HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. DIS di IA IS ATTI DELLA SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOL. XXXVIII. ANNO 18909. MILANO, TIPOGRAFIA BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. 1899. hae ae 7 LU Pa; Fru ¥ ee RETE ~~ ~~ —__ 1a, a Naturale, Corso Venez co di Stori fatto colla Posta. ivi if Per la compera degli ATTI 6 delle MEMORIE rivolgersi alla Segreteria dell Spot, Palazzo del Nuovo Museo ( Via Roveto, 14 A Ma Slo i li fasc tifici vien len Corpi Sc le i ai Soci icol = i singo L’invio de | Direzione pen 1899. Vice-Presidente, Comm. prof. Giovanni CELORIA, Palazzo di Brera, 26. Prof. Gracinto MARTORELLI, Museo Civico. DTA | Prof. FERDINANDO SORDELLI, Museo Civico. 1 . ( Dott. CarLo ArraGnI, Museo Civico. e nen | Dott. Grut10 DE ALESSANDRI, Museo Civico. Conservatore, Prof. PomPEO CASTELFRANCO; Via Principe Umberto, di Vice-Conservatore, Dott. PaoLo MaGRETTI, Via Dante, 7. Cassiere, Cav. GIUSEPPE GarcantINI-PraTTI, Via Passerella, 10. CONSIGLIERI D’AMMINISTRAZIONE: Conte GiserRTo Borromeo juniore, Piazza Borromeo, 7. March. Lurcr CrIveLLI, Corso Venezia, 32. Sig. Virrorio Vinna, Via Sala, 6 Ing. Francesco SALMmoJRAGHI, Via Monte di Pietà, 9. Cav. prof. Trro VianoLi, Corso Venezia, 89. DIREZIONE PEL 1899. Vice-Presidente. — Comm. prof. Giovanni CELORIA, Palazzo di _ Brera, 26. «__»_.( Prof. Gracinto MARTORELLI, Museo Civico. egretar) Prof. FERDINANDO SORDELLI, Museo Civico. Prof. CARLO Arragut, Milano. Dott. GruLio De-ALESSANDRI, Museo Civico. x di Conservatore. — Prof. Pompeo CasreLFRANCO, via Principe Um- i berto, 5. Vice-Conservatore. — Dott. Paoto MAGRETTI, via Dante, 7. Cassiere. — Cav. GIUSEPPE GARGANTINI-PIATTI, via Passarella, 10. Vice Segretarj CONSIGLIO D’ AMMINISTRAZIONE Conte GIBERTO Borromeo juniore, Piazza Borromeo, 7. March. Lure CRIVELLI, Corso Venezia, 32. Sig. Virtorio ViLLa, via Sala, 6. Ing. Francesco SALMoJRAGHI, via Monte di Pietà, 9. “Cav. prof. Trro VignoLi, Corso Venezia, 89. SOCJ EFFETTIVI per l’anno 1899. Dott. Carlo AtracHI, Magenta. Sac. Dott. Michelangelo AmBrosionI, Collegio di Merate. Prof. Angelo ANDRES, Milano. Conte Carlo Arsorro MELLA, Vercelli. Conte dott. Prof. Ettore Arricont degli Opp1, Padova. Rag. F. Augusto ArTARIA, Milano. Prof. Ettore ArtINI, Direttore della sezione di Mineralogia nel Museo Civico di Milano. Sac. Camillo Barassi, Milano. Conte comm. Emilio Bariano di Belgiojoso, Milano. Conte Ing. Guido BarBrano di Belgiojoso, Milano. Prof. comm. Giuseppe BarpELLI, Milano. Herrn Doctor Barack, Gehaimer Regirungs Rath. Director der k. Uni- versitits und Landes Bibliothek, Strassburg. Prof. Francesco Bassani, Direttore del Gabinetto di Geologia e Pa- leontologia della R. Università di Napoli. Dott. Serafino BELFANTI, Direttore dell’ Istituto Sieroterapico di Milano. Dott. Cristoforo BELLOTTI (Socio Benemerito), Milano. Sac. Giuseppe BeRrNASCONI, Parroco di Civiglio. ELENCO DEI SOC) EFFETTIVI. a) Prof. cav. Ambrogio BerTARELLI, Milano. Ing. Giuseppe Besana, Milano. Rag. Costantino BrxaeHi, Milano. Dott. Prof. Michelangelo BoGLIONE, Como. Dott. Prof. Guido Borponi-UFFREDUZZI, Medico-capo municipale, Milano. Prof. Ing. Francesco BorLertI, Milano. Conte Giberto Borromeo juniore, Milano. Prof. comm. Ulderico BortI, Reggio Calabria. Prof. cav. Giovanni Briosi, Direttore della Stazione Crittogamica di Pavia. Sac. Pietro Buzzowi, Milano. Sac. Enrico CAFFI, Dottore in scienze naturali, Bergamo. Prof. sac. Pietro CALDERINI, Direttore dell’Istituto Tecnico di Varallo Sesia. Prof. Matteo CALEGARI, Milano. Prof. Elvezio Cantoni, Milano. Conte ing. Alberto CasreLBARCO-ALBANI, Milano. Prof. cav. Pompeo CasreLFRAN0O, Milano. Dott. Giacomo CATTERINA, Padova. Prof. comm. Giovanni CeLoria, II Astronomo dell’Osservatorio di Brera, Milano. Dott. Giuseppe CoLomBo, Milano. Sac. Gaetano CoLoni, Professore di scienze naturali a Crema. Sac. Dott. Benedetto Corti, Professore nel R. Collegio Rotondi, Gorla Minore. Prof. Ernesto CortINI, Milano. March. Luigi CriveLLI, Milano. Conte Giuseppe CRIVELLI-SERBELLONI, Milano. March. Luigi Currica DI Cassine, Milano. Dott. Camillo DAL Frume, Badia Polesine. Dott. Giulio De ALessanpRI, Prof. Aggiunto alla Sezione di Geologia e Paleontologia al Museo Civico di Milano. 6 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI. March. Norberto DeL Mayno, Milano. March. Giacomo Doria, Senatore del Regno, Presidente della Società Geografica, Roma. Comm. Luigi ErBA (Soczo perpetuo), Milano. Prof. Ottavio Luigi Ferrero, Napoli. Dott. Prof. cav. Rinaldo FerRrINI, Milano. Dott. cav. Angelo FrorenTINI, Milano. Prof. cav. Felice Francescuint, Direttore del Laboratorio di Entomo— logia Agraria, Milano. Cav. Domenico Furia, T. Colonnello, Milano. Ing. Enrico GAser, Ingegnere Capo dell’ Ufficio delle Miniere a Calta- nisetta. Ing. cav. Giuseppe GarGAnTINI-PrATTI, Milano. Dott. cav. Alfonso GarovaGLIO, Milano. Dott. Prof. cav. Francesco Gatti, Milano. Prof. Fabio GeLmi, Milano. Prof. Pietro GracomeLLI, Bergamo. Prof. Giuseppe GranoLi, Milano. Prof. cav. Francesco Grassi, Milano. Prof. cav. Rocco Gritti, Milano. March. Carlo Raffaele GuAaLrERIO, Bagnorea (Orvieto). Prof. Guglielmo HamsurGER, Milano. Prof. cav. Giuseppe June, Milano. Prof. cav. Guglielmo KòrnER, Milano. Dottoressa Zina LeArDI, Milano. Nob. Dott. cav. Giuseppe Luini, Milano. Conte Francesco Lurani, Milano. Prof. Dott. Pietro Marri, Canonico, Pavia. Prof. cav. Leopoldo Magari, Direttore del Gabinetto di Anatomia com- parata nella R. Università di Pavia. Dott. Paolo MaGrETTI, Milano. Prof. Giovanni MaLratTI, Milano. ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI. | Prof. Ernesto MARIANI, Direttore della Sezione di Geologia e Paleon- tologia nel Museo Civico di Milano. Prof. Giacinto MartorELLI, Direttore della Collezione Ornitologica Tu- rati nel Museo Civico di Milano. Prof. Dott. Felice Mazza, Cagliari. Ing. cav. Vittorio MazzuccHeLLI, Milano. Prof. Angelo Menozzi, Milano. Sac. Prof. Giuseppe MercaLLI, Napoli. Dott. Giovanni Battista MiLesI, Lovere. Prof. Ing. Francesco MoLinarI, Milano. Barone Alessandro MontI, Brescia. Prof. Oreste Murani, Milano. Dott. comm. Gaetano Nseri, Senatore del Regno, Milano. Conte Emilio Nixni, Monastier di Treviso. Ing. Luigi OLivARI, Romano Lombardo. Dott. Paolo OLIVARI, Romano Lombardo. Dott. cav. Giovanni Ompont, Professore di Geologia nella R. Univer- sità di Padova. Ing. Giov. Batt. OriGonI, Milano. Ing. Prof. Ettore PaLapINI, Milano. Ing. Adolfo Panza, Milano. Dott. cav. Pietro PanzERI, Direttore dell’ Istituto dei Rachitici di Milano. Dott. Giuseppe Paravicint, Milano. | Dott. Prof. Corrado Parona, Direttore del Gabinetto di Zoologia nella R. Università di Genova. Conte Napoleone PAssERINI, Firenze. Marchesa Marianna PAuLUOCI, Firenze. Prof. Gian Pietro Prana, Prof. all Istituto Patologico della R. Scuola Veterinaria di Milano. Ing. Edoardo Pini, Astronomo Ass. dell’Osservatorio di Brera, Milano. Nob. cav. Napoleone Pint, Milano. Banchiere Cesare Ponti, Milano. 8 ELENGO DEI SOCJ EFFETTIVI. Conte ing. Dott. Cesare Porro, Milano. Prof. comm. Edoardo Porro, Senatore del Regno, Milano. Cav. Cristiano ReBEscHINI, Milano. Dott. Giulio Rezzonico, Milano. Dott. Carlo Riva, Ass. al Museo di Mineralogia dell’ Univ. di Pavia. Dott. Prof. Giuseppe RoncHerTI-MonTEVITI, Milano. Dott. Vittorio RoncHETTI, Milano. Ing. Emilio Rosetti, Prof. em. dell’ Univ. di Buenos Ayres, Milano. Ing. Edoardo Rossi, Milano. Sac. Prof. Giuseppe Rusconi, Gorla Minore. Ing. Prof. Francesco Satmoyracui, Milano. Dott. Guglielmo SaLomon, Heidelberg. Prof. comm. Giovanni ScHIAPARELLI, Senatore del Regno, Direttore dell’ Osservatorio Astronomico di Brera (Socio perpetuo), Milano. Prof. comm. Enrico SertoLI, Milano. Prof. Ferdinando SorpeLti, Dirett. della Sezione di Zoologia nel Mu- seo Civico di Milano. Prof. comm. Torquato TARAMELLI, Direttore del Gabinetto di Geologia e Paleontologia nella R. Università di Pavia. Comm. Eugenio ToreLLI-VIOLLIER, Milano. Nob. Ernesto Turati, Milano. Nob. Gianfranco Turati, Milano. Conte comm. Emilio Turati, Milano. Dott. cav. Arnoldo UsieLi, Milano. Dott. Piero ViparI, Vigevano. Prof. cav. Tito VianoLi, Direttore del Museo Civico di st. nat., Milano. Nob. Giulio Vigoni, Senatore del Regno, Milano. Nob. comm. Giuseppe Viconi, Sindaco di Milano. Vittorio ViLa, Milano. Duca Guido Visconti DI Moprone (Soczo perpetuo), Milano. Ing. Prof. cav. Luigi Zunint, Milano. Rh Cw ho > co CO NI SD Ot 10. dele 12. 13. 14. 15. 16. ie 18. dio: 20. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI al principio dell’anno 1899. AMERICA DEL NORD. University of the State of New York — Albany N. Y. . American Academy of Arts and Sciences — Boston. Boston Society of Natural History — Boston. Buffalo Society of Natural Sciences — Buffalo N. Y. U. S. of A. Davenport Academy of Natural Sciences — Davenport Jowa. Indiana Academy of Science Indianopolis. Jowa Geological Survey -— Des Moines (Jowa). Nova Scotian Institute of Science Halifax. Wisconsin Academy of Sciences, Arts and Letters — Madison (Wisconsin). Minnesota Academy of Natural Sciences — Minneapolis. Connecticut Academy of Arts and Sciences — New-Hawen. Geological and Natural History Survey of Canada — Ottawa. Academy of Natural Sciences — Philadelphia. Wagner Free Institute of Science — Philadelphia. Geological Society of America — Rochester N. Y. U. S. A. California Academy of Sciences — San Francisco. California State Mining Bureau — San Francisco. Academy of Science of St. Louis — St. Louis. The Missouri Botanical Garden — St. Louis Mo. Kansas Academy of Science — Topeka Kansas. DI bo co DO qe co ch dI co = (SU) [an PSS CS) NS) [= ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. . Canadian Institute — Toronto. . New Jersey Natural History Society — Trenton N. J. . Library of Tufts College — Mass. U. S. A. . Microscopical Publishing Company — Washington. . United States National Museum — Washington. . United States Geological Survey — Washington. . Smithsonian Institution — Washington. AMERICA DEL SUD. S. Academia Nacional de Ciencias en Cordoba. . Facultad de Agronomia y Veterinaria — La Plata. Revista Argentina de Historia Natural — La Plata. Museo Nacional de Montevideo — Montevideo. Museo Nacional de Rio Janeiro — Rio Janeiro. . Universidad central del Ecuador — Quito Ecuador. . Commissao geographica do Estado de San Paulo. . Société scientifique du Chili — Santiago. AUSTRALIA. Royal Society of South Australia — Adelaide. . National Museum of Natural History of Victoria — Melbourne. . Royal Society of New South Wales — Sydney. . Trustees of the Australian Museum — Sydney. AUSTRIA-UNGHERIA. . Aquila A Magyar Ornithologiai Kézpont Folyoirata — Budapest. . Kònig. Ungarisch. geologische Anstalt — Budapest. . Musée National Hongrois, section de Zoologie (Fermészetrajzi Fu- zetek) — Budapest. . Académie des Sciences de Cracovie. . Vereins der Aerzte im Steiermark — Graz. 45. Siebenburgischer Verein fiir Naturwissenschaften — Hermannstadt. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. 11 46. Naturwissenschaftlich-medizinischer Verein — Innsbruck. 47. Vereins fir Natur. und Heilkunde — Presbure. 48. I. R. Accademia degli Agiati in Rovereto. 49. Bosnisch-Hercegovinischen Landesmuseum — Sarajevo. 50. Tridentum, Rivista bimestrale di studi scientifici — Trento. 51. Società agraria — Trieste. 52. Società Alpina delle Giulie — Trieste. 55. Anthropologische Gesellschaft — Wien. 54. K. K. Geologische Reichsanstalt — Wien. 55. K. K. Zoologisch-botanische Gesellschaft — Wien. 56. K. K. Naturhistorisches Hofmuseum — Wien. 57. Verein zur Verbreitung naturwissenschaftlicher Kenntnisse — Wien. BELGIO. 98. Académie Royale de Belgique — Bruxelles. 59. Revue de l’Université de Bruxelles. 60. Société entomologique de Belgique — Bruxelles. 61. Société Royale malacologique — Bruxelles. 62. Société Belge de séologie, de paléontologie et d’hydrologie — Bruxelles. 63. Société Royale de hotanique de Belgique — Ixelles-les-Bruxelles. FRANCIA. 64. Société Linnéenne du Nord de la France — Amiens. 65. Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux. 66. Académie des sciences, belles-lettres et arts de Savoie — Cham- béry. 67. Société nationale des sciences naturelles et mathématiques de Cherbourg. 68. Université de Lyon. ale 78. 119. 80. SI. 82. 83. 84. SÒ. 86. 87. 88. 89. 90. SE 92. 93. ISTITUTI SGIENTIFIUL CORRISPONDENTI. Société d’agriculture, d’histoire naturelle et des arts utiles — Lyon. Société d’Anthropologie de Paris. . Muséum de Paris — Paris. 2. Société Géologique de France — Paris. Société nationale d’Acclimatation de France — Paris. Académie des sciences, arts et lettres — Rouen. Société libre d’émulation, du commerce et de l’industrie de la Seine Inférieure — Rouen. . Société histoire naturelle — Toulouse. GERMANIA. Naturhistorischer Verein — Augsburg. Botanischer Vereins der Provinz Brandenburg — Berlin. Deutsche geologische Gesellschaft — Berlin. K. Preussischen geologischen Landesanstalt und Bergakademie — Berlin. Schlesische Gesellschaft fiir Vaterlandische Kultur — Breslau. Verein fir Naturkunde — Kassel. Naturwissenschaftliche Gesellschaft — Chemnitz. Naturforschende Gesellschaft — Danzig. Verein fiir Erdkunde — Darmstadt. Naturwissenschaftliche Gesellschaft Isis — Dresden. Physikalisch-medicinischen Societàt zu Erlangen. Senkenbergische naturforschende Gesellschaft — Frankfurt am Main. : Naturforschende Gesellschaft (Berichte) — Freiburg im Baden. Naturforschende Gesellschaft — Gorlitz. Verein der Freunde der Naturgeschichte — Gistrow. Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft — Jena. Physikalisch-Oeconomische Gesellschaft — Kénigsberg. Addio: ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. 13 . Zoologischer Anzeiger — Leipzig. . K. Bayerische Akademie der Wissenschaften — Mimchen. . Offenbacher Verein fiir Naturkunde — Offenbach am Main. . Naturwissenschaftlicher Verein — Regensburg. . Nassauischer Verein fiir Naturkunde — Wiesbaden. . Physikalisch-medicinische Gesellschaft — Wiwrzburg. GIAPPONE. . College of Science, Imperial University of Tokyo — Japan. . Imperial University of Japan — Tokyo. . Zoological Institute College of Science, Imperial University of Tokyo. GRAN BRETTAGNA. . Royal Irish Academy — Dublin. . Royal Dublin Society — Dublin. . Royal physical Society — Edinburgh. . Geological Society of Glasgow — Glasgow. . Royal observatory — Greenwich. . Palaeontographical Society — London. . Royal Society — London. . Royal microscopical Society — London. . Zoological Society — London. . British Museum of Natural History — London. . Literary and philosophical Society — Manchester. INDIA. . Geological Survey of India — Calcutta. ITALIA. Accademia degli Zelanti e P. P. dello Studio di scienze, lettere ed arti — Acireale. 14 tele DATI 118. 119% 120. 1214. 122. 123. 124. 125. 126. DO coo | CS DI Lo DD DI DO qo ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. Ateneo di scienze, lettere ed arti — Bergamo. Accademia delle scienze dell’ Istituto di Bologna. Ateneo di Brescia. Accademia Gioenia di scienze naturali — Catania. R. Accademia dei Georgofili — Firenze. Società botanica italiana — Firenze. Società entomologica italiana — Firenze. R. Accademia medica — Genova. Società di lettura e conversazioni scientifiche — (Genova. Società Ligustica di Scienze Naturali e Geografiche — (Genova. Comune di Milano. (Dati statistici e Bollettino demografico) — Milano. . R. Istituto Lombardo di scienze e lettere — Milano . R. Società italiana d’igiene — Milano. . Società dei Naturalisti — Modena. . Società di Naturalisti — Napoli. Società africana d’Italia — Napoli. Società Reale di Napoli. (Accademia delle scienze fisiche e ma— tematiche) — Napoli. . R. Istituto d’ Incoragciamento alle scienze naturali, economiche rare) >) e tecnologiche — Napoli. La nuova Notarisia — Padova. Società Veneto-Trentina di scienze naturali — Padova. . R. Accademia palermitana di scienze, lettere ed arti — Pa- lermo. 7. Società di scienze naturali ed economiche — Palermo. Società dei Naturalisti Siciliami — Palermo. . Società toscana di scienze naturali — Pisa. . R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici, Laboratorio di Entomologia agraria (Rivista di Patologia vegetale e Zimologia). . R. Accademia medica — Roma. . R. Accademia dei Lincei — Roma. 145 144. 145. 146. 147. 148. 149. 150. 151. 192. 153. 194. 1599. 156. 157. Loe: E59: 160. Gd 162. 163. 164. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. 15 R. Comitato geologico d’Italia — Roma. Società italiana delle scienze detta dei Quaranta — Roma. R. Società Economica e Comizio Agrario — Salerno. R. Accademia dei Fisiocritici — Siena. Rivista italiana di scienze naturali e Bollettino del cavaliere Si- gismondo Brogi — Siena. R. Accademia di agricoltura — Torino. R. Accademia delle scienze di Torino. Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di Torino. Società meteorologica italiana — Torino. Associazione agraria friulana — Udine. Ateneo Veneto — Venezia. R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti — Venezia. Accademia di agricoltura, commercio ed arti — Verona. Accademia Olimpica — Vicenza. PAESI BASSI. Musée Teyler — Harlem. Société Hollandaise des sciences è Harlem. PORTOGALLO. Annaes de Sciencias Naturaes — Porto. Revista de Sciencias Naturaes e Sociaes — Porto. RUSSIA E FINLANDIA. Societas pro fauna et flora fennica — Helsingfors. Société Impériale des Naturalistes de Moscou. Société hotanique de St. Pétersbourg. Académie Impériale des sciences de St. Pétershourg. 16 165. 166. OT 8. Bibliothèque de [Université Royale de Norvège ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. Comité géologique — St. Pétershourg. Société Impériale des Naturalistes de St. Pétersbourg — St. Pétershourg. SPAGNA. Sociedad Espanola de historia natural — Madrid. SVEZIA E NORVEGIA. Christiania. . Société des sciences de Christiania. . Universitas Lundensis — Lund. . Stavanger Museum -— Stavanger Norvegia. . Académie Royale suédoise des sciences — Stockholm. . Kongl. Vitterhets Historie och Antiquitets Akademiens — Stock- holm. . Kungl. Vetenskaps-och Vitterhets Samhalles — Goteborg. . Bibliothèque de l’Université d’Upsala (Institution géologique) — Upsala. S VAZZE RAE Naturforschende Gesellschaft — Basel. Naturforschende Gesellschaft — Bern. Société helvétique des sciences naturelles — Bern. . Naturforschende Gesellschaft — Chur. . Institut national Genèvois — Genève. . Société de physique et (histoire naturelles — (Genève. . Société Vaudoise des sciences naturelles — Lausanne. . Société des sciences naturelles — Neuchatel. . Zùrcher naturforschende Gesellschaft — Zirich. . Commission géologique suisse (Société helvétique des sciences naturelles) — Zurich. SOPRA LA TRIDIMITE DI S. PIETRO MONTAGNON NEGLI EUGANEI. Nota di Giovanni Boeris. (Con due tavole.) La presenza della tridimite negli Euganei venne fatta primamente notare da G. vom Rath. Nella memoria che egli, nel 1868,! dedicò allo studio e alla descrizione di questa interessante specie minerale, che scoprì nella trachite di Cerro San Cristobal presso Pachuca nel Messico, dopo avere parlato dei cristalli di tridimite che trovò pure nella roccia trachitica di Mont Dore les Bains ed in quella di Per- lenhardt, dice: « Von anderen Fundstàtten des Tridymits sey hier noch erwahnt der sanidinoligoklas-Trachyt des Monte Pendise hei Teolo in den Euganden. » Ma a proposito dei cristalli di questa località non aggiunge altri particolari. Più diffuse notizie di quella che si rinviene a Zovon e di quella di Monte Gioino presso Teolo, ci diede, qualche anno più tardi, M. Schuster, 2 che, per altro, ne studiò in modo più speciale i caratteri ottici, del cui esame si occupò, poco di presso, anche A. von Lasaulx. 3 1 Ueber den Tridymit, eine neue krystallisirte Modification der Kieselsiure. (Ann. d. Ph. u. Ch., CXXXV, 437.) 2 Optisches Verhalten des Tridymits aus den Euganeen. (Min. und Petr. Mit., I, 71, 1878.) 3 Ueber das optische Verhalten und die Krystallform des Tridymites. (Zeit, fir Kryst., II, 253, 1878.) Vol, XXXVII 18 G. BOERIS. In seguito il Mallard‘ riprese lo studio delle proprieta ottiche della tridimite, che le ricerche comparative del Lasaulx, su campioni delle diverse località conosciute, non avevano definitivamente risolto, ed esa- minò anche dei cristalli degli Euganei. Rispetto alle forme e la geminazione secondo {1016j;, conferma quanto aveva trovato lo Schuster nei cristalli di Zovon e di Monte Gioino, e determina anzi il simbolo {1013} per la nuova forma che quest’ ultimo autore aveva osservato e indicato colla lettera 0, senza darne la notazione cristallografica, e fa menzione di geminati se— condo {3034}. Ma il risultato senza dubbio più interessante a cui egli arriva, e che gli permette di assodare la ragione del disaccordo grande rile- vato dal Lasaulx fra i caratteri ottici di tutte le altre tridimiti e quella degli Euganei, è che quest’ultima è trasformata in quarzo. Il Mallard però non precisa da qual punto della regione provenis- sero 1 suoi cristalli. Ma rinvenendosi tridimite in più punti degli Eu- ganei, discretamente discosti fra loro, tale dettaglio non è senza im- portanza. A taluno infatti avrebbe potuto nascere il dubbio ch’ egli avesse avuto materiale da luoghi diversi da quelli donde Schuster e Lasaulx trassero il loro, e il ritenere la tridimite euganea in genere cambiata in quarzo, data la mancanza di uno studio comparativo delle varie località della regione, avrebbe potuto sembrare non del tutto siustificato. E ciò pure ammettendo che quanto il Mallard adduce a spiegazione dei fenomeni ottici osservati nei cristalli che egli esaminò, serva benissimo a chiarire quelli notati dal Lasaulx sulla tridimite di Zovon. Questa poi, per le ricerche di R. Brauns,? è da ritenersi in- dubbiamente trasmutata in quarzo. L’identica trasformazione subirono pure i cristalli del nostro mine- rale, belli e talvolta assai grandi, che si rinvengono in gran numero 1 Sur la tridymate et la christobalite. (Bull. Min., XIII, 161, 1890.) 2 Die optischen Anomalien der Krystalle. Leipzig, 1891. SOPRA LA TRIDIMITE, ECC. 19 nella trachite di San Pietro Montagnon. Di questi, per quanto so, non si ha cenno nella letteratura mineralogica. In una escursione colà fatta, tempo addietro, raccolsi un buon numero di esemplari di detta trachite, dai quali staccai moltissimi cristalli, che sottoposi a misure goniometriche. Ed ora pubblico il risultato delle mie osservazioni col solo scopo di contribuire, in qualche modo, alla più dettagliata cono- scenza di un giacimento italiano di un minerale, per varie ragioni, così interessante, e di far noti alcuni gruppi diversi dai tanti e così svariati che descrisse il vom Rath. È noto che le lamine della vera tridimite, secondo Mallard, sono esagonali al di sopra di 130°,! e a temperature inferiori devono con- siderarsi come pseudoesagonali e costituite da plaghe rombiche, ? riu- nite insieme secondo la legge di aggruppamento dell’aragonite. È da ritenersi dunque che la tridimite, formatasi ad alta temperatura, ha subito, al cambiarsi delle condizioni originarie, una modificazione nella sua intima struttura. Se questa modificazione siasi o no manifestata, nell’abito esterno dei suoi cristalli, con una variazione dei valori an- golari è cosa difficile a decidersi. Giacchè tale variazione, se avvenuta, è stata al certo molto piccola, e non è possibile verificarla al gonio- metro con tutta l’esattezza desiderabile causa la abituale poca perfe- zione delle facce. Si noti poi ancora che, nel caso delle nostre lamine, non si può nemmeno sperare di ricavar dalle proprietà ottiche un indizio per de- cidere quali fra gli angoli da esse presentati possano essere di gemi- nazione, quali invece proprii dei prismi rombici da cui, un tempo, dovevano risultare. 1 L’enantiotropia della tridimite fu osservata per la prima volta dal Mérian- (Neues Jahrbuch fiir Min., 1884, I, 193.) 2 L’angolo (110) : (110) della asmanite, secondo Maskelyne, è di 60° 10’. (Phil. Trans., CLXI, 361, 1871.) 20 G. BOERIS Per questa incertezza mi pare che, dal punto di vista geometrico, si possa seguitare a riferire il nostro minerale al sistema esagonale. Cristalli semplici. I cristalli semplici sono decisamente rari, e sempre in forma di la- minette che arrivano ad avere, talvolta, qualche millimetro di lato ed un millimetro circa di spessore. Ma, nella maggior parte dei casi, sono assal piccole. Quasi tutte poi, e grandi e piccole, aderiscono alla roccia per uno degli assi di simmetria secondaria. Per questo modo d’im- pianto, in generale, esse non mostrano che quattro lati del loro con- torno, cosicchè l’incontrare cristalli con un completo contorno esagono è cosa affatto eccezionale, e sono allora piccolissime, estremamente sot- tili, e fragili oltre ogni dire. Le forme osservate sono 0001} {1010} {1120} {10T1} {1073} comuni anche ai geminati, ai trigeminati e al gruppi polisintetici di di cui si dirà più avanti. Costantemente presenti sono la base e il prisma {1010}. La {1120} si riscontra di preferenza nei gruppi di due o tre individui. Le bipi- ramidi {1011} e {1013} sono, in quasi tutti i cristalli, contemporanea- mente presenti. Nei cristalli semplici le loro facce appaiono alquanto meno ampie di quelle della {1010}; nei geminati, il più delle volte sono, ad un di presso, sviluppate quanto quelle di tale prisma. Qualche volta poi, sempre nei geminati, sulle faccie di {1010} e {1011}, egual- mente estese, predominano quello di {1013}. Delle poche forme presenti, quella che ha le facce meglio confor- mate e meglio riflettenti la luce, tanto che spesso si hanno immagini uniche e molto nette, è, nel caso nostro, la base. Il contrario di quanto avviene nella tridimite del Messico, dove la base, al dire del vom Rath, sì mostra con facce sempre scadenti. Quanto al prisma {1070}, nei diversi cristalli misurati, non pre- sentò mai più di una faccia che desse una immagine perfetta. Le SOPRA LA TRIDIMITE, ECC. 21 faccie di tale forma mostrano una fine striatura parallela allo spigolo di combinazione colla base. I cristalli più grossi poi, si vedono, in modo chiaro, risultare dall’addossamento di lamine che si toccano per la hbase. Ma per essere queste sempre un po’ spostate le une rispetto le altre intorno all’asse e, per le facce {1010} si hanno sempre immagini im- perfette o multiple. Per tanto riesce impossibile ottenere buone misure per l’angolo di questo prisma che pur safebbe interessante di cono- scere con sicurezza. Quì. sotto vengono riportati i limiti delle letture di detto angolo e di quello (0001) :(1010) che presentano maggior grado di attendibilità. Angoli | Limiti. | Media | N. | | (LOTO): (OLTO) 59043"— 6004 | 59056" | 13 | | (4010) :(0001) 8953 — 905 | 90 0 9 | Delle facce di {1011} e di {1013} solo qualcuna qua e là in alcuni cristalli, si presta a discrete misure, sulla base più di sovente, o sul prisma {1010}. L’altro prisma {1120} ha sempre facce che non riflet- tono in alcun modo la luce. Le misure sulla base, per le due bipira- midi, mi diedero questi valori: | Angoli Limiti Media Cale. | N. Il ' (LOTI) (0001) | 62016" — 62938” |. 62023’ AI ied bras |(L0T3) (0001) | 3220 —32 41 | 3232 | 32030 | 6 | (ee | Dal valore del primo dei due angoli surriportati si ricava il rap- porto parametrale a'c=A21,655038: DO DO G. BOERIS. Geminati e trigeminati secondo {1016}. I geminati di contatto secondo {1016} sono molto meno numerosi di quelli a completa penetrazione e sono quasi sempre molto piccoli e spesso non risultano che della base e del prisma {1010}. In tali gemi- nati le facce {1120} dell’uno e dell’altro individuo, normali alla faccia di geminazione, stanno in uno stesso piano. In quelli a penetrazione poi (fig. 1, 2, t. I), si ha pure la coincidenza di facce della bipira- mide {1013}, ossia coincidono due a due le faccie di questa forma non in zona col piano di geminazione, le quali giacciono a destra e a sinistra del piano che biseca gli angoli rientranti fatti dalle basi dei due individui riuniti in gruppo. Ed in vero la faccia {1016} è de- terminata dall’incrocio delle due zone [1010 : 0001] e [1270 : 0113], È da notarsi che in questi gemelli le facce {1013} coincidenti, spesso sono più estese assai di quelle dello stesso simbolo che non coincidono. Angolo Limiti Media Cale. | N. | | Li | (0001): (0001) 34952’ — 35934’ | 35012" 30220" 92 Sono pure frequentissimi i gruppi risultanti dalla completa penetra- zione di tre individui. Il loro abituale aspetto è quello rappresentato dalla fig. 3 della tav. I. L'individuo centrale mostra cioè le facce di base solo nella parte mediana del gruppo e queste sono, talvolta, ri- dotte di molto in estensione; ma non mancano esempi in cui ambe le faccie basali dei singoli individui sono visibili conservando questi ancora, per il modo onde si toccano, la forma di lamine. E, fra i gruppi di questo tipo, si hanno esempi in cui l'individuo centrale è ridotto assai e gli altri due sono invece molto estesi. Non sono rari i gruppi fatti come indica la fig. 4 tav. I. A formar questi concorrono due individui compenetrati nel modo solito ad uno dei quali per contatto se ne unisce un terzo. bo 9 oD SOPRA LA TRIDIMITE, ECC. Tutti questi geminati e trigeminati sono allungati secondo uno degli assi di simmetria socondaria e precisamente secondo quello che è pa- rallelo alla faccia o alle facce di geminazione. Sono poi attaccati alla roccia per una estremità di quel medesimo asse, con una inclinazione assal varia, cosicchè di terminati da una parte e dall’ altra di esso non se ne incontrano mai. In tutti quindi si rinviene solamente una delle facce {1120} comune a due o a tre individui. La superficie di questa, molto di sovente, supera in estensione, e in modo notevole, quelle delle altre facce della stessa forma. Talvolta anche è sola e delle altre non si ha traccia. Notevoli sono certi trigeminati, non molto frequenti ad incontrarsi, costituiti diversamente da quelli descritti più sopra. Uno di questi è rappresentato, ridotto a modello, dalla fig. 5 della tav. I. Simili gruppi risultano formati di due gemelli compenetrati così come fa vedere la fig. 1 di quella stessa tavola, ad uno dei quali (nel disegno quello rappresentato in posizione normale), viene ad attaccarsi, pure compe- netrandolo, un terzo individuo secondo la stessa legge, ma il piano di geminazione fra questo e il primo e il piano di geminazione fra il primo ed il secondo non sono paralleli ad uno stesso asse. Le tre faccie di base della parte superiore dei gruppi in discorso vengono a limitare una cavità in forma di piramide a base triangolare ed avente due spigoli eguali. Tale caratteristico incavo, per la maniera con cui detti gruppi sogliono aderire alla roccia è sempre nettamente discer- nibile. Geminati polisintetici secondo {1016}. La proprietà di presentarsi in cristalli gemini e trigemini con una così costante frequenza è certo una delle più spiccate caratteristiche della tridimite, ma non è meno segnalata l’altra di dare ben sovente gruppi polisintetici di singolare complicazione. Per rendersene persuasi basta leggere la seconda memoria che, sopra di quella, il vom Rath 24 G. BOERIS. pubblicò nel 1874, ! e vedere i hei disegni che l’accompagnano. Penso però che, anche in quest’ultima proprietà, la nostra tridimite non sia da meno di quella del Messico, e mi lusingo che valga a dimostrar ciò la descrizione, che faccio seguire, di alcuni poligeminati che ebbi a trovare. La fig. 1 della tav. II ritrae un gruppo a ventaglio in cui, sopra e sotto un individuo parzialmente laminare, se ne veggono altri due geminati, per giustaposizione, col primo e fra loro. Un insieme elegante è quello effigiato dalla fig. 6 della tav. I. È fatto di cinque individui che, si potrebbe dire, formano due trigeminati se- condo la stessa legee e della solita costituzione, riuniti in un gruppo più complesso, per avere uno degli individui comune, quello disegnato in posizione normale. Si ha qui una geminazione ripetuta secondo piani paralleli a due assi orizzontali. Degni di nota sembranmi gli aggruppamenti di cui dà una idea la fig. 2 e della tav. IL Risultano formati da un cristallo tabulare il quale porta un gruppo di due individui geminati per contatto secondo {1016}. Il piano secondo il quale questi ultimi si toccano, ad una os- servazione superficiale, sembrerebbe normale alla lamina che è come il sostegno del gruppo. Invece le misure, talvolta sufficientemente esatte che si possono prendere tra le facce di base della lamina e del gruppo che questa sopporta, mostrano che esso devia alquanto da quella po- sizione. Infatti in un cristallo, in cui le basi erano molto piane, ebbi: (0001) 1: (0007) IIE = 109°12/ (0001) I : (0001) IV= 105 52. Dal primo di questi dati risulta che il piano di contatto suddetto è inclinato di 88° 28° sulla base dell’individuo laminare, e, al gonio- metro, si può verificare che colle facce {0001} e {0110} di questo stanno in zona anche (0001) If e (0007) IV. 1 Hin neuer Beitrag zur Kenntniss der Arystallisation und der Zwillings- bildung des Tridymits. (Ann. d. Ph. u. Ch., CLI, 1.) eee SOPRA LA TRIDIMITE, ECC. 29 Potrebbe venire in mente, quando si osservino tali adunamenti, che uno dei due cristalli i quali subito si rivelano geminati nel modo so- lito, sia a sua volta geminato col cristallo tabulare secondo un’ altra legge. Ora, portando in calcolo i valori forniti dalle misure, si trova che non può essere assunto come faccia di geminazione nè il piano dimez- zante lo spigolo (0001) I:(0001) II, nè quello che biseca lo spigolo (0001)I:(0001)IV. Poichè il simbolo a indici più semplici che si trova per l'uno è bensì {2023} e per l’altro {3034} (faccia secondo la quale avviene realmente, come è noto, una geminazione nella tridi- mite), ma gli angoli fra le basi di geminati secondo tali leggi si cal- colano eguali rispettivamente a 103° 46° e 110° 12° con una differenza nel primo caso, di 2° 6° fra osservazione e teoria e di 1° nel secondo. Per il piano normale a quello che dimezza lo spigolo (0001)I: (0001) IV si avrebbe, come simbolo meno complicato {2025}. Se però esso fosse realmente parallelo ad una faccia di geminazione, le basi dovrebbero fare un angolo di 74° 48°, mentre il valore osservato è di 74° 8’ solamente. Simbolo infine del piano perpendicolare a quello dimezzante lo spi- golo (0001)I:(000I) IV, e non troppo discosto dalla richiesta sem- - plicità, sarebbe {3038}. Tra le basi di un cristallo con un così fatto piano di geminazione, si dovrebbe avere un angolo di 71° 16’, supe- rante quindi di 28’ quello misurato. E chi non credesse troppo forte un tale divario, potrebbe farlo dipendere da qualcuna delle irregolarità frequenti nell’accrescimento multiplo dei cristalli. Sono tuttavia d’av- viso che non sia lecito di ricorrere a cotali supposizioni, essendo il gruppo su cui feci le misure dianzi riportate, di molta bellezza, con facce basali ben piane e di grande splendore, e, sopratutto, potendo anche essere interpretato per una via assai semplice, seguendo la quale si hanno differenze di ben minore importanza fra i risultati del cal- colo e le osservazioni. 26 G. BOERIS. Infatti, se si riflette che 109° 12’ è supplemento di 70° 48’ valore assai vicino a 70° 40’, quello appunto dell’angolo fra le basi dei cri- stalli più esterni dei trigeminati {1016}, si è subito condotti a pen- sare che fra gli individui I e III del gruppo in discorso, ve ne sia incastrato un altro aderente ad essi per facce di quello stesso sim- bolo, ma ridottissimo e, per il prevalere degli altri due, non discer- mibile. All’individuo segnato II, nell’angolo (0001) 1: (0001) II, sem- pre per contatto secondo una faccia {1016}, viene poi ad aggiungersene un quarto, coprendo del tutto la faccia (0001) di esso, la quale do- vrebbe fare un angolo di 70°40’ con (0001)I. E forse è dovuto alla sua presenza se l'individuo, per così dire, rudimentale che sta, o al- meno si può supporre, fra I e III non compare affatto nell’ angolo (0001)I: (0001) IV. Si noti però che il detto individuo IV non sempre nasconde com- pletamente la faccia di (0001) di quello indicato con II. Ed in vero m’imbattel in gruppi fatti così come è detto più sopra nei quali, nel- l'angolo delle facce (0001) I e (0001) IV, ed in zona con queste, ne compariva un’altra, esigua per lo più, ma netta, che nel migliore che la presentasse faceva su (0001) IV 35° 18" e 70° 33° sopra (0001)I. Si noti poi ancora che 105° 52’ è valore ben prossimo a 106°, teorico per l’angolo fra le basi del primo e dell’ultimo di quattro cri- stalli insieme riuniti per ripetuta geminazione secondo {1016}. Il nostro gruppo si può pertanto ritenere come un tetrageminato secondo tale legge, ma con un aspetto tutto speciale, degno di nota anche perchè di simili ne trovai più d’uno. Il poligeminato di cui la fig. 3 della tav. II è una immagine molto fedele, sembrami esso pure degno di speciale menzione. Dopo quanto è stato detto per il gruppo descritto prima, viene spontaneo di pen- sare che i tre gruppi portati, come addita la figura, da una larga lamina, siano disposti intorno all’ asse e di questa secondo tre rette che dovrebbero essere i suoi tre assi di simmetria secondaria e che i due individui, dalla cui unione volta a volta sembrano risultare, ab- SOPRA LA TRIDIMITE, ECC. 27 biano, colla lamina stessa, l’identico rapporto di posizione che, in quel medesimo gruppo, l’individuo II e l’individuo IV hanno col segnato I. Ognuno di tali gruppi minori, colla lamina che lo sopporta, costituirebbe adunque un tetrageminato identico a quello della fig. 3, tav. II, e il complesso che lamina e gruppi formano, dovrebbe essere considerato come un insieme di dieci individui. Che l’ipotesi sia conforme al vero, è dimostrato dalla necessaria coincidenza di zone constatata al goniometro, e dalle misure eseguite fra le facce di base esistenti nel meglio conformato dei gruppi di tale natura Angoli | Mis. Calc. | | (0001)I:(0007) Il | 109020” 10920 | | (0001)1:(000))IV | 105 36 106 0 | | (000L)I:(0007) VI | 10925 | | (0001) 1: (0001) VIL| 106 2 | | (0001)I:(000) IX | 10917 | | Polisintetici di tale costituzione ne ho riscontrati pid d’uno. Certi però si presentano alquanto diversi nell’aspetto da quello teste de- scritto perchè, pure avendosi una larga lamina a sostegno di tutto l'insieme, uno solo dei gruppi minori che essa regge è molto svilup- pato e gli altri lo sono poco non soltanto in altezza ma anche in lun- ghezza, e talvolta due soli vengono ad incontrarsi e tal altra fra i tre non si avvera contatto di sorta. Vidi inoltre una lamina che aveva attaccati, al di sopra, due gruppi minori bene ed egualmente sviluppati, ma non toccantisi, nella posi- zione degli esterni della fig. 3 tav. II, ed in corrispondenza dell’ in- terno di questa stessa, ne mostrava un terzo della dimensione degli altri due, sporgente al di sotto. E trovai poi ancora una sottile la- 28 G. BOERIS. mina che portava due gruppi assal grossi al paragone di essa, ed eguali nella loro mole, posti l’uno sopra una faccia e l’altro sull’altra di {0001}. Stavano fra loro nello stesso rapporto di posizione che, nel poligeminato di cui or ora si è fatto parola, il gruppo inferiore ha coi superiori. Ma il caso più rimarchevole di geminazione polisintetica ch'io ebbi campo di studiare è quello rappresentato, ridotto a modello teorico, dalla fig. 4 tav. II A prima vista si direbbe che sono tre geminati a completa penetrazione secondo {1016} che reciprocamente si incro- ciano mantenendo verticali le rispettive facce di geminazione. Nei vani che, fra i detti tre eruppi, si vengono, per tal modo a formare, si vede protendersi infuori una specie di dentatura. E tutte quelle che così si hanno, altro non sono se non porzioni di uno stesso cristallo che sembra quasi servire di risaldatura al rimanente di questo curioso complesso. Il quale, rivelandosi, alle osservazioni goniometriche, essen- zialmente composto come quello della fig. 3 tav. II, si può tenere per un insieme di dieci individui di cui tre (uno fra I e II, l’altro fra I e VI e l’ultimo fra I e IX) sono ridottissimi e nascosti. Si tratta adunque anche qui di una geminazione ripetuta secondo piani paralleli al tre assi orizzontali. E il polisintetico che ne nasce si differenzia da quello della fig. 3 tav. II solamente in questo, che i suoi tre gruppi che si potrebbero anche, per brevità chiamare secondari, non trovano, incontrandosi, un ostacolo a prolungarsi oltre secondo gli assi orizzontali della lamina sostegno; anzi, questa volta, la sorpassano lar- gamente tutt’ all’ intorno. Di più essendo a penetrazione completa, com- paiono anche al di sotto di essa. Tutto l’insieme poi è simmetrico ri- spetto ad un piano e ad un asse normale a questo. Geminazione secondo {30 34}. Il vom Rath riscontrò una seconda legge di geminazione per la quale è asse di rotazione la normale ad una faccia di {3034}. A questa legge, secondo il citato autore, appartengono certi insieme di due la- SOFRA LA TRIDIMITE, ECC. 29 mine incrociate le cui basi si tagliano sotto un angolo di 110° 8’. Ora, di gruppi che, all’aspetto, potevano parere risultanti dall’unione di due cristalli geminati secondo la detta legge (sono due lamine larghe e sottili intersecantisi), ne osservai veramente pochissimi, e un esame un po’ minuto mi permise sempre di riconoscere la presenza di un terzo individuo, compreso fra gli altri due, comparente, a mala pena, con una sola o con tutte e due le facce della sua base, e la misura mo- strò che si trattava di un trigeminato {1016}, a compenetrazione, cogli individui esterni di molto prevalenti su quello di mezzo. Si rinvengono invece a San Pietro Montagnon dei gruppi somiglian- tissimi a quelli di cui il vom Rath diede la descrizione nella sua prima memoria e la interpretazione solo in seguito nella seconda, aventi l’ aspetto di un trigeminato di contatto secondo {1016}, colle faccie {1010} dell’individuo centrale attraversate da una sottile fessura che le divide in due parti. Risultano, a parere del vom Rath, dal- l’unione delle due leggi. Sono cioè due lamine geminate secondo {3034}, toccantisi solamente, e l’angolo acuto rientrante fatto da esse è riem- pito da due altri individui, che poco manca non siano paralleli, ognuno dei quali è geminato coll’attiguo dei primi secondo {10T6}. L’angolo fra le basi degli individui geminati secondo {3034} che, nei due gruppi migliori potuti misurare, trovai eguale a 110° 3’ una volta e a 110°4' Valtra, si calcola in 110°12’ se si prende, come fonda- mentale, il valore dello spigolo (1011):(0001) che la media delle mie misure darebbe eguale a 62°23’. L’angolo poi tra le facce più esterne di {0001} dei trigeminati di contatto secondo {1016} dovrebbe essere, giusta il calcolo, di 109° 20’. Per lo stato delle altre faccie, altre misure non furono possibili, e nemmeno si riuscì a determinare con sicurezza se le facce }1010} degli individui interni coincidano o siano le une sulle altre inclinate. Sono comuni nella nostra tridimite certi gruppi fatti come appare dalla fig. 7 della tav. I. A chi si proponga di decifrarli possono presentarsi due soluzioni. 30 G. BOERIS. Che si tratti cioò di un comune trigeminato a compenetrazione se- condo {1016} coll’individuo centrale composto di due lamine in posi- zione parallela, saldate tra Joro per un solo tratto che corre, per mezzo ad esse, parallelo alle facce di geminazione, sicchè esso individuo fa- rebbe vedere due intaccature, una a destra e l’altra sinistra, notevol- mente addentrantesi ben discernibili sempre, quantunque mai così grandi come si potrebbe giudicare dal disegno schematico sopra ricordato; op- pure che si abbia un poligeminato secondo le due leggi. E questo si potrebbe spiegare in due modi. Si potrebbe anzitutto ammettere che consti di due gruppi completa- mente compenetrati secondo {1016} uno dei quali avrebbe un individuo geminato secondo {3034} con un individuo dell’altro. Le due doccie che Sl osservano sopra e sotto così fatti gruppi, le quali fanno subito ri- sovvenire 4 comuni trigeminati della fig. 3 tav. I, sarebbero appunto limitate da tre piani perchè gli individui interni mostrerebbero una ‘ faccia di {0001} negli angoli fra le basi di quelli esteriori, angoli che si calcolano di 69° 48’. Per ciò gli spigoli dati dal concorrere delle faccie basali in tali doccie dovrebbero essere alternativamente di 39° IN 3° 28: L’altra spiegazione che si potrebbe adottare è che una delle due parti in cui il gruppo si può considerare diviso dalle intaccature che presenta, sia un trigeminato di contatto secondo {1016}, e l’altra risulti di due gruppi pure di contatto secondo questa legge, aventi rispetti- vamente un individuo seminato secondo {3034} cogli individui non in posizione normale della prima. In tal caso le faccie di base di una doccia dovrebbero fare angoli di 35° 20' successivamente e quelle del- l’altra di 34° 28’. I risultati delle misure tra le faccie {0001}, eseguite su parecchi dei migliori gruppi di tale conformazione sono i seguenti: SOPRA LA TRIDIMITE, ECC. a lis OURAN | GOoBi (0001) IL : [(0001) IL: | (000D)T: | (0001) IL: | si (0001)I | (0001) IT | (0001) TT | (0007)I | (0001)II | (0001) III | Ì | | Go 94055" | 34059 | 109049’ | 350 4’ | 35015" | 1090587 | nei sio | 250 eno | 3514 | 385 AI 108520) | HI | 3445 | 3447 | 10953 | 3447 | 3528 | 10936 || | I | 3452 | 35 0 | 10953 | 3515 | 35 6 | 109 44 (erie ||, 3437 oi 8542 | Ao 46.| 3520, |; 35.30, |, 109.42 Heo, |. 3446 | 3517-40409 33 | 35.4 | 35.48...) 100. 8 | | VIE | 35 40 | 3540 | 10933 | 3510 | 35.10 | 10945 | | I 1 Se si scorre questa tabella di valori angolari si vede che nessuna delle serie che la compongono è in sufficiente accordo coi dati teorici richiesti dall’una e dall’altra delle due interpretazioni proposte per il caso che si tratti di gruppi presentanti l’unione delle due leggi. I quattro angoli poi di 35° 10° dell’ultima serie parlerebbero piuttosto in favore di un trigeminato compenetrato {1016} coll’individuo di mezzo fatto da due lamine in posizione parallela nel modo che si è detto più indietro. Inoltre non è mai possibile accertarsi se nei gruppi in questione le faccie {1010} d’uno degli individui più interni coincidano o no colle corrispondenti dell’altro causa la profonda striatura di esse e la mol- teplicità delle immagini che riflettono. Altrettanto imperfette sono anche le faccie di {1011} ed {1013} e la misura degli spigoli di geminazione in cui queste concorrono, dà valori soltanto approssimati, di nessun peso quando si rifletta che gli angoli per i geminati {3034}, differi- scono di poco da quelli fra gli individui esterni dei trigeminati (1076). La questione, per essere risolta, richiederebbe perfezione di cristalli maggiore di quella che la tridimite è solita presentare. Ho per altro insistito alquanto su di essa, perchè i gruppi di cui si è discorso, si trovano con una frequenza che non è da passarsi sotto silenzio. Non posso però non far rimarcare che, nella nostra tridimite, si rinvengono altresì dei gruppi essenzialmente fatti nel modo indicato on G. BOERIS. SOPRA LA TRIDIMITE, ECC. dalle fig. 1 e 2 della tav. I, risultanti cioè da due individui comple- tamente compenetranti secondo (1016', uno dei quali inoltre, nell’angolo rientrante fra due faccie di base, aderente per un tratto di pochissima larghezza lungo la retta determinata dall’incrocio di queste, porta, in posizione parallela, un altro individuo laminare. Il quale viene così ad essere separato dal rimanente del gruppo da un vano che, essendo per lo più limitatissimo in altezza, sì presenta come una sottile fessura. In alcuni altri gruppi, pure di due individui geminati a penetrazione secondo {1016}, invece di una sola lamina così conformata e disposta, se ne hanno due, parallele allo stesso individuo, l’una nell’angolo rien- trante di 35° 20' superiore l’altra nell’ inferiore. Ora è chiaro che se su queste lamine si ripetesse la geminazione secondo {1016', si otterrebbero dei gruppi somiglianti a quelli di dub- bia interpretazione di cui si è parlato più sopra. E qualora la lamina fosse unica, per tale geminazione ripetuta su di essa, si avrebbero gruppi assai simili a quelli della fig. 4 tav. I in cui l’individuo | si presenterebbe attraversato da una fessura. Gruppi con un così fatto aspetto se ne trovano realmente nella nostra trimidite, ma anche que- sti che, sebbene alquanto più semplici devono al certo essere costi- tuiti come quelli della fig. 7, tav. I, e potrebbero per ciò servire, una volta esattamente decifrati, a dilucidarli, forniscono troppo incerte mi- sure. Queste per ciò non possono condurre ad una soddisfacente riso- luzione del problema della costituzione dei gruppi sui quali sono state fatte, nè degli altri consimili e stimo inutile riportarle. Ma non sono alieno dal. credere che il ritenere sì gli uni che gli altri trigeminati secondo {1016}, sia ipotesi che ha una certa probabi- lità d’essere conforme al vero, perchè corrispondente alla costituzione più semplice. E se tale fosse realmente, i nostri gruppi presentereb- bero insieme riunite e la tendenza grande della tridimite a dare gruppi complicati per ripetuta geminazione e quella, notevolmente marcata, a fornire aggregati in posizione parallela. Milano, novembre 1898. Museo Civico di Storia Naturale. ee eT en ee a ee ae br sé trata ee in TTI PR FRI MIR AIM EN Meran ii map G.BOERIS. Tridimite ———eereece== TS sal = "ass = = : È —_ È = ot geo G.BOERIS. Tridimite Zav.ll G.Boeris del. SPECIE NUOVE E LOCALITÀ NUOVE DI SPECIE GIÀ NOTE 4 DELLA FLORA DI PARENZO IN ISTRIA, Nota del Socio Prof. Matteo Calegari. La presente nota fa seguito a quella pubblicata nel Volume XI, Anno XI (1897) della Ma/pighia, rivista botanica di Genova, e com- prende le specie nuove raccolte durante le ultime vacanze estive e le località nuove delle specie più importanti constatate fino alla fine di settembre 1898. Specie nuove : 1. Pimpinella saxifraga L. var. partita Rehb. fil. Sul colle imboscato a pini, dietro la Madonna del Monte. Agosto. 2. Peucedanum austriacum Kch. All entrata del colle di San Marco dalla parte del Podere provinciale, alle Montiséle, a Fosco- lino, ecc. Luglio e Agosto. 3. Torilis Anthriscus Gmel. Nelle siepi e nelle radure dei bo- schi a Foscolino, lungo la strada di S. Eleuterio, a Pizzàl, ecc. Lu- glio e agosto. 1 Cioè specie e località non comprese nella Alora di Parenzo del dott. C. Mar- chesetti, unico lavoro che abbracci la vegetazione complessiva (piante vascolari) del territorio parentino, avendo il Pospichal escluso deliberatamente l’Istria meridio- nale, dal Quieto in poi, dalla sua Alora des oesterr. Kiistenlandes, come è di» chiarato nella prefazione. Vol, XXXVIIT, 3 co SS M. CALEGARI. 4. Centaurea paniculata L. Di fronte ad Orsera, sul ciglio della strada al mare che conduce al molo nuovo del borgo. Rara. Fino alla fine di settembre. 5. Zinaria graeca Chav. Copiosa in una macchia di carpinus orientalis, sul colle dietro la Madonna del Monte. Fino alla fine di settembre. | 6. Kochia scoparia Schrd. A Monsalice, per le strade del vil laggio. Agosto e settembre. 7. Chenopodium hybridum L. Negli orti dietro le case a Fo- scolino. Da luglio a settembre. 8. Chenopodium urbicum L. Per le vie del villaggio a Monsa- lice e a Shandati, nonchè nelle campagne adiacenti. Da luglio a set- tembre. 9. Atriplex hortense L. Coltivato a Valcarino, Monsalice, Spada e altrove; spontaneo nelle siepi presso i villaggi, nelle vigne, lungo le strade. Più rara la varietà mdécrotheca Moq. Da luglio a settembre. 10. Populus nigra L. Nelle siepi verso Molin di Rio, lungo la strada per Fontane, e spesso coltivato nelle campagne per farne le cosidette scale, che si pongono come riparo sui fianchi dei carri cam- pestri. La var. pyramidalis Rozier coltivata nel prato sotto S. An- gelo, nel boschetto di S. Spirito e altrove. Marzo, aprile. Coltivasi pure qualche raro esemplare di P. virginzana Dum., chia- mato vole. ¢alpon come il P. nigra e il P. tremula. 11. Allium oleraceum L. Comune nel boschetto di pini a Ca- salassi, come pure nei campi, nelle radure e al margine dei cedui della circostante località di Pizzàl. Luglio e agosto. 12. Allium moschatum L. Luoghi aridi e sassosi lungo la sponda parentina del Canale di Leme. Agosto e settembre. A proposito di questa specie, poco comune della flora d’Italia, è da osservare che al- cuni autori italiani hanno preso l’abitudine di citarla scrivendo: @ Fiume in Istria, mentre è noto che Fiume non appartiene e non ap- partenne mai all’Istria. Il medesimo errore si commette anche per SPECIE NUOVE E LOCALITA NUOVE, ECC. 30 qualche altra pianta. L'A. mosehatum era bensì notato dal Tomma- sini per l’Istria, ma da Dignano. Località nuove: Clematis Viticella L. Anche in una siepe al mare in Brullo, poi sulla strada presso Orsera, in Valle Servolo e intorno allo stagno in fondo a Porto Bossolo. Helleborus viridis L. Comune in tutti i boschi e pascoli del di- stretto, ma particolarmente verso Fontane e verso Shandati. Alyssum saxatile L. Scoperto 5 0 6 anni or sono dal Marche- setti in fondo al Canale di Leme, venne da me raccolto quest’ anno sulle rupi al principio del Canale stesso. Dianthus ciliatus Guss. Sulle rupi lungo il Canale di Leme. Hibiscus Trionum L. Comunissimo nelle vigne a Santa Lucia, alquanto più raro nelle campagne verso Sbandati. Rhamnus infectoria L. Su molte colline del distretto, comprese le più vicine alla città. Cresce pure sull’isola S. Giorgio di Orsera. Rhamnus cathartica L. Dei grandi e bellissimi esemplari entro la cava abbandonata di Brullo, raro in una siepe presso Valcarino. Rhamnus Alaternus L. Lo trovai quest’ anno sulle isole La Calle e Convérsada e lo scopersi pure sul continente, e cioè sotto le rupi nel primo tratto del Canale di Leme, dove però è molto raro. Cytisus nigricans L. Sulla collina di Campogrande-e su. quella di S. Spirito verso Valle Brullo. Agrimonia Eupatoria L. Lungo gli stradoni dei campi. e al mar- gine delle vie anche nei pressi della città. Sorbus domestica L. Su parecchie isole, fra cui La Calle e La Lunga. Sorbus torminalis Centz. In tutti i boschi del distretto, ma più comune in quelli della Punta di Fontane, di Pizzàl, e tra Porto Bos- solo e Porto Cervera, dove frequentemente trovasi fruttificato. Lpilobium Dodonaei Vill. Si trova pure nelle cave nuove della Valle del Dente e nelle vecchie della Punta del Dente. Ecballion Blateriwm Rich. Nel villaggio di Monsalice. 36 M. CALEGARI. Polycarpon tetraphyllum L. Assai comune nelle stradette degli orti intorno la città, come a S. Lucia, ecc. Sedum maximum Snt. Raro in Brullo, comunissimo lungo tutta la sponda del Canale di Leme. Eryngium maritimum L. Sulla spiaggia tra Valle Servolo e Porto Cervera e alla Punta di Fontane. Seseli Gouani Koch. Lungo la sponda parentina del Canale di Leme. Seseli tortuosum L. Frequente nelle campagne che si stendono dal Monte Pozzo, a sud di Orsera, verso la sponda del Canale di Leme. Pastinaca opaca Bernh. Allo scalo delle legna presso il cimitero di Parenzo, dalla parte del mare. Cephalaria leucantha Schrd. Sul versante settentrionale del Monte delle Forche, di fronte ad Orsera. Tussilago Farfara ©. Sulla stradetta al piede del colle dietro la Madonna del Monte, ma più comune tra le ghiaie della spiaggia presso le rovine del villaggio romano recentemente scoperte a Cervera. Inula graveolens Dsf. Ai lati della strada, a due terzi tra Pa- renzo e Fontane. | Onopordon tllyricum L. Presso il castello di Cervera e nel vil laggio di Sbandati, dove cresce abbondante, e sulle falde del Monte Grande di Monsalice, dove è raro. Lappa officinalis All. Anche a Monsalice, a Santa Lucia presso Parenzo e altrove. Serratula tinctoria L. Nei boschi della tenuta di Leme e più comune ancora in un bosco dietro la collina abitata della tenuta Pri- vileggi presso Parenzo. Arbutus Unedo L. Avendo con quest'anno completata la visita di tutte le isole una per una, da Parenzo all’ imboccatura del Leme, cito quelle sulle quali vegeta: S. Nicolò (ora coltivato), S. Brigida, Revèra (raro), Riso, Tuffo, Tondo piccolo, Salamon, Bergamo, S. Gior- gio e Conversada. SPECIE NUOVE E LOCALITA NUOVE, ECC. aa Olea europaea L. Qualche rara pianta di olivo selvatico trovasi sulle isole Tondo grande e La Lunga, e probabilmente sopra altre. Vineetoxicum officinale Much. Su tutte le isole, da S. Nicolò in poi, comprese quelle a sola vegetazione erbacea. Digitalis laevigata W. K. La trovai quest'anno anche in una campagna al di là della diga di Orsera, sul versante N E del Monte delle Forche. Salvia verticillata L. Abbondante allo scalo delle cave di Fon- tane verso la Val Cannella. Leonurus Cardiaca L. A Monsalice e a Sbandati intorno alle case e al recinti. Vitex Agnus castus L. Sulla spiaggia di Val Servolo e presso il Porto Molin di Rio. Acanthus spinosissimus Dsf. Dopo averlo ricercato per vari anni durante le vacanze ai confini meridionali del distretto, lo vidi il set- tembre scorso un po’ oltre il Monte Pozzo, lungo il sentiero sassoso che da Orsera conduce alla sponda del Canale di Leme, in direzione SE. Ritengo che questa località possa in parte corrispondere a quella indicata dal Marchesetti nella Flora di Parenzo colle parole: « Non si conosceva finora in tutto il nostro Litorale che dalle pendici me- ridionali di Orsera.» Cosi per questa specie importante sarebbero ora esattamente note parecchie località : la sopra menzionata, quella scoperta nel 1890 dal dott. Marchesetti presso la foce del Quieto, dalla parte di Cittanova, che probabilmente corrisponde a quella che il Pospichal segna nella carta del Litorale annessa al II volume della sua Fl. d. oesterr. Kiistenl., e finalmente alla riva opposta di Porto. Quieto, tra la Valle del Dente (Valletta) e Val di Torre, dove lo sco- persi nel 1895. Se poi è esatta la indicazione della carta della Zora del Pospichal, che segna 1° A. spcnosissémus oltre la mattonaia, e pre- cisamente nella prima rientranza della insenatura formata dalla costa e dal delta del Quieto, vi sarebbe un’altra località dove cresce_la detta pianta, vale a dire proprio sopra le cave, prima di giungere 38 M. CALEGARI. alla mattonaia partendo da Cittanova, luogo dove io la vidi tre anni or sono, Plumbago europaea L. A Foscolino, ma più comune ancora nelle siepi volte a mezzogiorno del villaggio di Monsalice. Plantago Coronopus L. Frequente sulla spiaggia alla Valletta, alla punta tra le insenature Servolo e S. Martino, a S. Eleuterio, a Santa Lucia. Lourus nobilis L. Alle località indicate nella prima nota, sono da aggiungere le isole La Calle, La Lunga e Conversada. Humulus Lupulus L. A Santa Lucia e nelle siepi di Monsalice e qualche altro villaggio. Celtis australis L. Oltre che essere coltivato in più luoghi, tro- vasi selvatico o inselvatichito in qualche siepe e bosco, specialmente verso Shandati. Quercus Cerris L. Molto comune sopratutto nei boschi che fian- cheggiano la strada per Sbandati e Mompaderno. Ostrya carpinifolia Sep. Alla Punta Grossa e sul colle di San Spirito. Populus tremula L. Nelle macchie spinose e quasi impenetra- bili lungo il mare tra la radice di Punta Grossa e Punta Magrini, e in una siepe al mare oltre lo scalo delle legna di Fontane. È proba- bile vi sia spontaneo. Pinus Pinea L. Nel boschetto di S. Spirito trovansi pure pa- recchi annosi esemplari di questa specie, insieme a diverse altre piante interessanti, fra cui la Perdploca graeca L. che, mezzo inselvatichita, sale fin sulle cime degli alberi più alti, e si riproduce al piede di una rupe per disseminazione naturale. Anche il P. Pred si propaga quivi abbondantemente nel medesimo modo, senza però che i nuovi individui possano divenire adulti per mancanza di spazio e di luce, aduggiati come sono da grandi alberi ombrosi, Anche a Parenzo da alcuni anni furono introdotte, insieme a nume- rosi individui delle specie più comuni di P7rvs, adatte per l’imbo- SPECIE NUOVE E LOCALITÀ NUOVE, ECC. 39 schimento, delle specie di conifere più ornamentali: Juniperus Virgi- niana, Thuja occidentalis, Cedrus, Abies Pinsapo ed altri, Arau- carta embricata, Wellingtonia gigantea, Gingko biloba e qualche altra. Scolopendrium officinale Sw. Adorna, insieme a quasi tutte le altre felci del distretto, fra cui il Polypodium vulgare L., le pareti di moltissime foveole, in una plaga piuttosto depressa e rocciosa, che s'incontra procedendo più oltre la campagna Vergottini (segnata da un grandissimo esemplare di Populus virginiana), per la strada che è la continuazione di quella detta di Simisìn e della Madonna d. Monte. Osservazione. — Dei sempreverdi e delle altre piante più proprie della flora mediterranea crescenti nell’agro parentino, alle isole non mancherebbero che l Hrica arborea e | Acanthus spinosissimus, men- tre alla parte continentale mancherebbero, almeno come pare fino ad ora, il Narcissus Tazetta L. e V Asphodelus ramosus L. Alcune delle dette piante, come p. e. l Osyris alba, la Pistacia Lentiscus, lo Spartium junceum, la Phillyrea latifolia e Vl Asparagus acuti- folius, sì trovano sulla massima parte delle isole, anche se prive af- fatto di macchie, e |’ ultimo vi è così comune, che in primavera si visitano tali isole da Regata in poi, per raccogliervi gli asparagi sel- vatici, Per chi abbia percorso tutto il tratto litoraneo da Val di Torre fino a buona parte del Canale di Leme, tenendosi sempre in vicinanza del mare col seguire le sinuosità della costa, ed abbia visitato tutte le isole da Barbaràn a Conversada, si manifesta un fatto che non può a meno di destare da prima una certa meraviglia. Le cinque essenze che più di tutte le altre danno l'impronta speciale alla vegetazione di questo lembo di territorio, vale a dire il lauro, il mirto, il corbez- zolo, l’erica e l’acanto spinosissimo, oltre che essere distribuite senza continuità assoluta, mancano p. e. in località di terraferma e sopra isole che sarebbero propizie al loro sviluppo, e sono per di più cir- condate o vicine ad altre che pur le posseggono, e si trovano invece 40) M. CALEGARI. su qualche altra isola o punto della costa affatto lontani od isolati ri- spetto a quelle medesime specie, e dove le condizioni di sussistenza per esse sembrerebbero un po’ meno favorevoli. Basta però riflettere alquanto per spiegare il fatto, apparentemente anormale, e per ammet- tere che in un’epoca più o meno lontana quelle specie devono aver avuto una diffusione più generale e una distribuzione più regolare e continua. Tutta la costa infatti presenta perciò le condizioni propizie di adattamento, e principalmente la mitezza del clima e la buona espo- sizione, trattandosi di piante che per tutto il resto sono ben poco esi- genti. Le apparenti anormalità devono essere perciò attribuite alla so- lita mano dell’ uomo, la quale ha modificato più o meno profondamente lo stato naturale delle cose. Perchè la medesima mano, che sa creare dei boschetti coi sempreverdi della flora mediterranea dove non ci fu- rono mai, più facilmente sa distruggere quelli che si formarono spon- taneamente. Ed invero, molti tratti del lido marino furono ridotti a coltura, in molti luoghi il contadino avrà cercato di distruggere, a vantaggio di altre piante, come roveri, carpini, frassini, quelle essenze del bosco che in Istria hanno minor valore nel commercio e nelle arti, e finalmente gli abitanti non agricoltori della città e dei borghi, at- tratti dalla bellezza e da utilità di altro genere offerte p. e. dal lauro, dal mirto e dal corbezzolo, servendosene abusivamente, avranno con- tribuito a distruggerli. E dico ciò in appoggio della mia tesi, inquanto che, se anche non è certo ciò che vorrei dimostrare, i fatti generali, unitamente ad alcuni altri indizi, farebbero apparire la cosa per lo meno come probabile. Il lauro, che cresce così abbondante sulle isole e sulle falde delle colline a sud di Orsera, non si trova alla Punta del Dente, ma coltivato prospera bene dovunque, ed anzi a Torre, vil- laggio posto a brevissima distanza da quella punta, e a 109 m. sul livello del mare, cresce abbondante nelle siepi, tra i cui sassi rinsel- vatichisce. Il corbezzolo, l’erica, il viburno tino e l’acanto spinosissimo Si trovano al Canale di Leme, cioè nei punti più meridionali della costa parentina, ma crescono pure alla sponda sinistra del Porto Quieto, SPECIE NUOVE E LOCALITA NUOVE, ECC. At vale a dire nei punti più settentrionali ed estremi della medesima co- sta, e certo non meno bene dell’elce e dei ginepri ossicedro e macro- carpa, piante di maggior diffusione nel nostro distretto e anche più verso Dorea. Ho osservato che per altri sempreverdi, i quali più amano il clima dolce marittimo, ma richiamano molto meno l’attenzione dell’uomo in confronto del lauro e del mirto, come sarebbero l’elce, lo smilace ed il lentisco, vi è pure soluzione di continuità pei punti dove mancano i boschi litoranei, ma tuttavia alcuni individui dell’ uno e dell’altro han trovato rifugio nelle siepi campestri al mare da Punta Grossa a Piz- zal. Quivi abbiamo di nuovo interi boschi sempreverdi di elce, in mezzo a cui si trovano alcune piante di viburno tino. Il primo passa quasi con continuità per le vicine punte di Cervera, Bossolo e Saltarèl, fino alla Punta del Dente, mentre per il secondo, che pure cresce abbon- dante e magnifico su quest’ ultima punta, non ho ancora incontrato de- gli esemplari nei punti intermedi, come non ne incontrai tra Punta Grossa e Pizzàl, ciò che peraltro non esclude ve ne possano esistere. Le piante spontanee predilette dall’ uomo per motivi diversi, come pure quelle infeste ai campi ma di limitata propagazione, fra cui pos- siamo porre l’acanto spinosissimo, non possono conservarsi e prospe- rare che in luoghi lontani e di difficile accesso, oppure dove, per la aridità del suolo e lo scarso numero degli abitanti, l’agricoltura o non si esercita o è primitiva, e dove il grande proprietario di fondi non ritiene vantaggiosi i dissodamenti o le mutazioni nel bosco, e si ac- contenta di ciò che offre la natura. Ed ecco perchè alcune delle es- senze che maggiormente interessano il botanico, oggi non le troviamo più nella nostra terraferma che in quell’angolo appartato e privo di strade che va dal Monte delle Forche all’imboccatura del Leme, e più avanti lungo la sponda remota, arida e deserta di questa lunga inse- natura, poi alla estrema Punta di Fontane, e in fine alla Punta del Dente, del pari disabitata e remota, appartenente ad un solo proprie- tario, e separata da Torre e vicini villaggi da una plaga quasi sterile. 49 M. CALEGARI. Che se tale ragionamento vale per la terraferma, tanto più deve valere per le isole. Sopra queste infatti, in proporzione della maggiore difficoltà di accesso, vediamo che maggiore è il carattere di genuinità della flora, maggiore e più regolare la diffusione dei sempreverdi e più manifeste le cause che produssero le eccezioni o i cambiamenti radicali. A parte le isolette che, per essere troppo poco estese, troppo basse e continuamente flagellate dal mare, non potrebbero mai dare ricetto ad una robusta vegetazione legnosa, ve ne sono ciò nondimeno parecchie altre che potrebbero presentare il medesimo aspetto vago della massima parte di quelle che formano il grazioso arcipelago che si ammira, passando in vapore o dalle alture di Orsera, tra Re- vèra e S. Giorgio, e che, per essere sott'occhio dei proprietari, sono meglio guardate dalla devastazione. Ma La Lunga e Conversada p. e. furono ridotte a pascolo, e così pure Bergamo; di San Giorgio e di Santa Brigida sta per avvenire altrettanto, e su quest’ultima anzi, come su altre, si riconoscono le tracce degli incendi appiccati al piede delle piante legnose, cioè ai lauri, ai mirti, ai corbezzoli, ecc., per cercare di farli perire fino dalle radici, senza pensare che, per rifare ciò che l’uomo distrugge in un solo giorno, alla natura talvolta oc- corrono dei secoli. Ma siccome per fortuna anche l’utilitarismo è al quanto meno spinto in certi casi, o lo spirito di distruzione meno raf- finato, così vi sono delle isolette sulle quali, il bosco essendo stato distrutto con minore diligenza, le antiche piante cercano di riprendere il loro legittimo possesso. A Bergamo, anche a La Lunga, ma sopra- tutto a Conversada, sono tante le piantine di essenze legnose, come l’elce, 1’ alaterno, il corbezzolo, il lauro, l’evonimo, la fillirea, il len- tisco, il terebinto, ecc., ripullulanti per ogni dove, che hen presto quelle isole, e specialmente Conversada, si adornerebbero dell’ antica bellezza. Molte delle deplorate devastazioni avvennero nel passato, quando vigeva l’usanza, oggi più rara, di adornare in certe occasioni con ar- chi e festoni di verzura le anguste vie della città, alla quale si re- SPECIE NUOVE E LOCALITA NUOVE, ECC. 43 cavano con barche interi carichi di lauro, di mirto e di corbezzolo, frutto del saccheggio delle più belle isolette. È certo poi che la di- struzione quasi totale dei sempreverdi sopra alcune isole più discoste e meno sorvegliate, tanto da noi che altrove, è dovuta all’opera dei pescatori di tutta la costa, i quali da secoli usano, pei loro segnali galleggianti, non solo il rusco, l’asparago, l’elce, il lentisco e la fil- lirea, che almeno sono più comuni, ma anche le tre essenze più no- bili, e sopratutto il mirto, che impiegano per coprire le loro nasse, re- candosi a prenderlo dove ancora si trova. È facile a comprendere come rapida debba essere stata per tal modo la spogliazione dei boschetti, considerata la microscopica estensione delle isole da essi coperte. Troppo arduo sarebbe il far penetrare nelle menti rozze dei pesca- tori l’importanza che può avere la conservazione della flora e delle bellezze naturali di un paese, ma è un vero peccato che i proprietari delle piccole isole, molto più intelligenti, e in generale anche ricchi o ricchissimi, non si astengano dal convertire i ridenti boschetti sempre- verdi specchiantisi sulle chiare acque del nostro mare, in isquallide scogliere, dall’ aspetto aridissimo specialmente d’ inverno e d’estate, ar- recando, per un utile talvolta trascurabile, una grave diminuzione al- l’attrattiva del nostro paesaggio, e non meno grave al concetto della nostra civiltà, il che pure si traduce spesso in perdita rilevante. Re- vèra, Salamòn, S. Giorgio e Conversada, avendo discreta estensione, potrebbero dare un po’ di fieno anche se imboscate, purchè tenute bene come S. Nicolò. Ma Revèra, dopo un tentativo non riuscito e ancora manifesto di coltivazione, che servì solamente a distruggere il hosco, è ora abbandonata a sè e tutta coperta di rovi, di marruche, di pru- gnoli, di cardi, di carline e di cirsi. Solo a NE e verso il basso, nel sito più riparato dai venti, la folta macchia di elce ha ripreso pos- sesso, ma, oltre ai Dellissimi lentischi, poche piante di lauro e pochis- sime di corbezzolo potei trovare in tutta l'isola. Facciamo della buona agricoltura e della pastorizia dove esse sono possibili con sensibile vantaggio, tanto più che il campo rimane per ciò ancora vastissimo, 44 M. CALEGARI. ma lasciamo intatto o miglioriamo ciò che direttamente non frutta un centesimo, ma solleva e ringentilisce lo spirito più dei milioni. In quanto all’alaterno, da me trovato quest’ anno in due o tre rari e piccoli esemplari alle prime rupi del Canale di Leme, ritengo che sia accidentale, come forse è accidentale l’acanto spinosissimo di Cit- tanova. Quest’ ultimo, crescente dove io lo vidi, tra pochi olivi, in un terreno magro, mezzo abbandonato e posto sopra le cave, dev’ esservi stato trasportato, qualche tempo prima della espulsione dei semi sul posto, dal mare, o da venti gagliardissimi, o dall’ uomo in tanti modi diversi, dalla sua stazione più naturale posta di fronte, la quale è un dorso quasi nudo, alto in quel punto circa 45 m.; o da altra posi- zione sconosciuta, più elevata ancora e più verso NE. Per mare, a dir vero, sembrerebbe un po’ più difficile la propagazione, perchè, an- che tenendo poco calcolo del debole effetto entro il mare della corrente longitudinale di un fiumicello che degnamente porta il nome di Quieto, e sebbene i frutti dell’acanto siano lacunari, leggieri, galleggianti sul- l’acqua forse anche senza le brattee secche che, unite ai medesimi, li renderebbero ancora più leggieri, il mezzo diviene piuttosto compli- cato se si pensa che, prima bisogna ammettere lo sviluppo completo e la fruttificazione della pianta sopra una spiaggia angusta e sassosa appiedi della trincea, e perciò poco adatta, e successivamente il tra- sporto dei frutti nel sito alto parecchi metri dove io la vidi crescere. Più semplice apparisce invece il fenomeno per mezzo dei venti tem- pestosi, capaci di trasportare corpi leggieri, come 1 frutti dell’acanto muniti delle loro brattee secche, a distanze forse maggiori di quelle che intercedono tra una riva e l’altra del Porto Quieto (le due sta- zioni opposte dell’acanto da me conosciute disteranno di circa 1200 m.), e specialmente da un luogo più alto verso uno più basso. Ma non è nemmeno improbabile che gli operai delle numerose cave, continua-. mente circolanti, e i contadini delle terre opposte, che tragittano or di qua or di là pei loro affari, abbiano servito una o più volte d’ inco- sciente veicolo per il trasporto dei frutti o dei semi dell’acanto, dando a SPECIE NUOVE E LOCALITÀ NUOVE, ECC. 45 origine, da essi soli o insieme agli altri mezzi, prima direttamente, poi forse indirettamente, a nuove stazioni. Si sarebbe anche indotti a credere che ciò fosse avvenuto in epoca relativamente recente, perchè altrimenti sarebbe difficile spiegare come fino al 1890 nessuno degli illustri predecessori del dott. Marchesetti, fra cui il vescovo Tomasini, abbia potuto vedere e annotare una pianta così interessante e vistosa, crescente in due (e forse più) differenti località, sulla riva del mare, a poca distanza da Cittanova e in prossimità di vecchi sentieri, che dovevano essere battuti senza dubbio da persone colte e studiose, per- chè conducenti al Quieto. Milano, nel dicembre 1898. | ingiunltenie paging shaggy ile, tag p io ei ye biphos« HERD SA di di 1 MANI STILARE E HOR, patna “set's ia, e RARI MAU Be, de ae ob afugoat oregauinalas Isic Ohi AY ilgab dovessi. ONS te quit 99. orti, ut. sa aie engl, GUIDE: aft ey tu: yaa af Af Danni Sat i sa Jeli gin plloa. 4 dia ub yout: si ja tue ay, prio i , NT i ow ns ay » | i | ib Renee € RIT x NR i ie HE x PR | i ‘ / thet 4 Sua di i: i ' È t i 5 Il TE) i) If | Edita $ i ; = Ù Ta NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA DI ALCUNI GASTEROPODI POLMONATI. del Sogio Dott. G. Paravicini. Essendomi più volte occorso, durante le mie ricerche malacologiche, di osservare forme assai varie di deformazioni nella conchiglia dei Molluschi Gasteropodi, mi venne in animo di consultare la bibliografia di questo argomento, che sta per così dire a cavaliere fra la Terato- logia e l’Anatomia Comparata, interessando or l’una or l’altra di queste due scienze, secondo che le deformazioni sono congenite ovvero ac- quisite. Trovai difatti che sino dal 1709 il Réamur aveva dimostrato spe- rimentalmente dinnanzi agli Accademici di Parigi la provenienza del guscio, micchio o conchiglia dei Molluschi da un speciale tessuto ghiandolare, e che dopo di lui una lunga schiera di sperimentatori aveva tentato di bel nuovo l'argomento, sviando alcuni, rientrando gli altri nella giusta interpretazione di quel fenomeno, che tutt'ora pre- sentasi in molte parti oscuro o dubbioso e che per la sua importanza è degno di più accurati e profondi studi. Siccome la bibliografia sopra questo argomento venne di già rac- colta in gran parte dal Moynier de Villepoix nelle sue: « Reeher- ches sur la formation et Vaecroissement de la coquille des Mol- lusques (1892) così io mi limiterò soltanto ad alcuni cenni, sofferman- 48 G. PARAVICINI. domi maggiormente su quei lavori, che più mi servirono di aiuto e di punto di partenza alle mie ricerche sperimentali e microscopiche. Il fenomeno della rigenerazione della conchiglia si collega per molte ragioni al fenomeno più generale della produzione testacea nei Mollu- schi. Difatti la conchiglia, dopo un’ abrasione per causa traumatica, viene reintegrata mediante la produzione, da parte di uno speciale tessuto, di una sostanza organica e di una inorganica, le quali, con- solidandosi in un’ unica massa, danno luogo alla ezeatrice 0 callo ci- catriziale; questo poi, col riunire i lembi della conchiglia rimasta illesa, protegge le parti molli denudate dall’abrasione e funge da gu- scio, del quale solo in parte condivide la natura istologica. Però la produzione del materiale destinato a questa neoformazione si compie non sempre dallo stesso tessuto, che ha generato primitivamente la conchiglia, quindi sotto quest'altro aspetto i due fenomeni sono al- quanto diversi. 1. — Parte storica. Siccome già ho premesso, sino dal 1709 il Réamur! aveva giusta- mente intravveduto il vero meccanismo di produzione della conchiglia nei Molluschi, ma un anno dopo (1710) idee affatto contrarie vennero emesse dal Méry 2 e calorosamente sostenute di poi dall’Hérissant (1766). ? Nel 1752 lo Swammerdam, + appoggiandosi di bel nuovo alle giuste 1 Riamur, De la formation et de l’accroissement des coquilles des animaux tant terrestres qu’aquatiques, soit de mer, soit de riviére, (Hist. de l’Acad, Roy. des Sciences. Mémoires, 1709.) 2 Miry, Remarques faites sur la moule des Estangs. (Hist. de Acad, Roy. des Sciences. Mémoires, 1710.) = 3 Hirissant, Zclaircissements sur l’organisation jusqu'ici inconnue d'une quantité considérable de productions animales, principalement des coqualles des animaux. (Hist. de Académie Royale des Sciences, Mémoires, 1766.) 4 Swammerpam, Bibel der Natur ueberzung. Leipzig, 1752. NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 49 osservazioni di Réamur, constatò anatomicamente la presenza nell’ Helz. pomatia di speciali papille ghiandolari sub-epidermiche. Nel 1840 il Dott. C. Picard! descrisse accuratamente il processo di accrescimento e rigenerazione della conchiglia dei Molluschi di Somme, ritenendola wn organe véritable dont Vintégrité est, dans une cer- taine misure, nécessaire a Ll’escistence du tout. Gli studi fisico- chimici dell’Hattchett, Brewster, H. de la Béche, Necker, Rose, Schmidt, Schlossberger e Kost portarono alla conoscenza dell’intima struttura inorganica della conchiglia; mentre nel 1855 il Fremy * riconosceva e denominava conchiolina una speciale sostanza organica, interposta alla sostanza minerale, e caratterizzata dalla propria insolubilità nel- l’acqua, nell’alcool e nell’etere. Col Meckel? (1846) si iniziò la serie delle ricerche istologiche allo scopo di mettere in rilievo la struttura e posizione precisa degli or- gani ghiandolari secernenti la conchiglia, e per quanto Kollicker + ed Hessling® abbiano cercato di dimostrare ch’ essa è semplicemente una formazione cuticolare, pur tutta volta Leydig ® nel 1876, facendo nuo- vamente capo alle idee di Réamur, Swammerdam, Picard e Meckel, diede a quest'ordine di studi un nuovo e più fecondo indirizzo, ri- chiamando l’attenzione degli Istologi sulle ghiandole del muco, sul- l’epitelio del mantello e sulle ghiandole calcaree. Alle memorabili ricerche di Leydig tennero dietro quelle non meno 1 D. Prcarp, Histoire des mollusques terrestres et fluvialiles qui vivent dans le département de la Somme. (Bull. de la Soc. Linn. du Nord de la France. Tomo I, 1840.) 4 Fremy, Annales de Physique et de Chimie. 1855, série 3.2, t. XLIII. 3 MecxeL, Micrographie einiger Drisenapparat des nideren Thiere. (Mil- ler’s Archives, 1846.) 4 KòLLIcHER, Untersuchungen zur vergleichenden Gewebelehre. (Verhandl. der Phys. med. Gesellsch. in Wiirtzburg. Bd. VIII, 1858.) 5 HessLina, Die Perlmuscheln und ihre Perlen. Leipzig, 1859. 6 Leypic, Die Hautdeske und Schale der Gasteropoden. (Arch. f. Naturgesch. DS XU, Bd:-I,.18765) Vol, XX XVIII, 50 G. PARAVICINI. importanti di Von Nathusius Koenigsborn ! (1887), di Tycho Tulberg * (1882), di Ehrenbaum * (1885), di O. F. Miller 4 (1885), ed infine di Moynier da Villepoix® (1890), il quale studiò la formazione, l’ac- erescimento e la rigenerazione della conchiglia di parecchi Cefalopodi, Lamellibranchi e Gasteropodi (gen. Loligo, Sepia, Anodonta, Mytilus, Helix, ecc.). L’A. partendo dalle osservazioni di Fischer, che negli stagni ferruginosi la conchiglia dei Molluschi manca affatto di carbo- nato di calce, e che negli individui privi di nutrizione minerale la sommità od apice del guscio presto si corrode, tentò numerose espe- rienze onde scoprire le relazioni che passano fra formazione calcarea (conchiglia) e nutrizione. Fece inoltre estese ricerche sulla produzione del nicchio non che sulla struttura microscopica dei corrispondenti elementi ghiandolari; in ultimo, dopo aver sfiorata la quistione tutt’ ora insoluta della produ- zione del carbonato di calce negli organismi animali, trattò della ri- generazione della conchiglia, scegliendo come materiale di studio al- cune speci dei generi Helix ed Anodonta. Delle conclusioni dell’A. riporterò ora testualmente quei passi, sui quali fondai le mie ricerche. « Le test est produite par deux sortes d’epithéliums successifs ; l’epi- 1 Von Naruusius Koeniassorn, Untersuchungen viber nicht cellular organi- smen, namentlich Crustaceen- Panzer, Mollusken Schalen und Eihillen. Ber- lin, 1877. 2 TycHo Tuberc, Studien ueber den Bau und des Wachstum des Hummer panzers und des Molluskenschalen. (Konigl. Swenska Wetenskaps Akademiens Handlingar Bandet XIX, N. 3, 1882.) 3 Eurensaum, Untersuchungen tiber die Strucktur und Bildung der Schale der in Kieler Bucht haiifig vorkommenden Muscheln. (Zeitschr. f. Wissensch. Zool. v. Siebold und Kéllicher, t. XLI, 1885.) 4 MiLLer, Ueber die Schalenbildung bei Lamellibranchiaten (inang. dassert.). Breslau, 1887. 9 Moynier De Vitteporx, Recherches sur la formation et Vaccroissement de la coquille des Mollusques. (Journal de Anat. et de la Fisiol. (Puchet). Anno XXVIII, M. 1, 1892.) NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. al thélium calcigène et l’epithélium chitinogène; chacun a ses caractéres bien déterminés ». « J’ ai particuliérement étudié de très près les phé- nomènes intéressants de réfection du test à la suite de pertes de substance naturelles ou provoquées, et j’ ai pu établir que le calcaire du test est emprunté tout entier au milieu ou aux ingesta. Au cours de mes expériences j’ai eu occasion de constater, d’autre part, que le développement de l’épithélium glandulaire est proportionnel a l’acti- vité de la fonction. Enfin... |’ ai essayé d’établir le processus suivi par le calcaire dans son évolution, jusqu’ au moment où il revét sa forme définitive dans la coquille. Des essais synthétiques m’ont amené a admettre, comme la plus plausible, cette hypothése que le calcaire existe a l’état de bicarbonate dissous dans le sang du Mollusque par l’acide carbonique provenant des combustions organiques, et qu'il est, en cet état, secrété au dehors sous forme de mucus, en présence de matière organique, par les cellules épithéliales ». « La coquille des Mollusques est, en toutes ses parties fondamentales comme dans ses annexes, uniquement le produit de la sécrétion des tissus sous-jacents. » ! 2. — Tecnica. Queste ricerche sperimentali furono dirette sulle seguenti speci di Gasteropodi polmonati. Famiglia: Helicidi. Gen. Helix, (H. ciliata Venet., H. angigyra Tiel., H, pulchella Mill., H. rotundata Mill., H. pomatia L., H. tigrina Crist. et Jan., Z. carthusiana Mill., H. nemoralis L., H. strigella Drap. Gen. Buliminus. (B. obseurus Mill.) Gen. Pupa. (P. avenacea Bronz., P. frumentum Drap.) 1 MoyNIER DE VILLEPOIX, op. cit., pag. 665 e 667. DR G. PARAVICINI. Gen. Clausilia. (Cl. itala Martens, Cl. costulata Crist. e Jan.) Gen. Cyclostoma (Cy. elegans Mill.) Gen. Pomatias. {P. septemspiralis Razoum.) Fam. Zimacidi. Gen. Limax (L. Pavesti Pini.) Gen. Amalia (A. marginata Drap.) Per le ricerche istologiche adoperai quasi esclusivamente le 4. po- matia e nemoralis. Siccome i Molluschi delle regioni temperate attraversano annualmente due distinti periodi biologici, uno estivo di attività funzionale legato alla riproduzione, l’altro di riposo invernale o letargico, così ho dovuto sperimentare il fenomeno della rigenerazione sì nell’uno che nell’altro periodo, allo scopo di giunger possibilmente a conclusioni comparative. Durante l’estate tenni le grosse speci in osservazione entro casse di legno prive del coperchio e capovolte, non che alquanto affondate sopra quei tratti di terreno del mio giardino acconci alla vita di questi animali. Le speci minute invece vennero custodite in piccole cassette di vetro ed in luogo fresco, ma non eccessivamente umido onde sot- trarle al morso dei nemici (Julus, Glomeris, Scutigera, Geofilus, Sco- lopendra) ed all’azione deleteria delle muffe. Durante il periodo invernale tutti i Molluschi s’affondano nel ter- reno, onde sottrarsi al freddo ed al gelo, e quivi rimangono sino alla primavera successiva, protetti dagli agenti esterni in guisa che la con- chiglia difficilmente subisce lesioni, e nel caso disgraziato che ciò av- venisse, l’animale, non potendo uscire dal suo covo, è costretto a rima- nervi sino al disgelo senza cibo di sorta. Sperimentalmente ho realizzato queste stesse condizioni tenendo le speci in osservazione, chiuse in una cassetta con poco terriccio, in ambiente freddo, ma a temperatura costante e superiore allo zero di qualche grado, ed infine senza cibo. Le soluzioni di continuità della NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 99 conchiglia vennero praticate mediante l’asportazione di tratti più o meno estesi, eseguite con una robusta pinzetta e con una forbice nelle Helix di grossa mole, cogli aghi anatomici in quelle molto piccole e delicate. Si nell’uno che nell’altro caso sempre trovai conveniente la- vare la superficie denudata dell’animale con soluzione fisiologica di cloruro di sodio, onde allontanare i frammenti, che sarebbero d’impaccio nelle ulteriori osservazioni. Devesi dipoi eseguire l’abrasione della con- chiglia con molta cura, essendo facilissime le lesioni all’ epitelio, e la morte dell’animale in seguito alla consecutiva emorragia. Causata per strappo o puntura la fuoriuscita del plasma sanguigno, tentai un’applicazione di collodio, somma, balsamo (non la cauterizza- zione, perchè verrebbe in tal caso distrutto l’epitelio rigeneratore) alla ferita per ostruirla, ma non riuscii nel mio intento, giacchè l’azione sul sacco viscerale di qualsiasi corpo estraneo richiama in tale atti- vità secretoria le numerose ghiandole unicellulari sparse ovunque nel derma e nell’epitelio, che l’agente impiegato come emostatico viene sen- z’altro eliminato, e le funzioni dell’animale talmente disurbate da non aversi la rigenerazione, se non dopo un tempo di regola molto lungo. Poco dopo la rottura della conchiglia si fa scorrere dolcemente sul- l’epitelio un ago spuntato, ovvero una spatoletta od un pennellino per raccogliere i primi brandelli dal tessuto cicatrizzale, che va formandosi, e per trasportarli direttamente in glicerina fra i 2 vetri porta- e co- pri-oggetti. Nel caso che i frammenti siano previamente fatti asciugare, alla glicerina torna comodo sostituire il balsamo di Canadà. Il fenomeno rigenerativo può esser colpito nei vari momenti della sua evoluzione, operando contemporaneamente sopra una serie d’ indi- vidui, in cui furono praticate fratture di uguali dimensioni ed in re- gioni omonime; ogni due ore si esamina un individuo, e dalla serie dei preparati microscopici così ottenuti si può ricostruire tutto il pro- cesso negli intimi particolari, e rilevarne le differenze individuali, non- che specifiche. Trovai superflua qualsiasi colorazione dei preparati, dovendo eseguire delle osservazioni cristallografiche col microscopio per Mineralogia. 