noi abbiamo qui un saggio del terreno originario, del vero pliocene marino, il quale disfatto dalle acque torrenziali disseminava i suoi fossili tra le ghiaje le quali si de- ponevano su quel tratto di paese oggidì solcato dalla Lura e dalla Livescia. Forse un principio di cementazione dovuto al- l’ossido di ferro, o meglio alla frequenza degli avanzi conchi- gliacei, forse la forma e la piccolezza dei fori, meglio conservati che altrove, permisero che un campione della sabbia gialla ve- Vol, XVIII 29 450 F, SORDELLI, x nisse preservata entro le anguste cavità di codesto ciottolo, mentre l’acqua lo trasportava da un luogo all’altro. — Ad ogni modo il trasporto è certo ed il fatto non è neppure isolato. Dalla stessa cava di Cassina Rizzardi proviene, infatti, un piccol masso, un po irregolare, di 10 a 15 centimetri di diametro, 2 spigoli contusi ed arrotondati, sporco all’esterno di terra, quella î stessa terra che troviamo inquinare un po’ le ghiaje e le sabbie mobili. Spaccato, esso mi si mostrò esclusivamente composto di una marna argillosa assai compatta, di color cenerino, impastata con abbondanti avanzi di Molluschi, e mista a finissima sabbia. Il suo aspetto richiama affatto quella marna argillosa che fre: | quentemente si trova nell'interno delle conchiglie. È insomma un pezzo di marna pliocenica rotolato e ridotto a ciottolo. Spezzan- dolo, non senza difficoltà, vi rinvenni precisamente la stessa Fauna | che già conosciamo; se non che anche qui gli esemplari sono assai meglio conservati che non quelli che si raccolgono sciolti nella sabbia. Netti sono in generale gli spigoli, parecchi hanno la loro | superficie lucida caratteristica, e se non fosse la difficoltà di estrarli da una roccia che malamente si può trattare anche col | ferro, se ne potrebbero cavare esemplari assai migliori di quelli | che già si posseggono della celebre località. Desidero che un | pezzo di tale ciottolo conchiglifero resti a testimonio di quanto | ho qui esposto. Ma una porzione, che fu già da me fatta oggetto | di attenta investigazione, mi diede, nel volume di pochi centi- È metri cubici, rappresentanti delle seguenti specie: Ringicula buc- | cinata, Nassa, Rissoina pusilla, Natica, Cerithium scabrum, Ver- metus intortus, Cylichna mamillata, Dentalium entalis, Arca di- | luvii, Pectunculus insubricus, Lucina spinifera, valve di Balani, | punti di Echini, Serpule, Briozoi ancora aderenti alle conchiglie; insomma un vero microcosmo. Non è dunque vero che a Cassina Rizzardi manchino le tracce | del terreno in cui la Fauna marina venne originariamente de- | posta. Certamente che tali tracce bisognava cercarle. x Ora poche parole sulla Fauna. Lo studio di questa avendomi É NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 451 portato fin da principio a dubitare della bontà della teoria messa innanzi da Desor e da Stoppani, mi indussi ad estendere anche in seguito le mie ricerche al maggior numero possibile di esem- plari e di specie, onde le deduzioni mie ed altrui potessero fon- darsi sopra una base sempre più larga e sicura. Ed invero anche i dati desumibili dallo studio delle specie di nuovo acquisto e da me registrate nell’unita Appendice, non fanno altro che confer- mare quanto ebbi a dire nel mio primo lavoro. I risultati delle mie indagini circa la distribuzione geografica e batimetrica delle specie tuttora viventi rimangono ancora i medesimi, e solo ven- gono messi in maggior rilievo dalla maggiore importanza delle ci- fre. Non farò quindi che riassumere queste per sommi capi, onde evitare ogni inutile ripetizione. Colle 58 specie comprese nell’ Appendice, il numero totale di quelle finora da me constatate nell’alluvione di Cassina Rizzardi, giunge a 156,'° così distribuite: Molluschi, out sp. 150 Anche o are als DI Polpo aa ARIORO. Foraminifere Ji. span pio Degli ultimi tre gruppi di animali non ho fatto uno studio speciale, ed ho quindi citato quelle sole specie, del resto le più frequenti, che ho potuto riconoscere con certezza. Non poche re- 45 DEsoR nell’elenco dato a pag. 91 della sua Memoria: Le paysage morainique, nel quale, oltre le 53 specie determinate da Spreafico sono comprese anche quelle stu- diate da Mayer e da D’ Ancona, annovera circa ottanta specie. Nel testo veramente dice 90, ma riesce evidente che, nella fretta del compilare, varie specie vi si trovano ripetute sotto varii nomi od anche sotto un nome medesimo. Così per esempio: Buccinum semistriatum Brocc. = Nassa semistriata Br. sp. » musivum » =» musiva È » Ranella marginata Bgt. = R. laevigata Lk. Nassa clathrata evvi ripetuta due volte sotto lo stesso nome. » pusilla Phil. = Nussa serraticosta Bronn. Sono inesattezze di nessuna conseguenza, ma che cer prSndn in un paleontologo di tanta fama, qual'è il signor Desor. 452) |. | F. SORDELLI, stano ancora da studiare; tra i Polipi Corallari, per esempio, tra le Foraminifere, come pure tra i Balani, le cui valve troviamo disperse nella sabbia di C. Rizzardi. Tra le 156 specie registrate, 64 sono ancora viventi nel Me- diterraneo, cioè 61 Molluschi e le 3 Foraminifere; 4 specie di Molluschi, secondo gli autori, mancano al nostro mare, ma vi- vono però nei mari tropicali; 85 sono estinte. Tra le 61 specie di Molluschi viventi nel Mediterraneo, 15 gli sono affatto proprie, 46 sono comuni anche all’ Atlantico; tra que- ste nessuna è specie artica, anzi la maggior parte preferiscono le latitudini più favorite dal calore; infatti 29 specie furono consta- tate sulle coste atlantiche di Spagna e di Portogallo 321 su quelle della Francia; 19 toccano l'Inghilterra, e di preferenza s’arre- stano alle spiaggie più meridionali delle isole britanniche ; 6 sole raggiungono il mezzodi della Norvegia e della Svezia. Per con- verso le coste dell’ Africa occidentale, quantunque meno esplorate che non quelle d'Europa, ricettano 28 specie mediterranee lungo i lidi del Marocco; di queste 9 si spingono fino al Senegal; 4 toccano le isole di Capo Verde e la Guinea; una trovasi anche al Capo di Buona Speranza. Le Canarie hanno 21 specie nostre, 14 le isole di Madera, 9 le Azzorre. IH Mar Rosso, quantunque abbia una Fauna così diversa da quella oggidì vivente nel Mediterra- neo, possiede 3 specie nostre, cioè l’ Arca diluvii, 1° Arca lactea e la Gastrochaena dubia. Nel mio antecedente lavoro dissi che la Fauna di Cassina Riz- zardi doveva considerarsi come una Fauna essenzialmente litto- rale e quindi anche da questo lato rivelare che essa non poteva vivere in vicinanza ai ghiacciaj; infatti su 44 specie attualmente viventi, di cui ho potuto conoscere approssimativamente la bati- metria, 37 si trovano fra il pelo d’ acqua e le dieci braccia marine di profondità; 25 fra le 10 e le 20; 15 fra le 20 e le 30; 17 fra le 30 e le 50; 11 fra le 50 e le 70; 6 sole si rinvengono ancora in esemplari sempre più scarsi fra le 70 e le 100 braccia. Si vede quindi che a Cassina Rizzardi fa difetto la Fauna batidia od abis- sicola propriamente detta, la quale vi è rappresentata finora sol- E DATI TIE I RT. E PV STI TT. NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 453 tanto dalla Leda commutata, specie che vive abitualmente fra le 50 ele 150 braccia ed è quindi testimonio di mare profondo al pari delle congeneri (Leda, Yoldia, ecc.). Ma giova il notare come tra le molte migliaja di fossili da me veduti a quest’ ora delle nostre località, non osservai detta specie rappresentata fuorchè in via eccezionale da una sola ed unica valva. Circa le specie più particolarmente contemplate nella unita Ap- pendice, vuolsi notare che esse sono in molta parte tra le meno abbondanti di individui, ed anzi non poche possono dirsi vere ra- rità nella nostra Fauna; per cui esse non potrebbero da sole dare una giusta idea delle vere condizioni della Fauna stessa, di cui vengono a costituire in realtà la porzione meno importante. Quindi omisi quasi dovunque le indicazioni di relativa frequenza o rarità, giacchè esse non ‘potevano più avere quell’interesse che si annet- teva alle prime ricerche. Tra quelle che occorrono più spesso vogliono essere notate tuttavia le seguenti specie, cui segno con approssimativo ordine decrescente : Dentalium Bouei Murex craticulatus Mangelia harpula Conus Brocchii Turbinolia duodecim-costata —Turritella aspera Conus ventricosus Cancellaria mitraeformis Mitra striatula Columbella corrugata Cylichna mamillata Dentalium entalis. Flabellum cuneatum. Le altre sono rare, sia che il numero loro effettivamente scar- seggiasse, sia che nel trasporto più facilmente siano andate guaste o distrutte, sia che la loro piccolezza le sottragga all'occhio meno esercitato; per la quale ultima circostanza ho espressamente ta- ciuto delle Foraminifere, numerose tra le nostre sabbie, eppure sì di rado vedute dal raccoglitore di fossili. Rari vi sono in complesso gli Acefali, se si pon mente alla co- pia di Gasteropodi con cui trovansi associati; ma convien riflet- tere che le conchiglie dei primi sono quelle che meno resistono al trasporto quando, com'è il caso nostro; trattasi di conchiglie 454 F. SORDELLI, già fossili e perciò spesso già fessurate prima del loro dislocamento. Malgrado ciò, il numero degli Acefali compresi in ambe le liste è di 29 a fronte di 121 Gasteropodi.'