S. U17- ^

*

E DEL

MUSEO CIVICO

DI STORIA NATURARE

IN MINANO

VOLUME XCII Fascicolo I

i

MILANO

Giugno 1953

CONSIGLIO DIRETTIVO PER IL 1952

Presidente : Magistretti Ing. Luigi, Via Carducci , 14 (1952- 1953).

Grill Prof. Emanuele, Via Botticelli, 23

Vice-Presidenti : ^ (1952-53).

/ Moltoni Dott. Edgardo, Museo Civico di Storia Naturale (1953-54).

Segretario : Vialli Dott. Vittorio, Museo Civico di Storia Na¬ turale (1952-53).

Vice-Segretario : Eagnani Prof. Gustavo, Via Botticelli , 23 (1953-54).

Cima Dott. Eelice, Via Pinturicchìo , 25 Nangeroni Prof. Giuseppe, Viale Tunisia . 30

1

V Parisi Dott. Bruno, Museo Civico di Storia Consiglieri: Naturale

I Sibili a Dott. Enrico, Minoprio {Como)

Taccani Avv. Carlo, Via Burini, 24

Traverso Prof. G. B., Via Cetonia, 2.

Cassiere: Rusca Rag. Luigi, Viale Mugello, 4 (1953-54). Bibliotecario : Dott. Lucia Perini

ELENCO DELLE MEMORIE DELLA SOCIETÀ

Voi

. I. 1

[fase.

1-10 ;

ali no

1 865.

11

IL

ii

1-10 ;

ii

i 865-67.

11

III.

a

1-5 ;

n

V

i

u-

X

11

IV.

n

1-3,5;

n

1868-71.

11

V.

a

i ;

a

1895 (Volutile

completo).

11

VI.

ii

1-3;

a

1897-1910.

11

VII.

ii

i ;

ii

1910 (Volume

completo).

11

Vili.

a

1-3;

n

1915-1917.

11

IX.

a

1-3;

n

1918-1927.

n

X.

a

13;

a

1929-1941.

ii

XI.

a

i;

n

1944.

Pavia Premiala Tipografìa Successori FUSI - Via L. Spallanzani 11 1952

(1952-53)

ATTI

DELLA

SOCIETÀ ITALIANA

DI SCIENZE NATURALI

E DEL

MUSEO CIVICO

DI STORIA NATURALE in Milano

VOLUME XCII Anno 1953

Milano 1953

Pavia Premiata Tipografia Successori Fratelli Fusi 1953

G. Fagnani

IL BERILLIO NEI MINERALI DEL GRANITO DI BAVENO

E noto che nella solidificazione dei magmi granitici il be¬ rillio si concentra nelle parti residuali che danno poi origine alle pegmatiti nelle quali si hanno cristalli, anche di considere¬ voli dimensioni, di berillo e crisoberillo.

Talvolta però anche in rocce tipicamente granitiche com¬ paiono minerali propri del berillio : è il caso del granito di Baveno dove sono presenti la Bavenite (1) Ca4 Ala BeH2 [Si9 027] e la Gado- linite (2) Y2Ee [0 | BeSi04]2 .

Mentre sui minerali del granito di Baveno esistono già molti interessanti lavori, ma quasi esclusivamente a carattere morfolo¬ gico e paragenetico, non fu mai effettuata, che io sappia, tranne che per la bazzite (3) e la gadolinite (4), una ricerca sistematica anche solo qualitativa, sui costituenti chimici minori ed in par¬ ticolare sul berillio.

Nella bave.nite (5) il contenuto medio di BeO è di 2,75 % . Nella gadolinite (2) la percentuale di BeO è ancora maggiore (5,35 °/0) pur mantenendosi inferiore a quella che generalmente si osserva nella gadolinite tipica ; ciò è imputabile allo stato di alterazione dei cristalli.

La presenza, nel granito di Baveno, dei due minerali di Be, e la mancanza del più importante minerale di Be, il berillo, mi ha indotto ad eseguire una ricerca sistematica dell’elemento anche nei numerosi altri minerali delle geodi e nell’ortoclasio della roccia.

Data la quantità del tutto esigua di berillio che ci si poteva attendere si è ricorso alla ricerca spettrografica.

La ricerca del berillio è stata eseguita su campioni appar¬ tenenti alle collezioni dell’Istituto di Mineralogia, Petrografia e Geochimica dell’Università di Milano.

6

G. FAGNANI

I frammenti dei campioni sono stati scelti e successivamente polverizzati in mortaio di agata con le necessarie cautele, per evitare inquinamenti (6) (7) (8).

Per la ricerca è stato usato lo spettrografo Puess 110C, con F = 600 mm., per l’ultravioletto che permetteva di fotografare lo spettro di emissione da 2300 a 3700 A, nel quale intervallo cadono le principali righe del berillio.

L'arco era alimentato da corrente continua 180 V. 3 A, pro¬ dotta da un gruppo convertitore.

I carboni usati erano della Ditta Elettrocarbonium di Narni sottoposti a processo di purificazione nell’Istituto di Mineralogia Petrografia e Geochimica dell’Università di Firenze.

La polvere del minerale, mescolata con polvere di carbone, è stata posta in un foro del diametro di mm. 1,5 praticato nel carbone positivo dell’arco: per la ricerca qualitativa di elementi in traccia in minerali e rocce questo metodo è ancora oggi il più adottato ed usato (*).

Arco e condensatore erano disposti in modo da ottenere l’immagine dei vapori dell’arco sulla fessura con illuminazione uniforme del collimatore.

Per ogni minerale furono fotografati numerosi spettri allo scopo di ottenere righe di emissione per tutta la durata della combustione.

Per l'identificazione del berillio negli spettri ottenuti sono state usate le seguenti righe (10) (11) (12) :

2348.61

2494.74

2650.78

3130.42

3131.06

3321.01

3321.09

3321,35

Un eventuale indebolimento di alcune righe spettrali del Be per la presenza di alcuni elementi fondamentali costituenti i vari minerali, non arreca intralcio : infatti la riga Be 2348.61 secondo Kemula e Bygielski (13) presenta in tutti i casi una elevata sensibilità seguita dalla Be II 3130,42 e dalla Be II 3131.06.

(*) Esistono anche metodi di determinazione fluorimetrica (9).

IL BERILLIO NEI MINERALI DEL GRANITO DI BAVENO

Si è ricercato il berillio nei seguenti minerali delle geodi <del granito :

Albite

Fluorite

Axinite

Heulandite

Babingtonite

Laumontite

Cabasite

Muscovite

Clorite

Ortoclasio

Crisocolla

Prehnite

Datolite

Stilbite

Epidoto

Tormalina

Fayalite

Zinnwaldite

■e nell’ortoclasio costituente la roccia.

La ricerca del Be è risultata positiva per i seguenti mine¬ rali : albite, axinite, cabasite, crisocolla, datolite, ortoclasio, prehnite, tormalina, zinnwaldite, epidoto, laumontite, musco- vite (*).

Per i seguenti minerali : babingtonite, clorite, fluorite, stil¬ ante, la ricerca spettrografica del berillio è risultata negativa.

Nella seguente tabella, accanto ai singoli minerali in cui è presente il berillio sono indicate le righe osservate :

Minerali Righe osservate

2348.61

2494.74

2650.78

3131.06

3130.42

3321.01

3321.09

3321.35

Datolite

1

~r

+

+

+

i

Muscovite

+

+

1

+

'Tormalina

-t-

-f

-f

+

+

Axinite

+

+

+

+

Zinnwaldite

i

T

+

Prehnite

~r

+

Laumontite

+

Epidoto

-f

•Cabasite

+

Albite

+

Ortose

4-

Drisocolla

|

+

(*) Il berillio risulta presente anche nella bazzite secondo Berto- ■lani (3).

8

G. FAGNANI

1

E interessante ricordare quanto fu constatato da Pieruc- cini (14) e Rodolico (15) circa la presenza dello stesso elemento in altre rocce eruttive italiane.

Nel corso di ricerche sui costituenti minori delle selagiti e sanidiniti di Montecatini i due Autori constatarono che il berillio nella differenziazione del magma selagitico si era accumu¬ lato nel sanidino : pur ammettendone la presenza anche nella bio- tite e nell’augite, gli stessi Autori concludevano che il berillio doveva essere molto scarso non superando quella quantità che normalmente si trova celata nella struttura dei normali costituenti della roccia.

Diverso sarebbe stato invece il caso del granito dell’Elba che contiene in media 0,0027 di glucina (0,0021 % BeO nel gra¬ nito di S. Piero in Campo - 0,0033 % BeO in quello di S. Ilario) e che è caratterizzato dalla presenza di filoni pegmatitici con be¬ rillio.

Nel caso del granito di Baveno si è potuto constatare che il berillio già segnalato da P. Gialli telli (16) fra i costituenti minori della roccia (*) è presente in 15 specie minerali delle geodi ; dalla tabella a pag. 5 risulta evidente che i minerali che lo contengono sono tutti silicati : ciò verrebbe ancora ad avvalo¬ rare quanto affermarono per primi Goldschmidt e Peters (17) a proposito del berillio che per le dimensioni del suo raggio ionico può sostituire il silicio nel reticolo cristallino dei silicati (**)_

Dal comportamento del berillio durante le varie fasi della solidificazione totale del magma che diede origine al granito di Baveno si può concludere che esso doveva essere presente in quantità non trascurabile, non solo perchè si introdusse in tracce nell’edificio cristallino dell’ortose, costituente la roccia, ed in gran parte dei minerali isterogenetici delle geodi, più o meno uniformemente distribuite nel granito, ma anche per il fatto che diede origine da ultimo a due minerali propri : bavenite e gado- linite ; ciò evidentemente quando, nell’ultima fase, idrotermale, la concentrazione del berillio doveva ossere notevole.

Istituto di Mineralogia Petrografia e Geochimica dell Università di Milano : gennaio 1953.

(*) Oltre i costituenti essenziali risultano presenti nel granito di Baveno i seguenti elementi : Zr, S, Cn, Sn, As, F, Ba, Sr, Mo, W, B, Li, Cs, Rb, Y, Se, terre rare.

(**) Secondo alcuni AA. la sostituzione avverrebbe probabilmente tra Be2+SD-b e ABd-ABL; ciò però riguarderebbe in particolare i si¬ licati caratterizzati da tetraedri coordinati da Al (18).

IL BERILLIO NEI MINERALI DEL GRANITO DI BAVENO

BIBLIOGRAFIA

1) Artini E. : Di una nuova specie minerale trovata nel granito

di Baveno, Atti R. Acc. Lincei Cl. Se. Fis. MaL e Nat. Voi. II, 1901.

2) Pagliari G. : Gadolinite di Baveno , Rend. Soc. Min. It. Anno Iv

1941 .

3) Bertolani M. : Le terre rare nella bcizzite di Baveno, Rend. Soc.

Min. It., Anno V, 1948, Pavia.

4) Fagnani G. : Terre rare nella gadolinite di Baveno. Naturar:

Riv. della Soc. It. Se. Nat. Voi. XLI - Milauo 1950.

5) Grill E. : Bavenite : mmiposizione chimica , diffusione, Rend.

Soc. Min. It. Anno I, 1941.

6) Henrici A. Scheibe G.: Chemisclie Spektralancilyse, Alz. VerL

Leipzig, 1939.

7) Haiirison G. Lord R. Loofbourou J. : Practical Spectroscopy

Prentice Hall, N. Y., 1938.

8) Sawyer R. : Experimental Spectroscopy, Prentice Hall, N. Y.,.

1944.

9) Sandell E. B.: The beryllium content of igneous rocks, Geochimica

et Oosmochimica Acta. Voi. Il, N. 4, 1952, Pag. 208.

10) Gatterer A. Junkes J. : Atlas cler Restlinien : Spektren seltener

Metal le, (HI), Roma, 1949.

11) Harrison G. : Wawelenght Tables , J. Wiley & S. N. Y. 1948.

12) Gatterer A. Junkes J. : Are spectrum of iron , Roma, 1947.

13) Kemula W. Rygielski J. : Qualitative und quantitative spektro-

skopisché Bestimmung des Bergli iums in Minera- lien und Gesteinen , Chem. Przemysl. 17, 1923.

14) Rodolico F. Pieruccini R. : Il berillio nella differenziazione del

magma selagitico , Rend. Soc. Min. It. Voi. I, 1952,. Pavia.

15) Rodolico F. : Ricerche sui costituenti minori di alcune rocce vul¬

caniche cieli’ Italia centrale , Period. Mineralogia,. 1943, Roma.

16) Gallitelli F. : I graniti subalpini del Verbano e del Cusio , Atti

Acc. Scienze, lett. ed atti di Modena, 1945.

17) Goldschmidt V. M. Peters C.: Zur Geochemie des Berilliumsr

Nachr. Ges. Wiss. Gottingen, Malli. Physik. Klasse, IV, 1932, Gottingen.

18) Holser W. T., Warner L. A., Wilmarth V. R., Cameron N. :

Notes on thè geochemistry of beryllium : Non - pegmatite beryllium resources of thè United States . Riassunto in «The American Mineralogist » . VoL 37, 1952, p. 294.

Giuliano Ruggieri

OSTRACODI DEL GENERE PAIO ENBORCHELLA VIVENTI NEL MEDITERRANEO

Il genere Paijenborchella (genotipo designato P. iocosa ) fu recentemente istituito da Kingma 1948 su materiale pliocenico ■della Malesia, e fu successivamente e accuratamente studiato da Triebel 1949 nelle sue strutture ; secondo quest’ ultimo Autore deve riferirsi a questo genere anche una specie vivente alle Fi¬ lippine, nonché un certo numero di specie europee, a partire dal Cretaceo superiore fino al Miocene ; numero che potrebbe, penso, essere ancora aumentato, solo con una revisione delle specie fin’ ora illustrate sotto altri nomi generici dagli Autori. In un re¬ cente lavoro (1950) constatai la persistenza di questo genere fino nel Pliocene della penisola di Crotone (Italia meridionale) rappresen¬ tato da una specie tipica, che indicai allora come nuova, ma che invece è da identificarsi con una specie già riscontrata dal Kingma nel Pliocene della Malesia, la P. malaiensis (*).

Strettamente affine al genere Paijenborchella è il genere JV ’eomonoceratina Kingma 1948 (genotipo design. N. columbi- formis ) ; così strettamente affine, anzi, che nella presente nota propongo di degradarlo a sottogenere di Paijenborchella. Fino ad ora non era conosciuta, mai era stata citata in Europa, nes¬ suna autentica Neomono ceratili a ; le mie ricerche mi hanno por¬ lato a constatarne 1’ esistenza di una specie nel Tortoniano superiore di Cornuda, presso Treviso (Italia settentrionale), specie del tutto identica alla Neomonoceratina microreticulala Kingma già ri¬ scontrata nel Pliocene della Malesia. Ancora maggiore interesse ha il ritrovamento di una seconda specie, da considerarsi nuova e qui descritta, in materiale attuale di spiaggia prelevato presso Porto Said : questo ritrovamento è particolarmente importante

(*) Sono debitore di questa identificazione al Sig. A. J. Key, di Utrecht, Olanda, il quale ha potuto accertarla avendo sotto mano il materiale originale di Kingma, ed ha voluto gentilmente informarmene. Colgo l’occasione per porgergli le più vive grazie.

OSTRACODI DEL GENERE PAI JENBORCHELL A ECC.

11

■perchè permette di constatare la persistenza fino alla attualità nel Mediterraneo di tutto un gruppo di Ostracodi a centro attuale di sviluppo nettamente indopacifico.

Il materiale che mi ha servito per lo studio è costituito da una discreta quantità di sabbia, prelevata a Porto Said una ven¬ tina di anni fa, insieme a numerosi molluschi di facies salmastra, fra i quali Cerastoderma lamarckii Reeve e Pirenella conica Blainville. Il trattamento della sabbia con tetracloruro di car¬ bonio ha permesso di estrarre numerosi ma poco variati forami- niferi, ed una discreta ostracofauna, nella quale ho fino ad ora -determinato :

Cyprideis sp.

Cylhereis emaciata (Brady)

» plicatula (Heuss) turbida (Muller G. W.)

» macinata (Baird)

» scutigera (Brady)

Hemicythere sp.

Basslerites teres (Brady)

Cytherideis cfr. subulata (Brady)*

Hemicytherideis elongata (Brady)

Caudites sp.

nonché diverse Loroconcha , Cytherura -, Leplocythere , ecc., e, non rara, la forma qui descritta come nuova specie, e per la quale propongo il nome di Paijenborchella ( Neomonoceratina ) mediterranea.

Paijenborchella ( Neomonoceratina ) mediterranea n. sp.

(figg. 1-5 nel testo)

Olotipo : Il carapace delle figure 1-3, 5 (Ostracodi Col¬ lezione Ruggieri, preparato n.° 4). Paratipoidi : Oltre 70 carapaci e valve isolate.

Luogo tipico : Spiaggia di Porto Said ; Recente.

■Carapace visto di lato a profilo romboidale, visto dal dorso rego¬ larmente ovale, acuminato alle due estremità. La valva sinistra è di dimensioni notevolmente maggiori della valva destra, e so¬ pravanza quest’ ultima specialmente lungo il margine posteroven¬ trale e dorsalmente. La terminazione caudata posteriore è molto breve e spostata sopra la metà altezza. Il guscio è uniformemente convesso, salvo l’evidente solco centrale, il quale si diparte im¬ mediatamente dopo l’ angolo cardinale anteriore, e scende verso

12

G. RUGGIERI

il basso incurvandosi leggermente . verso l’ avanti. La superficie è percorsa da quattro costole longitudinali, di aspetto lamellare seb¬ bene non taglienti all’ orlo, quella dorsale sviluppata specialmente nella metà posteriore e appena accennata anteriormente al solca centrale, la mediana attraversante tutta la porzione convessa del guscio a metà altezza, risalendo leggermente verso Y addietro, e

P ai jenbor alleila ( Neomonoceratina ) mediterranea n. sp. Recente di Porto Said, ingrandito 130 diametri circa.

