FOR THE PEOPEE FOR EDVCATION FOR SCIENCE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOL. XLVI. ANNO 1907 MILANO TIPOGRAFIA DEGLI OPERAI (SOC. COOPE RATIVA) CONSIGLIO DIRETTIVO PEL 1907. Presidente. — ARTINI Prof. ETTORE, Museo Civico. Vice-Presidente. — Brsana Ing. Comm. GIUSEPPE, Via Ruga- bella 19. Segretario. — DE-ALESSANDRI Dott. GIULIO, Museo Civico. Vice-Segretario. — RePOSSI Dott. EMILIO, Museo Civico. Archivista. — CASTELFRANCO Prof. Cav. Pompeo, Via Principe Umberto 5. 46-77 7 )0'= Peas fs | BELLOTTI Dott. Comm. CRISTOFORO, Via Brera 10. MaGRETTI Dott. PaoLo, Via Leopardi 21 Consiglieri. — < SALMOJRAGHI Prof. Ing. Cav. FRANCESCO, Piazza Castello 17. VIGNOLI Cav. Prof. TITO, Corso Venezia 89. Cassiere. — VILLA Cav. VITTORIO, Via Sala 6. Bibliotecario sig. ERNESTO PELITTI. ELENCO DEI SOCI per l’anno 1907. ABBADO Dott. Prof. Michele — Milano. AIRAGHI Dott. Prof. Carlo — Via Donizetti 27, Milano. ALBINI Prof. Comm. Giuseppe — Via Amedeo Avogadro 26, lies ALZonA dott. Carlo — Via S. Giovanni sul Muro 25, Milano. AMBROSIONI Sac. Dott. Michelangelo — Collegio Aless. Manzoni, Merate. ANDRES Prof. Angelo, Direttore del Gabinetto di Zoologia nella R. Universita di Parma. ARTARIA Rag. F. Augusto — Blevio, Lago di Como. ARTINI Prof. Ettore, Direttore della Sezione di Mineralogia nel Museo Civico di Milano. Barassi Sac. Camillo — Roggiano Valtravaglia (Luino). BARBIANO DI BELGIOIOSO Conte Ing. Guido — Via Morigi 9, Milano. BARBIERI Dott. Ciro, Assistente alla cattedra di Zoologia nella R. Sc. Sup. d’Agricoltura, Milano. Bassani Prof. Francesco, Direttore del Gabinetto di Geologia nella R. Università di Napoli. Bazzi Ing. Eugenio — Viale Venezia 4, Milano. BELFANTI Dott. Serafino, Direttore dell’Ist. Sieroterapico di Milano. BELLOTTI Dott. Comm. Cristoforo (Socio Benemerito) — Via Brera 10, Milano. BERNASCONI Sac. Cav. Giuseppe, Parroco di Civiglio (Como). BERTARELLI Prof. Cav. Ambrogio — Via S. Orsola 1, Milano. BERTOLONI Prof. Cav. Antonio — Zola Predosa (Provincia di Bo- logna). Besana Ing. Comm. Giuseppe — Via Rugabella 19, Milano. Bezzi Prof. Mario — R. Liceo Alfieri, Torino. Birri Dott. Cav. Antonio (Socio perpetuo) — Via Paleocapa 2, Milano. BinaGHI Rag. Costantino — Cassa di Risparmio, Milano. Borris Dott. Prof. Giovanni — R. Università di Bologna. BonFANTI BaRBIANO DI BeLGIoJoso Enrico — Castel San Giovanni (Provincia di Piacenza). TV ELENCO DEI SOCI BorpINI Franco (Socio perpetuo) — Piazza S. Sepolcro 1, Milano. BorcHI Luigi — Via Moscova 12, Milano. BoRLETTI Ing. Prof. Francesco — Via Vittoria 39, Milano. Borromeo Conte Dott. Gian Carlo — Via Manzoni 41, Milano. Borromeo Conte Giberto, juniore — Piazza Borromeo 7, Milano. Briost Dott. Prof. Giovanni, Direttore dell’Orto Botanico e della Stazione Crittogamica nella R. Università di Pavia. BrIzi Prof. Cav. Ugo, Istituto di Patologia vegetale della Regia Scuola Superiore di Agricoltura, Milano. BRUGNATELLI Prof. Luigi (Socio perpetuo), Direttore del Museo Mineralogico nella R. Università di Pavia. BRruNATI Dott. Roberto — Viale Varese 43, Como. Buzzoni Sac. Pietro, Proposto di S. Rocco, Milano. Carri Dott. Prof. Sac. Enrico — Piazza Cavour 10, Bergamo. CALEGARI Prof. Matteo — Via San Vittore 47, Milano. CANTONI Prof. Elvezio — Via Benedetto Marcello 43, Milano. Casati Conte Dott. Alessandro — Viale al Parco 1, Monza. Casati Conte Gabrio — Corso Venezia 24, Milano. CASTELBARCO ALBANI Conte Ing. Aiberto — Via Principe Um- berto 6, Milano. CASTELFRANCO Prof. Cav. Pompeo — Via Principe Umberto 5, Milano. CATTERINA Prof. Dott. Giacomo — Gabinetto batteriologico della R. Università di Padova. CeELORIA Prof. Comm. Giovanni, Direttore dell’Osservatorio Astro- nomico di Brera, Milano. CERMENATI Prof. Mario — Via Cavour 238, Roma. CueLUSSI Prof. Italo — Via S. Marco 50, I p.°, Siena. CircoLo Filologico milanese (Socio perpetuo) — Via Silvio Pel- lico, Milano. i Copau Dott. Roberto — R. Scuola Superiore di Agricoltura, Mi- lano. Corti Dott. Alfredo, Libero docente nella R. Università di Parma. CoTrtINI Prof. Ernesto — Via Borgogna 8, Milano. Cozzi Sac. Carlo — Abbiategrasso. CRIVELLI March. Vitaliano — Via Pontaccio 12, Milano. CRIVELLI SERBELLONI Conte Giuseppe — Via Monte Napoleone 21, Milano. CuRLETTI Pietro (Socio perpetuo) — Via Brisa 3, Milano. va, ttt ‘= i % ELENCO DEI SOCI V CuTTIcA DI Cassine March. Luigi — Corso Venezia 81, Milano. D’AppA March. Emanuele, Senatore del Regno (Socio perpetuo) — Via Manzoni 43, Milano. DAL Fiume Cav. Camillo — Badia Polesine. DaL Praz Dott. Giorgio, Libero docente presso la R. Università di Padova. DE ALESSANDRI Dott. Giulio, Prof. aggiunto alla Sezione di Geo- » logia e Paleontologia nel Museo Civico di Milano. De MaARcHI Dott. Marco — Via Borgonuovo 23, Milano. De SteFANO Dott. Giuseppe — Via Stazione 15, Soresina. Direktion der K. Universitàt und Landes Bibliothek, Strassburg. Direzione del Museo Civico di Storia Naturale (DoRIA March. Sen. Giacomo) Genova. DIREZIONE del Museo Civico di Storia Naturale di Pavia. Ferri Dott. Giovanni — Via Volta 5, Milano. FERRINI Prof. Dott. Cav. Rinaldo — Via S. Marco 14, Milano. Frova Dott. Camillo — Piazza Borromeo 7, Milano. GeMELLI Dott. Fra Agostino — Convento dell’Immacolata, Milano. GiacHI Arch. Cav. Giovanni (Socio perpetuo) — Via S. Raffaele 3, Milano. GIACOMELLI Dott. Pietro — Via S. Salvatore (Bergamo Alta). GIANOLI Prof. Giuseppe — Via Lentasio 1, Milano. GiorDANO Prof. Domenico — R. Ginnasio di Ragusa (Provincia di Siracusa). Grassi Prof. Cav. Francesco — Via Bossi 2, Milano. Grassi Prof. Battista (Socio onorario), Direttore del Gabinetto di Anatomia Comparata nella R. Università di Roma. GRIFFINI Dott. Prof. Achille — R. Istituto Tecnico, Genova. GRITTI Prof. Comm. Rocco — Via Monte Napoleone 23 a, Milano. HoEPLI Comm. Ulrico (Socio perpetuo) — Milano. INGEGNOLI Dott. Antonio — Corso Buenos Aires 54, Milano. IsimBaRDI March. Luigi — Via Monforte 35, Milano. JUNG Prof. Cav. Giuseppe — Bastioni Vittoria 41, Milano. KORNER Prof. Comm. Guglielmo, Direttore della R. Scuola Su- periore d’Agricoltura di Milano. LAMBERTENGHI Prof. Ada — Via S. Damiano 44, Milano. LEARDI in AIRAGHI Dott. Prof. Zina — Via Donizetti 27, Milano. LURANI Conte Francesco — Via Lanzone 2, Milano. MADDALENA Ing. Dott. Leonzio — Laboratorio di Mineralogia della R. Università di Pavia. VI ELENCO DEI SOCI MAFFI Cardinale Pietro — Arcivescovo di Pisa. MaGRETTI Dott. Paolo — Via Leopardi 21, Milano. MARIANI Prof. Ernesto, Direttore della Sezione di Geologia e Paleontologia nel Museo Civico di Milano. MARTORELLI Prof. Cav. Giacinto, Direttore della Collezione Or- nitologica Turati nel Museo Civico di Milano. Mazza Prof. Dott. Felice — R. Istituto Tecnico di Roma. MAZZARELLI Prof. Giuseppe — R. Università di Sassari. 7 MELI Prof. Romolo — R. Scuola d’Applicazione per gli Ingegneri Via Teatro Valle 51, Roma. MELLA Conte Carlo Arborio — Vercelli. MELzI D’ ErIL Duchessa Josephine (Socio perpetuo) — Via Ma- nin 23, Milano. MENOzZZI Prof. Cav. Angelo — R. Scuola Sup. d’Agricoltura di Milano. MERCALLI Sac. Prof. Giuseppe — R. Liceo Vittorio Emanuele, Napoli. Monti Barone Dott. Alessandro — Brescia. Monti Prof. Rina (Socio perpetuo) — R. Università di Siena. Mussa Dott. Enrico — Via Andrea Doria 6, Torino. Myuius Cav. Uff. Giorgio — Via Montebello 32, Milano. NaroLI Dott. Prof. Rinaldo — Bellinzona, Canton Ticino. NinnI Conte Emilio — Alla Maddalena, Pallazzo Erizzo, Venezia. NovaRrESE Prof. Napoleone Alberto — Cancelliere della Pretura di Revere. È OmBONI Dott. Cav. Giovanni — Via Torresin, Padova. ORIGONI Ing. Giovanni Battista — Via Felice Cavallotti 13, Milano. PALADINI Ing. Prof. Ettore — Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano. Panza Ing. Adolfo -- Passaggio Carlo Alberto 2, Milano. PARAVICINI Dott. Giuseppe, Medico-Chirurgo presso il Manicomio Provinciale di Mombello. Parona Dott. Prof. Corrado, Direttore del Gabinetto di Zoologia nella R. Università di Genova. PARONA Prof. Carlo Fabrizio, Direttore del Museo Geologico della R. Università di Torino. PATRINI Dott. Plinio — Laboratorio di Geologia della R. Uni- versità. di Pavia. Pavesi Prof. Comm. Pietro, Direttore del Gabinetto di Zoologia nella R. Università di Pavia. PEDRAZZINI Giovanni (Socio perpetuo) — Locarno. ELENCO DEI SOCI VI) Peruzzi Dott. Luigi — Gabinetto di mineralogia della R. Uni- versità di Pavia. Ponti March. Sen. Comm. Ettore, Sindaco di Milano (Socio per- petuo) — Via Bigli 11, Milano. Ponti Cav. Cesare, Banchiere — Portici Settentrionali 19, Milano. Porro Conte Dott. Ing. Cesare — Carate Lario (Provincia di Como). Portis Prof. Dott. Alessandro, Direttore del R. Istituto Geolo- gico Universitario di Roma. Repossi Dott. Emilio — Prof. Aggiunto alla Sezione di Minera- logia nel Museo Civico di Storia Naturale di Milano. Resta PALLAVICINO Conte Comm. Ferdinando —- Via Conserva- torio 7, Milano. Rezzonico Dott. Cav. Uff. Giuiio — Via S. Spirito 13, Milano. RoNncHETTI Dott. Vittorio — Piazza Castello 1, Milano. Rossi Ing. Edoardo — Corso S. Celso 9, Milano. Rossi Dott. Pietro — Piazza Mentana 3, Milano. Sacco Prof. Federico — R. Scuola degli ingegneri, Gabinetto di Geologia, Castello del Valentino, Torino. SALMOJRAGHI Ing. Prof. Cav. Francesco — R. Istituto Tecnico Superiore di Milano. SaLomon Dott. Prof. Guglielmo — Universitit, Heidelberg. SancIorGI Dott. Domenico — R. Università di Parma. SCHIAPARELLI Prot. Comm. Giovanni, Senatore del Regno (Socio perpetuo) — Via Fatebenefratelli 7, Milano. SERTOLI Prof. Comm. Enrico — Via Spiga 12, Milano. SIiBiLIA Enrico — Via S. Antonio 14, Milano. SoRDELLI Prof. Ferdinando, Direttore della Sezione di Zoologia nel Museo Civico di Milano. STAURENGHI Dott. Cesare — Via Lecco 2, Monza. Tacconi Dott. Emilio — Gabinetto di Mineralogia della Regia Università di Pavia. TARAMELLI Prof. Comm. Torquato, Direttore del Gabinetto di Geologia nella R. Università di Pavia. TERNI Prof. Dott. Camillo — Via Principe Umberto 5, Milano. TREVES Prof. Dott. Zaccaria — Via Sacchi 18, Torino. TurATI Nob. Ernesto — Via Meravigli 7, Milano. Turati Conte Comm. Emilio — Piazza S. Alessandro 4, Milano. VienoLI Prof. Cav. Tito, Direttore del Museo Civico di Storia Naturale — Milano. VIII ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI VIGONI Nob. Comm. Giulio, Senatore del Regno — Via Fatebene- fratelli 21, Milano. VIGONI Nob. Comm. Ing. Giuseppe, Senatore del Regno — Via Fatebenefratelli 21, Milano. VILLA Cav. Vittorio — Via Sala 6, Milano. ZUNINI Ing. Prof. Cav. Luigi — R. Istituto Tecnico Superiore di Milano. SOCI PERPETUI DEFUNTI. ANNONI Conte Aldo, Senatore del Regno. Visconti DI MopRONE Duca Guido. ERBA Comm. Luigi. Pisa Ing. Giulio. MASSARANI Comm. Tullo, Senatore del Regno. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI al principio dell’anno 1907 AFRICA. 1. South African Museum — Cape Town (1898 Annals, 1903 Re- port). AMERICA DEL NORD. (Stati Unili). 2. University of the State of New York — Albany N. Y. (1888 Bul- letin, 1890 Ann. Rep.). . Maryland Geological Survey — Baltimore (1897 Reports.). 4. University of California — Berkeley, California (1902 Publi- cations). . American Academy of Arts and Sciences — Boston (1868 Pro- ceedings). 6. Boston Society of Natural History — Boston (1862 Procee- dings, 1866 Memoirs, 1869 Occ. Papers). I ut NB. — Il numero tra parentesi indica l’anno nel quale è incominciato lo scambio delle pubblicazioni tra i singoli Istituti e la Società Italiana di Scienze Naturali. 16. 1%: ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI IX . Buffalo Society of Natural Sciences — Buffalo N. Y. U. S. of A. (1886 Bulletin). . Field Museum of Natural History — Chicago U. S. A. (1895 Pu- blications). . Davenport Academy of Natural Sciences — Davenport (Iowa) (1876 Proceedings). . Iowa Geological Survey — Des Moines (Iowa) (1893 Annual Report). 1. Nova Scotian Institute of Science — Halifax (1870 Proceedings). . Indiana Academy of Science — Indianapolis (Indiana) (1895 Proceedings). . Wisconsin Academy of Sciences, Arts and Letters — Madison (1895 Transactions, 1898 Bulletin). . University of Montana — Missoula (Montana) U. S. A. (1901 Bulletin). . Connecticut Academy of Arts and Sciences — New-Haven (1866 Transactions). Geological and Natural History Survey of Canada — Ottawa (1879 Rapport annuel, 1883 Catalog. canadian Plants, 1885 Contr. canad. Palaeontology, 1891 idem). Academy of Natural Sciences — Philadelphia (1878 Procee- dings, 1884 Journal). . American Philosophical Society — Philadelphia (1899 Pro- ceedings). . Geological Society of America — Rochester N. Y. U. S. A. (1890 Bulletins). . California. Academy of Sciences — San Francisco (1854 Pro- ceedings, 1868, Memoirs, 1880 Occasional Papers, 1884 Bul- letin). . Academy of Science of St. Louis — St. Louis (1856 Tran- sactions). . The Missouri Botanical Garden — St. Louis Mo. (1898 Annual Report). . Kansas Academy of Science — Topeka (Kansas) (1883 Tran- sactions). . Canadian Institute — Toronto (1885 Proceedings, 1890 Tran- - sactions). . United States National Museum — Washington (1885 Bul- letin, 1888 Proceedings, 1891 Annual Reports, 1892 Special Bulletin). ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI . United States Geological Survey — Washington (1872 Annual Report, 1873 Report, 1874 Bulletin, 1880 Ann. Report, 1883 Bulletin, 1883 Mineral Resources, 1890 Monographs, 1902 Profess. Papers, 1902, Water Supply and Irrigation Paper). . Smithsonian Institution — Washington (1855 Ann. Report). . Carnegie Institution of Washington — Washington (1905). MESSICO. . Instituto geologico de México — México (1898 Boletin, 1903 Parergones). AMERICA DEL SUD. . Academia Nacional de Ciencias en Cordoba (1884 Boletin). . Museo Nacional de Buenos Aires — Buenos Aires (1867 Anales). . Museo Nacional de Montevideo — Montevideo (1894 Anales). . Museu Goeldi de Historia Natural e Ethnographia — Para, Brazil (1897 Boletim, 1902 Memorias). . Museo Nacional de Rio Janeiro — Rio Janeiro (1876 Archivos). 5. Museu Paulista — San Paulo, (1895 Revista) 36. Revista do Centro de eines. Letras e Artes de Campinas — Estado de San Paulo, Brazil (1902). . Société scientifique du Chili — Santiago (1892 Actes). AUSTRALIA. 3. Royal Society of South Australia — Adelaide (1891 Tran- sactions and Proceedings). 9. Royal Society of New South Wales — Sydney (1876 Journal and Proceedings). . Australian Museum — Sydney (1882 Report, 1890 Records) AUSTRIA-UNGHERIA. . Aquila, Bureau Central Ornithologique Hongrois — Buda- pest (1896). 2. Konig. Ungarisch. geologische Anstalt — Budapest (1861 Féldtani, 1872 Mitteilungen, 1883 Jahresbericht). 3. Annales historico-naturales (Musei Nationalis Hungarici) — Budapest (1897). 59. 60. 61. 62. 63. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI XI . Magyar Botanikai Lapok. Szerkesztésige 1902. Ung. bot. Blatter Budapest. . Académie des Sciences de Cracovie - Cracovie (1889 Bulletin). . Verein der Aerzte im Steiermark — Graz (1880 Mittei- lungen). . Naturwissenschaftlicher Verein ftir Steimark — Graz (1906 Mitteilungen). . Ornithologisches Jahrbuch. Organ fiir das palaearktische Faunengebiet — Hallein (1890). . Siebenburgischer Verein fiir Naturwissenschaften — Her- > mannstadt (1857 Verhandlungen). . Naturwissenschaftlich-medizinischer Verein — Innsbruck (1870 Berichte). . Verein ftir Natur- und Heilkunde — Presburg (1856 Verhand- lungen). 2. I. R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Agiati in Rovereto (1861 Atti). . Bosnisch-Hercegovinisches Landesmuseum — Sarajevo (1893 Mitteilungen). . Tridentum, Rivista bimestrale di studi scientifici. — Trento (1898 Rivista). . Società Adriatica di Scienze Naturali — Trieste (1877 Bol- lettino). . Anthropologische Gesellschaft — Wien (1870 Mitteilungen). . K. K. geologische Reichsanstalt — Wien (1850 Jahrbuch, 1852 Abhandlungen, 1871 Verhandlungen). . K. K. zoologisch-botanische Gesellschaft — Wien (1853 Verhandlungen). K. K. naturhistorisches Hofmuseum — Wien (1886 Annalen). Verein zur Verbreitung naturwissensch. Kenntnisse — Wien (1871 Schriften). BELGIO. Académie Royale de Belgique — Bruxelles (1865 Annuaire et Bulletin, 1870-71-72 Mémoires). Société Belge de géologie, de paléontologie et dian diame — Bruxelles (1888 Bulletin). Société entomologique de Belgique — Bruxelles (1857 Annales, 1892 Mémoires). XII ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI 64. Société Royale zoologique et malacologique — Bruxelles (1863 Annales, 1872 Procès-verbaux des Séances). 65. Société Royale de botanique de Belgique — Ixelles-les- Bruxelles (1862 Bulletins). FRANCIA. 66. Société Linnéenne du Nord de la France — Amiens (1867 Mémoires, 1872 Bulletin). 67. Société Florimontane — Annecy (1860 Revue). 68. Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux (1867 Mémoires, 1895 Procés-verbaux). 69. Société Linnéenne de Bordeaux — Bordeaux (1838 Actes). 70. Académie des sciences, belles-lettres et arts de Savoie — Chambéry (1851 Mémoires, 1879 Documents). 71. Société nationale des sciences naturelles et mathématiques de Cherbourg (1855 Mémoires). 72. Société d’Agriculture, sciences et industries — Lyon (1867 Annales). 73. Université de Lyon (1891 Annales). 74. Institut de Zoologie de l’ Université de Montpellier et Station Zoologique de Cette (1885 Travaux). 75. Annales des sciences naturelles, zoologie et paléontologie, etc. — Paris (1905 Annales). 76. Muséum de Paris — Paris (1878 Nouvelles Archives, 1895 Bulletin). 77. Société d’Anthropologie de Paris — Paris (1894 Bulletin). 78. Société geologique de France — Paris (1872 Bulletin). 79. Société nationale d’Acclimatation de France — Paris (1861 Bulletin). 80. Université de Rennes (1902 Travaux). 81. Académie des sciences, arts et lettres — Rouen (1877 Précis). 82. Société libre d’émulation, du commerce et de l’industrie de la Seine Inférieure — Rouen (1873 Bulletin). 83. Société d’histoire naturelle — Toulouse (1867 Bulletin). GERMANIA. 84. Naturhistorischer Verein — Augsburg (1855 Bericht). 85. Botanischer Verein der Provinz Brandenburg — Berlin (1859 Verhandlungen). 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI XIII . Deutsche geologische Gesellschaft — Berlin (1856 Zeitschrift). . Gesellschaft Naturforschender Freunde in Berlin (1895 Sit- zungsberichte). . Kònigl. zoologisches Museum — Berlin (1898 Mitteilungen). . K. Preussische geol. Landesanstalt u. Bergakademie — Berlin (1880 Jahrbuch). . Schlesische Gesellschaft fiir Vaterlandische Kultur — Breslau (1857 Jahresbericht). . Verein fiir Naturkunde zu Cassel — Cassel (1880 Besicht, 1897 Abhandungen und Bericht). . Naturforschende Gesellschaft — Danzig (1881 Schriften). . Verein fiir Erdkunde — Darmstadt (1857 Notizblatt). . Physikalisch-medicinische Societiit — Erlangen (1865 Sit- ' gzungsberichte). . Senkenbergische naturforschende Gesellsch. — Frankfurt am Main (1871 Bericht). . Naturforschende Gesellschaft (Berichte) — Freiburg i. Baden (1890 Bericht). . Naturforschende Gesellschaft — Gérlitz (1859 Abhandlungen). . Verein der Freunde der Naturgeschichte — Giistrow (1857 Archiv). . Naturhistorisches Museum zu Hamburg (1887 Mitteilungen). 100. Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft — Jena (1864 Zeitschrift). Physikalisch-Oeconomische Gesellschaft — Kònigsberg (1860 Schriften). Zoologischer Anzeiger — Leipzig (1878 Zoolog. Anzeiger). K. Bayerische Akademie der Wissenschaften — Miinchen (1832 Abhandlungen, 1860 Sitzungsberichte). Ornithologische Gesellschaft in Bayern (E. V.) — Miinchen (1899 Verhandlungen). Naturwissenschaftlicher Verein — Regensburg (1860 Bericht). Nassauischer Verein fiir Naturkunde — Wiesbaden (1856 Jahrbiticher). Physikalisch-medicinische Gesellschaft. — Wiirzburg (1860 Verhandlungen, 1881 Sitzungsberichte). GIAPPONE. Imperial University of Japan — Tokyo (1890 Calendar, 1898 Journal). XIV 109. 118. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI Zoological Institute College of Science, Imperial University of Tokyo (1903). GRAN BRETAGNA. . Royal Irish Academy — Dublin (1877 Transactions, 1884 Proceedings). . Royal Dublin Society — Dubtn (1877 The scientific Pro- ceedings and Transactions). . Royal physical Society — Edinburgh (1858 Proceedings). . Palaeontographical Society — London (1848). . Royal Society -- London (1860 Phil. Transactions, 1862 Proceedings). 5. Zoological Society — London (1833-34 Transactions, 1848 Proceedings). i. British Museum of Natural History — London (1895 Cata- logues). . Literary and philosophical Society — Manchester (1855 Me- moirs, 1862 Proceedings). INDIA. Geological Survey of India — Calcutta (1858-59 Memoirs, Palaeontologia indica, 1861 Memoirs, 1868 Records, 1898 General Report). ITALIA. . Accademia Dafnica di scienze, lettere ed arti in Acireale (1895 Atti e Rendiconti). . Accademia degli Zelanti e P. P. dello Studio di scienze, lettere ed arti — Acireale (1889 Rendiconti e Memorie). . Ateneo di scienze, lettere ed arti — Bergamo (1875 Atti). 2. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna (1856 Me- morie, 1858 Rendiconto). . Ateneo di Brescia — Brescia (1845 Commentari). . Accademia Gioenia di scienze naturali — Catania (1834 Atti, 1888 Bullettino). 5. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze — Firenze (1886 Bul- lettino). 3. “Redia, Giornale di entomologia. Pubblicato dalla R. Sta- zione di entomologia agraria in Firenze (1903). ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI XV . Societa botanica italiana — Firenze (1872 Nuovo Giornale botanico, Memorie, 1892 Bullettino. . Società entomologica italiana — Firenze (1869 Bullettino). . Societa Ligustica di Scienze naturali e geografiche — Genova (1890 Atti). . Società Lombarda per la pesca e l’Acquicoltura — Milano (1899 Rivista mensile di pesca). . Comune di Milano (Dati statistici e Bollettino demografico) (1875 Bollettino, 1886 Dati Statistici). . R. Istituto Lombardo di scienze e lettere — Milano (1858 Atti, 1859 Memorie, 1864 Rendiconti). . R. Società italiana d’igiene — Milano (1897 Giornale). . Società dei Naturalisti — Modena (1866 Annuario, 1883 Atti). . Istituto Zoologico R. Università di Napoli (1904 Annuario). . Società di Naturalisti — Napoli (1887 Bollettino). . Società Reale di Napoli. (Accademia delle scienze fisiche e matematiche) — Napoli (1862 Rendiconto, 1863 Atti). . R. Istituto d’Incoraggiamento alle scienze naturali, econo- miche e tecnologiche — Napoli (1861 Atti). . La nuova Notarisia — Padova (1890). . Accademia Scientifica Veneto-Trentina-Istriana. — Padova (1872 Atti, 1879 Bullettino). . R. Accad. palermitana di scienze, lettere ed arti — Palermo (1845 Atti, 1885 Bollettino). . R. Istituto ed Orto Botanico di Palermo (1904 Bollettino). . Società dei Naturalisti Siciliani — Palermo. (1396 Il Natu- ralista Siciliano). . Società di scienze naturali ed economiche — Palermo (1865 Giornale, 1869 Bullettino). . Società toscana di scienze naturali — Pisa (1875 Attie Memorie). . Rivista di fisica, matematica e scienze naturali — Seminario di Pisa (1906). . R. Accademia medica — Roma (1883 Atti, 1886 Bullettino). . R. Accademia dei Lincei — Roma (1876 Transunti e Ren- diconti, 1904 Memorie). . R. Comitato geologico d’Italia — Roma (1870 Bollettino). . Società italiana delle scienze detta dei Quaranta — Roma (1862 Memorie). . Società zoologica italiana. Museo Zoologico della Regia Università — Roma (1892 Bollettino). XVI 152. . R. Accademia delle scienze — Torino(1865 Atti, 1871 Memorie). . Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Univer- 161. 162. 165. 166. 167. 168. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI R. Accademia di agricoltura — Torino (1871 Annali). sità di Torino (1886 Bollettino). . Ateneo Veneto — Venezia (1864 Atti, 1881 Rivista). . R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti — Venezia (1860 Atti). . Accademia di agricoltura, commercio ed arti — Verona (1862 Atti e Memorie). NORVEGIA. . Bibliothèque de 1l’Université R.° de Norvège — Christiania (1880 Archiv.). . Société des sciences de Christiania (1859 Forhandlinger). . Stavanger Museum — Stavanger, Norvegia (1892 Aarsbe- retning). PAESI BASSI. Musée Teyler — Harlem (1866 Archives). Société Hollandaise des sciences a Harlem (1880 Archives néerlandaises). PORTOGALLO. . Broteria, Revista de Sciencias Naturaes do Collegio de S. Fiel — Lisboa (1902) . Diregcao dos Servicos Geologicos, Lisboa (Portugal) (1885 Communicagoes). ROMANIA. Société de sciences de Bucarest (1897 Buletinul). RUSSIA E FINLANDIA. Societas pro fauna et flora fennica — Helsingfors (1848 Notiser, 1875 Acta, 1876 Meddelanden). Société Impériale des Naturalistes de Moscou (1859 Bulletin, 1860 Nouveaux Mémoires). Académie Impériale des sciences de St. Pétersbourg (1859 Mémoires, 1894 Id. Classe physico-mathematique, 1860 Bulletin, 1896 Annuaire). ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI XVII , Comité géologique — St. Pétersbourg (1882 Bulletins, 1883 Mémoires). | . Société botanique de St. Pétersbourg (1871 Acta). . Société Imperiale des Naturalistes de St. Pétersbourg (1897 Travaux). SPAGNA. . Sociedad Aragonesa de Ciencias Naturales — Zaragoza (1902 Boletin). . Sociedad Espafiola de historia natural — Madrid (1897 Actas e Anales, 1901 Boletin, 1903 Memorias). SVEZIA. . Universitas Lundensis — Lund (1883 Acta). . Académie Royale suédoise des sciences —- Stockholm (1864 | Handlingar, 1865 Forhandlingar, 1872Bihang., 1903 Arkiv). . Kongl. Vitterhets Historie och Antiquitets Akademiens — Stockholm (1864 Antiquarisk-Tidskrift, 1872 Manadsblad). . Bibliotheque de 1’ Université d’Upsala (Institution géologique) — Upsala (1891 Meddelanden, 1894 Bulletin). SVIZZERA. . Naturforschende Gesellschaft — Basel (1854 Verhandlungen). . Naturforschende Gesellschaft — Bern (1855 Mittheilungen). . Société helvétique des sciences naturelles — Bern (1834-47 Actes o Verhandlungen, 1860 Nouveaux Mémoires). . Naturforschende Gesellschaft — Chur (1854 Jahresbericht). . Institut national genévois — Genève (1861 Bulletin, 1863 Mémoires). . Société de physique et d’histoire naturelle — Genève (1859 Mémoires). . Société Vaudoise des sciences naturelles — Lausanne (1853 Bulletin). . Société des sciences naturelles — Neuchàtel (1836 Mémoires, 1846 Bulletin). | . Zùrcher naturforschende Gesellschaft — Zurich (1856 Vier- teljahrsschrift, 1901 Neujahrsblatt). . Commission géologique suisse (Société helvétique des sciences naturelles) — Ztirich (1862). XVIII SEDUTA DEL 15 APRILE 1907 Seduta del 15 aprile 1907. Presiede il presidente prof. E. ARTINI. In assenza del Segretario e del Vicesegretario, il Presidente prega il prof. C. Airaghi di farne le veci. Questi legge il verbale della seduta precedente che è approvato. Il socio prof. E. Mariani dà relazione della sua nota: “ Resti fossili di elefante trovati in alcune cave di sabbia vicino a Milano ,,. Si sofferma specialmente su un molare man- dibolare sinistro, ch’egli ritiene di E/ephas primigenius e il più bello tra quelli finora trovati nella valle padana. Egli s’intrat- tiene anche sopra resti di Elefanti cne si conservano nel Museo Civico. Il socio dott. E. Airaghi brevemente dice d’alcuni fossili permiani trovati nel bacino di Recoaro. Il Presidente quindi commemora il socio comm. nob. dottor N. Pini, distinto malacologo e per lunghi anni segretario zelante della Società. Comunica che la stampa degli atti del Congresso è quasi ultimata; esorta i soci a voler prendere parte al futuro Congresso dell’ Associazione per il progresso delle scienze che si terrà a Parma, e di detta Associazione fa rilevare gli scopi. Da ultimo comunica come il Comune di Bologna abbia trasmesso alla Pre- sidenza una scheda di sottoscrizione pel monumento al poeta G. Carducci; detta scheda quindi è a disposizione dei soci. Prima che si chiuda la seduta il socio prof. E. Mariani brevemente commemora il prof. B. Corti già membro della nostra Società. , AL Presidente Per il Segretario E. ARTINI. C. ATRAGHI. SEDUTA DEL ]2 MAGGIO 1907 XIX Seduta del 12 maggio 1907. Presiede il presidente prof. E. ARTINI. Aperta la seduta, il Presidente prega il segretario di leggere il verbale della seduta precedente, che viene approvato. Il prof. G. De Alessandri comunica alla Società la sua nota: “ Le frane nei dintorni di Acqui, : il Presidente a nome del socio prof. A. Griffini, assente, presenta lo studio del medesimo: “ Sui Lucanidi ,. Il socio prot. Giacinto Martorelli, invitato dal Presidente, espone brevi notizie ornitologiche le quali non giunsero in tempo utile per essere inserite nell’ordine del giorno della seduta: sopra un esemplare del rarissimo Paradiseide da poco cono- sciuto Astrarchia Stephaniae della Nuova Guinea e sopra un giovane esemplare di Pfer'ocles alchata, ucciso in Sardegna nel decorso ottobre, ed ora posseduto dal Museo. Il socio prof. C. Terni coglie occasione dell’adunanza della Società per mostrare ai soci alcuni preparati microscopici del pus di meningite cerebro-spinale epidemica, e rilevare alcuni ca- ratteri isto-patologici del pus ed altre particolarità morfolo- giche del meningococco di Weichselbaum. In primo luogo nota che il carattere costante nei prodotti purulenti della meningite cerebro-spinale è la grande prevalenza degli elementi polinucleati, mentre nelle meningiti da tipo diplococco di Frànkel (germe della polmonite crupale) si osservano in maggior numero i linfo- citi. Il pus della meningite cerebro-spinale presenta gli stessi caratteri istologici di quello della blenorragia ed è a notarsi il fatto che i bacteri delle due malattie sono morfologicamente quasi identici. Il meningococco diversifica solo perchè è un po’ più piccolo ed in numero sempre minore nelle cellule e tuori. Dentro le cellule raramente si vedono riuniti più di sei ele- menti, di solito disposti in due paia di cocchi a completa scis- sione e quindi colla forma caratteristica dei chicchi di caffè, col lato rettilineo in corrispondenza e gli altri due in diverso stadio di sviluppo, prima della scissione. Nella blenorragia invece i go- TOK SEDUTA DEL 12 MAGGIO 1907 nococchi intracellulari sono sempre più numerosi e tutti più o meno in scissione completa, ossia in forma dei grani di caffè. Questi esami differenziali rilevabili coll’esame microscopico ser- vono, secondo il dott. Terni, a stabilire una diagnosi sicura e precisa della malattia e non è possibile alcuna contusione colla meningite cerebro-spinale determinata da altri agenti inrettanti e più specialmente dal diplococco di Frankel. In questi ultimi si osserva nel pus una preponderanza di linfociti e numerosissimi diplococchi liberi lanceolati e capsulati e spesso riuniti in cate- nule da 3 a 4 elementi. A completare questi dati diagnostici nei casi dubbi servirà molto bene la siero-diagnosi, saggiata col siero di sangue o col liquido cefalo-rachidiano nelle culture di menin- gococco ed inoltre l'assaggio della reazione dei cloruri nel liquido cetalorachidiano, avendosi nella meningite cerebro-spinale un au- mento notevolissimo del clorwro di sodio. Terminata questa comunicazione, il Presidente presenta alla Società alcune memorie giunte recentemente in omaggio dai soci, fra le quali quelie del dott. A. Gemelli: “ Replica alle osservazioni mosse dal dott. Sterzi al lavoro: ulteriori osserva- zioni sulla struttura dell’ipofisi. , Prof. M. Bezzi: “ Mosche ema- tofaghe ,, e “ Nomenklatorisches uber Dipleren ,. A. Goiran: © A proposito della presenza di Asplenium fontanun Bernh. sul Monte Baldo ,,. Infine il Presidente comunica una lettera del prof. C. Parona, nella quale egli, quale delegato del Comitato Nazionale Fran- cese, invia schede di sottoscrizione per un monumento mondiale a Lamarck, da erigersi in Parigi. Queste schede sono a disposi - zione dei soci che intendessero sottoscriversi. Esaurito così l’ordine del giorno, la seduta è tolta. Il Presidente Il Segretario E. ARTINI. G. DE ALESSANDRI. SEDUTA DEL 23 GIUGNO 1907 Keke Seduta del 23 giugno 1907. Presiede il presidente prof. E. ARTINI. Aperta la seduta e letto il verbale della seduta precedente, che è approvato, il Presidente Aà la parola al prof. Salmojraghi, il quale svolge la sua nota: “ L’avvallamento di Tavernola ., (marzo 1906) illustrandola con numerose sezioni della spiaggia franata. Il dott. Sfaurenghi comunica la sua nota: “ Ossificazioni craniche della dura-madre nel Felis catus dom. adulto, e Valtra: “ Serie completa di ossicini sagittali di un Equus caballus neo- nato , ed infine l’ultima: “ Varietà anatomiche riscontrate nei teschi raccolti recentemente alla “ Rotonda ,. Tutte e tre le co- municazioni del dott. Staurenghi vengono illustrate dalla presen- tazione di numerosi preparati. Il Presidente si dice lieto di presentare all'Assemblea il vo- lume, recentemente pubblicato, degli Atti del Congresso dei Naturalisti Italiani, tenuto nello scorso settembre. L’opera, che onora la Società Italiana promotrice del Congresso e gli scien- ziati che vi hanno collaborato, ha lasciato purtroppo un rile- vante deficit, a colmare il quale egli spera che interverrà, come altra volta, la generosità dei soci. In caso che le nuove oblazioni non riuscissero a completamente estinguere le passività residue, egli avverte che la Società dovrà prepararsi a qualche nuovo contributo pecuniario. Essendo l’ultima seduta dell’anno accademico, il Presidente prima di scioglierla invita il Segretario a leggere il verbale, che deve essere approvato seduta stante. Il Segretario legge il verbale, il quale viene approvato, e sì leva la seduta. Il Presidente Il Segretario E. ARTINI. G. DE ALESSANDRI. XXII SEDUTA: DEL 17 NOVEMBRE 1907 Seduta del 17 novembre 1907. Presiede il presidente prof. E. ARTINI. Aperta la seduta il Presidente, a nome dol socio dott. Bezzi. presenta una nota: “Sulla dittero-fauna delle caverne ,. A propo- sito della medesima il socio dott. Alzona fa qualche osserva- zione, riferendosi ad alcuni studi che in proposito egli ha fatto nelle caverne dell’ Emilia. Il socio dott. Gemelli fra Agostino, il quale da molti anni si occupa dell’ istologia dell ipofisi, comunica alla Società una sua nota riflettente un caso di “ ablazione completa dell’ipofisi ,, da lui ottenuta operando un gatto domestico. Il dott. Alzona domanda spiegazioni sull’atto operativo, con- sigliando I’ uso della radiografia per vedere se dopo I’ operazione avvengano alterazioni nelia compagine delle ossa. Il dott. Terni domanda schiarimenti sul processo curativo adottato dal Gemelli dopo la trapanazione delle ossa e richiama alcuni studi che riguardano la funzione dell’ ipofisi studiata dal punto di vista dell’ azione diretta sulla funzione renale. Il dott. Slaurenghi domanda al dott. Gemelli schiarimenti sulla sua comunicazione, osservando che se nell’atto operativo viene asportata completamente l’ipofisi sara poi impossibile distin- guere, asportando due organi con funzioni diverse e di natura differente, le attribuzioni fisiologiche dell’uno e dell’altro di essi. Inoltre osserva che il metodo dell’asportazione degli organi per dedurne la funzione, specialmente nel campo del sistema nervoso, va incontro all’obbiezione della funzione vicariante da parte di altri, e per ultimo nota come il processo riparativo conseguente all'esportazione non ha sempre la stessa estensione e che nel caso specifico dell’ablazione dell’ipofisi potrebbe in- teressare una parte più o meno estesa del cervello. Il dott. Gemelli si diffonde lungamente a spiegare Il’ opera- zione eseguita e l’influenza che egli crede abbia l’ipofisi sulle funzioni organiche. SEDUTA DEL 17 NOVEMBRE 1907 XXIII Finita la presentazione delle letture scientifiche il Pyesidente prende la paroia, dicendo: “ Purtroppo, nelle scorse vacanze, la Società fu colpita da un ben grave lutto: la morte dell’illustre prof. Pietro Pavesi. Socio del nostro sodalizio fin dal 1865, Egli aveva onorato i no- stri Atti con la pubblicazione di numerose e importanti memorie; recentemente collaborava validamente alla riuscita del Con- gresso dei Naturalisti, del quale aveva accettato di gran cuore la vice-presidenza. La perdita, dura per scienza, non è perciò meno amara per la Società Italiana, che vede scomparire una delle sue personalità più autorevoli. Zoologo insigne, il Pavesi corse vittoriosamente i più svariati campi di questa vastissima scienza : fu aracnologo, elmintologo, ittiologo, ornitologo; alle questioni biologiche ebbe sempre |’ oc- chio vigile, attento ; agli studi d’interesse pratico, di importanza nazionale, come quelli riguardanti la caccia, la pesca e la pi- scicoltura, intese con tutta l’anima, prodigandovi le poderose energie derivanti dalla rara sua competenza scientifica e dalla sua eccezionale attività. Il Nostro fu anche nella vita pubblica; e nella sua città ch’ Egli tanto amava, dovette pure sobbarcarsi al peso della massima dignità amministrativa; ciò che gli fu fonte di ama- rezze perchè Egli, democratico di fede sicura e incrollabile, parve un giorno retrogrado ed autoritario a quelli stessi che lo ave- vano portato su gli scudi. L’ingegno suo era pronto ed acuto; la sua parola, rotta solo qualche volta dall’ ansia della improvvisazione, era precisa e tagliente. Di carattere vivace ed impetuoso, il Pavesi fu un polemista torte e ardito, che non misurava gli ostacoli; anima leale, sincera, aperta, aveva sul labbro sempre ciò che dettava il cuore; ma questo era buono, incapace di far male al più acre nemico, pronto a riconoscere il suo torto, quando lo sentisse in coscienza. Dai colleghi, nonostante qualche suo scatto, era pertanto stimato sinceramente, e profondamente benvoluto; gli allievi avevano in Lui un padre, burbero, ma pieno d’amore. La Società nostra porge oggi il suo tributo di gratitudine e di riverenza alla memoria del benemerito cittadino, dello scien- ziato eminente. , XXIV SEDUTA DEL 17 NOVEMBRE 1907 Il Presidente comunica in seguito come la liquidazione dei conti del Congresso dei Naturalisti Italiani, tenuto dietro iniziativa della Società lo scorso anno, riesca alquanto laboriosa; nonostante che il Comitato abbia cercato di sopperire con una seconda sot. toscrizione tra i suoi membri, resta ancora una passività con- siderevole, che egli ritiene dovrà essere assunta dalla Società. Il Consiglio direttivo dopo maturo esame porterà in sede di bilancio all'assemblea la proposta dei necessari provvedimenti. Si procede quindi alla votazione per l'ammissione del nuovo socio Mariani dott. Giuditta (proposto dai soci prof. E. Artini e dott. Repossi E.), il quale è ammesso, e si leva la seduta. Il Presidente Il Segretario E. ARTINI. G. DE ALESSANDRI. SEDUTA DEL 15 DICEMBRE 1907 XXV Seduta del 15 dicembre 1907. Presiede il presidente prof. E. ARTINI. Letto il verbale della seduta precedente, il quale è appro- vato, il prof. Mariani E. comunica la sua nota: “ Contributo allo studio delle bivalvi del calcare di Esino ,- A proposito di essa il Presidente, considerando la grande importanza scientifica della località di Esino, rammenta alla Società le deliberazioni degli anni passati, intese a tenere qualche adunanza fuori di Milano e propone per la ventura prima- vera un’escursione sociale in quella regione, visitando even- tualmente anche la Valsassina. La gita scientifica avrebbe grandi attrattive non solo per i geologi, ma anche per gli zoologi, per i botanici e per i mineralogisti, in guisa che egli confida nell’ in- tervento di numerosi soci. Il prot. Castelfranco, che visita la località da una ventina di anni e conosce la sua importanza geologica e mineralogica, si associa vivamente alla proposta e l'assemblea unanimamente l’approva, affidando alla Presidenza l’incarico di stabilire l'epoca precisa ed il programma di essa. Si procede quindi alla votazione per la nomina dei revisori del Bilancio consuntivo 1907, carica alla quale vengono nomi- nati il prof. Mariani E. e l’ing. Bazzi E. Si passa quivdi alla votazione per l'ammissione a socio del dott. Negri Giovanni (proposto dai soci prof. E. Artini e C. F. Parona), il quale viene ammesso. Esaurito con ciò l’ordine del giorno si leva la seduta. Il Presidente Ll Segretario E. ARTINI. G. DE ALESSANDRI. oe BULLETTINO BIBLIOGRAFICO DELLE PUBBLICAZIONI RICEVUTE IN DONO OD IN CAMBIO DALLA SOCIETA dal 16 marzo 1907 al 29 febbraio 1908 ae Non periodiche |!) #AMEGHINO FLORENTINO, Les Toxodontes a cornes 1907. Buenos Aires. Sobre dos esqueletos de mamiféros fosiles, 1907. Buenos Aires. — Notas preliminares sobre el Tetraprothomo argentinus, un precursor del Hombre del mioceno-superior de monte Hermoso, 1907. Buenos Aires. *Bezzi MARIO, Mosche ematofaghe, 1907, Milano. — Nomenklatorisches tiber Dipteren, II. III. 1907-5, Wien. — Leptida et Empidide in Insula Formosa. A Clar H. Sauter col- lectee, 1907, Budapest. — Die Gattungen der blutsaugenden Musciden, 1907. — Eine neue Aphebantus-Art aus dem palearktischen Faunenge- Diete, 1908. — Simuliida, Bombyliide, Empidide, Syrphide, Tachinidae, Muscide, Phycodromide, Borboride, Trypetidee, Ephydride, Drosophi- lide, Geomyzidee. Agromyzide, Conopide, 1908, Jena. #BoNoMI AGOSTINO, Il cervo (Cervus élaphus Linn), nel Trentino, 1904. — (Quarta contribuzione alla avifauna Tridentina, 1895. — Quinta contribuzione alla avifauna Tridentina, 1903. Congrès international d’Anthropologie et d’Archéologie préhistoriques. Compte rendu de la treiziéme session, Monaco, 1906, Tome I, Mo- naco, 1907. *GEMELLI AGOSTINO, Replica alle osservazioni mosse dal dott. G. Sterzi al lavoro: “ Ulteriori osservazioni sulla struttura dell’ipofisi ,, 1907, Jena. — La nozione delle specie e la teoria dell'evoluzione, 1907, Pavia. — Psicologia e biologia. Note critiche sui loro rapporti, 1908, Fi- renze. aggio di una teoria biologica sulla genesi della fame. TD (1) Le pubblicazioni segnate con asterisco furono donate dai rispettivi Autori ; le altre si ebbero da Società e Corpi scientifici corrispondenti. > BULLETTINO BIBLIOGRAFICO XXVII #GcIRAN A., A proposito della presenza di Asplenium fontanum Bern. sul Monte Baldo, 1906, Firenze. #JANET CHARLES, Anatomie de la téte du Lasius niger, 1905, Limoges. — Remplacements des Muscles vibrateurs du vol par des colonnes d’Adipocytes, chez les Fourmis, après le vol nuptial, 1906, Li- moges. — Sur un Organe non décrit du thorax des Fourmis ailées, 1906. — Histolyse, sans phagocytose, des muscles vibrateurs du vol, chez les reines des Fourmis, 1907, Limoges. #LARGAIOLLI VITTORIO, Le Diatomee del Trentino, 1907, Padova. — Idracne del Trentino, VI Contributo allo studio delle Idracne ita- liane, 1907, Milano. London, British Museum (Natural History). — Catalogue of the collection of Birds’Eggs in the British Museum (Natural History), Vol. IV, Carinate (Passeriformes continued) by, Eugene W. Oates assisted by Capt. Savile G. Reid, 1905, London. ; — Catalogue of the Lepidoptera phalenz in the British Museum Vol. VI, with Plates, 1906. — A general Guide to the British Museum (Natural History), Eleventh edition, 1906. — Guide to the Galleries of Mammals (other than Ungulates) in the department of Zoology of the British Museum (Natural History), eighth edition, 1906. — Guide to the great game animals (Ungulata) in the department of Zoology, British Museum (Natural History), 1907. — (Guide to the Gallery of Reptilia and Amphibia in the department of Zoology of the British Museum (Natural History), 1906. — A Guide to the Fossil Reptiles, Amphibians, and Fishes in the deparment of Geology and Paleoniology in the British Museum (Natural History), eighth edition, 1005. — A Guide to the Fossil Invertebrate Animals in the department of Geology aud Paleontology in the British Museum (Natural Hi- story), 1907. — List of British Seed-Plants and Ferns, department of Botany, British Museum (Natural History), 1907. — Special Guides: No. 1, Guide to an exhibition of old Natural Hi- story, books illustrating the origin and progress of the study of Natural History up to the time of Linnaeus, 1905. — S. G. No. 2, books and portraits illustrating the History of plant classification exhibited in the department of Botany, 1906. — SG. No. 3, Memorials of Linnaeus. A collection of portraits ma- nuscripts, specimens and books exhibited to commemorate the bicentenary of his birth, 1907. XXVIII BULLETTINO BIBLIOGRAFICO #MELI RomoLo, Escursioni geologiche eseguite con gli allievi ingegner della. R. Scuola di applicazione di Roma nell’anno scolastico 1905- 1906 (Cenno di Relazione), 1906, Roma. — Sopra una Meteorite caduta in Valdinizza nella provincia di Pavia, 1* Comunicazione, 1906, Roma. — Una lettera inedita dell’insigne naturalista Giambattista Brocchi, 1906, Roma. PAÀLFY Moritz und GrorG Primics, Die Umgebung von Magura Blatt: Zone 19, Kol. XXVIII (1:75000) geologisch aufgenommen von: Dr. Moritz v. Palfy und Dr. Georg Primics erliiutert von: Dr. M. v. Palfy. Erlauterungen zur agra geologischen Spezialkarte der Linder der ungarischen Krone, 1907, Budapest, mit Karte von Magura. Abrudbanya. Okròs. #PARAVICINI GIUSEPPE, Di una interessante microcefala littleliana, estratto dall'Archivio per l’Antropologia e la Etnologia, Vol. XXXVII, fasc. 2, 1907, Firenze. #REDAELLI GIUSEPPE, “ Milano in campagna ,, Guida-vademecum cli- matico-balneare, 1907, Milano. *RiccIARDI LEONARDO, L'evoluzione minerale messa in dubbio dal pro- fessore Giuseppe Mercalli, 1007, Napoli. *RONCHETTI VITTORIO, Caso di infantilismo, 1907, Milano. #SALMOJRAGHI FRANCESCO, Sull’origine padana della sabbia di Sansego nel Quarnero, 1907, Milano. #SCHAEBERLE J, M., The effective surface-temperature of the San and the absolute temperature of Space (Reprinted from Science), N. S., Vol. XXVI, No. 673, pages 718-719, November 22, 1907. — The problable origin and physical structure of our sidereal and solar systems’ (Reprinted from Science), N. S., Vol. XXVI, No. 677, pages 877-878, December 20, 1907. #THIFULLEN A., Etudes préhistoriques. Le critérium, présentation et controverses, dernier chapitre, 1907, Paris. TREVES ZACCARIA, XVII, Die mechanische Folge der unter normalen anatomischen Bedingungen stattfindenden durch Kuenstliche indirekte Reizung erzeugten Muskelzuckung, 1907, Firenze. — Surmenage par suite du travail professionnel, 1907, Torino. und G. SALOMONE, Ueber die Wirkung der salpetrigen Saure aut die Eiweissstoffe, 1907, Leipzig. #TURATI EMILIO, Nuove forme di Lepidotteri, estratto dal Naturalista Siciliano, anno XX, N. 1-3, 1907, Palermo. ata. BULLETTINO BIBLIOGRAIFICO XIX Pubblicazioni periodiche DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE CORRISPONDENTI e e AFRICA. Cape Town. — South African Museum (Annals). Vol. V, Part. IV, Vi 1907. — Cape of Good Hope. Colonial Secretary’s Ministerial Division. South African Museum. Report for the year ended 51st december 1906 (1907). Pietermaritzburg. — Natal Government Museum (Report). Second Report, year ending 31st december 1905 (1907). AMERICA DEL NORD. 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A corredo del resoconto dell’amministrazione co- munale, 1906 (1907). — Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere (Memorie). Vol. XX- XI della Serie III, Fasc. X La rigenerazione dei nervi. Dott. Aldo Perroncito, 1908. — — (Rendiconti). Serie IJ, Vol. XL, Fasc. 5-20, 1907; Vol. XLT Fase. I-III, 1908. + BULLETTINO BIBLIOGRAFICO XLI Milano. — R. Osservatorio astronomico di Brera in Milano. Osser- vazioni meteoroloviche eseguite nell’ anno 1906 col riassunto composto sulle medesime da E. Pini, 1907. --. Reale Società Italiana d’Igiene (Giornale). Anno XXIX, N. 3-12, 1907; Anno XXX, N. 1, 1908. — Società lombarda per la pesca e l’acquicoltura. Rivista mensile di pesca, lacustre, fluviale, marina. continuazione dell’Acquicoltura Lombarda. Anno VIII, 1906, N. 11-12; anno IX, 1907, N. 1-3, 6-10. Napoli — Accademia delle scienze tisiche e matematiche. (Sezione della Società Reale di Napoli). (Rendiconto). 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Tome XVII, Livraison 1°, 1907. St. Pétersbourg. — Académie Impériale des Sciences de St. Péter- sbourg. (Annuaire du Musée Zoologique). Tome XI, 1906, (1907); Tome XII, N. 1-3, 1907. Beilage zum “Annuaire du Musée zoologique, etc. ,, Verzeichnis der palaearktischen Hemipteren mit besonderer Beriicksichtigung ihrer Verteilung im russischen Reiche von B. Oshanin, II Band. Homoptera, II Lieferung, 1907. — (Bulletin). V Série, Tome XXII, XXIII, 1905; Tome XXIV, 1906. Vi Serie, Nv 1-16-1907; N.-1-2, 1908. — Comité géologique (Bulletins). Tome XXIII, 1904, N. 7-10. — — (Mémoires). Nouvelle série : Livr. 3. Geologische Skizze des Kreises Isjum und der angrenzenden Theile der Kreise Pawlograd und Zmiew. Das nordwestliche Grenzgebiet des Donezrueckens, von A. Borissjak, 1905. 1S. Die Mollusken-Fauna von Mandrikowka von Dr. N. Sckolow, 1905. » 19. Die Pelecypoden der Jura-Ablagerungen im europaeischen Russ- land. II Arcidae von A. Borissjak, 1905. XLIV BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Livr. 20. Die aeltesten silurischen Schichten Russlands (Etage B) von W. Lamansky, 1905. St. Pétersbourg. — Société Impériale des Naturalistes de St. Péter- sbourg (Travaux). (Comptes rendus des seances) Tomo XXXVII, Liv. 1°, 1906, N. 5-8; Tome XXXVIII, Liv. 1°, 1907, N. 1-4. — — Section de botanique. Vol. XXXV, Livr. 3, 1906. Journal bota- nique, N. 1-6. — — Section de Geologie et de Minéralogie. Vol. XXXIV, Livr. 5, 1906, — — Section de Zoologie et de Physiologie, Vol. XXXVI, Liv. 2, 1906; Vol. XXXVII, Livr. 4, 1906. SPAGNA. Madrid. — Real Sociedad Espanola de Historia Natural (Boletin). Tomo VI, N. 5, 8-10, 1906; Tomo VII, N. 1-9, 1907. — — (Memorias). Tomo I.: Memoria 21. Chrysomelidae et coccinellidae aus dem spanischen Gui- nea von J. Weise, 1907. 22. Tenebrioniden der spanischen Guinea von H. Gebien, 1907. iar 3 5. Formaciones voleinicas de la provincia de Gerona por Sal- vador Calderon, Manuel Cazurro y Lucas Fernindez-Na- varro, 1907. Wiss > 1. Homenaje i Linneo en el segundo centenario de su naci- miento, 1707-1778. Notas micolégicas. Coleccién de datos referentes & los Hongos de Espana, por D. Blas Lizaro é Ibiza, 1907. Zaragoza. — Facultad de Ciencias de Zaragoza (Anales). Ano ee 1907, Ned — Sociedad Aragonesa de Ciencias Naturales (Boletin). Tomo VI, N. 2-7 SVEZIA. Lund. — Universitatis Lundensis (Acta). Andra Afdelningen II, 1906 1906-07). Stockholm. — K. Svenska Vetenskaps Akademien i Stockholm Arkiv for Botanik. Band 6, Hifte 3-4, 1907. — Arkiv for Kemi, Mineralogi och Geologi. Band 2, Hitte 4-6, 1907. — Arkiv for Matematik Astronomi och Fysik. Band 3, Hifte 2-4, 1907. — Arkiv for Zoologi. Band 3, Hifte 3-4. — (Handlingar). sand. 41. N. 4. Northern and artic invertebrates in the collection ot the swe- dish State Museum (Riksmuseum) III Opisthobranchia and Pteropoda by Nils Odhner, 1907. 42. 2. Arkeologiska undersòkningar i Perus och Bolivias Griins- trakter, 1904-1905 af Erland Nordenskiòld, 1906. » » 5. Ueber Thaumatopteris schenki Nath. von A. G. Nathorst, 1907. {. Mesures de l’intensité de la radiation solaire faite & Upsala en 1901 par J. Westman, 1907. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO XLV Band. 42. N. 5. Paliiobotanische Mitteilungen, 1-2, von A. G. Nathorst. 1907. n » » 6. Durée et grandeur de l’ insolation è Stockholm par J. West- man, 1907. » 7. Ueber abweichend gebildete Bliitter der Rotbuche (Fagus sil- vatica L.) von A. G. Nathorst. » » » S. Sur l’origine des spectres de Bandes par V. Carlheim-Gyl- lenskòld. >» » » 9 Sur la réduction élémentaire du probléme des trois corps par Karl Bohlin. Stockholm.— Kungl. Vitterhets Historie och Antikvitets Akademiens (Manadsblad). Argangarna 32-34, 1903-1905 (1907). — K. Vitterhets Historie och Antikvitets Akademien (Meddelanden). Argangen 1, 1906 (1907). — Les prix Nobel en 1902, supplement 1907. Le développement des conventions de la Haye du 29 juillet 1899, conférence faite a l’Institut Nobel a Kristiania le 18 juillet 1906, par Albert Gobat. — Les prix etc. en 1904 (1907); en 1905 (1907). Upsala. — K. Vetenskapsakademiens Nobelinstitut (Meddelanden). Band 1. N. 7. Sur la relation entre les coétfficients d’affinité et l’hydrolyse des sels des cétones isonitrosées par Harald Lundén. — Kungl. Svenska Vetenskapsakademiens (Arsbok). For Ar., 1907. SVIZZERA. Basel. — Naturforschende Gesellschaft in Basel (Verhandlungen). Band XVIII, Heft 3, 1906; Band XIX, Heft 1, 1907. Bern. — Commission géologique de la Société Helvétique des Scien- ces Naturelles. (Matériaux pour la carte géologique de la Suisse). Livraison 26. Geologische Beschreibung der Lepontinischen Alpen. Erster Teil. Die Griinschieter in Jura und Trias des Simplongebietes von H. Preiswerk, 1907. 29. Bibliographie géologique de la Suisse. Première Partie : A. (Géo- logie générale et Géognosie de la Suisse) jusqu'& K. 11 (Strati- graphie des terrains molassiques), 1907. N. 1. Geolog. Karte der Simplongruppe mit 1 geolog. Kartenskizze dazu: St. Gotthard-Montblane und 2 Profiltateln. 1. Geolog. Karte der Gebirge zwischen Lauterbrunnenthal, Kanderthal und Thunersee mit 1 Profiltafel dazu. 1. Geolog. Karte der Gebirge am Walensee. — Geologische Kommission der Schweiz. naturforschenden Gesellschaft, Beitrige zur Geologie der Schweiz. Geotechnische Serie, IV Lieferung 1907, Die schweizerischen Tonlager. — Naturforschende Gesellschaft in Bern (Mitteilungen). Aus dem Jahre 1906, N. 1609-1628, 1907. Chur. — Naturforschende Gesellschatt Graubiindens (Jahres Bericht). N. F. XLIX Band 1907, Vereinsjahr 1906-907, x ; ea XLVI BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Genève. — Institut National Genévois (Bulletin). Tome XXXVII, 1907. — Société de Physique et d’Histoire naturelle de Genéve (Mémoi- res). Vol. XXXV, Fasc. 3, 1907. 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DI ALCUNE NUOVE APPARIZIONI IN ITALIA DI UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI E DELL’INFLUENZA DEL MOTO ROTATORIO DELLA TERRA SULLA DIREZIONE GENERALE DELLE MIGRAZIONI Nota Ornitologica del socio Prof. Giacinto Martorelli —— +e —— Gia da tempo ha preoccupato la mia attenzione il fatto che si va continuamente accrescendo il numero delle specie di uccelli che, provenendo dalle lontane regioni della Siberia Nord-Orien- tale, raggiungono varie parti d’ Europa e la nostra stessa Peni- sola. Anzi in una comunicazione che feci dinanzi a questa Società mi occupai particolarmente di varie specie di tordi siberiani e di alcuni americani che una o più volte erano già state cattu- rate tra noi, o nel resto d’ Europa, e non avevo dimenticato di notare come lo stesso fatto si verificasse anche per parecchie specie appartenenti ad altri generi molto diversi tra loro. Più tardi, nel 1900, per desiderio espressomi dall’illustre Ornitologo del Museo di Parigi, Emilio Oustalet, da poco rapito alla scienza, pubblicai nel periodico “ Ornis , del Comitato Orni- tologico internazionale, una memoria dal titolo “ Les apparitions des Turdidés Sibériens en Europe , (‘). In quel mio lavoro, dopo aver esposto e riassunto anche, in forma di tabelle, quanto riguarda la distribuzione geografica dei vari turdidi europei e siberiani, le date delle loro partenze ed arrivi, la durata approssimativa delle loro migrazioni, ed esposte anche le date delle apparizioni ben constatate delle specie sibe- riane nei vari punti d’ Europa, passavo a considerare le cause (1) Ornis, Vol., X, 17, p. 241-292. 2 GIACINTO MARTORELLI generali di natura cosmica che mi sembravano emergere evidenti dalla sintesi dei fatti constatati e venivo alla conclusione, che la causa cosmica determinante la generale declinazione nel senso da Nord-Est a Sud-Ovest degli uccelli migranti in autunno attra- verso il nostro emisfero e quella da Sud-Ovest a Nord-Est in primavera, quando gli uccelli paleartici migratori ritornano verso settentrione, non poteva esser altro che il movimento di rota- zione della terra, il quale determina quella medesima declina- zione nel senso diagonale, ossia risultante, anche per le grandi correnti aeree che sono l’aliseo ed il contro-aliseo. Ora durante i sette anni decorsi da quella pubblicazione molti altri nuovi casi fenologici ho potuto accertare di specie proprie del Nord-Est della Siberia e del N-O dell'America setten- trionale che sempre più chiaramente mi hanno dimostrato come la grande risultante del movimento delle specie migratrici pale- artiche è appunto questa declinazione costante secondo una linea obliqua dall’estremo Nord-Est dell'Asia e dell'Europa, verso il Sud-Ovest dell’Europa stessa e l'Africa settentrionale. Anche le così dette linee di volo (flying lines) (!), se esistono, sarebbero certamente subordinate a questa deviazione verso occi- dente che sarebbe dunque la risultante generale del movimento delle specie migranti nel nostro emisfero e che non porta con sé l'impossibilità di volo in altre direzioni per i singoli gruppi, o individui migranti, ma soltanto ha per effetto di spostare le specie da una meta all’altra dell’anno, da N-E a S-0 e viceversa, mentre durante ogni viaggio esse compiono una quantità di mo- vimenti parziali in varia direzione. Premesso questo breve accenno a quanto già scrissi nella ricordata memoria, passo ad occuparmi dei nuovi casi (?). (1) Nel mio scritto, già ricordato in principio, sui Turdidi siberiani, ecc.. io avevo riportato una importante considerazione dall’opera di Meyer e Wigleswort sugli Uccelli delle Isole Celebes e non è fuor di luogo richiamarla ora. Essi dicono “ ciascuna specie ha le sue vie proprie di migrazione, e pur nondimeno le specie offrono un certo grado di coordinazione ,. Ora tale coordinazione io la vedo appunto nella legge cosmica che le porta tutte egualmente a compiere lo stesso spostamento, da stagione a stagione, secondo una comune direzione generale. Se così non fosse, come si spiegherebbe che uccelli dotati di tanto diversa potenza di volo potessero portarsi regolarmente ad enormi distanze in un tempo uguale, o quasi, per tutte ? (?) Ricordo fra gli altri: Harelda glacialis, non troppo rara tra noi, come pure Tringa Temminchii, Phalarapus fulicarius e Charadrius fulvus. Nel mio ricordato la- voro sui Turdidi siberiani ho pure annoverate tra le specie che compiono un movi- mento da N-E a S-O in autunno, come provenienti dalla Siberia, le seguenti: Calliope IE UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 3 Branta nigricans, Lawr. Nell’appendice al mio libro “ Gli Uccelli d'Italia ,, a pag. 677% ebbi a ricordare che il giorno 7 febbraio 1906 avevo ricevuto in dono dal chiarissimo dott. De Vincenti di Milano due freschi e per- fetti esemplari di Oca colombaccio (Branta bernicla | Linn.]), che erano stati uccisi nel territorio di Mantova ed avevo detto esser kamtschatkensis, Tarsiger cyanurus, Pallasia sibirica, Melanocorypha yeltoniensis, Phi- lammus alpestris, Euspiza aureola, Emberiza leucocephala, E. rustica, E. pusilla, Carpo- dacus erythrinus, Loxia bifasciata; posso ora aggiungere anche l’Emberiza luteola da me primamente segnalata; ma con questo non esaurisco affatto la lista, lunghissima ancora, degli uccelli che ci vengono dall’Asia settentrionale che sono nominati nel mio libro Gli Uccelli d’Italia, nonchè nel Manuale dell’ Arrigoni. + GIACINTO MARTORELLI notevole il fatto che nessuno degli altri otto esemplari, tra europe? ed americani, già posseduti dalla collezione Turati, raggiungesse le dimensioni e la intensità di colorito di questi due, ma varie circostanze non mi permisero allora di approfondire la causa di tale differenza. Ora però, essendo venuto in possesso di un nuovo soggetto armonizzante coi due suddetti di Mantova, che venne preso il 18 dicembre presso Ospedaletto Lodigiano e con somma cortesia. recatomi in dono dal cacciatore stesso, sig. Perugini, ripresi in esame anche i primi (!) ed, a questo effetto, mi procurai tosto la recente ed importante monografia dell’Alpheraky sulle oche d'Europa e d’Asia (2). Guardando la figura della Branta bernicla tipica, potei ac- certarmi che essa corrispondeva agli esemplari di questa specie che già possedeva la collezione (3), ma non si adattava agli esem- plari di Mantova ed a quello di Ospedaletto, mentre questi ul- timi corrispondevano invece molto bene alla figura della Branta nigricans Lawr. che abita parte dell’America settentrionale (N.W.) e l’estremità Nord-Orientale della Siberia (4). Anche la descrizione che dà l’Alpheraky e quella data dal Salvadori (°) mi dimostrarono che, per tutti i caratteri, i nuovi soggetti corrispondevano piuttosto alla forma, o specie, sibirico- americana, Branta nigricans, Lawr., che non alla tipica Branta bernicla d'Europa ed Asia settentrionale. Infatti nella Br. bernicla, oltrechè le dimensioni sono sensi- bilmente minori in tutte le età, il colorito delle parti inferiori e superiori che succede al nero della base del collo è sempre ben spiccato da questa per esser di un cinereo-bruno più o meno carico, a seconda degli individui, ma sempre nettamente spiccato, mentre nella Br. nigricans la differenza è così poca che appena si vede il distacco tra la base del collo ed il torace sotto certe inci- (1) Vedasi in appendice la descrizione di altri quattro esemplari concordanti pienamente con questi, catturati dopo che fu composta la presente Nota. (°) The Geese of Europe and Asia. By Sergius Alpheraky, London. Ed. Row- land Ward. (3) Tre dell'Europa settentrionale ed uno colto in Algeria dal Loche, tutti adulti, più un novello già completamente impiumato e capace di volare. (4) L’Alpheraky la chiama Branta bernicla nigricans, Lawr., considerandola come una sottospecie e così pure fa per l’altra forma americana del NE, Br. bernicla glau cogaster, Brehm. (5) Catal. of Birds Brit. Museum. Vol. XXVII, p. 123-24. UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 5 denze di luce e così è nei tre recenti esemplari; anzi in quello del Lodigiano (9 ad.) tutto il dorso e la parte superiore delle ali sono quasi neri, e la parte scura dei fianchi, come anche il basso ventre, di colore grafite intenso, onde il bianco delle parti po- steriori e della coda spicca fortemente. Nel maschio adulto di Mantova è evidente anche lo speciale carattere della Br. nigricans, quello cioè del collare bianco che non si limita ai lati del collo, come nella tipica Br. bernicla (!), ma si congiunge sul davanti, mentre nella suddetta femmina adulta ed in quella più giovane di Mantova si limita ai lati del collo, come osservo anche in uno dei giovanissimi esemplari di Br. nigricans provenienti dall’isola Vancouver, (?) i quali per le dimensioni sono in proporzione perfetta con quelli da me rice- vuti e visibilmente più grandi di un giovane a pari sviluppo di Br. bernicla che, come di regola, non ha indizio di collare bianco nella prima età. Circa le misure non mi resta che esporle e paragonarle con quelle date dall’Alpheraky e dal Salvadori, aggiungendovi anche quelle di due bellissimi esemplari adulti di Branta glaucogasler veramente tipici. Per maggior semplicità mi limito a dare nel seguente spec- chio la sola misura dell’ala chiusa, tolta con metro flessibile, ed evito le misure del becco e dei tarsi che, come parti molli, si deformano maggiormente nell’essiccarsi. Ho misurato in tutti gli esemplari l’ala sinistra. Quanto alle altre misure dei tre esemplari ora ottenuti esse accompagneranno la minuta descrizione. (1) Il Salvadori nel Catalogo vol. XXVII a pag. 123 segna con un asterisco tre esemplari di Br. bernicla del Museo Britannico, i quali hanno il collare quasi com- pleto sul dinanzi; ma, di questi tre, uno solo ha il grigio delle parti inferiori pallido (il che dimostrerebbe che neppur questo carattere è un assoluto differenziale) e gli altri due appartengono alla varietà grigio-scura o bruna e sono d’Inghilterra. Forse per questo la presenza della Br. nigricans venne ammessa da alcuni per l’Inghil- terra. Del resto osserva che anche in un esemplare della N." Zembla appartenente al tipo glaucogaster (!) il collare è completo. (2) Questi due esemplari sono: N. 15.818 Q 2 marzo 1876. N. 15.367 Cf 4 marzo 1876. Quello segnato come maschio ha il collare largamente interrotto sul davanti, mentre l’altro lo ha continuo, ed io temo che sia avvenuto uno scambio delle eti- chette fra questi due soggetti presi nella stessa località. Ad ogni modo tale diversità dimostra che anche questo carattere non è assolutamente costante. 6 GIACINTO MARTORELLI Esemplari attribuiti alla Branta nigricans : 1° Es. di Mantova o adulto ala mm. 375 Ivg he L 2 giovane 4 336 3°, 4 Ospedaletto Lodigiano 9 adulta ni 339 Esemplari di Branta nigricans: 1° Es. di Vancouver 3 novello ala mm. 330 Lol puo = Q novella s 310 Esemplari di Branta bernicla: 1° Es. di Finlandia sesso ? adulto ala mm. 318 2° » » Algeria (Loche) of “4 = 310 3° , Collez. Civica sesso ? 4 és 326 And ? n? immaturo 7 344 Bris ? — novello 4 304 Esemplari di Branta glaucogaster : 1° Es. dell’ America Settentrionale g adulto ala mm. 332 Di pate È d © adulta ; 327 Esemplari di Branta nigricans Tipici Branta bernicla del Museo del Museo Adulti ala mm. 336 — 375 Adulti ala mm. 310 — 344 Giovani , 310 — 336 Giowabi. 3 304 Branta nigricans: Misure del Museo Misure di Alpheraky Misure del Salvadori ala mm. 336 - 375 mm. 330 - 350 mm. 335 - 345 (pollici 13 - 13,75) (pollici 13,40 - 13,70) di: Ò i UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. % Branta bernicla: ala mm. 310 - 344 mm. 312 - 345 pollici 13 (pollici 12,30 - 13,60) Branta glaucogaster : ala mm. 327 - 332 mm. 309 - 345 — (pollici 12,30 - 13,6) Dal confronto di queste misure si vede come, considerando specialmente gli esemplari a completo sviluppo, esse raggiun- gano un massimo non solo in quelli da me attribuiti alla Branta nigricans, ma anche nei due giovanissimi soggetti di Vancouver di fronte ad altro di pari età spettante alla tipica Branta bernicla. Si vede pure che anche dalle misure dell’Alpheraky emerge la maggior dimensione del tipo nigricans rispetto al tipo ber- nicla e al tipo glaucogaster. Le mie misure superano tuttavia quelle date da questo autore alla Br. nigricans, ma questo po- trebb’essere un argomento in favore del facile incrociamento, fra queste forme, giacchè è noto che i prodotti d’incrociamento 0 d’ibridismo sono molto facilmente notevoli per dimensioni esa- gerate ed io non intendo affatto di escludere che i tre esemplari ora da me illustrati possano essere anche prodotti dall’incrocio fra la Branta bernicla e la Branta nigricans. Chè anzi io ri- tengo che ciò avvenga assai facilmente e che i prodotti ne siano fecondi, considerata la estrema affinità, poichè le differenze sono sempre per caratteri di poca importanza e tutt'altro che costanti. Non si deve poi dimenticare che le dimensioni di per sè sole hanno sempre un valore assai limitato, perchè non vi ha specie nella quale non si riscontrino individui uscenti dai limiti comuni, o in grandezza, o in piccolezza. Però la concordanza delle mie poche misurazioni con le molte fatte dagli altri osservatori non è senza importanza. Faccio ora seguire la descrizione minuziosa dei tre esemplari da me ottenuti : 1° Esemplare maschio adulto da Mantova — (a destra. nella fotografia). 8 GIACINTO MARTORELLI È un vero colosso, superando di molto tutti gli altri esem- plari che ho dinanzi e tutte le misure che ho trovato negli autori, l’ala essendo di mm. 375, la coda mm. 105, il becco dalla com- messura delle labbra all’apice mm. 40, il tarso mm. 55, il dito medio coll’unghia mm. 54. Testa e collo nero-grafite lucido che alla base si confonde quasi col grigio-grafite, appena più chiaro, del ventre e col bruno nerastro dei fianchi; sulle piume di questi gli apici sono di un bianco-brunastro e formanti strette fascie. Dorso e parte superiore dell’ala grigio-lavagna scuro con spiccati riflessi bruni e quasi indistinti dal colore del collo. Secondarie e primarie nero-schi- stacee cupe e così pure tutte le rettrici. Groppone e mezzo del sopraccoda concolori col dorso, avvolti dalle copritrici bianche, come gl’ilei, ’estremo basso ventre e le sotto caudali. Dalla fo- tografia si vede l’estensione del largo collare bianco, che si con- giunge sul davanti del collo, benchè in questo punto le macchie siano più scarse che sui lati. Sono pure spiccatissime tanto sul collo, come sull’alto del petto, quelle fascie nereggianti che sono formate dai margini e che il Taczanowsky (!) descrive minutamente da una coppia di esemplari di Branta nigricans del Giappone. Anzi la sua descri- zione del maschio corrisponde esattamente a quella del presente soggetto ed è specialmente notevole la perfetta corrispondenza del collare quale il Taczanowsky stesso lo descrive, onde ne riporto le parole testuali che possono servire anche per il 3° ad. di Mantova; eccole : “cet anneau west continu que sur sa bordure infée- “ rieure, landis qu'il est compose de petites macules isolées sur “le milieu méme du cou et de plusieurs lignes paralléles obli- “ques sur les cOtes ,. Questa descrizione si direbbe presa sul mio esemplare ! 2° Esemplare femmina adulta da Ospedaletto Lodigiano. In questo il collare è interrotto per quasi due centimetri sul mezzo anteriore del collo (come nell’esempl. di Vancouver N. 15367) il nero-grafite del collo e di tutte le parti superiori ed inferiori ancor più intenso che nel primo. Anzi le parti superiori in certa incidenza di luce appaiono interamente nere. Anche le medie e parte delle piccole copritrici sono quasi nere e i fianchi pure, onde le fascie chiaro-brune spiccano fortemente. (1) Faune Ornithologique de la Sibérie orientale. Mém. Acad. Imper. des Sciences de St. Petersbourg, VII serie, tome XXXIX, p. 1005. » cà bel UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 9 Dimensioni sensibilmente minori del maschio: ala, mm. 339; coda, mm. 97; becco, mm. 35; tarso, mm. 51; dito medio coll’un. ghia, mm. 52. 3° Esemplare 9 giov. di Mantova — (fotografia). Collo di un nero-grafite meno intenso e rimanente delle parti inferiori di un grigio-schistaceo molto intorbitato di bruniccio, specialmente sugli apici delle piume: tutte le copritrici dell’ala hanno spiccati apici bianchicci che si vedono bene nella fotografia. Questo esemplare è più avanzato che quello dello stesso sesso da Vancouver e la differenza di colore tra la base del collo e le parti inferiori è quindi già molto diminuita. Dimensioni minori che nei precedenti. Ala, mm. 336; coda, mm. 90; tarso, mm. 50; dito medio coll’unghia, mm. 51; becco, dalla commessura all’apice, mm. 35 (!). Dimostrato come per i caratteri loro i tre recenti esemplari risultino corrispondenti piuttosto alla forma Branta nigricans, Lawr. che non alla tipica Branta bernicia (Linn.), passo a con- siderare l’area geografica di ciascuna di queste tre forme nelle quali si divide ora l’antica specie. Se si prescinde dall’attuale divisione, si può dire che l’Oca Colombaccio si estende sopra un vastissimo cerchio attorno al Polo Artico interrotto solo, a quanto pare, nel mezzo della parte più settentrionale dell'America. Agli estremi di questa specie di incompleto anello si troverebbero le due forme Br. nigricans e Br. glaucogaster che avrebbero un’area più limitata che la forma intermedia Br. bernicla, la quale si stende dall’Islanda ed altre isole boreali fino alla Nuova Zembla ed alla penisola di Taimyr, fors’anche alla Nuova Siberia, senza che si possa stabilire esattamente ove cessi verso Est nella Siberia conti- nentale la sua presenza (?). (1) Vedasi in Appendice la descrizione di altri esemplari osservati recentis- simamente. (2) Gli autori della nuova edizione del Naumann (vol. IX, p. 362), considerando nel suo complesso l’area dell’antica Br. bernicla, dicono “ Die Ringelgans ist auf dem alten wie dem neuen Kontinent eine Bewohnerin des hohen Nordens und hat ihre Sommerwohnsitze innerhalb des arktischen Kreises. Sie ist im oberen Nordamerika sehr hiufig, einerseits namentlich in Grénland an der oberen Hudsonsbai und kommt in der rauhen Jahreszeit von da nach Kanada und einzeln bis in die Vereinsstaaten, doch nicht ins Innere jener grossen Liinderfliiche, soll aber ebenso auf der anderen seite dieser und in den éstlichen Teilen von Nord Asien vorkommen. Wie Weitz sie an der Nordkiisle von Sibirien nach Westen hin verbreitet sei, ist nicht bekannt. Sie bewohnt 10 GIACINTO MARTORELLI Le due forme estreme, cioè la più chiaramente colorita, dal ventre quasi bianco, più piccola, si trova così separata da breve spazio, sulla medesima parte settentrionale del Continente Ame- ricano, dalla forma più grande e più intensamente colorita che abita l'estremo orientale del cerchio. Ma la separazione tra cia- scuna di queste due forme, che tra di loro differirebbero più che sufficientemente per farne due specie, non è altrettanto evidente verso la forma principale, e specialmente la forma Br. glaucogaster va confondendosi colla tipica Br. bernicla, e persino nel centro dell’area di questa si trovarono esemplari a ventre quasi bianco, come alla Nuova Zembla. Perciò il Salvadori non si potè decidere a distinguerla come buona specie dalla Br. bernicia nel vol.. XXVII del Catalogo Britannico. Egli ha invece mantenuta distinta come buona specie la Br. nigricans e veramente le ragioni per distinguere questa appaiono maggiori, perchè, mentre nel caso della Br. glaucogaster la differenza si limita al colore chiarissimo delle parti infe- riori, nella Br. nigricans vi è, oltre al colore scurissimo, in certi punti quasi nero, delle parti inferiori stesse ed anche delle superiori, la maggior dimensione che a me pure risulta dalle mie misurazioni degli esemplari di Vancouver, e che risulta pur anche dalle misure date dall’Alpheraky, sebbene questi non abbia avvertita la differenza. Da ultimo vi è la presenza dell’anello bianco non interrotto al davanti del collo. Però quest’ultimo carattere, come già ho osservato in nota, non è così costante come si credeva e deve forse sopratutto ri- ferirsi ai maschi adulti. Gli autori della Nuova Edizione del Naumann (!) hanno ri- conosciuto una sola specie sotto il nome di Branta bernicla (L.), ma hanno ammesso la sua divisione in tre forme geografiche : Bernicla branta tipica, Bernicla branta glaucogaster, Bernicla branta nigricans ed assegnano loro le seguenti aree: La prima nidifica nella penisola di Taimyr, Nuova Zembla, ferner mehrere in der Niihe und unter dem Polarkreise gelegene Liinder von Europa, namentlich Russland liings den kiisten des Eismeeres, sogar Spitzbergen. Island scheint sie andererseits meistens nur auf dem Zuge zu durchstreichen und in Herbst von Grònland heriiberzukommen, bleibt auch nicht da, sondern geht bald iber das Meer nach Siiden zu und langt dann nachher an einigen kiisten Schottlands, besonders aber auf Irland in gròsster Anzahl an, um daselbst zu iiberwintern. Sie ist also ein hochnordischer, fiir uns zum Teil auch nordòstlicher Vogel. (4) Vol. cit., p. 362. UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 11 Terra Francesco Giuseppe e alle Spitzberghe; la seconda sta nell’America Artica dalla costa Ovest all’Isola Parry e fino al 73° grado; la terza nidifica nell’Ovest del Nord-America. Gli Autori suddetti non accennano all’estendersi di questa forma sino nel- l’ Asia Nord-Orientale, almeno dallo stretto di Bering verso Ovest sino al corso del Lena, e verso Sud fino al Giappone da un lato del Pacifico, e sino alla California dall’altro, talora per- sino alla costa Orientale (a Long Island), secondo il Salvadori (Cat. Brit. Birds. XXVII, pag. 124). L’Alpheraky (pag. 150-165) ammette come specie la Branta bernicla e come sottospecie tanto la Br. bernicla glaucogaster, Brehm quanto la Br. bernicla nigricans, Lawr. Questo Autore assegna come area della specie tipica Br. ber- nicla (1) tutte le terre ed arcipelaghi della zona artica (non ni- dificando al Sud del Circolo Artico), la Siberia fino alla penisola di Taimyr, le Isole della Nuova Siberia (7), forse anche è nidi- ficante in Islanda, ma ciò non sembra confermato dal recente lavoro dello Hantsch sugli uccelli di quest'isola (3). Tuttavia l’Alpheraky osserva non esservi ancora una propor- zione fra l’estensione delle terre di nozze conosciute per questa specie ed il numero veramente enorme degli individui di essa che si vedono apparire nei quartieri d’inverno (‘), perciò si deve ritenere che rimangono ancora da scoprire altri punti della zona artica in cui nidifica, e che questi probabilmente si troveranno sulla costa siberiana dal Yenissei verso Ovest, nella penisola Yalmal ed altri punti lungo l'Oceano Artico; ma perchè non dal Yenissei verso il Lena? D'inverno visita le coste della Germania, Danimarca, Olanda, Belgio, Francia Settentrionale, Gran Bretagna e persino del Portogallo. Talora tocca le coste del Marocco, ed io aggiungo, anche (1) Oie cravant, Franc.; Brent-goose, Ingl.; Ringelgans, Germ.; Chernaya Ka- zarka, Russo, (%) Trovatavi ora dal naturalista Birulya della spedizione del barone Toll. (8) Lo Hantzsch scrive che in Islanda il Ringelgans si trova solo di transito e non vi .è nè comune, nè di regolare apparizione. (Beitrag zur Kenninis der Vogelwelt Islands. Von Bernhard Hantzsch, Berlin, 1905, Ed. Friedlander). (‘) Sulle coste della sola Francia fu osservata a milioni d’individui ed il Nau- mann riferisce che colle loro voci impedivano di sentire il rumore del mare, “il che non mi meraviglia veramente, perchè più volte dalle dune presso lo stagno di Sorso, in Sardegna, il rumore prodotto dalla moltitudine degli uccelli acquatici copriva quello del mare ,,. 12 GIACINTO MARTORELLI nell’Algeria, esistendo nella Collezione Turati anche un esem- plare tipico raccolto nell’Algeria stessa dal Loche (N..17945 D); sarebbe stata trovata anche nel Basso Egitto, ma non ho alcuna prova che si tratti di tipici esemplari di Br. bernicla. L’Autore riferisce ancora che questa specie, secondo il Menzbier, raggiunge la Nuova Zembla per due vie : cioè dalla Norvegia e dal Baltico. La prima avrebbe per punto di partenza il Varangerfjord e di là, attraverso la penisola di Kanin, rag- giungerebbe in breve la Nuova Zembla; la seconda via corre tra il Golfo di Finlandia e la regione dei Laghi (Ladoga ed Onega), il Mar Bianco e la Nuova Zembla. Ora, se gettiamo uno sguardo sulle carte geografiche, il cammino percorso dall’Oca Colombaccio in autunno ed in pri- mavera è esattamente quello da Nord-Est a Sud-Ovest e vice- versa; perciò si comprende subito il perchè nella regione medi-, terranea le sue apparizioni rarissime siano in grande prevalenza verso il lato occidentale, ed io comprendo ancora come tra noi sia ora comparsa la forma Br. nigricans più orientale, o almeno i prodotti del suo incrocio colla tipica Branta bernicla nei punti, ancora non designati, ove tra di loro si incontrano (!) Io ritengo ad ogni modo che questa apparizione della Br. ni- gricans sia da considerarsi come veramente eccezionale ed av- venuta attraverso la gran via siberiana che fa capo ai mari interni Aral e Caspio (?). Non si può nemmeno dire che la causa determinante sia stata l'eccessivo rigore del presente inverno, perchè i due esem- plari rappresentati dalla fotografia furono presi nel Mantovano durante il mite inverno precedente: ma è invece piuttosto pro- babile che, come tanti altri, siano stati fuorviati ed allontanati enormemente dalla loro area da speciali condizioni meteoriche momentanee. L’Alpheraky accenna anche alla possibilita della comparsa dela Br. nigricans nella Russia Orientale o forse anche nel- V’Inghilterra, ma esso non sa che cosa pensarne e ne riferisce (1) Se anche i tre soggetti che ho descritti particolarmente sono da considerarsi come ibridi, o meglio meticci, tra le due forme, bisogna convenire che essi hanno al- meno */, di sangue della Br. nigricans! (2) Sarebbe importante il sapere se per avventura la Br. nigricans sia tra le specie che appaiono nella regione del Baikal. L’Alpheraky in altra parte del libro fa avvertire come sia pochissimo ancora conosciuta l’Avifauna speciale dei due mari, Aral e Caspio, nonchè quella del Mar Nero. UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 13 solo perchè il prof. Menzbier (Plitsy Rossii, I, pag. 725) ha scritto “ Io credo che quantunque la maggioranza delle Oche Colombacci che passano per la Russia Europea siano tipiche Anser brenta, pure l’Anser nigricans si incontra fra esse, spe- cialmente nella Russia Orientale. ,, Ora questa asserzione del Menzbier mi appare pienamente giustificata, sebbene l’Alpheraky non ne abbia trovate prove, com’egli dice, nè dirette, nè indirette. Infatti egli si domanda se l’asserzione del Menzbier non riposi unicamente sul fatto che in Inghilterra furono prese Bernicle col ventre del tutto nero, perchè non è provato, se- condo lui, che quelle avessero il largo collare bianco completo, cioè che fossero vere nigricans, mentre invece si sa che almeno i due esemplari del Museo Britannico presi in Inghilterra, aventi le parti inferiori di un grigio cupo o bruno, hanno appunto le macchie bianche del collo quasi congiunte sul dinanzi. (Salva- dori Cat. Brid. Brit. Mus., vol. XXVII, pag. 123) e che tale ca- rattere si verifica anche in un esemplare a ventre grigio-chiaro. Quindi è per me assai probabile: 1° che questi caratteri distin- tivi non siano in modo assoluto costanti; 2° che quel grado di incostanza che si manifesta possa dipendere dal frequente in- crociarsi in un comune terreno di nozze della Branta bernicla tipica e della Branla nigricans, il quale punto d’incontro potrà forse trovarsi tra la Penisola di Taimyr ed il corso del Lena, cioè più ad oriente degli ordinari limiti della Branta bernicia. Perciò la comparsa di questi nuovi esemplari, che per tutti i loro caratteri mi sembrano spettare al tipo nigricans, è per me un nuovo argomento in favore della prevalente direzione da Nord-Est a Sud-Ovest degli uccelli migranti in autunno nel- l’Emisfero Artico. Ciò anche concorda colle carte sulle quali il Meyer ed il Wiglesworth hanno tracciato il movimento degli uccelli migra- tori che si incontrano alle Isole Celebes (!) nella seconda delle quali la direzione delle freccie sul Pacifico a Nord dell'Equatore è appunto da N-E a S-O prima di subire la deviazione che origina i monsoni presso l’Equatore stesso tra ottobre e marzo e da S-O a N-E tra aprile e settembre. (1) The Birds of Celebes and the neighbouring islands, vol. I, Map. IV. 14 GIACINTO MARTORELLI * Cid che si verifica per queste Bernicle si può constatare anche per altre specie, per esempio, per l’Anser segetum e le sue razze che recentemente ha creduto poter distinguere l’Alpheraky. Il conte Ettore. Arrigoni degli Oddi nel fascicolo 105-106 dell’“ Avicula ,, (') ha esposto come l’antica specie Anser segetum, dopo il lavoro più volte citato dall’Alpheraky, si debba dlvidere in due, cioè Anser arvensis ed A. fabalis (?). Queste due specie, o forme che dir si voglia, apparterreb- bero a due aree distinte dalle quali perverrebbero a noi gli in- dividui ad esse appartenenti. Infatti l’Anser arvensis sarebbe una forma occidentale e l’Anser segetum sarebbe invece la sua rappresentante orientale. Esse si distinguono principalmente per i caratteri del becco, sia relativi al colorito, come alla forma; mentre per il colore della veste sono talmente simili che non sarebbe possibile distinguerle con sicurezza in ogni età; però gli adulti dell’ Anser arvensis avrebbero bianche le piume attorno alla base del becco e non brune uniformi come nell’Anser segetum. In quest’ultimo il becco sarebbe nero, tranne una zona pre- (1) Osservazioni sopra una specie del gen. Anser nuova per l’Italia, p. 105-109. (2) L’Alpheraky ha posto veramente l’Anser segelim in un nuovo genere proposto nel 1901 dal Buturlin, cioè nel gen. Melanony», essendogli sembrato che sotto Vantico nome suddetto si fossero comprese ed insieme confuse più d’una specie e sottospecie offrenti una comune facies tale da doverle ascrivere ad un genere apposito. Nè della opportunità del nuovo genere, nè della validità delle specie e sottospecie da esso am- messe io intendo discutere ora, mentre le accetto come termini di variazione del tipo Anser segetum corrispondenti a distinte aree geografiche per quanto non ancora esat- tamente definite; esse sono: 1° Sp. Melanonyx neglectus, Susckin. 2* Sp. M. brachyrhynchus, Baillon. 3° Sp. M. arvensis, Brehm. Sottosp. M. arvensis sibiricus, Alpheraky. 4% Sp. M. segetum, Smelin. Sottosp. M. segetum serrirostris, Swinhoe. Sottosp. M. segetum mentalis, Oates. 5% Sp. M. carneirostris, Buturlin. Il nome fabalis adottato dall’ Arrigoni non figura tra questi in luogo di segetum, non essendo più sostenibile per esser stato applicato tanto all'attuale arvensis come all’attuale segetum. Intorno all'opera dell’ Alpheraky è da consultarsi la recensione fattane dal Salvadori nell’ “ Ibis ,, di ottobre 1905, vol. V, N. 20, pag. 528 e seg.: Noles on Alpheraky’s Geese of Europe and Asia ,. In queste Note il Salvadori dichiara insut- ficienti i caratteri pei quali si è fatta la distinzione dei generi Melanonyx e Anser ed invero mi sembra abbia ragione. UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 15 cedente l’apice che è aranciato, mentre nell’arvensis il colore dominante del becco è l’aranciato ed il nero si restringe agli apici delle mascelle e ad altri ristrettissimi spazi. Ora l’Arrigoni riferisce che, avendo raccolto in poco tempo 92 esemplari di Anserini paleartici, riconobbe che tra questi erano molto cospicuamente prevalenti quelli spettanti alla specie che egli chiama A. fabalis, raggiungendo la cifra di 68. Questo era già stato avvertito dal Salvadori nella citata sua recensione sull’“ Ibis ,, (pag. 530) dove asseriva che tutti gli esemplari ita- liani della Collezione di Torino essendo del tipo segetum, non aveva potuto confrontarne il becco con quelli del tipo arvensis. Esso aveva pur espresso decisamente l’opinione che in Italia prevalesse l’ Anser segetum, com'è difatti, giacchè io pure posso ora aggiungere che anche gli esemplari molto numerosi da me osservati in parecchi anni spettavano a questo tipo; però debbo anche avvertire che nei primi anni VA. arvensis ha pure il becco con una ristretta zona gialla e solo più tardi i caratteri differenziali si pronunziano, onde è possibile che fra gli esem- plari da me e dall’Arrigoni ritenuti come A. segetum alcuni fossero invece A. arvensis giovani, ma ciò non toglie che la prevalenza numerica degli esemplari colti tra noi spetti al- VA. segetum (1). Ora se questa è la forma che occupa la parte più orientale dell’intera area geografica tenuta da queste Oche (?), riesce facile a comprendere la sua prevalenza in Italia sulla forma Occiden- tale, perchè questa nella sua declinazione verso Sud-Ovest tende a portarsi più lontano verso Occidente che non la forma più Orientale e quindi soltanto gli individui dell’estrema ala sinistra talora toccherebbero l’Italia, mentre il maggior numero passe- rebbe a Nord di questa ed andrebbe a toccare piuttosto le parti d'Europa situate più ad Ovest. Insomma, rappresentando con (1) Il giorno 27 febbraio di quest'anno (1907) ebbi opportunità di osservare sul mercato un giovane Anser arvensis nel quale il becco era ancora a ristretta fascia aranciata, ma era già ben distinta la zona bianca ai confini del becco. Ciò fu pure constatato dal Salvadori in due esemplari avuti dall’ Arrigoni (Veneto). (2) Quando scrissi il mio libro “ Gli uccelli d’Italia , non era ancor comparsa l’opera dello Alpheraky, epperciò ritenevo io pure che l’Anser arvensis fosse la forma orien- tale e l’Anser segetum quella occidentale, mentre invece sarebbe precisamente l’op- posto. Debbo poi aggiungere che faccio ora completamente astrazione dalla sottospecie ammessa dall’ Alpheraky, cioè dall’Anser segetum serrirostris che rappresenterebbe il tipico Anser segetum nell'estremo Est e le cui migrazioni si compirebbero invece verso il Baikal e lungo il versante Pacifico settentrionale. 16 GIACINTO MARTORELLI linee disposte obliquamente il cammino di queste due forme, si avrebbe il seguente tracciato generico del loro percorso: NORD Branta bernicla Br. bernicla X Anser arvensis Br. bernicla nigricans Br. nigricans Anser brachyrhynchus Anser arvensis Anser segetum Ansersegetum Anser neglectus OVEST EST SUD Posizione dell’Italia. Da questo prospetto appare facilmente come la proporzione degl’individui spettanti alle forme orientali delle singole specie sia maggiore di quella degl’individui delle forme occidentali raggiungenti i limiti meridionali al di là dell’Italia verso Ovest. È notevole poi il fatto che la maggior parte di queste forme dell’antico Anser segetum è solita a raccogliersi in immensi stuoli, specialmente nella Nuova Zembla, ove pure convengono nel tempo delle cove altri anserini e tra questi anche VA. ne- glectus, la Branta bernicla, la Branta leucopsis della quale ultima pur si conoscono già cinque esemplari presi in Italia. Tale comunanza di luogo di procreazione ci spiega anzi facilmente come i caratteri di tutte queste nuove forme, ora messe in luce, siano tanto incerti ed incostanti per effetto di frequentissimo e fecondo incrociarsi, ma ci spiega ancora la fa- cilità e la frequenza delle loro incursioni verso il nostro Paese che si effettuerebbero tutte secondo la detta direzione generale da N-E a S-0. In conclusione lo studio sintetico dei dati raccolti in tanta quantità e con molta diligenza dal nuovo monografista degli Anserini d’Asia e d'Europa, mi conferma sempre più in questa UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC, TE idea ed anzi a pag. 117, la dove parla dell’assenza dell’ Anser segetum, anche solo di passaggio, nel Turkestan, osserva che solo viaggiando direttamente da Nord a Sud, quest’oca potrebbe passare pel Turkestan, ciò che non avviene. Invece, aggiunge l’Apheraky, è fuori di dubbio che branchi di questa specie dal più lontano settentrione volano verso S-0. Egli suppone anzi che siano di origine russa tutti i voli di Anser segetum che s'incontrano nell'Europa occidentale, Io ritengo dunque che l’aver separate tutte queste forme dell’ Anser segetum e che il lavoro fatto per assegnar loro una distinta area geografica, se non può dirsi ancora preciso e per- fetto (+), ha però già la sua utile applicaziono nel campo biolo- gico, perchè ci serve di mezzo per seguire più sicuramente il cammino di queste varie forme geografiche dalle loro terre di nozze ai rispettivi quartieri d’inverno e viceversa, e l'essenziale è quindi soltanto questo, che la loro distinzione sia ben sicura ‘e che l’area sulla quale s'incontrano sia perfettamente conosciuta, poco importando che si tratti di vere specie, o di sottospecie, © di razze, o di semplici colonie! Per tutto ciò io non trovo differenza alcuna tra il caso delle Br. nigricans e quello delle Br. leucopsis e Br. ruficollis com- parse in Italia (2), perchè le loro apparizioni non sono altro che l’effetto di un movimento generale che porta tutti gli uccelli migranti dal Nord necessariamente verso Sud-Ovest, anzichè diritto verso Sud, cioè secondo i meridiani. Siccome poi quello che ho detto delle Bernicle si verifica anche per le forme del nuovo genere Melanonyx, delle quali ‘appare sempre più probabile che giungano a noi di preferenza quelle che hanno provenienza più orientale, riesce anche meglio convalidata la costante deviazione verso Ovest delle specie mi- granti paleartiche in autunno. (1) L’autore in più d’un luogo osserva come tutto questo lavoro di designazione esatta delle aree geografiche debba esser fatto ex novo, giacchè di poca risorsa rie- scono i dati precedenti, mentre si designavano con un solo nome tutte le forme che ora vengono separate, ed in ciò ha ragione, purchè le distinzioni risultino veramente fondate e non siano per avventura state eccessive ! (2) Anche la Br. ruficollis, abitando il Nord dell'Asia, proviene a noi, come in. Germania, dal NE e gli autori del Nuovo Naumann lo fanno pure notare. “ Die Rothalsgans ist ebenfalls eine hochnordische und fiir uns eine aus Nordosten kommende.... art. Vol. IX, p. 374. Si può aggiungere agli uccelli pervenuti in Italia dall’ America e dal NE della Siberia anche la Cosmonetta histrionica della quale l’ Arrigoni segnalò due catture nel Veneto. « 18 GIACINTO MARTORELLI Lanius borealis, Vieillot. Altra specie della quale debbo segnalare la cattura tra noi è il Lanius borealis, Vieillot, il quale occupa gran parte del Nord della Siberia e dell'America settentrionale e già fece non infrequenti comparse in più d’una parte d'Europa, ma in Italia non era ancor stato segnalato, almeno in modo positivo (1). Si era bensì spesso accennato alla presenza del Lanius major (*) tra noi, ma sotto questo nome è quasi certo che si erano designati il più delle volte degli esemplari di Lanius excubitor nei quali lo specchio bianco dell’ala è semplice, cioè si limita alla base delle sole remiganti primarie. Ora io stesso ho trovato spesso di tali esemplari, ma molto dubitativamente li avevo considerati come Lanius major, parendomi che questo solo carattere non potesse bastare a classificarli in una specie diversa. Questo mio dubbio non era affatto infondato, giacchè si è riconosciuto che il Lanius excubitor può offrire tale carattere e che da una stessa nidiata si possono avere individui a specchio semplice (8) ed altri a specchio doppio, onde è evidente che si tratta soltanto di un carattere individuale e che di per sè solo non ha valore. Ma il vero Lanius major di Pallas non è soltanto un Lanius excubilor a specchio semplice, esso invece corrisponde al Lanius borealis, Vieillot (4), il quale, oltre a questo carattere, ne offre vari altri combinati insieme che gli danno una /acies particolare e giustificano pienamente la sua separazione come specie, seb- bene sia certo che nella forma non si allontana affatto dal vero Lanius excubitor e sebbene si possano trovare talvolta esem- (1) Nel IV volume della nuova edizione del Naumann (Naturgeschichte der Vogel Mitlel-Europa’s) a pag. 135 si accenna ad una cattura presso Milano, ma io non sono riuscito a sapere quale fondamento abbia quest’asserzione, non essendone citata la fonte. (2) Il nome Lanius major parmi ormai che si debba definitivamente abbandonare, perchè sorgente di errori, e d’altronde erroneo in sè stesso, non corrispondendo affatto al vero, anzi essendo il Lanius borealis piuttosto minore che maggiore del L. excubitor. (8) Gli autori tedeschi distinguono sotto due nomi gli esemplari a specchio sem- plice e quelli a specchio doppio, chiamando i primi Einspiegelige Raubwiirger ed i se- condi Zweispiegelige Raubuirger. (4) Lanius excubitor borealis, Vieillot, secondo gli autori del Nuovo Naumann, p. 135; Lanius borealis europaeus del Bogdanow, il quale ammette tre forme geogra- fiche della specie L. borealis, cioè : L. borealis americanus, L. borealis sibiricus e L. bo- realis europaeus. 