{y^.^^ FOR THE PEOPLE FOR EDVCATION FOR SCIENCE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOL. XLVIII A.1V3VO lOOO PAVIA PREMIATA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI FUSI Largo di Via Roma N. 7. 1909 CONSIGLIO DIRETTIVO PEL 1909 Presidente. Aktini Prof. Ettoiie, Ma Mal pi;) hi, 1. I Besana Ing. Comm. Ctiuskitk. Ma liuya- Mce-Presideììli. — bella, 19. ' De Marchi Doti. Makco, ì'ia lioryoììuovo 23. Segretario. — De-Alessandki Doit. Giulio, Museo Civico. Vice-Segretario. — Repossi Dott. Emilio, Museo Civico. Archivista. — Castelfranco Pi'of. Cav. Pompeo, Via Principe Umberto, 5. '4- I/I ) i. a^c. (i [ Bellotti Dr. Comm. Cristoforo, Via Brera, IO. [ Magretti Dott. Paolo, Ma Leopardi, 21. Consiglieri. — \ Salmojraghi Prof. Ing. Francesco, Piazza I Caste/lo, 17. \ ViGXOLi Cav. Prof. Tito, Corso Venezia, 89. Cassiere. — Villa Cav. Vittorio, Via Sala. 6. Bibliotecario sig. ERNESTO PELTTTI. ELENCO DEI SOCI per r anno 1909. Abbado Dott. Prof. Michele — Milano. AiRAGHi Doti. Prof. Carlo — Via Donizetti 27, Milano. Albini Prof. Comm. Giuseppe — Via Amedeo Avogadro 2G, Torino. Alzona Dott. Carlo — Manicomio Provinciale in Mombello. Ambrosioni Sac. Dott. Michelangelo — Collegio Aless. Manzoni, Merate. Andres Prof. Angelo, Direttore del Gabinetto di Zoologia nella R.. Università di Parma. Artaria Rag. F. Augusto — Blevio, Lago di Como. Artini Prof. Ettore, Direttore della Sezione di Mineralogia nel Museo Civico di Milano. Barassi Sac. Camillo — Poggiano Valtravaglia (Luino). Barbiano di Belgioioso Conte Ing. Guido. — A^ia Morigi 9, Milano. Bassani Prof. Francesco, Direttore del Gabinetto di Geologia, nella R. Università di Napoli. Bazzi Ing. Eugenio — Viale Venezia -4, Milano. Bellotti Dott. Comm. Cristoforo fSocio BenenieriloJ — Via Brera 10, Milano. Bernasconi Sac. Cav. Giuseppe, Parroco di Civiglio (Como). Bertarelli Prof. Cav. Ambrogio — Via S. Orsola 1, Milano. Bertoloni Prof. Cav. Antonio — Zola Predosa (Provincia di Bologna). Besaxa Ing. Comm. Giuseppe — Via Rugabella 19, Milano. Bezzi Prof. Mario — R. Liceo Alfieri, Torino. BiNAGHi Rag. Costantino — Cassa di Risparmio, Milano. BoNFANTi Barbiano di Belgioioso Enrico — Castel San Giovanni (Provincia di Piacenza). Bordini Franco (Socio perpetuo) — Piazza S. Sepolcro 1, Milano. Borghi Comm. Luigi — Via Moscova 12, Milano. BoRLETTi Ing. Prof. Francesco — Via Vittoria 39, Milano. Borromeo Conte Dott. Gian Carlo — Via Manzoni 41, Milano. Borromeo Conte Giberto, juniore — Piazza Borromeo 7, Milano. IV ELENCO DEI SOOI Briosi Doti. Prof. Giovanni, Direttore dell'Orto Botanico e della Stazione Crittogamica nella R. Università di Pavia. Brizi Prof. Cav. Ugo, Istituto di Patologia vegetale della R. Scuola Superiore di Agricoltura, Milano. Brugnatelli Prof. Luigi (Socio perpetuo), Direttore del Museo Mineralogico nella R. Università di Pavia. Brunati Dott. Roberto — Viale Varese 43, Como. Buzzoni Sac. Pietro, Proposto di S. Rocco, Milano. Caffi Dott. Prof. Sac. Enrico — Piazza Cavour 10, Bergamo. Calegari Prof. Matteo — Via San Vittore 47, Milano. Cantoni Prof. Elvezio — Via Benedetto Marcello 43, Milano. Casati Conte Dott. Alessandro — Viale al Parco 1, Monza. Casati Conte Gì-abrio — Corso Venezia 24, Milano. Castelbarco Albani Conte Ing. Alberto — Via Principe Um- berto 6, Milano. Castelfranco Prof. Cav. Pompeo — Via Principe Umberto 5, Milano. Catterina Prof. Dott. Giacomo — Gabinetto batteriologico della R. Università di Padova. Celoria Prof. Comm. Giovanni, Senatore del Regno, Direttore dell'Osservatorio Astronomico di Brera, Milano. Cermenati Prof. Mario — Via Cavour 238, Roma. Circolo Filologico milanese {Socio perpetuo) — Via Clerici, Milano. CoBAU Dott. Roberto — R. Scuola Superiore di Agricoltura, Milano. Corti Dott. Alfredo, Libero docente nella R. Uuniversità di Parma. Cozzi Sac. Carlo — Abbiategrasso. Crivelli March. Vitaliano — Via Pontaccio 12, Milano. Crivelli Serbelloni Conte Giuseppe — Via Monte Napoleone 21. Milano. CuRLETTi Pietro (Socio perpetuo) — Via Brisa 3, Milano. CuTTicA DI Cassine March. Luigi — Corso Venezia 81, Milano. D'Adda March. Emanuele, Senatore del Regno (Socio perpetuo) — Via Manzoni 43, Milano. Dal Piume Cav. Camillo — Badia Polesine. Dal Piaz Dott. Giorgio, Libero docente presso la R. Univer- sità di Padova. De Alessandri Dott. Giulio, Prof, aggiunto alla Sezione di Geo- logia e Paleontologia nel Museo Civico di Milano. ELENCO DEI SOCI V De Marchi Dott. Marco (Socio Benetnerilo) Via Borgonuovo 23, Milano. Direktion der K. Universitat und Landes Bibliotek, Strassburg. Direzione del Museo Civico di Storia Naturale (DoiUA March. Sen. Giacomo) Genova. Direzione del Museo Civico di Storia Naturale di Pavia. Ferri Dott. Giovanni — Via Volta 5, Milano. Frova Dott. Camillo — Piazza Borromeo 7, Milano. Gemelli Dott. Fra Agostino — Convento dell'Immacolata, Milano. Giachi Ardi. Cav. Giovanni [Socio perpetuo) — Via S. Raffaele 3, Milano. Giacomelli Dott. Pietro — Via S. Salvatore (Bergamo Alta). GiANOLi Prof. Giuseppe — Via Leopardi 7, Milano. Giordano Prof. Domenico — R. Ginnasio di Ragusa (Provincia di Siracusa). Giovanola Mario — Via Abramo Lincoln 16, Milano. Grassi Prof. Cav. Francesco — Via Bossi 2, Milano. Grassi Prof. Battista, Senatore del Regno {Socio onoraìno), Di- rettore del Gabinetto di Anatomia Comparata nella R. Uni- versità di Roma. Griffini Dott. Prof. Achille — R. Istituto Tecnico, Genova. Gritti Prof. Comm. Rocco — Via Monte Napoleone 23 rt, Milano. HoEPLi Comm. Ulrico (Socio perpetuo) — Milano. Ingegnoli Dott. Antonio — Corso Buenos Aires 54, Milano. Jung Prof. Cav. Giuseppe — Bastioni Vittoria 41, Milano. Kòrner Prof. Comm. Guglielmo, Direttore della R. Scuola Su- periore d'Agricoltura di Milano. Lambertenghi Dott. Ada, Prof, aggiunto alla Sezione di Zoo- logia nel Museo Civico di Milano. Leardi in Airaghi Dott. Prof. Zina — Via Donizetti 27, Milano. LuRANi Conte Francesco — Via Lanzone 2, Milano. Maddalena Ing. Leonzio — Laboratorio di Mineralogia nella R. Università di Pavia. Maffi Cardinale Pietro — Arcivescovo di Pisa. Maglio Dott. Carlo, Laboratorio di Anatomia Comparata, Pavia. Magretti Dott. Paolo — ■ Via Leopardi 21, Milano. Mariani Prof. Ernesto, Direttore della Sezione di Geologia e Paleontologia nel Museo Civico di Milano. Mariani Dott. Giuditta — R. Scuola Normale di Aosta. Martorelli Prof. Cav. Giacinto, Direttore della Collezione Or- nitologica Turati nel Museo Civico di Milano. VI ELENCO DEI SOCI Mazza Prof. Dott, Felice — R. Istituto Tecnico di Roma. Mazzakelli Prof. Giuseppe — E,. Università di Messina. Meli Prof. Romolo — R. Scuola d'Applicazione per gli Inge- gneri, Via Teatro Valle 51, Roma. Mella Conte Carlo Arborio — Vercelli. Melzi d'Eril Duchessa Josephine (Socio perpet,uo) — Via Ma- nin 23, Milano. Menozzi Prof. Comm. Angelo — P. Scuola Sup. d'Agricoltura di Milano. Mercalli Sac. Prof. Griuseppe — R. Liceo Vittorio Emanuele, Napoli. Monti Barone Dott. Alessandro — Brescia. Monti Prof. Rina {Socio perpetuo) — R. Università di Siena. Mussa Dott. Enrico — Via dei Mille 35, Torino. Mylius Cav. Uff. Giorgio — Via Montebello 32, Milano. Natoli Dott. Prof. Rinaldo — Bellinzona. Negri Dott. Giovanni — Regio Orto Botanico al Valentino Torino. Ninni Conte Emilio — Alla Maddalena, Palazzo Erizzo, Venezia, Novarese Prof. Napoleone Alberto — Cancelliere del Tribunale Civile e Penale, Bozzolo. Omboni Dott. Cav. Giovanni — Via Torresin, Padova. Origoni Ing. Giovanni Battista — Via S. Damiano 44, Milano. Orsenigo Dott. Luigi — Acquario civico. Via Gadio 2, Milano. Paladini Ing. Prof. Ettore — Regio Istituto Tecnico Sujieriore di Milano. Panza Ing. Adolfo — Passaggio Carlo Alberto 2, Milano. Paravicini Dott. Giuseppe, Medico-Chirurgo presso il Mani- comio provinciale di Mombello. Parona Dott. Prof. Corrado, Direttore d(d (ìalìinetlo di Zoologia nella R. Università di Genova. Parona Prof. Carlo Fabrizio, Direttore del Museo Geologico della R. Università di Torino. Patrini Dott. Plinio — Laboratorio di Geologia della R. Uni- niversità di Pavia. Pedrazzini Giovanni (Socio perpetuo) — Locarne. Peruzzi Dott. Luigi — Via Palestre 22, Cremona. Ponti March. Sen. Comm. Ettore, (Socio perpetuo) — Via Pigli 11, Milano. ELENCO DEI SOCI VII Ponti Cav. Cesare, Banchiere — Portici Settentrionali 19, Mi- l;ino. Porro Conte Dott. Ing. Cesare — Carate Lario (Provincia di Como). PoRTis Prof. Dott. Alessandro, Direttore del R. Istituto Geolo- gico Universitario di Roma. Pugliese Prof. Angelo — R. Scuola Veterinaria, Milano. Repossi Dott. Emilio — Prof. Aggiunto alla Sezione di Mine- ralogia nel Museo Civico di Storia Naitirale di Milano. Re:sta Pallavicino Conte Comm. Terdinando — Via Conserva- torio 7, Milano. Rezzonico Dott. Cav. Uff. Giulio — Via S. Spirito 13, Milano. Ronchetti Dott. Vittorio — Piazza Castello 1, Milano. Rossi Ing. Edoardo — Corsso S. Celso 9, Milano. Rossi Dott. Pietro — Foro Bonaparte, 5, Milano. Sacco Prof. Federico — R. Scuola degli ingegneri. Gabinetto di Geologia, Castello del Valentino, Torino. Salmojraghi Ing. Prof. Francesco — R. Istituto Tecnico Su- periore di Milano. Salomon Dott. Prof. Guglielmo — Università, Heidelberg. SangiorCtI Dott. Domenico — R. Università di Parma. Schiaparelli Prof. Comm. Giovanni, Senatore del Regno (Socio perpetuo) — Via Fatebenefratelli 7, Milano. Sertoli Prof. Comm. Enrico — Sondrio. SiBiLiA Enrico — Via Giuseppe Revere 7, Milano. Sordelli Prof. Ferdinando, Direttore della Sezione di Zoologia nel Museo Civico di Milano. Staurenghi Dott. Cesare — Via Lecco 2, Monza. Stazzi Prof. Piero — R. Scuola Veterinaria, Milano. Supino Prof. Felice, Dir. dell'Acqviario civico. Milano. Tacconi Dott. Emilio — Gabinetto di Mineralogia della Regia Università di Pavia. Taramelli Prof. Comm. Torquato, Direttore del Gabinetto di Geologia nella R. Università di Pavia. Terni Prof. Dott. Camillo — Via Principe Umberto 5, Milano. Treves Prof. Dott. Zaccaria — Via Principe Umberto 27, Milano. Turati Nob. Ernesto — Via Meravigli 7, Milano. Turati Conte Comm. Emilio — Piazza S. Alessandro 4, Milano. ViGNOLi Prof. Cav. Tito, Direttore del Museo Civico di Storia Naturale — Milano. vili ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI ViGONi Nob. Comm. Giulio, Senatore del Regno — Via Fate- benefratelli 21, Milano. ViGONi Nob. Comm. Ing. Giuseppe, Senatore del Regno — Via Fatenefratelli 21, Milano. Villa Cav. Vittorio — Via Sala fi, Milano. ZuNiNi Ing. Prof. Cav. Luigi — R. Istituto Tecnico Superiore Milano. SOCI PERPETUI DEFUNTI Annoni Conte Aldo, Senatore del Regno. Visconti di modrone Duca Guido. Erba Comm. Luigi. Pisa Ing. Giulio. Massarani Comm. Tulio, Senatore del Regno. Biffi Dott. Cav. Antonio. ISTITUTI SGIENTIFini CORRISPONDENTI in principio dell'anno 1908 AFRICA 1. South African Museum — Cape Town (1898 Annals, 1903 Report). AMERICA DEL NORD f Stati UnitiJ. 2. University of the State of New York — Albany N. Y. (1888 Bulletin, 1890 Ann. Rep.). 3. Maryland Geological Survey — Baltimore (1897 Jleports.). 4. University of California — Berkeley, California (1902 Pu- blications). 5. American Academy of Arts and Sciences — Boston (1868 Proceedings). NB. — II numero tra p,arentcsi indica l'anno noi quale <■ incominciato lo scambio iJclltì pubblicazioni tra. i singoli Istituti e la Società Italiana di Scien/.c Naturali. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRlSt^ONDENTl iX 6. Boston Society of Natural History — Boston (1862 Procee- dings, 1866 Memoirs, 1869 Occ. Papers). 7. Buffalo Society of Natural Sciences — Buffalo N. Y. U. S. of A. (1886 Bulletin). 8. Field Museum of Natural History — Chicago U. S. A. (1895 Publications). 9. Davenport Academy of Natural Sciences — Davenport (Iowa) (1876 Proceedings). 10. Iowa Geological Survey — Des Moines (Iowa) (1893 Annual Report). 11. Indiana Academy of Science — Indianapolis (Indiana) (1895 Proceedings). 12. Wisconsin Academj^ of Sciences, Arts and Letters — Ma- dison (1895 Transactions, 1898 Bulletin). 13. University of Montana — Missuola (Montana) U. S. A. (1901 Bulletin). 14. Connecticut Academy of Arts and Sciences — New-Haven (1866 Transactions). 15. Academy of Natural Sciences — Philadelphia (1878 Pro- ceedings, 1884 Journal). 16. American Philosophical Society — Philadelphia (1899 Pro- ceedings). 17. Geological Society of America — Rochester N. Y. U. S. A. (1890 Bulletins). 18. California Academy of Sciences — San Francisco (1854 Proceedings, 1868 Memoirs, 1880 Occasional Papers, 1884 Bulletin). 19. Academy of Science of St. Louis — St. Louis (1856 Tran- sactions). 20. The Missouri Botanical Garden — St. Louis Mo. (1898 Annual Report). 21. Kansas Academy of Science — Topeka (Kansas) (1883 Transactions). 22. United States National Museum — Washington (1884 Bul- letin, 1888 Proceedings, 1889 Annual Report, 1892 Spe- cial Bulletin, Contributions from the U. S. N. Herba- rium 1906). 23. United States Geological Survey — Washington (1872 Annual Report, 1873 Report, 1874 Bulletin, 1880 Ann. Report, 1883 Bulletin, 1883 Mineral Resources, 1890 Mo- X ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI nographs, 1902 Profess. Papers, 1902, Water Supply and Irrigation Paper). 24. Smithsonian Institution — Washington (1855 Ann. Report). 25. Carnegie Institution of Washington — Washington (1905). CANADA 20. Nova Scotian Institute of Science — Halifax (1870 Pro- ceedings). 27. Geological and Natural History Survey of Canada — Ot- tawg, (1879 Rapport annuel, 1883 Catalog. Canadian Plants, 1885 Contr. canad. Palaeontology, 1891 idem). 28. Canadian Institute — Toronto (1885 Proceedings, 1890 Transactions). MESSICO 29. Instituto geologico de Mexico — Mexico (1898 Boletin, 1903 Parergones). AMERICA DEL SUD 30. Academia Nacional de Ciencias en Cordoba (1884 Boletin). 31. Museo Nacional de Buenos Aires — Buenos Aires (18()7 Anales). 32. Museo Nacional de Montevideo — Montevideo (1894 Anales). 33. Museu Goeldi de Historia Natural e Ethnographia — Para, Brazil (1897 Boletini, 1902 Memorias). 34. Museo Nacional de Rio Janeiro — Rio Janeiro (1876 Ar- chives). 35. Museu Paulista — San Paulo, (1895 Revista). 30. Société scienti(iue du Chili - Santiago (1892 Actes). AUSTRALIA 37. Royal Society of South Australia — Adelaide (1891 Tran- sactions and Proceedings, Memoirs). 38. Royal Society of New South Wales — Sydney (1870 Jour- nal and Proceedings). 39. Australian Museum — Sydney (1882 Report, 1890 Records). AUSTRIA - UNGHERIA 40. Aquila, Bureau Central Ornithologique Hongrois — Buda- pest (1890). 4L Konig. Ungarisch. geologische Anstalt — Budapest (1863 Foldtani, 1872 Mitleiluiigen, 1883 Jahresbericht). ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPON DENTI ' XI 42. Aiinales historico-natiirales Musei Nationalis Hungarici) — Budapest (1897). 43. Magyar Botanikai Lapok. Szerkesztòsige 1902. Ung. bot. Blatter Budapest. 44. Académie des Sciences do Cracovie — Cracovie (1889 Bul- letin). 45. Verein der Aerzte im Steierinark — Graz (1880 Mittei- lungeii). 46. Naturwissenscliaftliclier Verein fiir Steiermark — Graz (1906 Mitteilungen). 47. Ornithologisches Jahrbucli. Organ fiir das palaearkiisclie Faunengebiet — Hallein (1890). 48. Siebenburgisclier Verein fiir Naturwissenschaften — Her- niannstadt (1857 Verhandlungen). 49. Naturwissenschaftlicli-medizinisclier Verein — Innsbruck (1870 Berichte). 50. Académie des sciences de l'Empereur Francois Joseph I Prague (1908 Bulletin International). 51. Verein fur Natur-und Heilkunde — Presburg (185(5 Ver- handlungen). 52. I. R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Agiati in Rovereto (1861 Atti). 53. Bosnisch-Hercegovinisches Landesmuseum — Sarajevo (1893 Mitteilungen). 54. Tridentum, Rivista bimestrale di studi scientitìci — Trenlo (1898 Rivista). 55. Società Adriatica di Scienze Naturali — Trieste (1877 Bol- lettino). 56. Anthropologische Gesellschaft — Wien (1870 Mitteilungen). 57. K. K. geologische Reichsanstalt — AVien (1850 Jahrbuch, 1852 Abhandlungen, 1871 Verhandlungen). 58. K. K. zoologisch-botanische Gesellschaft — Wien (1853 Verhandlungen). 59. K. K. naturhistorisches Hofmuseum — Wien (1886 Ann.). 60. Verein zur Verbreiiung naturwissensch. Kennlnisse - Wien (1871 Schriften). BELGIO 61. Académie Royale de Belgique — ^ Bruxelles (1865 Annuaire et Bulletin, 1870-71-72 Mémoires). XII ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI 62. Société Belge de geologie, de paleontologie et d'hydrologie — Bruxelles (1888 Bulletin). 63. Société entomologique de Belgi que — Bruxelles (1857 An- naìes, 1892 Mémoires). 64. Société Royale zoologique et malacologique — Bruxelles (1863 Annales, 1872 Procès-verbaux des Séances). 65. Société Royale de botanique de Belgique — Ixelles-les- Bruxelles (1862 Bulletins). FRANCIA 66. Société Linnéenne du Nord de la France — Amiens (1867 Mémoires, 1872 Bulletin). 67. Société Florimontane — Annecy (1860 Revue). 68. Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux (1867 Mémoires, 1895 Procès-verbaux). 69. Société Linnéenne de Bordeaux — Bordeaux (1838 Actes). 70. Academic des sciences, belles-lettres et arts de Savoie — Chambéry (1851 Mémoires, 1879 Documents). 71. Société nationale des sciences naturelles et mathématiques de Cherbourg (1855 Mémoires). 72. Société d'Agriculture, sciences et industries — Lyon (1867 Annales). 73. Université de Lyon (1891 Annales). 74. Institut de Zoologie de l'Université de Montpellier et Sta- tion Zoologique de Cette (1885 Travaux, Sèrie miste 1905 Mémoires). 75. Annales des sciences naturelles, zoologie et paleontologie, etc. — Paris (1905 Annales). 76. Mtisétim de Paris — Paris (1878 Nouvelles Archives, 1895 Bulletin). 77. Société d'Anthropologie de Paris — Paris (1894 Bulletin). 78. Société géologique de France — Paris (1872 Bulletin). 79. Université de Rennes (1902 Travaux). 80. Académie des sciences, arts et lettres — Rouen (1877 Precis). 81. Société libre d'émulation, du commerce et de l' industrie de la Seine Inférieure — Rouen (1873 Btilletinj. 82. Société d'histoire naturelle — Toulouse (1867 Bulletin). ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI XIII GERMANIA 83. Naturhistorischer Verein — Augsburg (1855 Bericht). 84. Botanischer Verein der Provinz Brandenburg — Berlin (1859 Verhandlungen). 85. Deutsche geologische Gesellschafi — Berlin (1856 Zeit- schrift). 86. Gesellschaft Naturforschender Freunde in Berlin (1895 Sitzungsberichte). 87. Konigl. zoologisches Museum — Berlin (1898 Mitteilungen). 88. K. Preussische geol. Landesanstalt u. Bergakademie — Berlin (1880 Jahrbucli). 89. Scblesische Gesellschaft fur Vaterlandische Kultur — Breslau (1857 Jahresbericht). 90. Verein fiir Naturkunde zu Cassel — Cassel (1880 Bericht, 1897 Abhandungen und Bericht). 91. Naturforschende Gesellschaft — Danzig (1881 Schriften). 92. Verein fùr Erdkunde — Darmstadt (1857 Notizblatt). 93. Physikalisch-medicinische Societat — Erlangen (1865 Sit- zungsberichte). 94. Senkenbergische naturforschende Gesellsch. — Frankfurt am Main (1871 Bericht, 1896 Abhandlungen). 95. Naturforschende Gesellschaft (Berichte) — Freiburg i. Baden (1890 Bericht). 96. Naturforschende Gesellschaft — Gòrlitz (1859 Abhandlun- gen). 97. Verein der Freunde der Natui-geschichte — Giistrow (1857 Archi v). 98. Naturhistorisches Mtiseum zu Hamburg (1887 Mitteilungen). 99. Naturwissenschaftlicher Verein in Hamburg 1846 Abhan- dlungen, 1877 Verhandlungen. 100. Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft — Jena (1864 Zeitschrift;. 101. Physikalisch-Oeconomische Gesellschaft — Kònigsberg (1860 Schriften). 102. Zoologischer Anzeiger — Leipzig '1878 Zoolog. Anzeiger). 103. K. Bayerische Akademie der Wissenschaften — Mixnchen (1832 Abhandlungen, 1860 Sitzungsberichte). 104. Ornithologische Gesellschaft in Bayern (E. V.) — Miinchen (1899 Verhandlungen). 105. Naturwissenschafticher Verein — Regensburg (1860 Bericht). XIV ISTITUTI SOIENl'IFiri COKKISPONDENTI 106. Nassauisclier Verein fùr Naturkunde — Wiesbaden (1856 Jahrbucher). 107. Physikalisch-medicinische Gesellschaffc — AVlirzbiirg (1860 Yerhandlungen, 1881 Sitzungsberichte;. GIAPPONE 108. Imperiai University of Japan — Tòkyo (1860 Calendar, 1898 Journal). 109. Zoological Institute College of Science. Imperial University of Tòkyo (1903j. GRAN BRETAGNA 110. Royal Irish Academy — Dublin (1877 Transactions, 1884 Proceedings). 111. Royal Dublin Society — Dublin (1877 The scientific Pro- ceedings and Transactions). 112. Royal physical Society — Edinburgh (1858 Proceedings). 113. Geological Society of Glasgow (1865 Transaction). 114. Paleontographical Society — London (1848). 115. Royal Society — London (1860 Phil. Transactions, 1862 Proceedings). 116. Zoological Society — London (1833-34 Transact ins, 1848 Proceedings). 117. British Museum of Natural History — London (1895 Cata- logues). 118. Literar}'^ and philosophical Society — Manchester (1855 Memoirs, 1862 Proceedings). INDIA 119. Geological Survey of India — Calcutta (1858-59 Memoirs, Paleontologia indica, 18(51 Memoirs, 1868 Records, 1898 General Report). 120. Agricultural Research Institute and Pi'incipal of the Agri- cultural College, Pusa Bengal (1906 Memoirs, Botanical Series, and Entomological Series). ITALIA 121. Accademia Dafnica di scienze, lettere ed arti in Acireale (1895 Atti e Rendiconti). 122. Accademia degli Zelanti e P. P. dello Studio di scienze. lettere ed arti — Acireale (1889 Rendiconti e Memorie). 123. Ateneo di scienze, lettere ed arti — Bergamo (1875 Atti). ISTITUTI SfìlENTIFIfl CORRISPONDENTI XV 124. Accademia delle scienze dell' Isiituto di Bologna (1856 Me- morie, 1858 Rendiconto). 125. Ateneo di Brescia — Brescia (1845 Commentari). 126. Accademia Gioenia di scienze nalnrali — Catania (1834 Atti, 1888 Ballettino). 127. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze — Firenze (1886 Bnllettino). 128. u Redia ;i Griornale di entomologia. Pnbblicato dalla R. Sta- zione di entomologia agraria in Firenze (1J)03). 129. Società botanica italiana — Firenze (1872 Nuovo Giornale botanico. Memorie, 1892 Bnllettino. 130. Società entomologica italiana — Firenze (1869 Bnllettino). 131. Società Ligustica di Scienze naturali e geografiche — Genova (1890 Atti). 132. Società Lombarda per la pesca e l'Acquicoltura — Milano (1899 Bollettino e Rivista mensile di pesca). 133. Comune di Milano (Dati statistici e Bollettino demografico). (1875 Bollettino, 1886 Dati Statistici). 134. R. Istituto Lombardo di scienze e lettere — Milano (1858 Atti, 1859 Memorie, 1864 Rendiconti). 135. R. Società italiana d'igiene — Milano (1897 Giornale). 136. Società dei naturalisti — Modena (1866 Annuario, 1883 Atti). 137. Istituto Zoologico R. Università di Napoli (1904 Annuario). 138. Società di Naturalisti — Napoli (1887 Bollettino). 139. Società Reale di Napoli. (Accademia delle scienze fisiche e matematiche) — Napoli (1862 Rendiconto, 1863 Atti). 140. R. Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali, econo- miche e tecnologiche — Napoli (1861 Atti). 141. La nuova Notarisia — Padova (1890). 142. Accademia Scientifica Veneto-Trentino-Istriana. — Padova (1872 Atti, 1879 Bnllettino). 143. R, Accademia palermitana di scienze, lettere ed arti — Palermo (1845 Atti, 1885 Bollettino). 144. R. Istituto ed Orto Botanico di Palermo (1904 Bollettino). 145. Società dei Naturalisti Siciliani — Palermo. (1896 il Na- turalista Siciliano). 146. Società di scienze naturali ed economiche — Palermo (1865 Giornale, 1869 Bnllettino). 147. Società toscana di scienze naturali — Pisa (1875 Atti e Memorie). •s.yi Istituti soientifk;! corrispondènti 148. Rivista di fìsica, matematica e scienze naturali — Semi- nario di Pisa (1906). 149. R. Scuola Sixp. d'Agricoltura in Portici. Bollettino del Laboratorio di Zoologia generale e agraria Portici (1907 Bollettino). 150. R. Accadamia medica — Roma (1883 Atti, 1886 Bullettino). 151. R. Accademia dei Lincei — Roma (1876 Transunti e Ren- diconti, 1904 Memorie). 152. R. Comitato geologico d'Italia — Roma (1870 Bollettino). 153. Società italiana delle scienze detta dei Quaranta — Roma (1862 Memorie). 154. Società zoologica italiana. Museo Zoologico della Regia Università — Roma (1892 Bollettino). 155. R. Accademia di Agricoltura — Torino (1871 Annali). 156. R. Accademia delle scienze — Torino (1865 Alti, 1871 Memorie). 157. Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Univer- sità di Torino (1886 Bollettino). 158. Ateneo Veneto — Venezia (1864 Atti, 1881 Rivista). 159. R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti — Venezia (1860 Atti). 160. Accademia di agricoltura, commercio ed arti — Verona (1862 Atti e Memorie) NORVEGIA 161. Bibliotlièque de l'Université R. de Norvège — Cristiania (1880 Arch.). 162. Société des sciences de Cristiania (1859 Forhandlinger). 163. Stavanger Museum — Stavanger, Norvegia (1892 Aarsbe- retning). PAESI BASSI 164. Musée Teyler — Harlem (1866 Archives). 165. Société Hollandaise des sciences à Harloiu (1880 Archives néerlandaises). PORTOCALLO 166. Broteria, Revista de Sciencias Naluraes do Collegio de S. Fiel Lisboa (1902). ISTITUTI SriENTIFiri fORRISPONDENTI XVII 167. Dire9cào d.o« Services Cxeologicos, Lisboa (Portugal^ (1885 Communicacoes). ROMANIA 168. Sociètè de sciences de Bucarest (1897 Bvdetinulj. EUSSIA E FINLANDIA 169. Societas pro fauna et flora fennica — Helsingfors (1848 Notiser 1875 Acta, 1876 Meddelanden). 170. Société Imperiale des Naturalistes de Moscou (1859 Bulletin, 1860 Nouveaux Mémoires). 171. Academic Imperiale des sciences de St. Pétersboiirg (1859 Mémoires, 1894 Id Classe physico-mathématique, 1860 Bulletin, 1896 Annuario). 172. Comité géologique — St. Pétersbourg (1882 Bulletins, 1883 Mémoires). 173. Direction du Jardin Imperiai botanique de St. Pétersbourg (1871 Acta). 174. Société Imperiale des Naturalistes de St. Pétersbourg (1897 Travaux). SPAGNA 175. Sociedad Aragonesa de Cencias Naturales — Zaragoza 1902 Boletin). 176. Sociedad Espailola de liistoria naturai — Madrid (1897 Actas e Anales, 1901 Boletin, 1903 Memorias). SVEZIA 177. Universitas Lundensis — Lund (1883 Acta). 178. Academic Royale suédoise des sciences — Stockholm (1864 Handlingar, 1865 Pòrhandlingar, 1872 Bihang., 1903 Arkiv). 179. Kongl. Vitterhets Historie och Antiquitets Akademiens — Stockholm (1864 Antiquarisk-Tidskrift, 1872 Manadsblad). 180. Bibliothèque de PUniversité d'Upsala (Institution géolo- gique) — Upsala (1891 Meddelanden, 1894 Bulletin). SVIZZERA 181. Naiurforschende Gesellschaft — Basel (1854 Verhandlungen). 182. Società Ticinese di Scienze Naturali — Bellinzona (1904 Bollettino). will ISTITUTI SriENTIFIfl CORRISPONDENTI 183. Naturforschende Gesellschaft — Bei-n (1855 Mittheilungen). 184. Société lielvétique des sciences naturelles — Bern (1834-47 Actes 0 Verhandlnngen, 18fiO Nouveaux Mémoires). 185. Naturforschende Gesellschaft — Chur (1854 Jahresbericht). 186. Institut national genévois — Geneve (18G1 Bulletin, 1863 Mémoires. 187. Société de physique et d'histoire naturelle — Genève (1859 Mémoires). 188. Société Vaudoise des sciences naturelles — Lausanne (1853 Bulletin). 189. Société des sciences naturelles — Neuchàtel (1836 Mé- moires, 1846 Bulletin). 190. Ziircher naturforschende Gesellschaft — Zixrich ( 1856 Vieri eljalirsschrift, 1901 Neujahrsblatt). 191. Commission géologique suisse (Société helvétique des sciences naturelles) — Zilrich (1862). SEDUTA DEL 31 GENNAIO 1U09 XIX Seduta del 31 Gennaio 1909 Presiede il presirlenle prof. E. Artini. Aperta la seduta, il segretario legge il verbale della seduta precedente, che dopo qualche osservazione del prof. Terni e del dott. Vallillo viene approvato. Il socio prof. C. Terni presenta la sua nota : u Ricerche sulla natura parassitaria del Ci/tor//ctes varioìae et vaccinae Guarneri 11 corredata dalla dimostrazione di numerosi preparati microscopici. Il socio prof. M. Abbado comunica il suo studio : u La cleistogamia, con particolare riguardo alle graminacee (La clei- stogamia nel riso) 11 e per assenza del prof. Bordelli il presi- dente dà lettura della nota del medesimo u Sul Quagga del Civico Museo di Milano n. Essendo pure assente il D. Staurenghi la comunicazione del suo studio posto all' ordine del giorno viene rimandata ad altra seduta. Infine il presidente presenta a nome del socio professor A. Griffini la nota dello stesso : u Grillacridi del Museo di Oxford, parte I. Specie etiopiche, indo-malesi ed australiane 11. Egli presenta quindi le pubblicazioni pervenute in omag- gio alla Società, segnalando quelle del prof. A. Issel e della dott. G. Mariani. Avverte come recentemente sia stato ultimato il 3" fascicolo del volume XLVII degli Atti Sociali, riuscito come gli altri assai bene e si compiace del buon servizio fatto fino ad ora dalla Tipografia. Comunica la proposta per l'ammissione a socio del joro- fessor Stazzi P. presentato dai Soci E. Artini e Z. Treves ; e mentre si fa la votazione intrattiene l'assemblea sul Bilancio consuntivo dell' anno 1908, dal quale risulta come le condizioni finanziarie della Società siano buone, e superiori a quelle por- XX SEDUTA DEI, 31 GENNAIO 1909 tate dal preventivo, pur essendosi dati alle stampe quattro fascicoli del bollettino sociale. Egli apre la discussione sul bilancio consuntivo e nessuno avendo osservazioni, lo inette in votazione ; è approvato alla unanimità. Soggiunge in seguito come il Consiglio Direttivo, im- pressionato dalla tema che la Società invecchiando diventasse anemica e rilevando il malcontento dei professori delle scuole secondarie italiane, manifestato dalla loro limitata partecipazione ai lavori sociali, ritiene che essi nei quattro fascicoli annuali del bollettino sociale trovino scarsa materia per una lettura interessante. Quindi è sorta l'idea di completare la publica- zione degli Atti e delle Memorie con un altro periodico che porti ai soci vicini e lontani la voce viva di quanto si fa nel campo dello Scienze Naturali, intese nel loro senso più lato, comprendendo quindi la tisica e la chimica applicate alle scienze biologiche , mineralogiche e geologiche. E conside- rando come le condizioni finanziarie del bilancio annuale siano abbastanza floride, il Consiglio Direttivo ritiene che la So- cietà potrebbe sussidiare o sostenere tale publicazione ; l'in- cremento che ne verrebbe nel numero dei soci varrebbe forse a compensare degli eventuali aumenti di spese. Tutti i compo- nenti il Consiglio Direttivo hanno occupazioni peculiari e ben definite che non comporterebbero aggravi maggiori, donde sorse l'idea di jjroporre la nomina di un secondo Vicepresidente giovane e attivo, coli' incarico speciale di studiare ed even- tualmente organizzare la publicazione del nuovo periodico ; da ciò la proiDosta del Consiglio Direttivo posta all'ordine del giorno della seduta, di portare da uno a due il numero dei Vicepresidenti della Società. Il prof. Mariani applaude all'idea di pubblicare il nuovo giornale ; ricorda però che la ditta Sonzogno sta preparando un periodico nuovo di scienza popolare, e ritiene il caso di informarsi quali ne siano i redattori e quali gli intenti. Il presidente assicura che sarà sua cura di prendere infor- mazioni e se del caso intendersi per una eventuale fusione di redazioni. Il prof. Mariani aggiunge che egli ritiene, essendo il Con- siglio Direttivo sufìfìcentemente numeroso, che qualcuno dei suoi membri potrebbe agevolmente assumere la direzione del giornale e non vede la necessità di passare alla nomina di un altro Vicepresidente. SEDUTA DEL 28 FERmiAIO 1909 XXI Il prof. Supino applaude all'idea del giornale e raccomanda di affidarne la redazione a specialisti noti ed apprezzati nel campo scientifico. A queste e ad alcune osservazioni del prof. Airaghi il pre- sidente risponde che per ora le mansioni del nuovo Vicepresi- dente sarebbero unicamente preparatorie e che la Società sarà a suo tempo interpellata sulla convenienza e sulle modalità della nuova pubblicazione. Egli mette in seguito in votazione la presa in considerazione della proposta del Consiglio Direttivo, che è approvata. In ultimo si passa alla votazione per la nomina del Pre- sidente e del Cassiere della Società, e mentre gli scrutatori fanno lo spoglio delle schede il prof. Artini comunica l' esito della votazione per l'ammissione a socio del prof. Stazzi P. che è ammesso; in seguito proclama il risultato della vota- zione colla quale sono nominati: Presidente E. Artini con voti 16 su 17 votanti e Cassiere V. Villa con voti 16 su 17 votanti. Dopo di ciò la seduta è levata. Seduta 28 Febbraio 1909. Presiede il presidente prof. E. Artini. Si apre la seduta, ed il segretario legge il verbale della seduta precedente, che è approvato. Il socio dott. E. Repossi comunica la sua nota: u Gli scisti bituminosi di Besano n ed il presidente a nome del dott. G. Sangiorgi presenta lo studio del medesimo : " Sopra un sup- posto calcare mummulitico dell'alta valle della Marecchia ». Essendo assente il dott. Gemelli Era A. la comunicazione delle sue note poste all'ordine del giorno è rimandata ad altra seduta. In seguito il Presidente rivolge parole di vivo ringrazia- mento ai soci che lo hanno chiamato un'altra volta a presiedere le sorti della Società, assicura che non mancherà in lui né lo zelo ne l'attività allo scopo di curare il più che gli sarà pos- sibile il buon andamento della gestione sociale. Egli avverte XXII SEDUTA DEL 28 FEBBRAIO 1900 che sarà al i^iù presto ultimato il é'' fascicolo del Bollettino sociale, che spera entro il Marzo potrà essere distribuito ai soci. Presenta le pubblicazioni pervenute in omaggio alla Società, tra le quali segnala quelle del i)rof. F. Bassani, di J. Joubert e del prof. C. Parona. Dà lettura di una lettera del prof. P. Stazzi che ringrazia per la sua nomina a socio della Società Italiana di Scienze Naturali. Annuncia che dietro suo interessamento il Municipio di Milano ha accordato il libero ingresso all'acquario ai Soci della Società ed avverte che saranno distribuite le opjìortune tessere ai soci che ne fossero sprovvisti. Ricorda come in quest'anno si compia il centenario della nascita del principe dei Naturalisti del secolo scorso, Carlo Darwin, e pronuncia le parole seguenti: u Permettete, egregi colleghi, ch'io vi ricordi come il 12 feb- braio testé decorso siano compiuti cent'anni dal giorno glorioso in cui vide la luce il ])iix grande tra tutti i biologi: Carlo Darwin; e come cinquant'anni ])recisi sieno trascorsi ormai dalla data di pubblicazione della più poderosa e caratteristica fra tutte le sue opere, quella in cui egli, associando alla più paziente e prudente analisi una ardita e geniale concezione sintetica, espose la sua teoria sull'origine delle specie per selezione naturale: opera che segnò una vera rivohizione nella scienza, procurando al suo autore le entusiastiche accoglienze e il consenso assoluto degli uni, insieme alle rabbiose e cieche ostilità degli altri. Esagerazioni entrambe, lontanissime da quella misura che fu vanto e norma costante del Grande alla cui memoria oggi ci inchiniamo reverenti ?i. " Oggi, che con mal dissimulata soddisfazione si parla da taluni di fallimento dalla teoria di Dai-win, e si vorrebbe dimi- nuire la portata dell'opera
  • i. In seguito, avendo il Consiglio Direttivo deliberato di fare nel prossimo Maggio una gita sociale al Campo dei Fiori, presso Varese, egli prega il prof. Mariani ad intrattenere l'assemblea sulla costituzione geo- logica di quella regione. Il prof. Mariani prende la parola e illustra la tectonica, la natura petrografica ed i fossili dei varii piani die costitui- scono il gruppo montuoso del Campo dei Fiori. Il presidente dà notizie, in seguito, sulle trattative in corso per la pubblicazione del nuovo periodico mensile, ed invita il Vicepresidente dott. De Marchi, che si è occupato partitamente del progetto finanziario, ad esporre alla società le conclusioni. Il dott. De Marchi riferisce come il nuovo periodico, af- fine di raggiungere lo scopo che si prefigge il Consiglio Di- rettivo, dovrebbe uscire mensilmente in un fascicolo composto di due fogli ; nel primo foglio avrebbero posto le note aventi carattere di ricerche originali o di informazioni scientifiche, nel secondo foglio si pubblicherebbero le recensioni di opere di Storia Naturale. Il fascicolo sarebbe concesso unicamente in dono ai soci e ciò per attirare maggior numero possibile di naturalisti fra i soci della Società Italiana. Il presidente aggiunge che colla tipografia si è già sta- bilito un' intesa sui prezzi, sulla carta, sul formato ecc. e, som- mando il tutto, ritiene che si avrebbe una spesa annua di L. 1500. Egli spera poter fronteggiare in parte tale somma con L. 1000, che costituiscono i risparmi assodati ogni anno sul Bilancio della Società; resterebbe un piccolo deficit che spera colmare col tempo calcolando un aumento nel numero dei soci. Egli ritiene cosi che la Società coi suoi proventi possa ba- stare a se stessa, non accrescendo il suo passivo. Frattanto egli si dice lieto di comunicare all'assemblea come il dott. De Marchi, colla consueta liberalità, si sia impegnato di ga- rantire la Società dal pericolo del deficit preventivato nei tre primi anni, obbligandosi a colmare la passività che potrà deri- varne. E questa una nuova benemerenza del socio dott. De Marchi al quale il Presidente esprime a nome della Società plauso e ringraziamenti. SEDUTA DEL 25 APRILE 1909 XXIX Il Presidente avverte come il Consiglio Direttivo domandi di essere autorizzato ad utilizzare gli eventuali avanzi del bi- lancio, allo scopo di far stampare i due primi fascicoli del pe- riodico in un numero grande di copie onde darne larga diffu- sione negli istituti scientifici e fra i colleghi delle scuole se- condarie. Il Consiglio Direttivo domanda pure facoltà di poter prendere impegni colla tipografia per la stampa del primo fa- scicolo, e cogli autori allo scopo di istituire un Comitato di Re- dazione. Fanno qualche raccomandazione i soci prof. Mariani e Brizi ed in seguito l'assemblea approva pienamente le proposte del Consiglio. In ultimo si passa alla discussione delle trattative in corso per la commemorazione di Carlo Darwin da farsi nel corrente anno nella sede sociale e, dopo sentite varie proposte dai pre- senti, si scioglie la seduta. Gita sociale del 23 maggio 1909 al M. Campo dei Fiori sopra Varese, I partecipanti alla gita sociale, compiuta il 23 maggio al Sacro Monte di Varese ed al Campo dei Fiori, furono più di una trentina, la maggior parte soci, con numerose signore. 11 tragitto si fece con la ferrovia elettrica e con la funicolare sino al Sacro Monte, indi a piedi sino alla vetta, dove i gi- tanti si trattennero qualche ora per la colazione e per ammirare il panorama. Il ritorno si compiè per la stessa via e coi me- desimi mezzi, con una sosta a Varese pel pranzo sociale. Per cura della presidenza, a ciascun gitante venne distribuito uno schizzo geologico del M. Campo dei Fiori, tracciato dal prof. E. Mariani, sicché ognuno potè farsi un' idea della struttura della regione visitata e dell'età dei terreni percorsi, in vari punti abbastanza riccamente fossiliferi. Una splendida fioritura di Cytisus e di Narcissus poèticus specialmente nei prati verso la vetta, aumentò le attrattive della bella gita, interessante anche per le molte altre specie di piante osservate. Fra queste ricorderemo : Ranunculus aco- nilifolius L., Aquilegia atrala Koch, Paeonia officinalis L. Po- lygala Chamaebuxus L., Tilia grandifolia Ehr., Sarothamnus XXX SEDUTA STRAORDINARIA DEL 10 GIUGNO 1909 scoparius Koch, Cytisus Laburnum L., (in piena fioritura), Rha~ mnus pumila L., Amelanchier vulgaris Much., Sorbus Aucuparia L., S. Aria Crantz, Sempeì'invum teclorum L., Sedum maximum Int., S. ylaucum W. K., Saooifraga Aisoon Jacq., <.S'. cimeifoìia L., S. rotundifolia L., Adoxa moschatellina L., Lonicera alpi- gena L., Bellidiastrum Michela Cass., SoUdago Vìrgaurea L., Arnica ìnontana L., Gentiana ecccisa Koch, Veronica urlicaefolia Jacq., Euphrasia officinalis L. (forme diverse), Daphne Cneorum, L., Fagus silvaiica L., Beiula alba L., Alnus viridis DC, Orchis maschula L., 0. sambucina L. (tipica e var. purpurea Kocli), Gymnadenia conopsea Br., G. odoratissima Rich., Coeloglossum viride Hartm., Nat^cissus pOeiicus L., Ruscus aculeatiis L., Poly- gonatwn vertici II at uìu An., Paris quadrifolia L., Lilimn Marlagon L., (non ancora fiorito), Allium ursinwm L., Veralrmn album L. var. Lobelianuin Bernh., la cui determinazione ci fu gentil- mente fornita dal socio prof. M. Calegari. La gita lasciò in tutti il desiderio che la società ne pro- muova altre anche negli anni venturi. Seduta straordinaria del 10 Giugno 1909. L^ adunanza indetta al Civico Acquario è presieduta dal Vice- Presidente ing. G. Besana. Aperta la seduta, il Segretario legge il verbale della seduta precedente, che è approvato. Il socio prof. Y. Supino comunica la sua nota: u Sviluppo larvale e biologia dei pesci delle nostre acque dolci. I. Esox lucius VI ed il socio dott. R. Brunati intrattiene l'assemblea sopra: « Alcune ossa faringee fossili del gen. Labrus ». Si passa in seguito alla votazione per l'ammissione a soci dei signori : Livini prof. Ferdinando , proposto dai soci Pugliese e Supino ; Guerrini prof. Guido, proposto dai soci Pugliese e Stazzi; Patellani prof. Serafino, proposto dai soci Pugliese ed Artini ; Ascoli prof. Alberto, proposto dai soci Pugliese ed Ar- tini ; Nava dott. Emilio proposto dai soci Mariani ed Ambro- sioni : i quali tutti vengono ammessi. Esaurito cosi l'ordine del giorno, il Presidente scioglie la adunanza e sotto la guida del prof. P. Supino i soci visitano l'Acquario ed i laboratorii annessi. SEDUTA DELI/ 11 LUGUO 1909 XXXI Seduta dell' 11 Luglio 1909. Presiede il presidente prof. E. Artini. Aperta la seduta, la doti. Ada Lambertenghi, che funge da Segretario, legge il verbale della seduta precedente, che è approvato. Il socio dott. Ada Lambertenghi comunica la sua nota : « Contributo allo studio dell' uretere nei Limax ?i. Il socio prof. C. Terni legge all' assemblea le sue i; Ul- teriori ricerche sulla natura parassitaria dei Cytoryctes e sulle malattie da essi prodotte » (con dimostrazioni microsco- piche). La lettura del prof. G. Martorelli è rimandata alla pros- sima seduta, essendo assente l'Autore : la lettura ha per titolo « Osservazioni sulle fasi della Merula torquata >i. Essendo assente il socio sac. C. Cozzi, il prof. Sordelli ne legge la nota: w Sulle variazioni floristiche nei terrazzi del fiume Ticino ». Il socio dott. C. Staurenghi comunica la sua u Presenta- zione di esemplari di Lacuna basioccipitale in alcuni Pinnipedi. Il socio prof. E. Salmojraghi legge la sua nota: " Un' ag- giunta alla composizione mineralogica del calcare di S. Marino e della Verna ». Il presidente comunica poi le pubblicazioni pervenute in dono alla Società, segnalando qiielle dei soci prof. Salmojraghi, prof. C. Terni, prof. M. Bezzi, prof. C. Janet. Il presidente comunica i ringraziamenti del prof. Livini per la sua ammissione alla società. Partecipa inoltre che il Cassiere Cav. Vittorio Villa fece dono alla Società dei busti di suo padre e di suo zio, opere dello scultore Secchi. Il presidente propone, e l'assemblea ap- prova, che i busti siano messi su mensole adatte e se ne faccia l' inaugurazione in novembre o dicembre. Il verbale è, seduta stante, letto ed approvato. XXXH SEDUTA T)W< 28 NOVEMRRE 1900 Seduta del 28 Novembre 1909. Presiede il presidente prof, E. Artini. Il Presidente, aperta la seduta, legge un breve sunto delle u Osservazioni sulle fasi della Merula torquata » del socio prof. Martorelli, che non ha potuto intervenire alla adunanza, ed invita quindi il dott. Maglio a dar relazione de' suoi studi sugli u Idracnidi del Trentino n. Terminata anche questa lettura, il Presidente riassume brevemente la nota sopra u Una sta- zione botanica torinese che scompare " del socio dott. Mussa, pure assente. Prende poi la parola il dott. Vallillo, il quale espone i risultati delle sue osservazioni sopra u un particolare apparecchio ghiandolare ritrovato in uno struzzo ?i ed illustra il suo dire con fotografie e preparati microscopici. Il socio prof, Livini domanda al dott. Vallillo quali ipo- tesi egli abbia fatto per spiegare V origine di detti apparati ghiandolari, e questi gli risponde di non potere, causa il me- todo adoperato per la fissazione del materiale, dar serio fon- damento ad ipotesi alcuna in proposito e di essersi quindi ac- contentato di esporre i soli dati di fatto desunti dall' osser- vazione. Dopo di che, il prof. Sordelli riferisce brevemente sulle u Noterelle botaniche n del Socio sac. Cozzi. Esaurite le letture, il prof. Salmojraghi chiede la parola per domandare agli zoologi presenti alla seduta quale fonda- mento possa avere la notizia da lui desunta da un'opera i)ub- blicata dal Masetti nel 1833, della cattura di un'iguana che sarebbe avvenuta nel 1811 sul lago Maggiore. Il prof. Sordelli esclude che tale notizia abbia fondamento alcuno di verità e suppone sia originata da puro equivoco. Il presidente dà quindi la parola al socio dott. Ferri, il quale, prendendo le mosse dal recente grave caso d' avvelena- mento per funghi di Concorezzo, chiede che la Società Italiana in qualche modo s'ado])eri per diffondere la istruzione pratica micologica. Il socio prof. Brizi ritiene che tale iniziativa non SEDUTA DEL 28 NOVEMBRE 1909 XXXIII possa essere assunta con snccesso che dallo Stato: xxna inizia- tiva analoga in Francia aborti completamente, quantunque so- stenuta da grande abbondanza di mezzi. Dopo qualche osser- vazione del prof. Castelfranco, il prof. Livini si offre come intermediario per proporre al Consiglio degli Istituti Clinici di perfezionamento, ai quali appartiene, che dia forma pratica all' idea del dott. Ferri, invitando persona competente a tenere in detti Istituti una breve serie di conferenze di micologia, allo scopo di fornire precise nozioni in proposito, specialmente ai medici condotti. Il presidente, anche a nome dell'assemblea, plaude alla proposta del prof. Livini e vivamente lo ringrazia. Passando quindi agli affari, comunica alcuni opuscoli, giunti in omaggio alla Società dai soci Bussandri, Bonomi, Castelfranco e Salmojraghi, e dà notizia della morte del geo- 1 ogo Sergio Nikitin, partecipata al nostro sodalizio dal Comi- tato Geologico russo. A questo saranno inviate le nostre vive condoglianze. Il presidente comunica poi una circolare riguardante il I'' Congresso internazionale di Entomologia, che si terrà a Bruxelles nell'Agosto 1910, inviata alla Società dal prof. A. Berlese. Per desiderio di questi. Delegato per l'Italia di detto Congresso, e per comodità dei soci, la circolare in discorso è allegata al presente verbale. In seguito il Presidente comunica all'Assemblea le dimis- sioni da Segretario del socio dott. G. De-Alessandri, il quale ha creduto di insistervi non ostante le sollecitazioni in con- trario mossegli dal Presidente stesso. La nomina del succes- sore si potrà fare nella seduta del gennaio, con le altre cariche in scadenza. Dopo di che reca a conoscenza dei Soci che nel giorno di domenica, 12 dicembre, saranno inaugurati nella sede della Società i busti in bronzo dei defunti naturalisti Antonio e Giovan Battista Villa, donati dal socio cav. Vittorio Villa. In tale occasione il Presidente li commemorerà anche come soci fondatori della nostra Società ed alla cerimonia saranno invitate le aixtorità municipali e scientifiche della città. Rispondendo quindi ad analoga domanda del socio prof. Brizi, annuncia che saranno in questi giorni riprese e condotte, spera, a buon termine le pratiche per una solenne commemo- razione di Carlo Darwin da tenersi nel nostro Museo in occa- sione del centenario della nascita del grande naturalista. XXXIV SEDUTA DEL 28 NOVEMBRE 1909 Comunicato quindi il risultato favorevole della votazione, proclama soci i signori Bussandri tenente G., Mauro ing. F,, Tansini ing. M. e Gabuzzi dott. G., e chiude la seduta. IL I' CONGRESSO INTERNAZIONALE DI ENTOMOLOGIA A BRUXELLES (Agosto 1910) L'ottavo Congresso internazionale di zoologia verrà tenuto a Graz nell'anno prossimo. Questi congressi sono stati molto utili per i naturalisti, non solo per il materiale scientifico por- tato a discussione negli stessi, ma ancora più per aver dato cosi agli zoologi l'opportunità di incontrarsi e conoscersi. Na- turalmente, in un congresso destinato alla zoologia in generale, l'entomologia non costituisce che una parte siibordinata. Il nu- mero degli entomologi che vi intervengono ed il tempo con- cesso nelle sedute a questa branca della zoologia, sono sempre insignificanti in confronto al gran numero di persone che si occupano di entomologia ed all'esteso sviluppo che questa scienza ha ora raggiunto. Attesoché l'importanza dell'Entomologia, per la scienza in genere e per l' economia e l' igiene in particolare, cresce di giorno in giorno, sembra conveniente di unire gli entomologi in un congresso che si occupi esclusivamente dell'Entomologia nei suoi vari aspetti e di stabilire un comitato permanente, che possa funzionare come organizzazione centrale nell'interesse di questo soggetto. Uno dei principali compiti di questa iniziativa è di por- tare gli entomologi in uno stretto contatto colla zoologia gene- rale, ed ancora colle applicazioni pratiche dei loro propri studi. Con questo intendimento noi proponiamo che si tenga un con- gresso di entomologia ogni tre anni, circa un paio di seitimane prima del congresso triennale zoologico, cosicché le risoluzioni e le conclusioni di importanza generale, quando ciò sembri necessario, possano essere presentale ])er la discussione al sx;s- seguente congresso di zoologia. Il /' Congresso internazionale di Kntomoìofjia sarà lentito dal 1 al 6 agosto a Bruxelles, durante l'esposizione interna- zionale che vi avrà luogo in detto anno. Il programma defini- tivo verrà pubblicato durante l'inverno 1909-1910, frattanto IL I" CONGRESSO INTERNAZIONALE DI ENTOMOLOGIA ECC. XXXV però sembra opportuno di far conoscere al pubblico entomo- logico i seguenti particolari sull' organizzazione del Congresso. I soggetti che noi invitiamo gli Entomologi a sottomettere alle adunanze generali o delle sezioni, comprenderanno Siste- matica, Nomenclatura, Anatomia, Fisiologia, Psicologia, Onto- genia, Filogenia, Ecologia, Mimetismo, Etologia, Bionomia, Paleontologia, Zoogeografia, Entomologia medica ed economica e Museologia. I comitali di Bruxelles prenderanno le disposizioni per 1' accoglienza dei membri del congresso. II Congresso si comporrà di : I. Membri vitalizi, i quali pagano, per una volta tanto, almeno 250 lire, per coprire le spese di tutti i futuri congressi di Entomologia. Essi riceveranno gratuitamente tutte le pub- blicazioni dei singoli congressi. La somma pagata dai membri vitalizi sarà impiegata come fondo permanente i cui soli inte- ressi saranno messi a disposizione del comitato internazionale permanente da eleggersi al Congresso. IL Membri ordinari, clie pagano una somma di 25 lire e riceveranno tutte le pubblicazioni del Congresso. Le signore ed i giovanetti che accompagnano i membri, col pagamento di L. 12,50 per ciascheduno avranno tutti i pri- vilegi dei membri, meno il diritto di ricevere le pubblicazioni. Per aiutare il comitato esecutivo internazionale nel lavoro estensivo dei preliminari pel /" Congresso di Entomologia sono stati nominati dei Delegati locali nei diversi paesi. Questi De- legati, di cui uniamo una lista preliminare, daranno agli En- tomologi le informazioni del caso. Delegato locale per l'Italia Prof. A. Berlese, Firenze, Via Romana, 19. Tutte le sottoscrizioni sono da inviarsi a A. H. Jones, Exq, ti Oliaiulos Street, Cavendish Square LONDON, W, XXXVI SEDUTA DEL 19 DICEMPRE 1909 Seduta del 19 Dicembre 1909 Presiede il presidente prof. E. Artini. Aperta la Seduta, il vicesegretario legge il verbale della seduta antecedente, che viene approvato senza osservazioni. Passando alle letture, il dott. De Alessandri dà relazione dei risultati del suo « Studio sui pesci triasici della Lombar- dia », provenienti in particolare dalle classiche località di Perledo e di Besano. Avendo nella sua esposizione mosso qualche appunto al dott. Repossi, eh' ebbe pure ad occuparsi degli scisti ittiolici di Besano, questi brevemente risponde. Ri- prende quindi la parola il dott. De Alessandri, che fornisce anche alcuni schiarimenti, richiestigli dai professori Artini, Airaghi, e Mariani, il quale ultimo dissente alquanto da lui nel riferimento cronologico delle due faune sopra accennate. In seguito il prof. Terni riferisce sopra a una nuova specie di Herpetomonas^ parassita flagellato della Muscina sla- hulans », eh' egli osservò e studiò in unione al dott. Baracchetti, e presenta i relativi preparati microscopici. Il Presidente dà quindi la parola al dott. Comolli, il quale espone una « proposta di una nuova divisione del cervelletto dei mammiferi » illustrando le proprie parole mediani e tavole e disegni schematici. Il socio prof. Livini si compiace vivamente col dott. Co. molli per l' importanza del lavoro compiuto e per la semplicità della divisione proposta, che incontra anche 1' approvazione del prof. Pugliese, il quale nota che con essa si viene a dare una base chiara e sicura di riferimento nello studio e nell' e- sposizione dei fenomeni cerebellari. Il socio prof. Supino rileva pure l'importanza del lavoro del Comolli, e poiché questi prese le mosse da considerazioni sul cervelletto degli iiccelli, esprime il desiderio eh' egli debba istituire ulteriori confronti tra il cervelletto dei mammiferi e SEDUTA DEL 1!.) DICEMBRE 1909 XXXVIÌ quello dei rettili, confronti clie sarebbero suggeriti da conside- razioni d' indole filogenetica. Il prof. Livini ed il dott. Comolli osservano che il cervel- letto dei rettili, il cui studio non fu per altro trascurato, è troppo semplice per poter fornire basi sicure per la divisione del cervelletto dei mammiferi, che presenta invece maggiori analogie con quello degli uccelli. Dopo qualche altra osservazione dei soci prof. Siipino, prof. Terni e prof. Pugliese e del presidente prof. Artini, questi, passando alla trattazione degli affari, invita V assemblea a pro- cedere alle votazioni per la nomina di due revisori dei conti e per le ammissioni dei nuovi soci. Mentre gli scrutatori compiono lo spoglio delle schede, il socio prof. Supino chiede la parola per esprimere il suo vivo rimpianto per la morte di recente avvenuta del prof. Enrico Hil- lyer Giglioli, tanto benemerito della scienza italiana specie jier i suoi studi talassografici. Il Presidente s'associa, anche a nome di tutta 1' assemblea. In appresso il vicepresidente, dott. De Marchi, comunica che presto sarà inaugurata in Lugano una lapide in memoria del compianto prof. P. Pavesi. Esprime il desiderio che la So- cietà Italiana sia rappresentata alla cerimonia inaugurale, ciò che viene unanimemente approvato. Il Presidente prende quindi la parola per presentare al- cuni opuscoli giunti in omaggio alla Società dai soci prof. Terni e conte Emilio Turati e per dar relazione delle pratiche fatte per la commemorazione darviniana. Comunica quindi che a revisori dei conti risultarono eletti i soci prof. E. Mariani ed ing. E. Bazzi e, visto il risultato favorevole della votazione, proclama soci i signori dott. B. Parisi, dott. E. Schieppati, ing. E. Rignano, A. Meyer, dott. C. Sala, G. Soldati, dott. S. Soldati, dott. M. Ferrari. Dopo di che, si toglie la seduta. 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Nomee 1908. — Konigl. bòhmische Gesellschat't der Wissenschaften, mathomatisch. naturwissenschaftliche Classe. (Sitzungsberichte) Jahrg. 1891, Band 1-2; Jahrg. 1893, und 1894; Jahrg. 1895-6-7, Band 1, uiul 11, Jahrg. 1899-1908. Presburg. — Verein fiir Natur-und Heilkunde /u Presburg (Verhand- lungen). N. F. XVIII der ganzen Reihe XXVII Band, Jahrgang 1906 (1908) ; N. F. XIX der ganzen Reihe XXVIII Band, Jahrgang 1907 (1909). — 1856-1906. Emlékmii Kiadja a Pozsonyi Orvos-Tormószettudoniànyi Egyesulet Fennàllàsanak Otvendedik Evfordulója Alkalmaból. Szerkesztettek Dr. F'ischer Jakab; Dr. Ortvay Tivadar; Polikeit Kàroly. 1907 Pozsony. Rovereto. — 1. R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Agiati in Rovereto (Atti). Serie III Anno accad. CLVIII 1908, Voi. XIV, Fase. III-IV; CiJX 1909, Voi. XV, Fase. I-II. Sarajevo. — Bosnisch-herzegovinischen Landesmuseum in Sarajevo (Wissenschaftliche Mitteilungen). Band XI, 1909 und Dritter Teil des Bandes XI, 1909. Trento. — Tridentum, Rivista mensile di studi scientifici. Anno X, Fase. X, 1907, Anno XI, Fase. IV-VII, 1908. Trieste. — Società Alpina delle Giulie (Alpi Giulie-Rassegna bime- strale). Anno XIV, 1909, N. 1-6; Anno XV, 1910, N. 1. — Statuto della Società Alpina delle Giulie, 1909. Wien. — Anthropologische Gesellschaft in Wien (Mittoilungen). Band XXXVIII, der S"" Folge Vili Band, Heft V-VI, 1908 ; Band XXXIX, der 3'*° Folge IX Band, Heft I-V, 1909. — K. K. geologische Reichsanstalt (Ahhandlungen). Band XXI. Heft 1. 1908. Die Adamellogruppe, ein alpines Zentralma.ssiv, und seine Redeutung fiir die Gelìirg-.sbildung und unsere Kenntni.ss von dem Meelianismii.s der Intnisionen von Wilhelm Solomon, I TciI Lokale Be.schreibung, Kristalline Seliiefers, Perm. Trias. — (Jahrbuch). Jahrgang 1908, Band LVIU, Heft 3-4, 1909 ; Jahrgang 1909, Band LIX, Heft 1-2. — (Verhandlungen). Jahrgang 1908, N. 15-18; 1909, N. 1-14. — K. K. naturhistorisches Hofmuseiim (Annalen). Band XXII, 1907-8, N. 2-4. XI. vili nULLETTINO BIBLIOtìRAFICO Wien. — K. K. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien (Verhan- dlungen). Jahrgang 1908, LVIII Band. — Verein ziir Verbreitung uaturwissenschaftlicher Kenntnisse in Wien (Schriften). Band 49 Vereinsjahr 1908-1909 (1909). BELGIO. Bruxelles. — Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux Arts de Belgique (Annuaire). 75" année 1909. — (Bulletin). Année 1908, N. 3-12; 1909, N. 1-8. — (Méraoires) Collection in 4°. 2« Sèrie, Tome II, Fase. I-III, 1908-09. — (Mémoires) Collection in 8°. 2° Sèrie, Tome II, Fase. III-V, 1909. — Société Belge de geologie de paleontologie et d'hydrologie (Bulletin). Année 22, 1908-9, Tome XXII, Fase. 1-2, Mémoires; N. 1-11, Procès-Verbal. — (Nouveaux Mémoires Series in 4"). Les cristallisation des Grottes de Belgique par. W. Prinz 1908. — Société entomologique de Belgique (Annalesj. Tome 52, 1908. — (Méraoires). XV-XVl, 1908. — Société Royal de Botanique do Belgique (Bulletin). Annèe 1908, Tome 45, Fase. 1-3, 1908. — Essai de géographie botanique des Districts littoraux et alluviaux de la Belgique par Jean Massart, annexe au Mémoire publié dans le Bulletin etc. etc. Tome XLIV et suivants 1908. FRANCIA. Aix-en-Provence. — Academic des sciences, agriculture, arts et belles-lettres d'Aix (Mémoires). Tome XIX, 1908. — 88°" Séance publique de T Académie etc. Centenaire de sa Recon- stitution 1908. Annecy. — Société Florimontane d'Annecy (Revue savoisienne). 49° An- née. 1908, Trimestre 3-4; 50" Année. 1909, Trim. 1-2. — Flore populaire de la Savoie. Première partie, dictionnaire des noiiis populaires des plantes qui croissent naturellement en Savoie etc. pages 153-190. Bordeaux. — Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux. Bulletin de la Commission météorologique du Departement de la Gironde. Année. 1907 seconde partie 1908. — (Mémoires). 6" Sèrie Tome IV, Cahier. 1-2, 1908. — (Procès-Verbaux des Séances). Année 1907-8 (1908). — 'Société d'Océanographie du Golfe de Gascogne. Rapports présente» à l'Assemblée generale de F'evrier 1909. — Société Linnéenne de Bordeaux (Actes). Voi. LXII, 7° Serie, Tomo II, 1907-908. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO XL13C Catte. — lustitiit de Zoologie de 1' Université de Montpellier et de la Station zoologique de Cette (Travaux). 2 Sèrio. Mémou-e N. 17. L' evolution schiiogouique de l'Aggregata (Euco- ceidium) eberthi Labbé par L. Léger et O. Dubosco iy08. N. 18. Les pliéiiomònes de la coujugaison chez Anoplophrya branchiarum Stein par B. Collin 1909. Chambery. — Académie des sciences, belles-lettres et arts de Savoie (Méraoires). 4* Sèrie, Tom. XI, 1909. Cherbourg. — Société Nationale des sciences naturelles et mathéma- tiques de Cherbonrg (Mémoires). Tome XXXVl, (4" Sèrie) Tome VI, 1906-907. Lyon. — Société d'Agriculture, Sciences et Industrie de Lyon (Aniiales). Année. 