I / » DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORTA NATURALE IN MILANO - - VOLUME LXXIII -VjV‘ - Anno 1934 Milano 1934 (XII) PAVIA — Premiata Tipografia SUCCESSORI FUSI — Via L. Spallanzani, 11 DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MI li A NO VOLUME LXXIII Fascicolo I-II (con tre tavole) MILANO Giugno 1934 (XII)-* CONSIGLIO DIRETTIVO PEL 1934. Presidente: De Marchi Dott. Comm. Marco, Via Borgonuovo 23 (1984-35). ÌBrizi Prof. Comm. Ugo, Viale Romagna 33. (1933-34). Mariani Prof. Comm. Ernesto, Via ladi¬ no 41 (1934-35). Segretario: Moltoni Dott. Edgardo, Museo Civico di Storia Nat. (1934-35). Vice-Segretario : Desio Prof. Cav. Ardito, Via privata Livoimo 3 (1933-34). Archivista: Mauro Ing. Gr. Uff. On. Francesco, Piazza S. Am¬ brogio 14 (1934-35). Consiglieri Air aghi Pro tV Carlo, Via Podgora 7. Micheli Dott. Lucio, ViaiCarlo Goldoni , 32. i Parisi Dott. Bruno, Museak Civico di Storia ) Naturale. ] Pugliese Prof. Angelo, Via Enrico Besana 18 f Supino Prof. Cav. Felice, Via Ariosto 20 Turati Conte Gr. Uff. Emilio, Piazza S. Ales- \ sandro 6. Cassiere: Dott. Ing. Federico Bazzi, Via Borghetto 5 (1934). Bibliotecano : Dora Setti. ELENCO DELLE MEMORIE DELLA SOCIETÀ Voi . I. Fase. 1-10; anno 1865. ?» II. ?» 1-10 ; ?» 1865-67. ?» III. ?» 1-5 ; ?» 1867-73. ?» IV. ?» 1-3-5; anno 1868-71. ?» V. ?» i; anno 1895 (Volume completo). ?» VI. ?» 1-3; ?» 1897-1910. ?» VII. ?» i; ?» 1910 (Volume completo). ?» Vili. ?» 1-3 ; ?» 1915-1917. ?» IX. »> 1-3; ?» 1918-1927. n X. ?» il; >» 1929. PAVIA PREMIATA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI FUSI Via L. Spallanzani, il. ISTITUTO DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE DELLA R. UNIVERSITÀ DI MILANO direttrice: prof, rina monti Dottor Pietro Lanzani CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’APPARATO MASTICATORIO IN PESCI A REGIME ALIMENTARE DIFEERENTE Se esaminiamo diverse specie di pesci a regime alimentare differente, possiamo vedere come il modo di nutrirsi e il genere di nutrimento siano in rapporto con variazioni scheletriche e mu¬ scolari delle parti adibite alla presa del cibo e alla sua mastica¬ zione. Ho rivolto le mie ricerche su due teleostei delle nostre acque dolci e precisamente su esemplari del Lago di Como di specie diverse, una omnivora; Squalius cavedanus Bp., Cavedano, l’altra planctonica monofagica: Coregonus lavaretus L. natio larianus Monti, Coregono, prendendone in considerazione lo scheletro vi¬ scerale e i muscoli masticatori. Per la descrizione della parte scheletrica ho consultato la monografia del Prof. E. Supino (*) sul cranio dei pesci. Cavedano. Scheletro viscerale. Premascellare (fìg. 1 pmx). È un osso allungato, incurvato e rivolto obliquamente in basso; slargato apicalmente, si assottiglia inferiormente e si unisce mediante un legamento fibroso all’ estre¬ mità inferiore del mascellare corrispondente; superiormente pre¬ senta un prolungamento rivolto all’ indietro che si incastra e può scorrere nella scissura del mascellare. (1) Supino F., Il cranio elei Pesci. Libr. intern. B. Lux., Roma 1907. 6 P. LAN ZA.NI Mascellare (fig. 1 mx). Dal Patio (*) descritto come « quasi diritto in avanti, con un gomito jiosteriore leggermente più esteso verso la base, con un margine meno inclinato e meno incavato o quasi diritto ». E molto robusto, sviluppato, posto dietro il pre¬ mascellare al quale si unisce col suo margine anteriore, mediante robuste fibre connettive. Appare di forma incurvata e alquanto irregolare, con una lamina slargata medialmente alla quale in basso si attacca un tendine della seconda porzione del muscolo adduttore della mandibola. Superiormente si prolunga in due la¬ mine sovrapposte incrociantesi sotto un angolo acuto, cbe lasciano fra di loro uno spazio entro il quale scorre il prolungamento sopra nominato del premascellare ; una sporgenza supero posteriore pre¬ senta una faccetta articolare per il palatino al quale si unisce per mezzo di legamenti. L‘ estremità distale forma una doccia entro la quale si trova 1‘ estremità assottigliata del corrispondente premascellare ; da un robusto legamento è unita al dentale. La faccia esterna presenta una rugosità sulla quale si inserisce il tendine della prima porzione del m. a. della mandibola. Palatino (fig. 1 pt). Di forma irregolare, non lungo, mas¬ siccio, costituisce una parte della regione anteriore del palato. Anteriormente è in rapporto col vomere, etmoide, e col mascel¬ lare. Posteriormente si unisce all’ecto ed ento-pterigoide. Ossa pterigoidee (fig. 1 ekp, ent, mtp). Le tre ossa pteri- goidee: ecto, ento e meta pterigoide concorrono a formare le pa¬ reti della bocca; sono appiattite e sottili, ma resistenti. Al mar¬ gine posteriore del metapterigoide, cbe è in rapporto all' ioman¬ dibolare, si inserisce la porzione più profonda del m. a. della mandibola. Dentale (fig. 1 d). JSTon porta denti; di forma irregolare, nella sua parte anteriore è ricurvo verso la linea mediana a formare col corrispondente l’arco mandibolare. Si allarga nella parte po¬ steriore a Y, terminando superiormente con un processo osseo ben sviluppato, unito dal legamento sopranominato al mascellare. Al margine posteriore di detto processo si inserisce la seconda por¬ zione del m. a. della mandibola. In avanti internamente si attac¬ cano con tendini le fibre del muscolo genio-ioideo. I1) Fatio, Faune des vertébrés de la Suisse. Voi. IV, Poissons, Genève 1890. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARATO ECC. 7 Articolare (fig. 1 ar). Presenta posteriormente una fossetta articolare per l’ articolazione col quadrato. E di forma irregolare, assottigliata in avanti dove riveste il dentale e più slargata nella parte mediana. Un bastoncino cartilagineo si estende dall’ artico¬ lare al dentale : è la cartilagine di Meckel. Coronoide. Piccolo osso che si trova sulla faccia interna del- l’articolare sopra la cartilagine di Meckel. E il punto di inser¬ zione del tendine della terza porzione del m. a. della mandibola. palatino ; ekp, ectopterigoide ; qu, quadrato ; mtp, metapte- rigoide; lira, iomandibolare; op, opercolo; pop, preopercolo; • sop, subopercolo ; iop, interopercolo ; brs, raggi brancliio- stegi ; crt, ceratoiale ; bs, basiiale ; an, angolare ; ar, arti¬ colare; d, dentale; ara, muscolo adduttore della mandibola; gli, muscolo genio-ioideo ; 1 , 2, 3, 4 : la, 2a, 3a, 4a por¬ zione di am. Angolare, (fig. 1 an). E di forma triangolare, assottigliato in avanti, situato sotto 1’ articolare nella sua parte posteriore. Iomandibolare (fig. 1 hm). E più sviluppato superiormente dove si articola con due tubercoli a superfìcie cartilaginea col cranio, che inferiormente, dove è in rapporto per mezzo di car¬ tilagine col simplettico e col processo stiliforme dello ioide ; con l’ opercolo si articola per mezzo di un tubercolo. Il margine po- 8 P. LANZANI steriore è rettilineo e munito di una cresta che è in relazione al preopercolo ; il margine anteriore è concavo nella parte inferiore dove si mette in rapporto col metapterigoide. Sulla sua faccia esterna sta il muscolo elevatore dell’ arco palatino in parte ricoperto dal m. a. della mandibola. Simplettico. Ossicino allungato a forma di chiodo, posto fra il precedente, il preopercolo e il quadrato, dal quale è in parte ricoperto. Quadrato (fìg. 1 qu). Di forma appiattita, quasi triangolare, a base posteriore rivolta verso l’alto. Al vertice opposto un pro¬ cesso condiliforme si articola nella fossetta dell’articolare. È sai- dato alle ossa pterigoidee ; un processo osseo rivolto all’ indietro si addossa al simplettico. Inferiormente presenta un margine più ispessito, ripiegato in basso, che ricopre la parte anteriore del preopercolo. Ad essi si inseriscono con del connettivo le fibre muscolari ascendenti della prima porzione del m. a. della man¬ dibola. Apparato ioideo ed opercolare. Stiloiale. Ossicino breve e robusto situato fra 1' epiiale e l’e¬ stremità inferiore dell’ iomandibolare. Epiiade (fìg. 1 ep). Si unisce al ceratoiale mediante un lungo tratto cartilagineo; è un osso piatto ma robusto, di forma sub¬ triangolare. Ceratoiale (fìg. 1 crt). Presenta una parte più slargata su¬ periormente; ricurvo in basso e in avanti, si unisce mediante cartilagine ai due basiiali. Sulla sua faccia esterna è inserito il m. genio ioideo. Basiiali (fìg. 1 bs). Sono due ossicini uniti da cartilagine ; il superiore più piccolo è in rapporto all’ entoglosso ; e Y altro più basso è unito da legamenti all’ uroiale. Tre raggi branchiostegi sono attaccati all" ioide, ossa laminari lunghe e ricurve verso l’ alto (fìg. 1 brs). L’apparato opercolare è composto dall'opercolo, subopercolo, interopercolo e preopercolo (fìg. 1 op, sojd, iop, pop), grandi ossa laminari ma ispessite. Nella nostra specie l'opercolo è stato de¬ scritto dal Fatio come « quadrato, perchè relativamente più lungo al lato superiore ». Il più importante per noi è il preopercolo, poiché alla sua faccia esterna e al margine anteriore si inseriscono mediante con¬ nettivo le libre del m. a. della mandibola. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL; APPARATO ECC. 9 Nessuna delle parti scheletriche da me esaminate porta denti ; i cavedani portano denti solo sui faringei (1). Muscoli. Muscolo adduttore della mandibola (fig. 1 am). Dopo aver tolto il tegumento e la catena delle piccole ossa sotto-orbitali si incontrano dei muscoli appartenenti agli apparati masticatorio ed opercolare. Tutto lo spazio compreso fra il preopercolo, l'orbita e la mascella è riempito da una grossa massa carnosa, il muscolo adduttore della mandibola (am). Questa massa a fibre serrate e oblique si presenta primieramente come divisa da tre porzioni ; una quarta, non subito evidente, è situata molto profondamente e facilmente si confonde con la terza. Queste parti posteriormente si confondono in una sola che si inserisce alla faccia esterna e al margine anteriore del preopercolo, alla cresta ossea dell' io¬ mandibolare, al simplettico e al quadrato. La prima porzione ifig. 1,1) nasce in corrispondenza del margine inferiore del qua¬ drato e del preopercolo (punto fìsso) e manda le sue fibre obliqua¬ mente in avanti ed in alto fino ad inserirsi con un tendine alla rugosità della faccia esterna del mascellare (punto mobile). La seconda porzione (fig. 1, 2) manda le sue fibre verso la mandibola; ha un punto fìsso sulla faccia esterna e sul margine anteriore del preopercolo, sulla cresta dell’ iomandibolare, e due punti mobili ; infatti questa massa muscolare in avanti va per la maggior parte ad attaccarsi al margine posteriore del processo superiore del dentale e a quello superiore dell'articolare; da esso parte un pic¬ colo tendine che con qualche fibra muscolare va ad inserirsi alla parte inferiore della zona più slargata del mascellare. La terza porzione (fig. 1, 8) ha il punto fìsso in alto al preopercolo ed io¬ mandibolare, ai quali si fìssa con un tendine, e manda le sue fibre obliquamente in basso e in avanti dove si continuano in un tendine che ha il punto di inserzione in corrispondenza del co- ronoide. La quarta porzione (fig. 1, 4) è la più piccola ed è quasi per intero ricoperta dalla terza alla quale è intimamente unita con del connettivo. E applicata sul quadrato e sul metapterigoide al (1) Fatio, Op. cit. 10 P. LAN ZANI cui margine posteriore si inserisce ; in basso le sue fibre vanno ad attaccarsi al tendine della terza porzione. Muscolo articolo-dentale. Nasce dal tendine del m. a. della mandibola. E ridotto a poche fibre muscolari che si dirigono verso l'anteriore fino all'estremità più avanzata del dentale. s Muscolo intermandibolare. E una breve masserella musco¬ lare distesa trasversalmente tra le due estremità anteriori interne dei dentali ai quali si attacca. Muscolo genio-ioideo (fig. 1 gh). E un muscolo lungo e largo a fibre longitudinali nel senso antero posteriore. Ha origine sulla faccia esterna dei ceratoiali, in corrispondenza del raggio branchiostegio mediano ; le masse muscolari in avanti si riuni¬ scono e concorrono a formare il pavimento della bocca. L‘ estre¬ mità anteriore si inserisce sui dentali, in corrispondenza del m. intermandibolare mediante tendini divergenti ai lati e sotto di esso. Coregono. Scheletro viscerale. Premascellare (fig. 2 pmx). E un piccolo osso ripiegato ad angolo, con la parte superiore più allargata, posto davanti al ma¬ scellare nella sua metà più sottile ; esso limita in alto il margine della bocca ed è provvisto di piccolissimi denti. Dal Fatio (E è ricordato come un osso molto importante nel determinare la forma del muso dei coregoni in generale, perchè alle sue diverse inclinazioni in avanti o all’ indietro corrispondono posizioni della bocca più o meno anteriore o inferiore. Mascellare (fig. 2 mx). Secondo Fatio, « relativamente allun¬ gato o tozzo, diritto o arcuato con un gomito più o meno prò- nunci ato ». E di forma un poco arcuata in avanti e concorre a ior- mare le pareti della cavità boccale. La metà superiore sottile si ingrossa apicalmente e si articola col palatino, quella inferiore è allargata a spatola e termina in basso con un margine finemente dentellato. Del tessuto fibroso unisce il mascellare al dentale. Sopramascellare (fig. 2 spx). La sua forma, come dice il Fatio, dipende sopra tutto da quella del mascellare. E laminare (f) Fatio, Op. cit ., Voi. V. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL APPARATO ECC. 11 a forma di spatola, con l’ estremità superiore appuntita ; è posto sopra la faccia esterna del precedente nella sua zona inferiore più ingrandita. O Palatino (fig. 2 pt). Molto sottile ed allungato a forma di chiodo, termina ingrossato anteriormente dove si articola col vo¬ mere, con F etmoide e col mascellare, al quale è unito con un ro¬ busto leo-amento. Posteriormente, mediante cartilagine, si mette in rapporto con V ecto e V entopterigoide. Ossa pterigoidee (fig. 2 ekp, ent, mtpì. Ecto, ento e meta- pterigoide sottili, delicate e fragili, unite da cartilagine ; T ecto è sottile 'e allungato; Tento laminare, concavo, con la zona poste- Fig. 2. — Coregono - Le stesse lettere della figura 1 ; spx, so¬ pramascellare. riore più allargata e il meta, più ispessito, delimitano inferior¬ mente la cavità dell5 orbita ; insieme al palatino formano una specie di ponte che unitamente alle ossa vomere et etmoide serve di sostegno alla mascella superiore. Dentale (fig. 2 d). Non porta denti ; in avanti il margine in¬ feriore si incurva verso la parte mediana ad incontrare il corri¬ spondente per formare T arco mandibolare ; posteriormente, dove si salda all* articolare, ha la forma di una V con una branca più lunga in basso. E collegato al mascellare per mezzo di tessuto fibroso. La faccia interna presenta una piega vicino al margine anteriore, alla quale va a terminare il muscolo che quasi per in¬ tero la tappezza. Articolare (fig. 2 ar). Quest'osso si incastra nella V del pre¬ cedente ; la porzione anteriore più allargata è laminare ; si in- 12 P. LANZANI grossa posteriormente dove termina con una fossetta per l’artico¬ lazione col quadrato e con un sottile processo osseo rivolto verso l’alto. Dall’articolare al dentale si estende un bastoncino carti¬ lagineo: la cartilagine di Meckel. Coronoide. Ossicino situato sulla faccia esterna del prece¬ dente, sopra la cartilagine di Meckel. Ad esso si inserisce il ten¬ dine del m. a. della mandibola. Angolare (fig. 2 an). Ossicino a forma triangolare, saldato al precedente nella sua parte terminale. Iomandibolare (fig. 2 hm). Distretto inferiormente quest’osso presenta in alto una regione più ispessita che si articola col cranio e con l'opercolo; il margine posteriore, convesso, ha una cresta che è in relazione con il preopercolo. Il margine anteriore, ini¬ zialmente rettilineo si piega ad S in basso in rapporto con il me- tapterigoideo ; la porzione inferiore più ristretta si unisce al sim- plettico ed allo stiloiale mediante un tratto cartilagineo. La faccia esterna è ricoperta dal m. elevatore dell’arco palatino e dal m. a. della mandibola. Simplettico . Piccolo osso sottile e allungato a forma di chiodo, posto fra il metapterigoide e il quadrato, ed unito da cartilagine all’ iomandibolare. Quadralo (fig. 2 qu). Di forma triangolare, con la base po¬ steriore rivolta verso l’alto; al vertice opposto un processo con- diliforme si articola nella fossetta dell’articolare della mandibola. E saldato da cartilagine alle ossa pterigoidee. Inferiormente si prolunga indietro con un sottile ed allungato processo osseo che sovrasta la parte anteriore del preopercolo e si addossa al sim- plettico. Apparato ioideo ed opercolare. Stiloiale . Piccolo osso situato fra l’ epiiale e l’ estremità in¬ feriore dell’ iomandibolare dal quale è separato da cartilagine. Epiiale. Ossicino appiattito, col margine posteriore convesso e l’anteriore leggermente concavo. Si unisce al ceratoiale me¬ diante un lungo tratto cartilagineo. Ceratoiale (fig. 2 crt). Osso allungato alle estremità e più ristretto nella parte mediana, unito ai basiiali da cartilagine. Basiiali (fig. 2 bs). Sono due piccole ossa saldate tra loro da cartilagine; quello rivolto internamente è in rapporto coll’en- toglosso, quello inferiore, più esterno, si unisce con legamento robusto all’ uroiale. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL APPARATO ECC. 13 Al margine posteriore dell’ epiiale e ceratoiale sono attaccati nove raggi branckiostegi (fig. 2 brs) ; ossa laminari allungate e ricurve posteriormente verso 1’ alto. In corrispondenza del quinto, sesto e settimo è inserito, sulla faccia esterna del ceratoiale, il m. genio-ioideo. L’apparato opercolare è composto dall’opercolo, subopercolo, preopercolo ed interopercolo (fig. 2 op, sop, iop, pop), secondo Patio « più o meno larghi, più o meno angolosi, sono ossa lami¬ nari allungate, sottili e delicate. Il preopercolo, falciforme, ri¬ copre l’ inserzione del m. a. della mandibola per il punto fisso sull’ iomandibolare, simplettico e quadrato. Era le parti scheletriche da me esaminate, il premascellare è una sottilissima lamina ossea che riveste l’ entoglosso, portano dei piccolissimi e radi denti; i coregoni portano anche denti sui faringei superiori ed inferiori (L. Muscoli. Muscolo adduttore della mandibola (fig. 2 am). Per osser¬ vare questo muscolo bisogna togliere, oltre il tegumento e la ca¬ tena delle piccole ossa sotto orbitali, anche il preopercolo. La massa muscolare si presenta unica, non divisa in porzioni; ciò è dimostrato anche dall’ esame microscopico di una sezione fatta trasversalmente alla direzione delle fibre ; in essa non si vedono delle porzioni decisamente separate da connettivo, ma solamente piccoli lacerti connettivali che circondano i fasci muscolari nei quali corrono vasi e nervi. Le fibre sono dirette obliquamente in basso ed in avanti ; il muscolo ha il punto fisso alla cresta po¬ steriore dell’ iomandibolare alla quale si fissa in alto con un ten¬ dine, al simplettico, al metapterigoide e al quadrato e da ajDone- vrosi è separata da m. elevatore dell’arco palatino. Le fibre che partono dal simplettico e dal processo inferiore del quadrato con¬ vergono verso la parte mediana del muscolo, altre, quelle supe¬ riori, hanno un decorso longitudinale ; all’ altezza del quadrato si continuano con un tendine che ha il punto mobile in corrispon¬ denza del coronoide e penetra parzialmente nell’ articolo-dentale dove si continua. (l) Fatio, Op. cit. 14 P. LANZANI Muscolo artìcolo-cleri tale. Xasce dal tendine del in. a. della mandibola di cui sembra la continuazione. E sviluppato e tappezza la faccia interna del dentale fino alla sua piega anteriore interna cui si inserisce. Muscolo interinali dìbolar e. Piccola massa muscolare distesa all5 estremità anteriore della mandibola. Si origina ai due dentali, n corrispondenza al m. genio-ioideo. Le sue fibre decorrono tra¬ sversalmente all'arco mandibolare. Muscolo genio-ioideo (fig. 2 gh). E un muscolo lungo e largo a fibre longitudinali nel senso antero posteriore. Si origina sulla faccia esterna dei ceratoiali in corrispondenza del quinto, sesto e settimo raggio branchiostegio ; le due masse si riuniscono in avanti formando parte del pavimento boccale; anteriormente il muscolo si inserisce ai dentali mediante una fascia tendinea che si estende sopra il muscolo intermandibolare e con due tendini sotto il medesimo. Comparazione morfologica fra gli apparati delle due specie. Confrontando quanto ho osservato del cavedano e del core¬ gono, in esemplari della medesima lunghezza, posso affermare che si dimostra evidente la differenza dello sviluppo e della forma delle parti scheletriche e della muscolatura in rapporto diretto coi movimenti di apertura e di chiusura della bocca. Il premascellare del coregono, ripiegato ad angolo, munito di dentini e più piccolo e sottile di quello del cavedano, liscio, lungo ed arcuato ; in modo diverso si presentano anche i mascel¬ lari: quello del ciprinide grande, arcuato, con sporgenze e rugo¬ sità che non si riscontrano nel mascellare inferiormente dentel¬ lato del coregono, il quale, malgrado la presenza di un soprama¬ scellare mancante nella specie omnivora, forma un complesso molto più esile, giustificato dal fatto che non serve di inserzione a mu¬ scoli masticatori. Xella mandibola, il dentale del cavedano ante¬ riormente si presenta ben incurvato verso la linea mediana, in modo da formare la metà dell* arco mandibolare ben completa, mentre nel coregono è solo leggermente ricurvo, poiché il margine anteriore è in massima parte in posizione verticale ; inoltre que¬ st5 ultimo non si prolunga verso 1' alto con un processo osseo come avviene nel cavedano dove abbiamo un punto mobile del m. a. 15 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL5 APPARATO ECC. della mandibola ; diversi sono anche gli articolari: quello del co¬ regono anteriormente a sottile lamina e quello del cavedano più appuntito ed ispessito. Se paragoniamo le diverse ossa pterigoidee e il palatino che nel loro complesso sembrano un ponte lanciato a sostenere col vomere e 1’ etmoide la mascella superiore, la struttura robusta e compatta che si osserva nel ciprinide fa riscontro a quella esile del coregono che ha il palatino allungato e sottile e privo di creste ben visibili come nell’ altra specie, le ossa pterigoidee della quale sono più ispessite e la cartilagine meno abbondante. Le due ossa quadrate non sono molto dissimili per forma, se si ec¬ cettua la differenza presentata da quella del cavedano col mar¬ gine rivolto verso il basso col quale ricopre bene la parte ante¬ riore del preopercolo; diversa è invece la forma dei due ioman¬ dibolari: nel coregono la struttura è più delicata e fragile; più sviluppata e incurvata troviamo in esso la cresta posteriore, mentre è diritta nella specie omnivora. Press’ a poco simili sono in ge¬ nerale per forma le ossa opercolari, se si tiene presente che quelle del salmonide sono meno ispessite e meno grandi; un po’ diversi sono' i preopercoli; quello del coregono, anziché diritto superior¬ mente, è leggermente incurvato e presenta innanzi, nella parte mediana, una lamella ricoprente l’ inserzione del muscolo addut¬ tore della mandibola che manca nel cavedano. Le ossa ioidee pre¬ sentano evidenti diversità ; epiiale e ceratoiale del coregono sono più appiattite e portano nove raggi branchiostegi sottili e lami¬ nari, le più basse a guisa di spicole, mentre nel ciprinide sono più robuste, col ceratoiale incurvato in avanti, e portano tre raggi branchiostegi laminari, rivolte verso l’alto e meno delicate. Per quanto riguarda i muscoli, sappiamo che il muscolo ma¬ sticatore nei pesci è il muscolo adduttore della mandibola ; abi¬ tualmente esso è composto di parecchie porzioni; ciò è vero nel cavedano dove lo abbiamo visto formato da quattro porzioni, e non nel coregono dove è composto di una sola; la diversa mor¬ fologia e topografia si possono spiegare col diverso genere di ali¬ mentazione ; il muscolo è più sviluppato nella specie omnivora, dove, per la diversità di cibo, occorre una piuttosto energica azione masticatoria per rompere dermascheletri di artropodi, gusci di friganee e di piccoli molluschi introdotti assieme ai vagetali, che nel coregono, dove il minutissimo plancton è ingoiato subito 16 P. LANZANI ed integro con la massima facilità. Nel cavedano il punto fìsso si estende anche al preopercolo ed i punti mobili aumentano da uno a quattro, estendendosi dalla mandibola alla mascella supe¬ riore. Nel muscolo genio-ioideo che apre la bocca abbassando la mandibola, coincidono i punti di inserzione anteriori sui dentali e quelli posteriori sulla parte mediana della fàccia esterna del ceratoiale; anche questo muscolo che agisce in antagonismo al m. a. della mandibola ha subito uno sviluppo diverso; minore nel coregono ; nel salmonide a mandibola più larga è invece più svi¬ luppato il m. articolo-dentale. Se osserviamo alcuni teleostei studiati da altri autori, per es. da Vetter (*), vediamo il m. a. della mandibola sempre formato dà diverse porzioni: nell’ Esox lucius L. in due, nel Bcirbiis flu- viatilis Ag. e Perca fluviatili s L. in tre, e nel Cyprinus carpio L. in quattro. Considerando l’alimentazione di questi teleostei, vediamo come essi siano o omnivori, carpo e barbo, o carnivori, perca e luccio, e provvisti di muscolo masticatorio diviso in al¬ meno tre porzioni, tranne il luccio che ne ha bensì solo due, ma possiede la facoltà di inghiottire la preda senza masticarla. Lansina (1 2), che in base alla morfologia studia le correla¬ zioni fra l’apparato masticatorio e branchiale in relazione con la diversa alimentazione, ha trovato nei pesci marini planctofagi Mugil auratas Risso, Caspialosa politica Eick., il m. a. della mandibola distinto in tre porzioni e negli altri Harengula cul- triventris Eick., ed Engraulis encrasicholus Eick., in due, mentre nei pesci carnivori Mullus barbatili Will., Crenilabrus paro Brunn., Lucioperca sandra Cuv., Scorpaeua porcus L., ecc. il muscolo può avere anche quattro porzioni e un maggior numero di punti fìssi e mobili. Era i teleostei studiati da Souché (:!) vediamo il muscolo ben sviluppato ma indiviso nella Trutta fario L., carnivora, e nella (1) Vetter B. Untersuch. z. verglich. Anat. Kiemen u. Kiefermu- sculatur cler Fische. Jenais. Zeit. f. nat. Bd. 12-1878. (2) Lansina T., Sur quelques corrélations dans les appareils . Bull. Acad. des Sciences de FU. R. S. S., N. 3, 192S. (3) Souché G., Morph. comp. des Muscles élév. de chez les poissons. Delmas, Bordeaux 1932. la mandibide 17 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARATO ECC. Alesa finta Cuv., Aiosa di cui Ziggiotti (x) ha studiato morfolo¬ gicamente il cranio nella forma migrante Aiosa fìnta Trosch. ad alimento vario: Gammarus , larve di insetti, piccoli Riesci e nella varietà lacustri s Fatio, a base strettamente planctonica, adattatasi a vivere nelle nostre acque, trovando che « le differenze tra lo scheletro del cranio di Agone e di Cheppia sono poche ; si può dire che le ossa e le cartilagini dell'uno e dell'altro si equivalgono per forma, disposizione ed estensione ». Lansina attribuisce le differenze riscontrate all' influenza del diverso regime alimentare, fattore che anche Souché considera, dicendo per i muscoli che « i diversi stati osservati sono dovuti sia alla conformazione stessa del pesce, sia al regime, sia all’età ». Dei teleostei da me studiati solo il cavedano si avvicina a quelli descritti da Vetter e Lansina poiché qui il muscolo si pre¬ senta ben sviluppato e formato da una parte superficiale, una me- diana ad una profonda, distinta a sua volta in due porzioni. E da notare che nei pesci planctofagi marini Lansina ha osservato il muscolo distinto in almeno due porzioni e che Souché ha tro¬ vato nella specie Coregonus hiemalis Jur., pesce che cerca an¬ che sul fondo 1’ alimento : molluschi, insetti, larve diverse, il m. a. della mandibola formato da due porzioni, mentre nel coregono da me esaminato, il muscolo è completamente indiviso, fatto te¬ stimoniato oltre che dalla osservazione macroscopica, anche dal- 1’ esame istologico. Tuttavia non sempre è evidente il rapporto tra alimentazione e conformazione scheletrica e muscolare : accanto a pesci plancto¬ fagi con muscoli e scheletro delicati, Harengula cultriventris , Engraulis encrasicholus , studiati da Lansina, sono stati osservati pesci planctofagi con muscoli e scheletro sviluppati ( Mugli aura- tus , Caspialosa politica, sempre secondo le ricerche di Lansina) : cosi pure accanto a pesci a regime carnivoro o omnivoro con scheletro e muscoli robusti, ( Perca fìuviatifis , Cyprinus carpio , studiati da Vetter) sono stati osservati pesci carnivori con mu¬ scoli poco sviluppati ( Trutta fario , Aiosa fìnta , studiata da Souché). (l) Ziggiotti A., Studio morf. sul cranio dell' Agone e Cheppia , Natura, Voi. XVIII, 3. Milano 1927. 18 P. LANZANI - CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA ECC. Per quanto riguarda le osservazioni che hanno fatto oggetto della presente nota, devo mettere in rilievo come, nell* ambiente Lago di Como, io abbia trovato una conformazione scheletrica più delicata e un muscolo masticatorio più semplice nella specie mo- nofagica, coregono, in confronto al cavedano ad alimentazione omnivora, dove sia la muscolatura che le parti scheletriche pre¬ sentano notevole robustezza. Sunto. — LL4. ha studiato comparativamente le ossa del cranio vi¬ scerale e i muscoli della masticazione di due pesci del Lago di Como a diverso regime alimentare: Squalius caveclaiius L., Granivoro e Core- gonus lavciretus L. natio larianus Monti, planctofago monofagico, met¬ tendo in rilievo le differenze morfologiche e topografiche riscontrate, che si riassumono sia in una conformazione dello scheletro viscerale più ro¬ busta che in un maggior numero e sviluppo delle porzioni del muscolo adduttore della mandibola nella specie omnivora. Ferdinando Trossarelli S. J. ELENCO DEGLI OPILIONIDI ITALIANI DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MILANO La collezione di Opilionidi italiani indeterminati esistente nel Museo Civico di Milano e gentilmente comunicatami in istndio dal Direttore Dott. Parisi, comprende ventraia specie. Una di esse risulta nuova ( Lacinius Parisii ), altre sono o tipicamente medi- terranee, come il Metaph al angium propinquum (clie appare rac¬ colto in zone assai elevate in latitudine come la Liguria) od an¬ cora più tipicamente italiane, quali P Odiellus toscanus , (ritrovato in ToscanaJ, P Eudasylobus fulvaster (trovato in Liguria ed in Sicilia), P Ischyropsalis Jierbstii (ritrovato in Lombardia) ed il Dasylobus argentcìtus (trovato in Sardegna). Il Ne?nastoma qua- dripunctatum come varietà humerale è nuovo per P Italia. Opiliones. Lam. Trogulidae. Gen. Trogulus, Latr. T. nepaeformis (Scop.). 1 es., Trentino: Roverè della Luna. Dr. B. Parisi leg. 1913. 2 es., Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1924. Habitat: Regione mediterranea ed Europa centrale. Gen. Dicranolasma, Soereusen. D. opilionoides (L. Kocb). 1 es., Toscana: Pracchia. Dr. B. Parisi leg. Vili - 1915. Habitat: Corfù, Grecia, Albania, Dalmazia, Italia centrale e meridionale. 20 F. TROSSARELLI S. J. I). scabrum (Herbst). 2 $ , Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1924. Habitat: Croazia, Dalmazia, Italia, Corsica. Fam. Nemastomatidae. Gen.. Nemastoma, C. L. K. N. quadripicnctatum humerale L. C. K. 1 9 ? Toscana : Pracchia. Dr. B. Parisi leg. Vili - 1915. Habitat: Grecia, Albania, Rumenia, Svizzera. Pam. Ischyropsalidae. Gen. Ischyropsalis, C. L. K. I. he rbstii, C. L. K. 2 es., Lombardia: Yalganna. Dr. B. Parisi leg. 4 - Vili - 1915. Habitat : Como. Fam. Phalangiidae. Gen. Astrobunus Tkorell. A. Heller? , Auss. 1 (91, Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1927. 1 O, Toscana: Pracchia. Dr. B. Parisi leg. Vili - 1915. Hab itat : Tirolo, Tauri, Vailese, Liguria, ecc. Gen. Liobunum, C. L. K. L. rotundum (Latr.). 1 O, Abruzzi: Val Fondillo. Dr. C. Alzona leg. IX - 1924. 2 9 , Valtellina: Chiareggio. Prof. A. Corti leg. Vili - 1912. 1 , Valtellina. Prof. A. Corti leg. Vili - 1912. Habitat: Europa, Nord Africa, Canarie. ELENCO DEGLI OP1LION1D1 ITALIANI ECC. 21 L . limbatum (L. K.). 2 Q Piemonte: Novara. Dr. P. Trossarelli leg. Vili - 1927. Habitat: Alpi, Carpazi. Gen. Mitopus, Thorell. M. morio (Pabr.). 1 es., Piemonte: Piancavallone. Dr. E. Moltoni leg. 1933. 1 es., Piemonte : Monte Zeda. Dr. E. Moltoni leg. 1933. 2 es., Lombardia : Ghiacciaio del Porno. Dr. C. Chiesa leg. 1931. 4 es., Abruzzi: M. Sirente, m. 2200. Dr. C. Alzona leg. IX - 1924. Habitat: Europa, Asia, Africa, Nord America. Gen. Gyas, Simon. G. annulalus (Olivier) 1 9 1 Alpi carniche : Sappada. G. Pocca leg. VI - 1933. Habitat: Alpi. Gen. Odiellus, Roewer. 0. spinosus , Bosch. 3 es., Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1924. 5 es., Abruzzi : M. Pelino, 1600 m. Dr. C. Alzona leg. IX - 1924. Habitat: Europa meridionale ed Africa settentrionale. s 0. toscanus (Roewer). 2 es., Toscana : Pracchia. Dr. B. Parisi leg. Vili - 1915. Habitat: Toscana. Gen. Lacinius, Thorell. L. Parisii n. sp. 5 es., Trentino : Levico. Dr. B. Parisi leg. Vili - 1913. Lunghezze: corpo 6 mm. ; 1-4 femori 2,8: 8: 3: 5; 1-4 zampe complessivamente 13: 27: 14: 20. 22 F. TR0SSARELL1 S. J. Primo e secondo tergite del torace, come pure I-VI dell'ad¬ dome, con una serie trasversale di grossi cornetti, specialmente sviluppati nel V e VI tergite. Il VII ed Vili tergite dell’addome, come pure l'opercolo anale, hanno una serie trasversale di grossi corni. Sterniti liberi con qualche pelo, gli altri lisci. Coscie coperte irregolarmente da grossi cornetti con un aculeo alla prima coscia posteriormente, un aculeo alla seconda poste¬ riormente, ed uno alla quarta anteriormente. Trocanteri : 1 con 3 cornetti poster. ; 2 con 3 cornetti post, e 3 anter. ; 3 con 3 o 4 cornetti anter. e 2-3 post. ; 4 con 3 cor¬ netti anter. Femori a cinque spigoli acuti poco accentuati ed ogni spi¬ golo con una serie longitudinale di dentini. Patella e tibia a spigoli più vivi con dentini come per i femori. Metatarsi quasi cilindrici con quattro file di peli. Cheliceri : primo membro dorsalmente liscio, secondo membro frontalmente con due serie di peli fini. Pedipalpo : trocantere ventralmente con qualche cornetto ; femore ventralmente-lateralmente con una serie più o meno rego¬ lare di una decina di grossi cornetti : ventralmente altri cornetti più piccoli : dorsalmente-apicalmente 2 cornetti, ventralmente- apicalmente un’ apofisi ottusa. Patella dorsalmente lateralmente con quattro cornetti ; lateralmente-apicalmente con due cornetti ; ven- tralmente-apicalmente con un’ apofisi con peli. Tibia dorsalmente con cornetti piccolissimi e peli ; tarso solamente con peli. Il corpo è di color giallo cuoio punteggiato finemente di scuro, con disegno centrale più scuro, appena accennato. Zampe giallo cuoio senza anello ; cheliceri giallo ruggine ; pedipalpo con macchie rosso brune. Questa specie è molto affine al L. gaUipoliensis, R. ed al L. horrtdus , P. Si distingue tra l’altro per avere delle spine vicino alle aperture delle ghiandole sopra al primo paio di zampe e per presentare i tergiti dell' addome provvisti di spine solo la¬ teralmente. Cfen. Phalangium, Linneo. P. o pilio L. 9 es., Piemonte : Ungiasca. Dr. E. Moltoni leg. IX - 1933. 2 es., Lombardia : Dervio. Dr. B. Parisi leg. VI - 1911. ELENCO DEGLI OPILIONIDI ITALIANI ECC. 23 9 es., Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1927. 1 es., Sardegna : Cagliari. Dr. E. Moltoni leg. V - 1922. Habitat: Europa, Asia, Africa settent. ed America settent. Gen. Metaphalangium, Roewer. M. propinquum , Lue. 2 es., Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1924. 1 es., Abruzzo: M. Pelino, 1600 m. Dr. C. Alzona leg. IX- 1924. 2 es., Sardegna : Cagliari. Dr. E. Moltoni leg. V - 1922. 1 es., Sicilia : Eicuzza. Dr. B. Parisi leg. V - 1917. 1 es., Sicilia : Lago Pergusa. Dr. B. Parisi leg. VI - 1917. Habitat: Regione mediterranea. Gen. Opilio, Herbst. 0. parietinus (Deg.). 1 es., Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1924. 1 es., Toscana : Pracckia. Dr. B. Parisi 1 es. Vili - 1915. Habitat: Europa, Asia, Nord America. Gen. Dasylobus, Simon. I). argentcìtus (Ca). 5 es., Sardegna : Cagliari. Dr. E. Moltoni leg. V - 1922. Habitat: Sardegna, Corsica. Gen. Eudasylobus, Roewer. E. fulvaster (E. L.). 1 9 ? Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1924. 1 cf, Sicilia: Castrogio vanni. Dr. B. Parisi leg. VI - 1917. Habitat: Italia. 24 F. TROSS APPELLI S. J. - ELENCO DEGLI OP1LIONIDI ITALIANI ECC. Gen. Platybunus, C. L. K. P. pinetorum (C. L. K.). 1 es., Liguria : Nostra Signora della Vittoria. G. Mantero leg. IX - 1926. Habitat: Alpi, Balcani, Causaso. P. bucephalus (C. L. K. ). 1 q7;, Valtellina : Chiareggio. Prof. A. Corti leg. Vili - 1912. Habitat: Monti dell’Europa centrale, Alpi, Balcani. P. triangularis (Herbst). 