7 tiie a | : 4 / UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANT, ECC. 15, plari intermedii, come avviene tra tutte le specie molto affini tra loro e che hanno numerosi punti di contatto. Ho diligentemente studiato questo gruppo di Averle da pa- recchi anni, osservandone un numero grande, sia preparati nelle collezioni, sia in carne, ma solo due volte mi è avvenuto di trovare il vero Lanius borealis. Il primo che ebbi era un esemplare immaturo di sesso fem- minile, perfettamente caratteristico; lo trovai il 20 ottobre 1889 sul mercato di Milano, ove tutti gli anni osservo buon numero di soggetti di Lanius excubitor. Esso corrisponde a quelli presi in Germania e figurati nella nuova edizione del Naumann (Vo- lume IV, tav. 16, fig. 1,2), i quali non sono affatto adulti come figurano, ma un maschio ed una femmina immaturi. La femmina infatti (fig. 2) (4) è esattamente eguale alla mia; solo nella figura non si distingue bene la forma delle macchie squamiformi delle parti anteriori che appaiono alquanto indecise, mentre nel mio esemplare sono molto nette, di un grigio nerastro e non sono uniche, giacchè nella parte nascosta delle piume vi è una seconda macchia semicircolare concentrica alla prima, e che traspare an- che all’esterno, esattamente come negli esemplari che posseggo del N-E della Siberia e dell'America settentrionale. Anzi la tinta terreo-rossiccia che intorbida il grigio delle parti superiori ed il bianco delle inferiori è più diffusa e spiccata che in un maschio immaturo del Nord America che massima- mente gli rassomiglia, mentre in due femmine, giovanissime, una americana ed una siberiana, questa tinta è più intensa e le macchie più fitte, onde corrispondono piuttosto alla figura del Lanius mollis (*) data nell’Ibîs del 1882. (3) Anche nel giovanissimo Lanius excubitor le ondulazioni sulle piume delle parti inferiori possono essere doppie e con- centriche e ne fa fede un esemplare raccolto dal signor Otto Finsch lungo l’Obi (*), che è, secondo la nota dello stesso insi- gne Ornitologo della spedizione, un maschio in muta dalla primissima veste. Lo specchio è in esso doppio; tutti i carat- (1) Nonîne dò la figura appunto per tale fortunata corrispondenza. : (?) Questo non è precisamente altro che il Lanius borealis nella prima veste, nella quale la tinta rossiccio-terrea è molto più estesa. (8) Vol. VI, p. 374, pl. XI. (4) Durante la Westsibirische Expedition promossa dalla Soe. Geogr. di Brema nel 1876. 20 GIACINTO MARTORELLI teri del Lanius ercubitor sono già chiaramente pronunziati e una leggiera tinta rossiccia si scorge in via di scomparire. Tra noi il Lanius excubitor giunge così tardi che a me non è mai avvenuto di averne uno giovane prima che avesse com- piuto la muta di autunno. Invece il Lanius borealis conserva le macchie sul torace e sui fianchi, non solo nella veste di im- perfetto adulto, come nell’esemplare da me ora contemplato, ma ancora ne ha traccie in quella di adulto perfetto, come risulta dalle descrizioni degli autori che hanno potuto studiare estesa» mente questa specie nella sua patria, e come a me pure risulta dall’ esemplare perfetto adulto che sono per descrivere più innanzi. Ritornando a quello immaturo del 1899, aggiungo, per com- pletarne la descrizione, che anche sulle sottocaudali si riscontra una piccola traccia delle ondulazioni scure, come in quelli si- beriani ed americani e che, come in questi, la macchia nera sulle redini è molto schiarita ed imperfetta, onde si riduce ad uno spazio sopra la regione auricolare. Anche le setole nasali sono molto chiare. Le grandi copritrici alari sono nerastre, come tutta l’ala, ma coi loro apici formano una cospicua fascia bruno- ocracea. Gli apici delle secondarie hanno pure la stessa tinta, e un po’ anche quelli delle primarie e quelli delle rettrici medie della coda, nella quale gli spazi uguali hanno pure la medesima estensione e lo stesso disegno che quelli degli esemplari siberiani ed americani in nessuno dei quali il più esterno è interamente candido, o quasi, come nel tipico Lanius excubilor, compresi gli esemplari di questo a specchio semplice che ho dinanzi e parti- colarmente una femmina immatura trovata sul mercato di Milano l’11 ottobre 1901 in cui le macchie toraciche si vedono ancora doppie e concentriche, quantunque le parti inferiori abbiano già quasi raggiunta la loro candidezza. Le dimensioni seguono nella tavola insieme a quelle dell’e- semplare seguente e di tutti gli altri misurati, e sono notevoli le differenze di proporzioni rispetto a quelle del Lanius excubitor d’Europa alcune delle quali ho unito. Riassumendo intorno a qnesto esemplare affatto diverso da quanti ne ho visti presi in Italia, non vi è dubbio che esso riu- nisce tutti i caratteri del Lanius borealis immaturo e, conside- rato che questa specie fu già più d’una volta segnalata in Eu- Se ett, e. UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 21 ropa come avventizia durante la cattiva stagione (!), la ritengo senz'altro come appartenente alla detta specie. Io lo avrei anzi prima d’ora annunziato, se non avesse prevalso in me la speranza, ora realizzatasi, di segnalare ancora la cattura di un adulto per- fetto che passo a descrivere. Il 20 dicembre del decorso anno 1906 osservavo sul mercato della città un esemplare adulto di Lanius che differiva forte- mente da due adulti excubitor normali coi quali si trovava, provenienti, mi si disse, dal Piemonte; notai subito la presenza delle macchie sul petto, ma pensai fosse una femmina e, sem- brandomi oltremodo guasto dalle ferite, non volli acquistarlo; però il giorno dopo, osservandolo meglio, mi decisi a tentarne la conservazione e lo acquistai. Lavatolo colla massima cura (?), riuscì un magnifico esemplare il cui colorito apparve in tutta la sua evidenza particolarissimo ed affatto diverso da quello del Lanius excubitor ed anche visibilmente più piccolo (*) e più (1) Secondo i recenti autori del Naumann si incontra specialmente nell'Europa orientale, o media, ed in quella occidentale appena può dirsi che apparisca, ma all'Isola d’Helgoland fu segnalata più comunemente la sua presenza, e per di più reiteratamente si trovò nel Brandeburgo, nella Pomerania, nella Prussia, nella valle del Reno, nella Slesia, sempre in inverno. Fu ancora trovato in Boemia, Carinzia, nello Stejermark, nel Salzburgo ed in Ungheria, e si aggiunge, come già ho accennato in Nota precedente, anche in quel di Milano. Essendosi ora in quest'opera figurati come adulti due esemplari che certamente non lo sono, ma soltanto giovani a sviluppo avanzato (immaturi), ne deduco che in generale nei casi accennati di catture in Europa si trattasse di esemplari in si- mili condizioni, e che quindi avvenga di questa, come di tutte le specie per noi av- ventizie, che le apparizioni dei veri adulti siano del tutto eccezionali. Le prime comparse del Lanius borealis ad Helgoland sono registrate dal Gitke (Die Vogelwarte Helgoland, von dott. Rudolt Blasius, Braunschweig, 1900). (2) L’esemplare era del tutto fresco e punto guasto dalle ferite; ma, per essere stato messo con altra selvaggina sanguinolenta, le piume ne erano state imbrattate ed aggrumate ! (3) Le misure sono date nel seguente prospetto apposito insieme alle altre. Lanius excubitor, esemplari europei. E mm mm mm mm Maschi Ch adulto coda 115 ala 118 Femm. 9 adulta coda 114 ala 118 ARA SNA Roi AG AO 12 Pa bah The ih: Wie ich eet Ti sig ge EY Mt. i «idee AT dea a i SE, af ee Migone ey HORA ie abet TIROL saio o PO 8 ni AO) AAA E MPI O mabe ra AMI i Sen (i 5 dg E 5 of = iy 110 ¥ 114 esemplare siberiano Finsch, RAS oes seo, e, Masch. J (in muta)" WOR "SO 1 n I 2 CRI EY ic pa Os n di ” ” 115, 115 (Segue a pag. seg.) 29, GIACINTO MARTORELLI eorto, perchè le rettrici centrali non sono sporgenti oltre le la- terali, più prossime, carattere che vedo anche negli altri Lanius borealis che ho presenti d’Asia e d’America, nei quali tutti la coda è meno lunga dell’ala, mentre negli excubitor è general- mente lunga come l’ala, talora un poco di più, assai di raro più breve, come appare dalla tabella delle misure. Per questo carattere il contorno della coda appare meno arrotondato. Il colore delle parti superiori, dalla fronte alla coda, è un grigio-plumbeo intenso, molto più scuro che in qualunque excu- bitor da me visto; soltanto sulle copritrici superiori della coda è appena un poco più chiaro, onde per questo carattere corri- sponde piuttosto alle forme affini americane, cioè al Lanius lu- dovicianus ed alle sue varietà excubitoroides e robustus (1). Lo stesso colore si estende anche alle scapolari di cui solo le estre- mità sono più chiare, ma non già bianche. Una leggiera sfuma- tura di grigio si vede anche sui fianchi, cosa che mai sì osserva nel Lanius excubitor. La gola è bianca e così pure le guancie su cui spicca la grande macchia nera oculo-auriculare che va fino ‘alla base del becco. Anche il sopracciglio è bianco, ma per ristretto spazio; sulla fronte il bianco è intorbidato e le setole superiori che co- prono le narici sono pure imbiancate, come suol essere negli adulti del Lanius borealis in inverno, secondo il Ridgway (?); anche il color plumbeo intenso sarebbe caratteristico della veste invernale. Sulle gote si vede traccia di ondulazioni grigie che sono sempre più spiccate verso la base del collo, sul torace e parte anteriore dei fianchi. Queste macchie, come già ho detto, mi Lanius borealis. Maschi ‘of (in muta) Amer. coda mm 112 ala mm 120 es ot ad. Rethendorf Es “4 106° = 114 Fs of ad. Milano 3 “ LOS: 5 110 Femmine 9 giov. Visconsin si è 108, 5 120 rs Q giov. Amer. a Pa 106. 7 115 di Q giov. Siberia A n 106, si 115 5 © (in muta) Milano = = fh LO oe = 115 (1) A History of North American Birds, by Baird, Brewer and Ridgway, vol. I; United States Geol. survey Misc. 1878. I parte; North American Ornithology by Elliot Coues, Laniidae, p. 559; Taczanowsky Ornith. Sibérie Orient. Op. cit. Mem. Acad. Imp. Pietroburgo; The Birds of North America, by Robert Ridgway. Smits. Instit. Bullet. of the Un. St. Nat. Mus. P. M., 1904. (2) Op. cit. in Nota preced, UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 23 avevano fatto credere fosse una femmina, ma, avendone, secondo la mia abitudine, fatta io stesso la dissezione, constatai la pre- senza delle ghiandole maschili. Ora nel maschio del Lanius excubitor adulto queste macchie non vi sono mai e nemmeno la tinta tra il fulvo e il carnicino che spegne il bianco delle parti antero-inferiori in questo esemplare. Le ali sono nero-uniformi, tranne un ristretto specchio bianco, del tutto invisibile, alla base delle secondarie più esterne e al loro apice. La base delle rettrici è bianca nella parte coperta dalle co- pritrici, ma il resto della coda è largamente nero con nessuna delle rettrici interamente bianca, giacchè anche il paio più esterno ha uno spazio nero presso la base sul vessillo interno che si prolunga anche su gran parte dello stelo; nel secondo paio il nero va estendendosi obliquamente verso il lembo del vessillo interno e così sempre più nel terzo paio. Se il Ridgway non avesse aggiunto alla descrizione generale del Lanius borealis l’avvertenza che Vadulto di questa specie in inverno ha il grigio delle parti superiori più cupo ed il bianco delle inferiori meno puro e la mandibola inferiore chiara alla base, io non avrei potuto attribuirlo a questa specie, considerata la tinta grigio-bluastra chiara che si sfuma sui fianchi. Quest’Autore poi nella chiave analitica a pag. 235 (!) distin- gueva dal Lanius borealis d'America il Lanius sibiricus, che l’Hartert chiama ora Lanius excubitor mollis del Nord dell’ Asia(?), perche quest’ultimo avrebbe i seguenti caratteri: mancanza della macchia bianca alla palpebra inferiore; adulti senza vermicolalure sul petto, ecc. Ora, se tale differenza è veramente fondata, il mio recente esemplare sarebbe senza dubbio da attri- buirsi alla forma Nord-americana e la sua apparizione non sa- rebbe per nulla più strana che quella del Turdus Swainsonii e della sua varietà Turdus aliciae, delle due specie del gen. Coc- (1) Birds of North America, op. cit., Pl. III. (2) Notes on the Palaearctic forms of the Genus Lanius. “ Novitates Zoologicae , a Journal of Ornithologie, vol. XIII, n, 2, 1906, p. 395. L’Hartert considera tre sottospecie appartenenti all’antico Lanius excubitor e le chiama: Lanius excubitor excubitor, L. excubitor mollis e L. excubitor borealis. Il Grant, nelle stesse Novitates Zoologicae,facendo la revisione delle specie del gen. Lanius,; ha dato il nome di Lanius borealis alla forma americana e quello di L. major alla Europeo- Siberiana. Anche ora nel suo lavoro “ Die Vogel der paliarktishen Fauna , Laniidae, V Hartert conserva gli stessi nomi per le tre forme: Europea, Siberiana e Nord Americana. 24 GIACINTO MARTORELLI cyzus più volte apparse in Europa, è così pure del 7ringoides macularius, della Bartramia, longicauda, ecc., ecc. L'intensità del grigio plumbeo delle parti superiori sarebbe indizio chiaro dell’affinità che mostra il Lanius borealis in Ame- rica col Lanius ludowicianus e Lanius excubitoroides ed anche: la sfumatura di grigio sui fianchi accenna a tale parentela. In- vece la mancanza di questi caratteri nella forma siberiana indica il suo maggiore avvicinamento verso il tipico Lanius excubitor. Io inelino quindi a considerare la comparsa di questi nuovi soggetti come una prova di più di questa facilità che hanno gli uccelli del N-E della Siberia e del N-O dell'America a sconfinare durante l'inverno artico, seguendo il generale movimento verso. Sud-Ovest. Che il Lanius borealis offra due forme, una Paleartica, cioè la Europeo-siberiana, ed una Neartica, cioè Nord-americana, mi sembra anche dimostrato, benchè la sottigliezza dei caratteri differenziali possa in molti casi impedirne la constatazione sugli individui, specialmente se giovani. Ma a che servirebbe tutto questo lavorio di distinzione di sottospecie, o forme geografiche, quando non ci desse il modo di seguire i movimenti di esse da regione a regione, da continente a continente ? Essenziale, come già ho detto, si è che le distinzioni di forme, siano tali da non potersi confondere colle variazioni individuali e coi casi di anomalia, ma i soggetti che ho descritti sono per- fettamente normali e mostrano nel modo più evidente e com- pleto i caratteri delle specie, o forme geografiche, alle quali appartengono e non vi sarebbe quindi ragione di dubitare della. loro provenienza più che di quella dei Turdidi siberiani che si catturano assai spesso tra noi. Nel mio scritto ricordato in principio della presente Nota, nel quale mi occupavo appunto delle apparizioni dei Turdidi siberiani in Europa, io facevo la seguente domanda: “ Mais si la direction generale des Grives wetait pas du Nord-Est au Sud-Ouest, pourquoi troverait-on seulements les Grives de lV Asie orientale en Europe et ne ltrouverail-on pas aussi bien les Grives occidentales dans Vexlremilé Sud-orientale de lV’ Asie? ,, Ora questa domanda non vale soltanto pei tordi, ma per una quantita’ considerevole di altri uccelli di famiglie diverse, i quali UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 25 non si vedono mai rivolgere la loro migrazione autunnale dalla Siberia occidentale verso le rive del Pacifico, mentre si sa che queste sono percorse da N-E a 8-O dalle specie loro rappresen- tanti più orientali discendenti dall’estremo levante della Siberia settentrionale al principiar dall'autunno, come avviene ad esem- pio per la Limosa wropygidlis, rappresentante orientale della Limosa lapponica, che si porta fino all’Australia ed alla Nuova Zelanda in autunno. Considerazioni generali. I fatti che sono venuto esponendo mi sembrano offrire non poca importanza per lo studio delle migrazioni degli uccelli ed io sono persuaso che a misura che saranno perfettamente note le caratteristiche delle singole razze geografiche costituenti ogni specie, progrediranno di pari passo le nostre conoscenze sulle particolari vie percorse da esse; tuttavia è d’uopo riconoscere Ghe occorrerà un tempo lunghissimo ed un lavoro enorme di analisi e di sintesi per giungere a questo, se si considera che per una sola specie, la Rondine comune (Hirundo rustica), si hanno volumi di dati fenologici raccolti con lungo e paziente lavoro per l’iniziativa della Unione Ungarica, sapientemente di- retta dall’on. Otto Hermann, e che tale lavoro continua. Ma la Rondine è molto universalmente nota e fu quindi possibile tro- vare un ingente numero di osservatori sparsi su ogni punto del- l'Ungheria e regioni circostanti, atti a constatare i suoi arrivi e le sue partenze (!), mentre lo stesso non sarà possibile per una moltitudine di altre specie che non sono egualmente note, onde per queste è necessario attendere le osservazioni dei soli orni- tologi. Così pure lo spediente immaginato in alcuni osservatori, come quello di Rossitten, di apporre anelli di alluminio alle zampe di uccelli catturati e quindi rilasciarli, procurerà dati preziosissimi e numerosi col tempo (*), ma frattanto giova ser- (!) Anche in questo caso non è improbabile che sia avvenuto qualche errore e che più d’un osservatore non abbia fatto distinzione fra il Balestruccio (Chelidon ur- bice) e la Rondine (Hirundo rustica); pare anzi che questo sia avvenuto, però non in tale misura da infirmare i risultati ottenuti, come avverrebbe per molte altre specie meno - volgarmente note, se le osservazioni fossero affidate ai non Ornitologi. (2) Giova a questo proposito ricordare il caso della Gru che nel 1892 venne cat- turata nel Sudan e mostrata a Slatin Pashà, il quale, da una capsula tolta dal collo dell’uccello, potè constatare esser stato posto in libertà nella Russia meridionale e che quindi aveva viaggiato precisamente da NE a SO. 26 GIACINTO MARTORELLI virsi di tutti quei mezzi positivi di cui disponiamo fin d’ora; tra questi è appunto la constatazione dei casi straordinarii che si verificano, specialmente nel periodo delle migrazioni, cioè delle apparizioni nel nostro Paese di forme che non gli appar- tengono assolutamente e che si sa d’onde provengono. Io considero dunque come fatto fondamentale, per compren- dere il fenomeno delle migrazioni nel nostro Emisfero, l’esistenza di questo movimento in direzione diagonale da N-E a S-O e in senso inverso, e quindi come sommamente importante la consta- tazione precisa dei quartieri d’estate e di quelli invernali di ciascuna specie, o razza, essendo evidente che una specie la quale, ad esempio, si trova nidificante in estate dalla Lapponia alle foci dell’Yenissei, o del Lena, o dalle Isole Spitzberghe a quelle della Nuova Siberia ed estende i suoi quartieri d’inverno da tutta la regione Mediterranea sino alle Canarie, non può tenere che una sola e medesima direzione risultante nel suo spostamento dai quartieri d’estate a quelli d’inverno, cioè quella da N-E a S-0 e quella opposta nel ritornare dai quartieri inver- nali a quelli estivi. Ma, come già ho fatto notare in principio, questa direzione non è che una risultante di innumerevoli movimenti in ogni direzione, determinati da cause svariatissime durante il viaggio. Questo specialmente è lungo e accidentato nella migrazione autunnale, quando gli uccelli utilizzano il Contro-Aliseo che a Nord del Tropico del Cancro è superficiale e per conseguenza ritardato e spesso sviato da tutte le disuguaglianze ed ostacoli delle superfici continentali. Dicendo che utilizzano il Contro-Aliseo, o l’Aliseo, io non intendo affatto che la deviazione in senso diagonale sia determi- nata da questi venti, chè anzi io ritengo che la uguale deviazione sia un semplice effetto della uguaglianza di causa, giacchè gli uccelli migranti trovandosi nell’aria, sono nelle identiche condi- zioni delle molecole dell’aria stessa. Si sa d’altronde che essi viag- giano, per quanto possono, nella direzione opposta a quella del vento, quindi non sono normalmente trasportati dal vento, ma, andando contro di questo, trovano in esso la resistenza. Per le ragioni dianzi esposte e per le mutevoli condizioni dei climi che successivamente incontrano, gli uccelli migranti subiscono una quantità di deviazioni e di ritardi e persino ven- ded > UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC, 27 gono costretti a ritornar sul loro cammino ed a fare frequenti soste per necessità di cibo, o per trovare acque libere da ghiacci. Così le cause di ritardo sono continue mentre procedono verso paralleli più ampî e di crescente velocità di rotazione. Ciò ac- centua sempre più la deviazione verso S-0 al punto da ridurla addirittura in molti casi ad una direzione da Est ad Ovest, quale si verifica sulle coste orientali dell’Inghilterra e sull’ormai famoso scoglio d’Elgoland nel mare del Nord. Per questo anzi sorse nel Giatke (!) il concetto di un grande triangolo rettangolo di cui un cateto sarebbe compreso tra l’Isola stessa ed il Sud della Siberia, l’altro invece tra l’Isola e l'Africa e sarebbero percorsi in autunno, mentre l’ipotenusa, percorsa in primavera, andrebbe dall'Africa al Sud della Siberia, cioè da S-0 a N-E. Ora questo si verifica certamente in alcuni casi e per alcune specie, e sembra infatti che lo scoglio di Elgoland sia un punto dal quale si determina un cambiamento spiccato di direzione di molti uccelli migranti; forse ciò avviene per la particolare sua posizione in pieno mare del Nord sul quale continuamente si alternano il dominio i cicloni e gli anticicloni. Io anzi suppongo che il brusco ripiegamento verso S-0, dopo raggiunto il mare del Nord, dipenda precisamente dal fatto che gli uccelli, avendo superate le superfici continentali, entrano maggiormente sotto l'impero del Contro-Aliseo per la vicinanza dell'Atlantico su cui questo vento spira regolarmente. Invece nella migrazione primaverile, volando essi con dire- zione contraria a quella dell’Aliseo da N-E che a Nord del Cancro soffia in alto, possono seguire con maggior costanza e velocità il loro cammino secondo la ipotenusa del Gatke, la quale, an- dando precisamente da S-0 a N-E, conduce le schiere migranti verso l'Asia settentrionale. Così dunque non sarebbe la fretta di raggiungere la terra di nozze, come poeticamente si è creduto da alcuni, quella che determina la maggior celerità del passo primaverile, ma semplicemente la maggior speditezza del treno aereo che li conduce nel loro magnifico viaggio. Parrebbe quasi inutile aggiungere che quello che si verifica per gli uccelli migranti Paleartici, si deve estendere, per la me- (1) Die Vogelvarte Elgoland, p. 42 e seguenti. 28 GIACINTO MARTORELLI desima ragione, a quelli Neartici; tuttavia mi piace di addurre a questo punto un caso molto notevole che mi è caduto sott'occhio nello scorrere il recentissimo volume degli Atti del Congresso ornitologico internazionale di Londra (1). Si tratta delle straordinarie migrazioni che da qualche tempo si verificano nel Nord dell'America settentrionale di una specie di Uria (Uria lomvia [Pallas)). Il signor J. H. Fleming di Toronto (Canadà), coadiuvato da parecchi altri osservatori, ha potuto seguire queste migrazioni tra il 1890 ed il 1903; esse ebbero varia intensità e solo in qual- che anno mancarono del tutto. La Memoria è accompagnata da due carte geografiche, dalle quali risulta chiaramente sintetizzato il movimento compiuto costantemente da questi uccelli nei loro viaggi verso il Sud. Da queste carte appare infatti a prima vista quale sia la direzione da essi tenuta nei disperati e disastrosi viaggi lungi dalle loro sedi abituali, che sono principalmente attorno alla Baja di Hudson. Si vede distintamente la direzione da N-E a S-O ed il movi- mento è compreso tra la Nuova Brunnsvich ed il Canadà a N-E, mentre fra la valle del Mississipì e la Carolina del Sud sono compresi gli estremi limiti raggiunti a S-O. Un ramo della massa migrante seguì la linea dei grandi laghi americani e fu il più sfortunato; l’altro tenne la via del litorale atlantico e probabil- mente, per essersi potuto nutrire di pesci d’acqua salsa, potè avanzar maggiormente. Ambedue i rami corsero tuttavia dal N-E al S-0 non altri- menti che i Beccofrusoni (Ampelis garrulus) nelle loro straor- dinarie incursioni attraverso l'Europa, coll’unica differenza che le Urie dovettero attenersi alle superfici ricche di acqua sulle quali si vedevano disperatamente volare in ogni senso, invano tentando sostentarsi coi pesci d’acqua dolce, onde vennero tro- vate in gran parte morte di esaurimento, o ridotte all’impossi- bilità di volare, poche, o nessune forse, essendo sopravvissute per il ritorno in patria dopo l’inverno. Ora, essendo questa specie tra quelle che non sogliono mi- grare, non si può nemmeno supporre che quelle rare volte che (1) The unusual migration of Brunnich’s Murre (Uria lomvia) in Eastern North America; by Fleming; Proced. of the Fourth Internat. Ornith. Congress, London, june 1905, UCCELLI MIGRATORI SIBERIANI ED AMERICANI, ECC. 29 emigra segua deliberatamente una qualunque direzione divenuta abituale, e quella da essa tenuta le riuscì talmente funesta che ad ogni viaggio si vide scemare il numero molto sensibilmente. Pur tuttavia quest’ Uria, mossa da cause impellenti irresisti- bili, era partita verso il Sud d’onde spirano i venti caldi ed era stata deviata verso l’Ovest incontro a morte sicura, secondo la inevitabile diagonale verso S-O! Così dunque anche nell'America settentrionale si verifica la stessa deviazione che in Europa ed Asia ed il verificarsi anche nelle. specie per le quali la migrazione è un fatto rarissimo, o eccezionale, dimostra che la direzione da esse tenuta non è affatto volontaria, ma determinata da una causa cosmica generale, Concludendo, se si fa astrazione da tutte le peripezie e de- viazioni eventuali durante le migrazioni, resta sempre evidente questo, che quando gli uccelli migranti del nostro Emisfero si dirigono da Sud a Nord, deviano verso Est e quando si dirigono da Nord a Sud deviano verso Ovest. Questa è la legge e le eccezioni, se ve ne sono, possono riu- scire anche solo apparenti e derivanti dalla limitata nostra co- noscenza dei fatti, ed infine non si deve dimenticare che vi sono parecchie specie nelle quali la potenza e la celerità del volo è tale, da rendere minimi, di fronte alla media degli uccelli mi- gratori, gli effetti della rotazione terrestre. In questo caso si trovano, ad esempio, le Rondini e più ancora i Rondoni, che sembrano deviare pochissimo dalla direzione da Nord a Sud e in senso inverso. Per la Rondine ciò mi sembra decisamente confer- mato dalle conclusioni della speciale inchiesta dell’Ufficio Orni- tologico Ungarico. Appendice. Avevo appena finito la presente nota, quando fui prevenuto che nel laboratorio del chiaro tassidermista cav. Enrico Bonomi di Milano erano pervenute entro il mese di marzo ultimo quattro belli esemplari di Oca Colombaccio. Mi recai subito per esami- narli, per cortese invito del sig. Bonomi stesso, ed ebbi il pia- cere di constatare che tutti e quattro gli esemplari, adulti, ar- monizzavano completamente coi miei. La misura dell’ala è in tutti di 34 centimetri; tutti sono di colorito generale oscuro; sono tre maschi ed una femmina. Uno 30 GIACINTO MARTORELLI - UCCELLI MIGRATORI, ECC. dei maschi, ucciso sul Lago di Varese, oltre ad essere col ventre quasi nero, ha 7 collare bianco congiunto sul davanti proprio come è descritto dal Taczanowski. Altro maschio adulto ha il collare interrotto, ma nel colore non differisce dal primo sensibilmente e così pure il successivo. Ambedue questi furono presi nel marzo sul Lago Maggiore, come anche l’unica femmina che rassomiglia singolarmente a quella descritta di Ospedaletto Lodigiano; ha le stesse dimensioni e persino la supera nell’estensione e nell’intensità del nero sul ventre, dorso ed ali; il collare è interrotto. Il periodo nel quale questi quattro uccelli sono stati colti coincide con quello di una abbondantissima apparizione di pal- mipedi d’ogni genere che durò pochi giorni ed era evidentemente una sosta momentanea nel viaggio di risalita verso il Nord che si compie in questo tempo dell’anno. La corrispondenza evidentissima di questi nuovi esemplari con quelli già descritti, mi è sembrata molto significante, per- mettendomi di supporre che tutti facciano parte di una mede- sima massa di uccelli spettanti alla Branta nigricans, o in parte ibridi fra questa specie e la tipica Branta bernicla, che deve aver abbandonate le estreme terre da essa abitate nel Nord-Est della zona paleartica e deve essere stata deviata nella direzione da me indicata. Sarebbe ora interessante il verificare : 1. se gli altri esemplari presi in quest'anno in varie parti, tre dei quali nel Cremonese (!), spettano al medesimo tipo o alla vera bernicla ; 2. se nelle varie immigrazioni dell’Oca Colombaccio appa- riscano indifferentemente i due tipi, o uno di essi di preferenza. Per questo ne ho dati i suddescritti caratteri, ma frattanto debbo ricordare che un esemplare pervenuto in febbraio da Brindisi sul mercato di Milano ed acquistato dal preparatore del Museo signor Pietro Gonfalonieri, che me lo lasciò in esame, era evi- dentemente intermedio fra i due tipi. Così dunque per me non è dubbio che ha luogo una me- scolanza frequente fra di essi e che quindi debbono necessaria- mente incontrarsi in una comune terra di nozze. !) Questi non potei vedere, ma ora il Ferragni, possessore di uno di essi e che potè osservare gli altri due, durante una sua visita al Museo mi assicurò che corri- spondono a quelli da me ora descritti e non a quelli precedenti della collezione Turati. RESTI FOSSILI DI ELEFANTE TROVATI IN ALCUNE CAVE DI SABBIA VICINO A MILANO Nota dei socio Prof. Ernesto Mariani —— —_ee—T—— Descrivo in questa nota alcuni fossili di elefante, trovati nello scorso anno in due cave di sabbie e ghiaie, a poca pro- fondità dal suolo, vicino a Milano. Una di queste cave si trova precisamente entro la cinta daziaria della città, e cioè poco a sud dalla cascina Mancatutto fuori di P. Vittoria (Calvairate), distante dalla sponda destra del Lambro, in linea retta, circa m. 2700. L’altra cava si trova a sud-est di S. Cristoforo (fuori P. Ticinese) poco lungi dalla cascina Moncucco, e assai vicina alla sponda sinistra del Lambro meridionale, che è quivi lo sca- ricatore del Naviglio grande (1). In ambedue queste cave i resti fossili vennero raccolti nel primo aves, e cioè da tre metri e mezzo a quattro dal suolo, in un banco di sabbia viva, formante lo strato acquifero, rico- perto da un banco di ciottoli. Nella cava di Moncucco si rin- venne solo un frammento di femove(?): in quella di Mancatutto si poterono raccogliere un frammento di zanna, un molare mandibolare pressochè completo, e un frammento di molare, forse esso pure di mandibola. | È invero da deplorare che, essendo stato informato tardi della scoperta di questi fossili così preziosi, io non abbia potuto far continuare i lavori di scavo nei due banchi di sabbia fossi- (1) Io ritengo che l’alveo dell’attuale Lambro meridionale rappresenta un antico percorso dell’Olona. Questo fiume, che ad occidente di Milano, poco prima di entrare in città, forma un gomito verso oriente, cambiando per ciò la direzione meridiana che presenta nel suo tratto che sta immediatamente a monte, nel passato doveva proseguire direttamente verso sud, nella direzione cioè del Lambro meridionale. Al- cuni piccoli monconi di alvei scolpiti nel piano alluvionale che giace tra il gomito suddetto dell’Olona a nord, e la testa del Lambro meridionale a sud, verrebbero ad allacciare gli alvei di questi due fiumi. (2) Questo esemplare venne regalato al Museo Civico di Milano, dal proprietario della cava, il sig. A. Cairoli. fianco interno oe ERNESTO MARIANI liferi: gli scavi fatti erano gia stati in gran parte ricolmati, avendo essi gia raggiunto quei limiti di estensione imposti dai regolamenti, data la loro vicinanza a strade comunali. Il frammento di femore è privo delle parti terminali del ‘grande trocantere e della testa articolare, come pure dell’estre- mità articolare distale. Esso spetta a un femore destro: le sue dimensioni sono le seguenti: lunghezza massima dall’estremità prossimale alla distale cm. 79,5 > del corpo del femore ; i : x op oer circonferenza massima dell’estremita prossimale . ae eee x » A distale . ; »- n 40 faccia anterior our osu fiamco interno faccia pooteriore faccia pooteriore La metà superiore della faccia anteriore è larga, appiattita, e leggermente incavata pressochè nella parte mediana: la metà inferiore invece è alquanto convessa e prominente nella parte mediana. La faccia posteriore del femore è pure nel suo tratto supe- riore larga e largamente incavata nella parte mediana; mentre che è convessa nella metà inferiore, con un forte rilievo roton- deggiante mediano longitudinale, alquanto pronunciato all’estre- mità distale. Il fianco interno è appiattito e largo verso l’estremità pros- simale, è invece rotondeggiante verso l’estremità distale, Il fianco esterno pure largo e appiattito superiormente, è convesso con una sporgenza longitudinale, però poco pronunciata (terzo trocantere), verso l’estremità distale. Basandomi sulla forma, sulle dimensioni di questo fram- mento di femore, e sulle descrizioni e figure che diversi autori RESTI FOSSILI DI ELEFANTE, ECC. 33 hanno dato di femori appartenenti a specie elefantine del qua- ternario (specialmente il Cuvier, il Blainville, il Busk e l’Adams), mi sembra che con qualche probabilità il nostro esemplare si possa ritenere come appartenente a un individuo di mediocre grandezza di E. primigenius Blum (1). Le due figure qui annesse rappresentano le sezioni traver- ‘sali del corpo del femore, ora descritto, all’estremità superiore ) p A) e all'estremità inferiore (B), ridotte a un terzo della gran- ) La dezza naturale. Nella cava della cascina Mancatutto venne, come già dissi, trovato insieme al molare, un frammento di zanna (di un metro e centimetri dieci di lunghezza), il quale, non avendo potuto fargli subire se non molto tempo dopo che era stato estratto dalla sabbia, un bagno di silicato, perchè inzuppato d’acqua e lasciato esposto all’aria, per circa due terzi della sua lunghezza si sfasciò, riducendosi in piccoli frammenti. Quello che si è po- tuto conservare, è la parte alveolare della zanna, di forma ci- lindroide, leggermente incurvata e schiacciata. Le sue dimen- sioni sono le seguenti: (5) Nel Museo Civico di Geologia di Milano si hanno parecchi resti elefantini del quaternario lombardo; fra questi ora qui ricordo tre frammenti di omero, uno di tibia e un grande femore completo, e assai bene conservato. Questo femore presenta le seguenti dimensioni : lunghezza, massima |). ih on. 131 larghezza estremità prossimale aul oO n È CISUAL IENE et OA 5 parte mediana del corpo . Esso proviene dalle alluvioni del Po presso Botterone. Uno dei tre omeri è rappresentato solo da un grosso frammento dell’estremità articolare prossimale: è stato raccolto Melle alluvioni del Lodigiano. Il secondo è fatto dalla metà inferiore colle parti articolari bene conservate: esso è lungo cm. 66, e venne raccolto insieme al precedente frammento. Il terzo omero è pressochè com- pleto, essendo privo solo di parte dell’estremità superiore, mancano cioè le porzioni terminali della testa articolare e della grande tuberosità; è lungo cm. 94, Venne rac- colto insieme al grande femore su ricordato. L’esemplare di tibia è rappresentato da un grande frammento, sprovvisto solo dell’estremità articolare distale; esso è lungo cm. 64. Venne trovato nell’alluvione del Lambro vicino alla cascina Mariotto (San Colombano), sulla sponda destra del fiume. I due grandi frammenti meglio conservati di omero e il femore completo sud- detto, corrispondono abbastanza bene alle figure e alla descrizione che l’Adams ha . dato di tali ossa dell’£. primigenius Blum. (Palacontographical Society : vol. XXIII; Mo- nograph of the British Fossil Elephants, Part III: E. primigenius and E. meridionalis, pag. 152-156, tav. XVI, fig. 1: pag. 163-167, tav. XIX, f. 7). Non è quindi del tutto im- probabile che a questa specie si debbano riterire anche questi resti elefantini delle al- luvioni lombarde. 3 34 ERNESTO MARIANI lunghezza sul lato convesso. 3 i mm. 365 diametro massimo. ! ; È 4 5 (165 circonferenza massima . : ; ‘ SI 50 La cavità o polpa della zanna è bene conservata; di forma. conica è essa pure schiacciata, col diametro massimo alla sua base di mm. 78, e col minimo di mm. 58. Forse tale forma elit- tica della sezione della zanna in parte si deve attribuire a com- pressione subita durante la fossilizzazione, poichè i circostanti strati concentrici di avorio presentano qualche fessura longitudi- nale. La lunghezza della cavità della papilla dentaria è di mm. 275. Si sa che la lunghezza della zanna degli elefanti sta in ra- gione diretta della loro grossezza, essendo in generale il rap- porto fra questa e quella di circa 1 a 15. Da ciò si può ritenere che la lunghezza complessiva della zanna del nostro individuo doveva essere di circa m. 2,50. Benchè la grandezza di un ele- fante non si possa dedurre con esattezza da. quella delle sue zanne, si può tuttavia ritenere che quella del nostro esemplare doveva essere abbastanza notevole, avuto riguardo specialmente alle dimensioni di un suo molare mandibolare, che ora passo a descrivere, e che trovato vicino al frammento di zanna, doveva senza dubbio appartenere allo stesso individuo. I Il molare, di cui do tre fotografie ridotte a poco più di un terzo della grandezza naturale, è un VI molare, o III molare vero (M*) della branca sinistrà della mandibola. Esso è abbastanza ben conservato, fuorchè nella regione al- veolare e nella parte anteriore, o distale, la quale per l’erosione è fortemente abrasa, con due incavi sulla faccia anteriore ed appuntita nella sua parte mediana. Risulta fatto da 23 lamine, delle quali 75 abrase formano la faccia coronale. Le altre 8 posteriori intatte e in parte ricoperte dal cemento, sono scisse in molte digitazioni, insieme al tallone prossimale; esse inoltre sono alquanto inclinate. Le dimensioni del molare sono le seguenti: lunghezza massima normalmente alla direzione delle lamine . - : : : . mm. 320 A : della faccia coronale di erosione . , 235 larghezza sl di essa (alla XVI lamina del lato pross., o VIII della corona) . o | EROE altezza % del dente (alla IX lamina prossi- male, o I della corona) . i -(WOSDS RESTI FOSSILI DI ELEFANTE, ECC. 35 La superficie coronale (tav. I fig. 3), di forma ovale, pit larga anteriormente che posteriormente, è leggermente concava lungo la zona mediana longitudinale, inclinando un po’ verso il lato interno nella sua metà posteriore. Le 75 lamine che for- mano la faccia coronale di erosione inclinano lievemente verso l'estremità posteriore o prossimale, formando così colla detta faccia un angolo assai vicino al retto. Di queste lamine, /2 pre- sentano figure complete di abrasione, le altre 3, e sono le po- steriori, presentano figure non intieramente aperte. Di queste ultime, la prima, e cioè la più prossimale, risulta di quattro mammille aperte come dischetti; la seconda alquanto tortuosa, è formata da due elementi discoidi ai due margini, e di un ele- mento mediano laminiforme; la /erza, essa pure un po’ tortuosa, risulta invece fatta da un elemento orbicolare al margine esterno e di un elemento laminiforme, un po’ più aperto verso il mar- gine interno. La seguente lamina (o IV del lato prossimale della faccia coronale) non presenta una figura di abrasione completamente aperta nel terzo esterno. Le successive lamine, dalla quinta alla undecima compresa, sono intieramente aperte, collo smalto in- crespato e flessuoso nella parte mediana delle lamine. La V, VI e VII presentano l’estremità verso il lato interno del molare ripiegata verso l’estremita posteriore del dente, e l’altra estre- mità ripiegata verso la parte anteriore o distale, Le lamine VIII, IX e X invece presentano anche l'estremità verso il lato esterno del dente ripiegato verso la parte poste- riore, o prossimale. La XI presenta l’estremità verso l'interno non incurvata, mentre lo è l’altra estremità come le precedenti. La XII, colle estremità leggermente ripiegate verso la regione prossimale, presenta una leggera estroflessione per un piccolo tratto mediano della lamina, venendo pressochè a contatto colla lamella posteriore dello smalto della lamina successiva. Quest’ul- tima (la XIII) è confluente nella sua parte mediana, ma però per una piccola porzione, colla lamina seguente; e ciò si verifica anche nelle lamine successive. Lo smalto come dissi è increspato maggiormente nei tratti mediani di ciascuna lamina, e assai più all’esterno, essendo più continuo e liscio verso l’interno (in senso antero-posteriore) a contatto cioè colla dentina. Lo smalto è alquanto sporgente, di colore bianco madreperlaceo sulla superficie triturante. Gli in- 36 i ERNESTO MARIANI terspazi di cemento sono, sulla faccia. coronale, per lo più in- cavati longitudinalmente lungo la linea mediana: lo spessore massimo di essi è di circa mm. 4,5: lo spessore massimo delle lamine è di poco più mm. 8. La superficie interna del molare è convessa .(tav. I, fig. 1), mostra le lamine anteriori diritte, e le posteriori leggermente arcuate. La superficie esterna (tav. I, fig. 2) concava, è mag- giormente incavata fra il terzo medio e il terzo posteriore: an- ch’essa mostra le lamine posteriori aventi una doppia curva ad S, ma assai dolce. Alla sua parte posteriore. e basale si osser- vano alcune digitazioni accessorie. La superficie che riunisce tutti i digitelli delle otto lamine posteriori non intaccate dall’abrasione, forma un angolo molto ottuso colla superficie triturante della corona. Come già dissi le radici sono in piccola parte conservate; si hanno monconi di radice che sottostanno alle lamine mediane e anteriori della faccia coronale, e cioè quelle che vanno dalla quinta all'ultima distale. Questi monconi di radici presentano una sezione grossolanamente rettangolare, e sono ripiegati al- l’indietro. La porzione basilare del lato interno e quella del lato esterno del molare, sono tuttora in parte ricoperte dal cemento, il quale per alcuni tratti presenta la superficie ancora intatta, conser- vando la originaria striatura e granulosità. Io credo che questo bel molare, che ho creduto conveniente descrivere minutamente, debba ritenersi un molare ultimo si- nistro mandibolare di Elephas primigenivs Blum. Se in esso si riscontra qualche carattere di E. antiquus Falc., specie che pur visse durante il quaternario nella valle padana, presentando tut- tavia i principali caratteri specifici del Mammouth, ritengo che a questa specie e non all’l. antiquus Falc., come forse vorrebbe alcuno, si deve riferire il nostro esemplare, che, come risulta dalla descrizione, è laticoronato, alticoronato, densilamellato, endioga- nale, con lamelle flessuose e con un piccolo indice dentale (1). | (1) Nel Museo Civico geologico e paleontologico di Milano si ha un bel molare si- nistro mascellare di E. antiquus Fale., fatto da sette lamine con un digitello inter- calare, proveniente dall’alluvione del Po vicino ad Arena. Inoltre, pure dalle allu- vioni del Po, si ha un altro III vero molare (M?) della branca sinistra della mandi- bola, poco differente di quello ora descritto. Esso è formato da 20 lamine complete tortuose, di cui 18 formano la superficie coronale : i talloni vennero erosi, e all’estre- Sc, Nat, Vol. XLVI Tav. |. Ital, Atti Soc, E. Mariani, Resti fossili di elefante ecc, ELIOT. CALZOLARI& FERRARIO-MILANO % # ex RO E n : È | RESTI FOSSILI DI ELEFANTE, ECC. 37 Insieme a questo dente come già ricordai, si raccolse un frammento di molare formato da quattro lamine leggermente flessuose, non intaccate dall’abrasione, terminate da parecchi digitelli e col tallone prossimale. Per la forma e per le dimen- sioni, uguali a quelle della corrispondente parte di molare su descritto, esso si può ritenere un frammento di un vero molare di mandibola. Lo stato di conservazione dei resti elefantini qui descritti, pur non facendo escludere che abbiano potuto presentare a causa di correnti un trasporto che deve averli isolati da altri e qua e là dispersi, prova tuttavia come essi non hanno dovuto subire una lunga fluitazione, la quale senza dubbio, anche per l’azione dei detriti rocciosi convogliati dalle acque, li avrebbe notevolmente danneggiati, in special modo il grande frammento di femore. I nostri resti eletantini non vennero quindi abrasi da alluvioni più antiche di quelle entro cui si raccolsero, non sono quindi da considerarsi come fossili veramente rimaneggiati. Per il che le alluvioni entro cui essi si trovano, come pure buona parte di quelle da cui si ebbero non pochi altri resti di elefanti alcuni abbastanza bene conservati, e che attualmente si trovano specialmente nei musei di Milano e di Pavia, debbono essere considerate spettanti al dilwvium, come già da tempo sostenne il prof. Taramelli, e non già come ritenne il prof. Sacco al fer- razziano (alluvium). Milano, Museo Civico di Storia Naturale aprile 1907. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Elephas primigenius Blum. Ultimo molare della branca sinistra della mandibola. Fig. 1 superficie interna. MET” i esterna. n 13 ni coronale. mità distale si ha un frammento di un’altra lamina. Le 13 lamine intatte sono al- quanto inclinate. Il prof. De Angelis, che lo potè vedere durante una brevissima vi- sita fatta al Museo di Milano, lo riferì dapprima con dubbio all’E. primigenius Blum., mentre che più tardi, discorrendo in una nota pubblicata nel Bollettino della Società geologica italiana, sulla probabile mancanza in Italia del Mammouth, lo ritenne spettante all’E. trogontheri Pohlig. (De Angelis G., Sopra alcuni mammiferi fossili della valle del Po: Rendiconti R. Ist. Lomb., vol. XXIX, 1896 — Bollettino Soc. Geol. Ital., vol. XVI, fasc. 2°, 1898). Io credo invece che anche questo molare mandibolare sia da riferirsi all’ E. primigenius Blum., presentandone i principali caratteri, ad FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO Nota del socio Dott. Carlo Airaghi ve Nel bacino di Recoaro, sopra le filladi quarzifere, qua e là attraversate da filoni di rocce endogene, prima di raggiungere le ben note arenarie variegate a Pseudomonotis Clarae Emm. (trias inf.), vi ha una serie regolare di strati sedimentari, talora d’una potenza di più di 100 metri, che si può suddividere, dal basso all’alto, in due gruppi: gruppo dei conglomerati e arenarie e gruppo delle marne dolomitiche; e precisamente: I. Gruppo dei conglomerati e delle arenarie. — Strati di con- glomerato grossolano a frammenti di quarzite e di scisti micacei e talcosi e strati di conglomerato di grossi grani di quarzo riuniti d’argilla ferruginosa di color rosso cupo (circa m. 2.). Strati d’argilla rossa e sabbiosa alternati a strati di arenarie argillose sabbiose di color rosso o bianco, talvolta con macchie dentritiche verdognole (da m. 20 a m. 40). II. Gruppo delle marne dolomitiche. — Strati di marne dolo- mitiche talora con superficie corrosa fossilifere, alternati con arenarie bianche e rosse, con argille sabbiose con traccie di gesso (da m.10 a m. 20). Strati delle stesse marne dolomitiche con arenarie bianche o bituminose contenenti una flora a Voltzia con piccoli gastero- podi e brachiopodi (da m. 5 a m. 20). Strati dolomitici grigi, duri, marnosi, fossiliferi, con conglo- merato dolomitico grigio scuro compatto (da m. 30 a m. 40). È questa la formazione che già da circa un secolo ha atti- rato l’attenzione di molti geologi italiani e stranieri, quali, per citare solo i più autorevoli, chè l’elenco completo dopo il lavoro di Tornquist sarebbe inutile: Maraschini, Catullo, Pasini, Schau- E. el we FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO 39 roth, Pirona, Benecke, Mojsisovics, Giimbel, Bittner, Tornquist (‘). Ma, mentre il Maraschini prima, e Pasini e Catullo poi, con- siderarono le sopracitate arenarie quali rappresentanti del car- bonifero, lo Schauroth, seguito da Murchison, Massalongo, Pirona, De Zigno e dai geologi italiani radunati ivi per l XI Congresso, le riferì invece al trias, e Mojsisovics, insieme a Giimbel, Bittner e Tornquist, le considerò permiane. In alcuni strati di marne dolomitiche biancastre bituminose della parte superiore del secondo gruppo, venne rinvenuta, come già accennai, una flora a Voltzia, ma essa fu diversamente in- terpretata. Risulta formata dalle seguenti specie: (2) Calamites sp. (Equisetites Brongniarti? Ung). Baiera digitata Brongn. Cordaîtes? sp. o Yuccites sp. Aethophyllum sp.? (Aethophyllum Foetterleanum Zigno) Voltzia Massalongi v. Schaur. sp. Voltzia vicentina Mass. sp. Albertia Schaurothiana Mass. sp. Ullmannia Geinilzi Heer Carpolithes hunnicus Heer. Massalongo, Schauroth, De Zigno, Schenck, Murchison, De Buch, che pei primi la studiarono, la ritennero una flora triasica, Giimbel, che più tardi la rivide, la ritenne corrispondente a quella di Neumaikt, Bolzano, Fiinfkirschen e perciò non equiva- lente nè alla flora dello Zechstein nè a quella di Roth, e costituì per tale ragione un nuovo piano, i Alpine? unterer Vollzien- sandstein, piano in cui tra forme decisamente paleozoiche si rinvengono forme triasiche. D'altra parte Taramelli nel dubbio che al permiano si sia dato una troppa estensione e nella con- siderazione che il genere Voltzia, pur comparendo nel permiano, è sviluppato anche nel trias inferiore, inclina a ritenere la parte superiore di questa formazione triasica. Ma, come dirò in seguito, questa flora si deve invece ritenere permiana. Di fossili animali, benchè le ricerche siano state continue e diligenti da parte di numerosi geologi, finora nessuna traccia (1) A. Tornquist, Das Vicentinische Triasgebirge, Stuttgart 1901, pag.11 e seguenti. (2) L’elenco delle specie di questa flora è quello dato da Tornquist; vedi lavoro citato, pag. T4. 40) CARLO AIRAGHI negli strati del primo gruppo, in quelli superiori invece del. secondo gruppo, che da Tornquist vennero indicati col nome complessivo di “ calcare a Bellerophon ,, Bittner e lo stesso Tornquist hanno trovato delle sezioni di fossile. che riferirono al genere Bellerophon; Tornquist trovò inoltre un piccolo bra- chiopodo che riferì alla Spirigera bipartita St., specie finora. esclusiva del calcare a Bellerophon del Tirolo. Ma molto più fortunate furono le mie ricerche. Lungo un torrentello che discende dal Monte Spitz verso Recoaro, di fianco alla R. Fonte Lelia, dove la serie sedimentaria è regolare e quasi completamente sviluppata, ho rinvenuto dei banchi ricchi di fossili, aleune volte tanto abbondanti da formare una vera lu- machella, ma quasi sempre allo stato di modello interno e sempre di difficilissima separazione dalla roccia. Dagli strati di marne dolomitiche che formano la base del secondo gruppo, ho potuto estrarre, oltre ai moltissimi fram- menti indeterminabili, ma che pur lasciano intravvedere una ricca fauna, le seguenti specie: Discina Konincki Gein. Lima permiana King \/_ Streblopteria pusilla Schl. sp. n sericea Vern. sp. » subrotunda n. sp. Posidoniella pseudogibbosa n. sp. Posidonomya incerta n. sp. Gervillia elipsoidalis n. sp. Macrodon striatum Schl. sp. ‘5 Kingianuin Vern. sp. Nucula Beyrichi Schl. sp. Myophoria subtrigonata n. sp. Schizodus truncatus King sp. ;j pinguis Waagen * Schlotheimi Gein. Edmondia sulcata Phill. 3 filigrana Kon. Allorisma tirolense St. 5 cfr. elegans King 5 Tornquisti n. sp. " Stachei n. sp. Loronema cfr. Phillipsi Howse sp. FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO AI Negli strati sovrastanti a quelli racchiudenti questa fauna, ossia negli strati contenenti la flora a Voltzia sopraccennata, ho pure rinvenuto insieme ai resti vegetali frammenti di piccole forme di gasteropodi e brachiopodi, tra i quali bo potuto isolare alcuni esemplari riferibili alle seguenti specie: Spirigera bipartita St. Dielasma elongatum Schl. sp. Naticopsis minima King sp. In complesso si ha una piccola fauna formata da 25 specie di cui 7 sono nuove e le altre gia note e che permettono di fare dei confronti colle faune gia illustrate e con sicurezza stabilire la posizione stratigrafica dei banchi che la contengono. Delle 18 specie gia note ben 14 (Discina Konincki, Spirigera bipartita, Lima permiana, Streblopteria pusilla, Streblop. se- ricea, Macrodon strialum, Macr. Kingianum, Nucula Beyrichi, Schizodus truncatus, Schiz. Schlotheimi, Allorisma tirolense, All. cfr. elegans, Naticopsis minima. Loxonema ctr. Phillipsi) sono proprie del perniano medio superiore dell’Inghilterra, della Germania, della Russia, ecc., una, l_Edmondia filigrana, finora ritenuta propria del carbonifero superiore del Belgio, un’altra, lo Schizodus pinguis del permocarbonifero della India e della Carnia, e due, l’Edmondia sulcata e il Dielasma elongatum comuni e al permiano e al carbonifero superiore. Da ciò mi pare che si possa concludere che tutti i sedi- menti del secondo gruppo, compresi quelli contenenti la flora a Voltzia, si debbano riferire al permiano superiore (Zechslein) e che di conseguenza tutto, o almeno la parte superiore del gruppo sottostante, come già ritenne il Tornquist, che la riferì alle are- narie di Gròden o di Val Gardena, rappresenta il permiano infe- riore (R0/hliegende). Milano, Museo Civico di Storia Naturale, 1907. 42 CARLO ATRAGHI DESCRIZIONE DELLE SPECIE Discina Konincli Gein. 1846. Orbicula Konincki GEINITZ, Grundr. d. Verstein, pag. 495. 1861. Discina + GEINITZ, Dyas, pag. 106, Tav. XV, fig. 8-11, (cum syn.). Ho potuto isolare due esemplari solamente in corrispondenza della faccia superiore, raccolti nelle marne dolomitiche. Sono di forma subcircolare, uno del diametro di mm. 10 e Valtro di circa mm. 20; subconici (il pitt piccolo, meglio con- servato, misura una altezza di mm. 4), coll’apice leggermente subcentrale, ornati da strie diversamente riunite tra loro, con- centriche. Questi esemplari per la loro forma subcircolare mostrano una grande somiglianza colla figura 10 della tavola XV di Geinitz. Forse pel permiano di Recoaro si dovra annoverare anche la Discina bosniaca Kittl (!) a cui riferirei con dubbio un’im- pronta trovata insieme alla suddetta specie. La Discina Konincki è comune nel permiano, come lo è anche la Discina bosniaca. Dielasma elongatwm Schloth. sp. 1854. Terebratula elongata (Schloth.) v. SEMENOW, Ueber die Foss. des Schlesisch. Kohlenk. (Zeits. Deut. Geol. Ges.), pag. 11, Tav. III, fig. 2. 1861. i n GEINITZ, Dyas, p. 82, Tav. XV, fig. 14-28 (casi syn.). 1903. Dielasma N DIENER, Perm. foss. Centr. Himal. (Geol. Surv. of ge pag. 41; Day. I, ip. Tav. II., fig. - ge: um SYn.). 1904, 7 a) GORTANI, Fossili carb. del M. Pizzul e del Piano di Lanza (Boll. Soc. geol. ital.), p. 556. (1) E. Kirrn, Geol. d. Umgebung von “serajevo, Jahrb. d. Geol. Reichs., Bol. L. III, 1904, pag. 173, tav. II, fig. 5-7. pre FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO 43 È forse questa la specie la più comune in tutta la forma- zione a Volizia. Alcuni frammenti di roccia risultano formati da un vero impasto di conchiglie di questa specie, della quale ho potuto isolare alcuni esemplari di piccolissime dimensioni col relativo guscio (3 oppure 4 mm. di altezza). Pare che a Recoaro si trovino tutte le varietà di questa specie, da quelle allungate e strette, a quelle basse e larghe o subtriangolari; ma la varietà la più comune, almeno da quanto risulta dalle mie ricerche, è quella corrispondente alle figure 33, 34 e 35 della tavola VI di King, ossia la varietà allungata, piri- forme, comune anche a Tunstall Hill. Questa specie è comune a tutto il permiano e il carbonifero superiore dell'Europa e dell'Asia. In Italia venne trovata nel carbonifero del M. Pizzul in Carnia. Spirigera bipartita St. 1878. Spirigera bipartita STACHE, Zur Fauna der Bellerophon Siidtir. (Jahrb. der k. k. Geol. Reichs.), pag. 60, Tav. VI, fig. 11-12-13. Di questa specie, tanto comune nella formazione a Voltzia, ho potuto isolare dei piccoli. esemplari e alcuni frammenti che presentano le dimensioni di quelli figurati da Stache. Essi sono specialmente caratterizzati dalla forma subtriangolare quasi equilaterale, con un marcato solco mediano sia sulla faccia ven- trale come su quella dorsale che la distingue facilmente dalle sue congeneri, quali la Spirigera confinalis St. e la Spirigera peracuta St., pure del permiano (!). L’esemplare trovato dal prof. Tornquist negli strati supe- riori a quelli in cui rinvenni i miei mi pare un po’ diverso dai tipi della specie, specialmente per la quasi totale mancanza del solco mediano e per la forma più bassa e più larga. La Spirigera bipartita finora venne trovata solo nel cal- care a Bellerophon del Tirolo. Lima permiana King 1850. Lima permiana Kine, Monogr. Perm. Foss. (Palaeont. Soc.), pag. — 154, Tav. XIII, fig. 4. f GEINITZ, Dyas, pag. 81, Tav. XV, fig. 4-6 (cum syn.). SEAT (1) Vedi Sracne, Zur Fauna der Bellerophon. Siidtir, 1. c., pag. 60, tav. VI, fig. 4-5. 44 CARLO AIRAGHI Con qualche dubbio riferisco a questa specie alcuni esem- plari che non ho potuto isolare perfettamente, raccolti nelle marne dolomitiche. Essi perO presentano una forma identica al tipo figurato da King; qualcuno è forse leggermente meno lungo e più alto, ma le orecchiette sono egualmente sviluppate, e l’um- bone, rivolto all’avanti, è pure molto pronunciato, determinando una gibbosità alquanto marcata nella parte anteriore della con- chiglia. Le strie di accrescimento sono concentriche, ma in di- verso modo distribuite e riunite tra di loro. La Lima permiana è comune nel permiano superiore eu- ropeo. Streblopteria sericea Vern. sp. 1845. Avicula sericea VERNEUEIL, Geol. de la Russia, vol. 11, part. 3*, pag. 321, Tav. XX, fig. 1b. 1861. Pecten "i GEINITZ, Dyas, pag. 80, Tav. XV, fig. 2-3, Tav. XIX, fig. 2-3 (cum syn). 1905. Streblopteria ,, GORTANI, Foss. Carb. del M. Pizzul e del Piano di Lanza (1. c.), pag. 561 (cum syn.). Anche a questa specie riferisco degli esemplari trovati nelle marne dolomitiche molto mal conservati; ma che, presi in esame nel loro insieme non lasciano dubbio trattarsi di essa. Sono valve larghe, asimmetriche, ornate da strie concentriche ad intervalli irregolari. La Streblopteria sericea è una specie del permiano e del car- bonifero superiore. In Italia venne trovata nel carbonifero del M. Pizzul in Carnia e nel permocarbonifero della valle del fiume Sosio in Sicilia. Streblopteria pusilla Schloth. sp. 1817. Discites pusillus ScHLOTHEIM, Denksch. d. kh. k. Ak. d. Wiss. zu Minchen, pag. 31, Tav. VI, fig. 6. 1861. Pecten È GEINITZ, Dyas, pag. 80, Tav. XV, fig. 1 (cum syn.). 1896. Streblopteria a GEMMELLARO, La fauna dei cale. con Fu- solina della Valle del fiume Sosio (Gior. di scienze natur. ed econom. di Palermo), pag. 47, Tav. XXIV, fig. 22-24 (cum syn.). La Streblopteria pusilla Schloth. proveniente dalle marne dolomitiche permiane di Recoaro, si allontana di molto da quella FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO 45 figurata da Gemmellaro trovata nel calcare grossolano con Fu- solina nella valle del fiume Sosio in Sicilia, perchè, pur non raggiungendo la convessità degli esemplari figurati da King, è molto meno depressa. Per la mediocre convessità e per.lo svi- luppo delle orecchiette si avvicina agli esemplari figurati da Geinitz. Le caratteristiche striature concentriche sono abbastanza visibili. Dimens:idhi Alema: ele MD Eubehezza ii a casa | PIPCHSE S Aldrin te me E una specie trovata nel permiano e nel permocarbonifero. Streblopteria subrotunda n. sp. Tavi. Hy id Specie di piccole dimensioni, di forma quasi regolarmente subrotonda un po’ più lunga che larga, fortemente depressa, or- nata da strie d’accrescimento concentriche che irregolarmente si riuniscono tra loro a formare delle coste inequidistanti e sub- eguali. Apice poco sviluppato e poco sporgente. Il margine po- steriore è arcuato e raggiunge quello ventrale curvandosi, quello anteriore è escavato verso l’apice. Dell’orecchietta posteriore nes- suna traccia, quella anteriore molto grande, bene limitata, subtri- angolare col margine superiore rettilineo e l’inferiore leggermente sinuoso, con depressione mediana longitudinale che limita nella parte superiore dell’orecchietta un rilievo percorso da alcune forti strie concentriche le quali nel loro prolungamento inferiore sono attraversate da finissime strie radiali che si estendono fino all’apice. DimenstonisvAlseazi sua att 0) My 9 Lonahezzazista tele a IND Spessore raise i I LES La -Streblopteria subrotunda delle marne dolomitiche di Re- coaro si distingue dalle sue congeneri del medesimo orizzonte, quali la Streblopteria pusilla, la Streblopteria sericea per la sua forma quasi regolarmente subrotonda e per la sua maggiore 46 CARLO AIRAGHI depressione. Presenta delle affinità anche colla Streblopteria An- tinorii Gemm. (‘'), pure molto depressa e egualmente ornata, ma da essa si distingue per essere meno ovoidale, meno alta in rap- porto alla lunghezza. Posidionella pseudogibbosa n. sp. Tav. II, fig. 14-15. La Posidionella pseudogibbosa è caratterizzata da una forma ovoidale, bislunga, discretamente rigonfia. Sopra il margine car- dinale, obbliquo rispetto ail’asse verticale della valva, sporge l’umbone abbastanza prominente ed alquanto adunco. Le orec- chiette sono ineguali, poco sporgente la posteriore, molto grande l'anteriore, e separata dal resto della conchiglia da una marcata depressione. Il margine anteriore, il ventrale e il posteriore si continuano l’uno nell’altro, limitando un contorno ovoidale; il margine anteriore però al limite dell’orécchietta forma un angolo alquanto ottuso. La superficie è ornata da strie d’accrescimento concentriche riunite tra loro in modo vario a formare rughe più o meno fitte e irregolari. Dimensioni: Altezza. . . . damm. 23 a mm. 24 Lunghezza .. . È 20 er! Spessore. a. n 5 si 5 Questa specie è affine alla Posidionella gibbosa Hind (*) del carbonifero dell’Inghilterra, sia per lo sviluppo delle orecchiette, sia per la forma ovoidale allungata e sia per le striature, ma si allontana pel margine posteriore meno diritto, l’umbone più sporgente all’avanti, e in modo speciale per la minore con- vessità. A Recoaro venne trovata nelle marne dolomitiche. Posidonomya incerta n. sp. Tav. Lf, fig. 18. Nelle marne dolomitiche sottostanti a quelle contenenti la flora a Voltzia ho rinvenuto alcuni esemplari che forse si do- vranno riferire al genere Posidonomya e che rappresentano delle specie nuove. Tra questi il migliore è quello che figuro. (1) GemmeLLARO, La fauna del cale. con Fusolina della Valle del fiume Sosio. 1. @., pag. 48, tav. XXIV, fig. 25-27. (9) Hinp W., Carboniferous’ Lamell., Palaeont. Soc., part. II, pag. 91, tav. V, fig. 12-14. FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO 47 E di forma subrotonda, discretamente rigonfio, maggiormente depresso nella regione anteriore che non in quella mediana po- steriore, coll’umbone sporgente sovra il margine cardinale, adunco, coi margini che si sfumano l’un. nell’altro limitando un contorno subrotondeggiante, col margine anteriore però più espanso e for- mante col congiungersi di quello cardinale un angolo ottuso. La superficie è ornata da strie d’accrescimento concentriche e riunite tra loro in modo irregolare. INTRENSIOni: Altezza i were AI 19 i AE Se EROI DARE E; Spessore: pito he Questa specie può ricordare la Posidonomya Becheri (') Bronn. del carbonifero, specialmente per l’ornamentazione, ma da essa sì distingue per essere meno allungata trasversalmente e più alta. Gervillia elipsoidalis n. sp. Tav. II, fig. 1-2. Specie di piccole dimensioni, elissoidale, allungata, bassa, enormemente obliqua, gibbosa nella zona subtriangolare che si estende dal vertice all'estremità anteriore e posteriore del mar- gine ventrale. Umbone spostato molto all’avanti, sviluppato e leggermente arcuato sopra il margine cardinale. L’orecchietta an- teriore è relativamente allungata e uniformemente arrotondata, la posteriore aliforme, diritta, lunga e stretta che va a finire alla estremità del margine posteriore; margine ventrale unifor- memente curvilineo. Di questa specie ho potuto isolare due modelli interni delle seguenti Dimensioni : Altezza. . . . da mm. 8 amm.” Lunghezza . . n 24 LS Spessore . . . ni 4,5 ped È una specie delle marne dolomitiche che si distingue fa- cilmente dalle sue congeneri dello stesso orizzonte per il carat teristico suo contorno specialmente lungo il margine ventrale uni- (1) Hinp, Carboniferous Lamell., 1. c., part. I, vol. II, pag. 37, tav. VI, fig. 11-15. 48 CARLO AIRAGHI formemente curvilineo, arrotondato all’avanti e all’indietro con- giungendosi col margine anteriore e posteriore in modo da for- mare una specie d’elissi lunga e stretta colla sua maggior lar- ghezza anteriormente. Macrodon striatum Schloth. sp. 1816. Mytulites striatus v. SCHLOTHEIM, Denkschr. d. k. Akad. d. Wiss. zu Miinchen, pag. 31, Tav. VI, fig. 3. 1861. Arca = GEINITZ, Dyas, pag. 66, Tav. XIII, fig. 33-34 (cum syn.). Sopra un frammento di roccia ho trovato un esemplare di questa specie rovinato in corrispondenza dell’umbone, ma che pur tuttavia stante all'andamento generale del fossile, dell’or- namentazione caratteristica, e della carena posteriore molto ben marcata e dello sviluppo della parte posteriore, non mi lasciano dei dubbi sul suo riferimento specifico. È una specie comune nel permiano superiore d’ Europa: a Recoaro venne trovata nelle marne dolomitiche. Macrodon kingianwm de Vern. sp. 1844, Arca Kingiana de VerNUIL, Boll. Soc. geol. franc. 2* serie, vol. I, pag. 32. LSBs Ver = GEINITZ, Dyas, pag. 67, Tav. XIII, fig. 32 (cum syn.). Di quest’altro Macrodon, pure delle marne dolomitiche, oltre che alcuni frammenti di diversi individui, ho potuto isolare un piccolo esemplare molto ben conservato. Nella sua forma e nella sua ornamentazione corrisponde esattamente agli esemplari pit grandi figurati da Geinitz e da King. È di forma romboidale, rigonfiata, tronca obliquamente nella parte posteriore, all’avanti leggermente arcuata, coll’um- bone prominente, assai arcuato e appuntito, con una marcata carena convessa che dall’umbone va all'angolo postero-ventrale, colla superficie ornata da strie concentriche con poche coste ra- diali quasi invisibili nella parte anteriore, maggiormente percet- tibili invece lungo il margine posteriore. Anche questa specie è comune nel permiano superiore. ini, Be FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO 49 Nucula Beyrichi Schaur. Tav. II, fig. 18. 1854. Nucula Beyrichi Scuaurotu, Zeitschr. Deut. Geol. Ges. VI, pag. 551, Tav. XXI, fig. 4. 1861. 3 È, GEINITZ, Dyas, pag. 67, Tav. XIII, fig. 22-24 (cum syn.). 1906. de n GorTANI, La fauna degli strati a Bellerophon nella Carnia (Riv. ital. di Paleont.), pag. 22, (cum syn.). A Recoaro nelle marne dolomitiche la Nwucula Beyrichi è comunissima tanto che alcuni frammenti di roccia risultano for- mati da un agglomeramento di modelli interni di questa piccola bivalve. Tra i molti esemplari però che corrispondono alle figure date da Geinitz, di forma cioè subtriangolare con gli angoli ottusi e arrotondati, molto rigonfi, con umboni prominenti e ricurvi con carena posteriore marcata, ne trovo uno perfettamente isolato che riferisco a questa specie con qualche dubbio. È l'esemplare che figuro. Esso, come si vede, è pur di forma triangolare, ri- gonfio, con umboni prominenti e ricurvi con carena posteriore, ma mi pare che si allontani un poco dal tipo per la sua forma più allungata trasversalmente, per il margine inferiore meno convesso e di conseguenza per l’angolo infero-posteriore meno arrotondato. Da ciò deriva una grande somiglianza colla Nucula ae- qualis Sovv. (4) del carbonifero dalla quale però la si potrà distinguere per l’umbone spostato meno all’avanti, per la carena posteriore maggiormente sviluppata e il margine anteriore più uniformemente arrotondato. Questa specie è comune nel permiano superiore d'Europa. In Italia venne trovata nel permiano della Carnia. Myophoria? subtrigonata n. sp. Wav: EL fig. 12: Ho in esame un solo modello interno raccolto nelle marne dolomitiche, di forma subtriangolare, rigonfio, proratto nella sua (!) Hrnp W., Carboniferous Lamell., 1, c., vol. I, part. II, pag. 189, tav. XIV, fig. 32-35. 4 i. © A 1 * - 50 CARLO AIRAGHI x parte posteriore. L’umbone è anteriore, sviluppato, rivolto al- l’avanti, adunco, sporgente oltre il margine cardinale. Il margine anteriore è alquanto sinuoso, concavo, il ventrale alquanto convesso, formando gli angoli antero-inferiore e po- stero-inferiore alquanto marcati. Il dorso è separato dall’area anale da una carena molto forte e alquanto acuta che va dal- l'apice all’angolo postero-inferiore, dapprima diritta e legger- mente inclinata al basso, di poi, formando un angolo ottuso, diritta verso la base del margine posteriore. Lo spazio compreso tra la carena e il margine posteriore è concavo. Dimensioni: Altezza. . « « 0 +0 « e IM. Lunghezza, e aa n AL Spessore. ka Are yee Distinguo questa specie dalle congeneri per la sua forma subtriangolare, per il margine anteriore concavo e la parte po- steriore tronca. Schizodus truncatus King May TE, fi. 1850. Schizodus truncatus Kine, Permian foss. of England (1. c.), pag. 193, Tav. XV, fig. 25-29. 1867. Ò 6, GEINITZ, Dyas, pag. 63, Tav. XIII, fig. 1-6. 1904, sì ms KITTL, Geologie der Umgebung von Sarajevo, (Jahrb. der Kais. Geol. Reichs.), pag. 178. Con qualche dubbio riferisco a questa specie un esemplare delle marne dolomitiche, che pare abbia subìto una pressione dall’alto al basso, per tale ragione sembra un po’ meno gonfio, colla carena posteriore meno accentuata. Per gli altri caratteri però corrisponde assai bene ai tipi della specie. Arrotondato all’avanti, allungato all’indietro, coll’umbone grosso, sviluppato, ricurvo, anteriore, colla superficie ornata da pieghe quasi re- golari tra loro e equidistanti e concentriche. Anche questa specie è del permiano superiore. In Italia venne trovato nel calcare a Bellerophon del Tirolo e della. Carnia. FOSSILI PERMIANI NEI DINTORNI DI RECOARO 51 Schizodus pinguis Waagen Tav. II, fig. 16. 1881. Schizodus pinguis WAAGEN, Salt Range Fossil, vol. I, part. III. (Palaeont Indica), pag. 236, Tav. XIX, fig. 7-10. 1905. 7 = GORTANI, Foss. carbon. del M. Pizzul e del Piano di Lanza (1. c.), pag. 563. Questa specie comune nel permocarbonifero dell’India e della Carnia, sembra pure comune anche a Recoaro nelle marne do- lomitiche se si deve giudicare dai diversi frammenti raccolti che ritengo appartenenti ad essa. I migliori esemplari sono di forma subtriangolare, eee cogli umboni anteriori e pronunciati, acuti e ricurvi, con mar- gine anteriore arrotondato, l’inferiore pure arrotondato ma in una curva più larga, che unendosi con quello posteriore, obliquo dall’alto al basso, forma un angolo acuto. Su alcuni esemplari è pure sviluppata la carena che dall’apice si dirige verso l’an- golo postero-inferiore, ma nella maggior parte di essi detta ca- rena, sia per abrasione, sia per deformazione è poco accennata. La superficie è ornata da strie concentriche riunite tra loro a fasci. Schizodus Schlotheimi Gein. 1848. Schizodus Schlotheimi GeINITZ, Deutsch. Zechst., pag. 8, Tav. III, fig. 23-32. 1850. n j Kine, Perm. foss. of England (1. ¢.), p. 190, Tav. XV, fig. 30. 1861. is 5 GelnITz, Dyas, pag. 64, Tav. XIII, fig. 7-12. Anche di questa specie ho in esame degli esemplari alquanto incompleti e però la loro determinazione non è priva di qualche dubbio. Il migliore, pur corrispondendo alla fig. 22 della tavola XIII di Geinitz, ossia pur essendo molto allungato posteriormente, rigonfio nella regione vicina all’umbone, coll’umbone grosso, sporgente, adunco, è quasi privo di carena, essendo essa accen- nata solamente nella vicinanza dell’umbone. Lo Schizodus Schlotheimi è del permiano superiore europeo, ‘on bo CARLO AIRAGHI Edmondia sulcata Phillips. sp. 1836. Sanguinolaria sulcata Puiuirs, Geol. Iorchs, part. 2%, pag. 209, Mav. Vi, eso: 1849. Edmondia x Kine, Permian foss. of England (1. c.), pag. 164, Tav. XX, fig. 14. HIND, Carbon. Lamell. part. IV, pag. 318, Tav. XXXIII, fig. 5, Tav. XXXIV, fig. 3-5-6, Tav. XXXV, fig. 5-11 (cum syn.). 1899. th) ” Con qualche dubbio riferisco a questa specie due esemplari delle marne dolomitiche non tanto ben conservati specialmente in corrispondenza alla estremità dell’umbone che sembra però spo- stato molto all’avanti. La forma è quella propria della specie, larga, bassa, poco rigonfia, arrotondata lungo i margini e ornata da coste marcate specialmente lungo il margine inferiore e subeguali tra loro. Questa specie è comune al carbonifero e al permiano. Edmondia filigrana Kon. Tay. db aes a, 1801. Edmondia filigrana de KonincK, Faun. du calc. carb. de la Bel- gique (Ann. Mus. Royal d’Hist. nat. de Belgique), pag. 43, Tav. XVII, fig. 18-19-20. Esemplari più lunghi che alti, subovali, subequilaterali, piatti col margine anteriore più convesso di quello posteriore, quello ventrale più arcuato all’avanti che all’indietro, umboni submediani, piccoli, quasi diritti, esemplari quindi che corri- spondono assai bene alla descrizione data da Koninck. Dimensioni: Altezza» © +. she ero nm. AZ Lunghezza! e ae ee we le SSksOLe yn ts) co ers pa A questa specie pare assomigli molto lEdmondia ctr. rudis figurata da Stache (1. c., tav. I, fig. 21). Infatti esso per la sua maggiore lunghezza che altezza, per la sua forma subovale, sub- equilaterale, per l’umbone mediano e non molto sporgente si allontana di più dalla Hdmondia rudis che non dalla Edmondia filigrana, tanto più che lKdmondia rudis è caratterizzata dal- FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO 53 l’ambone anteriore, molto ricurvo e da una forma quasi quadran- golare tanto lunga quanto larga. Allorisma ctr. elegans King Maver Laie. ots 1844. Allorisma elegans KinG in Bull. Soc. geol. France, I, pag. 30. 1850. x = Kine, Perm. Foss., Tav. XVI, fig. 3-45. 1861. È 5 GEINITZ, Dyas, pag. 57, Tav. XII, fig. 14-17 (cum syn.). Alcuni esemplari allo stato di modello interno, raccolti nelle marne dolomitiche, sia per l’umbone molto spostato all’avanti, sia per il margine anteriore quasi diritto e breve, sia per la carena posteriore diretta verso l’estremità del margine inferiore anzichè di quello posteriore, presentano una grande affinità con quelli figurati da Geinitz trovati a Gera e riferiti all’ Allorisma elegans King, ma mon credo che dato il loro cattivo stato di conservazione si De: sano riferire a questa specie senza qualche dubbio. Oltre a questi esemplari ho potuto isolarne altri ad essi molto affini, ma più allungati trasversalmente, colla carena maggiormente spostata all’indietro e il margine anteriore leg- germente concavo anzichè diritto, avvicinandosi così anche al- VAllorisma Tornquisti; forse questi altri esemplari rappresen- tano una nuova specie, ma il loro stato di conservazione è troppo cattivo per poterlo asserire con certezza. L’Allorisma elegans è una specie caratteristica del permiano superiore. In Italia venne trovata dal dott. Caneva nel calcare a Bellerophon della Carnia. Allorisma tirolense St. Tovwtk, fig. 8:9. 1878. Allorisma tirolense StAcHE, Zur Fauna der Bell. Siidtirols, p. 33, Tav. I, fig. 28-29. L’Allorisma tirolense pare alquanto comune nelle marne dolomitiche permiane di Recoaro stante alle diverse impronte e ~ modelli interni che si conservano in alcuni blocchi di roccia. I due soli esemplari che potei isolare senza rovinarne il guscio mi sembra che corrispondano abbastanza bene al tipo figurato da 54 i CARLO ATRAGHI Stache. Sono di forma subtriangolare, una volta e mezza più lunghi che alti, leggermente rigonfi, coi lati cardinale e ante- riore diritti formanti nel loro incontro un angolo molto aperto, il posteriore tronco obliquamente e il ventrale convesso, con una carena che dall’umbone si dirige all'angolo infero-posteriore dividendo la conchiglia in due porzioni ineguali, l’anteriore molto più grande della posteriore. Dimensioni: Altezza . . .da mm. 19 a mm. 12 Lunghezza . . ù 25? Fio Spessore... . ‘ 5 x 4 È questa una specie del gruppo dell’ Allorisma elegans dal quale si distinge facilmente pel margine anteriore più diritto, la carena molto meno sviluppata e posta più all’indietro, e gli umboni meno ricurvi e più piccoli. Finora qesta specie era stata rinvenuta solo nel calcare a Bellerophon del Tirolo. Allorisma Tornquisti n. sp. Tav. II, fig. 4-5-6. Costituiscono questa specie oltre che alcuni frammenti tre modelli interni quasi completi. Sono di forma allungata, pressa- poco lunghi due volte l’altezza; poco rigonfi, col’umbone anti- mediano, sviluppato e sporgente. Il margine ventrale è legger- mente curvilineo e si continua all’avanti col margine anteriore quasi uniformemente arrotondato. Il margine posteriore è più sviluppato e, quasi tronco, forma con quello ventrale un angolo che si avvicina al retto. Dall’umbone scende verso il punto d’u- nione del lato posteriore con quello inferiore una carena ben sviluppata e alquanto ottusa. Dimensioni: Altezza . . . da mm. 12 a mm. 13 Lunghezza . . Lo 20 Diary. Spessore *. . *. È 3 4 5 Tra le specie note quella che maggiormente si avvicina a questa è l’Allorisma elegans King dal quale però si distingue per ’umbone meno spostato all’avanti, il margine anteriore maggiormente sviluppato, meno diritto e più uniformemente ar- rotondato. A Recoaro venne trovato nelle marne dolomitiche. FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO 55 Allorisma Stachei n. sp. Tav Eno 10 1878. Allorisma sp. ind. STACHE, Zur Fauna der Bell. Siidtirols (1. c.). pag. 34, Tav. I, fig. 26. A questa nuova specie riferisco l’Allorisma sp. ind. del cal- care a Bellerophon del Tirolo figurato da Stache. È una specie di forma allungata, subelittica, coll’apice poco sviluppato, leg- germente ricurvo e quasi mediano. Il margine ventrale è curvi- lineo e si continua coi margini posteriore e anteriore pure ar- rotondati, mantenendo però posteriormente una convessita più larga che non anteriormente. La carena posteriore, che va dal- l’umbone alla metà circa del margine posteriore è poco accen- nata e molto ottusa. Dimensioni: Altezza . .0 . . mm. 11 nere AR n 49 Spessorne®.e aio 3,5 Tra le diverse specie note mi pare che questa presenti una maggiore affinità coll’ Allorisma perelegans Waagen (*), se non che, pur avendo i margini uniformemente arrotondati, presenta l’umbone maggiormente spostato all’avanti e una maggiore con- vessità nella regione centrale della conchiglia. L’Allorisma Stachei resta quindi una specie del calcare a Bellerophon del Tirolo e del permiano superiore di Recoaro. Naticopsis minima Brown sp. 1841. Natica minima Brown, Trans. Geol. Soc. Manchester, pag. 64, Tav. VI, fig. 22-24. 1850. n 3, KinG, Mon. Perm. Foss., pag. 212, Tav. XVI, fig. 29. 1861. + A GEINITZ, Dyas, pag. 50, Tav. XI, fig. 20-22 (cum syn.). Questa specie è comune nei banchi che includono la flora a Voltzia, ma stante la durezza della roccia e la fragilità del ‘suo guscio riesce difficilissimo il poterla isolare completamente. Con grande fatica ho potuto isolare tre esemplari, ma non com- (1) Waaaen, Salt Ranye Fossil, vol. I, part. III, 1. ‘c., pag. 193, tav. XVII, fig. 3-4. 56 CARLO ATRAGHI pletamente. Esaminati però tutti e tre insieme non lasciano dubbio trattarsi di questa specie, sia per le piccole dimensioni, sia per la forma globosa, pel numero dei giri, per la conforma- zione delle suture, come per l’ornamentazione formata dalle strie d’accrescimento. È una specie del gruppo della Naticopsis cadorica Stache, Nat. pusiuncula Stache (1), e Nal. minuta Gemm. (?); da queste si distingue per la spira più rialzata e l’ultimo giro meno ri- gonfio in rapporto agli altri, e quindi per l’apertura meno larga. La Naticopsis minima Bron. è una specie propria del per- miano superiore. Loxonema cfr. Phillipsi Howse sp. 1841. Turritella Phillipsi Howse, Trans. Tynes Nat. F. Cl. J., pag. 240. 1861. Turbonilla sa GEINITZ, Dyas, pag. 47, Tav. XI, fig. 11-12-13 (cum syn.). Alcuni frammenti di roccia sono pieni di piccoli modelli in- terni, che, non potendoli isolare, ho dovuto studiare basandomi solo sulle loro sezioni. Se essi non si possono riferire con tutta certezza al Loxo0- nema Phillipsi Hov. perchè non si possono conoscere tutti i loro caratteri, presentano però con esso una grande affinità sia per l'andamento della spira, sia per il rapporto che v’ha tra l’altezza e la larghezza dei giri, come per l’angolo apicale. Il Loronema Phillipsi è una specie dello Zechstein. A Re- coaro venne trovato nelle marne dolomitiche. (1) Sracne, Zur Fauna der Bell. Siidtirols, 1. c., tav. I, fig. 6-7, pag. 47-48. (2) GemmeLLARO, La Fauna dei cale. con Fusolina delia Valle del fiume Sosio, l. c., pag. 76, tav. XXV, fig. 5-6. C, Airaghi, Foss, perm. dei dintorni di Recoaro. Atti Soc, Ital. Sc, Nat. Vol. XLVI Tav, Il. ELIOT. CALZOLARI& FERRARIO-MIL ANO FOSSILI PERMIANI DEI DINTORNI DI RECOARO 57 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Fig. 1-2 Gervillia elipsoidalis n. sp. = 3 Streblopteria subrotunda n. sp. » 456 Allorisma Tornquisti n. sp. = 7 n cfr. elegans King ; 8-9 - tirolense St. Hi 10 > Stachei n. Sp. a 11 Edmondia filigrana Kon. n 12 Myophoria? subtrigonata n. sp. + 13 Posidonomya incerta n. Sp. » 14-15 Posidoniella pseudogibbosa n. Sp. n 16 Schizodus pinguis Waagen - 17 S truncatus King sp. È, 18 Nucula Beyrichi Schl. sp. Tutte le figure sono in grandezza naturale tranne la fig. 3 che è ingrandita del doppio circa. +4 LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI Nota del socio Prof. G. De Alessandri See eS L’Appennino settentrionale colle sue formazioni clastiche argillose, marnose ed arenacee é caratteristico per le valli am- pie e regolari in balia dei torrenti che le rodono, pei suoi fianchi ora ripidi e scoscesi, ora tondeggianti ed uniformi, per le sue rupi brulle che si drizzano a precipizio sulle cime ed at- torno alle quali aleggia la poesia delle cento castella. Esso è classico nei fasti della geologia per numerosissime frane che da tempi remotissimi ne funestarono le sorti. La letteratura geologica è quindi assai ricca di autori che si sono occupati dei suoi scoscendimenti e che hanno di questi con maggiore o minor abbondanza di ricerche spiegato la genesi e gli effetti rovinosi. Fra i più noti basterà che io citi i nomi del Guidoni (!), del Bombicci (2), del Pantanelli (*), del Trabucco (4), del Niccoli (°), (1) Guiponi, Cenni sulla lavina di Corniglio. Spezia, 1854. (2) Bomgicci L., Sui franamenti nel territorio montuoso bolognese, ecc. Memoria letta alla Società Agraria di Bologna il 22 aprile 1888. Bologna, 1889. — Le frane sui monti. Gazzetta dell’ Emilia, n. 364, 29 dicembre 1896; n. 366, 31 di- cembre 1906; n. 3, 3 gennaio 1907. (3) PanrAnELLI D., Gli scoscendimenti montuosi. Natura ed Arte, Tom. I, 1896-97, pag. 493. (4) Tragucco G., Le frane dell'alto piacentino. Piacenza, 1889. (5) NiccoLi E., La frana di Mondaino. Boll. R. Com. Geol. d’Italia, vol. XIV, 1893. — La frana di Perticara, Boll. R. Comit. Geol. d’Italia, vol. XVI, 1895. — La frana di Casola-Valsenio. Boll. R. Comit. Geol. d’Italia, vol. XX, 1889. — La frana di Santa Paola. Boll. R. Comit. Geol. d’Italia, vol. XXIT, 1891. — La frana del Sasso della Valle del Reno. Boll. R. Comit. Geol. d’Italia, vo- lume XXIII, 1892. LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI 59 dell’Uzielli (*), del Santi (7), del Pullé (#), dell’Almagià (4), ecc., i quali tutti però si sono, quasi esclusivamente, occupati della regione interposta fra la Trebbia e la Scheggia le cui frane in- teressano generalmente la zona delle argille scagliose o quella superiore delle formazioni gessifere e sabbiose. Solo recentemente il prof. A. Issel (°), studiando il territorio di Torriglia, esaminò le frane dell’alta valle della Scrivia deter- minandone le cause e le successive fasi di movimento. Ma anche gli scoscendimenti di Torriglia, come gran parte di quelli dell'Appennino modenese o parmense, interessano la zona appenninica relativamente antica e che è interposta fra il secondario superiore ed il terziario medio. Le frane invece che si determinarono nel territorio di Acqui e delle quali è mio intento di brevemente occuparmi sono quelle che generalmente interessarono depositi più recenti, e riferibili al terziario superiore; rarissime sono quelle che agirono nei depo- siti del quaternario. La parte montuosa posta a mezzodi di Acqui, e nella quale avvengono ed avvennero le frane più cospique per estensione superficiale e per entità di rovine, è costituita dalle formazioni che rappresentano il miocene inferiore o l’oligocene superiore. La posizione geologica ed il sincronismo di queste forma- zioni sono dai diversi autori variamente interpretati. È però indiscutibile che esse sono sottostanti alle marne langhiane sulle quali giace la città di Acqui e sovrastanti sia alle marne scialbe, sia ai conglomerati che rappresentano l’oligocene. Taluni vogliono considerare questi depositi come rappre- sentanti la parte media od inferiore del durdigagliano accet- tando, con evidente offesa alle leggi della priorità scientifica, le suddivisioni di una serie che nei Colli di Torino e nell’ Appen- nino si presenta suscettibile di più intime e profonde scissioni di quella dell'Aquitania e nella quale gli studiosi del terziario stabilirono le prime suddivisioni di esso. (1) UzieLLI G., Brevi osservazioni intorno alla frana avvenuta a Sant'Anna Pelago il 21-22 dicembre 1896 e sulle frane in generale nelle opere pubbliche. Parma, 1897. (2) Santi V., Le frane dell'Appennino modenese. Modena, Soc. Tipog., 1897. (8) PurLée T., Paesi che se vanno. La frane dell'Appennino modenese. Riv. d’Italia, vol. III, pag. 291. (4) Aumaera R., Le frane e lo studio delle alterazioni superficiali della crosta terrestre, Atti del Congresso dei Naturalisti Italiani, Milano, 1907. (5) IsseL A., Torriglia ed il suo territorio. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XXV, 1906. 60 G. DE ALESSANDRI Questi depositi constano di marne grigiastre od azzurrine, disposte in banchi talora assai potenti e che alternano con stra- terelli e banchi di arenarie grigie, compatte che localmente si adibiscono a materiale da costruzione (Pietra di Cavatore). La resistenza abbastanza considerevole delle arenarie alla degradazione atmosferica ha fatto sì che il paesaggio ove esse affiorano e prendono sviluppo sia, come ho già fatto rilevare in altro mio studio (!), spiccatamente caratteristico per un aspetto più irregolare, anzi talora alpestre, irto di punte elevate e sco- scese, solcato da profondi burroni a pareti ripidissime. Le creste erette e di facile difesa offrirono alle genti sicuro asilo, sicchè in questa zona sorsero nel medio evo numerosi castelli e villaggi coronanti le alture. Si ammirano tuttora in essa gli avanzi vetusti dei castelli di Torre Uzzone, Scaletta, San Giorgio- Scarampi, Olmo-Gentile, Roccaverano, Vengore, Ponti, Castelletto, Montecrescente, Cavatore, Ovrano, Cremolino, Tagliolo, Lerma, Mornese, ecc., ecc. I banchi e gli strati arenacei rappresentano una zona eminen- temente permeabile, mentre le marne costituiscono quella imper- meabile; i primi rappresentano una formazione che s’imbeve for- temente, le seconde, la zona ove trovano sede le superfici di scor- rimento. Le frane che avvengono nell’Appennino hanno quasi sempre le stesse caratteristiche e ad esse malamente si possono appli- care le distinzioni colle quali l’Heim (?) classificò le frane in genere, distinzioni che Neumayr (8) ha accettate ed applicate a quelle della catena alpina e che il Réclus (4) ha largamente illu- strato. Il prof. Pantanelli (°) ha giustamente osservato come nel- l'Appennino gli scoscendimenti si presentino in due modi: Nel primo l’acqua imbeve uno strato permeabile sottoposto ad uno strato solido impermeabile; nel secondo l’acqua deter- mina in una massa di materiali. o di strati permeabili una (1) De ALessanpRI G., Appunti di Geologia e di Paleontologia sui dintorni di Acqui. Atti Soc. ltal. di Scien. Nat., vol. XXXIX, 1901. @) Hem A., Ueber Bergstiirze. Nejuahr. der Ziirich. Naturf. Gesells. Zurich, 1882. (3) Neumayr M., Ueber Bergstiirze. Zeitsch. der deutsch-oester. Alpenvereins, vol. XX, 1889. (4) RécLus È., La Terre. Paris, 1868, Tom. I, pag. 217. (5) PANTANELLI, D. op. cit., pag. 484. LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI 61 falda satura per l’arresto dell’acqua stessa contro una superficie interna impermeabile, o meno permeabile di quella superiore. Nel primo caso si hanno gli scoscendimenti dei terreni so- lidi, nel secondo quelli dei terreni sciolti. Il più gran numero però delle frane appenniniche appartiene alla seconda categoria. La regione posta a mezzodì di Acqui e sovratutto le adia- cenze dello Stabilimento Termale rappresentano zone in gran parte franate e frananti. Le cause del fenomeno vanno ricercate nella costituzione litologica delle formazioni, ma più di tutto nella disposizione stratigrafica delle medesime. La massa in parte scoscesa del Monte Stregone, alla cui base zampillano le fonti termali e nella quale la credenza po- polare trova argomento di superstizioni paurose e sovranaturali, e che sarebbe secondo le medesime destinata in qualche triste alba di sventura ad aprire i suoi fianchi ed a rovesciare sulla città di Acqui torrenti di lave od ammassi di ceneri e lapilli è costituita da una serie regolarissima dei sedimenti marini. Nella parte inferiore si osserva un gran banco calcareo e superiormente un’alternanza di arenarie e di marne. Nessuna traccia presentano-queste formazioni, nè quelle li- mitrofe, di fenomeni vulcanici antichi o recenti. Le fonti termali stesse, pur rappresentando una manifesta- zione indiscutibile dell’attività endogena della terra, ripetono la termalità loro da cause indipendenti da focolari vulcanici. La direzione dei banchi è naturalmente parallela all’asse appenninico e l’inclinazione varia da 20° a 22° E-N-E. Traccie evidenti di antichissime frane si scorgono presso Acqui nelle adiacenze stesse delle fonti termali. Così la regione posta ad occidente delle Terme e sovratutto gli avvallamenti presso C. Roccasorda e C. Cartino, presentano nella serie delle stratificazioni disturbi dovuti a frane avvenute forse in tempi preistorici. Anche la regione a Sud delle Terme, lungo la valle del Ra- vanasco, presenta, sotto la C. Palestro e sotto la C. Montagnola, l’impronta di antichi scoscendimenti. Le pendici settentrionali e quelle orientali del Monte Stre- gone presentano traccie di numerose frane, talune delle quali av- vennero in epoche storiche e lasciarono paurosa ricordanza nelle tradizioni popolari. 62 G. DE ALESSANDRI Parecchie di esse avvennero anche nelle formazioni già dislo- cate di frane preesistenti. Allorchè gli strati superficiali per la degradazione meteo- rica si disaggregano gli uni dagli altri, le acque di scorrimento, che si infiltrano abbondanti, sì raccolgono negli strati marnosi imbevendone e rendendone viscide le superfici, ed aumentando il peso della massa superiore determinano i movimenti franosi. Le frane quindi appartengono quasi tutte a quelle che si producono per scivolamento o per scorrimento. Sono, da quanto a me consta, da escludersi come cause pre- disponenti le azioni sismiche. Questi strati e quelli che sono loro immediatamente sovra- stanti, costituiti in gran parte da formazioni marnose (lan- ghiano del Pareto), furono per azione erosiva delle acque della Bormida profondamente incisi e scalzati alla loro base. Essi rappresentano un ammasso inclinato a N-E, ossia alquanto obliquo al corso della Bormida. Lo scoscendimento più memorabile avvenuto in queste lo- calità è quello verificatosi lungo le pendici settentrionali del Monte Stregone, nell’anno 1679 che rovinò e seppelli comple- tamente i grandiosi edifici eretti attorno alle fonti termali. La massa franata fu straordinariamente voluminosa poichè lo storico acquese, il Biorci (*), parlando delle Terme osserva: “nell’anno 1679 “ nell’ultimo giorno di marzo che era il Venerdì Santo per una “ terribile smossa di terreno avvenuta nel Colle vicino andò in “ rovina la fabbrica con tutte le case che erano d’intorno. Vha “ sicura memoria che in tale occasione una cascina dalla metà “ di quel colle venne giù intera coi fondamenti, sino ai piedi dello stesso monte senza offesa delle bestie entrostanti le “ quali nel giorno appresso furono estratte sane e salve ,. Per questo scoscendimento le fonti termali che dapprima scaturivano da formazioni in posto furono ricoperte ed in parte di- sperse ;-per catturarle nuovamente si dovettero fare importanti opere di allacciamento e di captazione entro le masse franate. Questi movimenti franosi furono quasi contemporanei con altri dell'Appennino modenese, perchè il Santi (?) occupandosi (1) Brorcr G., Antichità e prerogative d’Acqui Staziella, Tortona, 1818, Tom. I, pag. 72. (*) Santi, V. op, cit., pag. 25. LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI 63 delle frane di quella regione trovò negli archivi parrocchiali di Ciano, sotto la data 23 marzo 1679, come Giovanni Caneda, Sacerdote di quella località, abbia scritto: “ Ricordo verissimo come la suddetta mattina circa le ore “ 16 cominciò una grandissima ruina alla Fontanina del Caneto, “ che ora è posseduta da Antonio Nodari et da Benedetto e Gio- “ vanni Battista suoi figlinoli con danno notabile, et andò per « li Pratizzoli di Prospero Susani, et poi nel Pianezzo, segui- “ tando giù ed entrando nel campo grande verso mattina, ov- “ vero verso la Baltresca, venendo inverso le mie case della Cor- “ neda, sì che tutta la muraglia verso mattina era giusto nel “ taglio di detta ruina con sconcerto di dette muraglie e tas- “ selli, e passò ingiù la strada pubblica che va al molino, ed “ entro nelle piantade di sotto seguitando in giù pel mezzo di “ dette piantade andando per il campo detto il campo dell’homo, “ e giù per li Pratizzoli di sopra et di sotto con per tutto un “ grandissimo sconcerto, seguitando sin dove ora è la chiusa “ del molino con uno sbocco nella Giara, ritornò alla Fontanina « già menzionata seguita la piantada che è sopra il canevare “ delli nominati Notari, nel qual canevare vi sono piedi di. “ moro n.