Fig. 1-3, 5: Olotipo. 1: valva sinistra dall’ esterno per trasparenza,

2: la stessa dall’interno, 3: cardine della valva destra, 5: car¬ dine delle due valve dal dorso; fig. 4: Paratipoide, carapace com¬ pleto dal dorso.

due inferiori, una in posizione lateroventrale ed una in posizione del tutto ventrale (la superficie ventrale della conchiglia non è sensibilmente appiattita). La costa mediana e quella lateroventrale presentano nella metà posteriore delle diramazioni dirette verso P avanti, di importanza diversa da individuo a individuo. L’in¬ tiera porzione convessa del guscio, salvo il solco centrale, è co¬ sparsa di foveole tondeggianti di grandezza variabile : una fila di tali foveole decorre parallelamente al margine anteriore, e in tutta, prossimità dello stesso.

0STRAG0DI DEL GENERE PAI JEN BORCHELLA ECC.

13

Il cardine è tipico del genere e risulta nella valva sinistra di un profondo alveolo anteriore, chiuso quasi completamente da una robusta costola a forma di V, la quale anteriormente non rag¬ giunge il margine dorsale ; sul ramo posteriore di tale costola è inserito il dente cardinale anteriore, a base triangolare, molto sporgente e non visibimente bìfido alia sommità: in sostanza solo in alcuni esemplari questo dente appare bisecato da una in- cisura, visibile solo sul lato ventrale di esso. Il dente si raccorda con una robusta cresta cardinale, visibilmente dentellata, la quale termina posteriormente contro un alveolo a forma di rene, dorsal¬ mente crenato, chiuso posteroinferiormente da una struttura cul¬ minante con un dentello, che risulta situato in corrispondenza dell’ilo del rene. Il margine dorsale sovrasta notevolmente la cresta cardinale, senza però che nell’ area interposta si determini un vero e proprio solco supracardinale Ausweichfurche > degli AA. tedeschi). Il cardine della valva destra è complementare, ri¬ sultando di un forte dente anteriore, subcilindrico, visibilmente bifido alla sommità, dal cui estremo ififeroposteriore si diparte una robusta costola a forma di V, che determina un ampio e pro¬ fondo alveolo cardinale ; a questo segue una doccia a fondo cre- nulato, delimitata verso l’interno da una costolina evanescente verso l’ avanti e terminata posteriormente contro un dente crenu- lato reniforme. Le zone marginali sono anteriormente percorse da pochi poricanali marginali (4-5) dei quali talora qualcuno è ra¬ mificato, originantisi da uno stretto vestibulum, e posteriormente, nel mucrone caudale da tre, eccezionalmente quattro, poricanali marginali ; posteroventralmente i poricanali che si dipartono dal margine interno terminano in corrispondenza della costola ven¬ trale, senza raggiungere il margine esterno.

Dimensioni : I vari esemplari esaminati sono molto uniformi quanto a dimensioni e proporzioni, sicché non vi ho potuto ap¬ prezzare i due sessi. Le dimensioni dell’olotipo sono : lunghezza 0,42, altezza 0,23 mm.

Osservazioni : Riferisco questa specie al genere Paijenbor- cheVa per i caratteri del cardine, aree marginali, esistenza di un solco centrale e di una terminazione caudale posteriore ; per la posizione elevata di quest’ ultima il mio esemplare dovrebbe rientrare nel genere Neomonoce ratina Kingma 1948, che però non ritengo separare da Paijenborchella per i motivi più sotto addotti ; i miei esemplari inoltre si distinguono da tutte le Pai- jenborchella e Neomonoce ratina note per l’assenza di ogni apo-

14 G. RUGGIERI - OSTRACODI DEL GENERE PA1JENBORCHELL A ECC.

fisi mucroniforme nell’area posteroinferiore. Non penso però che questo carattere sia sufficiente a distinzioni generiche.

Quanto al genere Neomonoceratina Kingma 1948 (genotipo N. columbi f or mis) non mi sembra sostanzialmente distinto da Paijenborchella sebbene il Kingma, autore dei due generi, li collochi in due famiglie diverse. Secondo la diagnosi e le figure originali di Kingma i caratteri distintivi si riducono al fatto che in Neomonoceratina la terminazione caudale è in posizione quasi dorsale (in Paijenborchella ventrale) e manca un solco sopra¬ cardinale ; questo ultimo carattere perde di importanza quando si consideri come dalla monografia dettagliata di Triebel sul genere Paijenborchella risulta come il solco sopracardinale possa esservi da bene sviluppato a del tutto assente.

In attesa di un più esauriente studio del genere Neomono - ce ratina ritengo di non mantenerlo come genere distinto da Paijenborchella , ma di conservarlo solo come sottogenere di quest’ultimo. Il genere Paijenborchella risulterebbe così se¬ zionato :

à) Specie a mucrone caudale bene sviluppato, in posizione de¬ cisamente ventrale : sottogenere Paijenborchella str. s. (ge¬ notipo P. iocosa Kingma).

b ) Specie a mucrone caudale poco sviluppato, in posizione sub¬ dorsale : sottogenere Neo monocerati n a (Kingma) (genotipo P. ( Neomonoceratina ) columbiformis (Kingma)).

Résumé.

Description d’ un nouveau Ostracode, Paijenborchella ( Neo - monoceratina ) mediterranea , la prémière espèce du genre ré- trouvée à l’état récent dans la Méditerranée.

OPERE CITATE

Kingma J. Tu. 1948 - Contributions to thè knowledge of thè Young-

Caenozoic Ostrcicoda from thè Malayan re- c/ion, Proefschrift, Utrecht, 1948.

Triebel E. 1919 Zar Kenntnis der Oslracoden-Gcittung Paijen¬

borchella, Senckenfcergiana, 30, 1949.

Ruggieri G. 1959 Una nuova Paijenborchella del Pliocene della

Calabria , Giornale di Geologia, s. 2, 21, (1949)r Bologna 1950.

Sergio Venzo

NUOVA FORMA DI ANISOCERAS (AMMONITE SVOLTA) NELLE ARENARIE SENONIANE DI MONTE S. GENESIO (BRIANZA ORIENTALE)

Con Ire figure nel fesfo

Premessa. Nel 1951, il prof, don Marino Colombo (x) mi portò in istudio un ottimo esemplare frammentario di ammo¬ nite svolta, proveniente dalle arenarie sopracretaciche verso la cima del Monte S. Genesio, nella Brianza orientale. Esso è di proprietà del Museo di Storia Naturale del Seminario Arcivesco¬ vile di Venegono inferiore, nel quale verrà conservato.

Trattasi di forma rarissima del genere Anisoceras Pictet ; genere che viene rinvenuto ed illustrato per la prima volta in Lombardia, e per quanto mi consta anche in Italia. Tale ammonite fu per me di particolare interesse, poiché mi occupavo- della « Stratigrafia e tettonica del Flgsch f Cretacico-Eocene } del Bergamasco e della Brianza orientale » (2) : lavoro nel quale figurai come prova cronologica anche alcuni Pachy- discus del Santoniano inferiore del Monte Canto basso e del Monte S. Vigilio (Bergamo : Tav. I e II) ; ed inoltre lo stesso campione in esame (Tav. II), che merita apposita trattazione.

Il M. S. Genesio, con vecchio convento sulla cima (m. 849)r indicato sul Foglio Geologico Como (1937) col verde del « Piano di Sirone », si trova all’estremo NO dalla mia Carta geologica 30.000 dell' apparato morenico dell' Adda di Lecco (1948 (3)).

0) Esprimo qui la mia riconoscenza al dott. don Marino Colombo,. professore di Scienze Naturali al Seminario Arcivescovile di Venegono inferiore e Direttore del locale Museo.

(2) Venzo S. - Stratigrafia e tettonica del Flysch ( Cretacico-Eocene ) del Bergamasco e della, Brianza orientale. Memorie descrittive della Carta Geologica d’Italia (Foglio Geologico Bergamo), Voi. XXX. Ser¬ vizio Geologico. Roma, 1953.

(3) Venzo S. - Rilevamento geomorfologico dell' appar odo morenico dell' Adda di Lecco. Con Carta geologica 1 : 30.000. Atti Soc. It. Scienze Nat. Voi. LXXXVIl. Milano, 1948.

16

S. VENZO

Precedenti conoscenze sulle ammoniti del Cretacico. Sin

dal 1898, Mariani (4) ebbe a descrivere e figurare le seguenti ammoniti del Senoniano lombardo, per la maggior parte di Brenno :

Mortoniceras texanum Roemer il zeilleri De Gross (*))

Pachydiscus colligatus v. Binkhorst

ne g rii Mariani

isculensis Redt.

sp.

Hanericeras pseudo-gardeni Schlùter

Hamites cfr. cylindraceus Defr.

Nel 1901, De Alessandri descrisse alcuni « Nuovi fossili del Senoniano lombardo (3), tra i quali due ammoniti : Pachydiscus cfr. subrobustus Seunes e Desmoceras sp..

Nel 1920 Desio pubblicò la sua magnifica memoria sulla Creta del Bacino di Firenze (2), che illustra le ammoniti delle arenarie sopracretaciche («pietraforte »); fauna consimile e dei medesimi sottopiani di quella lombarda. Tra le sue forme ricordo il Crioceras pillae De Stefani (Desio, p. 232, Tav. XVII, tìg. 9 ; Tav. XIX, fig. 8), forma svolta a costulazione minuta con deboli tubercolini : ben dissimile però da quella del tipo in esame.

Nel 1949, Vialli descrisse 40 ammoniti in parte da me raccolte del Barremiano superiore del Bergamasco occidentale (Val Veschiera) ; figurandole in apposita tavola (4).

Nel 1951, io stesso ebbi a descrivere ed illustrare, in due tavole, alcune ammoniti dell’Albiano superiore-Cenomaniano d-el Bergamasco occidentale (5^ : tra esse una forma svolta del Cenoma- niano inferiore a Mantelliceras Mantelliceralaiio » di Spath) ;

(L) Mariani E. - Ammoniti del Senoniano lombardo. Mem. R. Ist. Lomb. Scienze e Lett. Voi. XVIII, fase. IV. Milano, 1898.

(2) Desio A. - La creta del Bacino di Firenze. Pai. It. Voi. XXVI. Pisa, 1920, p. 203.

(3) De Alessandri G. - Nuovi fossili del Senoniano lombardo. Rencì. R. Ist. Lomb. Scienze e Lett. Serie II, Voi. XXXIV. Milano, 1901.

(4j Vialli V. - Nuova fauna ad ammoniti del Barremiano supe¬ riore lombardo. Atti Soc. It. Scienze Nat. Voi. LXXXVIII. Milano, 1949.

(5) Venzo S. - Ammoniti e vegetali albiano-cenomaniani nel Flysch del Bergamasco occidentale. Ibi d. Voi. XC. Milano, 1951 : p. 223, Tav. IX, fig. 4, 4 a.

Fig. J a, 1 b - Frammento eli camera d’abitazione di Anisoceras n. f. aff. paderbornense e pseudoarmafum (Schuuter) ; delle arenarie conia- ciane di Monte S. Genesio (Brianza orientale). La fig. le illustra la sezione trasversale.

non deformato, fossilizzato in arenaria debolmente marnosa. Forma svolta su unico piano, a lentissimo accrescimento, ampiamente arcuata e con margini quasi paralleli. La sezione è ovalare com¬ pressa (fig. 1 c) : altezza del giro mm. 45, spessore massimo, me-

NUOVA FORMA DI ANISOCERAS ECC. 17

V H amile s torrii Venzo caratterizzato da fitta e fine costula- •zione semplice del gruppo dell ' H amite s altenuatus (Sow.). Tale forma, di piccole dimensioni rispetto alla presente, è molto più antica di quella in esame, e viene a trovarsi stratigrafica- mente 7-800 metri al di sotto delle arenarie coniaciane di Monte S. Genesio. La questione stratigrafica è seguentemente discussa.

Descrizione dell’esemplare (figg. 1 a, 5, c, nel testo). Frammento della camera d’ abitazione, ottimamente conservato e

2

18

S. VENZO

diano al giro, mm. 28. Ornamentazione consistente in forti e fitte- coste acute e subeguali, notevolmente inclinate in avanti ; esse sisultano continue e molto regolari nella regione dorsale, che è arrotondata. Verso la regione ventrale, appaiono forti tubercoli disposti su 4 file, ma non regolari : di essi, gli esterni ri¬ sultano più grossi e subspinùlosi. I tuber¬ coli interni allineati al quarto esterno del giro sono situati alla riunione di 2 o di 3 coste, in modo piuttosto irrego¬ lare : infatti, tra essi, appaiono interca¬ late da 1 a ben 5 coste semplici, che con¬ tinuano all’esterno, nella regione ventrale.

I tubercoli della fila interna risultano raccordati con quelli della fila ventrale a mezzo di coste oblique, più grosse, e non regolari. Le coste si attenuano nella zona ventrale, dove i tubercoli sono paralleli e corrispondenti tra loro. Questa particolare ornamentazione ap¬ pare evidente dalla fig. 1 67, oltreché dalla 1 b.

La linea lobale non è presente, trattandosi dell’ultima camera.

Questa forma doveva raggiungere grandi dimensioni : dato che l’andamento dei primi giri è sconosciuto, e non si può rico¬ struire neppure approssimativamente, V attribuzione ad Aniscceras- è dovuta alle affinità con forme note di questo genere.

Confronti e differenze. Il campione in esame presenta delle affinità coll’ Ancyloceras paderbornense Schlùter (Q delle marne superiori a Inoceramus cuvieri di Paderborn (Turoniano superiore : Haug, Traile 3 ; p. 1234) ; figurato da Schlùter a Tav. XXX, fig. 1, 2. La sezione ovato compressa e quadrituber¬ colata della sua fig. 2, presenta la massima analogia colla nostra ; un po’ diversa è invece l’ornamentazione sull’ultimo giro, dove i tubercoli, che risultano più radi, appaiono raccordati da ampie a forti coste diritte invece di oblique.

La specie di Schlùter, a prima vista potrebbe sembrare persino un Criocera s ; ma Spath (2) osserva autorevolmente trat¬

ti Schlùter Cl. - Cephalopoden der oberen deutschen Kreide.- Palaeontograpliica XXI. Cassel 1872-76; p. 97, Tav. 30, fig. 1, 2.

(2) Spath L. F. - Amm. of tlie Gault. Pai. Society 1938. Londra^ agosto 1939; p. 541.

Fig. 1 c

NUOVA FORMA DI ANISOCERAS ECC.

19

tarsi di forma incerta, che non si sa se collegare cogli Anisoce- ratidi o con persistenti Hamitidi. Infatti, come avvertì Roman (*) (p. 51), gli Anisoceras erano da tempo avvicinati agli Hcimites particolarmente da Uhug , dei quali anzi costituivano sem¬ plice sottogenere. In seguito Hyatt tenne distinti gli Anisoceras per le 4 file di tubercoli e per le coste disposte come nella sua famiglia dei Pedioceratidi : e questo è appunto il caso del mio campione.

Gli Ancyloceras d’ Orbigny 1840, em. Hàug 1889, come av¬ verte Roman (p. 354), hanno per genotipo 1’ Ancyloceras matlie- roni d’ Orb. (2) : forma aptiana, che non presenta alcuna affinità col tipo di Schluter, con quello in esame.

Il genere Anisoceras Pictet 1854, ha per genotipo Y Hami- tes sausurreanus Pictet e Roux (3), dell’ Albiano ; quadrituber¬ colato, ma a sezione subcircolare e di più veloce accrescimento. Maggiore affinità presenta invece Y Anisoceras ( Hamites , vecchi A. A.) armatura (Sow.) dell’ Albiano inglese, figurato da Spath (4) a Tav. LX, fig. 1 ed a Tav. LIX, fig. 6 ; caratterizzato da giri cilindrici o debolmente compressi, con piccoli tubercoli subme¬ diani al giro. L 'armatum (Sow.), diffuso nell’ Albiano e Ceno- maniano, è illustrato da Stoliczka (5) nell’ Ootatoor Group (Al¬ biano) dell’India meridionale.

L’ A. per armatum Pictet e Campiche dell’Albiano superiore del Sussex, ottimamente figurato da Spath ( Gault , 1938) a Tav. LIX, fìgg. 1-3, risulta a sezione subcircolare ed a coste più rade che non quelle del mio esemplare. Affine al perarmatuin} ri¬ sulta Y Anisoceras (sub. Ancyloceras) pseudoarmatum Schluter, degli « Strati a mucronatum » (Maestrichtiano) della Wesfalia (Schluter 1872, Tav. 31, fig. 1-3); con nodi laterali al terzo in¬ terno e coste più rade, più attenuate, e sempre diritte. Questa

(x) Roman Fr. - Les ammoni tes jurassicpies et Crétacées. Essai de¬ genera. Masson et Cie, Editeurs. Paris 1938; p. 51.

(2) D’ Orbigny A. - Terrains crétacés. Tome I, Cephalopodes (18421 1

Tav. 122.