° Quantunque rappresentate finora da uno o da pochi esemplari, credo tuttavia degne di particolare considerazione alcune specie che qui fanno la loro prima comparsa. Esse sono: Neritina Mayeri (n.° 129), di cui un hel esemplare è nella collezione Turati. È questa una specie fluviale, distintissima ed assai facilmente riconoscibile, mediante le descrizioni e le figure date da Semper e da D'Ancona. Essa è nota solo del pliocene più schietto e manca ai terreni posteriori, nei quali viene sostituita 16 La proporzione in cui stanno finora i nostri acefali messi a confronto coi ga steropodi è minore d’assai di quella che abbiamo nella Fauna mediterranea, dove Weinkauff novera 244 acefali e 458 gasteropodi; dove, cioè, gli acefali stanno per un terzo circa della intiera Fauna dei molluschi conchigliferi viventi oggidì nel nostro mare, mentre a C. Rizzardi essi sono appena qualcosa meno di '/;. Le future ricer- che aumenteranno senza dubbio il novero degli acefali, ma io credo che in certa pro- porzione s'aumenterà anche quello dei gasteropodi, per cui ritengo che l’assoluto pre- dominio di questi su quelli, non sia già un fatto passaggero ed illusorio, ma bensì un dato sicuro e significativo. Così stando le cose avressimo anche. in questo fatto un indizio che la nostra Fauna fossile non poteva essere una Fauna glaciale, poichè sap- piamo che mentre nei mari caldi e temperati soverchiano per numero i gasteropodi s'invertono i rapporti quando si consideri Ja Fauna delle regioni polari. Sopta 702 specie registrate da WEINKAUFF nella sua eccellente opera: Die Conchylien des Mittel» meeres, abbiamo, come dissi, un terzo circa di acefali e due terzi di gasteropodi; ma quelle che vivendo anche nell’ Atlantico possono, in numero sempre più scarso, diffon- dersi sotto più elevate latitudini, vedono il numero dei gasteropodi decrescere assai più rapidamente che non quello degli acefali. Così sulle coste della Scozia e delle isole dipendenti abbiamo 194 specie mediterranee, ossia 95 acefali e 99 gasteropodi, quasi in pari numero. Sulle coste da Norvegia 82 acefali e 54 gasteropodi; nelle re» gioni polari abbiano ancora 25 specie mediterranee, tra cui 20 acefali e 5 gastero- podi, ossia la proporzione inversa di quella che attualmente conosciamo a Cassina Rizzardi. Il predominio degli acefali (compresi in essi anche i Brachiopodi) si verifica egualmente, sebbene in proporzione alquanto minore, nelle singole Faune proprie delle regioni polari. Allo Spitzberg, per esempio, sopra 16 specie, 9 appartengono agli ace- fali. Del pari sopra 20 specie di molluschi conchigliferi raccolti durante la seconda spedizione polare tedesca sulla costa nord-est della Groenlandia, fra i gradi 73-76, latitudine nord, 11 appartengono egualmente agli acefali (Vedi: Die 2uweite deutsche Nordpolarfahrt in den Jahren 1869 und 1570 unter Fiihrung des Kapitin K. Kou- DEWEY. Leipzig, 1874). In ambo le Faune il numero dei gasteropodi è inferiore, come — si vede, a quello degli acefali. NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 455 da altre forme. Le Neritine sono proprie delle acque correnti dei paesi caldi od almeno temperati, e mancano affatto nelle fredde regioni boreali. La nostra abitava dunque un fiume pliocenico, il quale naturalmente metteva foce in mare, portandovi di tanto in tanto delle spoglie di animali estramarini, al modo stesso dei fiumi odierni. Il nostro mare pliocenico, all’epoca della deposi- zione originaria dei nostri fossili, non accoglieva dunque dei ghiac- ciaj, ma dei fiumi e non dei più freddi certamente. Le altre più meritevoli di nota sono quelle che hanno per abi- tudine di perforare le pietre; i pochi esemplari che ho sott’ oc- chio, una decina in tutto, sono il frutto di lunghe ed assidue ri- cerche dei signori Turati e Corti, giacchè se frequenti sono i ciottoli perforati, rare per converso sono le spoglie degli animali perforatori che per entro vi si trovano preservate. Ecco quali sono le specie finora accertate: Petricola lithophaga (n.° 148) o Venus lithophaga dei vecchi scrit- tori. Non ho visto le nicchie scavate da questa specie, ma solo esemplari completi già estratti dal sasso. È questa una delle spe- cie più polimorfe che si conoscano, ed i due soli esemplari da me esaminati differiscono assai tra loro, al punto che si prendereb- bero quali due specie distinte, se non si trovassero descritte ed anche fisurate presso i varj autori molte forme intermedie, con graduato passaggio dall’una all’altra. Spesso, come in uno degli esemplari di Cassina Rizzardi, la due valve sono più o meno dif- formi, con rialzi e depressioni irregolari, che accusano uno svi- luppo poco normale ed omogeneo della conchiglia. Talvolta in- vece, come nell’altro esemplare, le valve sono meglio conformate e segnate da costicine e striature regolari affatto, come lo sono anche le linee di- accrescimento. Gastrochaena dubia (n.° 149). È una delle specie terebranti più frequenti a Cassina Rizzardi. Oltre le conchiglie ch'io vidi od estrassi io stesso dai loro cunicoli, tutte colle loro due valve conservatissime fino nei più minuti rilievi, osservai numerose le nicchie già abbandonate ed aperte, sia per la corrosione prodotta dalle acque, sia per la rottura dei massi provocata forse dall’ ur- 456 F. SORDELLI, tare un contro l’altro durante il trasporto. La roccia in cui tali cunicoli sono scavati è un calcare marnoso, piuttosto tenero, il che spiega e la predilezione dei molluschi per essa e la notevole corrosione subìta nella maggior parte dei casi. Detti: cunicoli hanno un diametro trasverso massimo di 10-12 millimetri per una lunghezza apparente di 20-25; dico apparente poichè per la corrosione avvenuta verso l’orificio del cunicolo è difficile preci- sare il punto dove questo viene a cessare. La forma dei cunicoli male non si assomiglierebbe a quella d’una bottiglia a collo breve, salvo che il fondo, invece d’essere piatto, è emisferico o meglio come l'estremità ottusa di un uovo. È in questa cavità o pancia della bottiglia che stanno le valve; le parti molli dell’ animale erano poi difese inoltre da una secrezione calcare, la quale rive- ste le pareti interne del cunicolo e forma uno strato più grosso man mano lo si osserva più presso l’orificio, oltre il quale si pro- lunga talvolta in un tubo pure calcare. Di questo tubo non esi- stono se non rare traccie nei nostri sassi perforati, mentre oc- corrono di frequente larghe porzioni del rivestimento bianco, cal- care, più interno. Clavagella Brocchii (n.° 150). Di questa specie non ho visto propriamente le valve della conchiglia, ma ebbi in cortese comu- nicazione, dal nobile sig. V. Turati, un pezzo di sasso in cui ve- desi bene la forma delle nicchie, propria di questo mollusco. Essa è come nelle altre Clavagelle, irregolare colla superficie interna distinta per così dire in tre campi, dei quali due ravvicinati ad angolo portano l'impronta delle due valve, colle rispettive linee d’accrescimento; la parete opposta a detto angolo è invece liscia e di figura ovale presso a poco come nelle Gastrochene. Manca in detto esemplare il tubo calcare mediante il quale l’animale si protendeva al di fuori pur rimanendo al coperto e difeso dalle - ingiurie esterne. In una seconda nicchia di Clavagella, apparte- nente ad un giovane esemplare, ho notato qualche traccia del- l'involucro calcare che occupa all’ingiro delle valve gli spazî la- sciati liberi da queste, come pure la porzione posteriore dilatata, conservatissima, di detto astuccio, penetrata entro il cunicolo ab- n NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 457 bandonato di una Gastrochena ed ornata tuttora delle sue nume- rose aperture tubulose caratteristiche, le quali ravvicinano questa specie al genere Aspergillum. Touannetia semicaudata (n.° 151). È una delle specie più cu- riose della famiglia delle Foladidee e senza il soccorso di qualche figura sarebbe assai difficile il darne un’idea un poco approssi- mativa. Negli esemplari di Cassina Rizzardi sono conservate per lo più le sole valve, brevissime, ornate all’esterno da minutissime strie distribuite in due campi distinti e divisi da un solco il quale va dall’umbone all’angolo acuto in cui si attenua il margine inferiore delle valve; talvolta però havvi traccia anche dell’ap- pendice che partendo dal margine inferiore di ciascuna valva in forma di esilissima lamina, chiude il largo vano che le valve stesse lascerebbero aperto davanti al corpo dell’animale, in grazia della loro estrema brevità. Le valve hanno, come quelle delle Foladi un pezzo accessorio esterno che si ripiega al di sopra dell’ um- bone; internamente sono provviste di una piccola tramezza che restringe solo in piccola parte il lume lasciato dalla concavità delle due valve; tramezza che forse in vita serviva di attacco a qualche parte dell’animale. La valva destra offre inoltre alla parte posteriore, quella rivolta verso l’orificio del cunicolo, un prolun- gamento laminare, il quale richiama in qualche modo certe pro- paggini calcari che si notano all'estremità posteriore di alcuni Litodomi, per es. del Lithodomus attenuatus Desh. Il tutto è rac- chiuso in una nicchia di forma quasi perfettamente sferica, a pareti affatto liscie, e con un brevissimo collo a sezione circolare con cui s’apre all’esterno. In una nicchia di Jowammnetia da me veduta nella collezione Turati, il diametro trasverso è di mill. 11,5; ma i più grossi esemplari della stessa specie, conservati nella medesima collezione, dovevano per certo avere una nicchia più ampia e prossima in grandezza a quella egregiamente figurata da Desmoulins. 