° 5 che sono di Benedetto, che fu figliuolo del già. “ Domenico Notari, e seguitò giù dietro la siepe dell’horto del “ medesimo e con grandissimo cavo sotto la siepe del detto “ horto, poi seguitando il macino di Benedetto Magni, andando “ infino nel cortile dove si dice alla Torre vicino a detta casa, “ circa due braccia, andando dove erano state certe murazze, “ seguitando in giù per il campo di Lando, et poi passò il riolo: “ che va nel campo di Bedetti con sbocco insino alla Giara, dove che ogni cosa era in una nave. , i La causa degli scoscendimenti di quell’anno va senza dub- bio ricercata nell’azione di acque meteoriche sovrabbondanti, in- fatti troviamo che il Baruffaldi (') nella sua istoria di Ferrara ricorda: “dopo un anno assai piovoso quale fu il 1678 seguì un inverno con molta neve, che nella primavera del 1679 squaglian- dosi fece ingrossare i fiumi, i quali rigonfiati oltre misura per cagione delle pioggie traboccarono in modo che il Po giunse quasi fin sotto le mura di Ferrara ,,. Esaminando tuttora le traccie lasciate da questa grande (1) BarurrauDI G., Dell’ Istoria dì Ferrara. Libro IX. Ferrara, 1700, pag. 266-276... 64 G. DE ALESSANDRI frana si scorge come essa non abbia seguito un piano di scor- rimento determinato dai piani di stratificazione, perchè essa si è riversata in gran parte ad occidente del punto di distacco. Probabilmente essa a differenza di quelle che avvengono nel- l’Appennino fu originata dal dirupamento dei materiali so- vrastanti a qualche zona abrasa od asportata. Questa zona po- trebbe essere quella dei calcari, che costituiscono, come già dissi, nel Monte Stregone la base della serie stratigrafica e che pre- sentano numerose cavità o caverne. In questo caso il fenomeno è in parte avvenuto per ribaltamento o per rovesciamento degli strati, indipendentemente dalla inclinazione loro; ed ha qualche carattere comune con quelli avvenuti in Piemonte presso Bra e presso Cherasco dei quali si sono occupati il Peola (*) ed il Sacco (?). In epoca più recente, cioè nella primavera del 1876, un’al- tra grande frana si distaccò nella stessa regione, ad oriente e lateralmente a quella sumentovata, distruggendo parecchie ville e mietendo vittime umane. La direzione dello scoscendimento fu verso E-N-E e la sua causa ed i suoi disastrosi effetti furono in tutto identici a quelli della frana avvenuta recentemente (aprile 1907). L’anno 1902, colle sue abbondanti pioggie primaverili, de- terminò nella parte alta del Monte Stregone un distaccarsi di numerose frane locali, le quali dislocarono fortemente le forma- zioni poste verso la C. Ghiglia e ad oriente della C. Bagnoli verso la C. Malfatti. Esse determinarono un fratturarsi ed un accavallarsi di strati presso la C. Miroglio e verso valle bifor- cate smossero le formazioni ad occidente di C. Restelli e quelle ad occidente di C. Americano fino al greto della Bormida. L’anno 1902 fu pure memorando per numerose frane che avve- nnero nelle falde settentrionali delle colline poste fra Acqui e Melazzo, e di quelle fra Melazzo e Ponti. La più vistosa e la più disastrosa di esse fu quella distacca- tasi in territorio di Melazzo, presso la collina Montecrescente, in regione Canaretta, e che devastò una fertile plaga di vigneti en- tro la quale si trovavano due case coloniche che nella discesa travolsero gl’inconsci abitatori. (1) Prova P., Le frane dei dintorni di Bra nel gennaio 1897. Bra, Tip. Racca, 1897. (2) Sacco F., La frana di Sant'Antonio nel territorio di Cherasco. Ann. R. Accad. Agric. di Torino, vol. XLVI, 1903. LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI 65 Nella primavera dell’anno 1905, nelle falde meridionali del Monte Stregone e precisamente a Sud di Lussito, sotto la C. Pa- lestro, una frana considerevole si distaccò con direzione da 0-S-0 ad E-N-E. i Il movimento fu determinato dallo slittamento verso valle di una grande massa fratturatata ed avvenne sopra un piano marnoso, che le acque meteoriche avevano reso estremamente viscido. Questo scoscendimento, sia per la sua direzione e posi- zione nella serie stratigrafica del Monte Stregone, e quindi per la potenza degli strati franati, sia per la causa del suo mo- vimento corrisponde appieno a quello avvenuto nello scorso aprile 1907 ed anche esso ha voluto le sue vittime umane. Nell’anno 1904 e 1905 si verificarono importanti frana- menti in territorio di Bistagno, regione Fango, dovuti ad am- massi potenti di argille quaternarie, quasi impermeabili, che slittarono sopra i banchi di marne poste inferiormente ad esse. Queste argille per le pioggie eccezionalmente abbondanti del marzo 1904 e del maggio 1905, pioggie che si erano raccolte in uno straterello di ghiaia a loro sottostante, slittarono a valle rovinando ubertose regioni. Questo è uno dei pochi casi di frane dei dintorni di Acqui che sfugga alle regole generali e che in- teressi strati post-terziari ed il fenomeno ha evidenti analogie con quello che nel 1892 si verificò sui colli di Torino e del quale si è occupato il prof. F. Sacco (1). Il giorno 6 aprile del 1907, verso le ore 20, le masse stra- tigrafiche del Monte Stregone dovevano nuovamente scoscendere determinando la formazione di una grande frana che devastò, come già dissi, la regione limitrofa e posta ad oriente di quella franata nel 1876. I primi indizi del pericolo minacciante sembrano risalire ad alcuni mesi addietro e gli abitanti della regione avrebbero os- servato in più riprese parziali cedimenti del suolo, con appari- zione di larghe fenditure, in varia guisa fra di loro interse- cantisi. Lo scoscendimento avvenne nelle pendici N-E del monte ed abbracciò una superficie di circa 3500 mq. smovendo una massa di circa 30.000 me. Il movimento avvenne sopra un (1) Sacco F., Il fenomeno di franamento verificatosi in Piemonte nella primavera del 1892. Annal. R. Accad. Agric. di Torino, vol. XXXVI, 1893. 66 G. DE ALESSANDRI piano di stratificazione, marnoso, che dopo il fenomeno presenta una superficie speculare (/iscione), fortemente laminata, anzi quasi scistosa, inclinata di circa 22° E-N-E. La potenza delle formazioni smosse è nella sua parte più alta di circa m. 10,35, così ripartiti dall’alto in basso: 1° terriccio vegetale (humus) . 2 SODI GSO 2° straterelli di marne verdastre, alterate ,, 1,50 3° banchi marnosi, bluastri, compatti. MEA 8310515) (0) dI 1 YOY, ” 4° banco arenaceo, disaggregato . ; Egr 00 5° strato arenaceo, compatto - 5 erre vita) 6° marne azzurrine in banchi . : ST te, OO Caratteristico ed assai importante per la genesi del feno- meno è l’aspetto del banco marnoso che forma il n. 6 della serie testè distinta. Esso si presenta con un fittissimo sistema di frat- turazioni profonde, dirette in varî sensi, le quali formano una rete a maglie romboidali e che danno l’impressione come di una minuta basaltizazione. Tali fratture hanno di conseguenza favorito la discesa delle acque che scendevano dagli strati su- perficiali. Lo strato immediatamente sottostante, che forma la piat- tabanda dello scorrimento è costituito da marne compattissime, fine, omogenee e che naturalmente presentano ottimi caratteri di impermeabilità. La causa del movimento delle masse va unicamente ricercata nelle acque meteoriche, che attraverso le soluzioni di continuità (diaclasi e plesioclasi) degli strati superficiali scesero abbondanti fra le loro masse. Il complesso degli strati che si osserva nelle vicinanze della frana per il predominio delle formazioni marnose avrebbe carat- tere di relativa impermeabilità, ma l’azione dei freddi intensi dello scorso inverno determinò la congelazione delle acque im- beventi le masse e quindi accresciute di volume le medesime de- terminarono in queste masse una disgregazione, anzi un cli- vaggio profondo. Le acque superficiali avevano così una via tacile per scendere in basso, sovratutto attraverso le fratture del banco marnoso che rappresenta il n. 6 della serie. Come si vede, in questo caso si riscontra un complesso di strati, alcuni dei quali per la loro natura hanno caratteri di impermeabilità, ma che per effetto delle diverse azioni determinanti LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI 67 soluzioni di continuità acquistarono la proprietà di lasciarsi agevolmente attraversare dalle acque, ossia diventarono pene- trabili. Le prime e scarse acque primaverili, cadute verso la fine del marzo ed in principio di aprile, poterono con facilita scen- dere ed imbevere fortemente le marne sottostanti, impermea- bili, le quali diventarono viscide, mentre gli strati sovrapposti si inzupparono fortemente di acqua, ed accrebbero notevolmente il loro peso. La concomitanza di queste cause e l’accrescersi dei due fat- tori, per leleggi digravità determinarono il movimento delle masse. Nella parte più a valle di queste formazioni ed in una trincea interessante pressappoco tutta la potenza della serie smossa, si trovava una modesta costruzione, |’ Osteria dei Pesci vivi. Essa dal movimento franoso venne completamente divelta e ridotta ad “unammasso di rovine, perchè il materiale che sopra si rovesciò fu aumentato considerevolmente da ostacoli laterali determinanti urti e sovrapposizioni in guisa che raggiunse un’altezza di circa 12 o 14 metri. Un intera famiglia di cinque persone che dimorava nella casa miseramente travolta, fu vittima del triste fenomeno, contro al quale cercò rimedio invano l’opera di sgombro iniziata e di- retta con zelo dalle autorità cittadine e l’abnegazione degli ani. mosi conterrazzani. Questa frana per gli strati che ha interessato, per la sua ge- nesi e per gli effetti che ha prodotto ha grandissime analogie con quella avvenuta il 21 gennaio 1889, presso Casola-Valsenio (Cir- condario di Faenza) e che il Niccoli ha illustrato. L’Heim occupandosi delle frane che avvengono nei terreni pietrosi (felsbrviche) cita un altro scoscendimento rovinoso avve- nuto in identiche e precise condizioni presso Goldau il 2 settem- bre 1806. La massa franata era costituita da strati alternanti di argille, marne ed arenarie (nagelfluh) ed aveva un’inclinazione variabile dal basso all’alto da 20° a 30°. In seguito a pioggie abbondanti le argille sottostanti diventarono una massa fangosa ed una plaga estesissima avente un volume di circa 15 milioni di metri cubi si mise a slittare sul suo sostegno viscido dirigen- dosi a valle. Tre paesi, Goldau, Unterròthen e Busingen, che si trovavano sul cammino della massa slittante furono distrutti e 457 persone perdettero miseramente la vita! 68 G. DE ALESSANDRI Da quanto ho finora esposto, riguardo alle frane dei dintorni di Acqui, si scorge come esse presentino quasi sempre, sia rispetto: alla genesi, sia rispetto al loro modo di comportarsi le caratteri- stiche di quelle dell’Appennino. Ma un altro carattere comune alle frane appenniniche, ed anche a quelle delle altre catene montuose, manifestano i recenti scoscendimenti dall’alto Mon- ferrato; cioè la tendenza che le frane hanno a riprodursi nelle stesse località. Questa tendenza a riprendere il movimento di- scendente delle masse franate fu da taluni autori impropriamente chiamata periodicità dei movimenti franosi. È principio assodato che le frane una volta avvenute sono a loro volta causa precipua di frane ulteriori e che il loro asset- tamento è sovente provvisorio, destinato in successivi intervalli che possono anche estendersi a qualche secolo, a rientrare in fase di movimento. Il Santi cita la frana di Lama o di Vaglio nell'Appennino modenese avvenuta nel 1879 e che secondo diligenti ricerche nelle cronache locali non sarebbe altro che una rinnovazione di scoscendimenti avvenuti nel 1400, nel 1575, nel 1689, nel 1835, nel 1864. Secondo lo stesso autore anche la frana di Ciano, distacca- tasi nel 1894, non sarebbe che una ripetizione di altre avvenute nella stessa regione, nel 1679, nel 1681, nel 1727, nel 1733, nel 1785. Secondo il prof. Pantanelli la grande frana di Sant'Anna Pie- ve Pelago avvenuta il 22 decembre 1896 si distaccò da un’altra preesistente nella stessa località. La frana di Mondaino (Rimini) avvenuta. il 30 marzo 1883 e descritta dal Niccoli, ebbe le sue origini in una frana già esistente; quella che rovinò il traforo di Deiva (Riviera di Levante), avvenuta il 9 marzo 1885, accadde secondo il Mazzuoli ('), in un vecchio scoscendimento che già esisteva in quella regione; anche le frana di Perticara (prov. di Pesaro ed Urbino), avvenuta il 30 gennaio 1885; quella di Castel- frentano (Appennino meridionale), avvenuta il 31 luglio 1881 (?), e quella di Casola Valsenio (Circondario di Faenza) distaccatasi il 21 gennaio 1889, sempre secondo il Niccoli sono fenomeni suc- cessi in plaghe già franate. Lo scoscendimento di Bracca in Valle (1) MazzuoLi L., Nota sulla frana di Deiva (Liguria) Boll. R. Comit. Geol. d’Italia, vol. XVI, 1885. (2) NiccoLi E., La frana di Castelfrentano. Boll. R. Comit. Geol. d’Italia, vo- + XIII, 1882. LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI 69 Serina (Prealpi bergamasche) avvenuto il 13 settembre 1888, si svolse secondo il Taramelli (!) in terreni già franati. Anche il dott. Almagià descrisse parecchie zone franose nelle valli della Trebbia, della Staffora, del Taro e della Parma ove si ha un continuo riprodursi di frane; così la regione presso Cor- niglio (valle della Parma), fu devastata da un rovinoso scoscen- dimento il 12 novembre 1612 e recentemente nel giugno 1902 lo stesso fenomeno si riprodusse colle identiche disastrose conse- guenze. L’Issel pure annovera nel bacino di Torriglia scoscen- dimenti secondari che si determinarono in altri più antichi. Naturalmente le zone franate producendo una fratturazione profonda negli strati ed un accumulo considerevole di terriccio vegetale sono fertili, e quindi scelte di preferenza quali centri di coltivo e di abitazione. Tali plaghe purtroppo, per le considerazioni svolte sulla ten- denza delle frane a riprodursi, presentano continui pericoli di rovine. Nelle falde del Monte Stregone si osserva precisamente la villa Ghiglia la quale è a cavaliere di un antico scoscendimento, posto superiormente a quello avvenuto nel 1876. Anche in regione Roccasorda parecchie ville giacciono sopra gl’instabili depositi di antiche frane. Tutta la regione ad oriente della plaga franata recentemente comprendente ©. Chiarlo, C. Miroglio, C. Bertone, e che dalla sommità del colle arriva fino alla strada provinciale Acqui-Ovada, presenta grandi probabilità di ulteriori devastazioni dovute a futuri movimenti della frana già smossa nel 1902. Che il pericolo sussista realmente lo indica la presenza di numerose fratture e fenditure che a guisa di crepacci, con dire- zione varia, ma prevalentemente da E ad O, solcano gli strati superficiali di questa plaga e nelle quali si precipitano abbon- danti le acque meteoriche. EA ora giunti al termine di questa breve rassegna è cosa naturale domandarci quali sarebbero i rimedi per impedire, od almeno allontanare il pericolo di ulteriori rovine. Generalmente gli autori che si sono occupati delle frane dopo (1) TarameLLI T., Scoscendimenti di Bracca in Val Serina. Rivista mens. Club Al- pino, 1888. 70 G. DE ALESSANDRI aver sciolto inni alati agli effetti benefici dei boschi e delle selve che anticamente rivestivano le regioni scoscese, dopo aver lanciato dardi sdegnosi all’insana furia devastatrice dei medesimi, alla neghittosità delle amministrazioni che non hanno saputo difendere questo patrimonio nazionale, dopo averadditato l'esempio delle nazioni straniere conservatrici e tutrici gelose dei loro boschi, propongono come mezzo assoluto a scongiurare ulteriori rovine il rimboschimento. Il rimboschimento sarebbe senza dubbio un mezzo abbastanza indicato per mettere un freno naturale al fenomeno; ma se noi consideriamo che i principali e più profondi scoscendimenti che avvennero nella regione alpina, come il Penck e Bruckner (1), il Taramelli (*) ed il Cozzaglio (*) hanno dimostrato, e quelli della regione appenninica come il Rovereto (4), l’Almagià ed il Sacco (?) hanno riscontrato avvennero in epoche lontanissime (quaternario antico) quando i dorsi dei monti erano mantellati da fitta vege- tazione arborea, noi dobbiamo ammettere che neppure le selve valgano ad impedire gli scoscendimenti. È asserzione quindi esagerata quella dell’Uzielli che attri- buisce tutte le frane avvenute nell'Appennino ad effetto del di- sboscamento. D'altra parte le regioni attualmente disboscate sono quasi tutte adibite a cultura intensa della vite, con notevole incre- mento del loro reddito e del loro valore e difficilmente si riu- scirebbe ad ottenere dai proprietari la sostituzione di una coltura assai meno rimunerativa. Si aggiunga che i boschi non possono estendere la loro azione protettrice prima di un periodo di almeno 60 od 80 anni e che inoltre la regione essendo oramai profondamente disgregata l’azione frenatrice della vegetazione arborea avrebbe scarsa ef- ficacia. (1) Penok et Briitcxner, Die Alpen im Piszeitallter. Lipsia, 1901, (2) TarameLLI, Di alcuni scoscendimenti postglaciali nelle Alpi meridionali, Rend. R. Ist. Lomb. Lett. e Scienze, 1881. (3) CozzagLio A., I paesaggi prealpini e le moderne teorie della geologia continentale. Boll. Club Alp. Ital., vol. III, 1889 — e Valore e modalità degli spostamenti della re- gione veneta in confronto della lombarda. Ateneo di Brescia, 1899. (4) Rovereto G., Geomoforlogia delle Valli liguri. Atti R. Università di Genova, vol. XVIII, 1904. (5) Sacco F., Lo sviluppo glaciale nell'Appennino settentrionale, Boll. Club Alp. Ital., 1893. — L'Appennino dell'Emilia. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XV, 1895 — e L'Appennino settentrionale, id., id., vol. XVIII, 1899. LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI 71 Per queste considerazioni non mi sembra praticamente pos- sibile e da consigliarsi il rimboschimento delle plaghe devastate, perchè per essere efficace esso dovrebbe d’altra parte estendersi a tutto il versante Nord dei contrafforti appenninici. I lavori murali intesi a sostenere con bastioni le formazioni slittanti, come si è cercato di praticare lungo la strada provin- ciale e sotto C. Americano, non hanno a mio avviso azione pra- tica perchè inadeguati a resistere alle spinte potenti di una massa che frana e che ha l’inclinazione rilevante di 22°. L’unico mezzo che si dovrebbe esperire è un facile e razio- nale regime delle acque, sia di quelle meteoriche che scorrono superficiali, sia di quelle profonde che affiorano in questa zona. Una fognatura approfondita non sarebbe a mio avviso da consigliarsi perchè soverchiamente costosa e di facile deterio- ramento. Bisognerebbe anzitutto impedire il soverchio lavorio di ero- sione dei rivi che scendendo precipitosi incidono e scalzano le formazioni, e ciò si potrebbe ottenere con opportuni ripari, con dighe e con imbrigliamenti fatti al loro corso in modo da at- tenuarne l’azione erosiva. Infine con una rete fittissima di trincee e canali superficiali impermeabili, di facile scolo e praticati trasversalmente al de- ‘clivio dei monti, impedire più che sarà possibile la penetrazione delle acque negli strati del sottosuolo, dirigendole a valle. Queste opere di non grave e costosa attuazione e di minimo manteni- mento hanno già ottenuto buoni risultati altrove. Il Santi ha riscontrato che tali sistemi saggiamente praticati alle falde del monte Cimone (Appennino modenese) hanno sal- vata la terra di Riolunato che altrimenti “ sarebbe certamente andata a perdersi con irreparabile ruina di 59 famiglie che allora l’abitavano e del fertile terreno che la circonda ,,. Recentemente l’ing. Niccoli occupandosi dei provvedimenti intesi a salvare la regione di Santa Paola (circondario di Cesena) da ulteriori franamenti consiglia... “ l’incanalamento superficiale con cui regolandosi gli scoli si viene ad impedire la dispersione delle acque all’esterno e la formazione di corsi sotterranei, poco al disotto della crosta coltivabile. Simili corsi riescono veramente esiziali perchè minano di continuo la compagine del suolo, com- promettendone la stabilità molto più che non facciano le filtra- zioni lente e sparpagliate in tutta la massa. ,, 72 G. DE ALESSANDRI - LE FRANE NEI DINTORNI DI ACQUI Anche nelle valli prealpine della regione bresciana, berga- masca e del lago Maggiore furono presi provvedimenti consi- mili che diedero ottimi risultati. Il progetto potrebbe avere facile attuazione se i proprietari dei fondi nelle zone minacciate da scoscendimenti, stabilissero associazioni o consorzi per unire, intensificare e per dare scien- tifico indirizzo all’azione collettiva. Milano, Museo Civico di Storia Naturale, 23 aprile 1907. oo — CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI DELLA COLONIA ERITREA Nota del socio Dal Fiume Camillo pri La collezione ornitologica della quale pubblico il catalogo è il risultato di due escursioni nella colonia Eritrea. La prima dal -dicembre 1902 all’aprile 1903 e la seconda dal novembre 1904 al gennaio 1905; ma durante quest’ultima escursione, giunto a Keren, mentre ero diretto al Setit, fiume che segna il confine sud-ovest della colonia coll’Uolcait, per cause indipendenti dalla mia vo- lontà dovetti arrestarmi e ritornare in patria, rimandando ad altro tempo la sua effettuazione. Il materiale raccolto in queste escursioni, tenuto conto del breve tempo impiegato, è abbastanza rilevante. Sono 516 esemplari appartenenti a 177 specie e fra queste una specie nuova di Cryptolopha raccolta sulla sommità del monte Lalamba presso Keren. Essa fu descritta dal chiarissimo conte Tommaso Salvadori col nome di Cryptolopha erytraeae. Incredibile è la quantità d’uccelli che ovunque incontrasi, dai più grandi avvoltoi alle piccole e splendide nectarinie. Numerosi i rapaci, specialmente nelle regioni dei Bogos e del Barka; così potei prendere l’Aquila walbergii, Sund., il Nisaetus bellicosus (Daud.), quattro bellissimi esemplari di Buteo ferox (Gm.) e l’astuto Helotarsus ecaudatus (Daud.) che si vede sovente ma difficilmente si lascia cogliere. Della famiglia dei Capitonidi ebbi anche il Pogonorhynchus vielloti (Leach.) ed il Pogonorhynchus melanocephalus (Ripp.). Nelle vicinanze di Keren l’uccello del miele l’Indicator minor, Sparm. ed in una escursione lungo il littorale a Ras Ghedem il Caprimulgus nubicus, Licht. ot 74. DAL FIUME CAMILLO Delle Campephagidae salendo il monte Rapto (Keren) uccisi il bellissimo Lanicterus xanthornitoides, Less. Raccolsi varie specie di Lanidae e fra queste il Lanius rutilus, Lath., ed il Nilaus afer (Lath ). Sulla via di Agordat presso i pozzi di Adarté potei arric- chire la mia collezione del raro Anthoscopus punctifrons, Sund. Ebbi varie specie di Fringillidae, come l’Emberiza hortulana, Linn., l’Emberiza cinerea Strich ed un bellissimo isabellismo del Passer swainsonii (Rtipp.). Fra le Turtur oltre alle specie comuni come la T, lugens (Riipp.) la T. semitorquatus (Rupp.) ed altre che in numero con- siderevole in ogni luogo incontrasi, potei anche avere la T. vi- naceus (Gm.). Raccolsi pochi uccelli palustri ed acquatici e questo per aver compiute le mie escursioni durante il periodo asciutto ed in località ove l’acqua era scarsa; in ogni modo presi la Platalea leucorodia, Linn.; la Casarca rutila (Pall.); il Pelecanus rufescens, Gm. ; la Disporus sula (Linn.) ed altri ancora. Colgo questa occasione per esternare la mia gratitudine al conte Tommaso Salvadori per la sua cortesia nella determina- zione di molte specie e così pure al prof. Giacinto Martorelli; e alle autorità militari e civili della colonia ed in special modo al’egregio capitano cav. Lodovico Zambonelli per l'accoglienza e squisita gentilezza ricevuta. Badia Polesine, agosto 1906. Fam. Vulturidae. Sp. 1. Lophogyps occipitalis (Burch.). (239) 9. Keren, 1° febbraio 1903. Fronte bianca; vertice, cer- vice e nuca di colore bruno mescolato di bianco; remiganti se- condarie in parte del tutto bianche, in parte tinte di bruno. Osservato varie volte a Keren e lungo la via che conduce ad Agordat. Sp. 2. Gyps ritpelli (Brehm). (177) 9. Keren, 20 gennaio 1903. (178) Keren, 20 gennaio 1903. Frequente nella regione dei Bogos. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 75 Sp. 3. Neophron percnopterus (Linn). (43) 0°. Keren, 5 gennaio 1903. (46) Q. Keren, 5 gennaio 1903. (405) dg. juv. Keren, 28 febbraio 1903. Comunissimo nei Bogos e nel Barka. Al tramonto si riuni- scono sui baobab ove passano la notte; all’alba si recano negli immondenzai vicini all’abitato. Fam. Falconidae. Sp. 4. Aquila maculata (Gm.). (491). Az Teclezan, 14 dicembre 1904. Becco nero bruno; cera e piedi gialli; iride bruna. Colorito generale bruno uniforme; sottocoda e cuopritrici superiori della coda fulvo chiaro; coda bruno nera con traccie ‘ di fascie più chiare; apice della stessa fulviccio. Remiganti se- condarie e cuopritrici delle ali con largo margine fulvo all’e- stremità. Sp. 5. Aquila albicans, Riipp. (151) o&. Keren, 18 gennaio 1903. (173) d°. Keren, 19 gennaio 1903. (176) 2. Keren, 20 gennaio 1903. (194) gd. Keren, 24 gennaio 1903. (464 e 469) JT, I, 2, ?, 2, £, Keren, 10 dicembre 1904. Serie di dieci esemplari presi tutti nelle vicinanze di Keren ove questa specie è comune e nidificante. Il colorito varia moltis- simo da uno all’altro, mentre che in alcuni è grigio- bianchiccio- isabellino in altri è bruno scuro più o meno uniforme. Nel gennaio 1903 ebbi a Keren i nidacei. Incontrai pure con frequenza questa specie anche lungo la via che conduce ad Agordat. Sp. 6. Aquila walhbergii, Sund. (336) JI. Agordat, 19 febbraio 1903. Iride castagno; .becco nero; piedi e cera gialli. Bruno uniforme; penne delle parti su- periori con l’apice più chiaro. Ali che raggiungono i due terzi della coda. Unico esemplare incontrato mentre era posato con alcuni Lophoaetus occipitalis sopra una palma Doum lungo la riva si- nistra del fiume Barka presso Agordat. DAL FIUME CAMILLO “1 (er) Sp. 7. Nisaetus bellicosus (Daud.). (393) 0°. Keren, 26 febbraio 1903. Iride giallo-bruno; piedi cenerino verdastri; gola e lati del petto bruno nero; parti infe- ricri bianche con macchie traversali brune. Sp. 8. Nisaetus spilogaster (Bp.). (175) o’. Anseba presso Keren, 20 gennaio 1903. (265) 2. Daari, 6 febbraio 1903. Esemplari adulti somiglianti perfettamente. Iride arancio; piedi giallastri, Sp. 9. Lophoaetus occipitalis (Daud.). (136, 137) o’, 9. Keren, 15 gennaio 1903. (226) 9. Daari (Keren), 30 gennaio 1903. (326) o. Carobel, 16 febbraio 1903. (337) 9. Agordat, 19 febbraio 1903. Tutti adulti, la 9 (226) ha le penne corrose e sbiadite. Specie frequente nei Bogos e nel Barka e facile da prendere. Sp. 10. Helotarsus ecaudatus (Daud.). (240) 2. Anseba presso Keren, 2 febbraio 1903. Adulto col dorso castagno scuro. Iride scuro; becco rosso arancio alla base, nero in cima. L’aquila giocoliera incontrasi di trequente nei Bogos e nel Barka, ma è difficile di prendere volando sempre a grandi altezze. Sp. 11. Buteo ferox (Gm.). (79) 0°. Daari a Keren, 10 gennaio 1903. Parti superiori di color bruno col margine delle penne rossiccio; sopracoda bruno; gola e petto fulvo chiaro; fianchi fulvo scuro con macchie brune; timoniere brune dal lato esterno, biancastre all’interno e striate di bruno scuro. i (208) 9. Keren, 26 gennaio 1903. Colorito generale bruno scuro uniforme; coda bruno chiaro con strie più oscure. (220) gd. Anseba, 28 gennaio 1903. Parti superiori di color bruno scuro col margine delle penne rossiccio; gola bianca; testa e lati del collo biancastri con sottili strie brune sullo stelo ; petto bianco sudicio. Addome e sottocoda lionato chiaro, mac- chiato di bruno scuro; timoniere lionato chiaro, bianche all’in- terno con fascia bruna all’apice. (470) 2. Keren, 10 dicembre 1904. Penne delle parti superiori brune con largo margine lionato, delle parti inferiori fulve con CATALOGO DI UNA COLLEZIONE, DI UCCELLI, ECC. 7 leggiero margine più chiaro; testa rossigna; timoniere alla base grigie all’esterno e bianche all’interno, all’estremità fulve striate di nerastro. Sp. 12. Pterolestes augur (Riipp.). (124) 9. Anseba presso Keren, 14 gennaio 1903. Gola mac- chiata di nero; lati del petto con traccie di rugginoso. (189) o. Anseba, 22 gennaio 1904. Gola macchiata di nero; petto e fianchi bianchi. (219) 7°. Anseba, 28 gennaio 1903. Gola, petto e fianchi bianchi. Trovai questa specie soltanto presso Keren e precisamente dove il torrente Daari si unisce all’Anseba; località ove scorre perennemente un po’ d’acqua. Sp. 13. Milvus aegyptius (Gm.). (54) 9. Keren, 6 gennaio 1903. (59) 7°. Keren, 8 gennaio 1903. (193) o’. Keren, 23 gennaio 1903. (451) juv. Keren, 3 dicembre 1904. Becco nero, giallo alla base. Uccello ovunque comune, specialmente in vicinanza del- l’abitato. Sp. 14. Falco tanypterus, Schleg. (202) g'. Anseba a Keren, 24 gennaio 1903. Adulto; iride bruna, tarsi gialli. Sp. 15. Falco peregrinus, Tunst. (453) co. Keren, 5 dicembre 1904. Adulto. Sp. 16. Tinnunculus alaudarius (Gm.). (249) o. Daari, 5 febbraio 1903. (347, 348) co’, D°. Agordat, 20 febbraio 1903. (394) g°. Anseba, 27 febbraio 1903. Il Gheppio è comune; incontrasi ovunque. Sp. 17. Scelospizias unduliventer (Riipp.). (130) 9 juv. Anseba, 14 gennaio 1903. Iride gialla; piedi gialli; penne delle parti superiori bruno-scuro con leggero mar- gine rossigno; gola bianca; parti inferiori con grandi macchie nerastre. Tibie striate di fulviccio chiaro, timoniere con quattro fascie nere alternate da altrettante brune. 78 Let DAL FIUME CAMILLO Sp. 18. Micronisus gabar (Daud.). (250) 9. Anseba, 5 febbraio 1903. Frequente. Sp. 19. Melierax polyzonus (Riipp.). (44) g°. Anseba, 4 gennaio 1903. (84, 85) Anseba, 10 gennaio 1903. (156, 157) Daari, 18 gennaio 1903. (190) Daari, 22 gennaio 1903. Adulti. (251) 2. Anseba, 5 febbraio 1903. Giovine. Comune ovunque. Sp. 20. Circus swainsonti, Smith. (152) d°. Daari, 18 gennaio 1903. (196) 9. Daari, 24 gennaio 1903. (227, 228) 9, 9. Daari, 30 gennaio 1903. Tutti e quattro adulti. Frequente. Fam. Strigidae. Sp. 21. Bubo lacteus (Temm.). (406) 7. Anseba, 1° marzo 1903. Iride castagno. Frequente. Sp. 22. Bubo cinerascens, Guer. (291) o&. Adarte, 12 febbraio 1903. Iride bruno nera. Sp. 23. Athene perlata (Vieill.). (174) d°. Anseba, 20 gennaio 1903. (328) dg. Carobel, 17 febbraio 1903. (407) o&. Anseba, 1 marzo 1903. Tutti e tre hanno l’iride gialla. Fam. Psittacidae. Sp. 24. Pionias mesyerii (Riipp.). (69) 9. Keren, 9 gennaio 1903. Testa senza giallo. (172) 9. Anseba, 19 gennaio 1903. Tracce di giallo sul vertice (229) d°. Anseba, 30 gennaio 1903. Testa senza giallo; cuo- pritrici delle ali giallo-verdognolo. (230) d°. Anseba, 30 gennaio 1903. Una fascia gialla traverso il vertice. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 79 (231) 2. Anseba, 30 gennaio 1903. Vertice mescolato di giallo. (408) d°. Keren, 1 marzo 1903. Testa senza giallo. Comune nella regione dei Bogos; incontrasi in branchetti in prossimità dell’acqua. Sp. 25. Paleornis cubicularis (Hasselg.). (195) 9. Keren, 24 gennaio 1903. (331) o&%. Agordat, 18 febbraio 1903. (338 a 340) co’, gd, 9. Agordat, 19 febbraio 1903. Esemplari adulti; iride gialla. Abbondante nella regione del Barka e specialmente nei bo- schi di Palme Doum. (Cucifera thebaica). Sp. 26. Agapornis tarantae (Stanl.). (444 a 446). I°, o’, ®. Arbaroba, 24 novembre 1904. Iride castagno; la femmina è senza rosso sulla fronte e in- torno agli occhi. Incontrasi in branchetti di preferenza ove vegeta il Koulcual (Eufobia abyssinica). Fam. Capitonidae. Sp. 27. Pogonorhynchus undatus (Riipp.). (61) ®. Daari, 8 gennaio 1903. Iride gialla. (72) 3°. Daari, 9 gennaio 1903. Iride gialla. (200) o’. Daari, 24 gennaio 1903. Iride gialla. Abbastanza frequente lungo ii Daari. Sp. 28. Pogonorhynchus vieilloti (Leach.). (252) Q. Valle di Bogù, 5 febbraio 1903. Frequente. 0 Sp. 29. Pogonorhynchus abyssinicus (Lath.). (100, 101) o’, 0°. Daari, 12 gennaio 1903. (166 a 169) gJ, oh, 2, £. Daari, 19 gennaio 1903. Frequente lungo il Daari. Sp. 30. Pogonorhynchus melanocephalus (Riipp.). (303) Q.Carobel, 14 febbraio 1903. Specie rara, 80 DAL FIUME CAMILLO Sp. 31. Barbatula uropygialis, Heug]. (142) 7. Keren, 17 febbraio 1903. (304) 3. Carobel, 14 febbraio 1903. (395) 9. Hagat, 24 febbraio 1903. Scarsa. Sp. 32. Trachyphonos margaritatus (Riipp.). (241) 9. Keren, 3 febbraio 1903. (275) ©. Keren, 8 febbraio 1903. (380) 9. Hagat, 24 febbraio 1903. Frequente nei Bogos e nel Barka. A Keren è chiamato “L'uccello del fico d’India ,. Fam. Picidae. Sp. 33. Stictopicus nubicus (Gm.). (221, 222) 0g, 0 giovani Anseba, 28 gennaio 1903. Pileo e mustacchi neri. i (232) 0°. Anseba, 30 gennaio 1903. (233) 9. Anseba, 30 gennaio 1903. Comune nei Bogos e nel Barka. Fam. Indicatoridae. Sp. 34. Indicator minor, Sparm. (269) 7°. Anseba, 7 febbraio 1903. Fam. Cuculidae. Sp. 35. Centropus superciliosus, H. et E. (113, 114) J, 0. Daari, 14 gennaio 1903. (143) ©. Daari, 17 gennaio 1903. (165) o. Daari, 19 gennaio 1903. Comune nei Bogos; trovasi sempre ove sono folti cespugli. Fam. Musophagidae. Sp. 36. Turacus leucotis (Rupp.). (276) Sommità del Monte Lalamba (Keren), 8 febbraio 1903. (409 a 411) DJ, 9, 9. Anseba, 1 marzo 1903. Frequente ove sono alberi folti e d’alto fusto. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 81 Sp. 37. Schizorhis zonura (Riipp.). (412 ‘a 417) I, I, I, 2, 2, S. Anseba, I marzo 1903. Come la specie precedente trovasi nelle stesse località. Fam. Colidae. Sp. 38. Colius leucotis (Riipp.). (86) 3. Daari, 11 gennaio 1903. (253) 7. Valle di Bogù, 5 febbraio 1903. Comune tanto lungo il littorale, quanto nei Bogos e nel Barka. Sp. 39. Colius macrourus, Linn. (62, 63) 7°, 9. Daari, 8 gennaio 1903. (184) Daari, 21 gennaio 1903. Frequente come la specie precedente. Fam. Bucerotidae. Sp. 40. Lophoceros nasutus (Linn.). (129) . Anseba, 14 gennaio 1903. Becco nero; fascia bianco avorio presso la base della mandibola superiore. (217) ®. Anseba, 27 gennaio 1903. Becco rosso in punta; base della mascella e culmine bianco avorio. Frequente. Sp. 41. Lophoceros emprichii (Ehr.). (49) 3°. Keren, 5 gennaio 1903. Iride castagno. Meno frequente della specie precedente. Sp. 42. Tockus erythrorhyncus (Temm.). (396) 3°. Anseba, 26 febbraio 1903. Abbondante ovunque, incontrasi riuniti in branchetti. Fam. Upupidae. Sp. 43. Upupa epops, Linn. (179) 7. Anseba, 20 gennaio 1903. (218) 7. Anseba, 27 gennaio 1903. (296, 297) J. 2, Carobel, 13 febbraio 1903. Frequente nei Bogos e nel Barka. DAL FIUME CAMILLO 00 bo Sp. 44. Imrisor erythrorhynchus (Lath.). (93, 94) 9, o. Daari, 11 gennaio 1903. Becco. rosso. (95) £. Daari, 11 gennaio 1903. Becco rosso. (211). Anseba, 26 gennaio 1903. Becco nero. Comune nei Bogos e nel Barka; ove incontrasi riuniti in branchetti. Sp. 45. Scoptelus notatus (Salvin.). (310) 0°. Anseba, 26 gennaio 1903. Le remiganti primarie oltre alla macchia bianca mediana hanno all'estremità una mac- chia biancastra marginata di nero. (361) 9. Agordat, 21 febbraio 1903. Estremità delle remiganti primarie senza la macchia biancastra; le due timoniere laterali hanno soltanto una piccola macchia bianca all'estremità. (397) £ juv. Anseba, 27 febbraio 1903. Gola e petto bruno rossastro; remiganti primarie come in N. 310. Fam. Meropidae. Sp. 46. Merops viridissimus (Sws.). (292) g') Adarte, 12 febbraio 1903. (305) co’. Carobel, 14 febbraio 1903. (341) gd. Agordat, 19 febbraio 1903. (364) 9°. Carobel, 22 febbraio 1903. (378, 379). Adartè, 23 febbraio 1903. Frequente nella regione del Barka. Sp. 47. Melittophagus lafresnayeé (Guer.). (34) gd. Alibaret, 3 gennaio 1903. (119) d°. Daari, 14 gennaio 1903. (120 a 122) ®, 9, Q. Daari, 14 gennaio 1903. (203) . Anseba, 24 gennaio 1903. Esemplari tutti adulti in abito perfetto. Incontrasi di rado; sempre però riuniti in branchetti. Sp. 48. Melittophagus pusillus (St. Mill.) (125, 126) 2, 9. Daari, 14 gennaio 1903. (164) 9. Daari, 19 gennaio 1903. (204) c°. Daari, 24 gennaio 1903. (381) 0°. Hagat, 24 gennaio 1903. Incontrasi di frequente. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 83 Fam. Alcedinidae. Sp. 49. Haleyon chelichuti (Stanl.). (365) o’. Carobel, 22 febbraio 1903. Incontrasi raramente e isolato. Fam. Coracidae. Sp. 50. Coracias nevius, Daud. (35) 9. Alibaret, 3 gennaio 1903. (102) 9. Anseba, 12 gennaio 1903. (144) 97. Anseba, 17 gennaio 1903. (191) g°. Keren, 22 gennaio 1903. (205) 9. Anseba, 24 gennaio 1903. (254) gd. Anseba, 5 febbraio 1903. (270) d°. Keren, 7 febbraio 1903. Esemplari tutti adulti. Frequente nei Bogos e nel Barka. Sp. 51. Coracias abyssinicus, Bodd. (127, 128) 9, 9. Anseba, 14 gennaio 1903. (161 a 163) DJ, I, 9. 19 gennaio 1903. (181) o&. Keren, 20 gennaio 1903. (349) 0°. Agordat, 20 febbraio 1903. Esemplari adulti in abito perfetto. Frequente come la specie precedente. Fam. Caprimulgidae. Sp. 52. Caprimulgus nubicus, Licht. (437) 2. Ras Ghedem, 21 novembre 1904. Fam. Hyrundinidae. Sp. 53. Hyrundo filifera, Steph. (483) 0°. Alibaret, 13 dicembre 1904. Timoniere laterali lun- ghissime. (484, 485) 0, Q. Alibaret, 13 dicembre 1904. Timoniere late- rali poco più lunghe delle altre. 84 DAL FIMME CAMILLO Sp. 54. Cotyle rufigula, Fischer et Rechnv. (109, 110) gd, 9. Keren, 12 gennaio 1903. (182, 183) g, 7°. Keren, 21 febbraio 1903. Frequente nel gennaio a Keren. Fam. Muscicapidae. Sp. 55. Terpsiphone cristata (Gm.). (306) 9. Carobel, 14 febbraio 1903. Dorso, coda e sottocoda castagno. i (477) 0°. Alibaret, 12 dicembre 1904. Dorso castagno; sotto - coda bianchiccio; timoniere castagno, le due mediane lunghis- sime e bianche, la quinta a sinistra ha il vessillo bianco termi- nato di castagno. (504) 0°. Ghinda, 17 dicembre 1904. Dorso e coda castagno; sottocoda grigio, timoniere mediane lunghe. (505) o°. Ghinda, 17 dicembre 1904. Simile al precedente colle timoniere mediane più corte. (506) 9. Ghinda, 17 dicembre 1904. Simile al N. 306. Frequente, Sp. 56. Batis orientalis. (Heug].). (108) £. Keren, 12 gennaio 1903. Fascia pettorale castagno scuro. (246) o. Keren, 4 febbraio 1903. Fascia pettorale nera. (281) 9. Hagat, 11 febbraio 1903. Fascia pettorale castagno chiaro: cola tinta di lionato. Sp. 57. Cryptolopha erytraeae, Salvadori. (277). Sommità del Monte Lalamba (Keren), 8 febbraio 1903. Inviato questo esemplare al chiarissimo sig. conte Tommaso Salvadori per essere determinato ed avendo riscontrato essere questa una specie nuova, così la descrive nel N. 464, vol. XIX del Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino. “Nuova specie del genere Cryplolopha. “ Cryptolopha erythraeae. “ Cryptolopha C. Umbrovirenti similis, sed paullo major et valde pallidior. “Supra griseo-brunnea paullo olivascente tincta, supra cau- dalibus viridi-olivacei; gastreo isabellino, gula abdomineque medio nt ca CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 85 albidis; fascia superciliari a rostri base ultros oculos producta fulva; alis caudaque fuscis, marginibus externis remigum recti- cumque laete viridi-olivaceis; margine carpali laete flavo; sub alaribus griseo-flavidis; margine interno remigum albo; mascilla fusca, mandibula albida; pedibus in exurie plumbeis. “Long. tot. circa m. 115; al. 61- caud. 52; rostri culm. 9; tarsi 21. “ L’esemplare suddetto è stato da me confrontato con pa- recchi della Cryptolopha umbrovirens (Riipp) dello Scioa, sem- brandomi da essi diverso, ma non avendo esemplari di detta specie della località tipica, cioè l’Abissinia, ’ho inviato al Museo Britannico per essere ivi confrontato con esemplari d’Abissinia ed il dott. Sharpe mi ha confermato che esso è veramente di- verso dalla C. umbrovirens, la quale differisce per avere il co- lorito molto più scuro, il pileo quasi castagno, il dorso più bruno, il sopracoda più bruno e meno verde, la fascia sopraci- liare più rossigna, quasi rugginosa, e le parti inferiori, special- mente il petto ed i fianchi, più rossigni. Le dimensioni della C. umbrovirens sono alquanto minori. , Sp. 58. Bradiornis pallidus (v. Miill.). (454) 9. Anseba, 5 dicembre 1904. Alcuni esemplari lungo l’Anseba e sempre in vicinanza del. l’acqua. Fam. Campephagidae. Sp. 59. Lanicterus xanthornitoides, Sharpe. (107) co’. Monte Rapto (Keren), 12 gennaio 1903. Nero lucente; piccole e medie cuopritrici delle ali giallo arancio. Fam. Dicruridae. Sp. 60. Dicrurus divaricatus (Licht.). (37) Q. Alibaret, 3 gennaio 1903. (105) ®. Daari, 12 gennaio 1903. (106) 9. Anseba, 12 gennaio 1903. (133) o. Anseba, 14 gennaio 1903. Comune ovunque. 86 DAL FIUME CAMILLO Fam. Laniidae. Sp. 61. Lanius assimilis, Brehm. (57) ©. Keren, 7 gennaio 1903. Iride castagno; una stretta fascia frontale nera ed una stria sopracigliare bianca. Frequente. Sp. 62. Lanius rutilus, Lath. (271) ©. Keren, 7 febbraio 1903. Sp. 63. Lanius nubicus, Licht. (115) o&. Daari, 14 febbraio 1903. (307) 9. Carobel, 14 gennaio 1903. (327) Q. Carobel, 16 febbraio 1903. Comune. Sp. 64. Lantus humeratlis, Stanl. (40, 41) 9, 9. Keren, 4 gennaio 1903. (201) g°. Anseba, 14 gennaio 1903. (242) gd. Keren, 3 febbraio 1903. (247) 0°. Keren, 4 febbraio 1903. Le femmine hanno i fianchi tinti di castagno. Comune. Sp. 65. Prionops poliocephalus (Stanl.). (298, 299) DJ, 9. Carobel, 13 febbraio 1903. (308 a 311) o’, 9, 9 juv. Carobel, 14 febbraio 1903. Scarso. Incontrasi riuniti in branchetti. Sp. 66. Laniarius gambensis, Licht. (476) 9. Alibaret, 12 dicembre 1904. Trovai alcuni di questi uccelli in vicinanza dell’acqua ad Alibaret. Sp. 67. Laniarius aetiopicus (Gm... (92) 9. Daari, 11 gennaio 1903. (118) ©. Daari, 14 gennaio 1903. (323) o. Carobel, 15 febbraio 1903. Comune ovunque, specialmente in prossimità dell’acqua. Sp. 68. Laniarius erythrogaster, Riipp. (280) o. Hagat, 10 febbraio 1903. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 87 (293) J. Adartè, 12 febbraio 1903. (301, 302) J, 7. Carohel, 13 febbraio 1903. (312) £ juv. Carobel, 14 febbraio 1903. (224) o. Carobel, 15 febbraio 1903. (377) 3. Adarte, 23 febbraio 1903. Trovai questo splendido uccello soltanto nella regione del Barka. Quando si lascia Keren e si prende la via di Hagat, dopo esser discesi nella valle di Bogù per la gola dei Dongoloba si comincia a udire il suo sonoro e monotono canto. Difficilmente si lascia scorgere, mantenendosi sempre nascosto nei più folti cespugli. Sp. 69. Telephonus Blanfordii (Sharpe). (26) I. Asmara, 31 dicembre 1902. (38) 0°. Keren, 4 gennaio 1903. (123) 9. Daari, 14 gennaio 1903. Frequente. Sp. 70. Nilaus afer (Lath.). (199) 0°. Keren, 24 gennaio 1903. Iride castagno; pileo nero; gola bianca; lati del petto castagno. Specie non comune. Fam. Paridae. Sp. 71. Melaniparus leucopterus (Sws.). (314) 9. Carobel, 14 febbraio 1903. (382) 7°. Hagat, 24 febbraio 1903. In tutti e due le timoniere sono completamente nere. Scarso. Sp. 72. Melaniparus leuconotus (Riipp). (497). Sciammanegus, 16 dicembre 1904. Iride castagno; becco e piedi neri. Incontrai una sol volta un branchetto di circa otto individui. Sp. 73. Anthoscopus punctifrons, Sund. (383) o. Adarté, 24 febbraio 1903. Specie rara nelle collezioni. 88 DAL FIUME CAMILLO Fam. Nectarinidae. Sp. 74. Nectarinia pulchella (Linn.). (55) Q juv. Keren, 6 gennaio 1903. (116) 0°. Daari, 14 gennaio 1903. In muta. Timoniere mediane lunghe; sopracoda e cuopritrici delle ali verde metallico splendente; qualche penna rossa nel mezzo del petto. Comune nei Bogos e nel Barka. Sp. 75. Cinnyris habessinicus (H. et E.). (87, 88) 7, I. Keren, 11 gennaio 1903. (97) o. Keren, 12 gennaio 1903. (255, 256) 7, co’. Keren, 5 febbraio 1903. (282) 0°. Hagat, 11 febbraio 1903. (294) c°. Adartè, 12 febbraio 1903. (315) o&. Carobel, 14 febbraio 1903. (371, 372) J, I. Adarte, 22 febbraio 1903. (242) 9. Keren, 3 febbraio 1903. (272) 9. Keren, 7 febbraio 1903. Tutti esemplari adulti in abito perfetto; raccolti nella regione dei Bogos e del Barka ove questa specie era abbondante. Sp. 76. Cinnyris osiris (Finsch.). (89) 0°. Keren, 11 gennaio 1903. (98) 9’. Keren, 12 gennaio 1903. (140) 3°. Keren, 17 gennaio 1903. (209) o. Daari, 26 gennaio 1903. (243) 9. Keren, 3 febbraio 1903. Adulti in abito perfetto. Specie più scarsa della precedente. Sp. 77. Cinnyris affinis (Riipp.). (20) J°. Asmara, 30 dicembre 1902. (90) &. Keren, 11 gennaio 1903. Adulti. (47, 48) 2, ©. Keren, 5 gennaio 1903. Giovani. Sp. 78. Hedydipna metallica (Licht.). (332 a 334) J, I, I. Agordat, 18 febbraio 1903. (344, 345) 0, 7. Agordat, 19 febbraio 1903. (373) of. Carobel, 23 febbraio 1903. (374 a 376) J, I, I. Adartè, 23 febbraio 1903. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 89 (384, 385) oc’, gd. Adarte, 24 febbraio 1903. Tutti maschi adulti in abito perfetto: Questa specie era comune nella regione del Barka; mentre mancava in quella dei Bogos. La vidi pure lungo il littorale, nei dintorni di Massaua ed a Mai Atal. Fam. Meliphagidae. Sp. 79. Zosterops abyssinica, Guerr. (153) 0°. Daari, 18 gennaio 1903. (507) o. Ghinda, 17 dicembre 1903. Specie comune in vicinanza dell’acqua. Fam. Brachypodiidae. Sp. 80. Pycnonotus arsinoe (Licht.). (10) 9. Ghinda, 28 dicembre 1902. (39) 2. Keren, 4 gennaio 1903. (81) o&. Keren, 10 gennaio 1903. (154) d°. Keren, 18 gennaio 1903. (192) o. Keren, 23 gennaio 1903. Specie abbondante ovunque; così la trovai lungo il littorale a Ras Ghedem, a Ghinda, sull’altipiano d’ Asmara, nella regione dei Bogos e del Barka. Fam, Timeliidae. Sp. 81. Crateropus leucopigius (Riipp.). (99) gd. Anseba, 12 gennaio 1903. Iride rosso arancio. (139) Q. Anseba, 17 gennaio 1903. Iride rosso arancio. Comune specialmente lungo l’Anseba presso Keren; ove in- contrasi riuniti in branchetti. Sp. 82. Crateropus leucocephalus (Ripp.). (117) o&. Anseba, 14 gennaio 1903. Iride giallo arancio. (170) 9. Anseba, 19 gennaio 1903. Iride bruno castagno. (171) 9. Anseba, 19 gennaio 1903. Iride giallo arancio. (185) o’. Anseba, 21 gennaio 1903. Iride giallo arancio, Anche questa specie la trovai comune e nelle stesse loca. lità della precedente. 90 DAL FIUME CAMILLO Sp. 83. Camaroptera brevicaudata (Cretzem.). (11) d°. Ghinda, 28 dicembre 1902. (342) og’. Agordat, 19 febbraio 1903. Frequente. Sp. 84. Sylvietta brachyura, Latr. (316) 9. Carobel, 14 febbraio 1903. Lati della testa, gola, redini e fascia sopraccigliare lionato. Sp. 85. Sylvietta nvicrura (Riipp.). (473) 0°. Keren, 11 dicembre 1904. Lati della testa, gola, redini e fascia sopraccigliare bianco. Sp. 86. Cisticola cinerascens, Heugl. (27 a 29) 0, Ji 9. Asmara, 31 dicembre 1902. Sp. 87. Cisticola ruficeps, Cretzm. (386) J'. Hagat, 24 febbraio 1903. (472) o’. Keren, 10 dicembre 1904. Sp. 88. Cisticola terrestris (Smith). (447) g°. Asmara, 29 novembre 1904. Sp. 89. Burnesia gracilis, Cretzm. (7) Massaua, 25 dicembre 1904. Iride giallo canerino. Comune lungo il littorale; vive sulle salicornie. Sp. 90. Prinia mystacea, Riipp. (455) 9. Anseba, 5 dicembre 1904. Iride castagno chiaro. Comune in prossimità dell’acqua lungo l’Anseba. Sp. 91. Cercotrichas erytroptera (Gm.). (60) g°. Daari, 8 gennaio 1903. (91) 9. Keren, 11 gennaio 1903. (141) 9. Keren, 17 gennaio 1903. Frequente ovunque; così lungo il littorale, nei Bogos e nel Barka. Sp. 92. Aédon galactodes (Temm.). (283) 0°. Hagat, 11 febbraio 1903. (343) d°. Agordat, 19 febbraio 1903. (350) gd. Agordat, 20 febbraio 1903. Frequente nella regione del Barka. & ay CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 91. Sp. 93. Eremomela griseoflava, Heug). (155). Keren, 18 gennaio 1903. (458, 459) J, d°. Keren, 6 dicembre 1904. Abbondante a Ghinda e nei Bogos. Sp. 94. Pentholaea albifrons (Riipp.). (33) 0°. Alibaret, 3 gennaio 1903, giovine. Fronte leggermente tinta di bianco. (244) c°. Keren, 3 febbraio 1903. (257, 258) 9, 9. Keren, 5 febbraio 1903. (278, 279) o, 0°. Keren, 8 febbraio 1903. I soli maschi hanno la tronte bianca. Frequente nella regione dei Bogos. Sp. 95. Tamnolea alboscapulata (Riipp.). (70, 71) 7°, 9. Keren, 9 gennaio 1903. (248) of. Keren, 4 febbraio 1903. (259) 0°. Keren, 5 febbraio 1903. Frequente nella regione dei Bogos. Fam. Turdidae. Sp. 96. D'urdus pelios, Bp. (478) J Alibaret, 12 dicembre 1904. Iride castagno. Sp. 97. Geocichla simensis (Riipp.). (486, 487) 0°, 2. Az Teclezan, 13 dicembre 1903. Maschio e femmina perfettamente uguali. Fam. Saxicolidae. Sp. 98. Monticola cyanus (Linn.). (56) 9. Keren, 7 gennaio 1903. Sp. 99. Monticola saxatilis (Linn.). (495) 9. Asmara, 15 dicembre 1904. Sp. 100. Monticola rufocinerea (Ripp.). (215. 216) 9. 9. Anseba, 27 gennaio 1903. Sp. 101. Ruticilla phoenicura (Linn.). (55) d°. Asmara, 31 dicembre 1902. 92 DAL FIUME CAMILLO Sp. 102. Reticilla mesoleuca (H. et E.). (317) o. Carobel, 14 febbraio 1903. Seconda e terza remi- gante col vessillo esterno bianco, quarta, quinta'e sesta castagno, tutte le altre bianco in modo da formare uno spazio bianco sull’ala; le ultime penne della gola leggermente marginate di bianco; nel rimanente perfettamente eguale alla R. phoeni- cura (Linn.). Sp. 103. Saaxicola oenante (Linn.). (14) 9. Asmara, 29 dicembre 1902. Sp. 104. Saxicola isabellina (Cretzm.). (13) 9. Asmara, 29 dicembre 1902. > (15) 9. Asmara, 30 dicembre 1902. (22) o&%. Asmara, 31 dicembre 1902. (387) J. Hagat, 24 febbraio 1903. La più comune delle Saxicole; trovasi abbondante ovunque. Sp. 105. Saxicola deserti (Riipp.). (441) 0°. Ras Ghedem, 21 novembre 1904. Il nero della gola è mescolato di biancastro. (510) 9. Massaua, 19 dicembre 1904. Gola isabellino chiara. Frequente lungo il littorale. Sp. 106. Saricola leucomela (Pall.). (19) 7°. Asmara, 30 dicembre 1902. (23, 24) J, I. Asmara, 31° dicembre 1902. (30, 31) 2, 9. Asmara, 31 dicembre 1902. (186) 0°. Keren, 20 gennaio 1903. Esemplari tutti in abito invernale col dorso, il pileo e la cervice più o meno tinti di grigio nericcio. Il maschio (19) ha il petto ed i fianchi lionati e le parti superiori grigio-brune. Sp. 107. Saxicola melanoleuca (Guldst.). (134) 0°. Keren, 14 gennaio 1903. (148) o*. Keren, 17 gennaio 1903. (284) 0°. Hagat, 11 febbraio 1903. (475) 0°. Keren, 11 dicembre 1904. Esemplari adulti, Tutti hanno le parti superiori della testa tinte di grigio ed il dorso di fulviccio. i Specie scarsa nella regione dei Bogos. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 93 Sp. 108. Philothamna fuscicaudata (Blanf.). (245) 9. Keren, 3 febbraio 1903. Sp. 109. Praticola maura (Pall.). (149) &°. Keren, 17 gennaio 1903. (398) 9. Anseba, 27 febbraio 1903. (448) o”. Sciammanegus, 29 novembre 1904. Frequente. Fam. Motacillidae. Sp. 110. Motacilla alba, Linn. (460) o. Keren, 7 dicembre 1904. (462) 9. Keren, 8 dicembre 1904. In abito invernale tutti e due. Specie comunissima: incontrasi ovunque, sia lungo il littorale che sull’altipiano d’Asmara e specialmente nell’abitato. Sp. 111. Motacilla sutphurea, Bechst. (479) 0°. Alibaret, 12 dicembre 1904. Abito invernale. Qualche individuo in vicinanza dell’acqua. Sp. 112. Budytes feldeggi (Miehah). (430) o’. Isola di Schec-Said, 10 marzo 1902. Adulto. Frequente. Sp. 113. Anthus campestris (Linn.). (12) o’. Asmara, 29 dicembre 1902. (17), (18) o&, Q. Asmara, 30 dicembre 1902. Comune sull’altipiano. Il giorno 10 dicembre 1904 attraver- sando la pianura di Mogara, e precisamente ai piedi del monte Lalamba, incontrai un branco grandissimo di questi uccelli, erano alcune centinaia che doveano essere di passaggio. Sp. 114. Anthus sordidus (Riipp.). (266) g°. Keren, 6 febbraio 1903. (267) 9. Keren, 6 febbraio 1903. (492) D°. Az Teclezan, 14 dicembre 1904. Comune sull’altipiano e nei luoghi aperti dei Bogos e del Barka. Sp. 115. Anthus cervinus (Pall.). (500) o’. Asmara, 15 dicembre 1904. Abito invernale, colorito più oscuro degli individui che si prendono in Italia. 94 DAL FIUME CAMILLO Fam. Alaudidae. Sp. 116. Galerita praetermissa, Blant. (498) o. Sciammanegus, 16 dicembre 1904. Frequente sull’altipiano d’Asmara; in nessun altro luogo la vidi. Sp. 117. Galerita isabellina, Bp. (366 a 368) 0, I, 2. Carobel, 22 febbraio 1903. (438, 439) o’, 0°. Ras Ghedem, 21 novembre 1903. Abbondante lungo il littorale (Ras Ghedem), la trovai pure nella piana di Saberguma e nella regione del Barka. Sp. 118. Calandritis ruficeps (Riipp.). (16) 0°. Asmara, 30 dicembre 1902. (501 a 503) co’, 9, 9. Asmara, 17 dicembre 1904. Comune sull’altipiano d’Asmara. Sp. 119. Pyrrhulauda leucotis (Stanl.). (395) of. Carobel, 12 febbraio 1903. (318, 319) o&, 9. Carobel, 14 febbraio 1903. (236) 3. Carobel, 18 febbraio 1903. (369, 370) J, 2. Carobel, 22 febbraio 1903. (288) d°. Adartè, 24 febbraio 1903. Frequente nella regione del Barka. Sp. 120. Pyrrhulauda melanauchen (Cab.). (511) o. Massaua, 19 dicembre 1904. Abbondante lungo il littorale. Fam. Fringillidae. Sp. 121. Emberiza hortulana, Linn. (399) 9. Anseba, 27 febbraio 1903. Sp. 122. Emberiza cinerea (Strickl.). (150) 2. Daari, 17 gennaio 1903. Sp. 123. Fringillaria septemstriata (Riipp.). (136) 9. Keren, 14 gennaio 1903. (153) 0°. Keren, 18 gennaio 1903. (223) 9%. Anseba, 28 gennaio 1903. Frequente nella regione dei Bogos. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 95 Sp. 124. Serinus striolatus (Rùpp.). (21). Asmara, 31 dicembre 1902. (496) Sciammanegus, 15 dicembre 1904. Sp. 125. Serinus leucopigius (Sund.). (461) c°. Keren, 7 dicembre 1904. Sp. 126. Serinus rantopigio (Riipp.). (481) J'. Alibaret, 12 dicembre 1904. (488) ©. Alibaret, 13 dicembre 1904. (509) g°. Ghinda, 17 dicembre 1904. Incontrato di frequente; specialmente a Ghinda. Sp. 127. Poliospiza tristriata (Riipp.). (493) 0°. Az Teclezan, 14 dicembre 1904, (499) 9. Arbaroba, 16 dicembre 1904. Sp. 128. Passer swainsonii (Riipp.). (51 a 53) o’, d, cd. Keren, 5 gennaio 1903. (58) o. Keren, 7 gennaio 1903. (78) 0°. Keren, 9 gennaio 1903. (362) 9. Agordat, 31 febbraio 1903. (480) 9. Alibaret, 12 dicembre 1904. Testa isabella; petto e ventre isabella chiaro; remiganti e timoniere isabella: cuopri- trici delle ali e dorso lionato che diviene più intenso nel so- pracoda. Specie comune ovunque, tiene il posto del nostro passero. A Ghinda in dicembre trovai il nido con le uova. Fam. Ploceidae. Sp. 129. Pytelia citerior (Strickl.). (234) d°. Anseba, 30 gennaio 1903. (300) c°. Carobel, 13 febbraio 1903. (389) 0°. Hagat, 24 febbraio 1903. Incontrata di rado. Sp. 130. Uraeginthus phoenicotis (Sw.). (8, 9) I, Q. Ghinda, 28 dicembre 1902. (22) 0°, Alibaret, 3 gennaio 1903. (80) o&. Keren, 10 gennaio 1903. (390) o°. Hagat, 24 febbraio 1903. 96 DAL FIUME CAMILLO (400) 3°. Keren, 27 febbraio 1903. Comune; trovasi ovunque in numerosi branchetti. Sp. 131. Lagonosticta minima (Vieill.). (392) o’. Keren, 25 febbraio 1903. Comune come la specie precedente. Sp. 132. Amadina fasciata (Gm.). (346) 2. Agordat, 19 febbraio 1903. (351) d°. Agordat, 20 febbraio 1903. (363) D°. Agordat, 21 febbraio 1903. (463) 3°. Keren, 9 dicembre 1904. (471) 9. Keren, 10 dicembre 1904. Comune nella regione dei Bogos e del Barka. Sp. 133. Hypochera chatybeata (P. L. L. Miill.). (197) g°. Anseba, 24 gennaio 1903. (214) gd. Anseba, 27 gennaio 1903. \ (238) ¢’. Anseba, 31 gennaio 1903. (320) o’. Carobel, 14 febbraio 1903. (419) o. Keren, 1° marzo 1903. Specie scarsa, Sp. 134. Estrilda rhodopyga, Suna. (418) o. Keren, 1° marzo 1903. Comune. Incontrasi riuniti in branchetti. Sp. 155. didemosyne cantans (Gm.).. (111) 0°. Keren, 12 gennaio 1903. (135) o’. Keren, 15 gennaio 1903. Questi due esemplari, secondo il Reichenow, dovrebbero ri- ferirsi alla Aidemosyne orientalis Lz. Hellm. pel colore bruniccio delle piume auriculari e dei lati del collo più cupo; e per le parti inferiori bianchiccie senza tinta rugginoso-gialliccia; ca- ratteri che non hanno gran valore. Frequente. Sp. 136. Vidua erythrorhyncha (Sw.). (136) o’. Anseba, 15 gennaio 1903. (138) o’. Daari, 16 gennaio 1903. (198) 9. Keren, 24 gennaio 1903. (273) 9. Keren, 7 febbraio 1903. (420) c°. Keren, 1° marzo 1903. Frequente a Keren. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 97 Sp. 137. Steganura verrauscii (Cass.). (285 a 290) J, I, d', do, d, 2. Hagat, 11 tebbraio 1903. (352 a 354) J, I, co. Agordat, 20 febbraio 1903. (494) 9’. Sabarguma, 9 marzo 1903. Abbondante nella regione del Barka. Sp. 138. Huplectes franciscanus (Iser.). (355) 0°. Adulto in abito perfetto. Questo esemplare mi fu regalato; esso venne colto in Agordat nel settembre 1902. Sp. 139. Sporopipes frontalis (Vieill.). (73 a 75) ob, do, 9. Keren, 9 gennaio 1903. (96) o&. Keren, 11 gennaio 1903. Abbondante nei Bogos e nel Barka ove mostrasi riuniti in branchetti. Sp. 140. Hyphantornis galbula (Ripp.). (64 a 66) JD, dI, do. Daari, 8 gennaio 1903 (137) 9. Keren, 15 gennaio 1903. (235) 9. Anseba, 30 gennaio 1903. (274) 9. Anseba, 7 febbraio 1903. (425) o°. Ghinda, 9 marzo 1903. (446) c°. Ras heen 21 novembre 1904. Incontrasi ovunque; lungo il littorale, a Ghinda, nei Bogos e nel Barka. Sp. 141. Ploceopasser superciliosus (Riipp.). (452) co’. Monte Servan (Keren, 4 dicembre 1904. (456) o’. Keren, 5 dicembre 1904. Frequente nella regione dei Bogos. Sp. 142. Peator A (Vieill.). (356 a 358) 9, 9, 9. Agordat, 20 febbraio 1903. (401) o jur. REA 97 febbraio. Tutti questi esemplari hanno il becco liscio e nericcio-corneo; le remiganti del tutto nere. Frequente nella regione dei Bogos e del Barka. Fam. Sturnidae. Sp. 143. Buphaga erythrorhiyncha (Stanl.). (131) 0°. Keren, 14 gennaio 1903. (391) o&. Keren, 24 febbraio 1903. 98 DAL FIUME CAMILLO (402) o. Keren, 27 febbraio 1903. (421) gd. Keren, 1 marzo 1903. Comune nella regione dei Bogos. Sp. 144. Notauges chrysogaster (Gm.). (36) 9. Alibaret, 3 gennaio 1903. (50) g°. Keren, 5 gennaio 1903. (145) d°. Keren, 17 gennaio 1903. (159) c°. Keren, 18 gennaio 1903. (403) 9. Keren, 27 febbraio 1903. Comune nella regione dei Bogos e del Barka. D tao) Sp. 145. Lamprocolius chalybaeus (Ehr.). (42) 9. Keren, 4 gennaio 1903. (76) 2. Keren, 9 gennaio 1903. (160) o%. cron 18 gennaio 1903. (187, 188) o, g. Keren, 21 gennaio 1903. (426) 0°. Saberguma, 9 marzo 1903. (482) J°. Keren, 12 dicembre 1904. (489) 0°. Alibaret, 13 dicembre 1904. In questa specie si ri- scontrano delle notevoli differenze nelle dimensioni; così il (160) è lungo cm. 25, mentre il (426) è soltanto cm. 18. Questa specie è abbondante ovunque, specialmente nella regione dei Bogos e del Barka. DI: 146. Lamprotornis purpuroptera (Riipp.). (67) 9. Daari, 8 gennaio 1903. (236) i Anseba, 30 gennaio 1903. (260) 3. Valle di Bogù, 5 febbraio 1903. (268) 0°. Daari, 6 febbraio 1903. Scarsa, vive riunita in branchetti. Sp. 147. Amydrus vitppelli (J. Verr.). (132) 9. Anseba, 14 gennaio 1903. (212) 2. Anseba, 26 gennaio 1903. (224) 9. Anseba, 28 gennaio 1903. (261 a 264) 0’, 0°, I, 2. Gola dei Dongoloba 5 febbraio 1903. Le femmine si distinguono dai maschi per avere le penne della testa, del collo e delle parti superiori del petto tinte di grigio. Trovai alcuni di questi uccelli a Filogobai, all’Anseba presso Keren, moltissimi poi nella gola dei Dongoloba. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 99 Fam. Corvidae. Sp. 148. Heterocorax capensis (Licht.). (494) 3°. Sciammanegus 14 dicembre 1904. Frequente sull’altipiano d’Asmara ed a Keren. Sp. 149. Rhinocorax affinis (Riipp.). (43) 9. Keren, 4 gennaio 1903. (112) 9. Keren, 13 gennaio 1903. (225) 9. Keren, 22 gennaio 1903. Abbondante specialmente nella regione dei Bogos. Incontrasi in prossimità dell’abitato mescolato colla specie precedente. Fam. Treronidae. Sp. 150. Treron waalia (Gm.). (422, 423) I, I°. Anseba, 1° marzo 1903. Comune nella regione dei Bogos. Fam. Columbidae. Sp. 151. Columba guinea, Linn. (77) 0°. Daari, 9 gennaio 1903. Iride castagno; parti nude dagli occhi rosso amaranto. Frequente. Sp. 152. Turtur lugens (Riipp.). (449) 9. Sciammanegus, 29 novembre 1904. Una delle specie le più abbondanti. Sp. 153. Turtur semitorquatus (Riipp.). (103) 9. Keren, 12 gennaio 1903. (485) o. Keren, 11 dicembre 1904. Abbondanti come le specie precedenti. Sp. 154. Turtur senegalensis (Linn.). (82) 2. Keren, 10 gennaio 1903. Frequente. Sp. 155. T'urtur vinaceus (Gm.). (404) ©. Anseba a Keren, 27 febbraio 1903. Solo esemplare incontrato. 100 DAL FIUME CAMILLO Sp. 156. Chalcopelia afra (Linn.). (213) ©. Anseba, 26 gennaio 1903. Frequente. Sp. 157. Oena capensis (Linn.). (68) 3°. Daari, 8 gennaio 1903. (104) c°. Keren, 12 gennaio 1903. Frequente. Fam. Pteroclidae. Sp. 158. Pteroctes lichtensteini, Temm. (83) ©. Keren, 10 gennaio 1903. (180) 9. Keren, 20 gennaio 1903. (321) o&. Carobel, 14 febbraio 1903. Incontrasi frequentemente riuniti in branchetti in vicinanza dell’acqua nella regione dei Bogos e del Barka. Fam. Perdicidae. Sp. 159. Francolinus clappertonii (Childr.). 147) d°. Daari, 17 gennaio 1903. (237) o. Anseba, 30 gennaio 1903. (359) 9. Agordat, 20 febbraio 1903. Frequente nei Bogos e nel Barka ove incontrasi in branchetti. Sp. 160. Francolinus erkelii (Riipp.). (206) 9. Anseba, 24 gennaio 1903. Frequente. Fam. Phasianidae. Sp. 161. Numida ptilorhynea, Licht. (322) 9. Carobel, 14 febbraio 1903. (360) g°. Agordat, 20 febbraio 1903. Specie comune ovunque. Nella regione del Barka ne incon- trai dei grandi branchi. Fam. Charadriidae. Sp. 162. Charadrius geoffroyi, Wagl. (431) o’. Massaua, 12 marzo 1903. (512) 9. Massaua, 19 dicembre 1904. Comune assai lungo il littorale. CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 101 Sp. 163. Sarciophorus tectus (Bodd.). (146) 3°. Keren, 17 gennaio 1903. (325) 7. Carobel, 15 febbraio 1903. (329) d°. Carobel, 17 febbraio 1903. (330) 0°. Agordat, 18 febbraio 1903. Incontrai questa specie in piccoli branchi nella piana di Saberguma e nei dintorni di Keren; dei branchi numerosi nelle vicinanze di Agordat. Fam. Dromadidae. Sp. 164. Dromas ardeola. Payk. (442, 443) o’, o&. Ras Ghedem, 22 novembre 1904. Frequente lungo il littorale. Fam. Scolopacidae. Sp. 165, Zotanus calidris (Linn.). (513) £. Massaua, 19 dicembre 1904, Numeroso lungo il littorale. Sp. 166. Z'otanus glareola (Linn.). (490) o. Alibaret, 13 dicembre. 1904. Incontrasi isolatamente lungo l’Anseba. Fam. Ardeidae. Sp. 167. Ardea gularis, Bosc. (514) 9. Massaua, 20 dicembre 1904. Esemplare colle penne tutte bianco-candide. Iride giallo-avorio; becco superiormente nerastro, inferiormente giallo-verdastro; zampe nere, dita giallo- verdastro. (516) £ juv. Massaua, 20 dicembre 1904. Iride giallo-avorio; zampe e dita giallo-verdastro; becco superiormente nerastro, inferiormente giallo-verdastro. Testa bianca; dorso bianco mac- chiato di cenerino nerastro; sopracoda bianca; coda cenerina; ali cenerine mescolate di bianco. Frequente lungo il littorale. 102 DAL FIUME CAMILLO Sp. 168. Butorides atricapilla (Atzel). (432, 433) 0°, 9. Isola di Scheik-Said, 12 marzo 1903. Incontrasi qualche coppia isolata fra le roccie madreporiche in riva al mare. Fam. Scopidae. Sp. 169. Scopus umbretta, Gm. (450) 0°. Az Teclezan, 30 novembre 1904. (457) 2°. Anseba (Keren), 5 dicembre 1904. Qualche coppia lungo l’Anseba. Fam. Tantolidae. Sp. 170. Platalea leucorodia, Linn. (307) 0° juv. Anseba, 24 gennaio 1903. Iride bruno; piedi neri; remiganti collo stelo bruno-cenerino, le due prime hanno la punta ed il margine esterno bruno-cenerino, che si mantiene nelle altre soltanto all’estremità e sempre diminuendo, in modo che le secondarie ne hanno soltanto una leggera traccia. Fam. Anatidae. Sp. 171. Casarca rutila (Pall. (508) 0°. Asmara, 17 dicembre 1904. Fam. Pelecanidae. Sp. 172. Pelecanus rufescens (Gm.). (515). Massaua, 19 dicembre 1904. Iride castagno; zampe bianco-avorio; unghia rostrale giallo-arancio; testa, collo, dorso, ali e coda cenerino-bruno; sopracoda e parti inferiori di colore bianco. Frequente lungo il littorale. Sp. 173. Dysporus sula (Linn.). (434) 9. Porto di Massaua, 13 marzo 1903. Vedesi nel mese di marzo qualche esemplare nel porto di Massaua. has CATALOGO DI UNA COLLEZIONE DI UCCELLI, ECC. 103 Fam. Laridae. Sp. 174. Sterna bergii, Licht. (1) &. Porto di Massaua, 21 dicembre 1902. (4) 2. Porto di Massaua, 22 dicembre 1902. Iride castagno scuro; zampe nere; becco giallo-verdastro; fronte bianca; pileo e cervice mescolati di bianco e nero. Scarsamente mostrasi nel porto dl Massaua nel mese di di- cembre. Sp. 175. Sterna media, Horsf. (427) 9. Porto di Massaua, 10 marzo 1903. (435) o’. Porto di Massaua, 13 marzo 1903. Abbondante nel porto di Massaua in marzo. Sp. 176. Adelarus leucopthalmus (Licht.). (428) o’. Porto di Massaua, 10 marzo 1903. (436) o’. Porto di Massaua, 13 marzo 1903. (3) d' juv. Porto di Massaua, 22 dicembre 1902. Abbondante sia in dicembre come in marzo. Sp. 177. Adelarus hemprichii, Bp. (2) I°. Porto di Massaua, 22 dicembre 1902. (5) d°. Porto di Massaua, 23 dicembre 1902. (6) 9. Porto di Massaua, 23 dicembre 1902. (429) 0°. Porto di Massaua, 10 marzo 1903. (517) 0°. Porto di Massaua, 20 dicembre 1904. Come la specie precedente colla quale è mescolato. === STUDI SUI LUCANIDI. LY. SULLE FORME PRIODONTI DELL’ ODONTOLABIS BROO- KEANUS E SULLE FORME CAPITO DI ALCUNI EURY- TRACHELUS pel socio Dott. Achille Griffini eee YY nic —- Nel volume xLv degli Atti di questa Società Italiana di Scienze Naturali ho pubblicato lo scorso anno 1906 il mio se- condo studio sui Lucanidi, riguardante una delle specie più in- teressanti per grande ed irregolare variabilità, 1 Odontolabis Lowei Parr., della quale solo recentemente si vennero a cono- scere le diverse forme che da me vennero anche figurate (!). In quel mio lavoro ho nuovamente esposti ed appoggiati coll’esempio della specie ivi considerata, alcuni miei concetti generali già prima pubblicati nel mio studio antecedente (2). Analogamente, ma in modo molto più conciso, ho pur fatto cenno di qualche idea generale nel terzo mio studio in cui par- ticolarmente ho parlato delle variazioni dell’Hexarthrius Bu- queti Hope (*). Per ora non ho altro da aggiungere sull'argomento della variazione nei maschi dei Lucanidi considerati tutti complessi- vamente. Credo invece sempre interessante l’esame accurato di casi particolari, principalmente quando si tratti di specie stra- (1) A. Grirrint, Studi sui Lucanidi, II, Sull’Odontolabis Lowei Parr. Atti Soc. Ital. Scienze Naturali, Milano. vol. XLV, 1905, fig. 1 A, B, C, D, Q sche. 2° AB, OSD ese ett (2) — Studi sui Lucanidi, I, Considerazioni generali sulla grande variazione di ca- ratteri nei maschi dei Lucanidi, Torino, tipografia Pietro Gerbone, 1905. (3) — Studi sui Lucanidi, III, Sull'Hewarthrius Buqueti Hope. Zoolog. Anzeiger, Leipzig, Band XXX, n. 26, 1906. sr fi ins STUDI SUI LUCANIDI 105 namente varianti o quando si tratti di fenomeni di variazioni osservati solamente in qualche genere. Infatti, oltre che alle cause universali di variazione alle quali possono essere soggetti tutti quanti i Lucanidi, è innega- bile che alcune specie saranno più di altre soggette a certe cause particolari, o vivranno in condizioni tali da risentirne più intensamente gl. effetti, o fors’anche saranno colpite da taluni peculiari agenti capaci di influire sul loro variare e che non col- piscono invece altre specie viventi in luoghi differenti o aventi costumi diversi. Pertanto io credo che non potremo dare serio appoggio ad alcuna idea generale se non dopo lo studio di molti e differenti casi particolari. Nel presente studio ho preso in esame alcune specie in cui certe forme maschili minori, quanto a sviluppo mandibolare, possono acquistare mole considerevolissima ed offrire anche ca- ratteri particolari, non indegni di osservazione. eon Gia nel mio lavoro sull’Odonlolabis Lowei Parr. mostrai come in quella specie (e non in quella soltanto) non fosse raro il caso di incontrare maschi che per ridotto sviluppo mandibo- lare e, in generale, per sviluppo limitato dei caratteri sessuali secondari sono da considerarsi come forme medie o minori, e che nondimeno per mole eguagliano o superano persino altri maschi della stessa specie aventi tutto il più rigoglioso sviluppo delle mandibole e degli altri caratteri sessuali secondari che me- glio li distanziano dalle femmine, e che dunque sono da consi- derarsi come forme maggiori (1). Aggiungevo poi come in quelle specie i maschi di forma minore sieno più frequenti di quelli meglio evoluti, e sieno me- glio armati avendo le mandibole bensì più corte e meno rami- ficate, ma in compenso più larghe, più poderose di quelle dei maschi di forma maggiore, i quali le hanno lunghe e diramate ma visibilmente più esili. I fenomeni suddetti che, come ho accennato, si osservano anche in altre specie, sono a mio giudizio spiccatissimi più che : (!) Veggansi le figure 3 Ae B, a pag. 131, nel detto studio sull’Odontolabis Lowe, ed anche le figure 4 A e B, a pag. 37 del citato mio primo studio generale. 106 ACHILLE GRIFFINI in ogni altra nell’Odontolabis brookeanus V. Vollenh. di Bor- neo (1), specie abbastanza prossima all’ 0. Lowei. I suoi maschi di forma minore, molto più abbondanti di quelli di forma media e maggiore, e che possono raggiungere una mole eguale e superiore a quella dei maschi maggiori più evoluti, hanno mandibole invero corte e non ramificate, ma estremamente poderose, larghe e spesse, principalmente appunto negli individui di mole più grande (veggasi la figura 1 4A). Le diverse forme di sviluppo dell’Od. brookeanus vennero figurate nella tavola 95 della Monografia di Leuthner (7), e sa- rebbero dunque la forma telodonte (fig. 13), la forma amfiodonte (fig. 14) e la forma priodonte (fig. 15) (*). La forma amfiodonte fu pure figurata da Van Vollenhoven quando pel primo descrisse la specie (*), e la forma telodonte era stata figurata anche da Parry (?). Pare finora ignota la forma mesodonte di questa specie. Ma se realmente l’ Od. Sommeri Parry, come mostra dubitarne Boi- leau (°), non è altro che una varietà o forma locale dell’ Od. brookeanus, allora anche la forma mesodonte ne è conosciuta e gia figurata da Leuthner (°) e da Kolbe (5). Certamente le forme maschili maggiori dell’ Od. brookeanus sono rare e molto scarse nelle collezioni. Di esemplari di questa specie ho potuto esaminarne un buon numero. Alcuni furono da me acquistati; molti mi furono in due diverse riprese donati dal sig. René Oberthtir, colla sua ben nota liberalità, molti pure potei studiare presso il civico Museo di Storia Naturale di Ge- (1) Per le sinonimie e le indicazioni bibliografiche veggasi il catalogo di Van Roon: Naamlijst der Lucaniden welke tot heden beschreven zijn. Tijdschr. voor Entomologie, Deel XLVIII, S. Gravenhage, 1905. Lo stesso autore vi ha già aggiunto un supple- mento nel volume di quest'anno, 1907, dello stesso periodico. (*) LreurHNER F., A Monograph of the Odontolabini. Transact. of the Zoolog. So- ciety, London, vol. XI, 1835. (3) Pel significato dei termini: (elodonte, mesodonte, amfiodonte, priodonte, e di altri, veggasi nella citata Monografia di Leuthner e nei miei studi antecedenti. (4) S. C. SwxeLLen Van VoLLeNnHovEN, Beschrijving van eenige niemre soorten van Lucanidae. Tijdschr. voor Entomol., Deel IV, 1861, S. Gravenhage, p. 107, Plaat 6, figura 1. (5) F. J. Stpney Parry, A Catal. of Lucanoid Coleoptera, Transacts. Entomol. Soc. London, III. Ser., vol. II, 1864, p. 15, Pl. VI, fig. 5. (5) H. BorLrau, Contribut. è l'etude de la farne entomol. de Sumatra “ Lucanides ,. Annales Soc. Entomol. de Belgique, Tome XLV, Bruxelles, 1901, pag. 10. (7) Opera citata, Pl. XCV. (8) H. I. KorBr, Ueber den polymorphismus im miinnl. Geschl. der Luconiden. In- sekten-Bérse, XX Jhg., Leipzig, 1993. " STUDI SUL LUCANIDI 107 nova, col gentile permesso della Direzione. Di questi ultimi una buona serie fu raccolta dal marchese G. Doria presso Sarawak, ed altri furono pure donati o dati in cambio a quel Museo dal sig. René Oberthiir. Gli esemplari provenienti dalle collezioni del generoso coleotterologo di Rennes furono in parte raccolti presso Pontjanak e parte nella regione del Kinabalu. Orbene fra tanti maschi della specie in discorso che così ho potuto vedere, uno solo (presso il civico Museo di Genova, pro- veniente da Pontjanak) è telodonte, circa sei sono amfiodonti, e tutti quanti gli altri, cioè parecchie diecine, sono priodonti. Ho citato questo fatto anche nel mio terzo studio, in ap- poggio alle idee che così vi esposi colle seguenti parole: “ La scelta naturale pare intervenga pure influendo sulla “ frequenza o rarità delle forme maschili maggiori o minori, “ nelle diverse specie, a seconda appunto che in esse quelle o “ queste sono meglio o peggio armate, più o nteno adatte. « Ed ecco che nelle specie in cui, come negli europei Lu- “ eanus cervus L. e Luc. tetraodon Thunb., la forma mandi. “ bolare cambia poco a seconda del differente sviluppo dei vari “ maschi, gli individui di forma media sono quelli che preval- « cono sugli altri. Vi sarà qualche oscillazione a seconda delle «“ diverse località, ma la legge generale è questa, e ciò è na- “ turale. «“ Però nei casi in cui, come nell’ Hexarthrius Buqueti Hope « le forme minori sono distintamente meno bene armate, queste “sono anche molto meno frequenti delle relative forme mag- “ giori meglio adatte. Ciò almeno mi appare dall'esame delle “ collezioni. “ Nei casi invece in cui come nel Prosopocoelus antilopus SW., “ nell’ Odontolabis brookeanus Voll. e in altri affini, i maschi di “ forma minore hanno le mandibole bensì più corte e disadorne “ ma molto più grosse e più forti di quelle delle relative forme «“ maggiori, sono allora le forme maggiori quelle che scarseg- “ giano, appunto come meno adatte, mentre predominano im- “ mensamente gli individui di forma minore, la cui mole poi può “ essere anche più che media. ,, (1) i Entro i limiti stessi della forma priodonte che sarebbe dunque la forma maschile prevalente, nell’Odonlolabis brookeanus, come (1) Studi sui Lucanidi, III, op. cit., pag. 904-905. 108 ACHILLE GRIFFINI in altre specie, si osserva qualche variazione che accompagna si può dire regolarmente la variazione di mole del corpo, e che ho voluto qui mettere in evidenza rappresentando nella fig. 1 l'esemplare priodonte più grande e l'esemplare priodonte più piccolo contenuti nella mia collezione. Entrambi questi maschi mi furono inviati dal sig. R. Oberthiir. Dall'esame loro appare, come meglio apparirebbe da tutta la serie di maschi priodonti che fra quei due limiti di mole mas- sima e di mole minima si potreb bero intercalare, che le mandi - bole e il capo si accrescono nei più grandi più che non le altre parti del corpo, e viceversa dimi- nuiscono di mole più delle altre parti del corpo nei più piccoli. Questo tatto appare anche visibile nelle forme priodonti del- l’Od. Lowei da me figurate nello studio pubblicato nello scorso anno. (1) Senza voler ora occuparci ad indagare il perchè di tale va- PRI OSIO LE Ra riazione entro i limiti stessi della due maschi priodonti. forma priodonte in una di queste specie, osservando che essa varia- zione si accompagna regolarmente, benchè con coefficiente di- verso, col variar della mole, si può proporsi di studiare in qual grado, entro i detti limiti, passando dagli individui più grandi man mano ai più piccoli o viceversa, varî questa o quella. parte del corpo. E qui mi preme di ricordare che i coleotteri allo stato adulto, almeno per quanto riguarda la mole e l’esteriore conformazione, hanno raggiunto grandezza e forma definitiva per ciascun indi- viduo, sono perfettamente nello stesso periodo vitale, sono ben comparabili, se spettano alla stessa specie, e non sono insomma ancora “in sul divenire ,. (1) Studi sui Luecanidi, II op. cit., fig. 2. STUDI SUI LUCANIDI 109 Aggiungo pure che la forma esteriore assume negli insetti una importanza grandissima sotto tanti punti di vista, e ciò faccio servendomi delle parole usate da Lameere nel suo bellis- simo discorso pronunciato alla Società Entomologica del Belgio (1): “ L’insecte est d’une uniformité désespérante en dedans; toute son evolution se trouve inscrite a sa surface. , Ho dunque cominciato col misurare accuratamente una buona serie di esemplari scelti fra quelli della mia collezione, e, col gentile permesso della Direzione, fra quelli del Civico Museo di Genova. E poichè compievo questo lavoro per gli esemplari priodonti, l’ho fatto pure per l’unico telodonte e per quelli am- fiodonti che potei esaminare. In seguito, per rendere le misure ottenute ben comparabili fra i vari individui di diversa grandezza, le ho trasformate in tutti in trecentosessantesimi somatici col sistema del prof. Ca- merano (?). Come tunghezza base alla quale ho riferito in ciascun indi viduo le dimensioni delle diverse sue parti, ho scelta la distanza dal mezzo dell’orlo anteriore del capo all’estremo posteriore del l'addome (e delle elitre), escluse dunque le mandibole, parti così variabili. Questa dimensione mi è sembrata abbastanza costante e tale da accompagnare regolarmente le variazioni di mole. Avrei po- tuto escludere dalla lunghezza base la parte riguardante la lun- ghezza del capo, le cui dimensioni si accrescono un po’ di più negli individui maggiori e seemano un po’ di più negli individui minori, rispetto a quelle di parti più costanti e che meglio ac- compagnano passo passo la diversa mole del corpo. Avrei dunque potuto assumere come lunghezza base la di- stanza fra il punto di mezzo dell’orlo anteriore del pronoto e l’apice dell’addome. Avrei pure potuto scegliere un’altra base, e checchè ne dica il dott. A. Broglio (5), questa dimensione base avrebbe potuto essere anche una larghezza piuttosto che una lunghezza, purchè (1) A. LAMERRE, Le cinquantenaire de la Soc. Entom. de Belgique. Discours prononcé à l’Assemblée générale commémorative du 9 avril 1905. Mémoires Soc. Entom. Belg., T. XII, Bruxelles, 1905, pag. 13. (2) L. CamrRAno, Lo studio quantitat. degli organismi ed il coefficiente somatico. Atti R. Accad. delle Scienze, Torino, vol. XXXV, 1900. (3) A. BrogLIo, Alcune osservazioni sulla somatometria. Rendiconti R. Istit. Lom- bardo Sc. Lett., ser. II, vol. XXXIX, 1906. 110 ACHILLE GRIFFINI fosse una base costante, mi permetto di ripeterlo ancora, i cui diversi valori nei diversi individui apparissero seguire regolar- mente l’accrescimento o la diminuzione della mole del corpo di questi. Insisto un momento su tali concetti, poichè desiderando io in questo e in altri casi verificare in qual modo scema o cresce lo sviluppo di una data parte quando si passi dagli individui più grandi man mano ai più piccoli o viceversa, credo che la dimensione base non occorre proprio che sia la lunghezza totale del corpo come pare vorrebbe il Broglio, ma mi pare possa es- sere una lunghezza parziale, una larghezza, una dimensione tale soltanto da soddisfare a questa condizione: che i suoi successivi valori possano realmente indicarci le successive moli degli in- dividui studiati varianti regolarmente nello stesso senso e al più possibile di pari passo, senza esagerazioni in un senso o in un altro, e tanto meno poi senza salti irregolari. La vera base ideale per questi studi sarebbe la mole di cia- scun individuo, ma è ben difficile poter darne una misura per moltissimi motivi, dovendosi distaccare le parti irregolarmente variabili, dovendo d’altro lato lasciar in disparte gli esemplari anche leggermente difettosi, pei quali, ad esempio, la mancanza di una zampa o di una antenna, non renderebbe possibile la misura della mole totale come in quelli completi, salvo il caso in cui si volesse ricercare la mole di tutti gli esemplari pri- vandoli delle dette appendici, il che certamente nessuno pense” rebbe di fare. Nelle pagine che seguono do tutte le misure in millimetri da me prese sulle serie di maschi d’Odontolabis brookeanus da me studiati, e quanto alle misure in trecentosessantesimi soma- tici, tranne il caso di individui unici nella loro forma, pei quali le do tutte, indico soltanto i risultati complessivi. Faccio osservare che la misura 4, indicata come lunghezza del corpo, e assunta poi come dimensione base per le misure so- matiche, è presa dal mezzo dell’orlo anteriore del capo all’apice dell'addome, senza dunque le mandibole. Essa, nell’individuo te- lodonte include anche Vepistoma, lungo in esso circa mm. 2,8. Le mandibole sono state da me misurate in due modi, cioè esaminando l’insetto ventralmente, nel qual caso si può osser- varne la vera base, sia poi esaminando l’insetto dorsalmente, nel qual caso si misura quanto delle mandibole stesse sopravvanza l'orlo anteriore del capo. STUDI SUI LUCANIDI 111 La lunghezza del capo va intesa come approssimativa, presa dorsalmente e indicante di quanto il capo sporge oltre l’orlo anteriore del pronoto. Fu presa dal punto di mezzo del mar- gine anteriore del capo (in generale incavato) al punto di mezzo del margine anteriore del pronoto: ma, ripeto, è approssimativa, potendo essere nei vari individui la testa più o meno inclinata, ritirata o protesa. Per quanto riguarda le zampe, mi sono limitato a misurare le libie anteriori, che mi parvero piuttosto variabili. Individuo telodonte A. (Collezione Museo Civico di Genova. — Provenienza: Pontjanak). _—— - = = AOSTA ni | in in | | millimetri | 360™! di a pbgislezza(delteorpo af a ii. | Oe — | 6 Lunghezza totale delle mandibole ... . | 14,5 134 | c Lunghezza delle mandibole per quanto spor- | gono oltre l’orlo anteriore del capo . . . 11,8 109} d- Larghezza delle mandibole... . - 4... . 2.4 22 || e Larghezza delle mandibole col lungo dente | iprino pali: RA DEL PIA SE RR 6 0) et f Lunghezza del capo (coll epistoma)iit.-- ay 10,5 97 g Larghezza mass. del capo davanti agli occhi 16 145 h Larghezza mass. del capo dietro gli occhi . 15,5 145 | i Lunghezza del pronoto al mezzo. . . . . $ 85 | tl Larghezza massima del pronoto . . . . . 18,5 ayer area m Lunghezza delle elitre. . . . SSN: 21 194 | || » Larghezza massima delle due elitre ear SP 17 LORA o Lunghezza delle tibie anteriori... . . 14,5 134 ~ || Osservazioni. — Essendo questo l’unico esemplare telodonte che io abbia veduto, non posso fare a suo riguardo alcuna 0s- servazione particolare. Potranno le sue dimensioni essere com- parate con quelle di altri contenuti in altre collezioni, e fino ad un certo punto potranno essere paragonate , con quelle degli esemplari spettanti ad altre forme di sviluppo. 12 ACHILLE GRIFFIN1 Individui amfiodonti. | Misure in millimetri | = e a = Misure = 3 È E da | ds | aa] Ss AIA SE SD sie ZO 360™ di a pe arts i Rhea a Lunghezza del corpo . . . . | 40,4/37,6|36 | 380 -- b Lunghezza totale delle mandibole | 11,8/10 | 104] 8 105-96 c Lunghezza delle mandibole per quanto sporgono oltre l’orlo an- Terre ela Capo ann I (6-79 61 80-72 d Larghezza massima delle man- |. dibole prima e dopo l’incavo . | 5,5] 48] 44] 3,5 49-49 e Larghezza delle mandibole nella regione incavata... . Li. | 44) 363427 39-52 f.-Jiumghezza; delcapo.. .' +.) re.) 99:7 | 9.8") 82 teas 94-82 y Larghezza massima del capo da- | _ vanti.agli occhi... . . . . | 16,8) 145142) 116) 150-189 h Larghezza massima del capo die- di tro gli oechi 0 0. nt GR | TAA CONS PASS i Lunghezza del pronoto al mezzo | 9,5| 8,5| 8,5| 7 85-81 ? Larghezza massima del pronoto |21 |1T7,7|18,5|14,2| 187-169 eet Tul È m Lunghezza delle elitre . . . .|22,4|205|20 |16 200-192 n Larghezza massima delle due e- i irene LOR eee ea do aa RL Sa RIT 168-161 o Lunghezza delle tibie anteriori | 16 |14,3|13,8|11,9| 148-137 Osservazioni. — L'individuo E, raccolto a Sarawak dal mar- chese G. Doria, è notevole per la sua piccolezza; l’individuo D è notevole perchè il suo capo, a differenza di quanto generalmente si osserva, è un po’ meno largo davanti che non dietro gli occhi. Le mandibole si mantengono abbastanza costanti nei loro caratteri, però col scemar della mole scemano con intensità al- quanto maggiore. Molto costante si mantiene la differenza d-e, cioè la differenza fra la larghezza delle mandibole nella regione incavata e la larghezza di questi stessi organi prima e dopo l’incavo caratteristico della forma amfiodonte Questa differenza STUDI SUI LUCANIDI 1063 è di 10 trecentosessantesimi somatici, colla lievissima eccezione dell'individuo C in cui è di 12. Più irregolari sono le dimensioni del capo, la cui lunghezza, di 86 trecentosessantesimi somatici nell’individuo B, sale a 94 nel- l’individuo C, per discendere a 82 in D ed in 4, mentre la lar- ghezza è poi quasi tutta minore in C, rispetto a B, D ed E. La lunghezza del pronoto rimane molto costante sulla me- dia di 84. La larghezza del pronoto, con qualche irregolarità tende a scendere da 187 a 170. Ancor meno soggetti ad oscillazioni sono i caratteri delle elitre e delle tibie anteriori. Individuo amfio-priodonte F. (Mia collezione. — Provenienza: Pontjanak). __—_—_—yP_______t_ n SSS | Misure | Misure n | n | millimetri | 360" di a | Widmer ere del OOK pop. etti | STATI Su | % Lunghezza totale delle mandibole . . . . (FE INR See le Lunghezza delle mandibole per quanto spor- | | | gono oltre l’orlo anteriore del capo . . . | Bol eae | d Larghezza massima delle mandibole prima | | | CETO N E A REI 4 dd | è Larghezza delle mandibole nella regione del | DICCOlONINCAVO Re e oe wae. ed) 3,6 40 Yi Lunbshezza: del'icapen i «ils os cati 0,7 85 g Larghezza mass. del capo davanti agli occhi 12 132 | h Larghezza mass. del capo dietro gli occhi . 11,8 150 | i Lunghezza del pronoto al mezzo. 7,8 86 | Z Larghezza massima del pronoto . . . 15,5 171 | im Lunghezza delle elitre . ERE Lio 15 198 n Larghezza massima delle due elitre pod. 165 ifco-lcunanezza!dellertibietamberiori: Mo 0.5 | 12,5 138 il Osservazioni. — Questo esemplare, che chiamo anzfio-prio- donte, poichè intermedio fra le forme amfiodonti e le forme priodonti, ha le mandibole quasi priodonti, con un leggero in- cavo quasi angolare verso la base. 114 ACHILLE GRIFFINI La differenza d-e in esso è appena di 4 trecentosessantesimi somatici, mentre nelle forme amfiodonti vedemmo essere di 10. Per quanto si è degli altri caratteri questo individuo non si scosta molto dalle forme amfiodonti. Si noti soltanto che le mandibole sono già meno lunghe (misure d e c), mentre relati- vamente sono molto larghe (misura d). Anche il capo è relati- vamente meno largo, ma ciò è piuttosto inerente alla mole poco grande dell'esemplare; le tibie anteriori scendono fino a 138. Più concordanti sono i caratteri del pronoto e delle elitre. Individui priodonti (Vedi tabella a pagina seguente). Osservazioni. — L’esemplare J è notevole per l’addome in un colle elitre di forma relativamente esile, la cui larghezza (dimensione #7) arriva appena a 157 trecentosessantesimi soma: tici, ricordando in questo l’individuo di forma telodonte, mentre negli altri esemplari la detta dimensione è sempre superiore a 160. Gli esemplari O e Q, provenienti dal Kinabalu e che acquistai dal commerciante Rolle, sono notevoli per la relativa piccolezza del capo, che specialmente nell’esemplare Q è lungo appena 66 e largo appena 117 trecentosessantesimi somatici, mentre negli altri individui queste dimensioni sono al minimo 71 e 120. L’esemplare Q ha pure il pronoto relativamente stretto, la cui larghezza arriva appena a 162, mentre negli altri questa dimensione è almeno 164. Ma se lasciamo in disparte i pochi individui un po’ ecce- zionali, possiamo constatare come la variazione segua delle linee abbastanza regolari. Le dimensioni del pronoto e delle elitre si mantengono piut- tosto costanti, con poche oscillazioni non strettamente legate alla variazione di mole. La lunghezza delle tibie anteriori decresce sensibilmente, ma alquanto irregolarmente, passando dagli esemplari più grandi ai più piccoli. Decrescono in modo ben visibile e con molta regolarità le dimensioni del capo, la cui larghezza maggiore da’ 148, negli individui più grandi, scende a 120 nei minori. E le mandibole, pur conservando fondamentalmente la stessa forma priodonte, si accrescono molto negli esemplari più grandi e diminuiscono 115 SUI LUCANIDI STUDI SGITEIG GOT-L8T 18-88 OIT-97I LIT-87I 99-78 06-99 68-2 897601 DTP uu096É ur QIMSTHA (*‘Za][o9 Brut) uUTeqRuIy » = (BAoTIAy) “SUT) YBMBIBS YVMBIBS YVMBIRG nypeqeury YVMBIBS NTVqVuTry nyVqeury yeurlyuog (*ZeT[Oo Brut) AOU9Y) *SO) (*Ze][o9 em) yeurlyuog yeuelyuog (‘zeyT]Oo Brut) (*zexjoo et) yeurlyaog yeu lymoq (*Za]]09 Bru) yeuelquog (e (BAoTIAx) *SOTX) (BAOoTIAy *SO]Y) (BAO ‘SNIL) (gAOU®£) *SO) (RAOTIOX) *SUIY) 4 ~ (BAoTIAy) ‘Snut) NN Dp Ri aX ©) a S ne NN — (Co) 5 TIZQUIT]]TIÙI WI QIUSTIHW RR ENI ct -UB 9119 o[[op "Ysuny o At Le E RITO ony o[[ep BUIISSEUI "oe w * ‘@J4gI]o O][op "Wounry 2 OPOUOA JOP "SSVUL'Y SAV] 7 "Lt ae ZZZ UL. TR ogouo1d [op vzzoysun'y 2 " * .* 14990 A]TB 01391p odvo Jop ‘ssvtt ‘WSTET Y * * 11]990 I|OB TyURBARp odto op ‘ss 8ut ‘ySIe]T 6 ‘ odvo [op ezzaqsun / * Dita e TOTP wut a[[ep ‘“SSVUL BZZOYDILT] p * °° + *odvo Jep e101 -9}UB o]10,;] 9.130 0uos -10ds 0guenb aed a]oq -IpUvUL o][op ezzeysunq d ot SIgpua atop e[vjo} VzzoyounyT q * 0d109 jap Bzzoyoun'yT D 116 ACHILLE GRIFFINI molto nei più piccoli, presentando un campo di variazione, per esempio, per quanto è della loro parte sporgente oltre l’orlo anteriore del capo, da 75 a 39 trecentosessantesimi somatici in lunghezza. Quindi nella torma priodonte, già di per sè stessa ben ar- . mata, gli individui che raggiungono maggiore sviluppo della mole corporea hanno ancora il vantaggio di un ulteriore e su- periore rafforzamento e sviluppo dei caratteri sessuali secondari e particolarmente della robustezza delle mandibole. Se ora mettiamo a confronto le misure in f¢recentosessante- simi somatici delle parti comparabili negli individui di diversa forma, e cioè le dimensioni /-0, abbiamo: | Telo- Am- Amfio- 34 : | | donte fiodonti Fasi Priodonti | Nae DE : | | f Gungrhezza del capoass- fto NINA 94-82 85 84-66 i | g Larghezza mass. del capo da- | | vanti agli occhi . . . . .| 148 | 150-189 | 182 | 148-117 | _h Largh. mass. del capo dietro ; | | ail ECHL: i Reato 148-130 | 130 | 146-110 | i Lungh. del pronoto al mezzo .| 83 85-81 56 88-81 | 2 Largh. massima del pronoto .| 171 | 187-169 | 171 | 187-162 | m Lungh. delle elitre . . . . .