1 9 : Valle Venosta : S. Valentino. Prof. G. Della Beffa leg. Vili - 1933. Habitat : tutta P Europa. ISTITUTO DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE DELLA R. UNIVERSITÀ DI MILANO DIRETTRICE PROF. R. MONTI ISTITUTO DI FISICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI MILANO DIRETTORE PROF. G. POLVAN1 Dott. Livia Pirocchi Assistente INFLUENZA LEI RAGGI ULTRA- VIOLETTI SU MA CR OSIPHUM ROSAE L. I risultati da me ottenuti mediante l’ azione dei Raggi « X » su Macrosiphum rosae L. (*) mi hanno indotta ad esperimentare sullo stesso insetto — dimostratosi tanto plastico — con Raggi di natura diversa e, precisamente, compresi nel campo delle ra¬ diazioni luminose, cioè gli Ultra- Violetti, con lo scopo di vedere quali fenomeni si verificassero sotto uno stimolo alquanto diverso dai Raggi Rontgen. Porgo vive grazie al Prof. Poi vani, Direttore dell’Istituto di Fisica della R. Università di Milano, all'Ing. Giacomini e agli altri suoi collaboratori, che anche per questo esperimento mi sono stati larghi di consigli e di aiuti. Prelevai gli Afidi — adulti — , da sottoporre a irradiazione, da fìtte colonie di individui corrispondenti, per i loro caratteri, al Macrosiphum rosae L. Mentre procedevo alle culture di questi Insetti, mi preoccupai di preparare le piante di rosa destinate ad ospitare gli Afidi dopo l’irradiazione: in seguito a spruzzature di fenicato di tabacco, io avevo la certezza che nessun Insetto estraneo all'esperimento fosse più presente sulle piante. Procedetti anche all' allevamento di individui isolati su ramoscelli posti sotto gab- (*) Pirocchi L. — Mutazioni ottenute in Macrosiphum rosae L. mediante l’azione dei Raggi «X». Riv. di Biol., Voi. XV, Fase. III-IV, 1933-IX. Pirocchi L. — Mutazioni ottenute in Macrosiphum rosae L. me¬ diante fazione dei Raggi «X» (terza serie di esperienze). Rend. R. Ist. Lomb. di Se. e Leti. 26 L. P1R0CCHI biette di garza : questo mi diede modo di seguire con maggior precisione tutte le manifestazioni biologiche di questi Insetti. Modalità dell' esperimento. — L'esperimento fu compiuto il 31 maggio 1933, con una comune lampada (Heràusj di quarzo a vapori di mercurio. La lampada era alimentata sotto 147 Volta ed era percorsa da una corrente di 4 Ampère fdati presi a regime;. Per ovviare all' inconveniente dello scarsissimo o nullo potere di penetrazione dei Raggi Ldtra-Yioletti, si posero i ramoscelli con gli Afidi su una specie di piccolo spiedo girevole, che ruotava con periodo di lm e 33sec ; in modo che a turno gli Afidi erano esposti ai Raggi. Questa piccola installazione si pose a 60 cm. dalla bocca della lampada, punto in cui la temperatura era di 20° C. Divisi gli Afidi in cinque lotti, esponendoli all'irradiazione per diverse durate di tempo, e lasciando invariati tutti gli altri fattori. Di questi cinque lotti, quattro furono esposti, rispettiva¬ mente, 5m, 10m, 20m, 40 ", tutti a radiazione diffusa. Il quinto lotto fu esposto q>er 10m a luce concentrata: la concentrazione, previa filtratura attraverso 5 cm. di acqua e un vetro di Wood, si ottenne mediante un condensatore in quarzo di 0,50 di aper¬ tura. La distanza tra condensatore e lampada era di cm. 27. Tutti gli Afidi all’ inizio dell’esperimento erano vivacissimi, con movimenti rapidi delle antenne e delle zampe, ma tornavano tranquilli — quasi si abituassero — dopo qualche minuto dall'inizio dell’ esperimento. Dopo circa un’ora dall'irradiazione, provvidi al trasporto degli Afidi sulle piante che erano state preparate a riceverli : la loro trasmigrazione dal ramoscello irradiato alla pianta avvenne spontaneamente, il che sta ad indicare una notevole vi¬ vacità. Mediante, poi, l’ osservazione giornaliera degli individui iso¬ lati e di quelli in colonie, mi preoccupai di vedere quali manife¬ stazioni — morfologiche e biologiche — si verificassero negli Afidi in istudio. Risultati dell' esperimento. — Per quanto riguarda la mor¬ fologia, dirò subito che nessuna variazione potei notare durante tutto il periodo dell’ osservazione. Gli Afidi mantennero invariati, durante le dodici generazioni partenogenetiche da me studiate, tutti i caratteri corrispondenti alla specie Macrosiplium rosae L. Interessanti osservazioni ho potuto, invece, fare per quanto riguarda la biologia degli Afidi irradiati : la velocità del ritmo di riproduzione e il numero dei figli nati nelle varie generazioni INFLUENZA DEI RAGGI ULTRA- VIOLETTI ECC. 27 partenogenetiche furono influenzati variamente, a seconda della durata dell’irradiazione. Ho giudicato opportuno riportare i dati riguardanti solamente le prime cinque generazioni, pur avendone tenute in osservazione dodici, per il fatto che, dopo la quinta, non si verificò più nulla che si scostasse dal normale. Gli Afidi irradiati IO111 con luce condensata furono i primi a riprodursi, dopo soltanto 6 giorni dall’ esposizione ai Kaggi Ultra- Violetti : la seconda generazione, nata da un figlio isolato della prima, impiegò 8 giorni prima di comparire e le successive tre impiegarono, rispettivamente, 12, 11, 10 giorni, tornando, così, a una velocità di riproduzione normale, dopo che era stata tanto acce¬ lerata nelle prime due generazioni, essendo da ritenersi normali, nella velocità di riproduzione, oscillazioni di 1-4 giorni. Gli Afidi irradiati 5m a luce diffusa si riprodussero pure assai rapidamente nelle prime tre generazioni, impiegando, rispet¬ tivamente, 8, 7, 7 giorni: la quarta generazione apparve dopo 9 giorni e la quinta dopo 10, tornandosi, così, al ritmo normale. Anche gli Afidi irradiati 10m a luce diffusa presentarono un'accelerazione nel ritmo della riproduzione nelle prime quattro generazioni, impiegando, rispettivamente, 9, 7, 9, 9 giorni per le singole figliolanze. La quinta generazione tornò al ritmo normale. Questo pure può dirsi degli Afidi irradiati 20m, i quali im¬ piegarono 8 e 6 giorni per le prime due generazioni, tornando al ritmo normale alla terza, comparsa 10 giorni dopo, e alle succes¬ sive due, comparse, rispettivamente, dopo 10 e 11 giorni. Dove, invece, si verificò precisamente il fenomeno contrario a quello sin qui constatato fu negli Afidi irradiati 40:M. La prima generazione comparve dopo ben 23 giorni dall’ irradiazione, quasi che fosse avvenuta proprio una stasi nell' attività biologica del- L Insetto. Questo ritardo verificatosi nella prima generazione non si mantenne, però, nelle successive quattro da me osservate, che tornarono a presentarsi con un ritmo normale, dopo, rispettiva¬ mente, 9, 11, 10, 9 giorni. L' Afide di controllo si riprodusse, nelle prime cinque gene¬ razioni, sempre con un intervallo di 11, 12 giorni tra l’una e l’altra. Dal diagramma U. 1, che riassume F insieme di dati più sopra da me illustrati, si può chiaramente vedere il decorso del fenomeno nelle prime cinque generazioni. Sulle ascisse è se¬ gnato il succedersi delle generazioni e sulle ordinate il numero dei giorni impiegati dai singoli Afidi per riprodursi. Con un cir- 55 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 INFLUENZA REI RAGGI ULTRA-VIOLETTI ECC. 29 coletto pieno sono segnati i punti corrispondenti al giorno in cui avvennero le comparse delle singole generazioni. Vediamo, cosi, che gli Afidi irradiati 40'" furono quelli che impiegarono un maggior numero di giorni — 64 — per cinque generazioni e che gli Afidi irradiati 5'", 10m, 20" impiegarono, rispettivamente, soltanto 41, 44, 45 giorni per cinque generazioni, in confronto con i 59 giorni impiegati dall’ Afide di controllo. Per quanto riguarda il numero dei figli apparsi dopo 1" irra¬ diazione, nelle prime cinque generazioni, partenogenetiche, si può dire che si sia verificato un fenomeno analogo a quello ora illu¬ strato. Vale a dire, gli Afidi irradiati per un tempo più breve, cioè 5'", IO'", 20111 a luce diffusa e IO"1 a luce condensata, oltre che impiegare un numero di giorni minore a riprodursi, diedero alla luce un numero maggiore di figli, in confronto con l’Afide irradiato per un tempo più lungo, cioè 40m. Infatti, l’Afide irradiato 5'" diede costantemente 12 figli in tutte e cinque le generazioni da me considerate. L’Afide irradiato IO"1 ne presentò, rispettivamente, 12, 11, 12, 11, 10; quelle irra¬ diate 20m, rispettivamente, 10, 12, 11, 12, 10 e quello irradiato 5"1 a luce concentrata ne diede 9, 10, 12, 11, 12. L’Afide, invece, irradiato 40m, cioè per un tempo relativamente lungo, presentò, alla prima generazione, solamente 6 figli e, nelle successive quattro, rispettivamente, 8, 9, 10, 11. L’Afide di controllo diede sempre un numero di figli tra un minimo di 9 e un massimo di 11. Da questi dati si può vedere come, alla terza generazione, si tenda a ritornare all" equilibrio, turbato alquanto nelle prime due dopo T irradiazione. Dal diagramma N. 2, dove, sulle ascisse, sono segnate le singole generazioni e, sulle ordinate, il numero dei figli, si può dedurre come il numero maggiore di figli — 60 — nelle prime cinque generazioni sia da attribuire all'Afide irradiato 5'" e il numero minore — 44 — sia da attribuire all’Afide irradiato 40m, in confronto con i 51 figli dell’Afide di controllo ed ai 54, 55, 56, rispettivamente, degli Afidi irradiati 5m a luce concentrata e 20m e 10m a luce diffusa. Dall’ esame dei fenomeni, che più sopra ho illustrati, si de¬ duce che i Raggi Ultra- Violetti non hanno, nel caso del mio esperimento, influito che sulla biologia del Macrosìplium rosele L., lasciando inalterati i caratteri morfologici, sui quali, invece, tanta 30 25 20 15 10 5 INFLUENZA DEI RAGGI ULTRA- VIOLETTI ECC. 31 influenza avevano avuto i Raggi X. Pur non potendo nè volendo indagare quale sia la causa precipua del loro indiscutibile potere stimolatore o rallentatore dei fenomeni biologici, mi pare si possa dedurre — e in ciò 1’ osservazione collima perfettamente con quanto o-ià osservò lo Hinrichs C) — cbe il fattore determinante il ca- rattere stimolatore o inibitore delle Radiazioni Ultra- Violette è di ordine quantitativo. La quantità di radiazione, in una data regione dello spettro, che è assorbita dal protoplasma in un dato tempo, determina P accelerazione e il rallentamento nel ritmo dei fenomeni vitali, come abbiamo potuto constatare nell' esperimento sopra descritto, in cui abbiamo visto come esposizioni più lunghe ai Raggi Ultra-Violetti hanno avuto, come effetto, un rallentamento, esposizioni più brevi un acceleramento dei processi biologici. Riassunto. — I raggi Ultra-Violetti, applicati in dosi diverse a Macro- sipkum rosae L. hanno provocato reazioni di carattere biologico, lasciando completamente inalterata la morfologia. Essi, infatti, hanno prodotto un acceleramento nella riproduzione e un aumento nel numero dei figli, tanto più accentuati quanto minore è stata la dose di Raggi Ultra-Vio¬ letti ' applicata. V Hinrichs M. A. — Ultra-Violet Radiation: stimulation and inhibition in lower organisms. Proc. Soc. Exp. Biol. a. Med., XXVI, 1928. ISTITUTO DI ZOOLOGIA DELLA E. UNIVERSITÀ DI PAVIA DIRETTO DAL PROF. CESARE AETOM Dott. F. Cavallini MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE ( Continuazione e Jlne< P e 1 e c i p o d i (1) Fani. Sphaeridae Animale avvolto in un mantello chiuso con apertura per il pas¬ saggio del piede. Uno o due sifoni. Piede allungato e linguiforme. Conchiglia equivalve, arrotondata, ovalare o subtriangolare con legamento cpiasi sempre poco visibile dall'esterno. Umboni quasi mediani ed in generale poco salienti. Cerniera con 2 denti cardinali ed 1 laterale anteriore ed 1 laterale posteriore nella valva sinistra e 1 cardinale e 2 laterali anteriori e 2 laterali posteriori nella valva destra. Impressioni muscolari e paileali deboli. Le forme di questa famiglia sono ermafrodite e vivipare. Le uova si sviluppano fra le branchia ed i piccoli sono emessi già con la forma definitiva, di dimensioni naturalmente alquanto più piccole. Vivono nelle acque rinnovali tesi ; si trovano però in minor quan¬ tità anche nelle acque stagnanti. Comprende i generi Sphaerium e Pisidium. Genere Sphaerium Scopoli 1777 caratterizzato dall' avere 2 sifoni e guscio equilatero con regione anteriore leggermente più breve della posteriore. Comprende il: S. G. Sphaerium sensu stricto caratterizzato dall'avere em¬ brioni molto grandi. E rappresentato dalle specie. S. corneum Limi. (Lung. 6-8-10 mm. alt. 4-6-8 inni. spes. 31/., -6 mm.). Conchiglia subelittica e subglobosa: anteriormente ottusa, posteriormente arrotondata e leggermente più prolungata. Gli um- (*) (*) Acefali, Lamellibranclii. MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE 33 boni sono più o meno ottusi, ma non si possono considerare come varietà quelle basate sul diverso sviluppo degli apici per la serie di forme intermedie che collegano le ime con le altre. Cerniera caratteristica della famiglia, ligamento non visibile esternamente. Impressioni muscolari e paileali debolissime. Guscio sottile, subtra¬ sparente, di color bruno tendente al giallo, al cenere, al caffè. A volte di un solo colore, spesso con strie sottili più o meno chiare. Vive nelle acque stagnanti o solo leggermente rinnovantisi, ma specialmente è comune ed abbondante nei ruscelli ad acqua lim¬ pida con molti vegetali. Var. scaldianum Normand. (Lung. 12 mm. alt. 10 min. sp. 8 mm.). Si distingue dalla specie precedente per le dimensioni mag¬ giori, per il piano cardinale ristretto alla metà e per la colora¬ zione bruno-lucente, distintamente marginata in giallo. Vive con la precedente, ma è molto meno comune. S. ovale De Férussac (Lung. 6-7 mm. alt. 5-6 mm. sp. 31 .,-4 mm.). Conchiglia ovalare leggermente quadrilatera, poco rigonfia, an¬ teriormente sub troncata e posteriormente arrotondata. Ligamento non visibile : impressioni muscolari leggerissime. Guscio sottile subtrasparente, color corneo tendente al giallo-bruno chiaro. Vive con lo S. corneum ; è un poco meno abbondante. Genere Pisidium C. Pfeiff. 1821 caratterizzato' dall’ avere 1 solo sifone, guscio inequilatero, regione anteriore più sviluppata della posteriore. Comprende le specie : P. amnicum Muli. (Lung. 7-8 mm. alt. 5-6 mm. sp. 3-1 mm.). Conchiglia poco rigonfia, ovalare, inequilatera, (si distingue per questo dallo S. corneum ) con regione anteriore più allungata della posteriore. Guscio abbastanza solido di color giallo-corneo tendente al bruno, solcato da striature concentriche abbastanza evidenti. Vive con lo Sphaerium corneum fra i vegetali in acque pure facilmente rinnovantesi : è raro. P. casertanum Poli i Lung. 4 mm. alt. 3-4 mm. sp. 2-3 mm.). Conchiglia globosa inequilatera subtriangoJare. Guscio sottile, fragile e trasparente o subtrasparente di color giallo-corneo più o meno chiaro. 5 ive con gli Sphaerium ed è abbastanza comune. 3 34 F. CAVALLINI Fam. Unionidae Già il Rossmaessler nel suo lavoro « Osservazioni sui Najadi europei » (pag. 145 del Giornale di Malacologia dell’anno 1853 di¬ retto dallo Strobel) tratta la necessità di studiare gli animali di questa famiglia, per trovare quei rapporti fra i caratteri loro e quelli delle conchiglie che permetterebbero di stabilire le specie con criterio scientifico. Ritiene inoltre che varie forme di Ano- donta e di Unio, considerate generalmente come specifiche, non sono che forme di una medesima specie sorte sotto influenze esterne diverse. Più tardi lo Strobel (1), prima di considerare gli unionidi pa¬ vesi cosi si esprime « Sinora non si è potuto trovare una diver¬ sità di struttura tra gli animali di questa famiglia: i conchiliologhi si gettarono quindi su le misere loro spoglie, e giù via generi, sotto generi e specie, tenendo calcolo d’ ogni minima variazione della conchiglia, per modo che presto, ogni lago, ogni palude, ogni fiume, ogni ruscello avrà la sua specie caratteristica, propria, e vi vorrà la vita d’ un uomo per conoscere tutte queste forme in natura, giacché i caratteri loro sono si minuti ed incostanti da non potersi sufficientemente descrivere nè figurare. Indicherò quindi e distinguerò i nostri Unionidi alla meglio, senza però ga¬ rantirvi per le ragioni or ora addotte le loro denominazioni speci¬ fiche; le vendo quali mi furon vendute. Mi terrò pago di deter¬ minare con sicurezza a qual dei tre generi, che qui rappresentano la famiglia in discorso, appartengano i nostri Unionidi. » Lasciando lo Strobel (1856) e passando al Germain (1931) tro¬ viamo c La systématique des Unionidés est particulièrment toulfue... Il faut bien dire que ces espèces n’ont réelment aucunt valeur. ajant été établies sur des variations, des modalités souvent à peine sen- sibles des coquilles de ces animaux, coquilles qui par ailleurs, of- rent un polymorphvsme extrèmement étendu. En realité il n’ existe qu: un nombre fort restreint d' espèces mais qui présentent, dans la forme de leur coquille, des modifìcations presque infìnies.... Une conception plus rationelle s’ impose donc. Et sans adopter l’opinion, évidemment erronee, des auteurs americains qui, par exemple, n’admettent en Europe que le seul Anodonta cygnaea L., (fi P. Strobel, Lumache ed ostriche pavesi, 1856. MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE 35 il convient de réduire considérablement le nombre des Margaritanes, des Unios, des Pseudanodontes et des Anodontes... » Dalle parole del Germain si vede quanto ancora sia incerta la sistematica degli Unionidi e come sarebbe ancora d‘ attualità l’ incitamento del Rossmaessler ad uno studio particolareggiato di questa famiglia. Lascio per un momento i proponimenti per l’avvenire e con¬ tinuo col metodo fin qui seguito, l’elenco dei molluschi pavesi. La famiglia degli L^nionidi cosi si caratterizza: Animale ovalare allungato con bordi del mantello liberi dal lato ventrale. Xon esistono sifoni; l'orificio branchiale a forma di fessura allungata è provvisto di numerose papille; l'orificio anale, più piccolo è arrotondato. Il piede è grande, allungato e senza bisso negli adulti. Le branchie a lamina allungata stanno parallelamente al piede, fra questo ed il mantello. Conchiglia bivalve, equivalve, inequilaterale, con regione po¬ steriore più sviluppata della anteriore. Cerniera con denti o senza, ligamento esterno ben evidente : due impressioni muscolari ben distinte, impressione paileale intera. • Guscio calcareo ricoperto esternamente da epidermide ed in¬ ternamente da uno strato madreperlaceo. La determinazione della sessualità degli Unionidi non è stato un problema molto semplice. Il Moquin-Tandon nel 1855 cosi si esprimeva a proposito di tale argomento « les auteurs ont été par- tagés, pendant longtemps sur la sexualité de ces animaux. Les uns les croyaient androgynes, les autres à sexes séparés. Il è bien démontré aujourd'hui qu’ils son à la fois male et femelle. » (pag. 556 voi. II), e, nella descrizione dell’apparato genitale degli Ace¬ fali: «... il se compose d’un organe producteur ou sècrétoire, à la fois testicule et ovaire, analogue à l’organe en grappe des Céphalés. » (pag. 211 voi. I) e definitivamente « Appareil reproducteur andro¬ gine, pouvant se suffire à lui-mème » (pag. 554 voi. II). Gli autori moderni invece (Germain 1931) ritengono le Unionidi come uni¬ sessuate e ovovivipare. Le uova fecondate si accumulano nelle branchie ove si sviluppano dando luogo al piccolo embrione, il « glochidium », questo, espulso, conduce per qualche tempo vita pelagica, poi si fissa al corpo di un pesce e qui, protetto in una specie di cisti, si trasforma a poco a poco in mollusco perfetto. Colla rottura dell’involucro il giovane Unionide cade sul fondo incominciando la sua vita libera. Solo dopo 3 o 4 anni raggiunge il completo sviluppo degli organi riproduttori. 36 P. CAVALLINI Con gli studiosi moderni sono portata a riconoscere che, negli Unionidi anziché l’ermafroditismo androginico, si debba veramente riscontrare l'unisessualità ; ma avendo io esperite numerose ricerche in diverse epoche dell'anno, su individui di età progressiva, debbo dichiarare che per me non emerge la prova sicura indiscutibile per tale scientifica affermazione. Il dato che nelle varie stagioni si debba constatare sempre un numero di individui femminili tanto maggiore di quello dei maschili mi porta con altre circostanze secondarie ad un dubbio e mi apre una nuova via per ulteriori e più precise ricerche, che in avvenire all' unisessualità potranno quasi certamente pervenire. Cfli Unionidi vivono, a seconda delle specie, o nelle acque correnti infossati nelle sabbie o nelle acque ferme, infossati nella melma: si spostano con relativa facilità, servendosi del piede che lascia nel luogo del loro passaggio un caratteristico solco. La famiglia degli Unionidi, comprende, nel pavese diversi generi quali : II genere Unio Philipsson 1788 caratterizzato da una cerniera con un dente cardinale ed una lamina laterale nella valva destra e due denti cardinali e due lamine laterali nella valva sinistra. Le Unio prediligono le acque limpide. Numerose sono le specie di Unio pavesi, e se non è stato dif¬ ficile per me classificarle seguendo le orme dello Strobel, molta maggiore difficoltà ho avuta per elencarli secondo il Germain. In qualche caso, nel Germain, non ho potuto trovare fra i sinonimi il nome delle nostre specie o varietà, mentre sotto altro nome ne corrisponde la descrizione : in questi casi ho dovuto attenermi solo a questa. Per es. U. glavcinus Ziegl. = U. consentaneus Ross, var. Moquini Dup. Il fatto di non trovare sempre completo l’elenco dei sinonimi è spiegabilissimo quando si pensa al grande numero di specie e varietà di Unio descritte, per cui impossibile sarebbe poterne dare sempre 1’ elenco completo. A questo genere appartiene la specie: U. consentaneus (Zie- gler) Rossmassler che qui non esiste, mentre si trovano due sue varietà : *Var. Moquini Dupuy (lung. 50-70 mm. alt. 25-35 mm. spes. 18-25 mm.). Conchiglia ovalare oblunga leggermente subreniforme, abba¬ stanza rigonfia, con regione anteriore poco pronunciata ed arrotoli* MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE 37 data e regione posteriore, allungata circa 3 volte l'anteriore, allar- gantesi dapprima e restringentesi poi con un rostro leggermente ottuso. Margine superiore molto arcuato, inferiore subrettilineo. Umbone poco rigonfio e rugoso fortemente e largamente escoriato. Denti cardinali e laterali in genere non molto sviluppati. Impronte muscolari ben evidenti. Guscio solido non molto ispessito, con strato madreperlaceo ben sviluppato e di color bruno oliva scuro. Vive nel Ticino infossato nei depositi sabbioso-terrosi. E abba¬ stanza comune. *Var. ardusianus Reyniés (lung. 85 mm. alt. 4*2 min. spes. 27 mm.). Conchiglia o vaiare allungata rigonfia con regione anteriore breve ed arrotondata e con regione posteriore allungata circa 3 volte più dell'anteriore con rostro ottuso inframediano. Umboni poco sporgenti e molto escoriati. Guscio solido bruno-verdastro o bruno- caffè. Vive nel Ticino nei depositi sabbiosi : E rarissima. *U. Viliae (Stabile) Villa (lung. 50-75 mm. alt. 28-35 mm. spes. 18-23 mm.) Conchiglia ovalare allungata leggermente rigonfia verso Talto. Regione anteriore breve e arrotondata, posteriore allungata circa tre volte più dell'anteriore con rostro acuminato submediano. Um¬ boni poco sporgenti e generalmente poco corrosi. Denti cardinali triangolari, seghettati alla loro estremità, lamine laterali abbastanza elevate, guscio solido color verde bruno tendente al caffè. Strato madreperlaceo ben sviluppato. * à ive nei depositi sabbiosi del Ticino. E abbastanza comune. U. Requiem Michaud (lung. 50-90 mm. alt. 30-45 mm. spes. 20-28 mm.\ Conchiglia allungata leggermente ventricosa: regione anteriore breve e arrotondata, posteriore più sviluppata dell’anteriore in lun¬ ghezza ed altezza ed attenuantesi con rapidità in un rostro subme¬ diano. Emboni poco rigonfi e solo leggermente sporgenti sempre corrosi, ma in una superficie sempre molto limitata. Denti cardi¬ nali forti, compressi abbastanza inspessiti e leggermente seghettati alle loro estremità: lamine laterali ben sviluppate. Guscio solido color verde chiaro, o verde-giallo bruno o bruno-caffè. Strato ma¬ dreperlaceo ben sviluppato. 38 F. CAVALLINI Vive con il precedente principalmente negli strati sabbiosi, e * sabbioso-terrosi del fiume e meno comunemente nelle lanche. E la specie più comune e jdìù abbondante fra le Unio. U. tumidus Philipsson (lung. 60-80 mm. alt. 30-40 min. spes. 20-25 mm.). Conchiglia ovalare allungata ben ventricosa, regione anteriore breve ed arrotondata, posteriore più sviluppata dell7 anteriore ed attenuantesi rapidamente in un rostro inframediano. Umboni molto corrosi. Denti cardinali subtriangolari ben forti e tozzi : lamine laterali bene sviluppate. Guscio solido di color bruno a fascie di diversa intensità di colore. Strato madreperlaceo ben sviluppato. Vive nel Ticino più comunemente negli strati sabbioso-terrosi, ma anche in quelli solo sabbiosi: è una specie abbastanza comune ed abbondante. Di essa si fanno anche le due varietà: Var. rostratus De Lamarck (lung. 75 mm. alt. 30 mm. spes. 25 mm.). Conchiglia in tutto simile alla precedente, ma più stretta, e più allungata e di dimensioni un po’ minori. Vive con la specie, ma è molto rara. *Var. maximus Mòrch. (lung. 105-110 mm. alt. 45-50 mm. spes. 35-38). Conchiglia di forma uguale a quella precendente, ma di di¬ mensioni maggiori. Vive con la specie ed è molto rara. Ancora alla famiglia degli Unionidi appartiene il: Genere Pseudanodonta Bourguignat 1876. Caratterizzato dal- l' avere la cerniera con denti cardinali rudimentali e rigonfia¬ menti appena distinti al posto delle lamine laterali. E rappresen¬ tato qui dalla specie : P. corri planata (Ziegler) Rossmàssler (Lung. 60-80 mm. alt. 35-40 mm. spes. 17-20 mm). Conchiglia ovalare allungata a forma di ferro di lancia piut¬ tosto appiattita : regione anteriore breve ed arrotondata, regione posteriore allungata subtroncata : bordo superiore subarcuato e bordo inferiore più o meno sinuoso. Umboni insensibilmente salienti, sempre escoriati spesso con un’area anche molto estesa. Cerniera a volte priva di denti cardinali e di lamine laterali, altre volte an¬ cora con il rudimento di qualche dente cardinale, sia uno per MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE 39 valva, sia uno nell’ una o nell'altra valva. Ligamenti robusti ed impressioni molto evidenti. Guscio abbastanza solido di color nerastro leggermente tendente al caffè. Strato madreperlaceo ben sviluppato: mi è stato possibile riscontrare in questa specie qualche piccola perla. Vive nel Ticino infossata nei depositi sabbioso-terrosi : non è diffusissima, ma neppure si può considerare rara. \ . Genere Anodonta De Lamarck 1799. Caratterizzato dalla cer¬ niera non dentata e da un guscio piuttosto leggero. Le Anodonta prediligono le acque tranquille. Le specie che ho potuto riscontrare sono : A. cygnaea Linn. (lung. 180-135 min. alt. 65-68 mm. spes. 45-50 mm.l Conchiglia molto grande, ovale, ventricosa con cresta posteriore nulla o appena accennata. Regione anteriore arrotondata, posteriore prolungatesi in un rostro submediano, piuttosto ottuso. Umboni non rigonfi, escoriati ed ornati di leggere ripiegature parallele alle strie di accrescimento. Ligamento molto ben evidente, color bruno scuro con graduazioni tendenti al caffè. Strato madreperlaceo ab¬ bastanza sviluppato: si ha Y esistenza di qualche perlina. Vive nelle lanche e nelle gore ove T acqua non è in movi¬ mento. Non è molto comune. Da ricordare qui ci sono poi: Una forma are?? aria Schroter (lung. L25 mm. alt. 65 mm. spes. 35 mm.) caratterizzata dalla conchiglia ovalare molto allun¬ gata, poco rigonfia a bordi superiore ed inferiore quasi paralleli. Vive con la specie ed è meno comune di essa. Ed una forma aberrante di A. cig?iea (lung. 125 mm. alt. 65 mm. sp. 40 mm.) caratterizzata dalla conchiglia subtriangolare allungata : ad un primo momento potrebbe essere confusa con l’A. rostrata Kokeil, ma per le sue dimensioni maggiori, e per il suo guscio piuttosto sottile non può essere diversamente considerata. Vive con la specie, ma è molto rara. Altra specie di Anodonta è la : V A. anati na Linn. (lung. 80-95 mm. alt. 45-55 mm. spes. 28-30). Conchiglia ovalare elittica, con una cresta posteriore ben evi¬ dente. Regione anteriore breve ed arrotondata, regione posteriore ben allungata con un rostro tronco submediano. Umboni non ri- 40 F. CAVALLINI gonfi, segnati da una serie di rughe sottili e numerose. Ligamento ben evidente di color bruno. Impressioni muscolari non molto forti. Guscio sottile, ma solido, di color giallo-verde e giallo-caffè segnato da leggere strie di accrescimento. Vive fra la melma delle paludi e delle lanche, è fra le Ano- donta la specie più comune. La specie A. avonensis Montagu è qui rappresentata con la *Var. ponderiformis Locard (lung. 125 min. alt. 65 mm. spes- 50 mm.). Conchiglia ovalare allungata e rigonfia; regione anteriore an¬ golosa in alto, arrotondata in basso ; regione posteriore allungata con un rostro piuttosto ottuso. Umboni pianeggianti ornati da nu¬ merose e sottili rughe. Guscio solido e forte di color verde-bruno tendente in qualche punto al caffè. A primo aspetto si potrebbe confondere con VA. cygnaca- L. Vive nel fango delle paludi : è rara. *A. maculata Sleppard (lung. 70-74 mm. alt. 41-43 mm. spes. 18-20 mm.). Conchiglia ovalare, quasi subcircolare, leggermente rigonfia ed ornata nella parte posteriore di una cresta non molto svilup¬ pata. Regione anteriore breve ed arrotondata, regione posteriore non molto allungata con rostro inframediano. Umboni non rigonfi ed ornati di numerose e sottili rughe. Guscio sottile di color grigio agli umboni, degradante in giallo e quindi in verde a volte ornato di leggeri raggi divergenti sempre di color verde. Vive infossata nelle sabbie del Fiume in luoghi di forte cor¬ rente insieme alle Uùffo. Non è molto comune. La nostra A. maculata Sleppard corrisponde per tutti i ca¬ ratteri a quella descritta dal Germain, tranne che per gli umboni che nella nostra non sono « en forme de crochets très déliés » ma solo ornati da numerose rughe. In un primo tempo rimasi incerta dubitando potesse essere una giovane A. anati?ia, ma la forma generale del guscio, il suo spessore e specialmente il suo modo di vita, me ne tolgono ogni dubbio per doverla ascrivere all' A. ma¬ culata SI.. # & Abbracciando in uno sguardo riassuntivo le osservazioni sui molluschi pavesi, viene spontaneo ed immediato un rilievo: nume¬ rose sono le specie (nell’elenco contrassegnate con un asterisco) MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE 41 che non erano state riscontrate dai precedenti ricercatori. Aggiungo inoltre che non mi è riuscito assolatamente possibile di rintrac¬ ciare la Teodoxia fluviatili L. ( Nerilina fluviatili L.) : questa è la sola specie dagli altri riscontrata che invece io non ho rin¬ venuto. La famiglia meglio rappresentata, anzi quella completamente rappresentata, con le sue 4 specie e 2 varietà, è quella delle Phisa, nella quale ho potuto trovare, qui, tutte le specie e varietà già considerate dal Germain nel territorio francese ; ciò avviene a dif¬ ferenza delle osservazioni del Rezia e dello Strobel che indicano le sole due specie. Ph. fontinalis L. e Ph. liypnorum L.. Ma le ricerche piu assidue, le maggiori difficoltà, mi si im¬ perniarono sullo studio degli IJnionidi. Dopo di averli attentamente considerati, li ho suddivisi secondo le più moderne classificazioni ; ma come era accaduto a tutti coloro che dell’ argomento si erano interessati, mi' è rimasta un'incertezza, che avrei desiderato viva¬ mente di poter superare. Io penso che per ottenere sicuri risultati circa la classificazione di questa famiglia occorra aggiungere ai fin’ora considerati, altri caratteri, osservazioni citologiche, cioè, che dovranno convalidare i dati anatomici, sia dell' animale vero e proprio, sia della sua conchiglia che fino ad ora ci hanno dato le basi della classificazione, e se per gli altri gruppi di molluschi essi possono essere esaurienti, in questo caso non sono sufficienti per determinare la specie. I caratteri su cui si basa Fattuale clas¬ sificazione non trovano nelle varie specie di Unionidi una delimi¬ tazione netta e precisa: essi lasciano nell'ambito della specie va¬ riazioni grandissime e, ciò che più importa, queste sono graduali e collegano una specie con V altra, lasciando 1' incertezza della determinazione. Indubbiamente esiste una gamma di variazioni che viene a ravvicinare l’una specie con l’altra: esempi ne sono: 1' U. Villae (Stabile) Villa e 1’ U. Requiem Michaud; VU. tumidus Philipsson e V U. consentaneus (Ziegler) Rossmassler var. Moquini Dupuy, ecc. Non saranno queste variazioni dovute agli agenti esterni ? Certamente il fenomeno del polimorfismo, sviluppatissimo nei molluschi, ha in molti casi tratto in errore i malacologhi, i quali descrissero per vere e proprie specie quelle che poi dovet¬ tero essere considerate come varietà o anche come forme. Moltis¬ simi sono qui gli esempi che potrei citare nelle diverse famiglie. 42 F. CAVALLINI Fra le limnee: la L. (. Rcbdix limosa Limi., con le sue varietà ampia Hartmann, vulgaris C. Pfeiffer, pattila Da Costa ecc. la L. Sìagnalis Limi, con le varietà L. Locardì Cout., L. Wes ter¬ bi ndi Loc. ecc. Fra i Planorbis : il PI. ( Coretus ) corneus Linn. con il PI. similis Muli. ecc. Fra gli Sphaeridi: il Pisidium amnicum Milli, con il -P. inftatum Meg. V. Miiklf, il P. elogantum 'Baudom Servain, il P. depressimi Locard ecc. Mentre in tutti i casi citati il fenomeno del polimorfismo si esplica nelhambito di specie isolate, le quali hanno fra loro carat¬ teri ben diversi e ben caratteristici, qui, fra gli Unionidi, si tratta di un gruppo di specie, con caratteri anatomici e eonchi- gliari uniformi, differenti solo nella loro graduazione. Bisulta da ciò che in queste condizioni il fenomeno del polimorfismo viene ad effettuare quella serie di forme intermedie che rende incerto il valore della classificazione. Noi potremo riuscire ad eliminare molto dubbi sulla validità o meno delle attuali specie della famiglia degli Unionidi aggiun¬ gendo ai caratteri già considerati, qualche dato citologico e bio¬ logico che riesca a discriminare nettamente, senza più lasciare incertezze, le specie di detta famiglia. Il dato citologico che penso essenziale e necessario per rag¬ giungere tale scopo è il conteggio dei cromosomi: potendo definire e descrivere accuratamente il corredo cromosomico delle diverse specie, si potrà confermare oppure escludere le suddette varietà. Dati citologici non si conoscono : in quanto io sappia esistono solo al riguardo i reperti del Lillie. Naturalmente per ottenere il risultato desiderato, il conteggio dei cromosomi deve essere fatto non isolatamente, ma collettiva- 7 mente nelle diverse specie attuali ; nè questo è compito semplice nè facile ; ma con tale studio noi potremo avere un lavoro definitivo ed esauriente che potrà portare una maggiore e più sicura preci¬ sione alla classificazione degli Unionidi. MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE 43 Gasteropodi polmonati basommatofori G) Fam. Li mnaeidae. Cren. Limnaea De Lamarck 1799. S. G. Limnaea sensu stricto, 1799. L. Stagnalis Linn. S. G. Radix Denys De Mon- fort 1810. L. ( Radix ) auricolaria Linn. L. (Radix) limosa Linn. var. ampia Hart¬ mann. *var. patula Da Costa, var. vul g ari s C. Pfeiff. L. (Radix) peregra Muli. S. G. Stagnicola Leacli (1819) 1831. L. (Stagnicola) palu¬ stri s Muli. *L. (Sia g ni cola) tur ri¬ ddata Held. S. G. Galba Schrank. 1803. L. (Galba) truncatula Muli. *L. (Galba) Doublieri (Requien) Moq- Tand. (L. Stagnatis L.J (L. auricolaria L. e var. sub. corneus Z.) (L. Limosus Poiret.) var. L. bidla Hartmann. L. (Hartmanni Cliarp. : vul- garis Pfr. C.) (L. per egra* Gm.) (L. paluslris Muli.) (L. Fossarius Montagli, mi- nulus Drap.) (1) Alla classificazione attuale segue fra parentesi la corrispondente terminologia usata dallo Strobel. 44 F. CAVALLINI F am . Physidae* Gen. Physa Draparnaud, 1801. S. G. Physa sensu strido. P. fontinalis Limi. *P. Taslei Bourguignat. *P. acuta Draparnaud. *var. gibbosa Moq-Tand. *var subopaca De Ba¬ rn arck. S. G. (Aplexa) Fleming, 1820. P. ( Aplexa ) hypono- rum Linn. (Ph. fontinalis L.) ( Ph . hypnorum L.) F am. Planorbidae Gen. Planorbis (Guettard. 1756) Geoffroy, 1767. S. G. Coretus Adanson, 1757. P. ( Coretus ) corneus Linn. S. G. Bathyompkalus (Agas- siz) De Charpentier 1837. *P. f Bathyompkalus) contortus Linn. S. G. Planorbis sensu strido. P. planorbis Linn. P. carinatus Muli. S. G. Spiralina (Hartmann, 1840), Martens, 1899. a) Spiralina sensu strido [= Diplodiscus Dall.] (P. Corneus L.) (PI. complanalus L. : margi¬ nata D.) (PI. carinatus Mont). MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE 45 P. ( Spiralina ) vorteoc (PI. Vortex L.) Linn. *P. (Spiralina) vorticu- lus Troschel. /?) Pa raspira Dall, 1905. P. ( Spiralina ) spiror- ■ bis Linn. S. G. Cyranlus (Agassiz) de Ckarpentier, 1837. P. . ( Gyraulus ) albus Muli. S. G. Hippeutis (Agassiz) De Charpentier, 1837. P. ( Hippeutis ) compla- natus Linn. Gen. Segmentina Fleming, 1817. S. nitida Muli. Fam. Ancy lidae. Gen. Ancylastrum (Moquin-Tandon) Bourguignat, 1853. A. fluviatile Muli. ( A . simplex Bue’ toz, fluvia¬ tili Mlill. ) Gen. Ancylus (Geoffroy) Muli. 1774. A. Laeustris Linn. (A. lacustris L .) Gasteropodi Prosobranchi Monocardi F am. V i viparidae. Gen. Vivipara Denys De Monfort, 1810. V. Vivipara. Linn. (x) ( Paludina vivipara L.) T . Fasciala Miill. ( Paludina fasciata Gmel. a- chatina Lam.) (PI. leucostoma. Mill.) (PI. albus L., hyspidus Drap.) (PI. fontanus Moni, compla- natus Drap.) (PI. Nitidus Miill.) (f) (Vivipara fasciata anteurs, noti Miill). 46 F. CAVALLINI Fani. Bythinellidae. ( Paladina tenlaculata L. im¬ pura Lamarck). (V. piscinalis Muli.,) ( V. cristata Muli., planorbis Drap.) Diotocardi Fani. Neritidae Gen. Theodoxia Denys De Monfort, 1810. T. fiuviatilis Limi. var. (N. ticinensis Villa.) ticinensis Villa. Pelocypodi Fani . S p h a e t i d a e . Gen. Sphaerium Scopoli, 1777. S. G. Sphaerium sensu stridii S. corneum Linn. S. corneum var. scal- dianum Form. S. ovafe De Ferussac. Gen. Pisidium C. Pfeiffer, 1821. P. amnicum Muli. P. casertanum Poli (S. corneum L.) [S. rivicola Lam.) (S. Deshayesianum. Bourg.) (P. amnicum Muli., Cyclas paìustris Drap.) (P. fontinaìe Pfr.) Gen. Bythinia Leach. 1818. B. tentaculata Linn. Fani. Valvatidae. Gen. Valvata Miill, 1774. V. piscinalis Muli. V. cristata Muli. MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE 47 Fani. Unionidae. Gen. Unio Philipsson, U. consentaneus (Zie¬ gler) Rossmàssler var. Moquìni Du- prv * U. consentaneus (Zie¬ gler) Rossmàssler var. A rdusianus Reyniés. U. Vili a e (Stabile) Villa. U. Requie?) i Michaud. U. tumidus Philipsson. U. tumidus Philipsson var. rostratus De Lamarek. *U. tumidus Philipsson var. m aximu s Mòrch. Gen. Pseudanodonta Bonr- guignat, 1876. P. compio nata (Zie- gler) Rossmàssler. Gen. Anodonta De Lamarek, 1799. A. cygnaea Limi. A. anatina Linn. *A. avonensis Montagli var. ponderifor- mis Locard.) *A maculata Sheppard. 1788. (U. Glaucinus Ziegler.) (U. Pictorum L. forma De- shayesii.) (L . Pictorum L. forma Re¬ quiem Michaud.) (U. tumidus Retzius. (U. Longirostris Ziegler) (Gen. Alasmodonta Say.) (A. compressa Menke.) (A. ponderosa Pfeiff. C.) (A. leprosa Parreyss.) 48 F. CAVALLINI - MOLLUSCHI ACQUATICI DEL PAVESE BIBLIOGRAFIA Balsamo Crivelli G. — Notizie Naturali e Chimico- Agronomiche sulla Provincia di Pavia. Pavia 1864. Germain L. — ■ Mollusques Terrestres et Fluviatiles. Faune de France. Paris 1931. Lillie — in: Oppenheimer-Pincussen : Tabulae Biol. (1927) Chro- mosomenzal bearbeitet von G. Tischler. Moquin-Tandon A. — Histoire Naturelle des Mollusques terrestres et fluviatiles de France. Paris. 1855. Piersanti — 1 Molluschi e le Conchiglie. Hoepli. Milano 1926. Pollonera C. — Elenco dei Molluschi fluviatili viventi in Piemonte. Bull. Mus. Zoll. Anat. Coni. Torino, n. 72 1889. Porro C. — ■ Malacoloqia terrestre e fluviale della Provincia Comasca. 1938. Rezia A. — Enumerazione sistematica dei Gasteropodi Terrestri e Flu¬ viali dei dintorni di Pavia. Dissertazione inaugurale. Pavia 1848. Rossmaessler E. A. — Osservazione sui Nayadi europei: Zeitschrift fu r Malacozoologie. 1853. 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La majeure partie de cette petite collection provenait des chasses en Somalie, faites surtout par Messieurs Z ammarano et Fieli ter et renfermait quel- ques formes très intéressantes, dont je donne, ci-dessous, 1’ énu- mération avec qnelques notes explicatives. 1. Sternocera castanea A. Oliv. Entom. II 1790, gen. 32, p. 25, t. 2, fìg. 8 b, c; Encycl. méth., Bupreste, 1790, N. 32. Somalia: Villaggio Duca degli Abruzzi, VII, 1929 (LT. Fie- chter lgt.). Cette espèce est bien répandue dans l’ Afrique orientale i l' Egypte mér., Nubie, Kordofan, Abyssinie, Erytbrée, Arabie méridionale, Meru, bases de Sahara mérid. or. jusqu’ à Senegal). Elle semble etre assez commune dans les forèts des Acacia et elle forme quelques variétés et races très distinctes. 