FOR THE PEOPLE FOR EDVCATION FOR SCIENCE LIBRARY OF THEAMERiaN MUSEUM OF NATURAL HISTORY ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOL. XXXIX. ^?\.I«3VO 1&00. MILANO, TIPOGRAFIA BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. 1900. 'C. 1 1 "7(0 i - - Giistrow. 100. Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft — Jena. 101. Physikalisch-Oecouomische Gesellschaft — Konigsberg. 102. Zoologischer Anzeiger — Leipzig. 103. K. Bayerische Akademie der Wissenschaften — Miinchen. 104. Ornithologischer Verein — Miinchen. 105. Olìenbacher Verein fiir Naturkunde — Offenbach am Main. 106. Naturwisseiischaftlicher Verein — Regensburg. 107. Nassauischer Verein fiir Nalurkunde — AViesbadeu, 108. Physikalisch-mediciuische Gesellschaft — Wiirzburg, 14 ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. GIAPPONE. 109. Imperiai University of Japan — Tokyo. 110. Zoological Institute College of Science, Imperial University of Tòkyo. GRAN BRETTAGNA. HI. Royal Irish Academy — Dublin. 112. Royal Dublin Society — Dublin. 113. Royal physical Society — Edinburgh. 114. Geological Society of Glasgow — Glasgow. 115. Royal observatory — Greenwich. 116. Palaeontographical Society — London. 117. Royal Society — London. 118. Royal microscopical Society — London. 119. Zoological Society — London. 120. British Museum of Natural History — Lundon. 121. Literary and philosophical Society — Manchester. INDIA. 122. Geological Survey of India — Calcutta. ITALIA. 12.3. Accademia degli Zelanti e P. P. dello Studio di scienze, lettere ed ani — Acireale. 124. Ateneo di scienze, lettere ed arti — Bergamo. 125. Accademia delle scienze dell' Istituto di Bologna. 126. Ateneo di Brescia. ISTITUTI SCIENTIFICI GORRISPON'DENTI, 15 127. Accademia Gioeuia di scienze naturali — Catania. 128. R, Accademia dei Georgofili — Firenze. 129. Società botanica italiana — Firenze. 130. Società entomologica italiana — Firenze. 131. R. Accademia medica — Genova, 132. Società di letture e conversazioni scientifiche — Genova. 133. Società Ligustica di Scienze Naturali e Geografiche — Genova. 134. Comune di Milano. (Dati statistici e Bollettino demografico) — Milano. 135. R. Istituto Lombardo di scienze e lettere — Milano 136. R. Società italiana d'igiene — Milano. 137. Società dei Naturalisti — Modena. 138. Società di Naturalisti — Napoli. 139. Società africana d'Italia — Napoli. 140. Società Reale di Napoli. (Accademia delle scienze fisiche e ma- tematiche) — Napoli. 141. R. Istituto d'Incoraggiamento alle scienze naturali, economiche e tecnologiche — Napoli. 142. La nuova Notarisia — Padova. 143. Società Veneto-Trentina di scienze naturali — Padova. 144. R. Accademia palermitana di scienze, lettere ed arti — Pa- lermo. 145. Società di scienze naturali ed economiche — Palermo. 146. Società dei ■Naturalisti Siciliani — Palermo. 147. Società toscana di scienze naturali — Pisa. 148. R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici, Laboratorio di Entomologia agraria (Rivista di Patologia vegetale e Zimologia). 149. R. Accademia medica — Roma. 150. R. Accademia dei Lincei — Roma. 151. R. Comitato geologico d'Italia — Roma. 152. Società italiana delle scienze detta dei Quaranta — Roma. 153. R. Società Economica e Comizio Agrario — Salerno. 16 ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. 154. R. Accademia dei Fisiocritici — Siena. 155. Rivista italiana di scienze naturali e Bollettino del Naturalista — Siena. 156. R. Accademia di agricoltura — Torino, 157. R. Accademia delle scienze di Torino. 158. Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di Torino. 159. Società meteorologica italiana — Torino. 1()0. Associazione agraria friulana — Udine. IGl. Ateneo Veneto — Venezia. 162. R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti — Venezia. 163. Accademia di agricoltura, conunercio ed arti — Verona. 164. Accademia Olimpica — Vicenza. PAESI BASSI. 165. Musée Teyler — Harlem. 166. Société Hollandaise des sciences à TTarlem. RUSSIA E FINLANDIA. 167. Societas pro fauna et flora fennica — llelsingfors. 168. Société botanique de St. Pétersbourg. 169. Academic Imperiale des sciences de St. Pétersbourg. 170. Gomité géologique — St. Pétersbourg. 171. Société Imperiale des Naturalistes de Moscou. 172. Société Imperialo des Naturalistes do St. Pétersbourg — St. Pétersbourg. SPAGNA. 173. Sociedad Espanola de historia naturai — Madrid. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI. il SVEZIA E NORVEGIA. 174. i)ibiiolliòque de l'Uiiiversité Royale de Norvège — Glirisiiauia, 175. Société des sciences de Christiaiiia. 176. Stavanger Museuin — Slavanger Norvegia. 177. Universitas Limdeusis — Limd. 178. Académie Royale suédoisè des sciences — Stockholm. 179. Kong]. Vitterhets Historie och Antiquitets Akademiens — Stock- holm. 180. Bibliothèque de l'Université d'Upsala {laslinitioii géologiqiie) — Upsala. SVIZZERA. 181. Naturforscheude Gesellschaft — Basel. 182. Naturforscheude Gesellschaft — Beni. 183. Société helvétique des sciences naturelles — Beni. 184. Naturforschende Gesellschaft — Ghur. 185. lustitiit national Genèvois — Genève. 186. Société de physique et d'histoire naturellcs — Genève. 187. Société Vaiidoise des sciences naturelles — Lausanne. 188. Société des sciences naturelles — Neuchàtel. 189. Zùrcher naturforschende Gesellschaft — Zurich. 190. Commission géologique suisse (Société helvétique des sciences naturelles) — Ziìrich. Voi. \xxix. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI TERZIARI DEL PIEMONTE. Nota del socio Dott. Alberto Noelli. (Con una tavola.) la questi ultimi anni il Museo Geologico di Torino si è arricchito di numerosi resti di crinoidi provenienti dai terreni miocenici dei colli tori- nesi e raccolti dal sig. E. Forma, ben noto ed appassionato raccoglitore di fossili. Così vennero successivamente in luce parecchie forme diverse da quelle descritte nei lavori di Gastaldi, di Michelotti e di Mene- ghini, e nel tempo stesso si raccolsero nuovi e numerosi campioni che si prestavano a rendere più precise le nostre cognizioni sulle forme già conosciute. Facendomi notare l'opportunità di un nuovo studio sui crinoidi terziari del Piemonte, il prof. Parona volle aflìdarmi il pre- zioso materiale, che appunto forma oggetto di questa nota. Questi avanzi di crinoidi, pochi eccettuati, proveugono da una parti- colare zona sabbiosa che nei colli torinesi si trova nella parte più recente della serie elveziana, rimanendo separata dalle assise tortoniane sovrastanti mediante una zona di marna compatta povera di fossili. La zona sabbiosa d' ordinario ricca di elementi serpentiuosi, corrisponde al sottopiano serravalliam di Mayer e giustamente puossi distinguere come zona sabbiosa a Pentacnnus GoMaldii, i cui articoli vi sono qua e là copiosissimi. 20 A. XOELLI. Ill geueralc è povera di fossili ben conservati, mentre vi abbondano i delriti di ostriche, di pettini e di balani ; ina in" certe località la zona sabbiosa si presenta ricca specialmente di piccoli coralli, di cida- riti, fra i quali particolarmente notevoli quelli del Cidaris avenioaensis, articoli di stelleridi, di piccoli brachiopodi e di briozoi. A questi fossili si associano gli avanzi di criuoidi, che ora mi propongo di descrivere. Quindici sono le forme da jue riconosciute appartenenti ai generi Peìitacrinus, Conocrinits^ Antedon e Actinometra come dall' elenco qui esposto : Pentacrinm Gastaldi Mich, P. LorioU n. f. — Villa liesozzi. Valle S. Martino (Colli di Torino). Comcniius Segueumi Meneghini — S. Antonio presso Sciolze, Pino torinese e Monte dei Cappuccini (Colli di Torino). Antedon oblitiis (Mich.) — Villa Besozzi (Valle S. Martino), l^ino torinese, S. Antonio presso Sciolze, Sotto Resca (Sciolze), (Colli di Torino). A. Michelottii n. f. — S. Antonio presso Sciolze (Colli di Torino). A. Fontamiesi De Loriol. — S. Antonio presso Sciolze (Colli di Torino). A. Bei^ereli De Loriol — Dintorni di Sciolze (Colli di Torino). A. taurinemis n. f. — Monte dei Cappuccini (Torino). A. minimus n. f. — Monte dei Cappuccini (Torino). A. Nicolasi n. f. — Pino torinese (Colli di Torino). A. anglesensis De Loriol — Dintorni di Sciolze (Colli di Torino). A. Paronai n. f. — Sciolze sotto Resca (Colli di Torino). A. stellatus n. f. — Sciolze sotto Resca (Colli di Torino). A. Pellati De Loriol — S. Antonio presso Sciolze, Monte dei Cappuccini (Colli di Torino). Actinometra Formae n. f. — S. Antonio presso Sciolze (Colli di Torino). CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 21 Abbiamo adunque otto formo, che mi risultano nuove per la scienza, tre già note per il Piemonte, ma ora riscontrate in nuove località e quattro già conosciute, ma ora per la prima volta citate per giacimenti italiani. Sono queste le forme recentemente descritte da Paul De Loriol e scoperte presso Avignone in terreni verosimilmente coevi a quelli suaccennati della collina di Torino e del pari ricchi di reliquie di cri- noidi, come risulta dai lavori della sig. B, Sinard, di Pellai e del compianto Nicolas. Opere consultate. 1. — 1844. Philippi, Alecto alticeps n. sp., eine tertiàre Comatula. Art von Palermo. (Neues Jarbuch fiir Miner. Geog., etc., pag. 540, Taf. VI, B. Stuttgart.) 2. — 1845. Gastaldi B., Pentacrinite dans les terrains miocen. de la colline de Turin. (Bull. Soc. Géol. Frang., Sèrie II, Tome II, pag. 53.) 3. — 1846. Gastaldi B., Lettre pour répondre aux doutes soulevées à propos de la découverte des Pentucrinites dans la colline de Turin. (Bull. Soc. Géol. Frang , Sèrie II, Tome III, Paris.) 4. — 1847. MiCHELOTTi G , Déscript. d. foss. mioc. d. l'it. sept. (Natuark. Verliandel. von de Hollandsclie Maatscliappij der Wetenschappen te Haar- lem. 3 D., 2 S.) 5. — 1852. Forbes E., Monograph of the EchinodermaUi of the British Ter- tiaires. (Palaeontogr. Society. London.) 6. — 1861. MiCHELOTTi G., Etudes sur le mioc. inf. d. I'lt. sept. (Mém. pubi. p. la Soc. Holland, d. So. à Haarlem.) 7. — 1861. MiCHELOTTi G., Dcscrip. d. quelq. nouv. foss. d. terr. mioc. d. la coll. de Turin. (Revue et Magasin de Zoologie. Aoùt.) 8. — 1872. Des Moulins Ch., Un crinoide tert. d. la Gironde. (Act. d. Soc. Linn, de Bordeaux. Tome XXVIII, livr. 4.'^-5.o.) 9. — 1874. Manzoni A., Rarità paleozoologica. (Bui!. R. Com. Geol. d'Italia, N. 5-6, Roma.) 10. — 1874. GuiscARDi G., / Crinoidi del periodo terziario. (Rend. d. R. Accad. d. sc. fis. e mat., Anno XIII, fase. 11, Napoli.) 11. — 1875. Sequenza S., Studi stratigrafici sulla formazione pliocenica del- l'It. mend. (Bull. R. Com. Geol. d'Italia, Voi. VI, Roma.) 22 A. NOELLI. 12. — 1875. Meneghini G., / Crinoidi terziari. (Atti d. Soc. Tose, di se. nat., Vol. II, fase. 1, Pisa.) 13. — 1871). FoNTANNES M. F., Les terr. tert. sup. d. Ilaut Comptat Venais- sin. (Ann. d, Soc. d'Agr. d. Lyon, Sèrie IV, Tome IX, Paris.) 14. — 1876. QuENSTEDT A. F., Petrefactenkunde Deutschkmds. (P.« I, V." 4 « Dio Asteriden und Encriniden » , Leipzig.) 15. ■ — 1877. LocAKD A,, Déscript, d. la faune d. terr. tert. moy. de la Corse. (Ann. d. Soc. d'Agr. d. Lyon, Sèrie IV, Tome IX.) 16. — 1878. ScHLLiTER C, Ueber einige astylide Crinoiden. (Zeitsclir. d. D. Geologisch. Gesell., XXX Bd., Berlin.) 17. — 1879. FoNTANNES M. F., Étud. strat. et pai s. I. tert. d. bassin d. Rhone. A'', Déscript. d. quelq. esp. nouv. ou pen conn. (Ann. d. Soc. d'Agr. d. Lyon, Sèrie V, Tome I.) 18. — 1879. FoNTANNES M. F., Note s. la découv. d. deux esp. nouv. d. genr. Antedon dans le terr. tert. sup. d. bassin d. Rhone. (Bull. Soc. GéoL Franc;., Sèrie III, Tome VII, peg. 497.) 19. — 1879. Meneghini G., Processi verbali, adun. 7 luglio 187H. (Atti Soc. Toso. d. se. nat., pag. XXXI, Pisa.) 20. — 1879. Manzoni A., Considera:-, geolog. a propos. del P. Gastaldi! nella Molassa di Montese. (Ann. d. Soc. d. Natural in Modena.) 21. — 1880. Segue.nza S., Le formazioni tert. nella prov. d. Reggio Calabri'i. (Mem. lì. Accad. Lincei, Serie III, Vol VI.) 22. — 1882-89. De Loriol P., Paléo?itologie Franraise. « Grinoides » Tome XI, P..i^' MI, Paris. 23. — 1884-88. Carpenter II., Report on the Crinoidea. (Voyage of the Chal- lenger. Vol. XI-XXVI, London.) 24. — 1886. PoMEL, Paleontologie de l'Algerie. « Echinodermes », 2.'^ livr. 25. — 1887. PoMEL, Paleontologie de r Algerie. « Zoophytes », 2. '^ fase, 2. Mi vr., Alger. 2l). — 1891. M.' Berthe Sinarii, Sur la presence d. Pentacrinus dans le mioc. des Angles (Card). (Ass. franc;, p. I'avanc. d. sc. Part. II, Marseille.) 27. — 1897. Nicolas M. M., h'tud. s. le terr. tert. d. env. d' Avignon. Le Mio- cène. (Ann. do I'Acad. de Vaucluse.) 28. — 1897. Pellai E., Fiud. stratigr. et pal. s. I. terr. tert. d. quelq. loc. d. Vaucluse, du Gard et des Bouches du Rhone. N. 3 sur I'assis. term, d. l'élag. burdig. ecc. (Bull. Soc. Géol. Frani;., Sèrie III, Tome XXV, pag. 111.) CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI, ECC. 23 29. — 1897. De Loriol P., Béscript. d. quelq. echinodermea. App. à la not. de M. E. Pellai, s. le hurdigalien supérieur. (Bull. Soc. Góol. Franr., Sèrie III, Tome XXV, pag. 115, Paris.) 30. — 1897. Nicolas M. H., Elude d. terr. Ieri. d. envir. d'Avig., Miocenes. Noie complém. s. la faune de la « Femme de Loth » et revis. d. An- tedons de ce méme horizon. (Ass. Franc, pour I'avanc. d. sc. Gongrès d. S. Etienne. Paris.) 31. — 1899. Bather F. A., A Record of, and Index to, the Literature of Echinoderma, ecc., published during the year 1898, ecc., pag. 39, London. Geu. PENTACRINUS Mill. 1821. 1847. JPeutacrinus Gastaldii Michelotti. Tav. I, lig. 1-32. 18 i5. Pentacrinus sp. Gastaldii B., Pentacrinites d. I. terr. d. I. coll. d. Tu- rin. (Bull. Soc. Géol. Franc., Sèrie II, Tome II, pag. 53. — Id., Lettre p. rep. a. dout. soul, à prop. d. I. découv. d. Pentacrinites d. I. coll. d. Turin. (Ibid., Tome III, pa- gina 485, 1846.) 1847. Pentacrinus Gastaldii Michelotti G., Descr. d. foss. mioc. d. I'll. sept. (Nat. Verb., ecc., pag. 59, Tav. XVI, fig. 2-2^ Haarlem.) Id., Etud. s. I. mioc. inf. de V It. sept. (Ibid., 1861, pag. 28.) — Manzoni A., Rarità paleosoologica. (Boll. R. Com. Geol. d'Italia, 1874, pag. 152, Roma.) — Id., Gonsid. geolog. a 'prop. d. P. Gastaldii nella Melassa di Montese. (Ann. d. Soc. Nat. Modena, 1879, pag. 1.) — Meneghini G., / Criiioidi terziari. (Atti d. Soc. Tose. se. nat.. Vol. II, 1875, pag. 9, Pisa.) — Des Moulins Gil, Un crinoide tert. d. la Gironde. (Act. d. Soc. Linn., Tome XX VIII, 1872, pag. 55, Bordeaux.) — Locard A., Déscript. d. I. faune d. terr. tert. may. d. la Corse. (Annales d. la Soc. d'Agr. Lyon, Sèrie IV, Tome IX, 1877, pag. 207.) 24 A. XOELLI. (?) 1897. Pentacrinus Berthei Nicolas M. H., Btud. d. lerr. tert. d. envir. d'A- vignon, ecc. (Ass. Frang. p. l'avanc. d. sc, pag. 397, Pa- ris.) — Id., Ftud. d. terr. tert., ecc. (Ann, d. I'Ac. d. Vaucluso, 1897, pag. 79.) ('; 1897. Pentacrinus miocenicus De Loriol P., Déscr. d. quelq. foss., ecc. (Bull. Sec. Geo). Franc., Sèrie III, Tome XXV, pag. 127, tav. IV, fig. 15, 16, 17, 18.) Articoli del fusto pentagonali, lisci, rugosi in qualche esemplare ; faccia incavate, talora piane con angoli più o meno sporgenti ed arro- tondati all'estremità. Vari articoli invece sono completamente circolari, ovvero hanno una configurazione pentagonale appena distinta. Le loro altezze sono assai disuguali, perchè mentre non superano i mm. 1,5 negli infranodali, raggiungono sovente i 2 mm. nei nodali; ma non sono però propor- zionate alle differenze dei diamelri, poiché, questi variano da 2 ad oltre 10 inni. •jli articoli sottili sono rinchiusi [va i [àù spessi, e talora presen- tano un solco verticale ; suture evidenti, ina non crenulate. Foglietto delle faccie articolari per lo più lunghe, distinte, archi marginali rotondi ovvero lanceolati; l'area interna è per lo più incavata e l'apertura basale, rivolta verso il forellino centrale, ò chiusa in vari articoli. I margini laterali sono formati da 12 a 20 e più denti, e in vari esem- plari terminano nella parte basale in una linea rilevata separata dalla adiacente da un profondo solco. In altri articoli poi si nota un piccolo orlo liscio il quale corre lull" atlonio alla faccetta articolare. In un esemplare poi le facette sono ellittiche, rilevate, curvale e terminano a breve distanza dal centro; in questo non si scorge il foro. Nella parte posteriore dello stesso esemplare le foglietto sono conformate come negli altri arlicoli. Articoli verlicillari più ahi de.i^li altri, e su ciascuna dello loro faccie laterali piuttosto incavate si inserisce la faccetta articolare di un cirro la quale ne occupa tutta l'altezza tanlo da produrre talora un' insona- CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRIXOIDI, ECC. -•) tura neir articolo successivo. 11 numero delle facette articolari è di T), incidentalmente varia solamente da 2 a 3. Malgrado il materiale abbon- dante non mi fu possibile determinare il numero degli articoli inter- liosti tra due verticilli. Fra i vari esemplari raccolti a S. Antonio so ne notano alcuni formati dalla riunione di due articoli di cui uno più piccolo rotondo ed un secondo di forma pentagonale distinta ; altri invece presentano cinque foglioline rotonde delimitate tutt' attorno da un largo orlo liscio pentagonale. , Occorre infine notare che gli esemplari da me esaminati sommano a parecchie centinaia. Rapporti e diU'erense. — Molto probabilmente i primi articoli dei Petitacriìii terziari vennero raccolti dal prof. Catullo nel calcare di Valle Policella nel Veronese, e l'importante scoperta venne da lui stosso notificata nel 1823. Più tardi, come risulta dalla seduta del 17 giugno 1845 contenuta nel Bull. Soc. Géol. Frane., Tomo II della 2.'^ serio pag. 573, il bar. A. De Zigno ritrovò i suddetti Pentacrini nella medesima località. In seguilo il Gastaldi' con una sua lettera pubblicata dalla Società Geologica di Francia il 17 luglio 1844 dice d'aver raccolto degli articoli di Pentacrini nelle sabbie serpeutinose dei terreni miocenici dei colli di Torino e recentemente poi, nel 1880, il Sequenza ^ riferisce con dubbio al P. Gastaldii una colonnetta pro veniente dal Tongriano dei dintorni di Pioggio Calabria. Anche il Pellat ^ nota come nel piccolo afìioramento di melassa burdigaliana di Notre-Dame de Chateau si trovino dei bei frammenti di P. mio- cenicHS. Per ultimo nei terreni miocenici dei dintorni di Avignone venne raccolto un fusto con 35 articoli, un secondo con 12 articoli di 1 (JASTALDi B., Opusc. cit., 1845, pag. 53. 2 Sequenza. S., Le formaz. terz. nella proo. di Reggio Calabria. 1880, Se- rie III, Voi. VI, pag. 44. 3 Pellat E., Ktud. drat. et poi. s. l. lerr. lert. d. qiielq. loc. d. Vaucluse, ecc. 1897, pag. 111. 26 A. NOELLI. cui imo con inserzioni verticillari ed un terzo più bi-eve con un ani- colo verticillare. Tutti e tre vennero riferiti al P. Beriìiel dal Nicolas. Il P. Gastaldi venne poi specificato nel 1847 dal Miciielotti nel suo lavoro; Description des fomles des terrains miocènes; ' però «lire al descriverlo iu modo assai incompleto, ne dà i disegui di al- cuni articoli scelti fra i più regolari ed eguali fra di loro. Un' altra descrizione, ma più completa e rifereutesi a vari articoli di forma differente l'abbiamo dal Meneghini nel suo lavoro: 1 Crinoidi ter- ziarii^ Pisa, 1875, pag. 9, la quale viene così a provare, miita- nunite alla mia, che il P. Gastaldii risulta formato di articoli i quali variano grandemente tendendo ad assumere forme tanto più ineguali, quauto più si avvicinano alla sommità dèi fusto. Ora il sig. De Loriol nella sua recente nota, - non essendosi pro- babilmente riferito che alle tavole del Miciielotti ed alla figura del Manzoni ^ colla quale viene rappresentato malamente un pezzo di fusto della Mùlassa di Moutese, afferma che nel P. Gastaldii i vari articoli souo eguali fra di loro, e lo separa per tale carattere dal suo P. mio- ccnicus^ nel quale i vari articoli oltre all'essere disuguali fra di loro, lasciano scorgere in quelli più sottili un solco mediano longitudinale. Ma per quanto già dissi sopra o come mi risulta dall'esame dei Pen- tacrini contenuti nella celebre opera del Carpenter, '' e per la pre- senza in alcuni articoli più sottili di un solco mediano longitudinale, così ritengo che molto probabilmente si dovrà riferii'o il P. mioceni- ciis De Loriol al P. Gaslaldii Miciielotti, tanto più qualora ulteriori ricerche permettano lo studio di un materiale più abbondante. A que- sto proposito poi il l^ELLAT, ■' pag. J12, neir enumerare i principali 1 Miciielotti G., Op. cit., 1847, pag. 5'J. 2 De Loriol P., Béscr. d. quelq. foss., ecc., 1897, pag. 127. •■' Manzoni A., C'onsid. geol., ecc., 1879. ''' Carpenter H., Ri^pod on the Crinoidea. Vovage of the Challenger. Voi. XI, 1884-88, London. '" Peli..\t K., Op. eli., pag. I VI. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 27 fossili raccolti nelle cave situate a nord-est del piano des Angles nota comò il 1'. mioccìiicm De Lorioi sia identico al Pentacrino della me- lassa di Beaucaire, il quale figura in qualche collezione col nome di P. Gastaldii. Anche il Nicolas ' rileva una differenza tra i due suddetti PciUa- ci'iiU basata uaicamente sulla maggiore o minore eguaglianza degli articoli ; anzi vorrebbe frapporre il P. Allardi tra le due suddette specie soltanto per avere quest'ultimo Pentacrino gli articoli meno ineguali di quelli del P. ìniocenicus. Infine dalla figura che egli dà ^ a pag. 397 del suo P. Berihei, si rileva come i disegni delle due faccie articolari dei cirri corrispondano perfettamente a quelli del P. Gastaldii tanto che si può ritenere che queste due specie debbano con tutta la verisimigliauza identificarsi fra di loro. Confrontando poi gli articoli da me esaminati con quelli appartenenti a forme viventi, ho l'iscontrato notevoli analogie con alcuni del P. WyviUe-Thomsoui, del P. alteraicirras, del P. naredanm, ecc. slati raccolti recentemente nel viaggio del Challenger. Infine il Bather, nella sua accuratissima rivista bibliografica per gli Echinodermi, ^ a proposito dei pentacrini miocenici scrive Pentacrinm (i. e Isocrinus). Ora questo genere venne antecedentemente creato nel 1837 dalMEYER {Museum Senkenljeroiannnì, Frankfurt, II, pag. 2.j1), ma come giustamente fa osservare il Carpenter, '' mancano ancora gli elementi necessari per poter stabilire sufficientemente le differenze che esistono tra questi due generi e per conseguenza conviene riferire prov- visoriamente queste forme al gen. Pentacrinus del Miller. Località : Il P. Gastaldii, da quanto mi risulta, venne raccolto oltreché sui colli di Torino, altresì dal prof. E. Suess di Vienna nel 1 Nicolas M. H., Et. d. terr. tert. d. enr. d' Avignon. Le Miocene. (Ann. (1. l'Ac. de Vaucluse, 1897, pag. 79.) 2 Nicolas M. II., Etud. d. terr. tert. d. env. d' Avignon, ecc., 1897, pag. 397. 3 Bather F. A., A Record, ecc., 1899, pag. 39, London. -5 C.4.RPEXTER H., Op. cit., pau. 271. 28 A. NOELLl. Leithakalk di Eisenstadt; da F. Karrer nel miocene di Boskovilz in Moravia ; da F. Artigue nei faluns miocèaes del bordolese ; nei ter- reni terziari miocenici dei dintorni di Avignone ; dal Manzoni nella mo- l;ìsi mni. ; 1' estremità superiore è larga '.) mm. mentre r inferiore è di mm. 1,;') e questa presenta un foro centrale; un secondo '■' alto Ci mm., l' estremità superiore alquanto erosa ò larga o mm. e l' inferiore termina con un bitorzolo oblungo di oltre 1 mm. di dia- metro ed è munito di un foro nella parte centrale. Due altri calici hanno una lunghezza di .') min. colla faccia supcriore larga mm. 2,.") e l'inferiore 1 mm.; di due altri esemplari, uno ò alto 4 e l'altro o mni.; il primo però ò più rigonfio del secondo, la loro faccia supe- riore è larga circa ?> mm. e la faccia inferiore munita ili un largo foro lo è di l inm.; 1' idliiuo esemplare è poi allo 1 mm., la sua faccia superiore è larga 1 mm. e l' inferiore 1 mm. e qin'sla presenta un;i cavità circolaro avente nel mozzo un furelliuo. 7 esemplari. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. '^ l Rapporti e differense. — I vari esemplari da me esaminati diffe- riscono dal C. pijriformÌ8 per la loro forma a cono e per la con for mazione ad angolo dei lati del pentagono; differiscono poi dal C. Tho- renti per la mancanza dei cinque grossi denti inllessi verso il centro. Località : Gli esemplari tipici del Meneghini vennero raccolti nel terreno miocenico di Serravalle Scrivia (Piemonte). Invece gli esemplari da me esaminati provengono dai Colli torinesi, S. Antonio prèsso Sciolze (Colli di Torino), Pino torinese. Monte dei Cappuccini (Torino). Gen. ANTEDON Freminville ISil. 18G1. Antedon ohlitiis (Michelotti). Tav. I, fig. 30-4G. 1861. Allionia Oblila Michelotti G., Descr. ci. quelq. nouv. foss. d. terr. mioc. d. l. colline de Turin. (Rev, et Mag. d. Zoologie, pag. 1-2, Tav. X, fig. l-l a 1 ò.) Dimensioni : Diametro della piastra centrodorsale . . iiim. 3,5 Altezza •• 1,5—2 Calice pentagonale relativamente poco elevato. Piastra centrodorsale snbpeutagonale, alquanto sottile. Faccia dorsale convessa, piana in duo esemplari, ed in un terzo presenta un foro grande al centro; essa ò priva delle faccette articolari dei cirri. Queste sono alquanto numerose ai lati ed appaiono piccole, profonde e disposte in due o tre serie circolari (non mi fu possibile determinarne il numero esatto). Faccia ventrale debolmente concava, liscia ; in due esemplari si notano cinque sol<:'hi radiali coi margini lineari rialzati; questo carattere appare poi 32 A. mjelij. più (iislialo ill nil esemplare raccolto a Sciolze. Nel centro si Dota un foro più 0 meno largo e profondo; le cinque depressioni corrispondenti alle piastre basali sono poco profonde. Piastre radiali trapezoidali, oblique rispetto all'asse verticale e visi- bili per bene soltanto in due esemplari. Esse sono poi separate fra di loro da un leggero solco molto rialzato sul piano delle faccio arti- colari. Impressioni del legamento elastico molto incavate, la fossetta mediana e piccolissima ; bitorzolo articolare rilevato e distinto ; orificio del canaio grande e separato dalla fossetta per mezzo di un rialzo li- neare. Impressioni del legamento interarlicolare alquanto incavate, im- pressioni muscolari poco distinte. La cavità del c:ilice è poco profonda, grande, con pareti segnate in mi esemplare da cinque solchi distinti od in un secondo da otto o nove solchi deboli. In un terzo csempkirc la cavità ù più graiidc e più profonda e ter- mina con un foro centrale. In un altro esemplare poi munito del primo anello radiale e della piastra centrodorsale, questa si presenta piana nel dorso, ma è priva di cavità centrale. 10 esemplari, di cui uno molto grande (IO mm. di lungh. per 8 di largh.) non rappresenta che un pezzo di piastra centrodorsalo. lìapporll e (ìilfereiue. — I primi esemplari vennero raccolti dal ^Ii- ciiELOTTi e dal cav. Luigi Di Ro.\senda nel miocene medio della collina di Torino, come risulla dalla noia dello stesso Migiielotti stata pubbli- cata nella Revue et Magasin d. Zoologie nell'agosto del 1861.^ Nella stessa nota poi il Migiielotti descrivo una piastra centrodorsale albi quale unisce una figura assai imperfetta. Dopo il Migiielotti non mi risulta che alni abbia descritta tale specie; soltanto jiiù tardi il Fontannes nel descrivere la sua specie A. rhodamcus 1870,- fa notare come questa debba essere posta nella seconda sezione dello ' MiciiuLOTTi G., Op. cit., pag. 1, 2. - Fontannes M. F., Kt. drat. et. pai. sur le tcrl. ci. bass, da Rhone. V, 187U. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 33 Sghlìiter sezione la quale comprende qualche specie priva di fossette radiali ed alla quale il Meneghini propose di applicare il nome gene- rico di Allioiiia che il Mighelotti le aveva dato nel ISGl. La stess;i osservazione il Meneghini la ripete in ima sua nota ^ pubblicata nel 1879 ed in seguito quest'autore in una adunanza tenuta dalla Società Tose, di se. nat. il 7 luglio 1878 ^ a proposito di questi peutacrini osservò come lo Sghlìiter di Bonn nel suo lavoro sui Crinoidi ciHl- lidi^ avesse omessa la specie Allionia oblita. Infine espresse dubbi se il gen. Allionia dovesse mantenersi ed esaminando alcuni esem- plari che il Mighelotti avova raccolti nel miocene medio di Baldis- sero, osservò come per il loro cattivo stato di conservazione essi non permettevano di stabilire con certezza il loro .riferimento alla specie. Senonchè, come giustamente fa osservare De Loriol nel suo recente lavoro ^ a pag, 123, il genere Allionia non solo non differisce dal genere Antedon, ma non ne è che un semplice sinonimo. Confrontando poi i miei esemplari coìVA. rhodanieus Font, ne risulta che essi differiscono notevolmente per essere privi del margine formato dalla piastra centrodorsale il quale in questa sp. sporge all'esterno oltre le piastre radiali. Le piastre centrodorsali si possono poi soltanto paragonare colle figure 9-9 a della tavola IV del De Loriol/' A quanto però questo Autore riferisce nei rapporti e differenze circa VA. rhoda- nieus, gli si può obbiettare che esaminando bene la descrizione e le figure date dal Fontannes ^ non risulta in esse bene distinto l' orlo 1 Fontannes M. F., Note sur la décoiwerte d. 2 esp. nono. d. gerir. Antedon dans la terr. tert. sup. d. bassin du Rhone, 1879, pag. 499. 2 Meneghini G., Proc. Verb. adun. 7 luglio 1878. (Atti Soc. Tose. se. nat., pag. XXXI, 1879.) ^ ScHLÙTER C, Ueber einige astilide Crinoiden. 1878. ^ De Loriol P., Déscript. d. quelq. foss., ecc. 1897. ^ De Loriol P., Op. cit., pag. 123, tav. IV, fig. 8, 8 a, 8 ^, 8 e, 9, 9 a, 10. e Fontannes M. F., Op. cit., 1879. Vo!. XXXIK, 3 34 A. XOELLI. formato «lalla piastra centrodorsale il quale dovrebbe sporgere oltre la base delle piastre radiali. Un' analoga differenza esiste pure ti-a gli esemplari dei colli di Torino e quelli t^tudiali dal Nicolas ^ pag. 403 e - pag. 74 ; soltanto che in questi la piastra centrodorsale è meno sporgente di quanto si osserva uellM. rhodaìiicm ; ma la descrizione che ne dà ò cosi insufficiente e le figure risultano così imperfette da lasciare vari dubbi su quanto esso asserisce. Lo stesso può pure dirsi pel suo A. miocenicus (pag. 404), anzi tutto può lasciar supporrò che VA. miocenicus altro non sia che \'A. rliodcuiicus. (jli esemplari poi dei colli torinesi differiscono affatto da quelli descritti dal Pomel ; ^ tutt' al più si possono paragonare fra loro le faccie dorsali di qualche piastra centrodorsale. Località: Sotto Resca (Sciolze), Colli torinesi, Pino torinese, S. Antonio presso Sciolze, Valle S. Martino, Villa liesozzi. Antedmi Michelottii n. f. Tav. I. fig. 47-49. Dimensioni : Diametro mm. 7 Altezza -^ o Calice pentagonale alquanto schiacciato. Piastra centrodorsale a con- torno pentagonale, coi lati incavati verso la faccia dorsale, e cogli anc^oli acuii e rivolti verso il basso. Faccia dorsale convessa, larga- ^ Nicolas M. H., Et. s. le terr. tert. d. envir. d'Avignon. Miocì'ne. 1897. ^ Nicolas M. 11, Et. d. terr. tert. d. envir. d'Avig. Mioc. Note compi, sur la faune de la n Femme de Loth. ", ecc. 1897. 3 Pomel, Paleontologie de l'Algerie, n Zoophytes, u 2.« fase, 2." iivr., 1887, Alger. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI, ECC. 35 mente piana nella parte superiore ove si presenta corrosa ed irrego- lare. Faccette articolari dei cirri ampie, rotonde, poco profonde, visibili soltanto verso l' orlo esterno ed in numero di una, due per serie. 1/ orlo della piastra centrodorsale non oltrepassa le piastre radiali ; queste sono poi assai inclinate sull' asse verticale. Faccie articolari delle piastre radiali trapezoidali, colla base molto larga e separate fra di loro da un solco lineare poco profondo formato da due forti rialzi. Le faccie sono assai incavate, rugose. Impressioni del legamento elastico assai profonde, incavate ; la fossetta mediana ò larga. Orifìcio del canale ampio, profondo, cogli orli appena rialzati dal fondo della faccia ed ò separato dalla fossetta da un orlo alto, lineare e lungo. Impressioni del legamento interarticolare distinte, ma poco profonde ; impressioni muscolari confuse. Cavità del calice pentagonale cogli orli convessi di cui uno più sporgente degli altri quattro verso l'interno, essa è assai profonda. 1 esemplare. Rapporti e differeiise. — Un notevole carattere il quale differenzia evidentemente questo Antedon dagli altri affini, si è la disposizione quasi orizzontale delle piastre radiali unita alle loro grandi dimensioni ; di più la piastra centrodorsale ha forma di piramide lai'gamente troncata a base pentagonale. La base superiore è confusamente circolare e debolmente ed irregolarmente incavata. Località : S, Antonio presso Sciolze (Colli di Torino). 1897. Antedon Fontannesi De Loriol. Tav. I, fig. 50-52. 1897. Antedon Fontannesi De Loriol P., Déscript. d. quelq. foss., ecc. (Bull. Soc. Géol. Fran?., Sèrie III, Tome XXV, pag. 126, tav. IV, fig. 13, 13 a, 13 b, 13 e.) — Nicolas M. H., Étud. d. ter)', tert. d. envir. d. Avignon. Miocène. Note com- plém., ecc. (Ass. Fran?, p. l'avanc. d. se; Congr. d. S. Etienne, 1897, pag. 407, Paris.) A. NOELLI. Dimensioni Diametro della piastra centrodorsale mm. 4 — 5,5 Altezza r, ^ •• « 1 — 2 Piastra centrodorsale irregolarmente pentagonale; il diametro della faccia dorsale è di poco più stretto della ventrale. La superficie della faccia dorsale ò assai consumata, in qualche esemplare è debolmente convessa, in altri è piana. La l'accia ventrale è piana, concava in qualche esemplare, e presenta nn foro nel mezzo dal quale partono in qualche esemplare cinque fascie liscie le quali delimitano le faccette ar- ticolari delle piastre basali. Faccette articolari dei cirri distinte solo iu qualche punto e sono per lo più in numero di due per serie verticale. 7 esemplari. Rapporti e differenze. — Esaminando attentamente i vari esem- plari di questa specie, mi risulta che essi differiscono dal tipo del De Loriol per avere uu contorno pentagonale appena distinto, per la faccia dorsale piana o debolmente convessa la quale ò priva di un foro centrale, per avere questo un diametro di poco diverso da quello della faccia ventrale, por il numero e la disposizione delle facetto arti- colari ed infine per essere le faccio laterali quasi verticali. Dalla figura poi che il Nicolas dà di questo Aatedon risulta come in queir esemplare gli orli laterali siano alquanto inclinati. Località : S. Antonio presso Sciolze (Colli torinesi). CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 37 1897. Antedon Depereti De Loriol. Tav. I, fig. 53-57. 1897. Antedon Depereti De Loriol P., Déscript. d. quelq. fossil., ecc. (Bull. Soc. Góol. Fran^., Sèrie III, Tome XXV, pag. 126, tav. IV, fig. 14, 14 a, 14 b, 14 e.) — Nicolas M. H., Et d. ter.: tert. d. envir. d' Avignon. Miocène. Note comptém., ecc. (Ass. FranQ. p. l'avanc. d. se. ; Congr. d. S. Etienne, 1897, pag. 409.) Dimensioni : Diametro della piastra centrodorsale mm. .5 Altezza n n •■ ^» 2,5 Piastra centrodorsale in forma di cono troncato e coli' orlo debolmente pentagonale. Faccia ventrale incavata colle pareti obblique, rugose. Al centro si nota un foro ampio e profondo. Faccie laterali oblique rispetto all' asse verticale, più inclinate ed alte da un lato. Faccette artico- lari dei cirri larghe, poco profonde, alternate fra di loro, ed in numero di i-2 per serie verticale. Faccia dorsale piana, alquanto inclinata e rugosa. 1 esemplare. Rapporti e differenze. — Rassomiglia molto all' esemplare stu- diato dal De Loriol ; ne differisce però pel numero delle faccette e per la mancanza nella faccia ventrale di impressioni le quali segnano r inserzione delle piastre basali. Differisce poi dalla figura data dal Nicolas (op. cit., pag. 409), per avere questa tre faccette articolari dei cirri per serie verticale, e per essere munite le facette stesse di uq foro centrale. Località : Dintorni di Sciolze (Colli di Torino). 38 A. NOELLI. Antedon taurinensis u. f. Tav. I, fig. 58-60. Dimensioni : Diametro mm. 2 — 2,4 Altezza n 2 Calice pentagonale, poco elevato. Piastra centrodorsale a contorno debolmente pentagonale, convessa nella parte dorsale e munita di un debole foro nel centro. Faccette articolari dei cirri poco numerose, in numero di due o tre per serie; queste sono piccole circolari, legger- mente concave e munite di un piccolo l'oro centrale. Non mi fu possi- bile determinare il numero delle serie. Faccette articolari delle piastre radiali trapezoidali, larghe alla base, disposte obliquamente rispetto all' asse verticale e separate fra di loro da un leggiero solco. L' apertura del canale, piccola e profonda, è circondata da un rialzo inclinato. Impressioni del legamento elastico profonde, la fossetta mediana è piccolissima. Impressioni del legamento interarticolare assai incavate, impressioni muscolari poco distinte. La cavità del calice piuttosto ampia e profonda ed irregolare pre- senta soltanto qualche solcatura. 2 esemplari. Rajiporti e differerue. — Non mi risulta che siano stali linora rac- colti degli Antedoii alfini alla l'orma da me descritta. Infatti esso si di- slingue anzitutto per la sua forma globulare, per la piastra centrodorsale assai convessa, e per essere questa priva di un margine sporgente oltre le piastre radiali. Località : Monte dei Cappuccini (Torino). CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI, ECC. 3!) Jntedon mininitt^ n. f. Tav. I, fig. 61-63. Dimensioni : Diametro mm. 1,4 Altezza •• i Calice distintamente pentagonale alquanto schiacciato. Piastra cen- li'odorsale convessa, relativamente grande senza oltrepassare le piastre radiali, alquanto alta (mm. OG) e termina in punta largamente ottus;i. Faccette articolari dei cirri distinto e relativamente grandi e profondo. Esse sono disposte alternativamente; però qua e là mancano; il loro numero pare varii da 2 a 3 per serio. Piastra centrodorsale coi lati concavi e gli angoli sporgenti ed ottusi. Faccette articolari delle piastre radiali trapezoidali, allargate alla base, molto inclinate rispetto all' asse verticale e separate fra di loro da un solco evidente. Impressióni del legamento elastico assai incavate; fossetta mediana assai piccola. Il rialzo traversale è breve e circonda 1' orificio del canale assai ampio e pro- fondo il quale ò separato dalla fossetta da un sottile rilievo. Impres- sioni del lagamento interarticolare assai distinte, profonde e rialzale e sono separate all'interno da una costa; impressioni muscolari distinte. Cavità del calice grande, profonda e solcata in corrispondenza ai cinque angoli del pentagono. i eseniplare. Rapporti e differenze. — Questo Aniedon differisce dagli altri fi- nora conosciuti per le sue minime dimensioni, per avere le piastre ra- diali molto inclinate sull'asse verticale, e per la piastra centrodorsale la quale è nettamente pentagonale, molto convessa e terminata in punta ottusa nella parte dorsale ; questa è poi, relativamente alle altre, un po' più alta. •iO A. NOELLI. Nei dintorni di Sciolze venne raccolta una piastra centrodorsale larga mm. 3 ed alta mm. 2 col contorno evidentemente pentagonale e cogli angoli ottusi. La faccia centrale è munita di un ampio e profondo foro centrale ; da questo partono cinque solchi radiali cogli orli grossi e rialzati i quali terminano ai cinque angoli del pentagono. La faccia dorsale ò conica, liscia all' estremità e con due serie orizzontali di facette articolari dei cirri alternate fra di loro. Queste sono ampie e profonde. Pare si possa riferire all'^. minimus. Località: Monte dei Cappuccini (Torino). Antedon JSHcolasi u. f. Tav. I, fig. 64-66. Dimensioni : Diametro della piastra centrodorsale mm. 5 Altezza -> « -i " 3,5 Piastra centrodorsale conica, più larga che alta e termina in punta largamente ottusa. La forma pentagonale ò bene visibile dal lato ven- ti-ale. Le cinque faccie laterali sono separate da cinque costole alquanto sporgenti e terminate in punta ricurva verso il basso. Faccette artico- lari dei cirri disposte in dieci serie, ogni serie ne comprende tre, qual cuna quattro, ed è separata dalla adiacente da una costola più debole (' più brf3ve formata dagli orli esterni delle facette stesse. Queste t^ono più grandi ed ovali verso la base. Faccia ventrale incavata cogli angoli del pentagono rialzati e spor- genti; faccie articolari delie piastre basali incavate nel centro e termi- nano all'esterno in una debole punta acuta. Dal foro centrale partono cinque solchi radiali cogli orli paralleli e rialzati i quali terminano agli angoli del pentagono. 1 esemplare. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. il Rapporti e differenze. — Per quanto rassomigli all'J. angle- sensis De Loriol, ne differisce per avere le faccie laterali separate da costole rilevate, e per terminare queste in punta ricurva verso il jjasso. Di più la parte superiore non termina in punta acuta. Località : Pino torinese (Colli di Torino). 1897. Antedon anglesensis De Loriol. Tav. I, fig. 67. 1897. Antedon anglesensis De Loriol P., Déscript. d. quelq. foss., ecc. (Bull. Soc. Géol. Frane, Sèrie III, Tome XXV, pag. 121, tav. IV, fig. 7, 7 fl, 7 b.) — Nicolas M. H., Et. d. terr. tert. d. envir. df Avignon. Miocène. Note complém., ecc. (Ass. Frani;, p. l'avanc. d. se. ; Congr. S. Etienne, 1897, pag. 408.) Dimensioni : Diametro della piastra centrodorsale mm. 4 Altezza n r, r, -fl 4,5 Piastra centrodorsale di poco più stretta che alta, evidentemente conica, a superficie debolmente ricurva, acuta all' estremità e alquanto rugosa sul dorso ; la forma pentagonale del contorno è quasi scomparsa. Le faccette articolari dei cirri formano dieci serie, alcune delle quali pochissimo distinte, e se ne scorgono due, al più tre, soltanto in qual- che serie, le altre vennero evidentemente corrose. La faccia ventrale è debolmente concava, assai consumata e nel mezzo si nota un ampio foro. 1 esemplare. Rapporti e differenze. — L' unico esemplare che io possiedo di questa forma è talmente consumato da lasciar distinguere soltanto pochi caratteri i quali però sono tutti riferibili a quelli dateci dal De Lo- riol. Per la maggiore altezza e per la sua forma conica potrebbe forse 42 A. NOELLl. riferirsi ^WAlecto Alticeps Philippi, ^ ma varia per il numero delle fac- cette articolari dei cirri, le quali in questo Antedon sono in numero di due per serie, e le serie sono in numero di quindici, cioè tre per faccia laterale. Il Nicolas figura senza descrivere questo Antedon e dal suo disegno risulta come esso termini in punta assai ottusa. Località : Sciolze (Colli torinesi). Antedon l?aronai n. f. Tav. I, lig. 68. Dimensioni : Diametro della piastra centrodorsale nim. 3,5 Altezza - f, t. :i 5 Piastra centrodorsale conica, ottusa Jicll' apice e la forma pentago- nale ò visibile tanto dal lato dorsale come dal lato ventrale; faccie radiali separate da cinque costole smussate specialmente verso la base. Faccie laterali quasi piane e coi lati quasi paralleli per due terzi della loro lunghezza, quindi terminano confusamente in punta. Ogni faccia comprende due serie di faccette articolari dei cirri alter- nate fra di loro; queste sono grandi, quasi rotonde, poco profondo e non ne sono visibili che tre ovvero quattro per serie ; queste sono poi separate fra di loro dagli orli delle singole faccette. Faccia ventrale debolmente incavata ; all' orlo esterno si notano cinque deboli proemiiienze le quali segnano gli angoli del pentagono. Da esse partono cinque costole poco distinte e tondeggianti lo (|uali vanno a terminare confusamente al centro occupato da un foro appeiui .segnato e largo. Faccie basali incavate. ^ Philippi R. A., Alecto alticeps n. sp. Eine lerliàre Gomatula. 18-41, pag. 2 12, tav. VI, fig. a, h. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI GRINOIDI, ECC. 43 I esemplare. Rapporti e differense. — Questo Antedoii differisce completamente ^dWAntedoii Anglesensis De Loriol, per la sua altezza, per la strut- tura piana delle sue faccie laterali e per la forma della faccia ventrale. Differisce poi dall'^. Allardi pure del De Loriol per le sue minori dimensioni, per la mancanza delle fascio lineari interposte ognuna tra due solchi evidenti nella faccia ventrale e per il minore numero delle faccette articolari. Rassomiglia (almeno per quanto riguarda la struttura della piastra centrodorsale) aWAlecto aliicejjs Philipp], ^ ma ne differisce per non avere tre serie di faccette articolari dei cirri per ogni faccia laterale. Le faccette non sono poi neWAlecto alticeps alternate fra di loro, e sono poco pronunciati gli angoli del pentagono. II Meneghini - a pag. XXXI nota iufìue come il Michelotti rac- colse nella collina di Torino un esemplare Antedon dalla forma conico- piramidata, alto mm. 5 e con un diametro di mm. 4 ; munito di due serie di fossette articolari dei cirri su ciascuno dei cinque lati della piramide. Nota però come la imperfetta conservazione non consenta ul- teriori particolari. Da quanto si può dedurre dall'esame di quei carat- teri pare che quella forma di Antedon si possa riferire all'^. ParonaL Località : Sciolze sotto Resca (Colli torinesi). 1 Philippi It. A., Alecto alticeps — n. sp. Eine ieri. Cornai. 1844, pag. 242, tav. VI, fig. a, b. 2 Meneghini G., Proc. Veri. adun. 7 luglio 1878. (Att. Soc. Tose. se. nat., pag. XXXI, Pisa, 1879.) 44 A. NOELLI. Antedon stellattis ii. 1. Tav. I, fig. 69-71. Dimensioni : Diametro della piastra centrodorsale inm. 5 Altezza « ■' « « 2,5 Piastra centrodorsale evidentemente pentagonale ; la faccia dorsale, alquanto consumata, presenta all' esterno cinque rialzi assai ottusi in corrispondenza ai cinque angoli del pentagono in modo da assumere una forma stellata ; uno di essi ó però poco evidente. Nel centro la superfìcie è convessa. La faccia ventrale, alquanto incavata, è munita di un foro ampio noi centro, e presenta agli orli cinque spigoli rialzati ed ottusi. Faccia Litorali oblunghe, a lati quasi paralleli e separate fra di loro da cin- (jue solchi alquanto larghi e distinti ; in alto terminano in un grosso bitorzolo. Ogni faccia comprende due serie di faccette articolari dei cirri e queste sono in numero di due-tre per serie. 1 esemplare. Rap2^orti e differente. — Questa forma differisce dall'yl. Pellaii De I.oriol per la conformazione convessa della faccia dorsale della piastra centrodorsale e per essere le faccio laterali rialzate. Località: Dintorni di Sciolze presso Resca (Colli torinesi). CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 45 1897. Antedon Pellati De Loriol. Tav. I, fig. 72-76. 