1907 (1908). — Université de Lyon (Annales). Nouvelle Sèrie I Sciences, Medicine. Fase. ti. Catalogue deseriptif des fossiles nummulitiques de l'Ande et de r Hérault dcuxieme partie (Fase. 1) Corbières septentrionales par Louis Doncieux 1008. » 24. Étude des manimifères miocènes des sables de 1' Orléanais et des Faluns de la Touraine par Lucien Mayet 1008. Nantes. — Société des sciences naturelles de 1' Guest de la France (Bulletin). Deuxiène Sèrie Tome Vili, Trimestre 1-4, 1908 ; Deux. S. Tom. XI, Trim. 1, 1909. Paris. — Annales des sciences naturelles. Zoologie comprenant l'Ana- tomie, la F'hysiologie, la classification et 1' Histoire Naturelle des Animaux. Publiées sous la direction de M. Edmond Perrier. Tome Vili, N. 5-6, 1908; Tome IX, N. 1-6, 1909. — Museum d' historic naturelle de Paris (Bulletin). Année. 1908, N. 6-7; Année. 1909, N, 1-4. — (Nouvelles Archives). 4° Series Tome X, P'^asc. 2, 1908. — Société d'Anthropologie de Paris (Bulletins et Mémoires). 5' Serie, Tome IX, Fase. 2-6, 1908; Tom. X, Fase. 1-?, 1909. — Société gèologique de France (Bulletin). 4° Sèrie, Tome Vili, 1908, Fase. 3-6. Rouen. — Academic des sciences, belles-lettres et arts de Rouen. (Precis analytique des travaux de). Pendant V année 1907-908 (1909). — Société libre d' emulation, du commerce et de l'industrie de la Seine-Infèi'ieui-e (Bulletin). Exercice 1907 (1908); Exercice 1908 (1909). Toulouse. — Société d' histoire naturelle et des sciences biologiques et energétiques de Toulouse (Bulletin triraestriel). Tome 40, 1907, N. 2-4; Tome 41, 1908, N. 1-4; Tome 42, 1909, N. 1-2. GERMANIA. Berlin. — Botanischer Verein der Provinz Brandenburg (Verhand- lungen), Jahrgang 50, 1908, (1909). 3* L BULLETTINO BIBLIOGRAFICO lderlin.— Deutsche geologische (iesellschaft (Zeitscrilt). Band 60, Heft IV, 1908; Band 61, Heft I-III, 1909. •— > Alcyonaceen von Ternate, Nephtliyidae Verrill und Siphonogorgiidae Kolliker von W. Kukenthal mit 4, Tafeln 1896. » » Gorgonaceen von Ternate von N. K. (Jcrmanos (Atlu-n). mil 4, Tafeln 1806. » 2. Oligoeliaeten von W. Miehaelsen mit 1, Tafel und 1. Figur im Te.xt 189G. » » Bcitrag zur Systematik der Oordiiden von F. llumcr, mit 1, Tafel 18!t6. RULLETTINO lUBLIOGRAFIOO LI Band. XXIII. Heft. 2. Hydroidon von Ternate von B. von Campenhausen, mit 1, Tafel 1896. » » Actiniaria von Ternate von Casiniir E. ICwietniewski, mit 2, Tafein 1897. » 3. I.epidopteren, hearbeitet von Arnold Pagenstecher, mit 3, Tafein 1S97. » » Myriopoden von Carl Cirafen Attcnisniit "1, Tafein 1897. » » Scorpione und Tlu-lyphoniden von K. Kraepclin. » 4. lusecta. I Coleoptera, II Hynienoptera, III Diptera, bearbeitet von Liicns von Heydeii 1897. » » Spinnen (Araneae) von R. I. Pocock.niit 2, Tafein 18!)7. » XXIV. » 1. Parasitischo Schneeken von W. Kiikenthal mit 3, Tafein 1S97. » » » » Land-nnd Susswasserkonchylien voji W. Kobelt, mit 8, Tafein 1897. » » » » Opisthobranehiaten von R. Bergh, mit 2, Tafein 1897. » » » » Nacktschneeken aus dem Malayischen Arcliipel von H. Simroth, mit 1, Tafel 1897. » » >> 2. Polycladen von Ternate von Marianne Plehn. » » » » Rhizostomen von Ternate, von L. S. Sehultze, mit 1, Tafel 1897. » » » » Kalkschwamme von Ternate, von Li L. Breitfiiss 1897. » » » » Hornsehwilmme von Ternate, von E. Schulz 1897. » » . » » Oithopteren des Malayischen Arcliipels, gesammelt von Dr. W. Kùkentlial in den Jahren 1893 und 1894, bearbeitet von Briumer von Wattenwyl, mit 5, Tafein 1898. » » » 3. Landmollusken (Stylommatophoren) zootomiseher Teil, von F. Wiegmann, mit 11, Tafein 1898. » » » 4. Cephalopoden von Tei'nate. 1 Verzeichnis der von Professor Kiikenthal gesalmmelten Arten. 2. Unter- suchun^en iiber Id 1 osepius, Sepiadarinm und verwandte Formen, von A Appellofmit 3, Tafein und 2, Abbil- dung 1908. » » » » Sinascidien von Ternate, von R. Goltschaldt, mit 2, Tafein 1908. » XXV. » 1. Monascidien von Ternate von Robert Hartmeyer, mit 1, Tafel 1900. » » » » Kieselschwtimme von Ternate 1, von Jo-hn. Thiele, mit 2, Tafein 1900. » » » » Echinodermen von Ternate, Echiniden, Asteriden, Ophiuriden und Comatuliden, von Georg Pfeffer 1900. » » » » Polychaten von Ternate von Hermann Fisehli, mit 5, Tafela und 1 Abbildung 1900. » » » » Hemiptera, gesammelt von Professor Kiikenthal im Malayischen Archipel. bearbeitet von G. Breddin, mit 1, Tafel 1900. » » » >> Odonaten, bearbeitet von F. Kar>ch 1900. » » » » Naehtrag zu Monascidien von Ternate, von Robert Hartmeyer mit 1, Tafel .1900. . >> » » 2. Die SJiugetiere der von W. Kiikenthal aufHalmahera, Batjan und Nord-Celebea gemachtew Ausbeute bear- beitet von Paul Matschie, mit 3, Tafein, 1 Abbildung und 1 Kartenskizze 1901. » » » » Systeniatisches Verzeichniss der von Herrn Professor I,It BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Willy Kiikenthal wiihrend seiner Eeisen im Malayi- scheu Arcliipel iin Jalirc 189-1 auf den noriUichen Mo- liikken Inseln ^^esaiiinielten Vogelbiilf^e von Ilans Graf von BerlepKch I'JOl. Band. XXV. Heft. 2. Die Replilicn iind Batrai-hier von O. Boettf;cr, mitS, Tafeln 1901. » » » » Fische von Franz Steiiulacliner. mil 2, Tafeln 1901. » >> >> 3. Die von Herrn Professo!" Kiikenthal im Indischen Archipel gesanimelten Dekapoden und Stoniatopoden, von J. G. de Man, mit neiin Tafeln 1902. » » » 4. Kieselschwiimme von Ternate II, von John. Thiele, mit 1, Tafel 1903. » » » » Schlusswort von W. Kiikenthal 1903. » XXVI. » 1. Beitriige zur Entwiekliing'sgeschichte der Reptilien. Biologie uiid Entwickluiig der iiusseren Kiirperform von Crocodilus madagaseariensis Grand von A. Viiltz- kow mit 17 Tafeln und 18 Texttignren 18it9. » » » » Der Uterus gravidas von Galago agisymbanu.s von H. Strahl, mit 8, Tafeln 1899. » » » 2. Hymenoptera. Vespidae, hearbeitet von Henri de Saussure, mit 4, Abbilduugcn 1900. » » » » Verzeichniss der von Ilerrn Dr. A. Voeltzkow gesam- melten marinen und litoralen Molhisken von lohn Thiele mit 9, Abbildungen 1900. >> » » » Hymenoptera von Madagaskar. Apidae, Fossores und Chrysididae von H. Friese 1900. » » » 3. Beitriige zur Entwieklungsgeschichte der Reptilien. II. Die Bildung der Keimbliltter von Podoonemis ma- dagaseariensis Grand von A. Voeltzkow, mit 4, Tafeln und 8 Abbildungen 1901. » » >) » Beitriige zur Entwieklungsgeschichte der Reptilien. HI. Zur Frage n.ieh der Bildung der Bauchrippeii von A. Voeltzkow und L. Doderlein, mit 2. Tafeln und 1 Textfigur 1901. » » » » Beitriige zur Entwieklungsgeschichte der Reptilien. IV. Keimhliittcr, Dottersack und crste Aiilage des Blutes und der Gelasse bei Crocodilus madagasea- riensis Grand, von A. Voeltzkow. 1901. » » » >) Myriopoden ans Madagaskar und Zanzibai", gcsammelt von Dr. A. Voeltzkow, bearbcitet von Henri de Saus- sure und Leo Zehntner, mit 2, Tafeln 1902. » » » » Ueber Coccolitlien und Rliabdolithen nebst Benicr- kungen iiber den Aufbau und die Entstelnmg der Aldabra-Inseln, von A. Voeltzkow, mit 3 Abbildungen 1902. » » » » Die von Aldabra his jctzt liekanute Flora und F;iuiia, von A. Voeltzkow 1902. ». » » » Koleopteren der Aldabra-Inseln bearbcitet von H. ,L Kolbe 1002. » XXVII. » 1. Die Korallengattung Fungia von Ludwig Dodcrlein, mit 25, Tafeln 1902. » » » 2. Beitriige zur Eutwicklungsgescliite der Reptilien. V. Epiphyse und Parajihyse bei Krokodilen und Schild- krciten von Alfred Voeltzkow, mit 2, I'afeln 1903. mJI.LETTINO ninLIOORAFICO LUI Band. XXVII. Hoft. 2. Beitra^f^ zui" etc. dpr Roptiliòii. VI. Gesichtsbildung' und Entwicklunf? dcr iinsseren Korperform bei Che- lono imbrieata Sehwei^g von A. Voeltzkow, mit 2, Tafeln 11*03. » » » » Die Landplanai'ien der Madasa.ssiscluMi Siihregion von Camillo Meli, mit 3, Tafeln und 4 Textliguren 1903. » » » » Schildkriiten von Madagaskar und Aldabra, gesani- melt von A. Voellzkow bearboitet von F. Siebenrock, mit 3. Tafeln 1903. » » » 3. Beitriige zur vergleichenden Anatomie der Placenta von Hans Strahl, mit 10 Tafeln und 1, Textflgur 1904. » » » » Ueber eino eoeilne Fauna der We.stkiJste yon Mada- gaskar von A. Tornquist, mit 1, Tafel und 3 Textfi- guren 1904. » ■■ » 4. Ostafrikanische Dekapoden und Stomatopoden, gesam- melt von Herrn Prof. A. Voeltzkow, bearbeitet von H. Lenz. mit 2, Tafeln 1905. » XXVIII. Schildkrcitenreste im Mainzer Tertiarbecken und im benach- barten, nngefiili!' gleiebalterigen A^lagerungen von A. v. Reinaeh, mit 44, Tafeln 1900. » XXIX. Heft. i. Schildkrotenreste aus dem iigyptischen Tertiar von A. von Reinaeh, mit 17, Tafeln 1903. » » » 2. Geograpliische und geologische Beobachtungen im Uadi Natrfm nnd Fàregh in Aegypten von Ernst Stromer, mit 1, Tafel und 1 Karten-Skizze 1907. » » » » Fossile Wirbeltier-Reste aus dem Uadi FAregh und Uadi Natrfln in Aegypten von Ernst Stromer, mit 1, Tafel und 3 Abbildnngen 1907. » » » » Geologische Reobactungen im Fajiim und am unteren Niltale in Agypten vou Ernst Stromer, mit 1, Tafel 1907. » » » 3. I. Oberpliociiue Flora und Fanna des Untermaintales, insbesondere des Frankfurter Klarbeckens. II Unter- diln viale Flora von Hainstadt a M., heschrieben von H. Engelhardt und F. Kinkelin mit 15 Tafeln und 1 Abbildung 1908. » XXX » 1-2. Die geographisclie Verbreitung der Nacktschnecken. Eine zusammenfassende kritische Darstellung unserf v Kenntnisse derselben zu Anfang des20. Jahrhiinderts von D. F. Heynemann, mit 2, Tafeln und 9 Karten 1906. » » » » Japanische Spinnen von W. Rosenberg und Enibr. Strand, mit 14, Tafeln 1906. » » » 3. Ueber das Gehirn von Petroinyzon fluviatilis von Karl Schilling, mit 1, Tafel und 2, Abbildnngen 1907. » » » » Untersuchungen iiber das Gehirn der Ganoiden Amia calva und Lepidosteus osseus von C. U. Ariens Kap- pers mit 2, Tafel und 6 Abbildnngen 1907. » » » 4. Die palaearktischen Spongostylinen von P. Sack. 1909. — Senckenbergische naturforschende Gesellschaft (Hericht). 40, 1909. Freiburg. — Naturforschende Gesellschaft zu Freiburg I. Br. (Berichte). Band XVII, Heft 2. 1909. Gorlitz. — Naturforschende Gesellschaft zu Gorlitz (Abhandlungen). Band 26, 1909. TilV BULLETTI\'0 BIBLIOGRAFICO Gtistrow. — Verein der Freunde der Naturgeschichte in Mecklenburg (Archiv). Jahrgang 6?, 190^, 11 Abteilung ; Jahrgang 63, 1909, I Abteilung. Halle a. S. — Zoologisches Museum zu Berlin (Bericht). Rechnungs jahr 1908 (1909). Hamburg. — Naturhistorisches Musenni in Hauiburg (Mitteilungen). Jahrgang XXVI, 1908 (1909). -— Naturwissenschaftlicher Verein in Hainl)urg (Abhandlungen aus dein Gebiete der Naturwissen^ichaftoii). Band I, 1846, Band II, Abt. 1-2, 1848-52, Band III, 1856; Band IV, Abt. 2-3-4. 1860-62-66, Band V, Abt. 1-4, 1866-873: Band VI, Abt. 1-3, 1873-76, Band VII Abt. 1-2, 1880-83; Band VIII, Abt. 1-3, 1884, Band IX, Abt. 1-2, 1886; Band X, 1887, Band XI, Abt. 1-3, 1889-91, Band XII, 1892-93; Band XIII, 1895, Band XIV, 1896, Band XV, 1897, XVI, Hiilfte 1-2, 1900-901 ; Band XVII, 1902, Band, XVIII, 1903. — Uebersicht der Aemtcr-Vertheilung und wissciischaftliclion Tliatig- keit des naturwissenschaftlicheii Vei'eines zu Hanil)urg). Im. Jahren 1865, 1866, 1867, 1868, 1871, 1872; 1873 und 1874. — (Verhandlungeu). Neue Folge, .lahren 1875-76, I, 1877; 1877, II, 1878; 1878, III, 1879; 1879, IV, 1880; 1880, V, 1881; 1881, VI, 1882; Dritte Folge Jahren 1803, I, 1894; 1894, II, 1895; 1895, III, 1896; 1896, IV, 1897; 1897, V, 1898; 1898, VI. 1899; 1899, VII, 1900; 1900, Vili. 190i : 1901, IX, 1902; 1902, X, 1903; 1903, XI, 1904; 1904, XII, 1905; 1905, XIII, 1906; 1908, XVI, 1909. Jena. — Medizinisch-naturwlssenschaftliche Gesellschaft zu Jena (Je- naische Zeitschrift fiir Naturwissenschaft). Band 44. N. F. 37 Band, Heft 2-4, 1908-9; Band 45, N. F. 38 Band, Heft 1 ; 1909. Kònigsberg. — Physikalisch-òkonomische Gesellschaft zu Konigsberg in I'r. (Schiiften). 49 Jahrgang 1008 (1909). MtiQchen. — Kbniglich bayerische Akademie der Wissenschaften (At)handlungen der mathematisch-physikalischen Klasse) Band 23, Abtheilung III, 1909; Band 24, Al)theilung 11, 1909; Erster Band - ^Supplement 1-6 Abhandlungen 1908; Zweiter Band - SuppliMuiMit 1, Abhandlung 1909. — (Sitzungsberichte der mathematisch-phy.sikalischen Klasse). Jahrgang 1908 Heft II, 1909; Jahr. 1909 1-14 Abhandlungen 1909. — Ornithologische Gesellschatt in Bayern (Verhandlungeu). Bd. VIII, 19Ó7 (1908). , Offenbach, a. M. — Oinuibacher Verein fur Naturkunde (Bericht). N. 43-50 Bcriclit in den Vereinsjahren voni 12, Mai 1901 bis 2, Mai 1909. Wiesbaden. — Nassauischer Verein fur Naturkunde (Jahrbiicher). Jahrgang N. 62, 1909. nULLETTINO BIMvIOGRAFICO LV Wiirzburg. — I'liysikalisch-medicinischeu GesellscliafL zu Wurzburg (Sitzuiigs-Herichte). Jahrgang 1907, N. 8; Jahrgang 1908, N. 1-6, Jahvgang 1909, N. 1-4. — (Verhandlungeui. N. F. Band XL 1908, N. 2-5. GIAPPONE. 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Anno 1908-909, Gennaio, Fase. 5-9. Firenze. — Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa). Indice alfabetico ecc. del 1908 (1909). Anno 1909, N. 98-108. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO I.VII Firenze. — R. Stazione di Entomologia Agraria di Firenze (Redia- Giornale di Entomologia). Voi. V, Fase. I, 1908; Voi. VI, Fase. I, 1909. — Società botanica italiana f HuUettino). Anno 1909, N. 1-9. — Ballettino bibliografico della botanica italiana. Anno 5, 1908, 2 Se- mestre pag. 335-370, 1909 ; Anno 6, 1909, Voi. 2, pag. I-VIII e 1-29. — (Nuovo Giornale botanico italiano). Nuova serie Memorie della So- cietà botanica italiana. Voi. XV, 1908, N. 4, 1909; Voi. XVI, 1909, N. 1-4, 1909. — Società entomologica italiana (BuUettino). Anno 40, 1908, Trimestre I-II, 1900. Genova. — R. Accademia medica di Genova (BuUettino). Anno XXIII, N. 4, 1908; Anno XXIV, N. 1-2, 1909. — Società Ligustica di scienze naturali e geografiche (Atti). Voi. XIX, anno XIX, 1908, N. 3-4; Voi. XX, anno XX, 1909, N. 1-2. Milano. — Municipio di Milano. Bollettino statistico mensile. Anno XXIV, N. 12 e riassunto; Anno XXV, 1909, N. 1-11. — (Dati statistici). A corredo del resoconto dell' amministrazione Co- munale 1908 (1909). — Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Atti della fondazione scientifica Gagnola, dalla sua istituzione in poi. Voi. 22, che abbraccia gli anni 1907-08 (1909). — (Memorie). Le teorie idrodinamiche delle Sesse e loro applicazioni al calcolo dei periodi e dei nodi delle sesse del Benaco pel dotf. Francesco Vercelli 1909. — (Rendiconti). Serie II, Voi. XLII, 1909-10, Fase. 1-20. — R. Osservatorio astronomico di Brera. Osservazioni meteorologiche eseguite nell'anno 1908 col riassunto composto sulle medesime da E. Pini. — Reale Società Italiana d'Igiene (Giornale). Anno XXXI, N. 1-2, 1909. — Società Lombarda per la pesca e 1' acquicoltura (Bollettino). Anno II, 1909, N. 1-12; Anno III, 1910. N. 1. Napoli. — R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche (Sezione della Società Reale di Napoli) (Rendiconto). Serie 3, Voi. XIV, anno XLVII, 1908, Fase. 8-12; Serie 3, Voi. XV, anno XLVIII, 1909, Fase. 1-7. — R. Istituto d' Incoraggiamento di Napoli (Atti). Serie VI, Voi. LX, anno i908 (1909). Padova. — Accademia scientifica Veneto-Trentino-Istriana (Atti). Terza Serie, anno II, 1909. — La Nuova Notarisia. Rassegna consacrata allo studio delle alghe. Serie XX, anno XXIV, 1909, gennaio, aprile, luglio, ottobre. Palermo. — 11 progresso zootecnico ed agricolo. Rivista mensile di lA'III BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Zootecnia, Igiene, Polizia sanitaria, Veterinaria, Agricoltura. Anno I, 1910, N. 1. Palermo. — Reale Accademia di scienze, lettere e belle arti di Pa- lermo (Bollettino). Anno I, 1884, N. 1-6, 1884-85. — R. Istituto Botanico di Palermo (Contribuzione alla Biologia vegetale). Voi. IV, Fase. II, 1909. — R. Orto botanico e giardino coloniale di F'alermo (Bollettino). Anno VII, 1908, Fase. 4 ; Anno Vili, 1909 Fase. 1-3. — Società di scienze naturali ed economiche di Palermo (Giornale). Voi. XXVI, anno 1908 ;1909): Voi. XXVII, anno 1909 (1909). Parma. — BuUettino di paletnologia italiana. Serie IV, Tomo IV, anno XXXIV, N. 9-!2, Indice 1908; To.i.o V, anno XXXV, N. 1-9, 1909. Fisa. — Società cattolica italiana per gli studi scientifici. Rivista di fisica matematica e scienze naturali. Anno IX, 1908, N. 107 ; Anno X, 1909, N. 109-120. — Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa (Atti e Processi Verbali). Voi. XVlll, 1908-U9, N. 1-4. Portici. — R. Scuola Su|ieriore d'Agricoltura in Tortici. (Bollettino del Laboratorio di Zoologia generale e agraria). Voi. Ili, 1909, con 194 figure nel testo e 2 tavole. Roma. — Reale Accademia dei Lincei (Atti Rendiconti). Anno CCCVI, 1909, Voi. XVIII, Sera. I, Fase. 1-12, Sem. 2, Fase. 1-12. Adu- nanza solenne del 6- VI 1909. — Classe di Scienze fi.siclie, matematiche e naturali (Memorie). Anno CCCV, 1908, Serie quinta Voi. VII, Fa.scicolo. I. Saggio ili anatomia segmentale. La materia somatica, nervosa, cutanea e muscolare dei Vertebrali, G. van Ryiiberk. II. Saggio per uno studio sulle Caprinidi dei Calcari dì scogliera (orizzonte del Col dei Schiosi) nelle Prealpi Venete orientali, C. F. Parona. III. L'Assorbimento selettivo della radiazione solare nell'atmosfera terre- stre e la sua variazione coli' altezza per \. Bemporad. IV. Trasformazioni dello spetti'o dell'arco elettrico cantante per M. La Eosa. V. Sulla morfologia e sul ciclo del parassita della rabbia per Adelchi Negri 11)09. VI. Sulla propagazione del magnetismo nelle aste rettilinee di ferro per Luigi I.omlìardi 1909. VII. Intorno alla rotazione dei corpi, muniti di movimenti ciclici stazio- narli per Silvio Ena 1909. Vili. Sul problema statico di Maxwell jier Carlo Somìgliana 1909. IX. Sulle scariche oscillatorie per A. Battelli e L. Magri 1909. X. Il diabase di Paraspora ed i fenomeni di deformazione nei suoi feldspati. — Reale Accademia medica di Roma (BuUettino). Anno acc. 1907-08, XXXIV, Fase. VII- Vili, 1909; Anno acc. 1908-09 XXXV, Fase. I-VII. — Indice degli atti e del Ballettino dall' anno 1885 a tutto il 1900 (1909). BULLETTINO BIBLIOGRAFICO lAx Roma. — R. Comitato Goologico d' Italia (Bollettino). Anno 1908, Vol. XXXIX, StM'ie 4, Vol. IX. N. ^-4 ; Anno 1909, Vol. XL, e Vol. X, N. 1-2. ; — Memorie per servire alia descrizione della carta geologica d' Italia. Vol. V, Parte 1, 1909. — R. Ufficio Geologico. Memorie descrittive della Carta geologica d'Italia. Voi. 1-12 con Carte ed Atlanti 1886-1903. Contribuzione allo studio geologico dei Vulcani Vulsini con Carta geologica e vedute fotografiche di P. Moderni 1904. Carta geologica d' Italia al 100.000. Foglio Lucania, Sezioni geologiche Tav. I, relativa ai fogli 198, 199, 210; Tav. II, ai fogli 200,209, 210; Tav. III. ai fogli 209, 211, 212; Foglio Campagna N. 198; Foglio Potenza N. 199; Foglio Laurenzano N. 200; Foglio Valle della Lucania N. 209; Foglio Lagonegro N. 210; Foglio S. Arcangelo N. 211 Foglio Tursi 212. — Società zologica italiana, con sede in Roma (Bollettino). Serie II Voi. IX, anno 1908, Fase. XI e XII; Voi. X, anno 1909, Fase. I-XII Torino. — R. Accademia d'Agricoltura di Torino (Annali). Voi. 51 1908 (1909). — R. Accademia delle scienze di Torino pubblicati dagli accademici Segretari delle due Classi (Atti). Voi. XLIV, Disp. 1-15, 1908-09 Udine. — Circolo Speleologico ed Idrologico Friulano (Mondo sotter- raneo Rivista di speleologia e idrologia). Anno V, N. 3-6, 1908 Anno VI, N. 1-2, 1909. Venezia. — L'Ateneo Veneto (Rivista bimestrale di scienze, lettere ed arti). Anno XXXII, 1909, Voi. I, Fase. 1-3; Voi. II, Fase. 1-3, — Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti (Atti). Anno acc. 1908-09, Tomo LXVIII, Serie 8, XI, Disp. 4-9. — Elenco dei Membri e Soci del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Anno acc. 1908-09 (1909). — Osservazioni meteorologiche e geodinamiche eseguite nell'anno 1907 nell'osservatorio del Seminario patriarcale di Venezia 19C9. Vicenza. — Accademia Olimpica di Vicenza (Atti). Annate 1907-08^, Nuova serie Voi. l, 1908. Verona. — Accademia d'Agricoltura, scienze, lettere, arti e commercio di Verona (Atti e Memorie). Serie IV, Voi. Vili, (LXXXIII del- l'intera collezione); Voi. IX, (LXXXIV, dell'intera collezione 1909). — Osservazioni meteoriche dell'anno 1907 e 1908. Appendice al Vili (? LXXX); Voi. Vili, (? LXXXI dell'intera collezione). NORVEGIA. Christlania. — Videnskabs-Seiskabet (Forhandlinger). Aar 1907 (1908). Stavanger. — Stavanger Museum (Aarshefte). For 1908 19^' Aar- gang 1909. LX BULLETTINO BIBLIOGRAFICO PAESI BASSI. Haarlem. — Musée Teyler (Archives), Serie II, Voi. XI, Parte 3, 1909). La Haye. — Société Hoilandaise des sciences à Harlem. Archives néerlandaises des sciences exactes et uatiirelles. 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Nikitin avec une carte géologique en 5 fenilles et 35 planches, 1907. » » » 2.S. Die Insel Swjatoi (Gouvernement Baku von D, Go- lubjatuikow niit 3, Tafeln und 1 Karte. » » » 30. Recherches géologique dans le rayon des mines de l'Usine Arkhanghelsky (Oural Sud, gouvern. d'Oufa) par L. Koniouchewsky avec 2 planches et 1 carte 1908. » » » 32. Schriften aus dem Nachlass von A. Michalski 1908. » » » 34. Materialien zur Kenntnis der Carbon-Ablagerun- gen des Beckens von Domhrovva, von S. Czarnocki, mit einer Karte und 6 Tafeln 1907. » » » 35. Materialien zur Kenntniss des Muschelkalkes im Becken von Dombrowa von K. Bogdanowitsch 1907.. » » » 37. Die Fauna des Donez-Jura ; I Cephalopoda. A. Borissjak mit 10 Tafeln 1908. • » » 38. Jurassic plants from Caucasia and Turkestan by A. C. Seward with 8 plates 1907. » » » 41. Der Oestliche Teil des Bergwerkbesirkus von Nishne-Tagil von A. Krasnopolsky mit 1 Karte 1908. » » » 42. Das Palaeozoicum im I.sjumer Kreise des Gouver- nements Charkow von N. Yakowlew mit 1 Karte 1908. — Société Imperiale des Naturalistes de St. Pétersbourg (Travaux). Comptes rendus des seances). Tome XXXIX, Livr. 1, 1908, N. 1-8; Tome XL, Livr. 1, 1909, N. 1. — Section de botanique. VoL XXXVII, liv. 3, 1908; Vol. XXXVIII, LXIl BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Liv. 4; Vol. XXXVII, livr. 3, Journal botanique année troisièmé N. 1-8, 1908, Vol. XL, sèrie 4, fase. 1-2, 1909. — . Section de Zoologie et de Physiologie. Voi. XXXVII e XXXVIII, liv. 2, 1908. — Musée Kotanique etc. Schcdae ad Herbarium florae Rossicae. N. VI. N. 1001-2000. SPAGNA. Granada. — Estación sismologica de Cartuja (Granada) (Boletiu men- sual). Alio 1909, N. 1-12. Madrid. — Real Sociedad Espaiìola de Historia Naturai (Boletiu^. Tomo IX N. l-lf, 1909. — (Memorias), Tomo I. Memoria 27. Blattidae of Spanish Guinea by E. Shelibrd ìdW. » » » 28. Lepidópteros de la Guinea EspaTioia por N. M. Kheil 1909. » V. » 6. Datos geológicos aeerca de las posesiones espailolas del Norte de Africa por L. 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For. ar. 1909 (1909). — Nobelinstitut (Meddelanden). Baud. I. N. 12. Influence de la temperature sur l'energie interne et l'energie libre des dissociations électrolytiques des acides et bases faibles par Harald Lunden 1908. » » » 13. Versuche ilber Fallung von Eiweisskorpern und Agglutina- tion von Erythrocyten von Svante Arrhenius 1909. » » » 14. Die Ilesetze der Verdiuumg und Resorption nach Versuchen von Hrn. E. 8. London, von Svante Arrhenius 1909. » » » 15. Das Nobelinstitut fiir physikalische Chemie in Stockholm von Harald Luden 1909. SVIZZERA. ' Basel. — Naturforscbende Gesellschaft in Basel (Verhandlungen). Bd. XX, Heft. 1, 1909. Bellinzona. Società, Ticinese di Scienze Naturali (Bollettino). Anno I, 1904, N. 1-6; Anno 11, 1905, N. 1-6; Anno III, 1906 Fascicolo unico; Anno IV, 1908; Fase, unico; Anno 1909 V, Fase, unico. Lugano. LXIV BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Chur. — Naturforschonde Gesellgchaft Gmubundens (Jahresbcrlcht). N. F. LI, Bd. Vereinsjahr 1908-09 (1909). Lausanne. — Société Vaudoise des Sciences Naturelles (Bulletin). 5 Sèrie Vol. XLIV, 1908, N. 164; Vol. XLV, 1909, N. 165-167. Observations inétéorologiques faites k la Station metéorologique du Champ-de-1'Air, Institut agricole de Lausanne. Année 190S XXII et 35 des observations de Lausanne 1909. Neuchtàel. — Société neuchateloise des sciences naturelles (Bulletin). Tome XXXV, 1909 année 1907-08. Zurich. — Geologische Komrnission der scliweizerische naturforschende Gesellschaft. Beitrage zur geologischen Karte der Schweiz. XXIX, Livraison, Bibliographie géologique de la Suisse. 2 Partie 1908. — Naturforschende Gesellschaft. in Zurich Vierteljahrsschrift). 53 Jahrg. 1908, 1-3, 1908. GLI SCISTI BITUMINOSI DI BESANO IN LOMBARDIA ■ Nota del Doti. Emilio Repossi Grii scisti bituminosi di Besano sono tanto e da si lungo tempo noti alla scienza, che può sembrare superflua una nuova, sebbene modesta, pubblicazione, che ne faccia oggetto di studio. La ragione e l'occasione della presente nota sta nel fatto, che recentemente fu riattivata su più vasta scala la lavorazione industriale, già altre volte intrapresa ed interrotta, della for- mazione di Besano, e gli studi preparatori che prelusero a questo periodo di lavori, di cui io stesso venni incaricato, furono estesi, con mezzi che ordinariamente non sono a dispo- sizione dello studioso, a tutta la zona d' affioramento con una minuzie, che sarebbe certo esagerata in un rilievo, per quanto diligente, fatto a puro scopo teorico. Negli studi preliminari e nel corso dei lavori industriali, che vennero effettuati sul versante occidentale del monte S. Giorgio, alla località di Tre Fontane in territorio svizzero, potei racco- gliere alcune osservazioni, che non mi sembrano del tutto trascu- rabili, perchè, senza mutare in sostanza le conclusioni alle quali vennero i geologi (') che da un secolo in qua si occu- (1) La bibliografia degli scisti di Besano è enormemente estesa, specie perche, come nota il Taramelli, essi si trovano in vicinanza della formazione portìrica luganese, che venne studiata e discussa fin dal principio del secolo scorso da una moltitudine di geologi. Per evitare inutili ripetizioni, rimando per la biblio- grafia anteriore al 1885 alla memoria « Sui fossili e SUI l' età degli schisti bitu- minosi triasici di Besano in Lombardia » del prof. F. Bassani, pubblicata nel voi. XXIK degli Atti della Società Italiana di Scienze Naturali. Fra le opere posteriori a questa ricorderò in modo speciale: T. Taramelli, Sulla giacitura degli scisti bituminosi ittiulitici di Besano (Stab. Minola-Albrighi, Milano U'02) ; T. Taramelli, / tre lag fit ; studio geologico-orograflco (Milano, 1903) ; E. .Mariani, Appunti geologici sul secondario della Lombardia occidentale (Atti Soc. ital. di Scienze Naturali, voi. XLIII, Milano, 1904. 2 EMILIO REPOSSI parono degli scisti di Besano, contribuiscono in qnak-he parte a meglio precisarle ed a dare una ])iù esatta conoscenza di questa importante formazione, specialmente in riguardo all'ori- gine della sostanza bituminosa, che la fa ora tanto ricercata. Mi pare inoltre non inutile cosa riunire, poiché se ne offre l'occasione, le considerazioni che su questo medesimo oggetto si possono fare da due punti di vista diversi, e cioè da quello puramente geologico e da qitello chimico e pratico, convinto che da una trattazione di questo genere ogni problema possa ricevere una maggior luce, È noto che il riferimento cronologico della formazione di Besano ha oscillato alquanto, specialmente prima degli studi paleontologici del Bassani (') e del Bordelli (') e delle dili- genti osservazioni stratigrafiche dello Spreafico (') e del Tara- melli (*). Riferiti dapprima al lias od all'infralias, i nostri scisti bituminosi furono da questi autori portati entro i limiti del trias e precisamente ai confini del trias medio e del trias superiore. E se qtialche incertezza a questo riguardo sussiste ancora, poiché fra i geologi, che da ultimi s'occuparono della forma- zione di Besano, alcuni, come il Taramelli (^), la riuniscono alla serie keuperiana, mentre altri, come il Mariani, la compren- dono nel ladinico, ossia nel piano più recente del trias medio, le sue analogie paleontologiche col S. Cassiano mi sembrano fuor di dubbio e le sue relazioni stratigrafiche con le formazioni adiacenti non possono del pari dar luogo a discussioni. Ed invero le condizioni stratigrafiche della regione com- presa fra Besano e Riva, dove la classica formazione bituminosa (1) F. Bassani, Op. cit. nella nota antecedente. (2) F. Sordelii, Sulle piante fossili recentemente scoperte a Besano. circon- dario di Varese (Atti Soc. ital. di Se. Nat., Voi. XXII, Milano, 187'.i| : F. HoricUì, Flora fossilis inSKbrica; studi sulla vegetazione di Lombardia durante i tempi ^eolog'ici (Milano, IStìO). (3) Vedi specialmente il l'oprlio XXIV della carta gcolns'ica svizzera, rilevato per la regione ad Ovest del lago di Como da G. Negri ed E. Spreatico. Nella classica memoria di ques'i autori « Sulla geologia dei dintorni di Varese e di Lugano » antecedentemente pul)l)licata (Memorie R. 1st. Lonib., 1S69), gli scisti di Besano erano erroneamente altriliuiti all'infraiias, quantunque la loro giacitura fosse esattamente rilevata. Lo Spreatico ben presto cambiò idea e tutto Cu rimesso a debito posto nella carta ora citata. (4) Opere citate. (5) Opere citate. GLI SCISTI BITUMINOSI DI RKSANO IN LOMBARDIA 6 si sviluppa più ampia e regolare, sono quanto si può immagi- nare di più semplice e chiaro, ed appaiono esattamente rappre- sentate nelle carte dello Spreafico ('), del Taramelli ('), come nei profili del Mariani [^) e negli altri lavori più antichi. Le formazioni sedimentari si appoggiano molto regolar- mente, salvo qualche piccolo disturbo stratigrafico, sopra le porfiriti ed i porfidi che formano la base visibile del monte S. Giorgio da Riva S. Vitale fino a Besano. Sono dirette all' in- circa da est ad ovest e pendono di una trentina di gradi a sud, di guisa che le loro linee d'affioramento formano un'ampia curva con la convessità verso nord e verso l'alto del 8. Giorgio. La serie sedimentare, come è noto, s'inizia con le arenarie variegate del trias inferiore, le quali hanno uno spessore di- pochi metri, ma affiorano quasi ininterrottamente alla base di terreni stratificati. Esse infatti compaiono poco ad est di Besano, allo sbocco del Vallone, dove contengono il noto giacimento galenifero di Piodè ('^) poi si spingono in alto verso il passo della Barra ("'). in rispondenza del quale una piccola faglia ne interrompe l' affioramento per breve tratto (Vedi Tav. I, prof. I); ricompaiono subito e sono visibili verso M. Casolo ed oltre il confine, dove, tagliando la valletta ingombra di mate- riale morenico che scende a Porto, risalgono verso Tre Fontane ovunque manifeste. Al dossetto di Tre Fontane, sopra Serpiano, si nota un' altra piccola faglia, diretta, come la prima, circa, da nord-est a sud-ovest (Vedi Tav. I, prof. II); da questa inter- rotte per poche decine di metri, le arenarie tornano a comparire (1) E. Spreafico, Carta geológ-. cit. (2) T. Taramelli, Caì'ta geologica della Lombardia (Milano, 1890), e enrte an- nesse alle due memorie citate nelle note antecedenti. (3) E. Mariani; vedi i profili annessi alla memoria citata nella prima nota. (lì Vedi, a propo.sito di questo interessante giacimento metallifero, che trovasi al contatto fra le porfiriti e le arenarie triasiehe allo sbocco del Vallone di Besano 'a vecchia memoria del Curioni: 5?/?" giacimenti metalliferi e biluminosi vei terreni triasici di Besano (.\Iem. R. 1st. lombardo, voi. IX, Milano, 1863), e la sua « Geologia applicata delle Provincie lombarde {i-lihmo, ìSli); nonché lo studio sulla « Regione metallifera e le miniere del circondario di Varese » dell' ing. V. Denti, inserito nel giornale « l' Industria >> (Milano, 1891). (5) La faglia del Passo della Barra trovasi già esattamente rilevata nella memoria di G. Negri e.l E. Sprenfico : « Saggio sulla geologia dei dintorni di Varese e di Lugano (Mem. R Istit. lombardo; Voi. XI, Milano, 1869), e nel lavoro di T. Harada : Das lugamr Eruptivgebiet (N. Jahrb. f. Mnier. Geol. u. Palaeontol.; B. B. II, Stuttgart, 1883) in cui essa è delineata anclie nel suo prolungamento Ira le formazioni eruttive. 4 EMILIO REPOSSI e si accompagnano fin sopra Riva, ricoperte solo qua e là dal detrito di falda che scende dal ciglio calcareo-dolomitico del S. Giorgio. Sopra le arenarie s' appoggia dovunque una formazione do- lomitica, che, secondo il Taramelli, rappresenterebbe cumixlati- vamente il trias medio ed il })iano di Wengen, aggregato da questo autore al trias superiore, e secondo il Mariani, e specie in questo caso, solo il piano di Recoaro (Bittner) o Virgloriano. Questa dolomia ha nella regione studiata quasi ovunque il solito aspetto : è grigia o giallastra, talvolta ha anche una tinta più calda, è compatta, a struttura cerea, a grossi strati ed oro- graficamente molto distinta. Sopra Riva notai negli strati più recenti una varietà rosea, brecciata, simile ad alcune che s' in- contrano ad Esino e che io stesso osservai presso Nobiallo. Il suo spessore varia notevolmente anche nella non grande area esaminata : sopra Besano ha un sessantina di metri di potenza, ma questa potenza, diminuita già alquanto verso M. Casolo, diventa a malapena un terzo sopra Serpiano (') per poi aumentare ancora considerevolmente alla vetta del S. Giorgio e per raggiungere almeno un centinaio di metri verso Riva. Giova però subito notare, come queste variazioni di spes- sore, già abbastanza rilevanti, sembrino anche maggiori a chi, nel loro apprezzamento, s'affidi solo all'esame della configura- zione del rilievo montuoso. E difatti in molti punti, e specie in tutta la cresta che forma la vetta del S. Giorgio e che scende sopra Riva, la formazione calcarea soprastante alla dolomia assomiglia orograficamente molto a questa, presentando le stesse forme scoscese e dirupate e di conseguenza con essa confon- dendosi. Noterò ancora, a proposito di questa dolomia, come essa mi sia ovunque apparsa assai povera di avanzi fossili, presen- tando indiscreta abbondanza solo Giroporelle mal conservate ('). (1) La formazione dolomitica inferiore è ciMiipletameiile traforata dalla gal- leria più bassa della niiiiiera di Tre Fontane: iiiii essa ha all'ineirca 21 m. di spessore. (2) Il prof. E. Mariani, nella sopra citata memoria, ricorda che nella massa dolomitica del S. Giorgio si rinvennero alcuni fossili, ed in particolare la Myo- lìhoria vulgaris Schloth. sp. e la Undularia scalata Schloth., specie proprie del trias medio. Abbondanti {giroporelle rinvenni in parecchi punti e specie presso M. Casolo, al Gliift'o, a Tre Fontane e sopra Riva. GLI SCISTI BITrMINOSI DI RESANO IN LOMBARDIA 5 La formazione che segue alla dolomia è quella che più direttamente c'interessa ed è, anche sotto altri punti di vista, la più notevole della regione considerata. Essa consta di un cumulo di strati calcari o calcareo-marnosi neri, sempre mar- catamenti bituminosi, di spessore vario, talvolta compatti, tal- volta fogliettati, la cui potenza complessiva è enorme, non inferiore certo ai 500 metri, quale la stimò il Taramelli, ed in alcuni punti forse poco distante dai mille. Questa formazione, sebbene costituisca, almeno secondo il concetto che me ne feci, un tutto unico, rispondendo a condi- zioni abbastanza costanti di deposito, presenta notevoli varietà di carattere, specie in senso verticale, e passa infine a marne varicolori di tipico aspetto raibliano, con lenti gessose interca- late. La formazione, per quanto potei rilevare, specie nella mi- niera di Tre Fontane, ma del resto anche in ogni altro luogo, comincia distinguendosi in modo netto dalla sottostante dolomia. Gli ultimi due o tre banchi di dolomia hanno piccole interca- lazioni di strati scisto-bituminosi, poi s'inizia subito un'alter- nanza di strati calcarei neri, nerastri o grigio-giallastri ('] e di marne nerissime, leggiere, tanto riccamente bituminose da accendersi e bruciare facilmente alla fiamma di una lampada. (1) I calcari neri di (luesta formazione sono in genere SHperficialmente cinerei per alterazione atmosferica. Giallognoli sono invece sempre per alterazione super- ficiale, gli strali intercalati agli scisti ricchi di bitume, che contengono abbondanti cristallini piritosi. Gli scisti bituminosi utili, esposti a lungo all'aria, si scolorano alquanto e, disseccandosi, si dividono facilmente in istraterelli sottili, quasi papi- racei, e leggeri come cartone. Una lunga esposizione all' aria li impoverisce anche di sostanza bituminosa e ne rende considerevolmente minore la percentuale della resa in olio alla distillazione. Aggiungerò ancora, riguardo alla netta separazione della formazione di Besano dalla dolomia inferiore, che gli strali calcarei, intercalati agli scisti bitu- minosi ed indicati erroneamente da molti autori come dolomitici, sono invece calcari leggerissimamente magnesiaci, contenendo, secondo i dati di un'analisi indu- striale, all' incirca il 3 0;o 'li ossido di magnesio. Tale composizione concorre validamente con tutti gli altri caratteri a dimostrare come le condizioni di depo- sito in CUI si sviluppò la formazione di Besano fossero profondamente diverse da quelle in cui si accumularono i banconi di dolomia sottostanti. Questa osservazione venne fatta anche dal Sordelli. che nella sua memoria sopra citata (a pag. 80 del voi. XXII degli Atti d. Soc. ital. d. Se. Nat.) riporta i dati di un'analisi degli strati calcarei in discorso eseguita dal prof. P. Polli. Da questa risulta appunto che il loro contenuto in ossido di magnesio sale al 3.71 O/o appena. 6 EMILIO REPOSSI Come già osservò il Curioni per gli scavi di Basano ('), e molti prima di me verificarono, anche qui si ha una ventina di straterelli, di spessore variabile da due o tre cm. fino a poco più di un decimetro, di marne bituminose, intercalati a strati calcarei di qualche decimetro, tantoché la roccia utile rappresenta complessivamente poco meno di un quinto dell'in- tera massa, la cui potenza si può fissare a 5 metri all' incirca. Superiormente le intercalazioni riccamente bituminose vanno facendosi più sottili e presto scompaiono, mentre la stratifica- zione si fa più minuta, quasi fogliettata, e la sostanza bitumi- nosa, sensibilmente più scarsa, sembra distribuirsi con una tal quale uniformità nella serie degli straterelli calcareo-marnosi. Questa formazione, che, come potei rilevare, soprastà quasi ovunque alla formazione utile, ha qualche decina di metri di spessore ed è presto sostituita da una serie, variamente potente da luogo a luogo, di strati calcarei neri, compatti, spessi qualche decimetro e notevolmente regolari. Siffatti calcari, che in qualche punto vengono utilizzati come materiali per costruzione, sono particolarmente potenti sul versante meridionale del S. Giorgio e presso Besano. Essi sono molto meno erodibili della serie che segue , nella quale è scavata la valle dal Crocifisso a Meride e che consta di calcari alternati a calcari marnosi, in istrati sottili e regolari, e di calcari marnosi neri fogliettati, simili a quelli che sovrastanno alla formazione utile ed a volta a volta note- volmente bituminosi, quantunque non raggiungano mai la ric- chezza dei primi. Esempli di simili arricchimenti bituminosi si hanno al Murgal nella vai di Meride, a Ca' del Frate, ed altrove. Questa serie di strati, secondo me, rappresenta da sola al- meno due terzi dello spessore totale della formaziono. Ad essa seguono le marne varicolori tipiche del raibliano, che qui for- mano una stretta fascia sotto la dolomia principale e che con- tengono al loro limite superiore alcune piccole lenti di gesso e le due note gessaie presso il paese di Meride. Questa forma- zione è in molta parte ricoperta da morene, come a Ca' del (1) Le osservazioni di dettaglio statigrafico si trovano particolarmente nume, rose e precise nella citata memoria del Cnrioiii, e sono poi riassunte nella sua « (Jeoloi^ia applicata delie provincie lombarde ». (ili autori posteriori i-iportano i dati da lui raccolti, ajygiungendo in genere solo considerazioni teoriche. GLI SCISTI BITUMINOSI DI BESANO IN LOMBAROIA 7 Frate e nella conca di Meride, e, sia nelle vicinanza di Besano Viggiù, che sul versante nord del monte Pravello, dall'abbon- dante detrito di falda prodotto dallo sfacelo della cresta dolomi- tica sovrastante, la quale, come è noto, in non grande spessore rappresenterebbe il piano superiore del trias, il retico e l'in- fralias propriamente detto ('). Ma, lasciando da parte questi terreni ed i seguenti, che per ora non e' interessano, torniamo alla cosidetta formazione di Besano ed al raibliano, di cui, secondo alcuni, fa parte, e vediamone ora i caratteri in distribuzione orizzontale. Ho già avvertito implicitamente come la formazione di Besano e quella ad essa soprastante, sino alla dolomia princi- pale, presentino in tutta l'area d' alfioramento compresa tra Besano e Riva un complesso di caratteri molto costante. Ag- giungerò ora che siffatta costanza di caratteri si manifesta poi in modo veramente mirabile nella formazione utile, ciò che, se torna molto giovevole al suo industriale sfruttamento, non manca d' altra parte di provare che le particolari condizioni in cui avvenne il deposito erano contemporaneamente identiche sopra una notevole estensione di mare. Questo fatto va tenuto presente, perchè concorre secondo me a provare insieme a molti altri fatti, sui quali torneremo in seguito, che dette con- dizioni di deposito furono veramente eccezionali. La formazione di Besano fu da me esaminata lungo tutta la sua area d'affioramento e dovunque notai, non solo la sua pressoché invariabile posizione immediatamente sovrastante alla dolomia del muschelkalk, ma anche il quasi invariabile numero de' suoi strati utili, fissati già dal Curioni, forse con una limi- tazione non in tutto giustificabile, a ventitre. Nelle antiche cave (1) Tale è almeno 1' opinione della maggioranza dei geologi che si occuparono della nostra regione, ed in particolar modo dello Spreafico (Carta geol. citata) e del T.iramelli {opere citate), i quali vedono in alcuni strati di marne simili a quelle del raibliano, intercalati alla massa aolomitica, i rappresentanti del retico. Il prof. Mariani invece (vedi mem. citata), e forse non a torto, suppone che la massa dolomitica spessi tutta alla dolomia principale e che un salto porti a diretto contatto con essa gli strati calcareo-selciosi del lias iuferiore. Lasciando per ora insoluta la questione, aggiungerò solo clic nella dolomia principale a contatto con le lenti gessose di meride rinvenni numerose impronte ben conservate di Myophoria Caroli Rivai Tommasi, interessante specie ch'io stesso raccolsi per la prima volta in Val Menaggio, presso Gottro, e che fu rico- nosciuta come nuova dal Tommasi nella sua revisione della fauna della dolomia principale. La determinazione è dovuta al prof. K. Mariani. 8 EMILIO REPOSSI al vallone di Besano, anche recentemente lavorate, in due vecchi attacchi in vai dei Poncini ed in uno nuovo presso M. Casolo, nelle quattro gallerie di Tre Fontane, in alcuni assaggi ad ovest della cima del S. Giorgio ed in vai Porina, sopra Albio presso Riva e fin giù all' estremo atfioraraento orientale, ossia per una linea d' atfioramento pressoché ininterrotta e indistur- bata di txna decina di chilometri, si possono quasi alla lettera riconoscere i medesimi strati coi medesimi caratteri. Aggiungasi poi, che oltre la valle Arcisate-Porto, e ponente di Bisuschio, gli scisti bituminosi tornano ad affiorare e, se non vi si riconoscono in via assoluta le stesse caratteristiche, ciò dipende probabilmente in gran parte dal fatto che quivi la loro stratigrafia è molto tormentata ed irregolare. Ma, oltre la costanza dei caratteri litologici in tutta la zona d' affioramento, sulla quale torneremo, i lavori a Tre Fontane e gli assaggi distribuiti numerosi su questa zona stessa hanno messo in evidenza un altro fatto importante : la presenza co- stante di una grande quantità di avanzi fossili, sia negli scisti che nei calcari intercalati ed in qtxelli fogliettati immediatamente sovrastanti, ricchezza questa che non trova alctm riscontro nella enorme pila di strati mai finora trovati fossiliferi, che li riattacca alla dolomia principale ('). L' esame particolare paleontologico dei fossili, che furono raccolti con grande abbondanza specie alla miniera di Tre Fon- tane, sarà fatto dal jjrof. Mariani e dal prof. De Alessandri, il quale ultimo sta illustrando la fauna ittiologica di Besano e quella di Perledo ; pel mio scopo insisterò invece stt qualche fatto riguardante la distribuzione dei detti fossili nella serie degli strati fossiliferi. Alla miniera di Tre Fontane ed ai saggi di M. Casolo che trovansi, secondo me, proprio nel cuore della formazione di Besano, colpiscono innanzittttto tre fatti: la netta separazione degli avanzi di molluschi dagli avanzi di vertebrati, l'abbon- danza enorme dei fossili, specie in alctmi strati, ed il predo- (1) Il prof. Mariani, parlando del raibliano dclhi conca di Mcride, ricorda di aver trovato nelle marne (grigiastre sottostanti a quelle rosse puddi litoidi friistnli di vejretali indeterminabili (Mem. più volte citata, pag. I2'J). Questi sarebbero i soli fossili trovati nella formazione in discorso. Già da tempo invece sono noti ritro ramenti di pesci negli strati bituminosi sopra Riva. GLI SCISTI BITUMINOSI DI HKSANO IN LOMUAHDIA 9 minio assoluto di certe forme su tutte le altre, del resto poco abbondanti. Difatti i molluschi (Halobie ed Ammoniti) trovansi, per quanto osservai, solamente nei calcari compatti intercalati agli scisti, mentre in questi s'incontrano unicamente pesci e rettili ('). Non tutti gli strati sono egualmente ricchi di fossili, che anzi questi sono di solito concentrati in alcuni strati, ben noti ai minatori, ma credo di poter affermare che a volta a volta in tutto lo spessore della formazione s'incontrano avanzi organici. L'abbondanza dei fossili in alcuni casi è poi veramente note- vole: si hanno calcari zeppi di Halobie e, ciò che è più degno di nota, marne bituminose che si posson dire veri cumuli di spoglie di pesci. L'altro fenomeno, sul quale voglio particolarmente insistere è quello del predominio assoluto di alcune specie su tutte le altre, di cui la formazione di Besano è pur ricca. Tra i mollu- schi predominano i bivalvi e tra i vertebrati, a Tre Fontane, quasi una sola grossa specie di pesci del genere Colobodus (') (1) Neil' abbondante materiale paleontologico, che venne messo in luce dai lavori della miniera di Ti'e Fontane e che passò tutto per le mie mani, i rettili sono rappresentati finora quasi unicamente da numerosi avanzi, spesso magnifica- mente conservati, di Mixosaurus CornaliO/nus Bass. sp. Come ebbi a notare in una mia nota illustrativa di questa specie (E. Repossi, Il Mixosauro degli strati triasici di Besano iti Lombardia, Atti Soc. ital. d. Se. nat. Voi. XLI, Milano 1902), il genei'e al quale essa appartiene ha caratteri di maggiore antichità rispetto al genere Tcìitfiìiosaurus che si sviluppa nel Lias e nel Giura. Difatti nel 1887 il Baur fondava precisamente sulla specie di Besano li genere Mixosaurus, come tipo di una famiglia che formerebbe passaf^gio fra i progenitori paleozoici terre- stri degli ictiopterigi e gli ictiosauri prettamente marini del mesozoico. In seguito il Fraas, il Dames, il Merriam ed altri riconoscevano 1' analogia fra la specie di Besano e parecchie altre, tedesche ed americane, triasiche tutte ed alcuna persino del muschelkalk inferiore. Questo volli ricordare perchè altre volte la presenza di una specie di ictiosauro a Besano fu Invocata come prova di una minore antichità del deposito slesso, ritenendosi allora che questo genere fosse proprio dei terreni liassici e giuresi, e comparisse tutt'al più nell' iiifralias. (2) Colobodus varius, Giebel, secondo la determinazione del Bassani, che vi riferisce una specie GyrolepiS del Bellotti. Questa forma, diffusissima anche altrove, si riscontrò in terreni appartenenti al muschelkalk superiore, al keuper ed al retico. A Besano, o, meglio, a Cà del Frate non è frequente, mentre a Tre Fontane è quasi l'unica specie raccolta. Rari infatti sono in quest'ultima località gli esemplari non riferibili a questa specie, od almeno a questo genere Colobodus: per conto mio non posso citare che alcuni teschi di Belonor/iyìichus e alcune forme forse nuove, che verranno studiate dal prof. De Alessandri. 10 EMILIO RKPOSSI e subordinatamente il Mixosaurus Cornalianus^ Bass. sp. ('); altre specie nell' abbondantissimo materiale raccolto, sono una vera rarità. Nella formazione utile si ha dunque una enorme quantità di avanzi organici, unita ad una relativa povertà di specie. Questi fatti, che mi paion degni di considerazione, specie pel nostro caso non erano stati fino ad ora precisati in tutti i loro particolari, che anzi dalle memorie antecedenti alla mia, ed in principal modo da quella del Bassani, si riceve l'impres- sione che tutta la formazione di Besano sia egualmente ricca d'avanzi organici e che questi siano specificamente molto vari. Ciò dipende secondo me dal fatto che a Tre Fontane l'estra- zione degli scisti si fa per gallerie praticate nella serie utile più ricca e perciò ad un livello sempre esattamente precisabile, mentre a Besano gli scavi furon fatti generalmente a cielo scoperto, interessando cosi non solo la formazione utile, ma anche quella immediatamente sovrastante. Inoltre il Bassani studiò un materiale raccolto da altri, in più riprese, e, fondan- dosi sulle osservazioni altrui, potè affermare, che i molluschi si trovano solo all'infimo della formazione mentre i vertebrati, gli altri fossili e le piante appartengono invece agli strati superiori, ciò che, se è vero per gli scavi di Besano, non credo possa generalizzarsi ('). Quest'ultimo fatto mi sembra particolarmente degno di nota perchè il Bassani, riconoscendo alla fauna di molluschi tin carattere di apparente maggiore antichità rispetto alla fauna di vertebrati, basava sti di esso alcune considerazioni cronologiche che vengono cosi, almeno per M. Casolo e Tre Fontane, a man- care di fondamento (^). (1) Discretamente numerosi sono a Tre Fontane gli avanzi riferibili .a questa specie di Mixosauro. In genere trattasi di pezzi staccati, pereliè, lavorandosi in galleria e con esplosivi laceranti, raramente si hanno grandi lastre di scisti quali erano invece quelle che s'ottenevano a Besano con una lavorazione a cielo sco- perto fatta in gran parte col piccone. Potei ad ogni modo raccogliere vari teschi ben conservati, e pezzi di colonna vertebrale e coste e scheletri di pinne. Solo eccezionalmente, come dissi in altra nota, mi accadde di osservare avanzi di altri rettili, quali frammenti dell' a|)parato addominale di Pachypìeura EdH'ardSi Cornalia, formato da serie di coste ventrali assai cnrattiM-isliche. (2) F. Bassani, Mem. citata, pag. 58. (3) Il Bassani. nella memoria sopra citata, riconoscendo che la fauna a mol- luschi di Besano ha grande affiniti\ con quella di S. Cassiano, mentre quella dei vertehriiti è più somigliante a (niella di Rail)l, formulava l'ijiotesi, da lui stesso GLI SCISTI HITUMINOSI DI HESANO IN LOMBARDIA 11 Che la grande varietà e ricchezza della fauna di Besano si debha poi specialmente agli strati immediatamente superiori a quelli più ricchi in bitume è, secondo me, comprovato anche da un altro fatto. A Ca' del Frate presso Besano si pratica anche adesso dai contadini (pare che gli antichi scavi della Società Italiana di Scenze Naturali fossero qui fatti) l' escava- zione dei calcari fogliettati per farne tegole, e questi modesti lavori mettono continuamente in luce nuovi fossili appartenenti a specie che sono rare o mancano agli scisti di Tre Fontane ; ora questi calcari sono sicuramente superiori alla vera forma- zione ricca di Besano e rispondono piti specialmente al livello in cui presso Tre Fontane, alla località del Ghiffo, fu scavata senza effetto utile una galleria di ricerca per gli scisti (i quali passano invece poco più sotto). Il livello più utile fu lavorato recentemente presso Besano alla località del Vallone (per conto della ditta Ratti). Anche qui gli scavi, ora interrotti da qualche anno, furono condotti a cielo scoperto e considerevolmente estesi, suppongo sulla guida di lavori antichi. I fossili scoperti in siffatti lavori furono, per qtianto so, abbondantissimi, ma sventuratamente andarono per la massima parte dispersi. Alcuni si rinvennero dal De Ales- sandri e da me nella discarica e non infirmano quanto ho sopra asserito. Prima d' abbandonare il confronto tra la nuova località la- vorata e le antiche, voglio ancora ricordare alctmi secondari caratteri di rassomiglianza, che legano la serie del Vallone di Besano a quella di M. Casolo e di Tre Fontane, ora tanto util- mente sfruttata. Alla cava del Vallone si incontrano frequen- temente nel calcare piccole cavità irregolari, o modelli interni di ammoniti le cui pareti sono tapezzate da cristallini romboe- ritenuta poco attendibile, che gli strati infimi della formazione di Besano rispon- dessero al S. Cassiano, mentre gli altri fossero già francamente raibliani, dato sempre che 1 due terreni non fossero da sincronizzai'si. Dal canto suo però propen- deva meglio a credere, che le affinità della fauna di Besano con quelle delle due classiche località delle Alpi orientali fossero una jirova di più per ritenere contem- poranee, 0 quasi, le formazioni di S. Cassiano e di Raibl, come già altri del resto con altri argomenti hanno sostenuto, specialmente per gli strati a pesci di Raibl, che sono alla base della serie raibliana e pel Taramelli sarebbero esattamente rispondenti a quella di Besano. Tutte queste questioni saranno per altro riprese e probabilmente risolte da chi sta rivedendo le faune di Besano e di Perledo per metterle ad esauriente confronto con quelle di Raibl, di S. Cassiano, di Seefeld, etc. 12 EMIIJO KEPOSSI drici (li dolomite, con gruppetti di cristalli di quarzo, e fre- quentemente con cristallini di pirite, di marcasite, di sfalerite di galena; non di rado poi vi si trovano fessurette riempite di gesso e piccole concentrazioni di bitume (*). Cristallini di pirite o di marcasite sono talvolta abbondantemente diffusi nella massa della roccia. Ora, tiitte queste particolarità si ripetono assolutamente identiche anche a Tre Fontane. Dal restante della formazione, che in senso lato chiamiamo di Besano, poco c'è da dire circa la distribuzione orizzontale nell' area finora esaminata, I caratteri sono, come dissi, abba- stanza costanti ; lo spessore invece presenta un massimo nella conca di Meride e si assottiglia alquanto verso Besano-Viggiù da una parte e verso la valle di Mendrisio dall' altra. (Vedi Tav. I, j^rof. III). Ciò sembra dipendere quasi unicamente dalla distribuzione originaria della formazione, perchè non mi pare che in questo tratto esistano tracce di potenti sconcerti stratigrafici. Se ne togliamo infatti le due faglie già citate, che del resto non interessano la formazione di Besano, non dob- biamo ricordare che alcune piccole faglie insignificanti presso Besano, al Grhiffo, a Tre Fontane e nella massa orientale del S. Giorgio, e qualche piccola ondulazione o arricciamento di strati al Vallone di Besano, sotto Tre Fontane (sotto la galleria più bassa della miniera), sotto la cima del S. Giorgio ed in qualche altro punto. Pure di poco momento mi sembrano i liscioni notati già dal Taramelli nelle cave di Besano che si rilevano pure nella miniera di Tre Fontane. Molto diversamente vanno le cose ai due lati dell'area ora esaminata. Ad est di Riva la formazione è nettamente troncata dalla nota faglia Pregassona-Melano ('), in rispondenza della quale la serie degli affiorameuti è spostata molto a nord, sicché i (1) I minerali trovati nelle geodine, alle quali qui si accei\na, formeranno eventualmente ot^getto di una nota sepai-ata, se mi sarà possihilo aumentare il materiale, già abbastanza interessante, ora raccolto. (2) Il decorso di (juesta faglia può già in parte rilcvaisi dalle vecrluc carte ; esso poi appare segnato con maggiore cura nelle carte del Hi.strani (^l)as Dolo- mitiiebiel der luganer Alpen, Bei-ichten d. naturforsch. Ges. z. Freiburg i. Br., 1903) e mia (Osservazioiii slraligrajiche sulla Val ci' Iute ivi, la Val Solcla e la Val Menaggio, Atti Soc. ital. d. Se. nat., Voi. XLI, Milano 1902), nonché nei citati lavori del Taramelli e del Mariani. GLI SCISTI BITUMINOSI DI BESANO IN LOMBARDIA 13 terreni coevi coi nostri non compaiono che sopra Arogno e Campione. Qui, anche prescindendo dalle note e complicate faglie che frantumano la formazione, questa appare ben diversa che a Besano, ed i ben conosciuti giacimenti bituminosi di Rovio e Pugerna non mi sembrano per nulla comparabili a quelli sopra descritti. In queste località trattasi piuttosto di sostanze bituminose che riempiono fessure o screpolature di una roccia brecciata, e non di marne cosi regolarmente bitu- minose ed estese ('). Più ad est poi, in Valsolda, nei dintorni di Menaggio, ecc. non s'incontrano giacimenti di bitume nep- pure in quest' ultima forma. Gli scisti ittiolitici di Perledo, generalmente ritenuti più antichi di quelli di Besano, coi quali hanno invero scarsissime analogie paleontologiche, non sono d'altra parte mai molto ricchi in bitume, quantunque vi si notino, com' io stesso potei con- statare, concentrazioni bituminose analoghe a quelle sopra ri- cordate per Besano. Ad ogni modo poi la ricchezza in sostanza bituminosa degli scisti di Perledo non è tale da permettere la loro lavorazione industriale. A ponente della valle di Besano, come ebbi già occasione di osservare, la formazione scisto-bituminosa si continua più estesamente, ma, specie fra Bisuschio e Pogliana, essa è stra- tigraficamente così tormentata che riesce diflicile rilevarne i caratteri, perchè, nell'arricciamento degli strati, quelli marno- bituminosi più cedevoli sono spesso schiacciati. Ad ogni modo quivi la formazione continua poco, con 1' a- spetto suo tipico, ed in Yalganna non è già più riconoscibile, né molto diversamente può dirsi dei noti piccoli giacimenti bituminosi di Cunardo, di Ghirla, etc., dove, se la formazione riprende alquanto i suoi caratteri e le sua facies, non assume però mai più un sviluppo altrettanto grandioso ed industrial- mente considerevole (-j. Comunque sia, panni poter affermare che in nessun punto della Lombardia occidentale noi troviamo una formazione bitu- (1) Le notizie più complete e diligenti intorno a questi, come intorno ag'li altri giacimenti congeneri, si trovano neila già ricordata memoria del Curioni (Mem. R. 1st. Lombardo, Voi IX, Milano 1S63). (2) Vedi specialmente : A. stoppani, Studi geologici e paleontologici sulla Lombardia, Milano, iS57 ; e u. Curioni, Geologia apiUicata delle province lom- barde. Voi. II, Milano, 188L 14 EMILIO REPOSSI minosa, coeva con quella di Besaiio e press' a poco, altrettanto ricca. Se pigliamo in considerazione altri livelli geologici, come il muschelkalk propriamente detto o la dolomia principale, possiamo constatare in certi casi, per quanto credo, un accenno allo stabilirsi di condizioni somiglianti a quelle che hanno dato luogo alla formazione di Besano, ma dobbiamo giungere alle stesse conclusioni riguardo alla ricchezza in bitume. Nei din- torni di Menaggio, come io stesso potei rilevare (*) e con me il Bistram ('), si intercalano alla dolomia principale tipica serie di strati calcareo-dolomitici alquanto marnosi, quasi fo- gliettati, notevolmente ricchi di bitume, che danno precisamente l' idea di depositi lagunari in mezzo alle scogliere dolomitiche. Questa facies particolare della dolomia principale, nelle vici- nanze di Menaggio ha dato altresì qualche avanzo di pesce ('), e altrove, nella stessa Lombardia, contiene avanzi di più ricche faime ittiologiche, come ad es. avviene a Lumezzane in vai Trompia. La fainia di Liiniezzane, fatta principalmente conoscere dal De Zigno (*} presenta anzi delle interessanti analogie con la fauna di Besano e con quella, coeva con essa, di Seefeld nel Tirolo e di Giffoni nel salernitano come ebbero a notare parecchi autori e specie il Bassani (^). I piccoli giacimenti di bitume, noti in altri terreni, quale sarebbe quello fra Pellio e Ramponio in Val d'Intelvi, nell'in- fralias superiore, hanno ben altro aspetto. Questo che cito, che fu anche esplorato a scopo industriale, si presenta sotto forma di piccole fessure nella roccia riempite da sostanza bituminosa. Ma, lasciando da parte questi confronti, che hanno una minore importanza, torniamo, a guisa di conclusione per queste (1) Fj. Repossi, Osservazioni stratigrafiche sulla Val d Inlelvi. la Valsolda e la Val Menaggio (Atti Soc. ital. <1. Se. Nat. Voi. XM, MiL-ino iy02). (2) A. V. Bistram, Das Dolomitgebiet der luganer Alpen. Freiburg i. B., Itì0:ì. (3) Vedi in C. Airaghi, Di un « p'/iol/dopàorus » del retico lombardo (Rendic. R. 1st. Lonib. Se. e Leit., Serie II, Voi. XLI, fase. XIV-XVI, pag. 768; Milano. 