54 G. PARAVICINI. 3. — Parte sperimentale. Addietro ho ricordato che il Moynier pei Gasteropodi polmonati spe- rimentd quasi esclusivamente sull’H. pomatia esportando la sola re- gione boccale o peristomatica e subpolmonare della conchiglia e non cià la regione epatica o viscerale. Oltre di ciò non avendo egli spe- cificato nella descrizione delle singole esperienze il punto preciso della breccia, torna ora difficile comprendere non solo il meccanismo di ri- parazione, ma eziandio le modalità degli organi rigeneratori. Era quindi necessario, pur tenendo massimo conto delle ricerche del Moynier, stabilire sperimentalmente se 2 fenomeno della rigenera- stone st compie per tutte le regioni della conchiglia colle stesse modalità ed tn una stessa unità di tempo, oppure se le differenze riscontrate sono in relazione con una differente distribuzione degli elementi calcigeni sulla superficie del sacco viscerale. A. — FATTI COMUNI AL PERIODO DI ATTIVITÀ E DI LETARGO. 1. Dalle esperienze di Meckel (1846), di Leydig (1876) e di molti altri istologi oggi è noto che la conchiglia viene riparata non già dal muco (Picard), bensì da uno speciale epitelio, rivestente in buona parte la superficie esterna del sacco viscerale. Quindi non tutte le regioni della conchiglia potranno rigenerarsi, ma soltanto quelle poste ad immediato contatto coll’epitelio. La columella perciò ed i tra- mezzi, che col loro insieme costituiscono il piano elicoidale o pavimento e volta della cavità spirale, non sono rigenerabili, poichè l’epitelio, ri- vestendo soltanto la porzione esterna del saeco viscerale, non si estende alla regione columellare e fra anfratto ed anfratto. Perciò se rompiamo ad un Helix ed esportiamo con cura i 4 primi anfratti, (superficie esterna, tramezzi e columella), dopo un mese tro- veremo che delle parti mancanti l’animale ha riprodotto soltanto la su- NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. Dv perficie esterna, per cui le parti molli, dapprima avvolte dalla spira, vengono di poi raccolte in una sola cavità, avente al più qualche ac- cenno di rientranze in corrispondenza ai sepimenti spirali e perciò alla linea suturale. 2. Non è possibile designare anche approssimativamente il tempo che le varie speci impiegano nel riparare determinate abrasioni. Troppe circostanze debbono esser prese in considerazione, delle quali alcune inerenti alla stessa organizzazione delle singole speci, altre allo stato fisico di ogni individuo, altre infine peculiari dell'ambiente e del modo col quale le fratture hanno avuto luogo. a) Riguardo all’organizzazione il fenomeno rigenerativo è tanto più spiccato quanto più voluminose sono le speci. Infatti sì d’estate che d’inverno 'H. pomatia, nemoralis, vermi- cularis, ecc., riproducono qualsiasi guasto, non eccessivamente esteso e non compromettente l’integrità delle parti molli, nel decorso di pochi giorni, mentre invece le Balze, Pupe, Acme, Clausilie, Pomatias, ecc., anche operate con tutta delicatezza, muoiono facilmente, ovvero impie- gano da 7-20 giorni a fabbricare il primo abbozzo del callo, e 2-3 mesi a rafforzarlo e renderlo resistente al pari della conchiglia sana. Perciò dobbiamo conchiudere che 22 fenomeno della rigenerazione per intensità e celerità sta in ragione inversa delle dimensioni d'ogni singola specie. La causa di cid risiede a parer mio in questo: che i Molluschi, al pari della maggior parte degli Invertebrati, furono per scelta naturale provveduti d’un involucro calcareo esterno, come mezzo di difesa nella lotta per la vita, per quanto esso non sempre possa fungere da dimora sicura ed invulnerabile, poichè l’eventuale caduta di corpi pesanti sopra d’esso può determinarne la rottura non solo, ma eziandio lo schiacciamento delle parti molli e la consecutiva morte dell’animale. Ora è evidente che nelle speci voluminose la maggior resistenza e massa degli organi non che la maggior solidità della conchiglia spesso saranno di baluardo alla vita del mal capitato animale, mentre invece 56 G. PARAVICINI. nel caso di piccole speci lo schiacciamento dell’essere sara quasi sempre inevitabile, perciò affatto inutile il potere rigenerativo dell’epitelio. Ma v ha di più: le speci minute vivono fra le erbe e nelle fessure delle roccie, perciò sì nel primo che nel secondo caso sono dall’ambiente stesso protette dai trasumi, il che non verificasi per le grosse speci, co- strette ad abitare fra sasso e sasso a cagione della mole stessa del corpo. Quindi credo di poter logicamente spiegare il fenomeno ammettendo che nelle piccole speci Vepitelio, ricoprente il succo viscerale, per il lungo non uso, vada sempre più diminuendo di quel potere ri- generativo, che all'incontro .saccentua sempre più nelle speci di grandi mole, perchè necessario alla sicurezza dell'animale. Certamente io non posso negare che le piccole speci tutt'ora pos— seggono questo potere, almeno in parte, giacchè, operate con molta cura, in un tempo eccessivamente lungo compiono ciò che VA. pomatio ad esempio opera in 2-3 giorni; ma certo si è che di 1749 esem- plari fra H. rotundata, aspersa, hispida, ciliata, obvoluta, umbili- cata, minuta; Buliminus obscurus; Cyclostoma elegans; Pupa ave- nacea; Clausilia italica, costulata; Pomatia septemspiralis, rac— colti nel territorio di Castelmarte (alta Brianza)! in 4 anni di ricerca, non trovai neppure un individuo colla conchiglia deformata da un callo cicatriziale, mentre lo stesso non posso dire della H. pomatia, ver- micularis, nemoralis, pisana, surrentina, ecc., per quanto raccolte in località molto diverse (Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Ro- magna, Calabria, Sicilia). b) Riguardo poi alle sopra accennate condizioni fisiche di cia- scun individuo molti fatti importanti ebbi campo di riscontrare durante le mie esperienze. Imnanzitutto non ho potuto stabilire nettamente il tempo impiegato da una data specie a riparare determinate breccie della conchiglia, 1 Dott. G. Paravicint, Catalogo dei Molluschi viventi sul territono di Ca- stelmarte. (Atti Soc. Ital. Sc. Nat. Vol. XXVI, 1897. Milano.) = 4 * NOTA SULLA RIGENERAZIONE. DELLA CONCHIGLIA, ECC. 3) poiché alcuni individui nelle prime 48 ore gia hanno ricoperto le parti denudate con un callo opaco e resistente, mentre in altri il callo dopo 4 o > giorni è ancora molle, trasparente, screpolato, umido e pove- rissimo di sali calcarei. Queste differenze dipendono naturalmente dallo stato diverso di nutrizione dei singoli individui, da una speciale di- sposizione forse congenita dell’epitelio e più specialmente dalla mag- giore o minor ricchezza da parte del plasma sanguigno di composti di calce, composti che a contatto dell’acido carbonico dei tessuti perisfe- rici si decomporrebbero, secondo la maggior parte degli Autori, in carbonato di calce, sale cristallizzabile, ed in sostanza organica. Sarebbe stato mio desiderio poter determinare sperimentalmente se individui di ugual peso e tenuti nelle stesse condizioni di vita e di ambiente riparano breccie di uguali dimensioni in una stessa unità di tempo; ma cid non mi tornò possibile, poichè il peso esatto delle parti molli non può aversi che sgusciando l’animale, operazione questa che ne determina inevitabilmente la morte. Al peso complessivo dell’animale col rispettivo guscio non si può dare un valore assoluto, poichè lo spessore della conchiglia varia da individuo ad individuo, da località a località e da provincia a provincia. D'altra parte fatti analoghi erano stati già osservati da vari Autori e specialmente dal Fischer, e parzialmente studiati in relazione alla nutrizione dal Moynier nel 1892. c) Riguardo poi all’ambiente gli individui lasciati liberi (o re lativamente liberi col mezzo da me adottato) naturalmente rigenerano la conchiglia in modo più celere, che non quelli tenuti in luogo privo di nutrizione e di sali terrosi; nel primo il callo dopo un paio di giorni presenta di già la durezza della conchiglia sana, nei secondi invece il tempo è assai più lungo e la formazione cicatriziale meno regolare. d) Dobbiamo infine considerare le condizioni speciali in cui av- venne la rottura della conchiglia. Come già più volte ho ricordato, quando si produce un’abrasione, il tessuto sottostante facilmente viene 58 G. PARAVICINI. leso, ed in corrispondenza di ciò verificasi una emorragia, che può ri- tardare o sopprimere il fenomeno rigenerativo secondo che la perdita dell’albuminato di calce fu più o meno grave ed abbondante. 5. In generale le fratture vengono riparate in tempi diversi e con modalità diverse secondo che furono praticate piuttosto in questa che in quell’altra regione; così ho trovato che le fratture praticate nei primi 3 anfratti dell’. nemoralis, e 4 dell’H. pomatia sono ripa- rate assai più celeramente e regolarmente che le fratture praticate nel resto delle rispettive conchiglie. | Lo stesso dicasi per lH. carthusiana, obvoluta; Hyalinia cella- ria, Clausilia italica, Cyclostoma elegans, ecc. Quindi debbo conchiudere che la formazione cicatriziale è negli Eli- cidi tanto più celere e robusta, quanto più la breccia trovasi in pros- simità dell’apice della spira. All’incontro le fratture al peristoma non vengono riparate nè parzialmente nè totalmente, giacchè fra le tante conchiglie avute in esame, mai ho riscontrato deformazioni cicatriziali peristomatiche, bensì qualche volta interessanti deformazioni teratolo- giche. Anche sperimentalmente, ma con esito negativo tenni per 5 mesi consecutivi in esame numerosi elicidi col peristoma rotto per intiero od in parte. Cid prova che il peristoma, come tutte le parti prettamente orna- mentative (poichè in alcune speci è più o meno sviluppato, in altre manca affatto), non è rigenerabile, e spiega nello stesso tempo il pre- sentarsi in alcuni individui di zone cicatriziali incuneate nel tessuto testaceo sano. Giacchè al punto, in cui cessa la parte di prima for- mazione per cominciare il callo, vi fu un’abrasione, avente ad un di- presso le dimensioni del callo stesso, la quale, riparata colla cicatrice, venne riallacciata di poi insensibilmente colle nuove zone testacee di accrescimento. Queste osservazioni mi indussero inoltre a conchiudere che le speci voluminose con grande stento riparano le breccie praticate alla regione prepolmonare e polmonare ; in generale le massime e più strane de- NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 59 formazioni risiedono in questi calli, poichè in corrispondenza della bocca della conchiglia i movimenti dell’animale essendo continui, e piuttosto energici, il callo tenero e molle facilmente si lacera, si accartoccia ed anche viene espulso. Oltre di ciò, se la dimora, priva dell’ultima parte, è sufficiente a contenere le parti molli, l’animale economizza e mate- teriale e fatica, e più non si cura di ricondurre il guscio al suo stato primitivo e naturale. 4. Il callo cicatriziale assume una forma tanto più regolare quanto più la breccia venne praticata nei primi anfratti ed i primi depositi di conchiolina e di carbonato di calce furono protetti dagli agenti esterni perturbatori; pur tutta volta esso differisce morfologicamente dalla conchiglia sana per più caratteri, dei quali ora ricorderò soltanto gli esterni, riserbandomi nella parte microscopica di parlare degli in- terni o strutturali. Innanzi tutto il callo, per quanto il colorato fon- damentale della conchiglia possa essere giallastro, roseo, bruno, ecc., presentasi regolarmente di color bianco-grigiastro, alla periferia si at- tacca al margine sano del guscio, modellandosi con maggiore o minor sfericità sulla parte denudata: dell’animale. La superficie interna è levigatissima, madreperlacea, ma non adat- tandosi completamente alla superficie somatica presenta sempre delle impressioni digitali più o meno ampie e delle sporgenze mamillari che ricordano quelle perlifere di alcuni Lamellibranchi (Vrzo, Anodonta, Avicula, ecc.). La superficie esterna è più o meno finamente granulosa, ovvero ir- regolarmente e casualmente rugosa (talora spinosa, come dirò in ap- presso), sempre affatto priva di caratteri ornamentativi: rughe (/. tigrina, Cyclostoma elegans), creste (Clauszlia costulata), peli (Heli. ciliata), aculei (Melia hispida), linee di accrescimento (tutti 1 mol- luschi), fascie cromogene (Helix pisana, nemoralis, surrentina, ecc.), flammule (Pomatia septemspiralis) e così via via. Manca inoltre di pertostracum, sottile membranella di natura connettivale, rivestente al- l'esterno tutta la conchiglia sana e visibile in modo speciale nella zona 60 G. PARAVICINI. cocleare di accrescimento. Questa mancanza è devoluta al fatto che il periostracum, secondo le ricerche di Moynier de Villepoix, è formazione essenzialmente devoluta alle ghiandole della gouttiere palléale, * che trovansi a ridosso del mantello e perciò mancanti là ove noi poniamo allo scoperto l’epitelio del sacco viscerale. 5. Però il callo in natura generalmente è deformato, cioè non sì presenta coi caratteri esterni or ora accennati, per varie ragioni. In- nanzitutto può non attaccarsi direttamente al margine della conchiglia sana, e ciò ogni qual volta l’epitelio, che normalmente trovasi a mutuo contatto colla superficie interna della spira, siasi abbassato in corri- spondenza della frattura. In tal caso il callo si estenderà anche al di sotto della conchiglia sana, sino al punto di contatto dell’epitelio colla’ spira, generando delle cavità irregolarmente spirali, degli sfondati eli- coidali curiosissimi, semplici, ovvero concamerati. Talora l’epitelio, invece di rientrare, sporge dalla frattura a guisa di budello ed in tal caso si avranno nella cicatrice gibbosità unilocu- lari, ovvero bi-tri-policulari, irregolarissime, e foggiate appunto sulla sottostante estroflessione delle sostanze organiche. Alle comuni deformazioni del callo cicatriziale giovano specialmente le seguenti circostanze: a) Essendo per alcun tempo le pareti testacee in via di rige- nerazione molto fragili ed umide, facilmente si possono fratturare, ed i frammenti accavalcarsi l’uno all’altro od inglobare sostanze estranee (granuli di terriccio, di sabbia, frammenti legnosi od erbacei, ecc.). 5) I movimenti delle parti molli accartocciano, come già di- cemmo, la neo formazione cicatriziale, la quale, resasi resistente, as- ! Moynier DE VILLEPOIX, op. cit., pag. 601: «la gouttzère palléale où se forme le périostracum avec les intéressantes poches glandulaires qui constituent la glande globuligene; la bandelette ou glande palléale, & laquelle serait dé- volue la séerétion de la couche externe du calcaire; l’épithélium palléal consé- cutif & la bandelette, qui fournit le pigment destiné & la coloration de la coquille, et complète sa calcification par le dépét de couches organo-calcaires homologues des couches de nacre des Pélécypodes. » NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 61 sume uno strano aspetto rugoso, o scaglioso, poichè lembi di tessuto nel raggrinzamento si sollevano e variamente si dispongono a foggia di creste, spine, prominenze irregolari, ecc., ecc. Giò verificasi specialmente pei calli cicatriziali della regione peri- stomatica, polmonare e cardiorenale. c) La regolarità della cicatrice dipende ancora dalla presenza o mancanza dei frammenti della frattura. Ed infatti nella mia colle- zione malacologica tengo diversi casi interessanti, di cui i principali sono rappresentati da una: Leuchocroa candidissima (da me raccolta a Siracusa 1896) in cui la prima metà del penultimo anfratto rotta dal resto della conchiglia, venne spostato all’infuori ed in basso e saldato poi col resto in guisa da circoscrivere tutt’ attorno un vero gradino. Stenogyra decollata var. flammulata (raccolta pure a Siracusa 1896) in cui avvenne un fatto analogo al precedente; il penultimo giro staccato in parte, non totalmente, venne spinto all’infuori e saldato di poi col resto; di più fu continuato regolarmente I’ accrescimento del guscio sino all’ apertura boccale, dopo esser stato ultimato il fe- nomeno della riparazione. Helix surrentina (raccolta nei dintorni di Roma 1896), in cui es- sendo stato rotta una metà del penultimo giro in 5 frammenti, essi furono con una certa regolarità saldati insieme per interposizione di materiale neoformato, ma in guisa che le flammule hanno un aspetto diverso ed incrociantesi. Di qui un aspetto strano e goffo di tutta la conchiglia. 6. Nel praticare le diverse fratture ho sempre constatato che l’epitelio è sede di una speciale sensibilità variabile da specie a specie, maggiore nell’H. hispida, pomatia, nemoralis, Hyalinia cellaria, che non nell’. rotundata, obvoluta, angygira, ecc. Alcuni individui toccati nella regione epato-genitale, si contorcono, cercano di arrampi- carsi sopra la stessa conchiglia per ricoprire col corpo la breccia pra- ticata, danno segni evidenti di un dolore intenso, ma che cessa non appena si sospenda l'eccitazione. G. PARAVICINI. =r) DI B. — FATTI OSSERVATI DURANTE IL PERIODO LETARGICO. In seguito agli interessanti risultati sperimentali ottenuti nel periodo di attività biologica, mi sono accinto a ricerche di natura comparativa, sperimentando durante la fase letargica colla speranza di giungere a differenze di rilievo, ma invece fui deluso poichè le grosse speci ri- generano i guasti sì d’estate che d’inverno colle identiche modalità : le speci piccole invece muoiono senz'altro, se non vengono rimesse in ambiente caldo e provvisto di cibo, vale a dire in un ambiente si- mile a quello estivo. Però nelle grosse speci ho potuto osservare: 1. Allorquando la breccia è praticata con diligenza e cautela, l’animale non si risveglia punto dal letargo, ma, rimanendo chiuso nel proprio guscio, senz'altro s’accinge alla riparazione dei guasti, opera- zione ch’ egli compie in un tempo alquanto maggiore che non nel- l'estate. 2. Gli individui in letargo, ma molto denutriti, vale a dire quelli che già dall’estate .furono privati di nutrimento, possono, senza peri- ricolo della vita, riparare le piccole breccie; ma nel caso di estese abrasioni l’animale o muore dopo qualche giorno, ovvero rigenera in parte ed anche totalmente la conchiglia, ma soccombe dipoi vittima dell’inanizione e dell’esagerato esaurimento. 4. — Ricerche sui Limacidi. Sotto il punto di vista della rigenerazione i Gasteropodi nudi non erano ancora stati investigati, quindi ho creduto opportuno tentare qualche esperienza, adattando il metodo sin qui seguito, alla diversa organizzazione di questi animali. Molte difficoltà mi si affacciarono sì tecniche, che biologiche; in- nanzitutto la rigenerazione, compiendosi con estrema lentezza, richie- NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 63 derebbe che l’animale in osservazione si adattasse alla schiavitù, il che difficilmente avviene, specie in estate. Per di più la conchiglia, essendo sottotegumentale, non può essere afferrata all’esterno e rotta, giacchè il cappuccio scivola sotto qualsiasi mezzo contundente. Egli è perciò necessario aprire una finestra attra- verso ai tessuti, penetrare nella cavità contenente la limacella e rom- perla con pinze e forbici, operazione questa che ha in generale per esito la morte dell’animale, sia perchè l’apertura deve essere piuttosto larga, sia perchè il pavimento della cavità facilmente si lacera e gli organi fanno ernia all’esterno; di qui l’emorragia e un profondo e le- tale disturbo funzionale. Infine l’animale si contorce, arrovescia il cap- puccio, segrega una grande quantità di muco, per cui i ferri presto restano imbrattati e l’operazione è sempre più resa difficile. Anche pei Limacidi ho cercato un mezzo per chiudere la ferita e precludere la via ai microorganismi ed alle muffe, ma per le stesse ragioni sopra ricordate, non riuscii nel mio intento, pur tutta volta sul gran numero di individui diligentemente operati ho potuto: avere delle limacelle risaldate in modo regolare, quando i frammenti nella cavità non mutarono i naturali rapporti l’uno di fronte all’altro, irre- golare nel caso contrario. L’unione si fa per interposizione di sostanza calcarea e conchioli- nica, la quale deve dapprima trovarsi ad uno stato semiliquido onde possa insinuarsi fra i frammenti, ma non riuscir a colpire ì vari mo- menti del fenomeno, bensì a constatarlo a fatto compiuto, quindi debbo attenermi ad una semplice ipotesi. 5. — Ricerche microscopiche. Il Moynier de Villepoix* circa l’intima natura del callo cicatri- ziale così si espresse: « aussitòt aprés l’ablation du test, la partie 1 MoyNIER DE VILLEPOIX, op. cit., pag. 648. 64 G. PARAVICINI. dénudée du manteau, d’abord mate devient en quelques minutes lui- sante et comme lubréfiée, et, au bout de très peu de temps, il est possible d’en enlever une pellicule organique extrémement mince qu'on ne peut étaler qu’en la faisant flotter dans un liquide. Cette pellicule est couverte de cristaux rhomboédrique entremélés de globules sphé- riques et elliptiques ». Questa membrana appoggia. sull’epitelio, che nelle condizioni normali esercita una leggiera pressione sulle pareti della spira. La membranella, che abbiamo chiamato cad/o cicatriziale, è di color grigiastro se umida, bianco sporco se estratta e fatta essicare. Dopo alcune ore appare screpolata e come costituita di placche a superficie esterna ruvida ed asciutta. Se si tratta con una soluzione diluita di acido cloridrico od acido acetico, ($ 72) si ha effervescenza con svi- luppo di ossido di carbonio ed un residuo organico detto conchiolina. Esaminata microscopicamente la si vede nelle prime ore costituita di 2 parti distinte: l’una organica o stroma di sostegno (conchiolina), l’altra inorganica devoluta (granuli e cristalli di carbonato di calce) al carbonato di calce. A. — SOSTANZA ORGANICA. La sostanza organica o conchiolina, scoperta e così denominata da Fremy nel 1755, presentasi all’esame microscopico (allorchè venga con un acido liberato dal carbonato di calce, siccome io ho potuto otte- nere) come un tessuto omogeneo, chimicamente insolubile nell’acqua e negli acidi, privo affatto di qualsiasi organizzazione, come si può ri- levare mediante le sostanze coloranti, e ricco in certi luoghi di leu- cociti, uscito forse per diapedesi dall’epitelio del sacco viscerale. La conchiolina compenetra totalmente la sostanza inorganica, ne riempie le lacune e soltanto là ove il muscolo columellare si attacca alla conchiglia, essa continuasi coi tessuti formatori dell’inserzione. ‘ 1 G. Paravicint, Note sulla struttura istologica dell'inserzione del muscolo columellare nell’ H. pomatia. (Atti Società Ital. Scienze Naturali. Milano. Volume XXXVII, 1898.) “Sl eS NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 60 x Lo spessore della membrana di conchiolina è grande nell’. pomatia, nemoralis, ericetorum, ecc., minore nell’H. obvoluta, rotundata, stri- gella, ecc., minima nei generi Vitrina, Hyalinia, Acme, Acicula, Balia, Buliminus, ecc. B. — SOSTANZA INORGANICA. La sostanza inorganica è devoluta al carbonato di calce il quale presentasi contemporaneamente sotto due aspetti: amorfo e cristallizzato. Già dopo le prime ore consecutive all'abrasione tanto nell’ ZZ. pomatia che nell’ H. nemoralis, vermicularis, surrentina e tigrina le parti denudate sono ricoperte di una leggerissima pellicola, sparsa di cri- stallini e granuli di carbonato di calce, i quali, facendosi sempre più numerosi, voluminosi e fitti, si saldano fra loro, dando luogo a piccole isole sparse nella conchiolina senza ordine prestabilito. Le isole di poi vengono per interposizione di nuovo materiale inorganico a contatto fra di loro, si riuniscono e si fondono alla fine in un tutto resistente, che abbiamo denominato callo cicatriziale o cicatrice semplicemente. Le isole possono derivare dalla fusione sì dei cristalli che dei gra- nuli, le prime sono assai più compatte delle seconde e meno porose, quindi conterranno minor quantità di conchiolina, le seconde sono anche meno estese ed hanno una distribuzione affatto irregolare, anzi casuale. 1° Granuli amorfi. Sono granuli di carbonato di calce senza forma determinata, di dimensioni assai variabili da specie a specie, da individuo ad individuo, da regione a regione; i più piccoli appa- iono subito dopo l’abrasione della conchiglia, i più grandi invece qualche tempo dopo, poichè derivano dai piccoli, sia per aggregazione (fusione), sia per diretto accrescimento per juwata-posztionem di nuovo materiale. Però il modo più frequente è il primo, poichè esso prelude alla formazione delle isole, e lo ritengo. anzi unico là dove le granu- lazioni sono molto stipate. Vol. XXXVIII. 5) 66 G. PARAVICINI. I margini di questi granuli possono essere arrotondati, angolosi, dentellati, mentre per forma essi variano dalla ovoidale, alla cuboide e prismatica; in ogni caso però il maggior asse è diretto parallela- mente all’asse della spira, quindi qualsiasi preparazione con questo criterio può essere orientato sotto il campo del microscopio. Spessissimo presentano spiccate striature concentriche, per cui ras- somigliano alquanto alle limacelle dei limacidi, striature che nel mag- gior numero dei casi possono interpretarsi come altrettanti limiti d’ac- crescimento individuale; la superficie esterna dei granuli può essere di per sè stessa striata; e dal diverso intreccio di questi solchi finis- simi approssimativamente si può giudicare del numero dei granuli che già si sono fusi per costituire un granulo unico. Non posso asserire se il granulo precede il cristallo, oppure vien dopo di questo nella prima costituzione della cicatrice, poichè ogni qual volta rinvenni gra- nuli, rinvenni pure cristalli e viceversa, quindi sì l’uno che l’altro sono seneticamente sincronici. 2. Cristalli. Sono numerosissimi, in generale alquanto deformati, schiacciati, talora indeterminabili, tal’altra abbastanza regolari. Presen- tansi sotto 2 forme 7omboedri e sferuliti 0 sfero-cristalli. a) Romboedri. Presentansi in generale sotto forma di lami- nette, riconoscibili sempre poichè la faccia visibile al microscopio ha forma costante geometrica di rombo, quindi sono cristalli di carbonato di calce. La misura dell’angolo piano acuto degli spigoli delle faccie, 4 eseguito colla massima cura in tutti i casi possibili diede per risul- tato un valore medio uguale a 78° 20’, valore assai prossimo al teorico di 78°38’ del romboedro 1011 della calcite. Anche le osservazioni ottiche eseguite a luce polarizzata corrispondono ai caratteri della cal- 1 Le sopra indicate misure ed osservazioni ottiche vennero eseguite nel Labo- ratorie di Mineralogia della R. Università di Pavia, diretto dal chiar. Prof. Bru- gnatelli, al quale sento il dovere di rivolgere pubblicamente i miei più vivi rin- graziamenti per le cortesie ricevute in quella circostanza. NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 67 cite: la doppia rifrangenza è molto energica, le estinzioni avvengono parallelamente alla diagonale delle faccie, sulle quali la diagonale mi- nore segna la direzione di massima elasticità ottica, e la diagonale maggiore la direzione di minima elasticità come appunto deve essere nel romboedro 1011 della calcite. Questi cristalli sono variabili nelle dimensioni, maggiori nelle speci più voluminose, minimi nelle più pic- cole, sono generalmente di color bianchiccio colle faccie alquanto striate; in taluni ho potuto, con fortissimi ingrandimenti, scorgervi nell’interno una leggiera striatura concentrica analoga a quella ricordata pei gra- nuli. I cristalli romboedrici coll’aggregarsi danno luogo alle isole, che dapprima assumono un aspetto di pavimento a mosaico, non essendo ancora scomparse le linee di demarcazione dei singoli elementi, dipoi si trasformano in placche compatte, che si vanno estendendo sino a fondersi con quelle circostanti della stessa natura o derivanti dalla fu- sione di granuli. b) Sferuliti o sfero-cristalli. Sono molto abbondanti, variabi- lissimi, nelle dimensioni e nella forma, i semplici sono rappresentati da sfere alquanto appiattite ai due poli, costituite di cristallini aghi- ‘ formi disposti raggiatamente intorno ad un punto centrale, talora rap- presentato da una cavità più o meno regolare, talora da un granulo organico, talora da un frammento calcareo. Questi aghi di carbonato di calce danno alla superficie esterna dello sfero-cristallo un aspetto seghettato, minutamente irregolare, aspetto che va accentuandosi col breve soggiorno della preparazione in acqua leggermente acidulata, forse perchè sciogliendosi in parte la sostanza cementante, le faccette esterne divengono più libere e quindi meglio visibili. Le sferuliti in generale presentansi molto appiattite, talora discoidali, in taluni casi semplici, in altre associate (2-3-9 e più); la rifrangenza è debole essendo esse molto opache; colla loro aggregazione danno luogo alle isole di forma elegantissima e distinguibili per alcuni giorni dalle isole a romboedri ed a granuli amorfi. 68 G. PARAVICINI. c) Corpi lenticolari. Nell’ Helix pomatia e nemoralis os- servai nei primissimi momenti del fenomeno rigenerativo alcuni cor- picciuoli visibili soltanto a fortissimi ingrandimenti, assai rifrangenti, apparentemente di forma lenticolare e con superficie perfettamente le- vigata. Però una lunga e minuziosa osservazione mi fece scorgere qual- che spigolo, che mi ha indotto a ritenere questi minutissimi corpic- ciuoli dei cristalli. Essi trovansi sparsi ovunque fra i romboedri, i gra- nuli e le sferuliti e presto scompaiono per l’affollarsi di questi ele- menti. Riguardo alla distribuzione degli elementi inorganici ora descritti, ho potuto rilevare ch’ essi non trovansi promisquamente disseminati per tutto lo spessore ed estensione del callo cicatriziale, ma bensì sono raccolti a piccoli gruppi, in guisa da costituire dapprima delle isole distinte di romboedri, di granuli e di sferuliti, dipoi un’ unica massa compatta (callo), nella quale gli elementi componenti non sono più di- stinguibili. La ragione di questo speciale aggruppamento sta nelle di- verse condizioni in cui trovasi la superficie del corpo denudato, condizioni inerenti allo stato di nutrizione dell’animale, all’ambiente e più specialmente a quell’insieme di fatti microchimici legati al feno- meno dell’evaporazione ed alla presenza dell’acido carbonico, che tutt'ora sfuggono ai nostri metodi di ricerca. Ho notato inoltre una grande variabilità nella preponderanza di questa o di quell’altra forma di car- bonato di calce, nonchè l’incostanza del rapporto numerico fra questi stessi elementi, non solo nelle varie speci, ma eziandio in uno stesso individuo, operato più volte ed in località diverse. Costituitasi una prima sottilissima membranella il callo accresce per intus-posttionem, vale a dire per deposizione di nuovi materiali or- ganici ed inorganici dall'interno, sino a che abbia raggiunto uno spes- sore equivalente a quello della conchiglia sana. Le successive deposi- zioni si fanno ad un dipresso colle stesse modalità or ora ricordate; talora i vari straterelli si saldano in un tutto compatto, talora invece rimangono parzialmente indipendenti l’uno dall’altro sì da aversi un in- NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 69 sieme stratificato. Comunque sia, a completa formazione, il callo presen- tasi costituito esclusivamente di una massa compatta scindibile in grosse granulazioni (isole) e sorretta dalla sostanza fogliettata di Leydig, che originasi alla stessa guisa che nella conchiglia sana ed in via di accrescimento. Paragonando ora questa struttura molto semplice con quella assai più complessa del guscio normale, troviamo: Guscio normale. Callo cicatriziale. Cuticola omogenea o periostracum prismi Strato calcareo ( granuli granuli Sostanza fogliettata omogenea Sostanza fogliettata omogenea. la mancanza cioè nel callo dei due strati più superficiali, di quelli ap- punto che danno alle conchiglie la grande varietà di colore e di or- namentazione. Volendo rintracciare le cause di queste differenze fra guscio sano e guscio rigenerato, dobbiamo risalire alla modalità degli organi produt- tori dell’una e dell’altra formazione. Infatti per le esperienze di Leydig, di Moynier, ecc., noi sappiamo che la conchiglia non è altro che il prodotto della secrezione conchiolinica e calcarea degli elementi calci- geni, costituenti il mantello, e che procedendo dall’apice al piede sono così distribuiti : 1.° Epitelio cilindrico, continuazione dell’ epitelio rivestente il sacco viscerale, e sovrapposto ad uno straterello di cellule pigmentali nere (Leydig). 2.° Un tessuto ghiandolare, formato di elementi cellulari molto allungati e ristretti, infossati nel sottostante connettivo, a contenuto granuloso e con 2-3 nuclei ovali. Questi elementi (costituenti la dan- delette palleale) presiedono alla produzione del carbonato di calce. 5.° Una zona di elementi globuligeni infossati in una doccia a cul-de-sac, molto grandi, di natura epiteliale, e producente un muco, capace di consolidarsi e trasformarsi in opercolo (Leydig). 70 G. PARAVICINI. Queste 3 forme di elementi debbono esser considerate come difle- renziamenti ulteriori dell’epitelio cilindrico rivestente il sacco viscerale, differenziamenti che indussero in ciascuna specie di elementi una de- terminata funzione secretoria. La costituzione del sacco viscerale invece è molto più semplice; procedendo dall’esterno all’interno abbiamo: 1.° Uno strato esilissimo, visibile a forte ingrandimento nelle se- zioni trasversali, omogeneo e che direttamente appoggiasi alla con- chiglia. 2.° Uno strato d’epitelio cilindrico ad elementi molto allungati, con grosso nucleo, inferiormente posto e con numerose ghiandole mu- cose unicellulari. 3.° Uno strato connettivo scindibile: a) In uno straterello esile, funzionante da sostegno all’epitelio, in apparenza omogeneo, con scarsi nuclei. b) Di uno strato piuttosto robusto formante il vero stroma del sacco viscerale, con fasci connettivi variamente intrecciati e con pro- paggini che s’affondano fra gli organi e specialmente fra i lohi della massa epatica. c) Di uno strato più interno, che si insinua fra gli organi e si confonde col connettivo celomico. Nelle speci in cui il sacco è colorato, sotto all’epitelio osservasi uno straterello di pigmento disposto a zone, macchie, flammule, ecc. Ammettendo che gli elementi calcigeni del mantello derivino dall’epi- telio del sacco per differenziamento morfologico e quindi per localizzazione di speciali funzioni, noi potremo di leggieri comprendere come il callo non possa avere la stessa struttura della conchiglia normale, poichè manca sempre degli elementi devoluti alla peculiare produzione del mantello. NOTA SULLA RIGENERAZIONE DELLA CONCHIGLIA, ECC. 71 CONCLUSIONI. I Molluschi, al pari che la maggior parte degli Invertebrati, presen tano la facoltà di riparare e rigenerare alcune regioni del proprio or- ganismo lese od esportate dagli agenti esterni. Parlasi quindi di rigenerazione di lembi del mantello, di intieri ten- tacoli, di porzioni del piede, delle labbra, delle braccia dei Cefalo- podi, ecc., però questi fenomeni, interessanti sì anatomicamente che istologicamente, richiedono ancora riconferma e studio. All’incontro il guscio, nicchio o conchiglia di tutti i molluschi bi- valvi (Lamellibranchi) ed univalvi (Gasteropodi) può essere riparato ed in parte riprodotto con modalità, che già colpirono gli scienziati del secolo scorso e che furono in questi ultimi tempi oggetto di pro- fonde e numerose ricerche. Ma presentandosi ancora la quistione alquanto incerta negli Elicidi e Limacidi, ho intrappreso delle indagini sperimentali, che mi con- dussero alle seguenti conclusioni: 1. Le speci voluminose di fronte al fenomeno della rigenerazione si comportano alquanto diversamente dalle speci minute, palesando le prime una maggior forza e resistenza nella lotta per la vita che non le seconde. Sì nel periodo funzionale che nel letargo lH. pomatia, nemoralis, lactea, vermicularis, ecc., riparano i guasti apportati alla conchiglia e ne rigenerano le parti asportate tanto più celeremente quanto più i sottostanti tessuti rimasero illesi dal trauma e l’organismo non ebbe a soffrire perdite di plasma sanguigno. Nelle speci dei generi Pupa, Clausilia, Balia e nelle piccole forme di Helix solo per via eccezio- nale si può constatare il fenomeno rigenerativo. 2. Le abrasioni praticate in vicinanza dell’aprire della spira ven- gono riparate assai più celeremente, che non quelle praticate verso il peristoma, poichè condizione essenziale per la rigenerazione è la poca 72 G. PARAVICINI. mobilità rispetto ai margini cocleari rotti dell’epitelio, che per secre- zione deve formare il callo cicatriziale. 5. Non tutte le parti del guscio sono rigenerabili, poichè l’epi- telio non riveste totalmente il sacco viscerale, ma soltanto la superficie prospettante l’esterno della spira; perciò le fratture della columella e del setto spirale non vengono riparate. Oltre di ciò le grosse speci non rigenerano le abrasioni peristoma- tiche ed in genere neppur quello dell’ultimo anfratto, poichè, trovando nel resto della conchiglia una dimora sufficientemente ampia e sicura, economizzano materiale ed energia. 4. Riguardo al tempo impiegato dalle singole speci e dagli indi- vidui di una stessa specie a riparare guasti di uguali dimensioni e, praticate in regioni omonime, nulla ho potuto stabilire di determinato e di assoluto, poichè troppe circostanze sì organiche che ambienti, pos- sono modificare od alterare le modalità strutturali e cronologiche del fenomeno. 5. Le deformazioni del callo cicatriziale generalmente dipendono: da un eventuale abbassamento od estroflessione dell’epitelio dalla brec- cia; dalla presenza dei frammenti della frattura nella cicatrice, dal- l'inclusione di sostanze estranee durante la secrezione dei primi strati conchiolinici e calcarei, dal movimento delle parti molli sottostanti alla neoformazione; da tutte quelle cause infine esterne ed interne, che possono variamente lacerare, accartocciare e deformare le prime for- mazioni cicatriziali. 6. L’ornamentazione (perestoma, denti boccali, linee di accresci- mento, tubercolicresta, rughe, seghettature suturali, colori, fascie, espansioni peristomatiche e columellari, ecc.), non vengono rigene- rate, poichè la loro primitiva formazione è devoluta essenzialmente alla secrezione delle ghiandole della bandelette palléale. 7. Anche i Limacidi possono riparare ai guasti apportati dal- agente esterno alla rispettiva limacella; però il fenomeno, che in na- tura difficilmente accade, sperimentalmente s’avvera in uno scarso nu- mero di individui e con modalità poco variate. G. PARAVICINI, NOTA SULLA RIGENERAZIONE, ECC. To: 8. Il callo cicatriziale consta di 2 sostanze: luna organica, sco- perta e denominata nel 1755 da Fremy conchiolina, l’altra inorga— nica, devoluta al carbonato di calce sotto forma di granuli e di cri- stalli. I primi presentansi con fine striature concentriche ed accresci- mento per associazione o per juxta-positionem; i secondi sono 0 romboedri, in forma di laminette, coll’angolo piano acuto degli spigoli delle faccie uguale a 78°20’, colla doppia rifrazione molto energica e colle estinzioni parallele alle diagonali delle faccie, sulle quali la mi- nore segna la direzione di massima elasticità ottica, la maggiore di minima; ovvero sferuliti (o sfero-cristalli) molto grandi, semplici ed associate, sempre raccolte in isole, dapprima piccolissime, dipoi per fusioni successive visibili anche ad occhio nudo, le quali, unendosi colle isole vicine a granuli ed a romboedri, danno luogo al callo, che cresce per zztus-positionem sino a raggiungere lo spessore della con- chiglia sana. La cicatrizzazione adunque è prevalentemente zrsulare, di rado marginale. 9. Le neoformazioni cicatriziali differiscono dalle formazioni testa- cee per la mancanza del perzostracum e dello strato di prismi, mentre hanno in comune lo strato di granuli e la sostanza fogliet- tata ed omogenea di Leydig. Dal Laboratorio di Anatomia Comparata della R. Università di Pavia. a ‘Hse di cael: pane aie i routes RC A Veet e A Ri rita ot ae ) E do farle ete iva pik 108 | ue: ie Aa i nni saead Di ei ei Lyi ane ia x al Pai Aaa ea sd Fase Roa pry eet ae I Gy LU via Ce a or VIa DINO : co meaty’ Peat bes pies 2) iets batte: nls ob eau b ( Î Ba itd, A ee EP a a OO ON ES Ps: Lie) tet aM Oa RS Maw DOTATI, Ais eg EA; NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. del Socio Prof. E. Arrigoni degli Oddi. M. C. dell’Accademia di Verona. 1. Gyps fulvus (Gmelin), Grifone, v. Avoltojo (/ide Perini e De Betta). Il Perini vagamente cita un individuo ucciso a Tregnago ed al- tri due avuti dal signor Moretti-Foggia dai confini tra Mantova e Ve- rona, siccome però questa specie fa parte dell’ Avifauna di tutte le provincie venete, credo opportuno di ammetterla anche pel Veronese, ma fra quelle di comparsa accidentale e rarissima. 2. Aquila chrysaetos (Linnaeus), Aquila reale, v. Aquila negra, A. reale. Piuttosto rara, forse in passato era stazionaria e nidificante sul Baldo, ma oggidì non vedesi che qualche individuo durante l’inverno. Ecco |’ elenco degli esemplari catturati dal 1879 al 1896 che si conservano presso vari collezionisti. o, 4 gennaio 1879 — Grezzana, preparato da V. Dal Nero. 9, 17 gennaio 1879 — Grezzana, ” e", 20 gennaio 1881 — Cerro, » o, 26 ottobre 1885 — Corno, ” L , lo dicembre 1886 — Mezzane, ’ e, 27 gennaio 1889 — Grezzana, ” o, 20 settembre 1889 — Peri, » o ad., 30 gennaio 1891 — Mizzole, ” — I? quindicina febbraio 1891 — Monte Baldo, » 76 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. — 15 febbraio 1894 — Baldo, preparato da V. Dal Nero. — 2 aprile 1896 — Chiesanuova, ” — 20 maggio 1896 — Roverè di Velo, > Le date più notevoli di queste apparizioni sono il 2 aprile ed il 20 maggio 1896; così osservasi che fu il gennaio il mese delle com- parse più frequenti, abbenché se ne ebbero anche nell’autunno (set- tembre-ottobre), nella quale epoca fu anche colta più volte nel Vicen- tino, nel Padovano e nel Veneziano. 3. Aquila clanga, Pallas, Aquila anatraja, v. Aquiléta, Aquila de Val. Accidentale e rarissima. Un esemplare ucciso sui monti Lessini il 25 settembre 1894 si conserva (preparazione di V. Dal Nero) presso il signor avv. Tanara di Verona; un secondo esemplare £ giov. colla data 22 ottobre 1898 da Colognola ai Colli è nella mia Collezione. Il Perini ed il De Betta ricordano quattro individui colti negli anni 1838, 1840, 1344 e 1858. 4. Hieraetus pennatus (Gmelin), Aquila minore, v. Aquila fore- stiera (fide Perini). Di comparsa accidentale e rarissima. Il Perini ri- corda un o& ucciso nel febbraio 1862 senza determinarne la località. Un secondo pure maschio colto a Caprino nell’ ottobre 1871 fa parte della splendida Collezione Centrale Italiana formata a Firenze dall’ ot- timo mio amico il chiarissimo prof. E. H. Giglioli. Il De Betta non cita questa specie pel Veronese. a) Wisaetus fasciatus (Vieillot), Aquila del Bonelli, v. Aquila forestiera (fide Perini). Questa specie fu erroneamente annoverata fra gli Uccelli del Veronese prima dal Perini e poi dal De Betta per un individuo preso sul confine tra le provincie di Vicenza e Verona e pre- cisamente poco lungi — secondo il Perini — dalle Zorzi di confine e che è attualmente conservato nel R. Liceo di Vicenza. Ora tale esem- plare essendo semplicemente un’ Aquila chrysaetos, il N. fasciatus va cancellato per ora dal novero delle specie non solo Veronesi ma Venete. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. TH 0. Haliaetus albicilla (Linnaeus), Aquila di mare, v. Aquila. A. marina. Anche al dire del Perini e del De Betta molto rara è questa specie nel Veronese. Tre ne cita il Perini, senza data, dalle località S. Vigilio sul Lago di Garda, Valeggio sul Mincio e bosco di Grez— zano; altri due il De Betta, cioé: &, 23 ottobre 1855 ucciso presso Grezzano dal marchese di Canossa; , 29 ottobre 1852" M. Baldo (Col- lezione De Betta); un terzo preso nel 1859 presso Valeggio è pure ricordato dal De Betta su informazioni del signor Bennati. Da quanto risulta dal 1879 ad oggi ne giunse un solo individuo, che venne preso vivo il 10 marzo 1888 nelle cave di pietra delle vicinanze di Sant’Am- brogio e che fu preparato da V. Dal Nero. Quest’ uccello di rado si allontana dalle sponde del mare e dai paduli che vi sono dappresso. Di passo irregolare in tutta la regione Veneta, vi comparisce di con- sueto nell’autunno e nell’inverno, ma non tutti gli anni, ed è nelle grandi paludi dell’ Estuario ove lo si trova con maggiore facilità, anzi qualche individuo isolato talora vi sverna ed io ne viddi più volte in- tenti a dar la caccia agli uccelli acquatici o immobili per lunghe ore, posati sui graticci delle chiudende delle Valli salse. 6. Pandion haliaetus (Linnaeus), Falco pescatore, v. Falco pesca- tore (Perini); Aquila (De Betta); Falcon bianco. Di comparsa assai rara. Il Perini nel 1858 ne citò tre colti nel periodo di vent’ anni e sempre d’attorno al Garda, ed il De Betta ripeté la stessa cosa. Due sono le catture da noi osservate: o, 10 aprile 1888, Caldiero, nella Collezione del conte Cipolla, — 13 aprile 1890, Legnago, preparato da V. Dal Nero. Anche di questa specie qualche individuo isolato talora sverna nel- l Estuario, ov’é di passo irregolare nei mesi di aprile ed ottobre, e fu preso parecchie volte di primavera sui Colli Euganei. 7. Circaetus gallicus (Gmelin), Biancone, v. Aquila da la testa grossa (Perini); Aquila, Aquilòto (De Betta); Falchetòn bianco, Aquila hianca. Di passo irregolare, qualche coppia però vive sedentaria, nidi- 78 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. ficando nei luoghi più rocciosi «del Baldo e dei Lessini. È piuttosto raro, forse lo era meno in passato, se non è erroneo l’asserto del De Betta che lo dice « frequente, ma non comune». Ecco le catture registrate dal 1879 ad oggi: o, 25 luglio 1879, Peri, ©, 10 agosto 1888, Caprino, A, 25 ottobre 1888, Baldo, FP, 20 settembre 1890, Val Pantena, A, 8 aprile 1896, Lazise, a, 7 agosto 1898, Ferrara di Monte Baldo, nella mia Collezione, tutti preparati da V. Dal Nero. Nel Padovano, ov è pure uccello di passo irregolare, si mostra di solito nell’autunno, ma è raro. 8. Archibuteo lagopus (Gmelin), Pojana calzata, v. Pojana imbra- gada (Perini e De Betta); Pojana bianca, Pojana. Di comparsa acci- dentale e rarissima, sei esemplari sono citati dal Perini e dal De Betta, due altri furono uccisi il 10 novembre 1880 presso Campofontana e il 26 dicembre 1881 presso Torbe, vennero preparati per decorazione (V. Dal Nero). È specie rara in tutto il Veneto e di solito s’ incontra negli inverni più rigidi. 9. Buteo vulgaris, Leach, Pojana, v. Pojana da zocca o da inverno (Perini); Pojana, Poja, Specie sparsa ovunque nel Veronese, non co- mune, ma stazionaria e nidificante; d’inverno più che tutto si trova nella parte bassa della provincia e allora si accresce notevolmente di numero per l’arrivo degli individui immigranti di Oltre Alpe. 10. Pernis apivorus (Linnaeus), Falco pecchiajolo, v. Pojana bianca, P. negra. Di passo irregolare, piuttosto raro, qualche individuo si ri- trova sugli alti monti durante l’estate, per cui non è improbabile possa nidificarvi, cosa già asserita pel Trentino dall’ Althammer, da Vallon pel Friuli, dal Ninni pel Veneziano. Il De Betta annotò questa specie come assai rara, ma sulla catena NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 79 dei Lessini non è molto difficile il ritrovarla durante la stagione estiva, mentre rarissima osservasi nelle campagne del basso Veronese. Gli op- posti nomi dati dal volgo palesano le notevoli varietà di piumaggio che presenta il Pecchiajolo. 11. Milvus ictinus, Savigny, Nibbio reale, v. Falco forcuto, Pojana de primavera (Perini); Pojana de primavera, Falchètto (De Betta); Pojana rossa. Il Perini nel 1858 scrisse di averne fino allora avuti quattro esemplari ed il De Betta nulla potè aggiungere di nuovo. Ritengo sia specie molto rara, ma mi sorge il dubbio che possa, come il congenere M. migrans, nidificare al Grezzano da dove io ebbi una bellissima £ nel- l’aprile 1896 sotto il nome di JZ mzgrans. Un secondo individuo venne colto a Malcesine il 7 ottobre 1895. Se non si ritrovasse al Grezzano, sarebbe da ascriversi tra le specie più rare della provincia, come in generale lo è pel Veneto. 12. Milvus migrans (Boddaert), Nibbio bruno, v. Falco forcuto scuro (Perini); Poja negra, P. mora. Il Perini nel 1858 scrisse che due soli individui potè osservare nello spazio di quindici anni. « Veniamo però assicurati, egli aggiunge, dal marchese Bonaventura di Canossa che questo Falco nidifica nel bosco al Grezzano, ove depone da 3 a 4 uova di un bianco giallastro, con macchie oscure tra di loro vicinissime. » E nell’edizione del 1874, lo stesso autore così si esprime: « Nella no- stra Provincia è raro. Fu per altro alcuna fiata rinvenuto il suo nido, ecc. » senza precisare la località. Il De Betta lo dice raro e, soltanto sulla fede del Perini, asserisce che nidificò al Grezzano nel bosco Canossa; non lo trovo citato nei lavori del Garbini, ma questo autore s’occupò soltanto di animali aquatici o ad essi vicini; finalmente il Dal Nero, in un comunicato comparso nel Bollettino Agrario Veronese del 1892, cita la comparsa del M. mzgrans, dice che vi è raro e di casuale apparizione, che in numero assai irregolare compare e che nidifica al Grezzano. Gli autori sono quindi unanimi nell’ammettere come fatto straordinario e non regolare la comparsa e la nidificazione di detto Falco al Grezzano, ove invece ciò succede in modo affatto regolare e 80 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. costante, sicchè il Nibbio bruno è da ascriversi pel Veronese quale specie estiva e nidificante, che giunge dal 10 marzo all’11 o 12 maggio se- condo le annate, ripartendo dal 18 luglio al 3 settembre, fu rinvenuta soltanto al Grezzano e rarissimamente nel resto della Provincia (due esem- plari a Chiesanuova, paese di montagna a nord di Verona, uno dei quali illustrato dal V. Dal Nero). Stralcio da un mio lavoro in argomento alcune notizie importanti : « ll bosco del Grezzano si trova ad un’ora o mezza di carrozza da Verona dopo Villafranca, esso misura circa trenta campi, pari ad et- tari dieci. È annesso alla splendida Villa di Canossa, da cui lo separa una cancellata ed una larga fossa Jo circonda tutto all’ intorno, viene da un lato limitato da un prato in parte coltivato a giardino, dagli altri due lati da campagna, dove si avvicendano le coltivazioni del riso, del grano e del prato; il terreno vi è quà e là acquitrinoso e vi scor- rono canaletti numerosi e stretti. Lo compongono platani, olmi, quercie, pioppi, ippocastani e carpani, la cui altezza massima credo s’aggiri dai trenta ai quaranta metri, il bosco si presenta rigoglioso e splendida la vegetazione, ma mancano i pini. Vi nidificano comunemente in colonie numerose l’Ardea cinerea e la purpurea ed il Corvus cornix, meno frequentemente la Nyeticorax ardeola, V Ardeola ralloides ed il grosso Corvus corax, etc.» Circa il M. migrans in quindici anni di os- servazioni (1883-1897) si notò che in marzo arriverebbe l'avanguardia, mentre il grosso non giunge che nell’aprile; la partenza ha luogo prin- cipalmente nell’agosto, e vengono come partono alla spicciolata e non in branchi. Appena giunti si danno ad apparecchiare il nido, lo fanno nuovo tutti gli anni e non furono mai veduti impossessarsi di quelli di Airone e di Corvo, che sono numerosi in tale località e coi quali sembrano vivere in buona armonia. L’ hanno compiuto circa al 10 maggio, impiegando nella costruzione una ventina di giorni. Nidificano general- 1 La nidificazione del Milvus migrans (Boddaert) nel territorio Veronese. {Atti del R. Ist. Ven. Sc. Lett. ed Arti, Tomo IX, ser. VII, 1898.) NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. Si mente nel bosco, qualche nido però fu trovato anche fuori su piante annose ed elevate delle circostanti campagne: preferiscono il pioppo e più raramente la quercia; scelgono alberi grandi e grossi che misurano dai 30 ai 40 metri di altezza, collocando il nido sulla biforcazione dei rami più sviluppati, forse per la sua sicurezza, e contro i danni del vento che soffia impetuoso a tanta altezza. Esso è grande in modo che facilmente apparisce senza però lasciar vedere l’uccello che entro vi cova, solo talvolta è più piccolo ed allora il capo e la coda ne spor- gono fuori, ma ciò avverrebbe quando sono giovani, mentre nel secondo anno di età lo fabbricherebbero di dimensioni maggiori... L'altezza varia dai 25 ai 30 metri circa, raramente più in basso, e solidamente in- tessuto di sterpi un po’grossi, mal connessi, ma intrecciati e fissati sulle piante da cui sporgono fuori come un fascio di legna, di dentro si trova uno strato duro formato di pezzi di carta e di stracci di tela, che il Nibbio raccoglie quà e là attorno le case e sui letamai, uniti e saldati con fango e sterco secco di bue, di cavallo, di gatto, di cane, ecc. Questo fondo resiste alle forti scariche del fucile da caccia ed il rev. Carcereri per poter uccidere i piccini dovette usare la cara- bina Wetterli a palla affine di trapassare lo strato indurito e talvolta foderato di musco... Confezionato il nido, la femmina nello spazio di quattro o cinque giorni vi deposita le uova di solito in numero di tre, al più di quattro... Tali uova sono grosse come quelle medie di gal- lina colla scorza non sempre, ma di consueto bianca, un po’scura e con macchiette più o meno grandi brune, di differenti tinte... Covano le sole femmine per un periodo da 18 a 20 giorni, il maschio non vi prende parte, ma vola loro continuamente d’attorno con rapidissimo volo e, se non è disturbato, continua a girare anche lentamente vicino al nido; se avverte la presenza di qualcuno, con larghi cerchi s’in- nalza, sì getta capofitto come un dardo fino quasi a toccare le cime eminenti degli alberi, ma sempre oltre il tiro del fucile, indi risale ancora più alto; solo se lasciato tranquillo lentamente ridiscende... Cibo del Nibbio sono hiscie d’acqua, ramarri e qualche altro piccolo Vol, XXXVIII, 6 82 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. animale come talpe e topi di risaia, predilige però, specialmente quando alleva i piccoli, i pulcini di gallina... li insegue dappertutto, perfino in mezzo alla gente e quando crede il colpo sicuro, piomba in mezzo ad essi con un volo rapido come la folgore, ne abbranca uno e lo porta nel nido... In qualche esemplare sparato furono anche osservati gli avanzi dei seguenti pesci: Zsox luctus, Tinca vulgaris, Scardinus erythroph- thalmus, Cottus gobio e Gobio fluviatilis... ossicini di Rana escu- lenta... numerosi avanzi di insetti acquatici... Il Mlvus abitualmente caccia sul meriggio e sul far di sera, lo si vede più spesso aleggiare sul bosco, elevandosi talvolta a tali altezze da distinguerlo appena e da sembrare una Rondine, continuamente roteando, girando in cerchio o librandosi immobile per qualche minuto sulle ali 0, come dice l’Alleòn, descrivendo delle grandi spirali nelle diverse evoluzioni in salita e di- scesa. Tratto, tratto chiudendo di botto le ali si lascia cadere con stra- ordinaria velocità sino quasi a toccare le cime più eccelse degli alberi per riprendere poscia il lento roteare, se è lasciato tranquillo se ne vola sul bosco internandosi frammezzo le piante elevate probabilmente in cerca di insetti, e più volte lo vidi rasentere con rapido volo le risaie inondate e le acque dei fiumi, intento a pescare, come dice il Bailly, il quale autore aggiunge che anche vi si tuffa per prendere i pesci, io l’osservai inoltre a volar basso sui prati ove trovansi Acrz- dium e Grillotalpa, ciò che in Ispagna ha pure osservato il Werner... Il numero dei Nibbi che ogni anno arriva al Grezzano nidificando in società nel hosco, è dai 40 ai 50 individui, e credo esagerate le cifre datemi dai terrazzani, che porterebbero il loro numero ai 200... ... In varie Collezioni si conservano Nibbi bruni colti a Grezzano, mi sono note le seguenti: a) Collezione Perini di Verona Esemplari N. 2 b) » Conte Cipolla ” > » 3 c) ” De Betta * ” » 1 Lal) NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 8. d) Collezione Bennati di Verona Esemplari N. 2 e) Presso il conte Brasavola ” ” » 2 f) Presso il conte Reali di Treviso ” ty g) Mia Collezione ’ » 8 Oltre a questi il rev. Carcereri fece preparare da V. Dal Nero qual- cuno dei soggetti da lui uccisi che donò poi ai suoi amici. Pelle ul- teriori e più ampie notizie sull’ hadz/a/, sulle varie livree dipendenti dall’età o dal sesso, ecc., rimando il lettore al sunnominato mio scritto. - È specie rara in tutto il Veneto, il Ninni la trovò nidificante nel Veneziano e lo Scarpa nella Provincia di Treviso, fatti entrambi del tutto isolati. 13. Astur palumbarius (Linnaeus), Astore, v. Falchetòn rosso (De Betta); Pojana rossa, Pojana. Di comparsa accidentale e rarissima spe- cialmente nell’abito di adulto e mai finora osservato nidificante. Cin- que esemplari avuti nello spazio di oltre trentacinque anni sono ri- cordati dal Perini e nessuno dal De Betta. Tre sono le catture di re- cente avvenute: 2, 7 agosto 1880, Mizzole (preparata da V. Dal Nero). 9, 5 ottobre 1896, Rocca del Garda (preparata da V. Dal Nero, nella Collezione del Conte Cipolla). © giov., 22 ottobre 1897, Malcesine (Lago di Garda) (preparata da V. Dal Nero, nella Collezione Arrigoni degli Oddi). n Per quanto sappiamo è specie molto rara in tutto il Veneto. 14. Accipiter nisus (Linnaeus), Sparviere, v. Falchetin, F. de lo- dole, Falchèto da lodole. In iscarso numero stazionario lungo la catena dei Lessini, ove pure nidifica. La maggior parte degli Sparvieri che si vedono da noi sono di passo seguendo quello degli uccelli migranti, non pochi rimangono durante l’inverno. Comune. | b) Gennaja Feldeggi (Schlegel), Lanario, v. Falchèto forestier (fde Perini). ll Perini nell’ultimo suo lavoro sull’Ornitologia locale 84 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. (1874) dice che anteriormente aveva parlato del Y. lamardus (Het deggi) sotto la denominazione di 7. Eleonorae, la mancanza di opere adatte deve essere stata causa dell’errore, che fu ripetuto dal De Betta nel 1863 e 1865 e corretto nell’opuscolo del 1870, però quest’autore parlò sempre del 7. Hleonorae. Di questi il Perini cita quattro esem- plari ed un quinto conservato al Museo Correr di Venezia secondo lui erroneamente determinato dal Contarini come una © del Y. peregri- nus, ma la classazione del Contarini è corretta secondo il Ninni e quindi non v’ha dubbio che il Falco dei Cataloghi Perini e De Betta altro non sia se non il giovane del X. peregrinus. Nel 1874 poi il Perini nominò almeno otto Lanarii presi nel Veronese! Sicchè tale specie è da cancellarsi dal nostro novero e gli individui ad essa attribuiti de- vono riferirsi al /. peregrinus. 15. Falco peregrinus, Tunstall, Falcone, v. Pcjana negra (Perini); Falchetòn (De Betta); Falco della Regina, Pojàna, P. nera. Piuttosto raro, ma stazionario in iscarso numero. Vedesi anche di passo e le catture accertate avvennero nei mesi di gennaio, marzo, giugno, agosto, ottobre e dicembre. Nidifica. 16. Aesalon regulus (Pallas), Smeriglio, v. Falchèto, Falchetin. Se- condo il Perini ed il De Betta è specie di doppio passo, estiva e ni- dificante. Osservammo che mostrasi scarsamente alla fine di settembre, continuando durante l’epoca del passaggio autunnale, mentre insegue i voli degli uccelli migranti, più raramente lo vedemmo di primavera, per cui certamente è specie di doppio passo ed invernale, ciò succede anche nel Padovano e nel Veneziano, ove qualche soggetto è pure sedentario nel verno. Secondo il Perini ed il De Betta nidifica, cosa poco proba- bile, il primo dà anche la colorazione delle sue uova, che non corri- sponde affatto colle notizie fornite in argomento dagli autori. È specie scarsa in tutto il Veneto. 17. Hypotriorchis subbuteo (Linnaeus), Lodolajo, v. Falchetin, Fal- chèto. Specie scarsa osservata soltanto alle epoche del doppio passo, ma di solito con più facilità al principio di ottobre, quando pochi individui NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 85 si mostrano lungo la catena dei Lessini; mai lo trovammo d’inverno o (estate. Il Perini dice che è in alcuni anni abbondante, e che nidifica al monti sugli altissimi alberi ed altre volte nelle fenditure delle roccie, nel 1858 ne descrisse le uova in numero di due celestognole macchiate di grigiastro e nel 1874 in numero di tre dianco-rossiecie, con minuti punti bruno-rossastri e con qualche macchia più estesa dello stesso colore. È un fatto che le uova di questa specie variano moltissimo e Dresser cita fra altro una varietà da Gilli bianco-pura con pochissime macchie-rossigne, qua o la sparse; ma quelle di tinta celestognola io credo esistessero soltanto nella fantasia del Perini. Anche il De Betta cita la nidificazione del Lodolajo nel Veronese, senza accennare a fatti speciali. Noi non crediamo alla riproduzione di queste specie in pro- vincia, mentre è cosa che succede più che tutto nel Nord dell’Europa. c) Hypotriorchis Eleonorae (Genè), Falco della Regina, v. Fal chèto foresto (Perini, De Betta 77.) Specie inclusa per errore dal Pe- rini e dal De Betta tra le specie Veronesi, scambiando per essa gio- vani individui del 7. peregrinus. Più tardi (nel 1874) il Perini li riferì al Falco lanarius (G. Feldeggi), mentre il De Betta invece ! corresse la falsa determinazione. L’ 77. Aleonorae finora mai comparve nel Veneto. 18. Zrythropus vespertinus (Linnaeus), Falco cuculo, v. Falchetin F. seleste, F. piombìn, F. da grigi. Specie piuttosto rara e soltanto di passo irregolare alla fine di aprile e nel maggio, di solito più facil- mente si uccide nelle parti basse della Provincia. Non l’osservammo d’autunno. 19. Tinnunculus alaudarius (Gmelin), Gheppio, v. Falchéto to- resin. È specie stazionaria e frequente che si trova ovunque anche nella stessa città di Verona, ove abita i campanili e le vecchie torri. Nidi- fica comunemente. Il Gheppio deve certamente presentarsi anche di passo, 1 Alcune note in App., ete., pag. 6 dell’E. (1870). 86 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. e tanto nel Veronese, come in altre parti del Veneto abbiamo osservato che nel settembre e nell’ottobre s’accresce notevolmente il loro numero nelle nostre campagne, mentre gli individui che abitano le città ed i paesi vi si riscontrano di continuo. 20. Linnunculus tinnunculoides (Natterer), Falco grillajo, v. Fal chèto toresìn (Perini, De Betta); Falchetin toresàn. Di passo irregolare piuttosto raro, i pochi esemplari catturati lo furono sui monti Lessini nei mesi di agosto e settembre, di primavera è più difficile trovarlo. Secondo il Perini ed il De Betta comparirebbe tutti gli anni nidificando, quindi sarebbe da ascriversi tra le specie estive, anzi il primo cita pa- recchie località dove il Grillajo nidificò (Negrar, Fumane e Prun). Può darsi che ciò sia avvenuto, mentre sappiamo che tale specie nidifica nelle nostre provincie centrali e meridionali, in Sicilia e Sardegna, ma fino a prova contraria non crediamo di ammetterla fra le estive nel Ve- ronese. È uccello raro in tutto il Veneto. 21. Circus aeruginosus (Linnaeus), Falco di palude, v. Falco de vale, Spalpio (Perini); Pojana de vale (De Betta); Falcheton de vale. Raro è questo Falco in provincia, tranne che nelle valli e nei canneti del Garda, ove abbonda discretamente e nidifica. Vittorio Dal Nero mi di- ceva che, nello spazio di diciasette anni, quattro soli gliene furono por- tati da preparare, cioò: £ ad., 12 agosto 1890, Erbè. a, 14 agosto 1892, Caldiero, nella Collezione Cipolla. a, agosto 1892, Sanguinetto. — 25 agosto 1894, Casaleone, presso il Dr. Zanetti. Però questo uccello non è certo raro nei siti adatti, ma bensì al monte e nelle campagne. Nell’inverno s’accresce leggermente il loro numero pegli individui immigranti d’ Oltr’ Alpe. È comune e nidificante in tutto il Veneto, ove vi sono estese paludi o canneti. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 87 22. Circus cineraceus (Montagu), Albanella minore, v. Falchéto ce- nerìn, F. celeste (Perini); F. rosso. Specie di comparsa rara e forse pu- ramente accidentale. Tre sono i soggetti dal 1879 ad oggi presi in provincia. o ad., 7 aprile 1886, Villafranca, preparato dal V. Dal Nero. a ad., 20 ottobre 1893, Grezzano, ” ” » » co ad., melanico, 30 settembre 1897, Valle Zerpa, nella mia Col- lezione. Ebbi l’esemplare che conservo dal signor M. Gianese di Lonigo e qui ne stendo la descrizione: Iride scuro-nera; di una tinta cioccolatta nera a riflessi, sulla nuca uno spazio bajo-rossiccio col centro delle penne nero, sulla coda appena si notano le fascie che invece sono manifeste e di un grigio-rossigno nella faccia inferiore della stessa; così dicasi delle ali; remiganti primarie e secondarie con una leggiera orlatura apicale rossigno-chiara appena visibile, tarsi e dita gialli, unghie nere. Sembra che questa specie abbia nidificato al Grezzano nel 1887 e nel 1893. È uccello raro in tutto il Veneto. 23. Circus cyaneus (Linnaeus), Albanella reale, v. Falchèto senarin. Questa specie è piuttosto rara nelle parti basse della provincia, ove an- nida nelle località paludose, si trova più raramente nell’alta pianura, addivenendo rarissima alla collina e sui monti elevati. Crediamo sia stazionaria quantunque in numero molto scarso, più frequente invece di passo nel marzo-aprile e nell’ottobre, come succede nel Veneziano. 24. Circus Swainsoni, Smith, Albanella pallida, v. Falchèto bianco (Perini, De Betta). Specie di comparsa accidentale e molto rara. Quattro sono gli esemplari che si citano come presi in provincia, colle date 31 ottobre 1840, 14 dicembre 1860 e 2 gennaio 1862 (/ide Perini). Il quarto si conserva nella mia Collezione colto il 22 aprile 1898 sul lago di Garda. È uccello raro in tutto il Veneto. 25. Strix flammea, Linnaeus, Barbagianni, v. Alòco bianco, A. de campanil, Barbagiàn. Stazionario, nidifica, si presenta numeroso nel- l’alta e bassa pianura, poco frequente in collina e scarso sui monti. 88 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 26. Syrnium aluco (Linnaeus), Gufo selvatico, v. Alòco grosso, A. senarìn. Nidifica in ogni dove della provincia, è sedentario, ma piuttosto scarso. 27. Nyctala Tengmalmi (Gmelin), Civetta capo-grosso, v. Sivèta granda, S. o Zivèta da la testa grossa. Specie rara che si osserva di comparsa irregolare nell’autunno. Ecco le catture registrate dal 1878 ad oggi: — 5 ottobre 1878, Quinto, nella Collezione di Firenze (Giglioli). 9, 10 settembre 1879, Quinto. e, 20 ottobre 1881, Romagnan. 3, 15 ottobre 1886, Grezzana. ©, 23 ottobre 1893, Bussolengo. a, 25 novembre 1895, Lugo. © ad., 2 novembre 1898, S. Giovanni Lupatoto, nella mia Col- » lezione. Il Perini ha accennato positivamente a due fatti di nidificazione di questa specie avvenuti a Moruri e Tregnago ed io stesso posseggo le uova raccolte a Ferrara di Monte Baldo. Quindi è probabile che qualche coppia nidifichi e sia stazionaria nelle foreste alpine dei nostri monti, fatto già notato dal Bonomi! pel Trentino, e molti anni prima dal Catullo 2 pel Bellunese. È rara in tutto il Veneto. 28. Carine noctua (Scopoli), Civetta, v. Zivèta, Sivèta. Specie sta- zionaria, comune e nidificante, manca sul monte elevato, ma del resto è sparsa in tutta la provincia. Come fu osservato per altre regioni, molte ne perirono nel freddissimo inverno 1879-80, a segno che fino qualche anno fa la specie si poteva dire quasi scomparsa da noi. 1 Avif. Trid., pas. 10 (1884). 2 Tratt. Geogn. fis., pag. 166 (1838). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 89 Nel Museo del R. Istituto Tecnico di Verona si conserva un soggetto leucocrostico colto in provincia. 29. Glaucidium passerinum (Linnaeus), Civetta nana, v.? Nè il Perini, né il De Betta nominano tale specie fra quelle del Veronese. Accidentale e rarissima. Un esemplare esistente nella mia Collezione ha la data 5 novembre 1897 Tregnago, ed è il solo che io conosca. 30. Bubo ignavus, T. Forster, Gufo reale, v. Dugo, Gran Dugo, Cavalàr. Specie stazionaria, piuttosto comune, ma che va facendosi sem- pre più rara ; nidifica in poche coppie sul Baldo, ed il suo nido fu pe- ranco trovato sui torrioni di Castelvecchio entro Verona. 31. Aszo otus (Linnaeus), Gufo comune, v. Alòco de bosco, A. col ciuffo; Ciùsso (De Betta); Ciùzzo (Perini). Specie comune e staziona- ria, nidificante nei boschi dei Lessini da dove nel verno scende alla pianura. 32. Asio accipitrinus (Pallas), Gufo di palude, v. Alòco de val. Manca sul monte elevato ed è generalmente scarso tranne nelle cam- pagne basse e nelle località paludose, ove è frequente, stazionario e nidificante. 33. Scops giu (Scopoli), Assiolo, v. Ciussèto, Ciùsso; Alochéto (Pe- rini). Estivo, arriva in aprile e parte in settembre, nidifica anche in collina e nelle campagne dell’alta pianura. Abbastanza comune. 94. Gecinus viridis (Linnaeus), Picchio verde, v. Pigòsso verde, Pizocàro. Vive stazionario e comune principalmente lungo la catena dei Lessini, ove nidifica nei boschi. Quando s’approssima il verno s’accresce nelle campagne il loro numero scendendo essi dal monte ed a questo proposito in pianura vi è il detto: Quando ne vien el pigòsso Se trova el giasso nel fosso. ! 1 Questo e tutti gli altri detti popolari vennero diligentemente raccolti dal signor V. Dal Nero. 90 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 35. Gecinus canus (Gmelin), Picchio cenerino, v. Pigòzzo verde (Pe- rini, De Betta). Accidentale e rarissima. Il Perini ricorda quattro indi- vidui avuti nello spazio di oltre trent'anni ed è su tali dati che elen- chiamo questa specie pel Veronese. È rara in tutto il Veneto, nella mia Collezione sonvi due esemplari provenienti dal Padovano e dal Veneziano. 36. Picus martius, Linnaeus, Picchio nero, v. Pigdzzo nero, Pigoz- zon. Accidentale e rarissimo. Lo elenchiamo sui dati del Perini e del De Betta che lo dicono pure molto raro. È stazionario nel vicino Tren- tino ed io ne ebbi parecchi pella mia Collezione da Predazzo, sicchè la sua venuta sugli alti monti Veronesi non sarebbe cosa straordinaria. 37. Dendrocopus major (Linnaeus), Picchio rosso maggiore, v. Pi- gòzzo o P. nero, P. negro, Pigdsso rosso. Stazionario, nidifica al monte ed in pianura specialmente in località imboscate, non fa vere emigra- zioni, ma si presenta erratico a seconda delle stagioni. 38. Dendrocopus medius (Linnaeus), Picchio rosso mezzano, v. Pi gozzo dalla testa rossa (fide Perini). Annovero tale specie sulla fede del Perini che dice di averla avuta due volte nel corso di trent'anni. Ac- cidentale e rarissima. Io posseggo un individuo dal Trentino, ove pure è specie rara. 39. Dendrocopus minor, Linnaeus, Picchio rosso minore, v. Pigòzzo, Pigosso, pigozzèto. Specie di rara comparsa. La Raccolta Cipolla ha due esemplari colla data >, 17 marzo 1890 e 27 settembre 1892, Caprino Veronese (preparazioni di V. Dal Nero). Non è improbabile che qualche coppia stazioni nei boschi dei Lessini, cosa però non asserita dal Perini, nè dal De Betta. 40. Jynaz torquilla, Linnaeus, Torcicollo, v. Storzicòl. Estivo. Co- mune. Arriva dal 20 marzo al 15 maggio. Nidifica nei boschi dei Les- sini e nella pianura, ripartendo dal 20 agosto a tutto settembre. Il De Betta dice che tale specie « può dirsi stazionaria », cosa non del tutto esatta, qualche raro ritardatario si potrà trovare fino a di- cembre, ma è certo che da gennaio a marzo questo uccello non si rinviene nel Veneto. Staziona in scarso numero nelle nostre provincie centrali e meridionali. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 91 41. Cuculus canorus, Linnaeus, Cuculo, v. Cùco, Stavon. Comune. Arriva dal 15 aprile al 10 maggio, si ritrova in tutta la provincia, nidifica secondo le sue note abitudini e riparte dal 10 agosto a tutto settembre. Nell'ottobre raramente si incontra. | a) Quando ne capita el cuco a cantar Gh’é subito l’erba da tajar. 6) Quando el ne capita a cantar Gh’é subito Verba da tajar. 42. Coracias garrula, Linnaeus, Ghiandaja marina, v. Gaza ma- rina. Specie rara e di irregolare comparsa. Generalmente si prende nel maggio. Ecco la lista delle catture osservate: a, 9 maggio 1879, Pedemonte, presso il signor G. B. Niccolini. £, 15 maggio 1886, Casaleone. £, 30 aprile 1893, Buttapietra, presso il Signor Tapperini. o, 3 maggio 1893, Casaleone presso il Signor Zanetti. — 6 maggio 1893, Valli Veronesi. — 10 maggio 1893, Grezzano presso il Signor Conte Giuseppe de’ Reali di Treviso. o, 15 maggio 1893, Colli di S. Leonardo. o, 20 maggio 1896, Ostiglia. È più scarsa d’autunno e secondo il Perini avrebbe nidificato, fatto che noi non potemmo osservare. 43. Merops apiaster, Linnaeus, Gruccione, v. Squarquàzzo (Perini, De Betta); Vespiér. Specie di comparsa primaverile, ma irregolare e rara, mai l’osservammo di autunno. Dal 1879 ad oggi si ebbero le seguenti catture: a, 14 maggio 1881, Parona. e, 12 maggio 1891, Bardolino. 9, 12 maggio 1891, Bardolino. 92 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. Cinque esemplari, 6 maggio 1893, Garda. a ad., 29 maggio 1897, Grezzano, nella mia Collezione. ov ad., 18 giugno 1897, Zevio, sith ”» Il Perini ha parlato della nidificazione di tale specie specialmente sul Garda, ma noi non abbiamo ‘osservazioni in proposito, avendo essa però nidificato sicuramente nel Padovano, non sarebbe straordinario se ciò accadesse anche nel Veronese. È uccello che nidifica in numerose colonie nelle provincie meridionali e centrali, ove sonvi località adatte. È raro in tutto il Veneto. 44. Alcedo ispida, Linnaeus, Martin pescatore, v. Piombin. Comune, stazionario e ovunque sparso nelle valli, sui canali e corsi d’ acqua. Nidifica. Dove se trova el piombìn Se pesca anca el pescìn. 45. Upupa epops, Linnaeus, Upupa, v. Bùba, Galèto da montagna. Specie estiva, comune. Arriva dal 15 marzo al 15 aprile, e riparte dal 15 agosto a tutto settembre. Sparsa e nidificante in tutta la pro- vincia, ma meno frequente nelle campagne basse. Nidifica. 46. Caprimulgus europaeus, Linnaeus, Nottolone, v. Latticàpra, Bo- cazza, Vespiére (Perini, De Betta); Tetacavare, Tetavache. È poco fre- quente, estivo, arriva nel maggio, parte nel settembre, nidifica sui Les- sini e meno comunemente al piano. È privo di fondamento il fatto della stazionarietà di questa specie nel Veronese enunciato dal Perini. 47. Cypselus melba (Linnaeus), Rondone alpino, v. Rondòn marin, R. de montagna, R. bianco. Specie estiva, poco comune. Arriva in aprile, se ne trova qualche coppia nidificante sulle rocce del Baldo e nelle località più scoscese dei Lessini e riparte dal 15 agosto al 20 settembre; è raro vederlo nelle campagne dell’alta e bassa pianura. In alcune località montuose sembra essere abbondante, così il Rev. don G. Zenari lo trovò assai numeroso nel 1891 sul Baldo ed al disopra di NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 93 Podesteria e nel giugno potè usservarne parecchi nidi, ed il prof. Goiran rinvenne questa specie copiosa nella vicinanza della Madonna della Co- rona, a S. Anna di Alfaedo e sui monti circostanti. 48. Cypselus apus (Linnaeus), Rondone, v. Rondòn, Shiro. Specie estiva, molto comune. Arriva dal 12 aprile al 1.° maggio e riparte dal 25 luglio al 1.° settembre, ma qualcuno se ne trova fino a tutto il mese di ottobre. È sparsa ovunque nella provincia, ma predilige l’ in- terno della città. Nidifica. Intorno a questa specie notiamo i seguenti detti popolari: a) El giorno de San Zen (12 aprile) El rondòn el vien. b) A sant'Ana (26 luglio) El rondòn al se slontana. c) Fra San Giacomo e Sant’Ana (20-26 luglio) El rondòn el lassa el monte, La sità e la campagna. Unisco le date di arrivo e di partenza del Rondone, quali furono os- servate dal signor Dal Nero. Anno Arrivo Partenza | 1879 10 Aprile 24 Luglio ij 1880 12 Aprile 27 Luglio 1881 8 Aprile 25 Luglio 1882 9 Aprile 26 Luglio 1883 12 Aprile. - 23 Luglio 1884 7 Aprile 25 Luglio 1885 11 Aprile 27 Luglio 1886 12 Aprile 25 Luglio 1887 8 Aprile 23 Luglio 1888 10 Aprile 26 Luglio 94 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. | Anno | Arrivo Partenza 1889 9 Aprile 24 Luglio 1890 12 Aprile 25 Luglio 1891 10 Aprile 25 Luglio 1892 10 Aprile 27 Luglio 1893 8 Aprile 24 Luglio 1894 10 Aprile 26 Luglio | 1895 12 Aprile 25 Luglio 1896 16 Aprile 23 Luglio 1897 12 Aprile 25 Luglio 1898 5 Aprile 22 Luglio | 49. Chelidon urbica (Linnaeus), Balestruccio, v. Sipriòto, Tartagin. Specie estiva; assai comune. Arriva circa al 25 marzo, ed il periodo della sua partenza va dal 15 settembre al 20 ottobre. Nidifica dapper- tutto in provincia, ma predilige l’interno della città o dei paesi. 50. Hirundo rustica, Linnaeus, Rondine, v. Rondena. Specie estiva; comune; arriva dal 12 al 30 marzo e riparte dal 15 settembre al 20 ottobre; è sparsa e nidificante per tutta la provincia, ma manca quasi del tutto entro la città. Notammo i seguenti detti popolari ad indicarne l’arrivo fra noi: a) A San Gregorio papa (12 marzo) La réndena passa l’aqua. 5) Per San Benedeto (21 marzo) La rondena sul této. 51. Biblis rupestris (Scopoli), Rondine montana, v. Rondena, R. montagnàra, R. de montagna. Specie estiva piuttosto rara. Giunge alla fine di marzo (20 marzo) e ci abbandona nell’ottobre. Abita e nidifica sulle rocce del Baldo e nelle località più scoscese dei Lessini; secondo il Pellegrini sarebbe comune nel distretto di Caprino, fatto che merita conferma. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 95 92. Cotile riparia (Linnaeus), Topino, v. Dàrdaro, Dardarin, Si- priòto. È poco abbondante; estivo; arriva dal 10 al 30 marzo e riparte dal 20 settembre al 15 ottobre, di solito lo si ritrova lungo il corso dell'Adige e sulle rive del Garda. Nidifica. 03. Muscicapa grisola, Linnaeus, Pigliamosche, v. Batiàle, B. griso, Alin. Specie estiva; comune. Arriva dal 20 al 30. aprile; nidifica nei boschi dei Lessini e qualche coppia isolata anche in collina. Ne riparte dal 20 agosto al 30 settembre. 54. Ficedula atricapilla (Linnaeus), Balia nera, v. Batiale; Bati-ale moro (De Betta). Specie estiva, abbastanza comune. Arriva dal 19 marzo al 10 aprile, ripartendo dal 5 agosto al 25 settembre, nidifica in col- lina. E più abbondante alle epoche del passo. 50. Ficedula collaris (Bechstein), Balia dal collare, v. Batiale. È uccello di passo, piuttosto raro e che difficilmente si può avere. Ef- fettua il passaggio dal 20 marzo al 10 aprile e dal 15 agosto al 10 settembre. Nidificherebbe in collina, ma mancano esatte osservazioni nei riguardi di questa specie. ‘Win: Erythrosterna parva (Bechstein), Pigliamosche pettirosso, v.? Di comparsa accidentale e rarissima. Ne trovai un esemplare sulla piazza di Verona confuso coi Pettirossi provenienti da S. Zeno di Montagna il 27 settembre 1894, ma era così rovinato che non mi fu possibile con- servarlo (Dal Nero). Due altri esemplari avuti in un periodo di oltre trent'anni sono ricordati dal Perini. Nella mia collezione ho un indi- viduo giovane da Bassano colla data agosto 1896. 97. Ampelis garrulus, Linnaeus, Beccofrusone, v. Frisòn dai fiòchi ; F. dai fiocchétti (Perini). Di rarissima comparsa. Un esemplare e venne colto nei pressi di Breonio il 28 settembre 1879. Un secondo cattu- rato a Badia Calavena il 5 marzo 1893 si conserva nella collezione Cipolla a Verona.’ Oltre dieci individui sono ricordati nelle opere del Perini e del de Betta come comparsi in Provincia. 1 CipoLLa Fr., Atte A. Istit. Ven. Sc. Lett. ed Arti, Serie VII, tomo 4, disp. 11, pag. 845 (1892-93) e Dat Nero V., Boll. Agr. Ver., Punt. 20-21, pa- gina 691 (1893). 96 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 58. Lanius excubitor, Linnaeus, Averla maggiore, v.. Sarsàcolo fal- conèr, Redèstola. Uccello invernale e scarso. Arriva nel tardo autunno e riparte in primavera. Qualche coppia si ferma durante l’estate e nidifica nelle campagne arborate dell’alta pianura (Dal Nero), non esistono nelle Collezioni Ve- ronesi esemplari presi nell’ estate, ma io posseggo nella mia le uova raccolte nelle vicinanze di Breonio. d) Zanius meridionalis, Temminck, Averla meridionale, v. Sar- sacolo, Falconièr forestier (#de Perini). Il Perini nel 1874 parla di un esemplare colto nell’agosto 1865 in provincia e ch’egli rinvenne da un venditore d’uccelli presso Quinto, soggetto che non potè conservare stante l'eccessivo caldo di quei giorni. Ci sembra tale osservazione non abbastanza positiva, perchè si possa ammettere questo uccello nell’ Elenco delle specie Veronesi; esso fu colto però in molte parti d’Italia (Nizzardo, Liguria, Toscana, Umbria, Ro- mano, Malta) e non sarebbe gran fatto straordinario che si potesse avverare la sua comparsa anche nel Veronese. È uccello stazionario ed in qualche luogo comune, come nel mezzodì della Francia, nella. Spagna e nel Portogallo ed in vari paesi bagnati dal Mediterraneo, ove però talora venne confuso col LZ. algeriensis e col L. lahtora. 59. Zanius minor, Gmelin, Averla cenerina, v. Redèstola, Sarsa- colon; Sarsàcolo forestièr piccolo (Perini); Sarsàcola (De Betta). Uccello estivo; poco comune. Giunge nell'aprile e nel maggio, riparte in agosto od ai primi di settembre. Varie coppie nidificano lungo la catena dei Lessini e nelle campagne dell’alta pianura. 60. Zanius collurio, Linnaeus, Averla piccola, v. Sarsacolo, Sar- sacola. Comune; estivo, nidifica; arriva dal 20 aprile al 10 maggio e riparte dal 15 agosto a tutto settembre. 61. Lanius auriculatus, P. L. S. Miller, Averla capirossa, v. Sar- sacolo o Sarsàcola da la testa rossa. Uccello estivo; poco comune. Ar- riva dal 27 aprile al 12 maggio e riparte dal 1.° agosto al 15 set- tembre. Qualche coppia nidifica al monte e nell’alta pianura, ma è più che tutto uccello di doppio passo. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 97 62. Regulus cristatus, Vieillot, Regolo, v. Stelin; Stelin dal mu- stacio (/ide Perini e de Betta). 63. Regulus ignicapillus (C. L. Brehm), Fiorrancino, v. Stelin; stelin senza mustàcio (#de Perini). Uccelli invernali, comuni, il R. ere status mostrasi più abbondante. Arrivano dal 10 ottobre al 18 no- vembre, ripartendo dal 1 marzo al 29 aprile. Qualche coppia è stazionaria in Provincia e nidifica nei Lessini, e quando il freddo si fa molto intenso calano nelle parti basse della pro- vincia. Riguardo tali specie si hanno 1 seguenti detti: a) Quando canta el stelin Fogo, carte e vin. b) Quando te senti cantar el stelin Fogo, carte e vin. 64. Aegithalus pendulinus (Linnaeus), Pendolino, v. Pendolin, Spa- ronsolin, Sonèto. Uccello di comparsa irregolare e piuttosto raro. Ta- lora nell’estate s’ incontra nei luoghi acquitrinosi delle campagne basse e ne fu anco rinvenuto l’artistico nido nella Valle Zerpa e sui canneti del Garda. 65. Panurus biarmicus (Linnaeus), Basettino, v. Organèto, Canéto, Mustacìn; Ussarìn, Canarèla (Perini, De Betta). Uccello estivo, ma di com- parsa piuttosto irregolare. Poco frequente. Arriva di solito in aprile, specialmente nelle grandi Valli Veronesi e nella Zerpa, ove qualche coppia nidifica. Riparte in settembre. 66. Acredula caudata (Linnaeus), Codibugnolo testa bianca, v. Spe- rònzola da la coa longa, Speronzolin, Ocio de bo. 67. Acredula rosea (Blyth), Codibugnolo roseo, v. i nomi dell'A. caudata. 68. Acredula Irbyi, Sharpe e Dresser, Codibugnolo grigio, v. i nomi dell’ A. caudata. Le notizie in riguardo alla distribuzione geo- grafica di queste tre specie sono poco chiare. Però da quando mi posi a raccogliere uccelli Veronesi e del Veneto in generale, ho avuto sot- Vol, XXXVIII. 7 98 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. vocchio moltissime Acredulae ed avrei trovato che la specie pill co- mune del genere sarebbe la A. Zrbyz, essa si presenta di passo dal 15 febbraio al 10 marzo e dal 1.