ATTI DELLA DI STORIA NATURALE IN MILANO — — VOLUME LXVII Fascicolo III-IV con quattro tavole o-^f^r0 MILANO Dicembre 1928 (VII) CONSIGLIO DIRETTIVO PEL 1928 Presidente : De Marchi Dott. Comm. Marco, Via Borgonuovo 23 (1928-29{ Brizi Prof. Comm. Ugo, Viale Romagna 33. Vice-Presidenti : (1927-28). Mariani Prof. Ernesto, P.za Risorgimento 7 (1928-29). Segretario : Moltoni Doti. Edgardo, Museo Civico di Storia Nat. (1928-29). Vice-Segretario: Desio Prof. Ardito, Museo Civico di Storia Nat. (1927-28). Archivista: Mauro log. Gr. Uff. Od. Francesco, Piazza S. Amhrocjio i4 (1928-29). Airaghi Prof. Carlo, Via Podgora 7. Li vini Prof. Comm. Ferdinando, Viale Re¬ gina Margherita , 85. Parisi Prof. Bruno, Museo Civico di Storia Naturale. Pugliese Prof. Angelo, Via Enrico Besana 18 Supino Prof. Cav. Felice, Via Ariosto 20 Turati Conte Comm. Emilio, Piazza S. Ales- j sandro 6. Consi g lieri (1928-29). Cassiere : Bazzi Ing. Eugenio, Viale V. Veneto , 4 (1928). Bibliotecario : N. N. ELENCO DELLE MEMORIE DELLA SOCIETÀ Voi . I. Fase. 1-10; anno 1865. > ì II. 77 1-10; 37 1865-67. 37 III. ~7? 1-5 ; 73 1867-73. 37 IV. 37 1-3-5; ann o 1868-71. 37 V. 37 i; anno 1895 (Volume completo). 77 VI. 37 1-3 ; 37 1897-98-910. 37 VII. 77 i; 77 1910 (Volume completo). 77 Vili. 37 1-3; 3? 1915-917. 77 IX. 33 1-3; 37 1918-1927. PAVIA PREMIATA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATE!, Li FUSI Largo di Via Roma. Dott. Amalia Coppa Patrini I RIZOPODI DEL LAUTO Lo studio della fauna rizopodica lariana mi è stato affidato dalla Prof. Rina Monti della R. Università di Milano, che ne curò personalmente la raccolta durante le sue indagini sulla limnologia del Lario (1). Il materiale di studio fu raccolto me¬ todicamente per diversi anni, in locatità varie del lago. La fauna rizopodica del Lario non mi è apparsa abbon¬ dante nè per numero di specie, nè per quantità di individui. Purtroppo fu a me possibile soltanto P esame a fresco di poche pescate, cosa che avrebbe facilitata, la classificazione delle singole specie e probabilmente fornito occasione per identifi¬ care qualche varietà locale. Infatti alP esame a fresco la Prof. Rina Monti ha potuto accertare anche la presenza di Cyplio- dena ampulla e C. minuta. Era i rizopodi lariani alcuni hanno tutte le caratteristiche della specie-tipo, altri presentano modificazioni particolari in relazione al loro habitat , che a mio avviso hanno carattere di endemismi o variazioni fluttuanti. Ho esaminato molto materiale raccolto in punti vari e diversamente profondi del lago. Non tutti i saggi riuscirono fruttuosi. Abbondanti i rizopodi in taluni, scarsi o mancanti del tutto in altri. Credo buona cosa dare P elenco, in ordine cronologico, delle singole pescate nelle quali rinvenni teeolobosi: 1) 22 Agosto 1919. - Presso Villa Lucertola; strisciando sul fondo, tra le erbe a 1 metro. 2) 28 ìi » - Lungo la riva, a 3, 4 m. di profondità da Villa Besana a Villa Lucertola. (l) Rina Monti. — La limnologia del Lario in relazione al ripopolamento delle acque ed alla pesca. Ministero dell’ Economia Nazionale. Roma 1924. 15 226 A. COPPA PATRINI 3) 28 Agosto 1919 - Darsena di Tremezzo tra la vegetazione. Ore 17-18. 4) 1 Settemb. 1919. - Da Fornace-Menaggio a Sasso Ranero- Bellagio . Pescata superficiale con retino piccolo a 15 m. dal motoscafo per 20 minuti. 5) 1 » « - Fra Varenna e Nobiallo. Secchio di fondo. alla profondità di 280 m. con 400 m. di corda. Ore 13. 6) In n Fra Varenna e Nobiàllo. Dragata Stein- mann alla profondità di m. 280-400. 7) 4 n n Insenatura di Lenno. In mezzo alla ve¬ getazione. 8) 6 Aprile 1920. - Fra Cavate e la Pliniana. Dragata Stem¬ piami alla profondità di m. 250 circa. 9) 1 Settemb. » - Fra Carato e la Pliniana. Dragata Stem¬ piami alla profondità di 270 m. 10) 5 n n Zocca dell’Oglio. Dragata Steinmann di fondo, a m. 14. 11) 4 n » Fra Bellagio e Villa Melzi. Dragata Stem¬ piami di fondo. Ore 18. 12) 6 n n - Sotto Lierna (Grumo). Dragata Steinmann alla profondità di 86 m. 13) 8 » n - Golfo di Lenno. Dragata Steinmann su fondo erboso. 14) 10 n n - Lago di Piona. Dragata Steinmann sul fondo algoso e pietroso. Ore 10,30. 15) 11 » » Foce Esino. Dragata ore 13. 16) 13 » r> - Lezzeno. Sulla riva in mezzo alle erbe ed alle diatomee. Ore 17. 17) 13 ;? ti - Lungo la riva di Bellagio, dall5 Hotel Bellagio sino allo Splendide Hotel. Dragata orizzontale di fondo strisciando la draga. 18) 13 ji ti - Rupi di Grosgallo. Dragata a m. 30 di profondità. 19) 18 ìi a - Golfo di Colico verso Monticchio Nord. Melma di dragata. 20) 27 Maggio 1921 - Golfo di Lenno. Sotto la punta di Barbia- nello. Pescata verticale con retino Apstein. 21) 28 5? ti - Golfo di Lenno. Fondo al centro. 22) 29 » si - Azzano. Presso gli sfoci della filanda. I RIZOPODI DEL LARIO 227 23) 17 Settemb. 1921 - Fra Bolvedro e Azzano. Ore 10,30. 24) 20 » » - S. Giovanni. Darsena. 25) 20 a » Fra S. Giovanni e Villa Besana. Stri¬ sciando sul fondo tra le erbe. 26) 20 a a - Fra Tremezzo e S. Giovanni. Pescata orizzontale con 100 m. di corda e piccolo retino Apstein. 27) 22 n a - Lago di Piona. Pescata verticale nel mezzo del lago. 28) 14 Maggio 1922 - Fra Lenno e il palo. Fanghi a m. 20 di profondità. Ore 17. 29) 22 Settemb. » - Golfo di Lenno. Basso fondo a m. 30 di profondità. Draga a sacco. 30) 5 Aprile 1923 - Foce del Bolvedro. Pescando col secchio a pochi metri dalla riva alla profondità da 1 a 3 m. 31) 5 a a Lenno. Attorno al palo, raschiando tra le alghe alla profondità di m. 1,50 a m. 3. 32) 12 Settemb. a Fra Bolvedro e Villa Lucertola. Verticale alla profondità di 15 m. Ore 16,30. 33) 13 a a - Sulla congiungente Fortezza e la Grotta del Bulgaro. Con bottiglia metallica alla profondità di 130 m., toccando fondo. Ore 11. 34) 13 a a - Barbianello, a sud della punta. Pescata verticale con retino medio Apstein. Alla profondità di 30 m. 35) 23 a a - Barbianello. Dietro la punta. Pescata oriz¬ zontale alla profondità di m. 30. 36) 25 a a - Dietro Barbianello. Pescata con la pompa alla profondità di m. 5. 37) 10 Settemb. 1924. - Azzano-Molo. Plantonica orizzontale tra le erbe. Rizopodi classificati. 1. Cevtropi/ocis aculeata. Steinii. 2. a arcelloides. Penard. 3. a levigata. Penard. 4. Bifflugia globulosa. Duj. 5. a pyriformis. Perty. 6. a a var. lacustris. Penard. 228 A. COPPA PATRINI 7. Diffiugia acuminata. Ehrbg. 8. ii glans n. sp. Penard. 9. ii cyclotellina. Garbini. 10. ii ternani. Blanc. 11. ii fallax.. Penard. 12. ii elegans Penard. 13. ii lobostoma. Leidy. 14. ii limnetica. Levander. 15. ii scalpellimi. Penard. 16. ii pulex n. sp. Penard. 17. ii pristis n. sp. Penard. 18. ii manicata n. sp. Penare 19. ii avellana Penard. 20. Ancella vulgaris. Ehrgb. 21. Cyphoderia margaritacea. Ehrgb 22. ii trochus. Penard. 23. Euglypha alveolata. Duj. 24. ii laevis. Perty. 25. Nebela bur sella. Vejdovsky. 26. ii vitraea. Penard. 27. Lequereusia modesta. Phumbler. 28. S phenoderia dentala. Penarci. Centropyxis aculeata. Steinii. Nel lago di Como risponde alla forma tipica a guscio ton¬ deggiante compresso in modo da presentare la parte dorsale convessa e quella ventrale appiattita. La bocca, ili generale, lia diametro circa un terzo di quello del nicchio, di rado in posizione centrale, più sovente eccentrica. Il guscio è ornato da appendici variabilissime per forma, dimensioni, numero. Il Penard (1) riferisce che di rado queste sono meno di due e più di otto; tra i numerosi esemplari veduti ne osservai taluni con un solo aculeo, altri con numero superiore ed al massimo con 10. Nel Lario vivono Centropyxis aculeata con uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, dieci aculei con dimensioni svariatissime, talvolta ricurvi a guisa di uncino. Il guscio è in prevalenza costituito da minuto detrito e ciò con molta probabilità sta in relazione al fatto che il fondo del lago è (1) E. Penard. — Faune Rhizopodique cLu Bassin clu Leman. 1912. I RIZOPODI DEL LARIO 229 ricoperto generalmente da limo finissimo, quasi impalpabile, talora in parte commisto a diatomee. Molte volte però, fram¬ menti di minerali più grossi si alternano con quelli più pic¬ coli; ciò osservai ad esempio in C. denteata del materiale rac¬ colto nella D.arsena S. Giovanni (Fig. 1 Cam. lue. ocul. 4 obb. 5 tubo 16), caratteristiche per la grande apertura boccale, aculei larghi, tozzi, in numero di cinque. Alla foce di Esilio, benché il limo di fondo appaia piuttosto grossolano, ho riscon¬ trato individui ornati da minuto detrito (Fig. 2 t. 16 ocul. 4 obb. 5) con colorito giallo chiaro e due aculei. Il colorito del guscio varia molto, probabilmente in rapporto alle dimensioni ed all’età del rizopodo. In generale la tinta giallo chiara negli organismi a modeste dimensioni, diventa scura e bruna in quelli con taglia maggiore. Anche le dimensioni sono molto variabili ; nel Lario la grandezza della Centropyocis denteata oscilla tra 90 /li e 260: la media si aggira dunque attorno ai 175 a. Il Penard considera questo rizopodo come molto varia¬ bile per la taglia e gli individui con diametro di y 150 li an¬ novera tra quelli con grandezza un poco superiore alla media. Nel lago di Como presenta grande area di diffusione, tuttavia soltanto in alcuni punti del bacino riscontriamo un considere¬ vole numero di individui. Nel corso delle mie ricerche rinvenni molte volte questo rizopodo nel fondo melmoso del golfo di 230 A. COPPA PATRIN1 Colico (Fig. 3 e 4 t. 16 ocul. 4 obb. 5) con appendici leggermente flesse j alla Zocca dell’Oglio; alla foce di Esilio; ed ancora in Fig. 3. mezzo alla vegetazione del golfo di Cenno, con individui a 7 aculei, alcuni dei quali molto lunghi, altri ricurvi, oppure con 2 soli aculei (Fig. 5 t. 16 ocul. 4 obb. 5) e nicchio caratteristico per essere ricoperto da detrito minuto, eccezione fatta per parte della porzione periferica provvista di grossi frammenti pietrosi; tra le erbe da Besana a S. Giovanni; lungo la riva tra Bolvedro e Azzano, in materiale raccolto raschiando le alghe alla minima pro¬ fondità di 1 a 3 m. ; lungo le rive di Lez- zeno tra erbe e diato- mee, in buon numero con grosso detrito sul guscio; lungo la riva a 3-4 m. di profondità da Villa Besana a Villa Lucertola con 10 acu¬ lei ; a 50 m. di profon¬ dità a sud della punta di Barbianello con 4 appendici e detrito piuttosto grosso (Fig. a pochi metri dalla riva alla foce del di profondità; in pescate plantoniche 6 t. 16 ocul. 3 obb. 5), Bolvedro a circa m. 3 I RIZOPODI DEL LARIO 231 tra le erbe al molo di Azzano. Nella Grotta Azzurra classi- ficai C. aculeata (Fig. 7 t. 16 ocul. 4 obb. 5) con cinque aculei nitidi e probabilmente con l’abbozzo di un sesto. Il nicchio, di colorito giallo-grigiastro, è ricoperto da detrito di media grossezza. Altri individui hanno 2 o 6 aculei. La dra¬ gata Stei limami del fondo del golfo di Lenno del 1920 è molto abbondante di C. acu¬ leata. Nei numerosi esem- t. 16 ocul. 4 obb. 5) ed abbon¬ danti diatomee, e con numero maggiore di appendici, vidi le diverse, numerose grada¬ zioni del colorito, tanto più scuro quanto più l’individuo ha rilevanti dimensioni. Centropyxis arcelloides . Pen. Nel Lario è specie rarissima classificata nel materiale della dragata alla foce dell’Esilio. Nicchio ricoperto da minute sca¬ glie appiattite, con bocca centrale assai grande, il cui diametro è metà di quello dell’intero guscio, circondata da detrito non uniformemente disposto ; tuttavia qualche granello spicca sul bordo a costituire specie di dentelli. Nel Lario C. arcelloides ha colorito assai chiaro e dimensioni di 100 /t. In generale queste variano da 100 a 110 //. plari, con un aculeo (Fig. 8 232 A. COPPA PATRINI Centropyxis levigata. Pen. Forma rarissima nel Lario classificata nel materiale rac¬ colto col secchio a pochi metri dalla riva alla foce del Bolvedro, alla profondità da 1 a 3 m. Il guscio è chitinoso, giallastro, rivestito da granuli di detrito mi¬ nuto. Solo qua e là è interposto qualche frammento più grosso. Il nicchio di forma ad un di presso emisferica, presenta una invagina¬ zione tubolare alla faccia ventrale; quivi trovasi 1’ apertura boccale in posizione eccentrica (Fig. 9 t. 16 ocul. 4 obb. 5). Le dimensioni si aggirano intorno ai 100 g. Queste, osserva il Penard, variano molto a seconda del luogo; così egli per gli individui di alcune località, dà la media grandezza di fi 70-83; per altri, trovati alla torbiera di Pile, g 120-135. Bifflugia globulosa. Duj. Generalmente scrive il Penard, si è inclinati a considerare la D. globulosa come forma frequente, perchè si ha 1’ abitudine di includere in questa specie rizopodi a forma sferica ed ovoi¬ dale, inglobando così molto spesso la D. limnetica, la D. lo- bostoma, la D. hydrostatica ed altre ancora. Infatti, se nel Lemano è un rizopodo dei meno frequenti ed abbondanti, tale lo è pure nel Lario in cui lo riscontrai ben raramente nel complesso. Clas¬ sificai scarse forme con dimensioni di circa 100 g nel materiale rac¬ colto strisciando sul fondo lago nel tratto di fronte a Villa Lucertola (Fig. 10 t. 16 ocul. 4 obb. 5), con guscio sferico, ma non compieta- mente, bocca con diametro la metà circa di quello dell’ intero nicchio ricoperto da detrito minuto uniforme, qua e là intercalato a granuli più grossi. Un vero e proprio collaretto non circonda l’apertura orale; tuttavia quivi le scagliette sono disposte in modo più ordinato. Il colo¬ rito è giallo chiaro. In una pescata con dragata Steinmann Fig. io. Fig. 9. I RIZOPODI DEL LARIO 233 alla profondità di 86 m. sotto Lierna, trovai D. globulo sa con modeste dimensioni. Nel Lario questa specie non abita solo il fondo lago; al molo di Azzano, in mezzo alla vegeta¬ zione, la vidi in buon numero, anzi, mai come in questa lo¬ calità ebbi fortuna di riscontrare tanti individui riuniti. Anche a 5 m. la riscontrai e precisamente presso Barbianello, con di¬ mensioni rilevanti (q 120), guscio costituito da detrito minuto e grossolano, e in parte da diatomee del genere Cyclolella ed in pescate superficiali dalla fornace-Menaggio sino al Sasso Rancio-JBellagio. Presso la Zocca dell’Oglio rari esemplari a diametro di circa fi 60. La D. globulosa del lago di Como, corrisponde alla forma Dujardin, ma sempre leggermente ovoi¬ dale ; il colorito varia dal giallo al bruno. Le dimensioni per la forma tipica oscillano tra 70 e 100 fi, per il Lario queste variano tra fi 60 e 120; ossia individui da me veduti sono più piccoli e più grandi della media data dal Renard per il Lemano. Bifflugia pyriformis. Perty. Corrisponde alla forma tipica e caratteristica classificata dal Perty: nicchio allungato, rigonfio alla parte posteriore e terminato nell’ anteriore con apertura boccale alla estremità di una specie di collo. Il guscio è, in generale, costituito da pia¬ strine appiattite che si rimpiccioliscono presso il collo. In un esemplare del materiale raccolto con rete Steinmann tra Va- renna e Nobiallo alla profondità di 280-400 m., osservai una strana architettura nel guscio che si ripete poi in altri di dif¬ ferente località. Si tratta di un nicchio purtroppo spezzato nella parte posteriore; in esso tuttavia si distinguono assai bene tre ordini, dirò così, di frammenti rocciosi di grossezza differente: presso l’apertura orale stanno pietruzze di piccole dimensioni, molto bene ordinate all’orlo della bocca; a queste segue una zona a scaglie più grandi ed infine una terza, la più estesa, in cui esse diminuiscono sensibilmente di calibro riducendosi a quello della prima. (Fig. 11 t. 16 ocul. 4 obb. 5). Simile struttura del guscio presentano grandi esemplari [fi 315) raccolti nel materiale della dragata Steinmann alla Zocca del- l' Oglio (Fig. 12 t. 16 ocul. 4 obb. 5). La grandezza della D. pyriformis nel Lario è variabilissima. Classificai esemplari alla profondità di m. 86 sotto Lierna, e presso la Filanda di Azzano di fi 96; alla profondità di m. 250 tra Carate e la Pliniana ; 234 A. COPPA PA TRINI sul fondo del centro del golfo di Lenno di fi 120; tra Bellagio e Villa Melzi con dragata Steinmann di fondo, fi 108; tra Va- renna e Nobiallo di 198 fi] alla profondità di m. 20 presso Lenno di /i 270; alla Zocca dell Oglio di fi 315. Perciò le dimensioni oscillano tra fi 96 e fi 315. Leidy dà i seguenti limiti di va¬ riazione: fi 65-580. Il Penard riscontrò individui al massimo di fi 400. Nel Lario? dove D. py riformis non è frequente nè Fig. 11. abbondante, ma ba una notevole diffusione specialmente ver¬ ticale, non vengono raggiunte grandezze enormi. Si presenta con forma pressoché costante ; le diversità riflettono la gros¬ sezza del guscio e quella del detrito che lo ricopre, uniforme talvolta, particolarmente vario tal’ altra. Bisogna ricordare che anche la D. pyriformis tra i rizopodi è specie variabilissima. Difflugia pyriformis var. lacustris. Penard. Nel materiale di annate differenti, ma raccolto sempre nella medesima località, a diverse profondità (m. 30, m. 50), riscontrai questa varietà di D. pyriformis in pescate di tipo orizzontale al largo tra Lenno e la chiesa di Tremezzo. Nel 1921 e nel 1922 la riscontrai, in scarso numero di esemplari, nella forma tipica a guscio allungato, quasi cilindrico costituito da frammenti piccoli attorno alla bocca, più grossi sul rima¬ nente del nicchio. Le dimensioni raggiungono a 220, In altri bacini lacustri non si riscontrarono individui sì grandi ; questa varietà è forma molto mutevole; ciò, dunque, non stupisce. Per il Lario, come anche per il lago di Ginevra, è forma di fondo. I RIZOPODI DEL LARIO 235 Difjì, ugia acuminata . Ehrbg. •E forma poco frequente nel Lario; corrisponde alla tipica Ehremberg, con guscio pressoché cilindrico slargato lievemente alla parte terminale in confronto di quella boccale; il diametro longitudinale è 3-4 volte quello trasversale. La parte posteriore, è appuntita, o meglio termina con una appendice digitiforme ; a volte è sormontata da un piccolo aculeo che raggiunse in un individuo da me osservato 50 ,a di lunghezza. Le dimensioni della D. acuminata variano molto a seconda della località in cui vive; nel Lario stesso ciò si verifica. Infatti riscontrai individui di modeste dimensioni, /i 96, presso gli sfoci della > Filanda di Azzano ed altri di grossa taglia /a 370 e /< 430 in materiale raccolto con draga strisciando sul fondo lungo la riva di Bellagio (Eig. 13 t. 16 ocul. 4 obb. 3) con nicchio ri¬ coperto posteriormonte da grosso detrito, anteriormente da granuli assai più minuti molto ordinati attorno alla bocca. Pescando col secchio alla foce del Bolvedro, a pochi metri dalla riva alla profondità di m. 1 a 3, rinvenni D. acuminata di /n 220. Il lago del Piano annovera questa specie tra la fauna rizopodica; il guscio è ricoperto da granuli minutissimi alter¬ nati da altri molto grossi; essi non sono fittamente cementati; la porzione orale è circondata da pietruzze molto simili ed ordinatissime. Misurano circa /< 246 (Eig. 14 t. 16 ocul. 4 obb. 5). 236 A. COPPA PATRINI Difflugia glans n. sp. Penarci. Scarsi individui nel Lario corrispondono alla forma tipica a nicchio, il cui aspetto ricorda quello di una ghianda di quercia .con parte posteriore arrotondata e la orale circondata da scagliette disposte con grande precisione e regolarità, in modo da suscitare l’impressione di una fine dentellatura (Pig. 15 t. 16 ocul. 4 obb. 5). Le scaglie minute, in generale, che rivestono il guscio, sono intercalate a frammenti più grossi, che si insinuano in modo speciale nella por¬ zione mediana del nicchio stesso. Il colorito è talvolta grigiastro, altre gialliccio pallido; le dimensioni variano. A questo proposito il Penard dà come minimo g 66 e come massimo g 77. Nel Lario tra il materiale di fondo alla profondità di m. 250 m. 270, tra Carate e la Pliniana, alcune D. glans misurano circa 84 ; invece in quello di dragata Steinmann a 86 m. sotto Lierna (Grumo) g 102; cifra questa assai superiore alle media. ^ G a o\ Fig. 15. Difflugia cyclotellina. Garbini. E senza dubbio il rizopodo più diffuso e più abbondante nel Lario. Il guscio tondeggiante in generale, (Pig. 16 t. 16 ocul. 4 obb. 5) può talora essere ovoidale (Pig. 17 t. 16 ocul. 4 obb. 5). L’ apertura orale è circondata da un tipico colletto che sovrasta in modo assai evidente il rimanente del nicchio, tutto ricoperto da diatomee del genere Cyclotella. Puocheg- I RIZOPODI DEL li A RIO 237 giando al microscopio osservai molto bene la fine ornamenta¬ zione del guscio, costituito da pietruzze, per cui le Cyclotelle sono ad esse sovrapposte. Il limo di fondo del Lario è cosparso da molte diatomee di questo genere; ci si spiega perciò facil¬ mente il numero grande di questo rizopodo. Ho detto che questo ha grande area di diffusione nel lago di Como : infatti 10 incontrai nel golfo di Lenno a 30 e 50 m. di profondità ; sotto la punta di Barbianello a 30 e 50 m. di profondità; a sud di detta punta a m. 50 di profondità; tra Varenna e No- biallo alla profondità di 280-400 m. ; a m. 15 tra Bolvedro e Villa Lucertola; alla foce del Bolvedro a pochi metri dalla riva; a 130 m. toccando fondo sulla congiungente Fortezza e la Grotta del Bulgaro; a m. 86 sotto Lierna; a 30 m. presso le rupi di Grosgallo. In alcune pescate le D. cyclotellina sono abbondantissime, in altre meno; in complesso il colorito è giallo chiaro ed il guscio molto trasparente e nitido sì da consentire un esame particolareggiato della sua struttura. Le dimensioni sono assai varie; posso dare una serie di valori per 11 diametro trasversale: fi 72; fi 78; fi 80,85; fi 90,65; fi 120. Come limiti stabilirei fi 70 e fi 120. Da quanto ho sopraesposto ap¬ pare in modo molto evidente che la D. cyclotellina ha una grande area di diffusione orizzontale e verticale nel bacino la- riano ; a tutte le profondità quasi, si può trovare nella sua forma tipica, ben definita; solamente la taglia ed il colorito variano molto da luogo a luogo del bacino. Le differenze quindi non interessano in questo rizopodo la vera e propria morfo¬ logia, sibbene la grandezza e la tinta. Bifflu già ternani. Blanc. Trovai a m. 270 di profondità, tra Curate e la Pliniana, diversi esemplari di questo rizopodo con la forma tipica a dito di guanto, slargato leggermente nella parte posteriore, con guscio ricoperto da finissimo detrito e piccole scagliette minerali brillanti; in parecchi individui commisto ad essi ben chiaramente si distinguono piccole Cyclotelle, le quali copio¬ sissime prosperano anche in questa località sul fondo lago. Un buon numero di questi rizopodi ha dimensioni variabili dagli 80 ai 100 fi. Una piccola quantità misura soltanto fi 40. Anche per il Lario si può dunque ripetere quanto il Penard ricorda per il lago di Ginevra. Detto autore in questo trovò 238 A. COPPA PATRINI D. le mani variabilissima per dimensioni; anzi sotto questo aspetto egli divide D. lemani in due categorie, sebbene effet¬ tivamente ciascuna di esse sia collegata all’altra da forme in¬ termedie. e non si possa parlare di separazione netta, vera e propria. Ad una serie il Penard ascrive le forme con lunghezza variabile dai 75 agli 85 p, forme che eccezionalmente raggiun¬ gono i 100 p. All’altra il Penard ascrive individui che misu¬ rano in media p 50. Nel Lario questo rizopodo è pure enorme¬ mente variabile nelle dimensioni e pare che, come nel Lemano. si potrebbe procedere ad una separazione tra i due gruppi a grandezza diversa. Quivi però si avrebbero, nel complesso, forme più grandi e più piccole di quelle esistenti nel lago di Ginevra. Come in questo bacino anche nel Lario la D. lemani non è abbondante; là trovasi alla profondità compresa tra i 60 e 80 m.; quivi a profondità ben maggiori. Difflu già fallax. Penard. Specie assai rara nel Lario, corrispondente alla tipica. Ovale, pochissimo allungata, la D. fallax lariana ha il guscio ricoperto da piastrine appiattite, finissime, in relazione evi¬ dentemente alla costituzione minuta e quasi impalpabile del limo del fondo lago. La bocca è circolare orlata da scagliette di grandezza uniforme, molto ben ordinate. Classificai questo rizopodo in profondità a m. 86 sotto Lierna; a m. 130 nel tratto da Fortezza alla grotta del Bulgaro; a 250 m. tra Carate e la Pliniana; nel golfo di Lenno in mezzo alla vegetazione. Anche la D. fallax ha taglia variabilissima; alcuni esemplari misu¬ rano p 54, sono cioè assai piccoli, altri toccano i p 72 nella Grotta Azzurra. Difflugia elegans Penard. È forma rara nel Lario, raccolta nella Grotta Azzurra (Fig. 18 t. 16 ocul. 4 obb. 5) ; lungo la riva tra Boi vedrò ed Azzano; al molo di Azzano tra le erbe, in pescata planctonica; a m. 30 di profondità nel golfo di Lenno. Risponde alla tipica con forma di anfora greca, munita di bocca circolare contor¬ nata da piastrine uniformi per grandezza e ben ordinate. La parte posteriore termina con un tubo ad aculeo a mo’ di dito di guanto ; il guscio è rivestito da scaglie piccole commiste I RIZOPODI DEL LA RIO 239 ad altre più voluminose, specie nella porzione più slargata di esso. La specie, molto variabile in generale per forma, numero, grossezza, disposizione degli aculei, è invece uniforme nel Lario, sia per quanto concerne l’ornamentazione posteriore del guscio, sempre costituita da una sola appendice, sia per le dimensioni, di circa g 120, dei singoli individui, sia infine per la grandezza e disposizione del detrito che ricopre il nicchio. Diffiugia lobostoma Leidy. E rizopodo rarissimo nel Lario; ebbi la ventura di incontrarlo in una sola località del lago, e pre¬ cisamente pescando orizzontalmente con circa 100 m. di corda, nel tratto compreso fra Tremezzo e S. Giovanni. Risponde per¬ fettamente alla forma tipica ; quindi non debbo rilevare alcuna variazione collegata all’ambiente. Il nicchio è tondeggiante, non perfettamente sferico, anzi sensibilmente allungato; i fram¬ menti che lo ornano sono angolosi, abbastanza uniformi. La bocca è quadrilobata e piuttosto irregolare. Dimensioni g 150. Diffiugia limnetica Levander. E tecoloboso rarissimo nel lago di Como, classificato alla profondità di m. 20, tra il palo e Lenno. Il guscio è ovale, brunastro, rivestito da detrito finissimo al quale si associano diatomee del genere Cyclotella ; la bocca è triloba, circondata da un collaretto molto evidente costituito da piccoli frammenti minerali. La D. limnetica misura in media g 78. La taglia varia moltissimo in relazione all’ ambiente in cui si è adattato a vi¬ vere il protozoo. Il Penard ricorda che i più piccoli individui da lui veduti misurano g 80 circa; come media però l’autore citato dà 100-120 g. La forma che vive nel Lario quindi è assai più modesta per grandezza di quella 1 emana. Si tratta certa¬ mente di specie mutevolissima a seconda dell’ habitat. Diffiugia scalpellimi Penard. In materiale raccolto a pochi metri dalla foce del Bolvedro alla profondità di m. 1 a 3 classificai questo rizopodo rarissimo nel Lario nella sua forma tipica. Il guscio è alquanto allun- 240 A. COPPA PA TRINI gato; terminato in una porzione appiattita molto evidente, nel complesso assai slanciata, e ricoperto da pietruzze di grandezza differente, accostate le une alle altre. Grossi granuli si alternano ad altri molto più mi¬ nuti ; quelli di modeste dimensioni si tro¬ vano specialmente riuniti a formare un tutto, pressoché omogeneo, nelle porzioni orale ed apicale. La bocca è grande, ro¬ tonda; il guscio leggermente si restringe in questa regione (Fig. 19 t. 16 ocul. 3 obb. 7). I vari individui osservati nel lago di Como hanno dimensioni di circa // 200. Il Penard dà come media fi 250; rammenta però che in una pescata la media discese da 220 fi a 230 fi. Difjftugia puìex n. sp. Penard. Solamente nel materiale raccolto nella Grotta Azzurra potei classificare questo mi¬ nuscolo rizopodo, che finora non rinvenni in alcun altro punto del lago. Guscio giallastro, piriforme, ricoperto da minuto detrito appiattito, delicato e quasi diafano che dolcemente si restringe nella porzione boccale. Dimensioni, in media di fi 30 (Fig. 20 t. 16 oc. 4 obb. 5). Fig. 19. Fig. *o. Dif fingici pristis n. sp. Penard. Gli unici e scarsi esemplari classificati nel materiale del lago di Como li rinvenni nel tratto tra Varenna e Nioballo alla profondità di m. 280-400, nel limo finissimo del fondo, ricchissimo di diatomee. Il guscio della D. pristis è ovoidale, non molto allungato, assai regolare, con dimensioni di circa fi 66, ricoperto da scagliette silicee brillanti assai ordinata- mente disposte attorno all’ apertura boccale circolare. Diffiugia manicata n. sp. Penard. Alla profondità di m. 20 tra il palo e Lenno, classificai in mezzo al fango di fondo questa specie, molto rara e scarsa nel lago di Como. Pur richiamando la D. pyriformis, si scosta I RIZOPODI DEL LA RIO 241 da questa per essere assai meno slanciata e meno tondeggiante, con nicchio rivestito da pietrnzze fittamente riunite le une contro le altre, assai regolarmente disposte nella regione cor¬ rispondente alla bocca. A questa zona segue una seconda nella quale le scaglie minerali sono più grosse che in tutto il rima¬ nente del guscio. Le dimensioni oscillano intorno ai 70 g. toooL \o0ùV Fig-, '21 . Di f fin già avellana Penard. Questa grande Difflugia fu da me classificata nel limo di fondo del centro del golfo di Lenno. Il guscio è allungato, leg¬ germente ovale, dolcemente si rigonfia proce¬ dendo dalla porzione anteriore boccale a quella posteriore, la quale è perfettamente tondeg¬ giante. E interamente ricoperto da detrito si¬ liceo piccolo, uniforme ovunque, eccezion fatta per la porzione mediana di esso, ove le pie- truzze sono molto più grosse (Fig. 21 t. 16 ocul. 4 obb. 5). Questo può essere messo in re¬ lazione col fatto che la D. avellana varia sen¬ sibilmente a seconda della ubicazione. I fram¬ menti sono regolarmente disposti nella por¬ zione della bocca; questa è ovale. Le dimen¬ sioni sono di g 120, un poco inferiori a quelle medie date, per esempio, per il lago di Ginevra. Ancella vulgaris Ehrbg. Si presenta nel lago di Como con la forma caratteristica della specie: nicchio pressoché emisferico, chitinoso, disegno reticolare simmetrico ad areoli esagonali, compresso dall'’ alto al basso, con faccia inferiore concava circolare, munita di aper¬ tura boccale in posizione centrale. Non è rizopodo abbondante in questo bacino ; nel materiale di fondo è sempre rappresen¬ tato da un esiguo numero di individui. Alla profondità di 280 m. tra Varenna e Nobiallo la A. vulgaris, dalle modeste dimensioni di 60-65 g (Fig. 22 t. 16 ocul. 4 obb. 55), presenta piccola apertura boccale e guscio di colorito giallo chiaro, fine¬ mente areolato. Nella dragata di fondo alla Zocca dell’ Oglio gli scarsi individui hanno diametro g 45, apertura boccale pic¬ cola e leggermente eccentrica, colorito chiarissimo. Fra le erbe, tra Besana e S. Giovanni, 1L4. vulgaris appare in buon numero con dimensioni maggiori, colorito meno chiaro. Presso gli 242 A. COPPA P A TRINI sfoci della Filanda di Azzano osservo le forme con diametro di circa // 150 e colorazione scura. Il Penar d afferma che nel genere Arcella, più che in altri, si possono riscontrare diffe¬ renze nella grandezza degli i ndividui ed una colorazione estremamente chiara, pro¬ babilmente indica la giovi¬ nezza di essi. Secondo tale autore le misure estreme del diametro oscillano tra 80 e 140 /ti : la media si aggira intorno ai 100//. Leidy, in¬ vece, fissa come limiti // 48-152; limiti entro i quali oscilla V Arcella vulgaris lariana. La maggior parte degli autori hanno messo in evidenza il fatto della molteplicità di varia¬ zioni della conchiglia. Io pure ho riscontrato forme differenti sopra tutto per grandezza e colorito di essa ; piccoli e chiari gli individui del fondo lago ; di taglia maggiore e colorito più scuro quelli viventi fra le erbe. Sempre notai questo fatto: a piccole dimensioni corrisponde il colorito chiaro ; la tinta si intensifica sino a divenire oscura negli esemplari a grandezza progressivamente maggiore. Cyphoderia margaritacea Ehrbg. Forma poco frequente nel Lario, mentre essa, e specialmente la varietà major , sono specie comuni in altri bacini. Il guscio, giallastro o bruno, ha forma di ampolla ed è costituito da piccoli dischi rotondi, disposti in maniera molto regolare ed ac¬ costati gli uni contro gli altri sì da assu¬ mere l’aspetto di minuti esagoni ordinati in sistemi di linee. In alcuni individui raccolti alla profon¬ dità di m. 20 e di m. 80, presso Lenno, il nicchio è arrotondato nella parte posteriore (Fig. 23 t. 16 ocul. 4 obb. 7) ; in altri della stessa località termina appuntito (Fig. 24 t. 16 ocul. 4 obb. 5). Questa specie è sog- Fia. 24. I R1Z0P0DI DEL LA RIO 243 getta a frequenti variazioni che riguardano appunto 1’ invo¬ lucro e le dimensioni del medesimo. Nel lago di Como il guscio misura in media circa 100 ; media che oscilla tra 100 e 120 /a in altri bacini. Cyphoderia trochus Penard. Classificai questo rizopodo nel limo di fondo del centro del golfo di Lenno, nella sua forma tipica, caratteristica, con guscio jali.no leggermente colorato in giallo, tra¬ sparente, tondeggiante, munito di collo ricurvo, compresso lateralmente, terminante con bocca elittica. Nel complesso ha la forma di corno, ar¬ rotondato nella parte posteriore, la quale termina * con una specie di trottola. E interamente rive¬ stito da dischi tondeggianti disposti secondo più sistemi embricati, cosicché il loro vero aspetto non apparisce chiaro, specialmente alle due estre¬ mità del nicchio, di colorito giallastro. I pochi Kig-. 25. individui 1 ariani hanno, in media, dimensioni di 100 fi. Questa specie è rarissima nel lago di Como come pure in altri grandi bacini lacustri (Pig. 25 t. 16 ocul. 4 obb. 5). Euglypha alveolata Dujardin. Osservai questo elegante rizopodo alla profondità di 130 m. tra Fortezza e la Girotta del Bulgaro. Ha guscio ovoidale, al¬ lungato, a contorno regolare, rivestito da scagliette pure ovoi¬ dali, embricate le une sulle altre ; termina posteriormente ton¬ deggiante. Nella parte anteriore si restinge lievemente ; la bocca è rotonda circondata da scagliette dentellate ai margini liberi ; il dente mediano spicca sugli altri e da questi dipartono i dentelli disposti a pendio. Le rimanenti scaglie hanno contorno perfettamente liscio. Era i rizopodi si deve considerare F Eu- glyplia alveolata come forma variabilissima ; essa si presenta sotto molti aspetti. Nel Lario è rarissima e nella forma, dirò così, tipica, sprovvista di asperità o di aghi laterali, con di¬ mensioni di circa /.< 90. Euglypha laevis Perty. La forma che vive nel lago di Como è ovoidale, a contorno regolare, sprovvista di fini aghi, cosa questa non frequente, 244 A. COPPA PATR1NI ma possibile in questa specie. Ai margini del nicchio osservai assai bene le scagliette che lo ornano, embricate in maniera uniforme ; sull’ orlo boccale esse sono evidentissime, costitui¬ scono specie di dentini assai brillanti, a margini lisci, privi di scanalature, a differenza che in E. al¬ veolata Dnj. Non vidi scaglie in alcuna altra parte del guscio. Nel limo di fondo del centro del golfo di Lenno osservai esem¬ plari misuranti 42 fi ; in materiale, pure di fondo, prelevato nella Grotta Azzurra forme Fig. 26. di 45 fi e di 84 fi ’ nella dragata di fondo tra Varenna e Nobiallo, alla profondità di 280 m., forme eleganti e trasparentissime di fi 54 (Eig. 26 t. 16 ocul. 4 obb. 5). Anche per questo rizopodo bisogna tener pre¬ sente che le dimensioni sono molto variabili. Nel lago di Como in complesso E. laevis non è frequente ; si presenta sopratutto con dimensioni molto modeste. Nebela bursella Vejdovsky. Si presenta ovale, alquanto schiacciata sì che il diametro trasverso risulta assai largo. La bocca è leggermente svasata, eli ttica perchè il guscio è lievemente compresso, circondata da una specie di orlo o di colletto. Il colorito è sempre molto chiaro, gialliccio. Il nicchio è ricoperto da sottili scagliette silicee ovali. Presenta una discreta area di diffusione nel Lario ; infatti la classificai : lungo le Rive di Bellagio, nel golfo di Colico verso Monticchio Nord ; nella pescata con draga Stein- mann presso le rupi di Grosgallo alla profondità di in. 30 ; nella Grotta Azzurra, ove gli abbondanti individui hanno guscio quasi sferico rivestito da molte Cyclotelle, sì da impartire ad esso grande eleganza ; tra le erbe, strisciando sul fondo, . tra Besana e S. Giovanni ; alla profondità di 270 m. tra Carate e la Pliniana, con nicchio ricoperto in parte da diatomee ; a m. 28 tra Varenna e Nobiallo ; nel lago del Piano sul fondo pietroso, dove a detrito grossolano è però commisto limo finissimo. Nel Lario le dimensioni della Nebela bursella variano da fi 78 a 84. Corrisponde perciò alla forma tipica e non alla varietà di essa con taglia assai maggiore. I R1Z0P0DI DEL LA RIO 245 Nebela vitrea Penarci. Sul fondo della Tremezzina trovai questo rizopodo a guscio jalino, tondeggiante, leggermente ovale, costituito da brillanti pietruzze a margini smussati ed arrotondati, cementati tra di loro per mezzo di frammenti assai più piccoli. La bocca è leg¬ germente ellittica ed orlata da scagliette disposte in modo da simulare altrettanti dentini. La N. vitrea è specie soggetta a grandi variazioni di forme, quindi può presentare dimensioni diversissime. I rari individui da me veduti rispondono tutti al tipo descritto e misurano circa /li 170. Lequereusia modesta Rhumbler. Nicchio tondeggiante, quasi perfettamente sferico, a colo¬ rito molto scuro, ravvolto su se stesso, lateralmente sormontato da un collo tubulare, corto e molto largo alla base, ricoperto solo in parte da detrito pietroso, formato dalla mescolanza di particelle fini e grossolane, ed ornato da numerose diatomee, del genere Cyclotella. All’ inizio del cosi detto collo, disposto obliquamente, si osserva molto bene un allineamento di fini gra¬ nuli minerali, che nell’insieme assumono l’aspetto di un ba¬ stoncino. Le dimensioni di L. modesta oscillano per il Lario intorno ai /li 110 ; generalmente variano per altri bacini da 125 a 150. Tale specie è stata osservata alla profondità di m. 5 presso Barbianello. Sphenoderia dentata Penard. Piccolo rizopodo, rarissimo nel lago di Como, classificato nel materiale di fondo, raccolto tra Varenna e Nobiallo alla profondità di m. 280 a 400. Il guscio è ovale, chiarissimo, re¬ golarmente ricoperto da placche ovali uniformi, embricate in modo da lasciare spazi esagonali con lati ricurvi anziché ret¬ tilinei, che molto bene si osservano a forte ingrandimento. Vidi chiaramente ciò che costituisce il carattere specifico, ossia i denti che ornano la parte boccale. Quivi più non giungono le placche di rivestimento del guscio, sostituite da una mem¬ brana jalina, più o meno incisa dai dentelli. Le dimensioni oscillano intorno a 50 /u. 246 A. COPPA PATRINI Centropyxis aeuleata . » arcelloides » levigata . Difflugia globulosa » pyri formis . » » var. 1 aclisti- » acuminata » glans . . » cyclotellina . » lemani .... » fallax .... » elegans » lobostoma » limnetica » scalpellimi » pul ex .... >> pristis .... » manicata » avellana Arcella vulgaris .... Cyphoderia margaritacea . » trochus Euglypha alveolata » laevis .... Nebela bursella .... » vitrea .... Lequereusia modesta . Sphenoderia dentata . is Oì i CO lQ o co o co ir- Tv O* CO X CQ + -h + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + -f + + I RIZOPODI DEL LA RIO 247 I rizopodi lariani sono dunque solo in piccola parte pela¬ gici ; in prevalenza sono abitatori del fondo, e dalla zona co¬ stiera tendono a discendere verso gli abissi, sebbene non molto abbondanti nè per numero di specie, nè per ricchezza di in¬ dividui. Infatti per quanto io abbia studiato molte serie di pescate raccolte nel corso di diversi anni, in diverse stagioni, nelle zone più diverse del lago, ho potuto riconoscere soltanto una trentina di specie, ed in tale cifra vanno comprese non solo le specie caratteristiche lariane, ma anche le erratiche, mentre il Monard (*), nella sua bella monografia sulla fauna profonda del lago di Neucliàtel, enumerava ben 55 specie di rizopodi, mettendone in evidenza la graduale diminuzione verso le maggiori profondità. A spiegare la diversità del reperto giova forse ricordare che il lago di Como è, in confronto di altri laghi, assai più povero di zona litorale, essendo il suo bacino costituito da una lunga sjDaccatura, le cui sponde scendono quasi dovunque ripidissime fino a grandi profondità. Infatti dove la costa scende più dolce e presenta bassi fondi coperti di vegetazione som¬ mersa, ho osservato assai più abbondanti rizopodi e special- mente : Centropyxis ctculeata , Arcella vulgaris , Difflugia globulosa, D. elegans. Ma la stessa Arcella vulgaris , come la D. pyriformis , forme erratiche, si dimostrano largamente dif¬ fuse dalle più basse acque lambenti le poche spiaggie, fino agli abissi, che nel Lario toccano 280-400 m. Però è la D. cy- clotellina quella che nel lago di Como presenta la maggiore area di diffusione a tutte le profondità, mentre altre specie caratteristiche, come la D. pristis e la Sphenoderia dentata, si incortrarono soltanto nelle regioni abissali. Io ho già rile¬ vato come le singole specie di tecolobosi abbiano nel Lario dimensioni molto variabili ; in generale gli esemplari raccolti negli abissi sono assai più piccoli di quelli che si incontrano nelle acque superficiali. Le forme impiccioliscono col crescere della profondità alla quale si sono adattate a vivere ; così è della Centropyxis aculeata, della Arcella vulgaris , della Bif- (1) Monard Albert. La faune profonde du lac de Neucliàtel. Bull, de la Soc. N-euch ateloise de Se. Kat. XLlv, 1918 248 A. COPPA PATRONI - I RIZOPODI DEL LARIO fingici glans e di altre. Oltre che per le minori dimensioni le forme abissali si distinguono anche per una diversa costituzione del guscio, composto di .più evidenti e talvolta più grossolane pietruzze negli individui di bassa riva, costituito invece, nelle forme abissali, da minutissimi granuli minerali assai più tenui e più fini, tra i quali si ravvisano talvolta delle Cyclotelle o frammenti di altre diatoinee, i cui avanzi costituiscono in gran parte il finissimo limo di fondo. Alessandria - R. Liceo Plana. Dott. Anna Magrograssi LA FAUNA LEVANTINA DI C00 E DI RODI Il Tournouer fu il primo ad occuparsi di questa caratte¬ ristica fauna fossile d’ acqua dolce (*) ; ma il suo non fu uno studio esauriente sull’ argomento. L' unico lavoro abbastanza ampio sulla fauna levantina di Coo, si deve al Necmavr (1 2) ; questi, dopo aver determinato numerose forme appartenenti al Levantino, ne stabilisce la successione stratigrafica e studia i rapporti zoogeografici esistenti tra le due diverse zone di af¬ fioramenti levantini che si trovano nell’isola. La fauna levan¬ tina di Rodi fu solamente più tardi illustrata dal Bukowski (3) in un lavoro molto accurato. Dopo le determinazioni paleontologiche egli esamina se¬ paratamente le faune dei diversi affioramenti levantini con¬ frontandole infine con altre analoghe. Io ho potuto studiare questa fauna levantina di Coo e di Rodi in base al ricco ma¬ teriale paleontologico raccolto a Coo dal dott. Desio, a Rodi dall’ ing. Migliorini e da quello gentilmente concessomi ; anche dal Museo Geologico della R. Università di Firenze ho potuto avere in esame una buona raccolta di forme levantine della isola di Coo. In complesso la fauna levantina di Coo che ho avuto in esame è costituita da 56 forme, comprese 2 specie nuove e 16 nuove varietà, appartenenti in massima parte ai Gasteropodi, (1) E tu de sur leu fossiles tertiaires de Vile de Cos. Ann scient. de l’école nomi, sup., Paris, sér. 2, T. v, 1 876 Coquilles fossiles d: eau douce de Vile de Rliodes in: P. Fischer, Paléont. des terrains tertiares de Vile de Rhodes, Meni, d. 1. soc. géol. de France, Paris. Sér. 3, T. I, 1877-1881. (2) Ueber den geologischen Bau der insel Kos. Denhschr. d. Kais Akad. d. Wis- sensch., malli, naturw. Classe, Bd. 40, Wien, 1880. (3) Die Levantìnische Molluschenfauna der Insel Rhodus. Denkschr. d. Kais. Akad. d. Wissensch. inath-naturw. cl., Wien. Bd. 60, 1893 e Bd. 63, 1895. 