1897. Antedon Pellati De Loriol P., Déscript. d. quelq. foss., ecc. (Bull. Soc. Géol. Frane., Serie III, Tome XXV, pag. 124, tav. IV, fig. 11, 11 a, 11 b, 11 e.) — Nicolas M. H., Et. d. terr. tert. d. envir. d' Avignon. Miocène. Note complétn., ecc. (Ass. FraiiQ. p. l'avanc. d. se; Congr. S. Etienne, 1897, pag. 407.) Dimensioni: Diametro della piastra cenlrodorsale mm. 3 — 4,5 Altezza 9 Piastra centrodorsale a cono tronco, con base quasi circolare e debol- mente ristretta nella parte superiore. Faccia dorsale troncata, concava, con un foro nel mezzo appena distinto in due esemplari. In un esem- plare la concavità è molto grande, colle pareti quasi verticali e solcate profondamente ed irregolarmente. Agli angoli del pentagono si notano cinque costole debolmente rialzate ; 1' altezza è minore da una parte. In un esemplare poi 1' orlo esterno ò ottuso e grosso. Faccia ventrale alquanto concava, foro centrale ampio e profondo. All'esterno si notano cinque spigoli poco distinti i quali limitano le faccio del pentagono. Faccette articolari dei cirri grandi, trasversal- mente ovali e profonde, disposte in numero di due o tre per serie, ogni serie è separata dalla adiacente da una costa distinta ; le faccie laterali sono poi separate fra di loro da una costa più rilevata e comprendono ciascuna due serie di faccette articolari dei cirri. 3 esemplari. Rapporti e differenze. — Questa forma non differisce da quella descritta dal De Loriol che per qualche carattere come ad esempio la ■U) A. NOELI.r. iiiaiicaiiza di un foro nella faccia dorsale in un esemplare, e per avere la stessa faccia una concavità molto pronunciata ed a pareti quasi verticali nei due altri esemplari. Differisce poi da quella figurata dal Nicolas anzitutto per le sue maggiori dimensioni e per essere i rilievi separanti due faccie laterali di poco arcuali. Località: Due esemplari di S. Antonio presso Sciolze. Uno del Monte dei Capuccini (Colli di Torino). Gen. ACTINOMETRA Miiller. 1841. Actinometra Forrnae n. f. Tav. I, fig. 77-79. Dimensioni: Diametro mm. 5 Altezza « 2,5 Piastra centrodorsale a contornu pentagonale, debolmente ristretta verso la faccia dorsale; questa è leggermente incavata, a contorno cir- colare ed (3 munita di cinque costole poco evidenti le quali segnano gli angoli del pentagono. AH' esterno si nota una sola serie di faccette articolari dei cirri ; queste sono piccole e profonde. Le faccie laterali alquanto convesse ed alle mnj. 0,."), hanno 1' orlo ventrale arcuato e sono separate fra loro da una costola l'ialzata verso la parte ventrale. Calice pentagonale piultusto elevato ; piastre radiali a forma di tra- peziu allungato, e parallele all' asse verticale. Faccie articolari larga- mente incavate ; impressioni del legamento clastico alquanto profonde, colla fossetta mediana larga e profonda. Il l'ialzo articolare è grosso e nel mezzo si apre 1' orifìcio del canaL^ il ({iiale è separato dalla fossetta da un sottile orlo. Impressioni del legamento elastico interarlicolare poro distinte. Nella parte superiore si noia la cavità del calice, la CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 47 quale è circolare, colle pareti solcate, ed ai cinque angoli si notano cinque solchi più ampi e distinti. 1 esemplare. Rapporti e differenze. — Riferisco questa nuova forma al genere Actinometra_, poiché i suoi caratteri generici concordano con quelli con- tenuti nello studio del De Loriol pubblicato nella Paleontologie Fran- Qwize (Voi. W., part, II, pag. 443) e con quelli del Carpenter pubbli- cati nel Report on the Crinoiden ( Voyage of the Challenger., Vo- lume XXVI, pag. 267-68, 1884-88). Questa nuova forma differisce poi completamente da quelle descritte dagli stessi autori. Località: S. Antonio presso Sciolze (Colli di Torino), 48 A. NOELLI. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Fig. 1-32. Pentacrinus Gastaldi Mich., fig. 1-23, faccette articolari di vari ar- ticoli (1 a 9 e 16 a 18 ingrandite); fig. 24-27, articoli visti di fianco (ingranditi) dei quali due colle faccette articolari dei cirri ; fig. 28 a 30, frammenti di colonna in grandezza naturale raccolti al Monte dei Cappuccini (Torino); fig. 31-32, due frammenti ingranditi raccolti noi colli torinesi. T 33-34. P. Lorioli n. f. Due frammenti di colonna (debolmente ingranditi). Valle S. Martino. )) 35-38. Conocrmus Seguenzai Meneghini, fig. 35-37, tre calici visti di fianco (molto ingranditi) ; fig. 38, faccia superiore del calice (pure ingrandita). Pino torinese. — Colli di Torino. 11 39-46. Antedon oblitus (Mich.), fig. 39, faccia ventrale di un calice raccolto presso Resca ; fig. 40, faccia ventrale di una piastra centrodorsale del Pino torinese ; fig. 41-42, faccio dorsale o ventrale di un' altra piastra centrodorsale raccolta presso la Villa Besozzi; fig. 43-45, calice visto dallo faccio dorsale, ventrale e di fianco (S. Antonio) ; flg. 46, altro calice della medesima località visto dalla faccia dorsale (lo figure sono tutte ingrandite). )i 47-49. A. Michelotlii n. f. Calice visto dalle faccio dorsale, ventrale e di fianco (ingrandite 3 volte). S. Antonio (Sciolze). Il 50-52. A. Fonlannesi De Loriol, fig. 50, faccia dorsale di una piastra centro- dorsale; fig. 51-52, faccia ventrale di due altro piastre (ingrandito). S. Antonio (Sciolze). H 53-57. A. Depereti De Loriol, lig. 53-55, faccia dorsale di una piastra cen- trodorsale; fig. 56 e 57, la stessa rappresentata dal lato ventrale e di fianco (ingrandite). S. Antonio (Sciolze). Il 58-60. A. taurinemis n. f. Calice visto dalle faccio dorsale, ventrale e di fianco (ingrandite 9 volte). !Montc dei Cappuccini. A. NOELLI - Contrib. alio studio dei Crinoidi, eco. •'x 18 13 A. 1^ .A 11 ^^^ # w 20 22 26 34 67 / 1 ' ^ i-, . '^r /""% 42 ^ -# 48 50 49 >. 44 68 K. RIPAMONTI DIS. Attid.Soo.ltal di So. Nat. Voi. XXXIX. Tav. I. 69 V I* 58-'-^ i!r»s. 59 70 36 m y 35 I s^^l£|^^ 71 I 28 q 3 25 'JPli 66 r >A 73 "1^ *m^ 74 -^w ft 1 57 _ 65 4^- ^«9 77 1»^ m \ / 53 % % -^ L 0 11. s%. 54 > 78 ELIOT. CALZOLARI « FERRARIO. MILANP CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRINOIDI, ECC. 40 Fig. 61-63. A. minimus n. f. Calice visto dalle faccio dorsale, ventrale e di fianco (ingrandite 14 volte). Monte dei Cappuccini. )i 64-66. A. Nicolasi n. f. Piastra centrodorsale vista dal lato dorsale, ventrale e di fianco (ingrandite). Pino torinese. 1) 67. A. anglesensis De Loriol. Piastra centrodorsale vista lateralmente (in-, grandita). Dintorni di Sciolze. u 68. A. Paronai n. f. Piastra centrodorsale vista lateralmente (ingrandita). Sotto Resca (Sciolze). » 69-71. A. slellatm n. f. Piastra centrodorsale vista dalle faccio superiore, inferiore e di fianco (ingrandite 4 volte). Sotto Resca (Sciolze). I) 72-76. A. Pellati De Loriol, fig. 72-73, faccio dorsale e ventrale di una pia- stra centrodorsale (Monte dei Cappuccini) ; fig. 74-76, altra piastra vista dalle faccio dorsale, ventrale e di fianco (S. Antonio) (ingran- dite 5 volte). » 77-79. Actinometra Formae n. f. Calice visto dalie faccio dorsale, ventrale e di fianco (ingrandite 4 volte). S. Antonio (Sciolze). Voi. XXXEX. SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. Nota del socio Dott. G-iorgio dal Piaz. (Con una tavola.) Neil' esplorazione di alcune grotte della provincia di Belluno, com- piuta a varie riprese nelle stagioni autunnali dal 1S94 al 1897, non ho dimenticato, per quanto lo permettevano i mezzi dei quali potevo disporre, di raccogliere, con appositi scavi, i resti fossili che eventual- mente fossero stati sepolti nel terriccio, che tanto frequentemente ri- copre il suolo delle caverne. Le mie ricerche, nou sono state però molto fortunate, poiché fatta astrazione da qualche resto affatto inconcludente, solo la grotta di S. Dona di Lamon ha offerto alcuni avanzi discretamente interessanti, e tali che meritino qualche cenno speciale. Che la grotta di S. Dona di Lamon contenesse delle ossa fossili, fu già reso noto dal dott, J. Facen fino dal 1877. ^ Più tardi il dot- tor F. Fratini - ne dava la descrizione topografica ed illustrava alcune ossa di Ursus spelaeus^ mentre quasi contemporaneamente il prof. E. 1 J. Facen, Nel giornale la Provincia di Belluno. 1877. 2 F. Fratini, In un opuscolo: Sugli antichi ghiacciai del Feltrino. (Annua- rio degli alpinisti tridentini, 1881-85.) 52 G. DAL PIAZ. De Toni ^ descriveva un cranio pure di Ursus spelaeus scavato in detta grotta dal signor Paolo Maccaguan e regalato quindi al Museo civico di Belluno. Queste le conoscenze che si avevano della nostra grolla sino al giorno delle mie ricerche, le quali, praticate già come dissi a varie riprese, mi hanno fornito un piccolo materiale composto di resti più o meno numerosi riferibili alle seguenti specie : Ursics sitelaeus Blumb. Ursus arctos Lin, Canis vuljpes Lin. Mustela foina Briss. Arctomys marmotta Schreb, Le2nis timidus'ì Lin. Bos taurus Lin. Capra Mreus Lin. Ovis aries Lin. Tutti questi avanzi, non sono però da riferirsi allo stesso scavo. Senza dare una minuta descrizione della grotta, fatta già nella ras- segna generale di alcuni fenomeni carsici del Bellunese, mi limiterò a ricordare soltanto, come essa si possa considerare una successione al- ternata di due corridoi e di due stanze per una lunghezza complessiva di 150 metri. Dell'intero suolo della grotta, soltanto quello dell'ultima camera, che costituisce naturalmente la parte più interna è ricoperto da una grossa crosta stalagmitica, tutto il resto, fatta eccezione di qualche diramazione secondaria, non presenta alcuna traccia di cròsta calcarea. 1 E. De Toni, Sopra un cranio d'Orso trovalo nella caverna detta il Buco di S. Dona in Distretto di Fonza^o. (Bull. d. Soc. Veneto-Trentina di se. nat., 1884.) SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. Oó Orbene ; dagli scavi praticati nel suolo ricoperto dalla crosta stalag- mitica si ebbero numerosi resti di Urstùs spelaeus e di Ursics aretos, mentre in un altro scavo eseguito nella prima camera, dove è affatto mancante la crosta calcarea, la cui presenza sarebbe stato un buon cri- terio per stabilire quali rapporti esistono fra i due giacimenti, si eb- bero avanzi di Canis vulpes, Mustela foina, Arctomys marmotta, Lejius timidics, Bos taurus. Capra Mrcus, e di Ovis aries, misti à cocci e a numerosi carboni. A togliere ogni altro particolare che forso avrebbe potuto fornire qualche criterio per giudicare sui rapporti dei due giacimenti fossiliferi, s'aggiunge la circostanza che dove fu rac- colto quest'ultimo materiale si apre, nella roccia, una di quelle fessure per le quali è spesso effettuata la circolazione acquea sotterranea e al cui sbocco è accumulata una grande quantità di argilla quale un cono di deiezione. Comunque sia, se quest'ultima circostanza ha per così dire comple- tata la confusione, non è a credersi che i due giacimenti ossiferi deb- bano appartenere allo stesso periodo. Nel primo deposito che si stende nelle parti più interne della grotta, sotto una crosta stalagmitica, noi dobbiamo vedere la solita formazione argillosa delle caverne contenente spesso numerosi avanzi di Ursus, ed appartenente al diluvium ; nel secondo dobbiamo vedere un cumulo disordinato di argilla, di molto posteriore, a quella dell'ultima camera della grotta, che ha ricoperto alcuni avanzi di pasti e di industria umana, riferibili, tutto al più, al periodo neolitico. Là trattasi di un vero giacimento contenente resti fos- sili, qui di un rifugio umano, attestato oltre che dai cocci, dai carboni e dalle ossa spaccate e con impressioni di tagli, da numerose e pic- cole cavità fra loro corrispondenti che si riscontrano sulle pareti della citata fessura, scavate, molto probabilmente, allo scopo di porvi dei travicelli sostenenti un piano alquanto elevato da terra. 54 G. DAL PIAZ. Descrizione del materiale scavato nell'ultima camera della grotta^ negli strati d' argilla che si stendono sotto la crosta stalag- mitica. Vrstis sjyélaeus Bliimb. Resti di questo mammifero vennero raccolti con particolare abbon- danza nell'ultima parte della grotta dove il terreno presenta dall'alto al basso la seguente sezione : Crosta stalagmitica, spessore assai variabile, in media circa 25 centim. Argilla bianca micacea dello spessore di circa 30-35 centim. Argilla rosea, finissima, contenente avanzi ottimamente conservati, spessore medio 30-35 centim. Terriccio rosso, ricco d'ossa e specialmente, nello parti più profondo, di denti iso- lati, spessore medio 10 a 40 centim. Strato di ciottoli caduti dalla volta e più o meno arrotondati. Roccia in posto. Da un calcolo approssimativo, mi risulta die fino ad ora sono state estratte le ossa di non meno 300 individui. Però i crani completi e bene conservati, sono in numero esiguo. La circolazione sotterranea delle acque, oltre al portarvi un completo disordine, ha cooperato alla cor- rosione e alla distruzione di quelle parti dello scheletro che por loro natura presentano una minore resistenza. Cranio. Pochi, coinè già dissi, bene conservati, uno soltanto com- pleto, gli altri sette, eh' io sono riuscito a raccogliere, più o meno rotti. L'universale abbondanza degli avanzi di questo mammifero, illusli'ati già da molteplici lavori, rendono del tutto inutile una minuta descri- zione delle varie parli. SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. 55 Io non mi limiterò quindi, che a qualche osservazione d'indole ge- nerale e a qualche conclusione tratta dai raffronti istituiti con esem- plari provenienti da altre località. Appunto da questi raffronti, eseguili specialmente col materiale delle grotte di Velo ^ ho potuto concludere che tutti gli esemplari di crani scavati nella grotta di S. Dona di La- mon, si staccano alquanto dalla forma tipica MVUrsus spelaeus pre- sentando, specialmente, una minore espansione degli archi zigomatici, la cresta sagittale assai più sottile, la cassa cranica più strozzata, l'osso occipitale più inclinato, la fronte meno depressa, i condili meno spor- genti e rivolti in alto e il foro occipitale più schiacciato nel senso tra- sverso. Però tutte queste piccole differenze, che in gran parte si pos- sono rilevare dal seguente specchietto di misure comparative, e che ricordano alquanto la forma dell' Ursus ligiùsticus - non costituiscono, d'altra parte, dei caratteri di capitale importanza, tali da giustificare una specie nuova. Molti naturalisti, hanno già da vario tempo fatto notare come si riscontrino anche forti differenze tra individui sicura- mente appartenenti ad una stessa specie, variazioni che sono princi- palmente dovute alle condizioni geografiche, agli alimenti, al sesso, all'età, ecc. 1 G. Omboni, Di alcuni oggetti preistorici delle caverne di Velo nel Vero- nese. (Atti Soc. It. se. nat., Voi. XVIII, fase. 1, 1875.) 2 A. IssEL, Liguria geologica e preistorica. Voi. II, pag. 273. G. Marchesetti, Z' Ursus ligusticus Iss. ìielle Alpi Giulie. (Atti d. Museo Civico di stor. nat. di Trieste, Voi. IX.) 50 G. DAL PIAZ. 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 Indicazione delle misure espresse in mm. Distanza dal margine inferiore del foramen ma- gnum al margine anter. dell' intermascell. . . Distanza massima fra il punto esterno del pettine occ. e il margine anter. deirintermascoll. . . Lunghezza del muso, dal marg. ant. dell'interma- scell. al marg. ant. della cavità orbitale . . Distanza fra i lori infraorbitali Distanza mass, fra i margini alv. int. d. canini. Massima larghezza degli archi zigomatici . . . Distanza dal vertice esterno dell'osso occ. al punto medio compreso fra le bozze frontali . . . Massima larghezza delle bozze frontali .... Maggior diametro trasverso della cassa cranica . Diametro maggiore del foro occipitale .... Diametro minore del foro occipitale Distanza dal margine ester, dell' intermascell. al marg. est. del nasale Massima larghezza del foro nasale Lunghezza della cresta sagittale Distanza dal marg. infer, del foramen magnum alla metà della rotta che unisce lo corone post, dei duo ultimi molari Lunghezza della serie dei denti, dall'ult. mol. al 4.° prem. . Lunghezza dell' ultimo molare Lunghezza del primo molare Distanza media fra i marg. interni dei premolari. Spazio privo di denti (fra il canino e l'ult. prem.). Distanza med. fra i marg. intern, degli ult. molari. Distanza dal marg. poster, della sutura palat. al marg. anteriore dell' intermascellare . . . . Valore dell'angolo di depressione frontale ^ . . Altezza anteriore del cranio ^ Altezza massima del cranio ^ Altezza posteriore del cranio ^ Distanza dal punto anteriore di biforcazione della cresta sagittale alla metà della retta che unisce le bozze frontali Grotte di Velo 420 417 475 475 180 180 89 97 111 117 300 308 257 273 145 148 120 132 42 40 30 1 1 0 29 ... Grotta di S. Dona 415 458 427 480 178 180 881 96 107i 116 283 280? 258 126 120 39 26 118' 119' 105 70 65{ 166 138 220 223 94 95 46 47 30 30 63 74 44 42 66 76 244 246 19 18 98 101 151 155 110 102 93 129 70 160 219 95 47 28 74 48 69 249 15 103 154 103 93 260 147 117 43 27 105 74' 160 227 97| 49 29 78' 46| 751 254 14 100 160 103 103 1 Questa misura è data dalla maggior perpendicolare calata sul nasale dalla retta che unisce l'estremità inferiore delle ossa nasali, col punto più alto della fronte. 2 Altezza anteriore del cranio, misurata dalla perpendicolare tirata dal punto medio delle estremità anteriori dei frontali al corrispondente punto perpendicolare (rispetto la linea basilare) sullo ossa palatine. ^ Altezza massima del cranio, misurata dalla verticale tirata dal punto più alto della metà della fronte al corrispondente situato sulla linea basilare. ^ Altezza posteriore del cranio misurata dalla perpendicolare calata dal punto più alto della cresta lanibdoidea al prolungamento della linea basilare. SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LA.MON. 57 Mandibola. Complessivamente ho raccolto 20 mandibole, delle quali 14 destre e 6 sinistre. Generalmente sono bene conservate, ed in parte fornite dei loro denti. Salvo piccole dillerenze, dovute evidentemente all'età,' presentano, nel complesso, una forma pressoché identica. Le misure seguenti sono tolte da una mandibola completa e in uno stato di conservazione perfetto. 9 10 11 12 13 14 Massima lunghezza della mandibola, dall'esterno dell'artico- lazione glenoidea al margine esterno degli incisivi . . Spazio privo di denti, compreso fra il canino e il quarto premolare Spazio dentario molare Altezza della mandibola, alla metà dello spazio privo di denti. Altezza massima, misurata dalla perpendic. tirata dal punto più alto della branca ascendente al prolungamento della linea basilare Altezza media misurata dal margine alveolare del penuhimo molare, alla base Diametro massimo antere-posteriore del terzo molare . . . » » )) » secondo )) ... I) » )) )i primo )) ... )) » )i » quarto premolare . Diametro medio trasverso del terzo molare )) I) )) I) secondo » )i )) I) )i primo )) » I) )) )) quarto premolare 323 59 104 66 200 75 28 31 30 16 21 18 11 10 Denti. Abbondantissimi tanto quelli superiori, quanto quelli inferiori. La formola dentaria è la solita tipica e caratteristica (^QÌVUrsus spelaeus. L 3, G. 1, P. 1, M. 2. I~3, G. 1, P. 1, M. 3. Nei crani di Ursus spelaeus provenienti dalla grotta di S. Dona di Lamon, non abbiamo alcuna traccia del primo, secondo e terzo premo- lare. Invece in due crani delle grotte di Velo, ottimamente conservati e appartenenti ad individui vecchi, accanto al quarto premolare, esi- stono le fossette genituiformi che attestano l'esistenza del terzo. Questo 58 G. DAL PIAZ. fallo è stalo dal signor Trulat, ' nel suo lungo e minuzioso esame, riscontrato in venti mascelle di Ursus spelaeiis, su cinquemila, ch'egli ebbe occasione di esaminare. In seguito a ciò, anziché ritenerlo un carattere d'importanza, il si- gnor Gaudry ^ giustamente lo considera un fatto puramente eccezionale. Vertebre. Anche le vertebre sono molto abbondanti. Lo stato di conservazione iion è però sempre perfetto, specialmente per lo vertebre dorsali e lombari le cui apofisi, nel maggior numero dei casi, sono rotte. Cintura toracica. Dalle ossa che formano la cintura toracica, ho raccolto alcune coste tulle rotte, e due scapole, pure corrose ed incomplete. Arti anteriori. Òmero Di quest'osso ho raccolto cinque esemplari, tre destri e due sinistri, piuttosto male conservali. Ecco alcune misure dell'esemplare meno corroso: Lunghezza massima dell'osso .... mm. 446 Diametro massimo dell' epifesi superiore . " 102? ■n i> « inferiore . -^ 108? Ulna. Alcuni esemplari, in cattivo slato di conservazione. Radio. Un esemplare discreto e diversi frammenti. * Trutat e., Étude sur la forme generale du crdne che:: l'ours des cavernes. Toulouse. 2 Gaudry A., Le petit Ursus spolaeus de Gargas. (Corap. Rend. d. l'Ac. d. Se. de France. 1887.) SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. 59 Piede anteriore. Cardio. I vari ossicini del carpo, scafoluiiare, cuneiforme, pisiforme, imciforme, trapezio, ecc. furono raccolti in discreta abbondanza e abba- stanza bene conservati. Metacarpo. Le ossa del metacarpo sono pure discretamente nume- rose e bene conservate. Falangi. Anche le falangi sono assai abbondanti e in uno stato di conservazione perfetto. Non mancano i fusti delle unghie, o falangi un- gueali, pure discretamente conservate. Cintura ]}elvica. Osso illiaco. Di resti riferibili a quest'osso non ho potuto raccogliere che due soli frammenti. Arti -posteriori. Femore. Anche di quest'osso furono raccolti parecchi esemplari, ma soli tre si possono dire bene conservati, due destri ed uno sinistro. Tutti corrispondono, presso a poco, alle stesse misure. Lunghezza massima dell'osso .... ram. 495 Diametro massimo dell' epifesi superiore . ^ 136 n -n « inferiore . « 108 Rotula. Di quest'osso raccolti vari esemplari di dimensioni pressoché uguali. Tibia. Pochi esemplari e molto corrosi alle estremità. Perone. Alcuni frammenti. GO G. DAL PIAZ. Piede posteriore. < Tarso. Anche delle ossa che costituiscono il tarso, calcagno, astra- galo, cuboide, scafoide, ecc. raccolsi alcuni esemplari, che, come quelli del carpo, sono bene conservati. Metatarso. Le ossa riferiJili al metatarso sono pure state raccolte in discreto numero. Falangi. Molto abbondanti e ottimamente conservato. Vrsus arctos Lin. Assieme ai resti sicuramente appartenenti all' Ursus spelaeus, fu- rono raccolti alcuni altri avanzi (un cranio, vari frammenti di cranio, ed alcune ossa) di Ursus arctos. L'illustre barone Achille De Ziguo, aveva già da vari anni raccolto nelle grotte di Velo due piccoli crani del tutto corrispondenti ai resti da me scavati nella grotta di S. Dona di Lamon, e su tali avanzi fon- dava la nuova specie Ursus veronensis^ tuttora inedita. Nello studio del materiale da me raccolto, data la perfetta corrispon- denza con quello nel quale il De Zigno parve ravvisasse una specie nuova, ho dovuto, naturalmente riprendere l'argomento. Riserbandomi, in un'altra memoria, di trattare estesamente la que- stione, per ora mi limiterò a dii-e soltanto che le mie ricerche non mi hanno condotto ad ammettere una vera e propria specie nuova. Io pure, nelle prime indagini aveva condiviso le opinioni del compianto De Ziguo, ma adesso, dopo una discreta serie di ricerche, visto il grande poli- morfismo di questo gruppo di animali, e in generale dei vertebrati superiori, sono condotto e credere che i resti presi in esame si devono riferire alla specie arctos. SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMON. 61 Descrizione del materiale scavato nel terriccio che costituisce il suolo della 'prima camera della grotta. Canis vulpes Lin. (Tav. I, fig. 1.) Le ossa riferibili a questa specie, sono state raccolte in discreta ab- bondanza. Do la figura di un femore, lungo mm. 132 ottimamente conservato. Alla stessa specie, possiamo riferire, con dubbio, una porzione posteriore di cranio, troppo male conservato per poterlo determinare concertezza. Mustela foina Briss. (Tav. I, fig. 2, 3.) Di resti riferibili a questo mammifero, ho raccolto una mandibola si- nistra ottimamente conservata, e un femore, pure sinistro, alquanto cor- roso nella parte inferiore. Questo materiale che corrisponde perfettamente alla Mustela foina vi- vente, non presenta particolarità tali che richiedano una minuta descrizione. Arctoìnys marmotta Schrej). (Tav. I, fig. 4, 5, G.) Di questo roditore, ho raccolto molte ossa^ generalmente spaccate o corrose ; soltanto le seguenti parti, meritano un breve cenno : Cranio. Come mostra la fig. 4, trattasi delia parte posteriore di un cranio appartenente ad un individuo adulto; è privo di denti e presenta impressioni d'addentature. 62 G- DAL PIAZ. Mandibola sinistra. Alquanto corrosa nella branchia ascendente, nel resto è ottimamente conservata e corrisponde perfettamente dlVArcto- mys marmotta vivente. Fu raccolto anche un frammento di mandibola destra, manca però di tutti i denti. Omero destro. Bene conservato meno che nella parte superiore dove è alquanto corroso. Tutte questo parti di scheletro, molto probabilmente appartengono ad un unico individuo. Lepus timicliis? Lin. Riferisco a questa specie alcune ossa più o meno rotte e tali da non permettermi di stabilire con certezza se si tratta del Leims timi- dus, invece che del variabilis. . Bos tauriis Lin. Trattasi di un metatarso male conservato, e di alcuni frammenti di altre ossa. Capra hircus Lin. (Tav. I, fig. 7.) Sono riferibili a questa specie, varie mandibole e numerose altre ossa spaccate. La fig. 7 rappresenta un molatarso con evidenti impres- sioni di tagli. Ovls aries Lin. Anche le ossa di pecora fiu'ono raccolte in vera abbondanza, sia nello f.cavo che ci ha fornito i materiali ultimamente descritti, che alla super- ficie del suolo in varie parti dell'intera caverna, miste ad ossa di capra. SULLA FAUNA FOSSILE DELLA GROTTA DI S. DONA DI LAMOX. 63 In un'altra mia piccola memoria ^ ho già fatto notare, come sia assai difficile stabilire a quale periodo appartenga questo piccolo giacimento. 1 rapporti stratigrafici non ci forniscono grandi criteri per giudicare in proposito; nò maggiori particolari possiamo trarre dallo studio dei resti preistorici o dall'esame analitico delle specie descritte, poiché se i cocci raccolti in posto, hanno tutto l'aspetto di un tipo piuttosto antico, le numerose ossa rinvenute assieme oltre all'appartenere a specie viventi e discretamente diffuse, per le impressioni di tagli da esse presentate, ci attestano invece un periodo alquanto più recente. Tutto al più, se nella grotta di S. Dona di Lamon devesi ammettere (come ò probabile) una sola epoca di abitazione preistorica, e quindi la contemporaneità degli avanzi dell'industria umana raccolti in essa, tenuto conto dei risultati avuti dallo studio dei pochi cocci rinvenuti in una vicina di- ramazione laterale della stessa grotta, imici' avanzi che ci permettano di trarre qualche sicura conclusione, anche il piccolo giacimento che ci ha fornito i resti delle specie ultimamente descritte, deve essere rife- rito allo stesso periodo di tempo, cioè al periodo neolitico. 1 G. Dal Piaz, Contribuzioni alla Paletnologia del Bellunese. (Bolleit. di Palet. Italiana, Serie III, Voi. V, 1899.) 64 G. DAL PIAZ. SULLA FAUNA FOSSILE, ECC. SPIEGAZIONE DELLA. TAVOLA. Fig. 1. Ganis vulpes Lin. Femore destro. Il 2. Mustela faina Briss. Mandibola sinistra. « 3. Il II I) Femore destro. Il 4. Arctomys marmotta Schreb. Cranio visto dal di sopra. Il 5. Il II II Mandibola sinistra. )i 6. Il I) )i Omero destro. Il 7. Metatarso di capra con impressioni di tagli. G. DAL PIAZ - Fauna fo;s. ecc. Attid.Soo.ltal. diSc. Nat. Vol. XXXIX. Tav. II fig. 2 Fia:. ! Fig. ^ Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7 FI lOT. CALZOLARI Bl FERRARIO. MILANC Ir- EGIIINIDI POSTPLIOGENICI DI MONTELEONE CALABRO. Nota del socio Dott. Carlo Air aghi. Molti sono i geologi che si sono occupati del postpliocene della Ca- labria; e mentre gli uni si dedicarono specialmente alla stratigrafia e gli altri illustrarono le faune fossili rinvenute, molti si occuparono e dell'una e delle altre, tutti diretti al medesimo intento: illustrare sempre più quella regione tanto importante del lato geologico. ^ * Dei molti lavori pubblicati intorno alla Calabria cito solamente i più impor- tanti e più recenti : Cortese E., Descrizione geologica della Calabria. Roma, 1884. Costa G., Paleontologia del Regno di Napoli. Napoli, 1850. De Stefani C, Escur. scient. nella Calabria (Atti R. Acc. Line ), Roma, 1883. De Stefano G., Gli strati a Pin?ie di Morrocu (Atti Soc. Geolog. Ital.), Roma, 1899. — Paleogeografia posplioc. di Peggio Calabria (Atti Soc. Ita!, di se. nat.), Milano, 1899. LovisATO D., Studi scientifici sopra Squillace. Cosenza, 1882, — Cenni geognostici e geologici sulla Calabria settentrionale (Boll. R. Com. Geol. Ital.), Roma, 1878. Mantovani P., Alcune osservazioni sui terr. terz. di Reggio Calabria (Boll. R. Com. Geol. Ital.), Roma, 1878. Neviani a.. Sui giacimenti dei cetacei fossili nel Monteleonese (Atti Soc. Geol. Ital.), Roma, 1886. — Contribuzione alla paleontologia della provincia di Reggio (Atti Soc. Gool. Ital.), Roma, 1887. Voi. XXXIX. 5 CG e. AlHAGIII. Anch'io avrei desiderato grandemente premettere all'enumerazione degli echinidi postpliocenici di Monteleone una nota che riguardasse la stratigrafia, ma volendolo fare avrei dovuto riassumere quanto già dis- sero i geologi che di tale territorio si occuparono, senza quelle conside- razioni che avrebbero potato essere il frutto di osservazioni fatte in luogo. Nei dintorni di Monteleone si trovano qua e là dei tratti alquanto limitati di sabbie postplioceniche, che talora si riconoscono con facilità per la loro incoerenza e pel colore un poco giallo ; ma che talora riesce invoce difficilissimo distinguerle in quel frastagliamento di terreni allu- vionali, postpliocenici, e miocenici, clie, in lembi alquanto piccoli, giac- ciono nei dintorni di Monteleone. Queste sabbie sono ricche di fossili, specialmente di molluschi, e un numero alquanto considerevole tanto da permettere di stabilirne con sicurezza la loro età, venne trovato e a S. Costantino di Mileto e a Francica. Ma tanto il Segiienza, quanto il De Stefani, e il Neviani, ^ che in special modo si occuparono della fauna fossile postpliocenica di Monte- leone in questi ultimi tempi, accanto ai numerosi molluschi, annove- rano solamente qualche specie appartenente agli echinidi, e precisa- jnente il Borocidarh papillata, Lesk, Y Echinus acutus L., V Kchi- nocijamits pusillus Miill., opperò credo che, questa mia nota, non vorrà Neviam a.. Contribuzione alla yeologia del Catanzarese (Atti Soc. Geol. Ita).), Roma, 1887. — La formazione terziaria del Jlfesima (Atti Soc. Geol. Ital.), Roma, 1888. — Cenni sulla costituzione geologica, ecc. (Atti Soc. Geol. Ita!.), Roma, 1889. Salmojraghi F., Terrazzi quat. nel Ut. tir. della Calabria (Boll. R. Com. Geol. d'Italia), Roma, 1886. Sequenza G,, Le formazioni terziarie nella provincia di Reggio Calabria (Atti R. Acc. Lincei), Roma, 1879. 1 Vedi in special modo : Sequenza, Le formaz. terz. nella prov. di Reggio (loc. cit.); De Stefani, Escursione geologica nella Calabria (loc. oil.); Nevun:, ò'i« giacimenti dei cetacei fossili nel Monteleonese. (loc. cit.) ECHINIDI POSTPLIOCENICI DI MONTELEONE CALABRO. G7 considerata come inutile riguardo alla ristretta conoscenza delle forme postplioceniche di echinidi dei dintorni di Monteleone non solo, ma anche della Calabria. Io ho potuto determinare le seguenti 10 forme; Rahdocìdaris imperialism Lam. •n ditbia, Brand. Echinus melo, Lam. Arbacina monilis, Desm. Sphaerechinus granulans, Agas. Echinocyamus jmsilluSj Miill. Fchimlampas He Ilei, Voi. Brissus oblonguSj Wrigh. Brìssopsis ly ri fera:, Agas. Spatangus picrpureus, Miill. di queste finora non erano conosciute pel postpliocene della Calabria le seguenti: Rabdocidaris imperialism Lam. » dubia. Brand. Arbacina monilis, Desm. Lchinolampas Hellei, Val. Brissus oblonguSj Wrigh. Brissopsis lyrifera, Agas. Delle dieci forme poi determinate, sette con certezza, secondo quanto ne dicono il De Loriol, e Al. Agassiz, sono tuttora viventi nei nostri mari attuali, ^ e se si escludono il Rabdocidaris imperialis, Lam., 1 Vedi in proposito i lavori : Al. Agassiz, Revision of the echini (lUus. cat. mus. oss. compar. zool.), Cambridge, 1872 ; Report of the echinod. (in Report on the se. resul. of the Voyage of Chalenger), 1881. — P. De Loriol, Cat. rais, des échin. recueil. de L'ile Maurice. (Mém. Soc. de Phys.), Genève, 1884. 68 e. AIRAGHI, il Rabdocidaris dulia. Brand, e 1' EchinolamiMS Hellei, Val., tutte le altre vennero trovate anche in depositi più antichi, nel pliocene, e qualcuna anche nel miocene (Brtssus oblongus, Wright, Spaiangus 2m7yicreus, Muli, Arbacina monilis^ Desm.) ; ma avuto riguardo alla Calabria solamente, nessuna si trovò finora in depositi anteriori al post- pliocene. Se però ho potuto arrivare a questo risultato e aumentare di tale numero la fauna echinologica dei terreni postpliocenici della Calabria, lo debbo alla gentilezza del chiarissimo prof. Neviani che mi ha concesso in istudio la raccolta degli echinidi fatta dal prof. Pignatari e che at- tualmente si conserva nel Museo del R. Liceo Visconti di Roma ; a lui pertanto la mia riconoscenza. Sento poi anche il dovere di ringraziare vivamente il chiarissimo prof. Mariani, direttore della Sezione di Geologia nel Museo civico di Milano, per la squisita cortesia con cui mise a mia disposizione tutti quei libri che sono necessari per classificare degli echini. Mabdocidarls iniperialis, Lam. 1816. Cidarites imperialis, Lamark, Anim. sans verf.., Tom. Ili, pag. 54. 1884. Rabdocidaris n De Loriol, Cat. rais, des échm. recueil. à l'ile Mau- rice. (Móm. Soc. de Phys, Genève), Tav. I, fig. 2, pag. 11, con sinonimia. 1804. » H Mazzetti, Faima echin. del mar Rosso. (Atti Soc. dei Xat., Modena), pag. 243. Sono solamente dei radioli e un paio di placche interambulacrali tro- vati a S. Ruba. 11 prof. De Stefani nel suo lavoro, Escursione scien- tifica nella Calabria a pag. 238, descrive alcuni frammenti di un echino trovati nel postpliocene a Vena e li riferisce al Doroeidaris j)apillata, Lesk., facendone una vai-ielà, (v. Calabro), che secondo lui ECHIXIDI POSTPLIOCENICI DI MONTELEONE CALABRO. 69 potrebbe audio essere una specie distiuta ; ma benché non abbia potuto avere in esame i frammenti descritti dal prof. De Stefani, credo ch'essi, più che costituire una varietà del Dorocidaris jpa^pillata, Lesk., siano da riferire al genere Rabdocidaris, genere che si distingue dal Doro- cidaris per avere i tubercoli non solo perforati, ma anche crenellati, come appunto sono quelli descritti dal De Stefani. Questa specie è tuttoria vivente nel Mar Rosso, nell'Arcipelago In- diano (De Loriol, 1. e). Habdocidaris dubia, Brand. 1835. Cidarites dubia, Brandt, Prod, des animai.^ pag. 68. 1884. Rabdocidaris dubia, De Loriol, Cat. rais, des échin. recueil, à l'ile Mau- rice. (Loc. cit.), pag. 12, con sinonimia. Anche di questa specie pochi radioli e poche placche interambulacrali trovati pure a S. Ruba; corrispondono alle descrizioni che l'Agassiz * dà e per gli uni e per le altre. Questa specie è tuttora vivente nei mari di Zanzibar, dell'Austrialia e nel Mar Rosso (De Loriol, Mazzetti, 1. e). Echinus melo, Lam. 1816. Echinus melo, Lamark, Anim. sans veri., pag. 45. 1872. » )) Agassiz, Revision of the Echini, pag. 124, con sinonimia. Un esemplare solo raccolto a S. Costantino di Mileto. Questa specie è tuttora vivente nel Mediterraneo e lungo le coste di Africa e delle isole Canarie; fossile venne trovato già nel postpliocene dei dintorni di Reggio Calabria, (Seguenza),^ nella panchina quater- ^ Revision of the echini. (Loc. cit), pag. 380. 2 Vedi lavoro citato. 70 e. AIRAGHI. naria di Livorno (Manzoni), ^ nel pliocene superiore di Porto d'Anzio (Meli), 2 di Moute Castello in Piemonte (Airaghi). ^ Arhacina monilis, Desm. 1835. Echinus monilis, Desmarest in Défr. Diet. se. Nat., pag. 100. 1897. Psammechinus monilis, Vinassa de Regny, Échin. neog. del Museo par- mense (Atti Soc. Tose di Se. Nat.), pag. 2, con sinonimia. Alcuni esemplari raccolti a Filandari, tanto ben conservati da non lasciare alcun dubbio sulla loro determinazione. Questa specie venne trovata fossile nel pliocene superiore di Porto Anzio (Meli) ; nel calcare ad Amphisfegùia di Parlascio e di S. Fe- driano (Manzoni, 1. e), nelle colline di Pisa (Manzoni, 1. e), nel plio- cene del Parmense, a Castellarquato, Lugagnano, Riorzo (Manzoni, Vi- nassa, 1. e), nell'elveziano dei Colli Torinesi (Airaghi). ^ S2*haer echinus f/ranularis, Lani. 1816. Echinus yranularis. Lamark, Anim. sans veri., pag. -44. 1872. Spìiaerechinus granulans, Agassiz, Revision of the Echini (Loc. cit.), Tav. V, VI, pag. 159, 452, con sinonimia. A S. Costantino di Mileto venne trovato anche lo Spìiaerechinus granulans., Lam. lutlora vivente nel Mediterraneo, lungo le coste di Africa, del Capo Verde, delle isole Canarie; venne citato fossile dal Seguenza (1. e.) pel quatornario di Reggio Calabria, e pel pliocene su- pcriore di Porto d'Anzio dal Meli (l. e). 1 Echinodermi foss. pliocenici (Atti Soc. Tose. 1880), pag. 331. - Echinodermi e altri foss. pliocenici di Anzio (Boll. R. Com. Geol. 1885), fase. 5, 6, pag. 188. ■* Echiaidi regolari del Piemonte (in eorso di stampa). * Echinidi regolari del Piemonte (in corso di stampa). ECHINIDI POSTPLIOCENICI DI MONTELEONE CALABRO. /I Echinocyamus pusillus, Miill. 1776. Spatagus pusillus, Miill., Zool. Dan., PI. XGI, fig. 5, 6. 1875. Echinocyamus pusillus, Agassiz, Revision of the Echini (Loc. cit.), Ta- vola XI e XIII, pag. HI, 304, 505, con sinon. A Filandari oltre VAì^bacina monilis si rinvennero anche diversi esemplari di EcMii. 'pusillas^ Miill. Il De Stefani^ riferì a questa specie V Echin. siculus, Agas., VFcJwh comjjlanatus^ Cost., VEchin. granulosus, Cost., Y Echin, speciosm, Cost., VEchin. jaortentosus. Cost., e il Manzoni (1. e.) V Echin, tran- sijlvanicus. Labe; - ciò credo che sia stato fatto giustamente, tanto più che, i confronti fatti tra esemplari riferiti alle specie distrutte, e quelli del vero Echin. pusilluSj Muli., hanno dimostrato non essere tra loro differenza alcuna. VEchin. jpusillus, Miill. è tuttora vivente nel Mediterraneo e nei mari del nord, allo stato fossile venne trovato nel quaternario di Reg- gio Calabria (De Stefani, 1. e), di Garrubare e Ravagnese (De Ste- fano), 3 nel pliocene superiore di Porto d'Anzio presso Roma (Meli , 1. e), di Farnesina pure presso Roma (Airaghi), ^ della Sicilia (Agassiz e De Stefani, 1. e), nelle sabbie gialle di Castellarquato (Manzoni e Vinassa, 1. e), nel calcare ad Amphistegina di Parlaselo e S. Fe- driano (Manzoni, 1. e), nel pliocene dell' isola di Pianosa (Simonelli). '' 1 Escursione scientifica nella Calabria (Loc. cit.), pag. 237. - Laube, Die Echinod. der oester. ung. aber tertiàr. 1871, Tav. XVI, fig. 4, pag. 61. 3 Appondico alla Fauna foss. di Morrocu (Pùv. Ital. di paleog.), fascicolo di dicembre, 1899. ■^ Insieme a molti esemplari di Echin. pusillus Muli, il prof. Neviani m' inviò anche altri echinidi provenienti dal pliocene di Farnesina : Rabdocidaris (radioli), Coptosoma (radioli), Psamìnechinus cfr. dubius, Agas. ^ Terreni e fossili dell'isola di Pianosa (Boll. R. Com. Geol. d'Italia, N. 7 1889), pag. 228. 72 e. AIRAGHI. Echinolamxtcis JECellei, Val. 1869. Echinolarapis Hellei, Val. Porier, Pedic, pag. 170. 1875. I) » Agassiz, i?eymo/^ o/fAe ^cAmi (Loc. cit.), Tav. XI, XIII, pag. 115, 552, con sinonimia. Non credo sia qui necessario dir alcun che riguardo alla sinonimia alquanto intrigata di questa specie, avendolo già fatto in un' altra mia nota. 1 I diversi esemplari che riferisco a questa specie, trovati alla Cava di Francica, corrispondono alla descrizione dell'Agassiz, senonchù sono di dimensioni minori di quello figurato dal Des Moulins - avvicinan- dosi invece molto di più a quello figurato dall'Agassiz nella tav. 15.^ Questa specie venne già indicata come fossile con qualche dubbio nella panchina quaternaria di Livorno (Manzoni, 1. e); attualmente vive nei mari del Senegal. Urissopsis lìjrifera, Agas. 18 i7. Brissopsis lyriphera, Agassiz e Desor, Catal. rais. (Ann. Se. ^'at., Vili), pag. 15. 1872. )) I) Agassiz Al., Revision of the Echini (Loc. cit.), Tav. XIX, XXI, pag. 95, 594, con sinonimia. 1897. » I) Vinassa, Échin. neog. del Museo parmense (Loc. cit.), pag. 16, con sinonimia. Un esemplare solo raccolto a S. Costantino di Milelo; ò piccolo e subgloboso tantoché sarebbe da riferire al Brissopsis pulvinatm, Pliil.,^ 1 /)^W' Echinolampas Laurillardi, Agass. Desor (Rivista Ital. pai., fascicolo di dicembre), 1899. 2 Desmouhns, Specif, et noms leg. de sic Echin. (Act. Soc. Lin. de P\et. (|raf. lO X^[{. 6od&ìaL&A,.9lxi \oi.xxxix r^F.ui. Q^^f^z^Cy' CiP^Zyp.-e/^iSc^hftay^ey c^ T L^Ovxf t vv€ di, O^i t\ to O 7 (J nvc\i{ w ^? Ff • .('• ^ ^ t^'excCL 4 liivitxliuj' ^^ U t|t£>tllXltO CCVbAO ^^ C\->UlO VltlVKXillo Q^ t'lvo.Tuiu.i lUt. Voi. XXXIX Tav.IV ^ K<(>\> l'xitno .'a.3òe I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 97 segni mano mano che lo singole localilà vengono studiate dal punto di vista della fauna che si rappresenta. (Vedi tavola IH.) I metodi si possono bellamente accoppiare fino a che i segni rap- presentanti i fenomeni non vengono a sovrammettersi e a distrug- gersi, fino a tanto che non perdono di evidenza. Si moltiplicano le carte per evitare confusione e dalla molteplicità si guadagna in evidenza e ciò che più vale dal confronto delle sin- gole carte risulta più spiccato il criterio comparativo. Neil' atlante che accompagna l'opera citata di Francesco L, Pullè si ha un esempio in cui si vede vinta la ditìlcoltà di rappresentare su di una carta sola tutti gli elementi presi in esame dalla preferenza data a più cartine rispondenti ognuna ad un ordine di fatti e ad un criterio fondamentale. Una delle cartine dell' atlante è certo degna, dal punto di vista considerato, di essere menzionata comecché essa riunisce i vari metodi proposti. Intendo parlare della carta somatologica che rappresenta le stature, il colorito, i nasi arricciati, le fronti alte e basse, il tipo di colorazione: biondo e chiaro, nero e bruno degli abitanti d'Italia. (Vedi tavola IV.) Le stature sono rappresentate mediante colorazioni e corrispondono alle singole regioni in cui si hanno le medie espresse in cifre muo- vendo dai fondi dell'azzurro pei gradi più alti settentrionali e del giallo per quelli inferiori meridionali. II confine di ciascuna regione è segnato da una linea nera continua. Linee nere punteggiate segnano le zone in cui si presentano i nasi arricciati od i nasi aquilini. Linee intere indicano il limite a cui ar- rivano gli individui a fronte alta e linee spezzate indicano i limiti di distribuzione degli individui a fronte bassa. Linee spezzate e punteg- giate alternativamente indicano il limite del tipo chiaro e del tipo bruno. Tipo chiaro, capelli biondi con occhi celesti; tipo bruno, ca- pelli neri con occhi neri o scuri. Voi. XXXIX. 7 98 ZINA LEARDI AIRAGHI. Stelle radianti bianche per il tipo biondo e nere per il tipo bruno, sono poste a rappresentare i centri o fuochi da cui irradiano i diversi tipi. La maggiore o minore lunghezza del raggio d'irradiazione indica la maggiore o minore diflusione del tipo. L'intensità e l'estensione dei raggi partenti dai singoli centri sono scortati da cifre le quali segnano i confini dei tipi nelle singole re- gioni. I segni opportunamente scélti si possono anche colorare ed allora che la forma più non permette di distinguere i segni numerosi si trova un buon sussidio nella colorazione. Secondo le istruzioni ed i modelli del Fischerei Verein far die Pro- viìis Ostpreussen il prof. Pietro Pavesi ha rilevate, compilato alcune carte fisiche dei laghi italiani ad uso del pescicultore. La carta, per esempio, dei laghi d'Orta, d'Idro, del Piano e Delio. Numerosi segni con- venzionali occorrevano alla, bisogna perchè allo scopo conveniva determi- nare: gli abitati, le chiese e le cappelle, i mulini ad acqua, le sca- glionate (ronchi) le rive scoscese, il pietrame, le sabbie e ghiaie, il fango, le piante resinifere, i boschi fronzuti, i canneti, i posti di fre- gola di pesci, i luoghi di sementa, le profondità. Ond' è che dopo d'aver con segni diversi rappresentato buon nu- mero delle cose, riserbo il colore per le sabbie, le ghiaie ed il fango. Opportunamente poi queste colorazioni rilevano il contorno del lago. Le profondità sono espresse in cifre. Le cifre soccorrono opportunamente, esse permettono la comparazione, sono l'espressione più esatta o variano per loro natura. Oltre alle carte zoogeografiche, allora che non si possono moltipli- cai-e 0 che non riesce rappresentare sulle medesime le accidentalità tutte della distribuzione geografica di una fauna o tutti i fatti [iresi in considerazione si formano dei prospetti. Wallace ne diede esempio nel suo secondo volume sulla disiiibu- zioue geografica degli animali. I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 99 I nomi delle regioni sono scritte in capo, al margine sono i nomi delle specie, dei generi o delle famiglie che si vogliano rappresentare, con linee, numeri, punti, lettere si indica la presenza o la mancanza l'estensione occupata dalla specie sulla regione o sottoregione. ^ II dott. Silvio Galloni nella sua memoria : La fauna nivale infor- mandosi alla maniera che 0. Heer e C. G. Ehrenberg, adottarono in parecchi pregiatissimi lavori, concentrò in adatte e riassuntive tabelle la fauna nivale delle Alpi. 1 Silvio Galloni, La fauna nivale con particolare riguardo ai viventi delle alte Alpi. (R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, 1889.) 