(3) Pictet et Roux. - Moli, grès verts des environs de Genève ^ Mem. Soc. Phys. et Hist. Nat. Genève, 1847-53; Tav. XIII, fig. 1-7.

(4) Spath L. F. - Gault , Pai. Soc. 1938.

(ó) Stoliczka F. - Ceplial Crei. Roclcs of Southern India. PalaeonE Indica 1865 ; Tav. LXXXI, fig 8-10.

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S. VENZO

forma quadritubercolata a sezione variabilissima è rifigu¬ rata da Schlùtkr nel 1876 (*).

Tra le ammoniti aberranti della Tunisia, Pervinquière (2) illustra V Hamiles [Anisoceras ?) . armatus (Sow.) del VraQon- niano, in forme di piccole dimensioni, diverse dal nostro tipo. Affinità maggiore riscontro invece coll’ Hamiles ( Anisoceras ?) wernickei Wolleman del Campaniano di Zanfour, figurato da Pervinquière a Tav. Ili, fig. 33 a) b : tuttavia le coste appaiono molto più rade che non quelle del mio tipo, ed i nodi meno marcati.

Un Hamites ( Anisoceras ?) sp. con due tubercoli spinosi ventrali e 2-3 coste alternanti più sottili e liscio è illustrato da Collignon (3) tra le ammoniti senoniane del Madagascar.

Tra gli Hamitidi del Cretaceo medio-superiore dello Zulu- land, da me illustrati nel 1936 (4\ si trovano anche tre forme di Anisoceras dell’ Albiano : A. raynaudi Boule, Lém.-Thév., affi, favrinus Pictet, Anisoceras sp.. Si tratta tuttavia di forme a coste rade e crasse, debolmente tubercolate.

In India sono noti diversi Anisoceras , dapprima illustrati da Stoliczka (op. cit. 1865, Tav. LXXXI-LXXXV) : ma soltanto V armatimi (Sow.) presenta come già vedemmo affinità col tipo in esame. In seguito, Kossmat (5) illustrò i seguenti Anisoceras del Cretacico medio e superiore dell’ India : indicus Porbes, tenuisulcalus Forbes, rugatus Forbes e subconigjressns Forbes, forme a coste liscie, non tubercolate-

Tra le forme svolte della « Craie superieure » francese, illustrate da De Grossouvre (6), non si trova alcun Anisoceras ;

(1) Schluter Cl. - Ceplialopoden der oberen Kreide. Palaeonto- graphica 1876; Tav. XLIII, fig. 5-9.

(2) Pervinquière L. - Paléontol. tunisienne I. Cephal , Terr. sec. Paris, 1907 ; pp. 84-86.

f3) Collignon M. - Faunes sénoniennes de Madagascar. Annales géol. Serv. des Mines. Tananarive 1931 ; p. 55, Tav. VII, fig. 12, 13.

(4) Venzo S. - Cefalopodi del Cretaceo medio-superiore dello Zu- luland. Pai. Ital. Voi. XXXVI - Anno 1936. Pisa, 1936.

(5) Kossmat Fr. - Untersuchungen iiber die Siidindische Kreide- formation. Beitr. z. Pai. u. Geol. Osterreicb - Ungarns u. Orients IX Bd. 1895 ; Tav. XIX.

(6) De Grossouvre A. - Recherclies sur la Craie sup. II Les Am- monites. Mém. pour servir à F esplicatimi de la Carte Géologique dé- taillée de la Franco. Paris, 1893; p. 254.

NUOVA FORMA DI ANISOCERAS ECC .

21

il che costituisce un’altra prova della rarità del genere. Egli descrive e figura invece un Ancylocerasì douvillei De Gross. (p. 254, Tav. XXX, fig. 8), a coste rade, debolmente reflesse, tritubercolate e con giro di forte accrescimento. < -

Tra le ammoniti del Senoniano di Brenno descritte da Mariani (4898, p. 57), si trova un Hamites cfr. cylindraceus Defr. (non figurato). Questa forma non tubercolata è un Hamites s. str. (Gen. Hamites Parkinson) ; genotipo Hamites attenuatus (Sow.) (Q. Ricordo che affine a quest’ultimo risulta V H. torrii Venzo (2) del Cenomaniano a Manteìliceras del Bergamasco oc¬ cidentale (basso torrente Sonna, al Ponte della Terra rossa).

Il tipo di Brenno a coste diritte, fitte e liscie figurato da Mariani a Tav. I, fig. 5, da lui ravvicinato a Pachydiscas deformato, è con ogni probabilità un Hamitide. Tale tipo era conservato al Museo Civico di Storia Naturale di Milano, ed io

10 ebbi in diretto esame : sfortunatamente andò poi bruciato nel- l’ agosto 1943. Ma io stesso potei riscontrare la perfetta rispon¬ denza del campione seppur notevolmente compresso colla fotografia Mariani. Questo stesso autore osserva del resto, che

11 suo esemplare lombardo a prima vista sembrerebbe uno Sca¬ pili tes, del tipo dello S1. tridens ,sua p. 57), specie comune nella Creta superiore di Limbourg, Luneburg, Lemberg ecc.. Piuttosto che di Scaphites (genotipo Macroscaphites yvani d’Orb. (3), del Barremiano), a me sembra trattarsi di grande uncino di Hamites) soltanto compresso per deformazione. Notevole risulta infatti l’affinità coll’ Hamites rotundus (Sow.), figurato da d’ Orbigny a Tav. 132, fig. 1, che è un Hamites s. str. (Spath (4)j : oppure col- V Hamites compressas Sow.) (Spath, Gault 1941, p. 618, fig. 222). Consimili al tipo di Mariani risultano inoltre Hamitoides ? ru- sticus Spath (1941, Tav. LXVI, fig. 2) e Idiohamites turgidus (Sow.) affi var. robusta Spath (1941, Tav LXVI, fìgg. 7 e 8).

Le forme ora confrontate coll’ Hamites di Brenno, sono del-

C) Spath L. E. - Gault 1938, p. 607 : 1941, Tav. LXVII, fìgg 1-13, 15 ; fig. iti testo 218.

(2) Venzo S. - Ammoniti e vegetali albiano-cenomaniani nel Flysch del Bergamasco occidentale , 1951 ; p. 223, Tav. IX, fìgg. 4, 4 a.

(3) D’ Orbigny A. - Terr. Crétacés Tav. 128, fìgg. 1-3.

(4) Spath L. F. - Gault , 1938; p. 605, 1941, p. 611, Tav. LXVII. fìgg. 14-18; Tav. LXVIII, fig. 1.

22

S. VENZO

l’Albiano e di dimensioni sempre minori : ma è noto che le forme finali, sopracretaciche, di Hamites tendono spesso al gigantismo.

Ricordo infine, che tra le ammoniti nella Creta superiore dell’Appennino settentrionale studiate da Sacco (1>2), figurano anche resti indeterminabili, appartenenti forse ai generi Hamites , Scaphgtes ed Ancyloceras : si tratta di frammenti pessimamente conservati, perchè rimaneggiati nelle « argille scagliose ofioliti- fere », alloctone e conseguenza di scivolamento tettonico dovuto a gravità.

Conclusioni. La forma esaminata, affine agli Anisoceras paderbornense e pseudoarmatum (Schlùter), risulta con ogni probabilità nuova: trattandosi di frammento dell’ultima camera, mancante di linea lobale, non è possibile lo stabilirla. La sua illustrazione porta nuovo contributo alla conoscenza delle rare faune ad ammoniti del Senoniano lombardo.

Osservazioni cronologiche. Il genere Anisoceras è svi¬ luppato dall’ Albiano al Maestrichtiano ; trattandosi di forma nuova non abbiamo alcuna base per stabilire paleontologicamente l’età delle arenarie, verso la cima del Monte S. Genesio. Le condi¬ zioni tettoniche generali sono accennate da De Alessandri (3) a Tav I, profilo EF, sviluppato da M. S. Genesio a Montevecchia : anche da esso risulta trattarsi di arenarie a franapoggio verso sud, del « Piallo di Sirone ». Tali arenarie sottostanno strati- graficamente alle puddinghe poligeniche ad Acleo nelle- lppuriti del Santoniano inferiore (livello della Cava di Sirone), che benché poco potenti si trovano alle pendici meridionali di esso: lungo la strada Mouticelli -Tremonte (mia Carta Adda 30.000} estremo NO). Come da me dimostrato stratigraficainente anche per i più orientali e tettonicamente allineati M. dei Frati - M. Canto basso - M. S. Vigilio (Bergamo) (4>5), i 400 metri di (*)

(*) Sacco F: - Contribution à la connaissance paléontologique des argilles écailleuses et des schistes ophiolitifères de V Apennin sepien- trional. Bull. Soc. Belge de géol. de pai. et d’hydrol., voi. VII, 1893, p. 3.

(2Ì Sacco F. - Les formations ophiolitifère da Crétacé. Ibid. voi. XIX, 1905, p. 247.

(3) De Alessandri G. - Osservazioni geologiche sulla Creta e sull' Eocene della Lombardia. Atti Soc. It. Scienze Nat. 1899.

(4) Venzo S. - Foglio Geologico Bergamo 1953 (quarto meridionale Cretacico-Eocene).

(5j Venzo S - Stratigrafia e tettonica del Flysch , 1953; Quadro tettonico 7, Profili V-XI.

NUOVA FORMA DI ANISOCERAS ECC.

23

-arenarie sottostanti ai conglomerati, possono rappresentare il Se- noniano inferiore o Coniaciano.

Al M. S. Vigilio (Venzo 1953, Quadro tettonico /, profilo XI), -circa 30 metri sopra i conglomerati, troviamo la famosa Cava Ghisoli (località fossilifera da me indicata sul Foglio Geologico Bergamo ), donde provengono i due grandi esemplari di Eupa- chydiscas isculensis Redt., da me figurati (1953, Tav. I, figg. 1 e 2) ; forma catteristica del Santoniano inferiore. Le arenarie ■sottostanti al livello conglomeratico devono perciò attribuirsi a livello più antico, cioè al Coniaciano. Il sottostante Turoniano non presenta più facies arenacea ma di tipico Flysch.

Sul Foglio Geologico Como 1937, il M. S. Genesio risulta .genericamente attribuito al Sopracretacico inferiore Piano di Sirone > A. A.): difatti esso si trova appena 6 km a ESE della tipica Cava di puddinga di Sirone, che risulta intercalata tra le arenarie.

L’ Anisoceras n. f. delle arenarie di Monte S. Genesio sottostanti al livello conglomeratico può così attribuirsi al Coniaciano.

Milano, Museo Civico di Storia Naturale, aprile 1953.

ult. bozze maggio 1953

ISTITUTO E MUSEO DI ZOOLOGIA DELL’ UNIVERSITÀ DI TORINO

DIRETTORE : PROF. L. PARDI

1 ; ' ■^''/0'ÌÌI'K

Enrico Tortonese

Libero docente e assisterne v Vi r-, 1

NOTA SUI CENTRACANTHIDAE DEL MEDITERRANEO

(PISCES PERCIEORMES)

Vivono nel Mediterraneo diverse specie di Centracantidi,. note comunemente come Zerri o Mènole. Per la loro grande dif¬ fusione e abbondanza in tutti i nostri mari, questi pesci sono ben noti e già la più antica letteratura ittiologica vi fa espliciti riferimenti. Nell’ultimo cinquantennio se ne occuparono Fac¬ ciola (*) (sistematica), Montalenti (2) (uova e sviluppo), Sanzo (3)- (id.), Ara (4) (alimentazione) e Zei (5) (sistematica e biologia).

La conoscenza dei Centracantidi mediterranei è tuttavia lungi dall’essere completa, anche dal lato puramente sistematico. Si è meno sorpresi per questo fatto ove si pensi alle forti variazioni che si manifestano in dipendenza dal sesso, dall’età e dal tro¬ varsi o no nell’ epoca riproduttiva. La presente, breve nota mira essenzialmente a rispondere a due quesiti :

1) Qual’ è l’esatto nome della famiglia?

2) Quanti sono i generi mediterranei e come devono de- signarsi ?

0) Boll. Sci. Pavia, XIX,- 1899, p. 46 e 73 ; Monit. Zool. Ital.,. XXIX, 1918, p. 6.

(2) Fauna Flora G. Napoli. Mon. 38, 2, 1933, p. 383; 3, 1937, p. 385.

(") Com. Tal. Ital. Mem. CCLXII, 1939.

(4) Boll. Pesca, piscic. idrobiol. XV, 1939, p. 394.

(5) Acta Adriatica, Split, II, 4, 1941; Arch. Ocean. Limnol. II, lr 1942, p. 69; SIov. Akad. Znan. Umet. Ljubljana, IV, 3, 1951.

NOTA SUI CENTRACANTHIDAE DEE MEDITERRANEO KCC.

25-

Da moltissimi AA., fra cui Berg (Q fu usato il nome di Maenidae; altri come Eowler (“) gli preferirono Centracanthidae. Schultz (3) riunì i nostri Menidi agli esotici Emmelichthyidae © designò l’intera famiglia con quest’ultimo termine. Nulla mi sembra doversi obbiettare ad una simile riunione, ma preferisco denominare Centracanthidae la famiglia in oggetto, non tanto perchè Centracanthus Raf. (1810) ha la priorità su Emmelich- thys Ridi. (1844), quanto per porre in evidenza che si tratta di un gruppo ittico il quale fu da molto tempo riconosciuto e defi¬ nito proprio in base alle forme mediterranee, cioè alle Maenct e forme affini.

« Maenidae » sarebbe certo preferibile, perchè ben più usato,

ma scarto questo termine perchè quasi identico a Menidae, nome

insostituibile che designa la famiglia composta dal solo genere *

Mene. E strano come lo stesso Berg enumeri Maenidae e Me¬ nidae, senza accorgersi che la loro uguale fonìa obbliga ad ab¬ bandonare uno di questi nomi e necessariamente il primo.

Questa famiglia di Perciformi deve dunque designarsi Cen- tracanthidae, con riferimento a uno dei due generi che la rap¬ presentano nel Mediterraneo.

Possiamo quindi affrontare il secondo quesito.

Tutti gli ittiologi dello scorso secolo e anche molti dell’ at¬ tuale distinsero le specie mediterranee in due generi : Smaris Cuv. (1814) e Maena Cuv. (1829). La differenza consisterebbe unicamente nella rispettiva assenza e presenza di denti sul vo¬ mere, come indicarono tra gli altri nelle loro ben note opere Moreau (1881), Doderlein (1891), Carus (1893), Griffini (1903) e Eacciolà (1918). Quest’ultimo sostituì però a Smaris (che già designava un genere di Aracnidi descritto da Latretlle nel 1796) il nome Spicara Raf. (1810).

Nel trattare dei Pesci dell’ Africa occidentale, Fowler. (1936) distingue due generi, entrambi presenti anche nel Medi- terraneo :

1. Merolepis Raf. (= Maena). Pinna dorsale con altezza uni¬ forme. (*)

(*) Trav. Inst. Zool. Acad. Sci. Moscow, V, 2, 1940, p. 475.

(2) Bull. Amer. Mus. Nat- Hist. LXX, 2, 1936, p. 860.

(3) Journ. Wash. Acad. Sci. 35, 4, 1945, p. 132.

■26

E. TORTO NESE

:2. Centracanthus Raf. (= Smaris , Spicara). Pinna dorsale con un abbassamento mediano, per cui si distinguono una prima parte con raggi spinosi e una seconda con raggi molli.

Fig. 1 - Schemi di pinna dorsale di Centracanthus (in alto) e di Maena (in basso). Sono indicati solo i raggi spinosi.

A ciò possono muoversi serie obbiezioni. Anzitutto, il nome Me - rolepis , usato anche da Schultz, dev’ essere abbandonato. Rafi- nesque (*) infatti non gli allegò alcuna descrizione, limitandosi a scrivere: «168. Sparus massiliense Lac. Sparo marsigliese... Questo Sparo avendo un appendice squamoso fra le ale toracine, dovrebbe forse formare un genere particolare, che chiamerei Me- rolepis ». E così definito un genere? Sarebbe ben arduo il soste¬ nerlo e cadremmo nell’assurdo ove sostituissimo Merolepis a Maena , nome quest’ ultimo che Cuvier istituì insieme con pre¬ cise descrizioni.

Quanto all’ altro genere, Fowler vi include C. cirrus Raf. e C. melanurus Cuv. Val. In realtà, solo la prima di queste specie presenta la pinna dorsale quasi divisa in due : nella se¬ conda essa ha gli stessi caratteri rilevabili in Maena , cioè vi manca ogni traccia di abbassamento. Anche Schultz separa Me¬ rolepis e Centracanthus , ma ne indica più esattamente le parti¬

ci Indice Ittiol. Sicil. 1810, p. 25.

(NOTA SUI CENTH AC ANTRI DAE DEL MEDITERRANEO ECC.

~Fig. 1 - Capo di Centracanthus cirrus Raf. (Es. di Palermo lungo 140 mm.).

27

Eig. 2 - Capo di Maena maena L. (Es. di Bordighera lungo 155 mm.).

28

" E. TORTONESE

colarità morfologiche e inoltre ritiene che il già citato C. mela - nurus proprio dell’Atlantico orientale spetti ad un genere a parte ( Pterosmaris Fowl.).