16 250 A. MAGROGRASSI in minima parte ai Lamellibranchi . In quest’isola (’) gli af¬ fioramenti levantini si presentano in due zone nettamente se¬ parate fra loro : un affioramento levantino tipico, con fossili esclusivamente lacustri, si trova nella parte più orientale del- 1’ isola, tra il C. Foca e il corso del torrente Piati ; più ad occidente, lungo le scarpate meridionale e orientale dell’alti¬ piano, fra Antimachia e Pili, affiorano altri livelli levantini, intercalati però ripetutamente fra strati marini. Una delle questioni più interessanti è di sapere se, come afferma il Neumayr, queste due zone facessero parte di due bacini lacustri separati e nettamente indipendenti, o se invece esistesse fra loro un diretto collegamento. Le forme che ho determinato, provenienti dalla regione orientale dell’ isola, sono le seguenti : Dreissensia bulgarica Brus. N evitino, pseudomicans Buk. a eoa Neum. » Fontannesi Neum. » n n var. rhodiensis n. f. (1 2). n Fuchsi Neum. » ii ii var. depressa n. f. ii ii ii ii elongata n. f. Paladina Uippocratis Neum. » Sadleri Partsch. Forbesi Tourn. ii Gorceixi Tourn. ii ii var. iraclensis Tourn. » ( Ty lo toma ) rudis Neum. 5i ii ii ii var. elegans n. f. 5i trochlearis Tourn. Melania tubercolata Mùller. » ii il var. prichensis n. f. Melanopsis Sporadum Tourn. il Gorceixi Tourn 51 51 51 51 51 51 51 51 51 55 11 55 var. plicata Tourn. a major n. f. » subtilis n. f. 5i globosa n. f. (1) Desio A. Appunti geologici sull'isola di Cos. Boll. d. Soc. gvol it., Voi. XLIII, Fase. 2, Roma, 1924. (2) Re varietà e le specie nuove sono descritte in appendice. LA FAUNA LEVANTINA DI COO E DI RODI 251 Melanopsis ( Microcalpia ) acicularis Eér. » (. Lyrcea ) Delessei Tourn. » aegea Tourn. r> ( Canthidomus ) proteus Tourn. 55 55 » 11 var. scalarata n. f. 11 Heldreichi Ne uni. ii hybostoma » var. rotundata n. f. Le forme determinate, della regione centrale, sono le se¬ guenti : Dreissemia bulgarica Brus. var. aberrans n. f. Nerilina pseudomicans Buk. ii dorica Neum. ii eoa Neum. ii Fontannesi Neum. ii ii ii var. rhodiensis n. f. 55 Fuchsi Neum. 55 ii 5i var. depressa n. f. ii ii ii ii elongata n. f. Paludina Cale erti Neum. 5i rhodiensis Buk. Melanopsis spor aduni Tourn. ii ii ii var. Schmidti (Neum.) 55 ventricosa Neum. ii cincia Neum. 55 Gorceixi Tourn. 55 55 55 55 55 55 55 55 55 55 55 55 55 55 55 55 55 var. plicala Tourn. 55 55 55 major n. f. 55 55 55 SUbtiliS 11. f. ii ii ii globosa n . f. S and geb ergi Neum. ( Lyrcea ) Delessei Tourn. 55 55 55 var. bicincta Tourn. 55 55 55 55 ex pausa n. f. semiplicala Neum. aegea Tourn. proteus Tourn. 55 55 55 55 55 55 55 var. poliptica (Neum.) 55 nassaeformis (Neum.) 55 fusiformis n. f. scalarata n. f. 55 55 252 A. MAGRO GRASSI Melanopsis phanesiana Buk. n Heldreichi Neum. Da alcuni altri strati, che affiorano nella parte centrale dell’isola e in cui si trovano mescolati fossili continentali e marini, provengono le forme seguenti : TJnio cfr. : pristinus Bielz var. berbestiensis Font. Neritina Fontannesi Neum. 11 ii ii var. rhocliensis n. f. ii liellenica Buk. ii ii ii var. constricta Buk. Melania ( Eumelania ) curvicosta Desh. var. monolithica Buk. 55 51 55 55 51 Vi SVrH ìì . f* . Melanopsis Sporadum Tourn. ìì Sandgebergi Neum. » ( Lyrcea ) Belessei Tourn. var. expansa n. f. 11 55 55 51 55 nodulosa n. f. 55 ( Canthidomus ) proteus Tourn. 55 51 55 55 var. poliptica (Neum.) 51 55 55 51 ìì nassaeformis (Neum.) 55 55 55 55 ìì scalar ala n. f. 51 55 phanesiana Bu k. 55 pseudo pigmea n. sp. Planorbis cfr. Jobae Bourg. Pyrgula Brusinai Tourn. * ìì Tietzei Neum. Confrontando la fauna della zona orientale dell’ isola con quella della zona centrale si vede come esista una grande af¬ finità: delle 19 specie che costituiscono ciascuna delle due faune, ben 11 sono in comune e tra di esse la Melanopsis Gor- ceixi , la Nerilina Fontannesi, la N. Fuchsi , si presentano nelle due zone con tutte le loro varietà. L’ unico carattere che può differenziare queste due faune sta nella presenza delle Me¬ lanine limitata alla zona occidentale e nella mancanza di rap¬ porti tra le Paludinae. Dati i forti caratteri di affinità esistenti tra le due faune, si può ritenere come cosa molto probabile che, all’ epoca della LA FAUNA LEVANTINA DI 000 E DI RODI 253 deposizione del Levantino, i bacini lacustri di cui facevano parte la zona centrale e la zona orientale dell’isola comuni¬ cassero largamente e direttamente fra loro. Il Neumayr ammetteva invece che queste due zone faces¬ sero parte di bacini lacustri nettamente indipendenti e fon¬ dava questa sua asserzione su vari argomenti : in primo luogo eerli veniva a trovare tra le faune delle due zone tre sole specie comuni ; inoltre egli ammetteva che la fauna di cia¬ scuna delle due regioni presentasse un tipo particolare, locale : le Neritinae della regione orientale sarebbero caratterizzate, secondo il Neumayr, da una strozzatura posta a metà dell’ul¬ timo anfratto, quelle della regione orientale da una carena più o meno acuta. Quanto alle Melanopsis, questa divergenza tra le forme delle due zone avrebbe portato alla M. aegea , limitata alla re¬ gione orientale e alla M. proteus, limitata all’occidentale. Dopo quanto ho detto sopra, queste conclusioni del Neumayr non sono più accettabili. Il Neumayr aveva poi stabilito una com¬ pleta serie stratigrafica per ciascuno dei due bacini. Confron¬ tando con queste serie del Neumayr alcune serie parziali rilevate sul posto dal Dr. Desio, ho trovato numerosi dati di discordanza per quanto riguarda la comparsa delle varie specie, ma tralascio di parlarne non possedendo per ora elementi suf¬ ficienti per stabilire una completa serie stratigrafica. La fauna levantina di Rodi, che ho avuto in esame, è com¬ plessivamente costituita da 46 forme, comprese 3 specie nuove e 9 nuove varietà, appartenenti per la massima parte ai Ga¬ steropodi, fra cui predomina il genere Melanopsis. Da alcuni affioramenti, che probabilmente rappresentano la parte basale del levantino (’) e che si trovano nella parte meridionale dell’isola, a NO del C. Istro e a NO del Mona¬ stero di Schiati, e nelle vicinanze di Propilia, provengono le seguenti forme : Corymbina rhocliensis Buk. » ii ii var. istr idica Buk. ii ii ii ii athiadica Buk. ii ii ii ii angulata Buk. ii ii ii ii propiliensis n. (1) Migliorini C., Geologia di Rodi. L’ Agricoltura Coloniale, Firenze. Anno XIX, N. 1, 2. 254 A. MAGRO GRASSI Corymbina monachorum Bak. 11 11 ii var. turrita Buk. ii aegea n. sp. Dall a zona di Calavarda, che occupa una regione molto estesa nella parte settentrionale dell’isola, provengono le forme seguenti : Dreissensia rhodiensis Buk. ii bulgarica Brus. var. aberrane n. f. 51 cfr. Chantrei Locard. Jjnio pseudatavus Buk. var. dorica Buk. ii ii ii ii elongata n. f. Neritina Fontannesi Neum. ii ii ii var. rhodiensis n. f. ii liellenica Buk. ii ii ii var. constricta Buk. Paladina clathrata Desk. ii » var. dorica Buk 5i 5i » n camirensis Buk. ii )i 5i » calar ardensis Buk. Melania ( Eumelania ) curvicosta Desk. var. liellenica Buk. il » rhodiensis Buk. Melanopsis ( Cantliidomus ) orientali^ Buk. 5i il Biliottii Buk. 5i 5i phanesiana Buk. li incerta Fucks * » cfr. harpula Neum. var. capreniensis Font, il calamonensis n. sp. Dalla zona di Apollachia, che occupa nella parte sud oc¬ cidentale dell’ isola una regione molto meno estesa della pre¬ cedente, provengono le seguenti forme : Neritina pseudomicans Buk. il hellenica Buk. si 5i Buk. var. constricta Buk. ’i Brusinai n. sp. Paludina Calverti Neum. » rhodiensis Buk. 55 acr amitica Buk. 5i » » var. sulcata n. f. )5 Sadleri Partsck LA FAUNA LEVANTINA DI COO E DI RODI 255 Melania etnisca De Stef. n u i n var. De Stefanii n. f. a Tournoueri Fuchs. var. clorica Buk. ?? » » venusta n. f. » luber culata Muli e r var. furnensis n. f. Melanopsis ( Canthidomus ) orient.alis Buk. » Biliottii Buk. phanesianci Buk. » anceps Gaud. e Piseli. » ' costata Oliv. » inconstans Neum. » cfr.: harpula Neum. var. capreniensis Font. Iu alcune formazioni lacustri della parte settentrionale dell’ isola, formazioni forse più recenti delle tipiche levantine, sono state trovate : Melanopsis Spor aduni Tourn. Neritina Br asinai n. sp. Da strati a fauna salmastra interstratificati con quelli ma¬ rini che si trovano nella valle di Mixi, provengono : Cardila (Cer asto derma) edule L. var. umbonata Wood n a a a n contortula Sacco Arca [Anaclara) Danvinii Majer Cerithium ( Thericium ) vulgatum Brng. var. seminuda Bod. Melanopsis Sporadum Tourn. Dall’ esame di questi singoli elenchi risulta che la fauna di ciascuna zona di affioramenti levantini è costituita per la massima parte da specie esclusive : la fauna degli strati ba¬ sali si distingue poi in modo assoluto dalla fauna degli altri orizzonti levantini: l’unico genere che vi è rappresentato, il genere Corymbina . è di essi esclusivo. Negli strati a fauna salmastra della valle di Mixi, le forme marine raccolte insieme con la Melanopsis sporadum appartengono probabilmente al Calabriano quaternario inferiore). Confrontando poi la fauna della zona di Calavarda con quella della zona di Apollachia, risulta come esistano solo cinque specie comuni, appartenenti ai generi 'Serilina e Melanopsis ; questa piccola percentuale, 14°/0 di specie comuni, non può fare altro che confermare i a cfr a cfr, 256 A. MAGKOGRASSI risultati cui era giunto il Bukowski, che cioè, all’ epoca della deposizione di questi sedimenti, le due zone fossero separate fa¬ cendo parte di laghi distinti comunicanti forse indirettamente per mezzo di acque correnti. Confrontando complessivamente la fauna levantina di Coo con quella di Rodi risalta che il valore della percentuale di specie comuni è del 13 p/0 : questa percentuale molto scarsa permette solo di supporre che, durante il Levantino, i bacini lacustri esistenti nelle aree attualmente occupate dalle due isole potessero comunicare indirettamente per mezzo di qualche corso di acqua : ciò sarebbe confermato dal fatto che i mag¬ giori rapporti di analogia riguardano il genere Nerilina , ca¬ ratteristico appunto delle acque dei fiumi. Confrontando poi la fauna studiata con quella di altre re¬ gioni, risulta che esistono forme comuni tra la fauna di Rodi e quelle dell’Asia Minore e della Grecia, mentre mancano finora elementi che permettano di supporre una certa affinità tra la fauna di Coo e la fauna di queste regioni ; che esistono nume¬ rosissime forme che collegano la fauna levantina di Coo e di Rodi con quella del bacino Pannonico, comprendente i depositi della Slavonia, Bosnia, Ungheria ; infine che mancano comple¬ tamente caratteri di affinità con la fauna levantina della Ro¬ mania, Bessarabia, Russia Meridionale. Descrizione delle forme nuove (*). * Dreissensia bulgarica Brus. var. aberrans n. f. (Tav. VI, fig. 1). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : carena più vicina al lato ventrale ; angolo di convessità del lato dorsale portato più lontano dagli amboni. Provenienza. Coo: V. di S. Giorgio; V. Iracli. Rodi : sabbie di Calavarda. Unio pseudatavus Buk. var. elongata n. f. (Tav. VI, fig. 2). Caratteri differenziali dalla sp. tip.: maggiore sviluppo della conchiglia nel senso della lunghezza e assottigliamento mag¬ li) Nella descrizione di queste nuove forme devo limitarmi all’ esposizione soli caratteri principali. de1 LA FAUNA LEVANTINA DI COO E DI RODI 257 gioie della parte posteriore. Provenienza. Rodi : sabbie di Ca- lavarda. Un io Migliorimi sp. n. (Tav. VI, fig. 3). Conchiglia equivalve, fortemente inequilaterale ; forma sub¬ quadrangolare con angoli arrotondati ; umboni rigonfi e leg¬ germente ricurvi, posti quasi a 1/3 della lunghezza, più vicini alla parte anteriore. Il margine anteriore dorsale, breve e di¬ ritto, si raccorda con la linea dell’ umbone mediante un netto angolo; il margine ventrale- è subparallelo al dorsale. Il lega¬ mento è ampio, con un breve seno ; 1’ area è distinta. Il dente della valva destra è conico, non crenulato ; quello della valva sinistra è eroso nei miei esemplari. Dimensioni : lungh. 52 mm., alt. 33 mm., spessore 21 mm. Con questa specie presentano molta analogia 1’ Unio episcopalis Bistram vivente in Siria e V Unio gangraenosus F. J. Sch. : 1’ umbone ha una posizione intermedia tra quelle che esso occupa rispettivamente nelle due specie citate ; anche le dimensioni sono intermedie tra quelle maggiori dell’ U. episcopalis e quelle minori dell’ U. gangrae¬ nosus. Provenienza. Coo : testata della valle Tuvachiu. Nerilina Fontannesi Neum. var. rhodiensis n. f. (Tav. VI, fig. 4). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : carena limitata al- 1’ ultimo anfratto e più avvicinata alla sutura ; lati della con¬ chiglia scendenti quasi paralleli al di sotto di questa. Ho iden¬ tificato con questa varietà alcuni esemplari del Bukowski (op. cit. Denkschr. d. Kais. Akad. d. Wissensch. Bd. 63, 1896, pag. 7, Tav. 7, fig. 6-9). Provenienza. Coo: V. Bocasia; V. Tu¬ vachiu ; V. Armivi. Rodi : sabbie della zona di Calavarda. Neiùlina Fuchsi Neum. var. depressa n. f. (Tav. VI, fig. 5). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : spira più lenta, forma più tozza e più larga. Provenienza. Coo : V. Iracli, tra Anti¬ machia e Pili. Nerilina Fuchsi Neum. var. elongala n. f. (Tav. VI, fig. 6). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : spira più rapida, forma più stretta e slanciata. Provenienza. Coo : insieme alla varietà precedente. 258 A. MAGROGR ASSI Neritina Paradisii sp. n. (Tav. VI, fìg. 7). La conchiglia è costituita da 8 anfratti regolarmente ri¬ gonfi. 1' ultimo dei quali si volge in basso avvicinandosi alla bocca il cui piano di apertura è quasi parallelo all’asse colu- mellare ; il labbro interno non è dentellato, l’area columellare è espansa, molto callosa, talora anche rugosa. La superficie esterna è liscia, picchiettata di fitte macchie oscure. Dimen¬ sioni : altezza della conchiglia 9 min., larghezza 10 min., alt. della bocca 9 mm. Ho identificato con questa specie alcuni esemplari semplicemente figurati dal Brusina e provenienti dalla Slavonia (. Iconogr . molluscorum fossilium in tellure ter- tiaria Hunganae ecc. inventorum Zagrabiae 1902. Tav. 15, fìg. 47-49) che però ne differiscono per 1’ ornamentazione e per le dimensioni leggermente inferiori. Con nessuna altra specie ho potuto notare caratteri di affinità. Provenienza. Rodi : M. Pa¬ radiso ; dirupo di C. Fumi. Paludina Acr amitica Buk. var. sulcata n. f. (Tav. VI, fig. 8). Carattere differenziale dalla sp. tip.: marcata linea di de¬ pressione esistente nell’ ultimo anfratto poco al di sopra della metà. Provenienza. Rodi ; dirupo di C. Fumi. Paludina ( Tylotoma ) rudis Neum. var. elegans n. fi* (Tav. VI, fig. 9). Carattere differenziale dalla sp. tip. : forma più slanciata della conchiglia per il ricoprimento minore dei primi giri di spira. Fianchi uniformemente inclinati. Provenienza. Coo : V. Iracli. Melania ( Eumelania ) etnisca De Stef. var. De Stefanii n. f. (Tav. VI, fìg. 10j. Caratteri differenziali dalla sp. tip. : assottigliamento più rapido, della spira, profilo non convesso degli anfratti, man¬ canza delle fitte pieghe trasversali nell’ ultimo di questi. Provenienza. Rodi : a ovest di Apollachia. Melania ( Tarebia) Tournoueri Fuchs var. venusta n. f. (Tav. VI, fig. 11). LA FAUNA LEVANTINA DI COO E DI RODI 259 Caratteri differenziali dalla sp. tip. : accrescimento più rapido della spira, maggiore diametro dell7 ultimo anfratto, ornamentazione meno fìtta sull7 ultimo e sul penultimo giro di spira, dimensioni minori. Provenienza. Podi : dirupo di C. Furai. Melanopsis Gorceixi Tourn. var. major n. f. (Tav. VI, fìg. 12'. Caratteri differenziali dalla sp. tip. : dimensioni maggiori, presenza di coste trasversali larghe e in numero variabile. Con questa varietà ho identificato due esemplari figurati dal Neu- mayr (op. cit. Tav. VI, fìg. 13-14). Provenienza. Coo : molto frequente in tutte e due le zone fossilifere. Melanopsis Gorceixi Tourn. var. subtilis n. f. (Tav. VI, fìg. 13). Carattere di differenziamento dalla sp. tip. : minore allar¬ gamento della conchiglia verso la base. Ho identificato con questa varietà un esemplare figurato dal Neumayr. (Op. cit. Tav. I. fìg. 11). Provenienza. Coo : insieme alla varietà precedente. Melanopsis Gorceixi Tourn. var. globosa n. f. (Tav. VI, fìg. 14). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : maggiore diametro della base, maggiore altezza dell’ultimo anfratto, più forte ricoprimento dei primi giri di spira. Provenienza. Coo : V. Bc- casia, torrente Sefto, C. Foca, tra Antimachia e Pili. Melanopsis ( Lyrcea ) Delessei Tourn. var. ex}>ansa n. f. (Tav. VI, fìg. 15). Carattere differenziale dalla sp. tip. : allargamento gra¬ duale della conchiglia verso la base. Provenienza. Coo : fre¬ quente nella zona centrale fossilifera. Melanopsis ( Lyrcea ) Delessei Tourn. var. nodulosa n. f. (Tav. VI, fìg. 16). Carattere differenziale dalla sp. tip.: presenza di 6 o 7 nodi, forti e sviluppati sulla carena che segue la linea di sutura dell7 ultimo anfratto, appena incipienti sulla carena del penul¬ timo. Provenienza. Coo : V. Armivi. 260 A. MAGROGRASSI Melanopsis ( Canthidomus ) proteus Tonrn. var. fusiformis (Tav. VI, fig. 17). Carattere differenziale dalla sp. tip. : forma più stretta e affusolata per la mancanza della dilatazione nell’ultimo anfratto. Provenienza. Coo : V. Tuvackiu, fra Antimachia e Pili. Melanopsis ( Canthidomus ) proteus Tonni, var. scalarata n. f. (Tav. VI, tig. 18). Caratteri differenziali dalla sp. tip. ; accrescimento più lento dei primi giri di spira, maggiore altezza del penultimo anfratto, presenza di un netto gradino tra questo e i prece¬ denti. Provenienza. Coo : V. Iracli e varie località della zona centrale fossilifera. Melanopsis ( Canthidomus ) phanesiana Buk. var. turriculata n. f. (Tav. VI, fig. 19). Carattere differenziale dalla sp. tip. : accrescimento più lento e regolare dei primi giri di spira. Provenienza. Coo. Melanopsis hybosloma Neum. var. rotundata n. f. (Tav. VI. fig. 20). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : parte inferiore della conchiglia arrotondata, coste molto più fine e serrate. Provenienza. Coo : V. Iracli, V. S. Giorgio Melanopsis pseudopigmea sp. n. (Tav. VI, fig. 21). La conchiglia, di forma ovoide, è costituita da 6 giri di spira, tutti leggermente rigonfi, a sviluppo regolare e a sutura profonda. La bocca è ovale, allungata, con callo columellare uniformemente rigonfio e labbro esterno sottile. Dimensioni : altezza totale: 18 mm. ; largii, alla base: 7 mm.; altezza del- P ultimo anfratto 9 mm. L’ unica specie che presenti con questa dei caratteri di analogia è una specie della Dalmazia, la Melanopsis pigmea Neum. ( Beitràge zur Kenntniss foss. Binnenfaunen. Jalirb. d. K. K. geolog. Reichsanstalt, Wien Ed. XIX, 1869, p. 356, Tav. XII, fig. 1) ; P ultimo anfratto ha però in questa specie un’altezza minore. Provenienza. Coo : vicino a Cardamena. LA FAUNA LEVANTINA DI COO E DI RODI 261 Melanopsis calamonensis sp. n. (Tav. VI, fig. 22). La conchiglia è di forma ben arrotondata, a profilo rego¬ larmente convesso e termina con un apice molto acuminato. I primi giri di spira si ricoprono fortemente 1’ uno con l’altro; 1’ ultimo supera in altezza la metà dell’ altezza totale della conchiglia. La sutura è semplice, lineare, quasi diritta, la bocca è ovale con labbro interno molto calloso. Gli anfratti sono se¬ gnati da 10-12 coste trasversali ben marcate. Dimensioni : al¬ tezza totale: 21 rum. ; larghezza alla base: 11 mm. ; altezza dell’ ultimo anfratto : 15 mm. La Melanopsis Vandeveldi Buk. (op. ci t. , Denkschr. d. Kais. Akad. d. Wissenscb., Bd. 60, 1893, Tav. IV, fig. 5-11) si avvi¬ cina a questa specie per la forma generale della conchiglia, staccandosene però per il diverso svolgimento della spira e per la presenza di una doccia al di sotto dell5 ultima sutura. Provenienza. Rodi; colline sulla sinistra del fiume Di- milia. Limnaeus cosensis Tourn. var. expansus n. f. (Tav. VI, fig. 23). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : diametro proporzio¬ nalmente maggiore dell5 ultimo anfratto, orlo columellare non calloso. Provenienza. Rodi : a oriente di Ag. Aimones. Corymbina Rhodiensis Buk. var. propìliensis n. f. (Tav. VI, fig. 24). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : distacco dal giro pre¬ cedente di una porzione molto maggiore dell5 ultimo anfratto ; avvolgimento più forte dei primi giri di spira ; bocca più alta e ovale. Provenienza. Rodi; a sud di Propilia. Corymbina aegea sp. n. (Tav. VI, fig. 25). La conchiglia è costituita da 4 anfratti rigonfi di cui i primi 3 a sviluppo rapidissimo. L’ultimo e il penultimo giro di spira si dispongono l5 uno sull5 altro in modo da formare un gradino tondeggiante; l’ultimo anfratto non rimane però in contatto col precedente fino alla bocca, ma, distaccandosene, dà origine ad un canale aperto tra questa e la porzione colli- 262 A. MAGRO GRASSI niellare. Questa porzione staccata dell’ ultimo anfratto non si abbassa intorno all’asse columellare rispetto ai giri precedenti, come avviene nella Corymbina monachorum Buk. La super¬ ficie esterna è liscia, la bocca è ovale, col labbro interno leg¬ germente calloso. Provenienza. Rodi : a sud di Propilia. ' . S . t > • * Lì:) | li Pyrgula Tietzei Neum. var. cosensis n. f. (Tav. VI, fig. 26). Caratteri differenziali dalla sp. tip. : base meno larga, e appiattita, maggiore altezza della bocca e maggiore inclina¬ zione sull’ asse columellare ; carene più larghe e più forti. Provenienza. Coo : V. Iracli, V. Tuvachiu, V. Anavallusa. Presso il laboratorio di geologia della R. Università di Milano (Museo Civico di Storia Naturale) . Spiegazione della Tavola VI Fig. 1 . Dreissensia bulgarica Brus. var. ciberrans n. f. - a valva sini¬ stra, b valva destra di un individuo giovane. Coo. » 2. Un io pseudatavus Buk. var. elongata n. f. Valva destra. Rodi. » 3. » Migliorimi n. sp. - a valva sinistra, b valva destra, c altra valva sinistra. Coo. » 4. Neritina Fontannesi Neum. var. rhodiensis n. f. Coo. » 5. » Fuchsi Neum. var. depressa n. f. Coo. » 6. » » » » elongata n. f. Coo. » 7. » paradisii n. sp. Rodi. » N. Paludina acr amitica Buk. var. silicata n. f. Rodi. » 9. » ( Tylotoma ) rudis Neum. var. elegans n. f. Coo. » 10. Melania (Eumelania) etnisca De Stef. var. De Stefanii n. f. Rodi. » 11. Melania ( Tarebici ) Tournoueri Fuehs. var. venusta n. f. Rodi. » 12. Melanopsis Gorceixi Tourn. var. major n. f. Coo. » 13. » » » » subtilis n. f. Coo. » 14. » » » » globosa n. f. Coo. Nota. La tavola annessa al presente lavoro appartiene al vói. 67 e non al voi. 17 come venne erroneamente stampato. Magrogkassi A. - La fauna levantina ecc. Soc. Ital. Se. Nat. Vol. xvu - Tav. VI BRÌI ISH MUSEUV. * XI FBB 29 MATURAL. HI STORY. LA FAUNA LEVANTINA DI COO E DI IiODI 268 Fi g. 15. » 16. » 17. » 18. » 19. » 20. » 21. » 22. » 28. » 24. » 25. » 26 Melanopsis (Lyrcea) Delessei Tonni, var. expansa n. f. Rodi. » » » » » nodulosa n. f. Coo. » (Ccinthidomus) proteus Tourn. var. fusiformis n. f. Coo. Melanopsis (Canthidomus) proteus Tourn. var. scalarata n. f. Coo. Melanopsis ( Canthidomus ) phanesiana Buk. var. turriculata n. f. Coo. Melanopsis hybostoma Neum. var. rotundata n f. Coo. » pseudopigmea n. sp. Coo. » calamonensis n. sp. Rodi. Limnaeus cosensis Tourn. var. expansus n. f. Rodi. Corymbina rhodiensis Buk. var. propiliensis n. f. Rodi. » aegea n. sp. Rodi. Pyrgula Tietzei Neum. var. cosensis n. f. Coo. Dott. Maria Cengia Sambo ECOLOGIA DEI LICHENI I. — Licheni corticoli. Con questa nota inizio uno studio ecologico sui licheni. Questi vegetali crescono in tutto il mondo, talora in grande abbondanza, su svariatissimi substrati, terra, sassi, coideccie e, perfino, foglie, ossa, metalli, vetro, dovunque una microsco¬ pica fessura o asperità possa trattenere un po’ d’ acqua e 1 germi del tallo. I licheni possono sopportare climi estremi, nelle regioni polari e alpine e nei deserti delle zone torride. Meravigliosi sono i modi di adattamento : p. e. contro il secco essi lottano conservando per lunghissimo tempo un po’ d’ acqua nel loro tallo gelatinoso e riescono a sopravvivere nei deserti sospendendo le loro funzioni come in un letargo (Lecanora esculenta = la manna del deserto). Vi sono delle specie cosmopolite (Lecanora subfusca, Xan- thoria parietina), altre sono caratteristiche o di determinate regioni (Striglila elegans dei tropici) o, nella stessa regione, di determinate altitudini (Usnea florida, Letharia volpina della zona dell’ abete). Io mi propongo di studiare i licheni in rapporto col loro substrato, quindi distinti in corticoli, sassicoli, terricoli e vi¬ venti su substrati diversi e poi mi occuperò della loro distri¬ buzione geografica. Incomincio dai corticoli cercando di vedere se cJ è qualche regola nella loro distribuzione sulle varie coitecele, senza per ora entrare in particolari anatomici. La distribuzione è il prodotto di parecchi fattori variabili. II fattore di gran lunga preponderante è il fattore 1°) ge¬ nere di corteccia (condizioni fisiche superficiali) e fattori mi- ECOLOGIA DEI LICHENI 265 nori ma importantissimi sono : 2°) le precipitazioni atmosfe¬ riche pioggia, rugiada, nebbia che costituiscono il fattore umidità; 3°) l’esposizione al sole e al vento e quindi l’eva¬ porazione; 4°) l’altitudine; 5°) la latitudine; 6°) la lotta per 1’ esistenza. Mentre però per le piante fanerogame e per le felci questi fattori operano su aree vaste di terreno, per i licheni, picco¬ lissime creature che hanno il loro ambito di vita ristretto a pochi cui2 e anche meno, essi producono ambienti vari di pic¬ cola area, bastando una accidentalità locale a far prevalere un fattore secondario su un altro. P. e. se in una pianura soleg¬ giata e piantata ad alberi radi, noi consideriamo una specie li- chenica su di un tronco, basterà che il ''tronco si trovi a nord di un alto muro vicino perchè il lichene si trovi nelle con¬ dizioni di fanerogame in una valle chiusa a sud da un alto monte o da una catena. Così se consideriamo i licheni della quercia non è indif¬ ferente che la quercia sia in mezzo al bosco o alla periferia o isolata, perchè la quantità di luce e di aria che può inve¬ stirla darà luogo a formazioni licheniche più o meno ombro- fìle o idrofile. Basterà che un tronco si trovi, a differenza di altri suoi vicini, soggetto allo stillicidio di una roccia perchè esso solo si trovi nelle condizioni di un bosco di zona assai piovosa. Altre circostanze non trascurabili sono la direzione dei tronchi o dei rami, specialmente se vecchi e screpolati, perchè se più inclinati 1’ acqua vi scorrerà più lentamente e vi creerà così ambienti diversamente umidi : pertanto licheni che non si trovano sul tronco grosso verticale si trovano, vedremo, su rami e ramoscelli quasi orizzontali. 1°. Il fattore corteccia. Il dire che una specie lichenica vive sulla corteccia di una o più piante di certi paesi se basta per la sua distribu¬ zione geografica non basta per stabilire il suo vero habitat. Quando si va in cerca di una specie lichenica le indicazioni dei libri e dei lavori di sistematica u su abete, su olivo, su quercia » subito appaiono insufficienti e si vede che occorre¬ rebbe sapere 1’ età della pianta ospite, anzi la parte della pianta. 17 266 M. CENGIA SAMBO P. e. invano sì cercherebbe nei nostri paesi una Graphis sulla corteccie del tronco di una quercia vecchia mentre si trova quasi di sicuro sulla corteccia di un nocciolo o di un giovane olivo. Esporrò pertanto le osservazioni che ho avuto occasione di fare negli ultimi sette anni e cioè dal 1919-23 a Urbino (Marche), dal 1924-28 a Prato in Toscana, e nelle escursioni in vari luoghi delle Marche, di Toscana, della Venezia Eu- ganea e della Venezia Tridentina. Le località esplorate sono le seguenti : per P Urbinate: Tiro a Segno, Loreto, Selva Sasso, S. Donato. S. Cipriano, S. Bernardino (località comprese fra 300 e 450 m.), M. Petrano (m. 1000), M. Carpegna (m. 1200); per la Toscana: Prato e Galceti (intorno a 70 in.), M. Fer¬ rato verso la base, 100 m. ; M. Javello 931 m. ; Vallom- brosa m. 970, e Maciuaia sopra Vallombrosa 1400 m. (an. 1927). nelle Venezie: Giogo di S. Vigilio (Merano) (m. 1790) an. 1926. Pian Trevisan (alta valle dell’Avisio) (in: 1600) an. 1927. Forcella Staulanza m. 1773 (Belluno) an. 1927. Pian di Salere (m. 1650) (Val Ciamp d’Arei, Belluno) an. 1927. Colline moreniche di Pastrengo, (Verona) 100-150 m. (an. 1925 e 26). S. Zeno di Montagna (M. Baldo Verona) m. 583. Ferrara di M. Baldo m. 856, Pozza Pastori (M. Baldo) m. 1000. M. Baldo m. 2118 (an. 1925). Altipiano del Cansiglio, Treviso, (m. i000)~an. J927. Passo di S. Osvaldo, Udine, (m, 826) an. 1927. Mi sono venuta convincendo anzitutto che i licheni non appetiscono la corteccia di una determinata specie arborea ma corteccie di determinato aspetto fisico, per cui sono affini le corteccie liscie fra loro, le rugose, le screpolate ecc. e una stessa essenza (e la stessa pianta) se presenta diversa gros¬ sezza di tronco e di rami e perciò diverso aspetto di corteccia, ospita licheni diversi. P. e. è inutile cercare un Collema sul tronco di una quercia giovane (Quercus robur) e si è certi di trovarlo (Urbinate, Mo- * ECOLOGIA DEI LICHENI 267 rene di Pastrengo) su un tronco di quercia di cm. 50 di dia¬ metro. I licheni corticoli in rapporto col loro substrato sono stati poco studiati sia dagli studiosi di piante epifite sia dagli stu¬ diosi di ecologia lichenica, mentre si hanno vari studi sui li¬ cheni sassicoli in relazione col loro substrato. Qualche cosa di più si è fatto sulla distribuzione geogra¬ fica dei corticoli in zone circoscritte o di un dato genere cor- ticolo e sulla distribuzione dei licheni corticoli (considerati con le altre epifite) specialmente sulle palme delle regioni tropicali. Recentemente i coniugi Moreau (1) hanno pubblicato un lavoro sulla ecologia e la sociologia dei licheni corticoli, oc¬ cupandosi specialmente di vedere quali sono i licheni che com¬ paiono per primi sugli alberi giovani e quali poi succedano man mano che il tronco si ingrossa; queste osservazioni sono condotte su tre qualità di alberi del Besse (Francia), quercie, conifere, frassini. Per le quercie si tien conto anche della grossezza del fusto. To considero il problema ecologico da un altro punto di vista e cioè se esiste uniformità di distribuzione delle specie licheniche corticole non su determinate essenze ma piuttosto su determinati tipi di corteccia. Sarà necessario premettere qualche considerazione sulle corteccie arboree (2). Si sa che le corteccie si rinnovano con¬ tinuamente a spese del fellogeno. Per esempio : 1°. Nel genere Salix il fellogeno è uno strato dell’ epi¬ dermide ; la metà esterna di essa si sfoglia rimanendo separata dai tessuti viventi per mezzo delle cellule morte del sughero. 2°. Nei generi Abies, Ulmus, Juglans il fellogeno è nel¬ l’ipoderma e allora l’ epidermide e la metà esterna dell’ipo¬ derma si sfogliano per la stessa ragione dell’esempio prece¬ dente. 3°. Nei generi Robinia, Quercus eco. il fellogeno si trova negli strati più profondi della corteccia e quindi si desquama (1) Moreau M. et Mme [19]. C2) Chodat [6]. 268 M. CENGIA SAMBO uno strato anche più grosso e lo strato superficiale rimasto è di periderma. Quando il tronco è piuttosto anziano e il periderma ha dappertutto preso il posto dell’epidermide, avvengono altri cambiamenti. Gli strati di sughero morti non possono seguire 1’ accrescimento in diametro del tronco. Ne segue che il peri- derma si fende tanto longitudinalmente che trasversalmente. Queste screpolature sono più o meno profonde e possono anche far desquamare l’intero periderma il cui sughero cade a pezzi p. e. nella quercia (Quercus Robur) il cui sughero è duro e fragile. Se la zona del fellogeno dopo un certo tempo cessa la sua attività, nascono all’ interno, nel felloderma o anche nel libro, altri strati di fellogeno alle volte continui e circolari, alle volte non continui. Fra questi strati multipli e dietro ad essi si forma altrettanto felloderma considerevole per modo che si ha una struttura schistosa ; i vecchi peridermi cadono a placche o a lembi: così si desquamano il Platano a placche, l’Euca¬ lipto, il Cipresso e la Vite a lembi. Dunque finché la pianta è giovane ha superficie liscia, poi rugosa, poi screpolata e infine solcata; quando cadono placche di ritidoma appare il tessuto sottostante che ha superfìcie liscia ; sicché il tronco di una pianta abbastanza annosa ap¬ pare ricoperto di aree liscie e di aree rugose. Il ritidoma cade continuamente e si rinnova in tutti gli alberi. Il processo di rinnovamento del ritidoma è più o meno appariscente nelle diverse specie ; dove è più lento può pas¬ sare inosservato, in certe piante è assai vistoso tanto che i li¬ cheni non fanno a tempo a svilupparvisi (Sequoia gigantea dei giardini botanici di Urbino e di Firenze). Lentamente si squamano a piccoli cuscinetti le querce e i castagni, a piccole e sottili placche gli olivi e i noccioli, velocemente si squamano a scaglie gli abeti e i pini, a nastri i cipressi, a placche i platani e gli ailantus, a zone anulari i vecchi ciliegi. Col ri¬ tidoma cadono i licheni aderenti e scila nuova area formatasi crescono col tempo altri licheni. Passiamo ora ad analizzare qualche tronco di piante fra le più comuni nelle nostre regioni (1). (1) Per la nomenclatura dei licheni ho seguito Zahlbrukuer [34*] [11]. ECOLOGIA DEI LICHENI 269 A. Prunus Oerasus L. (Sughero molle, quindi difficilmente penetrabile dai licheni) Urbino, Tiro a Segno, tutte piante alla stessa esposizione, versante Nord. la Diametro del tronco cm. 5. Un solo lichene del genere Arthopyrenia sul periderma. Nelle screpolature, minute alghe verdi e qualche Lecanora (traccie). 2a Diametro del tronco cm. 10-15. Nel tratto superiore del tronco Caloplache della sezione Eucaloplaca (tallo minuto). Sui rami orizzontali noto, sulla faccia superiore, alcuni bei talli di Xanthoria parietina. 3° Diam. fusto cm. 20. Licheni preponderanti sul tronco : generi Arthonia, Artho¬ pyrenia, Physcia (talli tutti poco sviluppati); sul periderma non screpolato : Gyalecta rubra, Lecanora subfusca, Caloplaca sp. e poco tallo di Lecidea sp. Nelle screpolature quasi anulari specialmente al piede del tronco : Xanthoria parietina e traccie di tallo di Anaptychia. Dalla inserzione dei rami principali in su : Xanthoria pa¬ rietina, alla biforcazione dei rami, su tratti orizzontali. 4° Diam. del tronco cm. 25, corteccia molto liscia. Il tronco non ha nessun lichene folioso, nemmeno Xan¬ thoria parietina, mentre all’ inserzione dei rami principali com¬ pare la Xanthoria e soltanto qualche Lecidea sp. sul primo ramo. Sulla metà superiore del tronco, su aree li-scie, i generi Arthonia, Arthopyrenia, Gyalecta; nelle screpolature anulari slabbrate : Lecanora campestris e L. subfusca. Sulla metà inferiore come sopra e in più Eucaloplache. 5° Diam. del tronco 30 cm., corteccia notevolmente scre¬ polata specialmente verso il piede. Nelle piccole aree liscie dove persiste il primitivo peri- derma noto i licheni del N. 3 e del N. 4; per il resto ritrovo gli stessi licheni dei numeri 3, 4 e 5 ma con evidente ridu¬ zione di numero di Arthonia e Arthopyrenia e in più noto verso la base la presenza di Xanthoria parietina e abbondante Pertusaria comunis come nelle querce annose. Su tutti i solchi : Anaptychia speciosa assai sviluppata e abbondanti i licheni ad apoteci scutellati. (Parmelia ecc.). 6° Diametro del tronco cm. 40 in due esemplari. Peri- derma qua e là screpolato ed alterato a basse fascie cilindriche. 270 M. CENGIA SAMBO Dove il periderma è ancora intatto la corteccia è liscia come nelle piante giovani e si ritrovano i licheni dei N. 2, 3 e 4. Dove è molto screpolato e in parte sfogliato cambia in modo evidente la flora lichenica: da prevalentemente crostosa diventa prevalentemente fogliosa con Physcia stellaris, Anaptychia speciosa, Xanthoria parietina. Inoltre ci sono alghe verdi. 7° Diametro del tronco cm. 60. Pianta assai vecchia a S. Cipriano (Urbino). Corteccia quasi tutta desquamata e assai rugosa. Ci sono i licheni crostosi a tallo grosso : Pertusaria co- munis, Lecanora varia, Lecidea Ricasolì ecc. Nelle poche aree liscie i licheni come nei N. 8, 4 e 5. B. Quercus Robur L. (sughero duro e fragile, quindi fa¬ cilmente penetrabile dai licheni). Selva del Sasso (Urbino) esposizione a ponente. Bosco Pizzolari (Pastrengo) esposizione a levante. 1° Diametro del tronco cm. 4 (Sasso) corteccia quasi liscia. Non ci sono che rare traccie di tallo di minutissimi licheni appena visibili con la lente. 2° Diametro cm. 10-12 (Sasso). Corteccia un po’ rugosa. Licheni osservati : Lecidea olivacea, Lecanora subfusca (tallo giovane), Caloplaca sez. Eucaloplaca. Traccie di tallo di Xanthoria e di Anaptychia. In più molte alghe rosse. 3° Diametro cm. 13-15 (Sasso). Corteccia rugosa. I licheni sono quelli del N. 2 ; in più noto Gyalecta rubra e Lecidea Ricasoli. 4° Diametro cm. 18 (Sasso). Corteccia più rugosa. Licheni come quelli del N. 3, in più traccie di tallo di Ramalina e di Parmelia. 5° Diametro cm. 20 (Sasso). Corteccia screpolata e qua e là caduta a chiazze. I tratti di corteccia lasciati scoperti dalla caduta delle chiazze sono nudi, nel resto del tronco ci sono i licheni dei N. 2, 3. . 6° Diametro cm. 15-20 in tre esemplari (Pizzolari). Cor¬ teccia assai rugosa. Manca Lecidea olivacea e quasi del tutto Lecidea Rica¬ solì. Piccole chiazze di Lecanora subfusca. Poche areole liscie con qualche piccolo lichene. ECOLOGIA DEI LICHENI 271 7° Diametro cm. 25 (Pizzolari). Corteccia rugosa e sol¬ cata. I licheni sono quelli del N. 6, in più nelle fessure più profonde noto grumetti di Collema pulposum e traccie di Col- lema Vespertilio. 8° Diametro cm. 50 (Sasso). Corteccia sfatta a solchi profondi longitudinali ; sughero umido e sfatto specialmente verso la base. Lungo il tronco (non nei solchi profondi) abbondantissimo il genere Pertusaria con le specie comunis, leucostoma, amara; segue in minore abbondanza il genere Parmelia con le specie scortea, periata, ecc., e Anaptychia speciosa; abbastanza fre¬ quenti sono pure i licheni : Xanthoria parietina, Physcia stel- l£ris, P. pul verulenta, Anaptychia ciliaris. Verso la base : Col¬ lema Vespertilio fertile. Nei solchi profondi Collema pulposum. 9° Diametro cm. 100 (S. Bernardino, Urbino), esposi¬ zione a levante. Corteccia solcata profondamente. Ritrovo ma maggiormente sviluppati, i licheni del N. 8. Dove il ri ti doma è caduto ed ha lasciato quindi areole abba¬ stanza liscie c’ è dell’ Opegrapha varia. Verso la base del tronco c? è inoltre molta edera e molto muschio e, sul terriccio accu¬ mulato al piede, Cladonia pyxidata. 10° Diametro cm. 70 (M. Carpegna, Urbino). Albero iso lato. II tronco e i rami maggiori sono ricoperti letteralmente di Evernia furfuracea. C. Quercus Ilex L. Bosco S. Bernardino (Urbino), esposi¬ zione a levante. 1° Diametro del tronco cm. 6. Corteccia liscia e piut¬ tosto lucida. Ritrovo i licheni del ciliegio a corteccia liscia (N. 2, 8), in più qualche tallo di Lecanora subfusca. 2° Diametro cm. 20-22. Molto alto. Corteccia un po’ ru¬ gosa. Rii rovo i licheni della Quercus Robur del diametro di cm. 10-15 e cioè : Lecidea olivacea, Lecanora subfusca, Calo- placa sez. Eucaloplaca. In più Gjmìecta. rubra e traccie di tallo di Xanthoria e di Anaptychia, di Parmelia e di Ramalina. Sulle areole meno rugose Opegrapha varia. 272 M. CENGIA SAMBO 3° Diametro cm. 80. Altissimo. Corteccia rugosa e assai rugosa verso la base. Noto i licheni del numero precedente di corteccia un po’ rugosa ma i talli del genere Lecanora sono assai sviluppati; verso la base noto Pertusaria leucostoma. D. Ulmus campestris L. S. Donato (Urbino). Esposizione a nord. Diametro del tronco cm. 60. Corteccia abbastanza liscia perchè il primo peri derma è tutto caduto. Nelle areole liscie c’è la Grraphis scripta; nel resto i li¬ cheni della corteccia abbastanza liscia (cfr. N. 3 e 4 di Quer- cus Robur). 0 E. Tilia vulgaris Hayne. Piazzale davanti al convento di S. Bernardino (Urbino) esposizione ovest. Diametro del tronco cm. 60-70. Tanto per il genere di corteccia come per i licheni cfr. N. 6 Quercus Robur. F. Robinia Pseudo-Acacia L. 1° Ramuscoli lisci (Stazione ferì*. Urbino). Non c’è traccia di tallo lichenico, nemmeno ipofleoideo. 2° Pianta giovanissima (Stazione). Corteccia assai liscia con qualche lenticella. Noto soltanto talli rari del genere Arthopyrenia. 3° Diametro del tronco cm. 8-10 (Strada per la Stazione ferroviaria d’ Urbino) esposizione a levante. Corteccia con solchi poco profondi anastomosantisi a rombi. I solchi isolane delle areole in cui il periderma è soltanto leggermente screpolato così che qui la corteccia è del tipo semi-liscia o rugosa. Nei solchi noto moltissima Xanthoria parietina, nelle areole i licheni già notati per la quercia di cm. 13-15 di diametro (cfr. N. 3). 4° Diametro cm. 25-30. S. Donato (Urbino), esposizione sud-est. Corteccia liscia o appena rugosa. Ritrovo i licheni delle corteccie liscie non lucide o poco rugose : Lecidea olivacea, Lecanora subfusca, Caloplaca sp. (tallo giovane sterile). Tracci*} di tallo di Xanthoria. ECOLOGIA DEI LICHENI 273 La corteccia è inoltre spaccata per un bel tratto ed ha messo a nudo il legno; su di esso noto i licheni dei pali del telegrafo (vedi sotto'. 5° Diametro cm. 30 (Stazione ferroviaria Urbino). Cor¬ teccia rugosa a piccole screpolature. Noto piccoli talli di Lecanora e di Caloplaca (Eucaloplaca) e sui bordi di un callo traccie di Xanthoria. Nelle areole più liscie Arthopyrenia. Nelle screpolature più forti tallo fo¬ gliaceo di Xanthoria che poi si spande da una parte e dall'altra in rosette gialle. 6° Diametro cm. 20-30 (Stazione ferr. Urbino). Corteccia con solchi più profondi che nel campione precedente. I licheni sono gli stessi del N. 5. in più nei solchi più profondi molta Physcia stellaris e Ph. pulverulenta. Nelle fes¬ sure profonde tallo di Collema. G. Pious carica L. Orto di S. Bernardino (Urbino), espo¬ sizione a levante. Diametro del tronco cm. 10-12. Corteccia assai liscia ma non lucida. Ritrovo i licheni del ciliegio N. 2 e cioè : Caloplache a tallo minuto, traccie di Lecanora subfusca. H. Corylus Avellana L. Bosco ceduo al Sasso (Urbino), esposizione ovest. Numerosi esemplari di diametro da 5 a 8 centimetri e alti m. 2, 5-3. Corteccia liscia e lucida. Trovo i licheni delle corteccie liscie e lucide : x4rthopy- renia, Arthonia, traccie di tallo di Lecanora campestris e di Caloplaca, sez. Eucaloplaca e in più assai sviluppati i talli di Graphis scripta. I. Laurus nobilis L. S. Donato (Urbino), esposizione nord. Diametro cm. 10-12. Corteccia liscia ma non lucida. Noto : Caloplaca a tallo minuto (Eucaloplaca), Lecidea oli- vacea abbondantissima e Lecanora sp. K. Ailantus glandulosa Desf. Fuori porta S. Lucia (Ur¬ bino), esposiz. est. 274 M. CENGIA SAMBO Diametro del tronco cm. 40. Corteccia sottile, regolarmente scabra, quasi zigrinata, rare le screpolature forti, rare le areole liscie. Noto abbondanti i licheni : Parmelia olivacea, P. Aceta- bulum, Xanthoria parietina, Ramalina fraxinea che è molto svi¬ luppata, Anaptychia ciliaris. Nelle areole liscie : Caloplaca (sez. Eucaloplaca), Lecanora campestris, traccie di tallo di Lecidtm. L. CUPRESSUS SEMPERVIRENS L. 1° Diametro del tronco cm. 50. A Loreto (Urbino), espo¬ sizione ovest. Corteccia screpolata; il ritidoma si rinnovella continuamente staccandosi a nastri e con esso cadono anche i licheni ; rimane lo strato sottostante biancastro più duro e li¬ bero, per il momento, da licheni. Noto i licheni di sviluppo rapido, come hanno osservato i Moreau, specialmente preponderante Parmelia caperata, P. scortea,, Xanthoria parietina con parecchie varietà, Physcia stel- laris e scarsa Anaptychia ciliaris. In qualche punto dello strato biancastro suddetto, ma meno recente, ci sono dei licheni minuti di corteccia assai liscia (Arthonia). Qua e là sulla corteccia ci sono scarsi talli di Le¬ canora subfusca e L. atra, di Pertusaria ormai sfatta, di Lecidea parasena. In qualche altro punto del tronco dove per una vecchia ferita il legno è scoperto ci sono minute alghe verdi e qualche a.potecio di Acolium. 2° Diametro cm . 60. Galceti presso Prato (Firenze), esposizione sud. Ho rifatte le osservazioni precedenti senza alcuna ecce¬ zione. 3° Diametro cm. 100. Località c. s. Ritrovo i licheni già detti al N. 1, in più abbondante Per¬ tusaria comunis. M. Fagus silvatica L. 1° Ramuscoli del diametro di cm. 0,2 a superficie liscia, e lucida, M. J avello presso Prato (Firenze). Noto soltanto dell’ Arthopyrenia lungo una screpolatura, e in un callo piccolo tallo di Lecanora con un solo apotecio. ECOLOGIA DEI LICHENI 275 a Vallombrosa 2° Ramuscoli del diametro di cm. 0,3 (Fi renze). Ci sono piccoli talli di Anaptychia ciliaris fertile e di Parmelia physodes sterile. 3° Ramuscoli di cm. 0, 5-0,7 di diametro in posizione oriz¬ zontale. M. Javello. Sulla parete superiore noto piccoli talli di Anaptycliia, di Xanthoria parieiina, di Parmelia, sulla parete inferiore soltanto qualche alga. Nelle areole liscie scarsa Artliop}7renia. Nelle pic¬ cole screpolature piccoli talli- di Lecanora. 4° Ramuscoli di cm. 1 di diametro. Altipiano del Can- siglio (Treviso). Corteccia liscia ma non lucida. Trovo molta Lecidea, Rinodina, Lecanora, Ochrolechia oltre ad Arthopyrenia e Pyrenula (?). Nei nodi traccie di tallo di Lecidea olivacea. 