| 194 | 200-192 | 198 | 213-195 n Larg. massima delle due elitre | 157 168-161 | 165 170-157 o Lunghezza delle tibie anteriori | 154 143-137 | 158 145-126 E per ben interpretare questi dati bisogna tener presente la differente mole del corpo dei vari individui. La lunghezza del capo è certo maggiore nella forma telo- donte in cui vi ha un epistoma ben sviluppato, che nella nostra misura fu incluso. Nelle altre forme il capo decresce colla mole, più di quanto decresca questa, e più nelle forme priodonti che nelle amfiodonti. L'individuo amfiopriodonte da me studiato è relativamente mediocre, ma sempre più grande del più piccolo amfiodonte, e minore dei più grandi priodonti, quindi i suoi caratteri, tenendo conto della sua mole, vanno molto bene a coincidere con quelli degli individui di mole eguali spettanti alle due forme fra le quali esso non rappresenta che un tratto di passaggio. STUDI SUI LUCANIDI ia ir La lunghezza delle tibie anteriori non dipende dalla forma speciale di sviluppo dell'individuo, ma è legata alla mole del corpo, accrescendosi molto negli individui grandi di qualunque forma e scemando molto nei più piccoli. Le dimensioni del pro- noto e delle elitre sono sufficientemente costanti, con qualche accrescimento e diminuzione legati più alla mole corporea che non alla forma di sviluppo. I caratteri delle mandibole non sono ben comparabili fra le diverse forme. La loro lunghezza va decrescendo col passar dalle forme maggiori alle minori e dagli individui più grandi ai più piccoli; la larghezza invece aumenta negli individui amfiodonti, e priodonti, e sopra tutto nei più grandi fra questi, mentre entro i limiti di una stessa forma la larghezza mandibolare si esagera nei maggiori e si riduce in un colla loro lunghezza nei minori. Lascio qui di ripetere le considerazioni di indole generale e le interpretazioni che si potrebbero dare a proposito dei fatti surriferiti e di cui ebbi già a parlare nel mio studio sull’ Odon- tolabis Lowei. Altri casi di particolarissime variazioni entro la famiglia dei Lucanidi già tutta così variabile, si verificano nei maschi di al- cuni Dorcidi del genere Eurytrachelus Thoms., anzi pare sola- mente in quelli di talune specie del detto genere. Fra queste io prenderò in esame due delle più note e più diffuse nelle collezioni, delle quali potei avere ricche serie di individui, e cioè VL. gypaetus Cast. e VE. purpurascens V. Vol- lenh. (!). La prima specie abita Giava, ed io ne acquistai alcuni esemplari da qualche commerciante mentre poi ne ebbi in dono qualche altro dal sig. H. Boileau e moltissimi dalla consueta ge- nerosità del sig. R. Oberthiir. La seconda specie abita Sumatra, Nias, Borneo e Malacca, e di essa acquistai molti esemplari dal compianto sig. H. Rouyer, naturalista viaggiatore che raccoglieva principalmente insetti nelle grandi isole della Sonda. Gli esem- plari che io ne ebbi erano tutti di Sumatra. La variazione strana che le dette specie e alcune loro con- generi sono capaci di presentare tu da me brevemente indicata (1) Per le sinonimie e le indicazioni bibliografiche, come già ebbi a dire a pro- posito dell’Odontolabis brookeanus, rimando il lettore al citato catalogo di Van Roon. 118 ACHILLE GRIFFINI col numero V nel mio studio generale (!) ed enunciata colle seguenti parole : “I caratteri sessuali secondari e in particolare quelli delle mandibole variano seguendo più o meno la variazione di mole dei maschi, ma la loro variazione però può andare in due sensi, secondo l’uno dei quali porta dalle forme maggiori alle relative naturali /orme minori, mentre secondo l’altro porta alle forme capito. Il primo senso di variazione però è di gran lunga più frequente. , L’Autore che pel primo fece cenno delle forme capito, che anzi diede loro questo nome, e che ne indicò abbastanza chia- ramente i caratteri fu Burmeister, il quale nel 5° volume del suo Handbuch (?), dopo aver a pag. 344 già assegnato il detto nome a tali forme, descrive poi a pag. 388 la forma capito dell Euryt. gypaelus (*) colle seguenti parole: “ Var. capito: Capite maximo, magis gibbo, genis paululum inflatis; mandibulis validis, crassis, capite brevioribus, in apice bidentatis, basi tuberculo nodoso intus armatis. ,, E più innanzi, a pag. 389, così si esprime : « Es giebt aber andere mainnliche Individuen von bedeutender Gròsse, deren Kopf sich nicht im Mindesten verkleinert hat, wah- rend die Oberkiefer ganz kurz, am Grunde dick aufgetrieben aber am Ende noch zweitheilig sind und der Lippenfortsatz bloss als stumpfer Hécker wie beim Weibchen hervorragt. Diese Form, von welcher ich grésse und kleine Exemplare vor mir habe, bildet die var. capito ,. Molti anni dopo, G. Albers (4) descrisse la forma capito del- l’Eur. purpurascens, dandone la seguente diagnosi : “Var. capito: Capite maximo, magis gibbo, genis magis inflatis; mandibulis validis, crassis, in apice bifurcatis, basi tu- berculo valido binodoso armatis: clypeo recepto, in triangulum parvum, apice truncatum et binodosum producto. , Infine credo esser stato io il primo a figurare un individuo (1) Studi sui Lucanidi, I, pag. 17 e seguenti. (2) H. Bormersrer, Handbuch der Entomologie, V Band, Berlin, 1847. (*) L'autore chiama ancora questa specie col nome di Doreus Saiga, come fu fatto anche da molti altri, finchè la nomenclatura di molti Lurylrachelus non tu rettificata. L'Purytr. saiga è altra specie. (4) G. ALsers, Ueber Euryir. purpurascens V. Vollenh. var. capito und Eur. Ghi- lianii Gestro. Deutsche Entom. Zeitschr., Band XXVIII, 1884, pag. 173 e pag. 304. STUDI SUI LUCANIDI 19 di forma capito e propriamente un individuo di tale torma del- Vl Eur. purpurascens (1). Nel presente lavoro dò poi le figure di parecchi esemplari di forma capito, sia dell’ Er. gypaetus che dell'Eur. purpura- scens, e le metto a contronto con quelle di individui di forma normale e di altri di forma intermedia. Sopratutto, ad evitare errori, è bene non dimenticare che le forme capito (di cui si possono trovare individui grossi, mediocri e piccoli) non rappresentano la naturale forma minore dei maschi della specie, torma minore che pure vi si riscontra e che ne è diversa. Sono dunque qualcosa di dissimile da quello che sono le forme minori di tanti altri Lucanidi, per esempio degli Odon- tolabis, i cui individui sono pur anco capaci di presentarsi grandi, mediocri o piccoli. La variazione pertanto che si osserva negli Hurytrachelus di cui qui ci occupiamo, è duplice. Seguendo serie di esemplari varianti nel senso che ho chia- mato normale, dai maggiori ai minori, la variazione è molto sensibile ma non ha nulla di straordinario; essa è quale si os- serva pure in specie congeneri ed affini, accompagna abbastanza bene, quantunque con qualche irregolarità, la variazione di mole del corpo, e per quanto è delle mandibole porta ad una ridu- zione generale di questi organi, con spostamento delle loro ap- pendici secondarie che tendono a semplificarsi, raccogliendosi più presso la base, talora quivi estroflettendesi maggiormente. Seguendo invece altre serie di esemplari si arriva alle forme capito ; e allora la testa resta grossa e si fa anzi alquanto più rigonfia, principalmente dietro gli occhi in quelle prominenze laterali arrotondate a guisa di guancie; l’epistoma diviene sub- triangolare, piccolo; le mandibole vanno assumendo una forma anormale, e cioè divengono corte e grosse, a margine esterno molto arcuato, con grossa protuberanza interna basale biloba nei più grandi individui, e più uniformemente allargate dall’apice verso la base in modo subtriangolare nei minori (vedi fig. 2). Fra punti diversi delle due serie così delineate si possono osservare, sebbene rari, degli individui formanti transizione. E così si trovano, ad esempio, individui di mole mediocre e di me- diocre sviluppo rispetto alla serie normale, i quali in differente (') Studi sui Lucanidi, I, op. cit. pag. 17, fig. 3 C 120 ACHILLE GRIFFINI maniera mostrano di tendere verso le forme cupito, e potreb- bero dunque prender posto sia in una serie normale come in una serie anormale. Le figure poi qui unite serviranno meglio di lunghe descri- zioni a mostrare che cosa sono le forme cupilo, e come possano presentarsi individui facenti passaggio verso di esse. Nella fig. 2, che rappresenta degli Luryt'achelus gypaetus, l'esemplare A è il più grande capito della mia collezione, lungo senza le mandi- bole mm. 39, e dotato di man- dibole sporgenti oltre l'orlo ante- riore del capo per circa mm. 6,5; la larghezza massi- ma del suo capo è di mm. 18,6. — Come si vede le sue mandibole sono forcute al- l’apice, a margine Fig. 2. — Eurytrachelus gypaetus. interno concavo pa A ee forma normale, e col SISI tu- avente statura all’ incirca eguale ad A. bercolo basale bi- lobo; la mandi- bola sinistra ha una lieve protuberanza verso il mezzo del mar- gine interno. In B ho rappresentato la forma e la grandezza delle man- dibole degli individui normali di statara all’incirca eguale a quella di A. Gli esemplari C e D sono i più piccoli della mia collezione spettanti alla forma capito della specie suddetta; certamente però se ne devono trovare ancor di minori. C è lungo, senza le mandibole, mm. 30, e D, senza le mandibole, è lungo mm. 28. Le mandibole di C sporgono oltre l’orlo anteriore del capo per circa 5 mm.; quelle di D sporgono per circa mm. 4,6. Come appare dalle figure, la biforcazione apicale di questi organi si fa meno spiccata, il margine interno tende a rendersi meno curvo e perciò l’allargamento della parte delle mandibole spor- STUDI SUI LUCANIDI 121 gente oltre il capo tende alla forma subtriangolare, rendendosi meno appariscente il tubercolo bilobo basale, meglio spiccato nei capito di mole più grande. L’'Eurytracheius gypaetus maschio da me rappresentato in B nella fig. 2 non di questo lavoro ma del citato mio primo studio generale (1), rappresenta una forma di passaggio verso le forme capito. Nella fig. 3 ho rappresentato degli Hurytrachelus purpu- rascens. In essa l’individuo A, benchè di mole appena mediocre, Fig. 3. — Eurytrachelus purpurascens. A, maschio di forma maggiore e di mole appena mediocre. B, D, E, maschi facenti passaggio verso la forma capito. C, mandibola di un maschio di forma maggiore normale, avente statura all’ incirca uguale a 5. appartiene alla torma naturale maggiore, quanto a sviluppo dei caratteri sessuali secondari e particolarmente delle mandibole. L'individuo B, benchè più grosso di A, è gia di forma quasi media e tende alquanto verso le forme capito. Esso è lungo, senza le mandibole, mm. 37,5, ed ha le mandibole sporgenti oltre l’orlo anteriore del capo per circa mm. 11,5, mentre negli indi- vidui di forma normale aventi all’incirca la statura di B le man- dibole sono grandi come quella raffigurata in C e fatte come essa, cioè allungate e quindi colle appendici secondarie più di- stanziate fra loro. (1) A. Grirrint, Studi sui Lucanidi. I, op. cit., pag. 14. 129 ACHILLE GRIFFINI L'individuo D, lungo, senza le mandibole, mm. 33,4, e for- nito di mandibole che sporgono oltre il capo per circa mm. 8,2, fa ancor meglio passaggio verso la forma capito, alla quale già si può dire appartenga l'individuo seguente, di cui ho rappre- sentato una mandibola in £. Questo è lungo, senza le mandi- bole, mm. 32, ed ha questi organi sporgenti innanzi al capo per circa mm. 6,8, già forniti del grosso tubercolo basale interno bi- lobo e ancora presentanti un piccolo dente verso il mezzo. Nella fig. 4 ho pure rappresentato degli Zurytrachelus pur- purascens. In essa l'individuo A è il più grosso capito della mia colle- zione, lungo, senza le mandibole, mm. 36,2, e colle mandibole i sporgenti per circa 7 mm. oltre l'orlo anteriore del capo. Queste mandibole, come appare dal di- segno, ‘sono arcuate, forcute al- l’apice, hanno il margine interno concavo, e presentano molto di- stinto il caratteristico tubercolo basale interno bilobo. Inaltri esemplari meno grandi, per esempio in uno lungo mm. 29 e avente le mandibole sporgenti oltre il capo per circa mm. 5, questi Fig. 4. — Eurytrachelus purpurascens, Organi sono ancora forcuti all’a- A, B, maschi di forma capito. pice, hanno ancora distinto il tu- C, mandibola di un maschio. dit. bercolo “basale? meno. nettamente forma minore normale, avente statura all’ incirea eguale a 8. bilobo, ma presentano il margine interno già meno concavo e ten- dono perciò ad un allargamento subtriangolare più regolare. Questo allargamento e questa forma appaiono poi meglio nei capito di minor mole, di cui l'individuo B non è dei più piccoli. Esso è lungo, senza le mandibole, 25 mm., ed ha le man- dibole sporgenti oltre il capo per circa 4 mm. Questi suoi organi presentano soltanto traccie della biforcazione apicale, essendo il dente più interno di tale biforcazione assolutamente rudimentale, per il che le mandibole appaiono terminate regolarmente in una unica punta; l’allargamento generale di questi organi poi verso la base si fonde colla protuberanza basale interna, non più vi- sibilmente biloba. STUDI SUI LUCANIDI 123 Ho creduto interessante metter a confronto coll’individuo B in discorso, forma capito piuttosto piccola, un individuo di ugual mole ma appartenente alla variazione più sopra detta normale. La parte sporgente delle mandibole di quest’ultimo è rappresen- tata nella figura 4 C. Come si vede dunque le mandibole negli individui minori anche delle serie di variazione normale si ridu- cono e si modificano, ma in modo diverso di quanto avviene negli individui di forma capito, pur se li paragoniamo a mole eguale. Le mandibole degli esemplari minori delle serie di va- riazione normale non tendono alla forma subtriangolare. Ciò che ho detto particolarmente per gli individui ai quali si riferiscono le figure 4 B e 4 C, posso ripeterlo anche per altri ancor più piccoli, che ho pure in collezione. Il più piccolo esemplare capito di Eurytrachelus purpu- rascens che posseggo è lungo, senza le mandibole, mm. 21,4, ed ha le mandibole sporgenti oltre il capo per quasi 3 mm.; queste terminano in un’unica punta e vanno quasi regolarmente allar- gandosi dell’apice verso la base, con forma subtriangolare in cui il lato esterno è naturalmente sempre convesso, e il lato in- terno quasi dritto, leggermente sinuoso. La parte basale di tale sporgenza, che è la più larga, misura in larghezza 2 mm. Posso metter a confronto con questo piccolo esemplare cda- pito, un egualmente piccolo esemplare di forma minore della variazione normale, lungo 21 mm. senza le mandibole, ed un altro consimile ancor più piccolo, lungo, senza le mandibole, mm. 19. Orbene in essi le mandibole, sporgenti oltre il capo ri- spettivamente mm. 3,1 e mm. 2,8, non hanno a che fare con quelle dei capito e neppure del piccolo esemplare capito or ora ricordato, ma questi organi presentano un ulteriore stadio di variazione per riduzione, riferibile alla forma rappresentata nella figura 4 C, e cioè hanno fondamentalmente quella forma falcata e sottile, colla larghezza basale di appena mm. 1,3 e mm. 1, e con una distinta protuberanza dentiforme interna verso il mezzo. La protuberanza dentiforme interna è come la sintesi di tutti i rudimenti delle appendici secondarie presentate dalle mandi- - bole degli individui di forma maggiore, appendici che nelle suc- cessive riduzioni tendono a ravvicinarsi, si accostano intatti, si fanno rudimentali e tendono a fondersi, come già vedesi nella figura 4 C. 124 ACHILLE GRIFFINI ed Ho gia detto che nel presente lavoro non ritorno sui con- cetti di indole generale da me esposti negli studi precedenti e sulle interpretazioni che ho cercato di dare alle variazioni così grandi nei Lucanidi. Per quanto è delle forme capito e quindi della duplice va- riazione negli Ewurytrachelus, ne parlai già a più riprese nel mio studio generale (1) e nulla posso aggiungere. Solo l'esame degli esemplari vivi, nelle loro condizioni na- turali, e l'esperimento su di essi, può definitivamente risolvere i problemi che questi studi ci presentano. Ho bensi cercato di fare qualche indagine anatomica, e dal compianto Rouyer, quando era a Sumatra, mi feci mandare un buon numero di Burylrachelus purpurascens in alcool. Ma purtroppo questi giunsero in cattivo stato; erano in un recipiente relativamente piccolo, con troppo poco liquido rispetto al numero degli esemplari contenutivi, e le parti non chitinose di questi non si erano conservate sufficientemente. Devo dunque limitarmi ancora alle considerazioni teoriche ed alle induzioni. Su tale base mi pare che noi potremmo am- mettere tre cause agenti sui maschi di queste specie, cause ca- paci di agire isolatamente od anche associate, interferendo allora fra loro. Una sarebbe. la causa molto generale che porterebbe alla variazione della mole corporea; una seconda influirebbe sullo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, come negli altri Luca- nidi tutti, cagionando le diverse forme della variazione nor- male, forme maggiori, medie e minori, più o meno legate o in- dipendenti dalla variazione di mole; una terza causa agirebbe pure particolarmente sullo sviluppo dei caratteri sessuali secon- dari, cagionando la produzione delle forme capito, e questa ap- parirebbe ancor più della seconda indipendente dalla variazione di mole, pur non essendone però del tutto staccati gli effetti quando le due cause agiscono contemporaneamente. Infatti entro i limiti stessi delle forme capito si osservano delle variazioni che come abbiamo visto sembrano connesse alla diversa mole individuale. (1) Studi sui Lucanidi, I, Considerazioni generali, ecc., op. cit., pag. 35 e seguenti. STUDI SUI LUCANIDI 125 Ho avuto modo di esaminare molti Eurytrachelus gypaetus e molti Eur. purpurascens, anche nelle collezioni del civico Museo di Storia naturale di Genova, che la Direzione sempre con grande cortesia mi ha lasciato studiare. Mi risulta che gli individui di forma capito non sono mai frequenti, e che anche poco frequenti sono, almeno per quanto a me pare, gli individui formanti tratti di passaggio fra la serie normale di variazione e le forme capito. Quanto agli individui con forme normali di variazione, grandi, medii, piccoli, con caratteri sessuali secondari di vario sviluppo, ma non volgenti verso le forme capito, essi mi sembrano di gran lunga più numerosi. In essi inoltre non veggo sovrabbondare le forme minori sulle maggiori o viceversa; forse le forme mag- giori di mole più o meno media sono ancora le più comuni. Qui infatti non abbiamo come nell’Odontolabis brookeanus i maschi di forma minore molto meglio armati di quelli di forma mag- giore, e pertanto, ancor una volta a conferma delle mie osser- vazioni e delle mie idee, in questi Hurytrachelus non si verifica come in quegli Odontolabis che i maschi di forma minore sieno in grandissima maggioranza e nemmeno che possano raggiun- gere la mole dei più grandi individui di forma maggiore. Mi pare innegabile che lo studio delle variazioni, principal- mente negli animali che ne offrono di così estese, sia di grande importanza, specialmente pei problemi sulle mutazioni e sulla formazione di nuove specie (!). Perchè tali problemi sieno ben trattati, occorre, dirò col Giard (*): “ une connaissance toujours sérieuse, souvent tres detaillée des genres, des espéces et méme des moindres variations soit normales soit tératologiques. , “ Nulle part, soggiunge lo stesso autore, les matériaux ne sont plus immediatement utilisables et plus variés que dans ces ensembles si polymorphes des Insectes et des Crustacés. , (!) Su questo interessante argomento generale veggasi il recentissimo articolo del prof. G. CarranEo: Evoluzione graduale ed evoluzione “ esplosiva ,. Estr. dalle Ri- cerche di Psichiatria, Nevrologia, Antropologia e Filosofia, dedicate al prof. E. Mor- selli, Milano, 1906. (?) A. Grarp, Allocution prononcée le 8 janv. 1896 è la Soc. Entomol. de France. Bulletin Soc. Entomol. France. Paris, Année 1896, pag. 2-7. 126 ACHILLE GRIFFINI . Ed il Lameere, pure ne conviene colle seguenti parole: * Il n’y a pas d’organismes sur le globe qui se pretent mieux que les Insectes a la solution des problémes de la philosophie na- turelle. , (1). Ma gli insetti sono numerosissimi, infinitamente numerosi. “ Tl v a certainement sur le globe au minimum cing fois plus ad’ Insectes que de lous les autres étres vivants reunis. , (*) La bibliografia entomologica è spaventosamente estesa. Lo studio di questi artropodi viene ad essere così assai difficile ed assor- bente. E con cid diremo, colle parole pronunciate ancora del La- meere in un altro suo discorso (*), “ l’insecte est le “ paria , de la zoologie ,. La maggioranza degli zoologi, dice infatti questo autore, si occupa degli animali solo per arrivare ad una migliore cono- scenza dell’uomo e dei fenomeni generali della vita, per il che essenzialmente vengono studiati massimamente gli organismi inferiori marini ed i vertebrati. “ Les Insectes, au contraire, sont complètement en dehors de la ligne ancestrale de l’humanité, et ils forment un groupe en quelque sorte & part, dont l’étude a fourni bien peu de no- tions morphologiques ou physiologiques essentielles. Leur genre de vie souvent caché, leurs tèguments trés--durs, les rendent des objets peu accessibles en général et beaucoup moins faciles à débiter en coupes que les organismes marins ou que les Ver- tébrés; la plupart des zoologistes les dédaignent, et ils les dédai- gnent encore pour un autre motif, c'est qu’ils ne parviennent pas à s’assimiler l’épouvantable imbroglio de leur systèmatique.... le groupe est trop nombreux, c’est une etude speciale, plus élendue encore que la Botanique, et la vie dun homme n’y suffirait pas; aussi les excellents traités de Zoologie et d’Ana- tomie comparée qui ont été publiés en ces derniers temps font ils un effet lamentable pour ce qui concerne Jes Insectes. ,, Così parla il Lameere, ed è un professore universitario! È (1) A. LAMERRE, Le cinquantenaire de la Soc. Entomol. de Belgique. Discours. Mé- moires Soc. Entom. Belgique, Bruxelles, T. XII, 1905, p. 18. (2) Op. cit., pag. 8. () A. Lamerrn, Discorso pronunciato il 26 dicembre 1900 alla Soc. Entomol. del Belgio in occasione della morte di Selys-Longchamps, Annales Soc. Entomol. Belgi- que, Bruxelles, tome XLIV, 1900, pag. 468. STUDI SUL LUCANIDI 112%) non esita a dire: “ Les Universités font des docteurs en sciences: ce qwil nous faudrait, ce sont des écoles de naturalistes. , (!) Ma io non oso invitare nuovi zoologi italiani ad occuparsi di insetti, se non colla prospettiva di incontrare gravi difficoltà continue, e se non quando siano animati da una passione tale che dia loro il coraggio d’affrontare la grande probabilità di non essere più considerati come zoologi dalla maggioranza degli altri studiosi italiani che s’applichino ad altri rami della zoo- logia. E intendo parlare di “ zoologi , che si occupassero d’in- setti; non vi includo neppure i dilettanti, pur degnissimi d’in- coraggiamento, nè gli specialisti, talora troppo limitatisi ad un solo gruppo, e che nondimeno portano notevoli contributi alla scienza ! (1) Le cinquantenaire de la Soc. Entom. de Belgique. Op. cit., pag. 15. LE FLORES DE PALO Nota di Biologia vegetale del socio Prof. Ferdinando Sordelli ————— Il signor Enrico Bonomi, noto preparatore e negoziante di oggetti di Storia naturale della nostra città, riceveva dal Gua- temala, or è qualche tempo, alcune singolari produzioni vegetali conosciute in quel paese col nome di Flores de palo, come a dire fiori di legno, o fiori d'albero (*). Ed avendone egli voluto gentilmente donare un paio al nostro Civico Museo, posso mo- strarli a chi per caso non ne avesse alcuna idea, aggiungendo quel tanto che ne so intorno alla loro origine; il che faccio anche più volontieri, sapendo che di consimili ne pervennero pure a qualche nostro socio, per mezzo dello stesso signor Bo- nomi. Come ognun vede, non si tratta menomamente di fiori. Sono produzioni legnose abbastanza bizzarre e, sebbene abbiano una forma come di calice aperto, sono ben lungi dal presentare una regolarità qualsiasi; piuttosto ricordano in qualche modo l’aspetto di foglie di acanto, ora patenti, ora più o meno accartocciate ed alquanto più intagliate di quel che siano nel tipo classico (fig. B). Se non sono fiori, che mai in allora potrebbero essere? Con- tesso che, non abbastanza famigliarizzato colla flora di quella lontana regione, non mi fu dato a tutta prima e da solo risol vere appieno questo problema, per quanto mi vi adoperassi. Ciò che mi pareva più verisimile era che si trattasse dei resti di (1) Palo è propriamente il tronco dell’albero ; e per estensione il legno, od anche l'albero : Palo de vaca, Valbero del latte (Galactodendron utile); Palo matras, l'albero che dà la corteccia di Malambo. rc. “ai LE FLORES DE PALO TO una galla e per verità, se non colsi addirittura nel segno, vi andai abbastanza vicino. Ma dovuti a quale parassita? Ad un animale mi pareva poco probabile, attese le dimensioni per lo meno insolite (2); ad una crittogama era da pensarci ancor meno. La spiegazione dell’enimma la rinvenni da poco, fornita dal dott. Juan Rodriguez Luna, in un articolo pubblicato negli An- nali del Museo nazionale di San Salvador (3). Mi si conceda quindi di trarne una parte dei dati che più c’interessano. A prescindere da quelle piante che fanno loro preferito sog- giorno sulle corteccie dei vecchi alberi e che non sono vere pa- rassite, volgendo a loro vantaggio soltanto tessuti superficiali già morti e in via di decomposizione, è noto che molti altri ve- getali crescono e non possono vivere se non a spese di altri, pure viventi, dei cui umori profittano direttamente; e non sono soltanto crittogame prive di clorofilla, come i Miceti, ma ben anche piante d’organizzazione assai elevata. Ed un esempio co- nosciutissimo l’abbiano nel Vischio ( Viscum a/0bwn:), parassita di varie piante legnose, specialmente sui Meli, sui Peri, sui Susini, sui Pini (*), ecc., e nel Loranto o Vischio quercino (Loranthus europaeus) meno trequente e che vive sulle Quercie e sui Ca- stagni. Questi, sebbene forniti di clorofilla e quindi capaci di assi- milare il carbonio, pure non possono vivere altrimenti se non sopra gli alberi nella cui zona cambiale estendono le loro verdi propaggini a guisa di radici, le cui cellule terminali, analoghe alla coleoriza, sono relativamente libere; mentre colle porzioni già adulte aderiscono tenacemente al tessuto della pianta nutrice. (2) Ve wha di assai diversa grandezza. Col diametro di 2 cm. fino a circa un metro. Io non ne vidi di così grandi, ma presso il signor Bonomi ve n’erano di di- mensioni notevoli. Quelli donati al Museo hanno rispettivamente il diametro, uno di em. 12,5; gli altri due di 7 cm. circa. (3) Ropricurz L. J., Flores de palo (Anales del Museo nacional del San Salvador, II, 1905, p. 717). Articolo riportato dal “ Boletin cientifico , del 31 maggio 1900; perio- dico quest’ultimo che non ebbi modo di vedere. (4) Il Vischio che nasce sul Pino silvestre (Viscum larum Boiss. et Reut.) sembra veramente non essere altro se non una varietà del V. album; dal quale differisce sol- tanto per le foglie più strette, per la forma ovale delle bacche, e non per altri ca- ratteri di maggiore importanza, Il contronto di un bel esemplare di V. laxum, rac- colto dal distinto botanico sig. L. Gortani nella Carnia e favoritomi dal comune amico arch. Egidio Corti, con esemplari della forma tipica provenienti da varie loca- lità (Monte Salève sopra Ginevra; colli Euganei; Appennino modenese), conforterebbe il modo di vedere di quegli autori che riuniscono le due forme in una sola specie. 130 FERDINANDO SORDELLI A B Tre Flores de palo, ridotte a metà del vero. — A, veduta dal lato interno. — B, Due di esse cresciute assieme, in parte saldate alla base, e vedute dall’ esterno; nel mezzo un avanzo del ramo che le nutriva; si vede nella superiore la forma frastagliata a guisa di foglia lobato-dentata. Le Lorantacee, al cui ordine appartengono le nominate specie, sono appena rappresentate nel nostro paese (°), mentre altrove, specialmente nelle regioni tropicali delle due Americhe, sono numerosissime, contandosene parecchie centinaia, parassite delle più svariate essenze arboree (°). Ora è appunto ad un parassitismo di tal genere che sono dovute le flores de palo. Queste si rinvengono principalmente (5) Per completare il novero delle Lorantacee italiane basterebbe aggiungere alle due già citate 1’ Arceuthobiygn oxycedri, che cresce sui ginepri, avente un’area di disper- sione assai estesa, rarissimo però tra noi e citato finora soltanto dell'Istria. (8) Si conoscono circa 500 specie di Lorantacee ; il solo genere Loranthus ne conta a un dipresso 330; la più parte proprie dei paesi caldi e particolarmente numerose sono nelle due Americhe. (Frori e PaoLeTTI, Flora analitica d’Italia, I, pag. 287). LE FLORES DE PALO HS su alberi crescenti nelle regioni vulcaniche del Guatemala (7), alle falde del Volcan de Fuego; il che fece supporre a qualcuno che gli effluvî vulcanici, od il terreno stesso vulcanico, avessero qualche influenza nella produzione del fenomeno. Invece nulla di tutto ciò. Si tratta di un Loranthus (o Struthanthus), i cui semi trasportati dagli uccelli, come avviene del nostro Vischio, si fissano ai rami degli alberi per mezzo di una materia appic- cicaticcia e li germogliano attraverso l'epidermide e gli strati corticali, penetrando fin nei fasci libro-legnosi, producendo in questi, per ipertrofia, un tumore di figura più o meno sferica, il quale va crescendo man mano col crescere del parassita. Il ramo su cui cresce il Loranto rimane invece, nella sua parte supe- riore, arrestato nel suo sviluppo; talvolta in luogo di uno si sviluppano sullo stesso ramo due o più parassiti, più o meno vicini, formando un gruppo abbastanza bizzarro, come si può vedere in uno degli esemplari donati dal sig. Bonomi (fig. B). Le due piante sono talmente unite che riesce difficile deci- dere dove finiscono le fibre della vittima e cominciano quelle del parassita. Tuttavia viene il momento in cui da una parte la unione si scioglie, poichè il parassita ha vita relativamente breve, tre o quattro anni, in capo ai quali i suoi tessuti, mor- tificati, si alterano e si staccano dall’albero, la cui durata è na- turalmente di gran lunga assai maggiore; così che a questo ri- mane una parte notevole del tessuto libro-legnoso che costituiva il tumore. Questo perde alla sua volta la primitiva forma, si apre sempre più fin che vi persiste un resto di vitalità, conser- vando, anche dopo morto, gli elementi del legno più consistenti, mentre la parte più centrale, in cui secondo ogni apparenza prevale il tessuto cellulare, viene distrutta facilmente dagli agenti atmosferici, ed anche dagli insetti, come sembrano dimo- strare i residui che ancora si osservano nei solchi prodottisi nell’interno. Queste Flores de palo sono quindi formate a spese non del parassita, bensì dell’albero su cui quello s'era innestato, e sono dovuti ad un’eccitazione locale, per cui gli umori affluiscono in un punto, in modo analogo a quello che si vede prodotto dalla (7) Ne furono trovati anche nelle finitime regioni del Messico meridionale e di Costa Rica. (RopriGuEz, loco cit., in nota). Quelli avuti dal signor Bonomi sono del- l’Antigua. 132 FERDINANDO SORDELLI puntura di certi Artropodi e dallo sviluppo di questi, od anche da talune crittogame; d’onde un aumento anormale dei tessuti, quale è noto avvenire nelle più svariate maniere di Galle. Gli indigeni chiamano queste produzioni Cochij-riche, che in lingua castigliana vuol dire appunto /lores de palo. Essi le raccolgono in un coi rami su cui son cresciuti, tagliando questi in modo da farli servire come impugnatura, onde venderli poi come oggetti di curiosità. L'autore, dal quale tolgo una parte di questi cenni, ma- nifesta il desiderio, ora che l’attenzione si è rivolta verso queste singolari escrescenze, che se ne studino meglio i particolari, dispiacente di non potere egli stesso aggiungere al suo scritto delle tavole che rappresentino le successive fasi di questo feno- meno così interessante di Biologia vegetale. ol * Dopo la presentazione di questa nota alla Società, il bene- merito nostro socio, dott. Marco De Marchi, che fu per qualche tempo in Argentina a scopo scientifico, m’informava che anche nel territorio di quella repubblica si conoscono sotto lo stesso nome di Flores de palo delle produzioni analoghe a quelle del Messico e dell'America centrale, senza dubbio dovute a specie parassite diverse, ma appartenenti alla famiglia medesima delle Lorantacee, i cui costumi differiscono assai poco da specie a specie. . Non senza interesse è poi il fatto, ormai constatato, che lo stesso fenomeno, avente una causa identica, doveva verificarsi anche in Europa durante i tempi geologici. Toglie ogni dubbio l'osservazione pubblicata da Engelhardt nella Relazione della Società di Scienze naturali di Ratisbona (*). Essa concerne un pezzo di lignite di Boemia, proveniente da una miniera presso la stazione di Bruch; e che non è altro, appunto, se non la metà d’una flor de pato. Nell’'èra terziaria, alla quale appartiene il giacimento di Bruch, esistevano infatti in gran numero fra noi le Leguminose arboree, abituali nutrici delle Lorantacee; e come di quelle, così anche di queste si rinvengono le relative filliti; (8) Enaeuuarvy H., Line fossile “ Holzblume , (Berichte des naturw. Vereins zu Regensburg, 1903-904, X Heft pp. 119-120, con una tavola). Si LE FLORES DE PALO 133 delle quali ultime, se talune rimangono di dubbia attribuzione, non così deve dirsi di altre, ad esempio, quelle comprese nei generi Patzea, Viscophyleum, Loranthacites (°). Se i documenti di tale maniera di parassitismo durante l’era terziaria non sono frequenti nelle collezioni, ciò devesi attribuire al fatto che gli esemplari fossili dei così detti fiori di legno, se anche poterono conservarsi insieme cogli avanzi degli alberi che li ospitarono, essi devono, ad ogni modo, sfuggire all’occhio degli ignari cavatori, non avendo, come i resti animali e le filliti, forme tali che li facciano riconoscere anche dai profani. Ed è già molto che uno di essi abbia potuto, per la sua forma biz- zarra, venir notato e capitare fra le mani di uno studioso spe- cialista. (9) Vedi: A. ScHENK, in Zirren Handbuch der Palaeontologie. II Abth. Palaeophy- tologie, pp. 712-716. E la sopra citata nota di ExcELHARDT. L'AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO (3-4 marzo 1906) CON UN CENNO SULLA INSTABILITÀ DELLE RIVE LACUALI Nota del socio Ing. Francesco Salmojraghi Professore di geologia nei rapporti coll’ingegneria nel R. Istituto tecnico superiore di Milano (con quattro tavole) Preliminari. — Un avvenimento straordinario mi ha richia- mato sul lago d’Iseo, che da qualche anno disertai per ragione di salute (1). Alludo all’avvallamento lacuale che nei giorni 3 e 4 marzo del 1906 distrusse una parte dell’abitato di Tavernola Bergamasca, uno dei più ridenti villaggi della riviera destra del Sebino. Sopra questo fatto fui, pochi giorni dopo, interpellato in una riunione della Società italiana di scienze naturali; ma non potevo in allora corrispondere bene al desiderio dei colleghi (*). In seguito, anche per suggerimento del prof. Taramelli, mi sono (1) È per questa ragione che debbo lasciare incomplete le indagini geologiche intraprese sui monti che circondano il lago e sol parzialmente pubblicate. Di tali pubblicazioni, che avrò occasione in questa nota di richiamare, do qui l’elenco: Le piramidi di erosione ed il deposito glaciale di Zone, Boll. Soc. geol. ital., 1V, Roma, 1885. — Giacimenti ed origine della terra follonica (argilla smettica) di Marone e Sale Marasino sul lago d'Iseo, Atti Soc. ital. sc. nat., XXXIV, Milano, 1893. — Forma- sioni interglaciali allo sbocco di Val Borlezza nel lago d'Iseo, Rend. Istit. lomb., XXX, Milano, 1897. — Contributo alla limnologia del Sebino con un abbozzo di carta batometrica Atti Soc. it. sc. nat, XXXVII, Milano, 1897-1898. — Steatite nella dolomia principale del monte Bogno (Lago d'Iseo), Ibid, XL, 1901. — Il pozzo detto glaciale di Tavernola Ber- gamasca sul lago d'Iseo, Boll. Soc. geol. ital., XXI, Roma, 1902. Se poi già mi dolse d’aver dovuto troncare lo studio geologico della regione sebina, debbo ora felicitarmi, che il prot. Cacciamali lo abbia assunto e ne esponga man mano i risultati al patrio Ateneo (Commentarii, 1905, 1906). Senza dividere tutte le viste dell’egregio collega, specialmente nel campo dell’orogenesi, mi auguro che egli possa proseguire con larga messe di osservazioni nell’opera intrapresa. (2) Atti Soc. it. se. nat., XLV, pag. xxn, Milano, 1906. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 135 accinto a studiarlo principalmente dal punto di vista delle cause probabili e come argomento di geologia applicata. E un primo giudizio ebbi occasione di esprimere al sindaco di Tavernola in una lettera, che fu anche pubblicata (1). I successivi studi mi hanno confermato nel giudizio stesso e, nullostante qualche dubbio rimasto nella spiegazione dei fenomeni, credo utile di riassumere in questa nota tutto quanto risguarda l'avvenimento, prendendo occasione anche di trattare, con particolare riguardo al Sebino, dei diversi fatti che rendono spesso instabili le rive dei nostri laghi. Descrizione delVavvallamento di Tavernota. (*) Tavernola Bergamasca è posta allo sbocco della valle di Vi- golo, percorsa dal torrente Rino. L’abitato principale si addensa sulla parte meridionale della conoide, che questo torrente eresse e protese nel Sebino in forma di delta ottuso. Le case quindi fronteggiavano il lago soltanto sul lato destro del delta e non erano (tranne una) in contatto col lago stesso, ma da questo se- parate da lungolaghi e piazzali pubblici o recinti privati, soste- nuti e difesi da muri di sponda. La tavola V, ricavata dalla mappa catastale, rappresenta senza ulteriore descrizione la con- figurazione planimetrica del paese; e le poche quote che vi ho aggiunto, riferite allo zero dell’idrometro di Sarnico, danno una sufficiente idea dell’altimetria, che è rappresentata anche dalle sezioni C della tavola VI. L’avvallamento avvenne in due tempi, il primo alle ore otto e mezza del 3 marzo 1906, il secondo alle ore tre del successivo giorno 4, quindi con un intervallo di diciotto ore e mezza. Col primo crollo rovinarono e sparirono in lago la fronte della villa Grasselli, colla sontuosa galleria che costituiva l’ornamento ar- chitettonico più cospicuo del paese (tav. V, a), l’attigua abitazione del farmacista e ufficiale postelegrafico G. B. Foresti, insieme alla farmacia ed all’ufticio (A) e una parte della casetta, spettante alla Prebenda par- rocchiale, con un orto pensile sovrapposto (e). (1) La Provincia di Brescia, 26 aprile 1906. (®) La maggior parte dei dati sulle condizioni di Tavernola e sulle circostanze dell'avvenuto disastro mi venne comunicata dal prot. Bernardo Sina, al quale rin- novo pubblicamente i miei ringraziamenti. 156 FRANCESCO SALMOJRAGHI Il secondo crollo, più esteso, colpì la parte rimasta di detta ca- setta, il pontile d’approdo dei piroscafi, l’abitazione del. parroco don Giuseppe Zamboni (7°), l’attigua torre medioevale (9), la bella casa (4) delle sorelle Dionigia ed Elisa Foresti (comprendente un’altra torre della stessa epoca) con una porzione dell’adiacente casa di Amabile Sorosina, la casetta del pescatore Pietro Zenti (7), l’orto e la filanda di Giovanni Capuani (jj), l’intiera contrada della Punta, e al di là di questa il muro frontale della casa del dott. Giuseppe Zatti (2), la casa del frate Vincenzo Foresti (22) dove era la bottega del tabaccaio Gio- ranni Cigala, e quella di Giovanni Capuani dov'era Vosteria di Luigi Foresti (n), e infine la parte anteriore di un’altra e più ampia casa dello stesso proprietario (7) e quella dell’orfanotrofio Cacciamatta (0), arrestandosi all’angolo della villa già Fenaroli ora Capuani (p) che ri- mase illesa. Una vittima vi fu il giorno 4, Pietro Zenti, travolto in lago col figlio Battista; questi solo potè essere salvato. Le case in tutto o in parte rovinate sono 14; il danno complessivo, difficile a valutarsi, si aggira intorno alle 300 mila lire, gravi i danni indiretti per la inter- ruzione negli opifici serici e la diserzione dei villeggianti autunnali. Le vedute fotografiche di Tavernola prima e dopo il disastro (tav. III e IV), benchè non prese dallo stesso punto, sono sufficienti a rappresentarne la gravità. I giornali hanno. descritto le scene di scompiglio e desolazione, che susseguirono ai due crolli e specialmente al secondo: gli abitanti in fuga verso l’interno del paese e verso la montagna, lo sgombro precipitoso delle case trovatesi improvvisamente in riva al lago, il lago stesso sparso fino alla riva opposta di legnami e masserizie gal- leggianti, le ditticoltà del ricovero e degli approvvigionamenti. Quasi una metà degli abitanti di Tavernola rimase senza tetto o lo abbandonò per tema di nuove rovine. I giornali hanno anche riportato i nomi di coloro che nel terribile frangente prestarono l’opera loro animosa e disinteressata in prò dei maggiormente colpiti dal disastro, e pel salvamento di persone e cose. Ma poichè i giornali hanno vita effimera, siano qui ricordati nei più duraturi Alti della Società Italiana di scienze naturali i nomi del sindaco Luigi Sina, la cui opera fu degna di grande encomio, e di quelli che salvarono da sicura morte il figlio Zenti, cioè i barcaioli Carlo e Battista Martinelli e Pietro Foresti e a capo di questi il prof. Bernardo Sina, la cui casa inoltre, posta in luogo sicuro, fu aperta, per quanto era capace, a tutti, e servi d’asilo poi alle Autorità convenute a Tavernola dopo il disastro. Ospitali parimenti ai privi di tetto furono la casa del medico dott. E. Sandrini ed altre. Né devono passarsi sotto silenzio lo slancio della carità pubblic: con cui specialmente dalle province di Bergamo e di Brescia si venne L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO la largamente in soccorso dei danneggiati poveri e si ricostitui il perduto mobilio al parroco e l'atto munifico dell’Associazione farmaceutica bergamasca, che ripristinò la farmacia al Foresti. Nessun fenomeno precursore è stato con sicurezza avvertito. Alcune case erano screpolate, e fra le altre quella dell’orto pen- sile (tav. V, e) ela torre medioevale (9), ma trattasi di screpolature antiche; anzi fu osservato che una di queste, nella torre, non si era punto allargata, dopo il primo avvallamento. Era stato anche notato da parecchi che il lungolago o piazzale davanti alla villa Grasselli (6 c) si era fatto da qualche tempo un po’ declive verso il lago e così si erano lievemente inclinati verso nord i pali estremi del pontile; ma in che misura e da quando, nessuno ricorda con precisione. All’infuori di questi dubbi accenni, i due crolli furono improvvisi. Però essi si compirono con. una certa relativa lentezza, perchè prima si avvallarono, inclinandosi, i muri di sponda, poi i lungolaghi, indi le case adiacenti. Anzi se si ebbe a deplorare una sola vittima, lo si deve in parte all’essere il giorno 3 la villa Grasselli disabitata, e la notte successiva all’aver molti abbandonato le abitazioni a riva di lago; ma devesi anche al fatto che le persone, che rispettivamente vi si trovavano o vi erano rimaste, ebbero tempo di mettersi in salvo per uscite posteriori, all’inizio del movimento e prima che la rovina fosse compiuta. Nè il movimento per i due avvallamenti fu simultaneo lungo le rispettive tratte avvallate. Il primo cominciò all’estremo nord del lungolago Grasselli (¢) fra la villa e la farmacia, e si propagò ‘a sud fino oltre la villa e a nord fino all’orto pensile (e). Il secondo avvallamento per l’ora in cui avvenne, ebbe pochi testimoni, che concordano però nell’asserire che il movimento si è iniziato nell’orto della filanda Capuani (j); ma in qual ordine si sia propagato, se cioè successivamente o saltuariamente da una parte e dall’altra, nessuno potè dire con certezza. In ogni modo l’area scomparsa nel primo avvallamento aveva la forma di un segmento irregolare con la corda di 75 m. coin- cidente colla preesistente riva, e la freccia di 19 m. in corrispon- denza all’ufficio postelegrafico (d). Anche il secondo avvallamento prese la stessa forma, ma la sua curva intersecò quella del primo, sicchè l’area totale scomparsa, che misura 3630 mq. circa, è an- cora un segmento avente la corda di 185 m. e la freccia di 37 m. 9 138 FRANCESCO SALMOJRAGHI in corrispondenza alla casa Zatti (/), e limitato:da una curva irregolare, lango la quale si presentò«dal lago la parete verticale dell’avvenuto distacco, alta da 2-a £-m. Questa parete mostra la costituzione del sottosuolo di Tavernola, di cui si dirà più avanti, e le cattive fondazioni della maggior parte degli edifizi rovinati. Le case infine rimaste. integre al di fuori del segmento avvallato provano, per l’assenza di screpolature nuove, che il movimento fu limitato al segmento stesso. Nessun altro avvenimento d’ordine fisico merita di essere segnalato dopo quelli descritti. Alcuni dei muri trasversali, che fra le rovine rimasero eretti sul ciglio del distacco, a poco a poco verso la fine di aprile e al prineipio di maggio (1906) si inclina- rono e caddero in lago; così nel successivo novembre, con un lago rapidamente e insolitamente gonfiatosi, le onde provocarono dal terreno indifeso, all'estremo meridionale del .segmento, il distacco di pochi metri cubici di materie. Ma in nessun caso si trattò, come riferirono i giornali, di un ulteriore estendersi del- l’avvallamento; in realtà il terreno non diede più alcun segno di muoversi dopo i memorabili giorni del 3 e 4 marzo 1906. Non è mia intenzione di parlare dei provvedimenti che sono reclamati per riparare al disastro e per assicurare la stabilità avvenire del paese. Dopo il responso di un'autorevole Commis- sione, che venne inviata sollecitamente dal Governo nelle persone degli ingegneri Arimondi e Berardi del Genio civile e Baldacci del Corpo delle miniere, e, dopo gli scandagli fatti da un palom- baro della R. Marina, il Genio civile di Bergamo propose la costru- zione di un lungolago largo 25 m. e sostenuto da muri palificati, colla demolizione delle case parzialmente rovinate, e col sacrifizio di alcune rimaste illese. E questo magnifico progetto, che attirerà la fabbricazione nel retroterra e col tempo farà di Tavernola il più bel paese del Sebino, ha oramai superate le difficoltà ammi- nistrative e finanziarie ed è in procinto di essere attuato. Ma non è senza importanza pratica l’indagare anche le cause predisponenti e determinanti del disastro avvenuto; poichè ne possono scaturire norme utili in avvenire non solo a Tavernola, ma anche ad altri paesi del lago che dal disastro di quella tras. sero giusto motivo di allarme. E a questa ricerca delle cause 10 ora mi limito. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 139 Digressione sulla instabilità delle sponde lacuali. È noto che le sponde dei nostri laghi sono talora instabili; parlo dei laghi prealpini, intercalati sul decorso di un fiume al- pino, il cui impluvio per una certa tratta è inflesso in basso e per lo. più fin sotto al livello del mare; laghi che giaciono sempre nell’area delle invasioni glaciali del periodo plistocenico, e la cui genesi, comunque si spieghi, è collegata ai fenomeni di quelle invasioni. Tale instabilità deriva o da movimenti delle rocce prequar ternarie, originariamente formanti la conca del lago, o da mo- vimenti dei terreni quaternari che a quelle si sono addossati. Tanto per le une che per gli altri i movimenti possono essere improvvisi e rapidi, oppure lenti e più o meno continui; quindi si danno quattro casi principali, non escludendo che altri se ne dieno o intermedi o diversi. Movimenti improvvisi di rocce prequaternarie. — Questo pri- mo caso dovette verificarsi più spesso nei primordi della vita del lago. Si ammise già che la sede di questo sia stata una valle tracciata secondo le predisposizioni tettoniche del movimento orogenetico terziario, con decorso ed a livelli non precisati, ma certamente a livelli superiori allo specchio attuale, una valle percorsa da una impetuosa fiumana, che le Alpi già nate ver- savano nel golfo padano. Sopraggiunge il ghiacciaio, che, occu- pando la valle stessa, colla sua azione escavatrice la allarga e la approfonda, principalmente lungo le zone di affioramento di rocce più erodibili e meno in quelle di rocce di maggior com- pattezza. Col ritiro definitivo del ghiacciaio resta la conca la- custre, limitata verso la pianura dalle cerchie moreniche. Ma la storia di un lago prealpino non è così semplice, nè è uguale per tutti i laghi prealpini, nè ancora può narrarsi in modo completo e sicuro per ognuno d’essi. Essa si complica per i mutabili decorsi delle correnti preglaciali, per la pluralità delle invasioni glaciali, per gli incerti avvenimenti delle lun- ghe fasi interglaciali e per gli eventuali movimenti bradisismici che hanno cooperato allo sbarramento ed alla finale costituzione del lago. Nè è qui il luogo di parlarne. Solo per l'argomento che mi occupa interessa di notare, che l’ultimo ritiro del ghiac- 140 FRANCESCO SALMOJRAGHI ciaio, che concordemente si ammette essere stato rapido, e quindi la rapida conversione della sede occupata da] ghiaccio in un bacino lacustre, ha lasciato sul contorno del bacino stesso con- dizioni di instabilità maggiori di quelle che avrebbe lasciato una corrente, per quanto straordinarie ne fossero state la massa e la velocità. Poichè le pareti di una valle percorsa da una cor- rente sono soggette anche alle azioni meteoriche, mentre la sede di un ghiacciaio rimane protetta contro di esse. Indi, se non in tutto il bacino. in molti punti di esso risultarono pareti ripi- dissime, fin verticali, nel profilo sommerso della conca Jacustre e nella parte inferiore del profilo emerso, meno ripide ed anche dolci nella parte superiore di questo, dove appunto ebbe presa la erosione meteorica; indi un angolo saliente fra i due profili, stabile finchè perdurava il ghiaccio, meno stabile dopo. Nei punti dove tali condizioni si sono verificate poterono successi- vamente avvenire ed avvennero dei distacchi di roccia e quindi degli scoscendimenti sopra e sottolacustri, di proporzioni anche colossali, più o meno favoriti dalla natura e dalla tettonica delle rocce, e colla cooperazione dell’acqua infiltrantesi, con livello oscillante, dal lago, oltre quella degli altri fattori che provocano analoghi distacchi anche su pendici non lacuali. A tali fenomeni attribuisco il paesaggio singolare che i la- ghi prealpini presentano in qualche tratta del loro contorno, cioè rupi cadenti a picco, dossi mozzati da piani inclinati e che in particolare pel lago d’Iseo ho già descritto (op. cit. 1897-1898, pag. 202). Dove poi avvennero scoscendimenti posglaciali, non è escluso che altri ne avvengano; ma in generale essi col tempo si fanno meno probabili, poichè l’angolo saliente anzidetto ha ten- denza a smussarsi, e poi in seguito a raddrizzarsi, anzi ad in- vertirsi in un angolo rientrante, quando per l’erosione meteorica e pei fenomeni litorali si formi una scarpa detritica addossata al profilo sommerso. Del resto il divenire gradatamente stabili, dopo un tempo più o meno lungo, delle plaghe originariamente instabili è fenomeno normale, anche senza influenza di ghiacciai o di laghi. : Pel lago d’Iseo è conservata la memoria di scoscendimenti avvenuti in tempi storici e altrove ne feci cenno (op. cit., 1897, pag. 139; 1897-1898, pag. 204; 1902, pag. 250). Se tuttora è pos- sibile ne avvengano in qualche punto (Bogni di Castro e di Zor- L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 14f zino, Corna Trentapassi, Punta della Preda, Corna di Predore) non si ha motivo di grave preoccupazione, perchè l’aspetto sco- sceso 0a picco di quei punti allontana da essi ogni costruzione. Movimenti lenti di rocce prequaternarie. — Questo secondo caso si verifica soltanto in condizioni speciali e rare di rocce atte a subire per l’infiltrazione dal lago una qualche modifica- zione chimica o fisica parimenti lenta. E il caso si presenta tipico. ed unico pel lago d’Iseo sulla sponda bergamasca da Lovere a Castro. L'abitato di Lovere occupa una lista che si allunga per ol- tre un chilometro da NNE a SSO, e da un lato si appoggia al piè della falda montana, dall’altro fronteggia il lago. Il retro- terra e il sottosuolo di Lovere, astrazion fatta da una coper- tura discontinua di terreni recenti (alluvione cementata, tufi calcarei e brecciole dolomitiche), sono costituiti da rocce triasi- che, in strati rialzati e concordanti, che si succedono in zone parallele allineate da nord a sud e quindi attraversanti obli- quamente la lista dell’abitato, dopo il quale spariscono nel lago per ricomparire sulla sponda bresciana. Sono anzitutto i calcari neri, mesotriasici, che scendono da Branico e sottopassano il cimitero all'estremo settentrionale di Lovere; poi le rocce neo- triasiche del raibeliano (calcari ed arenarie), parimenti abbas- santisi da Qualino fin sotto il centro del paese ; indi una grossa lente di gesso, visibile nelle ampie cave aperte sulla falda ed estendentesi sotto una zona pure centrale a fianco della prece- dente, e infine la dolomia principale che all'estremo meridionale dell'abitato, nascosta sotto le citate formazioni recenti, chiude la serie neotriasica. Ora la parte di abitato che incombe sulla zona del gesso è quella che presenta qualche fenomeno di instabilità. Ivi si veri- ficarono nel passato (1) ed anche recentemente dei movimenti nel terreno e conseguenti screpoli negli edifizi e successivi e ri- petuti rinforzi o sottomurazioni agli edifizi stessi, come per esem- pio all'ospedale, alla parte a nord del palazzo Tadini, al convento delle Suore di Carità (questo più volte riparato e di nuovo par- (1) “ Nel 1838, minacciando rovina alcune case nella contrada delle Beccarie, si trovò sotto l'abitato una grande fenditura che certo non preesisteva alla fondazione di dette case..... Con robusti piloni ed archivolti sotterranei si assodò quella con- trada. Forse allora si scambiarono gli effetti dell’abbassamento del suolo, per quelli di un terremoto ,, da Marinoni, Documenti loveresi, pag. 89, Lovere, 1896. 142 FRANCESCO SALMOJRAGHI zialmente sottomurato nel 1903) e ad altri. E difficile dire se questa instabilità sia dovuta alla disuguale compressibilità del gesso o alla sua associazione con argille rammollibili dall’acqua o alla sua solubilità o all’idratazione di eventuali nuclei di ani- drite ('); solo pare certa la corrispondenza dell'area instabile alla zona gessosa. I limiti dell’area stessa in senso trasversale» cioè da est ad ovest, sono segnati da due costruzioni antiche e solide, da una parte l'imponente torre (sulla quale fu eretto il coro della chiesa parrocchiale di S. Giorgio) che ritengo fondata sul raibeliano, dall’altra la torre rotonda (detta la Torvesella) che sorge dietro il convento delle Suore della Carità, sopra un poggio che lascia scorgere in qualche punto affioramenti di brec- ciola dolomitica (*). Un altro paese in Lombardia, Nobiallo sul lago di Como, si trova in condizioni analoghe. Ed ivi il gesso neotriasico è insta- bile come a Lovere, e racchiuso pure tra le stesse rocce stabili del raibeliano e della dolomia principale. Anzi Repossi, dal quale ho tolto questa notizia (*), soggiunge che secondo docu- menti di archivi, una parte del paese, alcuni secoli or sono, si sarebbe inabissata in lago. Non so se questo fatto abbia relazione col giacimento di gesso o dipenda da altre cause; in ogni modo uno simile non è a temersi per Lovere a motivo della rassicu- rante debole pendenza della scarpa sottolacustre. (‘) Fra le alterazioni che subisce il gesso, la disidratazione deve essere qui esclusa perchè ha luogo solo in profondità o in contatto di rocce eruttive. (2) Il poggio venne or ora pertorato in galleria per la tranvia camuna; ma ignoro se vi si incontrò la dolomia principale o altra roccia del trias o del quater- nario. A proposito delle formazioni quaternarie nell’area loverese non sarebbe privo di interesse uno studio di dettaglio che ne mostrasse l'estensione ed i rapporti di giacitura. Anzi in attesa che questo studio si faccia da chi abbia agio di accedere ai sotterranei di privati e curi l'occasione di scavi nuovi, registro qui, perchè non vada perduta, una osservazione che ho tatto negli scavi di sottomurazione al convento sopra accennato. Ivi si trovarono dei detriti calcarei, misti ad una terra gialla, che, levigata, diede una sabbia composta in parte di granuli di minerali propri del ba- cino camuno, la presenza dei quali si può facilmente spiegare, e in parte di cristalli, cioè: pirile in cubi e dodecaedri, quarzo in prismi con inclusioni calcitiche, calcite in romboedri acuti, microclino geminato in lamine rettangolari ed albite in lamine esa- gonali. Alcuni di questi minerali sono ancora spiegabili, per esempio i romboedri di calcite potrebbero essersi formati in sorgenti calcaritere, forse coeve al laghetto in- terglaciale di Pianico e da esso derivate per vie sotterranee (alle quali sorgenti at- tribuirei poi la formazione delle note concrezioni alabastrine di Lovere); ma donde provengono gli altri, per esempio i geminati di mieroelino ? (3) Repossi, Osserv. stratigr. sulla Val d'Intelvi, Atti Soc. ital. sc. nat., XLI, Mi- lano, 1902. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D'ISEO 143 Però giova soggiungere che gli stessi fatti di alterazione chimica o fisica di rocce prequaternarie, che cagionano movimenti lenti nelle sponde lacuali, possono anche produrre distacchi e scoscendimenti improvvisi e ne troviamo un esempio nella stessa località. La lente di gesso di Lovere si prolunga con molta probabi- lità, e forse discontinuamente verso sud, sotto il lago, nella di- rezione di un altro e poco noto giacimento gessoso coevo, che parimenti tra il raibeilano e la dolomia principale affiora a Se- dergnò sopra Toline sul versante brescianò del lago. Ma la tet- tonica di questa plaga triasica non è così semplice come appa- rirebbe dal regolare succedersi de’ suoi piani in zone parallele nel retroterra di Lovere e dalla loro regolare continuazione sulla sponda opposta del lago. E infatti fino dal 1897 ho segnalato un affioramento di gesso, sporgente sotto la dolomia principale nel punto più interno del seno, detto Bogno di Castro, a più di due km. da Lovere e quindi in un punto dove secondo la tettonica apparente non do- vrebbe trovarsi. Questo affioramento è piccolo ma sufficiente a mostrare che qualche complicazione di pieghe o di salti vi è nascosta. Ed appunto coll’ipotesi che il gesso di Lovere e quello del Bogno siano congiunti sott'acqua o sotto il delta del Borlezza e che quindi ivi esista una base instabile di argille gessifere, tentai spiegare i movimenti che indubbiamente si sono manife- stati in quella plaga, benchè sia costituita da un’ossatura di do- lomia principale con sovrapposti depositi preglaciali o interglaciali (alluvione cementata, travertino, tufo calcareo, sabbione lacustre e brecciola dolomitica) e appaia per ciò più che sicura. Nell’au- tunno del 1896 in un poggio di tufo presso Castro avvenne una frana che poco mancò non travolgesse il cimitero del paese, ed io, che assistetti al fatto, non potei darne una plausibile spiega- zione se non coll’ipotesi anzidetta. Così le singolari fenditure nella dolomia brecciata o nella breccia dolomitica, dette Laghe e Gane, che già notai rispetti- vamente al Dossello sopra S. Maurizio di Lovere e presso il ciglio della parete verticale del Bogno di Castro, e le altre fenditure, meno distinte o risaldate, pure esistenti presso Castro o attra- versanti nelle stesse rocce la gola d’erosione del Tinazzo, mo- strano pel loro andamento sensibilmente parallelo alla sponda del lago d’essere state prodotte da un movimento generale della pen- 144. a! FRANCESCO SALMOJRAGHI dice verso il lago stesso, movimento di data non molto ‘antica, che ora sembra rallentato od arrestato. Sopra questi fatti e sulla probabilità ch’essi valgano a spiegare per successivi distacchi ed ‘ arretramenti la formazione delle pareti verticali del Bogno di Castro, non ho alcuna osservazione nuova da aggiungere a quelle. pubblicate (op. cit. 1897, pag. 139). Lo stesso dicasi dell’altro seno, detto Bogno di Zorzino, internantesi fra strati verticali nel punto. di contatto fra la dolomia principale e il retico, dove la causa. . dell’arretramento non può più riterirsi al gesso, ma probabilmente agli scisti retici, il cui piede è rammollito dall’acqua. Movimenti improvvisi di terreni quaternari. — Ma l’instabi-_ lità delle rive lacuali che più interessa le costruzioni è causata. : da movimenti dei terreni quaternari che si sono addossati alle rocce prequaternarie dell’originaria conca, creandovi un appa- rato litorale. Questo varia di forma secondo molteplici fattori : l’acclività delle pareti, la profondità del lago, l'escursione del suo livello, e specialmente l’intensità del moto ondoso e le di- mensioni dei materiali detritici che compongono l'apparato stesso. Per l'argomento nostro riporto la genesi degli addossamenti quaternari a tre fatti principali. Anzitutto dove le pendici s’immergono ripide in lago, i de- triti, che l’erosione meteorica stacca, cadono in esso e si adagiano sul fondo a piè della parete subacquea formandovi una scarpa inferiore; sono gli stessi detriti che in un ghiacciaio avrebbero alimentato una morena laterale. Tale scarpa continuamente si ingrossa e si innalza secondo il tributo che riceve ed è suppo- nibile che, tranne laddove avvengono scoscendimenti, si modelli con una pendenza uniforme ed in strati inclinati. Se essa rimane sommersa e nessun altro fatto interviene, l’apparato litorale manca e cioè il lago sta in contatto colla parete prequaternaria che si sprofonda visibilmente in esso. Ma se la scarpa inferiore di tanto aumenta da emergere, in allora per l’azione delle onde si forma una spiaggia sommergibile ed uno scanno costiero sempre sommerso, con profondità limitata e fondo distinguibile. Dal ciglio o corona dello scanno scende la scarpa fino al basso- piano, e in questo caso tutta la parete prequaternaria rimane coperta dall’addossamento quaternario (!). (1) Conservo il nome di scanno costiero 0 semplicemente scanno, che già proposi (op. cit., 1897-98, p. 183), a quel gradino sommerso, ma a fondo visibile, che si trova . L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 145 In secondo luogo il moto ondoso agisce sulla sponda origi- naria nel modo che è più noto e più evidente in mare e vi in- cide. un gradino di erosione ed i materiali staccati, che le onde ripetutamente sbattono e triturano e traducono al largo, pos- sono addossarsi alla parete subacquea e, se il profilo di questa lo consente, formarvi, in prolungamento al gradino di erosione, un gradino di riporto, ossia un apparato litorale comprendente, come nel caso precedente, la spiaggia sommergibile e lo scanno sommerso, limitato parimenti a partire dalla sua corona da una scarpa. Ed anche questa scarpa, che può dirsi superiore, per il tributo di nuovi materiali si avanza lentamente in strati pa- ralleli alla sua inclinazione, scendendo fino all’incontro della parete subacquea, eventualmente fino al bassopiano, nel qual caso si congiunge colla scarpa inferiore, se questa vi si è deposta. I due fenomeni si associano e in varia misura; ma nel lago d’Iseo prevale il primo, cioè l'apparato litorale si è formato prin- cipalmente pei detriti di falda stabilitisi sul fondo del lago e innalzatisi fino ad emergere. Infatti le onde vi sono relativa- mente deboli; esse sono sufficienti, quando battono di traverso, a trasportare i materiali lungo la spiaggia, anche con notevole percorso, per lo che questa e lo scanno e la scarpa dello scanno si alimentano anche pei ciottoli provenienti dalle conoidi tor- rentizie di cui dirò più avanti. Ma il moto ondoso è per lo più insufficiente ad incidere un sensibile gradino di erosione, fuor- chè in rocce poco compatte, che sono limitate ad alcuni scisti retici, o in terreni sciolti, specialmente alluvioni di conoidi ed anche detriti di falda, che sulle pendici meno erte si spingono talora fino al lago. Per lo stesso fatto sul lago d’Iseo i materiali della spiaggia subiscono una debole azione trituratrice, sicchè generalmente lo scanno rimane col fondo ghiaioso o ciottoloso, come la spiag- gia, e si confonde con essa. Mentre nei laghi dove le onde sono più violente, la spiaggia soltanto è di solito ghiaiosa e tale si prolunga con lieve inclinazione fino a restare sempre sommersa, generalmente nei laghi a partire dalla spiaggia e dopo il quale la profondità aumenta. notevolmente. Corrisponde a beine, blanc-fond, Wysse, Schar, weisse Schar di laghi svizzeri e tedeschi. Sul lago d’Iseo lo si chiama ancora spiaggia, benchè sempre sot- t'acqua, sul Lario è detto il basso. Quivi poi e sul Verbano al ciglio dello scanno si dà il nome di corona, mentre sul Ceresio è detto broa o brova e gronda sul Sebino; ma questi nomi mi pare comprendano anche la parte visibile della scarpa dello scanno,, che oltr’alpe è detta mont, Halde, Scharberg. 146 FRANCESCO SALMOJRAGHI dopo di che incomincia lo scanno pressochè orizzontale e a fondo sabbioso o melmoso fino alla corona. Tale è la forma tipica del- l'apparato litorale descritto da Forel per il Lemano (!) e che in pochi punti del lago d’Iseo mi fu dato di rilevare. E per ciò sul lago d’Iseo e specialmente nella sua parte mediana, lo scanno ha larghezza e profondità limitata, la prima da 2 a 5 m., rara- mente oltre; la seconda non più di 2. Però esso si distingue bene, specialmente da un punto elevato e in tempi calmi, pel diverso colore che ha l’acqua sovra di esso in confronto di quella incombente sulle maggiori profondità. Si notano altre forme di apparati litorali, dovute a circostanze speciali, ma hanno im- portanza minore. Così su alcune rive contigue a tratte di lago poco profonde manca lo scanno, il fondo è melmoso ed ingom- bro di canneti. Infine nei punti, dove al lago affluiscono torrenti (ed è il terzo fatto che ci rimane da. considerare), i materiali che le piene trasportano si avanzano in lago in una sporgenza sulla linea di spiaggia o delta, e si modellano sotto forma di conoide. In questa distinguo la parte emersa che appunto costituisce il delta, ha pendenza corrispondente al regime del torrente e si prolunga in un lembo di spiaggia più declive fino a piccola pro- fondità sotto il livello delle acque. Quivi incomincia bruscamente la parte sommersa o scarpa della conoide, che scende fino all’in- contro della parete originaria o fino al bassopiano come la scarpa dello scanno, sol che si avanza più rapidamente di questa. Quindi nei punti dove sbocca un torrente, per la prevalenza della dejezione sull’azione distributrice dell'onda, non si forma lo scanno (*), il quale per contro può formarsi sul contorno della conoide, se il torrente scorre raccolto in un alveo solo. La co- noide emersa e la sommersa constano degli stessi materiali, (quelli che trasporta il torrente), ma essi si stratificano con tra- sgressione cioè sopr’acqua parallelamente all’alveo, sott'acqua alla scarpa. Nei nostri laghi dove la proprietà acquista valore dalla contiguità dell’acqua, l’apparato litorale, formatosi naturalmente, viene modificato (1) ForeL, Le Leman, I,.p. 72, Lausanne, 1892. (*?) Lo stesso fatto ha luogo nei punti dove si estraggono pietre a riva di lago, quando in questo si scaricano continuamente i detriti di cava. (Es. : Cava del Monte- colo di Pilzone per pietra da calce idraulica). L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D'ISEO 147 dall’azione dell’uomo, che, appena si determini un gradino di erosione o di riporto od una spiaggia di una certa larghezza, sopravviene ad adattarli od allargarli, per erigervi muri a sostegno di strade, a de- limitazione di proprietà, o terrazzi od edifizi ed altre costruzioni per gli sbarchi, per la piscicoltura, ecc. A piè delle costruzioni litorali talora la spiaggia viene conservata, talora tutta occupata, ma lo scanno generalmente esiste. Le conoidi ampie diventano aree coltivabili e fabbricabili e per la permeabilità dei materiali di cui sono costituite danno ricetto ad acque freatiche. Le scarpe detritiche sottolacustri fin qui considerate (nella formazione delle quali si aggiunge, interstratificato o frammisto, il fine limo che il lago ad acque gonfie tiene sospeso e poi len- tissimamente deposita) si avanzano come si disse per strati paralleli alla loro inclinazione, ma il fenomeno è più complesso. L’in- clinazione assunta è quella appena necessaria per l’equilibrio e competente, nell’acqua, alle dimensioni, forma e peso dei mate- riali componenti. Ma basta una piccola causa per disturbare l'equilibrio stesso, sicchè effettivamente l'avanzamento della scarpa avviene per successivi scorrimenti, scoscendimenti ed assettamenti e la parte inferiore di essa si modella con un profilo meno declive e cioè si raccorda con. una curva concava a raggio più o meno grande col fondo che la sopporta. Si ammette che nell’acqua l’inclinazione di una scarpa formata di detriti di media grossezza sia di qualche grado maggiore di quella che competerebbe a parità di circostanze nell’aria. Secondo le espe- rienze di Thoulet (') l'inclinazione stessa nelle condizioni più favore- voli, cioè calma assoluta del mezzo liquido, rugosità massima del materiale, è dell’87 °/, e Forel (op. cit., I, pag. 47) ne trae pel lago di Ginevra la conclusione, che una scarpa sottolacustre più ripida del- V’87 °/, (419,2') deve essere rocciosa. Ma le esperienze di Thoulet, fatte in piccola scala con della sabbia lasciata cadere mediante un tubo in una vaschetta piena di un liquido, mal mi sembrano applicabili alle scarpe subacquee lacuali formate di elementi grossolani. Nei ravaneti di cave i detriti talora si sostengono fino al 100 °/, (45°) ma per breve tratto e non stabilmente; di solito l'inclinazione loro si riduce al 70-60 °/, (35° — 300,58). Per il lago d’Iseo ho raccolto dati di scandagli antichi ed ho (1) THOULET, Etudes expérim. sur Vinclinaison des talus de matiéres meubles, Nancy 1887. — In., Id., Compt. rend., V, 104, p. 1537. Paris, 1887. 148 FRANCESCO SALMOJRAGHI rilevato nel settembre 1906 dodici sezioni nuove (') delle quali riporto soltanto quattro nella tav. VI. Una di esse (D) tracciata alla Punta della Corna, presso il confine tra i comuni di Predore e Tavernola,. permise il confronto fra le scarpe d’ugual natura, una sopra, l’altra sott'acqua. Ivi la pendice emersa consta di detriti calcarei caduti dalla sovrastante roccia liasica e tuttora sciolti; la sua acclività è del 68 °/, (34°,153'), mentre l’addossamento sommerso, che è anteriore alla costru- zione della strada lacuale, e non può essere formato che dagli stessi detriti, ha un’acclivita del 68,7°%/ (349,30'). Senza riportare altri dettagli, mi basti dire che in nessun punto del Sebino ha trovato scarpe subacquee di scanni o conoidi con una inclinazione maggiore dell’80 °/, (38°,40’), rari sono i casi nei quali l’inclinazione è compresa tra 1’80 ed il 70 (38°,40’ — 35°), più di spesso sta nei limiti dal 70 al 509/, (35° — 26°34’), Questi dati si riferiscono alla parte più elevata della scarpa, poiché questa in profondità si raddolcisce, e si riferiscono a scarpe formate in prevalenza di materiali grossolani, detriti, ciottoli, ghiaie. Se invece prevalgono sabbia o limo, l'inclinazione decresce rapidamente al 40 21°,48') al 30 (16°,42’) e fino al 20 °/, 119,19). Le cause disturbatrici anzidette si riducono a due princi- pali: diminuzione della spinta dell’acqua contro la scarpa e aumento di peso sulla sommità di questa. Una serie di ondate che traduca un sopraccarico di materiali sulla corona dello scanno, o una piena di torrente che depositi un banco di allu- vione sul ciglio della conoide, possono essere sufficienti a pro- vocare nella scarpa sottoposta il distacco di una falda e quindi uno scorrimento che è in sostanza una frana subacquea, avente qualche analogia colle frane o smottamenti che vediamo pro- dursi su scarpate fresche di argini o non consolidate di trincee, ma che per il modo con cui si presenta nei laghi prende carat- tere di avvallamento. Questi avvallamenti hanno più probabilità di prodursi al sopraggiungere di acque basse e per il caso delle conoidi possono essere provocate anche da movimenti ondosi, intensi o prolungati; sono di piccola estensione e passano di (!) Sono 3 sulla spiaggia da Iseo a Marone, 1 al nord di Montisola, 8 alla foce del Rino, 2 a Tavernola e 3 da Tavernola a Predore. Per tali scandagli, tatti con mio figlio ing. Darvino, ho adottato, riguardo alle profondità, gli stessi mezzi altre volte adoperati (op. cit. 1897-1898, p. 150), ma per la determinazione dei punti scan- dagliati mi sono valso di una fune graduata, fissa alla riva e tesa in lago secondo la voluta direzione, col sostegno di galleggianti ogni 50 metri, operando solo in tempo di bonaccia. Perle correzioni tatte alla graduazione le distanze risultarono frazionarie. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 149 solito inavvertiti o quanto meno li avvertono soltanto barcaioli e pescatori; a me capitò nel 1896 di notarne un esempio sul lago d’Iseo alla punta del delta del Borlezza. Avvallamenti di maggiore estensione si determinano per cause analoghe sulle spiaggie, nei punti che vennero occupati da costruzioni, quanto più queste si spinsero in lago verso la corona dello scanno. Qui il peso dei muri e dei rinterri è tal- volta la causa determinante e l’avvallamento può avvenire du- rante la stessa esecuzione dell’opera (!). Ma in molti casi il sopraccarico aggiunto è solo causa predisponente, la causa deter- minante si cerca di solito dai tecnici nella diminuita controspinta delle acque e infatti non v’'ha dubbio che gli avvallamenti di sponde lacuali sono più frequenti durante le magre. Le onde efficaci a scalzare una ripa indifesa od un muro mal fondato o mal costruito, di rado hanno un'azione diretta nel produrre un avvallamento, ma questo può essere determinato, se il muro rovina o si ribalta, dall’urto che ne consegue o dal turbato equilibrio del terreno. i E gli esempi si contano numerosi e per tutti i laghi. Sono muri di sostegno o di cinta che si avvallano, sono tronchi di strada, lun- golaghi, terrazzi, darsene, moli, ecc. Pel lago d’Iseo si ricordano tuttora le cadute avvenute in tempi recenti, ma non precisati, di un orto a Marone presso la foce del Bagnadore, di un tratto di strada presso Gallinarga e a Tavernola stessa di un lembo di. giardino della villa Fenaroli ora Capuani (tav. V, p) presso la foce del Rino, le cui tracce si scorgono tuttora in lago. Così ne avvennero a Lovere (?), a Zu presso Riva di Solto e altrove. E durante la stampa di questa nota si avvallava un tratto del lungolago di Peschiera Maraglio. Qualche cosa di più si conosce per altri laghi. In un libro edito dalla Provincia di Novara’ (3) sono enumerati da Protasi, però con pochi dettagli, diversi avvallamenti verificatisi nella seconda metà del secblo scorso sulle rive del Verbano ad Intra, Pallanza, Suna, all’Isola dei Pescatori, da Feriolo a Baveno, tra Stresa e Belgirate ed altri per lo stesso lago (1) Fra icasi di cui è serbata memoria vi è quello, riferito da Gallizia, del muro della villa Branca a Pallanza che nel maggio del 1880 sprofondò in lago, mentre era prossimo al compimento, per una lunghezza di 89 metri trascinando il retrostante terrapieno. (Atti del Coll. Ing. ed Arch. di Milano, XV, 1882, p. 167). (2?) Nel 1812: “ cedettero di un colpo le palizzate del nuovo stradale in faccia all'attuale albergo Leon d’oro , da MALINONI, op. cit., p. 84. (3) Istanze e voti della provincia di Novara in ordine al progelto degli ingegneri Vil- loresi e Meraviglia per derivazione d'acqua del Ticino, pag. 15, 22, 52, 102, 137, Novara, 1873. 150 FRANCESCO SALMOJRAGHI ne cita Fantoli ('), e più recentemente Reale (*). E per il Lario Pesta lozza e Valentini (*) ricordano quelli avvenuti sotto Molina e presso Blevio ; altri si verificarono a Sala Comacina, ecc. Trattasi in generale di danni isolati e non gravi, le cui tracce coi riattamenti successivi scompaiono, sicchè presto si dimenticano. Anche ricorrendo ad inchieste locali presso gli in- teressati o alle cronache dei giornali del tempo od a raffronti di mappe catastali, difficilmente se ne può ricostruire la me- moria. Un carattere pressochè costante degli avvallamenti di cui si tratta è quello di essere improvvisi e rapidi. Solo in via di eccezione se ne contano alcuni avvenuti per gradi e cioè ini- ziatisi con qualche cedimento del suolo e screpolature nei muri, ma in tal caso, io credo, si fa passaggio ai movimenti lenti di cui parlerò più avanti. Essi inoltre sono circoscritti ad una area a confini distinti, che ha per lo più la forma di un seg- mento di circolo, la cui corda coincide col limite preesistente del lago ed è lunga da 3 a 7 volte la freccia. Questa forma può modificarsi, se colla spiaggia si sprofondano opere murarie che oppongono disuguali resistenze, quindi talora la curva del seg- mento è irregolare. La freccia poi, che in certo modo misura l'entità dall’avvallamento, varia da pochi metri, fino a 20 o 30, raramente oltre. Non conosco avvallamenti con una freccia su- periore a 50 metri. Quando nell’area di un segmento a grande freccia stanno o si addensano abitati, l’avvallamento prende il carattere di un pubblico disastro, che alla perdita delle proprietà aggiunge ta- lora pur troppo le vittime. Tali furono quelli di Morcote sul lago di Lugano del 10 settembre 1862 (4 e di Feriolo sul lago (!) FanroLI, Sul regime idi'aulico dei laghi, p. 343, Milano, 1897. (2) RraLe, Stato presente e passato delle rive del Verbano, Atti del Congresso dei natur. ital. del 1896, pag. 217, Milano, 1907. (9) PesraLozza e VALENTINI, Sistemazione del deflusso delle acque del lago di Como, p. 81, Milano, 1899. (4) Di questo avvallamento trovasi un semplice cenno in Barorrio (Dei paesi e delle terre costituenti il cantone del Ticino, ece., Lugano, 1879). Secondo le notizie dei giornali dell’epoca (che cortesemente mi procurò il sindaco di Chiasso, A. Soldini), confermate da quelle che raccolsi a Morcote da testimoni dell’avvenimento, caddero in lago la strada cantonale colla fronte di sei case, sulla lunghezza di quasi 100 me- tri; vi fu una vittima. Dello cause dirò più avanti a pag. 173. ee L’AVVALLAMENTO. DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 151 Maggiore del 15 marzo 1867 (!). Fuori d’Italia sono note fra le altre la catastrofe di Zug del 5 luglio 1888 sul lago omonimo (*) e gli avvallamenti di Vevey dell’11 maggio 1877 e di Montreux del 19 maggio 1891 (3), entrambi sul lago di Ginevra. Senza moltiplicare esempi è da rimarcarsi che in questi grandi avvallamenti le cause precitate sono spesso insufficienti: altre intervengono o si associano, nè è sempre facile determi- narle. Però persiste il fatto che il movimento è per lo più im- provviso e localizzato, quindi il danno si limita al segmento che si avvalla; esternamente ad esso, anche sull'orlo, nessun cedimento nel suolo, nessuna screpolatura negli edifizi; ciò fu particolarmente constatato a Feriolo ed a Zug, e, come abbiamo veduto, anche a Tavernola. Infine qualsiasi avvallamento grande o piccolo deve modi- ficare il profilo sommerso e quindi o scemare la declività della scarpa inferiore o produrre rigonfiamenti nel punto della scarpa o della parete in cui la materia si arresta. Con opportuni. scan- dagli queste modificazioni furono accertate in qualche caso; ma di solito, o gli scandagli non si spingono fin dove occorre o manca il temine di paragone, cioè il profilo preesistente. Movimenti lenti in terreni quaternari. — Negli abitati eretti sopra terreno quaternario di spiagge o conoidi lacuali, un os- servatore attento nota talora una /istonomia edilizia partico- lare, che chiaramente accusa un suolo poco stabile in oggi o nel passato. Sono screpolature qua e là nei muri, per lo più vecchie e risaldate, sono muri rigonfi o non perfettamente ver- ticali o rinforzati da barbacani o collegati con catene eccedenti il bisogno ordinario. Trattasi in questi casi di movimenti di abbassamento pel naturale comprimersi dei materiali che com- pongono le spiagge e le conoidi, specialmente quando sono ad elementi minuti, cioè sabbiosi od argillosi, ed il fenomeno è ana- logo a quello che più distintamente fu notato nelle aree lagunari, dove si è scambiato con bradisismi o si complica con essi. Tali movimenti mancano o non si avvertono quando l’apparato lito- (1) Granpis, Avvallamento di Feriolo, Giorn. d. Genio civ., V, Firenze, 1863. — Spezia, Avvallamenti del lago Maggiore tra Baveno e Feriolo, Ibid., serie 2°, III, Fi- renze, 1871. (2) Resan, Note sur la cause de la catastrophe de Zug, Ann. d. mines, XIII; Ann. d. ponts et chauss., XVI, Paris, 1838. (3) FoREL, op. cit., I, p. 148-150. 152 FRANCESCO SALMOJRAGHI rale è formato di materie grossolane, a meno che l’apparato stesso si sia proteso sopra preesistenti depositi ad elementi fini e compressibili, e quindi per lo più in porzioni di Jago poco profonde ‘e con scarpe subacquee dolci. Talora, e specialmente nell’anzidetto caso, all’abbassamento si associa uno scivolamento verso il lago; e questi movimenti essendo per lo più non uni- tormi e lentissimi danno ragione della fisionomia edilizia anzi. detta ed escludono il pericolo di più disastrosi avvallamenti. Però in qualche caso lo scivolamento può maggiormente accentuarsi e rendersi manifesto anche colla comparsa di qualche fenditura, sia nei muri, che nel terreno, e proseguire coll’allar- garsi delle fenditure stesse e in casi estremi aver fine con un ribaltamento nel lago di una parte della sponda in un colle costruzioni che vi si trovano. Questi casi rappresentano in certo modo un passaggio tra gli avvallamenti improvvisi e rapidi che abbiamo descritto e i movimenti lenti di cui ora ci occupiamo. Questi poi, in quanto si tratta di abbassamenti, poterono talora essere pienamente constatati ad onta della loro estrema lentezza. Fantoli (op. cit., pag. 342) ha calcolato col confronto delle osserva- zioni registrate nelle massime magre agli idrometri di Pallanza e di Sesto Calende sul Verbano, che lo zero del primo in 30 anni, dal 1866 al 1895, si è abbassato di m. 0,404 e, secondo l’autore, non può plau- sibilmente ritenersi che il movimento sia localizzato al muraglione della piazza Maggiore di Pallanza cui fu applicato l’idrometro. Furono segnalati abbassamenti più piccoli in altri idrometri del Verbano e così nel Ceresio e nel lago di Costanza dove si desunsero da livella- zioni di precisione ripetute in diversi tempi. Per il Sebino ho il sospetto che un fenomeno analogo si sia verificato ad Iseo che giace sulla parte sinistra della conoide del torrente Curtelo e sopra contigue alluvioni di torrentelli minori. Mi venne riferito da persone degne di fede che ad Iseo, ne- gli scavi fatti nel passato per diversi scopi e fra gli altri per l'impianto di fontane pubbliche e pel monumento a Garibaldi, si siano incontrate tracce di murature antiche, in tale posizione rispetto al lago, da far supporre che il livello di questo sia stato un tempo inferiore di qualche metro al livello attuale. Ad Iseo vi è anche la tradizione che esista un passaggio sotterraneo, che dalla casa abitata da S. Vigilio presso il lago conduca alla chiesa plebana; e a levante di Iseo mi venne indicato un fondo, L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 153 per accedere al quale il proprietario, secondo le servitù risul- tanti dai documenti antichi, dovrebbe transitare su una porzione di spiaggia sommersa. E questi fatti verrebbero interpretati nello stesso modo. Così in altri punti del Sebino, a Sarnico, a Predore ed a Pisogne, mi furono accennati fatti analoghi. Limitandomi al caso di Iseo, io non ho potuto accertare di veduta l’esistenza di costruzioni antiche, come quelle surriferite, nè mi consta che la posizione di queste sia stata determinata con livellazioni com- provanti un lago più basso dell’attuale. Ma ammettendole darei al fatto una diversa interpretazione. Intanto se tracce sono conservate d’un diverso livello del Sebino, esse si riferirebbero piuttosto ad uno più elevato e per tempi molto più antichi, cioè per l’ultima fase interglaciale o per i primordi del postglaciale. Fra le diverse prove di questa maggior elevazione ricordo i depositi lacustri di sabbioni calcarei con conchiglie di acqua dolce, quaternari, che trovai a Castro e sotto gli edifizi dell’officina Gregorini, all’altezza di 13 m. e più sopra il lago attuale (op. cit., 1897, p. 144) (!). Ma per quanto risguarda i tempi storici nessun avvenimento geologico e nessuna particolarità morfologica della conca lacu- stre fa supporre che il lago sia stato ad un livello notevolmente diverso da quello che assunse dopo stabilito l’emissario a Sar- nico, salvo qualche spostamento nelle altezze delle massime piene e delle massime magre, prodotto da ingombri all’emissario stesso, naturali (dejezioni del torrente Guerna emuntore di Valle Adrara) o artificiali (impianti di piscicoltura), o da eliminazione degli in- gombri stessi. Quindi se ad Iseo esistono costruzioni antiche sotto il livello del lago, il fatto potrebbe attribuirsi non ad un innalzamento di questo, ma ad un abbassamento lentissimo del terreno, forse ad uno scivolamento verso il lago dell'apparato litorale; questo apparato consta invero di ciottoli, ghiaie e sabbie, ma si è pro- babilmente avanzato sopra depositi lacustri più fini, facenti con- tinuazione a quelli dell’attigua torbiera. È un’ipotesi che espongo con tutta riserva in attesa di ulteriori osservazioni. Se poi.il (1) Altri depositi di sabbioni calcarei, tufi e travertini con conchiglie lacustri ‘e terrestri e con filliti (non ancora determinate) vennero in luce dopo il 1897 nell’area dell’officina Gregorini. Essi confermano l’estensione di quella formazione concrezio- nale, che occupa lo sbocco del torrente Borlezza dalla forra del Tinazzo, e che non fu presa in considerazione da chi dopo di me scrisse sulla geologia di quella località. 10 DI 154 FRANCESCO SALMOJRAGHI movimento si è prodotto. realmente in tempi storici antichi, nulla ci autorizza a ritenere che ora continui; i dati altimetrici e limnometrici che si posseggono pel Sebino, non sono ancora applicabili allo studio del fenomeno. D’altra parte fui assicurato dall’ing. A. Zuccoli che davanti all’abitato di Iseo il lago ora lentamente si interrisce per le dejezioni del Curtelo. Nei movimenti che rendono instabili le sponde lacuali, tanto per il caso che ora ci ha occupato, quanto pei precedenti, ha parte un’azione più volte: citata, cioè quella delle acque che si trovano nel sottosuolo e specialmente delle conoidi e delle spiagge ampie ed ivi penetrano dal lago e dall’interno ed oscillano colle stagioni e più distintamente colle oscillazioni del lago stesso. Questo continuato spostamento delle acque sotterranee può essere causa di qualche alterazione sfavorevole alla stabi- . lità del suolo; ma trattasi di fenomeni complessi, talora oscuri, in ogni caso mutabili secondo molteplici fattori. Non è agevole trattarne in via generale, per lo che mi limiterò a parlarne più avanti per ciò che concerne il caso di Tavernola, al quale ora- mai è tempo, dopo questa lunga digressione, di ritornare. Cause delVavvallamento di Tavernola. Rocce prequaternarie. — Che il disastro di Tavernola del marzo 1906 sia da ascriversi al 3° dei casi descritti, quello dei movimenti improvvisi di terreni quaternari, non ha bisogno di essere detto. Le rocce prequaternarie della località sono fuori di quistione. Esse spettano alla parte superiore del lias medio e constano di calcari compatti in grossi strati, senza interstrati argillosi, in media diretti a N 73° E, inclinati di 35°, immersi a N. Per ciò appartengono ancora all’ala meridionale (o ala di Gallinarga) della grande sinclinale che forma il motivo tettonico della riviera mediana destra del Sebino, colla cerniera, visibile dal lago, presso il Follo a nord del delta, quindi coll’asse non coincidente coll’impluvio del Rino. Gli strati sono qua e là rotti da litoclasi, che interessano la circolazione sotterranea delle acque; ma la loro stabilità è ineccepibile e ben lo mostrano le cave aperte a nord della cerniera anzidetta per l’estrazione di pietre da calce idraulica e da cemento. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 155 Conoide del Rino. — Originariamente la parete liasica, il cui profilo subacqueo non è conosciuto, ma deve essere molto in- clinato, giudicando da quello delle pareti contigue emerse, for- mava una piccola insenatura nel lago in corrispondenza allo sbocco del Rino. Quindi la conoide di questo, addossandosi a quella parete, riempiendo l’insenatura stessa e protendendosi col delta in lago, prese in pianta la figura di un rombo, cogli an- goli ottusi corrispondenti da una parte allo sbocco del torrente dalla valle (tav. V, g) e dall’altra alla foce, e colla diagonale corta misurante fra gli angoli stessi m. 240, mentre la diago- nale lunga fra gli angoli acuti misura circa m. 400. Della costituzione della conoide sommersa del Rino può dare un’idea l’alveo attuale del torrente, che con una larghezza di 10-15 m. percorre l’anzidetta diagonale corta. Esso è formato di ciottoli arrotondati e di frammenti a spigoli vivi o appena smussati, di dimensioni variabili; poichè, se vi sono molti ciot- toloni sparsi frammezzo ed anche qualche masso, vi sono anche ghiaie che per vagliatura danno una sabbia grossolana. La mas- sima parte poi dei ciottoli e dei detriti sono di calcare liasico, poichè la valle del Rino è tutta scolpita in questa formazione, salvo un affioramento (non segnato nelle carte pubblicate) di marne giurassiche presso il Colle di Oregia, che dà passaggio alla contigua val Maggiore. Come poi la formazione liasica è qua e là coperta da addossamenti plistocenici (alluvione cemen- tata e morene) così nell’alveo del Rino non mancano, special- mente fra i ciottoli ed i massi, le rocce dell’alto Sebino e della valle Camonica : dolomia principale, raibeliano, verrucano, porfirite, tonalite, gneiss, ecc., ma non sono abbondanti, quando si paragoni l’alveo anzidetto a quello del Bagnadore di Marone sulla sponda opposta bresciana, dove lo sviluppo delle morene è incomparabilmente maggiore, mentre sulla sponda bergamasca il tributo morenico fu sminuito dalla deviazione che subì il ghiacciaio per la valle del Borlezza e la sella di Solto alla valle Cavallina. La fronte di distacco alta da 2 a 4 m., che si formò il 3.e il 4 marzo sul limite del segmento avvallato, mostra il suolo di Tavernola composto di detriti diversi, che hanno nella parte su- periore il carattere di essere artificiali e rappresentano proba- bilmente rinterri fatti per porre le strade ed il piano terreno delle case al sicuro delle piene. Più in basso vedonsi tracce di 156 FRANCESCO SALMOJRAGHI stratificazione e la costituzione è analoga a quella dell’alveo del Rino. Se la conoide poi nella sua parte sommersa sia rimasta un ammasso incoerente o si sia cementata e trasformata in un conglomerato brecciforme o pudingoide, non vi è modo di giu- dicare nè di osservare direttamente. Le acque, che sgorgano dalla formazione liasica e penetrano nella conoide, sono calcarifere. Traccie di incrostazioni giallastre si vedono allo sbocco dei rigagnoli derivati da sorgenti sulla riva da Tavernola alla Corna di Predore, e sulle pareti rocciose delle diverse cascate che fa il Rino, prima di correre sul suo delta. Nelle vicinanze poi, alla Punta della Preda, a Parzanica e altrove, si hanno maggiori manife- stazioni di acque calcarifere in grugni di tufo calcareo. Un’acqua di tale natura penetrando in un deposito detritico deve cementarlo, ma io credo che nel nostro caso quell'acqua, mescolandosi all’acqua del lago che parimenti penetra nella conoide sommersa, così si diluisca da perdere ogni facoltà cementante; e nessuna traccia di cementa- zione si osserva infatti fra i ciottoli ed i detriti inferiori della fronte di distacco; fra di essi esiste bensì interposto del limo sabbioso che per levigazione dà una sabbia mineralogicamente analoga a quella dell’alveo attuale ('). (1) Ho esaminato al microscopio la sabbia isolata da questo limo (A) e quella ri- cavata dall'alveo del Rino (B). Eccone il risultato, ottenuto con due preparati per ciascuna sabbia, riferito come di consueto ai granuli otticamente determinabili. A B Minerali : dominante. — Carbonati torbidi provenienti — Carbonati torbidi prove- da calcari o dolomie. nienti da calcari o dolomie. abbondanti. — Quarzo in granuli; carbonati — Quarzo in granuli; carbo- limpidi (solidi di sfaldatura) nati limpidi (solidi di sfal- per 5/, calcite, per !/g dolo- datura) per 4/; calcite, per*/ mite. dolomite. frequenti. . — Calcedonio in frammenti e in — Calcedonio in frammenti e sferule o cilindruli di origine in sterule o cilindruli di ori- organica; magnetite ed ilme- gine organica; magnetite ed nite; orneblenda verde; gra- ilmenite ; orneblenda verde; nato. granato. scarsi. . . — Zircone; biotite; apatite. -- Plagioclasio ; zircone: epi- doto; clorite; apatite. moltoscarsi. — Ortose; plagioclasio;andalu- — Carbonati in gruppi di eri- site; epidoto; staurolite ; stalli (da acque calcaritere); muscovite; clorite. ortose ; attinoto : orneblenda bruna; staurolite ; tormali- na; biotite. rari. . . — Quarzo in cristalli con inclu- — Rutilo; microclino; ensta- sioni calcitiche ; rutilo; car- tite ; glaucofane ; andalusi- L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO TDI Comunque sia, la conoide sommersa del Rino, per la preva- lenza di grossi materiali in parte angolosi e per l'assenza di elementi argillosi od argillificabili, si trova in condizioni buone di stabilità. E lo prova la sua forma, che, non risultando dalla mia carta batometrica del 1897-1898 per la rarezza dei punti scandagliati in quella plaga del lago, rilevai ora (col procedimento descritto a pag. 148) mediante 3 sezioni: una a partire dalla foce verso levante, le altre da punti laterali verso -scirocco e verso greco. La prima sezione, che ho riportato in A (tavola VI), mostra come la scarpa scenda regolarissima con una pendenza dapprima del 62,3 °/, (31°,56'), poi gradatamente minore fino a raccordarsi col bassopiano alla profondità di 248 m. Le altre sezioni sono analoghe, sol che partono dalla spiaggia con un piccolo scanno. Cause predisponenti. — Sulla conoide emersa del Rino e pre- cisamente sul suo lato destro o meridionale, che la sporgenza del delta ripara alquanto dal vento di nord, sorse Tavernola. Ivi certamente esisteva una spiaggia, in quale posizione precisa non può dirsi, ma certo su una linea più entro terra di quella dei muri di sponda costruiti dappoi. È supponibile che tale spiaggia sia stata ben presto posta al sicuro dalle acque del Rino, raccolte in un alveo, e quindi abbia formato uno scanno. Ma ad onta di ciò doveva lentamente avanzarsi verso il lago, perchè la sua posizione esposta alle onde trasversali non poteva essere più favorevole alla traslazione dei ciottoli delle ghiaie deposte alla foce del torrente. Su quella spiaggia si impiantarono le prime capanne di pescatori e di agricoltori, nucleo e germe del futuro villaggio. La storia non dice se quei primi abitanti furono preromani o contemporanei alla dominazione romana (come indicherebbe il nome: da Tabernula, piccolo rifugio) o posteriori alla domi- bonatiin gruppi di cristalli te; sillimanite; muscoyite. (da acque calcarifere); mi- croclino ; enstatite; augite ; attinoto ; orneblenda bruna; glaucofane ; sillimanite; tor- malina; sericite; cloritoide; titanite, rarissimi, — Pleonasto. — Baritina. L’analogia nella composizione e nella proporzione dei componenti di queste due sabbie, che è manifesta pei minerali di maggior frequenza e solo si attenua negli altri, conferma la comune loro derivazione. 