In base alla constatata, grandissima variabilità nella denta¬ tura del vomere nei Centracantidi adriatici, Zei ammette un solo genere : Maena. Dagli studi di questo A. restava però esclusa una specie che nell’ Adriatico sembra mancare, cioè quella che Rafinesque donominò Centracanthus cirrus e che Cuvier e Va¬ lenciennes (1830) ribattezzarono Smaris insidiator. Non c’ è dubbio che questo pesce è genericamente distinto e che pertanto i generi mediterranei della famiglia Centracanthidae sono due :

1. Centracanthus Raf. 1810 (tipo: C. cirrus Raf.). Corpo allun¬

gato e non compresso. Pinna dorsale con un abbas- samento mediano. Denti vomerini assenti. Vescica natatoria indivisa.

2. Maena Cuv. 1829 (Tipo: Sparus maena L.). Corpo più o

meno compresso. Pinna dorsale di altezza uniforme,. Denti vomerini presenti o assenti. Vescica natatoria posteriormente biloba.

Si aggiunga che in tutte le specie mediterranee di Maena esiste una macchia nera nel mezzo di ciascun fianco e che in Centracanthus l’occhio è più grande, cosicché lo spazio sottor¬ bitale risulta in conseguenza più stretto (Fig. 2). In entrambi i generi il mascellare a bocca chiusa rientra per una mag¬ giore o minore estensione sotto il margine del sottorbitale.

C. cirrus è il nome che indubbiamente compete a una specie che sembra frequente sopratutto nei mari di Sicilia e il cui areale si estende all’Atlantico orientale; ho esaminato materiale di Pa¬ lermo, dell’ isola Ponza e di Teneriffa. Per quanto tale Centra- cantide richieda di venire ulteriormente studiato, è ben evidente la sua distinzione dalle altre specie mediterranee della medesima famiglia che, come ho detto, deve trarre il suo nome (Centracan¬ thidae) da questo genere. Non mi risulta che esso includa altre specie oltre C. cirrus Raf. e C. australis Reg. noto solo pressa le coste sud-africane (Natal).

Molto più complesse sono le cose nei riguardi di Maena. Si noti anzitutto che :

1) le insufficienti indicazioni date da Rafinesque inducono a mantenere in uso il nome Maena (intendendolo eventualmente^

NOTA SUI CENTRA C A NTHIDAE DEL MEDITERRANEO ECC. 29

come « conservandum ») e ad abbandonare sia Merolepis che. Spie ara.

2) Pterosmaris Fowl. può considerarsi quale sottogenere in cui i denti vomerini sembrano costantemente mancare e non v’è macchia nera laterale ; tuttavia, non ho conoscenza diretta di P. melanura Cuv. Val. dell’Atlantico orientale, di P. axil- laris Blgr. del Sud Africa.

Veniamo alle specie mediterranee. Anche se gli scritti di Zei non sono convincenti in ogni dettaglio, sembra che questo A. abbia a buon diritto ridotto tali specie a tre sole, ossia :

1. M. maena L. (= vulgarts , zebra, vomerìna , jusculum , osbe-

ckii). Corpo più elevato. Linea laterale con 70-77 squame. Denti vomerini numerosi. Cranio con cresta occipitale elevata.

2. M. chryselis Cuv. Val. (= gàgàrèllà). Corpo e cranio di media

altezza. 70-82 squame laterali. Denti vomerini scarsi.

3. M. smaris L. (= maurii , gracilis). Corpo assai allungato ;

cresta occipitale bassa. 80-94 squame laterali. Denti vomerini assenti o molto scarsi.

A giudicare dal materiale adriatico, la statura sarebbe mas¬ sima nella prima specie (fino a 240 mm.) e pressoché uguale (200 mm.) nelle altre due. M. maena e M. smaris si riconoscono facilmente e sono ben contrapponibili : non così M. chryselis , i cui caratteri risultano evidentemente intermedii. In tutte e tre le specie i maschi acquistano una brillante livrea nuziale, con punti e linee azzurre; le femmine di M. smaris presentano fascie trasversali brune durante l'epoca riproduttiva.

E infine importante avvertire come i nomi Smaris vulgaris e S. alcedo siano stati applicati da alcuni AA. a M. chryselis , da altri a M. smaris. A conclusione di quanto sopra si ha dunque :

Fam. CENTRACANTHIDAE

1. Gen. Centracanthus Raf. 1810 C. cirrus Raf. 1810.

2. Gen. Maena Cuv. 1829 M. maena L. 1758.

M. chryselis Cuv. Val. 1830. M. smaris L. 1758.

Nel sistema ittiologico questa famiglia va posta accanto a quella degli Sparidi, con cui presenta strette affinità.

Torino, 22 Febbraio 1953.

ISTITUTO DI IGIENE DELL’ UNIVERSITÀ DI GENOVA DIRETTORE PROF. LUIGI PIRAS

Dott. Domenico Pujatti

Assistente e Libero Docente

OSPITI INTERMEDI

DI SPIROCERCA LUPI (RUDOLPHI, 1809) NEL SUD INDIA

(Nematoda)

La Spirocerca lupi Rudolphi, 1809 ( Spiroptera sanguino¬ lenta Rudolphi, 1819), parassita di canidi, è un nematode etero- xeno intorno al cui ciclo evolutivo molto si occuparono Faust,. Hu e Hoeppli.

La forma larvale per raggiungere l’ospite definitivo passa attraverso, almeno, due ospiti intermedi : il primo (ospite inter¬ medio nello stretto senso della parola) è un invertebrato copro¬ fago (per lo più un coleottero, scrive Hall), il secondo (meglio detto ospite di attesa) è un vertebrato entomofago (spesso un la- certide). Come avviene per il fenomeno di reincapsulamento, os¬ servato anche in cestodi ed acantocefali, la larva insediatasi nel vertebrato entomofago può trasmigrare in altro vertebrato (per es- ofidio), qualora il primo venga divorato dal secondo (Neveu-Le- maire, Baylis ecc). L’ ospite definitivo può infestarsi tanto dal- l’artropodo (nel quale la larva raggiunge il stadio, ossia quello infestante) quanto da uno dei vari vertebrati ospiti di attesa. E ovvio, date le caratteristiche alimentari dei canidi, che il primo caso si verifichi eccezionalmente.

La diffusione della forma adulta, davvero estesa in alcuni paesi (anche nel 100% dei cani in talune zone del Nord Africa, secondo Neveu-Lemaire) è spiegata dal numero cospicuo di ospiti (Baer li chiama, con molta efficacia, anche ospiti accumulatori), che si trovano in natura.

Nella presente nota riporto un elenco di ospiti di attesa della. S. lupi , da me osservati negli anni 1941-42 in Sud India.

OSPITI INTERMEDI DI SPIROCERCA LUPI ECC.

31

Suddivido questi ospiti in tre gruppi : vertebrati entomofagir anche occasionali, vertebrati divoratori di questi e, infine, verte¬ brati che possono, indifferentemente, divorare gli uni e gli altri ^

a) Vertebrati entomofagi :

Bufo melanostictus Schneider Calotes versicolor Daudin Hemidactylus gleadovii Murray Chamaleon calcara tus Merren Jiatlus rattus Linneo Vesperago noctula Schreber Eudinamys scolopaceus Linneo Francolinus pondicerianus Gmelin

b) Vertebrati divoratori di vertebrati entomofagi :

Zamenis fasciolatus Shaw Zamenis gracilis Gunther Helicops schistosus Daudin Dryophis micterizans Daudin Naja t ripudiali s Merren Vipera rus selli Shaw Echis carinaia Schneider Tyto alba javanica Gmelin Atliene brama Temili Milvus migrane govinda Sykes

c) Vertebrati con caratteristiche a) e b) :

Corvus splendens splendens Vieill.

Corvus coronoides culminatus Sykes Loris tardigradus lydekkerianus Cabrerà

In tutti questi animali le cisti appaiono biancastre, di forma- rotondeggiante, del diametro di 1-2 mm., di preferenza localiz¬ zate nella sierosa intorno all’intestino, nel mesentere, ma talvolta disseminate un po’ dovunque (anche sulla superficie del fegato,, per es. in C. vei'sicolor). La larva nella capsula è disposta a spi¬ rale ed ha una lunghezza media di mm. 3, cavità boccale tubu- liforme, due labbra ventrali e dorsali ecc.

Nell’artropodo coprofago (per es. Heliocopris bucephalus F.) può trovarsi libera o incistata a seconda del grado di evoluzione ;

32 D. PUJATTI - OSPITI INTERMEDI DI SPIROCERCA LUPI ECC.

ma solamente nella cisti raggiunge il terzo stadio, diventando così atta a parassitare l’ospite definitivo, in uno dei modi de¬ scritti.

Quale indirizzo profilattico nelle zone infestate da S. lupi , Neveu-Lemaire raccomanda, tra l’altro, di non dare ai cani le interiora dei polli, quasi sempre sede delle larve.

Riassunto.

L’ A. riporta un elenco di 21 ospiti intermedi o di attesa (vertebrati) di Spirocerca lupi Rudolphi, 1809, osservati in Sud India.

Genova , 29 Agosto 1952.

BIBLIOGRAFIA

1) Baer J. G., 1946: «Le Parasitisme ». Masson e C.ie, Paris, pp. 164-165.

2) Baylis H. A., 1936: «The Fauna of British India-Nematoda ». Taylor and Francis, London, voi. I, pp. 19-20; voi. II, pp. 108-110.

3) Faust E. 0., 1927: «Migration route of Spirocerca sanguinolenta in its definitive host » . Proc. Soc. Hexp. Biol. Med., New-York, XXV, pp. 192-195.

4) Faust E. C., 1929: «The egg and fìrst-stage (Rhabdiform) larva of thè nematode Spirocerca sanguinolenta». Trans, of thè Amer. Mi- crosc. Soc., XVII r, pp. 62-63.

5) Hall M. C., 1929 : « Arthropods as intermediate hosts of Helminths». Smithsoniau miscellaneous collection, voi. 81, n.° 15, Washington, pp. 29-30.

6) Hu C. H. e Hoeppli R. J. C., 1936: «The migration route of Spi¬ rocerca sanguinolenta in experimentally infected dogs. » Chinese Med. Journ., Suppl. I, pp. 293-311.

7) Neveu-Lemaire M., 1936: « Traité d’ Helminthologie Medicale et Vétérinaire » . Vigot Frères Édit , Paris, pp. 16; 666; 1217-1234.

Stolz Picchio Teresa e Picchio Carlo

COMPORTAMENTO OICLOMORFICO DELLA DAENIA LONGISPINA IN ALCUNI LAGHI SUBALPINI

In una nostra recente nota abbiamo dimostrato nella popola¬ zione di Daphnia longispina del lago di Varese l’esistenza di una tipica ciclomorfosi strettamente legata al volgere delle sta¬ gioni, della quale fu constatato il ripetersi con periodicità sor¬ prendente in decenni di osservazioni.

Il carattere saliente della modificazione periodica, rilevabile con estrema facilità ad una grossolana osservazione microscopica del materiale, consiste nella comparsa primaverile, improvvisa, di individui cbe mostrano il profilo dell’elmo più o meno appun¬ tito, talvolta semplicemente angolato o munito di uno o due den¬ telli nella sua parte posteriore ; per questo suo carattere la nuova fo rma si differenzia nettamente nella massa della popolazione co¬ stituita da individui con profilo dell’ elmo regolarmente arroton¬ dato. La frequenza delle forme appuntite va rapidamente aumen¬ tando con l'inoltrarsi della stagione calda raggiungendo in agosto- settembre il 70-80 % dell'intera popolazione di dafnie; inseguito decresce fino alla completa scomparsa; si è constatato inoltre che l’ assenza della forma a capo appuntito si protrae dalla fine di gennaio al principio di aprile.

Pertanto si è concluso che nel lago di Varese esiste una forma stabile di Dafnia longispina, perennemente presente nelle acque del lago, che ha il profilo dell* elmo regolarmente tondeg¬ giante, ed una forma ciclica , con fioritura stagionale estivo- autunnale, presentante come carattere differenziale profilo dell’elmo più o meno appuntito, angolato, o munito di dentelli. Che le due forme definite rispettivamente come stabile e ciclica non appartengano a due diverse razze di longispina , bensì rappresentino due aspetti ciclomorfici di una specie unica, è stato da noi accertato senza alcun dubbio constatando la diretta derivazione di neonati a capo appuntito da madri a capo tondo e viceversa.

34

STOLZ PICCHIO T. E PICCHIO C.

Vogliamo ora rifarci ad una considerazione conclusiva del nostro precedente lavoro, alla quale è legata come conseguenza logica l’attuale ricerca. Dicevamo allora: «Nel nostro lago la presenza di una specie unica e la costanza delle condizioni am¬ bientali ci autorizzano a supporre che i cicli da noi rilevati pos¬ sano rappresentare il comportamento biologico tipico, quasi sche¬ matico, proprio della Daphnia longispina. Naturalmente, ad av¬ valorare la nostra ipotesi, si impone che le modalità ciclomorfiche da noi riscontrate nel lago di Varese siano constatate anche in altri ambienti».

Sulla base di tale premessa abbiamo organizzato la presente ricerca. Per un intero ciclo annuale (febbraio 1952-febbraio 1953) abbiamo raccolto materiale planctico in quattro ambienti lacustri sufficientemente diversi per condizioni fisico-biologiche e suffi¬ cientemente vicini per poter essere raggiunti con mezzo celere nelle ore meridiane della stessa giornata ; questo allo scopo di avere materiale relativamente confrontabile dal punto di vista delle possibili influenze stagionali, pur con tutte le riserve derivanti dal fatto che nello stesso momento in ambienti lacustri diversi si hanno condizioni stagionali subacquee sensibilmente differenti. I prelevamenti sono stati eseguiti cinque volte, a intervalli di circa tre mesi (24 febbraio 1952, 31 maggio 1952, 31 agosto 1952r. 3 novembre 1952, 8 febbraio 1953), passando rapidamente nella stessa giornata dall’ uno all’ altro dei quattro ambienti lacustri scelti :

1) Lago di Varese (bacino di Schiranna).

2) Lago Maggiore o Verbano (bacino di Ranco).

3) Lago di Como o Lario (bacino di Cernobbio).

4) Lago di Lugano o' Ceresio [bacino di Porto Ceresio).

Abbiamo voluto standardizzare il tipo di pescata, limitandoci a ripetere, anche nei laghi più profondi, prelevamenti verticali da 10 metri alla superficie, col solito retino di 38 maglie per centimetro lineare. La limitazione delle pescate agli strati su¬ perficiali è stata adottata perchè in osservazioni precedenti ave¬ vamo verificato notevole rarità degli esemplari di dafnia al di sotto della quota 10. Siamo confortati in questa affermazione da analoghi risultati di Pirocchi : afferma infatti questa A. nel suo studio sulle biocenosi mesoplanctiche del lago Maggiore che le dafnie sono frequenti specialmente nello strato da 10 a 5

COMPORTAMENTO CICLOMORF1CO DELLA DAFNI A LONGISP1NA ECC. 35

di profondità e scompaiono, come in generale tatti i cladoceri, al di sotto della quota 20. Anche secondo Tonolli la massima frequenza della dafnia in funzione della profondità è sulla quota 10.

L’analisi del materiale raccolto è stata condotta secondo le modalità già seguite per lo studio delle dafnie del lago di Varese, stabilendo nella popolazione di ogni ambiente il rapporto reciproco di frequenza delle dafnie a profilo dell’ elmo regolarmente tondo e di quelle a profilo dell’ elmo più o meno appuntito. I risultati numerici di questa ricerca sono raccolti nella Tabella che segue e rappresentati graficamente nelle figure t e 2.

TABELLA

Percentuali di frequenza del carattere « elmo tondo » (O) e del carattere « elmo appuntito » (A)5 riferito a 100 dafnie, in un intero ciclo annuale, in quattro diversi ambienti.

24 - Il 1952

31 -V 1952

31 - Vili 1952

3 - XI 1952

8 - Il

1953

o

A

o

A

O A

O

A

O

A

VARESE

100

0

60

40

22 78

27

73

100

0

VERBANO

100

0

69

31

25 75

!

70

30

100

0

LARIO

100

0

89,5

10,5

33 67

74

26

100

0

CERESIO

100

0

90

10

co

Ol

Ol

r—

84

16

100

0

Il comportamento della Dafnia nei quattro ambienti studiati si rivela alquanto uniforme : in tutti si ripete il fenomeno ciclo- morfico da noi già dimostrato nelle acque del lago di Varese, con la comparsa primaverile di una forma stagionale morfologi¬ camente differenziata (elemento caratteristico : profilo più o meno appuntito dell’elmo), che si sovrappone alla forma stabile a capo assolutamente sprovvisto di punta, e prende per lo più su di essa un netto sopravvento di frequenza senza peraltro sostituirla completamente.

Corrispondono nei diversi ambienti, oltre 1’ epoca di comparsa della forma ad elmo appuntito, anche il suo rapido incremento

36

STOLZ PICCHIO T. E PICCHIO C.

estivo di frequenza e quindi la decrescenza fino alla completa scomparsa nel periodo invernale; la Dafnia ad elmo appuntito presenta dovunque una fioritura stagionale estesa approssimativa¬ mente dall’aprile al gennaio ed è assolutamente caratteristica la

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o

24-11-1952 31 -V -1952

31 -Vili -1952 3 -XI - 1352 S - 1 1 - 1 9 53

Fig. 1 - Rappresentazione schematica dei rapporti percentuali di frequenza fra dafnie ad elmo tondo (colonnina vuota) e dafnie ad elmo appuntito (colonnina piena) sul materiale prelevato nella stessa giornata in quattro diversi laghi (Varese, Verbano, Lario, Ceresio). Sono riportati i risultati di cinque preleva¬ menti distribuiti nel corso di un anno (febbraio 1952-febbraio 1953).