5° Diametro del tronco cm. 0,20. M. Petrano (Urbinol, versante est. Corteccia assai liscia e lucida. C’è solo poca Arthonia e traccie leggerissime di tallo di Lecanora. 6° Diametro cm. 0,20-0,30. M. Baldo (Verona). Corteccia molto liscia. Oltre ai soliti licheni delle corteccie liscie (Arthonia, Ar¬ thopyrenia ecc.), noto nelle piccole screpolature del periderma principio di tallo di Physcia. 7° Diametro cm. 30-50. Pozza dei Pastori del M. Baldo (Verona) m. 1000 1. m. esposizione sud-est. Corteccia rugosa o semi rugosa e qua e là screpolata. Nella parti più liscie ci sono abbondanti i generi Lecanora (Eulecanora), Lecidea, Caloplaca (Eucaloplaca) e c’ è qualche rara Grraphis. Nelle screpolature pochi esemplari di Ramalina fraxinea e di E verni a prun astri. 8° Diametro cm. 30-40. M. Javello presso Prato (Firenze), esposizione sud-est. Corteccia semiliscia con qualche callo. Nelle piccolissime areole liscie poca Arthopyrenia e Py¬ renula (?). Nel resto : molta Grraphis che persiste anche se il periderma è screpolato, Lecanora (Eulecanora), Lecidea olivacea (belli esemplari specialmente attorno ai calli), Ochrolechia. Nelle screpolature più forti traccie di Collema. 9° Diametro cm. 50. M. Petrano (Urbino). 276 M. CENGIA SAMBO Licheni come al N. 8, qui però la Lecanora è preponde¬ rante, in più piccolo tallo di Rinodina. 10° Diametro cm. 50-60. Verso S. Zeno di Montagna (M. Baldo). I licheni sono come quelli del N. precedente, ma qui la Ramalina e PEvernia sono sviluppatissimi e sembrano essere, in questa località, caratteristiche di questa essenza, infatti fi¬ nita la zona del faggio non si ritrovano più. 11° Diametro cm. 60-80. M. Javello. Superficie semi ru¬ gosa e rugosa. Nei punti più rugosi noto Perlusaria., in quelli semirugosi Lecanora campestris, L. varia, Candelaria ; in quelli lisci mi¬ nuto tallo di Lecidea e in quelli più lisci ancora, Arthopyrenia e piccolo tallo di Gfraphis. 12° Diametro cm. 60-80. Altipiano del Cansiglio versante sud-est. Ci sono gli stessi licheni del N. precedente, la Graphis è più sviluppata. 13° Diametro cm. 70. M. Baldo. Nelle areole liscie noto i licheni dei N. 6 e 7. Nei resto licheni del N. precedente, aggiungasi Ochrolechia tartarea. In un piccolo callo : piccolo tallo di Caloplaca. 14° Diametro c m 70. Al tip. del Cansiglio, versante nord- ovest. Oltre i licheni dei N. 11, 12, 13, fra cui sviluppatissima la Graphis scripta, noto in più Opegrapha, Parmelia exasperata, Evernia prunastri e verso la base del tronco Lobaria pulmo- nacea. 15° Diametro cm. 70. M. Petrano (Urbino). Corteccia assai rugosa e screpolata. Ci sono tutti i licheni del N. precedente ma a tallo assai più sviluppato ; in più noto alla base Peltigera canina. 16° Diametro cm. 80-90. Vallombrosa verso Saltino espo¬ sizione nord, bosco molto umido. Corteccia rugosa e screpolata. Noto nei punti più screpolati : Parmelia Acetabulum, P. physodes, P. exasperata, Physcia stellari». II resto del tronco è interamente invaso da Ramalina e da Evernia prunastri le cui gonfe sono contornate da una fitta vegetazione di epatica. ECOLOGIA DEI LICHENI 277 Nelle pochissime areole più liscie e libere da licheni fru¬ ticosi noto Lecanora subfusca e Lecidea (?). 17° D iametro cm. 100. M. Javello. Corteccia rugosa a chiazze nude per pezzi di ritidoma caduti da poco. Nelle parti meno rugose trovo Lecanora, in tutto il resto preponderante la Pertusaria comunis (a tallo quasi sempre sfatto) che in un’ area più rugosa assume sviluppo enorme. Ancora noto Parmelia scortea, P. exasperata eco., verso la base Peltigera canina e assai sviluppata la Lobaria pulmo- nacea. 18° Legno putrido di faggio in una screpolatura alla base del tronco a Vallombrosa. Noto soltanto i licheni Cladonia macilenta e Coniocybe (?). N. Abies excelsa Poir. 1° Ramuscoli di cm. 0,2 di diametro. Pian Trevisan (Alta valle dell’Avisio). Sono tutti nudi, solo c’è qualche piccolo fungo; in un piccolo tratto c’ è un tallo di Lecidea con una decina di apo- teci. 2° Ramuscoli di cm. 0,5 di diametro. Loc. c. s. Principi di tallo di Usnea, di Anaptychia, di Ramalina. 3° Ramuscoli di diametro cm. 0,70. Altipiano del Can- siglio versante nord-ovest. Corteccia rugosissima e scaglio- setta.. Sono tutti coperti di tallo lichenico più o meno scabro, di genere e specie indeterminabili perchè giovane ; mancano tutti i licheni delle corteccie liscie, ci sono molte alghe verdi. Sulla parte più grossa del ramuscolo c’ è una Pertusaria sterile, qua e là nelle screpolature piccoli talli di Anaptychia ciliaris, di Ramalina, di Parmelia. 4° Ramuscoli di cm. 0,3 di diametro. Passo di S. Osvaldo, abetina assai umida. Noto : Dirina ceratoniae e piccole traccie di Parmelia. 5° Ramuscoli di cm. 0,8 di diametro. Pian Trevisan. Trovo talli bene sviluppati di Usnea florida, di Evernia prunastri, di Parmelia e piccolo tallo di Alectoria jubata. 6° Ramuscoli di cm. 1 di diametro. Passo di S. Osvaldo. Noto principi di tallo di Evernia prunastri, di Parmelia, di Alectoria, di Lecidea, di Lecanora, di Caloplaca, di Rinodina. 278 M. CENGIA SA MEO 7° Tronco di cm. 50 di diametro. Altipiano del Cansiglio versante sud-est. Nelle areole liscie o appena rugose tranne un piccolo tallo di Lecidea noto soltanto una Caloplaca (?) a tallo rugoso e qualche apotecio di Acolium. Fra le areole precedenti : Evernia prunastri (sotto al tallo si vedono i resti di talli morti dei licheni preesistenti), E. fur- furacea. Ramaline più o meno sviluppate. Anaptychia ciliaris, Parmelia physodes, Usnea florida, U. dasypoga, U. hirta. Col- lema Vespertilio. Verso la base del tronco su pannello di terriccio con mu¬ schio : Cladonia pyxidata, C. macilenta, Peltigera aphthosa, traccie di tallo di Lobaria pulmonacea. Ai piedi del tronco sul terriccio fra le radici sporgenti : Solorina saccata. 8° Diametro cm. 50. Ferrara di M. Baldo. Corteccia piut¬ tosto liscia. Nelle areole liscie molto piccole, Arthopyrenia ; nelle meno liscie piccolo tallo di Lecanora e molti piccoli funghi. Noto ancora dei licheni sui ramoscelli e all’ attacco delle foglie. 9° Diametro cm. 50. Orto botanico di Urbino. La cor¬ teccia si scaglia assai rapidamente in piccole placche. Noto ra¬ rissimi i licheni a tallo minuto e piccole alghe. 10° Abeti annosi sottostanti la filovia del Giogo di S. Vi¬ gilio (Merano). Ci sono numerosi licheni frondosi dei generi Usnea, Ramalina, Evernia, Letharia (specialmente al lato nord). Sono attaccati alberi piuttosto sofferenti. Per i licheni a tallo minuto vedi osservazioni del N. 9. 11° Abeti annosi di cm. 50-70 di diametro. Forcella Stau- lanza (località molta umida specialmente verso vai di Zoldo). Sulle piccole aree liscie : vedi osservazioni del N. 7. Fra le areole precedenti, oltre i licheni frondosi del N. 7 notisi Alectoria j ubata e A. discolor ambedue abbondanti, rara Letharia vulpina. Verso la base del tronco e alla base, non sul terriccio ma sulla parte piuttosto imputridita del tronco : Cladonia rangi- ferina (rara), Cl. digitata, Cl. pyxidata, Cl. macilenta (svilup¬ patissima) e piccoli talli di Parmelia. ECOLOGIA DEI LICHENI 279 12° Abeti come il N. precedente. Pian Trevisan, bosco umido e fitto, piante robuste. Nelle piccole aree liscie ci sono i soliti licheni (v. N. 7-8) ovvero, dove la caduta della placca di ritidoma è assai recente, niente. Nelle fessure ad andamento scliistoso Caloplaca. Fra i licheni frondosi notisi in più di quelli dei N. 7 e 8: Letharia divaricata abbondantissima e piccolo tallo di Sticta (?) ; manca la Letharia vulpina e' fra fogliosi i l’ Anaptychia. 13° Abeti c. s. Abetina di Pian di Salere (poco umida). Nelle areole liscie: v. N. precedente. Sul resto del tronco noto: Parmelia physodes, e qualche altra Parmelia ma pochis¬ simo sviluppata, Lobaria pulmonacea sterile, pochissima Evernia. e appena traccie di tallo di Usnea. 14° Su legno putrido o sui ciocchi degli abeti tagliati. Pian di Salere. Cladonia macilenta, 01. pyxidata, Cl. forcata e resti di tallo morto di Parmelia. O. Aesculus Hippocastanum L. Diametro cm. 80. Orto botanico di Urbino (luogo umido). Ritidoma che cade a placche come nell’abete ma le placche sono grandi e si rinnovano più lentamente, la corteccia è meno fragile. Sono accennati i talli dei licheni delle scorze rugose. P. Sambucus nigra L. 1° Diametro cm. 6-7. Urbino sulla strada di Pesaro. Pianta molto vecchia, corteccia assai rugosa e screpolata. I due rami più grossi hanno macchie di tallo di Xaiithoria parietina. traccie di tallo di Anaptychia e nei punti meno scre¬ polati Caloplaca e Lecanora subfusca. Sui rami medi, rugosi : alghe e leggere traccie di tallo li- chenìco. Sui rami giovani, lisci, nè alghe, nè licheni. 2° Diametro cm. 20. Loc. c. s. Ritidoma grosso, elastico che si sfalda facilmente. Poche alghe, traccie di Xanthoria (?). Q. Carpinus Betulus L. Diametro cm. 15-20. Orto botanico di Urbino. Corteccia estremamente liscia con licheni da scorza liscia: Arthonia, Arthopyrenia ecc. 280 M. CENGIA SAMBO R. Sequoia gigantea. Diametro cm. 100. Orto botanico di Urbino. La corteccia rapidamente si sfalda in piccole strisele fi¬ brose. Il tessuto rimasto scoperto è soffice sugheroso. Non ci sono licheni, solo in qualche punto verso la base ci sono poche alghe verdi unicellulari. S. Prunus spinosa L. Arbusto coi rami principali di cm. 2-3 di diametro. Din¬ torni di Prato. Fusto liscio con solco longitudinale profondo fino al legno. Nella parte liscia noto talli di Graphis confinanti e che ricoprono quasi ininterrottamente il fusto, noto pure poca Ar- thopyrenia. Ai bordi della fenditura, dove la corteccia è più rugosa, e in qualche screpolatura c’ è Opegrapha ; sulla faccia interna della corteccia alghe e funghi. T. Arundo Donax L. Culmo secco ma ancora attaccato alla terra col rizoma. Corteccia assai liscia e lucida. Loc. c. s. Molte alghe unicellulari, molti micromiceti. Di licheni noto soltanto poca Arthopyrenia e qua e là tallo leproso di Leca- nora. Ai nodi : Lecanora più sviluppata e fertile, un piccolissimo tallo di Pannelia. U. Su foglie. Mentre i licheni epifilli sono abbondantissimi nelle regioni tropico-equatoriali, in Europa invece sono rarissimi nella zona temperata e mancano nella glaciale : in Europa furono trovati raramente i generi Pilocarpon e Catillaria su foglioline di co¬ nifere e la Catillaria (sez. Biatorina) Bouteillei su foglie di Buxus sempervirens. Però in clima artificiale (in una serra calda e umida) io ho trovato una Lecanora su foglie di una palma (*). (1) Cengia Sambo M. [5*]. ECOLOGIA. DEI LICHENI 281 V. Sul legno scoperto e sui pali telegrafici. 1° Pali telegrafici lungo la strada per Calenzano (Prato). C; è una grande quantità di piccole alghe verdi unicellu¬ lari, ma poco tallo lichenico o appena abbozzato. Piuttosto rari i licheni dei generi Acolium, Cyphelium. 2° Pali telegrafici nel bosco demaniale di Paneveggio (Venezia Tridentina). Oltre i generi precedenti un po' meno rari, noto qua e là qualche tallo di Parmelia cresciuto nelle fessure del legno e che si è espanso ai bordi, e qualche rara chiazza gialla di Xan- thoria. % % * Dagli esempi fin qui riportati appare chiara, prescindendo dagli altri fattori, l’importanza del fattore corteccia e cioè che : 1° I licheni epifiti cambiano a seconda della qualità della corteccia e non a seconda della specie della pianta ospite. Con¬ seguentemente i substrati dei licheni arboricoli vanno distinti almeno in : a) corteccie liscie b) rugose c) screpolate d) solcate. 2° Certe specie licheniche preferiscono, e talora esigono, una speciale qualità di corteccia p. es. le Grafidee preferiscono corteccie liscie e lucide. 3° Procedendo dai ramoscelli ai rami, al tronco fino al piede dell’ albero, la corteccia diventa sempre più scabra, e variano conseguentemente i licheni. 4° Sullo stesso tronco si alternano aree più o meno liscie e così si alternano i licheni caratteristici di corteccie diverse ; e ciò perchè il vecchio ritidoma cade qua e là a placche o a striscie o a squamine, portando con sè i licheni aderenti, e le nuove superficie assumono col tempo i licheni relativi alla nuova qualità di corteccia. Un caso simile di rinnovamento di epifite avviene sulle corteccie delle palme nelle zone tropicali ove le epifite (non però licheni) crescono in grossi ciuffi che finiscono per cadere dal peso lasciando la corteccia nuda capace di riassumere epi¬ fite (x). (1) Van Oye [30]. 17* 282 M. CENGIA SAMBO 5° Quando 1’ albero presenta delle accidentalità, come calli, nodi, legno allo scoperto, ivi troviamo i licheni relativi alla rugorosità della superficie presentata. Legno allo scoperto abbiamo anche nei pali telegrafici e nelle tavole delle staccionate ; la corteccia, data la frequenza degli alberi, è il substrato vegetale più frequente. Il perchè di questa diversa distribuzione dei licheni, sui vari tipi di corteccia, credo debba ricercarsi in varie cause. Per prima nel bisogno di acqua che hanno i licheni, bisogno che cresce in proporzione con lo sviluppo del tallo in grossezza per i crostosi e in lunghezza per i frondosi. Gli alberi delle stazioni secche (endemici o spontanei) sono contornati da un sughero più grosso il quale darà luogo, spaccandosi per le ragioni esposte altrove, a fessure assai profonde e quindi po¬ tranno ospitare licheni assai più grossi e anche i gelatinosi i quali potranno imbeversi dell’ acqua che in maggior copia scola lungo le profonde fessure. Gli alberi delle stazioni umide sono provvisti di un sughero molto più sottile ciò che dà alla cor¬ teccia 1’ aspetto liscio o rugoso ed essa potrà accogliere licheni di tallo più minuto, licheni con rizine e licheni con gonfe. Qui ha valore anche 1’ osservazione del Beccari per i licheni da lui raccolti nell’ isola di Borneo (1), osservazione che avrò occasione di riportare più innanzi, al N. 5°. Ma molta importanza deve avere anche la conformazione anatomica della corteccia. Il Bioret. (2) ha studiato da questo punto di vista le Grafidee e dice che 1’ andamento del tallo dipende essenzialmente dalla rottura e dall’ allentamento del sughero. Dopo avere osservato il comportamento delle Grafidee su certe essenze, osserva che la forma delle cellule del sughero e la loro resistenza alla rottura determinano la forma del tallo delle Graphis e la loro presenza su certe essenze piuttosto che su certe altre. Le varie specie di Grafidee sono legate al tipo di sughero dell’ albero e il vario modo di penetrazione del tallo nella corteccia non è in relazione con la penetrabilità fisica e chimica degli elementi del periderma, ma piuttosto è vero il (1) Beccavi O., [1] pag 66. (2) Bioret [2]. ECOLOGIA DEI LICHENI 283 contrario. L’ optimum del potere di penetrazione del tallo delle Grrafidee è dato dalle scorze liscie a sughero tabulare. Molte varietà di Grraphis osserva che sono state considerate tali solo perchè cresciute su piante le cellule del sughero delle quali hanno forma diversa ciò che fa sviluppare il tallo in forme apparentemente diverse. Sarà utile estendere le belle ricerche del Bioret anche ad altri gruppi di licheni corticoli specialmente crostosi. ( Continua ) . Prof. Carlo Airaghi CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE AMMONITI DEL GIURA E DELL’ INFRACRETACEO IN LOMBARDIA In Lombardia, data la natura petrografia dei sedimenti, a differenza di quanto si riscontra in diverse altre regioni al¬ pine, il giura e 1’ infracretaceo, sono rappresentati da una ben esigua serie di strati. I fossili però che in essa fin’ ora vennero trovati stanno a dimostrare che vi sono rappresentati quasi tutti i principali piani colle numerose zone del giura e dell’ infracretaceo. Gli ammoniti, che costituiscono la grande maggioranza delle specie rinvenute, vennero illustrati dal Meneghini, dal Corti, dal Bonarelli, dal Paroma, dal Mariani, dal de Ales¬ sandri (*). Il Mariani nel 1900 in uno studio monografico della fauna lombarda del giura e dell’ infracretaceo descrive le se¬ guenti specie : (1) G. Meneghini, Fossili tit. di Lombardia, Proc. verb., Soc. tose. Se. Nat. !S70. B. Corti, Sui fossili della maiolica di Campora, Rend. R. Ist. lomb. Se. Lett. ed. xxv, 1892.— Ibid., Osser. slrat. e paleont . nella regione compresa fra i due rami del lago di Como, Boll. Soc. geol. it. voi. XI, 1893. — Ibid., Sulla fauna giu- rese e cretacea di Camp or a , Rend. R. Ist. lomb. Se. Lett., voi. XXVII, 1S94. C. f. Parona, Consid. sulla serie del giura e dell' infracretaceo ecc., Rend. R. Ist. lomb. Se. Lett., voi. XXIX, 1896. G. Bonarelli, Contr. alla conoscenza del giura ecc., R. Accad. Se. Torino, voi, XXX, 1894. E. Mariani. Fossili del giura e dell ’ infracretaceo ecc. Atti Soc. ital. Se. Nat. Milano voi. XXXVIII, 1899. G. de Alessandri, Il gruppo del M. Mtsma , Atti Soc. ital. Se. Nat. Milano, Voi. XLII, 1003. 285 CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE AMMONITI ECO. Ammoniti infratitonici : Pliylloceras Manfredi Oppel. sp. Pliylloceras isotypum Beneck. sp. Neumayria trachinota Oppel. sp. Soioerbyceras silenum Font, sp. Aspidoceras contempo raneum Favre. Ammoniti titonici : Pliylloceras Silesiacum Opp. sp. Pliylloceras ptychoicum Quen. sp. Pliylloceras ptychostoma Be- necke sp. Pliylloceras Kochi Opp. sp. 5? serum Opp. sp. Lyloceras quadri sulc ai u m d’ Orb. sp. Oppelia zonaria Opp. sp. Holco stephanus Groteanus Opp. sp. Simoceras randenense Moesch. sp. Perisphinctes lucingensis Fa¬ vi- e sp. Perisphinctes Airoldii Geinm. n chloroolithicus (Grlimb.) Perisphinctes cfr. balnearius de Lor. Perisphinctes Taramellii Mav. Perisphinctes Zitteli Siem. ii colubrinus Bein. sp. Perisphinctes geron Zittel. ii contiguus Cat. sp. Simoceras bimucinatum Quen. ii volanense Opp. sp. ii Kòllikeri Opp. sp. Aspidoceras Rogoznicense Zeu- schn . Aspidoceras longispinum Sov. sp. Aspidoceras sp. (cfr. avella- num Zittel). Ammoniti dell’ infracretaceo Ph ylloceras s emis tri a tu m d’Orb. sp. Lyt oceras subf imbri atum d’ Orb. sp. Lytoceras cfr. Phestus Math. sp. Costidiscus recticostatus d’Orb. sp. Hotcostephanus asti eri anus d’ Orb. sp. Holco stephanus bidichotomus Leym. sp. Silesites Seranonis d’Orb. sp. Hoplites neocomiensis d’ Orb. sp. Hoplites sp. li sp . Crioceras sp. (gr. Cr. Mathe- roni d’ Orb.). Crioceras sp. 286 C. AIRAGHI Come si vede sono rappresentate forme dell’ oxfordiano sequaniano, kimmeridgiano, titoniano, neocomiano, barremiano. Il de Alessandri nel 1903 vi aggiungeva altre due specie, il Coelocercis bayleanus Opp. e il Dumortieria Meneghina Zitt. del baiociano. Una fauna ammonitica quindi ricca di ben 64 specie. Ma questa fauna viene ora nuovamente accresciuta da altre cinque specie. Di queste V Astieria Sayni Kil. proveniente da una loca¬ lità ignota del Varesotto, è dell’ kauteriviano ; le altre quattro sono del giura : il Lytoceras polycyclum Xeum., il Perisphinctes agrig entinus Gremm., V Aspicloceras acanthicam Opp. del kimme¬ ridgiano, il Perisphinctes plicatilis d’ Orb. dell’ oxfordiano e del lusitaniano. Queste specie provengono da Biandronno, località ben nota ai geologi lombardi per la presenza di fossili giuresi in una formazione clastica che forma parte della sottile striscia di terra cbe separa il laghetto di Biandronno dal lago di Va¬ rese. Sono fossili conservati in calcari compatti rossicci e gial¬ lastri, che, in blocchi arrotondati e spesso levigati, di varie dimensioni, sono disseminati in un calcare marnoso grigiastro, puddingoide della creta inferiore, blocchi che il Prof. Ma¬ riani (*) ritiene siano stati strappati dalle formazioni giuresi che si osservano a monte di Biandronno, e trasportati nel mare del cretaceo inferiore da corsi d’ acqua provenienti dal nord. » Astieria Sayni Kilian sp. Un’impronta incompleta di un esemplare che doveva avere un diametro non inferiore ai inni. 90. L’ ornamentazione però, e in prossimità dell’ ombelico e sui -fianchi, è bene conservata. Risulta costituita di più di venti coste che partono dal fondo dell’ ombelico, che si elevano quasi in linea retta verso il margine dell’ombelico stesso per poi spingersi sempre più sui fianchi dove terminano con un nodo alquanto sviluppato. Da ciascuno di questi nodi poi partono 4 o 5 sottili coste, quasi uniformi, pressoché diritte, leggermente inclinate all' avanti, tra le quali talora se ne intercalano altre, per lo più una, più raramente due che si iniziano tra nodo e nodo. (1) E. Mariani, Sul calcare marnoso puddingoide pseudo giurese di Bian¬ dronno ecc., Rend. R. Ist. lomb Se. Lett., voi. XXXII, 1S99. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE AMMONITI ECC. 287 È una specie che presenta delle varietà, specialmente in rapporto allo spessore dei giri, ma a quale varietà si avvicini maggiormente 1’ esemplare del Varesotto non è possibile stabi¬ lire, poiché, come dissi, è dato da una impronta piatta, schiac¬ ciata, da cui non è possibile far deduzione sullo spessore dei giri ; in ogni modo mi pare presenti maggiori rassomiglianze cogli esemplari figurati da Baumberger (*) provenienti dall’au- teriviano di Castellane a La Motte du Caire, Feissal Cheiron (Basse Alpi), nei calcari marnosi, zona a Crioceras Duvali , a La Charce (Crome). Lytoceras polycyclum Neumayr. Un solo esemplare allo stato di modello interno, quindi non presenta strangolamenti di sorta in corrispondenza dei quattro o sei sottili cercini per giro che si osservano sul gu¬ scio di questa specie. Il fenomeno venne fatto osservare tanto dal Neumayr (1 2), quanto dal Gemmelaro e dal Canavari. Per questo carattere il Lyt. polycyclum Neum. e più ancora pei numerosi giri e pel loro lento accrescimento, si distingue dal Lyt. quadrisulcatum d’ Orb. del titonico e del neocomiano. L’ esemplare di Biandronno presenta le seguenti dimen¬ sioni : Diametro massimo mm. 80 Altezza dell’ ultimo giro » 26 Spessore n n » 25 Diametro dell’ ombelico a 38 Questa specie venne trovata nella zona inferiore degli strati ad Aspid. acantliicum della Montagna grande e della Bocca dei (1) E Baumberger, Fauna der unteren Kreide in mestsckweizerischen dura (Vieni. Soc. Paleont. Suisse, voi. XXXVI, 1909-10) pag. 7. Tav. XXXII. W. Kilian, Neoc. des environs de Moustiers S Marie (Bull. Soo. geol. Frane, voi. XXIII) pag. 976. (2) M. Neumayr, Sch. mit. Asp. acantliicum in SiebenlHirgen, pag. 24 (Abhandl. d. k. k. geol. Reicksan., B. V, N. 6, 1873. G. Gemmelaro, Sopra alcune faune ecc ., N. 7: Sopra i Cefalopodi della zona inf. degli strati con Asp. acantliicum di Sicilia (Atti Aecad. Gioenia di Se. Nat. in Catania, 1877) pag. 188. M. Canavari, La fauna degli strati con Asp. acantliicum di Monte Serra presso Camerino (Palaeont. italica, voi. II, 1896) pag. 40. 288 C. AIRAGHI dintorni di Calatafimi in provincia di Trapani in Sicilia, di Monte Serra presso Camerino, di Csofronka e Gyilkoskò in Transil vania, di S. Agata e Sulzbach nel Salzkammergest. Perisphinctes agrigentinus Greram. Un bel esemplare discoidale con contorno esterno arroton¬ dato, con ombelico grande e poco profondo. I giri sono nu¬ merosi ; la spira molto lenta. Le coste sono numerose, pres¬ soché eguali tra di loro, diritte, ben distinte, arrotondate, per¬ la maggior parte semplici, alcune biforcate vicino al terzo esterno. Sul dorso della conchiglia tutte vanno gradatamente scomparendo. Diametro massimo mm. 63 Altezza dell’ ultimo giro n 17 Spessore » » n 19 Larghezza dell’ ombelico » 36 L’ esemplare di Biandronno presenta quindi una grande rassomiglianza con quello figurato da Gemmellaro trovato nella zona con Asp. acanthicum di Burgilamuni in Sicilia (x). Il Perisph . agrigentinus Gemm. venne trovato oltre che in Sicilia, sempre nella zona ad Asp. acanthicum , anche a Chatel-St. Denis e Prayonds in Svizzera (1 2). Perisphinctes plicatilis d’ Orb. sp. A Biandronno si rinvennero due frammenti di due grandi esemplari, il maggiore dei quali doveva raggiungere un dia¬ metro di almeno mm. 150. Sull’ultimo quarto di giro presenta 16 coste ben distinte, alte, strette. Si originano dalla parete ombelicale, e, leggermente inclinate, si dirigono all’ avanti. Tutte si biforcano a circa i quattro quinti della loro lunghezza, molto vicino cioè al dorso della conchiglia. I giri sono nume¬ rosi, arrotondati esternamente, quasi piatti sui fianchi ; la pa¬ rete ombelicale leggermente obliqua ; ombelico ampio e poco profondo. (1) G. Gemmellaro, Sopra i Cefalopodi della zona ad Asp. acanthicum di Burgilamuni presso Favara , (Giorn. di Se. Hat. ed Econ., Palermo 1S72, voi. IH) pag. ]33, tav. I fig. 7, 8. (2) p. de Loriol, La zone Amm. acantliicus dans les Alpes de la Sdisse (Mem. Soc. Paleont. Suisse, voi. LV, fig. 1877) pag. 53 tav. V, fig. 6, 7. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE AMMONITI ECO. 289 Tutti caratteri questi proprii del Perisphinctes plicatilis d’ Orb. che la distinguono dalle specie affini colle quali spesso venne confusa quali il Perisph. lucingensis Fabre, il Perisph. marconi de Lor., il Perisph. occulte fuscatus Waag., il Perisph. thevenini de Lor. ecc. (* 1). E una specie dell’ oxfordiano, zona Cardioceras cordatura , e del lusitaniano, zona a Peltoceras transversarium. Aspidoceras acanthicum Oppel. sp. L’ esemplare di Biandronno è ridotto a modello interno e presenta le seguenti dimensioni : Diametro massimo mm. 95 Altezza dell’ ultimo giro n 37 Spessore » » » 42 Diametro dell’ ombelico » 30 Si tratta di una conchiglia discoidale, coi giri più larghi che alti, col dorso arrotondato, coi fianchi uniformemente con¬ vessi, ornati lungo il margine ombelicale da nodi radi, grossi e larghi in numero di dodici. Un po’ lontano da essi, sui fianchi, si nota un’ altra serie di nodi meno numerosi e molto meno sviluppati. La linea lobale è visibile solo in parte, in corri¬ spondenza cioè del secondo lobo laterale e della prima e se¬ conda sella laterale. Questa specie tanto comune nel Giura delle diverse regioni d’Italia e d’Europa, caratteristica della zona che ne porta il nome, solo ora per la prima volta viene citata per la Lom¬ bardia. (i) J. Siemiradzki, Monogr. Beschreibung . d. Amm. Perisphinctes Palaeonto- graphia, voi. 45. Stuttgart 1S99. I. Ronchadzé, Perisph. de V Argonien de Chézery, Meni. Soc. Pai. Suìsse, voi. XLIII, 1917. A, de riaz, Descript, d. Amm des couches a Peli, transversarium de Trept ( Isere ), Lyon 1S9S. 18 Dott. Giuseppe Scortecci Professore nella Sezione di Zoologia del Museo Civieo di Storia Naturale di Milano RETTILI DELL’ERITREA ESISTENTI NELLE COLLEZIONI DEL MUSEO CIVICO DI MILANO Il presente lavoro è basato esclusivamente sulla collezione di rettili eritrei del Museo di Storia Naturale di Milano, col¬ lezione sufficientemente ricca, per dare un’idea della fauna erpetologia della nostra colonia del Mar Rosso. La raccolta, notevolmente accresciuta in questi ultimi anni per l’interessamento del Prof. B. Parisi. Direttore della sezione di Zoologia, proviene da varie fonti, come risulta dall’elenco degli esemplari. Era i principali raccoglitori e donatori ricordo il compianto entomologo Dott. Paolo Magretti, il Dott. Enrico Sibilia, il Capitano Luigi Fossati ed i Signori Conte Dott. Cesare Calciati, Dott. Guido Corni e Cav. Luigi Bracciali! che, recentemente compirono un viaggio scientifico nella Regione dei Cunarna. I numeri che precedono gli esemplari, corrispondono a quelli delle tre branche ( Sauria , Ophidia, Cheionia ) nelle quali è suddiviso il catalogo erpetologie© del nostro Museo. Nello studio della collezione mi fu d’aiuto prezioso il materiale delle regioni vicine già esistente nelle nostre rac¬ colte ed in modo speciale quello dell’ Abissinia settentrionale raccolto dal Sig. Ugo Ignesti e studiato ed illustrato dalla Prof. Enrica Calabresi. M’astengo in questo lavoro da considerazioni faunistiche generali perchè spero, con future, più abbondanti raccolte, di poter trattare dei rettili eritrei in forma monografica. 291 RETTILI DELL’ ERITREA ECC. Ophidia* Typhlopidae. 1. Typhlos erythraeus n. sp. (No. 2015) 1 es. Saganeiti — Cap. L. Fossati legit. La testa è assai appiattita, un po’ più stretta del corpo; presenta lateralmente due bordi tondeggianti che partono dal¬ l’estremità del muso, salgono, al disopra della narice e si per¬ dono sulle prime squame del tronco. 11 muso, non curvato inferiormente, termina in una punta aguzza. La placca rostrale misura, secondo il diametro trasverso, Fig. 1. — Typhlops erythraeus, n. sp. metà della lunghezza della testa; è sparsa di piccoli granuli specialmente nella parte terminale. Le placche nasali sono grandi, sparse aneli’ esse di piccoli granuli, specie nella parte distale, poco meno larghe, viste dal di sopra, della metà del rostrale: sono in contatto, supe¬ riormente con la pre-frontale e la sovra oculare, lateralmente con l’oculare ed inferiormente con la prima e la seconda la¬ biali superiori. Un solco che parte dalla seconda labiale, divide completamente ciascuna nasale in due parti, delle quali la posteriore è la più grande. La narice, molto vicina alla placca rostrale, è situata inferiormente. La placca nasale è seguita dalla oculare, la quale tocca superiormente la sovra oculare, lateralmente due placche, che, 292 G. SCORTECCI per la loro posizione, possono esser dette post oculari, ed in¬ feriormente la seconda e la terza labiali superiori. L’occhio è quasi invisibile. La prefrontale è eguale all’ incirca alla sovra oculare e quasi il doppio di una squama del tronco. La frontale è un po’ più stretta e più larga di una squama del tronco. Le labiali superiori sono quattro, crescenti in grandezza in senso antero posteriore. La coda termina in una spina acuta. La lunghezza totale dell’esemplare è di 205 min. Le squame intorno alla metà del corpo sono in 23 serie. 11 diametro del corpo entra 82 volte nella lunghezza totale. Il colorito, tanto delle parti superiori, come delle inferiori, è uniformemente bianco giallastro. Affinità. — 11 T. erylhraeus è affine, per la forma del muso, al T. acutirostris Mocquard dello Scioa (Abissinia), al T. naveli Angel dell’ Isola del Principe, al T. preocularis Stejneger di Leopoldville (Congo), ma si distacca da tutti per vari caratteri. Nel J. naveli Angel, le scaglie attorno al corpo sono in 26 serie, il diametro del corpo è contenuto 60 volte nella lun¬ ghezza totale, vi è una preoculare, mancano le due post ocu¬ lari. Nel T. acutirostris Mocq., le scaglie intorno alla metà del corpo sono in 28 serie ed il diametro del corpo è contenuto circa 55 volte nella lunghezza totale, vi è una preoculare, mancano le post oculari. Nel T. preocularis le scaglie intorno alla metà del corpo sono da 24 a 26 serie, il diametro del corpo entra 67 volte nella lunghezza totale, vi è una preocu¬ lare, la linea di divisione del nasale comincia dal bordo infe¬ riore del rostrale, il frontale ed il prefrontale sono eguali. Per ciò che riguarda le placche della testa, il T. erylhraeus si avvicina invece al T. lineatus Boie, al T. unii ineatus D. e B. ed al T. melanocephalus D. e B., i quali mancano di una pre¬ oculare ed hanno, quantunque in maniera assai ridotta, le squame post oculari slargate; è però nettamente separato da tutti e tre per molti caratteri dei quali cito solo i principali. Il T. erylhraeus ha la placca nasale completamente divisa mentre nel T. lineatus , nel T. uni lineatus e nel T. melanocephalus è semidivisa, il muso termina in forma tondeggiante, ed è diffe¬ rente la proporzione fra diametro a lunghezza totale del corpo. 293 RETTILI DELL’ ERITREA ECO. 2. Typhlops punctatus (Leack). (No. 1884) 1 es. Godolefassi — Ten. G. A Ambrosi legit. Lunghezza totale 290 min. Scaglie in 29 serie. (No. 1852) 1 es. Ghinda — Dr. P. Magretti legit. Lunghezza totale 310 min. Scaglie in 32 serie. La colorazione dei due esemplari differisce di poco. Le squame delle parti superiori, hanno colore fondamentale gial¬ liccio e sono orlate di verde bruno nell’esemplare di Ghinda, di verde giallastro nell’esemplare di Godolefassi. Ventralmente si ha la medesima disposizione di colori, però con intonazione generale molto più chiara. Le placche della testa sono giallo verdastre chiare nella parte terminale, verdi scure al contatto con le squame del tronco. Habitat. Africa centrale e dell’Ovest. Non è a mia conoscenza che la specie sia stata fin’ ora rammentata per la Eritrea. Glauconidae. 3. Glaucoma erythraea n. sp. (Dlfi) 1 es. Massaua — F. Fatigati legit. Il muso è tozzo, trilobato, debolmente ricurvo verso il basso. La placca rostrale arriva fino all’altezza degli occhi, la sua larghezza è contenuta due volte in quella della testa (mi¬ surata dietro le post oculari) inferiormente presenta una leg¬ gera concavità avanti la bocca. Le nasali sono grandi, divise in due parti da una fenditura che ha origine dall’angolo ali¬ terò superiore della prima labiale. Le oculari, più piccole delle nasali, toccano le labbra fra due labiali delle quali la prima è la più piccola; la seconda non arriva all’ altezza dell’ occhi o. Le sovra oculari sono strette ed allungate. La nrefrontale è di poco più larga della frontale ; quest’ ultima è all’ incirca eguale alle squame che rivestono il corpo. Le post oculari sono molto grandi; anteriormente sono in contatto con 1’ oculare e la sovra oculare, lateralmente con la frontale e la seconda labiale, poste¬ riormente con quattro squame. Le placche della testa, specialmente la rostrale, hanno gra¬ nulazioni disposte irregolarmente. Le labiali superiori sono due, le inferiori cinque. Il sinfisiale, assai grande, è diviso in 294 G. SCORTECCI due parti. Le squame intorno alla metà del corpo sono in 14 serie. La lunghezza della coda è compresa circa 19 volte nella lunghezza totale che è di 157 min. Il diametro del corpo entra 78 volte nella lunghezza totale. La colorazione è bianco gialliccia uniforme. Affinità. — La specie descritta si avvicina alla Glaucoma debilis Chabanaud, ma può ritenersi nettamente distinta poiché quest’ ultima ha il muso di forma più aguzza, la testa slargata dietro gli occhi e la seconda labiale arriva fino all’altezza degli occhi. 4. Glaucoma braccianii n. sp. (No. 1917) 1 es. Adi Ugri — G. F. Turati legit. La testa, ben distinta dal tronco, è assai ristretta ante¬ riormente; veduta di profilo si presenta appiattita cominciando dall’altezza del frontale. La rostrale, che raggiunge il livello degli occhi, inferior¬ mente presenta una concavità avanti la bocca. La nasale è divisa in due parti da una fenditura che ha origine dall’angolo aliterò superiore della prima labiale. L’oculare tocca le labbra fra due labiali, delle quali la prima è la più piccola, la seconda non arriva all’altezza dell’occhio. Le sovra oculari sono molto più lunghe che larghe. La frontale è piccolissima. La postoculare è larga all’ incirca come due serie di squame del tronco ed è seguita da una placca poco minore in larghezza, ma un pò più lunga. Le placche della testa hanno poche e deboli granulazioni. RETTILI DELL’ ERITREA ECC. 295 Le labiali inferiori sono cinque, irregolari di forma e di dimensione. Il sinfisiale è piccolo, diviso in due parti. Le scaglie a metà del corpo sono in 14 serie. Il rapporto fra lunghezza totale, che è di 116 min., e diametro del corpo, è 77. La coda misura 12 mm. La colorazione è uniformemente giallo biancastra. La specie è dedicata al Cav. Luigi Bracciani. membro della Missione nelle Legione dei Cunama. Affinità. — La specie descritta è assai vicina, per la di¬ sposizione delle placche della testa, alla Glauconia macrorìiyn - chus (Jan) della quale ho esaminato il tipo, conservato nelle collezioni del nostro Museo, ma ne differisce, per la forma del muso, che di profilo è tondeggiante, e per avere una propor¬ zione fra lunghezza totale e diametro del corpo eguale a 118. 5. Glauconia vari abi I is n. sp. (No. 1915) 2 es. a, b (Typus) Adi Ugri — G. F. Turati legit. (No. 201 6) I es. c Cheren — Dr. P. Magretti legit . La testa è tozza, poco distinta dal tronco, il muso è de¬ bolmente ricurvo verso il basso. La rostrale, concava inferior¬ mente avanti la bocca,* arri va all’altezza degli occhi. La pro¬ porzione fra larghezza della testa, misurata dietro 1’ oculare, e larghezza massima del rostrale, corrisponde all’incirca a 2. La nasale e l’oculare sono presso a poco eguali nella massima larghezza. La nasale è completamente divisa in due parti, da una fenditura che ha origine dall’angolo aliterò superiore della 296 G. SCORTECCI prima labiale. L’oculare tocca le labbra fra due labiali, delle quali la prima è la più piccola, la seconda non arriva alla altezza dell’occhio. Le placche sovra, oculare, frontale e pre frontale sono di media dimensione. Tutte le placche del capo sono cosparse di una debole granulazione. Le post oculari, larghe all’ incirca come due serie di squame, sono seguite da una placca di dimensioni o eguali o di poco inferiori. Le labiali inferiori sono cinque ed hanno forma non molto re¬ golare; il sinfisiale è diviso in due parti. Le squame intorno alla metà del corpo sono in 14 serie. La proporzione fra lun¬ ghezza totale (mm. 137) e diametro del corpo (mm. 2) è eguale circa a 68, fra lunghezza totale e coda, è eguale a 11 circa. La colorazione è giallo biancastra uniforme. Sul capo, due sottili linee brune partono dalle sovra oculari e si perdono, dirigendosi verso i lati del corpo. Nell’esemplare a le granulazioni sulle placche del capo sono più abbondanti e si riscontrano anche sulle labiali infe¬ riori e sulle squame del mento. Il rostrale è un po’ più corto che nel tipo, mancano le due sottili linee brune sulla testa, la proporzione fra lunghezza totale mm. 131 e diametro del corpo, mm. 2, è eguale a 66 circa, fra lunghezza totale e lunghezza, della coda è eguale all. Nell’esemplare c la granulazione sulle placche del capo è quasi nulla, mancano le due sottili linee brune aventi ori- 297 RETTILI DELI/ ERITREA EGC. gine dalle sovra oculari, la proporzione fra lunghezza totale, min. 132, e diametro del corpo, mm . 2, è eg uale a 66. Tanto nell’ esemplare a come nel c le squame a metà del corpo sono in 14 serie. Non è a mia conoscenza che alcun rappresentante del ge¬ nere glaucoma sia stato prima d’ ora rammentato per P Eritrea. Affinità. — La specie descritta è simile, per ciò che ri¬ guarda la disposizione delle placche della testa, alla Glauconia macrorliy nchus Jan, ma assai differente è la proporzione fra lunghezza totale e diametro del corpo; circa 113. * E vicina anche alla Glauconia Braccianii , ma se ne distacca per la differente proporzione fra lunghezza totale e diametro del corpo e per la forma della testa. Osservazioni. — Avendo avuto occasione, per lo studio delle tre nuove specie, di consultare molti lavori sulle Glauco- niae, ho osservato come, per differenze minime, sono state create nuove forme, dandone inoltre descrizioni brevissime, insuffi¬ cienti, non accompagnate da nessuna figura, rendendo così arduo il compito di chi si accinge allo studio di questo inte¬ ressante gruppo di Ofidi. Anch’io ho dovuto forzatamente seguire i criteri generali nella classificazione delle Glauconiae eritree, ma mi riserbo di tornare sull’argomento in un prossimo avvenire e di ap¬ portare quelle modificazioni che 1’ esame di una maggior copia di materiale mi suggerirà. Sono certo che una revisione accurata delle Glauconiae porterebbe a molte sorprese ed il numero assai elevato delle specie fin’ ora descritte, scemerebbe di parecchio. Boidae. 6. Pyton sebae (Gfmel). (No. 1773) 1 juv. Sabargmna — Dr. P. Magretti legit. Lunghezza totale 850 mm. (No. 1816) 1 es. a secco — Fiume Mareb presso Saganeiti — Dr. P. Magretti legit. Lunghezza totale 4270 mm. Habitat : Africa meridionale, tropicale, Senegambia, Nilo bianco. Non è a mia conoscenza che la specie sia stata, prima d’ora rammentata per l’Eritrea. 298 G. SCORTECCI Colubridae (Aglypha). 7. Boaedon lineatus Duna, e Bibr. (No. 2008) 1 rf Saganeiti — Cap. L. Fossati legit. Colorazione uniformemente bruna sulla testa e sul dorso, assai più chiara nella parte ventrale. Due linee bianche, per ciascun lato, partono dalla estremità del muso, comprendono nel loro percorso l’occhio, e terminano alla regione parietale. Le squame intorno al corpo sono in 30 serie. La lunghezza totale è di 560 mm. (No. 1795) 1 1 9 Mandafenà — Di*. P. Magretti legit. Nella 9 colorazione è simile a quella dell’esemplare precedente. Il numero delle scaglie intorno alla metà del corpo differisce da quello indicato dagli auct. Sono in 33 serie mentre ordinariamente oscillano da 25 a 31. Lunghezza totale 800 mm. Il cf, delia medesima colorazione della 9- ha 29 serie di scaglie intorno alla, metà del corpo; misura in lunghezza totale 565 mm. (No. 1877) 1 juv. Eritrea — F. Ronchetti legit. Non differisce per la colorazione dagli individui sopra descritti, ma ha 3 labiali in contatto con l’occhio dal lato si¬ nistro (3a, 4a, 5a), inoltre la loreale è divisa in due parti, una delle quali molto piccola. Le temporali sono 1 — [— 3 al lato destro 1 — j— 2 al lato sinistro. Misura in lunghezza totale 254 mm. Le scaglie intorno al corpo sono in 31 serie. (No. 1854) 1 juv. Ghinda — - Dr. P. Magretti legit. Colorazione simile agli esemplari precedenti. Le temporali sono 1 — |— 3 tanto al lato destro, come al sinistro. Lunghezza totale 282 mm.; scaglie intorno alla metà del corpo in 31 serie. Habitat. Africa meridionale, tropicale, Arabia meridionale. 8. Boaedon lemniscatus Dum. e Bibr. (No. 1878) Senafè — Ten. G. A. Ambrosi legit. 2 es. in cattivo stato, sia per lunga permanenza in forma¬ lina, sia per il modo di cattura. (No. 20(37) 1 juv. Saganeiti — Gap. L. Fossati legit. Sono scarsamente visibili, la striscia scura vertebrale eie due laterali. Le parti inferiori sono giallastre chiare, senza macchiettatura. 299 RETTILI DELI/ ERITREA ECO. Habitat. Abissinia. Non è a mia conoscenza cbe la specie sia stata fino ad ora rammentata per l’Eritrea. 9. Lycophidium abyssinicum Blgr. (No. 1771; 1 9 Agordat. La colorazione differisce da quella indicata da Boulenger. Invece di porporina è verde brun astra tanto nelle parti supe¬ riori come nelle inferiori. Le squame dorsali e ventrali sono orlate da una sottile linea bianca. Lunghezza totale 370 min. coda 37 mm. (N. 1859) 1 9 1 cf Mandafenà — Dr. P. Magretti legit. 9 lunghezza totale 340 mm. coda 50 mm. <$ lunghezza totale 360 mm., coda 37 mm. La proporzione fra lunhezza totale e lunghezza della coda, differisce da quella indicata da Bou¬ lenger (lunghezza tot. 200 mm., coda 20 mm.). Può darsi che questa proporzione vari col sesso poiché, tanto nella femmina di Agordat, precedentementa descritta, come nella femmina di Mandafenà è pressoché eguale e coincide con quella data da Boulenger. Le squame venti-ali nel maschio sono 201, nella femmina 215; le sottocaudali nella femmina sono 36, nel maschio 42. Differiscono quindi leggermente dagli esemplari descritti da Boulenger: 206 squame ventrali 33 Subcaudali. Habitat. Abissinia, Eritrea, Somalia. 10. Zamenis rhodorhachis ladacensis Ander. ("No. 1885) 1 juv, 1 ad. Isole presso Massaua — Dr. !’. Magretti. legit. (No. 1886) 1 juv. Isole Daalac — Dr. P. Magretti legit. Habitat. Africa orientale. Asia sud orientale; non è amia conoscenza che la specie sia stata fino ad ora rammentata per P Eritrea. 