1908) le notizie intorno ;v(l un incompleto esemplare di Colobodus ornaius Agazz. sp. trovato nei ealeari neri intercalati alla dolomia jnincipale di Orandola pres,«o Menaggio e conservato nel Museo del Liceo Cantonale di Lugano. (4) A. De Zigno, Pesci fossili di Lumezzane in r^Z T'rojHTJm (Atti R. Accad. dei Lincei, 1874). (5) F. Bassani, Sui fossili e sulV età degli scisti bituminosi di M. Pettine presso Gifoni ralle Piana in provincia di Salerno (Memorie della Soc. Itnl. delle Scienze, detta dei XL, tomo IX, serie III, n. 3: Napoli, 1893). — La ittiofauna della Dolomia principale di Qifoni (Palaeontologia italica; voi. I, 1896). GLI SCISTI BITUMINOSI DI BESANO IN LOMBARDIA 15 considerazioni d'indole puramente geologica, alla questione già accennata fin da principio circa il riferimento cronologico della formazione di Besano. Stabilita con precisione la successione delle formazioni nei dintorni di Besano, esaminiamo con qualche maggiore minuzie le due interpretazioni sopra ricordate. Alcuni, e specialmente il Bassani e il Taramelli ('), ritengono che la dolomia im- mediatamente inferiore agli scisti rappresenti cumulativamente il muschelkalk e il piano di Wengen, da questo autore aggregato al trias superiore, rispondendo così esattamente alla dolomia del S. Salvatore di Lugano. Conseguenza di siffatto modo di vedere è che gli scisti di Besano (parte infima della formazione calcareo-scistosa che noi, tanto per intenderci, abbiamo chiamato di Besano in senso lato) sarebbe alla base del raibliano, o tutt'al più alla parte superiore del piano di Wengen, mentre il resto, ossia la quasi totalità della serie, e le marne iridate con gesso costituirebbero il raibliano propriamente detto. Secondo altri invece, e particolarmente secondo il Mariani ('), la dolomia sopraddetta rappresenterebbe qui unicamente il riì^- gloriano, ossia la parte inferiore del trias medio della segione varesina, mentre la formazione di Besano, dai primi strati bituminosi fin sotto la stretta fascia di marne puddingoidi con lenti gessose, dovrebbe attribuirsi al ladinico, e cioè alla parte più recente del trias medio. La divergenza sarebbe, fin qui, meno profonda di quanto può apparire a tutta prima : e difatti, ammesso che la fauna di Besano debba complessivamente ascriversi al iS. Cassiano, il diverso apprezzamento dei detti autori deriverebbe in principal modo dal diverso criterio da essi seguito circa la corrispon- denza delle formazioni nostre alle classiche divisioni del trias. La formazione di Besano sarebbe nel trias medio per chi ag- gregasse il piano di Wengen ed il S. Cassiano appunto a questa divisione del trias, mentre sarebbe keuperiana per chi ritenesse che questi due j^iani, e almeno il S. Cassiano, avessero maggiori analogie col trias superiore e di conseguenza fossero da attri- buirsi a quest'ultima divisione. (1) T. Taramelli, Sulla (jiacilura degli scisti bi/ liminosi itiiolitici di Besano, pag. 10 (Milano, 1902). — / tre laghi, pas. T3 (Milano, 1903). (2) E. Mariani, Appunti geologici sul secondario della Lombardia occiden- tale, pag. 12-16 (Atti Soc. ItaL Se. Nat., Voi. XLIII, Milano 1904). 16 EMILIO REPOSSI Ma la divergenza appare, a mio avviso, più profonda, quando si tenga ben presente quanto ho fatto notare tin da principio sulla distribuzione dei fossili nelle serie di Besano ; e cioè che i fossili provengono tutti ed esclusivamente dagli strati bassi, anzi, direi quasi, dagli strati infimi della formazione, e che sopra questi strati, fino alle marne raibliane tipiche, abbiamo una massa, enormemente prevalente per spessore, di strati ste- rili (•). Ed invero quando si tenga in debito conto questo fatto, che non venne riconosciuto o venne quasi sempre trascurato, ap- pare subito evidente come, accettando un'interpretazione piut- tostochè l'altra, si venga a spostare il riferimento, non d'una piccola serie di strati, ma d'una formazione potente poco meno di un migliaio di metri. Se la fauna di Besano si potesse vera- mente ascrivere al raibliano, o, almeno, alla base del raibliano, come molti opinano, tutta la massa della formazione andrebbe attribuita a questo piano fino alle marne iridate gessifere inclu- sive, e, di conseguenza, esso verrebbe ad assumere uno sviluppo di una grandiosità senza confronti nelle nostre regioni : se in- vece, salve le marne iridate, tutto il resto della formazione dovesse attribuirsi al ladinico, saremmo necessariamente co- stretti ad ammettere, che la fauna di Besano appartenesse a livelli piuttosto bassi di questo, e in questo caso, a mio parere, dovrebbe presentare qualche analogia con la fauna di Perledo, con la (|uale invece sembra avere pochissime relazioni. Da ciò risulta che la soluzione del problema risiede prin- cipalmente nello studio paleontologico e nelle analogie che da questo risulteranno tra la fauna dei nostri scisti e le faune affini di terreni perfettamente noli nella loro posizione crono- (1) Gli autori che s'occuparono della forniaziDiie di Besano seaibraiio int'atli supporre frcciuentemente che i fnssili siano in essa distribuiti in senso verticale molto più ampiamente di quanto non sia. 11 Mariani ad es. nella memoria più volte citata dice : « Nel suo complesso la fauna delle masse scistosu di Besano e da rii'erii-si al ladinico: essa contiene specie di wenj^cn, ed altre del S. Cassianu. insieme a specie più antiche: seml)ra quindi verilicarsi in esse ciò che si è constatato nella ricca fauna di Esino, la quale abbraccia tutto il piano ìadiiiico. limitato in basso dagli strati di Huchenstein e in alto da (juelti di Raibl ». A Besano, oltre che specie di Wengen. di S. Cassiano e di terreni più antichi, CI sono, e in maf?gior numero, specie raibliane (Bassani, Meni, cit.); inoltre, mentre ad Esino i fossili sono verisiinilmente distribuiti in tutta la massa della formazione, qui sono sicuramente confinati ncf^li strati più [irofondi o poco meno. GLI SCISTI BITUMINOSI DI BESANO IN LOMBARDIA 17 logica; e che il quesito sia principalmente paleontologico ci è indirettamente comprovato dal fatto, che, almento in parte, le due interpretazioni di cui stiamo parlando traggono appunto origine da un diverso apprezzamento cronologico della fauna di Besano. Gli uni, dando prevalente significato alle forme di molluschi, ritengono che questa fauna abbia grandi affinità con la fauna di Wengen od anche con quella di piani più antichi, gli altri, con- siderando in primo luogo le forme di vertebrati, vi riscontrano indubbie analogie con la fauna del S. Cassiano e degli scisti di Raibl. Il quesito sarà dunque probabilmente risolto da chi, appro- fittando dei nuovi reperti di fossili e dello splendido materiale che si venne a poco a poco accumulando, completerà lo stiidio, già egregiamente iniziato dal Bassani sulla fauna di Besano. Del resto, fondandoci anche solamente sullo studio del Bassani, le cui conclusioni non potranno per altro esser modificate di molto, e sui dati stratigrafici ultimamente raccolti, possiamo a mio avviso già fin d' ora avvicinarci alla soluzione. E difatti, anche senza tener conto del principio che le forme di vertebrati hanno un maggior valore cronologico delle forme d'invertebrati, è fuor di dubbio che nel suo complesso la fauna di Besano presenta grandi analogie con quelle di S. Cassiano e di Raibl, e, per le forme di pesci, persino con le faune di Seefeld, di Lumezzane, di Griffoni, spettanti alla dolomia principale ('). Ciò posto, riesce difficile ammettere che la serie di Besano appartenga interamente al ladinico, quando già ne' suoi strati inferiori, ed anzi solo in questi, contiene una fauna cosi somi- gliante a quelle raibliane. Noi dovremmo dunque in ogni modo smembrare la serie di Besano in due parti, di cui la inferiore, molto minore, spet- terebbe al ladinico, mentre P altra dovrebbe conglobarsi al rai- bliano tipico, somigliando del resto moltissimo agli strati che anche in regioni vicine sono d' ordinario riferiti a questo ter- (1) Riguardo alle atìinità tra la fauna ittiologica di Besano e quelle di Seefeld, di Lumezzane e di Giffoui si vedano particolarmente le citate memorie del Bassani e G. Afihaber, Die alpine Trias des Mediferran-Gebieles (Lethaea geognostica, II parte, voi. I). 2 18 EMILIO REPOSSI reno, insieme colle marne varicolori gessifere soprastanti ad essi ('). Ma anche questa soluzione, che rappresenterebbe lina via intermedia fra le due sopra accennate, incontra, a mio parere, qualche difficoltà. Poiché, se teniamo in giusta considerazione la fauna di vertebrati, e specialmente la ittiofauna di Besano, se accettiamo l'opinione, da molti geologi sostenuta, dell'equi- valenza del S. Cassiano e del Raibliano ('), e sopra tutto se consideriamo che la serie di Besano risponde, come feci rile- vare, a condizioni costanti di de])osito ed è difficilmente smem- brabile anche là dove raggiunge il massimo di potenza e di varietà, dobbiamo necessariamente riconoscere che riesce \\n po' forzata l'idea di staccare dalla serie di Besano una parte, che saremmo del resto imbarazzati a delimitare, per aggregarla alla dolomia sottostante, dalla quale per contrario si ditìerenzia con grande nettezza. Di guisa che io sarei piuttosto inclinato a tornare all'idea, espressa già dallo Stoppani, dal Taramelli, dal Sordelli, dal Bassani e da altri ancora, che cioè la formazione di Besano sia da riferirsi complessivamente al raibliano e che gli scisti bitu- minosi ricchi e fossiliferi ne rappresentino il livello più antico. Ed invero mi pare che la delimitazione degli strati fossiliferi ora constatata torni piuttosto a conferma che a sfavore di questo riferimento, dando nel tempo istesso ragione delle analogie esistenti tra la fauna di Besano e le faune più antiche, analogie (U Per fermarnii ad un esempio a me ben noto, ricorderò come nei dintorni di Nobiallo, sul lago di Como, il l'Hibliano, discretamente potente, risulti preci- samente formato : alla base da calcari neri e da marne bituminose, a volte con fossili, che s'appoggiano a strati di dolomia rosea, con fossili di Esino, siUiile a quella di questa classica località ed a quella da me notata sopra Riva ; sopra questi calcari si hanno marne arenacee varicolori e lenti gessose con dolomie ca- vernose, che rispondono a quelle del M. Pravello e che sono sempre al limite superiore del raibliano. La somiglianza litologica dei calcari neri della formazione di Besano con quelli di Nobiallo mi sembra molto perfetta. (2) L'equivalenza del S. Cassiano e del Raililiano fu sostenuta, come è noto, da numerosi geologi, quali il v. Hauer, il Bassani, il Parona, il Taramelli, il Tominasi, il Bittner, il Laube. lo Zittel, il Broili, il Di Stefano, e, ultimamente, il Galdieri, il quale nella sua memoria « Sul trias dei dintorni di Gifoni » (Ani Acc. Pontamiana, voi. XXXVIII, Napoli 1908) non esiia a riunire (lueste due for- mazioni e ad aggregarle insieme al Carnico, e quindi al trias superiore, e non al Ladiiiìco. GLI SCISTI BITUMINOSI DI RKSANO IN LOMBARDIA 19 che formerebbero sempre la più solida base per chi volesse conservare 1' altra delle opinioni sopra espresse. Difatti, se all'interpretazione che mi pare piti accettabile si volesse ancora opporre, ch'essa implica un esagerato sviluppo del raibliano nella conca di Meride, si potrebbe far rilevare come anche altri terreni in regioni vicine, quali ad es. il retico nella vai di Menaggio e lo stesso raibliano in altri punti della Lom- bardia, presentino a volta a volta un simile aumento, direi quasi, anormale di potenza, senza che sia possibile pensare ad uno smembramento della serie dei loro strati. Riassumendo adunque panni che la spettanza al raibliano della formazione di Besano sia comprovata: aj dall' affinità della fauna ittiologica dei nostri scisti con quelle di S. Cassiano e di Raibl, a lor volta ritenute coeve, e con quelle di Seefeld, di Giffoni, di Lumezzane, ancor più recenti; bj dalla maggiore importanza, universalmente ricono- sciuta, delle forme di vertebrati rispetto a quelle di invertebrati nel riferimento cronologico di una fauna; cj dalle analogie floristiche tra la formazione di Besano e quella di Raibl; dj dalla forma lenticolare assunta dalla serie di Besano in questa regione di sua maggiore potenza, forma lenticolare eh' è in perfetto accordo col tipo suo di sedimentazione lagunare tra dolomie a scogliera e che ne implica una minore antichità rispetto alle formazioni adiacenti, trovantisi apparentemente allo stesso livello stratigrafico ; ej dalla somiglianza litologica ch'essa presenta con la formazione raibliana in località vicine (come per es. a Nobiallo), dove questo piano, pur essendo meno sviluppato, risulta però di calcari neri e di marne bituminose in serie abbastanza po- tente, sottoposti a marne varicolori gessifere ; fj dalla separazione ovunque nettissima tra la dolomia inferiore, talvolta, e dove è più potente, somigliante nella usa parte più alta alla dolomia di Esino e ad ogni modo, verosi- milmente equivalente alla dolomia del S. Salvatore di Lugano. D' altro lato panni, che la constatata limitazione degli strati fossiliferi all'infimo della serie, la mescolanza della fauna di vertebrati con quella di molluschi e la presenza, specialmente fra questi, di forme wenghiane o più antiche ci permettano di 20 EMILIO REPOSSI affermare ancora una volta che gli strati bituminosi utili di Besano sono veramente alla base del piano di Raibl, e corri- spondono press' a poco agli strati ittiologici di questa classica località. Esaurite cosi le poche ossservazioni d' indole strettamente geologica che mi parve opportuno esporre, passiamo a conside- derare gli scisti bituminosi di Besano sotto tutt' altro punto di vista, e cioè dal punto di vista della loro utilizzazione indu- striale. E assai probabile che già da tempo si conoscesse dagli abitatori del luogo la proprietà che hanno gli scisti di Besano di bruciare facilmente con viva e luminosa fiamma, perchè troppo evidente è la zona loro d'affioramento in una regione di como- dissimo accesso e fittamente abitata e perchè non di rado son così neri e leggeri da essere dai malpratici confusi con la lignite 0 col litantrace. Certo è però che la utilizzazione indu- striale degli scisti bituminosi di Besano, almeno a detta del Curioni (*), è posteriore al 1830. Avendo in questo anno il Curioni raccolto i primi campioni di scisti, essi attrassero 1' attenzione degli industriali che pensavano allora di illuminare Milano col sistema Selligue (') e che avevano già anteceden- temente utilizzato allo stesso scopo i bitumi di Rovio. Si intrapresero allora i lavori d'estrazione, ma essi vennero ben presto abbandonati, essendosi pure abbandonato il disegno di illuminazione col metodo Sellig-ue. (1) G. Curioni, Sui giacimenti metalliferi e hiluminosi nei terreni triasici di Besano, pas. 263 (Mem. R. Lstit. Lombardo, voi. IX, Miliino 1863). Cenni suf^li scisti bituminosi delle località adiacenti, e specie dei monti tra la valle d'Avcisnte e la Valf^anna, si trovano nel noto Viaffiiio ai tre laghi del- l'Amoretti. (2) Il sistema Sellifjue era fmidato sulla decomposizione dell' aci|ii;i e sull'au- mento del potei'(! illuminatite dell' idrog'eno cosi ottenuto, mediante af;rs'i"nta di idrocarburi sassosi che, nel caso nostro, si ricavano dalla distillazione dejjii scisti bituminosi di Besano. Il Selligue lavorò a questo scopo lìn dal 1837 n'i scisti liituniiimsi pcriiu.nii ili Aulun e Buxières-les-Mines in Francia. X^^nxn^iìvò ancora che si utilizzarono con lini aM;ili).!.''lii i liitumidi Hoviosiiio dal 1821 epoca dalla quale datano i primi tcntatni pir illuiMÌii;in' a s; ^ V azoto fra 6.4 e 6.7 "/„. Queste percentuali non mancheranno di recar meraviglia a chi abbia qualche conoscenza della composizione chimica dei (1) Questo eiJ i dati che seguono, riguardanti la composizione chimica del- l' olio ricavato dagli scisti di Besano e di Meride, mi furono comunicati dai dottori Contardi e Malerba, che stanno studiandolo dal punto di vista chimico e indu- striale. I risultati complessivi di ([uesto studio formeranno oggetto di npposita pubblicazione. (2) Credo quasi superfluo insistere sopra questi dati, che io qui riferisco col precipuo fine di dimostrare quanto notevole sia il contenuto in sostanze idrocar- hurate degli scisti di Besano. Si faccia il confronto con le rese in gas degli usuali materiali usati a questo scopo e si vedrà come esse siano raramente superiori a quelle di nostri scisti. Richiamo d'altra parte quanto sopra notai circa l'utiliz- zazione già antica di scisti bituminosi, quali quelli di Francia, per la produzione del gas illuminante. 26 EMH.IO I-;EP0SSI consueti idrocarburi naturali, nei quali il solfo e specie l'azoto sono molto scarsi (*]. La lavorazione attualmente operata in posto siigli scisti di Basano si limita alla produzione dell'olio greggio. Questo però viene altrove ulteriormente manipolato per la preparazione dei composti farmaceutici ai quali accennai più sopra. E su questi appunto mi pare opportuno aggiungere qualche schia- rimento, prima di esaurire quel poco che volevo dire sugli scisti di Besano. Fin dal 1883 veniva impiegato dall' Unna nella cura di alcune malattie della pelle un prodotto, noto col nome di u ittiolo », ricavato dalla distillazione degli scisti bituminosi triasici di Seefeld presso Innsbruck nel Tirolo, scisti noti a lor volta da lunghissimo tempo agli abitanti del luogo, i quali ne ricavano un olio medicamentoso, detto Tliursenòl. Le proprietà di (juesti scisti, conosciutissimi (') per la ricca fauna ittiologica in essi conservata, e dei prodotti della loro distillazione, sono portate a conoscenza del pubblico dallo Schròter (') nello stesso anno 1883 e nell'anno successivo da Baumann e Schotten (^). Se ne ha poi cenno in molte altre pubblicazioiii. Pel nostro scopo particolare ricorderò quanto ne dissero gli autori citati. Per distillazione secca degli scisti di Seefeld, bituminosi per gli avanzi di pesci in essi contenuti, dai quali trasse anche (1) Lo zolfo totale, e non lo zolfo oif;aiiicanicnt(' coiiihin;! io, ch'è. il solo die interessi nell' attuale applicazione desìi oli ricavati (lugli scisti di Besano, rag- giunge di rado e ancor più rarainenie supera il 2 O/o negli ordinari petroli (Vedi a (|uost,i) scopo ad es. : « Das Erdol icnd se/ne Venvandten » di H. llòfer; Rratinschweig, 1909). il contenuto totale di zolfo degli scisti bituminosi, quantunque sia ordinariamente l)asso, come ad es. in quelli notissimi di Mid-Lothian (Scozia) (1.5 0/0), talvolta è più alto : negli scisti bituminosi di Gifloni, che ricordai più sopra come affini per fauna e per tipo di deposito a (|uelli dilJcsano, il contenuto totale in solfo é del 3.S1 O/o, secondo un'analisi di V. Di Matteo (Nota sui gia- ciinenti di combustibili fossili dell'Italia meridionale. Atti K. 1st. d' iucoraggia- giamento di Napoli, serie IV, voi. 5, 1892). Negli scisti di Seefeld tale contenuto raggiunge invece il 10.71 O/o nell'olio distillato. Assolutamente notevole è sotto ogni rispetto il «•(nilcniito in azoto (sotto forma di basi piridiclie etc.) dell'olio greggio di Besano, il tinaie sii|iera ogni altro: lo stesso olio di Seefeld, come rileverò anche in seguito, non ne contiene che M O/o- (2) Si veda principalmente a questo proposito: \i. Kner, Fiscìie ton Seefeld (Sitzsb. Wiener Akad. v. VVisseiischaften, voi. LIV-LVI, Wien llS6tì 67. (3) R. Schròter (Monatshefte fiir praklische Dermatologie, Bd. I. p. 233). (4) Baumann u. Schotten (Monatsh. f. prakt. Dermatologie. Bd. II). GLI SCISTI lUTI'MINOSI DI MKSANO IN LOMHARDIA 27 il nome 1' ittiolo, si ottiene un prodotto denso bruno nerastro e di sgradevole odore, che, ridistillato, si mostra formato da un olio e da un catrame. Rettificando quest'olio, se ne ricava un liquido incoloro, con fluorescenza verde, contenente circa il 2.5 '7„ di solfo. Per trattamento con acido solforico concentrato esso si tra- sforma poi, con sviluppo di SO^, nel prodotto noto col nome d'ittiolo, contenente circa il 10 "/^ di solfo, solubile in acqua, in alcool ed in etere, e formato, secondo Schròter, in massima parte di due derivati solfonici. Secondo Baumann e Schotten, il nome d' ittiolo si attribui- rebbe all'olio ottenuto direttamente dalla distillazione degli scisti fra 100" e 255". Questo liquido, dotato di un particolare odore sgradevole, ha una densità di 0.865 alla temperatura or- dinaria, ha reazione neutra e contiene anche piccole quantità di basi piridiche e di acidi organici. Analizzato, dimostra di contenere 10.71 "/„ di solfo e 1.1 °|„ di azoto. L' acido solfonico che se ne ottiene per trattamento con acido solforico, contiene, secondo questi autori, oltre allo zolfo del gruj^po solfonico, anche solfo direttamente combinato al carbonio. Da quanto s' è detto risulta che il nome di ittiolo si diede tanto all'olio greggio, come all'acido solforico da esso derivato: aggiungasi poi che questo nome si attribuisce anche ai sali di questo acido, quale il sale sodico, contenente, sempre secondo Baumann e Schotten, il 15.27 "jg di solfo. Aggiungerò ancora, che vanno pure sotto il nome d'ittiolo molti prodotti della sol- fonazione di sostanze bituminose per nulla somiglianti a quelle ricavate dagli scisti di Seefeld e persino artificialmente com- binate con lo zolfo. Ma, lasciando da parte questo argomento e le discussioni intorno alla composizione ancora problematica dell'ittiolo, tor- niamo ai nostri scisti di Besano. Se è cosa certa che gli scisti di Seefeld hanno una composi- zione chimica in certo modo eccezionale e singolare, non è meno certo che la composizione degli scisti di Besano vi assomiglia notevolmente, come si assomigliano pel tipo di deposito le due formazioni, quantunque la loro età sia, come avvertii più sopra, un po' differente. Già dissi della ricchezza in solfo combinato organicamente dell'olio greggio ottenuto a Besano. Aggiungerò ora che, sotto- 28 EMILIO KEPOSSI posto quest'olio a distillazione frazionata, se ne separa il 2 ", sotto i 100 ', il 40 7„ fra 100' e 255" ed il rimanente bolle oltre i 255"; la porzione che bolle fra 100° e 255'^ ha un peso spe- cifico di 0.8f)6 a 24'', (identico dunque praticamente a quello della corrispondente porzione ottenuta dall'olio di Seefeld) e, trattata con acido solforico concentrato, si solfona, trasforman- dosi in acido ittiolsolfonico, solubile in acqua e dotato di tutte le proprietà che gli autori ricordano per il prodotto ottenuto dagli scisti bituminosi del Tirolo. Questo fatto, messo in chiaro dai dottori Contardi e Ma- lerba che mi comunicarono gentilmente i risultati del loro studio, non manca d'interesse, perchè sebbene si potesse prevedere al- meno una certa somiglianza fra gli scisti di Besano e quelli di Seefeld, i cui prodotti vengono come dissi utilizzati per scopi analoghi, era difficile prevedere che tale somiglianza arrivasse, sotto certi rispetti, fin quasi all'identità. La più notevole dif- ferenza sta infatti nel contenuto in azoto, sotto forma di basi piridiche, eh' è marcatamente più forte nell'olio ottenuto dagli scisti di Besano, maiale differenza, s'io non m' inganno, torna a tutto vantaggio di quest'iiltimo e delle sue qualità antisettiche. Non è, del resto, di mia competenza trattare delle proprietà terapeutiche dell'ittiolo e delle singolarità loro, anche in ri- guardo ad altre possibili applicazioni di questo interessante prodotto, che sembrano già in parte giustificate da esperienze in corso ; mi limiterò a far notare per lo scopo mio, che non tutti gli scisti bituminosi noti e sfruttati si dimostrano idonei alla preparazione del singolare prodotto. Nella regione alpina solo questi due vengono, almeno fino ad ora, utilizzati a tale scopo, e, per quanto so ed avvertii nella prima parte di questa nota, mi sembra difficile che altri se ne possan trovare corri- spondenti ad essi per ricchezza di giacimento e per composizione chimica. Ciò naturalmente senza escludere che, se non qui, in altre regioni, ulteriori studi possan dimostrare la presenza di giaci- menti somiglianti a quelli di Besano o di Seefeld. Da uno studio sui giacimenti di combustibili dell'Italia meridionale (') si può ad es. rilevare, che gli scisti bituminosi di Giffoni nel Saler- nitano hanno forse proprietà che nelle linee generali s'avvicinano (1) V(!(li iiii'iii. ili V. Di Matteo, citata in una nota pi'cceiiente. GLI SCISTI BITUMINOSI DI BRSANO IN LOMBARDIA 29 a quelle degli scisti di Besano, ed è certo che la loro" forma di giacimento, come si può anche meglio dedurre dalle descri- zioni fattene dal Bassani ('), dal De Lorenzo ('), dal Galdieri (^), è molto somigliante a quella dei nostri; le analisi chimiche, che se ne hanno, dimostrano però divergenze non trascurabili, e forse possono, per quanto se ne sa, già escludere una utiliz- zazione industriale del genere ora esposto (^). Ma, ad ogni modo, lasciando da parte la questione pratica, è certo che la composizione chimica e la giacitura di questi scisti e, più ancora, di quelli di Besano, sui quali particolar- mente mi fermo, ci possono dare qualche indizio intorno alle condizioni in cui avvenne il loro deposito e intorno all' origine della sostanza bituminosa che li impregna. Sarebbe fuor di luogo in questa breve nota esaminare anche in modo sommario le varie ipotesi che si sono messe innanzi per spiegare V origine e la formazione degli idrocarburi naturali. La questione è tanto intricata e deve essere conside- rata da tanti punti di vista, che mi porterebbe troppo lontano dal mio assunto, né, d'altra parte, la sua trattazione getterebbe maggior luce sul nostro caso particolare. Per conto mio basti ricordare che fra i geologi trova certamente molti sostenitori l' ipotesi dell' origine organica animale degli idrocarburi natu- rali, basata, oltre che su numerosi dati di fatto, sopra le note e classiche esperienze dell'Englere de' suoi continuatori, i quali riescirono a riprodurre i principali idrocarburi mediante distil- lazione, in condizioni particolari di pressione e di temperatura, di grassi e sostanze organiche di varia natura, ma specialmente di pesci. A conforto di questa ipotesi, si brillantemente con- (1) F. Bassani, Sui fossi l7 e suìl'età dedli schistibitumniosi di M. Pettine, e\c. (Mem. Soc. itaL delle Scienze, serie 3, tomo IX, Napoli, 1S93). Da questa, come dalle altre memorie citate in segnito, parmi poter rilevare che anche a Gitfoni i fossili dì pesci provengono dagli stiati bituminosi interposti ai banchi dolomitici mentre da questi provengono principalmente i fos.sili di molluschi e di vegetali. (2) G. De Lorenzo, Geologia e geografa fisica deìV Italia mericlionale, Bari 1901. Questo autore, parlando del bitume contenuto negli scisti ittiolitici di Gitì'oni, esprime l'idea che possano servire alla preparazione dell'ittiolo. Non è a mia conoscenza se ulteriori ricerche a questo scopo siano state eses'uite ; parmi però, come già noto in appresso, che la scarsità di solfo e d' azoto del bitume di Giftoni renda almeno problematica questa sua utilizzazione. (3) A. Galdieri, Sul trias dei dintorni di Gifoni (Atti delI'Acad. Pontaniana voi. XXXVIII, Napoli, 1908). (4) Vedi note precedenti. 30 EMir.IO RRPOSSI fermata dall' esperienza, bisogna ammettere che nelle diverse epoche ed in diversi bacini marini si siano a volta a volta verificate condizioni tali d' ambiente, da produrre rapidamente la morte di enormi quantità di pesci e d'organismi marini in genere, le cui spoglie si sarebbero accumulate sul fondo. Sot- tratte alla distruzione degli animali predatori ed all' ordinario processo di putrefazione da quelle stesse condizioni d'ambiente e dal rapido deporsi di nuovi sedimenti, siftatti cumuli di sostanze organiche avrebbero subito un particolare processo d'alterazione, più lento, ma analogo a quello riprodotto dall' esperienza, non mancandovi certo coli' andar del tempo, né un' elevata tempe- ratura, né una notevole pressione. Si sarebbero di conseguenza formati i composti idrocarburati, che noi ora osserviamo in natura, o nel giacimento originario o dopo che hanno subito una naturale distillazione per concentrarsi nelle note zone d'an- ticlinale. Le cause che possono aver prodotto la morte in massa di intere popolazioni di pesci e d' animali marini sono presu- mibilmente varie: certo è che anche attualmente sul fondo di certi mari, come ad es. sul fondo del mar Nero, si j)roducono per particolari processi di putrefazione notevoli quantità di idrogeno solforato che rendono impossibile la vita abissale e uccidono i pesci che arrivano a certa profondità ; nulla vieta di credere, poiché siffatto, processo è naturale, che si sia più volte verificato sul fondo di golfi o di mari limitati, nel corso delle ère geologiche, Comunqxie sia, ed anche se non si vuol dare a questa ipo- tesi un valore generale, é fuor di dubbio che, se vi è caso in cui le condizioni naturali di fatto sembrano accordarsi perfet- tamente con la spiegazione supposta, é certamente questo della formazione di Besano. Ed a conferma di quanto asserisco non ho che a richiamare quanto venni dicendo nella prima parte di questa nota. L'estensione e la natura litologica dei calcari di Besano dimostrano ch'essi si son formati per sedimento in un bacino ristretto e non molto profondo, con grande uniformità di depo- sito. Riempiono infatti una conca limitata da tipiche dolomie a scogliera, e la coniinuità pressoché assolutamente indisturbata dei più esili straterelli calcarei o marno-bitnminosi dimostra che assai tranquille dovevan essere le condizioni in cui avvenne la sedimentazione, mentre i fossili vegetali (Voltzia, tìlyptolepis) GLI SCISTI BITUMINOSI DI BRSANO IN LOMBARDIA 31 quantunque non frequenti, provano che le terre emerse non potevano distare di molto. Questo bacino dovette certamente essere abitatissimo ; vi era infatti assai rapido l'accrescersi dei sedimenti organogeni, che hanno assunto una potenza senza riscontro nelle formazioni coeve delle regioni adiacenti, ed i numerosissimi fossili ancora conservati in taluni strati, che possiam chiamare vere lumachelle, ce ne offrono una novella non trascurabile prova. Ora, col concorso di condizioni simili a quelle che abbiam rilevato, ci potremmo ragionevolmente aspettare una perfetta normalità di deposito ed una costanza di composizione negli strati successivi, quale almeno sarebbe compatibile con la natura quasi costiera della formazione. Invece, al principio della serie di Besano, noi troviamo bensì gli strati calcarei a molluschi che rispondono ad una sedimentazione normale, ma intercalati ad essi, ed in vicenda pili volte ripetuta, vediamo gli. straterelli marno-bituminosi, ricchissimi di fossili vertebrati, e solamente di questi, che rispondono sicuramente a condizioni anormali di deposito. Non si saprebbe infatti capire come, altrimenti che per cause inconsuete, i fossili di pesci e di rettili dovrebbero trovarsi riuniti solo in alcuni strati, differenti anche litologi- camente dal resto della formazione, ad esclusione dei fossili d' altra natura, pur si frequenti negli strati, dirò cosi, normali. Quando poi a questa considerazione s'aggiunga ancora, che solo gli strati a pesci sono veramente ricchi di sostanza bitu- minosa, mentre gli altri non ne contengono più dei consueti calcari fetidi, dobbiamo convenire che con ogni probabilità, se non con ogni sicurezza, in questo caso l' origine del bitume deve essere veramente legata ai pesci ed alle cause che hanno prodotto lo straordinario accumularsi delle loro spoglie, pres- soché intatte, insieme a quelle dei loro nemici, gli ictiosauri, sul fondo dell'antico mare triasico. Un' altra prova indiretta di quanto ho creduto di poter asserire si rileva, a mio avviso, dalla natura e dai caratteri degli strati immediatamente superiori alla formazione ricca, più regolari e senza quei bruschi cambiamenti, che abbiamo or ora notati. In essi i fossili vertebrati sono più uniformemente di- stribuiti, sono più vari essi stessi e mescolati normalmente a fossili d' altra natura, né mai vi si accumulano in quantità tanto straordinaria come negli strati veramente ricchi : orbene, alle 32 EMILIO UKPOSSI mutate condizioni, o, meglio, al ristabilirsi di condizioni più normali di deposito, risponde perfettamente una diminuzione notevolissima della sostanza bituminosa. Un altro fatto, che mi sembra di poter affermare senza dubbio alcuno, é che nel giacimento di Besano la sostanza bi- tuminosa si trovi, almeno in massima parte, negli strati rocciosi dove si è originariamente formata, e cioè ch'esso sia i^n giaci- mento che possiamo chiamare primario. Ed invero la concomi- tanza costante del bitume e dei fossili vertebrati nella serie degli strati, la ricchezza, non inferiore a quella degli strati più alti, degli infimi straterelli bituminosi, che primi avrebbero dovuti impoverirsi, se gli idrocarburi avessero in gran parte distillato attraverso la roccia, mi sembrano difficilmente spiega- bili quando si ammetta che la sostanza bituminosa si sia con- centrata negli strati marnosi in seguito ad un fenomeno secon- dario. Noi ci troviamo dunque, anche sotto questo riguardo, da- vanti a condizioni di fatto, a mio avviso, non comuni ; e non credo del tutto fuor di luogo supporre, che lo stesso carattere eccezionale della formazione di Besano sia una causa, per quanto indiretta, dell'incertezza che a lungo durò, e non è ancor elimi- nata completamente, sul suo riferimento cronologico. Ad ogni modo pel paleontologo le antiche vicende che hanno alternato i depositi normali con gli anormali, i fossili di invertebrati con . quelli di vertebrati, tornano sicuramente preziose per la sincro- nizzazione di specie, che, per quanto mi pare, sembrarono a volta a volta cronologicamente diverse, se isolatamente considerate. Ma, lasciando da parte queste considerazioni, che hanno una minore importanza, torniamo per un momento ad esaminare la nostra formazione bituminosa nelle sue relazioni con le ipo- tesi generali sull'origine degli idrocarburi. Quantunque poco di preciso si sappia ancora intorno alla com})osizione chimica dei bit unii di Seefeld e di Besano, e si sia di conseguenza ob- bligati a procedere quasi unicamente per via di semplice indu- zione, credo pur tuttavia di poter affermare ch'essi si staccano nettamente dai petroli e dagli altri idrocarburi naturali, se non per altro, pel loro contenuto in solfo combinalo organicamente ed in azoto, che, come osservai più sopra, arrivano a percen- tuali di gran lunga superiori albi consuete. Il contenulu in azoto degli olì di Besano è specialmente notevole, perchè, come è E REPOSSI , Gli icìsti bitunìnoii di BesAno Atti Soc.it se. nat XLVIII , Tav.I fé A '4 G if . m. SA H it ( ScRla 1 : 25 ooo) GLI SCISTI RITUMINOSI DI HESANO IN LOMUAUDÌA 33 noto, la scarsità di questo elemento nella composizione dei petroli è base d'una delle più gravi obbiezioni che si sian mosse all'ipotesi dell'origine organica animale dei petroli stessi. Nelle classiche esperienze dell' Engler i prodotti della distilla- zione non differivano infatti dagli idrocarburi naturali se non pel forte contenuto in azoto iii forma di basi piridiche ed ami- niche, che mancano o scarseggiano negli olì greggi di miniera. A questa obbiezione l'Engler ed altri risposero, dimostrando che i composti azotati degli animali nella putrefazione rapida- mente si decompongono e si liberano ; ma non parmi senza in- teresse l'aver messo in evidenza come a Besano, a Seefeld, e probabilmente in altri casi ancora, si abbiano sostanze bitumi- nose, d' origine sicuramente animale, abbastanza ricche d'azoto, precisamente sotto forma di basi piridiche. Quale importanza abbia questa constatazione in riguardo all' origine della massa degli idrocarburi naturali, non io cer- tamente sono in grado di giudicare, poiché la questione è molto complessa e mi mancano troppi dati di confronto, né ad ogni modo parmi opportuno generalizzare un caso che si pre- senta con caratteri cosi particolari. I sostenitori dell' origine inorganica o vegetale dei petroli potrebbero volgere a proprio vantaggio l'accennata differenza di composizione, affermando che essa torna appunto a novella prova, sebbene indiretta, della verità della loro ipotesi. E difatti l' origine della sostanza bituminosa è dimostrata sicuramente animale proprio in ixn caso in cui essa si differenzia chimica- mente in modo assai netto dagli idrocarburi più comuni. Anche a questa considerazione, che del resto non manca di valore, si può per altro contrapporre, che la diversità di composizione chimica è probabilmente spiegabile con la diver- sità, altrettanto innegabile, che intercede fra i giacimenti di Besano, di Seefeld e congeneri, e i giacimenti ordinari degli idrocarburi naturali. Quelli sono giacimenti, che possiam dire primari, questi sono invece di tipo secondario ; in essi cioè i petroli son pervenuti dopo aver con ogni probabilità lungamente distillato attraverso la serie degli strati, e in questa distilla- zione è logico ammettere che la loro composizione chimica complessiva si sia alquanto modificata. Non è d'altra parte del tutto fuor di luogo pensare a con- dizioni affatto particolari nel processo di disfacimento dei pesci 3 34 EMILIO REPOSSI - GLI SCISTI BITUMINOSI DI BESANO IN LOMBARDIA e degli animali, che nel mare raibliano di Besano andarono ac- cumulando le proprie spoglie quasi intatte, e nelle vicende alle quali il loro giacimento fu ulteriormente esposto. Comunque sia, la questione potrà essere ripresa e maggior- mente approfondita quando sarà compiuto lo studio chimico dei nostri scisti bituminosi che metterà in giusta luce altri com- ponenti, come ed es. i composti fosforosi quasi sempre pre- senti in scisti analoghi, oltre che risolvere forse il quesito an- cora oscuro della costituzione chimica dell' acido ittiolsolfonico. Né si dovranno trascurare ricerche intese a stabilire negli olì da essi ricavati un'eventuale attività ottica, carattere questo al quale ora si dà giustamente un valore rilevante in riguardo all'origine degli idz'ocarburi. Per conto mio, mi basta l'aver dato un'idea delle partico- lari condizioni della formazione di Besano e l'aver forse dimo- strato ancora una volta come considerazioni, moventisi da diversi punti di vista e convergenti sopra un unico problema, possano talvolta vicendevolmente rischiararsi, e condurre se non alla completa soluzione, almeno a svelare tutta la complessità del quesito stesso all'occhio dell'osservatore. NOTE SU ALCUNI VERTEBRATI DEL MUSEO CIVICO DI MILANO VIU Il Quagga (Equus quagga Gmel.) del socio Prof. Ferdinando Sordelli (con una tavolaj Fra gli esemplari più degni di menzione esistenti in questo Civico Museo è un Equino la cui specie, una volta comune, fu da circa mezzo secolo cancellata dal novero dei viventi. Allorquando gli Olandesi nel 1562 fondarono la Colonia del Capo, questa specie, la più meridionale fra i Cavalli tigrati, era più che frequente nelle pianure ad Est della Città del Capo, e si estendeva a NE. fino al fiume Vaal, a NW. fino al fiume Orange. — I Quagga, che allora scorazzavano in torme numerose, furono però ben presto distrvitti dalla invadente colonizzazione ; non tanto, per altro, che verso la fine del XVIII" secolo non ve ne fossero ancora in buon numero verso l' interno e se ne portassero anche di vivi in Europa. — Al- cuni venivano addomesticati, e se ne videro attaccati alle car- rozze per la Città del Capo ed anche a Londra in Hyde-Park dove, verso il 1800, un certo Sheriif Parkins ne guidava una pariglia sotto un phaeton. Verso la metà del secolo scorso erano tuttavia divenuti estremamente rari e, secondo Bryden, viaggiatore che raccolse alcuni dati intorno alla estinzione di questa specie, gli ultimi rimasti furono anch'essi sterminati nel 1858, presso Tygerberg, nel centro della Colonia. Si ritiene per altro da alcuni che ne 36 FERDINANDO SORDELLI sopravvivessero nello Stato libero di Orange ('), ma non è dato stabilire con sicurezza fino a quando, attesa la confusione die allora si faceva fra le diverse specie di Zebre (-). Comunque sia verso il 1878 non ne esisteva certamente più alcuno in istato libero ('). Anche i giardini zoologici, ne" quali tino alla metà del secolo scorso se ne vedeva più d'uno, cessarono ben presto dall' ospitare questa specie. — In Inghilterra la benemerita Società Zoologica di Londra ricevette successivamente tre Quagga. Il primo nel 1831, ed è probabilmente quel medesimo che si conserva nel Museo della stessa Società. Un altro, una femmina, acquistata nel 1851 e morta nel 1872, fa parte del Museo zoologico che 1' On. Walter Rothschild possiede a Tring, contea di Hertford. Un terzo, donato al Oiardino Zoologico, nel 1858, da Sir George Grey, visse colà appena sei anni, essendo morto nel giugno 1864; era un maschio e la sua pelle preparata e lo scheletro figurano nelle gallerie del Museo britannico (^). — Erra quindi Trouessart dicendo che " le dernier que Von ait vu vivant au Zoological Garden de Londres, arrive en 1858, niourvt en 1864 ", poiché la fem- mina, pervenuta nel 1851, cessò di vivere assai più tardi, come s'è detto, cioè nel 1872, ed anzi ne fu piibblicata la fotografia, presa dal vivo, nel 1870, una delle pochissime e, finora, per me, l'unica figura veduta che rappresenti l'animale vivente (^). (1) Ora non più libero, circa dalla superfice del suolo; esso è potente da m. / a poco più di m. 1,50. Il secondo rfves si raggiunge in generale alla pro- ci) Mi è grato rinK'i''izi:ire 1' egregio iugcgiH^ro F. Minoriiii. sotto l;i cui dire- zione venne eseguita buona parte dei pozzi trivellati di Milano, e l'ingegnere P. Franceschitii pure ilell' Ufficio Tecnico Municipale, addetto a tali lavori, perchè gentilmente mi comunicarono molti dati preziosi su queste jierforazioni. Voglio qui ricordare l'interessante pubblicazione dell' ing. F. Minorini, sull' impianto di sollevamento dell'acqua potabile nel s(jltosii(do di vi;t Maicclld, t';itt;i iii'l perio- dico il Polilecnico di Milano nel 1901. (2) Il prof. F. Salmojraghi, in una importante nota pubblicata nei Rendiconti del R. Istituto Lombardo, diede tìn dal 1892 notizie dettagliale sulla serie dei terreni attraversati nel primo poz/,o di assaggio vicino all'Arenji su ricordato, il i)iii profondo che finora venne scavato nel sottosuolo di Milano. OSSERVAZIONI GKOr^OOICHE SUI POZZI TRIVEIJ.ATI ECC. 45 fondita di m. 13 a ni. /.7,- e il terzo a 30-60 m. circa. Da osser- vazioni accurate e prolungate fatte sul livello piezoinetrico di molti pozzi raggiungenti il primo aves, sparsi in differenti punti della città, si è rilevato come questa falda acquifera superiiciale ha una pendenza generale da AMI' a SE, per cui questa corrente sotterranea ha un lento moto di scorrimento nel senso del pendio del suolo. L'egregio ing. G. Codara del- l'Uiìicio Tecnico Municipale di Milano che fece dette osser- vazioni, mi comunica infatti come la prima falda acquifera è in continuo movimento in relazione alla sua pendenza, pen- denza che presso Milano è 0,0025 per metro, e con una ve- locità valutata circa m. 0,00001 al secondo. Di varia potenza è lo strato alluvionale del sottosuolo di Milano che venne attraversato dai pozzi trivellati per trovare l'acqua. Cosi due pozzi di fianco dell'Arena, vicini ai due pozzi tubolari di assaggio, si arrestarono alla profondità di m. 27,54, e sono i meno profondi di tutti i pozzi trivellati ; un altro poco discosto da questi si fermò a m. 30,30. Alcuni pozzi in via Cenisio, al rondò Sempione, al Parco, vennero spinti a profondità comprese fra m. 30,65 e m. 32,45, mentre che altri in queste stesse loca- lità si dovettero spingere a maggiori profondità per raggiungere la falda acquifera. Cosi ad esempio in via Cenisio altri 3 pozzi si approfondano lino a m. 59,15 — m. 61,45: al rondò Sempione un pozzo si spinse a m. 62,34. Ricordo come i pozzi trivellati vennero costruiti per lo più nella zona periferica della città: e precisamente nella parte occidentale (corso Vercelli — Piazza d'Armi) ; nella zona a NW (rondò Sempione in prossimità della Cagnola — via Ce- nisio); a nord (al rondò di via Farini) ; e a nord-est (in via Marcello, e cioè poco a sud-ovest del rondò di Loreto). In zone interne della città si costruirono, quelli vicini all'Arena e nel Parco (ovest), quelli di via Parini e dei bastioni di P. Venezia (nord-ovest), oltre che quello della piazza della Scala. Le principali deduzioni che si possono fare sulla serie al- luvionale attraversata da tutti questi pozzi trivellati, sono le seguenti : I una generale diminuzione nella grossezza dei fram- menti rocciosi in senso verticale; II una varia alterazione di parte del materiale roccioso alpino e prealpino ; \ 46 ERNESTO MARIANI III una relativa abbondanza di inierstrali argillosi, in special modo nelle alluvioni più basse ; IV una irregolarità pressoché generale nella distribuzione delle alluvioni nel senso orizzontale. L'aumento di volume degli elementi clastici delle alluvioni dal basso in alto, è ini fatto che si riscontra in tutte le per- forazioni della valle padana, dovuto ad un aumento delle forze di trasporto delle correnti. L'alluvione perforata in quasi tutti i nostri pozzi trivellati (si escludono quindi i due pozzi tubo- lari profondi vicino all'Arena), rappresenta il materiale tra- sj)ortato da correnti provenienti da nord, che veniva depositato nei larghi solchi che antichi corsi d'acqua avevano incisi in una più antica alluvione, la quale più a nord della città era stata qua e là rispettata dall'erosione, e modellata in forma di penisole appuntite verso sud, sopraelevate sul piano generale. L'alluvione perforata è prevalentemente fatta da frammenti di rocce alpine, provenienti dallo sfacelo di materiale morenico dell'ultima invasione glaciale, alluvione che in parte contem- poranea a questa fase glaciale, viene riferita al diluvium supe- riore. In generale i nostri pozzi trivellati poco profondi, si mantengono fin dalla superficie in questa alluvione, astrazione fatta si intende del sottile mantello affatto superficiale di ma- teriali di trasporto; ma non è improbabile che le alluvioni raggiunte da pozzi più profondi possono corrispondere a un piano più antico del diluvium superiore. Il pozzo trivellato ])iù profondo è uno dei sei fatti al rondò Sempione in prossimità della Gagnola. Esso raggiunse la profondità di m. (>'J,:ll. e da circa m. 10 in giù attraversò tm' alternanza di argille giallastre e bleuastre e di sabbie fine argillose giallognole con tm pò di ghiajetto, i etti frammenti erano in parte profondamente alte- rati. Queste alluvioni pi-oi'oude. dato il luro gi-ado di alterazione che non si osserva n(ille alluvioiti soprastanti, possono essere forse in parte riferite a qtiel dilnviuìii più antico sopra ricor- dato, che largamente inciso ha servito di base alle alluvioni del diluvium superiore. Cosi va detto anche ])t'i- uno dei dieci pozzi trivellati in piazza d'Armi, profondo ni. (USO, che ha incon- trato delle sabbie fine rossastre a circa in. /.7; come pure per quello di via Parini, profondo m. (>0,:y0, che attraverj>ò banchi di sabbia per lo più assai fine, alternanti con straterelli di i OSSERVAZIONI CtEOI.OGICHE SUI POZZI TRI\ EI,LATI ECC. 47 argilla giallastra, ])er una potenza complessiva di circa m. 32 ('). Anche nel pozzo di recente terminato nel palazzo in costruzione della Banca Commerciale, si nota una ditferonza fra le alluvioni superiori e le profonde. Anclie (|uivi da una profondità di circa m. IO dalla superfìcie della Piazza della Scala, in giù, si hanno argille giallastre e brunastre, sabbie argillose per lo più a grana fina, grigiastre ma spesso ocracee. Ai ciottoli grossolani degli strati superficiali si sono sostituiti rari ciotto- letti nelle sabbie, che sono di rocce cristalline profondamente alterate. Cosiche anche in questo pozzo probabilmente si rag- giunse il diìnviuni medio. Di (Questo pozzo trivellato, il più profondo nell'interno della città, riporto la serie degli strati attraversati. Il pozzo venne costruito nel sotterraneo del palazzo, il cui pavimento si trova a circa m. 5 sotto il piano stradale: esso raggiunse dal piano stradale m. 65 di profondità. L'apertura del pozzo si trova a m. 116,80 sul 1. m. Le profondità qui ri- portate da cui si estrassero i saggi, si riferiscono al livello della bocca del pozzo: 2,75— 4,15. Argilla sabbiosa. 4,15 — B.IO. Sabbia viva con ghiajetto e ghiaja. 6,10 — 10,35. Ghiaja grossolana, di ciottoli di rocce cristalline. 10,35 — 11,75. Ghiaja grossolana mista a sabbia. 11,75 — 13,80. Sabbia viva con ghiajetto. 13,80—13,95. Argilla giallastra. 13,95 — 15,05. Sabbia argillosa con straterelli di argilla e ciottoli. (l) Nel più prijt'oiulo pozzo tubolare (ni. 140, -'3) vicino all'Arena, il prof. S:il- mojraghì, sotto il mantello poco potente di terreni di trasporto, distingue tre piani, che corrisponderebbero al clilUVilini superiore, medio e inferiore. Il primo scenderebbe tino alla profondità di m. 39,50: esso contiene i primi due aves /m. 2,80 — m. 13), Il dilicciuni medio si porterebbe fino a m. 99,51: in esso si incontrarono parecchi livelli d'acqua saliente: si hanno argille sabbiose rossastre o giallastre. Il cliluviuni inferiore, é caratterizzato dall' assenza di ghiaja tino alla massima profondità raggiunta, dalla presenza di sabbie finissime e dalla scarsezza di acqua sotto debole pressione. I limiti seguati a questi piani sono naturalmente approssimativi. In nessun deposito sabbioso e argilloso di tutta la serie delle al- luvioni attraversate, si trovarono fossili. Osservo però che i saggi raccolti nelle alluvioni profonde sono piccoli, essendoché il tubo che si spinse in esse aveva il diametro di m. 0,09S, cosiche piccolissima è stata l'area esplorata. Non può quindi escludersi che in quelle sabbie e argille finissime azzurrastre, che, come ben nota il prof. Salniojraghi, possano rappresentare depositi tranquilli in bacini paludosi, si siano conservati resti di molluschi terrestri o lacustri, come si sono raccolti nel diluviuni inferiore del pozzo trivellato di S. Vittore a Monza. 48 ERNESTO MARIANI 15,05 — 20,15. Sabbia argillosa con ciottoli. 20,15 — 33,15. Sabbia grossolana, ghiajetto e ciottoloni. 33,15 — 34,10. Sabbia fina argillosa. 34,10—34,85. Argilla giallo-bruna. 34,85—35,60. Argilla sabbiosa giallastra, con ciottoletti. 35,60 — 37,20. Argilla sab. con ciottoletti profondamente alterati. 37,20 — 45,55. Sabbia viva di media grana. 45,55 — 46,45. Argilla bruna. 46,45 — 52,55. Sabbia viva di media grana grigiastra. 52.55 — 56,85. Sabbia viva grossa con ghiajetto profon. alterato. 5g^85 — 60,00. Sabbia di media grandezza, argillosa ocracea. Fra i frammenti di rocce alpine (graniti, gneiss, dio- riti, porfiriti dioriticlie, serpentine ecc.), non mancano fram- menti di rocce sedimentari. Sono cioè frammenti dell'are- narie quarzose rossastre del i-'errucano, frammenti di selce grigia, nerastra e rossastra di diversi piani del ginrese, come pure frammenti di calcari neri silicei del Ims inferiore. Questi ultimi sono talvolta voluminosi, e tutti presentano una crosta di alterazione, essendo di sovente i piccoli frammenti comple- tamente decalcificati. La decalcitìcazione di questi calcari si osserva a tutte le profondità nelle quali vennero raccolti. Pochi sono i frammenti di rocce alpine alterati : per lo più la caoli- nizzazione parziale di alcuni di essi si osserva, come già dissi nelle alluvioni più profonde, al di là dei m. .")/ circa. Le sabbie non presentano differenze sensibili nella com])o- sizione mineralogica da livello a livello. Esse sono essenzial- mente quarzose; abbondano i felspati. le cloriti e le miche, e fra queste in special modo la biotite. L' esame fatto dal collega prof. E. Artini di alcune sabbie fine raccolte nel pozzo trivel- lato dello stabilimento Pirelli in via Ponte Seveso (profondo m. 28,50), ha fatto constatare la presenza di molti silicati, i quali, oltre i su ricordati, sarebbero, in ordine di relativa fre- quenza, i seguenti : zircone, granato, (wnililciida. stain-ulite, epidoto, tormalina, aintiboli chiari, riuili). a]»atite, serpentino, sillimanite. Gli strati iuipcniicaliili. siano falli da ai-gillo. argille sab- biose 0 sabbie finissime argillose assai compatte, sono numerosi ma sono disposti irregolarmente, né alcuno di essi si ])resenta molto esteso in su])erficie, pur presentandosi talvolta von no- tevole potenza. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUI POZZI TRIVELLATI ECC. 49 Talvolta si veriiicò il caso che in una stessa area poco estesa, e nella (inala i dislivelli di suolo sono solo di qualche decimetro, non si incontrarono a uguale jjrot'ondità i banchi argillosi, benché potenti, perchè assai poco estesi. In nove pozzi trivellati nel corso Vercelli (parte occ. della città) il primo banco argilloso si incontrò a profondità comprese fra m. iO e m. 12^ con uno spessore in tre di essi di più di m. 10^ mentre che negli altri pozzi poco distanti dai primi, la potenza del banco argilloso discese a m. i,40., m. 1,20^ e in un pozzo fino a m. 0,30. Ciò si è veriiicato in quasi tutti gli altri pozzi costruiti nelle altre aree, sempre poco estese, a nord della città, nei qiiali il primo banco argilloso incontratosi a varie profondità, presenta piccola estensione. Anche negli strati argillosi infe- riori si verifica per lo più questa irregolarità, cosiche, essi formano delle piccole lenti distribuite a vari livelli nelle allu- vioni: solo in alcuni casi qualche banco profondo di argilla si continua lateralmente con banchi di sabbie compatte, assai fine e molto argillose, espandendosi maggiormente in allora Vaves. Ne vi ha sempre relazione fra la profondità dei pozzi colla frequenza degli strati argillosi : e cioè si verifica talvolta il fatto della presenza di un piccolo numero di essi in pozzi che raggiunsero in una stessa area, la maggiore profondità. Cosi ad esempio, nella perforazione di un pozzo nel corso Vercelli che si spinse a m. 56.40 si incontrarono 5 strati argillosi, mentre in un altro vicino a questo e profondo m. 59^76 se ne incontrarono solamente 2, e in un terzo pozzo nella stessa area, profondo poco più di m. 60, si incontrarono o, banchi argillosi. Cosi in piazza d'Armi, pure ad occidente della città, il pozzo più profondo (m. 61 JO) incontrò due strati argillosi, mentre che altri due pozzi vicini a questo ma meno profondi (m. 58,91 — m. 58,44), ne incontrarono quattro. Ricordo infine il pozzo di via Parini (profondo m. 60,30) il quale dopo avere attraversato 3 banchi di argilla gialla compatta, alla profondità di m. 29,20 attraversò delle sabbie argillose per lo più fine, potenti circa m. 31: né si riscontrò alcuna corrispondenza fra questi strati impervi e quelli incontrati nei quattro pozzi co- struiti sul bastione di P. Venezia, a poca distanza da quello di via Parini. La poca estensione degli strati argillosi verso monte è dimostrata anche dalla poca salienza delle acque incontrate : la 4* 50 ERNESTO Mariani salienza invece è più forte, pur non dando origine a acque ar- tesiane, per (|uelle incontrate negli strati più bassi, ove le falde acquifere comprese fra strati di relativa impermeabilità, sono sotto pressione. È naturale che anche questa deve variare anche per ]K)zzì costruiti in una stessa area, data la su ricordata irregolarità della distribuzione dei livelli d'acqua, e la variazione nel grado di impermeabilità di alcune alluvioni che limitano più o meno nettamente le falde acquifere. Si hanno quindi oscillazioni del livello piezometrico abbastanza sensibili ; infatti P acqua dei nostri pozzi trivellati si porta per pressione naturale da m. 2,50 a m. 1,50 circa sotto il livello del suolo. In generale questa altezza corrisponde presso a poco all'altezza del livello piezo- metrico medio del primo aves, con una differenza in via nor- male di qualche decimetro in più o in meno. La diversa profondità a cui viene attinta nei diversi pozzi trivellati di Milano l'accpia potabile, prova come questa pro- venga da diversi livelli acquiferi, che però complessivamente potrebbero formare, se non ovunque, in molti punti, un unico potente aves, nel quale un diverso grado nella permeabilità delle alluvioni che lo formano, come pure la diversa distribu- zione in senso verticale di piccole lenti di argilla, possono far si che in alcuni traiti di questo strato acquifero vi sia imma- gazzinata maggiore quantità di acqua e con più forte pressione che in altri tratti; si è nei primi che la ])erforazione natural- mente venne arrestata. D'altronde ciò si verifica quasi sempre allorquando si attraversa uno strato acquifero abbastanza po- tente, come viene svelato dalle oscillazioni del livello piezo- metrico nel tubo di sonda, man mano che si a})profonda. In più della metà dei pozzi trivellati di Milano, l'acqua viene attinta a profondità comprese fra m. :U) e m. 40. Si sa come queste acque profonde, indipendenti affatto dalle acque freatiche locali, hanno una alimentazioue ])iù regolare, e cioè assai meno oscillante di quelle del pviiiu) ai\'s. Esse sono acque infiltratesi nelle alluvioni dell'alta piauui-a, le (piali nel loro scorrimento a valle, penetrano negli strati ])ernu>abili pro- fondi della bassa pianura, assumeiulo uua certa pressione. Nelle alluvioni del sottosuolo di Milano, vennero trovati qua e là alcuni resti fossili. Oltreché frammenti di corteccia. OSSKRVAZIONI GEOLOGICHE SUI POZZI TRIVELLATI ECC. 51 di radici, di rami trovati in molti strati sabbiobi profondi, nel sottosuolo di Milano anche a poca profondità si incontrarono degli straterelli torbosi. Cosi nella parte meridionale della città i lavori di fognatura hanno talvolta messo allo scoperto, alla pro- fondità da m. lyjO a m. 5, piccole lenti torbose di varia compat- tezza e struttura, sovrapposte a uno strato argilloso. Rappresen- tano esse piccoli stagni, nei quali su un fondo limaccioso si potè sviluppare una vegetazione acquatica che ha contribuito a ricol- marli. Talvolta negli straterelli argillosi più o meno ricchi di frammenti vegetali alterati, si raccolsero frammenti di con- chiglie. Cosi fuori del vecchio dazio di P. Nuova, poco lungi dalla Martesana, in strati argillosi alla profondità di circa m. ;?, vennero trovati parecchi gasteropodi terrestri ( Helix sp. ). Ricordo inoltre la piccola fauna di conchiglie terrestri (N. 21 specie) trovata in un banco di argilla sabbiosa dello spessore da m. 0,60 a m. i e alla profondità di m. 5, nei dintorni di Milano, fuori di P. Tenaglia ('). Anche questo banco argilloso fossilifero del sottosuolo, rappresenta uno stagno temporaneo nel quale vennero insieme ai hni detriti, trasportati quelle conchiglie terrestri, le quali appartengono alla fauna locale vivente. Xelle immediate vicinanze di Milano, e anche entro la città, in alcimi banchi di sabbia vennero di recente raccolte alcune ossa di E/cp/ias, che già descrissi in una mia nota paleontolo- gica ('-). Esse si trovarono a profondità comprese fra m. S,50 e m. I, sepolte nelle sabbie del primo aves, e quindi nelle alluvioni superiiciali del diluviaiìi recente. Prima di parlare del pozzo di S. Vittore a Monza, il più importante di tutti quelli finora scavati, essendoché con esso si raggiunse il pliocene marino, voglio ricordare alcuni pozzi poco profondi, che vennero fatti poco più di un ventennio or sono, in una larea zona a nord di Milano. (1) Sordelli F,, Studi sulla vegetazione di Lombardia durante i tempi geoto- gici: p. 248 e seg. Milano, 1S96. (2) Mariani E., Resti fossili di elefante trovati in alcune cave di sabbia vicino a, Milano: Atti Sue. It. di Se. Nat. Voi. 46, Milano iy07. 