Si osserva l’assenza totale delle forme appuntite nelle pescate invernali e un’onda di fioritura delle stesse forme nei mesi estivi, con un massimo in agosto in tutti i laghi. La forma ad elmo tondo risulta presente per tutto 1’ anno.

completa assenza di tale forma nel periodo dalla fine di gennaio ai primi di aprile, durante il quale il popolamento è costituito esclusivamente dalla forma a profilo tondo.

COMPORTAMENTO ci olomorfi co DELLA. DAFNIA LONG1 SPINA ECC. 37

Ponendo a confronto le curve che esprimono la frequenza percentuale delle dafnie ad elmo appuntito nel corso di un intero anno e nei diversi ambienti (fig. 2) si mette in evidenza la stretta concordanza del loro andamento, con un notevole parallelismo delle

Fig. 2 - Curve di frequenza percentuale delle dafnie con elmo appuntito su L00 dafnie, in serie di pescate annuali. Le linee a tratto continuo si riferiscono al ciclo 1952-1953, in qu’attro laghi diversi (a = Ceresio, b = Lario, c = Verbano, d = Va¬ rese) I cerchietti vuoti indicano le date delle singole pescate, eseguite nelle stesso giorno nei quattro ambienti. La curva tratteggiata d' è costruita sul materiale prelevato nel lago di Varese nel ciclo annuale 1950-1951 in una serie di pescate men¬ sili, segnate con cerchietti pieni Le crocette con relative in¬ dicazioni di autore e di ambiente segnano frequenze di dafnie con capo appuntito rilevate e segnalate sporadicamente in let¬ teratura.

Il diag ramma è commentato nel testo.

38

STOLZ PICCHIO T. E PICCHIO C.

fasi di incremento e di decrescenza ; i massimi di frequenza si sono avuti ovunque nelle pescate simultanee del mese di agosto.

L’attendibilità delle curve di fìg. 2, costruite per interpola¬ zione sui dati di cinque sole pescate in un ciclo annuale è avva¬ lorata dalla stretta concordanza di comportamento di analoghe curve costruite sul materiale del lago di Varese in altri cicli di pescate assai più frequenti: a titolo di confronto, nel diagramma di fig. 2 è stata introdotta la curva relativa al materiale raccolto nell’annata 1950-51, con prelevamenti mensili.

Inoltre, ancora più importante conferma delle nostre osser¬ vazioni troviamo nei dati di alcuni rari Autori che si sono preoc¬ cupati di stabilire il rapporto reciproco di frequenza delle dafnie ad elmo tondo e di quelle ad elmo appuntito in laghi italiani : Baldi segnala nel lago Piano l’ assenza di forme appuntite nel gennaio (1930) e la presenza delle due forme in eguale percen¬ tuale nel settembre (1922); Sassi presenta sul lago di Como ana¬ loghi rilievi: 0% di forme appuntite nel febbraio (1933) e 39% di forme appuntite nel settembre (1922). Una nostra pescata spo¬ radica nel lago Maggiore del 1932 (bacino di Angera) ha dato il 15% di forme appuntite nel mese di maggio.

Tutti questi dati, introdotti nel nostro grafico (fìg. 2) si in¬ quadrano perfettamente pur essendo desunti da ambienti diversi e in epoche anche molto lontane.

Per quanto riguarda i valori numerici, le percentuali di fre¬ quenza della dafnia a testa appuntita mostrano una discreta con¬ cordanza fra i varii laghi, tranne che nel Ceresio, dove le pescate estive danno intensità di frequenza molto più basse che negli altri laghi. Nonostante questa differenza numerica, l’andamento generale della curva conserva anche in questo lago caratteristiche generali analoghe a quelle delle curve di tutti gli altri.

« *

% %

I dati raccolti in questa nostra ricerca avvalorano le conclu¬ sioni a cui eravamo giunti sulla ciclomorfosi della dafnia del lago di Varese e permettono di riconoscere come carattere gene¬ rale il fenomeno allora rilevato e descritto.

Non si può oggi non tener conto, nello studio di un ambiente pelagico, dei fenomeni ormai accertati della ciclomorfosi, se non si vuol incorrere in inutili, inconsistenti suddivisioni tassonomiche

COMPORTAMENTO CICLOMORF1CO DELLA DAFMA LONGJSPINA ECC. 39

che non rispondono alla realtà biologica della fauna locale. Le ■differenze morfologiche indotte in una specie dal comportamento ciclomorfìco che le è proprio possono essere di tale entità da rendere perplessi quando ci si accinga alla osservazione di forme pelagiche prelevate saltuariamente o sporadicamente. Ne viene di conseguenza che una inchiesta tassonomica in un determinato ambiente presuppone un fondamento di conoscenze dinamiche oltre che sullo sviluppo individuale anche sui cicli biologici delle jiopolazioni, anziché limitarsi a semplici determinazioni morfolo¬ giche e biometriche su campioni occasionalmente raccolti e su rilievi di elementi differenziali tradizionali, ormai non significativi.

Concetto questo ormai noto da tempo, sulla cui importanza molti ricercatori insistono, ma che non sembra ancora essere te¬ nuto nella giusta considerazione in molte ricerche anche recenti. Ne consegue, per quanto riguarda in modo particolare la dafni a, la necessità che qualche voce autorevole venga a bene inquadrare le numerose discordanti classificazioni, portando una chiarifica¬ zione definitiva dell’ intricata e inesatta tassonomia a cui molti restano oggi ancora tradizionalmente legati.

LAVORI CITATI

Baldi E.: Prime ricerche sulla fauna del lago del Piano ( Val Me- naggina). Arch. Zool. Ital. 15, 1930.

Plrocchi L : Struttura e vicenda delle biocenosi mesoplancticlie del Lago Maggiore. Meni. Ist. Ital. Idrobiol. 3, 1947.

Sassi P. : Ricerche biometriche sulle Dafnie lariane. Arch. Zool Ital. 30, 1942.

-Stolz Picchio T. e Picchio C. : Osservazioni preliminari sulla ciclo- morfosi della dafnia nel lago di Varese. Atti Soc. Ital. Se. Nat. 91, 1952.

Tonolli V. : Struttura spaziale del popolamento mesoplanctico. Etero¬ geneità delle densità dei popolamenti orizzontali e sua variazione in funzione della quota. Meni. Ist. Ital. Idrobiol. 5, 1949.

Tonolli V. : Ripartizione spaziale e migrazioni verticali dello zoo¬ plancton. Ricerche e considerazioni. Mem. Ist. Ital. Idrobiol. 5, 1949.

Notizie bibliografiche più complete si trovano nel nostro lavoro

qui sopra citato.

Giuliano Ruggieri

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACODI MARINI DEL PLIOCENE E DEL PLEISTOCENE ITALIANI

Premessa.

Scopo del presente lavoro è quello di fornire ai colleglli geo¬ logi un ulteriore strumento per lo studio del Pliocene e del Plei¬ stocene marino, oltre quelli correntemente in uso i quali si sono spesso dimostrati inadeguati allo scopo: mi riferisco ai molluschi ed ai foraminiferi.

Data la grande ricchezza del materiale da illustrare, il lavora verrà pubblicato a puntate, dedicata ognuna ad un singolo gruppo (genere od eventualmente sottogenere), le quali compariranno non in ordine sistematico, ma man mano che le ricerche su ognuno di questi gruppi saranno considerate a un sufficiente grado di completezza.

In considerazione dello scopo non puramente paleontologico, sibbene applicato dell’opera, ritengo utile premettere che, essen¬ domi trovato in insormontabili difficoltà nell’ inquadrare i vari punti di raccolta dei fossili nell’uno o nell’altro degli schemi di suddivisione del Pliocene e del Quaternario inferiore e medio ge¬ neralmente adottati, od a tutt’oggi proposti, e sentendomi tuttavia in dovere di dare una per quanto possibile esatta distribuzione nel tempo di ciascuna delle singole specie o sottospecie illustrate,, ho pensato di ricorrere per la suddivisione dei suddetti periodi ad uno schema estremamente generico, a termini molto ampi e comprensivi, il quale, appunto perchè tale, non dovrebbe lasciare adito a dubbi, e dovrebbe rappresentare, a mio avviso, quanto di assodato si può trarre dalle ricerche dei vari AA. Ho indicato i termini nei quali questo schema suddivide il Pliocene ed i) Plei¬ stocene con dei numeri romani, affinchè sia piu agevole richia¬ marli nel testo, non solo, ma anche perchè mi sentivo su terrena infido adottando l’uno o l’altro dei nomi in uso; questa notazione con numeri romani vuol anche indicare la nessuna pretesa di defi-

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACODI MARINI ECC.

41.

nitività da me attribuita a questo schema, ed anche lasciare piena libertà al lettore di sostituire a ciascuno di questi numeri il nom& o i nomi che preferisce (*).

Alla adozione di questo schema molto generico sono stato in¬ dotto specialmente dal fatto che volendo fare ricorso a schemi più dettagliati ci si trovava di fronte ad insormontabili difficoltà qualora si fosse tentato di correlare serie pliopleistoceniche di re¬ gioni diverse, difficoltà che poi si riducevano di solito a difficoltà di nomenclatura. Per esempio, per il paleontologo esperto è facile apprezzare quasi a prima vista la sostanziale identità delle faune provenienti dagli strati inferiori di Rio Riorzo, presso Castellar- quato, con quelle di Vallebiaja, presso Livorno : eppure le prime erano, e sono tuttora, considerate pertinenti al Pliocene str. sensu,. le seconde sono universalmente ritenute spettanti al Calabriano.

I termini I-V che qui propongo sono caratterizzati da una propria associazione faunistica, la cui fisionomia si mantiene co¬ stante in tutta la penisola italiana e in Sicilia ; la delimitazione fra l’uno e l’altro resta, perciò, essenzialmente paleontologica, e prescinde dalla facies litologica. Esaminiamoli un po’ più detta¬ gliatamente nell’ordine:

Termine E il Pliocene propriamente detto, caratterizzato da faune, ed eventualmente da flore, di tipo decisamente più caldo che le attuali. Le malacofaune sono spesso variate, con grandi Conus , Pleurotomidae , Tenebra , ecc. eco.. Quando compaia qual¬ che forma che potrebbe fare pensare a condizioni climatiche dif¬ ferenti in senso freddo, riesce sempre agevolmente spiegabile con ragioni dipendenti dalla batimetria. Nella parte più bassa, se la facies è argillosa strati di Tabiano »), si hanno spiccatissime affinità con la fauna tortoniana di egual ambiente (argille di Baden, argille di S. Agata).

Termine II0 Nella tabella ho lasciato indeterminata la posi¬ zione di questo termine fra Pliocene e Pleistocene, in quanto esso è appunto, nel suo insieme, rappresentato da orizzonti le cui faune hanno tutti i caratteri di faune di transizione (**). Preso nel

(*) Naturalmente non escludo la possibilità che ognuno di questi complessi possa poi a sua volta essere sezionato in zone anche bene caratterizzate, importanti non solo per ricerche di dettaglio locali, ma anche per una compiuta conoscenza delle vicende svoltesi durante il Plio¬ cene ed il Qaternario.

(**) Le maggiori affinità di queste faune restano, invero, con le faune plioceniche.

42

G. RUGGIERI

suo spessore complessivo, in qualche caso vi si osserva il succe¬ dersi di faune di tipo alternativamente pliocenico o quaternario, ma di regola le due caratteristiche sono mescolate in una stessa fauna, con la rarefazione delle specie e dei generi ad estinzione prequaternaria, e la comparsa (a volte sporadica, a volte esplo¬ siva) di una o più di quelle specie considerate comunemente (a torto o a ragione) come «ospiti nordici».

Già Gignoux, istituendo il piano Calabriano, aveva inteso dare un nome a questi terreni di transizione; ed infatti il mio termine II1’ si sovrappone parzialmente al piano Calabriano di Gignoux, nel senso che la sommità del primo è la stessa cosa che la base del secondo (cioè del « Calabriano inferiore » secondo Gignoux) ; esso differisce quindi dal Calabriano in quanto comprende terreni già dal Gignoux giudicati tipico Pliocene (vale a dire « Pliocene antico » secondo questo Autore), mentre esclude la parte alta del Calabriano, la quale ad un esame spassionato mi è apparsa non essere altro che il Siciliano dei vecchi Autori, e dello stesso Gi¬ gnoux (vedasi Puggieri 1951).

Termi ne

Comprensivo dei plani o sottopiani:

Li

Ti meni ano (iSSEL 1 9 4-).

o

O

h-

rz°

"Mi lazziano"(RUGGIERI e SELLI 1948) + H Elmi 1 ia no" (RUGGIER 1 1949).

Li

nj

V

mo

Calabriano (partim) + "S i c i 1 iano" (Gl GNOUX 1913).

-J

"Calabriano -r Emi I iano + Siciliano" (RUGGIERI e SELLI 1948).

C

rg 03

(partim)

Pliocene antico (partim) + Calabriano fnfer. (GIGNOUX 1013)

2 ?

Pliocene superiore (RUGGIERI e SELLI 1940).

vi i-

10 a.

(Piacenziano + Astiano AUCT. partirti)

LU

z

al

PI iocene antico (gignoux i 9 i 3 partirti).

O

Pliocene inferiore e medio (RUGGIERI e SELLI 1948).

_J

(Piacenziano -r Astiano AUCT. partim).

a.

GR'S3

Schema di suddivisione del Pliocene e del Quaternario.

Questo termine 11°, comprensivo di orizzonti ritenuti fino ad ora o pliocenici, o calabriani, non è già un artifizio ispirato alla difficoltà di trovare un limite paleontologico fra due faune pas¬ santi gradualmente l’una all’altra, ma esprime un qualche cosa di oggettivamente vero, un complesso di strati dotati di una pro¬ pria fisionomia paleontologica, anche se fino ad ora la considera- .zione eccessiva nell’ uno o nell’altro «fossile guida», e le panie

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACOD1 MARINI ECC.

43

di preconcetti difficili a distruggere, avevano fatto si da questi strati fossero smembrati in due Ere diverse.

Interessantissima a questo riguardo è la serie pliopleistoce- nica delle colline pisane ; vi ho riscontrato infatti, in argille di facies piacenziana che Gignoux considerava decisamente plioce¬ niche, stratigraficamente sottoposte al calcare ad Amphistegina (tetto del Pliocene, secondo detto A.), faune con Cyprina islan¬ dica , Cklamys septemradiata , Pleurotomella implicisculpla , ecc. dalle spiccate caratteristiche calabriane ; non solo, ma entro lo stesso calcare ad Amphistegina si raccoglie la Cyprina islan- dica associata con la Chìamys latissima e la Chi. scabrella (ve¬ dasi Ruggieri 1950-1952, pag. 45 della parte 2).

Superato lo «scoglio» dei calcari ad Amphistegina si impone un riesame delle affermazioni, ritenute generalmente prive di fon¬ damento, di Sacco, Simonelli e Coppi, i quali parlavano di Cy¬ prina islandica raccolta a Castellarquato in strati sottostanti il calcare ad Amphistegina. Non ho finora prove decisive al riguardo, ma lo studio delle macro e delle microfaune mi impone di in¬ cludere nel mio termine 11° la sommità della serie già ritenuta pliocenica di Castellarquato, a partire dagli orizzonti sabbiosi ad Amussium cristatum sottostanti al calcare ad Amphistegina (*) ; ed appare logica la immediata inclusione in questo termine II0 di quegli orizzonti fossiliferi di Capocolle e di Rio Cugno, entrambi in Romagna, che in base ai criteri correnti ritenni sicuramente pliocenici (vedasi Ruggieri 1949 b e 1950).

Sia per la non convenienza che presenta la introduzione di nuovi nomi, sia per il fatto che le faune, anche degli strati più bassi, non si discostano sostanzialmente da quelle di M. Mario e Vallebiaja, già prese da Gignoux a tipo di un suo « Calabriano inferiore », sarei del parere di attribuire a questo mio « termine II0 » il nome di Calabriano , radicalmente emendato secondo quanto sopra proposto (**).

(*) La fauna che si raccoglie a Castellarquato nelle sabbie argillose immediatamente sovrastanti il calcare ad Amphistegina (sabbie infe¬ riori di Rio Riorzo) ha una strettissima analogia con le faune che nel Valdarno inferiore sottostanno all’orizzonte classico di 5 allebiaja. Fra l’altro, ho raccolto a Rio Riorzo una forma tipica di questo livello, il Pecten planar iae , che si credeva limitato al versante tirrenico della penisola.

(**) Con questa estensione verso il basso il Calabriano diviene più strettamente ed integralmente eteropico dei giacimenti a mammiferi del Valdarno con Archidishon meridionalis, Leptobos etruscus, Eqims ste- nonis. ; la Cyprina i islandica riassume completamente il suo valore di

44

G. RUGGIERI

Termine III0 E quasi rigorosamente sinonimo di Siciliano7 nella definizione originale di Doderlein 1870, ed è caratterizzato da faune armoniche di tipo temperato-freddo, con bassa percen¬ tuale di forme estinte. Mentre osservo come il nome Siciliano si adatti perfettamente a questo termine, rammento che considero la parte alta del Calabriano di Gignoux (o « Calabriano supe¬ riore »), strettamente identificabile col Siciliano. Tipo restano le* argille e i calcari a Cyprina ed altre forme nordiche degli im¬ mediati dintorni di Palermo.