158 FRANCESCO SALMOJRAGHI nazione stessa (!). Certo che Tavernola ci appare già villaggio importante nel medio evo, con un castello che solo in parte è conservato e con massicce torri delle quali, dopo l’avvallamento del 4 marzo, una sola è rimasta, quella che forma il basamento del campanile (tav. V, ¢). Intorno al castello crebbero e si rinno- varono lungo i secoli le case dei meno abbienti e sorsero gli edifici dalle svelte logge delle famiglie più facoltose, sui quali si modellarono le ville moderne. In queste successive costruzioni si prese al lago tutto lo spazio che poteva dare, anzi di più, perchè si occupò non solo la spiaggia sommergibile di mano in mano si avanzava, ma anche quella sommersa. e quindi in parte lo scanno. Per esempio gli antichi proprietari della villa Grasselli (a), non potendo estendere questo edificio verso terra per l'ostacolo d’una via pubblica, lo estesero verso il lago; nelle ruine attuali si ricono- scono le tracce di due ampliamenti successivi, di cui l’ultimo, del secolo XVIII, corrisponde alla ricordata galleria che era larga circa 8 m. e lunga 40 e di cui vedesi l’esterno nella tav. III, l’interno nella IV. E davanti ad essa ebbe posto un lungolago largo ben 9 m. (tav. V, bc). In un muro, rimasto. eretto dopo il 4 marzo in direzione normale alla riva e spettante alla casa parrocchiale (f°), apparvero tracce di finestre ogivali, dimezzate, in tal posizione da far supporre, che quella casa o sia stata arretrata o sia stata colpita da un antico avvallamento; ma di ciò non è conservata nessuna memoria. Tutti ricordano però che davanti a Tavernola non vi era spiaggia e il lago anche in magra batteva contro i muri; ma anche lo scanno in qualche punto non esisteva e vedremo il perchè. Il pontile per Vapprodo dei piroscafi spingentesi per 18 m. in lago aveva già al suo estremo una profondità di almeno 9 m. e vi furono impiegati pali di oltre 20 m. Davanti ad alcuni dei piccoli moli in più punti costruiti in muratura per approdi di barche ed usi domestici, il lago visibilmente si inabissava ed i secchi ivi sfuggiti di mano o i pezzi di sapone non erano più ricuperabili. E qualcuno si era impensierito di questo stato di cose, a creare il quale altri fatti concorsero. Il processo naturale di avanzamento della conoide del Rino potè continuare e continua tuttora lentamente all’apice e sul (1) Rosa G., La storia sul bacino del lago d'Iseo, p. 15, 23, 27. Milano, 1892. ‘ L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D'ISEO 159 lato settentrionale del delta (!), ma sul lato meridionale esso fu arrestato dalle costruzioni di Tavernola che hanno eliminato la spiaggia. Ivi l'apparato litorale non ricevette più altro tributo, tranne i detriti di sterri e demolizioni ed i rifiuti della vita domestica e delle industrie, i quali per lo passato si gettavano in lago in qualsiasi punto (specialmente allo sbocco delle vie che menano ad esso) e da oltre 20 anni, per disposizione dell’Au- torità municipale in un punto solo, cioè all'estremo del pontile. Inoltre allo sbocco di una delle vie anzidette, la contrada del Pero (tav. V, b), venivano scaricate e si scaricano tuttora in lago le materie alluvionali che, procedenti da un soprastante bur- roncello in tempi di nubifragi, ingombrano quella via per uno spessore talora di qualche metro. I detriti che si gettano sulla spiaggia di un lago, dove le onde li disperdono, sono innocui; se essi si accumulano sulla corona dello scanno possono col loro peso farlo scoscendere, smussandone il gra- dino (*). Se invece si scaricano persistentemente in punti fissi di una scarpa subacquea ripida, essi potranno soffermarsi nel punto dove ca- dono o più sotto, ed ammucchiarvisi, eventualmente trattenuti da qual- che irregolarità della scarpa, ma ivi non potranno trovarsi che in una posizione instabile e, col sopraggiungere di nuovi materiali scaricati nello stesso punto o per altre cause, finiranno a scoscendere non senza erodere la superficie su cui si muovono e trascinare con sé le parti staccate. Con ciò viene gradatamente ad incidersi lungo la superficie stessa una lieve depressione a guisa di canalone, che incomincia in alto con una declività maggiore di quella originaria per scomparire in basso e sfumare ivi in una scarpa meno declive, quindi con un profilo lieve- mente concavo. Soltanto su scarpe dolci tale canalone non può for- marsi e in lago poco profondo o con gettito di materia molto abbon- dante, esso, dopo formato, deve finire a riempirsi, anzi vi si deve sostituire un rialzo, a guisa di conoide stabile. Le circostanze in cui si verificò a Tavernola il gettito dei detriti spiegano perchè in qualche punto mancasse lo scanno e (1) L’avanzamento totale della conoide del Rino dalla forra donde sbocca (ta- vola V, q) all'estremo del delta misura, come si disse, metri 240; mentre nello stesso lago d’Iseo l'avanzamento del Borlezza supera 800 metri; ma questo scola un bacino di 139,51 kmq.; quello di soli 14,84 e per di più davanti al Borlezza il lago è profondo 100 metri, davanti al Rino 248. " (2) Un esempio convincente di ciò mi venne additato in un punto tra Tavernola e Gallinarga, dove nel 1905 si costruì una casa dei fratelli Foresti in margine alla strada lacuale ed il materiale proveniente dallo sterro in roccia, che venne aperto per la sua sede, si gettò in lago sopra lo scanno coll’intenzione di protenderlo, mentre tosto sparirono e materiale e scanno e l'interruzione di questo si vede tuttora. 160. FRANCESCO SALMOJRAGHI consentono alla probabilità che si siano tormati dei canaloni nella parte superiore della scarpa subacquea in corrispondenza ai due. punti principali di scarico sovra'accennati, punti che, è 1 bene ricordare, corrispondono ai limiti del primo avvallamento.’ L’ipotesi che lo scarico dei detriti all'estremo del pontile abbia avuto un'influenza nel disastro di Tavernola venne primamente enunciata dal prof. Sina (!) ed io, per le considerazioni esposte, la credo attendibile. Altri fatti, e questi su tutta la fronte dell’abitato, possono aver cooperato a peggiorare la stabilità della scarpa superiore, come lo strascico di reti e di ancore, l’urto di barche e special- mente le dombine o cartucce di dinamite per la pesca abusiva, che ora non si esplodono più, se pur la sorveglianza dell'Autorità riesce ad impedirle, ma che per lo passato si esplodevano di certo. E tutte queste azioni dipendenti dal’uomo, che si sono esercitate sopra la scarpa subacquea di Tavernola, hanno avuto per effetto di smagrirla nella parte superiore più vicina allo specchio d’acqua, cioè aumentarne la pendenza, e ingrassarla, cioè diminuire la pendenza stessa nella parte inferiore. Un ciottolo che per uno qualunque dei fatti indicati viene rimosso dalla sua posizione non è più ripristinato; l’azione è lieve e sembra trascu- rabile, ma continuando per un tempo lunghissimo può produrre effetti sensibili. Nella tavola VI riporto la sezione B fatta a Tavernola presso lo sbocco della sorgente Rosino a circa 45 m. dall’estremo meri- dionale del segmento avvallato. La scarpa detritica ivi scende colla pendenza media notevole del 78,8 9/9 (389,14) (*) e fa pensare che non minore deve essere stata dove l’avvallamento avvenne. La sezione C, che ho tracciata in un punto centrale dell’av- vallamento stesso ed estesa fino quasi al bassopiano, mostra che dopo il crollo la scarpa assunse una pendenza dapprima media- mente del 56,3 °/, (29°,33’), minore dopo. Una certa irregolarità nel suo profilo, paragonato a quello regolarissimo della sezione A (alla foce del Rino), può ritenersi dovuta alle materie franate; ina non è dato di giudicare a qual punto preciso esse si arresta- rono 0 in qual modo si distribuirono. Così non può giudicarsì (!) La Provincia di Brescia, 7 e 19 marzo 1906. (2) Dicesi che il palombaro (vedi pag. 138) abbia quivi visto della roccia, ma sulle osservazioni da lui fatte a Tavernola e in altri punti del lago non ho potuto procurarmi notizie sicure. .L'’AVVALLAMENTO DI TALERNOLA SUL LAGO D’ISEO 161 quale andamento avesse la scarpa prima del crollo; supponendola nella posizione della linea punteggiata a d, la sua pendenza sa- rebbe stata del 94 °/, (43°,14)! E pendenze analoghe per la scarpa originaria si presumono dalle sezioni, che furono rilevate a corredo del progetto di ricostruzione, e che ho avuto occasione di vedere nell’ufficio del Genio civile di Bergamo. Ricerca della causa determinante. — Le considerazioni pre- cedenti risguardano le cause predisponenti del disastro di Ta- vernola; rispetto alla causa determinante procedo per elimina- zione. Escluso un movimento sismico che nessuno ha avvertito (') ed esclusa l’azione delle onde, poichè la notte dal 2 al 3 marzo fu bensì ventosa e il lago agitato, ma con intensità ordinaria, devono a maggior ragione escludersi come inadeguate all’effetto quelle cause, che si accennarono nella speranza forse di trovare un responsabile ai danni, cioè l’agitazione dell’aria per le mine che si esplodevano per costruzioni stradali sulla sponda bresciana e l'urto dei piroscafi approdanti contro i pali estremi del pontile, per quanto questi, infissi nella scarpa della conoide, da qualche tempo, come già dissi, apparivano lievemente inclinati verso nord. Infine nei giorni che precedettero il disastro non si fecero a Ta- vernola nè rinterri, nè costruzioni nuove, nè sopralzo di vec- chie; ivi non occorsero depositi di materiali o merci pesanti, non casuali agglomeramenti di persone, nessun fatto insomma che abbia potuto anche di poco aumentare il peso gravante sulla conoide e determinarne l’improvviso distacco. Magre del lago. — Rispetto allo stato del lago vedemmo già come fra i tecnici prevalga l'opinione che degli avvallamenti lacuali siano da incolparsi quasi esclusivamente le magre. Anzi, se ben ricordo, vi si è applicato il detto: Le acque basse, ecco il nemico. Ma nella descrizione di avvallamenti, che ebbi sott'occhio, non ho trovato che l’opinione anzidetta sia stata confortata da dati limnometrici precisi. E se per esempio nel Verbano una mag- giore frequenza di avvallamenti fu notata dopo la piena straor- dinaria del 1868, che, abbassando la soglia dell’emissario a Sesto (1) I terremoti concorrono nel determinare avvallamenti di sponde lacuali nella regione del Garda. (Cfr. BaLpacci e StELLA, Boll. Com. geol., p. 15, Roma, 1902). 10% 162 FRANCESCO SALMOJRAGHI Calende, ha abbassato le massime magre (!), ne avvennero però anche prima e per avventura più gravi. Sta pure che nei laghi, il cui livello venne artificialmente abbassato, si andò incontro a gravi danni alle sponde. Viene ricordato il caso del lago d’Orta, dove volendosi dal comune di Omegna deprimere la soglia dell’emissario, il Niguglia, si mani- festarono ad Orta, ad Omegna ed altrove delle screpolature nei muri, che obbligarono a sospendere il lavoro (?). Così ricordasi il caso del lago di Lungern nel cantone di Unterwald, dove, es- sendosi abbassato il livello con una galleria attraverso un monte, si avvallarono tosto, lungo le sponde a forti pendenze, parecchi ettari di terreno e lo stesso Lungern corse pericolo di subire la stessa sorte (*). In questi casi però mi sembra manchi quel carat- ‘tere di movimento improvviso che distinse il disastro di Taver- nola e gli altri analoghi di Feriolo, Morcote, Zug, ecc. Perciò sarà interessante osservare prossimamente cosa avverrà nel lago di Poschiavo, dove è preveduto qualche danno alla riva presso Le Prese ed altrove, dovendo il lago stesso per l'impianto idroelet- trico di Brusio, da poco tempo costruito, assoggettarsi ad un periodico svaso di parecchi metri. Ora tornando al nostro caso, l’avvallamento di Tavernola nou coincise con un periodo di magra straordinaria, ma con uno di magra normale. E, poichè su questo punto vi fu un dibattito sui giornali e sorsero dei dubbi, sarà utile entrare in qualche dettaglio. Le oscillazioni del lago d’Iseo, dalla massima piena alla massima magra, non furono mai notevoli, quando si paragonino a quelle di altri laghi; però gli estremi per lo passato riescivano molesti, rispet- tivamente per l’invaso di abitati e per gli approdi. Tolti alcuni in- gombri stabili all’emissario, si ottenne di abbassare le piene: l’azione del Consorzio del lago introducendo ostacoli temporanei innalza le magre; indi un regime molto soddisfacente per gli opposti interessi. Il livello del lago d’Iseo fin dal secolo scorso veniva riferito ad un idrometro infisso a Paratico sulla sponda bresciana, presso il ponte che ivi traversa l’incile dell’emissario. Poscia questo idrometro, che era stato nascosto da un muro, si trasferì a Sarnico sulla sponda (1) FANTOLI, op. cit., p. 343. (2) Istanze e voti della prov. di Novara, op. cit., p. 14. (3) SPEZIA, op. cit., 1871. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO: D’ISEO 163 bergamasca presso lo stesso ponte, mantenendo lo zero allo stesso livello e si impiantarono altri idrometri a Iseo, Pisogne e Lovere. Le altezze giornaliere dei 4 idrometri, lette da appositi incaricati, sono poi trasmesse mensilmente agli uffici del Genio civile di Brescia e di Bergamo, dove con tutta cortesia sono messe a disposizione di chiun- que vi abbia interesse. L'altezza sul mare dello zero dell’idrometro di Iseo è m. 185,073, quella di Sarnico 185,147. Le due quote risultano dalla livellazione di precisione eseguita dall'Istituto geografico militare nel 1898, e mi furono gentilmente comunicate dallo stesso operatore, prof. A. Mori ('). Gli idrometri di Lovere e Pisogne non furono congiunti colla livella- zione di precisione; lo zero a Pisogne è sensibilmente alla stessa altezza di quello di Iseo; a Lovere di qualche decimetro più basso. Altre livellazioni fatte per lavori stradali dànno cifre un poco diverse, delle quali non occorre qui di occuparci. I dati dell’idrometro di Sar- nico sono poi quelli che vengono presi più particolarmente in consi- derazione, perchè paragonabili ai dati antichi di Paratico. Premesso ciò, riporto alla pagina 164 le altezze giornaliere dei 4 idrometri del Sebino per il primo trimestre del 1906. La diversità nelle cifre di ciascun giorno per i quattro idro- metri, che anzitutto salta all’occhio, dipende dalle diverse altezze del loro zero; ma è facile notare anche che le differenze da un idrometro all’altro non sono costanti. Ciò dipende in gran parte dalla incertezza della lettura quando il lago è agitato, e dal non essere lo specchio sempre orizzontale anche in tempi calmi. Infatti le acque si accumulano all’uno o all’altro estremo per l’azione dei venti longitudinali e giornalmente alterni, come ho dedotto dalle correnti che susseguono in senso opposto a quei venti (op. cit., 1897-1898, p. 159). Maggiori sono le differenze all’inizio delle piene, che per lo più sono primamente accusate a Lovere e Pisogne, poi ad Iseo e Sarnico, ciò che non appare dalla tabella, perchè nel quadrimestre preso in esame non si ebbero piene. Per il nostro scopo basta osservare che il livello del lago, che si trovava al 1° gennaio 1906 a + 0,09 dell’idrometro di Sarnico, scese gradatamente fino a zero nelle prime due decadi (1)'Le prime cifre ottenute dalla livellazione di precisione furono rispettivamente 185,190 e 185,263 (ctr. MarInELLI; Riv. geog. ital.., VII, p. 455, Firenze, 1900); esse su- birono una lieve correzione per. effetto della compensazione generale. della rete di livellazione italiana. 164 FRANCESCO SALMOJRAGHI Altezze giornaliere dei quattro idrometri del lago d’Iseo durante il primo trimestre dei 1906 (*). GENNAIO FEBBRAIO MARZO 5 i Ei 8 © E = © ° eye eS |e | ee ee eee |e a le 108 | Be oe AR ce fe een 1 | 0,48 | 0,17 | 0,17 | 0,09 | 0,40 | 0,08 | 0,09 | 0,05} 0,41 | 0,18 | 0,18 | 0,22 2 |0,48 | 0,17 | 0,17 | 0,09 | 0,40 | 0,07 | 0,09 | 0,05] 0,44 | 0,18 | 0,18 | 0,22 3 |0,47| 0,16 | 0,16 | 0,09 | 0,39 | 0,07 | 0,09 | 0,05} 0,47 | 0,18 | 0,18 | 0,23 4 10,47 | 0,15 | 0,16 | 0,08 | 0,89 | 0,07 | 0,09 | 0,07 | 0,49 | 0,19 | 0,20 | 0,23 5 10,47 | 0,15 | 0,14 | 0,08 } 0,38 | 0,07 | 0,08 | 0,07] 0,51 | 0,19 | 0,20 | 0,22 6 | 0,48 | 0,14 | 0,14 | 0,08 | 0,87 | 0,07 | 0,08 | 0,07 | 0,53 | 0,19 | 0,20 0,20 7 [0,48 | 0,14 | 0,13 | 0,07 | 0,37 | 0,07 | 0,08 | 0,08] 0,55 | 0,19 | 0,22 | 0,17 8 ]0,49 | 0,14 | 0,13 | 0,07 | 0,36 | 0,06 | 0,08 | 0,08 | 0,57 | 0,20 | 0,22 | 0,16 9 | 0,49 | 0,14 | 0,13 | 0,06 | 0,36 | 0,06 | 0,08 | 0,08 | 0,59 | 0,19 | 0,23 | 0,16 10 | 0,48 | 0,14 | 0,14 | 0,06 [0,36 | 0,06 | 0,08 | 0,10] 0,60 | 0,20 | 0,23 | 0,17 11 | 0,47 | 0,13 | 0,12 | 0,05 | 0,35 | 0,06 | 0,07 | 0,10] 0,61 | 0,20 | 0,25 | 0,18 12 | 0,47 | 0,13 | 0,12 | 0,05 | 0,85 | 0,06 | 0,07 | 0,11 | 0,61 | 0,20 | 0,25 | 0,20 13 | 0,47 | 0,12 | 0,11 | 0,04 | 0,35 | 0,06 | 0,07 | 0,11 | 0,62 | 0,24 | 0,25 | 0,20 14 | 0,46 | 0,11 | 0,11] 0,04 | 0,34 | 0,09 | 0,07 | 0,12 | 0,64 | 0,25 | 0,26 | 0,22 15 | 0,46 | 0,11 | 0,11 | 0,03 | 0,34 | 0,09 | 0,08 | 0,12 | 0,64 | 0,25 | 0,26 | 0,21 16 | 0,45 | 0,10 | 0,10] 0,02 | 0,34 | 0,09 | 0,08 | 0,12 | 0,65 | 0,24 | 0,26 | 0,23 17 | 0,45 | 0,10 | 0,10] 0,02 | 0,34 | 0,09 | 0,08 | 0,12] 0,65 | 0,24 | 0,25 | 0,22 18 | 0,44 | 0,10 | 0,09 | 0,01 | 0,38 | 0,09 | 0,08 | 0,11 | 0,66 | 0,24 | 0,25 | 0,24 19 {0,44 | 0,09 | 0,09 | 0,01 | 0,83 | 0,08 | 0,07 | 0,11] 0,66 | 0,24 | 0,26 | 0,24 20 | 0,44 | 0,10 | 0,08] 0,01 | 0,33 | 0,08 | 0,07 | 0,13} 0,69 | 0,24 | 0,27 | 0,26 21 | 0,44 | 0,10! 0,08} 0,01 | 0,33 | 0,08 | 0,06 | 0,13] 0,70 ! 0,27 | 0,28 | 0,26 22 | 0,44 | 0,09 | 0,07 | (0,02)] 0,32 | 0,09 | 0,08 | 0,13] 0,71 | 0,26 | 0,28 | 0,28 23 | 0,43 | 0,09 | 0,07 | (0,03)] 0,32 | 0,10 | 0,09 | 0,14] 0,72 | 0,27 | 0,80 | 0,29 24 | 0,43 | 0,09 | 0,07 | (0,03)} 0,32 | 0,10 | 0,09 | 0,14} 0,72 | 0,31 | 0,80 | 0,31 25 |0,43 | 0,09 | 0,07 | (0,04)} 0,33 | 0,10 | 0,09 | 0,15} 0,73 | 0,30 | 0,33 26 | 0,42 | 0,09 | 0,07 | (0,05){ 0,34 | 0,10 | 0,09 | 0,18] 0,73 | 0,34 | 0,33 | 0,82 27 | 0,42 | 0,08 | 0,07 | (0,05)] 0,34 | 0,10 | 0,09 | 0,18] 0,74 | 0,34 | 0,35 | 0,30 & Di) 28 |0,41| 0,08 | 0,07 | (0,06) 0,34 | 0,14 | 0,09 | 0,20] 0,74 | 0,84 | 0,35 | 0,29 29 [0,41|0,08|0,07|(0,06] — | — | — | — ]0,76 | 0,34 | 0,86 | 0,29 80 | 0,41 | 0,08 | 0,07 | (0,07)] — | — | — | — ]0,79| 0,34 | 0,86 | 0,28 | 81 | 0,40 | 0,08 | 0,07 | (0,07)] — | — | — | — [0,80 | 0,33 | 0,88 | 0,28 (') Le cifre poste tra parentesi si contano al di sotto dello zero, le altre al di sopra. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 165 del mese e al disotto di zero nella terza decade, raggiungendo una minima altezza di — 0,07 al 31 gennaio; sali d’un tratto a + 0,05 al 1° febbraio e continuò lentamente a salire fino a + 0,20 al 28 dello stesso mese, per trovarsi ai primi di marzo, cioè quando avvenne l’avvallamento di Tavernola, all’altezza di + 0,23. Il resto non ci interessa. Ora fu osservato che la discesa sotto zero all’idrometro di Sarnico nella 3* decade di gennaio non si accorda coi dati degli altri idrometri e specialmente di quello di Iseo, dove il lago nello stesso periodo rimase stazionario; e infatti sembra anor- male, per la stagione che correva, il salto di 0,12 letto a Sarnico dal 31 gennaio al 1° febbraio e non accusato, nè contempora- neamente, nè prima, dagli altri idrometri. Perciò si pensò che l'osservatore a Sarnico avesse errato nel segnare un meno in- vece di un più alle letture fatte dal 22 al 31 gennaio. Ma facendo positive quelle cifre non ne viene ancora un accordo perfetto, perchè non si saprebbe poi spiegare come il lago in quella terza decade di gennaio si sia innalzato a Sarnico, conservato fermo ad Iseo ed abbassato a Lovere e Pisogne. Perciò mettendo questa anomalia in conto alle cause che sopra ho accennate, si può ben ritenere che la magra del gen- naio 1906 sia scesa fino a — 0,07. E che ciò non abbia nulla di straordinario lo mostra il quadro della pagina 166 dove sono ri- portate le massime e minime altezze mensili, date dall’idrometro di Sarnico pel dodicennio dal 1894 al 1905. Si scorge da questa tabella, che in tempi recenti il livello del lago è disceso parecchie volte al disotto di zero e cioè a — 0,05 nel 1895, nel 1897 e nel 1905; a — 0,07 nel 1898; a — 0,12 nel 1894; a — 0,16 nel 1896 (nel quale anno si mantenne novantacinque giorni sotto zero, quarantasei sotto — 0,10 e sette a — 0,16). Così si ebbe una magra pure di — 0,16 nel 1866-67, senza contare le magre anteriori alla costituzione del Consorzio di — 0,32 nel 1833 e di — 0,39 nel 1828, delle quali ebbi comu-, nicazione dall’ing. A. Zuccoli. In ogni caso la magra del 1906 si verificò alla fine di gen- naio, cioè un buon mese prima del disastro di Tavernola. Quando questo avvenne il lago si era già alquanto rialzato, restando sempre al disotto del livello medio. Quindi ammettendo pure che lo stato del lago al 3-4 marzo abbia contribuito al feno- meno, non saprei accostarmi all’idea di chi ne farebbe la causa determinante. 166 FRANCESCO SALMOJRAGHI Altezze mensili, massime e minime, dell’idrometro di Sarnico, durante il dodicennio 1894-1905 (1). 3 2 © [e 4 E ig 8 tt a ves te Boel e eccone mat] yy MA RAT ee een er 194) 0:09 | 0,05 |(0,05) | 0,30 | 0,52 |0,60 0,50 | 0,36 ? 0,04 (0,05) |(0,08) [(0,12)| 0,40 | 0,28 0,27 0,22 1895) 0,30 | 0,27 | 0,22 | 0,55 | 0,52 | 0,63 0,48 0,65 (0,05), 0,04 | 0,01 | 0,24 | 0,32 | 0,40 0,26 | 0,17 1896 0:18 (0,02) (0,08) ((0,13) |(0,09) | 0,60 | 0,79 | 1,12 ((0,01) (0,09) (0,12) ((0,16), 0,24 | 0,27 | 0,34 | 0,50 1897) 952 | 0,38 | 0,20 | 0,54 | 0,79 [0,96 | 0,50 | 0,50 0,35 | 0,17 | 0,10 | 0,26 | 0,47 | 0,50 | 0,42 | 0,39 | | | | 1898) 0:00 | 0,03 | 0,39 | 0,53 | 0,82 | 1,09 | 0,87 0,54 1(0,07) (0,07) 0,04 | 0,37 | 0,46 | 0,65 | 0,40 | 0,39 1999) 0:24 | 0,24 | 0,16 | 0,64 | 0,90 | 0,60 | 0,57 | 0,48 0,15 | 0,13 | 0,10 | 0,12 | 0,40 | 0,42 | 0,39 | 0,27 100) 8 0,23 | 0,36 | 0,46 | 0,77 | 0,54 0,49 1,00 0,19 | 0,15 | 0,43 | 0,24 | 0,49 | 0,37 | 0,82 | 0,33 | . ann 0,11 | 0,66 0,56 | 0,79 | 1,41 | 0,80 | 0,46 "10,05 | 0,03 | 0,03 | 0,20 | 0,48 | 0,68 | 0,42 | 0,22 ri 0,46 | 0,35 | 0,54 | 0,63 | 0,66 0,82 0,58 0,46 / 0,14 | 0,16 | 0,25 | 0,40 | 0,24 | 0,34 | 0,45 | 0,19 soa, 0° 0,29 | 0,13 | 0,32 | 0,86 | 0,71 | 0,52 | 0,51 "") 0,04 | 0,08 | 0,52 | 0,10 | 0,40 0,52 | 0,40 | 0,40 ® | or r Nek ; > | ) | [= | 1904) 0,35 | 0,41 hee 2:06 Ines (0,80 | 0,50 | 0,47 1 0,18 | 0,19 | 0,34 | 0,40 | 0,37 OE.) GOL | | | 1905 (0,20 0,03 0,12 0310 59910, 78 | 0,61 10,82 dr (0, 05) 0,03 | 0,08 | 0,31 0.57 0,86, 0,30| | | | Settembre 0,40 0,19 0,16 0,07 0,61 0,39 0,78 0,39 0,45 0,21 0,40 0,28 0,78 0,16 0,85 0,28 0,35 0,20 0,54 0,24 0,44 0,17 0,76 0,40 | | Ottobre 0,50 0,15 0,27 0,08 1,58 0,46 0,47 0,20 0,61 0,25 0,54 0,15 0,54 0,19 0,52 0,18 0,35 0,16 0,79 0,18 0,43 0,16 0,77 0,17 | Novembre 0,49 0,35 0,61 0,28 1,12 0,45 0,19 0,00 0,76 0,36 0,18 0,06 0,59 0,15 0,61 0,36 0,29 0,16 0,82 0,26 0,18 0,10 0,59 0,28 Dicembre Spostamenti annui (1) Le cifre poste fra parentesi si contano al di sotto dello zero, le altre al di sopra; le cifre in corsivo poi rappresentano le massime e le minime altezze annuali, e la loro diffe- renza algebrica dà (nell’ultima colonna) lo spostamento del pelo del lago di ciascun anno. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 167 Acque freatiche. — Nell’abitato di Tavernola possono sca- varsi ed esistono dei. pozzi; quelli prossimi al lago trovano l’acqua al livello di questo, quelli più discosti ad uno più ele- vato di qualche decimetro. Quindi è accertata nella conoide del Rino l’esistenza di una falda o nappa freatica 0, adottando il vocabolo lombardo, di un aves, che ho rappresentato colle sue altezze nella tav. V e in sezione nella tav. VI, C, mediante i rilievi di 7 pozzi, fatti il 6 maggio 1906, mentre l’idrometro di Sarnico segnava + 0,39. È ammesso concordemente dagli utenti che questo aves si sposta colle oscillazioni del lago; ma esso deve spostarsi anche per l'afflusso, variabile secondo le stagioni, delle acque provenienti dall’interno e che principalmente lo ali- mentano. Tali acque penetrano nella conoide in primo luogo dal Rino, che nel punto dove sbocca dalla forra (tav. V, g) è alto m. 8 s.l. alla quale altezza anzi fu recentemente portato da una diga costruita a valle del ponte (!). In secondo luogo proven- gono da litoclasi della parete liasica, a cui la conoide è addossata, derivino in questo caso dal corso superiore del torrente o da altri punti del versante destro della valle; ed ho accertato tale provenienza in una cantina della casa Grumelli (2), dove dal calcare, ivi scoperto, sgorga discontinuamente una piccola sor- giva. Non è improbabile che ciò avvenga in altri punti nascosti. . Quindi in massima l’aves, alimentandosi con acque interne, de- fluisce verso il lago; ma è da ammettersi anche che, quando Vaumento di livello di questo non è sincrono con un maggior afflusso di quelle, o l’uno prevalga sull’altro, sia invece l’acqua del lago che per qualche tratto penetra nella conoide. Ma per rappresentare il regime freatico di Tavernola sarebbero stati necessari rilievi continuati per più stagioni, In un pozzo (7) situato in contrada degli Orti, nella casa di pro- prietà comunale posta a piè della falda, l’acqua si trova all’altezza anormale di circa 5 m. s. l.; ritengo che in quel punto il sottosuolo non sia più costituito dal materiale permeabile della conoide, ma di un altro meno permeabile, morena o alluvione cementata o detriti di falda. Nessun affioramento lo fa giudicare e nessuna informazione potei raccogliere in proposito. Ciò non ha importanza’ per noi; cito questo dettaglio solo per spiegare la brusca variazione di pendenza che ap- (1) In un pozzo tubulare esistente davanti al Municipio (s) si avvertirono talora acque torbide; ma la loro coincidenza coll’intorbidarsi del torrente non è provata. 168 FRANCESCO SALMOJRAGHI pare nel profilo freatico (tav. VI, C) e aggiungo che quel pozzo non sente più le oscillazioni del lago, ma è soggetto ad altre influenze. Infatti, trascurando le acque pluviali e gli scarichi di indu- strie e della vita domestica (che per lo più si raccolgono in ci- sterne non cementate), contribuiscono ad alimentare l’acqua freatica di Tavernola le effiltrazioni e gli scarichi di due con- dotture artificiali ad afflusso discontinuo, cioè il canale dei Mo- lini, e l'acquedotto Grasselli. Il canale dei Molini, antichissimo, si deriva dal Rino, all’altezza di circa 36 m. s. l., entra in un piccolo serbatoio (tav. V) utilizzato nei periodi di acque scarse, poi anima discontinuamente tre molini sca- glionati sulla falda, dopo di che un tempo correva diritto al lago, sotto la via che tuttora serba il nome di contrada della Seriola o dei Canali (dove sulla fronte di distacco dell'avvallamento del 4 marzo apparve la sezione di un condotto ostruito del quale più nessuno si ricordava); ora invece piega a sinistra sotterraneamente a piè della falda, lungo le contrade dei Molini e della Chiesa, verso il Rino, per essere ulteriormente utilizzato prima di sfociare in lago. Ora appunto nel tratto scorrente a piè della falda avvengono effiltrazioni, che pe- netrano nella conoide; e infatti il pozzo anzidetto (r) dà acque torbide quando si intorbida il canale, e il suo livello si innalza quando la- vorano i molini, si abbassa quando sono inattivi. Questa singolare oscillazione da circa tre anni è attenuata per il fatto che un altro canale in condotta forzata per scopo di forza elettrica, derivato da una sorgente superiore (86 m. s. l.), tributaria del Rino, ma ad acque continue, viene ad aggiungersi in basso, presso il terzo molino, al vecchio canale e ne diminuisce la discontinuità. L'altra condottura, costruita nel 1889 dal dott. Giulio Grasselli, prende acqua dai disperdimenti di una sorgente, detta Rosino (che sgorga in alto dalla roccia sopra il cimitero e dà luogo ad un riga- gnolo affluente al lago) e scendendo entro tubi alimenta, con portata mutabile, una fontana pubblica nella contrada del Pero (tav. V, «), entra nella villa Grasselli (a) e vi si dirama al disotto per i bagni, le doccie, la lavanderia ed altri usi domestici e per uno zampillo orna- mentale. Lo scarico della fontana pubblica anzidetta avviene in un antico pozzo (v), da parecchi decenni coperto e disusato; quello delle altre acque in parte nello stesso pozzo, in parte in altri, e forse con un canale sotterraneo al lago. Nelle ruine di quella casa mal si può ora seguire l'andamento delle acque di scarico, ma ciò che importa di no- tare è, che il pozzo (v) che con tutta evidenza riceve l’acqua della fontana (v) è alquanto interrito, cioè il suo fondo è alto m. 0,60 s. lL. Infatti quell’acqua non è sempre limpida e il canale che la conduce L'’AVVALLAMENTO: DI TAVERNOLA SUL LAGO D'ISEO 169 al pozzo non sufficientemente protetto. Quindi, se io vi ho trovato il pelo freatico a m. 0,77, quando il lago era a m. 0,59 e la fontana in attività, è certo che, quando questa cessa di dare acqua e il lago si abbassa verso 0,20, il pozzo diventa asciutto. Infine deve dirsi che la discontinuità della conduttura Grasselli è da pochi anni cresciuta, cioè i suoi periodi di siccità si sono allungati, dopo che la sorgente del Rosino venne, in parte, utilizzata altrove. Questi fatti che dovetti esporre con qualche dettaglio (e non ‘con tutti quelli rilevati) escludono che nel disastro di Tavernola sia intervenuta l’azione di sorgenti sottolacustri, come fu pen- sato da qualcuno; ma lasciano adito all’ipotesi che l’oscillare continuato per secoli delle acque freatiche che si trovano a pochi metri di profondità, abbia portato per dilavamento del sottosuolo una qualche alterazione nell’equilibrio degli edifizi soprastanti. Questi edifizi, abbiamo veduto, erano mal fondati, ed essi hanno resistito finora, perchè il suolo è incompressibile e dai muri dei lungolaghi difeso dalle corrosioni. Ma non potrebbero essi aver ceduto per sottrazione di materie prodotta dalle oscillazioni an- zidette? Non è facile rispondere. Le oscillazioni dovute al discontinuo afflusso delle acque interne non sono valutabili; quelle dovute al lago, come dalla tabella della pag. 166, variarono pel dodicennio 1894-1905 da 0,70 a 1,74 in un anno e spesso furono inferiori ad 1 m. Ma la ve- locità del movimento in senso verticale, se può essere sensi- bile dal basso all’alto, poichè nelle piene il lago cresce fin di uno o due decimetri in un giorno (il massimo capitò nel 1896 e fu di m. 0,41), è invece piccolo dall’alto al basso. Infatti il lago s’abbassa in tempi ordinari da meno di un centimetro ad un centimetro al giorno; dopo le piene, di pochi centimetri, rara- mente di oltre un decimetro (il massimo si verificò nel 1896 e fu di 0,17). Quindi la velocità dell’acqua sotterranea affluente al lago, durante il decrescere di questo, è piccolissima; anzi si può calcolare che essa non sarebbe capace di smuovere le particelle più fini di limo e quindi dovrebbe ritenersi che la sua azione sia nulla sulla stabilità del sottosuolo. Senza escluderla comple- tamente, poichè i fenomeni che si compiono sotterra lasciano sempre dei dubbi, credo che un altro fatto più importante sia intervenuto nel regime freatico di Tavernola. Consta in modo sicuro che la fontana pubblica della con- trada del Pero (tav. V, «), facente parte della conduttura Gras- 170 FRANCESCO SALMOJRAGHI selli, rimase asciutta durante il gennaio e buona parte del feb- braio del 1906 e che verso la fine di febbraio sgorgò a bocca piena. In quest'epoca appunto vi fu un intempestivo scioglimento della neve che copriva la pendice sovrastante al paese e tutte le acque nascenti da essa e penetranti nella conoide aumenta- rono di portata. Mi si disse che in allora il pozzo tubulare del Municipio (s) si sia intorbidato; ma la testimonianza non è si- cura, più sicura invece quella che la piccola sorgiva della can- tina Grumelli (3), parimenti asciutta durante l’inverno, si sia rimessa in attività. Pochi giorni dopo avvenne la catastrofe e il movimento si iniziò all’estremo nord della villa Grasselli in un punto (c) che è il più vicino al pozzo a fondo interrito (v), dove si scarica la fontana pubblica. E difficile immaginare quali fenomeni si siano compiuti nel sottosuolo di quell’edifizio col- l’acqua che vi si diffuse dal detto pozzo, e forse da altri punti di scarico non noti; poichè, la villa essendo disabitata d’inverno, tutti i robinetti per tema del gelo, erano aperti. Può darsi che la fondazione di qualche muro abbia ceduto e coll’urto provo- cato l’avvallamento; più probabile che sia bastato a provocarlo il peso dell’acqua aggiuntosi improvvisamente nel sottosuolo. Calcolare questo peso non è possibile; la fontana pubblica do- veva avere ai primi di marzo una portata maggiore di quella di 1/, litro al 1” che misurai il successivo 12 aprile; ma essa sarebbe stata sufficiente a dare, nel periodo di pochi giorni tra- scorsi dal suo riattivarsi fino al momento della catastrofe, un peso di parecchie centinaia di tonnellate. Questo peso non fu tutto efficace se l’acqua ebbe tempo di raggiungere il livello del lago, ma ad esso deve sommarsi il peso dell’acqua, che contem- poraneamente, per le stesse cause e nelle stesse condizioni è penetrata da altri punti nella conoide. In ogni modo io ritengo che nei fatti ora esposti risieda la causa determinante del primo distacco del giorno 3 marzo. Non meglio può applicarsi l’adagio: Post hoc, ergo propter hoc. Sarebbe stato desiderabile avere per controllo dati meteorologici sicuri per il periodo che è in quistione. Sgraziatamente sul lago di Iseo non esistono osservatorii ('). Però per interessamento del prof. Ce- (!) Delle osservazioni meteorologiche vennero fatte discontinuamente per il pas- sato da insegnanti delle scuole di Lovere, ora riprese dal prof. U. Pagani; ma non potei trovarne per il primo trimestre del 1906. L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO POL loria ottenni dall’Ufficio centrale di meteorologia di Roma i dati termici e pluviometrici registrati agli osservatorii che stanno intorno al lago d'Iseo e cioè: Bergamo, Clusone, Memmo, Salò, Desenzano, Brescia. Li riporto nella tabella della pag. 172 per l’ultima decade di febbraio e la prima di marzo, aggiungendovi quelli dell’Osservatorio di Brera di Milano, che sono già di pubblica ragione ('). Risulta da questa tabella che in tutte le stazioni prese in esame si ebbero alla fine di febbraio delle precipitazioni, ma, ciò che più im- porta, notasi in quasi tutte e verso lo stesso periodo un aumento di temperatura. È certo che altrettanto si è verificato a Tavernola in coincidenza coll’asserito scioglimento delle nevi e coll’attivarsi della fontana della contrada del Pero. Avvenuto il distacco del 3 marzo, il turbato equilibrio nella conoide spiega, col concorso delle stesse cause, il distacco del successivo giorno 4, che si iniziò nel punto più debole della riva, cioè l’orto della filanda Capuani (j) sporgente più di tutti gli altri edifizi in lago. Conclusioni. Le cause che hanno predisposto la catastrofe di Tavernola del marzo 1906 sono principalmente due: l’imprevidenza degli antichi nello spingere le costruzioni murarie sulla spiaggia della conoide verso la corona dello scanno, donde scende ripida una scarpa detritica fino alle maggiori profondità del lago e la ma- nomissione continuata per secoli sulla parte superiore della scarpa stessa, che ha avuto per effetto di aumentarne ivi la declività e quindi menomarne la stabilità. Nè con ciò dico cose nuove, dappoichè nella copia di pubblicazioni comparse sull’ar- gomento nei giornali (che sarebbe stato troppo lungo qui passare in rassegna) venne da parecchi accennato, salvo mutati dettagli, agli anzidetti fatti, i quali d’altronde non sono eccezionali nè tampoco rari. Non escludo che a queste due cause predisponenti se ne sia aggiunta una terza che ritengo meno importante, cioè una alte- razione nel sottosuolo di Tavernola per le oscillazioni della falda freatica od aves, oscillazioni dovute a quelle del lago, nonchè al variabile e discontinuo afflusso delle acque alimentatrici del- Vaves stesso, penetrauti naturalmente nella conoide o artificial mente condotte per usi domestici e industriali. (1) Rend. Ist. lomb., XXXIX, p. 389, 496. Milano, 1906. FRANCESCO SALMOJRAGHI 172 | Sl RL ee OR ee OUP ob se 9 =e Ric Sa ake le 18'S eae Boal Crete aera Seem et et chk Rie ae | PG eae oe — | OTT eT GT Say es RL o AO 00 Sl — |9%6 = COS |e “Sp a ee pe fees map PGMA Ses — | 09 LR — | 16 a Tes set a 5 i ARS aa TIROL) a FARE Shel DOT tt a al Ge) = Sere 9% SLC AI — | gs o dC ee ei el SAG Si Sa i — | ‘9 Re ee ep Lee = ts ee = #08 = -I50'6 —-\-09 2a Molte — | ¢8 a aha So Be | ahaa 5 =a HO E = 9 — | 9% === 0 — | 06 ee ee i 7 ot eg 259") RI = SIUST FRI — |69 | OO a ot ai} 3) OG Bes CA N II i UGO CO VO aie O'R | SCL 4-68 ]0'08-| 69 SR ES = oes 0% | OF GaGa le9 Ji OG CO, se Ohek | at IGO Top MESS ON eee x = RIE — | 0% ee a SRI Get — (9 — |8°9 |. 9g à al Be ote E Noyig — | tt4+! — | to-| — | 0F = |) GHP at Gree È = Sa Clish O 06 i SM 06 | ‘0 — | 83 Too [Geel po a iat! 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E qui sorge naturalmente una domanda. La coincidenza di un improvviso aumento nelle acque di sottosuolo con una magra del lago non può dirsi veramente un fenomeno normale; ma non è improbabile, benchè manchino i mezzi per accertarlo, che altre volte si sia verificato. Perchè solo questa volta ebbe con- seguenze così disastrose? A tale domanda non so rispondere se non ricorrendo al concetto che, se una causa predisponente è continuativa, può di tanto aggravarsi da richiedere una causa determinante piccolissima anzi dal diventarla essa stessa. Quindi nel caso di Tavernola si dovrebbe ammettere che il guastarsi e lo smagrirsi della scarpa subacquea, che finora furono innocui, solo adesso raggiunsero quel grado di gravità, che valse a rendere efficace un sovraccarico di acque freatiche in tempo di magra. Ma una prova che ciò sia avvenuto non può esser data. Non nuocerà che alle precedenti conclusioni, cui sono giunto nello studio dell’avvallamento di Tavernola, ponga qui brevemente in raf- fronto quelle cui si giunse nello studio di altri avvallamenti. Mi limito ai casì citati a pag. 150 e 151. L’avvallamento di Morcote del 1862, secondo i giornali del tempo e le testimonianze locali, si iniziò in un punto della banchina, dove, per la costruzione nel sovrastante cimitero della cappella Martinetti, era stato sbarcato ed esisteva ammucchiato dei materiale, fra cui pe- santi blocchi di pietra di Saltrio. Non esito a riferire a questo soprac- carico la causa determinante del disastro, perchè il lago era ad un livello medio e il tempo calmo. Fu divulgata la credenza che al fe- nomeno abbia contribuito. un movimento sismico. Ma dalle ricerche che gentilmente fece per mio desiderio il sismologo Mario Baratta risultò che il giorno della catastrofe nessuna scossa fu sentita ‘nel- l’Alta Italia o in Svizzera. Del resto le stesse cause predisponenti, che abbiamo notato a Tavernola, agirono a Morcote. Quivi l'apparato li- torale è formato da una scarpa detritica, appiccicata alla formazione porfirica, senza spiaggia e quasi senza scanno, dove, secondo le sezioni fatte dai tecnici cantonali nel 1862, ripetute nel 1888 e 1891 e conser- 174 FRANCESCO SALMOJRAGHI vate nell'Ufficio comunale, la pendenza della scarpa subacquea fuor del segmento avvallato fu trovata fin del 75-80 °/,, e dentro il seg- mento stesso (dopo l’avvallamento) del 50-60. Anche a Morcote la scarpa fu manomessa dal gettito di sterri provenienti dalla costru- zione anzidetta. L'avvallamento di Feriolo del 1867 venne attribuito da Grandis (op. cit., 1868) a sopraccarichi per costruzioni in corso, rinterri e de- positi di materiali; da Spezia (op. cit.j 1871) alle oscillazioni del lago, a eventuali sorgenti subacquee e principalmente alle magre; da en- trambi inoltre alla argillosità della sponda. Résal (op. cit., 1888) riferisce la catastrofe di Zug del 1888 alla costruzione di un lungolago, che limitò la zona d’afflusso di acque freatiche e ne aumentò la velocità, per cui avvennero corrosioni in- terne (?) che in tempo di siccità provocarono l’avvallamento. Di altre spiegazioni date non potei avere notizia. Forel (op. cit., pag. 148, 1892) indica come causa dell’avvallamento di Vevey del 1877 la costruzione, da 18 mesi compiuta, di un monu- mentale e pesante lungolago presso la conoide della Veveyse, che è inclinata sott'acqua soltauto del 50 °/, ma consta di strati alternati di costituzione diversa, cioè ghiaia, sabbia e limo. Lo stesso autore (ibid., pag. 150) riferisce infine l’avvallamento di Montreux del 1891 parimenti alla costruzione di un lungolago, che aatava da 6 settimane; coll’aggravante di una pioggia dirottissima che imbevette i rinterri freschi e ne aumentò il peso. E questa pioggia, soggiunge Forel, fu una fortuna, poichè senza di essa migliaia di persone attese per una festa scolastica si sarebbero affollate sullo stesso lungolago e il loro peso avrebbe ugualmente prodotto la cata- strofe. Quindi la causa prevalente degli avvallamenti, nei casi anzidetti, appare essere stata l'aumento di peso sulla corona della scarpa su- bacquea, sia derivato esso da costruzioni nuove, da depositi di mate- riali o da acque freatiche o meteoriche. Tutto ciò conforta la spiega- zione che ho dato per il caso di Tavernola. Le precedenti conclusioni suggeriscono alcune considerazioni d’ordine pratico. Un tempo le usurpazioni di spiagge lacuali potevano com- mettersi impunemente; ora il Demanio vigila ad impedirle, as- soggettando le occupazioni a regolari concessioni e contro. il pagamento di congrui canoni. Ma non è soltanto l’interesse fiscale che deve essere protetto, quello della sicurezza delle costruzioni deve andare in prima linea; e per ciò alla più oculata prudenza si inspirano le Autorità tecniche che presiedono a questa ma- si ", voS #3 L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SUL LAGO D’ISEO 175 teria. Una concessione di occupare una spiaggia lacuale non do- vrebbe essere data, se non quando per mezzo di esatti rilievi e scandagli si attinga la persuasione che la scarpa.subacquea, in relazione ai materiali di cui è costituita ed alla profondità del lago verso cui discende e in relazione alla entità della erigenda costruzione e alla distanza di questa dalla corona dello scanng, presenti sufficienti garanzie di stabilità. Pur troppo queste garanzie non appaiono in molti dei paesi lacuali, i cui edifizi si trovano per occupazioni antiche in con- tatto dell’acqua e sol da uno stretto scanno separati dalla scarpa ripida in lago profondo. In questi casi le Autorità municipali, poichè non possono aver azione su uno dei fattori degli avval- lamenti, la magra del lago, devono esercitarla sull’altro fattore, il carico, e quindi opporsi alle modificazioni delle costruzioni esistenti, quando importino un aumento di peso ed anche impe- dire i depositi temporanei di materiali sulle banchine. Così ad esse incombe l’obbligo di sorvegliare perchè alle scarpe subacquee, che si trovano nelle condizioni suddette, non venga collo scarico mal collocato di detriti o per altri fatti portato nocumento. Se di tali scarpe si possedesse una rappresentazione esatta, si po- trebbe con successivi e periodici rilievi tenerle in osservazione, come si tiene in osservazione una screpolatura di un muro del quale si teme la rovina. Poichè in sostanza può ben dirsi che il lago si vendica della usurpazione del suo dominio e della manomissione dell’apparato litorale che naturalmente ha eretto, e cogli avvallamenti non fa altro che ripristinarne le condizioni di equilibrio originarie; perciò, in generale, dove si ebbe un avvallamento non è a temersene altri. Feriolo, Morcote e Vevey soffrirono bensì altri avvallamenti prima o dopo quello che tu precedentemente descritto, ma non nello stesso punto. Infine tanto le Autorità locali quanto i privati non devono disinteressarsi delle acque di sottosuolo, che in tutte le conoidi lacuali esistono ed oscillano. Sovratutto è importante che si sappia sempre dove vanno e in quali condizioni di condottura circo- lano gli scarichi di fontane, di lavatoi, di fognature, di acque meteoriche; la tecnica moderna offre adatti materiali per ga- rantire le condotture stesse da effiltrazioni sempre dannose. Im- perocchè in questo caso, come in quello di abitati eretti sopra terreni esposti a frane subaeree, il principale nemico non sta tanto nelle acque basse, come suona il detto che sopra ho ram- mentato, quanto nelle acque nascoste. 176 F. SALMOJRAGHI - L’AVVALLAMENTO DI TAVERNOLA SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. (!) Tav. III Veduta di Tavernola prima dell’avvallamento del marzo 1906, da una fotografia di G. Negri di Brescia. Tav. IV Veduta di Tavernola dopo l’avvallamento del marzo 1906, da Je b) una fotografia come sopra. Tav. V Pianta di Tavernola ridotta dalla mappa catastale alla scala !/s:o0, COll’indicazione dell’avvallamento in linea punteg- giata. Inumeri arabici indicano le altezze in metri sullo zero dell’idrometro di Sarnico; quelli tra parentesi si riferiscono alle acque freatiche ri- levate il 6 maggio 1906 nei pozzi (rappresentati con circoletti) mentre Vidrometro stesso segnava + 0,39; gli altri numeri si riferiscono al terreno. Le lettere minuscole da a a 5, che sono richiamate nel testo, in- dicano: a, villa Grasselli; 6, estremo sud del lungolago Grasselli ; c, estremo nord dello stesso; d, farmacia, ufficio postelegrafico ed abi- tazione di G. B. Foresti; e, casetta della prebenda parrocchiale con un orto pensile sovrapposto; /, casa del parroco don Giuseppe Zamboni; 9, torre medioevale; A, casa di Dionigia Foresti; i, casa di Pietro Zenti; jj, orto e filanda di Giovanni Capuani; /, casa del dott. Giuseppe Zatti; m, casa del frate Vincenzo Foresti; » 7, case di Giovanni Ca- puani; 0, orfanotrofio Cacciamatta; p p, villa già Fenaroli, ora Capuani; q, sbocco del torrente Rino dalla forra rocciosa; 7, pozzo nella casa comunale in contrada degli Orti; s, pozzo tubulare del Municipio; t, campanile col basamento di torre medioevale; v, fontana pubblica; v, pozzo interrito nella villa Grasselli; z, cantina della casa Grumelli con una sorgente. A, B. C, sezioni riportate nella tav. VI. Tav. VI Sezioni — A, sezioni della conoide sottolacustre del torrente Rino. — B, sezione in Tavernola fuori del’avvallamento. — C, sezioni in Tavernola attraverso l’avvallamento. — D, se- zione sul confine tra i comuni di Tavernola e Predore. (1) Errata-corrige. — Nella tav. V, da tratteggiarsi lo spazio bianco in contrada della Seriola, dove è scritta la quota 3,65 e da ampliarsi verso ovest di 7 metri la casa tagliata, presso il ciglio dell’avvallamento, dalla sezione C. — Nella tav. VI analoga correzione per la detta casa alle sezioni ( Poe we ‘9067 OZIBUI 7-8 OJUSWIETTRAAE [op ewnid VOSVNVIOUHA VIONFIHAVL ONWIIVI- DI VA13H iw 1OZ1W9 10113 “III "ADI STATX A “OM 25 PIL 20S HE e|ousene ] IP oquewrejpenre 7 ‘IHIVU[ONTVS ‘A 5 È 10 5 Pa a o ‘9067 OZIEUI 7-8 OjJUSUTET[eAAe | odop VOSVNVIOUYUHS VIONHFHHAVILI ONWTIW-OlNveaas RIRIVIOZIWO 101713 "AI ARI TATX 1A SIN SAUL 205 HAE BjoudeAey IP _oquewrelpene ,] ‘IHOVA[ONTYS ‘A F. SALMOJRAGHI, L’avvallamento di TavernoLa Atti Soc. Ital. Sc. Nat, Vol XLVI Tav. V DÒ) = Ocala l= 200 = PIANTA DI TAVERNOLA E Gi Le cifre tra parentesi indicano = ne l'altezza delle acque Freatiche, le altre 3 quelle del terreno, entrambe riferite allo ¥ 0 dell'idrometro di Sarnico (185,147) B ers Ren UY n ne . a e 4 = à RE \ Uta € > A È S #4 ti na - A > a bei % . de # dn 7 ‘ ‘ È sn ni " * è 2 ssi I ® : 4 A. è na DI ml ” POSE n n di « O}UFWE||EAAE | OSdAAEd]]je Dal N aN LIRE SdOpa sg d e |QOUSSAB] ip e|ouuane| ul INOIZ3C ‘9 :UNUIOI | Eu} QUIJUOI |NS 3N01Z3C ‘0, — 0002:1 e|eos — I 1 ] | I I I | 091HE 24) 0|IJOUg 088 RUGE] IDIUUEG 9UJIWOIpi 135 1440] 2||2p epeujuo-) esses I ! ' I ' ' I I ' Contr* dei Molini + 000¢:; ejeog — Strada Tavernola- Sarnico ODIUUEG Ip WP OujaWwoupi odiuded Oujawoup! 0 — 0007:| eje9g — mK QUISO à uabuos e|ja 0390gS oye | (a aueidosse ISO) of \l?P Il i LL 4 GA Be 2 ‘ojuawejjeAne |jap 14onj \ ESTE È Ci is e|ouvane| Ul V 3 PV i jouyane] UW! 3NOIZIC toodi. jesi» 1 ! Ì o ODIUUEG IP Oujawoup! ( a Arene 1 aes” s ! 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Ciò dipenderà forse anche dal fatto che alcune delle grotte esplorate sono aperte in forma di tunnel, o poco profonde, o vi fu raccolto solo presso l’imbocco. Ma è sopratutto una prova che i ditteri poco o punto si sono adattati alla vita sotterranea. Ora che le nostre cognizioni in proposito si sono accresciute, lo si vede all’evidenza; anche le esplorazioni che in questi ultimi tempi sono state così diligenti e numerose, non hanno dato nulla in fatto di ditteri cavernicoli. Le otto specie tipiche da me ricordate presentano quasi niente di quelle specialità che dimostrano un adattamento completo alla vita spelea. Io quindi credo ora meno probabile, a differenza di quanto pensavo nel 1903, la futura scoperta di ditteri profondamente modificati dalla speleofilia, come si riscontra, p. e., nei coleotteri o negli ortotteri. Anche il von Roeder (?) nota che le specie da (1) M. Bezzi, Alcune notizie sui ditteri cavernicoli. Riv. ital. speleolog., 1903, p. 8-16. (°) V. v. RoeDER, Dipleren gesammell von Herrn F. Grabowsky in der Bielshòhle und neuen Baumannshohle (Tropfsteinhohlen) in Harz. Entom. Nachricht., 1891, p. 346. 11 178 MARIO BEZZI lui avute in istudio e raccolte nelle grotte dell’Harz, sono tutte accidentali. A maggior conferma di questi fatti vedasi l’elenco generale dei ditteri raccolti nelle caverne, che ho creduto bene di riportare più avanti; da esso risulta subito evidente che la gran maggioranza è costituita da specie viventi di norma all’a- perto, mentre scarsissimo è il numero di quelle non ancora rin- venute fuori delle grotte, appena il sedici per cento. E per ve- rità sembra molto probabile che anche queste abbiano in seguito a riscontrarsi sotto la luce del sole. È però notevole il fatto che certe famiglie di ditteri, anche tra le più estese e che pure contengono specie frequentanti i luoghi oscuri ed ombrosi, non si siano ancor mai rinvenute fra le specie accidentali della fauna delle grotte: eppure anche per esse un rifugio od un riparo dovrebbero riuscire talvolta utili! Per contro certe altre famiglie non mancano mai, alcune essendo anzi di norma largamente rappresentate. Prima certo fra queste la famiglia delle Helomyzidae, costituita da specie lucifughe e spesso coprofile, che non manca quasi mai nelle grotte d’ Europa e d’America, e conta il 17 per cento delle specie delle caverne, nonchè il terzo delle specie esclusivamente cavernicole. Già nel lavoro di Aldrich (') è notato il fatto, benchè pel solo genere Blepharoptera. Vengono subito dopo le famiglie Sciaridae, Mycetophilidae e Borboridae ; e queste quattro famiglie nume- rano insieme più della metà di tutte le specie note. È degno di nota il fatto che nella raccolta del dott. Absolon, per quanto le Helomyzidae sieno largamente rappresentate, pure vi manca la Heleromyza atricornis Meig., così caratteristica. della ditterofauna sotterranea; ciò sarà probabilmente da ascri- versi al fatto che le grotte visitate mancano di pipistrelli, od almeno del loro guano. È infine necessario ricordare che parecchi fra questi acci- dentali e temporanei abitatori delle grotte, vi lasciano talvolta la loro progenitura, e vi vivono quindi di certo per più gene- razioni. Furono già infatti ricordate delle caverne le larve di Sciara (*), di Chironomus e della Heteromyza ; anche nella pre- sente collezione si vedono larve di Chironomus e di un (?) Lim- (1) I. M. Arprica, A collection of Diptera from Indiana Caves. 21 Rep. Dep. Geol. Indiana, 1896, p. 186. (?) H. Garman, An undescribed larva from Mammoth Cave. Science, 1892, p. 136. — D. W. CoquiLueTT, Diptera from the Mammoth Cave. Amer. Nat. 1897, p. 384. ULTERIORI NOTIZIE SULLA DITTEROFAUNA, ECC. 179 nobiide raccolte in acque sotterranee. Ma la mancanza di adat- tamenti speciali dimostra che anche questi casi sono sporadici, temporanei e recenti. Vengo ora alla enumerazione sistematica delle specie raccolte dal dott. Absolon nelle grotte dalla Moravia. Fam. Sciaridae. 1. Sciara flavipes Meig., Klass., I, 98, 3 (1804); Kertész, Cat. Dipt., I, 12 (1902). Una femmina di Macocha, la più gran voragine d’Europa, ago- sto 1903; una coppia della Houperh6hle, agosto 1900. 2. Sciara sp. indet. Un maschio mutilato della Elisabethh6hle, agosto 1900, che forse è della specie precedente. Fam. Mycetophilidae. 3. Bolitophila cinerea Meig., Syst. Beschr., I, 221, 1, t. VIII, f. 1, 2 (1818); Kertész, Cat. Dipt., I, 41 (1902). Sette femmine della Bochova-Dirah6hle, giugno 1900; una femmina in una piccola grotta della Punkvatal, settembre 1901. Fam. Chironomidae. 4. Chironomus sp. indet. Numerose larve della SoSuvkagrotte, agosto del 1900. Fam. Culicidae. 5. Culex pipiens L., Syst. Nat., X, 602, 1 (1758); Theobald, Mon., Di 12, ILL.(1901): Numerose femmine della Ochozerh6hle e delle piccole grotte nella Punkvatal, settembre 1900, tutte appartenenti senza eccezione alla forma chiara (ciliaris auct.). È notevole che nelle grotte fu sempre trovata solo questa forma. Fam. Psychodidae. 6. Psychoda phalaenoides L., Syst. Nat., X, 588, 32 [Tipula] (1758); Kertész, Cat. Dipt., I, 301 (1902). Una femmina della Houperhòhle (Staré Shaly), luglio 1900. 180 MARIO BEZZI Fam. Limnobiidae. 7. Dicranomyia modesta Meig., Syst. Beschr., I. 134, 32 [Limmobia] (1818); Kertész, Cat. Dipt., II, 160 (1902). Una femmina della Macocha, agosto 1903. 8. Trichocera annulata Meig., Syst. Beschr., I, 215, 6 (1818); Kertész, Cat. Dipt., II, 248 (1902). Quattro femmine della Houperh6hle (Wankel’s See), luglio 1900. Anche questa specie, che è la più chiara del suo genere, sembra pre- ferire le grotte, essendo piuttosto rara all’aperto. In due grotte furono trovate delle larve, che appartengono a questa famiglia. Fam. Tipulidae. 9. Pachyrrhina cornicina L., Syst. Nat., X, 586, 11 [Tipula] (1758); Kertész, Cat. Dipt., II, 315 (1902). Una femmina della Macocha, agosto 1903. Fam. Tabanidae. 10. Tabanus sudeticus Zell., Isis, 815, 2, t. I. f. 5-8 (1842); Bezzi, Kat. pal Dipt., II, 71 (1903). Una femmina della Macocha, agosto 1903. Fam. Leptididae. 11. Leptis tringaria L., Syst. Nat., X, 590 [ Musca] (1758); Bezzi, Kat. pal. Dipt., II, 82 (1903). Una femmina della Kalnahb6hle, che è una grotta a tunnel. Fam. Empididae. 12. Glinocera (Kowarzia) barbatula Mik, Verh. zool. bot. Ges. Wien, XXX, 347, 1 (1880); Bezzi, Kat. pal. Dipt., II, 263 (1903). Una coppia della Macocha, agosto 1903. Fam. Dolichopodidae. 13. Liancalus virens Scop., Entom. carn., 342, 921 [Musca] (1763); Bezzi, Kat. pal. Dipt., II, 344 (1903). Un maschio nell’ingresso della Katharinahòhle, agosto 1900. Fam. Tachinidae. 14. Calliphora erythrocephala Meig., Syst. Beschr., V, 62, 22 [Musca] (1826); Bezzi, Kat. pal. Dipt., ILI, 546 (1907). Un maschio della Machoca, agosto 1905. ULTERIORI NOTIZIE SULLA DITTEROFAUNA, ECC. 181 Fam. Borboridae. 15. Borborus nigriceps Rond., Bull. Soc. entom. ital., XII, 10, 1 (1880); Becker, Kat. pal. Dipt. IV, 25 (1905). Parecchi maschi e femmine della Vypustehh6hle e delle Ochozer- hòhle, settembre 1900. 16. Limosina ciliosa Rond., Bull. Soc. entom. ital, XII, 27, 12 (1880); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 30 (1905). Alcuni esemplari dei due sessi della Nagelshéhle, luglio 1901. 17. Limosina silvatica Meig., Syst. Beschr., VI, 207, 24 [Bor- borus] (1830); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 35 (1905). Alcuni esemplari dei due sessi delle Vypustehhohle e della Ma~ choca, agosto e settembre. Fam. Helomyzidae. 18. Eccoptomera emarginata Lw., Zeitschr. entom. Breslau, XIII, 54, 7 (1859); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 46 (1905). Parecchi esemplari dei due sessi delle Kaisergrotte, agosto 1900. Io ho già ricordato nel 1903 come questa specie possa considerarsi tipica per la fauna delle caverne. 19. Eccoptomera excisa Lw., Zeitschr. Entom. Breslau, XIII, 52, 6 (1859); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 46 (1905). Una coppia di una piccola grotta della Punkvatal, settembre 1901. La precedente è certo affine a questa, ma ne è ben distinta, oltre che pel colore dell'addome (che è anche più cilindrico) per le tibie poste- riori dilatate all’apice. 20. Leria caesia Meig., Syst. Beschr., VI, 56, 17 [Helomyza] (1830); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 47 [Blepharoptera] (1905). Un maschio di una piccola grotta della Punkvatal, settembre 1901. A differenza di quanto fece il Becker, credo opportuno con Ron- dani e con Aldrich, mantenere il nome Leria Rob. Desv. 1830 in luogo di Blepharoptera Macq., 1835. 21. Leria modesta Meig., Syst. Beschr., VII, 369, 39 [Helomyza] (1838); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 48 [Blepharoptera] (1905). Un maschio della Vypustehh6hle ed uno della Ochozerhohle, set- tembre 1900. i 22. Leria serrata L., Syst. Nat., X, 597 [Musca] (1758); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 49 [Blepharoptera] (1905). Parecchi esemplari dei due sessi della Bothova-Dirah6hle e della Kaisergrotte, giugno ed agosto 1900. 23. Leria spectabilis Lw., Zeitschr. entom. Breslau, XIII, 58, 1 [Blepharoptera] (1859); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 50 [#d.] (1905). Una femmina della Katharinah6hle, 21 agosto 1899. 182 MARIO BEZZI Fam. Sciomyzridae. 24, Lunigera chaerophylli Fabr., Entom. syst. suppl., 565, 145 [Musca] (1798); Becker, Kat. pal. Dipt., IV, 64 (1905). Una femmina della Kulnahohle, grotta a tunnel, luglio 1900. Fam. Ephydridae. 25. Scatella quadrata Fall., Vet. Ac. Handl., 255 [Ephydra] (1813); Becker, Kat. pal. Dipt. IV, 210 (1905). Due femmine della Kalnah6hle, colla precedente. Sarà opportuno disporre qui ancora le specie secondo le località in cui furono raccolte : A) Bocthova-Dira-Héhle : Bolitophila cinerea, Leria serrata. B) Elisabeth-Hohle: Sciara sp. C) Houper-Hohle: Psychoda phalaenoides, Sciara flavipes, Trichocera annulata. D) Kaisergrotte: Eccoptomera emarginata, Leria serrata. E) Katharina-Hohe: Leria spectabilis, Liancalus virens. F) Kùlna-Hòhle: Leptis tringaria, Lunigera chaerophylli, Scatella quadrata. (7) Macocha: Calliphora erythrocephala, Clinocera barba- tula, Dicranomyia modesta, Limosina silvatica, Pachyrrhina cornicina, Sciara flavipes, Tabanus sudeticus. H) Nagels-Hohle: Limosina ciliosa. I) Ochozer-Hohle: Borborus nigriceps, Culex pipiens Leria modesta, K) Punkvatal (diverse piccole grotte di questa valle): Bolito- phila cinerea, Culex pipiens, Eccoptonera excisa, Leria caesia. L) Sosuvka-grotte: Chironomus sp. (larve). M) Vypusteh-Hohle: Borborus nigriceps, Leria modesta, Limosina silvatica. Essendo incorse nella mia enumerazione dei ditteri delle ca- verne (1903) alcune ommissioni, credo opportuno di ridarla qui, accre- sciuta anche dei dati contenuti nel presente lavoro. Ho creduto bene di tener conto anche delle specie indicate col solo nome generico. Pre- cise località e citazioni bibliografiche sono riportate solo per le specie nuovamente aggiunte; per le altre mi rimetto al lavoro del 1903 ed al presente. Le specie che finora non consta siano state rinvenute all’a- perto sono segnate con *. ULTERIORI NOTIZIE SULLA DITTEROFAUNA, ECC. 183 Enumerazione dei ditteri finora raccolti nelle caverne d'Europa e ad America. I. — ORTHORRHAPHA NEMATOCERA. 1. Fam. Sciaridae. 1. Trichosia splendens Winn. — Francia. 2. Sciara flavipes Meig. — Moravia. 3. ss inconstans Fitch., Rep. nox. ins., I, 225 [Mo/obrus] (1856); Kertész, Cat. Dipt., I, 16 (1902). — Grotta del Mammuth, Nord America. 4. Sciara nitens Winn., Verh. zool. bot. Ges., XVII, 44, 30 (1867): Kertész, Cat. Dipt., I, 22 (1902). — Nuova Baumannshohle, Harz, Ger- mania. 5. Sciara sp. ind., Packard. — N. America. 6. si » » Hamann. — Carniola. re # » » Aldrich. — N. America, Indiana. 8. 5 n» Aldrich. — N. America, Indiana. 9. sì » » Garman. — Grotta del Mammuth, N. America. 10. CI n » Bezzi. — Moravia. 2. Fam. Mycetophilidae. 11. Bolithophila cinerea Meig. — Francia, Moravia. 12. Macrocera hirsuta Loew. — N. America. 13. Polylepta leptogaster Winn., Verh. zool. bot. Ges., XIII, 746, 1 (1863); Kertész, Cat. Dipt., I, 66, (1902). — Bielshohle, Harz Ger- mania. *14. Odontopoda Sayi Aldr. — N. America. 15. Rhymosia fenestralis Meig., S. B., I, 265, 11 [Mycetopkila] (1818); Kertész, Cat. Dipt., I, 89 (1902). — Grotte di Sainte-Reine, Francia (!). 16. Brachycampta griseicollis Staeg. — Francia. *17. Mycetophila umbratica Aldr. — N. America. 18. Pa sp. ind. Packard. — N. America. 3. Fam. Chironomidae. 19. Ghironomus viridulus L. — Carniola. 20. n sp. ind. Packard. — N. America. 21. x n. n Packard. — N. America. (1) R. FLoRENTIN, La faune des grotles de Sainte-Reine. Feuille jeunes nat., (4), XXXIV, 1904, p. 176-179. 184 MARIO BEZZI 22. Chironomus sp. ind. Bezzi. — Italia e Francia. 23. ha n» Bezzi. — Moravia. 24. Tanytarsus tenuis Meig. — Francia, 4, Fam. Culicidae. 25. Culex pipiens L. (forma ciliaris). — Francia, Germania, Mo- ravia, Carniola. 5. Fam. Psychodidae. (?) 26. Pericoma minuta Banks. — N. America. 27. Psychoda phalaenoides L. — Moravia. 6. Fam. Limnobiidae. 28. Dicranomyia modesta Meig. — Moravia. 29. Limnobia nubeculosa Meig. — Francia, Italia, Carniola. 30. Ulomorpha pilosella O. S. — N. America. 31. Trichocera annulata Meig. — Francia, Moravia. 32. x” maculipennis Meig. — Germania (BielshOòhle e nuova Baumanshohle, Harz), Italia 55. Trichocera sp. ind. Hamann. — Carniola. 7. Fam. Tipulidae. € 34. Pachyrrhina cornicina L. — Moravia. Il. — ORTHORRHAPHA BRACHYCERA. 8. Fam. Leptididae. 35. Leptis tringaria L. — Moravia. 9. Fam. Tabanidae. 36. Tabanus sudeticus Zell. — Moravia. 10. Fam. Empididae. #37. Lamposoma cavaticum Beck. — Dalmazia. 38. Glinocera (Kowarzia) barbatula Mik. — Moravia. 39 * (Phaeobalia) peniscissa Beck. — Dalmazia. (2) Dalle recenti diligentissime “ Ricerche sui flebotomi , del prot. B. Grassi. Memor. Soc. it. Scien. dei XL, (3), XIV, 1907, p. 353-385), risulta il fatto notevole che la larva del Phlebotomus papatasi Scop., vivente nell'oscurità delle cantine e delle fogne, manca di occhi, mentre le larve note degli altri psicodidi ne sono fornite. ULTERIORI NOTIZIE SULLA DITTEROFAUNA, ECC. 185 11. Fam. Dolichopodidae. 40. Liancalus virens Scop. — Moravia. III. — CYCLORRHAPHA. 12. Fam. Phoridae. *41. Phora aptina Schin. — Carniola, Italia, Francia (Grotta di Sainte-Reine). 42. Phora sp. ind. Hubbard 1880, Packard. — N. America. *45. Aphiochaeta cavernicola Brues — È la specie determinata come nigriceps Lw. da Aldrich, e riportata con tal nome nella mia prima enumerazione. N. America ('). Secondo Brues, anche le larve del N. 42 apparterrebbero alla medesima specie. 13. Fam. Tachinidae (Calliphorinae). 44. Calliphora erythrocephala Meig. — Moravia (?). 14. Fam. Borboridae. 45. Limosina ciliosa Rond. — Francia, Moravia. 46. si plumosula Rond. — Francia. fe 5 silvatica Fall. — Moravia. #48, ni stygia Coquill., Amer. Natur., XXXI, 384 (1897). — Grotta del Mammuth, N. America. #49. Limosina tenebrarum Aldr. — N. America. 50. Borborus limbinervis Rond., Bull. Soc. entom. ital., XII, 10, 6 (1880); Beck., Kat. pal. Dipt, IV, 25 (1905). — Germania (Biels- hòhle e nuova Baumanshohle, Harz). 51. Borborus niger Meig. S. B., VI, 201, 6 (1830); Beck., Kat. pal. Dipt., IV, 25 (1905). — Germania, col precedente. 52. Borborus nigriceps Rond. — Moravia. 53. > sp. ind., Packard. — N. America. 15. Fam. Dryomyzidae. 54. Neuroctena anilis Fall. — Carniola. (1) T. Bruges, Two new species of Phoridae. Bull. Wiscons. N. Hist. Soe., IV, 1906, pag. 100-102. (2) La Anthomyia sp. ind., riportata da Packard, Cave Fauna of N. Am., 1889. p. 80, è la Leria defessa O. S. 186 MARIO BEZZI 16. Fam. Helomyzidae. 55. Eccoptomera emarginata Lw. -- Moravia, Carniola. 56. ” excisa Lw. — Moravia. 57. ” pallescens Meig., S. B., VI, 58, 23 [Helomyza] (1830); Becker, Kat. pal. Dipt. IV, 47 (1905). Germania (Bielsh6hle e nuova Baumanshohle, Harz). 58. Leria caesia Meig. — Germania (Bielsh6hle e nuova Baumann- shòhle, Harz), Moravia. *59. Leria defessa O. 8. — N. America. *60. » latens Aldr. — N. America. 61. n modesta Meig. — Germania (Bielshòhle e nuova Bau- mannshohle, Harz). — Moravia. 62. Leria pubescens Lw. — N. America. 63. » serrata L. — Germania (Bielshohle, Harz), Francia, Moravia, Carniola. 64. Leria spectabilis Lw. — Moravia. *65. n specus Aldr. — N. America ('). 66. Heteromyza atricornis Meig. — Francia, Italia, Carniola. *67. Gymnomus troglodytes Lw. — Carniola. 17. Fam. Sciomyzidae. 65. Lunigera chaerophylli F. — Moravia. 18. Fam. Ephydridae. 69. Scatella quadrata Fall. — Moravia. 19. Fam. Geomyzidae. 70. Ghiromyia flava L. — Francia. 20. Fam. Milichiidae. *71. Pholeomyia leucozona Bil. — Messico. (!) Aleune specie di questo genere vivono anche nelle gallerie sotterranee sca- vate da certi mammiferi: così la L. ewniculorwin R. D., 1830, nei cunicoli del Coniglio in Francia, la L. subterranea R. D., 1830, nelle gallerie della talpa in Francia, e la L. pectinata Loew, 1872, nelle tane del topo delle praterie nell'America sett., Arizona e Texas. ULTERIORI NOTIZIE SULLA DITTEROFAUNA, ECC. 187 21. Fam. Hippoboscidae. 72. Hippobosca equina L. — Francia. 73. Lipoptena cervi L. 1758; Bezzi, Kat. pal. Dipt., IV, 282 (1905). Nella collezione del signor Escher-Kiindig di Zurigo si trova un esem- plare di questa specie raccolto nella grotta di Adelsberg, Carniola. 21 Fam. Streblidne. Le specie di questa famiglia sono parassiti dei pipistrelli, perciò si possono trovare nelle caverne. 22. Fam. Nycteribiidae. Anche per questa famiglia vale l’osservazione precedente. Torino, luglio 1907. Dott. Cesare Staurenghi Docente di Anatomia topografica nella R. Università di Pavia pog: VARIETA CRANICHE RINVENUTE NEL SEPOLCRETO DELLA “ ROTONDA , DELL'OSPEDALE MAGGIORE DI MILANO Comunicazione fatta alla Società italiana di Scienze Naturali nella Seduta del 23 giugno 1907 —_—— — ee —__—___ SOMMARIO DELLE VARIETÀ PIÙ NOTEVOLI: Processus spinosus lemporalis del- VOs frontale. —. Os parietale bipartitum bilaterale. — Processus mastoideus s. mamillaris della Squama occipilalis. — Sinostosi dell’Os Incae coll’Os parietale prima che coll’Os supraoccipitale. — Processus parietalis delV Os squamosum. Le notizie intorno ai lavori in corso per sgomberare dai cadaveri gli antichi sepolcri della “ Rotonda,,, recate dal pe- riodico “ L’Ospedale Maggiore , (N. 1 del gennaio dell’anno 1907), che mi pervenne verso la fine di febbraio, suscitarono in me l’idea di ritrarre dall’osservazione anatomica di quell’enorme ammasso di resti umani qualche risultato proficuo, specie nel rispetto delle variazioni, per gli studii di Craniologia, che pro- seguo assiduamente da parecchi anni. Con tale obbiettivo iniziai tosto le pratiche per essere au- torizzato ad attuare il mio progetto, e fui avventurato di aver ottenuto l'assenso ed i mezzi necessarii, sia dall’on. Assessore per l’Igiene del Municipio di Milano, l’illustre prof. Angelo Me- nozzi, che dall’on. direttore dell'Ospedale Maggiore cav. dot- tore Edoardo Grandi, e dall’egregio segretario generale dott. Am- brogio Tosi, ai quali esprimo vivissimi ringraziamenti. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 189 Debbo inoltre ringraziare sentitamente l’abile direttore dei lavori della “ Rotonda, dott. Angelo Livraghi, che mi agevolò l’intrapresa con premura costante. Se non che essendo principiati i lavori per la traslazione dei cadaveri dai sepolcri della “ Rotonda , sino dal 21 dicem: bre 1906, ed essendomene giunto l'annuncio in ritardo, non potei trarre partito, che del mese di marzo e della prima metà del- l’aprile p. p. onde per disagio di tempo, e per non essere il capo di ciascuna salma conservato in modo acconcio per un rapido allestimento a secco, o guasto dalle operazioni del disseppelli- mento, e più ancora l'urgenza di trasportare quanto potevasi di quel carname al cimitero di Musocco, ne venne, che in con- fronto del numero grandissimo dei cadaveri (più che centomila), non mi fu dato valermi, che d’un novero relativamente piccolo di teschi, anche perchè le preparazioni anatomiche vennero ese- guite da me solo. Nonostante stimo mio debito di riferire sommariamente. come ho assolto il compito, che assunsi per elezione, avendo ritrovato una quantità non trascurabile di cranii degni di studio, anche per alterazioni patologiche, oltre che per le varietà ed anomalie. Tra queste vi erano alcune rare, ed una forse non ancora conosciuta, e di esse intendo di dare ora, insieme con la presen- tazione, anche la descrizione ed i disegni, aggiungendo qualche brevissimo cenno storico sulla “ Rotonda , e sullo stato dei ca- daveri contenutivi, e sui mezzi impiegati per rendere possibile ed innocuo il grave lavoro del disseppellimento, pur riservan- domi di trattare più largamente di questi argomenti in altra pubblicazione. I teschi che preparai assommarono a 3150; la grande mag- gioranza fu dissepolta da parecchie celle dei sotterranei del porticato, gli altri -— circa 400 — da tre cripte sotto il pavi- mento della chiesa. Ve n’erano d’ogni età, e dei due sessi. Quelli provenienti dalle celle sotto i portici, essendo coperti da residui di tessuti, o da adipocera (grasso cadaverico), vennero disinfettati ed imbiancati, coll’immergerli per alcune ore in so- luzioni forti d’ipoclorito di calce, seguendo il consiglio del me- dico capo dell’ufficio d’igiene e sanità il ch.~° prof. G. Bordoni Uffreduzzi, indi lavati con soluzione di Carbonato di soda (59/0) 150 CESARE STAURENGHI e poscia, spogliati accuratamente d’ogni residuo organico, ven- nero lasciati essiccare alla luce diffusa. Per gli altri fu baste- vole la lavatura, essendo completamente scheletrizzati. In qual modo ciò siasi avverato, ossia: per quale causa i ca- daveri dei sepolcri sotto al portico fossero trasformati in una sostanza d’aspetto saponoso cementante le ossa, e quelli sotto la chiesa ridotti ad ossa aride, di colorito giallo terreo, come ac- cade nelle inumazioni prolungate, mi si conceda una piccola digressione. xa Il servizio mortuario nell’Ospedale Maggiore sino dalla sua fondazione (1456) venne praticato, per autorizzazione d’una Bolla di Pio II, entro il suo stesso recinto, ove vennero poi costrutti dei sepolcri sotto la chiesa, e gli uffici lungo il Naviglio. Crescendo il numero degli infermi, ed in conseguenza quello dei defunti, le celle mortuarie furono più volte ricolme, e si dovettero vuotare in parte o totalmente, inumando i resti ca- daverici nel terreno della corte principale, o trasportandoli fuori nei così detti /opponi, e le ossa nel cinzitero dell’ Ospedale mede- simo.Ma l'aumento sempre crescente dei cadaveri, e la lenta loro decomposizione per l’infiltrazione delle acque del Naviglio, col volgere del tempo, dette luogo a tale incessante esalazione di gas fetidi, da non essere più sopportabile il dimorare entro il Nosocomio. Conseguentemente ricorrono negli Atti delle proteste ener- giche, inoltrate al Tribunale di Sanità, non solo dagli abi- tanti dell'Ospedale, ma eziandio dai vicini. E però verso la fine del xvi secolo, come informa lo sto- rico Latuada: “ trovandosi poi gli Ilustrissimi Deputati dello “ stesso Pio Luogo in necessità di provvedere alle istanze, che “ facevano i vicini abitanti perchè ponessero riparo al fetore “ insofferibile, che tramandava il bitume dei cadaveri, i quali “ si corrompevano, allo scorgere che a nulla, od a molto poco “ servivano le provvidenze fatte col rinforzarne .i muri dai “ quali trapassava Vodore fetente, presero infine determinazione “ di acquistare come fecero dalli signori della famiglia Stella 1 “ loro orti e case posti tra la chiesa di Santa Maria della Pace “ e le mura della città ,, (1). (1) ServiLiano Laruapa, Descrizione di Milano. Milano, MDCCXXXVII, p. 266-267. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 191 Tale contratto è comprovato da un documento dell’ Archi- vio dell'Ospedale Maggiore colla data del 28 di maggio del 1694. La costruzione del Cimitero fuori dell'Ospedale, detto i “ Nuovi Sepolcri , venne principiata il 17 giugno 1675, e fu posto in funzione nel luglio 1697. Nel 1700 si progettò di con- vertirne l’oratorio in una bella e grande chiesa in forma di croce greca, sopra disegno dell’architetto Francesco Croce ('), e raccolti i fondi necessari, venne incominciata nel 1719 col titolo di chiesa di S. Michele Arcangelo ai Nuovi Sepolcri. In giro alla chiesa venne iniziato anche un grande por- ticato sopra disegno dello stesso architetto. La ragione di questa aggiunta dispendiosa è data dal Latuada con queste osservazioni: “ Quantunque la riferita fab- “ brica dei Sepolcri fosse assai capace a racchiudere cadaveri, “ ciò nulla ostante per essere questi assai vicini alla sorgente “ dell’acqua, la quale entrando li gonfiava invece di corrom- « perli; inoltre perchè crescendo il numero degli infermi nello «“ Spedale, in conseguenza aumentavasi quello dei Defunti, che « qui si seppellivano, rimasero i vasi sotterranei ripieni, ed il “ Pio Luogo si trovò in necessità di farli evacuare più volte ‘“ con riporne i cadaveri dissotterrati entro buche scavate nel « prato difeso dalla muraglia più addietro descritta , (°). Ma anche tale provvedimento non essendo stato bastevole, studiarono i Deputati di moltiplicare i sepolcri “ in guisa che “uopo non fosse almeno così frequentemente di evacuar- “ngi 10). Per tale scopo venne appunto innalzato il porticato d’or- dine dorico, di figura ottagona curvilinea, di 416 metri di con- torno (4), con quattro lati maggiori e quattro minori “ ordinato “ a tenere nel mezzo la fabbrica gia fatta, a ricevere la maggior “ aria senza occupare in nulla la radice del terrapieno delle con- “ tigue mura della città , (7). Dapprincipio ne venne eretta solamente un’ottava parte, (1) Rendiconti della beneficenza dell'Ospedale Maggiore e degli annessi istituti in Milano per li anni solari 1858-59-60, del Direttore A. VerGAa. — A. Verga, Dell’ Ospi- tale maggiore di Milano e delle sue case sussidiarie. Atti del R. Istituto Lombardo i se., lett. ed arti, Vol. III, Milano 1862-1863. (2) SERVILIANO LATUADA, l. c., p. 269. (3) Id. id. (4) Iewazio Cantù, Quattro giorni in Milano e suoi Corpi Santi. Milano, 1852, p. 45. (5) SERVILIANO LATUADA, l. c., p. 270. 192 CESARE STAURENGHI perchè * lo Spedale aggravato da debiti non poteva accingersi “a tanto dispendio ,, allorquando “ Giambattista Annone co- modo mercadante di seta, trovandosi senza figliuoli, nell’anno 1725 alli 14 del Dicembre si esibì di far ridurre a perfezione col suo denaro ed il Porticato ed i Sepolcri ,. « Quanto promise tutto eseguì, vedendosi oggi lastricato “ pienamente il Porticato e due bocche per ogni Sepolcro, in cui si disciolgono i cadaveri più facilmente, e si tiene il rego- “ lamento di mutare ogni sera in giro la seppoltura, onde si “ scansi l’esalazione dell’odore fetente, e si dia comodo tempo “a consumare con maggior facilità quegli esanimi corpi ,. (1). Del maestoso edificio detto comunemente la “ Rotonda , offre il Latuada una descrizione particolareggiata, ed una nitida figura prospettica in una tavola in rame, che mi parve oppor- tuno di far riprodurre in fototipia ad illustrazione di questi ac- cenni (*). Esso funzionò, come cimitero, sino al 1783. Per trovare una spiegazione dello stato delle ossa e dei teschi accumulati nei sepolcri sotto la chiesa, dianzi notato, ritengo, che avevano appartenuto a cadaveri stati dapprima sepolti sotto di essa, poscia trasportati nelle fosse del prato — come riferisce il Latuada — indi ricollocati nella chiesa, quando le parti molli furono interamente consunte. Da ciò il loro colorito giallo-terreo, mentre di terra non era traccia nei sepolcri, e la compiuta scheletrizzazione, ed il raggruppamento dei teschi come in un ossario. All’incontro le parti molli dei cadaveri giacenti nelle celle sotto il porti- cato, sia per la mancanza dell’ossigeno, che per infiltrazione della falda freatica, ed inoltre per un fattore, che era rimasto dubbioso agli osservatori precedenti (*), ma che alla “ Rotonda , fu accertato, cioè a dire l’accatastamento delle salme, si trasfor- marono in adipocera; sostanza sulla cui origine, se non sulla com- posizione chimica, non c'è completo accordo, e che vale a man- tenere in gran parte le forme dei cadaveri, arrestandosi la putrefazione. (44 Ad illustrazione di queste brevi note ho stimato opportuno (1) ServILIANO Laruapa, l. c., p. 272. (2) Porgo grazie al ch.mo Prof. F. Sordelli, che mi concesse la tavola originale del Latuada per la riproduzione. (3) 0. Lomuroso, Sulla medicina legale del cadavere, secondo gli ultimi studii di Germania ed Talia. Tecnico, Identità, Fisiologia del cadavere. Torino, 1877, pag. 145. Ospital Maggiore 3 sate de io Sepoteri dell’ lati ‘Vedita della Chiesa, e Forti VARIETÀ CRANICHE, ECC. 193 «li annettere in ultimo tre altre figure in fototipia, per cortese concessione dell’on. Assessore prof. A. Menozzi, riprodotte da negative, gentilmente fornitemi dal fotografo signor A. Ferrario, due delle quali mostrano l’ammonticchiamento dei cadaveri in due sepolcri o celle sotto il porticato della “ Rotonda ,, e come le salme -- ad eccezione del volto di talune — non erano sche- letrizzate, bensi conservavano molto della loro configurazione, dopo una sepoltura più che secolare. A dir vero osservai anche qualche cadavere con alcune parti (tronco, arti) essiccate. A mio avviso però non si potevano giudicare come mum- mificazioni vere e proprie, sebbene questo processo non sia in antinomia colla saponificazione (Schauenstein) (!). Ritengo invece che fossero un prodotto artificiale del potente ventilatore, che per circa tre giorni di seguito mette- vasi in azione per spingere delle forti correnti d’aria riscaldata a 260 C. entro le celle da vuotarsi, e che, mentre ne scacciava il contenuto gasoso, che l’analisi chimica dimostrò composto prevalentemente di CO? con traccie di NH, aveva altresì l’uf- ficio di disinfettare l'ammasso organico, permettendo poscia l'ingresso ai lavoranti, poichè col medesimo apparato era facile «l’immettere dell’aria alla temperatura esterna. Tale apparecchio è rappresentato nella terza figura fototi- pica, parimenti riprodotta da una negativa del signor A. Ferrario, nella quale dal lato del ventilatore vedesi il tubo afferente od adduttore, che si sprofonda entro una breccia praticata nella volta ("un sepolcro. Al lato opposto esce il tubo efferente od abduttore, che pro- segue per un tratto considerevole nel locale superiore, e poi sbocca nell’ambiente esterno. Il tubo efferente è dilatato, a mo’ di manicotto, in due luoghi : nel primo, ossia in quello più vicino all'emergenza era contenuta della pietra pomice con H? SO*, e nell’altro un focolare a carbone per abbruciare qualsiasi residuo dei gas prima dell'uscita. I gas uscenti avevano la temperatura di circa 50 C. Devesi a questo ingegnoso procedimento, ideato dall’onorevole Asses- sore prof. A. Menozzi, e sul quale non mi è dato di trattenermi (1) A. Scuavensretn, Allerasioni cadaveriche inoltrate in Mascuxa, Med. leg., vol. 3, - 478, 12 194 CESARE STAURENGHI maggiormente, se l'arduo e grandioso lavoro di sgombero della necropoli della “ Rotonda , già intrapreso un ventennio innanzi, e che per insuperabili difficoltà tecniche si ridusse alla vuota- tura di due sole celle, venne ora condotto felicemente a termine con prestezza, verso la fine dell’aprile p. p. compresa la più di- ligente disinfezione dei vani residui. Chiedo venia agli on. Soci, se avendo toccato della storia della “ Rotonda , e dei lavori per evacuarla dai cadaveri, mi sia sviato di troppo dal tema principale, e torno ai teschi, pre- parati, come ho detto, nel numero di 3150. Nel rispetto antropologico è da ritenere, che essi siano appartenuti, se non tutti, certo per la massima parte alla popolazione dell’antico Ducato di Milano. A conferma di questo, giova anche una supplica, che trovai nell’ Archivio storico niuni- cipale di Milano (Cart. N. 175) inviata all’Ill. Capitolo dell’Ospe- dale Maggiore, che non reca la data, tuttavia da un’altra sup- plica simile del 10 gennaio 1701, si può accertare, che fosse stata presentata nel 1700. Essa comincia colle parole seguenti: “ Eretto dalla pietà “ erandiosa delle SS. VV. Illme il Tempio dei nuovi Sepoleri “ di questo insigne Ospitale, Tomba meravigliosa di tanti fo- “ rastieri, de’ cari cittadini, persone nobili decadute, e poveri “ sacerdoti, morti nel medesimo Ospitale, e che alla giornata “ muoiono in esso, ecc. ,, (1). Una piccola parte di quei teschi presentava delle alterazioni patologiche (N. 68), e l’altra, molto più grande (N. 220), delle varietà ed anomalie, ossia delle disposizioni organiche palin- genetiche od arcaiche per una specie, e permanenti in altre (varietà), ovvero — perciò che sinora è noto — disposizioni semplicemente individuali od ontogeniche, a volte con caratteri progressivi, (anomalie), entrambe possibili col funzionare fisio- logico, all'opposto delle disposizioni teratologiche. Come si conosce, il progresso dell'anatomia moderna è dovuto massimamente a due fattori: la dottrina cellulare e la teoria del trasformismo (evoluzione); da questa derivò Vindi- (!') Rendo grazie al ch.mo Prot. Ettore Verga, direttore dell'Archivio storico mu- nicipale, per avermi procurato parecchi documenti riferentisi alla “ Rotonda ., VARIETÀ CRANICHE, ECC. 195 rizzo morfologico, fondato su l’ontogenia (embriologia) e la filogenesi, compresa la paleontologia, e per esso l’opera mol- teplice dell’anatomista venne unificata, e resa autonoma, avendo un obbiettivo proprio, la ragione cioè della forma e tessitura degli organi e degli organismi elementari (cellule) indotta dal loro processo formativo nell’individuo, e comparato nelle specie, dimostrato col sussidio di appropriati mezzi tecnici, all'intento supremo di determinare le leggi, che tali formazioni governano, e che si collegano naturalmente colle leggi fisiolo- giche. Da ciò il valore acquistato al presente dalla significazione morfologica delle varietà organiche, laddove gli osservatori antichi, avendole considerate da un aspetto monolaterale, cioè nelle specie isolate, le avevano in conto di scherzi della natura, tanto che, p. es., l’anatomista Van Doeveren intitola il Cap. XII del suo Specimen observationum accadeniicarum: Observatio- nes osteologica varias nature lusus in ossibus humanorwiir corporum exhibentes (+). Le varietà ed anomalie umane trovarono poi applicazione nella clinica chirurgica e medica per scansare errori fatali negli atti operativi (?), o per chiarire le diagnosi, finchè ora l'anatomia, tende come dissi, ad assurgere da coteste forme, che sembrano strane ed aberranti, e per sè di poco momento ed insignificanti, a rischiarare l’enimma dell origine dell’organiz- zazione, prestandosi a rannodare le forme organiche fra di loro, sicchè non solo rientrano nelle leggi fondamentali degli organismi, ma ponno giovare a lumeggiarle. Si può quindi comprendere come mirando a tali elevate finalità, la ricerca delle variazioni ed anomalie non manchi di attrattiva. Anche le applicazioni recenti, che se ne fecero alia psichiatria ed all’antropologia criminale, rappresentano una conseguenza pra- tica importante dei nuovi criteri (5). (1) GuartH Van Dorveren, Specimen. Groningae et Lugduni. Batav., 1715. (2) Fra le pubblicazioni italiche veggasi: I. TanzinI, Delle anomalie anatomiche più importanti per la Medicina operatoria. Milano, 1882. (3) In proposito si ponno consultare fra i lavori nostrani : A. Fiuippi, A. Severi, A. MonraLtI, Manuale di Medicina legale. Vol. II, p. 820. G. AyxcroLeLLA, Manuale di Antropologia criminale, e le pubblicazioni del periodico “ Archivio di Psichiatria ,: Neuropatologia, Antropologia criminale e Medicina legale. 196 CESARE STAURENGHI x coi Perciò mi parve vantaggioso nell’interesse generale degli studiosi, anzichè mandare a confondersi cogli altri nel cimitero di Musocco anche i crani di conformazione variata, o con alterazioni morbose — già veduti dai molti visitatori della “ Rotonda , — di proporre all’on. Assessore per l’Igiene ed all'on. Direttore dell’Ospedale Maggiore, che venissero conser- vati per ragioni ovvie: quelli colle varieta ed anomalie nel Museo civico di Storia naturale, ed i morbosi nel Museo. ana- tomo-patologico dell’Ospedale. La proposta venne accettata, ed in seguito ad un sopra- luogo dei chiarissimi professori F. Sordelli, direttore della Se- zione Zoologica del Museo Civico, e C. Zenoni, prosettore del- l’Istituto anatomo-patologico dell'Ospedale Maggiore, che giudi- carono, essere le collezioni loro presentate degne di venire al- logate nei Musei corrispondenti, vi furono poi traslocate, e le anomalie e le varietà a cura dello stesso prof. Sordelli vennero ileposte provvisoriamente in uno scaffale del Museo di Zoologia, coll’istesso ordine numerico da me assegnato. Poichè ho provveduto a raggrupparle, e ad elencarle in un catalogo razionale, ove i teschi sono classificati a seconda delle singole varietà od anomalie, a lato delle quali essendo ripor- tati i numeri d’ordine relativi, riesce facile ritrovarle. I teschi patologici, secondo l’elenco trasmessomi cortese- mente dal prof. C. Zenoni, comprendono, tra l’altro, parecchie neoformazioni (quattro osteomi, un osteosarcoma dell’osso zigo- matico, ed un altro dell'osso frontale); due esemplari d’intro- flessione nella cavità del cranio delle pareti delle fosse cerebel- lari. Due esemplari di carie sifilitica molto estesa della volta; altri di macrocrania e di pachicrania; undici esemplari di assi- milazione dell’atlante coll’occipitale, ed a titolo di curiosità: un cranio con foro da trapanazione nel parietale sinistro, ed una hase scoperta dalla volta, evidentemente proveniente da una necroscopia, e nella quale spicca anche la varie/d detta fossa cerebcllare mediana, studiata dal Lombroso, dal Verga, dal Morselli, dal Rossi, dal Burci, dal Cannella, dal Parravicini, dal sergonzoli, ed altri italiani. Ciò basti per i teschi patologici, sconfinando dal mio com- pito il loro esame. Osservo soltanto, che gli esemplari di assi- PIRA er VARIETÀ CRANICHE, ECC. 197 milazione (sinostosi, saldatura, incorporazione) atlanto-occipitale, non sempre provengono da causa patologica (anchilosi), bensì, secondo le più recenti indagini, ponno interpretarsi in molti casi come varietà ('). Onde un paio di cotesti esemplari figura tra le varietà dell’osso occipitale, consegnate alla Sezione zoologica del Museo Civico. Scorrendo il catalogo di esse, vi si rilevano, oltre alle va- rietà od anomalie proprie delle ossa del cranio neurale e vi- scerale, anche esempi di ossicini fonlaneltari e suturali, e mo- dificazioni della forma e volume dell’intero cranio. Ad eccezione dell’E4moide tutte le altre ossa del cranio neurale si trovano inscritte per alcune varianti. Troppo mi dilungherei, se ne ripetessi qui l’elenco. Riassu- mendone il quantitativo, si desume che: 9 sono di pertinenza dell’osso frontale, 8 del parietale, 25 del temporale, 2 dello ste- noide, e ben 105 dell’osso occipitale, evidentemente per il nu- mero maggiore dei nuclei ossei del suo complesso, onde le mol- teplici combinazioni fra i medesimi. (1) Questo argomento fu molto studiato anche in Italia. Cito alcuni lavori: Crvinini, Indice degli articoli del Museo di Anatomia fisiologica dell’ Univ, di Piso. Lucca, 1842, N. 295, 205, p. 37, e N. 650, 564, p. 71. G. Sancarci, Giornale dell’Anat. e Fisiologia, vol. I. e II, p. 279. La scienza è la pratica dell’Anatomia pat. Pavia, 1875, lib. I, p, 136. — Sopra una causa non ben conosciuta di torcicollo, Altro fatto di calliva confor- mazione dell'allante quale causa di torcicollo congenito. Rend. R. Ist. Lomb., S. II, vol. III, Milano, 1870. G. Zora, Intorno all'Atlante. Mem. dell’Ist. lomb., 1881. CHÒÙiaruor G., Per la Storia dell'art. occipito-atloassoidea : III. Significato morfologico della sinostosi occipito-atloidea. Monit. zool. ital., 1890, p. 90. MorseLLI E. Su alcune anomalie dell'osso occipitale negli alienati, III nota. I. Fu- sione dell’allante nell’occipitale. SiexorINI, Sinostosi deil'allante coll'occipitale in un cranio umano. Atti della Soc. Veneto-Trentina di Sc. nat., vol. 12. Catort L., Sopra un'unione sinostosica e parziale incorporazione dell’allante con Vosso occipitale e sopra due altre anomalie convenienti con essa. R. Ace. di Sc. dell’Ist. di Bologna, sessione del 12 maggio 1895. Rosario PanpoLriNni e Gruseppe RacnorTI, Osserv. anat. Ann. dell Fac. di Med. e Mem dell’Ace. med.-chir. di Perugia, vol. X, fas. 2. Perugia, 1898, p. 94 e 96. L’esem- plare descritto al N. IV, Divisione del parietale destro in una delinquente era con- sociato nella sinostosi occipito-atluidea. Vram U., Un caso di saldatura dell'atlante con Voccipitale in un Cinocefaio. Boll. Soc. Zool. Ital., anno 12, S. 2, vol 4, fasc. 1-3, p. 36, 38, Roma, 1903. De PaotI osservò la frequenza della saldatura atlanto-occipitale nei criminali. A. FiLippi, A. Severi, A. ManrauTI, 1. c., vol. II, p. 829: 198 CESARE STAURENGHI Fra le ossa del cranio viscerale presentavano delle varietà : il zigomatico (5) ed il mascellare superiore (2). Tra gli Ossicini fontanellari si riscontrarono: i breema- tici (4), gli pterici (6), gli asterici (4), i naso-frontali (1), ed in numero maggiore i preinterparietali (18). Degli Ossicini suturali vi hanno: i coronali (2), i temporo- parietali (1), i lambdoidei (15), gli ossicini della Sulura trans- versa squamae occipilis (3), della Sutura fronto-zigomatica destra (1), e parecchi ad un tempo nelle suture di un cranio idrocefalico. Vi sono inoltre: 3 cranii dolicocefalici, 2 batrocefali, 1 sca- focefalo, 3 macrocefali. In generale nei cranii della “ Rotonda ,, predominava la forma brachicefala. I cranii colle variazioni, più un frontale disarticolato, an- ch’esso variato, costituiscono un complesso di 220 esemplari, vale a' dire un piccolo Museo di varietà craniche. Disgrazia- tamente, ma del resto come nella maggior parte dei cranii dei Musei di Antropologia (!, tutti i teschi mancano del mascellare inferiore, che non si ebbe nè tempo, nè modo di rin- tracciare di mezzo alla poltiglia. Aggiungendo al numero anzidetto tre pezzi anatomo-cra- niologici normali, che riunii per eventuali raffronti (2 cranii, | osso frontale), il numero totale dei preparati di craniologia scelti alla “ Rotonda , fra 3150 teschi, e deposti nel Museo Ci- vico di Storia naturale (Sezione di Zoologia) fu di 223. Fra le varietà craniche mi sembrano di maggiore interesse, sei del cranio neurale, tre delle quali molto rare, una forse nuova, e le rimanenti descritte da pochissimo tempo. Pressochè per lo studio di tutte è da segnalare la contri- buzione di anatomisti ed antropologi italiani, che nello scorcio del secolo passato e nel presente, con lena ravvivata dall’indirizzo morfologico, coltivarono le ricerche e gli studi intorno allo scheletro cefalico. I cranii suddetti sono contrassegnati coi N. 207, 174, 76, 28, 164, 87 e riflettono variazioni delle ossa: frontale, parietale, occipitale, interparietale e squamoso. (!) G. Serar, Specie e varietà ammane. Torino, 1900, p. 160. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 199 Ne dirò con qualche larghezza pur riserbandomi d’adden- trarmi ancora più nel loro esame onto-filogenetico, trattandone singolarmente. I sei cranii in discorso hanno configurazione e volume nor- mali, ed appartenevano, secondo appare, ad individui di sesso maschile, e di varia età. Dovendoli per ora conservare integri, non posso darne, che la descrizione dell’esocranico : I. — Il cranio N. 207 è Ovoides planus, e presenta le se- guenti cranionielrie: (1) Capacità ea ee CM LZ Resort: Dita SE aoe Diametro antero- ui em... .2%,50 n LLASVOISO saran 14 i verticale liu te % 13,50 Circonferenza orizzontale . , 52 5 sagittale . , 37,50 ~ verticale... , 32 Larghezza bizigomatica . ,, 10,5 (iperstenozighio) Altezza facciale. bito ca 6 (camegnatico) Ai ici a ATES ke De ate em 16300. (Macroprosope) Indice cefalico . 80. (mesocefalo) 4 verticale n > 77,14 (ipsicefalo) Lr Vatbitaribi. aida 80, ie (mesoconchio) pi palatimo’... è 59,59 (leptostafilino) Angolo del Camper Gaconin Broca) 75° gir: niasaloni weer PS 76,06 (iperplalatirrino) inoltre Apertura piriformis: Forma praenasalis Palato : Ipsiloide o paralleliforme Questo cranio sembra avere appartenuto ad un uomo dai 55 ai 60 anni. La Sutura sagittalis s. biparietalis, la Sutura coronatis, a (1) Confr. G. Serar, 1. c. — La cubatura del cranio fu presa in ogni esemplare col miglio: le misure omesse in alcuni cranii sono in rapporto colle condizioni spe- ciali, che le resero impossibili. 200 CESARE STAURENGHI Sutura frontalis sphenoidalis (Ala magna) sono sinostosiche, e della Sulura lambdoidalis non restano che i tratti estremi : soltanto la Sulura squamosa parielalis è completamente aperta. Dei denti rimane il canino superiore sinistro: sono vuoti gli alveoli dei due incisivi mediali, atrofizzati tutti gli altri. Nell’Os frontale, al lato destro (Tav. VII, fig. 1, fr.), si rimarca un processo spinoso (pr. sp. t.), che sporge all’incirca dalla metà del tratto frontale della Linea temporalis (inferior) (1. t.) di- retto obliquamente in basso ed all’infuori, incombente sulla parte di mezzo della Super/icies temporatlis. È triangolare equi- latero, colla base lunga mm. 8, continua con la Linea tempo- ralis, e con Valtezza di mm. 5, contesto esteriormente dalla Tabula externa. Lo denominai, dall’aspetto e dalla postura: Processus spi- nosus temporalis del’ Os frontale, e per il momento mi restringo a segnalarlo, rimandando allo studio speciale l’indagare: se la sua presenza fosse correlativa con un bendello aponeurotico, differenziatosi insieme con un lacerto del M. lemporalis, e se avesse l'equivalente morfologico. Nella collezione sono alcuni altri cranii nei quali esiste il Processus spinosus temporalis del’ Os frontale con dimensioni minori del descritto, e crescenti dall’uno all’altro. Di questa formazione non ho trovato cenno nei trattati di Anatomia umana consultati, nè eventualmente in pubblica- zioni d’argomento affine ('). II. — Il cranio N. 174 d’un fanciullo dai 10 ai 12. anni, contiene quella rarissima variante detta Os parietale biparti- lum (bilaterale), e così patente, che mi parrebbe superfluo dimostrarla con diagnosi differenziale (Tav. VII, fig. 2, pa’, pa” fig. 3 pa”, pa” — fig. 4 pa’, pa’, pa”, pa”) Per la forma è pentagonoides oblusus. INNI . Capacità ;.. . ..°. +. «© Gm, 1420 (metriocefalo) PQBO 6 srt eee Diametro antero-posteriore cm. 17 (1) Ad es. L. Datua Rosa, Das postembriyonale Wachsthum des menschlichen Schlife muskels umd die mit demselben zusammenhiimgenden Verdnderungen des Knochernen Schaldels, Stuttgart, 1886. R. Fusari, Contributo alla conoscenza morfologica del muscolo temporale. Monit. zool. ital., anno VIII, N. 10, ottobre 1897. VARIETÀ CRANICHE, ECC, 201 Diametro trasverso . . cm. 13,50 È ‘verticale.’ atti 12,8 Circonferenza orizzontale zt 49 pe fe” MS Sagiptater gly Ss 35,5 e verticale . . 30,5 Altezza della faccia 5,3. (ipercamegnatico) Lunghezza del profilo 8,2 Indice cefalico » verticale » orbitario (a destra) » palatino : Angolo del Camper (sec. Bros ie i oS aa, 70° Palato: Ipsiloide o paralleliforme. 