° settembre al 30 ottobre, nel luglio e nel verno erratica, in parte stazionaria e nidificante; stazionaria e si può dire di pari frequenza la caudata, della quale molte arrivano nell’autunno per svernare; la rosea sembra invece essere rara, ma non del tutto mancante, io ne tengo due da Breonio, sicchè è certa- mente specie Veronese e forse invernale. Del rimanente l'A. caudata si distingue dalla vosea solo allo stato adulto, mentre i giovani sono così simili fra loro da essere il più delle volte impossibile una esatta determinazione. Lo studio n’é reso più difficile dall’esistenza di molte forme intermedie e fra altro non sono dissipati i dubbi sulla validità specifica di queste due ultime forme. Unisco qui le brevi chiavi specifiche date dal Dresser 4 delle tre specie italiane del gen. Acredula nell’abito completo d’adulto: a’. testa bianco-candida | 1. A. caudata b’. testa bianca nel centro, limitata da ciascun lato da una fascia nera b’’. dorso nero nel centro 2. A. rosea dor UA ce’. dorso grigio nel centro Gli individui giovani, ripeto, sono simili tra loro. 69. Parus caeruleus, Linnaeus, Cinciarella, v. Sperdusola seleste, Speronsolin, S. seleste, Cincibìn. Stazionaria, ma scarsa; mostrasi più frequente alle epoche del passo e durante l’inverno. Arriva dal 15 set- tembre al 20 ottobre, parte dal 15 febbraio al 10 marzo. Qualche coppia si trattiene nei mesi d’estate in collina, e vi nidifica. 70. Parus major, Linnaeus, Cinciallegra, v. Serònsola, Sifolòta, Po- tasèca ; Sperònsola, Ziffòtola (De Betta); Sperdnsola mora, Siffdtola mora (Perini). Comune; stazionaria, ma più abbondante di passo e nel verno 1 Hist. of B. of Eur., NI, pag. 68 (1872). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 99 quando ne arrivano molte d’Oltr’Alpe. Il passo avviene dal 25 settem- bre al 20 ottobre e dal 15 al 30 marzo. Un numero considerevole vive stazionario fra noi e nidifica ovunque. 71. Parus ater, Linnaeus, Cincia mora, v. Siffotola mora, Fratin (Perini); Speronsdla mora, Speronsolin. Uccello principalmente invernale e poco abbondante; arriva in settembre, ripartendo di marzo, predilige il monte, la collina ed i giardini, ove sonovi conifere e si trova anche nel centro dell’abitato. Poche coppie stazionano sui monti e vi nidifi- cano. Conservo nella mia Collezione un individuo a hecco incrociato, avuto il 30 settembre 1897 da Breonio. In esso la mandibola infe- riore è assai allungata e rappresenta quasi la curva di quella di un rapace, mentre la superiore passa a sinistra inarcandosi colla punta rivolta all’insù. 72. Parus palustris, Linnaeus, Cincia bigia, v. Sperònsola de val, Speronsolin. Piuttosto rara, vive stazionaria e nidifica sui monti, scen- dendo al piano nell’ inverno. 73. Parus borealis, Selys-Longchamps, Cincia boreale, v. Speròn- sola forestiera bianca (fide Perini). Il Perini cita un esemplare avuto da un montanaro di Erbezzo il 22 dicembre 1858 e che fa parte della sua Collezione. Un secondo venne colto a Breonio il 15 ottobre 1897. Essendo specie rara sì, ma stazionaria sulle Alpi Bergamasche e di Domodossola e forse anche nel Trentino, la sua presenza nel Vero- nese non è fatto straordinario. Il Ninni l’aveva messa fra le stazionarie nel Veneto e noi ne dividiamo l’opinione. e) Parus lugubris, Natterer, Cincia dalmatina, v. Sperònsola fo- restiera (fide Perini). Il Perini vagamente nota un soggetto preso in provincia senza un cenno sulla data o località di cattura ed io ho ri- tenuto tale asserzione non attendibile per poter ammettere il P. lu- gubris Îra gli uccelli Veronesi. Questa specie fu già esclusa dal Ninni del novero delle Venete ed è rarissima in tutta la regione Italica; abita Europa meridionale orientale, |’ Illiria, la Dalmazia, la Grecia, 1’Un- gheria, la Russia meridionale ed anche la Palestina (Salvadori). 100 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 74. Lophophanes cristatus (Linnaeus), Cincia col ciuffo, v. Spe- ronsolin, S. co la cresta; Pianzòta (Perini e de Betta). Questa specie sembra doversi annoverare fra le accidentali, ma il fatto di parecchi esemplari presi a Caprino ci indurrebbe a crederla scarsa, ma stazio- naria in qualche località sugli alti monti, che è quanto succede in ge- nerale sulle Alpi, ove sonovi foreste di conifere. Infatti il Perini ebbe cinque individui da Caprino nell’ottobre 1863, il Bennati ne ricevette pure da Caprino e da Malcesine (de Betta) e l’esemplare della Rac- colta Cipolla proviene egualmente da Caprino ed ha la data 18 agosto 1879. Speriamo che nuove indagini ci permettano di accertare quanto asseriamo dubbiosamente e di poter aggiungere fra gli stazionari e ni- dificanti nel Veronese questo elegantissimo uccelletto. ' - 75. Sitta caesia, Wolf, Picchio muratore, v. Rampeghino, Ciò-ciò, Becalegno. Stazionario, comune, nidificante. È sparso tanto nelle cam- pagne molto arborate, che nei boschi degli alti monti. 76. Tichodroma muraria (Linnaeus), Picchio murajolo, v. Sengaròlo, Becasènge, Rampeghìn da le ale rosse; Rampeghin da zèngia (Perini e De Betta). Scarso, stazionario e di passo nel marzo-aprile e dal 18 ottobre al 25 novembre, prediligendo le giornate piovose. Nidifica lungo la catena dei Lessini e sul Baldo. Nell'inverno scende alla collina. È difficile rinvenirlo nell’alta pianura. 77. Certhia familiaris, Linnaeus, Rampichino alpestre, v. Rampe- ghin. Piuttosto raro. I pochi esemplari di cui abbiamo notizia proven- gono dalla regione montuosa e sono: e", 10 ottobre 1882 — Campofontana. a, 15 novembre 1886 — Lugo. o, 3 ottobre 1890 — Caprino, Collezione Co. Cipolla. A e ¥, 29 ottobre 1890 — Roveré di Velo. o, o novembre 1893 — Bosco di Chiesanuova. Crediamo che il Rampeghino alpestre sia stazionario nelle parti più elevate dei nostri monti, giacchè anche gli esemplari delle Collezioni Veronesi appartengono in gran parte a questa specie. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 101 78. Certhia brachydactyla, Brehm, Rampichino, v. Rampeghin. Poco comune, ma certamente più della precedente, vive stazionaria lungo la catena dei Lessini, ove nidifica. Durante l’inverno scende al piano. 19. Troglodytes parvulus, Koch, Scricciolo, v. Reatin, Sbusa-siése ; Tre-tre, Shusazése (Perini). Vive stazionario e nidificante nei boschi dei Lessini e del Baldo. Nell’ottobre scende in collina ed al piano fram- mischiandosi ai numerosi individui che ci arrivano d’ Oltr’ Alpe. Pas- sato l’inverno, se ne ritorna sugli alti monti. Il passo ha luogo dal 18 febbraio al 5 aprile e dal 28 settembre al 18 novembre. Fin che no te vedi el reatìn No se beve el novo vin (alta e bassa pianura). 80. Cinelus merula (Schaffer), Merlo acquajolo, v. Merlo d’aqua. È poco comune. Si trova quasi esclusivamente presso Breonio, ove è stazionario e nidifica. I molti individui che conservo nella mia Colle- zione, con provenienza Veronese, appartengono a questa specie, né mai ho veduto il C. melanogaster, di cui tengo un esemplare dal Bellu- nese, esso palesemente distinguesi per l’addome quasi nero e le parti superiori più scure. 81. Accentor collaris (Scopoli), Sordone, v. Matòn, Matonsin, Sma- tori. Poco comune, stazionario sulle cime più elevate del Baldo, ove nidifica; ai primi freddi discende più in basso, ma raramente giunge al piano. Di passo ci arriva a novembre, soffermandosi al monte od in collina, riparte a marzo, ma non è tutti gli anni ugualmente distribuito ; quanto più incrudisce il freddo, tanto più è abbondante ed a questo proposito si hanno i seguenti detti popolari : a) Con più freddo fà Più smatori se ga. 0) Con più fredo fà in montagna Più smatòri se magna. c) Con più neve vien in montagna Più smatòri se magna. 102 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 82. Accentor modularis (Linnaeus), Passera scopajola, v. Morèta. Sedentaria e nidificante sul monte Baldo, donde scende al piano ai primi freddi, è più abbondante come invernale e di passo, ci arriva in set- tembre, ripartendo in aprile. Comune. f) Accentor montanellus (Pallas), Passera scopajola asiatica, v. Maton, Matonsìn forestier (fide Perini). Questa specie fu annoverata pel Veronese anzitutto dal Perini e sulla di lui fede da parecchi autori. * Il Perini asserì di aver acquistato un soggetto preso nel Veronese dal signor Pietro Bennati. Tale individuo fu riconosciuto dal Salvadori come un A. atrigularis, Brandt e lo stesso chiarissimo Autore ebbe dal Ben- nati l’assicurazione che proveniva da Vienna! E ciò valga a provare la coscienziosità scientifica del Perinil! L’Accentor montanellus va dunque cancellato dal novero delle specie Veronesi. Il Museo di Firenze conserva un individuo di questa specie preso nel Friuli e trovato sul mercato di Udine il 9 novembre 1884. 83. Turdus viscivorus, Linnaeus, Tordela, v. Tordo gazòto. Specie poco abbondante, stazionaria, ma principalmente invernale e di passo, arriva dal 10 al 20 novembre, parte dal 1 al 25 marzo. Varie coppie rimangono fra noi tutto l’anno, nidificando nelle colline e nelle cam- pagne alberate dell’alta pianura. Detto popolare : Canta el tordo, siola el merlo, Ghe fora l’inverno, l’erba vien sù. 84. Turdus musicus, Linnaeus, Tordo da ua. Comune principalmente di passo, in alcune annate abbondantissimo, si trova durante tutto l’in- verno ed è, sebbene in poche coppie, stazionario e nidificante sui no- stri monti più alti. Effettua il passo dal 15 febbraio al 15 aprile e dal 20 settembre al 10 novembre. Sparso ovunque. 1 Man., ecc., pag. 233-37 (1874). 2 De Betta E., Sulle acc. e straord. comp., ecc., pag. 12 (1865); In., Alcune note in Append. ai Mat., ecc., pag. 5 (1870); Ninni, Comm., pag. 141 (1869), ecc. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 103 Conservo nella mia Collezione due esemplari anomali di tinta colti in Provincia, di cui dd breve ragguaglio. & ad. allocrostico, 25 febbraio 1897, mercato di Verona (n. 2195 del Cat.). Normale, la nuca è ornata da una mezzaluna di un hel bianco puro che finisce all’angolo posteriore dell’occhio. i a ad. allocrostico, 6 febbraio 1897, Breonio (n. 2196 del Cat.). Osservansi penne bianche sulla collottola, sul dorso, groppone e sopra- coda, le timoniere candide, remiganti primarie e secondarie in parte interamente bianche e così alcune scapolari. Detti popolari : a) A San Matè (21 settembre) El tordo in pò. b) Quando i scominsia a vendemar El tordo da ua el scominsia a passar, E quando è fenì da vendemar El tordo da ua l’à fenì da passar. 85. Turdus iliacus, Linnaeus, Tordo sassello, v. Tordo spinaròl, T. spinàrdo, T. rossèto. Piuttosto scarso, di passo dal 20 ottobre al 30 novembre e dal 15 febbraio al 25 marzo; qualche individuo sì trat- tiene tutto il verno. Non nidifica. 86. Turdus pilaris, Linnaeus, Cesena, v. Gardéna. Comune; inver- nale e di passo dal 25 ottobre al 30 novembre e dal 15 febbraio al 25 marzo. Ama starsene nell’alta collina e nel gennaio scende in giù, frequentando specialmente le vaste praterie dell'alta pianura. Il Perini ed il De Betta asseriscono il fatto della sua nidificazione nel Veronese, cosa che, anche a detta del Salvadori, merita conferma. 87. Merula nigra, Leach, Merlo, v. Merlo, Merla. Stazionario. Co- mune. Nidifica nella regione montuosa, nelle campagne dell’alta e bassa pianura ed anco nella cerchia della città di Verona. E anche di passo dal 20 ottobre al 10 novembre e dal 15 febbraio al 10 marzo. Nel verno il loro numero aumenta sensibilmente pegli individui che discen- dono dai monti e per quelli che immigrano d’ Oltr’ Alpe. 104 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. Il Perini! ha descritto una nuova specie di Merlo, che si troverebbe nei monti del Veronese, sotto il nome di 7urdus menegazzianus, fon- data su individui non completamente adulti della M. nigra e riferiti dal Gerbe 2 al Merle brun, Vieillot, Orn. Franc., pl. CXXXVI. Nella mia Collezione esistono parecchi di questi merli e di quelli appartenenti alla var. montana, nonchè altre anomalie di tinta e final- mente una £ che presenta il becco incrociato, provenienti tutti dal Ve- ronese. . Per S. Valentin (14 febbraio) El merlo el ga el nialin. 88. Merula torquata (Linnaeus), Merlo col petto bianco, v. Gar- dèna negra, G. da la còrona, Merlo dal colar. Specie rara e forse solo di comparsa irregolare nel verno. Un esemplare preso nel novembre 1895 a Campo Fontana è nella mia Collezione. Di poi ricevetti molte JZ alpe- stris e poche M. torquata, e manchiamo ancora di esatte informazioni in riguardo di questa specie. Io sono d’opinione che il Merlo col petto bianco nidifichi in Italia; non potei averne le uova, nè i nidiacei, ma ricevetti da Lanzo (Pie- monte) il e e la nel maggio 1897, unitamente ad una £ dell’aprile e ad altra in 1.° abito colta al 1.° agosto. Gli individui li ebbi fre- schissimi e non v’ha dubbio sulla loro provenienza. 89. Merula alpestris, Brehm, Merlo alpestre, v. I nomi della specie precedente. Piuttosto raro. Vedesi qualche individuo nell’autunno o nel- l'inverno lungo le catene dei Lessini, sul Baldo e sulla Carega, ma sembra essere di passo piuttosto irregolare. Non nidifica. 90. Monticola cyanus (Linnaeus), Passera solitaria, v. Passera so- litaria. Scarsa, stazionaria. Nidifica sul Baldo e lungo la catena dei Lessini e più raramente in collina, ove trovasi con più facilità nel- 1 Ucc. Ver., pag. 56-57 (1858). 2 Orn. Europ., I, pag. 401 (1867). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 105 inverno; rara si può dire, anzi mancante nelle parti basse della pro- vincia. Osservasi di passo nel marzo-aprile e nell’ottobre fino al 10-no- vembre. 91. Monticola saxatilis (Linnaeus), Codirossone, v. Squarussolén, Squarussolén de monte. Uccello estivo, piuttosto scarso, d’arrivo dal 27 aprile al 12 maggio. Pocho coppio nidificano noi luoghi rocciosi del Baldo e lungo la catena dei Lessini. Parte dal 16 agosto al 30 sot- tembre ed allora è più frequente. Gli individui in completo abito di maschio adulto sono difficili ad aversi. g) Dromolaea leucura (Gmelin); Monachella nera, v. Culbiànco moro (fide Perini). Il Perini! cita un individuo veduto a svolazzare (!) nel cimitero di Verona il 6 gennaio 1856, data che poi corresse ? in quella del 6 giugno 1856. Ci sembra che tale asserzione meriti conferma, quindi pel momento non crediamo opportuno di annoverare questa specie tra le Veronesi. E uccello proprio dell’ Europa meridionale orientale ed emigrante in Algeria; in Italia fu colto pit volte nel Nizzardo, in Liguria, in To- scana, in Sardegna ed in Sicilia e quantunque generalmente rara, in qualche luogo è sedentaria, ma assai localizzata. 92. Saxicola melanoleuca (Guldenstidt), Monachella bianca e nera, v. Culbianco poeiòl. La forma orientale della Monachella gola nera, molto rara nel Veronese, il solo esemplare comparsovi porta la data (q57) 5 aprile 1898 da Breonio e fa parte della mia Collezione. È un sog- getto quasi tipico, sicchè non può esservi dubbio sulla determinazione. Questa è la forma predominante delle Puglie e fu rinvenuta anche in Toscana, io ne ebbi varie da Pisa. 93. Saxicola occidentalis, Salvadori, Monachella gola nera, v. Cul- bianco poeiòl. Piuttosto rara. Vedesi di passo in aprile ed in autunno dall’agosto al 10 settembre. Qualche coppia nidifica nei luoghi sterili 1 Ucc. Veron., pag. 83 (1858). 2 Orn. Veron., vol. I, pag. 218 (1874). 106 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. dei Lessini e nelle campagne dell’alta pianura, così io I’ incontrai più volte nel giugno a Buttapietra. I quattro esemplari Veronesi della mia (Collezione sono tutti dell’agosto. 94. Saxicola stapazina (Linnaeus), Monachella, v. Culbianco poeiòl; Culbiànco poeiòl dal mustàcio (Perini e De Betta). Piuttosto raro. Passa confuso assieme alla S. occidentalis ed oenanthe e qualche coppia ni- difica nelle stesse località dei congeneri. 95. Sazicola oenanthe (Linnaeus), Culbianco, v. Culbianco. Comune, estivo e di passo dal 20 aprile al 15 maggio e dal 15 agosto al 20 settembre. Nidifica lungo la catena dei Lessini e nelle campagne del- l’alta pianura. Conservo nella mia Collezione sotto al n. 2820 una 9 di Culbianco affetta di clorocroismo, uccisa il 22 settembre 1897 sui colli di S. Leo- nardo. Essa presenta questa descrizione ; testa di un bruno cenerognolo cogli apici delle penne bianchi, tutte le parti superiori di una tinta cenerognola-biancastra; gastreo candido, leggermente giallastro sul mento ed ai fianchi, remiganti quà e là scolorite, coda di colorito normale. Detto popolare: A la Madona (8 settembre) El culbianco el ne sbandona. 96. Pratincola rubetra (Linnaeus), Stiaccino, v. Negrisòl. Comune, arriva in aprile, frequenta maggiormente i terreni incolti dell’alta pia- nura e gli alti monti nelle località prative e nidifica. Parte in agosto e settembre. In numerose serie osservai che gli individui maschi adulti di pianura sono più fortemente coloriti di quelli che vivono in montagna. 97. Pratincola rubicola (Linnaeus), Saltimpalo, v. Batiàle, Fava- rèto, Negrisòl. Comune, stazionario, nidifica ovunque in provincia, meno frequente nelle campagne della bassa pianura e nei luoghi vallivi. Si presenta di passo nell’aprile e nell’agosto e settembre. Conservo nella mia Collezione sotto il n. 2227 un & ad. clorocro- stico da Dossobuono colla data 7 7 gennaio 1897. Le anomalie di tinta NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 107 sono rare nella presente specie, il mio presenta questa descrizione : In- tieramente di una tinta caffè e latte, più chiara sul gastreo, sulle ali e sulla coda, più cupa sulla testa ed alla gola ove esiste un debole vesti- gio della macchia nera normale, sul petto una sfumatura rosea. 98. Ruticilla phoenicurus (Linnaeus), Codirosso, v. Squarùssolo (Pe- rini); Squeròssolo, Coardssa. Comune; di passo dal 10 settembre ai primi di ottobre e dal 20 marzo ai 15 di aprile: qualche coppia ni- difica nei boschi del Baldo e lungo la catena dei Lessini. Rara quale stazionaria, questa specie è essenzialmente comune soltanto durante il passo. A San Gorgòn (9 settembre) El squarùssolo de scapòn. 99. Ruticilla titys (Scopoli), Codirosso spazzacamino, v. Squerùs- solo moro, S. spazzacamìn (Perini); S. moro, Coaròssa negra. Uccello scarso, ma stazionario sugli alti monti, ove nidifica; di novembre è di passo, ma predilige il monte ed anche durante l’ inverno se ne uccide qualcuno, ripassa di marzo od ai primi di aprile. Vedesi di rado nelle campagne della bassa pianura. 100. Cyanecula Wolfi (Brehm), Pett’ azzurro occidentale, v. Squa- rùssolo o Squerùssolo da la bota d’arzénto (o ad.), Coaròssa (femmine e giovani). È piuttosto raro, ma di doppio passaggio, che effettua nel marzo e nell’aprile ed allora è più facile trovarlo nelle campagne della bassa ed alta pianura; e dall’agosto all’ottobre e si prende in questa sta- gione nelle valli tendendo ai Calamodz. Nella mia Collezione tengo un e giovane colla data 15 novembre 1894 da Chiesanuova. Il Perini ed il De Betta, quest’ultimo dubbiosamente, hanno asserito che tale specie nidifica nel Veronese, crediamo però opportuno di at- tendere nuove e più positive osservazioni per poter accogliere questa notuzia. 101. Cyanecula suecica (Linnaeus), Pett’azzurro orientale, v. Squa- rùssolo o Squarùssolo da la bota rossa (o ad.), Coaròssa (femmine e giovani). Specie rara o di passo irregolare, giunge alle medesime epoche 108 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. della precedente, ma non tutti gli anni. Sette sono gli esemplari colti nel Veronese citati dagli Autori. Aprile 1837 (/ide Perini). Agosto ISS » Maggio 1863 » ” 26 aprile 1858, fuori Porta Vescovo, (fide De Betta). @, 21 febbraio 1881, fuori Porta S. Pancrazio, Collezione Cipolla. di, 21 marzo 1889, Campalto Veronese, ” ” #, 2 aprile 1898, Pescantina, mia Collezione, n. 3209 del Cat. (tipo ovzentalzs, Brehm). 102. Hrithacus rubecula (Linnaeus), Pettirosso, v. Pitaro. Comune. | Invernale, ma più abbondante alle epoche del passo dal 25 settembre a tutto ottobre e dal 20 marzo al 15 aprile. Varie coppie vivono sta- zionarie e nidificano nei boschi del Baldo e lungo la catena dei Lessini. Conservo nella mia Collezione sotto il n. 3421 un individuo & ad. affetto di isabellismo colto a Caprino I’8 ottobre 1898. Eccone la descrizione: Tutte le parti superiori, eccetto la coda che è di tinta normale, di un rossigno cannella alquanto carico, le penne delle ali rossigno-hianchiccio con un margine esterno rossigno-vivace, nel rimanente normale, le parti rosse decisamente aranciate. A la Madona del Rosario (1.2 domenica d’ottobre) El pìtaro de pasajo. 103. Zuscinia vera, Sundevall, Rusignolo, v. Rossignol, Rusignol. Estivo, comune. Arriva dal 25 marzo al 15 aprile. Nidifica in tutta la provincia. Parte dal 15 agosto al 20 settembre. Tengo nella mia Col- lezione un soggetto ucciso il 10 marzo 1898 presso Verona (n. 3242 del Cat.), ma temo sia fuggito di schiavitù, a) Par l’Anunziata (25 marzo) el rosignòl in te la saca. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 109 6) Par PAnunziata (25 marzo) Jè 1 primi che se ciapa. c) Se no te me vedi ai sete o ai oto (7 o 8 aprile) Disi che son ciapà, o che son morto. h) Zuscinia philomela (Bechstein), Rusignolo maggiore, v. Ros- signòl de la Regina (fide Perini). Il Perini annovera! questa specie tra le Veronesi su asserzioni di uccellatori e nella 2.* ed. del suo la- voro ? riferisce di un esemplare preso a San Giovanni Lupatoto il 3 maggio 1865. Il De Betta, Il Ninni ed il Salvadori giudicano dubbiose le sue comparse nelle nostre provincie. Essendo noi dello stesso parere l’omettiamo per ora dalla nostra lista. Questa specie fu colta rarissimamente in Italia, nel Tirolo, in Li- guria, in Toscana ed a Nizza ed abita la Svezia meridionale, la Russia centrale, la Siberia occidentale-meridionale ed il Turkestan. 104. Sylvia salicaria (Linnaeus), Beccafico, v. Becafigo, Figaròla. Estivo. Comune. Arriva dal 15 aprile al 15 maggio e qualche coppia si ferma e nidifica nei boschi di collina e dei monti Lessini. Parte dal 15 agosto al 30 settembre ed è molto più abbondante alle epoche del passo, specialmente in quello autunnale, di quanto lo sia nel pri- maverile o nell’ estate. 105. Sylvia atricapilla (Linnaeus), Capinera, v. Capinero (De Betta); Caponéro, Caponégro. Comune durante l’estate e nelle epoche del passo, cioè dal 15 aprile al 15 maggio e nell’agosto fino al 30 settembre. Però non pochi si soffermano durante l’ inverno in provincia e special- mente abitano i sempreverdi degli orti e dei giardini nelle località meno fredde e meglio esposte. Nidificano ovunque, scarseggiando nelle parti basse. Il De Betta ed il Perini hanno data tale specie bensì stazionaria fra noi, ma principalmente come uccello invernale, ciò che non ritengo 1 Ucc. Ver., pag. 66 (1858). 2 Orn. Ver., vol. I, pag. 175 (1874). 110 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. esatto. Io ho osservato da molti anni che la Capinera è sedentaria nel verno in tutto il Veneto, nelle località adatte, certamente non andremo a cercarla sulle vette nevose delle Alpi, ma nei giardini bene esposti e specialmente in quelli ove crescono ginepri e conifere in genere, là si radunano e talora'in gran copia e questo è il fatto, secondo me, pel quale gli Autori la ritennero specialmente comune d’ inverno ; nel- l'estate non la troviamo più in colonie, ma spandesi pella campagna e ogni boschetto, ogni siepe di solito l’alberga. Nella mia Collezione tengo esemplari avuti nel novembre da Verona, nel dicembre da Padova, nel gennaio da Udine e nel febbraio da Vicenza. Conservo pure nella mia Rraccolta un &* ad. isabellino preso a Breonio (alti monti Veronesi) il 4 novembre 1898, che presenta questo abito: calotta di un rosso ca- - nella-vivace, superiormente di un giallo-paglierino carico e biancastro sulle ali e sulla coda, gastreo bianco-paglierino, più carico sul petto e sui fianchi. 106. Sylvia nisoria (Bechstein), Bigia padova, v. Bianchetòn, Be- cafìgo. Estivo; poco abbondante, arriva dal 20 aprile ai 10 di maggio. Nidifica nelle località più ricche di alberi delle campagne basse, riparte nell'agosto e settembre ed è più comune alle epoche del passo, spe- cialmente nell’agosto. 107. Sylvia orphaea Temminck, Bigia grossa, v. Bianchetòn. Estivo, poco abbondante. Arriva dal 15 aprile al 10 maggio e nidifica alla collina, negli orti e nelle campagne arborate dell’alta pianura. Parte dal 10 agosto a tutto settembre ed è più comune alle epoche del passo, specialmente nell’agosto. 108. Sylvia curruca (Linnaeus), Bigiarella, v. Bianchètta piccola (Perini); Bianchetina, Bianchèta. Estiva, abbastanza comune, arriva dal 15 aprile al 10 maggio. Nidifica in collina e nelle campagne dell’alta pianura. Parte dal 28 agosto al 15 ottobre ed è più comune all’epoche del passo e più che tutto nell’agosto e settembre. 109. Sylvia rufa (Boddaert), Sterpazzola, v. Bianchèta. Estiva, co- mune, arriva dal 10 aprile al 5 di maggio. Nidifica in collina e nelle NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. DIR campagne dell’alta pianura. Parte dal 15 settembre al 5 di ottobre; ed è più abbondante come specie di passo. 110. Sylvia subalpina, Bonelli, Sterpazzolina, v. Bianchetìna. Di comparsa accidentale e rarissima. Cinque sarebbero gli esemplari colti nel Veronese dei quali abbiamo notizia, cioò : — dicembre 1843, Avesa, (fide Perini). 7 ottobre 1861, Quinzano, ” ” 1 novembre 1863, Porta Vittoria, » ” o ad., 27 ottobre 1881, Colli di Parona, nella Collezione Cipolla. Q giov., ottobre 1882, Verona, nella mia Collezione (n. 137). Io conservo poi un & dal Padovano ed una © ad. presa il 2 di- cembre 1896 a Lonigo sul Vicentino ai confini col Veronese ed avuta dal signor Marco Gianese. 111. Sylvia melanocephala (Gmelin), Occhiocotto, v. Caponèro fo- restier (fide Perini). Di comparsa accidentale e rarissima. Le seguenti sono le catture note: 2, 7 aprile 1858, Veronese (fide Perini). a, 2 maggio 1865, Veronese ” ” o, 24 aprile 1891, Colognola ai Colli, nella Collezione Cipolla. e 9, 19 dicembre 1896, Bardolino, nella mia Collezione (nu- mero 2209-2210 del Cat.). Furono acquistati sul mercato di Verona da V. Dal Nero in un mazzo di Pettirossi. £ ad., 17 ottobre 1897, Legnago, nella mia Collezione (n. 3246 del Cat.). Conservo altri quattro esemplari veneti, cioè 2 & ad. dell'agosto 1880 e 1884 dal Padovano e & e del novembre 1897 da Bassano, inoltre due esemplari colla stessa provenienza spediti a V. Dal Nero nel di- cembre 1895 andarono perduti. Notai tale specie come molto rara, ma non sono lontano dal credere che più accurate indagini ce la diano di comparsa meno accidentale, specialmente nell’autunno e nell’ inverno, 1462 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. io la trovai più volte sul mercato di Padova, ma talmente rovinata da non potersi conservare e ritengo che vadi confusa facilmente colla S. atricapilla. Mi stupisce la data di cattura deli’ esemplare della Col lezione Cipolla, nonchè dei due citati dal Perini, sulle notizie fornite da quest’Autore potrebbe sorgere qualche giusto dubbio, tanto più che in due differenti pubblicazioni Egli non si è curato da dare le località, ove furono presi e sì che trattavasi di una specie avuta due volte nel periodo di trent’anni!! 112. Melizophilus undatus (Boddaert), Magnanina, v. Bianchétta rossa (fide Perini). Di comparsa accidentale e rarissima. Il Perini cita le seguenti catture : — dicembre 1846, Breonio ©, 17 ottobre 1863, Quinto Veronese. Nella mia Collezione conservo un o& ad. preso nell’ottobre 1884 nel Padovano. i) Phylloscopus superciliosus (Gmelin), Lui forestiero, v. Ciuin, Verdesin, Occioboin (fide Perini). Il Perini! incluse tale specie nell’e- lenco delle Veronesi dicendo che vi è comune e che non gli è ancora noto se ponga il nido in provincia! È manifesto che egli riferiva a tale specie gl’individui minori del Ph. collybista. Il Ph. superciliosus abita l’Asia nidificando nell'Asia boreale e sver- nando nel mezzodì di quel continente, dall’ India alla Cina meridionale ; una sol volta fu citato pella Palestina, e varie altre fu trovato avven- tizio in Europa, specialmente nelle parti centrali e nell’ isola di Helgo- land, ove ne vennero osservati almeno sessanta esemplari (Gatke). Il primo colto in Europa lo fu nel 1838 da Mr. John Hancock nel North- umberland,* due quindi nel 1845 presso Berlino e ricordati dal Ca- 1 Ucc. Ver., pag. 79 (1858). 2 Dresser, Birds of Europ., II, pag. 471 (1874). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. AAS banis, 4 ecc., il Lanfossi 2 citò un esemplare catturato nel Milanese nel- l’ottobre 1847, ma il Salvadori? dice doversi eliminare tale specie es- sendo stata sfruttata la buona fede del Lanfossi da un preparatore poco scrupoloso. Tuttavia di recente il Giglioli * annunziò che l'esemplare del Lanfossi si conserva nella Collezione del Conte G. B. Camozzi Vertova alla Ranica presso Bergamo, ed aggiunse: « Fu soltanto in questi ul- timi giorni, mercè la cortesia dell’amico senatore Camozzi, che potei avere per esame il Regulus modestus della sua Collezione ; e non solo ho potuto convincermi che si tratta di un esemplare maschio adulto in abito autunnale del P. supercéltosus, ma ho potuto porre in sodo che é proprio quello menzionato e descritto dal Lanfossi. E anche se non avessi la esplicita dichiarazione del conte Camozzi che cioè egli lo ebbe in carne, basta vedere quell’uccello per essere convinti che è stato pre- parato da fresco. Venne preso in una prateria non molto lungi da Mi- lano il 27 settembre 1847 e non già ai primi di ottobre, come scrisse il Lanfossi. Dopo ciò non rimane alcun dubbio che il P. superczliosus debba aggiungersi alle specie le quali sono capitate accidentalmente in Italia. » 113. Phylloscopus sibilator (Bechstein), Lui verde, v. Verdesìn, Ciuìn, Occioboin, Salgaréla (Perini); Bianchèta, Salgarèla. Specie co- mune di passo in aprile e settembre e scarsa quale estiva. Qualche coppia nidifica nell’ alta e bassa pianura, ma più specialmente sui monti. 114. Phylloscopus trochilus (Linnaeus), Lui grosso, v. I nomi del P. sibilator. Specie di passo e scarsa come estiva. Effettua il pas- saggio di aprile ed allora si vede abbastanza frequentemente nelle cam- pagne della bassa ed alta pianura; ripassa in settembre. Nidifica in un numero ristretto di coppie specialmente sui monti. 1 Journ. f. Ornith., pag. 82 (1853). 2 Giorn. I. R. Ist. Lomb., nova serie, I, pag. 208 (1847). 3 Ucc. Ital., pag. 133 (1887). 4 Iconogr. Avif. Ital., n. 147 bis (anno?) Vol, XXXVII, 8 114 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 115. Phylloscopus collybista (Vieillot), Lui piccolo, v. I nomi del P. sibilator. Specie in scarso numero sedentaria e nidificante nei bo- schetti di collina e dei monti, il maggior contingente è di passo in primavera ed in settembre. Frequenta in allora i filari di ontani e di salici che fiancheggiano le strade delle campagne basse. 116. Phylloscopus Bonelli (Vieillot), Lui bianco, v. Verdesìn bianco, Salgaréla (#de Perini). Manchiamo di notizie esatte circa questa specie, il Perini la dice abbastanza comune e nidificante nel Veronese. Vi com- parirebbe nell’aprile, ripartendo nel settembre. Mai la trovammo nidi- ficante, ma soltanto di passo irregolare e rara. 117. Hypolais icterina (Vieillot), Canepino maggiore, v. Verdesin, .Giuin, Occioboin (Perini); Figaròla, Musolòngo. La notai soltanto poco frequente in settembre nelle campagne basse, non ne vidi mai in prima- vera (V. Dal Nero). Il Perini cita questa specie come di doppio passo e nidificante e così il De Betta. Ed è invero strano che il Dal Nero, osservatore intelligentissimo, non l’abbia trovata durante il passo di primavera e nell’estate, ciò che succede nel Padovano e nel Friuli; giova però ricordare come il De Romita! la rinvenisse nelle Puglie solo nel agosto e settembre e così per Messina il Ruggeri ed il Pistone, ? inoltre pella Sardegna 1’ Hausmann 3 notò che non si trova di prima- vera, ma solo in settembre, ripartendo di ottobre ed il Salvadori + pure non ve la rinvenne di primavera. Questa specie non è egualmente di- stribuita in Italia. 118. Hypolais: polyglotta (Vieillot), Canepino, v. I nomi dell’ A. icterina. Specie abbastanza comune, ma essenzialmente di passo, talora nidificante nelle campagne basse e nei luoghi acquitrinosi della pro- vincia; ripassa dalla fine di agosto a tutto settembre. Il Perini non nomina tale specie nella seconda edizione del suo lavoro. 1 Nel GieLioLi, Inch. Orn. in Ital., I, pag. 234 (1889). 2 Loc. cit. | 3 Die Sylvien der Insel Sardinien, Naumania, pag. 409-429 (1857). 4° Faun. d’ Ital. Uee., pag. 110 (1872). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 109) Il Perini nel 1858 e sulla sua autorità il De Betta hanno nominato quale specie comune una Sylvia o Ficedula Italica, Bonaparte; dan- dole il nome volgare di Cauciarella. Ritengo che tale nome debba pas- sare fra i sinonimi della H. polyglotta, alla cui specie, dice il Pe- rini, è assai somigliante, però il Tristam' ha le seguenti parole: « I conceive that ZH. wpehert aud H. elaica are the eastern repre- sentative species of 7. zcterina or italica and H. polyglotta. » 119. Acrocephalus palustris (Bechstein), Cannajola verdognola, v. Musolingo, M. verde, Canevardla. Specie trovata principalmente in agosto e settembre, ama i luoghi folti di piante, ove abbondano le acque e così si uccide con maggiore facilità nelle valli e lungo le rive del lago, è poco comune, sebbene nidifichi e sia specie di doppio passo. 120. Acrocephalus streperus (Vieillot), Cannajola, v. Musolòngo, Canevaròla, Canaròla. È specie comune nei luoghi adatti. Si trattiene nelle valli da aprile a settembre e vi nidifica, ed è più abbondante alle epoche del passo. 121. Acrocephalus arundinaceus (Linnaeus), Cannareccione, v. Pas- sara palugàra, P. canaròla, P. canàra. È abbastanza comune. Giunge im aprile, riparte in settembre, ma se ne trova qualcuno fino a no- vembre, quando grassissimi si ritirano nei frumentoni delle valli boni- ficate. Abita e nidifica nei luoghi più bassi della provincia, nelle valli, nelle risaie, lungo le folte e verdeggianti rive dell’Adige e del Mincio. 122. Potamodus luscinioides (Savi), Salciajola, v. Rossignòl de val. Il Perini e il De Betta la dicono specie rarissima ed avuta soltanto il 2 maggio 1847, ma il primo, nel 1874, scrisse che se è molto rara vicino a Verona, non è così nelle parti basse della provincia e nelle valli, che vi giunge nell’aprile e che il Carraro lo assicurò che essa nidifica nelle valli di Zerpa e di Arcole. Ritengo esatte tali indica- zioni, giacchè la Salciajola è specie molto localizzata e che vive in luoghi di difficile accesso e dove le canne sono più fitte. Anche nel 1 On the Orn. of Palestine, Ibis, pag. 81 (1867). 116 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. Padovano, ove era ritenuta rara, non è così, dalle paludi di Bovolenta nel 1897 ne ebbi una diecina di esemplari, ma tanto guasti dal tiro che appena cinque di essi potei conservare e colà nidifica in discreta copia, ed io credo che nuove e più diligenti ricerche sul Veronese ci permetteranno di trovare esatto quanto asserì il Perini. Nella Colle- zione Cipolla conservasi un soggetto avuto il 25 aprile 1881 da Val Zerpa, uno n’ebbi io stesso da quella località nell’aprile 1897, ed un terzo ucciso nell'agosto 1889 a Bagnolo nel Vicentino, lo ricevetti dal signor M. Gianese, che lo teneva nella sua Collezione. 125. Locustella naevia (Boddaert), Forapaglie macchiettato, v. Er- hardl (fide Perini e De Betta). Specie piuttosto rara, di passo, a quanto mi fu dato osservare, nei mesi di aprile ed agosto-settembre, ma non so se comparisca tutti gli anni. Io ne ebbi sette esemplari nell’agosto- settembre 1897 dai boschi di Sant'Anna (regione alta del Veronese) e precedentemente ne avevo ricevuto uno nell’agosto 1890 da Legnago. Il Perini ha parlato della uidificazione di questa specie nel Vero- nese e ne descrisse le uova color di acqua-marina con piccole linee e punti olivastri. Dato anche che tale uccello nidificasse da noi, ciò che non è punto accertato, quello di certo non corrisponderebhe al co- lore delle sue uova, il cui fondo di tinta secondo il Seebohm ! sarebbe di un pale pinkish white. Il Salvadori? cita una Z. naevia conser- vata nella Collezione Perini sotto il nome di Z. lanceolata (Temminck), però, per quanto mi consta, tale specie non figura nei Cataloghi Ve- ronesi. 124. Calamodus schoenobaenus (Linnaeus), Forapaglie, v. Risèto, Risìn, Risarìn. Specie comune principalmente all’epoche del passo, ma anche come estiva e nidificante nei luoghi adatti. Arriva in aprile e riparte nel settembre e nell’ottobre. Tengo nella mia Collezione (n. 2919 del Cat.) un soggetto affetto 1 Brit. Birds, I, pag. 344 (1883). 2 Ucc. Ital., pag. 141 (1887). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. WAT di clorocroismo; ucciso il 23 agosto 1889 a Legnago. Esso ha il co- lorito generale molto sbiadito, il gastreo bianco un po’ paglierino, la fronte, parte del pileo, qualche penna sul dorso e sulla nuca, alcune remiganti, le due timoniere centrali e varie delle laterali bianche; i margini delle penne alari pure biancastri. 125. Calamodus aquaticus (Gmelin), Pagliarolo, v. I nomi del precedente. Arriva e riparte alle. stesse epoche del precedente, ma è certamente meno abbondante. Anche il Perini ed il De Betta osservano che è specie poco comune. Nidifica ed è più facile trovarla nelle lo- calità adatte durante i tempi del passo. 126. Lusciniola melanopogon (Temminck), Forapaglie castagnolo, v. Risarìn scuro (f#de Perini). Il Perini nel 1858 citò un esemplare ucciso nel dicembre 1842 presso Legnago, ove dice aver saputo da persona degna di fede che vi nidifica, cosa che noi riteniamo erronea; il Perini stesso poi nel 1874 scrisse che molti vivono nelle valli di Zerpa e di Arcole, ove nidificano, ne descrive il nido ed il colore delle uova. Noi invece la riteniamo, per le notizie assunte, specie di com- parsa accidentale e rarissima. Nella mia Collezione sonvi parecchi esem- plari avuti nel gennaio e giugno 1888 e nel febbraio 1898 dal Pa- dovano e uno dell’agosto 1897 da Rovigo, ma nessuno dal Veronese. 127. Cettia Cettit (La Marmora), Rusignolo di fiume, v. Rossi- endlo d’acqua (fide Perini). Accidentale e rarissima. Tre sarebbero i soggetti colti nel Veronese, cioè: novembre 1842, Legnago, (fide Perini). dicembre 1844, Legnago, >» ) 12 aprile 1879, Valle di Zerpa. Il Perini nel 1858 ed il De Betta nel 1863 enumerarono una S. sericea quale uccello molto raro nel Veronese, ma come è noto tale nome è sinonimo della Cettia Cettit, più tardi entrambi corressero l’ errore. * 1 Perini, Man. Orn. Ver., vol. I, pag. 176 (1874); De Berra, Alcune note in App., ecc., pag. 6 (1870). 118 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 128. Cisticola cursitans (Franklin), Beccamoschino, v. Beccamoschin. Specie rara e più di tutto di doppio passo, quantunque talora sì trat- tenga durante l’estate, nidificando nelle valli. Due esemplari colti sul Veronese trovansi nella mia Collezione. 129. Motacilla alba, Linnaeus, Ballerina, v. Squassacda, Cattari- néla, Cattarinélla (Perini); Catarinèla. Stazionaria ed invernale, ma più comune quale specie di doppio passo. Arriva dal 25 settembre al 20 ottobre e riparte dal 3 al 25 aprile. Varie coppie si fermano nell’estate e nidificano lungo il corso dell'Adige e nei luoghi acquitrinosi. 130. Motacilla lugubris, Temminck, Ballerina nera, v. Cattarinèlla mora (fide Perini). Di comparsa accidentale e rarissima. Il Perini ri- corda un esemplare colto a Parona nel giugno 1843, il De Betta uno avuto nel 1852 presso Verona e conservato nella sua Collezione, ed il Giglioli! parla di un terzo preso a Verona nel 1855, ma io credo che quest’ultimo sia quello della Collezione De Betta e sia accaduto un equivoco riguardo la data. Io tengo un o ad. avuto nel marzo 1894 da Padova. 131. Motacilla sulphurea, Bechstein, Ballerina gialla, v. Sguas- saròto, Sguassacoin. Comune principalmente all’ epoche del passo dal 3 al 30 aprile e dal 20 agosto al 10 settembre; in iscarso numero è stazionaria, nidificando sulle rive ghiaiose dell’Adige. Conservo nella mia Collezione un esemplare colla data 20 settembre 1897 preso a Porta S. Zeno (Verona) anomalo nel becco. In esso la mandibola superiore è tronca a metà lunghezza, |’ inferiore giunta a metà si inarca e termina colla punta rivolta all’insù. Porta il n. 2571 del Catalogo. 132. Budytes flavus (Linnaeus), Cutrettola gialla, v. Boarina, B. gialla. Comune specialmente alle epoche del passo dal 2 marzo al © aprile e dal 20 agosto al 30 settembre. Qualche coppia si trattiene tutta l’estate e nidifica nelle praterie dei Lessini e più raramente nei luoghi acquitrinosi della parte bassa. 1 Avif. Ital., pag. 83 (1886). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 119 133. Budytes boreaiis (Sundevall), Cutrettola boreale, v. i nomi del B. flavus. Mancano dati positivi sulla distribuzione e frequenza di questa specie nel Veneto e quindi anche nel Veronese, ma, da quanto potei sapere, sarebbe di doppio passo come la precedente, quantunque più. scarsa. 154. Budytes cinereocapillus (Savi), Cutrettola capo cenerino, v. Briecè (Perini); Boarìna, Bricè. Meno abbondante della 2. flavus della quale ha le medesime abitudini; arriva in aprile, ripartendo in set- tembre, ed è più frequente alle epoche del passo. Nidifica. 135. Budytes Feldeggi (Michaelles), Cutrettola capinera, v. Bricè dalla testa negra (fide Perini). Il Perini enumera un soggetto preso presso S. Martino nel maggio del 1840 e secondo il De Betta tre ne ebbe il Bennati nel 1860 colti dal signor Montresor sulla Spianata fuori Porta S. Zeno. Specie di comparsa accidentale e rarissima. 136. Anthus trivialis (Linnaeus), Prispolone, v. Tordìna. Comune alle epoche del passo, dal 1° aprilo al 15 maggio e dal 1° agosto al 10 ottobre. È scarsa quale specie estiva, ma qualche coppia nidifica sui monti Lessini. Circa la data di arrivo v'è il seguente detto popolare : A la novèna de San Roco (16 agosto) La tordina in t’el spagnar, El culbianco sul canòto. 137. Anthus pratensis (Linnaeus), Pispola, v. Sgussèta. Specie sta- zionaria e comune, specialmente alle epoche del passo, che si effettua dal 15 marzo al 20 aprile e dal 25 settembre al 10 novembre; al- lora è abbondante nelle campagne aperte della alta e bassa pianura. Abbastanza frequente anche come invernale. Qualche coppia nidifica nelle praterie dei monti Lessini. a) A San Michele (29 settembre) La sgussèta in-te la rede. b) A San Michel (29 settembre) La sgusséta sul capel. 120 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 138. Anthus cervinus (Pallas), Pispola gola rossa, v. Zigòta, Si- gòta. Specie piuttosto rara, osservata soltanto nel passo autunnale cioè nel settembre e nell’ottobre; però è certo che dev'essere anche di passo primaverile, fatto citato dal Perini e dal De Betta. Gli uccellatori la distinguono col nome di ,S790%4 e nel Padovano con quello di Fa. Se ne presero a San Leonardo (a 15 ottobre 1881), a S. Zeno (ottobre 1882, settembre 1884, 1885, 1888) a Pescantina @ ottobre 1889, settembre 1891, ~ 27 settembre 1893), ecc. e vari colti nel Vero- nese sempre d’autunno trovansi nella mia Collezione. È forse specie meno rara di quanto si ritiene e credo venga confusa coi congeneri A. trivialis e pratensis. Il Perini ed il De Betta accennarono dub- biosamente al fatto della sua nidificazione nel Veronese, ciò che abbi- sogna di conferma. 139. Anthus spinoletta (Linnaeus), Spioncello, v. Sgusetòn. Specie comune, specialmente come invernale e di passo, dal 20 marzo al 15 aprile e dal 25 settembre al 25 ottobre. Qualche coppia nidifica nei luoghi verdeggianti e ricchi d’acqua lungo la catena dei Lessini, Per San Simon (28 ottobre) La furia del sgusetòn. 140. Anthus campestris (Linnaeus), Calandro, v. Gambalònga. Specie rara nel passo di primavera, più frequente in quello di autunno. Ama le campagne aperte dell’ alta pianura. I molti esemplari ch’ ebbi dal Veronese furono presi nei mesi di settembre e di ottobre. Secondo il Perini ed il De Betta qualche coppia nidificherebbe sui monti, ma noi non abbiamo osservazioni in proposito. 141. Anthus Richardi, Vieillot, Calandro maggiore, v. Tordinòn. Specie di comparsa rara, ma non accidentale, gli esemplari che noi conosciamo catturati di recente in provincia, lo furono sempre al passo di autunno e nella Spianata ad ovest della città di Verona. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 124 Essi sono: o, 29 agosto 1881, Spianata, (fde V. Dal Nero). ©, 27 agosto 1886, ” ) 9 ©, 12 settembre 1890, ” ” ” a ad., 4 ottobre 1896, » nella mia Collezione. o ad., 12 ottobre 1898, Caselle di Pressana, nella mia Colle- zione. Osservò il Perini che talora si trattiene fino a dicembre ed, a pro- vare la giustezza di tale osservazione, ricordo come io possegga nella mia Collezione un gy ad. preso nel dicembre 1896 nel Padovano. Anche secondo quell’Autore non si vide di primavera, mentre De Betta ve lo dice rarissimo e ciò sulla fede del Bennati. 142. Alauda arvensis, Linnaeus, Lodola, v. Lodola. Comune spe- cialmente alle epoche del passo dal 1.° marzo al 18 aprile e dal 12 ottobre al 20 novembre. L’ autunnale è sempre più abbondante e nel 1884 e 1890 si mostrò straordinariamente copioso. È però comune anche come stazionaria e nidificante ovunque, tranne sul monte elevato. L’ A. cantarella, Bp. citata dal Perini e dal De Betta quale specie Veronese, altro non è se non una varietà della presente specie. Il dott. Giovanni Zanetti di Casaleone mi ha gentilmente donato una interessantissima Lodola a becco anomalo presa nel suo paese nel no- vembre 1897, ed io qui gli presento di nuovo 1 miei più vivi ringra- ziamenti. Abbiamo veduto varie anomalie di colorito prese in provincia e conservate in varie Collezioni. a) A San Valentin (14 febbraio) Le lodole le fà el nialìn. 5) A Santa Taresa (15 ottobre) La lodola in la tesa. c) A San Luca (18 ottobre) Le lodole se speluca. d) A San Simon (28 ottobre) Lodole a halòn. 122 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 143. Lullula arborea (Linnaeus), Tottavilla, v. Merlongàto (Pe- rini); Calandra. Stazionaria, però comune come invernale e special- mente quale specie di passo dal 10 ottobre al 10 novembre e dal 28 marzo al 30 aprile. Poche coppie nidificano in collina. 144. Galerita cristata (Linnaeus), Cappellaccia, v. Capelùga, Ca- pelota, Capelùa. Piuttosto scarsa, stazionaria e nidificante. Si avverte erratica in provincia a seconda della stagione ed immigrante d’Oltr’Alpe nell’ottobre e nel novembre; di queste non poche si soffermano durante la fredda stagione, lasciandoci a primavera. 145. Calandrella bachydactyla (Leisler), Calandrella, v. Lodola tamburèla (Perini); Tamburèla, Lodolina, Calandrìn. Piuttosto rara. Di passo in aprile e dal 15 agosto al 25 settembre. Qualche coppia ni- difica nelle campagne ghiajose dell’alta pianura. 146. Pterocorys sibirica (Gmelin), Lodola siberiana, v.? Di com- parsa accidentale e rarissima. Un individuo venne colto nell’ ottobre 1871 a Santa Lucia presso Verona dal signor ing. Bottaccini e sì trova nella Collezione di Firenze. Nella mia Collezione si conserva un e ad. colla data marzo 1896, Padovano. Infine a Firenze vi sono altri due soggetti Italiani (novembre 1869, Trento e ottobre 1871, Bergamo). È specie propria dell’ Europa orientale e dell’Asia centrale, è stata presa in Inghilterra, Belgio e Germania. 147. Melanocorypha calandra (Linnaeus), Calandra, v. Calandròn, Calandra, Lodolòn de Fogia. Compare raramente nell’ottobre e durante l'inverno, ma è raro. Perini parla della sua nidificazione presso Villa- franca. Ci sono note le seguenti catture dal 1879 ad oggi: — 27 ottobre 1880, S. Michele, (fide Dal Nero). — 10 ottobre 1886, Spianata, >» ” — 15 novembre 1890, Pescantina, » ” a, 16 novembre 1896, Zevio, nella mia Collezione. Nella fredda stagione molte ne compaiono sui mercati, ma sono pro- venienti da Foggia. Io conservo quattordici esemplari colti nel Pado- vano da novembre a febbraio. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. dea 148. Otocorys alpestris (Linnaeus), Lodola gola gialla, v. Lodola dalla gola gialla (!) (fide Perini). Il Perini ed il De Betta citano quattro esemplari colti in Provincia colle date 30 ottobre e 6 novembre 1843, 23 gennaio 1855 e 31 dicembre 1860, ed il Giglioli dice di conser- vare tre esemplari nella Raccolta di Firenze presi nel Veronese, non so però se in questi sia compreso l'esemplare del 1855 che era quello della Raccolta De Betta, avendo avuto il Museo di Firenze vari sog- getti da quella Collezione. Ci sono note le seguenti recenti catture : @, 19 novembre 1879, Spianata, (#de V. Dal Nero). ©, 30 dicembre 1881, S. Giacomo, » » e, 27 ottobre 1887, Spianata, ” » o, 2 gennaio 1889, Vigasio, ” » 2 ad., 8 gennaio 1891, Vigasio. » » Specie di comparsa rara ed irregolare durante l’ inverno. 149. Plectrophanes lapponicus (Linnaeus), Zigolo di Lapponia, v. Ortolan de la neve (fide Perini). Uccello raro che compare d’autunno o d’inverno e che è di passo irregolare. V. Dal Nero ne ebbe sette dal 1888 al 1894, uccisi in varie località dell’alta pianura nei mesi di ottobre, novembre e dicembre. Dei dodici esemplari conservati nella mia Raccolta tre sono Vero- nesi e furono presi nei mesi di novembre, dicembre e gennaio. Arriva frammisto alle allodole. 150. Plectrophenax nivalis (Linnaeus), Zigolo della neve, v. Or- tolan de la neve. O. bianco, Nevaròl. Specie piuttosto rara, ma meno dello Zigolo di Lapponia. Nei mesi di dicembre e gennaio quanto più intenso è il freddo, tanto più facilmente se ne trovano e più che al- trove nell’alta pianura. Nella mia Collezione sono conservati venti esem- plari italiani, parecchi dei quali sono del Veronese. Il Dal Nero ricorda ! un esemplare leucocrostico di tale specie colto presso Buttapietra nel dicembre 1892. 1 Boll. agr. Veronese, Ill, n. 16, pag. 631 (1893). 124 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. Il Perini ha asserito che questa specie nidifica sul monte Baldo e ne descrive esattamente il colore delle uova; in proposito io ebbi re- centemente dal Dal Nero le seguenti interessanti notizie: « Il giorno 11 agosto 1898 andai per la seconda volta sul Baldo e trovai alla Punta Sascaga (m. 2136) i nidi del Pyrrhocorax alpinus, in quan tità il Plectrophenax nivalis sulla cresta del Bocchetto Mamaor 0 Passo del Camin (m. 2083) e Punta del Telegrafo o Monte Maggiore (m. 2200). Passando Bocca di IValle Larga (m. 2094) dopo il passo della neve trovai ai piedi di un cespuglio un nido abbandonato che ritenni di Zigolo della neve, il punto era piuttosto scabroso. Domandai alla guida che mi accompagnava e mi disse che questi uccelli vi sono sempre stazionari anche nell’ inverno. » Anche dalla guida Tonini Giovanni in data 8 novembre 1898 ebbi la conferma di tal fatto, egli dice che quest'anno ve ne saranno stati circa 60 individui, che dimoravano vicino al Rifugio, sarebbero poco timidi, ma abiterebbero nei punti più inaccessibili, finalmente egli dice che sono comunemente chiamati revardl. Sarebbe invero strana la ni- dificazione di questa specie tra noi, fatto che succede di solito nelle più alte latitudini nordiche di Europa, d’Asia e d'America. Del resto il Dal Nero è un osservatore così attento e capace che io stupirei grandemente ch’Egli avesse scambiato il Plectrophenax pella Montifringilla niva- lis, tanto più che ebbe campo di vederli da vicino. Nel prossimo anno mi propongo di dilucidare tale fatto, facendo una gita su quei monti. 151. Zuspica melanocephala (Scopoli), Zigolo capinero, v. Ortolàn de Dalmazia, O. grosso, Re d’ortolan. È piuttosto rara, compare non tutti gli anni e generalmente di primavera o sul finire di agosto as- sieme all’ Embericza hortulana. Ne ebbimo il nido da Parona il 15 maggio 1887. Il Perini ed il De Betta citano parecchi casi di cat— tura e di nidificazione di questo bel Zigolo nel territorio Veronese. È singolare che in provincia questa specie sì trovi non diremo con faci- lità, ma nemmeno con estrema rarità, mentre nelle altre parti del Ve- neto, se sì eccettui il Friuli, è affatto avventizia. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 1125 152. Miliaria projer (P. L. S. Miller), Strillozzo, v. Petònzo. Specie principalmente invernale e di doppio passo dal 28 marzo al 30 aprile e dal 1.° settembre al 20 novembre. Qualche coppia vive stazionaria in provincia, nidificando nei campi seminati e nelle praterie della alta e bassa pianura. 153. Emberiza citrinella, Linnaeus, Zigolo giallo, v. Smajarda. Co- mune, specialmente alle epoche del passo in ottobre, novembre ed aprile. Invernale ed in poche coppie stazionario, nidificando sulle colline lungo la catena dei Lessini e sugli alti monti della Provincia. È più facile trovarlo al monte ed in collina che non al piano. 154. Hmberiza cirlus, Linnaeus, Zigolo nero, v. Pionza smajar- dàda. Specie poco comune, nidifica sugli alti monti, osservasi stazio- naria ma in numero ristretto di coppie ed è più facile il ritrovarla durante le epoche del passo nell’aprile, nell’ottobre e nel novembre ed anche negli altri mesi invernali sebbene in minore quantità. 150. Emberiza hortulana, Linnaeus, Ortolano, v. Ortolàn, Girondò. Scarso come uccello estivo di arrivo dal 29 aprile al 30 maggio. Ni- difica in collina, nell’alta e bassa pianura. Parte dal 25 luglio al 30 agosto. È più comune quale specie di passo. A San Gioachin (20 agosto) L’ortolan in tel camarìn. 156. Hmberiza cia, Linnaeus, Zigolo muciatto, v. Pionza montina, Zighèto. Comune quale specie di passo od invernale. Arriva in no- vembre, parte in marzo. Parecchi vivono stazionari e nidificano sugli alti monti. 157. Emberiza leucocephala, S. G. Gmelin, Zigolo golarossa, v. Or- tolan de montagna. Di comparsa rara e forse puramente accidentale. Ci sono note le seguenti catture: -— 6 gennaio 1841, Lavagno, (/ide Perini). — 28 gennaio 1848, Pescantina, » » — 21 gennaio 1861, Parona, >» > 126 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 12 settembre 1879, Valpantena, Coll. Conte Cipolla. — 27 ottobre 1886, Colognola ai Colli, Coll. Accad. Agricoltura. — 5 ottobre 1888, Grezzana, Coll. Perini, Museo Civ. di Verona. — 20 novembre 1891, Forte delle Belline, (#de Dal Nero). Il De Betta riferisce vagamente che fu portata varie volte sul mer- cato assieme ad altri uccelli congeneri, ma solo un esemplare per volta! Tre soggetti della mia Collezione furono presi a Lonigo sui confini del Vicentino. 158. Emberiza rustica, Pallas, Zigolo boschereccio, v. Pionzin (fide Perini). Riferisce! il Perini di due individui avuti da Pescantina il 30 marzo 1865 ed il 4 marzo 1866 e che sono conservati nella sua Collezione. Un soggetto @, colto recentemente, è nella Raccolta Cipolla. Specie di comparsa rara ed accidentale, ma che fu presa più volte nel Veneto e nel Trentino. 159. Emberiza pusilla, Pallas, Zigolo minore, v. Pionzin (fide Pe- rini). Di comparsa accidentale nell’autunno e rara. Ci sono note le se- guenti catture: — 10 ottobre 1857, Mizzole (fide Perini). -— 25 settembre 1884, Veronese » ” — 24 novembre 1863, Arbizzano » » — ottobre 1888, Pergolana di Lasize, nella Coll. Accademia di Agricoltura di Verona. A, ottobre 1890, Pergolana di Lasize, nella Coll. Conte Cipolla. ©, ottobre 1890, Pescantina (ide V. Dal Nero). 160. Emberiza schoeniclus, Linnaeus, Migliarino di padule, v. Piònza. Comune, invernale, arriva dal 28 settembre al 31 ottobre, parte dal 5 marzo al 2 aprile. Io non credo che questa specie sia, nemmeno in iscarso numero, se- dentaria e nidificante in provincia. Ebbi pella mia Collezione (n. 2909 1 Man. Orn. Veron., vol. I, pag. 325 (1874). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 127 del Cat.) un bellissimo individuo affetto di allocroismo, preso il 14 no- vembre 1893 nelle Valli di Legnago. É una @ e presenta questa de- scrizione: Un largo sopraciglio, regione auricolare anche un po’ più in basso, il dorso in gran parte, tergo, groppone e sopracoda di un bianco candidissimo ed argentino, penne della parte superiore del dorso in parte normali. 161. Emberiza palustris, Savi, Passera di padule, v. Pidnsa de Val, Pionsòn. Comune, invernale, arriva in buon numero in ottobre, parte in marzo. Lo si trova anche stazionario nei luoghi bassi e val- livi, ove nidifica. 162. Passer domesticus (Linnaeus), Passera europea, v. Passera forestiera (fide Perini). Accidentale e rarissima. Perini enumera. un esemplare avuto nel dicembre 1842 a Legnago. Non ci sono note altre catture. 165. Passer Italiae (Vieillot), Passera, v. Passara, Passaròto, Be- cacòpi. Comunissima. Stazionaria. Nidifica ovunque, più frequente nelle città e nelle parti basse, scarseggiando sul monte elevato. È anche di passo dal 30 agosto al 20 novembre e dal 15 marzo al 15 aprile e delle migranti non poche si soffermano tutto l'inverno, lasciandoci in primavera. A San Martin (11 novembre) Le passere le torna al casin. 164. Passer montanus (Linnaeus). Passera mattuggia, v. Passàra grautìna, Passarina. Comunissima. In buon numero vive stazionaria, nidificando sopratutto nella campagna e scarseggiando in città e sugli alti monti. E anche di passo in torme numerosissime dal 30 agosto al 20 novembre e dal 15 marzo al 15 aprile. Ebbi un bellissimo indi- viduo melanico da Legnago (n. 2920 del Cat.) nel quale il gastreo è quasi tutto nero. Vi fu colto nel dicembre 1892. i 165. Petronia stulta (Gmelin), Passera lagia, v. Passera monta— x nàra, P. montagnàra. Piuttosto scarsa è questa specie in provincia. 128 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. Si osserva di passo in marzo e dalla fine settembre al 25 ottobre, la si trova pure durante l’inverno sui monti elevati e nelle campagne dell'alta pianura. Forse più accurate indagini potranno darcela anche come nidificante nella regione montuosa. 166. Coccothraustes vulgaris, Pallas, Frosone, v. Frisòn. Comune, invernale e di passo dal 15 marzo al 15 aprile e dal 10 di ottobre al 20 novembre. Poche coppie sono stazionarie, nidificando in collina. a) Se no te me vedi per san Simòn (28 ottobre) Te diré che scarso lè ’l passo del Frisòn. 6) Quando te me ciapi Prima de San Simòn (28 ottobre), Disi che l’é I’ ano Che sul spedo te fè girar el frisòn. 167. Montifringilla nivalis (Linnaeus), Fringuello alpino, v. Fran- guèlo o Fringuélo de la neve, Maton bianco. Specie invernale piuttosto rara; stazionaria, però in numero scarso di coppie ed il signor Dal Nero ne trovò il nido nelle vicinanze di monte Sparviero. Anche il Perini aveva notato questa specie fra le nidificanti in provincia. 168. Fringilla coelebs, Linnaeus, Fringuello, v. Franguèl, Finco. Specie comunissima, essenzialmente invernale e di passo dal 10 set- tembre al 25 novembre e dal 10 marzo al 15 aprile. In buon nu- mero però vive stazionaria e sparsa al monte, alla collina e nell’alta pianura e vi nidifica. Detto popolare: i Ai ultimi de setembre I franguei par le tende. 169. Fringilla montifringilla, Linnaeus, Peppola, v. Montan, Finco montàn. Comune, invernale e di passo dal 15 ottobre al 30 novembre e dal 20 febbraio al 15 marzo. Sembra che poche coppie stazionino, NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 129 nidificando sui nostri boschi di montagna, ma tale fatto deve essere meglio confermato. Detto popolare : a) Più neve vien in montagna Più montàni se magna. b) Più fredo fà in sù Più montàni vien zò. 170. Zigurinus chloris (Linnaeus), Verdone, v, Tirànso, Verdòn, Zarànto. Comune come uccello invernale e di passo dal 20 marzo al 15 aprile e dal 10 al 28 ottobre. In buona copia vive stazionario e nidifica in pianura ed in collina. Il signor G. Gemma ha citato un Verdone preso presso Minerbe nel 1891 « al quale mancava quasi tutto rasente il becco di sopra e man- giava l’ interno delle midolla dei girasoli e canape » ; io ebbi nel 1886 dal Trentino un esemplare consimile che conservasi nella mia Collezione. 171. Chloroptila citrinella (Linnaeus), Venturone, v. Verdarin, Zedronèl, Serin. Specie di comparsa irregolare e rara nell’autunno e nell’ inverno. Dal 1879 ad oggi registrai le seguenti catture: 25 dicembre 1879, Caprino (fde Dal Nero). 15 ottobre 1886, Pescantina » ” 20 ottobre 1891, Grezzana > ce ad., 23 novembre 1896, San Zeno di montagna, nella mia Collezione. Il Salvadori! dice come il Conte E. Turati lo assicurasse di aver avuto alcuni nidi con uova dai contorni del lago di Garda, presi sui rami Wolivo, ed aggiunge: -« To dubito che quelli dei contorni del lago di Garda presi sui ram: d’olivo non appartenessero veramente al Venturone, giacchè da quanto si sa, il Venturone nidifica nella re- 1 Intorno alla Fr. citrinella în Italia, ecc. (Atti R. Accad. di Torino, vo- lume VII, pag. 263 [1871].) Vol, XXXVIII, 9 130 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. gione delle conifere sui rami di abete o simili, ecc. » Certamente questa asserzione deve essere basata su inesatte informazioni ; il De Betta ha detto che tale specie nidifica nei boschi degli alti monti, non so però se egli intendesse alludere alla nostra provincia, finora tal fatto non venne constatato, ma non sarebbe sran che di straordinario mentre sappiamo che ciò succede sul Moncenisio, sulle Alpi del Ticino, nella Val d’Aosta, ecc. 172. Chrysomitris spinus (Linnaeus), Lucarino, v. Lugarin, Ciri. Uccello poco frequente come stazionario, all’inverno scende al piano, passando l’estate nei boschi degli alti monti, ove nidifica. È ucceilo di passo dal 25 agosto al 25 novembre e nel marzo, ma tale passag- gio è talora irregolare, cioè non lo effettua egualmente copioso tutti. gli anni, anzi in alcuni è quasi nullo. Nel 1891 il passaggio dei Lu- cherini fu abbondantissimo e di lunga durata; ebbe principio il giorno 7 settembre, poscia aumentò d’assai e si mantenne sempre copioso fino a tutta la 1.8 quindicina di novembre. Il Perini cita il caso dell’avvenuta sua nidificazione nel giardino del Conte Giusti entro Verona, ma il colore delle uova non sarebbe troppo esatto, giacchè la tinta di fondo secondo il Seebohm ed il Dres- ser è il verde od un tono di esso e non il bzanco-grigio, come asse- risce il Perini. 173. Carduelis elegans, Stephens, Cardellino, v. Gardelin. Comune, principalmente come invernale e di passo in aprile e dal 10 settembre al 10 novembre. Molti rimangono stazionari e nidificano al monte ele- vato, in collina ed in pianura. 174. Serinus hortulanus, Koch, Verzellino, v. Sverzarin; Sgarze- rìn, Sverzerìn (De Betta). Specie stazionaria e di passo, ma piuttosto scarsa. Il passo alquanto irregolare ha luogo nell’aprile e nell’ottobre- novembre, in alcuni anni discretamente abbondante, qualche coppia passa l'inverno fra noi specialmente in collina. Nidifica sugli alti monti. La Fringilla islandica, Faber! citata dal Perini e dal De Betta 1 Oken's Isis, pag. 792 (1824). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 134 come specie distinta colta una sola volta nel Veronese, altro non é che un S. hortulanus, Koch, in abito di autunno, la qual cosa fu retti- ficata dallo stesso comm. De Betta nel suo lavoro del 1865. Il Perini le aveva anche trovato un nome volgare, chiamandola Zedronél fore- stier (sic)! 175. Cannabina linota (Gmelin), Fanello, v. Fanèl, Fainèl. Stazio- naria, ma assai più comune quale specie di passo dal 15 marzo al 20 aprile e dal 15 ottobre al 20 novembre, invernale nei luoghi ste- rili e ghiaiosi dell’alta pianura. Qualche coppia nidifica lungo la catena dei Lessini. 176. Cannabina flavirostris (Linnaeus), Fanello nordico, v. Fainél montin (f#de Perini). Dice il Perini che due ne ebbe colle seguenti date 25 aprile 1851 e o 9 giugno (!) 1854. È specie rarissima e di comparsa accidentale, quando capita questo succede nell’autunno e nell’inverno, sicchè la data del 9 giugno mi pare scelta poco a propo- sito! È molto rara in tutto il Veneto. 177. Aegiothus linaria (Linnaeus), Organetto, v. Fainèl montìn, Faineléto. Specie piuttosto rara. Però tutti gli anni ne compare qualche individuo al tempo del passo o nell'inverno. In alcuni anni esso è co- pioso, ciò che fu da noi osservato nei mesi di ottobre-novembre 1888, 1890 e nel 1894, in quest’ultimo si presero numerosi individui in tutto il Veneto anche nel gennaio e febbraio. Il Perini dice che fu abbondantissima nel 1845, nell’ottobre 1862 e nel febbraio-marzo 1863 e che sui mercati sì potevano contare a migliaia. 178. Aegiothus rufescens (Vieillot), Organetto minore, v. Fainél montìn. Specie che apparisce esser più rara della precedente, se non viene confusa con essa dagli uccellatori il che è quasi certo. Un esem- plare fu colto il 5 gennaio 1896 sui Colli di S. Leonardo e un ® ad. colla data 7 marzo 1898 è nella mia Collezione. Questa specie non è citata dagli Autori Veronesi. j) Aegiothus Hornemanni, Holbòll, Organetto di Groenlandia, v. Fainél montìn forestier (Perini). Il Perini cita due individui di questa 132 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. specie avuti nel 1862 e 1863 dal Veronese col nome di Wringilla borealis, Temminck. Il De Betta nel 1865 e nel 1870 ripetè l’asserto del Perini. Ora la Zr. dorealis del Temminck sarebbe riferibile al- l’Aegiothus Hornemanni, Holbill, specie sedentaria nella Groenlandia, nell’Islanda e nello Spitzherg, ma qui invece ritengo che il Perini fosse tratto in errore da individui di forti dimensioni dell’ A. Zna- ria (Linnaeus). Quindi tale specie va cancellata dal novero delle Ve- ronesi. 179. Pyrrhula europaea, Vieillot, Ciuffolotto, v. Siolòngo, Subidto. Specie scarsa, di passo irregolare. Durante la stagione invernale fino a marzo la si trova erratica lungo la catena dei Lessini e sulle colline sottostanti. Non ci risulta che sia specie estiva e nidificante. 180. Pyrrhula pyrrhula (Linnaeus), Ciuffolotto maggiore, v. Pro- babilmente i nomi della P. europaea. Conservo nella mia Collezione un o" ad. ucciso il 4 novembre 1898 a Breonio sugli alti monti del Veronese. È indubitato che quest’esemplare per nulla differisce dai grossi in- dividui di tale specie che io ebbi dalla Norvegia, tanto come dimen- sioni, quanto pel maggiore grado di intensità nella colorazione. Molte altre volte però ho veduto Ciuffolotti di rilevante statura, ma essi se- condo me non erano riferibili alla presente specie, mentre in riguardo all'identità dell'esemplare in questione non avrei alcun dubbio. 181. Bucanetes githagineus (Lichtenstein), Trombettiere, v. Sio- longo forestier (/de Perini). Il Perini! dice: « Nell’autunno del 1850 è stata presa nelle reti tese pelle allodole una femmina di questa ra- rissima specie nel Comune di Cologna, la quale con altri tre individui volava frammista alla /rzrgilla cannabina. Fu essa tenuta in ischia- vitù per otto anni dalla signora Antonietta Finco di Cologna e depositò nel primo anno due uova. Morì nell’aprile 1858, ed il Preparatore di essa signor Carraro di Lonigo è lieto di averne arricchita la numerosa 1 Ucc. Veron., pag. 269 Append. (1858). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 109 sua Raccolta ». Il Giglioli! dice che tale soggetto è nella Raccolta Carraro al Palazzo Municipale di Verona. Accidentale e rarissima. Questa specie, propria dell’Africa settentrionale e dell’Asia occiden- tale è molto rara in tutta Italia, venne colta nell’ Udinese, nel Pado- vano (mia Collezione), in Toscana, in Liguria, in Sicilia e meno ra- ramente a Malta. 182. Carpodacus erythrinus (Pallas), Ciuffolotto scarlatto, v. Sio- longo picolo, Terànzo hastàrdo (fide Perini). È di comparsa acciden- tale e molto rara. Pochi esemplari presi in provincia sono ricordati dal Perini e dal De Betta, noi possiamo aggiungere che il 30 set- tembre 1887 ne furono presi due a Pergolana di Lazise nell’uccellanda del signor Conte Cavazzocca di Verona. Un terzo fu colto nell’ottobre nella stessa località. Oggi è assodato che la Hrengilla incerta, Risso altro non è se non una varietà della presente specie che si ottiene di solito tenendo que- stuccello in sabbia, ma che si rinviene talora anche allo stato selva- tico, quindi quanto è detto nei lavori del Perini (1858) e del De Betta (1863 e 1865) nei riguardi della #7. cneerta deve riferirsi al C. ery- thrinus. Il De Betta più tardi (1870) corresse l’errore. 183. Loxia pityopsittacus, Bechstein, Crociere delle pinete, v. Becco in crose (fide Perini). Il Perini cita un individuo preso molti anni fa in provincia e ciò fino dal 1858, ed il De Betta su tale notizia lo ammise fra le accidentali del Veronese; il Giglioli? ci fa sapere che la Collezione di Firenze ne possiede uno colto nel dicembre 1869 nei pressi di Verona. Specie di comparsa accidentale e rarissima. Credo che la notizia data dal Fulcis 3 che tale specie sia irregolar- mente stazionaria nel Bellunese, che vi si trovi mediocremente abbon- dante ecc. e quella del Soravia+ ove è detto che essa è scarsa, ma 1 Ibis, pag. 183 (1881). 2 Ibis, pag. 204 (1881) e Avif. Ital., pag. 42 (1886). 3 Cat. Racc. Zool. di A. DoLionI, pag. 25 (1871). 4 Avif. Loc. in GieLioLi, Inch. Orn., II, pag. 204 (1890). 134 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. nidificante ed anche di doppio passo nel Cadore abbisognino di es- sere con maggiore autorità confermate, e che siano invece riferibili ad individui di maggiori dimensioni della Lozza curvirostra. 184. Loxia curvirostra, Linnaeus, Crociere, v. Beco in crose, Beco- storto. Specie di comparsa scarsa ed irregolare, in alcuni anni è ab- bondante, così fu numerosissima nei comuni di Ferrara di Monte Baldo e Tregnago dal dicembre 1898 fino al 15 gennaio 1899. Ama i luoghi più elevati e qualche coppia nidifica nei boschi del Baldo e lungo la catena dei Lessini, sicchè sarebbe anche uccello stazionario. 185. Loxia bifasciata, C. L. Brehm, Crociere fasciato, v. ? Il De Betta nel 1870 cita un esemplare di questa rarissima specie colto l’anno prima sui monti poco al disopra di Ceraino. Il Giglioli ! poi parla di un o preso nel Veronese nel settembre 1804. x Questa specie non è citata dal Perini. Una £ ad. presa nel gen- naio 1892 sul Padovano è nella mia Collezione. 186. Sturnus vulgaris, Linnaeus, Storno, v. Storlìn, Beca-còpi. Co- mune. Manca dalla provincia dal 20 luglio al 20 settembre, verso la fine di questo mese ci arriva in gran quantità, ripartendo alla fine di marzo o nell’aprile. In buon numero è anche uccello semi-stazionario, sparso in tutta la provincia, escluso il monte elevato. Nidifica sui fab- bricati, anche dentro le città. La assoluta stazionarietà di tale specie è però un fatto poco comune. A San Martin (11 novembre) Passara o storlin Atorno al camin. 187. Pastor roseus (Linnaeus), Storno roseo, v. Storlin rosa, S. de Vilafranca, S. d’America. Specie di comparsa rara ed accidentale, ma che generalmente capita nel maggio e giugno. Dopo la notevole appa— 1 Avif. Ital., pag. 44 (1886). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 135 rizione del 1875, due soli esemplari, a nostra conoscenza, vennero presi nel Veronese, cioé: — 27 maggio 1894, Buttapietra. e ad., 4 giugno 1898, presso il Vago, in possesso del signor Ezzelino Aldrighetti. La comparsa del Pastor roseus, avvenuta nel 1875 nelle campagne d’attorno Villafranca in seguito ad una sterminata invasione di Caval lette, è uno dei fatti ornitologici più importanti di questi ultimi anni. Esso fu diligentemente rilevato dal De Betta, il suo lavoro fu poscia tradotto in inglese e pubblicato nello Zoologist' e notizie su tale fe- nomeno furono date da molti naturalisti italiani e stranieri. * Credo non privo d’interesse di offrirne qualche ragguaglio, citando le parole dello stesso De Betta: 3 «La comparsa del Pastor roseus in Villafranca avvenne nel giorno 3 giugno (1875). E fu precisamente verso le 4 pom. di quel giorno che un piccolo branco di 18 a 20 di questi uccelli venuto a posarsi sulle alte e diroccate mura interne del castello, fu seguito dopo mez- Zora da altro branco di circa un centinaio di individui i quali coi loro continuati gridi destarono l’attenzione di tutte le persone abitanti nel recinto dello stesso castello. «In breve erano accorsi sul luogo anche quei del paese, 1 quali di altro maggiore spettacolo furono poi testimoni quando verso sera ap- 1 On the appearance and breeding of P. roseus in the Province of Ve- rona by E. De Barra, translated by W. Lone, Zoologist, pag. 16-22 (1878). 2 Oltre che nelle opere del Salvadori e Giglioli troviamo notizie su tale fatto nel Srezoum, Mist. of Brit. Birds, II, pag. 24 (1884); YarrELL, Brit. Birds, ed. Newton, II, pag. 247 (1876-82); Saree, Hand. Brit. Birds, 1, pag. 27 (1894); Bream, Z'Werleben, 5 Bd., pag. 395; Rappg, Ornis Caucasica, pag. 152 (1884), ecc.; Bacchi Detta Lega, Uccelli Silvani, pag. 136-140 (1892); Lessona, Uccelli, pag. 507 (L890), ecc., ecc. 3 Le cavallette e lo Storno roseo in provincia di Verona, ecc., negli Atti R. Istit. Ven., tom. Il, ser. V, pag. 79-96 (1876). 136 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. parvero ancora molte e molte migliaia di questi storni che, unitisi ai primi venuti, rimasero cola fino all’imbrunire, per abbandonare tutti a quel punto il luogo visitato e disperdersi in numerosissimi stormi per l’aperta campagna. 3 « Di siffatto avvenimento è più facile il pensare, che non il dire, quanto discorrere siasi fatto in quel giorno e quanto siane stato lo stupore per quegli abitanti, i quali alla fin fine sentivano dispiacenza di aver così prontamente perduti quei bellissimi ed ignoti uccelli, che per la prima volta era loro occorso di vedere. « Ma le cose non restarono così, dacchè verso le 3 antim. del dì suc- cessivo gli abitanti di Villafranca furono inaspettatamente destati dagli assordanti gridi di dodici a quattordici mila storni rosei che in quel- l’ora vi giunsero onde prendere definitivo possesso del castello. Un perio- dico di Verona! ha parlato di ciò scrivendo che gli storni coprivano in sì stragrande quantità le mura, da averle fatte sembrare divenute semoventi e completamente nere di colore. « Da quello stesso momento altro spettacolo si offerse agli astanti, poichè gli arrivati non posero indugio qualsiasi nel movere accanita guerra agli altri uccelli che nel castello tenevano ordinaria dimora; stor- nelli comuni, rondini, passere e colombi. Questi ultimi si videro in breve ridotti a ritirata sulle più alte torri. Tutti gli altri invece posti in piena fuga dopo abbastanza lunga ed ostinata zuffa, cui altra ancora non meno: forte successe poi fra gli stessi storni rosel. « Causa di cid, il doversi contendere il possesso di uno o dell’altro delle centinaia e centinaia di fori e cavità entro cui allogarsi le coppie, e che non bastando tuttavia a tutte ospitarle, furono le ancora moltis- sime rimanenti obbligate ad occupare 1 tetti delle case di circa una metà del paese, vale a dire della parte situata fra il castello e la chiesa; pur colà rinnovandosi la lotta per la cacciata degli stornelli comuni e dei passeri. 1 L’ Arena, n. 147 del 4 giugno 1875. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. ey « E qui tosto una nuova causa di ammirazione per gli abitanti di Villafranca, nell’ incredibile sollecitudine ed attività con cui gli storni rimasti nel recinto del castello si diedero alla pulitura dei fori e delle fessure conquistate; e che ben presto sharazzarono d’ ogni ingombro facendo rotolare al piede della mura sassi, anche di grosso peso, e pietre, e cocci, e legni, e paglie e teschi persino ed altre parti di scheletri degli animali ivi morti naturalmente, o rimasti vittime senza dubbio delle faine e dei gufi. « Compiutasi la pulitura, principiarono col giorno 5 giugno i lavori per la costruzione dei nidi. Noterò qui subito che questi occupavano quasi sempre pel lungo e pel largo tutta la capacità del sito, e che rozzamente composti di piccoli legni, di ramoscelli, di paglie, di fieno, di gramigne e di altre erbe secche, il tutto disposto in massa informe, presentavano nel loro mezzo un ristretto spazio concavo destinato a con- tenere le uova, e pur questi irregolarmente rivestiti di filamenti er- bacei, di foglie, di muschi e di piume. « Infrattanto ognuno ha potuto anche osservare l’atto di accoppiamento dei sessi, che con incredibile ardore succedeva nelle mura del castello e sui tetti delle case; e che dimostrò essere questi uccelli siffattamente lussuriosi da non separarsi neppure se accidentalmente cadevano dal- l’alto. Circostanza questa che fu anzi assai favorevole per rendere tosto qualche abitante in possesso di alcuni storni che caduti, ancora sempre accoppiati, sulla via, lasciaronsi prendere senza molte difficoltà. « Non fu che nel giorno 17 giugno che io ho potuto constatare com- piuta in qualche nido la deposizione delle uova, le quali vi stavano in numero di 5 a 6 ed erano di forma ovato-conica, con guscio molto sottile e di color bianco uniforme, con leggiera tendenza al verdognolo. « Al 1.° luglio i piccini erano già completamente coperti delle loro penne, e l’ultimo sviluppo dei medesimi fu poi così pronto che col giorno 14 dello stesso mese si sono veduti emigrare tutti coi genitori da Villafranca, dirigendosi tosto verso le località del Gazòl, del Palù, Teze e Isola della Scala, per continuare poi di là a piccole giornate in direzione sud, la emigrazione in altre terre. » 138 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. La nota del De Betta è grandemente importante anche pel fatto che illustrò a perfezione quanto concerne la nidificazione ed i costumi di questa specie, di cui prima ben poco si sapeva, il più esauriente ar- ticolo essendo quello del marchese O. Antinori comparso nel 1856 nel giornale Ornitologico la Nawmannia e tradotto dallo Sclater pello Zoo- logist.1 Anche prima del 1875 il Perini aveva accennato che questa specie potesse nidificare nel Veronese e citò il fatto di una femmina avuta nel 1840 colle uova quasi mature. 188. Oriolus galbula, Linnaeus, Rigogolo, v. Papafigo, Brùsola. Specie estiva, ma piuttosto scarsa. Arriva dal 15 al 25 aprile, qualche coppia nidifica in collina e nelle campagne alberate dell’ alta pianura. Parte dal 15 agosto al 25 settembre. 189. Pyrrhocorax graculus (Linnaeus), Gracchio corallino, v. Corvo- merlo dal beco rosso. Specie rara di comparsa irregolare negl’ inverni dal freddo più intenso e dalle forti nevicate. Il Perini parla di tre colti nel lungo periodo di trent’ anni ed il De Betta ne ricorda cin- que parimenti avuti dal signor Bennati nello spazio di tre anni. Noi ne ricordiamo parecchi colti sul monte Baldo e lungo la catena dei Les- sini a varie epoche, ad es. nella seconda metà del dicembre 1890. Cosi nel gennaio 1891, per la neve caduta in abbondanza, questo uc- cello si mostrò frequente e vari allora vennero uccisi sui nostri altipiani. 190. Pyrrhocorax alpinus, Vieillot, Gracchio, v. Corvo-merlo, Mer- laza, Merlassa. Scarso, ma stazionario sul Baldo e lungo la catena dei Lessini, nidifica sulle roccie di questi monti, mentre invece si mostra molto di rado e generalmente dopo qualche forte bufera di neve nelle campagne dell’alta e bassa «pianura. 191. Corvus corax, Linnaeus, Corvo imperiale, v. Corvo grande, C. imperial, C. grosso. Piuttosto raro. Qualche coppia nidifica e vive stazionaria sul monte Baldo e sui Lessini. Nel verno scende al piano, 1 On the migrat. of P. roseus in the Neighbour. of Smyrna, by the Mar- quis 0. Antinori, transl. by P. L. ScLatER in Zoologist, pag. 5658-72 (1857). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 139 frequentando le rive ghiaiose dell’Adige. Un numero ristretto d’ indi- vidui si trova sempre in ogni stagione nell’alta pianura e precisamente fra S. Giovanni Lupatoto e Buttapietra, ma in questa località non fu mai rinvenuto il suo nido, nell'estate 1897 lo vedemmo a più riprese nel bosco Canossa al Grezzan, ma non ne trovammo il nido. 192. Corvus frugilegus, Linnaeus, Corvo, v. Corvo negro. Specie stazionaria e di passo, ma specialmente invernale. Varie coppie nidi- ficano lungo la catena dei Lessini e nei luoghi boschivi della pianura. Quelli di passo si fanno vedere sugli alti monti nel settembre, scen- dendo al piano nel novembre, allora si trovano erratici per tutto il verno nell’alta e bassa pianura, ed alla fine di aprile ripartono. Comune. Ai Morti, ai Santi (2 e 1 novembre) I corvi sbandona i monti E i vien a popolar i campi. 193. Corvus corone, Linnaeus, Cornacchia nera, v. Corvo, Grola. Specie piuttosto rara, probabilmente stazionaria. Nelle campagne aperte dell’alta pianura se ne cattura qualche individuo nel tardo autunno e durante l’inverno, e poche coppie nidificano sui monti Lessini e sul Baldo. 194. Corvus cornix, Linnaeus, Cornacchia, v. Corvo molinàr, Grola bianca. Specie stazionaria, piuttosto comune ed erratica durante la sta- gione invernale nelle campagne dell’alta e bassa pianura. Qualche coppia nidifica sui Lessini e nel bosco del Grezzan, da dove io ebbi un nidiaceo; i giovani appena atti a volare si allontanano e ciò av- viene sulla fine del giugno, mentre i vecchi si trattengono fino verso agosto e ritornano a novembre. Nella Collezione Cipolla esistono due ibridi di C. corone e cornix presi nel Veronese.‘ Nel primo preso il 16 marzo 1895 a S. Viola, l’addome, i fianchi, il collo nella parte superiore e ai lati ed il dorso 1 CipoLLA, Due Corvi ed un Rondone, ecc. (1895). 140 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. per un certo tratto al disotto del collo presentano una tinta bianco- sudicia, non continuata però, e sparsa di goccie nere. Il secondo colla data 13 ottobre 1895, Saline di Lazise è un corvo che per le dimen- sioni corrisponde al C. cornix, ma per il piumaggio assomiglia molto al C. corone, mentre il bianco-sudicio non comparisce che in forma di goccie sparse irregolarmente. 195. Coloeus monedula (Linnaeus), Taccola, v. Corvèto senarin, C. picolo, Tàcola. Specie piuttosto rara. Vedesi qualche esemplare negli inverni rigidi e nevosi. Dal 1879 al 1896 registrammo le seguenti catture : og giov., 30 dicembre 1880, Tomba. © giov., 22 dicembre 1886, S. Lucia. @ ad., 30 gennaio 1888, S. Massimo. o ad., 18 gennaio 1898, Grezzana, ! nella mia Collezione. Non ci consta nidifichi in Provincia. 196. Nucifraga caryocatactes (Linnaeus), Nocciolaja, v. Rompi- nose, Grolìn. Invernale e poco comune. Quattro esemplari colti in Pro- vincia sono nella mia Collezione, gli altri pochi che ebbi furono cat- turati lungo la catena dei Lessini e nelle colline sottostanti. 197. Pica rustica (Scopoli), Gazza, v. Checa, Gaza mora, Gaza da la coa longa, Gaza ladra. Specie scarsa, ma stazionaria ; sparsa e ni- dificante tanto nei boschi montuosi che nei luoghi più alberati della campagna bassa. 198. Garrulus glandarius (Linnaeus), Ghiandaia, v. Gaza rossa, G. zucòna. Specie stazionaria che diviene erratica a seconda delle sta- gioni. Nidifica tanto al piano che al monte. Osservasi anche di passo ed io credo che tali colonie, generalmente scarse, provengano d’ oltre Alpe, si notano principalmente nei mesi di aprile e di ottobre. 1 Grezzana è un paese di montagna a nord di Verona, mentre il bosco del LS Grezzan o Grezzano è in pianura ed in tutt'altra direzione. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 141 199. Columba palumbus, Linnaeus, Colombaccio, v. Favasso, Ba- tiston ; Favàzzo dal colarin (Perini e De Betta). Specie poco comune, di passo, invernale ed anche stazionaria. Nidifica nei boschi dei Lessini. Di passo si trova in ottobre nelle campagne della parte bassa della provincia, effettuando il ripasso dalla meta di febbraio al 20 marzo. 200. Columba oenas, Linnaeus, Colombella, v. Favàsso picolo, Co- lombo salvadego. Piuttosto comune; di doppio passo; arriva in ottobre e parte in marzo. In varie coppie vive stazionario e nidifica sul Baldo e sul Lessini. 201. Columba livia, Bonnaterre, Piccione selvatico, v. Colombo fa- varòl. È piuttosto raro. Nel mese di aprile se ne trova qualche coppia - sui monti di Valpolicella e della Valpantena, nell’autunno lo si rivede erratico nell’alta e bassa pianura. Sicchè sembra essere specie di doppio passo ed invernale. Il Perini dice che nidifica nel Veronese, ma noi non abbiamo osservazioni in proposito. 202. Turtur communis, Selby, Tortora, v. Tortora salvadega. Uc- cello estivo, comune. Arriva dal 25 aprile al 10 maggio. Nidifica sugli alberi che costeggiano l’Adige, nei boschi dei Lessini e della pianura (Grezzan), nei giardini estesi, ecc. Parte dai primi di agosto al 15 settembre. Co la prima piova de agosto La tortora la sbandona el pra e ’l bosco. 203. Syrrhaptes paradoxus (Pallas), Sirratte, v.? Specie acciden- tale e rarissima. Nella grande incursione in Europa del S. paradoxus avve- nuta negli anni 1888 e 1889 tre individui furono presi in provincia. Il primo citato dal signor Dal Fiume! ucciso mentre era solo e posato a terra a Carpi Veronese, frazione di Villabartolomea, la mattina del > maggio 1888. Ora fa parte della raccolta del suddetto signor Dal Fiume, per dono del signor Conte di San Bonifacio. Gli altri due sono nella 1 Boll. del Natur., VII, n. 6, pag. 89 (1888). 142 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. Collezione del signor Conte Cipolla a Verona, l’uno » ucciso il giorno 29 novembre sulla Spianata fuori di Porta S. Zeno, che è posta ad un chilometro circa ad occidente di ,Verona, era solo; il secondo è una femmina ad. uccisa a Vallese il 6 gennaio 1889, mentre si tro- vava in un campo seminato a frumento. Aveva nello stomaco poca sabbia e sassolini, l’ovaia era molto sviluppata e conteneva cinque uova della grossezza di un grano di veccia. ® Non consta che abbia nidificato in quell’epoca in provincia. 204. Lagopus mutus (Montin), Pernice bianca, v. Galastrèla, Galina de la neve, Pernìse bianca, Galastrèla bianca. Specie da annoverarsi fra le rare. Qualche esemplare durante l’agosto viene portato sul mer- cato proveniente dai monti Tomba, Sparviero e Baldo, sui quali varie coppie vivono stazionarie e nidificano. Il Dal Fiume ? cita due individui uccisi nell’ inverno del 1875 nelle Valli Veronesi e precisamente nella località chiamata la Torretta, egli ne avrebbe veduto in carne uno sul mercato di Legnago. Fra la neve el giazzo e vento La galastréla la trova alimento. 205. Urogallus vulgaris, Fleming, Gallo cedrone, v. Sedròn. Spe- cle di comparsa accidentale e rarissima. Il Perini parla di tre indivi- dui avuti in un periodo di tempo lunghissimo, il De Betta non cita alcuna comparsa. Recentemente il conte Cipolla ebbe pella sua Col- lezione nel novembre 1897 la testa e le gambe di una femmina uc- cisa a Tregnago donategli dal prof. Massalongo e dal signor Battisti. Però sul Baldo doveva trovarsi più frequentemente e sarà stato di- strutto, giacchè un tempo era pure abbondante e sedentario in tutte le nostre Alpi, come dice il Giglioli, ed ora invece è limitato a poche località. 1 Boll. del Natur., VIII, n. 12, pag. 164 (1888). 2 Boll. del Natur., IX, n. 3, pag. 38 (1889). 