Termine IV 0 Destinato a comprendere quegli orizzonti « in- certae sedis », in affioramento sempre di facies littorale o subli¬ torale, con faune « banali » a scarsissima percentuale di forme estinte, indicanti un clima poco o punto diverso dall’attuale, po¬ steriori al Siciliano (quale inteso più sopra) ed anteriori al Tir- reniano ; per esempio il terrazzo di quota 1 50 presso Crotone (ve¬ dasi Ruggieri 1949 (*) e le sabbie gialle e grigie di Imola, con grossi mammiferi e flora a Laurinee. Fra i vari nomi di piani o sottopiani in uso non ne trovo alcuno che si adatti a buon diritto a questo termine e penso se non sia il caso di mantenergli, in via provvisoria, quello di « Milazziano », ancorché il vero Milaz- ziano di Deperet possa essere altra cosa.

«fossile guida » , e trovano la loro logica sistemazione quella fauna dei tufi di Galatina con Cyprina islandica ed Amussium cristatuni che Gl- GNOUX (1913, p. 148; era costretto, in base ai suoi criteri, a ritenere plio¬ cenica, e l’altra dei dintorni di Bagni di Casciana, a caratteristiche ana¬ loghe, recentemente descritta dal Giannini [«Nuovo giacimento fossili¬ fero Calabriano presso Bagni di Casciana (Pisa)» Atti Soc. Toscana di Scienze Naturali, Memorie serie A, voi. 58, Pisa (1951) ; la scuola pi¬ sana, conformemente alle vedute del suo direttore, Prof. L Trevisana aveva già da tempo intravvisata la necessità di portare al limite le idee del Gignoux, estendendo il Calabriano quanto più possibile verso il basso, fino ai primissimi sintomi di cambiamento in senso freddo delle faune^ Mentre da un lato sono lieto di adottare queste idee, è nel contempo mio dovere mettere in evidenza che un Calabriano così intenso è altra cosa della definizione, originale di questo piano.

Vi è fra gli Ostracodi una specie che, a quanto mi consta, sembra limitata esclusivamente a questo termine II0: si tratta d e\V Hemicythere marsupia (Neviani).

(*) Recenti ricerche hanno dimostrato come questo terrazzo giaccia trasgressivamente su argille con fauna ad «ospiti nordici» di tipo «si¬ ciliano» ; un bell’affioramento fossilifero di queste ultime si à in Re¬ gione Brasimato (sulla strada Crotone - Strongoli), dove si raccoglie fra l’altro il Buccinimi undatum.

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACODI MARINI ECC.

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Termine Rigorosamente corrispondente al Tirreniano Issel 1914.

Modificando la accezione dei nomi correntemente in uso nel senso sopra proposto , si potrebbero assumere per quei com¬ plessi I-V che mi sembrano rappresentare la piu naturale suddivisione del' Pliocene e del Pleistocene i termini Pliocene (str. s.), « Calab riano », Siciliano, « Milazziano » e Tirreniano. In attesa delle critiche e delle osservazioni dei colleglli quaterna- risti conserverò per intanto nella esposizione la indicazione con numeri romani

Opere citate nella premessa (per quelle anteriori al 1918 rimando al lavoro sottocitato di Gigncux).

Gignoux M., 1918 Les forni, marine s plioc. et quatern. de V Italie du Sud et de la Sicile Ann. Unir, de Lyon, (n. s.), 36.

Ruggieri G., 1949 Il terrazzo marino presiciliano della penisola di Crotone Giorn. di Geologia (Bologna), s. 2, 20 (1948), pp. 39 62, ff. 1-3 nel testo.

Ruggieri G., 1949 b Il Pliocene superiore di Capocolle ibid., pp. 19-38.

Ruggieri G., 1950 Contr. alla con. della malacofauna e della stra- tigr. del Pliocene e del Quaternario Giorn. di Geol. (Bologna), s. 2, 21 (1949), pp. 65-90, Tav. I (II).

Ruggieri G., 1950-1952 Gli Ostracodi delle sabbie grigie quater¬ narie ( Milazziano ) di Imola Giorn. di Geol. (Bologna), s 2, 21, pp. 1-58, ff. 1-34 nel testo, Tav. I; 22, pp. 1-66, Tavv. II-IX.

Ruggieri G., 1951 Sul piano Ccilabriano Gignoux 1910 Rend. Cl. Se. Fisiche, Mat, e Nat. Acc. Naz. dei Lincei, s. 8, 10, pp. 491-494.

Ruggieri G. & Selli R., 1948 Il Pliocene ed il Postpliocene del- V Emilia Giorn. di Geol. (Bologna), s. 2, 20, pp. 1-14.

Ringraziamento. Sento il dovere di esprimere la mia riconoscenza a vari amici, colleghi e Direttori di Istituti, che mi hanno aiutato spe¬ cialmente nelle difficoltà bibliografiche. Ad essi sarà dedicata una parte delle numerose specie nuove riscontrate.

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G. RUGGIERI

Figg. 1, la, 2, 14 Hemicytherura cellulosa (Norman) sp. St. Luys,.

estuario dello Sckelda, Recente.

Figg. 4, 4a, 4b, 6, 6a Hemicytherura videns (Mùller G. W.) sp. -

Loc. 2/V.

Figg. 5, 5 a, 5b, 7, 9 Hemicytherura videns gracilicosta n. subsp. -

(F. 5 olotipo); Figg. 5, 7 loc. 3/II, fig. 9 loc. 4/1-

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACODI MARINI ECC.

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5ì? X136

Figg. 8, 8 a, 11, 12, 13 Hemicytherura defiorei n. sp. - Figg. Il e 12

(olotipo) del Tortoniano di M. Rosso in Valle Scrivia ; figg. 8, 8 a, 13 loc. 3 IL

Fig. io Hemicytherura clathrata (Sars) - St. Luys, estuario dello

Schelda, Recente.

La sigla vd valva destra; vs = valda sinistra.

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G. RUGGIERI

Genere HEMICYTHERIJRA (Elofson) 1941.

Genotipo : Cythere cellulosa Norman 1865, p. 22 (qui rappre¬ sentato alle figg. 1, la, 2, 3, 14).

~j- Cytheropteron (. Hemicytheriira ) n. subg. - Elofson' 1941,

p. 314.

= Cytherura (pars) Auct ; Cytlieropteron (pars) Mùller G. W.

1894, 1912; Hemicytherura (pars) Hornibrook 1952; Cytherura ( Hemicytherura ) Ruggieri 1952.

Carapaci ad abito di Cytherura , più o meno sensibilmente compressi sui lati, visti di lato da subrettangolari a piriformi ; la valva destra è molto più alta della sinistra, e la sovrasta nel profilo dorsale ; il dimorfismo sessuale consiste (come di norma) nel fatto che i maschi sono in proporzione più bassi e più lunghi. La superficie è variamente ornamentata, da faveolata a reticolata. I tubercoli oculari, più o meno distintamente apprezzabili, sono situati sotto l’ angolo anterodorsale.

Il cardine non differisce sostanzialmente da quello di Cytlie- rura , e consiste nella valva sinistra di una lunga e sottile cresta cardinale, più o meno arcuata, dentellata alle due estremità, la quale si incastra al disotto della prominenza dorsale della valva destra, in una doccia aperta anteriormente e posteriormente e non bene delimitata verso l’interno; nella valva destra si hanno due lamelle dentarie terminali, più o meno distintamente denticolate, sotto¬ stanti ai due estremi della doccia in cui si alloga la cresta car¬ dinale della valva sinistra.

Le zone marginali sono ampie anteriormente, moderatamente ampie posteriormente e ventralmente. Un vestibolo triangolare, più o meno profondo, può esistere anteriormente; un secondo vestibolo allungato, di profondità varia, è presente posteroventral- mente. I poricanali marginali hanno un andamento molto caratte¬ ristico: essi sono sottili, poco flessuosi, dilatati a bulbo distalmente; anteriormente sono suddivisi in tre gruppi bene distinti, e cioè un primo gruppo di tre poricanali paralleli nella parte alta del margine, un altro con disposizione irradiante nella parte centrale (in corrispondenza dell’ apice del vestibolo quando esista), ed un altro gruppo con disposizione pettinata in basso (v. fig. 14) ; due o tre poricanali, talora fusi alla loro origine, percorrono il becco caudale.

I poricanali laterali sono mediocremente numerosi, e sfociano

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACODI MARINI ECC. 49

-all’ esterno generalmente, ma non sempre, entro le fossette super¬ ficiali, determinando dei piccoli coniporali.

Le impronte muscolari sono di solito difficili ad osservarsi : di regola risultano di una fila verticale di 4, preceduta da una impronta isolata tondeggiante.

La presente diagnosi è basata sull’esame del genotipo e di di forme recenti europee o fossili neogeniche in Italia.

Istituito dall’ELOFSON 1941 come sottogenere di Cytherop- pteron (conformemente alle vedute di Mùller G. W. 1894), He¬ micytherura è stato dallo scrivente recentemente considerato sottogenere di Cytherura, poiché mi sembra che sia da un punto di vista puramente zoologico, che da un punto di vista paleonto¬ logico, appaiano maggiori affinità con quest’ultimo genere che con Cytheropteron. Seguo qui Hornibrook 1952, il quale ha elevato Hemicytherura al grado di genere.

Le Hemicylherurci sono già presenti nel Cretaceo superiore (vedansi Cytherura unisulcata , C. bisulcata etc. in Van Veen 1936) e sono ampiamente distribuite. Nel Pliocene e nel Pleisto¬ cene in Italia sono piuttosto rare, riducendosi praticamente a due specie, una delle quali nuova. Attualmente nel Mediterraneo sembra sia presente una unica specie, la Hemicytherura videns , in quanto tutto lascia credere che ad essa debbano ricondursi le citazioni di H. cellulosa (comune nel Mare del Nord) per Napoli di Brady e Norman, e per il Mar Nero di Dubovsky.

Hemicytherura videns (Mùller G. W.) sp.

(figg. 4, 4 a, 4 b, 6, 6 a, 9)

C ijtheropleron videns Mùller G. W., p. 303, T. 20,

ff. 2,8.

» Mùller G. W„ p. 277.

» » Rome, p. 13.

» ( Hemicytherura ) videns Klie, p. 72.

Cytherura ( Hemicyterura ) cellulosa Ruggieri, p. (85), T. 7, f. 1 nec C. cellulosa Norman 1865).

Recente: Golfo di Napoli, sparso in tutte le regioni, ma raro (Mùller G. W.) ; Monaco, a fior d’acqua (Rome) ; Adriatico set¬ tentrionale (Klie); Capo Verde? Mar Nero?.

Fossile Imola, loc. 1/V, raro. (*).

1894

1912 1942 1942 1952

(*) Questa specie, e più la varietà successiva, dimostrano una stretta affinità con una forma recente della Nuova Zelanda, H. pandoro e Hor- JSIIBROOK.

4

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G. RUGGIERI

Le conchiglie di H. videns , osservate per trasparenza a forte- ingrandimento, appaiono finissimamente punteggiate sull’intera superfìcie del guscio, eccetto le costoline. Questo carattere è evi¬ dente anche nella varietà seguente, e nella H. defiorei n. sp., mentre manca nelle due specie del mare del Nord, H. cellulosa (Norman) ed H. clathrata (Sars). La H. videns è anteriormente sprovvista di vestibolo, carattere comune con la H. clatlirata.

H. videns gracilicosta n. subsp.

(fìgg. 5, 5 a, 5b, 7).

Olotipo : La valva sinistra della fig. 5. ^O.C.R. si. 95). Paratipoidi : Diverse valve isolate (O.C.R. si. 95).

Locus typicus : Castellanselmo (Toscana), loc. 3/II.

Stratum typicum : II (= Calabriano inferiore lato sensu).

Fossile: Capocolle, loc. 4 I, non raro; S. Miniato, loc. 5/1, raris¬ simo; Castellanselmo, loc. 3/II, non raro; Castellarquato, loc. 6/IIr non raro ; Capo Rizzuto, loc. 7/1 V, rarissimo ; Capo Castella, loc. 8/IV, rarissimo (dubbio).

Si distingue dal tipo per l’aspetto generale più gracile e spe¬ cialmente per la maggior gracilità delle costoline superficiali. Al¬ cuni esemplari piuttosto brevi (fig. 7) accennano passaggio alla specie successiva. Dimensioni dell’olotipo : L = 0,352, h = 0,172.

H . defiorei n. sp.

(figg. 8, 8 a, 11, 12, 13)

Olotipo: La valva destra della fig. 12. (O.C.R. si. 101). Paratipoidi: Una valva destra ed una valva sinistra (O.C.R. si. 10D.

Locus typicus : Argille del versante meridionale del Monte Rosso,, riva destra della valle Seri via (Piemonte).

S aratura typicum : Tortoniano (Miocene medio).

Dedicata al Prof. 0. De Fiore, dell’ Università di Catania, recentemente scomparso lasciando interrotto un poderoso lavoro sulle malacofaune plioceniche e quaternarie delle « argille su¬ betnee ».

Fossile: Tortoniano di M. Rosso, in Valle Scrivia ; Tortoniano superiore dei dintorni di Perticara (prov. di Pesaro).

Castellanselmo, loc. 3/1 1, rarissimo ; Castellarquato, loc. 6 II,. rarissimo ; Capocolle, loc. 9/ II, rarissimo.

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACODI MARINI ECC.

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Conchiglia piccola e relativamente pinttotto robusta. La valva destra vista di lato è trapezoidale, con margine anteriore piatta¬ mente arrotondato, subspinoso in basso, contorno dorsale a largo e regolare arco, ventrale piatto, ed estremo posteriore terminato in un becco sottile ed acuto, ad asse suborizzontale, situato circa a metà altezza.

L’ornamentazione è costituita da un irregolare reticolato di cordoncini rotondeggianti centralmente, angolosi posteriormente, mostrante una disposizione prevalente secondo la diagonale po¬ stero-superiore antero-inferiore, nonché da un forte cordone verti¬ cale, che attraversa tutta la conchiglia alla base del becco, e talora sporge dal contorno con due eminenze più o meno acuminate. Le aree interposte fra i cordoncini appaiono, osservando per tra¬ sparenza, finemente e densamente punteggiate.

Caratteri interni :

La specie dimostra una certa variabilità; il tipo più frequente è quello rappresentato dalla fig. 13.

Dimensioni dell’olotipo: L = 0,353, h = 0,26 mm.

Genere KANGARIN A Corykll e Fields 1937

Genotipo : Kangarina quellita Corykll e Fields 1936, p. 12.

-J- Kangarina n. gen. Coryell e Fields 1937, p. 12.

= Kangarina Van den Bold 1946, Kingma 1948; Cytheropteron

(pars) Mùller G. W. 1894, 1912; Cytheropteron (' Kangarina ) Ruggiebi 1952; Hemicytherura (pars) Hornibrook 1952.

Carapaci di dimensioni piccole, robusti, visti di lato subovali, lateralmente compressi e ventralmente fortemente appiattiti, a sezione trasversa snbtnangolare. Il margine anteriore è sporgente verso il basso, la estremità posteriore termina con un becco cau¬ dale situato sopra la metà altezza. Contorni dorsale e ventrale quasi simmetricamente debolmente arcuati. L’ornamentazione con¬ siste in un forte cordone all’angolo lateroventrale, spesso termi¬ nato posteriormente in un ottuso mucrone, e in un secondo cordone lungo il margine dorsale ; la parte centrale del guscio è percorsa da pochi, ottusi ma robusti cordoni, confluenti verso il centro della conchiglia, i quali delimitano delle aree poligonali di re¬ gola foveolate.

La valva destra ricopre nella porzione cardinale la sinistra. Il cardine della valva destra consiste di due denti terminali la-

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G. RUGGIERI

mellari, a loro volta dentellati, fra i quali si interpone una doccia cardinale a fondo evidentemente crenulato ; nella valva sinistra complementare, di due alveoli terminali a fondo crenulato, e di una interposta cresta cardinale distintamente dentellata.

Le zone marginali sono abbastanza larghe sia anteriormente che posteriormente ; il margine interno e la linea di fusione non coincidono alle due estremità della conchiglia, determinando ve¬ stiboli di varia profondità ed evidenza ; il vestibolo posteriore interessa anche una parte della porzione ventrale. I poricanali marginali sono anteriormente mediocremente numerosi, distribuiti con una certa regolarità, ma più addensati in basso : essi sono semplici, un po’ flessuosi, e terminano distalmente ad ampolla ; il becco caudale è percorso da 3 o 4 poricanali. I poricanali la¬ terali sono poco numerosi.

Il campo muscolare consta di una fila verticale di 4 impronte, delle quali le due superiori sono più sviluppate, preceduto da una impronta anteriore di forma irregolare.

Questo genere presenta notevoli somiglianze col precedente, ma è da distinguersi per differenze anatomiche ( Kangarina è sprovvisto di occhi, che in Hemicytherura sono presenti), che si riflettono in più lievi differenze nelle strutture dei carapaci ; agevoli caratteri distintivi si riscontrano nella distribuzione dei poricanali marginali anteriori, i quali in Hemicytherura sono di¬ stintamente frazionati in tre gruppi, mentre in Kangarina sono distribuiti con una certa uniformità. Si tratta sempre, nell’un caso come nell’altro, di forme con caratteristiche intermedie fra Cytlierura e Cy theropteron ; ma mentre Hemicytherura è più affine al primo genere, Kangarina è invece più affine al secondo.

La diagnosi generica su riportata è basata sui miei esemplari del Neogene italiano, e differisce in alcuni punti da quella origi¬ nale ; tuttavia le caratteristiche esterne di queste forme sono così spiccate, che penso di non errare attribuendo a questo genere i miei esemplari.