79,41 (mesocefalo) 75,29 (ipsicefalo) 78,09 (cameconchio) 75 (leptostafilino) Ri RO ess È un cranio simmetrico nell’assieme, che ha il Tegnien ben conservato, ed aperte tutte le Suture ordinarie: a sinistra permane anche la Sura meno frequente fra il Temporale e il Processo mastoideo. Persiste la Sincondrosis postsphenoi- dalis basilaris. Dietro al Foramen jugulare havvi nei due lati una super- ficie levigata, quadrilatera, verosimilmente articolare con un processo vertebrale. Sopra al Processo mastoideo di sinistra è un forame per caduta di un wormiano. Dei denti sono presenti: i due piccoli molari di destra, ed i due di sinistra, il posteriore dei quali è cariato. Dei grandi molari sono conservati: il primo di destra e di sinistra. Manca il secondo nei due lati: il terzo del lato destro è racchiuso nell’alveolo, il sinistro fu perduto per infrangi- mento della parete alveolare. Sono andati dispersi: V’Os zygomatlicum sinistro, e la Con- cha inferior dei due lati. Furono fratturati: la parte inferiore del Vomer, e gli Hiatus maritlaris, il Processus zygomaticus dell’Os (em:porale sinistro, ed i margini liberi dell’Os nasale. Ad onta delle duplicità dei Parietali riesce di delimitarne l’area, come sarebbe stata, se non fosse esistito che un Parie- tale per lato, mediante cioè la Sutura frontalis parietalis s. coronulis (fig. 2, 3, 4 s. fr. pa.), la Sulura squamosa parie- talis (fig. 2,3 s. pa. sq.), che al lato destro è slargata per 202 CESARE STAURENGHI effetto dell’essiccamento, e la Sulura parietalis occipitalis (fig. 2, 3, 4 8. pa. oce.), Questa superficie è divisa dalla Sutura intraparietalis (fig. 2, 3, 4 s. in. pa.), in una porzione superiore o dorsale: Os parielale superius s. dorsale (fig. 2, 4 pa’ — fig, 3, 4 pa’) semiovale, più corta dell’inferiore o ventrale, e nel mezzo larga quasi come essa, ossia come l’Os parietale inferius s. ven- trale (fig. 2, 4 pa”, fig.3, 4 pa””) irregolarmente quadrilatero, e più lungo circa un terzo. Confrontando gli Os parietale superius (fig. 4 pa’ pa”), ne risalta tosto la differente lunghezza. Il sinistro (pa”’) più corto e stretto ha la lunghezza di cm. 7 e la larghezza nel mezzo di cm. 5; il destro (pa’) ha la lunghezza di cm. 8,2 ed è più largo alcuni millimetri. Il Tuber parielale, poco sporgente, è compreso nell’ Os parietale inferius (pa, pa). La lunghezza diversa dei due Pavietali superiori deriva dalla presenza di otto ossicini sopranumerari (fig. 2, fig. 3, fig. 4, o. ob. lamb.) irregolarmente quadrilateri, la maggior parte di dimensioni considerevoli, e disposti colla dimensione maggiore in direzione frontale, di cui i cinque del lato sinistro (fig. 4, o. ob. lamb.") occupano uno spazio più grande, che i tre del lato destro (fig. 4, 0. ob. lamb.’). Per conseguenza l’Os parietale inferius sinistro (fiig. 4, pa”) è per compenso più esteso del destro (fig. 4 pa”). Gli ossicini stanno in un’area, occupata d’ordinario dai Parietali. Tale area, relativamente ampia, per la sua topografia è da ri- tenersi d’origine membranosa, e poichè è risaputo, che ivi si for- mano le Fontanelle obelica e lambaoidea, le quali talvolta si con- fondono, parrebbe, che essendosi avverata siffatta contingenza, l'ubicazione e l'estensione dei detti ossicini coincidesse appunto colla Fontanella obelico-lanibdoidea, della quale sarebbero quindi gli omonimi. Nella mia collezione privata di scheletri cefalici di feti equini ve Wha uno (maschio; lunghezza del tronco cm. 33,50, peso gr. 1.100) nel quale permane la Fontanella fronto-par'ie!o-in- terparietale, nella cui parte caudale — circa nel distretto della Fontanella obelico-lambdoidea umana — sono cinque ossicini. tre dei quali lungo il Margine sagittale del Par'ietale VARIETÀ CRANICHE, ECC. 203 sinistro, e due lungo quello di destra; i due posteriori hanno nei due lati direzione trasversale, gli altri, obliqua e sagittale. Nello stesso Teymen cranii i Parietali e gli Interparie- tali, oltre la direzione differente da quella degli Ossicini obelico- lambdoidei hanno tale estensione e configurazione da far esclu- dere, che gli ossicini suddetti ne siano i complementari. Certo a questo stadio dello sviluppo del Cavallo non è pos- sibile decidere quali di essi faranno parte in seguito delle Ossa parietali od interparietali, o se prima si fonderanno tra di loro in parte o totalmente, o se rimarranno indipendenti. Peraltro in base a tale dato comparativo, considerando, che nel cranio N. 174 gli ossetti omologhi ed omotopi cogli ossicini poc'anzi accennati nell’. caballus sono tuttora distinti dai Parietali, benchè il soggetto abbia circa 10 o 12 anni, e che la stessa condizione ebbe luogo anche nel cranio simile di una donna adulta descritto e figurato dal prof. R. Fusari (1), se ne inferisce, a mio parere, la loro autonomia rispetto alle Ossa parietali. Nel mio esemplare la Sutura fra gli Ossicini obelico-lamb- doidei dei due lati sembra il prolungamento della Sul/ura biparietale o sagittale, laddove in quello simile del prof. Fusari è spostata a destra, come rilevasi dalla figura corrispondente, il che prova, che la situazione mediana della loro sutura è accidentale. La Sutura intraparietalis (fig. 2, 3, 4, s. in. pa.) ha dire- zione sagittale curvilinea colla concavità dorsale, e per essere più estesa la porzione caudale dell’Os parietale superius di destra (fig. 2 pa’, fig. 4 pa’) è più lunga da questo lato, ed oc- cupa il posto rispondente al margine caudale dell’ossicino obe- lico più craniale di sinistra. Nel mezzo del percorso ha dentelli fitti e frastagliati; verso i capi anteriori e l'estremità posteriore sinistra è lineare ondu- lata: la estremità posteriore destra è alquanto più seghettata. La terminazione anteriore o craniale del lato sinistro (fig. 3, 4, s. in. pa.) incontra la Sulura frontalis parietalis (fig. 3, 4, s. fr. pa.) 18 mm. lateralmente al Bregma, ed un po’ più cau- dalmente in confronto dell’estremità destra, che dista dal Bregma (1) R. Fusari, Sulla divisione e sulle fessure marginali dell'osso parietale nella specie vmana. Estr. dall Archivio per le Scienze Mediche, vol. XXVIII, 1904, p. 37, fig. 3. 204 CESARE STAURENGHI mm. 22, per l'estensione maggiore dell’Os parietale superius di destra. Ne segue, che il segmento della Sutura coronalis, inter- posto alle estremità anteriori della Sulura intraparietalis, è obliquo da sinistra a destra e dall’indietro in avanti, ed inoltre che la Sutura sagitlalis e la Sutura melopica non si incontrano al Bregma, e fra loro sta il tratto più mediale del margine anteriore dell’Os parietale superius di destra. La terminazione posteriore o caudale della Sulura intra- parietalis confluisce ad angolo retto nella Sulura biparietalis s. sagillalis (fig. 2, 3,48. bi. pa), che è beante per effetto dell’es- siccamento. Ne deriva, che Os parietale superius partecipa a formare il tratto più piccolo e più mediale della Sutura frontalis parie- lalis s. coronalis (fig. 2, 3, 4 s. fr. pa.) invece il tratto maggiore o laterale della stessa sutura (fig. 2, 3 s. fr. pa.) proviene dal- Varticolazione dell’Os frontale (fr.) del medesimo lato col Margo coronalis dell’Os parietale inferius (fig. 2 pa”, fig. 3 pa’). L'esistenza endocranica della Sulura intraparietalis è ac- certabile, osservando attraverso il Foramen occipitale, quando la volta venga sperata contro alla luce intensa. Il culmine della Sulura intraparietalis dista dal Tuber parietale, che sta più basso, mm. 35. Questa Su/ura rappresenta col suo margine inferiore il contorno superiore (dorsale) dell’Os parietale inferius, che pos- siede altri tre margini, ossia: il Margo lambdoideus articolato colla Squama occipitatis (fig. 2, 3, 4 sq. occ.), componente la Sutura lanibdoidalis s. parietalis-occipitatis (fig. 2, 3,48. pa. occ.) dentellata, e racchiudente due ossicini a destra (fig. 2, 4 0. lamb.) ed uno a sinistra (fig. 3, o. lamb.). Mediante il Margo squa- mosus si connette coll’ Os squamoswn (fig. 2, 3 sq.) generando la Sulura parielalis squamosa (fig. 2, 8,8. pa. sq.), e per mezzo del Margo sphenoidatis coll Ala magna dell’Os sphenoidale (fig. 2, 3 al. m.) onde la Sutura parietalis sphenoidatis (fig. 2,3 s. pa. sph.). Il Margo dorsalis (intraparielalis) concavo, appartenente ad una circonferenza di circa 5 cm. di raggio, circonda più della metà ventrale del’Os parietale superius, e diviene come dissi, il Margo ventralis (intraparietatis) della Sulura intr'a- parietalis, articolandosi col Margo inferior dell’ Os parietale superius. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 205 L’Os parietale inferius possiede quattro angoli: due dorsali, e due ventrali, rispettivamente craniali e caudali. L’angolo dorsale craniale è acuto, ed insinuato tra le estre- mità craniche dell’Os parietale superius e VOs frontale dello stesso lato. L’angolo dorsale caudale è trasformato in un margine articolato a sinistra con cinque degli Ossicini obelico-lambdoidei (fig. 4 o. ob. lamb.”) e con tre al lato destro (fig. 4, 0. ob. lamb.'). Degli angoli ventrali: il mastoideo di destra è acuto (fig. 2) e dinanzi ad esso si notano due Ossicini parieto squamosi, e due Ossicini asterici: uno dorsale (0. as. d.), ed uno caudale (o. as. c.). Il sinistro è occupato da un Ossicino asterico dorsale (fig.> o. asi. d.) (*): L'angolo ventrale anteriore (sfenoideo) è retto bilateral- mente; dietro ad esso havvi a sinistra un Ossicino suturale parieto-squamoso (fig. 3, 0. pa. sq.), che dalla vicinanza al plerion può ricevere l’epiteto di parapterico posteriore. Considerando ora l’Os parietale superius (fig. 2, 3, 4 pa, pa’), esso, a cagione della figura semi ovale, presenta un Margo lateralis o ventralis, ed un Margo medialis o dorsalis, un’estre- mità anteriore o craniale, ed una posteriore e caudale. Il Margo lateralis concorre col Margo dorsalis dell Os parietale inferius (fig. 2, 3, 4 pa”, pa”) alla composizione della Sutura intraparielalis (fig. 2, 3, 4 s. in. pa.). Il Margo medialis forma col simmetrico la Sulura sagil- talis, che in questo tratto è propriamente Liparietalis, e lunga cm. 9 (fig. 2; 3, 4 .s. bi. pa). L’estremità anteriore o craniale insieme col Margo par'ie- talis del’Os frontale (fig. 2, 3, 4 fr.) dà origine, come notai, al tratto più mediale della Sutura /rontalis parietalis s. coro- nalis, lungo mm. 18 (fig. 2,.3, 4 s. fr. pa.). L’estremità posteriore o caudale è foggiata ad angolo acuto, (1) Fra i-lavori italici sugli Ossicini asterici vhanno: F. Frasserro, Di altre e nuove fontanelle (fontanelle soltoasteriche o mastoidee) nel cranio umano e degli altri mammiferi. Est. dal I e II fase. gennaio-febbraio 1900, della Rivista di scienze bio- logiche. Como, 1900. Noles de craniologie comparce. Extrait des Annales des sciences naturelles, 1901, p. 262, 272. L. Maaat, Sul significato morfologico degli ossicini petro-esoccipito-sorraoccipitali. Ren- diconti della prima Assemblea generale e del Convegno dell’Unione zoologica ita- liana in Bologna, 24-27 settembre 1900, p. 15. 206 CESARE STAURENGHI annicchiato fra il più dorsale e laterale degli Ossicini obelico- lambdoidei, e la Sutura sagittale. La fig. 4 inquadra nella Norma verticalis Vaspetto d’as- sieme del Tegmen cranti, già esaminato parte a parte. Vi si scorge nella linea mediana l’estremità dorsale o superiore della Sutura metopica s. bifrontalis (s. m.), per la presenza della quale viene mantenuta una condizione embrionale, e dei primi anni della vita postembrionale, avente riscontro nella filogenesi. Tale sutura, come avvisai, non prosegue direttamente colla Sulura sagittalis s. biparietalis (s. bi. pa.), ma devia a destra per mezzo centimetro. La Sutura sagittale (s. bi. pa.) non raggiunge il Lambda (1.), e si arresta alcuni centimetri più cranialmente, interrotta dali Ossicini fonlanellari obelico lanibdoidei, di cui i quattro più grandi di sinistra (o. ob. lamb”) arrivano alla linea mediana insieme coi due più grandi di destra (0. ob. lamb’), ed artico- landosi fra loro, pare che diano origine al tratto più caudale della Sutura sagittale, estesa sino al Lambaa. In realtà questo segmento, similmente a quello piccolo (lun- ghezza mm. 15) fra il più craniale degli Ossicini obelicolamb- doidei di sinistra (0. ob. lamb”) e Os parietale superius (pa') di destra perde l'appellativo di biparietalis, e diviene Sutura medialis interossicula obelicalia lanibdoidalia, langa 2 cm. La struttura del Tegmen cranii in esame è quindi molto complessa e complicata, poichè oltre i tre Ossicini suturali lambdoidei (fig. 2, 3, 4 o. lamb.) (4), i tre Ossicini parieto- squamosi (fig. 2, 3 0. pa. sq.), i tre Ossicini asterici (fig. 2, 3.0. as. d. o. as. c.), e gli otto Ossicini fontanellari obelicolamb- doidei (fig. 4 0. ob. lamb.”, o. ob. lamb.’), vi hanno due Ossa /ron- tali (fig. 2, 3, 4 fr.) e quattro parietali (fig. 2, 3,4 pa’, pa", pa”, pa”), nonchè Vaccorciamento della Sulura sagittalis s. bipa- rietalis, sostituita nella parte caudale da una cortissima Sufura obelico parietale, e nel restante dalla sutura mediale fra gli Ossicini obelico lambdoidei. Astraendo per ora dalla questione dell’esistenza costante in altri vertebrati di parecchie Ossa parietati in ciascun lato: (1) Su questa specie di ossicini veggasi: L. MaceI, Ossicini fontanellari coronali e-lambdoidei nel cranio dei mammiferi e dell'uomo. Rend. R. Ist. lomb. di sc. e lett., S. II, vol. XXXITI, 1900. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 207 del Tegmen cranii |Frassetto, Maggi (!)|] posso affermare, che anche dalle mie osservazioni oggettive, già pubblicate, risulta: che il numero dei nuclei o centri — più propriamente reticelli -- di ossificazione dell’Osso parietale delluomo è per legge di due soli per lato, disposti obliquamente in direzione dorso- ventrale, sicchè il nucleo inferiore è anche più craniale. I due reticelli si anastomizzano entro il terzo mese della vita embrio- nale (?). Ogni altro numero per i nuclei ossificativi del Parielale normale umano, secondo le mie osservazioni, non ha fondamento positivo, ed è anche perciò, che ho ascritto agli Ossicini jonta- nellari obelico lambdoidei gli otto ossicini sopranumerari me- diali, anzichè ad ossicini eventualmente complementari dei Pa- rielali. Pertanto, a mio giudizio, Vesemplare che ho dimostrato, darebbe la riprova dell’esistenza dei due reticelli, sviluppatisi indipendenti l’uno dall’altro, per arresto di sviluppo, che fu la causa occasionale della formazione dei quattro Pavietali, atte- stanti nella vita extra-uterina uno stadio fuggevole dell’on- togenesi. Parrebbe inoltre, che nel reticello dorsale fosse stata minore l’attività formatrice, forse per deficiente nutri- zione, onde le dimensioni minori dell’Os parietale superius. Anche la fusione della Fonlanella obelica e lambdoidea e gli ossicini contenutivi sarebbero indiziali, a mio parere, di un processo di ossificazione poco attivo, ossia di sviluppo ritardato per nutrizione manchevole, senza che sia necessario di ricorrere per interpretarli all’idrocefalo meningeo, ed alla ipertrofia cere- brale, dei quali manca ogni traccia (*). (1) F. Frasserro, Su la probabile presenza di 4 nuclei d’ossificazione mel parielale dell'uomo e delle scimmie. Abdruck aus den Verhandhungen der Anatomischen Gesell- schaft auf der vierzehnten Versammlung in Pavia, von 18-21, April 1900. L. MacGI, Risultati di ricerche morfologiche intorno ad ossa craniali, cranio- facciali e fontanellari dell’uomo e d'altri mammiferi. Rend. R. Ist. lomb. di Sc. e lett. S. III, vol. XXX, fasc. XVI, 1897, p. 1164. (2) C. StaurENGHI, Contribuzione all'osteogenesi dell’occipitale umano e dei mammi- feri con rina nota sullo sviluppo del frontale e del parietale dell’uomo. Comunicazione fatta alla Soc. med. chir. di Pavia il 28 maggio 1897. L’esistenza di due nuclei d’ossificazione per ciascun Parietale umano venne dimostrata dal prof. C. ToLpr fino dal 1882. Die Knochen in gerichtlicher Beziehung, in MAskA, Handb. d. gerichl. Mediz., 3 Bd., p. 515. (3) Il CaLori, a mio avviso, ha dato eccessivo valore eziologico all’idrocetalo meningeo ed all’ipertrofia dell’encefalo nella produzione della anormalità craniche, 208 CESARE STAURENGHI Per tale difetto della nutrizione anche i due nuclei frontali non arrivarono a concrescere, e da cid una sosta nello sviluppo, ed un’altra varietà ontogenica. Tuttavia non essendo alterata la struttura delle singole ossa, nè la capacità cranica, parrebbe che l’encefalo, che alber- gava nel cranio in discussione, non avesse incontrato ostacoli da parte di esso al suo sviluppo fisiologico. Posto che sia esatta la formola del Manouvrier: capacità cranica X 0,87 = peso encefalico, Vencefalo del soggetto cui appartenne il cranio N. 174 sarebbe pesato g. 1,285, il che è senza dubbio normale, attesa l'età. - Nella Bibliografia recente sono menzionati, ch'io sappia, pochissimi casi di divisione bilaterale dei Parielali umani, ed incompleta nella maggior parte. Ho potuto riunirne otto. L. Calori ne pubblicò un esemplare nel 1866, osservato in una donna bolognese d’anni 37, nella quale la Sutura in/rapa- vietalis di destra si approssimava alla direzione perpendicolare, in maniera che il Pavietale corrispondente sembrava diviso in una parte posteriore-superiore, ed una inferiore-anteriore: a si- nistra la Sulura intraparietale era trasversale, e divideva il Parietale in una porzione superiore ed una inferiore (!). L’A. applica a questo caso la sua teoria accennata nella nota (3) (pag. 207), ed ammette, che in quella donna siasi for- mato nel periodo embrionale un idrocefalo esterno, per pres- sione eccentrica del quale sia stato ostacolato il movimento centripeto del processo ossificativo verso il nucleo osseo ordi- nario del Parietale, che, a suo dire, è unico, e nasce in corri- spondenza del futuro Tuber parietale, ribadendo l'errore, ripe- tuto nella massima parte dei Trattati di Anatomia umana. Per conseguenza la sostanza ossea, che andava ordendosi alla sua periferia, veniva distanziata da esso da uno spazio mem- hranoso, per modo che in seguito, secondo l’espressione dell'A.: “ ha fatto di sè centro di ossificazione a sé stessa ,, (?) ed in- erandendo, si è suturata infine col centro primitivo e colle ossa limitrofe. nella sua memoria: Intorno alle suture sopranumerarie del cranio umano e di quelle specialmente delle ossa parietali. (Mem. dell’ Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna, S. II, T. VI, 1866, p. 837), quantunque ne sia manifesto l'influsso in dati casi. (1) L. CaLoRI, l. e. (2) L..¢., p. 339, 340. VARIETA CRANICHE, ECC. 209 Nel caso illustrato dal Calori l'aumento numerico dei centri ossificatori parietali fu il minimo, mentre secondo la teorica dell’A. potrebbe essere indeterminabile, cosicchè egli stesso asserisce: “ E lentamente per aumento troppo rapido o per ipertrofia di “ cervello, ovvero per idrocefalo, ciò che è più frequente : l’os- “ sificazione anco dei parietali può soprammodo disturbarsi, e tanto che sonosi viste tali ossa convertite in una moltitudine “di wormiani ,, (1). Questa evenienza venne accertata anche ai giorni nostri da L. Bolk, da E. Hoffmann e da A. Kolisko. Il primo osservò nel cranio di un bambino l’area parietale di ciascun lato occupata da una quarantina di isole ossee di grandezza variabile, e disposte in serie (?). E. Hoffmann ed A. Kolisko nel loro * Trattato di Medicina Legale ., (6) danno la figura del Parietale sinistro di un bam- bino, diviso in circa nove pezzi principali, di cui alcuni suddi- visi a loro volta, e nel quale anche il Frontale sinistro era di- viso in sette ossicini. Evidentemente questi casi teratologici non corrispondono ad uno stadio dello sviluppo normale nè dell’Osso frontale, nè dell’Osso parietale, e sembrano dovuti: o alla frammentazione di Frontali e di Parielali già formati, od all’ostacolata unione . di gruppi di trabecole, che nelle condizioni ordinarie rapida- mente compongono due reticelli per ciascun Parietale, ed un solo reticello per ciascun ry'ontale. Il Calori, seguendo la sua teoretica concezione, ammette che, nel caso da lui descritto, l’idrocefalo esterno sia guarito, cagionando però una diminuzione di sviluppo della cavità cra- nica, ridotta alla capacità di soli cm?. 934. Nel riferire questa cifra lo Schwalbe aggiunge un punto d’interrogazione (4). Essa però è precisamente la medesima data dal Calori nel testo della sua memoria, coll’avvertenza, che la determinò con (1) L. c,, p. 339, 340. (®» L Bock, Ueber eine selir sellene. Verknocherungsanomalie der Hirnschiidel Pe- lrus Camper. Neder ladnsche Bijdragen tot de Anatomie, II D, 2 Afl. 1903. (3) Vol. II, p. 347, fig. 41. (4) G. ScuwanBe, Ueber getheilte Scheitelbeine. Separat-Abdruck aus der Zeitschrift tiir Morphologie und Anthropologie, Bd. V1 (S. 361-434), Stuttgart, 1903. 210 CESARE STAURENGHI procedimento proprio, al quale dà il nome di jtisura cubica matematica. Un altro esemplare appartiene a Smith Barclay, ed occorse in un abitante dell’alto Egitto. Trovasi elencato nelle tabelle della divisione del Parietale mediante una sutura, che corre- dano il Trailé des variations des Os du crane del prof. Le Double (4), e nella monografia citata dallo Schwalbe, che ne da il titolo (?). Il lavoro originale dello Smith Barclay non mi fu acces - sibile. Nel 1899 ne trovò un nuovo caso il prof. J. Ranke di Mo- naco, e fu l’unico fra 3000 cranii bavaresi adulti. Statistica assai approssimata colla mia. La Sutura intraparietalis era sagittale completa a destra, incompleta a sinistra (3). Due casi sono stati pubblicati da F. Frassetto (4). Uno si riferisce ad un cranio di neonato, morto a termine, del Museo Broca di Parigi, che, a mio criterio, sarebbe ammis- sibile per Specimien di Os parietale biparlitum bilaterale, se a destra il “ sillon sutural qui permet le passage de la lumiere, “ parce que le fond de ce sillon est formé par una fine trame Vaiguillettes osseuses ., fosse stato dimostrato per una effet- tiva Sulura parielalis horizontalis s. inlraparietalis. A sinistra questa sutura è sagittale (orizzontale) ed incom- pleta, per quanto rilevasi dalla descrizione. L'altro appartiene alle Gallerie d'antropologie del Museo di Parigi, ed era d’un feto di mesi sei, nel quale la divisione bilaterale è completa soltanto nel Parietale destro, per opera di una Sulura intvaparielalis, pressochè sagittale (orizzontale). Il sesto esemplare fu pubblicato da Terry Robert e concerne una bianca di S. Louis, la cui Sulura tilraparielalis era diretta diagonalmente dal Lambda al Pterion, e consociata, come nel (1) Pag. 107, Paris, 1903. (2) Smuru BarcLAyY, A case of divided parietal bone. Proceedings of the Anato- mical Society of Grat Britain and Ireland, February, Journ of Anat. and Physiol., Bd. 33, p. XXIV, 1899. (8) J. Ranke, Die dibersdhligen Haul Knochen des menschlichen Schiideldachs. Aus den Abhandlungen der K. bayer. Akademie des Wiss. II, cl., XX Bd., II Abth., Miin- chen, 1899, p. 4, 5, fig. 1, 2. (!) F. Prassevro, Notes de craniologie comparce, Extrait des Annales des sciences naturelles publ. sour la direction de M. Edmond Perrier, p. 157, 158, 159. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 211 caso che ho descritto, con grandi wormiani al Lambda e nella Sutura sagiltalis (*). E. Hofmann ed A. Kolisko, nel Manuale di Medicina legale già citato, delineano la Sutura intraparietalis bilaterale sim- metrica sagittale nei margini lambdoidei dei Parielali di due bambini (*), che nel disegno della fig. 39 vedesi estesa fino al Tuber parietale, in maniera da potersi considerare come Sutura intraparietalis bilateralis incompleta. A ragione gli AA. interpretano la divisione del Parieldle, quale conseguenza della mancata fusione dei suoi due nuclei ossificativi. Infine nella Tab. IV della monografia dello Schwalbe, già più volte richiamata, che comprende i casi sino allora noti di Parvietale bipartitum nei feti e nei fanciulli senza idrocefalia, al N. 4 sono citati i nomi degli italiani Pandolfini e Ragnotti, e di fianco nella colonna, che indica il soggetto esaminato, corrisponde la parola Foetus? Lo Schwalbe avverte nel testo: Den Fall von Pandolfini und Ragnolti citire ich nach Frassetto, da die Arbeit mir nicht zuginglich war (3), e più avanti conferma “ Pandolfini’s Fall “ ist mir leider nicht zuginglich gewesen ,, ('). Nelle medesime tabelle essendo crocesegnato il lato della divisione del Parietale, e ripetuto lo stesso segno per i due lati nel caso Pandolfini-Ragnolli, ne viene Villazione, che lo Schwalbe abbia classificato quell’esemplare per Parielale bipar- titum bilaterale. Ho potuto procurarmi la breve nota di R. Pandolfini e G. Ragnotti, che ho già citata più addietro. Stimo quindi conveniente di riassumere, quanto di essa può interessare l’ar- gomento in discorso. Gli AA. descrivono dapprima un caso di divisione del Parielale, che nel titolo è indicato per il destro, mentre nella (!) Terry RoBert J., Rudimentary clavicles and other abnormalilies of the Skeleton of a while woman. Journal of Anatomy and Physiology, vol. 33, p. 414 (cit. da G. Schwalbe). Î (?) Vol. II, p. 345, fig. 38, 39. Veggasi anche Hormanwx Pracer, Vierteljarhschr. CXXIII, 53: Zur Kenntniss der natiirlichen Spalten und Ossificationsdefecte am Sehéidel Neugeborener. Nell’esemplare della fig. 39 coesiste autonomo l’ossetto che, secondo la nomenclatura da me proposta, sarebbe il Nucleo interparietale mediale destro. (9) I. e. p. 389: (4) L. 0. pe 390: Wily? CESARE STAURENGHI descrizione si asserisce “ che attrae particolarmente l’atten- “ zione si è il fatto, che il parietale di sinistra si mostra diviso “ in due porzioni ,,!! Come fosse la realtà non è possibile di verificare, poichè, ad onta che gli AA. affermino, che quel fatto “ è rappresen- tato dall’annessa figura , questa manca fra le cinque dell’unica tavola!! Il cranio aveva appartenuto ad una delinquente. D'altro canto non è questo il caso, che possa maggiormente interessare, ma piuttosto ciò che gli AA. osservarono in due em- brioni. “ Nella raccolta di embrioni umani, scrissero essi, pre- “ parati durante questo anno scolastico secondo il metodo di “ Schultze (alcool e potassa) abbiamo due casi di parietale bi- partito. ,, “ In uno di questi ciascun parietale risulta di due porzioni “ perfettamente uguali, le quali per la loro struttura chiara- “ mente mostrano di essersi sviluppate a spesa di due punti ~ distinti di ossificazione. ,, Nell’altro caso invece ciascun parietale appare diviso in una porzione superiore più grande, ed una inferiore, più piccola. Questi parietali embrionali, secondo me, non possono interpre- tarsi siccome bipartiti per varieta ontogenica, poichè, ripeto, anche per mia osservazione sugli embrioni, il Paretale umano si ossifica per mezzo di due nuclei o reticoli ossei. Passano poi gli AA. a dire delle Fessure parietali, che dal margine posteriore dell'osso decorrono parallele alla Sutura sagillale, e rigettata l’ipotesi dell’Albino, che nel. terzo poste- riore del margine sagittale dei Parietali la raggiatura ossea sia più limitata, e che fra i diversi aghi esista un gran numero di fori — poichè la stessa disposizione occorre anche nei margini posteriore, anteriore ed inferiore — sono d’avviso, che le Fes- sure parieltali siano in relazione “ col fatto della frequenza in “ taluni casi di due punti di ossificazione per il parietale, i quali, nel corso ulteriore dello sviluppo per condizioni dif- ficilmente determinabili, avrebbero avuto tendenza a sal- darsi parzialmente. La fessura parietale starebbe ad indicare il tratto nel quale la fusione dei due punti non è avvenuta. ,, Santini in uno studio: Sulle varietà ossee della testa, con- (otto parimenti nell’istituto anatomico dell’Università di Peru- gia, ed inserito negli Annali della Facoltà di Medicina di quell’Università, e poscia compendiato nella “ Gazzetta medica VARIETÀ CRANICHE, ECC. 213 lombarda ,, (!) nel quale è ripreso lo studio del teschio della donna illustrato da Pandolfini e Ragnotti, perchè il prof. Giuf- frida Ruggeri a proposito di ricerche sulle ossificazioni suturali lambdoidee sollevò dei dubbii sul significato di quella varietà del Parietale, VA. conferma il giudizio di Pandolfini e Ragnotti, ed accetta, che trattavasi di vera e propria divisione del Pa- riclale. Non avendo potuto disporre del lavoro originale del San- tini, non stimo d’entrare in discussione, solo osservo, che, se il riassunto della “ Gazzetta medica lombarda , risponde al vero, le seguenti parole: “ poichè è oramai noto (Frassetto) come “ dei possibili nuclei di ossificazione del parietale i due poste- “ riori sarebbero più piccoli per il fatto, che la sutura verticale “ trovandosi in corrispondenza dell’obelion divide l’osso in due “ porzioni disuguali, di cui la minore sta posteriormente “ situata , che rappresentano per il Santini un caposaldo per la critica, dal mio canto non posso accettarle come legge. Poichè, se il Parietale umano fu realmente trovato diviso in un numero qualsivoglia di isolette ossee, questa straordinaria disposizione, che ho poc'anzi rammentata, si avverò per condi- zioni teratologiche, mentre, secondo la mia esperienza, l’asser- zione d’un numero ordinario di nuclei ossificatori del Parietale superiore a due — come pretesero L. Maggi ed Fr. Frassetto — non è che una affermazione avventata, senza fondamento di fatto nell’osteo-craniogenesi fisiologica (*). Nella Bibliografia antica ho rintracciato tre casi di Parie- tali umani bipartiti nei due lati del cranio. Il primo fu descritto nel 1797 da A. Murray e Fr. Schultzen (1) N. 44, 1° novembre 1903. (2) Nello stesso sunto trattando l’A. della “ Divisione verticale della squama del temporale , ricorre ad una legge, che dice formulata dal Frassetto, e cioè : * Tra due nuclei di ossificazione e solo quivi può formarsi e persistere una sutura. , A mio giudizio questa così detta legge non è altro, che la ripetizione con parole diverse (nucleo invece di 0ss0) «lun canone enunciato da Carlo Gegenbaur sino dal novembre 1838 nel Morph. Jahrb. e che adottai per norma delle mie ricerche d’osteo-craniogenesi, a cominciare dal primo lavoro, pubblicato nel 1891: Dell’inesi- stenza di ossa pre e postfrontali nel cranio umano e dei mammiferi. Milano, 1891 (inesi- stenza intesa esclusivamente contro le asserzioni di Rambaud e Renault e. v. Jhering) ove è riferito a p. 65: Stabili il Gezenbaur che: “ Sutura non è ogni orlo residuo, 0 solco, o scabrezza alla superficie di un osso, ma alcunchè di ben determinato vale a dire il luogo di unione di due ossa che erano disgiunte. , 214 CESARE STAURENGHI e si riferisce ad un cranio di neonato idrocefalico, del quale é detto: Os bregmatis utrinque ex transverso bipartitum fuisse (1). Il secondo venne osservato da A. K. Hesselbach in un ra- gazzo non affetto da idrocefalia. La Sutura intraparielalis era sagittale (orizzontale) a destra, ed obliqua a sinistra (?). Il terzo fu reso noto in un cranio tedesco da Th. Soemme- ring nel 1826. La Sulura intraparietalis era sagittale, con disposizione simmetrica, ed associata colla Sulura melopica s. bifrontalis (*). Pertanto le osservazioni di Os parietale bipartilum bilale- rale dell’uomo, che ho potuto racimolare dal 1797 ad oggi, som- mano ad 11, compreso il caso descritto, ed elisi un caso, per me dubbio, del Frassetto, e quelli di R. Pandolfini e Ragnotti sugli embrioni. Riassumendo: questa varielà fu ritrovata presso varie na- zioni (Alto Egitto, America, Germania, Francia, Italia); in cranii dei secoli passati (caso di Soemmering e mio) e dei giorni nostri (Calori, Barclay, Terry Robert, Hoffman-Kolisko), e di età differente (feti, neonati, giovani, adulti). In alcuni casi la divisione era parziale (casi di J. Ranke, Fr. Frassetto, E. Hofmann, A. Kolisko). Nella maggior parte la direzione della Sulura intraparietalis era sagittale ed orizzon- tale (nei due lati, nei casi di J. Ranke, Fr. Frassetto, E. Hof- mann ed A. Kolisko, A. Murray e Fr. Schultzen, Th. Soemme- ring: al lato sinistro nel caso di L. Calori, ed al lato destro in quello di Hesselbach. Meno frequente si osservò obliqua sino quasi alla vertica- lità (lato destro del caso di L. Calori, lato sinistro del caso dell’Hesselbach). Aveva direzione diversa nei due lati nei casi di L. Calori e dell’Hesselbach e una diversa estensione nei Casi di J. Ranke, di Fr. Frassetto, di E. Hofmann ed A. Kolisko. (1) Murray A. und Scuunrzen Fr., Moelus hydrocephalo interno concepli descriptio, quam pracs. Adolpho Murray pro gradu p. Fredericus Schultzen phil. mag. Upsal, 26 April 1797. Referirt von Rudolphi in Schwedische Annalen der Medicin und Naturgeschichte , 1 Bd., 1 Heft. 1799, S. 113-125. Citato da G. Schwalbe, 1. c., p. 438 e J. Ranke, 1. c. p. (2) HesseLsaca, A. K., Beschreibung der pathologischen Priiparate welche in Konig- lichen anatomischen Anstalt in Wiirsburg anfbewart werden. Giessen, 1824. (3) Tu. SoemmerING, Zeitschrift fiir Phys. von F. Tiedemann G. R. und L. Ch. Treviranus, Bd. II, Heft T; Ss 1, Darmstadt, 1826. Taf. 1, fig. 1 und 2. Citato da J. Ranke, 1. c., p. 14. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 215 In un esemplare (Th. Soemmering) teneva direzione e dispo- sizione simile nei due lati. Era consociata colla Sutra meto- pica della volta nel caso di Th. Soemmering, o con grandi vor- miani al Lambda e nella Sutura sagittale (caso di Terry Robert) o coll’idrocefalo (A. Murray e Fr. Schultzen, L. Calori [?]). La direzione variata della Sutura intraparietalis è un feno- meno secondario, e, a mia opinione, d’attribuirsi all’attività formativa disuguale dei due nuclei ossificatori per cause on- togeniche sconosciute, ma che non ostacolano il risultato finale della formazione della parete ossea corrispondente del Tegmen cranii, sicchè non prova di per sè l’esistenza di un numero di nuclei superiore a due nell’ossificazione ordinaria del parie - tale umano. ‘Nessuno dei casi noti conteneva la Sulura inlraparietalis curvilinea od arcuata, nè associata ad un tempo colla Sutura melopica e con wormiani lambdoidei e sagil'ali, ossia cogli ossicini obelico-lambdoidei, come nell’esemplare che ho presen- tato, nel quale è inoltre completa nei due lati. Ritengo quindi che tale esemplare sia dei più rari, e per le sue peculiari disposizioni ho stimato di darne una descrizione particolareggiata. A fine di differenziare la divisione vera del Pavielale dalle pseudo od apparenti, simulate da solcature, da certe fes- sure marginali. o da ossicini suturali periferici — segnatamente lambdoidei — che ne invasero l’area, ed intorno alle quali si disputò a lungo in questi ultimi anni, specialmente in Italia, ho raccolto gli esemplari N. 175, 189, 213 (1). (1) Veggansi tra le pubblicazioni italiche: R. Fusari, Sulla divisione e sulle fessure marginali dell'osso parietale nella specie umana. Archivio per le scienze mediche, V. XXVIII, 1904. F. Frasserro, Parielali triparlili in crani umani e di scimmie. Monit. zool. ital., Anno XV, N. 12, decembre 1904. Giorrripa Rueerrt V., Gli pseudo parielali tripartiti del Frasselto. IA. Anno XVI, N. 3, marzo 1905. F. Frasserto, Per un parietale tripartito-supposto inesistente. TA. id., N. 7-8, luglio- agosto 1905; 7 e tra le estere nell’Handbucb der Anat. des Menschen in acht Biinden von D. Karl von Bardeleben, Abth. II, Kopf von Prof. D. Grat. Spee., Jena, 1896, p. 114 115 e segnatamente la monografia del Prof. G. Schwalbe: Ueber getheilte Scheitelbéin ecc., p. 391. Di recente ho preparato il Tegmen cranii di un feto di E. Caballus, degli ultimi mesi della gestazione, nel quale, al lato destro, è uno di quelli ossicini lambdoidei rettangolare endo ed esocranico lungo mm. 23, largo mm. 13, mobile, il cui margine 216 CESARE STAURENGHI III. — Dimostro ora il cranio N. 76 di un adulto dai 35 ai 40 anni. x E Ovoides latus, ed ha le craniometrie che seguono: Capacità. =. nità cm ® 1460 Mor oesta lo) Peso: eo RR e Le Wu DE, TOU) Diametro antero-posteriore cm. 18 5 DEAS WETSOM rect: ce 13,50 È, Verbicaloti zi. ar 13 Circonferenza orizzontale . .. DI E sagittale. . , 535,50) s Verticale. =. 30,50 Larghezza bizigomatica —. .. 11,5 (iperstenozighico) Altezza facciale. i. 0% , 5,6. (ipercamegnatico) Lunghezza del profilo . . , 9 ae ey re LS 5 Pee a MIN. IVI (microprosopo ) me (D (mesocefalo ) 72.22 (ortocefalo) nasale 71,42 (iperplatirrino) » _ Orbitario BI 83.72 (mesoconchio) Angolo del Camper (secondo Broca) 77° Indice cefalico . Verticale hea te at Questo teschio ha aperte tutte le suture del Tegimen craunii, Nei due lati è interposto un wormiano fra Ala magna del’ Os sphenoideum e VOs frontale, e tra VOs squamosum e VOs parietale; il Foramen mastoideunr sinistro è duplice. È fratturato bilateralmente il Processus zygomaticus del- VOs temporale; vi sono tre perforazioni accidentali sulla su- perficie dorsale (posteriore) del Processus mastoideus dell’Os temporale, ed altre nell’Os planwm, nell’ Os lacrymale, nella Pars orbitalis dei frontali, ed ai lati del Moramen intraorbi- tale destro. Sono distrutte bilateralmente: la Concha inferior, e la Pars horizontalis dell’Os palatinum. Guardando la metà sinistra della Squama occipitatis del detto teschio (Tav. VII, fig. 5, sq. occ.) balza all’occhio una caudale partecipa alla formazione della sutura lambdoidea, e col corpo e cogli altri margini si estende nell’area del parietale destro. Poichè, mi risulta che sia il primo esempio riscontrato nel cavallo, intendo di pubblicarne una relazione. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 217 straordinaria formazione che, per quanto so, sarebbe ora la se- conda volta, che viene riconosciuta. È una robusta apofisi, o processo conoideo, somigliantissimo al Processus mastoideus S. mamillaris dell’ Os temporale, alla quale puo darsi la denominazione di: Processus mastoideus s. mamillaris della Squama occipitalis, o più semplicemente Processus mastoideus s. mamillaris occipitalis, che vale anche a definirlo. Pende con dimensioni cospicue — altezza mm. 30, dia- metro della base mm. 20 — dalla metà sinistra della Squama occipitalis (rispettivamente dall’Os supraoccipitale), diretto verso la colonna vertebrale (Pr. m. occ.). Esso nasce immediatamente sotto alla metà mediale della Linea nucha superior (1. n. sup.), circa 25 mm. lateralmente alla linea mediana (1. n. med.), 12 mm. medialmente alla Sutura mastoidea occipitalis (s. ma. occ.), ed occupa colla base la parte di mezzo dello spazio fra la Linea nucha superior, e la Linea nucha inferior. La sua presenza apporta un mutamento bizzarro nella confi- gurazione della parte posteriore del cranio, che, visto da questa norma, sembra fornito di tre Pyocessi od Apofisi mastoidee 0 mammittari, due dei quali sono gli ordinari: Processus 724 - stoideus dell’ Os temporale (pr. m. t.). La superficie del Processus mastoideus occipitalis è di so- stanza ossea compatta continua colla Tabula erterna della Squama occipilalis. È uniformemente liscia, come levigata nella parte visibile nella norma posteriore, che è la maggiore: nel restante, che prospetta direttamente la Squania occipilalis, è rugosa e scabra, ed alquanto flessa ad angolo diedro ottuso. L’apice è fenduto da una sottile /ncisu'a, denominabile Incisura nasloidea occipilalis, sagittale, delineata nel disegno (Inc. m. occ.). Avendo voluto presentare il pezzo anatomico in- tegro, resta da ricercare la struttura interna del Processo ma- stoideo occipitale. Un piano orizzontale tangenziale al suo apice, giacerebbe 7 mm. caudalmente dal contorno dorsale del Foramen occi- pitale (fo. occ.). Esplorando attraverso a questo la Fossa cerebelli sinistra, nel distretto di contro alla base del /'ocessus mastoideus occi- pilalis, si riscontra uniforme, ed un po’ più concava della destra. 218 CESARE STAURENGHI Anche coll’ esame esocranico appare, che la metà sinistra della Squama occipilalis sotto alla Linea nuche superior sporge più che la destra, sicchè immediatamente a sinistra della linea mediana (1. n. med.) havvi una convessità, e a destra, in posizione simmetrica, una fossetta. Nella metà destra non esiste alcun aggetto straordinario; vi si nota la Linea nucho superior più prominente nel tratto mediale: la Linea nucha inferior è sporgente soltanto nel segmento di mezzo. La Proluberantia occipitalis externa (pr. occ. ext.) è fog- giata ad uncino ricurvo in basso; la Linea nucha suprema è bene differenziata. Circa il significato morfologico del Processus mastoideus occipitatis, pur riserbandomi di riprendere l'argomento, anticipo, che da apposite ricerche istituite bilateralmente sopra 9 cada- veri di adulti e vecchi (5 maschi, 4 femmine) nell’Istituto ana- tomo-patologico dell’Ospedale Maggiore di Milano, mettendo in rapporto preciso le asperità, le creste, ed i processi della Squama occipitatis colle inserzioni dei Muscoli della nuca, ho assodato: che nella medesima topografia della base del Processus #4- stoideus occipitalis havvi soventi un rilievo di forma variabile (cresta, apofisi) bene differenziato, di solito bilaterale, che era sviluppato maggiormente in un uomo d’anni 48, il quale, a ca- gione del mestiere, doveva portare ogni giorno sul capo dei carichi molto pesanti (*). Dagli esami coordinati, risultò che alla detta cresta 0 spor- genza apofisaria si inseriva il M. obliquus parvus o M. obliquats capitis superior, onde può ricevere la denominazione di Cris/a s. Processus musculi obliqui parvi, che sostituisce in gran parte le scabrezze, che stanno sotto alla Linea nucha superior, sopra e lateralmente al M. veclus capitis posterior major, notate nei trat- tati di Anatomia sistematica (*). Anche fra i teschi della “ Rotonda , ho potuto scegliere un numero non scarso con creste o processi apofisarii di varia di- mensione omotopi, o vicinissimi all’ubicazione del Processus nia- stoideus occipitalis, e che ho compresi fra le varieta dell’occi - pitale. (!) Cadavere N. 245, del mese di maggio p. p. P. es. G. Romiti, Trattato di Anat. dell'uomo: Miologia. Vol. I, P. III, fase. 13 e VARIETÀ CRANICHE, ECC. 219 Tali esemplari conservati nel Museo civico di Storia natu- rale faranno parte del mio studio definitivo, insieme coll’esame comparativo, a fine d’indagare, se il processo in questione sia una varietà od anomalia per il cranio umano. Ciò che mi sembra da eliminare fin d’ora è il giudizio di formazione patologica, poichè, oltre la mancanza nel Processo mastoideo occipitale di qualsiasi nota indiziale di un processo morboso, ho potuto tener dietro sopra gli esemplari della * Ro- tonda ,, agli stadi avvicendantisi della sua configurazione e cre- scente grandezza, come per gli organi, e particolarmente per il Processus mastoideus teniporatis che imita, come dissi, con simi- litudine sorprendente. Ponendo mente a ciò parrebbe, che il Processus mastoideus occipitalis fosse stato prodotto da funzioni analoghe, ed esclusa evidentemente quella di cavità pneumatica, sembrerebbe possi bile, che avesse servito d’impianto o ad organi fibrosi, quali lega- menti, o fascie, o tendini di muscoli normali od anormali della Regione nucale. Dalla descrizione data del P,'ocesso mastoideo occipitale dedu- cesi, che la maggior parte della sua superficie è glabra, come la porzione del Mastoîde temporale, non occupata dalle inserzioni muscolari, e che ad onta del volume soltanto la piccola parte scabra e riposta del processo stesso ha le note caratteristiche delle inserzioni di tessuti fibrosi. Senonchè nel Planwinr nuchale sottogiacente alla Linea nuche inferior non si ravvisa, a mio criterio, quale delle apo- neurosi o legamenti normali potesse trovarsi con tali disposi- zioni da abbarbicarsi a quella piccola superficie scabra (!). Si può fare eccezione della Solca/ura digastrica dell’apice, tut- tavia essendo essa appena cennata, e molto ristretta, e però delicatissima la fascia, che per supposto vi si fosse inserita, mancherebbe la condizione principale per considerarla come unica causa efficiente di un Processo tanto sviluppato. Come si comprende, la soluzione del quesito, o la prova certa, non potendosi raggiungere. colla sola scorta della logica occorrerebbe, seguendo il metodo sperimentale, ricercare le condizioni di fatto colla dissezione di una Regione nucale nella (1) Conf. Fr. Merxen, Hand. des top. Anat. zum gebrauch fiir Aerize. TI Bd., I Lief. Braunsweig. Hintere Halsgegend, p. 161. 220 CESARE STAURENGHI quale fosse un Processus mastoideus occipitalis in condizioni eguali, o molto simili a quello esaminato. In mancanza di questa eccezionale e fortuita occasione, la causa prossima dell’origine di quel Processo, non si può che indurre dalle osservazioni consimili. Dai reperti dalle mie dissecazioni, e dalle ipotesi che se ne ponno trarre, sono incline ad interpretare il Processus mastoi deus occipitalis, come organo d’inserzione di un muscolo ordi- nario, che nel soggetto al quale aveva appartenuto il cranio N. 76 abbia subito una variazione. Questo muscolo per conseguenza di ciò che fu premesso, sarebbe il M. obliquus parvus s. superior, il quale, come è saputo, proviene per filogenesi insieme col M. obliquus inferior dalla porzione laterale differenziata dalla massa muscolare unica dei Rettili per la penetrazione entro di essa del Ranius dorsalis del II nervo cervicale (1). Onde il processo in discussione potrebbe essere anche deno- minato: Processus musculi obliqui parvis. superioris, divenuto ipertrofico. È per ciò, e perchè esiste solamente al lato sinistro, mi pare probabile una modificazione correlativa nel muscolo ordinariamente esistente, che vi si aggrappava. Dalle osservazioni anatomiche conosciute intorno alle va- rietà morfologiche del M. obliquus parvus dell’uomo deducesi, come avvisa il Testut, che sono scarse e poco importanti. Si sa, che Flower e Murie lo rinvennero duplice in un boschi- mano (*), e che anche Macalister osservò la stessa variante (*). Alle volte può estendere l’inserzione sino al Processus mastoi - deus lemporatis (Theile), e ne può esistere un fascio isolato dall’Apofisi trasversa del’ Atlante al medesimo processo (4). Attenendosi alle varietà note, sembrerebbe, che nell’esem- plare N. 76, il M. obliquus parvus: o fosse stato duplice, ed il ventre superiore inserito al /7'ocessus mastoideus occipitalis, 0, (!) C. GeGeNBAUR, Lehrb. der Anatomie des Menschen, III Aufl., I Hiilfte. Leipzig, 1888 p. 330. (*) L. Testor, Les anomalies musculaires ches Vhomne eapliquées par l'anatomie comparee. Pris, 1884. 8) A. F. Le DouBire, Trailé des variations du systéeme musculaires de l'homme el leur signification au point de vue de V Anthropologie zoologique. Paris, 1897, T. I, p. 225. (4) G. Romiti, l. c., p. 537. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 221 come nel caso di Theile cioè essendo unico, lo stesso mu- scolo anzichè spingersi sino al Processus mastoideus tempo- ralis si fosse arrestato al Processus mastoideus occipitalis. Nell’uno e nell’altro caso il Muscolo piccolo obliquo, pren- dendo punto fisso alla sommità del Processus trasversarius dell’ A/as, poteva esercitare forti trazioni sul suo attacco occi- pitale, mentre estendeva ed inclinava il capo a sinistra. “ È cosa da lungo tempo conosciuta — riconferma anche “ Hirsch — che ai punti d’inserzione dei tendini e dei lega- “ menti corrispondono linee aspre, prominenze ossee, vere creste, “e che tali inspessimenti della parete ossea diventano tanto più “ notevoli quanto più vigorose le trazioni esercitate dai muscoli “e dai legamenti. I solchi e le doccie non sono stampati nel- “ l’osso, ma procedono dall’osso, che escresce lateralmente in “ forza di trazioni le quali si applicano ed operano ai margini, “che limitano i solchi in parola ,, (1). Per tale meccanesimo si potrebbe interpretare, come negli altri teschi della “ Rotonda , dalla semplice cresta del M. pic- colo obliquo si giunga ad un’apofisi di dimensioni crescenti nei singoli individui, cosicchè ricomparendo per trasmissione ere- ditaria dei caratteri acquisiti abbia acquistato in qualche sog- getto un’eccezionale grandezza, modificandosi per correlazione anche il detto muscolo. Per altro considerato che le dimensioni del Processus ma- stoideus occipitalis del cranio N. 76 superano quelle consuete del Processus mastoideus dell Os temporale, che dà inserzione come è noto a quattro muscoli (M. splenius capitis, M. complexus (minor), M. slerno-cleido-mastoideus, M. biventer maritla infe- rioris s. digastricus) di cui i primi tre molto possenti, parrebbe, che la causa del suo considerevole volume non fosse stata esclu- sivamente meccanica (trazione), ma altresì fisiologica per azione dello stimolo locale, onde intensificazione dei processi nutritivi, ed eccitazione dell’attività degli osteoblasti rispetto alle parti ossee vicine e del lato opposto, reazione biologica, che nel sog- getto, cui aveva appartenuto il cranio N. 76, risultò per condi- zioni ontogeniche. più intensa che in altri, e di grado uguale, (!) Hirscu, Die mechanische Bedeutung der Schienbeinform. Berlin, 1895, cit. da Anzoletti: Intorno al potere dei muscoli nel determinare la forma delle ossa. Archivio di Ortopedia, Anno 20, N. 4, Milano, 1903, p. 250. 222 CESARE STAURENGHI o quasi, all’esemplare assai simile, reso noto nel 1890 dal pro- fessor L. Frigerio, direttore del Manicomio provinciale di Ales- sandria. Egli da uno scavo eseguito in questa città, in un posto ove esisteva, or fanno due secoli, un convento, cavò un teschio con un processo osseo nella metà sinistra della Squama occi- pilalix, il quale, come appare dalla figura accompagnante la sua Nota, aveva spiccatissima similitudine per la forma, per la topografia, e per le dimensioni con quello, che ho presentato. Questo accidente, che sarebbe strano per un esostosi 0 per un osteofito, si può comprendere per due organi omologhi, omotopi ed analoghi (!). Il prof. Frigerio, suppose che quel pro- cesso osseo desse inserzione ad un muscolo anomalo. Il processo sopra descritto è formazione peculiare, che non ha rapporto con altri processi noti della Squama occipitale (p. e. il Processo paracondiloideo) che hanno topografia diversa, nè, a mio vedere, esso riproduce alcun particolare dell’architet- tura propria delle vertebre. IV. — Una disposizione rarissima dell’Os interparietale (Os Incae unicum), che viene enunciata presumibilmente per la prima volta, si coglie in un cranio senile ellipsoides paralleli pipedoides segnato col N. 28, ove quell’osso (Tav. VIII, fig. 6 int.) è già coalescente coll’Os parietale (pa.) colla maggior parte del suo Margo parictalis, rimanendone liberi soltanto due tratti laterali simmetrici (s. pa. int.), il sinistro lungo mm. 35, ildestro mm. 45. Per contro il Margo sopraoccipilalis dello stesso Os Incae è interamente libero, e provvisto di dentellature seghettate nei lati, che compongono coll’ Os sopraoccipitale s. occipitale superius (su. occ.) la Sulura transversa squamae occipitis (s. tr. sq. occ.), che per conseguenza è tutta aperta (°). Al lato destro nel piccolo spazio limitato dal margine laterale dell’Os interparietale (int.), ed in basso dall’Os soprac- (1) L. Frigerio, Intorno ad un'anomalia cranica non ancora descritta. Rend. R. Ist. lomb. di sc. e lettere, vol. 23, 1890, p. 609. (®) Di questa varietà non trovai menzione, oltre che nei trattati d’anatomia umana, che potei consultare, anche nella monografia di H. WeLCKER: Abnorme Schiidelniihte bei Menschen und Antropomorpken. Leipzig, 1892, taf. I, II, e nella mono- grafia citata di J. Ranke, ed in Anounrcnuin, Di alcune anomalie del cranio umano, e spe- cialmente della loro diffusione secondo le razze. Boll. della Soc. imp. degli amatori delle Scienze naturali, dell’Antropologia ed Etnografin presso l’Università di Mosca. T. XXXVII, Disp. 3*, Mosca, 1880 (russo). VARIETÀ CRANICHE, ECC. 223 cipitale (su. occ.) e dalla base del Processus irastoideus, ed in alto dal Margo mastoideus del’ Os parietale, sono contenuti due ossicini sopranumerarî, che per la postura, nonché per la picco- lezza, non sono d’ascrivere a mio giudizio ad Ossicini inlepa- rielali laterali (*), sibbene agli Ossicini fontanellavi asterici dorsali (0. as. d.). L'angolo simmetrico del Parietale sinistro si articola col sopraoccipitale formando la Sutura parictalis sopraoccipitalis (S. pa. s. OCC.). Ne segue che VOs Incae (int.) di questo esemplare era fuso in gran parte colle Ossa parielali (pa.) nei tratti indicati con a, a' e prossimo a sinostosarsi coi medesimi nei tratti b, b' innanzi di fare assimilazione coll’Osso supraoccipitale (su. occ.), di modo che si sorprende in atto una singolare varieta per l'Uomo, che rispecchia una disposizione stabile nei Rosicanti e nei Ruminanti (1), epperò sembrerebbe per esso un segno d’in- feriorità morfologica. Infatti, come si sa, nel cranio umano, ed in quello dei Carnivori e Primali, VOs Incae partecipa al complesso occipi- tale, facendo sinchisi dapprima col Supraoccipitale, ed entrando in tale maniera nella compagine della Squama occipilalis. In questo cranio inoltre è prossima la sinostosi della Sutura biparielalis (s. bi. pa.), sono aperte: la Sudura coronalis ad ec- cezione delle estremità laterali, la Sufura squaniosa parielalis, ela Sutura frontalis sphenoidalis (Ala magna), e, sebbene abbia i caratteri della vecchiezza, permane un avanzo (nasale) della Sutra metopica). La Concha inferior e la parte libera dell’Os nasale sono distrutti, e scomparsi per atrofia: Varcata alveolare destra, e gli alveoli dei denti incisivi di sinistra. Aggiungo le cranio- metrie: Capacita, Most. Eat to 1460. (Mmesniocesalo) PESO. iP way O le et 000 Diametro antero-posteriore cm. 17,2 ss UGASVOLIOE linea 13,5 5 Vervicale, be ol wy 15 (1) C. Greaengaur, Vergl. Anat., Bd. I, p. 402. 294 CESARE STAURENGHI Circonferenza orizzontale . cm. 50 sagittale . ,, 37 = verticale . ,, dI Larghezza bizigomatica . , 11,2 (iperstenozighio) Lunghezza del profilo 3 8,50 Indice cefalico eS 78,48 (mesocefalo wi. sawerticale: tree: lt ates srs 75,58 (ipsicefalo) mz vnonbibale: palatino, Ari — 67,34 (leptostafilino) Angolo del Camper (secondo Broca) 74° Ho messo assieme 17 esemplari del Pyocessus parietalis dell’Os squamosum, e parmi, che dal loro raffronto sia possi- sibile di tracciarne l’origine, lo sviluppo ed i rapporti. Tale processo sarà forse in seguito da classificare fra le va- rietà del cranio umano, avendone il prof. U. Zimmerl riscon- trato l’omologo ed omotopo in un Macacus nemestrinus (1) ed io di questi giorni in un Felis catus dom. adulto, del quale fu delineato lo scheletro cefalico nella Norma lateralis sinistra nella Tav. VII, fig. 9, e nelle condizioni in cui venne raccolto, cioè mancante della Squama occipitalis, e con frattura del P,'0- cessus zigomaticus sinistro. Nonostante, essendo integro il resto del cranio, può prestarsi per dimostrare il Processus parietalis (pr. pa. sq.) dell’Os SQUAMOSUMI. Questo processo è triangolare, dell’altezza di 2 mm. (diretto quasi verticalmente in alto), e termina superiormente affilandosi entro il principio di un solco sottile, lungo mm. 4, che sale perpendicolarmente sul Parielale, e che ritengo arterioso per omologia e per omotopia col solco osseo. che segue al Processo parietale umano. Nella stessa fig. 9 vedesi uscire nella parte caudale del Margo parietatis un altro di questi dentelli, sul quale ritornerò nel- l’appendice. A destra, il contorno dello Squ470s0 è semplice per avere poche e piccolissime dentellature, come d’ordinario nel gatto. Un altro cranio di Felis catus dom. adulto della mia colle- zione porta a destra un Processus parielalis triangolare, della altezza di 2 mm., ma diversamente che nell’esemplare descritto il Solco arterioso parietale, anzichè avere diretto rapporto con esso, compare 5 mm. sopra al suo apice, e prosegue per altret- tanti, essendo uniformemente liscio lo spazio interposto fra li essi. Nei due Felis catus doni. esaminati Vorigine del Processus (1) U. Zimmerc, Ricerche analomo-comparale sul canale intrasquamoso di Gruber. Parma, 1905, tav. I, fig. III. VARIETÀ CRANICHE, ECC. 227 parielalis aveva luogo immediatamente dinanzi al Porus acu- sticus externus, come osservò Cutore anche nell’uomo. Per osservazioni recenti sui cranii fetali degli Equidae posso asserire, che anche in essi accade di trovare un processo parietale più differenziato, che accompagna un solco vascolare della superficie laterale del Par'ielale. Nella Tav. VIII, fig. 8, è riprodotto per raffronto un esempio di solco arterioso, che nell’uomo segue di frequente al Processus parielalis dell Os Squamosum, quale esiste nel cranio dell’a- dulto N. 87. C. Cutore (l. c.) ha dimostrato sopra teschi umani, che il Solco arterioso, che segue al Processus parietalis ricetta un ramo perforante dell’Ay/eria meningea media, come aveva arguito Giuffrida Ruggeri, che però non ha decorso interstiziale, bensì intraosseo temporale. Perciò il Solco arterioso in discorso potrebbe qualificarsi a mio avviso: Sulcus meningeus erocranicus parietalis. Cutore ritiene che, attesa la mancanza del Solco tem- poro-parietale ogni volta che si riscontra il canale anomalo intraosseo sopradetto, ed anche perchè l’apertura esocranica di questo trovasi ordinariamente sopra il Medlus acusticus eaternus, l'arteria decorrente in esso sia omologa a quella, che è accolta nel Solco parieto-temporale, e che procede, a seconda degli Au- tori, o dall’ Arteria temporalis profunda posterior, 0 dall Arleria lemporalis media. La confusione fra queste arterie sembra oramai tolta dalle diligenti osservazioni fatte in seguito da M. Chériè Ligniére, dalle quali si conclude: i solchi ossei arteriosi della Fossa teni- poralis, considerati sistematicamente, sarebbero due: il Sulcus arterie temporalis medie, o Solco tenporo-parietale, e quello più raro, dato dal ramo periosteo dell’ Arleria temporalis pro- funda posterior, che anastomizzandosi colla prima forma Va7- cata di Barkow (1). A questi è ora d’aggiungere il Suleus meningeus erocranicus parietalis, di solito in rapporto col Processus parielalis, e che rappresenta al di sotto della Linea temporatis inferior il pro- seguimento d’un canale intraosseo, nel quale è accolto un ramo meningeo, e quindi indipendente dalle collateterali dell’ Ay/eria (1) M. Cnirmò Lieximre, Sulle arterie della fossa lemporalis dell'uomo. Monit. zool ital., anno XVI, N. 9, settembre 1905, p. 277, 283. 228 CESARE STAURENGHI temporale media e dell Arteria temporale profonda posteriore, ed anche dal Canale di Gruber, che attraversa la Squama tem- poralis ('!). Diversamente dagli altri solchi il Suleus meningeus erorranicus parielalis, come è implicito nella denominazione, decorre esclusivamente sopra il Pa7ietale. Essendo incostante la coesistenza del Processo parietale dello Squamoso col Soleo meningeo esocranico parietale, non è ammissibile, che interceda fra loro rapporto di causa ad effetto. L'osservazione mostra soltanto, che il Pr'ocesso parietale si adatta conformandosi all’eventuale Solco arterioso. D’altro canto l’esperienza prova, che i processi ossei, anzichè con organi vascolari, sono più soventi in rapporto con inser- zioni muscolari, onde sarebbe da ricercare: se il Processo pa- r'ietale dello squamoso, massime quand’è molto sviluppato come nel cranio N. 164, dia inserzione a qualche lacerto più differen- ziato del M. crotafite, come sarebbe parimenti da indagare, se vabbia qualche specie dei mammiferi, ove il detto Processo sia così frequente da ritenersi formazione ordinaria rispetto alla percentuale pure da determinarsi per l’uomo, anche a seconda delle razze. Ciò che mi propongo di fare in seguito. Aggiungo in appendice, che nel Zeitschrift fiir Morphologie und Anthrophologie, Bd. X, Heft 3 (ausgegeben am 31 August 1907) comparve un lavoro in forma riassuntiva del professore B. Adachi intorno al Pr'ocessus parietalis squamae temporatis (*). Questo titolo potrebbe cagionare equivoco, quale sinonimo di quello che ho proposto, se bene in fatto non gli corrisponda. (1) W. Grugrr, Abhandlungen aus den menschlichen und vergleichenden Anatomie, St. Petersbourg, 1852. Ursprung der Arteria temporalis profunda posterior von der A. meningea media aus der Schidelhohle. — Ueber einen anomalen Kanal fiir eine aus des Arteria meningea media innerhalb der Schidelhohle entspringende Arteria temporalis profunda. Arch. fiir path. Anat. und Phys. und tir Klin. Medicin, B. LXIII, S. 100, Berlin, 1875. Questo canale fu studiato in Italia dal compianto prof. L. Texcnini, Sopra il canale intrasquamoso di Gruber nell'uomo. Archivio ital. di anat. e di embr., vol. IIT, tasc. I. Firenze, 1904. Seguirono poi i lavori di V. Giuffrida Ruggeri, G. Cutore, U. Zimmerl. () L. c., pag. 435-433, con tre tavole (XXX, XXXI, XXXII). VARIETÀ CRANICHE, ECC. 229 Poichè B. Adachi distingue per alcuni caratteri due fra gli eventuali dentelli del Margo pavietalis del’ Os Squamosuni : uno craniale od anteriore, e l’altro alquanto più caudale. È a quest’ultimo che egli dà il nome di Processus parie- talis squamae temporatis, che sporge, secondo le sue parole: etwa von der Mitte des Margo parielalis des Squamosum, od: elwa in der Milte der Naht (Sutura parieto-squamosa), soventi concomitante con un solco arterioso (Swulcus A. temporalis mediae), che nasce e decorre sulla superficie laterale dello Squanioso, e passa di solito a tergo del detto processo, più di raro dinanzi, e talora, anzichè terminare su lo Squamoso, finisce su la parte inferiore o ventrale della superficie laterale del Parietale. Dichiara di averne trovato parola soltanto nelle ultime edizioni del Trattato di Anatomia umana dell’Hyrtl. All’altro processo più craniale VA. non dà nome; avvisa soltanto, che è diretto in alto ed indietro, che è più gracile del precedente, ma più manifesto (auffallend), e sopratutto, che di frequente sta accosto ad un solco arterioso, che accoglie un ramo perforante dell’ Arleria meningea media, il quale, diver- samente dal solco arterioso sopra notato, risiede esclusivamente sulla superficie laterale del Pavietale. L’A. dimostra l’esistenza e le modalità del Processus par'ie- talis squamae tenporalis con figure fotografate o disegnate da cranii giapponesi ed europei (Taf. XXX, XXXI, XXXII, fig. 1-15), in cinque delle quali manca il Sw/eus Ail. temporalis mediae, e la diagnosi, o classificazione del Processo, è fondata sola- mente sulla topografia e l’aspetto. Nelle fig. 15 e 16 è rappresentato un Processo parietale, che sta in rapporto col solco per il ramo. perforante dell'A. meningea media, e nella fig. 15 è disegnato lo stesso P7'0cesso associato col Processo parietale della squama temporate. Il Processo che contrae rapporti topografici col solco per la diramazione extracranica dell'A. meningea media è eviden- temente il Processo ensiforme, già illustrato sino dal 1904 dal prof. V. Giuffrida-Ruggeri, la cui pubblicazione dev'essere stata sconosciuta al prof. B. Adachi, che non ne fa alcun cenno. Fu per quel Processo che ho preferito una terminologia, ri- spetto a quella usata da Giuffrida-Ruggeri, che si può dire iden- tica alla denominazione, che l’anatomista giapponese dette al suo. 230 CESARE STAURENGHI Del resto la nomenclatura, allorchè sono presenti i solchi arteriosi potrebbe essere ancor più precisata e completata mediante le qualifiche di: Processus parietalis sulci A. tempo- ralis mediae, e Processus parietalis sulci exocranici A. menin- geae mediae. Che se tali solchi mancassero, e per giunta i Processi fossero poco differenziati, potendo quello di B. Adachi essere rudimentale, o com’egli si esprime, una semplice curva (Knickung), la loro diagnosi, facile nei casi tipici, o quando sieno abbinati, dev'essere allora a parer mio molto dubbia, poichè — astraendo dalla forma mutevole — l’altro dato più importante, cioè il topografico entro il Margo parielalis può essere uguale per entrambi, se in un caso il Giuffrida-Ruggeri scrisse della postura del Processo ensiforme: “ Ii margine superiore della “ squama temporale destra (quella stessa in cui abbiamo trovato “ il canale di Gruber) presenta, quasi a metà del suo decorso, “ un prolungamento diretto obliquamente in alto ed in dietro ,,(!). Considerando l'argomento in discussione sotto un aspetto generale si può affermare, che vhanno Margo parietalis umani semplicemente lineari ondulati, come ad es. in molte scimmie. Che dailo stesso margine può emergere un solo processo o dentello, a volte di notevoli dimensioni, in rapporto sia col solco esocranico dell’ Ar. merningea media come nella mia Tav. VIII, fig. 8, pr. pa. sq. - so. ar., od indipendente da esso (id. fig. 7. pr. pa. sq.), ovvero solamente il Processo parietale nel concetto di B. Adachi, come nella sua Taf. XXX, fig. 1, 2. Annuncio di aver osservato nel cranio messicano antico (N. 2) della collezione antropologica del Museo civico di storia naturale di Milano, che dal Margo pavielalis si protendeva un processo triangolare, unico a destra, avente il simmetrico facil- mente differenziabile dai pochi dentelli craniali del Margine parietale sinistro, di rimarchevole dimensione (base mm. 11, altezza mm. 10), nascente dal tratto più caudale dello stesso margine, epperò indipendente dai due Py'ocessi parietali sinora segnalati dagli anatomici, ed omologo ed omotopo col Processo parietale caudale del Felis catus dom, accennato nel testo, e delineato, senza indicazioni, nella Tav. VII, fig. 9, che osservai anche nella Capra hibex (Museo d’Anat. comp. della Regia Uni- versità di Torino, N. 4967. 4968). (1) I, ¢., pag. 299, cr. n, 2489. VARIETÀ CRANICHE, ECO. 231 La disposizione si complica, quando il Margo parietatis umano sia trasformato in una cresta, fra i cui denti spicca più o meno il processo illustrato da B. Adachi, come nelle figure della Taf. XXXI di questi, o quello descritto dal Giuffrida Ruggeri, od entrambi ad un tempo (B. Adachi, L c., Taf. XXXII, fig. 15-16). Circa il quesito: quale dei processi indicati dal Giuffrida Ruggeri e dall’Adachi abbia significazione morfologica, richiamo, che nella mia osservazione sul Felis catus dom. (Tav. VII, fig. 9, pr. pa. sq.) — che precedette quella di B. Adachi (Taf. XXXII, fio. 22) —, trattavasi di un Processus parietalis, che essendo in rapporto diretto con un So/co arterioso meningeo esocranico parietale (so. ar.) ho giudicato omologo al Processus ensiforme di Giuffrida Ruggeri. Nell’esemplare di Felis dom. di B. Adachi il Processo par'ie- tale è un poco più caudale che nel mio, come rilevasi anche dalle misure sul disegno, e l'A. lo ritenne omologo al Pr'0cessus parietalis da lui descritto nell'uomo. Per il Macacus sp. (?) (Taf. XXXII, fig. 15), in cui B. Adachi ravvisa l’omologo del suo Processus parietalis, è da tener conto, che il prof. U. Zimmerl nel lavoro che ho citato nel testo — anch’esso ignorato dall’anatomista di Kyoto — ha riscontrato in una specie determinata del gen. Macacus, il M. nemestrinus l’omologo del Processo ensiforme di Giuffrida-Ruggeri (1. c., Tav. I, fig. III), in rapporto con un ramo perforante dell'A. meningea media. Sta di fatto, che il Processo parietale nel Macacus sp. (?) di B. Adachi era più caudale in relazione colla lunghezza del tratto orizzontale della Sulura squamosa parietale, che nel M. nemestrinus dello Zimmerl, ma in confronto di questo era più craniale rispetto al Porus acusticus exrlerinus, che nell’e- semplare dello Zimmerl trovavasi sulla medesima perpendicolare. Considerata poi la latitudine entro la quale ponno sorgere i Processi parietali dell’Adachi e del Giuffrida-Ruggeri, e che negli esemplari comparati di B. Adachi mancava la concomi- tanza dei solchi arteriosi, a parere mio, il giudizio sul loro signifi- cato morfologico richiedeva una dimostrazione più analitica. Anche il Processo parietale caudale del Margine parietale dell’Uomo, che annotai di passaggio, sembra avere valore mor- fologico, O ad es. nel gatto domestico e nello stambecco. 232 CESARE STAURENGHI Annuncio inoltre, che anche nei crani fetali degli Equidae ho riscontrato un Processo parietale del Margine parietale dello Sqgamoso, distinguibile dagli altri, segnatamente per il rapporto con un So/co vasale, che decorre sopra la superficie laterale dell’Osso parietale. Parrebbe quindi, che lo studio del nuovo problema di Cra- niologia riflettente i Processi parietali del Margo parietalis dell’ Os squamosumn meriti di essere maggiormente approfon- dito, per determinare con precisione il loro numero edi carat- teri tipici, affine d’agevolarne la diagnosi diretta e differenziale, e per farne la comparazione con criteri oggettivi. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE ('). Fig. 1. Metà anteriore della Fossa temporalis dextera di un adulto con Processus temporalis (pr. t.) della Linea temporalis (inferior) (1. t.) dell’Os frontale. 2. Cranio di fanciullo con Os parietale bipartitum (bilaterale) nella norma laterale destra. » 3 Lo stesso nella norma laterale sinistra. 4. Tegmen cranii del medesimo nella norma dorsale (superiore). 5. Parte posteriore del cranio di un adulto con un Processus mamillaris s. mastoideus (pr. m. occ.) della Squama occipi- talis (sq. occ.). 6. Parte posteriore del cranio di un adulto con Os Incae unicuni (int.). sinostosato parzialmente in a, a, e prossimo a sino- stosarsi in b, b', mentre permane aperta interamente la Sutura transversa squamae occipilis (s. tr. sq. occ.) 7. Metà destra del cranio di un adulto con Processus parietalis (pr. pa. sq.) dell’Os squamosum (sq.). 8. Metà anteriore destra del cranio di un adulto con Processus parietalis (pr. pa. sq.) dell'Os squamosum (sq.) in rapporto con un solco arterioso (so. ar.). 9. Metà sinistra del teschio di un Felis calus dom. adulto con Processus parietalis (pr. pa. sq.) dell’Os squamosum (sq.) © col Solco arterioso corrispondente (so. ar.). ) Tutte le figure vennero disegnate dai preparati dal pittore Emilio Parma. —~ ce trae ARV ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO MILANC CALZOLARI A FERRARIO ELIOT ROTONDA ,, INTERNO DI UN SEPOLCRO GRANDE DELLA “ ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO FOT. A. FERRARIO ROTONDA ,, < z = 2 a n Zz 5 a & (DI > < à 2 < ù = Q a Lu 4 < 1) lu (21 a Si n ©) & < <4 E n È ! Sr FOT. A. FERRARIO » urti, Leak = i ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO i IELLA “ ROTONDA, | APPARECCHIO USATO PER LA VENTILAZIONE E DISINFEZIONE DEI SEPOLCRI DELLA ‘“ ROTONDA, : wee gar ALE — Atti Soc Ital. Sc nat. Val XLVI Tav VII ¢ STAURENGHI-Varieta craniche rinvenute nel sepolcreto della ROTONDA. pi LE — ; = ESC: auger re = i È Parma dis Atti Soc. Ital. Sc nat: Vol XLV! Tav VIII sea USOC Fig Z (4) Lit. lacchinardi e ferrari -ltwia © STAURENGHI-Varietà craniche rinvenute nel sepleeto della ROTONDA. Rg.6.; Att Soc Ital Sc nat: Vol XLVI Tav VIII VARIETÀ CRANICHE, ECC. 233 SPIEGAZIONE DELLE ABBREVAZIONI E DELLE LETTERE su. oce. LY. al. m. Ss. Mm. S. DIL par Sì pa. occ. S. pa. S. OCC. Ss. pa. int. S. pa. Sq. s. in. pa. s. pa. sph. So) ite par Ss) tr. Sq. occ: s. ma. occ. Sq. occ. prot. occ. ext. fo. occ. E To. =o Upi JD. Sup: l. n. med. Pre Sp. iv. pro im. OLE. pra ws Le PIERA AES IMG. mM. Occ: so. ar. USATE NELLE FIGURE. Os frontale. » Squamosum. » parietale (normale s. unicum). » parietale superius | LU es \ dextrum. oe DA inferius È superius shee o di 4 P ; sinistrum. 5 se inferius » interparietale. » Supraoccipitale. » zygomaticum. Ala magna dell’Os sphenoidale. Sutura metopica s. bifrontalis, 5a biparietalis s. sagittalis. » parietalis occipitalis s. lambdoidalis. » parietalis supra occipitalis. parietalis intraparietalis. parietalis squamosa. = intraparietalis. parietalis sphenoidalis. DI frontalis parietalis s. coronalis 5 transversa squamze occipitis s. mendosa. mastoidea occipitalis. Squama occipitalis. Probuberantia occipitalis externa. Foramen occipitale Linea temporalis (inferior) Linea nuchae suprema. superior. Li mediana. Processus spinosus temporalis della Linea temporalis inferior dell’Os frontale. Processus mastoideus s. mamillaris dell’Os occipitale. temporale. ” n ” n» ” n ” LI parietalis dell’Os squamosum. Incisura mastoidea occipitalis. Sulcus arteriosus in rapporto col Processus parietalis del’Os squamosum. o. as. d. 0, aS. 1c: o. lamb. o pa. sq. _o. ob. lamb. o. ob. lamb.’ o. ob. lamb.” 18 | CESARE STAURENGHI Tratti sinostosici della Sutura pares interpe talis (s. pa. int.). — Tratti della Sutura parietalis eae ti $e prossimi alla sinostosi. Ossicino asterico dorsale (epiasterico). — i cè caudale. Ri lambdoideo. si parieto-squamoso. Ossicini obelico lambdoidei, > sua lambdoidei del lato destro. me i Da 5 sinistro. Lambda. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI DEL CALCARE DI ESINO NELLA LOMBARDIA Nota del socio Prof. Ernesto Mariani (con due tavole) Sand Descrivo in questa nota alcune forme di lamellibranchi del piano di Esino delle prealpi lombarde, che io ritengo nuove, insieme ad altre che vennero imperfettamente descritte da precedenti autori. Con esse ricordo anche quelle specie trias- siche che non si conoscevano, od erano poco note, fra le bivalvi del calcare di Esino. Molti studiosi posteriormente allo Stoppani ('), si occupa- rono della importante fauna del ca/care di Esino, fauna che è certo la più ricca fra le triassiche delle nostre prealpi, e che già diede origine a non poche discussioni riguardo alla sua posizione nella serie stratigrafica. Per parlare solo di quelli che si occuparono delle bivalvi, ricorderò fra i principali il Salomon e il Bittner. Il primo nel suo bel lavoro geologico e paleontologico sulla Marmolata (?), ebbe occasione di descrivere alcune forme comuni ai calcari ladinici della Marmolata e a quelli di Esino, oltre che discutere alcune determinazioni fatte dallo Stoppani. Il Bittner nel suo classico lavoro di revisione sui lamellibranchi del piano di San Cassiano (3), descrisse parecchie forme spettanti alla fauna di Esino, rivedendo esso pure delle determinazioni fatte dallo Stop- pani. Vario contributo alla conoscenza della fauna a bivalvi del (1) Sroppani A., Les pélrifications d'Esino, Milano, 1858-60. (2) SaLomox W., Geologische und palacontologische Studien iber die Marmolata. Palaeontographica, Bd. 42, 1893, Stuttgart. (3) BrrrnER A., Revision der Lamellibranchiaten von Sct. Cassian. Abhand. d. k. k. geol. Reichsanstalt, Bd. XVIII, 1895, Wien. 236 ERNESTO MARIANI piano di Esino, lo portarono in seguito il Tommasi (!), ed io stesso (°). Era mia intenzione di fare una revisione completa dei lamellibranchi di questo piano, come il Kittl aveva fatto per i gasteropodi (*. Ma non avendo potuto procurarmi in esame tutto il materiale che si trova sparso in alcuni musei italiani, nè esaminare le collezioni così ricche dei musei di Vienna e di Berlino, mi vidi costretto a limitare il mio studio a una revi- sione generale della collezione Stoppani e di quelle fatte posteriormente, esistenti nel museo geologico di Milano, e all'esame della bella raccolta di bivalvi di Esino del museo paleontologico della R. Universita di Torino, che mi venne gentilmente favorita in istudio dall’egregio amico prof. Parona, al quale rinnovo vivi ringraziamenti. Le bivalvi che qui descrivo provengono quasi tutte dalle masse calcari dolomitiche che formano buona parte del gruppo delle Grigne, ed in special modo dalla conca di Esino, dal P. Cainallo e dalla valle Ontragno, o val del Monte. Rimando all’accurato lavoro geologico del Philippi (4) e alla mia nota sopra citata, chi vuole farsi un’idea sulla tettonica di questa regione montuosa così interessante, e sulla posizione stratigra- fica del piano di Esino. Questo stesso piano lo si incontra fossilifero in altri luoghi delle prealpi lombarde: esso si distende attraverso tutta la Lombardia, a formarvi buona parte delle prealpi calcari e dolomitiche, raggiungendo spesso una potenza di circa 1000 metri. Se però pressochè ovunque nei calcari e nelle dolomie del piano di Esino sì possono raccogliere fossili, questi vennero (!) Tomaast A., Contribuzione alla paleontologia della valle del Dezzo. Mem. R. Ist. Lomb., vol. XIX, 1901. Milano. (2) Magrani E., Appunti di paleontologia lomborda. Atti Soc. Ital. di Sc. Nat., vol. XXXVI, 1896, Milano. — Appunti geologici e paleontologici sui dintorni di Schilpario e sul gruppo della Presolana. Rend. R. Ist. Lomb.,'vol. 32, 1899, Milano. — Nuove osser- vazioni geol. e paleont. sul gruppo della Presolana e sulla C.ma di Camino. Idem, vol. 33, 1900, Milano. — Sw alcuni fossili del trias medio dei dintorni di Porto Valtravaglia, e sulla fauna della dolomia del M. San Salvatore presso Lugano. Atti Soc. Ital. di Sc. Nat., vol. 40, 1901, Milano. — Note geologiche sul gruppo delle Grigne. Rend. R. Ist. Lomb., vol. 34, 1901, Milano. — Appunti geologici sul secondario della Lombardia occidentale. Atti Soc. Ital. Sc. Nat., vol 43, 1904, Milano. (3) KrrrL E., Die Gastropoden der Esinokalke. Annalen des k. k. Natur. Hofmu- seums, Bd. XIV, 1899, Wien. (4) Panipri E., Beitrag sur Kenniniss des Aufbaues und der Schichtenfolge im Gri- gnagebirge. Zeitschr. d. deut. geol. Gesellschtat, 1895, Berlin. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI, ECC. 237 trovati in maggior quantità, oltre che in tutto il gruppo delle due Grigne, nei dintorni di Lenna in Val Brembana, e nei gruppi montuosi della Presolana, della C.™@ di Camino, del M. Ezendola nella valle di Scalve. È noto come la formazione di Esino rappresenta la facies calcare-dolomitica del piano /adinico, quella che io dissi potersi anche chiamare /acies calcare del Wengen. Normalmente i cal cari di Esino sono limitati nella parte inferiore dai calcari bernoccoluti di Buchenslein, e superiormente dai calcari lastri- formi e dalle marne fossilifere del Raibliano: rappresentereb- bero quindi come si disse il /adinico. In alcuni luoghi però la facies calcare-dolomitica del piano di Esino si spinge più in basso, fino al contatto della zona a Dadocrinus gracilis Buch sp. (Muschelkalk inferiore), come ad esempio ad occidente della Grigna settentrionale (a nord di Lierna); mentre che altrove, come in alcuni punti del Varesotto, ecc., si spinge a contatto della zona a lrinodosus. Riguardo alla posizione stratigrafica del piano di Esino nelle nostre prealpi, io non ho altro che riconfermare ciò che sostenni in precedenti lavori; che cioè esso debba considerarsi spettante al drias medio e non al superiore, ritenendo che più numerosi e di maggiore importanza sono i legami fra la fauna del calcare di Esino con quella del virgloriano, che con quella pur così ricca del raibliano. Lo Stoppani nella sua monografia descrisse N. 47 specie di lamellibranchi. Escludo da questo numero quelle forme che erroneamente egli ritenne delle bivalvi, come quelle da lui riferite al gen. Gastrochaena (con 3 specie), e che sono invece delle alghe calcari (sifonee: gyroporelle: diplopore): così quella, assai comune nelle lumachelle del P. Cich (al P. Cainallo) e della valle Ontragno (o val del Monte), che credette una Ostrea (O. stomatia Stopp.), mentre è un gasteropodo, e propriamente spetta al gen. Marmolatella. A questo stesso genere va inoltre riferita anche quella forma, pur essa del P. Cainallo, che lo Stoppani ritenne un Diceras, come dall'esame che ho fatto dell'esemplare descritto, ma male figurato, dall’autore ( Diceras- praecursor Stoppani, op. cil., pag. 91, tav. 18, fig. 14, 15). . Le 47 specie dello Stoppani vennero in seguito ridotte a 39, numero che venne poi notevolmente accresciuto. Io ora, nel- l'elenco che segue la descrizione delle specie nuove, ricordo 85. specie e 4 varietà, come spettanti alla fauna a bivalvi del 238 ERNESTO MARIANI calcare di Esino nella Lombardia. Im questo elenco ho riportato tutti i lamellibranchi descritti e figurati dallo Stoppani nella sua monografia, segnando a lato di ciascuno di essi le nuove denominazioni, generiche e talvolta anche specifiche, date ad essi. Fra le forme nuove di bivalvi trovate posteriormente al lavoro dello Stoppani, io ne descrissi 13. Di esse due (Pecten Corzenensis — Mysidioptera vix-costata var. Laennensis) sono state descritte e figurate nelle due mie note geologiche sulla Presolana: le altre undici passo ora a descrivere. Voglio ora ricordare che fra le faune a bivalvi del trias alpino che si prestano a importanti confronti con quella del calcare di “sino, è interessante considerare quella della Marmolata, e quella di San Cassiano, spettanti esse pure al piano /adinico. Della prima, 21 forme sono in comune con la nostra; esse sono: Arcomya Sansonii Salom. Rhaelidia Salomonii Bittner Gonodon esinense Stopp. sp. Myoconcha Brunneri Hauer M. Brunneri Hauer, var. angulosa Salom. Avicula caudata Stopp. Aviculopecten triadicus Salom. Aviculopecten luganensis Hauer? Halobia Lomeli Wissm. Halobia cassiana Mojs. sp. Myophoria laevigata Alb. Macrodon esinense Stopp. sp. Macrodon impressum Mstr. sp. Pecten inornatus Stopp. Pecten discites Schloth. Pecten stenodiclyus Salom. Mysidioptera Cainallii Stopp. sp. Mysidioplera vir-costala Stopp. sp. Mysidiopltera costata Bittner Mysidioptera Wocnrmaniii Salom. Ostrea difformis Gold.? Della fauna a bivalvi di S. Cassiano, 13 specie sono in comune colla nostra: esse sono le seguenti: Gonodon Laubei Bittner Gonodon lanellosum Bittner CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI, ECC. 239 Megalodon rostralum Laube sp. Aviculopecten Wissmannii Mstr. sp. Halobia fluxa Mojs. sp. Halobia cassiana Mojs. sp. Macrodon impressum Mstr. sp. Pecten interstriatus (Mstr.) Bittner Pecten subaequicostaius Bittner Pecten subalternans (VOrb.) Bittner Pecten ltubulifer Mstr. Lima cancellata Bittner Mysidioptera Klipsteiniana Bittner I legami fra la fauna del calcare di Esino e quella della Marmolata sono più notevoli se si considerano i gasleropodi, come il Kittl ha messo chiaramente in evidenza. Sappiamo infatti come fra le 148 specie di gasteropodi del calcare di Esino, se ne hanno 74 in comune colla fauna della Marmolata, per non parlare di quelle forme che presentano fra loro strette affinità di parentela. Voglio infine ricordare, come anche la ricca fauna a cefalopodi del calcare di Esino presenta maggiori affinità con quella del virgloviano, che con quella del raibliano (Mojsisovics-Airaghi): quindi il /adinico nelle prealpi lombarde spetta al trias medio e non al trias superiore. DESCRIZIONE DELLE SPECIE. Gonodon Laubei Bittner Cav. LX ae, Gonodon Laubei Bittner, Rev. Lam. St. Cassian, pag. 14, Tav. III, fig. 5,6. Corbis planum Miinster in Laube (pars) Fauna der Sch. v. St. Cas- stan, pap: 38, Lay; XV, fig. Gonodon planum Miinster in Salomon, Marmotlata, pag. 169, Tav. V, fig. 47, 49. Una piccola valva, che rassomiglia maggiormente all’esem- plare della Marmolata che a quelli di San Cassiano. Questa specie dal Salomon era già stata ricordata fra i fossili di Esino (P. di Cainallo). Questo nostro esemplare proviene dalla valle Ontragno (Val del Monte) (Museo di Torino). 240) ERNESTO MARIANI Gonodon cfr. lamellosum Bittner Gonodon lamellosum BITTNER, Itev. Lam. St. Cassian, pag. 17, Tav. III, fig. 16. Un frammento di valva destra, che presenta conservato in parte il guscio, di forma quadrangolare e colle lamelle con- centriche sporgenti dalla sua superficie, come nella specie di San Cassiano. La forma delle lamelle differenzia questa specie dal Gonodon angulatum Salomon della Marmolata (pag. 170, Tav. V, fig. 48). Il nostro esemplare proviene dalla lumachella del P. Cai- nallo (Museo di Torino). Megalodon rostratum Laube sp. Tav. IX, fig. 2, 2a. Meyalodon rostratus LAUBE in BITTNER, Rev. Lam. St. Cassian, pag. 20, Tay, E Ho 9-11. Un piccolo modello interno di valva destra, che riferisco con qualche dubbio a questa nota specie del S. Cassiano, specie che è assai vicina, come il Bittner ha dimostrato, al M. colwii- bella Hòrnes di Hallstatt (1). Esso venne raccolto al P. Cainallo (Museo di Torino). Pinna ctr. Tommasii v. Wohrmann Tav. IX, fig. 3, 4. Pinna Tommasti v. WONRMANN, Fauna Raibler-Sch., Zeit. d. d. geol. Geselschaft, pag. 177, Tav. X, fig. 1, 2: Berlin, 1892. Z BroILI F., Die Fauna der Pachycardientuffe der Seiser Alp: Palaeontographica, Bd. L, pag. 193, Tav. XXIII, fig. 5, Stuttgart, 1903. Riferisco per confronto a questa specie raibliana due fram- menti di modelli di valva sinistra, privi della porzione apicale (1) Hornes M., Ueber die Gastropoden und Acephalen der Hallstitter Schichten: Denk. Akad. Wiss., Bd. IX, t. II, f 13: Wien, 1855. — Materialien zur einer Monogra- phie der Gattung Megalodus: Denk., ecc., pag. 99, t. I, f. 4, 5: Wien, 1850. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI, ECC. 241 e della frontale. Di forma convessa, la valva sulla linea mediana è piegata ad angolo, che è assai più ottuso nella parte poste- riore che nella anteriore. La linea mediana è marcata da un cordone, limitato sui due lati da un solco lineare, che scorre ben distinto lungo di esso. La fig. 3 rappresenta uno dei due esemplari ridotto a ?/, della grandezza naturale; la fig. 4 invece rappresenta l’altro esemplare un po’ ingrandito. Questi due esemplari vennero trovati in val Ontragno (Esino) (Museo di Torino). Aviculopecten Wissmannii Minster sp. Tay. DG fig. by Da: Aviculupecten Wissmannii MUNSTER in BITTNER, Rev. Lam. St. Cassian, pag %6, Tav. VIII, fig. 25. A questa specie del San Cassiano riferisco due frammenti di valva, ’uno di val Ontragno (Esino), l’altro raccolto nel cal- care dolomitico di Campelli (Schilpario). Il primo, qui disegnato, è una valva sinistra incompleta. Essa è ornata da circa 20 coste che raggiungono il margine inferiore, alcune delle quali nascono alla metà circa della conchiglia. Gli spazi intercostali hanno pressochè tutti uguale larghezza: le forti strie di accrescimento regolarmente spaziate, passando sulle coste nel loro tratto inferiore, danno origine ad un piccolo nodo. L’esemplare disegnato è del Museo di Torino. Aviculopecten Di Stefanoi nov. sp. Wawa LX, hie. 1G; 60. Conchiglia leggermente convessa nella parte anteriore. Om- bone stretto, sorpassa un po’ il margine cardinale. La super- ficie della valva è ornata da circa 18 grosse coste radiali, scor- renti direttamente dall’ombone, e alquanto prominenti. Esse hanno un andamento un po’ arcuato nel tratto compreso tra la parte mediana e il margine palleale della conchiglia. Tra i larghi spazi pianeggianti intercostali, scorrono delle coste mi- nori in vario numero : in quelli che stanno nella parte mediana della conchiglia si osservano 5 coste sottili, delle quali la me- diana è un po’ più grossa delle altre. Questa costa mediana 15 249 ERNESTO MARIANI più grossa nasce assai vicina all’ombone, mentre che le altre più sottili hanno origine a varia distanza da esso. Le strie con- centriche di accrescimento sono numerose e per lo più sottili; però se ne hanno alcune grosse che, incrociando le coste in punti pressochè equidistanti fra loro, le rendono tutte spiccatamente nodose, in special modo le coste maggiori e le secondarie me- diane. Sulle orecchiette si osserva la stessa ornamentazione della valva; però le coste radiali sono più sottili e rettilinee. Le strie di accrescimento leggermente ar- cuate, passando lateralmente sulle orecchiette si inflettono, in special modo sulla larga orecchietta aliforme posteriore. Questa forma di aviculopeclen, che io ritengo nuova, è affine all’A. friadicus Salomon (Marmolata, pag. 146, tav. IV, fig. 35), che si distingue dalla nostra per avere un maggior numero di grosse coste, e un differente numero e sviluppo delle coste secondarie. Questa specie del Salomon è stata tro- vata anche nel calcare di Esino della C.™@ di Camino nella valle di Scalve (Mariani-Tommasi). L’esemplare disegnato proviene dalla parte alta di valle Ontragno (Esino), ed appartiene al Museo di Torino. Un altro esemplare un po’ più piccolo venne da me raccolto al P. di Cainallo (Museo di Milano). Nei calcari infraraibliani della Marmolata oltre che il su ricordato Aviculopecten triadicus Salomon, io ritengo trovarsi anche VA. luganensis Hauer, specie nota nella dolomia del M. San Salvatore di Lugano. A questa specie io credo poter riferire infatti quella forma che il Bittner ravvicina all A. Wiss- mannii Mstr. (Bittner, op. cit., pag. 76, tav. VIII, fig. 26). ? Myophoria Tommasii, nov. sp. Tav. X, fig: 1, la. Myophoria sp. MARIANI, Appunti di paleont. lom., p. 129, Tav. II, fig. 5. Conchiglia quadrangolare, molto convessa, rigonfia, assai inequilaterale, più larga che alta, arrotondata anteriormente. a CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI, ECC. 243 Apice robusto leggermente incurvato all’avanti: una carena o costa robusta, e ottusa, corre dal fianco anteriore dell’apice all’an- golo formato dal margine anteriore coll’inferiore. Da questa costa la valva si piega bruscamente verso il margine anteriore e cardi- nale, leggermente convessa nella parte mediana e concava verso l’apice: un solco ben distinto scorre lungo il fianco anteriore della costa. Un'altra costa sottile assai, parte dal fianco posteriore dell’apice all'angolo formato dal margine posteriore coll’infe- riore: da questa esile costa la valva si piega leggermente verso il margine posteriore e cardinale; questa porzione posteriore della conchiglia limitata dalla costicina e di forma ovale, si espande largamente, presentandosi un po’ depressa lungo la zona mediana. Margine cardinale rettilineo. La superficie della conchiglia è ornata da numerosissime costicine irradianti dall’apice, così esili che si distinguono bene solo colla lente: finissime e assai serrate sono pure le linee di accrescimento, che al punto d’incrocio colle costicine radiali formano un piccolissimo nodo; cosicchè osservata colla lente la superficie della conchiglia si presenta assai finamente retico- lata. Questa fine e fitta reticolazione è più evidente nel tratto anteriore della valva, sulla quale, come pure sulla metà infe- riore del resto della conchiglia, si osservano alcune linee di accrescimento un po’ grossolane. Non mi fu possibile mettere allo scoperto il cardine, onde il dubbio sul riferimento generico di questa forma. Questo esemplare venne raccolto nella dolomia infrarai- bliana di Lenna in val Brembana (Museo di Milano). Il disegno lo rappresenta un po’ ingrandito. Pecten subaequicostatus Bittner Tav. IX, fig. 7, Ta. Pecten subaequicostatus Birtner, Rev. Lam. St. Cassian, pag. 156, Tav. XVIII, fig. 27, 28. Una piccola valva ornata di circa 20 coste irradianti tutte dall’apice: esse sono assai ravvicinate sì che gli spazi inter- costali sono larghi meno della metà della costa. Le coste sono robuste, pur avendosene alcune più sottili alternanti colle grosse. Le strisce di accrescimento sono assai fine, esse passano 944 ERNESTO MARIANI bene evidenti sulle orecchiette, le quali sono percorse da costi- cine sottili irradianti dall’apice. Il nostro esemplare venne raccolto nella valle Ontragno (Esino) (Museo Torino). Pecten tubulifer Minster. Mays IX, oS. Pecten tubulifer MiNSTER in BITTNER, Rev. Lam. St. Cassian, pag 158, Tav. XIX, fig. 13-15. MiinsTER in BRoILI, Die Fauna der Pachycardien- tuffe der Seiser- Alp: Palaeontographica, Bd. L, pag. 171, Tav. XIX, fig. 14-17: Stuttgart, 1903. n be) Di questa specie si raccolsero due esemplari incompleti. L’uno, ed è quello disegnato un po’ ingrandito, è privo della parte apicale colle orecchiette: l’ornamentazione e il contorno della valva servono a classificarlo con esattezza. L’altro è un modello interno che presenta bene conservata una orecchietta. In ambedue questi esemplari il contorno della conchiglia è leggermente obliquo, come si osserva di frequente in quelli di San Cassiano. Questa specie era già stata da me trovata nel calcare di Esino della Presolana. Gli attuali esemplari sono di valle Ontragno (Museo di Torino). Pecten valdecostatus nov. sp. Maven te Os Conchiglia assai compressa, un po’ piu alta che larga, ornata da più di 90 coste di diversa grossezza e lunghezza. Alcune di esse, e sono circa 15, irradiano dall’apice, regolar- mente ingrossandosi fino al bordo palleale: esse limitano spazi di varia larghezza. Di questi spazi, quelli che si trovano lungo la parte mediana della conchiglia sono assai larghi, e verso il lato palleale presentano 3 coste un po’ più sottili, regolarmente spaziate fra loro. Sui lati invece della conchiglia le coste prin- cipali limitano diversi spazi, alcuni dei quali sono percorsi da 2 coste sottili, altri invece da 1 sola: nell’un caso e nell’altro queste coste secondarie limitano alla lor volta spazi di, uguale CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI, ECC. 245 larghezza. Delle coste secondarie alcune partono dall’apice della conchiglia, e sono le più grosse: le coste secondarie più sottili nascono invece sulla metà circa della conchiglia. Le numerose grosse linee di accrescimento, regolarmente distanziate, intersecano le coste si da rendere reticolata la superficie delle valve. Jo ritengo che questa specie appartenga al gruppo del P. reticulatus Schl., come pure credo a questo stesso gruppo si debba riferire il P. Ciampini Stopp. del calcare di Esino di valle Ontragno. La diversa ornamentazione del guscio, e le differenti dimensioni, tengono separate come specie distinte queste 3 forme. Anche questa nuova forma, che venne disegnata un po’ ingrandita, proviene dalla valle Ontragno (Museo di Torino). Pecten Liernensis nov. sp. Tav. X, fig. 3, 3a. Conchiglia assai compressa, pressochè circolare, assai sottile, coll’apice ottuso un po’ sporgente sulla linea cardinale, che è lunga e diritta. Essa è ornata di circa 20 coste irradianti dal- l’apice, regolarmente spaziate: gli spazi intercostali sono percorsi da 1, da 2, o da 3 sottili coste. Una di queste coste secon- darie nasce sempre poco sotto l’apice della valva, le altre a un terzo circa, o a metà circa della conchiglia. Queste coste se- condarie scorrono regolarmente spaziate fra gli spazi limitati dalle coste principali. Le coste marginali hanno un andamento leggermente flessuoso. Questa flessuosità si osserva anche per alcune delle coste scorrenti sulla parte mediana della conchiglia, in un’altra valva più piccola di quella disegnata. Numerose e assai serrate strie concentriche di accresci- mento intersecano le coste radiali, sì da rendere le principali coste qua e là leggermente granulose. Le orecchiette sono larghe, poco incavate, percorse da coste irradianti dall’apice, e intersecate esse pure dalle linee di accrescimento. 246 ERNESTO MARIANI L’esemplare disegnato è della valle Ontragno (Museo di Torino); l’altro più piccolo è dell’alpe di Lierna. A questa specie riferisco quelle forme di Pecten, mal con- servate, del P. di Cainallo, che dallo Stoppani erano state riferiti con qualche dubbio al P. tanequistrialus Goldfuss. Pecten Ambrosionii nov. sp. Tav TX, ig, 10; 21 ite: Pecten Cassianus D’ORBIGNY in STOPPANI, Les pélrifications d’ Esino, pag. 100, Tav. XXI, fig. 2 (pars). Conchiglia suborbiculare, compressa, un po’ più alta che’ larga. Essa è ornata da coste robuste, rugose nel tratto infe- riore. Alcune di esse nella loro porzione terminale si biforcano, sì che lungo il margine palleale si contano 24 coste. Gli spazi fra le coste maggiori sono per lo più un po’ più piccoli delle coste stesse: mentre che è piccolissimo quello limitato dalla biforcazione delle coste. Apice acuto: conservata solo in parte un’orecchietta. Lo Stoppani ha riferito al P. multiradialus Klipstein (= P. Cassianus d’Orb.) parecchi esemplari del P. Cainallo, spettanti a 2 specie ben distinte. L’esemplare disegnato dallo Stoppani è quello che ora ho descritto, che però, come dissi, ha una sola orecchietta conservata: le orecchiette che figurano nel disegno dello Stoppani appartengono all’altra forma di Pecten che qui sotto descrivo. Ricordo inoltre che il P. m2uliradiatus sarebbe stato fatto dal Klipstein con frammenti di valve di Daonella (D. Cas- siana Mojs.). L’esemplare disegnato, come dissi, venne raccolto nella: lumachella del P. di Cainallo (Museo di Milano). Pecten Portai nov. sp. Tav. X, fig. 2, 2a. Pecten Cassianus D'ORBIGNY in STOPPANI, op. cit., pag. 100, Tav. XXI, fig. 2 (pars). Conchiglia suborbicolare, subequilaterale, leggermente con- vessa, più larga che alta. Superficie ornata da numerose coste: circa 25 raggiungono il margine frontale. Di esse, 12 robuste "i CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI, ECC. 247 irradiano dall’apice, limitando spazi di diversa lunghezza. In quasi tutti gli spazi intercostali scorrono delle coste secondarie assai sottili che nascono a circa !