100 ZINA LEARDI AIRAGHI. « I I ■f + + + + + * •'■ «0 co M § 2 fl) -^ § ^*l a» c3 >» o o e: s o '^ •H "^ N .2 § Ì2 « .2 S s " •r-i « CT, O ^ a bO ^ o 0 Oh ra - , fc: tsj -rt o ea to e e OT — 13 « o Cd O »-3 -j s ■« I 1 O I I o co CU 42 8 SS, ^ a. O -a S ■a E) Ci s 'Si. cq ><) I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 103 Nel prospetto si vede separato dagli altri il baciuo del Po; questa separazione, come osserva lo stesso Prof. Pavesi, l'ha istituita per mo- strare i rapporti dell'ittiofauna Lombarda con la Veneta e la Piemon- tese illustrando la legge : La fauna di un bacino è sensibilmente la stessa dalla foce alle sorgenti. Uu ultimo metodo grafico è quello seguito da Alien: Mediante diagrammi schematici si indica la posiziono, l'estensione e le relazioni reciproche delle singole regioni e sotto regioni zoologiche quasi come si rappresentassero su uu planisfero. I metodi si possono scambiare, accoppiare, modificare. Se ne cono- scono molti, ad alcuni dei più generalmente usati ho accennato per aggiungere dell'importanza loro sullo studio della distribuzione geografica degli animali. Sui metodi cartografici o, come suol dirsi, sul disegno geografico, esistono opere colossali, trattati numerosi e numerosi opuscoli, note e memorie svariatissime ; epperù io ritengo che se importantissimi esse sono per lo studio della geografia, altrettanto lo sono per lo studio della Corologia ed aggiungo che per quest'ultima essi sono il più ef- ficace sussidio. Infatti sono la descrizione più veritiera delle condizioni ambienti che promuovono o contrariano lo sviluppo della specie animale e che ne limitano il confine d'espansione dal centro d'origine. Una carta geo- grafica è la riproduzione esatta della regione che rappresenta, in essa sono notate tutte le condizioni fisiche e biologiche, tutte le accidenta- lità della regione stessa. Condizioni fisiche, biologiche ed accidentalità che determinano quali attivissimi fattori, le condizioni negative o posi- tive necessarie alla vita della specie animale. Osservando la distribuzione di una specie, per esempio, della Phi- lomela luscinia^ propria della regione Paleartica, si vede che mentre in tutta l'Europa meridionale ed in parte dell'australe essa è coniu- uissima, arrivata alla sponda destra del Tamigi si arresta e non rag- giunge la sponda sinistra. Le condizioni ambienti necessarie alla vita 104 ZINA LEARDI AIRAGHI. di questa specie alata non si verificano oltre questo limite che si ri- leva prontamente dalla carta su cui è segnata la distribuzione geogra- fica di questa specie, cui l'ostacolo di un corso d'acqua pari al Tamigi potrebbe essere irrisorio. Ili altro caso, molto più frequente, si osserva che una catena mon- tuosa è una barriera insormontabile per alcune specie che superano altre. catene di monti più elevati. La carta zoogeografica permette di comprendere a colpo d'occhio la causa di questo arresto che a priori potrebbe sembrar strano. Per esempio alcune specie varcano le Alpi e non i Pirenei meno elevati. I passi della catena alpina sono molto meno elevati di quelli della catena pirenaica. Così nella fauna marina la diversa distribuzione dipendendo dalla profondità e dalle correnti, rappresentando le diverse profondità e le correnti in un con i punti dove si è osservata la specie si compren- dono le cause che ne determinano l'espansione o che la limitano. I metodi grafici sono la più chiara esposizione dell' intensità nume- rica delle specie che caratterizzano le regioni. Si sa come, scendendo dal polo all'equatore, le condizioni necessarie alla vita della specie ani- male vadano facendosi più opportune e come il numero delle specie vada moltiplicandosi man mano che dalla zona glaciale si giunge alla temperata ed alla torrida; si moltiplicano le specie e gli individui che rappresentano la specie stessa. Osservasi una carta su cui ò rappresen- tata la distribuzione dei mammiferi, un planisfero di Mercatore su cui la distribuzione è segnata mediante il metodo di Milne-Ed wards. Questa carta così formata permette di rilevare con un solo sguardo come oltre r 82^ di latitudine i mammiferi non sono rappresentati che da scarse specie di rosicanti e carnivori; come nella regione temperata si vada aumentando considerevolmente il numero delle specie e dei rappresen- tanti loro; come infine nello regioni intertropicali l'aumento avvenga in ragione geometrica tanto per le specie, quanto per l'intensità nu- merica degli individui che lo rappresentano. I METODI GRAFICI NELLO STUDIO DELLA DISTRIBUZIONE, ECC. 105 Sono i metodi grafici il prospetto più esatto delle lacune che riman- gono a compiere nelle faune delle singole regioni. Prendendo ad osser- vare una carta zoogeografica sulla quale nel luogo in cui tu osservata lina specie è posto un segno particolare, si vede come, tante volte, man- cano i segni perchè non si sono ancora fatte osservazioni in proposito, in luoghi che presentano condizioni fisiche e biologiche opportune. Un esempio e offerto dalla carta della distribuzione degli elminti parassiti dell' uomo del prof. Paroua. Questa carta pone in chiaro come nei cen- tri di popolazione, sede di studi scientifici, sono notate molte specie mentre in località, dove forse le condizioni necessarie allo sviluppo degli elminti parassiti sarebbero più opportune, che altrove, mancano affatto 0 sono rarissime le segnature. Il maggior numero delle segnature si osserva a Pavia, a Milano, a Padova, a Bologna, a Firenze, a Pisa, a Pioma, a Napoli, a Palermo. La Lombardia appare la più studiata delle regióni italiche, le tien dietro il Veneto e la Piomagna. L' Italia setten- trionale considerata in generale è nota in moltissima parte, ma l'Italia centrale, in particolare dal versante Adriatico, e l' Italia meridionale, sono affatto sconosciute dal punto di vista elmintologico. L'abbondanza dei segni in una località indica non già la maggior quantità delle specie, ma le osservazioni fatte, lo stato della scienza, non che le lacune che rimangono a compiere nello studio della distri- buzione geografica degli animali. Da ultimo un altro importante vantaggio arrecano i metodi grafici nello studio della distribuzione animale. L' esperienza insegna che lo studio astratto che si compie sui libri descrittivi, narrativi, ecc. riesce difficile e richiede alquanto tempo prima che un'idea chiara, esatta e completa si sia formata nella mente. Ma rappresentando la realtà della cosa mediante carte, prospetti, tavole, la comparazione è resa facile e si coglie a colpo d'occhio quello che colla lettura difficilmente rilevasi, ricordasi. CENNO COMMEMORATIVO DEL COMPIANTO ED ILLUSTRE ALFONSO MILNE-EDWARDS detto dal socio Dott. Tito Vignoli Direttore del Museo Civico. Se prendo oggi la parola, illustri Colleglli, per commemorare bre- vemeiile il chiarissimo scienziato Alfonso Milue-Edwards, vi fui spinto e dal suo non comune valore, e da personale riconoscenza per cortesie ricevute, e come socio di questo sodalizio e come direttore del Museo di Storia Naturale della Città. Altri, ben più meritevoli dell'onore di commemorare un sì grande uomo, meglio e più splendidamente avreb- bero soddisfatto al dovere che c'incombe : ma compensi il grande amore per la scienza, che io sento, la modestia dell'ingegno e del sapere. La nostra Società Italiana di Scienze Naturali, come tutte quelle che nel Paese, e per tutto il mondo civile sono diffuse, non possono non commo- versi, quando sorge, o tramonta un astro di prima grandezza nel loro vastissimo Cielo. E dico vastissimo perchè oramai non v'ha città, regione, continente, ove non si agitino, si esercitino, e nascono cultori, e centri operosi delle naturali discipline, largamente intese, dalle Università, dai Musei, dalle Scuole, dalle molteplici e varie società private e pubbliche, dalle stazioni sperimentali marittime, lacustri, vaganti e mediterranee ; onde si venne spontaneamente formando, dirò così, una nuova associazione universale, e forse nel suo genere, la più ampia, la più operosa, la più feconda, in modo positivo, pel Vero e pel Bene sociale di tutte. 108 T. VIGNOLI. # Questa associazione vive, e produce assiduamente al di sopra di tutte le divisioni di parte, di opinioni, di preconcetti, di scopi riposti ; poiché si argomenta solo con disinteresse e profondo amore di attingere la verità ; questa poi trasformando con utili applicazioni immediate in stj'umento di bene comune. E gli effetti del suo immenso lavoro, e delle sue giornaliere sco- perte, sono a tutti palesi. Le scienze della Natura oramai, divennero signore del Mondo sia nel campo proprio, sia in quelli intellettivi, morali e civili: poiché già ai loro metodi, alle loro necessità logiche, alle loro rivelazioni vennero trasformate e piegate le discipline etiche, filosofiche, giuridiche, sociologiche, e le rispettive origini loro. Per esse si comprese finalmente che non vi sono nelle cose sepa- razioni assolute, ma distinzioni di forme, di energie e di leggi. Esse dimettendo il costume d'invadere dominii che non sono loro, rimangono estranee alle lotte puramente speculative ^ non sacrificando come talvolta si fa. Dio alla scienza, né questa a Qtiello, implicita- mente aft'ermando l'esistenza di una Energia fondamentale, eterna, im- manente, ove tutte le manifestazioni cosmiche e viventi si rifondono, e donde sgorgano, ed erompono in consentimento necessario, e distinte tutte le altre. E l'illustre, che noi vi commemoriamo dolenti fu uno dei più chiari ■ capitani di questo esercito magnanimo. Egli fu degno della nuova era del sapere, e glorioso campione delle sue battaglie. I Milne-Edwards provengono dall'Inghilterra: sostarono nel Belgio, e indi in Francia, ove il Padre di Alfonso, raccolse gloria ed onori; uno dei più operosi naturalisti dell'epoca sua. Successore d'I. Geolfroy-S. Hilaire, e di Cu- vier, con molta indipendenza scientifica, pubblicò scritti pregevoli su quasi tutti i rami delle scienze zoologiche, piegando forse già verso le sue nuove dottrine. Quindi il figlio Alfonso crebbe in una casa, ove tutto sospingeva il suo ingegno precoce ed acuto verso le ricerche zoologiche e biologiche. Sin da fanciullo si segnalò per rare e copiose raccolte naturali, d'animali fossili e viventi, ed una assiduità straordi- naria al lavoro. CENNO COMMEMORATIVO DI ALFONSO MILNE-EDWARDS. 109 Rapidamente ottenne poi i gradi universitari, e il dottorato in me- dicina, e quello di scienze, e l'aggregazione alla Scuola Superiore di medicina: e vi fu subito professore. Le sue opere versarono intorno alla zoologia generale, all'anatomia dei mammiferi, e alla paleontologia. I suoi illustri colleghi lo celebrarono come uno dei creatori della pa- leontologia ornitologica. Una delle sue memorie magistrali sulla distri- buzione degli animali sulla terra, fu coronata nel 1893. Egli affrontò il problema allora difficilissimo, fino a quale profondità acquatica è possibile la vita? Egli lo sciolse da par suo: la Società Geografica ricompensò l'ardito esploratore con la grande medaglia d'oro. Dal 1892 esercitò con immenso onore, ed incremento scientifico, l'Uf- ficio di Direttore del Museo di Storia Naturale di Parigi: e vi rifulse anche come sagacissimo amministratore. Collaborò poi nell'immenso e celebre lavoro con Grandidier sulla fauna del Madagascar. E si può aggiungere che in Francia fu il primo a instaurare un acquario. Non v'ha parte della zoologia, che egli non abbia studiato, e pro- mosso, come sanno tutti coloro, che si dedicano a questi studi. Ma in lui V Uomo era pari per valore morale allo scienziato: in lui l'ideale umano si compieva, perchè la virtù preclara dell'intelletto, e del genio corrispondeva a quella del cuore, e del Cittadino. Ideale a cui aspira e deve aspirare l'umanità civile, in quanto il divorzio della scienza dalla moralità è ben triste cosa, e funesta. Egli da gio- vane perdette una donna che amava teneramente, e da cui non ebbe la consolazione di figli. Bisognoso di amare ancho nel sacro nido della fa- miglia, si apprese di affetto paterno per i figli delle sue sorelle. Così provvide alla solitudine dolorosa dell'età avanzata; e fu centro amo- roso e felice di persone care che lo tennero come capo diletto, e donde trasse le più vive e dolci consolazioni. Inchiniamoci dinanzi a questa tomba illustre non solo per la luce, che riverbera in noi per la scienza, ma per l'onestà della vita, e lo splendore del galantuomo. SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA DI FORMA CRISTALLINA TRA COMPOSTI ORGANICI. Nota di Griovanni Boeris. In questa nota sono raccolti i risultati di uno studio cristallografico comparativo del dibenzile, dello stilbene, del tolano e dell' azobenzolo. Mi venne anzitutto porta l'occasione di istituire un confrontò tra i valori angolari dello stilbene e dell'azobeuzolo da alcune ricerche crio- scopiche fatte da G. Bruni e F. Gorni. ^ Altre ricerche, della stessa natura, eseguite da F, Garelli e F. Calzolari, ^ furono in seguito mo- tivo di un confronto dello stilbeno col dibenzile. Scopo di così fatte indagini era di vedere se esistesse qualche rela- zione tra la forma cristallina dello stilbene e dell'azobenzolo da una parte, e dello stilbene e del dibenzile dall'altra. Risultò da esse che i cristalli del dibenzile, dello stilbene e dell'azobenzolo hanno angoli omo- loghi del tutto vicini, presentano forme comuni e abito cristallino molto somigliante, specialmente quelli delle ultime due sostanze (i quali si as- somigliano anche parecchio nei caratteri ottici), sicché, in senso geome- trico, possono considerarsi come isomorfi. ' Soluzioni solide e miscele isomorfi fra composti, a catena aperta saturi e non saturi. (Rend. Acc. Lincei, Vili, 1.° Sem., 570.) - Sul comportamento crioscopico di sostanze aventi costituzione simile a quella del solvente. 'v.Rend. Acc. Lincei, Vili, 1.» Sem., 579.) 112 G. BOERIS. Era poi interessante il fare gii accennati confronti, perchè il contegno proprio dello miscele isomorfe presentato dai miscugli di azobenzolo e stilbene e da quelli di stilbene e dibenzilc, faceva sospettare che la enun- ciata somiglianza di forma cristallina dovesse sussistere. L'averla con- statata effettivamente porterebbe così qualche fatto di più in favore del- l'opinione che anche tra la forma cristallina e la miscibilità allo slato solido esistano delle relazioni. Queste però sono ancora ben lontane dal- l'essere chiarite e, a questo proposito, conviene qui notare che, per quanto risulta dalle citate ricerche di Garelli e Calzolari, azobenzolo e dibenzile, insieme mescolati, nel congelare non si comportano punto come, stando solo alla stretta analogia delle loro forme cristalline, si potrebbe supporre. Ma, per queste considerazioni, trattandosi qui di una ricerca d'indole puramente cristallografica, rimando alle memorie del Bruni e del Garelli. In queste, e nelle varie altre degli stessi autori comparse prima, sull'argomento delle- soluzioni solide, sono riportate e discusse esperienze che, come del resto altri fatti ed altre considerazioni, aventi con quello attinenza, cui altri osservatori son venuti ultimamente espo- nendo, meritano tutta l'attenzione di coloro che si occupano dello studio dei cristalli e non possono disinteressarsi di una questione che si collega con quella dell'isomorfismo e le altre con questa connesse. Dopo avere adunque potuto vedere che fra dibenzile e stilbene si ha una analogia di forma cristallina tanto notevole, la quale farebbe ri- scontro a quella trovata già dal Bodewig ^ fra anidride succinica e anidride maleica, mi parve conveniente di ricercare se si mantenesse nel tolano. Avendo avuto dal Prof. G. K(5rner qualche poco di questa sostanza riuscii a cavarne dei buoui cristalli. Sottopostili a misure giunsi ad un risultato che non è certo privo d'interesse, poiché i loro valori angolari vanno d' accordo con- quelli del dibenzile e dello stilbene (e quindi deH'azobenzolo), ne hanno pure le forme e sono anche abbastanza somidianti nell'abito. 1 Zeitschr. far Krijsl. und Min., V, 573 (1880). SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC. 113 Qualche misura, solo approssimata, e qualche osservazione ottica sul clibenzile fece per primo il Sella. ^ Lo studiò iii seguito il vom Rath. - Dei cristalli di questo composto furono più tardi misurati dal von La- saulx, 3 ma solo a scopo di identificazione. Questi ne ricercò anche, con una certa minutezza, i caratteri ottici. Il vom Rath, '' contemporanea- mente al dibenzile, misurò anche lo stilbene del quale però era già stato dato qualche angolo dal Laurent. ^ Dell' azobenzolo si erano occu- pati il Marignac ^^ ed il Galderou. "' Ma poiché tra le osservazioni di questi autori sopra tali sostanze si nota qualche divario, ho creduto con- veniente rifarne lo studio, cercando, per quanto mi è stato possibile, di completarlo, anche perchè veduto, tra i vari solventi, quale fosse il più adatto, ebbi dei cristalli assai ben fatti. Quelli poi dello stilbene e quelli dell'azobenzolo presentarono una forma nuova ed una legge di gemina- zione pure nuova. 1 Ann. Chem. Pharm. 121, 252; Comp. Rend. LUI, 543 (1862). 2 Benchte V, 623 (1872). 3 Liebig's Annalen 235, 155 (1886). 'i Berichte V, 624. 5 Eev. Scient. XVI, 374 (1844). « Mém. Soc. Phys. de Genève XIV, 1.» Part., 285 (1855). ' Zeitschr. fur Kryst. und Min. IV, 234 (1880;. Voi. XXXIX. 114 G. BOERIS. Dibenzile. CgH^ — CH. — CHo — CeHj. Sistema cristallino : mouocliuo. a:b:c=2,0S(m:i : 1,25217 Forme osservate : { 100 } ( 001 j { 110 | { 111 1 1 201 Angoli Limiti delle osservazioni Osservazione media Calcolato N (iiO) (110) — 56^40' 56" 14' 1 (100) (001) — 63 50 64 6 1 (001) (•201) — 66 30 66 21 1 (201) (100) 49" 20'— 49" 44' 49 32 49 33 2 (001) (110) 77 58—78 0 77 59 78 7 2 (001) (111) 59 25 — 59 31 59 28 * 3 (111) (110) 42 21 — 42 25 42 23 42 25 2 (201) (111) 57 0-57 3 57 l 56 56 3 (111) (110) — 50 55 50 52 1 (110) (201) — 71 54 72 12 1 (111) (100) 83 16 — S3 53 83 28 * 6 (ill) 1 (HI) 78 6 — 78 15 78 9 * 4 Dagli angoli di partenza dati dal vom llath, ' quando si tenga la nostra oriontazione e si ponga quindi: (201) : (111) = 57" 10' (001): (TU) = 50 55 (111) : (111)= 77 34 1 Le costanti date dal vom Kath a : ò : e =1,27026 : 1 : 1,91583; ^ = 78''27'; SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC. 115 si ricava : a:è;c = 2,07531 ;1 : 1,26844 ,5=r64M8'. I migliori cristalli sono forniti dalle soluzioni in etere e in etere ace- tico. La combinazione delle -formo { OOi j { 201 { {111} ò quella che si osserva in pressoccliè tutti. La base suole essere alquanto predomi- nante, ma in alcuni casi tutte e tre le dette forme compaiono con facce che hanno all' incirca la stessa estensione. Su pochi cristalli si vedono ristrette faccettine di { HO ì non gran fatto nette e piane, e su qualche altro si notano facce di { 1 00 1 di non considerevole ampiezza. L'abito di questi cristalli, che è ritratto dalla fìg. 1, non è adunque molto va- rio. Dall'acetone peraltro, tra molti cristalli fatti nel modo che ora si è detto, ne ebbi alcuni pochi, uno dei quali è rappresentato dalla fìg. 2, con facce di {110} largamente predominanti su quelle di (111 ). Fig. 1. Fig. 2. Il vom Rath descrisse dei cristalli geminati. In questi sarebbe piano di geminazione una faccia della nostra {001 }. Sfaldatura non osservata. vanno così corrette : a : b : e =1,26844 : 1 : 1,90607; /J=78»51', e inoltre: (iOl) : (101) calcolato = 66'» 40' va corretto in 66'i 54' (tot) : (001) Il = 48 37 » 48 48 (101) : (001) )) = 64 43 " 64 18. liG G. BOERIS. I cristalli, spesso vuoti nel loro ioteruu, souo biancastri e poco tra- sparenti per la massima parte; solo per eccezione qualcuno, di esigue dimensioni, ò completamente trasparènte. Gli assi ottici stanno nel piano di simmetria, e tanto sulle facce { 001 } che sulle { 201 } si nota 1' emergenza di uno di essi. La bisettrice acuta è approssimativamente parallela allo spigolò [101]. Stilbene. GgHs-GH^GH— GgHj. Sistema cristallino : mouoclino. «:è:6?=2,17015: 1:1,40033 ^— G5°54'. Forme osservate ; 1 100 ì } 001 1 11101 ! Ili ' 1 201 1 f 4'03 ì. Angoli Limiti delle osservazioni Osservazione media Calcolato N (110) (110) 530 28'— 530 38' 53» 34' * 9 (HO) (100) 63 2 — 63 25 63 13 63» 13' 12 (100) (001) 05 43 — 66 20 65 55 65 54 12 (001) (403) 50 12 - 50 31 50 21 50 26 6 (403) (201) 17 25 — 17 52 17 36 17 41 12 (201) (100) 45 50 — 46 16 46 1 45 59 10 (001) (HO) 79 10 — 79 32 79 24 * 15 (OOt) (111) — 62 24 62 23 1 (111) (110) — 38 17 38 13 1 (201) (111) — 58 55 58 53 1 (111) (HO) — 49 23 49 22 1 (110) (201) 71 40 — 71 52 71 45 .* 12 (111) (100) — 81 20 81 25 1 (111) (HI) — 73 2 72 50 1 (111) (403) 54 18 — 54 33 54 24 54 28 6 (403) (HO) 78 27 — 78 39 78 32 78 28 9 SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC. 117 Dagli angoli tenuti dal vom Ratli ^ per fondamentali, orientando nella nostra maniera, ossia quando si portino in calcolo i valori: (HO): (110) =53° 40' (HO): (001) = 79 37 (403) : (110) = 78 12, si trova.: a:è:^ = 2,15613: 1:1,39908 ^?=66«28'. Cristallizzando a caldo da diversi solventi si deposero sempre larghe e sottili lamine parallele a {001 1. Grossi cristalli d' abito affatto diverso ebbi sciogliendo a freddo nel cloro- formio e lasciando lentamente sva- porare. Mostrano nel più dei casi la combinazione di queste tre for- me: {001}{201){110j. Le facce della ( 201 j quando non eguagliano in ampiezza quelle della base, sono yìq^. 3. poco al di sotto di esse. Anche le facce di { HO) sono piuttosto sviluppate. Una forma non del tutto in- 1 Le costanti date da questo autore a : b : e = 2,1561 : 1 sono inesatte e da correggersi così : a : b : e = 2,1561 : 1 1,8549; /? = 66o38', 1,8654; s=66''28', di più: (001) : (101) calcolato = 50" 14' è invece = 505 28' (100) : (101) ). = 62 18 » = 63 4 (100) : (302) » = 45 49 » = 45 35 (HO) : (302) H = 71 40 « = 71 35. 118 G. BOERIS. frequenle e con facce più o meno larghe è il pinacoiJe ; 403 }. Compa- iono ancora, su certi cristalli, facce di limitala ampiezza della ; 100) e su altri si hanno facce del prisma {111 j, che ò nuovo per la sostanza, sempre molto subordinate a quelle di { 110 }. Anche sciogliendo a freddo nella sufficiente quantità di etere acetico, in cui per altro la sostanza va meno facilmente che nel cloroformio, ed abbandonando la soluzione ad evaporamento spontaneo, si hanno cristalli di discreta mole e assai ben fatti. Su quelli che così ottenni non riscontrai la (111 ]. In essi poi la j 100 I e più frequente e con facce più larghe che nei cristalli da clo- roformio. Trovai diversi cristalli geminati per rotazione intorno ad un asse nor- male a (0011. Sfaldatura non osservata. Cristalli incolori e trasparenti. I piani degli assi ottici sono normali a ( 010 j; le bisettrici acute, positive, stanno in questo piano nell'angolo acuto /9 degli assi cristallografici e fanno collo spigolo [001] un angolo di circa 00° . 2 ^a'= 91" 33' (A"^). Dispersione degli assi ottici assai forte, e ■< t'- Telano. Ce H3 - C = C - Ce li,. Sistema cristallino : monoclino a;^/:c = 2,21081;l:l,359'J0 ^=64° 59'. Forme osservate: (100} jOOll {110} {021} {ÌUl |201}{201ì {403 Angoli (HO): (110) (HO) : (100) (100) :(201) ,(201): (001) Limiti dello osservazioni Osservazione media Calcolato N 6 2 1 4 520 57'— 530 8' 63 15 - 63 37 30 0 — 36 26 530 3' 63 26 28 45 36 16 * 63" 28' 28 44 36 15 SOPRA UNA RIMARCHEVOLE SOMIGLIANZA, ECC. 119 Angoli Limiti delle osser\ azioni Osservazione media Calcolato i N (001) : (403) 480 42' — 485 44' 480 43' 480 41' 2 (403) : (201) 18 0-18 14 18 8 18 1 ' 3 (201) : (100) — - 48 18 — (001): (HO) 78 50 — 79 20 79 7 * 25 (001) : (111) 61 8 — GÌ 28 61 16 61 19 3 (111) : (110) 39 18 — 39 28 39 23 39 34 3 (201): (111) — 58 20 58 33 (IH): (021) — 22 58 22 54 (021) : (110) — 25 45 25 50 (110) : (201) 72 37 72 43 (HI): (100) — 82 47 82 50 (IH): (HI) — 73 43 73 52 (HI) : (403) — 54 12 53 57 (403) : (HO) — 79 30 79 40 (201) : (021) 72 7 — 72 35 72 18 72 21 5 (021) : (110) 40 30 — 41 0 40 47 . 40 42 5 (HO): (201) 66 43 — 67 16 66 57 66 57 8 (021): (HI) 56 5 — 56 15 56 10 55 56 2 (021) : (100) — 80 40 80 51 1 (021) : (001) 67 44 — 68 5 67 55 * 22 (021) : (021) 44 9 — 44 20 44 16 44 10 4 (021) : (403) — 75 53 75 38 1 (201) : (IH) 79 55—80 5 80 0 1 80 0 4 Potei esami Qare solo pochi cristalli Ottenuti coli' etere acetico. Erano tutti piuttosto scliiacciati secondo ( 0( 31 ( e stirati alquanto nel senso dell'asse [010]. Come forme costan- temente presenti, oltre la { 001 ', notai i 201 } I 201 1 con facce abba- stanza ampie, (021! e ,'110) pure a facce discretamente estese. La {111}, che sopra alcuni soltanto non compariva, per solito mostrava Fig. 120 G. BOERIS. facce meno larghe di quelle di {110}. Rare erano le facce di {403 ) ed anctie più rare quelle di [ 100 ì. Fra i cristalli studiati ne trovai uno geminato secondo la legge: asse di geminazione la normale a { 001 j. Sfaldatura non osservata. Alcuni cristalli erano biancastri e torbidi, altri allatto incolori e per- fettamente trasparenti. Hanno gli assi ottici in piani normali a [ 010 ì : le bisettrici acute sono approssimativamente parallele allo spigolo [100]. La dispersione degli assi ottici ò molto marcata, q t<- e i '■^^H^ Fi-. 3. '^ 0- C .^ # ''-Cp '■■^ V ft % '.<^^^ ce A, Fiorentini, dis, UN GASO DI ECHINOCOCCO MULTI LOCULARE. 129 lia uno strato di cellule linfoidi ci, posto subito al disotto doli' avventizia, ed uno strato di cellule connettivali che s'intrecciano, formando una rete a larghe maglie e terminando coi loro prolungamenti protoplasmatici alla periferia delle cellule giganti. In ce è disegnato la cisti d'echinococco con un contenuto amorfo, in m si osserva la membrana elmintica, ed in v un vaso. La figura 3 (Koristka oo. 3. oh. 8 camera lucida, altezza tav.) rappresenta una porzione dello strato cellulare intermedio partendo dalla membrana elmintica in m verso la periferia, comprendendo una porzione della corona di cellule giganti in cg coi loro nuclei, seguita da prolungamenti di cellule connettivali, che si intrecciano a larghe maglie in ce; infine si osservano le cellule linfoidi in e/ infrapposte a cel- lule connettivali longitudinali con nuclei fusati, cellule queste che appartengono ai primi fasci interni dell'avventizia. Voi. xxxix. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEL DIMORFISMO DEL RANUNCULUS FIG ARIA L. Nota del socio Dott. -AJberto Noelli. Il Prof. Federico Delpino di Napoli, io un suo recente lavoro sul BanuìiciUus Ficaria Z., ^ riuscì a provare , almeno per gli esem- plari i quali crescono nei dintorni di quella città, che contrariamente a quanto asserivano vari autori, quali il Reichenbach, il Jordan, ecc. la Ficaria altro non sarebbe se non una specie ginodioica, formata cioè da due forme diverse, l'una ermafrodita fornita di stami e pistilli perfettamente sviluppati, e l'altra femminile munita invece di stami a diversi gradi di aborto e di corolla più piccola, ma entrambe frut- tificanti. Infine per essere il polline della forma ermafrodita scevro di ogni efficacia fecondativa sui pistilli sottostanti sarebbe altresì una forma con fiori ermafroditi adinamandri. - Ora avendo il Delpino rivolto un invito ai botanici europei, di esa- minare cioè il progressivo sviluppo dei fiori del R. Ficaria nei terri- tori da essi rispettivamente abitati, co;;ì rivolsi la mia attenzione a quelli i quali crescono nel territorio di Torino. Ed avendone ottenuti 1 F. Delfino, Dimorfismo del Ranunculus Ficaria L. (in Memorie d. R. Ac- cademia delle Scienze d. Istituto di Bologna, 1897; Tomo IV, pag. 685.) - F. Delfino, op. cit., pag. G91. 132 A. NOELLI. dei risultati notevoli, così ritengo di fare cosa utile col riassumerli bre- veniente in questa nota. Già nelle mie prime gite compiute nella primavera del 1898 notai come il R. Ficaria ovunque abbondante, cresca perù in determinate zone 0 con forme munite di fiori estremamente grandi o con forme più piccole, esili e parviflore. Per la qual cosa incominciai a dubitare che anche a Torino, come già a Napoli, questa specie dovesse presentarsi col solito dimorfismo fiorale. Viceversa, come mi risulta dall'esame di parecchie centinaia di fiori dell'una e dell'altra forma, notai con mia grande meraviglia come essi, oltre all'avere gli ovari normali, sono muniti di stami sempre ricchi di polline bene conformato, per la qual cosa fui costretto ad ammettere, come perù già immaginava il Dei- pino, 1 che nei dintorni di Torino il R. Ficaria fosse rappresentato da una sola forma, cioè dall'ermafrodita. Occorre però notare per debito d'imparzialità, come soltanto una volta, raccolsi in un prato situato nelle vicinanze di Stupinigi, alcuni fiori piccolissimi, le cui antere mostravansi assolutamente prive di pol- line, frammisti ad altri fiori pure piccoli, ma con stami forniti di pol- line abbondante e bone conformato; e questo fatto anziché ritenersi dovuto alla presenza di fiori femminili in quella località, credo debba attribuirsi ad un fatto eccezionale dovuto all'anormale sviluppo di poche pianlicine, probabilmente prodotte dal tempo continuamente pio- voso. D'altra parte nella stessa località raccolsi negli anni seguenti dei fiori egregiamente polliniferi per quanto piccoli e gracili. Ritengo ora necessario, come già fece il Delpino, il far seguire i prospetti delle dimensioni dei vari organi fiorali, per paragonare i miei risultati con quelli da lui ottenuti a Napoli. Riguardo ai valori dei diamelri corollini espressi in millimetri, scelsi 10 fiori grandi e 10 piccoli e ne ottenni i seguenti risultati: Fiori grandi: 23. 24. 25. 2G. 28. 30. 32. 34. 36. 39=297. Fiori piccoli: 17. 19. 21. 22. 23. 24. 26. 27. 28. 29=i236. 1 F. Delfino, op. cit., pag. 701 CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEL DIMORFISMO, ECC. 133 Si ha quindi ima media di 29,7 per i fiori grandi e di 23,6 per quelli piccoli, le quali, paragonate con quelle ottenute a Napoli, pro- vano che la media massima, cioè 29,7, è appena eguale alla media dei fiori femminili ottenuta dal Delpino; d'altra parte è notevole la poca differenza che esiste tra le due medie in modo che riesce diffi- cile il distinguere i vari fiori delle due forme specialmente poi per la grande abbondanza di quelli con dimensioni intermedie. Nell'esame poi delle varie parti fiorali, non riscontrai che lievi dif- ferenze nei sepali, mentre nei petali notai alcune variazioni segnata- mente per quanto riguarda il numero. Difatti esso non si mantiene co- stante né nei fiori piccoli né in quelli grandi, anzi in questi ultimi le differenze sono più frequenti e di maggior rilievo; invero mentre nei primi il numero dei petali varia da S a iO, nei secondi varia invece da 8 a 13 con una media di 9. All'incontro il numero degli stami varia di poco come rilevasi dalle seguenti cifre; Fiori grandi: 20. 23. 20. 34. 36. 37=^176. Fiori piccoli: 17. 19. 22. 24. 28. 29=139. Si ha quindi una media di 29 stami per i fiori grandi e di 23 per quelli piccoli, risultati i quali si avvicinano di molto a quelli ottenuti dal Delpino, avendo egli ottenuto il numero di 28 per la forma erma- frodita e di 23 per quella femminea. Esaminando poi accuratamente la lunghezza degli stami, compresa l'antera, ebbi una media la quale varia da 5,5 a 6,5 nei vari fiori, scostandosi così da quella ottenuta a Napoli la quale varia da 5 a 10. Le antere poi mostravansi sviluppate regolarmente e sempre munite di polline bene conformato. Riferisco infine il numero dei carpidi da me riscontrati nelle due forme : Fiori grandi: 16. 18. 22. 23. 24. 27. 32. 34. 36. 36=^268. Fiori piccoli: 10. 11. 14. 18. 22. 24. 25. 25. 27. 35=211. 134 A. NOELLI. Si lia quindi una media di 26 carpidi per i fiori grandi e di 21 per i fiori piccoli, le quali provano così l'uniformità esisterne nelle due forme, mentre a Napoli esse sono rappresentate rispettivamente da 18 per le piante ermafrodite e da 27 per quelle femminee. Riguardo alla struttura i carpidi non presentano grandi differenze ; riesce però notevole il fatto che, mentre in qualche fiore piccolissimo essi sommavano a 45, in pochi altri molto più grandi e sviluppati essi raggiungevano appena il numero di 11. Moltissimi fiori poi presentavano per lo più da 1 a 3 ovari grossificati (raramente essi erano in numero di 8 ovvero 10), colle pareti bene lignificate, consistenti, e, fatta eccezione di pochi i quali o erano vuoti, 0 contenevano un seme abortito, tutti gli altri manifestavano la pre- senza di un abbondante albume munito di embrione. Inoltre non mi fu mai dato di osservare delle nucule divorate da insetti. Ho già detto come in tutti i fiori (salvo una sola eccezione) le an- tere fossero fornite di polline abbondante e bene confermato, coi nuclei bene appariscenti in seguito a colorazioni artificiali, ma non mi fa mai possibile il farlo germinare malgrado i numerosi tentativi. Però osser- vando gli stimmi mi fu dato varie volte di scorgervi dei tubi polli- nici normali uscire dalle fessure di deiscenza. Per ultimo esaminai i vari esemplari di Raìiumulm Ficaria con- tenuti hqW Herbarium 'pedemontamim del R. Orlo Botanico di Torino e ne ebbi i seguenti risultati : Del Piemonte esistono 48 esemplari raccolti in 12 località distinte, coi fiori bene sviluppati, tutti forniti di polline, ed anzi vari presen- tano parecchie nucule grossificate, lignificate e ricche di perisperma. Infine salvo pochissime piante, tutte le altre mostrano le parti vege- tative molto sviluppate. Risulta quindi, da tutto quanto si è detto, che la Ficaria si sviluppa a Torino colla sola forma ermafrodita e con una variabilità di forma molto relativa e non mai eguale, salvo poche eccezioni limitate ad un numero scarso di fiori, a quella che si verifica nel territorio di Napoli tra la forma ermafrodita e la femminea. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEL DIMORFISMO, ECC. 135 Rimangono però alcune questioni circa l' interpretazione dello sviluppo del R. Ficaria, questioni che io intendo trattare brevemente. Anzitutto il Delpino riferisce a pag. 691-92 come i suoi fiori siano visitati rarissimamente dagli insetti, menti-e l'opposto accadrebbe in Germania ed in (Dlanda secondo le osservazioni di vari autori quali il Miiller, Mac Leod, ecc. Anzi il Keruer ^ a pag. 456 così si esprime; ^ I fiori di Ranunculus Ficaria sono visitati nei luoghi esposti al sole da piccoli coleotteri mangiatori di polline, da ditteri e da imenotteri, ed in tali luoghi producono qua e là dei frutti maturi; nei luoghi si- tuati all'ombra dei bassi cespugli e nell'interno oscuro dei boschi le visite degl'insetti sono per contrario assai rare, e perciò la maggior parte dei primordi dei frutti periscono e non diventano frutti maturi. In compenso i ceppi del favagello cresciuti nell'ombra fitta producono nell'ascella delle foglie cauline dei tuberi globosi o reniformi, i quali più tardi quando il fusto e le foglie si disseccano, cadono e danno ori- gine a nuovi ceppi. Invece i ceppi che maturano frutti non producono alcuno o soltanto pochi corpi riproduttori organici tuberiformi. « Ora se è vero che i fiori del R. Ficaria sono visitati dagl'insetti e specialmente da coleotteri e da ditteri, come io stesso verificai molte volte, in ispecie nelle giornate di sole, non è però vero che la produ- zione di bulbilli avvenga soltanto nelle piante cresciute all'ombra e quindi prive della visita degl' insetti, poiché io osservai che producono bulbilli e le piante cresciute all'ombra e quelle esposte al sole. Quindi la produzione bulbillifera non supplisce la mancanza di frutti, ma è invece un fatto costante, acquisito e destinato alla regolare riproduzione del R. Ficaria. Anche il Yan Tieghem ^ asserisce che se nel R. Ficaria il polline non si forma, oppure non si formano gli ovoli per lo sviluppo di radici tubercolari sotto i germogli ascellari caduchi delle foglie caulinari, si 1 Kerner di Marilaun, Vita delle Piante. Voi. II, pag. 456. Torino, 1892. 2 Van Tieghem, Traile de Botanique. Voi. II, pag. 1010. Paris, 1891. 136 A. XOELLI. CONTRIBUZ., ECC. ha I'apogamia. Perduta la sessualità essa viene sostituita da formazioni apogamiche. Anche il Darwin ^ afferma che la Ficaria non produce mai, 0 raramente dei semi, e che la forma bulbillifera, non producendo pol- line, non forma mai dei semi. Ma tutto questo cade poiché tanto il Delpino come io abbiamo osservato come numerose piante producono semi. Resta per ultimo di studiare in quale modo il R. Ficaria si è svi- luppata nel territorio di Torino. Da quanto risulta dalle mie osservazioni io ritengo che la pianta in questione si è diffusa dal sud al nord mediante bulbilli appartenenti alla sola forma ermafrodita, ma però pro- dotti da piante di diversa individualità fisiologica e che questa diffusione ebbe luogo per opera dei lavori campestri, e della naturale trazione la quale si opera per mezzo delle radici laterali sui bulbilli specialmente nei terreni compatti ed incolti. Ma siccome le vicende atmosferiche sono ben diverse nel nord d'Italia e quindi meno favorevoli al regolare svi- luppo del R. Ficaria^ come d'alti-a parte lo provano le dimensioni minori dei vari organi fiorali, così era necessario che le varie piante produ- cessero delle nucule seminifere, prodotte da fecondazione incrociata le quali per essere pesanti, liscie e situate su peduncoli marcescenti e quindi adagiati sul terreno, male si presterebbero ad essere diffuse, ma ad al- tro non servirebbero se non a produrre delle piante più robuste e quindi maggiormente atte a resistere ai cambiamenti di clima. 1 bulliilli invece, più leggieri e numerosi, prestandosi ottimamente, per mezzo dei lavori del terreno, ad essere diffusi, coopererebbero su larga scala ad espandere lentamente, ma continuamente, il R. Ficaria dal sud al nord dell'Europa. 1 C. Darwin, De la variation des animaux et des plantes sous l'action de la domestication. Vol. II, pag. 180. Paris, 1868. SUL PEUCEDANUM AjSGUSTIFOLIUM Rd\]x fil. ISG" Nota del Socio Dott. Alberto Noelli. Nell'erbario del R. Orto botanico di TorHiio esistono vari esem- plari di questa pianta, la quale meritava uno studio accurato prima di ritenerla, come già hanno fatto vari autori, sia come una specie di- stinta dall' affine P. Ostruthimn Koch, sia come una sua varietà. Era quindi necessario intraprendere lo studio molto interessante di tale pianta, il che feci nello scorcio di questa estate, in base al sud- detto materiale dell' Orto di Torino gentilmente posto a mia disposi- zione dal prof. Belli, ed agli esemplari favoritimi dal signor Burnat di Vevey. E dal loro esame accurato io dedussi la seguente diagnosi: PEUCEDANUM OSTUTHIUM Koch, 1824 (L. 1764). Caule 4-6 dm., erecto, fistuloso, tereto, striato, glabro, saperne ra- moso. Foliis iuferioribus grandibus, longe petiolatis, ternatis, biterna- tisve; foliolis integris vel 2-3-partitis aut 2-3-fidis, lanceolatis, hm- qualiter sorrulatis, cordatis, vel cuneatis, vel basi atteuualis. Foliis superioribus minoribus, sessilibus super latam vaginam, plus minusve serrulatis; foliolis 2-fìdis, quandoque multifidis. Umbellis magnis, ra- diis 30-40 valde inaìqualibus. Involucro nullo. Fructibus 5-6 millim. longis, pedicello filiformi brevioribus, ovalibus, basi superneque emar- 138 A. NOELLI. ginalis, margine latissimo. Acheniis valleculis iinivitlalis, commissuris vero 2-vittatis. 2p. Jul. Aug. § angiistifoUum Carnei (1888). Foliis ternatis biternatisve; foliolis basi atlejiiialis, oblongis, 2-3 fi- dis, iiiterdum etiam piiiualifidis, laciiiiis lauceolalis, augustis, iiisnqua- libus et irregulariter profuiideque serrulatis, denliculis angustioribus longioribusque quarn in lypico. Angulis, delimitatis a nervis seciuida- riis simul cum nervo mediano foliorum, multo acutioribus; nervis la- teralibus magis approximatis. Nervis paginae iiiferioris foliorum pilis multo tonuioribus densioribusqiie instructis, quam in lypico. Descrizione. Perenne. Radice strisciante, carnosa. Caule lungo, rotondo, più o meno striato longitudinalmente, fisto- loso, eretto, glabro, ramoso in allo. Foglie radicali grandi, lungamente picciuulate; il picciuolo striato termina in basso in una guaina abbracciarne il fusto. Esse presentansi ternate ovvero biternate, colle foglioline lunghe, subrotoude, grandi, ta- lora però sono più strette, acuto lanceolate, intiere ovvero due-tre par- tite, 0 due-tre fide, qualche volta m-ultifide, con lobi ineguali grandi, ovvero stretti ed accuininati. Il margine è inegualmente seghettato, coi denti larghi ovvero stretti terminanti m punta sottile. Le foglie sono glabre e verdi superiormente e più ]»allide nella pagina inferiore ed in questa le nervature appaiono leggermente pelose e ruvide. Foglie caulinari più piccole, munite di picciuolo più breve, il quale manca poi uelle foglie superiori, le quali invece si inseriscono sopra una grande e lunga guaina. I segmenti foliari sono più stretti, lanceolati, e tulora presentano vari lobi acuminali coll'urlo profondamente ed inegualmente seghettato. SUL PEUCEDANUM ANGUSTIFOLIUM. 139 Ombrelle solitarie, situalo air apice del fusto o dei rami, portato da peduncoli cilindrici striati e glabri. Involucro nullo. Raggi dell'om- brella numerosi, angolosi, striati, glabri, leggermente scabri nel lato interno; involucrotti formati da pòche brattee (talora mancanti) lineari, filiformi. Ombrellette multillore, coi pedicelli tenui, filiformi; gli esterni più lunghi, leggermente scabri noUa parte interna. Calice con denti pochissimo evidenti. Corolla bianca coi jietali a cuore rovesciato. Stili bianchi, divergenti, più lunghi dello stilopodio, il quale ò se- miconico, quasi piano nella parte interna. Acheni piccoli, mollo [liù brevi del carpoforo, il quale è filiforme, ovale, smarginato superiormente ed inferiormente, colle costole distinte, ravvicinate e con un margine molto largo e piano. Una villa per val- letta, e due nella coinmissura, alquanto arcuate. Sinonimia. Peiicedaniim Ostruthiiim Koch ,!,, Geìi. ir ih. fi. umbell. in Nov. act. uat. cur. Vol. XII, Part. I, pag. 95 (182i). — De Notaris J., Rcjoert. ft. ligiist., pag. 183, n. 806 (1844). — Gren. Gadr., Fior. d. Franc. Vol. I, pag. f.Ol (1848). - Rclib. II. G. fil, Umbell. in Fl. germ. ree. Vol. XXI, pag. 02, sp. 15 (1867). Ces. V. Pass. G. Gib. G., Comp. fi. it., pag. 609 (1867). — Bouvier L., Fior. d. Alp. d. Sitiss. et d. Savoie, pag. 292 (1878). — Jessen W., Deuts. excurs. fl, pag. 181 (1879). — Arcang. G., Comp. fl. it, pag. 293, sp. 1756 (1882). — Car- nei T., Fl. it. Vol. VIII, pag. 287 (1888). — Index Kewen- sis. Vol. Ill, pag. 481 (1894). — Arcang. G., Comp. fl. it., pag. 611 (1894). — Fiori A., Paolelti G., Fl. anal. d'lt. Vol. II, pag. 182, sp. 2347 (1899). 140 A. XOELLI. Imiwratoria Ostruthium L., Sp. ]:>l. Vol. I, pag. 371 (1764). — Hall. A., Hist. stir]}, ind. helv. 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M., FI. trciiis. exc, pag. 271, sp. 1307 (1800). — Zersi E., Prosp. d. pi. d. prov. Brema, pag. 99 (1871). — Gillet M. et Magne II., Nouv. fi. fr., pag. 191 (1873). — Garcke A., FI. v. deut., pag. 171, sp. 824 (1878). — Kocli J., Taschh. d. Deict. und ScJuc. fi., pag. 631, sp. 2950 (1878). — Gaflisch. F., Excurs. jl, pag. 134 (1878). — Nymaii F., Consp. fi. eur., pag. 285 (1878-1882). — Bicknell C, FI. of Bordigìiera and S. Remo, pag. 114 (1896). 7. alpina Bauhino G., Hist. pi. un. Voi. Ili, lib. XXVII, pag. 139- 140 (1651). /S triternata D. G„ Prodr. sijst. nat. Voi. IV, pag. 183 (1830). — Gillet M. et Magne H., Nouv. fl. fr., pag. 191 (1873). /. major C. B., Toiirn. P., Jnst. rei herb. Vol. I, pag. 317 (1719). — Lamk., Encijcl. rneth. Vol. Ill, pag. 242 (1789). Selinum Imperatoria Crantz N., Stirp. austr.. Fase. III. Ed. II, pag. 174 (1769). — Ali. C, Fl. p)ed. Voi. II, pag. 7, n. 1299 (1785). — Link F., En. pi. Voi. I, pag. 269 (1821). var. /? ancjusti folium Carnei T., Fl. it. Voi. Vili, pag. 287 (1888). — Arcang. G., Comp. fl. it., pag. 611 (1894). — Fiori A. e Paoletti G., Fl. anal. d'It. Voi. II, pag. 182 (1899). Peucedanum angustifolium RcIiId. fìl, Umb. in Fl. germ. ree. Xo- lume XXI, pag. 62, sp. 16 (1867). - Ges V., Pass. G., Gib. G., Comp. fl. it., pag. 610 (1867), — Arcang. G., Comp, fl.. it., pag. 293-94, sp. 1757 (1882). ~ Indeoj Kewensis. Voi. III, pag. 480 (1894). P. imperatorioides Koch J., Gen. trib. pi. umbell. in Nov. act. nat. cur. Vol. XII, Part. I, pag. 95 (1824). — De Notaris J., Rep. fl. tig., pag. 184, u. 807 (1844). Selinurn imperatorioides Link H., En. pi., pag. 269 (1821). Imperatoria angustifolia Bell. L., Stirp. nov. vel. min. not. Ped. in Mem. Ac. Tur., anno X-XI, pag. 449 (1801-2). — R. et S., 142 A. NOELLI. S/jst. vegeL Vol. VI, pag. 609 (1S20). — Pollinius C, Fl. ver. Vol. I, pag. 386 (1822). — Spreug. c'., Sijst. veget. Vol. I, pag. 916 (1825). — Gaud. J., Fl. helv. Vol. II, pag. 338 (1828). — D. C, Prodr. sijst. nat Vol. IV, pag. 183 (1830). — Rchb. L., Fl. germ. exo. Vol. If, pag. 456, sp. 2956 (1830- 1832). — Colla A., Herb. feci. Vol. HI, pag. 57 (1834). — Mutel A., Fl. t>. Vol. 1, pag. 54 (1834). — Gaud. J., Syn. fi. helv.. pag. 230 (1836). — Bertol. A., Fl. it. Vol. Ill, pag. 422 (1837). — Steudel E., Nom. hot.,, pag. 805 (1840). — Koch J., Syn. ft. germ. Vol. I, pag. 337 (1843). — Zuma- gliui A., Fl. peel. Vol. I, pag. 13 (1849). — Nyman C, Syll. fl. eur., pag. 153, sp. 153 (1854-55). — Fuss M., Fl. tram. exc, pag. 271, sp. 1308 (1866). — Koch J., Tmch. d. Deut. uiid Schw. fi., pag. 632, sp. 2951 (1878). — Nymaii G., Comp. fl. eur., pag. 285 (1878-82). Imperatoria alpina angustifolia Moris. R., Plant, hist. univ. ox. Vol. Ill, pag. 278 (1715). Icones. Peucedanum Ostriithium Koch — Lobelius, Icon, pi., pag. 700 (1591). — Bauh. G., Hist. pi. un. Vol. Ill, pag. 140 (1651). — Mo- ris. R., Pi. hist. un. Vol. Ill, tav. IV, sez. IX (1 71 5). — Ico- nografia taurinensis. Vol. XIV, tav. II (1752). — Blackw. E., . Herb, black. Gent. Ill, tav. CGLXXIX (1757). — Gaertn. J., De fruct. etsem.pl. Vol. I, tav. XXI, fig. 9 (1788). — Mutel A., Fl. fr. Vol, I, tav. XXIV, fig. 190 (1834). — Rchb. II. G. fil, Umbell. in Fl. germ. ree. Vol. XXI, tav. GXXIII (1867). — Gus. M., Aiisb. ]\I., Herb. d. I. Fl. fr. Vol. X, tav. Lll (1869). /? angustifolium Garuel — Moris. R., Pi. hist. un. Vol. HI, tav. IV, sez. IX (1715). — Jconogr. taur. Vol. XXXV, tav. LIX (1752). — Bollard. L., Stirp. nov. vet min. not. Ped. iu Mom. Ac. Tur. SUL PEUCEDANU-M ANGUSTIFOLIUM. 143 Anno X-X[, tav. IH (1801-2). — Rchb. II. fil, Umb. in FI. germ, ree. Voi. XXI, tav. GXXIV (1867). — Gus. M., Ansb. M., Herb, d. l. FI. fr. Voi. X, tav. LUI (1869). Letteratura e critica. Questa pianta venne raccolta per la prima volta molto probabilmente nel 1798 da un certo Viale nei prati a Limone in provincia di Cu- neo. Pili tardi egli la comunicò al Bellardi, il quale la descrisse come specie autonoma e la figurò nelle « Stirpes novae vel minus notae Pedemontii descriptae et iconibus illustratele. f> ^ Quest'Autore rife- risce poi come, secondo A. Haller figlio, essa sia stata raccolta anche nella Sviscera e nella sinonimia oltre al riportare la tav. IV del Mo- rison {Plant, hist, univ.. Ili, 1715), mette come sinonimo /. minor del Bauhino, mentre in questo Autore si legge /. alpina. ^ Il Bertoloni nella sua fiora ^ a pag. 422 asserisce soltanto di avere ricevuta la pianta dai luoghi subalpini di Limone dal prof. Balbis e da Bertero, ed erroneamente scrive /. angustifolia Spreng. in R. et S. mentre questi Autori scrivono esattamente L angustifolia Bell. Nel De Gandolle ^ a pag. 183 si legge quanto segue: ^ Post Sellar dium legi in Alpibus Tendae prope Limone Pedemontii. " E questa nota egli la ripete unitamente all'unico esemplare del suo erbario coll'ag- giunta della data u Limone, 20 juill. 