11. Zamenis florulentus Greoffr. (No. 2009) 1 9 Adamo — Missione Corni, Calciati e Bracciani legit. Parti superiori del corpo grigie giallastre ; nel primo terzo sono evidenti dei segmenti di colore bruno disposti trasversal¬ mente _ — _ — a distanze regolari; divengono più corti, più fìtti, quasi una macchiettatura e scompaiono verso la metà del 300 G. SCORTECCI corpo. Fra la narice e l’occhio vi sono alcune macchie brune e, dietro quest’ultimo, si inizia una breve striscia, sempre di colore bruno, che termina all’ultima labiale superiore. Le la¬ biali sono giallastre. Le temporali sono 2 -f- ”2 dal lato destro, 1 — {— 2 dal lato sinistro. Le parti interiori del corpo sono giallastre. Lunghezza totale 600 mm. (No. 1887) 1 juv. Monte Dongollo presso Ghinda — F. Fatigati legit. (No. 1909) 1 juv. Asinara — Di*. P. Magretti legit . (No. 1797) 1 es. Mandafenà — Dr. P. Magretti legit. Lunghezza totale di 920 mm. La colorazione delle parti superiori è grigio olivastro uni¬ forme ; le parti inferiori sono biancastre. Habitat. Egitto, Cirenaica, coste del Mar Rosso fino ad Aden. 12. Scaphiophis calciati i n. sp. 1 es. Regione dei Cunama — Missione Corni, Calciati e Bracciani legit. La testa è distinta del tronco, il rostrale ha la caratte¬ ristica forma del genere, cioè è ricurvo verso il basso, simile al becco di un uccello di rapina. Inferiormente è concavo e toccando le labbra, presenta un rilievo sul quale si appoggiano il sinfìsiale e le due prime labiali di ciascun lato. Le internasali e le prefrontali sono larghe; queste ultime hanno dimensioni un po’ maggiori delle prime. Il frontale, assai grande, ha forma sub esagonale ed è poco più lungo che largo. Le parietali sono regolarmente di¬ vise nella seguente maniera: due parti anteriori slargate tra¬ sversalmente, una di forma sub esagonale, posta, dietro la su¬ tura formata dalle prime due e circondata da una fila di quattro placchette. Vi è una sola loreale, eguale all’ incirca per dimensioni alle sub oculari. La preoculare è grande. Le sub oculari sono tre, eguali all’incirca per grandezza e per forma. Le post oculari sono due delle quali la superiore è molto più grande dell’in¬ feriore; questa ultima è eguale alle sub oculari. Le temporali di prima fila sono tre, due strette e lunghe, una molto pic¬ cola; quelle di seconda quattro, di grandezza presso a poco eguale alle squame del tronco. *. • 301 RETTILI DELL’ ERITREA ECO. Le labiali superiori sono cinque, crescenti in grandezza in senso aliterò posteriore. La quarta, la più alta, è in contatto con ie tre sub oculari e con le due temporali di prima fila. La quinta è assai meno alta della quarta, ma è lunga quasi come le prime quattro. Le labiali superiori, specialmente le ultime tre, oltrepas¬ sano il livello della mascella superiore, di modo che, quando la bocca è chiusa, ricoprono quasi completamente le labiali in¬ teriori. Queste ultime sono 8,. crescenti in grandezza in senso ant-ero posteriore fino alla sesta compresa. La prima si tocca con quella del lato opposto dietro il sinfisiale, il quale ha forma sub romboidale; le ultime due sono strette, allungate. Due grandi placche mentali, sono in contatto con la prima, seconda e terza labiali inferiori ed arrivano oltre l’altezza della quinta. Sono separate da questa ultima e dalla quarta, da un’altra placca mentale, stretta e lunga. Una fila di 6 squame separa le mentali dalle squame ventrali. Le squame sono in 27 giri a metà del corpo in 33 al collo; hanno forma sul) romboidale, poco embricate, piccole sul dorso, quasi il doppio sui lati. Le dorsali hanno due fossette apicali ben distinte, divengono meno visibili nelle dorso laterali e 302 G. SCORTECCI scompaiono nelle laterali. Le squame ventrali sono 242, le sub caudali in 62 coppie. Il corpo è leggermente compresso ai lati e presenta una debole ed ottusa carenatura; la coda, in sezione, è perfettamente rotonda, termina con una scaglia ottusamente appuntita. L’ esemplare misura in lunghezza totale 370 mm. la coda 55. Le parti superiori del corpo sono di colore fondamentale grigio verdastro. Le squame dorso centrali sono irregolarmente macchiettate di bianco, e strisce di eguale colore, irregolari di forma e di dimensioni partono dalla squame ventrali dirigen¬ dosi verso la linea vertebrale. Questa disposizione di colori è più evidente nella parte mediana del corpo. L’ultima parte di questo e la coda son grigio verdastri con macchiette bianche. Le parti inferiori sono giallo verdastre chiarissime. La specie è dedicata al Conte Dott. Cesare Calciati membro della Missione nella regione dei Cunama. Affinità. — Lo Scophiophis calciata si avvicina all’unica specie del genere, &. albopunctalus Peters, ma ne è nettamente separato, poiché confrontata la descrizione originale e le figure annesse, differisce; per avere una loreale invece di due, 3 tem¬ porali di prima fila, due delle quali lunghe strette, e 4 di se¬ conda, invece di 4 di prima e 5 di seconda, per la maggiore altezza della 4a labiale superiore, la quale inoltre è ili contatto con due temporali di prima fila invece che con una, e per la colorazione. Sono forse da riunire allo S. calciata due esem¬ plari di Keta (Guinea', uno dei quali anomalo, attribuiti da I. G. Fischer, alla specie albopunctalus . La loro descrizione è però troppo succinta, e le figure troppo schematiche per potersi pronunciare con tiuta sicurezza. Osservazioni sul cranio. Il premascellare è grande, ripro¬ duce con esattezza la forma del rostrale (anche dove esso presenta un rilievo che da alloggio al sinfìsiale ed alle due labiali in¬ feriori di ciascun lato) si incunea profondamente fra le nasali, separandole del tutto nelle parte superiore. Lateralmente pre¬ senta due lunghe propaggini sulle quali si appoggiano i ma¬ scellari di ciascun lato. Questi ultimi, molto stretti nella parte anteriore, si allargano procedendo in senso antero posteriore e terminano in due larghissime dilatazioni piatte, simili a squame, foggiate a punta nella parte terminale e sporgenti oltre il traverso. 303 RETTILI DELL’ ERITREA ECC. Ciascun mascellare è provvisto di 7 denti, piccoli ben se¬ parati Fillio dall’altro, involti verso l’interno. Il trasverso è assai lungo; nel contatto col mascellare si dilata, si appiattisce e si divide in due brevi rami, il piu lungo dei quali e rivolto verso l’esterno. Nell’attacco col pterigoide è invece di poco più largo della parte mediana. Il palatino, nella parte anteriore è assai slargato e da at¬ tacco ad una apofisi del mascellare, è provisto di 5 denti dei quali il primo ed il secondo sono assai piccoli. I primi quattro sono rivolti verso l’esterno, l’ultimo verso l’interno Lo pterigoide è provvisto di 3 denti rivolti verso l’interno. Il frontale ed il parietale sono molto grandi. Lo squamoso è corto, non supera il margine posteriore del cranio. Il qua¬ drato anch’esso corto e sottile, forma con lo squamoso un angolo acuto, condizione questa che, non è a mia conoscenza si riscontri nei colubi'idi, ma che invece è normale nei boidi. Manca il post frontale. Il mandibolare è sottile, eguale all’ incirca in spessore in tutta la sua lungezza ; è provvisto di 12 denti, separati larga¬ mente l’uno dall’altro. I primi quattro sono più piccoli e più ravvicinati. Colubri dae (Opistoglypha). 13. Tarbophis obtusus (Heuss). (No. 1872) 1 cf1 . Monte Dongollo sopra Ghinda. Lunghezza totale 700 mm. Colorazione grigiastra chiara unifo rme. Habitat. Dall’ Egitto alla Somalia, Mauritania e Nigeria settentrionale. 14. Leptodira hotamboeia (Lauri. (No. 1010) 1 juv. Saganeiti — Gap. L. Fossati legit. Lunghezza totale 340 mm. Colorazione delle parti superiori bruna ; è presente sulle tempie una striscia nerastra, poco accentuata. Le parti infe¬ riori sono di colore biancastro. Habitat. Africa tropicale e meridionale. 15. Psammophis sìbilans (Lin). (No. 2011) 1 . Saganeiti — Gap. L. Fossati legit. Il colore preponderante, tanto sulla testa come sul dorso , è verde bruno. 304 G. SCORTECCI Sulla linea di sutura dei parietali vi è una macchia bruna, circondata da un bordo gdallo chiaro, dalla quale vi partono sei strisele metà brune, metà gialle. Quattro formano una croce. Di queste, due traversano la testa nel senso della larghezza e toccano il bordo superiore delle labiali, una arriva fino alla estremità del muso, l’altra fino alla nuca. La due altre si bi¬ forcano arrivando all’ occhio, una prosegue fino all’ estremità del muso, mandando un ramo lungo il bordo anteriore del¬ l’occhio, l’altra costeggia il bordo posteriore dell’occhio e termina alle labiali. Queste sono biancastre ed hanno macchie nere. Le labiali inferiori sono bianche con lievissime punteg¬ giature nere. Le squame del dorso sono verdi, orlate di nero nella parte posteriore. Due grandi striscie giallastre, bordate di nero nella parte interna, partano a poca distanza dal collo e proseguono sul corpo e sulla coda. Due linee nere, non molto distinte, limitano il colore verde del dorso. Sulle squame ven¬ trali sono accennate due sottilissime linee nere che partendo dal collo giungono fino alla coda. Lunghezza totale 840 mm. (No. 1798) 1 (J' Ghinda — Dr. P. Magretti legit. Colorazione delle parti superiori verde bruna. Le strisce della testa sono poco accentuate ; le labbra sono bianche gial¬ lastre con macchie scure. Le due linee laterali sulle squame ventrali sono pochissimo distinte. Corrisponde alla var. E de¬ scritta da Boulenger. (No. 1816) 1 Q . Elaghin, Regione dei Cunaraa — Vittorio Isacco legit. Il dorso ed i lati del corpo sono di colore verdastro. Due strisce gialle bordate di nero dalla parte interna, percorrono i fianchi. Sulla linea ventrale è a tratti visibile una debole striscia gialliccia. Le squame dorsali, cominciando da circa 20 centimetri di distanza dal collo e per una lunghezza che corrisponde ad un terzo del corpo, sono bordate di nero ; verso la seconda metà del tronco e sulla coda, tutti i colori divengono molto più chiari tanto che le strisce gialle laterali quasi si confondono con il colore generale del dorso. Le parti ventrali hanno colore giallastro chiaro e sono prive delle sottili linee brune. RETTILI DELL’ERITREA ECO. 305 La testa è poco più scura delle parti ventrali ed ha deboli macchie scure. Lunghezza totale 1050 min. (No. 1799) 1 juv. Ghinda — Dr. P. Magretti legit. La colorazione delle parti superiori è bruna. Sul dorso sono evidenti le due striscio biancastre; le parti ventrali sono per¬ corse dalle linee nere sottili. La testa ha la medesima dispo¬ sizione di colori dell’ esemplare (No. 2011). Lunghezza totale 630 mnr. (No. 2012) 1 Juv. Regione dei Cunama — Missione Corni, Calciati, Bracciani legit. (No. 1889) 1 Juv. Mai Mabellis (Dembelas) — Dr. P. Magretti legit. (No. 1876) 1 Juv. Adi-Ugri — Conte G. F. Turati legit. (No. 1893) 1 Juv. Chenafenà — Cap. A. M. Tancredi legit. Habitat. Africa centrale, tropicale e meridionale 16. Psammophis schokari (Forsk). (No. 1878) 1 es. Monte Dangollo sopra Ghinda. Colorazione fondamenlale biancastra. Le squame della testa sono verde oliva chiaro. Le labbra sono biancastre con punteg¬ giature nere, evidentissime anche sulla gola e sul mento. Dall’ ostremità del muso partono due strisce verdi scure che, dopo avere attraversato l’occhio, divengono assai più chiare e si continuano, debolmente contornate di nero, per tutta la lunghezza del corpo. Sul dorso vi è una grande striscia verde oliva bordata di nero che segue parallelamente le due laterali. Lunghezza totale 500 mm. Habitat. Sahara, Arabia, Abissinia, Eritrea, Siria, Persia, Baluchistan, Afghanistan, Sind. 17. Psammophis punctulatus Dum. e Bibr. 1 (^ . Monte Dangollo sopra Ghinda. Colorazione del capo e delle parti superiori del corpo verde oliva. Ciascuna squama è macchiettata di nero. Due linee scure partono dall’ estremità del muso e si uni¬ scono dietro la testa, formando una larga striscia che segue tutto il dorso e la coda. Le parti ventrali sono verdastre, un po’ più chiare delle dorsali, ed hanno macchiettature nere. Lunghezza totale 1260 mm. Habitat. Arabia, Africa Orientale dal Nilo Azzurro al Mo¬ zambico. 19 306 G. SCORTECCI 18. Dispholidus typus (Smith). (No. 1800) 1 (f1 Isole Daalac — Dr. P. Magretti legit . La testa è verdognola chiara. La parte superiore del corpo è azzurra ; ciascuna squama è, nella parte anteriore, bordata di nero. Questa colorazione è più evidente nella prima metà del corpo. Le squame ventrali sono verdi azzurrognole ; una debole linea bruna tratteggiata, percorre il margine posteriore di cia¬ scuna di esse. Le squame della coda, tanto le superiori, come le inferiori presentano alcune sottili linee nere lungo il bordo posteriore. Lunghezza totale 1270 min. Habitat. Africa tropicale a meridionale. 19. Aparallactus lunulatus (Peters). (No. 1883) 1 Juv. Isole presso Massaua — Dr. P. Magretti legit. La colorazione delle parti superiori è bruna con leggera intonazione lillastra * mancano le macchie scure sulle squame, le fasce brune nella parte anteriore del dorso ed. il collare. Le parti inferiori del corpo hanno eguale colore delle parti superiore, solamente con intonazione più chiara. Gola e mento sono giallastri. Le squame ventrali sono 173, le subcaudali 46. Le piume in numero maggiore di quello dato dagli Autori (da 151 a 158), le seconde in numero inferiore (da 51 a 58). Habitat. Mozambico, Abissinia, Africa Centrale e orientale. Non è a mia conoscenza che la specie sia stata rammentata prima d’ ora per P Eritrea. Colubridae ( P roterò g l y p ha ) ♦ 20. Naia nigricollis Reihn. (No. 1790) 1 G1. Cheren — Dr. P. Magretti legit. Vi è una sola preoculare e due postoculari. Le labiali superiori sono sette ; la prima e la seconda sono piccole, la terza si allarga dirigendosi verso Y alto e tocca Y occhio, la quarta, più piccola della precedente, tocca aneli’ essa Nocchio. Era la sesta e la settima labiale superiore, si incunea una delle temporali di prima fila. Questa disposizione è più evi¬ dente nel lato destro, dove la temporale assume il valore di una labiale. RETTILI DELL’ ERITREA ECC. 307 . Le temporali sono 2 -f- 4. Le scaglie intorno al corpo sono in 23 serie ; le ventrali 223 ; le sub caudali 69. La lunghezza totale è di 1480 mm. Della colorazione poco posso dire, perchè 1’ esemplare è da lungo tempo in formalina. Le parti superiori del corpo sono uni- * formemente grigie. E evidente la fascia scura intorno al collo. Ciascuna squama del dorso è debolmente bordata di scuro nel punto di attacco. Le ventrali, di colore bianco giallastro, hanno lateralmente, cominciando dalla metà del corpo, una sfumatura nera la quale diviene più evidente verso la coda. (No. 2014) Biscia — Missione Corni, Calciati, Bracciani legit. Si tratta della testa e della prima parte del corpo di un individuo che, misurato sul posto, era in lunghezza totale, 1320 mm. Le preoculari sono due, 1’ inferiore molto grande ; quella della parte sinistra si incunea e raggiunge le labbra fra la seconda a la terza labiale; quella di destra ne è separata da una piccolissima squama. Le labiali superiori della parte destra sono sette, la quarta tocca l’occhio; quelle della sinistra sei, la terza tocca l’occhio; vi sono tre post oculari. Le temporali di prima fila sono due, quelle di seconda quattro. La colorazione della testa e del dorso è verde marrone chiara ; la base di ciascuna squama ha un orlo scuro. Il collo presenta un anello bruno, più largo dorsalmente, interrotto per pochi millimetri sulla gola; alla distanza di circa quattro cen¬ timetri da questo anello vi è una larga fascia bruna che cir¬ conda il corpo. Era l’anello e la fascia, le squame ventrali sono percorse nella linea mediana da una macchia bruna ; ai lati ed alla fine di questa vi sono 3 altre macchie dello stesso co¬ lore, piccole e tondeggianti. Habitat. Dalla Senegambia e l’alto Egitto fino all’ Angola ed al Transvai. 21. Naia haie (Lin). (No. 2017) 1 Es. a secco Ke ren — Cap. N. De Bernardi legit. Lunghezza totale 2100 mm. Habitat. Africa settentrionale ed orientale dall’ Egitto allo Zululand, Palestina. 308 G. SCORTECCI Viperidae. 22. Atractaspis magrettii n. sp. (No. 1796) 1 ( Typus ) Mandafenà. — Dott. P. Magretti legit. (No. 2018) 1 juv. » » » (No. 1786) 1 9 Monte Dongollo presso Ghinda — Fatigati legit. (No. 1 783) 1 » » » » (No. 2016) 1 es. » » » » » » La testa è larga come il collo, appiattita, cuneiforme. La rostrale è grande, concava inferiormente ; la parte visibile al disopra è lunga all’ incirca come la distanza che la separa dal frotale. La sutura fra le internasali è presso a poco eguale in lunghezza a quella formata dalle tre frontali. La narice è com¬ presa fra due nasali, delle quali la seconda è molto più grande della prima. Il frontale è grande, di forma all' incirca esago¬ nale, molto più lungo della distanza che passa fra la sua estre¬ mità anteriore e la fine del muso, è assai più lungo che largo, non molto piu lungo delle parietali. Ai lati di queste, sono presenti due squame allungate, grandi all’ incirca come due dorsali. Le sovra oculari sono grandi, di forma subtriangolare. Vi sono una pre ed una post oculare. Le temporali sono: una di prima fila, tre di seconda. Quella di prima fila è assai grande ed è in contatto con la post oculare e la quarta e quinta la¬ biali superiori. Queste sono sei; la prima, osservando il capo di profilo , appare piccolissima, guardando invece il capo della 309 RETTILI DELL’ ERITREA ECC. parte inferiore, è di poco minore in grandezza della seconda ; la terza e la quarta sono assai grandi, toccano l’occhio; la quinta e la sesta sono più grandi delle prime due. Le labiali inferiori sono otto ; la prima si tocca con quella del lato op¬ posto dietro il sìnfìsiale, che ha forma sub romboidale, la quinta molto grande, eguaglia in larghezza la quarta labiale superiore; la sesta, la settima e l’ottava sono piccole. Un’altra squama, che segue 1’ ottava labiale interiore, sembra interessare le labbra, quando la bocca è chiusa, ma in realtà non tocca il margine dell’ apertura boccale. Dietro le due prime labiali inferiori vi sono due placche mentali strettamente in contatto fra loro, che arrivano poco oltre 1’ altezza della quarta labiale inferiore. La prima, seconda e terza sono in contatto con le mentali. Le squame intorno alla metà del corpo sono in 26 serie. L’ anale è intiera, le sub caudali, in una sola serie, sono 31. La colorazione delle parti superiori è uniformemente bruna rossastra con riflessi violacei. Le ultime due serie di squame- dorso laterali, presentano delle m tcchie chiare nella parte di¬ stale. Le squame ventrali hanno il medesimo tono del dorso ma di intensità molto minore. Negli altri esemplari la colorazione è quasi sempre deci¬ samente violacea. Presentano alcune variazioni nel numero delle squame, che riassumo nell’ annessa tabella. Affinila. — La specie descritta è vicina all’ aL micro- phoìis (Gunth.), ma ne è nettamente separata, sia dalla lar¬ ghezza della 5 labiale inferiore, sia dal numero delle squame ventrali, sia dalla c dorazione, sia dalle diverse proporzioni fra le placche del capo. 310 SCORTECCI G. •uiui UI upoo ^nap ,Bzz8i{"unri HO o O Ull> CO CO CO t>- CO' ixeinoo jS0(j tH -l—l T- i — 1 T— i ixuinoo g.ifi i-H i— 1 -rH rH tH i[miy H t— 1 rH r— i t-H ijupmjo ojjos 9unmt>s 1—1 i oi co 1 — 1 co co co co co I1T3.TRI9A 9 lUHllbg 228 238 335 248 235 odi 09 pp pioin UIJÌJ OUIO^Ul 91[.§l?9g CO IO HO uO I> CN a, b. Agordat — Dr. P. Magretti legit. Tanto nel maschio come nella femmina le squame pettorali della parte centrale sono di pochissimo più piccole delle altre. (No. 910) 2 a, b. Cheren — Dr. P. Magretti legit. (No. 586) 2 <3*, 1 9 , a, b, c. Cheren — G. Doria legit. (No. 1113) 1 9* Ain — Dr. P. Magretti legit La presente tabella mostra alcune variazioni che si riscon¬ trano in ciascun individuo. Numero di catalogo Lunghezza dall’estre¬ mità del muso alla fessura anale, in mm. Scaglie intorno alla metà del corpo Scaglie ventrali (secondo una linea • trasversale) Scaglie del collare Scaglie gola ri dalla sinfisi delie men¬ tali alle scaglie del collare r d 1 r 3 — < 3 , s Lamelle sotto il 4° dito del piede Labiali superiori, an¬ teriori alla suboculare 814 a 65 55 8 8 28 6 6 24 5 d'b 63 48 8 10 21 5 5 21 6 9 c 63 56 8 10 26 7 7 27 6 9 d 68 54 8 10 27 6 6 24 5 809 64 60 8 10 31 7 7 25 6 911 9 a 86 50 6 10 27 11 10 28 5 9 b 77 52 6 10 27 10 10 25 6 910 3* a 61 54 8 10 30 7 8 25 6 62 52 8 8 27 7 7 24 5 586 3" a 65 60 8 8 28 7 7 24 6 9 b 72 57 \ 6 8 29 7 7 27 6 9 c 71 54 8 8 31 7 7 26 5 1113 9 62 56 1 6 10 33 6 7 27 5 20 322 G. SCORTECCI La maggior parte degli individui hanno il dorso di colore grigio verdastro, percorso longitudinalmente da sette o più strisce scure ; le tre centrali sono strette, le altre, specialmente quelle sui fianchi assai larghe. All’ infuori di quella vertebrale, le strisce sono formate da sbarre trasversali o da macchie. Sui fianchi in mezzo alle sbarre sono quasi sempre visibili delle macchie azzurre tondeggianti. La coda è percorsa lateralmente dalla continuazione di due delle striscie dei fianchi. I due individui al No. 911 sono invece superiormente di colore grigio verdastro uniforme ; una debole linea bruna per¬ corre la regione vertebrale e due larghe strisce formate da sbarre trasversali partono dalla estremità del muso percorrono i fianchi e continuano molto più sottili ai lati della coda. Habitat. Sudan orientale, Etiopia, Eritrea, Somalia, terri¬ torio del Kenia, territorio del Tanganica. 40. Phiiochortus spinaiis (Peters). (No. 910) 2 Lh Cheren — Dr. P. Magretti legit. (No. 777) 5 Juv. Eritrea — Dr. P. Magretti legit. (No. 959) 2 ad. Mandafenà — Dr. P. Magretti legit. Habitat. Eritrea, Somalia. 41. Eremias guttulata Martini Blgr. (No. 739) 1 Lb Maxsaua — G. Frasca legit. (No. 960) 1 juv. Isola Sceik Said presso Massaua — Dr. P. Ma¬ gretti legit. Habitat. Sudan, lungo le coste del Mar Bosso, Eritrea., Somalia, Aden, Penisola del Sinai. Scincidae. 42. Mabuia quinquetaeniata (Licht). (No. 855) 3 ad. Chenafenà — ■ Gap. A. M. Tancredi legit. (No. 9^8) 6 ad. Agordat — Dr. P. Magretti legit. (No. 927) 3 ad. 1 juv. Cheren — Dr. P. Magretti legit. (No. 930) 2 ad. Tra Hallo e Addi-Addi — Dr. P. Magretti legit. (No. 937) 1 ad. Mandafenà — Dr. P. Magretti legit. Tutti gli individui adulti sopra elencati, presentano sul dorso, sulla testa e sulla coda colorazione verdastra, più o meno intensa; mancano totalmente o sono appena accennate le linee chiare. Ai lati del collo, dietro P apertura auricolare sono sempre presenti tre o quattro macchie nere di forma sub rettangolare, RETTILI DELI/ ERITREA ECC. 323 separate le urie dalle altre da sbarre bianche. Le labbra, i lati del collo, la gola e le parti inferiori del corpo sono bianchi. In alcuni esemplari la gola, ed i lati del collo in special maniera, sono macchiati di nero e sui fianchi sono sparse ab¬ bondanti macchiette bianche. (No. 856) 4 ad. Chenafenà — Cap. A. iM. Tancredi legit. (No. 941) 3 ad. Chenafenà — Cap. A. M. Tancredi legit. (No. 1194) 1 ad. Regione dei Cunama — Missione Corni, Calciati, Bracciani legit. (No. 1195) 1 juv. Agordat — - Missione Corni, Calciati, Bracciani legit . Tutti gli individui adulti hanno sul dorso, che è di colore verde bruno, le cinque linee bianche caratteristiche. Habitat. Nord Est Africa, Africa tropicale, Abissinia, Eri¬ trea, Arabia. 43. Mabuia varia isselii (Peters). (No. 589) 1 es. Cheren — G. Boria legit. (No. 1198) 1 es. Saganeiti — Cap. L. Fossati legit. (No. 944) 1 es. Cheren — Dr. P. Magretti legit. (No. 1196) 1 juv. Asmara — Dr. P. Magretti legit. La colorazione delle parti superiori è verdastra, di tono più o meno chiaro nei vari individui. Sono sempre presenti due linee biancastre su ciascun fianco, e le macchie brune sul dorso ed ai lati del corpo; mancano nell’ esemplare al No. 1198 le macchiette bianche. Habitat. Africa tropicale. Non è a mia conoscenza che la specie sia stata prima d’ ora rammentata per P Eritrea. 44. Mabuia septemtaeniata (Heuss). (No. 819) 1 ad. Massaua — Dr. P. Magretti legit. (No. 467) 1 ad. Eritrea. (No. 735) 1 juv. Massaua — G. Frasca legit Tutti gli esemplari hanno sul dorso, che è di colore ver¬ dastro, quattro strisce brune, sui fianchi altre due del medesimo colore; la superiore di queste ultime parte subito dietro l’oc¬ chio e si continua fino alla base dalla coda, con macchiettature bianche irregolari, in tutta la sua lunghezza. Tutte le strisce verso la seconda metà del corpo, si fra¬ zionano in macchiette o segmenti più o meno regolari. Habitat. Abissinia, Eritrea, Arabia, Siria, Asia Minore, Persia, Sind. 324 G. SCORTECCI 45. Mabuia brevicoìlis Wiegm. (No. 841) 1 ad. Ghinda — Dr. P. Magrett legit. La colorazione delle parti superiori è verdastra ; le linee brune, sui lati di ciascuna squama, sono poco regolari. I fianchi sono quasi privi di macchie. Le parti inferiori del corpo sono giallastre. La gola è percorsa longitudinalmente da 9 linee di colore marrone. (No. 585) 1 ad. Cheren. G. Doria legit. La colorazione fondamentale delle parti superiori è verde chiara. Le linee brune, sui bordi laterali delle squame, sono irregolari, e poco distinte sul dorso, un po’ più evidenti sui fianchi e sulla coda. Le parti inferiori sono bianco verdastre. La gola e la coda hanno strisce brune, disposte longitudinalmente. (No. 854) 1 es. Chenafenà — Gap. A. M. Tancredi legit. La colorazione fondamentale delle parti superiori è gial¬ liccia come il ventre. Lungo i lati di ciascuna squama dorsale, corrono due strisce nere in modo che il dorso appare comple¬ tamente lineato. Il bordo posteriore di molte squame è poi per¬ corso da una linea scura che congiunge le strisce longitudinali. Sui fianchi le strisce nere occupano la maggior parte della superficie delle squame. Le parti ventrali sono uniformemente giallicce. Habitat. Etiopia, Somalia, Eritrea, territorio del Kenia, territorio del Tanganica, Arabia. 46. Chalcides oceliatus Forsk. Allo scopo di rendere più chiare alcune osservazioni sulla mutabilità di questa specie, credo opportuno fare una descri¬ zione particolareggiata degli esemplari e far seguire, a com¬ plemento di questa, una tabella nella quale sono esposte le mi¬ surazioni ed alcuni caratteri salienti. (No. 81 A 1 es. Adi-Ugri — Dr. P. Magretti legit. La colorazione delle parti superiori del corpo e della coda è bruno marrone non molto scura, con ocelli ben sviluppati. Due deboli strisce chiare partono dalla estremità del muso, proseguono poco distinte lungo i lati del dorso e si perdono all’ altezza delle gambe posteriori. Una striscia scura parte dietro P occhio e prosegue poco oltre P altezza del gomito. Le labbra hanno righe scure. Le parti inferiori del corpo e della coda sono di un giallo palli¬ dissimo. 325 RETTILI DELL’ERITREA ECO. (No. 922) 2 es., a e b. Eritrea — F. Ronchetti legit. a. La colorazione del capo e del dorso è grigio brunastra, sulla coda assume gradatamente un tono marrone molto chiaro. Nella parte anteriore del dorso alcune squame presentano la- teralmento due linee di color bruno marrone che racchiudono la parte centrale assai chiara ; procedendo verso la parte po¬ steriore del corpo le due linee acquistano maggior spessore e lo spazio compreso fra di loro diviene quasi bianco; nella coda infine occupano la maggior parte della squama, formando dei veri e propri ocelli, disposti con regolarità in serie trasversali. Non vi è traccia di strisce chiare e scure ai lati del corpo. Le parti inferiori sono grigio verdastre chiare, la coda ha co¬ lore tendente al giallo ed ha, specie nella parte terminale, qualche macchietta bruna. Le labbra hanno qualche linea scura. Le due serie di squame dorso centrali sono molto più larghe delle altre. b. Il dorso e la testa hanno colorazione bruno marrone chiara, la coda, nella parte non rimessa, è ancora più chiara e . non ha ocelli. Il dorso ha molte squame ocellate. Due linee chiare pai-tono dall’estremità del muso e percorrono i lati del dorso perdendosi alla base della coda. Due fasce scure partono dietro 1’ occhio e giungono aneli’ esse alla base della coda, frazionandosi però in ocelli, poco dopo l’altezza del gomito. Le labbra hanno linee brune. Le parti inferiori del corpo e della co la sono giallicce. (No. 866) 2 ad,, a, b, 1 juv. c. Ghinda — Dr. P. Magretti legit. a. Il colore delle parti superiori è verde marrone chiaris¬ simo, le fasce ai lati del dorso sono chiare come le parti ven¬ trali. Gli ocelli sono pochi, ma più evidenti ed in maggior numero sulla parte anteriore del dorso e sulla coda. Due strisce scure con macchiette biancastre, partono dietro 1’ occhio e pro¬ seguono poco oltre l’ altezza del gomito, frazionandosi in sottili linee longitudinali. Le labbra hanno poche e deboli linee scure. Le parti inferiori sono uniformemente bianco giallastre. b. La colorazione è un po’ più scura di quella dell’ esem¬ plare precedente e gli ocelli sono in maggior numero, pur es¬ sendo eguale la loro disposizione. La coda è di colore giallo pallidissimo ed ha deboli macchie marrone. La striscia scura laterale è un po’ più marcata e prosegue, quantunque molto frammentata, fino all’ altezza delle gambe posteriori. 326 G. SCORTECCI c. La colorazione fondamentale del dorso è grigio verda¬ stra; bene evidenti, specie nella parte anteriore, le strisce chiare laterali . Sul dorso vi sono cinque strisce brune : una centrale che parte dall occipitale, due che la fiancheggiano origi nantesi ai lati del frontale, due altre che partono all’ altezza della quarta o quinta serie di squame dorsali. Queste strisce, evidentemente formate dal bordo di color bruno di ciascuna squama, dopo aver superata l’altezza del gomito appaiono divise in piccoli segmenti sempre più distanti l’uno dall’altro e di colore più chiaro procedendo verso la parte posteriore. Così anteriormente il dorso appare lineato, posteriormente cosparso di ocelli. Due strisce brune partono dalla narice, traversano gli occhi, passano al di sopra dell’apertura auricolare e proseguono, prima punteggiate di bianco, poi con deboli ed irregolari ocelli fino all’ altezza degli arti posteriori. La coda è per la maggior parte rimessa, ma nella piccola parte che resta, appare chia¬ rissima con deboli ocelli disposti regolarmente in linee tra¬ sversali. Le parti inferiori sono bianco giallicce. (No. 865) 2 es. a e b. Sabarguma — Dr. P. Magretti legit. Si ripetono nei due esemplari le identiche disposizioni di colori dei due adulti al No. 866. però con tono più chiaro. (No. 1197) 1 es. Monte Dangollo sopra Ghinda — Dr. P. Magretti legit. La colorazione è simile a quella degli esemplari adulti del No. 866. (No. 813) 2 es. a e b. Sabarguma — Dr. P. Magretti legit. La colorazione fondamentale del dorso è in ambedue gli esemplari bruno verdastra. La disposizione degli ocelli e delle strisce è presso a poco eguale a quelle degli esemplari adulti del N. 866 solamente gli ocelli sono in numero molto maggiore e le fasce brune laterali sono molto più larghe ed oltrepassano P altezza degli arti posteriori. (No. 828) 2 es. a e b. Cheren — Conte G. F. Turati legit. Ambedue gli individui sono sul dorso di colore grigio ver¬ dastro. Le strisce scure laterali si perdono all’ altezza del go¬ mito e sono molto frammentate. Le strisce chiare ai lati del dorso sono evidenti fino a metà del corpo nell’ eeemplare ò, fino all’altezza del gomito nell’esemplare a. Gli ocelli sono abbondanti e ravvicinati nella parte anteriore del corpo ; pochi 327 RETTILI DELL’ ERITREA ECO. e disposti irregolarmente nella parte posteriore. La coda è provvista di abbondanti ocelli disposti secondo linee trasversali. Le parti inferiori sono giallicce chiare. (No. 736) 2 es. a e b Massaua — E. Frasca legit. La colorazione delle parti superiori è verdastra. Non vi è traccia di strisce chiare longitudinali ai lati del dorso, gli scudetti del corpo hanno qualche piccolo ocello. Le labiali, inferiori e superiori sono orlate di nero. Due strisce brune, molto frastagliate, con macchie bianche partono dal bordo po¬ steriore dell’orbita ed arrivano poco oltre l’altezza del gomito. Il dorso ed i fianchi sono provvisti di un numero rilevante di ocelli, più fitti sulla parte anteriore ; sulla coda sono disposti secondo linee trasversali. Le parti inferiori sono uniformemente bianco giallastre. (No. 940) 1 es. Isole presso Massaua — Dr. P. Magretti legit. Il colore delle parti superiori è uniformemente verdastro scuro. Dall’estremità del muso partono due strisce brune che, traversano 1’ occhio, costeggiano superiormente 1’ apertura au¬ ricolare e si frazionano in segmenti poco dopo 1’ altezza del gomito. La coda, nella parte non rimessa, è superiormente di colore più chiaro del dorso e presenta vari ocelli disposti con poca regolarità in file trasversali. Questi ocelli non sono for¬ mati, come di solito, da linee scure di maggiore o minore grossezza che percorrono lateralmente le squame lasciandone' libera la parte centrale chiara, ma da una macchiettatura di¬ sposta lungo i bordi laterali e posteriore delle squame e chiusi dalla macchiettatura scura del bordo posteriore della squama antecedente. Gli arti, specie i posteriori hanno piccoli ocelli. La parte inferiore del corpo è più scura, che in tutti gli altri esemplari; la coda ha lateralmente deboli macchie brune ed è percorsa al centro da una debolissima striscia marrone. In tutti gli esemplari, dietro i parietali sono sempre pre¬ senti una o più serie di squame larghe trasversalmente come il parietale stesso, brevissime in senso antero posteriore. In un esemplare poi, quello al No. 940, dietro i parietali sono presenti due squame del tipo su accennato (una per parte) e dietro a queste un’ altra larga trasversalmente come le due anteriori. 328 G. SCORTECCI Nell’ annessa tabella sono riassunte le misurazioni ed alcuni caratteri salienti. o 2 © o 37 >■ -4— < If Lunghezza del corpo (I) © •V • w SS! « tl Squame intorno alla metà del corpo -3 rè Tt-r et •e o ! «S 3 65 4- 65 S 2 « to -*-4 rè U'Z © o rt S © ~ Tc Serie di squame slargate lungo la linea vertebrale £5 £ OC •- © 15 d £ ~ 5 s - © © = •- 1 B- 5. ^ o ©*5 © © — .- c ^ re © s ^ = C£ — — i) No. 812 91 (2) 8 1 R. 26 12 19 3 2 71 No. 922 a 75 78 24 9 15 2 5 4 85 n b 86 38 r. 25 14 19 — 1 1 67 No. 866 a 98 96 27 16 28 — 2 2 66 ii b 96 56 r. 27 16 22 — 1 1 69 n C 46 13 R. 26 8 12 _ 1 1 72 No. 865 a 72 53 27 12 18 2 2 63 ' » b 62 61 27 11 16 — 1 1 66 No. 813 a 81 97 26 14 19 — 1 2 68 n b 65 (3) 63 m. 27 11 16 1 1 66 No. 828 a 70 75 27 13 19 — 3 2 71 a b 91 65 r. 28 15 21 — 3 3 72 No. 736 a 77 55 r. 28 15 23 — 2 2 75 a b 74 88 r. 30 14 24 — 1 2 65 No. 940 85 60 r. 24 15 22 _ 1 1 67 No. 1197 57 24 m. 28 10 14 — 1 1 2 (1) Le misure sono espresse in millimetri. (2) Rimessa. (3) Mancante almeno in parte. 329 RETTILI DELL’ ERITREA ECC. Il Boulenger nel suo lavoro del 1920 (*), ripartisce il Chal¬ cides ocellatus in otto varietà, tre delle quali si trovano nel- P Eritrea. Queste sono : la forma tipica, la varietà bottegi e la varietà ragazzii. Ne riporto qui la descrizione. Forma tipica. 26-32 squame intorno alla metà del corpo. Le due serie di squame dorso centrali sono poco o punto slargate. Il dorso è gialliccio bruno con ocelli bianchi e neri, qualche volta confluenti in strisce irregolari, trasverse. Qualche volta ai lati del dorso è presente una striscia biancasta. Lun¬ ghezza massima dall’ estremità del muso all’ apertura anale 140 mm. Var. ragazzii. 24 squame intorno alla metà del corpo. Le due serie di squame dorso centrali sono poco slargate. Il dorso è grigio pallido ; ai lati vi è una striscia chiara poco definita. Mancano gli ocelli, eccettuata la parte posteriore del corpo, gli arti posteriori e la coda. Un’ insieme di macchie scure forma una striscia che parte dalla narice, traversa l’occhio, passa al di sopra dell’apertura auricolare e giunge fino all’ascella. Lun¬ ghezza massima dall’ estremità del muso all’ apertura anale 75 mm. Var. bottegi. 22-24 squame intorno alla metà del corpo. Le due serie di squame dorso centrali sono più o meno forte¬ mente slargate. Il dorso è gialliccio grigiastro con ocelli bianchi e neri; una striscia scura, spesso macchiata di nero, percorre la parte mediana. Due altre strisce brune o nere percorrono i lati del corpo, separate dalla centrale da due spazi chiari, poco bene definiti. Lunghezza massima dall’ estremità del muso al- 1’ apertura anale 130 mm. Questa ultima varietà era stata ritenuta dal Boulenger in un primo tempo una specie distinta ed il Tornier ne aveva poi descritta una varietà sotto il nome di C. bottegi thierryi ; in un secondo tempo il Boulenger stesso aveva ridotto il Chalcides bottegi a Chalcides ocellatus var. bottegi ed aveva creato la specie C. thierryi , ritenendola ben distinta per le dita, meno disuguali del C. ocellatus per la larga apertura auricoolare e per la coda lunga e sottile (più lunga del corpo : corpo 128 mm. coda 170 mm.). (1) Vedi bibliografia. 330 G. SCORTECCI Riprendendo ora in esame gli esemplari di C. ocellatus del nostro Museo, in rapporto alle varietà sopra rammentate, si ha: che, gli esemplari ai Ni. 812, 866, 865, 1197. possono es¬ sere attribuiti alla forma tipica, (quantunque abbiano tutti la striscia più o meno scura che dai Iati della testa giunge tino alh altezza del gomito). I due esemplari del No. 736 non possono essere attribuiti a nessuna delle tre varietà descritte per l’Eri¬ trea perchè : dalla forma tipica si differenziano per la propor¬ zione fra coda e corpo, più lunga quella di questo, (nell’esem¬ plare a la coda è rimessa ed è più corta del corpo, ma appare evidente che in stato normale la proporzione doveva essere si¬ mile a quelle dell’altro esemplare) e per la presenza delle fasce scure ai lati del collo e della testa: dalla var. ragazzii per il numero delle squame intorno alla metà del corpo, per la man¬ canza delle squame dorso centrali slargate, per la presenza di abbondanti ocelli nella parte anteriore del corpo e sulle squame della testa, per la differente proporzione fra lunghezza deila coda e del corpo : dalla var. boitegi per la mancanza delle squame dorso centrali slargate, per la proporzione fra lunghezza della coda e del corpo. I due esemplari del No. 813 differiscono: dalla forma, ti¬ pica, per la proporzione fra coda e corpo (nell’ esemplare b la coda è rotta ma appare evidente che in condizioni normali doveva avere proporzione uguale all’ esemplare a) per la presenza della striscia scura ai lati della testa e del collo : dalla var. ragazzii per il differente numero di squame intorno alla metà del corpo, per la differente colorazione, pei- la mancanza delle squame dorso centrali slargate: dalia var. boitegi per il numero di squame intorno alla metà del corpo, per la mancanza delle squame dorso centrali slargate, per la differente proporzione fra coda e corpo. Gli esemplari bel No. 828 differiscono : dalla forma, tipica per la proporzione fra lunghezza della coda e del corpo (nell’ esemplare b la coda è rotta ma appare evidente che in condizioni normali doveva essere più lunga del corpo) per la striscia scura ai lati della testa e del collo: dalla var. ragazzii per la mancanza delle squame dorso centrali slargate, per la differente colorazione, per la proporzione fra lunghezza della coda e del corpo : dalla var. botlegi per la differente colora¬ zione, per la mancanza delle squame dorso centrali slargate, per il differente numero di squame intorno alla metà del corpo. 331 RETTILI DELL’ ERITREA ECC. L’ esemplare del No. 940 differisce dalla forma tipica per il mimerò delle squame intorno alla metà del corpo e per la colorazione : dalla var. ragazzii per la mancanza delle squame dorso centrali slargate e per la colorazione : dalla var. bottegi per la mancanza delle squame dorso centrali slargale e perla colorazione. La coda che, in questo esemplare è rimessa, con molta probabilità doveva essere più lunga del corpo. L’esemplare a del No.. 922 differisce: dalla forma tipica per il numero delle squame intorno alla metà del corpo, per la proporzione fra coda e corpo : dalla var. ragazzii per la colorazione e per la proporzione fra coda e corpo : dalla var. bottegi per la colorazione e per la proporzione fra coda e corpo. L’esemplare b del No. 922 differisce dalla forma tipica per il numero delle squame intorno alla metà del corpo, per la colorazione : dalla var. ragazzii per il numero delle squame intorno al corpo, per la mancanza delle squame dorso centrali slargate, per la colorazione : dalla var. bottegi per il numero delle squame intorno alla metà del corpo, per la mancanza delle squame dorso centrali slargate, per la colorazione. Non potendo dunque essere attribiti a nessuna delle tre varietà descritte da Boulenger per 1’ Eritrea e, bene inteso, neppure alle 5 rimanenti, resta da vedere quale valore si possa dare agli esemplari dei Ni. 940, 828. 813, 736, 922 a, 922 b. Basta a questo scopo, ritornare alle descrizioni, dare uno sguardo alla tabella acclusa ed osservare le fotografie, per ac¬ corgersi come si possa, adottando i criteri seguiti per la sud- divisione in varietà della specie ocel latus, creare sei nuove varietà tanto bene distinte fra loro come lo sono le altre tre tipica , ragazzii , bottegi , ed avere di conseguenza 9 varietà di C. ocellatus nella nostra colonia. Non si può negare a priori la possibilità di un simile fatto, ma si può però dubitare che le amplissime oscillazioni di questa specie in un’ area relativamente ristretta, possano essere sud¬ divise con sicurezza e che a ciascun gruppo di individui com¬ presi nella suddivisione, si possa dare il valore di una varietà o di una sottospecie. I caratteri sui quali si basa la distinzione sono principal¬ mente: il numero delle squame intorno alla metà del corpo, la presenza o no delle due serie di squame slargate nella regione 332 G. SCORTECCI dorso centrale e la colorazione. Ora, negli esemplari dell’Eri¬ trea su descritti, la colorazione varia in modo tale da non po¬ tere essere ritenuta come buon carattere distintivo. Le due serie di squame drdla regione dorso centrale vengono suddivise in debolmente slargate, poco slargate, molto slargate. Mi sembra che questa graduazione stessa dimostri come il passaggio sia indistinto e come sia difficile il porre limiti fra il debolmente il poco ed il molto. Avviene spesso inoltre che gli esemplari presen¬ tino le due serie di squame dorso centrali debolmente slargate nel primo terzo del corpo ed eguali alle altre nei due terzi che seguono. Nelle collezioni del nostro Museo vi sono poi sette esemplari di Chalcides ocellatus di Gondar (Abissinia) nei quali le due serie di squame dorso centrali offrono una scala di va¬ riazioni, da poco a molto slargate, veramente degna di nota. Il numero delle squame intorno alla metà del corpo è aneli’ esso, almeno a mio parere, carattere troppo tenne per fornire base di separazione fra varietà e varietà poiché va da 22 nella var. bottegi a 32 nella forma tipica, attraverso gra¬ duazioni così regolari (vedi 1’ annessa tabella) da non offrire la possibilità di porre limiti fra esemplari ed esemplari. Altri caratteri, come la proporzione fra lunghezza degli arti e del corpo, distanza fra l’ascella e 1’ inguine, posizione della narice, sono da Boulenger stesso scartati perchè variabili da individuo ad individuo. Il rapporto fra lunghezza della coda e del corpo, maggiore quella del corpo in tutte le varietà, secondo Boulenger, minore in parecchi esemplari su descritti, il numero delle squame secondo una linea longitudinale, dalla nuca all’ origine degli arti posteriori, il numero delle squame slargate trasversalmente dietro i parietali, sono aneli’ essi ca¬ ratteri che ho potuto riscontrare variabili da individuo ad in¬ dividuo. Data dunque questa estrema mutabilità, che sembra rag¬ giungere il massimo negli individui dell’Eritrea, credo sia prematuro separare per questa regione varietà innumerevoli che appaiono evidentemente artificiose. L’ intricata questione potrà forse essere risolta mediante 1’ esame di un abbondantissimo materiale della nostra Colonia e delle regioni vicuie, materiale che purtroppo non è in pos¬ sesso del nostro Museo. Sono costretto perciò a rimandare lo studio del Calcides ocellatus e delle sue varietà eritree con la speranza di poter ritornare in migliori condizioni sull’inte¬ ressante argomento. RETTILI DELL’ ERITREA. ECC. 333 Rhiptoglossa* Chamaeleontidae. 47. Chamaeleon basiliscus Cope. (No. 998) 1 O, Ghinda — Dr. P. Magretti legit. (No. 1199) 1 $. Cheren — Dr. P. Magretti legit. (No. 839) 1 9- Ghinda — Dr. P. Magretti legit. (No. 829) 1 371. Adi-Ugri — Dr. P. Magretti legit. (No. 871) 1 (f‘. Mandafenà — Dr. 1’. Magretti legit. (No. 807) 1 Q- Agordat. (No. 830) 1 9- Hallo Mareb — Dr. P. M agretti legit. (No. 968) 1 1 juv. Asinara — Dr. P. Magretti legit. (No. 870) 1 juv. Chenafenà — Cap. A. M. Tancredi legit. (No. 869) 3 juv, Adi-Ugri — G. F. Turati legit. (No. 842) 1 9* Isole presso Massaua — Dr. P. Magretti legit. (No. 817) 1 Q, 1 Cheren — Dr. P. Magretti legit. (No. 840) 1 9- Mandafenà — Dr. P. Magretti legit. (No. 853) 1 (f1. Chenafenà. — Cap. A. M. Tancredi legit. (No. 831) 1 9- Cheren — Dr. P. Magretti legit. (No. 816) 1 9- Godolefassi — Dr. P. Magretti legit. Le variazioni che si riscontrano nella forma dell’elmo sono assai notevoli. Fig. S. — A sinistra 1’ esemplare al ìso. 5S3, a destra quello al Xo. S17. 334 G. SCORTECCI In genere nel C. basiliscits l’ala centrale, veduta di pro¬ filo è regolarmente ricurva; invece in due esemplari, quello del No. 842 ed il maschio del No. 817. si alza quasi verticale per un breve tratto, poi riprende la curva caratteristica : in altri due esemplari, No. 840 e specialmente No. 853. l’ala cen¬ trale dell’ elmo è in continuazione con la linea del muso. Nel- 1’ esemplare al No. 816 1’ elmo si protende verso il dorso e forma con questo un angolo molto acuto che si annulla se la testa viene debolmente sollevata. Habitat. Nubia, Etiopia, Eritrea, Somalia, Nigeria, Gabon. Chef onia. Testudinidae. 48. Cinixis belliana Grav. */ (No. 149) 1 Asinara — Di*. P. Magretti legit. La lunghezza della sutura fra le piastre addominali è circa quattro volte e mezza quella fra le pettorali. (No. 147) 1 guscio di cf. Cheren — Dr. 1*. Magretti legit. La pettorale della parte destra è fusa con 1’ addominale dello stesso lato. La lunghezza della sutura fra le addominali è più di sei volte la lunghezza della pettorale alla linea mediana. Habitat. Africa tropicale. 