Kangarina è rappresentato, nel Neogene italiano, da una unica specie, identificabile con la forma vivente mediterranea, il Cy theropteron abyssicolum Mùller G. W. 1894; gli esemplari miocenici sono però distinguibili al titolo di varietà.

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACODI MARINI ECC.

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Kangarina abyssicola (Mùller G. W.) sp.

(figg. 15 15a)

1 952 Cylheropteron (Kangarina) abyssicolum Ruggieri,

p. (77), T. VI, f. 9 (sinonimia).

Figg. 15, 15 a Kaugarina abyssicola (Mùller G. W.) sp. - loc. 10/11.

a m. 360-365.

Figg. 16, 16 a Kangarina abyssicola coarctata n. subsp. - Olotipo

del Tortoniano di M. Rosso in Valle Scrivia.

Recente : Golfo di Napoli, sui fondi ad alghe calcaree di modesta profondità (Mùller G. W.).

Fossile : Capocolle, loc. 4.1, rarissimo : pozzo al bivio di S. Marco in Lamis (Foggia) loc. 10 II, non raro (prof. 360 e 385 dal piano di campagna) ; Capo Castella, loc. 8 IV, rarissimo ; Imola, loc. 1 IV, rarissimo ; Castellarquato, loc. 6-II, non raro.

K. abyssicola coarctata n. subsp.

(figg. 16, 16 a)

Olotipo : Il carapace figurato (0. C. R. si. 105).

Locus typicus : Argille del versante meridionale del Monte Rosso,

riva destra della Valle Scrivia (Piemonte). Stratum typicum : Tortoniano (Miocene medio).

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G. RUGGIERI

L’unico carapace che abbia raccolto nel Tortoniano differisce dalla forma pliocenica e quaternaria per le dimensioni sensibil¬ mente minori, il contorno più sinuoso, e l’aspetto più robusto, essendo più accentuato il cordone ventrale e più ancora il cor¬ done dorsale, come si può apprezzare molto bene osservando l'esemplare dal dorso. Sarei stato propenso a considerare questa forma specie distinta, se fra gli esemplari pliocenici di Castel- larquato loc. 6/11 non ve ne fosse qualcuno che sembra presen¬ tarle passaggio.

Vi sono notevoli affinità con la Hemicijtherura radiata terziaria e recente della Nuova Zelanda (Hornibrook 1952) ; tuttavia si osservano differenze nelle proporzioni e nella ornamen¬ tazione che mi sembrano giustificare una separazione. Affrettando dicasi per Cytheropteron sinuatum Lienenklaus 1894 (nec Lie- nenklaus 1900), dell’Oligocene e Miocene inferiori tedeschi, che differisce per l’ornamentazione molto più ridotta.

Elenco delle località fossilifere.

Ogni località è indicata nell’ordine con una cifra araba, che rappresenta la numerazione vera e propria, e con una cifra romana, che invece indica il piano geologico, secondo la tabella di pag. 42.

Loc. 1 IV Sabbie grige alla confluenza del Rio Pratella col fiume Santerno, presso Imola. La ostracofauna ne fu già descritta in Ruggieri 1950-1952.

Loc. 2-V Panchina tirreniana di M. Mixi, negli immediati dintorni di Cagliari.

Loc. 3/11 Argille a Pleurotomella implicisculpta ed altri mol¬ luschi di tipo « freddo » cavate per laterizi sulla riva, destra della valle della Pine, all’altezza del paese di Castellanselmo (colline livornesi-pisane .

Loc. 4/1 Calcare tenero, argilloso, con Amphistegina e Tere- bratula ampulla affiorante nella collina di Capocolle, fra Forlì e Cesena (Emilia). Non è da escludere che ricerche paleontolo¬ giche e stratigrafiche possano dimostrarne la pertinenza al ter¬ mine II.

Loc. 5/1 Sabbie argillose gialle con Chlamys latissima , Amiantis gigas , Strombus coronatus , ecc., poco ad Ovest del paese di S. Miniato (Valdarno inferiore).

Loc. 6 II Sabbie più o meno argillose, sovrastanti al calcare ad Amphistegina , rappresentanti gli strati più bassi affioranti nella sezione di Rio Riorzo, presso Castellarquato (Piacenza).

ICONOGRAFIA DEGLI OSTRACODI MARINI ECC.

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Loc. 7 IV Calcare organogeno terrazzato, a una quota fra i 15-20 m. sul livello del mare, di Capo Rizzuto (penisola di Crotone).

Loc. 8 IV c. s. a Capo Castella (penisola di Crotone). Qui il calcare organogeno è ricchissimo di Chlamys pesfelis.

Loc. 9-II Argille un poco sabbiose, molto fossilifere, sovra¬ stanti ài calcare ad Amphistegina di Capocolle (vedi loc. 4 1). La fauna ne fu già studiata in Ruggieri 1949.

Loc. 10 /II Pozzo per ricerca di acqua, attraversante quater¬ nario e pliocene, al bivio di S. Marco in Lamis presso Roggia {Tavoliere di Puglia). Il pozzo ba attraversato i termini II e III (vedi tabella stratigrafica a pag. 42), e saranno riportate loc. 10 II e loc. 10 III con indicate le relative profondità di provenienza dei campioni, misurate a partire dal piano di campagna.

Résumé.

But de ce travail est la illustration des Ostracodes marins du Pliocène et du Quaternaire d 'Italie. Dans cette première partie on a considerò les genres Hemicy therura et Kan gavina, avec ies espèces et variétés suivantes :

Hemicy Iherura videns (M. G. W.)

» » gracilicosta n. subsp.

» de fiorei n. sp.

Kart gavina, abyssicola (M. G. W.)

» » coarctala n. subsp.

En fin il-y-a la liste des localités fossilifères. Cbacune de ces dernières a été indiquée avec ime couple de chiffres, dont la prémière (arabe) est simplement un nombre d’ordre, la seconde (romaine) indique l’étage géologique, selon le nouveau schèma cbronologique du Pliocène et du Quaternaire italiens proposé à la page 42.

OPERE CITATE

Van Den Bold \V. A., 1916 Contribution to thè studi / of Ostracoda with special reference to thè Tertiary and Cretaceous microfauna of thè Caribbean region Proefschrift, Amsterdam, J. b. de Bussy, 1946.

Brada G. S. & Norman A. M., 1889 A Monoyraph of thè marine and freshwather Ostracoda of thè North Atlantic and of tlie North Western Europe. Sect. I : Podocopa Se. Trans. Roy. Dublin Soc. v. 4, s. 2.

56 G. RUGGIERI - ICONOGRAFIA DEGLI OSTRÀCODI MARINI ECC.

Coryell N. H. & Fields S., 1937 A Gatun Ostracode fauna front Cativa, Panama : Amer. Mas. Novitates, 956.

Dqbovsky N., 1939 Zur Kenntnis der Ostracodenfauna des Schwar zen. Meer Trudi Karadagskoj biologitschjeskoj Staiini. ( non

vidi).

Elofson 0., 1941 Zur Kenntnis der marinen Ostracoden Schwedens Zoologiscka Bidrag frali Uppsala, 19.

Hornibrook N. de B., 1952 - Tertiary and Recent Marine Ostracoda of New Zealand New Zealand Geological Survey, Paleont-

Bull. 18

KlNGMA J. Th., 1948 Contributions to thè knowledye of thè Young— Caenozoic Ostracoda, from thè Malayan reyion Proefscbrift,- Utrecht.

Klie W., 1942 Adriatische Ostracoden Zool. Anzeiger, 138 e 139- Lienenklaus E., 1894 Monographie der Ostralcoden des Nordwest deutschen Tertiars, Zeits. deutsch. geol. Gesell., Bd. 46- Mùller G. W., 1894 Fauna und flora des Golfes von Neapel. Mon - 2t, Ostracoda

Mùller G. W., 1912 Ostracoda In « Das Tierreich», 31. Norman A. M., 1865 On thè Crustacea dredging Report. Nat. Hist._ Trans. Nortkumb. and Durliain. 1. ( non vidi).

Rome R., 1943 Ostracodes marins des environs de Monaco Bull... de l’Inst. Océanogr., Monaco, 768.

Ruggieri G., 1950-1952 Gli Ostracodi delle sabbie grige quaternarie (Milazziano) di Imola Giorn. di Geol. (Bologna) s. 2, 21 e 22- Van Veen J. E., 1936 Die Cytlieridae der Maestrichter Tujfkreide - und des Ku ara der Korallenkalkes von Sud-Limburg. III. Na- tuurhistorisch Maandblad, Jaargang 25, 7.

Ing. Luigi Magistretti

NUOVE LOCALITÀ PER OTTAEDRITE NELL’ALTA VALLE DEL DEVERO (OSSOLA)

Nel concludere un precedente lavoro pubblicato in questi Atti nel 1945 sull’ Ottaedrite della Valle Malenco ed in genere sulle Ottaedriti italiane (1) mi era sembrato lecito esprimere la convinzione che ulteriori ricerche potessero segnalare nella Alta Valle del Devero nuove località di ritrovamento di questo mine¬ rale interessante.

Mi faccio ora un dovere di dare notizia di almeno tre uuove località appartenenti tutte all’Alta Valle del Devero e dove- l’ Ottaedrite si presenta in copia ben maggiore di quanto possa dirsi per le altre località segnalate nel mio precedente lavoro.

Le tre località sopra accennate appartengono tutte alla ca¬ tena di confine fra l’Italia e la Svizzera e precisamente alla ca¬ tena che dalla Punta di Boccareccio (Helsenhorn) per il Cervan- doue, la Punta della Rossa, l’Albrunhorn raggiunge la Punta d’Arbola (Ofenhorn), costituendo lo spartiacque fra la Alta Valle del Devero (Ossola) e la vicina Binnenthal (Ct. Vallese).

La località più importante è rappresentata nella tavola che mentre indica con sufficiente esattezza (dischetto bianco e freccia) nella riproduzione della carta Svizzera al 50.000 il punto esatta- dove si presentano i cristalli di Ottaedrite più sotto descritti,., nell’angolo inferiore destro della fotografia il punto del ritro¬ vamento e insieme una visione suggestiva del bellissimo, tormen¬ tato e poco noto gruppo di monti che più sopra ho ricordato.

L’esatta località appartiene al costone roccioso che dalla Punta d’Arbola scende verso sud e costituisce linea di confine. Il punto esatto dista un centinaio di metri dalla linea suddetta e giace in territorio italiano. Esso trovasi sopra una piccola in~ sellatura ordinariamente colma di neve, ciò che permette di rag¬ giungere il giacimento d’ordinario fino a fine giugno.

Più tardi occorre salire per roccia. La località mi è stata segnalata dall’Amico Sig. Otto Gòttler di Amsteg e da Joseph

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L. MAG1STRKTTI

Imhof noto “strahler,, di Binn e non è improbabile che essa fosse l'origine di alcuni fra i cristalli di Ottaedrite dell’ Ofenhorn de¬ scritti da R. H. Solly nel 1904 senza una indicazione dettagliata della località e solo colla vaga indicazione di Binnenthal (2).

La roccia (gneiss granitico dell’ Arbola della nostra carta Geologica) si arricchisce in prossimità dei piccoli litoclasi di elementi colorati. Una sezione sottile mostra Plagioclasio ('rara¬ mente geminato) Quarzo, Muscovite (con forti colori di interfe¬ renza) ed un minerale del gruppo delle Cloriti di colore verde debolmente pleocroico, piuttosto abbondante ed accompagnato da granali di un minerale opaco (Pirite).

Le superfici dei litoclasi sono coperte da piccoli cristalli di Albite e da minute lamine di Muscovite di colore leggermente verdolino a contorno esagonale con nette faccette prismatiche filiformi. In mezzo a queste sono disseminati sciami di cristalletti di Ottaedrite trasparenti o pellucidi di colore variabile dal giallo colofonia ad un bel giallo bruno marsala. Le dimensioni vanno da pochi decimi fino a due, raramente a tre millimetri.

L'abito è il consueto ((111) e (001)) e in taluni individui gli spigoli di (111) sono smussati da sottili faccette filiformi di (101).

In alcuni dei xx maggiori la larga faccia di base mostra faccette di piramidi di accrescimento appiattitissime a contorno parallello a quello della faccia di base.

In due dei migliori xx sono ben visibili ai vertici della faccia di base le faccette minute ma brillantissime di 2 bipiramidi di¬ tetragonali di simboli che mi riservo di determinare ma proba¬ bilmente vicini al (5.1.19) già segnalato dal Bianchi per l’ Ot¬ taedrite di Crino nella bassa valle del Devero (3).

Una seconda località degna di nota per il nostro minerale nell’alta valle del Devero appartiene al versante italiano del M. Cervandone e precisamente al costone che staccandosi dal massiccio terminale si abbassa in direzione di levante verso il Ghiacciaio della Rossa. Anche qui nello gneiss granitico sono stati trovati cristalli di Ottaedrite di dimensioni notevoli (intorno a 8 mm ). Credo si possa senz’ altro affermare essere questi i maggiori finora rinvenuti in Italia.

Il colore ne è giallo bruno con lieve tendenza al verdiccio •ciò che appare in particolar modo per trasparenza sugli spigoli.

Anche l’abito di questi cristalli presenta qualche interesse, caratterizzato come è dal prevalere del prisma di secondo ordine

NUOVE LOCALITÀ PER OTTAEDRITE ECC.

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‘{100) mentre nella zona delle bipiramidi di primo ordine predo¬ minano facci© ampie e striate della bipiramide (113) e la bi pi - ramide fondamentale (111) è rappresentata solo da faccette bril¬ lanti ma piccolissime.

Individui di tale abito, spesso associati parallelamente, sono troncati da strette ma nettissime fascie di base (001).

Il minerale che si trova in piccoli litoclasi è accompagnato da Quarzo in individui j alini di abito comune e da piccoli ag¬ gregati vermiformi di un minerale del gruppo delle Miche.

L’ultima località di questo primo rapido elenco si trova all' estremità Nord occidentale della Valle Buscagna, larga conca tributaria di destra della alta Valle del Leverò, e limitata a Nord-Est dalla catena di confine colla Binnenthal.

Il Sig. Glrimoldi, appassionato mineralista dilettante mila¬ nese, ha rinvenuto fra il detrito di falda della vailetta (sinistra orografica) che porta ai Corni di Piz Cornerà di Dentro un esem¬ plare degno nota. Esso è costituito da cristalli di Quarzo con inclusioni asbestose che presentano disseminati sulle loro faccie dei cristalli di Ottaedrite di colore grigio acciaio della lunghezza di 5-6 mm. secondo l’asse maggiore e col caratteristico abito affusolato a faccie minutissimamente striate, abito questo e pa¬ togenesi caratteristici dell' Ottaedrite di alcune località dalle Alpi Svizzere p. e. alle classiche località della Maderanerthal.

BIBLIOGRAFIA

(1) L. Magistretti Nuovi ritrovamenti di Ottaedrite ( Anatasio ) all’Alpe Pirla sopra Chiesa in Val Malenco e appunti per una Monografia sitile Ottaedriti Italiane. Atti Soc. Ital. di Scienze Nat. Voi. LXXXIV 1945.

(2) R. H. Solly On various minerals (Anata se etc .) from thè Bin¬ nenthal. Mineralogical Magazine pag. 16, Voi. XIV, Londra 1904.

{3) A. Bianchi Sopra due rocce ornehlendiche intercalate negli « Scisti di Baceno » . Bollettino Società Geologica Italiana voi. XL 1921.

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L. MAGISTRETT1 - NUOVE LOCALITÀ PER OTTAEDR1TE ECC.

SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I

fìg. 1

Fotografia presa dal costone roccioso che dalla Punta d’Arbola scende- verso Sud-Ovest e precisamente in prossimità della località ricordata nella memoria (in bass ) a destra nella fotografia). E ben visibile tutta¬ la catena a Sud-Ovest della Punta d’Arbola. Al centro in penultimo piano la piramide del M. Cervandone (m. 3213). Al disotto di questa la punta dirupata della Rossa (m. 2888) a sinistra la costiera appiat¬ tita del P. Fizzo (m. 2761). A destra i monti della Valle di Binn ben nota ai mineralogisti di ogni Paese (Bochtenhorn, Schienhornr fino al lontano Wannenhorn). In primo piano il contrafforte della Punta d’Arbola lungo il quale corre la linea di confine.

Fotografia cortesemente messa a disposizione dal Dr. Ing. G. Lissoni

fig. 2

Riproduzione leggermente ingrandita di una porzione del foglio 494 (Bili- nenthal) della carta Svizzera al 50.000 rappresentante la testata della Valle di Codelago (alta Valle del Devero) fino al massiccio della Punta d’ Arbola e la catena di confine fra la Valle stessa e la vicina alta Valle di Binn.

La località di ritrovamento della Ottaedrite (la prima di quelle^ ricordate nella memoria) è indicata con freccia e dischetto bianco.

L. MAGISTRETTI

Nuove locai. Ottaedrite Val Devero

Atti Soc. It. Se. Nat. Voi. XCII

Tav. I

Fig. 1

Fig. 2

Carlo Taccani

UBALDO ROCCI Cenno bibliografico

Si compie il decennio dalla scomparsa del dott. Ribaldo Bocci, noto ed appassionato lepidotterologo, spentosi il 18 agosto 1943.

Un cenno biografico fu da noi già tracciato (Riv. di Se. Nat. < Natura », voi. XXXVII, pagg. 68-70).