2. Sternocera castanea subsp. abyssinica Théry. Bull. Soc. Ent. Erance LXV, 1896, p. 105. Somalia: Villaggio Duca degli Abruzzi, VII, 1929 (U. Fie- chter lgt.). Lme petite race, bien fréquente par places en Abyssinie et en Somalie orientale. 3. Sternocera castanea var. inversa Théry. Ann. Soc. Ent. France, 1910, p. 374. Eritrea. Cette intéressante variété est caractérisée par petites mou- chetures très obscures et soyeuses élytrales sur le fond ocre ; 4 50 J. OBENBERGER chez la var. irregularis Latr. ces mouchetures sont d’un jaune clair et le f'ond des élytres est, généralement, plus obscur. 4. Sternocera Boucardi subsp. Zammaranoi n. subsp. Somalia : Gelib. VI, 1922 (V. T. Zammarano lgt.). Subspecies grossa, longe ovalis, magis quain in typo elongata et postice minus acuminata, convexa; colore supra aeneonigro, satis nitido. Thorace grosse sculpto, plaga laterali nulla. Elvtris macula basali rotunda, macula subbumerali ovali antice notatis, lateraliter post medio maculis aliquot maioribus subrotundatis (3-4) ornatis, superficie elytrorum (praecipue versus posticem) valde grossa et corrosa, aspectu submarmoreo, maculas parvas ir- regulares pilosas praecipue in parte discali copiosissimas efficiente, itaque aspectu toto a typo quam maxime diverso. Pedibus anten- nisque laete ocbraceis, corpore subtus nigro, nitido, minute et dense punctato, abdomine uti in typo utrimque maculis quatuor testaceis notato. Cette nouvelle race est des plus intéressantes. Elle est plus parallèle et plus cylindrique que la forme typique et elle est ca- racterisée par la surface des élytres, qui est cornine corrodée, très grossièrement sculptée et remplie très densément par petites mou¬ chetures ocrées à fond pubescent, donnant à l’insecte un aspect péculier, presque marbré. Cette sculpture est plus fine antérieu- rement et latéralement, ou il y a 3-4 macules plus grandes et arrondies cornine dans la forme tyjhque. La sculpture générale élytrale est entièrement differente de cette du type, sans traces de lignes longitudinales et très irrégulièrement disposée, les inar- ges elevées et luisantes des mouchetures étant subconfluentes et donnant à la surface un aspect rugueux. Se me fais plaisir à dédier cette forme intéressante à Signore Zammarano. 5. Sternocera H untori Waterh. Ann. Mag. Nat. Hist. (6), III, 1889, p. 361. Somalia : Gelib. VI, 1922. (V. T. Zammarano leg.). Espèce assez répandue en Afrique orientale; Afr. or. an- glaise, Kilimandjaro, Massai etc. SUR LES BUPRESTI DES DU MUSEE DE MILANO 51 6. Julodis fimbriata Klug. Syrnb. Phys. 1829. Buprestis, 2, t. 1, fìg. 2. Synon. arabica Gory, Monogr. Bupr. IV Suppl., 1840, p. 15, t. 3, fìg. 13. Kustai Nonfried (Sternocera), Deutsche Entom. Zeitnhr. 1891, p. 335. Eritrea: Asmara (G. Frasca lgt.). Espèce très caractéristique pour les regions du Xil supérieur, où elle abonde par places dans les forèts des Acacia. Elle vit dans 1’ Egypte mérid., en Xubie, Abessynie, Somalie et mème en Arabie. L’ opinion de M. Thèri /, qu: elle soit conspecifìque avec la Jul. Cailìaudi Latreille, qui vit presque dans les mème en- droits et sous les mème conditions, est erronneuse. 7. Julodis Cailìaudi var. lacunosa Fairm. Mission Bevoil, Col. 1882, p. 49. Somalia : Monti Carcar, Vili, 1931 (G. Scortecci lgt.). Une variété de V espèce très repandue en Afrique orientale (Xubie, Egypte mér., Arabie, Obock, etc.). 8. Steraspis colossa Kar. Mon. Akad. Berlin, 1878, p. 214. Kerr. Ann. Soc. Ent. Belg. XXXIX, 1895, p. 383, fìg. 3. Somalia. Basso Uebi Scebeli, IV, 1922 (V. T. Zammarano igt-)- 9. Steraspis colossa var. pulchriventris Kerr. Ann. Soc. Ent. Belg. XXXIX, 1895, p. 384. Somalia : Villaggio Duca degli Abruzzi, VII, 1929 (U. Fie- chter leg.) La forme typique de cette espèce ainsi que la variété pul¬ chriventris Kerr. se trouvent (parfois en grande nombre) dans les forèts des Acacia en Afrique orientale : Somalie, Uganda, Usambara, etc.). L‘ espèce présente est la plus grande du genre Steraspis et une des plus grandes espèces de Buprestides en gé- néral. J. OBENBERGER 52 10. Steraspis speciosa var. fastuosa Gerst. Archiv f. Xaturg. XXXVII, 1871, p. 452. Eritrea: Piano del Barca, II, 1900. (A. P. Magretti leg.). 11. Steraspis speciosa var. obscura J. Thoms. Rev. Mag. Zool. 1879, p. 295. Somalia: Vitto d5 Africa, V, 1931. (R. Urbinati lgt.ì. Cette grande et jolie espèce appartient aussi encore à la faune paléarctique, étant assez fréquente eri Egypte, Sinai et Arabie, retrouvée récemment en Sahara al gè ri enne et en HoRRar. o o o Elle est répandue depuis Sénégambie jusqu’ à Sudan, Abessynie, Somalie. Mozambique, Moéro, Bahr-el-Ghazal, Tombouctou et en Obock. L' espèce typique est très fréquente surtout en Xubie et en Sudan. Var. obscura J. Thoms. constitue une forme noiràtre et très rare. 12. Pygichaeta Parisi» n. sp. Itab.: Somalia: Villaggio Duca degli Abruzzi, VII-1929. (X. Eichter lgt.). Long.: 315, lat. 12 mm. Species robusta, valde nitida. Colore subtus smaragdineo, ni¬ tidissimo, corpore subtus laevi, subtilissime punctato. Corpore supra obscure aeneoviridi, laevigato; forma lata, brevi, ovali. Ca¬ pite satis magno, antennis brevibus, robustis, compactis, nigro- aeneis. Fronte excavata. Thorace longitudine fere duplo latiore, usque ad medium fere parallelo, dein versus anticem longe ar- cuatim attenuato, obscure aeneonigro, lateraliter magis virescente, media linea tenui impressa, viridi, superficie Levigata, valde ni¬ tida, vage et valde sparse punctata, punctis lateraliter densiori- bus. Elytris thorace multo latioribus, latitudine summa panilo magis quam duplo longioribus, angulis liumeralibus suboblique rotundatis, fere iam ab humeris usque versus basini longe ar¬ cuatilo. rotundatis, margine lateroapicali fere integro, denticula parva suturali notato, sulco laterali nullo, sculptura elytrorum uti fere apud iliam Pugich. semigranosam Sol. disposita, sed magis obliterata, carinis utrimque planis tribus distinctis, intervallis dense minute punctatis. Parte dorsali elytrorum magis obscurata, SUR LES BUPRESTIDES DU MUSEE DE MILANO 53 lateribus magis virescentibus. Pedibus laevibus, laete smaragdineis, nitidis. Processu prosternali plano, lato, lateraliter sparse punctato. Cette espèce est des plus intéressantes. Elle appartieni au genre Cygicliaeta Obenb., voisin du Steraspis et Chrysaspis , mais très distinct par la forme de l’abdomen de deux sexes. Chez l’un sexe (je pense, que ce sont les femelles) le cinquième sternite est au sommet fortement écbancré en forme ovale et rempli d’ une agglomération très dense des poils, placés vraisem- blablement sur le sixième sternite et formant un osmèterium ; chez 1’ autre sexe (probablement les màles), il y a sept sternites visibles, mais le sternite cinquième a une échancrure large au sommet, beaucoup plus large que chez les individus du mèrne sexe dans les genres Chrysaspis et Steraspis et le septième stér- nite est arrondi, contrairement à la forme usuelle des deux genres cités et orné dans la partie basale d’une élevation basilaire trilide caractéristique ; de mème, l’ apew de ce sclerite est à forme caracté- ristique. Les Pygiehaeta sont, de plus, caractérisés par la pré- sence d’un sillon latéral, qui manque seulement chez P. ! ‘arisii m. Parfois (chez P. intermeclians Obenb.) le sillon médian tho- racique est remplacé d’ une carène longitudinale aplanie, mais ce caractère ne se retrouve chez les autres espèces, quoique, chez P. semigranosa Sol., on trouve assez de passages à ce caractère, une carène faible étant y parfois indiquée au fond du sillon médian. Sons les Pygiehaeta ont une forme, qui ressemble plutot aux di- vers Chaìcophorines que Steraspis. La forme de l’apex de l'ab- domen est des plus caractéristiques, elle ne se repète, à mon avis, dans aucun genre des Buprestides et elle seule suffit à séparer très nettement ce genre important de tous les autres. Panni les espèces connues de ce genre la nouvelle espèce, P. /'arisi? m. est entièrement isolée. Elle est beaucoup plus robuste que les autres, n‘ a aucunément quelques traces de ressemblence avec les Steraspis et son forme trapue et surface luisante, à sculpture thoracale cornine effacée la laisse reconnaìtre très facilement. Je me fais le grand plaisir, de dédier cette espèce splendide à mon cher collègue zélé, M. le docteur Parisi du Museo di Mi¬ lano cornine souvenir de notres excellentes rélations. lo. Chalcophorella africana J. Thoms. Bull. Soc. Ent. Erance, 1879, p. 180 (C7i ateo taenid). ignoti. : 'procera Eairm. C. r. Soc. Ent. Belg. XXVIII, 1 884, p. 114 ( C halcoph or ai) . 54 J. OBENBERGER Telekyi Fairm. 1. c. XXXV, 1891, p. 298 ( Chalcopho ra). Somalia : Villaggio Duca degli Abruzzi, VII, 1929. (U. Fie- chtner lgt.). Vittorio d’ Africa, V, 1931 (R. Urbinati lgt.). Une grande et jolie espèce, qui constitue dans le genre Clial- cophorella Kerr. un groupe à part, repandue depuis Somalie jus- qu’à Bagamoyo et Uganda. 14. Psiloptera (Lampetis) torquata Dalman. Anal. Entom. 1832, p. 54 (Buprestis). Haiti'. Hato del Yaque, VII-1931 (Fratelli Ciferri leg.). Espèce frequente en Cuba. 15. Psiloptera (Lampetis) aurata E. Saund. Catal. Bupr. 1871, p. 23. Sy non: altri fera Castelnau et Gory, Monogr. Bupr. II, Buprestis, 1837, p. 35, pi. 9, fig. 41 (nom préoccupé). Haiti’. Santiago 1930. Hate de Yaque (Fratelli Ciferri leg.). 16. Psiloptera (Damarsila) quad riareolata subsp. Holubi Obenb. Tanganjika: Casanga, Mauri è, 1916. 17. Psiloptera (Damarsila) subcatenulata J. Thoms. Bull. Soc. Ent. France (5), IX, 1879, p. 151. Synon.: si m pii ci colli s Fairm. C. r. Soc. Ent. Belg. Belg. 1896 p. 165. intrusa Péringuey, Trans. Entom. Soc. London, 1896, p. 165. stataria Péringuey, 1. cit. p. 165. a enea Obst., Ann. Soc. Ent. Belg. XLVII, 1903, p. 141. Tanganica , Casanga: Mauzié 1916. Espèce repandue sur un vaste territoire de l'Afrique tropicale orientale et méridionale, depuis Angola, Meru, jusqu’ à Rhodésie. 18. Psiloptera (Damarsila) albicincta Reiche, Voyage Galin., 1850, p. 282, PI. 17, fig. 2. Synon.: Sdì imperi Rotti, Arch. f. Xaturg. XVII, 1851, I, p. 119. Guerini J. Thoms. Ann. Soc. Ent. Fr. (3), IV, 1856, p. 328, t. 8, fig. 4. SUR LES BUPRESTIDES DU MUSEE DE MILANO 55 ab ys sinica. Harold, Mon. Beri. Akad. Wissensch. 1878, p. 216, Abissinia : Gondar, IV, 1923 (N. Ignesti leg.). Eritrea : Sa- ganeisi, 1925 (Cap. L. Fossati lgt.). 19. Psiloptera (Damarsila) amaurotica Klug, Monogr. Beri. Acad. 1855, p. 645. Sy non: Bou cardi Van Lansb. Notes Leyden Mus. 1886. p. 115. Tanganica : Casanga: Manziè, 1916. Espèce tres répandue dans P Afrique équato riale, depilisi' U- ganda jusqu’à Bhodésie et en Transvaal, on elle forme quelques races geographiques distinctes. 20. Psiloptera (Lampetis) confossipennis Fairm., C. r. Soc. Ent. Belg. XXVIII, 1884, p. 44. Synon : somatica Gahan, Proc. Zool. Soc. London, 1900, p. 25, t. 1, fig. 10. pubifrons Fairm. 0. r. Soc. Ent. Belg. XXXV, 1891, p. 289. Somalia: Becca Littorio, VII, 1931. (Dr. G. Scortecci leg.). 21. Psiloptera (Lampetis) catenulata Klug, (var.), Symbolae Phys. I, 1829, N. 24, PI. 2, fig. 10 (Buprestis). Somalia : Basso Uebi Scebeli, IV, 1922. (V. T. Zammarano leg.)- Cette espèce est très répandue en Afrique boréale ; elle abonde en Egyte, Nubie, Sinai, en Arabie (Djedda), en Mésopo- tamie, en bases de Sahara et elle est signalée mèine de Sene- gambie. 22. Acmaeodera cruenta A. Oliv., Entom. II, Gen. 32, Bupre¬ stis, 1890, p. 48, pi. 3, fig. 21. Haiti: Santiago, 1930. Hato del Yaque, VÌI, 1931. (Fratelli Ciferri leg.). 23. Actenodes auronotata Cast, et Gory, Monogr. Bupr. II, 1836, p. 20, pi. 4, fig. 30, addenda p. 6. Haiti : Moca, Vili, 1927. (Fratelli Ciferri leg. ). 56 J. OBENBERGER - SUR LES BUPRESTIDES DU MUSEE DE MILANO 24. Chrysobothris tranquebarica Gmelin, in Limi. Syst. Xat. XIII. Ed. I, pars 4, 1788, p. 1932, n. 74. Haiti: Moca, Vili, 1927 ; San Juan, Vili, 1929. (Fratelli Ciferri leg.). 25. Melanophila notata Cast, et Gory, Monogr. Bupr. II, 1836, p. 4, pi, fig. 5, addenda p. 2. li or neo : Bonao. V. 1927 (Fratelli Ciferri). 26. Melanophila Gestroi Obenb. Casopis Cs. Spoi. Entom. XIX, 1924, p. 2 (Sep.). Eritrea: Tessenei, III, 1923 (C. Calciati leg.). Expèce très caractéristique, connue de lAbessynie et de l’Egypte. La coloratimi constante et bien caractéristique ainsi que la sculpture thoracique et élytrale separent cette espèce très nettement des esjièces semblables obscures de l’Afrique. 27. Chalcogenia azurea Kerr. Ann. Soc. Ent. Belg. XLIII, 1899, p. 266. Eritrea: Saganeiti, 1925. (Cap. L. Fossati lgt.) . ISTITUTO DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA Direttore Prof. Edoardo Zavattari Dott. Maffo Vialli LE CELLULE CROM AFFINI DEI GANGLI NERVOSI NEGLI IRUDINEI Dall’ osservazione di Henle che le cellule della midollare sur¬ renale assumono per il trattamento con sali di cromo una tinta giallobrunastra è derivata una tecnica assai precisa e sicura per la ricerca di elementi corrispondenti alla midollare surrenale, e ciò specialmente quando le migliori conoscenze chimiche sugli ormoni hanno posto in evidenza che effettivamente F imbrunimento delle cellule midollari è da ritenersi legato alla presenza di adrenalina. La reazione fu ritenuta strettamente specifica, tanto che in alcuni casi le prime osservazioni di elementi cromizzabili, indi¬ pendentemente da un qualsiasi legame morfologico col sistema delle surrenali, furono senz’altro ascritte a prova di una funzione adrenalinogena. Solo molto più tardi, particolarmente per le ricerche di Terne, furono in qualche modo meglio definiti i limiti di specificità di questa reazione. Nel frattempo la reazione cromafifine aveva potuto costituire la necessaria base per 1’ allargamento delle conoscenze anatomo- comparative sul sistema feocromo specialmente nei Vertebrati in¬ feriori. Considerando la reazione di Henle come strettamente speci¬ fica per l'adrenalina si è cercato di mettere in evidenza anche negli Invertebrati possibili elementi adrenalinogeni, che potessero in qualche modo rappresentare, per cosi dire, un equivalente delle surrenali. Cosi infatti furono senz’altro interpretate come adrenalinogene le cellule cromizzabili della ghiandola purpurigena di Mar ex e di Purpurei , di cui ebbi recentemente ad occuparmi; secondo la 58 M. V1ALLI mia interpretazione però il significato di tali cellule sarebbe ben lontano da quello che era stato loro attribuito. Uno tra questi reperti di cellule croniaffini negli Invertebrati assumerebbe, secondo Gaskell, una particolarissima importanza perchè appare più strettamente legato, anche dal punto di vista morfologico, alle condizioni che si verificano nel sistema feocromo dei Vertebrati : si tratta delle cellule cromaffini dei gangli ner¬ vosi di alcune specie di Anellidi, particolarmente degli Irudinei. Dobbiamo a Poli e Sommer la prima dimostrazione della na¬ tura cromaffine di questi elementi i quali, però, a] meno in parte, erano già stati da precedenti AA. distinti, per le loro caratteri¬ stiche morfologiche, dalle restanti cellule nervose del ganglio sotto il nome di cellule colossali. I risultati di Poli e Sommer furono subito ritenuti molto importanti e Biedl con esperienze fisiologiche ha cercato di otte¬ nerne una conferma e ha potuto infatti con estratti di gangli nervosi verificare alcune tra le caratteristiche reazioni biologiche della adrenalina. La questione è stata poi trattata a fondo da Gaskell, che, utilizzando tanto la ricerca istologica quanto quella fisiologica, è giunto a risultati notevoli, i quali conservano la loro importanza, anche se, in base alle successive ricerche di Venie, di Gerard, Cordier e Lison, di Cordier e Lison e di Lison, nou appaiono accettabili nelle loro conclusioni, se non in seguito ad una accurata verifica a mezzo delle fini tecniche istochimiche che Lison ha proposto per lo studio dei fenoli. Vedremo più innanzi che anche da un punto di vista stret¬ tamente teoretico le vedute di Gaskell non possono essere accolte integralmente anche quando dovesse risultare dimostrato che le cellule cromaffini degli Irudinei contegono realmente adrenalina. Occupato già da qualche tempo ad uno studio assai vasto, di cui ho finora reso noto solo qualche risultato in via preventiva, sul significato che le sostanze fenoliche libere possono avere negli organismi animali ho dovuto necessariamente riprendere in esame queste vere o presunte localizzazioni di adrenalina che erano state descritte dagli AA. precedenti. In questa nota intendo appunto sottoporre ad una verifica istochimica il significato da attribuirsi alle cellule cromaffini dei gangli nervosi di Hirudo medicinali s. La presenza di cellule cromaffini nei gangli nervosi sembra essere un fatto abbastanza generale negli Irudinei: in tutte le specie LE CELLULE CR0MAFF1NI DEI GANGLI NERVOSI ECC. 59 finora studiate, esse furono rinvenute. Il fatto come già ho accen¬ nato non sembra limitato agli Irudinei perché sebbene con minore ’ costanza se ne hanno esempii tra i Policheti e tra gli Oligocheti. Tra i Policheti il reperto però deve essere piuttosto raro, perche Gaskell, avendone preso in esame ben diciasette specie, ha potuto trovare cellule cromaffini solo nei gangli di ApTvrodite aculecita e di Eunice gigantea. Le cellule cromaffini appaiono nei singoli gangli della catena nervosa ventrale in numero fisso e con una distribuzione netta¬ mente definita. In ogni ganglio nervoso tipico, cioè ad esclusione di quelli modificati che si rinvengono verso le estremità cefalica e caudale, le cellule nervose risultano distribuite in gruppi cellulari abba¬ stanza ben delimitati, separati tra loro da porzioni del ganglio prive di cellule. Seguendo le vedute di Gaskell possiamo distinguere in ogni ganglio sei gruppi cellulari: di essi due sono mediani e quattro laterali. I due gruppi cellulari mediani giacciono ambedue nella re¬ gione ventrale del ganglio, e si distinguono rispettivamente tra loro come gruppo mediano anteriore e gruppo mediano posteriore. I quattro gruppi laterali sono, naturalmente, due a destra e due a sinistra ; tanto da un lato quanto dall' altro si distinguono un gruppo anteriore e un gruppo posteriore. Le cellule cromaffini appaiono distribuite due a due in tre soli tra questi sei gruppi cellulari e precisamente nel gruppo me¬ diano anteriore e nei due gruppi laterali posteriori. Rimando al lavoro e agli schemi di Gaskell per più completi dettagli su tale distribuzione. Mentre le quattro cellule cromaffini dei due gruppi laterali posteriori non mostrano particolarità morfologiche che valgano, indipendentemente dalle caratteristiche istochimiche, a differenziarle dalle altre cellule che costituiscono il gruppo, le cellule del gruppo anteriore mediano invece sono ben riconoscibili per le loro cospicue proporzioni e la loro presenza, come ho sopra accennato, era già stata segnalata, lungo tempo prima che se ne conoscesse la caratteristica cromaffinità, sotto il nome di cellule co¬ lossali. Tanto le cellule colossali quanto le altre cellule cromaffini posseggono un reticolo neurofibrillare perfettamente corrispondente a quello delle cellule nervose comuni, come queste esse sono uni¬ polari. 60 M. VIALLI Nelle cellule cromaffini oltre alla sostanza che dà la reazione cromica era stata indicata anche la presenza di grassi rilevabile tanto col metodo Daddi quanto con acido osmico: quest’ ultimo reperto però, in base alle nostre più recenti nozioni sulle sostanze capaci di imbrunire sotto l’azione dell’acido osmico : può apparire piuttosto dubbio. Nelle mie ricerche mi sono attenuto solo alle principali rea¬ zioni proposte da Lison, che sono anche quelle di più facile e sicura riuscita, perchè, trattandosi di mettere in evidenza elementi assai rari e rinvenibili solo in pochissime sezioni su intere serie assai lunghe, il materiale male si sarebbe adattato a ricerche più complesse. Ho allestito serie tanto di animali ‘ interi sezionati in senso trasverso, quanto di catene nervose isolate, mediante dissezione dell’animale vivente. I migliori risultati però si ottengono dallo studio di sezioni trasverse di animali interi, perchè nei cordoni nervosi isolati riesce molto difficile un sicuro orientamento dei gangli e quindi la ricerca delle cellule cromaffini non solo risulta molto più indaginosa, ma in molti casi anche l’ interpretazione sicura della loro posizione riesce veramente problematica. La fissazione di animali interi del resto riesce benissimo e con¬ sente di ottenere risultati del tutto corrispondenti a quelli che si hanno sui gangli isolati ; ciò purché dopo circa mezz’ora o un'ora dalla morte dell’animale, che avviene sempre in contrazione, si abbia l’avvertenza di tagliare trasversalmente il corpo dell’animale in due o tre pezzi onde facilitare la penetrazione dei fissativi. Tale penetrazione non potrebbe infatti avvenire con sufficiente rapidità per via cutanea a motivo dello spesso strato di muco che l’animale emette sotto l’azione dei fissativi e che, rimanendo ade¬ rente al corpo, ricopre tutta la superficie cutanea. Specialmente per le ricerche sul materiale fissato in formalina ritengo che questi dettagli di tecnica possano avere una reale importanza poiché sono note le difficoltà che spesso si incontrano nella fissazione dei fenoli. Cosi facendo ho constatato che non occorre ricorrere al fis¬ sativo proposto da Lison costituito da : Acetato di piombo 3 a 5 gr. Formolo al 40 °/0 10 » Acqua 100 » Acido acetico dal 2 al 5 0 LE CELLULE CROMA FF1NI DEI GANGLI NERVOSI ECC. Gl infatti la fissazione avviene anche con una semplice soluzione di formalina 10 °/0 ; questo fatto può offrire qualche vantaggio quando sulle stesse fette si debbano fare altre colorazioni. Ho dapprima sottoposto a verifica i risultati degli AA. pre¬ cedenti soprattutto allo scopo di controllare V intensità della rea¬ zione cromaffine nelle cellule di Hirudo medicinali s rispetto a quanto di norma mi era stato dato di osservare per le numerose altre localizzazioni di elementi cromaffini da me prese in esame in questi ultimi tempi. La reazione è assai strettamente limitata e le cellule appa¬ iono quindi in modo assai netto, però il colore che il loro proto¬ plasma assume non è molto oscuro ; a tale proposito i miei risul¬ tati collimano quasi completamente colla descrizione che ne da Cfaskell, definendolo un giallo canarino : infatti tale è il colore dominante e solo in qualche punto, dove la sostanza sembra essersi particolarmente addensata, si notano zolle di colore giallo brunastro. La colorazione assunta dalle cellule è quindi nettamente di¬ versa da quella che nelle stesse condizioni presentano le cellule della midollare surrenale di Mammiferi, come tonalità di colore si avvicina di più a quella che assumono le cellule enterocromaffini quando non manifestano una reazione molto intensa, oppure a quella che si osserva per il secreto delle ghiandole granulose di Rana esculenta e di Hyla arborea. La reazione nelle cellule è strettamente limitata al corpo cel¬ lulare e non mi è stato mai possibile osservare un prolungamento della sostanza cromaffine nell’interno del neurite, anzi piuttosto in molti casi si osserva nettamente, in corrispondenza del punto da cui si diparte il prolungamento cilindrassile, che vi è un tratto di protoplasma a reazione scarsissima o nulla. Difficile è apprezzare nettamente nei preparati in Regaud il modo di presentarsi della sostanza cromaffine in seno al protoplasma ; probabilmente si può pensare che all'inizio della fissazione avvenga una certa diffusione della sostanza per cui, di contro a zone a reazione un po’ più intensa, se ne osservano altre nelle quali la reazione appare più slavata, che rappresenterebbero zone dove si è avuta una diffusione della sostanza cromaffine. Mi induce a pensare questo oltre al risultato che mi hanno dato le altre rea¬ zioni anche il fatto che in alcuni casi appaiono nettamente aree protoplasmatiche in cui manca ogni traccia di reazione : tali aree assumono piuttosto intensamente la ematossilina Carazzi anche quando essa venga lasciata agire per poco tempo. 62 M. VI ALL I Dopo la fissazione in formalina e la inclusione in paraffina la reazione cromaffine riesce ancora, sebbene un pò meno intensa¬ mente, sulle fette ; nelle stesse condizioni è pure apprezzabile la reazione di ossidazione con soluzione satura di iodato potassico. A proposito della reazione cromaffine merita qui di essere ricor¬ data una osservazione di Gaskell, di cui però ci sfugge compieta- mente il possibile significato istochimico : se alla colorazione so¬ pravitale con bleu di metilene si fa seguire una fissazione a base di bicromato il fissativo provoca la decolorazione di tutti gli ele¬ menti colorati ad eccezione di quelli cromaffini. Poiché Gaskell descrive nelle cellule colossali la presenza di inclusioni grassose, capaci di notevole aumento in determinate con¬ dizioni sperimentali, ho voluto provare se tale reperto sia da ri¬ tenersi realmente dovuto a sostanze grasse o non derivi invece dalla presenza di lipoidi. La colorazione con Sudan III su materiale fissato in Regaud, liquido che, nei riguardi della insolubilizzazione dei lipoidi, si può ritenere corrisponda quasi completamente al fissativo di Ciaccio, mi ha dato risultati del tutto negativi. E lecito quindi concludere che i reperti di Gaskell corrispondono esclusivamente alla pre¬ senza di grassi. Nel materiale fissato in formalina 10°/0 e colorato pochissimo, con semplice ematossilina Carazzi, il protoplasma delle cellule di norma non assume il colore e solo qua e là vi si osservano alcune zone basoffie più oscure. Però in alcuni casi la cellula può dimostrare una lieve tinta giallastra propria. Mi pare che questo fatto trovi una completa coincidenza, con quanto, ad esempio, ha osservato Hamperl sul colore giallo proprio che in alcuni casi possono presentare le cel¬ lule enterocromaffini. L’ interpretazione che se ne può cercare è molto semplice ; infatti può darsi che il colore giallo, indice di un inizio parziale di ossidazione, dipenda dalle manipolazioni subite dal pezzo oppure invece che la presenza di stadi parzialmente ossidati sia un fatto regolarmente connesso col ciclo biologico di queste cellule. Colorando oltre che con ematossilina anche con eosina e spingendo al massimo la differenziazione si ottiene di scolorire completamente o quasi il preparato: in tali condizioni la sostanza, che nei preparati in Regaud si manifesta cromaffine, assume una tinta arancione sporco dimostrando di aver trattenuto energicamente l’eosina, cioè si tratta di una sostanza acidofila. LE CELLULE CROMAFFINI DEI GANGLI NERVOSI ECC. 63 Anche in questo particolare noi troviamo una concordanza con quanto è dato osservare per le cellule enterocromaffini le quali presentano una acidofilia più o meno intensa a seconda delle con¬ dizioni in cui si trovano. Sai materiale fissato in formalina 10"/o ho eseguito la diazo- reazione in mezzo alcalino, che è certo la più specifica tra le varie reazioni dei fenoli, valendomi del Nitrazol C. F., del solfato di diari isi dina e della tolidina. I quadri più chiari sono quelli che si ottengono col solfato di dianisidina e colla tolidina in quanto col Nitrazol C. F. ho avuto facilmente colorito anche il fondo, ciò che impedisce una sicura valutazione dell’esito della reazione. Tra la dianisidina e la toli¬ dina i risultati più brillanti mi sono stati in complesso daM dalla tolidina, in quanto essa colora ancora meno il fondo della diani¬ sidina ; il tono di colore assunto dalla sostanza copulata, pur essendo meno scuro che non colla dianisidina, è sempre però tale da essere assai nettamente apprezzabile. Col solfato di dianisidina la sostanza copulata assume un co¬ lore rosso brunastro, mentre invece colla tolidina il colore è giallo brunastro. La reazione può dirsi nettamente positiva e indica quindi la presenza di una sostanza con uno o più ossidrili fenolici. Specialmente facendo uso della tolidina ho potuto osservare taluni quadri citologici dalla reazione che mi pare meritino di essere ampiamente ricordati. L'aspetto delle cellule cromaffini non si presenta uguale in tutti i casi: generalmente si osservano differenze tra le cellule colossali e le cellule laterali, ma, mentre queste ultime si può dire abbiano un comportamento abbastanza omogeneo, le prime invece possono apparire in condizioni assai diverse. Probabilmente questi aspetti sono in parte assimilabili a quelli che. si verificano nel materiale fissato in Regaud ma certo appa¬ iono assai più netti forse in parte perchè effettivamente la fissa¬ zione avviene in modo diverso e forse anche perchè la tonalità distintamente più scura, assunta dalla sostanza fenolica, e il colore più chiaro del fondo permettono una migliore lettura dei preparati. Nel protoplasma delle cellule cromaffini laterali in cui la dia- zoreazione dimostra di essere meglio riuscita si osservano nume¬ rosissimi vacuoli di grandezza varia, alcuni raggiungono e supe¬ rano la grandezza del nucleolo, ma per la maggior parte invece 64 M. VI A I, LI hanno dimensioni notevolmente minori ; talvolta si osservano va¬ cuoli, più spesso quelli di dimensioni maggiori, che confluiscono 1’ uno nell’ altro. In tali vacuoli la diazoreazione è completamente e sicuramente negativa : infatti anche nei preparati in cui il fondo ha assunto un certo grado di colorazione i vacuoli appaiono per¬ fettamente chiari. In corrispondenza di alcuni vacuoli si osserva con grande evidenza una maggiore intensità della diazoreazione da parte della sostanza fenolica che circonda immediatamente il vacuolo. Questo addensamento più scuro da l’impressione quasi di una ben defi¬ nita parete. Penso che probabilmente il diverso tono di colore stia sem¬ plicemente ad indicare un maggior addensamento della sostanza fenolica. Diffìcile infatti mi pare una interpretazione la quale presupponga una diversa natura chimica della parete del vacuolo rispetto alla sostanza fenolica che circonda la parete stessa. Più variato appare invece come ho già accennato, il quadro citologico della diazoreazione nelle cellule colossali. Può darsi che questi diversi aspetti con cui le cellule si presentano possano in¬ terpretarsi come fasi diverse di un’ unico ciclo biologico. I miei dati però sono troppo scarsi per permettermi di affermarlo, sia pure in via di ipotesi, poiché allo stato attuale delle mie ricerche i varii aspetti che si osservano non risultano tra loro in alcun modo ricollegabili. Il quadro complessivo normale, quale appare nella maggior parte dei casi, rende bene conto anche di quanto ho detto a proposito della reazione cromaffìne. La sostanza fenolica non appare regolarmente distribuita in tutto il protoplasma in quanto, di contro ad addensamenti, si os¬ servano anche ampie zone protoplasmatiche a reazione sicuramente negativa. Questi addensamenti di sostanza fenolica in seno al pro¬ toplasma non sembrano legati in alcun modo cogli organuli cito¬ plasmatici comunemente descritti : condrioma, apparato reticolare interno, paranucleo. La reazione positiva per le sostanze lenoliche si manifesta in ampie zolle protoplasmatiche oppure in cordoni continui : la disposizione di tali cordoni appare con la maggiore evidenza in / sezioni paramediane della cellula, nelle quali quindi è ben visi¬ bile il nucleo, situato quasi al centro del citoplasma : attorno al nucleo si rinviene una zona anulare più o meno espansa ma con¬ tinua che forma come una specie di cappuccio perinucleare ; da LE CELLULE CROMA FFIN1 DEI GANGLI NERVOSI ECC. 65 questa specie di anello si dipartono alcuni grossi cordoni che si spingono con andamento assai irregolarmente radiale verso la pe¬ riferia. Tra cordone e cordone permangono ampii spazii protopla¬ smatici di forma molto irregolare in cui la diazoreazione risulta completamente negativa. dSTei preparati che dopo la diazoreazione sono stati lievemente colorati con ematossilina Carazzi, queste zolle protoplasmatiche assumono abbastanza intensamente il colo¬ rante basico, dimostrando cosi un comportamento che corrisponde a quello da me precedentemente ricordato per i preparati fissati in liquido di Regaud. Nei cordoni protoplasmatici dove si rinviene addensata la sostanza fenolica si osservano quadri assai varii e non sempre fa¬ cilmente comprensibili. Essenzialmente si può dire che il cordone è costituito da una porzione di protoplasma a diazoreazione nega¬ tiva che non si colora o si colora assai poco colla sola ematossi¬ lina, e che ha quindi un comportamento assai diverso dal proto¬ plasma basofìlo delle zone prive di fenoli. Di norma la reazione positiva si osserva in granuli di gran¬ dezza varia, di essi i più numerosi sono quelli relativamente piut¬ tosto minuti ; i granuli assumono, in seguito alla copulazione, anche in uno stesso preparato, un colore variabile con variazioni essen¬ zialmente solo nel senso di un tono più o meno cupo ; io penso che anche in questo caso le tinte diverse dei singoli granuli deb¬ bano essere interpretate come indice di una diversa concentrazione del fenolo. Oltre a questi granuli che rappresentano la maggior quantità di fenoli istochimicamente dimostrabili se ne osservano anche altri più grandi con un comportamento caratteristico. Tra il granulo che presenta di norma una reazione abbastanza intensa e il pro¬ toplasma circostante a reazione negativa si osserva un alone chiaro il quale da l' impressione che attorno all’ addensamento di sostanza fenolica dovesse trovarsi un altra sostanza andata perduta nella fissazione. Possiamo immaginarci molto semplicemente questa di¬ sposizione come data da un vacuolo contenente un granulo molto grosso. In qualche caso infine le zolle e i cordoni protoplasmatici, in cui si manifesta la diazoreazione, assumono un aspetto come spu¬ gnoso : tale aspetto è probabilmente da attribuirsi ad una strut¬ tura minutissimamente vacuolare, cioè con caratteristiche in parte simili a quelle delle cellule cromaffini laterali. O 66 M. VIALLI Nei casi in cui non si verifica una netta distinzione nel proto¬ plasma tra una parte a diazoreazione positiva e una a diazoreazione negativa la cellula colossale può assumere aspetti in qualche modo riconducibili a quelli che ho descritto per le cellule laterali, senza che pero mai vi si osservino formazioni vacuolari corrispondenti a quelle di maggiori dimensioni. A completare il quadro istochimico ottenuto colla reazione cromica e colla diazo ho pure eseguito la impregnazione argentica col metodo di Masson-Hamperl, anche tale reazione ha esito net¬ tamente positivo, però con intensità non molto forte ; cioè non si giunge o si giunge solo attraverso a qualche difficoltà a un com¬ pleto annerimento dei granuli argentatimi. I quadri morfologici che la reazione argentica mette in evidenza possono in complesso come è naturale ritenersi corrispondenti a quelli descritti per la diazo. L’interpretazione istochimica di questo insieme di risultati non offre particolari difficoltà purché ci si limiti a richiedere dai metodi adoperati solo quel tanto di specificità che effettivamente essi possono dare. L’esito positivo della diazoreazione in mezzo alcalino permette secondo Lison di affermare che ci troviamo in presenza di una sostanza fenolica e i risultati pure positivi della cromica e della argentica indicano che la sostanza fenolica ha azione riducente, e non potendo quindi essere rappresentata da un monofenolo, che manca di tale azione, non può essere che un di o polifenolo, orto o para. Tale risultato istochimicamente non esclude quindi la possi¬ bilità che la sostanza fenolica messa in evidenza sia effettivamente la adrenalina che è appunto un derivato della pirocatechina. Per la reale esistenza di adrenalina deporrebbero le prove biologiche eseguite sugli estratti di gangli nervosi da Biedl e da Cfaskell, anche queste prove però non hanno una specificità assoluta. D’altra parte qualche caratteristica nelle particolarità istochi- miche risulta sicuramente in contrasto con quanto sappiamo a proposito della più nota localizzazione di adrenalina : la midollare surrenale. Nella reazione cromaffine le cellule del ganglio nervoso di Hirudo assumono un colore molto più chiaro che le cellule della surrenale, tale differenza di colore può però forse trovare una spiegazione indipendente da una diversa costituzione chimica del reattivo in una minore concentrazione di adrenalina. E noto che LE CELLULE CROMAFFINl DEI GANGLI NERVOSI ECC. 67 nelle surrenali la reazione argentica e la diazoreazione non riescono dopo la fissazione in formalina ; e ciò perchè la adrenalina, che non viene fissata dalla formalina, andrebbe perduta nelle manipo¬ lazioni successive; infatti da tempo Kutschera- Aichbergen ha dimostrato che la reazione argentica riesce a fresco e Lison ha potuto ottenere la diazoreazione positiva a fresco. Ora invece nel caso di Hirudo noi osserviamo che nel materiale fissato in for¬ malina le due reazioni permangono positive. Ciò potrebbe sembrare un fatto di importanza capitale nel farci escludere la natura adre- nalinica della sostanza, ma occorre andar molto cauti nel tirare le conclusioni da questi risultati perchè recentemente Lison ha potuto ottenere la argento e la diazoreazione anche su materiale fissato in formalina 10°/0 nelle ghiandole velenose cutanee di Bufo Cigna , in cui è stata dimostrata la presenza di adrenalina; è però da notarsi che secondo i risultati di Abel e Macht nel veleno cutaneo di Bufo agua V adrenalina possiede una concentrazione enormemente superiore a quella delle surrenali. Per quanto ho precedentemente detto sulla tonalità di colore assai debole che la sostanza difenolica assume per 1’ azione del bicromato ritengo assai difficile invocare questi risultati di Lison su Bufo agua a sostegno della possibile presenza di adrenalina, nelle cellule crom affini di Hiruclo. Da tutto questo insieme di dati mi pare quindi che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, e fin che non si trovi un mezzo istochimico veramente sicuro per caratterizzare la adrenalina di fronte agli altri difenoli, la questione non possa risolversi nel senso di una specificazione istochimica che vada al di là di quanto effettivamente consente il dominio di specificità delle reazioni ap¬ plicate. Il modo di presentarsi in seno alla cellula del composto dife- nolico, specialmente quale viene messo in evidenza dai risultati delle mie ricerche sulla diazoreazione, mi sembra meriti di essere un po’ più ampiamente discusso. Il fatto della localizzazione della sostanza in una sola porzione della cellula, che rappresenta il caso più comune nelle cellule colossali, trova un significativo riscontro nella distribuzione essenzialmente basale dei granuli nelle cellule enterocromaffini dei Vertebrati; tale fatto sembra indicarci che, anche per il ricambio delle sostanze fenoliche, come del resto sappiamo anche per altre sostanze istochimicamente ben definite, hanno importanza determinate porzioni protoplasmatiche. 