458 F. SORDELLI, APPENDICE ALL’ELENCO DELLE SPECIE. MOLLUSCHI. 99. Murex imbricatus Brocchi. — D'Ancona, p. 40, t. 6, f.la-b. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile del pliocene dell’ Astigiano, del Piacentino, del Modenese, del Bolognese, del Pisano e del Senese. — Non ho citato la figura di Brocchi perchè non rappresenta esat- tamente il nostro fossile, il quale conviene invece colla descrizione e colla figura di D’ Ancona. Esso non corrisponde quindi al tipo della specie quale ci venne fatto conoscere dall’illustre autore della Con- chiologia subappennina e quale si conserva nella collezione originale esistente presso il Civico Museo di Milano, bensì ad una varietà mi- nore ed a squame più piccole e meno rialzate. Non ho citato nem- meno Hoernes giacchè la conchiglia del bacino di Vienna, ch'egli chiama col nome di M. imbricatus mi pare abbastanza diversa dalla nostra; Hoernes stesso non la ammise se non come varietà della spe- cie di Brocchi. 100. Murex craticulatus Gmel. — Brocchi II, p. 406, | t. VII, f. 14. — D'Ancona p. 42, t. 6, f. 4 a-b, 5. — Fusus cra- ticulatus Weinkauff Conch. Mittelm. 2, p. 100. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile del pliocene dell’ Astigiano, del Piacentino e del Parmense, del Bolognese, del Pisano e del Se- nese, di Monte Mario, di Gravina, di Sicilia. — Vivente nel Mediter- raneo, e nell’ Adriatico, su tutte le coste. — Il Murex craticulatus di | Hoernes è senza dubbio un’altra specie. 101. Ranella reticularis Linn. (Murex).— Ranella gigantea Lamk. — D'Ancona p. 59, t. 8, f. 1-2. i C. Rizzardi, un solo frammento nella coll. Turati. — Fossile nel miocene dei colli di Torino, del Piacentino e del Parmense, del Mo- | denese, del bacino di Vienna. Del pliocene dell’ Astigiano, del Piacen- NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 459 tino e del Parmense, del Modenese, del Bolognese (sabbie marnose inf. ed argille sup.), dell’Imolese, del Senese, delle Puglie; di Sicilia. Nel pliostocene, di Taranto e Gravina. — Vivente in acque profonde nel Mediterraneo su quasi tutte le coste; nell’ Atlantico. 102. Triton affine Desh. Exped. scient. de Morée III, p. 188, t. VII, f. 23-24. — Murex intermedius Brocchi II, p. 400, t. VII, f. 10. — Triton corrugatum Hoernes I, p. 205, t. 20, f. 1-4. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile nel miocene del Piemonte, del Piacentino e del Parmense, del Modenese, del bacino di Vienna. Del pliocene di Lombardia a S. Colombano ; dell’ Astigiano, del Pia- . centino e del Parmense, del Modenese, del Bolognese (sabbie inf., ar- gille sup.), di Toscana, di Savona, d'Ischia, delle Puglie, di Sicilia, — L’esemplare meglio caratterizzato, che vidi nella coll. Turati, non è tuttavia completamente adulto e corrisponde a capello alla citata figura di Brocchi. 103. Triton doliare Brocchi II, p. 398 (Murex). — D’An- GON®:P4 76,4. 10,:£ dad. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacentino e del Parmense, del Bolognese (argille inf. e sabbie sup.), di Toscana. 104. Fasciolaria fimbriata Brocchi (Murex fimbriatus) IL, p. 419, t. III, f. 8. — D'Ancona p. 79, t. XI, f. 8. C. Rizzardi, due esemplari nella coll. Turati. — Fossile nel miocene del Modenese, del bacino di Vienna; nel pliocene dell’ Asti- giano, del Piacentino, del Modenese, del Bolognese (sabbie inf., argille sup.), di Toscana, di M. Mario. — Questa specie ricorda la Fasciola- ria etrusca, ma pella mancanza d’un cercine rilevato fra il canale e il rigonfiamento dell'ultimo anfratto se ne distingue con facilità. 105. Cancellaria mitraeformis Brocchi (Voluta), IL p. 645, t. XV, £. 13. — Cancell. mitraeformis Bellardi Cancell. p..9, t. 1, f. 5-6. — D'Ancona, p. 118, t. 13, £..7. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile nel miocene del Piemonte e del Modenese. Nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacentino, del Mode- nese, del Bolognese (argille inf., argille e sabbie sup.), del Pisano e del Senese, del Palermitano ; del crag d’ Inghilterra. 106. Fusus lamellosus Borson. — D'Ancona p. 127, t. 15, f. 14, a-b. 460 F. SORDELLI, C. Rizzardi, coll. Corti. — Fossile nel miocene del Tortonese di Vigoleno e di M. Gibio; del bacino di Vienna. Nel pliocene del Pia-. centino, del Modenese, del Bolognese (argille inf. e sup.), del Pisano e del Senese. 23. Terebra fuscata Brocchi. — Bul garo grasso, Liceo di Como. 30, Nassa serraticosta Bronn. — Bulgaro, Liceo di Como. 33. Nassa semistriata Brocchi. — Bulgaro, Liceo di Como. 37. lungicula buccinata Renieri. — Alle località lombarde, già citate nell’ Elenco, s’ aggiunga S. Colombano. 107. Purpura tessellata Meneghini. — Pecchioli in Atti della Soc. Ital. Sc. Nat., VI, 1864, p. 511, t. V, f. 10-11. C. Rizzardi, un solo esemplare nella coll. Turati. — Fossile nel pliocene del Senese (Pecchioli). 108. Columbella corrugata Brocchi (Buccinum) II, p. 652, t. 15, f. 16. — Hoernes II, p. 120, t. 11, f. 8, a-c. C. Rizzardi. — Fossile nel pliocene del Piemonte, del Mode- nese, del bacino di Vienna. Nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacentino e del Parmense, del Bolognese (argille superiori), di Toscana. 109. Conus antediluvianus Brocchi II, p. 291, t. III, f. 11. — Hoernes I, p. 38, t. 5. f. 11. C. Rizzardi, un solo esemplare nella coll. Turati. — ossile nel miocene del Piemonte e del bacino di Vienna. Nel pliocene di Nizza, del Piacentino e del Parmense, dov'è abbondantissimo, del Modenese, del Bolognese (sabbie ed argille inf., argille sup.), di Toscana, di Ce- sena, ecc. 110. Conus Brocchii Bronn. — C. deperditus Brocchi II, p. 292, t. 3, {. 2, (non Brug.). — C. Dujardini Hoernes (in parte), t. 5, £. 6-7. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile nel miocene del Piemonte e del bacino di Vienna. — Nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacentino e del Parmense, del Modenese, del Bolognese (sabbie inf. e argille sup.), della Toscana. 111. Conus ventricosus Bronn. — Hoernes I, p. 32, t. 3» f. 5-8. C. Rizzardi, varii esemplari nella coll. Turati. — Fossile nel e e e)" CC: NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 461 miocene del Modenese e del bacino di Vienna; nel pliocene del Pia- centino e del Parmense, del Bolognese in tutti i piani, della Toscana. È questa un’altra delle forme che molti autori ritengono formare una sola specie col vivente Conus mediterraneus, tanto frequente sia nel Mediterraneo, sia nell’ Atlantico. A_ proposito della quale specie vedasi il cenno che ne feci quando citai il C'onus pyrula Brocchi (n.° 43) 112. Pleurotoma monitis Brocchi II, p. 432, t. VII, f. 15, (Murex). C. Rizzardi. — Fossile nel miocene del Piemonte, del Piacen- tino, e del Parmense, del Modenese e del Bacino di Vienna. Nel plio- cene del Piacentino, del Parmense, del Modenese, del Bolognese (ar- gille sup.) dell’Imolese, di Toscana. 113. Pleurotoma crispata Jan. — Bellardi Pleur., p. 69, t. IV, f. 2. — Hoernes I, p. 367, t. .39, f. 13. C. Rizzardi, due soli esemplari nelle coll. Corti e Turati. — Fossile nel miocene del Piemonte, del Modenese, del bacino di Vienna. Nel pliocene del Piacentino-Parmense, del ‘Modenese, del Bolognese (argille e sabbie sup.), di Toscana, delle Calabrie. Nel pliostocene di Calabria e di Sicilia. — Questa specie che ha grande affinità colla PI. turricula Br. è rara allo stato vivente ; è citata però del Mediter- raneo presso le coste di Spagna, di Capri, di Tunisi, della Dalmazia e tra le isole dell'Egeo. Da quanto riferii parlando della PI. turricula si rileva che non manca neppure alla Sicilia. 114. Raphitoma hispidula Jan. (Pleurotoma). — Bellardi Plpur., pi 92, t. IV..£1% C. Rizzardi, coll. Corti. — Fossile nel miocene del Piemonte, del Piacentino e del Parmense. Nel pliocene dell’ Astigiano, del Pia- centino e del Parmense, del Bolognese (argille sup.), di Toscana, di Monte Mario. — Credo sia per mero errore tipografico che questa Pleurotoma appare come appartenente all’ attuale Fauna del Mediter- raneo nel Quadro sinottico comparativo pubblicato dal dott. Foresti; essa non è neppure citata da Weinkauff. 115. Mangelia harpula Brocchi II, p. 421, t. VII f. 12 (Murex). — Hoernes I, p. 376, t. 40, f. 12 a-b. (Pleurotoma). Non tanto rara a C. Rizzardi. — Fossile nel miocene del Pie- monte e del bacino di Vienna. Nel pliocene dell’ Astigiano, del Pia» 462 F. SORDELLI, centino-Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille inf, e sup.)? di Toscana, dell’ Imolese, di Calabria e di Sicilia. 116. Mangelia granaria Dujard. — Hoernes I, p. 382, LO LO: C. Rizzardi. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna e nella Touraine; citato nel pliocene del Modenese da Doderlein. 57!" Defrancia reticulata Renieri (Murex). — Murex echinatus Brocchi II, p. 423, t, 8, f. 3 (non Murex reticulatus dello stesso autore). C. Rizzardi, un solo esemplare nella coll. Turati. — Fosstle nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacentino, del Modenese, del Bolognese (argille e sabbie superiori), di Toscana, dell’ Anconitano, di M. Mario. Nel pliostocene di Calabria e di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo su tutte le coste a .3-100 braccia di profondità; nell’ Atlantico, sullo coste dell'Irlanda e dell’ Inghilterra meridionale. 