52 ERNESTO MAKIANI Prima che si decidesse di dotare Milano di acqua potabile estraendola direttamente dal sottosuolo della città, si era stu- diato fra i molti anche un progetto di presa d' acqua dal sot- tosuolo alquanto a nord della città. A tal uopo, per addivenire alla scelta del luogo adatto per la presa e per le successive opere di allacciamento e conduttura delle acque, si fecero IO pozzi di assaggio, allineati da ovest ad est, nelle seguenti lo- calità : I. un pò ad ovest di Lonate Pozzolo (ra. 'JOO.-J? sul 1. m.), profondo m. 39, S5. II. vicino alla case. Maestrona a nord di Magnago (m. 208,70 sul 1. m.), profondo m. lo. lil. vicino alla case. Buon Gesù (a est di Busto Arsizio) (m. 225J7 sul 1. m.), profondo m. 5i),:ì5. IV. al casello 19 Ferrovia Novara-Seregno (m. 2'28,20 sul 1. m.ì, profondo m. 13,28. V. al casello 21 Ferrovia Novara-Seregno (m. 218,40 sul 1. m.), profondo m. 50. VI. vicino a Cogliate (m. 226,22 sul 1. m.), profondo .m. 48,90. VII. vicino a Barlassina, sulla destra del Seveso (m. 215,25 stil 1. m.ì, profondo m. 37,12. Vili, nelle vicinanze di Carato Brianza (m. 230,90 stil 1. m.), profondo m. .')3,30, IX. nelle vicinanze di Lesino (m. 222,05 sul 1. m.), pro- fondo m. 29,05. X. nelle vicinanze di Sulbiate superiore (m. 238,60 sul 1. m.), profondo m. 48,20. I pozzi 2, 3, 4, 5, e 7 si trovano sul ])iauo diluviale ter- razzato (diluviìan superiore); i pozzi /, 6 e lo sulTaltopiano del diluviion medio; i pozzi 8 e 9 sn quello del (lilurÌKm infe- riore. I pozzi II, IV e V, hanno attraversato un complesso incoerente di ghiaje e sabbie, con straterelli argillosi : ])roljabilmente sono rimasti intieramente nelle alluvioni, per lo più grossolane, del diluvium superiore, alluvioni fatte da uuiteriale sano. Nel pozzo III, alla profondità di circa m. 48, si constatò una notevole diminuzione della ghiaja grossolana, sostituita da fine sabbie grigiastre che si spinsero fino alla massima profon- dità raggiunta, contenendo qua e là qualche ciottolo, o strate- relli di ghiaietto, È notevole poi il fatto che alla profondità OSSERVAZIONI fiKOI^OGICHE SUI POZZI TRIVELLATI ECO. 53 di ni. '^.'y, si attraversò un banco di ceppo grossolano della po- tenza di Idi. metro; cosi pure nel pozzo VII a m. 37 circa di profondità, si incontrò una lente di ceppo. Come è noto sono poco frequenti le alluvioni ])iù o meno grossolane cementate, 0 conglomerati ceppoidi che dir si vogliano, nel (ìiluviimi supe- riore ('). I pozzi I, VI e X, approfonditi nel diliiciutn medio, hanno incontrato alluvioni in parte ferret izzate, e a varia profondità delle lenti di ceppo {^). Di questi pozzi il \n\\ interessante è quello vicino a Sulbiate superiore, per l'alterazione presentata delle alluvioni al di la della profondità di circa m. 35; sono cioè argille grigiastre con chiazze giallastre e sabbie rosse o gialle-ocracee. Superiormente si attraversarono tre banchi di ceppo; il primo a circa m. 13 di profondità e potente piti di m. 16; il secondo a m. 30.sr} e potente m. 0,70; e il terzo a m, 33fi0 dello spessore di circa m. 2. Anche nel pozzo di Cogliate si attraversarono due banchi di ceppo (a m. 50 e a m. 30 cii'ca di profondità). I pozzi Vili e IX hanno attraversato quasi completamente lenti di ceppo: il primo, dopo un cappello di gliiaje e sabbie alquanto alterate, incontrò uno straterello di ceppo tenero, indi un banco di sabbia rossastra ferretizzata, in seguito quattro strati di ceppo, il secondo dei quali potente circa m. 5, sepa- rati da strati di sabbia e di ghiajetto. Il pozzo X, vicino a Lesino, alla profondità di circa m. 20^ incontrò il ceppo., man- tenendosi sempre in esso. Questo pozzo si trova, come sopra dissi, sul terrazzo del diluviwìi inferiore, che su un largo tratto è fatto dal ceppo, il quale più a nord è profondamente inciso dal Lambro. (1) A Saronno nel ISSS si fecero diversi pozzi {sistema canadese), uno dei (inali raggiunse la profondità di m. iS-9,5« (e cioè ni. 87,50 snll. ni.), altri si arrestarono a circa m. 60, come è ricordalo dal prof. Salmojrag'hi. Il pozzo pili profondo rag- jriuse certo e perforò per nu tratto le a.\luviouì del diluvium int'uvìore, penetrando in sabbie line e arifille rossatre e giallastre. Anche in questo pozzo, come ne^Ji'li altri meno profondi, si attraversarono nella parte .superiore della serie alluvionale, dei banchi ghiajosi cementati, come nei pozzi su ricordati delle vicinanze di Busto e di Barlas>ina, il iirimo ad occidente, il secondo ad oriente di .Saronno. (2) La presenza di una lente di ceppo nel pozzo di Loiiate Pozzolo, raggiunta alla profondità di m. 'Jó,SO, prova come anche nelle alluvioni che si .-itendoiio ;i sud del Verbfino, sia avvenuta qua e là una parziale cementazione, ciò che non si volle ammettere per molto tempo. 54 ERNESTO MARIANI È notevole il fatto che in un pozzo costruito vicino a Canonica Lambro, e poco lungi dalla sponda destra di questo fiume, si è atiraversato pressoché alla superficie solo uno stra- terello di ceppo, mantenendosi fino alla massima profondità raggiunta (m. 92) in alluvioni sciolte. Su questo pozzo, interes- sante anche per la presenza di fossili pliocenici rimaneggiati, parlerò in seguito. La regione alluvionale del territorio Monzese compresa fra il Seveso e la Molgora, rappresenta pai'te della ])orzione set- tentrionale del piano generale terrazzato del dilufiiuii superiore, formante la pianura lombarda. Su questo piano terrazzato si elevano degli allo])iani. che in forma di ])enisola vanno assoti- gliandosi verso valle, ed alcuni anche sfumando nel loro tratto terminale col piano generale circostante. Nell'area che ora considero ne abbiamo due principali, che si distaccano dai colli briantei verso sud. L'uno, ed è l'occidentale, pressoché all'al- tezze di Carato si porta a sud lambendo il lato occidentale di Monza, e sfumando jdoco a valle di questa città nei pressi di San Alessandro, ove si avvicina alla sponda destra del Lambro. Questo terrazzo nel siio limite orientale in molti punti sovrasta di parecchi metri il sottostante piano generale terraz- zato, come fra Vedano e Biassono ; alla cosi detta Costa poco a sud di Biassono il dislivello fra queste due formazioni allu- vionali quivi giustaposte raggiunge anche i IO metri. La vasta area del R. Parco farebbe parte del suddetto piano generale terrazzato, limitato alla sua volta ad oriente dalle alluvioni più recenti depositatesi nel solco valli vo dell'Adda faliuviumj. Il secondo altipiano ad oriente del Lambro, si diparte a nord j^ressoche all'altezza di Arcore-Velate, e notevolmente assoti- gliato alla sua parte estrema, termina poco a sud di Concorezzo fra S. Albino e Agrate. Anche questo altipiano si abbassa notevolmente nel suo tratto terminale, sicché, essendo pressoché insensibile il gradino fra esso e il piano generale terrazzato, come si verifica anche pel primo terrazzo su ricordato, non si ha ivi il carattere orografico che possa distinguere due for- mazioni di età differente, che sono a contatto. Si è basandosi sulla disuguale alterazione del materiale roccioso che si può OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUI POZZI TRIVELLATI ECC. 55 seguire sul terreno il confine fra queste due formazioni allu- vionali. Ad oriente di questo secondo terrazzo, che come è noto viene riferito come il primo descritto al diluvium medio, se ne Ila un altro meno esteso che nella sua parte orientale viene a contatto colle alluvioni dell'alveo della Molgora; questo terzo terrazzo termina appuntito poco a sud di Vimercate. Se ci portiamo verso l'Adda incontriamo altri tre terrazzi pure del diluvium medio, separati fra loro da una sottile striscia di alluvioni del dduvium superiore, che rappresentano il riempi- mento dei solchi che le correnti di sgelo dell'ultima invasione glaciale, venivano a produrre in questa più antica alluvione del diluvium medio. E noto come le alluvioni di questi altipiani presentano un grado di alterazione più forte di qtielle del piano generale, presentandosi in vario modo ferretizzate. E cosi le argille sono grigiastre con macchie giallo-brune ; le sabbie sono gialle- ocracee, e spesso un sottil velo di ossidi di ferro riveste molti ciottoli delle ghiaje, alcuni dei quali sono profondamente alte- rati, 0 almeno presentano una erosta di completa alterazione. Se noi risaliamo piit a monte di questa serie di altopiani, incontriamo un'altra serie di altopiani più elevati, più antichi, riferiti al diluvium inferiore. In tutte le alluvioni del diluvium si hanno masse conglomeratiche (ceppo) e arenacee, che però sono più freqtienti in cpielli del diluvium medio e inferiore. Esse si raggiungono a vari livelli sotto un cappello stipertìciale di rocce sciolte di varia potenza, talvolta affiorando alla super- ficie, come da es. quelli già ricordati nelle vicinanze del Lambro nell'altipiano più antico di Canonica-Lesmo; ed altri affioramenti nel diluvium medio, come quello vicino a Vimercate, che poco più ad oriente è inciso dalla Molgora, ed altri infine poco estesi nei successivi altopiani, pure del diluvium medio, verso l'Adda. La città di Monza poggia in parte, nel suo lato occidentale e sud-occidentale, sulle alluvioni del diluvium wieàìo; nella sua porzione mediana e in quella orientale invece sulle alluvioni diOÌV alluvium e su quelle del diluvium superiore ('). Il pozzo più profondo di Monza noto finora, era quello della (1) Lo scliizzo geologico dei dintorni di Monza annesso a questa mia nota, è preso dai rilievi fatti dal prof. T. Tarauielli e dall' ing. prof. A. Stella. 56 ERNESTO MARIANI villa Reale [m. 17'> sul 1. m.), di cui il Curioni diede la serie dei terreni attraversali ('ì. profondo circa 70 m. Esso, dopo aver attraversato un cap])ello superticiale di terriccio vegetale e di sabbie ferretizzate dello sjìessore complessivo di circa m. 1 attraversò un'alternanza di l)anchi di sabbie, di gliiaja, di argille e due strati di ceppo, Tuno alla profondità di circa m. 16; l'altro a grana minuta, alla profondità di circa m. 62^ sotto il quale separato da uno straterello di sabbia e ghiaja, si incontrò un altro banco di ceppo che non venne forato. E pro- babile che questo pozzo profondo della villa reale abbia attraver- sate tutte le alluvioni del piano generale terrazzato, che a nord si estendono largamente a formare il R. Parco, e sia entrato in quelle del diluvium medio ; ma non saprei segnare il limite fra questi due dilurinm. Sopra il secondo banco cejìpoide si attraversò un potente strato di ghiaia grossolana, nel quale si ha il secondo aves^ che potrebbe forse limitare inferiormente il diluvium superiore. Il pozzo recentemente scavato a Monza è quello di S. Vit- tore (m. lòl sul 1. m.) sulla sinistra del Lambro, vicino al Macello. Esso, come già ricordai, venne spinto alla notevole profondità di m. •2()6 dalla superficie del suolo, e quindi a m. 52 sotto il livello del mare. Durante la perforazione si at- traversarono, dopo i primi due aves^ parecchie piccole vene d'acqua, per lo più comprese in sirati sabbiosi sovrastanti a lenti di argilla. Alla profondità di m. 110,45 si incontrò un potente strato acquifero dello spessore di m. 17,20; si è in questo strato acquifero che in seguito la colonna dei tubi, che si era spinta fino alla detta profondità, venne risollevata. L'acqua nella colonna dei tubi sali da]q)rima lino a m. 1.55 dalla superficie del suolo, per ])oi ridiscendere di circa / metro, portandosi quasi a m. 2,50 dal piano della campagna ('). L'alluvione ghiajosa-sabbiosa che forma la superficie del- l'area sulla sinistra del Lambro nella (jualo venne ]iorforato (1) Ciirioui G., OcoiOiiia applicata di'llc ìiropiitcie hiiiiliardc, Paiic i, p. 304, Milano, 1877. (2) tiiu'sto pozzo venne eostruito (l;ill:i cisii liopii e Renter di Mini iilicini. la lierforazione si ini/iò con un tnlm ilei (li,nncti-i> di inni. .WO, elie si niiinMt'oiidò fino a eifc;i ni. .','/,/.".: iiiili vi si iiitniiliissi' mi .-illi-o dei (li;ini. di min. -JU) lino allil profondila ili in. ,V\,.;^; ; indi un .■iltiodid di:i inct io di nini, isii lino .m ni. Ii):>.:i:>. in se^^nito uno di inni. ir>0 lino a in. i,S'7,.W, in iillinio un ;iltro tulio loii lilliu del diametro di nini. iOO spinto lino alki niassiiiiii indtbiidità ra«-«:iniil.i ni in. •.•ni:. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUI POZZI T1UVKM,ATI ECC. 57 il pozzo di San Vittore, è le^Li^^forineme ferret izzata. Sotto un sottile strato fatto da materiale di trasporto, in parte terreno coltivabile, si incontra quella alluvione nella ([uale le gliiaje e le sabbie, mescolate specialmente superiormente con abbondante terriccio, si presentano parzialmente ferretizzate. La ferretiz- zazione è limitata su uno spessore di poco piti di un metro: a profondità oscillanti fra m. l,:ì(> e ni. l..'}() l'alluvione essen- zialmente costituita da sabbia, ghiajetto e ghiaja di rocce cri- stalline, opperò con frammenti di rocce calcari sedimentari, non presenta n^ateriale ferretizzato, avendo inoltre perduto l'ele- mento argilloso-terroso dello strato sovrastante. Uno stesso grado di ferretizzazione, e a uguale profondità del suolo, si verificò in alcuni pozzi vicini a quello di San Vittore, come in quello delle carceri, e nei due nel fabbricato del Macello, come pure in parecchi punti ad oriente, verso cioè S. Albino, e più a sud dell'area ora considerata ('). La serie dei terreni attraversati nella perforazione del pozzo di San Vittore (^), è data da un'alternanza di sabbia, ghiaietto e ghiaja, prevalentemente fatte da rocce cristalline. (1) Pressoclie nella zona di c-oiitntto tV.a l'altopiano del (liluì:iuìn medio che si estende ad oeeidente di Monza, e il piano generale terrazzato (dilUVilini supc- riore), nella parte meridionale della città, e precisamente presso lo stal)ilimento della Società per imprese elettriche Conti, alla quota di m. i60, venne alla fine del l'JOe, costruito un pozzo trivellato. Lo strato superficiale alterato, più potente di quello del pozzo di S. Vittore e di quelli ad esso vicini, poggia su un notevole spessore di ghiajetto, saljbie con abbondante ciottolame nejyli strati supe- riori. Alia profondità di ni. ^2.70 si incontrò una lente di ceppo dello spessore di m. o^30^ indi una seconda serie di sabbie, ghiaje e ciottoloni di graniti e di gneiss, con qualche ciottolo di calcare nerastro (Zm5 inferiore) della potenza com- plessiva di ni. 2,40. a cui segui un'altra sottile lente di ceppo (da m. 26,60 a m. 26,70). Sotto a questo ceppo, fino a m. 57 circa, profondità a cui si arrestò la perforazione, scomparso il ciottolame, si incontrarono sabbie con ciottoletti. La maggior alterazione di uno strato potente delle alluvioni superficiali, rispetto a quella della regione sulla sinistra del Lanibro su ricordata, prova come ivi siamo nella zona terminale dell' altopiano del dilUViìcm medio sopra ricoi'dato. che, come già dissi, sfuma col piano generale terrazzato. (2) La perforazione di questo pozzo trivellato (iniziatosi nel 1906) venne falla sotto la direzione del signor ing. Ottorino .lotta in quell'epoca Ing. capo dell'Uf- ficio Tecnico del Comune di Monza, validamente coadiuvato dal signor geometra Silvio Barbieri, pure di quell' Ufficio Tecnico. Man mano che progredivano i lavori di prepai'azione, venivano con ogni cura raccolti molli saggi dei sedimenti che si attraversavano, saggi che io ho potuto ripetutamente esaminare mercé il gen- tile intervento del signor D. Cesare Staurenglii, e del signor Meda, attuale .-asses- sore dei lavori del Comune di Monza. Kiniiovo i miei più vivi ringraziamenti a questi egregi signori, che hanno in tutti i modi noievolmeute favcnitu (niesto mio studio geologico su questa interessante perforazione di suolo. 58 ERNESTO MARIANI con l)anchi numerosi argillosi, e banchi di conglomerati e di brecciole. Le ghiaje e i cioiioloni non si spingono al di là dei primi m. 31,50 ove si incontrò il primo banco di argilla della potenza di m. 0^85. Dalla detta profondità tino alla massima raggiunta il materiale sciolto è rappresentato da qualche sottile strato di ghiaietto, ma per lo ])iiì da l)amdii di sabbie, la cui grana si fa vieppiù fine coli' approfondirsi. Dalla profondità di m. t:> in poi, la sabbia è quasi sempre finissima, per lo più argillosa, specialmente là ove è ricoperta da lenti di argilla. Frequenti sono i banchi di ghiaja e sabbie grossolane ce- mentate, ma assai più sono quelli argillosi. Gli strati di allu- vioni ghiajose cementate, sono confinati nella parte superiore della serie alluvionale. Il primo si trova alla profondità di m. 7,20; è un conglomerato grossolano fatto da ciottoli selciosi, da rocce gneissiche, serpentinose ecc., della potenza di m. 0,10. I suc- successivi conglomerati sono jDer lo j)iù a grana media, e fatti oltre che da rocce cristalline, da frammenti di calcari ; alcune volte sono arenacei con lenticelle di materiale grossolano. Fra i m. 27.40, e i m. 30,70 si hanno 3 piccoli banchi di conglome- rato arenaceo, separati da ghiaje e sabbie. Inferiormente a m. 30,70 di profondità, si incontrarono solo 3 banchi di alluvioni cementate, essi pure di grana media, l'ultimo dei quali (a m. 38,50) alquanto arenaceo e assai più potente degli altri (m. 2,/0). Inferiormente non si hanno più conglomerati, ma solo banchi arenacei, o breccie minute, che si sono attraversate fino alla profondità di circa m. 110. Quindi anche per le rocce cementate si osserva, come per quelle sciolte, una graduale diminuzione nella grossezza degli elementi che le formano, man mano si discende nella perforazione. La ferretizzaziono delle rocce cristalline si osserva, come già dissi, solo nello strato superficiale, come in tutta l'area che circonda il pozzo. Quasi tutti i frammenti calcarei che sono mescolati alle sabbie sono, se piccoli, totalmente decalci- ficati, se grossi solo alla superficie. Essi sono calcari nerastri con vene spatiche, spesso associati a frammenti di selce nera : sono da riferirsi assai probabilmente al //c/v infci-iorc, il (|nalo nella zona preal2:)ina che sta a monte di Monza, è pi-cvaleuta- mente fatto da calcari nerastri selciosi che spesso alternano con straterelli di selce per lo piìi nerastre. La massima pro- OSSEaVAZIONI GKOLOGICHE SUI POZZI TRIVEF-LATI ECC. 59 fondita ove si raccolsero i frammenti di calcare cosi alterati, fn di circa m. 100^ in mezzo a una fina sabbia. Alcuni strati argillosi contengono residui vegetali, e sono per lo più argille nerastre, come fango torboso, che vennero incontrate dapprima a circa m. 92 di profondità. A maggiore profondità si hanno straterelli torbosi; e da m. 106,13 fino a m. l'29/>0 si incontrano argille, alternati con banchi di sabbia, che contengono qua e là piccole conchiglie d'acqua dolce e terrestri. È un complesso quindi di alluvioni, della potenza di più di m. 2.j?, depositatesi in piccoli stagni, che i fini detriti e i vegetali venivano a ricolmare, e a conservare i gusci di mol- luschi continentali. Un notevole spessore di sabbie azzurre e giallastre, con interstrati argillosi bruno-rossastri, ricopre le formazioni del pìiocene marino. Questo si inizia (alla profondità di m. 147) con una sabbia azzurra ricchissima di fossili, quasi totalmente molluschi; è una sabbia quasi esclusivamente conchiglifera. Sotto a questo strato sabbioso, potente m. 1^25, e che è lo strato })iù fossilifero, si ha un'alternaza di sabbie fine, talvolta con qualche ciottoletto e frustoli di vegetali, con argille pure esse bleuastre e fossilifere. Nelle sottostanti sabbie più o meno argillose, e di estrema finezza, che dalla profondità di m. 185,75 si accompagnano fino alla massima profondità raggiunta dalla perforazione (m. 206), non si raccolsero fossili macroscopici : in un banco di esse (m. 187,30 — m. 190,20) si osservano fre- quenti gusci di assai piccole foraminifere. Pressoché ovunque al contatto di strati argillosi, si incon- trano, come già ricordai, sottili vene acquee, o sem^ilicemente veli acquei. Gli strati acquiferi di una certa potenza che ven- nero attraversati furono tre. Il primo aves sembra limitato in profondità dal primo banco conglomeratico ; si trova quindi alla profondità di circa m. 7 ('). Il secondo si trova limitato (1) È interessante conoscere r.inianiento della prima falda, acquifera nel sot- tosuolo di Monza e dintorni. L'Ufficio Tecnico municipale di Monza, in seguito a osservazioni fatte su molti pozzi sparsi in vari punti della città e fuori di essa, ha potuto tracciare le varie curve di livello del primo ates. nel quale le acque, come neiV aves superiore del sottosuolo di Milano, hanno un lento scorri- mento da nord-ovest a sud-est. É importante constatare la nessuna deviazione che le isoisse freatiche presentano avvicinandosi al Lambro; poiché esse tagliano obliquamente il flume senza inflettersi. Ciò prova come il Lambro non ha alcuna influenza sul livello delVaves, il quale é esclusivamente influenzato dalle condì- 60 ERNESTO MARIANI dai successivi tre piccoli strati di conglomerato arenaceo, e quindi alla profondità di circa m. SO; mentre la terza falda acquifera si incontrò a m. 1 10,45, potente più di m. 17 ('). Questa falda acquifera è superiormente limitata da un grosso banco di argilla gialla-grigiastra, o verdastra m. 9,35), ed inferiormente da un altro banco di argilla verdastra e nerastra, assai meno potente del precedente (m. '1,85). Non credo possibile segnare con sicurezza i limiti dei tre piani diluviali della serie alluvionale, che potente m. 147 so- vrasta il pliocene marino. Si sa che in generale le alluvioni del diluvium recente, sotto una crosta sottile di alterazione, presentano il materiale fresco ; mentre che quelle del diluvium medio e inferiore sono assai piìt alterate, con abbondante ter- riccio ocraceo, cosi le argille e le sabbie hanno tinte giallastre. Però si è constatato che nelle alluvioni più profonde, al colore predominante giallo-bruno si sostitttisce se non totalmente in gran parte il verdognolo, e si hanno argille verdiccie, sabbie grigio-verdognole, e talvolta tutte azzurrastre. Nella serie del pozzo di San Vittore non si pttò fare ttna zioni generali elinialiche della regione, con massimi e minimi un pò in rilardo sui massimi e minimi pluvionietriei. D'altronde e noto come un corso d'acciiia in generale riceve acqua del sottosuolo delle aree a contatto con esso, e non ne cede. Questa nessuna influenza del tìiinie sul livello dei primo aves, era già stata verificata non solo pel Lambro anche a nord di Monza, ma per alcuni tratti del Ticino, dell'Olona e dell'Adda. È evidente che se dal fiume passa dell'acqua nel sottosuolo, le isoisse in vicinanza del fiume si innalzeranno ; mentre che si abbas- seranno se vi ha passaggio di acqua del sottosuolo nel fiume. Il Ticino ad es. riceve acque sotterranee in molti punti, e abbondantemente, come è dimostrato dalle numerose sor^^'enti che si hanno sulla sua sponda, delle quali alcune, come quelle di Vizzola e Castelnovate, hanno rilevante portata. L'Olona nella sua parte supe- riore, e cioè neir altopiano, riceve esso pure acque del sottosuolo ; cosi presso la Marcolina l'Olona si arricchisce di acque dell' aves delpiano circostante, come lo provano le abbondanti sorgenti sulla sua sponda sinitra, denominate le olle. Nel corso inferiore il livello dell'Olona si innalza sopra quello dell'ffiv.v circostante, senza però che l'Olona ceda acqua al sottosuolo, giacche la continuità delle curve orizzontali dell' acqua sotterranea non si mostra alterata. Ciò si spiega col fatto che il letto dell'Olona ivi è reso impervio dalle torbide che trasporta.il Lambro a monte di Monza, si comporta come l'Olona, colla differenza che la immissione di acque sotterranee ò meno regolare, poiché il sottosuolo é in parte roccioso (ceppo). Anzi non si può escludere del tutto che il Lambro in alcuni punti del suo corso a monte di Monza, lasci passare un pò d" acqua nel sottosuolo. Anche la Molgora non cede acqua nel suo percorso nell'alta pianura; cosi l'Adda riceve acqua del sottosuolo, ne si può provare una infiltrazione di aciiut fluviali nel sot- tosuolo. (1) Questa falda acipiifisra si trov.a a un livello abiuanto più basso di i|uell:i. d;i cui att,iu,'ono l'acqua i |)Oz/.i trivellati di Milano. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUI POZZI TRIVELLATI ECC. GÌ distinzione netta basandosi sn (piesto diverso grado di altera- zione delle alluvioni: che se è vero che in quelle superticiali predominano le tinte ocracee, sia nelle rocce sciolte che negli strati ceppoidi, mentre che nelle alluvioni profonde molte ar- gille e sabbie sono viritizzate, la ferretizzazione si spinge al di là della profondità di m. 60, incontrandosi sabbie e argille giallo-ocracee tino a più di m. 90. Io ritengo che al diluvium inferiore, e forse in parte al vilìafranchiano, considerato come zona continentale alluvionale lacustre, si possa riferire tutto quel complesso di argille più o meno torbose, con straterelli torbosi, alternanti con sabbie ar- gillose, e che contengono conchiglie per lo più ridotte in fram- menti, sovrastante al pliocene marino. È un complesso alluvio- nale abbastanza potente, che potrebbe iniziarsi alla profondità di m. 91,80, ove si incontrò il primo banco di argilla torbosa. Come già dissi queste alluvioni rappresentano quella fase di passaggio che di sovente si osserva da una formazione marina a una formazione continentale di facies fluviale, rappresentata cioè da depositi formatisi in gran parte in bacini lacustri e in stagni, che qua e là si formavano in seguito al graduale sol- levamento del lido pliocenico. Le poche conchiglie conservate in questi depositi che io ho potuto esaminare, sono assai male conservate, appartengono a piccoli gasteropodi, ma per lo più a bivalvi {Ci/rena sp.Pj. Sopra al detto strato di argilla torbosa (a m. 01,80 di profondità), si ha un banco di sabbia azzurrastra, con sottili intercalazioni di ciottoletti di selce nerastra e di calcari decal- cificati, banco potente m. 9,15, privo di resti organici. Con questa alluvione si sarebbe forse iniziato il (liìiiviuìu medio, al quale si potrebbero riferire tutte quelle fine alluvioni soprastanti che si spingono fino a circa m. 45 dalla superficie del suolo. Queste alluvioni fine rappresentano un regime di correnti a portata pressoché costante, senza cioè notevoli alternanze di piene e di magre ; alternanza che fu invece forte per quelle correnti che depositarono gli strati superiori, fatti per lo più da ghiaje e sabbie vive, con frequenti interstrati di puddinga o di arenarie grossolane. Allorquando si faranno altri pozzi profondi nell'area di San Vittore, coli' esplorarsi quindi una zona più ampia del sottosuolo, si potranno raccogliere dati più sicuri per poter r,2 ERNESTO MARIANI venire a una suddivisione meno incerta del potente mantello alluvionale del diluvium che co])re il pliocene marino. I fossili ])liocenici raccolti nelle sabbie e nelle argille profonde del pozzo di San Vittore, e che in gran parte ho potuto avere in esame, sono dati quasi tolalmonle da bivalvi e da gasteropodi. L'ottimo stato di conservazione di questi, esclude affatto l'idea di un rimaneggiamento, e cioè che essi, strappati più a monte da corsi d' acqua da qualche lembo pliocenico, abbiano potuto subire un trasporto, per essere poi depositati ])iù a valle. Ciò come è noto, è avvenuto in parecchi punti nella Lombardia durante il quaternario, ed anche u\ una zona che sta a nord di Monza, come vedremo in seguito. Parecchi gusci di bivalvi si presentano minutamente per- forali da spugne, come ad es. molte valve di Venus yaUina L.. Dosiuia /upinus- L., Maclra suììlruncata Da Costa, Donax venu- slus Poli. Abboudantissiini sono gli esili gusci della Dilrupa cornea. L., per lo \)\\\ in perfetto slato di conservazione. Oltre che piccole foraminifere, in genere conservate nelle fine sabbie profonde, insieme ai molluschi si hanno, un frammento di corallario, un piccolo franiniento della regione apicale di un Briasidac. l'estremità di una piccola chela di o-oslaceo. e fram- menti di Lilliolliamniuni. Le forme più comuni di molluschi che ho polulo deteniii- narti dal materiale avuto in esame, sono le seguenti: Ostrca ed hit's L. Anomia eplitì'inuni L. e v;vr. Chlamys varia L. sp. Aequipecten opcrcnlTi'/s 1-. sp. Pinna sp. Axinea injlata Br. sp. * Leda {Lembulns) palla !.. s|). Chama orypìioidcs L. Cardtain tuberculatum L. Cardiiim aculeatum L. Myrtea spini/era Monig-. sp. Venus {Amiantis) islandicoides * Cytherea (Pitar) rudis Poli. Callista pedemontana \X. sp. Dosinia Inpinus L. sp. Dosinia orbicularis .\J,^ D. venustus l'oli va.r.parvoìrini/a Tellina donacina li. T. donacina i..., v:ir. striatella Lam. S;icci Hr. Pi/cnodonta cochlear Pili sp. Pecten jacobaeus L. sp. AcQUipecfen scabrellus i.l<. sp. Flexopecten inaequicoslalis Lk. sp. Arca Noae L. Axinea insuhrica Hr. sp. Cfiama (jryphiìia i.k. Cardium edule L. Cardium papillosum. Poli sp. Lucina borealis L.? Venus ovata Pennant. * Venus {lallina L. Callista eli io ne l-. sp. C pedemontana Lk., \:\v.{iiiiaiitea\^vn. Dosinia exoleta L. sp. Donax venustus Poli. Tellina planata L. TelUìui elliptica Hr. Lutraria obloniia ('lit-mnitz. OSSERVAZIONI (iKOLOGICHK SUI POZZI TRIVELLATI p:CC. 03 Psam moina jViroeiis is Cheinniti!, var. pyrennica Font. Psanimobiaaj/lnisDuj.jvnv. major Bvn. * Mactra trian{inl(( Kcn. * Mactra stthtruncafa I);i Cosia. Mactra corallina L.v * Corbula ifibba Olivi. Ventalium inaeciuaic Horsoii. * Di'iitalium sexanuulum Se-hr. Antale vitreum Scliròt. Trochics siihcineraria d'Orb. * Turritella coiaìnifuis Risso. * Turritella tricarinata Br. sp. Vermetus intortus Lk. Caliiptraea clitnensis L. sp. Neverita Josephinia Risso. * Maticiìia catena Da Costa var. Rissoina pusilla Hr. sp. Turbomlla lacteaL.,Yiir. inttispersxl- ^, , «, , ■ i , „ ' C/ienopiis pespeltcam L. sp. cata Sacco. Nassamutabiiis\j.n[ì.v;ir.oblii/uatalìv. Xassa musiva- Br. sp. Nassa angulata Hr. sp. Nassa serrata Bi-. sp. Murex scalar is Br. Raphitoma harpula Br. sp. Actaeon semistrialuìii Fer. sp. * Ringicnla auriculata Mén. sp. Rinaicula auriculata Men., var. buvcinea Br. (l). Oonie risulta da (luesto elenco, qi;asi lutti i fossili sono comuni -ixW a^Hfiiio e al pincenziano] cosiche, ove si voglia rite- nere queste due suddivisioni come due piani cronologicamente distinti del pliocene, non si ])otrebbe riferire con sicurezza questa nostra piccola fauna ad uno di essi. Ma jtoichè tiuora non si conosce un sicuro carattere paleontologico che possa servire a tenere separati come due piani distinti Vaatiano e il piaeetìz.iano, ritengo anch' io che queste due denominazioni vanno considerate come due facies di un unico piano, come da tempo ritiene il prof. C. De Stefani. Questo nostro leml)o ])liocenico sembra possa riferirsi a una zona di mare poco profondo, sia per la presenza di forme della zona delle laminarie (^Ostriche, Carelli, C;/Uierea pedemon- tana, Corìjula tiiì>ha ecc.), che j)er la natura dei sedimenti che lo formano. Infatti lo strato eminentemente fossilifero, e da cui provengono quasi tutti i fossili (N. 77) è dato da una sabbia grossolana: lo strato sabbioso potente raggiunto alla profondità di m. ir»9.10, contiene numerosi ciottoletti, e alcuni straterelli di argilla pur essi fossiliferi, sono sabbiosi. Maggiori conclusioni come pure confronti faunistici, si potranno fare allorquando altre perforazioni di suolo nell' area di San Vittore, avranno esplorato in vari punti questo lemlm })liocenico, il quale, con (pudli già noti della Lombardia e del (1) Le specie segnate con un asterisco sono le più abbondanti: fra queste poi la Mactra subtruncata Da Costa, la Corbula gibba Olivi, la Vemis gallina L. e la Ringicula auriculata Mén. sp , sono rappresentate da moltissimi individui. 64 ERNESTO MARIANI Novarese, dovevano formare un'unica formazione, che dal solleva- mento postpliocenico veniva in vario modo dislocata, ridotta in lembi, qua messi allo scoperto, altrove invece sepolti da morene 0 da alluvioni. E noto che nella zona collinesca compresa fra il Seveso e l'Adda non si conosce alcun alìioramento di pliocene marino. Il prof. Taramelli pensava che questa regione dovesse per ciò formare una penisola nel mare pliocenico, della quale non era possibile precisare il limite a sud ('). Naturalmente la scoperta di questo pliocene, sepolto a circa 1 17 m. sotto alle alluvioni di Monza, modifica questo modo di vedere ("). Aggiungo inoltre che un deposito pliocenico si doveva trovare alquanto a nord di Monza, essendoché fossili marini pliocenici, ridotti per lo più in minuti frammenti, fuorché molte piccole forme di gasteropodi ecc., vennero trovati in \\\\ potente banco di sabbia argillosa, raggiunto nella perforazione di un pozzo a Canonica Lambro, che si trova a circa km. 0 in linea retta a nord di Monza, nella valle del Lambro ('). E questo quindi un nuovo deposito di fossili pliocenici rimaneggiati nella Lombardia che si aggiunge a quelli già noti (1) Taramelli T., I tre laghi,, 1903, Milano. (2) È la prima volta che con una perforazione profonda tli suolo nflhi pi;iinna padana., un pò lungi dalle falde niontuo.ie, vennero raggiunti i ssedinienti marini del pliocene. Invece parecchie trivellazioni fatte vicine a falde montuose, incon- trarono a varia profondità il pliocene marino, come ad esempio quelle di Manerba presso il Mella, di Pontevieo presso 1' Ogiio, di Lonigo, di Podenzano presso il Nure, di Malandriano presso il Parma, di Imola in piazza delle Erbe ecc. (3) Questo pozzo venne perforato sulla destra del Lambro, fra Gemo (fraz. di Lesmo) e Canonica, a una cinijuantina di metri del lìiime ; la sua apertura si trova a circa m. 200 sul 1. m. Come mi ebbe gentilmente a comunicare il signor ing. Biffi a mezzo dell'egregio D. Staurenglii, in tutta la perforazione, che si spinse fino a m. ,9:?, si incontrò un solo sottile strato di ceppo, alla profondità di circa m. .5. E questo fatto è abbastanza notevole, essendoché in altri pozzi vicini, il ceppo incontrato è potente, come lo è lungo l'Adda profondamente inciso. Sotto il ceppo si attraversò un potente banco di argilla giallastra compatta, indi potenti banchi sabbiosi con alternanza di stratcrelli argillosi. luilla profondità di in. 50 fino alla massima di m. 92, le sabbie, per lo più a grana lina, sono fos- siliferi; però i fossili si trovarono in maggiore quantità negli ultimi iO metri. Secondo l'esame fatto dal prof. F. Salmoiraglii, queste sabbie risultano di mate- riale roccioso locale, non alpino. Come sopra dissi, i fossili sono per lo più ridotti in frammenti assai piccoli; sono sfuggite alla frantumazione alcune piccole forme giovanili di gasleropodi (Clathurella sp. Rnvhitoma sp. Nassa sp. ecc.) e di Mvalvi {Tehina sp. Venus sp.): frequenti sono le eonehigliette di oslracodi e iX\ fovaminiferi. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUI POZZI TRIVELLATI ECC. 65 da tempo di Cascina Rizzardi ecc., a sud del lago di Como. Il prof. Salmojraghi nel suo recente lavoro sui terreni di Vizzola Ticino e Castelnovate ('), accenna alla presenza di un esemplare di Slrotnhiis coronalus Defr., nell'alluvione del diluvium supe- riore poco a nord di Vizzola. Io infine ricordo che di recente in una cava di sabbia tra la Cascina Risarà e Besnate (Somma Lombardo), vennero trovati alcuni gasteropodi fStrornbHS-NalicaJ e frammenti di corallari, pliocenici, che come quello di Vizzola, possono provenire da qualcuno dei noti lembi pliocenici subal- pini che stanno immediatamente a nord, o da qualche nascosto giacimento. * * * I saggi raccolti dalle persone addette alla perforazione del pozzo di San Vittore di Monza, furono 99: alcuni di questi saggi presentano fra loro piccolissime differenze, cosichè nor ho cre- duto il caso di tenerli separati. La serie dei terreni attraversata è la seguente : (1) Atti Soc. Hai. di Se. Nat., Voi. XLVII, Milano I90S. 66 ERNESTO MARIANI £"2 3 O ìzìts Profondità o 0) Q< XI Natura degli sli-.-iti 1 0,00- 1,60 1,60 Materiale di trasporto: .sottile strato di tcri-eno col- tivabile. 2 1,60- 7,20 5,60 Ghiaja, ffhiajetto e sabbia: rocce cristalline .scistose, calcari grigiastri. 3 7,20- 7,30 0,10 Conglomerato di ciottoli selciosi, di {gneiss, di ser- pentino ecc. 4 7,30— 14,60 7,30 Ghinja, n-liiajetto e sabbia cristallina. 5 14,60— 16,40 1,80 Salibia con ciottoloni di frneis-. C 1(;,I0— 17,45 1,05 Sabbia viva uiiinita con qnalclie ciottolone. 8 17,45— 18,75 18,75- 19,14 1,,!0 0,39 Sabbia di media ffrana con ciottoloni (graniti, mica- scisti, quarziti ecc.) e frammenti di calcari neri con vene sp;iticlic. 8al)bia viva minuta con (jualclie ciottolo cristallino. ;i 19,14- 20,80 1,66 Sabbia viva fina, con ciottoloni (graniti, (|u;irziti ecc.) e calcari nerastri come sopra. 10 20,80— 22,55 1,75 Ohiajctto con ciottoli ci-istallini. 11 22,55- 25,60 3,05 Sabbia fina con ghiaja. 12 25,60- 27,40 1,80 Sabliia di grana media e glii;ija. 13 27,40- 27,62 0,22 Conglomerato calcare, con ciottolctti e ciottoli cri- Stallini. 14 27,62- 28,10 0,48 Gliiaja grossolana e sabliia. 15 28,10— 28,30 0,20 f'onglomeralo arenaceo, con grossi ciottoli cristallini e calcari. 16 28,30— 30,55 2,25 Ghiaja, ghiaietto e sabl)ia cristallina. 17 30,55- 30,70 0,15 Conglomerato arenaceo, ciottoli cementati (di rocce cristalline e di calcari nerastri). 18 30,70- 31,60 0, Ito Sabbia grigiastra con ciottoli crist:illii)i. 10 31,60— ;^2,45 0, 85 Argilla grigio- già 11 astra. 20 32,45- 33,60 1,15 Conglomerato calcare di media grossezza. 21 33,60— 34,80 1,20 Ghiajetto, sal)bia di nuMlia grana, e stratcrello are naceo. 22 34,80— 36,20 1,40 Conglomerato di media grossezza. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUI POZZI TRIVELLATI ECO. 67 Pro fon lità o Natura degli strati - o 23 36,20- 36,90 0,70 Arjrilliisalibiosa giallo-bruna, con straterello arenaceo. 24 36,90— 37,85 0, 95 Arsfiila sal)l)io.sa compatta. 25 37,85- 38,50 0,65 Sabbia argillosa con straterello cementato. 26 38,50— 41,40 2,90 Conglomerato arenaceo e straterello di conglomerato grossolano. 27 41,40— 41,85 0,45 Sabbia con straterello di conglomerato di color ruggine. 2S 41,85- 42,90 1,05 Conglomerato. 29 42,90 — 45,60 2,70 Sabbia viva finissima, grigio-verdastra, con ciotto- letti. 30 45,60 — 48,20 2,00 Sabbia fina argillosa, grigio-vedastra, con straterelli arenacei. 31 48,20- 51,80 3,60 Argilla grigio-verdastra compatta. 32 51,80- 55,90 4,10 Sabbia fina argillosa, grigio-verdustra. 33 55,90- 61,85 5,95 Sabbia fina viva grigiastiva. 34 61,85— 61,98 0,13 Argilla sabbiosa giallastra. 35 61,98 62,90 0,92 Sabbia fina argillosa grigiastra. 36 62,90-- 63,15 0,25 Argilla sabbiosa rossasti-a. 37 63,15— 63,40 0,25 Argilla sabbiosa grigiastra. 38 63,40- 65,45 2,05 Argilla azzurra e sabbia finissima. 39 65,45— G6,:.0 1,05 Sabbia finissima azzurra argillosa. 40 66,50— 68,95 2,45 Argilla ceiulea e sabbia finissima. 41 68,95— 69,30 0,35 Argilla sabbiosa giallastra. 42 69,30- 72,40 3,10 Sabbia finissima argillosa cerulea. 43 72,40 - 78,70 6,30 Sabbia finissima argillosa giallastra con sottile sirato limonitico. 44 78,70— 79,85 1,15 Argilla leggermente sabbiosa, giallastra. 68 ERNESTO MARIANI « 2 Profondità O e in Natura degli strati 45 79,85— 81,20 1,35 Arsitila sabbiosa ^rig-iaslra. 46 81,20— 82,20 1,00 Sahl)ia argillosa },'-rijjiastra. 47 82,20— 82,65 0,45 Ari,filla azzurrastra compatta. 48 82,65- 86,00 3,35 Sabbia iiiiissima argillosa, azzurra. 49 80,00— 91,80 5,80 Sabbia fina con ciottolctti di calcari decaleificati e di selce nerastra. 50 91,80- 92,45 0,65 .\rgilla nerastra con residui A('jj:ctali. 51 92,45- 96,20 3,75 Sabbia di ^rana media arsillosa. 52 96,20- 96,65 0,45 Argilla sabbiosa giallastra. 53 96,65- 97,00 0,35 Argilla sabbiosa nera.stra, con residui vegetali. 54 97,00— 97,40 0,40 Sabbia argillosa grossolana, con residui vegetali. 55 97,40— 97,55 0,15 Argilla torbosa nerastra. 50 97,55— 99,20 1,65 Argilla grigiastra sabbiosa. 57 99,20-101,10 1,90 Sabbia fina argillosa, bninastra. con frammenti di calcari decalcificati, e uno straterello di breccia minuti! . 58 101,10-101,60 0,50 Argilla leggermente sabbiosa, brunaslra. 59 101,60-102,35 0,75 Argilla gijillo grigia.slra. 60 102,35-106,13 3,78 Argilla ver:■ e (5L CbMA'-tuUIX GuiuqCoii-uet-att aivUcP|t- (cep-jjo) Eliot: calzolaki *» FeKKARio-fiiLANO OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUI POZZI TRIVELLATI ECC. 69 o 2 Si Profondila o 0! a, 05 Natura ilet;li strati 68 116,20— 123, fio 7,40 Sabbia finissima }?iallastra, leg^cniieiitc argillosa con un soltile strato arsilluso. fiy 123,60 -l-'6,20 2,60 Sabbia {grossolana argillosa, cdn ciottoli cristallini. 70 126,20-127,65 1,45 Sabbia più fina argillosa, eoa ciottoli cristallini. 71 127,65-128,80 1,15 Ars-Ila R-risio verdastra con l'ranniientiiii conchiglie. 72 128,80—129,15 0,35 Argilla torbosa nerastra, compatta. 73 129,15-129,50 0, 35 Argilla sabbiosa, nerastra. 71 129,50—131,0'! 1,50 Sabbia ili grana media argillosa, azzurrastra, con eiottoletti cristallini. 75 131,00-135,80 4,80 Sabbia di grana media giallastra-, con ciottoli. 76 135,80-147,00 11,20 Sabbia finissima argillosa azzurra, con sottile strato di argilla bruno-rossastra. 77 1-17,00—118,25 1.25 Sabbia grossolana azzurra, riccliissima di fossili. 78 148,25-149,30 1,05 .argilla sabbiosa, azzurrastra, fossilifera. 79 119,30—153,35 4,05 Sabbia fina argillosa, azzurrastra. SO 153,35-153,80 0,45 Argilla grigia fossilifera. 81 153,80-158,50 4,70 Sabbia linissinia argillosa fossilifera. 82 158,50-159,10 0,60 Argilla finamente sabbiosa fossilifera. 83 159,10-177,50 18,40 Sabbia grigiastra con eiottoletti; frustuli di vegetali e conchiglie. 81 177,50—185,75 8,25 Sabbia finissima argillosa, cerulea, fossilifera. 85 185,75—187,30 1, 55 Argilla sabbiosa. 86 187,30-190,20 2,90 Argilla grigiastra, finamente sabbiosa. 87 100,20-198,70 8,50 Argilla grigiastra piii grossolanamente sabbiosa. 88 198,70 200,10 1,40 Sabbia finissima, argillosa, grigiastra. 89 200,10-206,00 5,00 Argilla grigiastra. Milano. Museo Civico di Storia Naturale, Maggio 1909, LE GRYLLACRIS DESCRITTE DA C. STAL Rev^isione ed osservazioni critiche pel s.H'l.. dott. Achille Griffini Il prof. Y. Sjòstedt, del Museo Zoologico di Stoccolma, da me pregato, volle cortesemente e con grande sollecitudine co- municarmi i preziosi tipi delle 9 specie di Gryllacris delle Isole Filippine descritti da C. Stài, nel 1877 (') e conservati con gran cura in quel Museo. Questi tipi, anche per mio desiderio, mi furono spediti presso il Museo Civico di Storia Naturale di Genova, la cui Direzione gentilmente concesse vi rimanessero depositati tutto il tempo che mi fu necessario per studiarli, e cioè per un tempo piuttosto lungo, date le poche ore a me lasciate libere dall'orario d'insegnamento obbligatorio in seguito alla dannosa legge del 1906, ore, come al solito, irregolarmente sparse. I tipi di Stài sono in uno stato di conservazione e di freschezza veramente rimarchevole, e ben preparati, il che fa molto onore al Museo che li ])ossiede. La revisione e lo studio di questi esemplari erano ormai necessarii, come era necessario il darne delle lunghe e com- plete descrizioni, ciò che io mi sono pro})Osto e che faccio nel presente lavoro. Le diagnosi che ne diede Stài, l)revissime ed incomplete (che non davano neppure i caratteri delle parti genitali, cosi importanti per lo studio dei Clrillacridi) resero tinora si i)uò dire impossibile il riconoscimento delle sue specie: noi vediamo infatti che, in seguito, Brunner nella sua Monografia (-) ne (1) e. STÀL — 1877 — ortììoptera nova ex lasnUs Plnlippiiiis. 0<-fvt'rsi;j;t af K. Vetenski\iis-Akadeniicns Fòrhandlinf^ar, Stockholm, n. 10. (2) C. BiiL-N.NEu voN Wattenwyl — 1888 — MoìKHiv. dcv Stenopeìììtot iddi mul Oryllaci'iaeil. VerhaiHtl. K. K Zoo!. Hot. (ie.'^cilsrliafi. Wicii. Hand XXXVllI. LE GRYLLACllIS DESCRITTE DA C. STÀL 71 potè identificare una sola (macidipcnnisj , mentre si limitò a riportare le brevi diagnosi originali di altre 4 {^prineepa, hijjul- tala, fiiSiciìicrvis, plebeiaj, errando leggermente nella interpre- tazione e nella posizione sistematica dell'ultima di queste, e dimenticò le altre 4 (^brevispina, punclifrons, limbalicollis e pu- stnlalaj. KiRBY nel suo Catalogo (') nomina le specie di Stài, ma erra facendo sinonima la Gr. nijjrogeniculala Br. colla puncli- froiìs Stài, e probabilmente pure sbaglia mettendo in sinonimia la Gr. brevispina Stài colla ardala Walk. Tutta questa incertezza dipese appunto principalmente dalle limitate descrizioni originali, esattissime è vero, a quei tempi fors' anche bastevoli, ma oggimai insutìicenti a definire bene delle specie in un genere così ricco, che ne comprende già oltre duecento. A ciò si aggiunga la rarità delle specie fìlippiniche nelle collezioni, poiché a quanto pare le specie di Stài in gran parte non sono più state ritrovate. Considerata dunque la necessità di farle meglio conoscere, anche per evitare il possibile guaio, quando si ritrovassero, del venir esse descritte da qualche autore come nuove per non essere identificate, io ho studiato attentamente i tipi del Museo di Stoccolma, ne ho dato qui delle accurate ed estese descri- zioni, ed ho infine aggiunte quelle brevi considerazioni critiche che volta per volta mi sembrarono del caso. Come già feci privatamente, esprimo ora anche pubblica- mente i miei ringraziamenti vivissimi al prof. Sjòstedt che, benché distinto studioso egli stesso di Ortotteri, volle usarmi tanta cortesia, inviandomi quei tipi unici, nonostante i pericoli ai quali essi potevano andar incontro durante il viaggio, che for- tunatamente però superarono nel miglior modo desiderabile, giungendomi completamente intatti ('). Genova, 30 Marzo l'JOO. (1) \v. K. KiuBY — l90(ì — .-1 Simon. Catalogue of Ortlio-ptera, l.oiulon, voi. II, Part I. (2) H(i ancli(! il piacere di ricevere dal pi-of. Sjòstedt tuia cartolina nella quale mi assicura che questi (irillacridi, da me restituilig'li, sono a luì giunti in ottimo stato. 72 ACHILLE GRIFFINI l. — Gryllacris princeps Stài. $. — Gryllacris princeps Stài 1877, Orthopt. nov. Insul. Philipp., Oefvers. K. Vetensk. Akad. Fòrhaudling., Stock- holm, n. 10, pag. 47. Typus Stali: $ • — Statura permagna. Teslaceo-ferruginea incerte nebu- losa^ pedihus leviter pallidiorihus, apice femorum inferius atro, macula utrinque apicali tibiarum atra, spinis tibiaì'um, 4 anti- carum nigro-fuscis, apice pallidis, spinis pedum posticorum atris, basi pallidis, calcaribus tibiarum posticarum et lobis tarsorum omnium, atris ; elytris testaceo-subpellucidis, venis venulisque fia- vidis, areolis paucis mediis dilute infuscatis ; alls brunneis, ve- nulis pallidis hy alino utrinque marginatis ; ovipositore valde falcato incurvo. Longitudo corporis n pronoti " elytrorum Lalitndo maxima eìytrorum Longitudo femorum anticorum •n feìuorum posticorum " ovipositoris Corpus robustum, sat nitidum, testaceo-ferrixgiiieum, incerte nebulosum. Caput robustum, pronoto tamen paruni lati us, ab antico visum late ovoideum, facie depressiuscula. Occiput et vertex optime convexa, prominula; fastigium verticis latitudinem 1 */, primi articuli antennarum aegre attingens, anterius depressiu- sculum sed lateribus verticaliter tumidulis et sub lente minute rugulosis. Maculae ocellares fastigii verticis parvae, laterales, flavae, parum conspicuae ; macula ocellaris frontalis modica, sat parva, ovalis, flavida, modice distinct a. Frons punctulis impressis paucis, raris, sub lente conspiciendis, praedita, necnon utrinque inferius puncto impresso melius distincto; sub lente etiam transverse minute rugulosa, inferius in medio supra clypeum depresso-concaviuscula. Clypeus elongato trapetioideus; labrum ovale, solito modo confectum. Sulci suboculares adsunt, perparum expressi. Color capitis testaceo-ferrugineus, autcnnis totis concolo- im . 42,5 11 11 •n 47 •,i 20,1 TI 15,8 il 30 ■n 16 (circiter LE GRYLLACRIS DESCRITTE DA C. STÀL 73 ribus, labro et dimidio apicali clypei pallidioribus, flavidis, palpis etiam tlavidis ; vertex, genae, incertissime nebulosa ; parnm sub oculo utraque gena uaaculam irregulareni fusciorem praebet; sub angulo interno infero ulriusque scrobi antennarii et cum hoc angulo contigua, vitta incerta dilute fuscior, verti- caliter descendens, adest. Pronotura a supero visura subquadralum, lobis lateralibus parum adpressis, svilcis valde impressis, intervallis gibbulosis. Margo anticus subtotus crassus, in medio rotundato prominulus; sulcus anticus valliformis optime exj^ressus ; sulculus longitu- dinalis abbreviatus perparvus, subtilis, forsan postice dilatatus (sed ibi in iypo pronotum est laesum); sulcus posticus, a mar- gine postico circiter mm. 1,5 remotus, adest, arcuatus, conve- xitatem posterius vergens; post eum metazona transverse tu- midula, dein sulculus exilis marginem posticum praecedens conspicitur; metazona sensim ascendens ; margo posticus tran- sversus, in medio leviter siniiatus ; latera pronoti ante meta- zonam extus gibbulosa. Lobi laterales posterius optime quam antice altiores, modice liumiles ; angulo antico optime rotundato, margine infero post angulum anticum sensim sinuato, angulo postico ampie rotundato, posterius parum truncato ; margine postico subverticali leviter posterius obliquo, sat alto, sinu humerali sensim sed parum expresso ; sulcus late V-formis, fere cordiformis, valde impressiis ; sulcus posticus etiam bene ini- pressus ; intervalli convexi gibbulosi, prominuli. Color pronoti testaceo-ferrugineus, incerte nebulosus, nebulis superne fuscioribus, marginibus j^allidioribus. Elytra latiuscula, apice attenuata, ibique subacute rotun- data, apicem femorum posticorum parum superantia, alis minime breviora; testaceo subpellucida venis venulisque concoloribus vel pallidioribus, flavioantibus; areolis paucis mediis (circiter 30) in 4 series longitudinales alineatis, subito post radium, incerte dilute infuscatis, omnibus parte centrali dilute infuscata, subquadrata vel subrectangulari, vel sublineari, pallido circum- data. Alae amplae, subcycloideae, fusco et hyalino fasciolatae, seu fuscae, venulis transversis pallidis utrinque latiuscule hyalino marginatis, series fasciarum liyalinarum sat regulariiim, circiter 10, efficientibus, limbo externo alarum (seu areolis seriei externae, marginalis) toto pallido subhyalino, sat angusto. 74 ACHILLE GRIFFINI Pedes robusti et sat elongati, nitidi, pallide testacei. Femora omnia subtus apice macula nitida atra, modice circumscripta, ornata; tibiae omnes a|3Ìce utrincj^ue atro maculatae (anticae minus quam intermediae et posticae); lobi tarsorum superne atro-fusci; articulus ultimus tarsoriim plus minusve infuscatus (in pedibus posticis min\is quam in 4 anticis), unguiculis atris ; articuli praecedentes plus minusve basi brevissime incerteque atrati. Tibiae 4 anticae solito modo spinosae, spinis valde longis , basalibus lateris interni j)raecipue longissimis , om- nibus nigro-fuscis, summo apice pallidis. Femora postica elon- gata, basi sat incrassata, apice sat longe attenuata, sed ibi etiam robustiuscula, subtus in utroque margine spinulis 10-12 atris, basi pallidis, quarum basalibus gradatim minoribus, prae- dita. Tibiae posticae robustae, post basini sixpra planatae, spinis extus 7, intus H, nigro-fuscis, basi pallidis, calcaribus apicalibus omnibus nigris, spinis 2 inferis (una utrinque) anteapicalibus nigricantibus, apice pallidis. Tarsi validi. Cerci Q longi, pilosi, acuminati. Ovipositor sat brevis, nitidus, valde falcatus, fere semicirculariter incurvus, rigidus, latiusculus, utrinque latiuscule sulcatus, ferrugineus, sub lente praecipue inferius minutissime fusco conspersus, apice su})erne suboblique attenuatus, vertice sat acuto. Lamina subgenitalis $ maiuscula, subtriangularis, lateribus crassiuscula, apice leviter et breviter truncato-subrotundata. Segmentum ventrale ultimum posterius in medio leviter productum, et lobulis diiobus subtrian- gularibus rotundatis convexiusculis approximatis , cum basi laminae subgenitalis totis contiguis, fuscis, praeditum. Segmenta ventralia praecedentia apice subtillime incerteqiie fusco margi- nata et utrinque etiam incerte puncto fusco ornata. Habilal : Philippinae. [Il tipo non porla altra speciale indicazione]. Di qiiesta specie pare si conosca solamente il tipo sopra descritto. Brunner nella sua Monografia riporta semplicemente la breve diagnosi di Stài; Kirby nel suo Catalogo la nomina senza particolari indicazioni. Delle Gryllacris a me note, questa bella specie è la più grande; essa è certo ben distinta. 2. — Gryllacris higuttata Stài. O. — Gryllacris hifjallala Stài, 1877, Op. cit., })ag. 47. Typus Stali (sensim laesus): LE GRYLLACHIS DESCRITTE DA C. STÀL 75 9 . — Sai robusta. Testacea, partim ferruginea, labro nigro, macula utrinque magna atra pronoti a sulco V-formi atwplexa; tibiis omnibus post basim plus minusve dilute brunneis, hoc colore circiter usque ad medium incerte extenso ; elytris testaceis, venis venulisque concoloribus vel pallidioribus ; alis fuscis, venulis tran- sversis pallidis utrinque hyalino-testaceo marginatis ; ovipositore valdc falcato incurvo. Longitudo corporis mm. 29 (abdomine contracto) T\ pronoli ;i 8,6 " elytrorum 11 36 Latitudo maxima elytrorum " 14 Longitudo femorum anticorum " 11 *' femorum posticorum » 21 •" ovipositoris ì-i 14 (circiter). Corpus sat robiistum et sat nitidum, testaceo-ferrugineum. Caput majusculum sed pronoto parum latius, ab antico visum fere orbiculare. Occiput et vertex optime convexa; fasti- gium verticis anteriiis minus convexum, leviter depressum, lateribus obtuse rotundatis, haud prominulis, sub lente punctulis impressis sat raris praeditum, latitudinem 1 '/, primi articuli antennarum aegre attingens, fere non attingens. Fastigium frontis lateribus superne leviter calloso prominulis. Maculae ocellar'es in typo band distinguendae. Frons transversa, sub lente sparse punctulata et minute transverse rugulosa, inferius utrinque puncto impresso parum melius conspicuo praedita et in medio, supra clypeum, praecipue utrinque depresso-concavi- uscula. (Clypeus et labr;im in typo laesa). Sulci suboculares subfiles, posterius obliquati, bene distinct!. Color capitis testaceo-ferrugineus, incerte nebiilosus. Occiput et vertex incerte dilute fusco nebulosa, pars infera genarum et frontis etiam incerte diluteque fusco nebulosa; sub angulo infero interno utriusque scrobi antennarii linea incerta dilute fusca verticaliter descendit. Labrum nigrum nitidum ; palpi pallide testacei. Antennae totae testaceae. Pronotum parte supera a supero visa leviter longiore quam latiore, sed lobis lateralibus parum adpressis; nitidiusculum. Margo anticus crassiiisculus, in medio rotundato parum sed sensim prominulus : sulcus anticus valliformis bene impressus, sulculus longitudinalis abbreviatus subtilis, forsan posterius 76 ACHILLE GRIFFIM dilatatus (sed ibi pronotum in typo est laesum); sulcus posticus arcuatus, convexitatem posterius vergens, circiter mm. 1,5 ante marginem posticum metazonae adest; post eum metazona sensim ascendens, leviter inaequalis, margine postico transverso, recto, fere leviter reflexo. Latera pronoti ante metazonam extus leviter gibbulosa. Lobi laterales posterius distincte quam anterius altiores, sat humiles; angulo antico late rotundato, margine in- fero leviter sinuato (parum ante medium), angulo postico late rotundato, posterius etiam subrotundato, margine postico verti- cali sat alto, sinu humerali parvo sed distincto. Sulcus late V-formis optime impressus, sulcus posticus sensim minus im- pressus, intervalli convexi, gibbulosi. Color pronoti testaceo-ferrugineus, leviter nebulosus. Ma- cula atra nitida utrinque adest extus a ramis sulci V-formis limitata ed usque ad verticem hujus sulci extensa, superne et posterius minus bene limitata; hae duo maculae superne po- sterius sensim approximantur, dum anterius divergunt. Elytra sat lata, apicem versus, sensim quamvis baud multo, attenuata, apice subacute rotundata, aj^icem femorum posticorum parum superantia, alis minime breviora; testacea parum pellu- cida (multo magis testacea et minus pellucida quam in Gr. principe)^ venis venulisque testaceis vel partim pallidioribus tlavidis. Alae sat amplae, subcycloideae, fusco et testaceo-subbyalino fasciolatae, seu fuscae, venulià transversis pallidis utrinque latiuscule testaceo-subbyalino marginatis, series fasciarum te- staceo-subhyalinarum sat regularium (minus tanien quam in Gr. principe) circiter 9 eflfìcientibus; margine antico sat anguste et angulo apicali latiuscule elytris similibus, margine externo subtlllime jjallido c^uia ibique areolae sunt plus minusve infu- scatae. Pedes sat robusti et sat elongati, luride testacei; tibiae post basim et usque circiter ad medium leviter, dilute, incerte infuscatae. Tibiae 4 anticae solito modo spinosae, spinis lateris interni, praecipue basalibus, lougioribus, lateris externi modice longis, testaceis, omnibus apicem versus incerte fuscioribus, summo apice pallido. Femora j)ostica sat elougata, basi cras- siuscula, ajiicem versus sat regulariter attenuata, parte atte- nuata modica, subtus utroque margine 5-spinuloso, spinulis apice nigro-fuscis. Tibiae posticae sat robustae, su])erne post LE GRYLLACRIS DESCRITTE DA C. STÀL 77 basim planatae, ibique margine externo spiniilis 6, margine interno spinalis 7, omnibns apice nigro-fuscis arraatae, necnon spinis apicalibns solitis instructae. Tarsi validi, testacei. Abdomen cum reliquo corpore concolor. Cerci $ longi, subtiles. pilosi. Ovipositor testaceus, nitidus, rigidns, falcato incurvus, iitrinque sulcatns, latiiisculus, apice superne leviter oblique attenuatus, et ante hanc partem apicalem levissime dilatatus, summo vertice sat acuto. Lamina subgenitalis $ maiuscula, transversa, lata, ampie subrotundata, lateribus crassis, pallide flavis, et summo apice etiam pallide flavo, ubi color laterum angustius coniungitur. Segmentum ventrale ultimum (in typo leviter laesum) forsam posterius in medio crassiuscule longitudinaliter carinulatum vel tuberculo crassiusculo prae- ditum. Habitat: Philippinae. [Il tipo non porta altra indicazione]. Anche questa specie pare non sia più stata ritrovata. Brunner nella sua Monografia ripete semplicemente la breve diagnosi di Stài; Kirb}^ nel suo Catalogo la nomina senza allre particolari indicazioni. In confronto con questa specie si dovrebbe studiare il tipo della Grylìacris nasalis Walker (1869, Catal. Derm. Saltat. Brit. Museum, London, pag. 183, O ), dalla cui descrizione, infelice e malsicura come le solite descrizioni di Walker, ap- parirebbe che ha pure il labbro nero, due grosse macchie picee sul pronoto, le elitre testacee, l'ovopositore molto arcuato. Le ali posteriori sono indicate come cineree, ma l'autore stesso ha indicato cosi le ali anche di specie che le avevano a fascie o a macchie pallide, come per esempio per la sua Gr. twbilis, il cui tipo, posseduto dal Museo di Oxford, e confrontato dal prof. Shelford con esemplari di Gr. lugubris Brunner (da me determinati) risultò corrispondere a questi. Quando si tratta delle descrizioni di Walker si può dubitare di tutto. Egli ha persino descritto come nero il labbro della sua Gr. laeta, il cui tipo l'ha invece pallido, come mi scrisse il Dr. Kirby, ed ha descritto come pallido il labbro della sua Gr. fumosa^ il cui tipo, conservato al Museo di Oxford, l'ha invece nero, come mi indicò il prof. Shelford. Ad ogni modo la Gr. nasalis Walker, proveniente dalle Filippine, stando alla descrizione originale, potrebbe avvicinarsi molto alla Gr. biguttata Stài. un . 34 » 8,2 ji 35 » 13,5 ?? 10,5 ;i 19 ;i 14 78 ACHILLE GRIFFINI Nota. — Nelle collezioni del Museo di Clinevra statemi ultimamente comunicate con gran cortesia dal prof. Bedot, trovo una 9 della Gryllacris higìdlala Stài, molto ben corrispondente al tipo, e della quale parmi utile dar qui notizia. La provenienza di questa 9 ^ iudicaia: u Manila n. Ecco le sue principali dimensioui : Longitndo corporis mm. 34 (abdom. extenso) •1 pronoti ?i elytroruìn Latiludo maxima eìytrormn Longiludo femorum, aiUicorMìi " femorum poslicoì-ioii ;i oripoxitoris Il corpo appare più tozzo e più robusto. Il capo è come nel tipo. Il pronoto appare quasi più largo che lungo ; la parte media del suo margine anteriore, leggermente prominente, è un pò sinuaia al mezzo: il solco posteriore è bene impresso. Il colore del pronoto è come nel tipo. Elitre ed ali come nel tipo ; zampe pure come in quello : i femori posieriori portano 7 piccole spine sul margine esterno. Parti genitali circa come nel tipo. Ovopositore ferrugineo. La lamina sottogenitale è meno grossa, la sua base e l'apice dell'ultimo segmento ventrale sono trasversalmente nerastri. L'ultimo segmento ventrale è alquanto solcato longitudinal- mente al mezzo : questo solco va un pò dilatandosi posterior- mente, ed ai lati dell'estremità di questo solco l'apice del segmento è leggermente prominente. 