68 M. VI A.LLI Molto interessante sarebbe ad esempio una più completa cono¬ scenza del significato da attribuirsi ai vacuoli da me descritti nelle cellule cromaffini laterali, specialmente in rapporto al notevole addensamento di sostanza fenolica che si riscontra in corrispon¬ denza della superficie vacuolare. Gaskell ha descritto, come già ho ricordato, una certa quantità di grassi nelle cellule cromaffini, quantità che in determinate condizioni sperimentali può aumentare moltissimo ; la interpretazione dei vacuoli come espressione di grasso disciolto nella inclusione potrebbe rappresentare una buona spiegazione ; però mi pare che le quantità di grasso messe in evidenza da Gaskell non possano giustificare l’ enorme numero di vacuoli da me osservati. Queste immagini presentano anche una notevolissima rasso¬ miglianza colle immagini negative dell’apparato reticolare interno di Golgi che passano sotto il nome di lacunoma. L’ osservazione di quadri di tal genere è comune specialmente nelle enterocromaf- fini e io stesso ne ho indicato e figurato alcuni esempi nelle cellule enterocromaffini dei Rettili; è appunto in base alla mia esperienza personale sull’ argomento che mi pare che questa interpretazione dei vacuoli possa essere ritenuta abbastanza verosimile ; partico¬ larmente probative al riguardo mi sembrano le immagini di va¬ cuoli confluenti che ho ricordato. Certo anche per questa inter¬ pretazione forse il numero dei vacuoli è un po’ forte; d’altra parte però noi sappiamo che nelle cellule nervose l’apparato reti¬ colare interno può presentare un grande sviluppo. A convalidare questa ipotesi sarebbe necessaria una indagine diretta dell’ apparato reticolare interno, indagine che io non ho per ora potuto compiere. In rapporto alPimportanza che si tende ad assegnare ali' ap¬ parato reticolare interno nei fenomeni di secrezione mi sembra appunto eventualmente interessante l’addensarsi della sostanza fe¬ nolica a guisa di parete che circonda il vacuolo. Come ho già accennato all’inizio del lavoro, Gaskell attribuisce una particolare importanza, anche per la distribuzione topografica al reperto di queste cellule cromaffini, da lui ritenute adrenalino- gene. Prescindendo dal fatto, come abbiamo visto assai discutibile, della reale presenza in esse della adrenalina, le vedute di Gaskell debbono essere criticate anche da un punto di vista strettamente morfologico. Secondo Gaskell le cellule cromaffini degli Irudinei possono essere considerate come la comune origine di quelli che LE CELLULE CROMAFFINI DEI GANGLI NERVOSI ECC. 69 saranno nei Vertebrati il sistema simpatico e il sistema cromaffine che come è ben noto hanno inizialmente una comune origine em¬ brionale. Però secondo ricerche già antiche, che hanno trovato conferma anche in lavori moderni di Livanow e di Ascoli, negli Irudinei esiste un sistema nervoso a cui si attribuisce il nome di simpa¬ tico che innerva soprattutto il sistema digerente, orbene tale si¬ stema contrae rapporti colla catena nervosa, in cui si trovano i gangli contenenti le cellule cromaffini, solo nella parte più cefalica laddove la struttura tipica dai gangli in corrispondenza dell’anello nervoso centrale, secondo Scriban e Autrun, appare modificata rispetto allo schematismo dei gangli retrostanti. Anche 1’ esame critico dei dati precedenti sul distribuirsi dei prolungamenti peri¬ ferici delle cellule cromaffini non giustifica in alcun modo il rav¬ vicinamento voluto da Gaskell : in quanto le cellule cromaffini differiscono dalle restanti cellule del ganglio solo per le loro pe¬ culiari caratteristiche istochimiche. Anche dal punto di vista morfologico, quindi a me sembra che questi reperti non possano in alcun modo venire direttamente comparati col sistema cromaffine dei Vertebrati. D'altra parte non è neppure possibile allo stato attuale delle nostre conoscenze ricollegare questa localizzazione di sostanze fe- noliche con quanto conosciamo sulla distribuzione dei fenoli negli Invertebrati, in quanto per ora non ci sono note altre localizza¬ zioni di tale sostanza nel sistema nervoso. Se in qualche modo si vuole cercare un termine di paragone possiamo, in via presuntiva, paragonare le cellule cromaffini della catena ganglionare degli Irudinei con qualcuno almeno di quei numerosi esempi di cellule o gruppi di cellule, che, tanto in Ver¬ tebrati quanto in Invertebrati, dimostrano colla presenza o di pig¬ menti o di altre caratteristiche istochimiche di differenziarsi net¬ tamente dagli altri elementi nervosi circostanti. Le cellule cromaffini dei gangli nervosi debbono, in base a quanto ci permette di concludere la loro morfologia e in particolare lo studio dei loro prolungamenti, sicuramente essere considerate come vere e proprie cellule nervose. E da discutersi invece la possibi¬ lità che esse possano contemporaneamente avere anche una fun¬ zione di altro genere ; il significato e le modalità con cui tale funzione potrebbe esplicarsi sono stati ampiamente discussi da Gaskell; sulle vedute principali da lui espresse, credo di poter accordarmi. 70 M. VI AL LI Secondo Gasiceli le cellule cromaffini dei gangli nervosi com¬ parirebbero in quelle specie di Anellidi in cui si trova un sistema vascolare contrattile che sarebbe capace di reagire colla adrenalina, questo fatto sembra a me di grande importanza, certo però merita una più precisa conferma. Anche l’azione fisiologica degli estratti di gangli constatata da Biedl e confermata da Gaskell, pur non potendo essere accolta come una sicura prova della presenza di adrenalina, è tuttavia un caposaldo importante nella ricerca del significato funzionale da attribuisi alle cellule cromaffini. Negli Irudinei la catena nervosa appare inclusa nel vaso san¬ guigno ventrale che forma in corrispondenza di ogni ganglio uno slargamento ; le cellule ganglionari che si trovano tutte alla peri¬ feria del ganglio giacciono praticamente libere, per usare la frase di Gaskell, nel lume vasale e quindi vi è la più ampia possibilità di scambii tra la cellula e il liquido nutritizio in cui esse giac¬ ciono immerse ; Gaskell anzi ricorda aspetti che fanno pensare a tale possibilità a proposito del ricambio dei grassi. Anche nel ciclo di formazione e di utilizzazione della sostanza fenolica noi possiamo pensare che si avverino gli stessi fatti La cellula cioè potrebbe assumere dal liquido nutritizio i materiali dalla cui ela¬ borazione proviene la sostanza fenolica e versare poi quest’ultima in circolo. In questo senso alle cellule cromaffini si può sicura¬ mente attribuire il significato di elementi endocrini, poiché è da ritenersi che quelle azioni a tipo adrenalinico, che gli estratti di gangli manifestano sui tessuti di Vertebrati, si esplichino anche sul sistema vascolare delhanimale che come sappiamo è sensibile alla azione della adrenalina. Conclusioni. Dall’ insième di queste mie ricerche si possono desumere le seguenti conclusioni. 1°) Le cellule dei gangli nervosi di Hirudo medicinalis , già note per la loro cromaffinità, presentano, in materiale fissato in formalina 1 0°/0 avelie le altre reazioni proposte da Lison per lo studio dei fenoli : diazoreazione in mezzo alcalino e reazione ur¬ ge n taffine. 11°) Questo insieme di reazioni positive permette di stabi¬ lire che la sostanza contenuta nelle cellule cromaffini è realmente un fenolo (diazoreazione positiva) e più precisamente un di o po- LE CELLULE CROMAFFINI DEI GANGLI NERVOSI ECC. 71 lifenolo orto o para (cromo ed argentoreazione positive). La de¬ terminazione istockimica della sostanza non contrasta colla possi¬ bilità che essa possa essere adrenalina, come vorrebbe Gaskell, però il fatto che le cellule danno la diazoreazione e l’argentorea- zione anche dopo fissazione in formolo, contrariamente a quanto vediamo verificarsi per la adrenalina della ghiandola surrenale, rende poco probabile la natura adrenalinica della sostanza. Ili0) Gli aspetti citologici con cui viene messa in evidenza la sostanza fenolica colle varie reazioni e specialmente colla dia¬ zoreazione sono assai varii e in gran parte rappresentano aspetti che si staccano completamente da quelli delle localizzazioni feno- licbe precedentemente note per altre specie, non solo di Inverte¬ brati ma anche di Vertebrati. IV0) Il concetto di Gaskell che le cellule cromaffini dei gangli nervosi degli Irudinei possano rappresentare la comune origine del futuro sistema simpatico e del sistema feocromo nei Vertebrati non regge, in quanto negli Irudinei i gangli nervosi, in cui si trovano le cellule cromaffini, non hanno alcun rapporto col sistema simpatico, il quale risulta connesso colla parte cefalica modificata della catena ganglionare. V°) L’analisi della funzione che le cellule cromaffini pos¬ sono esplicare permette di considerare questi elementi non solo come elementi nervosi ma anche come elementi endocrini. BIBLIOGRAFIA Abel J. and Macht D. J., Two cristalline pharmacological agents obtained from thè tropical toad Bufo agua. — Journ. Pharm. and Exp. Ther. voi. 3, 1911. Asooli G., Zur Neurologie der Hirudineen. — - Zoolg. Jakrb. Abt. Anat. u. Ont. Bd. 31, 1911. Biedermann W., Ueber den Ursprung und die Endigungsweise der Nerven in den Ganglien Wirbelloser Tiere. — Jenaische Zeitsch. f. Nat. 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Rina Monti Prof. Università Milano CONTRIBUTO ALU IDROBIOLOGIA DELLE ALPI ALBANESI Missione Flo ridia Allegri Molti naturalisti hanno legato il loro nome allo studio della flora e della fauna albanese sia con rilevamenti ed osservazioni dirette, sia affidando a specialisti competenti il frutto di loro rac¬ colte. Non sono mancati in Italia i viaggiatori attratti verso la esplorazione dell’Albania: da Antonio Baldacci che ci ha dato un quadro fondamentale della flora e delle sue caratteristiche, alla spedizione entomologica Ravasini-Lona, a quelle più recenti del Parenzan (1929-1930) per iniziativa dell’ Istituto Zoologico della R. Università di Padova. Il Parenzan concretò lo scopo ed i ri¬ sultati dei suoi lavori in una relazione, pubblicando in particolare sui cladoceri. e sulla loro distribuzione. Ma affidò anche materiale ad altri studiosi, ad Alessandro Brian che illustrò i copepodi dei laghi di Ochrida e di Malick, ad Achille Forti che compi os¬ servazioni limnologiche sullo stesso materiale. Il Forti però già nel 1901 aveva pubblicati appunti per uno studio kfìtoplanctonico del lago di Scutari. Altre memorie sono annunciate sempre su materiale delle spedizioni Parenzan. Ma V attenzione era stata finora naturalmente rivolta ai mag¬ giori bacini, come indica il Parenzan stesso ; lago di Scutari, lago di Terbuf, lago di Malik, lago di Presba, lago di Ochrida. Am¬ bienti idrobiologici quindi di grande estensione, talora a tipo stagno (lago Malik colla profondità di pochi metri), altre volte con acque profonde (lago di Ochrida — 287 m.) : diversamente alti CONTRIBUTO ALL* IDROBIOLOGI A DELLE ALPI ALBANESI 75 sul livello del mare, es. Lago di Scutari a m. 6 s. 1. m. ; lago Malik a 813 m. s. 1. m., Lago Presba a in. 900 s. 1. m.). Ho accolto quindi volentieri la proposta del Dott. Fioridia di studiare materiale idrobiologico delle Alpi Albanesi preso da piccoli sperduti bacini, alcuni sicuramente non ancora visitati dai naturalisti. A Giovanni Battista Fioridia venne dall’Istituto di Geologia della R. Università di Milano affidato l’incarico di or¬ ganizzare una missione di carattere scientifico-alpinistico sulle Alpi Albanesi, ed alla spedizione si associò il Dr. Ernesto Allegri del R. Istituto Superiore di Agraria di Milano. La missione parti il 7 Luglio 1931, dopo die il Dott. Fioridia ebbe dal mio Istituto in consegna il materiale necessario per le pescate limnologiche. Della spedizione compiuta nel 1931, è apparsa nel 1933, pubblicata nel Bollettino della R. Società Geografica italiana (Serie VI, Voi. X, Marzo 1933-XI) una accurata relazione, con un esatto indice degli itinerari, e con belle fotografìe che bene illu¬ strano molti aspetti del terreno percorso. Come è indicato alla fine della relazione stessa la raccolta del plancton fu eseguita con particolare cura; il materiale opportunamente fissato, arrivò in buone condizioni allo studio. Di ogni bacino esplorato il Dr. Fio¬ ridia ha raccolto, con osservazioni dirette, i principali dati fìsici che potevano interessare il limnologo, — coll’ aggiunta di consi¬ derazioni in merito all’interpretazione dei rilevamenti fatti, e con fotografie di ogni ambiente lacustre. Le pescate vennero eseguite dal Fioridia il 17 Luglio negli stagni sotto la Chiesa di Iviri; il 18 Luglio a Ljumi Kiri ; il 26 Luglio a Boga, il 7 Agosto a Dushmani; il 18 Agosto a Liqeni Gucis, il 19 Agosto a Liqeni Pejés. Raccolti i dati in tabella si vede trattarsi di piccoli stagni periodici, o minuscoli specchi' permanenti con un sottilissimo spessore di acqua, sempre quindi ad elevate temperature durante il Luglio e l'Agosto, in cui furono eseguite le raccolte. Questi piccoli bacini, situati a quote molto diverse, taluni anche a rile¬ vante altezza sul livello del mare, hanno presentato una facies varia. Poverissimi gli stagni con solo alghe unicellulari o fila¬ mentose, insieme a minute diatomee, ed a qualche ostracodo, più ricchi i Liqeni, sia pure con fisonomia diversa. Predominano le faune monotone come in Liqeni Gucis, ed in Hani Cesmes Ko- plikut; più vario e più ricco il plancton del bacino di Liqeni Pejès. Questo fatto del resto era già stato segnalato anche per 76 R. MONTI v od CO CO CD rH O CO co ce*' co L'¬ ire X CO TJÌ o bJD < X X o co Ol CO o t» o b£> <1 I> CO _c ’W) d re¬ co t> X Ol # Q Cj O ^® O O o X_ O l«w tri Sh “•VpQ CD o _ ~ 72 X d< Ò1 tH ce S d ce ce Ol Ol cS <■ — ^ 1 1 o _ uO © rH rH • ri T“H rH rH rH rH rH rH CX -H d rH s - -r. o <^> ire ire ^ ^ ’“H Ol O Ol co X S rin 2« X r r». o -o ire ■ ire rH ■T— Ì r— 1 o iD X Ol o iD^ X Ol X d IO rn Ol GC GO Sr ^5H * ro «3 e Co -H CO s* * oe «H o -o ? òo o CD tti p| 5— ( ' c3 ^ , — i CJC ^ f— I ® • rO < o C"0 o ® /^_N • oe • rH CO •o ?>e ® T2 • rH M dT < So CO S o ca <>ì § * Coi <ì) CONTRIBUTO A Lld IDROBIOLOGI A DELLE ALPI ALBANESI 77 grandi laghi della penisola balcanica da Georgevitch Jivoin 1907), il quale aveva visto ad esempio predominio di dafnie, associate a quantità minori di Cyclops , nel lago Dorjan, di notolche, con subordinata abbondanza di Cyclops e di Diciptomus nel lago di Ochrida, di rotiferi con associate piccole popolazioni di bosmine e di leptodore nel lago Tachinus, mentre nel lago di Ajvassil hanno pure il primo posto i rotiferi, ma in sotto ordine vengono i diap- tomidi. Anche Achille Forti nelle sue osservazioni biologiche sopra alcuni laghi dell* Albania Orientale, mentre giudica che nessuna conclusione generale si può ritrarre dai risultati analitici, soprattutto essendo le esplorazioni durate una sola stagione, mette in luce però la assoluta differenza esistente tra il complesso degli organismi osservati in ciascuna delle acque esplorate quasi con¬ temporaneamente, anche in regioni vicine, quantunque il Forti non vi ammetta un carattere di costanza, come credette di rico¬ noscervi il Parenzan per i Cladoceri. Da parte mia, credo utile illustrare il materiale portatomi dalla spedizione Fioridia. come aggiunta alle conoscenze che già possediamo per le acque albanesi, di cui alcune men note, altre molto accuratamente illustrate, come risulta dalla bella monografia di Sinisa Stankovic sulla fauna del lago di Ochrida e la sua prove¬ nienza. £ # Liqeni Guqis, sotto Maia Jezers (18 Agosto 1931 — ore 13,30 sole coperto); forma del bacino ovale, (fìg. 1) con i due assi rispettivamente di m. 150 per m. 90 circa, profondità m. 1.30, in terreno calcareo marnoso leggermente bituminoso, fondo del lago costituito da ghiaia ; vegetazione che circonda il bacino costituita in prevalenza da graminacee con raris¬ sime felci; altezza m. 1800 s. 1. m. Materiale planctonico pescato abbon¬ dante, di aspetto grossolano, subito riconoscibile come costituito in prevalenza da copepodi. All’esame microscopico pochi naupli, e Fig. 1 78 R. MONTI poche forme giovanili, invece prevalenza di forme adulte di co¬ lore giallo rossastro. Le Q con sacchetti tondeggianti di 5-18 uova di colore rosso intenso, — i rj' con lunghi pacchetti sper¬ matici brunastri in numero di 2, più spesso di 4, od anche di 6. L'esame microscopico dei sessi maturi permette di ascriverli al Diaptomus Steindachneri Richard, quantunque la nostra forma se ne stacchi per alcune particolarità morfologiche, come del resto è facile riscontrare in una stessa specie diffusa in ambienti dif¬ ferenti, — e come hanno visto per lo stesso D. Steindachneri altri autori, come il Krmpotic, in materiale della Croazia e della Slavonia. Giova ricordare che il Kiefer (1932), nella sua memoria « Versuch eines Systems der Diaptomiden » raccoglie il D. Stein¬ dachneri in un nuovo genere « A reto diaptomus », dove insieme alla forma tipo A. Wierzejskii (Richard) sono raggruppati i diap- tomidi: salinus , bacilli fer, laticeps ecc. Gli esemplari di Liqeni Gucis misurano rispettivamente di lunghezza : O da un minimo di micron 1.505 ad un massimo di 1.680 (j71 » » » » » 1.470 » » » » 1.548. Nel maschio, L ultimo segmento toracico è ornato a sinistra di un mucrone, a destra di due ed il primo segmento addominale v ( N Fig. 2 di un mucrone solo al lato destro. Nel $ il terzoultimo articolo dell' antenna di presa o genicolata, possiede oltre alla lunga setola piumata il caratteristico uncino corto, ma largo, piegato a becco ventralmente (Fig. 2). Come nei diaptomidi osservati dal Ri¬ chard, manca la lamella jalina, che negli esemplari di Grijem, studiati dal Krmpotic è invece presente ed appare chiaramente striata trasversalmente . CONTRIBUTO ALL* IDROBIÒLOGI A BELLE ALTI ALBANESI 70 Il 13° articolo porta una robusta setola spadiforme, non ri¬ curva, e ne sono ornati di una corta anche il 14“ e 15“ articolo. Il grande uncino terminale del 5“ piede maschile destro nei D. S tei ìicl cucinieri di Liqeni Gucis mi è apparso alla base assai robusto e rigonfiato, regolarmente incurvato verso 1 interno (fìg. 3) senza la doppia curvatura trovata negli Stagnetti di Grijem, ma con una sola come in Zivaia Bara. A.ssai robusta negli esemplari di Liqeni Gucis la setola che dal lato esterno, circa a metà dei- fi articolo, si innalza verso il grande uncino terminale. Il 1“ arti¬ colo, dell' esopodite, presenta alla sua estremità distale una ro- " * busta ornamentazione spadiforme, che raggiunge la base della setola esterna, inserita dorsalmente a metà del 2° articolo. Inoltre il margine interno del 2° articolo basale del 5° piede maschile destro presenta fi asta interna stirata a forma di una lunga e larga borsa, ornata all’apice (che raggiunge metà dell’altezza del 2° articolo) di un piccolo dente e di fine cilia. L’estremità dell’asta sinistra del 5° paio non raggiunge quella del ramo interno del 5° piede destro. Il pungiglione o setola laterale é anche qui più corta del 2° articolo che lo porta : questo presenta, verso la parte che guarda l’addome, molto pronunciata la sporgenza chiti- nosa ciliata, già osservata dal Richard, che però non mi è mai apparsa bilobata. Il primo articolo basilare del 5° piede sinistro presenta al lato interno rilievi lamellari digitiformi. Nella 9 la larghezza massima è situata a metà del cefalo¬ torace, ma si osserva una asimmetria del corpo, perchè vi è un diverso sviluppo degli ultimi segmenti toracici, coll’ aletta sinistra 80 H. MONTI più sviluppata della destra e più estesa all5 indietro, però è munita di due piccoli mucroni soltanto la destra. Anche nel segmento genitale la parte destra si presenta meno slargata della sinistra, ma con una spina sensitiva d’ambo i lati. Caratteristica la lun¬ ghissima setola piumata che dal 1° segmento dell5 antenna remi¬ gante si porta a raggiungere in altezza il 14° segmento. Insieme a questo copepodo, prevalente nello stagno, ho osser¬ vato alcuni esemplari 9 di Alonella exigua (Lilljeborg) con una lunghezza di micr. 297, e guscio chiaramente reticolato, un solo esemplare di Scapholeberis mucronata (0. F. Mueller) con spina posteriore pronunciata, — e numerosi esemplari 9 di Cliy- dorus gìobosus Baird, più piccoli della forma tipo, sebbene con uova nella camera incubatrice. Infine la stessa pescata ha portato alcune larve di ditteri, che io ho passato per la classifica a Giulio Moretti il quale colle sue successive pubblicazioni in materia, è venuto acquistando particolare competenza. Egli mi comunica che nelle larve avute in esame « la presenza di lamine paralabiali striate senza ciuffi di peli sporgenti all5 esterno documenta per la subfam. Chironominae , l’assenza di filamenti branchiali, la presenza di quattro papille anali e di due protube- beranze con lunghe setole sull’ ultimo segmento, le due coppie di macchie oculari ed in ogni coppia una macchia ben separata dal- l5 altra — il labio con dente mediano impari e cinque laterali — la presenza dello zoccolo antennale, i cinque articoli dell' antenna e l' inserzione dei due organi di Lauterborn sul secondo articolo, depongono perla Sectio : Tanytarsus genuinus. La protuberanza antennale senza dente alla parte interna, la lunghezza relativa degli articoli antennali (40: 10: 5: 3: 2) e gli organi di Lauter¬ born pressoché sessili e che non superano la lunghezza dei tre ultimi articoli dell5 antenna riuniti, sono altrettanti caratteri del S. (1. Rheotanytarsus ». * * * Liqeni Rejès , presso Cafa Pejés, (fìg. 4), piccolo bacino in terreno calcareo marnoso, con noduli di selce, a m. 1620 sul li¬ vello del mare, con una profondità di m. 1.50, circondato da vege¬ tazione di graminacee. La pescata venne eseguita il 19 agosto 31, alle ore 6.30, con T. dell’aria di 11,4° C., T. dell’acqua (in ombra) 81 CONTRIBUTO ALL1 IDROBIOLOGIA DELLE ALPI ALBANESI di 14°, 4 C. Intorno al laghetto, alPepoca del passaggio del Dr. Fio¬ ridia. si potevano notare ancora dei residui di neve la cui acqua di fusione anzi è Punica fonte di alimentazione durante la stagione secca. È in questo stesso laghetto che il Fioridia ha segnalato la presenza di tritoni, e che io ho visto abbondanti forme giova¬ nili di rincoti. Nel plancton ho trovato nauplius e forme in via di sviluppo di Diaptomvs Steind acini eri Rich. anche con Q adulte portanti sacchetti di 16-18 uova rosse, e ^ con sperinatofore in numero ‘2-6; colore del corpo, in materiale fissato, giallo-rossastro. Insieme a questo diaptomide sono apparse altre forme planctoniche, in prevalenza una dafnia, la 1). lo?? gispina Leydig. var. f. ippica (0. F. Mueller), in diversi stadi. Numerosi gli efìppi, alcuni vuoti, altri con la giovane larva sgusciante, abbondanti le forme gio¬ vanili a chiglia dorsalmente diritta o poco arcuata, direttamente continuantesi con la spina lunghissima ; più scarse le forme adulte. Le O adulte trasparenti, slanciate, lasciano riconoscere chiara la struttura reticolata del guscio sebbene questo sia quasi sempre ricoperto da vorticelle, che vi hanno trovato appoggio. La testa della dafnia longispina adulta si mantiene arrotondata dorsalmente ed apicalmente, con margine frontale solo lievemente rientrante, di guisa che il rostro appare breve. Occhio molto grande con 7 82 R. MONTI od 8 lenti cristalline ; macula piccola, avvicinata all’ occhio, ma un po’ spostata ventralmente. Guscio ovale, con spina caudale molto lunga, nelle forme partenogenetiche, con uova nella camera incubatrice. Le 9 partenogenetiche hanno presentato una lun¬ ghezza del corpo, senza la spina terminale, di micron 1400. della spina di micr. 700, con una altezza del guscio di micron 750. Testa alta micr. 330, larga, fino all7 estremo del rostro, micron 612. Mi è occorso di trovare qualche rara 9 efippiata, ed anche cf bene riconoscibili per la chiglia bassa del corpo, per il rostro smussato, e lo sviluppo dell’ antenna sensitiva. Il corpo dei ^ lungo circa micr. 820 senza spina, — presenta una chiglia alta micron 350, — ed un mucrone caudale di micron 507. La testa alta micron 175, ha presentato una base di micron 262 di larghezza. Sono quindi presenti in condizioni di T. favorevoli anche allo svolgersi del ciclo partenogenetico. Fanno inoltre parte della fauna di Liqeni Pejés anche rotiferi loricati, tutti nella forma di Keratella quadrata ( Anuraea acu- ìeala Ehr.) colle spine anteriori mediane molto pronunciate, colle cospicue spine posteriori ugualmente lunghe, ma talvolta divari¬ cate distalmente, con passaggio quindi alla var. divergens Vòigt, secondo Kràtzschmar. Scarsamente entrano pure ad arricchire questo limnobio poche Alone a guscio giallastro, con ornamentazione a striature lineari, rispondenti alla A . affmis (Leydig) in O ovigere. Anche qualche giovane Cyclops , non classificabile. Dove il retino ha toccato fondo, riportando anche granellini di sabbia ho riscontrato molti chidoridi in O partenogenetiche, di colore giallo bruno, nella forma di Chydorus sphaericus (O. F. Muellerj con guscio ton¬ deggiante a valve alveolari, con setole ben pronunciate al mar¬ gine ventrale. Nella pescata dello stesso Liqeni Pejes, nella quale è stato raccolto soltanto fango, ho visto scarse diatomee (come Amphora , Meìosira...) insieme con avanzi di larve di Chironomidi mal con¬ servati e perciò non classificabili. # & Lo stagno di Hani Cesmes Koplikut , circolare, con un dia¬ metro di circa 10 metri, ed una profondità di m. 0.60^ appare scavato in terreno alluvionale sabbioso - argilloso. Attorno allo 83 CONTRIBUTO ALI.’ IDROBIOLOGIA DELLE ALBI ALBANESI stagno vegetazione assente, e prato secco nelle vicinanze. La pe¬ scata venne eseguita il 23 Luglio 1931 alle ore 9 con T. dell’aria di 28°, 5 C. mentre l’ acqua, che appariva torbida, misurava T. di 19° C. Il retino ha riportato, insieme a minutissimi granellini di sabbia, una strabocchevole quantità di rotiferi, insieme a poche alghe unicellulari, specialmente Anabaena , che dovrebbero esservi abbondanti ad arguire dal contenuto intestinale dei rotiferi stessi. La grande prevalenza è data dal Brachionus pala nella sua variazione amphiceros di Ehr., con grande sviluppo delle spine laterali. Tutti gli esemplari si presentarono con lorica sottile, trasparente, senza struttura, in individui 9 però di differenti stature, anche se mature sessualmente e portatrici di uova. Le spine occipitali di norma slargate alla base, diritte o lievemente divaricate, sono separate da insenature : più incavata la mediana che è anche la più ristretta e di foggia quasi triangolare, invece ovalari o quadrangolari le scanalature laterali. Margine posteriore della lorica curvilineo, con due spine postero -dorsali pronunciate, situate ai lati del piede, che è allungato e conico, con due dita terminali ottuse. Infine ornano il Brachionus di Ivoplikut, due grandi spine laterali, che partono dai lati della lorica, inserendosi nella metà inferiore del corpo, con direzione quasi orizzontale o lievemente inclinata in basso. Il B. amphiceros di Koplikut as¬ sume quindi un aspetto diverso da quello raffigurato nei trattati, dove le spine laterali appaiono dirette all’ indietro ed assai brevi ; — però la disposizione da me osservata in materiale fissato, do¬ vrebbe essere dovuta ad un fatto post-mortale, essendo nell’ ani- ' male vivo le spine dirette all’ indietro, secondo le osservazioni di Wesenberg-Lund. E. E. Weber nella sua bellissima monografia sui rotiferi del Lemano (1898) tratta della grande variabilità delle spine laterali in amphiceros che in alcuni esemplari sono corte, ottuse, coni- formi, in altri hanno grande sviluppo e disposizione parallela o divergente. Anche Schoenichen a proposito dell’ amphiceros scrive : « var. amphiceros Ehr. die hinten vier flossenartig bewegliche, sehr variable Dornen zeigt, zwei nahe am Hinterrande, zwei mehr seitlich. Die seitlichen sind oft so in der Panzer eingeklappt, dass sie nicht sichtbar sind ». Il che sta a dimostrare il grande carattere di variabilità presentato da queste formazioni cuticolari in ambienti diversi. li. MONTI 84 Quelle offerte dal materiale albanese bene ricordano le ciclo- morfosi osservate da Wesenberg-Lund nello Stagno di Bistrup, durante la stagione 1929. Il Wesenberg-Lund nella sua eccellente Fig. 5 Fig. 6 monografia (1930) sulla periodicità e sui periodi sessuali dei ro- tiferi, mette in luce come durante il mese di Maggio lo stagno Fig. 7 di Bistrup ospiti solo Brachionus pala , mentre al principio di Giugno ba visto apparire anche delle forme amphiceros , le quali vanno acquistando le spine laterali molto lunghe al principio di CONTRI RUTO ALL IDROBIOLOGIA DELLE ALPI ALBANESI 85 Luglio. Nelle figure di Wesenberg-Lund che corredano in tavola i suoi reperti (l. c. tav. V), trovo riprodotta la morfologia ora da me osservata nelle acque delle montagne albanesi, durante 1’ estate subacquea. Tali reperti ricordano quanto ha ottenuto sperimentalmente (1931) Kenzo Kikuchi variando 1‘ alimentazione del B. paia, som¬ ministrando cioè colture di Scenedesmus in luogo di colture di Poìytoma , mentre Whitney (1916 ) avrebbe pure ottenute spine laterali coll ? aggiunta di silicato disoda alle colture, risultato che non ebbe conferma da parte di Beauchamp (1928). Insieme alle figure (Big. 5-6-T-8' fornisco alcune misure prese da Q con poche uova (Es. 1 e 3) con molte uova (Es. 2) e prive di uova all; esterno (Es. 4 e 5), il Misure in micron Es. 1 Es. 2 Es. 3 Es. 4 Es. 5 lì Lunghezza della lorica dalla scanalatura mediana api- cale alla posteriore 325 292 273 260 227 Larghezza lorica all' altezza della inserzione delle spi¬ ne laterali 253 227 227 208 156 Spine del margine antero- dorsale della lorica lun¬ ghe: a) esterne 78 78 65 78 75 b) interne 70 71 5-2 7i 71 | Spine laterali 208,5 201,5 214,5 214 201 Spine postero-dorsali — 97,5 117 107 Lunghezza piede — 222 208 — - j: Le spine che ornano la lorica al margine antero-posteriore sono di grandezza un po: diversa: più lunghe le spine esterne di 8-10 micr. rispetto alle interne, e talvolta alquanto divaricate. 86 li. MONTI Le spine laterali subiscono variazioni di non notevole grandezza, a parità di lunghezza del corpo, cioè a parità di età, se si consi¬ derano le femmine partenogenetiche. Subito però se ne possono distinguere di due tipi se si prendono in considerazione le uova. Infatti alcune 9 portano poche uova 1-2-4, ovoidali, con una lun¬ ghezza variabile che va da micr. 175 a 114, ad una larghezza di micr. 87 : ravvolge l’uovo in evoluzione una membrana j alina e tra¬ sparente (fìg. 7). Altre O partenogenetiche, forse un po’ meno nu¬ merose, sostenevano un cospicuo numero di uova, talvolta in parte ricoprenti anche la lorica (fig. 8). Ne ho contate fino a 16; tutte però piccole, sebbene ovoidali, e trasparenti per l’involucro jalino, Fig. 8 un po’ più delicato di quello delle uova grandi, e come queste in via di più o meno avanzata evoluzione. Misurano le uova piccole da micr. 78.75 a micr. 61 di lunghezza per micr. 61 a micr. 52 di larghezza. Siamo certo in presenza di due tipi di 9 11011 ricono¬ scibili morfologicamente, le une teliotiche o amletiche secondo Stordì, capaci di dare per partenogenesi delle uova così dette d’estate od immediate (che emettono un solo globulo polare) a sviluppo rapido, destinate a dare femmine ; le altre arrenotiche o miotiche con uova più piccole e più numerose, che si sviluppano pure a ridosso della madre, ma che danno soli maschi a meno che non sieno fecondate. Nel nostro caso la differenza fra la gran¬ dezza dei due tipi di uova è cospicua, mentre non mi è occorso CONTRIBUTO ALL* IDROBIOLOGIA DELLE ALPI ALBANESI 87 di trovare nova fecondate durature, a gusci resistenti, come anche non ho potuto identificare rf1 adulti. Ho trovato invece nella po¬ polazione delle 9 partenogenetiche dei Brachionus amphiceros di piccole dimensioni, con le spine laterali ancora più sviluppate di quelle che appaiono nelle forme adulte e colle spine posteriori larghe alla base, più lunghe e più affilate in basso che non nelle 9 partenogenetiche adulte: le ho interpretate come 9 giovani, perchè l'esame microscopico lascia riconoscere l'ovario (fìg. 5 e 6). Il complesso quadro delle modalità di riproduzione dei Bra¬ chionus fu bene messo in luce dal Beauchamp, nelle sue ricerche recenti relative ai rotiferi 1 1928), — e certo le osservazioni in natura potranno dare direttive anche alla esperimentazione. Hello Stagno di Koplikut insieme ai Brachionus comparvero altri rotiferi non loricati, sacciformi e di grandi dimensioni, che io potei identificare come appartenenti ad Asplanchna priodonta Gosse, con esemplari 9 che raggiungono una lunghezza di micr. 580 circa. Si tratta dunque di un piccolo bacino con plancton molto monotono. £ # Hegli altri stagni fu molto scarso il materiale raccolto. Hello stagno di JDushmani. alto 120 m. sul livello del mare, che misura appena m. 10 p. 15 ed è profondo solo 30 cm., scavato in terreno micaceo-argilloso-calcare, circondato da grandi tigli e prato secco, la raccolta fu fatta il 7 Agosto 1931, alle ore 9.30 con T. aria 23°, 5 C.; dell’acqua T. 21° C. Il rendimento appare poca cosa: molti detriti vegetali, diverse diatomee come Encyo- nema , Diatoma, Surirella , Navicula; alcune spirogire, qualche nematode, spoglie ninfeali di ditteri, e pochi ostracodi (Cypris). Lo stagno di Boga (fìg. 9) è un bacino grande appena m. 9 p. 5, profondo m. 0,40, situato a 1000 m. s. 1. in., in terreno calcare dolomitico leggermente bituminoso, e costituisce la vasca di rac¬ colta delle acque di due sorgenti vicine. Sorgente alta T. 10°, 8 C., sorgente bassa T. 10°, 5 C., acqua della vasca limacciosa con T. 12°, 8 C. Pescata eseguita il 26 Luglio 1931, alle ore 8. Pre¬ dominio assoluto di alghe filamentose (spirogire), alcuni Cìosterium. lembi di fanerogame, spoglie d'insetti, scagliette d’alidi lepidot¬ teri, larve di idracDidi, qualche rotifero non loricato, contratto, 88 li. MONTI poche diatomee dei generi Cocconeis , Xavicula , Cymbella ; ostra- codi del genere Cypris , e qualche giovane Canthocamptus. Xel Ljumi Kivi , e precisamente in uno slargamento del letto del liume Kiri situato di fronte alla chiesa di Prekali, in terreno calcareo marnoso con noduli di selce, vegetazione di rare grami¬ nacee, coltivazione di grano turco nelle vicinanze, T. aria *28'’, 5 C., T. acqua 19° C., profondità da m. 0.80 a m. 1, venne eseguita una pescata il 18 Luglio 1931, in ombra. Insieme a lembi vegetali in disfacimento, spirogire e diatomee abbondanti Cocconeis , Diatonici. Suri retici. Synedrci , Xavicula. Amphora , Achnanthes ) qualche rara larva di chironomide, qualche nauplius. una larva di idrac- nide, ed una anguillulina. Fig. 9 Xei due piccoli stagni sotto la Chiesa di Kiri situati a 53(5 s. 1. ni., in terreno micaceo argilloso (scisti), 1‘ uno grande appena m. 5 p. m. 3.50, 1: altro m. 3 p. 10, con una profondità di m. 0.20-0.30 vennero eseguite pescate il 17 Luglio 31, alle ore 17.50, con T. aria di 30°, 5 C., e T. acqua di 19", 5 C. nel primo alF ombra, e di 26" C. nel secondo al sole. Le pescate hanno portato molti granuli minerali e detriti vegetali sfatti, delle diatomee: Surirella , Cocconeis. Cymbella , Xavicula , Stauroneis. Insieme rari esemplari di ostracodi. CONTRIBUTO ALL,’ IDROBIOLOGIA DELLE ALPI ALBANESI 89 Conclusione. Il termine stagno usato dal Fioridia nelle sue raccolte si riferisce, come Egli osserva, a pozze scavate artificialmente nei pressi di qualche piccola sorgentella. In tali pozze vengono rac¬ colte le acque che sono utilizzate per l'irrigazione del mais: l'acqua vi viene rinnovata un paio di volte al giorno. E logico quindi che in simili ambienti non potessero prosperare dei planctonti. Hello stagno di Sani Cesmes Koplikut, le cui acque vengono in¬ vece mantenute per abbeverare il bestiame, si è presentata una ricca società di rotiferi, con un B. amphiceros , per quanto io sappia non ancora descritto per 1’ Albania. I Liqeni sono specchi naturali d7 acque perenni e si conside¬ rano come laghi anche se pochissimo profondi. Abbastanza abbondante è apparsa la fauna di Liqeni Gucis con predominio di Diaptomus Steindachneri , morfologicamente un po’ diverso dalla forma tipo per l’uncino all’antenna del 3*, e per qualche particolarità del V" piede del maschio stesso. Più vario, in specie, il limnobio di Liqeni Pejés per la presenza, insieme al D. Steindachneri , di dafnie, di rotiferi, di chidoridi, ecc. Sono bacini questi di origine glaciale e la loro profon¬ dità in relazione alla morfologia del terreno circostante è va¬ riabilissima a seconda delle precipitazioni, con neve in inverno e pioggie in estate, della loro frequenza e della loro abbondanza, a seconda dello sviluppo più 0 meno grande del fenomeno carsico. E interessante rilevare in essi la presenza di forme che vivono anche in grandi laghi: ad es. il Diaptomus Steindachneri che è considerato come uno degli elementi tipici del lago di Ochrida. La presenza poi dei tanitarsi in Liqeni Gucis parla a favore di acque ossigenate : in Ochrida ve ne sono state riscontrate venti specie da Zavfel. Nel periodo in cui il Fioridia visitò Liqeni Gucis e Liqeni Pejés erano evidenti le tracce del ritiro delle acque avvenute nei giorni precedenti: osservazione confermata dai pastori locali, i quali erano in grado di indicare fin dove arrivasse l’ acqua anche trenta giorni prima. Causa del fenomeno l’estate eccezionalmente secca. Queste modificazioni avranno dovuto naturalmente influire sui planctonti e forse sono la causa della scomparsa di dafnie in 90 MONTI Liqeni Gucis, dove io ho riscontrato soltanto spoglie di adulti e qualche efippio. Abbondanti e persistenti i Chidoridi, che il Parenzan non aveva visto nelle sue pescate, che Stankovic ha aggiunto alla lista dei cladoceri di Ochrida, e che appaiono dis¬ seminati anche in piccolissimi specchi d’acqua. Le raccolte fatte sporadicamente, in una sola stagione, non possono consentire di tirare deduzioni: l’apparente mancanza di determinati planctonti può essere dovuta alla non sufficiente esplo¬ razione del bacino, od alla momentanea assenza delle forme adulte j per particolari condizioni ambientali o stagionali. Sunto. — Uina Monti ha studiato materiale idrobiologico, raccolto dalla missione Floridia-Allegri nelle Alpi albanesi durante l'estate 1931. Scarsa risultò la fauna nelle vasche artificiali, dove l'acqua viene rin¬ novata un paio di volte al giorno. Ricchi invece apparvero i piccoli Liqeni, talora però con fauna monotona. Nel laghetto più alto grande prevalenza di Diaptomus s te indachi! eri, che vive anche in Ochrida; nel più basso bacino prevalenza di Brachionus pala nella sua varietà am- phiceros. . BIBLIOGRAFIA CONSULTATA A LMAGIÀ R. — Tracce glaciali sulle acque albanesi. Rivista Geografica italiana, XXV, 1918. — L'Albania. Pubb). Ist. per l'Europa Orientale. Roma 1929. BALDACCI A. — L' Albania. Pubbl. Ist. per l'Europa Orientale. Roma 1930. Beauchamp (de) P. — Goup d’ oeil sur le recherches récentes relatives aux rotifères, et sur les méthodes qui leur sont applicables. Bull, biolosfique de la France et de la Belgique. T. LXII (1928) Fase. 1. — Sur F apparition de la variation dans les conditions expérimentales che/ les Rotifères du genre Brachionus. C. R. Acad. Se. Paris CI. X'XIX p. 1207-1209, 1924. — Sur la transmission de la variation chez les rotifères du genre Bra¬ chionus. Id. p. 1290-1291. Brehm V. u. 