1805. « Ma nel « Journal de voìjage (inedito) di A. P. De Gandolle, il quale si conserva nella biblioteca De Gandolle a Ginevra, si trova alla data 26 luglio 1809 quanto segue; « J' ai vu daus le jardin de 1 Bellardi L., Stirpes novae, ecc. in Móni. d. l'Ac. d. Turin. Anno X-XI, pa- gina 449, tab. HI, 1801-2. 2 Bauhino G., Histonae piantar um universalis. Tomo III, lib. XXVIl, pag. 139- liO. Ebroduni, 1651. 3 Bertoloni A., FI. it. Vol. III. Bononiae, 1837. ^- De Gandolle P., Prodr. syst. nat. reg. veg. Vol. IV. Parigi, 1830. 144 A. NOELLI. M. Viale V Iinperatoria angmtifolia de Bellardi en fruits, elle croit dans ce pays, aussi bien que la Linnaea, mais rien n'est plus difficile que de tirer le moindre renseignemeut de M. Viale qui veut ctre seni à conuaìtre les plautes de son canton ... « Risulta quindi da questa nota come egli si sia ingannato col citare e nell'erbario e nel Pro- dromus di avere raccolta dopo Bellardi, nelle Alpi di Tenda, 1'/. an- gustifoglia; egli invece l'ha solamente vista nel giardino di Viale a Limone. Inoltre a pag. 183 nel Prodromus aggiunge alla sp. Ostru- thium una varietà /? triternata della quale dà la diagnosi citando nella sinonimia « Imperatoina triternata Viv. I in liti. " , varietà la quale venne però con ragione annullata dal De Notaris ^ consideran- dola come sinonimo del P. Ostruthium. Tuttavia Gillet et Magne nella loro flora ^ continuano a mantenere tale varietà. Anche il Villars ^ aggiunge alla sp. Ostruthium una varietà tenui- folia alla quale segue una descrizione talmente vaga da dover riferire senz'altro la varietà alla specie tipica. Nyman, •^ sulla fede del Serres, dice che il P. amjmtifolium sarebbe pure stato trovato nel Delfmato presso Villardd'Arcme^ nella Sviz- zera meridionale (?) e nel supplemento secondo alla sua flora, ^ ag- giunge anche « In Helvet. Merid. Canton Ticino in monte supra Lugano et Bironico (Schl. hb. ex Gremii), n Infatti neir erbario Schleicher (conservato a Losanna) si legge la se- guente indicazione: " Pn monte supra Lugano et Bironico (cujus nomen oblitus sum) specimen legi. » E questa località viene pure riportata dal Koch nella sua flora, ^ dal Reicheubach figlio nello Um- 1 De Notaris J., Repertor'mm florae Ugmticae, pag. 183. Torino, 184-i. 2 Gillet M. et Magne J. H., Nouvell. fi. frano., pag- 19 L Paris, 1873. 3 Villars M., Histoire d. pi. d. Dauphinó. Voi. I, pag. 628. Grenoble? 1786. ^ Nyman G. F., Conspectus florae europae, pag. 285. Oerebro sueciae, 1878-82. 5 Nyman G. F., Conspectus florae europae. Suppl. II, pag. 137. Oerebro sue- ciae, 1889-90. 6 Koch J , Syn. fi. germ, et helv. VA. III. Voi. I, pag. 263. Lipsiae, 1857. SUL PEUCEDANUM ANGUSTIFOLIUM. 145 bellifei-e ecc. ' e dal Gaudiii nella sua Flora helvetica, A^ol. II (1828) a pag. 338 e non 638 come erroneamente si legge nel Reiclienbach. Nell'erbario del Biroli un esem.plare porta la seguente indicazione: « In Alpibus Graiis ", località ripetuta poi da Roemer et Schultes [Syst. mg. Voi. VI, pag. 609, 1820). 11 Fuss - poi non segna che la se- guente località V. in Aljpibus Kuhhorn (Gz) -^ alla quale aggiunge; " Non vidi i> . È da notare come Cesati, Passerini e Gibelli ^ abbiano messo nella loro flora P. angusti folium Nob. mentre la sp. va attribuita al Rei- chenbach figlio. L'Arcangeli ^ riferisce a B. et H. il P. angustifolium e fa di que- sta pianta una specie distinta; ma nella seconda edizione della sua flora (1894) la considera come varietà. Cusin et Ansberque, ■' Carnei ^ e per ultimo De Notaris ^ ripor- .tano erroneamente questa piauta col nome di Peucedanum impera- torioides Link, mentre nel Link ^ essa trovasi citata col nome di Se- Unum imperatorioides. Invece Mertens e Koch nella Deutschlands flora Voi. II (1826) a pag. 387 mettono Selinmn imperatoria Link, mentre va riferito al Crantz. » Parimenti nella flora del .lessen ^"^ si legge P. Ostruthimn L. an- ziché P. Ostruthiicm Koch. 1 REICHENBA.CH H. G. Fllio, Umòell. in fi. germ. ree. Voi. XXI, pag. G2-3. Lipsiae, 1867. 2 Fuss M., Flora transsilvaniae excursoria, pag. 271. Gibinii, 18G6. ' Cesati V., Passerini G., Gibelli G., Comp. d. fi. it., pag. 610. Milano, 1867, ^ Arcangeli G., Comp. d. fi. it., pag. 2934. Torino, 1882. 5 Cusin M. L. et Aksberque M. E., Herbier de la flore frang. Voi. X, Tav. LIIL Lyon, 1869. ^ Caruel T., Flora italiana. Voi. Vili, pag. 287. Firenze, 1888. " De Notaris J., Repertorium florae ligmticae, pag. 184. Torino, 1844. ^ Link H, F., En.pl. Horti reg. hot. berolin. Voi. I, pag. 269. Berolini, 182 L 9 Crantz N., Stirpium austriacarum. Fase. Ili, ed. II, pag. 174. Wien, 1769. 1" Jessen W., Deutsche excursions flora, pag. 181. Hannover, 1879. Voi, XXXIX. 10 14r6 A. XOELLI. Per ultimo il Bertoloni ^ riferisce allo Sprengel in R. et S. (1820) VI. anguUifoUa, mentre essa venue creata dal Bellardi. Si tratta ora di vedere quale valore abbia nella sistematica il P. . angusiifoliicm del Rchb. Anzitutto dall'esame dei numerosi esemplari esistenti nell'erbario MVOrto di Torino risulta che il P. Ostnithiicm ammette una grande variabilità nella conformazione delle foglie. Difatti mentre in vari esemplari le foglie presentano la struttura normale caratteristica di quella specie, in altri, al contrario, le foglie hanno segmenti più stretti, lanceolati, bifidi o trifidi, attenuati in basso, e colle nervature laterali formanti un angolo sempre più acuto, quanto più la struttura della foglia si avvicina a quella della var. angusti folia. D'altra parte malgrado le numerose gite compiute nei dintorni di Limone (tra le quali occorre citare quelle eseguite dal prof. Belli, dal sig. Buruat e dal sig. Ferrari ben noto ed appassionato raccoglitore di piante), la forma augustifolia corrispondente alla tav. del Bellardi ed agli esem- plari dell'erbario Biroli (il quale si conserva nell'Orto di Torino) non fu possibile rintracciarla, ma viceversa vennero più volte raccolti vari esemplari le cui foglie hanno una struttura analoga a quelle figurate dal Cusin MVTIerbier de la flore franr-aise. - Invero esse si sco- stano dalla var. augustifolia per avere i segmenti partiti anziché bifidi 0 trifidi, privi di lacinie lineari, acuti, e colle nervature laterali for- manti un angolo meno acuto colla nervatura mediana. Però il sig. Ferrari raccolse in varie località (per es. : presso il lago del Moncenido, nel Vallone della Perla, nel Vallone di S. Giovanni, ecc.) vari esemplari dei quali uno presenta due foglio radicali; l'una af- fatto normale e quindi corrispondente perfettamente nei caratteri al P. Ostrulhiim, l'altra invece risulta identica alle fooiie figurale dal 1 Bertoloxi a.. Flora italica. Voi. Il, pag. 422. Bononiae, 1837. 2 GusiN M. L. et Ansberque M. E, Ihrbier de la /l. frane. Voi. X, tav. LUI. Lyon, 1869. SUL PEUGEDANUM ANGUSTIFOLIUM. 147 Giisiu. In im secondo esemplare invece notatisi le foglie inferiori eguali a quelle figurate dal Gusiu e la superiore munita di lacinie lineari, acute e quindi eguali nella struttura alle foglie della var. angustifolia. Inoltre il Burnat stesso mi aveva già fatto notare in una sua lettera quanto segue: « La forme des feuilles (seul caractère distincte je crois, je fais pourtant quelques reserves a ces sujets) présente tous les pas- sages entre la forme representee par ex. par les éch. des herbiers D. C. et Schleicher, par ceux du jardiu de Turin, jusqu'aux éch. les plus typiques de 1' I. OstnUhium. r> Ed in una sua seconda lettera scrive : K Je tieus r /. angustifolia comme une simple variété du type le plus répandu, var. réliéè par des formes de transition à celle ordinaire à division en partition des feuilles plus ou nioins entières et subellip- tiques. « Dalle considerazioni sopra esposte risulta che il P. Ostriithium am- mette una graduale variabilità nella struttura delle foglie in modo da avvicinarsi alla var. angustifolia. D'altra parte nella flora del Carnei ^ a pag. 287 del Voi. Vili si legge: « La varietà è appena tale ben lungi dall'essere specie distinta-^ e il Gaudin ^ a pag. 231 mette dopo la diagnosi della var. « suspecta civis ;•> . Occorre aggiungere come oltre il Viale ed il Biroli non mi risulta che altri abbia raccolta tale pianta, e che gli stessi esemplari dell'er- bario Biroli (quattro in tutto) non hanno che insufficienti indicazioni di località, anzi uno di essi ne è assolutamente privo. D'altra parte come risulta dalle note comunicatemi dal sig. Burnat, gli esemplari degli er- bari di De Gandolle, di Boissier provengono da forme coltivate, come pure lo sono quelli dell' erbario Schleicher, conservato a Losanna, nel quale si legge per l'appunto: •> — 1889, luglio, veduti otto cigni sul " dosso di Canal di Piove in boca ai Tagi « — 1889, 2 settembre, altri due nella stessa località — 1889, dicembre, due nel lago delle Contese — 1891, 18 gennaio, un esemplare Riola Averta (Gollez. Arrigoni) — 1893, agosto, sei in Val Zappa — 1897, 14 dicembre, sei vicino a Barano, dei quali una p ad. fa parte della mia collezione — 1898, dicembre, uno in Valle Grassabò. Anser cine reus (Meyer.), Oca selvatica — Oca salvadega. È molto più rara della sijlvestris, specialmente nelle provincie di Venezia e Padova. Io ebbi un solo esemplare p (26 novembre 1897, Valle Dogado). È di doppio passo, in autunno si fa vedere raramente. 1G8 E. NINNI. VA/iser s>/lvestris (Briss.) per la proviacia di Venezia uon si può ammettere come uccello raro, perchè ne veugoiio uccisi ogni anno e vanno venduti a mazzo assieme con un germano (L. 2.50). Amano esse stare in compagnia più o meno numerosa, così l'anno passato se ne fermò una di queste composta d'oltre 50 individui in Valle Averto, ed un cacciatore in Valle Dogado ebbe la fortuna d'ucciderne quattro in una doppietta; erano circa una ventina. Tadorna Selonii (Ray), Volpoca — Cherso. È specie invernale, poco frequente, non andrà guari che per noi questo bellissimo uccello diverrà molto raro. Dal 1893 ad oggi notai diggià una sensibile diminuzione di comparse. Gli esemplari della mia collezione furono colti in inverno, il conte Arrigoni ne vide di uccisi in agosto ed anche agli ultimi di luglio, però come estivo è rarissimo. Una bella serie d'individui in diverso abito trovasi nella collezione A. P. Ninni, Venezia. È assai raro per le altre proviucie. Branta ruflna (Boje), Germano turca — Quara turca. È piuttosto raro e di comparsa irregolare. Conservo un o* giovane ucciso sul Piave vicino a Fossalta, Se ne stava assieme con un bran- chetto d'anitre domestiche ai 16 ottobre 1895. Dalle lagune di Venezia ebbi r" e $ adulti. È specie invernale, pure fu osservata anche in aprile. Molto rara jjer le altre provincia Fuligula raarila (Steph.), Moretta grigia — Magasse bastardo. Poco abbondante e rari molti sono i maschi in perfetto abito di adulto (21 febbraio 1897, Dogado, CoUez. mia). La Fuligula crùtata, Steph., la Fuligula ferina, Steph., sono comuni durante l'inverno ed il loro numero varia molto, o per gli inverni poco rigorosi o per la po- \ NOTE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI VENEZIA. 169 sizione e condiziono delle Valli. La Faligida mjroea Steph., una volta comune, ora va facendosi rara, sta quasi sempre nelle fosse dei pa- ludi d'acqua dolce, specialmente ove può trovare posizioni ombreggiate. Harelda glacialis (Lin.), Moretta codona — Magasseto bastardo. È uccello non molto raro per l'Estuario, mentre rarissimo per le altre provincie. Quasi tutti gli esemplari che si prendono durante l'inverno, sono giovani, essi variano assai nell'abito, ne vidi diversi in veste giovanile mentre le due penne lunghe (timoniere) erano del tutto sviluppate. Gli esemplari adulti sono rarissimi, uno solo potei averlo in tale splendido abito (15 febbraio, Tagio dei Foscari, Laguna inedia). Negli anni 1887-88, 1891, 1896 comparve VH. glaciali^ in grande abbondanza, così -che nel 1896 dovetti rifiutarle dai cacciatori perchè in un sol giorno me ne portarono 13 esemplari. Oidemia fusca (Flem.), Orco marino — Orco mariu. È poco frequente nella laguna, però ne vengono uccisi ogni inverno diversi individui. Ritengo che in mare sia molto più comune. Gli esem- plari adulti sono rari, due conservansi nella civica raccolta di Vene- zia, cinque in quella del conte Arrigoni ed uno in quella del signor dottor Scarpa di Treviso. Io non lo ebbi che semi-adulto. Le catture fatte nella Laguna di Venezia avvengono quasi tutte all'imboccatura dei Porti, amano esse le acque profonde. Mergus merganser (Lin.), Smergo maggiore — Serolòn de Po. È raro per la laguna, amando più starsene nei fiumi grandi e pro- fondi. È specie invernale. Frequenta, sebben di rado, anche i laghi e nel Museo Civico di Belluno trovansi un e" e p adulti presi nel lago di S. Croce (Race. Doglioni). Le femmine, a quanto sembra, sono nel veneto Estuario più frequenti dei maschi, pur troppo passano inosser- 170 E. NINNI. vate air occhio del cacciatore vagante, perchè non rivestite da colori marcali, È raro per tutto il Veneto. Del Mergus zerrator^ che è comune, osservo una continuata dimi unzione di frequenza; nel 1897 apparve abbondante, mentre nel 1898 e 1899 pochissimi furono gli esemplari catturati. Mergus albellus (Lin.), Pesciajola — Anzoleto (m.) Pizagiì (f.). È specie invernale, poco frequente, una volta comune. Ama le acque profonde e più il freddo è intenso più accresce il loro numero. Dalla laguna superiore io ebbi tutti maschi adulti, mentre le femmine mi pervennero dalla laguna media. 11 conte Arrigoni così scrive per la provincia di Padova : « frequenti i giovani, assai meno gli adulti. « Nel 1887 ne comparvero molti nella località detta a Cona ^ (Barene e lago al nord di Durano). Fodiceps nigricollis (G. L. Brebn). Svasso piccolo - - Pisolo de mar. È poco abbondante e rari molti sono gli esemplari adulti, lo ne ebbi tre presi nei fossi di paludi d' acqua dolce, in febbraio g aprile in diverso abito. È più raro del Pod. fjrisegena (G. R. Gray). Il Co- lumbus arcticus (Lin.) ed il Colymbus septentrionalis (Lin.) (questo meno abbondante del primo) vengono da noi ogni anno in numero più 0 meno grande ed abitano quasi sempre le imboccature dei porti ove l'acqua è profonda e lo spazio molto vasto. Rarissimi sono gli esemplari in abito nuziale. Del Cohj. arcticus uno trovasi nella col- lez. Scarpa di Treviso (senza data, ma colto in Laguna veneta), uno nel Museo Civico, novembre 1871, Collez. A. P. Ninni). Monaslier di Treviso, 20 1900. Seduta del 20 maggio 1900. ORDINE DEL GIORNO ! 1." Comuiiieazioni della Presidensa. 2 0 Proposta di nuovi soci. 3." Sulla composìsione mineralogica delle sabbie del fiume Serio. — Comunicazione del socio prof. I. Chelussi. 4." Nota geologica e paleontologica sui dintorni di Acqui. — Co- municazione del socio dott. G. De Alessandri. 5.° Alfonso Milne Edwards. — Cenno commemorativo del socio prof T. Vignoli. 6." Un caso di Echinococco multiloculare. — Comunicazione del socio dott. Ang. Fiorentini e del dott. E. Carino. Presiede la seduta, in luogo del Presidente, il Vice-Presidente pro- fessore iug. Francesco Salmojraghi, il quale comincia con una breve Commemorazione del Socio testé perduto, Torelli-Viollier, del quale ri- corda i meliti. Quindi dà notizia all'Assemblea della Comunicazione fatta alla So- cietà dalla dott.*^ Rina Monti, Segretaria della Unione Nazionale degli Zoologi, ora costituitasi, circa una petizione da questa inviata a S. E. il Ministro della Istruzione Pubblica per ottenere che la Nuova legge sulla Istruzione secondaria classica non riesca dannosa all' insegnamento della Zoologia e della Biologia in generale. Dopo breve discussione, alla quale presero parte in principal modo i soci prof. Celoria e Castelfranco, viene deliberato di inserire nell'Or- 172 SEDUTA DEL 20 MAGGIO 1900. dine del gioruo della seguente seduta la trattaziono di questo argo- mento. Dopo ciò il socio prof. E. Artiui, per invito del Vice Presidente, riferisce con brevi parole intorno alla Comunicazione che doveva esser fatta dal socio prof. Ghelussi, ora assente, intorno alla Composmone mineralogica delle sabbie del fiume Serio. Essendo assente anche il socio dott. G. De Alessandri, il sottoscritto dà lettura di un breve sunto della Comunicazione che questo ha pre- sentato ; Nota geologica e paleontologica mi dintorni di Acqui. Per desiderio del socio prof. Tito Vignoli, che non può intervenire, si rimanda alla prossima seduta il Cenno commemorativo di Alfonso Milne-Edwards e si chiude la seduta colla Comunicazione del profes- sore Angelo Fiorentini e dott. E. Carino: Sopra un caso di echino- cocco multiloculare. Letto ed approvato. Il Vice Presidente FRANCESCO SALMOJRAGHI. Il Segretario Giacinto Martorelli. APPUNTI m GEOLOGIA E DI PALEONTOLOGIA SUI DINTORNI DI ACQUI. M> di gran lunga più reconte della zona superiore. Egli propose quindi di divi- dere le formazioni luiinniuliliche in tre gruppi; Nel gruppo inferiore, caratterizzato da specie puramente numniuliti- che, eollocò le formazioni della Mortola presso Nizza-Marittima ; nel medio, che presenta specie nummulitiche e qualcuna miocenica, pose le formazioni del Veneto (Castelgomberto, Ronca, MonteccMo- Mag- giore) ; nel superiore infine, distinto dalla presenza di specie num- mulitiche e da numerose specie mioceniche, collocò lo formazioni della valle della Bormida (Acqm, Lego, Carcare). Era questo un gran passo verso la conoscenza della serie terziaria piemontese, quantunque An- gelo SiSMONDA pubblicando alcuni anni più tardi la sua Carta Geo- logica di Savoia, Piemonte e Liguria (Torino, 18G2), non distin- guesse tutti questi piani, seguitando a ritenere il nummnlitico supe- riore, non distinto dal Miocene. Nel frattempo l'abate Antonio Stoppani avendo avuto occasione nel 18.jG, ^ di visitare le formazioni attorno allo stabilimento dei Bagni di Acqui, colla percezione e coli' intuito che egli aveva in fatto di geo- logia, paragonò le formazioni arenacee che si osservano lungo la valle del Ravanasco, con quelle briantee, costituenti il gruppo superiore o di Vigano dei fratelli Villa. Attesa però la presenza, nel fianco calcareo, che affiora presso le Terme di Acqui di nummuliti, come Eugenio Sismonda aveva asserito egli sincromizzò questo calcare con quelli assai più antichi (Parisiani), di Montorfano Comasco, e di Gentemero. Dopo lo Stoppani, un distinto paleontologo con pazienti ed accura- tissime ricerche, durate per circa quarant'anni, illustrava la ricca fauna tongriana (Mioc. inf.) dei giacimenti snbapenniiii e l'opera sua arric- chita da osservazioni e confronti, coi giacimenti sincroni del Veneto e 1 Stoppani A , Sludi geologici e paleontologici sulla Lombardia. Milano, 1857, pag. 51. 180 G. DE ALESSANDRI. della Frauda, è commeDdevolissiina e costituisco tuttora una delle opero più importanti per Io studio del Tongriano Piemontese. Questo paleontologo, che la scienza ha recentemente perduto, fu Gio- vanni MicHELOTTi, il quale nei suoi accuratissimi studi ^ considerò la serie terziaria subapenninica divisibile in quattro gruppi: Miocene inferiore (Tongriaao). Miocene medio. Miocene superiore. Pliocene. Egli osservò ben a ragione come il passaggio fra il Miocene inferiore e quello medio, sia ben percettibile lungo l'Apennino, nelle valli dell'Erro, del Visone, della Staffora, ecc. e come il Miocene inferiore consti ivi di argille sabbiose, talora marnose che stanno sopra a delle arenarie, talora fossilifere, con nummuliti, le quali a lor volta si appoggiano a serpentine od a scisti serpentinosi. Alcuni anni dopo un altro insigne cultore della geologia si occupava con cura indefessa di ricerche stratigrafiche e paleontologiclie nella valle della Bormida, anzi dallo studio di queste regioni egli assurse alle sud- divisioni di tutta la serie terziaria. Questo appassionato e profondo geo- logo fu il Marchese Lorenzo di Pareto, il quale fra le gravi cure delle pubbliche amministrazioni, con mente sagace e sintetica, in numerose pubblicazioni, gettava i capisaldi delle suddivisioni stratigrafiche delle formazioni terziario piemontesi. L'opera però che maggiormente riguarda TApeunino settentrionale è r ultima, e compendia tutte le sue ricerche. - In essa egli riferì i conglomerati, fra i quali si intercalano elementi fini e sabbiosi e che ' ^IiciiEi.OTTi G , Elude sur le Miocene inférieur de L'Iialie septentrionale. (Natuurk. Verhand. van de Holl. Maat. der Weton. Haarlem, 1861.) - Pareto L., Note sur une suòdivis. que ion pourrait élabl. dans les terr. tert. de l'Apenn. septent. (Bull. Soc. Géol. il. Franco. Serio II, Tom. XXII, 1805.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. INI e che preteiitaDO le note faune marine di Garcare, Dego, Sassello, Cas- sinelle, e qaelli lacustri con banchi di ligniti di Cairo, Santa Giustina, Cadiboua, al piano Bormidiano che egli stesso riconobbe corrispon- derò in parte al Tongriano del Dumond. Questo piano rappresenta il Miocene inferiore ; a quello medio riferì le formazioni marnose di maro profondo, povere di fossili, e le arenarie sottostanti, le quali sono po- tentemente svilupjiate nella valle della Borinida presso Ponti, Bislagno, Acqui, a Gassinelle, a Cremolino, ed in vicinanza di Ovada, come pure nella valle del Lemme a Gavi, Ad esso egli diede il nome di Lan- gìiiaiio, dalla regione delle Langhe ove maggiormente sono sviluppate. 11 piano successivo, che costituisce l'ultimo del Miocene, consta se- condo il Pareto di strati sabbiosi, giallastri, agglutinali e di molasse grigie, le quali da Serravalle, per Montaldo, Castelletto d'Orba, Piocca- grimalda si dirigono ad Orsara, passano fra Acqui ed Alice e si spin- gono fino a Dogiiani e Murazzano. Egli lo chiamò Serravalliano, nome che non può sussistere, avendo già qualche anno prima il Mayer di- stinto col nome di Elveziano, le stesse formazioni. Divise il Pliocene in quattro gruppi : 1.° Tortoniaiio e Piacentino comprendenti la zona dei gessi; 2.** Astiano; S.** Villafranchiano ; 4.° ArenanianOj e quantunque égli non si sia occupato, partitamente di essi, tuttavia i loro limiti, la loro facies litologica e paleontologica ed i motivi stratigrafici più importanti sono osservati colla più rigorosa cura. Dopo il Pareto, Carlo Mayer-Eymar, che con numerosi studi paleontologici sulle formazioni terziarie europee aveva egli pure intra- preso il grave compito di stabilire le suddivisioni della serie terziaria, occupandosi per incarico del Comitato Geologico d'Italia delle forma- zioni terziarie comprese fra TApennino ed il Belbo, irrigate dalla Bor- mida e dalla Scrivia da lui impropriamente dette della Liguria centrale, compiva la prima carta geologica in piccola scala di queste regioni. Questa carta, depositata all' Ufficio del Comitato Geologico, per le con- tinue comunicazioni fattene agli studiosi ò oramai entrata nel dominio pubblico, tantopiù che il Mayer stesso l'aveva accompagnata da mi- 182 G. DK ALE.SSAM)RI, nule ilkislrazioiii e comineiili, dei quali i più completi furono quelli pub- blicati nel BoUettiuo del Comitato Geologico stesso, nel 1877. ^ III essa egli suddivise il Tongriano di Paueto in ire sottopiani; nel primo ascrisse i conglomerati (puddiìigìie) e le sabbie serpentinose ricche di fossili a Garcare, a Dego, a Gassinelle, ecc. ; nel secondo le marne sovrastanti scistose, verde grigie, poverissimo di fossili; nel terzo le rocce a grana verde marno-calcarea o più raramente silicea, le quali formano un grande banco sviluppato da Garbagna ad Arquata, a Lerma, a Gremolino, a Visone, ad Acqui, ecc. e che talora contengono lenti calcaree sincrone a quelle di Gassino e di Schio. Scisse il Laiighiano di Pareto in due piani differenti, cioè naW Aqmlamcuio, ove com- prese i deposili liloranei arenacei-grigi, alternanti con banchi marnosi e scistosi che si osservano a Sud di Acqui, coriispondenti, secondo lui, ai deposili dell' Aquilania (bacino della Gironda) ; e nel Lan- ghiano propriamente detto, comprendente i deposili di mare profondo rappresentati dalle marne-calcaree a pteropodi, di color azzurro chiaro, che formano le colline più basse compreso nolle valli della Bormida e do] ]3elbo. Piiferì, come il Pareto, d\V Blveziano la molassa sabbiosa giallastra, che superiormente presenta banchi di conglomerati talora a nullipore, la quale si estende da Carezzano (Tortoiiese) a Canelli ed oltre, od in- feriormente consta di marne scistose dure, che passano a molasse sab- biose con Ijanchi di marne azzurre, che si osservano a Serravallo.'Mon- taldo. Strevi, Ristagno, ecc. Distaccò dal Pliocene di Pareto la parto inferiore che uni al Mio- cene, e la distinse in due piani differenti: Torloniano comprendente le marne azzurro a pleurotome, e Messiiiiaiio costituito da tre diversi sottopiani, che in ordino di sovrapposizione sono: 1.° Marne sal»biose, giallo, rossastre intorcahile da puddinghe e ' MwER C, Studi geologici sulla Liguria centrale. (Doli. 1'. Comii. Geo). d'Ita!., fase, li e 12, 1877.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 183 manie azzurre con foraminifere, estese da Stazzano, a Caslelroccliero, a S. .Marzano ecc., ecc.; 2." Zona dei gessi, con calcari dolomitici grigi, marne listale, ed argille sabbiose ; evidente a Stazzano Alice, ]\Ioasca, ecc. ; 3.° Ciottoli rotolati con sabbie; e marne giallastre e bianche, le quali contengono banchi di Ligniti (Ricaldone. Ni::-a). lUunl infine lo marne azzurre che sovraslano a queste formazioni, le quali affiorano presso Rivalta, Cassine, ecc. e che si osservano al- tresì a Nord di Nizza, colle sabbie gialle che si trovano a Vaglio, Vinci, ecc. e ne costituì il suo Astiano o Pliocene. Nell'anno istesso Theodoro Fuchs ^ visitando le formazioni dell'Italia supoi'iore, riconfermò la corrispondenza dei depositi di Cadibona, di Dego. e di Carcare con quelle del Veneto che si trovano a Castelgomberto ed a San Gomini, come pure la serie del terziario superiore che il Mayer aveva stabilito nella valle della Scrivia. Ma a proposito degli strati a facies di Scliio, osservò alquanto av- ventatamente, come egli avesse raccolto nel calcare a nullipore di Gas- sino sezioni di grandi ostriche, denti di squali, un piccolo Ecìiiao- lanijpas, ed una nuova specie di Pecteu, la quale rassomiglia ad un piccolo e squamoso Pecten latissimus. La stessa specie di Pecten egli credette rivedere nel Museo Geologico di Torino proveniente da un cal- care a nullipore affatto simile e coevo dei dintorni di Acqui, il quale da comunicazioni fattegli, doveva giacerò a tei lo delle locali marne fram- mentarie ed a muro del Miocene. Due anni dopo però (188()) il Prof, A, Portis, - energicamente stig- matizzando le superficiali osservazioni del Fucns, dimostrò con accurate ricerche stratigrafiche e paleontologiche la spettanza del calcare di Gas- 1 Flchs Tu., Siadien ilùer die Gliederuncj der jangeren Tertiàrbildiingen Ober-Italiens. (Sitzung. d. K. Akad. der ^Yiss0n. Bd. LXXVII, pag. ItO.) 2 Portis A., Sulla vera posizione del Calcare di Gassino nella collina di Torino. (Boll. R. Comit. Geol. d'Ital. Voi. XVII, fase. 5 e 0, I88G.) 184 G. DE ALESSANDRI. sino al piano Bartoniano, riferimento che più tardi gii studi del Sacco, del RovASEXDA, del Parona, del Bassani confermarono, e dimostrò er- roneo il sincronismo di questo calcare con quello di Acqui. Egli avvedutamente osservava come fra le due formazioni, esista so- lamente la somiglianza di natura della roccia, dovuta allo sviluppo di organismi affini fra di loro, ma che agirono ripetutamente a disparali intervalli di tempo. Nell'anno appresso, (1887) per opera dell'IssEL, Mazzuoli e Zacca- GNA, fu pubblicata la Carta Geologica delle Riviere Liguri e delle Alpi marittime, ' opera pregievolissima per gli studi nuovi sulle for- mazioni carbonifere dell'alta valle della Bormida, nella quale gli autori ritenendo le suddivisioni del terziario proposte dal Mayer h stabilite in ordine ai fossili ed alla stratigrafia sopra un numero di capisaldi insuf- ficienti e tali da subire, col ritrovamento di nuovi fossili e con più ac- curate indagini, mutamenti non lievi ", ritornarono alle suddivisioni, adot- tate dal Pareto. Compresero quindi nel Miocene inferiore il Toiigriam I e II del Mayer (arenarie e conglomerati) ; nel Miocene medio il Tongriano III, V Aquitaniano, il Langhiano, VElveziano, ed il Tortoaiano del Mayer (arenarie e ghiaie serj^entinose, calcari a aullipore, are- narie gialle, raarne a j^teropodi e marne arenacee bigie), e nel Miocene superiore le marne gessose azzurre, con fillili e fossili di ac- que salmastre e dolci. Nell'anno 1888 il Mazzuoli ^ occupandosi dei conglomerati dell'A- pennino Ligure e della loro probabile origine descrisse minutamente quelli della valle dell'Erro e della Bormida riferendoli come tutti gli altri al Miocene inferiore; di questi sludi per«ì ci occuperemo più a IssEi. A., Mazzuoli L., Zaccagna D., CarUi geologica delle Riviere liguri e delle Alpi marittime con for/lio esplic. Genova, t8S7. - Mazzuoli L., Sul modo di formazione dei conglomerati miocenici dell' A- pennino Ligure. (iJoll. It. Comit. Geol. d'ital. Voi. XIX, fase. i-I', 1888.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 18.") luogo altrove, esaminando il modo di fonnazioue di qucsli couglu- nierali. Dopo il Mazzuoli il prof. F. Sacco nei suoi sludi sul bacino ter- ziario del Piemonte^ illustrò partitameute le formazioni subapenuiniclie e quantunque l'opera sua non sia stata ultimata che nell'anno 1898, tuttavia avendo egli pubblicato le Carte geologiche di queste regioni negli anni 1886-87-88, così io credo che questo sia il posto, che a lui compete nella serie cronologica degli autori. Egli fra le classificazioni dei terreni terziari, che si erano fino allora proposte, adottò quella del Mayer alla quale introdusse alcuni cambia- menti, in rapporto all'estensione dei vari piani ed all'interpretazione di essi. Non ammise potersi suddividere questi piani in sottopiani, come il Mayer aveva fatto, osservando che i sottopiani o non esistono affatto in natura, oppure corrispondono a fenomeni talmente locali da non pa- rere nò utile, né opportuno considerarli come orizzonti speciali. Suddivise il Tongriano del Mayer in tre parti: nella prima com- prese i conglomerati e le arenarie serpentinose (Tongriano I Mayer) e la chiamò Tongriano; nella seconda collocò le marne scistose, te- nere e le arenarie (Tongriano II Mayer), e la ritenue rappresentare lo Stampiano ; infine unì i banchi di arenarie grigie serpentinose costi- tuenti il Tongriano III Mayer alle formazioni arenacee e marnose, so- vrastanti, e chiamò il tutto Aquitaniano. Considerò per ultimo i due sottopiaui costituenti V Astiano del Mayer come due piani differenti, che distinse coi nomi di Piacensiano ed Astiano. Lo studio del Sacco, esteso a tutto il bacino del Piemonte, completò così l'opera che il Mayer aveva iniziato uell'Apenuino settentrionale, e le sue carte geologiche costituiscono la guida più accurata per lo studio del terziario Piemontese. 1 Sacco F,, // Bacino terziario del Piemonte. Milano, Torino, Roma, 1889-9: 180 G. DE ALESSANDRI. Al Sacco, seguì il prof. C. De Stefani, il quale, occupandosi del- l'Apeuiiino fra il Colle dell'Altare e la Polcevera, ^ oltreché de' terreni terziari, trattò l'ardua ijuestiono delle formazioni cristalline antiche, di quelle mezozoiche, e di quelle olìolitiche recenti, portando un potente contributo alla conoscenza della complicatissima tectonica dell'Apennino. Riguardo alle formazioni cenozoiche superiori, egli ritornò alle antiche suddivisioni ripristinando il Miocene inferiore in luogo del Bormidiano di Pareto, e non ammettendo le idee del Mayer che ritenne paleontolo- gicamente errate, chiamò Miocene medio VAqiiitaidano, il Laìujìiiauo, e YElvenano del Mayer, osservando come i fossili delle arenarie aqui- taniane siano identici a quelli delle marne langhiaae, ed a quelli delle arenarie e panchine elveziaiie. Nel Miocene superiore comprese i banchi con gessi formati da ghiaie, sabbie e marne, e che cmitengono l'ossili di acque salmastre. Nel Pliocene collocò le sabbie gialle litorali che formano le uUimo, più basse colline di Novi, Basaluzzo, Capriata d'Orba, Castelferro, s(jtto le ijuali appaiono sabbie marnose turchine nell'Orba sotto Capriata, ed argille leggermente marnose turchine presso Castelnuovo-Borniida. Pochi anni dopo (1801) il prof. G. Traducgo, illustrando alcuni fossili del calcare di Acqui e di Visone, - vivamente combatteva le suddivisioni della serie terziaria proposte dal Mayer e dal S.\cco, cercando con ar- gomenti paleontologici e stratigrafici di dii]iostrare erronei i loro rife- rimenti. Egli coiichiudeva doversi riftM'iro questo calcare al Larighiano, inteso nel suo significato primitivo, quale il Pareto gli aveva assegnato. Però nell'anno appresso I'Issel, pubblicando una sua pregevolissima me- moria sulla Liguria geologica e preistorica, ^ alla quale unì la Caila geologica della Liguria e terroni confinami compilata in collab'jrazionc 1 Du Stei'am C, L'Apenniiw fra il Colle aviera. Egli osserva come tali marne nella loro parte superiore diventino sempre più ricche di sabbia, e passino a' banchi arenacei assai sottili, i. quali si riscontrano dove la via carrozzabile di Ricaldonc, si distacca dalla strada maestra. Questi strati sono potentemente sviluppati presso Stazzano e Serravalle, e costituiscono X Elveiiam, formazione che corri- sponde a quella di Grumi nel bacino di Vienna. Ad esse seguono le marne Tortonicme e quindi la zona gessosa, ed infine le formazioni plioceniche che chiudono la serie terziaria. Recentemente infine il Prof. G. Trabucco, pubblicando una Carta geo- logica-geognostica-agronomica dell'Alto Monferrato ^ suddivido la serie terziaria che ivi si riscontra in sette piani i quali in ordine di sovra[- posizione sono: Tongriano, Langhiano, Elve.:iano, Tortouiauo, Mes- siìiiano, Piacendano ed Astiano. il Tongriano di quest'autore consta di due sottopiaui; il primo com- prendente le puddinghe ed i conglomerati e ha pressapoco l'identica tìstensione del Tongriano del Sacco : il secondo costituito dalle marne scistose tenere, verde grigie, corrisponde per sviluppo allo Slampiano del Sacco. Suddivise il LangMano in due sottopiani: in quello inferiore pose gli strati marno-calcarei e talora arenacei, costituenti VAqidtaniano 1 Trabucco G., Relazione sui mezzi pia adatti a trasforraare la viticultura per la difesa contro la filossera, con carta geologica-gengnostica-agronomica dell'Alto Monferrato. Firenze, 1899. Voi. XNXIX. 13 190 G. DE ALESSANDRI. del Sacco ; in quello superiore, gli strati mariio-arenacei e le marno fissili delle quali il Sacco ed il Mayer avevano costituito il loro Lcuigliiam (sensu strictu). Anche \i^ Elvenam distinse due zone , le quali corrispondono a quelle del Mayer, l'inferiore costituita da banchi sabbiosi arenacei, al- ternanti con marne sabbiose grigiastre, e la superiore formata da banchi di melassa calcarea e banchi brecciati grossolani. Il Tortoìiiaiio del Trabucco rappresentato dalle marne grigiastre, in- terstratificate talora con banchi sabljiusi arenacei, non differenzia punti» per estensione da quello del* Mayer ; mentre il Messiniano coww^iVh- mente a quanto il valente geologo dell'Università di Zurigo aveva fatto, ù diviso in sole due zone, l'inferiore della quale comprende le lenti gessose. Il Piaceiuiaito e V Astia ao sono compresi pressapoco negli stessi limiti die il Sacco loro aveva assegnato. Ed ora, giunti al termino di (juosta revisione sugli studi dei pro cursori, vediamo quale di lutto le classificazioni proposte sia da adot- tarsi. Lasciando da parte le più antiche le quali rillettono ancora un pe- riodo prematuro per la sintesi, e rappresentano 1' epoca di laboriosa od intensa preparazione dei materiali paleontologici e di osservazioni stratigrafiche, alla quale ha dovuto seguire lo studio di selezione, coi lunghi dibattiti, colle appassionate controversie, sia sul valore cronolo- gico dei piani, sia sulla corrispondenza delle formazioni, noi vediamo come tali suddivisioni si possano ril'orire a tre gruppi differenti. Nel primo abbiamo il Mayek od il Sacco, i quali ammisiM'd una serie suddivisa in numerosi piani, distinti in ordine di sovrapposizione stratigrafica ed unita alTesamo della natura litologica e di quella pa- leotitolodca. APPUNTI DI (ÌEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 191 Xol secondo troviamo il De Stefani, il Rovereto ed il Tara- MELLi, i quali 11011 ritenendo possibile, nò giustificata una più minuta sud- divisione di quanto giù il Pareto aveva stabilito, ritornarono alle sue classificazioni tipiche. Nel terzo, infine abbiamo I'Issel, il Trabucco e lo Schaffer, i quali pur accettando le suddivisioni del Miocene e del Pliocene pro- poste dal Mayer e dal Sacco, ne dissentono riguardo ai limiti ed alle suddivisioni dell'Oligocene. Io pure sarei di quest'avviso, impercioccliè ho riscontrato nell'Apen- nino settentrionale che i diversi piani nei quali il Mayer ed il Sacco hanno diviso il Neogene, corrispondono in tutta la più rigorosa esattezza a formazioni difl!erenti e successive della serie terziaria, nelle quali la costituzione litologica e la fauna manifestano un alternarsi di facie^^ dovuto a periodi di maggiore o minore intensità di corrugamento. E l'accetto con maggiore fidanza, ora che gli studi di tanti illustri geo- logi hanno dimostrato che queste suddivisioni si riscontrano evidenti in tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Calabria alla Svizzera, dalla valle del Rodano a quella del Danubio. Riguardo all'Oligocene pur adottauto le distinzioni proposte dai so- pracitati autori, ritengo che esse si debbano accettare con qualche lieve modificazione, per le ragioni che verrò in seguito esponendo. La località che meglio si 'presta a studiare la successione della serie terziaria media e superiore del bacino della Bormida, è certamente la città di Acqui. Infatti se da essa si rimonta in prima a mezzodì la valle del Ra- vauasco fino all'incontro di quella della Verazza, superata la quale si raggiunge il Eric delle Gardinelle prezzo Ponzone, e se in seguito si risale a tramontana la valle del Medrio e si passa in quella del Cer- vino spingendosi fin sotto Monbaruzzo e Maranzana, si riscontrano sue- 192 G. DE ALESSANDRI. cessivanieiile da Nord a Sud, tutte le forrnazioiii dall' Oligocene al Quaternario, cioè la serie seguente: 1." Rocce cristalline. i facies Tongriana \ 2." Bormicliano . . o. • \ Oligocene. ( facies Stampiana ) ° 3." Aqiùitaniano 4." Langhiano 5." Elvenano ^ \ Miocene 6." Tortoniano f 7." Messiniano ^ 8." Piacenziano ( facies Astiana (sensu strictu 9." Astiano \ facies Villafranchiana S lO.o Quaternario. Rocce cristalline. Nou è certamente mia intenzione di occuparmi delle rocce cristal- line, affioranti lungo le falde settentrionali dell'Apeunino ligure, perchè esse furono in questi ultimi tempi, oggetto di accurati studi del Fran- chi, dell' IssEL, del Rovereto e del Riva. Osserverò solo che seguendo la linea del mio profilo, dal Bric delle Cardinellc, alle vicinanze di Monbaruzzo, s'incontrano le formazioni cristalline nell'ampia plaga che a Sud di Ponzone, si estende verso Cartosio e Malvicino e lungo tutta l'alta valle dell'Erro. Predominano in essa le prasimiti nelle quali la prevalenza dell'aufibolo sulla clorito, stabilisce che si debbano raggrup- pare fra quelle anllboliche ; esse hanno quasi sempre struttura scistosa zonata, ed un'alterazione superficiale assai potente, che le rende fragili e di colorazione giallastra dando luogo ad un abbondante sfacelo ocraceo. Nella valle Verazza alquanto ad occidente della sezione seguita, si osservano spuntoni cristallini ricoperti però da conglomerati assai potenti lungo il torrente in faccia alla bor-gata Poggio, spuntoni che sono piccole apofisi spinte a Nord del grande massiccio di Morbello, Caldasio, APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 193 Toledo e che per il bacino dell'Orbicella si collega all'Ei'metta. Di essi raffioramento della valle del Ravanasco, segna il ])iuUo più settentrionale. Ivi nella parte superiore s' incontra una zona potente di una fillade grigia calcarea, passante a calcescisto, in alcuni punti riccamente cal- cifica con lenti di porfiroide: zona a cui seguono affioramenti sviluppati, verso Grognardo, di scisti anfibolici ad actinolite, che passano a prasi- niti anfiboliche contenenti abbondante calcite accessoria. L'affioramento invece lungo il torrente Ravanasco presso C. Ferri è costituito da serpentina scistosa di colorazione verde-cupo, pellucida, un- tuosa al tatto, a frattura piano lucente, quasi scagliosa, con superficie liscia, e lucentezza grassa. Inglobata fra queste masse laminate e con- torte di serpentina, si trova in questa località una piccola lente di uno scisto pirossenico-epidotico con anfibolo, del quale gli elementi es- senziali sono : zoisite ed epidoto concrescenti assieme, un minerale mo- noclino della serie dei pirossemi e d'aspetto onfacitico ed un aufibo]o verde prismatico, aghiforme, mentre quelli accessori sono : titanite, apa- tite e rutilo. Un altro importante affioramento di rocce cristalline in questa regione ù quello che costituisce il rilievo montuoso del Màrza'piede, fra Prasco- Cremolino e Molare, il quale ha forma irregolarmente allungata da Nord- Ovest a Sud-Est ed è strozzato pressapoco in due parti uguali da una zona conglomeratica del Tongriam, messa in evidenza dai lavori della galleria per la linea ferroviaria Ovada-Acqui. La roccia predominante in queste località è uno scisto-verde anfibo- lico (actinoto), passante a prasinite anfìbolica a struttura un po' lenti- colare, in cui le lenticelle di anfibolo, alternano con straterelli di elementi chiari (albite, quarzo). Verso lo sbocco Nord della Galleria, ho raccolto invece campioni di scisti anfibolici-zoisitici, con calcite acces- soria, in cai l'elemento anfibolico è actinolite in fasci di sottili prismetti. Nelle vicinanze di Spigno le rocce cristalline affiorano con un limitato spuntone, presso le rive della Bormida in faccia a Monbaldone, con le solite serpentine scistose verde-carico, profondamente alterate ed in am- 194 Ci. DE ALESSANDRI. massi contorti; però più a Sud oltrepassato il paese, una roccia feld- spatica (plagioclasio) commista ad un minerale verde micaceo, con epi- doto, costituisce gli importanti affioramenti di ovardite, già segnalate in tale località dallo Stuì'ivhk. Oligocene. I terreni oligocenici presentano un notevole sviluppo nelle formazioni del Belgio, e dal Belgio appunto si trassero le loro suddivisioni. II DuMOND dapprima (1839) riferì buona parte delle formazioni oli- goceniche del Limbourg, ad un suo nuovo piano che chiamò Tongriaiio da lui posteriormente (1849), scisso in tre sottopiani differenti: Ton- liriano, propriamente detto, RitpeUiano e Bolderiano, ' aventi facies il primo e l'ultimo di depositi marini, il medio di depositi lluvio-lacustri. Questa sarebbe stata la suddivisione tipica delle formazioni oligoce- niche, se recentemente il Van den Broeck^ non avesse dimostrato che il Bolderiam ha caratteri schiettamente miocenici, e quindi da adot- tarsi per l'oligocene la duplico suddivisione di ToìUjHano e Rupel- liano. I geologi del Belgio, della Germania ed anche recentemente il Ki:- NEViER, ^ accettarono questa suddivisione, la (piale cerlaiiionte per le regole della priorità dovrebbe adottarsi. Ma secondo il concetto di Dl- MONT che propose questo piano, e del Van den Broegk che lo ha ac- cettato, il liui[}elliam non rappresenta tutto l'Oligocene superiore, ma solo la facies marina di esso ; mentre quella fluvio-lacustre superiore fu distinta dal Van den Broegk stesso col nome di Renaniano. Di- modoché i geologi francesi adottarono generalmente per le formazioni 1 DuMONT R., Rapports Carle géol. de Belgique. Yspa (Uelgiquo), l.S il). 2 Van den Broeck, Coup d'oeil sijnthéliqm sur l'olujocvìie belge. (Bull, do la Soc. Belge de Géolog. de Palóont. et d'IIydr. Tom. VII, 1S'.)1.) 3 Uenkvmvr e, Chronographe G('ologu/iie. (Compi. l\endii du(;onr;ròs Géolog. International. Ziiiich, iHOi. Losanna, 1S!)7.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. ll)."i doii" Oligocollo superioi'o il iioiiic di Stampiano stabilito dal D'Orbignv noi 1850, ' per un complesso di depositi che comprondevauo il Scut- noisiaìio, lo Stampiaiio attuale, e V Aquitaniano^ ma che sujjito dopo il De Rouville (1853), aveva limitato nei suoi precisi confini. - Kiguardo all' Oligocene inferiore, in Francia fu generalmente adottato il termine di Sannoisiano proposto dal Munier, Ghalmas e dal De I-APPAUENT ^ per le marne sovrastanti ai depositi gessosi a Palaeo- iherium di Parigi ; nome, che perù non si può accettare perchè rap- presenta una facies allatto locale, e non comprendente tutto le forma- zioni dell' Oligocene inferiore, le quali furono riferite dai detti autori all'Eocene superiore e distinte in due piani, Ludiano e Priahoniano. Tale suddivisione dell'Oligocene in Italia fu adottata dall'OppENHEiM ^ per le formazioni del Veneto presso Priabona, ove distinse sopra gii scisti di Priabona, il Samioisiauo con conglomerati, marne e colla parte inferiore dei tufi di Guata e Saugomini, o lo Stampimio coi tufi supe- riori di Sangomini. Nell'Apennino settentrionale, l'Oligocene si può abbastanza nettamente distinguere in due formazioni, la prima rappresentata da uno sviluppo }iredominante di conglomerati e di arenarie, fra le quali si interpongono lenti lignitifere, e la seconda prevalentemente costituita da marne scialbe arenacee o scistose, con qualche banco calcareo. La prima rappresenta evidentemente un deposito litorale e fluvio-la- custro, la seconda un deposito pelagico. Esse corrispondono quindi anche per la natura dei sedimenti a quelle del Belgio, ove nel Tongriano si hanno sabbie glauconiose e depositi ^ D'Orbignv a., Cours élémentaire de Paleontologie et de Geologie strati- grapìiique. Tom. 11. Paris, 1852. - De Rouville, Description géologiqae des environs de Montpellier. l85o. ■' MuNiER-CnALMAS ET DE Lapparent, Notes sur la nomenclature des terrains sédimentaire.^. (Bull. Soc. Géol. d. France. Serie III, Tom. XXI, 180 i.) ^ Oppenheim P., Die Priahonascìiicìden und ihre Fauna. Palaoontografica. XLVII. Stuttgart, 1900, pag. l:'.. 