3. — Gryllacris maculipennis Stài. (^. — Gryllacrift macif/ijx'niiis Stài 1877, op. cit., pag. 47. 9. — Grylìacris macu/ipcìì )iis Urunnev 1888, Monogr. Grryllacr. u. Sleuopelmat.. Verhandl. K. K. Zool. Bot. Ges. Wieu. 1};iih1 XXXVIII, pag. 348. Typus Stali: cf. — Chììì diagnosi 9 lìrunncri bone convenit. Longiludo corporis mm. 2'J (abdomine extenso) " pronoli » 6 n e/glrornm » 25,5 I.E GKYLLACKIS DESCRITTE DA C. STÀL 79 Laiiiiuìo niaxiina elylrorum " 9,1 Longiludo fnnornm nnlicorum « 9,9 11 Jemoi^uìn poslicoruni n 16,4 Corpus modice robustuni, snbelon_c;atnm, iestaceiira, partim testaceo-ferrugineum, sat nitidiira. Caput pronoto parum latius, ab antico visum latiuscule ovoideuin; occipiit et vertex bene convexa; fastigium verticis articulo primo antennarum perparum latius, anterius minus convexum, lateribus optime carinulatis. Maculae ocellares verticis supra carinulas positaé, verticaliter lineares, flavae: macula ocellaris frontalis permagna, citrina, subhexagonalis, superne totum fastigium frontis replens, ibique subrotimdata, marginibus lateralibus rectis, inferius subangulata, acutissime delineata; haec macula sub lente minutissime rugulosa. Frons sub lente punctulis sparsis impressis praedita, inferius supra clypeum depressa, praecipue utrinque subconcava. Clypeus solito modo confectus; labrum ovatum sat elongatum. Sulci suboculares bene expressi, inferius latiores. Color capitis ferrugineus, occipite praecipue utrinque pal- lidiore, colore pallidiore laterum occipitis fere iitrinqiie lineari, lineis irregularibus postico divergentibus. Frons leviter infu- scata, saturatius ferruginea; mandibulae etiam saturate ferru- gineae, apice infuscatae; clypeus, labrum et palpi pallidiora, testaceo-ferruginea. Antennae ferrugineae, articulis basalibus sensim infuscatis, colore frontis vel fusciore. In scrobe utriusque antennae puncti duo nigri adsunt irregulares, internus superus, externus inferus. Erons in medio incerte nebulosa, nebulis duabus fuscioribus vittaeformibus subverticalibus, a macula ocellari ad basim clypei perductis, valde incertis. Pronotum a supero visum sensim longius quam latius, lobis lateralibus modice adpressis, sat nitidus. Margo antico modice incrassatus, sat rotundatus; sulcus anticus valliformis bene impressus, sulculus longitudinalis abbreviatus optime expressus, sat longus, antice et postice levissime dilatatus; sulcus posticus fere nullus. Metazona minime ascendens, iitrinqvie extus leviter gibbulosa, margine postico truncate, limbo levissime reflexo, in medio minime sinixato. Lobi laterales postice distincte altiores, sat humiles, angulo antico ampie rotundato, margine infero leviter sinuato, angulo postico etiam sat ample rotundato, posterius parum truncal o, margine postico verticali sai alto. 80 ACHILLE GRIFFIN! sinu humerali expresso. Sulcus late U-formis et sulcus posticus bene impressi, intervalli modice convexi. Color pronoti testaceo-ferrugineus, disco leviter obscuriore, marginibus leviter pallidioribus. Pars media dorsi incertissime et macula irregularis parva, etiam incerte, utrinque post sulcum anticum, videntur fuscioi'a. Elytra parum longa, lanceolata, modice lata, apicem versus sat longe attenuata, apice subacute rotundata, ibique subangusta; testacea subhyalina, basi magis ferrugineo-testacea, dimidio apicali magis testaceo- subhyalina, venis venulisque concolo- ribus, et praecipue in dimidio apicali pallidioribus. Macula magna nigro-cyanea, azureo nitens, in dimidio basali campi antici adest, sat irregularis, longior quam latior (circiter 10 mm. longa), cuius margo anterior, in violaceum vergens, lineolis transversis pallidis 10-13 sat regularitcr positis. brevibus, est ornatus. Alae subcycloideae, fusco ei liyaliuo-testaceo fasciolatae, sen fuscae, venulis transversis pallidis et latiuscule utrinque hyalino-testaceo marginatis, series fasciarum h^-alinarum valde regularium circiter 10 efficientibus, in tertia parte externa partim inter se coniunctarum (propter colorem fuscum areo- larum ibi minus amphxm). Ima basis alarum non fasciolata; pars antica et apex elytris similia, ])aud maculata, areolis rectangularibus subquadratis valde regularibiis. Pedes longiusculi et graciliusculi, toti testacei vel ieslaceo- ferruginei. Tibiae anticae solito modo spinosae, spinis basim versus sitis, praecipue lateris interni, longioribus. Femora postica elongata, basi parum incrassata, apicem versus longe attenuata, subtus in utroque margine spiiiulis 8, apice fuscis, armata. Tibiae posticae post basim superne planiusculae spinulis utrinque 6 apice fuscis praeditae. Tarsi sat magni. Abdomen testaceum. Segmenlum abdominale dorsale oc- tavum (^ baud plus quam reliqua segmenta j^roductum. teg- mentum nonum circiter secundum typum .1 Brunneri confectum, modice evolutum, postice inferius versum, parte supera in medio verticaliter sulcata, sulco inferius dilatato, quamobrem pars infera biloba, apice infero utriusque lobi intus spinam longam hamato-incurvam vergente. Liiiuiiin suhgcnitiilis ^f transversa, a])ice in medio optime sinuata, lobis bene rotimdalis, })arnm pi'ominulis. Styli breviusculi, recti, pilosi: longiiudo stylorum circiter 2 '/^ in li)iigituE GRIP^FIM Caput pronoto perpariim latins, ab antico v'isum ovoideura, haud latum, pernitidum: occiput et vertex regulariter convexa ; fastigium verticis antorius planiiisculuni, lateribus l)reviter sed distincle carinulatis, latitudineni 1 *,j primi articuli antennarum non attingens. Maculae ocellares verticis aurantiacae, parvae, in parte supera carinularum positae ; macula ocellaris fastigii frontis etiam aurantiaca, ovata, sat parva, sed optime delineata. Trons inaequalis, inferius ample depressa, sub lente punctulis sparsis impressis praedita. Clypeus, labrum, modica et solito modo confecta. Sulci suboculares adsunt, inferius latiores. Color capitis niger nitidus, exceptis maculis ocellaribus et margine apicali clypei flavido. hoc colore in clypeo a colore nigro haud recte diviso , in medio sursum magis extenso ; labrum et mandibulae nigra nitida; palpi partim testacei, partim leviter fusci. Antennae basi ut caput nigro nitidae, dein gra- datim fuscae, denique dilute fuscae. Pronotum semicylindricum, a supero visum distincte lon- gius quam latius, lobis lateralibus valde humilibus, parum adpressis. Margo anticus levissime rotundatus, haud productus, non distincte incrassatus; sulcus anticus in medio fere nullus, lateribus valliformis, pariim impressus ; sulculus longitudinalis abbreviatus parum impressus, antice et postice fossularis, his fossulis fere seiunctis ; sulcus posticus nullus, seu tantum sulcus subtillimus limbum extremum metazonae a metazona distinguens adest. Metazona non ascendens, margine postico truncato subro- tundato. Lobi laterales valde humiles, postice perparum quam antice altiores, multo longiores quam altiores; angulo antico rotundato, margine infero subrecto, angulo postico rotundato posterius subtruncato, margine postico obliquo, sinu humerali nullo; sulcus U-formis et sulcus posticus bene impressi, inter- valli sat convexi. Color pronoti pallido tlavescens, circumcirca tot us nigro marginatus. hoc limlx) ìiigro in margine infero loborum latera- lium subtili, in niarginibus antico et postico dorsi leviter latiore et minus regular!, in humIìo marginis antici ])osterius sinuato seu angustato. Spina coxarum anticarum nigra; pleurae fuscae. Elytra parum longa, modice lata, apice subrotundata. il)i([ue leviter angustata ; testacea, apicem versus dilntioi-a testaceo I>E ORYLLACRIS DESCRITTE DA C. STÀL 87 siibpellncida, basi saiuratius testacea; veaiis venni isque conco- loribns vel levissime fuscioribus. Alae subcycloideae ; parte antica elylris simili, campo postico toto leviter sed distincte infumato, viti is vel maciilis nullis, venis veniilisque leviter fuscis. Pedes modice longi ; antici graciliusculi. ( /olor {)edum tla- vido-testacens, sed femora omnia snbtus nigro nitida et margi- nibus inferis etiam utrinque nigratis ; genicnla omnia nigrata, sen apex femorum et basis tibiarum omnium nigra. Tibiae 4 anticae solito modo spinosae, spinis nigratis vel infuscatis, summo apice pallidis. Femora postica basi bene incrassata, ad apicem regulariter attenuata, parte attenuata modica; subtus in utroque margine spinulis 7-8 nigris praedita. Tibiae posticae fere teretes, sen post basim non planatae nee distincte depres- siiisculae, post geniculum sat longe nigrum (ut- reliquae tibiae) flavido-testaceae, spinulis utrinque 6 nigris acuti s, basi nigro circumdatis. Tarsi testacei. Abdomen testaceum, subtus fuscum vel partim nigrum. Seg- mentum abdominale dorsale octavum sat productum, convexum; segmentum nonum in typo baud bene conspiciendum (partim laesum) verisimiliter circiter secundum typum A Brunneri con- fectum, sat parvum, pilosiilum, subcucullatum, inferius versum, ibi que in tumescentiis duabus lateralibus sat proximis di visum, forsan lobulum internum subacutum emittentibus. Lamina sub- genitalis ^f transversa, apice in medio sinuata, lobis rotunda! is, parum productis, appendicem styliformem brevissimam latiti- sculam , triangularem, forsan non articulato-insertam, exlus gerentibus. Habitat: Philippinae, [Dugang, Juli (>4]. Sjjecie dimenticata nella Monografia di Brunner ; nel cata- logo di Kirby è nominata, senza particolari indicazioni. Farmi che qtiesta bella specie non sia stata conosciuta da nessun altro autore all' infuori di Stài; essa è certo distintissima; per quanto è della sua posizione sistematica io sarei alquanto incerto, ma finirei col decidermi a collocarla nel grttppo die comprende la G)\ fumigata, Haan e la Gr. /une/jris Brunner 1898, quantunque le ali nella Gì\ liuihaiicotlis Stài sieno appena leggermente tinte di brttniccio e quantunque le sue elitre non abbiano le venattire proprio distintamente più scure del resto della super- ficie, il che già si osserva nella Gr. funebris Br. »» ACHILLE GRIFFIN! 6. — Gryllacris fuscinervis Stài. (^. — Gryllacris fuscinervis Stài 1877, Op. cit., pag. 47. Typus Stali: (^ . — Statura sal minore. Corpus nitidum, ferrtigineum ; vertice capitis nigro; facie ferrugineo^ fusco et testaceo varia; pronoto ferrugineo, villa longitudinali lata medio coarctata nigra^ posterius diluta, ormato; elytris sidìellypticis, abdom,ine perparum longioribus, vitreis, veviis venulisque fuscis, campo antico in dimidia parte basali subtoto vitreo, vena tantum unica obliqua fusca perspicua; alis vitreis, vems venulisque fuscis; pedibus fulvo-testaceis, tibiis om^nibus plus fpxam, dimidio basali fuscis vel nigris. Longitudo corporis » pronoti !» elytrorion Latitudo elytrorum Longitudo femorum anticorum, n femorum jjosticorum » segmenti odavi abdominis Corpus parum robustum, nitidiim, maxima parte femigiueum. Caput j)ronoto minime latius ab antico visum ovoideum, modica elongatum. Occiput et vertex optime convexa; fastigium verticis anterius minus convexum, lateribus inferius tantum incerte obtuse breviter carinulatis, latitudinem primi articuli antennarum minime superans, sub lente punctulis impressis praeditum. Maculae ocellares fastigii vertici parvae, flavae, laterales superae, optime distinctae; sub iitraque liarum macu- larum, et cum macula ipsa contigua, macula etiam parva sed minus definita, fulva, adest. Macula ocellaris frontalis parva, subrotundata, flava, haud perfecte circumscripta quia fulvo circumdata (praecipue supra et subtus). Frons nitida, punctis impressis sat numerosis sparsa et utrinque inferius puncto malori impresso praedita; sub lente minutissime, fere indistincte, rugulosa, inferius supra clypeum depresso-subconcava. Clypeus et labrum solito modo confecta, modice angusta. Sulci suboculares sui)erne ]iarum distincti, inferius lati sed parum impressi. Occijiut saturate ferrugineum, hoc colore in colorem nigrum mm. 21 ?i 5,3 il 16,1 J7 6,7 !1 7,5 !) 13,5 » 2,9 LE GRYLLAORIS DESCRITTE DA C. STÀL 89 verticis subregulariter transeunte, in medio lineariter magis extenso. Vertex cum fastigio niger nitidus; latera externa fa- stigii verticis (ad latus externum macularum ocellarium) fer- ruginea ; sub utraque macula ocellari macula ferrugineo-fulva adest. Genae posterius ferrugineae, anterius (in contiguitate cum oculo et sub oculo) fuscae, his coloribus haud inter se separatis. Frons saturate ferriiginea, fusco nebulosa, maculis duabus vittaeformibus nigris, inferius leviter divergentibus, ab angulis internis inferis scrobum antennarum descendentibus ; margines scrobiim antennarum etiam nigri, Fastigium frontis ferrugineum, circum maculani ocellarem (praecipue verticaliter, supra et subtus) pallidius, fulvum. Clypeus fulvus, nebulosus ; labrum parum pallidius, fulvo-testaceum ; palpi pallidiores fulvo testacei. Antennae ferrugineae, articulis basalibus partim infu- scatis; articulus primus apice et intus praecipue infuscatus, extus et posterius pallidior, fere maculam pallidiorera partim fusco cinctam ibi praebens. Pronotum a supero visum leviter semicylindricum, sensim latius quam longius, lobis lateralibus humilibus, sat adpressis, nitidum. Margo anticus leviter rotundatus, haud productus, perparum incrassatus; sulcus anticus valliformis perparum im- pressus ; sulculus longitudinalis abbreviatus distinctus, latiu- sciilus, posterius fossularis ; sulcus posticus fere nullus ; meta- zona non ascendens, minute sub lente rugulosa, margine postico truncate, limbo sat prominulo, in medio levissime sinuato. Pronotum ante latera metazonae utrinque leviter gibbulosum. Lobi laterales humillimi, multo longiores quam altiores, postice minime quam antico altiores, angulo antico late rotundato, margine infero subrecto, angulo postico distincte truncate, margine postico sensim obliquo, sinu humerali verisimiliter fere nullo (propter praeparationem typi haud bene conspiciendo). Sulcus late V-formis et sulcus posticus bene impressi ; inter- valli convexi. Color pronoti ferruginous leviter nebulosus, parte infera et antica loborum lateralium leviter pallidiore, gibbulis a sulcis V-formibus amplexis ferrugineis. Margo anticus ipse etiam superne subtiliter ferrugineus, sed subito post eum vitta lata longitudinalis incipit, versus marginem posticum versa, nigra. Haec vitta anterius et in medio dorsi optime distincta, et definita, subito post sulcum anticum (ubi in medio brevissime 90 ACHILLE GRIFFIN! est fìssa) utrinque angulariter est dilatata, latitudinem ibi ma- ximam circiter mm. 3 attingens, verticibus lateralibiis sat acutis, dein versus medium dorsi etiam sat rapide constricta, ibique latitudine circiter mm. 1.4, dein versus marginem posticum sat longe subregulariter continuata, in metazona verisimiliter rursus rapide ampliata, sed metazona colore tantum fusco vel fusco- ferrugineo; fossula postica sulculi longitudinalis est ferruginea et a vitta nigra conspicitur utrinque marginata, his marginibus nigris in utroque latere extus rapide versis, dein extus et po- stice in fuscum transeuntibus. Pars posterior loborum latera- lium saturatius ferruginea. Elytra subellyptica, maxima parte subaeque lata, breviu- scula, tamen apicem abdominis leviter superantia, apicem fe- morum posticorum non attingentia, apice subrotundata, vitrea, liyalina, venis venulisque fuscis valde distinctis; dimidia parte basali campi antici (quod mirum est) tota vitrea, vena tantum unica obliqua longa fusca perspicua, vena anteriore et venulis nonnullis admodum indistinctis, pallidis, etiam subvitreis, baud conspiciendis. Alae subcycloideae, vitreae, liyalinae, parte antica elytris simile, margine antico vitreo venulis tantum 3 obliquis in dimidio apicali sitis fuscis, apice elytris simile; campo postico venis venulisque subtilibus fuscis. Pedes pilosuli, modici, nitidi, fulvi; tibiis 4 anticis a basi usque sensim post medium nigro-fuscis, hoc colore apicem versus dilute, incerte terminato ; tibiis posticis a basi usque parum ante apicem nigerrimis, parte apicali fulva posterius (superne) breviore quam inferius. Tibiae 4 anticae solito modo spinosae, spinis fuscis vel ferrugineo-fuscis, summo apice pal- lidis. Pemora postica parum longa, basi crassa, apicem versus attenuata, parte attenuata breviuscula, subtus margine externo spinulis 7-8, margine interno spinulis 10-11, omnibus totis, etiam basi, nigris, armata. Tibiae posticae superne longe post basim leviter planiusculae, spinis utrinque 7 nigris acutis necnon spinis apicalibus solitis fulvis, apice fuscis, instructae. Tarsi fulvi. Abdomen ferrugineum. Segmentum abdominale dorsale oc- tavum rf robustiusculum, sat productum, convexuin ; segmentum nonum (an abnorme ?) parte supera brevissima ('/, mm. Ioga), limbo huius partis arguto, parte infera admodum obliqua sub LE GRYI,LACRIS DESCRITTE DA C. STÀL 91 parte supera dorsi abdominis reclinata a supero liaud visenda, in medio ampie excavata, precipue superne, ibique pilosula, lateribus inferis parum tumidulis , inferius infuscatis , ibi approximatis, forsan appendiculatis sed a lamina subgenitali in typo ibi absconditis. Lamina subgenitalis (^ transversa, apice sat late, fere semicirculariter, sinuato, angulis posticis brevibus obtusis, vertice subrotundatis ; stylis externis valde brevibus, latiusculis, subtriangularibus, parum distincte articulato insertis. Habitat: Philippinae, [Il tipo non porta altra particolare indicazione]. Anche questa specie pare non sia più stata ritrovata. In alcime collezioni figurano col nome di Gr. fuscincrvis Stài delle Gr. transhcccns Serv.. Brunner nella sua Monografia ha ripor- tato semplicemente la breve diagnosi di Stài, della Gr. fusci- nervis ; però l'ha collocata esattamente a posto nel suo sistema. Kirby nel catalogo la nomina senza indicazioni particolari. Questa specie è certo distinta, e ricorda in parie la Gr. tibialis Serv. e in parte la Gr. translucens Serv., ma ha gli organi del volo molto più brevi di qiielli di entrambe le dette specie. Rimarchevoli sono le elitre quasi mancanti di venature nella metà basale della parte anteriore (inferiore nel riposo). Gli stili (o appendici stiliformi) della lamina sottogenitale dei (^f di questa specie, come anche della precedente, probabilmente non sono articolati, cosa già verificata nella Gr. nigrogeniculata Brunner, pure delle Filippine. 7. — Gryllacris pleheia Stài. §. — Gri/Uacris pìebeia Stài 1877, Op. cit., pag. 47. Typus Stali: $. — Statura sat parva; subgraciìis ; pallide testaceo- flave- scens^ maculis duabiis anterioribus parvis pronoti /uscis, spinis iibiaru7n posticarurn basi subtus nigro-fusco cincta; elytris subel- h/pticis, pallide testaceo subhyalinis, venis venulisque perparum fuscis, campo antico in dimidio basali subhyalino vena unica obliqua distincta; alls hyalinis, vcnis venidisque subtilibus fuscis: ovipositore gracili, pcrparxiii incurvo. Longitudo corporis mm. 19 (abdom. subcontracto) 11 pronoti n 5,5 n elytrorum » 17 92 ACHILLE GRIFFINI Lalitudo elytrorum n 6,7 Longitudo femorum anticorìim ;i 7 55 femorum poslicorum ?? 12,8 TI ovipositoris » 10,8 Corpus parum rohustum, nitidiusculum, siibtotum pallide testaceo-flavescens. Caput pronoto pei'parum latius, ab antico visum ovatum sat elongatum. Occiput et vertex modice convexa ; fastigium verticis anterius parum minus convexum, lateribus subrotun- datis , inferius utrinque puncto admodum laterali impresso malore praeditum et extus ibi levissime et brevissime suverti- caliter irregulariter tumidulum, sub lente iotum punctulis raris impressis praeditum, latitudinem primi articuli antennarum per- parum superans. Maculae ocellares fastigii verticis parvae, flavae, superne lateraliter sitae, subovatae, modice distinctae; macula ocellaris frontis sat parva, ovato-subrotundata, modice distincta. Fastigium frontis superne in medio summitatis (in connectione cum fastigii verticis) latiuscule et profundiuscule impressum. Frons nitida, sub lente punctulis impressis parvis praedita et minutissime transverse rugulosa; inferius inaequ.alis, praecipue in medio supra clypeum sensim depressa. Ctypeus et labrum subangusta, solito modo confecta; sulci suboculares perparum impressi, inferius lati sed ibi que minime impressi. Color capitis totus pallide flavido testaceus, leviter incerte nebulosus; angulus basalis interniis mandibularum (cum basi clypei contiguus) puncto nigricante signatus. Palpi et anten- nae cum reliquo capite pallide flavido-testacea. Pronotum a supero visum sensim longius quam lalius, an- terius compressiusculum forsam leviter in typo deformatimi), lobis lateralibus sat bene adpressis, nitidiuscuhim. Margo an- ticus subrotundatus, non prominulus, minime incrassatus; sulcus anticus in medio fere nullus, lateribus valliformis, parum ex- pressus ; sulculus longitudinalis abbreviatus e fossulis duabus (anteriore parva, posteriore malore) confectus ; post eum mela- zona transverse convexiuscula; sulcus posticus admodum apud marginem posticum situs, perparum distinctus ; limbus margi- nalis posticus metazonae levissime ascendens, trnncatus. Lobi laterales postica leviter quam ani ice altiores, sensim longiores quam altiores, taraen modice longiusculi ; angulo antico late LE GRYLLACRIS DESCRITTE DA C. STÀL 93 rotiinclato, margine infero subrecto, angulo postico rotunclato posterius levitar truncato, margine postico obliquo, brevi ; sinu humerali subnullo ; sulcus late V-formis et sulcus posticus sat bene impressi ; intervalli modice convexi. Color pronoti pallide flavido testaceus, leviter incerte ne- bulosus. Margines omnes anguste dilute ferruginei; maculae duo parvae nigro-fuscae superne adsunt (una utrinque) sat proximae, parum post sulcum anticum, forma incerta, fere triangulares aequilaterae, marginibus et verticibus dilutioribus, vertice ex- terno postico cum macula dilutiore magis incerta connexo. Sul- culus longitudinalis abbreviatus praecipue in fossula antica sensim sed leviter infuscatus. Nebulae caeterae valde incertae. Elytra subellyptica sed angulo basali antico (externo) valde et late rotundato-producto, apice subrotundata, apicem femorum posticoruni minime superantia, alis leviter breviora ; pallide testaceo subhyalina, venis principalibus praecipiie basi testaceis venis venulisque caeteris leviter fuscis, campo antico in dimidio basali fere haud venato, vitreo, tantum vena obliqua testacea distincta praedito. Alae subcycloideae, hyalinae, leviter roseo tinctae, parte antica elytris simile, vena principali ibi testacea, margine in dimidio basali fere haud venato; campo postico venis venulisque subtilibus fuscis. Pedes modici, testacei pallidiusculi, sat nitidi, pilosuli. Ti- biae anticae solito modo spinosae, spinis basim versus longio- ribus, apicem versus brevioribus, apicalibus brevibus concolo- ribus. Femora postica breviuscula, basi sat bene incrassata, apicem versus attenuata, parte apicali attenuata brevi, subtus margine externo spinulis 6-7, margine interno spinulis usque ad 11, basim versus minoribus, omnibus fuscis, basi leviter infuscatis et levissime fusco cinctis. Tibiae posticae superne longe post basim leviter planiusculae, spinulis acutis in utroque margine 7, leviter infuscatis, apice fuscis, basi subtus (po- sterius) nigro-fusco cinctis, armatae, necnon spinis apicalibus solitis pallidis, apice fuscis, instructae. Tarsi flavido-testacei. Abdomen concolor. Ovipositor post basim gracilis, angustus sat rigidus, flavido-testaceus, nitidus, levissime incurvus, apice attenuatus, latere non sulcatus, vertice apicali si;bacuto, non acuminato. Lamina subgenitalis 9 transversa, latiuscule su- brotundata, marginibus crassiusculis, apice leviter rotundato- prominulo sed in typo subtus retrorsum plicato. 94 ACHILLE GRIFFIM Habitat: Philippinae [Antipolo 4, V 61]. Specie anche questa di cui Brunner nella sua Monografia non fa che riportare la breve diagnosi di Stài. Kirby la an- novera nel suo catalogo senza particolari indicazioni. Pare dunque che essa non sia finora più stata ritrovata. Nella disposizione sistematica delle specie del genere Gryl- lacris fatta da Brunner, la Gr. plebeja Stài non è giustamente collocata sotto il n. 7: « Tibiae totae nigrae vel nigro-fascia- tae 11 ; infatti essa non presenta questo carattere, e la stessa diagnosi di Stài non glielo attribuisce. Nel sistema di Brunner essa andrebbe collocata invece presso alla Gr. inconspicua. Ep- pure si deve convenire che ha una certa aifinità colla Gr. fu- scinervis Stài, per la parte basale anteriore delle elitre quasi completamente vitrea, con una sola vena obliqua distinta. 8. — Gryllacris punctifrons Stài 9 . — Gri/ìlaeris punctifrons Stài 1877, Op. cit., pag. 48. Typus Stali (sensim laesus) : 9 . — Statura parva : graciliuscula. Fen^gineo- fulva, sat nitida, leviter nebulosa, tibiis tarsisque parian piallidioribus, te- staceo-flavescentibus ; facie punctis 6 nigy^is fere in circulum di- spositis ornata ; elylris sat pìarvis et opacis, sat crebre venosis, venis perjiartiin infuscatis ; alis vitreis, venis venulisque pallidis ; ovipìositore gracili, subrecto. Longitudo coì'poris mm. 19,3 (abdomine extenso; 11 pronoti 11 5 11 elytrorum n 12 Latitudo maxima elytrorum n 4,3 Longitudo femorwm anlicorum n 6 11 femorum posticorum » 11,8 11 ovipositoris 11 13 Caput pronoto non latius, ab antico visum ovatum elon- gatum. Occiput et vertex regulariter convexa; fastigium verticis leviter minus convexum, laiitudinem primi articuli antennarum parum su))orans, lateribus inferiiis leviter oblique subprominulis, tumidulis. Maculae ocellares nullae. Frons sat angusta, parum nitida, sub lente paucis punctis i)arvis sparsis impressis prae- dita, punclo ulrinque majori impresso irregulari, inferius u- LE GRYLIACRIS DESCRITTE DA C. STÀI. 95 triuque supra clypeuni depresso-concaviusciila, verticaliter in medio leviter convexiuscula. Clypeus et labrum subangusta, subelongata. Sulci suboculares adsunt expressi, iuferius postice obliquati et leviter dilatati. Color capitis ferrugineo-fulvus, nebulosus. Occiput et vertex in medio late longitudinaliter dilute fusciora. utrinqite linea dilute pallida incertissima apposita. Fastigia capitis pallidiora, fulvo-testacea. Frons et genae fulvae nebulosae, praecipue ne- bula subverticali fusciore stib utroque oculo descendente, et vittis incertis diltite fuscis ab angulo interno scrobi antennarii usque ad ch'peum verticaliter perductis, ibique connexis, sem- per valde indefinitis. Facies punctis 6 nigris fere in circulum dispositis est notata, quorum 2 in parte supera fastigi! frontis, 2 in angulis internis inferis ipsis scrobum antennarum, pro- minuli, tuberculiformes, nitidi, 2 circiter in medio frontis, fere inter se approximati ut duo fastigii frontis. Clypeus et mandi- bulae colore capitis, eodem modo nebulosa ; labrum partim pal- lidius ; palpi sat pallide fulvo-testacei ; antennae ferrugineo- fulvae. Pronotum a supero visum longius quam latius, subsemi- cylindricum, lobis lateralibus, sat adpressis. Margo anticus in medio rotundato levissime prominulus, ibique parum crassiu- sculus, cum parte antica media pronoti sub lente minute tran- sverse rugulosus ; sulcus anticus in medio subnullus, lateribus valliformis, parum expressus; sulculus longitudinalis abbreviatus parum distinguendus, anterius tantum leviter fossularis ; post eum utrinque fossula parva sed bene impressa adest, bis 2 fossulis inter se sat approximatls ; sulcus posticus valliformis minime impressus, latiusculus, a margine postico circiter */j mm. remotus ; metazona non ascendens, margine postico truncate levissime subconcavo. Lobi laterales multo longiores quam altiores, postice leviter altiores ; angulo antico late rotundato ; margine infero subrecto, posterius subsinuato, propter angulum posticum inferius prominulum ; angulus posticus forma notanda, rotundatus, inferius levissime prominulus; margo posticus post angulum sinuatus, dein obliquus, sinu liumerali nullo. Sulcus V- formis, sulcits posticus solitus, et sulcus inferus posticus, rotunditate anguli postici inferi, apud marginem huius angiili situs, bene impressi; intervalli gibbulosi. 96 ACHILLE GRIFFINI Color pronoti ferrugineo fulvus, incene nebulosus. superne in medio irregulariter dilute infuscatus. Elytra parva, apicem abdominis et femorum poslicorum liaud attingentia, subellyptica, angustiuscula, apice subacute rotundata, sat opaca, ferrugineo fulva, venis longitudinalibus numerosis et subparallelis, levissime fuscioribus, venulis transversis le- viter pallidioribus quam venis. Alae etiam sat parvae, subcycloideae, subhj^alinae, leviter roseo tinctae, venis venulisque pallidis, flavidis. Pedes modici, ferrugineo-fulvi, nebulosi, tibiis tarsisque leviter pallidioribus, fiavido testaceis; genicula nullo modo ob- scuriora. Tibiae 4 anticae solito modo spinosae, spinis conco- loribus breviusculis. Femora postica basi bene incrassata, ad apicem attenuata, parte attenuata breviuscula, subtus margine externo spinulis 5, margine interno spinulis 8-9, apice fuscis, armata. Tibiae posticae superne sat longe post basim incerte planiusculae, ibique in utroque margine spinulis 5 apice fuscis armatae ; spinae apicales solitae adsunt. Tarsi modici. Abdomen ferrugineo- fui viim. Ovipositor sat longus, su- brectus, exilis, sat rigidus, fulvo-testaceus, nitidus, latere baud sulcatus, apicem versus minime subdilatatus : apice subacuto, tamen liaud acuminato. Lamina subgenitalis 9 verisimiliter subquadrata, pubescens, lateribus externis crassiusculis. teg- mentum ventrale ultimum forsam utrinque posterius lobulatum. (Sed apex abdominis in typo est laesus). Habitat : Philippinae. [Barrio de Biting]. Specie dimenticata nella monografia di Brunner. Kirby nel suo catalogo la fa erroneamente sinonima di Gr. )iigrogenicu- lata Brunner, mentre le due specie sono certo molto differenti. Come scrivevo al Dr. Kirby anche prima di conoscere il tipo, di questa specie, dalla diagnosi di Stài già essa appare essere molto prossima alla Gr. sexpuìictata Brunner ; ora poi che posso esaminarne il tipo constato che la Gr. punetifroììs Stài va col- locata proprio fra la Gr. sexpunctata Br. e la Gr. navicuìa Br. avvicinandosi a quella pei punti neri della faccia ed a questa per la struttura delle elitre, opache, fittamente venate; anzi per le elitre, e per le ali poi a venature pallide, si avvicina particolarmente alla Gr. navicuìa subsp. Novae-Guineae Grif- fini 1909, di cui ho descritto un ^T posseduto dal Museo Civico di Storia Naturale di Genova. LE GRYLLACRIS DESCHI'l'TE DA C. STÀL 97 9. — Gryllacris hrevispina Stài (-j^. — Gryllacris brcrispiiia Stài 1877, Op. cit., pag. 48 Typus Stali (leviter laesus) : (;^. — Statura graciliuscula. Luride testaceo -ffavescens, facie leviter fasciare, sutura inter fastigia capitis et sutura clypeo-fron- taìi piceo tinctis, macula ocellari frontali magna: elytris alisque pellucidis, leviter testaceo tinctis, veuis venulisque pallidis ; spinis pedum breviusculis. Longitudo corporis mm. 18,9 il pronoti » 4 11 elytrorwn n 24,8 " femorum anticorum n 5,5 11 femorum posticorum n 10,1 11 segìuenti odavi abdominis n 2 Corpus parum nitidiim. Caput pronoto indistincte latius, ab antico visum ovatum, elongatum, subangustum. Occiput elevatum, cum vertice con- vexixm; fastigium verticis minus convexum, inferius leviter inaequale, lateribus rotundatis inferius tumidulis, latitudine circiter primi articuli antennarum. Maculae ocellares fastigii verticis citrinae, laterales, sat evolutae, totani altitudinem la- terum fastigii occupantes, baud bene circumscriptae ; macula ocellaris frontalis maiuscula, totum fastigium frontis replens, late subovato-eltyptica, margine supero et marginibus latera- libus fere rectis, margine infero rotundato, modice circum- scripta. Frons depressiuscula, sat aequalis, parum nitida, sub lente punctulis impressis parvis, paucis praedita. Clypeus et la- brum solito modo confecta, sat latiuscula. Sulci suboculares superne nulli, inferius latiusculi sed parum distincti. Color capitis ut reliqui corporis luride testaceo-flavescens, facie levissime fusciori, ferruginea. Occiput et vertex linea ar- cuata et lineolis duabus anticis parallelis, leviter fuscioribus, admodum indistinctis, signata. Fastigium verticis anterius inter maculas ocellares colore frontis. Sutura inter fastigia capitis piceo tincta, hoc colore etiam utrinque descendente ad latera maculae ocellaris fontalis , subtus evanido . Sutura clypeo- frontalis, etiam piceo tincta, hoc colore utrinque et in medio levissime dilatato, dilute in frontem et in clypeum evanido. 7 98 ACHILLE GRIFFINI Clypeus, labrum, mandibiilae, palpi, antennae, colore reliqui capitis. Pronotum a supero visura subquadratum, lobis lateralibus sat adpressis, superficie subinaequali. Margo anticus subrotun- datus ; sulcus anticus valliformis latiusculus sed parum im- pressus; sulculus longitudinalis abbreviatus sat bene impressus praecipue postice, subtiliusculus; latera partis posticae lauius sulculi tumidula ; post has tumescentias inter se subcontiguas sulculus transversus adest, apicem sulculi longitudinalis tan- gens, utrinque in lateribi;s raetazonae in fossulam optime ini- pressam terminatus, cui extus gibbula humeralis optime con- vexa in utroqi;e latere metazonae est apposita. Post sulcum transversum nunc descriptum, sulcus transversus secundus su- barcuatus, breviusculus, parum impressus. adest, dein metazona planata, minute rugulosa, margine postico transverso. Lobi la- terales longiores quam altiores, fere antice et postice subaeqiae alti, subrectangulares ; angulo antico rotundato, margine infero subrecto, angulo postico truncato, margine postico subverticali modice alto, sinu humerali parvo sed distincto. Sulcus late V- formis et sulcus posticus bene impressi; intervalli convexi. Color pronoti totus luride , testaceo-flavescens, nebulosus. praecipue superne in medio (anterius latius, dein angustius) dilute incerte obscurior. Elytra abdomen et apicem femorum posticorum oplime su- perantia, subhyalina, leviter testaceo tincta, venis venulisque concoloribus, testaceis. Alae (in typo sub elytris clausae) verisimiliter elytris similes. Pedes modici, sat nitidi, colore corporis; articulatio femoro- tibialis pedum posticorum incerte infuscata. Pedes antici gra- ciliusculi. Tibiae anticae solito modo spinosae, spinis concolo- ribus breviusculis, baud tamen brevissimis. Femora postica breviuscula, basi modice crassa, ad apicem attenuata, parte api- cali attenuata brevissima, subtus margine externo spinulis 5-G, margine interno spinulis 5, omnibus nigris, basi pallidioribus, parvis, excepta utrinque spina apicali malore, armata. Tibiae posticae post basim annulo incerto, dilute fusciori, indistincte signatae, sat longe post basim superne planai ae, iì)i(iue spi- nulis parvis utrinque 6-7 nigris, basi pallidioribus, armatae. Tarsi modici. Abdomen concolor. Segmt^ntum abdominale dorsale octavum LE GRYLLACRIS DESCRITTE DA C. STÀL 99 (^ parum productum ; segmentum nonum modice productum, sensim cucullatum, posterius decurvum, in medio verticaliter anguste sulcatum fere fissum, lobis contiguis, inferius tumi- dulis, spinam longam oblique inferius intusque versam reotam apice gerentibus ; his 2 spinis cruciatis. Lamina subgenitalis 1^ transversa sat magna, apice in medio rotundato sinuato, lobis subr»tundatis ; styli in latere externo loborum siti, modice longi, exiles, pilosuli, bene articulato inserti, longitudinem di- midiam cercoriim non attingentes. Habilat : Philippinae [Il tipo non porta altra speciale indi- cazione]. Altra specie dimenticata nella monografia di Bn;nner. Kirby nel suo catalogo la fa sinonima di Gr. arctala Walker ; però per quanto si può giudicare dalla descrizione di Walker, le due specie sono diverse. La Gr. brevispina Stài appartiene al gruppo della Gr. hya- lina Brunner. Alle specie di Stài, per completare qui il quadro delle nostre cognizioni sulle Gryllacris delle Filippine, vanno ag- giunte le seguenti : Gryllacris maestà Brunner, affine alla higuttata Stài. Gryllacris ìiasalis Walker, probabilmente affine pur essa alla higuttata Stài. Gryllacris vittipes Walker, probabilmente affine alla Gr. signi/era Stài, della quale io stesso ho descritto nel 1908 una varietà, senza darle nome particolare, secondo un esemplare proveniente da Mindanao, e che potrebbe anche darsi concor- dasse colla vittipes Walk. Gryllacris brachyptera Gerst., Gr. nigrogeniculala Brunner, affini entrambe alla fuscinervis Stài. Gryllacris arclata Walker, forse affine alla Gr. brevispiìia Stài. Infine la Gryllacris scripla Navas 1904, specie di cui ben poco si può dire, avendo l' autore omesso di descriverne le elitre e le ali, cosicché non si sa neppure lontanamente a quale gruppo di specie possa ascriversi, se a quelle ad ali bicolori colle fascie oscure sulle venule, o colle fascie sugli intervalli, 0 se a quelle ad ali unicolori con venule pallide alle elitre, o con venule oscure. 100 ACHILLE GRIFFINI Volendo ora fare qualche considerazione generale, si può constatare come predominino nelle Filippine le specie ad elitre relativamente poco lunghe e con ali quasi cicloidee, e come il pronoto in esse presenti piuttosto costanti certi caratteri, come la distinta maggiore altezza dei lobi laterali posteriormente e una tendenza dell'angolo posteriore di questi ad arrotondarsi ; la sommità del vertice del capo, nelle specie finora note delle isole Filippine, tende a mantenersi piuttosto stretta. In un PRIMO GRUPPO possiamo collocare le specie ad ali bi- colori aventi le areole oscure e le venule con margine limpido da ambo i lati. In queste specie [lìrinaeps, higutlata, maculi- 'pennis, ìnoesta, ecc.), vediamo P ovopositore essere falcato, e tanto più curvo nelle più grosse, meno invece via via nelle meno grosse, pur conservando sempre la forma arcixata ; la la- mina sottogenitale dei ^, per quanto fin qui si conosce, appare fornita di stili distintamente articolati. Questo gruppo appare aver una larga base di diffusione nelle Filippine, intorno alle quali ha poi rappresentanti nelle Molucche (Gr. moeslissima Br.), a Timor [Gr. Loriae Griff.ì, a Giava [Gr. rufìceps Serv.), a Borneo (alcune specie con caratteri alquanto perticolari), fino a Malacca [Gr. rufineps subsp. ìnalaccensts Griff.), e presenta due specie alquanto degenerate (^Gr. vaginalis Pict. Sauss., Gr. Comotti Grif.j, di cui l'ultima in Birmania. La Gr. princeps Stài avendo qualche areola delle elitre col centro un po' oscuro, pare possa collegare il gruppo ora in discorso con quello della Gr. picea Brunn. in cui anche le elitre sono oscure, colle venule a mar- gini limpidi ; credo però che questo collegamento sia più ap- parente che reale ; il gruppo della Gr. picea comprende specie dell'India {Gr. Panteli Boi., e var. Poaltoìiiana Griff.), una che arriva persino alle Isole Comore {Gr. picca Br.), e una di Madagascar (^Gr. Mannae Griff.). In un SECONDO gruppo collocheremo le specie ad ali bicolori aventi le venule coperte da fascie oscure che talora si dilatano e si fondono lasciando le areole appena limpide nel centro. Questo gruppo ha la sua principale area di diftusione nelle isole della Sonda ed è ricco di specie che si rannodano intorno alla signifera Stoll, alla /uscifrons Gerst., alla nigrilahris Gerst., alla lineolata Serv., specie sondaiche; esso si dirama poi alTiu- torno, arriva da una parte fino alla Nuova Guinea (Gr. eccelsa Br., Gr. Kirhyi Grifi"., Gr. Giulianeliii Grifi'.) e dall'altra fino LE GRYLLACRIS DESCRITTE DA C. STÀL 101 all'India (Gr. jìoiior Br.), a Ceylon {Gì\ pardalina Gerst.), e tino alle Séchélles {Gr. sccheflensìs Boi.). Finora nelle Filippine esso presenta la Gr. pustulata Stài. Anche in questo 1' ovopo- sitore è alquanto falcato, meno però che nel precedente, ro- busto e più 0 meno troncato obliquamente all'apice. Un TERZO GRUPPO può Costituirsi colle specie ad ali unico- lori più o meno j aline e colle elitre a venature più o meno scure, e nelle isole Filippine le sue specie si rannodano intorno alla Gr. fuscinervis Stài, colla nigrogenicuìata Br. e la brachyp- lera Gerst, ; meno tipiche invece, e costituenti come gli estremi opposti, vi sono la Umhaticollis Stài e la pleheia Stài. E questo un gruppo che ha i suoi rappresentanti anche nelle isole della Sonda e regioni vicine {Gr. tibialis Serv., Gr. translacens Serv., Gr. amplipennis Gerst., Gr. brachypiera subsp. montana Griff. di Sumatra e fino a Ceylon ( Gr. aequalis Walk. = annuìata Br.) e nell'India [Gr. «i^rer/a^a Br.), non parlando delle specie africane ; nelle Filippine osserviamo che le specie che vi apjDar- tengono hanno gli organi del volo poco htnghi, benché non ridotti, ed ancora nei ^^ gli stili della lamina sottogenitale che tendono a farsi fissi, non articolati, mentre l'ovoposi- tore appare farsi piiittosto esile e quasi dritto. La Gr. pleheia Stài pare collegare questo gruppo a qitello della Gr. inconspicua Br., nondimeno la pìebeia Stài ha indiscutibili affinità colla fuscinervis pel campo anteriore delle elitre vitreo nella metà basale, quivi quasi non venato. La Gr. limbaticoUis Stài collega forse questo gruppo a quello della Gr\ fumigata Haan. La Gr. punctifrons Stài rappresenta nelle Filippine un QUARTO GRUPPO di specie ad ali unicolori, in cui le elitre sono relativamente molto opache, intensamente giallastre, fittamente venate, colle venature quasi concolori, e sono colle ali pittttosto brevi ; essa si accosta alla Gr. navicida Br. di patria ignota, ma probabilmente di origine papuana (Vedi infatti Gr. navicida subsp. Novae Guineae Griff.). e forma con questa appunto un gruppo che si stacca abbastanza dagli altri, anche da qviello della Gr. inconspicua Br. al quale è prossimo. La Gr. brevispina Stài infine rappresenta nelle Filippine un QUINTO GRUPPO prevalentemente australiano, quello della Gr. hyalina Brunn. e delle molte sue consimili, in cui le ali sono unicolori, jaline, e le elitre pure jaline o quasi, a venature rade, di hmghezza relativamente grande ; il pronoto si distingue 102 ACHILLE GRIFFINI - LE GRYLLACRIS DESCRITTE DA C. STÀL pure perchè piuttosto corto, coi lobi laterali poco meno alti che lunghi, col margine posteriore verticale abbastanza alto. Questo gruppo australiano ha qualche rappresentante alquanto modifi- cato nelle isole della Sonda, per esempio la Gr. phryganoides Haan di Giava, e si ripresenta pure un po' modificato, a Ma- dagascar e nell'Africa. La fauna filippina dunque per quanto è delle Gryìlacris accoglie in se forme di guppi varii, connesse a forme consimili di isole e regioni vicine, e non ha ancora acquistato un carat- tere suo particolare ben spiccato. Dott. Roberto Brunati SOPRA ALCUNE OSSA FARINGEE FOSSILI SPETTANTI AL GENERE LABRUS E CONSIDERAZIONI SOPRA LE OSSA FARINGEE DI ALCUNI LABRIDI VIVENTI NEL MEDITERRANEO Molti sono i resti fossili di Labridi che vennero descritti e figurati ; per la maggior parte impronte intiere o frammen- tarie del corpo, nelle quali le ossa faringee non sono distinte. Già nel 1796 nell'Ittiolitologia del Volta (*) è descritto e figu- rato un esemplare intero come Labrus menila L. che poi assai giustamente Heckel (') riconobbe specie nuova e chiamò Labrus agassizi. L'Agassiz nella sua classica monografia sui pesci fossili (') cita un osso faringeo inferiore, benissimo conservato con tutti i suoi denti, di modo che non resta alcun dubbio sulla sua posi- zione sistematica, e lo riferisce senza figurarlo al Labrus ibbetsoni. In quest'opera (^) edita negli anni 1833-43 è anche descritto nel 1843 il Labrus valencieunesi Agass., che l'Agassiz dapprima aveva figurato sotto il nome di Labrus mirrodon. Igino Cocchi (^) nel 1864, nei suoi studii sopra una nuova famiglia di pesci Labroidi fossili della Toscana, si occupò, (1) VoUa G. S. ittìolit. Veronese (1796), p. clv.. tav. XXXII. (2) Heckel J. J. Beitràne zur Kenntniss der Jossilen Fische Osterreichs. Deakschr. k. Akad. math, naturw. Ci., voi. XL., pt. i (18b6). p. '468, tav. XV, fig 2--. (3) Agassiz L. PoiSS. FOSS., voi. V, pt. i, (1833), p. il6. (-1) Agassiz L. Op. Cit., voi. V, pt. i, (1833-43). p. 116, tav. XXXIX, fig. 2. (5) Cocchi I. Nuova famiglia di 2)esci Labroidi. Stiuii Paleontologici. 1864. Firenze, p. 5. 104 ROBERTO KRfXATl benché incidentalmente, nella parte generale, dei caratteri delle ossa faringee dei Labridi. Un osso faringeo superiore sinistro, fu pure descritto dal Lawley nel 1876 ('j. In considerazione del numero delle file di denti e della forma dei medesimi, tale avanzo non fu da lui rife- rito a nessuna delle specie viventi e fu considerato, come tutti gli altri da lui rinvenuti nel Pliocene toscano, specie nuova, {Labrus pri'.scus Law.). Il De Zigno nel 1887 (') descrisse un avanzo completo di Crenilabrus szajnochoe del monte Bolca, il (piale non presenta tracce visibili di ossa faringee. Nel 1889 il prof. Bassani nelle ricerche sui pesci fossili di Chiavon {^) descrisse tre esemplari di Labrum agassizi; in quello di maggior sviluppo e di miglior conservazione si può colla lente vedere i denti faringei, i più grandi dittici ed i più piccoli emisferici. Un esemplare completo del Miocene superiore di Dolje, in Croazia, è ricordato dal Kramberger nel 1891 sotto il nome di Labrum f^CrenilabrìisJ icoodwardi ('). Un osso faringeo intiero, di forma tozza, rinveniito nel Pliocene di Suffolk, fa parte della collezione del British Museum of Natural History fu ricordato dal Woodward & Sherbon (^) nel Catalogo dei vertebrati fossili del Museo Brittanico edito nel 1890 ed è di nuovo ricordato dal Woodward nel Catalogo dei pesci fossili, dello stesso Museo, jnibblicato nel 1901 (''). Un osso faringeo inferiore fu descritto ed illustrato dal prof. Bassani nella Ittiofauna delle argille marnose, plistoceniche di Taranto e di Nardo C). Esso venne dall' ilhistre ittiologo riferito con dubbio al genere Crenilabrus sp. (?). (1) Lawley E. Nuovi studii sopra ai pesci ed altri vertebrati fossili delle Colline Toscane. (1876), p. 71. (2| De 7A'rno A. Pesci fossili nuovi di Monte Bolca. .Meni. R. 1st. Veneto, voi. X\III (18S7) p. 17, fig. 3. (3) Bassani F. Ricerclie sui pesci fossili di Chiavon. Atti R. Aecad. Scien. Fis. Mat. di Napoli [2] voi. iii, (1889), il. fi, p. 47, tav. IV, flg-. 2. (4) Kraitiberger. Rad. .luofoslav. Akad., voi. evi (18'.>1), p. 119, tav. ii, fifr. 4. (5) Woodward & Sherborn. Catal. Brit. Foss. Vert., 1890, p. 108. (6) Woodward .\. 8. Catalogne of fossil fs/ies in the British .\fuseu»ì, parte IV (1901), p. 540 (7) Bassani F. La Ittiofauna delle argille marnose plistoceniche di Taranto e di Nardo (terra d Otranto), Atti della R. Accad. delle Scienze fis. e mat. di Napoli, voi. XII, serie 2, (1905), p. 40, tav. I, fig. 11. SOPRA ALCUNE OSSA FARINGEE FOSSIIJ ECC. 105 Sui Labridi viventi vi sono osservazioni in tutti i trattati di Ittiologia, e delle ossa faringee ho trovato cenni speciali nei lavori che ricorderò. Il Penant nel suo Studio (*) sui pesci dell'Inghilterra, edito nel 1776, dà una bella illustrazione del J^ahrxs maculatns Bl. ri- producendo oltre al pesce anche Posso faringeo inferiore. Nel 1839 venne data una descrizione esatta di tutti i ca- ratteri dei Labridi nella Storia Naturale dei pesci di Cuvier e di Valenciennes ('j. Tali autori descrivendo in modo particolare la forma delle ossa faringee diedero notizie assai minute sulla forma dei denti. Owen ('^) descrisse pure nella sua Odontografìa, i denti dei Labridi, la loro struttura e il loro modo di riprodursi e fra essi illustrò anche due ossa faringee inferiori. Trattò diffusamente delle ossa faringee dal punto di vista sistematico lo Kner in un suo lavoro edito nel 1860 (''), ed in un suo studio successivo, sopra alcuni nuovi pesci del museo di Amburgo (^), quest'autore ricorda e iigura un altro osso faringeo inferiore di un Lahridae, il Trochocopus Darvinii Gth. delle coste occidentali dell'America del Sud, osso faringeo affatto differente da quelli che formano oggetto di questi studi. Lo studio dei Labroidi del Mediterraneo del prof. Cane- strini C), benché non si occupi dell'apparato scheletrico, è una preziosa ed accurata descrizione delle specie mediterranee. Una riproduzione di un osso fai'ingeo inferiore di Labrus maculatns BL si trova nella recentissima pubblicazione The Cambridge Naturai History, vol. VII, pag. 673. Nella sezione di Geologia del Museo Civico di Milano si conserva un osso faringeo inferiore di Labrus;, dono del pro- fessor G. De Alessandri, proveniente dal quaternario di Avenza, (1) Penant. British Zoology (1776), vol. Ill, pag. 216, tav. XLIV. (2) Cuvier M. et Valenciennes A. Histoire Naturelle des Poissons. 1839, tav. XIII, p. 146. (3) Owen R. Odontography ; or a Treatise on the coriiparative anatomy of the teeth (1840-1815). (4) Kner R. Zur Charahteristik und Systematik der Labroiden. Sitzsh. d. math. nath. CI. d. K. Akad. d. Wiss. (1860), vol. XL, p. 45. (5) Kner R. Neue Fische aus dem Museum der J.Cas. Godefroy & Sohn in Hamburg id. id. vol. XLVI (1867), p. 726, tav. IV, fig. 5. (6) Canestrini G. Studi sui Labroidi del Mediterraneo. Comnientario della Fauna, Flora e Gea ecc. N. 3, Venezia, 1 Gennaio 1868. 106 ROBERTO BRUNATI presso Carrara (Vigna dei Sali). Un altro rinvenuto nel Pliocene di Castellarquato e che presenta pressapoco le stesse dimensioni e che ha ottima conservazione, era posseduto dalla sig'"». prof. Zina Leardi-Airaghi; entrambi mi furono gentilmente concessi in istudio. Mi accinsi ad illustrare questi avanzi fossili, e per assi- curarmi della loro posizione sistematica intrapresi i debiti confronti colle specie viventi del Mediterraneo. A tale scopo mi fu di grande giovamento il materiale comunicatomi dal sig. dott. C. Bellotti, dalla R. Stazione Zoolo- gica di Napoli a mezzo del prof. F. Bassani, dal prof. C. Parona, dal prof. F. Supino, dal dott. S. Lo Bianco e dal sig. B. Borgioli preparatore nel Museo di Storia Naturale in Genova, nonché i consigli dei prof. E. Mariani e G. De Alessandri. Ai suddetti signori l'espressione della mia più viva gra- titudine. Mi è pure doveroso ringraziare il dott. Carlo de Marchesetti, direttore del Museo di Trieste, il quale mi ha co- municato l'esemplare di Taranto, già illustrato dal prof. Bassani. La forma delle ossa faringee inferiori dei Labroidi è quella di un triangolo isoscele avente la base più lunga dei due lati; questa è rivolta verso l'esofago ed il vertice, terminato da ima codetta, sostenuta da una lamina ossea che parte dalla faccia inferiore dell' osso faringeo, è rivolto verso la bocca. Presso ai due vertici, adiacenti alla base, si osservano espansioni ossee che servono colla lamina ossea a fissare la piastra faringea alle branchie ('). La faccia superiore è coperta da numerosi denti disposti in serie per lo più irregolari, i quali sono più grossi e ten- denti alla forma sferica verso il centro della base del triangolo e si fanno sempre più piccoli ed acuti verso i tre vertici. Sulla codetta vi sono denti piccoli ed acuti. Le due ossa faringee da me possedute, come appare dalla fotografìa (tav. IV fig. 1 e 2, 3 e 4) sono molto affini all'avanzo illustrato dal prof. Bassani (*) nella Ittiofauna di Taranto e di Nardo e che io ho riprodotto nella qui unita tavola (hg. 5 e (i). L'avanzo proveniente dal quaternario di Avenza presso Car- (1) Cocchi I. op. cit. p. 5. (2) Bassani F. La Itliofauria ecc. p. -JO, tav. I, lig. U. SOPRA ALCUNE OSSA FARINGEE FOSSILI ECC. 107 rara (tav. IV fig. 1 e 2), ha ima base lunga 32 mm. con orlo molto convesso; ed ha un'altezza di 15 mm. Manca in questo esemplare la parte finale dell' angolo basale a sinistra dell' os- servatore, ma quello posto a destra è ben conservato; quest'ultimo è munito di un prolungamento robusto rivolto in dietro e pie- gato in basso, che termina in una faccia piana di forma subrom- boidale avente la superficie dell' orlo esterno leggermente on- dulato. I denti sono disposti in cinque fila irregolari, disposte da una parte e dall'altra della linea che unisce il punto medio della base alla codetta; le due file lungo i lati sono costituite da denti piccoli e sempre più acuti (') quanto più si avvicinano al prolungamento della codetta. Le tre file posteriori sono le più irregolari e sono costituite da denti che avvicinandosi al punto medio della base, diventano più grossi e tondeggianti. Questi denti hanno la base cilindrica che termina superior- mente in una strozzatura anulare a guisa di colletto ; nella regione superiore sono espansi in una corona bianchissima, lu- cente, subsferica, ma talora irregolare ed appiattita. L' osso faringeo, inferiore proveniente dal Pliocene supe- riore di Castellarquato, (tav. IV fig. 3 e 4), corrisponde al pre- cedente, ma è in miglior stato di conservazione. Presenta anche esso l'orlo della base convesso. Quest'ultima è lunga 33 mm. mentre l'altezza è di 14 mm. Si vede quindi che anche le diffe- renze di svilupjDO sono quasi trascurabili. Pure in quest' avanzo si trovano cinque file irregolari di denti, i quali sono piccoli ed acuti nelle file esterne, presso i lati determinanti il prolun- gamento della codetta, ma più grossi e tondeggianti nella parte inferiore presso alla metà della linea di base del triangolo. Inoltre si osserva un grosso dente isolato, ossia fuori delle serie ordi- narie, quasi nel mezzo del lato basale. In questo osso faringeo, inferiore è conservata la prima porzione della codetta sulla quale si osservano quattro dentini molto acuti posti su due file. L' esemplare delle argille di Taranto descritto dal pro- fessor Bassani (tav. IV fìg. 5 e 6), è uguale ai precedenti, ed è in buono stato di conservazione. Le sue dimensioni sono quasi (1) Dalla fotografia non risulta evidente la punta acuminata dei denti in questa piastra come anche non spicca in tutte le altre figure, essendo le fotografie fatte di prospetto. 108 ROBERTO BRUNATI identiche a quelle dei due avanzi già descritti presentando una lunghezza basale di 3B mm. e un' altezza di 15 mm. I denti hanno forma ed disposizione eguale ai precedenti, i prolunga- menti della base pure sono rivolti in dietro e piegati in basso e terminano con superfici piane che hanno margini curvi e leggermente ondulati come negli altri due esemplari. Le piccole variazioni che si riscontrano in queste ossa faringee fossili, si possono considerare differenze individuali che si trovano anche nei viventi, tanto più spiccate, quanto più tali ossa appartengono ad individui di età differente. L'esemplare del quaternario di Avenza presso Carrara è no- tevolmente più tozzo degli altri e presenta una forte convessità alla base; i suoi denti hanno una superficie deteriorata alquanto dall' uso, ed in un alveolo isolato presso alla metà della linea basale si scorge il dente di sostituzione. Quello di Taranto (tav. IV fig. 5 e 6) ha una maggior rego- larità nelle serie dei denti ed i prolungamenti ai vertici basali sono alquanto più espansi; quest'ultimo carattere si deve forse attribuire all'ottima conservazione della piastra. Le affinità fra questi tre esemplari sono a mio avviso assai evidenti, infatti la forte convessità della linea basale, la traccia della robusta lamina ossea che partendo dal centro della faccia inferiore sostiene la codetta, la forma dei denti, la superfìcie pianeggiante colla quale sono terminati i prolunga- menti laterali, è press' apoco identica nei tre esemplari. Queste affinità che riscontriamo nelle tre ossa faringee fos- sili, dipendono da identico sviluppo e dall'identico numero di file dentarie, in modo che questi esemplari, con grande proba- bilità si possono ritenere appartenenti ad individui della me- desima età e di uguale sviluppo. Il prof. Bassani dallo studio della ittiofauna delle argille di Taranto e di Nardo, potè stabilire che essa trova la sua perfetta corrispondenza nei mari attuali e precisamente nel Mediterraneo, in cui vivono tutte le specie che la compongono (*). Il prof. Bassani aveva assai avvedutamente riferito con dub- bio l'osso faringeo da lui illustrato a Crenilabriis sp. Dall'esame che ho fatto di molti esemplari viventi di differente età, di sesso (1) Bassani K. La Ittiofauna delle Argille marnose ecc., p. 56. SOPRA ALCUNE OSSA FARINGEE FOSSILI ECC. 109 diverso e provenienti da località varie del Mediterraneo, ho po- tuto convincermi che i tre esemplari spettano al genere Lahrus (Artedi) Linneo, e precisamente alla specie attualmente vivente nel Meditesraneo L. menda L. E questa una nuova prova di quanto afferma il prof. Bassani ('). Nel Lahrus meruìa L. vivente, le ossa faringee inferiori variano nella forma col variare dell'età, mentre i denti aumen- tando di numero, mantengono sempre la medesima disposizione, cioè al centro della base stanno i più grossi e quelli di forma sferoidale mentre ai lati ed al vertice si trovano i più piccoli di forma conici. Sulla codetta si riscontrano sempre denti co- nici e piccoli ; gli estremi sono un poco più grossi ed hanno la forma di canini. Le quattro ossa faringee di L. merula L. che sono ripro- dotte nella tav. IV fig. 7 e 8, 9 e 10, Il e 12, 13 e 14, appar- tengono ad individui di età, di sesso e di provenienza differenti e presentano notevoli differenze. Quello meno sviluppato (fig. 9 e 10) ha una lunghezza ba- sale di 16 mm. ed una altezza di 5 mm., ed appartiene ad una femmina lunga 23 cm. proveniente da Genova. Questo osso fa- ringeo ha la linea basale concava, mentre in tutti gli altri, appartenenti ad individui più sviluppati, essa è convessa. I pro- hingamenti dei vertici basali però, come negli adulti, sono piegati indietro e rivolti in basso e anche questi sono terminati da una superficie piana, leggermente concava. La piastra conta tre file di denti colla solita disposizione, grossi e tondeggianti presso alla base, conici e piccoli gli altri. La codetta ha due file di denti piccoli ed acuti ed è terminata da un dente più grosso dall' aspetto di canino. Due altre ossa faringee appartenenti ad individui più svi- luppati, provenienti uno da Genova (fìg. 11 e 12', l'altro da Nizza (fig. 13 e 14), sono quasi delle medesime dimensioni, avendo quello di Genova i;na lunghezza basale di 24 mm. ed un' altezza di 7 mm. e quello di Nizza una lunghezza di 24 mm. e una altezza di 8 mm. Presentano entrambi una linea basale convessa ; i prolungamenti all' estremità della base sono pie- gati indietro e in basso e terminano con superfici larghe e piane di forma subromboidale, analogamente a quelle dei fossili. il) Questa specie viene cosi per la prima volta iMi\>nnta nelle foriiuwioni plio- ceniche. 