49. Testudo calcarata Schneid. (No. 146) 1 guscio di Gb Godolefassi — Dr. P. Magretti legit. (No. 148) l 9. Fiume Mareb — Dr. P. Magretti legit. (No. 150) i 071. Chenafenà — Dr. P. Magretti legit. (No. 177) 1 guscio di 9« Eritrea — Sessa legit. Le dimensioni di tutti gli esemplari, ma specialmente dei due maschi sono veramente notevoli. RETTILI DELL’ ERITREA ÙECC. 335 Lunghezza dello scudo in linea retta (1) Lunghezza dello scudo secondo la curva O \ 3 V w zi c £ ^ y 13 ** ^ ri ri 2 Ps3 — 03 — 0) ►3 Larghezza dello scudo secondo la curva Lunghezza del piastrone Larghezza del piastrone Lunghezza del ponte Proporzione fra lun¬ ghezza e larghezza dello scudo misurato in linea retta. (No. 146) 68,5 91 51,5 85 67 48,5 28 1,30 (No. 148) 44 57,5 34 56 44 32 20 1,29 (No. 150) 72 92 55,5 85 69 53 28 1,29 (No. 177) 44 55 34 55 45,5 32 21 1,29 Nei maschi le golari, fortemente ispessite, si introducono, quasi un cuneo, fra le omerali ; sono assai lunghe, (12 cm. nel- 1’ esemplare No. 146, 10 cm. nell’ esemplare 150) assai divari¬ cate, con le estremità rivolte in alto. Nella femmina al No. 177 sono assai brevi, strette, sporgono di poco dal piastrone; sono appuntite e formano fra di loro un angolo acuto. Nella fem¬ mina al No. 148 sono invece assai più lunghe, poco appuntite, formano fra di loro un angolo ottuso. Le piastre anali, nei due maschi, sono fortemente rilevate e spesse ; formano fra di loro un angolo molto ottuso. Nelle femmine sono sottili, in quella al No. 148 formano fra di loro un angolo ottuso, (minore che nei maschi) nell’ altra femmina invece, formano un angolo minore di 90° e le estremità appun¬ tite delle piastre stesse, sono rivolte un po’ in dentro. Nei maschi le piastre omerali presentano lungo la linea mediana un’ansa appuntita (nel No. 150 la destra, nel No. 146 la sinistra) che si incunea nella omerale del lato opposto. Habitat. Africa tropicale e del Sud. (1) Tutte le misure sono espresse in centimetri. 336 G. SCORTECCI Pelomedusidae. 50. Pelomedusa galeata SchoepfF. (No. 1 45 j 1 1 juv. Sabarguma — Dr. P. Magretti legit. (No. 144) 1 9- Sabarguma — Dr. P. Magretti legit. In tutti e tre gli esemplari le piastre pettorali sono lar¬ gamente separate le mie dalle altre dalle omerali. La femmina ha cinque placche costali dal lato sinistro. Habitat. Africa tropicale e meridionale, Sinai, Madagascar. Trionychinidae. 51. Trionyx triunguis (Forsk). (No. 178) 1 juv. Fiume Setit — Missione Corni, Calciati, Bracciani legit. Habitat. Egitto, Africa tropicale, Siria. Non è a mia cono¬ scenza che la specie sia stata prima d? ora rammentata per F Eritrea. Emydosattria* Crocodilidae. 52. Crocodilus niloticus Laur. (No 834) 1 ad. Fiume Anseba — Dr. P. Magretti legit. Lunghezza totale 195 cm. (No. 1205) 1 ad. Fiume Setit — Dr. E. Sibilia legit. Lunghezza totale 235 cm. (No. 1201) 1 ad. Edam, Fiume Setit Dr. E. Sibilia legit. Lunghezza totale 252 cm. (No. 1205) 1 ad. Fiume Setit — Dr. E. Sibilia legit. Lunghezza totale 263 cm. (Manca parte della coda). (No. 1203) 1 juv. Edam. Fiume Setit — Dr. E. Sibilia legit. Lunghezza totale 97 cm. Habitat. Dal Nilo e dal Senegai sino alla Colonia del Capo: Siria, Madagascar. Milano , Giugno 1928. G. SCORTECCI - Rettili dell’ Eritrea etc. Atti Soc. Ital. Se. Nat., Voi. LXVII, Tav. VII I brhjsh ! musfum I li FEB 29 NATURAL HI STORY- G. SCORTECCI - Rettili dell’ Eritrea etc. Atti Soc. Ital. àpì*Nat.j Voi. LXVII, Tav. Vili natural H I STO RY. Atti Soc. Ital. Se. Nat., Voi. LXVII, Tav. IX G. SCORTECCI Rettili dell’ Eritrea etc. 4 BRÌI !'SH MUSE UN/ « lì FEB 29 a> NATURAL HI STORY. RETTILI DELL’ERITREA ECO. 337 BIBLIOGRAFIA Anderson I. — Zoology of Egypt. Reptilia and Batrachia. London 1898. Anderson G. L. — A new species of Hemidactylus from. Barrar. Abis- sinia. Wies. Jahrb. Ver Natk., 63 pp. 200-205, 1910. Angel M. F. — Sur une collection de Reptiles et de Batraciens de File de Saint Thomé e de File du Plànce et description d'une espèce nouvelle du gendre Typhlops. Bull. Mus. Hist. Nat., Paris 1920, No. 3, p. 197. Blanford W. T. — Geology and Zoology of Abissinia. Reptilia. pp. 444 459, 1870. Boulenger G. A. — Catalogne of Lizard. London 1887. — Catalogue of Snakes. London 1896. — Catalogue of Chelonians. London 1889. — On some Lizard of thè genus Chalcides. 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Colosi BREVI CONSIDERAZIONI SULLA PRESSIONE DELL’OSSIGENO RESPIRATORIO Nel 1926 Terry dimostrò la presenza di un fluido libero normale negli alveoli polmonari dei mammiferi (gatto) e le ge¬ niali esperienze eseguite da Terry e Seib nel 1927 sulla diffe¬ renza di densità tra il sangue del ventricolo destro del cuore e quello del ventricolo sinistro (gatto) mostrano un aumento di densità nel sangue che passa per i capillari dei polmoni, in seguito a perdita d’ acqua, confermando indirettamente le an¬ teriori osservazioni di Terry. Bianchini e, nell’ Istituto da me diretto, Dumini hanno di¬ mostrato, 1’ uno sul cadavere (uomo) l’altro sul vivo (coniglio), che la. pelle dei mammiferi, allorché è bagnata con acqua, di¬ venta sede di intensi scambi respiratori f1). Tali fatti, mentre portano uno dei più interessanti contributi alla più esatta conoscenza della fisiologia della respirazione nei mammiferi, costituiscono d’ altra parte un valido appoggio al principio della costanza del medium respiratorio. Secondo tale principio il medium da cui tutti gli organismi animali, sia che respirino in ambiente acquatico, sia in am¬ biente atmosferico, assumono 1’ ossigeno respiratorio è sempre 1’ acqua. Esso per gli animali a respirazione acquatica è co¬ stituito dalla massa liquida in cui 1’ organismo sta immerso ; per gli animali a respirazione aerea è costituito da un velo di liquido acquoso che ricopre le superfici respiratorie. Ne con¬ segue che anche nella respirazione in regime atmosferico Pos¬ ti) La proprietà, che acquista la pelle dei mammiferi allorché è bagnata, di di¬ venire sede di attivi scambi respiratori potrà forse venire utilmente utilizzata in certi casi di stati asfittici locali. Anziché bagnare la pelle e proiettarvi sopra del- 1’ ossigeno puro, in pratica sarà opportuno ricorrere ad impacchi continui di acqua ossigenata : l’ ossigeno che si sviluppa rimane in soluzione saturando 1’ acqua ed esercitando una pressione cinque volte maggiore di quanto non avverrebbe in acqua che si saturi di ossigeno all’ aria atmosferica ordinaria. I BREVI CONSIDERAZIONI ECC. 341 sigeno esercita sulle membrane respiratorie una pressione che sta in rapporto con la quantità che di esso si scioglie nell’acqua alle varie condizioni. Non insisto sulla documentazione di questo principio nè sui rapporti che esso ha con problemi morfologici, ecologici, fisiologici, onto-e filogenetici : di ciò mi sono brevemente oc¬ cupato in una nota sintetica da poco comparsa sul u Zoolo¬ gi s c h e r Anzeiger » . Trovo però opportuno insistere sul fatto che il concetto — che io ritengo difficilmente impugnabile — della costanza del medium respiratorio contrasta con le idee generalmente ammesse in biologia ove 1’ acqua è considerata come medium respiratorio per gli animali a respirazione acquatica e 1’ aria per quelli a respirazione aerea. * * Ma è anzitutto necessaria una parentisi. E invalso nel campo della biologia un criterio assai ripro¬ vevole nel giudicare delle pressioni dei gas disciolti nei liquidi e nel calcolarne il valore. Partono abitualmente i biologi dal concetto che, se un gas ed un liquido in cui tale gas è solubile si trovano in contatto, si raggiunge 1’ equilibrio quando la pressione del gas disciolto diventa uguale alla pressione esercitata sul liquido dal gas libero. In tal modo, chiamando p la pressione del gas sciolto nel liquido fino a saturazione e P la pressione del gas libero sovrastante, si avrebbe - - = 1 . Si \rerrebbe così alla curiosa ’ P conseguenza che, attribuendo 152 mm. Hg di pressione par¬ ziale all’ ossigeno atmosferico, tale gas, sciolto fino a satura¬ zione in acqua calda o fredda, pura o salata, eserciterebbe nel liquido sempre la pressione osmotica di circa 152 mm. indi¬ pendentemente dalla quantità sciolta alle diverse condizioni. Eppure è noto che con 1’ aumento della temperatura diminuisce la solubilità dell’ ossigeno nell’ acqua e che 1’ acqua, quanto più è salata, tanta minor quantità di gas è capace di sciogliere C’ insegna invece la fisica che esiste non già il rapporto p —— — 1, bensì il rapporto v_ p — a, in cui a è il coefficente di solubilità (praticamente uguale a quello detto di assorbì- 842 G. COLOSI mento) (1). Tale coefficente è ben diverso dall’ unità ed è va¬ riabile con la temperatura. Per cui, in un’ acqua pura alla tem¬ peratura di 20° C. che si saturi di ossigeno all’ aria atmosfe¬ rica, l’ossigeno sciolto eserciterà una pressione poco superiore a 4,7 mm., essendo il coefficente di assorbimento a 20° uguale a 0,03102. In natura è difficile avere delle acque pure e sature di ossigeno funzionanti da medium respiratorio ; conviene quindi calcolare la pressione del gas disciolto secondo la formula v ’ P p = - - — in cui p è la pressione esercitata sul liquido del V gas disciolto, P la pressione esercitata sul liquido dal gas libero, V è il volume riportato a 760 mm., dell’ ossigeno contenuto in un litro d’aria, e uè il volume dell’ossigeno di¬ sciolto in un litro d’ acqua, sempre rquortato alla pressione di 760 mm. Se l’aria contiene - del proprio volume di ossi- geno e questo vi esercita la pressione di 152 mm., avremo v * 152 P = ” 200 Ciò perchè la pressione osmotica di un gas disciolto in un dato volume di liquido è uguale alla pressione gassosa che la stessa quantità di gas eserciterebbe allo stato libero se occu¬ passe da sola tutto quel volume. In pratica, quando il medium respiratorio è costituito da una massa d’acqua in cui vivono animali acquatici, è facile conoscendo la quantità di ossigeno sciolto, calcolarne la pres¬ sione. Ma, quando il medium respiratorio è costituito da un velo liquido, tale calcolo è certamente assai difficile: nondimeno, se supponiamo che tale velo liquido sia costituito da acqua pura e satura di ossigeno, noi possiamo, facendo uso delle tabelle che ci dànno i coefficenti di assorbimento dell’ ossigeno alle varie temperature, calcolare la pressione dell’ossigeno disciolro, ottenendo un valore che certamente non è inferiore a quello effettivo. Possiamo così essere sicuri che la pressione esercitata dall’ossigeno sciolto in un velo acquoso che bagni le superlici (i) Basta consultare qualcuno dei più noti trattati di Fisica, come p. es. A. Bat¬ telli e p. Cardani Trattato di Fisica sperimentale, Voi. /; oppure O. D Chuolson. Tratte de PhysiQue (Traduz. Francese) Voi. 1 , 1906. BREVI CONSIDERAZIONI ECC. 343 respiratorie di un animale a 35° non è superiore a 3,8 mm. Hg, essendo il coefficente di assorbimento dell’ossigeno nell’acqua a quella temperatura di 0,02440. * * * Vediamo adesso, facendo uso corretto delle leggi della fisica, quale differenza intercede tra la concezione di un me¬ dium respiratorio unico per tutti gli organismi e quello del- 1’ esistenza di due diversi medium. Ammettendo la costanza del medium respiratorio, l’ossigeno tanto negli animali a respirazione acquatica che in quelli a re¬ spirazione aerea, premerebbe sulle membrane respiratorie con una pressione che fra 0° C. e 40° G. e ad una pressione di ossigeno atmosferico di circa 152 mm., nelle migliori condizioni di ar¬ ricchimento di ossigeno da parte dell’ acqua, va da 7,78 mm. circa (0°) a 3,47 mm. circa (40°). Ammettendo invece due diversi medium respiratori (acqua ed aria), gli animali a respirazione acquatica subirebbero, alle condizioni precedenti, una pressione di ossigeno non superiore a 3,47-7,78 mm. ; mentre per quelli a respirazione atmosferica, a pressione normale, quando l’ossiseno costituisca - dell’aria 5 respirabile, tale pressione si aggirerebbe sempre intorno a 152 mm. Esisterebbe quindi in tal caso una fortissima diffe¬ renza, nel valore delle pressioni esercitate dall’ ossigeno, tra il medium respiratorio acqua ed il medium respiratorio aria. Sostituendo al concetto corrente quello da me propugnato della costanza del medium respiratorio, noi possiamo sostenere che non vi è, rispetto alle pressioni esercitate dall’ ossigeno sulle membrane respiratorie, nessun salto forte fra respirazione in regime acquatico e respirazione in regime atmosferico, e che il valore respiratorio del medium (acqua o liquido acquoso) è strettamente dipendente dalla temperatura a cui esso si trova e dalla sua diversa eventuale concentrazione salina f1). (1) Tatto ciò facendo astrazione della attività esercitata dagli elementi viventi che costituiscono le membrane respiratorie — attività che non intendiamo affatto escludere — e prendendo in considerazione il solo fattore fisico-chimico. 344 G. COLOSI - BREVI CONSIDERAZIONI ECC. * * * Da quanto precede risulta ancora che i valori assoluti abitualmente dati per le pressioni dell’ossigeno sciolto nel sangue degli animali devono essere profondamente modificati, poiché essi non possono in alcun modo rispondere alla realtà. Ciò è evidente per due ragioni : anzitutto la tenue quantità di ossigeno sciolto nel sangue non può esercitare l'alta pressione osmotica che gli si attribuisce ; inoltre 1’ effettiva pressione esercitata dall' ossigeno sciolto nel sangue, tenendo perdi più conto del diverso coefficente di solubilità dell’ ossigeno nei vari liquidi, deve essere minore della pressione che questo gas eser¬ cita nel liquido acquoso o nell’acqua che funziona da medium respiratorio, giacché in caso contrario la respirazione non po- trebbe avvenire secondo le leggi fìsiche. E inutile aggiungere che i metodi abitualmente usati per misurare le pressioni dei gas sciolti nel sangue non possono prestarsi alle comparazioni fra animali a temperature interne diverse o variabili o con sangue a differenti concentrazioni. LAVORI CITATI Bianchini G. — Ossigenazione e riduzione dell’ emoglobina nel cada¬ vere. Meccanismo biologico e valutazione medico-legale. Arch. Antrop. crini. Psichiatr. e Medie, leg. XLVII1, 1928. Colosi G. — L’ acqua, medium respiratorio. Boll. Soc. Natur. Napoli , XXXVII, 1925. — Il popolamento delle terre emerse e i fattori delle grandi trasmi¬ grazioni. L' Universo, Vili, 1927. — Ueber die Konstanz des respiratorischen Mediums. (Lage des Pro- bletns und neue Beweise). Zool. Anz. LXXVI, 1928. Domini G. — Contributo sperimentale alla dimostazione della respira¬ zione cutanea nei mammiferi. Natura , XIX, 1928. Terry R. J. — Evidence of free fluid in thè pulmunary alveoli. Anat. Ree., XXXII, 1926. Terry R. J. e Seib G. 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Le proprietà che han le radiazioni ultraviolette di eccitare la fluorescenza su numerosissime sostanze, e la caratteristica selettività del fenomeno (il fatto cioè che, a parità di radiazione eccitante, sostanze diverse, anche se di egual colore a luce ordinaria, presentano fluorescenze diverse per colore e per in¬ tensità) han fatto sì che i raggi ultravioletti venissero appli¬ cati in molti campi non solo per integrare i risultati ottenuti con altri mezzi di indagine ma anche quando gli altri metodi di analisi riescano infruttuosi o di dubbia efficacia. In generale, anziché adoperare tutte le radiazioni U. V. emesse dalla sorgente impiegata, si ricorre alla cosidetta u luce di Wood » cioè a quel gruppo di radiazioni trasmesse dal filtro di Wood (vetro all’ossido di nichel), radiazioni la cui lunghezza d’onda si aggira intorno ai 3650 A (*). Alla luce di Wood molte sostanze tanto solide quanto liquide e gassose, tanto organiche quanto inorganiche, mostrano bellissime fluorescenze : le diffe¬ renze di tinta e di intensità permettono di riconoscerle anche (1) Nello spettro dei vapori di Mercurio, le radiazioni trasmesse dal filtro di Wood son le seguenti: l = 3663,274 ; 3662,881; 3654,832 ; 3650,144 A. A queste ra¬ diazioni devono aggiungersi, in misura variabile a seconda dello spessore del filtro, le seguenti : A = 4016 ; 3341 e 3125 A. 22 346 S. BEER se non son distinguibili alla luce ordinaria sia perché presenti in quantità minime, sia perchè dello stesso colore delle sostanze circostanti. Così T esame fluoroscopico alla luce di Wood è applicato allo studio delle paleografìe e dei palinsesti • alle perizie dei quadri e dei manoscritti, all’ analisi delle acque minerali e delle orine. (24) ecc. In particolare nelle scienze mediche e naturali le applica¬ zioni della luce di Wood, sebbene ancora in gran parte nella fase iniziale, sono già molto numerose e 1’ importanza dei ri¬ sultati ottenuti lascia prevedere ulteriori interessanti sviluppi di questo metodo. Fabre (8 e 9), Joseph (12), Turchini (28) e altri hanno ap¬ plicato la luce di Wood allo studio dei medicinali e alle ri¬ cerche di chimica biologica. L’ esame fluoroscopico ha dato anche importanti risultati nello studio delle sezioni istologiche e, più ancora, in quello delle malattie della pelle : la biblio¬ grafìa è in questo campo molto vasta (Margarot, Devis, Nogier, Saidman (25), Guillaume, (II), Policard (21, 23), Turchini (26, 29) ecc.). Le fluorescenze rosse emesse dalle porfìrine naturali e ar¬ tificiali sono state oggetto di ricerca da parte di parecchi stu¬ diosi (Dheré e Bois (6, 7), Derrien (5), Policard e Leulier (24), Turchini (30) ecc.) e quelle presentate dalle soluzioni di alcune sostanze estratte dei vegetali (fìsetina, clorofilla, carotina ecc.) o dai vegetali stessi furono analizzate da Gola (10), Meunier e Bonnet (15), Petri (17, 18, 19, 20) ecc. Arloing, Policard e Langeron (2) studiarono le fluorescenze variabili presentate da varie colture microbiche e conclusero in favore della possibi¬ lità di una classificazione dei microbi col metodo fluoroscopico e di una determinazione con questo mezzo dei rapporti fra i microrganismi e i gruppi botanici vicini. In relazione agli argomenti trattati in questa nota e in quelli pubblicati altrove (3), meritano un particolare rilievo gli studi di Turchini e dei suoi collaboratori (Derrien, Dubosq, Harant, Millot, ecc.). Essi, in parecchie pubblicazioni (26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35) descrissero i risultati delle loro osservazioni eseguite su un gran numero di Invertebrati : questi alla luce di Wood presentano in alcuni dei loro tessuti belle e SULLA FLUORESCENZA ECO. 347 svariate fluorescenze : così le parti mucose di alcuni molluschi (Chiocciola. Murice, Polpo) hanno una fluorescenza gialla ; di eo-ual colore è la fluorescenza dei tentacoli dell’ « Anemone micetta n e di alcune parti del corpo degli Echinodermi (Co¬ rnatala, Asterie, Oloturie, ecc.) e dei crostacei. Fluorescenti son pure i follicoli cerosi di certe cocciniglie (« Pulvinaria ») e le cellule vacuolari del sangue e della tunica delle Ascidie. Nei ragni Turchini e Millot (1926) (35) osservarono la fluorescenza azzurrognola delle ghiandole sericigene, della seta e del sangue. Queste ricerche hanno un particolare interesse qualora le si metta in relazione con quelle eseguite intorno alla fluorescenza dai bachi e della seta, ricerche che formano appunto 1J oggetto del presente lavoro. Su questo argomento eseguirono interessanti studi i Sigg. Policard e Paillot (22) e la Dott. L. Lombardi (14). La nota dei Sigg. Policard e Paillot comparve prima del- P inizio delle mie ricerche ed è anzi stata di base a queste. I risultati conclusivi di questi scienziati intorno alla fluo¬ rescenza dei bachi, del loro sangue (studi questi che han for¬ mato 1’ oggetto di mie esperienze i cui risultati furon pubbli¬ cati altrove (3)), dei bozzoli e della seta furono, in breve, i seguenti : 1) La fluorescenza dei bozzoli ha un aspetto molto va¬ riabile e quella della spellaia è sempre viola. 2) La sericina non è fluorescente. 3) La fibroina ha una fluorescenza bianca. 4) 11 pigmento potrebbe u modificare la tinta della fluo¬ rescenza ma non crearla n. 5) I bachi in stato di miseria fisiologica non sono fluo¬ rescenti e non fluorescenti son uure i bozzoli da essi secreti. ± 6) La sostanza che dà alla fluorescenza la sua tinta par¬ ticolare è diversa dalla materia colorante. Come si vedrà in seguito, alcuni di questi risultati sono confermati dalle mie ricerche, altri invece contraddetti. La Lombardi riferisce i risultati delle sue ricerche sulla fluo rescenza che le uova e i bozzoli di svariate razze di “ Bombyx inori » mostrano alla luce di Wood. Di queste ri¬ cerche io non ero affatto a conoscenza, poiché la pubblicazione 348 S. BEEIi della Lombardi comparve nell’ aprile 1928, allorché gli studi descritti in questa nota avevan già dato quei risultati che son qui riferiti e il lavoro stesso era pronto perla pubblicazione 5 la quale compare così come era già stata scritta senza cioè che nessuna sua parte fosse modificata in seguito al lavoro della Lombardi (se si esclude questa introduzione e la nota a pag. 377). Sebbene il metodo da me seguito (esame dell’ azione fìuo- roscopica esercitata da tutte le radiazioni U. V. emesse dal¬ l’arco a vapori di mercurio in bulbo di quarzo, anziché dalla sola luce di Wood) e gli scopi che mi prefissi (ricerche delle singole sostanze componenti la seta alle quali attribuire i fe¬ nomeni osservati, senza pregiudizio, almeno per ora, delle cause biologiche intime relative ai fenomeni stessi) fossero essenzial¬ mente diversi da quelli seguiti dalla Lombardi, pure sarà in¬ teressante osservare che alcuni dei risultati della Lombardi, callìmano con quelli da me ottenuti. La Lombardi, dopo avere minutamente descritto la tecnica delle esperienze ed averne riassunto i risultati in parecchie nitide tabelle, giunge alle seguenti conclusioni: 1) li Che la luce di Wood, come la luce ultravioletta, u non ha alcuna influenza sulle uova appena deposte e cioè li allo stato di uova giallo paglierino ». L’azione dei raggi U. Y. sulle uova, già studiata dalla Tonon (37, non è stata considerata nel presente lavoro, ma formerà oggetto, insieme con alcune ricerche sull’ azione biologica dei raggi U. V. sul baco da seta (ricerche attualmente in fase di elaborazione) di ulteriori studi. 2) u Che la fluorescenza dei bozzoli non è legata nè al « sesso, nè alla robustezza individuale ». L’ influenze del sesso non è stata qui esaminata. Sulle relazioni fra fluorescenza e robustezza individuale, già studiate da Policard e Paillot (22), i miei studi condurrebbero invece ad ammettere 1’ esistenza di queste relazioni nel senso che fu già descritto altrove (3) e che qui sarà specificato in seguito (pag. 360). 3) tt Che, come i bozzoli, così le uova, alla luce di Wood a presentano parecchie colorazioni con passaggi dal giallo al a viola scuro ». Questo fatto è confermato dalle ricerche che son qui descritte (V. pag. 352), nelle quali sono state inoltre determinate le lunghezze d’ onda delle luci di fluorescenza e SULLA FLUORESCENZA ECO. 349 si è anche tentato di ricercare le ragioni di questi dne colori fondamentali. 4) u Che la proporzione tra bozzoli viola e bozzoli gialli u brillanti è quasi identica a quella che si ottiene nelle uova « sia gialle che viola a. 5) « Che il giallo fluorescente, come il colore viola, non u scompaiono in genere dopo la filatura dei bozzoli a. Anche questo fatto trova conferma nelle mie ricerche. Si vedrà però (pag. 361) che la fluorescenza della seta greggia filata presenta delle modificazioni rispetto a quella dei bozzoli della stessa razza, cosa questa spiegata dagli studi successivi (pag. 374). 6) « Che la fluorescenza è nella sericina perchè sotto- u posta la seta filata alla sgommatura, detta fluorescenza scolli¬ li pare ??. Tale conclusione, in aperto contrasto con quelle dei Sigg. Policard e Paillot (22), è invece in parte confermata dai miei studi. La parte più importante di questo lavoro è infatti dedicata all’ analisi delle relazioni esistenti fra la fluorescenza e i principali costituenti della seta (sericina, fibroina sostanze coloranti). Le conclusioni che da questo studio derivano (pagg. 373-380) mettono in luce la natura di queste relazioni. 7) u Che i bozzoli di colore giallo sono i più ricchi di a seta ». Le osservazioni che si possono fare a questa conclu¬ sione sono riportate nella nota a pag. 377. 8) a Che le diflerenze sono probabilmente dovute a di¬ ti verse razze elementari ». Questa conclusione è senza dubbio molto interessante : se ulteriori studi permetteranno di cancel¬ lare il u probabilmente » la possibilità di riconoscere col me¬ todo fluoroscopico le razze elementari potrà forse venire van¬ taggiosamente utilizzata anche in pratica. Come si vede i punti di contatto fra le ricerche della Dott. Lombardi e le mie sono numerosi e si integrano e si comple¬ tano a vicenda. Ripeto però che gli scopi che mi prefissi non furono in gran parte gli stessi di quelli perseguiti dalla Lombardi. Gli studi che son qui riferiti furono infatti essenzialmente rivolti in un primo tempo (pagg. 351-362) all’analisi delle luci di fluorescenza presentate dai bozzoli (di diverse razze e con¬ siderati nei loro differenti strati) e dalla seta sotto 1' azione non delle sole radiazioni trasmesse dal filtro di Wood ma di 350 S. BEER tutte le radiazioni emesse dall’ arco a vapori di mercurio in bulbo di quarzo ; e in un secondo tempo all’ esame dei prin¬ cipali costituenti della seta, considerati partitamente onde ten¬ tare di stabilire la sede dei fenomeni osservati e le cause dei loro molteplici aspetti. Naturalmente, dati gli scopi, anche i mezzi per conseguirli furono scelti in maniera da essere particolarmente adatti agli scopi stessi. Così, anziché adoperare, come fecero quasi tutti gli speri¬ mentatori menzionati precedentemente, il solo filtro di Wood, sono ricorso allo spettroscopio tutte le volte che ho voluto esaminare le azioni delle singole* radiazioni U. V. ; e questo metodo ha condotto a risultati abbastanza significativi (seletti¬ vità del fenomeno di fluorescenza per quanto concerne il re¬ sponso di sostanze diverse contenute nella seta a radiazioni incidenti di diversa lunghezza d’ onda) e tali da facilitare grandemente il compito assegnato al 2° gruppo di ricerche. Queste ultime, che necessitano per la loro stessa natura ulte¬ riori studi particolarmente di indole chimica, sono ancora in fase di elaborazione ] ciò non ostante i risaltati finora conse¬ guiti mi paion già tali da non sembrarmi del tutto privo di interesse precisare il loro contenuto e le condizioni sperimen¬ tali nelle quali essi furon ottenuti. Tecnica delle esperienze. Come sorgente di ultravioletto venne adoperata una lam¬ pada a vapori di mercurio u Gorla » aventi le seguenti carat¬ teristiche di funzionamento : Tensione alimentatrice alternata 160 Volt. Differenza di potenziale tra un anodo e il catodo Volt Ef¬ ficaci 142. Al catodo ampere 4.15. A un anodo amp. eff. 3.15. Watt totali 270. Per discernere le azioni prodotte dalle singole radiazioni incidenti si è fatto uso, oltre che di appropriati filtri solidi trasmettenti alcuni gruppi di radiazioni, (filtro di Wood di min. 2,5 di spessore, vetro Uviol azzurro di min. 4 di spessore), SULLA FLUORESCENZA ECC. 351 anche di uno spettrografo di quarzo appositamente costruito in modo da permettere la proiezione di spettri a ingrandimento diverso e dispersione costante. La misurazione spettrofotometrica della luce di fluorescenza (che è emessa nella zona visibile dello spettro) venne eseguita per mezzo di uno spettrofotometro u Yvon » al quale fu appli¬ cata come sorgente di paragone una lampada u Philips » della quale saran più oltre specificate le caratteristiche. Nelle esperienze sui bozzoli furono esaminati soltanto esem¬ plari appartenenti a razze pure, (e precisamente alle razze Giallo oro cinese, Giallo indigeno puro, Verde cinese , Bianco sferico cinese , Bianco Bt'ussa), tali cioè da presentare una notevole uniformità di tinta, di forma e di struttura : quelli provenienti da razze incrociate presentano a luce ordinaria un aspetto troppo variabile perchè gli aspetti fluoroscopici osser¬ vati su alcuni campioni possano poi ritenersi indice del com¬ portamento di altri campioni della stessa razza. Nelle ricerche sulla seta greggia furono considerati dei campioni di seta provenienti da bachi delle razze « Indigeno puro » e « Bianco sferico cinese ». Ricerhe sui bozzoli. Nelle esperienze eseguite finora sui bozzoli delle razze sopraindicate, si sono potuti constatare i seguenti fatti carat¬ teristici : 1) Su tutti i bozzoli esaminati, a qualunque razza essi appartengano, i raggi U. V., e in certe condizioni (delle quali si dirà in seguito) anche le radiazioni visibili di breve lun¬ ghezza d’onda, eccitano una evidente fluorescenza. L’estensione della zona spettrale eccitante è compresa fra i limiti 2 = 4046 — 2482 A, nei soggetti più fluosescenti, e i limiti A = 3663 — 3125 A nei soggetti meno fluorescenti. 2) L’intensità delia luce di fluorescenza varia però no¬ tevolmente non solo da razza a razza, ma anche (specialmente per le razze bianche) da soggetto a soggetto di una stessa razza. Le variazioni individuali sono tuttavia meno sensibili delle variazioni di razza. S. BEER 352 Alla luce di Wood la fluorescenza appare o giallo verde limone o azzurro-violacea, e queste due colorazioni corrispon¬ dono -- come dirò meglio più avanti — a ben determinate cir¬ costanze. Oltre a tali due tinte fondamentali (la tonalità delle quali varia nei diversi soggetti rispettivamente dal verde gial¬ lastro al giallo canarino e dal violetto all’ azzurro cenerognolo) deve ricordarsi la presenza in certe condizioni, (sulle quali anche avrò occasione di ritornare), di una debole luce di fluo¬ rescenza biancastra. Nella maggior parte dei soggetti studiati le luci di fluorescenza anche se ben evidenti all’ esame diretto apparvero troppo deboli (e ciò sia detto specialmente per la fluorescenza azzurro violacea) perchè se ne potesse misurare la lunghezza d’ onda. Soltanto i bozzoli di razza verde cinese a fluorescenza giallo verde, e un bozzolo u bianco sferico r a fluo¬ rescenza violacea mostrarono una luminosità sufflcentemente intensa perchè se ne potesse eseguire una misurazione spettro¬ fotomètrica, sia pur superando difficoltà non lievi. Nella seguente tabella sono appunto riferiti i valori del rapporto tra le intensità I (per le varie lunghezze d’onda) degli spettri di fluorescenza emessi rispettivamente da un boz¬ zolo verde cinese e dal suddetto bozzolo bianco sferico sotto 1’ azione delle radiazioni eccitanti trasmesse da un filtro di Wood di mm. 2,5 di spessore (intorno a 8650 À), e le intensità I0 (pure per le varie lunghezze d’onda) della sorgente di pa¬ ragone (lampada u Philips » * 1/2 Watt, candele 50, 160 Volt al¬ ternata, munita di ampolla di vetro smerigliato) (*). Date le difficoltà sperimentali detti valori debbono rite- tenersi approssimativi : (± 0,01) i (1) Per evitare troppe cifre decimali tutti i valori di — — son stati moltipli¬ co cati per 100. — Perciò i valori indicati nella tabella a pag. seguente, e quelli ri- I I Io portati sul diagramma a pag. 354 si riferiscono in realtà non a Io ma a 100 SULLA FLUORESCENZA ECC. 353 Tabella Lunghezza d’onda 4500 A 4600 4700 4750 4800 4900 5000 5100 5150 5200 5300 5400 5450 5500 5600 5700 5800 5900 6000 Bozzolo '< Bianco Sferico Cinese» 0.37 0.61 0.94 0.97 0.94 0.47 0.24 0.12 Bozzolo « Verde Cinese » 0.61 0.95 1.08 1.15 1.19 1.21 1.215 1.21 1.19 1.14 1.06 0.94 0.61 Basandosi su questi valori, mi è stato possibile costruire T annesso diagramma, dove sull’ asse delle ordinate sono ripor¬ tati i valori di — — , (1 cm. = 0.1), e su quello delle ascisse le lunghezze d’onda (1 cm. = 100 A). 354 S. BEER Dall’ esame della tabella e delle due curve, risultano evi¬ denti i seguenti fatti : A) Lo spettro della luce di fluorescenza giallo-verde pre¬ senta un maximum intorno a 5450 À, e quello della luce di fluorescenza Azzurrognola presenta un maximum intorno a 4750 A. Curve rappresentanti le variazioni — in funzione della lunghezza d’onda A — dei valori (che si intendono moltiplicati per 100) del rapporto — tra le intensità I (per le varie lunghezze d’onda) degli spettri 1 o di fluorescenza emessi rispettivamente da un bozzolo « Bianco Sfe¬ rico Cinese » (A) e da un bozzolo « Verde Cinese » (B) sotto 1’ azione delle radiazioni ultraviolette trasmesse da un filtro di Wood di o min. 2.5 di spessore (intorno a A = 3650 A), e le intensità 10 (pure per le varie lunghezze d’onda) di una lampada « Philips» x/2 Watt, 160 V. alternata, candele 50, munita di ampolla di vetro smerigliato. 355 SULLA FLUORESCENZA EOC. B) Lo spettro della luce di fluorescenza giallo-verde è compreso entro limiti più ampiJf(1100À circa) di quello della luce di fluorescenza azzurrognola (650 A circa). C) La variazione del rapporto — per le varie lun- ■L ghezze d’ onda è più rapida per la fluorescenza azzurrognola che non per quella giallo-verde. 4) Per quanto concerne più particolarmente l’azione ca¬ ratteristica delle singole radiazioni incidenti, i risultati speri¬ mentali mi han condotto a suddividere i bozzoli studiati in tre classi, le quali paiono corrispondere a particolari condizioni nel. a costituzione chimica dei bozzoli stessi, — condizioni che specificherò più oltre — : Classe I. A tutte le radiazioni incidenti corrisponde una luce di fluorescenza giallo verde. La luce di fluorescenza ecci- o tata dalla radiazione di 3650 A appare più intensajdi quella eccitata dalla radiazione di 3125 À (x). Classe li. A tutte le radiazioni incidenti corrisponde una luce di fluorescenza" azzurrognola ; quella eccitata dalla radia¬ zione incidente di 3650 A. è meno intensa di quella eccitata ° dalla radiazione di. 3125 A. «s. L. Classe III. Alla|radiazione incidente di 3650À. corrisponde la fluorescenza giallo verde, mentre alla radiazione incidente di 3125 À. corrisponde la fluorescenza azzurrognola. A questi risultati riferentisi all' azione di due radiazioni particolari, de¬ vono aggiungersi i seguenti altri concernenti 1’ azione di altre altre radiazioni incidenti: A) Le luci di fluorescenza eccitate dalle radiazioni di lunghezza d’onda più breve di 3125 A. han lo stesso colore di quella eccitata da detta radiazione e le loro intensità variai] nei » o (l) E bene notare che con 3650 e con 3125 A. si intendono indicare non solo queste due radiazioni monocromatiche, ma anche quelle che poco differiscono da questi valori e che formano insieme con le predette radiazioni rispettivamente due gruppi, i quali, nello spettrografo adoperato, comparivano come una sol riga eia- senno. Precisamente il gruppo nel quale la 3650 A. è la radiazione più intensa è formato dalle radiazioni A = 3663, 274; 3662, S81 ; 3654, 832; 3650, 144 A; e il gruppo nel quale la 3125 è la radiazione più intensa é formato dalle radiazioni A — 3131, 845; 3131, 562; 3125, 675 A». 356 S. BEER diversi soggetti con lo stesso incremento col quale varia l’in¬ tensità della luce di fluorescenza eccitata da tale radiazione. B) Nei soggetti che presentano una fluorescenza giallo ver le particolarmente intensa (alcuni bozzoli u bianco sferico chinese » e u bianco di Brussa 5? e tutti i « verde cinese ») anche la radiazione X = 4046 A, appartenente al visibile, ec¬ cita una fluorescenza ; il colore di questa è roseo-malva 5) Per quanto concerne il comportamento dei vari strati di un medesimo bozzolo si è osservato che : A) in tutti i bozzoli, a qualunque razza essi apparten¬ gano, 1’ involucro esterno è il meno intensamente fluorescente ; lo stato intermedio è il più intensamente fluorescente; lo strato interno [velo) presenta una fluorescenza di intensità uguale, o lievemente inferiore a quella dello strato intermedio. Ora è interessante mettere in relazione questo fatto con le condizioni di filab ilifcà dei vari strati del bozzolo. Si sa infatti che la quasi totalità della seta filata proviene dagli strati intermedi : 1’ involucro esterno viene estratto durante le operazioni - di bat¬ titura nell’acqua calda e i suoi filamenti, distesi e disseccati costituiscon la u strusa » ; e il velo, rimasto aderente alla cri¬ salide, viene convenientemente macerato e costituisce il « ri¬ cotto ìi. Il bozzolo è naturalmente tanto più pregiato quanto mi¬ nori son gli spessori dell’ involucro e del velo in relazione a quello degli strati intermedi. B) Quando alla luce di Wood, la fluorescenza dei vari strati di uno stesso bozzolo è di colore diverso, lo strato inter¬ medio presenta sempre la fluorescenza giallo verde mentre la fluorescenza azzurrognola è propria dell’involucro esterno o del velo o di ambedue. All’esame spettroscopico i tre strati possono essere, a se¬ conda del loro aspetto, ripartiti nelle tre classi surriferite at¬ tribuendoli alle classi la o 3a se la fluorescenza alla luce di Wood è giallo verde ; alla 2a classe se tale fluorescenza è az¬ zurrognola. C) In tutti i bozzoli esaminati la fluorescenza dello strato intermedio e del velo, sia essa giallo verde o azzurro¬ gnola, è più biancasta di quella dell’ involucro esterno. 6) Le osservazioni eseguite intorno al comportamento delle singole razze prese in esame, osservazioni che furon pra- SULLA FLUORESCENZA ECO. 357 ticate su un gran numero di esemplari, hanno condotto ai se¬ guenti risultati : A) I bozzoli di razza u giallo oro cinese » sono i meno intensamente fluorescenti. B) I bozzoli della razza u indigeno puro n hanno una fluorescenza più intensa di quelli della precedente razza. C) 1 bozzoli della razza « verde cinese » sono fra tutte le razze considerate, i più intensamente fluorescenti. D) I bozzoli delle razze u Bianco sferico cinese r> e u Bianco Brussa a hanno, in media, una fluorescenza alquanto più intensa di quella delle razze u Giallo oro » e u Indigeno puro » e meno intensa di anelli della razza u Verde cinese » ; ma, come il colore della fluorescenza, così anche la sua inten¬ sità è assai variabile nei diversi esemplari. Nella seguente tabella sono schemati camenti riassunti — per ogni razza e per ogni strato di uno stesso bozzolo — le ca¬ ratteristiche cromatiche dei bozzoli alla luce del giorno e quelle della loro fluorescenza tanto alla luce di Wood, quanto al- 1’ esame con lo spettroscopio ; la colorazione della fluorescenza corrispondente alle varie radiazioni incidenti è espressa — per O O quanto concerne le radiazioni incidenti di 3650 A e 3125 À — indicando la classe alla quale essa appartiene ; e da questa si ricava facilmente il colore della fluorescenza eccitata dalle altre radiazioni (V. parag. 4 A, B). < _l LU CO < h- o. © o CO o s_ "5 o. co © ce 05 S ce co yj 05 CO CO ce T3 © rH in aS o #-H rT © o rH © co © ce NI o © bJD o 3 Cj s rH 05 . — , S3 •'r— ’ CJ -© 1 CO O CS ' © © . #x c_ o o o 3 Cj fi- [■Ani ce ce o s c> o '©5 © „ ZZ 05 05 ©3 a. 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BEER Bianco Sferico Cinese e Bianco Brussa I bozzoli di queste due razze, al contrario di quelle delle razze precedenti (i quali presentano una notevole uniformità di aspetto in tutti gli esemplari esaminati), hanno una fluore¬ scenza che varia moltissimo da esemplare a esemplare per in¬ tensità e per colore. Quest’ ultimo è in alcuni soggetti giallo verde (1’ esame allo spettroscopio li attribuisce allora alle classi I o III), e in altri azzurrognolo (classe II) ; in un me¬ desimo soggetto inoltre i tre strati possono presentare fluore¬ scenza di colore diverso (fermo restando quanto si è già detto al § 5 B . Si è osservato che, in media, la fluorescenza giallo-verde è più frequente nella razza u Bianco Brussa a che in quella u Bianco Sferico ». E si è altresì constatato che tale fluore¬ scenza giallo-verde compare sempre in quei bazzoli che alla luce del giorno mostrano una lievissima sfumatura verdastra della stessa tonalità della tinta verde dei bozzoli u Verde Ci¬ nese » ; questo fatto, messo in relazione colla fluorescenza co¬ stantemente giallo-verde dei bozzoli « Verde Cinese », e con altri fatti dei quali si parlerà in seguito, fan supporre che in tutti i bozzoli bianchi a fluorescenza giallo-verde debbano esi¬ stere tracce (seppur minime e non percettibili alla luce ordi¬ naria) di pigmento verdastro. Per quanto concerne 1’ intensità della fluorescenza dei boz¬ zoli di queste due razze, si è già detto che essa è, in media, superiore a quella delle razze u Giallo Oro Cinese » e u Indi¬ geno Puro », e inferiore a quella dei bozzoli della razza « Verde Cinese ». Ad ogni modo, data la variabilità di aspetti, non è possi¬ bile riassumere in una tabella il comportamento dei bozzoli di tali due razze. 7) Finalmente per quanto concerne P aspetto fluorosco- pico dei bozzoli in relazione alla loro qualità e quindi alle condizioni fìsiopatologiche dei bachi che li han filati, si è con¬ statato che (come si è già accennato in una nota pubblicata altrove), (3) nelle razze u Bianco sferico cinese » e u Bianco Brussa » i bozzoli difettosi (gli « scarti » e i « morti » del coni- SULLA FLUORESCENZA ECC. 361 mercio) hanno una fluorescenza che nella maggior parte degli esemplari esaminati è giallo verde e che in media (le osser¬ vazioni vennero eseguite su un gran numero di esemplari e i loro risultati furono confrontati con quelli ottenuti su un egual numero di esemplari perfetti) è notevolmente più intensa di quella dei bozzoli perfetti delle stesse razze. Tale risultato come è già stato rilevato (3) è in contraddizione coi risultati delle osservazioni dei Sigg. .Policard e Paillot. Ricerche sulla seta greggia e sui suoi sottoprodotti. Le ricerche che con gli stessi metodi adoperati per i boz¬ zoli vennero eseguite sulla seta greggia e sui suoi sottopro¬ dotti (spellaia, struse, ricotto) hanno condotto ai seguenti ri¬ sultati : 1) Tanto la seta gialla (proveniente dai bozzoli u Indi¬ geno puro -n) quanto la seta bianca (proveniente dai bozzoli cì Bianco sferico cinese ») sono fluorescenti ; la seconda lo è al¬ quanto più della prima, ma ambedue sono in media assai meno fluorescenti dei bozzoli della razza corrispondente. 2) Il colore della fluorescenza alla luce di Wood è giallo verdastro tanto nella seta gialla che nella bianca. 3) All’ esame spettroscopico i colori delle luci di fluo¬ rescenza eccitate dalle singole radiazioni corrispondono in am¬ bedue i tipi di seta a quelli dei bozzoli della classe 3a ; vale o a dire la radiazione incidente di 3650 A eccita una fluorescenza o giallo verdastra, e le radiazioni incidenti di 3125 A e quelle aventi lunghezza d’ onda più breve di tale valore, eccitano una * fluorescenza azzurrognola. E però da rilevarsi che tanto la fluorescenza giallo verde quanto (e specialmente) quella azzur¬ rognola sono, in media, assai più pallide, volgenti cioè al biancastro, di quelle riscontrate nei bozzoli delle razze corri¬ spondenti. 