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Quanto si conosce di questi insetti in Italia è assai poco e le notizie che abbiamo, in particolare, per l’ ambiente risaia sono riducibili essenzialmente a quelle di Del Guercio (x) e a quelle di Supino (* 2), delle quali bo dato notizia nel mio lavoro sulla fauna entomologica delle risaie (3). Qualche descrizione sui Eriganidi delle risaie si può leggere pure in Chiappelli (4). E però necessario notare subito che la risaia non è un am¬ biente uniforme e costante in tutte le località. La coltivazione del riso può infatti essere effettuata, tanto in bacini permanente- mente inondati, quanto in campagne appositamente allestite ed allagate solamente per il periodo di coltivazione di questa grami¬ nacea. Risaie del primo tipo sono usate, particolarmente nel Bolognese ; esse sono chiamate « risaie di colmata » ; risaie del secondo tipo sono, in generale, quelle della Lombardia, del Pie¬ monte e molte anche del Veneto ; esse sono comunemente dette « risaie a vicenda » perchè la coltivazione del riso è in rotazione con altre coltivazioni. Gli ambienti sono duhque enormemente differenti. Ho perciò creduto più opportuno di prendere in diretta osservazione le risaie a vicenda che sono di gran lunga le più diffuse e, certamente le (A) Vedi Bibl. N. 2 (2) » » » 7-8 (3) » » » 5 (4) » » » 1. Egli presenta qui però fotografìe di larve e di foderi larvali della Nymphula nymphaeata L. (Lepidotteri, fam. Pira- lidae), ritenendoli erroneamente come appartenenti ai friganidi. 94 G. P. MORETTI più interessanti, per quanto riguarda la vita dei tricotteri < che, come già ebbi a notare nel mio primo lavoro sugli insetti delle risaie, risultavano degni di ulteriori studi i, riferendo poi il com¬ portamento di questi insetti in tali ambienti a quello che vedevo avvenire nel primo tipo di risaia e nei corsi d'acqua: cioè, control¬ lando il comportamento dei tricotteri in ambienti artificiali (risaie a vicenda) rispetto all’ habitat naturale ( fossati, paludi e acquitrini, con o senza riso). Ho preso pertanto in osservazione risaie, tanto del Piemonte, quanto della Lombardia, come pure del Veneto, perchè i risultati potessero assurgere ad un valore (per quanto mi fosse consentito; più generale (*). Prima però di entrare nella descrizione dell7 am¬ biente e della sua fauna tricotterologica, avendo questo lavoro lo scopo di raccogliere tutte le notizie che si hanno sui tricotteri delle risaie, è necessario elencare i friganidi già descritti per le risaie, siano esse o no a vicenda; ora, le specie note fino ad oggi per questi bacini sono : 1. - Phryganea striata L. (Phryganeidae), per le risaie di Moli- nella nel bolognese. (Del Guercio: I friganidi nuocciono al riso. Red. Voi. VII Fase. .II, pag. 466, 1911). 2. - Triaenodes bicolor Curt. (Leptoceridae), per le risaie a vi¬ cenda del Vercellese e del Milanese. (Supino: Osserva¬ zioni sopra alcuni insetti delle risaie . Rend. Reai. Ist. Lomb. Se. Lett. Voi. XLIX, Fase. II, III, pag. 108- 114, 1916). 3. - Limnophilus flavicornis Fab. (Limnophilidae ), idem (Supino: Note sulla fauna, delle risaie. Rend. Reai. Ist. Lomb. Se. Lett. Voi. LXV, Fase. I-V, pag. 9-10, 1932). 4. - Limnophilus rhombicus L. (idem), per le risaie del Bolo¬ gnese: Molinella. (Del Guercio: idem come n. 1). A questo elenco ho potuto aggiungere alcune altre specie per le quali sono in grado di fornire notizie piuttosto dettagliate riguardanti pure lo sviluppo biologico (2). 0) Fon ho creduto opportuno di estendere le ricerche alle risaie dell’Italia centrale e meridionale per la loro scarsezza e poca importanza. (2) Nel testo saranno contrassegnate con un asterisco (*) le specie nuove per la risaia. I TRIC0TTER1 DELLE RISAIE 95 Ai fratelli Dott. Mario e Ing. Giovanni Battista Ferra rio (Gambarone, Ferrabue, Pontesesto, Fizzonasco ; Prov. di Milano), al Prof. Comolìi e al Rag. Tagliabile (Morimondo ; C.na Cipriani, C.na Fiorentina: Abbiategrasso), al Sen. Prof. Novelli, all' Ing. Sampietro, ai Geom. Piacco e Borasio (Staz. Sperim. di risicol¬ tura: Vercelli), al Cav. Dott. Cristofori (Cascinaro: prov. di Verona) che vollero cortesemente affidarmi delle risaie in osservazione per questo studio e ai Sigg. Fumagalli e Grassi Giuseppe, che mi fornirono alcune notizie interessanti in proposito e materiale d’osservazione, giungano le mie espressioni di riconoscenza. La risaia « a vicenda » e la sua fauna tricotterologica. Non, è qui possibile dare una descrizione particolareggiata di questo ambiente perchè una esposizione dettagliata in proposito esigerebbe un intero lavoro a sè (1). Io mi limiterò, invece, a dare semplicemente uno sguardo d’ insieme, citando anche qualche dato fisico-chimico indispensabile affinchè la fauna tricotterologica vi possa degnamente essere inquadrata. Non è infatti possibile valutare il comportamento di questi insetti senza conoscere, sia pure da un punto di vista molto generale, le caratteristiche più salienti dell' ambiente in cui i suddetti tricotteri possono trovarsi. La risaia a vicenda si effettua in campagne che vengono divise in riquadri (più o meno ampi) mediante argini e percorse da solchi di profondità variabile, a seconda delle località (nel vercellese si allestiscono, ad esempio, risaie con solchi più profondi che nel milanese; nel veronese spesso si fa entrare l’acqua in risaia attraverso solchi larghi, di due metri di profondità ed oltre). La profondità dell'acqua sui prosoni è piuttosto scarsa (in media 20 cm.i ed è molto variabile a seconda dei mesi, della permeabilità del terreno e della necessità delle operazioni relative (A) Volendo avere notizie più dettagliate rimando al lavoro di A. Allegri: Le piante infestanti della risaia (Ist. Sup. Agi*. Milano: 1917) per una conoscenza di carattere tecnico e a quello di Supino (vedi Bibl. N. 3) per una conoscenza tìsico-chimico-biologica; questo secondo lavoro porta anche una buona bibliografia in proposito. 96 G. P. MORETTI alla coltivazione. Queste risaie sono in efficienza solo per un certo periodo dell'anno (da marzo, o aprile a settembre od otto¬ bre (Q) e solamente per un numero di anni limitato (3-8), dopo di che vengono rotate ad altre coltivazioni ( trifoglio, lino, grano, semplicemente prato da pascolo, ecc. ecc.) prima di ritornare ad essere ancora risaie. L' acqua viene immessa nella campagna, appositamente alle¬ stita, mediante « bocchette » più o meno lunghe, profonde e numerose, di derivazione dai fossati e dai fontanili. La sommer¬ sione avviene con un leggero allagamento iniziale alla semina, poi con numerose aggiunte. Avvenendo 1* irruzione dell' acqua con relativa impetuosità, 1’ inondazione delle campagne si ottiene con una certa rapidità (variabile, si capisce bene, in rapporto alla estensione dei singoli appezzamenti, alla capacità delle bocchette di immissione, alla permeabilità del -terreno). Per un certo tempo la risaia rimane un semplice specchio d'acqua perchè priva ancora di vegetazione, poi il riso, crescendo, viene man mano ad ombreggiare il bacino cosi che la superficie dell'acqua libera diventa scarsissima, riducibile generalmente ai solchi di irriga¬ zione (dove non si seminai, che però, tra una monda e l'altra, vengono spesso occupati da vegetazione infestante. In queste condizioni, la quantità di luce che penetra nello spessore dell'acqua va aumentando fino a che il riso non emerga, rimane pressoché costante lino all'agosto, per la crescita del riso insieme con l' aumentare della luminosità, scema poi rapidamente, lino a diventare scarsissima alla line della coltivazione, in rapporto anche con la diminuzione della luminosità dell5 aria. Anche il livello dell’acqua, sopratutto nei primi mesi, non risulta costante: l’acqua viene sovente tolta ed immessa per le varie operazioni risicole; ad esempio: si scarica per praticare le « asciutte », per favorire il germoglio, per esercitare le «monda», per aiutare la ♦ erezione della pianta di riso, per eliminare 1* eventuale inonda¬ zione a causa dell’eccesso di piovosità, ecc.; si aggiunge per compensare l’assorbimento da parte del terreno, l’evaporazione, ecc. Solamente dopo la fioritura del riso si può dire che la risaia si sia in un certo qual modo stabilizzata; allora il livello subisce sbalzi meno notevoli e bastano piccole immissioni per restituirlo al valore voluto che, in via generale, è di 20 em. all’ incirca. In 0) Si faccia eccezione per le così dette «risaie di trapianto». I TRICOTTERI DELLE RISATE 97 seguito a queste condizioni la temperatura va innalzandosi grada¬ tamente col progredire della stagione (con escursioni più o meno ampie, dovute alle operazioni suddette e con eccezioni nei mesi con temperature più fredde), fino a toccare il massimo, general¬ mente in giugno, quando lo specchio d’acqua è ancora in gran parte scoperto ; poi essa ritorna a scendere con l’ aumentare della vegetazione e col progredire della stagione, fino alla fine della coltivazione, ma non si raggiungono mai più le basse temperature (minime) che si verificano all’inizio della coltivazione. Nelle risaie dell’Italia Settentrionale che presi in considerazione nella annata, del 1983, ottenni le seguenti temperature (ridotte, per comodità, a un valore di massima e a un valore di minima mensili, ottenuti rispettivamente : il primo dalla media di tutte le temperature massime, il secondo di tutte le minime osservate durante il mese). Temperature dell’acqua di risaia in gradi centigradi. Minima Massima Aprile .... 13° 19° Maggio .... 11° 29°, 5 Giugno .... 14° 33° Luglio .... 15°, 5 32», 5 Agosto .... 16°, 2 o CO co Settembre . 13°, 4 25° Ottobre .... Il 13°, 2 24° Da questa tabella si può vedere come il massimo di tempe¬ ratura sia stato raggiunto in Giugno. In questo mese osservai delle risaie (Morimondo presso Abbiategrasso, Gambarone e Ferrabue presso Sozzano) con temperatura massima fino a 40°. La temperatura minima si verificò invece in Maggio (causa il tempo molto freddo). In alcune risaie ebbi allora a notare anche un minimo di 9°. Il minimo e il massimo delle escursioni diurne si osservano rispettivamente, alle ore 6 e alle ore 17. Altri fattori importanti dell’ ambiente risaia sono poi la quantità di ossigeno e il numero degli ioni idrogeno disciolti nell’acqua (pH). La quantità di 0 disciolto nell’acqua della risaia presenta delle variazioni : generalmente da 6,5 a 4,5 in 98 G. P. MORETTI tutto il periodo vegetativo. Il pH varia, a seconda se la risaia è concimata o no e in rapporto con l'origine, natura e qualità dell’acqua immessa, con la piovosità delle stagioni: gli estremi in generale sono : pH = 6,5 — 7,4 per tutta la durata della colti¬ vazione. Quando il riso è giunto a maturazione, l’ acqua viene fatta uscire dalla risaia nei fossati; la risaia è allora pratica- mente cessata. Le pozze che vi possono rimanere e che si for¬ mano anche colle pioggie nei solchi enei prosoni, gelano nell* in¬ verno e scompaiono poi completamente nella nuova annata, per le necessarie lavorazioni agricole. Così inquadrato, anche nei suoi valori chimico fisici 1’ ambiente risaia, vediamo di esaminarne le dirette conseguenze su alcuni rappresentanti di quel gruppo di insetti eminentemente acquatici che costituisce l’ordine dei tricotteri. Quando 1’ acqua del fossato, o del fontanile, viene introdotta per la prima volta nella risaia, alcune larve coleofore penetrano nel nuovo ambiente, volontariamente alla ricerca dell' alimento o anche trascinate dall’ improvvisa corrente che si stabilisce. Se le forme che vengono a far parte della fauna di questo nuovo am¬ biente sono tipicamente reofìle {Halesus - Anabolici), esse non penetrano all’ interno del bacino, dove la corrente è quasi trascu¬ rabile, ma si arrestano in prossimità delle bocchette d’immissione, dove la corrente è forte e 1’ alimento, sia vegetale che animale, giunge copioso. In nessun caso ho visto delle larve reobionte attraversare un appezzamento, e quindi una zona ad acqua quasi stagnante, per portarsi alle bocchette d’ uscita, dove pure esiste, in piccoli spazi, una corrente notevole. Quando poi, 1’ entrata dei- fi acqua, e quindi la corrente, viene fatta cessare mediante la chiusura delle bocchette, e la temperatura va man mano elevan¬ dosi, tali larve, che sono anche stenoterme di acque fresche vengono a trovarsi in un ambiente del tutto inadatto e finiscono ben presto col soccombere. Raramente vi compiono qualche stadio e mai arrivano alla ninfosi. Le successive immissioni possono immettere ancora alcune larve di questo gruppo in risaia, ma il subitaneo aumento di temperatura le fa tosto retrocedere, contro corrente, nei corsi d’acqua d’onde sono venute. Invece le giovani larve delle specie limnofìle che, in quantità, vengono trasportate per opera della corrente in risaia, dal fossato dove hanno svernato in riposo, si trovano subito ambientate e divengono più attive nell’acqua a temperatura più elevata, compiendo rapidamente delle mute ( Triaenodes , Oecetis , L i inno pivi lus). Esse si trovano I TRICOTTERI DELLE RISAIE 99 così ben presto in vantaggio di sviluppo rispetto alle forme limnobionte consimili che sono rimaste nel fossato (’); sono le prime a metamorfosarsi e le prime imagini che compaiono sono appunto quelle derivate dalla risaia; esse vi trovano poi un am¬ biente adatto anche per la deposizione delle uova, sebbene non poche vadano a deporle nei fossati, cosicché diventano tipiche abitatrici di risaie rispetto alle forme reofìle che sarebbero invece da intendersi, in questo caso, come accidentali. La fine della risaia trova queste forme limnofile ed ampiamente euriterme nella seconda generazione, allo stadio larvale. L'acqua, uscendo veloce¬ mente, trasporta con sé un certo numero di queste nel fossato, dove possono compiere ancora alcune mute per poi passare a una vita sublatente durante l’ inverno. Coir inizio delle risaie nell’ anno successivo riprenderanno il ciclo di sviluppo (2). I Tricotteri delle risaie « di colmata ». Per le risaie di altro tipo non occorre nessuna speciale descrizione: il riso viene coltivato senza tutte le operazioni che si eseguiscono nella risaia a vicenda. Cessata la coltivazione il riso viene tagliato ma il bacino continua a sussistere colla sua vegetazione normale, comportandosi quindi come una qualsiasi palude od acquitrino : a nessuna speciale condizione artificialmente provocata debbono quindi sottostare questi insetti in tali risaie. O Malgrado vengano effettuate diverse immissioni di acqua du¬ rante il periodo vegetativo del riso, sopratutto ai primi mesi, non tutte le larve limnobionte entrano in risaia ; buona parte vi è trascinata dalla subitanea corrente per essere vicina alle bocchette, ma molte riescono a reagire al rapido decorrere dell’ acqua, per la quale non sono naturalmente portate, allontanandosi. (2) Ho tralasciato appositamente di parlare delle cosidette « risaie di trapianto » perchè esse non sono altro che risaie a vicenda in ritardo di formazione rispetto alle altre : sono le ultime ad essere costruite (giugno - principio di luglio ), il riso vi viene trapiantato già molto svi¬ luppato e sono le ultime a venire vuotate. Esse hanno lo scopo di ren¬ dere una migliore produzione della graminacea. La loro formazione, il loro trattamento e, conseguentemente anche le loro condizioni chimico fisico biologiche, sono su per giù le stesse che si verificano nelle risaie sopra descritte. Naturalmente le forme che entrano qui dai fossati sono più svi¬ luppate che nel caso suddetto e la temperatura è ben presto più elevata di quella che si riscontra all’ inizio delle normali coltivazioni di riso (essendo la stagione più avanzata), essendo però le ultime a finire (ottobre) contengono anche le forme dei tricotteri in ritardo di sviluppo. 100 G. P. MORETTI i tricotteri della risaia e la loro biologia. Dopo quanto si è detto è tempo di esporre qui. in ordine sistematico, le specie di questo gruppo di insetti che si {tossono rinvenire in risaia e il loro comportamento in tale ambiente. E in ogni modo fuori di dubbio che ulteriori ricerche potranno ar¬ ricchire l’elenco dei tricotteri viventi nelle risaie, e sopratutto in quelle permanenti. Trattandosi di insetti assai poco conosciuti e non esistendo ancora nessuna monografia italiana su di essi sarò il più possibile preciso nella decrizione della loro morfologia, anche per quanto riguarda i particolari più minuti, indispensabili del resto per il riconoscimento delle specie. Le descrizioni morfologiche sono state fatte direttamente sui vari soggetti da me raccolti, naturalmente esse corrispondono in gran parte a quelle date dagli altri autori, salvo le nuove osser¬ vazioni che io ho potuto fare (1). Nuove del tutto sono le osser¬ vazioni biologiche originali qui citate. Fam. Phryganeidae Burm. Cfen. Phryganea L. Sp. Phryganea striala L. Larvula - Larva e fodero larvale. - Corpo suberuciforme. Nella larvula mancano le tracheobranchie ; la testa e il torace sono relativamente grandi rispetto all’addome. La costruzione delle larve al primo stadio (appena uscite dalla massa ovigera) è ancora disordinata: gli elementi, sia vegetali che minerali, ven¬ gono disposti senza un ordine apparente a formare un fodero tubolare, diritto. Al secondo stadio compare la costruzione tipica a spirale. Nella larva adulta la massima lunghezza si misura in rapporto ai primi due segmenti addominali. La testa chitinosa è depressa, pallida con bande scure, il labbro è trasverso ellittico, molto largo, incavato al bordo anteriore e arrotondato ai bordi (l) Furono seguite essenzialmente la classificazioni di Lestage (N. 3) Siitala (6) Ulmer (10). I TRICOTTERI DELLE RISAIE 101 esterni. Su di esso, alla metà del bordo anteriore si nota una zona gibbosa, pallida, molto piccola; le mandibole sono notevol¬ mente lunghe, robuste, a mo' di forbice, asimmetriche. Solamente il pronoto è chitinoso ; meso e metanoto membranosi. Grosso e discretamente robusto il paio anteriore, poco più esile e subeguale il paio mediano, sottile, invece, e molto lungo il paio posteriore delle zampe : la larva di Phr. striala è nettamente camminatrice. L’addome va assottigliandosi dal secondo segmento al nono, che è il più stretto, è munito di lunghe e robuste tracheobranchie che mancano però normalmente sull’ottavo segmento addominale, al margine anteriore ; ai lati linee laterali provviste di setole nere sottili e lunghe, visibili dal terzo segmento addominale. La colorazione dell’ addome è varia, può essere biancastra oppure verdastra o ancora rossastra. La larva misura da 30 a 40 mm. di lunghezza su 5-6 mm. di larghezza. E tipica forma limnofila. Il fodero della larva adulta è normalmente un tubo diritto, aperto alle due estremità, composto di frammenti vegetali disposti in ordine spiralato avvolto verso sinistra: misura da 34 a 50 mm. di lunghezza e 5-8 mm. di larghezza. Ninfa e fodero ninfale. - La ninfa presenta un corpo ro¬ busto, subcilindrico perchè gli ultimi segmenti addominali sono più stretti degli altri. Le antenne sono più corte del corpo e l’articolo basale è più sviluppato dei sucessivi ; esse delimitano all’ indietro una fronte quasi liscia, senza alcuna apparente gib¬ bosità. Nell’ apparato boccale il labbro è quadrangolare, col bordo anteriore saliente e i lati quasi diritti ; le mandibole sono svilup¬ pate, triangolari alla base, allungate alle estremità e curvate quasi ad angolo retto. Palpi mascellari di quattro articoli nel e di cinque nella 9 5 palpi labiali di tre articoli. I foderi alari appaiono pressoché uguali, gli anteriori però più lunghi, i posteriori un po’ più larghi : due speroni sulle tibie anteriori, quattro sulle mediane, quattro sulle posteriori: tarsi discretamente provvisti di ciglia. Placche chitinose dell'apparecchio di adesione presenti dal terzo al settimo tergite addominale, sul bordo anteriore; linee laterali visibili, a partire dal terzo segmento dell’ addome e costituenti una corona interrotta sull’ ottavo sternite. Branchie presenti dal secondo all’ ottavo segmento addominale ; appendici anali appiattite se viste di faccia, a forma di clava se 102 G. P. MORETTI viste di profilo; il loro bordo apicale forma una protuberanza sub triangolare. Le dimensioni della ninfa di Phr. striata variano secondo gli autori: secondo alcuni < Silfvenius) essa misura 20-28 rum., secondo altri (Ulmer) 26-33 mm. ; negli esemplari da me presi in osservazione ho riscontrato valori fra 24 e 30 mm. Il fodero ninfale è lo stesso di quello della larva, fissato per le due estremità con ciuffi di fili sericei ricoperti di elementi vegetali e chiuso ai due orifizi mediante una membrana di seta perforata a mo' di staccio. Imago. - Insetto di grandi dimensioni. Il corpo è bruno scuro con segmenti ben delineati ; le antenne sono più corte delle ali anteriori e scure : il 1° articolo più grosso dei successivi ma non più lungo; esistono ocelli. Il palpo mascellare del q71 è a 4 arti¬ coli, quello della 9 a 5, in ogni caso poco pelosi ; palpi labiali piccoli, il 1° articolo è ovale e scavato a cucchiaio alla super¬ ficie inferiore. Il paio anteriore delle ali è variamente macchiato di bruno con sfumature più chiare che talvolta sono però appena distinguibili : i punti chiari sogliono formare un gruppo di tre macchie. Xel ^ esiste una fascia longitudinale più scura sull" ala anteriore, fascia che non compare nella O che, al più, possiede due scure strisci e longitudinali, assai corte, nelle vicinanze dei suddetti punti chiari. L’ala posteriore è notevolmente più chiara di quella anteriore e debolmente iridescente, le nervature sono in essa chiaramente visibili e il bordo apicale è marginato di una fascia leggermente più cupa che va schiarendosi verso l’ interno del campo. Zampe di color bruno grigiastro, con 2 speroni sulla tibia anteriore, 4 sulla mediana e 4 sulla posteriore, tanto nel quanto nella 9 • Le appendici preanali del rj' sono molto lunghe, diritte e debolmente dilatate alle estremità, inoltre rivestite di setole nume¬ rose. Il corpo dell’insetto misura da 13 a 21 mm. di lunghezza: 1’ apertura delle ali è di 33-57 mm. Massa ovigera. - La deposizione delle uova ha luogo sotto l’acqua; esse vengono attaccate dall’insetto sui vegetali sommersi entro una massa gelatinosa più o meno globosa, delle dimensioni di 9-18 mm. Le uova sono debolmente ellittiche e misurano da 0,5 a 0,9 mm. di lunghezza su 0, 4-0,7 mm. di larghezza ; esse vengono disposte in serie anulare ed ogni anello è costituito da 12-15 uova. I TRICOTTERI DELLE RISAIE 103 & & Come si disse precedentemente (vedi a pag. 2), 1’ autore che descrisse questa specie per la risaia si riferì alle coltivazioni del bolognese. Però, nell’ enunciare i danni che le larve di questa specie apportarono, nella costruzione dei loro foderi, al riso colti¬ vato alla Boscosa e nelle località circostanti, in quel di Molinella, nella primavera del 1911, egli non diede nessuna notizia circa la biologia di questo insetto nell: ambiente in parola ; consigliò, è ben vero, di ricorrere alla raccolta diretta delle larve per la distruzione, ma nessun dato inerente alla durata e alle modalità con cui si compie il ciclo biologico di Plvr. striala si può leggere nella sua breve comunicazione. Nelle nostre risaie a vicenda non mi riuscì mai di osservare la presenza di questa specie, non è tuttavia da escludersi che ulteriori ricerche possano portare al rinvenimento di questa fri¬ ganea, come pure di specie vicine, anche per i nostri ambienti ; gioveranno pertanto osservazioni proseguite per diverse annate e nelle più svariate località di coltivazione in rotazione del riso, dal momento che ebbi occasione di notare la presenza di Phr. striata in coltivazione di riso eseguite direttamente in palude, presso risaie a vicenda (1). In paludi con riso ho riscontrato larve adulte di questa specie durante la primavera ; esse utilizzano è vero, anche il riso per la costruzione dei loro foderi ma, come larve prevalentemente carnivore, raramente si nutrono della pian¬ ticella del riso. Le ninfe furono da me osservate alla fine della primavera, le imagini al principio dell' estate : quasi contempora¬ neamente ho raccolto le masse ovigere sulla pagina inferiore delle foglie di Nymphaea alba L. e di Nuphar luleum L. ; poi, durante 1' estate larve giovani, all’ inizio delfi autunno ancora larve agli ultimi stadi e ninfe, a metà autunno nuovamente in¬ setti perfetti e masse ovigere e, finalmente larve giovani a fine autunno e adulte per tutte l' inverno e, da capo alla bella stagione. Quindi nel caso di Phr. striala si osserverebbero due generazioni : f1) Questa specie mi risulta diffusa in tutte le risaie permanenti del! Italia settentrionale e centrale. 104 G. P. MORETTI una, diremo così, estiva e una autunnale. Tali osservazioni riferen- tesi alla doppia generazione di questo insetto nelle risaie sono nuove, a quanto mi risulta. Tam. Leptoceridae Leack. Glen. Triaenodes Me. Lack. Sp. Triaenodes bicolor Curt. Larvula, larva e fodero larvale (1). - Corpo cruciforme. La larvula al 1° stadio presenta un corpo leggermente affusolato, 1‘ addome è quasi trasparente e i segmenti sono poco ckiaramente dif¬ ferenziati e privi di trackeobranckie. Sul capo e sul pronoto, molto svi¬ luppati rispetto al resto del corpo, le macchie sono indistinguibili ; nu¬ merosi e lungki i peli su tutto il corpo. Sviluppatissime, sottili e de¬ boli sono le zampe posteriori, mu¬ nite già di frangie natatorie. A que¬ sto stadio la larvula costruisce già un fodero snbcilindrico, debolissimo, con 1' uso della cuticola della massa ovigera, di melma e di piccolissimi ritagli vegetali disposti qua e là, senza ordine : dall? orifìzio posteriore dell: involucro sporgono lungki peli del nono segmento addominale , a guisa di pennello (vedi iìg. 1). Il fodero primitivo può arrivare, al massimo, alla lungkezza di 1,9 min., la larvula raggiunge la lungkezza di 1,5 mm. Al secondo stadio l'astuccio, sebbene ancora minuscolo (1,3-2, 3 mm.), presenta già la disposizione a spire del fodero definitivo. La larva adulta presenta una testa ovale allungata, di colore gialliccio con Fig. 1. — Larvula al 1° stadio nel' suo fodero - Triaenodes bicolor Curt. Dis. originale. (A) Trattandosi di specie veramente dannosa alla coltivazione del riso riporto il maggior numero possibile di figure aifincliè queste pos¬ sano mettere in grado I osservatore di riconoscerla facilmente, in ogni stadio. I TRICOTTERI DELLE RISAIE 105 punti, macchie e bande forcali di colore bruno scuro e ben mar¬ cate, con disposizione caratteristica (vedi Tav. I : 1, ingrandita fortemente). Le antenne sono lunghe, i pezzi locali abbastanza prominenti ; labbro trasverso, arrotondato agli angoli anteriori, fortemente incavato a metà del lato anteriore ; le mandibole sono robuste, a forbice e asimmetriche; il lobo mascellare è stretto, conico, il labium a mezzo cerchio e i palpi labiali piccoli e a 2 articoli. Pronoto e mesonoto di larghezza pressoché uguale, gial¬ licci e macchiati di punti scuri ; il 1° è subquadrangolare, col lato anterosuperiore incurvato all’interno, il 2° è trapezoidale, coi lati arrotondati, il metanoto invece è nudo, bordato presso le zampe di sottili fascie nere e più largo in avanti che all’ indietro. Molto disuguali sono le zampe: le anteriori corte e grosse, le mediane più sottili e più lunghe, con una piccola spina basale presso l’ unghia dei tarsi, le posteriori molto lunghe e munite anch’essa di spina basale all’unghia tarsale, provviste di lunghe frangie natatorie. La larva di Tr. bicolor è nettamente nuotatrice. Molto caratteristiche sono le placche d’appoggio anteriori del 1° paio di zampe: esse presentano un lungo processo nero, stretto, rivolto dorsalmente all’ indietro. Il 1° segmento addominale è provvisto di tre gibbosità ; quella dorsale è molto prominente, le due laterali meno. Mancano le linee laterali, le tracheobranchie non sono numerose. Sul IX0 tergite addominale si trova una placca chitinosa setifera, quella stessa che nella larvula presenta peli assai lunghi. Le appendici di fissazione sono molto corte. La larva, all’ ultimo stadio, misura da 10 a 13 mm. di lunghezza su 1-1,7 mm. di larghezza. Il fodero larvale è simile di struttura a quello della Prhy- ganea ma è di esso più corto e più sottile. Assai più lungo della larva è conico, composto di piccoli ritagli rettangolari di foglie, associati saldamente l’ uno accanto all’ altro, in regolaris¬ sima disposizione spirale (vedi Tav. I: 2). Le spire non superano, di regola, il numero di quattordici e la prima e l’ultima sono interrotte. A completa formazione il fodero della larva adulta può misurare fino a 37 mm. di lunghezza su 3 mm. di larghezza, alla porzione anteriore (vedi fig. 2) (*). (A) Gli autori ammettono che la lunghezza massima a cui possa giungere il fodero della larva di questa specie sia di 30 mm. ; in risaia io ho notato invece molto frequentemente involucri della misura da me citata. 106 G. P. MORETTI Ninfa e fodero ninfale. - Presenta un corpo cilindrico de¬ bole, con testa trasverso elittica; le antenne sono assai più lunghe del corpo, appaiono attorcigliate attorno all' estremità dell' addome. Il labbro è semicircolare e prolungato in una protuberanza ottusa, con tre setole sulla faccia dorsale : ad ogni lato della parte centrale e agli angoli anteriori si trovano quattro setole. Le mandibole sono di color rosso bruno, la loro base è triangolare, mentre la metà apicale è a punta assai acuta, la lama è dentata fino alla estremità, in modo visibile perchè la denticolazione trae origine da una emergenza assai spiccata. Palpi mascellari di 5 Fig. 2. — Foderi larvali e larve di Triaenodes bicolor Curt. Grand, nat., fot. orig. articoli e 9)> palpi labiali di 3 articoli. Gli abbozzi alari sono acuminati e arrivano fino al VIn segmento. Uno sperone si trova sulla tibia anteriore, due sono sulla mediana e due sulla posteriore. Zampe anteriori con pochissime setole sui primi arti¬ coli tarsali, mediane fortemente frangiate, posteriori nude. Le placche presegmentali dei segmenti III- VI sono ellittiche, con uncini rivolti all’ indietro, quelle postsegmentali del V" segmento sono subarcuate con uncini rivolti in avanti. Branchie semplici, sviluppate ; la linea laterale è rappresentata da una semplice co¬ rona di poche setole sull’ Vili" sternite dell’addome. Le appen¬ dici anali sono baculiformi, ben robuste e chitinee. La ninfa a completa formazione misura da 8 a 11 min. di lunghezza, per 1,5-2 mm. di larghezza. 1 TRICOTTERt DELLE RISAIE 107 Il fodero ninfale è quello stesso della larva adulta, mozzato di molto e fissato alle due estremità mediante imbrigliamenti vegetali (vedi fig. 3). Fig. 3. — Fodero ninfale di Triaenodes bicolor Curt. imbri¬ gliato per le due estremità al fusto sommerso di una gio¬ vane pianticella di riso. (Grand, nat., fot. orig.). Imago (vedi Tav. I: 3). - La testa e il torace sono neri e ricoperti di una densa pubescenza bruna, la parte posteriore del 108 G. P. MORETTI corpo è marrone scuro con linea laterale chiara. Le antenne sono lunghe circa due volte, e più di due volte, le ali anteriori ; nella 9 più corte che nel , di color giallo ocra, con anelli piuttosto larghi nella parte basale, poi sempre più stretti lino a diventare poco visibili alle estremità; Y articolo basale è un po' più lungo della testa e rivestito di peli fulvi. I palpi mascellari sono assai lunghi, bruni, a forte pubescenza bruna; gli articoli del palpo differiscono tra di loro per la lunghezza. Le zampe sono sottili, color marrone grigiastro, talvolta anche nericcio ; tanto nel o71 quanto nella O troviamo uno sperone sulla tibia anteriore, due sulla mediana e pure due sulla posteriore. L’ala anteriore è debolmente espansa verso 1’ apice subellittico ed appare assai lunga. Essa è completamente ricoperta di peli bruno rossicci, spesso anche vinosi, distesi in modo che l’ala appare opaca e nessuna nervatura è distinguibile in essa: all'estremità apicale si trovano lunghe ciglia marginali, pure colorate in bruno rossiccio. L’ ala posteriore è un po’ più larga di quella anteriore, scarsamente pieghettata a riposo e debolmente appuntita all'apice; essa presenta invece una debole colorazione grigio nericcia, con peli neri non eccessivamente numerosi, in modo che la nervatura scura sottostante rimane quasi scoperta e chiaramente visibile; qui le ciglia marginali sono più diffuse e di colore grigio nericcio. L’estremità dell’addome del $ presenta appendici p re anali a bastoncino, mentre la placca dorsale (X° segmento) è imbarcata e molto corta; nella Q l’addome termina con due valve laterali assai sviluppate. Il ^ è più piccolo della 9- Lunghezza del corpo del maschio : 6 mm. ; apertura delle ali da 13,5 a 15 mm. Lunghezza del corpo della femmina: 7,5-8 mm. ; apertura delle ali da 16,5 a 20 mm. Massa o viger a (fig. 4). - La femmina depone le uova in masse gelatinose discoidali sotto le foglie galleggianti. Questi dischi sono appiattiti: misurano da 5 fino a 10 mm. di dia¬ metro e non più di 3 mm. di spessore ; essi vengono applicati con una faccia alla pagina inferiore della foglia e protetti da una pelliccola bruniccia, relativamente resistente. Non gonfiano che dopo la schiusa delle larve dalle uova. Tutta la masserella è trasparente e le uova vi sono disposte in regolarissimo ordine spirale su di un sol piano; tale spirale è costituita di 7-10 spire e il numero delle uova è normalmente di 200-300 per ogni disco, 1 TRICOTTERI DELLE RISAIE 109 tuttavia si possono trovare masse ovigere con un numero di uova molto maggiore o molto minore di quelli citati. Un sottile cordone ialino collega un uovo con l’altro e lo isola in speciale cel letta. L’uovo di Tr. bicolor è gial¬ liccio e misura 0,27-0,30 mm. di lunghezza su 0,25-0,27 mm. di lar¬ ghezza. Questa specie fu citata per la prima volta da Supino per la risaia a vicenda e, da quanto mi risulta, verosimil¬ mente anche per l’Italia. Il suddetto autore si occupò della dannosità della larva di questo insetto per la coltiva¬ zione del riso e in pro¬ posito eseguì alcune osservazioni interessan- « (»). . Mi fu possibile di seguire stadio per sta¬ dio lo sviluppo biologico di questa specie, espor¬ rò quindi il comporta¬ mento di Tr. bicolor in risaia colla più rigorosa esattezza, dato anche che la durata e le mo¬ dalità con cui le gè- nerazioni di questa spe¬ cie, si effettuano in ri¬ saia, non sono state an¬ cora descritte da nes¬ sun autore. (*) Fig. 4. — - Masse ovigere di Triaenoclès bicolor Curt, sulla pagina inferiore di una foglia di Alisma. (In gr. 3 volte circa; dis. orig.). (*) Vedi Bibl. N. 7. 110 G. P. MORETTI Sono le larve che per prime vengono a far parte della fauna dei risi a vicenda e nell’ambiente entrano, sia con l’ immissione iniziale che colle successive, insieme alle larve di altri tricotteri 1). Esse sono rappresentate alla prima inondazione (aprile; da indi¬ vidui a stadi di sviluppo diversi, con prevalenza però del III" stadio larvale ; questi rappresentanti sono, in piccola parte quelli stessi che vissero in risaia nell’ anno precedente e che alla fine di essa poterono riversarsi nei fossati, in gran parte quelli nati da uova deposte, pure l’ anno precedente, nel fossato e ivi rimasti. Fig. 5. — LT aggruppamento « sfrós » in un angolo morto di risaia. 1 — Triaenoclos bicolor Curt. ; 2 = Hydrocampa nymplicieata L. ; 3 — Stratiomys cliamcieleon L. (Fot. orig\). Le larve che sono penetrate nel nuovo ambiente, a tempera¬ tura ben presto più elevata di quella del fossato, si avvantaggiano (l) Per maggiore comodità di esposizione e, anche per poter meglio inquadrare il comportamento di Tr. bicolor in risaia seguiremo lo svi¬ luppo biologico di questa specie, non secondo il suo ciclo normale, ma considerandolo direttamente insieme coll’andamento dell’ ambiente in esame e riferendolo, a scopo di confronto, a quello che avviene nei fossati e nelle risaie di altro tipo. ] TRICOTTERI DELLE RISAIE 111 subito nello sviluppo su quelle ivi rimaste ; in inedia a metà e fine aprile sono già al IV° stadio e in principio di maggio tra¬ scorrono il V° stadio. Durante questo mese la pianticella del riso è ancora assai piccola e tenera e costituisce il materiale costrut¬ tivo quasi esclusivo per queste larve. Esse sono facilmente distin¬ guibili allora, mentre nuotano saltellando col loro fodero a spirale costruito da poco e perciò di un bel color verde brillante ; com¬ piono anche tragitti relativamente lunghi a nuoto e con una certa velocità, ma normalmente si spostano dal fondo alla superficie, dove vivono di preferenza. In questi spostamenti raggiungono la Fig. 6. — Larve di Tr. bicolor Curt. (1) di risaia. in un angolo morto (Fot. orig.). superficie nuotando in senso quasi verticale, a balzelloni e rigua¬ dagnano il fondo lasciandovisi cadere a picco (*). Esse nell’am¬ biente a specchio ancora quasi completamente libero preferiscono rifugiarsi ai cosi detti « angoli morti » dove, fra il materiale galleggiante ivi portato dall’acqua e dal vento, trovano facile la ricerca del nutrimento e più sicuro il rifugio contro i più temi- (1) Non ho mai osservato quei movimenti di torsione che Buchner fa compiere nel nuoto alle larve di Triaenocles : sono perciò d’accordo con Lestage circa lo spostamento lungo una linea regolare di queste larve durante il nuoto. 