/, dell’altezza della conchiglia dall’apice: in alcuni degli spazi limitati dalle coste maggiori si hanno 2 costicine, che scorrono parallele assai vicine fra loro. Orecchiette ineguali, pure percorse da alcune esili costicine irradianti dall’apice: luna è triangolare, l’altra è larga con ampio seno. Linea cardinale diritta. Parecchi esemplari tutti provenienti dal P. di Cainallo (Musei di Milano e di Torino). Pecten Repossii nov. sp. Tav. IX, fig. 12, 12a. Conchiglia suborbicolare, leggermente convessa: è ornata da numerose coste. Circa 18 di esse, e sono le più robuste, irradiano dall’apice mantenendosi irregolarmente spaziate. Fra questi spazi intercostali scorrono delle coste più sottili, che nascono a poca distanza dall’apice; e fra queste coste secon- darie e le principali si hanno altre coste ancora più sottili, che hanno origine a maggiore distanza dall’apice. Le numerose linee di accrescimento intersecano le coste, rendendo le coste principali leggermente granulose e la superficie della conchiglia regolarmente e fittamente reticolata. L’orecchietta che venne conservata è percorsa da coste robuste irradianti dall’apice, e pure in essa le linee d’accresci- mento rendono la sua superficie profondamente reticolata. Il margine superiore dell’orecchietta è un po’ obliquo verso l'esterno. La forma generale della conchiglia e l'andamento delle coste ravvicinano questa nostra specie all’esemplare disegnato dal Wòhrmann fra i fossili raibliani del Tirolo (!), che ritengo essere stato erroneamente riferito al P. subalternans d’Orb., differendo da questa specie in special modo per l’ornamenta- zione della superficie della valva. (1) Wonrmany v. F., Die Fauna der sogenannten Cardita-und Raibler Schichten in der Nordtiroler und bayerischen Alpen: Jahrbuch der k. k. geologische. Reichsanstalt, B. d. XXXIX, p. 204, t. VII, f. 5,6: Wien, 1889. 248 ERNESTO MARIANI L’ornamentazione a reticolo della nostra forma s’avvicina a quegli esemplari del San Cassiano che dal Laube vennero riferiti al P. subalternans VOrb. (*), riferimento esso pure poco esatto come ha dimostrato il Bittner. Fra i fossili di recente descritti dal Broili (7), vi ha un frammento di peclen che assomiglia alla nostra specie; come pure quella forma trovata dal Tornquist nella dolomia infra- raibliana del M. Spitz (Peclen trettensis Tornquist (*). Del P. Repossti si hanno parecchie impronte di valve, rac- colte al P. di Cainallo (Museo di Torino). Lima Paronai nov, sp. Tav. IX, fig. 13, 13a. Conchiglia leggermente convessa, appena un po’ più alta che larga, con 5 grosse coste nodose. Negli spazi intercostali si hanno 8 coste secondarie sottili, delle quali la mediana è la più grossa. Bene distinte sono le principali pieghe di accresci- mento, regolarmente distanziate. Le grosse coste presentano delle nodosità all'incontro di quelle linee di accrescimento più prominenti delle altre. L’orecchietta conservata è leggermente incavata per presentare il margine superiore, assai obliquo, ingrossato come un cordone. Su di essa sono visibili due coste che discendono in senso obliquo dal margine superiore. Questa specie si avvicina alquanto alla ZL. cancellata Bittner del San Cassiano (Bittner, op. cit., pag. 176, tav. XXI, fig. 18), specie già nota nel calcare di Esino (Tommasi). Da essa però si distingue per la forma generale, pel contorno ir- regolare del margine frontale, pel minor numero delle grosse coste, per la forma e l’ornamentazione dell’orecchietta che è più grande e per l’apice più prominente. L’esemplare descritto venne raccolto nella valle Ontragno vicino ad Esino (Museo di Torino). ) Lauge G., Die Fauna der Schichten von St. Cassian, p. 69, t. XX, f. 4. (*) BrorLi, Die Fauna der Pachycardientiffe, ece., p. 174, t. XIX, f. 25. (3) TorxQuIst A., Neue Beitriige sur Geologie und Pal. der Umgebung von Recoaro nd Schio: Zeitschrift d. d. geol. Gesell., Bd. LI, p. 361, t. XX, f. 7,8: Berlin, 1899. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI, ECC. 249 Lima Salmojraglii nov. sp. Tav. X, fig. 4, 4a. Conchiglia subtriangolare, un po’ obliqua, fortemente con- vessa nella metà superiore: è ornata da 23 coste robuste, ar- rotondate, semplici, irradianti dall’apice e regolarmente spa- ziate. Gli spazi intercostali verso il margine palleale sono più larghi delle coste. Si ha conservata una sola orecchietta, pic- cola, col margine esterno leggermente incavato: essa è poco distinta dal bordo ‘della conchiglia, ed è ornata da coste sottili irradianti dall’apice, incrociate da pieghe traversali. La forma generale della conchiglia e delle sue coste ri- chiamano la L. margineplicata Klipstein sp. del San Cassiano, la quale però ha un numero assai minore di coste (14-15). Parecchi pecten, pure del San Cassiano, presentano coste della forma e dimensioni uguali a quelle della nostra forma; ad es. il P. interstriatus Mstr. (Bittner, op. cit., pag. 159, tav. XIX, fio. 1-4), e il P. intercedens Bittner (op. cit., pag. 160, tav. XIX fig. 5) che è inoltre leggermente obliquo. Essa pure venne trovata nella valle Ontragno (Museo di Torino). Lima Telleri Bittner ? Lima incerta, STOPPANI, Les pétr. d' Esino, pag. 98, Tav. XX, fig. 5. ? Lima sp. Satomon, Marmolata, pag. 108, Tav. IV, fig. 5. Lima sp. MARIANI, Appunti di pal. lomb., pag. 127, Tav. I, fig. 10. n deere BITTNER, Rev. Lam. St., Cassian, p. 194, T. XXIV, f. 4. Sono parecchi esemplari, in parte descritti dallo Stoppani ma imperfettamente. Questa specie si avvicina alquanto alla L. costatella Stopp., che passo ora a descrivere. Dalla lumachella della valle Ontragno vicino ad Esino (Museo di Milano). Lima costatella Stoppani sp. Tav. IX, fig. 14, 15, 15a. Avicula costatella STOPPANI, Les pétr. d' Esino, pag. 93, Tav. XIX, fig. 5. Credo bene di descrivere e figurare questa specie dello Stoppani, essendo stata imperfettamente descritta e male dise- gnata dall'autore. 250 ERNESTO MARIANI Piccola conchiglia, subovale, un po’ più larga che alta, ornata di 18 coste sottili, raggianti dall’apice, disugualmente spaziate. Gli spazi intercostali sono un po’ più larghi verso il lato anteriore: l’orecchietta posteriore triangolare è la sola conservata. La valva è regolarmente convessa, con la maggior convessita: nella parte mediana: il margine inferiore di essa leggermente si inflette verso la superficie interna della con- chiglia. Finissime e serrate strie di accrescimento, poco evi- denti sulla piccola orecchietta. Dalla lumachella del P. di Cainallo (Museo di Milano) (1). Mysidioptera vix-costata Stopp., var. Laennense Mariani. ? Lima Laennensis MARIANI, Appunti di paleont. lomb., pag. 128, Pay. Li, doi Mysidioptera Cainalivr Stoppani sp, var. Laennensis, MARIANI, Appunti geol. e pal. sui dintorni di Schilpario e sul gruppo della Presolana (estr.) pag. 12, figura. nel testo. Nella dolomia infraraibliana di Lenna (val Brembana) sono abbastanza frequenti delle forme di Mysidioptera assai globose, che io già ritenni come specie nuova. Un esame di altri esem- plari meglio conservati, e un confronto più particolareggiato con altre forme di Mysidioplera del calcare di Esino, mi per- suadono ora come la forma di Lenna si possa ‘ritenere una varietà della M. vix-costata Stopp. sp. Questa varietà si distin- gue dalla specie dello Stoppani per essere proporzionatamente più larga, per avere una ornamentazione su tutta la valva più distinta, come pure sull’orecchietta, sulla quale inoltre sono anche evidenti le grosse pieghe di accrescimento, le quali si presentano così bene marcate sulla parte inferiore della con- chiglia verso il margine palleale, sì che ivi essa assume una struttura pressochè fogliacea. Ritengo ora che anche la forma su citata della Presolana debba ritenersi uguale a quella ora descritta di Lenna (Museo di Milano). (1) Devo qui rettificare un errore incorso nel mio lavoro: Appunti di paleonto- logia lombarda, nel quale, discorrendo della fauna di Esino, citai la presenza in essa della Lima striata Schl. e della Lima lineata Schl. I due esemplari, che spettano rispet- tivamente a queste due specie, non provenivano dal calcare di Estimo, ma dal piano sottostante ad esso, nei dintorni di Marcheno nella val Trompia. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI, ECC. 251 Mysidioptera Saccot nov. sp. Tav. X, fig. 5, 0a. Conchiglia di forma ovale, compressa, più alta che larga, ornata di coste appiattite, raggianti dall’apice sulle regioni laterali della valva, mentre che la regione mediana di esse è ornata da fine e serrate strie che, poco evidenti sulla regione apicale, si fanno un po’ più distinte verso il margine inferiore. L’orecchietta posteriore, nettamente separata dalla conchiglia da un solco obliquo, è leggermente incavata al margine esterno, sì da formare un piccolo seno. Essa è ornata di alcune coste cordoniformi, irradianti dall’apice, largamente spaziate. Apice anteriore prominente sul margine cardinale rettilineo, legger- mente obliquo. L’ornamentazione generale del guscio richiama quella della - M. vix-costata Stopp. sp., la quale è però sempre notevolmente rigonfia. La forma e l’ornamentazione dell’orecchietta, la forma dell’apice incurvato, mi inducono principalmente a separare questa forma da quelle finora note nella fauna di Esino. L’esemplare che ho disegnato proviene dalla parte alta della valle Ontragno (Museo di Torino): esso è un modello di valva destra, con frammenti di guscio. Se ne ha un altro esem- plare un po’ più piccolo, che venne trovato nella lumachella del P. di Cainallo (Museo di Milano). Prospondylus Taramellii nov. sp. Tav. X, fig. 6, Ga. Parecchi frammenti di grande valva, coi quali si è potuto ricostruire la conchiglia, che venne disegnata ridotta a due terzi della grandezza naturale. Di forma ovale, la conchiglia è più larga che alta, e da un lato obliquamente assai espansa. Super- ficie ondulata; convessa per circa due terzi dell’altezza a partire dall’apice, e pressochè gibbosa nella parte mediana: il tratto marginale è appiattito. L’ornamentazione è fatta da coste sinuose, robuste, quasi tutte irradianti dall’apice. Gli spazi intercostali nel tratto mediano della conchiglia sono assai più larghi delle coste; sui fianchi, pel ravvicinarsi delle coste, gli 252 ERNESTO MARIANI spazi sono per lo più larghi come le coste. Apice adunco, for- temente incurvato verso il lato espanso del guscio. Questa nostra forma si avvicina all’ Ostrea spondyloides Schl. del Muschelkalk tedesco (vedi Goldfuss, Petrefacta Germaniae, Bd.-II, p. 3, Tav. LXXII, fig. 5). Essa venne trovata nel calcare di Esino sopra Lierna (lago di Lecco) (Museo di Torino). Ostrea multicostata Goldfuss? Ostrea sp. STOPPANI, Les pélr. d’ Esino, pag. 105, Tav. XXIII, fig. 9. Nella lumachella del P. di Cainallo, si osservano molti frammenti più o meno grandi di gusci di ostrea, attaccati alla .roccia colla loro superficie esterna; sì che di essi è visibile solo la superficie esterna della conchiglia, essendo impossibile distac- carli dalla roccia. L’esemplare descritto e figurato dallo Stoppani sembra che possa con molta probabilità essere riferito alla suddetta specie del Goldfuss, come ritenne lo Stoppani stesso. Come è noto V0. multicostata Gold. è una specie del Muschel- kalk. Nella lumachella di Cainallo venne trovata anche l’Ostea difformis Schl., ricordata dal Salomon. Gli altri frammenti di Os/rea disegnati dallo Stoppani sono affatto indeterminabili (Museo di Milano). Milano, Museo civico di storia naturale. Gennaio 1908. CONTRIBUTO ALLO STUDIO Elenco delle bivalvi del calcare DELLE BIVALVI, ECC. 253 di Esino nella Lombardia. W. SALOMON A. BittNER — E. MARIANI Cuspidaria dubia Stopp. sp. e triasica Stopp. Sp. 5 semiradiata Stopp. sp. | ? Arcomya Sansonii Salom. Rhaetidia Salomoni Bittner Gonodon cingulatum Stopp. sp. pr esinense Stopp. Sp. 3 ovalum Stopp. sp. n trigonum Stopp. sp. R laeve Stopp. Sp. 5 Laubei Bittner » Cfr. lamellosum Bittner. Megalodon rostratum Lau. sp. ? Myoconcha Brunneri Hauer Myoconcha Brunneri var. angulosa Salom. Mytilus eduliformis Schloth. » pupa Stopp. » CoOmpressiuscu- lus. Stopp. Modiola esinensis Stopp. sp. Pinna cfr. Tommasit Worbm. Avicula caudata Stopp. Aviculopecten Wissmanni Mstr. sp. n esinensis Bittner > Beneckei Bittner n, triadicus Salom. ss luganensisHauer sp. » Di Stefanoi Mariani Posidonomya wengensis Wissm. a gibbosa Gemmellaro ? Halobia Lommeli Wissm. . tenuis Mojs. sp. \ | ) A. >STOPPANI (1858-60) Neaera dubia Stopp. Anatina triasica Stopp. ~ praecursor Stopp. af semiradiata Stopp. Corbula praenuntia Stopp. Cyprina cingulata Stopp. da esinensis Stopp. È ovata Stopp. A trigona Stopp. > laevis Stopp. Mylilus esinensis Stopp. a pupa Stopp. = compressiusculus Stopp.| Mytilus esinensis Stopp. ts Cainallii Stopp. Avicula caudala Stopp. a muyliliformis Stopp. a exilis Stopp. Posidonomya wengensisWissm. Posidonomya Lommeli Wissm. Moussoni Merian (pars). ” 254 ERNESTO MARIANI W. SALOMON A. BITTNER — E. MARIANI or c — Or Ot Ot Ot -J Oo Ot Ko on @ > Ot > — Halobia esinensis Salom. n fluxa Mojs. sp. n cfr. cassiana Mojs sp. Gervilleia leptopleura Salom. Myophoria laevigata Alb. ? 7 Tommasti Mariani Macrodon esinense Stopp. sp. 4s impressum Mstr. sp. A. STOPPANI (1858-60) Myophoria bicarinata Stopp. | Arca esinensis Stopp. Nucula trigonella Stopp. Pecten esinensis Stopp. < inornalus Stopp. È Ciampini Stopp. +5 Codeni Stopp. n diversus Stopp. 7, flagellum Stopp. » discites Schloth. ‘5 Cainallii Stopp. 5 contemplibilis Stopp. si liscaviensis Stopp. 2. Schmiederi Giebel COMPPESSUS Stopp. Nucula trigonella Stopp. Peclen esinensis Stopp. 5; inornatus Stopp. Pecten Ciampini Stopp. n Codeni Stopp. x diversus Stopp. 2? » flagellum Stopp. 5 disciles Schloth. | Schmiederi Giebel. » ‘nterstriatus (Mstr.) Bittner ; subaequicostatus Bittner » subalternans (d’Orb.) Bittner ? Pi lubulifer Mstr. "i lenuicostatus Hornes io stenodictyus Salom. * Meriani(Stabile) Mariani DA Corzenensis Mariani he valdecostatus Mariani i Liernensis Mariani si Ambrosionii Mariani % Portai Mariani A Reposstt Mariani Py erinilys Tommasi Lima Paronai Mariani ? 4, Salmojraghti Mariani Pecten inaequistriatus Gold. ” ” cassianus d’Orb. (pars.) cassianus VOrb. (pars.) 65 | Lima Telleri 66 88 89 CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI,: ECC. W. SALOMON A. BITTNER — E. MARIANI A. STOPPANI Ostrea multicostata ” Bittner costatella Stopp. sp Lavizzari (Stabile) Hauer cancellata Bittner conocardiuin Stopp. crassicosta Stopp. Mysidioplera Cainallii Stopp. sp. subquadrata Stopp. sp. vir-costata Stopp. Sp. vulgatissima Stopp. n Sp. È ornata Salom. var. laevigata Bittner rs ornala var. lombardica Bittner ambiqua Bittner ; costata Bittner ” subcostala Bittner si Beneckei Bittner 7 Ampezzana Bittner dI Woermannii Salom. È vix costalaStopp.sp., var. Laennensis Mariani a Saccot Mariani DS Klipsteiniana Bittner » Taramellii Mariani difformis Schloth. Prospondylus esinensis Stopp. sp. | Ostrea esinensis (1858-60) ? Lima incerta Stopp Avicula costatella Stopp Lima conocardium Stopp » Crassicosta Stopp n Cainallu Stopp » Subquadrata Stopp n vix-costata Stopp » vulgatissima Stopp Stopp. Gold. sp.? | Ostrea sp. Stoppani (pag. 105, Tay. SOSTE 69): 256 E. MARIANI - CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLE BIVALVI DESCRIZIONE DELLA TAVOLA IX. Fig. 1 Gonodon Laubei Bittner > 13, 2a Megalodon rostratum Laube sp. Ra Pinna cfr. Tommasii WOhrmann AIN Aviculopecten Wissmannii Miinster sp. eG Gd A Di Stefanoi nov. sp. ah te hgh MALL Pecten subaequicostatus Bittner Na 5 tubulifer Minster wee n valdecostalus nov. sp. e Ogg: No Ambrosionii nov. sp. gli d2a » Repossii nov. sp. MS) Lima Paronai nov. sp. » 14,15, 5a , costatella Stoppani sp. DESCRIZIONE DELLA TAVOLA X. Big: 1 Myophoria Tommasii nov. sp. » 2, 2a Pecten Portai nov. sp. me Se)?! » Lternensis nov. sp. » 4 4a Lima Salmojraghii nov. sp. » 5, 5a Mysidioptera Saccoi nov. sp. » 6, 6a Prospondylus Taramellii nov. sp. E. Mariani, Contributo allo studio delle bivalvi ecc, Atti Soc. Ital. Sc. Nat. Vol, XLVI Tav, IX, ELIUT CALZOLARI FERRARIO - MILANO Mariani, Contributo allo studio delle bivalvi ecc, Atti Soc. Ital. Sc. Nat, Vol, XLVI Tav & % F Ani: ELIOT CALZOLARIH# FERRARIO-MILANO IL LANIUS HOMEYERI, CABANIS IN ITALIA Nota Ornitologica del Socio Prof. Giacinto Martorelli i SINONIMI: Lanius homeyeri, Cab. J. f. Orn. 1873, p. 75; Scully, Str. F. 1876; Bogdanow, Russ. Shrikes, p. 142. Hans Gadow, Cat. Birds. Brit. Mus., vol. VIII, p. 242. Sharpe, Hand-List of Birds, vol. IV, p. 280. W. R. Ogilvie Grant, Novitates Zoologicae, vol. IX, 1902, p. 454; Reiser, Ornis balcanica, Griechenland, p. 259. Lanius excubitor Homeyeri, Cab. Naum. Naturgesch. der Vogel Mitte)- europ., Band IV, B. 135; Hartert; Die V6g. Paliarcht. Fauna. Heft IV, p. 420. — Arrigoni, Atlante Ornit., p. 111. Molti anni or sono esaminando insieme al Salvadori in Torino alcuni esemplari attribuiti al Lanius excubitor da me raccolti ed altri già esistenti nel Museo di quella città, ci parve che certuni differissero considerevolmente, nel complesso dei caratteri, dai rimanenti, in modo da sembrar appartenere a due differenti tipi. Da quel tempo io rivolsi una costante attenzione a questo gruppo di Averle, così poco noto generalmente nelle sue forme e nelle sue fasi, ed in specie dacchè dirigo la colle- zione Turati ebbi cura di mettere insieme il maggior numero di esemplari, parte montati e parte in pelle, ma tutti rigoro- samente modellati, onde poterne meglio apprezzare le variazioni dei singoli caratteri. Così ora dispongo di una serie veramente cospicua, se non pel numero, per la bontà dei soggetti, che mi propongo illu- strare colla presente memoria, volendo dimostrare come in Italia, oltre alle due forme gia note, Lanius excubitor vero e 17 258 GIACINTO MARTORELLI L. borealis, si trovi ancora il Lanius Homeyeri ed anche con una certa frequenza. Come già feci in una precedente occasione, trattandosi del Lanius borealis (1) del quale non volli asserire la presenza tra noi sino a che non ne possedetti un maschio adulto perfettamente tipico, così ancora questa volta, pur essendo certo, per alcuni esemplari freschi ottenuti, che fra noi giungevano individui della forma orientale Lanius Honweyeri, ho voluto attendere ad annunziarne la presenza in Italia sino a che non pos- sedessi un maschio adulto identico ad un altro tipico che la collezione Turati possiede, colto nelle regioni del Volga. Di solito sul mercato di Milano sono, da novembre inoltrato a gennaio, numerosi i Lanius excubitor normali e sempre adulti: l’anno scorso furono più che mai copiosi e giunsi ad osservarne fino cinque in un giorno. Tra tutti, un grande e bellissimo maschio (*) si avvicinava estremamente ai caratteri attribuiti dai più recenti Autori al Lanius Homeyeri (3); tuttavia anche in esso erano appena accennate le marginature bianche alle remiganti terziarie che congiungono il contorno superiore dello specchio bianco colle larghe fascie, pur bianche, terminali di queste penne, carattere tipico riconosciuto giustamente dagli autori della nuova edizione del Naumann e posto in evidenza in apposita figura schematica (Band IV, p. 146) come uno dei distintivi del ZL. Homeyer?. Più tardi altri due esemplari adulti maschio e femmina (4), apparivano del medesimo tipo e la fem- mina anzi aveva ben spiccate le suddette marginature bianche. Io non avevo quindi più alcun dubbio che si dovessero riferire al Lanius Homeyeri, quando un nuovissimo soggetto (°) di quest'anno, riunente tutti i caratteri offerti dal sovraccennato maschio adulto tipico del Volga, veniva a darmi la definitiva conferma che io non mi ero ingannato nella mia supposizione che anche questa forma nord-orientale del gruppo degli exci- (1) L. major di vari antori. (2) Es. n. 22051, 15 nov. 1906. Piemonte. ( I numeri sono quelli della coll. Turati ai quali sono da aggiungere quelli della coll. Civica e delle collezioni speciali ehe fanno ormai salire il totale a circa 28.000 esemplari. (8) A questo avvicinamento già avevo accennato a pag. 579 del mio libro * Gli Uccelli d'Italia T A . A r . nf è (4) N. 22019 cf, 24 nov. 1906, Piemonte. N. 22020 Y, 1 dic. 1906, Piemonte. , nella nota n. 3. (5) N. 22148 cf’, ad 4 dec. 1907, Lomellina. TAN AI IL LANIUS HOMEYERI, CABANIS IN ITALIA 259 bitor si spinga in inverno verso Sud-Ovest, raggiungendo l’Italia, come altre parti relativamente occidentali d'Europa, e special- mente la penisola Balcanica. La mia figura che accompagna la presente nota potrebbe bastare di per sè stessa a dare un’idea di ciò che sia il Lanius Homeyeri; tuttavia potendo esistere esemplari nei quali i carat- teri tipici siano ancor più spiccati che in questa (1), dirò ora quali siano i caratteri normali del Lanius Homeyeri, comin- ciando dal colorito e dalle proporzioni e dandone infine le mi- sure in confronto di quelle del Lanius excubilor tipico. L’Averla maggiore dell’Homeyer è di color cenerino visibil- mente più chiaro e più puro in tutte le parti superiori che nel tipico excubitor; sul sopraccoda quasi bianco, sulla fronte, sul sopracciglio, sulle scapolari il bianco è più esteso e più puro; su tutta la parte inferiore del corpo, dal mento alla coda, è purissimo: tale differenza appare anche nelle femmine, nono- stante la presenza delle fascette apicali semicircolari che sono più rade ed assai meno spiccate che nelle femmine dell’eacu- bilor. Nei maschi adulti lo specchio non solo è sempre doppio, come nelle femmine, ma è molto più largo che nell’excubilor. Nell’ala aperta le due parti, radiale e carpale, dello spec- chio stesso si continuano formando un solo largo spazio in mezzo all’ala, ma anche nell’ala chiusa le due parti si congiun- gono per un tratto più o meno lungo secondo gl’individui; di più lo specchio radiale, cioè il più interno, è nella sua parte più alta congiunto col larghissimo spazio bianco apicale delle remiganti terziarie mediante un margine bianco più o meno largo, che hanno le prime due o tre terziarie, come si vede nella mia figura. In quella schematica data nell’Opera del (1) Se la figura del Kleinschmidt che si vede nella nuova edizione del Naumann è esatta, è evidente che vi possono essere individui di questa specie nei quali l’esten- sione del bianco nell’ala è anche maggiore di quella che osservo nell’esemplare ma- schio del Volga ed è certo che qualsiasi carattere può sempre esagerarsi in qualche individuo. D'altronde questo esemplare fa parte della coppia tipica raccolta, dal Cabanis stesso, e si può quindi ritenere che ci sia la facies caratteristica di questa specie, poco importando se qualche carattere parziale non raggiunga il grado massimo di sviluppo. Circa la suddetta figura del Kleinschmidt devo anche aggiungere che la tinta delle parti superiori non ha il suo veru carattere, sia per imperfezione dell’ori- ginale, sia perchè i colori ad olio della stampa tendono facilmente ad ingiallire più o meno presto, come ho potuto constatare nelle tavole a colori di varie opere. 260 GIACINTO MARTORELLI Naumann per dimostrare questi caratteri, potei constatare la perfetta corrispondenza coi miei esemplari d’Italia in genere e col maschio del Volga in particolare. Devesi poi tenere a mente che se in qualche individuo queste marginature bianche sono ridotte al minimo, ciò dipende dagli effetti dell’abrasione (1), ma difficilmente questa è totale nei maschi. Nelle femmine può non rimanerne traccia, come in quella che ho presente dal Volga, e che pure è tipica quanto il maschio, essendo, come già ho accennato in nota, ambedue esemplari raccolti dallo stesso Cabanis cui si deve appunto la specie L. Homeyeri (?). Ora delle tre femmine che io attribuisco a questa forma, cioè: N. 20695 Merc. di Torino, inverno 1885-86,- N. 20872 Merc. di Milano 28 ott. 1897, e N. 22020, 1° dic. 1906, l’ultima ha ben evidente questo carattere, mentre in tutto il rimanente concorda in modo perfetto con le due prime ed ha i caratteri del L. Homeyeri molto più spiccati che nell’esemplare tipico del Cabanis, eppure ques’ultimo non si può certo considerare come giovane e neppure come immaturo! Siamo adunque nel- Vambito della variazione individuale e si ha così una prova evidentissima della opportunità di non prendere mai un solo carattere come fondamento di distinzione specifica, o subspeci- fica, ma sibbene tutto l'insieme dei caratteri dal quale solo si può avere una esatta concezione delle specie e del loro ciclo di variazione, cioè di quello che il Kleinschmidt chiama /07- mencreise o lebensring. Così nell’esemplare tipico recentissimo (N. 22148) il vessillo interno della terza remigante terziaria e delle seguenti è quasi del tutto bianco, come dovrebbe essere, secondo qualche Autore, nel L. Homeyeri, mentre invece nel maschio di Cabanis il nero si estende anche al vessillo interno per larga parte, eppure l'esemplare è tipico; quindi la diffe- renza è puramente individuale. Proseguendo ora nell'analisi dei tratti distintivi di questa Averla, osservo ancora che il nero della regione auricolare e perioculare è sempre più intenso e così pure quello dell’ala e (1) Guardando con lenti d’ingrandimento si vede berissimo che anche in-una medesima penna i punti ove la marginatura bianca è interrotta hanno le barboline più consumate, (es. in un g ad. dal Piemonte N. 18920 a). (2) Il maschio, N. 10569, è dell’aprile 1872 e la femmina, N. 10670, è del novembre dello stesso anno. 1 IL LANIUS HOMEYERI, CABANIS IN ITALIA 261 della coda ed il risalto che su di esso prende la fascia soprac- cigliare è tale che pare di un bianco argentino! Sull’ala dei maschi le primarie più interne hanno macchie apicali triango- lari molto spiccate, mentre le più esterne e le penne dell’ala spuria sono più spiccatamente listate di bianco che nel ZL. excubilor tipico. Sulla coda ll bianco è molto più esteso che nell’excubitor. Circa le forme osservo che nel tipo Momeyeri il corpo è sensibilmente più allungato che nel tipo ercuditor, che il becco è pure più prolungato e più spiccatamente unci- nato, ma la differenza più cospicua è nella coda che nell’ Ho- meyeri è assai meglio graduata e visibilmente più lunga che nell’excubitor, in modo che risulta più spiccatamente formata a ventaglio, la prima timoniera esterna essendo brevissima e le successive graduate fino al paio più interno molto più equa- bilmente che nel Lanius ercubitor e più ancora che nel L. major Pall. (borealis) nel quale la prima timoniera giunge parecchi millimetri più in basso che nel precedente. Ecco ora le misure dei singoli esemplari; Tipo Homeyeri. Maschi adulti. mm. Tipo Wxcubitor. Maschi adulti. mm. mn. N 10669, Volg. Cab. ala 110, coda 113 N. 20580, Merc. Milano, ala 110, coda 112 » 16820, Piem., Bajn. a oe a, id elt 96% a A SO: ad AD Pop to e Mart li dS, 116 n ZIA ¥ 10 oF iS » 22148, Lomell. , LLL a) » 4180, Europa? ar dO} LOD 22019 TE 5 PILLO! IRE NIE, » 774, Loinb. Coll. Civ. , 109, n 106 Esemplare intermedio (ibrido ?) Maschio giorane dall’ Ohi. Maschio. mm. mm. non. mm. N.21001, Merc. Mil. ala 106, coda 108. N. 16935 Sp. Sib. oc. (Fisch) ala 110 coda 111 Femmine. Femmine. mm. mm. mm. mm. N. 10670, Volg. Cab. ala 1l!, coda 112 N. 4181, Europa! ala 109, coda 109 » 20895, Torino, TERI CL » 6985, Lombardia , 110, 110 » 20872, Mere. Mil. ae Oy Oy Oa » 26119, Mere. Milano 114, , Us N22020 Pera Mi, Maly 2 ise) a lb » 20666, > > 110, , 110 n 21363, hi 5 Se DLE 5 108 n 22158, 1 z 2 IO} Foa IO) Es. incerto (major-excubilor ?) N. 21514, Merc. Milano ala 111, coda 111 262 GIACINTO MARTORELLI Esemplari con specchio semplice: Tipo major (sin. borealis) Maschi. | Femmine. mm. mm. | mm. mm | N. 20681, Mere. Milano ala 110, coda 105 N. 21797, Mere. Milano ala 110, coda 110 , 22052, 4 i MILL SM eELOD es N E Li VITI: a RST09 » 21073, » G 118 ps aie Dalle precedenti misure si vede facilmente: 1° la maggior dimensione del tipo Homeyeri rispetto al tipo ercubitor, 2° che nel tipo Homeyeri la coda è in tutti gli esemplari più lunga dell’ala, superandola in media di tre millimetri, mentre nel tipo excubitor la coda è uguale all’ala, in nessuno la supera, in qualcuno è persino più breve; e ciò tanto nei maschi come nelle femmine dell’uno e dell’altro tipo; 3° che il tipo excubi- for, se è minore del tipo major, non lo è però costantemente ed in ogni caso di ben poco. Avverto che le mie misure furono prese con metro flessibile fra le estremità più distanti, tanto per l’ala che per la coda, e che quindi, avendo per questa misurato le due penne più lunghe, mediane, non si può dalle misure date scorgere la differenza nella forma della coda fra il major e Vercubitor, la quale dipende dall’essere le due timoniere esterne nel primo più prolungate che nel secondo per una lunghezza media di 4 o 5 millimetri, il che basta a modificare il contorno dell’estremità della coda. Descrizione degli esemplari. N. 10669 (Esemp. di Cabanis, c° ad.). Parte superiore grigio- chiara, ma, nonostante accuratissima lavatura, ancora un po’ intorbidate per effetto del tempo. Perciò anche il bianco della fronte e dei sopraccigli non è puro. Sulla fronte è preceduto da una sottilissima fascia nera appena visibile; anche il nero delle ali e della coda ha perduto alquanto della sua intensità. Lo specchio radiale occupa due terzi delle penne e le margi- nature bianche delle prime terziarie sono ben evidenti, quan- tunque assai meno larghe che nella figura del Kleinschmidt, nella quale forse sono esagerate. Il bianco del sopraccoda, quantunque intorbidato, è ben distinto, essendo l’esemplare nella veste di primavera. Nella coda il bianco è molto esteso, 6 IL LANIUS HOMEYERI, CABANIS IN ITALIA 263 ma la sola timoniera esterna è interamente bianca. Gli steli delle timoniere sono neri in alto. N. 22051, JD ad. in inverno. Nonostante la stagione inver- nale aveva già il grigio delle parti superiori chiarissimo, bian- cheggiante; il bianco delle scapolari distintissimo: specchio radiale un po’ meno esteso che nel precedente: traccia evidente di margini bianchi alle terziarie: candidezza perfetta dal mento al sottocoda: largo margine apicale alle terziarie e macchie triangolari grandi agli apici delle primarie interne; seconda timoniera esterna quasi del tutto bianca, solo sottili strisce nere in alto; steli neri in ambedue nella parte alta delle penne. Fascia bianca supercigliare e frontale spiccatissima. N. 22148, c' ad. in inverno. Esemplare un po’ minore del precedente al quale rassomiglia quasi del tutto, solo avendo più esteso lo specchio radiale e ben evidenti in tutta la loro lunghezza le marginature bianche delle terziarie: prima timo- niera esterna interamente candida, tranne la parte alta dello stelo (come nel tipo): seconda egualmente: questa ha solo una piccola e breve striscia di nero al margine del vessillo interno in alto. Fascia sopraccigliare e frontale di un bianco argentino vivissimo. In questo, come nel precedente, vi è una lineare fascia nera prefrontale ; tutte le parti inferiori perfettamente candide, come nella figura, la quale rappresenta come la sin- tesi di questi esemplari, essendo destinata a rappresentare i caratteri della specie in modo completo. N. 16820 a. o& ad. Poco diverso dal precedente, ma collo specchio radiale esteso come nel N. 22051; ha evidenti traccie della marginatura bianca alle terziarie: le due prime timoniere con steli parzialmente neri; la seconda ha uno spazio nero in alto del vessillo interno: bianco del sopraccoda ben accentuato come nei due precedenti. N. 22019, & ad. inverno simile al precedente. Seconda timo- niera esterna con spazio nero in alto. N. 10670. © ad. inverno, Volga (esem. di Cabanis). Grigio delle parti superiori più scuro che nel maschio del Volga e sopraccoda poco distinto per bianchezza: i due specchi non molto grandi e completamente separati nell’ala chiusa: parti inferiori candide, colle macchie apicali squamiformi appena distinguibili: prima timoniera esterna non completamente bianca. N. 20872 © ad. inverno. Come quella del Volga, ma più 264 GIACINTO MARTORELLI grande assai e cogli apici bianchi delle terziarie più larghi; ugualmente poco distinte le macchie pettorali sul bianco uni- forme delle parti inferiori. Prima timoniera esterna intera— mente bianca. N. 20695 9 ad. inverno. Esemplare grandissimo, simile nei colori al precedente, ma colle fascette pettorali ben conservate: prima timoniera esterna immacolata anche sullo stelo: seconda appena strisciata di nero sul margine del vessillo interno in alto. Il bianco in tutte le parti superiori benissimo spiegato; i due specchi appena confluenti nell’ala chiusa, essendo separati solo da una sottile linea nera della prima remig. secondaria. N. 22020, 9 ad. inverno. Esemplari a specchi congiunti anche nell’ala chiusa e con marginature bianche alle terziarie complete quasi come nei maschi tipici: seconda timoniera esterna con spazio nero verso la base sul vessillo interno, mar- gini squamiformi pettorali appena visibili. Dal complesso dei caratteri lo giudico una femmina giunta al perfetto sviluppo in cui tende a sparire la differenza dal maschio. Dal confronto di questi esemplari è facile vedere che, tanto per le misure, come per il disegno ed il colorito, concordano mirabilmente tra di loro e coi tipi del Cabanis. Le differenze non superano mai i limiti consueti della variazione individuale e quelli dovuti alla fase nella quale un esemplare si trova. Trattandosi poi di esemplari recenti, da me raccolti in carne, personalmente anatomizzati per la determinazione del sesso e da me stesso preparati scrupolosamente colla modellazione del corpo, o almeno preparati in questo modo sotto la mia diretta sorveglianza, tutti questi esemplari colti in Italia, acquistano un particolare valore per la loro corrispondenza ai tipi del L. Homeyeri. Se poi si confrontano colla serie da me raccolta e preparata nello stesso modo dei Lanius ercubitor tipici, le differenze nelle proporzioni, nella intensità e nella distribuzione dei colori riescono, anche a prima vista, evidentissime, giacchè il L. ercubitor appare subito più piccolo e sopratutto più accor- ciato e colla coda assai più breve, meno ampia ed arrotondata. Con ciò non voglio escludere che esistano individui inter- mediarî tra i due tipi, essendo anzi probabile che essi s’incro- cino qua e li; ma se si dovessero considerare come distinte "# ie IL LANIUS HOMEYERI, CABANIS IN ITALIA 265 soltanto le specie che non offrono individui intermediari, bisognerebbe cancellarne dagli elenchi un immenso numero! Ho confrontato tra loro le descrizioni dei vari Autori, compresa quella del Cabanis (1), e le ho trovate generalmente insufficienti ed incomplete. Quasi tutte si limitano ad ‘assegnare un solo, o pochi caratteri differenziali, ed omettono le diffe- renze che derivano dal cambiamento graduale di colore tra la veste autunnale ed invernale e la veste primaverile. Così, se quei pochi caratteri assegnati dalla maggior parte degli Autori vengono a mancare, non è possibile distinguere quest’Averla. Si comprende perciò facilmente come in Italia sia così a lungo riuscito impossibile il riconoscer le specie, o forme geografiche, finora comprese tutte sotto l’antico nome di Lanius excubitor (?). La deficienza di descrizioni complete, la mancanza totale di buone figure, avrebbero a me pure impedito di accertare la presenza di quest’ Averla tra noi, se a me ancora fossero man- cati gli esemplari tipici del Cabanis ed avrei così io pure igno- rate le incursioni che fanno in Italia, almeno durante l’inverno, il Lanius borealis ed il L. Homeyeri, che infatti non furono compresi tra le specie comparse in Italia neppure da me nella mia Opera “ Gli Uccelli d’Ilalia . come non lo erano stati dall’Arrigoni nel “ Manuale .; solo il Giglioli nel recentissimo suo “ Secondo resoconto , aveva fatto un passo coll’ammettere la presenza in Italia di esemplari aventi i caratteri del L. major che esso riteneva a torto consistere solo nel colorito, mentre si estendono anche alle proporzioni e specialmente a quelle delle timoniere, determinando un diverso contorno della coda. Egli ha ancora riferito che nella bella serie della Colle- zione Italiana di Firenze vi sono quattro esemplari che hanno la coda del L. Homeyeri. (1) Journal fiir Ornithologie von Dott. Jean Cabanis, XXI Jahrgang, 1 B., p. 75. (1) L’Arrigoni tanto nell’ “ Atlante ,, (pag. 111), quanto nel “ Monuale , (pag, 165) fa precedere la sua brevissima descrizione da queste parole: “ Il Lanius excubitor Homeyeri (Cab.) è intermedio tra il L. excubitor major ed il L. leucopterus, Severtzow, ma questo concetto, che ha espresso anche il Grant nelle Novilates zoologicae, è stato più tardi respinto, nella stessa pubblicazione, dallo Hartert, il quale lo ha dimostrato privo di fondamento, come sembra a me pure, sebbene riconosca che siano tutte specie molto vicine tra di loro. 266 GIACINTO MARTORELLI Ora io ritengo che se Esso non si limiterà a considerare questa parte estrema dei nominati esemplari e confrontera anche le misure delle rispettive ali con quelle surriferite del L. Homeyeri, le troverà corrispondenti e troverà pure che anche gli altri caratteri saranno più prossimi a quelli dell’ Z70- meyeri che a quelli dell’ercubitor tipico: poichè se si trattasse di esemplari intermedî, come possono esservene, oppure di ibridi, sarebbero intermedi anche tutti i caratteri, come lo sono pure in uno dei miei esemplari che partecipa dei tratti caratteristici delle due specie (esempl. N. 21001), mentre gli altri sette, tra maschî e femmine, hanno tutti decisamente per colorito, forme e dimensioni i caratteri del L. Homeyeri. L’apparizione, del resto, di questa specie in Italia, se non era stata segnalata positivamente dagli Ornitologi Italiani, era stata avvertita per parte dei Tedeschi, i quali avevano regi strato le varie catture di quest’ Averla durante le sue escursioni invernali verso occidente. Le riassumo qui, togliendole dalla nuova edizione del Naumann, e ricordo ancora come |’ Hartert pure abbia avvertito questo spostamento della specie verso Ovest in autunno (1). L’area normalmente occupata dal LZ. Homeyeri, secondo il recentissimo lavoro dell’Hartert stesso già citato (*), sì estende dalla Rumenia e Bulgaria attraverso alle steppe della Russia meridionale e a.quelle della Siberia occidentale fino a Tomsk ed a Krasnojarsk, cioè fino al corso del Jenissei, ed in Russia si estende verso Nord fino a Mosca. In inverno si sposta verso Ponente fino in Ungheria, Austria (3), Germania occidentale e Svizzera e, secondo il Reiser, anche in Grecia (4). In Ungheria lo Csato lo trovò persino nidificante, ma in via eccezionale, presso Nagy-Enyed il 22 aprile 1889: nel nido (1) Die Vogel der paliiarktischen Fauna. Heft IV, Seite 335-312, p. 420. (2) Die Vogel der paliarktischen Fauna. Heft IV, p. 420, c. s. (3) Lo Scully che osservò questa specie nel Turkestan (Stray Feathers, 1876, p. 136, 37) presso Kashghar e Yarkand in inverno, mentre in estate non vi si trova mai essendo più al Nord, dice che frequenta i luoghi searsamente alberati, posandosi su alberelli spogli, punto diffidente, che è docile ed impara presto a catturare uecel- letti, com’egli stesso sperimentò, e che li sbrana come uno Smeriglio, I Turcomanni lo portano spesso sul pugno. — Le misure dei tre esemplari (I, LL) da esso presi corrispondono a quelle dei due esemplari di Cabanis e dei sette esemplari Italiani qui descritti. (4) Reiser, Ornis balcanica, Griechenland, p. 259. Ricorda un esemplare da Acharna esistente nel Museo di Serajewo che sembra doversi attribuire al Lanius Homeyeri. IL LANIUS HOMEYERI, CABANIS IN ITALIA 267 erano sei novelli. Del resto, secondo il Frivaldsky, nel Sud-Est dell'Ungheria è frequente e ne fa fede il Museo Nazionale di Budapest dove ne esistono almeno quattro esemplari, tre dei quali uccisi il 13 aprile 1844, l’11 aprile 1887 e il 23 aprile 1889, tutti dei dintorni della suddetta località di Nagy-Enyed. Secondo Kesler (!) il 30 agosto 1887 un esemplare fu uc- ciso nell’Ostfriesland e più tardi, alla fine di ottobre, un altro, ad Harderwijk, in Olanda. Un giovane fu ucciso lungo le propaggini occidentali dei Gejerberge. Il Kleinschmidt ne annovera pure uno ucciso nel 1892 nel Rheinhessen presso Guntersblum, conservato nella collezione privata di Glocksche. Verso il principio del febbraio 1895 un esemplare fu colto presso Schmélin ed è nel Museo di Altenburg, mentre un altro, veramente tipico, fu ucciso dal barone Erlanger da una capanna per la caccia delle Cornacchie nel granducato di Hessen. Ora se queste catture ben constatate non si può dire che siano davvero molte, sopra così vasta superficie, non bisogna nemmeno dimenticare che solo vennero considerati gli esem- plari riconosciuti da esperti Ornitologi, particolarmente versati nello studio di questo difficilissimo gruppo dei Laniidi, mentre un numero di esemplari, certamente molto maggiore, può es- sere sfuggito alla constatazione, perchè i soggetti catturati in gran parte non furono preparati, o se lo furono, caddero in mano di semplici raccoglitori che li ritennero senz’altro L. excubitor, non avendo modo di distinguerli e quindi non soltanto in Italia vennero ignorate molte comparse di questa bellis- sima Averla maggiore. Abbiamo dunque un nuovo esempio ben accertato di quella generale tendenza, già da parecchi Ornitologi e da me stesso varie volte affermata, che hanno le specie orientali a spostarsi in autunno verso Ovest, anzi piuttosto da Nord-Est a Sud-Ovest, e così il numero delle specie nelle quali questa tendenza si esplica, va ogni giorno crescendo ed avvalora sempre più la mia ipotesi, non contraddetta finora da alcuno, che essa sia la conseguenza di una causa cosmica generale. In questo anzi sta veramente il lato importante, dal punto di vista biologico, (1) Oesterreichischen M. Ornith. Jahresbericht, p. 137. (dall’edizione recente dei Naumann). 268 GIACINTO MARTORELLI della esatta constatazione di ogni comparsa di specie o forme geografiche, fuori della loro area, e non già nel poter inclu- dere nelle avifaune locali un numero di specie, o forme, ogni giorno crescente. Rimarrebbe ora la questione, per me affatto secondaria e persino oziosa, quella cioè di decidere se il Lanius Homeyeri abbia da considerarsi come una vera e propria specie, o come una sottospecie, o forma geografica, ma io ritengo opportuno il rimandarne la soluzione all’avvenire, ammesso che le que- stioni di questo genere siano capaci di esser risolte in modo positivo ed esauriente, ciò che non mi sembra. Frattanto, dovendo dire su questo proposito il mio pen- siero attuale, esso sarebbe questo: che il L. Homeyeri, pur es- sendo strettissimamente affine al L. excubitor, differisce non solo per il colorito e per la grandezza, il che non basterebbe davvero a farne una buona specie, ma ancora per le forme visibilmente piu allungate di tutto il corpo e per il contorno della coda spiccatamente diverso, caratteri che sogliono rite- nersi del tutto sufficienti per la distinzione specifica. Osservo ancora che i sette esemplari da me raccolti in varî anni sono tra loro perfettamente concordanti, come lo sono tutti tra loro quelli assai numerosi che ho attribuiti al tipico L. excubitor e che, posti accanto a questi, il complesso delle differenze, come già ho esposto, risulta, anche di primo sguardo, grandissimo. Così mi pare di poter concludere che gli uccelli sino ad ora classificati tra noi come appartenenti ad una sola specie sotto il nome di Lanius excubilor, si debbono invece riferire a tre specie, o, se si vuole, almeno a tre forme geografiche ben distinte, cioè il tipico Lanius exrcubitor (1), il L. Homeyeri ed il L. borealis (?). Il primo avrebbe per area geografica la maggior parte dell'Europa media e settentrionale, ma nella parte estrema di questa sarebbe sostituito dal ZL. borealis; mentre il L. Homeyert (1) Modernamente inteso, cioè con esclusione degli esemplari del tipo major (borealis). (2) Il quale potrà forse venir diviso, come voleva il Bogdanow, in tre sotto- forme cioè b. europaeus, b. sibiricus, e b. americanus: ma queste mi rammentano le forme subliles del Kleinschmidt ! IL LANIUS HOMEYERI, CABANIS IN ITALIA 269 sarebbe localizzato dall'Europa sud-orientale a parte dell’Asia centrale e della Siberia, non oltre il Jenissei, ed al di là gli succederebbe, secondo l’Hartert, il L. przewalskii (1). A Sud co- mincerebbe la serie di specie, o forme, che congiunge quelle eurasiche a quelle africane. Ed ora un'ultima considerazione mi si permetta, di natura essenzialmente sistematica, che mi è suggerita dallo studio complessivo di tutto questo gruppo di Lanii costituenti, per così dire, il ciclo di variazione del tipo excubitor (formencreise). A me è sembrato che tutte queste specie, più o meno chiaramente distinte, che si avvicinano alla specie linneana Lanius eaxacubitor,-dovrebbero formare complessivamente un medesimo genere, che sarebbe assai meglio delimitato che non quello di Lanius, il quale mi sembra ormai troppo com- prensivo, giacchè abbraccia in una sola denominazione un troppo grande numero di gruppi diversi. Così io non comprendo come il Grant, fra i recentissimi autori che hanno studiato le Averle (?), abbia potuto mettere in un solo genere le Averle del tipo exrcubitor con quelle dei tipi minor, pomeranus, col- lurio e tanti altri, cosicchè egli finisce per includervi quasi tutte le Averle conosciute, non tenendo nessun calcolo delle spiccatissime differenze, non solo nel tipo di colorito e di di- segno, ma ancora nelle proporzioni e nelle forme, e nei carat- teri biologici. Esso pone di seguito 57 specie tutte del genere Lanius e questo a me pare un ritorno eccessivo ai tempi linneani, quando tutti i rapaci diurni formavano un imponente serie di specie tutte spettanti al genere Falco! Già l’Hartert (3) ha fatto la critica particolare di questa revisione del gen. Lanius, fatta dal Grant, nè io mi soffermerò (1) Lanius excubilor przewaiskii, p. 420-422, op. cit. (2) Novitates zoologicae, Vol. IX. “A review ot the species ot shrikes of the genus Lanius ,. Cit. W. R. Ogilvie Grant. x (3) Novit. Zool., v. XIII, p. 392 e seg. tra le altre cose; Hartert ha espresso la sua giusta meraviglia che nè il Grant, nè molti altri ornitologi, in ispecie i russi, si siano accorti che 1l Lanius mollis non è altro che la fase giovanile del L. major (0 borealis) ed io mi meravigliai ancor di più trovandolo collocato dal Grant a grande distanza dal tipo degli excwbitor ed in mezzo al L. eacubitorius ed al L. minor coi quali non ha davvero troppa atfinità! 270 GIACINTO MARTORELLI - IL LANIUS HOMEYERI, CAB. a discuterla ulteriormente per occuparmi invece del colloca— mento fatto dall’Hartert stesso recentissimamente delle specie del genere Lanius. Debbo dire che neppure di questo io sono soddisfatto e sempre per la medesima ragione d’aver poste troppe specie in questo medesimo genere, nonostante che esso le abbia ridotte a 37 e parecchie di queste abbia considerate come sottospecie. Io riconosco che il suo ordinamento è assai più sapiente di quello fatto dal Grant, ma non sono d’accordo con esso nel riconoscere l'opportunità di usare la trinomia per indicare le specie del tipo excubitor. Sarebbe, secondo me, stato assai più opportuno rendere excubitor nome generico e, chiamando Zr- cubilor tipicus la specie linneana, daye il nome di Hxcubitor a tutte le altre, seguito da quello specifico che ora hanno, cioè: Ercubitor homeyeri, E. Przewalskii, E. borealis, E. bianchii, E. meridionatis, E. algeriensis, E. dodsoni, E. koenigi, E. ele- gans, E. leucopygos, E. pallidirostris, E. aucheri, E. lathora, E. uncinatus, E. buryi, supposto sempre, ma non ancor pro- vato, che tutte queste specie, o forme, siano veramente distinte, parendomi che ce ne sia più che a sufficienza, in ogni modo, per costituire un vero genere. *. Il Lanius Homeyeri in Italia. Atti Soc. Ital. Sc, Nat., vol. XLVI, Tav. XI. Disegno dell'Autore. Zincotip. Alf. e Lacr. LANIUS HOMEYERI, Cas. SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI E SOPRA ALCUNE MECOPODIDI MALESI ED AUSTRO-MALESI pel socio Dott. Achille Griffini —— ee —— Gli Ortotteri di cui qui mi occupo fanno parte delle colle- zioni zoologiche del Civico Museo di Storia Naturale di Genova, le quali, oltre ad una grande ricchezza in esemplari ed in specie, che per certe regioni tropicali può dirsi veramente unica, pre- sentano anche la grande attrattiva di essere preparate e con- servate in modo accuratissimo, quale nessun zoologo, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello dell’estetica, potrebbe de- siderare migliore. Ho già pubblicato parecchi miei studi precedenti che ho fatti sulle raccolte entomologiche del Museo di Genova, col gentile permesso della Direzione, la quale mise sempre a mia disposizione le opere necessarie per questi studi (1). Ultimamente mi sono occupato, come mi vado ancora oc- cupando, delle Phasgonourida contenute in quelle collezioni, e nella presente nota rendo conto delle osservazioni che ho po- tuto fare sopra alcune specie appartenenti alle famiglie dei Stenopelmatidi e delle Mecopodidi provenienti da regioni malesi (1) Lueanidi raccolti da L. Fea nell'Africa occidentale. Annali Mus. Civ., Genova, ser. 3, vol II (XLII), 1906. Hetrodidi, Conocefalidi, Meconemidi, Pseudofillidi, Mecopodidi e Fanerotteridi, raccolti da L. Fea nell'Africa occidentale. Ibidem, 1906. Fasnvidi e Mantidi raccolti da L. Fea nell'Africa occidentale. Ibidem, ser. 3, vo- lume III (XLIII), 1907. 3 Descrizione di un nuovo Grillacride dell'Africa occidentale. Zoologischer Anzeiger, Leipzig, 1908, Band XXXII, N. 19. Piyllophorine del Civico Museo di Storia Naturale di Genova. Ibidem, 1908 N. 22. Sulle Agrecine malesi ed austro-malesi del Civico Museo di Storia Naturale di Ge- nova. Zoolog. Jahrbucher, Abth. f. Systematik, Jena, 1908. DITO ACHILLE GRIFFINI ed austro-malesi, e che vi trovai in parte nuove o degne di es- sere fatte meglio conoscere. Alla presente nota spero poterne far seguire altre sopra altri gruppi. Intanto, coi miei ringraziamenti rivolti alla Dire- zione del Museo Civico di Genova, la quale, da quando mi tra- sferii in questa città, mi fu ogni giorno sempre più larga di benevolenza e di aiuto pei miei studi, mi sia pure concesso esprimere la mia ammirazione pel Museo stesso, la cui rigogliosa vitalità si concentra tutta in ciò che appunto deve essere la vita scientifica di un Museo, cioè nella conservazione, nell’in- cremento e nello studio delle collezioni, che vengono liberal- mente concesse in esame agli specialisti, senza che una così degna attività del Museo di Genova sia, neppure in parte, stor- nata, sminuita o soffocata, da tendenze verso generi affatto di- versi di studi, che colle collezioni dei Musei hanno poco o nulla a che vedere, e tanto meno poi con quelle dei Musei indipen- denti, nazionali o civici. Genova, R. Istituto Tecnico, 26 gennaio 1908. Fam. Stenopelmatideae. Rhaphidophora nigerrima Brunner. JS Rhaphidophora nigerrima Brunner von Wattenwyl, 1888. Monogr. der Stenopetmatiden. Verhandl. K. K. Zool. Bot. Gesellesch. Wien, Band XXXVIII, pag. 293. (Adhuc non descripta): Rhaphid. fede Brunner (op. cit., pag. 296, Tab. VII, fig. 25) prorima, a qua differl pra? cipue pedibus posticis mullo minus elongatis et magis robustis, nec non ovipositore subtus apice distincte ser- rulalo. Color piceus opacus, pleuris tantum, coxis et facie pallidius castaneis. Segmentum abdominale dorsale sextum in medio mar- ginis postici in angulum obtusum productum. Ovipositor niti- dissimus, latus, compressus, valvulis inferioribus apice subtus distincte serrulatis. Femora postica carina interna 6 spinulosa. Tibia postice calcare interno primo metatarsum equante. Me- tatarsus supra 2-3 spinulosus. 1 © Isola Jobi (Nova Guinea), coll. Bruijn, 1875. bo =I Oo SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI, ECC. Rhaphidophora deusta Brunner. 3S Rhaphidophora deusta Brunner v. Wattenwyl, 1888, mo- nogr. cit., pag. 298. ? Rhaphidophora deusta Kirby, 1906, A Synonym. catal. of orthoptera, vol. II, Pars I, London, pag. 124. (Delenda tamen synonymia cum R. picea Pict. et Sauss.). Faccio notare che Brunner ha indicato un carattere impor- tante di questa specie, esprimendolo così: * Femora postica basi valde incrassata, apicem versus minus gracilia. , Ora io interpreto questa espressione come indicante che i femori posteriori sono robusti e che la loro parte apicale più attenuata è relativamente corta (apicem versus) e pur sempre robusta. Ciò si verifica appunto in 7 esemplari (2 7,49 e 1 larva 9) posseduti dal Civico Museo di Storia Naturale di Genova, rife- ribili certo a questa specie anche pel notevole carattere degli stili della lamina sottogenitale dei o’ non compressi. Invece la descrizione e la figura della Rhaph. picea Pict. et Sauss. si riferiscono ad una specie più grande e più slan- ciata, dotata di zampe posteriori più allungate, di cui parlerò in seguito. Credo intanto utile dare la descrizione della Rhaph. deusta Brunn. secondo gli esemplari da me studiati: Slatura sat maiuscula. Corpus robustuni, Color piceus opacus, hine illinc ltestaceo nebulosus: fronte cinereo-testacea vel castaneo-lestacea ; peclore et pedibus basin versus sordide testaceis. Mandibule nigre. Palpi flavidi. Pronotum margine infero in dg parum curvato, in Q magis curvato. Femora 4 antica te- stacea, apicem versus tantum picea: femora postica interdum dilute marmorata et striolata, semper apicem versus magis picea et nitidiuscula, colore piceo ibi ab annulo parum distineto te- staceo subinterrupto. Femora postica parum elongata, optime incrassata, apicem versus minus gracilia, carina interna 1-2 spinulosa. Tibia po- stice calcare primo interno metatarso longiore. Metatarsus po- sticus supra 2-3 spinulosus. Segmenta abdominalia apice non pro- ducta. Lamina supraanalis o ovato-elongata, profunde sulcata. 18 OTA. ACHILLE GRIFFINI Cerci g longi. Lamina subgenitalis o” brevis, stylis teretibus instructa. Seementum abdominale dorsale ultimum 9 apice pro- funde et acute incisum. Lamina supraanalis - etiam ovato- elongata et sulcata, minor tamen quam in co. Ovipositor mo- dice longus, parum latus, parum incurvus, apicem femorum posticorum subattingens vel tantum attingens, apice integro. Lamina subgenitalis Q brevis, acute triangularis, apice in spi- nam producto. of Q Longitudo corporis ua os) mimes 20" 0-32 BO — 35 a PLOMO AL) ee OTO We 9,2 — 10 x femorum anticorum. , 13 —- 144 13 - 14,2 ‘ femorum posticorum. , 27,5 - 28 27,5 - 30 x tibiarum posticarum. , 27 - 29 27 - 29,5 ti ONDDOSIEOTIS a, Seta ike - 16 -17 23,49 e 1 larva 9. Engano: località Bua-Bua. Coll. Modi- gliani, 1891. (*) Rhaphidophora Beccari n. sp, O Rhaphidophora picea Pictet et Saussure 1891. De quelques Orthopt. nouveaux. Mittheil. Schweiz. Entomol. Gesell- schaft, 8 Band, Schaffhausen, pag. 303, Tab. I, fig. 6. (Nec. R. picea Brunner, neque A. picea Serville, teste Kirby). oS (Adhuc non descriptus). Corpus ut in 9 statura maiore: supra fusco-piceum, abdominis ullimis segmentis necnon pe- dibus pallidioribus, ut ventre et capite testaceis vel testaceo- gr isets. Caput ovatum, occipite tantum partim piceo; fronte testacea vel testaceo-castanea; mandibulis extus nigricantibus. Antenne testace® vel testaceo-grisez unicolores. Fastigium verticis, com- pressum, elongatum, profunde sulcatum. Oculi obovati, depressi. Pronotum convexum, modice compressum, lobis lateralibus ample rotundatis, margine antico cum margine infero loborum regu- lariter continuato, curva unica; angulo postico bene expresso, ut anguli postici laterales mesonoti et metanoti. (1) Certamente affinissima a questa specie, come indica anche il Kirby nel suo catalogo, deve essere la Rhaphidophora Beri Bolivar, 1891, Ortipteros nuevos Anales Soc. Espan. Hist. Natur., tomo XIX, Cuad. 3, Madrid, pag. 328 (9 ). SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI, ECC. 275 Pedes longissimi. Femora antica et intermedia gracilia, spina apicali anticorum et spinis duabus apicalibus interme- diorum modicis, subtilibus. Tibie antice subtus margine interno 1-spinuloso, margine externo 3-spinuloso; tibie intermedia subtus utrinque 3-spinulose, supra 2:2 spinulosae. Femora postica longa, basi valde incrassata usque parum pone medium longitudinis, deinde robusta semper sed attenuata, basi oblique striolata; subtus margine interno tantum 1-spinu- loso vel toto mutico. Apex femorum parum infuscatus. Tibia postice basi mutice, deinde multispinulose, calcare interno primo metatarsum superante. Metatarsus posticus supra 3-4 spi- nulosus. Cerci longi, graciles. Lamina supraanalis deflexa, longa, profunde sulcata, excavata. Lamina subgenitalis parva, brevis, stylis compressis instructa: of OC) Lengitudo corporis’. ty. mm. 34 > =" 3% 46 a) ROUNO EL 1655 Hea sual el te Pia: 00 a EIN 05, 10 Pi femorum anticorum. , 18 ? - femorum posticorum Coe I 38 ù tibiarum posticarum nol, = 385 33 x AVIposLieriseràsl fet bitala = 21 Habitat: Indie orientales, secundum Pictet et Saussure. Typi: 1 o et 1 larva 9 (Musaei Civici Januensis) in speleo Bue, alto Padang, in insula Sumatra, a Doct. Beccari, anno 1878 collecti. 1 co (Musaei Civici Januensis) in localitate Sereinu, insule Sipora, archipelagi Mentawei, a Doct. Modigliani, anno 1894, collectus. Fam. Mecopodide. Macrolyristes imperator Voll. Macrolyristes imperator Redtenbacher, 1892. Monogr. uebers. der Mecopodiden - Verhandl. K. K. Zool. Bot. Gesellsch. Wien, XLII Band, pag. 208. — Griffini, 1897. Sur quel- ques Locustides de Perak. - Miscellanea Entomologica. Narbonne, vol. V, n. 11-12, pag. 139-140. — Kirby 1906. A. Synon. Catalogue of Orthoptera, vol. II. pars I, Lon- don, pag. 362. (1) Sec. Pict. et Sauss. 276 ACHILLE GRIFFINI Ho gia indicata questa specie di Perak (penisola di Malacca) fin dal 1897. Il Museo Civico di Storia Naturale di Genova ne possiede una bellissima serie di 7 g° e 2 9 dell’Isola Nias (Coll. U. Raap 1897-98). Le 9 presentano sulle elitre delle macchie rotondeggianti irregolari di un giallo ocraceo. I °° hanno le elitre unicolori, oppure presentano scarse macchie simili a quelle delle ©. oppure macchie nerastre, o nerastre internamente variegate di giallastro, sempre in modo irregolare. Mecopoda superba Bolivar. O Mecopoda superba Bolivar, 1898. — Orthdpteros nuevos de Borneo y de Nueva Guinea. - Actas Soc. Espan. de Historia Natural. Madrid, Junio de 1898, pag. 139-140. — Kirby 1906, A. Synon. catal., op. cit., pag. 363. 17 e 30 della Nuova Guinea, località Mansinam (coll. Bruijn, 187): E specie molto affine alla M. cyrtoscelis Karsch, ma piu grande, col pronoto più dilatato posteriormente e i femori posteriori meno fortemente spinosi. Le sue tibie anteriori hanno i timpani anteriormente aperti, posteriormente quasi aperti, però quivi muniti di una distinta conca. L’ovopositore della 9 è lungo e dritto. La lamina sottogenitale del & è come nella cyrtoscelis, ma più allungata ancora. of Q Lunghezza ‘del. corpo... . . - mm. ‘3% 45,5 del pronoto © = = a 10,6 13,4 délievehitro.' 2% vier: 5 62 76,5 dei femori posteriori a 45 D4 dell’ ovopositore . . x - 36 Mecopoda cyrtoscelis Karsch. Mecopoda cyrtoscelis Karsch 1888. Zivei neve Mecopoda-arten. Entomolog. Nachrichten, Berlin, XIV Ihg., n. 10, pag. 146. O Mecopoda cyrtoscelis Redtenbacher, 1892. Monogr. Uebers. de: Mecopodiden, op. cit., pag. 212-213. — Kirby 1906, A. Synon Catal., op. cit., pag. 363. SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI. ECC. 277 19 e 6 9 della Nuova Guinea, provenienti dalle seguenti località: Katau (coll. D'Albertis, 1876). — Bujankori, 1890. Kelesi, 1890, Ighibirei, 1890, Lacumi, 1891, Haveri, 1893, Monti Astrolabe, 1893 (coll. Loria). Questa specie presenta notevole variabilità nella struttura dei timpani delle tibie anteriori, ora quasi concati, ora rimati, spesso diversamente fatti al lato anteriore ed al lato posteriore, potendo essere in quello aperti e in questo un po’ chiusi od anche viceversa. Mecopoda cyrtoscelis subsp. moluccarum m. A specie differt femoribus posticis carina supera tantuimn granulosa, nunquam spinosa, carina laterali parum minus arguta, pronoti prozona angulis posticis magis expressis, fere tuberculalis, mesozona lateribus minus quam in specie diver- gentibus, angulis anticis quamvis obtusis tamen bene exrpressis (in specie subnullis vel rotundatis), elytris parum latioribus. of 2 Loteitndo- corporis =. test. VID 9290 38-42 7 DIEOLOSIEEIE Seti tare sa ee 8 10 x GlytrORUna srs e Ce a 52-58 70 femorum posticorum ., 45 52,5-53 OVIPOSRDOTIS e sl -. 30 2 d di Ternate (coll. Bruijn, 1875). 1 © di Ternate (coll. Beccari, 1874). 19 di Halmahera (coll. Bruijn, 1875). Mecopoda elongata (Linn.) Il Museo Civico di Storia Naturale di Genova possiede di questa nota e diffusissima specie molti esemplari delle seguenti provenienze: Giappone (Pipitz, 1881). — Giava, Buitenzorg (Ferrari, 1874). — Sumatra, Monte Singalang (Beccari, 1878), Padang, Pan- gherang-Pisang (1890-91, Modigliani). — EKngano, Bua-Bua (Modigliani, 1891). — Nias (U. Raap, 1897-98). — Isole Batu (U. Raap, 1896-97). — Isole Mentawei (Modigliani, 1394). — Amboina (Beccari, 1873). — Halmahera (Bruijn, 1875). 278 ACHILLE GRIFFINI In questa specie, tanto variabile per diversi caratteri, 1 timpani delle tibie anteriori si mantengono costantemente aperti da ambo i lati. Mecopoda dilatata Redtenbacher. JS Mecopoda dilatata Redtenbacher, 1892. — Monogr. webers., Op. cit., pag. 212-213. O Mecopoda dilatata Fritze, 1899. — Orthopteres de l Archi- pel Malais, Revue Suisse de Zoologie, Genève, tome 7, fasc. 2, pag. 340, pl. 16, fig. 2. 13 e 10 di Sipora, una delle Isole Mentarwvei, località Sereinu (coll. Modigliani, 1894). Va fatto rimarcare un carattere interessante di questi esem- plari, che non fu descritto finora, e che solo può scorgersi rap- presentato un po’ grossolanamente nella figura dell’opera sopra citata di Fritze, e cioè che i timpani delle tibie anteriori sono da ambedue i lati concati e quasi chiusi. Sorpreso da questo fatto, mi rivolsi al Dott. Brunner von Wattenwyl, pregandolo di indicarmi se negli esemplari tipici, contenuti nella sua collezione, tale carattere si verificava. Egli cortesemente incaricò il Dott. Holdhaus di questo esame, e il Dott. Holdhaus, con gentile sollecitudine, mi rispondeva che negli esemplari della collezione Brunner i timpani delle tibie anteriori sono completamente aperti così come si osserva nella M. elongata. Io credo però non possa trattarsi di specie differente, ma solo di variazione individuale. Gia nella M. cyrtoscelis ho osser- vato ed indicato quanto il carattere in questione sia incostante. Gen. MOSSULA Walker. Mossula Walker, 1869, Catal. of the specim. of Dermapt. salta- toria, British Museum, part. II, London, pag. 288. Mossula Redtenbacher, 1892, Monograph. vebers. Mecopodiden, Verhand. K. K. Zool. Bot. Gesellsch. Wien, XLII Band, pag. 197. Mossula Kirby, 1906, A. Synon. Catalogue of Orthoptera, vol. II pars I, London, pag. 357-368. SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI, ECC. 279 Questo genere, dapprima descritto in modo assai poco rico- noscibile da Walker, fu poi indicato nuovamente da Redten- bacher, che nondimeno non lo conobbe in natura. Essendo io incerto sul suo valore, e sembrandomi dovessero appartenervi alcune specie inedite possedute dal Museo Civico di Storia Naturale di Genova, ho chiesto ed ottenuto facilmente che la Direzione di questo Museo ne comunicasse qualche esem- plare al signor W. F. Kirby del British Museum di Londra, mentre io gli scrivevo pregandolo di confrontare tali esemplari coi tipi di Walker che si conservano in quel Museo. Gentilmente incaricatosene, il signor Kirby mi rispondeva che non mi ero sbagliato, che gli esemplari del Museo di Genova concordavano col genere Mossula Walker, pur appartenendo a specie diverse, non possedute dal Museo Britannico. Lo ringrazio ancor qui della sua cortesia, e passo alla descrizione delle specie. Faccio però notare anzitutto che in queste non veggo due caratteri che si leggono nella descrizione generica di Walker, e cioè che la fronte sia obliqua e che il pronoto sia più ristretto all’indietro. Ciò mi preme accennare poichè nella tavola dei generi data da Redtenbacher, il carat- tere del pronoto ristretto all’indietro apparirebbe come impor- tantissimo per definire il genere di cui ora mi occupo. Mossula Loria n. sp. Q Statura modica, sat maiuscula (Q quam % major) — corpus nitidum subcompressum, subelongatum, modice robustum, testaceum vel testaceo-ferrugineum, fusco et nigro pictum; fronte fusco verticaliter vittata, occipite infuscato ; abdomine lateribus inferius punctis nigris sat magnis pradito ; femoribus omnibus distincte seriatim nigro punctatis vel lineolatis; spinis pedum (exceptis superioribus tibiarum posticarum) basi macula nigra circumdatis; elytris apicem femorum posticorum parum superantibus, marginibus subparatllelis, apice rotundatis, creberrime testaceo et fusco irroratis; ovipositore LIE fere recto, acuminato, lovi. of 2 Longitude corporis) +. +. mmm. .39-42 46-47 +, pronoti. : » 6,3-6,8 1-8 n ely&roruta iui. » 4044 50-54 280 ACHILLE GRIFFINI of 2 Latitudo elytrorum ;. . . . mm. 7,7-9 9,8-10 Longitudo femorum anticorum ., 13-15 = 15,5-17 femorum posticorum ., 31,5-35 40-42 ss Ovipositoris. . . n — 34-40 Habitat: Montes Astrolabe in Nova Guinea. Typi: 4 3° et 5 9 (Musei Civici Januensis) a Doct. L. Loria, anno 1893 collecti. Corpus totum nitidum. Caput modicum, haud vel minime reclinatum, ab antico visum subelongatum, fronte verticali, clypeo trapetioideo, labro rotundato. Oculi globosi, optime prominuli. Antenne longissi- me, articulis inermibus. Scrobes antennarum intus elevati, dimi- dium primi articuli attingentes. Occiput parum convexum. Fastigium verticis compressum, angustum, superne sat parvum, subhorizontale vel minime ascendens, sed anterius abrupte descendens, magis compressum, ibique anguste sulcatum, mar- gine leviter sinuato; inferius, versus fastigium frontis, angu- stissimum, fere verticaliter lineare. Ocelli duo tumiduli ad ba- sim fastigii verticis adsunt. Fastigium frontis inter bases scrobum antennarum situm, ellypticum, verticale, sat angustum, inferius ocellum agre distinguendum gerens, superius cum limite infero partis descendentis fastigii verticis tuberculato subcontiguum. Occiput plerumque fuscum, precipue in. medio et supra oculos. Ceterum, caput testaceum vel testaceo-ferrugineum, pallidum, fronte verticaliter et saepe dilute fusco 2-6 vittata. vittis interdum inferius evanescentibus et in clypeo minus expressis. Scrobes antennarum anguste fusco cincti. Sub utro- que oculo sulcus verticalis conspicitur. Antenne ferruginea vel ferrugineo-fusce, testaceo irrorate et incerte annulate, articulis duobus primis pallidioribus, plerumque fusco-nigro maculatis. Pronotum rugosum (superne creberrime), supra planiu- sculum, sed metazona sensim ascendente, margine antico ro- tundato sat producto, margine postico rotundato truncato; lobis lateralibus rotundato deflexis, bene adpressis, parum altioribus quam longioribus, angulo antico fere rectangulo, tamen obtuse rotundato, margine infero subtruncato rotundato. margine po- SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI, ECC. 281 stico ample rotundato-truncato, ascendente, sinu humerali expresso. Carine laterales nulla. Margines pronoti omnes limbati. Sulci duo typici valde expressi, quorum posticus pone medium dorsi situs. Carinula longitudinalis media etiam incerta, interrupta, rugulosa, adest. Color pronoti testaceus vel testaceo-ferrugineus, metazona postice dilute infuscata, rarissime dorso subtoto dilute infuscato : sulcis, precipue in lobis lateralibus, hinc illine irregulariter et interrupte nigratis. Mesozona interdum superne nigro-fusco in- certe bimaculata. Sterna modice angusta, pallida. Prosternum bispinosum : mesosternum et metasternum lobis rotundatis sed apice extus breviter et latiuscule triangulariter producto. Propleure, meso- pleure, metapleure, nigro-fusco parum maculata. Pedes nitidi, longiusculi, femoribus regulariter impresso- sulcatis, sulculis longitudinalibus longis, sulculis verticalibus brevibus. Lobi geniculares omnes utrinque bilobi, lobo uno bre- viter unispinoso, lobo altero obtuse rotundato. Coxe antica spina armate. Femora antica et intermedia fere cylindrica, subtus mar- gine antico tantum in dimidio apicali 4-spinuloso (raro 5-spinu- loso). Femora postica longa, basi incrassata (haud multo tamen), apice longe attenuata, subtus plerumque margine externo 11-spi- nuloso, margine interno 9-spinuloso. Tibie omnes compresse, superne sulcate. Tibie antice fo- raminibus intus subapertis, extus subrimatis, semper angustis, ideoque tamen intus quam extus latioribus; supra extus tantum in dimidio apicali 2-4 spinulose, necnon utrinque spina apicali instructe: subtus in utroque margine plerumque 10-spinulose. Tibie intermedie ad basim leviter dilatata; supra, margine externo antico excepta spina apicali inermi, margine postico cum spina apicali plerumque 10-spinuloso: subtus in utroque margine plurispinulose. Tibiz postice longe, in marginibus omnibus multispinulose et spinis apicalibus instructe. Tarsi modici, Color pedum testaceus vel testaceo ferrugineus, nigro varius. Coxe basi nigro-fusco vittate vel maculata. Genicula omnia apice breviter et saepe dilute infuscata, seepe etiam (praecipue in femoribus posticis) ante apicem supra ferruginea et partem ferrugineam annulo plus minusve incerto pallide testaceo pre- cedente. 282 ACHILLE GRIFFINI Femora omnia, precipue extus et superne, lineolis abbre- viatis verticalibus, vel maculis parvis numerosis, semper di- stinctis, seriatim regulariter dispositis, nigro-fuscis, ornata. Tibie omnes post imam basim (antica etiam subito post fora- mina) plus minusve infuscate. Spine omnes pedum, basi ma- cula nigra nitida cincte, exceptis spinis genicularibus et api- calibus, necnon spinis superioribus tibiarum posticarum (his basi tantum brunneis). Spine femorum ipse tote nigre; spine tibiarum ferruginee. Elytra apicem femorum posticorum in 0° leviter superantia, in Q magis, sed semper parum, superantia; nitida, quamvis creberrime reticulata, primo intuitu ferruginea fusco et testaceo creberrime et minutissime conspersa; marginibus subparallelis, apice rotundata; venis radialibus a basi discontiguis, leviter flexuosis; ramo radiali post medium oriente et post medium furcato, in apicem elytri et in marginem posticum (superum in quiete) exeunte; venis ulnaribus subparallelis, posterius cum ramo radiali subparallelis; venulis compluribus inter venas radiales et marginem posticum (superum) sitis subtransversis, ssubparallelis, tamen irregularibus; venulis campi antici obli- quis, venulis secundariis irregularibus. Campus tympanalis elytri sinistri in 7 tumidus, sat longus, a sulco externo magno optime delineatus, creberrime rugose reticulatus, plica transversa magis tumida expressa sed parum delineata. Vene radiales basi pallida et deinde semper testaceo-ferru- ginee; vene ulnares parum fusciores; venule transverse fu- sciores. Areole inter venulas fusce, sed fere omnes flavido-te- staceo irrorate, pictura flavo-testacea sub lente plerumque dendritiforme (precipue in areolis campi antici vel inferi). Margo posticus, seu superus, ut elytra coloratus, leviter fuscior, colore pallido et fusco haud vel minime interrupto. Interdum in elytris macule incerte fusce interulnares conspiciuntur. Ale valde infumate. Abdomen nitidum, ferrugineum, segmentis dorsalibus om- nibus lateraliter, versus ventrem, macula nigra subrotunda or- natis: segmentis ventralibus pallidis, etiam in lateribus utrinque macula nigra ornatis. Segmentum abdominale dorsale ultimum o in medio leviter concavum. Lamina supraanalis g° subtriangulariter rotundata, SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI, ECC. 283 pilosa. Cerci crassiusculi, teretes, apicem versus attenuati sed ibi rursus leviter incrassati et unco minimo armati. Lamina subgenitalis o longa, lateribus plicatis, ad apicem attenuata, ibique profundiuscule et acute triangulariter incisa, lobis trian- gularibus subacutis, apice stylo parvo, pubescente, preditis. Segmentum abdominale ultimum dorsale © breve, apice leviter trilobato, lobo medio subconcavo. Lamina supraanalis © subtriangularis. Lamina subgenitalis © sat elongata, apicem versus rotundata, apice modice late, parum profunde, sed di- stincte rotundato-inciso, lobis subrotundatis. Ovipositor longus, rectus vel subrectus, nitidus, basi et paulo post basim tumi- dulus, dein compressus, sat angustus, apice longe attenuatus et acuminatus, levis, concolor. Mossula Lorie subsp. Purarica m. O A typis speciei differt: Corpore leviter robustiore, minus compresso, minus agile : pronoto magis robusto, magis infuscato, minus crebre rugoso, metazona in medio superne concava, lobis lateralibus inferius saturate et ample castaneo-fuscis; parte brevi basali supera fastigii verticis fere erecta, ibique late sulcata, fere biloba, parte antica descendente subtili, haud sulcata; fronte, clypeo, labro, palpis, magis fusco pictis: articulis primis 2 antenna- rum fere totis nigris; elytris magis testaceo-viride conspersis, mar- gine postico (supero) distincte testaceo-viride et fusco alternatim interrupto: femoribus posticis magis incrassatis ; femoribus om- nibus fere unicoloribus, testaceo-ferrugineis, maculis lineolisque nigris nullis: geniculis fuscis; spinis femorum et etiam tibiarum nigris vel nigricantibus, sed basi haud macula nigra cinctis, vel tantum ibi infuscatis; femoribus intermediis extus usque ad 7-spinulosis ; segmento abdominali dorsali ultimo © in medio verticaliter exciso, quamobrem in lobis duobus approximatis di- viso. Ceterum cum specie convenit. Heneiwude corporis ta 0 es a a. 43,5 " PROMO ALONE RA oe Sra ks 9 5 SL GOR Ua SUR RS tek 46 6 A femorum:anticori. by! 476 si femorum posticorum . . » 43 4 ONIPOSILONIS lito; RL 3° aoe 284 ACHILLE GRIFFINI Habitat: Apud Flumen Purari, in Nova Guinea Britannica. Typus: 1 9 (Musaei Civici Januensis) a Doct. L. Loria, anno 1894 collecta. Questa specie appare essere molto affine alla Mossula vitti- collis Walk.; l’altra specie posseduta dal Museo Civico di Ge- nova è assai differente, e per essa credo necessario istituire un sottogenere a parte. Subgen. Albertisiella m. Differt a Mossulis typicis: Corpore haud nitido; occipite magis convexo ; fastigio verticis parvo, superne bituberculato, subtus (antice) sat brevi, latiuscule sulcato, inferius cum fastigio frontis contiguo; fastigio frontis inter scrobes antennarum ascendente, dimidiam eorum altitudinem attingente, fronte transversa, ineequali, impressa; pronoto magis selleforme, mar- gine antico et postico in medio minime tuberculatis, metazona utrinque costula crenulata instructa; elytris haud nitidis, ramo radiali apud apicem furcato; pedibus longioribus; femoribus posticis extus perdistinete longitudinaliter bicarinatis; ovipo- sitore brevi, valde falcato incurvo, fere semicirculariter erecto; cercis og latioribus ; lamina subgenitali 9 apice longe et late furcata, apicibus stylos gerentibus. Mossula (Albertisiella) acanthodiformis (Brunner). JS, O. Diaphlebus acanthodiformis Brunner 1898, Orthopt. des Malaysch. Archip. gesamm. von Kukenthal. Abhand. Sen- ckenb. Naturf. Gesellsch., 24 Band, II Heft, Frankfurt a. M., pag. 259, tab. XIX, fig. 46 (09). Mossula acanthodiformis Kirby, 1906, A Synon. Catal. of Ortho- ptera, vol II, pars I, London, pag. 358. 10 e 4 9 di Pulo Faor, Nuova Guinea (coll. D’Albertis, 1872). 1 Se 49 della Nuova Guinea, località Mansinam (coll. Bruijn, 1875). 1 © di Dorei, Nuova Guinea (coll. Beccari, 1875). Variat capite et pronoto parum fusco-nigro maculatis, fe- moribus fere immaculatis vel maculatis, interdum posticis subtus cum sternis nigris, elytris saepe fere unicoloribus et quam in typo Brunneri interdum sensim in © longioribus et latioribus ; SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI, ECC. 285. colore luride luteo-testaceo vel luride luteo-fusco, raro ut in typo Brunneri valde nigro consperso, plerumque subunicolore. Gen. PHRICTATYPUS Brunner. Phrictetypus Brunner von Wattenwyl, 1898, Orthopt. des Ma- laysch. Archipels ges. v. Kukenthal. — Abhandl. Sencken- berg. Naturfosch. Gesellsch., Frankfurt a. M., XXIV Band, II Heft, pag. 256. Phrictatypus Bolivar, 1903. Contribut a elude des Mecopodine. — Annales Musei Nation. Hungarici, Budapest, vol. I, pars I, pag. 162. Phiricteetypus Kirby, 1906, A. Synon. Catalogue of Orthoptera, vol. II, Orth. Saltatoria, pars I, London, pag. 356. Di questo genere, istituito da Brunner nell’opera sopra citata, si conosceva finora la sola specie tipica, descritta appunto dallo stesso Brunner e della quale questo Autore fece conoscere la 9, mentre, alcuni anni dopo, Bolivar ne descrisse il d'. La specie è la seguente: Phrictetypus viridis Brunner. QO Phrictetypus viridis — Brunner, 1898, op. cit., pag. 257, tab. XIX, fig. 44. cS È al Bolivar, 1903, op. cit., pag. 163. Questa specie abita la Nuova Guinea. Nelle collezioni entomologiche del Civico Museo di Storia Naturale di Genova esiste una © proveniente da Ternate, la quale può benissimo classificarsi nel genere suddetto, ma va considerata come rappresentante una nuova specie notevolmente diversa da quella finora nota e sopra ricordata. La descrivo col seguente nome: Phrictetypus Bruijni n. sp. O Statura sat magna - Ex alcool: flavescens; vivus verisi- militer viridis: apice spinarum lateralium pronoti nigro; capite minime reclinato, pallido, occipite et parte postica genarum dilute ferrugineis, femoribus 4 anticis superne nodulosis, non spinosis, femoribus posticis etiam sed 286 ACHILLE GRIFFINI minus conspicue nodulosis ; femoribus omnibus seriebus longiludinalibus macularum dilute ferruginearum orna- tis; pronoto etiam in lobis lateralibus rugoso; elytris unicoloribus, reticulo creberrimo fere coriaceis, ovato-el- lypticis, latis. Longitadocorporis*tt. Ci, sn UO A PILLOLE eee A. 5 LOS A GLU OGU IE N Si) Latitudo maxima elytrorum . .. , 19 Longitudo femorum anticorum . . ‘ 17,8 53 femorum posticorum. . a LAO sa DVIPOSILArIS! VR pate Roi 14,6 Habitat: Ternate. Typus: 1 © (Museei Civici Januensis), anno 1875 a D.° Bruijn collecta. Caput modicum, fere verticale: fronte minime reclinata, latiuscula, sat nitida, in medio late sed parum profunde depressa, depressione subtriangulari basi cum totam latitudinem clypei contigua, apice versus fastigium frontis erecto sed hoc fasti- gium non tangente; latera frontis sub insertione antennarum usque ad basim mandibularum verticaliter carinulata. Frons, labrum, mandibule, flavido-albida, pallidissima; cly- peus ferrugineus; gene postice et precipue supra ferruginee, subtus pallido varie, preesertim ramificatione pallida oblique versus lobos pronoti ascendente ornate. Occiput ferrugineum, flavo-albido varium. Oculi globosi, pedunculati, pedunculo brevi sed distinctis- simo, dimidio oculi diametro longiore et quam oculum parum angustiore. Antenne longissime, sat robuste, unicolores; articulus primus robustus, subcylindricus, extus verticaliter obsolete carinulatus. Scrobes antennarum posterius intusque optime ele- vati, margine rotundato. Fastigium frontis pallidum, fere quadratum, margine supero recto, transverso, sed in medio levissime sinuato, cum fastigio verticis contiguo. Fastigium verticis latiusculum, elevatione modica crassiuscula V-formi preeditum, superne in tuberculos SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI, ECC. 287 duos posterius vergentes divisa, anterius cum apice verticis magis pallida, ibique in medio rursus sed levissime bituberculata. Pronotum fere unicolor, supra creberrime ruguloso-pun- ctatum, planum, leviter concaviusculum, nullo modo carinatum, margine antico rotundato-truncato, margine postico truncato et parum quam anticum latiore, sulcis duobus transversis bene expressis. Prozona utrinque antice tuberculo indistincto pre- dita et postice spina dentiformi modica, subconica, flavida, apice nigro non acuto. Mesozona utrinque spinis dentiformibus duobus maioribus, flavidis, apice nigris, ibique fere rotundatis, qua- rum antica apice biloba. Metazona utrinque anterius spina den- tiformi flavida, apice nigra ibique fere rotundata, predita, deinde subito tuberculo minimo nigricante et carinula arguta supra inflexionem lobi lateralis, nigricante, rugulosa, usque ad apicem perducta, tuberculum saltem unum, inter minimos, nigrum, parvum sed magis distinctum, prebente. Pronoti lobi laterales sensim longiores quam. altiores, posterius perparum altiores quam antice, sat fortiter rugosi (non crebre punctato-rugulosi), sulcis dorsi ibique bene expressis, descendentibus et melius approximatis, marginibus limbatis, limbo flavido; angulo antico rotundato, postico etiam rotundato et subtruncato, margine antico et postico fere parallelis; spinis dentiformibus dorsalibus subtus flavis, apice tamen semper nigro. Pedes nitidi, sub lente raro pubescentes. Femora elongata; antica et intermedia superne tuberculis circiter 12 parum pro- minulis, rotundatis, nullo modo spinosis, instructa. Femora postica modice robusta, basi distincte quamvis modice incrassata, superne post basim parum longitudinaliter carinulata, ibique seriatim ruguloso-tuberculata, tuberculis tamen quam in femo- ribus 4 anticis minoribus et magis transversis. Lobi geniculares femorum omnium utrinque spinosi, spina apice nigra et basi, precipue in femoribus posticis, dente interno predita. Femora omnia in utroque latere inferius longitudinaliter sulcata. Femora antica subtus margine antico spinis 4-5, summo apice nigris, armata, margine postico inermi. Femora intermedia subtus margine antico spinis 6-7, summo apice nigris, armata, margine postico inermi. Femora postica subtus margine externo spinis 11-12 robustis, margine interno spinis 8-9 parum minus 288 ACHILLE GRIFFINI — SOPRA ALCUNI STENOPELMATIDI robustis, apicem versus longioribus, omnibus summo apice nigris, armata, quarum spinarum maiores basi etiam intus sunt infu- scate, sed ante apicem semper pallide. Tibie antice foramine utrinque aperto, superne post basim deplanate, ibique inermes, apice tantum spinula apicali externa fusca armate, subtus in utroque margine spinulose. Tibia intermedie eodem modo supra, post basim deplanate, ibique tantum postice spinis 3 basalibus armate, necnon utrinque spina apicali instructe; subtus, in utroque margine spinulose. Tibia postice prismatice, non compresse, non sulcate, undique multispinulose, utrinque spina apicali instructe. Color pedum pallidus, sed femora omnia precipue extus longitudinaliter seriem vel series macularum punctiformium ferruginearum prebent, necnon sulcos inferos ferrugineos et basim parum fusco variam. Spine pedum omnes apice nigre. Elytra ovato-ellyptica flavida (vel viridia) unicolora, lata, multo latiora quam in specie congenere Ph. viride, apice late rotundata, reticulo creberrimo undique fere coriacea, venis tan- tum radialibus bene distinguendis, basi leviter separatis, deinde semper coniunctis fere usque ad apicem ubi evanescunt. Ale elytris parum breviores, verisimiliter vitreae, venis flavidis (vel viridibus). Sterna angusta propter magnitudinem coxarum. Prosternum breviter bispinosum ; lobi meso et metasternales basi lati et contigui, margine externo curvato convexo, apice extus breyiter spinoso. Abdomen robustum, ferrugineum. Segmentum abdominale dorsale ultimum © apice profunde triangulariter incisum, an- gulo acuto. Ovipositor brevis, fere semicirculariter falcatus, incurvus, sub lente puberulus, granulis parvis precipue inferius conspersus; pallidus, valvulis inferis in dimidia parte apicali ferrugineis. Lamina subgenitalis © sat parva, fere obtuse triangularis, transversa, rugosa, apice parum inciso, lobis obtuse rotundatis. Oltre la © che mi ha, servito come esemplare tipico per questa descrizione, il Civico Museo di Storia Naturale di Genova possiede una larva ©, pure raccolta dal signor Bruijn a Ternate, e ben concordante col tipo in tutti i principali caratteri. SECONDO CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA. Nota della socia Dott. Giuditta Mariani ——— ++ —__ Negli Atti di questa stessa Società, Vol. XLIII, anno 1904, il compianto socio prof. Pavesi, pubblicò un’ Esquisse Pune faune valdélaine,lavoro che riunisce tutto quel poco che sino allora era stato da zoologi, per la valle d’Aosta, raccolto e studiato, e che tuttavia permise a Lui di fare delle considerazioni corolo- giche di notevole importanza. Con tale pubblicazione l'Autore però, più che altro, si prefiggeva di spronare i naturalisti a studiare una vallata che, per condizioni topografiche e bota- niche, deve essere ricca di specie. La sua fauna è infatti presso che sconosciuta e, per di più, le poche notizie che intorno ad essa si hanno, non sono corredate di indicazioni particolareg- giate circa la località, l'altitudine, il tempo della cattura, la frequenza degli esemplari, dei quali manca anche una sommaria descrizione che potrebbe guidare, mediante il confronto con le altre piccole faune limitrofe o con quelle che trovansi in con- dizioni di ambiente simili, a rilevare le modificazioni e le variazioni di dimensioni, di colore ecc., ed a portare quindi anche qualche contributo alla biologia ed alla diffusione delle specie. Fu inteso il pensiero, il desiderio del Pavesi? Dopo la pubblicazione del lavoro citato, comparvero tre note del prof. P. Peola: Trampolieri e Palmipedi della valle d@ Aosta (Boll. della Soc. Zool. ital., Roma, 1905), Secondo con- tributo alla fauna valdostana (Boll. Soc. La Flore Vatdotaine n. 3, Aosta, 1905) e Terzo contributo alla fauna valdostana (Boll. Soc. La Flore valdétaine, n. 4, Aosta, 1907),che arricchi- 19 290 GIUDITTA MARIANI rono l’elenco compilato dal prof. Pavesi di un mammifero, sessantaquattro uccelli, un rettile e un pesce, ossia, complessi- vamente, di 67 specie di vertebrati. Le Recherches sur quelques lacs du massif du Ruitor (Annales de Biologie lacustre, Tome 1, 1906), della sig.* Rina Monti Stella, risolvendo con genialità il problema della circolazione della vita nei laghi alpini, portano un nuovo, interessante contributo alla fauna locale. Le nuove specie sono 38 fra organismi pelagici e costieri, di cui quindici rizopodi, nove infusori, un platelminto, due nematodi, tre roti- feri, sei crostacei entomostrachi, un tardigrado e un coleottero acquatico, senza tener conto di larve di due generi di ditteri e di un genere di neurottero. Quale fattore di emigrazione passiva di tale fauna lacustre viene poi indicato un passeraceo non registrato nè dal Pavesi, nè dal Peola. | Molto, molto ancora rimane a fare! Che io mi sappia, nessun particolare studio fu fatto da altri. Io, mandata ad Aosta per ragioni del mio ufficio, mi sarei reputata indegna scolara del Vamato Maestro, se non avessi seguito il consiglio di Lui, mentre, in ripetute gite per la valle, arrampicandomi sui monti, spinta ad ammirarne le superne bellezze, andava ripetendo © qui Va une fois visitée ne l’oubliera jamais et gardera pour longtemps dans son coeur un vif desir de la revoir ,. Una mia prima noticina: Fauna valdostana, lepidotteri, (Boll. Nat., An. XXVI, N. 11, Siena, 1906) apportava il modesto contributo di 36 specie di farfalle che, aggiunte a quelle già elencate dal Pavesi, ne faceva salire il numero a sessantasette. Nell’ottobre dello stesso anno incominciai anche a fare ricerche di cecidologia ed il materiale da me raccolto in poco più di due mesi fu tanto copioso, da permettermi di poter pubblicare un Primo contributo allo studio della cecidotogia valdostana (Boll. Soc. La flore valdélaine, n. 4, Aosta, 1907), mediante il quale facevo conoscere, oltre a cinque micocecidi, 11 acaroce- cidi, 15 emitterocecidi, 8 ditterocecidi, 21 imenotterocecidi, tutti nuovi per la fauna entomologica locale. Devo aggiungere che due specie: ’Eriophyes hippocastani Fock. e la Dryophanta ayama Hartig. erano nuove anche per l’Italia. Incoraggiata dal distinto cecidologo prof. Trotter che mi diede preziosi con- sigli e mise anche a mia disposizione pubblicazioni cecidolo- giche da lui possedute, ripresi, nella passata primavera, con alacrità la raccolta e lo studio di nuovo materiale, sì che mi STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 291 è concesso, nella presente nota, far conoscere, oltre a sette micocecidi, ben 107 zoocecidi, di cui tre appartengono alle rac- colte fatte dal Thomas in Piemonte, e delle quali non fa men- zione il citato lavoro del Pavesi. Come siano sistematicamente ripartiti questi zoocecidi, che io ho creduto opportuno anche di descrivere brevemente, appare dall’indice che sta in fondo alla presente pubblicazione, indice che comprende tutte le galle valdostane finora conosciute, in numero di 174, e, per la mas- sima parte, da me raccolte. Alcune delle più interessanti specie, che sono state da me segnalate in una nota preventiva | Contributo alla cecidologia italica (in Marcellia, vol. VI, anno 1907)], sono qui illustrate con figure. Oltre che al prof. Trotter, esprimo la mia riconoscenza al dott. Traverso che mi aiutò nella determinazione di qualche micocecidio, e ringrazio ancora i compagni di gite che ebbero la gentilezza di aiutarmi nella raccolta del materiale. Aosta, gennaio del 1908. DO — 4. — Seconda contribuzione alla conoscenza delle galle della foresta di Vallombrosa (in Malpighia, vol. XIII, anno 1899). 5. — Terza contribuzione alla conoscenza delle galle della foresta di Vallombrosa (in Malpighia, vol. XIV, anno 1900). 6. TROTTER A., Intorno a vari acarocecidi nuovi o rari per la flora italiana (in Bull. Soc. Bot. It., 1900). 7. CORTI A., Le galle della Valtellina. Primo contributo, Milano 1901 (in Atti della Società Italiana di Scienze naturali, vol. XL). 8. DARBOUX et Hovarb, Catalogue des Zoocécidies de l'Europe et du bassin meéditerrancen, Paris, 1901. 9. CEccoNI G., Quarta contribuzione alla conoscenza delle galle della foresta di Vallombrosa (in Malpighia, vol. XV, anno 1901). 10. — Quinta contribuzione alla conoscenza delle galle della foresta di Vallombrosa (in Malpighia, vol. XV, anno 1901). 11. — Sesta contribuzione alla conoscenza delle galle della foresta GIUDITTA MARIANI BIBLIOGRAFIA CITATA. . MassaLoNGO C., Le Galle nella flora italica, 1893. . THOMAS FR., Cecidiologische Notizen (in Entom. Nachr., Jahrg. XIX, Berlin, 1893). . CeccoNI G., Prima contribuzione alla conoscenza delle galle della foresta di Vallombrosa (in Malpighia, vol. XI, An. 1897). di Vallombrosa (in Malpighia, vol. XVI, anno 1902). 2. CORTI A., Le galle della Valtellina. Secondo contributo. Milano, 1902 (in Atti della Società italiana di Scienze naturali, vol. XLI). . KieFFER J. J, Synopsis des Zoocecidies d’ Europe. Paris, 1992. . Trotter A., Di due anguillule galligene e delle loro galle (in Mar- cellia, vol. I, anno 1902). . — Galle della penisola balcanica e Asia minore. Firenze, 1903. (in Nuovo Giornale botanico italiano. Nuova serie, vol. X, n. 1 6 2) 3. TAVARES J. S., Zoocécidias novas para a fauna portugueza (in Bro- teria, vol. II, anno 1903). . MassaLoNGO C., Di un nuovo elmintocecidio del Ranunculus bul- bosus L. (in Marcellia, vol. IT, anno 1903). . — Nuovi Zoocecidi della flora Veronese, serie II (in Marcellia, vol. III, anno 1904). . TAVARES J. S., Synopse das Zoocecidias portuguezas (in Broteria, vol. IV, anno 1905). 29. 30. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 293 . TROTTER A., Nuove osservazioni su elemintocecidi italiani (in Mar- cellia, vol. IV, anno 1905). . — Nuovi cecidi della flora italiana, quinta serie (in Marcellia, vol. V, anno 1906). 2. DE STEFANI PEREZ, Breve descrizione dei Zoocecidi siciliani sino ad oggi conosciuti (in Naturalista Siciliano, anno XVIII, n. 5 a 8, 1906). . — Miscellanea cecidiologica (in Marcellia, vol. V, anno 1906). . MASSALONGO C., Nuovi Zoocecidi della flora Veronese, serie III (in Marcellia, vol. V, anno 1906. 5. — Nuovi cecidi della flora Veronese, serie IV (in Marcellia, vol. V, anno 1906). . MARIANI G., Primo contributo allo studio della Cecidiologia Valdo- stana (in Bollettino della Società la Flore valdòtaine, n. 4. Aosta, 1907). RIBAGA C., Di una peculiare alterazione delle foglie di gelso dovuta ad un omottero. (in Redia, vol. IV, anno 1907). 28. MARIANI G., Contributo alla Cecidologia italica. (in Marcellia, vol. VI, anno 1907). SACCARDO P. A., Sylloge fungorum. Patavii, 1882-1907. VACCARI L., Catalogue raisonné des plantes vasculaires de la Vallée d’Aoste, (pag. 1-288). Aoste, 1904. 294 GIUDITTA MARIANI Acer campestre L. 61. Erioplyes macrochelus Nal. — Darboux et Houard (8) (4), pag. 7, num. 37, fig. 15-16. Macchie situate su la pagina inferiore delle foglie. non mai all’ascella delle nervature, di color giallo rubiginoso e di forma subquadrangolare: sono dovute ad ammassi di tricomi e corri- spondono all Krineum purpuranscens Gàrtn. In giugno, a Valgrisanche, alla sinistra del torrente e di- rimpetto a Chamin. Il Vaccari (30) non registra, per questa località, la pre- senza dell'A. campestre. 62. Eriophyes macrorhynchus Nal. — Darboux et Ho- uard (8), pag. 6, num. 31, fig. 11-12; Corti (7), num. 1. Galle epifille, raramente ipofille, gregarie, per lo più ros- sicce, ora globose o subglobose, da mm. 0,5 a 1 di diametro, ora cilindriche o corniculate, lunghe, in questo caso, 1 e anche 2 mm. Corrisponderebbero esse al così detto Ceratoneon vulgare Bremi, frequente su altre specie di Acer. A Valgrisanche, in giugno, con la specie precedente; in lu- glio a Courmayeur. Alchemilla vulgaris L. 63. Eriophyide. — Darboux et'Houard (8), pag. 25, num. 175’ Kieffer (13), pag. 249. Foglia con lembo piegato a ventaglio lungo le nervature cosicchè si formano tante piccole cavità allungate aprentisi sulla pagina superiore. Questa deformazione non è accompagnata da pubescenza anormale. Essa è stata segnalata primamente, per l’Italia, da me (28). pag. 62. In giugno, a Valerisanche. Alnus glutinosa Girtn. 64. Hriophyes laevis Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 27, num. 187, fig. 52-53. (1) I numeri citati fra parentesi si riterisono alla bibliografia sopra elencata. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 295 Piccole galle epifille, cefaloniformi, di color giallo degra- dante in rosso. A Echevinos, in agosto (Decio). 