19G G. DE ALESSANDRI. lacustri, mentre nel Rupelliano acquistano predominanza le marne e le argille, come anche a quelle del bacino di Parigi, ove si hanno nelle une gessi e marne lacustre, nelle altre, analogamente ai depositi di Étampes, marne ed argille. Esaminando perù acciiralamente i depositi subapenninici e sovratutto la regione fra la valle dell' Erro e quella della Bormida di Spigno, ove queste formazioni acquistano grande sviluppo, si scorge assai bene come siano numerose le iiiterpolazioui di strati ]narnosi grigiastri (Stampiani) a quelli conglomeratici (Toiigriani), e come la loro disposizione stra- tigrafica sia concordante anche nei più minuti disturbi locali. Anzi ta- lora avviene di rinvenire larghe plaghe, che per la costituzione litolo- gica devono riferirsi allo Stampiano, e che si immergono sotto ai de- positi schiettamente tongriani. Anche l'esame della fauna di questi due depositi, manifesta ovunque una perfetta comunanza di specie, colla sola differenza che nell'uno ab- bondano le forme litorali e nell'altro le pelagiche. Da ciò, io mi sono convinto, che come già il Rovereto aveva osservato, ^ sia da ammet- tersi l'unità di formazione di tutto questo complesso di strati, e che le differenze litologiche, siano solo dovute a diversità dell' ambiente ove si depositarono; in altri termini, rappresentare essi facies diverse di un' unica formazione. Con tale restrizione e per non raggruppare depositi che d'altronde in natura si possono distinguere e limitare abbastanza agevolmente, io adotto iu questo mio studio i nomi di Tongriano e di Stamjnano, e proba- bilmente con lo stesso significato, dovrebbero anche adottarsi per le for- mazioni del Belgio e della Francia. 11 complesso poi di questi deposili costituisce quanto già il Pareto, aveva chiamato lìonnidiaao, piano che seuza scendere a minuti par- ticolari, non compatibili coll'Ind^lo di un lavoro di massima, qual era * Rovereto G., Osservazioni geologiche fatte lungo la linea ferrata Ge- nova-Ooada. (Boll. Soc. Geo). Ital. Voi. XIII, l, pag. 2S'.). APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 215 Il doti. Colomba ^ che li ha iniziati, esamiiiaiiilo lo sabbie del Mio- couc superiore di Marentino, osservò come esse siano costituito iu parte da elementi a spigoli vivi, ed in parte da elementi rotolati, e riscontrò che sopra venti specie di minerali rinvenute, sette di esse cioè la glau- cofane, il rutilo, l'ottaedrite, la jnenaccanite, la baritina, la tormalina ed in parte il feldspato, j;^;' im complesso di caratteri morfologici e strutturali, corrispondono perfettamente a quelli in joosto che si rin- vengono nelle valli delle Alp)i occidentali, in modo tale da poterne slabilire con sicurezza, la provenienza di queste sabbie da detti giacimenti. Il dott. RocGATi di poi, preudendo in un suo primo studio - in esame i massi rocciosi della zona elveziana, fra San Raffaele e Gasalborgone, rinvenne le seguenti rocce ; aufibolite granatifera a glaucofane, anfibo- lite granatifera a siderite, gneiss tormalinifero, porfirite anfìbolica, dio- rite, anfibolite a epidoto, talcoscisto anfibolico a magnetite, le quali tutte si riscontrano nella regione occidentale delle Alpi, compresa fra le valli della Dora Baltea e della Riparia. Successivamente, in un suo secondò studio •' occupandosi dei massi pressapoco della stessa regione, riscontrò: granatite ad arfvedsonite, granitile, prasinite anfìbolica, scisto diasproide a radiolarie, calcare cri- stallino, porfirite diabasica, eufolide, le quali rocce si rinvengono tutte nella regione alpina incisa dalle Valli dell'Orco, della Stura e della Dora Riparia. * (Colomba L., Ossei'vazloni miiteralogiche su alcune sabbie della Collina di Torino. (Alti It. Accademia di Scienze di Torino. Voi. XXXI, i.SQii, pag. l:'>. (Estratto.) 2 RoccATi A., Rieercke sulla provenienza del materiale roccioso della Col- lina di Torino. (Atti ì\. Accademia di Scienze di Torino. Voi. XXXIV. Torino, 1.S97.) ^ RoccATi A., Nuove ricerche sulla provenienza del materiale roccioso della Collina di 'Torino. (Atti R. Accademia di Scienze di Torino. Voi. XXXI. Torino, i89'j.) 21<) G. DE ALESSANDRI, Glie poi la natura litologica delle formazioni cristalline dell'Apen- nino sia tale da non potere con sicurezza stabilire la provenienza del materiale dei conglomerati torinesi dai suoi affioramenti, lo dimostrano evidentemente gli studi petrografici recenti compiuti dal Tognini, ^ dal lìovERETO, - dal Riva 3 néll'Apenniuo, confrontati con quelli che lo Zac- GAGNA, ■' il MaTTIROLO, ^ Ìl NOVARESE, '^ il FRANCHI, ^ lo STELLA ^ ed altri, hanno fatto per le rocce delle Alpi occidentali. Anzi il Franchi stesso, occupandosi della formazione gneissica e delle - ToGNiNi F., Studio ìnlcì oscopico di alcune rocce della Lìijwna. (Giornale (li Mineralog., Cristallog. e Petrog. Pavia. Voi. 1, 181)0.) — Ulteriori osserva- ziord sopra alcune rocce della Liguria. (Giornale di Mineralog., Cristallog. e Pe- trog. Pavia. Voi III, 1898.) 2 Rovereto G., La sene degli sciati e delle serpentine antiche in Liguria. (Atti Soe. Ligust. d. Se. Nat. Anno II, Voi. Il, 1891; anno IV, 1893.) — Ori- gine delle Anfibolili della serie arcaica ligure. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XIII, 1891.) — Arcaico e Paleozoico nel Savonese. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. IV, 1895.) — Osservazioni geologiche fatte lungo la linea ferrata Genova-Ooada. (Atti Soc. Geol. Ital. Voi. XIlÌ, 1894.) ^ PiiVA G., Relazione intorno alle rocce raccolte nelle adiacenze delle gallerie di CremolinO e del Turchino in Taramelli T., Osservazioìii geologiche in oc- casione del traforo delle gallerie di GremoUno e del Turchina. (Roma, 1898.') ^ Zaccagna D., Riassunto di osservazioni geologiche fatte nel versante oc- cidentale delle Alpi Graie. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXIII, fase. 3 e 4, 1892.) '•> Mattirolo e., Sui 'lavori eseguiti durante la campagna geologica del 1893 nelle Alpi occidentali. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXV, fase. 8, 1894.) '' Novarese V., Sul rilevamento geologico eseguilo nel 1894 in Valle Ger- manasca (Alpi Coziej. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXVI, fase. 3, 1895 e Nomenclatura sistematica delle roccie verdi nelle Alpi occidentali. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXVI, fase. :ì, 1895.) " Franchi S., N^otizie sopra alcune ractamor fosi di eufotidi e diabasi nelle Alpi occidentali. (Boll. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi. XXVI, fase. 1, 1895 e Franchi S. e Novarese V., Appunti geologici e petrografici sui dintorni di Pmerolo. (Boll. R. Comit. Geol. .l'Italia. Voi. XXVI, fase. 4, 1895.) ^ Stella A., Sul rilevamento geologico eseguilo in Valle Po (Alpi Graie.) 1895. (lioll. R. Comit. Geo!. d'Italia. Voi. XXVII, fase. 5, 180(1.) APPUNTI DI GEOLOGIA. E PALEONTOLOGIA, ECC. 217 rocce granitiche del massiccio cristalliuo ligure, ^ nota che il granilo vero, nettamente eruttivo del massiccio ligure, ha caratteri abbastanza prossimi al protogiuo del Monte Bianco, e come i micascisti, i calce- scisti, le quarzite, le rocce a gastaldite, le anfiboliti, le eclogiti, le eufotidi, le Iherzoliti, le serpentine, colle rocce in masse meno impor- tanti, come attinoliti, le pietre oUari, le granatili, si presentano cogli stessi ti'pi litologici, identici soventi anche nei mimiti imrticolarl ìnicroscopici e si hanno le stesse associazioni di quelli della regione prealpina posta fra il Ghisone e la Stura di Viù. E più oltre a propo- sito delle pietre verdi osserva; « si potrebbe notare altre particolarilà quali lo sviluppo straordinario delle eclogiti nell'alta valle dell' Olba, 0 far risultare jpiio importatiti analogie fra la distribuzione delle pietre verdi della Liguria e quelle delle Prealpi torinesi, ma ciò ci trarrebbe, più che non vorremmo, fuori di argomento n . Anche riguardo alle rocce sedimentari spettanti al carbonifero del- l'Apenuino Ligure, studiate in gran parte dall' ing. Mazzuoli ^ e dal prof. IssEL ^ si può ritenere, come già il Baretti ha osservalo, che tanto litologicamente, quanto per i «fossili che contengono, non si pos- sano con sicurezza distinguere da quelle della Valle di Aosta e di Susa, delle quali si sono occupati il Baretti stesso ^ ed il Portis. ■' Da quanto ho finora esposto, ne consegue che il volere ammettere di provenienza apenuinica parte degli elementi dei conglomerati della Col- ^ Franchi S., Nota preliminare sulla formazione gneissica e sulle roccie granitiche del massiccio cristallino ligure. (Boll. d. R. Comit. Geol. d'Italia. Voi XXIV, 1895.) - Mazzuoli L., Sul carbonifero nella Liguria occidentals. (Boll. d. R. Co- mit. Geol. d'Italia. Voi. XVIII, 1887.) 3 IssEL A., Liguria geologica e preistorica. 1892. Voi. I, pao-, 40G. ^ Baretti M., Studi geologici sulle Alpi Graie settentrionali. (Mem. R. Ac- cad. d. Lincei. Serio III, Voi. Ili, 1879, pag. 407.) 5 Portis A„ Sulle piante fossili carbonifere del Piccolo San Bernardo. Relazione in Baretti, op. sopracit. 1878, pag. 486 e Nuove località fossilifere in Val di Susa. (Boll. R. Gumit. Geol. d'Italia. Voi. XX, 1889.) 218 <>• DE ALESSANDRI. lina di Torino, è cosa poco naturale, dacché si riscontrano le stesse rocce, a ben più breve distanza, in aflloramenti assai sviluppati nelle vicine Alpi occidentali. E quest'asserzione riesce facilmente dimostrata se noi osserviamo le cartine annesse allo studio del Rocgati ove si scorge, quanto già il pro- fessor PoRTis aveva notato, cioè che gli elementi conglomeralici dei Colli Torinesi si trovano abbastanza localizzati, ossia per ogni gruppo, nelle regioni più prossime a quelle delle rocce in posto. Di più, prescindendo da quanto il Sacco ha già fatto rilevare,^ ed a cui il dott. Virgilio ha contrapposto nuove osservazioni, - io sono di parere che con V ipotesi del Virgilio non si possano spiegare i segiionli fatti : 1." L'autore ammette che allorquando durante l'epoca aquitaniana, avvenne l'incontro dei conglomerati alpini con quelli apenninicl, le masse opponendosi scambievolmente al loro movimento, abbiano comin- ciato a costituirsi in reciproci ostacoli, e che le spinte, per il conti- nuo cumulo (li niatoriali lungo le spiagge esercitandosi pur sempre, abbiano prodotto un'intima compenetrazione delle masse ciottolose, originando un vero corrugamento che determinò la piega anticlinale della Collina. Ora a me sembra che se la miscela di questo materiale fosse avve- nuta con un'intima e completa compenetrazione degli elementi, com- penetrazione la quale spiegherebbe la presenza di ciottoli apenninici, commisti a quelli alpini nel versante nord della collina, e viceversa di ijuelli alpini nel versante sud di essa, allora la disposizione del conglo- merato e dello arenarie interpolate dovrebbe avere un aspetto del tulio caotico, ciò che in realtà non risulla punto. ' Sacci) F., Les rapporùs géo-tectoniqnes enlre tea Aìpes et Ics Apennins. (Bull. Soc. Belge de Geologie. Tome IX, 189:).) - ViRoiLto F., Sulla origine della Collina di 'furino. Risposta ai dott. l'e- derico Sacco. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XX, IX'OG.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 21'.) Anzi, si osservano in alcuni liioglii i;li strati conglomeratici della po- tenza non superiore ad un metro, i quali si possono seguire per tutta la distesa delle formazioni, e nei due rami dell'anticlinale. Il loro modo di presentarsi non potrelilit' quindi assolutamente spiegare la disposiziono a piega degli strati. Se invece la compenetrazione degli elementi non avvenne così inti- mamente, e le due correnti conglomeratiche urtandosi rigidamente, de- terminarono il corrugamento delle masse rispettive e di conseguenza la formazione dell'anticlinale, allora non si spiega il fatto della miscela del materiale nei due opposti versanti. 2." Dagli studi dello Spreafico, del Taramelli ' e del Sacco - risulterebbe come i Co iigloi aerati Comeìisi, alla base delle Prealpi Lom- barde, siano costituiti da rocco anfiboliche, sienitiche, dioritiche, grani- tiche, porfiriche, serpentinose, e da calcari nummulitici, elementi prove- nienti in gran parte, secondo questi autori, dalle formazioni della Val Sesia e della Valle del Toce, i quali hanno dovuto percorrere una via quasi da ovest ad est. Essi si costituirono, secondo l' ipotesi del Vir- gilio, nello stesso periodo in cui gli elementi frammentizii dei dintorni del Lago Maggiore (porfidi, graniti, calcari liassici) slittavano con direzione da nord-est a sud-ovest. L' età dei Conglomerati Comensi, come recentemente il Portis ■' ha confermato, è identica a quella dei conglomerati tongriaui dei Golii torinesi e come è possibile spiegarne la formazione, se i loro elementi venivano da ovest, mentre contem- poraneamente quelli del bacino del Verbano slittavano precisamente in direzione opposta? Come dunque hanno potuto le due correnti conglo- meratiche intersecandosi dirigersi in direzioni contrarie? ^ Tarameli! T., li Canton Tbcino ìiieridioaale ed i paesi /inùimi. Spiega- zione del foglio XXIV Dufoiir, colorato geologicamente da Spreafico, Negri e Stop- pani. Treviglio-Berna, 1880. 2 Sacco F., Gli anfiteatri morenici del Lago di Como. (Annali d. It. Accad. d'Agric. di Torino. Voi XXXVI, 188:5.) • 3 Portis A., Avanzi di Trugulidi oligocenici dell'Italia settentrionale. (Boll. Soc. Geol. Ita!. Voi. XVIIL 1809.) 220 G. DE ALESSANDRI. 3." I Goìiglomerati Comemi, i quali rappreseiitauo il prodolto di sfacelo, e quello di trasporto lluviatile, accamiilato kmgo le costo di im grande rilievo montuoso, non arrivano nella loro massima potenza, computando le arenarie interpolate, a 1000 metri, mentre i conglome- rati e le arenarie lungo le falde dell' Apennino, in alcuni punti oltre- passano i 1500 metri di spessore, e ciò mentre l'Apenuino aveva appena appena costituzione di catena montuosa. Ora se questa cifra ci rappresenta già per se stessa un fatto meraviglioso, come ammettere l'ipotesi degli scivolamenti, per cui il materiale lungo le falde apen- niniclie non rappresenterebbe che la minima parte di quello immenso, che ha dovuto accumularsi ed estendersi da raggiungere quello alpino ad una distanza di circa 00 chilometri dalla spiaggia apenuiuica ? 4." Esaminando le sezioni che accompagnano la seconda nota del dott. Virgilio ' non si può spiegare il modo di formazione dei deposili dei singoli piani, tenuto conto delle coudizioni batimetriche in cui essi si costituirono. Così i depositi àeWAquitama/iOj che in realtà hanno gene- ralmente facies di mare litoraneo, sarebbero secondo l'esame della Se- zione num. II dell'autore, depositi di mari assai più profondi di quelli del Langhiano, i quali, come ben si sa, rappresentano la zona di mas- sima profondità delle formazioni terziarie. Come pure sono poco verosimili le sezioni corrispondenti alla fase di deposizione d(3lle marne tortouiane, in rapporto a quella delle marne piacenziane, perchè secondo le sezioni del dott. Virgilio le prime rappresenterebbero depositi di bassofondo in rapporto alle seconde, mentre ovunque si osserva come le prime siano costituite da una formazione assai più pelagica della seconda. f)," Lo stato di conservazione dei fossili, che si riscontrano nei depositi interpolati ai conglomerali, è tale da escludere ogni sorta di pressione e di slittamento di essi. 1 A'iRGiLio F., Arr/omenti in appoggio della nuova ipotesi sulla origine della Collina di "forino. (Atii R. Accad. d. Scienz. di Torino. Voi. XXX, 1895.) APPUiNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 221 Infatti, lasciamo pure da parte la fauna, non abbondante certo, dei depositi aquitaniani e langhiani della Collina, ove si riscontrano spo- glie di Molluschi, di Balani, di Antozoi, e di Alghe (Zoophicos), che stabiliscono senza dubbio, essere avanzi di organismi vissuti in posto. E non teniamo neppure conto della ricca fauna elveziana delle note località di Torino {Termofouràj Villa Forzano, Grangia Torinese, Pian dei boschi. Rio Batteria, Monte Cajapuccini, qq.q,.), di Baldis- sero, di Sciolze, di Montiglio, di Rosignano, di Vignale, con quella meravigliosa conservazione, nei molluschi di ogni più minuto ornamento della conchiglia, colle numerose colonie couservatissime di Coralli, e cogli avanzi intatti di Briozoi, e di Foraminiferi. Ma la fauna dei de- positi tongriani, che si riscontra presso Gassino, coi numerosi radl'oli ■espansi e palmati di Echini, colle abbondanti valve esilissime di Cir- ripedi, coi gusci sottili di Brachiopodi, cogli avanzi gracili di Briozoi e di Coralli, per lo stato di conservazione di ogni più piccola promi- nenza e di tutta l'ornamentazione della loro superfìcie, non è assoluta- mente couciìiabile con le potenti pressioni che determinarono i movi- menti della massa slittante. E tantomeno con quelle sviluppate dall'urto delle due correnti alpina ed apenninica, urto che avrebbe determinato un intima comjìenetr azione delle masse ciottolose fra di loro, non ancora consolidate iwr cementazione. Riuscendo così inammessibile per la formazione della Collina di To- rino, l'ipotesi del Virgilio, io sono di parere come già dissi, che la sua origine debba unicamente attribuirsi ad una graduale formazione in posto per sedimentazione. I conglomerati tongriani si possono riguardare come provenienti in parte da rocce cristalline in posto, delle quali gli affioramenti di Pian- cerreto (Castelletto Merli) e di Rio Freddo (Albiignano) sono i ma- nifesti avanzi, e per la maggior parte da elementi alpini accumulati lungo le spiaggie del mare tongriano. Io credo che i fatti fin ad ora osservati nella tectouica alpina, non siano contrari ad ammettere durante l'Oligocene, la presenza di un Voi. XXXIX, 15 222 G. DE ALESSANDRI. continente emerso fra l'attuale piede delle Alpi e la Collina stessa. Con- tinente che come il Virgilio stesso suggerisce può essere scomparso per una fase di maggiore compressione che colla contrazione produsse un restringimento nello sviluppo orizzontale di tutti i terreni alpini. I suoi limiti si possono ritenere segnati a Sud da una linea di- stante appena qualche chilometro dall'attuale corso del Po. Da questa terra provenivano in gran parte gli elementi cristallini e quelli clastici, che si riscontrano abbastanza localizzati nei conglomerati della Collina di Torino. La sua scomparsa può essere avvenuta o al chiudersi dell'Oligocene stesso, oppure verso la metà del Miocene, come il Diexer ò proclivo ad ammettere. Nel primo caso, i conglomerati coi massi a spigoli vivi delle forma- zioni mioceniche (Aquitamano-Elvesiano) si potrebbero benissimo spie- gare, ammettendo una profonda denudazione di ampie plaghe oligoce- niche preesistenti, a breve distanza dall'attuale loro posizione ; nel secondo caso essi avrebbero avuto una origine diretta dalle roccie alpine come quelli delle formazioni tongriane. II materiale proveniente da questo continente, doveva necessariamente essere in parte ciottoloso, originato da azioni fluviali ed in parte a spi- goli vivi, determinato dall'erosione marina e meteorica delle spiaggie. Per spiegare il trasporto dei massi a spigoli vivi dalle regioni cen- trali della catena alpina, al punto ove attualmente si trovano, come pure la presenza di ciottoli stiiali fra gli elementi conglomeratici, si può ricorrere all' opera di ghiacciai che spingessero le loro fronti a non grande distanza dal mare. La dispersione del materiale che si sa- rebbe accumulato in vicinanza delle spiaggie marine sarebbe avvenuta nelle fasi di ablazione dei ghiacci e del conseguente sfacelo morenico. Essa sarebbe stata facilitata dai torrenti al[)ini stessi, i quali nelle loro piene impetuose li allontanavano dalle coste, costituendone am- pie conoidi di dejezioni che lateralmente per i fianchi si congiungevano le une colle altre. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 223 Tale trasporto fu naturalmente anteriore ai niovimeuti orogenetici che determinarono l'emersione della Collina Torinese, e ciò serve a spiegare come i massi a spigoli vivi si riscontrino in entrambi i suoi versanti. La presenza dei ghiacciai, non sarebbe per nulla inesplicabile, dac- ché oramai presso quasi tutti gli studiosi dei fenomeni glaciali, quali il Pengk, il Bruckner, il Du-Pasquier, il Taramelli, il Nigolis, il Goz- ZAGLio, ecc. ò sfatata l'idea di un'unica fase glaciale, e tutti accettano l'opinione dell' Heer, sulla pluralità delle glaciazioni durante il quater- nario antico, come d'altronde gli studi del Ghamberlin, del Salisbury e dello Smock hanno dimostrato per le formazioni quaternarie dell'Ame- rica del nord. Anzi il De Marchi stesso, profondo cultore di tali studi, ^ ammette non solo la possibilità di parecchie espansioni, ma altresì la probabile presenza di ghiacciai durante il terziario medio e superiore. E d'altra parte non è oggidì un fatto ritenuto da molti geologi, quello della presenza di avanzi glaciali nelle formazioni Permo-Garbonifere ? Il Neumayr 2 cita numerosi esempi di tali avanzi, rintracciati nei de- positi dell'India, dell'Afganistan, dell'Africa meridionale e dell'Australia, regioni ove durante Io sviluppo della flora della formazione carbonifera produttiva d'Europa, appariva una vegetazione affatto diversa dalle altre, caratterizzata dal genere Glossopterix , in istrati con grandi ciottoli striati, i quali secondo lui, non si possono altrimenti spiegare che ri- correndo all'azione del ghiaccio. Recentemente poi il David ' con osservazioni personali ha portato 1 De Marchi L, Le Cause dell' Era glaciale. Pavia, 1895. 2 Neuìla.yr M., Storia della Terra. Traduzione Moschen. Torino, 1899, di- spensa 136, pag. 164. 2 David T. W. E., Evidence of glacial action in the Carboniferous and Haivkesbury Series N. S. Wales (Quat. Journ. of Geol. Soc. Voi. XLIII, 1897, pag. 190), e Discoverg of glaciated boulders at base of Permc-Carboniferous system. Lonciiinvar Neio South Wales. (Journ. and Proceed, of the Pioy. Soc. of New South Wales. Vol. XXXIII, Sydney, 1898, pag. 154.) 224 G. DE ALESSANDRI. altre luminose prove sulla presenza dei ghiacciai, nei depositi Permo- Carboniferi di Lonchiwar, nella Nuova Galles del sud (Australia). È bensì vero che le flore in genere e le faune dei conglomerali ton- griani manifestano un clima caldo, non però tale in queste regioni, a mio credere, che la jninima temperatura annuale fosse superiore a 23°, come risSEL ritiene dall'esame delle formazioni coralline di Sassello.'' Come pure ritengo alquanto esagerate le cifre (20'' e 21°) che I'Heer^ crede, in base allo studio delle fiUiti, segnassero la media annuale du- rante il Miocene inferiore, nella Svizzera e nell'Italia ; imperciocché come il NfiUMAYR ha già osservato, in queste valutazioni I'Heer non ha te- nuto conto di un altro fattore, cioè dell'acclimatazione. Per di più, il doti. Peola ' in questi ultimi tempi, studiando la flora tongriana del- l'estremo lembo sud-est della Collina Torinese, e che affiora presso Pa- vone (Alessa?zdria), trovò, che la maggioranza delle specie è propria dei climi temperati, con un grande sviluppo di conifere, di cupulifere e di salicacec. 11 Peola vorrebbe spiegare la presenza di questa flora, attribuendola all'opera di correnti marine che ne avrebbero determi- nato il trasporto dalle regioni elevate delle Alpi occidentali; cosa, certo poco attendibile per un golfo ristretto, quale era il golfo padano du- rante l'Oligocene, tanto più che anche il prof. Bassani, ^ con quell'au- torità indiscutibile che egli ha in fatto di ittioliti, studiando quelli de- gli stessi depositi, osserva come gli avanzi fossili di Pavone spettino a specie affini a quelli abitanti i climi temperati del sud dell'Europa, dell'Asia e dell'America del nord. ^ IssEL A., Osservazioni sul Tongriano di Santa Giustina e Sassella. (Atti (1. R. Univers. di Genova. Voi. XV, 1900, pag. 15.) 2 Heer, Weber das /{lima und die Vegetations-verhaltnisse des 7'ertiàrlan- des (Recherchos sur lo Climat ot la Vegetation du pays tertiarc. Trad. G. Gaudin.) Winterthur, 18G1, pag. 191. 3 Peola. P., Flora tongriana di Pavone d' Alessandria. (Bull. Soc. Gool. Ital. Voi. XIX, 1900, pag. 36.) '' Bassani F. in Peola, Op. sopracit., pag. 58. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 225 Anche le flore oligoceniche della Provenza, compresi i pochi resti vegetali studiati recentemente dal Pliche, ^ presentano la stessa facies di clima temperato di quelli della Valle Padana, con notevole predo- minio di conifere e di ramacee. La fauna dei depositi tongriani ci appalesa realmente un clima caldo. Essa per la parte che riguarda gP invertebrati fu oggetto di studi im- portanti e numerosi, ma per non spingermi oltre i limiti segnati per questo mio studio, basterà esaminare brevemente la pregio volissima monografia che il Marchese G. Rovereto ha da pòco ultimato su quelli dell'Apennino Ligure. - Si può ritenere frattanto che i depositi oligocenici dell'Apennino ma- nifestano senza dubbio un ambiente alquanto più caldo, di quelli della Collina Torinese, e ciò si spiega colla vicinanza a quest'ultima di un'alta catena montuosa, la quale riversando abbondanti correnti fredde mitigava la temperatura dei mari. Ma ad ogni modo P esame di questa fauna ci addimostra come le condizioni geografiche e biologiche del litorale tongriano fossero, con tutta probabilità, quali noi le abbiamo ritenute. Infatti dalle considerazioni generali che il Rovereto premette alla de^ scrizione dei fossili, si deduce come la zona litorale propriamente detta, ossia quella compresa fra i limili delle maree, non sia riconoscibile nel- PApennino, per la mancanza di una facies speciale litologica, e per essere ivi scarsamente rappresentati i generi che nei mari caldi vivono nella zona delle maree. Egli ne conchiuse essere presumibile quindi che in tali litorali prevalessero le coste rocciose. Però un fatto as- sai più importante risulta dalle conclusioni del Rovereto, ed è come in questa fauna manchino quasi completamente i generi dei nostri mari europei, mentre la maggior parte di essi si riscontra ancora vivente nella regione Indo-Pacifica, anzi: a i generi tongriani cosi abbondanti 1 Pliche P., Note sur quelques végétaux de l'Oligocène dans les Alpes franraises. (Bull. Soc. Géol. d. France. 3.» Serie. Tom. XXVII, 1899, pag. 466.) - PiOVERETO G., Illustrasione dei molluscid fossili tongriani, ecc. (Atti R. Università di Genova. Voi. XV. Genova, 1900.) 226 G. DE ALESSANDRI. Crassatella e Cardila appartengono specialmente alla regione austro- zelandese, ti Ciò naturalmente può spiegarsi col fatto che nell'Oceano indiano, le grandi fasi modificatrici della fauna tongriana, dovute ai corrugamenti postoligocenici e postplioceuici, non si sono estrinsecate così intensa- mente come nelle regioni mediterranee. Ma quello, che, a noi maggior- mente interessa è l' osservare come questa fauna sia perfettamente compatibile colle condizioni climatiche quali io ritengo fossero quelle dell'epoca oligocenica: imperciocché appunto lungo le coste dei conti- nenti della regione Indo-Pacifica, e sovratutto nell'America del Sud e nella Nuova Zelanda, si riscontrano ghiacciai a brevissima distanza dal mare, in un clima caldo, presumibilmente identico a quello tongriano. E già lo Stoppani ^ si è intrattenuto sopra alcuni ghiacciai della Patagonia 'presso Conception e- Valdivia che spingono le loro fronti alla spiaggia marina ad una latitudine di 40" (ivi la precipilazione atmosferica è di metri 2. GO all'anno)^ ed il Maury di altri, che in questa regione scendono al mare presso il 45" di latitudine (dove la iwecipitazione di aerina annualmente raggiunge la cifra enorme di metri 15, 37). Nello stretto di Penas (ChiU, 46° 40 di latitudine), come già Darwin aveva osservato, e come di poi Sir George Eyres ha confermato, i ghiacci scendono al mare e sono portati lontani sotto forma di montagne natanti. Il Desor " pure si è occupato di alcuni ghiacciai della Nuova Zelanda (42" di latitudine), i quali secondo Hoghstetter, scendono a qualche centinaia di metri sopra al livello del mare, fra una vegetazione allatto tropicale. G(3rto senza spingersi alle arrischiate conclusioni del Del Pretto,^ ^ Stoppani A., L' Era neozoica hi Italia. Estratto dell'opera La Geologia d' Italia per A. Stoppani e G. Negri. Voi. 1, 1878, pag. ;U9. - Desor E., Le paysage morénique, son origine et ses rapports avec les for- mations pliocenes d'Italie. Neuchàtel, 1875, pag. 45. ^ Del Pretto 0., La degradazione delle Montagne e sua influenza sui ghiacciai. (Boll. Soc. Geo!. Ital. Voi. XIV, 1895.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 221 si può ammettere che durante l'Oligoceae le Alpi fossero erette in un' alta catena montuosa che le susseguite azioni atmosferiche degradatrici hanno profondamente denudato, e tali da ricettare ampi e sviluppati ghiacciai. E siccome, stando agli studi recenti del De Marchi, ^ l'epoca glaciale può solo spiegarsi con una diminuzione di temperatura sovratutto estiva, diminuzione che egli crede poter attribuire ad un maggior intorbidamento dell'atmosfera, dovuto a copia più rilevante di vapor acqueo, le grandi eruzioni di roccie vulcaniche {trachiti, rioliti, doloriti, andesiti, ba- salti, ecc.) che in Italia (Colli Euganei), in Francia, nella Valle del Reno, in Ungheria, nella Scozia, nell'Irlanda, nella Serbia ed altrove, si attribuiscono a quest'epoca colla conseguente emissione copiosa di vapor acqueo, ^ ci possono indurre a ritenere che anche le condizioni meteorologiche fossero favorevoli ad uno sviluppo glaciale. Ritornando ora, dopo questa lunga digressione, ai conglomerati apen- ninici, è ovvio l'ammettere che essi siano opera di due agenti diversi, cioè dell'erosione meteorica e marina delle spiaggie, e dell'accumulo di depositi fluviali, che sotto forma di gigantesche conoidi di dejezione, si costituirono alle foci dei torrenti. La corrispondenza osservata dal Mazzuoli fra la natura litologica degli elementi che costituiscono i conglomerati e quelle delle roccie in posto, sulle quali, o in vicinanza delle quali, si formarono i conglomerati stessi 1 De Marchi, op. cit., pag. 205. 2 Osservo in proposito, che tale ipotesi non sarebbe in urto coi recenti stud del prof. De Stefani sulle Accpie atmosferiche nelle fumarole (Boll. Soc. Geol Ital. Voi. XIX, 1900), perchè se da essi il De Stefani crede doversi ritenere ina raissibile che il vapor acqueo dovuto ad eruzione vulcanica, sia causa diretta del- l'aumento di precipitazione atmosferica, e quindi di espansione glaciale, questo non è il caso dell'ipotesi del De Marchi, perchè in essa si ammettono le eruzioni vul- caniche, solo come causa di maggior intorbidamento dell' atmosfera, attribuendole un' azione affatto secondaria e non essenziale. 228 G. DE ALESSANDRI. (corrispondenza confermata successivamente dalle ricerche del Sacco e deirissEL), conferma pienamente tale ipolesi. La potenza di questi depo- siti si può spiegare, appunto coli' Issel, ammettendo spostamenti positivi e negativi delle linee di spiaggia durati fmo al principio del Miocene. Durante la fase aquitaniana e langhiana il fenomeno ha cesiate le sue alternative le quali furono riprese di poi con minore intensità du- rante l'innalzamento dei fondi marini al cominciare òidVElve:^iaiio. Stampiano. Nella regione subapenniuica, lo Stampiano è costituito uniformemontfr da marne scialbe, arenacee, talora scistose, le quali sovratutto negli strati inferiori alternano con marne azzurrine straterellate, e che in alcuni punti inglobano lenti calcaree. La facile disaggregazione degli elementi litologici, fa sì che gli aftioramenti dei depositi stampiani, costituiscano una regione caratteristica, dalla tinta bianca dei colli, colle creste smus- sate e tondeggianti, dai fianchi solcati da infiniti rivoli tortuosi e mean- driformi, dalle valli larghe, espanse, a declivio dolcissimo, dalla scarsa vegetazione e quindi con limitate risorse agricole. Esso è tutto un paesaggio in rovina, che ricorda quello del mezo- zoico lombardo, caratterizzato dagli affioramenti delle marne fogliettate dell' Infralias, che il Taramelli ha recentemente chiamato : imemQfjio da Presepio. Lo Stampiano costituisce una zona di mediocre estensione orizzon- tale, la quale posa quasi sempre a ridosso dei conglomerati tongriani, e che sovente interpolata alle arenarie ed alle marne di quest'ultimi depositi, rende assai incerta la netta distinzione dei due piani. La sua tectonica, trsnne in vicinanza degli spuntoni di rocce cristalline, ò re- golare presentando gli strati un.' inclinazione quasi costante, da 30* a 35" Nord o Nord-Ovest; la sua massima potenza è pressapoco di 500 metri. Esso è scarso generalmente di avanzi fossili. I suoi affioramenti si riscontrano lungo il profilo che io seguo, a breve distanza da Pon- APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 220 zone, e più precisamente a Nord-Est del paese presso la Capella di Santa Maddalena, e presso la borgata Bistolfi, ove la tectonica degli strati per causa dei disturbi nei conglomerati sottostanti presenta con- torcimenti e pieghe locali, quantunque prevalga un'inclinazione di 30'' Nord-Nord-Ovest. I banchi arenacei grigi o verdastri, passano nella loro parte inferiore ad argille scure ed ivi in qualche località am- massi di concrezioni calcaree, dovute ad impasti di alghe, e di co- ralli, formano banchi attivamente ricercati per gli usi industriali. Fra queste arenarie ed argille che costituiscono ivi la zona stampiana, non sono rare le lenti ciottolose cogli elementi assai eterogenei, le quali non raggiungono quasi mai rilevante potenza, e che si possono considerare come il prodotto dei trasporti torrenziali in periodi di piena. La sponda sinistra della valle Verazza, deve la dolcezza dei suoi de- clivi, e la sua maggiore produttività agronomica, alla predominanza delle marne e delle argille sulle arenarie, e contrasta singolarmente con quella destra, ripida e sterile, costituita dalle formazioni conglomeratiche. Dalla valle Verazza la zona stampiana attraversata la strada provin- ciale Ponzone-Acqui, si estende in una lunga apofisi a Nord; e si spinge fino alle vicinanze del Molino della Gariogna formando la parte bassa della regione; mentre le formazioni aquitaniane, che su essa si posano coi loro banchi compatti e resistenti, costituiscono le punte più ardue ed elevate. Presso il Molino Gariogna, fra le marne scialbe, lievemente arenacee, si osserva un potente banco formato quasi intieramente da ostriche e giacente attorno ad una scogliera madreporica, della quale lateralmente vi sono avanzi evidenti. Ivi fra i numerosi esemplari di 0. ((jigaii- tostrea) gigantlca. Sol. sp., che hanno grandi dimensioni, sono fre- quenti altre specie di piccola mole, alcune delle quali si possono rife- rire alla 0. (Pijeìiodoida) Qmteleti Nyst. sp. Interrotta e ricoperta dai banchi arenacei ^(iV^ Aquitaniano che si osservano presso il Monte Croce, la zona stampiana presso G. Gincin- noro, presenta arenarie giallicce, psammidche, compatte, a frattura 230 G. DE ALESSANDRI. scagliosa, in istrati potenti e ricchissimi di Numinuliti; queste ultime talora formano agglutinamenti numerosi, commisti a colonie di Briozoi e steli di Pentacriuo. Per una sottile striscia, dovuta a frattura ed abrasione dei banchi arenacei superiori, essa penetra nella valle del torrente Ravanasco, fa- sciando l'afììoramento di serpentina e di peridotiti, sopra il quale pog- gia il banco conglomeratico tongriano, che si riscontrano presso C. Ferri. Al contatto fra lo Staminauo ed il conglomerato, si trovano arenarie verdastre, con qualche avanzo di Ostrea sp. Pecten arcuatus Brocc. sp. e Actiìioholm Laurae Brongn. sp. Quest' ultimo fossile è uno dei più caratteristici delle formazioni tongriane di Castelgomberto (Veneto). Naturalmente, in queste località, la tectonica presenta locali disturbi, ed in alcuni punti gli strati assumono un'inclinazione di 50" ed anche W Nord. Ad oriente della sezione che ho seguito, lo Stamjnam prosegue for- mando una stretta fascia lungo la sponda sinistra del torrente Verazza. Sotto alla borgata Poggio, lungo la via che conduce a Grognardo, mo- lasse azzurrine e banchi potenti di marne verdastre, scistose, inclinate da 2O0 a 25" Nord Nord-Est, presentano abbondanti avanzi fossili, fra i quali ho raccolto e determinato le seguenti specie; Carcarodon au- riculatus Blainv. , Odontasjds Jlopei Agass., Oxyrhitia Desorii Agass., Natica eburniformis Oppenh., Entalis simi^lex Micht. sp.. Teredo sp. Pholadomya trigomUa J\licht., Loxocardimn cf. falla- sianum Bast, sp., Lucina sp., Crassatella carcariensis Micht., Nic- ciUa ajienninica Bell., Pecten. arcuatus Brocc. sp., Ciùbitostrea frondosa De Serr. sp., Schizaster Staderi Agass., Schizaster cf. ])e- sori Wright.^ Montivaultia cf. bormidensls E. H., Stylojjìiora annu- tata Reuss., Nummulites intermedia Arch., N. biaritzensis Arch., N. striata D'Orb,, Opercolina complaìiata Bast. sp. Fra questi fossili VO. comjìlanata è così abbondante da potersi di- stinguere col suo nome le formazioni marnose che le contengono, e tali marne a Opercoliue si riscontrano altresì sopra il villaggio di Grognardo APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 23 i ed a Sud di Prasco. Presso Molare perù, le marne verdastre assumono l'aspetto sabbioso ed arenaceo, e come già ebbe ad osservare il prof. Taramelli ^ oltre alle OjìercoUnej esse contengono numerose altre spo- glie di foraminiferi spettanti ai generi Nummulina, Jiohulina^ Nodo- saria^ Ani^histegina, ecc. Attorno airafliorameuto cristallino del Mar- sapiede^, ove le marne passano gradatamente nella loro parte superiore a banchi arenacei, ho raccolto alcuni esemplari di OUrea cijathula Lamk., forma caratteristica dei depositi stampiani del bacino di Parigi, e degli strati di Jeurre, con qualche altro avanzo di 0. Cosmani (?) Dollf. AQche qui la regolare disposizione degli strati soffre numerose in- frazioni, dovute naturalmente ad un diverso modo di comportarsi fra le rocce clastiche oligoceniche e quelle cristalline in rapporto ai solle- vamenti dell'ultima fase del terziario. In vicinanza di Cassinelle, presso G. Crenna, la zona stampiana ha facies lacustre e salmastra, ed è litologicamente costituita da banchi di marne azzurre, poco compatte, interpolate da ai'enarie e molasse gri- giastre. In tutte queste formazioni si osservano numerosi avanzi inde- terminabili di finiti, e frammenti di Potamides e Gijrena. Ad oriente di Gremolino, sopra la C. Belletti, le arenarie grigiastre alternate da banchi di marne compatte, passano insensibilmente ed in piena concordanza ai banchi superiori arenacei, che costituiscono la base iÌQWAquitaniano. La delimitazione fra i due piani riesce abba- stanza incerta; si può solo come carattere distintivo, osservare che VAcjui- tanicuio è rappresentato da uu' evidente predominanza di banchi are- nacei su quelli marnosi, e che le sue arenarie sono più compatte, più psammitiche e quindi di migliore applicazione all'edilizia. Anche il pae- saggio ove esso affiora è più mosso, con burroni profondi, creste ele- vate, e talora scoscese, rivestite sempre da rigogliosa vegetazione. Nelle marne stampiane non sono rari gli avanzi fossili ed io vi ho raccolto esemplari dei generi Ostrea, Pecteii, Cardiam^ Tarritella^ Taramelli T., Osservai, geol. in occas. del traf. ecc., pag. 9. 232 G. DE ALESSANDRI. Xeriophora, Comis, ecc. radl'oli di Echini e steli di Briozoi. Altri fos- sili di questa località si coaservano nelle raccolte del R. Museo Geo- logico di Torino. Strozzato, ed in parte abraso, dal corso impetuoso dell'Orba, lo Stamjjìano ricompare in una stretta fascia a Sud di Tagliolo, Lerma e Mornese colla solita facies litologica e con una tectonica regolare. Nel territorio di Tagliolo le marne grigiastre, alterate, che affiorano presso G, Lavine, e le arenarie grossolane di G. Guchera inferiore, presentano conservatissimi avanzi di Cefalopodi, Gasteropodi, Echini, Coralli, Briozoi, dei quali una buona raccolta mi venne recentemente comunicata dal sig. A. Colla studente del R. Istituto Tecnico Superiore di Milano. Non sono rare in queste località, lenti ghiaiose arenacee, interpolate alle mo- lasse ; queste ultime si fanno frequenti in vai del Lemme, ove presso G. Riccoi, sono alterate, presentando una colorazione gialliccia, dovuta ad abbondanza di idrossidi di ferro. Ivi esse contengono abbastanza frequenti avanzi di Foramiuiferi. Nella valle della Scrivia, presso borgata Chiapparola, la zona stam- piana, nei suoi strati inferiori, ha facies nuovamente lacustre, colle solite marne e con banchi ghiaiosi e ciottolosi, costituiti da elementi arrotondati e di piccola mole: mentre nella sua parte superiore conti- nuano le molasse cineree, riccamente micacee. In questa regione, fra la zona oligocenica e quella miocenica, si os- serva talora una leggiera discordanza, dovuta naturalmente all'azione delle spinte sollevanti, che determinarono colla fine dell'Oligocene, un periodo di potente emersione delle formazioni subapeuniniche, perioda che si protrasse al Miocene inferiore, e durante il (piale una rapida fase di abrasione costituì la pila considerevole dei depositi aquilaniani. Ad occidente della sezione esaminata, la zona stampiana si estende in una striscia assai irregolare e di limitato isviluppo, che si osserva a Nord del paese di Gartosio, e che lungo il rio del Senatore sale verso Montechiaro, a Sud del quale, il paesaggio stampianu ricompare nella sua forma piii tipica e più sviluppala. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 233 I nomi appuiilo di alcune localitfi, quali Roccah lanca, Montechiaro, Robianco, traggono senza dubbio la loro oi'igine dallu tinta bianchiccia delle formazioni che ivi alììorano. La facile alterazione degli strati agli agenti atmosferici, ha favorito l'erosione della Bormida, la quale ap- punto ivi ha potuto espandersi in quella bellissima conca, che si estende fra le alture ove giaciono Montechiaro, Denice e Monbaldone. I banchi arenacei compatti ùèWAquitaniano, che da Montechiaro si spingono verso borgata Satragni, hanno coi loro affioramenti, sbarrato a Nord la vallata, obbligando la Bormida a restringere il suo alveo nel- l'angusto andito che si riscontra a breve distanza dal paese di Ponti, A Sud gli affioramenti arenacei dell'elevato lembo tongriano di Monte Castello, in faccia a Monbaldone, hanno limitato verso mezzodì l'am- pio bacino, il quale poi nuovamente ricompare assai esteso attorno a Spigno. Lungo la strada che da Malvicino mette a Turpino, sono fre- quentissime le intercalazioni di arenarie verdastre, alle marne, con una infinita serie di graduali passaggi, per cui la delimitazione dei due de- positi oligocenici è assai arbitraria. Le plaghe stampiane sono in questa regione talora fossilifere e le marne ad OpercoUiie presentano avanzi numerosi, ma di pessima conservazione, spettanti a Molluschi, ad An- tozoi ed a Foraminiferi. Presso G. Grosso, in vicinanza della strada pro- vinciale Acqui-Savona, lungo la valle della Bormida, le molasse gri- giastro contengono numerosi avanzi di Ostree, riferibili alcune all'O. {Pijcmdonta) cochlear. Poli var. alala For., ed altre probabilmente spettanti all'O. (Pìjcìiodo)ila) Queleleti Nyst. sp. Nel Bric Albarella sopra Mombaldone, e più oltre presso Rocchetta di Spigno, banchi potenti di arenarie compatte, grigiastre, ad elementi serpentinosi e micacei, le quali formano un elevato gradino sulle forma- zioni stampiane iniziando la serie miocenica, contrastano spiccatamente coi loro banchi eretti in creste frastagliate colle dolci elevazioni ap- pena ondulate dell'Oligocene. La plaga stampiana oltre Monbaldone piega bruscamente a Sud e costituisce gran parte delle colline sul .versante sinistro del bacino della Bormida di Spigno. 23 1 G. DE ALESSANDRI. In queste località, il passaggio da una formazione all'altra è abba- stanza evidente, oltreché dall'aspetto del paesaggio e dalla costituzione litologica, anche da una leggera discordanza stratigrafica. Però, quasi ovunque la stratigrafia dei depositi stampiani è regolare, con uq inclina- zione costante da 12° a 15*' 0., N., 0. A mezzodì verso Cagna, Santa Giulia e Garetto, la zona, ridotta a piccola striscia, costituisce la parte bassa della regione, nella quale VAquitaniano segna il displuvio fra le due Bormide. Ivi, la quasi completa assenza di pascoli e di ve- getazione arborea, il rapido sfacelo dei depositi, la scarsità di acque e la mancanza assoluta di ogni risorsa industriale, fanno sì, che la plaga sia eccezionalmente povera, di diffìcile viabilità, e quindi con scarsa popolazione. MIOCENE. A.quitaniano. Sopra la formazione stampiana posa una pila di depositi, che costi- tuisce la formazione più sviluppata per estensione e per potenza del Ter- ziario medio. Litologicamente, nella parte inferiore, essa consta di banchi assai po- tenti di arenarie grigio- verdognole, ad elementi tondeggianti, di natura serpeuiinosa e talora quarzifera , cementati da un calcare scuro , poco compatto, e quindi di facile alterazione. Contiene numerosi fossili in discreto stato di conservazione, e di facile isolamento. Nella parte su- periore è costituita da marne grigiastre, assai friabili, le quali alter- nano con strati arenacei di non grande spessore (da 10 a 15 centi- metri), compatti e talora laminati, quasi sempre privi di fossili. Fra le marne e le arenarie costituenti la zona aquitaniana, si osservano in alcune località, lenti di calcare compatto o brecciato, costituite da impa- sti di Lithoihamni, Foraminiferi e Briozoi, le quali talora, per una straor- dinaria abbondanza di Pettini, passano a vere lumachelle. APPUiNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 235 La maggiore resistenza alla degradazione aimosferica dei depositi aquitauiani iu rapporto a quelli sovrastanti, ed a quelli sottostanti, fa sì che il paesaggio ove essi affiorano, sia spiccatamente distinto per un aspetto più irregolare, anzi talora alpestre, irto di punte elevate e sco- scese, e solcato da burroni profondi a pareti ripidissime, che la folta vegetazione arborea rende più pittoresco. Le sue creste erette e di facile difesa servirono di sicura dimora nei tempi passati, sicché sorsero numerose nella plaga aquitaiiiana castelli, e villaggi medioevali che ne incoronano le alture. Non mancano in questa zona avanzi di frane importanti sovratutto lungo le valli che seguitano così ad incassarsi profondamente presen- tando cascate e precipizi. Le valli del Ravanasco presso le Termo di Acqui, la valle della Ganaretta presso Montecrescente, e quella di San- t'Anna fra Ponti e Castelletto d'Erro ne contengono numerosi esempi dovuti quasi tutti all' erosione ed all'ablazione. La più memorabile di queste frane à stata quella avvenuta lungo le pendici Nord-Ovest del Monte Stregone, presso lo Stabilimento Termale di Acqui nell'anno i(i79, la quale roviaò e seppellì completamente i grandiosi edifìci eretti at- torno alle fonti termali. La massa franata fu straordinariamente volu- minosa perchè si rileva dallo storico acquese Biorci, come una villa posta verso la metà del colle sia venuta giù intiera sino ai piedi dello stesso monte, senza offesa alcuna, né dei coloni, né delle bestie, che dentro si trovavano, e che nel giorno appresso furono estratte sane e salve. La zona aquitauiana rappresenta in complesso un deposito litorale, con sedimentazione omogenea, non disturbato da forti correnti. I banchi e le lenti calcaree, che vi si trovano, sono dovuti a sedimenti orga- nici di scogliera, a facies corallina (Tipo Recifal Renevier) formatisi a breve distanza dalle coste, in forma di barriere madreporiche, alla costituzione delle quali concorsero anche abbondantemente spoglie di Fo- raminiferi e Briozoi, commiste a spicule di Sponziari, frammenti di Echini e di Bivalvi, mentre il calcare incrostante sembra dovuto per la maggior parte ad alghe. 