112 G. P. MORETTI bili nemici : i pesci. In questi « angoli morti » pullulano, per le stesse ragioni, altre larve, coleofore o no, di altri insetti. Il contadino conosce assai bene questo aggruppamento larvale che in Lombardia è noto col nome di « sfròs » ma lo ritiene erroneamente come un complesso costituito tutto dello stesso insetto. Essenzialmente esso è rappresentato dalle larve di Tr. bicoìor., di Hydrocampa nymphaeata L. (lepidotteri — fam. Pyralidae — sottofam. Hydrocampinae) di Stratiomys chamaeleon L. (ditteri, fam. Stratiomydae) ; di esse le prime due specie sono senza dubbio le poiù dannose (x) (vedi fig. 5 e 6). In maggio quindi le larve adulte di Tr. bicolor si rinvengono in risaia, di preferenza in questi punti di deposito di materiale. Quasi contemporaneamente esse mozzano il fodero protettivo alle due estremità, riducendolo così ad avere un aspetto cilindrico e lo fissano mediante ciuffi di vegetali al fusto sommerso della pianta di riso o di altre piante acquatiche : così si preparano alla ninfosi che dura da 10 a 15 giorni circa. Già a fine maggio com¬ paiono pertanto i primi insetti perfetti che volano però di prefe¬ renza al crepuscolo, rimanendo rifugiati, di giorno, tra le pianticelle emerse della coltivaziane. Essi si presentano colla massima fre¬ quenza in principio di giugno ma compaiono continuamente durante tutto il mese ed oltre (2). Verso la metà di giugno si possono osservare in abbondanza le masse ovigere. La femmina depone le uova di preferenza sotto le foglie galleggianti, a superficie larga cosicché, in risaia, si trovano quasi sempre attaccate alla pagina inferiore delle foglie natanti di Alisma Phmtago acquatica L. (vedi fig. 7) e di Sagittaria sagittaefolia L. ; nelle risaie poi dove la vegeta¬ zione a foglie di questo tipo è rappresentato anche dai Potamo- geton ( natans L. ed altre specie), dalla Nymphaea alba L. e (1) Fu Supino che studiò per la prima volta questo aggruppamento di larve e che con brillanti esperienze illustrò la dannosità delle singole specie alla coltivazione del riso (Vedi Bibl. N. 7). (2) Si capisce bene come non sia possibile stabilire un calendario di sviluppo biologico per questa, come del resto per tutte le altre, specie; si potranno istituire tutt’ al più delle date solo di media per la comparsa dei diversi stadi ; ci sono infatti dei periodi dell’ annata in cui contem¬ poraneamente si raccolgono uova, larvule, larve, ninfe e imagines, perchè vi saranno sempre stadi in discordanza, precocità e ritardi, sia iniziali che dipendenti da fattori esterni. I TRICOTTERI DELLE RISAIE 113 dal Nuphar luteum L. (specialmente nelle risaie a solchi profondi del Veneto e anche del Piemonte), Tr. bicolor predilige senza altro, per la deposizione, queste ultime piante. Non è raro di trovare delle foglie che portino più di una massa ovigera (2-10), sia per la scarsezza della vegetazione più indicata allo scopo, sia per la posizione e le dimensioni delle foglie preferite. La deposizione delle uova può aver luogo, tanto nel fossato, quanto nella risaia e questo è importante perchè, femmine precoci che si sono sviluppate dai risi possono popolare di uova i fossati e, viceversa, femmine tardive derivate dai fossati porteranno in risaia una nuova rappre¬ sentanza ritardatala della specie. Dopo un periodo che va da una decina a una ventina di giorni, le lar- vule schiudono dalle uova. Strisciano faticosamente nella massa gelatinosa che le trattiene, con l’aiuto delle zam¬ pe posteriori ancora flessibili e dell’ad¬ dome: mediante le mandibole rompono l’involucro esterno della massa ed esco¬ no nell’ acqua munite già di un pic¬ colo fodero formato dalla cuticola della masserella stessa. Giunte sul fondo, o negli ammassi algosi natanti incrostano subito il fodero con fango e con ritagli vegetali minutissimi (frammenti di al¬ ghe, ritagli di Lemna , ecc.), senza or- dine apparente. E da notare però che 1‘ uscita delle larvule dalla massa ovi¬ gera non si effettua contemporanea¬ mente : essa dura per alcuni giorni e certe uova (circa 1/3) daranno luogo alle larvule solo dopo un certo tempo, talvolta anche dopo 20-35 giorni, in modo che le ultime larvule sverneranno insieme con quelle che saranno derivate dalla successiva deposizione (*). Ritornando alla massa (0 Ritengo del tutto nuove le notizie che io do sulla differenza dell'inizio della schiusa per le larve di questa specie col conseguente ritardo di metaforfosi, fino allo svernamento, delle larve più ritardatane. Fig. 7. — Massa ovigera di Tr. bicolor Gurt. attac¬ cata alla pagina infe¬ riore di una foglia gal¬ leggi ante di Al i s m a plantacjo acquatica L. (Grand, natur., fot. ori».). S 114 G. P. MORETTI delle larvale le vediamo nutrirsi prevalentemente di alghe e rara¬ mente in questa stagione esse attaccano il riso. Anche queste precedono subito nello sviluppo le compagne rimaste nei fossati. Dopo cinque, dieci giorni, passano già al 11° stadio e allora uti- Fig. 8. — A. Fodero ninfale di Tr. bicolor Curt. fissato a una foglia sommersa di riso. B. Fodero ninfale di Oecetis furva Rami), fissato fra Nccjcis minor. (Fot. orig.). lizzano, di preferenza, piante meno tenaci di quelle del riso per costruirsi i loro foderi vegetali disposti a spirale; ciò nondimeno non risparmiano neppure la pianticella di Oryza. Solo allora si possono scorgere con una certa facilità. Pochi giorni (10-15) ha- I TRICOTTERI DELLE RISAIE 115 stano ad esse per passare al III0 stadio; infatti circa a metà di luglio, esse sono in risaia a questo punto del loro sviluppo; rapi¬ damente trascorrono anche il IV0 stadio e la fine di luglio le trova generalmente ad avere già compiuto il V°. Ancora passano alla ninfosi, ma questa volta fissano il fodero con preferenza alle foglie sommerse del riso o alle foglie più vaste di altra vegeta¬ zione (vedi fig. 8 : A). In agosto compaiono di nuovo le imagini e ben presto si tornano a raccogliere le masse ovigere che costituiscono la seconda o o generazione (1). La prima generazione presenta quindi in risaia uno sviluppo assai rapido. Alla fine di agosto ancora si osservano le giovani larve ma gli stadi di sviluppo sono in questo caso assai più lenti, e a questo punto esse larve sono incapaci di arrecare danno al riso, troppo resistente per poter servire da materiale costruttivo. La fine della risaia trova queste larve ancora al II0 o al III0 stadio (settembre per le risaie a vicenda normali, ottobre per quelle di trapianto). Contemporaneamente vanno scomparendo le ultime imagini di prima generazione, le ultime masse ovigere che segnano la seconda generazione diminuiscono vieppiù di numero, sicché il termine della coltivazione del riso (sempre riferendosi alle risaie a vicenda) riversa nei fossati alcune larve giovani, più avanzate però nello sviluppo rispetto a quelle nate nei fossati. Esse sverneranno in una specie di riposo per riprendere con la bella stagione la metamorfosi. Si può quindi parlare qui di una rapida generazione estiva e di una lenta generazione ibernante. Molte larve rimangono nelle pozze residuali, nei solchi, negli ammassi algosi umidi della risaia, dove sopravviveranno ancora per un po’, ma nessuna riprenderà il ciclo nell’ anno successivo perchè sono destinate a soccombere nell' aratura primaverile della campagna. Molto meno interessante è il ciclo biologico di questa specie nelle risaie perenni e nei fossati ; c’ è sempre un vantaggio nella velocità del ciclo di sviluppo per le forme di risaia rispetto a quelle dei fossati, essendo le prime favorite dalla temperatura più elevata, ma esse si comportano allo stesso modo come potreb¬ bero comportarsi se si trovassero in una palude o in uno stagno (h Tanto gli insetti perfetti della prima generazione, quanto quelli derivati dalle larve che sverneranno hanno una vita breve : di norma non compiono più di 20 giorni, ordinariamente 7-10. 116 G. P. MORETTI qualsiasi ad acque poco profonde, dato che non vi è nè immissione nè espulsione, nè cessazione invernale dell’ ambiente (1). Nelle risaie a vicenda e permanenti che io presi in osser¬ vazione e nei campi sperimentali che mi feci appositamente costruire, ho potuto notare che gdi unici animali veramente capaci di sterminare queste larve (come pure tutte le altre larve di tri- cotteri) sono i pesci e, fra questi, la carpa è il pesce più vorace di queste larve. Gen. Oecetis Me. Lach. * Sp. Oecetis furva Ramb. * Larvula, larva e fodero larvale. - La larvula è molto simile come aspetto generale a quella di Tr. bicolor , si distingue però facilmente sopratutto per avere 1’ ultimo paio di zampe svi¬ luppato ma privo di frangie natatorie. Appena schiusa, la larvula si costruisce già un minuto fodero con piccoli elementi vegetali. La larva adulta presenta un corpo cilindrico sottile, quasi imper¬ cettibilmente ristretto all’ indietro; la parte più larga è in rapporto al mesotorace, mentre l' ultimo segmento dell’addome è più stretto degli altri. La testa è piuttosto grande, subovale e piatta, di color giallo pallido, con macchie e disegni scuri. Le bande forcali giacciono su di una zona più scura e sono segnate da una serie di otto grandi macchie ; agli angoli posteriori del clipeo si osser¬ vano due macchie trasverse che non raramente, per certi individui, si risolvono in 5 punti separati; sei punti in doppia serie longi¬ tudinale giacciono sulla zona anteriore ; l’ ipostoma è piccolo e triangolare e le antenne risultano relativamente lunghe e sottili, terminate da una lunga setola apicale. L’ apparato boccale è pro¬ minente; il labbro è trasverso ellittico, con qualche lunga setola ai margini laterali e anteriori; a metà di quest’ultimo si trova una incisione a semicerchio con piccole denticolazioni ; setole lunghe e corte, diritte e ricurve sulla parte dorsale e, finalmente due paia di grosse spine arcuate, al bordo anteriore del labbro. Le mandibole sono robuste, ma sensibilmente strette e cultriformi, la loro estremità è a mo’ di becco con due denti ; cardo delle (M Tr. bicolor , come tutte le altre specie di tricotteri, è più o meno abbondante, a seconda delle località e delle annate. I TRICOTTERI DELLE RISAIE 117 mascelle e angolo postero- mediano dello stipe, quasi totalmente neri. Il lobo mascellare è lungo, digitiforme munito alle estremità di bastoncelli sensoriali ; i palpi mascellari sono così lunghi da superare di non poco il labbro, il lobo labiale è separato dallo stipe mediante una placchetta chitinosa scura. I segmenti toracici sono gradualmente più larghi; pronoto e mesonoto cornei, cigliati in avanti e ai lati. Gli angoli posteriori del pronoto sono neri. Sullo scudo del mesonoto si rinviene una linea trasversale, perpen¬ dicolare alla sutura della parte mediana, essa è talvolta indistinta in certi esemplari pallidi. Il mesonoto è giallo bruniccio con macchie indistinte e con due grosse macchie triangolari, nette agli angoli anteriori. Il mesonoto è privo di chitina. Le placche di Fig. 9. — Larva e fodero larvale di Ingr. 1 V2 Oecetis furva Ramb. (Fot. origin.). appoggio delle zampe anteriori appaiono larghe. Ad ogni lato del metasterno si riconoscono due o tre setole. La zampe sono grada¬ tamente più lunghe, ricche di ciglia ma sprovviste (le ultime) di frangie natatorie. La larva di Oecetis furva è camminatrice. Le tibie posteriori sono formate di un sol pezzo e, sono provviste di due speroni apicali solo le tibie anteriori. Trocanteri, femori, tibie e tarsi con due spine gialle ; una serie pettiniforme di spinule pallide al bordo anteriore delle tibie e dei tarsi anteriori. Le unghie sono lunghe e sottili ; quelle dei tarsi posteriori sono munite di una spina basale netta. 118 G. P. MORETTI Le solite gibbosità mammellonari sul primo sagmento dell; ad¬ dome ; di esse però le due laterali sono inclinate all’ ingiù e quella dorsale è provvista alla base di leggere rugosità Glutinose, concen¬ triche. Le linee laterali sono sottilissime, compaiono sul terzo segmento e vanno diminuendo lino al VII", fino a scomparire. Le branchie sono filiformi lunghe e semplici. Appendici di fissazione piccole, biarticolate ; le unghie terminali sone provviste di due uncini dorsali giustapposti. La larva adulta è di piccole dimensioni, essa misura da 7 a 9 mm. di lunghezza su 1,5-1, 9 mm. di larghezza. Il fodero larvale è diritto o ricurvo, talvolta gibboso all’ estremità anteriore, più o meno ristretto all’ estremità posteriore. E composto di fuscelli corti e stretti disposti trasversalmente e misura da 8 a 14 mm. di lunghezza su 2-3 mm. di larghezza (vedi Fig. 9). Ninfa e fodero ninfale. - La ninfa possiede un corpo cilin¬ drico, sottile, più grande nella 9 che nel rf, con testa ellittica, trasversa. Le antenne sono molto lini, quasi filiformi, più lunghe del corpo e le loro estremità sono avvolte attorno alla sommità dell’ addome; assai più lunghe nel che nella 9 presentano il 1° articolo ingrossato, lungo quanto la testa. I pezzi boccali emergono al disopra della testa. Il labbro è piccolo, quasi tanto lungo quanto è largo, arrotondato sui fianchi, con bordi laterali paralleli e il bordo anteriore sporgente a metà in una estroflessione; numerose setole dorsali sono infisse sulla sua parte distale e nella parte mediana è visibile una incisione. Le mandibole non appaiono molto robuste, esse sono subdritte fino alla metà e poi ugualmente strette, fino alla estremità che è invece assai acuminata ; la loro lama è denticolata con denti che vanno aumentando di grandezza dalla estremità lino alla base. Sono provviste di due setole. I palpi mascellari sono abbastanza sviluppati, nel più lunghi ; i palpi labiali sono più corti e non raggiungono, in media, che la base del III0 articolo dei palpi mascellari. Gli involucri alari risultano stretti, acuminati e disu¬ guali e raggiungono V inizio del VI" o la fine dell’ Vili" segmento. Le tibie anteriori, con poche setole, sono provviste di speroni, le mediane e le posteriori hanno due spine per ciascuna e queste sono lunghe, acute e disuguali. L’ apparecchio adesivo è assai debolmente sviluppato. Le branchie sono disposte come per la larva. Appendici anali a I TRICOTTERI DELLE RISAIE 119 bastoncelli, sottili, più lunghi del IX° segmento addominale. Nel cf il X° sterilite addominale è munito di una protuberanza, che porta ad ambedue i lati un processo spinoso. Nella 9 il bordo posteriore del IX0 sternite dell7 addome è diviso in due lobi alla estremità posteriore. La ninfa misura da 6 all min. di lunghezza. Il fodero ninfale è quello stesso della larva; è diritto o sub¬ arcuato, fortemente ristretto all7 indietro, costituito di fuscelli disposti trasversalmente, sì che assume un aspetto rugoso. Esso viene ridotto di lunghezza dalla larva, attaccato alla vegetazione sommersa e chiuso alle due estremità mediante membrane per¬ forate da una apertura rotonda. Così ridotto esso misura in media 7-11 mm. di lunghezza e 2-3 mm. di larghezza. Imago (vedi tav. II: 4 9 , & oG- - Il corpo è bruno gialla¬ stro, tendente anche al marrone scuro, la parte laterale dell7 addome è segnata da una linea pallida, mentre la parte inferiore è deci¬ samente chiara. Un fitto rivestimento di peli grigio giallicci e brunicci, specialmente sulla parte anteriore del corpo. Vi è una forte differenza di colore e di dimensione, oltre che morfologica, fra il maschio e la femmina. Le antenne sono assai lunghe; più del doppio dell’ala anteriore nel cf, un po’ meno nella 9* Lsse presentano una colorazione giallo grigiastra o anche bruniccia, degradante in giallo bianchiccio alle estremità. Nella 9 sono gial¬ liccio ; sulle articolazioni si notano dei sottilissimi anelli neri. Palpo mascellare molto lungo, bruniccio con ricca pubescenza grigio marrone nel giallastra nella 9? l’articolo basale di esso è più corto del successivo, il quale, a sua volta è più corto del III, il IV" articolo è lungo quanto il 1° e, finalmente il V° è assai corto. Le zampe sono di colore bruniccio nel maschio, giallo grigio degradante in giallo bianchiccio nella femmina. La tibia anteriore, tanto nel ^ , quanto nella 9 è sprovvista di spe¬ roni ; la mediana e la posteriore hanno due speroni ciascuna in ambedue i sessi. L'ala anteriore è stretta, nel $ è più larga che nella 9j grigio chiara a peli compatti bruno grigiastri (cf)7 op¬ pure giallo ocra chiaro (9)- Le ciglia marginali sono brune nel e giallo ocra nella 9* Nel U1 talvolta, sull’anastomosi si notano stretti segni neri con due o tre punti pure neri. La nervatura delle ali anteriori à quasi irriconoscibile sotto la folta pubescenza; l’ala posteriore è più larga dell’anteriore con un margine costale appena, appena concavo; la membrana è grigio nericcia, con peli nericci piuttosto compatti e con ciglia marginali consimili nel fi71, 120 G. P. MORETTI grigio gialliccia chiara, con deboli iridescenze e peli e ciglia gial¬ licce nella 9 • Le appendici preanali del r/1 sono corte, larghe e ar¬ rotondate ; i piedi genitali ventrali sono stretti, non intagliati alla faccia interna. Le due aste sono subeguali; quella dorsale un po’ più larga. Come colorazione”generale : nella femmina predomina il giallo, nel maschio il bruno. Lunghezza del corpo 5-7 mm. ; apertura d’ali 15,5-20,5 mm. La femmina è più grande del maschio. Massa ovigera. - Si presenta sotto forma di una massa gelatinosa subsferica, deposta tanto sul fondo quanto sulla vege¬ tazione sommersa, di circa 5-7 mm. di diametro. Le uova sono però agglomerate in un nucleo centrale di 3-5 mm. L’uovo è leggermente ellittico e misura 0,27-0,32 mm. di lunghezza su 0,28 mm. di larghezza. % ❖ & Questa specie è nuova per la risaia e, da quanto mi consta, anche per la fauna italiana. Io la rinvenni con una certa frequenza in diverse località dell’Italia settentrionale. Il suo ciclo biologico in risaia (« a vicenda » e « di colmata ») mi risulta assai simile a quello della specie prececente, è inutile quindi dilungarsi nella ripetizione di quanto è stato detto poc’anzi. Basterà semplicemente ricordare che le giovani larve, penetrate in risaia a rotazione insieme a quelle della specie precedente, trascorrono rapidamente gli stadii successivi finché, a fine maggio o ai primi di giugno passano già alla ninfosi. A questo momento esse attaccano il loro fodero spinoso alla vegetazione sommersa, con preferenza fra le numerose ramificazioni della Nayas minor L. che tappezza il fondo (vedi Big. 8: B pag. 22) e, dopo un pe¬ riodo di 10-15 giorni, la ninfa si trasforma in imago. Questa vola anche in pieno giorno con volo veloce ma incostante. Le masse ovigere si trovano in fine di giugno tra la vegetazione sommersa, assai sovente fra le Nayas del fondo. Il resto del ciclo è come in Tr. bicolor. \ E invece importante illustrare come i costumi di O. furva, siano assai diversi da quelli esposti per la specie precedente. In risaia, come pure in palude a riso e in fossati, essa predi¬ lige anziché le zone superficiali, il fondo ; larve tipicamente sapro¬ fite, quelle di O. furva si raccolgono preferibilmente laddove le I TRICOTTERI DELLE RISAIE 121 foglie e i fuscelli caduti dalle piante macerano sul fondo della risaia; nascoste nel materiale vegetale macerante, assai lente nello spostarsi, fortemente mimetiche col fondo, a causa del loro piccolo fodero in fuscelli sottili e bruni, sono difficilmente riconoscibili nell7 ambiente, anche perchè non molto abbondanti, almeno in certe annate. Il risai olo non dimostra di conoscerle, esse sfuggono infatti facilmente all7 occhio se non si presti un’attenzione minutissima nell7 esaminare il fondo soprafìtico, quasi ad elemento per elemento. Le forme che si trovano in risaia sono sempre in notevole van¬ taggio rispetto a quelle dei fossati, anch'esse sono preda ricerca¬ tissima dei pesci ; data però la scarsezza, date le loro abitudini costruttive (utilizzano, come si è detto, per la costruzione dei loro foderi quasi esclusivamente corti e sottili fuscelli o sottili fusti o foglie di piccole pianticelle) e il loro regime prevalentemente carnivoro, esse sono incapaci di arrecare danni rilevanti alla coltivazione del riso, anche nelle risaie di acquitrini, dove mi risultano più abbondanti. Fam. Limnophilidae Kol. Sotto-fam. Limnophilinae Ulm. Gen. Limnophilus Burnì. Sp. Limnophilus rhombicics L. Larvula, larva e fodero larvale. - Corpo cruciforme. Le macchie della chitina sul capo, prò e mesonoto sono ancora con¬ fuse e poco intense, le setole e i peli sono molto diffusi e lunghi, mentre le linee laterali sono pochissimo visibili o mancanti. Già al primo stadio la larvula si costruisce un piccolo fodero irrego¬ lare composto, sia di elementi minerali, come pure di particelle vegetali. La larva adulta presenta un corpo subcilindrico di taglia piuttosto grossa, con la parte pili larga verso il metatorace e il primo segmento addominale; testa e torace di grandezza pressoché eguale. La testa è fortemente inclinata all7 ingiù, corta e larga, con bande forcali scure, che non seguono però esattamente le linee forcali, che risaltano sul colore chiaro del campo. Gli occhi sono situati su di una prominenza più chiara del colore di fondo. Antenne ridottissime, inserite su una leggera gibbosità e sprov- 122 G. P. MORETTI viste di setole. Clipeo largo in avanti, rientrante alla metà e poi ad ovale acuminato all5 estremità posteriore; è percorso longitu¬ dinalmente da una fascia scura poco slargata in avanti in modo da lasciar scorgere una buona parte del colore pallido fra questa e le bande forcali. Pezzi boccali pochissimo prominenti, labbro rotondeggiante, emisferico, con forte incavatura alla metà del lato anteriore; al margine anteriore due paia di spine gialle, arcuate, le mediane più corte; ciuffi di peli ai lati. Le mandibole sono molto scure, simmetriche, denticolate, provviste di un baffo interno e di due setole dorsali. Mascelle e labium molto corti; il lobo mascellare raggiunge l’estremità del quarto articolo dei palpi, ed è provvisto al disotto, al bordo interno, di peli numerosi, di setole e di qualche spina : cardo stretto e stipe corto. Palpi mascellari di cinque articoli, dei quali : il primo è grosso e riccamente cigliato al disotto, gli altri gradatamente più piccoli, l5 ultimo con qualche piccola ajjpendice terminale. Il labium è corto e il lobo labiale è conico, ottuso; palpi labiali pure corti, di un solo articolo, con qualche bastoncello tattile. I segmenti toracici sono successivamente più larghi all' in¬ dietro e il metatorace misura circa due volte la lunghezza del protorace. Fondamentalmente sono pallidi, con linee, macchie e punti scuri. Pronoto e mesonoto rivestiti da una placca chitinosa quadrangolare divisa in due parti da una sutura longitudinale mediana. Al margine anteriore del pronoto spine corte e setole sottili e pallide; superiormente setole corte e lunghe, gialle e nere; margine posteriore fasciato di nero alle orlature ; nel terzo ante¬ riore, di colore bruno scuro, un solco trasverso col fondo pure scuro e, sulla parte posteriore della linea mediana una serie di punti disposti ad un gruppo di punti nel centro delle due metà del pronoto e infine un piccolo gruppetto di punteggiature un po' oltre la metà dei lati. La zona mediana è nettamente chiara. La placca chitinosa del mesonoto è rettangolare, diritta agli angoli, poco sinuosa e rientrante al bordo e agli angoli posteriori. Un gruppo di setole numerose agli angoli posteriori, uno meno denso presso la metà del bordo anteriore e uno dietro ogni lato della linea mediana. Lffi insieme di punti forma una caratte¬ ristica macchia cuneiforme in rapporto agli angoli anteriori, fino quasi alla parte centrale delle due metà del segmento. All' innanzi due punti supplementari in prossimità della linea mediana, ancora I TRICOTTERI DELLE RISAIE 123 qualche punto sulla zona posteriore e, presso gli angoli posteriori, una scura stria cuneiforme, obliqua. Il metanoto è provvisto semplicemente di sei piccoli scudi editinosi, dei quali, due elittici, piccoli e poveri di setole sono posti sulla parte anteriore del segmento, presso la linea mediana, due altri subtriangolari riposano all’ indietro e all’ infuori dei primi e finalmente gli ultimi due, i più vasti e i più ricchi di setole, sono situati lateralmente e nel senso longitudinale del segmento. Le placche d’ appoggio anteriori del primo paio di zampe sono composte di due pezzi: uno anteriore scuro, triangolare, ot¬ tuso, con una setola corta e due piccole setole chiare, uno poste- rioriore oblungo, diviso in due parti da un solco mediano scuro. Le placche delle zampe mediane e posteriori sono invece irrego¬ larmente triangolari, col vertice rivolto dorsalmente e la base ventralmente, sulla faccia superiore numerose setole e punteg¬ giature scure; al bordo posteriore del prosterno un piccolo scudo mediano trasverso, al bordo posteriore del mesonoto e sul meta- sterno alcuni punti scuri. Il corno prosternale è assai evidente. Le zampe sono robuste e disuguali: le prime corte e grosse, le mediane più lunghe e più grosse delle posteriori. Su ciascuno dei femori due speroni gialli, posti circa alla metà del bordo interno, dei quali il distale è assai più lungo del prossimale; sulla faccia larga dei femori anteriori una setola addizionale fra i due speroni suddetti. Al bordo anteriore delle tibie e dei tarsi spine oblique; due robuste spine alla estremità inferiore del margine superiore delle tibie. Lue setole calcariformi sui femori mediani e posteriori; di esse, la distale è più grande della prossimale. Le unghie sono robuste, ricurve, provviste di una spina basale poiù corta dell* unghia. Addome cilindrico, con segmenti discretamente delimitati, l’ultimo decisamente il più stretto, il primo senz'altro il più largo. Lai primo segmento sporgono tre mammelloni, uno dorsale acuminato e due laterali ottusi. Sulla superficie convessa del primo sternite dell’addome, qualche pelo. Le linee laterali sono molto distinte e, partendo dal terzo segmento, arrivano fino all’ ottavo. Esse sono provviste di setole nere, corte e fittissime ai lati e dorsalmente, presso il bordo an¬ teriore del segmento, di punti chitinosi portanti ciascuno due corte setole divergenti. Le tracheobranchie mancano sul primo 124 G. P. MORETTI segmento, sono presenti sugli altri, sia nelle serie laterali che nelle serie dorsali e ventrali, filiformi, riunite a gruppetti di due e di tre filamenti. Sul secondo segmento addominale si osservano delle branchie presegmentali laterali, trigemine. Al bordo poste¬ riore dell’ ultimo tergite (IX0 segmento) una placca d'appoggio chitinosa trasverso ellittica, con delle setole numerose (general¬ mente 24). Finalmente le appendici di fissazione sono corte, composte di due articoli interamente chitinizzati : uncini terminali arcuati, scuri, CGn uncinetti dorsali. La larva adulta misura da 19 a 21 mm. di lunghezza su 3, 5-4,5 mm. di larghezza. Il fodero è variabile; generalmente è diritto nelle vecchie larve, leggermente ristretto all’ indietro. Esso è composto, sia di materiali vegetali sottili e grossolani, disposti in senso trasversale o longitudinale, sia di pietruzze o granelli di sabbia o ancora di conchiglie. Presenta sempre la apertura anteriore obliqua. Misura da 18 a 27 mm. di lunghezza e da 5 a 6,6 mm. di larghezza. Ninfa e fodero ninfale. - Corpo subcilindrico : la parte più larga si osserva in rapporto ai segmenti VI e VII dell' addome. La fronte è pressoché diritta. Il primo articolo delle antenne, che sono più corte del corpo, è il più lungo e il più grosso ed è provvisto di alcune setole, così come lo è il secondo ; un paio di setole si erige fra le antenne, due paia all’ avanti di queste e, ancora due stanuo avanti agli occhi. Il labbro è semicircolare, piuttosto convesso al disopra, arrotondato ai fianchi, prominente in avanti alla metà del bordo anteriore e provvisto di una setola pallida e corta ad ambedue i lati di questa sporgenza; poco all’ indietro, nella parte centrale, un incavo trasverso profondo davanti al quale il labbro è decisamente più pallido e sublucido; una zona pallida rotondeggiante trovasi in ambedue i lati degli angoli anteriori. Tali zone portano cinque lunghe setole nere, ricurve in avanti e disposte in due serie trasverse : una posteriore di tre setole ed una anteriore di due setole; finalmente alla base del labbro tre paia di setole delle quali, il paio esterno, il più corto. Le mandibole sono molto grosse, sviluppate, larghe alla base e subtriangolari gradatamente ristrette fino al vertice che è decisamente acuto; la lama è semplice, con sottili e scarse denti- colazioni e priva di ciglia. I palpi mascellari del fi’ hanno tre articoli, quelli della 9 cinque. I palpi labiali sono in ambedue i sessi di tre articoli, ben più corti dei mascellari. I TR1CGTTERI DELLE RISAIE 125 Gli abbozzi alari sono disuguali; i posteriori più stretti degli anteriori. Numero degli speroni $ e $ 1 , 2,4; quelli delle zampe an¬ teriori lunghi ed acuminati, più corti ed ottusi quelli delle poste¬ riori. Le frangie natatorie sono riccamente sviluppate sui tarsi mediani e molto sparse sui tarsi dell’ ultimo paio di zampe. Molto sviluppato è l’apparecchio di adesione; il primo tergite è ricco di chitina, sopratutto sulla sua parte posteriore che è in ampio rilievo, a mo’ di sella, con due lobi fortemente spinosi ; le emer¬ genze verruciformi sono contigue. Sui tergiti 4-7 alcuni scudi presegmentali con uncini cintinosi, inoltre placche di questo tipo ma postsegmentali giacciono sul V° tergite. Sono presenti le linee laterali dal V° all’ Vili0 segmento, sopra il quale vanno formando una corona di ricche setole scure, ma interrotte. Alcune setole in ordine trasverale alla metà del IX" tergite e al bordo posteriore, spinole ricurve in avanti. La disposizione delle branchie è come nella larva. Appendici anali bacuìiformi e Glutinose, coll’ apice ottuso e provviste di poche e corte setole, pochi uncini incurvati in avanti al bordo esterno e presso l’ apice. Il fodero ninfale è lo stesso della larva, fissato a un supporto e chiuso alle due estremità. Imago. - Insetto di notevoli dimensioni. Presenta la testa e il torace rossicci o giallo brunicci, con pochi peli dello stesso colore o giallo dorati. La parte posteriore del corpo è superiormente grigio-bruna, inferiormente bruno rossiccia e non raramente addirittura verda¬ stra. Le antenne e i palpi sono di color rosso bruno chiaro, le zampe giallo scuro, tendenti al giallo rossastro, con evidenti spine nere. L’ala anteriore è larga, con margine apicale tozzamente mozzo, lucente, di colore giallo oscurantesi in bruno fulvo, più scuro sul bordo postcostale e con una pallida e grande macchia a finestra (ovale o romboidale) disposta obliquamente, spesso limitata da parti più o meno fulve. La macula della anastomosi è rotonda e più chiara ancora, inoltre una piccola macula visibile sul tiridio. L’apice dell’ala è scuro; si noti però che negli esemplari più pallidi le macchie ialine non risultano visibili. L’ala posteriore è ialina, iridescente, gialliccia all’ apice, con nervature gialle nella parte più chiara e debolmente bruniccia nella parte più scura (come avviene pure nell’ ala anteriore). Nel 126 G. T. MORETTI si riscontra una corta frangiatura marrone e il tergite dell’ Vili0 segmento è ottuso, molto prominente in avanti e curvato ventral¬ mente ; appendici preanali grandi, a ino’ di orecchio, con bordo annerito e dentellato e con angolo ventraie-distale prolungato in avanti con una corta appendice dentata, grossa, nera, rivolta medialmente. Gli uncini del X" segmento sono lunghi circa la metà delle appendici preanali, diritti e con punta nera. Final¬ mente i piedi genitali sono corti. Nella 9 il IX" tergite ha forma triangolare ed è largo ed ottuso ; le appendici preanali sono lunghe e slanciate, con peli gialli : la metà basale è larga, mentre l'estremità è stretta e curvata verso il centro. Lunghezza del corpo 10-17 mm. Apertura delle ali 30-44 mm. Massa ovigera. - La massa ovigera del genere si presenta sotto forma di globi subsferici, del diametro di 20 mm. all' in¬ circa, attaccati alle foglie in prossimità dell'acqua: le uova sono grossolanamente ellittiche, di 0,3-0, 6 mm. % % & Questa specie fu descritta da Del Guercio per le risaie del Bolognese (Q insieme con Phr. striata L. Nessuna notizia nè morfologica nè biologica è espressa nella sua breve comunicazione; egli accenna solamente ai danni che la larva di questo tricottero avrebbe causati ai risi di Molinella. Nelle varie osservazioni che condussi in risaia a vicenda non mi avvenne mai di incontrare L. rhombicus L. che raccolsi invece abbondante nelle risaie di acquitrino. In questi ambienti tale limnolilide non riesce eccessi¬ vamente dannoso alla coltivazione del riso perchè trova abbon¬ dantissimo e svariato materiale, sia minerale che vegetale, che risponde meglio della pianticella di riso ai propri istinti costrut¬ tivi (Arando ph ragmites, Ti/plia , muschi, pietruzze, conchiglie di molluschi dei generi Cycìas , Plartorbis , Limnea). E raro in¬ fatti il caso che una larva di questa specie si costruisca un involucro totalmente in ritagli di riso, assai sovente essa si foggia dei foderi con materiale diverso. Assai più rilevanti sarebbero invece i danni che le larve di L. rhombicus potrebbero arrecare, (V) Vedi bibl. N. 2 I TRICOTTERI DELLE RISAIE 127 qualora fossero presenti in grande numero, nei risi di rotazione dove, la coltivazione è quasi esclusivamente rappresentata da Oryza. Le condizioni del ciclo biologico di questa specie sono riducibili a quelle precedentemente descritte per Phr. striata.! basterà quindi ricordare che gli insetti perfetti compaiono in luglio e nuovamente in settembre e ottobre e che le masse ovi- gere si osservano quasi contemporaneamente, sopratutto sotto le foglie di Arancio phragmites e di Typha. Sp. Limn. flavicornis Fbr. Larva e fodero larvale (1). - Specie affine alla prece¬ dente, differisce per i caratteri seguenti : testa corta e larga, bruna su tutta la parte posteriore in rapporto alla faccia ventrale ; ipostoma pallido. La banda clipeale è molto allargata all’ avanti dove essa ricopre quasi interamente il clipeo, per cui ivi non resta del colore pallido del fondo che una linea sottile compresa fra le bande forcali e la suddetta banda clipeale. Pronoto abbrunito semplicemente sul terzo anteriore; solco trasverso più cupo del pronoto, mesonoto bruno scurissimo agli angoli anteriori. Le bran¬ chie sono in numero di 82 nella media dei casi ma, la disposizione non è sempre costante. Fra la setola laterale e quella mediana della placca chitinosa del IX° tergite addominale si contano 5 setole. Lunghezza 20-24 min.; larghezza 3, 5-4, 5 mm. Il fodero è più largo di quello di L. rhombicus a cui asso¬ miglia però notevolmente ; spesso è provvisto all’ indietro di ele¬ menti più sottili di quelli impiegati nella zona anteriore, disposti trasversalmente, longitudinalmente oppure anche obliquamente. Il fodero della larva vecchia è subdritto, cioè obliquo anteriormente, diritto posteriormente e con la parte anteriore più larga. Misura circa 20-25 mm. di lunghezza. Ninfa e fodero ninfale. - La ninfa è del tutto simile a quella della specie precedente. Oggi non si è ancora in grado, purtroppo, di esporre con esattezza e sicurezza i caratteri specifici differenziali delle singole specie del genere Limnophilus ; si può f1) Non è la larvala, ancora possibile trovare caratteri differenziali evidenti per 128 G. P. MORETTI dire solamente con una certa approssimazione che, in media, il numero dei filamenti traeheobranchiali della ninfa di questa specie si mantiene attorno a 77. Il fodero ninfale è quello stesso della larva, chiuso alle due estremità e fissato ad un qualsiasi supporto sommerso. Imago. - La testa, il pronoto e la superfice inferiore del to¬ race sono giallo-bruno con spiccata tendenza al rossiccio. Peli grigi e gialli, chiari rivestono, la testa e il pronoto; due strisce giallice giacciono presso la sutura mediana del mesonoto che, come il metanoto è grigio nericcio. La parte pasteriore del corpo è decisamento grigia scura con la porzione inferiore verdiccia o addirittura verde, come pure rossiccia o bruniccia. L’ antenna è di colore giallo marrone, poco più corta dell* ala anteriore e con anelli bruni. Il palpo e le zampe sono bruno gialliccio, le ultime con forti e acuminate spine nere. L’ala anteriore è all’apice un po’ più stretta di quanto non sia in L. rhombicus , incolore o gialliccia, sopra tutto nella parte apicale, ialina e lucente con parecchie macule punteggiate brune che lasciano libera la parte costale. Non sono tuttavia neppure molto rari gli esemplari senza mucule. La macchia del pterostigma è mancante o appena visibile. La macchia a finestra e quella dell* anastomosi sono visibili sola¬ mente negli esemplari a colorazione scura. La nervatura è gial¬ liccia e passa al bruno in rapporto alla zone macchiate. L’ ala posteriore è ialina, debolmente gialliccia all’apice sopratutto nella 9, le nervature sono giallo chiaro; frangie del rf a peli neri assai visibili. Nel l’VIII0 tergite è raramente prolungato in avanti. Le .appendici preanali sono dentate, grandi, cave e concave all’orlo distale. La lunghezza degli uncini del N° segmento è pari a quelle delle appendici preanali; queste sono triangolari con punta nera ed ottusa e base marrone. Nella 9 le appendici preanali sono dilatate solo alla base, poi cilindriche, strette e diritte. Lunghezza 10-14 min. Apertura delle ali 26-37 min. Massa ovigera. - Presenta le stesse caratteristiche di quella della specie precedente. I TRICOTTERI DELLE RISAIE 129 £ & # Osservato da Supino nelle risaie a vicenda, L. flavicornis L. non fu più segnalato a mia notizia, in questo ambiente (*). Non abbiamo però nessuna descrizione della biologia di questa specie nelle nostre risaie, dove non mi fu possibile di riscontrarla mai. E invece solitamente abbondante nelle risaie di palude e di acquitrino, dove potei constatare che il suo ciclo di sviluppo è esattamente riferibile a quello di L. rhombicus L. Neppure questa specie mi risulta particolarmente nociva alla coltivazione del riso nelle risaie permanenti, dove la larva, come quella della specie precedente, trova una ricca scelta di materiale per costruirsi il fodero (sopratutto gusci di Molluschi del genere Planorbis , Cyclas ecc.), senza dover dipendere esclusivamente dalla pianticella di riso, come invece avverrebbe nella risaia a vicenda. Indubbia¬ mente, però, se in quest’ultimo ambiente L. flavicornis si pre¬ sentasse con una certa frequenza, vi potrebbe arrecare danni non lievi. Cren. Anabolia Steph. * Sp. Anabolia lombarda Ris. * Larvula, larva e fodero larvale (2). - La larvula presenta le caratteristiche delle larvule appartenenti alla fam. delle Limno- philidae. Essa misura da 2 a 4 mm. di lunghezza. La larva adulta presenta un corpo eruciforme, cilindrico. La testa, piuttosto piccola ed ovale, è ornata di un disegno caratte¬ ristico che differenzia immediatamente le larve di questo genere da tutte quelle della famiglia delle Limnophilidae ; a metà del clipeo si trova un disegno bruno a forma di fungo e due piccole bande nere sormontano la macchia fungiforme. In questa specie tali bande partono dalla base delle mandibole, senza raggiungere la suddetta macchia. Esse sono più o meno visibili a secondo che ( 1 ) Vedi Bibl. N. 8. (2) Riporto qui, in parte, le notizie di una mia nota preventiva nella quale furono descritti per la prima volta i primi stadi di questa specie. G. P. Moretti. Le uova e la larva di A. lombarda Ris. : Boi. Soc. Entom. Ital. An. LXYI N. 1-2, p. 21-25, Febr. 1934. y 130 G. P. MORETTI la zona in cui sono comprese è molto o poco scura, ed hanno forma ricurva, a forte convessità opposta. Le linee che costitui¬ scono il peduncolo nel disegno fungiforme sono punteggiate, con macchie più o meno fuse. Un arco di punteggiature cerchia il suddetto disegno nella parte posteriore. Le fascie forcali sono sostituite da grosse macchie e punti. Punti forcali e pleurali numerosi, in serie più o meno regolari coprono i lati (pleure ) e la base (occipite) della testa, la cui parte inferiore è di colore giallo bruniccio con macchie nere e brune. L’ ipostoma è bruno. Occhi convessi, spostati un po’ oltre la metà dei lati della testa, presso le mandibole. Le antenne sono rudimentali, formate di un articolo basale emisferico, terminato da una piccola appendicula nerastra. Il labbro è fortemente inca¬ vato nella parte mediana del bordo anteriore; sulla parte convessa di questo si trovano piccole frangiette di ciglia gialle, con due setole fulve molto sviluppate; sulla parte superiore, posteriore, quattro setole disposte ad arco; la colorazione del labbro è per la massima parte bruna, una zona esterna più chiara delimita la parte centrale scura, cuoriforme. Mandibole corte, grosse, provviste di quattro denti ben visi¬ bili, rientranti alla faccia interna dove si rinviene un baffo pal¬ lido ; sono convesse al lato esterno e con un debole incavo in rapporto all* apice. Pronoto pallido con punteggiature caratteristiche agli angoli posteriori; mesonoto pallido, con zone laterali più scure che convergono al lato posteriore ; sulla parte mediana una serie disposta a W, in prossimità degli angoli posteriori stimine nere ben marcate. La setola addizionale dei femori anteriori è jiosta lateralmente alla spina prossimale. Il fodero larvale è un tubo di 20-25 mm. di lunghezza, in pietruzze e sabbia, leggermente depresso in senso dorso-ventrale e coll’orifizio anteriore fortemente inclinato sull’asse longitudinale. Ai lati stanno applicati lunghi fuscelli di zavorra, spesso spinosi e molto grossi. Cosi costituito il fodero larvale di A. lombarda misura da 30 a 65 min. di lunghezza su 5-10 mm. di larghezza. Ninfa e fodero ninfale. - Sebbene io sia già in possesso di diversi dati morfologici relativi alla ninfa di questa specie (che rimane tutt’ora sconosciuta per la scienza), nessun carattere spe¬ cifico differenziale mi risulta ancora così evidente e costante da poter assurgere a valore tassonomico. Per ora si può dire solo I TRICOTTERI DELLE RISAIE 131 quanto segue : corpo cilindrico di media statura, di circa 17 min. di lungh. e 3,5 mm. di larghezza. Testa trasverso ellittica, sub¬ convessa con antenne robuste e filiformi che non raggiungono la base dellr appendici anali; labbro convesso, lungo quanto è largo con fianchi paralleli, un po’ prominente alla metà del bordo an¬ teriore. Mandibole robuste con due setole dorsali. Palpi labiali grossi e corti, 1’ ultimo articolo il più lungo. Crii abbozzi alari non sorpassano il 4° segmento, decisamente rettilinei al bordo esterno e arrotondati all’angolo anteriore. Speroni 1, 3. 