3 GieLioLI, Inch. Orn. in Italia, I, pag. 537 (1889), II, pag. 257 (1890). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 143 Nella collezione Cipolla si conserva uno dei pochi ibridi di U. vu/ga- ris e T. tetrix presi in Italia e l’ unico che io conosca del Veneto. Esso è un & e fu illustrato brevemente dai signori Dal Nero e Mariacher. Per gentile condiscendenza del conte Cipolla ho potuto avere in co- municazione questo bellissimo esemplare e qui ne stendo la descrizione. o ad., Urogallus vulgaris e Tetrao tetriz, 23 novembre 1889 da Belluno Veronese. in eneza eta e AE te O SSPE nm, 7308 ” delbecco dalla: frontos: 2° S USTs OU) » SES del hecco dalle=naricy 22 on 26 ” Gela ee AIAR ITS PT 8 FS 3G) 2 dellageodae- set oe eavaent die, 12200) COL RESO er a, Le TRE Stee di AEG 60 ” dei dito mediano con unghia . . » Td ” ” ” SAT o OE Come tipo assomiglia e nella grandezza e nel colorito all’ 7. vw/- garis, come portamento, quantunque il corpo sia alquanto massiccio, tiene piuttosto dell’eleganza del 7. ¢etrzz, le sue dimensioni sono ri- levanti, cioè mm. 730 in lunghezza totale, quindi ben più grande del tetrice (mm. 500). Altri ibridi di consimile rilevante statura sono 1 soggetti descritti da Brehm e Gaffè e quello conservato al Museo di Bergen. Iride nocciola piuttosto scura (nell’animale impagliato); becco intermedio tra le due specie, meno ricurvo di quello d’ Urogadlus, ma molto più grosso di quello di ¢e¢rzz, più lungo e più rigonfio, la man- dibola superiore rigonfia, coll’apice ricurvo, ma non quanto I’ Urogaddus, di colorito nero di corno, più chiaro sul hordo, specialmente a metà della sua estensione, alla base ed all’apice dell’inferiore; testa più 1 V. Dal Nero, che forse avrà esaminato questo individuo mentre era ancora in carne, ne dà la statura in mm. 770. 144 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. grande del fetrix (lunghezza mm. 90, mm. 100 in quello di Bergen); colorito della testa simile a quello del fetrza di un nero a riflessi bleu d’acciaio poco vivaci volgenti al violetto e porporino a seconda della luce, qua e là punteggiato di grigio, ma così insensibilmente che sfugge affatto se non si osserva ben fissamente, tali punteggiature sono alquanto più sviluppate sopra e d’attorno all’occhio; penne dell’ orecchio di un nero-bruno con riflessi meno decisi, lo stelo bianco, in alcune solo par- zialmente e con una fascia apicale bianca, così sulle redini si notano macchiette ed orlature bianche; al di sopra degli occhi la pelle è denu- data, rossa e provveduta di piccole verruche pure rosse, ciò che forma un mezzo circolo che si estende dinanzi e dietro l’occhio e che è meno esteso di quello dei vecchi individui di Urogallus, sullo spazio aderente all’occhio si notano piccolissime penne nere, appariscenti se si guarda l’animale ben da vicino; dorso di un bruno-nero con numerosi e finis- simi zig-zags rossastri o cenerognoli, ben visibili guardando l’animale da vicino, il dorso ha una tinta bleu-violetto-porporino-metallica che si ma- nifesta maggiormente guardando l’animale dal disopra; groppone come il dorso, ma con zig-zags in parte rossigni e una tinta metallico-porpo- rino-violetta che si scorge a mala pena e che diminuisce e si fa meno appariscente man mano che ci avviciniamo alla coda, eguale è il dise- gno delle cuopritrici superiori della coda, però alcune delle più grandi sono unicolori con un leggero margine apicale bianco incomparabilmente più stretto che non nell’ Urogallus e che si osserva in due penne sol- tanto; piume lunghe, in forma di barba, della gola ben più pronun- ciate che non nei vecchi individui di ¢e¢77z, ma di '/, più corte dei vecchi esemplari di Urogallus, nere a riflessi bleu o violetto-porporini a se- conda della luce, alcune unicolori, altre con una fascia apicale o piccole macchiette bianche più visibili guardando l’animale da vicino, più svi- luppate sulle piume dei lati della gola, che non su quelle della barba che sono in gran parte e specialmente sul davanti unicolori; la gros- sezza e la lunghezza del collo è intermedia fra il felrix e l Urogallus, riuscendo ben più grosso del ¢e¢vzz, ammettendo il fefriz mm. 14 di NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 140 contorno e |’ Urogallus 25, V ibrido sarebbe 19 (esemplari impagliati) ; collo di un nero puro a riflessi bleu e violetto-porporini vivissimi a seconda della luce, cosparso verso l’apice delle penne di fini e numero- sissimi zig-zags grigi assai più fini che non nell’ Vrogadlus, la parte nascosta della penna riuscendo unicolore e tali zig-zags essendo più svilup- pati nelle parti laterali e posteriori del collo, e appena sensibili sulla parte anteriore centrale; in basso sul collo e sul petto un grande spaszo di un nero cangiante in bleu e violetto-porporino splendido e vivacis- simo, tale spazzo è molto più largo ed esteso che non nei & di Uo- gallus e anche più brillante ed appariscente, ammettendo quello di un vecchio Urogallus mm. 330 > 110, questo dell’ibrido sarebbe mm. 290 >< 160, sicchè, considerata la minore statura, tale spazzo è certamente più esteso; le penne sullo spazzo sono di un nero-fumo fino quasi a circa mm. 10 dall’apice nelle più grandi e fino a 5 0 poco meno nelle minori, lo spazio apicale solo è di un violetto-bleu a riflessi por- porini a seconda che si guarda l’animale, cioè che vi hatte sopra la luce, le penne sovrapponendosi l’una all’altra mostrano all’occhio dell’osser- vatore quasi esclusivamente la tinta metallica e conviene rialzarle per vedere la colorazione nero-fumo, così in tutte le altre penne che sono fornite di riflesso metallico questo è esteso nella porzione apicale della penna e la vivacità di esso dipende in gran parte dalla maggiore o minore porzione apicale occupata, tale porzione risulta strettissima sulle penne del dorso, più larga su quelle del collo, ecc.; tocca il massimo di espansione sulle penne dello spazio pettorale, il minimo su quelle del dorso, la tinta metallica sulla coda non è estesa ad una più o meno larga porzione apicale, ma occupa tutta l'estensione della penna e risulta poco appariscente anche se esposta a luce opportuna; nella parte inferiore dello spazio pettorale osservansi deboli zig-zags grigi poco numerosi e punto appariscenti; penne della porzione inferiore del petto di un nero-bleu e violetto-porporino vivo, la colorazione metallica essendo quasi esclusivamente sviluppata sul bordo ed all’apice delle penne, lo stelo bianco però non in tutta la estensione delle penne e Vol, XXXVIII, i 146 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. non in tutte le medesime, tali penne sono percorse specialmente nella loro parte laterale da numerose macchiette finissime a zig-zags rossa- stri e questi zig-zags sono meno sviluppati che nei vecchi & di Uro- gallus; penne dei fianchi di un bruno-scuro lucente, ma senza riflessi, fittamente percorse da finissimi zig-zags rossigni e grigi sui lati del petto e grigi e rossigni su quelli dell’addome, alcune delle aderenti al basso ventre con una macchia apicale larga bianca, talora irregolare occupando una sola parte di vessillo, tal’altra unicolore o a zig-zags brunastri più o meno fitti ed appariscenti; sui lati del petto predo- minano i zig-zags rossigni, su quelli del ventre i grigi, la parte cen- trale delle penne, che rimane nascosta, dalle susseguenti, è unicolore, ed i zig-zags sono assai più fini che quelli del & vecchio dell’ U/ro- gallus e le macchie bianche sulle ultime penne dei fianchi dell’ ad- dome sono assai meno estese e meno bianche del w Urogallus; ventre di un nero-bruno a deboli riflessi violetti col centro misto a penne in parte bianche, in parte brune a zig-zags bruno-nerastri, la colorazione bianca è meno estesa che non nel & vecchio dell’ Urogallus, fianchi del basso addome bruno-nerastri con zig-zags finissimi cenerognoli e biancastri, più estesi verso l’apice e nel vessillo interno delle penne; basso ventre bianco-grigio colla base delle penne grigio-bruna; ali nello stato di riposo colla loro punta ben di poco sorpassanti la base della coda, esse sono concave, a forma di catino, allargate, arrotondate sul davanti a causa delle remiganti primarie strette ed allungate a foggia di un dito, circa alla loro estremità gli steli sono ricurvi verso l’in- terno, 3.2 e 4.* remigante eguali e le più lunghe, la 1.* molto più corta della 4.8 (di circa 90 mm.), la 2.8 25 mm. più corta della 4.8; larghezza di volo m. 1,07; regione della spalla nella faccia inferiore bianca con tratti e zig-zags nero-bruni verso l’angolo, prevalendo in parte la colorazione bianca, ma nella faccia superiore non vi sono mac- chie bianche sulle spalle; scapolari a zig-zags bruno-neri e rossastri come l Urogallus &, quelle vicine al dorso più cupe, la loro base è unicolore nero-bruna, ma in alcune, specialmente in quelle più aderenti NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 147 al corpo, apparisce come vi fossero macchie o spazi neri sulle stesse penne; alcune delle pit lunghe scapolari hanno uno stretto margine bianchiccio all’apice; le cuopritrici alari eguali alle scapolari, anche qui il centro delle penne verso la base è unicolore e quindi senza zig-zags, ma tale parte unicolore non sempre apparisce, essendo ricoperta dalle penne seguenti, ciò però osservasi in molto minore estensione nel & del- ? Urogallus, ma qui però i zig-zags sono estesi anche nella parte coperta delle penne; nel presente esemplare la colorazione generale dell’ala è molto più cupa che non nel @? Urogallus, i zig-zags finissimi e molto più spessi, le remiganti primarie bruno-marrone con lo stelo dello stesso colore ma un po’ più chiaro, così il vessillo interno delle penne risulta più chiaro, le remiganti secondarie sono bianche fino a metà della loro lunghezza dalla base, ciò che forma una banda bianca che non si vede però sull’ala piegata, all’apice hanno un leggiero margine bianco più sviluppato sul vessillo esterno e la parte più esterna dello stesso ves- sillo è variegata a zig-zags, rossastri e bruno-neri come le scapolari, qualche zig-zag, ma meno regolare e definito, osservasi anche verso l’apice del vessillo interno; l’ala in tutta la sua estensione più che tinte metalliche, ha una forte lucentezza ; cuopritrici inferiori della coda presso il basso addome bianche, poscia nere con macchie bianche all’apice, la colorazione bianca apicale essendo più estesa che non nell’ Vrogallus, le laterali o bianche per intero o con una macchia nera più o meno grande sul vessillo interno e leggeri zig-zags bruni qua e là sulle penne, ma poco apparenti, alcune per intero nere, sicchè la tinta preponde- rante sulle cuopritrici inferiori della coda è la bianca; coda più corta che non nell’ Urogadlus , nell’ibrido mm. 260, nell’ Urogallus mm. 350, nel ¢efr7x mediane mm. 110, esterne mm. 230, non for- cuta, a ventaglio come quello dell’ Vrogal/us, composta di 14 penne (se non ne furono levate), colle due centrali leggermente sì, ma alquanto più corte delle laterali e troncate, cioè coll’apice non arrotondato e la parte finale un po’ smussa della seguente figura IX 3 come colore assomiglia a quella dell’Z7r0ga/lus, nero-lucida con uno 148 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. ‘splendore metallico assai debole e con un leggero margine bianco in ‘una delle due centrali e colorazioni bianche irregolari a macchie ed a spazi nella parte centrale delle penne, colorazioni queste più sviluppate ed estese che non nei o* ordinari di Urogallus; le timoniere stesse poi hanno le colorazioni bianche che si fanno più estese man mano che ‘dalle laterali ci avviciniamo alle centrali, sicchè, tenendo l’animale ri- volto col petto all’osservatore, la prima a sinistra è unicolore con una macchia bianca piccola ed a metà estensione sul vessillo interno, la se- conda ha lo stesso disegno, ma la macchia assai più grande almeno tripla, la terza ha colorazioni bianche anche sull’esterno e man mano aumentano sino a che sulle centrali abbiamo spazi estesi per circa mm. 60; nel ‘lato destro la prima ha macchie bianche estese solo nel vessillo interno, la seconda le tiene anche nell’esterno e così via aumentando sempre la tinta bianca quanto più ci avviciniamo al centro della coda; quest’esem- plare è molto alto sui tarsi e si può calcolare, riguardo la mole dei due progenitori, che essi siano pari a quelli dell’ Uvogallus, pollice debol- mente ricurvo e così il dito mediano, le lunghe scaglie delle dita molto più sviluppate che non in certi individui vecchi di Urogallus, nel dito mediano alcune di esse sono di mm. 5; unghie lunghe e piuttosto ar- cuate; tarsi coperti di penne fino sulle dita e nella parte posteriore il rivestimento è così folto che nasconde il pollice fino alle unghie; come colorito tengono del ¢edr7.v non affatto adulto, specialmente nella gamba sinistra, la destra è più somigliante all’ Uvogadlus ; la gamba sinistra è bianca, le penne nella loro parte inferiore brune, sicche tale tinta ap- parisce qua e là, il tarso in parte del colore della gamba, in parte bruno con zig-zags bianchi, ma leggeri e poco apparenti, qua e là con penne bianche specialmente nella parte laterale e posteriore, la destra è quasi dello stesso colorito, ma la tinta bianca è meno estesa, quella del tarso risulta più unita e la bianca sullo stesso è estesa solo parzialmente alla faccia posteriore; zampe bruno-marrone, unghie nere. La tavola N. 489 del Dresser ! assomiglia al nostro esemplare nei 1 Birds of Europe, vol. VII, tav. 489, pag. 223-32 (1873). } > | lo) NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 149 riflessi del petto e parzialmente in quelli del collo, nelle penne dei fianchi del basso addome, nelle cuopritrici inferiori della coda e parzialmente sulle penne dei tarsi e delle gambe, simile del pari n’é il hecco e lo spazio rosso sull’occhio, ma mancano totalmente i zig-zags, mentre nella diagnosi sono citati. Questo individuo, ottimamente impagliato dal signor V. Dal Nero in atto di camminare, apparisce hen somigliante ad un Gallo cedrone, ma del pari esso tradisce un’origine ibrida al solo fatto dei riflessi violetto- porporini e bleu nella quasi totalità del suo corpo, ma più decisi sul da- vanti del collo e del petto. 206. Zetrao tetrix, Linnaeus, Fagiano di monte, vy. Gal de mon- tagna. Da pochi anni quest’uccello si è fatto raro pella caccia attivissima a cui fu fatto seno. Il Perini io dice raro ed il De Betta asserisce che nidificò a Malcesine. Ora qualche individuo viene ucciso durante 1’ in- verno nei punti più alti ed imboscati della provincia. I signori Dal Nero e Mariacher fanno cenno di un e giovane avuto il 23 novembre 1889 da Belluno Veronese e che fa parte della Collezione Cipolla, un altro venne ucciso dal dott. Bonuzzi nel settembre 1891 sul Monte Baldo nel luogo detto le Pozzette e due al di sopra di Ferrara di Monte Baldo il 28 dicembre 1891, uno nel novembre 1895 nelle vi- cinanze di Tregnago, ed il Conte Cipolla, a merito dei signori Massa- longo, potè averne la testa e le gambe, finalmente io ebbi o e © se- mi-adulti il 12 ottobre 1898 .da Ferrara di Monte Baldo, essi fanno parte della mia Raccolta. Questa specie può ora considerarsi quasi ac- cidentale. 207. Bonasa betulina (Scopoli), Francolino di monte, vy. Francolin. Nel primo lavoro del Perini e in quello del De Betta vien detto che tale specie è meno rara del 7. fetrix, ma nel 1874 il Perini ci as- sicura che ne è più rara, ma che qualche individuo si mostra. Ora si è fatta specie affatto avventizia ; si trova ancora in discreta abbondanza sulle Alpi della Lombardia, del Tirolo-e del Friuli, ma in parecchie località, a causa della caccia sfrenata, è quasi distrutta. 150 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 208. Caccabis saxatilis (Meyer), Coturnice, v. Cotòrno. Piuttosto scarso, stazionario in Provincia. Nella stagione estiva vive e nidifica nei punti più elevati della nostra provincia, durante |’ inverno scende più in basso, ma non si incontra mai nè sulla collina, nè in pianura. I) Caccabis rufa (Linnaeus), Pernice, v. Pernice rossa (#de Perini). Il Perini e sulla sua fede il De Betta hanno elencato questa specie pel Veronese, il primo con quei soliti dati incerti e poco attendibili, che ne ca- ratterizzano troppo spesso le asserzioni. Egli dice che il Lorrè, chirurgo dell’esercito francese, n’ebbe vari che furono inviati al Museo di Parigi e che egli stesso ne ebbe uno da Valpolicella nel 1817, ma talmente guasto da non potersi preparare. È una fatalità quella che incombeva sul Perini, di ricevere una gran parte dei più rari uccelli imprepara- bili!! Noi abbiamo creduto di non elencare tale specie fra le Veronesi. 209. Perdia cinerea, Latham, Starna, v. Pernìse. Specie resasi scarsa sulla nostra provincia. Vive stazionaria e nidifica in collina e nel- l’alta pianura e diviene ogni giorno meno comune nelle campagne basse. 210. Coturnix communis, Bonnaterre, Quaglia, v. Quaja. Specie di doppio passo ed estiva, comune. Arriva dal 15 aprile al 20 maggio, nidifica sparsa per tutta la provincia e riparte dal 25 luglio al 15 ot- tobre. Talora si trova qualche individuo durante I’ inverno, anche quando il terreno è coperto di neve, io stesso ne uccisi nel gennajo 1894 tre individui nelle Valli Veronesi. Conservo nella mia Collezione un esemplare, ucciso nel maggio 1897 a San Massimo, che è una forma intermedia fra la C. communis e la C. capensis, Lichtenstein; lo spazio fra il becco e l’occhio, i lati della testa, il mento, la gola sono di un castagno-vivace misto a bianco, la macchia nera è simile a quella della C. communis. Ho veduto esem- plari consimili a Londra nel Brzsh Museum. Nella mia Raccolta tengo pure un & ad. var. melanica del settembre 1897 da Verona. 1 W. R. Ocirvie-Grant, Cat. of Birds Brit. Mus., XXII, pag. 238 (1893). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. Detti popolari: a) A San Roco (16 agosto) Le quaie le va de troto. 5) Dopo San Roco La quaia dura poco. c) A la Madona (8 settembre) Le quaie le ne sbandona. d) Ano de erba Per le quajare Ano de m... e) Stano l’è suto, st’altro l° è bagna E intanto le quaie le se ne và. 151 211. Otis tarda, Linnaeus, Otarda, v. Otarda. Il Perini ricorda un individuo preso nel 1818 in provincia ed un secondo del 1838 al con- fine col Vicentino; il signor Gemma cita una femmina uccisa circa la metà del febbrajo 1890 a Minerbe e che venne mangiata. È senza dubbio uccello rarissimo ed accidentale, ma riteniamo che di quando in quando qualche esemplare venga ucciso nelle grandi Valli Veronesi e che vada miseramente perduto. 212. Otîs tetrax, Linnaeus, Gallina pratajola, v. Galina prataròla. Specie di comparsa rara, e che di solito si prende nel verno. Il Perini dice che in quindici anni ne ebbe tre esemplari e secondo il De Betta cinque ne avrebbe preparati il Bennati nello spazio di dieci anni. Dal 1879 ad oggi conosciamo le seguenti catture : nO, aero a ad., nozze, 26 aprile 1879, S. Massimo. giov., 25 dicembre 1891, presso Cologna Veneta. giov., 3 dicembre 1891, Povegliano. giov., 14 novembre 1892, Montorio. —, 26 gennajo 1896, Illasi, nella Raccolta conte Cipolia. ad.,28 dicembre 1897, S. Massimo, nella mia Collezione. 152 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. È uccello che compare nel Veneto con maggiore facilità di quanto si ritiene, ed a comprovare ciò ricordo come nella mia Collezione si conservano 14 esemplari colti nella nostra regione in questi ultimi anni, nei mesi di gennajo, febbrajo, aprile, settembre, ottobre, novembre e dicembre, sicchè si potrebbe dire che vi è di doppio passo ed inver- nale, ciò che però non succederebbe tutti gli anni. 213. Glareola pratincola (Linnaeus), Pernice di mare, v. Rondine de mar (/ide Perini). Specie di comparsa rarissima ed accidentale. Tre sono le catture note: — maggio 1837, Veronese, fide Perini. — 5 aprile 1881, Casaleone. 2 ad., 18 maggio 1898, Valle Zerpa, nella mia Collezione. Conservo sette individui presi nel Veneziano e nel Padovano nel aprile 1890 e nel maggio 1895 e 1896, è però specie rara in tutto il Veneto. 214. Cursorius gallieus (Gmelin), Corrione biondo, v. Pivier (/ide Perini). Di comparsa accidentale e rarissima. Due esemplari vennero colti in provincia, l’uno citato dal Perini ucciso nelle pianure sotto- poste a S. Massimo nell’ottobre del 1817, il secondo, una femmina, pure da S. Massimo il 22 novembre del 1879. 215. Oedicnemus scolopax (Gmelin), Occhione, v. Orlìco, Stafièr. Piuttosto comune. Stazionario in numero assai scarso, generalmente specie estiva e di doppio passo. È più facile vederlo durante il maggio nei terreni incolti e sterili dell’alta pianura e lungo le rive ghiajose del- Adige. Nidifica, ma non poche volte il suo nido viene distrutto dalle acque ingrossate dei fiumi. 216. Vanellus capella, Schaeffer, Pavoncella, v. Paonsìna, Zuìga, Suìga. Invernale e di doppio passo, comune. Arriva dal 25 ottobre al 25 novembre e si incontra numerosa nelle grandi Valli e nella Zerpa, come talora se ne uccidono anche nei terreni dell’ alta pianura. Parte dal 25 marzo al 20 aprile. } NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 158 217. Squatarola helvetica (Linnaeus), Squatarola, v. Gambeton (fide Perini). Di passo irregolare, rara. Sarebbe comparsa due volte nell’autunno 1838 e nella primavera del 1843 ed in tutte le due volte sì trattava di individui giovani. Nella mia Collezione havvi un soggetto mas. ad. in abito primave- rile incompleto preso il 2 maggio 1898 nelle Valli di Legnago (Ve- ronese). In esso tutte le parti inferiori fino al basso addome sono fitta- mente cosparse di penne nere, ma se ne osservano anche di bianche, sicchè l’abito di nozze è incompleto. Porta il N. 3268 del Catalogo. La ragione della rarità della Sguazar0la nel Veronese sarebbe da adde- bitarsi al fatto che quest’ uccello è proprio delle paludi salse e delle coste del mare e non :s’interna che raramente nelle paludi dolci, ra- gione per cui è pur rara in Lombardia e nel Piemonte. 218. Charadrius pluvialis, Linnaeus, Piviere, v. Pivièr, Pìvaro. Invernale e di passo, ma’ poco comune. Effettua il passo dal 25 ottobre al 15 novembre e parte dal 10 marzo al 20 aprile. Frequenta le cam- pagne dell'alta e bassa pianura. 219. Zudromias morinellus (Linnaeus), Piviere tortolino, v. Pivièr, P. rosséto, Paonzin. Poco comune. Arriva in agosto e vi resta di so- lito fino ai primi di ottobre, visitando principalmente le praterie dei Lessini e del Monte Baldo, è fatto raro il ritrovarlo nelle campagne basse. Talora si trattiene fino a novembre e nella mia collezione fra altri vi sono due individui colti il 15 novembre 1895 a Buttapietra (alta pianura), e il 5 novembre 1896 a Costa S. Massimo (alta pia- nura), per cui non è improbabile che qualche individuo rimanga più tardi del limite da noi assegnato e sia raramente sì, ma specie in- vernale. Non l abbiamo osservato di primavera. È raro in tutto il Veneto. 220. Aegialitis hiaticula (Linnaeus), Corriere grosso, v. Ocio d’oro crosso; Pivarélla (fide Perini). Piuttosto raro in autunno e rarissimo di primavera, dimodochè dal 1879 ad oggi non abbiamo avuto che un solo soggetto in abito completo di nozze e pochi nell’autunno. 154 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. = 221. Aegialitis curonica (Gmelin), Corriere piccolo, v. Ocio d’oro. Uccello estivo e di passo, ma poco comune. Giunge in fine aprile od ai primi di maggio, riparte in settembre e qualche coppia nidifica lungo le rive ghiajose dell’ Adige. 222. Aegialitis cantiana (Latham), Fratino, v. Ocio d’oro. Piuttosto raro. Si vede di aprile e di agosto e di preferenza nei campi coltivati dell'alta pianura e lungo le rive ghiajose dell’Adige. Crediamo sia di semplice passo e che non nidifichi. 225. Strepsilas interpres (Linnaeus), Voltapietre, v. Voltapière (fide Perini). Specie da ritenersi molto rara ed accidentale. Il Perini cita un solo esemplare preso nel borgo di S. Lucia senza aggiungervi la data di cattura, un secondo, colto 18 giugno 1890 presso S. Giacomo di Tomba neila regione ghiajosa dell’alta pianura, è attualmente nella Col- lezione del conte Cipolla a Verona. È specie rara in tutto il Veneto, ma nell’Estuario compare tutti gli anni specialmente d’agosto e settembre, nella mia Collezione sopra 28 individui conservati, venti provengono dalle provincie di Padova, Treviso e Venezia. È sempre più facile avere individui giovani. 224. Haematopus ostralegus, Linnaeus, Beccaccia di mare, v. Ostre- gàra, Galinaza de mar (fide Perini). Specie rara, di doppio passo, com- parisce di solito nell’aprile, ma non tutti gli anni. Perini dice che po- chissimi sono i soggetti colti in provincia. Noi conosciamo le seguenti catture : o giov., 12 aprile 1890, Lazise. o giov., 12 agosto 1890, Sul lago tra Garda e Lazise. — ad., 25 aprile 1893, Sul lago tra Garda e Lazise. e ad., 18 aprile 1898, Valle Zerpa, nella mia Collezione. Parecchi anni or sono tale specie non era rara nell’ Estuario Veneto e vi nidificava abbastanza frequentemente al pari della Reeurvirostra avocetta e dell’ Himantopus candidus, cid che ora non succede più o almeno molto raramente. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 155 225. Recurvirostra avocetta, Linnaeus, Avocetta, v. Avosetta (fide Perini). Specie molto rara e di comparsa accidentale. Dal 1879 non conosciamo che una sola cattura avvenuta il 10 aprile 1893 nelle grandi Valli Veronesi. Due esemplari colti in provincia sono citati dal Perini. 226. Himantopus candidus, Bonnaterre, Cavalier d’ Italia, v. Sgam- bìrlo (fide Perini e De Betta). A quanto asseriscono gli autori e spe- cialmente il De Betta, in passato quasi ogni anno prendevasi qualche individuo di tale specie nelle parti basse della provincia, ma ora in- vece, e ciò dicasi anche pei tempi del predetto scrittore, si è fatta di passo irregolare e molto rara, si potrebbe anzi dire accidentale. Dal 1879 ad oggi conosciamo hen pochi esemplari colti in provincia, tra questi uno ucciso il 16 maggio 1881 presso Legnago, ed un secondo il 2» maggio 1897 a Casaleone, ora nella raccolta del Dott. Zanetti. A me poi pare impossibile che non si mostri un po’ più frequentemente nelle grandi Valli Veronesi. È singolare la rarità del Cavalier d’Italia nel Veronese, mentre non è così nell’Estuario ed anche entro terra nel Padovano. Nella mia Col- lezione su dodici esemplari conservati, sette sono provenienti dal Ve- neziano, dal Padovano e dal Rodigino e furono colti nei mesi da marzo a maggio e da agosto a ottobre. Vi è anche specie estiva e nidificante, però sempre rara. Conosco catture avvenute nei Pratriarcati di Bovo- lenta, a Giarabassa, in Val Corba, nelle paludi di Piove di Sacco, a Bagnoli ed in altri luoghi del Padovano. 227. Calidris arenaria (Linnaeus), Calidra, v. Biseghin bianco (/ide Perini), Biseghin (#de De Betta). Il Perini nomina tre esemplari avuti in più di trent'anni, due da Legnago e uno sull’Adige. Un individuo giovane venne ucciso in Val Zerpa nel settembre del-1897. Specie ra- rissima e di accidentale comparsa. Io ritengo rara tale specie nel Ve- neto, ed in vari anni ne ebbi ben pochi individui. 228. Limicola platyrhyncha (Temmink), Gambecchio frullino, v. Be- canèla picola (/de Perini). Specie indicata molto rara dal Perini e dal De Betta senza citare alcun fatto in appoggio alla sua comparsa in 156 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. provincia. Poco tempo fa viddi un esemplare che fu colto nelle Valli di Legnago nel settembre 1897. Deve trovarsi. indubbiamente lungo |’ Adige misto alle altre Zréaghe, sempre però quale uccello di com- parsa rara ed irregolare. Nell’ Estuario si può dire comparisca tutti gli anni, ma in modo assai irregolare, sicchè qualche anno si trova in discreta frequenza, in altri è affatto mancante. Nella mia Collezione si conservano diciotto esem- plari colti in Italia, dei quali 14 provengono dal Veneziano, tutti presi nei mesi di agosto e settembre. Di primavera non lo ebbi mai. 229. Arquatella maritima (Gmelin), Piovanello violetto, v. Beca- néla scura (/ide Perini). Il Perini enumera un soggetto preso in pro- vincia nell’ottobre 1853, un secondo sarebbe stato ucciso a Lonigo sui confini col Vicentino nell’anno 1856 e si conserverebbe nella Collezione Carraro. Questa specie è citata pel.Veronese.dal.De Betta sulla fede del Perini. È un uccello puramente accidentale e rarissimo non solo in provincia, ma in tutta la regione italica. 230. Ancylocheilus subarquata (A. J. Giildenstidt), Piovanello, v. Becanèla rossa. Specie poco comune che vedesi di passo in aprile e nell’agosto fino alla fine di settembre, si trova più facilmente dietro le rive ghiajose dell'Adige. Poco comune come stazionario nelle paludi del- l’ Estuario Veneto, non vi nidifica ed è raro nell'inverno; principalmente è uccello di passo in alcuni anni abbondantissimo, in altri affatto scarso. 231. Pelidna alpina (Linnaeus), Piovanello pancia nera, vy. Beca- nèla, Biseghìn. Specie di passo ed invernale, ma poco comune. Arriva in agosto e settembre e riparte in aprile, si trova lungo l’Adige nelle valli e nelle campagne irrigate della pianura. È comunissima nelle valli dell’ Estuario, in alcuni anni il suo numero è straordinario, e si trova principalmente durante le epoche del passo ‘e nell’ inverno, cioè dal 15 agosto al 30 aprile. 232. Actodromas minuta (Leisler), Gambecchio, v. Becanèla picola, Tringhèta picola. Specie scarsa, di passo in settembre ed in primavera dai primi di aprile al 10 maggio. Si trova lungo l’Adige e sul Garda. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. M57 233. Actodromas Temmineki (Leisler), Gambecchio nano, v. Beca- nèla picola, Tringhèta, T. picola. Piuttosto rara. Specie di doppio passo, che ritrovasi più facilmente nel settembre lungo 1’ Adige. 254. Tringa canutus, Linnaeus, Piovanello maggiore, v. Tringa grossa (fide Perini), Tringa (fide De Betta). Il Perini, sulla cui fede elen- chiamo tale specie, enumera due soggetti presi dal 1840 in poi, queste notizie sono però così vaghe da ritenerle per lo meno dubbiose; è specie molto rara anche nell’ Estuario Veneto, ove compare all’epoche del doppio passo, ma in modo affatto irregolare, e talora fu uccisa anche nell’ in- verno. Nella mia Collezione ho sei esemplari colti nel Veneziano, Cre- monese ed Ancona, quindi non ritengo difficile che possa farsi vedere anche nella nostra Provincia. 250. Machetes pugnax (Linnaeus), Gambetta, v. Gambeton. Non comune. Di passo in ottobre e novembre ed in aprile. Si trova più facilmente nelle grandi Valli Veronesi ed in Zerpa. Dal 1879 ad oggi nessun esemplare in abito di nozze ci fu dato di osservare in Provincia. 256. Tringoides hypoleceus (Linnaeus), Piro-piro piccolo, v. Beca- nèla d’ aqua. Specie estiva e di passo. Comune. Arriva in aprile e ri- parte in agosto e settembre, nidificando lungo le rive dell'Adige e spe- cialmente sulle sponde ghiajose e brulle. 237. Helodromas ochropus (Linnaeus), Piro-piro culbianco, v. Cul- bianco d’aqua. Specie piuttosto rara, essenzialmente di passo, in aprile lungo le rive dell'Adige ed in autunno nelle parti basse e paludose della Provincia. Il Perini ha citata la nidificazione del Piro-piro culbianco nel Vero- nese, ma il coloro che egli dà delle uova non corrisponde al vero, e quindi dubitiamo di tale asserzione. 238. Zotanus glareola (Gmelin), Piro-piro boschereccio, v. Cul bianco d’aqua. Non è comune. Dal maggio all’ottohre trovasi qualche coppia lungo i piccoli corsi d’acqua che irrigano le campagne dell'alta pianura, ove anche nidifica. Ma è più frequente come uccello di doppio passo nel maggio e da settembre a ottobre. 158 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 239. Zotanus fuscus (Linnaeus), Totano ‘moro, v. Gambetòn. Specie piuttosto rara, di doppio passo ed invernale. Sono specialmente rari gl’individui in abito completo di nozze. Uno colto in Valle Zerpa il 19 maggio del 1898 è nella mia Collezione, esso però non è completo, tenendo qualche penna ancor bianca sull’addome e sui fianchi. 240. Totanus calidris (Linnaeus), Pettegola, v. Gambeton griso, Pipi. Non è comune, di semplice passo ed invernale. Nell’aprile e nell’ottobre si trova non raramente nelle grandi Valli Veronesi e nella Zerpa. È la specie più abbondante del genere neil’ Estuario, ove è stazionaria e nidificante. 241. Totanus stagnatilis, Bechstein, Piro-piro gambe lunghe, v. Gam- betòn. Di comparsa rarissima ed accidentale, conosciamo una sola cat- tura colla data 25 aprile 1886 avvenuta nella Valle di Zerpa. È pure specie molto rara nell’Estuario, mentre una volta, a quel che pare, lo era meno. Nella mia Collezione conservo cinque esemplari avuti dal Veneziano e dal Vicentino nei mesi di aprile e maggio. 242. Totanus glottis, Linnaeus, Pantana, v. Gambeton. Piuttosto raro, di doppio passo in aprile e settembre, ma se ne trova però qualche esemplare in ogni stagione, non credo nidifichi. Uno colto il 20 set- tembre 1884 nelle vicinanze di Porta S. Pancrazio si conserva nella Raccolta Cipolla a Verona. i 243. Terekia cinerea (Gildenstidt), Terechia, v.? Il signor Camillo Dal Fiume nel suo lavoro sugli Uccelli del Polesine dice: « Nelle Valli Veronesi del comune di Castagnaro lungo l’argine della fossa maestra nell'ottobre del 1875 fu uccisa una Zere/za cinerea (Gùld.) che 10 ebbi, ma non fu conservata. Questa sarebbe l’unica cattura registrata pel Veneto. » Conoscendo quale esatto e coscienzioso osservatore sia il signor Dal Fiume non ho esitato ad includere la 7e:e/:2a pel Veronese : abbenchè sia specie accidentale e rarissima in tutta la Regione Italica e finora nuova pel Veneto. 244. Limosa belgica (Gmelin), Pittima reale, v. Gambeton rosso. Tranne che nelle Valli Veronesi dove trovasi abbastanza facilmente, NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 159 x questa specie è rara nel rimanente della provincia ed osservata sol- tanto alle epoche del passo. Dal 1879 ad oggi registrammo le seguenti catture: — 21 aprile 1888, S. Massimo, presso il signor Battagisio di Verona. — 17 aprile 1892, Casaleone, presso il dott. Zanetti di Casaleone. — 5 agosto 1896, Cerea, Collezione conte Cipolla. 245. Limosa lapponica, Linnaeus, Pittima minore, v. Gambetòn. Specie molto rara anche secondo le osservazioni del Perini e del De Betta. Un esemplare ucciso in Val Zerpa il 25 aprile 1896 è nella Raccolta Cipolla. Compare talora anche di autunno, ma affatto irrego- larmente. Nella mia Collezione vi sono dieci esemplari colti sul Veneziano, tutti dell’autunno. Il Perini ed il De Betta hanno citato la Z. Meyeri come uccello rarissimo in Provincia. Tale nome secondo gli Autori va ascritto fra i sinonimi della Z. rufa e così quanto ad essa si riferisce, ma il Giglioli invece dice che la Z. Meyeri del Perini va riferita alla L. belgica, comunque sia, essa deve cancellarsi dal novero delle buone specie. 246. Numenius arquata (Linnaeus), Chiurlo maggiore, v. Arcaza grande, Arcàsa grande. È poco comune, di passo ed invernale, giunge in ottobre e novembre, ripartendo nell’aprile. Si trova nelle Valli, sul Lago e lungo l'Adige. 247. Numenius tenwirostris, Vieillot, Chiurlotello, v.? Arcàsa pi- cola, Arcàza picola, Arcazèta. È la specie più rara del genere pel Ve- ronese ed anche pel Veneto. Perini dice che fu presa in provincia tre volte, l’ultima delle quali nel gennaio 1856. Il 159 aprile del 1897 ne fu ucciso un individuo presso Legnago, l’unico, che noi conosciamo, colto di recente in Provincia. Erroneo poi è l’asserto del Perini che questa specie sia comune nelle lagune ve- 160 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. nete, ove è invece di comparsa assai irregolare e rara. Su quattordici esemplari conservati nella mia Raccolta quattro soli sono Veneti. 248. Numenius phaeopus (Linnaeus), Chiurlo piccolo, v. Arcàza picola, Arcazèta. Piuttosto raro, di passo primaverile ed autunnale, in alcuni anni la sua comparsa è più abbondante, come nell’aprile 1893, nella quale epoca molti ne furono uccisi lungo le rive del Garda presso Pacengo, sulle rive ghiaiose dell'Adige e nelle grandi Valli Veronesi. 249. Scolopax rusticula, Linnaeus, Beccaccia, v. Galinàzza, Gali- nàssa, G. falchetina, Pipòna. Stazionaria in iscarso numero, comune quale invernale, ma specialmente ‘di passo dal 15 ottobre al 30 no- novembre e dal 15 febbraio al 15 aprile. Se l’autunno è piovoso, più abbondante è il passaggio delle Beccaccie, molte allora si trattengono nei boschi del Baldo e dei Lessini, scarseggiano invece quando vi è sic- cità. Nel 1891 il detto passaggio fu eccezionale, le prime furono uccise nella 2.* quindicina di settembre, ma il grosso apparve nella 2.8 quin- dicina di ottobre fino ai primi di novembre. Nella mia Collezione con- servo le uova di tale specie raccolte a Ferrara di Monte Baldo nel giugno 1896, esse erano da tempo incubate. Detto popolare: Se l’autunno el sarà bagnà Le galinàsse le se fermarà. 250. Gallinago major (Gmelin), Croccolone, v. Ciochèta. Piuttosto rara e solo di doppio passo. Qualche esemplare si uccide nelle Valli e nelle località basse nei mesi di aprile, di ottobre e novembre, però nell’autunno è meno frequente. 251. Gallinago caelestis (Frenzel), Beccaccino, v. Becandto. Comune specialmente quale specie di passo ed anche durante l'inverno. Arriva dal 1.° agosto al 30 novembre e riparte dal 15 febbraio al 20 marzo. Si trova ovunque nelle risaie, nelle basse pianure e nelle Valli. Detti popolari : a) Se no te me copi in agosto Disi che i m’ a magnà a rosto. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 161 b) Se no tel copi in agosto Disi ch’el hecanòto i l’à magnà a rosto. c) Quando el vento el ne ingiassa el muso El becanòto el ne dà suso. Il G. Brehmi, Kaup citato dal Perini e dal De Betta quale specie Veronese è una varietà a 16 timoniere del G. caelestis, quindi tale supposta specie e quanto ad essa si riferisce deve essere riportato al comune Beccaccino. 252. Limnocryptes gallinula (Linnaeus), Frullino, v. Vecéta, Be- canéla, Striéta. Poco comune. Di passo ed invernale. Arriva in otto- bre, riparte dal 15 aprile al 15 maggio. Si trova nei luoghi paludosi ed in Val Zerpa. 253. Rallus aquaticus, Linnaeus, Porciglione, v. Squarziàna, For- zàna, Forsàna. Comune. Stazionaria, ma più comune e abbondante du- rante l’inverno ed alle epoche del passo. Arriva dal 20 ottobre al 15 novembre, riparte nell’aprile, e qualche coppia nidifica nelle grandi Valli Veronesi e nella Zerpa, per cui potrebbe includersi fra le specie stazionarie. 254. Cres pratensis, Bechstein, Re di quaglie, v. Requàjo. Comune, di passo ed estivo. Arriva in aprile e riparte da settembre a metà ot- tobre, ma qualche individuo si ritrova fino ai primi di dicembre e po- che coppie nidificano nei prati naturali dei Monti Lessini. Talora il passo di tale specie è copioso come accadde nell’autunno 1890. ! 259. Porzana fulicula (Scopoli), Voltolino, v. Gerardina, Girar- dina. Estiva e di passo, comune, in alcuni anni abbondantissima. Ar- riva in aprile e ripassa dal 15 agosto al 15 settembre. Qualche coppia nidifica nelle nostre risaie, ma più frequentemente nelle Valli Vero- nesi.e nella Zerpa. Talora qualche individuo isolato si trova durante l’inverno, ma è cosa rara. Detti popolari : 1 Dat Nero, Boll. Agr. Veron., pag. 163 (1892). Vol. XXXVIII. 11 462 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. a) Quando el riso el mete la spiga La gerardina la se ne intriga. b) Quando el riso el vien tajà La gerardìna la se ne và. 256. Porsana Bailloni (Vieillot), Schiribilla grigiata, v. Pava- lierin, Pavalarin, P. griso, Cavalierìn, Gugelmin, Punzelin. Specie di passo ed estiva, poco comune. D’arrivo in marzo e di partenza in set- tembre e ottobre. Abita le parti basse e paludose della Provincia, la Valle Zerpa e le rive del Garda. Qualche coppia nidifica. 257. Porzana parva (Scopoli), Schiribilla, v. i nomi della P. Baz2- lonî. Specie di passo ed estiva, poco comune. Di arrivo in aprile e di partenza in ottobre. Vive nelle località paludose, nelle grandi Valli Veronesi e nella Zerpa, ove qualche coppia nidifica. È meno abbon- dante nel ripasso autunnale. 208. Gallinula chloropus (Linnaeus), Gallinella d’acqua, v. Girà- tola, Viatàra. Poco comune quale specie stazionaria, più frequente come estiva e di passo. Arriva dal 25 marzo al 5 aprile e riparte dall’agosto al settembre, nidifica nelle località ricche di acqua, nelle grandi Valli Veronesi e nella Zerpa. 299. Fulica atra, Linnaeus, Folaga, v. Folega. Comune principal- mente nell’ inverno, ed alle epoche del passo, poche coppie nidificano. Arriva in ottobre e riparte dal 1.° marzo al 15 di aprile. Frequenta il Lago di Garda e le grandi Valli Veronesi e di Zerpa. 260. Grus communis, Bechstein, Gru, v. Grùa. Specie molto rara e di passo irregolare. Un esemplare fu colto il 7 aprile 1879 nel distretto di Sanguinetto, è il solo che ci è noto di recente ucciso in Provincia: crediamo però che passi quasi regolarmente, ma a rilevante altezza e senza fermarsi, come succede in altre parti del Veneto. Nelle srandi Valli del Veneziano nidifica ed è di passo quasi regolare, seb- bene non sia facile il procurarsene e debba considerarsi quale uc- cello raro. be! NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 16: Si 261. Ardea cinerea, Linnaeus, Airone cenerino, v. Sgarzo zenerìn. Stazionaria, ma scarsa in ogni stagione. È di passo in agosto ed in aprile. Qualche coppia annida sugli alti alberi nelle grandi Valli Ve- ronesi, nella Zerpa e nel Bosco del Grezzan, si trova più abbondante nell’ inverno. 262. Ardea purpurea, Linnaeus, Airone rosso, v. Sgarzo rosso. Estiva, abbastanza comune. Arriva dal 10 aprile al 10 maggio e parte in settembre. Nidifica nelle grandi Valli Veronesi ed in Zerpa. Nel hosco del Grezzan esiste una Aironiera composta di circa 20 coppie ed io conservo nella mia Collezione due nidiacei appena atti a volare, da me raccolti colà il 16 luglio 1897. 269. Herodias alba (Linnaeus), Airone bianco, v. Sgarzo bianco. Specie di comparsa irregolare nell’inverno e molto rara. Il 14 dicem- bre 1888 il Dal Nero ne ebbe due magnifici esemplari dalla Valle Zerpa, uno si conserva nel Gabinetto della R. Scuola Tecnica Sammi- cheli di Verona, l’altro in una famiglia privata. Il giorno 19 ottobre 1891 fu ucciso un # di questa specie presso Ostiglia, che è posse- duto da un signore del luogo, ed un » ad. in abito d’inverno il 29 dicembre 1892 presso Casaleone, finalmente un individuo è nella Col- lezione Cipolla. Talora nella fredda stagione se ne ritrova qualche sog- setto nella Zerpa e nelle grandi Valli Veronesi. 264. Herodias garzetta (Linnaeus), Garzetta, v. Sgarzéta, Sgarzo bianco, S. picolo. Compare più di tutto in primavera, ma è molto rara e di passo irregolare. Abbiamo notizia di una uccisa dal signor conte Gaster il 25 maggio 1879 nelle grandi Valli Veronesi, un’altra del maggio 1898 colta nella stessa località è nella mia Collezione. Il Dal Nero mi dice che vari ne osservò nell’agosto del 1887 sulle rive dell'Adige nelle vicinanze di S. Michele. Il De Betta la nota come più rara della precedente, asserto che mi sembra poco attendibile. 269. Ardeola ralloides (Scopoli), Sgarza ciuffetto, v. Sgarza bionda. Piuttosto rara, di doppio passo, ma non tutti gli anni egualmente di- stribuita; ne viene ucciso qualche esemplare nei luoghi paludosi ed 164 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. in riva al Lago nei mesi di aprile e maggio, d’autunno è molto più rara. Ha nidificato al Grezzan nel bosco Canossa. 266. Ardetta minuta (Linnaeus), Tarabusino, v. Sgarzéta picola, Trentacòste, Trentòsso. Uccello estivo e di doppio passo, comune nei luoghi paludosi. Arriva dal 20 aprile al 15 maggio e riparte dal 10 agosto al 15 ottobre. Varie coppie nidificano nelle risaie e nelle Valli. 267. Botaurus stellaris (Linnaeus), Tarabuso, v. Tarabèl, Tara- hùso, Sgarzo. Stazionario, ma più comune nell'inverno ed alle epoche del passo. Arriva dal 10 novembre al 25 dicembre e parte dal 15 febbraio al 10 marzo. Parecchie coppie vivono stazionarie nelle grandi Valli e nella Zerpa, ove nidificano. 268. Nycticorax griseus (Linnaeus), Nitticora, v. Sgarzo zenerìn, Sgarzo dal penàcio, Airòn. Di doppio passo piuttosto irregolare, non frequente. Qualche individuo si prende nei mesi di aprile e maggio nelle Valli e lungo le rive del Lago di Garda. Rarissimo è nell’ au- tunno. Ha nidificato al Grezzan nel bosco del marchese di Canossa. 269. Ciconia alba, Bechstein, Cicogna bianca, v. Sicògna bianca. Specie rara, compare irregolarmente e non tutti gli anni, di solito nel l'aprile e maggio, assai più raramente in autunno. Dal 1879 al 1898 conosciamo dieci catture sopra circa trenta esemplari comparsi e tutti nelle parti basse, tranne una in località montuosa presso Bosco-Chie- sanuova il 23 aprile 1888, finalmente il signor Gemma citò un esem- plare dell'agosto 1891 ucciso presso Minerbe da un contadino e poi mangiato. È specie rara in tutto il Veneto. 270. Ciconia migra (Linnaeus), Cicogna nera, v. Sicògna, S. nera. Più rara della precedente, sicchè può ritenersi di comparsa accidentale. Cinque esemplari avuti nello spazio di oltre trent'anni sono ricordati dal Perini. Ci sono note quattro catture: giov., ottobre 1884, presso Desenzano, nel Museo di Desenzano. giov., 12 luglio 1890, Povegliano, nella Collezione Cipolla. o giov., 16 settembre 1892, Buttapietra, nella Collezione Cipolla. — 26 agosto 1894, Buttapietra. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 165 — 20 agosto 1896, Buttapietra, nella Collezione Dal Fiume a Badia Polesine. 271. Plegadis falcinellus (Linnaeus), Mignattajo, v. Arcasa rossa; A. verde, Sanguettàr (fide Perini e De Betta). Specie di doppio passo, però rara ed affatto irregolare nelle sue apparizioni. Il De Betta dice che fu presa in parecchie località come Pescantina, Bussolengo, Pa- rona, Zevio e Legnago, ed il Perini dubitò della sua nidificazione su di un giovane esemplare avuto il 15 agosto 1863, se ciò succede, deve essere cosa affatto avventizia. È più difficile trovarne d’autunno; il Perini ne ebbe uno il 9 ottobre 1840 dal Garda, e due dell’ ot- tobre 1888 colti a Sanguinetto si conservano nella Collezione del si- enor Zanetti a Casaleone. È rara in tutto il Veneto. 272. Platalea leucorodia, Linnaeus, Spatola, v. Spàtola, Becopa- loto. Di comparsa accidentale e rarissima. Il Perini ed il De Betta citano un solo esemplare avuto da Legnago nel 1837. Il 26 novembre 1879 fu ucciso un individuo nelle vicinanze d’ Isola della Scala ed un secondo lungo l’Adige nei pressi di Albaredo nel settembre 1897. È specie molto rara in tutto il Veneto. 273. Phoenicopterus roseus, Pallas, Fenicottero, v.? Questa specie non si trova elencata pel Veronese nè dal Perini, nè dal De Betta, solo il Volta la cita fra quelle vedute sul Garda, ma troppo vago è il suo asserto per poterlo prendere in considerazione. Recentemente il Dal Nero ed il Cipolla hanno fatto menzione di tre catture avvenute sul nostro territorio nell’estate del 1891. Esse sono: © giov., 10 agosto 1891, uccisa tra Peschiera e Pacengo, nella Collezione Cipolla. © giov., 12 agosto 1891, uccisa tra Desenzano e Peschiera, nella Collezione del Collegio di Desenzano. o giov., 15 agosto 1891, ucciso nelle vicinanze di Lazise, presso il sig. Ferrari di Trento. Tutti e tre vestono l’abito grigio del giovani. 166 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. x Il Fenicottero è specie accidentale in tutta la regione italica, spe- cialmente rara nella parte settentrionale della penisola; in Sardegna invece è uccello invernale ed abbondante. Nel Veneto consta preso tre volte nel Veronese, una nel Rodigino (Dal Fiume), una nel Padovano (Arrigoni degli Oddi) e sette nel Veneziano, cioè 13 maggio 1792 fide Olivi; circa il 1803 fide Naccari; giov. 1835 fide Ninni; 5 set- tembre 1885 jide Trois; e tre adulti che fanno parte della mia Col- lezione colle seguenti date o ad., 18 aprile 1890; o ad. 1 marzo 1896 e & ad., 22 ottobre 1896, il primo da Valle Zappa, gli altri due da Tre Porti e Caorle. 274. Anser cinereus, Meyer, Oca selvatica, v. Oco marin grosso, (fide Perini e De Betta). Specie di passo irregolare e molto rara, che compare sul lago più facilmente di primavera. Anche il Perini ed il De Betta la dicono rara. Un individuo preso nel marzo 1895 a Ronco Adige è nella mia Collezione. 275. Anser segetum (Gmelin), Oca granajola, v. Oco marin. Poco comune, invernale e di passo, il quale avviene dal 20 febbraio al 15 marzo e dal 10 novembre al 20 dicembre. A queste epoche e nel- l'inverno s'incontra qualche individuo nelle campagne dell’alta e bassa pianura e nei siti paludosi. Detti popolari: Per San Martin (11 novembre) Se copa l’oco marin. A San Martin Se spina el vin E se pela loco marin. 276. Anser albifrons (Scopoli), Oca lombardella, v. Oco marin da la testa bianca (fde Perini, De Betta). Specie di comparsa invernale molto rara e puramente accidentale. Tre soggetti sono notati dagli autori, e sono: NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 167 — gennaio 1846, Lago di Garda, fide Perini. — dicembre 1858, Lago di Garda, fide Perini. — senza data, Isola della Scala, fide De Betta su asserto del sig. Bennati. 277. Branta bernicla (Linnaeus), Oca colombaccio, v. Ochéta (fide Perini), Ochèto (fide De Betta). Accidentale e rarissima. Il Perini ri- corda un individuo colto a Bovolone il 24 dicembre 1850. È molto rara anche nell’ Estuario. 278. Cygnus olor (Gmelin), Cigno reale, v. Signo, Cigno. Acciden- tale e molto raro. Il solo esemplare colto nel Veronese, a nostra co- noscenza, si conserva nella mia Collezione sotto il N. 2241. È una 2 giovane colta ad Albaredo (sul fiume Adige, parte bassa Veronese) il 18 marzo 1897. Questo esemplare è ancora rivestito in parte del- l’abito giovanile, tiene la testa, il collo e le ali con sfumature castagne, il ventre è di un cenere chiaro. Da due giorni gli davano la caccia, ma si teneva sempre fuori della portata del fucile. Questa specie non è citata nè dal Perini, nè dal De Betta. 279. Cygnus musicus, Bechstein, Cigno selvatico, v. Cigno, Signo. Specie di comparsa accidentale durante l’inverno e molto rara. Il Pe- rini cita tre individui colti nel febbraio del 1838 e del 1844, otto comparsi nel gennaio 1861 nelle risaie di S. Bonifacio, nessuno dei quali venne ucciso, due del gennaio 1862, questi furono dapprima citati dal De Betta ed uno colla data 15 gennaio 1862 è nella sua Collezione. Finalmente il 20 gennaio 1891 ne furono presi tre sul Lago di Garda, nelle vicinanze di Pergolana di Lazise. Due di questi rimasero in possesso del Conte Fratta e una femmina ad. passò nella Collezione Cipolla, da ultimo io ebbi pella mia Raccolta un & giovane ucciso il 3 gennaio 1899 nelle Valli di Legnago, mentre era in com- pagnia di altri due che poterono sfuggire. i 280. Zadorna cornuta (S. G. Gmelin), Volpoca, v. Anara rossa, Anaròn. Di accidentale apparizione durante l’inverno, rarissima. Il solo 168 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. soggetto che conosciamo preso in provincia dal 1879 ad oggi fu uc- ciso il 10 gennaio 1895 nella Valle Zerpa, era una £ e si conserva presso il sig. Bassani di Verona. Il Perini ed il De Betta citano sei esemplari comparsi nel 1817 e nel 1859. La Volpoca è rara in tutto il Veneto, si trova con più facilità nell’Estuario, quantunque sia da ascriversi tra le specie di passo irregolare. 281. Anas boscas, Linnaeus, Germano, v. Anara salvadega, Ani- tra sisòna, Sisòn. Comune, specialmente quale specie di passo ed an- che invernale, poche coppie nidificano sul Garda e nelle Valli, sicchè è anche specie stazionaria, come lo è in tutte le estese paludi del Veneto. Il passo ha luogo dal 10 novembre al 20 dicembre e dal 15 febbraio al 10 marzo, però non pochi arrivano. già nel settembre. Sembra che un tempo si combinassero + contratti di posteggio per la caccia in Valle il giorno di S. Gallo, difatti esistono in proposito tre detti popolari, cioé: a) A San Gal (16 ottobre) I contrati in Val. 5) A San Gal (16 ottobre) Scominzia la Cassa in Val. c) A San Gal (16 ottobre) L’anara in Val. e citiamo altri detti in questione: d) A San Valentin (14 febbraio) Parte l’anara, ne resta l’anarin. e) A Santa Catarina (25 novembre) La Cassa in Val La se fà fina. 282. Chaulelasmus streperus (Linnaeus), Canapiglia, v. Mezàn, Pi- gnòla. Specie poco comune, invernale e di passo. Più facilmente ne NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 169 vengono uccise nella Valle di Zerpa e sul Lago di Garda nei mesi di dicembre ed aprile. È uccello poco abbondante anche nell’Estuario, ove si fa vedere da agosto fino in aprile; in passato un sol cacciatore ne poteva uccidere anche una cinquantina in un giorno, ora tale specie è molto più scarsa. È assai più facile procurarsi individui o* che non £, nella mia Collezione su venticinque esemplari conservati, quattro soltanto sono femmine. Le Canapiglie volano a modo dei Codoni, fa- cendo leggiere ondulazioni, a vederle somigliano anche alquanto ai Ger- mani, gridano sovente cheeeek:, cheeeek con suono molto nasale ed aspi- rato, sicchè il nome di strepera è ben poco a proposito. La sua carne è considerata la più saporita fra le Anitre. 283. Mareca penelope (Linnaeus), Fischione, v. Campanàto, Cidsso. Specie invernale e di passo, comune. Arriva dal 25 ottobre al 25 no- vembre e parte dal 10 marzo al 25 aprile. Frequenta le Valli, il Lago e l’Adige. È una delle specie più comuni dell’Estuario, ove anche ni- difica, ma raramente. 284. Dafila acuta (Linnaeus), Codone, v. Forhesòn. Specie inver- nale e di passo, comune. Arriva nel novembre e riparte dal 15 marzo al 15 aprile. Frequenta le Valli, il Lago ed il fiume Adige. È comune nell’Estuario, ma non vi nidifica; nel maggio se ne trova ancora qual- che individuo isolato, ma in generale sono tutti maschi. 285. Spatula clypeata (Linnaeus), Mestolone, v. Palòto, Osel del fredo. Uccello invernale e di passo, comune. Arriva ai primi di di- cembre e parte in fine di marzo od ai primi di aprile; frequenta le località della precedente specie, ma s’interna con più facilità nei canneti. Con più el fredo el struca Più palòti se copa. 286. Querquedula crecca (Linnaeus), Alzavola, v. Anarìn, Mazorin, Crécola, Sarségna. Specie comune alle epoche del passo e nell’inverno. Qualche coppia rimane stazionaria e nidifica. Arriva dal 15 ottobre al 15 novembre, riparte nel marzo. È comune in tutto il Veneto. 170 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. Detto popolare : Per San Valentin (14 febbraio) Finisce l’anara E resta el mazorìn. 287. Querquedula circia (Linnaeus), Marzajola, v. Sarségna, Ro- chèto, Mazorin, Sarganèl. Secondo il Perini questa specie arriverebbe nel gennaio, ripartendo in fine di marzo e nell’aprile, ciò che è erroneo; la Marzajola arriva in tutta la regione Veneta nel marzo, qualche anno se ne trovano pochi individui anche nel febbraio, ma sono casi affatto isolati, come talora si uccide nel verno, ciò che succede molto di rado. Pel Veronese il passo della Querquedula circia ha luogo dai primi x di marzo al 25 aprile ed allora è comune, poche coppie nidificano in località adatte ed il ripasso autunnale è sensibilmente più scarso del primaverile. È opinione generale che tale specie sia rara o quasi durante il passo autunnale, cosa che io ho riscontrata priva di fondamento. Ritengo che la Marzajola, vez siti adatti, cioè nelle grandi paludi, sia comune da agosto fino a metà settembre, ed io ricordo che il 18 agosto 1895 ne uccisi una sessantina su cento e venti anitre predate in quel giorno nelle grandi Valli del Po (Rovigo), come il 20 agosto 1897 ne presi quaranta su una caccia complessiva di circa cento anitre nella stessa località. Credo che la ragione della loro creduta rarità stia nel fatto dei grandi calori di quei mesi che consigliano poco la caccia, nel ri- trovarsi esse in abbondanza solo nei siti lontani come nelle Valli dolci del Po, lo scarseggiare nell’ Estuario Veneto, uno dei luoghi ornitolo- gicamente meglio noti d’ Italia, e ciò perchè l’acqua delle lagune è salsa e le Marzajole amano starsene nelle acque dolci o salmastre, infine il fatto che a quell’epoca esse rivestono ancora I’ abito estivo, dimodochè, qualora non si osservi il colore dello specchio dell’ala, fa- cilmente si possono confondere colla precedente specie. Concretando, anch’io sono d’opinione che durante il passo primaverile questa specie NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 171 sia più uniformemente distribuita ed abbondante, ma ritengo del pari, sui dati che enunciai, che anche durante l’ autunnale essa sia discre- tamente abbondante, se cercata nelle adatte località, cioè nelle paludi di larga estensione. El giorno de San Valentin (14 febbraio) Se copa el primo Rochetìn. Ritengo che questo detto popolare non indichi strettamente che alla metà di febbraio si uccide la prima Marzajola, ma più che tutto che intorno a quell'epoca incominciano i passaggi di anitre e quindi anche la stagione favorevole per la caccia. 288. Callichen rufinus (Pallas), Fistione turco, v. Anara rossa; Anara indiana, Caordsso (fide Perini, De Betta). Specie accidentale e molto rara. L'unico esemplare comparso, a nostra conoscenza, dal 187! ad oggi, è quello ucciso sul Garda dal sig. Conte Fratta presso Pe- schiera il 10 aprile 1888 e che conservasi nella sua Collezione. Il Perini dice che tale specie compare tutti gli anni nei mesi di gennaio e febbraio nelle parti del Garda ove le acque sono più limpide e che alcuni individui vi si trattengono fino a maggio. Il De Betta ripetè tali erronee indicazioni. È specie rara ed accidentale in quasi tutta la regione italiana settentrionale ; nella mia Collezione, su quattordici esem- plari conservati, quattro provengono dal Veneziano, quattro dalla Lom- bardia e due dal Piemonte. Nell’ Estuario è uccello raro che compari- sce irregolarmente da novembre ad aprile. Tutti gli anni, si può dire, se ne uccide qualche individuo negli spazi più aperti e più profondi della laguna e del mare. 289. Nyroca africana (Gmelin), Moretta tabaccata, v. Anara, Anara bastàrda. È poco comune durante il passo, meno frequente quale uc- cello invernale. Si trova con più facilità durante i mesi di marzo ed aprile sul Lago e nelle Valli. Ama le ‘acque dolci ed è uccello gene- ralmente poco abbondante anche nell’Estuario, nidifica nelle grandi Valli del Po, ove in alcune località è numeroso, ed io stesso ne uccisi pa- 2 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. recchi nei mesi di agosto, settembre e novembre. Se ne sta special mente nelle Valli fornite di canna molto alta. 290. Fuligula cristata (Leach), Moretta, v. Garavèla, Varnòla (/ide Perini e De Betta); Anara dal ciùfo, Morèta. Uccello frequente nel l’inverno e durante le epoche del passo. Arriva in novembre e riparte in aprile, è comune sul Garda, ma più abbondante nelle Valli. Non nidifica. È comune in tutto il Veneto nei luoghi adatti e quando il freddo è intenso compare nei fiumi, anche vicino le città e le case. Il suo grido è un cheoch, cheoch, pronunciato a hocca piena strisciando o quasi elidendo la e e con voce bassa e grossa. 291. Fuligula marila (Linnaeus), Moretta grigia, v. Moreton. Spe- cie invernale e di passo, ma rara e rarissima negli adulti. Durante il verno qualche esemplare giovane si uccide quasi tutti gli anni nelle Valli e sul Garda. È piuttosto rara nelle stesse Valli dell’Estuario, ove però tutti gli anni compare, e più facilmente quando i congeneri sono molto abbondanti. Generalmente anche là si uccidono esemplari giovani. Ama le acque profonde e chiare, ricche di alghe. Nella mia Collezione vi sono ven- tinove esemplari italiani, di cui dieci adulti, presi dal novembre a marzo. Diciassette di essi sono Veneti, gli altri hanno le seguenti pro- venienze: Cremona, Torino, Nervi, Isola d’ Elba, Lucca, Roma, Barletta, Bari, Calabria, Catania ed Oristano. 292. Aethyia ferina (Linnaeus), Moriglione, v. Mezàn, Caordsso; Zeneréngo (fide Perini e De Betta). Uccello comune durante l’inverno ed alle epoche del passo sul Lago, nelle Valli e lungo l’Adige nelle vicinanze di Zevio. Arriva in novembre e riparte nel marzo. Nell’Estuario è specie abbondante, d’arrivo al 15 settembre, ma se ne uccidono anche in. agosto. Non nidifica, ed in aprile sono tutti partiti. 295. Clangula glaucion (Linnaeus), Quattrocchi, v. Campanàto, Quatroci, Specie invernale e di passo. Arriva in novembre e riparte dai primi di marzo al 15 aprile. I giovani sono comuni nelle acque NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 173 del Garda, sull’Adige e nelle Valli, mentre rari sono gli adulti in per- fetto abito di & e dal 1879 ad oggi ci sono note quattro catture, di cui due presi il 1° dicembre 1890 in Val Zerpa, uno il 26 dicembre 1892 sul Mincio e l’ultimo ucciso nel dicembre 1896 presso Zevio. Riguardo le femmine adulte non abbiamo sicure notizie, giacchè esse si confondono coi giovani. È specie comune nell’Estuario, meno abbondanti sono i & adulti. 294. Harelda glacialis (Linnaeus), Moretta codona, v. Anara, Me- zan; Anarina bianca, Anara forestiera (/ide Perini). Specie molto rara ed accidentale. Qualche individuo giovane viene ucciso a lunghi inter- valli nelle nostre Valli, e più di rado sul Garda durante la stagione invernale. Tanto il Perini che il De Betta dicono che è specie raris- sima, che compare ogni cinque o sel anni e che gli individui adulti non si fecero mai vedere. La ragione della grande rarità dell’ Harelda glacialis nel Veronese va ricercata nel fatto che questo, almeno in Italia, è un uccello che abita essenzialmente il mare e l’aperta laguna. Come giovane non è molto raro nella laguna Veneta e qualche indivi- duo compare tutti gli anni, specialmente di autunno, talora si hanno abbondanti incursioni come nel 1887 e nel 1895; nell’abito di & ad. in piumaggio brillante vi è assai più raro e pochi sono gli esemplari conservati nelle Collezioni. Io posseggo nella mia raccolta diciassette Horeldae Italiane, delle quali dodici provengono dal nostro Estuario. m) Somateria mollissima (Linnaeus), Edredone, v. Anaròn fore- stier (fide Perini). Questa specie fu annoverata fra gli uccelli del Ve- ronese dal Perini su di un individuo che egli ebbe dal Bonomi di Torino e che faceva parte della Raccolta del sig. Althammer di Ro- vereto. Ma le notizie date dal Perini sono al solito così indeterminate e contraddittorie che io ho ritenuto di non ammetterla pella nostra pro- vincia. Anche il Ninni fu della stessa opinione. 1 1 Sopra due specie rarissime di uccelli possedute dal Mus. Civ. di Vene- sia. (Atti Soc. Ital. Se. Nat., vol. XXVI, pag. 160, 1883.) “ 174 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. 295. Oedemia fusca (Linnaeus), Orco marino, v. Anara negra. Specie rara che compare d’inverno e specialmente nel gennaio nelle acque del Garda, vi è più che tutto molto rara in abito di & adulto e ne ricordiamo soltanto uno ucciso a Pacengo il 22 gennaio 1891. Il Perini ne cita due adulti presi il 25 gennaio 1856 e l’altro il 27 ottobre 1857 nel volgere di trentaquattro anni, aggiunge che 1 giovani vi si incontrano quasi ogni anno; il De Betta non parla di catture speciali. Nell’ Estuario è assai rara nell’abito di adulto, come giovane si prende tutti gli anni, vuolsi che gli adulti frequentino di preferenza il mare e che perciò si uccidano assai più scarsamente. Di rado quest’uccello s’addentra nelle Valli, lo si cattura con più facilità nei luoghi aperti e profondi della laguna nei mesi da ottobre a gennaio. Il Contarini parla di individui avuti in aprile e maggio, ma io non ne ho mai ve- duti. I diciotto esemplari della mia Collezione sono presi da ottobre a gennaio, e provengono dalla Laguna veneta, dal lago di Garda, To- rino, Cremona, Lucca, Lesina e Reggio Calabria. In molti anni di ri- cerche potei avere soltanto tre & in completo abito. Una volta era più comune. 296. Oedemia nigra (Linnaeus), Orchetto marino, v. Anara negra, Orco marin. Specie di comparsa accidentale e rarissima. L’unico esem- plare, che ci è noto ucciso dal 1879 ad oggi in Provincia, è il ot ad. catturato il 7 aprile 1888 sul Garda presso Pacengo, ed ora, prepa- rato dal sig. V. Dal Nero, è nella Collezione del Conte Fratta a La- zise. Il Perini ricorda due individui in livrea di nozze presi nel 1818 sul Garda, ed una @ nel marzo 1845 dalle Valli di Arcole. È una delle specie più rare d’Italia ed anche nell’Estuario è affatto accidentale. Il Conte Ninni ne ebbe due nel 1884, esemplari ora per- duti, solo la testa di uno è nella sua Collezione, attualmente depositata al Museo Correr a Venezia. Tre furono uccise dal Minotto nel novembre 1895! in Laguna aperta, due di esse, la £ ad. e il e giov., sono nella 1 Nel mio articolo inserito sull’ /dis, January 1898, per errore fu stampato 1885. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. DIO mia Collezione, il terzo, giovane, è nel Museo Scarpa a Treviso. Altri tre soggetti furono veduti dal Minotto tra il 14 ed il 22 ottobre dello stesso anno, ma non li potè avvicinare a causa del mare agitato. Que- ste sono le sole notizie che io posseggo circa le comparse di questa specie nel Veneto; fu asserito che si trova fra noi da ottobre ad aprile e perfino in maggio, ma mancano le prove e quindi, a togliere qual- siasi dubbio, aspettiamo dati più positivi. 297. Erismatura leucocephala (Scopoli), Gobbo rugginoso, v. Anara da la testa bianca (/ide Perini). Accidentale e rarissimo. Lo elenchiamo sulla fede del Perini che parla di uno colto il 27 aprile 1846 nel comune di Mozzecane. L’autore fu così bene informato di tale cattura che trovò opportuno di darle il nome vernacolo Veronese, chiamandola Anara da la testa bianca (sic). È specie rarissima in tutta la re- gione Veneta ed affatto accidentale; nella mia Raccolta vi sono due esemplari adulti dal Veneziano ed un giovane dal Padovano. 298. Mergellus albellus (Linnaeus), Pesciajola, v: Smergo picolo, S. colombin, S. bianco. Specie invernale e di passo; 1 giovani sono abbastanza comuni specialmente nel dicembre, rari invece gli adulti ed in particolare i o, però tutti gli anni qualcuno capita sul mercato. Arriva in novembre e parte in aprile e di preferenza si trova sul lago di Garda. Nell’Estuario è specie frequente, meno lo sono gli adulti, e coi freddi intensi diviene più abbondante, così accadde negli inverni 1879-80, 1887-88, 1888-90 e 1892-93, allora si porta anche nei fiumi mag- giori e nei luoghi chiusi della Laguna (Valli). Del rimanente anche questa specie ama starsene in mare o nelle località più profonde del- l’aperta laguna, e di rado si interna nelle valli o entro terra. Ricordo più volte di averne veduti nuotare, essi si sommergono, come 1 Quat- tr’occhi, ma rimangono sotto acqua un tempo più lungo. 299. Mergus merganser, Linnaeus, Smergo maggiore, v. Smergo grosso, S. grande. È specie di passo irregolare durante I’ inverno, rara specialmente nell’abito di maschio adulto in piumaggio completo, qual- 176 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. che giovane vedesi talora sulle acque del Garda e nelle Valli. Un & ad. ucciso sul Garda il 16 maggio 1887 è conservato presso il signor Conte Cavazocca, presso Lazise. Non v’ha dubbio che laddove il Perini dice che le acque del Garda albergano un discreto numero di M. mer- ganser giovani, egli intendeva parlare della specie seguente. È uccello molto raro anche nell’Estuario Veneto, e secondo le mie osservazioni più raro dell’Oedemia fusca e dell’ Harelda glacialis; 10 ne conservo tre in Collezione, nè mai ne ebbi altri, e conosco pochi esemplari cat- turati, l’ultimo dei quali il 19 marzo 1895; nè io credo all’ opinione, più volte emessa, che i giovani della presente specie possano essere meno rari di quanto si ritiene, perchè di solito confusi con quelli del M. serrator. Frequenta la laguna aperta ed il mare. 300. Mergus serrator, Linnaeus, Smergo minore, v. Smergo. È specie invernale e di passo abbastanza comune nell’abito giovanile, rara in quello di e* ad. Arriva in novembre, ripartendo in aprile. Frequenta le acque del Garda e le Valli, si trova di rado nell’Adige. È specie comune nell’Estuario Veneto, specialmente come giovane. 301. Phalacrocorax carbo (Linnaeus), Marangone, v. Corvo marìn. Il Perini cita le seguenti comparse, una senza data da Mozzecane, un secondo nel 1850 da Arcole, tre dal Garda nel 1856 e una £ nel 1862 da Ronco. Dal 1879 ad oggi ci sono note le seguenti catture: un o ucciso dal signor Conte Gaster a Lazise sul Garda il 27 gen- naio 1879, un secondo & ad. ucciso dal signor Allegri in Valle Zerpa il 18 ottobre 1896, bellissimo esemplare adulto, attualmente nella mia Collezione. Questa specie nella provincia di Verona andrebbe assegnata come accidentale e molto rara, però a detta del Conte Alessandro Fratta, che da molti anni caccia sul lago di Garda, sarebbe in numero ristretto di individui di comparsa regolare nel verno, perciò la includo fra quelle di incerta sede. Il suddetto sig. Conte mi disse che essi amano starsene più che tutto sulla sponda sinistra del lago, nella situazione detta Pal del Vo presso S. Vigiglio. Vi comparirebbero nel settembre rimanendo fino a febbraio, ma siccome sono uccelli astutissimi e non NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 77 importanti pel mercato, nessuno ne cura la caccia, Egli ne avrebbe ucciso uno circa venti anni or sono che si conserva dal sig. Basoli a Desenzano. Dalle informazioni fornitemi dal gentilissimo Conte Fratta non vi sarebbe alcun dubbio che trattasi di Cormorame. . Anche nell’Estuario io ho trovàto che questa specie è rara, quan- tunque vi sia l’opinione che non lo sia. In parecchi anni di attive ri- cerche non ebbi che tre esemplari e so di pochi altri uccisi; sembra essere di comparsa autunnale, sebbene irregolare, nelle Valli di Comac- chio e del Po presso la Saca degli Scardovari. In Laguna nell’ otto- bre 1897 se ne vidde un branchetto di cinque a sei che si trattennero colà circa un mese. Uno venne ucciso e fu da me acquistato. Amavano starsene sui pali che segnano i canali, ma avvicinati un po’ si tuffa- vano ricomparendo a distanze notevoli, e sempre fuori della portata del fucile o della spingarda. Nel novembre, in seguito ad una forte burrasca, scomparvero, nè furono più veduti. Due altri ne ebbi nei mesi di agosto e ottobre 1898. 302. Microcarbo pygmaeus (Pallas), Marangone minore, v. Corvo marin picolo (fde Perini). Sulla fede del Perini elenchiamo tale specie di cui un individuo sarebbe stato ucciso nella Valle di Zerpa il 6 set- tembre 1842 e che conservasi nella Raccolta del signor Carraro di Lonigo; io credo che questo sia l’esemplare che fa parte della Colle- zione dell'Istituto Tecnico Provinciale. È specie accidentale anche nel- l’ Estuario. 303. Pelecanus onocrotalus, Linnaeus, Pellicano, v. Pelicàn. Di comparsa accidentale e rarissima. Non conosciamo catture dal 1879 ad oggi. Sette esemplari sono ricordati dal Perini e De Betta, cioè: 2 individui @ uccisi dal Conte Luigi Gazzola sul Garda nel 1819, 2 © uccise il 10 giugno 1858 nelle Valli Veronesi presso Casaleone, una delle quali nella Collezione De Betta a Verona, uno ucciso il 25 giugno 1858 sul latifondo Canossa alle Boldiere, uno colto nello stesso mese ed anno sul Garda presso Moniga, uno ucciso nel giugno 1868 sulle acque del così detto Laghetto presso Peschiera. Vol, XXXVII, 12 178 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. È specie accidentale in tutto il Veneto. 304. Actochelidon sandvicensis (Latham), Beccapesci, v. Cocalina, G. grossa. Di comparsa accidentale, molto rara. Il Perini ed il De Betta la notano colta tre volte nel Veronese, cioè presso Legnago, nel mag- gio 1857 e presso Lazise sul Garda, finalmente un quarto esemplare venne ucciso il giorno 8 aprile 1881 nei pressi del Garda mentre vo- lava su quelle acque, fu preparato dal signor V. Dal Nero e poscia venduto al signor E. Bonomi di Milano. Il Beccapesci, come scrissi nel 1896, ! è un uccello che compare di rado nel Veneto e quivi più facilmente si fa vedere nella laguna e nel mare d’attorno a Venezia. Ma ora recentemente, dal dicembre 1893 al novembre 1895, si ebbero 65 apparizioni ben constatate con 20 esemplari catturati, dei quali 15 sono nella mia Collezione, due presso il sig. Gianese a Lonigo, due nella Raccolta Scarpa, una in quella Dal Fiume a Badia Polesine; essi furono colti presso Venezia (porto di Lido, S. Erasmo, Tre Porti, La- suna) e uno sul fiume Adige (3 settembre 1894). Nessun'altra com- parsa avvenne, a mia conoscenza, dopo quelle del 1895. 305. Sterna macrura, Naumann, Rondine di mare coda lunga, v. Cocalina grossa (fide Perini). Il Perini elenca tre esemplari di tale specie avuti dal Garda, senza dare la data di cattura; di due di essi parlò anche il De Betta sulla fede del Perini. Ed è su tali dati che not elenchiamo questa specie fra le Veronesi. Nella mia Collezione vi è un esemplare e ad. in abito di nozze, preso nel maggio 1897 nel Rodigino. Tale specie è rarissima ed ac- cidentale ovunque in Italia. 306. Sterna hirundo, Linnaeus, Rondine di mare, v. Cocalina, C. grossa. Specie estiva e di passo, comune. Arriva in aprile e ri- parte in agosto. Frequenta il lago e nidifica nei punti più rocciosi di Sermione. 1 Le ulteme apparizioni dell'A. sandvicensis nel Veneziano. (Atti Soc. Ital. Se. nat. XXXVI, pag. 17-32, 1896.) NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 179 Questa specie è data come assai rara dal De Betta e dal Perini, anzi questi dice di averne avuti tre esemplari nello spazio di trent'anni, cioè due dal Garda ed uno dalle risaie di Bovolone. È comune e ni- dificante nell’ Estuario Veneto. 307. Sternula minuta (Linnaeus), Fraticello, v. Cocalina piccola, Zivetina, Sivetìna. Poco comune. Arriva in aprile e riparte in settem- bre. Qualche individuo vedesi volare sul lago di Garda e sull’ Adige, sui cui banchi di sabbia nidifica. Secondo il De Betta ed il Perini questa specie sarebbe da ascriversi fra le rare, e questi autori non la indicano come nidificante nel Veronese. È specie estiva e comune nel- I Estuario. 308. Gelochelidon nilotica (Gmelin), Rondine di mare zampe nere, v. Cocalina grossa (fide Perini). Accidentale e molto rara. Il Perini la dice uccisa due volte sul Garda nel maggio 1840 e nell’agosto 1841, ed il Dal Nero cita un & ad. colto il 2 agosto 1892 nelle Valli Ve- ronesi. Il sig. Gianese ebbe un & da Lonigo sui confini col Veronese nel maggio 1888, questo esemplare è oggi nella mia Collezione. È di comparsa estiva, ma rara nel Veneto Estuario, ed è più fa- cile rinvenirla in mare e nell’aperta laguna. Il Ninni credette all’ e- ventuale sua nidificazione da noi, ma ancora ciò non fu constatato po- sitivamente. Due esemplari in abito di primavera presi nel Veneziano nel maggio 1895 e 1896 sono nella mia Raccolta. Come già notò il Contarini talora si uccidono contemporaneamente in estate individui ri- vestiti dell’abito di nozze e dell’invernale, di ciò dubitò il Ninni, ma io posso garantire dell’ asserto conservando nella mia Collezione tre soggetti avuti in carne nel luglio 1897 da Lucca, dei quali due sono e e rivestono l’abito nuziale e la © porta invece l’abito d’inverno. 309. Hydrochelidon hybrida (Pallas), Rondine di mare piombata, v. Cocalina (fide Perini). Di comparsa accidentale, molto rara. Due esemplari sono citati dal Perini colla data 15 luglio 1843 Salizzola, e giugno 1847 presso Isola della Scala, un terzo colto il 10 maggio 1898 a Zevio è nella mia Collezione, ove sono pure conservati altri 180 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. quattro esemplari provenienti dal Veneziano ed uno dal Rodigino, nelle quali località è molto rara. 310. Hydrochelidon leucoptera (Schinz), Mignattino ali bianche, v. Cocalina negra, Zivetina, Sivetina. E specie di comparsa rara ed irregolare ai tempi del doppio passo. Il 18 settembre 1892 presso Peschiera venne ucciso un bel o ad. in abito di nozze che conservasi nella Collezione Cipolla, un secondo pure e ad. venne colto il 20 maggio 1898 nelle grandi Valli Veronesi ed è ora nella mia Raccolta. Compare di tratto in tratto nel Veneto, ma è poco comune. Dei ventuno esemplari che conservo dieci sono del Veneto ed uno del Tren- tino (2 maggio 1898, Riva sul Garda). 311. Hydrochelidon nigra (Linnaeus), Mignattino, v. Cocalìna, Zi. vetina, Sivetina, Estiva e di passo, comune. Arriva dal 25 aprile al 15 maggio e parte dal 25 settembre al 10 ottobre. Si trova in grandi quantità sulle risaie, nelle Valli, sul Garda e lungo i fiumi, qualche coppia nidifica sui banchi di ghiaia dell’Adige. È specie comune e nidificante in tutto il Veneto e, come osserva il Ninni, qualche gicvane si trova anche alla fine di ottobre. 312. Hydrocolaeus melanocephalus (Natterer), Gabbiano corallino, v. Cocàl, Scrocal, Cocàl da la testa negra. Invernale e di passo; gli esemplari in abito di nozze perfetto sono rari, i giovani sono più co- muni. Arriva ai primi geli cioè nella 2.2 metà di novembre. Riparte in primavera e si trova sulle acque del Garda e lungo I Adige. Questa specie è comune nell’Estuario Veneto. 313. Hydrocolaeus ridibundus (Linnaeus), Gabbiano comune, v. Cocàl, Scrocal, Sardenàr. È la specie più comune del genere. Comparisce nel novembre e ci abbandona in fin d’ aprile, mantenendosi abbondante nei siti adatti durante tutto l'inverno. È raro nell’ abito nuziale. No- tevole è quanto dice il Perini: « Al cominciare del mese di novembre compariscono sulle nostre acque e li vediamo allora sfiorarne la super- ficie, inoltrandosi perfino nella città, quando più folta regna la nebbia, e sorpassandola anche quando il sole tramonta, per recarsi all’ordi- NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 184 nario riposo, il quale succede nel bosco del Mantico, e nelle praterie non lontane della Porta della Vittoria, i quali luoghi nella notte ne accolgono una tale quantità che il prato di verde, apparisce sparso di chiazze bianche. » Questa specie è molto comune nell’Estuario Veneto, ma vi nidifica ben di rado, un nidiaceo colto sulla spiaggia di S. Erasmo (mare di Venezia) il 13 giugno 1894 è nella mia Collezione. Detti popolari: a) Quando el fredo el scominzia a secar EI scrocal su l’Adese el torna a volar. 6) Quando el fioca I cucài i va a la Roca (Roca che si trova presso il Garda). I soggetti indicati dal Perini e dal De Betta, nonchè da altri Au- tori italiani come appartenenti ad una specie distinta chiamata dal Bo- naparte Larus capistratus non sono altro che individui di taglia mi- nore della presente, sicchè il Z. capistratus deve essere cancellato dal novero degli Uccelli Veronesi e delle buone specie. n) Hydrocolaeus atricilla (Linnaeus), Gabbiano piombino, v. Co- cal forestier (ide Perini). Il Perini ed il De Betta elencarono tale specie fra le Veronesi copiando, come fecero altri Autori italiani, l’er- rore del Temminck il quale aveva attribuito ad essa certi esemplari in abito incompleto dell’ 7. melanocephalus. 314. Hydrocolaeus minutus (Pallas), Gabbianello, v. Cocal picolo. E specie di comparsa irregolare e rara; fu trovato solo di primavera. Il Perini lo nomina preso due volte nel 1841 a Zevio e nel 1860 a Bovolone, il De Betta ripeté le medesime indicazioni. Dal 1879 ad oggi ci sono note le seguenti catture: o, 2 aprile 1882, Pergolana di Lazise, nella Raccolta Conte Ci- polla; 2 ad., in abito di nozze, 26 aprile 1893, Sermione, nella Col- lezione Conte Fratta; o ad., 2 maggio 1898, Valle Zerpa, nella mia Collezione. 482 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. È specie piuttosto rara nell’ Estuario, ma si possono averne esem- plari tutti gli anni. Nella mia Collezione su ventiquattro soggetti con- servati, una diecina sono della nostra regione e furono presi nei mesi di agosto, settembre, ottobre, novembre, gennaio, aprile e maggio. Mai, per quanto so, ne furono colti nel giugno e luglio, sicchè pell’Estuario si può dire che sia specie invernale e di passo, ma rara ed irrego- lare nelle sue comparse. 315. Larus canus, Linnaeus, Gavina, v. Cocàl mezzàn, Sardenàr (ide Perini); Cocàl grosso. Poco frequente, invernale e di passo, si trova frammisto ai congeneri sul Lago e sull’ Adige. Il Perini la dice specie molto rara, osservando che nello spazio di oltre vent’ anni ne ebbe soltanto tre individui, dei quali due dal Lago di Garda nel feb- braio 1848 ed uno dall’Adige presso Tomba il 30 gennaio 1856. Il De Betta ripetè quanto disse il Perini nella 1.* edizione del suo la- voro, ove indicava due individui soltanto. La Gavina è abbastanza comune nell’ Estuario durante |’ inverno ed alle epoche del passo. 316. Larus cachinnans, Pallas, Gabbiano reale, v. Magdga, Co- calòn, Martinàzzo, Martinasso. Specie invernale che giunge nel settem- bre, ripartendo verso la fine di marzo, ma è poco comune e special- mente nell’abito di adulto si può dire quasi rara. Sappiamo di due adulti colti dal 1886 ad ossi, il primo trovato morto nel settembre 1886 sul Garda, l’altro ucciso egualmente sul lago il 4 dicembre 1893. Nella 1.* quindicina del settembre 1896 vedemmo vari giovani che volavano nelle vicinanze di Malcesine. Non nidifica. È specie comune e nidificante nell’ Estuario Veneto. 0) Larus marinus, Linnaeus, Mugnajaccio, v. Cocalòn, Sardenàr grosso (/ide Perini). Il Perini annoverò tale specie su due esemplari colti l’uno sul Benaco il 7 maggio 1841 e l’altro il 4 dicembre 1842 sull’Adige. Così l’uno fu preso in primavera, l’altro in inverno, l’uno sul Garda, l’altro sull’Adige, così ognuno ha il suo!! Il De Betta ripeté tale asserto, ma noi fino a prova contraria non crediamo di ammettere NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 183 tale specie tra le Veronesi, ritenendo anche che la sua comparsa nel Veneto sia cosa molto dubbia. d17. Larus fuscus, Linnaeus, Zafferano, v. Cocàl, Sardenar (/ide Perini). Ammettiamo tale specie fra le Veronesi sulla fede del Perini che dice di averne avuti due individui presi sull’Adige e nella Zerpa, al solito senza fornire la data di cattura, ma è specie che comparve più volte in tutto il Veneto anche entro terra. Certamente è da collo- carsi tra le accidentali e molto rare. | 318. Rissa tridactyla (Linnaeus), Gabbiano tridattilo, v. Cocàl. È di comparsa assai rara ed accidentale. Il Perini nota tre individui colti dal 1833 al 1868, cioè due sul Lago di Garda nel dicembre 1836 e nel gennaio 1839, ed il terzo nelle Valli d’Arcole nel febbraio 1845. Il De Betta ripetè tali notizie. Dal 1879 ad oggi ci sono note due ‘catture, uno ucciso il 15 ottobre 1881 a Bovolone, l’altro il 19 no- vembre 1895 presso Torri sul Lago di Garda, ora nella Raccolta del- l’ Istituto Tecnico Provinciale. Un & giov. av. la muta preso nel novembre 1890 a Lonigo nei con- fini tra Vicenza e Verona è nella mia Collezione, un secondo colto nella stessa località lo ebbi nel gennaio di quest'anno (1899). È uccello molto raro nell’Estuario, nè io ne vidi alcun esemplare catturato ed il conte Ninni nè parlava quasi come fosse mancante nella nostra regione marina. 319. Megalestris catarrhactes (Linnaeus), Stercorario maggiore, v.? L’ unico esemplare di tale specie colto finora in Italia venne ucciso nelle Valli Veronesi del Comune di Castagnaro il 1.° ottobre 1882 quan- do erano tutte sommerse pella rotta di Legnago (18 settembre). « Esso nuotava, scrive il Dal Fiume al Giglioli, tranquillo in un largo spazio allagato, e si manteneva sempre un centinaio di metri circa distante dalla barca colla quale, avendolo scoperto, mio fratello lo inseguiva. Non fu ucciso che dopo cinque o sei colpi di fucile; poco pauroso, 1 Avif. lal., I, pag. 649 (1889). 184 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. quando sentiva una fucilata prendeva il volo e si posava di nuovo poco lontano. » È un &' giov. con tinte molto rossiccie sulle parti inferiori e si conserva ora nella Collezione Italiana a Firenze, cui fu gentilmente ceduto dal sullodato sig. Camillo Dal Fiume di Badia Polesine. È specie oceanica artica, ma fu ucciso a Tangeri nel dicembre 1852 (Favier) e Irby 1 per Gibilterra dice: « It occurs regularly, but not commonly, during winter in the Straits » ; Homeyer ? assevera di averne veduto volare intorno alle isole Baleari e vicino a Barcellona, sicchè, come giustamente dice il Giglioli, la sua comparsa tra noi non è gran fatto straordinaria. L’esemplare riferito a questa specie e citato dal Wright ? come preso a Malta altro non era che uno Stercorarius pomatorhinus e quello ci- tato dal Vercelloni * un Larus cachinnans,. quest'ultimo era stato uc- ciso sul Lago di Como a Domaso presso Colico il 10 agosto 1887. 320. Stercorarius pomatorhinus (Temminck), Stercorario mezzano, v. Cocàl negro (fide Perini). Specie di comparsa accidentale e rara. Ecco la lista degli esemplari colti in Provincia: — 12 settembre 1848, Erbezzo, fide Perini. — 1857, Breonio, /ide Perini. — 26 ottobre (? anno), Lago di Garda, fide Perini. 9, 2 aprile 1878, Lago di Garda, fide Dal Nero. e, 20 aprile 1880, Lazise, fide Dal Nero. 9, 2 maggio 1881, Valli d’Arcole, fide Dal Nero. È uccello raro in tutto il Veneto. 321. Stercorarius crepidatus (Banks), Labbo, v. Cocal negro pi- colo (fide Perini). Specie di comparsa accidentale e molto rara. Il Pe-. rini ed il De Betta indicano un solo soggetto ucciso molti anni or sono 1 Ornith. of Gibraltar, pag. 302 (1895). 2 Journ. f. Ornith., pag. 431 (1862). 3 Ibis, pag. 150 (1864). 4 Boll. Nat., VII, pag. 154 (1887). NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 185 (1858) sul Lago di Garda, il conte Luigi Gazzola che lo ferì, lo tenne vivo nutrendolo con piccoli pesci, dopo cinque mesi morì. Un secondo fu ucciso il 7 dicembre 1890 a Sermione. Il Dal Nero! riporta come nello stomaco di questo individuo trovò soltanto un mucchio di peli, che gli sembrarono appartenere a qualche rosicante. È una specie molto rara in tutto il Veneto. Ho riferito il Zestris parasiticus, Boie del Perini a questa specie e non allo S. parasiticus (Linnaeus), non badando alla confusa sinonimia data dall’autore, e ciò perchè dice che le timoniere mediane negli adulti eccedono le laterali di otto a nove centimetri, ciò che è proprio dello S. crepidatus (Banks), mentre esse, nel parasiticus sempre parlando degli adulti, sono assai più lunghe, talora il doppio delle laterali. 