110 ROBERTO BRUNATI L'unica differenza fra queste due ossa faringee è nel numero degli ordini di denti, che sono quattro nell'esemplare prove- niente da Genova, mentre in quello proveniente da Nizza si osservano in una metà dell' osso, quattro ordini ed un dente quasi centrale vicino all'orlo basale; nell'altra metà solamente tre ordini. In tutte e due le ossa i denti sono disposti come sopra, cioè i più grossi verso il centro del triangolo, presso alla linea basale, i più piccoli ai lati e sulla codetta. Di questi due non posso dire né il sesso né le dimensioni poiché ebbi in osservazione le sole teste. Il quarto osso faringeo (tav. IV fig. 7 e 8), che presenta quasi le dimensioni di quelli fossili, cioè una base lunga 36 mm. ed un'altezza di 14 mm. appartiene ad un'esemplare maschio lungo 39 cm., proveniente da Genova e come appare dalla foto- grafia esso è senza dubbio affine a quelli fossili. È infatti tozzo, ed ha la linea basale molto convessa; i prolungamenti della base robusti, sono rivolti indietro e piegati in basso terminando con una superficie di forma subromboidale. La lamina ossea che sostiene la codetta è robusta e presenta un'attacco affatto simile a quello dei fossili. Presenta cinque ordini irregolari di denti identici a quelli dei fossili, ed anche in questo, come nell'esemplare di Castellarquato, vi è vm grosso dente fuori della serie ordinaria. Per quanto riguarda i Labridi viventi, le notizie piii dif- fuse sulle ossa faringee ci vengono date dallo Kner, il quale divide i Labroidi in quattro gruppi a seconda della forma dei denti (•). Solamente il primo ed il secondo gruppo sono quelli che inte- ressano le mie ricerche. Il primo gruppo caratterizzato dall'avere tutti i denti delle ossa faringee inferiori rotondi come una paHa, oppure elittici, e sulla codetta solo alcuni denti acuti, comprende tra gli altri il genere Crenilabrus. Il secondo gruppo caraterizzato da ossa faringee inferiori e superiori che hanno denti in parte rotondi ed in parte molto acuti comprende il genere Labrus. Nella descrizione dei caratteri distintivi tra il genere Labrus ed il gen. Crenilabrus, Kner osserva che l'osso faringeo inferiore (1) Kiicr li. Zur Charaliterislih unii Systentaiih der I.abruiden, p. 45. SOPRA ALCUNE OSSA FARINGEE FOSSILI ECC. Ili presenta nel genere Labrus la linea basale con orlo concavo, corpo e codetta con tre file complete di denti, dei quali sola- mente quelli dell'ultima fila sono rotondi, ma tutti gli altri, compresi quelli delle ossa superiori, terminano leggermente ap- puntite. Nel genere Crenilabrus, sempre secondo lo Kner, si osserva invece un maggior ingrossamento nel mezzo, con la linea basale avente l'orlo convesso e molte file di denti. I denti centrali e quelli posteriori sono più grossi e rotondi, mentre la codetta ha una fila sola di denti rotondi, oppure due file, ma con denti piccoli. Da quanto ho potuto constatare questi caratteri dati come fondamentali da Kner ammettono delle eccezioni, infatti il numero delle serie di denti nei Labrus non è costante e anche queste non sono complete ma di solito irregolari. Anche la forma concava della linea basale dell'osso faringeo inferiore dei Labridi non è costante, poiché abbiamo visto come nel Labrus menda L. adulto essa presenti una evidentissima convessità. Corrispondono meglio ai caratteri stabiliti dallo Kner gli altri Labridi e cosi il faringeo inferiore di Labrus mixtus L. del Mediterraneo che ha una base lunga 11 mm. ed un'altezza di 3 mm. (tav. IV fig. 19 e 20) corrisponde quasi esattamente per la forma e per le dimensioni relative delle varie parti alla sua descrizione. Esso presenta la linea basale molto concava, è poco ingrossato al centro della faccia inferiore, i suoi denti però non sono regolarmente disposti in tre file, come osserva il Kner. La linea basale è pure concava in un osso faringeo inferiore di Labrus turdus Bl. e Schn. (tav. IV fig. 21 e 22) proveniente da Genova ed appartenente ad un maschio adulto, che ha una lunghezza di mm. 45,5 mentre la lunghezza basale del faringeo inferiore è di 35 mm. e l'altezza è di 10 mm. Questa piastra presenta quattro file irregolari di denti e questi sono sparsi, specialmente i posteriori più grossi, ad una considerevole distanza l'uno dall'altro. Sulla codetta vi sono due file di denti piccoli ed acuti e all'estremo anteriore un solo dente acuto. I prolungamenti ai lati della base sono limitati da una su- perficie piano-concava. Tali caratteri si trovano pure in due ossa faringee inferiori 112 ROBERTO BRUNATI di Lahrus festivus Riss., provenienti da Napoli, uno apparte- nente ad un maschio adulto lungo cm. 27,5 l'altro ad un in- dividuo lungo cm. 13 del quale non conobbi il sesso. L'osso faringeo inferiore del maschio adulto è lungo 16 mm. ed è alto 5 mm.; i denti sono disposti in quattro file irregolari e non sono avvicinati gli uni agli altri. Le estremità ai lati della base, rivolte indietro e piegate leggermente in basso, sono terminate da superfici piano-elittiche. L'orlo della base è concavo. L' osso faringeo inferiore del più piccolo esemplare, ha la base concava lunga 7 mm. ed alta 3 mm., ha due sole file di piccoli dentini ed uno centrale grosso e conico. Anche in questa pi atra i prolungamenti ai vertici della base rivolti indietro e piegati in basso sono terminati da superfici sube- littiche. Maggiori infrazioni ai caratteri che il Kner ha attribuito al gen. Creniìahrus si osservano nelle ossa faringee inferiori da me esaminate. Nelle ossa faringee inferiori spettanti al Creniìahrus quin- quemaculaius Riss. (tav. IV fig. 17 e 18) i caratteri sistematici concordano con quelli stabiliti da Kner. Infatti come egli aveva già osservato 1' orlo della base è convesso, ed i denti sono ro- tondi come palle. In due Crenilabrus pavo C. V. uno prove- niente da Napoli (tav. IV fig. 23 e 24), l'altro dall'Acquario Civico di Milano, l'orlo della base è concavo ed i denti sono conici ed acuti. L' orlo della base è pure concavo nel Creniìahrus rostratus Bl. del quale osservai due ossa faringee inferiori provenienti da Napoli, una di maschio e l'altra di femmina. Un carattere che mi è sembrato costante nel gen. Creni- labrus^ è la forma dei prolungamenti ai lati dei vertici basali che non sono mai terminati da superfici larghe e pianeggianti come nel gen. Lahrus, ma invece sono di frequente ingrossate e terminate da superfici lineari o rettangolari. Concludendo, negli esemplari mediterranei del gen. Lahrus da me esaminati, la linea della base nelP osso faringeo inferiore è concava, e solamente fa eccezione il Lahrus merula L., nel eguale però la concavità della base, mentre esiste evidente nei giovani, va man mano diventando convessa col crescere dell'età e conseguentemente coli' aumentare delle serie di denti. SOPRA ALCUNE OSSA FARINGEE POSSILI ECC. IIB In questi pesci poi le ossa che formano l'apparato masti- catore faringeo, sono in confronto delle dimensioni degli indi- vidui molto più sviluppate e robuste che non nei Crenilabridi. Nei Crenilabridi da me osservati, anch' essi tutti del Mediter- raneo, l'unica specie che presenta l'orlo della base convesso è il Crenilabrus quinquemaculatus Riss.; nelle altre invece la base del triangolo che forma l'osso faringeo inferiore è concava. Le ossa faringee dei Crenilabridi non raggiungono mai a pari sviluppo del corpo, la mole di quelle dei Labridi ed hanno r apparato faringeo meno robusto. I caratteri sistematici fondati sulla forma delle ossa faringee inferiori che lo Kner ha stabilito, non mi sembrano del tutto esatti perchè, come abbiamo visto, tanto la forma della base, come le serie dei denti variano nel medesimo modo nei due gruppi. L' unico carattere da me osservato che distingue queste ossa tra il genere Lahrus e il genere Crenilabrus^ è la forma della superficie di attacco dei prolungamenti della base. Milano, Museo Civico, i Giugno i909. 114 ROBERTO BRUN ATI - SOPRA ALCUNE OSSA FARINGEE POSSILI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IV Fig. L Osso fiii'iiigeo inf. di Labrus merulal.- (luatemario di Carrara faccia sup. » 2. » » » » » » • » » » » inf. » >> » » » » [ilioc. (li Castellarquato » sup. » » >> » » » » » » " inf. >> » » » » » plistoeene di Taranto >> sup. « » » » » » » » » » inf. » >> » » » » Mediterraneo (Genova) » sup. » » » » » » » » » inf. » » » » » » » » » sup. » » » >> » » » » » inf. » » » » » >> » » » sup. » » » » » » » » » inf. » » » » » >> » Nizza » sup. » » » » >> » » » » inf. » » » Labrus tuvclus BL e Schn. Mediterraneo » sup. » >> » » » » » » » inf. » » » Cremi. quiiKiueniaculatus Riss. >> » sup. » » » » » » » » inf. » » » Labrus mixtus L. » » sup. >, >> » ,> » » » » inf. » » » Zai!/;'Kò7«'/'(Z«5BL Schn. Mediterraneo (Genova)» sup. » » » » » » » » » » inf. » » » Crenilabrus pavo C. V. » (Napoli) » sup. » » » >> f » » » K » inf. NB. — Tutti gli esenijìlari sono riprodotti in grandezza naturale. » 3. » » 4. » » 5. » » 6. » » 7. » » 8. » » 9. » » 10. » » 11. » ^^ IS- IS. » » 14. 15. » » 17. 18. 19. •iO. » » 21. » » 22. » » 23. 21. » Brunati R. - Osservaz. su ossa faring, foss. gen. Labrus eoe. Atti Soc. It. Be. Nat., Vol. XLVIII Tav. IV. tOT CHLZOL/'RI'* ^EHH^KIQ V.lANO LA CLEISTOGAMIA Nota «It'l Socio dott. Michele Abbado Fin dal 1539 Hieronymus Bock nel suo u Nemo KreuUer Buch il riferiva d' aver osservato che nell' orzo si producevano i frutti senza che prima fossero apparsi i fiori. In quell'epoca non si supponeva ancora nulla della sessualità degli organi fio- rali e delle funzioni eh' essi compiono ; però si sapeva che il frutto deriva dal fiore; perciò a Bock parve strano il fenomeno osservato nell'orzo della mancanza degli stami, che per lui costituivano l'unico elemento del fiore delle Graminacee. In realtà questi non mancavano, ma erano chiusi nelle glume, come trovò Linneo, che primo li scoperse ('). Egli osservò che, mentre nella segale il prodotto talora è diminuito assai dal cadere di forti piogge all'epoca della fioritura, perchè il polline delle antere che sono venute fuori resta aggrumato e quasi tutti i fiori falliscono, soggiunge : « hordei autem antherae ita intra glumani propriam jacent, ut aquae non pateat aditus " ('). In ogni modo, benché sia incompleta l'osservazione di Bock, tuttavia egli può essere riguardato forse come il primo che abbia notato una fruttificazione non preceduta dello spiega- mento degli organi fiorali. D'altra parte dobbiamo osservare che tanto Bock quanto poi Linneo non s'avvidero dell'esistenza nell'orzo anche di fiori regolarmente aperti e quindi d'un di- morfismo fiorale. Dimorfismo per esistenza di fiori normalmente aperti e di fiori sempre chiusi fu invece notato da Dillenius, il quale è anche considerato da molti, benché a torto, come il primo (1) Amoen. acad. I, 1749, p. 36-1. (2) Cfr. E. Hackel, Ueber Kleistogauiie bei deii Griisern (Oesterr. Bot. Zeitschr. 190*5, p. 82). 116 MICHELE ABBADO che si sia avveduto dei fenomeni di cui stiamo parlando. Se- condo quanto dice Hugo von Mohl nella sua classica memoria di cui riparleremo " Einige Beobachtungen uher dimorphe Blù- ten » ('), DiLLENius, come espose in u Hort. FAtliam " (1732, p. 328, fig. 320), trovò che una Ruellia, che Linneo poi chiamò R. clandestina, produceva dapprima dei fiori molto piccoli e con corolle chiuse, mentre nel secondo anno di vita produceva dei fiori grandi, con corolle lunghe 2 pollici ; i fiori piccoli con- tenevano stami e pistilli, e davano frutti e semi capaci di ger- minare. Lo stesso fenomeno Dillenius (') osservò poi nella Viola che ebbe in seguito da Linneo la denominazione di T'. mirahilis. Dillenius {Horl. Eltham., p. 408, tab. CCCIII) trovò che in questa pianta i fiori primaverili ben sviluppati di rado frutti- ficavano, mentre quelli tardivi, privi di corolla, producevano regolarmente il frutto. Anche neW Ipomoea Pes-ligridis Dillenius accennò d'aver osservato l'esistenza di fiori grandi e di altri piccolissimi. Per un po' di tempo però la completa organizzazione di tali fiori piccoli, sia nelle specie ora dette sia in qualche altra in cui si erano frattanto trovati, rimase ignorata. Si riteneva che in essi mancassero stami, stili e stimmi ; perciò essi veni- vano a ostacolare seriamente la diffusione della teoria da poco esposta dal Camerakius sulla sessualità delle piante. Infatti mentre gli avversari di tale teoria trovavano in questi fiori un valido appoggio, anche i numerosi botanici che già 1' avevano accettata erano costretti per lo meno a riconoscere in essi un' eccezione alla legge della necessità della fecondazione degli organi femminili per opera del polline. Si comprende perciò che Linneo si sia dedicato attivamente allo studio di questi fiori, nell'intento di vedere se veramente essi mancassero di alcuni degli organi sessuali. Le sue prime ricerche non furono coronate da successo, cosicché, a proposito di Caìnpanula 2i(i'>^f oliala, in Horl. Upsal. (1748, p. 40) egli doveva scrivere : u Flores plurimi \)Yim\ corolla, staminibus, stylo stigmateque destituti, videntur frnctus perficere et semina ?i. Più fortunato fu in seguito studiando VAiiandria, pianta che (1) la Boi. 7Ag. 1.so;ì, p. ;)oy. (2) Catalogus iilaiitarmii ciicii Gissaiii iiasceiitiuiii, ITU', p. 3G e append. \i. 36. LA CLEISTOGAMIA 117 SiEGESBECK portava come prova contro la generalità della pre- senza degli stami; egli infatti riuscì a trovare in essa questi organi, e potè classificarla nella Syngenesia polygamia (*). Egli dimostrò pure che questa pianta è capace di dare fiori di due sorta al pari di Ruellia clandestina e Campamda perfoliata.. Continuando le siie ricerche, Linneo potè in breve convincersi della presenza degli organi sessuali anche nei fiori ridotti delle altre specie, cosicché già nel 1750, nella sua opera u Semina mnscorum delecta ;i, egli combatteva assolutamente l'idea che ci siano piante che diano frutti non preceduti da fiori provvisti a loro volta degli organi sessuali: stami e pistilli. Nel 1753 poi, nella " Demonstrat. piantar, in hort. Upsal. ^i, Linneo osservò che in quell'anno, nel giardino di L^psala, diverse piante im- portate dalla Spagna e a cui non aveva bastato il caldo di Upsala, avevano dato frutti senza sviluppare e aprire le co- rolle. Tali piante erano : Cistus gidtatiis^ C. salici folius^ Salvia veì^benaca, Silene portensis, Crucianella palula. Nuove scoperte di fiori ridotti e nuove nozioni sul feno- meno apportarono in seguito gli studi di Schkur, Hegetschweiler, De Candolle, Du Petit, Thouars, Richard, Andr. De Jussiru, Aug. St. Hilaire, Bentham, Torrey, Asa Gray, Spach, Pursh, Weinmann, Wright, Weddel, Maximowicz, Daniel Muller, Brongniart, Michalet, Schlechtendal, Hooker, Thomson, Duval- JouvE, ecc., finché apparve il lavoro già citato di H. v. Mohl, in cui egli si occupa del fenomeno del dimorfismo fiorale nelle sue varie manifestazioni; quivi e in una antecedente memoria di D. MiiLLER (') si trovano le prime descrizioni complete di fiori della natura di quelli che qui ci interessano, e ne è messa in piena luce la funzione. Nello scritto del Mohl, su cui torneremo fra breve, tali fiori non hanno ancora una denominazione speciale; solo più tardi veniva adottata dai botanici l'espressione di u fiori cleisto- gami " (da v.Aeimo£ = chiuso e yù/ieiv = sposare), corrispon- dente al loro carattere essenziale di non aprirsi durante le nozze le quali si compiono quindi a porte chiuse, fra stami e pistilli dello stesso fiore. L'espressione di " fiori cleistogami " (1) De Anandria, Upsala, 1745. (2) Ueber die Befruchtung der incompleten Blumen einiger Viola-Arten. (Boi. 7Jg. 1857, p. 730). 118 MICHELE ABBADO e " cleistogamia ;i è comunemente attribuita a M. Kuhn il quale nella sua memoria pubblicata nel 1807 u Einige Bemerchungen ùber Vandellia und den Blutenpolymorphismus 11 (') aumentò la lista delle specie note con fiori di tale natura. Tuttavia già nel 1857 Hooker e Thomson avevano pubblicato una nota « On cleistogamie floioers » (**); e d'altra parte ancora prima noi tro- viamo il termine kleistos usato da Kunze per creare il nuovo genere Cleistanthiiim ;^), mentre Darwin aveva denominato dap- prima cleistogene le piante che portavano simili fiori (^). In contrapposizione a questi, i fiori normali furono da Axell de- nominati casmogami. Preseguendo per ordine di tempo, noi troviamo che, mentre la lista delle piante con fiori cleistogami va man mano aumen- tando, una sopra tutte attira l'attenzione di molti botanici, quali P. AscHERSON, A. Batalin, Pr. Buohenau, Irmsch, cioè il Juncus bufonius L. Ciò derivò dal fatto che il Batalin (^) nel 1870 aveva trovato nei dintorni di Pietroburgo che tutti gli esemplari di questa pianta da Itti osservati non producevano altro che fiori chittsi ma fertili, e aveva quindi ritenuto che questa pianta non producesse mai fiori aperti; tale fatto egli opponeva alla teoria di Darwin sulla necessità della fecondazione incrociata per la conservazione della specie. La cosa aveva, come si vede, importanza grandissima, e invogliò gli altri botanici a verifi- care il fatto esposto da Batalin ; ma, almeno per le altre re- gioni, la sua asserzione risultò falsa, poiché allato ai fiori cleistogami furono pure trovati i fiori normali, aperti. Fra le altre pubblicazioni apparse in quel giro di tempo, citeremo l' importante lavoro di A. Godron stilla fioritura delle Graminacee (") in cui è descritta la cleistogamia di Leersia oryzoides Sw., Hordeum Zeoeriton L. e altre piante di questa famiglia, e su cui torneremo in un'altra memoria dedicata esclu- sivamente alle Graminacee ("). (1) In Bot. Ztg. 1867, p. 65. Ci) In Journ. Lina. Soc. Bot. Voi. II, p. 7. (.J) Vedi ScHLECHTENDAL, Ucber Cleistanthiuni Ncpalense Kze (Bot. Ztg. 1852, pag. 412). (4) Vedi Dauwin, (ili cflfetti della fecondazione incrociata e pmpria nel regno vegetale. Trad. it. pag. 7. (5) Die Selbstbestanbung von Juncus bufo/n'ìis L. {Bot. Ztg. 1871, p. 388). (6) De la floraisou des Graminécs (Mém. Ac. Se. Nat. Cherbourg, XVII, 1873). (7) La Clei-stogamia nelle Graminacee e in particolare nel Riso. (Att. Soc. It. Se. Nat. iy09). LA CLEISTOGAMIA 119 Noi arriviamo cosi all' opera di Darwin u Le diverse porrne dei fiori in piante della stessa specie » pubblicata nel 1877, nella quale un intero capitolo è dedicato ai fiori cleistogami, e na- turalmente non solo è accennato a quanto si sa in proposito e sono raccolte le osservazioni dell'autore stesso, ma è anche trattata la questione delle cause che determinano la produzione di tali fiori. Gli studi di Darwin riguardano specialmente Viola canina, V. odorata, V. hirta, V. natia, V. Roxburgìiiana, Oxalis Acetosella, 0. sensitiva, Vandellia nummular i folia, Linaria spuria, Ononis Columnae, 0. minutissima, Lathyrus Nissolia, Im,patiens fulva, I. Noli-tangere, Drosera rolimdi folia, Leersia oryzoides, ecc. Dopo l'opera del Darwin, la serie dei lavori relativi alla cleistogamia è abbondantissima; il fenomeno va interessando sempre pili i botanici, e mentre il numero delle specie note come provviste di fiori cleistogami va aumentando a dismi- sura, tantoché oggi se ne contano più di 600, cresce anche l'ardore con cui gli studiosi si dedicano alla soluzione dei problemi che esse presentano. Molti di tali lavori saranno ricordati a tempo opportuno, mentre si svolgerà l'argomento; di tutti poi si darà indicazione nella Bibliografia. Perciò accennerò qui in modo speciale sol- tanto al grande " Manuale della biologia dei fiori ti di P. Knuth (^), dove sono raccolti i fatti principali e più accertati che si riferiscono alla cleistogamia. * Ed ora dobbiamo passare a vedere da vicino che cosa siano i fiori cleistogami e come si presentino nelle piante che li producono. Per farci un'idea completa d'un fiore cleistogamo, nulla ci serve meglio che il ricorrere alle classiche descrizioni la- sciateci da MoHL, relative ad Oxalis Acetosella L., Impatiens Noli-tangere L. ed altre piante. Nella prima di esse, in esemplari studiati presso Tiibingen, egli trovò quanto segue : (1) Handbuch der Blùtenbiologie, Volumi 3, 1898-1905, 120 MICHELE ABBADO Nella seconda settimana di giugno, nel qual tempo i frutti dei fiori primaverili provvisti di corolla contenevano semi maturi, i piccoli fiori erano in gran quantità e in tutti gli stadi di sviluppo, fino al frutto maturo. Essi erano portati generalmente da individui che avevano sviluppato uno o più fiori primaverili, ed erano disposti nell'ascella delle foglie superiori ; talora però si trovavano anche su individui che non avevano dato fiori in primavera. Tali fiori estivi e i loro frutti si distinguono facilmente dai primaverili per la diversa lun- ghezza e direzione del peduncolo, poiché mentre quello dei fiori primaverili ha la lunghezza di circa 3 pollici, è diritto ed ha 1' articolazione, provvista di due bratteole, posta quasi nel mezzo della sua lunghezza, quello dei fiori piccoli è lungo solo. circa quattro linee (la linea vale circa mm. 2 '/J, piegato a uncino superiormente e coli' articolazione lontana dal fiore sol- tanto '/j — 1 linea. Per la brevità del peduncolo il fiore resta na- scosto tra i muschi e gli aghi caduti dagli abeti. Le capsule derivate dai fiori piccoli sono più corte e ottuse delle prima- verili, poiché la parte superiore del carpidio che costituisce lo stilo non é sviluppata, come negli ultimi, in un prolungamento lungo e aguzzo. In ogni loggia si trovano di solito 4 semi, come avviene per i frutti primaverili ; tra i semi dei frutti delle due sorta non c'è differenza. Il fiore estivo ha all' epoca del completo sviluppo una lunghezza un po' superiore a 1 linea (cioè pari circa a mm. 2 '/J e la forma d'un boccio fiorale chiuso. Tra i sepali ben chiusi si spinge un po' in fuori l'estremità superiore della bianca corolla, senza che però sia aperto un passaggio all'interno del fiore. La corolla consta di cinque petali ovali, in estivazione con- torta, strettamente avvolti l'uno sull'altro in modo da rin- chiudere in piccolissimo spazio gli organi della feconda- zione. I cinque stami esterni sono lunghi circa la metà del- l'ovario e possiedono antere piccolissime; i cinque interni hanno antere molto più grosse e talora raggiungono la lun- ghezza dell'ovario, talora ne sono un po' più corti, in modo che i cinque stili, molto brevi, ora stanno fra le antere, ora le sorpassano un poco. Alle piccole dimensioni delle antere interne ('/g X Vi» di linea = 0,28 X 0,25 mm.) corrispondono anche le dimensioni dei granuli pollinici, il cui numero entro ogni sacca non può salire sopra due dozzine; nelle antere pie- LA CLEISTOGAMIA 121 cole, esterne, il numero dei granuli pollinici arriva tutt' al più alla dozzina. Benché questo numero sia assai scarso in con- fronto di altri fiori, tuttavia esso non è da disprezzare, se si raffronta col numero degli ovuli da fecondare, e specialmente se si pensa che, essendo completamente chiuso il fiore, nessun granulo di polline va perduto, e se si considera anche quale vantaggio è per la fecondazione l'immediata vicinanza delle antere e degli stimmi. I granuli pollinici non cadono mai fuori delle antere, ma sviluppano i tubetti restando chiusi nelle antere stesse. I tubetti escono dai àne lati di queste e dalla loro estremità superiore in un intreccio irregolare ; strisciano tra le antere e gli stili, aggirandoli e prolungandosi in gran parte fino agli stimmi. Per tale fatto le antere restano attaccate tra loro e cogli stimmi. Pare che il processo di fecondazione si compia molto in fretta, poiché si trovano relativamente pochi fiori nello stadio di sviluppo ora descritto. Quando la corolla, ancora sempre strettamente avvolta, é spinta un po' più in fuori dagli ovari che si gonfiano, si trovano entro di essa le antere già secche, staccate dai filamenti e pendenti dallo stimma cui restano unite per i tubetti pollinici. Anche in questo stadio, se le antere si ammolliscono in acqua, si trovano i grani pollinici chiusi entro di esse, 'Neil' Lnpatiens Noli-langere L. i fenomeni somigliano molto a quelli che si osservano in Oxalis Acetosella. I fiori piccoli possiedono nello stadio di completo sviluppo la forma di bocci fiorali oblunghi, misuranti circa ima linea (mm. 2 'Z^) ; i sepali sono ben uniti ; essi finiscono in un prolungamento ottuso e globoso. I petali hanno l' aspetto di squamette biancastre lunghe quanto il pistillo ; le antere, portate da filamenti relativamente lunghi, si riuniscono sopra al pistillo a mo' di cappa, ma non sono connate. Quando, dopo la fecondazione, l' ovario si allunga, solleva tutta la massa strettamente connessa e chiusa dei sepali, petali e stami in forma d'una piccola berretta simile ad una caliptra di muschio. All'epoca della fecondazione l'ovario é lungo 75-80 centesimi di linea (circa 2 mm.) e porta cinque stili molto brevi, fatti a cono e terminati in uno stimma a punta. Le antere possiedono un connettivo triangolare che si assottiglia a punta in alto, e sulla cui cima sporgono le sacche 122 MICHELE ABBADO polliniche sottili, lunghe 24 centesimi di linea. Il numero dei grani pollinici di ogni sacca non è di solito superiore a 40 e tutt' al più arriva talora a 50, Essi sono ovali, incolori, lunghi circa 15 millesimi di linea e larghi 10 (= 0,03 X 0,02 mm.). Le antere si aprono in modo assai evidente, ma i grani pollinici non ne escono; essi invece, nello slesso modo di quelli de\- V Oxalis Acetosella, dall'interno delle sacche mandano fuori i tubetti che in grande (quantità attaccano le antere agli stimmi. Tali tubetti, se si vogliono distaccare le antere, si strappano senza tirar fuori da cpieste i granuli pollinici. Altra pianta a cui Mohl rivolse particolarmente la sua attenzione è la Specularia perf'oliala. Nei fiori piccoli di essa, nel fondo del calice supero, sta un glomeriUo biancastro che alla lente appare coperto da alcune liste che irradiano dal centro e da parecchie setole (6-12) poste su queste liste. In tali glomeruli stanno nascosti gli stami e lo stilo. Il numero e la })osizione loro è facile a riconoscersi se con ttna sezione tras- versale si porta via la parte superiore del glomerulo. Si riconosce allora ch'esso è cavo e che la sua parete è costituita da una membrana molto sottile. Gli stami, sopra l'apice dello stilo, si toccano lateralmente. Il numero loro, in corrispondenza con quello dei lobi del calice, varia da 3 a 5. Il numero degli stili (stimmi) e delle logge è di solito di 2 se i lobi calicini sono 3-4, e di 3 se questi sono 5. La membrana biancastra che costituisce la parete del glomerulo sopra descritto corrisponde senza dubbio alla corolla; essa non presenta traccia di divi- sione in lobi né di apertura mediana. La forma della cavità interna varia collo sviluppo del fiore. Qtiando questo è molto piccolo e lontano dall' ejjoca della fecondazione, la corolla rap- presenta un cono piuttoslo acuto che si apjiiattisce poi seni]>re più col crescere dell'ovario. Menire in questo modo la parte superiore della cavità diventa, almeno relativamente, più ristretta, la parte inferiore si fa più ampia, prendendo la forma d'un imbuto sprofondato attorno all'ovario. I filamenti degli stami sono molto brevi; le antere misurano in h;nghezza circa *7ioti di linea (0,3 mm.); esse sono incolore e contengono una discreta quantità di granuli pollinici incolori, del diametro di 0,035 — 0,040 mm. Lo stilo è ovale e relativamente grosso; non c'è traccia dei peli di raccoglimento che sono sempre presenti esternamente sullo stilo delle Campanulacee. Il polline non LA CLEISTOGAMIA 123 esce_^dalle antere, ma diffonde i tubetti fuori di queste disor- dinatamente, nello spazio che c'è fra le antere e lo stilo e tra l'una e l'altra antera. Cosi restano legati insieme stilo e antere. Risulta dalle sopra esposte descrizioni che il principale carattere dei fiori cleistogami è la mancanza di sbocciamento, ossia la permanente chiusura del fiore, e quindi la impollina- zione autogama a porte chiuse. Ma nelle piante sopra nominate si vede che tale carattere è accompagnato ancora da altre modificazioni, alcune delle quali importantissime. Infatti si nota anzitutto una generale riduzione delle parti del fiore, accom- pagnata da una riduzione e trasformazione del peduncolo e delle parti annesse ; fra le parti esterne la corolla è quella che subisce la maggiore riduzione, accompagnata dalla perdita del colore. Ma le modificazioni più importanti si osservano nelle antere. Anzitutto queste sono ridotte, e anche i granuli che contengono sono più piccoli e in minor numero del solito, il che tuttavia non mette in pericolo la fecondità del fiore, poiché la sua chiusura permanente basta già per impedire l' uscita e lo spreco dei granuli pollinici. Ma il fenomeno più saliente è quello della mancanza di deiscenza nelle antere, osservata nell' Oxalis Acetosella L. Infatti abbiamo veduto che le antere non si aprono e i grani pollinici non ne possono uscire e tut- tavia germinano, e i loro tubetti attraversano la parete della antera, escono aggrovigliandosi insieme, e arrivano sullo stimma che resta attaccato all'antera stessa tanto fortemente, che è pili facile strappare questa dal suo filamento che non dallo stimma. 'ì^eW hnpatiens NoU-tangere L. il fenomeno non è più cosi spic- cato, poiché le antere deiscono ; però sta sempre il fatto che i granuli pollinici non ne escono, ma mandano fuori i tubetti che anche qui attaccano saldamente le antere agli stimmi. I granixli sono anzi tanto uniti alle antere che, come abbiamo veduto, tirando i tubetti, questi si strappano senza tirarli fuori. La perpetua chiusura delle antere, cui é stato dato da AscHERSON il nome di cleistanleria, o per lo meno la permanenza dei granuli pollinici dentro di esse cogli accennati fenomeni di impollinazione non é comune a tutti i fiori cleistogami. Una parte di questi si dimostra casmanlerica (secondo il termine pure creato da Ascherson), cioè presenta la regolare deiscenza delle antere e l' uscita del polline da queste. La cleistanleria 124 MICHELE ABBAnO è considerata dalla maggior parte dei botanici come l'espressione di un più spiccato adattamento dei fiori alla cleistogamia; e invero è difficile trovarla in quelle piante che solo acciden- talmente, per cause speciali, producono fiori cleistogami. Nell'elenco delle piante cleistogame che sarà dato a suo tempo, le piante cleistanteriche saranno distinte con un segno particolare; qui noteremo soltanto ch'esse si trovano nelle famiglie delle Acanthaceae, Asteraccae, Balsaminaceae, lìrnssi- caceae, Burmaniaceae, Campanie/ neeae, Coinmefmaceae, Convol- vuìaceae, Dianthaceac. Drnseraceae, Genlianaeeae, Geraniarrae, Hydrophyllaceae, Juncaceae, Lamiaceae, Lylhraceae^ Malpighia- ceae, Malvaceae, Ni/clnginaceae, Orchidareae, Orohancaceae, Oxa- lidaceae, Phaseolaceae , Plantaginaceae , Polygalaceae, Polygo- naceae^ Pontederiaceae, Portai acaeeae^ Primidaceae^ Scrophula- riaceae, Sterculiaceae, Violaceae. Le cause meccaniche della cleistanteria sono state studiate da Leclerc du Sablon ('). Egli ha trovato che la struttura delle antere che permangono chiuse ha subito alcune modifica- zioni; infatti mentre l'assisa subepidermica in quelle che si aprono presenta degli ispessimenti lignificati che determinano la deiscenza, in quelle che non si aprono tali ispessimenti non si formano, e l'epidermide e l'assisa sottostante delle sacche polliniche conservano fino alla maturità del polline il proto- plasma e il nucleo. In una certa regione poi delle sacche pol- liniche le cellule parietali presentano dei caratteri particolari; esse sono piccole e racchitidono un nucleo relativamente volu- minoso e un protoplasma mollo denso, e costituiscono ciò che si può dire il tessido conduttore dell'antera. Infatti il tttbetto pollinico che ha cominciato a svilupparsi nell'interno dell'an- tera viene fuori da (|uos. 182; e t>p. lit. p. 220. LA OLEiSTOGAMtA 12 < quelli di Vioìa mirabilis le antere abitualmente si aprono, e i granuli pollinici ne escono e vanno a deporsi sxillo stimma; però talora rimangono anche dentro alle antere, e Goebel os- servò anche delle antere che rimanevano chiuse e dentro cui i o-ranuli pollinici germogliavano. Anche la Linaria spuria Mill., pianta che porta i fiori cleistogami su dei rami corti che nascono vicini al colletto e s'addentrano nel terreno, pare che abbia in tali fiori ora antere chiuse e ora antere dei- scenti. Infatti mentre Michalet (*) aveva trovato solo antere chiuse, Leclerc du Sablon (') non potè trovare che antere aperte e coi granuli pollinici che ne uscivano per portarsi sullo stimma. Ora quest'ultimo autore suppone che esistano in questa pianta vari gradi di cleistogamia, in relazione colla stazione e colle condizioni climatiche. Altri fatti che frequentemente si notano nei fiori cleisto- gami sono la mancanza di colori vivaci, di odore, di nettare, con soppressione dei nettari. Sovente i fiori cleistogami con- servano l'aspetto d'una piccola gemma fiorale in via di svi- luppo. Un esempio di modificazioni di forma negli organi fem- minili ce lo porge la Fumana thymifolia^ la quale possiede nei fiori casmogami uno stilo in forma di S, con stimma che sta al disopra delle antere; nei fiori cleistogami invece lo stilo è diritto e lo stimma si trova alla stessa altezza delle antere. Talora i fiori cleistogami sono prodotti soltanto dai rami in- feriori della pianta, e molte volte sono portati da peduncoli brevi, per cui stanno nascosti tra le foglie. Alcune volte ancora il frutto prodotto dai fiori cleistogami, all'inizio dello sviluppo, penetra nel terreno dove s'ingrossa e matura, come per es. av- viene in Viola odorata L. e altre specie dello stesso genere, in Akenia hypogaea Sch. et Char., in Theohroma Cacao L.: piante queste che presentano fiori cleistogami geocarpici accanto a fiori casmogami aerei. È dubbio se si deva ascrivere a questo gruppo anche VArachis hypogaea L., la quale è completamente geocarpi- ca; infatti non è certo che essa sia veramante cleistogama come la ritiene Kuhn, e pare piuttosto, specialmente secondo gli studi di C. G. RicHTER ('), che si tratti di fiori casmogami, che però han- no tutta l'apparenza di cleistogami, essendo assai ridotti e sprov- (1) Sur la floraison des Viola, ecc., de VOxalis Acetosella et du Linaria spuria, 18G0. (2) Recherehes sur les ileurs cleistogamiques, 1900. (3) Beitràge zur Biologie der ArachiS hypogaea L. 128 Michele abrado visti di nettare, profumo e colore : la fecondazione è autogama e i giovani frutti per il continuo allungamento dei peduncoli sono portati a contatto del terreno, dove si infossano. Questa pianta presenterebbe dunque un termine di passaggio fra i fiori ca- smogami e i cleistogami, e non sarebbe impossibile che col tempo i suoi fiori diventassero veramente cleistogami. Ricor- deremo pure che TrifoUmn suìderranewn L. è stato citato da Delpino, Kuhn e altri come cleistogamo-geocarpico, ma Mohl (') dice che i fiori sono casmogami e i peduncoli fiorali penetrano nel terreno dopo eh' è caduta la corolla. Fra le piante cleistogamo-geocarpiche ne ricorderemo ancora due, le quali ci offrono 1' esempio di differenze esistenti anche tra i frutti prodotti dalle due specie di fiori. La Cardamine che- nopodiifoiia Pers., secondo Fhitsch (*), ha fiori casmogami che producono dei legumi aerei deiscenti, e fiori cleistogami che danno origine a dei piccoli legumini sotterranei indeiscenti. La Di- chondra repens L., secondo Lindman (^), produce un solo fiore aereo casmogamo, e contemporaneamente i suoi rami inferiori producono numerosi fiori portati da lunghi peduncoli ; questi restano chiusi e penetrano nel terreno. Benché questi ultimi somiglino ai casmogami, i loro frutti differiscono molto dagli aerei; infatti, mentre questi presentano due caselle con più semi e hanno superficie liscia, i sotterranei hanno una sola casella contenente un solo seme, e sono con superficie pelosa. Oltre ai casi di geocarpismo, i quali non rappresentano affatto una proprietà esclusiva dei fiori cleistogami, sono noti altri, che si potrebbero chiamare di geocleistogamia, in cui i fiori cleistogami nascono sotterra e non vedono mai la luce, per essere prodotti da rami speciali sotterranei o che s'introducono nel terreno prima di fiorire. Cosi avviene per es. in Phaelipea lutea Desf., Lathraea squamaria L., Epiphcgus- rirginiana Bart., Voandzeia subterranea Thouars, Trif'olium polymorphum Poir. In quest'ultima pianta, secondo Lindman (^), i rami che produ- cono i fiori cleistogami si sviluppano dalla })arte superiore del fusto, ma poi si incurvano in basso e vanno a infossarsi nel terreno, dove sviluppano i fiori. (1) Loc. cit. (2) Citato da Hackel. (3) Einijfe aniphicariie Ptìanzen der Sudbrasilianisclifii Flora, lyOO. (4) Id. La cleistogamia 129 Molto interessante è il caso della Amphicarpaea monoica EU., faseolacea dell'America sett. ('), la quale produce quattro sorta di fiori: 1" casmogami, fecondantisi per autogamia e allogamia dal giugno al settembre; 2" cleistogami aerei, cleistanterici, ante- riori nello sviluppo ai casmogami; 3° cleistogami sotterranei, pro- dotti da rami basilari e dirigentisi verso terra, dove però questi affondano solo coli' aiuto della pioggia o dei vermi e dove sol- tanto sono capaci di produrre fiori e frutti ; 4° fiori cleistogami invernali, osservati solo in coltura, prodotti per mancanza di luce e intermedi per forma ai cleistogami aerei e ai sotterranei. Aggiungeremo che generalmente i fiori sotterranei hanno un rivestimento, di solito costituito dal calice, dotato di una particolare robustezza, che li rende atti a vincere la resistenza meccanica del terreno. Partendo dai fiori in cui la cleistogamia si manifesta colle modificazioni più accentuate, quali una riduzione notevole d'or- gani, la cleistanteria, ecc., noi passiamo per tutta una serie di gradi che ci portano man mano a quei fiori che non presentano modificazione alcuna di parti, ma solo la permanente chiusura del perianzio, e poi ad altri ancora che si fecondano bensì autoga- micamente a porte chiuse, ma ciò fanno nei primi stadi dello svi- luppo e poi si aprono regolarmente, presentando una corolla o un perigonio colorato ed emanando anche dei profumi. Per questi ultimi fiori è stata creata l'espressione u fecondazione in boccio »; essi rappresentano 1' ultimo termine di passaggio ai fiori nor- mali. Fecondazione in boccio avviene in Phajus villosus Rchb. (Ayres, Moore) (^), Pli. Blumei Lindi. (Knuth) e altre Orchi- dacee, in Stellaria media (Franceschini) (') e altre Diantacee, in Cuphea silenoides Nees, C. fìoribunda Lelm. e C. Melcilla Lindi. (Treviranus) (■*), in Trapa yiatans L. e T. verhanensis D. Not. (Girelli e Buscalioni) (^) in Campanula unifìora L. (Warming). È notevole il fatto che parecchie delle piante sud- dette sono cleistanteriche. Tali sono per es. Stellaria media L. var. apetala Pire (Loew) ; Alsine hiflora Wz., A. strida Wahl. (i| V. Asa C4RAY, Flora of North-Ameriea l, 291; Meehan, Contributions to the Life-istories of Pianti 1S«7 ; Schively, in Handbuch der Bliitenbiologie eli Knuth, Bd. Ili, p. 407. (2) Mascarene Orchidology 187(5. (3) Contributo alla studio della Cleistogamia, 1907. (4) Bot. Zeitschr., 1S63. (5) L'impoUinazioue nei tìori della Trapa natansl^. e T, verhanensis D. Not. 1893. IBO MICHELE ABBADO e A. Groenlandica Wahl. (Warming); le specie già nominate di Cupìtea (Treviranus). In Trapa tiataiis L. e T. verbanensis De Not. i tiori sono in parte subacquei e in parte aerei ; i primi devono rimaner chiusi per impedire che l'acqua penetri in essi e di- sturbi la fecondazione ; però queste piante non possono confon- dersi con molte altre di cui parleremo in seguito, le quali tengono chiusi i loro tiori quando per caso restino sommersi e che Hansgirg denominò idro-cleistogame, sia perchè le due piante in questione hanno sempre, normalmente, dei tiori som- mersi, sia perchè anche i fiori aerei si fecondano in boccio, sia infine perchè tutti dopo la fecondazione si aprono. Anche la Suhuiaria a([uatica L., studiata da Darwin, Hiltner e altri, ha un comportamento analogo a quello delle due piante prece- denti per ciò che si riferisce ai fiori acquatici, i quali si fecondano autogamicamente a porte chiuse, ma poi si aprono; invece i fiori aerei sono regolarmente casmogami. D'altra parte la cleistogamia non è limitata a quei soli fiori che possiedono un perianzio tale da ])oter rinchiudere gli organi sessuali ; anche in quelli in cui il perianzio stesso è molto ridotto o nullo e le funzioni protettive degli organi sessuali sono assunte da altre parti, queste possono rimanere chiuse. Ciò avviene per es. nella grande famiglia delle Grami- nacee dove la cleistogamia è prodotta dalla permanente chiu- sura delle glumette fiorali. Qxianto al modo di presentarsi dei fiori cleistogami nelle piante, esso varia da specie a specie, come pure da luogo a luogo e da un anno all'altro. Hugo von Mohl (') nelle specie cleistogame da lui osservate aveva veduto che sullo stesso individuo si sviluppavano fiori normali e altri cleistogami che erano fertili e davano buoni frutti. Ora la comparsa sullo stesso individuo di fiori casmogami e cleistogami è il caso più fre- quente. Certe volte però avviene che si sviluppino a parte in- dividui puramente cleistogami, allato ad altri soltanto casmogami o con fioritura mista. Frequentissimo è il caso ])oi di specie dimostratesi cleistogame in qiialche luogo, mentre in altri risul- tarono solo casmogame. Non sempre la comparsa dei fiori casmogami e cleistogami è simultanea; in certe specie cominciano a svilupparsi in pri- mavera i casmogami, e poi verso l'estate si svilup]i:m(i i clei- (1) Loc. cit. LA CLEISTOGAMIA 131 stogami, mentre continua o cessa la produzione dei primi ; altre volte il rapporto è invertito, e può anche darsi che i fiori cleistogami si sviluppino in primavera e in autunno, cedendo nell'estate il posto ai casmogami. Per es. in Viola canina L., pianta divenuta classica per gli studi di D. Mùller (') e di Darwin ;'), in primavera cominciano a svilupparsi soli fiori casmogami, e soltanto verso l' estate compaiono i fiori cleistogami. Nello stesso modo si comportano Viola jnnnata L., V. odorata L. e molte altre specie dello stesso genere, come pure Oxalis Aceloselìa L., CoUomia. Cava^iillesii Hook, e altre specie di questo genere, e molte altre piante. Invece la Viola palustris L. produce, secondo Chatin, prima i fiori cleistogami e poi i casmogami ; nello stesso modo si comporta la CoUomia grandiflora Dougl. Un fenomeno notevolissimo è che in molte specie i fiori che si aprono regolarmente sono poco o punto fertili, per cui la produzione dei frutti è totalmente o quasi totalmente assicu- rata dai fiori cleistogami. Questo fatto si osserva per es. in parecchie specie del genere Viola^ e noi riferiremo qui le osservazioni fatte da Darwin (^) sulla Viola canina, sia perchè il genere Viola è diventato, si può dire, classico per gli studi di cui è stato oggetto dai primi tempi ad oggi, sia perchè quasi nulla si è potuto aggiungere a quanto aveva trovato il Darwin, sia ancora perchè potremo vedere qiiali spiegazioni egli diede della ste- rilità dei fiori casmogami di questa pianta. Ecco quanto dice Darwin : u Nella Viola canina il calice dei fiori cleistogami non differisce in nulla da quello dei fiori perfetti. I petali in- vece sono ridotti a cinque minutissime squamette; l'inferiore, che rappresenta il labbro inferiore, è molto più grande delle altre, ma non presenta alc^^na traccia del nettario speronato; i suoi margini sono lisci mentre quelli degli altri petali squami- formi sono papillosi. Gli stami sono piccolissimi e solo i due inferiori sono provveduti di antere, le quali non sono aderenti come nei fiori perfetti. Le antere sono minute e le loro due logge assai ben distinte ; esse contengono pochissimo polline in confronto di quello dei fiori perfetti. Il connettivo si espande in forma di uno scudo, a guisa di cutfia che si protende sopra (1) Loc. cit. (2) Loc. cit. (3) Loc. cit. 132 Michele abrado le logge (ielle antere. Questi due stami inferiori non presentano alcuna traccia delle singolari appendici che secernono il nettare nei tìori perfetti. Ai tre altri stami mancano le antere; essi hanno i filamenti più espansi e le loro espansioni membranose terminali sono piatte e non foggiate a cufìfia come quelle dei due stami che portano antere. I granelli pollinici hanno invo- lucri straordinariamente sottili e trasparenti ; se vengono esposti all'aria avvizziscono rapidamente; se si collocano nell'acqua si gonfiano e hanno allora un diametro di 8-10 settemillesimi di pol- lice, presentando quindi dimensioni più piccole dei granuli pol- linici ordinari trattati nello stesso modo, i quali hanno un diame- tro di 13-14 settemillesimi di pollice. Nei fiori cleistogami, per quanto potei osservare, i granuli pollinici non cadono mai fuori delle sacche, ma emettono il tubetto per un poro dell'estremità superiore. Sono riuscito a seguire i tubetti per un certo tratto entro lo stimma. Il pistillo è brevissimo, lo stilo foggiato ad un- cino, cosicché la sua estremità, la quale è un poco espansa o im- butiforme e rappresenta lo stimma, è rivolta all' ingiù e viene coperta dalle due espansioni membranose degli stami che por- tano le antere. E sorprendente il fatto che vi esiste un condotto libero dalla estremità espansa e infundibitliforme fino all'ovario ; ciò era evidente, poiché una leggera pressione spingeva facil- mente da un' estremità all' altra una bolla d' aria che per un caso qualsiasi vi era penetrata; un simile condotto fu osservato da MiCHALET nella T'. aìha. Il pistillo differisce quindi notevol- mente da quello d'un fiore perfetto; infatti in quest'ultimo esso è molto più lungo e diritto, ad eccezione dello stimma piegato ad angolo retto; inoltre questo non è percorso da alcun libero condotto ». Darwin, contrariamente a quanto hanno detto altri autori, afferma non esser vero che i fiori casmogami non producono mai cassule, benché siano relativamente pochi quelli fertili. La sterilità, secondo Darwin, sembra dipendere in alcuni casi dal fatto che le loro antere non contengono traccia di polline, ma per lo più dalla circostanza che gl'insetti non visitano i fiori. Egli vide molte volte i fiori casmogami visitati dal Bonihus liorlorum, dal B. ìapidarius e da altri Imenotteri, e in tal caso di solito avveniva lo sviluppo delle cassule. I semi prodotti dai fiori cleistogami non differivano j^er aspetto e per numero da quelli prodotti dai fiori casmogami. Però le cassule dei LA CLEISTOGAMIA 133 primi si sviluppavano molto più ra))idamenie di quelle dei secondi. Viene ora spontanea la domanda : Ci sono piante esclusi- vamente cleistogame, ossia, secondo il termine creato da Knuth, archicleistogame ? Come già è stato accennato, Batalix aveva detto che nei dintorni di Pietroburgo tutti gli individui di JuncMii h)(fonins L. da Ini osservati erano cleistogami, e aveva ritenuto che questa pianta mancasse completamente di fiori casmogami. Però, subito dopo, Ascherson, Buchenau e molti altri, e recentemente Rossler trovarono che i fiori cleistogami, almeno negli altri siti, sono sempre accompagnati da fiori ca- smogami. Anche la Salvia cleistogamia D. By. et Paul fu creduta per lungo tempo soltanto cleistogama, e recentemente Pirotta ;*} ebbe da individui cleistogami il 100 *^/„ dei discendenti con fiori tutti cleistogami; ma Ascherson (^) ne ottenne con ima lunga coltura anche dei fiori casmogami ; infatti mentre nei primi cinque anni non vide che fiori cleistogami, nel sesto osservò anche dei fiori casmogami, e il numero di questi aumentò negli anni successivi. Né questi sono i soli casi in ctii piante dapprima ritenute esclusivamente cleistogame, risultarono poi anche capaci di prodtirre fiori casmogami. D' altra parte Hackel (') cita parecchie Graminacee di cui sono noti soltanto i fiori cleistogami, e crea anzi per esse un gruppo speciale nella sua classificazione delle Graminacee clei- stogame, come vedremo nella memoria dedicata a questa fami- glia; però egli stesso osserva che si tratta di piante di cui sono stati studiati solamente pochi esemplari e che non è affatto esclusa la possibilità che le stesse specie abbiano ancora a tro- varsi con fiori casmogami. Restano sempre chiusi^ secondo Batalin, i fiori, assai pic- coli, di Polycarpon telraphilluni L. Esclusivamente cleistogama è pure, secondo Koehne, VAnimania latifolia. Fra le piante con fiori esclusivamente cleistogami potremo inoltre collocare la Trapa natans L. e la Tv. verb an ens is De Not., (1) Osservazioni ed esperienze sul fononienc della Cleistogamia. l'.)06. (2) Kleine phytograpliisclie Bemerckungen. 1871, (3) Loc. cit, 134 MICHELE ABBADO osservando che la cleistogamia è qui ancora molto vicina alla casmogamia, trattandosi di fiori che dopo l'autofecondazione si aprono. Tuttavia anclie sulle ultime piante citate non è detta l'ultima parola. UArachìs hypogaea, supposto che , come ritiene Knuth, fosse cleistogama, data l'uniformità dei suoi fiori, potrebbe fornirci l'esempio d' una pianta archicleistogama; ma, come già si disse, è assai dubbio che esista cleistogamia in questa pianta. Numerosi casi di fiori sempre chiusi sono poi stati citati da BuRCK in tre successive memorie ('). Cosi in Myrmecodia tuberosa i quattro petali sono sempre concrescenti ; tuttavia la secrezione del nettare avviene normalmente nei fiori chiusi ; negli organi sessuali si nota protoginia ; la corolla si allunga continuamente e i 4 stami con essa connati sono portati in alto in modo che il polline, uscendo dalle antere rimane attac- cato alle papille dello stimma. Con ciò questi fiori che sono costruiti normalmente e foggiati per ricevere la visita degli insetti, in causa della chiusura dell' ingresso sono destinati ad una esclusiva autofecondazione. Altri esempi di fiori sempre chiusi, ma normalmente costituiti trovò BuKOiv nella famiglia delle Anonaceae, dove esisterebbero degli interi generi com- pletamente cleistogami fGoniothalaìnus e ArtabotrysJ e degli altri dove almeno un sottogenere sarebbe tutto cleistogamo fUnona, Anona, ecc.). In Arlnhotrys Blu mei, A. saaveolens, Cyathocaìy.r zeylanicMS, Anona intricala e altre specie della sezione Gna- nabani^ come pure in Gonioihalamus giganleus Hook, et Th. e altre specie di questo genere i tre petali interni rimangono sempre chiusi e costituiscono una specie di cappa cava sulla colonna costituita dall' androceo e dal gineceo tetrameri ; questi due organi hanno una tale posizione rispettiva che una diretta autogamia appare impossibile. L' impollinazione avviene sol- tanto quando il fiore, che nella sua posizione naturale è pen- dente, appassisce; i petali cadendo portano con se gli stami, e le sacche polliniche passano sugli stimmi. La chiusura dei fiori veramente non è perfetta, poiché in quasi tutte le specie, ad eccezione di Anoìia niìiricala^ alla base dei tre petali interni (1) Sur r orfjanisation fioralo cliez ((uelqiics I{iil)iaft''e.s (Ann. dii .laid. boi. de BuiteiizorK 1883, IV, p. 17|; Ueber KlcistosJiniic in wciteiH'in Suine iind d.is KnifjlU- Darwin'tiche Ctcsotz (Id. Vili, p. 12.'>); Die MiKation jils IJrsachc cler Kleistog-aiiiie (Reciieil des Truvaux Botan. Ni''i'rlaiidai,s, voi. l, l'J05, p. 1). LA CLEISTOGAMIA 135 c'è un passaggio il quale però è chiuso dal di fuori per il fatto che i petali esterni stanno ben addossati all'apertura. In Anona ìnuricata i tre petali interni hanno estivazione embriciata e rimangono completamente chiusi dal principio fino, al fine della fioritura, mentre i tre petali esterni collo sviluppo del fiore si allontanano. In un terzo gruppo di specie la chiusura è procurata dai petali esterni, poiché i tre interni, come in Anona reticulata, sono ridotti a piccole scagliette, oppure, come nelle specie di TJnona della sezione Dasi/maschalon, mancano completamente. In Anona reticolata, i petali non cadono alla fine della fioritura, ma invece a poco a poco si seccano e la loro unghia si aggrappa al disotto del cilindro degli stami, per cui col ritrarsi della corolla le antere vengono staccate e portate sugli stimmi. In Unona cleistogama e U. coelophlaea Scheff. i petali esterni stringono alla base gli stami e si toccano agli orli, senza però essere connati. Anche qui l'impollinazione avviene soltanto colla caduta dei petali che trascinano le antere sugli stimmi. BuRCK trovò poi che in tre specie di Aracee, appartenenti al genere Homalomena, la spata era costantemente chiusa, co- sicché i fiori femminili, normalmente costituiti, devono essere fecondati dal polline dei maschili della stessa infiorescenza. Una permanente e generale chiusura dei fiori pare inoltre che si abbia, second Burok, oltreché in alcune Orchidee già citate da Darwin fSchomhxrgkia., Cattìcya, Epideìidron e Theli/initraJ, anche in una specie di Chrysoglossum studiata da Forbes, come pure in Bulbophyìbmi cleistofiamifm e Liparis cìeistogamum stu- diati da J. J. Smith. Invece nella Tainia penangiaìia, studiai a da , Burck nel giardino di Buitenzorg, gli esemplari provenienti da Giava e Amboina producevano fiori sempre chiusi, mentre quelli pro- venienti da Penang portavano fiori aperti. Notiamo anzitutto che le piante da Burciv citate come ar- chicleistogame prescindendo da queste ultime, su cui del resto nulla ancora si può concludere, non presentano alcuna modifica- zione negli organi fiorali, i quali si mostrano foggiati per la vi- sita degli insetti che non avviene unicamente per la permanente chiusura del fiore. Ma oltracciò dobbiamo osservare con Loew (') (1) BenicrknnReu zu W. Burek's Abhanrlluns iiebcr die Mutation als Ursache der Kleistogamie (BioL Centralbl. 1906, XXVI, p. 129), 13fi MICHELE ABBADO che anche nell'America meridionale sono state fatte delle osser- vazioni su piante con fiori costantemente chiusi ma non ridotti, e che tali osservazioni hanno portato alla scoperta di fatti non notati da Burck. Cosi Ule (*) trovò nella Serra di Itatiaia nel Brasile che la PìA,rpurella cleistopelala Ule della famiglia delle MelaMomaceae aveva i fiori con corolla costantemente chiusa. Lo sviluppo è protandrico e la secrezione del nettare è normale come in Myrmecodia tuberosa. Però Ule trovò ancora delle for- miche impolverate di polline che penetravano nei fiori e trovò anche dei fiori perforati all' apice della corolla, per cui ritenne che l'impollinazione potesse essere procurata dai calabroni. La disposizione dei fiori all' allogamia è evidente in tale pianta come nella Myrmecodia tuberosa e nelle Anonacee con fiori chiusi. Gli stessi fenomeni si osservano nelle Bromeliaceae. Già F. MitLLER (') aveva osservato in alcune specie di Niduìarium come iV. Stella-rubra Muli, e altre, che la corolla esce dal calice, senza aprirsi, e alla fine si distrugge trasformandosi in una massa viscida. Già quando la corolla sorpassa il calice di 2 cm., si vedono spesso gli orli dei petali, che stanno ben uniti tra loro, coperti di polline bianco portatovi da un colibrì. Ule trovò questa disposizione in circa 20 specie del genere Eunidularimn ('); anche qui la secrezione del nettare è normale e normali sono le disposizioni degli organi fiorali ; i colibrì sono i normali visitatori di questi fiori ; essi scostano con forza i petali l'uno dall' altro per mezzo del loro becco e operano la fecondazione incrociata, com' è dimostrato da diversi bastardi osservati da Mùller e Ule nel genere XiduJatvion. Un altro esempio di pianta con fiori chiusi che però pre- sentano una regolare secrezione di nettare e sono fecondati per mezzo di insetti è dato dalla Gentiana. Aìulreìcsii Gris.; secondo Cit. RoKKRTsoN (') e E,. J. Weiìh (•') r iiiipoUinazione è procurata da calabroni che allontanano i loI)i della corolla estendentisi l'uno sull'altro, per arrivare a prendere il miele e, data la (1) InBerichte d. Deutsch. boi. GeselL 1895, XIII, p. 413 e 1896. XIV, p. 169. (21 Id. 1895, XIII, p. 160. (3) Id 1898, XVI, p. 360. (4) Transact. St. Louis Acad. Science V, 1888-1801, p. 577, (5) Aineric. Naturalist. XXXII, 1898, p. 205. LA CLEISTOGAMIA 137 costruzione del fiore, sono obbligati a procurare l'allogamia, quando visitino pili fiori l'uno dopo l'altro. Anche le Aracee con spata sempre chiusa citate da Burck trovano corrispondenza in un Philodendron descritto da H. G. Hubbard (') ; anche questa pianta mantiene la spata chiusa, ma in questa penetrano tuttavia delle coppie d' un coleottero Niti- dulide i^MacrostolaJ per accoppiarsi e riprodursi ; le larve che si sviluppano vivono del polline dei fiori maschili ; l' insetto perfetto lascia poi, carico di polline, l'infiorescenza quando questa comincia a marcire, e penetra in una nuova spata chiusa dove può impollinare i fiori femminili che sono sj^ic- catamente protogini. Nei casi ora detti, come si vede, le disposizioni fiorali sono analoghe a quelle di Myrmecodia tuberosa e delle Anonacee, Aracee, ecc. descritte da Buhck; in tatti i fiori di queste piante l'autogamia avviene solo sul finire della fioritura, come un ripiego per rimediare alla mancata allogamia per la quale sono costrutti i fiori. Veramente nei fiori studiati da Burck non è mai stato osser- vato che entrassero degli insetti o altri animali atti a procu- rare la xenogamia. Tuttavia Loew è convinto che anche per essi devono esistere dei pronubi. Intanto egli ricorda che Forbes (') dice che i fiori di Mi/rmecodia tuberosa sono chiusi cosi lassamente, che solo a toccarli si aprono. Inoltre in alcune Anonacee i passaggi che si trovano alla base dei petali interni e conducono all'androceo e gineceo sono forse accessibili a dei coleotteri che siano capaci di rodere i petali esterni che coprono le suddette aperture. Finalmente sono stati realmente trovati da Malme (') dei coleotteri nell'interno dei fiori di Anonacee Americane, come per es. Anona Mahneana Fr. Resta dunque dubbio se le piante descritte da Burck si devano ritenere come archicleistogame, oppure vadano soggette a una fecondazione incrociata. La cosa è interessantissima, come sarebbe interessantissimo lo stabilire se veramente anche le altre piante di cui finora non si conoscono che fiori cleistogami, siano assolutamente sempre e dappertutto prive di fiori casmo- (1) Insect ft-rtilization of an Aroid plant. Insect Life Vol. VII, 1895, 340. (2) A Xaturalisf.s Waiulering:s in the Eastern Archipelago p. 80. (3) Secondo Rob. E. Friks: Die Anonaceen der zweiten Regnell'sclien Reise. Arch. f. JBot. Stockholm. Bd. -1, Nr. 19, litOS, p. 15. 