4, corti, in parti¬ colare quelli delle zampe posteriori, che sono ricurvi ad uncino. I tarsi anteriori sono nudi, quelli mediani frangiati e quelli posteriori con ciglia sparse. L’apparecchio di appiglio discreta¬ mente sviluppato, emergenza selliforme del 1° tergite addominale piccola e provvista di spinule abbastanza robuste. Placche chiti- nose con uncini sui tergiti 4-7. Branchie meno ricche che presso la larva. Appendici anali « a bastoncello », sottili, lunghe, diver¬ genti ■all’estremità, spinulate e provviste di quattro lunghe setole: una alla base, una presso il secondo terzo, una in prossimità dell’apice ed una apicale (1). Il fodero ninfale è identico a quello della larva, chiuso e fissato a un supporto sommerso (spesso sotto le pietre). Imago. - Insetto di medie dimensioni. Porzione frontale della testa e antenne nere, occipite bruno rosiccio, torace bruno fulvo oscuro, zampe marrone rossiccio o marrone [numero degli speroni (rf e $) 1, 3, 4]. Addome superiormente nero, inferiormente bruno fulvo. Le ali anteriori oblunghe, poco slargate all’ apice parabolico, sono di colore bruno lucido, più scure al bordo apicale, con una piccola macchia più chiara in rapporto al tiridio. La nervatura differisce poco dal colore del fondo. Le ali posteriori sono più chiare, subtrasparenti ma pure bruno-grigiastre, non molto più larghe delle ali anteriori. Le nervature sono più scure del colore fondamentale e 1’ orlo apicale è molto obliquo. Le appendici geni- (L) Questi sono su per giù i caratteri generici di Anabolia ma dato che fino ad oggi non è , conosciuta per I Italia Settentrionale che A. lombarda Ris., e ammesso anche che questa risulta I unica specie nota fino ad oggi per la risaia, ritengo che i dati sopra citati siano più che sufficienti, per ora, per il riconoscimento della ninfa di questa specie. 132 G. P. MORETTI tali superiori del sono ridotte di guisa che 1’ estremità del loro segmento mediano non raggiunge l’apice dell’appendice mediana. Il braccio centrale è poco profondamente intagliato all’ estremità, mentre il braccio laterale dell’ appendice superiore è leggermente ristretto, inoltre l’appendice superiore dalla base all’apice è nera cupa. Nella 9 non esistono delle vere appendici preanali. Il IX" tergite è piuttosto ridotto e il X" segmento sembra prolungarsi in piastre contigue. Apertura delle ali 32 min. Apertura delle, ali 9 33-37 mm. \ Massa ovigera. - E sconosciuto 1’ aspetto della massa ovigera di cpiesta specie. Le uova mi risultano disposte in un cordone lineare in numero di 100-200, in ordine ricurvo. Esse misurano 0,40 mm. di lunghezza su 0,30 mm. di larghezza. La massa, con ogni probabilità viene deposta sulla vegeta¬ zione che circonda i corsi d’acqua o da essa emergente. * * * Le larve di questa specie, come pure delle specie successive, ( Halesus digitatus e lesselatusj sono reobionte e steno terme di acque fredde, entrano quindi, in particolare nelle risaie a vicenda, durante le prime immissioni dai corsi d’ acqua, sempre in numero esiguo 9), più o meno abbondanti a seconda dell’annata e della località; frequentano sopratutto i fossati e i fontanili. Quando l’acqua viene immessa nelle risaie, volontariamente alla ricerca- dei cibo o trasportate dall’improvvisa corrente che si stabilisce, le larve penetrano nel nuovo ambiente dove, in un primo tempo rimanendo in prossimità delle bocchette d’entrata, riescono an¬ cora ad usufruire di una certa corrente fredda. Quando però le bocchette d’immissione vengono obliterate esse dimostrano di (9 Le larve di A. lombarda bis., Halesus digitatus Scbr. ed Ha 7. tesselatus Ramb., la cui presenza è segnalata qui per la prima volta, hanno tutte lo stesso habitat; entrano quindi in risaia insieme e vi si comportano in modo analogo. Quanto verrà detto per la prima specie avrà così valore anche per le altre due, salvo rare eccezioni che verranno senz’altro indicate; si eviterà così di ripetere le stesse cose per le singole specie. I TRI COTTEMI DELLE RISAIE 133 trovarsi subito a disagio nella risaia dove resta loro preclusa ogni via di ritorno nelle acque del fossato, donde sono provenute. Forme reolile, come si disse, e di acque a temperatura non ele¬ vata, non s’ allontanano allora che di pochi metri dal punto dove sono penetrate, perchè la temperatura, ben presto più elevata della risaia a specchio libero e irradiato dal sole, la torbidezza dell’ acqua e la mancanza quasi assoluta di vegetazione (almeno in un primo tempo) e di corrente le obbliga a retrocedere e a rifugiarsi là dove 1’ ambiente è più ombreggiato, come è il caso appunto della zona circostante al corso d'acqua che alimenta direttamente la risaia e che, nella generalità dei casi, è ombreg¬ giata dai filari di piante. Si può dire infatti, con una certa sicu¬ rezza, che le larve di questa specie penetrino in risaia quasi esclusivamente dai corsi d'acqua riccamente protetti dall'alta vegetazione. Quando poi la temperatura dell'acqua delle risaie sale a cifre notevolmente alte (il che avviene generalmente subito, a fine Aprile: 13°, 19°) questi insetti, privati dell’acqua corrente, fredda, limpida ed ossigenata e del nutrimento vegetale verde, soccombono facilmente. Pochissimi individui riescono ancora a sopportare queste condizioni compiendovi anche qualche muta larvale, nel qual caso sostituiscono il fodero tipico con un fodero che si accordi con il nuovo ambiente : così il tubetto di sabbia verrà sostituito con un involucro di semi e chicchi in genere, mentre le zavorre laterali verranno sostituite con pezzi di fusti di graminacee , cyperacee ecc. maceranti sul fondo, ridotte assai di lunghezza. Ma anche questi pochi esemplari divengono ben presto incapaci di resistere quando 1’ aumento della temperatura (con tutte le relative ed ovvie conseguenze) si fa più spiccato e finiscono aneli’ esse col soccombere. Nessuno di essi giunge pertanto alla ninfosi ; a maggio si può dire che non si scorgono più larve di questa specie viventi in risaia. Così pure succede per le larve delle specie successive. Le immissioni d’ acqua che seguono nel corso della coltivazione non importano più queste larve reobiostenoterme nell’ambiente in parola, perchè la temperatura assai più elevata le fa retrocedere istantaneamente nel fossato dove vivono, quando ancora le bocchette sono aperte. Gli insetti perfetti che compari¬ ranno, con la massima frequenza sopratutto da fine Settembre a Novembre, non deporranno le uova che sopra i fossati, i fontanili, i canali, e i canaletti di marcita ; in ogni caso mai in risaia. 134 G. P. MORETTI Considerando quindi questa specie e le specie successive nel comportamento generale in risaia, possiamo concludere che di questo ambiente esse non sono che rappresentanti incidentali. A. lombarda allo stato larvale è erbivora, ma i danni che può arrecare al riso non sono assolutamente degni di nota, sia perchè gli individui che si soffermano in risaia sono, ripeto, scarsissimi, sia perchè dopo una permanenza più o meno lunga (si tratta però sempre di alcuni giorni solamente) essi muoiono senza arrivare ad usare neppure la pianticella di Ori/ za pei loro bisogni costrut¬ tivi. Nelle risaie di altro tipo non mi è mai avvenuto di osservarla. Gen. Halesus Steph. * Sp. Halesus digitatus Schr. * Larvula, larva e fodero larvale. - Larvula coi soliti ca- rattereri generici ; già dalla schiusa essa si costruisce un minu¬ scolo fodero mediante materiali vegetali disposti, tanto in senso subtrasversale quanto in senso longitudinale, a superficie notevol¬ mente regolare. L; orificio anteriore è subito chiaramente inclinato sull’assse longitudinale del fodero. La larva adulta presenta un corpo cruciforme, stretto alba- vanti, largo in rapporto al torace e al 1° segmento dell’addome. Capo debolmente allungato e provvisto di rare setole nere; la parte superiore è brunastra, con punti più scuri e grossi, e zone più pallide. Tali punti sono schematicamente cosi disposti : una serie di punti ad arco ad ogni lato della porzione mediana della zona interoculare, sulla parte anteriore del clipeo si rinviene una serie contigua alla precedente. Questa disposizione può apparire tuttavia meno chiara perchè le serie dei punti possono parzial¬ mente fondersi fra di loro dando, cosi luogo ad una confusa pun¬ teggiatura più o meno parallela. I pezzi boccali sono poco prominenti; labbro semicircolare, incavato alla metà del bordo anteriore e provvisto di ciuffi late¬ rali netti e delle setole delle Limnophilinae. Mandibole a forbice, robuste e subtriangolari, munite di quattro denti, con un baffo interno e due setole dorsali. Mascelle grosse e corte, lobo mascel¬ lare riccamente cigliato, palpi mascellari minuscoli e conici, labium piccolo, ottuso e conico, palpi labiali corti. Tergiti del torace I TR1C0TTERI DELLE RISAIE 135 ornati di grossi punti scuri; pronoto lievemente più grande della testa, largo quanto la metà dell’ ultimo segmento del torace e ristretto all’ indietro, mesonoto concolore, slargato nella parte posteriore, alcune setole nere sono erette sugli scudi cintinosi del metanoto ; sul prosterno placche chitinee poco visibili. Le zampe anteriori sono più corte e più grosse delle succes¬ sive; alle estremità delle tibie due spine, fra le quali però si può trovare una terza spina più piccola; numerose setole chiare al bordo anteriore del primo paio di trocanteri, al bordo interno dei femori anteriori due spine setiformi con una setola addizionale situata in rapporto alla spina prossimale. I bordi anteriori delle tibie e dei tarsi portano delle spinule seriate. Uùighie lunghe, Fig. 10. — Foderi larvali di Hcdesus digitcìtus Schr. Grand, natur. (Fot. origin.). sottili e arcuate, quelle delle zampe anteriori subeguali ai relativi tarsi, le altre molto più corte ; ogni unghia è provvista di spina basale. Le gibbosità del 1° segmento addominale sono piccole e larghe. Linee laterali di sottili setole grigiaste; sulla parte supe¬ riore i punti chitinosi sono quasi indistiguibili. Branchie filiformi, semplici e scarse ; placche chitinose setifere sul IX0 tergite addo¬ minale e sulle appendici di fissazione che sono di due articoli, robuste con uncini terminali fortemente arcuati e provvisti di un grosso gancio dorsale. La larva misura 20-21 mm. di lunghezza e si costruisce un fodero grossolano, composto tanto di soli elementi vegetali, quanto di questi aggiunti a pietrezze. Gli elementi vegetali di zavorra sono più o meno grossi, ma generalmente non sono enormi e superano di poco la lunghezza del fodero che, a com¬ pleta formazione, misura da 18 a 35 mm. di lunghezza su 4-9 mm. di larghezza. (Vedi fig. 10, F ultimo a destra). 136 G. P. MORETTI Ninfa e fodero ninfale. - Corpo robusto e cilindrico. Testa trasverso-ellittica, debolmente convessa; clipeo semplice, antenne un po1 più corte del corpo: l'articolo basale più grosso e più lungo degli altri. Pezzi boccali relativamente piccoli : il labbro è subquadrangolare, arrotondato e provvisto di setole gialle e di spine. Mandibole piuttosto lunghe e robuste, larghe alla base e poi rastremate fino all’ apice, provviste di due setole dorsali nere e denticolate alla faccia interna. Gli abbozzi alari sono corti e arrotondati, raggiungono il IV0 segmento. Tanto nel rf quanto nella 9 il numero degli speroni è di: 1, 3, 3; le zampe poste¬ riori non giungono all’apice delle appendici anali ; speroni grosd e corti ; i tarsi anteriori sono nudi, i mediani fortemente frangiati, i posteriori cigliati. L’emergenza selliforme del 1° segmento addominale è forte¬ mente cbitinizzata e' munita di numerose spinule e setole. Le placche pre e postsegmentali vanno del III0 al VII0 segmento e sono provviste di uncinetti. Branchie come presso la larva, linee laterali normali, costi¬ tuite di lunghe e scure setole. La zona spinulosa del IX" segmento addominale è abbrunita. Le appendici anali sono a bastoncello, ingrossate alla base e poi piuttosto bruscamente rastremate, infine gradualmente allargate fino all'apice arrotondato. La parte più stretta è poco oltre la metà del bastoncello. Lo scartamento di tali bastoncelli è minore dello spazio del bordo esterno di un bastoncello singolo. Poche setole e spine stanno infisse sulle appen¬ dici preanali. I lobi inferiori nel sono più lunghi del pene all’ indietro. Il fodero ninfale è come il fodero della larva. Imago. - Antenne di colore giallo bruniccio uniforme e rela¬ tivamente sottili, il 1° articolo è lungo quanto la testa. Il palpo è relativamente sottile; zampe esili, gialle; il 1° articolo del tarso della zampa anteriore è, in ambedue i sessi, più lungo del II0 articolo ; l’ ultimo articolo del tarso della zampa posteriore è provvisto di spine nere alla superficie inferiore. Numero degli speroni e 9 : 1? 3, 3. Tutto il corpo è giallo bruniccio ; solamente il mesonoto è talvolta più scuro ai lati. L’ ala anteriore è larga, con apice subparabolico, leggermente appuntita; macchia dello pterostigma assai scarsamente delineata, la macchia ialina del tiridio è grande. La membrana è assai debolmente granulosa, pochissimo pubescente e lucente, di colore I TRICOTTERI DELLE RISAIE 137 giallo brunito grigiastro fondamentale, ma con numerose macchie pallide dispose in senso radiale. L’ala posteriore è più larga di quella anteriore è ialina, nel rf priva di sacca pieghevole. Appen¬ dici preanali del maschio, non concave rispetto allo spigolo ven¬ trale e piuttosto nascoste come lo sono anche gli uncini del X° segmento. I piedi genitali sono lunghi, piuttosto stretti al centro, allargati poi nella loro porzione distale, dove si dividono a forcella con i due apici bordati di nero. La branca laterale è più lunga della mediana. Il pene è largo e termina con due uncini. Nella 9 i lobi del IX° tergile sono piuttosto lunghi ed appuntiti, debolmente concavi allo spigolo laterale. Lunghezza del corpo: 11-18 mm. Apertura delle ali : 36-50 mm. Massa ovigera (*). - Si tratta di un ammasso subsferico di circa 12 mm. di diametro, contenente delle uova giallastre di 0,49 mm. di lunghezza su 0,46 mm. di larghezza, disposte gros¬ solanamente nel nucleo centrale e piuttosto distanziate tra di loro. Hai. digitatus si comporta nelle risaie a vicenda similmente ad A. lombarda, avendo la larva della prima specie lo stesso habitat di quello della specie del Ris. Essendo però capace di camminare e vivere per un po’ di tempo sul terreno umido, riesce qualche volta ad uscire dall’ am¬ biente per varcare gli argini e ridiscendere poi nei fossati ; ciò nonostante la maggior parte degli individui sembra incapace di abbandonare la risaia e si comporta come la specie precedente per quanto riguarda l’ ambientamento : molti individui soccombono ben presto, pochi compiono qualche muta usando necessaria¬ mente il materiale saprofìtico della risaia per la costruzione del loro nuovo fodero (vedi fìg. 10 pag. 28; i primi due a sinistrai. Pur essendo erbivora è innocua alla coltivazione del riso per le ragioni precedentemente esposte. Non l’ho riscontrata in risaie permanenti. L’insetto perfetto è estremamente abbondante in ottobre, novembre e pure in prin¬ cipio di dicembre. Sp. Hai. tessei alas Ramb.* Larva e fodero larvale. - Nella larvula non è ancora pos¬ sibile riconoscere sicure differenze tassonomiche. (*) Osservata e descritta qui per la prima dall’ autore. 120 G. P. MORETTI La larva adulta differisce dalla specie affine precedentemente descritta per i seguenti caratteri : Le mandibole hanno 5 denti. Il labium è molto sviluppato. Il mesonoto è più scuro nel campo mediano. I lati sono pallidi. I tarsi mediani e i posteriori sono sprovvisti di spinule seriate ai bordi interni. I punti cintinosi della faccia dorsale della linea laterale sono chiaramente distinguibili. La larva adulta misura circa 26 min. di lunghezza. Il fodero larvale è costituito es¬ senzialmente di materiali vegetali ai quali possono però essere aggiunti anche elementi minerali. I materiali di zavorra sono grosso¬ lani e spesso molto lunghi. Il fodero misura da 20 a 45 mm. di lunghezza su 3-7 inni, di larghezza. (Vedi fig. 11). Ninfa e fodero ninfale. - Differisce dalla specie precedente per i seguenti ca¬ ratteri : Il labbro, al bordo anteriore, è sprovvisto di setole gialle e di spine. Lama della mandibola subarcuata. Il quinto articolo dei palpi mascellari della 9 è adeguale al terzo. Lo sperone anteriore delle zampe mediane e posteriori è ricurvo, a ino’ di artiglio. La emergenza selliforme dorsale del primo segmento addominale porta solamente due setole ad ogni lato. Il fodero della ninfa è lo stesso di quello della larva. Ima go. - Le appendici preanali e gli uncini del X° segmento nel rf sono grandi e sporgenti ; le prime sono molto incavate allo spigolo ventrale, i piedi genitali sono stretti, lanceolati, con apice a cuspide. Il pene è stretto e diviso all’ estremità in due punte divergenti. I lobi del IX° tergite nella 9 sono corti e larghi, con bordo anale debolmente concavo e arrotondato. Lunghezza del corpo : 10-18 mm. Apertura delle ali: 35-47 mm. Massa ovjgera. - Riferibile a quella della specie precedente. * & & Nulla troviamo di diverso nel comportamento di questa specie rispetto a quella affine descritta precedentemente, sia in risaia Fig. 11. - Fodero lar¬ vale di Halesus tes- selatus Ramb. (Fot. orig.). I TRICOTTERI DELLE RISAIE 139 che nei fossati (*). Il fodero degli individui che si adattano a vivere in risaia presenta rico in pezzi di fusti mace¬ ranti, applicati a corona at¬ torno al tubetto formato di semi trattenuti nel fondo mel¬ moso (vedi fìg. 1*2). « E meno abbondante della specie precedente. Conclusioni ed Osservazioni. Da quanto è stato detto nella trattazione delle singole specie e nelle considerazioni biologiche su di esse, possiamo dedurre le seguenti osserva¬ zioni di carattere generale. Le larve dei tricotte ri che si rinvengono nelle coltivazioni di riso in bacini stabili sono, su per giù, le stesse che si os¬ servano in qualsiasi acquitrino ; il loro comportamento in risaie di questo tipo non presenta nessuna caratteristica speciale, non dovendo esse sottostare all' asciutta invernale o alle al¬ tre condizioni speciali che of- temporaneamente grossi elementi di sovracca- Fig. 12. — Fodero larvale di Hcilesus fessele/ tus Ramb. in risaia. Ingr. 2 volte (Fot. orig.). rono le risaie a vicenda. I primi tricotteri, invece, che entrano a far parte della fauna delle risaie a vicenda si osservano durante le iniziali immissioni di acqua, nelle campagne ; si tratta allora, tanto di larve reobionte e stenoterme di acque fredde, quanto di larve limnobionte ed euriterme. Le prime (generalmente agli ultimi stadi larvali) sono sempre assai scarse e sono destinate a soccombere ben presto col tl) Felber ha osservato per primo che le larve di questa specie pos¬ sono vivere temporaneamente fuori dell acqua, sulla terra umida. (Arch. fiir Xaturgesch. 71 Jahrg. Dissert. Inaug. p. 70. 1 903) . 140 G. P. MORETTI cessare della corrente e coll’ aumentare della temperatura dell’ac- qua : presentano un certo interesse, sopratutto per quanto riguarda la costruzione dei loro foderi (qualora tale costruzione si effettui) nei nuovi ambienti, ma, d’altra parte, il danno che possono recare al riso è del tutto trascurabile, sia perchè oltremodo scarse, sia perchè abitatrici accidentali e incapaci di adattamento all’ambiente del quale vengono occasionalmente a far parte. Le immissioni successive non comportano più nuove rappresentanze di larve reobionte e stenotenne in risaia, perchè la brusca differenza di temperatura le fa subito retrocedere nell’ ambiente naturale : il fossato o il fontanile. Il maggio, nella generalità dei casi, non trova nessuna di queste forme in risaia, esse sono per ora ridu¬ cibili alle specie : Balena tesselatiis Ramb. Hai digitatili Schr., Anabolia lombarda Ris. Le specie limnofile, euriterme sono invece quelle che destano maggiore interesse, perchè diventano tipiche abitatrici delle risaie a vicenda, assumendo un comportamento veramente degno di nota nelle condizioni in cui vengono a trovarsi. Alcune di esse sono poi pericolose nemiche della coltivazione del riso. Per le nostre risaie esse sono riducibili alla specie: Triaenodes bicolor Curt., Oecetii furva Ramb., Limophilus Navi¬ carmi Pab. La prima specie è tipica esponente di quel complesso larvale altamente nocivo allo sviluppo della giovane pianticella di Or gza , noto al coltivatore col nome di « sfros »; la seconda e la terza sono invece più caratteristiche dell’ ambiente saprofìtico che offre il fondo limaccioso della campagna, sopratutto presso i filari di piante, dove cioè macerano foglie e fuscelli caduti nell’ acqua dalle piante che circondano, quasi sempre, le coltivazioni della graminacea in parola. Il comportamento di questo secondo gruppo di tricotteri, nella risaia in rotazione, risulta eccezionalmente inte¬ ressante se lo si voglia mettere in rapporto col ciclo normale di sviluppo biologico. Le giovani larve penetrate, come si disse, nel nuovo ambiente durante le varie immissioni dell’ acqua, trascorrono rapidamente gli stadi successivi, giungendo, favorite dalla tempe¬ ratura più elevata, alla ninfosi prima degli individui rimasti nei fossati. I primi insetti perfetti che compaiono sono, pertanto quelli che si sono sviluppati dalle pupe dei risi. Q.uesti stessi, e quelli che successivamente si svilupperanno dalle ninfe meta¬ morfosate nei fossati, deporranno le uova, tanto in risaia, quanto nei corsi d’acqua. Le larve in risaia, derivate da questa prima I TRICOTTERI DELLE RISAIE 141 deposizione, saranno allora ancora avantaggiate nello sviluppo rispetto a quelle dei lenti corsi d’ acqua più freddi. La velocità del ciclo biologico varia però, non solo in rapporto con 1' anticipo, o no, della deposizione delle uova, e con la temperatura elevata, o meno, ma anche secondo la precocità degli individui derivati da una stessa massa ovigera. Già essi incominciano a schiudere non contemporaneamente, bensì in un periodo più o meno prolungato; alcuni di essi poi, (generalmente la parte minore : un terzo, circa, per massa ovigera) non si metamorfosano entro l’ annata, costi¬ tuendo cosi un gruppo di individui a semplice generazione accanto, a coetanei che avranno invece una generazione completa ed una interrotta per anno. E così che, contemporaneamente si possono osservare i magmi, masse ovigere, larvule, giovani larve, larve adulte e ninfe (1). Ma, continuando a seguire lo sviluppo della maggior parte di esse, vedremo comparire in estate e d’autunno nuovamente larve adulte, poco dopo queste si trasformeranno in ninfe, dalle quali si svilupperanno ancora gli insetti perfetti. Di nuovo, in autunno avrà luogo una deposizione, la seconda per le forme più avanzate. La fine della risaia rovescerà la massa delle giovani larve nei fossati, dove, trascorsi pochi stadi, si arresteranno allo stadio in cui si trovano durante l’ inverno, ac¬ canto agli individui della prima e della seconda generazione in ritardo di sviluppo. I pochi esemplari che sono rimasti in risaia, nei solchi, nelle pozze residuali alimentate dalle piogge, sopravvi¬ veranno ancora per un po’, talvolta anche per tutto l’inverno ma, le successive operazioni per la preparazione della nuova risaia, o della rotazione ad altra coltivazione, segneranno ia morte di questi individui, che saranno invece sostituiti in primavera dai coetanei dei fossati, nelle campagne in cui nuovamente verrà pro- (‘) Gli scarichi di acqua che si effettuano per le varie operazioni risicole (asciutte, monde, ecc). possono riversare alcuni individui nuo¬ vamente nei fossati , essi verranno però sostituiti da nuovi rappre¬ sentanti delle acque dei fossi durante le successive immissioni. 11 con¬ tinuo variare delle condizioni ambientali contribuisce così, aneli' esso a far sì che questi insetti si presentino, nella generalità dei casi, contem¬ poraneamente con una grande varietà di gradi di sviluppo. Naturalmente, dalla fine, all’ inizio della loro attività metamorfotica (da fine ottobre a principio di marzo), periodo che corrisponde alla cessazione della risaia a vicenda, non si troveranno che larve a età diverse, svernando i trieot- teri, generalmente allo stadio larvale. 142 G. P. MORETTI dotto il riso. Cosi si può riassumere e commentare lo speciale comportamento di alcuni tricotteri limnobionti nella risaia a vicenda, ambiente che è contemporaneamente, favorevole, sotto certi aspetti (precocità di sviluppo), e sfavorevole, sotto certi altri (morte degli individui che rimangono nella risaia), allo svolgi¬ mento del ciclo biologico dei suddetti insetti. Le risaie a vicenda « di trapianto », avendo inizio e fine più tardi delle altre (da giugno, luglio ad ottobre) segnano una nuova partecipazione di tricotteri dell’ambiente, durante l' immissione della acque e un soggiorno più avanzato di questi insetti nelle coltivazioni stesse. Ho potuto notare che queste risaie portano le larve di tali insetti a stadi più avanzati di sviluppo; l’acqua della risaia a metà e a fine ottobre ha infatti una temperatura più elevata di quella delle acque dei fossati; sotto questo aspetto, quindi la risaia di trapianto costituisce un prolungamento della durata della risaia a vicenda e, conseguentemente, un maggiore sviluppo delle forme limnofìle dei tricotteri, sempre però con la relativa percentuale di totale arresto della vita degli individui che in essa rimangono. Per quanto riguarda, infine, i danni che i tricotteri possono arrecare al riso, occorre notare che Triaenodes può essere, senza dubbio piazzato tra le forme più dannose alla coltivazione di questa graminacea, e ciò per alcune ragioni fondamentali : anzi¬ tutto le larve di questa specie utilizzano sovente la giovane pian¬ ticella per la costruzione del nuovo fodero che, spesso, è formato totalmente dai ritagli di riso, secondariamente esse se ne nutrono, in mancanza di cibo migliore ; ancora, le giovani larve, nel veloce susseguirsi degli stadi di sviluppo, utilizzano continuamente il materiale vegetale in parola per allungare le loro costruzioni; in¬ fine le larve di questa specie sono spesso numerosissime, tanto da poter popolare a migliaia delle estensioni anche di pochi metri quadrati. Occorre però osservare che i danni che questa specie arreca al riso vanno diminuendo col crescere della pianticella e collo svilupparsi di altra vegetazione infestante, che fornisce un alimento anche più ricercato ( Alghe in genere, AUsma, Lemma , Sagittaria, ecc. ecc.) e materiale costruttivo di più facile prepa¬ razione; quando la pianta del riso è infatti sviluppata il suo fusto sommerso è troppo resistente per le mandibole delle larve, specialmente di quelle giovani (*). Q,uando giunge il momento (1) Per ciò i danni che questa specie (come pure le altre) porta nelle risaie di trapianto sono assai minori di quelli che possa arrecare I TRICOTTERI DELLE RISAIE 143 della ninfosi, le larve attacano i loro foderi, mozzati, anche al fusto del riso o al suo fogliame sommerso, ma i danni che pos¬ sono arrecare in questa operazione sono trascurabili. Oecetis fuma Ramb. è capace di danneggiare scarsamente lo sviluppo di Oryza, per di più non è molto abbondante. Se Phry- ganea striata L. e Limnophilus rhombicus L. apparissero anche in risaie a vicenda e fossero abbondanti i danni che potrebbero apportare al riso coltivato in tali ambienti sarebbero pure gravi, come del resto ebbe ad osservare Del Guercio per le risaie « di colmata » nel bolognese. Non ritengo invece che possa essere molto dannoso Limnophilus flavicornis L., perchè utilizza il riso per la costruzione del suo fodero, solamente in mancanza di mate¬ riale migliore e, sopratutto perchè sembra scarso nelle coltivazioni a vicenda. Insisto quindi sulla necessità di continuare gli studi in me¬ rito perchè molto ancora si potrà dire sui tricotteri delle risaie, specialmente per quelli che rimangono tuttora sconosciuti e che le ipotesi ci inducono ad ammettere come possibili abitatori delle risaie. Molto si è scritto e molteplici furono i consigli diretti a combattere i nemici del riso, fra i quali si trovano anche i tri¬ cotteri. Come naturalista io non intendo di occuparmi direttamente di questo argomento, riferirò tuttavia alcuni giudizi personali sui sistemi più in uso per distruggere tali insetti, giudizi che mi sa¬ ranno concessi, in base alla diretta osservazione della biologia dei tricotteri in risaia. Di quasi nessuna efficacia riesce V asciutta per combattere i tricotteri; molte specie limnofìle riescono a resistere anche in piccole e calde pozze d7 acqua o nel fango, o ancora negli ammassi algosi umidi, anche per qualche giorno. Quando poi si immette una nuova quantità di acqua, la fauna tricotterologica è arricchita di nuovi rappresentanti e riprende vigorosamente la sua attività. La rigorosa pulizia delle risaie mediante le monde riesce indubbiamente di una certa efficacia, anche per quanto riguarda la distruzione di alcuni tricotteri perchè, più che distruggere direttamente le uova, toglie a certe specie assai nocive ( Triaeno- des bicolor Curt. Phryganea striata L.) la possibilità di deporre le masse ovigere sulle larghe foglie della vegetazione infestante nelle solite risaie, perche il riso vi viene trapiantato quando già è molto sviluppato. 144 G. P. MORETTI di cui abbisognano per lo scopo: Alisma , Sagittaria , Potamo- geton , Nyn'phaea, Mugliar ecc., d’altra parte però toglie del buon materiale costruttivo alle larve che, in molti casi, lo prefe¬ rirebbero al riso. Ogni monda risulta poi sempre molto costosa, per cui non è vantaggiosa praticarla col solo scopo di distruggere questi nemici del riso. Nè l’uno, nè l’altro dei metodi suddetti attacca direttamente le larve che sono le nemiche più immediate della coltivazione del riso. A mio parere ritengo invece eccellente il metodo di immettere nella risaia dei pesci, fra cui ha principale importanza la carpa, utili poi anche per il commercio e consumo della loro carne. Questo sistema mi risulta il più razionale perché esercita un’azione continuativa di distruzione diretta delle larve. Ebbi occasione di osservare più volte l’ enorme vantaggio di allevare le carpe nelle coltivazioni di riso (Vercelli ; Stazione Sperimentale di Risicoltura ; Gambarone, Pontesesto, Eerrabue, pr. di Milano : Proprietà Sigg. terrario) e confermo al Prof. Supino, che per primo esegui brillanti esperimenti in propo¬ sito, la evidentissima utilità dell’ uso di questo sistema per di¬ struggere, non solo i tricotteri, ma anche gran parte degli orga¬ nismi che danneggiano il riso. Le carpe sono voracissime divo¬ ratrici delle larve dei tricotteri, al punto che non sembrano curarsi neppure dei loro foderi protettivi che distruggono con tutta facilità ; si cita il caso di carpe, nell’ intestino delle quali furono rinvenuti resti di larve appartenenti al genere Anabolia ; tali larve si costruiscono dei foderi in sabbia e pietruzze, zavorrati da rametti assai voluminosi e spesso spinosissimi. Io stesso ho potute» notare di quanto diminuisca la popolazione dei tricotteri (sopratutto Triaenodes , Oecetis ) nelle risaie, talvolta fino a completa scomparsa, con 1’ immissione delle carpette ; non solo, ma mi fu anche possibile di notare come in risaie in cui si praticasse abitualmente l’allevamento di questo pesce, la fauna tricotterologica fosse trascurabilissima, rispetto alle altre nelle quali tale allevamento non venisse effettuato. Questo metodo, dunque, giudico senz’ altro il migliore di tutti, sia perchè è l’ unico che veramente possa distruggere le larve, le nemiche, come si è detto, più immediate della coltivazione del riso, sia perchè, mentre è relativamente poco costoso, è d’ altra parte ricco di ulteriori vantaggi. Ottobre 1933. 6 P. MORETTI - I Tricotteri delle risaie. Atti Soc. (tal. Se. Nat., Voi. LXXIII, Tav. I. G. P. Moretti pinx. G MORETTI - I Tricotteri delle risaie Atti Soc. Ital. Se. Nat., Voi. LXXIII, Tav. Il G. P. Moretti pinx * I TRICOTTERI DELLE RISAIE 145 BIBLIOGRAFIA 1. Chiappelli. — Malattie e nemici del riso: v. Friganee. Quad. Staz. Sper. Risic. Vercelli. Serie I, N. 7, pag. 32-84, 1933. 2. Del Guercio. — I Friganeidi nuociono al riso. Reclia, Voi. VII, Fase. II, 1911. 3. Lestage. — - Les larves et nymplies aquatiques des Insectes d’ Europe. Trichoptera. Off. de Pubi. J. Lebegue. Bruxelles 1921. 4. Mac Lachlan. — - A Monographic Revision and Synopsis of thè Trichoptera of thè European Fauna: 1874-1880 e First additional supplement : 1884. J. Van Voorst, London. 5. Moretti. — Note sulla fauna entomologica delle risae. v. Trichop¬ tera. Atti Soc. It. Scienz. Nat. : voi. LXXI, pag. 65-67, 1932. 6. Siltala. — Trichopterologische Untersuchungen (Ueber die Post¬ emi} ryonale Entwicklung dei* Trichopterenlarven) Zool. Jalirb. Supl. IX, 190- ? 7. Supino. — Osservazioni sopra alcuni insetti delle risaie. R. Ist. Lomb. Scienz. Leti.: voi. XLIX. Fase. 2-3 pag. 108-114, 1916. 8. — Note sulla fauna delle risaie. Rend. R. Ist. Lomb. Scienz. Lett. voi. LXV fase. 1-5, pag. 9-10, 1932. 9. Ulmer. — Trichoptera in Wytsmans. Genera Insectorum, 1907. 10. — Trichoptera. In Die Susswasserfauna Deutschlands. Heft. 5-6, Jena, 1909. 11. — Trichopthera , in Tierwelt Mitteleuropas, 1927. Guido Tedeschi CLADOCERI DEI LAGHI DI EIE (Alto Adige) E DI BRINZIO (Varesotto) Nella presente nota riferisco alcune osservazioni compiute su Cladoceri raccolti nel lago inferiore di Eiè, presso Siusi (Alto Adige), e nel laghetto di Brinzio, in Valcuvia, presso Varese. Le pescate vennero eseguite nei mesi estivi : da me stesso nel lago di Brinzio, con rete planctonica, sia presso la riva che in piena acqua; nel lago di Eiè dalla Dr. P. Manfredi, che gen¬ tilmente mi forni il materiale, raccolto presso la riva, causa la mancanza di mezzi idonei a svolgere una ricerca più completa. Eaccio precedere alle poche note sulle forme osservate, brevi descrizioni dei bacini nei quali il materiale venne raccolto. I dati relativi alle dimensioni, profondità, ecc., mi furono cortese¬ mente comunicati dall’ Ufficio di Bolzano del Corpo Beale del Genio Civile, per il lago di Eiè, e dalla Sezione Tecnica Cata¬ stale di Varese, per il lago di Brinzio. Il laghetto inferiore di Eiè si trova all’altezza di m. 970 sul mare, ed è situato su uno stretto pianoro a mezza costa del monte, circondato quasi completamente da boschi di conifere. La forma del bacino è pressocchè ellittica, con gli assi di circa m. 150 e m. 50; la profondità è di m. 1,50-2. La vegetazione acquatica è abbondantissima, tanto presso la riva quanto verso il centro. Come già dissi, le pescate vennero eseguite lanciando il retino planctonico dalla riva, e frugando con esso fra la vegeta¬ zione sommersa. Il laghetto di Brinzio, situato presso il paese omonimo, è uno specchio' d’ acqua di modeste dimensioni (sup. 2 ettari e 66 are) ; ha forma assai allungata ; pur avendo un immissario (Torrente Latrino) e un emissario (Rio Brivola), entrambi ruscelli di poca importanza, ha prevalentemente carattere di stagno. CLODOCEHI DEL LAGODI FJÈ ECC. 147 Le rive scendono per la quasi totalità della loro estensione in dolce declivio, sono ricoperte di limo, e vi abbondano le piante palustri ; solo in breve tratto si ha una sponda ripida e sassosa, artificialmente costruita, che è di sostegno alla rotabile che percorre la Yalcuvia e passa nelle immediate vici¬ nanze dello specchio d: acqua. £ £ I Cladoceri osservati nel lago di Fiè, sono i seguenti : Fam. Sididae. Diaphanosoma bracliyurum Liev. Xel materiale esaminato, raccolto presso la riva, questa specie è rappresentata da pochi esemplari. Come è noto Diaphanosoma è forma che ama gli specchi d: acqua di una certa estensione : la sua presenza in cosi piccolo bacino, ricco di vegetazione, merita pertanto parti¬ colare considerazione. Fam. Daphnidae. Cerioclaphnia pulchella G. 0. S. Pochi esemplari, di pic¬ cole dimensioni. Fam. Bosminidae. Bosmina longirostris similis Lill. Bosmina longirostris cor¬ nuta Jur. Queste due forme si presentano assieme ; sono entrambe scarsamente rappresentate. Vale per esse quanto è detto sopra per Diaphanosoma brachyurum. Fam. Macrothricidae. Macrothrix hirsuticornis Norm. Br. Ho potuto osservare un solo esemplare di questa specie : è però necessario notare che si tratta di forma tipicamente limicola, e pertanto solo ricerche ap¬ positamente condotte, potrebbero indicare in qual misura questo Cladocero è rappresentato nella fauna del bacino. 