4) La spellaia, tanto bianca quanto gialla, mostra sempre alla luce di Wood una fluorescenza azzurrognola (ciò che è conforme alle osservazioni dei sigg. Policard e Paillot (20) All' esame spettroscopico si osserva che le luci di fluore¬ scenza eccitate dalle varie radiazioni incidenti sono tutte (anche 23 362 S. BEER quella dovuta alla radiazione di 3650 A) azzurrognole, analoghe cioè a quelle dei bozzoli della classe 2a. 5) La strusa e il ricotto ottenuti dai bozzoli « giallo in¬ digeno puro n si comportano tanto alla luce di Wood quanto all’ esame spettroscopico, come la spellala, ma P intensità della fluorescenza è (particolarmente per il ricotto) notevolmente in¬ feriore a quella della spellaia stessa. Ricerche sulla sericina, sulla fibroina, e sui pigmenti coloranti della seta. Una attenta analisi dei risultati sin qui riferiti mi ha in¬ dotto a trarre da essi una conseguenza fondamentale, e cioè : Si è visto che le luci di fluorescenza eccitate dai raggi UV. sui bozzoli e sulla seta integri sono di due colori : giallo-verde e azzurrognolo, e si è anche visto che la fluorescenza giallo¬ verde viene particolarmente eccitata dalla radiazione incidente di 3650 A, e la fluorescenza azzurrognola dalla radiazione in¬ cidente di 3125 A. Sarebbe quindi logico supporre P esistenza nella composi¬ zione della seta integra di due sostanze particolari alle quali competano rispettivamente tali due luci di fluorescenza. Le differenti reciproche proporzioni di tali due sostanze nelle sete dei campioni esaminati potrebber poi render ragione delle di¬ versità negli aspetti fluoroscopici constatati, aspetti le cui ca¬ ratteristiche tanto d’intensità quanto di colore sono già state ampiamente descritte. Come apparirà da quanto segue tale ipotesi fu confermata dalle ricerche che saranno ora riferite e che furono eseguite appunto con P intento di discriminare gli effetti fluoroscopici manifestati singolarmente dai principali componenti della seta. Per raggiunger questo scopo si è innanzi tutto tentato di procedere ad una separazione dei principali costituenti della seta onde esaminarne partitamente il comportamento sotto P azione dei raggi U. V. Ora è noto che dice sono i componenti fondamentali la ma¬ teria serica : la sericina sostanza gommosa, agglutinante, ella quale il Cramer attribuisce la formula C15 Hos N5 08, e la fibroina che è la vera parte serica industrialmente utilizzata, e che, sempre secondo il Cramer, avrebbe la formula C15HO3N506. SULLA FLUORESCENZA ECC. 363 A queste due sostanze si devono aggiungere le materie grasse, cerose, resinose, minerali, e nelle sete colorate il pig¬ mento colorante. Le percentuali di tali sostanze variano a seconda del tipo di bozzoli ; si può però ritenere con il Provasi (VII) che un bozzolo contiene dal 70 al 80 per cento di fibroina ; dal 20 al 28 per cento di sericina e dal 3 al 5 per cento fra sostanze cerose, minerali e coloranti. Più precisamente le quantità relative di sericina e fibroina presenti nei vari strati di uno stesso bozzolo, sarebbero secondo il Francezon distribuite come segue : Sericina Fibroina Spel laia 44.40 “/ 0 55.60 °/0 Strati esterni 31.27 68.53 n interni 29.72 73.28 Bozzolo compiei o 29.30 70.70 Come si vede la sericina sulla bava è distribuita in modo che essa decresce dal principio alla fine, cioè dagli strati esterni a quelli interni del bozzolo ; i primi filamenti serici secreti dal baco per fissare il bozzolo al bosco (spellala) sono ricchissimi di sericina, e, secondo le ricerche di Sicard e Raubin ciò di¬ penderebbe dal fatto che le parti anteriori del piccolo serba¬ toio contengono una quantità di sericina maggiore delle por¬ zioni posteriori. A parità di condizioni la seta gialla è più ricca di sericina della seta bianca; ed inoltre, per una stessa razza, il bozzolo contiene una maggior quantità di sericina della seta greggia che da esso proviene, poiché una certa quantità di tale sostanza vien disciolta nell’ acqua calda contenuta nella « batteuse » e nella bacinella durante la trattura. Come si sa la bava così come esce dall’ orifizio della tromba del baco è formata da due esili filamenti di fibroina circondati da un unico involucro ag¬ glutinante di sericina nella quale secondo Sicard e Raubin ri¬ siederebbe la materia colorante. Per quanto concerne le pro¬ prietà chimiche, noteremo che la sericina è più facilmente attaccabile dagli acidi e dalle basi che la fibroina : la stessa acqua pura la discioglie all’ ebollizione; ma la sgommatura con 364 S. BEER tale metodo che sarebbe certamente il migliore, non è completa e riesce abbastanza bene soltanto per la spellala di bozzoli freschi o quando 1’ operazione venga praticata in autoclave alla pressione di 2 atmosfere e alla temperatura di 120° C. Indu¬ strialmente, data la solubilità della sericina negli alcali, la sgommatura è effettuata mediante ebollizione in acqua e sa¬ pone: la sericina residua è poi asportata quasi completamente mediante immersione in acido acetico. L’ acqua bollente e 1' acido acetico disciolgono, contempo¬ raneamente alla sericina anche le sostanze coloranti. La fibroina è invece disciolta dal cloruro di zinco a 60° e dalle soluzioni concentrate di alcali caustici e di acidi mine¬ rali : 1’ acido acetico non la intacca che in minima parte. Nelle ricerche che saran qui riferite la separazione della sericina dalla fibroina venne ottenuta mediante immersione dei bozzoli in acido acetico e, soltanto in pochi casi, mediante ebolllizione in acqua distillata. La ragione di questa preferenza per l’acido acetico sta in questo: l’ebollizione in acqua non solo non priva che in parte il bozzolo dalla sua sericina, ma inoltre ne altera la struttura poiché i filamenti di seta, privati della sericina che li teneva aderenti l’uno all’altro e agitati dall’ebollizione, si rendono liberi e il bozzolo assume un aspetto fioccoso simile all’ ovatta, e ciò, oltre che rendere impossibile la distinzione di quelle che erano le due facce del bozzolo, rende difficilissima 1’ osserva¬ zione allo spettroscopio. Tali inconvenienti non si riscontrano nell’ impiego del- 1’ acido acetico il quale, oltre che garantire una più completa sgommatura, non altera minimamente la struttura del bozzolo.- L’ ebollizione in acqua e sapone venne sempre scartata non solo perchè essa presentava in parte gli stessi inconvenienti dell’ ebollizione .in acqua pura ma anche, e specialmente, perchè 1’ acqua e sapone presenta fluorescenza. Per separare almeno in parte, la sericina dal pigmento si è adoperato lo stesso acido acetico basandosi sui due fatti se¬ guenti : 1) che, per prova fatta, la materia colorante si scioglie nell’ acido acetico assai più facilmente della sericina. 365 SULLA FLUOKESOENZA ECO. 2) che nei bozzoli verde cinese e giallo oro la sua quan¬ tità è alquanto maggiore negli strati esterni che non negli interni. Per queste ragioni una permanenza di tali bozzoli in acido acetico per poche (4-5) ore li libera completamente — specia- meute nei loro strati interni — dal pigmento ma non della sericina : ponendo allora lo stesso bozzolo così depigmentato in altro acido acetico e lascia.ndovelo per parecchie ore ancora, la sericina rimanente passa in soluzione : il residuo è quindi quasi interamente costituito di fibroina (e si dice u quasi perchè è ben difficile eliminare le ultime tracce di sericina) mentre le due soluzioni di acido acetico contengono la prima sericina e materia colorante e la seconda quasi soltanto sericina. Finalmente la sericina solida è stata ottenuta per evapo¬ razione del solvente (acqua bollita o acido acetico): la sua quan¬ tità è però stata sempre piccolissima, particolarmente quando si è trattato di ottenerla pura, priva cioè della materia colo¬ rante. Le osservazioni vennero quindi quasi esclusivamente ese¬ guite sulle soluzioni in acido acetico (il quale, è superfluo dirlo, non mostra, quando è puro, fluorescenza alcuna), riservandomi di estenderle, approfondirle e perfezionarle in ricerche future. Come già nelle ricerche precedenti, anche in queste ven¬ nero presi in esame un gran numero di bozzoli appartenenti alle note razze. Nella seguente tabella sono riportate quelle esperienze che hanno condotto a risultati particolarmente caratteristici. TABELLA: Comportamento di alcuni Bozzoli sgommati , sotto l'azione dei Raggi TJV. A) Strato intermedio di un Bozzolo « Bianco Brussa » - è tagliato in due parti. Segue TABELLA. B) Strato interno di un Bozzolo « Bianco Brussa » - è tagliato in due parti. Oh s_ © © © o T3 SULLA FLUORESCENZA ECC. 873 Oltre queste esperienze praticate sui bozzoli, altre ne fu¬ rono eseguite sulla spollaia e sulla seta greggia. I risultati ohe se ne ottennero furono i seguenti : 1) La seta greggia tanto gialla, quanto bianca, sgommata per ebollizione in acqua, mostra una fluorescenza assai più debole di quella della stessa seta integra. II suo colore alla luce di Wood è. per ambedue i tipi di seta, non più giallo verde ma cenerognolo essai pallido, quasi bianco ; all’ esame spettroscopico essa mostra un aspetto simile a quello dei bozzoli della 2H classe, ma il colore azzurrognolo delle varie luci di fluorescenza è molto attenuato, quasi bianco. L’ acqua nella quale ha bollito la seta presenta invece una fluorescenza verde azzurrognola. 2) Anche la spellala, bianca e gialla, presenta, dopo 1’ ebollizione in acqua o dopo 1’ immersione in acido acetico, una fluorescenza analoga a quella della stessa spellaia integra (cioè violacea) ma notevolmente meno intensa. L’acqua o l’acido acetico ha invece alla luce di Wood una bella fluorescenza az¬ zurrognola. Per evaporazione del solvente è stato possibile ottenere delle minute scaglie di sericina solida : questa tanto se prove¬ niente da spellaia gialla quanto da spellaia bianca presenta alla luce di Wood una fluorescenza azzurrognola che, esami¬ nata allo spettroscopio, offre lo stesso aspetto di quella dei bozzoli della 2a classe. Conclusioni. Ed ora, dall’ esame del complesso dei risultati sperimentali fin qui conseguiti, è possibile trarre alcune conclusioni intorno all’azione esercitata dai singoli componenti della seta sui fe¬ nomeni fluoroscopici osservati, conclusioni che, pur non poten¬ dosi ritenere definitive, possono già se non spiegare appieno, per lo meno chiarire alcuni dei risultati constatati nelle ri¬ cerche sui bozzoli e sulla seta integra. Per quanto concerne 1' influenza della fibroina essa, può venire chiarita dall’analisi dei seguenti fatti derivanti dalle osservazioni già riferite. 1) La sgommatura, tanto mediante ebollizione nell’acqua, quanto per immersione in acido acetico, determina sempre (nei 374 S. BEER bozzoli, nella seta, nella spellala) una notevolissima diminuzione nell’intensità della fluorescenza. 2) Il colore della fluorescenza — alla luce di Wood e allo spettroscopio — dei bozzoli e della seta sgommata, è simile a quello che essi avevano prima della sgommatura, ma è no¬ tevolmente impallidito : esso è cioè bianco giallognolo se la fluorescenza primitiva era giallo verde (classe 1 e 3), bianco¬ cenerognolo se essa era azzurrognola (classe 2). Ora è logico supporre che questi colori siano dovuti a tracce di sericina e di pigmento rimaste dopo la sgommatura la quale non è mai del tutto completa: d’altra parte il volgere al bianco di tali colori (e ciò, è bene dirlo, indipendentemente dalla diminuita intensità della fluorescenza) fa pensare che se la sgommatura fosse stata completa sicché il campione consi¬ derato fosse ridotto a fibroina pura, la fluorescenza sarebbe assai debole e bianca. Questa ipotesi, oltre che essere in accordo con le osser¬ vazioni dei Sigg. P olio 4KD e Paillot (1925) (20), renderebbe ragione di alcuni fatti precedentemente riferiti, e precisamente: a) La fluorescenza dello strato intermedio e del velo di tutti i bozzoli esaminati è, come si è già detto, più biancastra di quella dello strato esterno (e ciò indipendentemente dalla intensità e dalla distribuzione del pigmento colorante nei di¬ versi strati). Ora si è visto che è precisamente negli ultimi strati che la fibroina è più abbondante ed è quindi naturale ammettere che la sua propria fluorescenza altrove troppo debole e masche¬ rata dalla più intensa fluorescenza dovuta alla sericina e a.1 pigmento si renda evidente negli strati interni ed agisca nel senso di determinare un tale imbiancamento. b ) Anche la minore intensità della fluorescenza della seta greggia e il volgere al bianco del suo colore in confronto all’ intensità e al colore della fluorescenza dei bozzoli della razza corrispondente può venire spiegata dalla maggiore per¬ centuale di fibroina in confronto a quella minore della sericina presente nella seta greggia in relazione a quella presente nei bozzoli. c ) Finalmente non è escluso che la minore intensità della fluorescenza dei bozzoli bianchi perfetti rispetto a quelli difet¬ tosi possa derivare dalla maggior quantità di fibroina rispetto alla quantità di sericina contenuta nei primi. SULLA FLUORESCENZA ECC. 375 Ad ogni modo questa ipotesi necessita una conferma spe¬ rimentale di natura chimica. Per ora si può pertanto ritenere probabile che la fibroina presenti una debole fluorescenza bianca. L’influenza della sericina risulta dalle mie osservazioni più evidente di quella della fibroina. Essa mi pare perfettamente determinata dall’ esame dei se¬ guenti fatti : 1) La sericina solida mostra- alla luce di Wood una fluorescenza azzurrognola : all’ esame spettroscopico le luci di fluorescenza eccitate dalle singole radiazioni sono analoghe a quelle dei bozzoli della 2 classe ; 2) Immergendo in acqua bollente o in acido acetico dei bozzoli a fluorescenza azzurrognola oppure dei bozzoli a fluo¬ rescenza giallo verde già precedentemente decolorati mediante preventiva breve immersione in acido acetico, la soluzione nostra alla luce di Wood una bella fluorescenza azzurrognola la cui lunghezza d’onda s’aggira intorno ai 4800 A. valore già otte¬ nuto per la fluorescenza azzurrognola dei bozzoli integri. 3) La fluorescenza azzurrognola è particolarmente eccitata ° dalla radiazione incidente di 3125 A e da quelle più brevi di tale valore. Si è visto infatti che nei bozzoli della classe 2 la luce di fluorescenza corrispondente a tale radiazione è più in- o tensa di quella dovuta alla radiazione di 3650 A e che nei bozzoli della classe 3 soltanto la luce di fluorescenza eccitata dalla radiazione di 3650 A è giallo verde; le altre sono azzur¬ rognole. Tutto ciò attesta che : La sericina ha una fluorescenza azzurrognola che viene o eccitala particolarmente dalla radiazione incidente di 3125 e da quelle di lunghezza- d'onda minore di tale valore. La lunghezza d' onda di tale luce di fluorescenza si aggira in¬ torno ai 4800 A. Infine la fluorescenza propria della materia colorante può esser facilmente dedotta dalle seguenti considerazioni : o 1) Tutti i bozzoli nei quali la radiazione di 3650 A ec¬ cita una fluorescenza giallo verde sono pigmentali o in giallo oro (strati esterni dei bozzoli u Giallo oro cinesi n e intermedi degli u Indigeno puro r>) o in verde giallo (« Verde cinese » ; « Bianco Brussa » e u Bianco sferico cinese » con lieve sfu- 376 S. BEER matura verdastra). I due pigmenti non sembran però essere ugualmente fluorescenti : infatti i bozzoli u giallo oro r e u in¬ digeno r anche nelle parti ove sono intensamente colorati hanno in media una fluorescenza alquanto più debole di quelli delle altre razze ; non solo, ma 1’ esame spettroscopico li attribuisce alla classe 3 (nella quale soltanto la luce di fluorescenza ecci- o tata dalla radiazione di 3650 A è giallo verde, le altre essendo azzurrognole). Al contrario i bozzoli « verde cinese r sono i più intensa¬ mente fluorescenti e in base all’ esame spettroscopico sono col¬ locati (anche per lo strato intermedio dove la quantità di pig¬ mento è piccola) nella classe 1 : alla stessa classe appartengono i bozzoli bianchi che presentino una lieve sfumatura verdastra; soltanto la faccia interna del velo dei u verde cinese r (il quale è affatto bianco) e alcuni bozzoli bianchi (che a luce ordinaria non rivelano tracce di pigmento o ne presentali tracce appena percettibili) appartengono alla 3 classe. Ciò fa supporre che ambedue i pigmenti abbiano una fluo¬ rescenza di egual colore ed eccitata dalla stessa radiazione, ma che quella del pigmento verde giallo sia molto più intensa di quella del pigmento giallo oro. Mentre tracce minime di materia colorante verdastra esaltano notevolmente l’intensità della fluo¬ rescenza, la materia colorante giallo oro non solo non aumenta la fluorescenza, ma, se mai, ha su di essa un’ azione inibente. Ciò sarebbe confermato non solo dalla minore intensità della fluorescenza delle razze gialle rispetto a quella delle razze bianche e della verde, ma anche dalla prova fatta che la de¬ colorazione della seta gialla ne aumenta la fluorescenza (la quale è allora non più giallo verde, ma, naturalmente azzur¬ rognola) e che la fluorescenza propria di una soluzione di acqua e sapone diminuisce quando in essa si sia fatta bollire della seta gialla. 2) In tutte le osservazioni compiute si è visto che la presenza della materia colorante (gialla o verdastra) esclude 1’ attribuzione del campione in esame alla classe 2. 3) L’acqua nella quale ha bollito o l’acido acetico nel quale fu immerso il bozzolo a fluorescenza giallo verde, mostra alla luce di Wood una viva fluorescenza di tale colore: la sua lunghezza d’ onda si aggira intorno ai 5400 A valore uguale a quello trovato pei bozzoli « verde cinese r integri. SULLA FLUORESCENZA ECO. 377 4) La fluorescenza giallo verde è eccitata dalla radiazione di 3650 A • nei campioni della classe 1 infatti, la luminescenza eccitata da tale radiazione è superiore a tutte quelle eccitate dalle altre radiazioni ; e nei campioni della classe 3 soltanto a tale lunghezza d’onda eccitante corrisponde una luce di fluo¬ rescenza giallo verde : le altre sono azzurrognole. Da queste considerazioni sembra naturale trarre la con¬ clusione che : La materia colorante , tanto qzcella verdastra dei bozzoli u Verde chiese » e di alcuni bozzoli bianchi , quanto quella gialla dei bozzoli « Giallo oro n e u Indigeno puro » ha , nei casi osservati, una fluorescenza sempre giallo verde , che è do¬ vuta in maniera particolare all azione della* radiazione in- o dolente di 3650 A f1). Ma la fluorescenza del pigmento verda¬ stro è vivissima ; sicché bastano piccole quantità di esso per far sì che il bozzolo, oltre che manifestare una fluorescenza particolarmente intensa, (specialmente rispetto alla radiazione incidente di 3650 A), presenti tutte le luci di fluorescenza del colore proprio della fluorescenza del pigmento (cioè giallo-ver¬ dastro), mascherando perciò la fluorescenza azzurrognola propria della sericina. Non così invece può dirsi del pigmento giallo, la cui pre¬ senza, anche in quantità notevole, non solo non maschera mai la fluorescenza della sericina (la quale compare con la sua tinta azzurrognola nelle luci di fluorescenza provocate dalle radiazioni A 3125 A, restando quella giallo - verdastra del pigmento limitata alla sola luce di fluorescenza eccitata dalla o radiazione di 3650 A), ma pare anzi diminuire la luminescenza totale del campione in esame. Il fatto che tanto i pigmenti verdastri quanto quelli gialli hanno una fluorescenza dello stesso colore ed eccitata dalle stesse radiazioni, e differiscono fra loro solo per 1’ intensità, potrebbe essere un argomento in favore della tesi sostenuta da (1) Dagli studi della Lomrardi (v. pag. 347) risulterebbe « che i bozzoli di co¬ lore giallo sono i più ricchi in seta ». Evidentemente 1* A. per « seta » intende la fibroina che è la parte della bava industrialmente utilizzata. Ora il fatto — che sarebbe qui stabilito — che la fluorescenza gialla è dovuta al pigmento e che la fibroina ha una fluorescenza bianca, condurrebbe secondo questa conclusione della Lombardi ed ammettere 1’ esistenza — a parità di razza — di una proporzionalità diretta fra sostanza colorante e fibroina. 24 378 S. BEER coloro (Vaney et Pelosse) (36 e 37) (1922) i quali ritengono che i diversi pigmenti della seta traggano una medesima origine e differiscano fra di loro solo per il diverso grado di ossida¬ zione subita dalla sostanza primitiva per opera della tirosina secreta dai leucociti del sangue del baco. La diversa intesità della fluorescenza potrebbe inoltre mettersi in relazione con tale diverso grado di ossidazione, la quale — sempre secondo i suddetti autori — sarebbe minima pei colori gialli (bozzoli a giallo oro n e u indigeno r>), media per i verdi (bozzoli a verde cinese »), massima per i bianco-verdastri (bozzoli bianchi a sfumatura verdastra). La questione dell’ origine dei pigmenti della seta — rite¬ nuti da alcuni (Vaney et Pelosse) derivanti direttamente dai pigmenti xantofillici del gelso ; da altri invece (C. Acqua, 1923 (1)) ritenuti prodotti, come la seta stessa, dall’ elaborazione di speciali organi — non è ancora risolta. Non è quindi impro¬ babile che gli studi fìuoroscopici sulla seta, sul sangue del baco e sui pigmenti fogliari del gelso, possan portare un con¬ tributo alla risoluzione di questo interessante problema. Con queste fondate ipotesi sulla fluorescenza della fibroina della sericina e della sostanza colorante, è possibile spiegare alcuni dei fenomeni fìuoroscopici osservati nei primi due gruppi di ricerche (ricerche sui bozzoli, sulla seta e sui suoi sotto- prodotti). Innanzi tutto noteremo che la distinzione dei bozzoli (e dei campioni di seta) in tre classi è spiegata dalle differenti pro¬ porzioni relative della sericina e della sostanza colorante : la fibroina ha una fluorescenza talmente debole che la sua azione risulta ben raramente evidente, specialmente nei campioni in¬ tegri dove i filamenti di fibroina sono sempre circondati da un involucro di sericina pigmentata o no. Nei bozzoli, dove, come si è visto, la quantità di sericina diminuisce dall’ esterno al- P interno, è soltanto negli strati intermedi, e — più ancora — in quello interno che la fluorescenza biancastra della fibroina compare e modifica perciò la tonalità giallo-verde o azzurro¬ gnola della luminescenza propria dell’ esemplare in esame, ren- dendendola più biancastra. Ciò si verifica naturalmente anche nella seta greggia rispetto ai bozzoli e, meglio ancora, nei cam¬ pioni sgommati rispetto a quelli integri. La sostanza colorante verdastra ha invece una fluorescenza giallo verde talmente intensa che la sua presenza anche in SULLA FLUORESCENZA ECC. 379 quantità piccole è sufficiente per far sì che o soltanto la luce di fluorescenza eccitata dalla radiazione di 3650 À oppure, (se tale pigmento è in quantità maggiore) tutte le luci di fluorescenza dovute a tutte le radiazioni U. V. incidenti abbiano un tale colore : nel primo caso il campione considerato appartiene alla 3 classe (alcuni bozzoli u bianco Brussa a e « bianco sferico ci¬ nese ») ; nel secondo caso esso appartiene alla prima classe (tutti i u verde cinese » ed alcuni bianchi). Ma è chiaro che, poiché il filtro di Wood trasmette quasi esclusivamente il gruppo di radiazioni intorno a 3650 A, in ambedue queste classi la fluore¬ scenza alla luce di Wood sarà giallo verde: tutt’ al più, se il campione in esame appartiene alla 3 classe, tale fluorescenza giallo verde sarà mista di quel poco di azzurrognolo dovuta o alla luce eccitata dalla radiazione di 3125 A la quale è in pic¬ cola parte trasmessa dal filtro. Il pigmento giallo oro, invece, per quanto si è detto sopra, anche se presente in quantità notevole non maschera mai la fluorescenza azzurrognola dovuta alla sericina. j E per questa ragione che i bozzoli giallo oro e indigeno puro appartengono alla 3 classe. Inoltre la minore intensità della loro fluorescenza rispetto a quella dei bozzoli di altre razze è spiegata dall’ azione inibente che sulla fluorescenza ha tale pigmento. Lilialmente la sericina, la cui fluorescenza azzurrognola è eccitata specialmente dalle radiazioni di 3125A, e da quelle più brevi, determina l’appartenenza del campione esaminato alla 2 o alia 3 classe ; il campione in questione ap¬ parterrà alla 2 classe e avrà allora alla luce di Wood fluore¬ scenza azzurrognola. 1) Quando il pigmento verdastro è assente del tutto (al¬ cuni bozzoli u bianco sferico cinese »). 2) Quando la quantità di sericina è molto notevole (spel¬ lala di tutti i bozzoli). / 3) Quando il pigmento giallo oro è assente del tutto (faccia interna dello sti/ato interno dei bozzzoli u giallo oro r>). 4) Quanto il pigmento giallo oro è presente in piccola quantità specialmente se la percentuale di sericina è notevole (struse e strato esterno dei bozzoli u giallo indigeno puro », taccia interna dello strato interno dei bozzoli indigeno puro). 880 S. BEER Alla 2 classe appartengono pure tutti i soggetti pigmentati dopo una sgommatura sufficente per eliminare la sostanza co¬ lorante ma insufficente per togliere le ultime tracce di sericina. Infine nella 3 classe saran compresi tutti gli esemplari colo¬ rati in giallo oro, quelli verdi nei quali la quantità di pigmento verdastro non è sufficente per determinarne l’appartenenza alla 1 classe e quelli nei quali la percentuale di sericina è troppo piccola rispetto alla pur piccola quantità di sostanza colorante per far sì che essi appartengano alla 2 classe. Tale è il caso degli strati esterni e intermedi dei bozzoli « giallo oro » e u indigeno puro », dei bozzoli bianchi a lieve sfumatura verda¬ stra, e della faccia interna strato interno dei u verde cinese », nonché, infine, della seta greggia gialla e bianca. Anche i cam¬ pioni della 1 classe (verde cinese e alcuni bianchi) apparterranno dopo la sgommatura, — di solito mai completa — alla 3 classe (mentre quelli della 3 classe passeranno, dopo la sgommatura, alla 2). Riassumendo tutto quanto è stato detto fin qui, si vede che gli aspetti fluoroscopici della seta sono in stretta relazione con la sua composizione qualitativa e quantitativa. Le ricerche fluorosco piche potranno chiarire alcuni dei problemi ancora insoluti intorno alla composizione e all’origine stessa degli elementi costitutivi della seta. Ed è con questa speranza che intendo proseguire tali studi che saranno appro¬ fonditi e integrati con accurate indagini di indole chimica. Mentre scrivo queste righe ( Giugno 1928 ) la mente e il cuore di tutto il mondo civile son rivolti ansiosi alla sorte degli eroici trasvolatori del Polo. Desidero quindi esprimere qui al valoroso Prof. Aldo Pontremoli — che fa parte di quei prodi attualmente sperduti nelle immense solitudini ghiacciate del¬ ti Artide — accanto alla mia vivissima riconoscenza per tutto quello che Egli ha fatto per 'me e per la buona riuscita di queste ricerche , V augurio fervido che è fede sicura di’ Egli possa venir presto restituito al bene della Scienza italiana e all* affetto di tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerLo e quindi di amar Lo. Milano, Gingilo 1928, Anno VI. SULLA FLUORESCENZA ECO. 381 BIBLIOGRAFIA A) -Libri. (I) Berlese A. — Gli Insetti. Soc. Ed. Libraria, Milano, 1909-1925. (II) Guillaume A. C. — Les radiations lumineuses en physiologde et thérapeutique. Masson ed., Paris, 1924. (Ili) Lexard P., Schmidt F., Tomaschex R. — Phosphoreszenz nnd Fluores/.enz. Handbuch der Exprimentalphysik. Akademische Ver- lagsgesellschaft, Leipzig, 1928. (IV) Lymax Th. — L’ Ultraviolet. F. Alcan, Paris, 1924. 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R. Ass. Anatom. Liège, Mars 1926. (29) Id. et Derrien E. — Sur P utilisation en anatomie et en histo¬ logie des fluorescens par les radiations ultraparaviolettes de Wood (autour de A = 3650 A) C. R. Ass. Anatomistes. Turili, Avril 1925. (30) Id. et Id. — Sur Paccumulation d’une porphyrine dans la glande de Harder des rongeurs du genre « Mus » et sur son mode d’ ex¬ erétion. C. R. Soc. Biol. T. 91, 1924, p. 637. (31) Id. et Id. — Sur les fluorescences rouges de certains tissuss ou sécréta animaux en lumière ultraparaviolette (autour de A =3650). C. R. Soc. de Biol. T. 92. 1925, p. 1028. (32) Id. et Id. — Nouvelles observations de fluorescences rouges chez les animaux. C. R. Soc. Biol. T. 92, 1925, p. 1030. 384 S. BEER - SULLA FLUORESCENZA ECC. (33) Id. et Dubosq 0. — Ulcérations tégumentaires de « Squilla mantis» et leur fluorescence en lumière de Wood. C. II. Soc. Biol. T. 93, 1925, p. 1090. (34) Id. et Harant H. — Sur la pareuté eutre les cellules vacuolaires et les vescicules rénales d’ « Ascidia mentula » Muli., et 1’ examen de ces éléments en lumière uhraparaviolette. C. R. Soc. Biol. T. 95, 1926, p. 1535. (35) Id. et. Millot J. — Sur la fluorescence en lumière ultraparavio- lette filtrée (lumière de Wood) des glandes sericigènes e de cer- tains éléments fìgurés du sang des Araignées. C. R. Soc. Biol. T. 94, 1926, p. 171. (36) Testi Dragone G. — Contributo allo studio della fluorescenza del clorocloma ai raggi ultravioletti. Rendic. Acc. Lincei, Voi. 6, 1927, p. 179. (37) Tonon A. — Influenza delle radiazioni della lampada a- vapori di mercurio in tubo di quarzo sulle uova di « Bombyx mori />. Boll. Sericoltura, A. 34, 1927, N. 51. (38) Vaney Cl. et Pelosse J. — Relation entre le sang et la colora tion du cocon cliez le « Bombyx mori ». C. R. Ac. Se. T. 174, 1922, N. 21. (39) Id. et Id. — Origine de la coloration naturellè de la soie chez le « Bombyx mori ». C. R. Ac. Se. T. 174, 1922, p. 1566. Dott. Edgardo Moltoni Professore nella Sezione di Zoologia del Museo Civico di Storia Nat, di Milano SULL’ INVASIONE DEL CROCIERE IN ITALIA NEL 1927 Nel 1927 in Italia avvenne un’insolita invasione di Crocieri ( Loxia curvirostra curvirostra , L.) dovuta ad immigrazione di successivi branchi , più o meno numerosi, provenienti dalle re¬ gioni di oltre Alpi. Da una piccola inchiesta da me condotta in proposito tra cacciatori ed appassionati, anche a mezzo giornali cinegetici (1), mi risulta che questa interessante specie erratica comparve in Italia nelle sottoindicate regioni a fianco delle quali aggiungerò alcune delle osservazioni comunicatemi. Piemonte: a) 111 Borgofranco d’ Ivrea all' ingresso della valle d’Aosta il giorno 24 o 25 settembre, dopo che durante la notte aveva soffiato un fortissimo e gelido vento, sui pini del giardino del sig. G. Armandi ne furono visti una trentina di individui, dei quali sette uccisi con successive fucilate senza che i superstiti si spaventassero per le detonazioni ; soltanto dopo 1’ ottavo colpo fuggirono verso le vicine montagne della Valle d’Aosta; il giorno dopo nello stesso luogo ne fu catturato ancora un individuo che era però isolato. Gli individui uccisi erano : 3 $ 9 ad., 1 vecchissimo, 2 crd" vecchi ed 1 ^ ed 1 $ giovani. b) Nel settembre-ottobre ne è stata constatata una grande ed insolita abbondanza nei boschi di Conifere nell’ alta Valle di Susa, ed in modo particolare nei dintorni di Oulx ; sul con¬ trafforte che divide la Cesana dalla Bordonecchia (circa 2000 m. (1) II Cacciatore italiano del 1927, n. 41 ; del 1928, n. S, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17 21. Il Corriere del Cacciatore del 192S, n. j, 9, io. \ 25 386 ED. MOLTONI s. 1. m.ì turo no visti ancora il 30 ottobre : erano a branchi ' 7 numerosi, forse centinaia, e si lasciavano facilmente osservare; ne furono catturati per curiosità dal relatore sig. Odiard Des Ambrois, tre maschi adulti, che facevano parte di un numeroso branco che copriva addirittura la cima di un grosso larice. c) Nella pineta dell ? Elveto (Casteldelfìno, Cuneo) il 14 - X - 1927 il dott. V. Parato uccise un giovane Crociere, a circa 1700 m. s. 1. m., che destò la curiosità di due cacciatori di professione della vallata che lo accompagnavano a caccia, i quali non ne avevano mai visti. d) A Navette di Tenda (Cuneo) a circa 1800 m. s. 1. m., regione ricca di larici, ne furono visti sovente nel 1927 voli abbastanza numerosi; il 20 - IX ne furono uccisi 5 di diverso sesso ed età, e, da quanto mi scrive il sig, A. Fossati che mi comunicò le notizie riferentisi a questa località, e che la fre¬ quenta da molti anni, nel 1927 si ebbe un passo discreto su¬ periore a quello delle annate 1924, 25, 26, però il passo, per numero di individui più cospicuo, lo notò nel 1922. In certe annate in detta località il passo del Crociere fu nullo o minimo. Liguria: a) Dalla provincia di Imperia il sig. B. Casale mi comunica che non si ricorda nella provincia un forte pas¬ saggio di Crocieri come nel 1927 ; i primi branclietti compar¬ vero alla fine di luglio ed il passaggio più forte si verificò verso la metà di agosto ; viaggiavano in branchi da 5 a 80 in¬ dividui e benché la caccia fosse ancora chiusa ne furono cat¬ turati molti; erano tutti soggetti giovani; qualche individuo passò pure nella prima quindicina di settembre. I Crocieri pro¬ venivano da ponente ed erano obbedientissimi al richiamo ; vennero catturati facilmente con panie abilmente disposte sopra piccoli pini. Nei giorni di forte passo ne furono visti anche 200 individui per valico. b) L’ avv. G. Giribaldi da Bordighera mi scrive che in ottobre se ne videro molto pochi e che il passo di luglio ed agosto non potè osservarlo perchè si trovava al piano. Nell'in¬ verno 1927-28 però, a Bordighera stessa., nella sua villa ne uc¬ cise due di colore rosso attirati dal canto di un richiamo. Lombardia : d) Nei dintorni di Capiago, Alta Brianza (Como), m. 425 s. 1. m., ne furono catturati in. tutti i roccoli, ma non in numero rilevante secondo quanto mi scrive T avv. sull’invasione DEL CROCIERE IN ITALIA NEL 1927 387 A. Nessi ohe ne ha catturati adulti e giovani, anzi mi dà anche le notizie che nel 1924 e 1926 nei libri delle prese del suo roccolo non vi è cenno di prese di Crocieri, mentre ne furono registrati 67 da agosto a novembre nel 1925. Il 19 - II - 1928 dall’uccellatore dell’ avv. Nessi furono visti ancora individui di Crociere. b) Dalla stessa località il sig. Cl. Orsenigo mi comunica che colà i Crocieri sono giunti verso la line di maggio e vi è stato un buon passo per tutto giugno che è terminato dopo la metà di luglio : nelle sue reti che furono messe il 15 agosto non ne prese sino verso la metà di settembre ; ne prese poi in ottobre, novembre, dicembre, però molto saltuariamente e nelle belle giornate ed in numero maggiore tra le 9 e le 11 antimeridiane ; ha asservato che nessun gruppo ha fatto la via di ritorno e che essi sono arrivati sempre da levante; verso la metà di gennaio 1928 ne vide un giorno grossi voli sempre provenienti da levante ; mi comunica pure che di solito questa specie quando passa, passa sempre dal giugno alla metà di luglio e ritorna in novembre. c) Il sig. R. Erba comunica che nel suo appostamento di Merate (Brianza) ne catturò, senza però avere i richiami, quattro individui di colore rosso ai primi di settembre ; gli consta inoltre che le catture furono abbondanti sia in settembre che- più tardi, nella plaga di Merate e Montevecchio. d) Il dott. E. A. Perego comunica pure la cattura di un Crociere di un bel colore rosso-scuro avvenuta il 20 ottobre 1927 nella sua antica bressanella di Garbagnate Monastero in località detta Selva (Alta Brianza), ed avverte pure che i Cro¬ cieri avevano compiuto il passo in luglio ed agosto anche nella regione Bergamasca ed a Iseo, e che nell’ Alta Brianza non passano regolarmente e stanno molti anni senza farsi vedere. e) Il dott. C. Vandoni ne regalò al Museo due individui (cf e 9 a(h) catturati nel piano di Colico in novembre 1927. f) Il dott. A. Duse per la provincia di Brescia annuncia che il passaggio dei Crocieri nel 1927 incominciò nel giugno e si intensificò a diventando eccezionale per abbondanza ed estensione nel mese di luglio : da tutte le cime, da tutti i passi calarono i branchetti di giovani individui, talora molto nume¬ rosi (20-30 per gruppo) diffondendosi dalla regione dell’ abete 388 ED. MOLTONI a quella del castagno e della quercia, scendendo persino nella campagna coltivata r> ; il passaggio si protrasse meno abbon¬ dante fino a metà agosto e cessò dopo questa data ; riprese nel passo autunnale verso la seconda metà di settembre « i curiosi uccelletti presero in senso inverso la via delle Alpi da cui erano discesi a giugno ed il passo fu copiosissimo : i Roccoli di montagna, tra i 500 e i 1000 metri specialmente nelle zone ricche di conifere, non ricordano a memoria d’uomo un passo così abbondante. In qualche uccellanda di Bagolino si supera¬ rono in giornata i 100 individui catturati. Eccezionale è stata anche la durata del passo che, come dicemmo, s’iniziò verso la fine di settembre e quasi senza soste continuò in ottobre, novembre e dicembre ; alla fine d’ anno, epoca della chiusura della caccia agli uccelli silvani per la nostra provincia, il passo non era ancora del tutto esaurito ». Il relatore continua noti¬ ficando che gli individui da lui esaminati (centinaia) avevano un’ infinita varietà di vesti rispetto al colore e che non ha tro¬ vate altre specie di Loxia all’ infuori del Crociere comune (1). g) Pure da Brescia il sig. B. Monte verde in data 2 - III - 1928 comunica che durante il 1927 il passo del Crociere si iniziò nella seconda decade del mese di giugno e che durò ininter¬ rotto fino al 10 agosto per poi riprendere in dicembre e dura tuttora (marzo 1928) ; da parecchi anni, egli scrive, non si re¬ gistrava un passo così forte e con gruppi così numerosi di in¬ dividui giovani. li) Ila. Brescia, l’anonimo prof. P. L. G. (2), comunica che mentre si trovava, a Cevo, Valle Camonica, a più di 1000 m. s. 1. m., verso la fine di luglio i Crocieri erano a numerosi gruppi nelle pinete, sì che qualche pino fu letteralmente spo¬ glio dei suoi coni ; si mantennero numerosi fin verso la metà di agosto tanto che alcuni incuranti delle leggi, usciti coi fu¬ cili, ne riportarono in poche ore più di 100, che erano in pre¬ valenza individui giovani : la retroguardia di questi gruppi si fermò fino ai primi di settembre ed alcuni individui anche fino alla metà di detto mese. i) Il maestro A. Bassi (Il Cacciatore Italiano , n. 21, 1928) scrive: u Nella nostra Valle Camonica, in vari posti di moli¬ li) Il Cacciatore italiano del ir> aprile 192S, p. 363. (2) Il Corriere del cacciatore dell’ s - III - 1928. p. 153. SULL’INVASIONE DEL CROCIERE IN ITALIA NEL 1927 389 lagna (tra i 1000 e 1500 metri s. m.), apparvero alcuni gruppi di becchi in croce {beco storc) nell’ autunno 1926 e in certi posti vi restarono tutto 1’ inverno 1926-27. Nel maggio 1927 questi piccoli gruppi ingrossarono improvvisamente in modo mai visto da ricordo di gente. Le pinete, stracariche di frutti, brulica¬ vano di questi ingenui distruttori dei semi di abete e di larice... Qui a Ossitno e Borno . il Crociere stazionò fino verso la fine di dicembre . Nel 1927 in queste pinete ha nidificato e in luglio, in agosto, in settembre e perfino in ottobre e no¬ vembre si trovavano covate di Crociere appena uscite dal nido... ...Il nido viene costruito con muschio, pagliuzze ecc. sui rami degli abeti e dei larici, contro il tronco, ben nascosto: raramente però sugli alberi alti. Preferisce le conifere giovani e fitte, dove 1’ uomo quasi non può penetrare. Nessuno però si ricorda di averne visti tanti, nè tanto meno di averli visti nidificare qui. Vi sono state altre volte forti passate, ma soltanto in giugno e luglio e poi sparivano . Mi ricordo che la vigilia di Natale ritornavo dall’ alta montagna . ad un certo punto (a 1500 metri di alt.), sento il noto pigolio di due piccoli Crocieri, uno su un abete e 1’ altro su un altro, al di sotto di me. Non li potevo scorgere ; finalmente capitò la madre e mentre appre¬ stava il cibo a uno dei piccoli, li raggiunse il fatale piombo e caddero entrambi col becco pieno di piccoli semi di abete... ... La media delle covate è da 3 a 5 . I) Da Piazzatorre (Bergamo) il dott. Gr. Bonandrini mi comunica che il passo nella regione Bergamasca nel 1927 fu abbondantissimo : cominciò in luglio e si protrasse fino a di¬ cembre ; in un roccolo di Piazzatorre questo autunno se ne catturarono più di un migliaio. Moltissimi si fermarono anche nei mesi invernali, ma ora (maggio 1928) se ne sono andati. Per la regione Bergamasca, secondo il Bonandrini, il Crociere è di passo molto vario ed irregolare ; pochi individui ed affatto accidentalmente nidificano. Accidentalmente hanno nidificato in pieno inverno anche in Valtellina nei boschi sopra i Campelli (m. 1600 s. 1. m.). in) Io posso attestare che sul mercato di Milano nell’ in¬ verno 1927-28 i Crocieri morti arrivarono in grande quantità (1). (1) Quando queste bozze erano già impaginate ho avuto notizia dal Dott. E Borri che nel 1927. nel suo roccolo posto a Marcliirolo (Valgannaj, furono catturati 34 crocieri (1 in agosto, 4 in settembre, 10 in ottobre e 19 in novembre); nel 1926 ne furono presi due soltanto (ultimi di ottobre). 