117. Mitra striatula Brocchi II, p. 318, t. IV, f. 8. C. Rizzardi. — Fossile nel miocene del Piemonte, del Mode- nese, del bacino di Vienna; nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacen- tino-Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille sup. ed infer.) di | Toscana, di Sicilia. 118. Mitra striatosulcata Bellardi Mitr., p. 15, t. 2, f. 3. C. Rizzardi. — Fossile nel miocene del Tortonese (Bellardi) e del pliocene del Piacentino (Cocconi). — Avendo visto fin qui un solo esemplare riferibile a questa specie, ho citato quella sola figura del Bellardi che più esattamente vi corrisponde. 59. Mitra ebenus Lamk. — Di questa Mitra già citata nel pri- mo Elenco e frequente nel nostro deposito, abbiamo per lo meno tre distinte varietà: 1° Quella figurata da Hoernes, f. 12-13, carat- terizzata da coste distinte ; la massima lunghezza dei nostri esem- plari è di 9 mill.; 2° Corrispondente alla Voluta plicatula Brocchi, raggiunge persino 16 mill. nei nostri esemplari, ha la superficie segnata da pieghe poco distinte, irregolari, e in qualche raro caso presenta qualche traccia della fascia stretta, biancastra o giallo- 417 Questo numero venne per inavvertenza dimenticato nel primo Elenco, il quale realmente annoverava 97 specie e non 98. NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 463 gnola che spiccava in vita alla parte superiore .dell’ ultimo an- fratto, e nel mezzo degli anfratti superiori; 3° Una varietà affatto liscia, della lunghezza di 12 mill. circa, abbastanza bene rappre- sentata, quanto alla forma, dalla M. ebenus var. <, Philippi, Enum. Moll. Sicil. t. XII, f. 8. — Le varietà 1 e 3 sono le più frequenti ; rara la 2°. 119. Marginella miliaria Linn. (Voluta). — Volvaria miliacea Lamarck. Marg. miliacea Hoernes I, pag. 84, t. 9, p. 84. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna. Nel pliocene del Piemonte, del Piacentino-Parmense, della Si- cilia. Nel pliostocene, pure di Sicilia. — Allo stato vivente non è rara nel Mediterraneo, e sulle coste di Barberia spesso frequentissima. Nel- I Atlantico non manca sulle coste del Marocco e delle isole di Madera e dello Canarie. Preferisce il fango e il fondo sabbioso e le piccole profondità. 120. Cypraea sphaericulata Lamk. Anim. s. vertèbres, ed. Deshayes, X, p. 574. 0. Rizzardi. Rarissima e finora solo in esemplari spezzati. — Fossile nel miocene di Torino; nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacen- tino-Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille sup.), di Toscana 121. Erato laevis Donov. ( Voluta). — Cypraea voluta Mont. — Voluta cypraeola Brocchi II, p. 321, t. 4, f. 10. — Erato cy- praeola, Philippi Enum. Moll. Sicil. I, p. 233. — Marginella Do- novani Kiener, p. 17, t. 8, f. 34. — Erato laevis Wood Crag Moll. p. 18, t. 2, f. 10. — Hoernes lb cISGAZ e Apa SA A LI) C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile nel miocene della collina di Torino, del Tortonese, del bacino di Vienna. — Nel pliocene del- l Astigiano, del Piacentino-Parmense, del Bolognese (argille e sabbie sup.) e d’altre località dell'Alta e media Italia; nel crag d’ Inghilterra. Nel pliostocene d'Ischia e di Sicilia. — La specie vive non molto frequente sulle madrepore ed i coralli, nel Mediterraneo enell’Adriatico, come pure nell’ Atlantico presso le coste d'Inghilterra, d'Irlanda, della Scozia, della Francia, della Spagna e del Portogallo. — Gli esemplari di C. Rizzardi da me esaminati misurano appena 4-5,5 millim. di lunghezza. 62. Natica millepunctata Lamk. — Di questa specie ho visto anche un esemplare proveniente da Bulgaro Grasso." 18 Che le macchie ed i disegniche talvolta si vedono sugli esemplari fossili di que- 464 F. SORDELLI, 122. Odontostomia conoidea Brocchi II, p. 660, t. 16, f. 2 (Turbo). — Odostomia plicata Hoernes I, p. 496, t. 43, f. 26.. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna; nel pliocene del Piacentino-Parmense, del Bolognese (sabbie infer, ed argille sup.), di Toscana, nel crag d’ Inghilterra; del pliosto- cene di Calabria e di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo, 123. Eulima polita Linn. — Iissoa Boscii Payraud, p. 112, t. 5, f. 15-16 (es. a punta diritta). — Eulima polita Hoernes I, p. 544, t. 49, f. 22 (es. a punta piegata). C. Rizzardi, un esemplare a punta diritta. — Fossile nel mio- cene del bacino di Vienna; nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacentino dal Modenese, del Bolognese (argille sup.), di Toscana, di Monte Ma- rio, di Sicilia, del crag inglese. — Vivente su tutte le coste del Medi- terraneo, ov’ è frequente. Nell’ Atlantico trovasi su quelle d’ Inghilterra, d'Irlanda, di Scozia, della Francia, del nord della Spagna. 124. Eulima subulata Brocchi II, p. 305, t. 3, f. 5 (Helix). — Hoernes I, p. 547, t. 49, f. 20 a-c. C. Rizzardi, un solo esemplare finora nella coll. Turati. — Fos- sile nel miocene di Torino, di Messina, del bacino di Vienna. Nel plio- cene di Lombardia al torrente Tornago, dell’ Astigiano, del Piacentino- Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille e sabbie sup.), di To- scana, di M. Mario, della Calabria e della Sicilia; del crag corallino d’ Inghilterra. Nel pliostocene d’Ischia. — Vivente nel Mediterraneo alla profondità di 10 a 80 braccia; nell’ Atlantico sulle coste dell’ In- ghilterra meridionale, dell’ Islanda, della Francia, di Spagna, del Por- togallo, delle Azzorre, di Madera e delle Canarie. 125. Cerithium doliolum Brocchi II, p. 442, t. 9, f. 10. (Murex). C. Rizzardi. — Zossile del pliocene del Piacentino-Parmense, di S. Miniato e di Montereggioni in Toscana. sta specie e di altre, non siano la prova di una buona conservazione o della poca loro antichità, lo si deduce dal fatto che tra gli esemplari osservati nella alluvione di Cassina Rizzardi, parecchi hanno il guscio più corroso ed incavato in corrispon- denza appunto delle citate macchie, senza dubbio perchè ivi il tessuto ha una strut- tura assai diversa, il che permette alle materie coloranti di depositarvisi in mag- . gior copia che non altrove. Diffatti le Natiche del trias di Esino hanno spesso disegni marcatissimi, al pari delle Neritine plioceniche e quaternarie. La conservazione di alcuni disegni sulle conchiglie non è dunque una prova della loro età geologica, NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI, 465 126. Triforis perversa Linn. (Turbo). — Murex gramulo- sus Brocchi II, p. 449, t. 9 f. 18. — Cerithium, perversum Hoernes I, p. 414, t. 42, f. 20. C. Rizzardi, due soli esemplari vidi nella coll. Turati. — FossiZe nel miocene del Piemonte, del bacino di Vienna. Nel pliocene dell’ Asti- giano, del Piacentino-Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille e sabbie sup.), di Toscana, di M. Mario, della Calabria e della Sicilia. Nel crag d’Inghilterra. — Vivente a varia profondità, fra le 5 e lo 80 braccia, nel Mediterraneo, compreso l’ Adriatico, e nel Mar Nero; nel- l'Atlantico rinviensi sulle coste di Norvegia, dell'Inghilterra, della Francia, di Spagna, del Portogallo, del Marocco, di Madera, delle Ca- narie e delle Azzorre. Foresti, nel suo Prospetto comparativo, cita que- sta specie anche nel nord-America, ma non credo che in realtà essa viva nel Nuovo Mondo; Gould infatti (Report on the invertebr. of Mas- sachusetts) non descrive se non la specie affine Triforis nigrocinetus Adams, che ne è abbastanza distinta. 68. Chenopus pes-pelecani Linn. — Oltre la forma tipica, abbondante a Cass. Rizzardi, ma rappresentata in generale da esemplari un po’ più piccoli di quelli attualmente viventi, ab- biamo non rara una varietà maggiore, coi cordoni decorrenti su- gli anfratti, carenati, lisci o quasi, non decisamente nodosi co- me nella forma ordinaria. Detta varietà è indicata da alcuni autori come Chenopus Uttingeri o Uttingerianus Risso. Tuttavia si osserva tale graduato passaggio fra questa forma e il tipo, che riesce impossibile il non considerarli come una sola e medesima specie. Quanto al nome esso sarebbe del resto impropriamente applicato, poichè Lostellaria Uttingerianus e Brongniartianus di Risso sono specie a tre digitazioni e di località ritenute eoceniche, quindi abbastanza diverse dalla nostra. 127. Turritella biplicata Bronn. — Turbo duplicatus Broc- chi II, p. 367, t. 6, f. 18 (non Linn.) C. Rizzardi, coll. Corti. — YFossile nel miocene del Piemonte; nel pliocene del Piacentino. 69. Turritella communis Risso. — Il gabinetto di Storia na- turale nel R. Liceo di Como possiede questa specie proveniente da Bulgaro Grasso. Vol. XVIII. 30 466 A F. SORDELLI, 128. Turritella aspera Sismonda. — Mayer, Descript. de Coq. foss. in: Journ. de Conch. 1866, t. VI, p. 172, tav. 3, f. 5. C. Rizzardi, varii esemplari nella coll. Turati. — Fossile nel miocene di Vigoleno (Cocconi). 129. Nerîtina Mayeri Semper, Descript. de deux espèces foss. du genre Neritina (Journ. conch. 