322. Stercorarius parasiticus (Linnaeus), Labbo coda lunga, v.? Specie di comparsa accidentale e molto rara, ma forse meno della pre- cedente. Il Giglioli cita 2 un esemplare colto nell’ottobre 1875 sul Garda e conservato nella Collezione Centrale di Firenze. Nel mese di settembre dello scorso anno (1898) fu osservata sul Lago di Garda una cospicua comparsa del Labbo coda lunga. Essi-apparvero in un branco di circa quaranta individui tutti giovani e si trattennero fino ai primi giorni di ottobre, frequentando la costa di Lugana, Bardolino, Tromba di Corno, Lazise e Sermione. Dei dieci esemplari che furono uccisi, sul Lago nei giorni 1, 6 e 16 settembre sei, cioè 3 co 3 ©, sono nella mia Col- lezione ; li devo alla gentilezza del conte Fratta Lazise, uno, colla data 16 settembre 1898 da Bardolino, lo conserva il prof. Garbini di Ve- rona, gli altri furono mangiati. Diedi comunicazione di questo fatto im- portante nel Giornale Ornitologico Inglese I’ J0zs. 3 È specie molto rara in Italia. 323. Colymbus glacialis, Linnaeus, Strolaga maggiore, v. Smergo grosso, Stafòn (fide Perini). Specie invernale molto rara anche nell’a- bito di gioventù. Il Perini cita due catture di adulti avvenute sul Garda 1 Boll. Agr. Veron., I, n. 20, pag. 332 (1891). 2 Avif. Ital., pag. 437 (1886). 3 Ibis, January 1899, pag. 156-58. 186 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. molti anni addietro, e dice che nemmeno i giovani possono dirsi co- muni, ma che se ne trovano tanto sul Garda, che sui fiumi maggiori e nelle Valli, cosa di cui si può ben a ragione dubitare. L’ unico sog- getto che conosciamo di recente ucciso in Provincia è quello che con- servo nella mia Collezione sotto al n.° 3800 del Catalogo. È un & giov. colto sul lago di Garda il 30 dicembre scorso (1898). È specie accidentale e molto rara in tutta la regione Italica, 1’ ul- timo che vidi fu quello ucciso a Orbetello il 10 gennaio 1898, è un splendido & giovane, ora nella Raccolta del conte Alfredo della Ghe- rardesca di Firenze. I molteplici individui che ho ricevuto da molte parti d’Italia sotto il nome di €. glacialis, altro non erano che grossi individui del €. arcticus. Così posso dire di un esemplare avuto dallo Spignòn (laguna di Venezia) che misurava ben 84 cm.; le differenze nei giovani e negli ad. in inverno delle due specie consistono più che tutto nella grossezza del becco che è senza confronto molto più forte nel g/aczalis, e nella mandibola inferiore leggermente inarcata in alto nella sua metà apicale, mentre è diritta nell’arezieus. Credo fino a prova contraria, che il C. glacialis in qualsiasi abito sia una delle più rare specie Italiane. 324. Colymbus areticus, Linnaeus, Strolaga mezzana, v. Smargòn, Stafon. Specie poco comune nell’abito di giovane o di adulto in inverno, rarissimi quelli colti da noi nell’abito di primavera. Conosciamo tre soggetti in tale livrea uccisi di recente in Provincia, il primo colla data 23 aprile 1890 da Pacengo è nella Raccolta Cipolla, l’altro pure da Pacengo è in quella del conte Fratta a Lazise e porta la data del 30 aprile 1892, il terzo preso vivo il 19 maggio 1897 sul Garda fra Malcesine e Garda da alcuni pescatori ed ora in possesso del Si- gnor Peretti, ufficiale di guarnigione a Riva (A. Bonomi). Il suddetto conte Fratta mi disse che parecchie altre volte ne vennero veduti di consimili nell’aprile e nel maggio. Si trova durante l'inverno sul Lago e più raramente nell’Adige e nelle Valli. Questa specie varia moltis- simo nelle dimensioni. Dò qui la statura di alcuni dei soggetti conser- vati nella mia Collezione. 187 NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. SI 86 08 66 | 201 | 16 GL |68 | ¢2 COR Oa) 0S: 00€ | OGG | 066 6) | S6T | ST OOF | 82 st SS OGL | 068 | OGL | 06Z 00% | 86 | OOT | 8 oe ic ttle 2) Seen | Os, eae AOE 066 | 066 | OTE | 066 CRA OZ -| 0S 09° 64 002 | 069 | 0&2 | 029 *UIUI | UU | “UTI | *UtUI “AOIS | *A0IS | ‘pe | “pe Od TO 02 40 “UU | ‘TU | * WU 86 | 66 GL | 99 86 | 0S 0&6 | 086 ST GI PAS OSE 099 “WU | “WU "pe |*aors | *A018 | ‘Aor | "AOTS IT sa © LOY 078 “WU 007% |G8 | 98 | 26 Sa a0 GU arcs WH UOT WIE) 016 | 066 | OTE | OcE Jib TV | 06 (61 tah AS O OGL | O49 | 069 | OFZ “ULUE | “UNU | “UU | “UU sete + onetp -QUI OUP op « * * ‘OSIR) |Op ( ‘ * Bpoo EIIop « ** * Bye [op ezz0]Sun] * * TOMBU O][Op seq BE] 0000 [Op ezzo)]y Fetes gyu0y BITEP 09004 ep “PI ‘*** @]e)0) ezzogSunT] THOISUO UHC] 188 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. È specie abbastanza comune nell’ Estuario, vi arriva dal 15 agosto al 15 settembre e riparte ai primi di marzo, rarissimi sono gli adulti in abito di primavera, nè io ne ebbi mai. Non è difficile trovare esem- plari con numerose macchie bianche sulle scapolari, con parziali colo- razioni bianche sulle parti superiori e scure sulla gola, ma in livrea completa di nozze è rarissimo. 325. Colymbus septentrionalis, Linnaeus, Strolaga minore, v. Smergo. Invernale e poco comune nell’abito di giovane, rarissimo in quello di adulto in livrea di nozze. Si trova durante i mesi d’inverno sul lago e più di rado sulle acque dell’Adige e nelle Valli. Il De Betta ed il Perini dicono che non fu mai preso in perfetto abito di primavera sulle nostre acque, che neppure il giovane vi è comune e che mostrasi di preferenza nel gennaio. È discretamente comune nell’ Estuario, ma nem- meno là ne vidi in livrea perfetta di primavera. 326. Podicipes cristatus (Linnaeus), Svasso maggiore, v. Valangòto; Cornisòn, Cornìse (fide Perini). Specie invernale e di passo abbastanza frequente, specialmente nell’abito giovanile. Poche coppie sono stazio- narie, nidificando nelle Valli e sulle isolette del Mincio. Arriva dal 20 settembre al 20 novembre, allora in ispecie i giovani sono piuttosto comuni, riparte dal 15 marzo al 30 aprile. Si trova di preferenza nelle acque del Garda, dell'Adige e nelle Valli. È specie comune nell’ Estuario Veneto. 327. Podicipes griseigena (Boddaert), Svasso dal collo rosso, v. Va- langòto. Specie di passo irregolare, si trova di solito durante |’ inverno, è poco frequente nell’abito giovanile o di ad. in inverno e rarissima in quello di adulto in livrea di nozze. Anche il Perini dice che qualche individuo giovane capita ogni anno sul Garda, ma che è raro. Le cat- ture di individui in abito completo di primavera di cui abbiamo no- tizia sono le seguenti: ad., 20 aprile 1854, Lago di Garda (fide Perini). a ad., 28 aprile 1892, Lazise (Garda), presso il conte Fratta. eo ad., 25 aprile 1896, Pacengo (Garda), Collezione Istituto Tec- nico Provinciale di Verona. NOTE ORNITOLOGICHE SULLA PROVINCIA DI VERONA. 189 NI . Nell’ Estuario non è specie comune, ma nemmeno molto rara, Vi sì incontra specialmente dal 2 agosto al 15 dicembre. Sui ventiquattro esemplari conservati nella mia Collezione, quindici sono dell’ Estuario, gli altri provengono da Milano, Torino, Porto d’Anzio, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Lentini ed Oristano e furono presi nei mesi da agosto a dicembre, uno solo è del marzo, veste la livrea di nozze e fu colto nel Veneziano, ove pure è molto raro in tale abito. È specie che pre- dilige il mare e l’aperta laguna, ma si interna talora anche nelle Valli Salse, ed io ne uccisi varie volte. 328. Podicipes auritus (Linnaeus), Svasso cornuto, v. Polaco, Stra- pòzzo turco, Folenghin (fide Perini e De Betta). È la specie più rara del genere, nè io credo che ciò debba attribuirsi a confusione nello stadio giovanile col P. nzgricollis. Conosciamo la sola recente cattura di un bellissimo maschio adulto in abito di nozze ucciso il 7 aprile 1881 presso Garda sul Lago dal sig. conte Gaster. Il Perini dice che tale specie ben di rado si trova sul Veronese, specialmente in livrea di primavera, quantunque nidifichi ed aggiunge: « Le acque del nostro Lago di Garda l’accolgono in sul finire del mese di marzo ed in di- screto numero; in molto minor numero nelle altre stagioni. » Continua dicendo che nidifica, e ciò sarebbe stato osservato presso Legnago. Ed il De Betta ci avverte come tale specie giunga sul Benaco sul termi- nare di marzo e vi nidifichi e come ne ebbe il nido ed un nidiaceo dal signor F. Fontana di Lazise. È fuori dubbio che tali notizie de- vono ritenersi erronee e che devono riferirsi alla specie seguente. Il P. auritus nidifica in Danimarca (Steenstrup), in Norvegia (Collett) ‘ed in Islanda (Newton) e le uova sarebbero bianche con una leggiera tinta verdognola e non bianche con macchie brune, come dice il Perini, È specie molto rara ‘în tutto il Veneto. 329. Podicipes nigricollis, C. L. Brehm, Svasso dal collo nero, v. Strapòsso, Brusapòlver, Valangòto, Polàco. Specie forse sedentaria, ma scarsa, è più comune nell’inverno od alle epoche del passo, arriva in settembre e parte in aprile. Sembra che qualche coppia nidifichi nei 190 E. ARRIGONI DEGLI ODDI. canneti del Garda e più di rado nelle Valli. Secondo il Perini questo Svasso apparirebbe nel maggio ripartendo a settembre e nidificando, ciò che non è esatto. È frequente nell’ Estuario, ma ama più il mare e l’aperta laguna che non le Valli. 330. Zachybaptes fluviatilis (Tunstall), Tufietto, v. Strapozèto, Fo- lenghin picolo, Brusapòlver, Canaròl, Pisàn. È frequente quale specie invernale e di passo; staziona fra noi in numero assai scarso. Arriva in settembre e riparte in aprile, in alcuni anni è molto comune sul Garda, nei fiumi e nelle Valli. Qualche coppia nidifica nelle isolette del Mincio ed in alcune località delle Valli. Sono meno frequenti gli adulti in perfetto abito di nozze. È comune in tutto il Veneto, ma preferisce le acque dolci e le sal- | mastre a quelle del mare e della laguna. ~TUFI OLIVINICI DI S. VENANZIO (Umbria). Nota del Socio Prof. G. Mercalli. (letta nell’adunanza del 9 aprile 1899). Nell'autunno del 1885, trovandomi di passaggio a Perugia, seppi che presso il paese di S. Venanzio, situato a circa metà strada tra questa città e Orvieto nella valle del Nestore confluente di destra del Tevere, esistevano cave di pozzolana. Mi recai subito sul luogo e ri- trovai diversi tufi vulcanici interessanti specialmente per |’ abbondanza del peridoto. Nella mia escursione, troppo breve e fugace, non rinvenni lave in massa; ma ora, avendo visto che l’ing. Sabatini le ha ritro- vate, 1 darò breve notizia anche dei tufi da me osservati. 1.° Tufo presso il paese di S. Venanzio: è quasi interamente costituito da lapilli nerastri più o meno spugnosi di una roccia basal- tica, aventi grossezza variante da quella di un granello di miglio a quella di una noce. Le cellule di questi lapilli sono frequentemente tappezzate da cristallini di calcite scalenoedrica e da cristallini, meno frequenti, di zeoliti, appartenenti almeno a due o tre specie diverse. Vi sono anche, sebbene piuttosto rari, pezzetti angolosi formati da una roccia nerastra compatta, a struttura omogenea, in cui macroscopica- mente si vedono solamente cristalli di olivina abbastanza numerosi. x Questa roccia, che certamente è un basalto molto ricco di olivina, ha 1 Bull. del R. Comitato Geologico, ann. 1898, N. 3. 192 G. MERCALLI. un’ azione molto sensibile sull’ago calamitato. Infine vi sono, piuttosto frequenti, ciottoletti gialli o rossicci di una marna povera di carbo- nato di calcio.! Tutti questi ciottoletti di marna sono ricoperti da uno straterello di calcite cristallizzata, e lo stesso minerale cementa leg- vermente tutto il lapillo di cui risulta la roccia. 2.° Tufo giallo-bruno, che si rinviene a sud-ovest del paese di S. Venanzio: si sgretola facilmente nelle mani perchè manca di carbonato di calcio e di qualsiasi altro cemento; però i suoi elementi sono te- nuti insieme da una materia gialliccia amorfa, che è un prodotto di decomposizione di silicati. Contiene piccoli frammenti di una roccia ne- rastra (basalte?) decomposta, e un numero stragrande di cristallini bianco-verdicci di olivina, in generale completi e perfettamente termi- nati, aventi da mm. 1 a 2 '/, di lunghezza. ? Questo tufo contiene pure molti frammenti di rocce argillose e qualcuno di arenaria mica- cea a grana finissima. Anche questi frammenti sono privi affatto di carbonato di calcio. 3.° Una terza qualità di tufo esiste pure a sudovest del paese di S. Venanzio e alterna col precedente. È di colore giallastro e molto friabile, sicchè si direbbe piuttosto un’ arena vulcanica. Risulta da una miriade di cristallini e di frammenti di cristalli di augite, di olivina e di feldspato vitreo,* tenuti insieme da una finissima cenere vulca— nica, in cui spesso 1 cristalli lasciano 1’ impronta perfetta della propria forma. In questo tufo predominano i cristalli di augite in generale in- teri e di colore verde-oscuro, + aventi una lunghezza di 2 a 3 mm. 1 Il dott. Mariani esaminò al microscopio alcuni frammenti di questa marna da me comunicatigli, e vi trovò delle piccole foraminifere (Globigerine). 2 Nel 1894 ho dato alcuni di questi cristalli al prof. P. Franco per lo studio cristallografico (P. Franco, Note mineralogiche, in Rend. della R. Accademia delle Scienze di Napoli, maggio-giugno, 1895). 3 Raccolsi anche due altre varietà di questo tufo N. 3, nelle quali sono più abbondanti i frammenti di felspato vitreo. 4 Ho comunicato al prof. P. Franco (Op. cit.) per lo studio cristallografico alcuni cristalli di augite tolti da questo tufo. TUFI OLIVINICI DI S. VENANZIO. 193 @ qualcuno anche di 4 a 5 mm. I cristalli di olivina e di feldspato vitreo sono in frammenti e la prima ha un color verde più carico di quella del tufo N. 2. Infine vi sono molti piccoli granelli neri viva- cemente attirati dalla calamita (magnetite). Questi granelli non man- cano nei tufi N. 1 e 2, ma vi sono più scarsi. Anche a Cerqueto (fraz. di S. Marsciano), se ben mi ricordo, os- servai tufi-pozzolane simili a questi del N. 3. Questi tufi, insieme alle piccole colate di lava basaltica trovate presso S. Venanzio dall’ing. Sabatini, sono sovrapposti immediatamente al pliocene e distano almeno 20 chilometri dalle formazioni vulcani che vulsinie, e perciò ritengo che appartengano a un piccolo vulcano quaternario indipendente che deve essere classificato tra quelli che i moderni vulcanologi chiamano vulcani embrionari. Si noti che anche nell’ isola di Giava i vulcani embrionari descritti dal Verbeek sono tutti di natura basaltica. Vol, XXXVIII, 13 bition pr dl ise SANA Fo e HAI US ea A Reit t RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE SU ALCUNE ROCCE DELLA CRETA LOMBARDA. Nota del socio Prof. E. Mariani. (Con due tavole.) Fin dal 1888 io ebbi occasione di esaminare al microscopio delle sezioni sottili di un calcare compatto cretaceo della valle Seriana, ! per studiarvi delle forme di foraminifere che si presentavano qua e la raggruppate nella massa calcare. Convinto come tali studi di mi— cropaleontologia possano venire in aiuto al geologo per la determina- zione cronologica di terreni, la ove mancano fossili macroscopici, con- tinuai tali ricerche microscopiche su altre rocce prese a vari livelli stratigrafici della Lombardia e del Veneto, come già aveva fatto al- cuni anni prima il prof. D. Pantanelli. ? Così ad esempio esaminai al- cuni calcari ricchi di foraminifere del Clapsavon (piano /adinzc0), e del raibl del rio Tolina nella Carnia occidentale, rocce che contengono pure in gran copia fossili macroscopici (brachiopodi, lamellibranchi, sasteropodi, cefalopodi, e frammenti di corallari con radioli di echini) : un calcare finamente oolitico del raibl di Malegno in val Camonica: calcari del retico di val Taleggio e di val Imagna: altri del lias in- 1 Foraminiferi del calcare cretaceo del costone di Gavarno in val Se- riana (Bull. Soc. Geol. Ital., Vol. VII, 1888, Roma). 2 Note microlitologiche sopra i calcari (Atti R. Acc. dei Lincei. Memorie, Serie III, Vol. XII, 1882). 196 E. MARIANI. feriore di Nese in val Seriana: del lias medio del ben noto calcare di Gozzano: dell’ eocene di Torlano nel Friuli orientale;4 e di alcuni piani del trias lombardo, ad esempio i calcari dolomitici del gruppo delle Grigne e del Resegone, dei quali ultimi sto ora occupandomene. Chiunque ha studiato le foraminifere, conosce le difficoltà che si in- contrano allorquando si voglia, anche solo genericamente, determinarle, col semplice esame delle sezioni del loro guscio. Spesso tali ricerche riescono infruttuose per la maggioranza grande dei foraminiferi, ove allo studio della struttura interna delle logge di quelle minute con- chiglie, non si aggiunga quello della. forma e struttura esterna del suscio. Ma però, ove ciò non si possa fare, pel non potersi isolare meccanicamente le foraminifere in causa della loro estrema piccolezza, lo studio microscopico di rocce a foraminifere, oltre che permettere una serie di confronti faunistici, potrà sempre svelare alcune delle condizioni del mezzo entro cui tali rocce si sono depositate; condizioni le quali verranno dedotte dall’esame complessivo delle forme più co- muni di foraminifere. Come già accennai in altro mio lavoro, ® alcune rocce della creta della Lombardia sono ricchissime di foraminiferi. E così alcuni calcari dell’istmo di Biandronno, e fra Biandronno e Bregnano; alcuni calcari di Morosolo e Frascarolo nel varesotto; come pure le marne micacee ed i calcari di Brenno, Petana e Bulciaghetto nella Brianza; ed i cal- cari compatti e quelli minutamente arenacei, sovrastanti ad essi, del colle di Bergamo, mi hanno mostrato, esaminati al microscopio in nu- merose sezioni sottili, due ricche faune ben distinte di foraminiferi. 1 Il calcare liasico di Nese in val Seriana (Boll. Soc. Geol. Ital., Vol. X, fasc. 4, 1892, Roma). — Appunti sull’eocene e sulla creta del Friuli orientale (Annali del R. Ist. Tecnico di Udine, Serie II, Anno X, 1892). — Note paleon- tologiche sul trias superiore della Carnia occidentale (Annali suddetti, Serie IL Anno XI, 1893). — Contributo alla conoscenza della fauna retica lombarda (Rend. d. R. Ist. Lomb., Milano, 1897). 2 Ammoniti del senoniano lombardo (Memorie del R. Istituto Lombardo, Vo- lume XVIII, IX della Serie III, fasc. 4, 1898, Milano). RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 197 Poco esattamente vennero riferiti alla creta inferiore tutti gli affio- ramenti cretacei che formano la conca del laghetto di Biandronno, come pure erroneamente vennero ritenuti appartenenti alla creta supe- riore i calcari giallastri a fucoidi, che stanno sulle ben note e carat- teristiche marne variegate, dei dintorni di Morosolo, sulla sponda orien- tale del lago di Varese. ! Vicino a Biandronno, sopra un alternarsi di arenarie (alcune delle quali contengono delle fucoidi), di calcari (essi pure in parte a fucoidi), e di calcari marnosi grigiastri che chiamerei puddingoidi, pel contenere essi numerosi ciottoli calcari e silicei di va- ria grandezza 2 — complesso di rocce che poggia sulla majolica, e che esattamente venne riferito al gruppo inferiore della creta, — si hanno dei banchi poco potenti di marne grigiastre, leggermente micacee, tal- volta scistose, pressochè identiche a quelle di Brenno e Petana. In esse sià da tempo si raccolsero alcune bivalvi della creta superiore. ® E che al piano di Brenno, e cioè al campaniano, debbano riferirsi queste rocce marnose micacee di Biandronno, lo conferma anche l’esame della ricca fauna a foraminiferi che esse contengono, uguale a quella di Brenno, Petana, ecc. Al senoniano superiore, 0 campaniano, vanno inoltre riferiti alcuni calcari compatti grigiastri che si incontrano poco prima di Bregnano venendo da Biandronno, sulla sponda occidentale, quindi del laghetto, nei quali già ebbi a raccogliere frammenti inde- 1 Sprearico, Negri e STOPPANI, Carta geologica della Svizzera, Foglio XXIV, Dufour, 1876, Berna. — TarameLLI T., Carta geologica della Lombardia, 1890. 2 Si è nei ciottoli calcari inglobati in questi calcari marnosi grigiastri di Biandronno che si trovarono alcune ammoniti giuresi, che in parte vennero deter- minate dal Prof. G. MenEGHINI (Fossil: titoniani di Lombardia, Atti Soc. To- scana di Sc. Nat., Processi verbali, Adunanza 11 maggio 1879). 3 Nella bella monografia del Dott. De ALESSANDRI, Sui fossili cretacer della Lombardia, stampata nella splendida pubblicazione del Prof. M. CAnAvARI, — Pa- laecontographia italica, Pisa, Vol. IV, 1898 —, venne descritto un grandissimo in- dividuo di /Inoceramus (I cfr. Cuvieri Sow.), raccolto dallo Stoppani a Biandronno, sul quale si trovano numerose valve dell’ Ostrea Cocchi, De Stef. In un altro pezzo della stessa roccia di Biandronno, ho trovato un frammento di Pholadomya, forse la Ph. briantea Villa sp. che è la specie più diffusa di questo genere nella creta superiore lombarda. 198 E. MARIANI. terminabili di bivalvi. Questi calcari di Bregnano contengono le stesse forme di foraminifere riscontrate nelle su ricordate rocce del campa- niano della Brianza. i La spettanza alla creta inferiore delle rocce comprese fra la majo- lica e le suddette marne micacee poco compatte di Biandronno, oltre che esser provata da confronti con altre località ben note del varesotto (dintorni di Morosolo: Frascarolo), viene dimostrata dall’ esame dei fo- raminiferi trovati nei calcari azzurrognoli che fanno parte del suddetto complesso di rocce sedimentari dell’ istmo di Biandronno. Lo stesso si può dire pei calcari giallastri a fucoidi di Morosolo, che talvolta con- tengono numerosi ciottoletti calcari, e che poggiano sulle marne va- riegate; e così anche per alcuni calcari grigiastri di Frascarolo presso Induno Olona, da riferirsi quindi tutti alla parte inferiore della creta propriamente detta. I calcari compatti del colle di Bergamo, insieme alle sottostanti are- narie a sottili interstrati calcari-marnosi, vennero riferiti al senoniano inferiore, o santoniano (Mariani-De Alessandri). Essi pure sono ric- chissimi di foraminiferi: si può dire anzi che siano fatti quasi total- mente dall’impasto di tali minute conchiglie, insieme a qualche spi- cola aghiforme di spugna. Nel complesso questa fauna differisce non molto da quella di Brenno, ecc. La notevole piccolezza delle forme, la grande predominanza di globigerine a guscio sottile, sulle altre fora- minifere, come pure la scarsità di grandi ¢extularde e di robuste x0- dosarine, provano essenzialmente essersi tali calcari depositati in un mare non costiero e alquanto profondo. La mancanza di foraminiferi a guscio porcellaneo, la su ricordata poca frequenza di Za/lostegidi, come ebbi a riscontrare anche nei calcari compatti di Biandronno, Mo- rosolo e Frascarolo, provano una maggiore antichità di tali calcari del colle di Bergamo rispetto ai calcari marnosi micacei di Brenno, e quindi l’esattezza del loro riferimento al senoniano inferiore. Del colle di Bergamo esaminai anche alcune sezioni sottili del su citato calcare arenaceo che affiora a Cà Benaglia, e che il De Ales- RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 199 sandri ritiene si possa riferire al senoniano superiore, e più propria- mente al campaniano. Tale calcare (ricchissimo di schegge di quarzo, di muscovite e di biotite) contiene delle foraminifere mal conservate. Le globigerine sono quelle che predominano; si hanno piccole fextu- larie, delle nodosarie e qualche rotalina. Il cattivo stato di conser- vazione di queste foraminifere non mi permette di fare un confronto colla ricca fauna a foraminiferi del senoniano superiore della Brianza e del varesotto. Solo si può dire che le prime si presentano sempre in forme assai più minute di quelle di Brenno. Per lo studio della fauna a foraminiferi delle rocce calcari del cre- taceo inferiore delle varie località su citate del varesotto, ho creduto utile esaminare al microscopio numerose sezioni sottili della majolica superiore, che forma spesso la base del complesso di rocce sedimen- tari riferite alla creta inferiore. Si sa che questo calcare detto ma- Jolica, così ricco di noduli di selce, nei suoi strati superiori rappre- senta nella Lombardia parte dell’ in/racretaceo. Tali ricerche microsco- piche vennero fatte sulla majolica di Cittiglio e di Monvalle, località poco a sud di Laveno: su quella di Gavirate, di Casciago, di Induno Olona nei dintorni di Varese: e su quella di S. Salvatore sopra ad Erba. In tutte rinvenni, oltre che frammenti di radiolari, dei forami- niferi rappresentati da alcune piccole forme di vo¢adine e da molte mi- nute forme di globigerina e orbulina, non però così copiose come nella majolica dell’istmo di Biandronno, come osservò anche il pro- fessor Pantanelli (op. c7t., pag. 389). Ho esaminato inoltre parecchie sezioni sottili dei noduli di calcare hiancastro interclusi nelle marne di Biandronno, che ho chiamate marne puddingoidi. Esse pure risul- tano pressochè totalmente da piccolissime orbudine: contengono anche delle globegerine, qualche grossa nodosarza, e grandi forme di ¢run- catulina e di rotalia; e qua e là alcune spicole a sei raggi e qual- che corpuscolo siliceo di spugna. L’abbondanza di minute globigerine e orbuline si osserva anche nei calcari della creta inferiore del varesotto. I calcari azzurrognoli 200 E. MARIANI. tra Bardello e Biandronno, contengono infatti quasi esclusivamente mi- nute globigerine; epperò si hanno anche grosse forme di globzgerina, identiche a quelle che si osservano nelle rocce di Brenno, come pure delle forme da riferirsi ai generi polymorphina e cristellaria (C. cal- car Lin.?). Il calcare marnoso giallastro a fucoidi con ciottoletti delle vicinanze di Morosolo, come pure il calcare compatto grigiastro di Fra- scarolo, contengono essi pure quasi solamente minute globigerine, per lo più mal conservate nel calcare di Morosolo. Dalle ricerche microscopiche che già feci sui calcari grigiastri com- patti del Costone di Gavarno nella valle Seriana, ebbi a dedurre, in base all’esame della fauna a foraminiferi, che tali calcari si dovessero riferire alla creta media. Dai recenti studi stratigrafici del Dottor De Alessandri risulta che la creta lombarda al presente è suscettibile di essere divisa solamente in due piani principali. Cosicché si è al gruppo: inferiore del cretaceo che io ritengo doversi riferire tali rotte del Co- stone di Gavarno, le quali contengono, come le marne puddingoidi di Biandronno, dei grossi noduli selciosi. Passiamo ora a descrivere la fauna a foraminiferi del senoniano su- periore lombardo, studiata, come già dissi, nelle rocce calcare-marnose di Bregnano, Biandronno, Brenno, Petana e Bulciaghetto su una oftan- tina di sezioni sottili. La famiglia MiZiolidae, che è, come è noto, scarsamente rappresen- tata in tutta la creta, è data da alcune M/olznae: a Biandronno, Pe- tana e Brenno ho riscontrato solo pochi frammenti di bzlocuwlina. Lar- gamente rappresentata è invece la famiglia Zextularidae, in special modo la sottofam. delle 7extularinae, pur non mancando delle 2Br/7124- ninae. E così ricchissimi di ¢extwlarie sono i calcari marnosi mica- cel di Brenno, molte delle quali si presentano in forme grandi e ro- buste, a grosso guscio; quasi sempre associate a forme allungate con apertura obliqua, longitudinale all’ asse, che potrebbero essere delle bolivine. Assai più ricca si presenta la famiglia Zagenidae, la quale è rappresentata da alcune /agene di forma subglobulare (Z. globosa RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 201 Mont. sp.), da abbondantissime Wodosarinae, e da Polymorphininae. La maggioranza delle nodosarze è data dalle forme aculeate; non man- cano però molte altre a guscio esterno liscio, e altre costato. Sono quasi tutte a conchiglia rettilinea; avendo trovato solamente due forme a setti obliqui, formata da 7 logge, di cui l’ultima è piriforme, e di- sposte su un asse leggermente incurvato: io le riferirei alla VV. com- munis WV Orb. sp. Fra le nodosarze più comuni si hanno la N. acu- leata a’ Orb., e la WV. radicula Lin., sì nella forma tipica, che nelle varietà ambigua Neug, e annulata Terg. e Berth. Al genere mar- ginulina vanno riferite forse una grande forma a tre logge di Petana, e una biloculare di Brenno. Il gen. crisfellaria è rappresentato abha- stanza bene da grandi esemplari (Brenno, Petana, Bulciaghetto) carenati e carenati-aculeati (C. rotulata Lam. sp.: C. calcar Lin. sp.). Le Poly- morphininae sono meno abbondanti delle Nodosarznae; esse sono rappre- sentate da alcuni grandi individui sacchiformi, che credo si possano ri- ferire al gen. polymorphina; e da parecchie forme di wvigerina. Fra queste ultime predominano quelle robustamente aculeate e con forte pe- duncolo boccale: non mancano però wvzgerine provvedute di esili e brevi aculei e di breve peduncolo terminale, come nella Z. asperula Czjzck. Ma fra tutte le foraminifere quelle appartenenti al gen. globigerina sono le più diffuse; come d’altronde lo sono in quasi tutte le rocce calcari sì del mesozoico superiore che del terziario delle prealpi e del- l’Apennino. Nella nostra fauna campaniana, il gen. globigerina è per lo più rappresentato dalla G. dudlocdes d’Orb. colla sua varietà triloculare, dalla G. cretacea d’Orb., e assai probabilmente anche dalla G. marginata Reuss sp. A queste sono sempre associate, in quantità però assai minore, le orbuline, talvolta nella forma anomala biloculare. Abbastanza bene rappresentata è la sottofamiglia Rotalininae (fam. Rotalidae): così nelle marne micacee di Brenno si hanno molte forme che si possono riferire al gen. pulvinulina, alcune al gen. truncatu- lina, e altre al gen. rotala. Mediante ripetuti lavaggi, ho potuto isolare alcuni frammenti di fo- raminiferi in un calcare grossolano di Brenno. Essi appartengono 202 E. MARIANI. textularie, a nodosarie (N. radicula, L. sp., ed altre specie), a ‘eri stellarie (C. rotulata, Lam. sp.; C. calcar, L. sp.; 0. cultrata, Montf. sp.), a rotalie, a nonionine (N. umbilicatula Mont. sp.), a truncatuline (T. lobatula, Walk. e Jac. ‘sp.). Dall’esame complessivo di questa ricca fauna ‘a foraminiferi della creta superiore della Lombardia, risulta come dopo le g/obigerzne, pre- dominano le modosarie e le textularie. Carattere pressochè generale è la grandezza degli individui. L’ assenza di forme a guscio comple- tamente arenaceo che vivono in mare profondo, è un altro carattere che dimostra come questa fauna, sebbene non costiera, come lo pos- sono attestare oltre che la presenza di planorbuline l'abbondanza di textularine, viveva in mare non molto profondo. È notevole inoltre constatare come della famiglia. Lagenzdae, così abbondantemente rap- presentata, non si abbiano delle forme da riferirsi al gen. frondi- cularia, che pure trovasi di frequente nelle faune cretacee, come pure nelle faune giuresi della Lombardia (Mariani). Va inoltre ricordata la scarsità di foraminiferi a guscio imperforato.! Ricordo come già altra volta ebbi occasione di osservare come le Milzolininae, pur da me riscontrate in rocce calcari liasiche (Nese e Gozzano), mancano nella nostra creta inferiore: e ciò ho potuto constatare anche ora nell’ esame microscopico di alcuni calcari marnosi del cretaceo inferiore del vare- sotto, come sopra dissi. Insieme alle foraminifere, ma in piccolissimo numero, si hanno delle spicole calcari di spugne, come pure frammenti di Ostracodi. Fra que- sti vi ha una forma che si può riferire alla Cytherella complanata Reuss, 2 della creta di Gosau. 1 Ciò venne anche constatato recentemente dal sig. R. M. Bagg nello studio da lui fatto sulla ricca fauna della creta superiore di New Jersey (Bull. of the United States Geological Survey. Washington, 1898). 2 Reuss; Beitrige sur Charakteristik der Kreideschichten in den Ostal- pen, besonders im Gosauthal und am Wolfgangsee (Denk. d. k. Akad. der Wiss. Wien, 1854, Bd. VII, pag. 140, t..28, f. 9). RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC... 203 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I.- Fig. 1. — Calcare marnoso di Petana (textularia: globigerina: cristellaria : trun- catulina). Ingrandimento 52 diametri. Fig. 2. — Calcare marnoso micaceo di Brenno (nodosaria: globigerina). Ingrandimento 52 diametri. 204 E. MARIANI. RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II. Fig. 1. — Calcare marnoso micaceo di Bulciaghetto (textularia: lagena: nodosa- ria: globigerina: cristellaria: spicole di spugne). Fig. 2. — Calcare marnoso scistoso di Biandronno (bolivina (2): textularia: glo- bigerina: rotalia). Ingrandimento 52 diametri. E ° a z Ad pa 4 2 = > o) x x A È © j (ca ais W = w > LS * = oS & = nl ° fe} N Mm qa = ° = (I = o » =| . Ul od fe} (dp) xe) pr) eS) [+ È (o) ° © + (= o 2 3 fom o) = 3 = E o re oO c D io} ive E i (0) la E, MARIANI. E, MARIANI, ol en is ILL E MARIANI; E. MARIANI FOT - Ricerche micropalsont. ecc. ELIOT . Vol. XXXVIII RESPIRA, Eta CESS este ME ona Seduta del 27 novembre 1898. ORDINE DEL GIORNO: 1.° Verbale della seduta precedente. 2.° Comunicazioni della Presidenza e proposte di nuovi soci. 3.° Nota sulla rigenerazione della conchiglia di alcuni Gastero- podi polmonati. — Comunicazione del socio dott. G. Pa- rAVICINI. 4.° La tridimite di S. Pietro Montagnon, negli Euganei. — Co- municazione del socio dott. G. Boeris. Si legge e si approva il Verbale della seduta precedente e viene accettata ad unanimità la nomina del nuovo socio Signor Dott, Piero Vidari proposto dai Soci Dott. Airaghi e De Alessandri. Quindi il Vice Presidente dichiara aperta la prima seduta del nuovo anno di vita della Società, lieto di poter annunziare all’ Assemblea che l’attività di questa fu costante nel decorso anno, essendo stata sempre abbondante la materia per le riunioni e le pubblicazibni e che l’inte- resse crescente che queste destano in Italia ed all’estero è davvero straordinario e confortante. Egli confida perciò che tutti i soci si adopreranno con ogni mezzo, acciochè le sorti della Società stessa non pure si mantengano confor- tanti, ma possano sempre rendersi migliori. Pone inoltre in evidenza 206 SEDUTA DEL 27 NOVEMBRE 1898. come le migliorate condizioni della Società tornino a maggior vantaggio del Museo e fa voti che le riunioni dei Soci porgano sempre più fre- quenti occasioni ai Professori del Museo stesso per far rendere di pub- blico interesse tutti gli studi che in questo si fanno, col mezzo di co- municazioni, o di semplici conversazioni, a seconda dei casi. Invita dopo ciò il socio Dott. Paravicini a fare la propria Comuni- cazione: Sulla rigenerazione della conchiglia in alcuni Gasteropodi polmonati e, questa finita, prega il socio Prof. Artini a riferire in- torno alla Comunicazione annunciata del Dott. G. Boeris che non ha potuto personalmente intervenire. Il Prof. Artini svolge brevemente l’ argomento, dimostrando l’impor- tanza dello studio fatto sulla 77:dimiie di S. Pietro Montagnon, e quindi, per invito del V. Presidente, presenta ai soci il grosso e pre- ziosissimo Bolide caduto a Brava (Ergeo) in Africa e riportato dal Ca- pitano Ferrandi: ne fa la storia e ne descrive minutamente la com- posizione, esprimendo da ultimo il rammarico, diviso da tutti i soci presenti, che un oggetto di tanto. valore non possa divenir parte del patrimonio del Museo Civico. A questo punto fu dichiarata chiusa la Seduta. Letto ed approvato. Il V. Presidente GIOVANNI CELORIA. ~ Il Segretario GIAcINTO MARTORELLI. Seduta del 18 dicembre 1898. ORDINE DEL GIORNO: 1.° Comunicazioni della Presidenza. 2.° Sulla Diaspis pentagona e sue mezzi diversi per combatterla. — Comunicazioni dei soci Dott. P. Magretti e Prof. Felice Franceschini. Tutti, anche non soci, che st interessano all'argomento possono intervenire all adunanza. Si legge e si approva il Verbale della seduta precedente e quindi l Assemblea, a voti unanimi, accoglie il nuovo socio Signor Dott. Vittorio Ronchetti presentato dai Soci signori Dott. P. Magretti e dal Prof. G. Celoria. Dopo ciò il Vice Presidente prega il Socio Dott. Magretti a svol- gere l'argomento annunziato intorno alla Diaspis pentagona, ed egli comincia col presentare una serie di fotografie che mettono in evidenza l'enorme diffusione dell’insetto parassita dannosissimo. Ne espone quindi 1 caratteri particolari e lo sviluppo nelle sue diverse fasi e, finita la propria esposizione, prende la parola, per invito del Vice Pre- sidente, il Socio Prof. Franceschini, il quale tratta il medesimo argo- mento, considerando principalmente ciò che concerne la difesa dell’in- setto medesimo e, aderendo al desiderio espressogli, aggiunge ancora alcune notizie riguardanti il lato economico dei mezzi impiegati per la 208 SEDUTA DEL 18 DICEMBRE 1898. x difesa stessa, osservando che, malgrado questa, non si è certo arre- stata la propagazione di questo nemico dei gelsi e di varie altre piante e ne espone le cause principali, prima fra tutte il vento e la diffu- sione determinata dal commercio che contraria le misure prese per la preservazione. Ciò non toglie però che i rimedi abbiano avuto una reale efficacia dove furono convenientemente e prontamente apprestati. Risponde da ultimo ad una domanda del Socio March. Luigi Cri- velli che vuol sapere da chi si prepara l’olio pesante di catrame ve- ramente adequato, poichè quello da esso adoperato non diede prove soddisfacenti. Infine il Socio Magretti riprende la parola per ricordare il tratta- mento sperimentatosi coll’acqua bollente, o coi gaz, ma accenna pure alle difficoltà di applicazione di questi metodi. Dopo ciò viene levata la seduta. Letto ed- approvato. ll V. Presidente GIOVANNI CELORIA. Il Segretario GIACINTO MARTORELLI. Seduta del 5 febbraio 1899. ORDINE DEL GIORNO: 1.° Comunicazioni della Presidenza. 2.° Bilancio consuntivo del 1898 e Bilancio preventivo pel 1899 (Art. 30 del Regolamento). 3.° Nomina della Commissione amministrativa e del Cassiere (Ar- ticoli 46 e 49 del Regolamento). 4.° Recenti doni fatti al Museo Civico di Storia naturale. — Co- municazione del socio Prof. Tito Vignoli. 5.° Presentazione di Paradiseidi recentemente Scoperti e comuni cazioni Ornitologiche del socio Prof. G. Martorelli. 6.° Note ornitologiche del Veronese. — Comunicazione del socio Conte E. Arrigoni degli Oddi. 7.° Flora di Parenzo. — Comunicazione del socio Prof. M. Ca- legari. Letto ed approvato il Verhale della seduta ultima, il Vice Presidente comunica ai Soci le dimissioni presentate per lettera dal Socio Inge- gner Cav. Vittorio Mazzucchelli, il quale non può continuare a far parte della Società ed annunzia pure come il Socio Prof. E. Cottini sia rimasto fermo nel suo proposito di cessare dalla carica di Vice- Segretario, perchè le numerose sue occupazioni più non gli permettono di continuare in tale ufficio per mancanza di tempo. L’ Assemblea con dispiacere prende atto di tale deliberazione. Dopo ciò viene accolta ad unanimità di voti la nomina tra i soci effettivi della a: Signora Dottoressa Zina Leardi 210 SEDUTA DEL 5 FEBBRAIO 1899, proposta dai Soci Prof. Artini e Mariani ed usualmente a voti una- DS nimi è accolta la proposta di nominare Socio Perpetuo PIll. Signor Duca Guido Visconti di Modrone proposto dal Socio Conte Giberto Borromeo e dal Vice Presidente. Si passa quindi alla lettura dei Bilanci: Consuntivo del 1898 e pre- ventivo del 1899 che vengono tosto approvati dall’ Assemblea, dopo essere stati esaminati ed approvati, a termini del Regolamento, dal Consiglio di Amministrazione in apposita riunione. Dopo l’approvazione dei Bilanci, il Vice Presidente invita il Socio Prof. Vignoli, Direttore del Museo Civico di Storia Naturale, a fare la sua comunicazione dei recenti doni fatti al Museo stesso durante quest'anno da parecchi signori di Milano e di altre città d’Italia non- chè dai Professori stessi del Museo. Letta la lunga lista di tali doni e fattane rilevare l’importanza ed il valore, il Prof. Vignoli coglie vo- lentieri l’occasione per un generale ringraziamento anche a nome della Giunta Municipale. Segue poi la Comunicazione del Socio Prof. G. Martorelli, il quale, dopo brevi parole intorno a quattro esemplari di Paradiseidi apparte- nenti a specie recentemente scoperte, presenta un rarissimo esemplare di Turdus patleus della Siberia Orientale colto in Italia e trovato il 26 ottobre 1898 sul mercato della città ed espone alcune considera- | zioni intorno a parecchi simili casi di comparse di specie Orientali di Uccelli in Europa. Si presentano da ultimo le comunicazioni scritte dei Soci Prof. Et- tore Arrigoni degli Oddi e Prof. M. Calegari delle quali viene deli- berata la stampa e con ciò rimane esaurito I’ ordine del giorno. Letto ed approvato. ; I V. Presidente GIOVANNI CELORIA. Il Segretario GIACINTO MARTORELLI. TO DEL nuovo |STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1895) DATA DI FONDAZIONE, 15 GENNAIO 1856. » - cn FSE nel. a a’ Italia), vi ee ee le a Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Aft: della Società. Versando Lire 200 una volta tanto. vengono dichiarati Soci effettivi perpetui. sata ce iO, eleg ggersi eminenti scienziati che pos- CW ip JT ile dhe peut a Dillon don le cautele d’uso volute dal regolamento. ¥ is Mane ca Da Perla la tiratura degli Bot - ele | le 25 copie che sono date gratis po Sila; Tipografia sia per Pordin Sac te per il pagamento;’ È non potrà | essere senpeziore a L. 2. 5 i oem 25 pot di un foglio di stampa in-8° INDICE DEI FASCICOLI I-II. Direzione pel 1899 Soci effettivi per l’anno 1899 . Istituti scientifici corrispondenti al principio der 1399 Giovanni Borris, Sopra la tridimite di S. Pietro Mon- tagnon negli Euganei (Con due tavolo) MATTEO CALEGARI, Specie nuove e località nuove di spe- cie già note della flora di Parenzo in Istria . GIUSEPPE PARAVICINI, Nota sulla rigenerazione della con- chiglia di alcuni gasteropodi polmonati . E. ARRIGONI DEGLI OpDI, Note ornitologiche sulla Provin- cia di Verona . x GIUSEPPE MERCALLI, Zuji Suiviniet i s Varani : Ernesto MARIANI, Ricerche micropaleontologiche su al- cune rocce della creta lombarda (Con due tavole). Seduta del 27 novembre 1898 . Seduta del 18 dicembre 1898 . Seduta del 5 febbraio 1899. thee 195 205 207 209 DELLA | SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOLUME XXXVIII. FascicoLo 3.° — Fori 14-21 */,. (Con due tavole) MILANO TIP. BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. Via Rovello, 14. Acosto 1899. > È REI CONE SS INS PSK Per Ja compera degli ATTI e dello MEMORIE rivolgersi alla Segreteria della Società, Palazzo del Nuovo Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia, L’invio dei singoli fascicoli ai Soci e Corpi Scientifici vien fatto colla Posta. nae N mao 2) Ut ol MENTI cale * Disezione veL 1899. eal Vice-Presidente, Comm. prof. GIOVANNI Crronta, Prof. Gracixto a Museo Segretarj ti Conte GiBERTO Borrompo juniore, Piazza i March. Lurer CrIveELLI, Corso Venezia, Bee Sig. Virrorro Vinna, Via Silay Bie es: Lì Ing. Francesco SALMOJRAGHI, Via Monte di Pietà, gi. SS Cay. prof. Trro VienoLI, Corso Venezia, 89. : ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. Nota del Socio Prof. Pompeo Castelfranco. L’archeologia, prima di meritare il nome di scienza, è passata a traverso vari periodi di transizione. Come la chimica e |’ astronomia ebbero il loro periodo caotico o empirico, che dir si voglia, così l’ar- -cheologia ebbe principi modestissimi. I Romani, sprezzanti com’erano dei popoli che li avevano preceduti, ignoravano aflatto l'archeologia. Non si degnavano di interessarsi neanche di ciò che avevan fatto gli antenati. I popoli giovani, al pari ‘ degli uomini giovani, nella loro forza espansiva, sono troppo compresi del loro io per occuparsi del passato e guardarsi indietro: essi ane- lano solo all’avvenire. Petrarca fu, sì può dire, uno dei primi archeologi, avendo egli for- mato, a quel che si assicura, una numerosa collezione di monete an- tiche. Tuttavia si può dire che fino al 1450 gli studi archeologici siano rimasti nel buio del Medio-Evo. Dal 1450 al 1600 corre un secolo e mezzo in cui l'umanità sembra uscire da una brutta notte. La scoperta della stampa coi caratteri mo- bili viene a diffondere i capo lavori della letteratura classica; il pen- siero dei filosofi e dei poeti greci e romani vieno a fecondare quello degli uomini eletti del Rinascimento, e li rende desiderosi di conoscere le bellezze tutte che furono un dì creato dalle antiche civiltà. A quell'epoca dobbiamo far risalire i primi vagiti dell’Archeologia. Quel primo periodo è quello degli artisti e dei letterati, i quali, fra Vol, XXXVIII Li DA POMPEO CASTELFRANCO. le antichità, si preoccupano solo degli oggetti artistici, li raccolgono con cura e li studiano sotto il rapporto della bellezza della forma. È questa l’epoca in cui fioriscono le arti specialmente in Italia. Gli ar- tisti greci e romani generano così gli artisti del XV e del XVI secolo. Il secondo periodo è quello degli antiquari, e comprende il se- colo XVII e la prima metà del XVII. Allora sì studia l’antichità nel solo interesse dell’ erudizione e della curiosità, È questa l’ epoca di Spon, Wheler, Ernesti, Montfaucon, Lanzi, Muratori, ecc.; a quel tempo appartengono vaste raccolte di dissertazioni su tutte le parti dell’ar- cheologia, ma in particolar modo sulle antichità greche e romane. Nulla al di là, o all’infuori dell’epoca classica, nulla al di qua. L’epoca barbarica come il Medio-Evo non arrestano un momento gli antiquari d’allora, che neppure accennano a preoccuparsi se altre civiltà abbiano potuto precedere quelle della Grecia e di Roma. E se per caso illu- strano qualche oggetto barbarico, gotho o longobardo, o preistorico, lo attribuiscono con sicurezza ai Greci, ai Romani od agli Etruschi, Il sterzo periodo, inaugurato dai lavori di Winckelmann e di Les- sing, comincia alla metà del secolo XVII. Siamo nel secolo dell’ En- ciclopedia e dei filosofi. L'archeologia vi viene considerata da un punto di vista filosofico. La si coltiva per estendere il dominio della storia e per seguire i secoli trascorsi, niuno eccettuato; l’archeologia non si limita più allo studio dell’ antichità classica; essa penetra anche nei secoli del Medic-Evo ed abbraccia nelle sue ricerche tutte le nazioni di cui si conoscono i nomi e delle quali si hanno vestigia. Vengono studiate con maggiore o minor fortuna le antichità egizie, assire, ba- bilonesi, indiane ..., e, nella nostra Italia, della quale mi occuperò più particolarmente in questa dissertazione, si cerca di investigare cosa fossero gli Etruschi e i Peslagi, dove cominciassero, d’onde venissero, dove si estendessero; ed ai Pelasgi ed agli Etruschi vengono attri buite, senza prove convincenti, la maggior parte delle antichità che in Italia appaiono più antiche dei Romani. I metodi però di quelli ar- cheologi non sono adatti ad investigare le epoche anteriori alla storia ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. Pile scritta. Messo in presenza di uno strato che non sia, e per la scrit- tura, e pei monumenti, « indubbiamente greco, etrusco o romano (come dice il Pigorini) vedete l’esploratore smarrirsi come in un labirinto, uscire coi giudizi più strani, e giudicare di una ‘età oggetti che sono anteriori o posteriori di parecchi secoli, senza che molti se ne avveg- gano. Non è gran tempo che uno dei valenti ispettori degli scavi il- lustrò come contemporanee antichità della prima età del ferro ed altre che non possono rimontare oltre il V o il VI secolo dopo Cristo, e ciò perchè quella mancanza di coltura generale e di norme che si la- menta anche in paletnologia, è pure a deplorare in Italia per ciò che i Barbari vi lasciarono dopo la caduta del romano impero, e potrei dire anche per ciò che appartiene ai Galli 1». È superfluo aggiungere, dopo cid, che nessuno pensava a investigare a quali popoli ed a quali civiltà appartenessero le antiche armi e gli antichi utensili di pietra che tratto tratto venivano alla luce; solo pochi curiosi le osservavano, raccoglievano taluna di quelle selci, le più appariscenti, senza però attribuir loro alcuna importanza, nè preoccu- parsi della loro giacitura primitiva, nè degli altri minori cimeli che le accompagnavano. Lo studio di quei strati antichissimi fu invece l’opera dei paletno- logi. La paleo-etnologia, 0, più brevemente, la paletnologia, scienza nuova, sorse nella prima metà di questo secolo, tutt’ affatto all’infuori del campo degli archeologi. La paletnologia infatti, deve la vita a tre o quattro altre scienze quasi altrettanto nuove; la geologia, la paleontologia, la mineralogia, l'antropologia, ultimi e più giovani figli della grande famiglia delle scienze naturali. Appena nata, oltre l’appoggio della geologia, della paleontologia e dell’antropologia, essa ebbe subito per ausiliaria, per sorella e per compagna l’etnografia, ed inoltre, nelle sue indagini, essa ha bisogno di ricorrere a tutte le scienze d’osservazione e d’ana- 1 La Scuola paletnologica italiana nella Nuova Antologia del 1 ° giugno 1884. 214 POMPEO CASTELFRANCO. lisi, alla botanica, alla chimica, alla mineralogia, dalle quali essa ri- ceve ogni sorta di sussidio, senza poter mai offrire a queste scienze alcun aiuto di ricambio. E mentre la paletnologia attinge tante forze nelle scienze naturali, essa non trova invece alcun aiuto dagli studi profondi ed eruditi degli archeologi classici. E gli archeologi, mentre la derisa paletnologia vagisce appena, essi, durante il corso del se- colo XIX, nel vasto campo però delle epoche storiche, arrivano ad al- tezza di sapere e di cognizioni non mai raggiunte nei secoli pre— cedenti. L'archeologia classica, appoggiata principalmente sui testi degli sto- rici, c sui monumenti scritti, e solo talvolta, sul ricordo dei nomi dei popoli trasmessi dalla tradizione, non poteva essere infatti di alcun giovamento ad una scienza che aveva per obbiettivo lo studio di ci- meli riferentisi a popoli, anteriori, non dico ad ogni tradizione, bensì ad ogni scrittura. Le celebrità del mondo archeologico, abituate agli studi classici, colla mente illuminata dalla vista dei monumenti su- perbi e colossali lasciati dalle grandi civiltà, non si sentivano disposte a guardare con occhio di simpatia, pochi studiosi senza cattedra, che limitavano la loro ambizione a frugare negli immondezzai e tra i ri- fiuti del pasto dei nostri selvaggi antenati, a determinare qualche ciot- tolo appena dirozzato, qualche seme di talun modesto vegetale, o qualche osso mal conservato e difficile a riconoscere; cimeli mediante i quali i nuovi scienziati mostravano la speranza, che sembrava a ta- luni pretesa arrischiatissima, di ricostituire tutto un lungo passato anteriore alle storie, durato una serie di secoli assai, assai più lunga e più volte di quella che abbraccia le più belle epoche della Grecia e di Roma. I nomi dei fondatori della paletnologia, dal 1833 al 1865 vogliono essere qui rapidamente enumerati. In Danimarca Thornsen, Worsaae, Steenstrup, Forchhammer; in Isvezia Nilsson; in Isvizzera Keller, Morlot, Desor, Rutimeyer, Heer, Troyon; in Inghilterra Lyell, Lubbock, Evans, Prestwich ; in Germa- ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. 21h nia Vogt, Virchow; in Francia, Boucher de Perthes, Lartet e Christy, Broca, Mortillet, Quatrefages; nel Belgio, Dupont; in Italia Gius. Scarabelli, Bart. Gastaldi, Strobel, Pigorini, Chierici, Canestrini.. . Come si vede la maggior parte di questi nomi ricordano quelli di celebri geologi, paleontologi, zoologi, botanici, in tutto solo due e forse tre archeologi. Anche questi però, avviandosi sulla via delle ricerche preistoriche, dovettero accuratamente deporre sulla soglia della nuova scienza tutte le precedenti preoccupazioni basate sugli studi classici, e, adottando i metodi dei geologi, limitarsi allo studio accurato e senza preconcetti, dei soli monumenti muti. Sarebbe assai interessante presentare una storia particolareggiata ed aneddotica delle prime discussioni o divergenze tra i paletnologi e gli archeologi. Da un lato i paletnologi, naturalisti che venivano ad innalzare un edifizio scientifico del maggior valore, laddove altri coi classici alla mano avevano già dichiarato che la mente umana non avrebbe mai più potuto inoltrarsi; dall’altro gli archeologi che magari su qualche punto della preistoria avevan già pronunciato sentenze che volevano inap- pellabili. I più ragionevoli di questi ultimi dicevano, come I illustre Pietro Verri nell’esordio del Capo primo della sua Storia di Milano: « L'origine di una città antica si perde comunemente nella oscurità de’ tempi favolosi, e ascende fino a que’ remoti secoli dai quali a noi non è trapassato monumento alcuno; e perciò debbono considerarsi come secoli isolati, e inaccessibili alla nostra curiosità. » Darò solo qualche esempio di tali discussioni ad armi quasi sempre cortesi. Mi narrava il compianto nostro socio prof. Pellegrino Strobel che egli imprese a studiare le terremare del Parmigiano pel fatto che nessuno dapprima voleva occuparsene. Gli archeologi dicevano: « Sono cumuli contenenti per lo più ossa di animali, e nessun monumento cospicuo; non è roba che interessi l’archeologia; ci pensino i natura- listi. » E di rimando i naturalisti rispondevano: « Le marne, o mar- 216 POMPEO CASTELFRANCO. niere, 0 terramarne o terramare non sono formazioni naturali; con- tengono in copia cocci di stoviglie ed altri oggetti dell’umana indu- stria; è roba che spetta agli archeologi. » E nessuno le toccava, ad eccezione degli agricoltori i quali, accorgendosi che quei cumuli erano ricchi di fosfati, li demolivano per trasportarne le terre ad ingrassare i prati. La ricerca di quelle terre fu tale che diventò una ricchezza per i proprietari di terramare. E lo Strobel intanto profittava di quegli scavi economici per lui, per studiare il contenuto di quei cumuli singolari. Nel frattempo gli archeologi davano anch’ essi talvolta un’ occhiata distratta ad alcuni degli oggetti più appariscenti usciti da quei depo- siti, e, armati delle teorie belle e fatte che già avevano nel loro re- pertorio, uscivan fuori colle sentenze le più arrischiate. L’illustre Ca- vedoni, per esempio, a proposito di una spada che vi si era rinve- nuta, dichiarava nel 1852 che quella spada era romana, e che le terremare non erano altro che 1 resti degli ws/7272% dei pagani. Suc- cessivamente però nel 1861 lo Strobel dava dal canto suo la prima notizia della scoperta della palafitta esistente sotto la terramara di Castione, e, nell’anno seguente, associatosi il Pigorini, un archeologo quello, un numismatico, giovane pieno di fuoco, d’attività e d’intelli- genza, pubblicava nei Nuovi Cenni del Gastaldi la prima illustrazione paletnologica delle terremare dell’età del bronzo dell'Emilia; in questo lavoro gl’illustri autori dimostravano che le terremare erano gli avanzi di antichissime abitazioni umane. Di questo lavoro che ebbe subito due o tre edizioni, una delle quali tedesca, ne venne pubblicato poi una più completa nel vol. VI degli Atti della nostra Società sotto il ti- tolo: Le terremare e le palafitte del Parmense, seconda relazione. Ben inteso quanti si occupavano nell'Emilia di archeologia, non accettarono le conclusioni alle quali arrivavano lo Strobel ed il Pigorini: « Prin- cipale nostro oppositore » scrive il Pigorini! « fu Celestino Cavedoni, 1 Gaetano Chierici e la Paletnologia italiana, Parma, 1886. ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. 217 il quale giudicava le terremare ustrind di tempi storici, e pel valore suo ci suscitava Vincredulita e la diffidenza di molti. Con simile av- versarlo non si poteva tacere, e noi due da Parma, Canestrini e Boni da Modena, esponemmo fatti trascurati o male interpretati dal Cave- doni pei quali la sua teoria cadeva. » Fu questa una memorabile vittoria riportata dai. paletnologi italiani. E fu seguita da molte altre. E sì che, anche nella citata seconda re- lazione, non mancavano le mende che, più tardi, da scienziati degni di questo nome, lo Strobel ed il Pigorini, si affrettavano mano mano a correggere. Era talmente radicata nelle menti, come articolo ‘di fede insegnato dagli archeologi, che anteriormente ai Romani non si dovesse scoprire alcuna traccia che non fosse dei Galli o degli Etruschi, che — anche lo Strobel ed. il Pigorini caddero allora nello stesso errore. Nel vol. VII dei nostri Atti, leggiamo a pag. 144 queste parole del. Pigorini: « Sotto i Romani, nel nostro paese, non troviamo altri avanzi fuorchè quelli delle terremare; è fuor di dubbio che prima dei Romani fosse abitato dai Galli-Boi, quindi consideriamo quelli avanzi siccome Boi. » Il guaio si è che allora gli archeologi consideravano anche le tombe galliche come romane; fu solo nel 1879 che si scoprì in Lombardia, nella splendida villa di un nostro egregio socio, il Conte Turati, una tomba giudicata indubbiamente gallica; e quel giudizio, accolto oggi favorevolmente, anche da tutti gli archeologi, specialmente all’estero. fu pure pronunciato per la prima volta da un paletnologo. ! L'errore del Pigorini e dello Strobel, nel 1864, era dunque scusa- bilissimo, e non era che uno dei frutti, non il migliore certamente, della sicurezza che si attribuiva generalmente ai giudizi dati allora dagli archeologici classici. Più tardi il Pigorini, quando continuò le sue trionfali ricerche nelle terremare, cercò di dimenticare, almeno durante quelli scavi, i libri ai quali aveva attinto fino allora, i quali, in fatto 1 Bullettino di Paletn. ital. Anno V, Tombe Gallo-italiche rinvenute al Soldo presso Alzate (Brianza). 218 POMPEO CASTELFRANCO. di preistoria, non potevano allora servire ad altro che a traviarlo, ed egli, collo Strobel e col Chierici, giunse a risultati tali che pure gli archeologi dovettero accettarli. Un dotto archeologo straniero, che noi tutti inchiniamo riverenti, ebbe a dire che i paletnologi erano archeologi analfabeti. « I frutti del nostro analfabetismo, dice il Pigorini in suo scritto, ! lo obbligarono poi a can- cellare da una sua storia famosa l’asserzione che l’Italia non abbia avuto un’ età della pietra, e quegli stessi frutti diedero modo a un insigne suo collega di indagare e scrivere la prima pagina della storia degli Italici, » Anche in Lombardia le discussioni tra archeologi e paletnologi fu- -rono alquanto animate. Un buon prete, professore al Ginnasio di Sant'Alessandro, famoso al lora per la sua colossale statura, e per uno schiaffo dato ad un figlio di Radetzki, avendo scavato nelle brughiere intorno a Golasecca sua patria, alcune centinaia di tombe antiche, senza accorgersi che molte di quelle tombe contenevano non solo ossa combuste di adulti, ma anche ossa di bambini, e ornamenti muliebri, e pochissime armi, tutto nutrito di studi classici, attribuì quelle tombe alla memorabile batta- glia del Ticino avvenuta tra Annibale e Scipione, e, seguendo le nar- razioni di Polibio e di Livio, pubblicò in proposito nel 1824 un libro che non ha più oggi alcun valore scientifico se non per le figure delle sue tavole. Dopo di lui un archeologo lombardo, assai rispettabile e rispettato specialmente come filologo e come numismatico, pubblicando nel 1867 una tomba famosa scoperta a Sesto Calende, la diede per gallica, e, dopo di lui, restò acquisito per tutti i di lui discepoli, che le tombe della necropoli di Golasecca, e quelle di Castelletto, e tutte le analoghe che si rinvennero successivamente nella Provincia di Como, si dovessero del pari attribuire ai Galli-Insubri. Ecco il ragionamento semplicissimo che facevano i difensori di quella teoria: « A chi ap- 1 La Scuola paletnologica italiana, }. c. ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. 219 parterranno queste vaste necropoli e molte, che toccano e spesso si com- penetrano colle romane, esempi più spiccati Golasecca, Castelletto Ti- cino, Cantù, necropoli conservate, dirò intatte, quanto le romane? Non vi sarà persona, a noi pare, la quale non possa ragionevolmente che rispondere: al popolo che precedette immediatamente il Romano. » E cioè ai Galli-Insubri. Aberrazione singolare; gli archeologi ammette- vano bensì che i Galli avessero cacciati dalla Vallo del Po gli Umbri e gli Etruschi, ma poco si preoccupavano di cercare le traccie di questi Umbri e di questi Etruschi, e non accennavano neppur di volo ai Li- guri di cui pure parlano le tradizioni, né si curavano menomamente dell’esistenza probabile di popolazioni anche più antiche preesistenti pure a queste. Essi opinavano forse che i Galli, avendo cacciati via quei popoli, avessero bandito dal territorio, insieme coi viventi, anche i sepolcri degli avi e le traccie delle abitazioni ? Mentre gli archeologi, in altri campi, continuavano a studiare gli antichi marmi greci e romani e medioevali, e leggevano le antiche iscrizioni, e colmavano con buon successo molte lacune rimaste nei se- coli della storia, i paletnologi lombardi, esplorando le accennate an- tiche necropoli, con accurata analisi, tenendo metodicamente divisi tomba per tomba i cimeli che rinvenivano in taluna di esse, vennero un giorno alla conclusione che a Golasecca, per esempio, come nelle altre necropoli analoghe della Lombardia occidentale, esistesse ben di- stinta una civiltà anteriore alla romana e alla gallica, civiltà che non era l’etrusca e ne scoprirono diversi successivi periodi; nel medesimo tempo lo Zannoni ed il Brizio ed il Prosdocimi, cercatori de’ più di- stinti, facevano analoghe scoperte nel territorio di Bologna e in quello di Este, ed anche in quelle provincie constatarono i nessi di quelle necropoli, colle civiltà che vi introdussero successivamente gli Etruschi, i Galli, ed i Romani. Così una serie di tombe le quali, coi metodi degli archeologi, parevano risalire tutt'al più, le più antiche al IV ed al V secolo avanti Cristo, venivano coi paletnologi a riferirsi, almeno in parte, anche all’età del bronzo, in cui toccarono per conseguenza 220 ‘ POMPEO CASTELFRANCO. alla fine dell’éra delle terremare del Mantovano, del Cremonese e del- l'Emilia, come delle palafitte lacustri del laghi alpini della Lombardia occidentale. È infatti noto oggi che alcune di quelle tombe, per la sco- perta in taluna di esse di fibule greche di età accertata, risalgono circa al dodicesimo secolo avanti l’èra cristiana, e furono quindi affi- date alla terra 6 od 8 secoli avanti le prime immigrazioni dei Galli in Italia. Se tutti gli archeologi non hanno ancora accolto con favore le con- clusioni dei paletnologi della Valle del Po, la maggior parte di essi non pongono più in discussione le più importanti di quelle risultanze ed i paletnologi italiani hanno oggi la soddisfazione di vedere i loro lavori citati con onore nelle ricche pubblicazioni che intorno ai tempi preistorici si fanno al di là delle Alpi, e più particolarmente in Ger- mania, in Danimarca, in Isvezia, in Norvegia. Ho accennato alle Palafitte lacustri. A questo proposito, dopo aver dato le prove nelle pagine precedenti, che la paletnologia deve la vita alle scienze naturali, devo ora dimo- strare che la miglior sede di un Museo preistorico sia nelle sale di un Museo di Storia naturale. Nel 1860 e nel 1861 Bartolomeo Gastaldi in Italia, Keller, Mor- lot et Troyon in Isvizzera avevano fatto conoscere le antichità trovate nelle torbiere italiane e nelle palafitte lacustri della Svizzera. Due anni dopo un geologo, Ernesto Desor, viene in Italia col desiderio di cer- care se nei laghi prealpini della Valle del Po esistessero palafitte ana- loghe a quelle della Svizzera. Gli pareva interessante una tale ricerca in un paese ricco di tradizioni storiche, ed era vivo.in lui il desiderio di verificare se e qual nesso potessero avere le palafitte. lacustri. cogli Etruschi. Arrivato a Milano il Desor non si rivolse agli archeologi : venne difilato al nostro Museo Civico e bussò all’ uscio della nostra Società Italiana di Scienze Naturali. . Il Desor trovò a Milano la più lieta accoglienza e uomini capaci di assecondarlo; aiutato ed incoraggiato dal Cornalia, allora presidente ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. ZA della nostra Società; ebbe a compagno nelle sue ricerche lo Stoppani e parecchi altri dei nostri che continuarono poi tali esplorazioni. negli anni successivi. Ognuno sa che le prime ricerche ebbero il successo più completo. Varie palafitte vennero scoperte nel Lago di Varese, e, nello stesso anno 1863, in seguito alle prime scoperte, la Società Ita- liana, nella sua seduta. del 28 giugno, ! presidente Cornalia, e sulla proposta del socio Antonio Stoppani, destinò la somma di L. 500 per fare delle ricerche di avanzi di antiche abitazioni lacustri, e si decise che, alla fine di ogni anno, venisse determinata nel preventivo dell’anno successivo una somma destinata a scopi analoghi. Devo notare. qui, quasi a guisa di parentesi, che alcuni soci avendo timidamente osser- vate che tali ricerche di antichità potevano per avventura uscire dal- l’orbita di una Società di Naturalisti, venne inserito nel verbale la clausola che parte di quei denari dovesse servire anche alla ricerca di fossili; e infatti parte della somma servì allora ad arricchire la So- cietà, e quindi il Museo che essa proteggeva e prediligeva, di una hella raccolta di fossili scavati a Besano. Come sanno i nostri soci le antichità lacustri, raccolte coi denari della Società e mercé l’opera di parecchi attivissimi cercatori, vennero ad arricchire il Museo Civico di Scienze Naturali, e questo primo dono ne attirò in seguito molti e molti altri, e diede occasione a cambi di un raro valore con altri Musei. Quel periodo di anni fu per la Società nostra un periodo di flori- dezza e di. attività. La scienza nuova, giovane e ardita, veniva a dare una nuova vita alle nostre riunioni, e ne animava le discussioni. Da ogni parte affluirono i soci. Ogni più piccolo proprietario di torbiera, nella quale si fosse rinvenuto per avventura qualche coccio di stovi- glia o qualche selce lavorata dall’uomo, si sentì paletnologo e. chiese di far parte della nostra Società; e siccome pareva allora che bastasse saper distinguere una freccia di pietra da una fusaiola di terra cotta 1 Atti della Soc. It. di Sc. Naturali. Vol. V, pag. 228. 222 POMPEO CASTELFRANCO. per proclamarsi paletnologi, e annunciarne la scoperta con quattro linee di scritto, la paletnologia diventò di moda; tutti si occuparono di pa- letnologia, e gli anni 1864-1866 furono tra i più prodighi di scoperte paletnografiche più o meno importanti e di pubblicazioni analoghe. Tale famigliare confidenza con una scienza creduta allora alla portata di tutti, fu per qualche tempo un male per la paletnologia. Certe pub- blicazioni di quel tempo tolsero serietà alla nostra scienza, e parvero giustificare certe critiche degli avversari. Gli errori grossolani propa- gati da certi troppo zelanti neofiti della paletnologia vennero messi a carico, non degli autori, bensì della scienza stessa, considerata quindi come una pazzerella piena di immaginazione bensì, ma senza valore. Ma sopra questi nèi gettiamo per ora un pietoso velo. Torneremo qualche siorno sull’argomento se ce ne verrà e l’opportunità e il bisogno, nel- l’interesse della scienza. Col 1864 la Società Italiana di Scienze Naturali inaugurò pure una serie di riunioni straordinarie annue, e la prima fu tenuta a Biella, ove, nella Sezione di Geologia, Gastaldi, Stoppani, Issel, Cornalia, De Mortillet, Lioy discussero su varie quistioni importanti relative ai tempi preistorici dell’ Italia. L’anno seguente, nel 1865, la riunione straordinaria della nostra Società si tenne alla Spezia. In quella riunione si agitarono altre que- stioni relative alla paletnologia italiana, ed ivi, in una delle sedute della Sezione di Geologia, venne proposto ed accettato di indire una serie di congressi internazionali d’ archeologia preistorica. E tali con- gressi ebbero luogo infatti, e continuarono, favoriti dai vari governi di Europa, dal 1866 al 1892, e si tennero successivamente a Neuchàtel, Parigi, Norwich, Copenaga, Bologna, Bruxelles, Stoccolma, Buda-Pest, Lisbona, di nuovo a Parigi nel 1889, a Mosca nel 1892. Tali congressi non diedero tutti quei risultati che si erano sperati, ma tuttavia ebbero un grande retentissement, e ne ho parlato qui solo per far notare che anche il fatto memorabile della proposta di tali congressi paletnologici ebbe inizio nel seno di una Società di Natura- ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. 223 listi, la nostra, quella stessa Società che aveva formato in Milano, nel nostro Museo Civico, il primo nucleo di un Museo preistorico ed et- nografico. i I geologi italiani, in fatto di paletnologia, non si limitarono in quella occasione ad occuparsi di antichità lacustri. Dissi in qual modo, nelle sedute di Biella e di Spezia, venissero agitate varie questioni im- portanti. Una di tali questioni fu quella di indagare se l’uomo vivesse nell’epoca glaciale, o almeno nei primi tempi dell’epoca quaternaria. Alla discussione presero parte allora, lo ripeto, Gastaldi, Stoppani ed altri valenti, e la quistione, non risolta ben inteso in quel congresso (nei congressi le quistioni scientifiche non si risolvono), venne di poi agitata varie volte nei congressi successivi, e nelle pubblicazioni scien- tifiche di quelli anni. Ricorderò soltanto, per limitarmi ancora una volta ad oggetti che interessano in particolar modo la paletnologia ita- liana, un lavoro del Cocchi intorno ad « a/eunz resti umani e alcuni oggetti di umana industria dei tempi preistorici raccolti in To- scana » pubblicato nelle memorie della nostra Società; un altro del Gastaldi con alcuni importanti confronti tra le selez lavorate di Men- checourt et Moulin-Quignon ed altre analoghe d’Italia; una del Gius. Ponzi intorno al perzodo glaciale e Vantichita dell’uomo: una del Ramorino intorno ad Ossami pliocenici con traccie di scalfitture, ecc., ecc., ecc. Segno passando solo l’argomento di tali lavori, per notare che a tali discussioni non prese parte nè poteva prender parte alcun ar- cheologo; nè intendo con tale osservazione muovere alcun appunto ad essi! Ho il più alto rispetto degli archeologi e dell’archeologia. L’ar- cheologia classica, già l’ho detto e ripetuto, rende e renderà sempre segnalati servigi; essa colmerà molte lacune storiche, essa arricchì ed arricchirà i Musei d’Antichità delle splendide produzioni artistiche delle grandi civiltà; essa ci insegna a decifrare le preziose iscrizioni uscite dagli scavi, essa ordina le lapidi nei musei con severità e si- curezza scientifica, e le illustra con saggia dottrina ; l’archeologia, estrin- secandosi nelle varie sue dotte discipline: la paleografia, la diplomatica, 224 POMPEO CASTELFRANCO. l’epigrafia, l'archeologia dell’arte, la numismatica, la sfragistica, l’ico- nografia, la plastica, la toreutica, la glittica, la ceramica, ecc., è cer- tamente benemerita della storia e dell’umanità, ma essa non può ragio- nevolmente tutto abbracciare ciò che si riferisce alle origini dell’uomo e delle civiltà. La storia dell’uomo e le prime manifestazioni della sna industria è un ramo della geologia e della paleontologia. L'archeologia ha il suo campo laddove comincia la scrittura. Al di là dei primi ca- ratteri alfabetici, laddove si hanno solo i ricordi trasmessici dalla tra- dizione, e più in là, risalendo nel buio dei tempi laddove cessa anche ogni più antico ricordo trasmesso dalla voce umana, comincia il do- minio della paletnologia. L’ ideale sarebbe un archeologo che fosse anche paletnologo, ma quelli che riuniscono tanta dottrina sono rari assai; due soli ne avemmo di eminenti in Italia, ma perciò sono anche sommi, il Pigorini ed il Chierici, ed a questi infatti dobbiamo i mag- giori progressi fatti dalla paletnologia italiana. Un altro ideale sarebbe pur quello di un grande Museo che riunisse nelle sue prime sale le raccolte geologiche e mineralogiche, e via via nelle seguenti le paleontografiche, le antropologiche e le paletnogra- fiche, per continuare coi cimeli usciti dalle tombe dei Faraoni e dagli ipogei etruschi, colle antichità greche e romane per arrivare gradata- mente alle antichità de’ tempi medioevali e all’epoca moderna e finire colle collezioni etnografiche! Questi sono i sogni dell’oggi, ma, lo spero, saranno anche le gestazioni ed i compimenti dell’avvenire. Ho detto più sopra che la paletnologia nei primi tempi procedette a passi incerti e che molti errori si commisero che in parte il progresso degli studi venne a correggere. Prendo a prestito all’illustre Pigorini la dolorosa storia dei primi passi fatti dalla nostra scienza prediletta : « Al cominciare di quelle ricerche, sto per dire, che in generale ci davamo solo pensiero di annunziare ad ogni momento scoperte nuove, tanto più lieti quanto più sembravano destinate a levare rumore; pochi si studiavano di accertarle prima di diffonderne o di accoglierne la no- tizia, e difficilmente si adattavano a ripetere daccapo le osservazioni ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. 225 una volta che paressero compiute. Questi difetti, comuni a tutti i prin- cipianti, erano poi mantenuti e, in alcuni casi, anche aumentati dal- l’interesse col quale il pubblico ci seguiva, e ricordo sempre, per esempio, con quanta facilità tenemmo per buona, e con quanta sollecitudine 1 giornali propagarono da un capo all’altro della penisola la novella, che 1 trogloditi dell’età della pietra erano stati in Italia cannibali, solo per- chè in una grotta, che poi si vide non essere altro che una tomba vio- lata, le ossa umane eransi trovate in parte rotte'o sparse.» . . . « Nella prima fase dei nostri studi credevamo che tutto si limitasse a constatare che anche il nostro paese avesse avuto un’ età della pietra, un’ età del bronzo e una prima età del ferro; non conoscevamo altri orizzonti paletnologici, se posso usare la frase, e ritenevamo per giunta che ciascuna di quelle età si fosse svolta dappertutto in una stessa ma- niera, tanto ai piedi delle Alpi quanto sui colli Laziali, così nella Si- cilia come nell’Istria, e che ne dovessero apparire ovunque uguali avanzi. Non era che una malintesa teoria della evoluzione, imparata sopra i libri da strapazzo, che si introduceva nello studio delle antichità primitive, senza tener conto per una parte del modo e delle cause per le quali avvengano le trasformazioni nelle società umane, e per l’altra che il nostro paese, a motivo della sua posizione geografica, fu sempre aperto, e più di molti altri, ad immigrazioni provenienti da contrade diverse con elementi particolari di civiltà, i quali dovevano lasciare necessariamente segni ben distinti nelle contrade occupate. » ! Vediamo ora in qual modo procedano oggi i paletnologi italiani. Anche qui cito le parole del Pigorini: « Oggi le cose sono assai mutate. Prima di tutto gli oggetti che si raccolgono sparsi e isolati, non si considerano più come indizi sicuri che le regioni in cui si trovano abbiano avuto quella civiltà a cui sembrano risalire. A parte le ragioni dei commerci, sono infinite le cause per le 1 Scuola Paletnologica italiana, |. c. 226 POMPEO CASTELFRANCO. quali un’ arma od un utensile, caratteristico di un popolo, può essere stato trasportato in un territorio ove di quel popolo non apparve mai pur solo un rappresentante. Avviene altrettanto nel campo dell’archeologia propriamente detta, e tutti sanno, a cagion d’esempio, che colla zavorra delle navi, antichità di lontane terre dell’ Oriente, furono portate e ri- masero per caso sui lidi dell’ Europa, e che quindi dalla loro presenza non si potrebbe trarre alcuna utile deduzione per la storia del luogo ove s'incontrano. Per affermare che in un paese vissero determinate fa- miglie in un dato momento, massime quando le tradizioni non ci soc- corrano 0 solo in parte, si deve oggi presentarne le prove cercate nel suolo stesso sul quale viviamo. Qualunque popolo il quale occupi un ter- ritorio vi lascia traccia di sè con ciò che uscì dalle sue mani, meglio ancora che coll’idioma e colle leggende; negli avanzi delle stazioni si ha la immagine della sua vita domestica e del suo stato industriale e sociale, nelle tombe l’espressione della sua fede. Son questi 1 documenti che devono essere consultati, queste le fonti cui si deve attingere. « Il paletnologo, diversamente da ciò che fanno in generale gli stu- diosi dell’archeologia classica, e forse perchè non è come questi aiutato dalla tradizione e dai monumenti scritti e figurati, nulla trascura di ciò che incontra nelle sue esplorazioni. Anche il più minuto, il più ignobile avanzo animale o vegetale gli fornisce l'occasione di estese e spesso utilissime indagini e raccoglie con diligenza ossa di bruti, gusci di mol- luschi, residui di piante. Sono per esso prove positive degli alimenti usati dalle famiglie che. lasciarono i vari strati; sono segni del loro stato sociale, e non di rado anche dei loro commerci e della loro pro- venienza. » 1 Fu per tale studio iniziato in Italia da un naturalista, lo Strobel, e continuato per la Lombardia da un altro naturalista, il Sordelli, am- bedue nostri soci, che siamo oggi in grado di affermare quali delle pri- [S mitive nostre genti, la cui storia non è completa o appena accennata 1 Scuola Paletnologica italiana, |: c. ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. 227 dalla tradizione, fossero dedite alla caccia, o facessero. nella. pastorizia i primi esperimenti, o avessero armenti in copia maggiore e colti- vassero i campi. : Non sarebbe quindi un Museo paletnografico perfetto quello che rifiu- tasse di accogliere i più modesti semi, i gusci dei molluschi, 1 cocci di stoviglie, ecc., rinvenuti nelle stazioni lacustri, nelle terremare, nei fondi di capanne. Nello scritto del Pigorini sono molto i brani che gli potrei chiedere. a prestito, e servirebbero a meglio far conoscere in cosa differiscono dagli altri i Musei preistorici. Non so resistere al bisogno di citarne un’ ultima pagina, ove istituisce un parallelo assai istruttivo: « Ognuno di noi ricorda, e molti sanno che ciò avviene oggi an- cora in più d’un luogo, allorquando delle antichità che si scoprivano si conservavano solo le intatte, e fra queste le più appariscenti e pre- gevoli per materia o per arte; il rimanente andava disperso o ritor- nava nella fossa donde erasi tratto. A completare l’opera dannosissima non si badava se gli oggetti uscivano da tombe, da luoghi di abita- zione, o da altri strati ancora; essi avevano tutti per quel tempo uguale valore: per giunta si facevano delle antichità tante classi secondo la: materia e la forma, e i bronzi trovavano posto fra i bronzi, gli ori fra gli ori, fra le armi le armi, per nulla badando se si mescolavano prodotti industriali fabbricati a notevoli distanze di tempo e se sì spez- zavano delle catene. Con tali criteri, per citarne uno dei più celebri, si compose quel prezioso museo del Vaticano che ha nome di Grego- riano. I paletnologi invece presero a seguire altra strada; essi traspor- tano intatto nelle collezioni quanto insieme si scopre, e cui ogni dato concorre a mostrare che sia rimasto sepolto nel medesimo tempo e per: una stessa causa o ragione, e formano soltanto classi generali delle reliquie che escono da strati distinti della medesima regione, ma evi- dentemente sincroni e nella sostanza identici, conservando pure i fram- menti quando offrano materia a particolari indagini, o non vi sia altro modo per darsi conto dell'oggetto intiero. Coloro, pei quali la. scena e Vol. XXXVIII. 15 228 POMPEO CASTELFRANCO. l’arte è ciò soltanto che vale nei musei, facilmente ‘sorridono nel vi- sitare quelli dei paletnologi, per la copia che contengono di oggetti rotti; si può peraltro ripetere ad essi col Morlot, che — si d’un os le séologue sait tirer l’animal complet auquel la pièce a jadis appartenu, on peut tout aussi bien avec un simple fragment de pot cassé refaire le vase entier, et du vase conclure à celui qui la fabriqué. Il n° y a pas si loin d’un tesson a l’ homme, car tout se tient, tout s’ en- chaine dans l’économie humaine, comme partout dans la nature. » 1 Per concludere praticamente parliamo ora di cose strettamente mi- lanesi. I nostri soci sanno che, nel Museo Civico possediamo tra I’ altre belle cose, uno scheletro di bue; un bue comune le eui ossa, che poco hanno da insegnare ai naturalisti, si rinvennero le une vicino alle altre, nel loro nesso naturale, in una terramara del Mantovano. Quelle ossa sarebbero al loro posto in un Museo preistorico; mentre, colle idee che corrono oggi ancora, sarebbero invece male accolte o appena tollerate in un Museo archeologico. Se poi quelle ossa venissero rimesse insieme in modo da ricostruire lo scheletro, come sono oggi infatti, il rifiuto diventerebbe ancora più reciso, e lo sventurato scheletro sarebbe di nuovo rinviato a qualche Museo zoologico che non saprebbe a sua volta cosa farsene. Eppure quel bue, ricomposto egregiamente, fa parte, come dissi, del nostro Museo Civico, e, quando sarà meglio conosciuto, sarà uno dei più preziosi cimeli del Museo preistorico. Ed infatti nel rico- struirlo ci accorgemmo che l’animale, ucciso a mazzate sulla fronte, non aveva servito all’alimentazione, e le ossa dei quattro arti spezzate alla medesima altezza, e talune ossa mancanti, e le corna segate, tutto di- mostra che fu ucciso secondo un rito speciale dei terramaricoli; e di tale rito si dovrà tener conto quando si conoscerà meglio e sì scriverà completa la storia dei prischi Italici. 1 Scuola Paletnologica italiana, |. c. ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. 