390 ED. MOLTONI Venezia Tridentina : a) Il sig. C. Bresciani mi scrive che nel 1927 nelle zone da lui frequentate lungo la catena di monti compresa tra la valle dell’ Adige e quella del fiume Sarca, dal Dosso di Abramo (2180 m. s. 1. m.) al monte Baldo (2079), ed in specie nella regione detta Campo (1500) più a nord ed in basso dello Stivo (2058) ha assistito dal 10 al 13 settembre ad una vera e propria invasione di Crocieri che a zone coprivano letteralmente tutti i larici ; notifica pure che il passo è stato abbondantissimo non tanto per il numero d’ individui, giacché anche nei soliti passi che avvengono nella regione, in generale dalla metà di luglio ai primi di settembre, si trovano sempre numerosissimi, ma più perchè a differenza degli anni scorsi il passaggio si è prolungato persistentemente fino ai primi di dicembre, cosa che succede di rado. Ricorda pure che. alcuni giorni prima di Natale essendosi recato a Rovereto ed a Trento ne vide sui mercati di queste due città a centinaia. b ) Il doti. S. Menestrina da Rumo (Trento) mi rende noto che nel 1927 ne ha osservato un passo molto più abbon¬ dante del solito, fin dal settembre, nel Trentino occidentale dalla Val d’ Adige al Tonale, e che non ha mai visto nè sentito dire che il Crociere nidifichi in queste regioni. c) Il sig. M. Della Chiesa vide alcuni individui grigi verso la metà di luglio sull’altipiano di Folgaria; ne vide poi diversi sciami negli stessi luoghi fino al 12 agosto, con predo¬ minanza di individui giovani ; alla fine di agosto ne vide altri aggruppamenti nei boschi della Mendola formati da individui diversamente colorati. d) Il Sig. M. Getto comunica che nelle località montane ove caccia di solito poste a N-E di Borgo Valsugana (Val Ca- lamento, Monte Salubio, Musiera e luoghi circonvicini), vi fu nel 1927 un abbondantissimo passaggio di Crocieri : u I primi gruppi arrivarono già durante il mese di luglio ed a questi si unirono ben presto numerosi altri branchi, che invogliati dal cibo molto abbondante e dal buon tempo, elessero quartiere generale nei luoghi di cui sopra e ivi si trattennero durante 1’ estate, 1’ autunno e parecchi anche durante T inverno n. I primi arrivati erano giovani (color grigio-cenere) ed a poco a poco mutarono 1’ abito così che verso la metà di settembre e primi di òttobre quasi tutti gli individui da lui osservati ave¬ vano una tinta aranciato-d’ oro, oppure rossa, o di un bel verde* sull’ invasione DEL CROCIERE IN ITALIA NEL 1927 391 I roccoli ne presero moltissimi, uno di essi durante una gior¬ nata. brumosa ne catturò circa un centinaio. Il sig. Cetto stesso ne prese centosette. « Concludendo posso dire che, anche a detta dei vecchi cacciatori, erano molti anni che non si veri¬ ficava un passo così abbondante di Crocieri, come quello dei- fi anno scorso (1927) e che tutti quelli che si sentirono attratti da questa caccia facile e rimunerativa, sia colle panie, sia col fucile, (col permesso o senza) ne poterono prendere numerosi. So d’ altronde, per informazioni avute, che non solo nei luoghi da me nominati, ma anche in tutta la Yalsugana (che inizia a Pergine), ci fu generalmente un buon passo di becchi in croce ìi ( 1 ). e ) Il sig. P. Yaldagni da Campolongo di Jenna (Pergine) mi scrive (in Hit. 17 - IV - 1928) che i Crocieri li osservò quasi giornalmente da metà agosto alfi ultima decade di set¬ tembre, continuarono poi più o meno tutto fi ottobre, novembre e dicembre ; dall’ alta montagna seppe che ce ne furono tutto l’inverno in grande quantità; un suo amico poi gli scrisse da Trento che nell’ altipiano di Pinè « nel corso del marzo pas¬ sato (1928) ne furono catturati addirittura una enorme quantità, tanto che per conservarli li misero sotto aceto come si fa coi peperoni r> ! ! Aggiunge poi in un’altra lettera (10- Y- 1928) che si tratta di uccelli rimasti dallo scorso anno 1927, e che pare sia avvenuta la nidificazione, per il fatto che nella sua zona, quantunque a quota bassa, se ne vedono quasi tutti i giorni ed anzi sembrerebbero giovani che fanno esercizi di volo. f) Da Predazzo il sig. GL Dellagiacoma mi scrive che nel 1927 il passo dei Crocieri fu molto più numeroso del passato. g) Il Conte E. Arrigoni Degli Oddi mi scrive: «Circa i Crocieri ne ho veduti in grande quantità in diversi luoghi, sopratutto nel Trentino ove nell’ agosto 1927 erano abbondan¬ tissimi e se ne mangiavano in quantità ; ne ho trovati molti anche sul mercato di Milano ed in un negozio la cui via sbocca in via Meravigli in una mattinata ve n’ erano a centinaia ». (i) Il Corriere del Cacciatore , marzo 1928, n. io. 892 ED. MOLTO NI Venezia Erigane a : a) Il sig. L. Cosentini mi scrive che a Tonezza (Vicenza) nel 1927 il passo giugno-luglio fu abbon¬ dantissimo, meno abbondante, ma egualmente buono, il ripasso ottobre-novembre; il passo (giugno-luglio) fu sugli altipiani di Asiago, Tonezza e Folgaria, fortissimo e con una percentuale dell' SO 0/0 di giovani (tinta verde-giallo-scuro) in branchi da cinque a otto individui, rari gli isolati e rarissimi in branchi di più di venti ; passavano dall’ alba alle 9 ant. e pochi alla sera; nelle ore intermedie i branchi erano fermi a cibarsi suoli abeti, spostandosi raramente da una pianta all’ altra. Il ripasso (ottobre-novembre) fu minore come quantità, ma esclusivamene di individui adulti (tinta rossa, rosso-gialla, gialla) a branchi più numerosi ma di breve fermata. Alcuni roccoli compreso quello del sig. Casentini ne catturarono, qualche giorno, anche una cinquantina. Egli mi notifica pure che prima della guerra quando i boschi di abeti erano intatti, sugli altipiani sopracitati si aveva un passo quasi regolare ed abbondante di Crocieri, e qualche anno era addirittura abbondantissimo. Ricorda un passo abbondantissimo nel 1906 in cui da ragazzo, sparando col fucile meno di quaranta colpi ne uccise 126 individui in una località vicino a Eotzo (altipiano di Asiago), ed un suo cugino al capanno con due crocieri in gabbia, ne uccise da solo in una giornata 268. Altri passi eccezionali si ebbero nel 1912 e nel 1917. Scop¬ piata la guerra colla distruzione dei boschi di abete i Crocieri divennero molto più rari. b) Il eav. A. Coletti da Pieve di Cadore scrive che sulle Dolomiti il Crociere è pressoché stazionario e che nel 1927 nella regione cadorina ha compiuto attraverso i monti durante V estate e V autunno un passo copioso e tale da essere consi¬ derato straordinario tanto più che dal 1911-12 fu questa la prima volta in cui il fenomeno si ripetè. I primi gruppi appar¬ vero in luglio e contrariamente a quello che avviene nel passo normale, che non si protrae mai oltre la prima quindicina (di agosto, il passo è continuato più numeroso e compatto nell’ au¬ tunno. u I roccoli di montagna e gli stessi uccellatori a paì- moni ne fecero discrete catture, ma si è notato con sorpresa che contrariamente alla sua indole e tradizionale mansuetudine il crociere del 1927 è stato assolutamente refrattario alla voce dei richiami ed a qualsiasi allettamento usato dagli uccellatori SULL’INVASIONE DEL CROCIERE JN ITALIA NEL 1927 893 per facilitare la cattura . Vi sono state delle giornate in ot¬ tobre che il passo è stato così intenso, che ove i Crocieri aves¬ sero ubbidito ai richiami numerosi, nei roccoli di montagna se ne sarebbero presi a sacchi ! » 1 ’1) . Furono catturati anche individui con ali fasciate di bianco che localmente sono chiamati Crocieri con le ali di fringuello, ed a a Valle di Cadore, negli ultimi giorni di ottobre sopra un palinone è stato catturato un maschio di Crociere, in una gamba del quale, solamente troppo tardi, venne scoperto un anellino portante le indicazioni dell’Istituto Biologico di Hel- goland n (2). Esso era stato catturato ed inanellato nell’ isola di Helgoland il 16 luglio 1927 durante il passo ed imme¬ diatamente liberato ; fu ricatturato dopo tre mesi sulle Alpi cadorine. L’ invasione dei Crocieri continuò pure da ottobre a dicembre e la sua presenza ha continuato numerosissima anche dopo, ed in febbraio 1928 nei boschi di conifere e specialmente nelle pinete si trovava ancora e pareva accingersi alla nidifi¬ cazione. Nel 1927 nelle zone di cui sopra « le pine furono nu¬ merose e le sementi mature e ciò potrebbe spiegare non sola¬ mente la invasione del Crociere sui nostri monti, ma il suo stesso permanervi ». In una lettera, in data 24 -IV -1928, mi comunica poiché verso la seconda decade di aprile furono visti ancora dei branchi di Crocieri, e che questa specie ha nidificato in febbraio con più abbondanza del solito nella regione. c) Il sig. E. Comirato mi comunica che a Valle di Ca¬ dore Belluno) ha ucciso in settembre (1927) 18 Crocieri in pochi minuti; essi erano in gran parte giovani e parevano guidati dagli adulti. Il Crociere in detta località, secondo quanto mi scrive il sig. Comirato, è comune e qualche volta gli sciami sono composti anche di circa un centinaio di individui. Dietro mia richiesta poi mi comunicò pure che nel 1924 e 1926 il passaggio del Crociere fu irrisorio mentre nel 1927 da giugno ad ottobre è stato fortissimo; nel 1925 invece, benché limitato nei soli giorni dal 20 giugno al 20 luglio, è stato abbondan¬ tissimo. (1) li Corriere del Cacciatore , 1928. n. 9. (2) ni. id.. 394 ED. MOLTONI d) Per le montagne della Carni a, ricevo dal sig. L. Ma¬ lagnini di Tolinezzo la comunicazione che il passo del Crociere nel 1927 fu eccezionale e più copioso senza confronto che nelle annate 1924-25-26. Nell’ ottobre e novembre (1927; col vischio e col fucile ne furono catturati diverse migliaia, egli stesso ne vide diversi stormi composti da 20-30-40 e più individui. e) 11 sig. G. Caporiacco nella sua bressanella posta in una frazione del comune di S. Daniele ne catturò nel 1927 circa un centinaio. Emilia: a) Il marchese R. Montecuccoli Degli Erri il 24 settembre uccise in pianura sopra un pino della sua villa a 7 Km. da Modena due Crocieri che lo meravigliarono assai non avendone mai visti in pianura. Toscana: a) Il dott. Cav. E. E. Dardi nell’ottobre 1927 ne uccise uno adulto a Gragna.no (Lucca); mi scrive poi che nel¬ l’ottobre ne furono uccisi nello stesso paese due altri dall’avv. F. Canova e forse un quarto da un cacciatore locale. b) Il sig. R. Gragnani mi scrive che nei dintorni #di Quiesa ai primi di novembre ne fu preso uno solo e che da molti anni non ne aveva veduto; però lui possiede nella sua raccolta privata tutte le tre specie che possono rinvenirsi in Italia, catturate nell’invasione nel 1889, in cui in tutti gli orti se ne sono visti dal settembre al novembre. c) L’avv. G. Barchielli mi comunica che i crocieri hanno fatto apparizione e sosta anche a Mugello (Firenze) nel 1927. Arrivarono alla fine di agosto e la prima settimana di settembre e ne furono uccisi alcuni tra adulti e giovani. Quattro indi¬ vidui da lui visti, e che rimasero indisturbati in un bellissimo parco presso Borgo S. Lorenzo (Firenze), si fermarono fino alla fine di settembre. d) Il prof. F. Calermi ( Natura , voi. XIX, 1928. p. 16) notifica che il Crociere è molto abbondante nella foresta dema¬ niale di Boscolungo-Abetone (Appennino toscano;, ove si è stabilito dal 1910 Q) e che lui stesso ha. visto varie volte, sul cominciar dell’estate, i giovani rincorrere gli adulti come fanno (1) Nel 1909-10 avvenne anche in Italia una straordinaria incursione di questa specie e alcuni individui si fermarono a nidificare ed in Emilia ed in Toscana. SULL’ INVASIONE DEL CROCIERE IN ITALIA DEL 1927 395 i verdoni ed i cardellini; gli fu asserito che nidifica in pri¬ mavera sugli abeti di detta foresta. Ho riportato quanto scrive il prof. F. Caterini giacché per la Toscana il Crociere parrebbe, in certe zone, uccello scono¬ sciuto; in proposito da Pisa il sig. C. Bresciani, che mi diede importanti notizie sull’invasione 1927 nella Venezia Tridentina (relatore a) mi scrive «Posso invece assicurarla che benché abbia esercitata per diversi anni la caccia anche qui in Toscana non mi è mai stato possibile trovare unbecch’in croce, che qui di sicuro è totalmente sconosciuto r> (* 1). Marche: a) Il prof. G. Teodoro mi comunica che ai pi-imi di ottobre sulle conifere del viale dei colli ad Jesi ('Ancona) ad intervalli di qualche giorno ne furono presi colle reti 8 in¬ dividui (2 J1 e 6 0 ) che facevano parte di un branco, avvi¬ stato già alla fine di settembre. Furono tenuti in gabbia ed una 9 anzi fu donata al nostro Museo. b) Il sig. Vico Vici da Arcevia mi comunica che ad Ancona ne furono catturati due in agosto e pochi altri nella provincia in settembre ed ottobre. c) L’agr. L. Colini da Castelplanio, che è una zona col¬ linosa a coltura intensiva a circa 305 m. s. m.. mi avverte che / un primo passo si effettuò la mattinata del 4-IX-1927 ; egli ne uccise due giovani che facevano parte di un piccolo branchetto (4 o 5); il giorno 6 ne vide un altro branchetto di 5 o 6 ed il giorno 9 ne vide altri 3. Mi comunica pure che altre volte il Crociere fece comparse irregolari nella regione, di esse ne ri¬ corda una a passo abbondante nel 1912 o lo quando la caccia era ancora chiusa e fu un avvenimento tanto strano in provincia che se ne sentì parlare per diversi anni. Nota pure la man¬ canza di maschi adulti in quelli veduti nel 1927 giacché i branchi si componevano di femmine e giovani, anzi una fem¬ mina adulta, da lui uccisa il giorno 9, dalla completa assenza di penne nel petto, che aveva la pelle scagliosa, sembrava una femmina a cova finita. \ (I) Risulta però che ne! Pisano nel 192? se ne sono visti parecchi individui, mentre da diversi anni non si vedevano. 396 ED. MOLTONI Umbria: a) Il si g. Gr. Lupatelli comunica che nell’ ottobre 19*27 in contrada Collazzone, Comune di Spoleto, ebbe occasione di vedere branchetti di 10 e più individui di Crocieri, che erano a lui uccelli sconosciuti; durante la sua permanenza nella lo¬ calità ne uccise una quindicina tra maschi e femmine fin mag¬ gioranza). Da notizie avute dai contadini del luogo risulterebbe che ogni anno in ottobre in quei boschi di pino si rinviene qualche individuo di Crociere. Lazio: d) L’avv. L. Latini mi comunica che nelle ville dei dintorni della città di Tarquinia furono uccisi individui di Crociere che meravigliarono assai il cacciatore, un vecchio di 60 anni, che non li conosceva: ne uccise 4, il 20-IX-1927, e 10, in più volte, nell’ottobre. Dal suddetto cacciatore e da altre persone ne furono avvistati ancora nel gennaio 1928: anche l’avv. Latini, pur essendo un vecchio cacciatore, non ne aveva mai visti nella regione. i Abruzzi e Molise: a) L’avv. A. De Vita comunica che per diversi giorni nel settembre 1927 vari branchetti di Crocieri, composti da cinque a dieci individui, sono rimasti sui pini delle ville di Campobasso. Due adulti e 5), uccisi da un suo figliolo vennero preparati e fanno parte della ricca collezione locale del dott. Gr. Altobello. Campania: a) Il sig. R. Boschi mi comunica che in loca¬ lità Arenella presso Napoli nel mese di novembre e dicembre 1927, a sbalzi di una o due settimane ha ucciso diversi Cro¬ cieri u individui evidentemente di transito, poiché da un giorno all’altro scomparvero. In generale erano di colore grigio-gial¬ lastro, cioè giovani, e rossi in misura del 10° / 0 ». * * * Riunisco secondo i mesi le regioni in cui furono segnalati i Crocieri nel 1927-28 e ciò per cercare non solo di dare una idea della via seguita dai branchi, durante la discesa e la via del ritorno (tenendo presente che alcuni ancor oggi si trovano nella nostra penisola) ma anche per far vedere quale furono sull’ invasione DEL CROCIERE IN ITALIA DEL 1927 397 i mesi in cui essi furono segnalati in maggior numero di re¬ gioni (!). maggio 1927, Lombardia (ultimi giorni del mese). giugno 1927 , Lombardia (passo buono), Veneto (passo abbon¬ dante). luglio 192 7, Lombardia (passo abbondante), Liguria (seconda metà del mese), Trentino, Veneto (passo abbondante). agosto 1927 , Lombardia (prima metà del mese), Liguria (passo abbondante), Trentino (seconda metà del mese, passo ab¬ bondantissimo), Veneto (passo abbondante), Toscana (ultimi giorni del mese), Marche (individui isolati). settembre 1927 , Lombardia (passo copioso), Piemonte (passo abbondante), Liguria (pochi ed isolati), Trentino (passo abbondantissimo), Veneto, Emilia (isolati), Toscana, Marche (alcuni branchetti), Lazio (alcuni), Abruzzo e Molise (vari branchetti). ottobre 1927, Lombardia (passo copioso), Piemonte (passo ab¬ bondante), Liguria (pochi), Trentino (passo buono), Veneto (passo abbondantissimo), Toscana (pochi), Marche (pochi), Umbria (diversi), Lazio (alcuni). novembre 1927 , Lombardia (passo copioso), Trentino (buono), Veneto (buono), Toscana (un individuo i primi giorni), Campania (alcuni). dicembre 1927, Lombardia, Trentino, Veneto, Campania (alcuni). gennaio 1928, Lombardia, Trentino, Veneto, Lazio. febbraio 1928, Lombardia, Veneto, Trentino. marzo 1928 , Lombardia, Trentino (abbondantissimi). aprile 1928, Veneto. Mettendo ora in rapporto questa invasione con quella av¬ venuta in Italia nel 1909-10, che è quella di cui abbiamo no¬ tizie dettagliate (1 2), rileviamo prima di tutto che il Crociere del 1927-28 non si è spinto oltre la Campania e, all’ infuori (1) Per lo scopo a cui deve servire questo specchietto tralascio di citare ìe re¬ gioni ove di solito un certo numero si trova normalmente intendendo mettere in evidenza soltanto i dati riferentisi agli individui di questa invasione. Della cartina annessa risaltano poi subito all’ occhio le località in cui questa specie apparve nu¬ merosa (©) e quelle in cui apparve in numero esiguo (a). (2) Cavazza, Boll. Soc. Zool. Ital., serie II, voi. X, p. 462; diversi altri studiosi in AViCUla , anno XII, XIII e XIV (in molti numeri). 398 ED. MOLTO NI dell’Italia settentrionale, non è comparso in abbondanza, mentre nel 1909-10 si è spinto abbondante lungo la penisola fino alle Calabrie, Puglie, ed è passato nelle isole (Elba, Corsica. Sar- Fig\ ì. — Le località in cui fu constatato un forte passo di crocieri nel 1927-28 sono indicate con un punto nero racchiuso entro un circolo (®) mentre quelle in cui fu constatato un passo minimo o segnalata semplice cattura sono indicate con un semplice punto nero (*). SULL’INVASIONE DEL CROCIERE IN ITALIA DEL 1927 399 degna, Capri, Ustica, Sicilia, Favignana (Egadi), Malta), e forse chissà che qualche individuo non abbia raggiunto le coste africane f1). Secondo le notizie avute da corrispondenti da me espressamente richiamati sull’in vasione continentale della Loxia risulta che nelle isole di Sardegna e Sicilia non si ebbero se¬ gnalazioni di catture per il 1927. Anche nell’invasione di cui trattiamo il Crociere si è di¬ mostrato, in generale, molto confidente, e quindi giudicato stu¬ pido dalla massa dei cacciatori; il suo passaggio variò da lo¬ calità a località senza direzione fissa e concordanza di tempo dipendendo esso molto probabilmente dalla ricerca del cibo adatto, che in Italia è molto scarso in rapporto al numero degli uccelli immigrati, e dalla costituzione geologica-botanica delle località attraversate. Non dobbiamo meravigliarci quindi se in una data zona si è constatato che i crocieri seguirono sol¬ tanto una data direzione senza ripassare in senso inverso, o se essi furono più numerosi nel ripasso che nel passo, oppure se in località relativamente vicine pressappoco nelle stesse con¬ dizioni naturali passarono i crocieri in epoche diverse, ed il fenomeno del passo fu ben diverso per numero di individui ed estensione di durata. I relatori delle località in cui vi fu una vera invasione prove¬ niente prima da un senso e poi dal senso inverso, notificano quasi tutti che nella prima gli individui erano in maggioranza in abito giovanile, mentre nella seconda erano in abito di adulto o semi-adulto; anzi fu notato che i Crocieri giovani che si fer¬ marono in località adatte (si vegga ad esempio il sig. M. Getto Venezia Tridentina, d) trattenendovi l’estate e l’autunno, mutarono abito nelle località stesse, per cui nell’autunno-in¬ verno non avevano più l’abito da giovane. I crocieri in abito da giovane furono avvistati o catturati in preponderanza in giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre (pochi), mentre quelli in abito da adulto o semi-adulto in au¬ tunno ed in inverno, ciò che dimostrerebbe che la massima parte degli individui che hanno invaso il nostro territorio erano giovani nati nei primi mesi dell’anno 1927 o negli ultimi del 1926; che mutarono durante la loro permanenza ; che gli adulti di massima non nidificarono in territorio italiano nel corso del (1) Si vegga, a proposito di questa invasione, quanto scrive il Witaker che riunisce i dati di essa per tutta l’Europa, in Ibis, 1910, p. 331. 400 ED. MOLTONI 1927 e nei primi mesi del 1928, tranne in qualche rara loca¬ lità (il relatore Colini delle Marche, il giorno 9-IX-1927, uccise una $ che per completa assenza di piume sul petto e la pelle scagliosa sembrava avesse finito di covare da poco, mentre il sig. Bassi — Lombardia i — notifica che il Crociere nidificò in Valle Camonica nel 1927 ed il sig. Valdagni — Venezia Tri- dentina e — avverte che nei primi mesi del 1928 pare sia avvenuta la nidificazione) (*). Questi uccelli, a causa dei loro strani ed irregolari passaggi in massa per i quali non si sono ancora trovate altre plausibili spiegazioni all’ infuori di quella che sono dovuti alla ricerca del cibo venuto a scarseggiare nei loro paesi natii, molto spesso per eccesso di popolazione ornitica prodottasi in pochi anni di benessere della specie, vennero chiamati gli Zingari fra gli uccelli. I Crocieri poi sono esseri dalle abitudini singolari non solo a causa degli spostamenti capricciosi e senza apparente ragione, ma anche rispetto alla nidificazione che avviene in tutti i mesi dell’anno. In Italia il Gavazza (Boll. Soc. Zool. hai., serie II, voi. X, 1909, p. 465) trovò eccezionalmente i nidi coi piccoli in maggio nelle colline dei dintorni di Bologna durante l’incursione straordinaria del 1909, ed egli crede che in questa specie siano più comuni due periodi di nidificazione, uno dal gennaio al marzo e l’altro dall’aprile al maggio. Da quanto conosciamo in Italia nidificherebbero (sempre però in numero limitato ed in determinate zone) in marzo nella provincia di Sondrio (Galli-Valerio, Giglioli, Avif. Ilal. 1° re¬ soconto, parte II, p. Ili); nel Bergamasco (Caffi, Gli Ucc. del Bergamasco, p. 50): secondo il doti. G. Bonandrini (Lombardia relatore i) sia nel Bergamasco che in Valtellina ciò avviene accidentalmente; il maestro Bassi (Lombardia m) li ha trovati pure lui accidentalmente nidificanti nel 1927 in Val Camonica in luglio, agosto, settembre, ottobre e novembre; nella provincia di Brescia (Lari fossi ed Erra), il Duse lo mette in dubbio ( Il Cacciatore Italiano , 1928, p. 363); nella provincia di Verona ( Pellegrini, Giglioli , Av. Ilal., 1° resoconto, parte III, p. 93); nella provincia di Bassano (Molari, Giglioli Op. ciò., p. 94) ; nel Trentino (Bonomi e G. Castelli del Museo di Trento) (1 2) ; (1) Si vegga pure quanto viene riportato alla pagina seguente pel distretto di Pieve di Cadore. (2) Si vegga anche quanto scrivono i relatori b ed e della Venezia Trentina. SULL’INVASIONE DEL CROCIERE IN ITALIA NEL 1927 401 forse più frequentemente nei boschi di conifere del Cadore in gennaio e marzo (Tissi, Giglioli, Op. cit ., p. 94), il Cav. A. Co¬ letti del distretto di Pieve di Cadore mi comunica gentilmente in data 24-IV-1928, che notò i Crocieri nidificanti anche nel 1928, ed anzi i primi nidi furono rinvenuti nella prima quindicina di febbraio, alcuni con le uova, altri coi piccoli e taluno coi piccoli morti : u normalmente abbiamo qui ogni anno dei nidi di crocieri, ma talvolta in numero esiguo; mentre quest’anno per l’effetto dell’invasione del 1927, come avevo preveduto, essi sono piuttosto abbondanti «; pare nella Carnia (Del Torre secondo Milesi, Giglioli , Op. cit., p. 14); nel Veneto (Arrigoni Degli Oddi); nell’ Appennino Modenese (Doderlein) ; nell’ Ap¬ pennino Toscano (Savi) e secondo il prof. Caterini ( Natura , 1928, p. 16), nella foresta di Boscolongo- Abetone dal 1910; nel di¬ stretto di Fiesole (Gargialli, Giglioli , Op. cit., p. 380); in Cor¬ sica (Whitehead, Giglioli, Op. cit., p. 633, e Payn, Ibis, 1927, p. 76); nell’ Appennino Umbro? (si veggono nella presente nota le notizie avute dall’Umbria) (x). Degna di speciale interesse è poi in questa invasione la notizia già riportata (Cav. Coletti, Veneto, relatore B) dell’ucci¬ sione di un Crociere inanellato, il quale era stato catturato nelle reti durante il passo il 16 luglio 1927 e liberato subito dopo l’ina¬ nellamento nell’isola di Helgoland dalla stazione per l’osser¬ vazione degli uccelli migratori esistente nell’ isola e che fu ri catturato ed ucciso, gli ultimi giorni di ottobre, a Valle di Cadore. Esso si era spostato in circa tre mesi su un territorio di un po’ meno di 1000 Km. in linea retta, percorso che può certamente considerarsi il doppio, date le abitudini di questa specie, e gli eventuali deviamenti di rotta. Lo stesso relatore è poi l’unico che segnali la comparsa di Crocieri ad ali fasciate di bianco, di cui gentilmente mi inviò un individuo adulto, catturato colle reti, il quale ha le piume bianche delle fasce alari leggermente soffuse di color rosa. Prima di terminare citerò gli anni in cui mi risulta siano avvenute in Italia incursioni di Loxia curvi vostra , degne di menzione perchè questi uccelli invasero in parte o del tutto la (1) Nella pr ima quindicina di febbraio 1910 avvenne pure in Sardegna un caso di nidificazione, ed anzi il nido contenente tre giovani fu preso insieme agli adulti in una pineta posta vicino alla cinta daziaria di Cagliari stessa. (P. Bonomi Avi CUla 1910, p. 59). 26 402 ED. MOLTON1 - SULL’ INVASIONE DEL CROCIERE ECC. nostra penisola e qualche volta anche le isole italiane, o per io meno furono osservati in buon numero in regioni ove normalmente non appaiono: 1822, 1826, 1838, 1864, 1866, 1868, 1872, 1873. 1876- 77, 1889, 1894, 1905, 1906, 1909-10, 1911-12, 1917, 1922? 1925, 1927-28. Richiamiamo pure l’attenzione sul fatto che nei primi mesi del 1928 il Crociere è stato ancora avvistato in località ove di solito non dimora e che in quelle ove normalmente questa specie è stazionaria essa viene notata come più nume¬ rosa del solito e ciò per l’ osservisi fermate molte coppie delle nuove soopraggiunte. Quest’ ultima incursione, dalle notizie che fin’ ora conosco, interessò anche le seguenti regioni al di fuori del nostro con¬ fine : Svezia, Norvegia, Danimarca, Germania, Isole Britan¬ niche, Olanda, Belgio, Francia, Svizzera, Ungheria, Jugoslavia, Ucraina, paesi ove furono catturati anche individui di Loxia letico pierà bi fasciata, Brehm (x). Prima di terminare dirò che per I’ Italia il Crociere ( Loxia curvirostra, cumrrostra, L.) si può considerare come specie in minima parte sedentaria e localizzata in determinate località delle Alpi, in qualche rara località dell’Italia centrale, ed in Corsica (1 2 , ed in massima parte irregolarmente di passo ; essa diventa molto abbondante quando avvengono quelle forti immi¬ grazioni provenienti dalle altre regioni dell’ Europa settentrio¬ nale ed allora oltre rinvenirsi abbondante nelle parti setten¬ trionali della nostra penisola può raggiungere le parti meridionali la Sicilia, la Corsica, la Sardegna, Malta e le isole minori ed in qualche località adatta, ove prima non esisteva come sta¬ zionario, può fermarsi a nidificare per uno o più anni conse¬ cutivi. In certe località delle Alpi poi pare si debba considerare invece come normalmente di passo con numero esiguo o normale di individui, giacché qualcheduno si cattura sempre. Milano, Agosto 1928. (1) Ornith. Monat., voi. 35 ». b e 6, voi. 36, ». 1 e2; Revue Frane . Ormili., A»»ée 19, ». 224, aaaée 20, ». 225, 226 e 227-228; Britisll BirdS. voi. XXI, ». 4, 5, 7 e 9 ; Scottish Naturatisi, 1927, ». 167 ; Fauna orli Flora , 1927, ». 6; The naturatisi , 1927, n. 840-S4S ; Le Qerfailt , 1928, p. 32; Ardea , 1928, p. 57 ; eoe. (2) Il Crociere stazionario i» Corsica apparterrebbe, secoado alenai Autori, alla sottospecie Loxia curvirostra corsicana , Tsehusi. ISTITUTO DI ANATOMIA K FISIOLOGIA COMPARATE DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (DIRETTORE PROF. EDOARDO ZAVATTARI) Dott. Maffo Vialli RICERCHE SULL’INTESTINO DEI RETTILI II. — L’ ampolla colica degli Iguanidi. In un mio recente lavoro ho avuto occasione ricordando brevemente le conoscenze attuali sull’ intestino degdi Iguanidi, di accennare alla grande scarsezza dei dati che noi possediamo a questo riguardo. Le descrizioni che abbiamo si riferiscono esclusivamente all’ aspetto macroscopico dell’ organo e riguardano prevalente¬ mente il significato, molto discusso invero, attribuito all’enorme rigonfiamento della prima porzione colica, perciò nella mia memoria precedente accennavo all’ interesse che presumibil¬ mente avrebbe dovuto presentare l’indagine anatomo-mi crosco- pica di quel tratto di intestino, indagine che io non avevo allora potuto compiere. Il Prof. A. Grhigi di ritorno da un recente viaggio nel Messico ha gentilmente messo a mia disposizione assieme ad altro materiale, di cui riferirò in altra occasione, intestini di Iguana tubercolata '■ L. e di Ctenosauva acari thura Gray, fis¬ sati in formalina .10° 0 e in Muller-formolo. Colgo qui l’occa¬ sione per esternargli i miei ringraziamenti più vivi per il ma¬ teriale inviatomi. In un accurato lavoro di Kostanecki sono largamente esposte le diverse interpretazioni che i vari autori, che precedentemente hanno descritto l’intestino degli iguanidi, hanno dato del tratto in questione. Senza stare a ricordare le discordi spiegazioni proposte dai vecchi anatomici mi limiterò ad accennare alle 404 M. VIALLI due differenti interpretazioni più recenti: quella di Huntington > 1 1 e quelle di Lònnberg e di Kostanecki. Secondo Huntington tutto il tratto rigonfio dell’ intestino terminale avrebbe il significato di cieco ; quindi tutte le for¬ mazioni valvolari che vi si trovano, e di cui darò in seguito la descrizione, sarebbero formazioni cecali ed il limite tra cieco e colon si troverebbe nel punto dove lia inizio il tratto colico ascendente. Secondo Lònnberg e secondo Kostanecki, alle cui interpre¬ tazioni mi attengo aneli’ io, perchè, oltre che essere di per se stesse evidenti sono convalidate per più motivi dalle mie ri¬ cerche, il cieco avrebbe un’ estensione molto minore e sarebbe limitato alla porzione colica che si trova cefalicamente allo sbocco ileocolico ; il resto dell’ ampia dilatazione intestinale che sta caudalmente al cieco, avrebbe invece il significato di un’ ampolla colica enormemente rigonfiata, di conseguenza le formazioni che si trovano nel suo interno sarebbero formazioni coliche e non cecali. Iguana tubercolata. Morfologia. — L’ aspetto esterno del tratto intestinale cieco-colico di Iguana luber culata corrisponde esattamente alla figura che ne da il Kostanecki e alle descrizioni di Lònnberg « e di Kostanecki. L’ ultimo tratto del tenne con un decorso leggermente obli¬ quante rispetto alla direzione dell’ asse cranio-caudale sbocca in un ampio rigonfiamento dell’ intestino posteriore che è dato dall’ insieme del cieco e dell’ ampolla colica. La forma di questo ingrossamento è grossolanamente ovoidale colle estremità piut¬ tosto appuntite ; il suo asse maggiore ha una direzione corri¬ spondente a quella dell’ asse del corpo e i due poli sono rap¬ presentati : quello craniale dal cieco e quello caudale dalla porzione più ristretta dell’ampolla colica. Il tenue sbocca sul fianco destro del rigonfiamento segnandovi il punto di transi¬ zione tra il cieco e il tratto colico propriamente detto. La di¬ ti) Non essendomi stato possibile di prendere visione del libro dello Huntington devo per quanto lo riguarda riferirmi all’ ampia citazione di Kostanecki che riporta anche due figure di Huntington 405 RICERCHE SULL’ INTESTINO DEI RETTILI sanzione tra cieco e ampolla colica è ben netta anche alla sola ispezione dall’ esterno, almeno nel materiale fissato, per una lieve incavatura della superficie esterna che si presenta forse un po’ più evidente di quanto non appaia dal disegno di Ko- stanecki. L’ estremità caudale dell’ ampolla colica è nettamente se¬ gnata da un brusco mutamento di direzione dell’intestino che presenta un tratto colico ascendente con direzione eaudo-craniale. Tale punto corrisponde a quello chiamato da Huntington col nome di trasition bend from caecal pondi io end-gut proper. Il tratto colico ascendente viene a trovarsi sul lato sinistro della metà caudale dell’ ampolla colica, ed è con questo strettamente legato a mezzo di robuste briglie mesenteriali. Il cieco rispetto al mesentere, attenendoci alla classifica¬ zione del Kostanecki, già da me adottata nel mio precedente lavoro, si trova spostato a sinistra. Una particolarità impor¬ tante del mesentere già osservata da Kostanecki e da lui ri¬ prodotta nella sua figura è data da una piega peritoneale che, partendo dal fianco sinistro dell’ ampolla colica, la congiunge col duodeno. La costituzione macroscopica interna si può stu¬ diare abbastanza agevolmente facendo una dissezione un po’ accurata del materiale già fissato e eventualmente un po’ in¬ durito con il passaggio negli alcool forti. L’ unita figura (Fig. 1) leggermente schematizzata varrà a meglio farne comprendere la complessa struttura. L’ ultima porzione ileale presenta la mucosa costituita da pieghe longitudinali ben rilevate ; in numero di una quindi¬ cina circa. La valvola ileocolica (v. il. c.) appare molto ridotta, essa risulta semplicemente costituita da prolungamenti delle pieghe longitudinali della mucosa del tenue. A livello dell’ orifizio valvolare non si nota un particolare ispessimento delle pieghe. La valvola non sporge in alcun modo verso il lume colico come avviene frequentemente per altre specie di rettili, neppure coi prolungamenti estremi delle pieghe della mucosa. L’ orifìzio ileocolico immette in un’ ampia camera (c. c. c.), la quale risultando costituita in parte dal cieco e in parte dalla po rzione dell’ampolla colica, può essere chiamata camera ciecocolica. La massima parte di questa camera cìecocolica è data dalla cavità del cieco che si presenta molto ben svilup- 406 M. VIA LLI pata. La cavità cecale forma un tutto unico e non è possibile vedervi alcun accenno di separazione di una porzione appen¬ dicolare. La sua superficie interna si presenta, sempre nel ma- 4 Fig. 1. — Sezione schematica della ampolla colica di Iguana tubercolata a. V. C, = apertura della valvola colica; C. C. C. camera ciecocolica. isp. a. = ispessimento della parete colica; isp. b. = ispessimento della parete colica; r. C. = recesso cieco; v. C . = valvola colica; V. il. C. = valvola ileocolica; 1, 2, 3, 4, 5 = risalti colici; I, II, III, IV, V, VI = tasche coliche. RICERCHE SULL’ INTESTINO DEI RETTILI 407 feriale fissato, tapezzata da rughe che sono più cospicue e nu¬ merose nella superficie della porzione cecale che è addossata all’ intestino tenue. La porzione cecale della camera cieco-colica si continua ampiamente nel tratto colico, il tratto colico presenta nella porzione prossimale all’orificio ileocolico e opposta al cieco un recesso cieco abbastanza notevole e profondo. Di questo recesso si vedono nei miei esemplari traccie anche esterne ben più apprezzabili di quelle che appaiono nel disegno di Ivostanecki. Nella figura in spaccato dato, la disposizione del pezzo il recesso cieco non appare ben visibile il punto dove esso si trova è segnato r. c. La camera ciecocolica risulta caudalmente limitata in modo molto netto dalla restante porzione della cavità dell’ ampolla colica a mezzo di un robusto anello (v. c.) disposto in senso trasversale rispetto all’asse intestinale. L’apertura interna de I - 1’ anello (a. v. c.) non si trova al centro del lume dell’ ampolla ma risulta invece fortemente spostata verso la metà ventrale, di conseguenza il risalto anulare non ha in tutte le sue porzioni una eguale sporgenza. La sporgenza massima si ha nei qua¬ dranti dorsali mentre invece, per effetto della eccentricità del foro valvolare, la porzione ventrale del risalto risulta molto ridotta. Lo spessore di questo setto anulare in senso cranio¬ caudale non è uguale in tutte le sue parti ma è invece un poco piu sottile nel quadrante dorsale di destra. Il margine interno dell’anello valvolare non presentava in uno dei due individui da me esaminati particolari sporgenze e il foro da esso delimitato aveva una forma piuttosto grossolanamente cir¬ colare. Nell'altro individuo invece si notavano due sporgenze che davano al foro una forma molto più irregolare, dal modo di presentarsi anche di tutto il resto dell’ intestino di questo individuo sono indotto a ritenere che tale disposizione dipenda da ineguale contrazione per effetto del fissativo e che invece la forma che 1’ apertura deve presentare normalmente anche nel vivo sia quella circolare che ho riscontrato nell’ altro in¬ dividuo. La faccia cefalica e caudale dell’anello non presentano al¬ cuna particolarità macroscopica degna di nota. La parte del tubo intestinale posta cefalicamente all’anello appare priva di qual¬ siasi speciale formazione; caudalmente all’anello si notano nella 408 M. VIALLI porzione ventrale della parete dell’ ampolla colica alcuni risalti più o meno robusti a decorso longitudinale che delimitano però in modo non molto ben definito delle specie di insaccature pure a decorso longitudinale. Questa formazione anulare viene quindi a separare, come con una specie di valvola a cui si potrebbe dare il nome di valvola colica, la camera ciecocolica dalla restante porzione colica. Dopo un breve tratto, caudalmente a questo anello, si rin¬ viene una nuova formazione della parete intestinale pure a forma di risalto (1). Questo risalto a differenza del precedente non costituisce un anello continuo fissato all’ intera circonfe¬ renza del tubo intestinale ma è sopratutto limitato alla porzione dorsale dell’intestino dove forma una sorta di setto parallelo all’anello valvolare descritto sopra e quindi trasverso rispetto all’ asse dell’ intestino. Nella regione laterale dell’ intestino il setto va rapidamente attenuandosi e nella parte ventrale si nota un lieve risalto che potrebbe forse essere considerato come la porzione venti-ale dell’ anello enormemente regredita. Da questa disposizione nasce che più che doversi parlare in questo caso di una seconda camera colica, molto mal definibile nei propri limiti caudali, per quanto riguarda la porzione ventrale, si debba invece dare il nome di tasca colica dorsale (I) alla porzione delimitata dalla parte più sviluppata del setto rite¬ nendo il resto della cavità come facente un tutto col resto del- 1’ ampolla colica. Lo spessore di questo risalto non è uniforme ma raggiunge un massimo al centro del proprio margine libero e va diminuendo da questo massimo sia dorsalmente sia lateral¬ mente. Nella figura dove il risalto appare in spaccato si vede bene la diminuzione di spessore dal margine libero verso l’estremità dorsale. La tasca colica dorsale delimitata da questo primo ri¬ salto aveva per il più grande degli esemplari da me conside¬ rati, sempre nel materiale fissato, una lunghezza (misura cranio caudale) variabile da mm. 4 a 8, e una larghezza (misura tra¬ sversa da fianco a fianco) di circa mm. 16. La profondità della tasca (misura dorso-ventrale del risalto) raggiungeva i 10 mm. A questo primo risalto ne seguono altri quattro (2. 3. 4. 5.) paralleli al primo più limitati alla regione dorsale dell’ inte¬ stino e mancanti quindi sia delle porzioni laterali sia di quella ventrale. Il modo di presentarsi di questi risalti è per tutto il resto completamente simile a quello del primo. Le quattro ta- RICERCHE SULL’INTESTINO DEI RETTILI 409 sclie (II. III. IV. V.) che ne restano delimitate sono di lun¬ ghezza variabile, le prime tre hanno una lunghezza di due-tre min.; l’ultima ha invece una lunghezza più che doppia delle pre¬ cedenti. All’ultimo risalto fa seguito una nuova tasca (VI) pure dorsale che risulta caudalmente delimitata da una brusca rien¬ tranza della parete dorsale dell’ intestino che viene a trovarsi al livello più cefalico al quale giunge il tratto ascendente del colon. La lunghezza di questa tasca è ancor maggiore di quella precedente. La porzione centrale dell’ampolla colica nel tratto anti¬ stante alle tasche coliche presenta un notevolissimo ispessi¬ mento (isp. a.) delle proprie pareti, tale ispessimento origina bruscamente a un livello corrispondente al primo risalto rag¬ giungendo uno spessore massimo di circa 6 min. e termina gradatamente a un livello corrispondente all’ultima tasca. La curvatura colica che segna 1’ estremità caudale del- 1’ ampolla non è caratterizzata dalla presenza di alcuna parti¬ colare formazione valvolare. La sua porzione ventrale (rispetto al mesentere e quindi caudale rispetto alla posizione) presenta un’ ispessimento molto forte (isp. b.) che in alcuni punti supera lo spessore di un centimetro. Riguardo alla distribuzione interna delle pieghe quanto io ho avuto occasione di osservare nei due individui da me esa¬ minati non corrisponde completamente a quanto precedente- mente avevano veduto e figurato Lonnberg e Ivostanecki. Proba¬ bilmente può darsi che il numero e la posizione relativa delle varie pieghe coliche possano variare entro un certo limite. Anatomia microscopica. — Lo studio anatomo-microscopico sistematicamente eseguito su sezioni, in gran parte in serie, delle varie porzioni del tratto intestinale preso in esame, per¬ mette di giungere a stabilire l’esatto significato e l’intima costituzione di ciascuna delle formazioni di cui ho precedente- mente descritto 1’ aspetto macroscopico. Le pieghe longitudinali della mucosa che stanno nella por¬ zione terminale dell’ ileo appaiono in sezione molto robuste e a contorno frangiato perchè l’epitelio che tapezza queste pieghe di primo ordine si infossa a costituire più minute pieghe di secondo ordine. L’asse centrale della piega è quindi molto ro¬ busto e invia dei sottili prolungamenti in ciascuna delle pieghe 410 M. VI AL LI di secondo ordine dell' epitelio. Lungo questo tratto di inte¬ stino non si rilevano particolari formazioni linfatiche quali ho avuto occasione di segnalare in altre specie di rettili. Solo si nota sia in questa regione come nelle altre da me prese in considerazione una infiltrazione di tutto il connettivo da parte di un numero grandissimo dì eosinofili. Anche all’interno dei vasi si vede un gran numero di eosinofili rispetto alla normale proporzione sparsi tra i globuli rossi. Non mi pare però che sia il caso di dare una eccessiva importanza a questo reperto che probabilmente deve essere legato a condizioni patologiche degli individui studiati (presenza di numerosi nematodi paras¬ siti). Per tutto il resto la costituzione anatomo-microscopica dell’ileo è in tutto corrispondente a quanto si ritrova nelle altre specie di rettili e non è quindi il caso di parlarne dif¬ fusamente. La valvola ileocolica che, come ho detto, descrivendola macroscopicamente, non è molto sviluppata, appare anche allo studio microscopico di costituzione relativamente semplice ri¬ spetto a quanto si osserva in altre specie di rettili. Le pieghe della mucosa non dimostrano neppure all’esame microscopico modificazioni strutturali apprezzabili esse sono solo forse un poco più robuste per la presenza di una maggiore quantità di connettivo sottoepiteliale ; nulla di notevole presenta la mu¬ scularis mucosae che nel tratto corrispondente alla parete del cieco si riflette mostrandosi nelle sezioni naturalmente in due strati da un lato della valvola come muscularis mucosae della mucosa ileale, dall' altro come muscularis mucosae invece della mucosa cecale. Il connettivo della sottomucosa va relativamente diminuendo di sviluppo nell’ ultimo trai.to della porzione ileale che concresce col lembo del cieco che le è più prossimo e nel quale pure si nota una eguale diminuzione. Ho studiato il comportamento dei due strati muscolari mediante sezioni tra¬ sverse in serie. Ecco quanto si osserva ad un esame cranio¬ caudale. Già dopo breve tratto da che il cieco e il tenue hanno contratto rapporti di contiguità si nota che essi cominciano ad essere avvolti da una tunica longitudinale unica, tuie tunica unica si forma perchè una parte della porzione più esterna della tonaca longitudinale del tenue o del cieco staccandosi dal decorso comune dell’ intero strato nei punti ove il tenue RICERCHE SULL’ INTESTINO DEI RETTILI 411 cessa di avere contatto col ceco, si porta a contatto con la porzione più esterna della tonaca longitudinale che le è anti¬ stante. In questo stadio della fusione muscolare i due tratti di muscolatura longitudinale compresi tra queste porzioni mi¬ nienti decorrono tra loro semplicemente ravvicinati e sono sempre indi vidualizzabili 1’ uno dall’ altro. Procedendo in senso caudale si nota che i tratti minienti laterali assumono un sempre maggiore sviluppo mentre contemporaneamente dimi¬ nuisce sempre più lo spessore dei due strati longitudinali contigui che finiscono col perdere prima la loro individua¬ lità e da ultimo con lo scomparire completameli te. Segue un tratto nel quale all’interno della tonaca longitudinale ormai unica, lo strato circolare del tenue e quello del cieco non con¬ traggono che semplici rapporti di contiguità, ma ben tosto subentra un processo di fusione dei due anelli muscolari che è in tutto simile a quello che ha luogo per la tonaca musco¬ lare longitudinale ; si ha anche qui, in un primo tempo, for¬ mazione da parte delia porzione più esterna delle tuniche circolari di due tratti minienti senza che le porzioni tra essi comprese perdano la loro individualità, poi poco a poco per l’aumentare delle dimensioni dei tratti riunienti, decresce lo spessore dei tratti di tonaca orbicolare del tenue e del cieco che decorrono tra loro ravvicinati finché essi dopo aver perso la loro indidualità scompaiono completamente. Da quanto è detto si comprende agevolmente che se noi studiassimo questa regione in una serie di sezioni longitudinali vedremmo che la muscolatura longitudinale e quella circolare del tenue si riflet¬ tono a formare le corrispondenti muscolature del cieco e che la muscolatura longitudinale si spinge molto meno caudalmente nell’interno della valvola di quello che vi si spinge invece la tonaca circolare. Molto più semplice è invece il comportamento dei due strati muscolari nelle restanti porzioni del tenue che si pro¬ lungano senz’altro nelle porzioni coliche corrispondenti. La presenza del recesso colico sopra descritto non complica che apparentemente la disposizione delle fibre muscolari ohe non tanno altro che riflettervisi sopra. L'estremità terminale della valvola ileocolica è segnata dalla regione in cui le cellule dell’epitelio cessano di presen¬ tare le caratteristiche di cellule ileali e assumono invece quelle 412 M. VIALLI di cellule coliche. Il reperto anatomo-microscopico ha ili questo caso una grande importanza perchè serve esattamente a sta¬ bilire con sicurezza che 1’ interpretazione morfologica di So- stanecki. come ho ricordato sopra, è esatta, mentre 1’ interpre¬ tazione di Huntington non corrisponde alla realtà. L’esame anatomo-microscopico del cieco non mostra spe¬ ciali caratteristiche degne di rilievo e conferma anche dal punto di vista istologico, il fatto macroscopicamente osservato, che cioè il cieco non presenta alcun particolare differenziamento terminale assimilabile ad una porzione appendicolare. La mu¬ cosa è sollevata in pieghe di differente altezza, alcune anche molto alte, e in generale piuttosto esili, in queste pieghe di primo ordine si notano delle serie di infossamenti più o meno pronunciati che danno origine a pieghe di secondo ordine. L’ epitelio di rivestimento molto alto è di tipo nettamente co¬ lico e si presenta in ogni porzione con caratteristiche uguali. Gli altri strati nulla presentano di particolarmente notevole ; la sottomucosa è relativamente non molto sviluppata mentre gli strati muscolari hanno un notevolissimo sviluppo, fatto che non sempre si verifica per il cieco di altre specie- di rettili. La. porzione colica della camera ciecocolica nulla offre di partico¬ larmente interessante neppure a li vello del recesso al quale ho ripetutamente fatto accenno. La valvola colica presenta una costituzione in tutto simile a quella dei risalti colici successivi i quali, come macroscopi¬ camente si mostrano simili a valvole di cui siano scomparse le porzioni laterali e ventrale, così anche nella loro costitu¬ zione anatomo-microscopica ripetono i caratteri della porzione dorsale della valvola. Alla formazione della valvole colica pigliano parte tutti gli strati dell’intestino che si incurvano a formare il risalto il quale è così rappreseli tato dal succedersi in senso cranio-caudale, dei vari strati di due tratti di parete intestinale combacianti per le loro tuniche longitudinali. La mucosa della faccia craniale della valvola presenta villosità più elevate e più ramificate di quelle della faccia caudale. La mu¬ cosa dell’orifizio valvolare presenta caratteri in tutto simili a quelli della faccia caudale. La muscolaris mucosae avvolge tutta la formazione senza presentare particolari ispessimenti in alcuna sua parte. La sottomucosa è molto più sviluppata nella porzione d’attacco del risalto sia cranialmente che caudalmente, RICERCHE SULL’INTESTINO DEI RETTILI 413 essa vi risulta costituita da un connettivo molto lasso entro al quale decorrono numerosi vasi alcuni a direzione circolare altri a direzione radiale. Nella porzione corrispondente all’ orifìzio valvolare la sottomucosa è un po’ meno sviluppata ed è rap¬ presentata da un tessuto connettivo molto più compatto. Lo strato muscolare circolare penetra per intero nella ripiegatura e si spinge fino a brevissima distanza dalla mucosa dell’orifizio valvolare essendo come fio detto in tale regione la sottomucosa molto ridotta. Lo spessore eli e lo strato assume varia da tratto a tratto ed è massimo alla estremità terminale dove per il concrescere della porzione craniale e di quella della muscola¬ tura circolare, ofie in tale zona non appaiono più distinguibili tra di loro, si viene a formare un robustissimo anello musco¬ lare efie è quello al quale si deve probabilmente dare la mas¬ sima importanza nel meccanismo di chiusura dell’ orifìzio val¬ volare. Tale anello per ineguale accrescimento delle due por¬ zioni muscolari efie lo costituiscono mostra una più notevole espansione in senso caudale. Lo strato longitudinale non penetra per intero nella ripie¬ gatura valvolare; una parte maggiore o minore, a seconda della porzione di intestino considerata, prosegue nel proprio decorso cranio caudale e stabilisce così la continuità della parete in¬ testinale. Il resto dello strato invece si incurva e penetra per un tratto più o meno lungo tra i due strati orbicolari adiacenti formandovi così una muscolatura radiale. La penetrazione delle fibre muscolari longitudinali varia da porzione a porzione, ma non è mai completa come quella della muscolatura circolare : i due strati craniale e caudale di fibre radiali si possono man¬ tenere distinti per un tratto più o meno lungo ma poi finiscono col perdere la loro individualità e formare uno strato unico. La muscolatura radiale per quanto non tanto sviluppata lia una funzione certamente molto notevole in quanto costi¬ tuisce il meccanismo antagonista della muscolatura circolare. Una disposizione caratteristica è quella efie assume la parte muscolare dell’ anello valvolare in col-rispondenza della faccia ventrale dell’intestino dove l’anello fi a il minimo di sviluppo. Ivi le porzioni muscolari lianno uno sviluppo relativamente molto maggiore di quanto comporterebbe 1’ estensione del ri¬ salto, poiché risultano più volte ripiegate su se stesse. Tale disposizione è certamente in rapporto col meccanismo di fun- 414 M. VIALL1 zionamento della, valvola e può darsi sia originata da una pri¬ mitiva possibile posizione centrale del foro valvolare in periodi precedenti dello sviluppo. Tra i due strati muscolari radiali possono in alcuni punti decorrere dei vasi anche di calibro abbastanza robusto, in altri punti specialmente nelle zone più vicine alla parete intestinale i due strati possono essere separati da una sottile lamina con- nettivale. Ho già detto come fondamentalmente i risalti colici siano costituiti in modo al tutto simile ; in essi si ha forse una mag¬ giore penetrazione di fibre longitudinali sia per quantità sia per estensione. L'azione meccanica della muscolatura dei risalti non è probabilmente che quella, di permettere un riempimento o uno svuotamento alterni delle tasche coliche dorsali. L’epitelio delle tasche coliche dorsali non offre alcuna particolarità che valga a distinguerlo dall’ epitelio delle restanti porzioni della ampolla colica. L’ esame anatomo-microscopico delle due porzioni della parete intestinale del cui ispessimento ho detto a proposito della descrizione macroscopica dimostra che tale ispessimento è dovuto per la massima parte ad un enorme accrescimento della sottomucosa che risulta costituita da un connettivo molto lasso. Probabilmente anche in questo caso noi dobbiamo cercare 1’ origine di questi ispessimenti in fenomeni meccanici infatti il primo di essi corrisponde alla porzione ventrale della, ampolla colica antistante alle tasche e ai risalti colici e il secondo si trova nelle regioni in cui cessa la dilatazione ampolliforme del colon e esso muta bruscamente di direzione. Ctenosaura acanthura. Morfologia . — L aspetto esterno del tratto di intestino da me preso in esame differisce notevolmente da quello del- b Iguana tubercolata come del resto mostra benissimo un raf¬ fronto tra la figura di questa specie e le figure di Huntington e Kostanecki per Iguana tube reni ata,. Le differenze si possono così brevemente riassumere : mag¬ giore sviluppo del cieco con contemporanea maggiore differen¬ ziazione dalla ampolla colica, minore sviluppo dell’ ampolla colica, mancanza del tratto ascendente del colon. RICERCHE SULL’ INTESTINO DEI RETTILI 415 Questi caratteri morfologici valgono a dare una nuova con¬ ferma della esattezza di interpretazione dei vari segmenti intesti¬ nali da parte di Kostanecki per Iguana tubercolata poiché, pur nella intrinseca rassomiglianza morfologica, che permette di riconoscere e paragonare parte per parte le singole porzioni delP intestino nelle due specie, si ha tuttavia in Ctenosaura acanthura una molto più netta rassomiglianza con la forma esterna che presentano altre specie di rettili, forma che non consente alcun dubbio di interpretazione. Fig. 2. — Aspetto esterno e sezione schematica della ampolla colica di Ctenosaura acantliura. La posizione relativa del cieco rispetto al mesentere è identica a quella di Iguana tubercolata cioè anche in questo caso il cieco sporge a sinistra. Una dissezione dell’ intera porzione intestinale presa in esame consente a prima vista di vedere che la disposizione delle singole parti dell’ interno è ancor più simile a quella di Iguana tubercolata che non sia 1’ aspetto esterno. 