1867, XV, p. 322, t. IX, f. 5). — D'Ancona, Nerit. p. 7, t. II, f. 2. C. Rizzardi, un esemplare ben caratterizzato nella coll. Tu-. rati. — Specie estinta e nota solo del pliocene più schietto. Semper cita la località detta Fango nero presso Siena; D'Ancona fa del pari menzione dei dintorni di Siena e dice averla rinvenuta negli strati fluviatili alternanti coi marini presso la Stazione della strada ferrata. Affine a questa specie è la Neri. Hòrnesana, diversa pel sistema di co- lorazione, ma vicina per la forma; entrambe appartengono agli stessi terreni e trovansi nelle stesse località. 130. Turbo tuberculatus Marc. de Serres? — Hoernes I, p. 434, t. 44, Î. 5. C. Rizzardi, coll. Turati. — Accenno con dubbio questa specie, a cagione dello stato cui sono ridotti i due soli esemplari fin qui esa- minati; constano essi di porzione dei primi anfratti e della columella, corrosi e, arrotondati, sì che certo ne è il genere, poco sicura la spe- cie; quello che ancor vedesi della ornamentazione avvicina il nostro Turbo al tuberculatus di Hoernes, mentre allontana l’idea che possa essere il vivente 7. rugosus L. — Marcel de Serres descrive la sua specie su esemplari del mezzodì della Francia; Hoernes la figura die- tro esemplari del bacino di Vienna. 131. Dentalium Bouei Desh. Gen. Dent. p. 355, t. 18, f. 8. — Hoernes I, p. 653, t. 50, f. 31. C. Rizzardi, ov’'è frequente; vidi pure alcuni esemplari di B ul- garo Grasso. — Fossile nel miocene del Tortonese e d’ altre loca- lità piemontesi, del Piacentino, dal bacino di Vienna. — Nel pliocene di Castell’ Arquato. 83. Dentalium sexangulare Desh. = D. Michelottù Hoernes, p. 654, t. 50, f. 33. i 132. Dentalium fossile Desh. gen. Dent. p. 355, t. 17, f. 12. C. Rizzardi, coll. Turati. — Fossile nel miocene di Torino e NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 467 d’altre località piemontesi, del bacino di Vienna. Nel pliocene dell’ Asti- giano, del Piacentino-Parmense, del Modenese, del Bolognese (sabbie infer., argille sup.), della Toscana. 133. Dentalium aprinum Linn. — Desh. gen. Dent. p. 351, t. 16, f. 18-19. O. Rizzardi. — Fossile nel pliocene dell’ Astigiano, del Piacen» tino-Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille sup.), di Toscana. — Secondo Deshayes e Sismonda la specie vive nell’ Oceano Indiano. — L’esemplare da me determinato appartiene alla var. d di Deshayes. 134. Dentalium entalis Linn. — Desh. gen. Dent. a 359, t. 16, f. 2. — D. Tarentinum Lamk. 0. SOT non tanto rara. — Fossile nel miocene del Pia- centino e del bacino di Vienna; nel pliocene dell’ Astigiano, del Pia- centino-Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille inf., argille e sabbie sup.), di Toscana e dell’Italia meridionale: nel pliostocene parimenti dell’Italia meridionale — Vivente nel Mediterraneo fra le 5 e le 10 braccia di profondità; nell’ Atlantico sulle coste dell’ Inghil- terra meridionale, dell’ Irlanda, della Francia, della Spagna. Fu citata anche dell'America settentrionale; ma la specie americana, denominata Dentalium entalis da Mighels, è abbastanza diversa dalla specie linneana, e fu poi chiamata Dentalium striolatum (Entalis striolata Stimpson). 135. Cylichna mamiUata Philippi, Enum. Moll. Sicil. I, p. 122, t. VII, f. 20 (Bulla). C. Rizzardi, varii esemplari nella coll. Turati. — Fossile nel pliocene del Piacentino-Parmense, del Bolognese (sabbie gialle sup.), di Toscana, di Sicilia, del crag d’ Inghilterra. — Vivente nel Mediterra- neo ad una decina di braccia di profondità; nell’ Atlantico alle coste della Gran Bretagna, della Francia, del Portogallo e delle Canarie. 136. Pecten scabrellus Lamk. — Brocchi II, p. 575, t. 16, f. 16 (Ostrea dubia Br. non Gmelin). C. Rizzardi, due valve nella coll. Turati. — Fossile nel plio- cene del Piacentino e del Parmense, ov’è comunissimo, sec. Cocconi; nel Bolognese, in tutte le zone; in Toscana; a Monte Mario. Nel crag d’ In- ghilterra (P. dubdius Wood). Codesto Pettine è affine all’ opercularis Linn., ed anzi Manzoni lo ritiene quale una semplice varietà del mede- simo, contro il parere di Cocconi. Io credo convenga tenernelo sepa- rato; ad ogni modo la forma è estinta. 468 I F. SORDELLI, 137. Pecten (Pleuronectia) cristatus Bronn. — Ostrea pleu- ronectes Brocchi (non Linn.). — Hoernes II, p. 419, t. 66, f. 1a-d. C. Rizzardi, rara assai ed in frammenti. — Yossile nel miocene del Modenese, del. bacino di Vienna; nel pliocene di Lombardia, al Faido, alla Folla d’ Induno, a Pontegana; del Piacentino e Parmense, del Modenese, del Bolognese (sabbie e argille inf.; argille sup.), di Toscana. 138. Lima scabra Born. (Ostrea). — Chenu Manuel II, f. 954-955. — Radula scabra Cocconi p. 342. C. Rizzardi. — Fossile è citata da Cocconi nel Parmense, a Campolasso nelle sabbie gialle plioceniche. — Cocconi cita a torto le fig. 19-21, tav. 28, di Poli (Test. utr. Sicil. II) siccome rappresentante questa specie; esse si riferiscono invece alla Lima inflata Chemn. 139. Spondylus gaederopus Linn. — Poli Test. utr. Sicil. II, t. 21, f. 20-21. C. Rizzardi, porzione di grossissima valva, colla cerniera, nella coll. Turati. — Fossile; nel pliocene di Lombardia a S. Colombano (sec. Stoppani, Studj); frequente nel Piacentino e nel Parmense, nel Bolognese (argille e sabbie sup.); in Toscana, a Monte Mario, a Nizza, in Sicilia ed a Madera. Affine a questa specie è lo Spondylus quinque- costatus Desh. (= Sp. gaederopus Brocchi, var. 9), ma questo si di- stingue per avere 4 coste più grosse e rilevate alla valva superiore e 5 alla inferiore. Nell’esemplare di C. Rizzardi, per quanto malconcio, si notano le coste numerose e subuniformi. — Vivente nel Mediterraneo alla profondità di 1 a 14 braccia, sulle rupi o su altri oggetti; nel- l’ Adriatico, nel Mar Nero, sulle coste dell’ Eubea. Nell’ Atlantico rin- viensi a Madera, al Marocco, al Senegal, al Capo S. Thomas ed alle isole di Capo Verde. 140. Plicatula mytitina Philippi, Enum. Moll. Sicil. I, p. 87, t. VI, f. 1. — Hoernes II, p. 425, t. 67, £. 5 ae. C. Rizzardi. — Zossiîle nel bacino di Vienna; nel pliocene del- l’ Astigiano, nel Piacentino e nel Parmense, nel Modenese, nel Pisano e nel Senese, a Monte Mario, al monte Pellegrino presso Palermo. 141. Arca Noae Linn. — Hoernes II, p. 324, t, 42, £ 4 a-c. C. Rizzardi; ne vidi finora una sola valva nella coll. Turati. — Fossile nel miocene della collina di Torino, del bacino di Vienna e del NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 469 bacino aquitanico, attribuito parimenti al miocene da Grateloup. Nel pliocene di S. Colombano (De Filippi); dell’ Astigiano, del Modenese, di Castell’ Arquato, del Bolognese (nelle sabbie inf. e nelle argille sup.) nel Pisano o nel Senese, a Monte Mario presso Roma, nel monte Pel- legrino presso Palermo, ed altrove. Nel pliostocene di Sardegna, di Ca- labria, di Sicilia. — Vivente nel Mediterraneo su tutte le coste, a poca profondità sulle rupi ed i sassi; nell’ Atlantico fu segnalata finora sol- tanto presso Cadice. 142. Arca lactea Linn. — Hoernes II, p. 336, t. 44, f. 6. C. Rizzardi, una valva completa nella coll. Turati. — Fossile frequente nel miocene della collina di Torino, del Modenese, del bacino di Vienna. Nel pliocene dell’ Astigiano, di Serravalle presso Tortona, di Castell'Arquato e d’altre località del Piacentino e del Parmense, del Modenese, del Bolognese (sabbie marnose inf., argille sup.) nel Pisano, a Nizza, a Monte Mario, a Milazzo presso Messina, ed altrove in Sicilia, in Calabria. Nel crag di Sutton. — Vivente su tutte le costo del Mediterraneo, nell’ Atlantico sulle coste della Gran Bretagna, di Francia, di Spagna e Portogallo, del Marocco e delle Canarie, del Se- negal. Rinviensi anche nel Mar Rosso. Dimora nelle acque poco pro- fonde, nelle cavità delle rupi e dei sassi, nell’interno delle conchiglie maggiori e tra i coralli. 143. Leda commutata Philippi. — Brocchi II, p. 480, t. 11, f. 4 a-c (Arca minuta Br. non Muller). — Hoernes II, p. 307, t. 38, f. 8 a-e. (Leda fragilis Chemnitz). C. Rizzardi, una sola valva, finora, nella coll. Turati. — os- sile nel miocene della collina di Torino, di S. Vitale di Baganza (Coc- coni), del bacino di Vienna, e del bacino aquitanico. Nel pliocene di S. Colombano in Lombardia (Arca minuta De Filippi); nel Piacentino e nel Parmense, nel Bolognese (sabbie inf., argille e sabbie sup.), in Toscana, a Monte Mario, in Calabria, in Sicilia; nel crag del Belgio. Nel pliostocene di Sicilia. Bellissimi esemplari di questa specie vidi pro- venienti dalle vicinanze di Castelnuovo di Scrivia, raccolti dal rev, prof. G. GagLiARDI. — Vivente nel Mediterraneo su tutte le coste, a va- tie profondità fra 40 e 120 braccia. Nell’Atlantico è segnalata da M’Andrew al Capo Trafalgar. — Secondo Deshayes e Hoernes questa specie è 1’ Arca fragilis Chemnitz. Hanley invece dice che VA. fra- gilis Ch. è specie del mar della China; la qual opinione non è accet- 470 SORDELLI, tata dal coscienzioso malacologo Weinkauff (Conch. d. Mittelm. Nach- trag, II, p. 440). 87. Chama gryphoides Linn. — Fossile, fu già osservata nel pliocene di Lombardia, a S. Colombano (Spreafico). 144. Cardita Partschi Goldfuss Petr. Germ. II, p. 188, t. 133, f. 16. — Hoernes II, p. 270, t. 36, f. 3 a-d. C. Rizzardi. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna ov'è frequente, e della collina di Torino, secondo Hoernes. — La specie è affine assai alla Chama (Cardita) intermedia Brocchi, dalla quale differisce pel maggior numero delle coste e per la minore inclinazione dell’ umbone. 