229 Ho detto in principio che uno dei potenti ausiliari della paletnolo- gia fu anche l’etnografia. Molti problemi infatti, relativi alle stazioni lacustri, alle terremare, ai costumi dei trogloditi non sarebbero risolti senza i confronti che è dato di fare con le attuali popolazioni selvaggie. Cosicché, come dice il Lubbock, l’indigeno dell’Isola di Van Diemen e l’Americano del Sud, sono per il paletnologo ciò che il Kanguru ed il tardigrado sono per il geologo. Quando nei secoli passati si rinvenivano qua e là le ascie levigate e le cuspidi silicee, l’opinione popolare non mancò di attribuire quelle pietre alla caduta del fulmine. Gli antichi davano loro infatti i nomi di lapides fulminis, cerauniae gemmae, ecc., come i moderni nostri montanari sparsi nella penisola e le isole le chiamano ancora pietre del tuono, pietre del fulmine,. pietre cadute dal cielo, lingue san Paolo, ecc. Nella bella collezione etnografica italiana che si formò in Milano nell’occasione dell'Esposizione del 1881, si conserva qualcuna di quelle freccie antiche che talun montanaro usa portare al collo come preservativo del fulmine stesso; secondo quella povera gente quelle pietre preservano anche dall’annegare nel traversare i torrenti ingros- sati. Una credenza così antica è, si può dire, ancora diffusa per tutto il mondo. In Italia il Michele Mercati e l’Aldrovandi nel XVI secolo, il Vallisneri, il Bianchi, il Giovene nel XVII, furono tra i primi ad opinare che quelle pietre avessero potuto servire come armi agli Eu- ropel prima che conoscessero l’uso dei metalli. Nel 1723 Antoine de Jussieu, diceva all’Accademia delle Scienze, che quelle pietre erano state fabbricate in luogo, o portate da terre lontane, e suffragava la sua asserzione con un esempio eccellente, citando i selvaggi che rie- scono a levigare le pietre strofinandole lungamente con altre pietre. Pochi anni dopo il Mahudel intrattenne l'Accademia delle Iscrizioni sullo stesso argomento mostrando la somiglianza delle antiche armi si- licee trovate in Europa con quelle usate dai selvaggi. Il Bianchi, già citato, faceva lo stesso confronto nel 1752, esprimendo il parere che quelle armi di pietra fossero state fabbricate qui da noi, prima che 230 POMPEO CASTELFRANCO. si conoscesse l’uso del ferro e del rame, come ciò accadeva in Ame- rica prima della conquista. Con tali confronti tra selvaggi moderni e selvaggi antichi si può dire che gli scienziati di cui ho citato i nomi siano i fondatori della etnografia e della paletnografia comparate. Quelli fra i nostri soci che conoscono la collezione etnografica di questo Museo Civico, collezione ammirabile, ricca di preziose ascie di pietra, talune ancora splendidamente immanicate provenienti dall’Ocea- nia e dall'America, sanno quanta luce la etnografia possa dare agli studi preistorici. I selvaggi moderni, i quali stanno scomparendo anche dalle due estremità dell'America e dal centro dell’Africa come dalle isole dell’Oceania, possono dare ancora oggi la spiegazione di moltis- simi degli usi, dei costumi, delle industrie, dei riti dei nostri anti- chissimi progenitori ; spiegazioni che invano cercheremmo invece nello studio dei filosofi e dei classici. « Ce n° est pas dans les possibilités, c’ est dans l’ homme méme qu’il faut étudier l’ homme; il ne s’ agit pas d’imaginer ce qu'il aurait pu ou dù faire, mais de regarder ce qu’ il fait. » (Ch. De Brosses.) Mi sono certamente molto dilungato in un confronto che a taluno potrà sembrare ozioso intorno alla distinzione che credo si debba fare tra archeologia preistorica o paletnologia e archeologia classica. In un momento in cui una città colta e ricca come Milano sta riordinando 1 suoi Musei; in un momento in cui dotti archeologi benemeriti e di- sinteressati stanno nelle vaste sale del Castello riordinando in modo. mirabile e scrupolosamente scientifico i preziosi marmi che da tanti e tanti anni aspettavano una mano pietosa che li presentasse all’ onor del mondo; in un momento, in cui il Museo Civico, grazie all’ inizia- tiva del compianto prof. Stoppani e del nostro benemerito presidente, Comm. Celoria, è risorto a nuova vita, e sta aspettando il suo com- pimento, ho creduto non inopportuno di richiamare l’attenzione dei no- stri soci sulle cospicue raccolte paletnografiche delle quali la Società Ital. di Scienze Naturali ebbe il vanto di formare il primo nucleo e di curare fin qui Ja conservazione. E poichè oggi quelle raccolte preisto- ARCHEOLOGIA E PALETNOLOGIA. Bak riche, le quali dopo il trasloco dall’antico palazzo Dugnani, dove giace- vano quasi ignorate, o per lo meno poco accessibili agli studiosi, stanno per essere rimesse in luce ed in onore in altre sale del Castello sfor- zesco, vicino al Museo Archeologico, faccio voti che la Società Italiana di Scienze naturali non si disinteressi di una collezione della quale essa ha il maggior merito, di una collezione che è frutto de’ suoi studi, e per la quale essa ha fatto non indifferenti sacrifici pecuniari, e che essa procuri, colla sua parola autorevole, di ottenere dall’Autorità Mu- nicipale, che la Collezione etnografica che fa parte ancora di questo Museo, non venga separata dalla paletnografica. La collezione paletnografica, come ho cercato di mostrare, era al Museo Civico nella sua sede naturale, e fu errore gravissimo averla trasportata altrove, ma poichè qui, mancandole lo spazio, essa è an- data ora ad unirsi, forse temporaneamente, a quella archeologica, ed è quindi ora fra le mani di persone le quali, sotto tutti i riguardi, sono benemerite della Scienza e della Città, nutro fiducia che i lodati Con- sultori del Museo patrio non vorranno tollerare che la raccolta prei- storica venga sacrificata ancora una volta in uno spazio ristretto; non vorranno permettere che tale raccolta rimanga divisa, come è ora, tra il Museo Civico di Scienze naturali ed il Museo Archeologico, e si ado- preranno per ottenere dalla illuminata Autorità Municipale che anche la Collezione etnografica, chiusa oggi ancora nelle casse all’ultimo piano del Museo Civico, segua, in un luogo o nell’altro, colle tombe eneoliti- che di Fontanella e collo scheletro di bue di Castelgoffredo, la sorte della collezione preistorica. Milano, 9 Aprile 1899. Libote ioe ab nr Si eb he do te he eavanlons sae ‘alloy pi ‘oct Wenig ci ume atiba ‘ifaw af dini 0 en no . ait 4 Ti i tO" ated 1 er att ‘ont. iit alfol) "a soi O n) ortalto? amantioe HOR bitteg: ine: GSE VANO aly we aay Fata fran bt o dado natn ae Medri sile oh Wie mabe by (bk sofonitotà A Gall” the ai ‘ON OIL: bi rsh as Es Anatra sinti, Lf ame olmo Un assi vie fl sona di dI varios ciate} Noi : pa j iù Lee a J et ie Le #4 i ie: î i font Why IN MEMORIA DEL SOCIO Conte GILBERTO MELZI PAROLE DETTE ALLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI DA Httore Artini Non è solo per il desiderio espresso dall’Illustre che ci presiede e da altri uomini egregi che m’incombe il dovere di parlarvi oggi del Conte Gilberto Melzi: chè tal dovere procede a me più dirittamente dai vincoli di amicizia e di collaborazione che m’ univano a Lui. | Pietosa e degna consuetudine questa, ma tanto dolorosa, che proprio chi all’Estinto era più stretto dal vineolo dell’amicizia, e fu pertanto piu profondamente colpito dalla Sua perdita, debba poi ravvivare lo strazio, e inacerbir la ferita, ripensando partitamente i meriti e le :virtù dell’ amico, quei meriti e quelle virtù che appunto ne resero più grave e più penosa la dipartita. Son trascorsi oggimai due mesi dal giorno in cui la triste notizia ne giunse; e se il tempo impose calma al dolore di parenti e d’amici, la riflessione non fa che aumentare in me il rammarico, e la coscienza della gravità della perdita. Ben altro sperava e riteneva per fermo dover essere il compito mio, ‘quando, fervidi di giovanile entusiasmo affrontavamo insieme l’erte sa- 234 E. ARTINI. lite; ben altro, ben altro, quando dal microscopio affacciati all’ abisso in cui sta celata la soluzione di tanti problemi, ne andavamo guatando la profondità paurosa! Con Lui dividere la soddisfazione del lavoro compiuto, con Lui la gioia della vittoria, con Lui la palma più bra- mata ed ambita: |’ elogio dei maestri e dei colleghi! Ma volle il de- stino che l’ Amico mio non potesse vedere la fine del lavoro sì lieta- mente incominciato: crudele destino, cui non mi so rassegnare, e che veramente mette l’animo in lotta tra la infinita pietà del caso, e il desiderio di ribellione, ahimè impotente, contro questa forza ciecamente livellatrice che, colpendo la materia, tronca anzitempo le più vive e sante energie dello spirito. pt I Ma a che rammaricarsi contro 1’ ineluttabile? Assai meglio varrà ch’io brevemente vi narri in qual modo-nel troppo breve corso della Sua vita egli abbia potuto sviluppare una sì mirabile somma di lavoro. Nato il 4 marzo 1868 in Milano da nobile e cospicua famiglia, Egli ricevette in casa la prima educazione: nè certo furono di poca influenza a plasmare l’animo e la mente di Lui le cure che a tale educazione posero il padre Conte Diego, e quella che oggi lo piange, Donna Bianca Brambilla, madre infelicissima. Gli studi secondari fece di poi comple- tamente nel Liceo-Ginnasio Beccaria. Inscrittosi finalmente nella Facoltà di Scienze Naturali della Università di Pavia, vi prese la laurea con lode speciale il 25 giugno 1890. In tutto il corso degli studi si comportò sempre come chi senta nella scuola non solo il dovere, ma -più il diritto d’ apprendere, e fu costantemente distinto, senza eccessivo sforzo, così da riescire | egual- ‘mente caro e simpatico ai maestri ed ai compagni. Ma la scuola, an- che se eccellente, come la Facoltà cui avevo e ho tuttora |’ onore di appartenere, ha sempre tra noi qualche cosa di cattedratico e di con- .venzionale che la rende presso che impotente a far nascere, e tarda -a secondare, ove esista, quell’entusiasmo per tutto quanto sia studio IN MEMORIA DEL CONTE GILBERTO MELZI. 235 della Natura, che noi troviamo invece sviluppato nel Melzi fin dai suoi primi anni. A cid contribui, credo, pit che tutto, la possibilita ch’egli ebbe di langhe dimore fuor delle mura d’ una citta, all’aperto, e meglio, nelle valli incantevoli delle nostre Alpi Pennine, dove, a Macugnaga, ad Alagna, a Gressoney egli ebbe ripetutamente a passare |’ estate con la famiglia. L’animo gentile e la mente eletta di Lui non potevano restare indifferenti a quegli spettacoli, ai mille fenomeni dai più pic- coli e reconditi. fino ai più palesi e grandiosi che presenta la Natura a chi sappia osservarla e interrogarla; onde nacque in Lui quel vivo desiderio, quella sete insaziabile di vedere, di raccogliere, di conoscere, che costituisce il fondo, il substrato del naturalista, la base di ogni ‘attitudine alle ricerche scientifiche. Come molti altri, cominciava con una’ raccolta «d’insetti, la prima, la più facile, la più attraente per un giovane; ma egli mirava più alto, a quel giganti perpetuamente coronati di nevi e di ghiacci, a quelle punte, a quelle creste capric- ciose e fantastiche che esercitavano sopra di Lui un fascino irresistibile. ‘Aveva a mala pena undici anni aliorchè in sicura compagnia sa- liva alla vetta del Joderhorn, prima tappa di una rapida e brillante carriera alpinistica. Dalla residenza estiva paterna di Morbegno co- minciava poi una serie di passeggiate su quelle prealpi Orobie le quali dovevano in seguito essere il campo prediletto delle sue ricerche scien- tifiche. A diciannove anni, spesso sotto la guida di quel valente alpi- nista e uomo egregio che presiede oggi la nostra Sezione del C. A. I, saliva il Sobretta, il Cevedale, il Corno dei 3 Signori, il S. Matteo, ‘il Tresero, il Confinale; un anno dopo scalava diverse cime del Rosa; e via via di anno in anno, con una corsa fantastica, dalle sue Alpi Val- tellinesi alle cime del Bianco, alle guglie vertiginose delle dolomiti tridentine. Così saliva, primo Italiano, la Pala della Madonna; con l’amico A. Noseda domava il Pizzo di Zocca, vergine fin allora; solo con una guida affrontava vittoriosamente tutte le cime del Disgrazia, compresa quella ancor vergine del Corno Bruciato Or.®; e nel 93 giun- 236 E. ARTINI. geva a far la vetta del Cimon della Pala per una via nuova e ardi- tissima, designata ormai per comune consenso dal nome di Lui. Egli aveva maravigliose attitudini alpinistiche: relativamente esili, le sue membra erano dotate di una elasticità e resistenza fuor del comune; il passo, leggero e svelto, aveva la sicurezza di quello del montanaro; e l'abitudine delle ascensioni gli dava quella facilità e pre- cisione di giudizio e di orientamento che manca agli alpinisti d’occa- sione; sopra tutto, lo spirito d’osservazione, acuto in lui, aveva avuto campo di esercitarsi così, ch’ ei ben poteva dirsi della montagna un conoscitore perfetto. Dall’amore per la montagna a quello per gli studi geologici si passa naturalmente, spontaneamente; e la tendenza a tali studi s'era già da tempo sviluppata in Lui, così che quando si presentò alle porte del- l’Università non era già, come i più, esitante ed incerto a quale ramo votarsi, ma fermo e deciso nella vocazione sua, già validamente pre- parato di mente o di corpo a quegli studi che tanti attraggono col loro fascino, nei quali però così pochi son quelli che riescono egregi. Non meno viva fu in Lui la passione per i viaggi: ogni terra lon- tana e poco nota lo attraeva; ma in modo particolare il suo desiderio era rivolto a quell’Africa tenebrosa che offre ancora sì vasto campo d'azione ai giovani esploratori. E credo che se Egli avesse potuto dar corpo alle idee che andava tra sè rivolgendo, sarebbe anche in questo egregiamente riuscito, con grande onore del paese. Ma la fortuna gli fu avversa, chè proprio allora quando tutto era disposto per un viaggio nell’Eritrea e indi probabilmente nel cuore dell’Africa, gli eventi do- lorosi che colà maturavano per la sventura d’Italia costrinsero il no- stro Gilberto, col fratello che gli doveva esser compagno, a trasformare la spedizione in una escursione di caccia nel basso Egitto. L’anno se- guente, in compagnia del C:° G. Tarsis, partiva per Ceylan, dove essi organizzavano lungo la meno conosciuta costa orientale una spedizione di lunga durata, specialmente a scopo di caccia; ciò che non tolse tut- tavia che il Melzi vi facesse raccolta di rocce, e che, secondando l’ul- IN MEMORIA DEL CONTE GILBERTO MELZI. 237 tima volta la passione sua per l’alpinismo, egli volesse arrivare sulla più alta vetta dell’isola, il Pedurutallagalla. Nel 1897 col fratello Ca- millo faceva un viaggio al Marocco, traversando nel ritorno l’Andalusia e altre parti della Spagna: non contento, nell’estate dello stesso anno partiva per una escursione allo Spitzberg, in Norvegia e quindi in Rus- sia, dove si riuniva ai geologi là convenuti per il congresso interna- zionale. Altro viaggio al Marocco fece poi nel febbraio dell’anno scorso, sempre insieme al fratello, spingendosi questa volta fino ad Ouazzan, e raccogliendo non solo allori di cacciatore, ma una preziosa messe di os- servazioni geologiche, delle quali pur troppo Egli non potrà più darci ragguaglio. Anche quando la sua salute era già scossa, e la vita più minacciosamente insidiata dal male che ce lo doveva rapire, volle Egli ritentare ciò che altra volta gli aveva tanto giovato, e che parlava alla sua mente un linguaggio pieno di irresistibili tentazioni: e lo si vide, fra la trepidazione degli amici, sotto l’amorosa tutela della Ma- dre, afirontar il mare per una lunga traversata, a fine di rivedere il suo Ceylan, quella magica terra orientale per la quale aveva tanto amore, e dalla quale parlava sì volentieri, con entusiastica e calda elo- quenza. Ei ne doveva tornare, ahimè, appena in tempo per morire in terra italiana! | Ma la prodigiosa attività sua non era tutta qui estrinsecata; tutte le forme più nobili e più scientifiche in cui possa esplicarsi l’esercizio del corpo avevano le sue simpatie, e per tutto Egli trovava il tempo e l’energia sufficienti. Cacciatore valente e appassionato, inseguiva 1 ca- mosci per le balze più dirupate e scoscese; sullo specchio tranquillo d’un lago o d’un padule stava. all’insidia di uccelli acquatici; nella giungla indiana, allo scoperto, aspettava di piè fermo con la infalli- bile carabina, bufali ed elefanti. Ben lo sanno gli zoologi del nostro Museo, al quale ripetutamente Egli ebbe a donare le spoglie delle più rare e notevoli tra le sue vittime. Con la caccia, la pesca, ch’ Egli esercitava non solo da dilettante, quando per ore ed ore tendeva l’amo - instabile e volteggiante alle rosee trote del suo Bitto, ma da vero scien- 238 E. ARTINI. ziato, dedicando cure intelligenti ed amorose alla piscicoltura, della quale era un fautore convinto ed entusiasta. La fotografia lo noverava tra i suoi amatori ; e la Sua mano, quando era del caso, sapeva usare con pari eleganza la matita e la spada. Che se per ragioni contrarie alla volontà sua non potè indossare la divisa militare, avea ben egli trovato una nobile forma di servire egualmente la patria, inscrivendosi come volontario nei treni ospedali fondati dal S. M. O. di Malta, cui ap- parteneva per nascita; ne aveva anzi avuto la nomina a Vice-direttore. Che dire delle sue doti di conferenziere? L’ ho udito quando al C. A. I. ed al Circolo Filologico parlò della storia e della geologia delle Alpi; l'ho riudito tre anni appresso narrare il suo primo viaggio a Ceylan: e sempre mi parve un parlatore mirabile. Lo splendore della forma poetica, la spontanea e signorile eleganza del porgere, traevano sli ascoltatori alla percezione precisa e sicura di quanto Egli andava esponendo. Tranquillo, sereno, sorridente, padrone dell'argomento e della parola egli si imponeva alla simpatia dell’ uditorio, che non arretrava dinanzi ai più ardui concetti scientifici, vinto dalla cristallina perspi- cuità della forma. Tale era pertanto la stima e la considerazione in cui era. tenuto, ch’ egli era dovunque ricercato come un elemento di forza; e a tutto cui badava ei portava senza risparmio, da gran signore, il contributo largo e fecondo dell’ opera Sua, del Suo giudizio, della Sua parola. Varie società scientifiche, tra le quali mi piace noverare anzitutto la nostra, lo avevano loro socio; fin dal Messico gli era pervenuta la no- mina a Membro onorario della Società Scientifica A. Alzate; il G. A. I. lo contava tra i suoi consiglieri più ascoltati, e non era lontano il giorno in cui dalla Sezione Milanese di tale benemerita società: sarebbe stato acclamato Presidente; nella Società per la pesca ed acquicoltura era Vice-presidente della Sezione Verbana e della Direzione Generale; la Società di Esplorazione Commerciale l’aveva pure eletto suo Consi- gliere; per la rara sua capacità era stato chiamato a far parte della commissione per lo studio dei ghiacciai, residente a Torino; nel no IN MEMORIA DEL. CONTE GILBERTO MELZI. : 7.499 stro Museo Civico, per voto del Consiglio Comunale, era entrato a far parte del Collegio dei Conservatori; e l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere lo avea nominato, già son quasi tre anni, suo Socio corri- spondente. Ma è tempo che veniamo ad esaminare partitamente e con calma quello che costituisce la più bella e più gloriosa corona sulla Sua tomba lagrimata: dico l’opera Sua come scienziato. Allorchè, dodici anni or sono, il Melzi venne all’ Università, inna- morato degli studi naturalistici, e in essi già ben più addentro di quanto per avventura non siano d’ordinario i giovani della sua età, egli si trovò ben presto ad essere disputato, come cosa rara e preziosa, tra 1 due Laboratori di Mineralogia e di Geologia; ma tra le due scienze egli non volle sceglierne una, ripudiando l’altra, chè invece abbraccian- dole con pari amore ebbe a fonderle entrambe in sè stesso come una cosa sola. Sceglieva appunto come argomento precipuo dei suoi studi quella zona di confine tra Mineralogia e Geologia che sono gli scisti cristallini : territorio sempre contrastato fra le due scienze, non perchè ambito da entrambe, ma perchè da entrambe ripudiato; territorio se- minato di ardui problemi, per la cui soluzione son necessarie cogni- zioni egualmente profonde nei due campi scientifici. Egli fu dunque uno dei primi tra noi che, associando gli accorgimenti della tecnica micro- scopica alle osservazioni sul terreno, fecero convergere le due feconde attività ad un unico e nobile scopo: lo studio delle nostre Alpi. Quasi di pura mineralogia fu il suo primo lavoro, sopra un grosso filone di pegmatite tormalinifera sulle rive del Lago di Como, presso il paese di Olgiasca. La roccia, singolarmente macromera, era già stata osservata dal Curioni; il Melzi, pur volendo dare al suo lavoro il mo- desto carattere di una nota preliminare, fa un’accurata e minuta de- scrizione dei minerali componenti, e con acuto e diligente raffronto sta- bilisce doversi riferire al rutilo e non al granato certi piccoli cristal- lini neri qui da lui per il primo osservati. 240. =: E. ARTINI. Intanto Egli andava preparando un vasto lavoro sul versante setten- trionale delle prealpi Orobie; lavoro del quale la parte petrografica uscì per la prima. Premessa una accurata bibliografia, e alcune gene- ralità orografiche e stratigrafiche necessarie, Egli passa a descrivere la composizione mineralogica e la struttura delle roccie azoiche e pa- leozoiche affioranti nella Sua regione. Questa descrizione non solo è di- ligente e minuta, ma lascia riconoscere nell’autore, allor giovanissimo, una cognizione teorica e pratica non comune dei mezzi d’indagine petro- grafica. Le diagnosi sono nette, esatte, precise, anche là dove l’argo- mento è più ingrato, e sembra quasi sfidare il petrografo. Solo mi par- rebbe doversi fare qualche riserva sulla origine del porfiroide anfibolico della valle del Livrio, da lui ascritta a processi idrochimici: un’ ipotesi che del resto gli fu verosimilmente da altri proposta e raccomandata. Il lavoro è accompagnato da una carta petrografica, da una serie di mi- crofotografie di una nettezza allora non comune, e da una splendida ta- vola in cromolitografia, da lui stesso eseguita con una abilità che poteva sorprendere chi non conoscesse le multiformi attitudini dell'Autore. Poco più tardi egli pubblicava nei Rendiconti dell’Istituto Lombardo un più largo sunto delle sue osservazioni geologiche sulla difficile re- gione; un lavoro del quale taluni risultati andranno forse mutati col tempo, com’ è destino frequente delle induzioni geologiche, ma ricco di nuovi e importanti fatti tectonici, così chiaro e scultorio nell’ esposi- zione da poter servire di modello per simil genere di pubblicazioni. Circa un anno più tardi stampava nel Giornale di Mineralogia e Pe- trografia wn notevole studio geologico e petrografico sulla Valle del Ma- sino, interessante e scoscesa regione montuosa dove ebbe modo di pro- fittar largamente della sua rara valentia d’alpinista. Questa gli permise di studiare, ciò che prima non era stato fatto che molto incompleta- mente, il gruppo della Disgrazia, non esclusa quella vetta Orientale del Corno Bruciato che sappiamo esser suo vanto aver calcato pel primo. Il serizzo-ghiandone dall’Alta Val Masino è in questa memoria 0g- getto delle più accurate ricerche, non solo petrografiche, ma petrogene- IN MEMORIA DEL CONTE GILBERTO MELZI. 244 tiche; e del pari quella singolar pietra verde del Disgrazia, ch’ era vergine di ogni indagine microscopica, e che egli descrive particolar- mente in tutte le sue varietà. I limiti tra le diverse rocce sono accura tamente da Lui rilevati, correggendo taluni gravi errori dei suoi pre- decessori. Anche questo lavoro, del quale un riassunto conciso fu pur pubblicato nei Rendiconti dell’Istituto Lombardo, è accompagnato da una carta geologica, e da varie tavole di microfotografie che ci dimostrano la valentia dell’autore in questo genere di lavori. Alla più felice associazione delle ricerche petrografiche con la osser- vazione geologica è sempre inspirato un altro più breve studio sopra talune porfiriti della Catena Orobica settentrionale, quasi completamente sfuggite all’occhio dei geologi i quali prima di Lui aveano percorso quella regione. La descrizione petrografica, al solito, degna di tutti gli elogi, è anche meritevole d’encomio per la sua concisione e per il modo sintetico in cui sono esposte le ricerche fatte su numerosi campioni, senza infliggere al lettore, come spesso accade in tali studi, la continua ripetizione delle stesse osservazioni con espressioni necessariamente ite- rantisi fino alla noia. La tavola di microfotografie che accompagna la nota mi pare addirittura mirabile, tale da poter difficilmente essere su- perata in nettezza e precisione. Le rocce da lui stesso raccolte durante il primo Suo viaggio a Ceylan gli offrirono il tema per un altro lavoro, che può servire a dimostrarci con quale cura il Melzi si tenesse al corrente d’ogni nuovo progresso della petrografia: ì nuovi metodi per la determinazione dei feldspati gli erano ormai famigliari, ed egli ne usò largamente nello studio delle rocce descritte in questa pregevole memoria. Ma la Sua attività scientifica negli ultimi anni era specialmente as— sorbita da quel lavoro cui ebbi ad accennare in principio del mio dire: da quello studio geologico-petrografico della Val Sesia, per il quale egli fece pago il vivo desiderio mio di averlo a collaboratore, poi che tale n era la mole da non farmi stimar soverchie le nostre forze riunite per portarlo a compimento. Non a me spetta o si conviene dirvi le lunghe bo 42 E. ARTINI. e faticose escursioni in montagna e gli studi continui di quattro ‘anni che costò a noi tale impresa ; della quale non potemmo dare sin qui per le stampe se non un brevissimo saggio preliminare, ma ch’ è ormai sì avanzata ch’ io spero vederla compiuta entro l’anno. Sarà per me il più valido, il più virile conforto per la perdita dell’Amico se potrò far sì che la pubblicazione riesca in tutto e veramente degna di Lui. Anche in altri lavori l’ ebbi a compagno: e insieme descrivemmo ul- timamente un Meteorite raccolto e portato dall'Africa dal Capitano U. Ferrandi; e già, vedendo prossima al compimento la monografia val- sesiana, e ben lungi dal pensare che una precoce catastrofe ci avrebbe separati con tal crudele violenza, andavamo spesso in amichevoli con- versari disputando tra noi a quale nuovo obbiettivo dovessimo poi ri- volgere l’attenzione nostra, poi che sì gradito riesciva ad entrambi il lavorare associati. Povero Gilberto! a me Egli era carissimo, per tanti anni di pro- vata amicizia; ma chi non l’amava, tra quelli che lo conoscevano? Oserei dire ch’ei non aveva nemici: l’occhio limpido, azzurro, diceva la bontà dell’ animo; i modi- dolci e cortesi inspiravano la simpatia. Il giudizio sempre equanime, informato a mitezza non eccessiva, di- mostrava l'equilibrio del suo spirito, esente da quel nervosismo ch'è difetto di tanti valenti uomini d’oggigiorno; equilibrio che, favorito dalla svegliatezza e dalla non comune versatilità dell’ingegno, gli per- metteva di dedicarsi successivamente a cose variissime, con pari inten- sità d’applicazione: sì che ognuno che |’ avesse visto attendere a una sola delle sue occupazioni avrebbe potuto ben credere che a quell’unica egli dedicasse ogni sforzo. Nè la bontà, e la gentilezza dei modi to- glievano una certa naturale fierezza che a quando a quando gli scintil- lava in volto, e sopra tutto una gran fermezza di carattere, e una stra- ordinaria tenacità d’opinioni. Era curioso vedere come nel mentre pa- reva assentire costantemente a quanto altri dicesse, faceva poi con garbo comprendere che diverso era il suo parere, e questo, con fine dialet- tica, senza urtar l'avversario, egli finiva soventi volte col far prevalere. IN MEMORIA DEL CONTE GILBERTO MELZI. 243 Solo di quanto sapeva di corruzione, in ogni campo, era nemico sdegnoso ed implacabile; e io vado pensando quanto bisogno avrebbe l’Italia di siffatti uomini, quanto danno può aver recato anche per tale riguardo la sua fine immatura, e di che cosa sarebbe Egli stato ca- pace se quel fiero carattere, quell’intelligenza pronta ed educata alle scienze positive, quell’attività instancabile, quella parola calda e per- suasiva, tutto questo insieme di energie benedette avesse potuto esser rivolto al servizio della pubblica cosa. Gravissima perdita la Sua morte fu per la scienza, poichè quanto Egli fece nei brevi anni della sua operosa esistenza era pegno troppo grande e sicuro di quello che avrebbe saputo compiere in avvenire. Dolorosa perdita fu per la nostra aristocrazia, cui apparteneva, e che ne andava giustamente orgogliosa, poi che ancor troppo rari in essa sono coloro che potendo trascorrer la vita negli agi e fra i divertimenti, preferiscono schierarsi sotto la bandiera del lavoro. Dura perdita por la Società nostra, della quale era uno tra i mem- bri più egregi e benemeriti, non meno che per il nostro Musco, e per i sodalizi tutti ai quali apparteneva; ma sopratutto angosciosa e irre- parabile per quanti lo amavano, ai quali non sarà omai dato altro con- forto che il culto affettuoso e duraturo della Sua cara memoria! Vol, XXXVIII, 16 Moi, cai pais vg gk vp Hi fi { N DIR: ECHINIDI DI CARCARE, DEGO, CASSINELLE E DINTORNI.* Nota del socio Dott. Carlo Airaghi. Già il Michelotti e il Desor? e recentemente il dott. Botto Micca 3 si occuparono degli echinidi di Dego, Carcare, Cassinelle, ma le con- tinuate ricerche fecero aumentare di molto il materiale da loro stu- diato, e nel contempo fecero anche conoscere le echinofaune di alcune località vicine di cui sinora non si conosceva nessun echino fossile. Gli esemplari classificati sono più di 300, e provengono da località del fongriano, aquitaniano e langhiano. Al tongriano spettano quelli trovati a Dego, Squaneto, Carcare, Millesimo, Cairo Montenotte, Pa- reto, Giusvalla, Sassello, Cassinelle, Molare, Mornese, Grognardo, al l’aquitaniano quelli delle arenarie di Visone, del R. Ravanasco e del calcare di Acqui, al dangheano quelli delle marne di Val Bogliona presso Acqui. La fauna echinologica del fongriano è ricca di Clipeastroidei ri- feribili ai generi Zchinocyamus, Clypeaster, di Cassidulidei riferi- bili ai generi Achinanthus, Echinolampas, e corrisponde essenzial- 1 Trattandosi di una nota preventiva mi sono limitato a poche considerazioni e all'elenco delle specie studiate. 2 Desor, Synopsis des Echinides fossiles. Paris, 1858. — MicHELOTTI, Htudes sur le Mioc. inf. Italie Sept. (Mém. pub. par la Soc. Holl. des Sciences, Harlem). 3 Borto Micca, Contrib. allo studio degli echinidi terz. del Piemonte (fa- miglia Spatangidi), (Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XV, 1896). 246 C. AIRAGHI. mente ad una fauna di deposito marino litorale, inquantochè non com- prende alcun rappresentante di specie esclusivamente di mare profondo. Essa risulta formata da 39 specie delle quali 5 sono nuove: Am- phiope pedemontana, Clypeaster Paronat, Clyp. Taramellii, Lin- thia Lorioli, Pericosmus Paronai. Delle altre, come si vede dall’e- lenco unito, parte vennero trovate sinora solo nel tongrzano, parte anche in piani più antichi, come quelli che aprono la serie stratigra- fica dell’ olégocene nel Vicentino e Veronese, del Nummoltico della Svizzera e di Biarritz, parte infine riscontrate in piani più recenti, come i terreni terziari della Corsica, Sardegna, Malta, Colli di Torino. La fauna echinologica dell’aguitaniano risulta formata da sole 5 specie di cui, il Coptosoma Alexandri, Pericosmos Marianii, sono nuove; delle altre tre, due, Zchinolampas plagiosomus, Spatangus corsicus, sono comuni a tutto il mzocene e sono di mare profondo, l’altra, Pericosmus spatanguides, pure di mare profondo, è comune a piani più antichi, all’ olzgocene. La fauna echinologica infine del /arghiano è composta sinora da due sole specie di mare profondo, da una Brissopszs indeterminabile, e dall’Hemipneustes italicus, trovato nello Sehlzer di Bologna, Mon- tese, S. Maria Vigliana. 247 ECHINIDI DI CARCARE, DEGO, CASSINELLE E DINTORNI. AGS) ‘0UtI0], TP 119K) "(ZILLIEI@) sonbeg'p 8107 vN]eoo] ONY ‘ZU ‘S | “euoqeid = TUNE e} UOT “ONT == | “UOJ Tp 03]e]On) “Puget = ‘ONTOS OT[oISEN “VZUL ‘S = ton) ojoue BUSOPIES ue BING ‘e[ou -ISser) ‘0ItOIen) ‘0100 -Qquoji ome” "OIBOTEN) ‘e][oursser 030 *OILOIE”) ‘LULIOT] ‘090( "QIROIe!) "OTTosseg ‘OJ[osseg | ’O[Jouisse”) ‘sedy ‘saprounbo). “azo ( "ds “u ‘27794040,] ( 2) dS 04009 « "or ‘savuobnjuod ( * **seSy ‘22770794217 ( "8 ‘OT 220/270 ( °° * "ot ‘0700004 { "sig “auupunvag sa]svodhj9 ‘sesy ‘srwuofrsld snuphoomyog 7" VYOIV pP “stunjnoion ll “WOIN “UP VISVH SUMPIO eplullog eifop ouleg [op RI[BQO] oroods elop 0 eLoues [op owoN ‘OUETIBUO I TOP IPTUTUOH AIRAGHI. C. 248 “SIMoquap -UBIg ‘oesseld “Sone ‘UUNIQUONES “Sonelq ‘UUNIQuonEg “0104 X ‘UUNIQIONES “SoNe| ‘UUNIQINES ‘ooqsuesIng “BpPUOIL ‘ee ‘(eu -O(SI'T) SOPH EIIpeoo] oun V “ITIS] ‘EZUEN “S “Ould AGL Sis ‘OSIQ) ‘S ‘opod -U0A07 ‘eUOgy “Ol ASL MD Oh OKG, MONTI CLIENT “S ‘er TARITV “Olgas 01000 ‘(dios ‘[ow) eso} UOT “(duos ‘Joul) oso} UOyy “(duos *[OW) 0SOZUON] ‘(dios ‘]ow1) 0sojuo]{ ‘(dios ‘[OW) oso] Woy ‘(‘dios *[ow1) 0soQuo]y “a1B910D) “OUTSET. ‘oleate “rey -OWW ‘e][euIssen) ‘QIe] -0N ‘o][owIsseny) NE} (0.100) "o1BO10Y) Ol BO ‘oleoIen) ‘050q *0.90(] “OSOULO ‘030 ‘ogy ‘snjnqojb Seay ‘sQquuis “*seny ‘seuif/o ‘sesy ‘00087 "seo “wapnig ‘sedy ‘snwoshuna sodupjounay . * “OT op ‘2497500 snyjunuiyar ‘ds ‘u ‘vunjuowaped adovdwy "IOG Ip “dey ‘072070048 (( * ‘Ue ‘opunjougns vjjaqnogy ‘67 ‘87 ‘LI PIU EpiutIiog el[ep ouloeg yep oT oroods Ej[op 0 e1eued ]op QuIoN 249 ECHINIDI DI CARCARE, DEGO, CASSINELLE E DINTORNI. (‘dns "AVT) ZILUIEIA ‘(dns *arq) ZILIIBIT OS -soid unjaeyy "Sg ‘(das "AV]) ZItIIEIA ‘(e100euS -IA) OUutourer) "OULIO], Ip Tor) ‘xneopsi0g BII]E9o] BLY "IE ‘SD "0198 -tuog ‘(ue9 LO) OWN ‘S "OSIUO] ‘BuO -BIIT‘0[B}S0d'N ‘oSIUOT ‘BUOq -CHI'0]BIS0d*N ‘o9tueg ‘051u -0] ‘gue *(‘dios ‘[ow1) eso} LOW, “(duos *[OWW) oso} WO ‘(dos ‘Joul) —©s0ì “UO 1p [eg *(‘dios ‘owu) 980} “WOH IP SUES "QILOIR") ‘opieuso1n) ‘odeq ‘oreo Ie) “O[[OUISSer) ‘0129181 “OLBOTEN) "OBOE; 9} ]0UB}UOP oI Tei) OUISOTTTAL ‘018018 ‘eT [ou -Issej ‘O[[os -SEQ‘*R][BASNID) ‘ojoreq ‘07 -euenby ‘080 BOISLON) CUSOPIEg 0)0UOA i LUNG EpiutIog E]lOp OUIDEq op WMeooT "+ ‘sedy ‘sapuroia sos sesesy “@v9pn)s (‘Sseq)- “wnuonnqup svazspzryas * 8 eye 1 MOT op “202000009 DUNUIT "srs ss NON ‘Sno0s400 SNSSUUg o1eds El[jop 0 oLoues [op QwIoN ‘sedy ‘ds *U ‘2700407 (( (( “SBDY ‘2040)]1UNDT spdunjpouryoy ‘96 ‘VG 66 ATRAGHI. C. 250 acum. Mii Sr i ‘(dns ‘| ‘OSTuOT] ‘euoq eye a “AVT) St — , | eM Seuoqry , _ ‘sony ‘oreorey) | sesy ‘('seq) sngvuso snbunwdsny (| “ge = = | sa = ‘ojjoutsser) | °° ds “u “2000497 « "1 ‘(121 | = = | —_ ‘Jour) OSQQuofy | | ‘o8oq |“ * ‘seq ‘st70nbov ( ‘ge ‘(ujopors | | ‘QUO | RS | “107 op | wig) yup, | — RIT “AOI ‘S| — ‘080 ‘oreoter) | ‘( Seq) saprobungnds ( cee ; { i De: “OZR “S| TE = I "orev | °° ** ‘no Qu0vag snusooag | "FE = mot | SE pee ‘omorey | 0+ > spur «ds A ‘ee i] conteggio ‘n | “(TRU ‘OUIIO], || “RIPTSezuRN | ‘Jout) ase} 0] IP MOD “RRA | “S ‘SOLIOL ‘di = U0 Ip oyeg | -ouenbyg ‘osoq | °° * * ‘sesy ‘2077298 « ‘Te | *e1v0 3 = i “OSI | Te —_ -Ten'e]ouissen) | °° © *sesy ‘71028409 ( ‘Ig i *(«Tew E ‘OpIes ‘[0tw)o1[8010t | -Joisen EZUeN ‘EUEI[STA CI ‘080 ‘ojjou È PHEW | "S ed “SD “UNpo{ | -LP'S‘osoyuopy | -Isser) ‘oreoter) "SMA ‘240897 ( “0g ‘(dns | ‘esoqrq “ E = = | nr E G.DE ALESSANDRI- (verra geolag mella Crea etal Cocene della Lombardi Fall Cut Sve. Stal. Sciens Mat. Vol. XXXVII: Gav.V Profilo ds Burligo aM Gilio ram frofilo NO. Pontida "Canto nrvico Castello NNE. Profila P. Q. Profilo R.S. Torre dei Rovers bano | drara S. Marling juerno ornico (EOglio Cost! Paratico SERIE pet TERRENI SCALE Z n) È Garts Geologica Titan cy 2 ) > è TRIS IERI rev c (| o) 5 Orecielaceo Grela Goeawe I Tiocene Ou nadio ia CITE o ) pep ANagiam@iCwain ossili[e xe * O De Messundar delineò Lit Ronchi-AMilano PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. Nota del Socio Dott. Giuseppe De Stefano. Le considerazioni che si andranno a fare sulla storia fisica dell’e- strema Calabria occidentale verso il principio del post-pliocene, sono ik risultato delle seguenti ragioni. Avendo lo scrivente cominciato da quasi più di un anno a studiare la formazione quaternaria della provincia di Reggio, è venuto nella convinzione che la vastità e la diffusione di tali sedimenti nella estrema parte della penisola italica presentano gravi difficoltà nel loro studio, poichè essi cambiano sovente di natura ed aspetto, non solo; ma spesso sono privi di fossili e presentano delle anomalie morfologiche caratteristiche. Onde, il voler generalizzare, molte volte, è lo stesso che volere errare: ad esempio, i terrazzi della pro- vincia di Reggio posti lungo lo stretto, differiscono un po’ nell’aspetto ed un po’ nell’origine da quelli lungo il Tirreno o verso l’Istmo di Ca- tanzaro. E divergenze non lievi presentano anche le sabbie marine pleisto- ceniche dei diversi punti della Calabria. Solo le monografie locali, solo le descrizioni particolari dei singoli lembi, poco a poco possono far ve- nire a risultati generali. La presente memoria deve considerarsi, quindi, come il primo capitolo di altre che potranno essere scritte in seguito. Dal Capo dell’Armi sul Jonio a Scilla sullo stretto di Messina, dalla spiaggia che forma il litorale compreso fra tali estremi fino ai più alti 322 G. DE STEFANO. contrafiorti dello schienale apperzzzieo di quest'ultimo lembo di terra calabrese, affiorano i terreni post-pliocenici più sviluppati e più potenti della provincia di Reggio, — e forse di tutta la Calabria. I depositi post-pliocenici o quaternari di Reggio Calabria che si osservano entro i limiti dell’area anzi detta, d’ordinario riposano sopra argille mioceniche, con queste ultime in discordanza; come osservarono e constatarono, prima il Vom Rath, il Fuchs, il Seguenza, il De Stefani, ed altri valenti geologi ancora, e poi, lo scrivente, nei suoi modesti studi. Essi — cioè a dire i depositi post-pliocenici — al contrario di tanti altri della penisola italica e della stessa Calabria, presentang caratteri definiti riguardo alla loro origine, ed una estensione notevole: acqui- stano però maggior potenza e grandissimo sviluppo verso lo stretto — e precisamente nei dintorni della città. Intorno a questi ultimi sì è già scritto qualche appunto. (G. De Starano, Appunti sopra alcuni lembi dei terreni post-terziart di Reggio Calabria. Atti della Società Geo- logica Ital. 1899.) Nelle vicinanze di Reggio il quaternario si scorge sviluppato per una superficie di parecchi chilometri quadrati, e predomina sulle altre for- mazioni, sovrastando quasi sempre ai terreni terziari. Presenta due aspetti diversi e ben definiti, sia per la sua natura, sia per la sua origine: considerato da quest’ultimo punto di vista, una buona parte di esso, è di origine marina; ed un’altra — la predominante — di origine terrestre. La formazione marina è costituita da quei depositi sabbiosi che co- minciarono ad emergere dopo quelli pliocenici, ed accompagnano questi ultimi a considerevole altezza, come, per esempio, a Terreti, a Gallina, a Motta ed a Fossato. Tali sabbie, sovente non contengono alcun resto organico; ma talora sono ricche d’una fauna così varia e caratteristica, da farle diventare abbastanza note nella storia fisica della Calabria: cito in proposito le sabbie fossilifere che costituiscono i lembi post- terziari di Carrubare, di Gallina, di Bovetto, di Ravagnese, e quello PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. 323 da me ultimamente rinvenuto a Morrocu; anch’esso destinato ad essere oggetto di ulteriori studi. (G. De Srerano, Gl strati a Pinne di Mor- rocu. Atti della Soc. Geol. Ital. 1899.) * x x Al cominciare dell’epoca quaternaria, vale a dire, verso la fine di quella pliocenica, la parte Sud-Ovest dell’attuale provincia di Reggio — quella parte che rappresenta i dintorni della città, da Scilla a Capo dell’Armi, formava una conca, dentro la quale spaziava il mare pleistocenico, ricco di svariate forme di Molluschi. Qui, dunque, dove ora cresce una lussureggiante e svariata fiora di Auranziacee, e dove sorgon villaggi ridenti; e da dove noi ora ammi- riamo |’ Etna gigantesco, sempre coperto di neve, nelle rosate albe pri- maverili e negli splendidi tramonti autunnali di questa estrema Cala- bria occidentale, un tempo altro non era che mare: il Capo dell’Armi, e le roccie anteriori al quaternario ed al terziario, scendenti a picco in mare sulle coste di Scilla, segnavano i due posti avanzati della costa reggina, dentro i quali le acque spingendosi, formavano una specie di golfo, molto frastagliato e pieno di insenature. Il suo profilo ipotetico ci vien dato approssimativamente dalla posi- zione topografica delle ultime formazioni plioceniche e dalle primissime quaternarie. Di fatti, i lembi post-pliocenici più avanzati della parte occidentale della provincia, si trovano a Fossato, a Motta, a Valanidi, sopra Gallina, al Salvatore di Sant'Agata, a Vito, ad Archi, ecc. Tracciando una linea dal Capo dell’Armi, anzi, da dove la spiaggia incomincia a girare per formar lo stretto, e precisamente da Lazzàro fin sopra Motta, si trovano una serie di colline post-terziarie, spesso aride, scoscese e d’un aspetto abbastanza triste; poichè in esse non at- tecchisce alcuna vegetazione. Esse si spingono fin sopra l’ultimo paese accennato, a più di ottocento metri di altezza sul livello del mare. Queste sabbie feldspatiche, di color giallastro o bruno, qualche volta Vol. XXXVIII, 21 324 G. DE STEFANO. anche calcarifere, si abbassano alquanto verso Valanidi, dove acquistano notorietà, perchè fossilifere; e quindi si rialzano ancora sopra Gallina. Dalla contrada Badìa, appaiono a Nord-Est di Cataforio, di fianco al Salvatore di Sant'Agata, e poco giù di Mosorrufa. Che quest’ ultime sabbie pleistoceniche siano la continuazione del lembo che affiora nella contrada Badìa, lo dimostrano, oltre che i fossili caratteristici, comuni in entrambi gli strati, la natura del terreno, e la stratigrafia: la com- posizione chimica e l’aspetto fisico di entrambe sono le stesse. Pro- habilmente in tempi non molto remoti essi erano uniti, e solo più tardi, l’alveo del torrente di Sant'Agata, con la sua continua erosione, li separò. Dal Salvatore, le sabbie post-terziarie, ora accostandosi, ora allon- tanandosi dalla spiaggia attuale, affiorano prima sotto Cataforio, dove formano dei veri banchi di Ostriche e di Anomie; e poi a Pavigliana. Da questa località, avvicinandosi molto alla spiaggia, le sabbie post- plioceniche fossilifere s’ incontrano alle celebri Carrubare, — lembo os- servato e studiato fin dai più antichi geologi, a cominciare dallo Scilla, per giungere al Rath, al De Stefani ed al Cortese. Si rialzano quindi ancora, e giungono ad una discreta altezza sul livello del mare, a Ter- reti, per accostarsi ancora alla spiaggia verso Vito, a Pentimele e ad Archi. Sia nei lembi citati, sia in quelli che affiorano presso Calanna, nei dintorni di Villa San Giovanni, ecc., le sabbie pleistoceniche ac- compagnano spesso il pliocene classico o quello superiore, qualche volta ricchi di resti organici fossili, talora invece formanti delle colline aride e scoscese, come quelle che si osservano sopra Pellaro, o lungo la ro- tabile che da Reggio per il piano-terrazzo alluvionale di Modena con- duce a Mosorrufa, od al Tiro a Segno sopra la città, o lungo la valle del torrente Annunziata. Ma dai lembi più alti, scendendo verso la spiaggia, si osservano le sabbie post-terziarie di origine marina dove la formazione terrestre — a volte molto potente — non l’abbia coperte, gradualmente affiorare, e che sono emerse in tempi posteriori alle prime. PALEOGEOGRAFIA, POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. 325 L'osservazione fa notare che, in molti luoghi, la formazione quater- naria marina viene interrotta, o, per meglio dire, divisa da valli di erosione o da spianate torrentizie recenti. Essa riposa quasi sempre in perfetta discordanza sulle formazioni anteriori, e contiene una fauna, come si osserva dagli elenchi lascia- tici da geologi che finora la studiarono, per la maggior parte spettante al plancton litorale. Questo fatto ci porta a concludere prima d’ogni altro, che la conca del mare pleistocenico calabrese, non dovette essere molto profonda. Se poi si osserva il post-pliocene di Motta, si trova ad un'altezza considerevole, rispetto a quello delle Carrubare o di Villa San Giovanni e dintorni. Cid prova, da una parte, il dislivello notevole fra il lato Nord ed il lato Sud del fondo marino pleistocenico della estrema Ca- labria; e dall'altra, il diverso livello di affioramento. Ed anche am- messo che ai principi del quaternario l’Aspromonte formasse una isola grandiosa con molti punti di simiglianza all’attuale terra; è certo, però, che nella parte occidentale, l’emersione dovette essere molto più accen- tuata di quella orientale; e lo stretto fra esso e la Sicilia, sebbene alquanto più largo, aveva presso a poco la configurazione attuale. Il fenomeno si mostra ancora più evidente nello stesso post-pliocene del litorale reggino. A Nord della città di Reggio, a poca distanza di essa e dalla spiaggia attuale, che a quanto sembra, da molti anni in qua va soggetta ad un lento ma continuo e sensibile micro-abbassamento, si eleva il monte Pentimele, alto poco meno che trecento cinquanta metri. Il monte Pentimele, con acclivio alquanto ripido e scosceso, formato da sabbie più o meno grossolane ed in alcuni punti sciolte, che il Seguenza incluse nel Piano Siciliano del Doderlein (Ze formazioni terziarie della prov. di Reggio Calabria. R. Accad. dei Lincei. Roma, 1879) e che il De Stefani ritenne decisamente quaternario (Escursione scientifica nella Calabria. R. Accad. dei Lincei. Roma, 1882), in tutti e due i casi è da includersi nella formazione post-pliocenica. Tali sabbie, alla distanza di poche centinaia di metri dalla spiaggia, si elevano d’ un 326 G. DE STEFANO. tratto a considerevole altezza formando l’anzidetto monte e le colli- nette che gli stanno a ridosso. Ora, paragonando tale formazione con quelle simili di Gallina e di Bovetto, o meglio ancora, con quelle di Ravagnese e di Morrocu, così lontane dall’attuale spiaggia, ad un’al- titudine così poco notevole, quanta differenza cronologica non si scorge nel loro sollevamento; dovendo perciò dedurre che quello di Penti- mele, geologicamente parlando, dovette essere rapidissimo in confronto a quello delle altre formazioni sincrone! E per quanto il sollevamento completo dell'Aspromonte — come quello dell'Appennino siculo e me- ridionale in genere — si sia verificato negli ultimi tempi del post- pliocene ; senza dubbio, però, esso deve ritenersi come quasi definitivo fin dall’epoca miocenica. Nella costa settentrionale tale sollevamento forse dura ancora, sebbene poco accentuato; mentre così non si può dire per la parte occidentale-meridionale; anzi, per la prima di queste ultime, come si è già accennato, è certo che nel periodo attuale si va soggetti ad un lento ma sensibile bradisisma di abbassamento. Durante il quaternario, la Calabria in genere, da un arcipelago, quale si presentava al principio di tale epoca, a poco a poco si ridusse in una penisola congiungendosi al resto del continente. Così dimostrano gli studi e le osservazioni fatte dal Cortese, le quali in molti punti vennero a completare quelle fatte dai geologi antecedenti, quali, ad esempio, il Seguenza ed il De Stefani. * Se Al principio del quaternario lo stretto di Messina, — come si è già detto, era largo poco più della metà dell’attuale, e d’ una profondità media di cinquecento metri; e fino a tale epoca probabilmente l’Affrica e la Sicilia restavano congiunte: fu in seguito, che di tale terraferma restarono dei piccoli avanzi, quali le isole di Malta e di Lampedusa. Anche probabilmente il Mediterraneo si trovò fin quasi alla fine del- l’epoca, in diretta comunicazione coi mari tropicali. La posizione adunque, della estrema Calabria occidentale era tale che le correnti calde del PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA, SAT mezzogiorno venivano ad alternarsi od incrociarsi con quelle fredde set- tentrionali, proprio davanti alla sua costa. Le sue insenature poterono così ospitare una svariata fauna litorale, quale è quella che oggi si trova negli strati pleistocenici dei dintorni di Reggio. La diversa con- formazione del fondo marino, anche a poca distanza; l’oscillazione con- tinua della temperatura; l’incrociarsi ed alternarsi di correnti fredde e calde; fecero sì che nella ristretta conca del mare pleistocenico posto tra Capo dell’Armi e Scilla, potessero trovarsi specie così differenti, ed alcune così abbondanti in certi strati, ed assenti in altri. Ed io credo che il clima di quest'ultimo lembo calabrese — e forse di tutta la Calabria in genere — non sia stato mai glaciale, anche nel periodo più accentuato di tale epoca: e credo ancora che la così detta influenza nordica, cioè a dire, di specie nordiche emigrate al prin- cipio o lungo |’ epoca nel mare pleistocenico calabrese, sia molto re- lativa. I lembi quaternari di Gallina, di Valanidi, di Carrubare, ecc., è vero che contengono tra le altre, specie nordiche, quali sono quelle rappre- sentatici dal Buceinum undatum, dalla Natica Montacuti, dal Tro- chus Ottoi, dalla Cyprina islandica, dalla Limopsis minuta, dalla Modiola grandis, dalla Modiola modiolus, dalla Limea ovata, dal Pecten pes-lutrae, dal Pecten tigrinus, dalla Waldheimia cranium ; ma sono molto poche relativamente a quelle abitanti dei mari tem- perati. Se si pensa che a Gallina, a Carrubare, ecc., il numero delle specie determinate è di parecchie centinaia, facilmente ci si accorge, che la preponderanza del numero implica di necessità la caratteristica clima- terica. Ma non solo: le forme boreali notate non sono proprie del post- pliocene più antico, se si eccettua la Cyprina islandica e qualche altra specie: qualcuna di esse s'incontra anche nei lembi di Bovetto, di Ravagnese, di Morrocu, ecc., da considerarsi come strati emersi nella seconda metà dell’epoca; anzi, qualcuno,alla fine di essa. Ora in essi sì rinvengono anche forme tropicali o circum-equatoriali. 328 G. DE STEFANO. Il prof. Seguenza, appunto, determinò negli strati del post-pliocene recente, le seguenti specie: Zornatina Knocheri (Africa occidentale), Conus testudinarius (Isole del Capo Verde), Zerebra corrugata (Gui- nea), Zriton ficotdes (Senegal), Natica ortentalis (Oceano indiano), Natica porcellana (Isole Canarie), Hyalaea quadridentata (Indie oc- cidentali e Mar Rosso), Zorzpes Smith (Isola Lancerotta nelle Ca- narie), Cupularia umbellata (Australia), Cupularia canariensis (Ga- narie), Cupularia Qwenei (Coste dell'Algeria), Lagena crenata (Nuova Olanda). È facile dedurre che la comunanza di specie oggi viventi in climi così diversi, dovette aver luogo per oscillazioni di temperatura nel mare pleistocenico, le quali posson trovare una plausibile spiegazione nell’al- ternarsi delle correnti equatoriali e boreali. Ma tutti questi fatti ver- ranno meglio chiariti e studiati quanto prima. Xx x x Intanto, quando si pensa che il Neumayr, parlando dell’epoca frigi- diana in generale, così si esprime: « ... Noi incontriamo un’epoca gla- ciale, in cui la temperatura (Storia della Terra, Vol. Il, pag. 453) fu certamente di alcuni gradi inferiore a quella odierna. Non tutto il periodo pleistocenico ne fu però caratterizzato. Al principio ed alla fine di esso il clima fu poco diverso di quello attuale, ed anche verso il mezzo si mostrarono molteplici oscillazioni; periodi intermedi, in cui la temperatura aumentò ed il ghiaccio diminuì » — facilmente si com- prende quale dovette essere il clima dell’attuale Calabria, ed in genere, dell’Italia meridionale e della Sicilia. L’alofauna fossile degli strati post-terziari più antichi di Reggio Ca- labria, non dice nulla, invero, sulla rigidità del nostro clima a quel- l'epoca. Le otto o dieci specie oggi solo viventi nei mari polari, o meglio, circum-polari, determinate dal prof. Seguenza, non bastano a dedurre un clima glaciale, o ad una notevole influenza di forme nordiche, a causa del primo fatto. PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. 929 E credo che lo stesso caso si esplichi per gli strati post-pliocenici di Ficarazzi, dei dintorni di Messina, etc. Ripeto, si pensi quanto ricche di specie siano le località di Carrubare, di Gallina, ecc.; la maggior parte delle quali oggi son proprie del Mediterraneo, e specificamente, della zona temperata di quest’ ultimo! D'altro canto, mentre gli avanzi morenici ed i giganteschi massi. er- ratici dell’Italia settentrionale e forse nella parte nordica della media, c’indicano l’espansione dei ghiacciai in quelle regioni; nell’ Italia me- ridionale, nella Calabria, e credo anche in Sicilia, non si trova alcuna traccia di essi. Nell’Italia superiore s'incontrano traccie. di ghiacciai (ciottoli morenici, ecc.) in tutte le valli che sboccano nella pianura del Po e nelle Alpi Apuane (Cocchi, Stoppani). Se ne incontrano spesso lungo le valli del versante nord dell’Appennino settentrionale (Sacco). Ma lo studio della morfologia pleistocenica calabrese e siciliana, dimo- stra prive queste terre da qualunque avanzo morenico! Il nostro clima pleistocenico, probabilmente, mite sarà stato al prin- cipio dell’ epoca; meno mite è stato verso la sua fine. Nè la rigidità climatica dell’Italia settentrionale per la espansione dei grandi ghiacciai alpini, potè influenzare gran che il nostro paese, come il Seguenza ed altri opinarono, qualunque sia l’ipotesi che spiega la rigidità climatica del principio dell’epoca quaternaria. E si accettino le idee di Desor ed Escher tendenti a dimostrare che l’espansione dei ghiacciai quaternari, si dovette a certi venti meridionali, provenienti dagli attuali deserti affricani ed asiatici, al principio dell’epoca sommersi dal mare, venti, che ora caldi ed asciutti, allora spirarono da quelle parti verso |’ Eu- ropa e l’Asia settentrionale, umidi, freddi, accompagnati da nubi, le quali poi si scioglievano in pioggie presso le alte montagne; sia che si accettino le opinioni contrarie dello Zittel, dimostranti che quasi tutti i deserti affricani erano allora emersi; sia che si accettino le idee del D’Adhemar o del Croll (Philosophical Magazine-Geological Maga- zine) e di altri (Gemim, The great Ice age) comprese quelle del nostro De Marchi; è certo questo, che il clima pleistocenico della Calabria e di tutta l’Italia meridionale, dovette esser mite. 390 G. DE STEFANO. Las x x Comprovano quanto si è detto, le spiegazioni che si andranno a fare dei fenomeni poco avanti accennati, ed altri fatti ancora, che a qualcuno potrebbero sembrare superflui, ma che io credo utile far notare. Secondo le più accreditate opinioni, al cominciare dell’epoca quater- naria, le acque dell’emisfero boreale avean predominio sulla terra ferma, specialmente nel settentrione, dove intere terre americane ed europee restavano sommerse. Molti valenti geologi son d’opinione che al prin- cipio dei tempi quaternari, l’ Oceano glaciale artico fosse in comunica zione col Mare del Nord, per la regione russa e polacca. La configu- razione adunque della parte settentrionale del continente antico, era tale, da poter esserci facile comunicazione tra l’attuale Mediterraneo ed i mari freddi circum-polari; e le correnti marine sia dal settentrione verso il mezzogiorno, sia dal mezzogiorno verso il settentrione, dovettero essere potenti molto più di quello che non siano oggi; prima per la comu- nicazione tra i mari freddi e quelli tropicali, in secondo luogo, per la posizione topografica delle terre emerse. Il fenomeno anzi detto e che adesso si andrà meglio a chiarire, deve considerarsi — ripeto —- come la spiegazione di quanto si è pre- messo alcune pagine avanti. Anzi, il fenomeno, non dovette limitarsi alla sola superficie: noi dobbiamo ammettere anche, oltre le correnti superficiali, od al massimo, di media profondità, una circolazione delle acque abissali, come oggi si verifica dall'Oceano antartico verso l’Equa- tore. L’ Oceano antartico con movimento lento manda le sue acque abis- sali verso |’ Equatore: il fenomeno finora constatato per il solo Oceano antartico, forse si verifica nelle abissità di tutti i mari larghi; e quindi sì può ammettere in generale pei mari settentrionali dell’epoca quater- naria, quando si pensa che esso è stato spiegato con la supposizione di una quantità di precipitazione acquea maggiore nell’ emisfero meri- dionale che nel settentrionale. Tale eccesso di precipitazione sulla eva- porazione nell’ Oceano antartico, il Marinelli (Za Zerra. Vol. I, pag. 665) PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. aot crede che sarebbe confermato da quanto noi conosciamo in quella re- gione, grazie alle poche esplorazioni condottevi, e dal fatto delle enormi proporzioni con le quali vi sono sviluppati i ghiacciai polari. Ora, al cominciare dei tempi quaternari, il raffreddamento climatico iniziatosi durante il pliocene, progredì talmente, che i ghiacciai polo- * boreali e montani, acquistando grande estensione, si avanzarono molto in giù; e per ciò si sarà potuto avere, lo stesso movimento di acque abissali dall'emisfero boreale verso l’equatore, come ai nostri giorni si verifica dall'emisfero australe verso I’ equatore. Questa lentissima corrente d’acqua abissale non modifica certo la tem- peratura media degli strati marini; ma può portare in seno ad essa organismi i quali altrimenti non si potrebbero trovare che nei soli fondi dei mari glaciali. Per tale circolazione bisogna ammettere che le forme abissali rinvenute nel pleistocene siciliano e calabrese più antico, co- minciarono ad emigrare moltissimo tempo prima di tale epoca dai mari freddi del settentrione; e continuarono per un pezzo, scemando man mano che le comunicazioni tra quei mari ed il Mediterraneo si rende- vano più difficili a causa delle nuove terre emerse; continuarono finchè ebbero aperta la via alla migrazione. Così anche si spiega la presenza di forme prettamente nordiche, tanto negli ultimi strati del pliocene vero e proprio, quanto nel post-pliocene più recente, sia della Calabria, sia della vicina Sicilia. Le correnti fredde e calde superficiali del mare quaternario europeo, in certo qual modo possono paragonarsi a quelle attuali dell'Atlantico. La comunicazione del Mediterraneo con quello circum-polare, a setten- trione, e quelli circum-equatoriali, a mezzodì, portava di conseguenza che l’acqua della zona torrida tendeva a riversarsi verso il polo, gal- lesgiando sulla fredda, che tendeva dal polo all’equatore. Quindi è na- turale che molte forme dei mari caldi, si rinvengano nel post-pliocene recente, anzi che nell’antico. Ma la circolazione delle correnti lungo le coste dell’ Italia meridionale e della Sicilia faceva sì che gli organismi da esse trasportate rimanessero lungo i litorali ancora sommersi di 339 G. DE STEFANO. queste regioni; e rimanevan principalmente dove la posizione topografica era favorevole. Tale è il caso della conca pleistocenica reggina posta tra il Capo dell’Armi e Scilla. E la varietà specifica della sua alo-fauna devesi alla alternanza delle correnti marine fredde o calde. Per la conformazione della parte settentrionale della Sicilia emersa, il piccolo e poco profondo golfo calabrese, posto tra Scilla e Capo del- i l’Armi, come l’attuale porto di Messina, potè ospitare una ricca fauna di Molluschi. Per la sua ubicazione geografica, cioè a dire, perchè posto nel Mediterraneo meridionale, a cavallo tra il Tirreno e il Jonio; per le sue condizioni topografiche, cioè a dire, di fronte allo stretto, col fondo adatto per il comportamento delle correnti; fu centro di accu- mulazione di plancton pelagico superficiale — di un ricco e. svariato plancton superficiale, non che di qualche forma di plancton zonario ed abissale. Ecco forse la causa principale della ricchezza faunistica delle sabbie marine pleistoceniche di questa occidentale estrema Calabria. In fine, quali notizie complementari a quanto fin qui si è detto per ciò che riguarda le forme nordiche nel nostro mare pleistocenico, a prescindere che esse non accennano ad alcuna importante influenza nor- dica per il loro esiguo numero, si fa ancora notar questo. La Dietologia c’ insegna che l’origine della fauna abissale è general- mente littoranea: essa ha un aspetto molto uniforme, ed in certi par- ticolari alquanto polare, sia nelle regioni glaciali, come in quelle tem- perate o nelle torride degli oceani: e molti suoi tipi sono cosmopo- liti; il che è spiegabile con le condizioni omogenee che gli abissi pre- sentano. = x x Giunti a tal punto, con la scorta di quanto si è fin qui detto, si mostra evidente la divisione del quaternario marino dei dintorni di Reggio, da Scilla a Capo dell’Armi in due piani distinti fra loro, vuoi per la posizione topografica, vuoi per i dati paleontologici; ma princi- palmente per questi ultimi. DI PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. 399 Al piano del quaternario marino inferiore o più antico potrebbero ascriversi il lembo di Valanidi, quello di Motta, quello sopra Pellaro, chiamato dei Pantani, quello di Gallina, quello di Sant'Agata, quello di Pavigliana, quello di Carrubare e quelli piccoli affioranti presso Ter- reti, non che le sabbie di Musola. Tutti essi sono caratteristici : 1.° per la così detta influenza che si riscontra nella loro fauna, di specie nordiche o circum-polari ; 2.° per discreto numero di specie estinte; 3.° per buon numero di specie identiche a quella del pliocene classico. Come si deduce facilmente da ciò, i lembi su mentovati hanno una fauna la quale paragonata a quella veramente pliocenica, con questa ha molti punti di simiglianza. E se si pensa che anche dal lato stra- tigrafico-litologico e per la natura del terreno, gli strati di Carrubare, di Pavigliana, di Sant'Agata, ecc., quasi sempre concordano, cogli strati prettamente pliocenici; si può concludere che essi ci rappresentano qui nei dintorni di Reggio lungo il litorale che va da Capo dell’ Armi a Scilla, il vero e proprio post-pliocene emerso nella così detta epoca gla- ciale. Questi strati son da considerarsi perciò anteriori a quelli conte- nenti una fauna fossile, identica a quella che oggi vive nei nostri mari insieme a qualche specie pliocenica, a qualche altra estinta, a qualche altra dei mari circum-polari ed alcune dei mari tropicali ed equatoriali. Questi si assegnano al post-pliocene marino più recente. Essi, nei dintorni di Reggio, ci sarebbero rappresentati dagli strati di Bovetto, di Ravagnese, di Morrocu, di Archi; nei quali il predominio — sempre relativamente parlando — delle specie dei mari boreali 0 di quelli caldi, dipende principalmente da due fattori: dall’età, vale a dire dal tempo nel quale emersero; e dalla preponderanza delle cor- renti marine calde sulle fredde, o viceversa, che a quel tempo lambi- vano le nostre coste. I (SÒ) — G. DE STEFANO. I. Sulle sabbie quaternarie marine si estende un potente deposito, di ori- gine terrestre. Esso, in generale, è formato di sabbie ed argilla, alle quali si mescolano spesso, ghiaia e ciottoli di vario volume; quest'ultimi per lo più di natura granitica. Tale deposito, sotto forma di terrazze e col nome di alluvione antica, copre le basse, le medie e le altre pianure. Ha quasi sempre un colore brunastro, e generalmente è priva di fos- sili: solo in qualche lembo come a Marrocu (G. De STEFANO, Gz strate a Pinne di Morrocu; Nuovo lembo post-pliocenico di Reggio Ca- labria. Atti della Soc. Geol. Ital.), presenta una ricca fauna mollu- schiana in Elici con qualche raro resto di Bulimo. L’alluvione antica che si estende da Capo dell’Armi a Scilla e ar- riva fino a più di ottocento metri sul livello del mare presenta quasi dappertutto gli stessi caratteri fisici, e, presso a poco, la stessa natura chimica ; e però, il suo studio, che può farsi principalmente da tre punti di vista, dal lato della intima costituzione, dal lato dell’origine, ed in fine, da quello faunistico, presenta divergenze rilevanti per que- st’ultimo fatto. Fra tutti coloro i quali sì occuparono del quaternario reggino e studiarono l’alluvione antica, meritano principalmente consi- derazione, il Seguenza, il Rath, il De Stefani, il Cortese ; come quelli i cui magistrali lavori, indicano lunghi e particolareggiati studi. Tutti questi valenti geologi, studiarono il sopra accennato terreno, principal- mente da due punti di vista; dal lato dell’origine, e dal lato dell’in- tima sua costituzione. Ora gli studi fattt a Morrocu (G. DE STEFANO, Memoria succitata) hanno dimostrato che la formazione terrestre allu- vionale di Reggio Calabria, priva di fossili in tutti gli altri lembi, in quello accennato presenta resti organici simili ai viventi, ed in tal quantità, da caratterizzarlo. PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. 3990 * % x La formazione terrestre alluvionale che copre le basse pianure lungo lo stretto a guisa di piani terrazzi, presenta presso a poco ovunque gli stessi elementi costituitivi, silice, caolinite, sostanze organiche disciolte, ciottoli di variabile volume; ed ha lo stesso colore rosso-bruno, ricor- dando perciò nei suoi caratteri chimico-fisici tanto il Loess dell’ Europa centrale quanto il Lehm delle pianure russe. Ritenuta di origine terrestre dal Seguenza, dal De Stefani, e dagli altri che la studiarono, quali il Botti, il Rath, il Mantovani, presenta a ‘ volte, però, degli straterelli di pomice decomposta, che potrebbero mettere in dubbio la sua origine. La pomice decomposta si osserva facilmente negli strati alluvionali dei piani terrazzi di Condora e di Modena. Se sì esamina attentamente l’alluvione antica dei lembi di Carrubare e della pianura di Condora in genere, fra la silice, la ghiaia, la cao- linite ed i ciottoli granitici che formano il substrato di quella forma- zione, s'incontrano dei sottilissimi strati di pomice decomposta. Gli straterelli di pomice decomposta furono già notati dal Vom Rath (Geo- gnostich-geographische Bemerkungen iber Calabrien. Berlin, 1873). In tale nota, l’illustre prof. dell’Università di Bonn, così si esprime: «...Anche la formazione quaternaria dei dintorni di Reggio è in alcuni punti molto ricca di resti organici. Una di queste località detta la Carrubare, forma una porzione di una terrazza assai piana che tro- vasi a poca distanza sopra Reggio. La superficie di quella terrazza è costituita da un’argilla bruna, mescolata con molti ciottoli. Lo stesso deposito bruno, vedesi formare come il cappello di molte alture a guisa di terrazze dintorno alla città: la sua potenza ascende ad otto o dieci metri e più. Strati sottili di pomice decomposta e letti di blocchi gra- nitici sono intercalati in questa formazione. » Anche nell’alluvione antica di Morrocu, si sono rinvenute traccie di pomice decomposta. Ora, se tale formazione potesse essere considerata di origine marina, 390 G. DE STEFANO. evidentemente il fatto sarebbe abbastanza ovvio, e subito spiegato; poichè, in tal caso, la formazione marina non conterrebbe che dei corpi così frequenti in essa e dovuti ad azione vulcanica. In altri termini, il fenomeno avvenuto in passato sarebbe presso a poco identico a quello attuale; forse con proporzioni intensive maggiori. Ma l’alluvione antica è decisamente di origine terrestre, malgrado a volte contenga della pomice decomposta: ne son prova, la sua natura chimica e la sua fauna fossile. Intanto, i terreni alluvionali che si estendono dal Capo dell’Armi a Scilla, a poca distanza dalla spiaggia o nelle medie pianure, sebbene talvolta piglino l’aspetto di veri conglomerati, pure hanno la stessa fon-: damentale costituzione, dove un’azione meccanica non abbia alterato la primitiva natura della roccia: quest’ultima — ripeto — è. general mente così: elementi sabbiosi ed argillosi, insieme mescolati, ed in varie proporzioni, 1 quali si riconoscono subito per detriti di roccie anteriori. A questi principali elementi costitutivi si associano quasi sempre dei ciottoli di vario volume. I ciottoli mescolati alle sabbie argillose allu- vionali sono per lo più di natura granitica. Oltre che dal loro aspetto, ciò si riscontra dalla loro micro-struttura. La loro struttura macroscopica c’ indica subito l’ortoclasio, il quarzo: in prevalenza, uniti generalmente a delle lamine di muscovite; e di biotite, in casi speciali. In tali ciottoli predomina per lo più la natura feldispatica; l’ortose d’ordinario è . di colore bianco-rossastro. Qualche sezione ha fatto osservare delle piccole lenti dioritiche, e qualcuna di anfibolite. In alcuni, molto voluminosi, della pianura di Condora, si sono osservati dei bei cristalli di Granato, d’un color rosso vivo. Essi, trovati durante una ‘escursione fatta per quei luoghi col prof. La Valle dell’ Università di Messina, debbono fisurare ora in quel museo geolo-: gico. Alcuni ciottoli hanno struttura gneissica; ma in verità, essi sono rari rispetto ai primi. Tanto i ciottoli granitici quanto quelli gneissici, qualche volta si. rinvengono così abbondanti da formare dei conglomerati rossi: tutti essi PALECGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. da debbono considerarsi come detriti di roccie anteriori al terziario, quali possono essere gli gneiss, i graniti-gneissici, le filladi, i micaschisti, che costituiscono i contrafforti dello schenale appenninico, e si spingono fino a Scilla e Capo dell’Armi. La genesi del deposito terrestre di questo ultimo lembo della pro- vincia di Reggio è facile a ricostruirsi: la presenza in esso della ghiaia e dei ciottoli granitici mostra la sua origine alluvionale; la pre- senza della pomice decomposta spiega l’ attività vulcanica durante il periodo alluvionale: i primi dovettero la loro origine ed il loro trasporto allo acque fluviali e torrenziali; la pomice decomposta alle formidabili eruzioni dei vicini vulcani. Che l’azione vulcanica fosse sensibilissima all’epoca pleistocenica in tutta 1’ Italia meridionale, lo provano i sc- seguenti fatti: L’ Italia, sulla fine del pliocene ed ai primi del quaternario, vide formarsi nol suo seno i coni trachitici del Monte Amiata, e depositarsi fino a poca distanza di Roma, i tufi pomicei della Tolfa e Monte Ci- mino. Al principio dell’ultima epoca, si trovano i tufi basaltici e le eruzioni trachitiche del gruppo Vulsinio, e così fino ai vulcani degli Ernici, i. Campi Flegrei, il Vesuvio, l’ Etna, e le isole Eolie. « Nel mare post-pliocenico (C. De STEFANI, Escursione scientifica nella Ca- labria, pag. 243) presso al fianco occidentale dell’ Aspromonte, nel- l’angolo formato da questo e dei monti messinesi, s’innalzavano già i vulcani Eolici. Vulcano stesso, o Lipari, od altri vulcani vicini, forse oggi scomparsi, eruttavano già e scomparivano in mezzo al mare. In gran parte a pioggie di ceneri, le quali dopo essere state lanciate in aria ricadevano nel mare, si debbono gli straterelli di pomice sgreto- lata di Nao e di Salice, la quale pomice se in origine fosse stata in frammenti più o meno grossi sarebbe stata gettata alla spiaggia e non caduta al fondo per fare parte di strati sottomarini come nel Messinese. A me sembra che il fenomeno, descritto dal De Stefani per gli strati di Nao e di Salice, valga per gli strati alluvionali dei dintorni di 338 G. DE STEFANO. Reggio. Le ceneri lanciate dalle potentissime eruzioni dei vicini focolari vulcanici a grande distanza, venivano a cadere dentro i terreni allu- vionali, e quindi in essi a decomporsi. E se queste azioni vulcaniche non poterono avere che una debolis- sima e locale influenza nel clima degli ultimi tempi pleistocenici cala- bresi, ne ebbero sicuramente una notevole nella vicina Sicilia, dove ancora si ammirano estese contrade di lave vulcaniche. * x * Ma ciò che più d’ogni altro decide sulla natura e sulla origine del- l'alluvione antica di Reggio Calabria è la fauna rinvenuta in alcuni suoi strati, come quello di Morrocu (G. De Srerano, Un nuovo lembo conchiglifero di Reggio Calabria. Bollettino della Soc. Geologica Ital. Vol. XVII, 1899). i Si è già detto altra volta (G. De SrEFANO, Giz strati a Pinne di Morrocu, ecc. Atti della Soc. Geologica Ital.) come finora, dagli studi fatti e dai lavori scritti intorno alla formazione terrestre alluvionale di Reggio, non si fosse rinvenuta alcuna traccia di resti organici fossili simili alla fauna contemporanea. Il Seguenza, il De Stefani, che pure ebbero agio di studiare particolarmente, ed il primo per molti anni, l’alluvione antica di tutta la provincia, pur ritenendola, per la sua na- tura chimica ed il suo aspetto fisico, di origine terrestre ; non ebbero alcun dato paleontologico per comprovare il loro asserto. Ora, le Elici rinvenute a Morrocu, non solo modificano l’opinione fin qui prevalsa, cioè a dire, che I’ alluvione antica sia priva di fossili; ma decidono sulla sua natura, e ci danno i dati per poter fare alcune considerazioni climatiche verso la fine dell’epoca. * * * Le Elici determinate a Morrocu son le seguenti: H. vermiculata Mill. Questa specie così frequente nel lembo di Morrocu, oggi è comunissima in Italia, e nella parte meridionale della Francia e della Spagna. PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. 339 x H. Cespitum, Drap. Questa specie è molto rara allo stato fossile negli strati anzidetti; oggi si rinviene in molti luoghi dell’ Italia; ma è frequente in special modo nei paesi marittimi. H. conspurcata, Drap. Molto rara a Morrocu; ma’ oggi trovasi in tutti 1 paesi dell’ Europa meridionale bagnati dal Mediterraneo. H. striata, Drap. = H. fasciolata, Poiret. Specie molto comune allo stato vivente. Abita tutta l’Italia. H. variabilis, Drap. Vive lungo tutti i litorali, bagnati dal Tirreno e dal Jonio. Se si considera quindi il clima dei nostri giorni dell’Italia, della Francia e della Spagna comprese nel bacino del Mediterraneo, dove oggi si trovano viventi le specie sopra notate; si osserva che, gene- ralmente, esso è mite. Così che si può concludere essere stato mite il clima calabrese della seconda metà dell’epoca pleistocenica. i Dopo quanto si è detto, appare chiara l’origine e la genesi di una così estesa e potente formazione reggina, nella quale, principalmente per le sostanze organiche in essa decomposte, così bene attecchiscono, la Vite e l’ Ulivo, e germoglia discretamente bene il Frumento. Essa è di origine terrestre, malgrado a volte contenga della pomice decomposta : lo prova la sua natura chimica, e la sua fauna fossile. Può considerarsi come l’ultimo deposito quaternario, avvenuto già a com- pleta, o quasi, emersione delle sabbie marine: quella delle basse e delle medie pianure, riposa quasi sempre su queste ultime. Man mano che le sabbie si sollevavano dal fondo del mare, dopo il così detto periodo glaciale, venivan coperte dai detriti delle roccie anteriori e soprastanti ; — detriti trascinati dalle abbondanti correnti torrenziali, e causati da agenti diversi, meccanici, fisici e chimici. - bo bo Vol. XXXVIII. 340 G. DE STEFANO. * ee. Ed allora, giunti alla fine delle nostre modeste considerazioni, si pud costruire a grandi tratti l’andamento climatico della Calabria, e di tutta l’Italia meridionale compresa la Sicilia, dal principio alla fine dei tempi quaternari: da prima, il clima sarà stato alquanto poco più freddo di quello attuale, poichè l’influenza che potè ricevere per riverbero di quello settentrionale — come vogliono taluni geologi — venne mitigato in gran parte da cause locali; in seguito, si ebbero delle oscillazioni che non variarono molto la temperatura, presso a poco simile all’at- tuale; ed alla fine essa diventò un poco più elevata, specialmente nella parte orientale della Sicilia, per la prevalenza delle correnti calde su tutte le altre, e, forse, per le aumentate azioni vulcaniche. Sulle sabbie, cominciate ad emergere dentro la conca del mare plei- stocenico alla fine del pliocene, vennero a depositarsi i primi letti ter- restri alluvionali. I potenti detriti, misti a sostanze organiche in decom- posizione, venivan giù dall’Aspromonte, trasportati dalle acque torren- ziali ed alluvionali, a coprire a guisa di cappello le sabbie marine man mano che emergevano, od a colmare le valli, le insenature, che la emersione lasciava a secco. Ai detriti accennati, si univano, ad inter- valli più o meno lunghi, le ceneri vulcaniche trasformate in pomice decomposta per ciò, e causate dalle potenti eruzioni dell’ Etna e delle Eolie, a quell’epoca vulcani attivissimi. Però il sollevamento della Calabria occidentale posta tra il capo del- Armi e Scilla dovette essere molto rapido, relativamente a quello avvenuto nella orientale o settentrionale. Il fenomeno per ciò qui da noi può considerarsi grandioso quando si pensa all’ intervallo di tempo, geologicamente assai breve, nel quale avvenne la potente emersione. L’al luvione antica insieme alle sabbie marine, molte volte formò una serie di terrazzi, dai quali si è potuto dedurre durante gli ultimi studi geo logici, che lungo il quaternario la Calabria fu animata da un movi mento di sollevamento a shalzi, le soste o pause od intervalli del quale, PALEOGEOGRAFIA POST-PLIOCENICA DI REGGIO CALABRIA. 341 hanno dato origine alla formazione di terrazze costiere. Il fenomeno sem- bra sia stato accentuato lungo lo stretto, principalmente entro i limiti dell’area pleistocenica pigliata in considerazione al principio di questa memoria, e dell’opposta riva siciliana. Sulle formazioni delle terrazze alluvionali calabresi, ad incominciare dal Seguonza per finire al Salmojraghi, vi sono varie ipotesi, che non è quì il luogo di ripetere, non permettendolo il compito del modesto lavoro; e perciò che gli autori summentovati diffusamente illustrarono. 4 Reggio di Calabria, marzo-maggio 1899. 1 Secuenza G., Le formazioni terziarie della prov. di Reggio Calabria. (Atti R. Acc. Lincei. Roma, 1879.) — De SreranI C., Opera citata, pag. 257 e seguenti. — Cortese H., Descrizione geologica della Calabria, pag. 185 e se- guenti. — SaLmoiragHi F., Bollettino k. Com. Geol. Ital., pag. 281 e seguenti. Roma, 1886. eee CTL a a Li i di DI Seduta del 5 marzo 1899. ORDINE DEL GIORNO: 1.° Comunicazioni della Presidenza. 2.° Nomina di un Vice-Segretario, in surrogazione del socio Pro- fessor E. Cottini, il quale per le molte sue private occu- pazioni diede e mantenne le sue dimissioni. 3.° Archeologia e Paletnologia. — Comunicazione del socio Pro- fessor P. Castelfranco. 4.° Ricerche micropaleontologiche su alcune rocce della creta lom- barda. — Comunicazione del socio Prof. E. Mariani. 9.° Osservazioni stratigrafiche sopra la creta e l’eocene della Lombardia. — Comunicazione del socio Dottor Giulio De- Alessandri. Apertasi la seduta colla lettura e l’approvazione del verbale della seduta precedente, il Vice-Presidente propone all’ Assemblea la nomina a Socio perpetuo del Signor Comm. Luigi Erba, che viene nominato ad unanimità di voti. Domanda quindi ai signori Soci se si possa accettare la proposta di abbonamento alla nuova edizione del Corso di Geologia dello Stoppani fatta dall’editore G. Rebeschini e, nessuna obbiezione essendo sorta per parte dei Soci stessi, la proposta viene accettata. Dopo ciò il Vice-Presidente, premesse alcune parole per esprimere la sua soddisfazione alP Assemblea per le nomine a Soci perpetui di 344 SEDUTA DEL 5 MARZO 1899. due illustri uomini, fa voti perchè ciò sia inizio di nuova prosperità per la Società Italiana di Scienze Naturali. Ricorda poi come nella successiva riunione dovrà aver luogo la com- memorazione scientifica del giovane Conte Gilberto Melzi, testé rapito alla scienza, e del quale la Società vivamente deplora la perdita. Ne enumera brevemente le virtù di perfetto scienziato e gentiluomo mo- derno delle quali il socio Prof. Ettore Artini più diffusamente tratterà nell’accennata prossima commemorazione. Il Vice-Presidente propone quindi la nomina del nuovo Vice-Segretario in surrogazione del socio Prof. Ettore Cottini, il quale per le molte sue occupazioni non potè recedere dalle presentate dimissioni. Venuti alla votazione, risultò eletto a Vice-Segretario il Dottor Carlo Airaghi. Si annunzia poi come il socio Prof. P. Castelfranco, per sopravve- nuta indisposizione, abbia scritto di non poter intervenire alla seduta per isvolgervi la sua comunicazione, la quale perciò viene rimandata alla riunione successiva. È quindi invitato a svolgere la propria co- municazione il socio Prof. E. Mariani, alla quale segue quella del socio Dott. G. De-Alessandri; dopo di che il Vice-Presidente annunzia che il Prof. E. Artini, dietro suo invito, ha volentieri accettato di presen- tare ed illustrare la bellissima serie di Piriti, delle quali già, nella seduta precedente, il socio Prof. T. Vignoli, direttore del Museo, aveva annunziato il dono fatto al Museo stesso dalla ditta Sclopis, proprie- taria della miniera di Brosso presso Ivrea, d’onde provengono. Finalmente, prima di chiudere la seduta, il Vice-Presidente ricorda la parte attiva che prende allo studio sulle caverne lombarde il socio Prof. F. Salmojraghi. Letto ed approvato. Il V. Presidente GIOVANNI CELORIA. Il Segretarzo GracINTO MARTORELLI. Seduta del 9 aprile 1899. ORDINE DEL GIORNO: 1.° Comunicazioni della Presidenza. 2. In memoria del socio Conte Gilberto Melzi. — Comunicazione del socio Prof. E. Artini. 3.° Archeologia e Paletnologia. — Comunicazione del socio Pro- fessor P. Castelfranco. 4° Contribuzioni alla conoscenza geologica dell’ Alta Brianza. — Comunicazione del socio Dott. G. Paravicini. Si legge e si approva il verbale della seduta precedente e quindi il Vice-Presidente presenta all’ Assemblea il libro che il socio Profes- sor Sac. G. Mercalli ha donato alla Società, dal titolo: 7 ferremoti della Liguria e del Piemonte. Notizie sismovulcaniche riferite nelle Cronache Napoletane, oltre ad una brevissima memoria del socio me- desimo intorno al Tufi olivinicz di S. Venanzio, che si delibera di pubblicare negli Att. Propone poi la nomina a Socio perpetuo del Conte Aldo Annonz, ed a soci effettivi 1 signori Conte Giacomo Borromeo e Marchese Luigi Isimbardi e tutte tre le proposte vengono accolte con voti unanimi. Ha quindi la parola il socio Prof. Ettore Artini per commemorare il Conte Gilberto Melzi, del quale esso espone largamente il valore, e come cittadino, e come scienziato, descrivendone la vita operosissima di studioso dall’ ingegno largo e versatile e le eminenti qualità di esplo- ratore e concludendo col dimostrare quanto sia dolorosa e grave la sua perdita. 346 SEDUTA DEL 9 APRILE 1899. Terminata la commemorazione, è invitato il socio Prof. P. Castel- franco a svolgere l’ argomento da esso annunziato: Archeologia e Pa- letnologia. Egli fa brevemente la storia di questi due rami della scienza antropologica, dimostra come il loro progresso coincidette con quello della Storia naturale, anzi ricevettero dai naturalisti stessi il metodo che li fece rapidamente progredire. Venendo a parlare delle raccolte preistoriche ed etnografiche nei Musei, ricorda quelle che sorsero per speciale iniziativa di componenti di questa Società e che poi furono cedute al Civico Museo di Storia Naturale e conclude facendo voti che la Società stessa non si disinteressi di tali collezioni e che essa pro- curi di esprimere all’ Autorità Municipale il desiderio che la Collezione Etnografica che ancora fa parte di questo Museo, non venga separata dalla Paleoetnografica. A questo punto l’ora essendo avanzata si delibera d’accordo col so- . cio Dott. G. Paravicini di rimandare alla prossima seduta la sua co- municazione e si pone termine alla seduta. Letto ed approvato. ll V. Presidente GIOVANNI CELORIA. Il Segretario GIACINTO MARTORELLI. Seduta del 7 maggio 1899. ORDINE DEL GIORNO: 1.° Comunicazioni della Presidenza. i 2.° Sull opportunità che le Collezioni preistoriche ed etnografiche rimangano nei Musei riunite. — Comunicazione della Pre- sidenza e del Consiglio d° Amministrazione. 3.° Contribuzioni alla conoscenza geologica dell’Alta Brianza. — Comunicazione del socio Dott. G. Paravicini. 4° Intorno ad uw ascia di pietra, rinvenuta presso Borgomanero. — Comunicazione del socio Prof. P. Castelfranco. 5.° Hehinidi di Carcare, Dego, Cassinelle e dintorni. — Comuni cazione del socio Dott. Carlo Aîraghi. Approvato il verbale dell’ ultima seduta il Vice-Presidente comme- mora con brevi, ma opportune parole l’antico socio Hauer e quindi espone il contenuto di una lettera, nella quale il socio Prof. Corrado Parona da Genova propone una gita a Casteggio, dove dovrebbero con- venire i rappresentanti della Società Ligustica di Scienze naturali e degli altri simili sodalizi scientifici e farsi possibilmente una serie di letture 0 comunicazioni. L'assemblea avendo accolta in massima favo- revolmente tale proposta, si riserva di attendere le ultime decisioni in- torno alla gita stessa, onde avvertire in tempo i Soci che intendessero farne parte, mediante una circolare. Si nominano quindi ad unanimità Soci perpetui il signor Marchese Emmanuele d’ Adda, la signora Duchessa Joséphine Melzi d’ Eril ed 348 SEDUTA DEL 7 MAGGIO 1899. il signor Franco Bordini ed, esaurite così le comunicazioni della Pre- sidenza, si passa alla seconda parte dell’ordine del giorno sull’ Oppor- tunità che le Collezioni Preistoriche ed Etnografiche rimangano nei Musei riunite ed il Vice-Presidente Celoria riferisce intorno a ciò il parere del Consiglio d’ Amministrazione che Egli credette bene di interpellare in proposito e che emise in merito il seguente ordine del giorno : « La Società Italiana di Scienze Naturali nella sua adunanza del « giorno 7 maggio 1899, informata che una gran parte della Colle- zione preistorica donata al Civico Museo di Storia Naturale dalla Società stessa e da altre benemerite persone, e già esistente vicino alle collezioni antropologiche, quasi necessario complemento di queste, fu di recente trasportata al Castello Sforzesco ed annessa al Museo Archeologico; fa voti: « Che anche gli altri oggetti appartenenti alla collezione paleoet- nografica rimasti nel Museo di Storia Naturale, vengano uniti al Fe Fe n R Pai bai resto della raccolta. « E che la Collezione Etnografica, pure costituita da pregevolis- simi doni, che al pari dell’altra rivela l'industria di popoli meno progrediti, non vada disgiunta dalla paleoetnografia, ma entrambe abbiano ad essere ordinate ed esposte in un’ unica sede, pel mag- giore vantaggio della pubblica coltura. » La Società con una piccola modificazione accetta questo ordine del giorno; dopo la discussione che, intorno a questo argomento, viene fatta da vari soci e principalmente dai signori Prof. P. Castelfranco, Prof. Ettore Artini, Prof. Tito Vignoli, direttore del Museo, Dott. Gri- stoforo Bellotti, fermo rimanendo sempre il concetto che la Società non tratta tale questione se non da un punto di vista interamente obbiet- tai CS R ta DS tivo e si limita ad esprimere un voto: quindi viene su ciò chiusa la discussione. Il socio Dott. Gius. Paravicini fa la sua comunicazione dal titolo: Contribuzioni alla conoscenza geologica dell’ Alta Brianza. Segue SEDUTA DEL 7 MAGGIO 1899. 349 la comunicazione del Prof. P. Castelfranco, il quale presenta due azze di pietra raccolte, Puna nella torbiera Cologna sopra Belgirate, dona- tagli dal signor Gius. Mazzola, l’altra proveniente da Fontaneto di Asogna. Questa seconda, determinata dall’egregio Prof. Artini come eclogite si rinvenne in un vigneto nel voncarlo per piantarvi la vigna. Venne consegnato dal signor Rag. Primatesta di Borgomanero al Pro- fessor Castelfranco perchè lo depositi al Museo di Scienze naturali di Milano, nella sezione paletnografica. Sono due nuove località i cui nomi dovranno aggiungersi nelle carte paletnografiche future a quelle indi— cate dal Prof. Gastaldi pel Novarese. Dopo una breve. comunicazione del socio Dott. C. Airaghi intorno agli Echinidi di Carcare, Dego, Cassinelle e dintorni viene levata la seduta. Letto ed approvato. II V. Presidente GIOVANNI CELORIA. Il Segretario GIACINTO MARTORELLI. ° di 5 soi al ti) tiranno ne i gato! hy corsa di mon fe dl $i è impasta eat NY aye By’ Loe: og ive is #1 ti e. he % {g tk MISH TOR 2 ity aging CRA 1h 0a AGGIUNTA ALL’ ELENCO DEI SOCI EFFETTIVI per l’anno 1899 Conte Aldo Annoni (Socio perpetuo), Milano. Signor Franco Borpini (Socio perpetuo), Milano. Conte Gian Carlo Borromeo, Milano. Conte Gabrio Casati, Milano. March. Emanuele D’Appa, Senatore del Regno (Socio perpetuo), Milano. Prof. Adriano GARBINI, Verona. March. Luigi IsimarpI, Milano. Duchessa Joséphine MeLzi D’ErIL nata BARBÒ (Socio perpetuo), Milano. Conte Comm. Ferdinando RestA-PaLLAviIcIiNo, Milano. ; eri ea EC MS i: sino 0 DeL NUOVO STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1895) DATA DI FONDAZIONE, 15 GENNAIO 1856. | "Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi i ‘relativi alle scienze naturali. 2 I Socj sono in numero illimitato Giimlinni e- stranieri), effettivi, corri- V spondenti, perpetui e benemeriti. qc I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, in una sola volta, nel primo | trimestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno . quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e . Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Versando . Lire 200 una volta tanto vengono dichiarati Soci effettivi perpetui. A Sogj corrispondenti possono eleggersi eminenti scienziati che pos- sano contribuire al lustro della Società. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue ‘elargi- zioni avranno contribuito alla costituzione del capitale sociale. La proposta perl ammissione dun nuovo socio, di qualsiasi catego- ria, deve essere fatta e firmata da due socj effettivi mediante lettera di- ‘retta al Consiglio Direttivo (secondo l’Art. 20 del nuovo Statuto). «Le rinuncie dei Soci debbono essere notificate per iscritto al Con- -siglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3.° anno di obbligo “o di altri successivi. ~ La cura delle pubblicazioni spetta alla Direzione. ‘Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti e delle Memorie stesse. i Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale pur- chè li domandino a qualcuno dei membri della Direzione, rilasciandone - regolare ricevuta e colle cautele d’uso volute dal regolamento. A Y VISO Per la tiratura degli Estratti (oltre le 25 copie che sono date gratis dalla Società) gli Autori dovranno, da'qui innanzi, rivolgersi direttamente alla Tipografia sia per l'ordinazione che per il pagamento, che non potrà ‘ essere superiore a L. 2.75 per ogni 25 copie di un foglio di stampa in-8° e.a L. 2 quando la memoria non oltrepassi le 8 pagine di stampa. ‘Pomero CasteLeRAN0O, Archeologia e Paletnologia 3 A Errore ARTINI, In memoria Lo socio es — | Mele: ERE I Cani PES a rai AE Di GiuLio De ALESSANDRI, Osservazioni geologiche - Creta e sull’ Hocene della i Rio wee È Reggio Calabria 0 ooo he o SU Seduta ‘del-S.