148 G. TEDESCHI La presenza di M. hirsuticornis in Italia, è stata riscontrata nel 1916 dal De Marchi (*), che ne osservò parecchi individui nei saggi raccolti sul fondo del lago di Fedaja, a Nord del mas¬ siccio della Mannolada ; dando notizia di tale reperto, il De Marchi faceva notare come si riempisse la lacuna presentata dall’ Italia nella distribuzione geografica della specie in questione ; e, trovando riconfermata la predilezione di questa specie per gli alti laghi montani, considerava probabili ulteriori rinvenimenti nei laghi alpini, e in particolare in quelli del Trentino. Successi¬ vamente M. hirsuticornis veniva osservata dal Parenzan nel lago di Mezzo, sempre in Alto Adige : V odierno ritrovamento nel lago di Fiè, è ulteriore conferma alle previsioni del De Marchi. Dobbiamo però notare che il Car osservò la specie in questione nel lago Boccagnazzo. situato presso Zara, in località di pianura. Fam. Chydoridae. Acroperus harpae Baird. Un discreto numero di esemplari, riferibili a questa specie piuttosto che ad A. angustatus Sars., per la conformazione dei margini delle valve del nicchio ; cresta cefalica di notevole altezza. Alonci rectanguìa G. 0. S. Abbastanza comune. Leydigia Leydigi Schoedler. Un solo esemplare. Secondo il Parenzan è specie a diffusione meridiana, che non oltrepassa a Est la Polonia, a Ovest la regione tedesca ; in Italia è stata os¬ servata solo nella regione Veneta. La presenza nel lago di Fiè è ulteriore conferma alle precedenti non numerose osservazioni. Graptoleberis teslud inaria Fisch. E una delle forme più co¬ muni nel lago di Fiè. Alonella exigua Lill. Pochi esemplari. Chydorus sphaericus Muli. E la specie più abbondante. Come risulta da queste brevi note, la Cladocerofauna dal lago di Fiè è piuttosto varia, tanto più se si tien conto del modo som¬ mario con cui fu eseguita la raccolta. E degna di particolare ri- O De M archi M., Notizia sulla presenza di Mcicrothrix hirsuti- cornis Norm. Br. nel Trentino, Rend. R. Ist. Lomb. Se. Lett. v. 69, 1916. CLADOCERI DEI LAGHI DI FIE ECO. 149 lievo la presenza in questo bacino, di specie proprie delle acque libere, come Dìaphanosoma brachyurum , Ceriodapìninia pul- chella, Bosmina longirostrìs, che si sono adattate in uno specchio d’acqua di piccole dimensioni e ricco di piante acquatiche. Troppo scarsi sono i dati che io posseggo, per poter indagare la proba¬ bile provenienza di queste forme ; dalle ricerche bibliografiche compiute, mi risulta che tali Cladoceri sono presenti in vari altri piccoli laghi dell’ Alto Adige. Le altre specie osservate, esclusa Macrothrix hirsuticornis , di cui si conoscono pochissimi reperti, e Leydigia LeydÀgi , che nella diffusione verso Ovest raggiunge solo la regione veneta, sono forme comuni nei piccoli bacini, e fra i vegetali alla riva dei laghi. % Nel materiale raccolto nel lago di Brinzio, ho osservato i seguenti Cladoceri : Fani. Daphnidae. Simocephalus velulus Muli. Specie rappresentata da un di¬ screto numero di esemplari di mediocri dimensioni; colore bru¬ niccio. Fam. Chydoridae. Sub fam. Eurycercinae. Eurycercus lamellata s Muli. Specie più abbondante della precedente; esemplari di non grandi dimensioni. Subfam. Chydorinae. Camptocercus sp. Ho raccolto pochi esemplari appartenenti a] genere Camptocercus , e non identificabili, per alcune parti¬ colarità morfologiche, con nessuna forma nota del genere stesso. Dalla mia primitiva intenzione di descriverli come nuova varietà di Camptocercus rectirostris: dato che a questa specie più si avvicinano, fui detratto dalle ricerche bibliografiche com¬ piute. Ho potuto infatti notare, che alcuni dei caratteri che son serviti a classificare specie e varietà del genere Camptocercus 150 G. TEDESCHI non hanno sufficiente valore sistematico, talché le specie è varietà medesime debbono essere considerate come semplici modificazioni locali di poche specie buone. E quindi prevedibile che si giun¬ gerà ad ammettere anche per le specie del genere in questione, quella variabilità che, specialmente per quanto riguarda la forma generale, l’altezza della carena, la spinulazione della coda e i dentelli all’angolo infero-posteriore delle valve del nicchio, è stata riscontrata in forme vicine, come ad esempio le specie del genere Acropérus. Inoltre, fatta eccezione per Camptocerus recti-rostri s , àustralis e macrourus osservati da vari autori in varie località, le altre numerose specie e varietà sono state osser¬ vate una sola volta, e precisamente dall' autore che le descrisse, per non comparire più, in seguito, nella vasta letteratura Clado- cerologica ; e gli autori che più recentemente assegnarono a nuove specie gli esemplari di Camptocercus provenienti da ba¬ cini la cui Cladocerofauna non era stata precedentemente stu¬ diata, accompagnarono la descrizione con una riserva, facendo presente che forse molte forme avrebbero potuto venir riunite, in futuro, in specie più comprensive. Io pure, esaminando i vari testi e le illustrazioni che li accompagnano, mi son venuto convincendo che devono esistere pochissime specie del genere Camptocercus , e che queste specie devono essere molto plastiche, e subire assai facilmente l'influenza delle varie condizioni di ambiente cui sono sottoposte: non si può spiegare altrimenti il fatto suaccennato, che quasi tutte le forme sono state osservate una sola volta, presentandosi gli esemplari in modo diverso in ogni località. Dato che queste forme sono rappresentate sempre da pochissimi individui, e che anzi alcune di esse sono state descritte in base all’ esame di un solo individuo, nou abbiamo dati sulla variabilità che le singole specie potreb¬ bero eventualmente presentare nel bacino medesimo in cui ven¬ nero riscontrate. In base a queste considerazioni, nel presente lavoro, mi sono limitato a descrivere la forma osservata, ad indicare per quali particolarità i pochi esemplari di Camptocercus che ho raccolti nel lago di Brinzio, differiscono dalle altre forme note, e ad una breve discussione sui caratteri che distinguono le varie specie. Ho pure creduto utile di riportare l’indicazione di tutti i lavori nei quali vengono descritte nuove specie e varietà dall’ istituzione del genere Camptocercus ad oggi. Spero che questa bibliografia sull’ argomento, che mi par completa, possa CLADOCERI DEI LAGHI DI FIÈ ECO. 151 servire in futuro, per una revisione generale del genere in que¬ stione, in base alla quale molte forme potrebbero venir riunite in specie più comprensive. Gli esemplari osservati nel lago di Brinzio (fig. 1), presentano superiormente allo scudo cefalico e al nicchio una chiglia note- Fig. 1. vole. Valve con fìtta striatura longitudinale, in generale poco evidente, più marcata alla parte ventrale. Margine dorsale con¬ vesso-; il ventrale è leggermente concavo ed è ornato, per circa 3/4 della sua lunghezza, di una serie di brevi setole, che si inizia all’angolo infero-anteriore. Angolo superiore-posteriore arrotondato, poco evidente ; angolo infero-posteriore pure arrotondato, non di- Fig. 2. stinto, senza dentelli (fa eccezione un esemplare che presenta un piccolo dente su una sola valva). La testa è protesa in avanti, il rostro piuttosto acuto. Macula poco più piccola dell’occhio. An¬ tenne anteriori abbastanza grandi, di forma subcilindrica. L’ estre¬ mità degli articoli terminali delle antenne del secondo paio, rag¬ giunge appena l'apice del rostro. La coda (fig. 2) porta lateralmente numerose serie pettini- formi molto ravvicinate, di circa dieci setoline ciascuna. Il mar- 152 G. TEDESCHI gine dorsale della coda stessa è munito di 15-18 aculei di lunghezza regolarmente crescente. Ciascun aculeo presenta a sua volta al margine dorsale, due o tre denti. Le unghie terminali sono lunghe, lateralmente striate, col margine concavo munito per tre quarti della sua lunghezza di spine abbastanza robuste, più corte le prossimali. Alla serie di spine segue una serie di setoline eguali fra loro, che giunge fino quasi all’ estremità dell’ unghia. Consolo aculeo basale, munito al margine concavo di rade setole. Lungh. mm. 0,9-1,12 Dai caratteri suesposti e dall’ esame delle figure, risulta come i Camptocercus del lago di Brinzio si differenzino per varie particolarità dalle forme finora note, e cioè : da C. aloniceps Ekman (*) : per la presenza della chiglia dorsalmente alle valve e sul capo, per la forma del capo e del rostro, per la mancanza di setole al margine posteriore delle valve, per la poco evidente ornamentazione di queste ultime, per la diversa spinulazione della coda; da C. rectirosbris Schoedler (2) e C. rectirostris Schoedler var. biserralus Schoedler (2), per la forma generale del corpo, del capo, e per la conformazione degli aculei marginali della coda; da C. macrourus Schoedler (2), per il numero dei denti del postaddome ; da C. lilljeborgi Schoedler (2), per il numero e la confor¬ mazione degli aculei della coda, per la forma del rostro e le dimensioni relative della macula e dell" occhio ; da C. fennicus Stenroos (2), per le dimensioni dell’ultimo paio di aculei della coda relativamente alle dimensioni degli aculei vicini ; da C. simili s Sars (3), per la forma del rostro, del capo, per il numero e la conformazione dei denti della coda, per la conformazione degli aculei basali e delle spine al margine interno delle unghie terminali ; ( 1 ) Ekman. Ctadoceren aus Patagonien, gesammelt von der Schwe- dischen Expedition nach Patagonien. 1899. Zool. Jahrb. Svst. XIV. (2) Lilljeborg. Cladocera Sueciae. Upsala 1900. (3) Sars. Contributions to thè knowledge of thè freshwater Ento- mostraca of South America, as shown by artifìcial hatching from dried material. Arch. Naturv. Christian. XX1I1 N. 3. CDADOCKRI DEI TRAGHI DI FiÈ ECO. 153 da C' australis Sars (*), per la presenza di un solo aculeo alla base delle unghie terminali, e per il minor numero di aculei al margine superiore della coda ; da C. australis Sars var. Parresti Bravo (2), per la diversa conformazione generale e per l'ornamentazione della coda: da C. adhaerens Brehm (3), per P assenza di un organo fissatore ; da C. naticochensis Delachaux (4), per la presenza della carena, per la conformazione dei denti della coda e dei pettini secondari, per la diversa ornamentazione al margine concavo delle unghie terminali, per l’assenza dell’organo fissatore; da C. atavus Brehm (5), per la forma generale e l’orna¬ mentazione del postaddome, per l’assenza dell’organo fissatore. Non tratto qui di C. polyodoulus Verescagin (6), C. australis Sars var. Dadayi Stingelin ('), C. caudatus Shiklejew A), C. ohi ahomensis Mackin (9), non avendo potuto osservare direttamente le pubblicazioni in cui queste forme sono descritte. Devo ancora notare che il Gauthier (10) ha osservato nel Sahara dei Campto- cercus che presentano un apparato adesivo, e diverse altre parti¬ colarità che potrebbero indurre a tenere quegli esemplari distinti dalla specie rectirostris cui il Cfauthier stesso li ha assegnati. Dalle ricerche bibliografiche risulta come alcune delle forme descritte dagli Autori vengano distinte da caratteri che, se appa¬ iono evidenti ove si comparino fra loro solo 2 o 3 specie, possono (*) Parenzan, Cladocera. Boll. Pesca Piscic. Idrob. Meni. 8, Serie B, 1932. A) » » » » » » » » » (3) Brehm. Die Cladoeeren. Wiss. Ergebnisse d. D. Zentral-Afrika Exp. 1907-8. Leipzig 1911. ti) Delachaux. Cladocères des Andes Péruviennes. Neuchàtel. Bull. Soc. Sci. nat. 1918 (18-35). (5) Brehm. Mitteilung iiber die Siisswasserfauna Neii-Seelands. Zool. Anz. Leipzig N. 78 1928. (B) Verescagin. Rab. Zool. Kab. Varsava 1912 pp. i 73-5. L) Stingelin. Cladoeeren aus den gebirgen von Kolumblen. Neuchàtel. Mem. Soc. Sci. nat. 5 pg. 620 1914. (s) Shiklejew. Zur Cladocerenfauna der Umgebung der Stadt Sasowo and des Dorfes Ogarew (Gouv. Rjasan). Russ. hydrobiol. Z. Saratow 1929. (,J) Mackin. Studies on thè Crustacea of Oklahoma. Trans. Amer. Micr. Soc. Menasha 1930. p°) Gauthier. Mission Saharienne Angiéras-Draper. 1927-28. Boll. Mus. Hist. nat. Paris (2) 1930. 154 ft. TEDESCHI essere considerati come modificazioni di pochi caratteri fonda- mentali, quando si considerino tutte le specie del genere. Questo può dirsi dell’ altezza della carena, talora molto sviluppata, talora ridotta, in alcuni casi rappresentata da un rudimento, in altri ancora mancante totalmente. L’ ornamentazione della coda presenta pure una gradazione per quanto riguarda il numero di elementi (denti, spine, gruppi di spine), e la loro conformazione : si osser¬ vano infatti 12 gruppi di spine in C. australis var. Pavesii , 16 denti in C. atavus , 15-18 denti molto robusti, con 2 o 3 notevoli dentellature ciascuno, nei C. del lago di Brinzio ; in C. rectiro- stris 14-18 denti, lisci o seghettati, non molto robusti; C. aloni- ceps presenta 16-18 gruppi, ciascuno dei quali consta di uno o due denti grossi, spesso fusi, e di 1-3 setole prossimali. La coda di C. naticocliensis porta 18-19 denti piccoli a 2 punte, C. similis 20 denti semplici, e cosi pure C. australis: C. Ulljeborgi 24-28 aculei corti e seghettati, C. macrourus , 26-30 denti seghettati. Ad analoghe considerazioni si presta 1‘ ornamentazione delle unghie terminali. Alla presenza o assenza dei dentelli all'angolo inf.-post. delle valve, gli Autori hanno annesso notevole importanza ; (de¬ scrivendo C. similis il Sars scrive : « Differisce da C. aloniceps per la forma della testa, assomiglia esattamente a C. latirostris Kurz (Q, che ha però i denti all' angolo inf.-post., sempre pre¬ senti nelle forme europee »). Ma il fatto che C. Ulljeborgi porta generalmente 3 denti su una valva e 4 sull" altra (Lilljeborg), e che i Camptocercus del lago di Brinzio presentano generalmente valve lisce, mentre uno di essi presenta un dente su una valva sola, induce a pensare che questo carattere anche nel genere in questione presenti quella variabilità che è stata messa in evidenza in Cladoceri più comuni ; e 1' osservazione di queste variazioni può esser sfuggita agli autori oltre che per la rarità degli esemplari, anche per una plasticità riguardo a questo carattere, forse minore che in specie di altri generi. Si rivelano ancora caratteri poco attendibili per la distinzione delle specie, nei Camptocercus come in altre forme, la maggiore o minore evidenza delle striature longitudinali del nicchio, e la lunghezza e robustezza delle spine esistenti accanto alle setole, in alcuni articoli delle antenne nata¬ torie. Caratteri meno mutevoli nel genere in questione, mi sem- 6) Sinonimo di C. Lilljeborc/i. GL ADOCELiI DEI LAGHI DI F1È ECC. 155 brano: la presenza o assenza di un organo fissatore, la forma del capo, delle antenne sensorie, la disposizione delle setole ai mar¬ gini inferiore e posteriore delle valve del nicchio. Acroperus anguslatus Sars. Comune. Quasi tutti gli esem¬ plari osservati possono esser riportati alla specie in questione ; alcuni se ne discostano e si avvicinano ad A. harpae Baird. ; ma i caratteri che distinguono le due specie, basati sulla morfologia generale del corpo, non sono sempre molto evidenti, e non mi è parso il caso di attribuire quegli esemplari ad A. harpae piut¬ tosto che ad A. angustatus. Noto ancora come il Parenzan, nella descrizione del genere in questione, scriva : « Postaddome di lunghezza media, senza serie di aculei al margine, con serie di ciuffi di setoline ai lati». La presenza di una serie marginale non è indicata neppure nelle figure del Lilljeborg (1). Il Parenzan però, disegnando la coda di A. anguslatus , ha messo bene in evidenza undici brevissime serie marginali di spine, la cui presenza infatti è stata notata, in Italia, negli Acroperus pescati nei laghi di Cfhirla (2), e di Varese (3). A Iona ornata (Stingelin) Parenzan. I pochi Cladoceri che ho ascritto a questa specie, presentano i particolari che il Pa¬ renzan indica come caratteristici della forma in questione. Non mi pare però che questi particolari siano di tale importanza, da giustificare pienamente P elevazione al grado di specie, dovuta al Parenzan, di Alona affìnis Leydig var. ornata Stingelin. Il Parenzan scrive : « Molto probabilmente parecchi studiosi avranno preso per A. affìnis esemplari dell’ A. ornata che in Italia mi sembra più diffusa. A meno che, addirittura, VA. a finis non sia una creazione dovuta ad un esame non troppo accurato degli esemplari ». A parer mio, forse molti autori non avranno annesso importanza ai poco evidenti particolari che dovrebbero distinguere A. ornata da A. affìnis. Inoltre, se la realtà dei fatti corrispondesse alla seconda ipotesi contenuta nel brano ci- f1) V. Lilljeborg. Cladocera Sueciae. Upsala 1900. (2) G. Gelmini. Il lago di Ghirla. Atti Soc. It. Se. Nat. Voi. LXVIII (1929). (3) G. Tedeschi. Contributo alla conoscenza della fauna del lago di Varese. Atti Soc, Tt. Se. Nat. Voi. LXIX (1930). 156 G. TEDESCHI tato, si potrebbe meglio dire cbe si sono perfezionate le cono¬ scenze intorno alla morfologia di A. affi?iis , e sarebbe più razio¬ nale chiamar creazioni la varietà e la specie ornata , che risalgono ad epoca più recente: infatti Lynceus affinis Leydig è del 1860; nel 1862 è divenuto Aìona affinis Schoedler; A. affinis Leydig var. ornata Stingelin è del 1895, A. ornata (Stingelin) Parenzan, del 1932. Assieme ad A. ornata ho creduto di considerare un esem¬ plare che solo per l’aspetto generale e i particolari del nicchio può esser riferito alla specie in questione; 1' ornamentazione della coda non assomiglia a quella di nessuna specie del genere Alona. Mancano infatti totalmente le spine alla base delle unghie terminali, ove esiste solo una serie di sei aculei sottili. Le spine al margine dorsale sono irregolarmente disposte, e così pure i gruppi di spinine laterali (fìg. 3). Dato che, come è detto sopra, ho osservato un solo esemplare presentante queste particolarità, non 1‘ ho considerato come appartenente ad una forma finora ignota, ma come un esemplare anomalo. Alona costata Gl. 0. S. Abbastanza comune. Graptoleberis lestudinaria Fisch. Piuttosto rara. Alo nella excisa Fisch. Si incontra frequentemente. Alonella exigua Lill. Meno abbondante della precedente: si distingue da questa per una più marcata ornamentazione di denti all’angolo infero-posteriore delle valve del nicchio, e per la man¬ canza di striatura secondaria. Anche nella forma generale del corpo differisce da A. exciso. CLADOCERI DEI LAGHI DI F1È ECO. 157 Alonella nana Baird. È la specie del genere che si trova meglio rappresentata nel lago di Brinzio. Peracantha truncata Muli. I numerosi esemplari osservati presentano il margine posteriore della valve minore della metà dell’ altezza massima del carapace. Striatura longitudinale poco evidente ; in alcuni esemplari leggero reticolo. Pleuroxus aduncus Jur. Un solo esemplare. Nicchio pun¬ teggiato, con reticolo appena visibile. All’ angolo infero-posteriore le valve presentano una 3, l’ altra 4 denti. La coda è piuttosto larga e corta; dorsalmente, su ogni lato, presenta delle spine che alla parte prossimale sono sottilissime e disposte in unica serie, poi divengono più grosse e si dividono in gruppi di 5-7 spine ciascuno ; in ogni gruppo la prima spina è più forte delle rimanenti. Alla parte distale i gruppi sono molto ravvicinati (fig. 4). Il Parenzan nel suo lavoro sui Cladoceri italiani non dà la figura della coda di P. aduncus ; nella descrizione scrive: « Post¬ addome lungo come nel P. trigonellus , col margine dorsale ornato di due serie di setoline molto fini che, specialmente in vicinanza dell’ ano stanno a gruppi ». In base ai caratteri che ho sopra descritti, ho ascritto il mio esemplare alla specie P. aduncus , che in Italia è stata osservata dalla Bravo, nelle acque di Pavia (*), e dalla Manfredi (2), in una risaia lombarda. Chydorus sphaericus Muli. I numerosi esemplari osservati presentano valve per lo più lisce, talvolta punteggiate, in alcuni casi anche reticolo più o meno evidente. In un esemplare inter- (4) Bravo D., Contributo alla biologia dei Cladoceri viventi nelle acque dolci pavesi. Atti Soc. It. Se. Nat. voi. 56, 1918. (2) Manfredi P., Note sulla fauna di una risaia lombarda. Atti Soc. It. Se. Nat. Voi. LXXI (1932). 158 G. TEDESCHI - CLADOCERI DEI LAGHI DI FIÈ ECO. riamente all" orlo libero delle valve, si notano delle punteggiature di notevole grandezza, scavate nel tegumento, disposte su quattro file. Coda con otto aculei. Unghie terminali senza striature, con finissime setole al margine concavo. Due sottili aculei basali; il prossimale più corto. La Oladocerofauna del lago di Brinzio è quella propria degli stagni e delle rive a lento pendio, ricche di vegetazione, dei bacini maggiori. Nei saggi raccolti durante la buona stagione si può costantemente osservare un buon numero di specie, rappre¬ sentate ciascuna da pochi esemplari. Le sole forme la cui pre¬ senza è particolarmente degna di nota sono Pleuroxux aduncus , raro in Italia, perchè osservato finora in due sole località di pia¬ nura, e Cainptocercus sp. forma che, come ho già fatto osser¬ vare, appartiene ad un genere la cui sistematica è, a mio modo di vedere, alquanto incerta. £ & Le presenti determinazioni compiute su scarso materiale, non permettono di trarre più ampie conclusioni intorno alla Cladocero- fauna di questi due bacini : è mia intenzione di raccogliere ed esaminare altri saggi. Comunque credo non inutile il recare questo contributo alla conoscenza della distribuzione geografica dei Cladoceri. Sunto. — Elenco di Cladoceri raccolti nei laghetti di Fiè (Alto Adige) e di Brinzio (Varesotto). Descrizione di una forma del genere Camptocercus. Discussione sul valore sistematico delle specie del genere medesimo. Grand’ Uff. Conte Emilio Turati NOVITÀ DI LEPIDOTTEROLOGIA IN CIRENAICA IV. Questa volta sono più d’ una cinquantina le specie e forme di una novità assoluta, raccolte dal Cav. Giorgio Krùger, l’atti¬ vissimo entomologo dell’Ufficio Agrario di Bengasi. Malgrado da due anni egli sia adibito più specialmente alla ricerca ed alla distruzione delle cavallette e persino . di una farfalla da lui scoperta, e da me descritta, la Ocnogyna mutabili s Trti, sterminatrice di ogni verde in certe località, e ritenuta così pericolosa che non la si lascia trasportare viva, nemmeno più per lo studio, per giusto timore di infettare altri paesi, malgrado questi lavori specializzati, egli ha potuto ancora qualche volta occuparsi, durante l’orario di sua libertà o di riposo, dei lepi¬ dotteri. Egli ha incontrato in una sua escursione lo scorso marzo 1938 a Marada, a 1000 Km. da Bengasi mentre era stata inviato alla ricerca di presupposti focolari di Schistocera 'peregrina nell’Uadi - el - Earegh, presso l'abbandonata ridotta di Maaten Giofer parecchie specie oltremodo interessanti, cacciando la notte dal 13 al 14 marzo al lume dell' acetilene, malgrado l’avversa fase lunare ed il notturno freddo intenso. Più tardi verso l’ oasi di Gialo egli ha raccolto una meravi¬ gliosa Cosside , unico bellissimo esemplare del quale egli mi fece omaggio e dedica. Krùger mi scrive, che la notte che egli trascorse a Marada nell’ Uadi-el-Earegh fu ricca di specie, ma in quantità di indivi¬ dui tutt’ altro che numerosi. Nel frattempo Geo. C. Krùger ha ottenuto non solo la citta¬ dinanza italiana, da parecchi anni ambita, degno premio al lavoro fatto per il nostro paese da una trentina d’anni a questa parte, ma anche recentemente da S. M. il Re, su proposta di S. E. il 160 E. TURATI Generale De Bono, Ministro delle Colonie, la nomina a Cavaliere della Stella d’Italia, onorificenza coloniale, dovuta ai suoi meriti di scienziato, ed ai servizi da lui così zelantemente prestati in Colonia, non curante di ogni disagio pur di compiere il proprio dovere, non curante di ogni orario diurno e notturno. Sia lecito anche a me, che l’ho sempre patrocinato per averne conosciuto 1’ abilità e 1' attività scientifica, di rallegrarmi con il neo-cavaliere italiano, che fu per più di 12 anni custode della mia collezione di lepidotteri, e che tanto contribuì ad allargarla, e ad avvalorarla con le sue scoperte, i di cui tipi vi stanno a testimonio. Do’ qui l’elenco delle ultime specie ricevute dalla Colonia Cirenaica, anche se le ho già pubblicate prima, perchè esse sono ora rappresentate da esemplari presi in località molto differenti, e lontane da quelle già da me a suo tempo annotate. Qui andiamo quasi al limite meridionale della Fauna palear¬ tica. Parrebbe che il Deserto, che raggiunge questo limite dal Sud, ne segni anche .effettivamente il confine, al di là del quale deserto si incontra poi subito la fauna tropicale Africana. E ancora troppo presto per poter formulare, coi dati finora raccolti, un concetto completo della Fauna della Cirenaica, dalla Sirte ai confini politici dell’ Egitto. Sembrerebbe da quanto abbiamo visto per il complesso della Colonia Libica, che ci troviamo dinanzi — io vorrei ritenere — a due territori zoogeografici di diversa età e costituzione, divisi dal Golfo Sirtico. Dalla parte occidentale troviamo la Sirte, la Tripolitania fino ai confini della Tunisia con caratteri lepidotterologici che sono piuttosto quelli della fauna nord-Africana Occidentale, che ab¬ braccia anche l’Algeria ed il Marocco. Invece dalla Sirte attra¬ verso la Marmarica, il deserto Libico, i territori egiziani del Basso Nilo, pure con molte specie peculiari endemiche, la fauna ha più il carattere che presentano i territori della Siria meri¬ dionale, della Palestina, fino alla penisola del Sinai. La Marmarica è quella che ci fornisce il più gran numero di specie proprie. Forse perchè i finitimi territori egiziani non sono stati ancora abbastanza esplorati dal lato lepidotterologico. Le scoperte fatte pertanto in questa regione dal Cav. Krùger ci danno elementi molto importanti quindi anche per il Zoogeo¬ grafo, e per gli studi faunistici in rapporto alle formazioni geo¬ logiche dei nostri territori coloniali. NOVITÀ DI LEPIDOTTEROLOGIA IN CIRENAICA 161 Melanargia ines sublutea Trti. maura f. n. Questa nuova aberrazione melanotica, della forma sublutea Trti, la bella razza di Melari ar già ines Htfsg. merita bene di essere segnalata ai biologi perchè conferma una tendenza insita nel genere, a subire una modificazione individuale nella dispo¬ sizione dei colori con una grande prevalenza del nero, se sotto¬ posta a condizioni speciali di calore o di ambiente. Essa appare regolarmente nella M. galatea negli esemplari della razza tur- eica) ma qui già come forma locale o sottospecie, piuttosto che come forma sporadica. Tale anch’io già l'ho pubblicata assieme ad una analoga della M. Arge in un esemplare dell’Italia meri¬ dionale, che indicai come melanotica' senza darle un nome spe¬ ciale, e resi nota nel fase. II delle mie Nuove Forme di Lepi¬ dotteri (Naturalista Siciliano, Anno NX, Palermo 1907), figu¬ randole entrambe (a tav. 1 ai Numeri 3 {Galatea) 4 e 5 {Arge)). Maura Trti è ancora più oscura tanto nel disopra che nel disotto delle quattro ali. Infatti solo il disco, la parte basale della costa, alcuni punti apicali sono bianchi, e leggermente sfumati di nero quelli del campo distale : tutto il resto è fortemente velato di nero. Le ali posteriori sono completamente nere, ad eccezione di un piccolo punto nonché degli spazii cellulare, basale ed anale, che sono biancastri, ma pure sfumati di nero. Di sotto le quattro ali sono talmente coperte di squamule e di atomi neri, che a stento vi si disegnano le macchie biancastre. Nelle posteriori gli ocelli centrati di azzurro vi rimangono in un area non più bianca, ma annerita. Un solo esemplare di Cirene, raccolto il 20 aprile 1924. Ocnogyna mutabilis Trti. fuscipuncta f. n. (Tav. TU fìg. 1 e 2) Dall’ Uadi Bakur, presa il 30 ottobre, proviene una forma completamente diversa, che ha il reticolato delle ali anteriori del tutto obliterato. « L‘ ala anteriore ha tutto un fondo color rosa-vecchio, ed il bruno che occupava gli spazi del reticolato, è rimasto, come tante macchie oscure senza la incorniciatura, per dir cosi, delle righe che si incrociano nella forma tipica. li 162 E. TURATI Le ali posteriori sono analoghe al tipo della specie. Qu’esta fuscvpuncta con la mutata Trti sono due interessanti forme secondarie della specie, che non dovrebbero essere rare dal mo¬ mento che la specie si riscontra a milioni nelle sue località, al punto da obbligare a distruggerla col ferro e col fuoco per i danni che essa arreca all’agricoltura della Colonia, e per il peri¬ colo che essa si estenda ad altri territori coltivati. Cossus (Hol cocerus) turatii Krug. n. sp. Per non lasciar perdere la priorità al Cav. Krùger della sua magnifica scoperta, nell' occasione di questa mia pubblicazione, accolgo ben volentieri la sua descrizione del Cossus , eh’ egli ha gentilmente a me dedicato, ringraziandolo delle sue parole a mio riguardo. « Espansioni delle ali min. 68 ». « Ali anteriori con fondo bianco latteo, tutto coperto da un largo sottilissimo reticolato nero, che non si estende però al di- Cossus (Holcocerus) turatii Krug. Grand, naturale sopra della R. Così tra costa e subcosta è rimasto uno spazio bianco sprangato da brevi tratti trasversali neri più o meno egual¬ mente distanti fra di loro. Tre punti neri allungati tra la costa e l’ apice. Spazio basale coperto di villi lanosi bianchi. Distal¬ mente a questo il reticolato si addensa quasi in una macchia un po' più scura a cagione della sua sprangatine un po’ più intensa, che non nel resto dell' ala, al termine di ogni costa nel margine distale un punto nerastro, appena adombrato. Erangie concolori col fondo delle ali ». NOVITÀ DI LEPIDOTTEROLOGIA IN CIRENAICA 163 « Ali posteriori grigiastre un po’ famose, con puntini distali sul termine delle coste: frangie biancastre ». « Disotto le quattro ali un po’ lanose, grigiastre senza segni nè disegni. Lungo la costa spranghette nere come nel disopra. Frangie biancastre. Profilo distale con punti oscuri appena adom¬ brati sul termine delle coste. Ali posteriori come nel disopra con qualche minima sprangatura nera alla base, sul margine ante¬ riore ». « Testa, palpi, porretti, patagia, torace grigio biancastri, la¬ nosi ». « Antenne bipettinate terminanti in punta, nerissime, con la base del flagello biancastra. Occhi piccoli, rotondi, neri. Addome grigio biancastro, mollemente lanoso ». « Zampe nere, cerchiate di grigiastro cremoso tanto nelle tibie quanto fra i tarsi ». « -1 esemplare $ preso fra Bir Tengeder e Bir Hacheim nel predeserto marmarico la sera del 21 Marzo 1933 ». « Al Conte Grand’Ufficiale Emilio Turati, Nestore degli Ento¬ mologi italiani e promotore dell' esplorazione scientifica della Ci¬ renaica, dedicata con reverenza e gratitudine ». Agrotis rupicola n. sp. (Tav. Ili fìg, 3 e 4) Espansione delle ali rf mm. 31-33, 9 min. 33. Ricorda in alcuni esemplari a segni semiobliterati, ma in proporzioni alquanto minori, la mia Pseudopolia aurora di Ben- gasi, della quale — dopo i due esemplari tfpici rf e O , che fanno bella mostra di loro nella mia collezione, come una delle maggiori rarità, non se ne sono più raccolti — che io mi sappia — altri esemplari. Rupicola Trti è del solito colore giallastro-lattiginoso un po’ rosato, che ricorda il colore delle sabbie e delle rupi locali. Ha tutti i disegni e le righe delle ali anteriori in certi esemplari, special- mente nella Q , bene marcati in bruno olivaceo diffuso, mentre in altri esemplari essi sono appena accennati od anche del tutto obliterati. Invece sono sempre nere le piccole lineette intercostali formanti il margine distale, che precedono le frangie concolori col fondo delle ali. Ali posteriori biancastre, leggermente afflate di rosa concolori con le frangie e la linea distale : con una linea curva adombrata olivacea, che gira al di fuori della cellula. 164 E. TURATI Di sotto le quattro ali sono biancastre, pellucide, con leggero afflato roseo : in alcuni esemplari esse hanno la sola lunula mediana adombrata, senza segni nè righe ; ma in altri e specialmente nella 9 ? hanno le righe mediane ondulate bene adombrate con la lunula cellulare sempre indicata. Testa, antenne, torace concolori col fondo delle ali anteriori, addome biancastro. Palpi con l’articolo terminale corto, arrotondato, porretto, occhi globulosi neri, circondati da villi concolori col capo. Le antenne sono bipettinate a lamelle più lunghe nella loro parte mediana, e rastremate fino a terminare acute in punta. Zampe a lunghi villi bianchi lanosi sulle coscie delle ante¬ riori, con doppie spine lunghe sulle mediane e sulle posteriori, rivestite di villi più rari, nel disotto concolori, ma neri nella parte rivolta verso gli occhi: tutti i tarsi più o meno largamente annulati .di bruniccio. Un esemplare rf raccolto il 29 ottobre 1932 sulle rupi più perfide dell’LTadi Bakur (Tocra). Altri esemplari ^ ^ ed una 9 nella mia collezione, nonché altri nel Museo di Bengasi, sono dell’Uadi - el - Gerfan (Bardia) del 25 Novembre 1933. Per la mancanza della vena 5 nelle posteriori, la mancanza delle spine nelle zampe anteriori, e le spine lunghe nelle mediane e posteriori parmi dover porre questa specie fra le Agrotis (Peltia) sezione ad antenne bipettinate. Per le antenne bipettinate così larghe potrebbe stare accanto ad Agrotis senescens e quadran- gula. Antityp© hagar Roths. Ne fu raccolto un esemplare ^ a Maaten Giofer nella Sir- tica orientale il 13 marzo 1933. Esso è identico a quello preso il 10 marzo 1925 dal Dr. Romei a Bu Gheilan (600 m.), e da me citato nell’ elenco degli « Eteroceri di Tripolitania » (Bollettino del Laboratorio di Zoo¬ logia di Portici voi. 23, 1929). Entrambi si trovano ora nella mia collezione. Scotogramma compacta Trti. f. n. Espansione delle ali mm. 29. Ricorda assai la mia gliigii, ma molto più in grigio oscuro. NOVITÀ DI LEPIDOTTEROLOGIA IN CIRENAICA 165 Ali a margine distale alquanto arrotondate, compatte. Colore del fondo delle ali lutescente, molto cosparso da squamule grigio oscure piuttosto fitte, colore die appare qua e là nella formazione delle righe e delle macchie. Righe trasverse appena appariscenti. La prossimale doppia, formata da due soli piccoli semicerchi doppi con in mezzo il fondo chiaro dell’ ala.' Al semicerchio più basso è appoggiata distalmente una piccola mezzaluna grigia. Riga tra¬ sversa antemediana duplice formata da tre semicerchi pure doppi in continuazione fra di loro : quelli verso la costa più piccoli di quelli, più ampii, verso il margine interno, che essi però non raggiungono. A questi ultimi si appoggia distalmente la macchia obeliscata nera, aperta prossimalmente, a forma di ferro da ca¬ vallo. Riga trasversa mediana semplice, ondulata, diffusa, appena percettibile. Essa passa tra la vascolare rotonda, ben distinta con entro il colore lutescente del fondo e la macchia reniforme alla quale si appoggia internamente, ben sviluppata in forma di bac¬ cello a due lobi sovrapposti: quello inferiore meglio orlato di nero e col centro più oscuro del fondo dell’ ala. Riga distale di piccoli tratti intercostali grigiastri, profilati internamente dal colore del fondo chiaro appena sensibile. Riga predistale di lunule chiare, libere di squame grigie, col colore del fondo, ed aperte verso Y esterno. La lunula che tocca il torno è un po’ più ampia delle altre. LTno stretto campo distale grigio precede la linea marginale formata da piccoli triangoli e lunule nere, che serve di base a piccole macchie ovoidali del color grigio cosparso sulle ali, che vanno ad intersecare le frangie lutescenti come il fondo delle ali. Punti nerastri sulla costa, spaziati fra di loro, alla base delle rispettive righe trasverse. Ali posteriori biancastre con lunula indeterminata fosca, ed una fascia quasi semicircolare, eccentrica fumosa, che le attra¬ versa un po’ obliquamente a breve distanza dal margine interno al margine anale, e un po; diffusa al termine distale delle ner¬ vature. Margine distale di piccolissimi punti neri, frangie bianco- sudicie. Disotto le quattro ali biancastre, con riga predistale adom¬ brata, che segue l’andamento del margine nelle quattro ali. In tutte le ali il margine è segnato da sottili, minuscoli tratti neri. Le frangie, concolori col fondo delle ali. sono nelle anteriori intersette da macchiette bruniccie. 166 E. TURATI Una lunula ben distinta grigia sta in chiusura di cellula nelle anteriori. Nelle posteriori la lunula che chiude la cellula è molto più piccola ma abbastanza appariscente. Una unguicolatura poco distinta è a metà della costa delle anteriori. Testa, palpi, patagia, torace, addome a squamule miste grigie e lutescenti. Antenne bruniccie sottili e liscie nella Q che ho per tipo. Occhi piccoli, rotondi, nudi. Proboscide a rotolo sottile, fuoruscente in parte fra i palpi, corti, porretti. Zampe alquanto lanose, concolori col disotto delle ali. Tarsi nerastri, cerchiati di chiaro nelle loro inserzioni. Due coppie di spine sulle tibie delle zampe posteriori. 1 esemplare 9 di Bardia del 25 novembre 1983. (?) Derthisa pierreti Bugnion. I cf di Bardia del 20 novembre 1933. Culot nelle sue « Noctuelles et Géomètres » ne riproduce un rj' a tav. 32 fìg. 6 della collezione Oberthùr, raccolto a Biskra in Algeria, sotto il genere Heliopliobus. Esso è leggermente più marcato di quello che mi sta sotto agli occhi, raccolto nella parte della Cirenaica confinante col territorio di Alessandria d‘ Egitto, da dove provenivano i 6 esemplari descritti nel 1837 negli « Annales de la Société Entomologique de Erance ». II Wàrren nel Seitz a tav. 12 e del voi. 3° dei Paleartici dà una figura che rappresenta, e male anche quella, una specie di Agrofis (la Poioellinia matritensis ), che non ha niente a che fare con pierreti Bugnion. Malgrado nel supplemento al Seitz ne abbia anche parlato il prof. Draudt, cercando di correggere 1‘ errore di Warren, le cose sono rimaste ancora allo stesso punto. Nelle mie « Note critiche di lepidotterologia », nelle Memorie della Società Entomologica Italiana, ho ritenuto di riportare al¬ l'ordine del giorno la questione, che per me sarebbe risolta puramente e semplicemente col considerare pierreti Bugnion, secondo la figura di Culot, nel gruppo delle Derthisa , anziché fra le Agrotinae. Quanto al genere per le sue antenne seghettate e non pettinate lo si potrà studiare poi. Probabilmente non sarà nè Derthisa nè IleliopJiobas , ma un genere nuovo : tanto ha aspettato il suo posto dal 1837 fino ad ora ! NOVITÀ DI LEPIDOTTEROLOGIA IN CIRENAICA 167 Centropodia inquinata Mab. Presa a Bengasi dal 18 al 25 ottobre 1933. Eremopola discrepans Stgr. Tre esemplari 2 ff *