145. Venus verrucosa Linn. — Poli, Test. utr. Sicil. II, p. 90, t. 21, f. 18-19. — Chenu Manuel, II, p. 81, f. 348-350. C. Rizzardi. — Fossile nel pliocene lombardo, a S. Colombano (Spreafico); nel Piacentino a Castell’ Arquato, Gropparello, ecc. (Coc- coni); nel pliostocene di Albenga, in Sicilia ed in Calabria. — Più nota è questa specie siccome eivente nel Mediterraneo su tutte le co- ste, sia europee, sia asiatiche, sia africane, sia presso le maggiori e le minori isole. Fuori del nostro mare interno fu segnalata nell’ A- tlantico, in Irlanda, nell’Inghilterra meridionale, lungo le coste di Francia, di Spagna, di Portogallo, delle Canarie, di Madera; al Sene- gal, alle isole di Capo Verde. Krauss la indica al Capo di Buona Spe- rauza e Roemer che si occupò monograficamente della famiglia delle Veneracee la indica nell'Oceano Indiano, sulle coste della Nuova Olanda e perfino dell’ America. A. proposito della quale singolar distri- buzione geografica vuolsi accordare un certo peso all’opinione espressa da Weinkauff, il quale attribuisce agli Spagnuoli la acclimazione, 0 meglio colonizzazione di tale mollusco nei paesi da loro scoperti e da essi per lungo tempo occupati. Si sa infatti come la V. verrucosa goda di una grande rinomanza presso gli abitanti della penisola iberica e delle Baleari, al punto da essere preferita alle ostriche. La specie in discorso dimora quasi esclusivamente sui fondi sabbiosi o ghiajosi. — Sismonda è d’avviso che la Venus verrucosa Brocchi (II, p. 545) non sia la V. verrucosa di Linneo, ma appartenga invece alla V. excen- trica Agassiz. Weinkauff ritiene specie dubbia la V. verrucosa Brocchi, fondato sull’asserzione di Bronn, cioè che la specie è rappresentata nella collezione Brocchi da valve isolate in cattivo stato di conserva» NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 471 zione. Mi spiace non poter verificare il fatto, poichè la specie è no- tata nella collezione stessa come smarrita. 146. Venus scalaris Bronn. — Venus dysera var. major Brocchi II, p. 541, t. 16, f. 7 (non Venus dysera Linn.). C. Rizzardi, una valva nella coll. Turati, corrispondente in tutto alla citata figura di Brocchi ed agli esemplari tipici della sua collezione, n.° 422. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna; nelle marne azzurre e nelle sabbie gialle plioceniche dell’Astigiano, del Pia- centino e del Parmense, di Toscana, di Palermo. È affine alla vivente V. fasciata Don. del Mediterraneo e del- l’ Atlantico. 147. Cytherea pedemontana Agassiz. — Venus erycina Brocchi (non Linn.). — Hoernes II, p. 151, t.17, f. 1-4; t.18, £.1-4. Bulgaro Grasso, porzione di valva destra colla cerniera, nella coll. del R. Liceo Volta in Como. Ho citato le figure tutte dell’opera di Hoernes, rappresentanti questa specie. L’ esemplare di Bulgaro però coincide meglio colle figure 1-4 della tavola 18, del citato autore. — Fossile nel miocene del Piemonte e del bacino di Vienna. Nel pliocene del Piacentino e del Parmense, del Modenese, del Bolognese (argille turchine e sabbie marnose inferiori ed argille superiori), di Toscana. 148. Petricola lithophaga Retzius ( Venus). — Hoernes II, p. 105, t. 10, f. 3 a-b. — Chenu Manuel II, p. 100, f. 448-450 (Petr. striata Lamk e lithophaga Retz.). — Petricola striata, co- stellata, roccellaria, rupellaria Lamk). Due esemplari completi, ho potuto vedere, estratti dai ciottoli per- forati di C. Rizzardi, uno nella coll. Turati, un altro nella coll. Corti. — Fossile nel miocene del bacino di Vienna (Hoernes), della Svizzera (Mayer), nel piocene dell’ Astigiano, del Piacentino e del Parmense, del Modenese. Nel pliostocene di Sicilia, di Rodi, ecc. — Vivente in- contrasi non rara, perforante le pietre non troppo dure, le conchiglie voluminose, ovvero annidata tra le colonie dei Balani. Il Mediterraneo ricetta ovunque questa specie, la quale fu osservata altresì nell’ Atlan- tico sulle coste di Francia, di Spagna e del Portogallo. Forbes e Han- ley la citano pure dell'Inghilterra, ma tale ubicazione vien contestata da Jeffreys. Chi abbia ragione davvero non saprei; farò solo notare come il genere di dimora e l'estrema polimorfia della presente specie, 472 F. SORDELLI, quale è intesa da Deshayes, da Hanley, da Hoernes e da altri, rende per certo difficile lo stabilirne con sicurezza i limiti sac non meno che gli specifici. 149. Gastrochaena dubia Penn. (Mya). — Gastr. modio- lina Lamarck. — Gastr. cunciformis e Poli Philippi Sicil. II, p. 3. — Gastr. dubia Hoernes II, p. 5, t. 1, f. 4 a-d. C. Rizzardi, varii esemplari, con ambo le valve, di ottima con- servazione, estratti dai ciottoli soltanto rotolati; coll. Turati. — Fos- sile nel miocene del bacino di Vienna (Hoernes) e dell’ Aquitania (Gra- teloup); nel pliocene di Lombardia, al torrente Tornago (Spreafico) ; dell’ Astigiano, del Piacentino e del Parmense, del Modenese, di monte Mario, del crag di Sutton in Inghilterra. Nel pliostocene di Taranto, di Monteleone e d’altre località deli’ Italia meridionale. — Vivente trovasi nicchiata nelle pietre di non molta durezza e nelle grosse con- chiglie. Cocconi dice d’averla rinvenuta talora, fossile, anche in tubi formati dall’agglutinamento di tritumi di altre conchiglie. In questo stato è figurata da Sowerby (Gen. of Shells f. 1, G. modiolina). Non è rara nel Mediterraneo, ed è citata nel Mar Rosso tanto da Philippi, quanto da Weinkauff. Quest’ ultimo autore osserva che gli esemplari eritrei non differiscono da quelli del Mediterraneo se non per le dimen- sioni un poco minori; nel che si accosterebbero di preferenza agli esem- plari pliocenici. Nell’ Atlantico la nostra Gastrochena frequenta le spiag- gia dell'Inghilterra, della Francia, della Spagna e del Portogallo, del Marocco, delle Isole di Madera e delle Canarie. 150. Clavagella Brocchii Deshayes. — Teredo echinata Brocchi TI, p.. 270. 632, t. 15,_£ L C. Rizzardi, coll, Turati. — Fossile nel pliocene dell’ Astigiano; del Piacentino e del Parmense, nei calcari detti forapietre (Cocconi). 151.Jouannetia semicaudata Desmoulins Bull. Soc. Bor- deaux 1828, p. 244, f. 1-18. — Pholas Jouanneti Desh. in Lamk. Hist. Anim. vert., 1855, VI, p. 47. C. Rizzardi; ne vidi finora pochi esemplari estratti dai ciottoli perforati, nelle coll. Turati e Corti. — Fossile, codesta specie venne fatta conoscere per la prima volta nei fal/uns di Merignac, presso Bordeaux. In Italia l'abbiamo nel miocene dei colli di Torino dov'è indicata da Sismonda e da Michelotti. Il dott. Cesare D’ Ancona ebbe a riscon= NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 473 trarla nella val d’Elsa entro ciottoli di calcare alberese, associati ad una Fauna affatto pliocenica ; e lo stesso chiarissimo paleontologo mi ‘ comunica esistere al Museo paleontologico di Firenze degli esemplari provenienti dalle località di Fango Nero e Monte Arioso, presso Siena. La J. semicaudata, la sola del genere nota in istato fossile è rappre- sentata nel mondo attuale da tre specie incole dei mari tropicali e segnatamente dalla J. Cumingii Sowerby, delle Filippine: POLIPI. 152. Turbinolia duodecimcostata Goldfuss Petr. germ. I, pag. 52, t. 15, f. 6. — Bronn. Lethaca LOR ta I nti Reuss. Polyp. Wienerbeck., p. 10, t. 1, f. 3-5. C. Rizzardi. — Fossile, frequente in pressochè tutte le località subappennine d’Italia. Reuss cita questa specie in parecchie località del bacino terziario di Vienna (Baden, Gainfahren e Steinabrunn, Rohr- bach presso Mattershof) od a Bischofswart in Moravia. 153. Flabellum cuneatum Goldfuss (Turbinolia cuneata) Petr. Germ. I, p. 58, 108, t. 37, f. 17. — Reuss Polyp. Wie- perbeck. p. 12,/t..1, £ 10-12, C. Rizzardi. — Fossile presso che ovunque nella formazione i subappennina d’Italia; nel bacino terziario di Vienna (T'egel di Ba- i den, Riegelsdorf e Dròsing nell’ Austria inferiore), Posoritz presso | Briinn; Korytnice in Galizia e nella valle di Gosau; fahluns di Bor- i deaux (Bronn, Reuss). FORAMINIFERE. 