416 M. VIALLI L‘ apparato valvolare ileocolico in Ctenosaura acanlhura ha uno sviluppo maggiore e protrude nella camera ciecocolica sotto forma di un’anello continuo che sporge per due o tre millimetri dando alla valvola un’ aspetto macroscopicamente simile a quello già da me osservato precedentemente in Uro- mas ti x acanthinurus. L’anello è tapezzato internamente da pieghe longitudinali della mucosa che sono in parte un pro¬ lungamento delle pieghe longitudinali del tenne che si ispes- siscono e vanno aumentando di altezza avvicinandosi all’ori¬ ficio valvolare; nell’ esemplare da me studiato penetra obliqua¬ mente nella camera ciecocolica con direzione cranio caudale e da destra a sinistra. Anche in Ctenosaura acanlhura è presente un primo anello valvolare completo il quale determina la netta separazione di una camera ciecocolica dal resto dell’ampolla colica. La cavità del cieco è molto ampia e relativamente più sviluppata che non in Iguana tubercolata. Per quanto la estremità craniale sia un poco più ristretta del resto del cieco, non si può affatto scorgere una porzione morfologicamente distinta alla quale poter dare il significato di appendice. Nell' interno del cieco si trovano alcune pieghe molto robuste a decorso leggermente sinuoso e irregolarmente longitudinale, che nascono in corri¬ spondenza dell’ estremità craniale del cieco e si prolungano nella parte ciecocolica fino a raggiungere 1’ anello valvolare colico. L’ anello valvolare colico è in tutto simile a quello della Iguana tubercolata però presenta relativamente un maggiore spessore, 1’ ostio valvolare molto ristretto e quasi centrale è di forma tondeggiante. Il primo risalto dell’ampolla colica ha in Clenosaura acanthura uno sviluppo anche maggiore che non in Iguana tubercolata poiché forma un anello quasi continuo, anche nella porzione ventrale e si interrompe solo bruscamente per un tratto di poco più di un millimetro. Nella regione dor¬ sale però 1’ anello è proporzionalmente molto meno sviluppato che in Iguana tubercolata e conseguentemente la tasca colica dorsale che esso delimita è pure molto meno profonda. A questo primo risalto ne seguono altri due limitati alla porzione dorsale dell’ ampolla colica, di essi il secondo offre uno sviluppo ridottissimo. Il numero delle tasche risulta quindi complessivamente di quattro includendovi come ultima tasca un lieve infossamento che si trova caudalmente all’ ultimo ri- 417 RICERCHE SULL’ INTESTINO DEI RETTILI salto colico e che, analogamente a quanto lio descritto per Iguana tubercolata , risulta caudalmente delimitato da una semplice rientranza della parete intestinale dovuta ad un brusco restringersi del calibro dell’ ampolla colica. L’aspetto esterno e la struttura macroscopica interna erano già stati studiati in parte anche dal Lonnberg. Anatomia microscopica. — Anche 1’ esame anatomo-micro- scopico consente di stabilire che complessivamente, salvo qualche differenza di secondaria importanza, il piano strutturale del tratto di intestino preso in esame si corrisponde nelle due specie studiate. La parete della porzione terminale del tenue presenta relativamente una grande sottigliezza. La sottomucosa vi è ridottissima e gli strati muscolari hanno pur essi uno sviluppo ridotto. Una molto maggiore robustezza presenta il tratto di parete connesso colla parete cecale. Le pliche longi¬ tudinali sono molto basse ed esili pur presentando una dispo¬ sizione del loro epitelio per cui si ha un inizio di formazione di pieghe di second’ ordine. Avvicinandosi all’ orifìcio ileocolico le pieghe vanno assumendo una maggiore altezza tale aumento avviene in modo più sensibile nella porzione contigua al cieco. La disposizione degli strati muscolari a livello della valvola ileocolica è sostanzialmente analoga a quella descritta per Iguana tubercolata solo si nota che la muscolatura longitudi¬ nale si riflette molto prima a formare la tonaca longitudinale del cieco e così penetra pochissimo caudalmente a formare 1’ apparato valvolare. La muscolatura circolare invece si man¬ tiene fino quasi alla estremità distale della valvola presentan¬ dosi particolarmente robusta sia nella porzione ileale sia in quella colica. Le pieghe della mucosa che circonda 1‘ orifìcio valvolare si mostrano in diretta continuazione con le pieghe longitudinali ileali senza protrudere al di là dell’ anello val¬ volare e vanno a prendere contatto colle pieghe coliche ; è in questo tratto che si nota che 1’ epitelio cessa di avere le ca¬ ratteristiche proprie dell’ intestino medio per assumere quelle dell’ intestino posteriore. La camera ciecocolica è, come ri¬ sulta nella figura, diffìcilmente separabile in una porzione ciecale e in una colica ; 1’ esame anatomo-microscopico mostra che il cieco in tutte le sue parti è tapezzato da cellule iden¬ tiche a quelle coliche. Le pieghe della mucosa che ho ricordato nella descrizione macroscopica della camera ciecocolica e che 27 418 M. VIALLI si continuano nelle due porzioni danno ad ambedue un aspetto identico, esse sono caratteristiche per un grande sviluppo della porzione connettivale della mucosa che si presenta costituita da un tessuto molto compatto. Avvicinandosi al livello della valvola colica queste formazioni a pieghe longitudinali sia per la diminuzione di diametro del lume intestinale, sia anche perchè per una grandissima parte convergono in una porzione situata su una parte della faccia ventrale danno luogo alla for¬ mazione di uno spesso cuscinetto costituito solamente dalla por¬ zione mucosa della parete ; tale cuscinetto, dato il modo con cui le pieghe sono qui molto avvicinate risulta perforato in tutti i sensi con le pareti di queste cavità tapezzate da epitelio. In parecchi punti si hanno numerosi tratti in cui si ha 1’ im¬ pressione di essere di fronte a ghiandole pluricellulari, però, poiché data forse anche la costituzione della formazione, in questa regione non si è avuta una perfetta fissazione del ma¬ teriale è ben difficile poter dire se effettivamente si tratti di vere e proprie formazioni ghiandolari pluricellulari oppure di semplici apparenze. A livello di questo cuscinetto si incomin¬ ciano a vedere formazioni linfatiche a vario grado di addensa¬ mento, per cui da una semplice infiltrazione si giunge a veri follicoli linfatici. Queste formazioni linfatiche si fanno più ab¬ bondanti nel tratto successivo alla valvola colica. La valvola colica presenta una costituzione analoga a quella che ho descritto per Iguana tubercolata , essa risulta come aumentata di spessore nella regione ventrale di destra per la presenza del cuscinetto sopradescritto, in tale porzione il ri¬ salto muscolare appare leggermente obliquante in senso cranio caudale a partire dalla periferia verso il centro. La caratteri¬ stica ripiegatura su di se stessi degli strati muscolari che si nota nella regione ventrale della valvola colica di Iguana' tu¬ bercolata si ha in Ctenosaicra per tutto il contorno della val¬ vola che ne risulta così aumentata di spessore e probabil¬ mente anche di attività fisiologica. Lo strato muscolare longi¬ tudinale entra solo in piccolissima parte a costituire la valvola, però si lascia seguire per un buon tratto, interposto tra le ri¬ piegature del duplice strato circolare, in un doppio strato ben distinto a disposizione radiale. Anche i risalti che seguono Panello colico hanno costituzione analoga ai corrispondenti risalti per Iguana tubercolata ; in essi pure si nota una ripiegatura su se stesso dello strato muscolare che vi penetra quasi che RICERCHE SULL’INTESTINO DEI RETTILI 419 la riduzione di estensione del risalto dipende invece che da una diminuzione della massa muscolare dal fatto che essa si pre¬ senta accorciata a causa delle ripiegature. I vuoti che si ven¬ gono a formare dove i muscoli si ripiegano sono riempiti dal connettivo della sottomucosa ivi aumentato di sviluppo. L’ epitelio di ricoprimento dèlia ampolla colica nelle sue varie porzioni : risalti, tasche e tratto venti-ale indifferenziato si mostra ovunque con eguali caratteri. Come ho già detto 1’ ampolla colica nel tratto sottostante alla valvola colica è sede di numerose formazioni linfatiche : esse si mostrano in gran numero irregolarmente disposte e a vario grado di sviluppo in ciascuna delle differenti porzioni dell’ ampolla teste descritta. « & ■«* Se noi cerchiamo di trarre qualche induzione di indole fisiologica dai risultati della indagine anatomica dell’ampolla colica delle due specie considerate noi vediamo che mentre con relativa facilità e certezza si può spiegare 1’ azione meccanica delle varie parti, resta invece completamente oscuro il diverso valore che le singole parti possono avere nei processi di se¬ crezione e assorbimemento intestinale. Certo come risulta anche dalle ricerche di Lònnberg la complessità di costituzione della ampolla colica è legata alla dieta erbivora. La grande camera ciecocolica limitata cranialmente e cau¬ dalmente da due valvole, deve presentare rispetto al movimento del bolo intestinale condizioni di una certa analogia con quelle dei grandi ciechi che si rinvengono in molte specie di mam¬ miferi. La vicinanza che si ha in tutte e due le specie studiate tra la valvola ileocolica e la valvola colica può forse rappre¬ sentare la possibilità che una parte del bolo, che si trovi in particolari condizioni, passi direttamente dal tenue nella se¬ conda porzione dell’ ampolla colica senza sostare nella camera ciecocolica. Una possibile indicazione della eventuale esattezza di questa supposizione, credo si possa trovare in quanto ho avuto occa¬ sione di constatare nella dissezione di Ctenosaura acantliura. La camera ciecocolica era ripiena di grossi frammenti di foglie e di altre porzioni di cibo molto grossolanamente triturato, nel resto dell’ ampolla colica invece il bolo aveva una molto rnag- 420 M. V TALLI giore omogeneità e non vi si distinguevano grossi frammenti. Può darsi che la parte del bolo più grossolana venga tratte¬ nuta dalla valvola colica nel tratto ciecocolico e che ivi, so¬ stando a lungo, o per opera di particolari fermenti della cui secrezione però non appare traccia in particolari modificazioni dell’epitelio o per opera della flora intestinale si modifichi fino ad assumere la dovuta omogeneità. Fattori fisiologicamente importanti in questo caso sarebbero allora 1’ ampiezza relativamente grande della camera ciecoco¬ lica, la robusta muscolatura delle sue pareti e il potente anello muscolare della valvola colica. Circa le modalità d’ azione di quest’ ultima ho già detto a proposito della disposizione dei muscoli dei due strati in Iguana tubercolata le azioni antagoniste della muscolatura circolare costrittrice dell’ orifizio e di quella longitudinale che assume disposizione radiale e agisce come dilatatrice, sono più che evidenti. Anche 1’ azione della muscolatura delle pareti intestinali e dei risalti nello svuotamento delle tasche coliche è già stata precedentemente presa in considerazione e non vi è bisogno di insistervi ulteriormente. Quanto al possibile significato deli# sosta di una parte del bolo nelle profonde tasche coliche nulla possiamo neppure cercare di arguire dai risultati della indagine istologica. * * * Dal punto di vista morfologico e istologico le mie ricerche hanno fornita una sicura conferma alla interpretazione delle singole parti dell’ intestino degli iguanidi data dal Lònnberg e dal Kostanecki, interpretazione che se appare facile e chiara, era tuttavia in netto contrasto con quella di autori precedenti. L’indagine delle caratteristiche dell’ epitelio nelle singole por¬ zioni e sopratutto anche i reperti macroscopici per Ctenosaura acanthura stabiliscono in modo indubbio il significato delle singole porzioni. La presenza di pieghe circolari nell’intestino dei rettili non è un carattere esclusivo dagli iguanidi ma si rinviene, come del resto ha fatto notare Kostanecki ricordando anche le ricerche degli autori precedenti, in rettili dei più svariati gruppi, sa¬ rebbe certo interessante poter conoscere per ognuna delle specie RICERCHE SULL’INTESTINO DEJ RETTILI 421 che presentano tali particolarità il significato fisiologico che tali pieghe possono avere nei riguardi del movimento del bolo alimentare. Probabilmente si troverebbe che tale significato è vario nei singoli casi, almeno a giudicare dalla enorme differenza di condizioni che risalta subito all’occhio confrontando ad esempio i due spaccati di intestino che Kostanecki figura per Iguana tubercolata e Varami .s ben galensis. Gregenbaur ha cercato di vedere un legame tra queste pieghe intestinali e quelle che devono aver determinato la forma dei coproliti degli ittiosauri ma finora nulla si può affermare al- 1’ infuori di una generica affermazione di omologia ; può darsi che uno studio rigorosamente condotto con metodo comparativo su tutte le forme viventi che posseggono pieghe intestinali ben sviluppate possa servire anche a gettare un po’ di luce su queste possibili relazioni. BIBLIOGRAFIA Hofmann C. K. — Reptilia. In Bronns Klassen und Ordiiungen des Thierreichs Leipzig 1890. Huntington G. H. — The Anatomy of thè Human Peritoneum and ab- dominal cavity considered fiora standpoint of development and comparative anatomy P h i 1 adel fi a 1903 (Citato da Kostanecki). Kostanecki K. — Zur vergleichenden Morphologie des Blinddarmes un ter Beriichsichtigung seines Verhàltnisses zum Bauch'ell. Anato- mische Hefte Bd. 48. 1913. — Le caecum des Yertebres. Bulletin International de P Académie Po¬ lonaise des Sciences et des Lettres. Classe des Sciences Math. et Naturelles. Serie B. Sciences Naturelles. Suppl. 1926. Lonnberg E. — On some points of relation between thè morphological structure of thè intestine and thè diet of Reptiles. Bihang till Kongl. Svenska Vetenskaps- Akademies Handlingar. Voi. 28, 1902, 8to- ckholm 1903. Vialli M. — Ricerche sull’intestino dei rettili. I, 11 tratto ileocieco- colico. Archivio Italiano di Anatomia e di Embriologia. Voi. 26, 1929. (In questo lavoro è radunata la bibliografìa completa sull’ argo¬ mento). Prof. Maria De-Angelis ETTORE ARTINI Il 7 Marzo, poco più che sessantenne, moriva in Milano imo fra i più grandi scienziati italiani, il Prof. Ettore Artini. E d’ uso, da gran tempo ormai, che si scelga per ricordare le virtù ed i meriti dell’ Estinto, uno fra quelli che più lo conobbero e più gli furono vicino ; uno quindi fra quelli che più ne hanno sentito la perdita e più ne sono stati colpiti. Nel caso presente la scelta, almeno in parte, non poteva essere più giusta: per quanto ultimo arrivato e per quanto non come altri io 1’ abbia potuto conoscere, e seguire per la sua lunga vita scientifica, forse più d’ogni altro ho sentito dolore per¬ la sua morte. Un grave timore, non lo nascondo, si è impadronito subito di me, non appena il Presidente della nostra Società mi affidò il triste compito di ricordare a voi il mio Illustre Maestro. Saprò io esprimere la comune ammirazione e venerazione verso tale Uomo? Mi traquillizza un po’ il vedere che io parlo a persone che ebbero tutte la fortuna grande di conoscerLo e di apprezzarne le sue rare doti di mente, d’ animo e di cuore ; così dove non saprà giungere la mia modesta parola supplirà il personale ricordo. * * * Ettore Artini, nato a Milano il 22 Agosto 1866, fu dal Padre avviato allo studio della Medichi a, ma l’amore verso le Scienze Naturali, e sopra tutto verso la Mineralogia, spinsero il gio¬ vane a seguire, contemporaneamente all’Anatomia umana, i corsi ed i laboratori della facoltà di Scienze. Frequentò da principio l’Università di Padova, ebbe qui la fortuna di avere come / <*03 ra»-— ■ . • R. 1 T ! S H i'jSFUM Il FEB 29 j natural i hi 1 1 ETTORE ARTI NI 423 Maestro il Prof. Ruggero Panebianco, il quale, comprendendo quale allievo Egli fosse, con amore lo guidò negli studi prefe¬ riti, trasformandosi in amico, in compagno, unito a Lui dalla comune avidità non mai sazia di conoscere, di apprendere, di sapere. Passò poi al R. Istituto di Studi Superiori di Firenze, ove, sotto la guida di un altro grande mineralogista, il Grattarola, conseguì la laurea in Scienze Naturali il 7 Luglio 1887. Nel¬ l'autunno dello stesso anno Tu nominato assistente presso la cattedra di Mineralogia della R. Università di Pavia e ricon¬ fermato in tale ufficio fin die lasciò detta città per venire a Milano. Nel 1838, un anno dopo la laurea, a soli 22 anni, già autore di parecchi studi e memorie, chiese ed ottenne la. libera do¬ cenza, iniziando così, con un corso libero di Petrografìa, scienza, ancor poco nota e che doveva renderlo primo fra i primi, la sua carriera didattica. ■ Nel 1890 riusciva terzo nel concorso al posto di Prof, di Mi neralogia, presso le Università di Genova e di Messina, e un anno dopo, appena venticinquenne, secondo per la cattedra di Mineralogia e Geologia della R. Università di -Catania. Pieno di attività associata ad una intelligenza irrequieta, spinto dal bisogno continuo di lavorare, poiché il lavoro fu la sua vita, aveva ormai numerose e varie pubblicazioni, sia di cristallografia pura, che di mineralogia petrografia, alle quali presto fece seguire alcuni studi sull’ origine e composizione delle sabbie, studi molto complessi e per allora quasi comple¬ tamente nuovi, nei quali divenne tale Maestro da venir poi incaricato di lavori del genere da Commissioni Governative. Nel 1893 nominato, in seguito a concorso, Direttore della Sezione di Mineralogia del nostro Museo, abbandonava Pavia per venire ad assumere il non lieve compito di dirigere e cu¬ rare il trasporto dalla vecchia alla nuova, attuale sede del Museo stesso, riordinandone completamente le collezioni. En¬ comio solenne delle Autorità Municipali gli fruttò tale campito, e grande godimento suo ; ma la vera, la grande soddisfazione doveva venirgli più tardi quando, al riordinamento, potè ag¬ giungere un ampliamento ed un arricchimento tali da rendere il suo Museo uno dei più belli d’ Italia, e non solo per colle¬ zioni, ma anche per ricchezza di Laboratori. 424 M. DE- ANGELIS Nel 1904, riuscito primo nel concorso di Professore ordi¬ nario di Mineralogia presso la R. Università di Bologna, lasciava Milano per quella città, ma per breve tempo ; P affezione al suo Laboratorio, al suo Museo lo richiamavano, ed un mese più tardi vi ritornava per non più allontanarsene, anzi nel 1912 ne diveniva il Direttore Generale, posto che conservò sino alla morte. Raccoglitore e collezionista, discernitore acuto e profondo, spirito critico e sagace, amante del bello e dell’ utile, seppe con P opera sua portare all'ammirazione non solo degli italiani, ma anche degli stranieri, con mezzi tutt’ altro che cospicui, le nostre collezioni o meglio le sue, poiché campione per campione egli studiò e dispose. u Al Museo non tornerò più. n — mi disse una delle ultime volte che andai a trovarlo in casa di salute • purtroppo non ritornò! 11 vuoto e la tristezza del suo Laboratorio non io sola sento, ma quanti a Lui si rivolgevano per consiglio ed aiuto, e non erano pochi, e non erano i primi venuti. Che dire di Lui come Maestro? Professore al Politecnico di Mineralogia e Materiali da costruzione ; Professore di Mi-, neralogia e Geologia Agraria alla R. Scuola Superiore d’Agri- coltura, Professore infine di Mineralogia e Petrografia presso la R. Università di Milano, con parola facile, piana, suadente, esponeva gli argomenti più difficili e complessi si da rendere non solo interessante, ma da entusiasmare spesso i giovani verso una materia per i più arida e piuttosto pesante. Parlate oggi con chi lo conobbe dai banchi della scuola, tutti lo ricor¬ dano con affetto ed ammirazione e non solo come un buono, ma anche come un giusto Maestro. Esigente e severo ? aveva diritto di esserlo. Esigente verso se stesso prima che verso gli altri, pronto sempre a dare P esempio dell’ adempimanto asse- soluto del proprio dovere, tutto ha dato ai suoi studenti, e la scienza e la vita. Parlate con qualcuno di quelli che ebbero la fortuna di accompagnarlo nelle escursioni, o di conoscerlo nell’intimità del Laboratorio, e le sue parole potranno convin¬ cervi meglio di quello che non lo potrebbero fare le mie in questo momento : giovane fra i giovani, pareva non sentisse che un desiderio : infondere amore al sapere. ETTORE ARTI NI 42 5 L’età non aveva per nulla diminuito il suo entusiasmo, la sua energia, anzi questa sembrava crescere con gli anni ; alle cattedre sopra ricordate infatti aggiungeva due anni fa il corso di u Complementi di materiali da costruzione e di Geologia applicata all’ Ingegneria n per la scuola d’ Ingegneria stradale, istituita presso il R. Politecnico, nè debbo dimenticare le con¬ ferenze scientifiche e le lezioni sempre frequentatissime al- 1’ Università Popolare. Che dire della vastissima opera scientifica del Prof. Artini ? L’ unito elenco delle sue pubblicazioni parla abbastanza chiaro; traccia profonda egli lasciò in. tutti i rami delle scienze mine¬ ralogiche e petrografìche. Frutto d’ accurate osservazioni sul posto e di ricerche in laboratorio è la Sua opera più importante geologico-petrografica sulla Val Sesia, in parte in collaborazione col Dottor Gilberto Melzi. la quale gli valse non solo il conferimento del Premio Reale della R. Accademia dei Lincei, ma anche la fama di / « primo fra i primi petrografì ' italiani n L, fama riconferma- tagli da numerosi altri lavori di petrografia e in ispecial modo dal manuale « Le rocce » che costituisce ancor oggi u il miglior trattato elementare di petrografìa che sia mai uscito in Italia, e uno dei migliori di questo genere che siano mai stati pub¬ blicati nel mondo intero » (l). Non meno importanti sono i suoi già ricordati lavori sulla composizione e origine delle sabbie, studi che cercò sempre più di perfezionare e divulgare, ben conoscendo quale grande contributo potessero portare alle scienze geologiche. Anche negli altri rami della nostra scienza egli lascia traccia indelebile ; numerosissime sono le sue note di mine¬ ralogia pura, importanti sopratutto quelle che riguardano tre specie nuove : una trovata in Val Malenco e da Lui dedicata al suo più grande Amico e Collega, la Brugnatellite ; le altre trovate nel granito di Baveno : la Bavenite e la Bazzite ; im¬ portantissima quest’ ultima, poiché è il minerale più ricco di scandio fino ad oggi conosciuto. (1) Repossi E. — Commemorazione fatta alla R. Accademia delle Scienze di Torino, 25 maggio 1928. 426 M. DE-ANGELIS Nel campo della cristallografia pura non vanno dimenticate le monografie sui composti organici, in particolar modo quelle di numerosi derivati del benzolo, preparati dal Prof. Koerner in collaborazione del Prof. Contardi. * * * Quasi tutte le Accademie e Società Italiane più importanti lo vollero annoverare fra i propri soci: era infatti: Soc. Naz. della R. Accademia dei Lincei ; uno dei XL della Soc. Italiana delle Scienze ; M. E. del R. Istituto Lembardo di Scienze e Lettere ; S. 0. della R. Accademia delle Scienze di Torino ; S. C. della R. Acc. delle Scienze dell' Istituto di Bologna; S. C. della R. Acc. degli Agiati di Rovereto. Fu per ben due volte Presidente della Soc. Geologica Italiana e per parecchi anni tenne la stessa carica presso la nostra Società. Virtù raramente associate raccoglieva in sè il nostro grande • Maestro: la modestia, il disinteresse, l’indipendenza e la sin¬ cerità; la sincerità sopra tutto, pronto alla critica, ma anche al consiglio ; discuteva e sapeva convincere : arguto, ironico, sa¬ tirico, e non di rado sferzante, non nascondeva a nessuno il suo pensiero, fosse anche questo tutt’ altro che favorevole, incurante e superiore al poi, come tutti gli animi giusti e retti . Oggi la Mineralogia ha ragione di piangere la perdita di uno dei suoi più appassionati ed entusiasti cultori ; noi un grande, sincero e onesto Maestro. Mai meno ne vengano il ri cordo e la venerazione ! Milano , 24 giugno 1928. ETTORE ARTI NI 427 ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI !. — Natrolite della regione Veneta. — Memorie della Reale Acca¬ demia dei Lincei. 1887. 2. — Contribuzioni alla Mineralogia del Vicentino. — Id. id , 1887. 8. — Epidoto dell’Elba. — - Id. id., 1887. 4. — Sopra alcuni nuovi cristalli interessanti di Natrolite del monte Baldo. — Rendiconti Id. id., 1887. 5. — Quarzo di Val Malenco. — Memorie Id. id., 1888. 6. — Sulla cosidetta Savite di Montecatini. — Rendiconti Id. id., 1888. 7. — Alcune nuove osservazioni sulle Zeoliti di Montecchio Maggiore. — Id. id., 1888. 8. — Studio cristallografico della Cerussite di Sardegna. — Memorie. Id., 1889. 9. — Sulla Natrolite di Bombiana nel Bolognese. — Rendiconti. Id., 1889. 10. — Contribuzioni alla Mineralogia dei Vulcani Cimini. — Memorie. Id., 1889. 11. — Studi petrografici su alcune rocce del Veneto. — Gior. di Mi¬ nerai. Pavia. 1890. 12. — Sulla Leadhillite di Sardegna. — Id. id., 1890. 18. — Della forma cristallina di alcuni nuovi composti organici. — Id. id., 1890. 14. — Alcune ulteriori osservazioni sulle Zeoliti di Montecchio Mag¬ giore. — Id. id., 1891. 15. — Della forma cristallina di alcuni composti organici. — Id. id., serie II, 1891. 16. — Intorno alla composizione Mineralogica delle sabbie del Ticino. Id. id., 1891. 17. — Della forma cristallina di due nuovi composti organici. — Id. id., serie III, 1891. 18. — Contribuzioni alla conoscenza delle forme cristalline della Ste- fanite del Sarrabus. — Id. id., 1891. 19. — Della forma cristallina di alcuni nuovi composti organici. — Id. id., serie IV, 1892. 20. — Della forma cristallina e dei caratteri ottici della Metilacetani- lide. — Id. id., 1892. 21. — Sopra alcune rocce dei dintorni del Lago d' Orta. — Rendicont1 del R. Istituto Lombardo, serie II, voi. XXV, 1892. 428 M. DE-ANGELIS 22. — Appunti petrografie! sopra alcune rocce italiane. — Id. id., 1892. 23. — Le formazioni con ofìoliti nell' Umbria e nella Valdichiana — in coll, col Colono. A. Verri. — Id. id., 1893. 24. — Appunti di Mineralogia Italiana; Antimonite di Cetine. — Ren¬ diconti della Reale Accademia dei Lincei, 1894. 25. - — Apatite dell' Elba. — Id. id., 1895. 26. — Sulla Lherzolite di Balmuccia in Val Sesia. — Id. id., 1895. 27. — Appunti petrograflci sopra alcune rocce del Veneto. I basalti del Veronese. — Atti del R. Ist. Veneto di Se. Lett. ed Arti, 1895. 28. — Baritina di Vassera. — Atti della Società Italiana di Scienze Naturali, 1896. 29. — Su alcuni minerali di Gorno. — Id. id., 1896. 30. — Intorno alla composizione Mineralogica di due sabbie del lito¬ rale Adriatico. — • Rendiconti del R. Istituto Lombardo, 1996. 31. — Intorno alla composizione Mineralogica delle sabbie di alcuni fiumi del Veneto. — Padova, Tip. Cooperativa, 1898. 32. — Intorno a un Meteorite caduto ad Ergheo presso Brava — pe¬ nisola dei Somali — in coll, col Dott. G. Melzi. — Rendiconti del R. Istituto Lombardo, 1898. 33. — Relazione intorno ad un Meteorite caduto ad Ergheo presso Brava nella penisola dei Somali — in coll, col Dott. G. Melzi — con tre tavole. — Esplorazione Commerciale. 1898. 31. — Appunti geologici e petrograflci su L Alta Val Trompia — in coll, col Dott. E. Mariani. — Atti Soc. Dal. Se. Nat. 1898. 35. — Su alcuni minerali di Bovegno. — Rend. R. Istituto Lombardo, 1898. 36. — Ancora sulla Leadhiilite di Sardegna. — Id. id., 1899. 37. — In Memoria del Conte Gilberto Melzi. — Atti Soc. Ital. Se. Nat. 1899. 38. — Intorno ad alcuni minerali di Laorca e Ballabio. — Rend. R. Ist. Lombardo, 1900. 39. — Ricerche petrografiche e geologiche sul Sa Valsesia. — Memorie del R. Istituto Lombardo (in coll, col Conte G. Melzi), 1900. 40. — In memoria di Rammelsberg. — Annuario Soc. Chimica di Mi¬ lano, 1900. 41. — Appunti di Mineralogia italiana. Calcite di Pradalunga. — Atti Soc. Ital. Se. Nat. 1901. 42. • — Di una nuova specie minerale trovata nel granito di Baveno. — Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, 1901. 43. — Osservazioni sopra alcuni minerali del granito di Baveno. — Id. id., 1902. 44. — I sedimenti attuali del Lago di Como. — Rendic. R. Ist. Lom¬ bardo, 1903. ETTORE ART1N1 429 45. — Note Mineralogiche sulla Valsassina. — - Atti Soc. Ital. Se. Nat. 1903. 46. — Sulla forma cristallina del solfuro d’ Azoto. — Rend. R. Ist. Lambardo, 1904. 47. — Intorno ad una roccia lamprofirica della Val Flesch. — Atti Soc. Ital. Se. Nat. 1904. 48. — Della forma cristallina di alcuni derivati del benzolo. — Nota I. Rendic. Ist. Lombardo, 1905. 49. — - Sulla Stolzite di Bena (d)'e Padru — Ozieri. — Id. id., 1905. 50. — Della forma cristallina di alcuni derivati del benzolo. — Serie III. Id. id., 1907. 51. — ■ Parole dette dal prof. Ettore Artini alla inaugurazione del Congresso dei naturalisti italiani. — Atti del Congresso, 1906. 52. — Leopoldo Maggi. — Rend. R. Istituto Lombardo, 1907, 58. — Un basalto nefelinico a Noseana di Recoaro. — Id. id., 1907. 54. — I manufatti litici del Museo Ponti all’ Isola Virginia — Lago di Varese. — Id. id., 1909. 55. — - Brugnatellite ; nuova specie minerale trovata in Val Malenco. — Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, 1909 56. — Della forma cristallina di alcuni derivati del benzolo. — - Nota IV. Rendiconti R. Istituto Lombardo, 1910. 57. — Le opinioni oggi prevalenti sulla natura e sull' origine degli Scisti Cristallini. (Del Prof. L. Milch — traduzione). — Rivista « Natura » Voi. II, 1911. 58. — Forma cristallina del salicilato di Colesterina. — Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, 1910. 59. — Della forma cristallina di alcuni derivati del benzolo. — Nota VI. Rend. R. Ist. Lombardo, 1912. 60. — Sulla composizione mineralogica di alcune sabbie e terreni della Tripolitania e dell' Algeria. — Atti Soc. Dal. Se. Nat. 1912. 61. — Osservazioni petrografiche su di alcune rocce fosfatiche della Palestina. — Ibidem, 1912. 62. — Della forma cristallina di alcuni derivati del benzolo. — Nota VII. Rendic. R. Istituto Lombardo, 1913. 63. — Sulla composizione mineralogica di alcune sabbie del Deserto Arabico. — Atti Soc. Ital. Se. Nat. 1914. 64. — Sulla diffusione delle rocce a nefelina della Libia. — Rendic. R. Accad. dei Lincei, 1914. 65. — Note di petrografìa Libica. I. Monehiquite di Raf Batus. — Rendic. R. Istituto Lombardo, 1914. 66. — I Minerali. — ■ Manuale Hoepli (422 pag. e 40 tavole colorate). Milano, 1914. 67. — Intorno alla composizione mineralogica di alcune sabbie ed are¬ narie, raccolte dalla Missione scientifica Stefanini-Paoli nella So¬ malia Italiana. — Atti Soc. Ital. Se. Nat. 1915. 430 M. DE-ANGEL1S 68. — Della forma cristallina di alcuni derivati del benzolo. — Nota Vili. Rendìc. R. Istituto Lombardo, 1915. 69. — Due minerali di Baveno contenenti terre rare : Weibyei'te e Bazzite. — Rendic. R. Accad. dei Lincei, 1915. 70. — Sulla presenza della monazite nelle sabbie ed arenarie della Somalia meridionale. Ibidem, 1915. 71. — Bismutinite di Brosso. — Ibidem, 1915. 79. — Sulla forma cristallina del trini trotoluolo cc. — Ibidem, 1915. 73. — Osservazioni mineralogiche sopra alcune sabbie arenarie e terre della Somalia Italiana. — Dal Volume : Missione Stefaniui-Raoli. Ricerche fatte nella Somalia Italiana. 1916. 74. — In morte del prof. Ferdinando Sordelli. — ■ Rendic. R. Istituto Lombardo, 1916. 75. — Della forma cristallina di alcuni derivati del benzolo. — Nota IX. Rendic. R. Istituto Lombardo, 1917. 76. — Manuale di Mineralogia per le scuole secondarie. — Dr. Fr. Vallardi. 1917. 77. — Il polimorfismo della dinitrotoluidina 1 . 3 . 5 . 2. — Rendic. R. Accademia dei Lincei, 1917. 78. — Della forma cristallina di alcuni derivati del benzolo. — Nota X. Rendic. R. Istituto Lombardo, 1918. 79. — Parole lette dal Presidente Prof. E. Artini aprendo F adunanza della Società Geologica Italiana, tenuta in Milano il 6 gennaio 1919. „ 80. — Le rocce. — Manuale Hoepli (653 pag. con 32 Tav.). Milano 1919. 81. — Cassiterite e ti tan i te di Baveno. — Rendic. R. Accademia dei Lincei, 1920. 82. — Sulla presenza del crisoberillo nella dolomia di Campolongo. — Ibidem, 1920. 83. — ■ I Minerali. — Manuale Hoepli, II ediz. riveduta e ampliata (518 pag. e 48 tavole), 1921. 84. — ■ Lezioni di Mineralogia e Materiali da costruzione. — Tamburini, 1920. 85. — Sulla presenza della nesquehonite nelle cave d’ amianto di Franscia in Val Lanterna. — Rendic. R. Accademia dei Lincei 1921. 86. — - Sulla composizione mineralogica di alcune sabbie raccolte dal prof. P. E. Vinassa nella Dancalia. — Atti Soc. I tal . Se. Nat. 1921. 87. — Sulla forma cristallina del clorito sodico triidrato. — Rendic. R. Accademia dei Lincei, 1922. 88. — Sulla Brugnatellite di M. Ramazzo, in Liguria. — Id. id., 1922. 89. — Lezioni di Mineralogia e Materiali da costruzione. — II Ediz. Tamburini, 1923. 90. — Commemorazione dell’ Abate Antonio Stoppani. — C. A. I., 1923. ETTORE ARTI NI 431 91. — Eine neime Minerallagerstàtte ini Serpentin von Antronapiana in der Val d' Ossola. — Zeitschrift f. Krystallographie, (Festand) 1923. 92. — Sopra alcune rocce porfiriche della Barbagia Senio. — Bollett. R. Ufficio Geologico, 1923. 93. — Uno sguardo all’ avvenire ; timori e speranze. — R. Istit. Lomb. di Se. e Lett., 1924. 94. — 1 Minerali. — 111 edizione (593 pag. con 251 Incis. e 48 Tavole). Hoepli, 1925. 95. — Chimica e Mineralogia. — Manuale per le scuole secondarie. Vali ardi, 1926. 96. — Vesuvianite di Antronapiana. — Rendic. R. Ist. Lombardo di Se. e Lettere, 1925. 97. — Discorso presidenziale del prof. E. Artini alla inaugurazione della XXXYIII riunione della Società Geologica Italiana. — Roma, 1925. 98. — Sulla composizione mineralogica di quattro campioni di sabbia, provenienti dalle dune dei dintorni di Chisimajo nell' Oltre Giuba. — L' Agricoltura Caloniale, XX, 1926. 99. — Osservazioni mineralogiche sui materiali incontrati da due tri¬ vellazioni profonde recentemente eseguite a Milano. — Atti Soc. I tal . Se. Nat. 1927. 100. — La Brughiera lombarda. — (Appunti geologici). Federazione Ital. dei Consorzi Agrari 1927. INDICE Consiglio direttivo pel 1928 ..... Pag . Elenco dei Soci ....... » Verbali delle sedute tenute nell’anno 1928 . . r Istituti scientifici corrispondenti in principio del- 1’ anno 1928 ....... ii Elenco delle pubblicazioni donate . ... r Airaghi C., Mammiferi pliocenici dell’isola di Coo (Dodecaneso) ....... r Airaghi C., Contributo allo studio delle ammoniti del Giura e dell’ Infracretaceo in Lombardia ri Beer S., Sulla fluorescenza presentata dai bozzoli e dalla seta sotto 1’ azione dei raggi ultravio¬ letti ......... ri Bevilacqua A., Studi sulla fauna fossile marina pliocenica e quaternaria dell’isola di Rodi (Egeo) (Tav. Ili) ...... n Canegallo M. A., Una nuova specie di Branchiob- della — Branchiobdella italica ... ri Caroli A., Sull’ atmotropismo dei girini degli Anfibi Anuri ......... » Cecchini C., Sopra alcune forme larvali di Sergestes non comprese in serie larvali note ... ri Cengia Sambo M., Ecologia dei licheni . . ri Citterio V., L’ apparato cardio-polmonare degli Eu- proctus ........ ri Colosi G., Brevi considerazioni sulla pressione del¬ l’ossigeno respiratorio ...... Comini A., Il cosidetto organo del Trois del Lophnts piscatorius L ........ ri Coppa Patrini A., I Rizopodi del Lario ... ri De-Angelis M., Ettore Artini .... n Desio A., Nuove ricerche sui ghiacciai del gruppo Ortles-Cevedale (campagna del 1927) . . » n in XVII XXVII XL 125 284 345 150 214 20 144 264 1 340 15 225 422 98 434 INDICE Fenaroli L., Additamenta hieracioìogica . Fenoglio M., Sui giacimenti di cobalto dell’ Alta pag. 208 Valle di Lanzo (Tav. V) . Luzzatto G., Contributo alla flora dell’alta valle di r 182 Sulden ........ Magrograssi A., La fauna levantina di Coo e di il 71 Lodi (Tav. VI) ....... Mariani E., Sul pliocene marino del sottosuolo di il 249 Monza e di Vimercate (Lombardia) Moltoni Ed.. Descrizione di un nuovo Meropide il 136 (Aves) dell’Eritrea (Tav. IV) .... Moltoni Ed., Sull’ invasione del Crociere in Italia il 179 nel 1927 ........ li 385 Perotti P., Innervazione nella cute dei Batraci Scortecci G., Una nuova specie di Hemidactylus il 193 dell’Eritrea: Hemidactyliis Fossa dii (Tav. I) Scortecci G., Lettili dell’ Eritrea esistenti nelle collezioni del Museo Civico di Milano (Tavv. ii 33 VII, Vili, IX) . . Stolz R., Le granulazioni basotìle degli eritrociti nei Vertebrati inferiori (Nota preliminare) il 290 (Tav. II) ........ li 93 Vialli M., Licerclie sull’ intestino dei Lettili Zavattari E., Le affinità morfologiche e biologiche ii 403 fra Ippoboscidi e Glossine .... li 37 BRìTISH MUSEUM li FEB 29 NATUPvAL H I STORY. SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (data di fondazione: 15 gennaio 1856) Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. I Soci possono essere in numero illimitato: effettivi , perpetui, bene¬ meriti e onorari. I Soci effettivi pagano L. 40 all’anno, in una sola volta , nel primo bimestre dell' anno, e sono vincolati per un triennio. Sono invitati par¬ ticolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuita¬ mente gli Atti e le Memorie della Società e la Rivista Natura. Chi versa Lire 400 una volta tanto viene dichiarato Socio perpetuo. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi¬ zioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale. A Soci onorari possono leggersi eminenti scienziati che contribui¬ scano coi loro lavori all’incremento della Scienza. La proposta per l'ammissione d’uh nuovo Socio effettivo o perpetuo deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Con¬ siglio Direttivo (secondo l’ Art. 20 del Regolamento). Le rinunci e dei Soci effettivi debbono essere notificate per iscritto al Consiglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3° anno di obbligo o di ogni altro successivo. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, purché li domandino a qualcuno dei membri del Consiglio Direttivo o al Bibliotecario, rilasciandone regolare ricevuta e colle cautele d’uso volute dal Regolamento. Gli Autori che ne fanno domanda ricevono gratuitamente cinquanta copie a parte, con copertina stampata , dei lavori pubblicati negli Atti e nelle Memorie , e di quelli stampati nella Rivista Natura. Per la tiratura degli estratti , oltre le dette 50 copie gli Autori dovranno rivolgersi alla Tipografia sia per l’ordinazione che per il pagamento. La spedizione degli estratti si farà in assegno. INDICE DEL FASCICOLO IIMV 3P.mSH i vIUSFIJM ] S A' FBB*2S j> JATURàl § ir A. Coppa Patrini, I Rizopodi del Lario . A. Magrograssi, La fauna levantina di Coo e di Rodi (con una tavola) . M. Cengia Sambo, Ecologia dei Licheni . C. Airaghi, Contributo allo studio delle Ammoniti del Giura e dell’ Infracretaceo in Lombardia . G. Scortecci, Rettili dell’Eritrea esistenti nelle col¬ lezioni del Museo Civico di Milano (con tre tavole) . . . " • , G. Golosi, Brevi considerazioni sulla pressione del- l’ ossigeno respiratorio . . . S. Beer, Sulla fluorescenza presentata dai bozzoli e dalla seta sotto l’azione dei raggi ultravioletti Ed. Moltoni, Sull’invasione del Crociere in Italia nel 1927 . . M. Vialli, Ricerche sull’ intestino dei Rettili M. De-Angelis, Ettore Artini . Indice . . . Pag. 225 » 249 » 264 n 284 290 340 345 385 403 422 433 Nel licenziare le bozze i Signori Autori sono 'pregati di notifi¬ care alla Tipografìa il numero degli estratti che deside¬ rano , oltre le 50 copie concesse gratuitamente dalla Società, fi listino dei prezzi per gli estratti degli Atti da pubblicarsi nel 1926 è il seguente: COPIE 25 50 75 100 Pag. 4 L. 8.- L. 12. — L. 17.— L. 22.— » 8 57 13.-- n 18.— » 24.— » 31.— ». 12 ri 16.— » 24.— » 31. — v 39. — » 16 » 18.- ìi 28.- — » 37.— » 50.— NB. - La coperta stampata viene considerata come un 1 / 4 di foglio. Per deliberazione del Consiglio Direttivo , le pagine concesse gratis a ciascun Socio sono (1926) ridotte a 12 per ogni volume degli Atti e a 8 per ogni volume di Natura, che vengono por¬ tate a 10 se il lavoro ha delle figure. Nel caso che il lavoro da stampare richiedesse un maggior numero di pagine, queste saranno a carico deW Autore ( L . 25 per ogni pagina degli u Atti ri e di u Natura «). La sj^esa delle illustrazioni è a carico degli Autori. I vaglia in pagamento di Natura , e delle quote sociali devono es¬ sere diretti esclusivamente al Dott. Edgardo Moltoni, Museo Civico di Storia Naturale , Corso Venezia , Milano (1131.