Egli dedicò la più larga parte del tempo libero da impegni professionali (era addottorato in chimica e farmacia) allo studio delle farfalle. Cominciò le proprie ricerche nel nativo Piemonte, per poi estenderle specialmente alla Liguria ed alla Lombardia. I suoi primi apporti furono semplici note su reperti faunistici locali, come peraltro era allora predominante indirizzo degli studi entomologici ; in seguito si volse a ben più importanti lavori di sistematica, procedendo alla revisione di interi gruppi : sono al riguardo di particolare importanza i suoi studi sul genere Melt- taea P. e sui generi Zygaena F. (= Anthrocera Scop.) e Pro- cris F. (s. 1.). Curò anche alcuni lavori di biologia e di chimica. Purtroppo la sua attività, già rallentata in causa della guerra, venne troncata da morte prematura, nel momento migliore, quando ne era sperato il coronamento in opere di più largo respiro.

Scrittore facile ed incisivo, spinto da pronta intuizione, si lasciava talvolta indurre in accenti polemici. Sebbene certe sue vedute, a seguito di ulteriori studi, siano oggi da ritenersi supe¬ rate, e talune sue determinazione di forme nuove, dopo i risultati di più avanzate ed estese indagini, siano, dal punto di vista si¬ stematico, da considerarsi spostate, i maggiori laveri del dott. Rocci, ed in particolare quelli sopra ricordati, debbono essere compulsati attentamente da chiunque voglia accingersi allo studio di quei generi tanto intricati ed ancora ricchi di problemi in¬ soluti.

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C. TACCANI

Poiché nel cenno biografico che già pubblicammo in Suo ri¬ cordo, salvo il richiamo ad alcuni suoi scritti, non demmo la. bibliografia, crediamo di far cosa molto utile agli studiosi, oltre a rendere omaggio allo Scomparso, colmando tale lacuna. Rite¬ niamo che l'elenco che segue nel quale con gli scritti di le- pidotterologia sistematica e biologica figurano anche alcune co¬ municazioni concernenti la chimica possa considerarsi prati¬ camente completo.

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Bibliografia.

Contribuzione allo studio dei Lepidotteri del Piemonte r note sui Lepidotteri dei dintorni di Torino. Bull. Soc- Entom. Ital., anno XXXVIII, pp. 52-79.

Sul mimetismo nei Lepidotteri. Boll. Museo Zool. R. Unir. Genova, n. 7, pp. 1-15 (estratto).

Ancora sul mimetismo nei Lepidotteri : mimetismo e va¬ riazione. Atti Soc. Ligustica Se. Nat. Geog. voi. XX, pp. 158-192.

Contribuzione allo studio dei Lepidotteri del Piemonte r note ed osservazioni, I. Id., voi. XXII, pp. 153-221.

Contribuzione allo studio dei Lepidotteri del Piemonte i note ed osservazioni, II. Id., voi. XXIII, pp. 161-196*.

Contribuzione allo studio dei Lepidotteri del Piemonte : note ed osservazioni, III. Id., voi. XXIV, pp. 131-216^

Alcune nuove forme di Zygaena : nota preliminare. Id., voi. XXIV, pp. 1-2 (estratto).

Alcune nuove forme di Zygaena : nota preliminare. Societas Entom., J. XXVIII, pp. 56-57.

Sulla resistenza degli Zigenini all’acido cianidrico. Zeitscrf. f. all. Physiologie, J. 1914, pp. 42-64.

Nuove forme di Zygaena : II nota preliminare. Atti Soc. Ligustica Se. Nat. Geog., voi. XXIV, pp. 113-133.

Per la priorità. Id., voi. XXV, pp. 31-32.

La suddivisione della «specie» nei Lepidotteri. Id.,. voi. XXV, pp. 33-67.

Ricerche sulle forme del gen. Zygaena Fabr., I. Id.,. voi. XXV, pp. 89-130, tav. I.

Di alcune nuove forme liguri di Zygaena Fabr. : III nota preliminare. 1 d ., voi. XXV, pp. 219-226.

Sulla fissazione del cobalto metallico all’ albumina. Giorn. R. Acc. Med. Torino, voi. XX, pp. 1-14 (estratto'1.

UBALDO ROCCI

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16 1915 -Sulla fissazione dei metall i all’ albumina ; ecc. : nota ]I

Id., voi. XXI, pp 1-5 (estratto).

17 1915 Sulla fissazione dei metalli all’ albumina; ecc.: nota III.

Id., voi. XXI, pp. 1-13 (estratto)

18 1915 Di una sostanza velenosa contenuta nelle Zigene. Atti

Soc. Ligustica Se. Nat. Geog., voi. XXVI, pp. 71-107.

19 1915 Contributo alla conoscenza dei grassi degli insetti. Id.,

voi. XXVI, pp. 139-143.

20 1915 [Ricerche sulle forme del gen. Zygaena Fabr. ; II] : le

forme liguri della Zygaena transalpina Esp Atti Soc- Ligustica Se. Nat. Geog., voi. XXVII, pp. 3-31.

21 1917 Contribution à la conaissance des graisses des insectes.

Arch. It. de Biologie, n. 66, pp. 53-56.

22 1917 Sul significato biologico del bozzolo nel Malacosoma neu~

stria L. Arch. Farmacol. Sperimi, ecc., Roma-Siena, voL XXIII, pp. 3-11 (estratto).

23 1918 Ricerche sulle forme del gen. Zygaena Fabr. ; III : nuove

osservazioni sulla Zyg. transalpina Esp. Atti Soc. Li¬ gustica Se. Nat. Geog., voi. XXVIII, pp. 119-137, tav. II.

24 1918 Ricerche sulle forme del gen. Zygaena Fabr.; IV: note

su alcuni gruppi liguri. Id., voi. XXVIII, pp. 141-158,. tav. III.

25 1919 Ricerche sulle forme del gen. Zygaena Fabr., V : La Zyg.

carniolica Scop. in Liguria. Id., voi. XXX, pp. 61-82, tav. IV.

26 1919 Osservazioni sui Lepidotteri di Liguria : note compara¬

tive ; Papilionidae-Pieridae . Id., voi. XXX, pp. 3 34,. tav. I.

27 1920 Osservazioni sui Lepidotteri di Liguria : note comparative r

Pieridae1 2a parte e note aggiunte. Id., voi. XXX,. pp. 173-206.

28 1922 Ricerche sulle forme del gen. Zygaena Fabr.; VI: note

su alcune forme nuove. Id., voi. XXXII, pp. 33-42.

29 1922 Su alcuni composti di cobalto e glicocolla. Giorn. R-

Acc. Med. Torino, voi. LXXXV, pp. 357-364.

30 1923 Note di Lepidotterologia. Mem. Soc. Entom. I tal ., vol¬

li, pp. 5-12.

1 L &

31 1925 L’influenza delle luci monocromatiche sui Lepidotteri.—

Atti Soc. Ligustica Se. Lett., voi. IV, pp. 275-286.

32 1925 Lepidotteri dell’isola del Giglio (in collaborazione con

E. Turati). Annali Museo Civ. St. Nat. Genova, serie 3% voi. X (L), pp. 355-362.

33 1925 Ricerche sulle forme di Zygaena Fabr. ; VII : la Zygaena

stoechadis Bkh. in Liguria. Mem. Soc. Entom. Ital.r voi. IV, pp. 154-175 con 1 tav.

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Forme liguri di Zygaena Fabr. Boll. Soc. Etitom. Ital., anno LVII, p. 97.

Ricerche sulle forme di Zygaena Fabr. \ Vili : note critiche e forme nuove. Id., anno LVIII, pp. 63-67,

Sai ciclo stagionale in Liguria della Zygaena stoechaclis Bkh. Id., voi. LIX, pp. 11-13.

Le forme italiane del Papilio machaon L. Id., voi. LX, pp. 28-40.

Forme nuove di Coenonympha oedipus F. Id., voi. LX, pp. 51-56.

Sulle pretese due « generazioni » di Euchloe ausonia Hb. Meni. Soc. Entom. Ital., voi. Vili, pp. 44-65.

Lepidotteri di Liguria: note comparative. Id., voi. Vili, pp. 90-113.

Nuove forme di Lepidotteri : Phopalocera. Boll. Soc. Entom. Ital., voi. LXI, pp. 146-154.

Sulla forma autunnale in Lombardia di Mancipium bras- siacae L. Id., voi. LXII, pp. 15-17.

Note per una monografia delle forme italiane di Meta¬ llurgia galathea L. Id., voi. LXII, pp. 79-88.

Le forme italiane di Limenitis camilla L. (= sybilla L. et auct.). Id., voi. LXII, pp. 127-133.

- Appunti polemici. Id., voi. LXII, pp. 163-172.

Ricerche sulla cosidetta Melitaea athalia, Rott.: nota pre¬ ventiva. Id., voi. LXII, pp. 183-185.

Osservazioni lepidotterologiche. Id., voi. LXIII, pp. 80-98.

Ricerche sulle modalità di schiusura e le forme di varia¬ zione della cosidetta Melitaea atìialia Rott. Memorie Soc. Entom. Ital., voi. X, pp. 10-35, tav. II e III.

Contributo alla conoscenza di Nytlia aretusa Esp. Boll. Soc. Entom. Ital., voi. LXIII, pp. 127-133.

Recensione: C. Vorbrodt : Tessiner und Misoxer Schinet- terlinge. Id., voi. LXIV, pp. 27-30.

Osservazioni su alcuni gruppi specifici del gen. Melitaea F. Mem. Soc. Entom. Ital., voi. X, pp. 202-211.

Sulla igroscopicità e sui cambiamenti di composizione dei melassi usati come dachicidi. L’Ind. Saccarifera Ital., anno XXV, n. 1.

Sulla presenza, la diffusione in Liguria e la biologia del Charaxes jasius L. Mem. Acc. Lunigianense di Se. G. Capellini, anno XIII, pp. 37-47, tav. I.

Osservazioni su aurelia Nick. e britomartis Assm. (o aure- liaeformis Ver.) del gen. Melitaea F. Mem. Soc. Entom. Ital., voi. XI, pp. 30-40.

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Boll.

1932 Il Parnassius apollo L. sull' Appennino Ligure.

Soc. Entom. Ital., voi. LXIV, pp. 149-151.

1933 La struttura e la variabilità delle armature maschili in

alcuni gruppi specifici del gen. Mtlitaea F. Mem. Soc. Entom. Ital., voi. XI, pp. 123-161.

1933 Nomophila noctuella Schifi. Leucania ( Sidemici ) zeae Dup. Boll. Soc. Entom. Ital., voi. LXV, pp. 33-34.

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1933 Malattie del nespolo del Giappone. «La Semente», Genova, pp. 386-387.

1933 Le Leucanidi del gruppo zeae Dup. e la cosidetta « nottua

del granoturco » (la parte) (in collaborazione con E. Tu¬ rati). Mem. Soc. Entom. Ital., voi. XII, pp. 273-293.

1934 Le Leucanidi, ecc. (2a parte) (in collaborazione con E.

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1934 Una straordinaria invasione di Melasoma aenea L. nel- F Appennino Ligure. « La Semente », Genova, pp.

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1934 La « Depressala dell’anice» in Italia. Boll. Soc. Entom.

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1935 Contributo alla lotta contro la Tortrix pronubana Hb.

il trattamento con acido cianidrico dei garofani recisi. Boll. R. Staz. Patol. Veg. Roma, anno XIV (nuova serie), pp. 1-33 (estratto).

1935 Ricerche sulle forme del gen. Zygaena ; IX: Sulla possi¬ bilità di scindere la « specie » transalpina Esp. in più gruppi specifici. Mem. Soc. Entom. Ital., voi. XIV, pp. 47-58.

1935 Melitaea dejone H. G. Melitaea aihalia Rott. Boll.

Soc. Entom. Ital., voi. LXVII, pp. 63-64.

1935 Zuqaena transalpina razza hispana Vrty. Id., voi LXVII, pp. 163-164.

1935 Ricerche sulle forme del gen. Zygaena ; X : forme nuove

di hippocrepidis Hb., transalpina Esp., maritima Obt. Id., voi. LXVIII, pp. 41-46.

1936 Una eccezionale anomalia alare in Zygaena. Id., voi.

LXVIII, pp. 142-143.

1937 - Ricerche sulle forme del gen. Zygaena F. ; XI: contributo

alla revisione di alcuni gruppi specifici. «Redia», voi.

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73 1937 La « Zigena della vite » ed alcune specie italiane del gen.

Procris F. (s. 1.). Boll. Istit. Entom. R. Univ. Bologna, voi. IX, pp. 113-152.

74 1938 Ricerche sulle forme del gen. Zygaena F. ; XII : revisione

della specie transalpina Esp. e descrizione di forme nuove. «Redia», voi. XXIV, pp. 97-197.

75 1940 Contribuzione allo studio dei Lepidotteri del Lago Mag¬

giore in collaborazione con C. Taccani). Meni. Soe. Entom. I tal ., voi. XIX, pp. 29-69.

76 1941 Sulla presenza in Piemonte della Syntomis marjana Stau-

der. Boll. Soc. Entom. Ital., voi. LXXIII, pp. 132-137.

77 1942 Forme piemontesi del gen Zygaena Fabr. Boll. Istit.

Entom. R. Univ. Bologna, voi. XIII, pp. 110-132, tav li e III.

78 1942 Su di una nuova forma primaria di Melitaea athalìa

Rott. Boll. Soc. Entom. Ital., voi. LXXIV, pp. 129-132.

79 1919 - Contribuzione allo studio dei Lepidotteri del Lago Mag¬

giore : II parte; aggiunte e correzioni alla I parte (in

collaborazione con C. Taccani). Boll. Soc. Entom. Ital., voi. LXX1X, pp. 2-10.

2 4 AUG 1953

SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ

(Data di fondazione : 15 Gennaio 1856)

Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali.

I Soci possono essere in numero illimitato : annuali, vitalizi, benemeriti.

I Soci annuali pagano L. 2000 all' anno, in una sola volta, nel primo bimestre dell' anno, e sono vincolali per un triennio. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti in Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ri¬ cevono gratuitamente gli Atti e le Memorie della Società e la Kivi sta Natura.

Chi versa Lire 20000 una volta tanto viene dichiarato Socio vitali z i o .

Sia i soci annuali che vitalizi pagano una quota d’ ammis¬ sione di L. 100.

Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargizioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale o reso segnalati servizi.

La proposta per i' ammissione d' un nuovo Socio annuale o vilahz'O deve essere fatta e firmata da due soci mediante let¬ tera diretta al Consiglio Direttivo.

Le rinuncio dei Soci annuali debbono essere notificate per iscritto al Consiglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del anno di obbligo o di ogni altro successivo.

La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza.

Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, purché li domandino a qualcuno dei membri del Consi¬ glio Direttivo o al Bibliotecario, rilasciandone regolare ricevuta e con le cautele d’ uso volute dal Regolamento.

Crii Autori che ne fanno domanda ricevono gratuitamente cinquanta copie a parte, con copertina stampata , dei lavori pub¬ blicati negli Alti e nelle Memorie , e di quelli stampati nella R i vista Natura.

Per la tiratura degli estratti , oltre le dette 50 copie, gli Autori dovranno rivolgersi alla Tipografia sia per 1’ ordinazione che per il pagamento. La spedizione degli estratti si farà in assegno.

INDICK DKIj FASCICOLO I

G. FA.aNA.Ni, IL b 3 r i 1 1 i o nei minerali del granito di Baveno pag. 5 G.. Ruggieri, Ostracodi del genere Paijenborchella viventi nel

Mediterraneo ........... 10

S. Vrwzo, Nuova forma di Anisoeeras (ammonite svolta) nelle

arenarie senoniane di Monte S. Genesio (Brianza orientale) » 15

E. ToitroNESE, Nota sui Centracanthidae del Mediterraneo

( Pisces Perciformes ) ......... 24

D. P QJA.T ri, Oppiti intermedi di Spirocei-ca lupi (Rudolploi,

1809) nel Sud India (Nematoda) . . . . . . » 30

T. Slvlz Pioghio e C. Picchio, Comportamento ciclomorfico

della Difuia longispina in alcuni laghi subalpini . » 33

G. RuGiiE.il, Iconografia degli Ostracodi marini del Pliocene

e del Pleistocene italiani ........ 40

L. M agistretim, Nuove località per Ottaedrite nell’Alta Valle

del Devero (Ossola) (Tav. I) ....... 57

C. Ta.CCA.ni, Ubaldo Rocci - Cenno bibliografico . . » 61

Nel licenziare le bozze i Signori Autori sono pregali di noli/i care alla - Tipografia il numero degli estratti che deside rano, oltre le 50 copie concesse gratuitamente dalla Società Il listino dei prezzi per gli estratti degli Atti da pubblicarsi 'nel 1952 è il seguente :

CO

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25

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50

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Pag. 4

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L. 500.-

L. 700.-

L. 1000.-

E. 1200.-

» 8

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700.-

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n 1600.-

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n 1150.-

n 1400.-

» 1700.-

» 2000.-

» 16

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1200. -

r 1800.—

» 1700.-

1

d

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0

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a 2400.-

NB. - La coperta stampata viene considerata come un ^3 di foglio.

Per deliberazione del Consiglio Direttivo, le pagine concesse gratis a ciascun Socio sono 8 per ogni volume degli Atti 0 di Natura.

Nel caso che il lavoro da stampare richiedesse un maggior numero di pagine, queste saranno a carico dell’Autore. La spesa delle illustrazioni è pure a carico degli Autori.

I vaglia in pagamento delle (piote sociali devono essere diretti esclusivamente al Dott. Edgardo Moltoni, Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia, 55, Milano.