154. Nodosaria raphanistrum Linn. (Nautilus). — Nau- ‘bilus bacillum Parkinson Organ. remains 1811, t. 8, f. 16-17. — Nodosaria bacilum D’ Orbigny Foramin. Vienne, p. 39, t. 1, f. 36- 147. — Nodos. raphanistrum Silvestri Nodos. PEA AAA C. Rizzardi, parecchi esemplari vidi nella coll. Turati. Il più icompleto è composto di 10 articoli; un giovane individuo con cinque ‘soli articoli corrisponde esattamente alla fig. 40 di D’ Orbigny. Gli al- - tri si riferiscono al tipo adulto figurato da D’Orbigny, fig. 44 e da Silvestri, fig. 1. La specie è suscettibile però di molte e spesso forti Wariazioni individualî, siccome ha dimostrato Silvestri nella sua splen- dida monografia delle Nodosarie. Riguardo alla distribuzione geogra- fica di questa specie, sia allo stato fossile, sia allo stato vivente, non 474 F. SORDELLI, saprei mutar verbo a quanto ne scrisse il Silvestri nella lodata sua mo- nografia. — Fossile abbonda nelle crete senesi (Coroncina, Colle Ma- lamerenda, Riluogo, Cerajolo, S. Donnino, ecc.) — S. Quirico, Quer- cecchio, Monte Oliveto, Pienza, ecc., nelle argille di Orciano (prov. di Pisa) — ai due Archi presso Livorno — nel territorio d' Imola, Bolo- gna, Modena, Tortona, Asti — nei colli di Torino. — Rarissima nelle marne inferiori tra Asolo e Castelcucco nel Vicentino, come pure al Monte Mario presso Roma — non rara nelle marne della Calabria ul- teriore (Amato, Cannitello, ecc.), a Taranto. — Piuttosto rara a Pa- lermo, mentre è frequente agli Scirpi presso Messina. — Baden, nel bacino di Vienna (D’Orbigny). — Vivente trovasi questa specie nei mari che circondano l’Italia, nel Mediterraneo, nell’ Adriatico, nell’ Jo- nio; ma sta, come tutte le Nodosarie, a grande profondità nei fanghi. sottilissimi e difficilmente si può avere in vita. Le spoglie però si pos-. sono trovare, quantunque assai rare, tra le arene delle spiagge tran- quille di Ravenna e di Rimini, e Silvestri ne ha rinvenute anche tra le coralline provenienti dal fondo del mare di Corsica e nel minuto detrito che forma la spiaggia della penisola Magnisi tra Augusta e Si- racusa, sulla costa orientale della Sicilia. — Silvestri osserva che gli esemplari attualmente viventi sono molto più piccoli di quelli fossili. La stessa osservazione era stata fatta, or son circa cinquant’ anni, dai prof. Guidotti e Bonelli, tanto benemeriti della conchiologia subappen= nina (V. Lyell, Prenciples I, p. 142). I nostri di Cassina Rizzardi hanno le maggiori dimensioni segnate dal Silvestri, raggiungendo in media circa 2 mill. di diametro trasverso, sopra una lunghezza variabile seconda del numero degli articoli conservati. Ho osservato inoltre che i nostri esemplari hanno la punta del primo articolo corrosa e ridotta a una metà od anche a un terzo della lunghezza primitiva normale, e qua e là offrono altre traccie leggiere di corrosione; tuttavia essi possono ancora riguardarsi come modelli di conservazione rispetto agli altri fossili di Cassina Rizzardi. 155. Robulina calcar Gmel. (Nautilus). — D’Orbigny Fo: ram. Vienne p. 99, t. IV, f. 18-20 3 C. Rizzardi. Ne trassi varj esemplari dalla sabbia da me rac: colta in questa località; sono a vario grado di sviluppo ed ho potutò verificare in essi quanto dice D’Orbigny, che, cioè, più gli esemplari sona giovani e minore è il numero delle loggie, e minori e meno sviluppate sono le punte esterne. Queste sono frequentemente rotte e corrose "NUOVE OSSERVAZIONI SULLA FAUNA DI CASSINA RIZZARDI. 475 all'estremità nei nostri esemplari, ma tuttavia non è difficile il ricono- scerne il numero e la disposizione. — Fossile nelle marne bianche cal- caree (miocene superiore, secondo Seguenza, distr, terz. Messina) a Scoppo, Scirpi, Gravitelli, ecc., nel distretto di Messina; alla Coron. cina presso Siena (D’Orbigny); Baden, nel bacino di Vienna (D’Or- bigny) — Vivente nel Mediterraneo; se ne raccolgono le spoglie fre- sche sulla spaggia di Rimini (D’Orbigny) ed io l'ho rinvenuta in nu- merosi esemplari nella sabbia, ricca di minute conchigliette, raccolta a Nizza dal nob. C. Bellotti. 156. Polystomella crispa Linn. (Nautilus crispus) — La- marck Anim. s. vert., 1822, VII, p. 625. — Bloxiigar] Foram, Vienne, p. 125, t. VI, f. 9-14. C. a — Fossile alla Coroncina presso Siena; a Baden e Nussdorf in Austria, frequente (D’Orbigny). — Vivente nel Medi- terraneo, nell'Adriatico e nell’Atlantico, secondo D’Orbigny. Io con- statai la frequenza di questa graziosa foraminifera nella sabbia marina di Nizza e di Rimini. Gli esemplari recenti mi sembrano in generale un po’ più piccoli dei fossili. ALTRI AUTORI CITATI. D'Ancona CesARE. — Sulle Neritine fossili dei terreni terziari superiori dell’Italia centrale. Pisa, 1869. Des MouLIns CHARLES. — Description de trois genres nouveaux de coquilles fossiles du terrain tertiaire de Bordeaux savoir:.... Jouannetia, ete. (Bull. d’hist. nat. de la Société linnéenne de Bordeaux, t. II, pag. 226). D’OrBIGNY ALcipE. — Foraminifères fossiles du bassin tertiaire de Vienne (Autriche). Paris, 1846. GouLp Augustus A. — Report on the invertebrata of Massachusetts. Boston, 1870. MavyER,'— Description de coquilles fossiles des terrains tertiaires supérieurs (Journ. de Conchyl. 1866, sér. 3, t. VI, pag. 172). Reuss August Emir. — Die fossilen Polyparien des Wiener Tertirbeckens (Haidinger's Naturwiss. Abhandlungen Bd. II, pag. 1). SequeNzA GiusEPPE. — Dei terreni terziari del distretto di Messina e dei foraminiferi monotalamici delle marne mioceniche messinesi. Messina, 1862. SeMPER 0. — Description de deux espèces fossiles du genre Neritine (Journ. de Conchyl. Vol. XV, 1867, pag. 322). SiLvestRI ORAZIO. — Le Nodosarie fossili nel terreno subappennino italiano e viventi nei mari d’Italia. Catania, 1872. SismonpA EuGENIO. — Synopsis methodica animalium invertebratorum Pedemontili fossilium. Augustae Taurinorum. 1847. limoni # Seduta del 2 gennajo 1876. I Presidenza del Presidente prof. cav. E. Cornalia. Non essendo pervenuto ancora alla Presidenza il Ms. della Re- | lazione del socio prof. P. PAvESI sul Congresso dei naturalisti sviz- zeri in Andermatt, nel settembre 1875, annunciata per la seduta d’oggi, se ne protrae la presentazione alla prossima adunanza, e si dà lettura di una Nota del socio Prof. STROBEL, intitolato: Cenno su tre casì di polimelia nelle Rane, nelle quali lA. dopo di avere descritto tre rane con membra soprannumerarie esistenti nel Museo zoologico della R. Università di Parma, passa a considerazioni sulla frequenza di simili mostruosità negli animali a temperatura variabile, e sostiene che in essi la polimelia non è più rara, come alcuno vorrebbe, di quello che lo sia negli animali a temperatura costante. Correda la Nota del prof. Strobel una tavola in cui son figurate le anomalie descritte ed alcune particolarità anatomiche, chiarite poi anche dalla annessa spiegazione. Il socio segr. SORDELLI espone quindi le sue Nuove osservazioni sulla fauna fossile di Cassina Rizzardi. Concernono esse prima di tutto il terreno in cui si rinvengono gli avanzi della ormai nota fauna marina pliocenica, al cui riguardo l'A. ammette senza ambagi che la formazione stessa fossilifera è schiettamente alluvionale ed i fossili non vi sono se non trasportati da terreno più antico. Fa SEDUTA DEL 2 GENNAJO 1876. 477 osservare i rapporti fra codesta alluvione e le morene circostanti dalle quali in parte provennero i materiali fluitati, mentre per altra parte fa rimarcare come si trovino le tracce ancora rico- noscibili dell'originale terreno pliocenico marino, demolito qua e là dalle acque. Descritta quindi la successione dei varii piani o strati costituenti la detta alluvione, presenta i saggi da esso rac- colti ed alcuni disegni dimostranti i loro rapporti, quali si vedono a C. Rizzardi ed a Ronco. Indi aggiunge poche parole sulla Fauna, la quale a quest'ora è ricca di ben 156 specie, la maggior parte molluschi. Fra quelle comprese nell’ Elenco supplementare, unito alla memoria presentata, lA. fa speciale menzione di una Neritina, Mollusco pliocenico d’acqua dolce, il quale esclude affatto l’idea che nel mare pliocenico del nostro paese mettessero foce dei ghiaccia], mentre accusa piuttosto la presenza di fiumi a mite temperatura; e nomina infine quattro specie di acefali perforatori delle rocce sottomarine, il cui studio gli fu agevolato mercè le attente ricerche dei due giovani studiosi, Z'urati nohb. Vittorio e Corti Egidio. Anche di queste specie litofaghe presenta alcuni esemplari. ‘ Ha dopo la parola il socio sig. G. B. Villa, il quale presenta un nucleo di selce giallastra, rinvenuto in Brianza, nelle vicinanze della roggia Bevera, alla cassina Colombara, frazione di Breno della Torre, comune di Tregolo; nucleo il quale sveglierebbe il sospetto di una nuova stazione litica nell'alta Brianza. Il socio G. B. Villa osserva che in Brianza non si trova tale varietà di silice e ritiene che la freschezza del pezzo dipenda dall’ essere sempre stato nell'acqua. Gli astanti notano infatti quanto esso sia lucente e privo di qualsiasi patina; ed il socio Castelfranco vorrebbe de- durne che esso deve aver dimorato nell'acqua, oppure essere stato sepolto nel terreno profondo, e riferisce in proposito le osserva- zioni del prof. G. Pellegrini di Verona sulla stazione litica di Rocca di Rivole, ove solo le selci situate presso la superficie del suolo sentirono l'influenza alteratrice dell’aria e sono coperte da 478 SEDUTA DEL 2 GENNAJO 1876. una patina, mentre quelle tratte da certa profondità si mostrano liscie e lucenti. Il presidente Cornalia fa però osservare che in- | fatti le selci del lago di Varese non hanno patina, ma ne hanno invece quelle tratte dalle torbiere, e crede dipendere ciò dallo sviluppo di acido umico, che accompagna la formazione della torba. | Lo stesso presidente prof. Cornalia presenta quindi un giovane serpentello, Tropidonotus natrix, conservato nell’alcool, il quale ha la particolarità di avere due teste e di avere anche per breve tratto distinti i due colli, o meglio le porzioni anteriori della co- lonna vertebrale, corrispondenti ad ogni singola testa. Passa bre- vemente in rivista i pochi casi conosciuti di dicefalia nei ser- penti, e fa notare come nella vipera sembra più frequente la di-. cefalia atloidica, anomalia presentata da tutte le vipere a due teste da lui conosciute, mentre nel Tropidonotus natria, o biscia dal. collare, cui appartiene anche il serpente a due teste descritto dal. Redi, la dicefalia pare più rara, e fu finora sempre osservata in un colla duplicità di parte della colonna vertebrale. L’esemplare, oggetto di queste osservazioni, fu donato, già morto, al Museo Ci- vico dal sig. dott. Carlo Pavesi, farmacista di Mortara; ed il prof. Cornalia si ripromette di fare su di esso qualche indagine ana-. tomica e di informarne, nel caso, la Società. x È data per ultimo lettura del processo verbale della seduta pre- cedente 28 novembre 1875, che viene approvato. | F. SORDELLI, Segretario. ELENCO DEI LIBRI PERVENUTI IN DONO OD IN CAMBIO ALLA BIBLIOTECA SOCIALE NEL 1875 PUBBLICAZIONI PERIODICHE DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE. Italia. Atti della R. Accademia delle scienze di Torino. 