138 MICHELE ABBADO gami; poiché appunto nell'esistenza di piante archicleistogame BuRCK (') trova una delle principali basi per la sue teoria sul- r autofecondazione, a cui accenneremo in seguito. Per ora dobbiamo riconoscere che l'esistenza di piante archicleistogame non è definitivamente dimostrata; tutt'al più è possibile ammettere che alcune specie si presentino esclusiva- mente cleistogame in qualche determinato luogo mentre in altri siti possiedono anche tìori casmogami. Assai più frequente è invece il caso di piante in cui in tutti i luoghi i fiori casmo- gami accompagnano i cleistogami, ma o non producono mai frutto /^Voandzeia, KranthemumJ o per lo meno rimangono in tutto o in parte sterili in certi luoghi , A)»-pJ>icarpaea, certe specie di Ilo/a, Oxalis Acetosella . Per i fiori chiusi ma con disposizione allogama di Parpu- rella e delle Bromeliacee Ule (') propose il termine " c/eislo- pelali ". LoEw ('j estese tale denominazione all'intiero gruppo dei fiori sempre chiitsi, in cui 1": gli organi fiorali non sono colpiti da un evidente arresto di sviluppo; 2": l'autoimpollinazione non avviene presto e necessaria- mente, ma solo alla fine della fioritura (nelle Anonacee quando la corolla appassisce e cade, nella protandrica Myrmecodia tu- berosa iper un tardivo strisciamento delle antere sugli stimmi) ; 3": esistono evidenti segni di disposizione allogama, come secrezione di nettare, dicogamia, grande distanza tra pistillo e antere, ecc., cosicché in molti casi avviene veramente la fe- condazione incrociata per mezzo di certi promtbi che possono penetrare dentro i fiori, mentre altri ne sono esclusi ; 4": la forma casmogama manca, cosicché la costante cliiit- sura dei fiori é un carattere della specie. LoEw trova però che il termine c/eislopclti/id è mal scelto, perchè non abbastanza generico, riferendosi solo ai pelali e forse potrebbe essere sostituito dal termine elei stanzia che si adatta meglio alle forme offerte per es. da Iloinaloìnena, Ger- bera Anandria, ecc. (1) Darwiii's Kreuzuntfsgcsctz, ecc. l'.)08. (2) Berichte il. Deutscli Hot. Gcsell.scli. XIV, IS'.W, p. 169. (3) Loe. cit. LA CLEISTOOAMIA 139 * * * Se noi passiamo in rassegna tutti i singoli casi di cleisto- gamia che sono stati descritti dagli autori, e ne facciamo il confronto troviamo che nel manifestarsi di questo fenomeno regna una grande irregolarità. Anzitutto noi vediamo che la comparsa della cleistogamia non ha alcuna relazione coli' affinità sistematica. Esistono, è vero, delle famiglie, quali per es. le Violaeeae^ le Phm^eolaceae^ le Graminaceae, ecc., che presentano un gran numero di specie cleistogame; ma il modo in cui la cleistogamia si manifesta, cioè la stagione, la precedenza o la concomitanza dei fiori casmo- gami, il grado delle modificazioni subite dai fiori cleistogami, ecc., per lo più è differente nelle specie affini, e tra queste è fre- quentissimo trovarne di quelle in cui la cleistogamia non com- pare. Soprattutto poi troviamo che le famiglie che possiedono specie cleistogame sono spesso molto distanti fra loro per posi- zione sistematica. Il loro numero, pari secondo la nostra lista a 61, è, come si vede, abbastanza piccolo. Ma la irregolarità risulta ancora più spiccata quando si pensi che anche in una stessa specie la cleistogamia non si ma- nifesta sempre in egual modo. Noi possiamo veramente distin- guere delle specie che hanno l'apparenza di produrre regolar- mente tiitti gli anni, in una data stagione, fiori cleistogami, e anzi talora affidano ad essi la propagazione della specie, essendo più 0 meno sterili i fiori casmogami (così alcune specie di Viola, ecc.), e delle altre che producono fiori cleistogami solo in certe determinate e speciali condizioni. Ma dobbiamo subito riconoscere che anche nelle prime la produzione dei fiori cleisto- gami non è completamente regolare, poiché basta spesso stu- diarle in luoghi diversi per trovare una differenza di compor- tamento : sono infatti numerose le piante che in certi luoghi sono più 0 meno cleistogame, mentre in altri sono soltanto casmogame. Fra le due sorta ora dette di piante è stata fatta una netta distinzione, basata anche sui caratteri morfologici ; infatti quelle che sono abitualmente cleistogame sogliono avere anche i fiori più o meno modificati e adattati alla cleistogamia, mentre quelle che solo in certe circostanze mantengono chiusi i fiori, i quali 140 MICHELE ABBADO altrimenti si aprirebbero normalmente e in molti casi sarebbero anche allogami, non presentano modificazioni : i loro fiori con- cordano coi casmogami per grandezza, forma, posizione, ecc. e possiedono del pari tutti i caratteri che servono ad allettare gli insetti. Questi ultimi fiori sono stati distinti dapprima da H. MiiLLER e poi da Hansgirg ('), che li denominò fiori pseudo- cleistogami. Secondo questo autore, le cause, per cui restano chiusi dei fiori che abitualmente si aprono, sono tre : 1" difetto di luce, 2" difetto di calore, 3" eccezionale altezza dell' acqua, per cui i fiori restano sommersi. Per distingiiere i diversi casi Hansgirg creò le espressioni di fiori foto-cìeistogami^ ternio- cleistogami, idro-cleistogami. Sono però numerose le piante i cixi fiori possono rimanere chiusi per due delle suddette cause ; così vediamo che le piante termocleistogame sono d'ordinario anche fotocleistogame : tali sono per es. Montin fontana L., Slellaria media L., Si. media, var. pallida Pire {Si. Boreana Jord.), Spergularia rubra Pers. Tra le piante fotocleistogame e termocleistogame Knuth cita VOxalis slricta. Io trovai regolarmente provvista di fiori clei- stogami tale specie nel territorio di Figino sul lago di Lugano. Tali fiori si presentarono per tutto il periodo della fioritura fram- misti ai casmogami, nella proporzione circa del 10 "/„: si trova- vano specialmente nelle parti inferiori della pianta ; collo svi- luppo dell'ovario il calice si apriva e la corolla, di color giallo e grande circa la metà di quella normale, era portata in alto a guisa di cuffia sulla cima dell'ovario, insieme colle antere, le quali si erano distaccate dai filamenti; in seguito cadeva; il frutto acquistava poi le stesse dimensioni di quelli prodotti dai fiori casmogami. Le antere erano regolarmente deiscenti. Fotocleistogame e idrocleistogame sono per es. Nimphaca Madagasca.riensis, N. Rudgeana, N. coerulea, N. Sansibarensis, Victoria regia, Euri/ale f'erox, Hydrocleis nymphoides. Non è però certo che le ninfee suddette e la Vicloria regia siano fertili quando mantengono i loro fiori chiusi sott'actiua e quindi die siano veramente da considerare fra le piante cleistogame. Fra le idrocleistogame citeremo qui Ranunculus aquatilis L., Alisma na- lana L., Illecehrum veriicillatum L., Subularia. aq?iatica, parecchie specie di Polamogelon, rimandando il lettore per tutte le altre all'elenco che daremo delle piante cleistogame. (1) Hot. Centralbl. Bd. 15, p. 74. LA CLEISTOGAMIA l4l Sono termocleistogame per es. Tradescantia erecta, SleUaria media, Spergula arveìisis, Cerasliam. gloìneralum, Gaura parvi- fiora, Parony cilici Bonariensis, Corrigiola litoralis, Scleranthus animus, Herniaria glabra, Malva roliindi folia, ecc. (Heuslow ('))j Nemophila maculata Benth., Opunlia leptocaulis DC. (Meehan (*)); Gentiana PiU'u)?iona>Uhe L. ( Graebnek ), ecc. Secondo Coul- ter (\\ anche Cyclame)i europaeum sarebbe da asci'ivere alle piante suddette, ma Franceschini, avendo osservato che talora la corolla, dopo essersi aperta, cade e il calice torna a chiu- dersi in modo da simulare un bottoncino, ritiene che 1' autore suddetto abbia cominciato ad osservare i fiori dopo la caduta della corolla, e che la j^ianta in questione non sia cleistogama. In proposito ricorderemo che anche Hoya carnosa R. Br., H. glohulosa Hook, e Stapelia L. sp. sono state ritenute cleistogame da KuHisf e Darwin, ma che poi è stato riconosciuto che quelli reputati cleistogami sono semplicemente dei fiori che si sono rinchiusi dopo la caduta della corolla, come avviene nel Cycla- men sopraddetto. Fra le piante cleistogame per azione del freddo dobbiamo ricoi'dare anche il Solanum Meloìigena L. di cui centinaia di piante coltivate in un serra, come riferisce Mottareale (^), in seguito a un forte abbassamento di temperatura perdettero tutte le foglie e i primi fiori. Essendo stata di nuovo riscal- data a poco a poco la serra, quasi tutte le piante ripiglia- rono a vegetare rigogliosamente, ma produssero fiori che re- starono chiusi ; l' ovario crescendo forzò il calice ad aprirsi e si svilupj)ò in un frutto normale. Dopo circa venti giorni tornarono a prodursi fiori casmogami. Mottareale trovò che uno di tali fiori cleistogami aveva il calice regolarmente co- stituito e mancava di corolla; un altro aveva una piccola co- rolla chiusa che rimase attaccata a guisa di cuffia all' apice del frutto. Alcune antere non s'erano aperte e i granuli polli- nici avevano germinato all'interno. Pare che questo sia l'unico caso in cui si siano osservati fiori cleistogami in questa pianta. Ricorderemo qui ancora il fatto osservato da Linneo (''), che (1) On tlie selfFertilisatioii of plants, — Trans, IJnn. Soc. 2. Ser. Boi. VoL I, p. 317. [i) BiilL Torr. Bot. Club X. (3) Anthesis of Ciclanien 18S3. (4) Gelate e fenomeni elestoffaniici e teratologici nel Solanum MelOiiye- na, ecc. 1894. (5) Amoenit. acad. III. 142 MICHELE ABRADO Cislus gultatiis L. e C. saìicifolius L., da lui portati a Upsala dalla Spagna, produssero soltanto fiori cleistogami apetali, mentre in patria sono sempre casmogami. Cosi pure avvenne per Salvia verhenaca L. var. clandeslìna e Lamium amplexicaule. Linneo ritenne che causa del fenomeno fosse il freddo eccessivo di Up- sala, a cui le suddette piante non erano abituate. Però nel Lamiimi amplexicaule la cleistogamia può avere varie cause ; infatti sono stati osservati degli individui cleistogami in molti casi e per diverse condizioni. Le piante ora nominate e il Solanuni Melongeiia. presenta- rono il fatto di una subita comparsa per una causa esterna di fiori fortemente modificati; esse quindi non entrerebbero tra le pseudocleistogame di Hansgirg, i cui fiori non devono presen- tare modificazioni. Ora esse, come vedremo meglio in seguito, servono appunto a dimostrare la poca utilità di tale distinzione che avrebbe solo ragione di esistere quando si appoggiasse ve- ramente non solo su criteri morfologici, ma anche su criteri biologici, o in altri termini quando le cause della cleistogamia nelle piante cosidette pseudocleistogame e vere cleistogame fossero essenzialmente diverse. Ma ciò, come vedremo, pare che non sia, e soprattutto servono a congiungere i due gruppi le piante sopraddette e altre che presentano gli stessi fenomeni. Possiamo ammettere quindi che specialmente la mancanza di calore e di luce siano capaci di determinare non solo la chiu- sura permanente di fiori normalmente foggiati, ma anche la pro- duzione di fiori cleistogami modificati e ridotti. Come esempio possiamo ancora citare la Viola at^ensis, la quale, come ossei'vò E. Zederbaueh (*), sull'orlo dei campi di cereali ha fiori normali, e invece in mezzo alle messi porta solo fiori con petali molto impiccioliti. L'autore suddetto ritiene che questi fiori siano cleistogami e che la cleistogamia sia doviita a mancanza di luce. Oltre alle suddette cause, altre ne esistono, di cui nlcune molto importanti, che hanno per effetto la prodi;zione di fiori cleistogami, ora non modificati, ora modificati. Ce un gran nu- mero di piante i cui fiori restano chiusi, senza modificarsi, quando il tempo è piovoso, e si fecondano allora autogamica- (1) Kleistoganiie von Viola arceiisis uin\ ìhm Ursachen (Oesterr. But. Zcitsclir. LIV, 1901, p. 385). LA CLEISTOGAMIA 143 mente. Forse esse sono da collocare anche fra le piante foto- ni termocleistogame, ma per maggior chiarezza le chiameremo qui 1)1 Kriocleistogame^ senza con ciò voler creare un nuovo ter- mine botanico. Molte di tali specie sono state citate e descritte da Kerner ('); fra esse troviamo Arabis coerulea Haenk., Hype- coioìi peìidichan L., Ihiitericum liiiììiìfHsnin L., Porlidaea oleracea L., parecchie genziane, ecc. In proposito dobbiamo ricordare anche la vite. E noto il mudo caratteristico di tioritura di questa pianta. Solo in certe condizioni sfavorevoli la corolla dei suoi fiori si apre regolar- mente, e in tal caso avviene la colatura, ossia la caduta degli interi fiori, per cui manca la produzione degli acini ; nei casi normali invece i cinque petali restano saldati all'apice e si di- staccano alla base, per cui in un certo momento 1' intera co- rolla, a guisa di cuffia, viene sollevata e lanciata via dagli stami che si allungano. Ora Millardet (') ha citato alcuni rari casi di fiori speciali (detti da Malbec fieurs encapuchoìmées), in cui la corolla non cade, sia per un carattere fisso, sia per condizioni atmosferiche particolari ; in questo caso la colatura avviene molto spesso, ma non sempre, poiché V autofeconda- zione, rara nella vite, si può produrre in queste condizioni. Anche Rathay, Ravaz e Viala hanno osservato fenomeni si- mili ('). La vite ha dunque talora dei fiori cleistogami, e ci offre un caso di cleistogamia prodotta dalla permanente chiu- sura della sola corolla, poiché il calice, com'è noto, é quasi nullo. Non per difetto ma per sovrabbondanza di luce pare possa diventare cleistogamo V Helianthemian gutlaLum Mill. var. inco- spicuum Th. PiROTTA (*) ne coltivò durante un inverno numerose piante, nate da semi raccolti da individui casmogami della spiaggia d'Anzio, vicino ai vetri, tenuti sempre chiusi, d'una fi- nestra battuta per lunga parte del giorno dal sole ; tutte si presentarono con fiori cleistogami tutti fertili. Gli individui, pure numerosi, nati dai semi di queste piante, coltivati all'a- perto, portarono soltanto fiori casmogami. L'autore pensa che sia stata la luce la causa della immediata comparsa di fiori chiusi. Altre piante diventano cleistogame, presentando per lo più (1) La vita delle piante. Voi. IL (2) Essai sur l'hybridation de la vigne, 1891. (3) Ofr. Viala, Les maladies de la vigne, 1893. (4) Loc. cit. 144 MICHÈLE ABBADO fiori profondamente modificati, nei periodi di soverchia siccità, quindi non per difetto, ma per eccesso di calore, e forse ancora più per difetto d'acqua e di nutrimento. Esse si collegano quindi probabilmente a quelle altre piante in cui la cleistogamia è prodotta da instifficienza di nutrimento, e che noi per brevità potremo chiamare trofocleistogame. Tra le prime citeremo Si- napis arvensis L., Slenandrium ìmpestre Ns., Dicliptera assur- gens Gris., Steìnonacanlhus coccineus Ns., Dianlltera sessilis Gris.? Blechum Brotonei Juss, (Eggers (*)), e inoltre Erithalis fruti- cosa L., Polyslachya ìideola Hook., Litìtosperììinm axgvMifoìium Pursh. Sono cleistogame per instifficienza di nutrimento per es. Cerastium nutans Raf., (Meehan), Colloniia Cavaniìlesii^ C. coc- cinea, C. linearis (Ludwig), Hyosciamus niger L. var. agrestis West. (Ludwig), Salpiglossis variabilis Hort. (Hackel), Thlaspi Bursa-pastoris (Goebel). Ludwig (') in alcuni esemplari delle specie suddette del genere Colloniia provò ad asportare tutti i frtitti derivati dai fiori casmogami, e vide che i bocci non an- cora sviluppati e che dovevano produrre dei fiori cleistogami, spiegarono le loro corolle, per la qual cosa concluse appunto che causa della cleistogamia solita a manifestarsi dopo la pro- duzione dei fiori casmogami doveva essere la mancanza di so- stanze nutritive; asportando i frutti di tali fiori, il nutrimento andava a beneficio dei fiori suceessivi. La stessa esperienza e cogli stessi risultati Ludwig ('^) ripetè su Hyosciamus niger L. var. agrestis West. Anche la Euryale ferox che abbiamo già citata come pianta idro- e fotocleistogama è da considerare fra le piante ora in discorso. Infatti, coltivata da Arcangeli (') in una piccola va- schetta dell'acquario del laboratorio, con insutficienza di spazio e di nutrimento, produsse esclusivamente fiori chiusi che si fecondarono sott'acqua; coltivata in segixito in ambienti più vasti, dove aveva a sua disposizione una quantità molto maggiore d'acqua e di sostanze nutrive produsse nel periodo della maggior attività vegetativa fiori casmogami ai (^uali successero a poco a poco i cleistogami col progredire della stagione. (1) Bot. Centr:ill)l. Bd. 8, p. 57. (il Zur Kleistof,'Htiiie und Sainenverbrcitiiiiff bei deti Colloinicii, 187S. (:i) Weitere biolofjischi' Mitteiluiigen, ISSI. ( maturano insieme : Omogamia a) fiori aperti : Casmogamia (Axell) (con autogamia o allogamia) b) fiori chiusi : Cleistogamia (Kuhn) C. Fiori monoclini e diclini : Poligamia. Nella Cleistogamia Knuth fa la seguente classificazione : 1" I fiori rimangono tutti per sempre chiusi: Akchiclei- stogamia (Knuth) 2" Oltre ai fiori cleistogami esistono anche fiori ca- smogami : Casmocleistogamia (Delpino) 3° I fiori stanno chiusi solo in certe condizioni : PsEU- docleistogamia (Hansgirg) ; ciò può avvenire : a) per mancanza di luce : Fotocleistogamia (Hans- b) per sommersione straordinaria: Idrocleistogamia (Hansgirg) e) per insufficienza di calore : Termocleistogamia (Hansgirg) 4" I fiori si aprono un poco: Emicleistogamia (Knuth) a) gli stami escono dal perianzio : Casmantehia (Knuth; b) gli stami restano rinchiusi nel perianzio : Clei- STANTERIA (Knutll). Le due esj^ressioni di casnianteria e dei stai devia sono state usate da Knuth in un senso differente da quello loro attribuito da AscHERSON (*) ; però lo Knuth stesso in una nota posta in fine al 1" voi. dichiara che i due termini non si devono usare nel senso da lui inteso, ma in quello di Ascherson, per cui si devono chiamare casmanterici i fiori cleistogami in cui i granuli ])ollinici arrivano dalle antere aperte allo stimma e ])oi svi- luppano il tubetto, e cleistanlerici i fiori cleistogami in rui le antere rimangono sempre chiuse e i granuli pollini<'i sviluppano (1) Ber. «Icr (Icutscli. hot. (icscllsi-Iuifl, II. LA CLEISTOGAMIA 149 dentro di esse il loro tubetto che poi attraversa le pareti delle antere, arrivando così tino allo stimma. D'altra parte il gruppo dell' Emicleistogamia pare a me ar- tificioso. Per quanto i fiori in esso compresi possano avvici- narsi ai cleistogami, sta sempre il fatto che, se anche di po- chissimo e per brevissimo tempo, si aprono pur sempre e per molti è possibile l'allogamia (quelli del gruppo a), il che biolo- gicamente li tiene certo più lontani dai cleistogami di quanto siano i fiori casmogami autogami, dovendosi considerare 1' au- togamia come uno dei caratteri essenziali della cleistogamia. Ed è qui opportuno notare come I'Hackel, nel suo già citato lavoro sulla cleistogamia nelle Graminacee, abbia appunto escluso completamente dalle piante cleistogame Bromus tectornni^ B. maximus, B. rubens^ B. fasciculatus e B. scoparius., i cui fiori, pur essendo autogami, divaricano un poco le loro glume. Oltracciò le Anonacee e le altre piante cleistojietale stu- diate da Burck, Ule, ecc., com'è stato detto, non maturano nello stesso tempo gli stami e i pistilli, quindi vanno considerate come dicogame e dovrebbero essere riunite in una divisione a parte del gruppo della dicogamia. Perciò anche questo do- vrebbe essere diviso in due sezioni: casmogamia e cleistogamia. Invece, come si vede, non sono considerate nella suesposta classificazione le piante ohe sono cleistogame per mancanza di nutrimento, per eccesso di luce, per opera d'insetti, e cosi pure manca una divisione per le piante che presentano il caso della fecondazione in boccio. * * * Daremo ora l'elenco completo delle piante fino ad oggi note come cleistogame. Darwin nel 1876 aveva pubblicato una lista di 55 generi distribuiti in 25 famiglie ; Knuth nel 1898 citò 250 specie distribuite in 144 generi a 52 famiglie ; Fran- CESCHiNi recentemente arrivò a una lista di 628 specie distri- buite in 230 generi e 62 famiglie. L'elenco da me compilato dopo aver fatto quelle eliminazioni che mi parvero opportune e le necessarie aggiunte, comprende 61 famiglie, 248 generi e 598 specie e varietà ; quest'ultimo numero però è inferiore al vero per il fatto che talora gli autori hanno dato come clei- stogame parecchie specie di certi generi, senza però farne il 150 MICHELE ABBADO nome ; in tali casi dovetti limitarmi a citare il genere e a cal- colarlo come 1 nella numerazione. Ho fatto seguire da una croce (-]-) le piante cleistante- riche ; inoltre ho adottato le seguenti indicazioni : f. = piante fotocleistogame t. ;i termocleistogame i. n idrocleistogame p. )i pluviocleistogame Ir. " trofocleistogame gel. " geocleistogame qc. " cleistogame geocarpiche La mancanza di indicazioni dinota o piante abitualmente cleistogame senza che si conosca la causa che ha determinato la cleistogamia, o piante in cui sono stati trovati hori cleisto- gami, ma che non sono state sufficienteme studiate. Elenco delle piante cleistogame per ordine alfabetico di famiglie, generi e specie Aechmanthera Nees (Kuhn) Blechum Brownei Juss. (Eggers) Cryphiacanthus Nees sp. (Kuhn) Daedalacanthus And. (Kuhn) Dianihera sessilis Griseb. (Eggers) Dicliptera assurgens Griseb. (id.) Dipteracanthus Nees (Kuhn) Eranthemum ambiguum Schult. (Scott) + n cinnabarinum Wall, (id.) + •.1 crenulatum Will, (id.) + Ruellia tuberosa L. (Ruellia clandestina L.) (Dii.lenius, Lin- neo, ecc.) -[- Stemonacanthus coccineus Griseb. (Eggers) Stenandrium rupestre Nees (id.) A.lismaceaie Alisma natans L. (Darwin, Hildebrand, Kkrner, Hansgirg) /. Hydrocleis nymphoides Buch. (id.) /. Ampeiideae Vitis vinifera L. (Milla rdet) LA CLEISTOGAMIA 151 Anonaceae Anona malmeana le. Bog. (Burck) " muricata le. Bog. (id.] Artabotrys Bluraei Hook, (id.) il suaveolens Blum, (id.) Cyatocalix zeylaniea Champ, (id.) Goniothalamus giganteus Hook, (id.) Unona coelophlaea Scheff. (id.) ?i dasimaschala Bl. (id.) n discolor Valli (id.). A.piaceae Cryptotaemia canadensis DC. (Meehan). A.steraceae Catananche lutea L. (Murbeck) -|- Filago minima Tries (Errerà, Gevaert) Gerbera Anandria Schultz (Linneo) -f- ;i Kunzeana R. Br, (Schlechtendal, Ascherson) -■)- Taraxacum officinale Web. (Knuth) t. Basellaceae Basella alba L. (Volkens) •i lucida L. (Hansgirg) il rubra L. (ramosa Jacq.) (Knuth). Balsamìnaceae Impatiens fulva Nutt. (Loche, Asa Gray, Bennet, Gòbel) -f- n Noli-tangere L. (Weddel, Asa Gray, Mohl) -}- lì pallida Nutt. (Meehan) -\- il parviflora DC. (Graebner) -\- Borraffinaeeae Eritrichium Schrad. (Kuhn) Lithospermum angustifolium Pursh. (AsA Gray, Bersey, Bkitton, Brown) n longiflorum Pursli. (Darwin, Knuth). Brassicaceae Arabis coerulea Haenke (Kerner) p. Biscutella laevigata L. subsp. coronopifolia L. (Gerber) cecidocl. Cardamine chenopodiifolia Per. (Grisebach, Drude, ecc.) ffc. -|- 152 MICHELE AHHAUO Draba verna L. (Meehan; -(- Heterocarpaea Scheel. sp. (Kuhn) Morisia Monanthos Asch. (Hut) cjcl. Nasturtium officinale R. Br. (Schultz) p. Sinapis arvensis L. (Eggers) tr. Subularia aquatica L. (Hiltner) /. Thlaspi arvense L. (Hiehonymus) + TI Bursa-pastoris Moench (Gòbel) tr. Bromeliaceae Chevallieria sphaerocephala Gaud. (Ule) Lamprocarpus Bl. alcune specie (Hansgirg) p. Burinaniaceae Gonianthes candida Bl. (Knuth) -\- Cactaceae Opuntia leptocaulis DO. (Meehan) Campanulaceae Campanula canescens Wallr. (Linneo, Brongniart) -1- » colorata Wallr. (Linneo, Mohl) -j- » dimorplianta Schweinf. (Ascherson) -j- n hybrida L. (Linneo) -}- ìì perfoliata DO. (Linneo) -\- •1 uniflora L. (Warming) Pratia arenaria Hook. (Delpino) Specularla biflora Gr. (Knuth) -\- n leptocarpa Gr. (id.) 4- r> Lindheimeri Watk. (id.) -j- « perfoliata DO. (Mohl, Meehan) 4- Cìstaceae Cistus gutiaius L. (Linneo) L " heteropliyllus Desf. (Reiche, Grosser) il hirsutus Lam. (Grosser) ;i rosmarinifolius Pourr. var. Sedjera Gross. (Grosser) TI salicifolius L. (Linneo) t. n villosus L. var. maurii aniens Gross. (Grosser) F^imnna arabica Spach. (Grosser) ericoides Spach. (id.) ;' thymifolia Hal. (id.) Halimiuiii nronicola Gros«. (Grosser) LA CLEISTOGAMIA 153 Halimiuin argenteum Gross, (id.) n brasiliense Gross, (id.) n canadense Gross, (id.) » carolinianum Gross, (id.) ìì chihuahuense Gross, (id.) » corymbosum Gross, (id.) » glomeratum Gross, (id.) n hirsutissimum Gross, (id.) » majus Gross, (id.) n Nashii Gross, (id.) n Pringlei Gross, (id.) Ì1 rosmarinifoliiim Spach. (id.j Helianthemum alpestre Jacq. (Knuth) p. " brasiliense Pers. (Grosser) n canadense Michx. (Barnhart) n carolinianum Michx. (Grosser) n confertum var. albocalyx Gross, (id.) » ellipticum Pers. (id.) n Fumana Mill. (Knuth) p. " guttatum Mill. (Linneo, Ascherson) n Ì-I var. incospicuum TIi. (Pirotta) » hirsutissimum Presi. (Grosser) n kahiricum Del. (Ascherson) n ledifolium Mill. (Hansgirg) » Lippii Pers. var. micranthum Boiss. (Ascherson) n majus Aritt. (Barnhart) n papillare Boiss. (Grosser) » patens Heusley (id.) n Pringlei Wats, (id.) n salicifolium Mill, (id.) n Schweinfurthii Gross, (id.) " sessiliflorum I'ers. (id.) » ventosum Boiss. (id.) n villosum Thib. (id.) " vulgare Gaertn. (Knuth; p. Lechea Oass. sp. (Kuhn) Tuberaria guttata (L.) Gross, (Linneo) Commelinaceae Commelina bengalensis L. (Weimann, Wright, Engler) gel. -f- Tradescantia erecta (Heuslow) 154 MICHELE ABBADO Convolvulaceae Cuscuta Epithymum Murr. (Murray, Knuth) n europaea L. (Kerner) p. Dichondra repens L. (Lindmann, Thomson) gc. Ipomoea Pes-tigridis L. (Dillemus, Linneo, Kuhn) -|- Dianthaceae Alsine biflora L. (Warming) » groenlandica Wahl (id.) » stricta Wahl (id.) Arenaria serpyllifolia L. (Low) Cerastium alpinum L. (Warming) arvense L. (Mùller) p. glomeratum Thuill. (Warming, Kirchner). nutans Rafin. (Meehan) semidecandrum L. (Mìjller) p. tetrandrum Curt, (Knuth) p. triginum Will. (Warming) viscosum L. (Batalin, Meehan) Holosteum umbellatun L. (H. Mììller) f. l. Krascheminikovia heterantha Max. (Maximowicz, Moore) -f- Malacliium aquaticum L. (Mììller, Kerner) p. Melandryum album Gcke. (Vòchting) f. n apricum Turez. (Lindmann) r> rubrum Gcke. (Vòchting) f. Moenchia e recta Wett. (Scultz) f. t. Policarpon tetraphyllum L. (Batalin) Sagina apetala L. (Schultz, Warming) f. l. n chilensis var. micrantha Gray (Kissingen) /. l. ;i decandra L. (Kissingen) f. t. !i Linnaei Presi. (Schultz, Warming) /'. /. ■n nodosa Pzl. (Warming, Batalin) ii procumbens L. (Schultz, Warming) )i urbica Phil. (Reihe) Silene antirrhina L. (Batalin) n apetala Wild, (id.) !i cerastoides L. (id.) 51 clandestina Jacq. (id.) )i eretica L. (IìIndmann) n gallica L. (Batalin) LA CLEISTOGAMIA 155 Silene hirsuta Lag. (Batalin) 51 inaperta L. (id.) TI linicola Gmel. (Lindmannj " longicaulis Pourr. (Batalin) )i noctiflora L. (Lindmann) il nocturna L. (id.) » portensis L. (Batalin) " pratensis Gren. (Lindmann) !i tridentata Desi'. (Batalin) " vilipensa Kunz. (id.) Spergula arvensis L. (Hansgirg) f. t. n pentandra L. (Schultz) ^). n vernalis W. (id.) p. Spergularia marginata Kitt. (Schultz) p. » rubra Pars. (Magnus, Schultz) /. /. '1 salina Pers. (id.) f, t. Stellaria apetala Bor. (Célakovsky) il cerastoides (Knuth) /*. t. n glauca Witt. (Low) n graminea Retz. (Low) »i holostea L. (id.) " media L. (Pranceschini) /. t. » " var. pallida Pir. (Low, Schultz) f. t. Droseraceae Aldrovandia vesciculosa L. (Bentham, Hooker, Korczinski) -f- Drosera intermedia Hayn. (Knuth) -j- ;5 rotundifolia L. (Darwin, Warnstorf, Knuth) -|- Gentianaceae Cicendia fìliformis Delar. (Errerà, Gewaert) Gentiana campestris L. (G. glacialis Vili.) (Kerner) p. ìì Pneumonanthe L. (Graebner) t. n prostrata Re (Kerner) p. V tenella Rottb. (id.) p. n utriculosa L. (Low) p. Halenia asclepiadea Griseb. (Gilg) -|- " brevicornis H. B. K. (id.) -\- » deflexa Griseb. 'id.) -j- 156 MICHELE ARBADO Halenia elliptica Dom. (id.) -f- » multiflora Benth. (id.) -4- „ parviflora H. B. K. (id.) -f n Rothrockii Gray (id) -|- n Schideana Griseb. (id.) + Menyanthes trifolìata L. (Darwin, Kerner) ?. Geranìaceae Erodium maritimum var. apetala L'Hér. (Ludwig) -f- Geranium favosum Hocst. (Hansgirg) ìì mascatense Boiss. (id.) 55 omphalodeiira Lang, (id.) 55 triloplivim Boiss. (id.) Gesnerìaceae Gesneria bulbosa Hook. (Graebner) t. Trapella Oliv. (En(ìler) /. Graminaceae Amphicarj)imi Floridanuni Chapm. (Hackel) 55 Purshii Kunth. (Pursh, Gray, Hackel) Aristida basiramea Engelm. (Hackel) 55 gracilis EU. (id.) 55 oligantba Michx. (id.) Astrebla pectinata Mtill. (id.] 55 triticoides Mtill. (id.) Avena orientalis Schreib. (Hildebrand) 55 nuda L. (id.) 55 saliva L. (id.) n 55 var. praegravis Kr. 55 scabrivalvis Trin. (Hackel) Boiiteloua aristidoides Thurb. (id.) 55 trifida Thurb. (id.) Briza ambigua Hack, (id.) Bromus carinatus Hook, (id.) 55 mollis L. (H. Mììller) 55 pendulinus Schrad. (Hackel) 55 secalinus L. (Hildebrand, Beijerinck) 55 sterilis L. (Warnstorf) 55 unioloides H. B. K. (Hackel) Catapodium tuberculosura Moris (Koernicke, Hackki.j LA CLEISTOGAMIA l57 Chloris Berroi Arechav. (Haokel) n clandestina Scribn. et Merr. (Vasey, Chase, Hackel) Cryptostachys Stend. (Kuhn, Duval-Jouve, Darwin, Hansgirg) Dactyloctenium aegyptiacum Willd. (Hackel) Danthonia americana Scribn. (Pkingle) n breviaristata (Beck.) Vierh. (Danthonia calycina X Sieglingia decumbens) (Vierhapper) n californica Boi. (Hackel) ìì collina Phil, (id.) !i compressa Austin (id.) 51 epilis Scrib. (Pringle) n intermedia Vasey (Hackel) » montana Doell. (id.) 11 montevidensis Hack, et Arechav. (id.) » nuda Hook, (id.) 11 sericea Nutt. (id.) 11 spicata R. et Sch. (Gray, Hackel) 11 unispicata Munro (Hackel) Diplachne serotina Link. (Janka, Balansa, Hackel) 11 11 var. bulgarica Bornm. (Hackel) 11 squarrosa Richt. (id.) 11 Tracyi Vasey (id.) Eleusine verticillata Roxb. (id.) Eragrostis Barrelieri Daveau (id.) Erianthus Trinii Hack, (id.) Festuca australis Nees (id.) " ciliata Danth. (Duval-Jouve, Hackel) " microstachys Nutt. (Hackel) " " var. ciliata Gray (Howell) » Myurus L. (Duval-Jouve, Hackel) 11 11 var. muralis Knuth (id. 11 ri var. plebeja R. Br. >id.) 11 octoflora Walt. (F. tenella Willd.) (id.) 11 pacitìca Piper (id.) 11 sciuroides Roth. (Duval-Jouve, Hackel) 11 uniglumis Soli. (Duval-Jouve Garnotia courtallensis Thw. Hackel' Hordeum distichon L. (Delfino, Godron, Koernicke, Hackel) ;i 11 var. erectum Schubl. (Koernicke) n hexastichon L. (Godron, Koernicke, Hackel) 158 MICHELE ABRADO Hordeum hexastichon var. pyramidatum Koern. (Koernicke) " miirinum L. (Hackel) .» vulgare L. (Delfino, Koernicke, Hackel) » Zeocriton L. (Godron, Koernilke) Leersia oryzoides Sw. (Oryza clandestina R. Br.) (Schreber, Dar- win, KoernicivE, Buchenau, Duval-Jouve, Hackel) Leptochloa mucronata Kniith (Hackel Oryza sativa L. (Abrado) Panicum clandestinum L. (Hitchcock, Chask, Hackel) n consanguineum Knuth (Hacekl) (?) » dicotomum L. (id.) " lanuginosum Eli. (Hitchcock, Hackel) (?) ji latifolium L. (Hitchcock, Hackel) (?) •-1 neuranthum Gris. (Hackel) (?) il perlongum Nash, (id.) (?) " Scribnerianum Nash. (Hitchcock, Hackel) ;?) Pappophorum mucronulatum Nees. Hackel) il vaginatum Bnckl. (id.) " Wrightii Wats, '(id.j Scleropoa rigida Gris. (id.) Secale cereale L. (Godron) Sporobolus cryptandrus Gray (Hackkl) n subinclusus Phil, (id.) " vaginiflorus Wood, (id.) Stipa amphicarpa Phil, (id.) " barbata Desf. (id.) » capillata L. !id.) » gigantea Lag. (Godron, Trabut) n n var. Lagascae R. et Sch. (Trabut) n hirta Phil. (Hackel) il j une e a L. (Godron) » Lessingiana Tr. et Rupr. (Hackel) il pennata L. (Godron, Hackel'^ >i n var. Tirsa Stev. (Hackel) ìi 11 var. pulcherrima Koch. (Hackel) 11 semibarbata R. Br. (id.) Tetrapogon spataceus Hack. (Oloris spathacea Hochst.) (Hackel) Triodia decumbens Beauv. (Koernicke, Hackel) " elongata Bush. (Hackel) 11 mutica Wats, (id.) LA CLEISTOGAMIA 159 Trisetum interruptum Burckl. (Hackel) TI Orcuttianuin Vasey (id.J Triticum Spelta L. (Hansgirg) » vulgare Will. (Kocrnicke, Godrox) Uniola latifolia L. (Haokei.). Hydrophyllaceae Nemophila maculata Benth. (Meehan) -f- Hypericaceae Hypericum canadense L. (Meehan) n liumifusum L. Kerner) n japonicum Thumb. (Thomson) n mutilum L. (Meehan) Irìdaceae Sisyrinchium anceps Lam. (Hansgirg, Kerner) p. Juncaceae Juncus bufonius L. .Batalin, Ascherson, ecc.) f. l. --)- " capitai US Weg. (Buchenau) -j- n Chamissonis Knuth (Knuth, Hansgirg) p. ;i glaucus Ehr. (id.) p. " homolocaulis Milli. (Buchenau, Knuth) -j- »i pygmaeus Rch. (Buchenau) » repens Mchx. (id. -j- 11 squarrosus L. (Ascherscn) p. (?) " Tenageja Ehr. (Ascherson) /". t. Luzula maxima Lam. (Hansgirg^ " purpurea Link, (id.) » vernalis Seb. et Maur. (id.) f. t. Lamiaceae Ajuga Iva Schref. (Ascherson, Forskal) Coleus aromaticus Benth. (GtRaebner) t. Lamium album L. (Kieffer) " amplexicaule L. (Linneo, Kerner, Hoffman, ecc.) t. f. tv. n ?? var. cryptanthum Guss. (Kieffer) " purpureum L. (Yochting) /'. Salvia cleistogama De Bary et Paul. (Ascherson, Darwin) -f- " lanigera Poir. (Schweinfurth, Ascherson) 160 MICHELE AliBADO Salvia pseudocleistogama Pir. (Pirotta) » Verbenaca L. var. clandestina (Linneo, Willis) l. Liiliaceae Gagea lutea R. et S. (Kerner) p. f pratensis Heiif. (Hansgirg, Warnstorf) Lythraceae Ammania latifolia Torr. et G. iKòhi^e) -f ìi verticillata Boiss, (Kuhn, Kòhne) Cuphea floribunda Lehn. (Treviranus) » Melvilla Lindi, (id.) » silenoides Nees (id.) Ly thrum nummulariifolium Lois. 'Kòhne) » tesoides Bieb. (id.) Peplis Portula 1- (Heuslow, Mac Leod, ecc.) i. Rotala L. sp. Nesaea Comm. sp. Malpigrliìaceae Aspicarpa hirtella Rich. (Richard) + n hyssopifolia Gray (Asa Gray) + ji longipes Gray (Asa Gray] -|- " urens Rich. (Mohl) Camarea St. Hil. sp. Gaudichaudia H. B. K. (Kuhn) Janusia gracilis Gray (Kuhn) e altre specie (Jussieu) Malvaceae Malva rotundifolia L. (Heuslow^ -1- Malvastrum angustum Gray (Bush) -\- Pavonia bastata Cav. (Fitzgerald, Turner, Heckel) -|- Najadaceae Potamogeton diversifolius Raf. (Britton e Brown) i. " Robbinsi Ook. (id.) i. " Spirillus Tucli. ;id.) {. JVyctacfinaceae Acleisanthes Wrightii Gray (Asa Gray) -|- Akenia hypogaea Sch. et Char. (Karsten) + LA CLEISTOGAMIA 161 Nyctaginia capitata Chois. (Patterson, Darwin) + Oxybaphus nyctagineus Svh. (AsA Gray) -|- Selinocaz'pus Gray (Asa Gray) -(- Nympìiaeaceae Euryale ferox Sai. (Arcangeli, Franceschini) /. f. ir. Nymphaea coerulea Savigny. (Hansgirg) i. f. (?) •n Gardneriana (Kuhn) /. f. ì-i Madagascariensis DG. (^Hansgirg) ?. /". (?) ;i Rudgeana Meyer (Hansgirg) i. f. (?) " Sansibarensis (Hansgirg) {. f. (?) Victoria regia Lindi, (^id.) i. f. (?) Oenotìieraceae Gaura parviflora Dougl. (Heuslow) Oenothera tenella Bert. (Godetia Cavanillisii Spach). (Philippi, Gewaert) Trapa natans L. (Gibelli e Buscalioni) >i verbanensis D. Nrs. (id.) Oieaceae Forsythia Walil sp. (Darwin) (?) Jasminum L. sp. (Kuhn) (?) Orcliid.aceae. Bulbophyllum cleistogamum Smith (Smith) Cattleya Lindi. (Darwin, Kuhn) + Dendrobium roseum Rolf. (Ridley, Anderson) + Epidendron L. sp. (Darwin, Kuhn, ecc.) -j- Limodorum abortivum Sw. (Pedicino, Fryhold) Liparis cleistogamum Smith (Smith) Maxillaria rufescens Lindi. (Reichenbach) Oncidium Lemonianum Lindi. (Burck) Phajus Blumei Lindi. (Knuth) 11 villosus Rchb, (Ayres, Moore) Polystachya luteola Hook. (Eggers) 11 zeylanica Lindi. (Moore) Schomburgkia Lindi, varie specie (Kuhn ecc.) + Tainia penangiana Burck (Burck, Kuhn, ecc.) + Thelymitra carnea R. Br. (Fitzgerald) 11 circumsepta Fritz, (id.) 11 longifolia R. Br. (id.) 162 MICHELE ABHADO Orohancaceae Epiphegus virginiana Bart. (LeawiT; + Lathraea squamarla L. (Heixricher) -|- Orobanche minor Sm. (Ghaebner) t. Phaelipaea lutea Desf. (Tkabut) -f- Oxalidaceae Oxalis Acetosella L. (Michalet, Mohl ecc.) -f- » cernua Thumb. (Nicotra) -f- ;i corniculata L. (BoRzi " Deppii Lodd. (Knuth) ?5 incarnata L. (id.) » lasiandra Zucc. (id.l " lobata L. (id.") ji micrantha Bert, (id.) " sensitiva (Darwin, Kerner) Ì1 stricta L. (Knuth, Abbado) Papaveraceae Hypecoum pendulum L. (Kkrner) p. Ì1 procumbes L. (id.) p. Papaver Argemone L. (Warnstorp) ji h3'bridum L. (Hoffmanx) Ir. Paronychiaceae Corrigiola litoralis L. (Heuslow, Warxstorf; Gymnocarpus decander Forsk. (Haxs(ìirg) Herniaria glabra L. (Heuslow, Warxstorf) Illecebrum verticillatum L. (Delpino) i. Paronychia Bonariensis DC. (Heuslow) L Polycarpon tetraphyllum L. (Batalin) Scleranthus annuus Ti. Schultz) Phaseolaceae Amphicarpaea monoica EU. (Asa Gray, Meehax, Sohively) -\- " sarmentosa DC. (Knuth) Anthyllis tetraphylla L. (Kieffer) Arachis hypogaea L. (Kuhn) gc. (?) Astragalus monspessulanus L. (Kieffer) Chapmannia Torr. et Gr. (Kuhn) LA CLEISTOGAMIA 163 Clitoria cajanifolia Benth. (Harms) -\- " densiflora Benth. (id.) (?) " glycinoides DO. (id.) -f- " guianensis Benth. (id.) -|- Cologania affinis Mart, et Gali, (id.) -|- » bifiora Nich. (id.) + » Lemmonii Gr. (id.) -f- » longifolia Gr. (id.) + " Martia Ros. (id.) + " ovalifolia H. B. K. (id) -\- " pulchella H. B. K. (id.) + ?i racemosa Ros. (id.) -\~ Galactia canescens Bent. (Engler) gel. -\- Glycine L. sp. (Kuhn) Heterocarpea Scheele sp. (Kuhn) Lathyrus amphicarpus Gmel, (Delfino, Battandier) gel. il Nissolia L. (Darwin, Kirchner) » setifolius L. (KiefFer). Lespedeza violacea Pers. (Forster) -|- Martinsia Schult. 'Neurocarpum Des.) sp. (Kuhn) Neocracca Kuntzei Ok. var. minor Fries) -j- Ononis Columnae Ali. (Darwinì -(- " minutissima L. (id.) -}- " parviflora Lam. (id.) + Orobus saxatilis Vent. (Hut) gel. »' setifolius A. Br. (Hut) gel. Parochaetus Ham. (Kuhn; Pisum sativum L. (Gobel, Low) Robinia Pseudacacia L. f. cleistogama (Knuth) Stylosanthus Sw. sp. (Kuhn) Theprosia heteranthera Gris. (Hieronymus) -|- Trifolium polymorphum Poir. (Bentham, Lindmaniv) gel. -f- " subterraneum L. (Delfino, Kuhn) gc. (?) Vicia amphicarpa Dorth. (Hut, Ascherson, Low, ecc.) gel. " angustifolia AH. (Ascherson, Hut) gel. il lathyroides L. (Low) (?) " lutea L. (Ascherson, Hut) gel. " narbonensis L. (Hut) gel. (sterile) " peregrina L. (Kiefferj 164 MICHELE ARBADO Vicia p^-renaica Pourr. (HuT, Aschersom, Kieffer, ecc.) gei. Yoandzeia subterranea Thou, 'Mohl, Taubert, Darwin) gel. + Plantagìnaceae Plantago virginica L. (Ludwig) + I^oó-ostemonaceae Podosiemon Barberi Willis e altre (Willis, Warming) i. JPolem oniaceae Colloiiiia Cavanillesii Hook, et Arm. (Ludwig) tì\ :i coccinea L. (Ludwig, Scharlock) tr. ji grandiflora Lindi. (Ludwig, Scharlock, Peter) !) linearis Nutt. (Ludwig, Scharlock) tr. JPolygalaceae Polygala paucifolia Wild. (Shaw) + r, polygama Walt. (Shaw, Hooker, ecc.) -)- Folygonaceae Polygonum acre H. B. K. (Meehan, Kearney) + » arifolium L. (Coulter, Meehan) /. •1 aviculare L. (Meehan) •.1 Bolanderi Brew. (Coulter) /". r> californicum Meiss. (id.) f. ri Curej'a Olm. (id.) /. n Hartwrightii Algr. (id.) /'. n Hydropiper L. (Kerner, Coulter, Meehanj /. " hydropiperoides Mclix. (Knuth) " lapathifolium L. (Coulter) /'. n maritimum L. (id.) /. n minus Huds. (Kernerì f. 11 mite Scr. (id.) f. n orientale L. (Meehan) n pensylvanicum L. (id.) r> Persicaria L. (Coulter, Meehan) /. " ramosissimum Mchx. (id.) /'. n sagittatum L. (Coulter, Meehan) /. ri virginianum L. (Meehan) Fontederiaceae Heterantliera callaefolia Rclib. (Solms-Laubach) + ìì Kotschyana Fenzl. (Kirch, Solms-Laubach) -}- LA CLEISTOGAMIA 165 Heteranrhera Potamogeton Solras. (Solms-Laubach) + » reniformis R. et P. (id.) + !i spicata Presi, (id.) -f- Hydrothrix Gardneri Hook. (Hooker) -\- Monochoria Presi, sp. (Kuhn) Pontederia L. varie specie (Schònland) -}- Reussia Endl. varie specie (id.) -J-, F*ortulacaceae Calandrinia Landbeckii Phil. (Reiche) Montia fontana L. (Delfino, Kerner) p. t. Il minor Gmel. (id. id.) p. t. 11 rivularis Gmel. (id. id.) p. t. Portulaca Gillesii Hook. (Hansgirg) p. ■Il grandiflora Lindi. (De Bonis) -|- :i oleracea L. (Battandier) + ••> pilosa L. (Meehan, Engelmann, Hansgirg) /. p. Talinum ealycinum Eng. (Hansgirg) p. Prìmulaceae Androsace Vitaliana K. S. (Treviranus) Anagallis arvensis L. (Kerner) p. Centunculus minimus L. (id.) p). Dionysia Fenzl sp. (Kuhn) Hottonia inflata Eli. (AsA Gray) 11 palustris L. (Appel) i. Lysimachia nummularia L. (Kerner) p. Primula grandiflora Hort. (Kieffer). 11 sinensis Lindi. (Ljngstrom) Flanunculaceae Ranunculus aquatilis L. (Darwin, Hansgirg) i. JEiosaceae Dalibarda repens L. (Asa Gray) I. Flubiaceae Cruciar^ella patula L. (Knuth) Erithalis fruticosa L. (Eggers) Galium uliginosum L. (Schultz) Flutaceae Melicope simplex Comm. (Thomson""^ 166 MICHELE ABBADO Saxifragaceae Chrysosplenium tetrandrum Linci. (Delfino) Saxifraga caespitosa L. var. apetala (Delfino) Sorophulariaceae Ilysanthes gratioloides Benth. (Urban, Low.) -|- Limosella aquatica L. (Kerner) ?. Linaria agglutinans Pomel. var. lutea (Trabut) + " canadensis Spreng. (Webster) + »? Elatine Mill. (Hansgirg) gc. + n spuria Mill. (Michalet, Heckel, ecc.) gc. -\- Mimulus Tillingii L. (Hansgirg) Salpiglossis sinuata R. et Pav. (De Bonis) Scrophularia arguta Ait. (Dureau, Maisonneuve, Murbeck, Tre- lease) -f- Vandellia nummularifolia Dom. (Darwin) 4- " pyxidaria Max. (Maximo vicz, Urban) -f- ?i sessiliflora Benth. (Schimper, Kuhn; Veronica agrestis L. (Lòwy p. " arvensis L. (Knuth) 51 Buxbaumi Ten. (Darwin) " Cymbalaria L. (Lòw) p. " hederaefolia L. (Lòw) p. » polita Fries (Hansgirg) p. ;' serpyllifolia L. (Lòw) p. n triphylla L. (id.) p. Solanaceae Hyosciamus niger L. var. agrestis West (Ludwig) ir. Salpiglossis sinuata R. et Pav. (De Bonis) /r. " variabilis Hort. (Hackel) .Solanura chlorocarpum Spenn. (Pirotta) " Melongena L. (Mottareale) t. » miniatum Willd. (Pirotta) •1 nigrum L. (id.) Sterculìaceae Theobronia Cacao L. (Englerj gol. -\- Thymeleaceae Leucosmia Bcnith. sp. (Darwin, Hildebrand) Passerina annua Wikstr. (Kerner) p. LA CLEISTOGAMIA 167 Vioiaceae Hybanthus concolor Spreng. (Low) + Jonidium commune St. Hil. (Bebxouilli, Cole) -\- Stybanthes Ipecacuana var. indecora St. Hil. Reiche e Tau- BERT; -j- Yiola alba Bess. (Michalet) + n arenaria DG. Kernek. Lindmann) -4- y> bicolor L. (Mììller) + ?i biflora L. (Mùller, Boisduval, Reiche, Taubert. ecc.) + 51 canadensis L. (Meehan) -f- ?i canina L. (D. Mììller, Darwin, Bennet, Warnstorf) -|- '5 collina Bess. (Kerner, Goebel) -j- » cuculiata Eliot. (^Knuth, Bennett) + " Cunninghami Hook. Thomson) + !i elatior Fr. iReiche, Taubert, Mohl] -|~ ■ì filicaulis Hook. (TnoMsoNj -}- ■1 floribunda Jord. (Bennet) -\- » hirta L. var. Salvatoriana (Darwin, Galloni) -|- •1 jonidium (Darwin) -[- (?) '1 lancifolia Thor. (D. MIìller) + " minuta var. Meyeriana Bieb. (Sommier) -|- •1 mirabilis L. (Dillenius, Gòbel] + ;i montana L. (Linneo) -\- ?i nana Godr. (Darwin) -\- » odorata L. (D. Mììller, Darwin, Gòbel, Arcangeli, Fran- CESCHiNi) gc. -{- » palustris L. (Gratin, BoisduvalJ + ?i pedata L. var. bicolor Graj- (Meehan) -j- " pinnata L. (Linneo; -|- ìi Roxburghiana Voig. (Darwin) -j- '1 Ruppii Ali. (Boisduval) -f- ìì rustica (Graebner) -(- n sagittata Ait. (Knuth, Bennett) -|- n sarmentosa Dougl. Meehan) + '1 sciapbila Koch. (Galloni) -f- n sepincola Jord. (Kerner) -f- n silvatica Fr. (Ben^net, Corry, Knuth) -j- « » var. Riviniana Rch. (id.) -\- n stagnina Kitt. ,Korry, H. Mììller) -|- 168 MICHELE AHRADO Viola strict a Harm. (Meehan -|- n suberosa Desf. (Battandier) -|- ?i tricolor L. (D. Min-r,EK, Wirj,isì -|- ?i ;' var. arvensis Murr. (Lederbauer) f. -|- * * Il fenomeno della cleistogamia ha sempre destato, tin dal tempo della sua scoperta, l'interesse dei botanici, ed ha sempre avuto una grande importanza nella biologia del tiore. Già ab- biamo visto come i primi tiori cleistogami conosciuti avessero avuto parte nella lotta fra i sostenitori della sessualità delle piante e gli oppositori di essa. Abbiamo pure veduto come in seguito il Jìou-t's bufoniìis avesse servilo a Batalin per com- battere la teoria di Darwin sulla necessità della fecondazione incrociata per la conservazione della specie. Sempre poi lo studio dei botanici fu rivolto alla ricerca delle cause del feno- meno, e del significato che la cleistogamia ha nella vita delle piante. La questione è tutt' altro che risolta, e le osservazioni sono ancora troppo incomplete perchè si possa pensare ad una seria soluzione ; però abbondano i tentativi di spiegazioni, e la cleistogamia è messa in relazione cogli altri fenomeni che si osservano nella biologia fiorale, e talora impiegata addirittura per sostenere delle teorie d'indole generale. Le spiegazioni date del fenomeno dai vari autori diiferiscono ili ])riraa linea per ciò che molti di essi pongono come fine della cleistogamia 1' utilità, mentre altri la fanno derivare da cause esterne che agiscono indipendentemente dall'utilità stessa. Ma tra l'una e l'altra scuola troviamo tutta una serie di gradi di passaggio. Infatti da un lato esistono autori seguaci di Naegeli e Warming, i quali considerano l'utilità come la causa prima dell'origine della cleistogamia; essi ritengono che il bisogno operi come stimolo e gli organismi abbiano una spe ciale facoltà innata di variare in una maniera utile alla vita, in concordanza colle condizioni esterne. Perciò tali autori ])er ogni pianta si domandano quale scopo essa abbia nella i)rodu- zione di fiori cleistogami. Altri invece ammettono la fissazione per selezione naturale di variazioni utili, prodottesi nella pianta per virtù propria o anche per cause esterne, le quali hanno portato la pianta poco alla volta alla produzione di fiori elei- LA CLEISTOGAMIA 169 stogami: anche qui dunque l'utilità è sempre ammessa, ma come una causa indiretta. Per altri autori poi non solo non c'è nella produzione di fiori cleistogami uno scopo diretto, ma i fiori cleistogami non sono sempre diventati una necessità per la pianta; essi sono stati prodotti da cause esterne a questa e indipendenti dalle sue esigenze. Ora, prima di addentrarci un po' di più nell'esame delle cause ammesse dai vari autori, dobbiamo domandarci appunto; la cleistogamia si mostra veramente, se non in tutti, almeno in alcuni casi, utile per la pianta? Per rispondere a questa domanda dobbiamo anzitutto con- siderare in quale relazione sia la produzione di fiori cleistogami, i quali naturalmente sono autogami, colla nota teoria di Darwin sulla necessità della fecondazione incrociata per fornire agli individui la resistenza necessaria a perjjetuare la specie. Se tutte le specie clie producono fiori cleistogami svilup- passero anche dei fiori casmogami, pur essi fertili, la questione non presenterebbe nessuna difficoltà. Darwin stesso il quale, date le cognizioni d' allora, ammise che tutte le specie con fiori cleistogami producessero pure dei fiori perfetti, non trovò affatto ch'essi contraddicessero alla sua teoria. Infatti i fiori cleisto- gami, prodotti da cause diverse, su cui ci tratterremo fra breve, avrebbero offerto alla pianta sopratutto il vantaggio di produrre una grande quantità di semi con poco consumo di polline, essendo questo rinchiuso e quindi non soggetto a dispersione ; ma i discendenti di tali fiori cleistogami ed autogami avrebbero poi potuto incrociarsi coi discendenti dei fiori casmogami ed allogami. Del resto è noto che da molto tempo i botanici si sono ri- creduti dall'idea che aveva dominato dopo la pubblicazione delle opere del Darwin, che l' autogamia sia sempre evitata, e dovet- tero riconoscere ch'essa è anzi molto diffusa e che nvimerose piante possiedono addirittura delle disposizioni atte ad assicurare questo modo d' impollinazione quando per una causa qualsiasi venga a mancare P allogamia. Kerner dedica nella sua Vita delle piante un' intero capitolo alla descrizione di fiori che presentano di tali disposizioni. Queste sono variissime, come varia è la forma dei fiori. Tra esse sono da collocare quelle che assicurano l' autogamia nei casi in cui manchi la visita degli incetti, e fra queste troviamo a sua volta un caso sem- 170 MICHELE ABB ADO plicissimo di cleistogamia: quello di fiori entoinofili che non si aprono affatto quando la visita degli insetti non possa essere aspettata, w Nelle regioni montane delle zone temperate r>^ dice Kerner. a accade spesso che nell'epoca in cui i fiori sono vicini ad aprirsi cominci a piovere, e la pioggia continui talora parecchie settimane. Le api, i bombi, le farfalle e i dàtteri si ritirano nei loro nascondigli e devono sospendere per lungo tempo le loro visite ai fiori. L'accrescimento delle piante non è però sospeso durante lo stesso periodo e anche nei fiori lo sviluppo procede tranquillamente, se la temperatura è propizia; il tessuto stimmatico diventa atto a ricevere il polline, le antere raggiungono la maturità sessuale, si aprono e mandano fuori il polline; ma neppure un raggio di sole passa attraverso le nuvole; la pioggia continua e gli insetti rimangono ritirati nei loro nascondigli, difesi dalla pioggia. In tali circostanze i fiori non si aprono, 1' aiitogamia si effettua nel fiore chiuso e le disposizioni tendenti a produrre un incrociamente non entrano in attività ". Secondo Keknek, ciò si osserva per es. nelle specie Alsine ruhra^ Anayallis phoem'cea, Arabis coerulea, Azalea procumheyìs, Calandrbna compressa, Centunculus ìninimiis, Dro- sera ìongifolia, Gagea IiUea, Gentiana campeslris^ G. (jlaciaìis, G. prostrata, Hypecoum pendulum, Hi/pericum humifusum, Le- pidium salivum, Monlia. fontana, Oxalis cornicnlata, 0. strida, Polycarpon tetraphi/llum. Portulaca oleracea, Sagina saxatilis, Silenc noctifìora, Sisyrinchium anceps, Spergula arvensis. Stellerà Passerina, Veronica a/pina, BeUidifoiia e Chamaedri/s: piante viventi nelle ])iù diverse stazioni, che hanno solo in comune il fatto che i loro fiori, nel caso in cui si aprano, rimangono aperti solo per breve tempo. Nelle piante con fiori di luuga durata si osserva non raramente che nelle epoche di piogge persistenti l'autogamia si compie nel fiore chiuso, ma poi, se il tempo ritorna bello, i fiori si aprono e permettono agli in- setti di portar via il polline che non è stato impiegato nell'au- togamia. Esempi di jDiante in cui è stato spesso osservato questo fatto sono Rhododendron liirsutum, Menyanthes trifoUata e Cai- scuta europaea. Se dunque esistono delle piante le quali, oltrecchè per fiori casmogami fertili, si propagano anche per fiori cleistogami, il fatto non contraddice alla legge di Darwin, e si trova in perfetto accordo cogli altri casi di autogamia abbondnnteineiito diffusi tra le Fanerogame. LA CLEISTOGAMIA 171 Le difficoltà sorgono però quando si voglia ammettere l'esistenza di specie con fiori sempre chiusi ed autogami (ar- chicleistogame), e in ogni modo esistono sempre per quelle specie che hanno i fiori casmogami abitudinalmente sterili, e per quelle altre che sono esclusivamente cleistogame in una data regione, e per cui non è possibile ammettere che avvenga regolarmente una impollinazione per opera di fiori casmogami molto lontani. Quanto alle specie archicleistogame, esse non presentano nessuna difficoltà di spiegazione a Burck (') il quale anzi sjje- cialmente dalla loro supposta esistenza è stato recentemente condotto a formulare una teoria ben diversa da quella di Dar- win, dichiarando l' autogamia come il sistema più vantaggioso di riproduzione e riconoscendo utile l' allogamia solo in certi casi. Egli distingue due categorie di piante. Alla prima appar- tengono quelle che sono esposte al " pericolo » che del polline estraneo sia deposto sullo stimma d'un fiore, il che può dare origine a un imbastardimento in seguito a cui la discendenza perde i suoi caratteri specifici, mentre la sua forza e fertilità diminuiscono. Gli incrociamenti di questi bastardi con uno dei progenitori o con un altro discendente un po' diverso dal primo possono aumentarne di nuovo la forza e la fertilità. Tali piante danno quindi coli' autofecondazione dei discendenti più deboli e meno fruttiferi che coli' incrocio. (E qui giova notare che, per quanto mi pare, 1' autore non intende già parlare dei soli ibridi ottenuti dall' incrocio di specie o varietà diverse, ma anche dei prodotti d'incrocio fra due piante uguali). All'altra categoria appartengono piante che si fecondano sempre auto- gamicamente, per la qual cosa i discendenti vanno esenti da ogni inquinamento e conservano di generazione in generazione le loro proprietà e la loro forza e fecondità. L' autogamia, invece d' esser dannosa a tali piante è sempre in grado di prociirare la conservazione delle loro proprietà. Burck dà come esempio di quest'ultima categoria la Myrmecodia e quelle Anonaceae di cui già abbiamo parlato, che Loew chiama cleistopetale e eh' egli ritiene esclusivamente cleistogame, come pure quelle piante i cui fiori prima si fecondano autogamicamente e poi si schiudono. (1) Darwin Kreuzungsgesetz urid die Griindlajyen der Bliitenhiolog-ie. 172 MICHELE ABBADO Non è qui il luogo di estendersi nell'analisi della teoria di Burck; solo accenneremo ch'egli dà la stessa importanza alla autofecondazione e alla fecondazione incrociata fra fiori dello stesso individuo, e ritiene che le disposizioni liorali che molte piante presentano, atte a procurare l'allogamia, hanno per scopo l'incrocio di fiori dello stesso individuo e non di quelli di piante diverse. Anche riguardo all'azione del polline egli ritiene che il polline d'un individuo diverso sia più efficace del proprio solo nelle piante più o meno ibride, mentre nelle specie pure il polline proprio è sempre più efficace di quello estraneo. Quanto alla dicogamia, ossia alla maturazione in momenti di- versi degli stami e dei pistilli, essa non si sarebbe prodotta come un adattamento allo scopo di produrre un incrocio. La protandria è un fenomeno normale, dovuto alla posizione del- l'androceo nel fiore e alla maturazione successiva dei veriicilli fiorali, cominciando dal calice. La protoginia poi sarebbe un fenomeno anormale, dipendente da inversione nella precedenza dello sviluppo, ma non prodotto da un adattamento, bensi da altre cause, interne alla pianta. Anche la diclinia e l'ercogamia non avrebbero lo scopo di favorire l' incrociamento. Esse si sarebbero prodotte per una mutazione subitanea e si sarebbero conservate senza alcuna relazione cogli scopi della feconda- zione. Non è qui il caso di fare una critica della suddetta teoria; osserveremo soltanto che le due categorie di piante su cui essa si basa hanno im' estensione enormemente diversa, com- prendendo l'una la maggior parte delle piante, e l'altra quelle poche che abbiamo detto, le quali sole sarebbero scampate ad una fecondazione incrociata. Quando ciò fosse, si capisce che, anche se fossero vere le ipotesi del Burck, la teoria di Darwin non verreblie gran che scossa, poiché, qualun(|ue sia il motivo, quasi tutte le piante si com])orterebbero in conformità di essa. Aggiungasi che non è affatto dimostrato che le piante citate da BuROK sfuggano a una fecondazione incrociata. Come già ab- biamo detto, LoEw (') ha rilevato che anche da altri botanici sono stati trovati dei fiori che si comportano analogamente a quelli descritti da Burck e che pure subiscono la fecondazione incrociata per opera di formiche o di calabroni o di coleotteri (1) 0|). cit. LA CLEISTOGAMIA 173 o di colibrì; perciò potrebbe darsi che anche i fiori descritti da BuRCK si trovassero nelle stesse condizioni. Oltracciò tali fiori presentano delle evidentissime disposizioni per l'allogamia, e da molti non sono nemmeno considerati come veri cleistogami (LoEw, come già sappiamo, li mette a parte sotto la denomina- zione creata da Ule di cleìstopetalij. Essi non paiono dunque i pili indicati per servire di base a una teoria, sia ch'essa ri- guardi il valore dell' autogamia e dell' allogamia, sia che voglia spiegare l'origine della cleistogamia, come fa quella esposta dal BuRCiv in un suo precedente lavoro (' , della quale diremo in seguito. Quanto alle specie cleistogame con fiori casmogami sterili e a quelle che in qualche regione sono esclusivamente cleisto- game, le difficoltà esistono tanto di fronte alla legge di Darwin, quanto anche a quella di Burck. Si tratta infatti di specie che si riproducono sempre autoga- micamente e in cui le generazioni che si succedono conservano la loro vigoria senza che avvengano incroci fra individui di- versi. Ora ciò sta in opposizione colla legge di Darwin. Ma siccome nulla ci autorizza a credere che anche nel passato i fiori casmogami delle prime siano stati sterili e non siano stati soggetti ad allogamia, e nelle seconde l' allogamia si compie realmente in qualche regione, cosi l'esistenza loro non può trovare appoggio e spiegazione nemmeno dalla legge di Burck, Esse perciò non cessano di rappresentare un enigma, e meritano da parte dei biologi il massimo interesse. Che la cleistogamia torni u.tile, per lo meno nella massima parte dei casi, alle piante che la presentano, risulta chiaro dalle osservazioni fatte dai numerosi autori che si occuparono del fenomeno, i quali sono tutti concordi nell' ammettere tale utilità. Abbiamo già visto che Darwin considerava i fiori cleisto- gami come un mezzo di risparmio per la pianta; per essi si ottiene la produzione d'una grande quantità di semi con poco consumo di sostanza nutritiva e di vigoria \ itale. Darwin notò che oltre all' essere il fiore notevolmente ridotto in grandezza, non occorre che la produzione d'una qiiantità molto piccola di (1) l'ie Mutation als Ursache der Kleistoganiie (Recueil des Travax Bot. Néer landais, Voi. i, 1905, p. 1). 174 MICHELE ABRADO polline, poiché nessuna porzione di questo va perduta ne per l'azione degli insetti né per quella della stagione e ciò importa assai, essendo il polline molto ricco di azoto e di fosforo, u I fiori cleistogami prodiicono semi con un consiirao straordina- riamente minore di polline, ed essi producono per regola gene- rale esattamente lo stesso numero di semi dei fiori perfetti n. Darwin spiegò pure il fatto che in molte piante con fiori clei- stogami questi seppelliscono gli ovari nel terreno, come un mezzo per preservarli dalle offese degli uccelli o di altri nemici. Per lo stesso scopo le cariossidi di Leersia restano a loro volta nascoste nel modo più perfetto entro le guaine fogliari. Abbiamo poi citato una serie di piante che, secondo Kernek, mantengono i fiori chiusi e diventano cleistogame quando il tempo non permette la visita degli insetti. Sempre secondo Kerner, in alcuni Polygonum fP. Hydropiper, P. viiyius, P. miiej quegli individui che crescono solitari e hanno esposti al sole e visibili e accessibili agli insetti tutti i loro rami forniti di fiori, presentano tutti i fiori casmogami, mentre se centinaia d'individui della stessa specie sono associati e stipati, solo i fiori superiori si aprono alle visite degli insetti mentre quelli che si trovano sui rami inferiori e stanno all' ombra e nascosti, né possono essere facilmente raggiunti dagli insetti, restano chiusi e si fecondano autogamicamente. Come Kekneii così molti altri autori pensano che i fiori cleistogami spesso si siano prodotti per assicurare la fertilità alla pianta. Tali sono per es. H. Mììllek, Kirchner, Ludwig, Knuth. Per essi l'esempio più evidente é dato da quelle specie del genere Viola in cui i fiori casmogami sono diventati sterili e la riproduzione é affidata completamente ai cleistogami. Knuth, come già abbiamo detto altrove, ritiene che la comparsa preva- lente dei fiori cleistogami in Drosera dipenda dal fatto che gli insetti sono cosi attratti dalle gocce splendenti dei tentacoli fogliari, che non si occupano più dei fiori e questi restano senza pronubi. Secondo Ludwig ('), molte piante esotiche fiori- scono in Europa con fiori solo cleistogami parie per mancanza di pronubi e parte per condizioni climatiche inadatte. " Suolo e posizione difettosa, tempo sfavorevole nell'epoca della fiori- ti) Bioloijie der l'ilau/en l£»5. LA CLEISTOGAMIA 1 75 tura, mancanza di pronubi si devono considerare come cause dell'adattamento alla cleistogamia «. L* utilità è evidentissima nelle piante idrocleistogame : quando i loro tìori restano sommersi non è più possibile una fecondazione incrociata e allora essi restano chiusi e cosi è assicurata la loro fertilità. Se tutti gli autori sono d' accordo nel riconoscere in genere l'utilità della cleistogamia, le loro opinioni però si dividono, come già abbiamo accennato, quando si tratta di stabilire se la clei- stogamia sia utile in tutte le piante che la presentano, e quale importanza abbia avuto l'utilità nella produzione del fenomeno. Per gli uni la cleistogamia è sempre utile, anche in quelle piante per cui non si sa ancora in che consista l'utilità; però mentre c'è fra questi chi considera l'utilità stessa come la ragione prima del fenomeno, altri, più numerosi, ammettono che la cleistogamia sia frutto della selezione naturale, e perciò considerano l'utilità come una causa indiretta. Per questi autori l'utilità acquista il significato d'una necessità. Per altri poi la cleistogamia rappresenta solo un modo di fioritura casuale che s'è prodotto per selezione, come fissazione d'una reazione utile fra le diverse che sono state prodotte da cause esterne, ma senza che in origine la pianta ne sentisse la necessità ; e anche oggidì l'utilità non è generale per tutte le piante. Lasciando da parte l'ipotesi secondo cui la cleistogamia sarebbe il frutto diretto d'uno sforzo della pianta sotto lo sti- molo del bisogno, facendo essa parte di quella teoria generale cui abbiamo accennato e che tutti conoscono, passiamo a vedere le idee dei selezionisti. Darwin ammise che i fiori cleistogami derivassero anzitutto da un arresto di sviluppo, ma che questo non fosse il solo fat- tore, poiché in certi fiori alcuni organi sono stati modificati in modo speciale per servire all'autofecondazione o alla protezione del polline. Egli portava come esempio il pistillo uncinato della Viola e di alcuni altri generi, nei quali lo stimma resta portato vicino alle antere fertili; la corolla rudimentale della Specidaria che è trasformata in un tamburo perfettamente chiuso, ecc. Egli aveva notato anche la perdita di piccole particolarità di struttura o di funzione di certe parti che, sebbene utilissime per i fiori casmogami, non hanno alcuna utilità per i cleisto- gami, come per es. i peli collettori del pistillo nella Sj^ecularia, 176 MICHELE ABBADO le ghiandole calicine nelle Malpighiacee, l'appendice nettarifera degli stami inferiori di Viola, la secrezione di nettare, l'ema- nazione di profumi, ecc. w Anche qui v egli diceva « come in tutta la natura, ogni volta che una parte o un carattere di- venta superfluo, tende presto o tardi a scomparire ri. Perciò Darwin considerava la cleistogamia come un fenomeno che, avendo per prima origine delle cause esterne di varia natura, come mancanza di nutrimento, di calore, di luce, le quali avevano determinato un debole arresto di sviluppo, si fosse prodotto poco alla volta e fissato per selezione naturale. Nel cercare l'utilità dei fiori cleistogami, Darwin si associò in parte all'opinione di Delfino (*) che essi si siano sviluppati per assicurare la produzione di semi in condizioni climatiche o d' altra natura che tendono ad impedire la fecondazione dei fiori perfetti, ma gli parve che questa causa avesse una estensione limitata e altre ne ammise che già abbiamo veduto parlando dell'utilità. Quanto alle modificazioni degli organi fiorali con adattamento alla cleistogamia, Darwin pensò ch'esse potessero derivare dalle particolari condizioni in cui si trovano gli organi stessi nell' interno del fiore chiuso, come pure dalla correlazione di sviluppo e dalla tendenza a scomparire, propria di tutti gli organi ridotti. Come dice Darwin, u il risultato sarà la produzione di fiori cleistogami tali quali noi li vediamo ora ; e questi sono meravigliosamente adattati a produrre una ricca copia di semi con un consumo straordinariamente piccolo per la pianta ?i. Sulle orme di Darwin camminano fra gli altri Kernek e Knuth. Nel gran numero di jtiante considerate da Kerner nel suo trattato, egli mira senqìre alla ricerca dell'utilità che a ciascuna di esse offre la cleistogamia. Kerner riunisce i fiori cleistogami con quelli che presentano disposizioni atte ad assicurare l' au- togamia quando venga a mancare la fecondazione incrociata e passa da questi ultimi gradatamente ai fiori che in certi casi restano semplicemente chiusi senza subire modificazioni e poi man mano a ([uelli che appaiono più modificati. Per questo autore la sola differenza essenziale è questa, che mentre nelle piante senza fiori cleistogami diventano alla occorrenza auto- li) r^a distribuzione dei sessi nelle piante. lA CLEISTOGAMIA l77 gami i fiori casmogami, in quelle che possiedono anche fiori cleislogami i casmogami non presentano nessun adattamento per l' autogamia; sarebbe perciò avvenuta una specie di divi- sione di lavoro; l' incrociamento sarebbe stato affidato ai fiori casmogami, mentre l' autogamia sarebbe stata serbata ai fiori cleistogami. Ora tale concetto è veramente troppo assoluto. Delle piante citate da Keener come aventi fiori casmogami disposti a una eventuale autogamia, alcune presentano anche fiori cleistogami : tali sono per es. Portulaca oleracea, Sinapis at^ensis, Spergula arvensis, SleUaria media, St. gramiìiea, Drosera. Con ciò sarebbe ammissibile anche l'ipotesi che i fiori cleistogami offrano a queste piante un'utilità speciale differente da quella fornita dai fiori casmogami per mezzo dell' autogamia. Neil' ammettere che la cleistogamia sia sempre utile, Kerner però, come già abbiamo detto, non considera l'utilità come la causa finale che l'ha prodotta, bensì come un fattore che ha servito a fissare le variazioni prodottesi nei fiori. Per molte piante egli non indaga, è vero, quali siano le cause efficienti del fenomeno, ma non bisogna credere ch'egli le escluda; infatti noi troviamo che per alcune piante egli s'è occupato di tali cause. Cosi per es., a proposito di Viola sejnncola, egli dice : u nelle fitte e fresche ombre dei boschi la Viola sepincola non porta fiori aerei aperti, ma invece ne produce in aperta cam- pagna, in siti soleggiati. Senza tema di errare, possiamo con- siderare i raggi solari come uno stimolo assai importante per la produzione dei germogli fioriferi, e precisamente di germogli fio- riferi che hanno nei loro fiori anche petali vivamente colorati. Le piante di cui stiamo discorrendo hanno la utile proprietà di limitare nei luoghi freschi ed ombreggiati, dove non sono api né bombi e dove i fiori aperti delle viole non sarebbero visitati dagli insetti, la loro attività edificatrice alla produzione ed allo svi- luppo di fiori cleistogami e di risparmiare la costruzione di fiori aperti e disposti per l' incrociamento. Se gli alberi ombrosi della foresta sono abbattuti dal vento o dall' accetta del legnaiuolo, e il luogo in cui cresce la viola in parola è visitato dal sole, allora vi appariscono certamente anche le api e i bombi che vanno in cerca di nettare, volano di fiore in fiore e determinano incro- ciamenti. In tal caso i fiori violetti aperti e odorosi diventano utili, e quella pianta di viola che per una lunga serie d' anni ha 12 178 MICHELE AP.BADO sviluppato soltanto fiori cleistogami nell' ombra del bosco, è sti- molata dai raggi solari a produrre fiori provveduti di petali espansi -i. Una cosa simile avviene, secondo Kek.neu, nel Lamium ampi exi caul e. Questa pianta produce due sorta di fiori, gli lini provvisti d'una corolla porporina che si apre e permette l'ac- cesso ai nettari, gli altri cleistogami, con corolla rudimentale e un piccolo calice verde clie rimane chiuso. I fiori casmogami però si osservano solo d'estate quando ronzano gli insetti che li visitano ; nell' autunno avanzato e al principio della prima- vera, allorché nancano i pronubi, non appaiono che fiori clei- stogami. " Non si deve naturalmente pensare che la pianta possa per previdenza propria tralasciare di produrre le corolle, ma l'azione devesi ritenere indiretta, nel senso cioè che per effetto dei giorni brevi e della temperatura bassa degli ultimi giorni autunnali e dei primi primaverili lo stimolo a produrre gemme fiorali sia diverso da quello che è sotto l'azione delle lunghe e calde giornate estive ?5. Anche Knuth, come si disse, considera l'utilità come un fattore indiretto che trae partito dalle variazioni prodotte da altre cause. Queste poi sono diverse da pianta a pianta e non bisogna cercare assolutamente delle regole generali. Talora i fiori cleistogami si producono nella stagione meno calda (es. Latnium, amplexicaulej : altre volte avviene il fatto opposto. In Oxalis per es. i fiori cleistogami si sviluppano solo in giugno e luglio, quando numerosi altri fiori attirano i pronubi, e questi non guarderebbero i fiori nascosti e invisibili di tale specie, mentre in primavera si hanno fiori aperti, perchè allora la concorrenza tra i fiori non è ancora cosi grande e gli insetti possono cer- care anche i fiori àeW Oxalis. Lo stesso vale per es. per Viola mirabilis. I fiori cosidetti pseudocleistogami sono quelli che meglio di tutti lasciano scorgere le cause che li producono ; orbene, secondo Knuth, queste cause dimostrano quali devono essere anche le cause della cosidetta vera cleistogamia, e questa pure deve derivare da mancanza di luce, d' aria, di calore, da siccità, umidità, ecc. Caratteristica è la spiegazione che della cleistogamia dà il BuRCK ('). Secondo questo autore i fiori cleistogami si sono \)yo- (1) .