- marzo 1890). Pere o Seduta :«del:9 “aprile: 1899" eee ona Seduta del 7 maggio 1899... . FEO ‘DISOT 01109 04V¥} UBIA TOYUOING 1d10H 9 100g Te I[ODIOSE] T[OSuIs lop. OTAUI "] "PIZAUG A 0540) ‘OfRANFLKY PIIOJG Ip COTATI OOSN]L OAONY JP OzzB[eq “HOMOS Top BIUD}IDOG FIR 15209]OA1 FIMONGN PIPPO ILLY sap vaodmoo vy 0g N = «A +. e 3 È — ° NI Si = E sosta O |, Zi 3 — =< È se g Zi CSC i. 2a Sola < È | ze 1 quali vennero trovati anche nell’ Italia settentrio- nale, come al M. Argentera (Portis) e nel Friuli. ° 1 Barpacci L. e Canavart M., Za regione centrale del Gran Sasso d’Italia. Osservazioni geologiche. (Boll. del R. Comit. Geol. d’Italia, Serie II, Vol. V, 1884, Roma.) 2 Canavart M. e Cortese E., Rilevamento geologico del Gargano. (Atti Soc. Tosc. di Sc. Nat. — Proc. Verb., Vol. IV, Nov., 1883, Pisa.) 3 Sremann G., Ueber das Alter des Apenninkalkes von Capri. (Berichte der Naterforsch. Gesellsch. zu Freiburg i. B., IV Bd., 3 Heft, Freiburg, 1888.) Traduz. ital. di detto lavoro dello Steinmann, con note del prof. M. Canavari. (Boll. R. Comit. Geol. d’Italia, Serie II, Vol. X, 1889, Roma.) 4 Canavart M., Jdrozoi fossili di Monte Tiriolo in Calabria, ece. (Atti Soc. Tosc. di Sc. Nat. — Proc. Verb., Vol. VI, 1889, Pisa.) 5 Canavart M., Jdrozoi titoniani della regione mediterranea appartenenti alla famiglia delle Ellipsactinidi. (Memoria per servire alla descrizione della carta geologica d’Italia; R. Comit. Geolog., Vol. IV, Parte II, 1893, Firenze.) 6 TeLLini A., Descrizione geologica della tavoletta « Majano » nel Friuli. (Cronaca Soc. Alp. Friulana « In Alto», Anno MI, N. 2, 3, 4, 1892, Udine.) FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 379 E qui ricorderò come anche nel Friuli occidentale, già da tempo si rinvennero calcari coralligeni e a gasteropodi del giura superiore, le cui faune vennero studiate dal Pirona, e dal D’Achiardi. ! In questi ultimi anni infine, in parecchi luoghi delle Alpi marittime (Briga Marittima: Colle di Tenda, ecc.) si rinvennero calcari coralii- gini e a nerduee del titonico (Franchi), 1 quali, per mezzo degli af- fioramenti della valle di Stura (Portis), vengono a collegarsi coi cal- cari a facîes coralligena con Nerinee e Diceratidi di Barcellonette (Kilian). Le località lombarde che finora hanno presentato dei fossili giuresi, già in gran parte ricordati specialmente dallo Stoppani, dal Curioni, * dal Taramelli, 3 dal Meneghini, 4 dal Corti, > dal Bonarelli,® dal Coz- zaglio, sono, procedendo da occidente a oriente, le seguenti: Bian- dronno, Frascarolo e Fontana degli Ammalati (sbocco della Valganna), Campora, Erba, Val Cavallina, Valle Adrara, sponda occidentale del lago d’Iseo, Colle d’Adro, Colle Beato, ed altre località ove si raccolsero solamento apticz sì nella majolica titonica, che nel rosso ad aptici. 1 Pirona G. A., Sulla fauna fossile del Mf. Cavallo nel Friuli. (Mem. R. Istituto Veneto, ecc., Vol. XX, 1878, Venezia.) D’Acutarpi A., Coralli giurassici dell’Italia Settentrionale. (Atti Soc. Tose. di Sc. Nat., Vol. IV, 1880, Pisa.) 2 Curioni G., Geologia applicata delle provincie lombarde. Vol. I, 1877, Milano. 3 TARAMELLI T., /l Canton Ticino meridionale ed 1 paesi finitimi. Spiega- zione del Foglio XXIV Dufour colorito geologicamente da Spreafico, Negri e Stoppani. (Materiali per la carta geologica della Svizzera, Vol. XVII, 1880, Berna.) 4 MeneGHINI G., Monographie des fossiles du calcaire rouge ammonitique (lias supérieur) de Lombardie et de l'’Apennin central. (Paléontologie lombarde, IV Série, 1867-81, Milan.) 5 Corti B., Sui fossili della majolica di Campora presso Como. (Rend. R. Istit. Lomb. di Sc. e Lett., Serie II, Vol. XXV, fase. 6, 1892, Milano.) Sulla fauna giurese cretacea di Campora presso Como. (Rend. R. Istituto Lomb. di Sc. e Lett, Serie II, Vol. XXVII, tase. 8, 1894, Milano.) 6 BonarELLI G., Contribuzione alla conoscenza del Giura-Lias lombardo. (Atti R. Acc. delle Scienze di Torino, Vol. XXX, 1894, Torino.) 374 E. MARIANI. Alle dette località, come sopra già accennai, si può aggiungere quella di Morbio, al piede meridionale del M. Generoso. Gia il prof. C. F. Parona! in base ad alcune determinazioni di fos- sili giuresi lombardi fatte. dal prof. Meneghini, 2 e allo studio della fauna di Campora (B. Corti), aveva mostrato come nel giura lombardo vi fossero tracce dell’ox/ordiano superiore e del kimmeridgiano, es- sendo ben rappresentato il ¢déonico. La presenza fra i fossili giuresi di Frascarolo di un Phylloceras, il quale con tutta probabilità va ri- ferito al Phyl. Kunthi Neumayr, fossile della zona a Macrocephalites macrocephalus Schleth. sp., prova como nella fauna del giura a lom- bardo si abbia un indizio della presenza del ca/loviano; si avrebbero quindi nella Lombardia le principali zone paleontologiche del malm, 0 serie sopragiurese del Lapparent. * Le ammoniti degli stati giuresi lombardi, compresi fra il calloviano e il titonico, e che passerò brevemente a descrivere, sono le seguenti: Phylloceras Manfredi, Oppel sp. ” esotypum, Benecke sp. Neumayria trachynota, Oppel sp. Sowerbyceras silenum, Fontannes sp. Aspidoceras contemporaneum, E. Favre Simoceras randenense, Moesch sp. Perisphinetes Lucingensis, Favre sp. ) Atroldit, Gemmellaro 9 chloroolithicus (Gimbel) v. Ammon ? 1 Parona C. F., Considerazioni sulla serie del giura superiore e dell’in- fracretaceo in Lombardia a proposito del rinvenimento di fossili del piano Barremiano. (Rend. R. Istit. Lomb. di Sc. e Lett, Serie If, Vol. XXIX, 1896, Milano.) 2 Menecuini G., /ossili titoniani di Lombardia. (Atti della Soc. Toscana di Se. Nat., Proc. Verb., adunanza 11 maggio, 1879, Pisa.) 3 De LAPPARENT A., Zraité de Géologie, 4.° édition, fasc. 2, 1900, Paris. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 375 Perisphinetes cir. balnearius, de Loriol ” Taramellit, n. Î. Il Phylloceras Manfredi è una specie caratteristica dell’ oxfordiano : il Phyl. isotypum invece del Kimmeridgiano. La Newmayria trachy- nota, comparsa nel rauraciano (zona a Pelt. bimamnatum), si racco- glie anche nel sequaniano, nel kimmeridgiano, e raramente nel titonico inferiore. Il Sowerbyceras silenum si trova nelle zone ad Opp. fenuilobata e al Aspid. acanthicum. Alla zona ad Opp. tenuilobata appartengono l’ Aspidoceras contemporaneum, il Simoceras randenense, il Peri- sphinctes balnearius. Il Perisphinetes chloroolithicus, il Perisph. Aîroldii, il Perisph. Lucingensts, sono specie caratteristiche della zona più antica a Pelt. transversarium ; alla quale andrà forse riferita anche la nuova forma di Perisphinetes (Perisph. Taramellii), appartenendo essa, come ve- dremo in seguito, al gruppo del Perisph. agrigentinum Gemm. sp. è Perisph. peltoideum Gemm. sp. A queste ammoniti del giura infratitonico della Lombardia, si deve aggiungere un esemplare di Rhynchoteuthis Fischeri Ooster, raccolto a Campora, specie nota nell’oxfordiano. E qui ricordo come il Meneghini nella sua splendida monografia pa- leontologica sul rosso ammonitico, accenna a due forme di Aspidoceras ; Puna delle quali, trovata a Camnago negli scisti ad aptici, richiama l’Aspid. liparus Oppel, specie comune nel Kimmeridgiano; l’altra, tro- vata nel calcare rosso di San Fermo, è specificamente indeterminabile (Meneghini, op. cit., pag. 126). Il Meneghini descrive inoltre un mo- dello interno di ammonite raccolto a CGamnago insieme agli aptici e alle belemmiti giuresi, da riferirsi forse al gen. Cosmoceras (op. cit, pa- gina 207, tav. XXXI, fig. 3). Insieme alle ammoniti suddette si hanno degli aptzcz, che descriverò insieme ai fossili infratitonici. Ricordando ora solo quegli aptzec che 376 E. MARIANI. sono gia noti in altre localita giuresi, tralasciando quindi quelli di de- terminazione dubbia, e le forme nuove descritte dallo Stoppani e- dal Meneghini, gli aptzec più frequenti nella Lombardia sarebbero : Aptychus latus Park.: noto nelle zone a Pelt. bimannatum, Aspid. acanthicum, come pure nel titonico inferiore. Aptychus obliquus Quenst.; della zona ad Aspid. acanthicum e del titonico inferiore. Aptychus sparsilamellosus Gimb.; noto nelle zone a Pelt. bi- mannatum, Opp. tenuilobata, e in quella ad Aspid. acanthicum, ove è abbondantissimo. Il Favre però raccolse un esemplare di questa spe- cle in una zona più antica, e cioè, associato al Phyl. Manfredi, in quella a Pelt. transversarium. Aptychus Beyricht Opp.; noto nella zona ad Asped. acanthi- cum, ma più comunemente nel titonico. Aptychus punctatus Opp.; diffuso dal rauraciano (zona a Ped. bimannatum), al titonico superiore. Come si vede, basandosi solamente su questi apézez, non si potrebbero nettamente distinguere le varie zone paleontologiche del 724/72, essendo essi comuni a parecchie di queste. Tuttavia io credo che l’Apt. Bey- richi e V Apt. punctatus, così abbondanti nel titonico, e l Apt. spar- stlamellosus assai più comune nel Kimmeridgiano che nelle altre zone più antiche, possono caratterizzare tali piani giuresi. Non mancano le delemnztz, le quali pure dallo Stoppani e dal Mene. ghini vennero in parte riferite, ma però con dubbio, ad alcune note specie dell’oxfordiano (Lelemnites Argovianus Mayer: Belem. Sau- vanausus VOrb.: Belem. Neyrivensis Favre : Belem. Dionysti Favre). Si hanno anche due diva/vi; luna descritta dallo Stoppani e Mene- ghini come una specie nuova (lnoceramus isocardiopsis Stopp. sp.), l’altra che io ritengo affine alla Pholadomya lineata Goldfuss, dell ox- fordiano. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 377 Aggiungo infine che insieme ai cefalopodi nel calcare marnoso pud- dingoide pseudo-giurese di Biandronno, si raccolse un esemplare di Rhyn- chonella capillata Tittel, specie propria degli strati ad Asped. acanthi- cum, benchè non manchi nel titonico inferiore, essendo inoltre stata tro- vata dal prof. Parona nel giura superiore del Veronese, insieme al Pet. transversarium. Ricordo da ultimo il Phyllorierinus fenestratus Dum. delle marne rosse ad aptici di Campora, specie dal Dumortier descritta come appartenente alla fauna dell’ oxfordiano inferiore dell’Ardèche. Titonico. — La fauna del titonico è assai più ricca di quella de- oli strati infratitonici. Fossili titonici si sono raccolti in molti punti della Lombardia, alcuni dei quali non vennero trovati a Campora, la hen nota località titonica lombarda illustrata dal Dott. Corti. Le specie titoniche della Lombardia, oltre che alcune delle su citate forme di aptici, sono le seguenti: ! * Metaporhinus convexus, Catullo sp. * Collyrites Friburgensis, Ooster Pygope diphya, Fab. Col. sp. ” triangulus, Lmk. sp. euganensis, Pictet sp. ” nucleata, Schl. sp. rectangularis, Pictet Rhynchoteuthis titonica, Mgh. x ” Sp. * Phylloceras silestacum, Opp. sp. n piychoicum, Quenst. sp. È ” piychostoma, Benecke sp. » Kochi, Opp. sp. ” serum, Opp. sp. Lytoceras quadrisulcatum, V Orb. sp. 1 Le specie precedute da un asterisco, sono quelle che finora si trovarono so- lamente a Campora. 378 E. MARIANI. Oppelia zonaria, Opp. sp. ? Holcostephanus Groteanus, Opp. sp. Perisphinetes Zitteli, Siem. » colubrinus, Rein. sp. ? > geron, Zittel » contiquus, Cat. sp. * Simoceras biruncinatum, Quenst. sp. Volanense, Opp. Sp. ” Kéllikert, Opp. sp. ? Aspidoceras Rogoznicense, Zeuschn. ” longispinum, Sow. sp. haan? sp. (Aspid. clr. avellanum, Zittel) * Belemnites ensifer, Opp. i ” conophorus, Opp. ? i ” tithonius, Opp. ? Orthacodus impressus, Zittel sp. Come si vede da questo elenco, i brachiopodi ed i cefalopodi sono i fossili che predominano; i primi rappresentati solamente dal genere Pygope, i secondi invece da parecchi generi, fra i quali hanno un no- tevole predominio il gen. Phylloceras, e il gen. Perisphinctes, come si osserva anche nel titonico del Veneto. Nella nostra fauna titonica si hanno delle specie esclusive al titonico inferiore, o che più comunemente, nelle ricche faune titoniche, sono in esso confinate: esse sarebbero le seguenti: Collyretes Lriburgensis, Pyq. triangulus, Phylloceras ptychostoma, Phyl. Kochi, Perisphin- eles Zitteli, Pertsph. geron, Perisph. contiquus, Stimoceras birun- cinatum, Sim. Volanense, Aspidoceras longispinum. Altre specie sono proprie del titonico superiore, e cioè: Metapore- nus converus, Pygope euganensis, Pyg. rectangularis, Holcostepha- nus Groteanus, Simoceras Kéllikert, Belemnites tithonius, Ortha- codus impressus. Altre infine sono comuni al titonico inferiore e su FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 379 periore, come le seguenti: Pygope diphya, Phylloceras silesiacum, Phyll. ptychoicum, Phyll. serum, Lytoceras quadrisulcatum, Aspi- doceras Rogoznicense. Aggiungo inoltre che insieme alle dette specie di Pygope si raccolse anche la Pyg. Bovet, la quale per lo più è propria del titonico inferiore; però nella Lombardia, come vedremo in seguito, detta specie spetta propriamente al neocomiano inferiore. Il legame della fauna titonica con quella degli strati più antichi, è dato da alcune delle specie su ricordate: la Pygope nucleata è una specie che comparve nell’oxfordiano (zona a Pelt. transversarium) e che sì raccoglie anche negli strati del sequaniano (zona ad Opp. te- nuilobata); il Phylloceras silesiacum e il Phyl. ptychoiewm sono noti anche nella zona ad Aspid. acanthicum; V Aspidoceras longispinum compare nel sequaniano; il Co/lyretes Lriburgensis compare nella zona a Peltoc. transversarium. Tutte le specie trovate nel titonico lombardo erano già note in quello del Veneto, dell’ Appennino, della Sicilia, ecc.; eccezion fatta di una Oppelia la quale potrebbe essere, come vedremo in seguito, I’ Opp. zonaria Opp. sp., nota nelle faune del titonico superiore di Stramberg, dell’Ardèche e di Theodosia in Crimea. Infracretaceo. — Già dissi della impossibilità di segnare netta- mente, in base a caratteri litologici, il limite inferiore del neocomiano nella Lombardia, formato come si sa da: gran parte del calcare-majo- lica, il quale superiormente perde talvolta la sua tinta biancastra, si fa brunastro diventando anche scistoso, come si può osservare in vari punti del gruppo dell’Albenza (vers. occid.), al costone di Gavarno in Val Seriana, allo sbocco della Vaile Trompia, ecc. Però strati scistosi si osservano abbastanza di frequente nella massa compatta e ben stra- tificata della majolica. Così ad esempio in quella di Suello (Brianza) si hanno qua e la, alternanti cogli strati calcari, straterelli marnosi, tal- volta sottilissimi, e per lo più verdastri: oppure la stratificazione della majolica è più minuta, sì che diventa alquanto scistosa. Nella valletta 380 E. MARIANI. di San Gerolamo sopra Somasca, nella parte alta della majolica, alter- nanti con questa si hanno degli scisti neri ricchissimi di piccole forme di aptici (Aptychus Seranonis Coquand); così pure straterelli scistosi, ricchi essi pure di a@péticz, si osservano nella majolica superiore di S. Onofrio fra Capriolo e Adro, come si osservano in quella di val S. Leone, là ove essa confluisce colla valle di Lesse, ecc. Netto è invece il limite superiore dell’infracretaceo, poichè alla ma- jolica, o agli scisti che talvolta la ricoprono, segue una pila di rocce clastiche, e cioè arenarie, calcari marnosi puddingoidi, alternanti spesso con marne variegate, che da tutti i geologi che si occuparono della creta lombarda, vennero per l’appunto riferite al piano inferiore della creta propriamente detta, 1 benchè manchi la prova paleontologica. Ricorderò come fra le rocce extralpine, quelle che petrograficamente richiamano la majolica infracretacea, sono i calcari compatti del giura superiore (d e £), 1 quali nella Svevia sono comunemente indicati col nome di « Marmor ». L'infracretaceo nella Lombardia è meno fossilifero del 9774 non solo, ma finora ha dato solamente fossili spettanti al reocomzano e al bar- remiano. E poichè i fossili del darremiano si sono raccolti nella parte alta della formazione infracretacea, è probabile che esista una lacuna corrispondente ai piani più recenti dell’ infracretaceo, lacuna la quale in questi ultimi anni venne constatata anche in alcuni punti delle Alpi marittime italiane. Ove si desse molto peso da un lato a tale lacuna nella detta serie stratigrafica, e dall’altro al legame litologico fra il giura superiore e |’ infracretaceo e alla loro generale concordanza, sem- brerebbe naturale che si dovesse spostare il limite fra il giura e la creta, per portarlo più in alto. A cid però si opporrebbero i principali caratteri delle rispettive faune, essendo che la fauna del titonico è ovun- 1 De AtessanprI G., Osservazioni geologiche sulla creta e sull’eocene della Lombardia. (Atti della Soc. Ital. di Sc. Nat. e del Museo Civico di Storia Natu- rale di Milano, Vol. XXXVIII, 1899, Milano.) FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 381 que assai pil strettamente collegata con quella degli strati ad esso in- feriori, che non colla fauna del neocomiano. Né d’altronde si deve dare gran valore nella suddivisione cronologica dei terreni alle lacune stra- tigrafiche, allorquando esse sono limitate a non vaste regioni, conside- rando inoltre che nella regione alpina le trasgressioni nella serie cre- tacea si osservano a vari livelli. La fauna del neocomiano lombardo è fatta quasi totalmente da bra- chiopodi e cefalopodi: mancano affatto i gasteropodi, i quali altrove forma- no gran parte del neocomiano, come i calcari a grandi nerdnee del Giura. I pochi fossili del barremiano sono delle ammoniti; di esse una (Phyl- loceras semistriatum, VOrb. sp.) venne raccolta nella parte alta della majolica di Morbio, là ove essa viene a contatto cogli strati della creta inferiore; le altre invece, insieme ad alcune piccole squamme di pesce, si raccolsero negli strati scistosi grigiastri, sovrastanti la majolica e ricoperti dalle marne variegate della creta, sul versante occidentale del M. Albenza. Credo quindi che si possa ritenere come la majolica in- fracretacea rappresenti il neocomiano e il barremiano, e considerare i detti scisti, che, come già dissi, talvolta la ricoprono, una speciale faczes litologica di essa. Abbondantissimi sono gli apézez nella majolica, talvolta riuniti a for- mare straterelli qua e là intercalati nel calcare-majolica : si può dire che in tutti i luoghi dove affiora tale roccia, si possono raccogliere degli aptici, di cui le forme più comuni sono l’Aptychus Seranonis, Coquand, e l’Apt. angulicostatus P. e L. I fossili finora raccolti nell’ infracretaceo lombardo, oltre che alcuni frammenti indeterminabili di bivalvi, sono i seguenti: ! Pygope euganensis, Pictet sp. ” triangulus, Lmk. sp. ” Bouei, Zeuscher sp. 1 Le specie precedute da un asterisco, sono quelle che finora si raccolsero so- lamente nella majolica di Campora. 382 E. MARIANI. * Gervillia aliformis (Sow.), @Orb. sp. Riynchoteuthis cir. Quenstedti, Pictet e de Loriol ” sabaudianus, Pictet e de Loriol Aptychus Seranonis, Coquand > Didayi, Coquand ” angulicostatus, Pictet e de Loriol ” Mortilleti, Pictet e de Loriol Phylloceras semistriatum, VOrb. sp. Lytoceras subfimbriatum, VOrb. sp. ” cfr. Phestus, Math. sp. Costidiscus recticostatus, d'Orb. sp. * Holcostephanus astierianus, VOrb. sp. 0 bidichotomus, Leym. sp. Stlesites Seranonis, VOrb. sp. * Hoplites neocomiensis, d’Orh. sp. ” Sp. Crioceras sp. (del gr. del Cr. Matheroni d’Orb. sp.) Crioceras sp. Belemnites latus, Blainv. ” bipartitus, Blainv. sp. » comensis, Stoppani. Considerando la distribuzione verticale nella serie stratigrafica di que- sti fossili, si vede chiaramente come si hanno, oltre che alcune specie barremiane, parecchie forme caratteristiche dei due piani in cui viene diviso il neocomiano. In primo luogo la Pygope euganensis, la Pyg. triangulus, la Pyg. Bouei, è la Belemnites latus, delle quali le prime due specie vennero raccolte, come sopra abbiamo visto, anche negli strati titonici, accennano evidentemente a una zona di passaggio del titonico al neocomiano; e quindi graduale transizione di fauna, come si ha graduale passaggio litologico. Ciò venne constatato anche FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 383 nel diancone veneto, como già da tempo si era verificato in molte al- tre località neocomiane, come, per ricordarne una classica, nota per la ricchezza della sua fauna, a Berrias nell’Ardèche. Aggiungo che rap- presentanti sicuri del neocomiano inferiore possono considerarsi la Ger- villia aliformis (Sow.) d’Orb., da non confondersi con quella dell’ap- tano, come dirò in seguito; la Belemnites bipartitus, a cui credo poter aggiungere |’ Hoplites neocomiensis, specie la quale, benchè si trovi an- che nel neocomiano superiore, è assai più comune nel valenginiano. L’ hauteriviano, 0 neocomiano superiore, è sicuramente rappresen- tato dal Lytoceras subfimbriatum, dall Holcostephanus Astierianus, dall’Zole. bidichotomus, dall’ Aptychus angulicostatus, e dall Apt. se- ranonis. . Del barremiano si hanno poche specie: Phylloceras semistriatum, Lytoceras cir. Phestus, Costidiscus recticostatus, Silesites Seranonis. Il Phylloceras semistriatum, come vedremo in seguito, è noto an- che nel neocomiano superiore, ma è assai più diffuso nel barremiano : il Costidiscus recticostatus caratterizza per lo più il barremiano su- periore, nel quale predominano i Costidiscus insieme ai Macroscaphi- tes e agli Heteroceras. Il Silesites Seranonis si trova invece più co- munemente nel barremiano inferiore, caratterizzato da molte specie di Holcodiscus e Pulchellia. Anche nel darzemiano lombardo, come pel Veneto occidentale, man- cano calcari coralligeni e a /owcasia: manca quindi la facies urgo- niana del barremiano, così bene sviluppata in molti punti della Pro- venza, del Delfinato e delle regioni pirenaiche. Nella Lombardia durante l’infracretaceo continuarono quelle condi- zioni del mezzo dei precedenti periodi, per le quali si erano venuti formando sedimenti a faczes pelagica. In molti luoghi dell’ Italia me- ridionale invece il barremiano non è rappresentato da questa facies. ! 1 Di Srerano G., Sulla presenza dell’urgoniano in Puglia. (Boll. Soc. Geol. Ital., Vol. XI, 1892, Roma.) Vol. XXXVIII, po I 384 E. MARIANI. Vediamo infatti come nelle Puglie, nel Beneventano, nell’ Appennino calabrese tale piano infracretaceo, che spesso è strettamente collegato coll’aptiano, si presenta colla faczes coralligena, la quale si continuò in altri successivi periodi, dando così origine a masse calcari di no- tevole potenza, se si confrontano con quelle rocce della stessa età geo- logica, la cui fauna e la cui struttura petrografica attestano essersi for- mate lontano dalle coste, e a non piccole profondità. Parte Seconda. INDICE BIBLIOGRAFICO. 1865. Benecke E. W., Ueber Trias und Jura in den Sidtirol. (Geognostich-Pa- laeontologische Mittheil., I Bd., Miinchen.) 1896-97-98. Canavart M., La fauna degli strati con Aspid. acanthicum di Jf Serra presso Camerino. (Palaeontographia italica, Vol. II, III, IV, Pisa.) 1899. CanavarI M., Hoplite titoniani dell’Apennino centrale (con una tavola). (Atti della Soc. Toscana di Sc. Nat., Memorie, Vol. XVII, Pisa.) 1875. Cuorrar P., Sur les couches à Aspid. acanthicum dans le Jura occiden- tal. (Bulletin de la Soc. Géolog. de France, 3.° Série, Tome III, Paris.) 1893. CHorrat P., Description de la faune jurassique du Portugal. Classe des Céphalopodes. Série I. Ammonites du Lusitanien de la Contrée de Torres-Vedras (avec 20 pl.). (Direction des Travaux géologiques du Por- tugal, Lisbonne.) 1840-41. Coquanp H., Mémoire sur les Aptychus (avec 1 pl.). (Bulletin de la Soc. Géol. de France, Tome XII, Paris.) 1894. Corti B., Sulla fauna giurese cretacea di Campora presso Como. (Rend. R. Istit. Lomb., Serie II, Vol. XXVII, fasc. 8, Milano.) 1898. De Riaz, Description des ammonites des couches à Pelt. transversarium de Trépt (Isère), Lyon-Paris. 1886. Di STEFANO G., Sugli schisti con aptychus di capo S. Andrea presso Taormina. (Naturalista italiano, Anno V, N. 12, Palermo.) 1891. Di Srerano G., Nota preliminare sui fossili titonici dei dintorni di Triora nelle Alpi marittime. (Bollettino del R. Comit. Geol. d’Italia, Vol. XXII, Roma.) FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 385 1889. DouvirLé H., Fossiles du Jurassique supérieur de Tunisie. (Bull. de la Soc. Géol. de France, 3.¢ Série, Tom. XVII, N. 8, Paris.) 1875. Favre E., Description des fossiles du terrain jurassique de la montagne des Voirons (Savoie). (Mém. de la Soc. Paléont. Suisse, Vol. II, Genève.) 1876. Favre E., Description des fossiles du terrain oxfordien des Alpes Fri- burgeoises. (1bid., Vol. III) 1877. Favre E., Za zone a A. acanthicus dans les Alpes de la Suisse et de la Savoie. (Ibid., Vol. IV.) 1879. Favre E., Fossiles des couches tithoniques des Alpes Fribourgeoises. (Ibid., Vol. VI.) 1876. Fontannes F., Sur les ammonites de la zone à A. tenuilobatus de Crus- sol (Ardéche). (Bull. de la Soc. Géol. de France, 3. Série, Tom. V, Paris.) 1879. Fonrannes F., Description des Ammonites des calcaires du chiteau de Crussol (Ardèche): zones à Oppelia tenuilobata et Waagenia Beckeri. Lyon-Paris. 1870-71. GewweLLaro G. G., Studi paleontologici sulla fauna del calcare a Terebratula janitor del nord di Sicilia. (Giorn. di Sc. Nat. ed Ec., ecc., Parte I, Sc. Nat., Vol. VI, VII, Palermo.) 1872. GewmeLLaro G. G., Sopra alcune faune giuresi e liasiche della Sicilia, N. 2. — Sopra 1 cefalopodi della zona con Aspid. acanthicum Opp. sp. di Burgilamuni presso Favara (prov. di Girgenti). (Ibid., Voi. VIII.) 1877-78. GemmeLLaro G. G., Sopra alcune faune giuresi e hasiche della Si- cilia, N. 7. — Sopra i cefalopodi della zona inferiore degli strati con Aspid. acanthicum di Sicilia. (Atti dell’Acc. Gioenia di Se. Nat. in Catania, Serie III, Vol. XII, Catania.) 1834-40. GoLpruss A., Petrefacta Germaniae, II Theil, Bivalvia. Diisseldorf. 1887. Haas Hyp., Brachiopodes rhétins et jurassiques des Alpes Vaudoises, II partie. (Mém. de la Soc. Paléont. Suisse, Vol. XI, XIV, XVIII, Genève.) 1890. Haas Hyp., Beitrage zur Kenntniss der jurassichen Brachiopodenfauna, II Theil. (Ibid., Vol. XVII.) 1887. Hauc E., Die geologischen Verhiltnisse der Neocomablagerungen der Puezalpe bei Corvara in Sudtirol. (Jahrbuch d. k. k. geol. Reichs., Bd. XXXVII, Heft. 2, Wien.) 1870-71. Hesert, Le Néocomien inférieur dans le midi de la France (Dréme et Basses-Alpes). (Bull. de la Soc. Géolog. de France, II Série, Tome XXVIII, Paris.) 386 E. MARIANI. 1876. Hournes R., Petrefacte des obersten Jura (Tithon-und Acanthicus-Schich- ten) vom M. Lavarelle bei St. Cassin, etc. (Verhandlungen der K. k. geol. Reichsanstalt, N. 6, Wien.) Neocomfundorte ia der Gegend von Ampezzo und Enneberg in Stid- Tirol. (Ibid., N. 7.) 1888. Kiian W., Sur quelques fossiles du crétacé inférieur de la Provence. (Bull. de la Soc. Géol. de France, III Série, Tom. XVI, N. 8, Paris.) Description géologique de la Montagne de Lure (Basses Alpes). (Ann. des Sc. Géol., Tom. XIX, XX, et Thése pour le doctorat, Paris.) 1889. Kian W., Mission d’Andalousie. Le gisement tithonique de Fuente de los Fruiles. Paris. 1876-77-78. Lorto. P. pe, Monographie paléont. de la zone à Am. tenuilobatus de Baden (Argovie). (Mém. de la Soc. Paléont. Suisse, Vol. III, IV, V, Genève.) 1880-81. LorioL P. pe, Monographie paléontologique de la zone à Am. tenui lobatus d’Oberbuchsitten et de Wangen (Soleure). (Ibid., Vol. VII, VIII.) 1894-95. Lorior P. pe, Ztude sur les mollusques du rauracian supérieur du Jura bernois. (1bid., Vol. XXI, XXII.) 1896-97. Lorton P. pe, Étude sur les mollusques de l’Oxfordien supérieur et moyen du Jura bernois. (Ibid., Vol. XXIII, XXIV.) 1873-74. LorioL P. pe e PeLrar E., Monographie paléontologique et géologique des étages supérieur de la formation jurassique des environs de Bou- logne-sur-mer. (Mém. de la Soc. de Physique et d’ Histoire Naturelle do Genève, Tome XXIII, II partie, Genève.) 1879. MenegHINI G., Fossili titoniani di Lombardia. (Atti Soc. Tose. di Se. Nat., Proc. Verb., maggio, Pisa.) 1879. Mengcumt G., Descrizione dei nuovi cefalopodi titonici di Monte Primo e di Sanvicino. (Atti della Società Toscana di Sc. Nat., Vol. IV, fase. 1, Pisa.) 1870-74. Neumayr M., Jurastudien. (Jabrb. der k. k. geolog. Reichs., Bd. XX, XXI, Wien.) i 1873. Neumayr M., Die Fauna der Schichten mit Aspidoceras acanthicum. (Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanstalt, Bd. V, Wien.) 1875. Neumayr M., Die Ammonitiden der Kreide und die Systematik der Am- monitiden. (Zeitschrift der deutsch. geol. Gesellschaft, Berlin.) 1881. Neumayr M., UntiG V., Ueber Ammonitiden aus dem Hils bildungen Norddeutschlands. (Palaeontographica, Bd. XXVII, Cassel.) FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 387 1892. Neumayr M., Usuie V., Ueber die von H. Abich im Kaukasus gesam- melten Jurafossilien (mit 6 Taf.). (Denk. der k. Akad. d. Wissen., Bd. LIX, Wien.) 1885. Nicoris E. e Parona C. F., Note stratigrafiche e paleontologiche sul giura superiore della provincia di Verona. (Boll. Soc. Geol. Italiana, Vol. IV, Roma.) 1863. OppeL A., Ueber jurassiche Cephalopoden. (Palaeontologische Mittheilun- gen aus dem Museum das Koenigl. Bayer. Staates, Stuttgart.) 1865. OppeL A., Die tithonische Etage. (Zeitschrift der deut. Geolog. Gesellschaft, Bd. XVII, Berlin.) 1840-47. D’Orpiany A., Paléontologie francaise. — Terrains crétacés. Paris. 1842. D’OrBiGny A., Paléontologie francaise. — Terrain oolitiques ou juras- siques. Paris. 1881. Parona C. F., Di alcuni fossili del giura superiore raccolti nelle Alpi venete occidentali. (Rend. del R. Istit. Lomb., Serie IL, Vol. XIV, fa- scicolo 18, 19, Milano.) 1890. Parona C. F., Sopra alcuni fossili del biancone veneto. (Atti del R. Istit. Veneto di Sc. Lett. e Arti, Serie VII, Tomo I, Venezia.) 1886. PavLow A., Les ammonites de la zone à Aspidoceras acanthicum de l'est de la Russie (avec 10 pl.). (Mém. du Comité Géologique, Vol. II, N. 3, St. Pétersbourg.) f889. Pavtow A., Etudes sur les couches jurassiques et crétacées de la Rus- sie. Jurassique supérieur et crétacé inférieur de la Russie et de V Angleterre. (Bull. de la Soc. Imp. des Naturalistes de Moscou, N. 1, Moscou ) 1854. Peters K., Aptychen im Neocomien und oberen Jura Oesterreichs. (Jahr- buch der k. k. geologischen Reichsanstalt, Bd. V, Wien.) 1867. Prcrer F. J., Ztude monographique des Térébratules du groupe de la T. diphya. (Mélanges Paléontologiques, Gendve.) 1858-71. Prcrer F. J. et Camprcue G., Description des fossiles du terrain cré- tacé des environs de S. Croix. (Matériaux pour la Palgontologie Suisse, Genève.) 1858. Picrer F. J. et pe Lorton P., Description des fossiles contenus dans le terrain néocomien des Voirons. (Matériaux pour la Paléontologie Suisse, II Série, Genève.) 1858. Quenstept A. F., Der Jura. Tibingen. 1886-88. Quenstept A. F., Die Ammonitiden des Schwibischen Jura. Stuttgart. 388 1899. 1893. 1889. 1890. 1892. 1894. E. MARIANI. Remés Mauric, Beztrage zur Kenntniss der Brachiopoden des Stram- berger Tithon (mit 2 Taf.). (Jahrbuch der k. k. geol. Reichsanstalt, , Bd. XXXXIX, Heft. 2, Wien.) Rerowskt 0., Die tithonischen Ablagerungen von Theodosia. Ein Bei- trag zur Palaeontologie der Krim. (Bulletin de la Soc. Imp. des Natur. de Moscou, N. 2, 3. Moscou.) Sayn G., Note sur quelques ammonites nouvelles ou peu connues du Néocomien inférieur (avec 1 pl.). (Bull. de Soc. Géol. de France, III Série, Tom. XVII, N. 8, Paris.) Observations sur quelques gisements néocomiens des Alpes Suisses et du Tirol. Sayn G., Description des ammonitides du Barremien du Djebel-Quach pres Constantine, Lyon. SIEMIRADZKI Jos. von, Die oberjurassiche Ammoniten-Fauna in Polen. (Zeitschrift der deutsche geologische Gesellschaft, Bd. XXXXIV, Heft 3, Berlin.) SieMIRADZKI Jos. von, Neue Beitrige sur Kenntniss der Ammomiten- Fauna der polnischen LHisenoolithe. (Zeits. der deut. geol. Gesell., Bd. XXXXVI, Heft 3, Berlin.) 1898-99. Stemmrapzxt Jos. von, Monographische Beschreibung der Ammoniten- 1893. 1881. 1890. 1883. 1887. gattung Perisphinctes. (Palaeontographica, Bd. XXXXV, Stuttgart.) Srcutrowsky W., Ueber Ammoniten der Genera Oxynoticeras und Hb- plites aus dem nordsimbirsk'schen Neocom (mit 2 Taf.). (Bulletin de la Société Imp. des Naturalistes de Moscou, N. 4, Moscou.) STENMANN G., Zur Kenntniss der Jura und Kreideformation von Ca- racoles (Bolivia) (mit 6 Taf.). (Neues Jahrbuch fiir Min. Geol. und Palaeont., I Beilage-Band, Stuttgart ) Toucas A., Hiude de la faune des couches tithoniques de l’ Ardèche (avec 2 pl.). (Bull. de ia Soc. Géol. de France, III Série, Tome XVIII, N. 7, 8, Paris.) . Untia V., Zur Kenntniss der Cephalopoden der Rossfeldschichten. (Jahrb. der Geol. Reichsanstalt, Bd. XXXII, Wien.) UntiG V., Die Cephalopodenfauna der Wernsdorfer Schichten (mit 32 Taf.). (Denkscriften der k. Akad. der Wissen., Bd. XLVI, Wien.) UnLIG V., Ueber neocome Fossilien um Gardenazza in Stidtirol, nebst einem Anhang tiber das Neocom. von Ischl. (Jahrbuch der k. E. geol. Reichs., Bd. XXXVII, Heft. 1, Wien.) FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 389 1873-75. WaaceNn, Jurassic Fauna of Kutch. Vol. I, The Cephalopoda. (Mem. of the Geol. Survey of India. Palaeontologia Indica, Calcutta.) 1868. ZirteL K., Die Cephalopoden der Stramberger Schichten. (Palaeont. Mit- theil. a. d. Mus. d. k. Bayr. Staates, Stuttgart.) 1870. ZirteL K., Die Fauna der aeltern Cephalopodenfuehrenden Tithonbil- dungen. (Palaeontographica. — Supplement. Cassel.) BREVI CENNI DESCRITTIVI DEI FOSSILI GIURESI E INFRAGRETACEI. ! I. FOSSILI INFRATITONICI. 2 Rhynchonella capillata, Zittel. 1870. Rhynch. capillata Zittel, Tithon., pag. 149, tav. XIV, fig. 40-41. 1879. ) » Favre, Descript. foss. couch. tithon., pag. 61, tav. V, EI 1885. ) ) Parona, Vote strat. e paleont. sul Giura, ecc., pag. 48, tav. III, fig. 15. 1887. ) ) Haas, Brachiop. rhétins et jurass., pag. 104, tav. IX, : fig. 17-19. Un sol esemplare, che nella sua parte posteriore è un po’ più largo delle forme illustrate dal Favre del titonico delle Alpi friburgesi. 1 Rimando ai citati lavori dei prof. C. F. Parona e B. Corti, e del Dott. Riist, per le radiolarie trovate in alcune rocce del giura superiore e dell’ infracretaceo nella Lombardia occidentale. Pressochò tutti i fossili giuresi e infracretacei che qui descriverò, appartengono alla collezione paleontologica lombarda del Museo Civico di Milano. Fanno ecce- zione alcuni pochi del giura superiore e del barremiano, del Museo Geologico della R. Università di Pavia, che ricorderò man mano li verrò descrivendo, che gentil- mente mi vennero, dal prof. T. Taramelli, favoriti in esame. 2 In questo capitolo di descrizione dei fossili del malm, appartenenti alle zone inferiori al titonico, descriverò brevemente, come già dissi, anche gli aptici del giura lombardo, già noti in altre località giuresi, i quali però sono in gran parte assai più frequenti nel titonico. 390 E. MARIANI. Lunghezza mm. 16,5. Larghezza mm. 18. Spessore mm. 10,5 (?) È una specie propria della zona ad acanthicwm (Neumayr); però non manca nel titonico, come ad esempio nel titonico inferiore di Isnello al nord della Sicilia, ove si presenta in forma alquanto asimmetrica (Gem- mellaro G., 1871, Fauna del calcare a 7. janztor, pag. 99, tav. IV, fig. 16). L’Uhlig riferisce con dubbio ad essa esemplari del neocomiano di Gardenazza (Uhlig V., Ueber neocome, ecc., pag. 101, 1887). L'individuo lombardo si trova conservato in un frammento di cal- care rosso, inglobato nella marna puddingoide di Biandronno. Pholadomya cfr. lineata Goldiuss. 1834-40. Pholad. lineata Goldfuss, Petrefacta, pag. 268, tav. CLVI, fig. 4. 1857. ) cancellata Stoppani, Studi, pag. 228. 1867-81.» cfr. inornata Meneghini, Monographie, pag. 160. 1896. » lineata De Loriol, Etude sur les moll. de l’Oxford., pag. 63, LAVAMRGNO 7: a ) Un nucleo di valva sinistra, che conserva porzioni di guscio. La forma generale, le dimensioni, l’ornamentazione di essa, mi inducono a riferirla, ma però con dubbio, alla specie del Goldfuss, in special modo per confronto colle forme descritte dal Loriol dell’oxfordiano del Giura Bernese. Lo Stoppani aveva riferita questa Pholadomya alla Ph. cancellata Agas, specie che dal Moesch (Monog. der Pholadomyen, pag. 60, 1874) venne messa in sinonimia con quella del Goldfuss, mentre che il de Loriol le ritiene distinte. Venne raccolto negli scisti ad aptici di val di Lesse, insieme al- l’Inoceramus isocardiopsis Stopp. sp. ( Pholadomya isocardiopsis Stoppani, Studi, ecc., pag. 228, 368: Znoc. isocardiopsis Meneghini, Monographie, ecc., pag. 162, tav. XXVII, fig. 11). FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 391 Rhynchoteuthis Fischeri Ooster. 1857. Rhynch. Fischeri Ooster, Céphal. des Alpes Suisse, pag. 3, tav. IV, fi- gura 2-5, 32. 1876. » ) Favre, oss. du terr. oxford., pag. 28, tav. II, fig. 4. 1894. » ) Corti, Campora, pag. 383. Due esemplari, di cui uno è completo e presenta le seguenti di- mensioni : lunghezza totale sulla linea mediana . . . mm. 15 ” del margine laterale del cappuccio. » 12 % del cappuccio sulla linea mediana STUQGTONG YG cal ale oh ok Sure ery ill larghezza della base del cappuccio. . . . » 7 n della base’ dell pimnacolo. =. 2 29> 3 Il Rhynehoteuthis Fischeri venne trovato dal Favre nel terreno oxfordiano (zona a Pelt. transversarium) delle Alpi friburgesi. Gli esemplari lombardi vennero raccolti nei calcari marnosi rossastri di Campora (Como). Aptychus latus Parkinson sp. 1875. Aptychus latus Favre, Montagne des Voirons, pag. 47, tav. VII, fig. 1-3. 1876. ) » Favre, Moss. du terr. oxford., pag. 62, tav. VI, fig. 9-10. 1877. ) » Favre, Zone à Amm. acanthicus, pag. 45, tav. III, fio. 1879. ) » Favre, Hoss. tith. d. Alp. Fribourg., pag. 45, tav. III, tica peo 1894, » » Corti, Fauna Campora, pag. 379. È questa una specie nota dall’oxfordiano al titonico; si trova infatti nelle zone a Pelt. transversarium, Pelt. bimannatum, Opp. tenui 392 E. MARIANI. lobata, Aspid. acanthicum ove è più abbondante e nel Déphyakath. Il de Loriol ha descritto alcune forme di aptychus che si possono rife- rire a questa specie del Parkinson trovati negli strati di Baden, i quali, secondo l’Haug, sono riuniti agli strati di Wettingen, coi quali il Moesch fece il piano pteroczano ; ja parte superiore degli strati di Baden rap- presenterebbe il Virguliano (Kimmeridgiano sup.). fl prof. Parona riferisce all’Apé. latus parecchi grandi esemplari del titonico inferiore del Veronese (1885): il signor Secco rinvenne questa specie nella zona ad Aspid. acanthicum in Collalto di Solagna (7 piano ad Aspidoceras acanthicum in Collalto di Solagna. Boll. Soc. Geol. Ital., Vol. VII, pag. 132, 1888). Il dott. Corti raccolse un esemplare nei calcari marnosi rossastri di Campora di questo apthycus, il quale però era già noto in Lombardia essendo stato trovato a Fra- scarolo (Meneghini, oss. wt. di Lombardia, 1879). Aptychus obliquus (Quenst. 1877. Aptychus obliquus Favre, Zone à Amm. acanthicus, pag. 71, tav. IX, fig. 3. 1879. ) ) Favre, Moss. tith. des Alp. Frib., pag. 45, tav. III, fig. 13. 1894. ) ) Corti, Fauna Campora, pag. 380. Questa specie ha una minore diffusione verticale della precedente, raccogliendosi solo nel kimmeridgiano e nel titonico. Di essa pure a Campora venne raccolto un esemplare. Aptychus sparsilamellosus Gimbel. 1875. Aptychus sparsilamellosus Favre, Mont. des Voirons, pag. 50, tav. VII, fig. 6-9. 1876. ) ) Favre, Foss. du terr. oxford., pag. 63, tav. VII, fig. 1. 1879. ) ) Meneghini, Moss. tit. di Lombardia, pag. VIII. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 393 Di questa specie conosco un sol frammento di grande individuo, proveniente dal calcare giallastro di Frascarolo (Induno). Essa più di frequente si raccoglie nella zona ad Aspid. acanthicum, essendo però nota anche nelle zone più antiche (sequaniano e rau- raciano). Aptychus Beyrichi Oppel. 1868. Aptychus Beyrichi Zittel, Stramberg, pag. 54, tav. I, fig. 16-19. 1870. ) ) Gemmellaro, Mauna calc. a T. janitor, pag. 25, tav. III, fot 7018: 1875. ) » Favre, Mont. des Voirons, pag. 52, tavola VII, fig. 10, 41. 1879. ) ) Favre, Moss. tith. Alp. Frib., pag. 42, tav. III, sie ALT AS) 1885. » ) Parona, oss. giura sup. Verona, pag. 82. 1886. ) ) Di Stefano, Schisti con aptychus, pag. 7 (estr.). 1890. ) » Parona, Fossili biancone, pag. 282. 1890. » ) Toucas, Ardéche, pag. 580 e 596. 1891. ) ) Di Stefano, oss. tit. Alpi maritt., pag. 241. 1894. » ) Corti, Sauna Campora, pag. 379. x Questa specie è assai più diffusa delle precedenti nel giura lom- bardo. Quasi ovunque essa si raccoglie in esemplari di piccole dimen- sioni, come in gran parte sono quelli di Stramberg e dell’Ardéche: però nel calcare giallastro delia Fontana degli Ammalati (Induno) essa è talvolta rappresentata da grandi individui. L’ Apt. Beyricht nella Lombardia si trova sì negli scisti ad aptici sottostanti immediatamente alla majolica, che (e ciò si verifica più co- munemente) nella majolica. Oltre la succitata località di Valganna, si raccoglie nella majolica di Comerio, di Suello; nei calcari marnosi ros- sastri di Campora; a Urago Mella, al Colle Beato. Il dott. Corti descrisse fra i fossili di Campora (Como) una piccola valva di Aptychus, sotto una nuova denominazione specifica (Apt. Ma- 394 E. MARIANI. riani Corti, loc. cit., pag. 380). Io credo però che questo Aptychus, sì per la direzione delle coste, che pel diritto margine suturale, e pel margine anteriore non de772%0 ma leggermente 22e4vato, si debba con- siderare una piccola forma dell’ Apt. Beyrichi: esemplari identici a questo di Campora si hanno ad esempio nel detto calcare vicino a In- duno (Meneghini, 1879). Noto inoltre che le dimensioni date dal dot- tore Corti di questa valva di Campora, hanno poco valore, essendo essa un po’ erosa lungo 1 margini. L’Apt. Beyrichi è noto nel Kimmeridgiano, ma è assai più comune nel titonico, spingendosi anche, ma però assai di rado, anche nel neo- comiano inferiore. Nel. titonico inferiore si conosce nella Sicilia, nel- l’Apennino centrale, nelle Alpi marittime, nel Tirolo meridionale, a Rogozmk ; nel titonico superiore nel Veronese, a Stramberg, alla mon- tagna della Lure, ecc.; raccogliendosi sì nel titonico inferiore che su- periore nell’Ardéche, a Cabra nell’Andalusia, ecc. Nel neocomiano inferiore venne ad esempio raccolta nel Vicentino. Aptychus punctatus Voltz. 1868. Aptychus punctatus Zittel, Stramberg, pag. 52, tav. I, fig. 15. 1870. ) ) Gemmellaro, Fauna del calc. a T. janitor, pag. 24, tav. III, fig. 15, 16. 1870. ) ) Zittel, Zithon, pag. 31. 1875. » ) Favre, Mont. des Voirons, pag. 49, tav. VII, fig. 4, 5. 1879. ) ) Meneghini, Moss. tit. Lombardia, pag. CVI. 1519 ) Favre, Moss. tith. Alp. Frib., pag. 42, tav. III, fig. 14, 15. 1885. ) ) Parona, Foss. giura sup. prov. Verona, pag. 81. 1886. » ) Di Stefano, Schisti con aptychus, pag. 7 (estr.). 1889. » ) Kilian, Andalousie, pag. 645. 1890. ) ) Toucas, Ardèche, pag. 579, e 595. 1893. » » Retowski, Die tithon. Ablag. von Theodosia, pag. 225. 1894. » ) Corti, Fauna Campora, pag. 379. Questa ben nota specie è la più diffusa nel giura lombardo. Essa si raccoglie per lo più nella majolica inferiore, e più comunemente nelle FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 395 seguenti località: Morosolo, Fontana degli Ammalati, Frascarolo, Cam- pora, Malpensata (Erba), Suello, Madonna della Neve, M. Fossana a Borgo di Terzo (Val Cavallina), al ponte del Malerion (Val Adrara), Costorio (Val Trompia); a Urago Pendolino (Val Trompia) la si rac- coglie esclusivamente negli scisti immediatamente sottostanti alla majolica. L’Apt. punctatus è abbastanza comune nel Kimmeridgiano, ma però dove raggiunge il massimo sviluppo sì è nel titonico. Nel titonico in- feriore ad esempio si raccoglie nella Sicilia, nell’ Apennino centrale, nella prov. di Verona, nel Tirolo meridionale, ecc.; nel titonico supe- riore, a Stramberg ; essendo frequente in tutto il titonico nell’Ardèche, a Cabra nell’Andalusia. Ho già detto come negli strati ad aptici nella Lombardia si hanno alcune forme di apzici, che in parte dallo Stoppani e dal Meneghini vennero descritte come specie nuove, in parte riferite con dubbio a specie giuresi già note. Queste ultime, che abbondantemente si raccol- gono a Camnago, a Ponzate, nei dintorni di Erba, di Trascorre, di Val di Lesse, ecc., sono: Apt. sublaevis d’Orb., Apt. depressus Voltz., Apt. profundus Voltz. Phylloceras Kunthi Neumayr ? 1871. Phylloceras Kunth Neumayr, Jurastudien, pag. 312, tav. XII, fig. 6; tav. XII, fig. 1. Un frammento di modello interno di Phylloceras del gruppo del Phyl. heterophyllum. Parte della regione dorsale, come pure porzione di un fianco, sono provvisti del guscio, colla caratteristica ornamentazione a costicine. Della linea lobale si osservano ben distinti la prima sella la- terale; e il secondo lobo laterale, che corrispondono abbastanza bene a quelli figurati del Neumayr della detta specie. Lo stato di conservazione di questo nostro frammento, mi rende dubbio nel riferirlo con certezza al Phyl. Kunthz, al quale era però già stato riferito dal Meneghini, come risulta da una scheda conservata nel Museo Civico di Milano. 396 E. MARIANI. Come è noto il Phyl. Aunthiî appartiene alla zona a Steph. ma- crocephalune Schl. sp. (calloviano). Il detto Phylloceras venne raccolto in un calcare giallastro compatto sotto il rosso ad aptici di Frascarolo dallo Stoppani. Phylloceras Manfredi Oppel sp. 1862. Ammonites Manfredi Oppel, Pal. Mittheil., pag. 212, tav. LVII, fig. 2. 1871. Phylloceras ) Neumayr, Jurastudien, pag. 333, tav. XIV. fig. 8. 1875. ) ) Favre, Mont. des Voirons, ecc., pag. 18, tav. I, sites le teh 1876. ) ) Favre, Moss. du terr. oxford., ecc., pag. 31, tav. II, fig. 9-11. 1885. ) ) Parona, Foss. giura sup. prov. Verona, pag. 31. 1894. » ) Corti, Fauna Campora, pag. 382. Un piccolo modello interno delle seguenti dimensioni : diametroi. hi: O FUL RE ee altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 57 spessore ” ” ” ” 0, 36 (2) larghezza dell’ombelico » ” OS Questa specie è caratteristica della zona a Pelt. transversarium. L’esemplare lombardo venne raccolto nei calcari marnosi rossastri di Campora (Como). Phylloceras isotypum Benecke sp. 1865. Ammonites isotypus Benecke, Stdtirol, pag. 184, tav. VII, fig. 12. 1871. Phylloceras isotypum Neumayr, Jurastudien, pag. 314, tav. XIII, fig. 3. 1872. ) ) Gemmellaro, Mawne giur. lias. pag. 30, tav. VII, iT a 1875. Ammonites isotypus Favre, Mont. des Voirons, pag. 17. tav. Il, fig. 1, 2. 1877. Phylloceras isotypum Favre, Zone à Acanthicus, pag. 13. 1879. » cfr. isotypum Meneghini, Foss. tit. di Lombardia, pag. CVI. 1885. ) isotypum Parona, Foss. giura sup. prov. Verona, pag. 50. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 397 Un modello interno, liscio; fianchi leggermente convessi; sezione del giro ovale-allungata, quasi elittica. Lo spessore dell’ultimo giro è alquanto minore dello spessore degli esemplari tipici (nei quali è di 0,36 in rapporto al diametro). Della linea lobale non si vedono tutti 1 piccoli lobi accessori, essendo incrostata la regione ombelicale. Le sue dimensioni sono le seguenti: COR e a e LEDS altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro We ae) spessore ” ” ” n 0, 26 Il Phyl. isotypum è una specie caratteristica degli strati ad Asped. acanthicum della provincia mediterranea. È nota ad es. nella Sicilia, nel Veronese, nel Tirolo meridionale, ecc. Nella zona ad Asp. acan- thicum di M. Serra presso Camerino, il prof. Canavari ha descritta una varietà di questa specie (var. apenninica Canavari, op. cit., pag. 32, tav. IV, fig. 4-6), che presenta i fianchi più convessi, e con un mag- gior spessore (da 0,40 a 0,45 mm.); presenta inoltre leggere differenze nella frastagliatura della linea lobale. L’esemplare lombardo appartiene al Museo Geologico della R. Uni- versità di Pavia. Neumayria trachynota Oppel sp. 1863. Ammonites trachynotus Oppel, Pal. Mittheil., pag. 214, tav. LVI, fig. 4, 1870. Oppelia trachynota Zittel, Tithon, ecc., pag. 70, tav. V, fig. 3. del» ) Loriol, Monog. de Baden, pag. 41, tav. IV, fig. 2. 3. 1877. ) » Favre, La zone ad A. acanthicus, ecc., pag. 34, ta- vola III, fig. 2. 1878. Neumayria » Bayle, Foss. princ. des terrains, tav. XCII, fig. 1, 2. 1879. Oppelia ) Fontannes, Chateau de Crussol, pag. 36, tav. V, fig. 2. 1893. Neumayria » Choffat, Faune jur. du Portugal, pag. 24, tav. XVII, fig. 1-3. Riferisco a questa specie un frammento di modello interno conservato in un calcare assai compatto rossiccio inglobato nella marna puddin- 398 E. MARIANI. goide di Biandronno. Esso è un po’ più grande di quello veneto illu- strato dallo Zittel, e presenta ben delineata parte della linea lobale. Un frammento di un altro grande individuo, proveniente esso pure da Bian- dronno, si trova nel Museo Geologico dell’ Università di Pavia. La Neum. trachynota è da tempo nota nel giura delle prealpi ve- nete: lo Zittel ne descrisse un esemplare dei Sette Comuni, e più tardi il prof. Parona (1885: Giura prov. Verona, pag. 53) tre esemplari degli strati ad acanthicum del Veronese. Essa, che dapprima si rite- neva come una specie caratteristica della zona a Opp. tenudlobata, venne raccolta nei diversi piani, compresi fra la zona a dimannatum al titonico inferiore. Essa si conosce non solo nel giura del bacino mediterraneo, ma in quello dell’ Europa centrale (Argovia, Franconia, Wiirtemberg). Sowerbyceras Silenum Fontannes sp. 1876. Ammonites Silenus Fontannes, Crussol, pag. 33, tav. V, fig. 2. 1877. Phylloceras Loryi Favre, Zone à A. acanthicus, pag. 19, tavola I, fio. 14, 15. 1879. » Silenus Fontannes, Calcaires du Chateau de Crussol, pag. 6, tav. J, fig. 6. 1893. ) Silenum Choffat, Maune du Portugal, pag. 13, tav. XVI, fig. 7-41; tav. XVI bis, fig. 1. 1898. ) tortisulcatum De Riaz, Amm. de Trépt., pag. 40, tav. XVI, fig. Il. Un modello interno, con frammenti del guscio finamente striato, di cui do a pag. seguente il disegno in grandezza naturale. La conchi- glia è discoidale, a giri che si ricoprono per circa i 3/,: fianchi ap- piattiti: dorso largamente arrotondato: apertura più alta che larga. Si osservano ben distinti 3 solchi sinuosi, e un quarto meno incavato al limite dell’ ultima loggia. Dal bordo dell’ombelico questi solchi si dirigono all’innanzi, ripiegandosi bruscamente all’ indietro alla metà circa dei fianchi, formando in tal modo un forte angolo; indi si incur- FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 399 vano di nuovo all’ avanti, essendo nettamente limitati nella regione dorsale da una cresta saliente. Ombelico piccolo, svasato, parete ombelicale quindi obliqua. Qua e là è visibile la linea lobale. Le dimensioni dell’esemplare lombardo, di cui dò il disegno in grandezza naturale, sono le seguenti : Ai MO e nl + 02 altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0, 52 spessore ” ” n ) 0, 45 larghezza dell’ ombelico » ” 0, 145 Come ha assai bene dimostrato il Choffat nel succitato lavoro paleon- tologico sul giura del Portogallo, l’ Am. Sclenus Font. non va confuso coll’ Am. tortisuleatus WV Orb., specie comparsa nel calloviano, e colla quale ha molte affinità. Il Fontannes pensava che tutti 1 Phylloceras del giura supe- riore riferiti a questa specie del d’Orbigny, dovessero invece riferirsi alla forma tipica di Crussol, che comparve più tardi. Il gen. Sowerbyceras venne stabilito dai prof. C. F. Parona e G. Bonarelli! per le forme di ammoniti giuresi appartenenti al gruppo dell’Am. tortisulca- Sowerbyceras Silenum Fontan. sp. tus, che gia si ritenevano dei Phylloceras e più tardi dei Rhacophyllites. 1 Parona C. F. et BowarELLI G., Sur la faune du Callovien inférieur (Char- nasien) de Savoie. (Mém. de l’Acad. de Savoje, IV Série, Tome VI, 1895. — Extrait, pag. 86.) Vol. XXXVIII, 26 400 E. MARIANI. ‘Il Sow. silenum in Italia è noto nella parte inferiore della zona ad acanthicum, e nel titonico. Dal Gemmellaro venne raccolto ad es. nel giura superiore del nord della Sicilia (Gemmellaro, 1877, Zaune giu- resi, ecc., pag. 185, tav. XVI, fig. 1-3); nel Veneto dal signor Secco nella zona ad Acanthicum (loc. cit., pag. 131). Nella Francia si rac- coglie anche nella zona ad Opp. tenuzlobata. L’ esemplare lombardo proviene dalla marna puddingoide di Bian- dronno. Aspidoceras contemporaneum Favre. 1877. Aspid. contemporaneum E. Favré, La zone a A. acanthicus, ecc, pag. 65, tav. VIII, fig. 3. Un modello interno, di cui dò qui il disegno in grandezza naturale: su una piccola porzione dei fianchi e della regione dorsale all’estremità dell’ultimo giro, si hanno conservati frammenti di guscio, i quali pre- sentano ben distinta l’ornamentazio- ne, che è pressochè identica a quella dell’ Aspid. circumspinosum Op- pel sp. L’ornamentazione è data da finissime costicine trasversali, sepa- rate da spazi della larghezza di circa 3/, di millimetro; però questi in- tervalli intercostali verso I estre- mita della spira diminuiscono gra- datamente in larghezza, si che gli spazi e le esili costicine vengono ad avere la medesima larghezza. Sul margine ombelicale, il quale è leggermente rotondeggiante, sono conservati due tubercoli poco pro- Aspidoceras contemporanewm Favre. nunciati, da uno dei quali si vede partire una costa poco saliente, che FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 401 si può seguire solo per un brevissimo tratto dei fianchi. Come si sa i nodi del contorno ombelicale in questa specie del Favre sono 13 0 14, da ciascuno dei quali nasce una costa pochissimo saliente un po’ piegata all’ innanzi e che scompare sulla regione esterna. Della linea lobale nel nostro esemplare si vedono ben distinti il lobo sifonale, e il primo laterale, che qui ho riprodotto in grandezza naturale da un disegno gentilmente fattomi dall’amico prof. C. F. Parona. Essendo l’ombelico in parte incrostato, non posso darne esattamente la larghezza. Dimensioni. MMe mOMAIS HA ei aired aban! 60 altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 41 spessore ” ” ” ” 0, 48 larghezza dell’ombelico ” 0, 28 (?) Questa specie del Favre è del kimmeridgiano. L’esemplare lombardo che ho descritto proviene dalla marna puddin- goide di Biandronno. Simoceras Randenense Moesch sp. 1875. Ammonites Randenensis Favre, Mont. des Voirons, pag. 35, tav. IV, fig. 3. 1877. ) » Favre, Zone à A. acanthicus, pag. 58. 1879. Perisphinctes cfr. Randenense Meneghini, Moss. tit., pag. CVI. Il Meneghini già descrisse fra 1 fossili giuresi della Lombardia, un “modello interno di questa specie, delle seguenti dimensioni: CIAOO GI I 00 altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 22 spessore ” ” ” ” 0, 32 larghezza dell’ombelico ” ” 0, 54 Esso presenta un indizio della bocca, preceduta da profonda strozza- tura. Le coste che ornano i fianchi convessi, sono per lo più bifide al 402 E. MARIANI. terzo esteriore dei fianchi; si hanno qua e 1a intercalate alle prime delle coste semplici. Tutte le coste sono interrotte sulla regione dorsale. Ogni giro inoltre presenta due strozzature profonde. Come gia os- servo il Meneghini, l'individuo lombardo differisce solo dagli esemplari di Voirons, per una maggiore convessità dei fianchi. Io non credo che questa specie del Moesch debba fondersi coll’ Am. Doublieri WV Orb., come ritenne il Favre (Zone ad acanthicus, ecc. pag. 57), da cui si allontana in special modo per le differenti dimen- sioni. Ambedue però vanno riferite al gen. Stmoceras. Il Sim. Randenense è una specie del kimmeridgiano. L’esemplare lombardo proviene dalla. marna puddingoide di Bian- dronno: si trova nel Museo Geologico della R. Università di Pavia. Perisphinctes Lucingensis Favre. 1876. Ammonites Lucingae Favre, Mont. des Voirons, pag. 32, tav. Ill, fig. 4. 1879. Perisph. cfr. Lucingae Meneghini, Foss. tit., pag. CVI. 1891. ) Lucingensis Siemiradzki, Die oberjures. in Polon., pag. 264. 1898. ) ) De Riaz, Amm. de Trépt., pag. 14, tav. VII, fig. 2, 3 (non 4). 1899. » ) Siemiradzki, Monogr. der Ammon. Perisphinctes, pag. 271. Anche questa specie venne descritta dal Meneghini insieme ad alcuni fossili giuresi lombardi. L’esemplare lombardo differisce da quello de- scritto dal Favre per avere l’ombelico un po’ più ampio: le sue dimen- sioni sono le seguenti : diametro; pi PR e I Te altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 37 spessore ” ” ” ) 0229 larghezza dell’ombelico ” ” 0, 40 FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 403 È una specie caratteristica della zona a Pelt. transversarium; ad esempio nella Russia si trova nell’ oxfordiano inferiore, nella Polonia nell’oxfordiano medio, nelle Alpi nell’oxfordiano medio e superiore. L’esemplare lombardo proviene dal calcare giallastro compatto dalla Fontana degli Ammalati (Induno); esso fa parte della collezione pa- leontologica della R. Università di Pavia. Perisphinctes Airoldii Gemmellaro. 1878. Perisph. Airoldi Gemmellaro, Sopra alcune faune, ecc. Sicilia, pag. 116, velo: 1879. » » Meneghini, Foss. tit., pag. CV. 1899. ) ) Siemiradzki, Monogr. Perisphinctes, pag. 187. Un frammento di modello interno, con orecchietta laterale triangolare rotondata, di cui dò qui il disegno in grandezza naturale: essa è pre- ceduta da una strozzatura e da: una costa ingrossata. Dalla costa bifida che la precede, come bene descrisse il Meneghini, Si parte, a circa la metà del fianco, una costicina più obliqua, parallelamente alla quale si inclinano all’innanzi la costa ingrossata e la strozzatura. Sulla faccia dell’orecchietta si hanno piccoli rilievi, che man mano che si allontanano dalla strozza- tura, si incurvano colla convessità rivolta all’ in- Perisphinetes Airoldi Gemm. nanzi, rendendosi così gli ultimi esilissimi rilievi paralleli al contorno dell’ orecchietta. Le coste si biforcano al terzo esteriore. Il Siemiradzki considera questa specie, che è molto rara, apparte- nente al sotto-gen. Afaxioceras Font., e al gruppo del Per. Aeneas Gemm., il quale comprende le forme più antiche a coste biforcate. Il Perisphinctes Aîroldii appartiene alla zona a Pelt. transversa- rium. 404 E. MARIANI. ‘Le dimensioni dell’ esemplare lombardo, che si trova fissato su un fianco alla rocciaj sono le seguenti: diametro. Spr AO NE RI altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 30 larghezza dell’ombelico > » 0, 40 Esso venne raccolto nel calcare giallastro di Frascarolo (Induno). Perisphinctes chloroolithicus (Gimbel) v. Ammon, ? 1875. Perisph. chloroolithicus Giimbel, Geognostiche Verhdltnisse der Fran- kischen Alpen, pag. 55. 1375. ) plicatilis Favre, Mont. des Voirons, pag. 30, tav. Ill, fig. 1-3. 1898. ) Bocconi De Riaz, Amm. de Trépt., pag. 30, tav. XIII. 1899. ) chloroolithicus Siemiradzki, Monogr. Perisphinctes, pag. 261. Riferisco con dubbio a questa specie un esemplare incompleto di Pe- risphinetes, il quale si per le dimensioni, che per la forma della spira, 6 per l'andamento e per la biforcazione delle coste, corrisponde abba- stanza bene all’ individuo descritto e figurato dal Favre tra i fossili di Voirons, sotto il nome specifico di Am. plicatilis (Sow.), dal Siemi- radzki riferito alla specie del Giimbel. Ricordo come gli esemplari di Pertsphinctes dal Waagen (Kutch, pag. 198, tav. L, fig. 3) e dal Steinmann (Caracoles, pag. 276, tav. XII, fig. 1) descritti come Per. chloroolithicus, sono invece da ritenersi, secondo il Siemiradzki, individui di Perisph. Dunikowskit Siem. Il Perisph. chloroolithicus è una specie frequente nella zona a Pelt. transversarium. Il nostro individuo venne raccolto a Frascarolo (Induno). FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 405 Perisphinctes cir. balnearius P. de Loriol. 1874. Ammonites sp. Loriol e Pellat, Monogr. des ét. sup. de Boulogne, tav. I, fig. 18. 1877. Perisphinctes balnearius Loriol, Baden, ecc., pag. 57, tav. X, fig. 3-6. 1899. ) » Siemiradzki, Monogr. Perisphinctes, pag. 212. Un modello interno, che presenta incrostato in gran parte l’ombelico, per cui non si vedono i giri interni. Esso è ornato da coste biforcate e tri- forcate; queste ultime sono le predominanti: si hanno anche alcune coste semplici. Tutte le coste passano sulla regione dorsale senza interruzione. Le coste sono assai ravvicinate ; però si distanziano notevolmente all’estre- mità della spira. Esse sono elevate: quelle sull’ultimo tratto della spira presentano un forte rilievo allungato secondo la direzione delle coste, al punto di biforcazione, la quale si fa a circa ?/, dell’altezza dei fianchi dell’ombelico. Le coste sono diritte, lesgermente dirette in avanti. Si os- serva ben visibile un solco poco largo, che dall’ ombelico si dirige alla regione dorsale ove passa sul fianco opposto. Non sono visibili tubercoli parabolici. La linea lobale è visibile in gran parte sulla prima metà della spira. Essa è data da un lobo sifonale assai grande e largo, profonda- mente biforcato : il primo lobo laterale è leggermente triforcato alla estremità, e il ramo mediano appuntito è profondo quanto il lobo si- fonale; il secondo lobo laterale è breve. La sella esterna ben frasta- gliata è larga e divisa da un lobicino mediano poco profondo, in due parti uguali, come la larga sella laterale, la quale è più piccola della precedente: sella ausiliare piccola e leggermente biforcuta. Dai caratteri suddetti risulta evidente come il nostro esemplare ap- partenga alla serie del Perisph. inconditus Font. Differisce da que- st’ ultima specie specialmente per la linea lobale e per l’andamento delle coste. Si avvicina invece assai di più al Perzisph. balnearius, benchè l’ornamentazione di questa specie non corrisponda esattamente 406 E. MARIANI. in tutto a quella dell’esemplare lombardo, le cui dimensioni sono le seguenti: diametno’ et LR a A DATI altezza ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 38 spessore ” » » 0, 30 (?) larghezza dell’ombelico » D 0, 37 (2) Il Perisph. balnearius appartiene alla zona a tenuzlobatus. Il Fontannes riferì a questa specie del de Loriol, facendone però una varietà (var. vetrofurcata) un esemplare di Crussol (op. cet., pag. 70, tav. XI, fig. 1), il quale differisce dalla forma tipica. per un maggior numero di coste ombelicali, e per le dimensioni, presentando cioè l’ombelico più largo, e meno alto l’ultimo giro, che ha uno spes- sore minore. Il Siemiradzki riferisce questa varietà al Perisph. prae- transitorius Font. (Fontannes, Crussol, pag. 76, tav. XI, fig. 6, 7), appartenente alla serie del Perisph. bifurcatus (Siemiradzki, op. ezt., pag. 196, 1898). L’esemplare lombardo venne raccolto nella marna puddingoide di Biandronno. Perisphinctes Taramellii n. f. (tav. I, fig. 1, 2). Conchiglia discoidale, largamente ombelicata, convessa sui fianchi: Lo ai Perisph. Taramellii n. f. — Linea lobale, regione esterna larga e poco convessa. La sezione trasversale del tratto FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 407 terminale dell’ultimo giro ha una forma rettangolare più alta che larga, largamente arrotondata in alto. I giri della spira sono a lento accre- scimento, e poco ricoprentesi. I-fianchi presentano coste numerose, che sono rettilinee dalla regione ombelicale fino alla metà di fianchi, ove piegano leggermente in avanti. Esse sì mantengono ugualmente robu- ste dall’ombelico alla regione esterna, ove terminano bruscamente, in- grossandosi leggermente sul lato sifonale, e lasciandovi una liscia e stretta fascia sifonale. Dai giri interni all’ultimo, gradatamente dimi- nuisce il numero delle coste, le quali, quasi tutte, si biforcano a circa la metà dell’altezza dei giri. Gli spazi intercostali sono della medesima larghezza delle coste, fuorchè nel giro esterno, ove le coste sono più distanziate fra loro. Sul penultimo giro si ha un solco peristomatico: esso è profondo e diritto, limitato anteriormente da una costa semplice più robusta delle altre, posteriormente invece da una costa bipartita. La linea lobale, che qui riproduco in grandezza naturale da un di- segno gentilmente fattomi dal prof. C. F. Parona, è abbastanza frasta- gliata: essa non si osserva sull’ ultimo tratto della spira, che appar- tiene quindi alla camera di abitazione. Primo lobo laterale, un po’ più profondo del lobo sifonale; esso è tripartito, ed il ramo mediano si spinge assai più in basso degli altri, presentando la punta terminale leggermente ripiegata all’esterno. Secondo lobo laterale piccolo e assai inclinato esternamente. Sella esterna ampia e divisa profondamente da un lobicino me- diano, che è sensibilmente ripiegato all’ esterno, in due rami poco disuguali; quello interno è il maggiore. Tutto il ramo esterno di que- sta sella, e piccola parte del ramo interno, vengono ricoperti dal giro della spira. Sella laterale più larga e divisa più profondamente della precedente da un largo lobicino in due parti disuguali, di cui l’esterna è più alta della precedente sella: il ramo interno invece è assai più basso, ma con una hase molto più larga. 408 E. MARIANI. I due rami in cui si dividono le selle, esterna e laterale, sono alla lor volta divisi in due parti, e più profondamente nella sella laterale. Sella ausiliaria biforcuta: il ramo interno è diritto. Selletta sifonale bene sviluppata. Il nostro pertnsphinctes, per la forma delle coste, per l’andamento senerale della spira, e per la fascia sifonale, appartiene al gruppo dei Perisph. favarensis Gemm. sp., Perisph. agrigentinum Gemm. sp., Perisph. peltotdeum Gemm. sp., specie della zona ad Asped. acan- thicum della Sicilia. Il Semoceras (?) Grecot Canavari di Monte Serra presso Camerino (Canavari, Za fauna di M. Serra, ecc., pag. 259, tav. XXIV, fig. 1), è una specie vicinissima alla nostra : la maggiore. frastagliatura della linea lobale, le differenti dimensioni e inclinazioni delle singole ramificazioni, e la varia forma di esse, ecc., mi inducono’ prin- cipalmente a tener distinta questa forma lombarda di Perzsphinetes dalla detta specie dell’Apennino. Altre differenze inoltre fra queste due specie, ma di minor rilievo, si osservano nell’andamento e nella grossezza delle coste. Dalle su accennate specie del giura siciliano, quella lombarda si allontana maggiormente per la linea lobale; come pure anche dal Per sphinetes favarensis, che presenta la linea lobale un po’ più frasta- gliata che nelle altre specie di Sicilia. Le dimensioni della nostra specie sono le seguenti: CIAMBLNO: to Le ler ie ee RO ATA RE PITT LI altezza ultimo giro in rapporto al diametro . . 0, 27 spessore ” 7 ” 0, 23 larghezza ombelicale ” » 0, 49 L’esemplare lombardo proviene dalla marna puddingoide di Bian- dronno, FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 409 II. FOSSILI TITONICI. Collyrites Friburgensis Ooster. » 1867. Collyrites Friburgensis Cotteau, Pal. frane., Terr. juras., pag. 86 e 510, tav. XIX. 1870. » ) Zittel, Fauna Tithon., pag. 152, tav. XV, fig. 5, 6. 1875. » » Favre, Voirons, pag. 55. 1876. ) Favre, Foss. du terr. oxford., pag. 72, tav. VII, fig. 14. 1877. ) (CAO) Favre, Zone à Acanthicus, pag. 82. 1879. i ) Favre, Z'ethon., pag. 64, tav. V, fig. 21. 1894. » » Corti, Fauna Campora, pag. 386. Un modello interno delle seguenti dimensioni: diametro antero-posteriore . . . . . . . mm. 47 ” trasversale in rapporto al precedente. 0, 98 altezza in rapporto al diametro ant-post. . . 0, 64 È una specie nota nell’oxfordiano e nel kimmeridgiano, e assai fre- quente nel titonico, dove per lo più non raggiunge le grandi dimen- sioni degli esemplari dei detti piani più antichi. Essa si raccoglie in moltissime località: nel titonico inferiore fu tro- vata dal Parona nel veronese, e già era nota in quello della Savoia, della Svizzera occidentale, della Spagna (Cabra), dell’Algeria (Betna), del Tirolo meridionale, ecc. L’esemplare lombardo venne raccolto a Campora (Como). 410 E. MARIANI. Metaporhinus convexus Catullo sp. 1827. Nuclealites converus Catullo, Saggio di zoologia fossile, pag. 288, tav. XI, fig. 6-9. 1867. Metaporhinus transversus Cotteau, Pal. frane, Echin. irrég., pag. 28, tav. IV. 1870. ) convexus Zittel, Fauna tithon., pag. 151, tav. XV, fig. 1-4. ; 1877. » ) Favre, Zone à Acanthicus, pag. 82, tav. IX, ng AG, ALI 1879. ) ) Favre, Z'ithon., pag. 65, tav. V, fig. 22, 23. 1894. » ) Corti, Mauna Campora, pag. 386. Un solo modello interno delle seguenti dimensioni: diametro ‘antero-posteriore i. Si. e nia » trasversale in rapporto al precedente . 0, 93 altezza in rapporto al diametro ant.-post. . . 0, 72. Il Metaporhinus convexus è una specie assai variabile: l’esemplare lombardo sarebbe la varietà molto alta, varietà che è comune fra gli esemplari di Rogoznik. Molti esemplari del titonico delle Alpi fribur- gesi hanno il diametro trasversale più grande dal diametro antero-po- steriore: il nostro individuo invece per le dimensioni si avvicina di più alle forme di Lémenc (Favre) per essere più lungo che largo. Il Metaporhinus convexus, comparso negli strati ad Asp. acan- thicum, è caratteristico del titonico. Esso è noto nel titonico del Tirolo meridionale, del Veneto occiden- tale (Parona), delle Alpi friburgesi (Favre), dell’Ardèche (Toucas), ecc. L’esemplare lombardo venne raccolto col precedente a Campora. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 411 Pygope diphya Fab. Col. sp. 1867. Zerebratula diphya Pictet, Htude monograph. des terebr. du groupe de la Terebratula diphya, pag. 166, 171, 202, tav. XXXI-XXXIIL 1870. » » Zittel, Fauna Trthon., pag. 126, tav. XIII, fig. 1-10. 1871. ) » Gemmellaro, Mauna del cale. a T. janitor. 1879. 0 » Meneghini, Foss. tit. di Lombardia, pag. CVIIL. 1879, » » Favre, Z'ithon., pag. 47, tav. IV, fig. 7, 8; tav. V, fig. 1. 1887. ) » Haas, Brach. juras., tav. X, fig. 4-6. 1891. Pygope » Di Stefano, Foss. tit. Alpi maritt., pag. 241. 1894. » » Corti, Fauna Campora, pag. 385. 1894. ) dilatata Corti, Fauna Campora, pag. 385. Di questa ben nota specie, nella Lombardia si sono raccolti parecchi esemplari per lo più nella majolica, ma anche nel rosso ad aptici, come già sopra ho detto. Un esemplare venne trovato conservato in un frammento di majolica rossastra, inglobato nella marna puddingoide di Biandronno; un altro nella majolica della Fontana degli Ammalati (Induno): così nella majo- lica bianca di Morbio superiore; nei calcari marnosi rossastri sotto- stanti alla majolica di Campora; nella majolica bianca di Suello; nella parte superiore del rosso ad aptici di Borgo di Terzo in Val Cavallina. La Pygope diphya è comunissima in quasi tutti gli strati del tito- nico sì inferiore che superiore. Pygope triangulus Lmk. sp. 1867. Zerebratula triangulus Pictet, Etude monogr., pag. 180, tav. XXXIV, fig. 1-3. 1879. » » Meneghini, Moss. tit. di Lombardia, pag. CVIII. 1885. Pygope ) Parona, Giura sup. della prov. di Verona, pag. 91. 1890. D » Parona, Fossili del biancone, pag. 284. 1894. D » Corti, Fauna Campora, pag. 385. 412 E. MARIANI. Anche di questa specie si sono raccolti parecchi esemplari nella Lom- bardia: in alcuni dei quali ‘la valva brachiale non presenta traccia di seno, sì che essa è ovunque uniformemente convessa. Questa leggera variazione nella forma di questa specie, venne già osservata dal pro- fessore Parona in alcuni esemplari del titonico veronese. Nella Lombardia venne raccolta: nel calcare giallastro con aptied di Frascarolo e della Fontana degli Ammalati; nella majolica bianca di Loverciano (frazione di Castel San Pietro); nei calcari marnosi rossi e nella majolica di Campora; nella majolica bianca di Suello; nella ma- jolica rosea al ponte del Malerion in Valle d’Adrara; e un esemplare dubbio a Villa di Serle sopra Virle. La Pygope triangulus, meno comune della precedente, si trova più comunemente negli strati più profondi del titonico (Apennino centrale : Tirolo meridionale: Carpazi, ecc.) Il prof. Parona la raccolse anche nel neocomiano inferiore del Veneto: nella Lombardia è comune al titonico e al neocomiano (Campora). Pygope euganensis Pictet sp. 1867. Terebratula euganensis Pictet, Htude monogr., pag. 182, 183, tav. XXXIV, fig. 5 10. 1885. Pygope ) Parona, Giura sup. della prov. di Verona, pag. 93. 1390. ) » Parona, Fossili del biancone, pag. 288. 1894. ) ) Corti, Fauna Campora, pag. 385. Fu il prof. Parona che pel primo riscontrò nel titonico superiore di Solagna nella valle del Brenta questa specie, ! che il Pictet credeva caratterizzasse esclusivamente il neocomiano in Italia: e più tardi lo stesso Parona ne raccoglieva due esemplari nel titonico superioré del Veronese. Nella Lombardia venne dapprima raccolta dal dott. Corti nella 1 Parona C. F., Di alcuni fossili del giura superiore raccolti nelle Alpi venete occidentali. (Rend. R. Istit. Lomb., 1881, Milano.) FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 413 majolica di Campora, e in seguito un esemplare incompleto nella ma- jolica bianca di Suello. Io ne trovai un esemplare nel rosso ad aptici di val di Lesse appena sotto alla majolica, e un altro nella majolica rosea pur di val di Lesse. Risulta quindi che questa specie anche nella Lombardia si raccoglie nel titonico (rosso ad aptici di val di Lesse) e nel neocomiano inferiore (majolica di Campora; di val di Lesse), come già sì riscontrò nel Veneto. Pygope nucleata Schl. sp. 1857. Zerebratula nucleata Oppel, Die Juraformation, pag. 688. 1858. ) » Quenstedt, Der Jura, pag. 638, tav. LXXIX, fig. 12-16. 1873. » Neumayr, Die Fauna Aspid. acanthicum, pag. 207. 1878. ) » de Loriol, Couch. de la zone à A. tenwilobatus, pag. 171, tav. XXIII, fig. 16-18. 1885. Pygope » Parona, Giura sup. prov. Verona, pag. 87, tav. IV, fig. 10-12. 1886. Glossothyris » Douvillé, Sur quelques brachiop. du terr. juras., pag. 61, 62. 1890. » » Haas, Jurassiche Brachiopoden, pag. 97, tav. XV, fio. 1-4. i 1894. Pygope » Corti, Fauna Campora, pag. 385. Un piccolo esemplare completo delle seguenti dimensioni : lunghezza mm. 16: larshezza mm. 16,5: spessore mm. 10. KS La Pygope nucleata, che è assai affine alla Pyg. Bouwez, la quale però e più larga, meno globosa, e colla depressione della piccola valva più larga, è nota per lo più nelle zone a ¢transversarius e a tenuilo- batus. Il prof. Parona però ne raccolse parecchi esemplari nel calcare bianco de] titonico superiore del Veronese. L’esemplare lombardo venne raccolto nella majolica bianca di Cam- pora (Como). 414 E. MARIANI. Pygope rectangularis Pictet sp. 1867. Zerebratula rectangularis Pictet, Htudes monographiques, pag. 181, tav. XXXIV, fig. 4. 1870. ) » Zittel, Mauna Tithon., pag. 131. 1885. Pygope ) Parona, Giura sup. prov. Verona, pag. 92, tav. IV, fig. 17-20. 1894. » ) Corti, Fauna Campora, pag. 385. Di questa specie, affine alla Pygope euganensis, venne raccolto un solo esemplare adulto. Essa è abbastanza frequente nel titonico (Tirolo meridionale: val del Brenta: Veronese). | L’esemplare lombardo venne raccolto nei calcari marnosi rossastri di Campora (Como). Rhynchoteuthis titonica Meh. 1879. Rhynchoteuthis titonica Meneghini, Descrizione nuovi cef. tit., pag. 137, tav. X, fig. 7. 1894. ) Camporae Corti, Campora, pag. 383. Nei calcari marnosi rossi di Campora il dott. Corti raccolse 4 esem- plari di Rhynchoteuthis (oltre che i 2 riferiti al Rh. Meschert), 3 dei quali riunì a formare una specie nuova (Rh. Camporae). Ora 2 di essi sono incompleti, e non si prestano ad essere esattamente determi- nati. Dalla descrizione che dò ora del terzo, che è il più grande di tutti e pressochè completo, essendo eroso, ma leggermente, solo alla estremità delle alette del pinnacolo, risulta come esso si debba riferire al Rh. tétonica, del calcare rosso titonico di Sanvicino. I caratteri principali del nostro esem- . plare, di cui dò qui il disegno in grandezza naturale e nelle tre posi- È { Rhyn. titonica Mgh. zioni, sono le seguenti: FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 415 Becco allungato, di forma triangolare, convesso superiormente, liscio, acuto all’estremità ; con una cresta mediana, assai smussata, sulla re- gione dorsale, da cui scendono i fianchi che sono convessi verso l’apice del becco, leggermente incavati posteriormente. Al di sotto il becco è concavo, e provveduto di una cresta mediana sottile, saliente, che scorre dall’apice del becco alla parte inferiore del pinnacolo. Inoltre sulla faccia interna, o ventrale che dir si voglia, del becco, scorrono lungo i margini due solchi stretti, per cui i margini delle alette del becco sono leggermente ingrossati. Il pinnacolo è grande, ed inclinato sul becco, 0 cappuccio (capuchon), ad angolo ottuso: esso è sulla regione dorsale diviso in tre segmenti da due rilievi costiformi, che partano radialmente dalla parte superiore dell’incisione mediana della linea basale del becco. Il segmento médiano del pinnacolo compreso tra le due coste, presenta un solco triangolare ; i segmenti laterali sono piani. Una aletta del pinnacolo è intiera, l’altra è spezzata all’ estremità. Le dimensioni che ho potuto rilevare, sono le seguenti: lunghezza totale sulla linea mediana . . . . mm. 16 ” del margine laterale del cappuccio (becco) » 10 » del cappuccio sulla linea mediana dorsale » 9,5 larghezza della base del cappuccio . . . . . » 9 spessore massimo del cappuccio. . . . . . » 6 lunghezza del pinnacolo lungo il rilievo dorsale. » 12 larghezza della base del pinnacolo . . . . . » 9 (2) Ehynchoteuthis sp. 1879. Rhynchoteuthis sp. ind. Meneghini, Foss. tit. di Lombardia, pag. CIV. Un esemplare mal conservato, mancante del pinnacolo: riporto la descrizione che ne ha dato il Meneghini: « Cappuccio triangolare quasi equilatero; la base ha mm. 10 di larghezza, eguale alla lunghezza sulla Vol. XXXVIII. 27 416 E. MARIANI. linea mediana, a circa la metà della quale lo spessore sale a hen mm. 6, essendovi elevata a domo rotondato la faccia esteriore, ed ele- vato pure, sulla faccia interna, il largo rilievo mediano, che rimane separato dai margini acuti mercé due profonde ed anguste fossette. Mar- gini laterali leggermente flessuosi, escavati nel mezzo in corrispondenza alle fossette della faccia interna. Il pinnacolo manca, e la irregolare frattura non consente neppure rilevarne le connessioni, nè decidere se il cappuccio presentasse alla base l’ intaglio che si vede in quello figu- rato dal Favre (Vozrons, tav. IV, fig. 8). » Se la forma generale del becco di questo hynchoteuthis, Payvicina al detto esemplare di Voirons, che in seguito dallo stesso Favre venne riferito al Rhynch. Brunneri Ooster (Terrains oxford. d. Alp. Fribourg., pag. 27, tav, II, fig. 3: tav. IV, fig. 4), se ne allontana in special modo per la presenza sulla faccia interna di un largo rilievo mediano, mentre che nel Rhynch. Brunneri si ha anteriormente una linea saliente mediana, che posteriormente si continua con un solco, il quale è fiancheggiato da due pieghe, La struttura della faccia interna, o ventrale, del nostro Rhyncho- teuthis, s avvicina di più al Rhynch. titonica : però il becco di quest’ultima specie, come abbiam visto, è triangolare isoscele, mentre l’altro è quasi equilatero. Come già dissi questo esemplare venne raccolto nella majolica infe- riore di Campiani di Colle Beato. Phylloceras silesiacum Oppel sp. 1865. Ammonites silesiacus Oppel, Z'ithon., pag. 550. 1868. Phylloceras silesiacum Zittel, Stramberg, pag. 62, tav. V, fig. 1-7. 1870. ) ) Gemmellaro, Mauna calc. a Ter. janitor, pag. 183, tav. IX, fig. 3, 5 1870. ) » Zittel, Fauna Tithon, pag. 39, 1871. ) ) Neumayr, Jurastudien, pag. 342, tav. XVII, fig. 8. 1877. ) ) Favre, Zone à Acanthicus, pag. 17, tav. I, fig. 10. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 417 1879. Phylloceras silesiacum Favre, Fauna Tithon., pag. 26. 1885. » » Parona, Giura sup. prov. Verona, pag. 65. 1890. » » Toucas, Yaune tithon., de l’Ardèche, pag. 592. 1894, » ) Corti, Mauna di Campora, pag. 382. Un modello interno dal diametro di mm. 65: essendo corroso nella regione ombelicale non si può determinare che approssimativamente l'altezza dell’ultimo giro, il quale in rapporto al diametro sembra di 0,56, e di spessore 0,20. Questa specie, che da alcuni viene riunita al Phyl. Calypso d’Or- bigny sp., dalla zona ad acanthicum, sale al titonico superiore: si può ritenere però caratteristica del titonico, ove è abbastanza fre- quente. Si conosce nel titonico inferiore dell’Apennino centrale, della Sicilia, del Tirolo meridionale, ecc.; nel titonico superiore di Stramberg, | dell’Ardéche, di Kiew, ecc. ; nel Veronese si trova sì nel titonico infe- riore che superiore. L’ esemplare lombardo proviene dai calcari rossastri di Campora (Como). Phylloceras ptychoicum Quenst. sp. 1868. Phylloceras ptychoicum Zittel, Stramberg, pag. 59, tav. 1V, fig. 3-9. 1870. D ) Gemmellaro, Cale: a 7’. janitor, pag. 182.. 1870. ) ) Zittel, Fauna Tithon., pag. 35, tav. I, fig. 11-13. 1871. ) » Neumayr, /urastudien, pag. 326, tav. XVI, fig. 10. 1875. » ) Waagen, Jurassich Fauna of Kutch, pag. 30, tav. VII, fig. 2. 1877. ) ) Favre, Zone à Acanthicus, pag. 20, tav. I, sig, LE las 1877. » ) Gemmellaro, Maune giur. e lias. di Sicilia, Fase. 7, pag. 184. 1878. ) ) Gemmellaro, Sopra i cefal. della zona inf. pag. 171. 1879. » ) Favre, Z'ithon., pag. 22, tav. II, fig. 4-6. 1879. ) ) Fontannes, Chateau de Crussol, pag. 3, tav. J, Hons 418 E. MARIANI. 1885. Phylloceras piychoicum Parona, Giura sup. prov. Verona, pag. 65. 1889. ) semisulcatum Kilian, Andalousie, pag. 640. 1890. ) ptychoicum Toncas, Faune tithon. de l’Ardèche, pag. 575 e 592, tav. XIII, fig. 3. 1891. ) ) Di Stefano, Yoss. tit. Alpî maritt., pag. 241. 1893. ) ) Retowski, Die tithon. Ablag. von Theodosia, pag. 228, tav. IX, fig. 3, 4. 1894. ) ) Corti, Fauna Campora, pag. 382. Di questa specie si sono raccolti parecchi esemplari nel titonico lom- bardo. Nella marna puddingoide di Biandronno si trovarono 4 esemplari, fra i quali uno intiero. Un bellissimo modello interno venne raccolto nella majolica bianca di Loverciano vicino a Castel San Pietro (Men- drisio). Anche nelle marne rossastre sottostanti alla majolica di Cam- pora, si raccolsero 3 modelli interni, di cui dò le dimensioni dell’esem- plare più grande: Biandronno —Loverciano Campora diametro Cet 2 mm. 96 mm. 70 altezza dell’ultimo giro in rap- porto al diametro . . . 0, 56 0, 57 0, 58 spessore dell’ultimo giro in rap- porto al diametro . . . — — 0, 44 larghezza dell’ombelico in rap- porto al diametro... 2 = 0) 07(2) 0, 07 (2) s0ss0h: Come è noto il Phyl. piychoicum è una specie assai comune nel titonico, e diffusa orizzontalmente. Vediamo infatti come il Waagen la trovò nell'India, e il Retowski in Crimea; raccogliendosi inoltre in quasi tutte le regioni giuresi dell’ Europa. Essa fece la sua comparsa nel /immerzdgiano, raggiungendo il mas- simo sviluppo nel titonico inferiore: nella zona ad Aspid. acanthicum la trovò ad esempio il Favre, ed a questa zona paleontologica appar- tengono pure gli esemplari dell’ India. Nel titonico inferiore è nota oltre che nella Sicilia, nell’Apennino centrale, nelle Alpi marittime, nel Ve- FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 419 ronese, a Rogoznik, nel Tirolo meridionale, nei Carpazi, ecc. : nel ti- tonico superiore la si trova nella fauna di Stramberg, e sì nel titonico inferiore che superiore nell’Ardéche, é a Cabra nell’Andalusia, ecc. Phylloceras ptychostoma Benecke sp. 1865. Ammonites piychostoma Benecke, Stidtirol, pag. 190, tav. X, fig. 2. 1865. » nepos Oppel, Zithon., pag. 550, 1868. Phyiloceras ptychostoma Zittel, Stramberg, pag. 68, tav. VII, fig. 34. 1870. » ) Gemmellaro, Mauna calcare a T. janitor, pag. 181, tav. IX, fig. 2. 1870. ) » Zittel, Z'ithon., pag. 44. 1871. ) D Neumayr, Jurastudien, pag. 317. 1894. ) D Corti, Fauna Campora, pag. 382. Un modello interno completo di piccolo individuo : MEMICIMO Pe e e i Re AO altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0, 61 spessore 9 ” ” 0, 42 larghezza dell’ombelico ” ” 0, 06 (2) Questa specie è nota nel titonico inferiore (Sicilia: Tirolo meridio- nale, ecc.), e superiore (Stramberg). Nel calcare rossastro di Campora (Como), Phylloceras Kochi Oppel sp. 1865. Ammonites Kochi Oppel, T'ithon., pag. 550. 1868. Phylloceras Kochi Zittel, Stramberg, pag. 65, tav. VI, fig. 1; tav. VII, figli 2 1870. ) n Gemmellaro, Fauna calcare a 7. janitor, pag. 180, tav. IX, fig. 1. 1870. ) » Zittel, 7ethon., pag. Al. 1871. ) » Neumayr, Jurastudien, pag. 337, tav. XV, fig. 4. 1879. ) » Fayre, Z'ithon. Alpes Frib., pag. 24, tav. Il, fig. 8. 420 E. MARIANI. 1889. Phylloceras Kochi Kilian, Andalousie, pag. 640. 1890. ) » Toucas, Ardéche, pag. 574. 1891. ) » Di Stefano, Foss. tit. Alpi maritt., pag. 241. 1893. ) » Retowski, Die tithon. Ablag. von Theodosia, pag. 232. 1894. ) » Corti, Fauna Campora, pag. 381. Un modello interno di piccolo individuo, raccolto a Campora, di cui non si può valutare lo spessore, avendo un fianco assai eroso: diametro va 2A vaganti nà ii ao LES altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0, 54 larghezza dell’ombelico » » 0, 04. Nella marna puddingoide di Biandronno, conservato in un ciottolo di majolica bianca, si ha un frammento di modello interno di un grande Phylloceras, che conserva piccolissime porzioni dal guscio: la linea lo- bale, qua e là visibile su questo esemplare, lo avvicina al Ply. Kochi. Il Phyl. Kochi si raccoglie sì nel titonico inferiore che superiore: nel titonico inferiore è noto nella Sicilia, nell’Apennino centrale, nelle Alpi marittime, nel Tirolo meridionale, a Rogoznik; nel titonico supe- riore a Stramberg. Nell’Ardéche e a Cabra nell’Andalusia si trova tanto nel titonico inferiore che superiore. Phylloceras serum Oppel sp. 1865. Ammonites serus Oppel, Zethon., pag. 990. 1868. Phylloceras serum Zittel, Stramberg, pag. 66, tav. VII, fig. 5, 6. roped 1870. ) » Gemmellaro, Calcare a 7’. janitor, pag. 179, tav. VII, HE AG 1870. ) » Zittel, Zethon., pag. 43. 4871. ) » Neumayr, /urastudien, pag. 316, tav. XIII, fig. 5. 1885. ) » Parona, Giura sup. prov. Verona, pag. 66. 1889. » cfr. serum Kilian, Andalousie, pag. 639. 1890. ) serum Toucas, Ardèche, pag. 574, tav. XIII, fig. 2 1891. ) » Di Stefano, Foss. tit. Alpi maritt., pag. 24. 1893. ) » Retowski, Z'heodosia, pag. 233. Ode) » Corti, Fauna Campora, pag. 381. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 421 Un modello interno di piccolo individuo, alquanto eroso su un fianco : le dimensioni che si possono dedurre sono le seguenti: TARRA ae e MT altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 60 larghezza dell’ombelico » ” 0, 04. Questa specie è più frequente nel titonico inferiore che nel superiore Nell’ inferiore si conosce ad esempio nella Sicilia, nell’Apennino cen- trale, nelle Alpi marittime, nel Tirolo meridionale, a Rogoznik, a Pouzin nell’Ardéche: nel titonico superiore si ha nel Veronese, a Stramberg, a Cabra nell’Andalusia, ecc. Lytoceras quadrisulcatum d’Orb. sp. 1840. Ammonites quadrisulcatus d’Orbigny, Paléontologie frane., Terr. Crét., i pag. 151, tav. XLIX, fig. 1-3. 1868. Lytoceras quadrisulcatum Zittel, Stramberg, pag. 71, tav. IX, fig. 1-5. 1870. » ) Gemmellaro, Fauna calcare a T. janitor, pag. 185, tav. X, fig. 4, 5. 1870. ) ) Zittel, Zithon., pag. 44, tav. II, fig. 2. 1885. » ) Parona, Giura sup. prov. Verona, pag. 66. 1890. ) ) Toucas, Ardèche, pag. 573 e 591. 1890. ) ) Parona, Foss. biancone, pag. 290. 1891, ) ) Di Stefano, oss. tit. Alpi maritt., pag. 241. 1894. ) » Corti, Mauna Campora, pag. 382. Parecchi frammenti di modelli interni, di piccoli individui, nel cal- care giallastro di Frascarolo, in quello con aptic7z della Fontana degli Ammalati (Induno) e nel calcare rossastro di Campora (Como). Il Lyt. quadrisulcatum è una specie diffusa non solo nel titonico, ma anche nel neocomiano inferiore, o valenginiano. Nel titonico inferiore la si raccoglie nella Sicilia, nell’Apennino centrale, nella prov. di Ve- rona, nelle Alpi marittime, nel Tirolo meridionale, nei Carpazi, ecc.; 422 E. MARIANI. nel titonico superiore la si rinvenne a Stramberg, a Cabra nell’Anda- lusia, come pure nel Veronese, nei Carpazi, ece. Nel neocomiano venne ad esempio raccolta dal prof. Parona a Cave di Pove, e a Possagno nel Veneto. Gli esemplari lombardi spettano senza dubbio al titonico e non al neocomiano. Oppelia cir. zonaréa Oppel sp. 1868. Ammonites zonarius Zittel, Stramberg, pag. 88, tav. XV, fig. 4-6. 1890. Oppelia zonaria Toucas, Ardèche, pag. 595. 1893. » ) Retowski, Die tithon. Ablag. von Theodosia, pag. 247, tav. IX, fig. 16, 17. Un frammento di Oppelza del diametro di mm. 76, che per la or- namentazione dei fianchi, per la forma della stretta regione dorsale, liscia e leggermente convessa, si avvicina assai a questa specie più che ad ogni altra del titonico; e ciò in special modo per confronto colle forme di Oppelia zonaria descritte e figurate dal Retowski. La Oppelia sonaria è del titonico superiore: essa è nota a Stram- berg a Berrias (Ardèche), a Theodosia (Crimea). Holcostephanus Groteanus Oppel sp. ? 1868. Ammonites Groteanus Zittel, Stramberg, pag. 90, tav. XVI, fig. 1-4. 1885. Holcostephanus » Parona, Foss. giura sup. prov. Verona, pag. 74. 1890. ) Grotei Toucas, Ardéche, pag. 597. 1894. ) Groteanus Corti, Campora, pag. 381. Un piccolo modello interno incompleto della majolica di Campora, nel quale non è visibile la linea lobale: l’ornamentazione corrisponde bene con quelle delle forme di Stramberg : diametro; l'a REG 7, 0 ORE, CRA o altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 45 spessore ” ” ” 0, 41 (2) larghezza dell’ombelico 7 ” 0-28 FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 423 Anche nella marna puddingoide di Biandronno venne raccolto un modello interno di grande individuo (diam. 110), che venne gia dal Meneghini riferito, perd con dubbio, a questa specie titonica (Museo Geologico di Pavia). L’ Hole. Groteanus è una specie del titonico superiore del Veronese di Stramberg, dell'Andalusia, dell’Ardèche: è nota anche nel giura su- periore di Spiti nel Thibet (Oppel). Perisphinctes Zitteli Siemiradski. 1870. Perisphinctes colubrinus Zittel, Tithon., pag. 107, tav. 1X, fig. 6; tav. X fig. 4-6. 1894. » ) Corti, Campora, pag. 383. 1898. ) Zitteli Siemiradski, Monogr. Perisphinctes, pag. 153. Il Siemiradski ha mostrato come al Perzsph. colubrinus Rein. sp., erano state da diversi autori riferite parecchie forme, le quali differi- scono dalla forma tipica del Reinecke? per le dimensioni, per l’orna- mentazione e per la linea lobale; come ad esempio quelle del Dzphya- Kalk; delle Alpi, descritte dallo Zittel, colle quali il Siemiradski formò la detta specie nuova. Io credo poter riferire a questa specie due modelli pressochè com- pleti, raccolti a Campora, delle seguenti dimensioni: O e MM. OO mm 36 altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 25 0, 27 larghezza dell’ombelico ” ) MARTE 0, 50. Mi sembra inoltre che al Perisph. Zitteli si possa riferire l’esem- plare della Fontana degli Ammalati, il quale si avvicina molto alle 1 ReINECKE, Maris protogaei nautilos et argonautas descr., pag. 88, tav. XII, fig. 72: 1818. — QuensteDT, Die Ammoniten des schwdbischen Jura, tav. CI, fase. 1-5, 1887. 424 E. MARIANI. forme dello Zittel, come risulta dalla descrizione che di esso da il Me- neghini (Foss. tet. di Lombardia, pag. CV). Le dimensioni di questo esemplare, che fa parte della collezione paleontologica della R. Univer- sità di Pavia, sono le seguenti: CAME MONTI e I AT altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 31 spessore ) ” ) 0; 30 larghezza dell’ombelico ” ” es Nei calcari marnosi rossastri ad aptici di Campora dal dottor Corti vennero raccolti altri due frammenti di modelli interni di piccoli esem- plari di Pertsphinetes, la cui ornamentazione li farebbe avvicinare al Per. colubrinus Rein. Il loro cattivo stato di conservazione non per- mette una sicura determinazione specifica. Perisphinctes Geron /ittel. 1870. Perisphinctes Geron Zittel, Zithon, pag. 113, tav. XI, fig. 3. 1873. ) » Neumayr, Acanthicusschicten, pag. 181. 1885. ) » Parona, Moss. giur. prov. Verona, pag. 76. 1890. » » Toucas, Ardéche, pag. 581, tav. XIV, fig. 3. 1894. » Corti, Campora, pag. 383. 1898. ) » Siemiradski, Afonograph. Perisphinctes, pag. 278. Di questa specie conosco tre esemplari del titonico lombardo; l’uno è un frammento di modello interno raccolto dal dott. Corti nei calcari marnosi rossastri di Campora; il secondo nella marna cretacea di Bian- dronno. Quest'ultimo è un grosso frammento, nel quale della linea lo- bale sono visibili il largo lobo sifonale, il primo lobo laterale e l’ampia sella esterna profondamente biforcuta e assai frastagliata. Il terzo esem- plare, di cui però è dubbio il riferimento a questa specie dello Zittel, è un frammento mal conservato di grande individuo, del diametro di mm. 122, collo spessore dell’ultimo giro in rapporto al diametro di FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 425 0,33, e colla larghezza dell’ombelico nel detto rapporto, uguale a 0,27 (?). Questo esemplare venne raccolto nel calcare leggermente roseo, ricco di aptici, alla Fontana degli Ammalati (Induno): si trova nel Museo Geologico della R. Università di Pavia. Il Perisph. geron, noto nella zona ad acanthieus, è una specie ca- ratteristica del titonico inferiore. Il Siemiradski la trovò anche nella zona a Pelt. trasversarium in parecchie località giuresi della Polonia (1892). Nel titonico inferiore esso ad esempio è nota nell’Apennino centrale, nel Veronese, nel Ti- rolo meridionale, a Rogoznik, nei Carpazi, nell’Ardéche, nell’Andalusia. Perisphinctes contiguus Catullo sp. 1846. Ammonites contiguus Catullo, Memoria geogn. pal. sulle Alpi Venete. App. III, pag. 12, tav. XIII, fig. 4. 1886. ) ) Pavlow, Amm. de la zone à Asp. acanthicum de la Russie, pag. 84, tav. VIII, fig. 3. 1870. ) ) Zittel (partim), Z'ithon., pag. 110, tav. XI, fig. 2 (non fig. 1). 1885. ) ) Parona, Foss. giura sup. Veronese, pag. 76. 1890. ) ) Toucas, Ardèche, pag. 581, tav. XIV, fig. 4. 1894. ) ) Corti, Campora, pag. 383. 1398. ) ) Siemiradski, Monograph. Perisphinctes, pag. 165. Oltre che un frammento di modello interno raccolto a Campora, ve ne ha un altro trovato col precedente Perisphinetes, che corrisponde esattamente all’ esemplare disegnato dallo Zittel nella sucitata mono- grafia. Il Siemiradzki considera appartenente al Perispl. rectefurcatus quel- l'esemplare del Diphya-Kalk di Volano disegnato nella tav. XI dello Zittel (Zittel, Tithon., tav. XI, fig. 1). Il Perisph. contiguus, come la specie precedente, è noto nella zona IS ad Acanthicus, ma è caratteristico del titonico inferiore. 426 E. MARIANI. Simoceras biruncinatum Quenstedt sp. 1870. Simoceras biruncinatum Zittel, Tithon., pag. 92, tav. VIII, fig. 5, 6. 1885. » ) Parona, oss. giur. prov. Verona, pag. 72. 1894. ) » Corti, Campora, pag. 383. Un modello interno completo di un individuo di mediocre grandezza : essa presenta le seguenti dimensioni : MMAMON OAs ia aleaze cin (e A altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 27 spessore ” n ” 0, 22 (2) larghezza dell’ombelico Ù » 0, 54. Il Sem. biruncinatum è caratteristico del titonico inferiore, racco- gliendosi ad esempio in quello del Veronese, del Tirolo meridionale. Nei calcari marnosi rossastri di Campora. Simoceras Volanense Opp. sp. 1870. Simoceras Volanense Zittel, Z'ithon., pag. 95, tav. VIII, fig. 7-9. 1870. ) ) Gemmellaro, Mauna cale. a T. janitor, pag. 40, tav. IX, fig. 5. 1885. ) » Parona, Foss. giur. sup. prov. Verona, pag. 71. 1889. » aff. Volanense Parona, Note paleont. sul lias inf. nelle prealpi venete, Rend. R. Istit. Lombardo, Serie II, Vol. XXI, fase. 8; Estr. pag. 9, Milano. Diversi frammenti di un modello interno di grande individuo, man- cante dei giri interni: è alquanto eroso sui fianchi, donde non si può rilevare esattamente lo spessore del giro. Il diametro di questo esem- plare è di mm. 150, e l’altezza dell’ultimo giro in rapporto al dia- metro è 0,23. | Il Szm. volanense è caratteristico del titonico inferiore (Nord di Sicilia: Apennino centrale: Veronese: Tirolo meridionale, ecc.); venne però raccolto anche nel titonico superiore di Stramberg. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 427 L’esemplare lombardo si raccolse in un calcare grigiastro immedia- tamente sottostante alla majolica vicino al Buco del Piombo sopra Erba. Il dott. Corti ricorda questa specie, di cui raccolse un modello in- terno che non ho potuto esaminare, nella fauna titonica di Campora (Como). E qui ricordo come nelle Osservazioni geologiche sulla riviera bresciana del Lago di Garda, il signor Cozzaglio accenna alla pre- senza di alcuni ammoniti, in un calcare rosso selcioso allo sbocco della val Trompia, probabilmente riferibili al S2m. Aéllékert Opp. sp. (loc. cit., pag. 262). Io non ho potuto avere in esame questi ammoniti, per il che non posso dire se realmente vanno riferiti a questa specie, la quale d’altronde è abbastanza comune nel titonico superiore di Stramberg (Zittel), e dal prof. Parona venne trovata in quello della provincia di Verona (op. cît., pag. 77, tav. IV, fig. 6). Aspidoceras Rogoznicense Zeuschn. 1868. Aspidoceras Rogoznicense Zittel, Stramberg, pag. 117, tav. XXIV, fig. 5. 1870. » » Gemmellaro, Mauna cale. a T. janitor, pag. 37, tav. VII, fig. 7-9. 1870. » » Zittel, Zithon., pag. 79, tav. VII, fig. 1. 1885. ) » Parona, Hauna giur. sup. prov. Verona, pag. 70. 1894. » » Corti, Campora, pag. 382. Due modelli interni, alquanto erosi e incompleti. A Campora, e nella marna puddingoide cretacea di Biandronno. Anche questa è una specie caratteristica del titonico inferiore (Nord di Sicilia: Apennino centrale: Veronese: Tirolo meridionale : Rogoznik: Carpazi). 428 E. MARIANI. Aspidoceras longispinum Sowerby sp. 1825. Ammonites longispinus Sowerby, Mineral conchology, tav. DI, fig. 3, 4, 1863. » iphicerus Oppel, Ueber juras. Cephal., pag. 218, tav. LX, fig. 2. 1870. Aspidoceras iphicerus Zittel, Zithon., pag. 75, tav. VI, fig. 1. 1873. » longispinum Neumayr, Schichten mit. Asp. acanthicum , pag. 196, tav. XLII, fig. 1. 1874. Ammonites longispinus Loriol e Pellat, Jurassique sup. de Boulogne- sur-mer, pag. 276, tav. II, fig. 2. 1875. » » Favre, Mont. des Voirons, pag. 43, tav. VI, fig. 5. 1876. Aspidoceras longispinum Loriol, Baden, pag. 108, tav. XVII, fig. 1. 1877. ) ) Favre, Zone à Am. acanthicus, pag. 60, tav. VI, fig. 6. 1879. ) ) Meneghini, Moss. tit. di Lombardia, pag. CIV. SG) ) ) Fontannes, Chateau de Crussol, pag. 87, tav. XII, fig. 4. 1885. ) ) Parona, Moss. giur. sup. prov. Verona, pag. 71. 1886. ) » Pavlow, Zone à Asp. acanthicum de l'Est de la Russie, pag. 72, tav. I, fig. 2, 3. 1893. » cfr. longispinum Choffat, Maune jurassique du Portugal, pag. 68. Un modello interno già descritto dal Meneghini. Essendo alquanto logoro su un fianco, non si possono rilevare tutte le dimensioni con esattezza. Il diametro è di mm. 110 (e non mm. 170, come si trova nella descrizione su ricordata), in rapporto al quale misura 0,40 per l'altezza dell ultimo giro; e 0,34 per l’ampiezza ombelicale. Per la doppia serie dei nodi, quindici in ogni giro, e collegati da rilievi coste- formi, questa forma corrisponde assai bene a quella figurata dall’Oppel, come già fece notare il Meneghini. L’Aspid. longispinum, trovasi nella zona ad Aspid. acanthicum, ma sembra più comune nel titonico inferiore, di cui può quindi essere considerato come una specie caratteristica. Si ha ad esempio nel titonico inferiore del Nord di Sicilia, dell’Apennino centrale, del Veronese, del FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 429 Tirolo meridionale, dell'Andalusia (Favre e Kilian), ecc. Dird che nella zona ad Acanthicum in Italia venne raccolto dal sig. Secco in Collalto di Solagna (loc. eet., pag. 131). L’Aspidoceras longispinum compare nella zona ad Opp. tenuilo- bata: è una specie che si trova si nella regione mediterranea che nelle regioni extra-alpine. L’esemplare lombardo. venne raccolto nella majolica inferiore ricca ad aptici sotto a Frascarolo. Aspidoceras sp. 1894. Aspidoceras cfr. cyclotum Corti, Campora, pag. 382. Nei calcari marnosi rossastri di Campora il dottor Corti raccolse un modello interno mal conservato di Aspzdoceras, che presenta le se- guenti dimensioni : dro ee i Ol altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 53 spessore ” ” ) DESIO larghezza dell’ombelico >» ” 0, 14. Queste dimensioni, come pure la posizione dei nodi sul bordo con- vesso ombelicale, mi fanno ritenere che questo Aspedoceras, più che coll’Aspid. cyclotum, si possa confrontare coll’ Aspid. avellanum Tittel di Rogoznik (Zittel, Zithon., pag. 86, tav. VII, fig. 2), specie del ti- tonico inferiore. Belemnites ensifer Oppel. 1865. Belemnites ensifer Oppel, Die tithonische Htage, pag. 545. 1868. » » Zittel, Stramberg, pag. 36, tav. I, fig. 9-11. 1870. ) » Gemmellaro, Calcare a Ter. janitor, pag. 171, tav. VIII, fig. 4, 5. 1870. » » Zittel, Zithon., pag. 147. 430 E. MARIANI. 1879. Belemnites ensifer Favre, Tvthon., pag. 13, tav. I, fig. 14-17. 1885. » » Parona, Foss. giur. prov. Verona, pag. 64. 1886. ) ) Di Stefano, Schistz con aptychus, pag. 7. 1890. ) ) Toucas, Ardéche, pag. 572 e 589. 1893. » » Retowski, Zheodosia, pag. 218, tav. XIV, fig. 1. 1894. ” D Corti, Campora, pag, 379. Un rostro della lunghezza di mm. 52: minimo diametro dorso-ven- trale mm. 9: massimo diametro dorso-ventrale mm. 12: minimo dia- metro trasversale mm. 6,5: massimo diametro trasversale mm. 9,5. La estremità è un po’ mucronata ed eccentrica dal lato dorsale. Il solco dorsale si prolunga un po’ al di là della metà del rostro. La Belem. ensifer è una specie diffusa nel titonico; più comune- mente si trova nel titonico inferiore, come ad esempio in Sicilia, nel Veronese, nel Tirolo meridionale, nella Svizzera orientale, neil’Ardéche ; nel titonico superiore, a Stramberg e anche nell’Ardèche. L'unico esemplare venne raccolto nei calcari marnosi rossastri di Campora. Belemnites cir. conophorus Oppel. 1865. Belemnites conophorus, Capellinii, Bouer Oppel, Die tithonische Etage, pag. 546. 1868. ) conophorus Zittel, Stramberg, pag. 34, tav. I, fig. 1-5. 1870. » ) Gemmellaro, Calcare a Ter. janitor, pag. 174, tav. VIII, fig. 10, 11. 1870. ) ) Zittel, Zithon., pag. 26. 1879. ) ) Favre, Z'ethon., pag. 10, tav. I, fig. 4. 1985. » » Parona, Fauna giura sup. Veronese, pag. 65. 1889. ) ) Kilian, Andalousie, pag. 637. 1890. D ) Toucas, Ardèche, pag. 573. 1893. D » Retowski, Z’heodosia, pag. 216. 1894. » cfr. conophorus Corti, Campora, pag. 379. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 401 Un rostro che non è cilindrico su tutta la sua lunghezza, come gli esemplari titonici delle Alpi friburgesi, ma leggermente schiacciato sui fianchi, dorsale e ventrale : i eee IA ONL diametro dorso-ventrale . . » 10 ” trasversale 2: 9. 2 12 E una specie nota, come la precedente, si nel titonico inferiore che superiore : si conosce infatti nella Sicilia, nell’Apennino centrale, nel Tirolo meridionale, nelle Alpi friburgesi, a Rogoznik, a Pouzin (Ardè- che); e nel titonico superiore venne raccolta nel Veronese, a Stramberg, a Cabria nell’Andalusia, ece. L’esemplare lombardo è di Campora. Belemnites cfr. tithonius Oppel. 1865. Belemnites tithonius Oppel, Die tithonische Etage, pag. 545. 1868. 1870. 1870. 1879. 1885. 1886. 1889. 1890. 1893. » Zittel, Stramberg, pag. 37, tav. I, fig. 12, 13. Gemmellaro, Yauna cale. a Ter. janitor, pag. 172, tae, WIT 2 fos 65 7 Zittel, Zithon., pag. 147, tav. XXV, fig. 6, 7. Favre, Zithon. Alp. Frib., pag. 19, tav. I, fig. 18, 19. Parona, Fauna giura sup. prov. Verona, pag. 64, tav. IV, fig. 5. Di Stefano, Schistz con aptychus, pag. 7, 8. Kilian, Andalousie, pag. 636. Toucas, Ardéche, pag. 589. Retowski, 7'heodosia, pag. 221, tav. XIV, fig. 3, 4. Un rostro compresso, dilatato alla parte posteriore, e terminato a punta un po’ mucronata e eccentrica dal lato dorsale: è qua e 1a sulle regioni dorsale e ventrale eroso, sì che non sono bene visibili i solchi. Vol, XXXVIII, 28 432 E. MARIANI. Le dimensioni sono le seguenti: lunghezza,.. I N I a a diametro dorso-ventrale massimo alla regione post.» 12 ” n minimo ” anit.” Seng ” laterale massimo alla regione post. . . » 8,9 n ” minimo ” ant. SCIATO Il Belemnites tithonius trovasi quasi sempre associato alle due specie precedenti, in tutto il titonico. L’esemplare lombardo proviene dai calcari marnosi di Campora. Orthacodus cir. impressus Zittel sp. 1870. Sphenodus impressus Zittel, Tithon., pag. 25, tav. I, fig. 3, 4. 1879. ) ) Favre, Zithon. Alp. Friburg., pag. 9. 1885. » » Parona, Mauna giura sup. prov. Verona, pag. 62. 1894. Orthacodus cfr. impressus Corti, Campora, pag. 378. A questa specie, oltre che |’ esemplare di Campora, riferisco con dubbio un dente trovato nella majolica della Fontana degli Ammalati, mal conservato. L’Orthacodus impressus è una specie caratteristica del titonico in- feriore, ed abbastanza comune insieme ad altra specie ad essa molto affine, come l’Orth. tithonius Ggmm. sp. del titonico inferiore della Sicilia. Tra i fossili titonici di Campora il dott. Corti ricorda il PhyZlori- crinus nutantiformis Schauroth, e il PhyMoricrinus clr. Mabosianus, rappresentati da frammenti di stelo, che non credo determinabili con sicurezza. Ricorda inoltre un frammento di coradlo, che non ho tro- vato nella collezione dei fossili di Campora, che il dott. Corti volle ge- nerosamente regalare al Museo Civico di Storia Naturale di Milano. Dirò infine che nell’elenco dato dal dott. Corti dei fossili giuresi di detta località, figura il gen. Po/Zicipes che, secondo il Corti, vi sa- FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 433 rebbe rappresentato da due placche. Io non so su quali criteri il dottor Corti si, è basato per stabilire tale riferimento. L’esame delle due così dette placche fatto dal dott. De Alessandri, esclude in modo sicuro che sieno da ritenersi pezzi calcari di cirripedi; sono invece frammenti del guscio di bivalve. III. FOSSILI DELL’ INFRACRETACEO. Pygope Bouei 7ench. sp. 1870. Terebratula Bouei Zittel, Fauna tithon., pag. 131, tav. XIII, fig. 15-24. 1875. ) » Favre, Mont. des Voirons, pag. 53, tav. VII, fig. 13-15. 1887. ) » Favre, Zone à A. acanthicus, pag. 77, tav. IX, fig. 10-12. 1885. Pygope » Parona, Moss. giura sup. prov. Verona, pag. 88. 1887. » » Haas, Brach. jurass., pag. 118, tav. X, fig, 12, 13. 1887. ) » Uhlig, Ueber neocome Fossilien, pag. 101. 1889. ) » Kihan, Azdalousie, pag. 681. 1890. ) » Toucas, Ardéche, pag. 586, tav. XIV, fig. 9. BS SA isch) » Di Stefano, Foss. tit. Alpi maritt., pag. 241. 1893s ” » Retowski, Die tithon. Ablag. von Theodosia, pag. 286. 1894. ) » Corti, Campora, pag. 385. Un frammento di piccolo esemplare nella majolica superiore di Pu- siano, e un altro in quella di Campora. La Pyg. Bouei dalla zona ad Acanthicus si spinge sino al neoco- niano. Nel titonico inferiore è nota ad esempio nell’Apennino centrale nel Veronese, nelle Alpi marittime, nel Tirolo meridionale, a Rogoznik, a Ponzin nell’Ardéche, ecc.; nel titonico superiore a Cabra nell’ An- dalusia. Nel neocomiano di Gardenazza l’Uhlig ne raccolse 5 esemplari. Gervillia aliformis (Sow.) (Orb. 1843-47. Gervilia alaeformis d’Orbigny, Terr. crét., Lameliibranchia, pag. 484, tav. CCCXCY. 1894. » aliformis Corti, Campora, pag. 384. 494 E. MARIANI. Un esemplare pressochè completo, della lunghezza di mm. 98. L’esemplare del neocomiano inferiore dal d’Orbigny riferito a questa specie del Sowerby, differisce notevolmente, come è noto, dagli esem- plari dell’aptiano di St. Croix (Perte-du-Rhòne), dal Pictet e dal Re- nevier pur riferiti alla stessa specie, essendo che la conchiglia della detta forma del neocomiano, è assai più obliqua e inequivalve, colla re- gione boccale più acuta, essendo inoltre più breve quella anale. Sono quindi due tipi distinti; quelli aptiani sono identici agli esemplari in- glesi sui quali il Soverby ha fondata la sua specie, come risulta dalla descrizione datane dal Pictet e dal Renevier, ! L’esemplare lombardo venne raccolto nella majolica di Campora, in- sieme ad altri due frammenti. Nella majolica bianca di Campora si hanno alcuni altri frammenti di bivalvi (? Modiola: ? Inoceramus Corti, Campora, pag. 384) indeter- minabili; come pure in quella di Morbio superiore (Jnoceramus 2), vi- cino a Mendrisio. Rhynchoteuthis cir. Quenstedti Pictet e de Loriol. 1858. Rhynchoteuthis Quenstedtc Pictet et de Loriol, Néocomien des Voirons, pag. 39, tav. VIII, fig. 5. Un esemplare incompleto, fissato col lato posteriore, o ventrale, sulla roccia: il pinnacolo è schiacciato: la lunghezza del becco sulla linea mediana è di mm. 12; la sua larghezza alla base è mm. 411. La forma e le dimensioni del cappuccio avvicinano questo esemplare alla detta specie del neocomiano superiore di Voirons. . Nella majolica bianca di Suello. Nella majolica di Capriolo presso Palazzolo, il Mortillet raccolse al- cuni resti di Rhynehoteuthis, che dal Pictet e dal De Loriol vennero 1 Prcrer e Renevier, Paléontologie Suisse, Terr. crét. de St. Croix, pa- gina 86, tav. CLVI, fig. 1, 1868-71. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 439 riferiti a specie da loro descritte nella fauna neocomiana di Voirons, e cioè Rhynchoteuthis sabaudianus e Rhyn. Quenstedti 2? (Pictet e De Loriol, Joe. cit., pag. 60). Aptychus Seranonis Coquand. 1841. Aptychus Seranonis Coquand, Mem. sur les Aptychus, pag. 390, tav. IX, Bott 1858. ) ) Pictet et de Loriol, Néoc. des Voirons, pag. 48, tav. XI, fig. 1-8. 1870-71. » ) Hébert, Méoc. inf. dans le midi de la France, pag. 144, ecc. 1890. » ) Parona, Fossili biancone, pag. 300. 1894. » ) Corti, Campora, pag. 380. x Questa specie è assai comune nella majolica neocomiana della Lom- hardia; essa talvolta, come già dissi, si trova riunita in grande quan- tità a formare degli stratelli intercalati nella majolica, come in quella di S. Onofrio fra Capriolo e Adro, e nella majolica della valletta sopra Somasca, nella quale forma degli interstrati calcari nerastri e scistosi. Oltre che nella majolica di Campora, io ne ho raccolti numerosi esem- plari in quella vicino a Cittiglio, in quella di Suello, di M. Fossana în Val Cavallina, nella majolica presso Borgonato (Iseo), ecc. L’Apt. Seranonis, che è comune anche nel diancone del Veneto, è una specie per lo più confinata nel neocomiano inferiore. Aptychus Didayi Coquand. 1841. Aptychus Didayi Coquand, Mém. sur les Aptychus, pag. 376, tav. IX, fig. 10. 1858. ) » Pictet e de Loriol, Néoc. des Votrons, pag. 46, tav. X, fio, 2 1870-71. » » Hébert, Néoc. inférieur dans le midi de la France, pag. 145, ecc. _ 1890. ) » Parona, Fossili biancone, pag. 282. 1894. » » Corti, Campora, pag. 380. 436 E. MARIANI. Questa specie è poco comune nella Lombardia: oltre che nella ma- jolica di Campora, si ha nel calcare bianco marnoso che forma la parte superiore della majolica a Pusiano (Stoppani), nella majolica bianca superiore a Colle Beato (Curioni), nei calcari selciferi del Bresciano (Cozzaglio). L’ Apt. Didayi, pure noto nel diancone veneto, è per lo più fre- quente nel neocomiano superiore. Aptychus angulicostatus Pictet e de Loriol. 1858. Aptychus angulicostatus Pictet et de Loriol, Néoc. des Voirons, pag. 46, tav. X, fig. 3-12. 1870-71. » ) Hébert, Néoc. inf. dans le midi de la France, pag. 167. 1887. » ) Uhlig, Neoc. v. Gardenazza, pag. 100. 1894. » ) Corti, Campora, pag. 380. Anche questa specie è comunissima nel neocomiano della Lombardia, e, come l’Apt. Seranonis, trovasi talvolta riunita in gran copia a for- mare degli straterelli intercalati nella majolica, come in quella di val S. Leone. Essa si raccoglie nella majolica di Castel S. Pietro, di Mor- bio superiore, di Campora, di Pusiano, di Suello, di Capriolo presso Palazzolo. Frequente nel neocomiano inferiore delle Basse Alpi; essa è pure comune nel neocomiano di Gardenazza nel Tirolo meridionale. Aptychus Mortilleti Pictet e de Loriol. 1858. Aptychus Mortiileti Pictet et de Loriol, Néoc. des Voirons, pag. 50, tav, XI, fig. 9-12. 1870-71 » ) Hébert, Néoc. inf. dans le midi de la France, pag. 145, ecs. 1890. ) ) ? Parona, Fossili biancone, pag. 282, 300. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 407 Questa specie è ricordata dal Pictet e dal De Loriol nel succitato lavoro sul neocomiano di Voirons (pag. 60), come raccolta dal Mor- tillet nella majolica di Capriolo presso Palazzolo. Io non ho trovato alcun esemplare di questa specie, fra i molti aptici che ho avuto in esame. Il Coquand ritiene però che l’Apf. Mort/leti possa essere una semplice varietà dell Apt. Seranonis. Phylloceras semistriatum d’Orb. sp. 1840-42. Ammonites semistriatus d’Orbigny, Terr. crét , Céphalopodes, pag. 136, tav. XLI, fig. 3, 4. 1840-42. ) Thetys d’Orbigny, /dzd., pag. 174, tav. LIII, fig. 7-9, 1858. ) ) Pictet e de Loriol, Névc. des Votrons, pag. 17. avegno 1858-60. ) ) Pictet e Campiche, Z'err. crét. de St. Croix, pag. 347. 1883. Phylloceras » Uhlig, Die Cephal. d. Wernsdorfer Sch., pag. 182. 1887. ) semistriatum Uhlig, Neoc. vom Gardenazza, pag. 81. 1890. » ) Parona, Fossili biancone, pag. 289. 1890. ) Tethys Sayn, Amm. barremien, pag. 11. Un modello interno discoidale, pressochè liscio; in un punto verso la regione sifonale, si hanno tracce delle strie di ornamentazione. Bordo esterno arrotondato, convesso. Spira formata da giri assai ricoprentisi con stretto ombelico. Fianchi leggermente convessi: sezione trasversale dei giri ovoidale, più alta che larga. Qua e là tracce della linea lo- bale. Non si può rilevare lo spessore dell’ ultimo giro, essendo questo modello fissato sulla roccia su un fianco: le altre dimensioni sono le seguenti: ~ Gre oe e aa 4 ad altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 9 larghezza dell’ombelico ” ” 0, 08. 438 E. MARIANI. Il Phyl. semistriatum è una specie che si trova nel neocomiano su- periore (Hanterivien; facies. des Voirons), ma più comunemente nel barremiano tipico; essa è nota infatti nel barremiano di Wernsdorf; in quello della Montagne de la Lure (Kilian); in quello poco noto, seb- bene tipico, di Hinterthiersee presso Kufstein (Sayn); in quello di Djebel-Ouach presso Costantina, ecc. Dall’ Uhlig venne trovata nella fauna neocomiana-barremiana di Gar- denazza nel Tirolo meridionale, e dal Parona nel biancone Veneto, il quale, come è noto, coi suoi strati superiori rappresenta il darremiano. L’esemplare lombardo venne raccolto nella majolica bianca di Castel S. Pietro (Mendrisio). Lytoceras subfimbriatum Orb. sp. 1840-42. Ammonites subfimbriatus d'Orbigny, Terr. crét., Céphalopodes, pag. 121» tav. XXXV. 1858. ) ) Pictet e de Loriol, Méoc. des Voirons, pag. 13, tav. II, fig. 1-4. 1858-60. ) » Pictet e Champiche, Z’err. crét. de St. Croix, pag. 272, 350. 1883. Zytoceras subfimbriatum Uhlig, Cephal. der Wernsdorfer Sch., pag.189, Ta vs Vague Se 1887. ) ) Uhlig, Neom vom Gardenazza, pag. 82. 1890. ) ) Parona, Yossil: biancone, pag. 291. Esemplari di questa specie nella Lombardia vennero raccolti dal Mor- tillet nella majolica bianca di Capriolo presso Palazzolo, e citati dal Pictet e dal De Loriol nella loro Monografia sui fossili neocomiani di Voirons (pag. 60). Questa specie è cagatteristica dal neocomiano superiore; essa venne trovata in questo orizzonte dal prof. Parona nel Veneto. È nota anche nel neocomiano dell'Andalusia (Kilian), in quello di parecchie località del mezzogiorno della Francia (Hébert), e di molte altre ricordate dal Pictet, dal De Loriol, dall’Uhlig, ecc. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRAGRETACEO NELLA LOMBARDIA. 439 Lytoceras cir. Phestus Math. sp. 1883. Zytoceras Phestus Uhlig, Cephal. der Wernsdorfer Sch., pag. 187, tav. V, fig. 1-4, 20. 1896. » cfr. Phestus Parona, Consid. sulla serie del giura superiore, pag. 1 (estr.). Due impronte mal conservate di Zyfoceras dal prof. Parona riferite con dubbio a questa specie: esse vennero trovate tra Opreno e Burligo in un calcare scistoso grigiastro sovrastante la majolica e sotto le marne variegate della creta inferiore. Il Zyt. Phestus è una specie frequente nelle faune del dbarremiano ; oltre che in quella di Wernsdorf, essa si conosce in parecchie località barremiano della Francia meridionale: dall’ Uhlig venne trovata anche a Gardenazza nel Tirolo meridionale (op. cit., pag. 82), e dal Parona nel biancone di Asiago (op. cit, pag. 292). Costidiscus recticostatus (Orb. sp. 1840-42. Ammonites recticostatus d’Orbigny, err. crét., Céphalopodes, pag. 134, tav. XL, fig. 3, 4. 1883. Costediscus ) Uhlig, Cephal. der Werndorfer Sch., pag. 193, tav. II, fig. 2; tav. V, fig. 15; tav. VII; tav. VIII, fig. 1-3. 1896. » ) Parona, Consid. sulla serie del giura sup., pag. 1 (estr.). Di questa specie vennero raccolti nel calcare scistoso suddetto vicino a Burligo, parecchi modelli esterni di individui .di dimensioni assai piccole : il più grande è del diametro di mm. 28. Un altro modello, nel quale è bene conservata la tipica ornamentazione, è del diametro di mm. 24. Nella collezione paleontologica della R. Università di Pavia. 440 E. MARIANI. Come già dissi il Cost. recticostatus è una specie caratteristica degli strati alti del barremiano. Essa pure è abbondante nelle faune barre— miane; è nota a Wernsdorf, nel barremiano della Francia meridionale (Hébert: d’Orbigny), a St. Croix (Pictet e Campiche, Terr. crét. de St. Croîe, pag. 349); dal Sayn venne raccolta nel barremiano dei dintorni di Kufstein. Si trova anche nel biancone veneto, a Possagno (Parona). Holcostephanus astierianus @ Orb. sp. 1840-42. Ammonites astierianus d’Orbigny, Terr. crét., Céphalopedes, pag. 115, tav. XXVIII. 1858. ) ) Pictet e de Loriol, Néoc. des Voirons, pag. 14. 1858-60. ) » Pictet e Campiche, Jerr. crét. de St. Croix, pag. 296, 367. 1870-71. » » Hébert, Ze néoc. inf. dans le midi de la France, pag. 142, ecc. 1881. Olcostephanus » Neumayr e Uhlig, Veber Amm. aus den Hils, pag. 149. 1890. Holcostephanus » Parona, Fossili biancone, pag. 296. 1894. ) ) Corti, Campora, pag. 381. Di questa specie venne raccolto un frammento di grande esemplare, ben conservato. L’ Hole. Astierianus è frequente nel neocomiano, e assai più comune nell’hauteriviano : esso si trova sì nella regione mediterranea che nella extraalpina: è noto ad esempio a Voirons, a Hils, e in Italia nel bian- cone veneto. Il frammento lombardo venne raccolto nella majolica bianca di Cam- pora (Como). FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 4414 Holcostephanus bidichotomus Leym. sp. 1840-42. Ammonites bidichotomus d’Orbigny, Terr. crét., Céphalopodes, pag. 190, tav. LVII, fig. 3. 1858-60. ) ) Pictet e Campiche, Z'err. crét. de St. Croix, pag. 291, 366. 1881. Olcostephanus » Neumayr e Uhlig, Veber Amm. aus den Hils, pag. 151, tav. XXI, fig. 2; tav. XXII, fice at: 1890. Holcostephanus » Parona, Fossili biancone, pag. 295. Un frammento hen conservato, nel quale l’ornamentazione corrisponde assai bene agli esemplari illustrati da Neumayr e Uhlig. Come la precedente, Hole. bidichotomus è una specie caratteristica del neocomiano superiore, e per lo più si trova ad essa associata. Se- condo il Pictet l’Hole. bdidichotomus si troverebbe anche nel neoco- miano inferiore del mezzogiorno della Francia (Dròme), però esso non figura nel catalogo dei fossili neocomiani che Hébert ha dato di pa- recchie località delle Basse Alpi e della Drome. In Italia era già nota nel biancone veneto. L’esemplare lombardo venne trovato nella majolica bianca di Lover- ciano (Mendrisio). Silesites Seranonis (Orb. sp. 1840-42. Ammonites Seranonis d’Orbigny, Terr. crét., Céphalopodes, pag. 361, tav. CIX, fig. 4, 5. 1858-60. » ) Pictet e Campiche, Zerr. crét. de St. Croix, pag. 362. 1872. ) Trajani Tietze, Geol. und palaeont. Mittheil. Banater Gebirg., pag. 140, tav. IX, fig. 1. 1883. —Silesites » Uhlig, Cephal. der Wernsdorfer Sch., pag. 233, 236, tav. XVIII, fig. 4, 7, 10, 11, 15. 442 E. MARIANI. 1888. .Stlesites Seranonis Kilian, Montagne de Lure, pag. 230. 1888.» ) Kilian, Moss. du cré!. infér. de Provence, pag. 666, tav. XVIII, fig. 4. 1896. ) » Parona, Consid. sulla serie del giura sup., pag. 1 (estr.). Di questa specie venne raccolto solo un frammento di modello in- terno di piccolo individuo, nei calcari scistosi sovrastanti la dolomia bianca compatta fra Opreno e Burligo (vers. occid. M. Albenza). Il Sed. Seranonis è una specie comunissima nel barremiano: è nota ad esempio in parecchie località delle Basse Alpi (Mont. de Lure, Bar- rome, Combe-Petite, Noyers); a Weitenau nelle Alpi orientali; a Gro- discht, Skalitz, Malenovitz, Ernsdorf, Wernsdorf (Carpazi); a Hinter- thiersee presso Kufstein (G. Sayn). Il prof. Parona la ricorda nella fauna del biancone veneto. Hoplites neocomiensis d’Orb. sp. 1840-42. Ammonites neocomiensis d’Orbigny, Terr. crét., Céphalopodes, pag. 202, : tav. LIX, fig. 8-10. . 1858-60. D ) Pictet e Campiche, Z'err. crét. de St. Croix, pag. 247, 329. L881. Zoplites cfr. neocomiensis Neumayr e Uhlig, Veber Amm. aus den Hils., pag. 167, tav. XLVIII, fig. 3. 1894. ) neocomiensis Corti, Campora, pag. 381. Un frammento di modello interno di un esemplare di mediocre gran- dezza: delle sue dimensioni si possono rilevare la lunghezza del dia- metro (mm. 45), e l’altezza dell’ ultimo giro, che in rapporto al dia- metro, è 0,50. L’Hopl. neocomiensis è una specie caratteristica del neocomiano inferiore, L’esemplare lombardo venne raccolto nella majolica bianca di Cam- pora (Como). FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 499_ Hoplites sp. 1894. Hoplites cfr. cryptoceras Corti, Campora, pag. 381. Un frammento mal conservato di modello interno di grande individuo : lungo la regione sifonale si osservano piccole porzioni delle coste fles- suse. Il cattivo stato di conservazione del nostro esemplare, non per- mette di poterlo avvicinare ad alcuno degli Hopdztes del neocomiano. Esso fu trovato nella majolica di Campora. Hoplites sp. Un’impronta di piccolo individuo (diam. mm. 31), la quale, per la ornamentazione, si avvicinerebbe al gruppo dell’ Hop/. norzeus Schloth., e più particolarmente alle forme descritte dal Neumayr e dall’ Unlig sotto il nome di Hopl. amblygonius (= Hopl. noricus aut. ex parte), trovate nel conglomerato neocomiano di Hils (Neumayr e Uhlig, op. cet. pag. 168, tav. XXXVI, fig. 1; tav. XXXVII, fig. 1; tav. XXXIX, fig. 1; tav. XL, fig. 2; tav. XLIII, fig. 2). L’esemplare lombardo venne trovato nella majolica di Capriolo. Crioceras n. f. ind. (tav. I, fig. 3). Modello interno incompleto, in parte schiacciato, della parte svolta dell’ultimo giro. Il margine interno, o ombelicale, è stretto, angoloso : il lato esterno è largo, appiattito e liscio. L’ ornamentazione è fatta da coste tubercolute, alquanto rilevate; esse sono in numero di 6. Le prime coste sono pressochè equidistanti; lo spazio che sta fra le ul- time due è assai più ampio degli altri spazi intercostali. I nodi ben distinti sulle coste sono due: essi sono grossi, alquanto rilevati e pres- sochè conici. 444 E. MARIANI. Fra le coste tubercolate se ne hanno altre assai più sottili, equidi- stanti: di esse, nello spazio che sta fra le prime due grosse coste, se ne contano dieci. Nessuna traccia di linea lobale. Questo nostro erdoceras presenta una certa parentela col Crioceras Matheroni VOrb. sp. (Terr. crét., Céphal., pag. 497, tav. CXXII) e col Cr. varians VOrb. sp. (béd., pag. 126, tav. DIV), dai quali specialmente si distingue sia per la forma che pel numero delle grosse coste e dei tubercoli, che per le sottili coste intermedie. La forma di erzoceras che più si avvicina alla nostra, è quella tro- vata nel barremiano di Gardenazza e descritta dall’ Uhlig (Crioceras, n. sp. ind., pag. 97, tav. III, fig. 4); ne differisce però per la diversa forma e pel numero dei nodi e delle costicine. Mi pare che il erzoce- ras di Gardenazza, appartenga al gruppo ben distinto del C. Mathe- ront d Orb. sp., al quale gruppo vorrei riferire anche questo esem- plare lombardo, che venne raccolto nella majolica bianca vicino a In- duno (Varese). Crioceras sp. Riferisco a questo genere un modello interno, che qui venne ripro- dotto in grandezza naturale, di un ammonite assai logoro, dietro il pa- rere dell’amico prof. C. F. Parona, che lo ebbe in esame. Esso risulta oe ARTÀ at 1 yY Re di tre giri interni aderenti, ornati da numerose coste robuste sporgenti, gradatamente ingrossantesi dal hor- do ombelicale all’esterno. Esse sono diritte nei primi due giri, indi si fanno leggermente flessuose. Sull’ul- timo giro una costa, a circa !/, della Zs sua lunghezza dall’ombelico, sì bi- cutee sp. forca; ed il ramo anteriore di essa FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 445 Si piega fortemente all’ indietro, mentre che il ramo posteriore presenta l'andamento flessuoso delle altre coste. Sul secondo giro, vicino alla sutura esterna, le coste portano un nodo. Il cattivo stato di conserva- zione del nostro esemplare, non permette di vedere se le coste erano provvedute di altri nodi. La forma delle coste permette un lontano ravvicinamento di questo crioceras al Cr. Seeleyi Neumayr e Uhlig, del barremiano di Hils (op. cît., pag. 185, tav. CI, fig. 1-3; tav. CII, fig. 1-3); però in que- sta specie le coste non hanno il nodo come nel nostro esemplare. Altro lontano ravvicinamento si può fare col Cr. hammatoptychum Uhlig, degli strati di Wernsdorf (op. cit., pag. 262, tav. XXX), il quale per molti caratteri, si avvicina alla precedente extraalpina, avendo però le coste con tre nodi. In ambedue le suriportate specie, le coste sul bordo esterno si attenuano, o si interrompono; mentre che nel nostro erioceras passano ininterrotte e ugualmente grosse sul fianco opposto. Il nostro esemplare presenta tracce di profonde linee lobali, foggiate per l’appunto sul tipo di quelle dei erzoceras. L’esemplare lombardo venne trovato nella majolica bianca vicino a Predore (fra Predore e Cadè), sulla sponda occidentale quindi del lago d’ Iseo. Belemnites latus Blainv. 1840-42. Belemnites latus d’Orbigny, Terr. crét., Céphalopodes, pag. 48, tav. IV, fig. 4-8. 1858. ) ». Pietet e De Loriol, Néoc. des Votrons, pag. 11, tav. I bis, fig. 9-11. 1858-60. ) » Pictet e Campiche, Z'err. crét. de St. Croix, pag. 106, tav. XII fig. 10, IL A questa specie riferisco con dubbio un frammento di rostro un po’ compresso anteriormente, col solco ventrale superficiale e strettis 446 i E. MARIANI. - simo, e colla punta leggermente eccentrica. Tale rostro venne trovato nella majolica bianca sotto Cragno (M. Generoso). Il Bel. latus era però già noto nella Lombardia, essendo stato rac- colto dal Mortillet nella majolica bianca del M. Alto, a sud del lago d’ Iseo, e ricordato dai signori Pictet e De Loriol nel lavoro su Voi- rons (pag. 60). È essa una specie assai nota nel neocomiano: il Toucas la ricorda anche nel titonico superiore di Berrias, Chandolas e Vogué nell’Ardèche. Dal prof. C. F. Parona venne ricordata fra la fauna neocomiana del Veneto (Fossili biancone, pag. 301). Belemnites bipartitus Blainv. sp. 1840-42. Belemnites bipartitus d’Orbigny, Terr. crét., Céphalopodes, pag. 45, tav. Ill, fig. 6-12. 1858. ) ) Pictet e de Loriol, Néoc. des Votrons, pag. 2, tav. I bis, fig. 1-5. 1858-50. ) ) Pictet e Campiche, Zerr. crét. de St. Croix, pag. 99. 1894. ) ) Corti, Campora, pag. 379. Parecchi esemplari raccolti nella majolica bianca di Campora, Erba, Suello (?), S. Onofrio (Colle d’Adro) e Morbio superiore (Mendrisio). Anche questa specie è comune, come la precedente, nel neocomiano; venne pure trovata nel biancone veneto. Belemnites comensis Stoppani (tav. I, fig. 4-6). 1858. Belemnites comensis Stoppani, Studi, pag. 222 e 338. \ Rostro allungato; leggermente fusiforme nella metà posteriore, mentre che è lateralmente schiacciato nella regione alveolare. La sezione è circolare nella regione posteriore, elittica nella anteriore. Solco ventrale FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO NELLA LOMBARDIA. 447 a pareti fortemente inclinate: esso si mantiene profondo sulla meta anteriore, indi rapidamente diventa superficiale, arrestandosi a circa mm. 20 dall’apice, come nel Bel. /atus. Non si hanno solchi laterali. Dimensioni. lunghezza sme: = 95 diametro maggiore . Bh HALAS) ” minore ” SO, Un solo esemplare nella majolica bianca di Camnago presso Como. Milano, Museo Civico: Sez. di Geologia. Gennaio, 1900. Vol, XXXVIII, 448 E. MARIANI. FOSSILI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO, ECC. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Fig. 1, 2. — PeRIsPHINCTES TARAMELLI! n. sp. (grandezza naturale). Per la linea lobale si veda la figura nel testo. » 3. — CRIOCERAS n. f. ind. (grandezza naturale). » 46. — BELEMNITES COMENSIS Stopp. (grandezza naturale). E. MARIANI - Fossili del Giura, ecco. Atti d. Soc. Ital. di Sc. Nat. Vol. XXXVIII. | j i j | | | E. MARIANI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO BULLETTINO BIBLIOGRAFICO DELLE PUBBLICAZIONI RICEVUTE IN DONO OD IN CAMBIO DALLA SOCIETA dal 1° gennaio al 31 dicembre 1899. Non periodiche. ! “AMEGHINO FLoreNTINO. El mamifero misterioso de la Patagonia (Neo- mylodon listai. Un sobreviviente actual de los megaterios de la antigua Pampa. La Plata, 1899. #-- Sinopsis Geologico-Paleontologica. Suplemento (Adiciones y Correc- ciones). La Plata, in-4, 1899. *ARRIGONI DEGLI Oppi Ettore, Eine Brutstitte des schwarzen Milans bei Grezzano bei Verona (Sonderabdruck aus: Journal fiir Ornitho- logie, Oktoberheft, 1898.). *_ On two hybrid Ducks in count Ninni’s collection at Venice. (Ex- trait du Ornis, Bulletin du Comité ornithologique international.) Paris, 1898. *—— Ornithological notes on thirty abnormal coloured « Anatidae », cought in the venetian territory. (Extrait du Ornis etc.) Paris. BaLL V., A manual of the geology of India.-Economic geology. Second edition revised in parts. Part I Corundum by Holland. F. H. 1897. Calcutta. Quelle segnate con asterisco furono donate dai rispettivi Autori; le altre si ebbero da Società e Corpi scientifici corrispondenti. 450 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Barty Justus, Norrenaskaller. Crania antiqua in parte orientali Nor- vegiae meridionalis inventa. Christiania, 1896. BocxH JoHANN und GeseLL ALEXANDER, Die im Betrieb stehenden und im Aufschlusse begriffenen Lagerstitten von Edelmetallen, Erzen, Eisensteinen, Mineralkohlen, Steinsalz und anderen nutzbaren Mine- ralien auf dem Territorium der Linder der ungarischen Krone mit eine Karte. Budapest, 1898. “Bonomi Agostino, Lo zigolo dal collare (Euspiza aureola Pall.) cat- turato per la prima volta nel Trentino. Rovereto, 1899. “— Note ornitologiche raccolte nel Trentino durante il.1895. Siena, 1898. (Avicula, anno II, fasc. 11.) *BROECK (van DEN) Ernest (Etude critique.), Le discours de M. Ed. Dupont a la séance publique du 16 décembre 1898 de l’Académie des Sciences de Belgigne, consacré a l’évolution et au phénomène de la migration. Extrait des Ann. de la Société royale malacolo- gique de Belgique. Tome XXXIV. Bruxelles, 1899. *Carri Enrico, Saggio di dizionario della Avifauna bergamasca. Ber- gamo, 1898. CuiLovi Desiperio, Il catalogo della letteratura scientifica. Estratto dalla Nuova Antologia, fasc. 1.° marzo 1899 (Vol. LXXX, Serie IV.) Roma. *FIORENTINI ANGELO, Alcune osservazioni sulla Pleuro-polmonite cronica e sopra altre lesioni dei polmoni dei vitelli da latte. Pavia, 1898. GoeseL KARL, Ueber Studium und Auffassung der Anpassungserschei- nungen hei Pflanzen. Festrede gehalten in der éffentlichen Sitzung der K. h. Akademie der Wissenschaften zu Mitnchen zur Feier ihres 139° Stiftungstages am 15. Marz 1898. Hutt J. M., Oefversigt af faunistiskt och biologiskt vigtigare litte- ratur ròrande Nordens Faglar. Stockholm, 1899. LINDEMANN FERDINAND, Gedichtnissrede auf Philipp Ludwig von Seidel gehalten in der Offentlichen Sitzung der K. b. Akademie der Wis- senschaften zu Minchen am 27 Mirz 1897. Miinchen, 1898. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 451 *Marri Pierro C. P., Commemorazione di Alessandro Volta. Monza, 1899. *Macrettr PaoLo, Imenotteri dell’ ultima spedizione del capitano Bot- tego. Genova, 1899. *MercaLLi GIUSEPFE, I terremoti della Liguria e del Piemonte. Me- moria con tre tavole in litografia, in-4, Stabilimento tipografico di Lanciano e Pinto. Napoli, 1897. *__ Le notizie sismo-vulcaniche riferite nelle cronache napoletane apo- crife o sospette. Articolo inserito nell’Arch. Stor. per le prov. na- polet. Anno XXIII, fasc. 2. Napoli, 1898. *Micesi G. B., La Riforma Positiva del Governo Parlamentare, in-8. Brescia, 1900. Montetius Oscar, Musée des Antiquités Nationales de Stockholm. Ca- talozue sommaire publié au nom de l’Académie royale des Belles- Lettres, d’Histoire et d’Archéologie. Stockholm, 1899. *Ninni E., Effetti prodotti sull’uomo dai peli del bruco della Cnetho- campa pityocampa Schif. Estratto dal Bollettino del Naturalista. Anno XIX, N. 6-7. *— Sopra lo scheletro di un uccello mostruoso (con una tavola). Estratto dall’Avicula. Anno III, fasc. 11-22. Siena, 1899. *Nuove relazioni intorno ai lavori della R. Stazione di Entomologia Agraria di Firenze per cura della Direzione. Serie prima, N. 1, in-8. Firenze, 1899. *Observations nouvelles sur le gisement et sur l’ìge des Iguanodons de Bernissart. Communications préliminaires, compte-rendu som- maire de diverses communications faites à la séance du 27 dé- cembre 1898 dela Société Belge de Géologie, de Paléontologie et d’Hydrologie. Bruxelles, le 25 janvier 1899. *Pennisti Mauro Antonino, L’Universale, organo filosofico della dimo- strazione dell’ Ente, principio creativo ed ordinatore del mondo. ‘ Anno I, N. 1. Acireale, 1899. 452 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. *Prerre E. et J. De LaportERIE, Etudes d’ethnographie préhistorique V Fouilles & Brassempouy en 1897. Extrait de « l’Anthropologie ». Tome IX. Paris. *Pini E., Osservazioni meteorologiche eseguite nel 1898, col riassunto composto sulle medesime. R. Osservatorio astronomico di Brera in Milano. PR al *PorraL EMMANUEL, Les origines de la vie et la paléontologie. Pa- Iéontologie scientifique et paléontologie philosophique. Paris, 1898. Sars G. O., Phyllocarida og Phyllopoda Beskrivelse af de hidtil Kjendte Norske Arter af underordnerne. Fauna Norvegiae. Bd. I. Christia- nia, 1896. StopPANI Antonio, Corso di geologia, terza edizione con note e ag- giunte per cura di Alessandro Malladra. Vol. I, fase. 1-6, 1899. #Stossica MicHeLE, Strongylidae, lavoro monografico. Trieste, 1899. *— Lo smembramento dei Brachycoelium. Trieste, 1899. *— La sezione degli Echinostomi. Trieste, 1899. *— Appunti di Elmintologia. Trieste, 1899. *StuckerT Troporo, Una leguminosa nueva de la Flora Argentina. Con 2 tavole. Buenos Aires, 1599. *THIEULLEN Ap., Lettre à M. Chauvet, Président de la Société Histo- rique et Anthropologique de la Charente; pour faire suite aux vé- ritables instruments usuels de l’àge de la pierre, in-4. Paris, 1898. *— Silex Anti-classiques, in-8. Paris, 1899. po or I BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Pubblicazioni periodiche 4 DI SOCIETA ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE CORRISPONDENTI. Aarsberetning for 1897, 8% Aargang; 1898, 9% Aargane. Stavanger Museum. Stavanger, 1898, 1899. Abhandlungen und Bericht XXXII und XXXIV des Vereins fiir Na- turkunde zu Kassel iber das 62 und 65 Vereinsjahr 1897-98 und 1898-99. Kassel, 1898-99. Acquicoltura (L’) Lombarda. Bollettino mensile. Anno I, N. 1-6. Mi- lano, 1899. Acta Horti Petropolitani. Tomus XV, fasciculus 2, 1898; Catalogo della Biblioteca dal 1873-1898. St. Pétershourg, 1899. Acta Universitatis Lundensis. Lunds Universitets ars-skrift. Lund. Tom. XXXIV:2 (Andra Afdelningen) K. Fysiografiska Sallska- pets Handlingar, 1898. Actas de la Sociedad espamiola de Historia natural. Noviembre, Diciem- bre, 1898, Enero-Diciembre. Madrid, 1899. Actes de la Société scientifique du Chili. Tome VIII, 1898, 1.°-4.° l- vraison. Santiago. Alpi Giulie. Rassegna bimestrale della Società alpina delle Giulie. Anno IV, N. 1, 3-6, 1899; Anno V, N. 41. Trieste, 1900. American (the) monthly microscopical Journal. Vol. VII, N. 3, 1887; Vol. IX, N. 5, 9, 1888; Vol. XVII, N. 1-2. Washington, 1897. Amico dei campi (L’), periodico mensile di Agricoltura ed Orticoltura della Società Agraria in Trieste, redatto da Ad. Stossich. Anno XXXIV, N. 11-12, 1898; Anno XXXV, N. 1-41. Trieste, 1899. Anales de la Sociedad espaiola de Historia natural. (Serie II.) Tomo VII, parte 2.8, 1898; Tomo VII. Madrid, 1899. 454 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Anales de la Universidad central de la Republica del Equador esta- blecida en Quito. Serie XII, N. 89; Serie XII, N. 90 (Tomo II), 1898; Serie XII, N. 91. Quito, 1899. Anales del Museo Nacional de Buenos Aires. Tom. VI (Ser. II, Tom. II. Buenos Aires, 1899. Anales del Museo nacional de Montevideo, publicato bajo la direccion de J. Arechavaleta. Tomo III, fasciculo 10, 1898; Tomo II, fasci- culo 11. Montevideo, 1899. Annales de la Société d’Agriculture, Sciences et Industrie de Lyon. (VII Série). Tome V. Lyon, 1897 (1898). Annales de la Société entomologique de Belgique. Tome XLII. Bru- xelles, 1898. Annales de la Société malacologique de Belgique. Tome XXX, Année 1895, 1898; Tome XXXII, Année 1897; Tome XXXIV, Mémoires feuille 1 et 2 planches, 1899; Tome XXXIV, Bulletins des Séan- ces, feuille 1-5. Bruxelles, 1899. Annales de |’ Université de Lyon. Lyon, 1897-98. Fasc. 33. — Recaup C. et Barsjon F., Anatomie pathologique du système lymphatique (Réseux, Canaux, Ganglions) dans la sphère des Néoplasmes ma- lins. 1897. Fasc. 39. — Les formes épitoques et l’évolution des Cirratuliens, 1898. Nouvelle Série. I Sciences, Médecine. Fasc. 1. — Monographie de la faune lacustre de l’éocàne moyen par Frf- DÉRIC ROMAN. Fasc. 2. — De la constitution des alcaloides végétaux par X. Causse. Annales du Musée du Congo, publiées par ordre du Secrétaire d’Ktat. Série I, Botanique, illustration de la flore du Congo par De-Wil- deman Em. et Durand Th. Tome I, fasc. 1 avec 12 planches, I- XII; fasc. 2 avec 12 planches, XII-XXIV, 1898. — Série II Zoologie, matériaux pour la faune du Congo. Poissons nouveaux par G. A. Boulenger. Tome I, fasc. 1 avec 9 planches, I-IX; fa- scie. 2 avec 10 planches, X-XIX. Bruxelles, 1898. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 455 Annali della R. Accademia d’Agricoltura di Torino. Vol. LXI, 1898. To- rino, 1899. . Annuaire de l’Académie royale des sciences, des lettres et des beaux- arts de Belgique. 64."° année, 1898; 65.™° année, 1899. Bruxelles, 1899. Annuaire du Musée zoologique de l’Académie impériale des sciences de St. Pétershourg. 1898, N. 2-4; 1899, N. 1-3; St. Pétershourg, 1899. Annual Report. — New York State Museum. University of the State of New York. Forty-ninth annual report of the Regents, 1895; Vo- lume I, in-8, 1897; Vol. II, in-4, 1898; Fiftieth annual report of the Regents, 1896. Vol. I. Albany, 1898. Annual Report of the Board of Regents of the Smithsonian Institu- tion, showing the operations, expenditures, and condition of the In- stitution to Juli 1896; Id. to July 1897. Washington, 1898. Annual Report of the Board of Regents of the Smithsonian Institu- tion, for the year ending June 30, 1895 (1897); for the year en- ding June 30, 1896 (1898). Report of the U. S. National Museum. Washington, 1898. Annual Report (sixteenth) of the Board of Trustees of the public Mu- seum of the city of Milwaukee, september 1% 1897, to august 948 1898. Milwaukee, 1898. Annual Report (eighteenth) of the United States Geological Survey, to the Secretary of the Interior, 1896-98. Part I, Director’s Report, 1897; part II, Papers chiefly of a theoretic nature, 1898; part III, Economic Geology, 1898; part IV, Hydrography, 1897; part V, Mineral resources of the U. S., 1896, metallic products and coal, 1897; part V, Continued Mineral resources of the U. S., 1896, Nonmetallic products, except coal, 1897. — Annual Report (ni- neteenth) of the U. S. Geological Survey. 1897-98. Part. I, Di- rector’s Report, 1898; part IV, Hydrography, 1899; part VI, Mi- neral resources of the U. S., 1897, metallic products, coal and 456 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. coke, 1898; part VI, Continued Mineral resources of the U. S., 1897, nonmetallic products, excepted coal and coke, 1898. Wa- shington, 1899. Antiquarisk Tidskrift for Sverige. Delen 14, fascic. 1. Stockholm, KOS). i Aquila, a magyar madirtan kézpont folydirata (Journal pour l’Orni- thologie, publié par le Bureau central pour les observations orni- thologiques). VI Jahrgang, N. 1-4. Budapest, 1899. Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschichte in Mecklenburg. 53 Jahrgang, 1, 2 Abtheilung. Giistrow, 1899. Archives du Musée Teyler. Série I, Vol. VI, 2.° Partie; Vol. VI, 3.° Partie. Haarlem, 1898, 1899. Archives for Mathematik og Naturvidenskab udgivet af Amund Hel- land, Sophus Lie, G. 0. Sars og S. Torup. Attende Bind (18), Hefte 1-4, 1896; Nittende Bind (19), Hefte 1-4, 1896-97; Fy- vende Bind (20), Hefte 1-2. Kristiania, 1898. Archives néerlandaises des sciences exactes et naturelles, publiés par la Société hollandaise des sciences & Harlem et rédigés par J. Bosscha. Série II, Tom. II, livr. 2-5 ; Série II, Tom. II, live. 1-2. La Haye. 1899. Ateneo Veneto (L’). Rivista bimestrale di scienze, lettere ed arti. Anno XXI, Vol. II, fasc. 1-3, 1898; Anno XXII, Vol. I, fase. 1-3, 1899; Anno XXII, Vol. II, fasc. 1-2. Venezia, 1899. Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. (Serie IV.) Anno LXXVI, Vol. XII. Catania, 1899. Atti della Reale Accademia economico-agraria dei Georgofili di Fi- renzo. (Serie IV.) Vol. XXI, disp. 3-4, 1899; Vol. XXII, dispense 1-2. Firenze, 1899. Atti della R. Accademia dei Fisiocritici in Siena. (Serie IV .) Volume X, anno accademico 207, fasc. 1-5, 1898; Vol. XI, anno accade- mico 208, fasc. 1-3. Siena, 1899. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 457 Atti della Reale Accademia dei Lincei. Serie V. Rendiconti. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Anno CCXCV, Vol. VII, sem. 2, fasc. 10-12, 1898; Anno CCXCVI, Vol. VIII, sem. 1, fa- scic. 1-12. Adunanza solenne del 4 giugno 1899; Anno CCXCVI, Vol. VII, sem. 2, fasc. 1-2. Roma, 1899. Atti della R. Accademia delle scienze di Torino. Vol. XXXIV, di- spensa 1-15 e osservazioni meteorologiche fatte nell’anno 1898 all'Osservatorio della R. Università di Torino. Torino, 1898-99. Atti della Reale Accademia delle scienze fisiche e matematiche. (Se- rie II.) Vol. IX. Napoli, 1899. Atti della I. R. Accademia di scienze, lettere ed arti degli Agiati in Rovereto. Serie III, Vol. IV, fasc. 3-4, Anno 1898; Vol. V, fa- scicolo 1-2. Rovereto, 1899. Atti dell’ Ateneo di Bergamo. Vol. XIV (anni 1897-98). Bergamo, 1899. Atti del Reale Istituto d’Incoraggiamento di Napoli. Serie IV, Vol. XI. Napoli, 1898. Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Anno accademico 1898-99. Supplemento al Tomo LVII, fascicolo contenente eli atti delle adunanze di ottobre, novembre e dicembre 1898 ; Tomo LVIII, Serie VIII, Tomo I, dispense 1-5; Anno accademico 1899-1900. Tomo LIX, Serie VIII, Tomo II, disp. 1. Venezia, 1899. Atti e rendiconti dell’Accademia di scienze, lettere ed arti dei Zelanti e P. P. dello studio di Acireale. (Nuova serie) Vol. IX, 1897- 1898; memorie della classe di scienze. Acireale, 1899. Atti della Società dei Naturalisti di Modena. (Serie III) Vol. XV, Anno 30, fase. 2; Vol. XVI, Anno 31, fasc. 2. Modena, 1898. Atti della Società lisustica di scienze naturali e geografiche. Vol. IX, N. 4, Anno IX, 1898; Vol. X, N. 1-2, Anno X. Genova, 1899. Atti della Società toscana di Scienze naturali, residente in Pisa. Me- morie. Vol. XVI. Pisa, 1898. 458 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. - Atti della Società toscana di Scienze naturali. Processi verbali. Vol. XI, Adunanza del 3 luglio e 20 novembre 1898; 29 gennaio, 19 marzo e 7 maggio 1899. Firenze, 1899. Atti della Società veneto-trentina di Scienze naturali, residente in Pa- dova. II Serie, Vol. III, fasc. 2. Anno 1898. Padova, 1898. Augustana Library Publications number 1. The mechanical composi- tion of wind deposits. by Johan August. Uddon. Rock Island, Ill 1898. Australian Museum (Report of Trustees) for the year 1898 (1899). Sydney, 1899. Avicula. Giornale ornitologico italiano. Anno IT, N. 10, 12. Siena, 1898. | Bericht (Zweinunddreissigster) der Oberhessischen Gesellschaft fir Na- tur- und Heilkunde. Giessen, 1897-98-99. Bericht der Senkenbergischen naturforschenden Gesellschaft in Tae furt a. M. Bericht von Juni 1898 bis Juni 1899. Frankfurt am Mein, 1899. Bericht des naturwissenschaftlichen Vereins fiir Schwaben und Neuburg (a. V.) friher naturhistorischen Vereins in Augsburg. 33.° Bericht. Augsburg, 1899. Berichte der Naturforschenden Gesellschaft zu Freiburg i. Br. 11." Band, is Hefty Hreiburesi) Bre 4699! Berichte der Naturwissenschaftlich-medizinischen Vereines in Innsbruck. - XXIV Jahrg., 1897-98 und 1898-99. Innsbruck, 1899. Bihang till K. Svenska Vetenskaps-Akademiens Handlingar. 24 Bandet, Afdelning HIV. Stockholm, 1899. Boletim da Commissao geographica e geologica de Sao Paulo. N. 10, 1895; N. 11, 1896; N. 12-14, 1897. Sao Paulo, 1899. Boletim do Museu Paraense de Historia Natural e Ethnographia. Vo- lume II, N. 1-4. Parà-Brazil, 1897-98. Boletin de la Academia nacional de Ciencias en Cordoba (Republica Argentina). Tomo XVI, entrega 1. Buenos Aires, 1899. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 459 Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Uni- versità di Torino. Volume XII, N. 320-334, 1898; Volume XIV, N99: 95901598: SLorino; 1899. : Bollettino della R. Accademia medica di Genova. Anno XIV, N. 1-3. Genova, 1899. Bollettino del R. Comitato geologico d’Italia. Anno 1898, N. 3-4; Anno 1899, N. 1-3. Roma, 1899. Bollettino della Società africana d’Italia. Periodico bimestrale. Anno XVII, fasc. 4-6, 1898; Anno XVIII, fasc. 1-10. Napoli, 1899. Bollettino della Società di Naturalisti in Napoli. Serie I, Vol. XII, Anno XI, 1898; fascicolo unico, 1899. Napoli, 1899. Bollettino delle sedute della Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. (Nuova Serie.) Fasc. 50, 56, 1898; fasc. 57-60, 1899. Catania, 1899. Bollettino del Naturalista, Collettore, Allevatore, Coltivatore, Acclima- tatore. Periodico mensile. Supplemento alla Rivista italiana di sc. naturali. Anno XVII, N. 11, 1898; Anno XIX, N. 1, 10, 11, 1899. Siena, 1899. Bollettino mensuale pubblicato per cura dell’Osservatorio centrale del R. Collegio Carlo Alberto in Moncalieri. Serie II, Vol. XVIII, N. 9-11, 1898. Torino, 1898. Bollettino statistico mensile della Città di Milano. Anno XV, 1-11. 1899. Milano, 1899. Bulletin de l’Académie impériale des Sciences de St. Pétersboure. V Série, Tome VII, N. 3-9, 1897; Tome VIII, N. 1-5, 1898; Tome IX, N. 1. St. Petersbourg, 1898. Bulletin de la Société belge de Géologie et Paléontologie et d’Hydro- logie. IT Série, XII Année, Tome XII, fasc. 1, 1899; Tome X, fasc. 4. Bruxelles, 1899. Bulletin de la Société des Sciences Naturelles de Neuchatel. Tome XXLXXIV, 1893-1897. Neuchatel, 1898. 460 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Bulletin de la Société géologique de France. (III Série.) Tome XXV, N. 8-9, 1897; Tome XXVI, N. 1-6, 1893-99; Tome XXVII, N. 1. Panicum coor Bulletin de la Société impériale des Naturalistes de Moscou. Année 1897, N. 3-4; Année 1898, N. 1. Moscou, 1898. Bulletin de la Société libre d’émulation, du commerce et de l’industrie de la Seine inférieure. Exercice 1897-98. Rouen, 1898. Bulletin de la Société nationale d’acclimatation de France. Année XLY, N. 7-9, octobre-novembre, 1898; Année XLVI, N. 1, 3-4, 6. Paris, 1899. Bulletin de la Société royale de botanique de Belgique. Tome XXXVI, 1898; Tome XXXVII. Bruxelles, 1898. Bulletin de la Société vaudoise des sciences naturelles. IV Série, Vo- lume XXXIV, N. 130, 1898; Vol. XXXV, N. 134-133. Lausanne, 1899. Bulletin du Muséum d’Histoire naturelle. Année 1898, N. 1-8; Année PSO Ne 2 Panis. 18998 Bulletin international de ]’Académie des sciences de Cracovie. Comptes rendus des séances de l’année 1898, novembre-décembre; 1899, janvier-novembre. Cracovie, 1899. Bulletin of the Buffalo Society of Natural Sciences. Vol. V, N. 1-5, 1886-91-94-97; Vol. VI, N. 1. Buffalo, 1898. Bulletin of the Geological Institution of the University of Upsala, edi- ted by Hj. Sjogren. Vol. IV, part 1, N. 7. Upsala, 1898. Bulletin of the Geological Society of America. Vol. IX. Rochester, 1898. Bulletin of the New York State Museum University of the State of New York. Vol. IV, N. 16-18. Albany, 1897. Bulletin of the United States Geological Survey. N. 88-89, 1898; N. 149. Washington, 1897. Bulletin of the United States National Museum. N. 47, part. II, II. The Fishes of North and Middle America, 1898 by Jordan David Starr and Evermann Barton Warren. Washington, 1898. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 461 Bulletin of the Wisconsin geological and natural History Survey. (E. A. Birge Director.) Bulletin N. 1, Economic Series, N. 1, 1898; Bulletin N. 2, Scientific Series, N. 1. Madison Wis. 1898. Bullettino della Reale Accademia medica di Roma. Anno XXYV, fasci colo 1-7. Roma, 1899. Bullettino della Associazione Agraria Friulana. (Serie IV.) Vol. XV, N. 15-16, 1898; Vol. XVI, N. 1-3, 6-18. Udine, 1899. Bullettino della Società botanica italiana. N. 8, 1898; N. 1-6. Fi- renze, 1899. Bullettino della Società entomologica italiana. Anno XXX, trimestre 3-4, 1898; Anno XXXI, trim. 1-4. Firenze, 1899. Bullettino di Paletnologia italiana, fondato da G. Chierici, L. Pigorini, e P. Strobel, diretto da L. Pigorini. (Serie III.) Tomo IV, Anno XXIV, N. 10-12 e Indici, 1898; Tomo V, Anno XXV, N. 1-9. Parma, 1899. Bulletins de l’Académie royale des sciences, des lettres et des heaux- arts de Belgique. (III Série.) Année LXVII, Tome XXXIV, 1897; Année LXVII, Tome XXXV, XXXVI, 1898; Tables générales du recueil des Bulletins etc. Tome I a XXX (1881 a 1895). Bru- xelles, 1898. Bulletins de la Société d’Anthropologie de Paris. (IV Série.) Tome VII, fase. 5-6, 1897; Tome IX, fasc. 1-6. Paris, 1898. Bulletins du Comité Géologique de St. Pétersbourg. Tom. XVI, N. 3- 9 et Supplément, 1897; Tome XVII, N. 1-5. St. Pétershourg, 1898. Commentari dell’ Ateneo di Brescia per l’anno 1898. Brescia, 1898. Commission géologique suisse. Matériaux pour la Carte géologique de la Suisse. Livraison XXVII, 1898 ; livraison XXXVII. Berne, 1898. Comunicaciones del Museo Nacional de Buenos Aires. Tomo I, N. 2, 1898; Tomo I, N. 3. Buenos Aires, 1899. Dati statistici a corredo del resoconto dell’ amministrazione comunale 1898. Municipio di Milano, 1899. 462 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Foldtani Kizliny (Geologische Mittheilungen). Zeitschrift der Ungari- schen Geologischen Gesellschaft. XXVIII Kotet, "1-12 Fizet, 1898; XXIX Kéòtet, 5-7 Fizet. Budapest, 1899. Forhandlinger i Videnskabs-Selskabet i Christiania. Aar 1897-98, N. 1-5, 6; Aar 1899, N. 1. Christiania, 1899. General report on the work carried on by the Geological Survey of India. — For the period from the 1* april 1898 to the 3 march 1899. Calcutta, 1899. Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova. Anno XX, fasc. 4, 1898; Anno XXI, fasc. 1, 2, 3, 4. Genova, 1859/95 Giornale della Reale Società italiana d’igiene. Anno XX, N. 12, 1898; Anno XXI, N. 1-12. Milano, 1899. Jahrbuch der K. K. Geologischen Reichsanstalt. Jahrg. 1898-99, XLVII Bd., 2-4 Heft.; XLIX Bd., 1-2 Heft. Wien, 1899. Jahrbiicher des Nassauischen Vereins fiir Naturkunde. Jahrg. Lil. Wiesbaden, 1899. Jahresbericht der Naturforschenden Gesellschaft Graubiindens. (Neue Folge.) XLII Bd., Vereinsjahr 1898-99. Chur, 1899. Jahresbericht der Schlesischea Gesellschaft fiir vaterlindische Cultur. Jahresbericht LXXV mit Erginzungsheft 6. Breslau, 1898. Jahreshericht der K. Ungar. Geologischen Anstalt. Jahreshericht fir 1897, gedruckt 1899. Budapest, 1899. Jahresbericht des Ornithologischen Vereins Minchen fir 1897 und 1898. Herausgegeben vom Dr. C. Parrot. Minchen, 1899. Jenaische Zeitschrift fiir Naturwissenschaft herausg. von der medizi- | nisch-naturwissenschaftlichen Gesellschaft zu Jena. XXXII Bd., 3-4 Heft., 1898; XXXII Bd., Heft. 1-2. Namen und Sachregister zu den Banden 1-30. Jena, 1899. Journal and Proceedings of the Royal Society of New South Wales. Vol. XXXII, for 1898. Sydney, 1899. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 463 Journal de la Société nationale d’acclimatation de France. Année I, N. 23-24, 1898; Année II, N. 25-30, 39-44. Paris, 1899. Journal of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia. (II Se- ries.) Vol. XII, part. 2. Philadelphia, 1899. Journal (the) of the College of science, Imp. University of Tokyo. Vo- lume IX, part. 3; Vol. X, part. 3; Vol. XI, part. 1-3; Vol. XII, part. 1-3. Tokyo, Japan, 1898. Iowa Geological Survey. Des Moines. Annual report, 1897, with ac- companyng papers. Vol. VII. 1898. Kansas (The) University Quarterly. Séries A. Science and Mathema- tics. Vol. VIII, N. 1, 1899. Lawrence, Kansas, 1899. Kongliga Svenska Vetenskaps-Akademiens Handlingar. (Ny Foljd.) Bd. XXXI. Stockholm, 1899. Kongl. Vitterhets Historie och Antiquitets Akademiens, Manadsblad. Tjugondefjerde Argingen med 104 Figuren 1895. Stockholm, 1898. Maryland Geological Survey Baltimore Md. Johns Hopkins Press. Vo- lume I, 1897; Vol. II, 1898. Baltimore, 1898. Meddelanden fran Upsala Universitets mineralogisk-geologiska Institu- tion. N. 23, 24, 1898. Stockholm, 1898. Memoirs and Proceedings of the Manchester literary and philosophi- cal Society. Vol. XLII, pt. 5, 1897-98; Vol. XLIII, pt. 1, 2, 3, 4, 1898-99. Mémoires couronnés et autres mémoires publiés par l’Académie Ro- yale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique. (Col- lect. in-8.) Tome XLVII, Vol. II; Tome LV; Tome LVII. Tables générales des mémoires, etc. (1772-1897) Bruxelles, 1898. Mémoires couronnés et mémoires des savants étrangers, publiés par l’Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique. Tome LV; Tome LVI. Bruxelles, 1898. Mémoires de |’ Académie des sciences, belles-lettres et arts de Sa- voie. I Série. Tome XII, 1846; IV Série, Tome VII. Chambéry, 1899. Vol, XXXVIII, 30 464 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Mémoires de l’Académie Impériale des sciences de St. Pétershourg. | Classe physico-mathématique. VIII Série. Vol. V, N. 10-13, 1897; Vol. .VI, N. 2-4. St. Pétersbourg, 1898. Mémoires de Académie royale des Sciences, des Lettres et des Beaux- Arts de Belgique. Tome LIII, in-4. Bruxelles, 1898. Mémoires de la Société d’anthropologie de Paris. (III Série.) Tome II, TSE, Ae JERS Co, Mémoires de la Société de physique et d’histoire naturelle de Genève, Tome XXXIII, partie 1.° Genève, 1898. | Mémoires de la Société des sciences physiques et naturelles de Bor- deaux. V Série. Tome III, cahier 1, 1898; Tome IV et appendix au tome IV. Bordeaux, 1898. Mémoires de la Société Linnéenne du Nord de la France. Tome IX, 1892-1898. Amiens, 1898. Mémoires du Comité géologique de St. Pétersbourg. Vol. XVI, N. 1. St. Pétersbourg, 1898. Memoirs of the Boston Society of Natural History. Vol. V, N. 4-0. Boston, 1899. Memoirs of the Geological Survey of India. Palaeontologia Indica. Se- ries XV. Himalayan fossils Vol. I, part. 3. The permocarbonife- rous fauna of Chitichun N. 1 by Diener Carl, in-4. Calcutta, 1897 Memorie della R. Accademia delle scienze dell’ Istituto di Bologna. (Se- rie V.) Tomo VII, fasc. 3-4. Bologna, 1898-99. Memorie della Accademia di Verona. (III Serie.) Vol. LXXIV, fase. 1-2. Verona, 1898. Memorie del R. Istituto lombardo di scienze e lettere. Vol. XVIII, fa- scicolo 6, 1898; fasc. 7-8. Milano, 1899. Microscope (the) an illustrated monthly magazine for the student af na- ture’s little things. Vol. XII, N. 6-12. Washington, 1892. Missouri botanical Garden. X Annual Report for the year 1898. St. Louis, 1899. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 465 Mittheilungen aus der zoologischen Sammlung des Museums fir Na- turkunde in Berlin. Band I, Heft 1, 1898; Band I, Heft 2, 3 in-4. Berlin, 1899. Mittheilungen aus dem Jahrbuche der K. Ungarischen geologischen An- stalt. XII Band, 1 Heft. Budapest, 1899. Mittheilungen der Anthropologischen Gesellschaft in Wien. XXVIII Bd., 5-6 Heft., 1898; XXIX Bd., 1-5 Heft. Wien, 1899. Mittheilungen der Naturforschenden Gesellschaft in Bern, aus dem Jahre 1897, N. 1436-1450. Bern, 1898. Mittheilungen des Vereines der Aerzte in Steiermark. XXXV Jahrg., Graz, 1898. Monographs of the United States Geological Survey. Washington. >} Vol. XXX. Watcotr DooLITTLE, Fossil Medusae, 1898. Naturae Novitates. Bibliographie neuer Erscheinungen aller Lander auf dem Gebiete der Naturgeschichte und der exacten Wissenschaften herausgegeben von R. Friedlinder u. Sohn. XV Jahrgang, N. 1-24, 1893; XVI Jahrgang, N. 1-24, 1894; XVII Jahrgang, N. 1-22, 1895; XVIII Jahrgang, N. 1-24, 1896; XIX Jahrgang, N. 1-24, 1897; XX Jahrgang, N. 1-24, 1898; XXI Jahrgang, N. 1-24, 1898. (Dono del socio dr. Cristoforo Bellotti.) Naturalista Siciliano (Il), organo della Società dei Naturalisti siciliani. Nuova Serie. Anno II, N. 1. Palermo, 1899. North American Fauna, n. 14. Natural History of the Tres Marias Islands; N. 15. Revision of the Jumping mice of the genus Zapus by Edward A. Preble. Mexico, 1899. Notizblatt des Vereins fiir Erdkunde und der grossherzogl. geologi schen Landesanstalt zu Darmstadt. (IV Folge.) 19 Heft. Darmstadt, 1898. Nouvelles Archives du Muséum d’histoire naturelle. (III Série.) Tome eta c 2 RASO TE lome N fase. 1,2), Paris, 1898. 466 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Nuova Notarisia (La). Rassegna consacrata allo studio delle Alghe. Redatt. e propr. G. B. dr. De-Toni. Serie X, gennaio, aprile, lu- glio, ottobre, 1899; serie XI, gennaio. Padova, 1900. Nuovo Giornale botanico italiano. (Nuova Serie; Memorie della Società botanica italiana.) Vol. VI, N. 1-3. Firenze, 1399. Oefversigt af Kongl. Vetenskaps Akademiens Férhandlingar, ar 1898. Femtiondefemte (55) Aergingen. Stockholm, 1899. Oversigt over Videnskabs-Selskabets Méder i 1898 Med Fortegnelse over Selskabets Medlemmer og Gaver til dets Bibliothek m. m. Christiania, 1899. Palaeontographical Society. Vol. LI. London, 1898. Philosophical Transactions of the Royal Society of London, in-4. Se- ries B, vol. CXC for the year 1898; series A, Vol. CXCI for the year 1898. Fellows of the Society November 30. London, 1898. Picentino (Il), giornale della Real Società economica ed organo del Comizio agrario di Salerno. Anno XLI, fasc. 1-8, 11-12. Salerno, 1899. Précis analytique des travaux de l’Académie des sciences, helles-lettres et arts de Rouen, pendant l’année 1896-97. Rouen, 1898. Proceedings and Transactions (the) of the Nova Scotian Institute of Science. Session 1897-98. Vol. IX. (II Second Series, part 4.) Ha- lifax, Nova Scotia, 1898. Proceedings of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia. Part 1, January-March, 1898; part. 2, April-September, 1898; part 3, September-December, 1899; part. 1, January-March. Phi- ladelphia, 1899. Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. Volume XXXII, N. 13-27, 1898; Vol. XXXIV, N. 1-23. Boston (Mass.), 1898-99. Proceedings of the Boston Society of Natural History. Volume XXVIII, N. 8-16. Boston, 1898. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 467 Proceedings of the California Academy of Sciences. (III Series.) Zoo- logy. Vol. I, N. 6-10, 1898; Botany. Vol. I, N. 3-5, 1898; Geo- logy. Vol. I, N. 4; Math.Physics, Vol. I, N. 1-4. San Francisto, 1898. Proceedings of the Canadian Institute. (New Series.) Vol. I, part. 6, N. 6; Vol. II, pt. 1-2, N. 7-8. Toronto, 1898. Proceedings of the general Meetings for scientific business of the Zoo- logical Society of London. Proceedings of the year 1898, pt. 4; Proceedings of the year 1899, pt. 1-3. A list of the Fellows of the Zoological Society of London. London, 1899. Proceedings of the Indiana Academy of Science for the year 1897. Indianapolis, 1898. i Proceedings of the Royal Irish Academy. (Third Series.) Volume V, N. 1-3. Dublin, 1898-1899. Proceedings of the Royal physical Society. Vol. XIV, session CXXVI, part 1. Edinburgh, 1899. Proceedings of the Royal Society. Vol. LXIV, N. 405-412, 1898; Vo- lume LXV, N. 413-421, 1899. London, 1899. Proceedings of the United States National Museum. Vol. XX, 1898. Washington, 1898. Procès-Verbaux des séances de la Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux. Année 1897-98. Paris, 1898. Procès-Verbaux des séances de la Société royale malacologique de Bel- gique. Tome XXVI, année 1897, fogli 1-10, pag. 1-56; Tome XXVII, année 1898, fogli 1-7, pag. 1-72, 73-100. Bruxelles, 1898. Rapport annuel de la Commission géologique du Canada. Vol. IX, 1896. Ottawa, 1898. Record (The) of the Royal Society London. N. 1. London, 1897. Records of the Australian Museum, edited by the curator. Vol. III, n. 9-6. Sydney, 1899. Rendiconti del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere. (Serie II.) Vol. XXXI, fasc. 18-20, 1898; Vol. XXXII, fasc. 1-18. — Rego- 468 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. lamento organico e regolamento interno, 1899; Indice generale dei lavori dalla fondazione all’anno 1888, per Autori e per Materie. Milano, 1899. Rendiconti dell’ Accademia delle Scienze fisiche e matematiche. (Sezione della Società reale di Napoli.) (Serie III.) Vol. IV, anno XXXVII, fasc. 8-12, 1898; Volume V, Anno XXXVII, fasc. 1-7. Napoli, 1899. Rendiconto delle Sessioni della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Nuova Serie. Vol. INI, fasc. 1-4, 1898-99. Bologna, . 1899. Revue Savoisienne, publication mensuelle de la Société Florimontane. XXXIX année, 4.° trim., 1898; XL année, 1.° trim.; quelques numéros arriérés III année, N. 10-12; IV année, N. 3; V année, N. 7; XXIII année, N. 10; XXVI année, N. 8. Annecy, 1899. Rivista di Patologia vegetale, sotto la direzione dei prof. dr. Augusto Nap. Berlese e dr. Ant. Berlese. Vol. VI, N. 11-12, 1898; Vo- lume VII, n. 1-12, 1898; Vol. VII, N. 1-6. Firenze, 1898. Rivista italiana di Scienze naturali e Bollettino del Naturalista. Anno XVII, N. 3-6, 1898; Anno XIX, N. 1-6, 9-12. Siena, 1899. Schriften der Naturforschenden Gesellschaft in Danzig. (Neue Folge.) IX Bd., 3.° und 4.° Heft. Danzig, 1898. Schriften der physikalisch-konomischen Gesellschaft zu Kénigsherg in Preussen. XXXIX Jahrg. Kònigsherg, 1898. Schriften des Vereines zur Verbreitung naturwissenschaftlicher Kennt- nisse in Wien. Band XXXIX, Jahrgang 1898-99. Wien, 1899. Scientific Proceedings (The) of the royal Dublin Society. Vol. VIII, N. S., pt. 6. Dublin, 1898. Scientific Transactions (The) of the royal Dublin Society. (Series IL.) Vol. VI, pt. 14-16, 1398; Vol. VII, pt. 4. Dublin, 1898. Sitzungsberichte der mathematisch-physikalischen Classe der K. b. Aka- demie der Wissenschaften. Heft. 4, 1898; Heft. 1, 2, 1899. Mun- chen, 1899. i O E ee BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 469 Sitzungsberichte der physikalisch-medic. Gesellschaft zu Witrzburg. Jahrgang 1898, N. 1-8; Jahrgang 1899, N. 1-5. Festschrift zur Feier ihres fiinfzigjéhrigen Bestehens herausgegeben von der Phy- sikalisch-Medizinischen Gesellschaft zu Wilrzburg mit 24 Figuren im Text und 12 Tafeln. Wirzburg, 1899. Sitzungsberichte der physikalisch-medizinischen Societàt in Erlangen. , 30 Heft, 1898. Erlangen, 1899. Sitzungsherichte und Abhandlungen der naturwissenschaftlichen Gesell- schaft Isis, in Dresden. Jahrgang 1898, januar bis juni, juli bis december 1899. Dresden, 1899. Természetrajzi Fiizetek. A Magyar Tudomanyos Akademia segélyével Kiadja a Magyar nemzeti Mizeum. Vol. XXII, pt. 1-4, 1899. Bu- dapest, 1899. Tokyo (The) Impérial University Calendar 2557-58 (1897-97), 1898. Transactions of the Academy of Science of St. Louis. Vol. VII, N. 17- 20, 1897-98; Vol. VIII, N. 1-12; Vol. IX, N. 1-5, 7, 1898. Transactions of the Connecticut Academy of Arts and Sciences. Vol. X, part 1. New Haven, 1899. Transactions of the Royal Society of South Australia. Vol. XXII, pt. 2. Adelaide, 1898. Transactions of the Wisconsin Academy of Sciences, Arts and letters. Vol. XI, 1896-97. Madison, Wisc., 1898. Transactions of the zoological Society of London. Vol. XV, part 1-4. London, 1898-99. Travaux de la Société des Naturalistes de St. Pétershourg. Comptes Rendus des séances. Vol. XXIX, Livr. 1, N. 5, 6. — Sect. de Zoologie et de Physiologie. Vol. XXIX, Livr. 2. St. Pétersbourg, 1898. Tridentum, Rivista bimestrale di Studi scientifici. Annata I, fasc. 3-6, 1898; Annata II, fase. 1-7. Trento, 1899. Verhandlungen der K. K. geologischen Reichsanstalt. N. 14-18. Jahrg. 1898; N. 1-10, Jahrg. 1899. Wien, 1899. 470 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Verhandlungen der physik.-medic. Gesellschaft zu Wirzburg. (Neue Folge.) XXXI[ Bd., N. 1-6, 1898-99; XXXII Bd., N. 1. Wirz- burg, 1899. Verhandlungen der schweizerischen naturforschenden Gesellschaft bei ihrer Versammlungen zu Engelberg und zu Bern. 80 Jahresver- sammlung, 1897; 81 Jahresversammlung. Bern, 1898. Verhandlungen der K. K. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien. XLVII Band, Jahrg. 1898. Wien, 1898. Verhandlungen des botanischen Vereins der Provinz Brandenburg. XL Jahrg., 1898. Berlin, 1898. Verhandlungen des Vereines fiir Heil- und Naturkunde zu Pozsony (Pressburg). (Neue Folge.) X Band, Jahrgang 1897-98. Pozsony, 1898. Verhandlungen und Mittheilungen des Siebenbiirgischen Vereins fir Naturwissenschaften zu Hermannstadt. XLVII Band, Jahrg. 1898. Hermannstadt, 1899. Vierteljahrsschrift der Naturforschenden Gesellschaft in Zurich. XLII Band, Jahrg. 1897, Heft. 2-4, 1897-98; XLII Bd., Jahrg. 1898, 4 Heft., 1899; XLIV Band, 1-2 Heft. Zurich, 1899. Wissenschaftliche Mittheilungen aus Bosnien und der Hercegovina, he- rausg. vom Bosnisch-Hercegovinischen Landesmuseum in Sarajevo. VI Band redigirt von dr. Moriz Hoernes. Wien, 1899. Year-book of the United States Department of Agriculture. 1898 (publ. 1899). Washington, 1899. Zeitschrift der deutschen geologischen Gesellschaft. L Band, 3-4 Heft., 1899; LI Band, 1-2 Heft. Berlin, 1899. Zoological Institute College of Science, Imperial University of Tokyo. Tokyo, Japan, 1899. N. 39. Ikeno Senriro, Untersuchungen iber die Entwicklung der Gesch- lechtsorgane und den Vorgang der Befruchtung bei Cycas revoluta, 1898. N. 40. Srrinecer LeonHARD, On a collection of Batrachians and Reptiles from Formosa and adjacent islands, 1898. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. 471 N. 44. Goro Sgrraro, Some points on the metamorphosis of Asterina gib- bosa, 1898. N. 42. Isarxawa C., Further observations on the nuclear division of Noc- tiluca, 1899. N. 43. Goro Serrano, Notes on some exotic species of Ectoparasitic Tre- matodes, 1899. Zoologischer Anzeiger, herausgegeben von Prof. J. Victor Carus, in Leipzig. XXI Band, N. 575-576, 1898; XXII Band, N. 577-604, 1899; XXIII Band, N. 605. Leipzig, 1900. ERRATA-CORRIGE. RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE SU ALCUNE ROCCE DELLA CRETA LOMBARDA, Nota del Socio Prof. E. Mariani. A pag. 198. I calcari compatti del | Come sopra dissi ho esaminate alcune colle di Bergamo, insieme alle sottostanti sezioni sottili dei calcari compatti del . “ys e . : | . . . arenarie a sottili interstrati calcari-mar- | colle di Bergamo, e propriamente quelli nosi, vennero riferiti al senoniano infe- 0 del Fortino, i quali, come è noto, con- riore, o santoniano (Mariani-De Ales- | tengono interstrati marnosi e arenacei. sandri). A pag. 198. La mancanza di forami- La mancanza di foraminiferi a guscio niferi a guscio porcellaneo, la su ricor- | porcellaneo, la su ricordata poca frequen- data poca frequenza di EmnaMlostegidi, | 2a di Enallostegidi, come ebbi a riscon- come ebbi a riscontrare anche nei cal- | trare anche nei calcari compatti del ere- cari compatti di Biandronno, Morosolo e | taceo inferiore di Biandronno, Morosolo Frascarolo, provano una maggiore anti- | e Frascarolo, potrebbero far ritenere che chità di tali calcari del colle di Bergamo | le dette rocco del colle di Bergamo — rispetto ai calcari marnosi micacei di | di cui però ho potuto esaminare un nu- Brenno, e quindi l'esattezza del loro ri- | mero troppo piccolo di sezioni sottili —, ferimento al senoniano inferiore. rappresentano forse un piano un po’ più antico di quello a cui si riferiscono le rocce di Brenno. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SULLA CRETA E SULL’EOCENE DELLA LOMBARDIA. Nota del socio Dott. G. De Alessandri. Nelle due tavole annesse a tale nota la scala dell’altimetria invece di 4/; 5999 è di 4/95000; in alcuni profili però, per errore di trasporto litografico, essa è ridotta a proporzioni alquanto minori. Nella linea di base del profilo R. S. (Tav. II) l’altezza sul livello del mare in- vece di metri 200, è a soli metri 100. L’affioramento precretaceo segnato presso Cenate di Sotto, fino alle vicinanze di Trescorre (Tav. II) deve invece riferirsi alla Creta inferiore. A Nord di Cenate di Sopra, fra S. Ambrogio e Valle Calchera (Tav. II), venne dimenticato un lembo precretaceo che forma parte delle pendici Sud del M. Misma. INDICE Direzione pel 1899 Soci effettivi per l’anno 1899 . Istituti scientifici corrispondenti al principio dell'ermno 1399 Giovanni Borris, Sopra la tridimite di S. Pietro Mon- tagnon negli Euganei (Con due tavole) MATTEO CALEGARI, Specie nuove e località nuove di spe- cie già note della flora di Parenzo in Btria . GiusepPE PARAVICINI, Nota sulla rigenerazione della con- chiglia di alcuni gasteropodi polmonati . E. ARRIGONI DEGLI OpDI, Note ornitologiche sulla Provin- cia di Verona . sie GiusEPPE MERCALLI, 7uf a di si aingo Ernesto MARIANI, Ricerche micropaleontologiche su al- cune rocce della creta lombarda (Con due tavole). Seduta del 27 novembre 1898. Seduta del 18 dicembre 1898 . Seduta del 5 febbraio 1899. Pompeo CASTELFRANCO, Archeologia e Enologia ErttorE ARTINI, In memoria del socio Conte Gilberto Melzi . CARLO AIRAGHI, Eehinidi di duna ba Gassinglle e dintorni ATA INDICE. Grutio De ALESSANDRI, Osservazioni geologiche sulla Creta e sull’Eocene della Lombardia. GIUSEPPE De Srerano, Paleogeografia post-pliocenica di Reggio Calabria Seduta del 5 marzo 1899 Seduta del 9 aprile 1899 Seduta del 7 maggio 1899 . Seduta del 18 giugno 1899 Seduta del 26 novembre 1899. i FERDINANDO SORDELLI, (Vote su alcuni si: del Ci- vico Museo di Milano . Ernesto MARIANI, Fossili del giura e dell’ A. nella Lombardia Bullettino bibliografico . 367 449 x UNTO DEL NUOVO STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOGIETÀ (1895) DATA DI FONDAZIONE, 15 GENNAIO 1856. Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi . relativi alle scienze. naturali. - i I Soej sono in numero illimitato (italiani e stranieri), effettivi, corri- i spondenti, perpetui e benemeriti. i I Socj effettivi pagano it. L. 20 Alanno in una sola volta, nel primo . bimestre dell’ anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Att: della Società. Versando ‘Lire 200 una volta tanto vengono dichiarati Soci effettivi perpetui. ak ae ats Socj corrispondenti possono eleggersi eminenti scienziati che pos- Rusa “sano contribuire al lustro della Societa. ee ee Si dichiarano Soci benemeriti coloro. che mediante cospicue elargi- | ‘’‘’zioni avranno contribuito alla costituzione del capitale sociale. i La proposta per l'ammissione d'un nuovo socio, di qualsiasi catego- 3 ria, deve essere fatta e firmata da due socj effettivi mediante lettera di- O retta al Consiglio. Direttivo (secondo l’Art. 20 del nuovo Statuto). __. Le rinuncie dei Soci debbono essere notificate per iscritto al Con- ‘. siglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3.° anno di obbligo «0 di altri successivi. La cura delle pubblicazioni spetta alla Direzione. Agli Atti ed alle Memorie hon si ponno unire tavole se non sono del formato degli Att: e delle Memorie stesse. ‘Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale pur- chè li domandino a qualcuno dei membri della Direzione, rilasciandone regolare ricevuta e colle cautele d’uso volute dal regolamento. CA pai E as Per la tiratura degli Hstratti (oltre le 25 copie che sono date gratis dalla Società) gli Autori dovranno, da qui innanzi, rivolgersi direttamente ‘A alla Tipografia sia per l’ordinazione che per il pagamento, che non potrà bo essere superiore a L. 2.75 per ogni 25 copie di un foglio di stampa in-8° DE e a L. 2 quando la memoria non oltrepassi le 8 pagine di stampa. - Seduta del 18 giugno 1899. - Seduta del 26 novembre 180. do Luria >) Bullettino bibliografico. . i, uo n m4 ork i È iy 4 na II 106 288 301