936 G. DE ALESSANDRI. Quesla zona ha una larga estensione orizzontale ed un* inclinazione quasi costante, che varia dai 15" ai 18° Nord-Nord-Est; la sua po- tenza è iu alcuni punti enorme, cosa che non deve soverchiamente me- ravi'diarci, allorché si consideri, che essa è dovuta ad erosioni intense delle formazioni apenniniche, deposte sopra la spiaggia di un golfo li- mitato, ove la dispersione per opera delle correnti era probabilmente nulla. Il Mayer calcolò che essa nella regione compresa fra le valli delle due Bormide raggiungesse i 3000 metri; il Sacco la ritenne alquanto minore cioè da 2500 a 2G00, non escludendo per altro la possibilità ■che in alcuni posti, tocchi i 3000 metri; il De Stefani ed il Tra- bucco ritenendo esagerate queste cifre, le attribuirono uno spessore di 500 metri, osservando il De Stefani che presso Montecrescenle, luniTo la valle della Bormida, si ha un'ondulazione secondaria che co- stituisce una ripiegatura negli strati. L'Issel, recentemente ritenne che tanto VAquitamaiio, quanto il Bormicliano, non oltrepassino i 1000 metri di potenza: cifra ritenuta anche dallo Sciiaffer, come rappresen- tante il massimo spessore di queste formazioni. A me sembra che la cifra media, esprimente la potenza della zona aquitauiana, si possa valutare pressapoco a 2000 metri, senza esclu- dere che in alcuni punti, possa giungere a 2500. ^ 1 Se noi osserviamo infatti la recente carta geologica do! prof. Trabucco nella quale la zona aquitaniana, corrisponde perfettamente a quanto egli ritiene Langhiano inferiore, e seguendo l'inclinazione degli strati N. N. 0., noi misuriamo lo svi- luppo orizzontale della zona stessa, dalla valle Verazza fino a G. Pignata presso la Bormida, si ha una lunghezza di millim. 01,5, corrispondente ad un'estensione di 4512 metri. L'inclinazione degli strati, secondo tale autore sarebbe di 20» circa dimodoché applicando la nota formola trigonometrica che determina in un triangolo rettangolo la lunghezza di un cateto, conoscendo l'ipotenusa e l'angolo compreso ^ = a sen «, si avrebbe che h, il quale nel nostro caso rappresenta la potenza degli strati, sa- rebbe uguale a 15 i3 metri. Naturalmente questa cifra va presa come cifra appros- APPUNTI DI (ìEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 237 I depositi aqiiitaiiiani liaimo una discreta importanza economica, mas- sime per i calcari che contengono, i quali sono scavati in grande scala ed utilizzati, come pietra da taglio, come pietra da costruzione e sopra- tutto come pietra da calce. Le arenarie che stanno nella parte superiore di tali depositi si presen- tano in strati compatti e sottili, sono conosciute localmente col nome di Pietra di Cavatore e di Visone, ed hanno buone applicazioni industriali, rappresentando il materiale più in uso e più apprezzato nell'edilizia ac- quese. Quelle dei banchi inferiori, per la notevole potenza dei loro strati e per la loro omogenea costituzione, rappresenterebbero un buon mate- riale da rivestimento ed ornamentazione, e pel passato erano largamente scavate lungo il torrente Ravanasco ed utilizzate negli usi locali per prepararne vasche, colonne, stipiti, mensole, balaustre, senonchè la loro facile alterazione le rende di poca solidità e durata. Tali arenarie vennero pure usate in larga scala come materiale da rivestimento nella costruzione del ponte Carlo Alberto sulla Bormida, dove però in brevissimo tempo dovettero in parte essere sostituite, mentre quelle rimaste per causa di una profonda alterazione dei loro elementi ed uno sfacelo assai avanzato hanno sciupato tutti i motivi ornamentali del ponte stesso. Percorrendo la linea che segue il mio profilo si riscontra la zona aquitaniana, salendo il fianco settentrionale della valle Verazza, quasi verso la sommità della cresta che separa questa valle da quella del simativa, ma certo molto prossima al vero, impercioccliè in questa regione, per quante minute indagini io abbia fatto, non ho riscontrato disturbi stratigrafici im- portanti, né spuntoni di roccie più antiche. Ma V Aquitaniano presenta un maggiore sviluppo nella regione compresa fra le valli delle due Bormida, da Rocchetta di Spi- gno a Yesime, e, se sulla stessa Carta geologica misuriamo l'estensione orizzontale, si trova che essa raggiunge ivi la cifra enorme di 10720 metri circa. L'inclina- zione media degli strati si può ammettere prossima a i2« quantunque probabil- mente sia maggiore, sicché si avrebbe quivi una potenza di 2228 metri, la quale però non rappresenta ancora il massimo sviluppo della formazione aquitaniana per- chè esso si riscontra un po' più ad Ovest verso Cortemiglia. Voi, XXXIX. n; 238 G. DE ALESSANDRI. Ravanasco. Presso G. Scuti e G. Bologna, un grande banco arenaceo di colorazione grigiastra, ad elementi serpentiuosi e quarziferi, forma un gradino spiccato ed eretto di una diecina di metri sulle formazioni sot- tostanti, iniziando i depositi aquitaniani. Il banco in queste località è ricchissimo di avanzi fossili fra i quali comunissimo è V Echiiwlampas plagiosomus, talché si può distinguere con tale nome la formazione stessa, la quale, per minore compattezza e minore cementazione dei suoi strati, è stata nella valle del Ravanasco abrasa profondamente, lasciando afTiorare così le marne oligoceniche sottostanti. Su queste marne posa la G. Ferri, ma poco a nord di ossa il banco laciniato ricompare coi suoi strati potenti e riccamente fossiliferi ; degli avanzi ivi raccolti mi occuperò più oltre, descrivendo quelli dei calcari di Acqui e di Visone. Ivi la tectouica degli strati è regolarissima, dimo- doché è evidente che il movimento, il quale ha disturbato le formazioni oligoceniche, attorno allo spuntone di rocce cristalline, che ivi si riscon- trano, ha preceduto il depositarsi delle arenarie aquitaniane. Superiormente un'alternanza regolare di strati arenacei compatti, e di marne fi*iabili gialliccie od azzurrastre, per insensibili passaggi con- duce alle formazioni langhiane, le quali però sono sempre evidentemente discernibili per una maggiore compattezza e scistosità degli strati mar- nosi, i quali hanno colorazione più intensamente azzurra e fauna a tipo pelagico. Di più nel Langhiaao le marne presentano un grande pre- dominio sulle arenarie, mentre neìVAquitamano si ha il caso inverso. Nella parte superiore della zona aquitauiana, quasi al contatto col LcDighiano, si riscontra alle falde del Monte Stregone la lente calcarea conósciuta col nome di Calcare di Acqui, la quale^ per profonda erosione del torrente Ravanasco, el anche per la grande quantità di materiale asportato, è ora spezzata in due parli, che si osservano sulle opposte sponde del torrente. La massima potenza del calcare è di circa 20 metri, ed ora in causa dei lavori compiuti per l'estrazione della roccia, esso si presenta come un gran mui-o verticale, sormontato da arenarie grigie, marnose facilmente disaggregabili, che in alcuni punti si alternano con marne inalliccie a frattura concoide. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 230 L'iuclioazione di tiiUi questi depositi, è di 18" circa Nord Nord-Ovest, ed è manifesta la loro immersione sotto alle marne langhiane, che sulla sinistra dellu Bormida si osservano in vicinanza del ponte Carlo Alberto, e lungo la strada clic da Acqui conduce alle Terme. Il calcare ha struttura compatta, generalmente omogenea, frattura irregolare, superfìcie scabrosa, colorazione bianco-gialliccia; per tali ca- ratteri ricorda all'aspetto quello di Gassino in Piemonte, mentre quello della parte superiore contiene frequenti inclusioni serpentinose in forma di ciottolini, ed allora si avvicina maggiormente ai calcari di Gomabbio e di Montorfano Comasco, in Lombardia. Ha ottime qualità industriali, sia come calce da costruzione, la quale per la silice che contiene ha leggera tendenza all' idraulicità, sia per gli usi agricoli, impiegato sovratutto nel preparare il latte di calce delle miscele che oggi tanto si adoprano per combattere la Pernospora vi- ticola. 11 prof. Campani della scuola Industriale di Pisa ha recentemente analizzato tale calcare e vi ha riscontrato: Carbonato di calce parti gr. 052 Silice •' 1.054 Ossido di ferro « 1.181 Ossido di magnesio .... « 0.052 • Acqua « O.OGl La calce si prepara sul posto, mediante la torrefazione con alti forni, di proprietà del cav. F. Toso. Il calcare massime nella sua parte superiore, a contatto delle arenarie, presenta numerosi avanzi fossili ben conservati, ma di difficile estrazione, dei quali mi occuperò più oltre, nonché ammassi di materiali legnosi, neri, lucenti con gusci di teredini. Anche le arenarie sovrastanti sono ricche di petrefatti e la loro fauna presenta un naturale passaggio a quella laughiana. 2-iO G. DE ALESSANDRI. La formazione aquitaiiiaaa ad oriente del Ravanasco si restringe bru- scamente, formando l'altura dirupata di monte Stregone e, nelle vici- nanze di Visone, ha un limitatissimo sviluppo in estensione. Quivi, nella sua parte inferiore, al banco arenaceo se ne sostituisce uno calcareo, che anch'esso ha una potenza da 10 a 15 metri, e si erge come una ripida parete sulle marne arenacee dello Stam.piam. Litologicamente questo calcare non diversifica molto da quello di Acqui, ove si eccet- tuino una colorazione più bigia, taloi'a lievemente rossiccia, e numerose inclusioni, che gli conferiscono una resistenza maggiore alle alterazioni atmosferiche, ed im aspetto più brecciato. Esso presenta quindi grandi analogie coi calcari di Centemero e monte Gillo in Lombardia. Le sue applicazioni industriali sono pure ottime, ma più che una pietra da calce, esso è un materiale da taglio assai pregiato nell' edi- lizia, quantunque le frequenti inclusioni ferruginose, che contiene, e di facile alterazione ne deturpino la sua tinta caratteristica. Si estrae abbastanza agevolmente in grandi lastre che vengono lavorate in posto, la maggior quantità però viene asportata ed è torrefatta presso Visone ed Acqui. A tetto del calcare si trovano straterelli di arenaiie e di marne gialliccie, di piccolo spessore. Tanto il calcare, quanto lo marne e le arenarie contengono numerosi fossili, dei quali il più frequente è V EcMnolampas 2')l<^gioso7mùs ; in alcuni punti il calcare, per straordi- naria quantità di Pettini costituisce una lumachella assai compatta. La sua fauna ò naturalmente sincrona con quella di C. Ferri, e quindi alquanto più antica di quella del calcare di Acqui. Passo ora ad enumerare le specie fossili che ho raccolto in questo piano, e siccome per la loro scarsità, e per le lunghe divergenze sorte noli' interpretare la posizione geologica di queste formazioni, esse hanno maggior importanza delle altre, così farò seguire al nome di ciascuna specie qualche breve considerazione sui loro caratteri più spiccati, e le indicazioni inerenti alle principali località ove recentemente furono raccolte. 1 fossili descritti provengono da tre località dififereuti che come ho APPCNTl DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 2-41 già osservato, sono ; le arenarie del Ravanasco presso G. P'erri, le quali sono anche fossilifere ad occidente verso il monte Capriolo (Cavatore); le arenarie ed il calcare sottostante, che si osservano presso le Tenne che per brevità chiamerò calcari ed arenarie di Acqui, od infine il calcare e le marne di Visone. Essi, ove si eccettui lo Squalodon Ga- staldii, furono tutti raccolti da me stesso in numerose escursioni conti- nuate per parecchi anni, in alcune delle quali mi furono di sommo aiuto le indagini pazienti del noto raccoglitore sig. E. Forma di Torino. Si deve quindi escludere il dubbio che tali fossili provengano da altre lo- calità, e quantunque nel R. Museo Geologico di Torino, nel Museo Ci- vico di Milano e nel Museo del R. Liceo di Como si conservino avanzi più 0 meno numerosi dei dintorni di Acqui, tuttavia io non ho tenuto conto di questo materiale, non conoscendone la precisa provenienza. Gli Echini della mia raccolta furono oggetto degli studi speciali del dott. C. AiRAGHi, ma siccome posteriormente alla pubblicazione della sua nota, io ho rinvenuto nuovi esemplari in altre località, così darò pure di essi qualche breve cenno. Geu. Squalodon Grateloup. Squalodoii Gastaldii Brandt. (Brandt J. F., Waters . iiber die fossil, imd subfossil. Cetaceen Europeas. Memoir, de l'Acad. Imp. des Sciences de Saint-Pétersbourg. Sèrie VII, Tom. XX, pag. 396, tav. XXXII, fig. i-23). Fra gli avanzi fossili raccolti nel Miocene inferiore del Piemonte, sono certamente di gran pregio quelli riferibili ad uno scheletro di Squalodonte^ che il prof. Gastaldi raccoglieva verso il 1855, e che ora si conservano al Museo Geologico della R. Università di Torino. Il Gastaldi dopo avere raccòlto e preparato con cura i vari fram- menti di questo fossile, ne faceva più tardi disegnare i pezzi più im- portanti (mascellari inferiori, denti, vertebre cervicali, vertebre poste- 242 G. DE ALESSANDRI. rion, vertebre dorsali, vertebre lombari, vertebre caudali, coste) e li mandava in istudio al prof. Brandt dell'Università di Pietroburgo, il quale nella sua classica opera sui Cetacei fossili e siih fossili d'Europa, li descrisse come appartenenti ad una nuova specie, distinguendola col nome del Gastaldi. Non è mio intendimento, e neanche l'indole del mio studio lo com- porterebbe, riportare la minuta descrizione di questi avanzi fatta dal- l'illustre Getologó russo; tanto più che essa è riferita integralmente nel Catalogo descrittivo dei Talassoterii rinvenuti nei Terr. Terz. del Piemonte e della Liguria (Memor. d. R. Accad. d. Scienz. di Torino. Serie II, Tom. XXXYII) del Portis alla quale egli aggiunse alcune note e considerazioni sulle specie vicine. Riguardo alla posizione degli Squalodon nella serie stratigrafica os- serverò collo Zittel {Traile de Paleont. Tom. IV, Vertebrata, T^a^g. 170) come questo genere abbia una grande diffusione nel Miocene della Francia dèi sud, della Germania e dell'Italia. Però della specie ,S'. Gastaldii dopo il Brandt, solo il prof. G. Capellini descrisse dubitativamente nel 1882 alcuni frammenti {Avanzi di Squalodonte nella molass. marn. miocenica del Bolognese. Mem. Accad. d. Scienz. d. Istit. di Bologna, Serie IV, Tom. Ili, 1882) fra cui un frontale destro, un apparato udi- tivo, ed una falange provenienti dalla melassa marnosa, miocenica di Jano nel Bolognese. Aggiungerò in ultimo che il barone A. De Zigno nel i87G (A. De ZiGNO, Sopra i resti di uno Squalodonte scoperti nell'arenaria mio- cenica del Bellunese. Mem. d. R. Istit. Venet. di Scienz. Lett, ed Art., Voi. XX) illustrò pure importanti avanzi di Squalodonte {S. Catulloi, De Zig.), i quali hanno grandi analogie collo S. Gastaldii, e questi avanzi furono raccolti nelle arenario aquitaniane del Bellunese. Lo .S'. Gastaldii fu rinvenuto nel calcare di Acqui. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 243 Geli. Carcharodon MùUer et Heiile. Carcharodon megalodon Agass. (Bassani F., Contributo alla Pa- leontologia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti R. Ac- cad. delle Scieuz. fis. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV, pag. 14, tav. I, fig. 1-2), cum. syn. Denti con dimensioui abbastanza considerevoli relativamente agli altri finora raccolti in Piemonte ; nei quali la corona è robusta, rigonfia, con una spiccata depressione alla base della superficie interna. L'apice è ge- neralmente dritto, non ricurvo in dentro, i denti marginali arrotondati, mancano le orecchiette o ripiegature dello smalto alla base ed ai lati della corona. Secondo gli autori questa specie avrebbe avuto una straordinaria dif- fusione e sviluppo nella serie terziaria ed avrebbe vissuto nientemeno che dall'iniziarsi dell'Eocene fino al termine del Pliocene. Gli studi perù recenti, fondati sull'attenta comparazione degli esemplari raccolti nelle di- verse località, va man mano dimostrandoci come probabilmente essa sia comparsa solo in principio dell' Oligocene per estinguersi alla fine del Miocene. Così i denti eocenici di C. megalodon descritti dal Gibbes [Monog. Fossil. Squalidae El. S. Journ. Acad. Nat. Se. Phil., Vol. I, pag. 143, tav. XVIII e XIX, fig. 8 e 9) provenienti dall'Alabama e dalla Carolina del sud vanno considerati come di provenienza non del tutto conosciuta e non ancora per bene sincronizzata colle formazioni europee; quelli ci- tati dal Bassani {Ittiol. del Veneto. Att. Soc. Venet. Trent., Vol. V, 1877) e dal LioY [Sopra alcun. Vert. foss. del Vicentino. Atti Soc. Ital. Se. Nat., Voi. Vili, 1866) nell'Eocene del Veneto, come il prof. Bassani stesso dubita, provengono con tutta probabilità, da terreni oligocenici; mentre quelli di Gassino in Piemonte vanno riferiti a C. auriculatus Agass. ed a C. subserratus Agass. 244 G. DE ALESSANDRI. Gli esemplari ascritti a questa specie provenienti dal Pliocene ita- liano vanno al' contrario riferiti a C. Rondoletii MiìU. et Henle, specie comunissima nei terreni pliocenici del Piemonte, dell'Emilia, della To- scona, della Calabria, della Sicilia, ecc. Il Woodward {Catalog, of fossil fishes ill the Brit. Mm., 1889, pag. 417) riferisce a C. megalodon alcuni esemplari provenienti da Woodbridge e Felixtowe (Lighilterra), ed altri da Anversa (Belgio) giacimenti die egli ritiene pliocenici ; os- servo perù che quest'ultima località è costituita dal crag aero forma- zione che i geologi del Belgio chiamano Aìiversieii^ la quale sembra la continuazione di quella al di là della Manica afliorante sulla riva in- glese, e che giusta le attuali vedute dei geologi (Dépéret, Rènevier, Sacco, ecc.) viene riferita al Miocene superiore, o Messitiiam. Il C. megalodoii fu riscontrato nell'Oligocene d'Italia a Sassello, Pen- zone, Morbello, Pareto, Mioglia, ' Dego, Castelgomberto, Santa Trinità di Montecchio Maggiore, in Val di Lente, monte Moscalli, monte Titano, Capo delle Armi, ecc. ed in quello del Belgio e della Germania, e nel Miocene inferiore (Aquitaìiiano) a Schio, a Belluno, a Stilo, a Palmi, ecc. Nel Miocene medio e superiore si rinvenne oltremodo abbondante ovunque, e durante quest'epoca sembra abbia anche raggiunto il mas- simo sviluppo in dimensioni. Il C. megalodoa non è raro nelle arenarie e nel calcare di Acqui, come pure nel calcare di A''isone, ed io ho già figurato di esso un bellis- simo esemplare proveniente dal calcare di Acqui. (De Alessandri G., Coiitrihm. allo studio dei Pesci terziarii del Piemonte e della Li- guria. Mem. R. Accad. delle Scienz. di Torino, Serio II, Tom. XLV, 1895, pag. 267, tav. 1, fig. 1-la.) 1 Gli esemplari però riferiti a questa specie dal Miciielotti (Etudes sur le Miocène inférieur de l'Italie septentrionale, pag. 113) vanno in gran parte ascritti a C. auriculatus Agass. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 245 Geo. Odontaspis Agassiz. Odontaspis cuspidata Agass. (Bassani F., Contributo alla Paleon- tologia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti R. x\ccad. delle Scienz. fis. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV, 1891, pag. 25, tav. I, fig. 14; tav. II, fig. 10-13-10 e 17) cum. Sjjn. tav. I, fig. 1. Raccolsi di questa specie numerosi denti dalla corona relativamente tozza, dalla radice rigonfia colle branche robuste e divaricate; essi spet- tano generalmente alla parte laterale ed a quella posteriore della ma- scella inferiore. Qualche esemplare della valle del Ravanasco presenta l'alterazione superficiale dello smalto che io avevo già riscontrato negli odontoliti doi Colli Toriuesi e che io ritenevo caratteristica di quella località. Secondo il mio modo di vedere VO. cuspidata è specie non ancora per bene conosciuta, ed i suoi rapporti di affinità coll'O. Hoptei Agass., coirò, verticalis Agass., coli' (9. Rutoti Winkler non perfettamente stabiliti l'hanno fatta sovente confondere con esse, e queste specie che rappresentano le forme ataviche dell' 0. cuspidata differiscono da que- st'ultima per così scarsi caratteri, da dimostrarci chiaramente come sia stato lentissimo il processo evolutivo di queste forme, giudicandone dagli odontoliti. È quindi assai probabile come crede il prof.' Bassani ' che XO. cuspidata non si riscontri nell'Eocene di Francia, di Inghil- terra, di Germania e di America, come il Woodward - ritiene, ma sia stata confusa con altra specie. Nell'Oligocene quantunque rara si ri- 1 Bassani F., op. cit., pag. 28 (nota 1). 2 Woodward A. S., op. cit., pag. 369 e Notes on the teeth of sharks and skates from english Eocene formations. (Proc. of the Geolog. Assoc. Vol. XI, 1899, pag. 7.) 246 G. DE ALESSANDRI. scontra realmente iu molte località d'Italia [DegOj Mloglia, Sassello^ Monte Moscalli^ Castelyomberto , Possuolo sul Cormor, Monte Ti- tano, ecc.) di Francia, del Belgio, della Svizzera e della Russia meri- dionale. Nel Miocene inferiore (Aquitaniano) si ù riscontrata nel Veneto a Belluno ; ed in quello medio e superiore è frequente dovunque in Italia, in Francia, nella Spagna, nella Svizzera, nel Belgio, nella Ger- mania e nell'Austria. Fu pure citata da me ^ e da altri nel Pliocene inferiore e superiore, ma io credo che probabilmente questi esemplari vanno riferiti all'O. vorax Le Hon che vive tuttora nei nostri mari. Nella valle della Bormida YO. cuspidata fu già citata dal prof. Tra- bucco e da me a Prasco, Visone, Acqui (calcare)^ Denice, Vesime ; recentemente ho raccolto altri esemplari nelle arenarie presso G. Ferri (4 denti) ed iu quelle sovrastanti al calcare di Acqui (4 denti). Odontaspis contortidens Agass. (Bassani F., Contributo alla Pa- leontologia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti lì. Ac- cad. delle Scienz. fìs. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV, 1890, pag. 28) cum. syn. È abbastanza frequente nei dintorni di Acqui, ove si raccolgono nti- merosi denti dalla superfìcie interna rigonfia colle caratteristiche strie, le quali arrivano fino ai tre quarti della , lunghezza del cono dentario, a partire dalla radice. Il cono dentario manca generalmente delle bran- che radiali ed ha piccole dimensioni. Questa specie, causa i suoi caratteri differenziali pochissimo spiccati {vedi Bassani F., Ittiolit. Sardegna, pag. 27 nota 3.» ed litio fatma Gassino, pag. 14) ò stata sovente confusa con VO. elegans Agass., specie propria dell'Eocene d'Europa e d'America, la quale probabilmente rappresenta la sua forma ancestrale ; da essa può solo distinguersi con un accurato esame della forma e della striatura. 1 De Alessandri G., Contribuz. allo Stadio del Pesci terz. del Piem. e Lig., pag. il. APPUNTI IJI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 247 VO. coìitortidens è abbastanza frequente nell'Oligocene d'Italia {Dego^ Monteechio Maggiore^ Pozzuolo mi Cormor^ Monte Moscallij Monte Titano^ ecc.) in quello del Belgio, della Germania, della Svizzera, della Russia meridionale, come pure m\V Aqiiitaniano di Scliio e della Francia. È abbondante nel Miocene medio e superiore di tutta Kuropa, e sembra abbia persistito ancora nel Pliocene, come lo dimostrano gii esemplari raccolti a Montpellier, Savona, Orciano e nel Bolognese (?) Questa specie fu già citata nel calcare di Acqui e di Visone e di essa recentemente raccolsi altri denti nelle arenarie di C. Ferri (2 esempi.) ed in quelle sovrastanti al calcare di Acqui (2 esempi.). Gen. Oxyrhina Agassiz. Oxyrhina hastalis Agass. (Eastman Gh., Beitràge sur Kenntniss der Gattung Oxyrhina. Palaeontographica, XLI, 1895) cum. sgn. Di questa specie io ho rinvenuto nei dintorni di Acqui pochi avanzi, quantunque il Trabucco la creda abbondante a Prasco, Visone, Acqui <3 Ponzone. 1 denti presentano la forma tipica ed un mediocre sviluppo ; mancano quasi sempre della radice. VO. hastalis si riscontra non rara nel Pliocene d'Italia, d'Inghilterra, del Belgio e della Spagna; è invece straordinariamente abbondante in tutto il Miocene superiore e medio del Piemonte, dell'Italia, anzi del- l'Europa intiera, e come sembra anche dell'Austi-alia. Si riscontra an- cora nel Miocene inferiore (Aquitaniano) presso Mombasiglio (Pie- raonte), a Belluno (Veneto), a Palmi (Calabria) e forse nell'Ame- rica del nord (Maryland, Virginia e Carolina del Sud) e nell'Oligocene di Belforte, Carcare, Santa Giustina e Ponzone nel Piemonte, di Bi- smantova e del Monte Titano \ìa\^ A'pennino settentrionale, di Monte Moscalli, di Monte Grumi e di Val di Lente nel Veneto, di Capo delle Armi nella Calabria, ed in quello di Boom nel Belgio e di Tlonheim (Hessen-Darmstad) in Germania. 248 G. DE ALESSANDRI. Infine, il Gidbes (Monog. Fossil. Squalidae U. S. (Jourual Acad. Nat. Se. Philad., 1849) cita questa specie nell'Eocene dell'Alabama e della Carolina del Sud ed il Bra yard [Terrenos maritws tercianos de las Cercanias del Parana, 1859), in quello del Parana, e dietro tali riferimenti la specie fu ritenuta dal Woodward o dall' Eastman anche come eocenica. Quantunque nel British Museum esistano esemplari spettanti senza dubbio ad 0. hastalis, i quali portano l'indicazione u Eocene dell'America del nord « è cosa poco probabile, l'ammettere l'esistenza di questa specie, in principio del Terziario; probabilmente la posizione stratigrafica dei terreni nei quali essi furono raccolti non fu ancora perfettamente sincronizzata con quella delle formazioni europee. Gli esemplari che io ho esaminato provengono dal calcare e dalle •arenarie sovrastanti di Acqui e dal calcare di Visone. Oo^ijrhina Desorii Agass. (Bassani F., La Itilo fauna del calcare eocenico di Gassino in Piemonte. Atti della R. Accad. delle Scienz. fis. e mat. di Napoli. Serie II, A'ol. IX, 1899, pag. 19, tav. Il, fig. 24-38) cam. syn. — Tav. I, fig. 2 a-h. È specie abbastanza frequente nei dintorni di Acqui con numerosi denti di non grande sviluppo e privi di qualsiasi rilievo ai lati ed alla base della corona. VO. Desorii presenta una grande persistenza nella serie stratigra- fica; comparsa nell'Eocene medio e superiore, in Italia, Belgio, Prus- sia» Egitto ed America (?), visse rigogliosa nell'Oligocene d' Italia {Pie- monte, Romagna, Veneto, Calabria, ecc.), della Prussia e del Bel- gio; ed in tutto il .Miocene d'Italia, della Francia, della Svizzera, della Germania e del Belgio. Sembra però secondo le vedute del prof. Bassani che essa si sia estinta al principio del Pliocene, e che i denti pliocenici riferiti a questa specie spettino forse alla vivente 0. Spalansanii Bonap. colla quale in altro studio [Contribu:. allo studio dei Pesci Ter:, del Piemont. e APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 249 Lig. Mem. Accad. d. Scienz. di Torino. Serie II, YoL XLV, pag. 15) ho già fatto rilevare le strette affinità. Ho riscontrato questa specie nel calcare e nelle arenarie sovrastanti presso le Terme Acqui, nelle arenarie presso C. Ferri e nel calcare di Visone. Oxyrhina crassa Agass. (De Alessandri G., La Pietra da Cantoni^ di Rosignano e di Vignale. Memorie Museo Civico di Storia Natur. di Milano e Società Italiana di Scienze Natur. Tom. VI, fase. I, pag. 36, 1897) cmn. syn. — Tav. I, fìg. 3. Ho raccolto finora di questa specie un solo dente, il quale sembra appartenere alla mascella inferiore di un individuo adulto. VA. crassa è quasi ovunque una specie assai rara. Nel Pliocene fu rinvenuta, in Toscana, in Piemonte e Liguria, e recentemente nel Bolognese, ^ fuori d'Italia, nel Belgio e uell' Inghilterra. La sua mag- gior diffusione però fu raggiunta con tutta probabilità nel Miocene me- dio, ed in Piemonte (Rosignano), in Sicilia (Aidone) e nella valle del Reno essa è abbastanza frequente. Il Sequenza {Formas. Terz. Prov. di Reggio, pag. 40) cita questa specie fra i fossili tougriani di Agnana (Calabria), ed il Gibbes, fra quelli dell'Eocene d'Alabauco e della Carolina del Sud, ma per que- st'ultima località valgano le osservazioni che ho già fatto allorché ho trattato della specie assai prossima VO. ìiastalis. L'esemplare da me esaminato proviene dalle arenarie sovrastanti al calcare di Acqui. 1 ViNAssA DE Regny P., Pesci neogenici del Bolognese. (Rivista Italiana di Paleontologia. Anno V, fase. 3, pag. 82, fig. 9, 1899.) 250 G. DE ALESSANDRI. Gen. Sphyrna Rafinesque. Sphyrna prisca Agass. (Bassani F. , Contributo alla Paleontolo- gia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti R. Accad. delle Scienze fis. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV, pag. 41, tav. II, fig. 19) cum. syn. — Tav. I, fìg. 4. Questa specie abbastanza frequente nel Miocene del Piemonte, è rara nella valle della Bormida, ove finora furono raccolti pochissimi odon- toliti. Per la forma del cono dentario, per quella dei piccoli denti alla base della corona, e sovratutto per lo sviluppo dello smalto sulla superficie esterna, il quale scende a ricoprire parte della radice, i denti di questa specie facilmente si distinguono da quelli delle forme vicine. La ,S'. prisca fu citata come le altre specie già descritte, nell'Eo- cene (?) dell'America del Nord dal Gibbes, essa fu con sicurezza solo ri- scontrata nell'Oligocene di Monte Moscalli, nel calcare dei Grumi di San Giorgio di Poleo di Schio, a Pozzuolo sul Cormor, ed al Monte Titano ecc. Nel Miocene inferiore ( Ai [uita ulano) fu raccolta a Belluno; in quello medio e superiore è diffusissima in Italia, in Francia, nella Svizzera, nel Belgio e nell'Austria. Fu pure dal Lawley (op. eit., pag. 17), dall' Issel (Fossili delle marne di Genova. Ann. Mus. Giv. di Stor. Nat. Voi. IX, pag. 10) e dal De Amicis (Il cale, ad AnjJÌiistegina nella Prov. di Pisa ed i suoi fossili. Atti Soc. Tose. Se. Nat., Voi. VII, pag. 21) citata nel Pliocene, ^ ma io ritengo che probabilmente si tratti di altra specie. I miei esemplari provengono tutti dalle arenarie sovrastanti al cal- care di Acqui. 1 Anche nel British Museum (Londra) esiste un dente del Pliocene di Antibo (Francia) riferibile a Sphyrna, ma il dott. Woodward assai giustamente ha osser- vato, che esso spetta ad una specie assai più sviluppata della S. prisca Agass. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. <^òi Gen. Hemipristis Agassiz. Hemipristis Serra Agass. (Bassani F., Contributo oMa Paleontologia della Sardegìia, Ittioliti miocenici. Atti R. Accademia delle Scienz. fis. e màt, di Napoli. Sorie II, Voi. IV, pag. 41, ta- vola II, fig. 19) cum. sijn. Questa specie è rara nella valle della Bormida, come d'altronde lo è pure in tutto il Piemonte ; l' unico dente che io ho potuto osser- vare presenta mediocri dimensioni e proviene dal calcare di Acqui. Come le altre specie già citate, essa fu annoverata dal Gibbes fra i fossili dell' Eocene (?) dell'America dol Nord. NeirOligocene si riavenne abbastanza diffusa (Mioglia, Monte Moscai, Pozzuolo sul Connor, calcare dei Grumi di San Giorgio di Poleo di Schio, Monte Ti- tano, ecc.). Nel Miocene inferiore (Aquitaniano) fu raccolta a Ceva a Belluno, e nel Maryland, ecc. Sembra pure assai diffusa ed abbondante in tutto il Miocene medio e superiore d'Italia, di Francia, della Sviz- zera, della Germania e dell'Austria. Il Laavley (Nuovi studi sopra ai pesci ed altri vertebrati fos- sili delle colline toscane, 187G, pag. 18) cita altresì questa specie nel Pliocene Toscano, ma con tutta probabilità potrebbe darsi che si tratti della specie tuttora viveute //, elongatus Klz. sp., ^ che solo da pochi anni fa rinvenuta e studiata. Infatti nella nota dei Pesci fossili in rapporto con i viventi che si trova a pag. 113 della memoria del Lawley, accanto alla specie fossile H. serra kg. non si trova la cor- rispondente specie vivente, che egli non conosceva. 1 Kluzinger G. B., Sijnopsis der Fische der Roihen J/eeres. (Verhandl. d. K. K, Zoolog.-botan. Geselh. Bd. XXI, Wien, 1871, pag. ijiìò {Dirzhizodon elon- gatus Klz.) Probst.) 232 G. DE ALESSANDRI. Gen. Scymnus Guvier. Seumnus trituratus Wiukler. sp. (Woodward A. S., Belgian Neo- zoic Fish-teeth. Geolog. Magaz. March. 1891, pag. 187) cum. sijii. — Tav. 1, fig. 5 a-b. Piccolo dente spellante alla parte centrale della mascella inferiore, dalla corona diritta, triangolare, lievemente accuminata all'apice, la quale nella superficie esterna presenta una leggiera costolina mediana assai rigonfia. I margini laterali sono assottigliati quasi pellucidi, con una fine crenatura irregolare ; lo smalto dalla parte esterna si spinge sulla radice assai più in basso che non sulla superficie interna; il suo orlo inferiore è incavato nella parte mediana, scende lateralmente per breve tratto e quindi risale verso i margini laterali. Nella superficie interna lo smallo si arresta ad una distanza dall'apice uguale a più della metà dell'intera lunghezza del dente, e presenta l'orlo inferiore lievemente convesso verso la parte radicale. La radice è larga, quadrala, presenta nella parte centrale un'ampia depressione tondeggiante ove si trova il foro nutritivo, ed inferiormente ad esso la sutura perpendicolare all'orlo dello smalto, che si prolunga in basso fino alla baso del dente. Il Winkler (Deuxième mémoire sur des dents des poissons fossiles du terrain hruxelUen. Archiv. du Musée Teyler, Voi. IV, fase. I, pag. 28), nella descrizione del suo esemplare aveva dato grande importanza a questa sutura; cosa che desta meraviglia, perchè essa è caratteristica nei denti di tutto il ge- nere Scymnus. imension i: lunghezza del dente millim. 5.6 •ti « della coi'ona ^ 3. •n " della radice « 2.6 Questa specie riferita dapprima al gen. Corax^ venne più lardi assai APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 253 <;i ustamente dal Prodst ' asci-illa al geo. Scumaus, e come osservò il Woodward i suoi denti hanno grande analogia con quelli dell'attuale Scymmis licchia Bonap. Le specie finora riscontrate fossili appartenenti a questo genere, .S'. majori Lawely, .S*. acitlm Davis differiscono dal mio esemplare per le lunghe apofisi della radice; il frammento di dente riferito a ({uesto genere dal prof. Bvssani {litio f. Eocen. di Gassino^ pag. 28, lav. il, fig. 21), per lo sviluppo dello smalto nella superficie esterna <) assai differente da questo che io ho descritto. Il S. triangulm Probst, (op. cit., tav. Ili, fig. 35-3G) è assai pros- simo a questa specie, ma ne sembra differire per i margini completa- mente lisci, senza crenatura. L'esemplare tipico del Winkler fu raccolto nel Bnixelliano (Eocene mediò) di AValuwe, St. Lambert (Belgio); il mio nel calcare di Acqui. Gen. Chrysophrys Guvier. Chrjjsophrijs cincta Agass. (Bassani F., CoìiinbiUo alla Paleonto- logia della Sardegna. Ittioliti miocenici. Atti R. Accail. delle Scieuz. fis. e mat. di Napoli. Serie II, Voi. IV, pag. 49, ta- vola II, fig. 2-9) cmn. syn. La C. cincta è assai frequente nella valle della Borni ida, con odon- toliti quasi sempre di piccole dimensioni, nei quali solamente in alcuni si scorgono le pliche verticali caratteristiche della specie. L'esame però di questi avanzi mi va sempre più convincendo nell'idea che la C. cincta sia una specie di difficilissima determinazione e che probabilmente molti denti riferiti ad essa, spettano ad altre specie e forse anche ad altri generi. i Probst J., Beitriìge zur Kenntniss der fossilen Fische aus der Molasse von Baltringen. (Jahres-Hefte des Vereins far Vaterlandisch. Naturk. in Wiirlem- burg. Voi. XXXV, pag. 175. Stuttgart, 1874.) Voi. XWIK. 17 254 G. DE ALESSAXDItl. Comparsa iiell'Oligocoiio (Pomone, Monte MoscalU^ Bkmantova, Monte Titano) essa visse durante il Miocene inferiore (Aqiùitaniano) come lo attestano gli avanzi rinvenuti a Belluno ed a Stilo (?), ma rag- giunse il suo maggior sviluppo e la sua più grande diffusione solo nel Miocene modio, ed in quello superiore lasciando traccie numerose nei depositi d'Italia, di Francia, della Svizzera, dell'Austria e della Ger- mania. Probabilmente essa si estinse al cominciare del Pliocene. È ben vero che il Lawley (op. cit., pag. 60), il Sequenza (Form, ters. della Prov. di Reggio Calabria. Atti R. Accad. dei Lincei. Serie III, Yol. VI, pag. 247), il dott. Vinassa (Pesci neoz. del Bo- logn. Riv. Ital. di Paleout. Anno V, pag. 84) od io stesso (Contrib. allo studio dei Pesci Ter:-, del Piemonte e Liguria., pag. 288) ab- biamo annoverato questa specie fra quelle dei depositi pliocenici, ma per le ragioni che più sopra ho esposte, probabilmente si tratta della C. Agassisii Sism,, che fu abbondantissima in tutto il Pliocene. Anzi, in proposito, mi piace ricordare come il prof. Bassani (Contrib. Pa- leont. Sardeg., pag. 51) abbia già osservalo che : « la distinzione fra i denti di C. cincia e quelli della C. Agassim riesce eccessivamente dilìicile, e potendo dar luogo ad errori, lichiede la maggiore cautela, -i Ilo raccolto numerosi denti di C. cincia nel calcare e nelle arenarie di Acqui, nelle arenarie presso C. Ferri e numerosissimi nel calcare eli Visone. 11 prof. Trabucco ne rinvenne altresì al Monte Capriolo (Cava- tore), od a Denice. Con. Lepas Linneo. LejMS llillii Leach. sp. (De Alessandri G., Conlrilu^ione allo studio dei Cirripedi fossili d' Italia. Boll. Soc. Geol. Ital. Vol. Kill, 1893, pag. 24, tav. I, lig. 1) cum. sijn. Nujuerose piccole valve l'appresentaiiti lo scudo, nelle quali ove si eccettui una maggiore fragilità e dimensioni alquanto minori, non si scorgono differenze notevoli dagli osemplai'i vi^onli, APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEOxNTOLOGIA, ECC. 255 Questa specie finora fu solo riscontrata fossile presso Acqui, nei Colli di Torino (Elvedam) e presso Scoppo (Messina); il De Angelis ed il Luzi (1 foss. dello Schlier di San Severino. Boll. Soc. Geol. Rai. Voi. XVI, 1897, pag. 65) citano una forma probabilmente molto pros- sima a questa nel Miocene medio delle Marche. Il L. Hillii è frequente nelle arenarie sovrastanti al calcare di Acqui, ed in quelle del Ravanasco presso G. Ferri. Gon. Balanus auctorum. Balaam concavus Broun. (De Alessandri G., Contrihuzione allo stu- dio dei Girripedi fossili ti' Italia, pag. 51, tav. II, fig. 10 a-d) cum. syu. Alcune conchiglie dalla forma cilindracea, lievemente curva, forte- mente incastrate nella roccia. Riesce quindi di buon giovamento alla de- terminazione di esse lo studio della sezione traversale dei singoli com- partimenti, sezione la quale mostra i canali larghi ed allungati, con setti sottili e rettilinei. La lamina superiore è assai meno sviluppata in ispessore di quella inferiore ed ha il margine esterno irregolare, caratteristico di questa specie. Non ho potuto riscontrare in queste conchiglie traccie delle valve opercolari. Probabilmente a questa specie del Bronn va riferito il B. prodactus Michelotti, che il Trabucco dice essere abbastanza frequente a Visone Acqui e nel Rio Ovrano (Roecaverano). Il B. concavus come ho già osservato nel mio studio sui GirHpedi fossili d'Italia, è la specie più polimorfa e più persistente nella serie stratigrafica fra i Cirripedi italiani. Infatti dal Tonrjriano di Castel- gomberto, passa kW Aquitaniano dei Colli di Torino, e delle arenàrie di Belluno, è frequentissimo in tutto il Miocene medio e superiore del- l'Italia e del bacino Mediterraneo in genere, lo si riscontra nel Pliocene 25') G. DE ALESSANDRI. e noi PostpliocGiie, ed ù tutlora vivente nell'Atlantico e nei mari interni d'Europa. Gli esemplari che io ho esaminato provengono dal calcare di Acqui. Gen. Aturia Bronn. Alicria Aturi Bast. sp. (Parona C. F., Note sui Cefalop. Terz. d. Piemonte. Paleontog. Ital. Voi. IV, pag. 161, tav. XII, fi- gura 2 a-cl, 3-6; tav. XIII, fig. 3-6) cum. syn. Esemplare assai schiacciato, di medie dimensioni, ridotto a modello interno, di millim. 55 di lunghezza e 46 di larghezza. I setti sono ben evidenti e mostrano il lobo caratteristico, che, come già ha osservato il prof. Parona varia di profondità col crescere dei giri. Questa specie presenta una grande diffusione in tutto il Miocene medio (Langhiano ed Elveziano) e venne già dagli autori citata in Pie- monte (Colli ài Torino., Basso ed Alto Monferrato^ ecc.) nell'Emilia (Bologna,, ecc.), nella Toscana (Firenze), nella Calabria (Stilo), nella Sicilia (calcari compatti nella regione Sud-Est), a Malta, ecc., in Francia (faluns du Bordelais; faluns della Tarrena, bacino del Rodano, ecc.), in Austria (Oltnang), in Svizzera, ecc. Si riscontra pure non rara neWAquitaniano del Sud-Ovest della Fran- cia (Basterot, Description geolog. du bass. tert. du Sud-Ovest de la France; Bendisi E. A., Coquill. foss. d. ierr. tert. du Sud-Ovest de la France. Act. Soc. Liu. de Bord. XXIX, XL e XLII e Peyrot A., Decouvert. d'un Céphalop. dans Ics faluns de la Touraine. La feuille des jennes Nat. Ili Ser., N. 349), come anche a Pantano ove fu rin- venuta dal Pantanelli e Mazzetti. Il Migiielotti la raccolse nel Ton- griano di Carcare, Mioglia e Pareto ed infine il Foord A. K. (Ca- talog, of. foss. Cepìi. in the Brit. Mus. Part. II Nautiloidea, pa- gina 349) la cita ancora nel T Eocene (London Clan) di Londra. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEOXTOLOi}lA, ECC. 257 Il SiSMONDA ha già annoverato sotto il nome di Nautilus Pompilius L. questa specie fra i fossili del calcare di Acqui; il mio esemplare fu raccolto dal signor E. Forma nelle arenarie, marnose sovrastanti ad esso "^ Geo. Fulg"uroficus Sacco. Fulguro/lcus burcUgaleiisis Sow. sp. (Sacco F., Moli. ci. terr. ier:i. Piera, e Lig. Tom. Vili, pag. 41, tav. I, fig. 51-54) cum. syn. Questa specie descritta e figurata dal Soverdy, fin dal 1824 (Tìie gea. of recent, and fossil, shells. Genus Pijrula, fig. 8), veniva più tardi (1825) dal Basterot distinta col nome di Pgrula clava, nome che in seguito venne accettato dalla maggior parte dei paleontologi. Al Mayer spetta il merito di averle ripristinata l'antica denominazione. 11 F. burcUgalensis ha ima grande persistenza nella serie stratigra- fica; àd\V Aqiiitaniano delle Lande e di Bordeaux, passa al Langliiano deUa Gironda (Saucats), delle Lande e della Turenna, è abbastanza fre- quente wqW Elve.:iano dei Colli di Torino, del Bacino di Vienna, di Zurigo, di Lucerna e di San Gallo, come pure in quello dell' Argo via (Zofmgen, Seusbourg, Baden), e lo si riscontra ancora nel Torto- niano di S. Jean de Marsacq, presso Bayona. Io ho raccolto di questa specie solo dei frammenti dei quali non avrei tenuto conto, se il Mayer non l'avesse già annoverata fra i fossili del 1 Recentemente in una gita che ho fatto lungo il torrente Ravanasco, in vici- nanza di G. Ferri, ho raccoho un incompleto modello interno di un grande cefalo- podo, che per la grande apertura, e per i setti a larghi intervaUi, i quali sono fles- suosi verso la parte posteriore, ove terminano in una punta molto acuta, richiama perfettamente quello che il Rovereto ha recentemente descritto sotto il nome di Aturia Paroaai (Rovereto G., lUuslrazione dei molluschi fossili tongriani del Museo Geologico della R. Università di Genova, in Atti della R. Università di Genova. Voi. XV, 1000, pag. 18(i, tav. IX, fig. IG), e che proviene dal Ton- grinno di Mioglia. 258 G. DE ALESSANDIM. SUO Toiigriano III di Acqui, il quale come è lieii noto corrisponde aWAqtdtatiiano degli amori a lui posteriori. Questi frammenti provengono dai pressi di C. Ferri, ove con tutta probabilità furono raccolti gli esemplari del Mayek. Gen. Eburna Lamarck. Eburìia cf. caroiiis Brongn. sp. (Rellardi L., Moli. d. terr. ter;i. Piem. e Lig. Tom. Ili, pag. 10, tav, I, fig. 10 a-b) cum. Sìjll. Modelli interni di grandi dimensioni cogli anfratti depressi e profon- damente canaliculati presso la sutura; hanno forma alquanto rigonfia, forse non così allungata come quella degli esemplari figurati dal Bel- LARDI. Questa specie è abbastanza caratteristica del terziario inferiore; il Brongniart la cita fra i fos-^ili dell'Eocene Veneto (Ronca), cosa al- quanto dubbia perchè dopo di lui, non fu più rinvenuta né dal dot- tor YiNASSA, né dairOpPENHEiM. 11 Bayan ed il Tournoììer la riscon- trarono nel Nummulitìco di Francia (Basse Alpi., ecc.) ed il Fuciis (Beitrag. zur Kennt. d. Conckyliens. des. Vicent. Tert. Denks. d. K. Akad. der ^^"is3. Bd. XKX, 1870) nel Toìigriaiio di Castolgomberlo, mentri! il Bellardi ed il Miciielotti la raccolsero abbondante in quelb» di Sassello, Carcare, e Cassinelle. 11 prof. Sacco, infine (Bac. ters. del Piem., pag. 241), la cita dubitativamente waW Aquila aia no delle Col- line di Chivasso (Colomharoj. Sembra però, con tulla probabilità, che gli cscnqilari dui Miocene di Francia, di Vienna e dell'Apennino settentrionale dagli autori riferiti ad E. caroais debbano, come il 15ollai-di ha notalo, riferirsi ad altra specie. I miei esemplari j/rovengono dalle arenarie presso G. Ferri. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 250 Gen. Morio Moiufort. Sl)lto,L^ Galeodea Link. Galeodea laaroporaitm Sacco (Sacco F., Muli. d. lerr. ters. Piera, e Lifj. Tom. VII, pag. 67, tav. II, fig. 24 a-b) cum. s/jn. Modelli interni di piccole dimensioni, ma che per la forma espansa negli anfratti inferiori, per le grosse costole subrotundate e numerose su tutta la superficie, corrispondono alla diagnosi ed alle figure clie il prof. Sacco ha dato di questa specie. Sembra che essa, oltre ad essere frequente in lutto VElvesiano dei Colli Torinesi, già si riscontri nel Tongriaìio di Dego, mentre una forma che proliabilmente dovrà a questa riferirsi la G. taiiropomicm Sacco var. langarum Sacco è abbondante nel Langhiano dei dintorni di GJavesana (Langìie). Recentemente il D^ Angelis d'OssAT ei il Luzi (I fossili dello Seldier di San Severino. Boll. Soc. Geol. Ital., voi. XVI, 1897, pa- gina 4) citarono questa specie nel terziario ' delle Marche, I miei esemplari provengono dalle arenarie sovrastanti al calcare di Acqui ed in quelle di G. Ferri. Galeodea cf. tauriaensis Sacco (Sacco F., Moli. d. terr. ter:. Piem. e Lig. Tom. VII, pag. 6, tav. II, (ig. Ki) cuni. sijn. Riferimento reso alquanto dubbio dallo stato imperfetto di conser- vazione del fossile ; più che alla forma tipica si avvicina alla var, glo- hosotubercolata Sacc. 1 L'età di ([ueste formazioni sembra tuttora assai incerta, imperocché mentre dagli studi paleontologici dei citati autori, esse parevano langhiane, da quelli stra- tigrafici recentemente compiuti dal prof. Sacco, Sull'età di alcuni terreni terziari dell' Apennino (Atti R. Accad. d. Scienz. di Torino. Voi. XXXV, 1900, pag. Ti), sembrerebbero, al contrario, eoceniche. 200 G. DE ALESSANDRI. La G. taiirlìieiim fu solo riuveuuta \\(A\: FAoemtiio dei Colli Tori- nesi, però è da notarsi che gli aiitovi, secondo il Sacco, hanno sovente confuso questa specie colla tr. echiìiopìiora L., la quale venne riscon- trata fra i fossili del Tongriaiio (Sassello), e tuttora si rinviene vi- vente nei nostri mari. Questa specie si raccoglie nelle arenario del llavanasco . presso C. Ferri. Gen. Natica Adanson. — Soliog. Ampullina Blainville. AmpiUliiia cf. parisieìisis D'Orb. sp. (Oi'picnurim P., Die Kocàiie Fallila des Moate Pulii bei Valdagno im Vicentino. Zeitsch. d. Deutsch. geol. Gosell. XLVI, Bd. 2, heft. 1891, pag. 363) ciim. syii. Di questa specie ho raccolto un solo esemplare in tale stato di con- servazione da non essere possibile un preciso riferimento. Le sue di- mensioni tuttavia, la sua forma e lo sviluppo della spira corrispon- dono assai bene alle figure che gli autori hanno dato dell' yi. pari- siensis^ specie così caratteristica del terziario inferiore. Sembra infatti che essa sia comune nel calcare grossolano di Parigi, ove V ha rinvenuta il Deshayes (N. mutabilis) ; il Bellardi (Calai, rais, des foss. umnmulit. dii comté de Nice. Mom de la Soc. Géol, de France. Paris, 1851) l'annovera sotto il nome di X. mutai ilis ìy^ i fossili della Pailarca, mentre il Bassani, 1' Oppenheim, il Vinassa la citano fra i fossili eocenici del Vicentino (Ronca, Monte Pulii). 11 Fuciis infine, sotto il nome di N. Studeri l'ascrive fra i fossili oligocenici di Monte Grumi, presso Castelgombcrto. L'esemplare che io ho esaminato proviene dalle arenarie presso C. Ferri. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 261 Geli. Xenophora Fischer de Wakllieim. Sottog. Tugurium l-'isclier. Tagurmm sp. Modello intorno, incompleto di un esemplare con di- mensioni ordinarie, che presenta qualche affinità col T. eMensitm Sow. sp., del quale con tutta verosimiglianza il T. jioztexiemum Sacco (Sacco, op. cit., Tom. XX, pag. 20) costituisce una varietà. Esso proviene dalle arenarie presso C. Ferri. Gen. Turritella Lamarck. — Sottog. Haustator Moutfort. Haustator cf. straiigtdatus Grat. sp. (Sacco F., Moli. d. ten', ter 2. Piem. e Lirj. Tom-. XIX, pag. i(S, tav. Il, fig. 1) cum. syn. Modello interno alquanto guasto, il quale per le dimensioni, per lo sviluppo della spira e per l'ornamentazione della superficie esterna cor- risponde assai bene ad alcuni esemplari di questa specie, che ho rac- colto a Dego. L'//. strangulatits sembra una forma variabilissima, perchè una sua varietà (var. p^ntraiigiUata Sacc), ({q\V Elvenaiio dei Colli di Torino, presenta tali dimensioni e gli anfratti così ristretti alia regione basale da far nascere il dubbio si tratti invece di specie differente. La forma tipica si raccoglie abbondante nel Tongriano della valle della Bormida e di Sassello, è rara al contrario woìV Elveziano della Collina Torinese. L' esemplare che ho desc»'itto proviene daUe arenarie presso G. Ferri. 262 G. DE ALESSANDRI. Gen. Scalarla Lamarck. — Sottog. Clrsostrema Wnxh. Cirsosirema crassicostatitm Desìi, sp. var. i:)edemoiitaìia Sacco (De Alessandri G., La Pietra ila Cantoni di lìosigaaiio e di Vignale. L. e, pag. 150) cicm. syn. — Tav. I, fig. 0. Esemplare di medie dimensioni, con grosse costole trasverse e con pliche longitudinali non così turgide come negli esemplari del basso Monferrato (lìosignano e Vignale). Per tali caratteri esso sembra ac- costarsi alla var. taurina Sacco, dei Colli Torinesi, dalla quale, perù la spira meno acuminata la differenzia. La *S'. Bellardii illustrata dal Pantanelli (Cenno Monog. intorno alla fauna fossile di Montese. Atti Soc. Natur. di Modena. Serie II, voi. VI, 1887, pag. 71, tav. Il, fìg. 2), e proveniente dall'Apennino settentrionale (l'antano), ha puro grandi aflinilà coll'esemplaro che io ho raccolto; sembra tuUavia che le sue costole siano meno numerose e quindi più divaricate le une dalle altre. Mentre lo stato di conservazione degli altri fossili aquitaniani ò quasi sempre poco buono, questa Scalarla presenta invece la sua conchiglia perfettamente conservata. 11 fatlo non sombra nuovo, perchè fu già os- servato dal prof. Pantanelli per le Scalarle di Pantano, nell'Apen- uino modenese. Egli lo attribuì alla ]n'esenza in questo genere di la- mine calcaree, sottilissime, parallele alla superficie esterna della con- chiglia e rialzantesi presso le varici. Le dimensioni del mio esemplare sono: Lunghezza 5 anfratli mm. ilO. Larghezza ullinio anfratto mm. IO. Il Cirsotrema crassicostatum sembi-a caratteristico del Miocene medio e superiore del bacino della Gironda, dei Colli di Torino, del Basso Monferrato, e déir7\pennino settentrionale; però come ho già osservalo in altro mio studio, esso venne generalmente dai paleontologi confuso con il C. lamellosurn Brocc, sp. il quale secondo I'Hurnes, il Pan- APPUNTI DI GF/JLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 263 TANELLi ed il De Bouruy (Étiid. crii, des Scalidae mioc. et plioc. d'Italie. Boll. Soc. Maine. Ii;il. 1801, pag. lOD) si riscoiilra altresì nel miocene inferiore. L'esemplare che io ho esaminalo proviene dalle arenarie presso G. Ferri. Gen. Astralium Linck. — SoUog. Ormastralium Sacco. Ormasi ralium carinatum Bors. sp. (Sacco 1''., 3Ioll. d. ierr. ierz. Piem. e Lig. Tom. XXI, pag. 17, lav. II, fig. 15-22) cum. sijìi. — Tav. 1, fig. 7. Parecchi esemplari generalmente deformati e privi di ornamentazione esterna, alcuni però conservano tuttavia parte della conchiglia. Per la forma generale, per lo sviluppo della spira, e per le dimen- sioni relative degli anfratti corrispondono per bene agli esemplari del bacino di Vienna figurali dall'HuRNES {Foss. Moli. ieri. becL\ Wieii., pag. 1-43, tav. 4i, fìg. (i), a quelli dei Colli Torinesi (Pian dei BoschiJ distinti dal Sacco, come var. prohenica Sacco, ed a quelli d'Aosta (Francia) illustrati dal Douxami, come var. delphinensis {Etudes sur les Ierr. ieri, du dauph., ecc. Annal. Univ. de Lyon, 189G, pag. 279, tav. 712, fìg. 15). Questa specie, riscontrata dal Manzoni {Il lori, ed i suoi fossil, nella prov. di Bologna. Bull. E. Com. (leol. Voi. XI, 1880) nel Miocene superiore dell'Apennino Bolognese, ù frequentissima in tutto il Miocene medio dei Colli di Torino, della Sardegna (S. Michele), e del bacino di Vienna. Il Sequenza l'annovera fra i fossili laiighiani della Sicilia, ed il Grateloup {Atlas conch, foss. du Basin de VAdour. Tom. XIII, fìg. 510) sotto il nome di Trochus labiosus fra quelli del bacino del- l'Aquitania. Il prof. Pantanelli ed il Mazzetti, la raccolsero abbondantissima a Pantano ed aMontese; 11 Brongniart {Mem. terr.sed. Yicent.., pag. 5(), 204 U. DE ALES:ìANDRI. tav. IV, fig. 5) la cita fra i molluschi oligoceDici del Vicentino, ed il prof. Sacco dubitativamente fra quelli del Tongriam di Dego. I miei esemplari provengono dalle arenarie presso C. Ferri, uno solo fu raccolto nel calcare di Visone. Gen. Pecchiolia Meneghini. Pecchiolia ali. argentea Mar. (Parona C. F., Apjnmti per la Pa- leontologia miocenica della Sardegna. Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. VI, fase. 3, pag. 323) cmn. syn. Un modello interno assai conservato, il ja. ^ — Tav. I, lig. 8. Parecchi esemplari in ottimo stato di conservazione, di forma ed or- namentazione tipica. Questa specie ha una grande diffusione in tutto il Miocene medio del Piemonte, dell'Italia centrale, e di quella insulare, del Bacino di Vienna, della Francia e dell'Egitto. Il prof. Parona però la cita nell' arenaria di Fontanazzo (Sarde- gna), arenaria che egli dubita possa spettare d\Y Aquila niano, ed in quella di Gastelsardo che il prof. Lovisato dalle coudizioni stratigra- fiche ritiene aquitaniana; e recentemente il Buckh l'annovera fra i fossili dell'Oligocene superiore, o Miocene inferiore dei dintorni di Nagy- Maros (Ungheria). Il SiSMONDA (op. cit., pag. 445) dice essere questa specie fi'equeute nel calcare del Monte Stregone, io al contrario la credo assai rara ; il 1 II dott. Ugolini ha riscontrato questa specie ed il P. comeiim nelle forma- zioni arenacee e marnose di Monte Corno (Forca, di Valle) presso il Gran Sasso, formazioni che egli ritiene mioceniche; però come ho già osservato riguardo alla Galeodea cf. tauropomum il prof. Sacco (Sull'età di alcuni terr. terz. delVA- pennino, pag. 79) sarebbe indotto dagli studi stratigratìci a considerarlo eoceniche. 272 G. DE ALESSANDRI. Trabucco la rinvenne a Visone, Ponzone, Vesime; io l'ho raccolta al- tresì nelle arenarie sovrastanti al calcare di Acqui ed in quelle presso G. Ferri. Sottog, Pseudamussium Klein. rseudamussium corneum Sow, sp. (Sacco F., Moli. d. terr. ter:. Piem. e Lig. Tom. XXIV, pag. 51, tav. XIV, fig. 20-39). — Amussium corneum (Ugolini R., Monog. dei Peti, del- l' Italia centrale, pag. 187), cum. syn. Tav. I, fig. 9 a-b. Numerosi esemplari conservatissimi, nei quali la forma tipicamente orbicolare, la superficie esterna liscia e le numerose costoline interne stabiliscono la loro perfetta corrispondenza con quelli dei Colli Torinesi, del Basso Monferrato, come anche con quelli del bacino di Vienna illu- strati dall' PIuRNES, e con quelli della Galizia figurati dal Reuss (P. dc- nudatus). Questa specie è frequentissima nel Miocene medio e superiore del- l'Italia (Piemonte. Emilia, Romagna, Marche, Abruzzo, Sicilia, Sardegna, Malta, ecc.). Il Taramelli però (Geol. delle Provincie Venete. Atti d. Real xiccad. d. Lincei. Serie III, Voi. XIII, pag. 469) la cita con qualche dubbio negli strati di Schio (Aljmgo, Ponte di Scìiin- caz.), il Vincent (TÀUe des coquill. du long. inf. du Limbourg Belg. Annal. d. 1. Soc. Roy. Malac. de Belg. Tom. XXI, 1886) la rinvenne nel Tongriano del Limburgo (Belgio), ed il Mariani infine [La mo- lassa mioc. di Varano. Att. Soc. Ital. Se. Nat. Voi. XXV, pag. 8) nella molassa bartoniana di Varano. Il De Stefani raccolse questo Pettine nelle arenarie in vicinanza alla Borraida fra Villa Satragni e Ponti, io presso G. Ferri e più oltre al Monte Gapriolo (Cavatore), ove è assai abbondante. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. Zio Sottog. Propeamussium De-Gregorio. Fi'opeamussium ancoìiitanum For. sp. (Ugolini R., Monog. d. Pett. mioc. dell' Ital. ceiitr. Boll. Soc. Mal. Ital. Voi. XX, 1899, pag. 188) cimi. sijn. Di questa specie dalle valve sottili, tipicamente solcate, colle grosse costole interne, le quali si arrestano a due terzi circa della lunghezza fra l'umbone ed il margine ventrale, ho raccolto io pure un piccolo esemplare, il quale per la superficie esterna aderisce fortemente alla roccia, ma che tuttavia mi permette una determinazione abbastanza sicura. 11 P. anconitanmn è frequente nel Miocene medio del Piemonte e dell'Italia centrale come pure nella regione Sud-Est della Sicilia (Ca- pici I., Sulla determ. cromi, del cale, a selce piron., ecc. nella regione Sud-Est della Sicilia. Boll, R. Comit. Geol. d'Ital. Voi. XI, 1880, pag. 402). 11 prof. Mariani però lo rinvenne nella melassa di Varano (Eocene). 11 De Stefani raccolse questa specie in vicinanza alla Bormida fra Villa Satragni e Ponti, io nelle arenarie sovrastanti al calcare di Acqui. Sottog. Parvamussium Sacco. Parvamitssium duodecimlamellatum Bronu. sp. (Sacco F., Moli. d. terr. ter::. Pieni, e Lig. Tom. XXIV, pag. 48, tav. XFV, fi- gura 8-6) Clini, sijii. — Tav. II, fig. 10. Piccolo esemplare colla superficie alquanto erosa, nel quale sono ben evidenti le caratteristiche lamelle interne in numero di 10, che si ar- restano in prossimità del margine ventrale. 274 G. DE ALESSANDRI. Questa specie abl)ouclauto nel Pliocene (Piemonte, Emilia, ecc.) ò diffusa in tutto il Miocene del Piemonte stesso e dell'Italia centrale (Bologna^ Modena, Parma, ecc.), della Sardegna, della Sicilia, del ba- cino di Vienna e della Grecia. Il prof. Mariani però (La molassa mioc. di Varano, pag. 8) la cita fra quelle della molassa bartoniana di Varano, Il prof. De Stefani raccolse esemplari di essa nelle arenarie in vi- cinanza alla Bormida, fra Villa Satragni e Ponti, io V ho rinvenuta nella valle del Ravanasco (G. Ferri). Sottog. Macrochlamys Sacco. Macrochlamys Holgeri Geintz. sp. (Sacco F., Moli. d. terr. ter:. Piem. e Lig. Tom. XXIV, tav. XI, fig. 1-9) cum. s//n. Specie di grandi dimensioni dalla forma espausa, colle grosse costole lievemente appiattite, colle orecchiette larghe, solcate da fine strie tra- sversali; è diffusa "^in tutto X Elve:iiano del Piemonte, quantunque sia quasi sempre rappresentata da scarsi esemplari. Anche nel bacino di Vienna, nella Svizzera, ed in Francia venne riscontrata nel Miocene medio, e talora in quello superiore. Il Seguenza tuttavia (Forma:, ter:. Prov. di Reggio Calabria, pag. 41) sotto il nome di J*. simple.c Micht. cita questa specie nel Tongriano di Antouimina. Il prof. Trabucco raccolse vari esemplari di M. lIolgj2)eus. Il De Loriol pel primo, ^ successivamente il Gotteau^ di- mostrarono sovratutto per i caratteri del peristoma e del periproto la sua spettanza al gen. Echinolampas; recantemente fu riferita al nuovo gen. Conolampas dall' Agassis (Alessandro), ma io ritengo tale riferi- mento non giustificato. Essa è comunissima nel Miocene d'Italia e dell' Europa in genere, il Mazzetti però [Echinod. foss. di Moni., pag. 16) la cita nella mo- 1 De Loriol. Monog. dés Echinid. coni, dans les couches nummulit. de l'/'Jgypte. (Móm. d. 1. Soc Pliys. et Hist. Nat. do Genove. Tom. XKVII, 1880, pag. 77.) 2 GOTTEA.U G., Paléont. Frane. Terr. terz. (Eocène). Echinides. Tom. Il, pag. 194. — Déscript. des Échinldes miocènes de la Sardaigne. (Móm. de la Soc. Góol. d. France. Tom. V, 1805, pag. 31.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 2S5 lassa di Santa Maria Vigliana e di Moiitese, il Manzoni nelle arenarie di Monte Titano (Rep. d. San Marino) ed il De Loriol nell'Eocene d' Egitto. Geo. Coptosoma Desor. Coptosoma Alexandra Airag. (Airagiii C, Echinidi del bacino della Bormida, pag. 1), tav. Vi, fig. 1.) Specie assai rara ; l'unico esemplare è quello descritto e figurato dal dott. Airagiii ; proviene dalle arenarie del Ravanasco presso C. Ferri, e fu ad errore dall'AiRAGHi indicato nelle arenarie di Acqui. Gen. Flabellum Lesson. Flabellum eMensum Miclit. ^ (Slmonelli V., Antozoi lìliocemci del Ponticello di Savena presso Bologna. Palaeoniographica ita- lica. Voi. I, pag. 153) cmn. sijn. — Tav. I, fig. 13. Numerosi esemplari, i piii sviluppati dei quali hanno un'altezza di 36 millm. circa, mentre il diametro maggiore è di circa 49 millm.; il margine superiore è curvato ad arco, lo sviluppo del quale varia da 100" a 120°; le faccie di compressione sono quasi piane o lieve- mente curve verso la regione centrale. Questa specie, tuttora vivente, ha una grande diffusione nel Pliocene d'Italia (Piemonte, Piacentino, Sicilia) e della Catalogna (De Ange- Lis G., Descript, de los Antos. foss. Plioc. de Catalana, pag. 21), come pure nel Miocene superiore e medio dell'llalia (Piemonte, Sici- lia, ecc.) della Francia, del Belgio, della Spagna e dell'Australia. 1 Colgo l'occasione per ringraziare vivamente la signorina E. Osasco por i preziosi consigli che mi ha suggerito nella determinazione di questa specie. Voi, \x.xi.x. 19 286 G. DE ALESSANDRI. Il Sequenza però {Formai, terz. prov. di Reggio j pag. 5G) rac- colse questa specie anche neWAquitaniano di Siilo. Io l'ho rinvenuta frequente nel calcare e nelle arenarie di Acqui e nelle arenarie del Ravauasco presso C. Ferri, Gen. Lithothamnium Philippi. Lithothamnium undulatum Gaped. (Gapeder G-., Contribuzione allo stitdio dei Litotamni terziari del Piemonte^ pag. 10, tav. I, fig. 8-) Ho riferito a questa specie del dott. Gapeder uq gran numero di esemplari di grandi dimensioni, ed il riferimento mi è stato altresì confermato dal dott. Gapeder stesso, al quale spedii parte del mate- riale. È una specie facilmente distinguibile, sia per la sua forma esterna, sia per le dimensioni dei concettacoli e delle celle, le quali negli esem- plari esaminati sono : ( lunghezza inni. 0.300. Concettacoli. -.li, r, kc- \ altezza » 0.1 Go. j lunghezza « 0.0087. ^^^^^ \ altezza « 0.0326. Questi Lithothamnium sono oltremodo abbondanti nel calcare di Acqui è nelle arenarie ad essi sovrastanti, come pure nelle arenarie della valle del Ravanasco presso G. Ferri. Probabilmente deve riferirsi a questa specie il L. racemus Aresch., che il prof. Trabucco dice riscontrarsi abbondantissimo attorno ad Acqui. APPUMI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 287 Geo. Paleodictyon Meneghini. Paleodlctìjoii rahiconis Scarab. (Scarabelli G., Descriz. della Carta geolog. del vermut, settentr. dell'Appennino fra il Montone e la Foglia. Monog. statistic, ecouom. ammiuist. della Prov. di Forlì. 1880, pag. 47.) Fossile frequente in tutta la regione e nei diversi piani della serie miocenica. Credo io pure col De Stefani che a P. rubiconi^, specie descritta già dal 1880 dal Senatore Scarabelli, debba riferirsi il P. tectiforme Sacco fondato sopra alcuni esemplari dQÌVMvezianó delle Langhe nel- r anno ISSO. (Sacco F., Int. ad ale. imp. organ, dei terr. terz. del Piem. Att. R. Acc. Se. di Tor. Vol. XXXI.) Il P. rubiconi^ si riscontra abbastanza frequente nel Tongriano dei dintorni di Forlì e presso Sogliano (Capellini, Giac. petrol, di Valac- chia^ pag. 30-36j; il Trabucco (// Langìi. della Prov. di Firenze. Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XIV) lo cita nel Langìiiano della Prov. di Firenze e in quello dell'alto Monferrato; esso è pure frequente udVElve- ziano delle Langhe e di Moùtabone (vai Bogliona). Io ho raccolto numerosi esemplari riferibili a questa specie lungo il torrente Piavanasco, in massi arenacei, ed in lastre franate dalle sponde vicine; l'ho pure riscontrato presso Ponti, ove lo cita anche il De Ste- fani {Afjen. fra l'Alt, e la Pole, pag. 252). Del genere Paleodictyon si ò recentemente occupato con accurate ricerche bibliograficho il prof. Sacco (Note sur r origine des Paleo- dictyon. Bull d. l. Soc. Belge de Géol. Tom. XXIII, 1899) il quale conchiuse doversi considerare questo fossile come originato dal movi- mento ondoso delle acque. '' 1 Riguardo a tali curiose impronto, ho potuto stabilirò in questi ultimi tempi alcune osservazioni, che potrebbero spiegarne la probabile origine. Già da alcuni 288 G. DE ALESSANDRI. * * * Dall' esame di questa fauna si scorge facilmeiilo come essa sia co- sliluita (la un predominio di forme mioceniche, anzi, diciamolo subito, da numerosissime specie elveziane. anni io avevo osservato nei mesi di Luglio e di Agosto lungo i torrenti delle falde apenniniche, ove l'acqua più stagnava, zone con reticolazioni esagonali, le quali per la loro forma e le loro dimensioni corrispondevano assai a quelle che si distinguono col nomo di Paleodlcttjon, e tali reticolazioni si distinguevano solo, ove più numerosi pullulavano i girini dei comune Bufo vulgaris. Lo scorso estate, trovandomi in Acqui verso la fine di Luglio, rinvenni nume- rose plaghe reticolato lungo il torrente Ravanasco. Le celle esagonali avevano una larghezza pressapoco di 3 centimetri ed una profondità di 2 centimetri all'incirca. 1 girini vivevano sul fondo melmoso, in parte isolati occupando ciascuno una cella, ed in parte verso il centro dei ristagni addossati in ammassi informi. Essi conti- nuamente spostandosi, nel distaccarsi dal fondo agitavano colla coda la melma, la quale si sollevava intorbidando l'acqua e veniva in parte asportata ed in parte ricadeva nuovamente in basso, accumulandosi sempre più sui setti di separazione fra le celle, i quali ingrossavano e si elevavano rapidamente. I Latraci passando così senza posa da una cella all'altra producevano continuatamente lo stesso effetto e quindi progrediva l' escavazione dell'area cellulare. Lo spazio compreso fra due celle attigue corrispondeva appunto all' estensione degli sbalzi successivi, dimodoché ogni cella rappresentava una sosta dell'animale durante il suo cammino ordinario. Osservato a lungo tali impronte, e scolta una località non disturbata, intrapresi su di esse alcune osservazioni, cho andai man mano compiendo nei giorni successivi. Disfeci dapprima colla mano un buon numero di tali reticolazioni e scorsi dopo pochissimo tempo come osse nuovamente si riproducevano, ma più distintamente spiccavano, e più rapido ricomparivano ove maggiore era il numero dei girini. Iso- lai in seguito con una barriera di sassi un esteso lombo del mio campo di osser- vazione, dopo averne allontanalo gli abitanti irrequieti, e ne uguagliai il suolo, ma, durante tutto il periodo trascorso nelle mie investigazioni, più non scorsi traccia di impronte reticolate. Invece in un altro recinto, che io avevo lasciato libero per una limitata apertura alle visite dei piccoli balraci, osservai nei giorni successivi riprodursi a poco a poco le reticolazioni, lo quali presentavano una leggera conver- genza verso il punto di entrata. in. tutti questi luoghi il movimenlo ondoso dell'acqua pareva nullo, perchè essa stagnava tranquilla nel fondo incassato del torrente, il quale verso la metà di Agosto si era ossicato lasciando raro pozze, ovo numerosi si raccoglievano gli an- APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 289 Il Mayer, ^ il Sequenza, - il Depéret, ^ ed il Sacco ''* avevano già riscontrato tale analogia nelle faune aquitaniaue della Svizzera, della Calabria, del bacino del Rodano e dei Colli di Torino. fibi. Cercai di stabilire con più precisione il fatto e scelta un'altra area sgombra di girini, la circondai con una piccola reticella di filo, la quale impediva bensì l'ac- cesso agli animali, ma per la sua tenue consistenza e per le sue larghe maglie non era tale da arrestare i movimenti dell'acqua, e neppure in questa zona si ri- produssero le reticolazioni. Negli ultimi giorni di Agosto, per compiuta metamor- fosi, i batraci man mano abbandonarono le acque, e da quell' epoca in avanti più non scorsi traccia di nuove impronte. Dietro tali osservazioni a me sembri che il gen. Paleodlctyon potrebbe rite- nersi come originato dall'opera di animali marini, che vivessero a guisa dei girini sui fondi dei litorali. Esse confermano pienamente le ricerche in proposito del Silliman e del Hitchcock. 11 Silliman infatti, avendo già fin dal 1850 (Silliman B., Mee- ting of the American Association for the advancement of Science. New-Haven, 1850) osservato cavità sferoidali in banchi siluriani del Niagara Group di New- York, le ritenne come prodotte da girini, mentre contemporaneamente il dott. N. S. Manross osservava che cavità identiche erano prodotte dal movimento rotatorio di essi. 11 prof. E. Hitchcock nel 185G (Hitchcock E., Meeting of the American Association for the advancement of Science. Albany, 1856), senza avere cono- scenza dei lavori del Silliman, rinvenne impronte reticolate simili a Paleodictyon nel Red Shales di South Hadley nel Massachussetts ed avendo egli pure scorto le stesse impronte nelle località a fondo melmoso del South Hadley, impronte che egli ritenne dovute a girini, riconfermò 1" ipotesi del predecessore sopra un' identica origine. E l'anno dopo egli, studiando meglio tali reticolazioni in un pantano formato da straripamento del fiume Connecticut si convinse vieppiù che esse erano prodotte da batraci, e precisamente dai girini della Rana fluviatilis (?) e le chiamò città di girini o meglio nidi di girini. Successivamente I'Hitchcock stesso, occupandosi nel 1858 (Hitchcock E., Ichno- logy of New-Engand. Boston, 1858, pag. 122, tav. XXI e L) delle arenarie della valle del Connecticut, chiamò le impronte reticolale, che su esse si presentavano, col nome di Batracoides dando del genere la diagnosi seguente: Animali Latra- ciani, analoghi ad alcune specie di Rane, e ne illustrò due specie. 1 Mayer C, Catalogue systémat. et déscript. des fossiles des terrains ter- tiaires. (Journ. de la Soc. de Selene. Nat. de Zurich.) - Seguenza G., Le formazioni terziarie nella Provincia di Reggio Calabria. (Atti R. Accad, dei Lincei. Serie III. Voi. IV, 1880, pag. 49 (estratto.)) ^ Dépéret M., Classification et parallélisme du systènie Miocène. (Bull. Soc. Géol. de France. Sèrie III, Tom. XXI, 1899.) "* Sacco E., // Bacino terziario del Piemonte. 1889-90, pag, 334, 290 G. DE ALESSANDRI. A differeuza però delle faune tipiche elveziane di San Gallo, del ba- cino di Vienna, dei Colli Torinesi, in essa si ricontrano alcune specie quali il Scymiius trituratila Wink, sp., la Thracia Edward Desh., VAxùiaea bormicUana May. sp., il Pericosmus spatawjoides De Lor., proprie dell'Oligocene e taluna dell'Eocene superiore ; ed altre alquanto dubbie, quali VAmpuUina cf. parmenm, VHaustator cf, strangulatus Grat. sp., il Biscors cf. discrepans Bast, sp., le quali pure raggiun- gono il loro maggiore sviluppo e la loro più ampia dispersione nel terziario inferiore. Un caso anologo si verifica anche ueWAqiiitamano del bacino di Vienna (strati di Loibersdorf), ove, fra un complesso di specie elve- ziane, il SuESS ed il FuGiis rinvennero alcune specie {Cardium cìn- gulatum Gold., Murex capito Pliil., Xenophora cmnulans Brongn.) schiettamente oligoceniche. La posizione cronologica di questo piano è pure confermata dal genere Squalodon (S. Gastaldii Brandt), il quale anche in L'rancia, a Bari (valle del Rodano)^ compare nello stesso orizzonte, con una specie vicinissima, lo S. harrieme Jourdan, specie che si riscontra ancora neWAqtiitaniano dell'alta Austria (Linz) e nella Bassa Ba- viera (Bleichembach). Costituita questa fauna, quasi esclusivamente dal Benthos, tanto ses- sile, che vaglie (Lamellibr anelli ^ Cirripedi, Echini, Brachiopodi e Coralli), con scarsi rappresentanti del Nekton (Cetacei, Squali, Ce- falopodi), essa manifesta nettamente la sua formazione in un mare basso e costiero, ossia nella zona a laminarie, come d'altronde la sua costituzione litologica già aveva dimostrato. Tenendo conto separatamente delle specie rinvenute nelle tre località sopracitate, si scorge la conferma di quanto la stratigrafia aveva sta- bilito, cioè come la fauna delle arenarie di C. Ferri sia alquanto più antica di quella del calcare di Acqui, e presenti maggiori alTinità con quella del calcare e delle iironario di Visone, mentre quella di Acqui stabilisce un evidente passaggio alle faune langhiano. Dalle ana- APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 291 logie che la faima di quest' ultime località ha con quella laiighiaua, trassero argomento alcuni geologi, che si occuparono di queste regioni, per negare la presenza ùeìVAquitamano, facendo risaltare come carat- tere di grande valore, la presenza in esse MV At uria Aturl e dei Pteropodi. Premetto che, per quante minuziose indagini io abbia fatto nei din- torni delle Terme di Acqui ed a Visone, io non sono riuscito a rinve- nirvi avanzi di Pteropodi, ma con ciò io non voglio negare la loro pre- senza in altre località vicine deìVAquitamano^ anzi ritengo fermamente che essi possano trovarsi abbastanza numerosi in tale formazione. Riguardo zWAtwria Atun_, non credo sia il caso di soffermarsi per discuterne lo scarso valore stratigrafico e cronologico, perchè, come ho già altrove fatto osservare, la specie dall'Eocene (Suessoniano) di Londra passa all' Oligocene ed è ditliisa in tutto il Miocene, ove si estingue nella parte superiore (Tortoaiam). In quanto ai Pteropodi, osserverò io pure coli' amico dott. Bona- RELLi 1 come essi non bastino assolutamente a determinare la precisa età di un terreno, sia perchè si presentano ad avere specificamente una distribuzione assai ampia, sia perchè fanghi a Pteropodi possono es- sersi benissimo depositati in tutti i periodi del terziario. Così nel bacino eocenico di Parigi le ricerche del Lefèvre e del Vatelet, 2 quelle del Dollfuss e Ramond, ^ e recentemente quelle del Gossmann ^ hanno dimostrato la presenza di parecchie specie di Pte- 1 BoNARELLi G,, Alcune formazioni terziarie fossilifere dell'Umbria. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XVII, 1899, pag. 486.) 2 Lefèvre et Vatelet, Note sur des Pteropodes du genre Spirialis décou- verts dans le bassin de Paris. (Annales de la Société Malacolog. de Belgique. Tom. XV, 1870.) 2 Dollfuss et Ramond, Liste des Pteropodes du Terrain Tertiaire Parisien. (Annales de la Société Malacolog. de Belgique. Tom. XX, 1885.) ■* GosMANN M., Catalogue illustre des coquilles fossiles de l'Eocène des en- virons de Paris. (Annal. de la Soc. Roy. Malacolog. de Belgique. Tom, XXVI, 1891.) 292 G. DE ALESSANDRI. ropodi, ed ia Italia il Lotti dapprima nelle formazioni maruoso-are- nacee (macigno) dell'Apennino settentrionale, formazioni che egli riferì all'Eocene, 1 riscontrò numerosi avanzi di essi, e più tardi il Sacco - li rinvenne pure abbondanti in marne friabili bartooiane dell'Apen- nino romagnolo. Nell'Oligocene furono riscontrati dal Rolle ' nella Ger- mania del Nord, e dal Ludwig nel Belgio, -^ mentre il Fuchs dapprima ■' ed il SiMONELLi dipoi ^ illustrarono parecchie specie deWAquitamano di Malta. Gli studi poi del Bellardi, ^ dell' Hurnes, ^"^ del Mayer, ' del Se- GUEXZA, 1*^ del Simonelli, '^ dell' AuDENiNO, ^- del Vixassa, ^^ del De 1 Lotti B., Sull'Eocene dell'Appennino selterdrionale e toscano. (Boll. R. Goinit. Geol. d'Ital. Tom. XXVI, XXVII, XXXI, 1895-96-99.) 2 Sacco F., L'Appennino settentrionale. Parte IV. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XVIII. 1899, pag. 366.) 3 RoLLE F., Ueber einige neue oder wening gekannte Mollusken-Arten aus tert. ablag. (Sitz. d. Kais. Akad. der Wissensch. Wien. Bd. XLIV, 1861.) -* Recentemente mi fu comunicato dal Sig. A. Colla un' esemplare di Balantium sp. raccolto nello Stampiano di Taglioio. 5 Fuchs T., Das alter der Tertmrschichten von Malta. (Sitz. der Kais. Akad. der Wissensch. Wien. Bd. LXX, pag. 99, 1875.) ' SiMONELLi V., Di un nuovo Pteropode del Miocene di Malta. (Boll. Soc. Geo!. Ita!. Voi. XIV, 1895.) " Bellardi L., / Molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della Li- guria. Parte I, 1873, pag. 23. ^ HoRNES M., Fossil. Moli, des Tert.-Beckem von Wien. Bd. I, 1885. '■> Mayer G., Description des coquilles des terrains tertiares, ecc. (Journal de Gonchigl. Voi. XVI, pag. 100 e seg., 1868.) 1" Sequenza G., Paleontologia malacologica dei terreni terziari di Messina, Pteropodi ed Heteropodi. (Mem. Soc. Ita!. Scienz. Nat. Voi. II. Milano, 1867.) 11 Simonelli V., Sopra due nuovi Pterdpodi delle argille di Siviszano nel Parmense. (Boli. Soc. Geol. Ital. Voi. XV, 1896, pag. 182) ed Appunti sopra la fauna e l'età dei terreni di Vigoleno. (Boll. Soc. Geol. Ital. Voi. XV, 1896, pag. 339.) 12 Audenino F., I Pteropodi Miocenici del Monte dei Cappuccini in Torino. (Boli, della Soc. Malacoi. Italiana. Voi. XX, 1897.) 13 VixASSA P., Sopra un nuovo Pteropode del Miocene del Bolognese. (Ri- vista Ital. di Paleont. Anno IV, fase. 3, 1898, pag. 83.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 293 Angelis ^ ecc., ci dimostrauo altresì che, olirò ad essere i Pteropodi frequenti nel i\lioc0ne inferiore e medio, essi lo sono anche in quello superiore e nel Pliocene. In alcune località del ]\Iiocene medio (Elveziano), quali ad esempio al Monte dei Cappuccini presso Torino, essi costituiscono veri fanghi caratteristici. E che i Pteropodi siano di scarso sussidio alla cronologia dei ter- reni, lo dimostra facilmente la grande persistenza, che essi presentano nella serie stratigrafica. Invero dagli studi che il Kittl ha fatto su quelli del Miocene ungherese - risulta, come sopra 18 specie illustrate 9 siano tuttora viventi nei nostri mari, ed è pure noto come la Spina- lis liospes Eolie, comparsa nell' Oligocene superiore della Germania, si riscontri ancora vivente nel Mediterraneo. Anche riguardo alla loro dispersione batimetrica si hanno cifre assai varie; infatti, mentre dagli scandagli del Travailleur e del Challenger, resi noti per la parte che riguarda i Pteropodi dal Fischer ^ e dal Pelsener, ^ si sa che essi vivono abbondanti nelle profondità marine, ove formano i noti fanghi a Pteropodi, in profondità non superiori a 1200 metri, ossia nella zona fra i depositi litorali e quelli a globi- gerine, da quelli del Murray '' risulta che essi si riscontrano anche a profondità assai minori, e che sono pure numerosissimi in depositi poco 1 De Angelis G., Contribuzione allo Studio Paleontologico dell'Alta Valle dell'Amene. (Boll. Soc. Geo). Ital. Voi. XVI, 1897, pag. 29G.) 2 Kittl E , Weber die mioc. Pteropoden van Oesterreich - Ungarn, ( Annal. d. K. K. Naturh. Hofmusoums. Bd. 1. Wien, 1886.) •^ Fischer P., Diagnoses des espcces nouvelles des mollusques recueillies dans le cours des explorations du Travailleur. (Journ. de Gonchigliol. Tome XXX, 1881.) ^ Pelsener, Report on the Pteropoda collected bg II. M. S. Cìiallenger. (Rep. on the scene. Res. of H. M. S. Challenger Zool. Voi. XXIII, 1888.) 3 Murray, Report on Deep. Sea.-Deposit. band on the specimen collected during the vogage of the Challenger. Trad. A. Daubrée. (Bull. Soc. Belg. do Geo!. Tom. VII. 1897.) 29-4 G. DE ALESSANDRI. profondi vicino alle terre tropicali, ed eccezionalmente presso scogliere coralline (alle Antille e alle Azzorre) e presso isole oceaniche. Tale fatto spiegherebbe appunto la presenza dei Pteropodi, nei cal- cari e nelle arenarie della zona aquitaniaua. Nel Mediterraneo, come gli studi del Gatraixe, ^ del Costa, - del Benoit, ^ del Philippi, ^ del Tiberi ■' e di tanti altri hanno stabilito, ri- sulta come essi siano abbondanti lungo le spiaggie aperte, ed in alto mare, ove vivono raramente isolali, per lo più in istuoli numerosi, le spoglie dei quali si accumulano sui fondi e lungo i litorali. La loro area zoologica ò pure assai sviluppata, e le stesse specie si riscontrano nelle regioni più lontane sia nell'Atlantico che nel Pacifico. E dagli studi recenti del Tate ^ risulta pure, che nell' Eocene del- l'Australia si riscontrano generi e specie di grandissima allìnità con quelle conosciute nei depositi terziari dell'Europa, La faujia, che io ho illustrato, presenta strette analogie colle faune aquilaniane di Saucats, di Leognan e di Merignac, nel bacino della Dor- dogna, con quelle dei faluns di Sausset nella valle del Rodano, e con quelle delle molasse e coi calcari a Pecten Holgeri di Eggenburg, Gauden- dorf e Loibersdorf del bacino di Vienna, ciò che manifesta una proba- bile comunicazione durante l'epoca aquitaniaua di tutte queste regioni, comunicazione che doveva esistere a Sud della catena pirenica, pro- babilmente attraverso il bacino del Guadalquivir. Essa dimostra anche come V Aqmtaniauo paleontologicamente pre- senti grandi affinità col Miocene e quindi sia cosa naturale il disgiun- 1 GA.TRAINE, Malacologie méditerannéenne. Bruxelles, i8i0. 2 Costa 0. G., Fauna del Regno di Napoli. Animali Molli. Napoli, 18-il. 3 Bénoit, Ricerche maiacologiche. Messina, 1813. •* PiiiLii'Pi A. 11., Fauna molluscoram Regni ulriusjue SiciUae. Voi. II, 1844. '•> TtcERi, Cefalopodi, Pteropodi ed Ileteropodi viventi nei Mediterraneo e fossili nei terreni terziari italiani. (Boll. Soc. Malac. Voi. VI, 1780.) fi Tate R., .4 Review of the older Ttrl. Moll mca of .Australia. (Transl. of the Roy. Society of South Australia. Vol. XXIII, part. 2, 1809, pag. 2C0.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 295 gerlo dall' Oligocene, come recentemeiite hanno fatto il I.'enevier, ^ il Sacco, ^ ed il P'allot. ^ L'avere scisso il Langhiano tipico di Pareto in due piani diilerenti Aquitaniano e Langhicuio (strictu sensu) sembra cosa abbastanza naturale, imperciocché la loro costituzione litologica e la loro fàuna sono ben distinte e caratteristicamente diverse. Che questi due piani Aquitaniano e Langhiano corrispondano poi in realtà a due formazioni depositate successivamente in due diversi pe- riodi, non vorrei aliermare. Anzi a me sembra cosa probabile l'ammet- tere, come ammisi riguardo ai due piani dell'Oligocene, che essi rap- presentino due facies una litoranea e l'altra pelagica di un deposito sincrono, al quale nella serie cronologica spetterebbe naturalmente l'an- tico nome di Langhiano. Con ciò io sono ben lungi dall'accettare pel rimanente del Miocene l'ipotesi del De Stefani, ^ la quale, come già dissi, considera i differenti piani del Miocene (Langhiano^ Elveziano, Tortomano, MessinianoJ^ corno facies differenti di una formazione sincrona ; ma di essa mi oc- cuperò partitamente più oltre. Ad oriente del profilo esaminato V Aquitaniano si restringe in una stretta zona, che da Visone si dirige verso Gremolino, comprendendo le alture a Sud di Morsasco e di Trissobbio. Inferiormente esso pre- senta il banco calcareo, che man mano assottigliandosi, cede il campo alle arenarie, mentre nella parte superiore ricompaiono i soliti strati arenacei compatti, alternati da marne azzurrine o gialliccie. 1 Renevier e., Chronographe Géologique. (Corapte-Rendu du Congrès géo- logique international. Lausanne, 1897, pag. 5G2.) 2 Sacco F., Sur la classification des terrains tertiares. (Gorapte-Rondu du Congrès géologique international. Lausanne, 1897, pag. 317.) 3 Fallot C, Sur la classification du néogène inférieur. (Extr. d. Compte- Rendu de la séance de la Soc. Géol. d. France du 19 juin 1893, pag. 78.) ^ De Stefani C, Les terrains tertiaires supérieurs du bassin de la Medi- terranée. (Anna), de la Soc. Góol. de Belgique. Tom. XVIII, 1891.) 296 Cr. DE ALESSANDRI. Lq direzione degli strati è quasi sempre da Ovest-Nord-Ovest ad Est-Siid-Est, la loro inclinazione è di 15" circa Nord-Nord-Uvest. La tectonica è abbastanza regolare. L'ing. Bianchi^ cita piccoli disturbi locali presso la C. Quartina, in vicinanza di Visone ed altri io ho ri- scontrato sulle rive della Bormida, in vicinanza dei Bagni detti di Mon- tecatini ; ma veri importanti disturbi stratigrafici si osservano solo nella regione compresa fra Trissobbio e Roccagrimalda, ove il Miocene medio costituisce un'ampia anticlinale, della quale fu abrasa la cerniera. La denudazione di questi strati fu certamente assai profonda giudicandone dalla parte asportata in questa piega. Nella valle della Stura la zona aquitaniana va sempre più restringendosi, presentando ovunque la sua ti- pica costituzione litologica e la quasi completa mancanza di ogni avanzo fossile, ove si eccettuino impronte di Paleodictyon, traccie di Zoo- jìhicos e gusci di Teredo^ sempre però di pessima conservazione. L' ameno bacino, ove giace la città di Ovada, fu originato da una potente abrasione dell'Orba e della Stura, nelle marme scistose dello Stampiano. Esso venne limitato a Sud da una ferace distesa di colline, costituite dalla zona aquitaniana, che coi suoi banchi arenacei compatti costituì un valido argine all' azione erosiva delle acque. Nella valle del torrente Piota, ad Est di G. Bricco, in alcuni strati marmosi pro- fondamente alterati, ho raccolto valve di Lepadidi, e rari frammenti di Molluschi ; ivi però, ed in tutta la regione ad Est della valle della Stura, mancando alla base deìVAc/iùitamauo il grande banco arenaceo, il suo limite inferiore è sovente alquanto indeciso e talora allatto arbitrario. A Nord di Lerina o di Mornesc i banchi arenacei scistosi e psammi- tici presentano una notevole compattezza ed omogeneità, che li rendono pregiati materiali da taglio e da costruzione, nei quali però frequenti inclusioni carboniose diminuiscono talora il pregio industriale. ' Bianchi A., Op. cit., pag. 7. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 297 Nella valle della Scrivia YAquitaiUano ha la facies tipica ed una tectoiiica assai regolare. Ad Occidente dcdla valle del Ravanasco la zona acjuitaniàna costi- tuisce tutta la collina di Cavatore e di Melazzo, spingendosi a Sui verso Pouzone, fino al Monte Capriolo, del quale costituisce la parte superiore. Presso C. Croce presenta evidentissimo il banco basale, il quale si erge a picco sulle formazioni sottostanti. L' arenaria ivi ha colorazione verdiccia e costituzione glauconiosa, poco compatta ; presenta numerosi avanzi di Bivalvi, di ottima conser- vazione fra i quali abbondantissimo il Pecten ( Pseudamussiiim) cor- neum. Sow. La disposizione stratigrafica è regolare in tutta la regione, eccettuate le vicinanze di Melazzo, ove lungo la Bormida, presso la G. Maddalena, e lungo l'Erro, sotto all'abitato, si hanno pieghe e contorcimenti assai pronunziati. Sulla sinistra dell'Erro a Castelletto, a Montecrescente ed a Ponti la plaga aquitaniaua, assai mossa ed irregolare, rivestita da folto am- manto di vegetazione, acquista uno sviluppo assai rilevante, raggiungendo in alcuni punti l'elevazione considerevole di 538 metri sul livello del mare, cifra però che non rappresenta ancora il massimo di elevazione aeWAquitaniano perchè più ad occidente, nella regione compresa fra le due Bormide, al Bric Torrione presso Roccaverauo, esso raggiunge i 772 metri di altezza. Presso borgata Satragni, come già il De Stefani aveva osservato, sono frequenti gii avanzi di Molluschi (Ostree ^ Pecten, Lucine ^ Car- dium,, ecc.), di Crostacei e di Squali, i quali sono altresì assai abbon- danti" oltre la Bormida, lungo il torrente Orano e nel rio degli Sponsi, sotto San Giorgio Scarampi. La regione colJiuesca posta fra le valli delle due Bormide è quasi completamente costituita da depositi aquitaniani, i quali raggiungono ivi il loro massimo sviluppo in potenza ed estensione; e dai dintorni di Cortemiglia piegando a Sud, per Peiiedo, Serole, Torre-Uzzoue, Sca- 293 Cr- DE ALESSANDRI. Ietta, Geugio, essi si spingono nella valle del Tauaro, ove nelle vicinanze di Cava formano un'ampia plaga, nella quale durante i lavori per la ferrovia Savona-Torino, furono raccolti abbondanti avanzi fossili, però di pessima conservazione. Nella parte inferiore di questa zona i banchi arenacei, grigiastri e compatti, sono in alcuni punti, come a Merana e sopra Piana-Grixia, disturbati da locali contorcimenti, e stabiliscono una precisa delimita- zione coi depositi stampiaui sottostanti; ma superiormente le marne az- zurrine 0 gialliccie, interstratificate dalle arenarie, assumono il predo- minio sugli altri depositi e rendono assai incerta la linea di separa- zione col Langhiano. Langhiano. Anzitutto una breve digressione. Si è cercato in questi ultimi tempi da alcuni distinti geologi di sostituire nella nomenclatura stratigrafica dei terreni terziari il termine di Bardigaliano ^ a quello di Langhiano. 11 Depèret dapprima, il Meunier-Ciialmas ed il De Lapparent dipoi, in seguito il Renevier ed il Pellai accettarono questa sostituzione, la quale fu anche recentemente adottata nella colorazione della carta geologica di Francia. Ciò è evidentemente in urto palese con tutto le regole e le consue- tudini scientifiche. Infatti ammettono questi autori, come il Bitrdigaliano corrisponda stratigraficamente alla serie dei terreni, che il Suess nel bacino di Vienna ha chiamato /" Piano mediterraneo, e nel quale sono compresi supe- riormente lo Schlier (marne ad Atiiria Aturi e Pteropodi) ed iufe- riormoute gli strati di Eggenburg, Gaudeinlorf o Loibersdorf. Per essi il Langhiano non può rappresentare tutte le formazioni del 1° Piano me- diterraneo, poiché corrispondendo allo Schlier costituisce, secondo loro. Da Burdigala (Bordeaux). APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 299 solo un orizzonte iiitormedio fra i duo piani del bacino di Vienna, ciò che in parto è verissimo ; senoiicliè bisogna ritenere che Io Schlier non rappresenta un orizzonte intermedio tra i due piani in cui il SuESS ha diviso le formazioni terziarie del bacino di Vienna, ma bensì la parte superiore del 1° Piano mediterraneo. E la sua fauna, come gli studi del Fuch.s, ^ dell' Hurnes, - del Kittl, ^ del Manzoni, ' dello Sghaffer, •' e di altri hanno stabilito, corrisponde perfettamente a quella delle nostre marne a Pteropodi^, le quali sovrastanno alle for- mazioni calcareo-areuacee dQÌVAqmtaniano (calcare di Acqui, ecc.) e sottostanno alle molasse d^VC Ebjeùano (Piano di Serravalle o di Siqwga, ecc.). Ritenuta così la piena corrispondenza dello Scldier colle marne a Pteropodi delle formazioni subapenniuiche, ne consegue che i depositi ad esso sottostanti (Strati di Horn, di Eggenhurg, ecc.), i quali stra- tigrafìcameute e paleontologicamente corrispondono alle formazioni a Sud di Acqui (calcari, arenarie, ecc.), rappresentano il Miocene inferiore, ossia quanto in questi ultimi tempi il Fallot, il Renevier, il Mayer ed il Sacco hanno chiamato Aquitaniano. ^ Dimodoché il /" Piano mediterraneo rappresenterebbe l'assieme del Langliiano e à.Q\V Aqui- taniano. 1 FocHS T., Petrefante aus dem Schlier von Hall und Kremsmùnster in. Oòeróslerreich. (Verhandl. d. Goolog. Reichsanst., 1874, N. 5.) 2 HoRNES M., Dì.e Fauna des Schlier von Ottnang. (Jahrb. d. Iv. Iv. Geolog. Reichsanst. Bd. XXV, heft. 4, 1875.) 3 Kittl E., Ueber die miocenen Pteropoden von Oe&lerreicìi-Uagarn, (An- na!, d. Iv. Iv. Naturhistor. Hofmuseiims. Bd. I, N. 2, 1886.) ■* Manzoni A., Lo Schlier dell'alta Austria e lo Schlier delle Colline di Bologna. (Boll. R. Comit. Geo!. d'Italia. Voi. VII, 1876.) 5 ScHAFFER F., Der marine Tegel twn Thebea-Neudorf in Ungarn. (JahrK. d. K. K. Geolog. Reichsanst. Bd. XLVII, heft. 3, 1898.) '^ E ciò è cosa accettata anche dal De L.vpparent, il quale nel suo Traile de Geologie. Tom. II, pag 1508, riferisce le formazioni di Horn, nelle quali la base è costituita dall'orizzonte di Molt ^W Aquitaniano. 