8°, Vol. X, disp. 1-8. Bullettino meteorologico astronomico del R. Osservatorio della R. Università di To- rino. Torino, 1875, 4°, Anno VIII, (1873). Effemeridi della società di letture e conversazioni scientifiche. Genova, 1875, 8°, nuova Serie, Anno IV, 1875. i Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere, Milano, 8°, Vol. VII, fase. XIX-XX Vol. VIII, fase. I-XIII. Memorie del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Milano, 4°, Classe di scienze matematiche e naturali, Vol. XIII, fasc. II. Atti dell’Accademia Fisio-medico-Statistica di Milano. Milano, 8°, Anno XXI, 1865; XXV, 1869; XXVI, 1370; XXVII, 1871; XXIX, 1873; XXXI 1875. Bullettino dell'Agricoltura. Milano, 4°, 1874, N. 50-52, 1875, N. 1-50. Atti dell’ Ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo. Bergamo, 8°, Anno I, disp. 1-2. Commentarii dell’ Ateneo di Brescia, per gli anni 1870-73, Brescia 1874, 8.0 Atti della Società Veneto-Trentina di scienze naturali. Padova, 8°, Vol. III, fasc. I, (dicembre 1874- ottobre 1875). Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Venezia, 8°, Serio V, Tomo I, disp. I-X. Atti dell’ Ateneo Veneto. Venezia, 8°, Serie III, Vol. X, punt. IV; Vol. XI, punt. II-VI; Vol. XII, punt. I. Atti dell’ Accademia Olimpica di Vicenza. Vicenza, 8°, 1874, 1-2 semestre. Bullettino delta Società Agraria Friulana. Udine, 8°, Vol. II, N. 10-12; Vol. III, N. 1-10. L’Amico dei campi. Trieste, 8°, Anno IX, 1874, N. 10, Anno X, 1875, N. 1-11. Bullettino della Società Adriatica di scienze naturali in Trieste. Trieste, 1875, 8°, N, 1, 480 LIBRI IN DONO, ECC. Annuario della Società dei naturalisti in Modena. Modena, 1874, 8°, Serie II, Anno VIII, fase. III-IV; Anno XI, fasc. I-IV, o Catalogo della Biblioteca. Rendiconto delle Sessioni dell’Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Bolo- gna, 8°, Anno accademico 1874-75. Memorie dell’Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Bologna, 4°, Serie III, Tomo V, fasc. II-IV; Tomo VI, fasc. I. Atti della Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa. Pisa, 8°, 1875, Vo- lume I, fase. I-II. Bullettino della Società Entomologica italiana. Firenze, 8°, 1875, Anno VII, trime- stre, I-III. ‘ Atti della R, Accademia dei fisiocritici di Siena. Siena, 4°, 1874, Serio III, Vol. I fase. V-VI. Rivista scientifica, pubblicata per cura della R. Accademia dei fisiocritici di Siena. Siena, 8°, Anno VI, fase. V-VI; Anno VII, fase. I-III Bullettino del R. Comitato Geologico d’Italia. Roma, 1874, 8°, Anno V, Vol. V; 1875 Anno VI; N. 1-8. Rendiconti della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli. Napoli, 4°, Anno XIII, 1874, fase. XII; Anno XIV, 1875, fase. I-III, VII-X. Atti del Reale Istituto d’ incoraggiamento di Napoli. Napoli, 1875, 4°, II Serie Tomo XI. . Annali della Stazione Agraria ed Atti dell'Istituto Agrario di Caserta, Caserta, 1875, 8°, Anno III, 1874, N. 3. Il Picentino. Salerno 8.0 1874, fase. XII; 1875, fase. I-X. Giornale di scienze naturali ed economiche, pubblicate per cura del Consiglio di per- fezionamento annesso al R. Istituto Tecnico di Palermo. Palermo, 1873, 4°, Vol. IX, Parte I scienze naturali; 1874, Vol. X, Parte I e II, scienze naturali ed economiche. Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania. Catania, 4,° Serie IIL Tomo IX, 1874. Francia. Bulletin mensuel de la Société d’ Acclimatation. Paris, 8°, Troisième Série, Tome I, 1875, N. 11-12; Tome II, 1875, N. 1.11. 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DeLpPINo, Rapporti tra adi € fi iii (71) alcune piante Seduta del 28 febbrajo 1875 G. Omoni, Di alcuni oggetti dn SETA caverne E Velo nel Veronese (tav. 2) 3 ; Macci L., Intorno ai nidi della “ Dova Sica ds C. Parona, Sopra un feto vitellino mummificato (tav. 3). P. Pavesi, Rapporto a S. E. il Ministro della Marina contro la pesca dei bianchetti . RR LI A Seduta del 4 aprile 1875. A P. Pavesi, Note araneologiche. — È Mali di Togni di Capri . 5 — II Aggiunte al Galiiigo. n Dili di Ana V. Avesi, Sulla borsa di Fabricio negli uccelli (tav. 4° e 5%) A STOPPANI, Sui rapporti del terreno o col pho- cenico nei dintorni di Como E. Cornania, Sulla Taphrobia pilchardi, nuovo iu d crostacei parassiti (tav. 6°) . 102 111 113 130 133 172 197 488 INDICE, P. PANCERI, Catalogo degli “06 Gefirei e Turbellarie d’Italia . . . RIG P. Pavesi, Note ARR 2 _ m Uaiolago pren dei Ragni della Svizzera, con aggiunte e correzioni a quello del Canton Ticino . , — IV. Elenco dei Ragni del Monfotai — V. Cenni sulle colorazioni e forme mimetiche utili nei ragni . È Seduta del 30 maggio 187 3: : F. SORDELLI, La fauna marina di Cassina “Rizeardi Seduta del 25 luglio 1875... . i C. MassaLongo, Di due anomalie Gaiervari FO fore della Linaria vulgaris Mill. (tav. 7) . Lt — Alcune piante da aggiungersi alla flora della provincia di Padova P. CASTELFRANCO, Palezmoliria Tonia: —_ 2 Frida € ricerche durante V’autunno del 1875... ... C. EmerY, La terminazione del nervo ottico nella retina dei batracù urodeli (tav. 8) Seduta del 28 novembre 1875 . P. STROBEL, Cenno su tre casi di polimelia nelle rane Pra: 9) P. Pavesi, Sul Congresso dei naturalisti svizzeri in An- dermatt nel settembre 1875 : F. SorpELLI, Nuove osservazioni sulla “fai fossile di Cassina Rizzardi Seduta del 2 gennajo 1876 . \ Elenco dei libri pervenuti in dono od in edge nà Bi- blioteca sociale, nel 1875 . 201 254 284 290 305 308 308 362 366 369 991 403 405 410 437 476 479 7 DL dirottamento al VR della Societa. — Peri : Socj to i quali desiderano ‘avere. i volumi degli anni anteriori a quello in 3, han cominciato a far parte della Società, ni prezzi sono Lui alla” ET volumi I e II sono. cesauriti. 0 A IRIOA Monte si FIRE in i fascicoli distinti. tra re delle "Momo fe lo compongono. — TR associazione a ‘ciascun to ime di delle Memorie è fissata pei Socj a a L. 10. (TOO Ioia pre gli Atti. © le Memorie bisogna dirigersi ai segretari. della La È è SIATL lio (4° pagine) | Le (3 pagine) | À si foglio (12° pagine) . INDICE. F. SorpeLLI, La fauna marina di Cassina Rizzardi (con- tinnazione: e tAne) ni niuno i Rai Seduta del 25 luglio 1875. C. MassaLonco, Di due anomale ostile ss fore della Linaria vulgaris Mill. (tav. 7) . i, — Alcune piante da aggiungersi alla flora della provincia di Padova È i vi P. CASTELFRANCO, PAD gia TREDEDI — Tiso e ricerche durante l'autunno del 1875... .. . C. Emerr, La terminazione del nervo ottico nella retina dei batracii urodeli (tav. 8) Seduta del 28-novembre 1875 . P. StROBEL, Cenno su tre casì di polimelia al rane .ltag 9) P. Pavesi, Sul Congresso dei naturalisti svizzeri in An- dermatt nel settembre 1875 F. SorDELLI, Nuove osservazioni sulla PO ARIE di Cassina Rizzardi : Seduta del 2 gennajo 1876 . Elenco dei libri pervenuti in dono od in a sE Bi- blioteca sociale, nel 1875 . » 479 Mantovani, Argille scagliose Lit Ronchi vd 5 = < Omboni. Di alcuni oggetti Bcc Qggetti preistorici delle Caverne di Velo Atti Soc.ital. di Sc naf. Vol. XVIIL tav. Fig 14. gr.nat. 9: Parona. Feto vitellino mummificato Atti Soc. ital. Sc. nat. Vol. XVIII tav. 3. Auf. dis Lit. Ronchi na Fei agen+=, rsa di Farrivio. Atti Soc.ital. Sc. nat.Vol.XVIItav.4* Aut. dis Milano, LitRonchi o” PINI © } i ,, x tI Mu ) a nt hi È Ke B; vi LI*R € È x Wy A F j Lodi i ’ Pa) | 5 VE UO Y (NILE 1 9 é I hi PI f a ù n i ì j. : To Man (i) i | l È La e ; ' ui 4 : sufi nea À xl # Ma Li - di pi UvUogle i o GANI Via n ‘tu P ed i "0 % ba ’ + tr ii RE | n h n io da è 1 È D, È 3 . hi . % 4 M i] IE v d ” La | LA È Hi Alesi. Sulla borsa di Fabricio Affi Soc.ital. Sc.nat Vol.XVII, tav? 5? Milano, Lit. Ronchi di 94 , «È ante ci N px “Se UTI coi si » = x ‘ Dei SCE Le © - Re Ibn Se - ire et n uil ” Po Atti Soc.It. Sc.nat.Vol.XVIItav..6b° Cornalia ,Taphrobia somm AGE gr nat. $ mita alri t ali aa chardì Taphrobia pil Massalongo Anomalie Atti Soc.It S.N.Vol. XVII Tav. VII Aut_dis Lit Ronchi Anomalie della Linaria vulgaris Mill. _ ’’VT‘0.,T0 _——————eoemirm 'Vol'XVI Tavilli “Nat Ital. di Sc d Atti della Soc n F Irojani ine: 7 Lit.f fai {mery.dis. ua fe fiat ra Mies) PAESE: "9 i ha) i b st de Va MO stresa Strobel, Polim. d.Rane Atti Soc.Ital.Sc.N at. VoLXVIII, t9 P Ceccotti dis. Lit. P Dall'Olio Parma LION VAVRIRIATO #1) (A) si VIa ir VI DIM i poro n _— A ETÀ nie a © È penare ”_ è gu meta RITA ape cui "- _ = c- barare» LG tt tie Vasi ne o ar# @ ev Uno -—— up H E - + dee — aiar. — marne Da _ sopra cinte ag iii + ct à —- sit — emer —= iter iena mat 3501531 IRE ; SHITINEAI if. Ì È è 0 te nId bd IALELiA I RARFREVETA = == I Î di RODI AIi I Na ERE ATAF n e P dei SERI IAN 189] a° i FI FLATRL Pat] 30110! i Digi i ienrani — PRI Er RR I De cene 4A Pi de ini pena - — "= == oo n SEGUBUGNETÀ ARISSITRITSETÌ alti IT900 ui —_ pros — de passar varo ns ona tte Setenta cc