65. Eriophyes Nalepai Fock. — Darboux et Houard (8), pag. 27-28, num. 189, fig. 54-56; Tavares (19), pag. 2, tav. X, Than Sls Sulla pagina superiore delle foghe, agli angoli formati dalle nervature secondarie con la principale, emergenze cefaloniformi ovoidali di color tabacco, con il maggior diametro parallelo alla costa; sulla pagina inferiore vi corrispondono depressioni tap- pezzate da lunghi e folti peli di color ruggine. Lungo il Buthier, a monte di Aosta, in giugno. 66. Schinzia Alni Wor. (= Plasmodiophora Alni M611). — Saccardo (29), vol. VII, pag. 464. Tuberoli radicali, con aspetto coralloide. Nel piano d’Aosta, lungo il Buthier, in aprile (Decio). Alnus incana D. C. 67. Eriophyes brevitarsus Fock. — Darboux et Houard (8), pag. 28, num. 197; Corti (12), num. 104. Deformazioni biancastre tricomatose. A Courmayeur in luglio. 68. Eriophyes levis Nal. — Darboux et Houard (8), pag. num. 186, fig. 52-53 per A. glulinosa; Corti (7), num. 3. Galle simili a quelle descritte al N. 64, ma più piccole e di color vermiglio. In vicinanza di Etroubles, luglio e agosto. 69. Perrisia Alni Fr. Lòw. — Darboux et Houard (8), pag. 28, num. 195, fig. 50-51, per A. glulinosa. Foglia, nella prima metà basale, ripiegata alquanto verso l’alto parallelamente alla costa, con ipertrofia di questa e di un breve tratto delle nervature secondarie; la lamina rimane così un po’ increspata e presenta inoltre dal lato della pagina inferiore una pelosità anormale. In giugno, lungo la strada di Valpelline. 27 . / Alnus viridis D. ©. 70. Eriophyes brevitarsus Fock. — Darboux et Houard (8), pag. 29, num. 205, fig. 60-62; Corti (12), num. 105. Chiazze vermiglie. 296 GIUDITTA MARIANI Alcune foglie, coperte quasi interamente dalla deformazione prodotta da questo acaro, furono quest’estate raccolte in Val- pelline (Henry). Betula alba L. (1. Massalongia rubra Kieff. — Trotter (21), pag. 113. Ipertrofia, in generale, della costa fogliare, estendentesi spesso alle nervature secondarie e, per brevissimo tratto, anche al picciuolo. Talora però appare ipertrofizzata soltanto una pic- cola porzione di nervatura secondaria. In ottobre, a Pollein. Brassica oleracea L. var. culta. (2. Centorhynecus sulcicollis Schénh. — Massalongo (1), num. 172, tav. XXXIV, fig. 1; Darboux et Houard (8), pag. 63, num. 522, fig. 123; Kieffer (13), pag. 273. Sin. di C.-pleurostigma Marsh. Galle emisferiche della radice, specialmente in prossimità del colletto. Trattasi della varietà detta cavolo di Bruxelles. A Charvensod, nell’orto del sig. Michela, aprile. Capsella Bursa-pastoris Much. (3. Cystopus candidus (Pers.) Lév. — Saccardo (29), vol. VII, pag. 234; Corti (7); num. 12. Deformazione cancrenosa di color bianchiccio, che rende irriconoscibile l'individuo affetto. In luglio, a Courmayeur. Celtis australis |. (4. Zoocecidio. — Corti (7), num. 13; De Stefani Perez (23), pag. 129. Foglie a lembo tutto increspato normalmente alle nervature principali; esso appare anche spesso concavo rialzandosi il mar- gine, verso la pagina superiore. Tale deformazione marcatissima, secondo il Corti è forse da considerarsi come un acarocecidio ; il De Stefani Perez invece propende a credere che il cecidozoo STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 297 sia un Afide e, ulteriormente il Ribaga [in (27), pag. 343], ha af- facciata l’ipotesi che l’alterazione descritta sia dovuta a un omottero e precisamente all’ Histeropterum grylloides Fabr. In novembre, sopra alcune rupi lungo la strada di Saint- Christophe. Cerastium triviale Link. 75. Trioza Cerastii H. Low. — Kieffer (13), pag. 291: Mas- salongo (18), pag. 116. Cloranzia. In luglio, a Valpelline. Chenopodium album L. 76. Aphis Atriplicis L. — Darboux et Houard (8), pag. 105, num. 824, fig. 173-175. Galla a baccello per ripiegamento verso l’alto delle foglie, che si presentano quasi sempre decolorate. Diffusa e comunissima in estate. TT. Aphideo? — Foglia notevolmente increspata. Luglio, Valpelline (Cozzi). Chenopodium Vulvaria L. 78. Aphis Atriplicis L. — De Stefani Perez (23), pag. 129. Deformazione simile a quella descritta al num. 76. In maggio, comune in Aosta lungo le stradicciole. Convolvulus arvensis LI. 79. Aphis sp, — Mariani (28), pag. 62. Foglie increspate e arricciate alquanto verso la pagina in- feriore. Galla nuova per la scienza, già da me segnalata come tale ip. c. Aosta, giugno. Corylus Avellana L. 80. Eriophyes Avellana Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 116-117, num. 923, fig. 188-189; Kieffer (13), pag. 298; Cec- coni (4), pag. 157. 298 GIUDITTA MARIANI Sin. E. Coryligallarum Targ. Gemma ipertrofizzata con squame subcoriacee di color nocciuola e ricoperte da corti peli. Valpelline, in luglio. Crategus Oxyacantha L. 81. Aphis Oxyacanth@ Kock. — Darboux et Houard (8), pag. 120, num. 946, fig. 193-194; Corti (7), num. 17; Massa- longo (1), num. 9. Sin. di A. Cralagi (Winn) Kalt. Foglie fortemente ipertrofizzate accartoc- ciantisi in vario modo con concavità corri- spondenti alla pagina inferiore e colorate in- tensamente di rosa o di vermiglio. Durante la primavera, in tutta la vallata, tra 250-1300 m. Crepis © 82. Thylenchus sp. — Trotter (14), p. 174, (20), pag. 52; Mariani (28), pag. 63. Giovani foglie radicali con costa fogliare ipertrofizzata e lamina increspasta, spesso av+ volta a spira verso l’apice, come mostra la fi- gura 1. Cecidio interessante, abbastanza comune nei prati d’Aosta e di Courmayeur durante i mesi di giugno e luglio. Diplotaxis muralis D. ©. 83. Aphideo (Aphis brassica?). — Mariani (28), pag. 63. Accartocciamento delle foglie. Galla nuova per la flora italica. Valpelline, luglio. Euphorbia Cyparissias L. 84. Uromyces Pisi (Pers.) De Bary. — Saccardo (29), vol. VII, pag. 542. Stadio ecidiosporico. In luglio, sopra Courmayeur (Sanctuaire du Berrier). STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 299 Fraxinus excelsior L. 85. Eriophyes FPrarini (Karp.). — Corti (7), num. 20. Infiorescenze deformate, appariscenti sia per il colore scuro e sia perchè permangono sulla pianta. Strada dietro le carceri, Aosta, ottobre e novembre. 86. Pemphigus nidificus F. Low. — Darboux et Ho- uard (8), pag. 155, num. 1207; Cecconi (10), num. 49; Corti (7), num. 21. Ammassi subglobosi di foglie che spiccano fra il fogliame normale; essi sono dovuti alla ipertrofia della rachide che s’in- curva e all’avvicinamento verso la pagina inferiore delle sin- gole foglioline. Non comune; Vho riscontrata soltanto in giugno a Busseja e in luglio lungo la strada che da Liverogne conduce a Morgex. 87. Perrisia Fraxrini Kieffer, (13). pag. 322; Darboux et Houard (8) pag. 156-157, num. 1212, fig. 248-249. Nervatura mediana con forte ingrossamento. più o meno esteso e sporgente sulla pagina inferiore della foglia, mentre formasi come una fenditura nella parte carrispondente della pagina superiore, che appare, con la porzione adiacente del lembo, fortemente scolorata. Comunissima ovunque dalla fine di maggio in poi. 88. Psyllopsis Fraxini L. — Darboux et Houard (8). pag. 156, num. 1209, fig. 242-244; Massalongo (1), num. 205. Talvolta le due metà del lembo vengono deformate per tutta la loro lunghezza, sicchè presentansi due cecidi paralleli alla nervatura mediana. Diffusa ed abbondante in tutta la vallata cominciando dal maggio. Hedera Helix L. 89. Asterolecanium Massalongianum Targ-Tozz. — Maslongo (1), num. 35, tav. XI, fig. 1-2; Darboux et Houard (8), pag. 178, num. 1414; Corti (7), num. 33. Cecidi subfusiformi dei picciuoli e delle foglie, con piccole eminenze sulla faccia superiore. In marzo, Aosta, Villa Chicco. 300 GIUDITTA MARIANI Helleborus foetidus L. 90. Blennocampa monticola Hart. — Mariani (28), p. 63. Piccole pustole a pareti sottili del diametro di mm. 0,5 circa, di color verde pallido con cercine bruno, più sporgenti verso la pagina superiore, ove si aprono mediante forellino. Tale substrato, nuovo per l’Italia, è già stato da me regi- strato, non che descritto in Il. c. Fu raccolto lo scorso aprile a Saint-Christophe. Heracleum Sphondylium L. 91. Hyalopterus Sphondytii Koch. — Mariani (28), p. 64. Un tratto di lamina fogliare si ipertrofizza e quindi s’in- crespa. Questa galla fu da me trovata in Italia, per la prima volta, nei prati di Aosta, durante il mese di maggio; in giugno e lu- glio nelle praterie di Valgrisanche e Courmayeur. 92. Macrolabis corrugans F. Low. — Mariani (28), pag. 64. Foglia increspata e piegata. Nuovo substrato per l’Italia. Lo scorso luglio a Valpelline. Hieracium murorunm |. 93. Aphis Hieracii Kalt.— Darboux et Houard (8), pag. 182, num. 1451 per H. boreale Fries; Kieffer (13), pag. 338; Cec- coni (4), pag. 172; Corti (12), num. 131. Avvolgimento del margine fogliare verso l’alto e conse- guente formazione di due cartocci lassi, paralleli alla nervatura mediana. Secondo il Corti, l’avvolgimento è verso la pagina inferiore. In luglio, sopra Courmayeur, in prossimità del ghiacciaio della Brenwa. Juglans regia L. 04. Eviophyes tristriatus Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 198, num. 1601, fig. 286-288. Galle fogliari cefaloniformi, talora di color rosso vinoso e in STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 301 tal caso numerose e di dimensioni più piccole di quelle dall’au- tore indicate. Riscontrai tale specie da maggio a luglio nelle seguenti località: Aosta, Aymaville, Gressan, Villeneuve, Courmayeur. . 95. Eriophyes tristriatus var. erinea Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 198, num. 1602, fig. 289-290. Sulla pagina superiore delle foglie elevazioni quasi tondeg- gianti, rugose, di color verde sbiadito e rosso cupo, con forte peluria bianchiccia nelle corrispondenti depressioni dell’opposta pagina. Con la specie precedente nelle citate località e a Liverague, Kochia prostrata (L.) Schrad. 96. Thylenchus? — Mariani (28), pag. 64. Di questa galla interessante, perchè nuova per la Scienza. a Fig. 2. b ho già dato, in l. c., una breve descrizione, a illustrare la quale può servire la fig. 2 che presento (in b vedesi l’asse dell’infio- rescenza contorto). Fu raccolta in luglio a Valpelline (Cozzi). Laserpitium marginatum VW. e K. 97. Triora? — Mariani (28), pag. 64. Increspamento delle foglie con bollosità sulla pagina su- periore. Substrato già da me registrato in l. c. come nuovo per l’Italia. 302 GIUDITTA MARIANI Verso la fine di giugno. in Valgrisanche e nella vicina Ta- rantasia. Lygustrum vulgare L. 98. Rhopalosiphum Ligustri Kalt. — Darboux et Ho- uard (8), pag. 212, num. 1709, fig. 312-313; Cecconi (11), num. 17; Massalongo (18), pag. 117. Accartocciamento del margine fogliare verso la pagina infe- riore e parallelamente alla nervatura mediana : la lamina fat- tasi floscia e così deformata, s’incurva. Contrariamente a quanto asseriscono i precitati autori, ho constatato che tali foglie sono quasi sempre più intensamente colorate e presentano inoltre, per tutta la loro estensione, depres- sioni puntiformi, più o meno evidenti, su una delle due faccie, con corrispondenti sollevamenti nell’opposta faccia. Aosta, in maggio; più tardi a Busseja e a St. Christophe; più tardi ancora, in luglio, a Valpelline. Lilium bulbiferum L. 99. Aphis? — Tavares (16), pag. 170 per L. speciosum Thumb.; Mariani (28), pag. 65. Foglie increspate. Galla pure da me registrata in l. c. come nuova per l’Italia, mentre il substrato è nuo- ff ì Le JZ vo per la scienza. E Paw (es IS k Verso la meta di lu- ay glio, in un giardino di Aosta. Linum AD tenuifolium L. Be as vl 100. Tylenchus? — AG Massalongo (17), pag. 139 SI per Ranunculus bulbo- sus L.; Mariani (28), pa- gina 65. Bellissima galla che ricorda, come già notai in l. c. e come si può rilevare dalla fig. 3, certe alterazioni dovute ad elminiti del genere Tylenchus. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 303 Che trattisi veramente di un’anguillula, non ho potuto accertarmene, possedendo, come per la deformazione al n. 96, un solo esemplare. Questa deformazione avrebbe anche 1’ aspetto di un caso teratologico. Una sola piantina a lato della strada per il ghiacciaio della Brenwa: il 3 luglio (Decio). Lonicera alpigena L. 101. Syphocoryne Lonicera Sieb. — Kieffer (13), pag. 359: Trotter (21), pag. 117. Foglie foggiate a cucchiaio o a baccello con concavità cor- rispondente alla pagina inferiore, inoltre avvolgimento floscio del margine della lamina verso questa stessa pagina, a costi- tuire come un orlo. La pagina superiore appare decolorata e macchiettata a un tempo di carmino. In luglio, sopra Courmayeur, nel bosco in prossimità del “ Santuaire du Berrier ,. Lotus corniculatus L. 102. Contarinia Loti De Geer. — Darboux et Houard (8), pag. 219, num. 1774, fig. 334; Kieffer (13), pag. 359; Massalongo (iau 67. I bottoni fiorali, alquanto ipertrofizzati e rigonfi, restano socchiusi. In luglio a Doues sopra Valpelline. 103. Perrisia sp. — Deformazione molto simile a quella descritta dal Cecconi (11), n. 18. NelVinterno di una delle foglioline, trasformate in cartoccio baccelliforme, trovai però una larva, lunga circa 4 mm., di colore piuttosto scuro, anzichè “bianco rossiccio chiaro ,, Una sola piantina a Sarre, sotto il castello reale, in maggio. Malva rotundifolia L. 104. Aphis Malva Koch. — Darboux et Houard (8), pag. 224, num. 1808; Kieffer (13), pag. 362; Massalongo (24), pag. 29. Lamina fogliare increspata con tendenza ad arricciarsi verso la pagina inferiore. Specie comune nei dintorni di Aosta, in estate. 304 GIUDITTA MARIANI Mentha longifolia (L.) Huds., var. 105. Aphis [| Capsella Kalt.] — Tavares (19), pag. 37 per M. rotundifolia L. ; Mariani (28) pag. 65. Tutte le foglie, meno talora quelle situate più in basso, pre- sentano la lamina arricciata e incurvata verso la pagina infe- riore, dove vivono numerosi i cecidozoi. Come ho già fatto rilevare nella mia nota preveniva sopra citata, non ho trovata tale deformazione indicata per l’Italia su tale substrato, che deve riferirsi, secondo il parere del sig. C. Cozzi, che ha pure con me raccolti degli esemplari, alla var. moltissima (Borkh.). Specie diffusa lungo il margine dei ruscelli e della strada. L'ho raccolta in giugno e luglio ad Aosta, Courmayeur e Valpelline. Mentha rotundifolia (L.) Huds. 106. Aphis |Capselle Kalt.] —- Mariani (28), pag. 65. Deformazione identica a quella descritta al n. 105. A Valpelline, in giugno. Mentha viridis L. 107. Aphis sp. — Mariani (28), pag. 66. Foglie terminali ipertrcfiche, specialmente nella costa. e arricciate. Probabilmente trattasi dell'A. Capsella Kalt. Una piantina raccolta a Valpelline in luglio (Cozzi). Origanum vulgare L. 108. Aphis Origani Pass. — Tavares (19), pag. 38. Foglie crespe e arcuate verso la pagina inferiore. Questa deformazione ricorda quella prodotta dall’ 4. Cap- selle? sul genere Mentha. A Valpelline, in luglio. 109. Oligotrophus Origani — Nal. Tavares (15), pag. 38-39, tav. I. fio. 8; Corti (12) num. 144. Agglomeramenti globulosi di foglioline fra loro embricate e ricoperte di bianca lanugine. A Valpelline, in agosto (Henry). STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 305 Pirus Cydonia L. 110. Eriophyes Piri (Pagenst.) Nal. — (= £. orientalis Fock.) — Darboux et Houard (8), pag. 122, n. 965; Tavares (16), ‘ pag. 165. Pustole fogliari di color giallo zolfo. Aosta, da maggio a giugno. Pirus communis L. 111. Aphis Oxyacanthe Koch. — Darboux et Houard (8), pag. 249 , num. 2022. Galla simile a quella descritta al n. 81. La foglia assume una tinta giallo rossastra o interamente vermiglia: l’accar- tocciamento avviene parallelamente alla nervatura principale. In maggio, a Porosan; in giugno, poco dopo l'imbocco di Valgrisanche e oltre il Colle Du Mont, sul versante francese. 112. Eriophyes Piri (Pagenst.) Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 248, num. 2033; De Stefani Perez (22), pag. 20. Pustole vaiolose di color rossastro. Piantine di tre anni, in vivaio di Aosta. Pirus Malus L. 113. Aphis Mali Fabr. — Darboux et Houard (8), pag. 250, num. 2031. Foglie leggermente increspate, con apice scolorato e rivolto verso la pagina inferiore. Aosta, in maggio. 114. Aphis Oxyacanthae Koch. Vedasi num. 111. Aosta, Villa Chicco, in maggio e giugno. 115. Myzoxylus (Schizoneura) laniger Hausm. — Dar- boux et Houard (8), pag. 250, num. 2028 fig. 365-366; Massa- longo (1), num. 26, tav. IX, fig. 1-3; Corti (12), num. 151. Rigonfiamenti dei rami o del giovane fusto, con superfice depressa. Galla diffusa, comune anche nei vivai d’Aosta, in aprile. 20 306 GIUDITTA MARIANI Polygonum Bistorta L. 116. Cecidomyia sp. Galla rinvenuta presso Cogne dal Thomas (2), pag. 9-10, Estr. 117. Cecidomyide — Darboux et Houard (8), pag. 260, num. 2111; Kieffer (13), pag. 385. Bordo del lembo fogliare deformato per arricciamento stretto e coriaceo, in forma di mezzaluna, verso la pagina infe- riore. La deformazione è colorata in giallo ed estendesi per 7 od 8 cm., formando una linea sinuosa da ambo i lati. Un’unica foglia in Valgrisanche, a Chapy (1700 m. circa), giugno. Populus nigra L. (!) 118. Pemphigus affinis Kalt. — Massalongo (1), num. 14; Tavares (19), pag.44, tav. VII, fig. 10, 10a e 2; Corti (7), num. 42. Cartocci fogliari dovuti a ripiegamento del margine per un tratto limitato, oppure di tutte e due le metà della lamina verso il lato inferiore. Le foglie, così deformate, dapprima appaiono scolorate, e poi, più o meno, tinte in rossastro. I due diversi aspetti di questa galla si sa, da tempo, che dipendono da due diverse generazioni del parassita. In quantità, in tutta la valle. 119. Pemphigus bursarius L.— Darboux et Houard (8), pag. 264, num. 2153; De Stefani Perez (22), pag. 23; Tavares (19), pag. 43, tav. VII, fig. 6 e 11. Cecidio a forma di cono tronco con l’ostiolo superiormente, mentre per la base aderisce in parte al ramo, in parte al pic— ciuolo della foglia che da quello si diparte. In giugno, a Valpelline. 120. Pemphigus marsupialis Courch. — Darboux et Houard (8), pag. 265, num. 2158; Kieffer (13), pag. 391; Cecconi (3), pag. 446; Trotter (15), num. 82. Cecidio subvescicolare, epifillo e situato in prossimita al (1) I Pemphigus Populi Courch. P. Spirothece Pass., P. vesicarius Pass. apparten- gono pure alla Flora Valdostana per questo stesso substrato. Vedi Mariani (26), n. 18- 19-20. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 307, punto d’inserzione del picciuolo, di dimensioni minori di quelle indicate da Darboux et Houard nel loro catalogo; l’ostiolo che appartiene alla pagina inferiore, è foggiato a lunga fenditura adiacente alla nervatura mediana, la quale presenta ipertrofia estendentesi anche al picciuolo. In giugno, nei dintorni di Aosta, con il P. Populi, non comune. Populus Tremula L. 121. Eriophyes dispar Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 266, num. 2175, fig. 401-404. Per arrestato sviluppo degli internodi, le foglie si avvici- nano, rimangono più piccole delle normali, sono inspessite, crespate e con margini arricciati superiormente fino a toccare la nervatura mediana. Si formano così delle eleganti piramidi fogliari erette, più o meno compatte, di color verde giallo, sfu- mato in rosso mattone. Alla fine di maggio, ad Aymaville; in giugno a St. Chri- stophe. Questa galla è piuttosto rara. 122. Eriophyes diversipunctatus Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 268, num. 2185; Kieffer (13), pag. 393. Galle sferoidali, epifille, del diametro di 1 mm. circa, colo- rate in rosso cupo e situate a lato del picciuolo nel punto ove questo prolungasi nella nervatura. È noto che tale deforma- zione è dovuta ad alterazione delle glandule della base della foglia. Giovani piantine fra Charvensod e St. Grat, in giugno. 123. Harmandia cavernosa Ribs. (= HH. crumenalis Kieff. = H. cristata Kieff.), Cecconi (10), num. 27; Darboux et Houard (8), pag. 269, num. 2195, fig. 410-411; Kieffer (13), pag. 399. Cecidi subglobosi a pareti relativamente grosse, delle dimensioni di un grano di pepe o di un piccolo pisello, attra- versanti la lamina foglare e sporgenti per un terzo o per un quarto sulla pagina superiore, dove si apre l’ostiolo a mo’ di fessura, con piccolo orlo rialzato, essendo contornato da una leggera depressione. Questa galla è stata descritta per la Valtellina dal Corti (7), num. 48, sotto il nome di H. Tremula (Wintz). Ad Aymaville, alla fine di maggio. 308 GIUDITTA MARIANI Poterium Sanguisorba L. 124. Eriophyes Sanguisorba Can. — Darboux et Houard (8), pag. 407, num. 3411, fig. 748; Kieffer (13) pag. 395-396; Tavares (19), pag. 45, tav. XII, fig. 9, 9a, 9b. Tutta una piantina coperta di lanugine bianchiccia. Corrisponde all’ Erineum Poterii D. C. In luglio, a Valpelline. Prunus Armeniaca L. 125 Aphis Pruni Fabr. — Darbouxet Houard (8), pag. 274, num. 2232; Kieffer (13), pag. 397. Foglie increspate. Substrato nuovo. per l’Italia e come tale registrato in Mariani (30), pag. 66. Prunus domestica L. 126-127. Aphis Pruni Fabr. e A. prunicola Kalt. — Dar- boux et Houard (8), pag. 276, num. 2244 e 2245; Kieffer (13), pag. 394; Massalongo (1), num. 25; De Stefani Perez (22), pag. 24. Foglie a lembo increspato, talora presentante piccole bol losità e arcuato verso la pagina inferiore, sia normalmente alla nervatura mediana che parallelamente, talora anche avvolto in ampia spirale. A Rochefort, frazione di Liverogne, in giugno. Prunus spinosa L. 128-131. Aphis Pruni Fabr., A. prunicola Kalt., A. Padi L., A. Humutli Koch. — Darboux et Houard (8), pag. 279, num. 2274, 2275, 2276, 2277; Kieffer (13), pag. 397. Foglie terminali leggermente increspate, affette da diverse specie di afidi, probabilmente tutte quelle sopra indicate. Aosta, in maggio. Quercus Robur L. 132. Andvicus solitarius Fousc. Darboux et Houard (8), pag. 329, num. 2603, fig. 577; Tavares (19), pag. 71, tav. V, fio. 15. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 309 Galla situata all’ascella di una foglia, fusiforme, di mm. 8 di lunghezza e 3 di larghezza massima, con apice incurvato, ricoperta di abbondante lanugine di color bruno gialliccio. Un solo esemplare raccolto alla fine di giugno, lungo la strada di Valpelline. 133. Dryophanta divisa Hart. — Darboux et Houard (8), pag. 341, num. 2660, fig. 609-610; Tavares (19), pag. 79, tav. V, fig. 9 e 10. Cecidio ipofillo, sferoidale, leggermente schiacciato ai poli, del diametro medio di mm. 4, con parete liscia e lucida, molto dura e di color nocciuola scuro. In quantità discreta a Busseja, lo scorso novembre. Rheum Rhaponticum L. 134, Aphideo? Forte increspamento di tutta la lamina fogliare. Forse l’Aphis Rumiicis ne è il cecidozoo. Giardino alpino /a Chanousia, al Piccolo S. Bernardo, il 30 giugno. Rhododendron ferrugineum L. 135. Eriophyes alpestris Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 360, num. 2806, fig. 651-652; Corti (7), num. 60. Foglie terminali avvoltolate a spira, per le due metà del lembo, fino alla costa. Nel vallone Citrin, con la specie seguente, in agosto (Decio). 136. Hxobasidium Rhododendri Cram. — Saccardo (29), vol. VI, pag. 664; Corti (7), num. 59. Galle vistose, subsferiche, ipofille, più o meno grosse, colo- rate di giallo verde sfumato in rosso, talora completamente rosee o rosse. Nella stessa località della specie precedente, assai abbon- dante e diffusa. Ribes nigrum L. 137. Aphis Grossularia Kalt. — Darboux et Houard (8), pag. 363, num. 2831. Foglie terminali increspate ed arricciate normalmente alla loro lunghezza verso il basso. 310 GIUDITTA MARIANI Substrato nuovo per l’Italia, già registrato nella nota pre- ventiva: Mariani (28), pag. 66. Aosta, giardino del palazzo vescovile, in luglio. 138. Myzus Ribis L. — Darboux et Houard (8), pag. 363, num. 2833. Foglie terminali con bollosità estroflettentisi sulla pagina superiore, d’un verde sbiadito o bruno giallognolo. Substrato pure nuovo: Mariani (28), pag. 66. Con la specie precedente. Ribes rubrum |. 139. Aphis Grossularie Kalt. — Darboux et Houard (8), pag. 364, num. 2839. La stessa deformazione indicata più sopra al n. 137. In Mariani (28), pag. 66: substrato nuovo per l’Italia. Nel campicello della Scuoia Normale e in tutti gli orti di Aosta e dei dintorni. 140. Myzus Ribis L. — Darboux et Houard (8), pag. 364, num. 2841; Corti (7), num. 61. Galla simile a quella descritta al n. 138. Le foglie attaccate dall’afide sono però intensamente verdi e spesso le bollosità di color rosso mattone. Frequente con la specie precedente, della quale è più comune e diffusa. Rosa (species varie) 141. Perrisia (Cecidomyia) Rosarum Hardy. — Massa- longo (1), num. 89; Corti (12), num. 168. Foglioline ripiegate per le due metà del lembo verso la pagina superiore, a costituire come un baccello parzialmente rigonfio, causa ipertrofia e bollosità della loro base. Siepe nei prati di Aosta, ottobre. Non è specie comune. 142. Phragmidium subcorticium (Schrank) Winter. — Saccardo (29), vol. VII, pag. 746. Stadio ecidiosporico. Fra Echevenoz e Etroubles, in agosto (Decio). 143. Rhodites Spinosissime Giraud. — Darboux et Ho- uard (8), pag. 367, num. R. 16, fig. 672-673; Kieffer (13), pag. 478. Piccoli cecidi sferoidali, leggermente pubescenti, da 3 a 5 mm. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 311 di diametro, perforanti il lembo fogliare, con sporgenza mag- giore. sulla pagina inferiore, ove si presentano solitamente colorati in giallo, invece superiormente in rosso bruno. Talora la deformazione ha luogo lungo la nervatura mediana e. in tal caso, la conseguente ipertrofia di questa si estende un poco alla porzione di lembo adiacente. Parecchie foglioline attaccate dal parassita furono raccolte in agosto a Echevenoz (Decio). Rubus discolor Weihe et Nees. 144. Lasioptera Rubi Heeger. — Darboux et Houard (8),. pag. 372, num. Ru. 4; Corti (7), num. 64. Galla rameale consistente in un ingrossamento subcilin- drico di mm. 30 di lunghezza e 10 di larghezza, cosparso di ostioli circolari del diametro di mm. 0,5 a 1. Raccolta in luglio a Valpelline (Cozzi). Rumex obtusifolius L. et species varie. 145. Aphis Rumicis L.— Darboux et Houard (8), pag. 376, num. 3032; Kieffer (13), pag. 484; Tavares (19), pag. 90; Massa- longo (25). pag. 154. Cartoccio subcilindrico floscio, dovuto all’ avvolgersi delle due metà della lamina fogliare verso la sua pagina inferiore. Assai diffuso nei prati della vallata, in estate. Salix alba L. 146. Perrisia terminalis H. Low. — Darboux et Houard (8), pag. 378, num. S. 6; Corti (7), num. 68; Trotter (15), n. 190. Germogli trasformati in cecidi fusiformi causa il compor- tamento delle foglioline che li costituiscono: esse restano diritte, ricoprendosi reciprocamente. Galla diffusa e comune ovunque. Salix aurita L. var. 147. Eriophyde. — Trotter (6), num. 14, fig. 5, per S. (? aurita). Sulla pagina inferiore di una foglia due depressioni orbi- colari del diametro di mm. 2,5 circa, corrispondenti in tutto 312 GIUDITTA MARIANI alla descrizione data dall’autore citato. La meta del lembo infetta mostrasi atrofizzata e un poco contorta. Con le due specie seguenti. 148. Perrisia marginemtorquens Winn. — Darboux et Houard (8), pag. 390, num. 3090, fig. 696-697 ; Corti (12), num. 171. Il lembo fogliare si avvolge in più spire verso la faccia inferiore e parallelamente alla nervatura primaria. La parte della foglia così deformata presentasi iper- trofizzata e contorta con crespe o bollosità sco- lorate. In luglio, lungo la strada che conduce al ghiacciaio della Brenwa. 149. Pontania Scotaspis Forst? Di questa deformazione, nuova per la flora italica e da me segnalata in (28), pag. 66, pre- sento qui la fig. 4, che mette in evidenza la po- sizione e la grandezza delle pustolette di color caffè, ugualmente sporgenti sulle due pagine. Una sola foglia raccolta in luglio a Courmayeur, località delle altre galle dello stesso substrato. Fig. 4. Salix babylonica L. 150. Phyllocoptes phytoptoides Nal. -- Kieffer (15), pag. 496; De Stefani Perez (22), pag. 39. Fillomania e cladomania degli amenti che si trasformano in ammassi subglobosi o conici di piccole foglie verdi, e che persistono sulla pianta, assumendo poi un colore bruno. Aosta e Aymaville. in maggio e giugno. Salvia pratensis L. 151. Eriophyes Salvia Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 405, num. 3397; Tavares (19), pag. 97; Corti (7), num. 77. Foglie, specialmente le radicali, presentanti bollosita a superfice bernoccoluta sulla pagina superiore: le corrispondenti cavità della pagina inferiore sono tappezzate da tricomi bian- chicci. In luglio, a Courmayeur: in giugno aveva già constatata la presenza di questa specie poco sotto il Piccolo S. Bernardo, sul versante francese. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 313 Sambucus nigra L. 152. Epitrimerus trilobus (Nal.). — Kieffer (13), pag. 499; Tavares (19), pag. 97; Corti (12), num. 179. Giovani foglie variamente deformate, per la presenza di questo acaro. Galla comune e diffusa; primamente la raccolsi il mese di aprile, in Aosta, dietro le carceri. Silene Valesia L. 153. Tortricide ? — Thomas (2), pag. 15 Estr. (Deformazione di un germoglio terminale). Galla rinvenuta dall’ autore (1. c.) a Chapelle le Cret, tra Cogne e l’alpe Chavanis, a circa 2050 m. Sorbus Aucuparia L. 154. Aphis Sorbi Kalt. — Darboux et Houard (8), pag. 434, sono num. 3634; Corti (12), num. 187. Foglie dei giovani rami arricciate in seguito a ipertrofia della rachide: le nervature principali delle singole foglioline pure ipertrofizzate e la lamina increspata. In maggio, sotto St. Grat (1700 m. circa); in luglio, in ter- ritorio di La Salle. 155. Contarinia Sorbi Kieffer, (13), pag. 517; Darboux et Houard (8) pag. 434, num. 3635. Foglioline piegate lungo la costa verso la pagina superiore: esse sembrano anche leggermente ipertrofizzate. Galla nuova per l’Italia e come tale da me preventiva- mente pubblicata in (28), pag. 67. Pure in maggio, presso St. Grat. 156. EriopIyes Piri (Pagenst.) Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 434, num. 3638. Numerose piccole pustole di color giallo zolfo. Con la specie precedente. 314 GIUDITTA MARIANI Taraxacum officinale Wize. 157. Cecidomyia Tararaci Kieft. Galla menzionata da Thomas (2), pag. 2 Estr.. che l’ha rac- colta sopra Courmayeur e a Epinel in Valle di Cogne. 158. Tylenchus sp. Anche questa galla è stata segnalata da Thomas (2) per i prati di Cogne e dei dintorni: Gimiliano e Lilla. Teucrium Chameedrys L. 159. Phillocoptes Teucri Nal. — Darboux et Houard (8), pag. 447, num. 3739, fig. 782; Corti (7), num. 86. Il margine della lamina fogliare si ipertrofizza e s’incurva sulla pagina inferiore, a costituire come un cercine più o meno esteso di color giallo oro: avvi anche sviluppo anormale di peli. Una piantina raccolta in luglio a Valpelline (Henry). Tilia grandifolia Ehrh. 160. Contarinia Tiliarum Kieffer, (13), pag. 530-531; Darboux et Houard (8), pag. 436, num. 3805, 3806 e 3807, fig. 795- 798; Corti (12), num. 192. Galle subsferoidali verdastre, a superficie irregolare, delle dimensioni di un pisello, carnose, glabre, e situate tanto sui picciuoli, sia contiguamente alla lamina fogliare o al punto d’inserzione sul ramo, quanto all’estremità dei giovani germogli: in tal caso sono più grosse e presentano quasi sempre i resti di foglie non regolarmente sviluppate. Quasi tutti i tigli della vallata sono affetti da questo parassita. In giugno e luglio a Liverogne e in Valpelline. al ponte del Buthier, che discende dal Gran S. Bernardo. 161. Eviophyes (Tiliew) exilis Nal.? — Darboux et Houard (8), pag. 457, num. 3814, fig. 809-811; Kieffer (13), pag. 532-533. Una sola foglia presentante, all’ascella di una nervatura, una sola galla epifilla, emisferica, di 1 mm. di raggio, verrucosa, di color rosso per quasi tutta la sua superfice: ad essa corri- sponde, sulla pagina inferiore della foglia, un ammasso di lunghi peli bianco-fulvi. Qualche altro ammasso di peli, a que- STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA S19 sto identico, trovai nella stessa foglia, sempre all’ascella delle nervature, senza però che vi corrisponda una men che lieve sporgenza nella pagina superiore. Non avendo potuto esaminare i cecidozoi mi rimane il dubbio che le descritte deformazioni siano invece da ascriversi all’E. (Tilia) liosoma Nal. Con la specie precedente, in giugno, a Liverogue. Eriophyes Tili@ Pagenst. — Darboux et Houard (8), pag. 457, num. 3816, fig. 812; Corti (7), num. 88; Cecconi (5), num. 32. Galle epifille cheratiformi, glabre o leggermente pubescenti e quasi sempre tinte di rosso; l’ostiolo, ipofillo, è circondato da peli. Nelle località nominate per le galle precedenti, e all’imboc- catura di Valgrisanche. Quest'ultima località poi si deve aggiungere alle altre regi- strate dal Vaccari (30), nelle quali cresce spontaneamente la Tilia grandifolia. 163. Oligotrophus Hartigi Lieb. — Darboux et Houard (8), pag. 458, num. 3819, fig. 808; Kieffer (13), pag. 151. Pustole fogliari di color verdastro, leggermente ombelicate, al centro della pagina superiore. E facile confondere questa galla con le giovani deforma- zioni della specie seguente. In maggio e giugno, a Liverogne. 164. Oligotrophus Reaumurianus [I. Low.) — Darboux et Houard (8), pag. 458, num. 3818, fig. 814-816; Kieffer (13), pag. 531-532; Corti (7), num. 89. Cecidi assai consistenti, a forma di piccoli coni a base curva, perforanti la lamina fogliare, sì che appare una porzione emi- sferica sulla pagina inferiore e una appuntita all’opposta pagina; essi contengono un’altra galla, che, a guisa di tappo. chiude superiormente una cavità che appare circondata da un orlo sporgente, quando, a maturità, la galla interna cade. I cecidi di color verde pallido e circondati da un alone rosso vinoso, talora sono numerosissimi e aggregati a formare come. un grosso tumore. A Liverogne, in giugno. 165. Perrisia Thomasiana (?) — Kieffer, (13), pag. 531; Darboux et Houard (8), pag. 455, num. 3804, 316 GIUDITTA MARIANI Giovani foglie terminali increspate verso l’alto. Con riserva, registro tale deformazione, non avendo potuto vedere le larve. Un sol germoglio, a Liverogne, in giugno. 166. Perrisia tiliamvolvens Ribs. — Darboux et Houard. (8), pag. 456, num. 3812, fig. 805-806; Kieffer (13), pag. 531. Avvolgimento marginale verso la pagina superiore della foglia, limitato, coriaceo, di color bruno, mentre la parte adia- cente è quasi sempre. scolorata. In giugno, a Valpelline. Ulmus campestris L. 167. Schizoneura compressa Koch. — Darboux et Ho- uard (8), pag. 472, num. 3961; Kieffer (13), pag. 340; Cecconi (5), num. 28. Sulla pagina superiore della foglia, nella prima metà basale, all’ascella di una nervatura secondaria con la principale, cecidi di un verde pallido, compressi e pubescenti, lunghi circa 7 mm., alti 10 e larghi 3, con margine leggermente frastagliato in alto o appuntito anteriormente, sì da assumere l’aspetto d’un elmo. Sulla pagina inferiore delle. foglie, nella porzione corrispon- dente all’inserzione di queste galle, vedonsi ammassi di peli bianchicci o rubiginosi e le nervature, al loro inizio, sono iper- trofizzate. Substrato nuovo per l’Italia. In giugno, Aosta, villa Chicco. 168. Schizonewra pallida Hal. et Curt. (= Tetraneura alba Ratz. = Pemphigus pallidus Hal.). — Darboux et Houard (8), pag. 469-470; num. 3938, fig. 823-824; Kieffer (13), pag. 540-541; Tavares (19), pag. 108; Massalongo (1), num. 31, tav. III, fig. 3-4; Corti (7), num. 91. Cecidio epifillo, subgloboso o ovoidale, della costa della foglia nella porzione basale, avente un diametro da 8 a 10 mm.; una sola parte di esso, ricoperta da fitta pelurie bianco-verda- stra, sì vede sulla pagina superiore, essendo come abbracciato dalla foglia che nel sottostante tratto appare fortemente iper- trofizzata. In Aosta e a St. Christophe, alla fine di maggio: piuttosto raro. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA UST Urtica dioica L. 169. Perrisia Urtica Perris. — Darboux et Houard (8), pag. 473, num. 3968, fig. 834-836: Corti (7), num. 93. Ingrossamento del fusto pari a un grano di pepe. In principio di luglio, a Valpelline, un solo esemplare. Vaccinium Vitis-Idza L. 170. Exobasidium Vaccinii Fuck.) Wor. — Saccardo (29), vol. VI, pag. 664. Raccolto in agosto nel bosco Farroz del comune di Morgex (Vintani) e sopra Echevinoz nella stessa epoca (Decio). Viburnum Lantana L. 171. Aphis Viburni Scop. — Darboux et Houard (8), pag. 486, num. 4088; Kieffer (13), pag. 549. Foglie terminali, avvicinate fra loro, con lamina increspata e un po’ arricciata verso la pagina inferiore. Fra Charvensod e Ponce, in maggio. Vicia cracca L. 172. Perrisia Vicia Kieff. — Darboux et Houard (8), pag. 408, num. 4103; Tavares (19), pag. 112. Tutte le foglioline si piegano verso la parte superiore, assumendo l’aspetto di piccoli baccelli scolorati. Talora soltanto alcune foglie, più piccole delle normali, assumono tale defor- mazione, diventando coriacee. Quasi sempre il rachide delle foglie così affette si ipertrofizza e si incurva verso l’alto. Aosta e Aymaville, in maggio e giugno. Vicia Faba L. 173. Bacillus radicicola Beyerinck. — Saccardo (29), vol. VIII, pag. 983. Tubercoli radicali. Piantine del campicello della Scuola Normale. 318 GIUDITTA MARIANI Vitis vinifera L. var. culta. 174. Eriophyes Vitis Land. — Darboux et Houard (8), pag. 495, num. 4163, fig. 856-857; Corti (12), num. 200. Sulla pagina inferiore delle foglie densa lanugine di color bianco, a chiazze orbicolari isolate o confluenti: vi corrispon- dono, nell’opposta pagina, bollosità solitamente di color rosso vinoso. Talora la lanugine appare anche superiormente lungo le nervature. a Aosta e dintorni, in maggio e giugno. STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA 319 INDICI PRIMA E SECONDA CONTRIBUZIONE INDICE DEI CECIDOZOI. Ditteri. Num. Cecidomyia Sp. 116 — Taraxaci Kieff. 157 Cecidomyide tL BO AN TI Contarinia Loti De Geer 102 — Sorbi Kieff. 155 — Tiliarum Kieff. 160 | Harmandia cavernosa Riibs. 123 | Lasioptera Rubi Heeger 144 Macrolabis corrugans F. Low. 92 | Massalongia rubra Kieff. ral Monarthropalpus Buxi Laboulb. 4 | Oligotrophus Hartigi Lieb. 163 | — Origani Nal. 109 — panteli Kieff. 12>) — Reaumuzianus (F. Low.) 164 Perrisia sp. 41, 108 — Alni F. Low. 690) — Crataegi Winn. 9 — Fraxini Kieff. 87 — marginemtorquens Winn. 148 | — Rosarum Hardy. 141 — terminalis H. Low. 146 — Thomasiana Wieff. 165 — tiliamvolvens Ribs. 166 Perrisia Urticae Perris. 169 — Viciae Kieff. 172 Rabdophaga rosaria H. Low. 49 Imenotteri. Andricus curvator Hart. 25 | — globuli Hart. 26 Num. Andricus ostrens Giraud. 27 — solitarius Fousc. 182 — sufflator Mayr. 28 Blennocampa monticola Hart. 90 Biorrhiza pallida Oliv. 29 Driophanta agama Hart. 50 — cornifex Hart. dI — disticha Hart. 32 — divisa Hart. 135 — folli L. d5 Nematus gallicola Westw. 52 — pedunculi Hart. 48 — viminalis (L.) 50 Neuroterus albipes Schenk. 34 — baccarum L. 35 — laeviusculus Schenk. 36 — lenticularis Oliv. 37 Pontania Scotaspis Forst. 149 Rhodites Eglanteriae Hart. 42 — mayri Schl. 43 — Rosae L. 44 — Rosarum Giraud. 45 — Spinosissimae Giraud. 143 Trigonaspis synaspis Hart. 38 Emitteri. Aphideo (1, 83, 134 Aphis hoo LOG — Atriplicis L. 76, 78 — [Capsellae Kalt.] 105, 106 — Grossulariae Kalt.137, 139 — Meracii Kalt. 93 = Hamu Roch: 131 | 320 Num. Aphis Mali Fabr. 8, 113 — Malvae Koch. 104 — Origani Pass. 108 — Oxyacanthae Koch. Sl LL, LAI — Padi lL. 130. | — Persicae Fousc. 24 — -Pruni Eabr. <125,,126,.128 — prunicola Kalt. 127, 129 -- Rumicis L. 145 — Sorbi Kalt. 154 — Viburni Scop. 11 Asterolecanium Massalongia- num. Targ-Tozz. 89 Chermes Abietis L. 14 — strobilobus Kalt. 15 Hyalopterus Sphondylii Koch. 91 Myzoxilus laniger Hausm. alles Myzus Cerasi Fabr. 21, 22 — Ribis L. 138, 140 Pemphigus affinis Kalt. 118 — bursarius L. AG, — marsupialis Courch. 120 — nidificus F. Low. 86 -—— Populi Courch. 18 — Spirothecae Pass. 19 — vesicarius Pass. 20 | Phorodon Mahaleb Koch. 23 Pspyllopsis Fraxini L. 88 Psylla Buxi L. 3 Rhopalosiphum Ligustri Kalt. 98 Schizoneura compressa Koch. 167 — lanuginosa Hart. 56 — pallida Hal. et Curt. 165 - Ulmi 57 Siphocoryne Lonicerae Sieb. 101 Telraneura rubra Licht. 58 —- Ulmi De Geer 59 Trioza 97 — Cerastii H. Low. (63) Lepidotteri. Tortricide 153 GIUDITTA MARIANI Coleotteri, Num Cenlorhyncus sulcicollis Schònh. n Acari. Epitrimerus trilobus Nal. 152 Eriophyes sp. 46 — alpestris Nel. 135 — Avellanae Nal. 30 — brevitarsus Fock. 2, 67, 70 — Crataegi Can. 7 — dispar Nal. — diversipunclalus Nal. 122 — exilis Nal. 161 — filiformis Nal. 53 — Fraxini Karp. $5 — Hippocastani Fock. 1 — hyppophaenus Nal. 10 — laevis Nal. 64, 68 — macrochelus Nal. 61 Eriophyes macrorhynchus Nal. 62 — Nalepai Fock. 65 — Piri Nal. 1:10; 112, Toe —' Populi Nal. 17 — Salviae Nal. 151 — Sanguisorbae Can. 124 — fetanotrix Nal. 47 — Tiliae Pagenst. 162 — tristriatus Nal. 94 — — var. erinea Nal. 95 — Ulini Nal. 54. — ‘Vilis Land. 174 Eriophyide 51, 55, 63, 147 Phyllocoples phyloptoides Nal. 150 — feucri Nal. 159 Elminti. Thylencus $2, 96, 100, 155 ZooceciMo TA STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA INDICE DEI MICOCECIDI. Num. Num. Aecidium Clematidis DC. do | Gymnosporangium Sabinae Bacillus vadicicola Beyerinck. 175 Winter. 16 Cystopus candidus (Pers.) Lévy. 7 | Phragmidium subcorticium Escobasidium Rhododendri | Winter. 142 Cram. 156 | Puccinia Malvacearum Mont. 15 — Vaccinii Wor. 170 | Schinzia Alni Wor. 66 Gymnosporangiunm clavarii- | Uromyces Pisi De Bary. 84 forme Rees. 6 | Ustilago Maydis D. C. 60 INDICE DEI SUBSTRATI. Num. 1. Aesculus Hippocastanum L. . : : Il 2. Acer campestre L. 61, 62 3. Alchemilla vulgaris L. . 5 ; # 68 4. Alnus glutinosa Gartn. 2, 64, 65, 66 Dy uae. (eencania DE . 67, 68, 6 Gags viridis D. C. 70 7. Betula alba Ma. f ol 8 Brassica oleracea L È 2 9. Buxus sempervirens L. . ; 3,74 10. Capsella Bursa pastoris Much. : 73 11. Celtis australis L. 74 12. Cerastium triviale Link. 75 15. Chenopodium album Lg. ? 16, 77 14. PP Vulvaria L. 18 15. Clematis Vitalba I. . 5 16. Convolvolus arvensis L. 19 17. Corylus Avellana L. 5. 1580 18. Crataegus Oxyacantha L. 5 6 dx ddl 19. Crepis : : x : : 52 20. Diplotaxis muralis De. 3 o 21. Euphorbia Cyparissias L. 7 x «19 $4 22. Fraxinus exelsior L. : 85, 56, 87, 88 23. Hedera Helix L. 59 24. Helleborus foetidus I. so SÙ 25. Heracleum Sphondylium L. , È 91, 92 [IN hy = © ¢ ot 2 OU ND al DI OF W DI DI Co Go Ww = i Q on © WOU Creer Gwe c oo Ut Ut =I ) © DE VA . SS ° SoS Ot Ho DD d : . : e GIUDITTA MARIANI . Hieracium murorui L. . Hippophae rhamnoides L. . Juglans regia L. . Juniperus communis L. . Kochia prostrata Schrad. . Laserpitium marginatum W. et K. . Ligustrum vulgare L. . Lilium bulbiferum L. . Linum tenuifolium L. . Lonicera alpigena L. . Lotus corniculatus L. . Malva rotundifolia L. . Mentha longifolia Huds. > rolundifolia Huds. Ri viridis L. . Origanum vulgare L. Pinus Abies L. È E 5. Pirus Cydonia L. » communis L. n talus L. 5 ). Polygonum Bistorta L. . Populus nigra L. 13 Tremula L. A 3 9. Polerium sanguisorba L. . Prunus Armeniaca L. ni avium L. F Cerasus L. : I domestica L. + Mahaleb L. aa Persica Celak. . : : n spinosa L. theum Rhaponticum L.. = È thododendron ferrugineum L. . Ribes nigrum L. sc euri La. . Rosa (species variae) . : . Rubus discolor Weihe et Nees. : . Rumex oblusifolius L. et species variae 5. Salix alba L. di «QUELLA da » babylonica L. . Quercus Robur L. 25,26, 27, 28,29, 30, 31, 32 3 + eral: 113, 117; AS, 19,208, 191, 128, 129, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 141, . 100 101 102, 103 13, 104. 105 106 . 107 108, 109 14, 15 110 111, 112 114, 115 116, 117 119, 120 122, 123 124 125 21 . ea 126, 127 23 ai 130, 131 , 88, 34, 35, 36 37, 182, 133 134 135, 136 137, 138 139, 140 142, 143 144 145 46, 47, 146 147, 148, 149 150 65. = ri is! 5 = alse] & wpr & > Il Di 5 : aI al =! el = Ul 2 STUDIO DELLA CECIDOLOGIA VALDOSTANA Sali caprea L. ‘ ‘ : » tncana Schrank. et species » (species variae) . Salvia pratensis L. Sambucus nigra L. Silene Valesia L. . 4 : Sorbus Aucuparia L. 5. Taraxacum officinalis Wigg. Teucrium Chamaedrys L. Tilia grandifolia Ehrh. . Ulmus campestris L. 2 Urtica dioica L. A 2 Vaccinium Vitis-Idaea L. Viburnum Lantana L. . . Vicia cracca L. Phe lao. EE Vitis vinifera L. . Zea Maydis D. C. 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 167, 323 Num. 48 49, 50 51, 52 sisi 152 155 156 158 159 166 168 > : : E a lou È , : è 3 170 171 172 5 : È : ia n 7 - E . 174 60 atfines 154, 155, 157, 160, 161, 162, 163, 164, 165, Rina Monti Prot.* di Zoologia nella R. Università di Sassari L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA NELLE SCUOLE DI MEDICINA In questo momento la Zoologia è sulita a nuova impor tanza nel concerto degli studi medici. Le recenti scoperte sui protozoi, come cause efficenti di malattie infettive: i nuovi studi sui vermi non solo come pa- rassiti o commensali dell’uomo, ma come produttori di veleni o come predisponenti ad infezioni bacteriche : la via trionfale tracciata alla profilassi dalla scoperta di insetti o di araenidi o di vertebrati. veicoli di contagi diversi; le nuove esperienze sui veleni animali e sulla loro sieroterapia: hanno schiuso tutto un campo di lavoro pratico e concreto, ed hanno dato nuova materia alla Patologia, alla Anatomia patologica, alla Clinica. Pochi anni or sono noi abbiamo visto entrare nelle scienze mediche Ja bacteriologia, colla dimostrazione dei bacteri pato- geni; oggi è giunto il momento della zoologia. Questa non deve punto invadere il campo delle scienze me- diche propriamente dette, ma non è più neppure una scienza preparatoria, scienza d’introduzione o di ginnastica intellettuale, come poteva essere intesa dieci anni or sono: deve invece as- surgere al grado di vero studio fondamentale, che prepara i materiali indispensabili a semplificare gli studi successivi, aventi carattere di applicazione : cioè alla patologia ed alla anatomia patologica, che attendono alla interpretazione dei morbi: alla iciene, che insegna la profilassi : alla clinica, che guida alla dia- onosi ed alla cura delle umane infermità. 4, DA ’ L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA, ECC. 325 Già all’Ufficio d’ igiene dell'Impero germanico è stata ag- giunta una sezione zoologica, che fu diretta, fino a poco tempo fa, dal mio compianto amico Fritz Schaudinn. Quel laboratorio è diventato celebre nel campo medico per la scoperta della * Spi- rocheta pallida ., parassita specifico della sifilide: ma ha svilup- pato molte altre indagini sulla biologia generale dei protozoi, sulle malattie degli animali dovute a protozoi, e sulle diverse specie di ospiti intermedi dei micro-parassiti. Tuttavia l’importanza pratica della zoologia per gli studi medici è stata largamente affermata anche in Italia: il pro- fessore Grassi, al Congresso zoologico di Roma, fece una rapida e brillante lettura sull'argomento, ed il Congresso ha fatto voti al Ministero dell’Interno, perché ai laboratori di sanità del Regno venga annessa una sezione zoologica, ed affinchè | insegna mento della zoologia medica sia compreso nel programma di studi per gli ufficiali sanitari (1). La Francia già ci precede, perchè ogni Facoltà medica fran- cese ha una cattedra speciale di zoologia medica: celebre è quella di Parigi, occupata da Raffaele Blanchard. Nel corso del secolo decimonono, e specialmente nella sua seconda metà, le scienze mediche e naturali hanno fatto pro- gressi straordinari: hanno accumulato un tal patrimonio di 720- zioni di fatto e di complesse dottrine, che oggi tutta la vita di un uomo non basta più per impadronirsi di tutta intiera una scienza. I limiti stessi della potenza e della attività umana hanno imposto la divisione del lavoro: non si ebbero più i grandi naturalisti capaci di abbracciare e di seguire tutti i rami delle scienze naturali: sorsero invece gli specialisti, cultori di una sola scienza od anche di un solo capitolo della scienza. Per converso in questi ultimi anni, per effetto della suddivi- sione portata all'estremo, si sente di nuovo la necessità di un (1) Rendiconti del Congresso dell'Unione zoologica di Roma. Monitore Zoologico, Fi- renze, dicembre 1992. 326 RINA MONTI lavoro sintetico, che coordini almeno i dati fondamentali di ciascuna scienza fissandone le leggi più generali (1). Col crescere a dismisura del patrimonio scientifico è aumen- tata enormemente anche la materia di studio per i giovani al- lievi. L'Università, secondo il suo ordinamento classico. deve es- sere promovitrice e propagatrice di tutla la scienza ; ma, data la difficoltà che ha l’uomo di seguire l’intero movimento del pensiero contemporaneo, dato il fatto che le nostre Facoltà non sono soltanto focolai di scienza pura, ma sono altresì e sopra- tutto scuole professionali, che devono preparare le nuove ge- nerazioni di medici, ne consegue la necessità di sviluppare nel- l'insegnamento quella parte della zoologia che è indispensabile ai fini generali della Facoltà; anzi a mio avviso sarebbe utile che fulti gli insegnamenti del primo biennio fossero coordinati nei loro programmi allo scopo generale cui la Facoltà è de- stinata. Qualche cosa di simile avviene gia nella Scuola di applica- zione degli ingegneri di Milano, e si va preparando anche per quella di Torino, in base alle nuove riforme testè introdotte per opera sapiente di una commissione di cui sono membri attivissimi Von. P. Boselli e C. Somigliana (*). Forse appunto perchè in quelle scuole i programmi sono meglio coordinati, e più rispondenti alle applicazioni pratiche, l'insegnamento riesce più organico, più consono allo scopo principale dell’allievo, quindi più efficace. Gli studenti di quelle scuole seguono l’opera (7) Vedi VoLrerra, IsseL, TARAMELLI, in: Atti del Congresso di Scienze naturali in Milano, 1906. — Atti del Congresso delle Scienze, Parma, 1907. (2) Il prot. CarLo SoMIGLIANA, in una comunicazione Sulla preparazione malema- tica degli allievi ingegneri, letta al primo Congresso della Società italiana per il pro- gresso delle scienze in Parma (settembre 1907) ha dimostrato, da par suo, l’opportu- nità e la necessità di riformare e coordinare i programmi secondo un concetto diret- tivo, che a me sembra debba essere applicato anche alla nostra Facoltà. Il Somigliana con dati ed esempi mette in evidenza come oggi convenga svi - luppare nel primo biennio le scienze fondamentali, in modo che dette scienze pos- sano trovare la loro diretta applicazione negli studi speciali successivi, necessari agli ingegneri per l'esercizio della loro professione. Riferisco una trase d’indole generale che potrebbe essere applicata anche alle nostre Facoltà: * Ogni epoca ha le sue aspi- “ razioni, le sue necessità. Ed anche la scienza pura, adattandosi per un momento “ A queste aspirazioni e cooperando a soddisfarle, può rendersi non meno heneme- “ rita, che proseguendo la sua ricerca disinteressata ed obbiettiva della verità. ,. L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA, ECC. 327 dei maestri con maggior fede, con più vivo entusiasmo. con più grande amore, e si dedicano con profonda intensità allo studio, evitando, quasi sempre, quei disordini che periodicamente si verificano in altre Facoltà, e che da molti professori si attri- buiscono, forse con ragione, al desiderio degli allievi di evitare studi di cui non vedono l’utile pratico. La Facoltà medica di Sassari, appunto perchè ha tutti gli insegnamenti nel suo seno e non ha bisogno di prendere a pre- stito le scienze fondamentali (fisica, chimica. zoologia. bota— nica) da altre Facoltà, trovasi in condizioni più favorevoli per potere meglio rispondere alla tendenza moderna degli studi. in quanto essa può ottenere che le scienze fondamentali sieno qui sviluppate secondo il programma più adatto e più proficuo per l'integrazione degli studi medici. Questo ordinamento si inporra ben presto anche alle may giori Facolta. Dato questo indirizzo i capisaldi dell’insegnamento della Zoologia e della Anatomia comparata nella Facoltà di medi- cina. a mio avviso dovrebbero essere : 1. le idee generati ; 2. il metodo e la tecnica di osservazione ; 3. le nozioni posilive di zoologia indispensabili pei la medicina. Il mio ideale è quello di fare un insegnamento essenzial- mente pratico: un insegnamento materiato di dimostrazioni ob- biettive. in modo che il 720/000 risulti dalla stessa esposizione quotidiana, e le idee generati scaturiscano alla fine, quasi spon- tanee, nella mente stessa degli allievi. A questo modo l'insegnamento della zoologia. mentre da una parte fornisce la materia prima necessaria per l'ulteriore svolgimento degli studi medici nei campi fecondi della pato- logia, della igiene e della clinica: dall'altra parte costituisce la introduzione logica alla fisiologia, in quanto traccia le linee fondamentali della biologia generale, ed illustra le questioni della fecondazione, della eredità dei caratteri, della variabilità. 328 RINA MONTI della rigenerazione, della genesi dei mostri, che dalla fisiologia assurgono poi alle più importanti controversie di medicina. Questi problemi. nell’odierna crisi della filosofia zoologica, agitano la mente di innumerevoli scienziati. Mentre alcuni, quasi per reazione al grande movimento evoluzionista iniziato dal Darwin, volgono i loro passi a ritroso verso un mistico vi- talismo, il Golgi (*) riafferma che alla base anatomica siamo de- bitori del moderno risorgimento scientifico e proclama che, per quanto voci sperdute vogliano affermare il contrario, la base anatomica rimane il campo più fecondo, la più sicura guaren- tigia di progresso. Ed altri seguaci dello stesso indirizzo, col Loeb alla testa, si propongono arditamente di spiegare tutti i fenomeni della vita per mezzo della fisica e della chimica. Con la scorta di questo pensiero animatore il Loeb ha fatto notevoli scoperte : tra queste la dimostrata possibilità di una parteno— genesi artificiale nei ricci di mare e nelle asterie è uscita dal campo chiuso della scienza, ed ha commosso tutto il mondo della coltura (2). #0 Per lo studio di queste leggi biologiche generali, come per quello delle nozioni zoologiche praticamente più utili al me- dico, riesce logico seguire il metodo ascendente. La zoologia medica deve quindi cominciare dallo studio dei protozoi. I pro- isti sono gli esseri nei quali dobbiamo cercare i rudimenti di quelle complesse manifestazioni che ci meravigliano negli ani- mali superiori, poichè i protisti, più di tutti gli altri esseri, si avvicinano alle prime forme organiche comparse sulla terra, e ci offrono quindi, nella loro forma primitiva, quei fenomeni che poi negli elementi degli organismi pluricellulari si sono svi- luppati per adattazione, complicati per differenziamento, fino a darci delle manifestazioni meravigliose, inaccessibili ad ogni ten- tativo di spiegazione diretta (8). (1) GoLer, Atti della Società italiana di Patologia, Pavia, 1907. Per meglio com- prendere il pensiero scientifico del Golgi veggasi l’altro scritto: Lo sperimentalismo nella medicina, Pavia, 1888. (*) Logs, Die Dynamik der Lebenserscheinungen, Leipzig, 1906. Lorn, l'isiologia comporata del sistema nervoso, 1907. (3) Verworn, Allgemeine Physiologie. Fischer, Tena, HarckreL, Das Protistenreich ed altri scritti. Magar, Protistologia, Milano, Hoepli. L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA. ECC. woo Se la biologia dei protozoi ha una importanza fondamen- tale per l’analisi delle leggi fisiologiche e per l’interpretazione dei fenomeni vitali infinitamente più complessi, che i giovani do- vranno poi studiare colla fisiologia dell’uomo: d’altra parte la si- stematica dei protozoi fornisce la materia prima per uno dei capitoli più nuovi e più suggestivi della patologia parassitaria. Fino a pochi anni sono si credeva generalmente che i contagi ani- mati, costituenti la causa delle malattie infettive, dovessero ri- cercarsi esclusivamente nei bacteri. Ma dopo le scoperte fatte principalmente da autori italiani: dal Golgi, dal Marchiatava. dal Celli, dal Grassi, e da altri. che sulle orme del francese Laveran, studiarono in modo completo l’infezione malarica ; nella patologia umana acquistarono diritto di cittadinanza anche i protozoi. Sono molto più larghe e più estese le nostre conoscenze sui protozoi parassiti degli animali. dove noi troviamo nume- rosissime le malattie parassitarie. dovute a flagellati ed anche a coccidi. a gregarine, a microsporidi, e sarcosporidi. Ma di mano in mano che la scienza progredisce noi vediamo crescere il nu- mero dei protozoi parassiti dell’uomo, e cancellarsi così le bar- riere patologiche fra luomo e gli altri animali (1). Nell’intestino dell’uomo e di altri mammiferi vennero già trovate diverse specie di amebe parassite, tali, p. es., Amoeba coli, di Lésch, VA. histolytica di Schaudinn, VA. bucealis di Sternberg, VA. gi- gantea di Kartulis. Ogei molte altre specie di amebe, specie ben certe e specie ancora dubbie (A. widulans di Castellani, ecc.) sono state de- scritte nella zoologia medica, ed hanno assunto una importanza notevole. Gli stessi clinici distinguono oramai parecchie varietà di dissenteria, caratterizzate da un agente patogeno diverso e da differenti sintomi clinici. La dissenteria bacillare è malattia acuta ed epidemica: la dissenteria dovuta ad a7:ebe è invece malattia endemica nei paesi caldi. a decorso lento e cronico : una terza forma di dissenteria è dovuta ad un infusorio ciliato il Balantidiumi coli. Se venti anni sono la via trionfale alle scoperte di micro- parassitologia venne aperta dai lavori classici del Laveran e (1) Macer, Protistologia, Milano, Hoepli. 330 RINA MONTI del Golgi sugli ematozoi della malaria, cui seguirono poi nu- merosissimi gli studi sopra altri parassiti di globuli rossi. un nuovo campo di gloria si è schiuso recentemente colla dimo— strazione dei £'ipanosomi, come causa di malattie infettive degli animali e dell’ uomo. Da un pezzo era noto che la surra, una malattia dei cavalli endemica nell’ India, era dovuta ad un flagellato stato scoperto da Evans nel 1880. Quattordici anni dopo una malattia analoga, chiamata durina, venne osservata nei cavalli africani. e Rouget descrisse anche in questa ma- lattia un tripanosoma. Così la Nagana tropicale. malattia ca- ratteristica dei bovini morsicati dalla famosa mosca /se-fse, è dovuta ad un tripanosoma descritto da Bruce (1). Nel 1901 Elmassian trovò che il “ Mal de caderas , dei cavalli argentini è pure dovuto a tripanosomi. Ma la più ce- lebre di queste scoperte è quella di un medico toscano, il dott. Aldo Castellani, il quale, nel cuore dell’ Africa, e preci- samente nell’ Uganda, ha dimostrato che la malattia del sonno è dovuta pure ad un tripanosoma, che si sviluppa principal mente nel liquido cefalo-rachidiano, ed è propagato da un’altra mosca dei paesi caldi, la glossina palpatis. Come la scoperta degli ematozoi malarici fece scaturire tutto un fiume di lavori sui parassiti dei globuli rossi, così la scoperta di Castellani lanciò un esercito di ricercatori alla caccia di tripanosomi parassiti degli animali utili e dell’ uomo. Ma, se questi studi furono per la massima parte opera e gloria dei medici, l’intervento dei zoologi ha segnato un grande progresso nelle nostre conoscenze, ed ha fornito cognizioni pre- ziose per la difesa dell’uomo e degli animali, in quanto che ha potuto dimostrare l’importanza degli ospiti intermedi, e della generazione alternante, nel ciclo biologico dei micropa— rassiti. Notevoli a questo proposito sono gli studi di Mac Cal- lum e di Schaudinn. Il Wasielewski, all’ultimo Congresso di igiene in Berlino, ha discusso la filogenia dei flagellati del sangue ed ha creduto !) Laveran et Mesxin, Tiupanosomes et trypanosomiases, Paris, Masson. Yi YI L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA. ECC. SEI di potere concludere che questi derivano da parassiti intesti- nali dei vermi e degli insetti. Questi parassiti si sono abituati al principî nutritivi del sangue di cui si alimentava il loro ospite: sono diventati così insensibili ai veleni che il sangue può contenere ed hanno acquistato una attitudine più grande a moltiplicarsi. grazie appunto alla maggiore ricchezza del sangue in materia nutriente. Quanto più gli insetti succhia- tori di sangue si sono adattati a questo speciale nutrimento, tanto più i flagellati si trovarono in condizioni favorevoli, anzi in condizioni tali da respingere altri parassiti come gre- garine e coccidi. trasmissibili per spore permanenti. _ 1 vertebrati quindi sono diventati un deposito dei flagel- lati del sangue, e dal sangue li attingono gli insetti: secondo il Grassi ed il Wasielewski i vertebrati debbono adunque con- siderarsi come ospiti intermediari, mentre gli insetti sareb- bero gli ospiti definitivi. Una evoluzione lenta e cronica della infezione favorisce la conservazione e la propagazione dei flagellati parassiti, per- chè permette ad un più gran numero di insetti succhiatori di assorbire e di trasportare i parassiti stessi. Un certo parassita. che viene ora «descritto come caratteristico del bubbone d’ O- riente sotto il nome di Leishinvania, sembra affine al genere Crithidia parassita dell’intestino degli insetti, come il genere Babesia o Pirosoma è prossimo ai Tripanosomi. Il medico non può rinunciare a conoscere anche questi gruppi che hanno tanta importanza, se non per la medicina umana, almeno per la patologia comparata, poichè una specie di babesia produce lemoglobinuria dei bovini nell’ Agro Ro- mano e nell’ Africa, ed è propagata da una zecca: un’altra ba- besia produce una malattia analoga conosciuta col nome di febbre del Texas negli Stati Uniti, e di /visfeza nell’ Argentina, e queste diverse forme sono propagate da zecche del genere Rhi- picephalus. Altre specie ancora producono una emoglobinuria nelle pecore. studiata per la prima volta dal Bonome nell’ Alta Italia, una febbre biliosa degli asini e dei muli nell’ Africa, e una itterizia infettiva nei cani studiata da Piana e Galli-Valerio. Lo studio di questi parassiti e delle malattie da essi pro- dotte ha aperto la via alla più completa conoscenza della ma- laria dell’uomo, e ci servirà certamente di guida per chiarire 332 RINA MONTI altri punti oscuri della patologia umana. Già il Braun, nella recentissima edizione del suo trattato, afferma non essere im- possibile che qualche parassita del gruppo delle babesie si abbia a scoprire anche nell’ uomo. Affine al genere babesia è il genere Leishmania. scoperto da Ronald Ross nel 1903 e ritenuto la causa di una malattia dell’uomo diffusa sulle coste del Mediterraneo meridionale ed orientale, conosciuta col nome di bubbone d’ Oriente. o bubbone dl’ Aleppo, o bubbone del Nilo. Se le gregarine per ora non hanno diretta importanza per la medicina umana, meritano d’essere studiati i coccidi, sia come parassiti degli animali domestici, sia perchè il loro sviluppo porta nuova luce alla biologia generale dei protozoi (*). Alcuni coceidi poi vennero descritti come cause di particolari malattie anche del fegato e dell’ intestino dell’ uomo, secondo studi an- tichi e recenti di Rivolta, di Grassi, di Perroncito e di altri. Nella classe degli sporozoi il medico deve dedicare soprattutto la sua attenzione agli emosporidi. che comprendono i parassiti malarici. Questi ottennero la loro cittadinanza nella zoologia per opera del Golgi, il quale ne ha fatto conoscere il ciclo di sviluppo entro il sangue dell’uomo, e per tale scoperta ci ha svelato l'arcano. da tanti secoli invano tentato. della periodi- cità delle febbri malariche (?). Ma le nuove indagini hanno dimostrato che il parassita malarico ha un doppio ciclo: mentre il primo si svolge nel sangue dell’uomo, il secondo si compie nel corpo di peculiari zanzare, ed è nella conoscenza di questo secondo ciclo, e delle zanzare come veicolo di malaria, che la zoologia viene a me- glio integrare lo studio della medicina. In un programma per medici lo zoologo non potrà occu- parsi solo dei parassiti malarici dell’uomo, ma dovrà prendere in considerazione i parassiti analoghi dei pipistrelli (scoperti da Dionisi), delle scimmie. degli scoiattoli, degli uccelli, perchè questi serviranno a far comprendere più facilmente le leggi (!) Giusta gli studi di Mesnil e Schaudinn che stabilirono contronti tra i paras- siti malarici ed i coccidii. (2) GoLat, Opera omnia, Milano, Hoepli. 1903, L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA, ECC. 3353 biologiche. Non bisogna infatti dimenticare che la scoperta del doppio ciclo dei parassiti malarici è stata preparata dagli studi zoologici di Maccallum sui gameti dei parassiti degli uccelli (Halteridium). i Dall’esame analitico dei protozoi, e delle leggi che gover- nano il loro sviluppo. risulteranno poi le nozioni fondamen- tali per la biologia generale, che costituiscono appunto il campo di studio della Anatomia e della Fisiologia comparata. e perciò la migliore introduzione alla fisiologia umana. Da questo punto di partenza sarà più facile delineare i di- versi disegni architettonici secondo i quali si raggruppano i differenti tipi animali, per passare poi in particolare all’esame di quei gruppi che hanno una diretta e positiva importanza per la patologia dell’uomo. Tra questi lo zoologo, che insegna nella Facoltà medica, ha il compito di descrivere in forma sistematica i vermi parassiti. La conoscenza dei vermi, al principio del corso di medicina, sarà di notevole aiuto ai gi0rani medici, più tardi, quando do- vrunno addestrarsi nelVigiene pubblica e nella clinica nredica, dove potranno misurare tutta | importanza delle cognizioni ac- quistate nel corso di zoologia, e ciò tanto più perchè il clinico e l’igienista, mentre hanno più volte occasione di studiare le conseguenze delle malattie prodotte dai vermi ed il modo di prevenirne la diffusione, non hanno d’ altra parte il tempo di diffondersi sulle nozioni fondamentali. Lo studio dei vermi oggi è entrato in una fase nuova, che ha di molto accresciuto l’importanza di questo gruppo per la conoscenza delle cause dei morbi. I vermi infatti per il pato- logo non sono soltanto dei parassiti che ledono la salute del- l’ospite nutrendosi a sue spese, ed intaccando così la compa- gine de’ suoi tessuti, ma possono altresì essere veicoli di con- tagi o cause di deperimento organico per elaborazione di veleni. Hanno fatto molto rumore, in epoca recente, gli studi di un zoologo francese, il Blanchard, e di altri, i quali hanno soste- nuto che in molti casi la porta d’ingresso dei bacilli del tifo viene aperta per opera di vermi intestinali, per se stessi poco nocivi (!). Altri ancora hanno affermato, con qualche fon- (1) BLancnarp, Congresso zoologico internazionale, Berna, 1904. Gutarr, Academie de médecine, 1905. DIA RINA MONTI damento, che l’appendicite, malattia che richiede l’intervento del chirurgo, è favorita o determinata da lesioni superficiali prodotte da vermi, penetrati entro l’appendice cecale (1). È pure noto che un verme nastriforme, parassita dell’inte- stino dell’uomo, il Botriocephalus latus, produce un veleno. che determina una forma di anemia perniciosa. E si sa che il liquido contenuto nelle cisti da Echinococco, è particolarmente temuto dai chirurghi, come una sostanza irritante, capace di produrre intossicazione con febbre ed orticaria. Infine i medici discutono ancora se l’anchilostoma sia no- civo non soltanto come succhiatore di sangue, ma altresì come 9 produttore di un veleno emolitico (*). Lo studio dei vermi d’altra parte è importante anche dal punto di vista della anatomia e della biologia generale, per- chè in questo tipo di animali si possono analizzare, in forme relativamente semplici. taluni organi e tessuti, che acquistano pol una importanza ed una complicazione straordinaria negli organismi superiori. Per dare un’idea delle questioni biologiche più importanti. cui ha data luogo lo studio minuzioso dei vermi, dirò soltanto che precisamente gli annellidi sono stati il campo di ricerche dell’ Apathy per la dimostrazione rigorosa e perentoria delle neurofibrille. e che le planarie si prestano particolarmente bene per lo studio del sistema nervoso periferico. e per dimostrare la coordinazione degli elementi nervosi colle cellule dei diversi tessuti. Agli annellidi si connettono strettamente gli A,'4’0p0d7 che hanno comune la metameria del corpo, gli organi segmen- tali, e la disposizione del sistema nervoso centrale. Gli Artropodi costituiscono uno dei tipi più interessanti (!) Weirnpero, Du role des helmintes, elc., dans la transinission des microbes patho- genes. Ann. Pasteur, 1907. Carraz, La Noture, 1903. (2) Marini, Anchilostomiasi, Bologna, Gamberini, 1907, L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA, ECC. 335 del regno animale, tipo che ha richiamato l’attenzione di molti studiosi specialisti e dilettanti. Ma noi non potremo estenderci nello studio. pur tanto attraente. di questi esseri: appena appena potremo accennare alla morfologia generale. ed alle vistose metamorfosi. che mol- tissimi artropodi presentano. Non potremo addentrarci a studiare nè i curiosissimi tar- digradi, che sono stati il punto di partenza degli studi sulle terminazioni nervose nei muscoli. e presentano la capacità di resistere all’essiccamento. onde vennero chiamati anche 477 mali risuscitanti; così non potremo occuparci dei trilobiti, celebri crostacei fossili che hanno tanta importanza per la geo- logia. come formazioni caratteristiche di terreni antichi paleo- zoici: nè potremo indugiarci nello studio dei copepodi e dei cladoceri, piccoli crostacei che hanno tanta parte nella costitu- zione della fauna pelagica, anche lacustre, ed hanno quindi una importanza economica indiretta in quanto costituiscono l’ali- mento principale dei giovani pesci., Lo Zacharias vorrebbe che il plancton fosse argomento di studio non solo nelle Università, ma anche nelle scuole secon- darie, non solo per l’efficacia educatrice delle forme svariate che esso dimostra, ma anche per l’importanza che esso presenta rispetto alla piscicoltura, ed alla possibilità di bonificare le acque deserte o devastate dall’opera dell’uomo (1). importantissimo per l’agricoltura ed anche per Vindustria è lo studio della classe degli insetti. tanto importante che in alcune scuole esistono cattedre speciali di entomologia Ma noi non potremo dilungarci a descrivere gli Ortotteri agrari, che furono così bellamente illustrati dal compianto Tar- gioni-Tozzetti, e le cavallette che devastano talvolta i campi di Sardegna, nè a studiare i curiosi costumi e l’intelligenza delle formiche e delle api, nè il baco da seta e le specie affini che danno prodotti tanto importanti per l'industria. Per quella necessità di limitazione e di coordinazione che noi abbiamo esposto in principio, lo zoologo medico deve re- (') Zacuartas, Das Plankton als Gegenstand eines seitgemiissen Schulunterrichtes. Archiv. f. Hydrabiol, 1906. 356 RINA MONTI stringere il suo studio a quei gruppi di artropodi che hanno importanza o come predatori o succhiatori di sangue, o come parassiti, o come veicoli di contagi animati, sieno essi bacteri o protozoi o microrganismi d’ignota natura. Specialmente il ca- pitolo che riguarda la funzione che hanno gli artropodi nella trasmissione di talune tra le malattie più micidiali costituisce una delle più recenti conquiste di cui si è arricchita la scienza, che risolleva all’improvviso la zoologia sistematica ad una im- portanza eccezionale, proprio nel momento in cui gli stessi na- turalisti tendevano a relegarla tra gli studi di minima impor- tanza. Dopo la celebre scoperta di Smith e Kilborne, i quali di- mostrarono che la febbre del Texas, dovuta al Pirosoma o Ba- besia, è propagata da una piccola zecca, il Rhypicephalus an- nulalus, dopo che Ronald Ross nel 1899 dimostrò che i così detti parassiti malarici degli uccelli (Proteosoma) sono trasportati da particolari zanzare, Grassi, Bignami e Bastianelli comprovarono che V Anopheles claviger è l'ospite nel quale avviene la ripro- duzione sessuale dei parassiti malarici dell’uomo, e che propaga per tal modo e diffonde la pericolosa endemia che tormenta e devasta tante parti del mondo (!). La geniale divinazione dell’antico poeta Lucrezio, Vempi- rica intuizione di esploratori, come Emin Pascià ed il capitano Casati, ha avuto così il battesimo scientifico dalle recenti sco- perte zoologiche. Ma, ciò che più importa, queste scoperte zoologiche hanno costituito una base di operazioni per la lotta contro la malaria e per la bonifica della terra e dell’uomo : tutto un nuovo campo di azione per l’igiene e per la medicina sociale. Come la difesa contro la malaria ha trovato il suo fonda- mento negli studi zoologici, così la zoologia ha dato un nuovo indirizzo alla profilassi della febbre gialla. Gli studi di Carlo Finlay, confermati da una commissione americana e da una mis- sione francese, hanno dimostrato che la febbre gialla è propa- gata al Brasile come a Cuba esclusivamente da una speciale zanzara, la Stegoniya calopus: la profilassi della febbre gialla (1) Grassi, Studi di un svologo sulla malaria. Roma, Lincei, 1899. L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA, ECC. 337 si riassume perciò oggi nella difesa dell’uomo contro questa zanzara. Diverse specie di filaria sono pure propagate da zanzare, giusta gli studi di Bancroft e di Manson, di Grassi, di Noè e di altri. Il Blanchard, considerando che gli insetti propagatori di filarie nei paesi tropicali sono comuni anche alle rive del Me- diterraneo, suppone, con qualche fondamento. che quella temuta malattia potrebbesi — colle più facili comunicazioni — diffon- dere anche fra noi ('). E il prof. Domenico Biondi ha già osser- vato a Siena un caso di filaria notturna (?*). Nuttal, che in diversi scritti ha riassunto i più recenti pro- gressi delle nostre cognizioni sugli artropodi succhiatori di sangue e propagatori di malattie infettive. ha messo in evi- denza ancora la necessità di dilucidare l'anatomia di questi animali per farci un’idea delle vie che seguono i microparassiti entro Vospite, per arrivare in taluni casi anche entro l'uovo e trasmettersi così da artropodo ad artropodo. Questi studi, che un tempo potevano essere ritenuti come esercitazioni di labo- ratorio 0 come una specie di sport intellettuale, acquistano in- vece ora una straordinaria portata pratica, in quanto che ci spiegano come si conservino certi virus anche fuori dell’uomo. Noi sappiamo infatti che la Glossina palpalis, una mosca africana, catturata allo stato selvaggio nelle regioni ove regna la malattia del sonno. può trasmetterci il tripanosoma di Ca- stellani. Allo stesso modo si comportano la Glossina morsilans, la G. pallidipes e la G. palpalis, in riguardo al tripanosoma di Bruce. Diverse specie di Stomossi, trasportate da un animale ma- lato ad uno sano, possono propagare diverse malattie dei bo- vini e dei camelli dovuti a tripanosomi. Alcuni tafani (Atylofis nemoralis e A. tomentosus) agiscono allo stesso modo tra- sportando i tripanosomi dei cammelli. Anche le cimici e le pulci assurgono a nuova importanza medica: le prime diffondono la febbre ricorrente, la pulce dei ratti trasporta il tripanosoma Levisi, la Pilea cheopis trasmette il bacillo della peste da topo a topo. Diverse zecche (generi Boophilus, Rhipicephalus, [rodes, Haemaphysalis) comunicano (1) BLancHarp, Les moustiques, Paris, 1905. (*) D. BronbI, Filaria sanguinis hominis in Europa. Rendiconti dei Lincei, 1903, 5358 RINA MONTI piroplasmi determinanti diverse malattie del sangue degli ani- mali domestici: gli Argasidi disseminano invece malattie do- vute a spirilli, p. es, la spirillosi dei polli. A questo proposito Levaditi è riuscito a dimostrare che certi spirilli non solo si moltiplicano nell’organismo degli artropodi e penetrano nelle loro uova, ma possono anche penetrare nelle uova di pollo: e questa scoperta è interessante, perchè ci mette sulla via per studiare la trasmissione ereditaria della spirocheta pallida nella sifilide umana. Potrei moltiplicare questi esempi, i quali tutti valgono a meglio precisare la funzione che deve avere |’ inseonamento della zoologia nella Facoltà di Medicina. Tutto l odierno mo- vimento costituisce una rivendicazione d’ onore a quegli studi di zoologia pura, che alcuni anni or sono potevano parere per- fettamente superflui per la coltura del medico. Lo stesso studio sistematico delle faune locali, e dei particolari costumi delle specie zoologiche assurge al grado inaspettato di collaboratore della medicina e della pubblica economia. Infatti l’etologia, questo ramo della zoologia pura che pa- reva poco tempo addietro così trascurabile. viene ora a fornire dati preziosi per la difesa dell’ uomo, e per la lotta contro gli artropodi, veicoli di contagi. Uno zoologo indiano, p. es., ha osservato che la lente palustre arreca di grandi servigi in quanto rende difficile alle zanzare la deposizione delle uova in stagni e paludi. Certi fiori, come p. es. I’ Heliconia brasiliensis, pos- sono contenere abbastanza acqua da permettere lo sviluppo di alcuni culicidi: così le bromelie e forse anche i bambù e ta- lune canne; poichè si trovarono non di rado larve di. zanzare nei bambù stati perforati da altri insetti (!). Tutto lo studio della vita nelle acque od idrobiologia, che fino ad oggi aveva avuto importanza pratica soltanto per la piscicoltura, ora ac- quista un interesse speciale per l’igiene, in quanto che è nelle acque che passano lo stadio larvale molti insetti propagatori di malattie, ed è nelle acque che tali insetti possono essere più facilmente distrutti. (1) TupoparLp, A monograph of the culicidal, Vol. IV, 1907. L'INSEGNAMENTO DELLA ZOOLOGIA, ECC. 539 Cosi, secondo l’ espressione del Grassi, le più umili cogni- zioni zoologiche possono aprire la via a scoperte grandiose nel campo medico (1); la stessa sistematica dei mammiferi diventa importante anche ne’ suoi gruppi più modesti, dopo che recenti studi hanno dimostrato la funzione dei ratti e dei loro costumi, nella propagazione della peste da Oriente ad Occidente. I pochi argomenti addotti valgono a dimostrare I’ alto ufficio che l'insegnamento, il laboratorio ed il Museo di zoolo- gia possono avere non solo per lo sviluppo del pensiero scien- tifico, ma anche per una effettiva e pratica cooperazione al miglioramento del paese. Il Museo zoologico che aveva perduto. al dire di molti autori, parte della sua importanza, ne acquista ora una nuova, sia come raccolta di materiale didattico, sia come illustrazione della fauna locale. La fauna di Sardegna deve essere particolarmente col- tivata, sia perchè lo studioso, venuto per conoscere quest’ isola ingiustamente dimenticata, deve trovare ne’ suoi stessi istituti i documenti e l'illustrazione scientifica dell’ isola, sia perchè tali documenti, d’ordine locale, acquistano oggi una impor- tanza nuova per la bonifica della terra e dell’ uomo. (1) Grassi, Medici e Zoologi. Rivista d’Italia, 1992. -. INDIGH Consiglio direttivo pel 1907 È : : ; Elenco dei Soci per l’anno 1907 : ; è : 5 5 Istituti scientifici corrispondenti al principio dell’anno 1907 Seduta del 15 aprile 1907 Seduta del 12 maggio 1907. È ; : : 5 % 5 Seduta del 25 giugno 1907 Seduta del 17 novembre 190% Seduta del 15 dicembre 1907 Bollettino bibliografico : : : 2 : ; È Giacinto MARTORELLI, Di alcune nuove apparizioni in Italia di uccelli migratori siberiani ed americani e dell’in- fluenza del moto rotatorio della terra sulla direzione ge- nerale delle migrazioni . 3 : È : A , ERNESTO MARIANI, Resti fossili di elefante trovati in alcune cave di sabbia vicino a Milano . j 2 î CarLo AiRAGHI, Fossili permiani nei dintorni di Roosata G. DE ALESSANDRI, Le frane dei dintorni di Acqui : CamiLLo Dat Fiume, Catalogo di una collezione di uccelli della Colonia Eritrea. 4 x A È ACHILLE GRIFFINI, Studi sui lueanncli = SEV, Salle e DPrio- donti dell’Odontolabis Brookeanus e sulle forme Capito di alcuni Murylrachelus . 5 2 ì é ; FERDINANDO pala te Le Flores de Palo: Nota di biologia vegetale . : N è : : 3 ‘ ù FRANCESCO SALMOJRAGHI, L’avvallamento di Tavernola sul lago d’Iseo (3-4 marzo 1906) con un cenno sulla insta- bilita delle rive lacuali Mario Bezzi, Ulteriori notizie della ini dele DE me CESARE STAURENGHI, Varietà craniche rinvenute nel sepol- creto della “ Rotonda ,, dell'Ospedale Maggiore di Milano Ernesto MARIANI, Contributo allo studio delle Bivalvi del Calcare di Esino nella Lombardia : È : Giacinto MARTORELLI, Il Lanius Homeyeri, Cabanis in Italia ACHILLE GRIFFINI, Sopra alcuni Steropelmatidi e sopra aleune Mecopodidi Malesi ed Austro-Malesi GIUDITTA MARIANI, Secondo contributo allo studio de lla E You dologia valdostana RinA Monti, L'insegnamento geil zoologia nelle scuole di medicina . ; : : : 7 i : : : : pag. » II II VII XVIII XIX XXE XXII XXV XXVI ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SOIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOLUME XLVI Fascrcono 1° —FoGLI ‘5; (Con due tavola) MILANO TIPOGRAFIA DEGLI OPERAI (S0C. COOPERATIVA) Corso Vittorio Emanuele 12-16. LuaLIio 1907. Per la compera degli Palazzo del Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia. versi alla Seoreteria della Società, lo) ATTI e delle MBMORIE rivol Q 8 ~ S A è [se ° O ° _ + cei L'invio dei singoli fascicoli ai Soci e Corpi Scientifici vien CONSIGLIO DIRETTIVO. PEL 1907, Presidente. — ARTINI Prof. ETTORE, Museo Civico. Vice-Presidente. — Besana. Ing. Comm. GIUSEPPE, Via Ruga- bella 19. Segretario. — DE-ALESSANDRI Dott. GIULIO, Museo Civico. Vice-Segretario. — RePOSSI Dott. EMILIO, Museo Civico. Archivista. — CASTELFRANCO Prof. Cav. Pompro, Via. Principe Umberto 5. BeLLOTTI Dott. Comm. CrIsToFORO, Via Brera 10. _ MagRETTI Dott. PaoLo, Via Leopardi 21 | Consiglieri. — < SALMOJRAGHI Prof. Ing. Cav. FRANCESCO, Piazza Castello 17. ViGNOLI Cav. Prot. Tito, Corso Venezia 89. Cassiere. — VILLA Cav. VITTORIO, Via Sala 6. ‘Bibliotecario sig. ERNESTO PELITTI. SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1904) DATA DI FONDAZIONE : 15 GENNAIO 1856 Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. I Soci sono in numero illimitato, e/felliri, perpetui, benemeriti e onorari. I Soci effettivi pagano L. 20 all’anno, in una sola volta, net primo bimestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli. dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Chi versa Lire 200 una volta tanto viene dichiarato Socio perpeluo. Si dichiarano Soci benenierili coloro che mediante cospicue elar- gizioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale. A Soci onorari? possono. eleggersi eminenti scienziati che contri- buiscano coi loro lavori all'incremento della Scienza. La proposta per l'ammissione lun nuovo socio effellivo 0 per- petuo deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del Regolamento). Le rinuncie dei Soci e/felliri debbono essere notificate per iscritto al Consiglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3° anno di obbligo o di ogni altro successivo. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Ati ed alle Meniorie non si possono unire tavole se non sono del formato degli A//# e delle Memorie stesse. Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca sociale purchè li domandino a qualcuno dei membri del Consiglio Direttivo o al Bibliotecario, rilascianaGne regolare ricevuta e colle cautele d’uso volute dal Regolamento. Gli Autori che ne fanno domanda ricevono gratuitamente cin- quanta copie a parte, con copertina stampata, dei lavori pubblicati negli Alti e nelle Memorie. Per la tiratura degli Mstratli (oltre le dette 50 copie), gli Autori dovranno rivolgersi alla Tipografia sia per l'ordinazione che per il pagamento. ; INDICE DEL FASCICOLO 1 Consiglio direttivo pel 1907. Elenco dei Soci per l’anno 1907 Istituti scientifici corrispondenti al principio dell'an- no 1907. GA TINO ee ch PIV Ig AIRO Seduta del 15 re TOO tee ABE wy, a ke oa Giacinto MARTORELLI, Di alcune nuove apparizioni in — Italia di uccelli migratori siberiani ed americani e delVinfluenza del moto rotatorio della terra sulla. direzione generale delle migrazioni . . . ERNESTO MARIANI, Resti fossili di elefante trovati. in alcune cave di sabbia vicino a Milano . CARLO AIRAGHI, Fossili permiani dei dintorni di Recoaro G. DE ALESSANDRI, Le frane dei dintorni di Acqui . NB. Ciascun autore è solo responsabile delle opi- proprietà letterari. ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA: DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOLUME XLVI FascicoLo 2° — FoaLi 6'/, (Con quattro tavole) MILANO TIPOGRAKIA DEGLI OPERAI (SOC. COOPERATIVA) Via Spartaco, 6 (viale P. Romana) SETTEMBRE 1907. a Società, Palazzo del Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia. Corpi Scientifici vien fatto colla Posta. opeteria dell lo) L'invio dei singoli fascicoli ai Soci e | Per la compera degli ATTI 6 delle MEMORIE rivolgersi alla Se % Cp” = x Presidente. — ARTINI Prof. ETTORE, Museo: Civico. © ; i ri) — “BesanA Ing: : Comm. GroserPe, uo a Ru SOI Ei e DUO 3 Masi ice er Segretario. —_ De ALESSANDRI Dott. da Museo Civico ; Vice-Segretario. -- REPOSSI Dott. Emilio, Museo Civico, ag “a S) Arehivistac— CASTELFRANCO Prof. Cav. Pompeo, Via Principe Ga i 3 Umber lo. d. tt: i RI MIE ead È ; BELLOTTI Dott. Comm. Giisrorund, Via Bre ; ‘Macrerti Dott. PaoLo, - Via Leopardi 21 : Consiglieri. — SALMOJRAGHI Prof. Ing. . Cav. o E 7 Castello IT: PT de gs et er Si Cassiere. — Be Cav: eee Via sala ai i SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1904) (DATA DI FONDAZIONE : 15 GENNAIO 1856) ‘Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli ‘studi relativi alle scienze naturali. I Soci sono in numero illimitato : effettivi, perpelui, benemeriti e onorari. I Soci effettivi pagano L. 20 all’anno, è una sola volta, nel primo bimestre dell'anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Chi versa Lire 200 una volta tanto viene dichiarato Socio perpetuo. Si dichiarano Soci benenierili coloro che mediante cospicue elar- gizioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale. A Soci onorari possono eleggersi eminenti scienziati che contri- buiscano coi loro lavori all’incremento della Scienza. La proposta per l'ammissione d'un nuovo socio effellivo 0 per- petuo deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del Regolamento). Le rinuncie dei Soci effettivi debbono essere notificate per iscritto al Consiglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3° anno di obbligo o di ogni altro successivo. La cura delle pubblicazioni spetta alla Pyesidenca: Agli Alti ed alle Memorie non si possono unire tavole se non sono del formato degli Afli e delle Memorie stesse. Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca sociale purchè li domandino a qualcuno dei membri del Consiglio Direttivo 0 al Bibliotecario, rilasciandone regolare ricevuta e colle cautele d’uso volute dal Regolamento. Gli Autori che ne tanno domanda ricevono gratuitamente cin- quanta copie a parte, con copertina stampata, dei lavori pubblicati negli Alti e nelle Memorie. Per la tiratura degli Mstralli (oltre le dette 50 copie), gli Autori dovranno rivolgersi alla Tipografia sia per l'ordinazione che per il pagamento. Camuno Dar Fiume, Catalogo di una collezione di uc. celli della Colonia TIPI OMS apy tie EA NA RISO Mee ACHILLE CRIFRINI, Studi sui lucanidi, - IV, Sulle O Priodonti dell Odontolabis Brookeanus e sulle sona da Capito di alcuni Lurytrachelus 0. gy FERDINANDO SORDELLI, Le Flores de Pato. Nota di Bio: (i TORTA: VOLMAR TRO peachy Drip ima oma ag FRANCESCO SALMOJRAGH, L'avvallamento di Tavernola sul lago d'Iseo (8-4 marzo 1906) con un cenno sulla © instabilità delle: rive: lacuali ice ur ue > 3 Md ATA] ATTI DELLA SOCIETA ITALIANA DI. SOTENZIE NATURALI Ke DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOLUME XLVI FASCICOLO 3° Foant 5 (Con otto tavole) MILANO TIPOGRAPIA DEGLI OPERAI (SOC. COOPERATIVA) Vin Spartaco, 6 (viale P. Romana Marzo 1908. Per ‘la hampers teali ATTI è acietà. Palazzo del Museo Civico di Storia Natura'e, Corso Venezia. N reteria della > - u rs alla Seg le MEMORIE rivolee è | de L’invie dei singoli fascicoli ai Soci e Corpi x i ci. vien fatto colla Posia. Scientifi Pi esidente. — ARTINE Boe Errore, Museo Civico. : $ SIA fd Besana Ing. Comm ‘Giuserrs, : bes ae Pte ae ‘bella. 19. ES 5 cs fei ORT ER I “ote eh fn tere a Macrerri Dott, eens via og di £ 2l Nada Consiglieri. fa SALMOJRAGHT Sas Tbs. Cav. PIRANCESCO DP AS Shh ae RESET AIRE su Castello 17. si Bye Gc Tesi y t vers aioe rx TA pa Ripe agi Se pa: SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1904) (DATA DI FONDAZIONE: 15 GENNAIO 1856) Seopo della Società è di promuovere in.Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. ni ' - J Soci sono in numero illimitato: e/fellivi, perpelui, benemerili ve ONOVATI. I Soci effellivi pagano L. 20 all'anno, in ana sola volta, nel primo bimestre dell'unno. Sono invitati salaria che alle sine eno quelli dimoranti nel Regno. d’Italia), vi. presentano le loro “Memorie e Comunicazioni, e ricevono oratuitamente gli Atti della Società. Chi versa Lire 200 una volta tanto viene dichiarato Socio pe) peluo: Si dichiarano. Soci benemerili coloro che mediante cospicue. elar- ‘gizioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale. A Soci onorari possono. eleggersi eminenti scienziati che contri- buiscano coi loro lavori all'incremento della Scienza. i La proposta: per Vanimissione dun nuovo socio effellivo 0 per- 3 petuo deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Consiglio Direttivo (secondo l'Art, 20 del Regolamento). | Le rinuncie dei Soci e/ffellivi debbono essere notificate per iscritto ‘al Consiglio Direttivo almeno tre mesi prima. della fine del 3° anno be di obbligo o di ogni altro successivo. La cura delle pubblicazioni spetta alla Pr EIA Agli AZ ed alle Meniorie non si possono unire tavole se non sono del formato degli Al/i e delle Memorie stesse. © ‘Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca sociale. | purchè li domandino a qualcuno dei membri del Consiglio Direttivo 0 al Bibliotecario, rilascianaone regolare ricevuta e colle cautele d’uso volute dal. Regolamento. Gli Autori che ne fanno domanda ricevono gratuitamente cin- negli Alli e nelle Memorie. A Per la tiratura degli Mstratti (oltre le dette 50 copie), gli Autori | dovranno rivolgersi alla Tipografia sia per l'ordinazione che per il pagamento, quanta copie a parte, con copertina stampata, dei lavori pubblicati: Cesare ar Varietà craniche- rinvenute se È sepolereto - della ¢ ‘ Rotonda. x dell'Ospedale Mage a giore “di Milano. 3 ee ; . — ErNesro Manian i del Calcare di Esino nella dante n Cade ea cate eed —x de NB Ciascun autore è. solo vesponsabite dette 0) Sy) 95 | ATTI DELLA SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOLUME XLVI FascIicoLo 4° — FoGLI 7 (Con una tavola) MILANO TIPOGRAFIA DEGLI OPERAI (SOC. COOPERATIVA) Via Spartaco, 6 (viale P. Romana) APRILE 1908. Per la compera degli ATTI e delle MEMORIE rivolgersi alla Segreteria della Società, Palazzo del Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia, L'invio dei singoli fascicoli ai Soci e Corpi Scientifici vien fatto colla Posta, Presidente. — ARTINI Prof. Errore; Mikes: Unica. Vice-Presidente. — Besana Ing. Comm. GiuseprE, n Deda 19. = aise ts, Consiglieri. — - Sevomucnt Prof. Ing. So Praxonsco, 7 3) Rastello 17 al } VIGNOLI Prof. Cav. ‘Trro, Coi "sO Venezia x, Cassiere. — ViLLa Cav. Toma Via Sala 6. So RR e e ENG AS PIECE METE GEE Len CRI a e RE DE ea Ot Pa x RA TRA " ion eg aes POMBIA e RE DILI bl ae a i Lo È 4 v : preda S È N È ed Le iS TI TRE Bibliotecario sig. ERNESTO PELITTI. : RIE ONT SEE bi LE AA f, on ERA pe n 4, . PO: AIN RIE PRUA A ee eo Bins SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1904) (DATA DI FONDAZIONE : 15 GENNAIO 1856) x Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. I Soci sono in numero illimitato : e/fellivi, perpetui, benemeriti e ONOVATi. I Soci effellivi pagano L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo bimestre dell'anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno. quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Chi versa Lire 200 una volta tanto viene dichiarato Socio perpetuo. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elar- gizioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale. A Soci onorarî possono eleggersi eminenti scienziati che contri- buiscano coi loro lavori all'incremento della Scienza. La proposta per lammissione d'un nuovo socio effellivo 0 per- peluo deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Consiglio Direttivo (secondo l’Art. 20 del Regolamento). Le rinuncie dei Soci e/felliri debbono essere notificate per iscritto al Consiglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3° anno di obbligo o di ogni altro successivo. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Alti ed alle Memorie non si possono unire tavole se non sono del formato degli Alli e delle Memorie stesse. Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca sociale purchè li domandino a qualcuno dei membri del Consiglio Direttivo 0 al Bibliotecario, rilascianagne regolare ricevuta e colle cautele d’uso volute dal Regolamento. i Gli Autori che ne fanno domanda ricevono gratuitamente cin- quanta copie a parte, con copertina stampata, dei lavori pubblicati . negli Alti e nelle Memorie. ; Per la tiratura degli Estratti (oltre le dette 50 copie), gli Autori dovranno rivolgersi alla Tipografia sia per l’ordinazione che per il pagamento. iy GIACINTO MARTORELLI, Il Lanius SARITSO, Cabanis in. i SION ro e os ea A ACHILLE GRIFFINI, Sopra alcuni S/enopemmatili e sopra. alcune Mecopodidi Malesi ed Austro-Malesi . . .. , GiupirrA MARIANI, Secondo contributo allo studio della : Cecidologia valdostana... . 0. 0... 1s Lage Riva Mont, L’inseenamento. della zoologia nelle Soia : RA ASTA NO SI Rdg PUL NS NR A Bx Saduta del 12° magic 190%y wi nko Se Loca Setta *d6l:98"BIUSDO: 19073 0 LL rt TL a Seduta del: 17 MROVembre #90 en 1 Aa ASB ee Seduta, del ib dicembre: 1L90W Anse ee Sa RENO Bollettido: Dibigetafto Sori gl gie eo A n PRO VEGRERO auto è voro rasponinbil delle @ proprietà letteraria. P) ea è, ica SAS i Fi % Cat et. ‘ ) ene deli A ee Ba cies eee inca SERE E Saro. vie, ee M4 poly i ; Ù ì Mii). n si) I: vi p a Me Aye | ui, ie Li MEL Atti Societa Itali Vol. 46 Date Loaned Da À { J PRESS ERT gut % OT ke ce Peers a ee ee dat È, i ira 3 ngi e tera + aes x ripeti LISI et a i Fe nae Riek ots Yui diet ~ ria 1 ep ra Ls to area BARD nt i gar i Aa Serta yh ae a! sehen Moar MAACO ek te