300 G. DE ALESSANDItl. Ora l'ammettere, come in generale i geologi francesi hanno fatto, che il BurcUgaliano sovrasti ^\V Aquitaniano nella serie stratigrafica, è cosa contradditoria, imperciocché, accettando ciò, si stabilirebbe una serie, ove una formazione sarebbe riferita a due piani differenti. In caso con- trario, 0 VAquitamano di questi autori corrisponde al nostro Oligo- cene superiore, cosa che la fauna dei suoi depositi contraddice, oppure bisognerà accettare la suddivisione del Douxami, ' che pone il BurcU- galiano (== I" Pia/io mediterraneo) come formazione di base del Miocene, e ricollocare VAquitaniano nell'Oligocene, ossia ritenerlo si- nonimo di quanto si distingue col nome di Stampiano^ o di Tongriano superiore, come dir si voglia. Ed in quale contraddizione induca il voler sostituire il termine di Burdigaliano nella serie stratigrafica, dandogli lo sviluppo dei geologi francesi, ce lo addimostra il Depèret stesso, il quale dapprima osserva : - t; Lo Schlier austriaco è compreso fra la parte elevata del 1° Piano me- diterraneo ( Horner schitschen) e la base del ir Piano mediterraneo (Strati di Grundy od a Cardita Jouanneti) come le marne a Ptero- podi sono sormontale dall'orizzonte di Torino a Cardita Jouanneti e riposano sopra le arenarie e le molasse del /" Piano mediterraneo (strati dì Acqui) n , ciò che vorrebbe dire essere gli strati di Acqui bur- digaliani. Ma poco dopo nel novembre dell'anno istesso congedando la sua memoria sul Miocene ^ ed accettando le idee del Sacco asserisce che uell'Apeuniuo : « sopra ai conglomerati longriani, riposa una serie potente di marne grigie alle quali succede dopo Arquata Scrivia una nuova serie più arenacea, che incomincia con un grosso banco elevato di are- narie, banco già osservato dal Mayer e dal Sacco j- (ciò che dimostra 1 Douxami E , Etudes sur Us terrain>i terliaires du Daupìuné, de la Sa- voie et de la Suisse occidentale. (Anna!, de l'Univors. do Lyon, 1896, pag. l-iG.) 2 Déi'éret M., Ri'ponse au.v obseroatiom critiques de M. Fallot. (Compte- Rendu des St'-ances do la Soc. Gèo!, d. France. N. 13, l'J juin 1893.) 3 Dkpkret M., Sur la classification et U parallélisme du si/stfme Miocène. (Bull. Soc. Géol. d. France. Serie 3. Tom. XXI, 1893.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 301 trattarsi senza dubbio delle arenarie e dei calcari di Acqui), e riferisce le priuie allo Stampiano, e le seconde ossia gli strati di Acqui al- VAquitaniano. Quindi egli a brevissimo intervallo ha ritenuto burdigaliana e aqui- taniana la stessa formazione di Acqui. I geologi summeutovati, i quali vollero adottare il termine di Bur- digaliana invece di Laiujìdam, pur ammettendo la priorità di que- st'ultimo, osservarono erroneamente come le colline delle Laughe, rap- presentanti il tipo del Langhiano, siano quasi sprovviste di fossili, e che i limiti stratigrafici e paleontologici di questo piano sono ancora a stabilirsi. Ma alla prima obbiezione ha risposto opportunamente l'egregio pro- fessore Trabucco, ^ citando una lunga nota di fossili, che si raccolgono nelle formazioni langhiane, che sono ad esse peculiari e ne attestano l'origine in un ambiente tipicamente distinto da quello sovrastante e da quello sottostante. Alla seconda si può anche facilmente rispondere che il voler negare precisi limiti stratigrafici al Langhiano delle formazioni terziarie pie- montesi, è cosa affatto infondata, dopo le carte così minute ed accu- rate che di esso hanno pubblicato il Mayer ed il Sacco. E che le formazioni di Bordeaux siano stratigraficameule più distinte e più tipiche di quelle delle Langhe, è cosa pure assai discutibile, ri- scontrandosi generalmente in quella regione depositi pianeggianti, ove la serie si può solo osservare in affioramenti limitati nelle incisioni dei fiumi e dei torrenti. Io ho lasciato da parte in questa mia digressione le osservazioni adotte dal Fallot ^ nel dimostrare erronea la sostituzione dei geologi 1 Trabucco G., Se si debba sostituire il termine Burdigaliano a quello di Langhiano nella serie Mioce-iica. (Processi Verbali della Soc. Toscana di Scienz. Naturali. 13 gennaio 1895.) 2 Fallot E., Sur la classification du Néogène inférieur. (Gorapterendu des sóances de la Soc. Géol. d. France. 19 juin 1894, pag. 78.) Voi. XXXIX. 20 302 G. DE ALESSANDRI. francesi, osservazioni abbastanza valide, perchò io nou possa ammet- tere con lui che: « lo Schlìer si debba intendere non come un oriz- zonte costante, ma una facies, che si presenta a diversi livelli -. La zona langhiana subapeuninica consta di una potente serie di marne azzurre, poco compatte, interstratificate con sottili banchi di arenarie grigio-plumbee, marne talora scistose, durissime, a frattura tabulare, le quali contengono numerosi fossili, generalmente però di pessima conservazione, dovuta a schiacciamento e deformazione. Fra questi avanzi, che pur troppo attendono tuttora un paziente rac- coglitore ed uno studioso che li faccia conoscere, abbondano Fornmi- niferi di mare profondo, Corollari liberi. Echini pelagici. Bivalvi gra- cilissimo. Pteropodi svariati. Cefalopodi di grandi dimensioni, Cirripedi peduncolati, i quali tulli attestano essersi questi depositi originati lon- tano dalle spiaggie, in un ambiente profondo e non disturbato. L'alTioramento di queste marne, le quali hanno un'estensione oriz- zontale non superiore ai cinque chilometri, per la facile degradazione agli agenti atmosferici, impartisce al paesaggio un aspetto dolce ed ameno costituendo una regione di grande feracità. La loro zona è ca- ratteristica per la presenza di larghe vallate, colline basse e tondeg- gianti, rotte da burroni ripidi e creste a picco in quei luoghi, ove le marne scistose, compatte ed i banchi arenacei prevalgono sulle marne azzurrine, friabili. La formazione langhiana segna un orizzonte abbastanza impermea- bile, sovratutto nella sua parte superiore a contatto delle arenarie e delle molasse elveziane, ove conseguentemente abbondano le fonti con acque di ottima potabilità. La Bormida nelle vicinanze di Acqui ha segnato colla sua erosione il limite fra il Langhiano e VAquitaniaiio, e la sua ampia valle di interstratiiìcazione attesta il lavorio polente delle azioni degradatrici durante il quatornaj'io, e resta bruscamente ristretta là, dove presso Morzasco la zona langhiana è nella sua minima estensione, mentre si sviluppano i banchi di calcare e di arenarie elveziane, che formano APPUNTI DI G-EOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. oOÓ le rupi di Orsara, e che hanno opposto un rigido ostacolo all'espan- dersi del fiume. La città di Acqui giace nel bel mezzo di questa formazione, la quale però ivi è in parte ricoperta dalle alluvioni recenti del torrente Medrio, e si è appunto nel centro della città stessa, che dalle marne langhiane scaturiscono lo rinomate acque termali (conosciute sotto il nome di Acque Bollenti), le quali hanno una temperatura di 75'' centigradi e da tempi antichissimi sono apprezzate per le lore importanti applica- zioni terapeutiche. Esso sono probabilmente originate da una profonda frattura degli strati, frattura che probabilmente interessa le formazioni cristalline sottostanti e che non ha lasciato traccie notevoli o disturbi nella serie sedimentare terziaria. Il Langhiaìio nei dintorni di Acqui è dovunque regolarmente costi- tuito da banchi inclinati di 20° circa Nord, ed il Mayer attribuisce ad esso una potenza di 1500 metri; ma io credo più attendibile la cifra del Sacco che la riduce a soli 1000 metri, cifra d'altronde sempre enorme, ove si pensi che esso è formato da depositi pelagici. Petrograficamente è una zona uniforme e di nessuna importanza industriale; la rapida alterazione delle marne dà luogo ad un abbon- dante materiale di sfacelo, che si aduna nelle falde dei colli rendendo più dolce e regolare l'orografìa della regione. Ad oriente di Acqui, la plaga langhiana si estende nelle colline apriche di Strevi e di Morzasco, e ristretta in una piccola striscia pro- segue per Tissobbio, fino alle vicinanze di Ovada ove costituisce le alture di Montakleo e di Parodi. Nella valle della Scrivia e del Ber- bere essa abbandona la sua facies marnosa-arenacea per assumerne una più sabbiosa e più argillosa, colla quale si riscontra ancora in tutta la regione ad oriente fino alla valle della Stafferà. Ad occidente di Acqui, il Langhiaìio é evidente sulle colline di Moi- rano, lungo la strada della Grenna; però la zona è ivi limitatissima, perchè poco sopra la C. Brezzi le arenarie già si presentano in grandi banchi disaggregati iniziando le formazioni elveziane le quali, colla so- 304 G. DE ALESSANDRI. lita alternanza di arenarie e di molasse, si estendono fino alle vici- nanze della Chiesa Parrocchiale di Moirauo. Nelle Carle geologiche del Sacco e del Trabucco l'estensione del Langìiiano in questa regione è assai esagerata ; essa però prende sviluppo fra C. Abergo e C. Lan- zarotti e si allarga notevolmente presso Terzo, ove in Val Bogliona è riccamente fossilifera. Nelle vicinanze della borgata Serra sono nume- rosissimi gli avanzi di Atiiria Aturi, di Solemmyaj di Balantium, di Carinarie, di Nticule, di Lede, di OUree, ecc. Fra esse ha raccolto altresì esemplari delle seguenti specie : Oxyrhina Desorii Agass. Scalpellum magnum Darvi^. Galeodea Bisioi, n. sp. Tav. I, fig. 14 a-b. Conchiglia grande ovato- subglobosa, spira depressa conoidale, anfratti in numero di cinque, sol- cati da grosse costole regolari a margine arrotondato, le quali sono svi- luppate su tutte le parti della conchiglia, però più evidenti e più di- stanti fra loro, negli anfratti inferiori. Fra le costole primarie si notano irregolarmente costei ine secondarie, evidenti sopratutto nella parte superiore dell'ultimo anfratto. L'apertura è ovato-allungata, il labbro esterno è incompleto, lievemente ricurvo; quello colummellare è assai espanso. Neil' ultimo anfratto si scorge una grossa costola irregolare, che solca trasversalmente tutta la con- chiglia, la quale sembra altresì riprodursi meno spiccatamente nella parte interna, quasi al principio del secondo anfratto. L'esemplare pro- venendo dalle marne è conservalo come impronta, e quindi manca della parte caudale. Dimensioni Lung. mm. 105 circa « Largh. f 89 ;i Questa specie per le dimensioni relative degli anfratti e per la loro ornamentazione, corrisponde alla G. taurojìomum Sacco (op. cit. Voi. N\l, pag. 67, tav. Il, fig. 24 a-b), da essa però differisce per la forma e per il lab])ro esterno, il quale non ò mollo revoluto. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 305 Por la grossa costola nel!' ultimo anfratto l'esemplare, che io ho de- scritto, si avvicina più che ad ogni altra specie, alla G. defornù Sacco (op. cit. Voi. VII, pag. 60, tav. Il, fig. 19), ma si distingue da essa, oltrecchè per l'ornamentazione, anche per la forma e per lo sviluppo relativo degli anfratti. Sembrerebbe una forma ancestrale, con dimensioni gigantesche della vivente G. tijrrhena Chemn, '^ quantunque la sua spira sia meno ac- cuminata ed i primi anfratti siano più depressi ; per questi ultimi ca- ratteri essa si avvicina alla G. depressa Phil, sp., ^ la quale però è più ovata ed ha ornamentazione più fine e più regolare. Il fatto che quest'esemplare presiMita non solò una costola trasversa, come la G. deformis, ma altresì una seconda, meno spiccata, ci induce a ritenere tale carattere non dipendente da deformazione individuale, e quindi di vero valore sistematico, por la qual cosa io credo si debba ritenere tale fossile come rappresentante una specie non ancora cono- sciuta. Io la distinguo col nome del mio amico carissimo Avv. F. Bisio com- pagno delle mie escursioni giovanili attraverso le formazioni langhiano della valle della Bormida. Galeodea sp. Spatangus cf. Deydieri Cotteau (in Douxami E.. Etudes sur les terrains Tertiaires du BaupMné, de la Savoie et de la Suisse Occidentale Annal. d. I' Université de Lyon, 189G, pag. 256, tav. I, fig. 12). Riferisco a questa specie un grande esemplare, di imperfetta conservazione, nel quale la forma e la disposizione degli ambulacri, la posizione del peridoto, il numero e le dimensioni dei pori Io avvicinano assai alla specie del Cotteau. 1 Chemnitz, Neues Syst. Conch. Cab. Bd. X, 1878, pag. 192, tav. CLIII, fig. 1461-1462. 2 Philippi R. a., Fauna Molluscorum Regni utriusque Siciliae. Halis Sa- xorum. 1844. Voi. Il, pag. 186, tav. XXVII, fig. 2. 306 G. DE ALESSANDRI. Le (limeusioni del mio esemplare sono però alquanto più sviluppate di quelle della forma tipica, quantunque in parte ciò si debba attribuire a deformazione dovuta a schiacciamento del fossile. Questa specie finora fu solo raccolta nella melassa marina, a Pecien 2yrescabìnuscicliis, di Gresin (Valle del Rodano). Toxopatagus italieus Mauz. sp. ^ Brissopsis sp. Cidaris sp. Trochatocyatus cf. mitratiis Gold. sp. Oltre Terzo la zona laiighiana costituisce le colline di Ristagno, e presso l'abitato, lungo le rive della Bormida, le marne azzurro, com- patte, presentano traccio di Bivalvi e frustoli vegetali. L'inclinazione loro è costantemente di 20" N. e- non presentano che insensibili disturbi in alcune regiuoi, ove frane locali talora di considerevole estensione, do- vute a slittamenti di banchi compatti sopra marne ed argille friabili, hanno portato qualche infrazione alla regolarità di esse. A Monastero Bormida, a Bubbio, a Cessole la formazione è intensa- mente azzurra, e presenta spoglie di Foraminifere (Globigerim), con altri avanzi microscopici di mare profondo ai quali si aggiungono resti di Molluschi, Crostacei e Squali. Non sempre la natura litologica di queste formazioni può fornire concetti precisi per distinguere il Langhiano d'àìV Aquila niano e dal- VElveziano^ ma i passaggi alle formazioni sottostanti ed a quelle so- vrastanti sono abbastanza spiccati, oltreché da un'aspetto più irregolare della regione, anche da manifesti avanzi organici di habitat diverso. Da Cessole per Castine la plaga langhiana entra in vai del Belbo, formando l'allungalo affioramento di Borgomale e Cerretlo, inciso in 1 Trovo assai giusto il riferimento che il Pomel ha fatto di questa specie, che dapprima si ascriveva ad Jlemijmeustes (Manzoni e Mazzetti), ad un nuovo ge- nere Toxopatagus, perchè come egli osserva, il gen. Ilemipneustes Agassiz è pro- prio della Creta e si distinguo per avere l'apice assai allungato. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 30/ tutta la sua estensione dal Belbo stesso; affioramento dovuto ad una più intensa erosione del fiume nella zona elveziana, costituita ivi da molasse ed areo-arie assai disaggregate. Nella valle della Bormida il Langhiano prosegue per Cortemiglia, Gorzegno e Monesiglio entrando presso Sale in quella del Tanaro, dove costituisce le colline attorno a Ceva e quelle che separano la valle della Gorsaglia da quella del Tanaro. Elveziano. V Elveziaiìo è essenzialmente costituito da banchi potenti di arena- rie grigiastre profondamente alterate, nelle quali si intercalano marne grigiastre friabili e molasse azzurrine o gialliccie. Tutti questi depo- siti manifestano evidentemente un sedimento litoraneo assai regolare, mancando in essi i conglomerati ciottolosi che nella Collina di Torino ed aache nel basso Monferrato manifestano una sedimentazione preci- pitosa. La zona elveziana ha generalmente uno sviluppo assai limitato in estensione sorpassando di rado i quattro o cinque chilometri, ma ad occidente di Acqui, fra le valli della Bormida e del Belbo, in alcune località raggiunge la cifra di dodici e più chilometri. La tectonica dei suoi strati è regolarissima, l'inclinazione media è da 15° a 18° Nord Nord-Est, la sua massima potenza è pressapoco di 1000 metri. Essa costituisce una plaga di mediocre elevazione e di buona pro- duttività agronomica; in alcuni punti causa il predominio delle arenarie il paesaggio ha un aspetto brullo, dirupato e pittoresco. Assai incerta riesce in alcune località la netta separazione fra il Lan- ghiano e X Elveziano, massime dove le arenarie sono poco sviluppate e marne verdiccie o bianco giallognole, alterate ed untuose al tatto costituiscono la base * De Stefani A., Les terrains terliaires supérieurs da bassin de la Medi- terranee. (Annal. de la Soc. góolog. de iJelgique. Tom. XVIII, Ì8'J1.) APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 337 Stabilito, io mi sono dovuto ricredere su quanto avevo dapprima ac- cettato. E d' altronde lutti i geologi i quali hanno visitato questa regione sono concordi, salvo rarissime eccezioni, uell'ammettere la serie rego- lare e successiva. Il De Stefani stesso dapprima scrisse : ^ « in questa regione si verifica il fatto che V Elveziano del Mayer e degli autori, sta real- mente, come hanno stabilito, sopra al Langhiano « ; più lardi aggiun- geva : - « nella regione fra il Tanaro e la Scrivia non vi è dubbio che la suddivisione del Pareto (Langhiano^ Serravalliano^ Tor- toniario) rappresenta ima vera distinzione dei terreni ben determi- nata. ;i Solo due anni dopo, esaminando in una breve nota ^ la fauna dei calcari di Acqui (secondo lui sottostante al tipico Langìiiano del Pareto), osservava come i Pecten determinati dal Trabucco * siano specie elveziane, e quindi ritenne elveziani tali calcari, credendo aver rinvenuto un'altra prova di formazioni elveziane sottostanti alle lan- ghiane. Ciò in realtà non si verifica punto, perchè come ho già osser- vato e come la fauna dimostra, il calcare di Acqui è aquitaniano. E sullo stesso argomento il Trabucco ^^ aveva già notato come: «il Bittner, Tietze ed anche il De Stefani hanno emesso l'opinione che il Langhiano, Elvesiano e Tortoniano siano semplici plaghe di di- versa profondità di un medesimo piano del Miocene. A parte la fauna peculiare e caratteristica di questi piani della regione, a me sembra che la sovrapposizione costante del Tortomano ^xAV Elvesiano, e di •f De Stefani C, L' .[pennino fra il Colle dell' Altare e la Polcevera, pa- gina 255. 2 De Stefani G , Les terrains tertiaires supérieurs du bassin de la Medi- terranée, pag. 219. 3 De Stefani G , Sulla Posizione del Langhiano nelle Longhe. (Processi Verbali della Soc. Tose, di Scienz. Nat. Voi. IX, 1895, -pag. 256.) ■^ Trabucco G., Sulla vera posizione del calcare di Acqui. Firenze, 1891. ^ Trabucco G., Op. sopracit., pag. 25 (nota). 338 G. DE ALESSANDRI. questo sul Langhiaao, nou che la natura delle roccie di cui sono co- stituiti, escludano l'opinione dei chiarissimi studiosi. « E l'IssEL poco appresso ^ aveva asserito : « Non mancano dubbi avan- zati circa la legittimità dei piani LaughianOj Elveziam , Torto- niano, ma si deve però riconoscere che se veramente si scorge qualche caso di compenetrazione dei succitati piani nel bacino di Vienna e forse nella regione apenninica, d' altra parte la successione e la so- vrapposizione loro , lungo la valle della Scrivia, risultano così patenti ed i caratteri loro distintivi si mostrano cosi spiccati , che l' incer- tezza non è più possiljile. ^ Ultimo infine lo Schaffer- a proposito sempre delle formazioni sub- apenniuiche aveva dichiarato: « io non accetto le ulteriori deduzioni se- condo cui si unisce assieme Aqititaaiaìio^ Laaghiaao ed Eloeziano, riguardo al profilo di Acqui, perchè mentre le formazioni a nullipore appartengono al /" Piano Mediterraneo^ dobbiamo considerare come spettanti al W Piano gli orizzonti di arenarie che gli sovrastanno, i quali sono la continuazione diretta degli strati del Miocene medio che si riscontrano a Serravalle. « Che la serie quindi, a parte l'interpretazione e lo sviluppo differente di alcuni piani, sia quale è stata da tanti distinti geologi segnata, credo sia cosa indiscutibile ; ma anche altrove, forse non così tipicamente regolare, essa si mostra in tutta la più costante successione e sovrap- posizione di piani. Nel quadro qui uuito a pag. 340, 341 ho indicato le regioni ove essa è più evidente. Jil, se noi ne prendiamo in esame lo differenti plaghe, vediamo come nell'Italia meridionale (Calabria) la serie corrisponda perfettamente sia per i concetti paleontologici, sia per quelli stratigra- fici a quella del Piemonte. Di prezioso aiuto alla paleontologia, e di * IssEL A., Liguria (jeologica e preistorica, pag. 190. 2 ScHAFFER F., BeìL. z. Parallelisirung d. Miocànhildung d. piemont. Ter- tiiìrs., ecc., pag. 161. APPUNTI DI GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA, ECC. 3'39 grande esattezza stratigrafica, furono in questa regione gli studi del Seguenza, ' il quale aveva già notato : « la questione dei geologi au- striaci, se le roccie di Leitha (Mvesiauo) formino un piano distinto, inferiore a quello di Baden (Tortoniano), come vuole il Mayek, è qui dimostrata, perchè Y Elvedano sta sotto al Torloniano. ■» Nel Veneto la serie miocenica non è così perfettamente conosciuta e distinta per la mancanza tuttora di buoni studi sui fossili peculiari dei diversi piani, tuttavia è indubitato che, nella regione ad Est del Brenta, la serie del terziario medio è completa e con numerosi fos- sili caratteristici. Il bacino del Rodano, che gli studi del Fontannes, - del Fischer, ^ del Gaudry ■' e del Dépéret ed altri, hanno con tanta cura illustrato, si presenta regolarmente costituito, quanto quello del Piemonte, ed il Dépéret •' a proposito dell' ipotesi del Tietze e del Bittner aveva ivi osservato : - si vede d' altronde che la comparazione degli oriz- zonti di A^ieuua con quelli del bacino del Rodano, ove la successione stratùjrafica iioii imo sollevare dubbio di sorla, conferma completa- mente le vedute del Suess sopra la costituzione del Miocene Viennese. « Meno caratteristica, per lo studio del terziario medio, è la serie che si riscontra nella Svizzera, ove lo sviluppo delle formazioni di acque dolci e salmastre sovrastanti e sottostanti al Maschelsandsleiii (LangìUano 1 Sequenza. G., Le formazioni terziarie nella Provi/acla di Reggio (Cala- bria). 1880, pag. 95. 2 FoxTAxxES F., Le group d'Aix (Etudes stratigraphiques, fase. Vili) e De- scription sommaire de la faune malacologique du group d'Aix, 1884. — Les terrains tertiaires du bassin de Visan. (Anna), d. la Soc. d'Agricult. de Lyon. Serie V, Tom. I, 1878, eco.) — Les terrains tertiaires supérieurs du Haut Comtat-Venaisin. Paris, 1876 e Le plateau de Gucaron. (Bull. Soc. Géol. de France. Serie III, Tom. V, 1878.) ^ Fischer P., Noie paléontologique sur la molasse de Cucuron. (Bull. Soc. Géol. de France. Serie 3. Tom. VII, 1880.) ■i Gaudry A., Animaux fossiles du Moni Lebéron ( Vaucluse). 1875. ^ Dépéret M., Classification et Paraìlélisme du sìjstème Miocène, pag. 215. 340 G, DE ALESSANDRI. P^arallelismo degli strati Piani SUBAPENNINO Astiano . ^ ! Piacenzlano Messiniano . Tortoniano Elveziano Langìiiano Aquitaniano (q ( Stampiano . O o 2 f Tonqriano o Depositi salibiosi, ciottolosi con argille e marno /facies vi Ha frane In ana j (Makan- ZANA - Bruno). Sabbie grigio-giallognole (Cassine). j Marne argillose, azzurre (Rio Orsecco). Sabbie e longlomerati. Marne listate, calcari ca- riati. — Zona dei gessi. Marne bianchiccie o nera- stre. Depositi sabbiosi, arenacei. Marne azzurre a Pleuro- tomie (Stazzano, S. Agata). Conglomerati e marne sci- stose. Molassa sabbiosa, giallastra e marne (Serravallk). Marno azzurre con strati arenacei, ad Aturia Aturi e Pteropodi ( Lanche). Arenarie compatte e cal- cari a Lithotkamìii con Eckiìiolampas ■plaijioso- min (Valle Ravanasco, Acqui), Marne arenacee, biancTiic- cie, ligniti con Antracolhe- rium wa//«! -^^/'v"/^/ ,//////////"//// ^z , //■yy// Tm\I. AUCT. PHOT. ci III 0>oc.oHcxl' at ScUn^^c Piai. Vol. XXXIX. Z^/: // «ss. ■ G/i^/t-, Trt./iu^4y '■ r-- .^-l-t^-éf^- ,/^U^'n^ NOTA OliNITOLOGlGA SOPRA VARDEOLA IDAE, (Harllaiib) E CENNO SUI- DICROISMO DI VARII ARDEIDI. del socio Prof. Griacinto Martorelli. (Con una tavola.) Nel riordinare la Collezione Ornitologica Turali del Museo Civico di Storia Naturale di Milano secondo il Catalogo degli Uccelli del Museo Britannico (Voi. XXVI, pag. 20G), mi cadde sott'occhio un esemplare adulto di Ardeola idae (Hartl.), del Madagascar (N. 9571 cf, da Jules Verreaux), nell'abito btanco, o nuziale, descritto dal Grandidier a p. 420 della lìevue de Zoologie (2.'"® serie, t. XIX, 1867) e più tardi nella grande Opera da esso scritta in collaborazione con Alfonso Milue-Edwards sulla Storia Naturale del Madagascar (Voi. XII, Ilistoire Naturelle des Oiseaux, Tome I, Texte, p. 556; Atlas, Tome III, pi. 226). I caratteri dell'esemplare corrispondono perfettamente a quelli descritti dal Grandidier, sia per il colorito, che è interamente bianco (tranne sul capo, ov' è una leggiera tinta di fulvo), sia per le misure che son quelle di un maschio perfettamente adulto ; ' quindi nessun dubbio esiste circa Misuro. ^ Esempi, di Coilez. Turati: Misure date dai Grandidier Ala 2i0 mill. . . da 200 mill, a 250 mill. Coda 100 )i 100 » Culmino del Lecco . . 0G5 u OGO » Becco dalla commessura 077 « 075 )i Tarso 060 » 060 » Dito medio .... 050 » ....... 050 « Pollice 023 )) 023 I) Voi, XXXIX. 23 350 G. MARTOREI.LI. i;i determinazione della specie, poiché nessuna delle ire altre aflìni asia- tiche : Ardeola graiji, A. hacchus, A. speciosa, nelle quali si divise dagli Ornitologi l'antica specie Ardeola leucoptem^'^ ha questa fase bianca che vien considerata come nuziale. Senonchò lo Sharpe nel Voi. XXVI del detto catalogo (pag. 207), descrivendo V Ardeola idae, osserva che, avendo ricevuto dal sig. Al- fredo Newton alcuni Aironi del Madagascar, ha potuto accorgersi che sotto il nomo di Ardeola idae sono state confuse due specie, poiché un Airone bianco in abito di nozze in quella colleziono del Newton con'i- sponde molto bene alla tavola ù.q\V Ardeola idae nella nominata Storia Naturale del Madagascar. Esso non vede per quale ragione non si abbia a riferire quell'esemplare alla Gar setta garzella., mentre la vera Ardeola idae sembra essere estremamente vicina all'ordinaria Ardeola ralloides ed d\Y Ardeola grayi: aggiunge che per risolvere la questione bisognerebbe esaminare l'esemplare del Museo di Parigi. Ora ò evidente che lo Sharpe non ha potuto confondere una Garzella nell'abito nuziale con un Ardeola nell'abito medesimo, per il solo fatto che ambedue sono bianche, mentre appartengono a due generi, per forme e per proporzioni, affatto diversi, e quindi gli esemplari che egli ha considerati come appartenenti al gen. Garzella non potevano certo es- sere Ardeolae. Su ciò non può cader dubbio di sorta. Ma circa la rassouìiglianza che osso vede tra l'esemplare presenta- togli dal Newton e la figura ì\q\V Ardeola idae nell'opera sul Mada- gascar, che io pure ho esaminalo attentamente e confrontato coll'csem- plaro della Collezione Turati, a me seinbra che, so rassomiglianza vi può essere tra la figura stessa ed una Garzetta., essa non può deri- vare se non dalla imperfezione della figura, sebbene eseguita dal va- lentissimo Keulemans. Questi potrebbe bensì, per un errore di trasmissione delle pelli clie dovea disegnare, aver rappresentato una Garzella invece di un Ar- ^ II. ScHLECEr,, Mmeum des Pays-Bas. Tomo V. Ardear, pag. 32-35, NOTA ORNITOLOGICA SOPRA l'ARDEOLA IDAE, ECC. 351 deola, ma, esaminando bene la sua figura, riesce evidente che questo non è il caso ; poiché la Garzella garzella non ha la chioma di lunghe piume cadenti snl dorso in quantità, come nella figura, ma sibbeue due lunghe e sottilissime piume bianche cadenti dall'occipite e scorrenti sul lunghissimo ed esile collo ; laddove nella figura questo appare piut- tosto largo ed accorciato, come è nelle Ardeolae e come, per conseguenza, lo rappresento nella mia figura, tolta dall'esemplare Turati. Inoltre in quella figura le gambe dell'uccello rappresentato non hanno la lunghezza che dovrebbero avere in una Garzella, ma sono tuttavia più alto e più sottili che nelle Ardeolae : non sono gialle, come in queste ultime, e non sono nere coi piedi gialli, come nelle prime, ma di un color brunaslro uniformo. Infine le piume ornamentali delle parti superiori si prolungano, nella figura, smisuratamente ed hanno una foltezza straordinaria: così pure dicasi della pioggia di piume alla base del collo esageratamente prolun- gata e per nulla rassomigliante a quella deìVArdeola idae del Museo di Milano che, nelle formo e nello sviluppo delle piume ornamentali, corrisponde pienamente al tipo della nostra comune Ardeola ralloides. Da quanto ho detto intorno alla figura più volte nominata, mi sembra poter concludere che in essa non può vedersi una Garzella di qualsiasi specie, ma piuttosto un Ardeola infelicemente rappresentata ; nel che anche mi conferma quella leggiera tinta giallognola che in essa domina, non altrimenti che uell'esemplare di Milano e, ad ogni modo, l'essere la figura mal rispondente al vero, non toglie valóre alla diagnosi chiara ed esplicita del Grandidier che, come sopra ho detto, si adatta perfet- tamente al soggetto da me figurato. Rimane quindi indubitabile che V Ardeola idae è da comprendersi fra le specie di Ardeidi nelle quali si verifica il dimorfismo, possedendo una fase bianca distinta da quella a colorito ordinario e che in questo caso il dimorfismo, verificandosi nel periodo degli amori, la fase bianca deve considerarsi come nuziale. Il lungo isolamento nel Madagascar po- trebbe spiegare come questa specie abbia assunto un abito nuziale di- 352 G. MARTORELLI. Stinto, mentre nelle sue congeneri, più orientali, tale abito bianco non si riscontra. E poiché mi sembra dimostrato il dimorfismo per questa specie, parmi non fuori di luogo accennare ancora a varii altri ArJeidi nei quali una simile fase bianca, ossia leucocroismo, si osserva pure, o parziale, o totale ; per lo più così indipendente dall'età, dal sesso, o dalla stagione, che in una stessa nidiata si possono trovare individui coloriti ed altri bianchi, ed i genitori possono essere ambedue bianchi, od ambedue co- loriti, 0 uno colorito e l'altro bianco, oppure anche di colore misto. Priina di far seguire l'enumerazione di questi Ardeidi nei quali si verifica il dimorfismo, debbo ancora avvertire che quello che io chiamo leucocroismo non ha da esser confuso coW albinismo, che pure può con- durre ad un piumaggio interamente candido; perocché questo costituisce un' anomalia e quasi con certezza può ormai considerarsi come un ef- fetto di degenerazione organica, particolarmente apparendo come un im- poverimento di tutti i tessuti dell' individuo in cui si verifica, com'ebbi più volte occasione di constatare, anatomizzando individui albini. Di più l'albinismo, specialmente quando è totale, suole essere accom- pagnato da alterazione di colore anche nelle parti sprovvisto di penne e si estende persino all'occhio che tende a divenir rosso, mentre le zampe ed il becco volgono al roseo, o al carnicino. Invece nei casi di leucocroismo, dei quali sto per trattare, sono solamente le piume che divengono bianche, mentre le zampe, il becco, la pelle nuda attorno agli occhi, e questi medesimi, conservano il loro colore normale, o anche acquistano tinta più intensa, se trattasi di fase nuziale, com' è il caso àQÌVArdeola idae. Le specie nelle quali risulterebbe verificarsi parzialmente, o total- mente, il leucocroismo appartengono ai seguenti generi : Mesophoyx, Florida, Bicromanassa, Notojìhoyx^ Lepterodius^ IlerodiaSj Garsetta, Leucophoyx e Demiegreita. Nel primo genere, cioè: Mesophoyx^ vi ò la M. ialermedia sempre bianca e così pure la M. plumifera. NOTA ORNITOLOGICA SOPRA l'aRDEOLA IDAE, ECC. 353 Nel gm. Herodias la //. alba costantemente bianca; sola differenza l'esservi, o no, piume ornamentali, cioè quelle lunghe e filamentose piume bianclie formanti la vaghissima e leggiera pioggia sulle ali e sulla coda, cui si è dato il nomo commerciale di Egrette. Nel gen. Florida l'unica specie, F. coerulea, è generalmente bianca nella veste dei nidiace!, ma i giovani si fanno gradatamente grigi, o per muta di piume, o per colorazione progressiva : gli adulti sono ge- neralmente di color grigio-azzurrognolo; però lo Sharpe fa notare che secondo il RidgAvay f Water Birds, North Amer., Vol. I, pag. 43) i vecchi individui possono anch'essere totalmente bianchi. Nel gen. Dicì'omanassa la D. rufa ha due fasi e lo Sharpe (Cat. B., Voi. XXVI, pag. 105) ricorda come l'Aiiduljon considerasse gl'in- dividui bianchi quali i giovani della specie, mentre lo studio delle serie ha dimostrato che gli individui bianchi, avendo sviluppate le piume or- namentali, non altrimenti che quelli coloriti, debbonsi considerare come adulti essi pure e l'esemplare bianco della Collezione Turati lo conferma. È strano poi che l'Audubon non se ne fosse accorto, poiché riconosce che le due forme si possono trovare nella medesima nidiata e sono al- levate da genitori di uguale, o di diverso colore, fra di loro : quindi lo Sharpe giustamente ne conclude che la fase bianca, in questo caso, nulla ha che fare coll'età, o col sesso, o colla stagione. Qualche volta si trovano individui a piumaggio misto. Nel gen. Notopìioy.jc la N. Novae Hollandiae è notevole per il vario grado in cui si trova in essa il color bianco sul capo, occupando una superficie variabile di esso. Tale variazione risulta affatto indivi- duale, cioè indipendente dal sesso, età o stagione. Nalla Notophoìjx pacifica il bianco si può estendere a tutto il collo e la Collezione Turati, coi suoi tre esemplari, possiede la forma a co- lorito e macchie normali, quella col capo e collo interamente bianchi, ed una intermedia fra le due prime, confermando pienamente il dimor- fismo supposto dallo Sharpe. Óoi G. MARTORELLI. La Noto])hoijx picata ha il collo bianco, come le guaiicie e la gola, ma iu modo costauie, onde nasce il dubbio che sia sparita la forma a colorito normale, o meglio origiuEirio; però, disponendo di una sufllciente serie, non sarebbe forse impossibile il trovare qualche individuo in quella coudizione e mi pare quindi opportuno richiamare sopra questa specie di Airone l'attenzione degli Ornitologi, Nel geu. Lepterodius si verifica il leucocroismo in modo completo, tanto nel L. gularis dell'Africa, quanto nel L. asha che lo rappre- senta in Asia. Anzi nella prima specie ebbi opportunità di osservare il cambiamento di colore iu un individuo vivente riportato dall'Eritrea da alcuni soldati e che tenni per qualche tempo, onde seguirne i mula- menti di piumaggio. Vero ò che spesso gii individui a colorito inisto, o macchiato, sono il prodotto di mescolanza delle due forme, come asserisce lo Sharpe, ma è altresì certo che quello da me osservato vivo era del tutto bianco quando lo ricevetti e si andò oscurando di poi; quindi debbo ritenere che in questa specie il leucocroismo può essere permanente, o tempo- rario. I giovani sono color cenere, epperciò non si tratta di variazioni per ragione di età. Nel geu. Garzella vi ha la Garzella garzella ^ il cui leucocroismo è regolare e costante, né ho trovato in alcun autore il minimo accenno ad una eccezione, sia pure individuale. Lo stesso dicasi per la Gar- zella nigripes. Nel geu. Leucophoyx vi ò la sola specie Leucophoyx candidis- sima e non ha variazioni di colore. 1 Ho ilovulo qui seguire il nome adoUato nel Catalogo di Garzella garzella^ tuttavia questo sarebbe uno dei casi in cui si dovrebbe dare il nome specifico di typicf, chiamando quest'airone Garzella ti/pica, piuttosto die ripetere por ia specie il medesimo nome cbe per il genere, cosa che suona assai malo: e così mi paro che si potrebbe seguire, nel denominare le specie come questa, una recente propo- sta che leggo mìVIòls (ottobre 1800, pag. C■ YOLUME XXXIX. Fascicolo 1.° — Fogli 1-5. (Con due tavole) MILANO TIP. BEKNAEDONI DI C. REBESCHINI E C. Via Rovello, 14. ed tì- 02 o O «3 ,^ "S2 «2 "S o |^f Giugno 1900. Direzione pel 1900. Presidente, Senatore Edoardo Porro, Via Francesco Sforza, 31. Vice- Presidente, Prof. iog. Francesco Salmojraghi, Piazza Castello, 17. \ Prof. Giacinto Martohelli, Museo Civico. Ssoy£t(Zì*'i i Prof. Ferdinando Bordelli, Museo Civico. Vice-Segretarj 1 Dott. Carlo Airaghi, Museo Civico. [ Dott. Giulio De Alessandri, ^iseo Civico. Conservatore, Prof. Pompeo Castelfranco, Via Principe Umberto, 5. Vice-Conservatore, Dott. Paolo Magretti, Via Dante, 7. Cassiere, Vittorio Afilla, Via Sala, 6. Consiglieri d'Amministrazione: Dott. Cristoforo Bellotti, Via Brera, 10. Conte Giberto Borromeo juniore, Piazza Borromeo, 7. March. Luigi Crivelli, Corso Venezia, 32. Cav, Giuseppe Gargantini-Piatti, Via Passerella, 10. Cav. prof. Tito Vignoli, Corso Venezia, 89. SUNTO DEL NUOVO STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1895) DATA DI FONDAZIONE, 15 GENNAIO 1856. Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. I Socj sono in numero illimitato (italiani e stranieri), effettivi, corri- spondenti, perpetui e benemeriti. I Socj effeitivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo bimestre dell' anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d'Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Versando Lire 200 una volta tanto vengono dichiarati Soci effettivi perpetui. A Socj corrispondenti possono eleggersi eminenti scienziati che pos- sano contribuire al lustro della Società. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi- zioni avranno contribuito alla costituzione del capitale sociale. La proposta per V ammissione d'un nuovo socio, di qualsiasi catego- ria, deve essere fatta e firmata da due socj effettivi mediante lettera di- retta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del nuovo Statuto). Le rinuncio dei Soci debbono essere notificate per iscritto al Con- siglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del S.*' anno di obbligo 0 di altri successivi. La cura delle pubblicazioni spetta alla Direzione. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti e delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale pur- ché li domandino a qualcuno dei membri della Direzione, rilasciandone regolare ricevuta e colle cautele d'uso volute dal regolamento. A "V^ "V^ I s o Per effetto del nuovo contratto del IO aprile 1900 tra la Società e laT ipografia Rebescliini, è stabilita la seguente tariffa per un numero maggiore di copie oltre le 25 date gratis dalla Società : Fogli Per 25 copie Per ogni 5 copie in più V4 L. 1.40 L. 0.15 \'. . 1.90 . 0.25 % „ 2.60 - „ 0.40 1 . 2.85 „ 0.50 nella quale tariffa sono comprese pure le copertine non stampate. Per le intestazioni a stampa delle copertine i sigg. Autori paghe- ranno per le 25 copie date dalla Società L. 4.50, per ogni 5 copie in più L. 0.15. INDICE DEL FASCICOLO I. Direzione pel 1900 Pag. 3 Socj effettivi per l'anno 1900 - 4 Istituti scientifici corrispondenti al principio dell'anno 1900 •• !» A. NoELLi, Contribusione allo studio dei Crinoidi ter- ziari del Piemonte (Con una tavola) « 19 G. DAL PiAz, Sulla Fauna fossile della grotta di S. Botta di Lamon (Con una tavola) - 51 G. A IR AGHI, Echinidi postpliocenici di Monteleone Calabro r, 65 Seduta del 17 dicembre 1899 - 75 Seduta del 28 gennaio 1900 •• 70 Seduta del 18 marzo 1900 v 78 ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOLUME XXXIX. Fascicolo 2.** — Fogli 6-11, (Con tre tavole) MILANO TIP. BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. Via Rovello, 14. -5: « S ti 'S ~ a a_ .Zi «3 OS ^w^ .22 'S as "^ *o _ *° -^5 Ottobre 1900. Direzione pel 1900. Presidente, Senatore Edoardo Porro, Via Francesco Sforza, 31. Vice- Presidente, Prof. ing. Francesco Salmojraghi, Piazza Castello, 17. { Prof. Giacinto Martorelli, Museo Civico. Segretarj , ( Prof. Ferdinando Sordelli, Museo Civico. i Dott. Carlo Airaghi, Museo Civico. [ Dott. GfiULio De Alessandri, Museo Civico. Conservatore, Prof. Pompeo Castelfranco, Via Principe Umberto, 5. Vice- Conservatore, Dott. Paolo Magretti, Via Dante, 7. Cassiere, Vittorio Yilla, Via Sala, 6. Consiglieri d'Amministrazione : Dott. Cristoforo Bellotti, Via Brera, 10. Conte Giberto Borromeo juniore, Piazza Borromeo, 7. March. Luigi Crivelli, Corso Venezia, 32. Cav. Giuseppe Gargantini-Piatti, Via Passerella, 10. Cav. prof. Tito Vignoli, Corso Venezia, 89. SUNTO DEL NUOVO STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1895) DATA DI FONDAZIONE, 15 GENNAIO 1856. Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. I Socj sono in numero illimitato (italiani e stranieri), eifettivi, corri- spondenti, perpetui e benemeriti. I Socj effettivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo bimestre dell' anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d'Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Versando Lire 200 una volta tanto vengono dichiarati Soci effettivi perpetui. A Socj corrispondenti possono eleggersi eminenti scienziati che pos- sano contribuire al lustro della Società. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi- zioni avranno contribuito alla costituzione del capitale sociale. La proposta per l' ammissione d'un nuovo socio, di qualsiasi catego- ria, deve essere fatta e firmata da due socj eifettivi mediante lettera di- retta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del nuovo Statuto). Le rinuncio dei Soci debbouo essere notificate per iscritto al Con- siglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3." anno di obbligo 0 di altri successivi. '" La cura delle pubblicazioni spetta alla Direzione. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti e delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri d'elici biblioteca sociale pur- ché li domandino a qualcuno dei membri della Direzione, rilasciandone regolare ricevuta e ' colle calitele d'uso volute dal regolamento. A A^ V I s o Per effetto del nuovo contratto del 10 aprile 1900 tra la Società e la Tipografia Rebeschiui, è stabilita la seguente tariffa per un numero maggiore di copie oltre le 25 date gratis dalla Società: Fogli Per 25 copie Per ogni 5 copie in più 'U L. 1.40 L. 0.15 1 . 1.90 n '0.25 % „ 2.60 . 0.40 1 „ 2.85 „ 0.50 nella quale tariffa sono comprese pure le copertine non stampate. Per le intestazioni a stampa delle copertine i sigg. Autori paghe- ranno per le 25 copie date dalla Società L. 4.50, per oi^rni 5 copie in più L. 0.15. INDICE DEL FASCICOLO II. I. Ghelussi, Sulla composizione mineralogica delle sabbie del fiume Serio Pag. 81 F. MoLiNARi, Acqua della Fontana della Regina presso l'albergo Panar amUj sopra Stresa •> 85 Z. Leardi-Airaghi, 1 metodi grafici nello studio della di- stribuzione degli animali. (Con due tavole.) . . . ^ 93 T. ViGNOLi, Cenno commemorativo del compianto ed il- lustre Alfonso Milne-Edwards " 107 G. BoERis, Sopra una rimarchevole somiglianza di forma cristallina tra composti organici " 111 A. Fiorentini ed E. Garino, Un caso di echinococco mulr inoculare. (Con una tavola.) « 125 A. NoELLi, Contribuzione allo studio del dimorfismo del Ranunculas ficaria, L •' 131 A. NoELLi, Sul Peucedanum angustifolium Rchb. fil. 1867 » 137 E. Ninni, Note ornitologiche per la proviificia di Venezia (Grallae et Palmipedes) «155 Seduta del 20 maggio 1900 - 171 ?^^H:r^t^V;;\« . __. ^-)^'^n Vi ATTI 'l^ ^"^A": DELLA sz: SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STOEIA NATURALE IN MILANO VOLUME XXXIX. Fascicolo 3.'^-4.o — Fogli 12-25. (Con tre tavole) MILANO TIP. BEENARDONI DI C. EEBESCHINI E C. Via Rovello, 14. C^f Febbeaio 1901. f^ e '> 'o a 'o CQ O O «3 CQ fcO -^ "S O >- 6D •ET _C ^ cu :^ '^ S .2 OS " Sìa Ai^feMI Direzione pel 1901. Consiglio Direttivo: Presidente, Senatore Edoardo Porro, Via Francesco Sforza, 31. Vice- Presidente, Prof. ing. Francesco Salmojraghi, Piazza Castello, 17, ( Prof. Giacinto Martorelli, Museo Civico. ( Prof. Ferdinando Sordelli, Museo Civico. Conservatore, Prof. Pompeo Castelfranco, Via Principe Umberto, 5. Vice- Conservatore, Dott. Paolo M agretti, Foro Bonaparte, 76. CoiiDiissiONE Amiiinistrativa : Dott. Cristoforo Bellotti, Via Brera, 10. Conte Giberto Borromeo juniore, Piazza Borromeo, 7. Cav. prof. Tito Yignoli, Corso Venezia, 89. ( Dott. Carlo Airaghi, Museo Civico. { Dott. Giulio De Alessandri, Museo Civico. Cassiere, Vittorio Villa, Via Sala, 6. SUNTO DEL NUOVO STATUTO-REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1895) DATA di' fondazione, 15 GJJNNAIO 1856. Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi iLÌatÌTÌ alle scienze naturali. I Socj sono in numero illimitato (italiani e stranieri), effettivi, corri- ipondenti, perpetui e benemeriti. I Socj eif'ettivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo bimestre dell' annO' Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno auelli dimoranti nel Regno d'Italia), vi presentano le loro Memorie e uomunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Versando Lire 200 una volta tanto vengono dichiarati Soci effettivi perjjetiii. A Socj corrispondenti possono eleggersi eminenti scienziati che pos- sano contribuire al lustro della Società. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi- ioni avranno contribuito alla costituzione del capitale sociale. La proposta per V ammissione d'un nuovo socio, di qualsiasi catego- l'ia, deve essere fatta e firmata da due socj effettivi mediante lettera di- retta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del nuovo Statuto). Le rinuncie dei Soci debbono essere notificate per iscritto al Con- siglio Direttivo almeuo tre mesi prima della fine del 3.° anno di obbligo di altri successivi. ♦ La cura delle pubblicazioni spetta alla Direzione. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono dei 'ormato degli Atti e delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale pur- ihè li domandino a qualcuno dei membri della Direzione, rilasciandone regolare ricevuta e colle cautele d'uso volute dal regolamento. .^ AT^ "^ I s o Per effetto del nuovo contratto del 10 aprile 1900 tra la Società e a Tipografia Rebeschini, è stabilita la seguente tariffa per un numero naggiore di copie oltre le 25 date gratis dalla Società: Fogli I Per 25 copie 'U ! L. 1.40 _ I . 1.90 'ì, I „ 2.60 1 „ 2.85 1 Per ogni 5 copie in più L. 0.15 „ 0.25 . 0.40 „ 0.50 iella quale tariffa sono comprese pure le copertine non stampate. Per le intestazioni a stampa delle copertine i sigg. Autori paghe- ■anno per le 25 copie date dalla Società L. 4.50, per ogni 5 copie in 3iù L. 0.15. INDICE DEI FASCICOLI III-IV. G. De Alessandri, Appunti di geologia e di paleontolo- gia sui dintorni di Acqui. (Con una tavola.) . . Pag. 173 G. Martorelli, Nota ornitologica sopra Z'Ardeola idae (Uartlauh) e cenno sul dicroismo di varii Ardeidi. (Con una tavola.) -i 349 F. SoRDELLi, 1 Buoi muschiati del Museo di Milaìio. (Con una tavola.) -i 357 Seduta del 17 giugno 1900 .365 Seduta del 25 novembre 1900 ^'367 Bui lettino bibliografico -i 3G9 o •H O CO ^1 ■€• N. MANCHESTER, INDIANA iil 100127273