\l)li. ul)«r (lif Mutation als Ursaclic der Kltistofrjiiiiio, tyos. LA CLEISTOGAMIA 179 dotti per mutazione e quindi fissati. Quando i fiori d'una pianta per repentina mutazione rimangono chiusi, se tale fatto è van- taggioso, la mutazione si fisserà più facilmente che in altre piante dove il vantaggio è piccolo; essa può talora addirittura sopprimere gli individui non mutati. Si vede dunque come per Burck la chiusura dei fiori nelle piante sia nella sua origine indipendente dalle condizioni esterne. Però la comparsa dei fiori normali in grande quantità è favo- rita dalle buone condizioni di vita nel senso più esteso della parola, cioè non solo dalla nutrizione, ma anche da tutto ciò che ha rapporto colla nutrizione, come per es. l'illuminazione, la temperatura, ecc. ; inoltre specialmente nelle piante che pro- ducono precocemente una quantità considerevole di fiori clei- stogami la comparsa dei fiori casmogami e la loro fertilità dipende dall' azione dei fiori cleistogami a cui le sostanze pla- stiche hanno affluito ; spesso la conseguenza è che i fiori casmo- gami 0 non sono prodotti o per lo meno non portano i frutti a maturazione. Le idee di Burck sono state combattute da Loew (^), per il quale, come per la maggioranza dei botanici, la forma clei- stogama non deriva da una mutazione, bensi da variazioni dipendenti dalle condizioni esterne di vita. Prescindendo dall'utilità e dall'azione sua nell' aver deter- minato nelle piante la produzione di fiori cleistogami, la maggior parte degli autori ammette che le cause d' ambiente da cui sono derivati in origine tali fiori o che servono ogni volta a regolare la quantità dei fiori stessi, potendo questi in un dato anno o sito mancare o prodursi in maggiore o minor numero, siano diverse, cioè, come già sappiamo, mancanza o eccesso di luce, di calore, d'umidità, difetto di nutrimento, ecc. Hansgirg, Kekner, Knuth, Loew, Arcangeli, Godron, Pirotta sono fra essi. Per un altro autore invece, il Goebel, la causa è una sola : l' insuifi- cenza del nutrimento. I fiori cleistogami rappresentano per questo aixtore la con- seguenza d'un arresto nello sviluppo fHemmimgshihhmgJ; in essi la fecondazione avviene come nei fiori normali, ma più presto, in uno stadio di sviluppo meno avanzato. Partendo da questo concetto e non ammettendo nessun altro fattore, Goebel spiega (1) Op. cit. 180 MICHELE ABRADO le modificazioni e la produzione di nuove parti, che parrebbero l'indizio d'un adattamento alla cleistogamia, col principio della correlazione. Come già abbiamo veduto altrove, nemmeno il fenomeno della cleistanteria ha per Goebel un' importanza spe- ciale poiché egli, al pari di Darwin e altri, l' osservò anche in piante con fiori sempre casmogami. Nelle piante esistono anche altre formazioni d'arresto; cosi in certe infiorescenze i fiori terminali non arrivano a completo sviluppo; però questi rimangono sterili, mentre i fiori cleisto- gami s'arrestano bensì nello sviluppo in un certo stadio, ma tuttavia prosegue lo sviluppo dei grani pollinici e degli ovuli e avviene la fecondazione, che veramente avrebbe dovuto av- venire solo in uno stadio di sviluppo più progredito. Un'analogia trova Goebel tra la cleistogamia e il nanismo, nel quale si vedono delle piante mal nutrite rimanere piccole, produrre foglie in minor numero e più semplicemente foggiate delle normali e tuttavia produrre fiori, come saltando ima parte dello sviluppo vegetativo. Le altre cause comunemente ammesse dagli altri autori non hanno per Goebel un' azione diretta, bensì indiretta, in quanto hanno per effetto di diminuire il nutrimento alla pianta o l' afflusso delle sostanze plastiche ai bocci che daranno poi fiori cleistogami. Cosi, per esempio, mentre Graebner (') e altri suppongono che i fiori cleistogami che si producono d'estate dopo i casmogami in certe specie di Viola derivino dalla ele- vata temperatura, secondo Goebel l'azione del calore non è diretta, ma soltanto correlativa, pel fatto che l'aumento di 1em])eratura favorisce lo sviluppo degli organi vegetativi: questi a loro volta sottraggono alle gemme fiorali una parte dei ma- teriali di costruzioue obbligandole a svilu})parsi non [)iù in fiori casmogami, ma bensì in cleistogami. Goebel fece in pro- posito delle esperienze e nell'estate del 1904, che fu partico- larmente calda e asciutta, egli mediante un' alìbondante conci- mazione potè avere dei fiori casmogami nel mese di luglio e dopo lo sviluppo già di fiori cleistogami in esemjìlari di l'ioìo silvatica e I'. odorala var. semperflorens, pur tenendu !<■ |»i;iiite asciutte e ben esposte al sole. Perciò Goeijei, ammetto che i (1) Uiiilo^f. Noti/.cii. \'eiij. des But. VtM'ciii.s dei- l'roviiiz liiaiuli'iibiir}^, 35 Jalu'g 1893, 1). 150, Berlino 189». T,A (:(,i':isi()<..\.\iiA 181 Hoi'i (rasino^ii mi in ((iioslc piiuilc! si prodiic;! no in iiii Icinpd in cui r itccrcsci incili u \-ci:;cl at i vo s' ac.i| iiid a, c nella [liaiila: c |)i'«!- senlc limilo inalcrialc [ilaslico. Altre es|ierieii/, «lavano, iicll(! sicssc coiid i/,i(iii i, li(iri c,asm()/fr, appare il (•oiilrario; in l'ai li i bocid dei liori ca-sm();i;a,mi si sono «fià prodotti ludraiiiio prei'edeiit e, dopo i lioi'i (dcisto- «jjaiiu, ma arrivano al [lieiio s\'iliippo solo nella pi'i ma,vei'a, yeguenie. Secondo (i()KHi';i,, le caiis(>, (dui determinaruno fui dall'origine indie piante la, produzione di lloi-i cleisi,op;aini agiscono iuttora e non solo su (pielle piante che [iroducoiio liori (dcist()o;aiMÌ solo salluarianie}it.e in condizioni sjieciali, ma aiiclie su (Vuoile elio regolarmente ogni anno piddiicoiio fiori cleistogami. Abolendo le cause, si possono aindie in (jueste aboli r(! i liori (deisiogaiui. Dando alla cleistogamia come unica causa la mancanza di nutrimento, Gokbri, non ammetle che i liori (deistogami rispon- dano a, un bisogno in origine sentito dalla pianta; solo ij) se- guito questa, trovandosi in possesso di fiori cleistoga,nn, iic ha tratto giovamento, e talora tino a lai punto da non potei-n(! più fare a meno. Kgli trova, infatti (die vi sono piante in cui i Hori cleistogami non dimostrano alcuna, speciale utilità,. ( !osl indie montagne la \i(i//i hi/lora d'estate pi-oduc(! «piasi sempre d«d lioiM casmoganù che danno abb«»nda,iiti fi-iitti. N«)ii c'«'- diiinpie bisogno di Hori cleistogami. Si potrebbe i-it«!iiere (dus «piesti servissero p«ir assicurare il s(niie nelle stagioni piovose e sfa- vorevoli alle pia,nt,e entomoli l(! ; ma «|iiest' ij)otesi non «"i molto sicura, poi(di(''. la, pianta in j)ar(da, i. perenne e si propaga, p(!i' stoloni. I'(u-c.i«\ la, (deistogamia- non Is efleito né della mancanza, di pronubi ii«'' (l«dla, sterilità «l«d fmri casmogami. E vero (die per certe, piaiit«' la facoltà di produri-«' fiori (deistogami è diven- tata, «li granil«! import.anza p(M-(di«"i in «■ss«! i tioi-i casmogami non pro«liicoiio il seme regolarmente, ma, il rapporto è inverso a. (iiudlo (die di solilo si considei"a. : non «'■, «die i fiori cleistogami 182 MICHELE ABBADO compaiano perchè i casmogami non fanno semi, ma bensì la formazione di semi nei fiori casmogami ha potuto cessare perchè esistono i fiori cleistogami. Ed ora dobbiamo ancora trattenerci sulle distinzioni che si sono fatte nei fiori cleistogami. Lasciando da parte i fiori cleistopetali, di cui molti sono soggetti ad allogamia e gli altri è abbastanza dubbio che siano sempre autogami, e che in ogni modo, data da una parte la loro disposizione per l' allogamia e dall'altra la mancanza di fiori casmogami che li accompagnino, possono benissimo far collocare in un gruppo a sé le piante che li producono, come fanno molti autori, osserveremo che i fiori cleistogami sono stati divisi dalla maggior parte degli autori, a cominciare da H. MtiLLER, in due gruppi: fiori cleistogami veri e fiori pseu- docleistogami. Però sul significato di questi due termini e sul valore della divisione gli autori non vanno d' accordo. Hansgirg, che creò la denominazione dei due gruppi, chiamò pseudoclei- stogame, come già abbiamo veduto, quelle piante che tengono chiusi i loro fiori non abitualmente, ma solo sotto l' azione di certi fattori esterni, quali mancanza di luce o di calore, som- mersione, ecc., collocando fra le vere cleistogame quelle che abitualmente producono fiori cleistogami. Anche BrucK aniìuelte che i fiori pseudocleistogami si prodiicano per le condizioni esterne, e invece i veri fiori cleistogami ne siano indipendenti. Contro a questi autori stanno le esperienze di molti altri, quali IjOew, Vò(;htixo, Ct<)EBEL, Pirotta, Ak<:an(;ei,i, da cui risulta chiaramenie che anche nelle piante cosidette vere cleistogame la produzione dell'una o dell'altra delle due forme dipende dai fattori esterni, cosicché sotto questo aspetto non c'è differenza fra i due gruj)pi di piante. Ma Loew e Goebel si espressero anche esplicitamente in proposito. Loew mise per base alla distinzione un altro criierio, chiamando i)seudocleistogami quei fiori in cui gli organi non presentano nessuna importante ridu- zione, mentre ai veri cleistogami ap])arterrebber(> tutti quelli che si mostrano più o meno ridotti. Perciò, secondo Ldkw. solo il grado di riduzione dà la possibilità di mettere un certo limite fra piante verQ cleistogame e pseudocleistogame. Però LA OLEISTOGAMIA 183 lo stesso LoKw riconosce che questo limite è tutt' altro che netto. GoEBEL poi considera la distinzione come affatto inutile, e per concludere ciò si basa sul suo noto concetto che tutti i fiori cleistogami derivino da un arresto di sviluppo. Egli osserva che sotto il nome di pseudocleistogarai sono stati compresi i fiori che concordano in tutto coi casmogami, ma non si aprono. Ora il fatto è semplicemente questo che in essi l'arresto di sviluppo comincia solo nell' ultimo stadio, cioè in quello che precede lo spiegamento della corolla; negli altri fiori invece l'arresto avviene già nel corso dello sviluppo. Però esistono tutti i gradi di passaggio, e inoltre nella stessa pianta compaiono dei fiori cleistogami veri e dei pseudocleistogami (cosi per es. in hn- paliens Noli tangere). Perciò Goebel non ritiene necessaria una distinzione terminologica; se jjerò la si vuol fare, sarebbe più utile distinguere fiori con arresto di spiegamento e fiori con arresto di sviluppo, o anche una cleistogamia abituale, come si osserva in piante che regolarmente e in apparenza senza di- pendere dalle condizioni esterne producono fiori cleistogami, e una cleistogamia indotta che può manifestarsi nei diversi stadi di svih\ppo in piante abitualmente solo casmogame. Anche questi due gruppi però non sono reali, ma solo differiscono l'uno dall'altro per l'aspetto esterno. Anche Loew accettò ultimamente la distinzione proposta da GoEBEL di cleistogamia abituale e cleistogamia indotta e combattè l'idea di Burck che nelle piante vere cleistogame la proprietà di mantenere chiusi i fiori si erediti, cosicché dai loro semi derivino sempre individui con fiori cleistogami e casmo- gami mentre dai semi di un fiore pseudodeistogamo derivereb- bero regolarmente solo individui con fiori aperti. Secondo Loew l' eredità non può fornire una base per mettere un limite netto fra i due gruppi. Da vari punti della presente memoria è emersa la neces- sità di ammettere per i cosidetti fiori cleistogami veri le stesse cause che per i pseudocleistogami ; inoltre è risultato che anche per i primi le cause sono sempre in azione ; dunque da questo e da quanto si disse or ora risulta che una reale distinzione non si può fare ; potrà farsi una divisione scolastica per meglio ordinare le nostre idee, ma in realtà esiste una serie sola di piante cleistogame che vanno da un grado minimo a un 184 MICHELE ABBADO massimo per tutti i gradi di passaggio : gradi che si possono anche osservare nella stessa pianta. Perciò anche i termini di piante idrocleistogame, fotocleistogame, ecc. non si devono li- mitare alle sole piante pseudocleistogame, ma anche alle altre, poiché in tutte la cleistogamia ha le stesse cause; né essi stessi potranno servire a fare dei veri gruppi, poiché le cause spesso si riuniscono, e d'altra parte in una stessa pianta la cleistogamia può essere prodotta da cause diverse. Nemmeno la cleistanteria potrà fornire una base per costituire un gruppo a parte per le piante che la presentano, già per il fatto che essa si osserva anche in hori casmogami, ed in ogni modo non potrebbe offrire nessun limite netto di divisione, poiché esistono anche piante in cui si nota promiscuamente casmanteria e clei- stanteria, e altre infine aprono le antere senza che però i grani pollinici ne escano. Anche per le piante che presentano la cosidetta feconda- zione in boccio non occorre fare un gruppo a parte, poiché il fenomeno non altera per nulla la loro natura di cleistogame ; la fecondazione avviene autogamicamente a porte chiuse, e poco importa che il fiore in seguito si apra; le cause del fenomeno non devono essere diverse dalle solite e il modo in cui avviene la fecondazione é sempre lo stesso. LA CLEISTOGAMIA 185 BIBLIOGRAFIA Anonimo. — Die Kleistogamie vou Vida lathy vnides (Zeitschr. bot. Aboth. naturwiss. Ver. Posen, 1898, p. 20; rif. in Bot. Jahi-sb. XXVI. p. 397). > — Plants which burg their seeds (Gard. Chroii., 3 ser., XXX, 1901, p. 333; rif. in Rot, Jahrsb. Bd. XXIX, p. 571). » — Dimorfismo fioralo in Euryale ferox (Revue horticoie 1880, p. 411; rif. in Bot. Jahrsb. VII, p. 172). Arcangem G. — Sulla fioritura dell' Euryale ferox Sal. (Atti Soc. Tose. Se. Nat. Mem. vol. Vili, 1887, p. 281). » — Ulteriori osservazioni sviW Euryale ferox Sal. Id. 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Anche dei pesci le cui forme lar- vali ci sono in parte note, non conosciamo bene la successione dei vari stadi; avviene poi non di rado di pescare piccoli pe- sciolini che ci sono aifatto sconosciuti poiché non sappiamo quali sono le corrispondenti forme adulte. Tali ricerche ci condurranno in ogni modo a considerazioni biologiche che sono sempre di grande interesse. Certamente per tale stixdio sono un gran vantaggio la relativa facilitcà con cui si può nei pesci di acqua dolce operare la fecondazione artificiale e fare 1* alle- vamento : non è però men vero che qiiesto genere di ricerche richiede grande attenzione e molta cura. Vi sono poi non pochi casi nei quali le difficoltà per l'allevamento si presentano più serie e anche di piìi difficile attuazione di quanto a prima vista si possa credere. Cosi per esempio chi incubasse le uova di pesce persico in acqua corrente come si fa per molti pesci e segnatamente 13 198 FELICE SUPINO per i Salmonidi, andrebbe a rischio di veder perire tutti i pesciolini appena schiudono. Occorre in questo caso collocare le uova in un recipiente dove la corrente d' acqua sia minima 0 nulla, almeno per il primo tempo, pur essendo necessario che r acqua sia sempre limpida, per cui fa d'uopo ogni giorno cambiarla con grande cautela essendo i pesciolini nati picco- lissimi e delicatissimi. Che dire poi degli Agoni che da noi finora nessuno è riuscito ad allevare? gli Agoni sono molto delicati e richiedono condizioni speciali che non ci sono ancora interamente note sapendo noi pochissimo della loro biologia ('). Del resto è noto che ciascuna specie richiede iin trattamento speciale e lo studio della biologia potrà renderci a questo riguardo importanti servizi. Questo primo saggio sullo sviluppo postembrionale dei nostri pesci d'acqua dolce, cui seguiranno altri via via che si ])re- senterà l' opportunità del materiale, invoglieranno spero gli studiosi ad occuparsi di un argomento che ritengo di grande interesse sia dal lato scientifico che da quello della conoscenza della nostra fauna ittica. (1) Supino. Note biologielie sugli Agoni. Rivista mensile di Pesca. A. X. n. 9, 1908. svir.uppo r.AuvAr.R e kiologia dri pesci roc. 199 Esox lucius. Ij'Esox luc'nis L. o luccio, è un pesce comune in tutte le nostre acque dolci, e che può passare anche nelle acque salse. Come dice anche Pavesi (') vive dappertutto, ma trova il suo limite superiore alla regione montana. Raggiunge dimen- sioni notevoli ed è di una voracità proverbiale. Appartiene, com'è noto, ai Malacotteri, famiglia Esocidae. Il corpo é allun- gato, coperto di piccole squame cicloidi; il muso si presenta spatoliforme per 1' enorme sviluppo della regione etmoidale e per il fatto che gli etmoidi mediani sono larghi e appiattiti e che i palatini anziché verticalmente al di sotto, sono disposti late- ralmente rispetto alla regione etmoidale, in modo che queste parti assumono nelP insieme la forma di una spatola. La bocca è ampia, la mascella inferiore è più lunga della superiore. La lunghezza del capo, dall' apice del muso al punto posteriore più sporgente dell'opercolo, entra circa 3 volte e '/-i ^^H^ lunghezza Fig. 1. Esox lucius. totale dell'animale misurata dall'apice del muso all'estremità dei raggi mediani della coda ('). L'altezza massima del capo è 2 volte e '/j circa la lunghezza del capo. L'altezza massima del corpo è compresa circa 6 volte nella lunghezza totale; l'occhio è di forma ovalare, il suo diametro maggiore è circa 7-9 volte la lunghezza del capo. A questo proposito bisogna però osser- vare che tale misura è molto variabile, poiché nelle forme giovani, l'occhio é in proporzione più grande che negli adulti. (1) Pavesi. La distribuzione dei pesci in Lombardia. Soc. Lomb. Pesca e Acquicoltura 1S96. (2) Queste misurazioni hanno in sistematica un valore assai relativo e non rappresentano niente di esattamente scientifico. Tuttavia le espongo perchè in questo caso sono forse sufficienti. Avrò del resto occasione di tornare su tale ar- gomento. 200 FELlCR SUPINO La pinna dorsale è unica e spinta molto all' indietro opposta alla anale; le ventrali sono addominali, la codale è biloba. La distanza dall' apice del muso all' inizio delle pinne pettorali è poco più di */4 1^ lunghezza totale del corpo; all'inizio delle ventrali, circa la metà; all'inizio dell'anale, circa '/j la lun- ghezza totale del corpo. Secondo Canestrini (') la formola dei raggi delle pinne è la seguente : D. ±1, A. -^, P. -1-, V. -^, C. 17 div. 13-15' 11,13' 13-14' 8 ' I raggi branchiostegi sono in niimero variabile non solo a seconda degli individui, ma anche fra il lato destro e sinistro dello stesso individuo. Cosi in un esemplare ho coniati 14 raggi a sinistra, 13 a destra ; in un altro 13 a sinistra, 12 a destra. In un altro luccio ne ho trovati 16 a sinistra, 15 a destra. In un altro ne ho trovati 16 a sinistra 14 a destra ; in un altro ancora ve ne erano 15 da ambedue le parti. Sembra dunque che dal lato destro se ne trovi generalmente uno di meno che dal lato sinistro ma anche questa non è una regola fissa. In ogni modo da quanto sopra ho detto si rileva che il carattere del numero dei raggi branchiostegi ritenuto tanto importante per la sistematica, ha un valore relativo, tanto più che varia- zioni simili per quanto non cosi estese, ho riscontrato anche in altri pesci. Questo carattere perciò non solo varia da indi- viduo ad individuo, ma nello stesso individuo dal lato destro al sinistro. Le ossa premascellari sono piccole, sviluppatissimi invece sono i mascellari che sono provvisti anche di un sopra- mascellare. L' occhio è inferiormente riparato da 5 ossicini periorbitali di cui l'ultimo molto sviluppato. Nel luccio è molto sviluppata la dentatura. Sulla mandibola esistono al davanti piccoli denti, ma all' indietro ve ne sono grandi e robusti; i premascellari hanno denti acuminati e })ic- coli. La porzione anteriore del vomere porla denli lunghi e robusti cui ne seguono altri più piccoli ma numerosissimi tanto da occupare tutto il vomere. Denti lunghi aguzzi e numerosi (1) Canestrini. Prcispetto erilico dei pesci d'acqua dolce d'Itali;». Areli. per la Zoolofjia, l'Anat., ecc. \'ol. I\', fase. 1, Modena ISG'). SVILUPPO LARVALE E BIOLOGIA DEI PESCI ECC. 201 si trovano sui palatini e, secondo Moreau (^) spesso anche sugli pterigoidei, ma io non ve li ho riscontrati negli esemplari da me esaminati. Alcuni denti sono erigibili a volontà dell' animale. Fig. 2. Cranio di Esox luoius, di Iato (da un preparato del sig. Biassoni). Il mascellare è posteriormente spostato in alto. Fr. = frontale; Eth. m. = etmoide mediano ; V. = vomere; Pnix. = pre- mascellare; Mx. = mascellare ; Sp. mx. = sopramascellare; Pai. = palatino; Pt. ot. =pterotico ; Hy. = iomandibolare ; Sy. = simplettico; Mt. pt. --me- tapterigoide; Q. = quadrato; Ect. pt. = ectopterigoide ; Art. = articolare; D. = dentale; Ent. gì. = entoglosso ; Op. = opercolo; Sb. op. = siiboper- colo; In. op. = interopercolo; Pr. op. = preopercolo; R. br. = raggi bran- chiosteg! ; CI. = cleitro. Una piastra irta di denti si trova stili' entoglosso e tre ne esistono sulle copule. I denti faringei inferiori e superiori sono abbastanza sviluppati. Sugli archi branchiali, specialmente svi- luppate dal lato esterno, si trovano piastrine con denti aguzzi simili a quelli esistenti sulla lingua. Secondo Canestrini ('J le vertebre sono in numero di 55-57. Il colore del corpo varia con l'età, con la stagione, con l'ambiente. Di solito il dorso è di color bruno o verde scuro con (1) Moreau. Ilistoire naturelle des poissons de la France. Paris 1S81. (2) Canestrini. Loc. cit. 202 FELICE SUPINO macchie giallastre, il ventre è bianco argenteo. Ai lati il co- lore è grigio con macchie o fascio brune. La pupilla è circon- data da un cerchio giallo. La dorsale e la codale e un po' anche 1* anale hanno macchie nere. Le pettorali, le ventrali e l'anale sono giallastre. Quanto alle dimensioni esse sono, come dirò in seguito, molto variabili ; sembra ad ogni modo che la femmina raggiunga dimensioni maggiori che non il maschio. L' epoca della frega va dalla metà di febbraio alla fine di maggio e anche ai primi di giugno. Il luccio depone le uova di solito sulle j^iante acquatiche, in luoghi appartati, a poca profondità dove si trova una temperatura mite. La maggior parte degli autori dice che le uova schiudono in 10-15-18 giorni e la vescicola ombelicale si riassorbe in un tempo presso a poco eguale ('). Il Malfer (■) ha ottenuto i seguenti risultati in acqua lievemente corrente con temperatura variabile dagli 11" ai 15" C: Dall'incubazione alla comparsa dell' embrione, giorni 4 con un totale di 45» C; Dalla comparsa dell' embrione allo schiudimento, giorni 6 con 75" C; Dalla nascita all'assorbimento della vescicola ombelicale, giorni 10-12 con 160" C. E quindi per l'intero periodo d'incubazione, giorni 10 con un totale di 120" C ; per il periodo totale, giorni 20-22 con 280". Il Malfer aggiunge che u l'acqua del lago a cui sono affidate naturalmente le uova avendo nel tempo che ci occupa una temperatura di 12" C. dà per il periodo d'incubazione, giorni 10 e per il periodo totale giorni 24 circa ". Del resto è naturale che variando l'ambiente e special- mente la temperatura si abbiano a questo riguardo delle dif- ferenze, ma i dati di Malfer sono, mi sembra, più esatti di quelli generalmente dati dalla maggior parte degli autori che fanno impiegare alla incubazione delle uova due settimane. Neil' esperimento da me eseguito le uova impiegarono solo una settimana j^er schiudersi, essendo la temperatura dell'acqua di 13" C, come dirò più ampiamente in seguito. (1) Fatio. Faune des Vertébrés de l.i Suisse. 1^'J0. (2) iMiilfcr. Il luccio. Atti Acc. d' agr. scienze, lettere, arti e coinin.ili \'eri S. IV, voi. V, fase. II. 1904. SVir,UPPO LARVALK E BIOLOGIA DEI PESCI ECC. 203 * Le ovaia del luccio sono grandi e le uova numerose, poiché si calcolano da 120 a 150.000 circa e pare possano giungere fino a 200.000. Il Malfer (') dice che le uova arrivano a circa un quarto del peso, poiché 140 di esse formano un grammo. E aggiunge che normalmente da una femmina di 2-3 Kg. se ne ricavano circa 8-10 mila. Io ho riscontrato che non si ha sempre un rapporto co- stante tra la grandezza del pesce ed il numero delle uova da questo possedute. Del resto ciò è fino ad un certo punto natu- rale, poiché si osservano in alcuni casi ovaia enormemente sviluppate ed in altri meno, pur trattandosi sempre di individui maturi. Cosi ad esempio, ho avuto occasione di vedere un luccio della lunghezza di 51 cm. e del peso di 1 Kg. che aveva le ovaia relativamente poco sviluppate, tanto che dal calcolo le uova risultarono in numero di G500 in cifra tonda; mentre in un altro luccio della lunghezza di 30 cm. e del peso di 110 gr. le uova si potevano calcolare a 7000 in cifra tonda. Questo é appunto in relazione con le cifre diverse che vari autori danno del numero delle uova. Le uova sono di colore giallastro ed hanno in media un diametro di circa 2.3 mm. Fu operata la fecondazione artificiale il giorno 18 marzo e le prime uova schiusero il 25 dello stesso mese, impiegando perciò 7 giorni. La temperatura dell'acqua nella quale si tro- vavano le uova, era di 13" C. Le liova mature, come osserva già Lereboullet (') non mo- strano la vescicola germinativa che è stata da un pezzo rias- sorbita. L'uovo mostra nel suo interno numerosi granuli alcuni dei quali splendenti costituiti da sostanze grasse e di varia na- tura. Nell'acqua le ;:ova si rigonfiano pochissimo, raggiungendo tutto al più il diametro di 3 mm. Lo spazio perivitellino è molto piccolo. (1) Malfer. Lof. cit. (2) Lereboullet. Recherches d' embryologie comparée. Paris 1862. 204 FELICE SUPINO Ben presto l'uovo mostra nel suo interno l'embrione rav- volto e già qualche tempo avanti la schiusa si scorgono sul corpo e specialmente sulla testa abbondanti macchie di pig- mento nero (Tav. 5, fig. 1). Questo pigmento si trova anche, benché più scarso, sul vitello. È perciò che l'uovo embrionato assume nell'insieme un colore bruno caratteristico. Dopo una settimana, come abbiamo detto, sguscia la larva la quale ha una lunghezza di 8 mm. (Tav. 5, fig. 2). Questa presenta il sacco vitellino di forma ovalare allungata, la cui massima lunghezza entra circa 3 volte nella lunghezza totale del corpo. Nùsslin (') in un suo studio sulle varie specie di Coregoni dà un saggio di classificazione basato fra l'altro anche sul rapporto fra l'altezza del sacco del tuorlo e l' altezza della pinna codale negli individui appena sgusciati; ma egli stesso dice che lo scarso materiale osservato gli impedisce di venire a conclusioni esaurienti. In altro lavoro avrò occasione di tornare sull'argomento, ma da alcune ricerche fatte in propo- sito mi sembra poter dire che il rapporto suaccennato è di un valore molto relativo esistendo a questo riguardo differenze re- lativamente notevoli anche in individui della stessa specie. Per cui variando troppo il carattere, ne viene che questo non può esser preso in seria considerazione per la sistematica. Quello che è certo è che il sacco del tuorlo si presenta assai vario da specie a specie, tanto che io credo che in tesi generale si possa dire che esso può costituire un carattere specifico, ma questo più che da una misura può esser dato dall'insieme della grandezza e della forma, dall' aspetto generale insomma del sacco vitellino. Un certo rapporto sembra possa esistere tra la grandezza del sacco e la lunghezza dell' animale, ma per ora non ho a questo proposito dati cosi numerosi da poter dire qualche cosa con precisione. Il sacco del tuorlo è cosparso di goccioline di grasso pic- colissime riunite fra loro in piccoli gruppi, e porta specialmente ai lati e verso il corpo della larva numerose macchie di pig- mento nero in forma stellala irregolare. La testa è grossa e fortemente piegata in basso, essa sopravanza alquanto il sacco; gli occhi sono ovalari e molto grandi, tanto da occupare gran (1) Niissliti. Die Lfirven der GHttuiif? Corcgoniis, iliri' Hcziehim^cn ziir Biolo^rii-, und ilire systeinatische Bcdeutiiiip. Vc-rhaiidl. d. Ueutsch. Zool. Gesellsili. l'JOS. svru:ppo larvale e iuor>oGiA dei pesci ecc. 205 parte della testa. La pinna primordiale comincia sul dorso alquanto all' indietro, essa è molto alta ed uniforme. Le pettorali sono piccolissime. I lati del corpo e specialmente la testa sono cosparsi di pigmento relativamente abbondante. Come si osserva nella fig. 3 che rappresenta una larva lunga 11 mm., dimensione raggiunta 5 giorni dopo la schiusa, il sacco del tuorlo si è ridotto e sembra più allungato. Esso è compreso circa 3 volte e '/, nella lunghezza totale dell'ani- male. Le goccioline di grasso sono molto ridotte di numero, ed il pigmento che ricopre il sacco è divenuto assai più ab- bondante. Il colore del corpo è giallo scuro ed è ricoperto di pigmento assai più abbondante di quello riscontrato nello stadio precedente, poiché se ne trova assai oltre che sulla testa anche al ventre e al dorso. Il pigmento si estende per breve tratto anche nella porzione basale della pinna. Le petto- rali sono piccole, trasparenti, a margine arrotondato. La testa è arrotondata ed il suo profilo segnerebbe un arco di cerchio qttasi perfetto se non presentasse una leggera prominenza poco al di sopra della mascella superiore. La bocca è collocata in- feriormente; l'occhio è ovalare e grande, ma in proporzione un po' più piccolo che nello stadio precedente, esso in(>ltre ha una direzione piuttosto obliqua, causa appunto l'arrotondamento di tutta la testa. Le narici sono già formate e si presentano come due fossette rotondeggianti situate tra la mascella superiore ed il margine dell' occhio. Ma già dopo quattro giorni dallo stadio ora descritto, per quanto il pesciolino misuri 12 mm. cioè tm millimetro solo in più di quello precedentemente descritto, le condizioni generali si mostrano molto diverse e si comincia a vedere che esso va a poco a poco prendendo la forma definitiva. Il sacco del tuorlo è divenuto ancora più ristretto, il pigmento è più abbondante, la testa ha subito uno schiacciamento tra il vertice e la pro- tuberanza al di sopra della mascella superiore già ricordata. In tal modo la bocca è diventita anteriore. L'occhio si è ancora impiccolito e va disponendosi orizzontalmente. La pinna ha con- servato presso a poco la forma dello stadio precedente, solo è divenuta in proporzione un pò meno alta ed ha subito poste- riormente una leggera curvatura tale da accennare sia pur vagamente alla coda. Le pettorali sono simili a quelle descritte nello stadio precedente (fig. 4). 206 FELICE SUPINO A questo periodo il pesciolino è già in grado di nutrirsi e mangia avidamente il plancton che ogni giorno gli vien gettato nel recipiente. I piccoli lucci se ne stavano finora quasi immo- bili al fondo del vaso, né facevano movimenti vivaci anche av- vicinando a loro qualche oggetto. Solo a questo stadio pur segui- tando a starsene quasi immobili, abboccano facilmente la preda e fuggono rapidamente se spaventati. A poco a poco il pesciolino acquista, specie nella forma della testa, i caratteri dell'animale adulto. La fig. 5 rappresenta un piccolo luccio della lunghezza di 14 mra. ed è al quindice- simo giorno dalla schiusa. Esso ha ancora una piccolissima traccia del sacco del tuorlo il quale può dirsi quasi completa- mente riassorbito, solo, osservando con una lente, si mostra al ventre un leggero ispessimento che rappresenta appvinto l' ul- timo residuo del tuorlo. Questo può dirsi riassorbito completa- mente al 17" giorno. Per cui nell'esperienza da me eseguita, il luccio avrebbe impiegato 7 giorni dalla fecondazione alla schiusa, 17 giorni per il riassorbimento completo del sacco del tuorlo, ed in tutto 24 giorni, con un totale di circa 318" C. Nel luccio di 14 mm. di lunghezza (fig. 5; la testa ha as- sunto il profilo molto simile a quello che presenta l'adulto, solo che qui è ancora poco accentuato P aspetto spatoliforme del muso. La mascella inferiore è più sporgente della superiore; l' occhio è grande e disposto orizzontalmente. La pinna si mostra leggermente appuntita alla stia estremità caudale e presenta più marcate le ondulazioni descritte nelle stadio precedente. Le pettorali sono più sviluppate ed il pigmento è più diffuso. Al 27" giorno dalla schiusa, il pesciolino raggiunge la lun- ghezza di IG mm. ed ha acqtiistato si può dire i caratteri del- l'adulto salvo nella pinna che non è molto diiferente da quella dello stadio precedentemente descritto (Tav. 6, fig. B). Il muso è allungato, l'occhio tondeggiante, sul corpo si vedono comparire riflessi gialli e rossi che danno un'iridescenza speciale, quan- tunque per l'abbondanza di ])igmento nero il fondo del colore rimanga sempre bruno giallastro. La pinna è come ho già detto presso a poco simile a quella già descritta nello stadio prece- dente, ma se si osserva bene con una lente si vedono apparire piccoli ed esili raggi al dorso e al ventre, poco al di dietro dell'apertura anale. Sono questi gli accenni della pinna dor- sale e aaxale. SVILUPPO LARVALE E HIOLOGIA DEI PESCI ECC. 207 Dopo 3 giorni da questo stadio, l'animale ha raggiunto i 20 mm. di lunghezza e i raggi delle pinne dorsale e anale si sono sviluppati tanto da vedersi facilmente anche ad occhio nudo (fig. 7). La pinna primordiale presenta ondulazioni note- voli ; si restringe molto, subito al di dietro della dorsale e anale, formando cosi un lobo caudale molto sviluppato, e mentre si presenta allargata là dove si sono formati i raggi della dor- sale ed anale, si restringe poi anteriormente nel tratto fra l'anale e le ventrali, fra la dorsale ed il ])unto dorsale opposto alle pinne ventrali, dove ora ha principio la pinna primordiale. Anche alla parte terminale della colonna vertebrale forte- mente ripiegata in alto, sono comparsi inferiormente pochi raggi. Si vedono le pinne ventrali, piccole, esili, provviste di una leggera striatura. Con le sezioni si mettono in evidenza i rapporti tra la colonna vertebrale ed i raggi delle pinne, come pure lo sviluppo delle varie parti dello scheletro, ma non è qui il caso di en- trare in particolari di tal natura e d'altronde un tal genere di studio fu già magistralmente trattato dal Grassi ('). Con le sezioni in serie si può osservare la dentatura che a questo stadio si presenta relativamente bene sviluppata specie sui palatini, dove si osservano denti sottili ed aguzzi simili, salvo le proporzioni, a quelli dell' adulto. A questo stadio i raggi branchiostegi sono talmente esili che per vederli bene occorre adoperare un ingrandimento rela- tivamente forte. La pinna pettorale si mostra sempre a margine arrotondato ed è provvista nella sua metà distale di una fina striatura. La voracità del luccio è aumentata in sommo grado, tanto che mangia avidamente non solo piccoli crostacei, larve d' in- setti ed altro purché sia dotato di movimento (non mangia perciò carne o animali morti), ma fa la caccia anche ai suoi compagni che quando può raggiungere cerca d'inghiottire af- ferrandoli per la coda. Il luccio però in tal caso lascia sfug- gire con facilità la preda, poiché é provvisto di denti ancora troppo poco sviluppati per avere la forza di trattenerla; qttesta perciò, specie se è di dimensioni non troppo piccole, sftxgge (1) Grassi. [>o sviluppo della colonna vertebrale nei pesci ossei. Meni. K. Acc. Lincei A. CCLX\X, 1882-83. 208 FELICE SUPINO facilmente o se in gran parte inghiottita, viene di solito poi abbandonata morta dall'animale che non è stato capace di divorarla. Anche i movimenti del luccio sono ora divenuti più rapidi, e per quanto ami starsene quieto, fugge però velocemente se toccato od in qualunque modo spaventato. Dopo 24 giorni dallo stadio precedentemente descritto, la pinna primordiale per quanto molto ridotta non è ancora del tutto scomparsa (fìg. 8). Ne rimangono piccole traccie al davanti della dorsale e della anale ; nella pinna codale i resti sono più evidenti. I raggi delle pinne e specie di quella codale sono ancora compresi nei residui della pinna primordiale. Con tutto ciò la pinna codale va assumendo l'aspetto che si riscontra nell'animale adulto, assume cioè una forma arcuata posterior- mente con accenno ai due lobi che troveremo poi più sviluppati nell'adulto. Tutto il corpo presenta una forma più snella. Il piccolo luccio misura a questo stadio 22 mm. I resti della pinna primordiale sono del tutto riassorbiti dopo circa 26 giorni dallo stadio precedente, come si osserva nella fig. 9 che rappresenta un luccio della lunghezza di 26 mm. Anche la pinna codale ha assinito il carattere definitivo, per cui si può dire che a questo punto l' animale ha perduto i caratteri larvali per assumere quelli definitivi. * Da quanto ho più sopra esposto risulta dunque che nel- 1' esperimento da me fatto, mentre lo sviluppo del luccio nel- l'uovo è abbastanza rapido, il periodo tra la schiusa e la scomparsa totale della pinna primordiale è invece relativamente lungo. Infatti il pesciolino ha impiegato, come si è visto 7 giorni dalla fecondazione alla schiusa; 17 giorni dalla schiusa al completo riassorbimento del sacco del tuorlo; 63 giorni dal riassorbimento del sacco del tuorlo alla totale scom])arsa della pinna primordiale; por cui si può dire abbia imjùegato 80 giorni dalla schiusa per raggiungere la forma ed i caratteri definitivi, avendo 1' acqua nella (juale vivevano i piccoli lucci una temperatura di 13-17" centigrndi. 8i è visto inoltre che la lentezza nel raggiungere i caratteri definitivi esiste solo nei riguardi della pinna primordiale, poiché quanto al profilo della SVILUPPO r,AH\'ALE f: riologia dei pesci ecc. 209 testa, esso invece compare simile all'adulto in un tempo assai breve. Mentre negli avannotti appena schiusi della trota e di altri pesci si osserva già un accenno alla formazione delle pinne e vi si vedono già i raggi, e le pinne hanno già assunto quasi del tutto i caratteri definitivi avanti che il sacco del tuorlo sia completamente riassorbito, negli avannotti del luccio avviene, come abbiamo visto, che l'accenno della divisione della pinna impari e i raggi compaiono assai tardi. L'accrescimento del luccio non avviene in modo regolare, ma si osserva che in pochi giorni può crescere relativamente bene, mentre può accadere che per un periodo anche di pa- recchi giorni l'accrescimento sia minimo. Per cui anche negli individui della stessa covata, si notano differenze nelle dimen- sioni. Si deve però osservare a proposito dell'intero sviluppo del luccio, che le varie lunghezze raggiunte da questo in rapporto all'età e sopra riportate, sono naturalmente riferite all'alleva- mento da me fatto di questi animali in vasca. Ora convien fare a questo riguardo una considerazione di grande interesse. I lucci in libertà raggiungono dimensioni molto maggiori che non quelli allevati in vasca. Può avvenire che eccezionalmente il luccio raggiunga in vasca dimensioni relativamente considerevoli, come il caso ri- cordato da Patio ('l il qiiale dice di aver visto a Ginevra un giovane luccio nato da fecondazione artificiale che bene ali- mentato in acquario aveva raggiunto una lunghezza di 22 cm. in 84 giorni. Però tal fatto devest certamente considerare come tutto affatto eccezionale ; ma generalmente accade che e' è una differenza notevole tra i lucci allevati in vasca e quelli cresciuti in libertà. Già Grassi (^) aveva osservato che lucci schiusi da circa un mese ma vissuti in libertà, raggiu^ngono 25-30 mm. di lunghezza, mentre quelli schiusi egualmente da circa un mese ma allevati in vasca, raggiungono la lunghezza di 12-14 mm. Io, tenendo in un acquario pochi individui, alimentandoli op- portunamente, curando che 1' acqua fosse in non troppa quantità e sempre limpida ho potuto portare i lucci di circa un mese dalla (1) Fatio. Loc. cit. (2) Grassi. Loc. cit. 210 FELICE SUPINO schiusa alla lunghezza di 20 mm., ma è un fatto che successi- vamente per quante cure abbia avute, l'accrescimento dell'ani- male è stato assai lento. Confrontando questi lucci con individui pescati in libertà e dei qixali ho potuto sapere presso a poco l'epoca della schiusa, le differenze sono notevoli. Infatti i lucci in libertà raggiungevano dopo 75 giorni dalla schiusa, il peso di circa un grammo e la lunghezza di 50-55 mm. (tig. 10); avevano perciò già da tempo acquistali i caratteri definitivi. Gli indi- vidui allevati in vasca raggiungevano invece dopo 75 giorni dalla schiusa, la lunghezza di 23-24 mm. ed il peso di circa 'j,„ di grammo senza che fossero ancora del tutto scomparsi i resti della pinna primordiale. Avviene dunque per questi pesci, come del resto più o meno si verifica per molti altri, che il trovarsi in vasca o il vivere in libertà porta non poca differenza nell' accrescimento ed è bene tener presente questo fatto nel valutare le dimen- sioni ed il tempo impiegato nello sviluppo dei pesciolini alle- vati. Perciò in libertà la pinna primordiale scompare in un tempo assai più breve, che si può calcolare da quanto si è più sopra detto a circa un mese dalla schiusa. Ho insistito su tale circostanza, perchè questa oltre a farci più giustamente apprezzare l'accrescimento del luccio e quanto sono venuto a questo proposito esponendo, ha non poca impor- tanza anclie nei riguardi della pratica dell'allevamento. * * Il piccolo luccio che ha raggiunti i 26 mm. di lunghezza, presenta, come abbiamo già detto, i caratteri definitivi; c'è però qualche diversità specialmente nelle proporzioni delle varie parti del corpo. Principalmente l' occhio, come ho già osservato, è assai grande, in proporzione molto più che non sia nell'adulto. La lunghezza del capo è com})resa poco più di tre volte nella luiigliozza letale dell'animale; l'altezza del capo è circa due volte la sua lunghezza. L'occhio è londeggianie. il suo diametro è compreso circa tre volte è mezzo nella luugliezza del capo. Neil' adullo al)biaiii() giii visto iuvece die l'occhio è ovale ed il suo diametro maggiore è compreso 7-*J volte e anche più nella lunghezza del capo.. SVILUPPO LARVALE E BIOLOGIA DEI PESCI KCC. 211 L'ano non subisce notevoli spostamenti, esso fin dalla larva appena sgusciata, si trova circa al terzo posteriore del corpo. La narice, dapprima piccola, tondeggiante, si presenta ora al- lungata, ma sempre unica. Nell'adulto è invece divisa in due. Il pigmento è dato da macchie nere di varia grandezza che a forte ingrandimento appariscono di forma stellata. Esse si trovano numerose specie sul dorso, eccetto la linea mediana dorsale dall' apice del muso alla coda, linea che per la massima parte è in rapporto alla posizione che occupava la pinna pri- mordiale; le macchie si trovano ancora sulla testa e ai tianchi. Il ventre è argenteo. Il luccio cresciuto in libertà che ha raggiunii i 50 mm. di lunghezza fiig. 10) ha oramai tutto l'aspetto dell'individuo adulto. Le proporzioni delle varie parti del corpo, quantunque l' animale si mostri in questo caso molto bene sviluppato in confronto di quello allevato in vasca che è assai più piccolo e debole, sono presso a poco quelle che si riscontrano nell'indi- viduo di 26 mm. Solo l'occhio è più piccolo ed ovalare ; il suo diametro maggiore entra quatro volte nella lunghezza del capo. Anche qui il pigmento è formato di numerose e piccolissime macchioline nere a forma di astro, che si trovano sparse su quasi tiitto il corpo, eccettuato il ventre che è argenteo. Le pinne cedale e dorsale presentano delle macchie rossastre. xA.nche in questi individui si osserva una linea giallo rossastra che percorre la parte mediana del dorso dall'apice del muso alla coda. I denti sono relativamente bene sviluppati su tutte le ossa che li portano anche nelP adulto. Le squame sono picco- lissime misurando in media 434 y. Esse sono in genere formate da 6-8 strati concentrici. La narice è doppia. La pupilla è cir- condata solo superiormente da un semicerchio giallo. Abbiamo già detto che la grandezza che possono raggiun- gere i piccoli lucci dipende in gran parte dall'ambiente, dob- biamo qui aggiungere che oltre a questo influiscono sull'accre- scimento dell'animale il nutrimento e molti altri fattori che non ci sono interamente noti. Questo spiega la ragione per la quale gli autori danno misure diverse per questi animali che pur abbiano la stessa età. Secondo Malfer (') il luccio raggiunge nel primo anno una (1) Malfer. Loc. cit. 212 FELICE SUPINO lunghezza di 12-15 cm.; nel secondo arriva al peso di 200 gr., nel terzo di 300-500 gr. ed è atto alla fecondazione, quantunque ciò possa avvenire anche nel secondo anno. Dopo 6-7 anni, il luccio giunge al peso di 3-4 Kg. Festa (*) cosi dice a proposito dell'accrescimento del luccio. ti Io ne misi in un ampio stagno, ben provvisto di tinche, in- dividui di non più di 8 cm. di lunghezza al mese di aprile e ne pescai uno al fine di luglio di 30 cm. Alla metà di ottobre poi prosciugato lo stagno, ne trovai della lunghezza di 35,40 ed alcuni fino di 45 cm. e del peso di 5 ettogrammi ad 1 Kg. Bisogna però notare che in libertà, non trovando quasi mai si copioso nutrimento, cresce con molta minor rapidità ". Secondo quanto riferiscono Gobin e Guénaux ('), ecco quale sarebbe lo sviluppo medio del luccio : 1 anno lunghezza m. 0.17 peso Kg. 0.017 2 anni " 3 " " 4 il " 5 " " 6 " " 12 » " Secondo Koltz {^) le dimensioni raggiunte del luccio sareb- bero le seguenti : 1 anno lunghezza m. 0.25-0.30 2 anni " " 0.36-0.50 3 ?i » " 0.45-O.GO 6 » " " 0.80-1 — 12 »i " " 1.30-1.50 Serrane (*) dice giustamente che l'accrescimento del hiccio è cosi diverso a seconda delle varie circostanze che non è possibile dare a questo animale una lunghezza determinata in rapporto all'età. Tutto al più si può assegnargli per ciascuna età, un minimo e un massimo di lunghezza. Cosi avrà a 0.26 ?i ?) 0.127 0.42 ìì il 0.240 0.52 ìf li 0.600 0.70 ji a 1 — 0.80 il a 1.250 1.25 n Tt 3.508 (I) Vedi ili: Breliin. L.-i vita ilc^H aiiimnli. Ti-;ui. ital. ili M. Lessoiia. Voi. Ili, Pesci. Torino iy03. {'i) (iobin e' fiuèiuiux. La pisciculture en caiix doiu'cs. P;iris litOT. (3) Koltz. Traité «le pi.scicullure jiraliquc. Pari> 1883. (4) Serrane. Le Brocliet. Bru.xelles l'J08. SVILUPPO LARVALE E BIOLOGIA DEI PESCI ECC. 213 1 anno lunghezza cm. 10-30 peso gr. 25-125 2 anni » :i 25-55 » » 100-750 3 n ;, »i 40-75 n j, 400-Kg. 2 4 ;» >i 51 50-90 -7 ;i 700- !i 4 G Ji n ,1 65-m. 1.10 !i Kg. 2-8 Queste cifre ci dimostrano quali variazioni risjoetto alla dimensione in rapporto all'età, possono presentare questi ani- mali. * » * I giovani lucci fanno vita piuttosto tranquilla e solitaria come del resto accade anche per gli adulti. Essi se ne stanno quasi immobili presso la superficie dell'acqua e vicino alle rive dove la temperatura è più elevata. Prediligono i luoghi aperti e soleggiati e si cibano di plancton. Più tardi il luccio si approfonda e fa vita presso il fondo, i suoi movimenti sono più rapidi e si ciba di piccoli pesciolini. Il Malfer nel lavoro già citato, dice a questo proposito: u Relativamente ai costumi del luccio diremo che egli non compie migrazioni. Durante il primo anno di vita si trova sull'erba a pochi metri dalla riva: vicinissimo dal marzo al tardo autunno (profondità m. 1-7); un po' meno dal dicembre al febbraio. Negli anni successivi vive lungo le sponde o i monti subacquei erbosi e preferibil- mente presso il fondo. Nel verno trovasi ad una profondità vai'iabile dai in. 45 ai m. 25 (temperatura 9-12" Cj; in primavera dai m. 25 ai 20 (temp. 12-13° C); passa ai m. 10-5 nell'estate (temp. 20-25" C.) e ritorna poi con l' autunno ai m. 25-40, cioè verso la dimora invernale. Vive nella zona la cui tem- peratura va dai 9 ai 25 gradi C. ; ma più propriamente si deve dire che la sua regione è quella dell'erba e che su di essa avanza o retrocede, più che per effetto di temperatura, per ragioni quasi esclusive di cibo ti. Quanto alla nutrizione del luccio, abbiamo già accennato che questo pesce mangia di tutto e che la sua voracità è pro- vei'biale. Canestrini (') dice a questo proposito di aver trovato nello stomaco di un luccio di mediocre statiira un ratto (Mus (1) Canestrini R. Sulla vor;icit;\ del luccio. Boll. Soc. Venete-Trentina Se. Nat. T. Ili, n. 2. 14 214 fELlCÈ SUPINO decumanus) e che in un altro luccio del peso di 650 gr. ebbe a trovare un individuo della stessa specie, lungo 13 cm. Del resto in molti furono riscontrati oggetti svariati e di peso con- siderevole, come piombi di rete ed altro che i lucci avevano ingoiato non si sa a quale scopo ('). * * * È noto che le squame di vari pesci ci possono fino a un certo punto far conoscere l'età dell'animale al quale apparten- gono. Cosi fra gli altri la carpa mostra sulle squame delle zone speciali corrispondenti all' accrescimento annuale ('). Nel luccio le cose non sono troppo evidenti. Al microscopio si osservano delle striature concentriche abbastanza regolari che in qualche caso costituiscono delle zone distinte, ma in generale non ho potuto con sicurezza dedurre nessun dato positivo relativamente a questo fatto in rapporto con la lunghezza dell'animale e con ciò anche all' età (^). Ad ogni modo non posso su questo punto insistere mancandomi materiale adatto. Cosi pure dicasi nei riguardi delle dimensioni di certe squame in rapporto alla lunghezza dell'animale. Egualmente per alcuni pesci sono gli otoliti che presentano delle zone corrispondenti agli anni di età. Così nella sogliola (1) Si consiglia > >> » 14 » TAVOLA 6 Fig. 6. — Esox lucius della lunghezza di IG nini. » 7. — » » » » » 20 » » S. — » » » » » 22 » » 9. — » » » » » 26 » » 10. — » » » » » 50 » vissuto in libertà. TAV. 5. F, SUPINO - Sviluppo larvale ecc. Esox lucius. - Atti Soc. It. Se. Nat. - Voi, XLVIII. r' ^ 5^ ^'di-zl.-_ _ Orsenigo del. et pinx TAV. 6. F. SUPINO - Sviluppo larvale ecc. Esox lucius, - Atti Soc. It. Se. Nat. - Voi. XLVIII. m^' 10 SULLE VARIAZIONI FLORISTICHE NEI TERRAZZI DEL FIUME TICINO Nota del Socio Sac. Carlo Cozzi Coadiutore in S. Pietro d'Abbiategrasso Dopo un decennio di continuate peregrinazioni e ricerche istituite unicamente allo scopo di raccogliere del materiale fresco da erbario e riunire in apposito elenco possibilmente completo gli elementi più caratteristici e meno ovvii che crescono tra le boscaglie del fiume Ticino onde aggiuaigere cosi un modesto contributo alle conoscenze botaniche d'una regione interessan- tissima, qual'è senza dubbio lo spalto che divide il basso mi- lanese dal territorio lomellino, ritengo torni davvero cosa utile per non dire necessaria e, da parte mia, doverosa quella di accennare ai nuovi fenomeni di apparizione e di scomparsa verificatisi ultimamente. Ciò nella certezza morale che tale rilievo serva a richiamare sempre più l'attenzione dei natura- listi sui luoghi posti in condizioni o simili od analoghe; poiché è dalle fluttuazioni — chiamiamole cosi — ora irregolari, ora periodiche, lente, se si vuole, ma incessanti, e capaci d'alterare, per giunta, non fosse pure che d'una linea soltanto, l'aspetto fisionomico complessivo della vegetazione parallela alle grandi correnti d'aria o d'acqua, che risultano le fiorale ìiómadi, de- gnissime queste d'esser prese in tutta considerazione per ri- guardo sia al movimento del loro percorso, sia alla durata della loro sosta. E quanto affermò del resto anche il prof. Béguinot che continua da anni e anni a occuparsi della distribuzione delle piante lungo i fiumi in lavori di polso che lo resero la persona più competente e più specializzata in materia. 220 Carlo Cozzi In nessun sito per cei'to, meglio clie alle prossimità di un fiume, accadrà di dover constatare il fatto di due flore che s'incontrano e si urtano fino a compenetrarsi a vicenda e a fondersi completamente in una, con questo d' avvantaggio : die la percentuale numerica delle forme secondarie aumenta a vista d'occhio per l'addossamento delle cosi dette razze geografiche, formatesi sul posto sia per riduzione che per esaltazione dei caratteri individuanti, e mantenute poi stabili dall'eredità e dall' adattamento, al punto da obbligare i fitografi anche i piii ortodossi e i meno ligi al metodo iperanalitico a tenerne cal- colo e a considerarle distinte. Ragione per cui non sono affatto lontano dal credere che l'esame paziente e minuzioso rivolto agli esemplari vivi dei generi i quali oltreché dar luogo a ibridi presentano maggiori difficoltà di determinazione — come: Ilierachmi^ Cìì^sìuììi, Mentila, Rosa, Ruhus, Orchis ecc. — abbia per effetto che le entità intermedie state linora dimenticate o male interpretate otten- gano d'ora innanzi in sistematica quel rango d'autonomia che loro compete. Partendo da simili riflessi, è poi indubiiabile che lo studio d' ana flora locale non potrà mai dirsi esaurito nel senso asso- luto della parola. Anche solo badando ai fenomeni di emigra- zione e d' immigrazione «ihe si avverano ai confini di un distretto botanico, il compito di un ricercatore troverà sempre materia d'esercitarsi. Ora, per osservazioni di questa natura i terrazzi del Ticino si prestano magnificamente. E avendo avuto agio di percor- rerli in ogni tempo e in ogni direzione, quasi sempre accompa- gnalo dai signori Angelo Foi e d. Cesare Alesina, credo bene di notificare le conclusioni a cui sono pervenuto. Le quali sono : I. Tra le piante delle brughiere e dei gerrda che offrono marcata tendenza a fuoriuscire dalla zona boschiva per esten- dersi e propagarsi nella zona coltivata, sono da annoverarsi le seguenti : Cenlaurea alba, Ccnlaurea alba var. PeslaUozzii, Car- lina vulfjaris, Achillea nobilis (ai fianchi dell'yl. MiììefoliumJ, Solidago virgaaurca, Chondrilla jiincea var. acanthophì/lla, Jlie- racium miirorum (in qualche sua varietà), Ilieracium sabauduin, Hieracium umbelìatum, Sambucus Ebulus, Campamda Trachelinm, Sedum album, SedAim rupestre, Sedum Telepltinm, Oenothera, biennis (è una delle formo più volgari delle rive del Ticino), SULLE VARIAZIONI FLORISTICHE ECC. 221 Circaea intermedia, Potentina argentea, Potentina Tormentilla, Potentina recta, Ononis spinosa, Plantago sp., Stachys recta, Orohanche coerulea (rinvenuta dapprima in una sola località ora va acquistando una discreta diffusione) Rhinanthiis maior, Li- naria vulgaris var. italica (molto piii frequente della specie tipica a fiori più grandi), Erythraea spicata, Erytraea Centau- rium, Cynanchum Vincetoxicum, Hypericum quadrangulmn, He- speris matronalis, Arabis hirsuta, Anemone nemorosa (non mi consta invece dellM. ranunculoidesj , Daphne Mezereum, Eu- phorbia, cyparissias, Euph. amygdaloides, Brachypodium pinna- tum, Andropogon Ischaemum e Agrostis alba. II. Tra le forme accantonate sui terrazzi del Ticino che si sono assottigliate di numero, qualcuna a segno da scomparire, cito : Leonurus Cardiaca, Digitalis lutea ed ambigua, Verbascutn pìhoeniceum, Dianthus Armeria, Anagallis arvensis var. coerulea, Bartsia latifolia e Myricaria germanica. Avverto ben'inteso che la mia asserzione va accolta sensu lato, cioè nel riguardo del- l'ambito entro cui si sono svolte le mie ricerche. Ma questo non infirma il fatto che il bellissimo Verbascum e la cinerea Myricaria, a cagion d'esempio, non vi si trovino più; e che le altre siano divenute oltremodo rare. La spiegazione è dovuta alla circostanza straordinaria del- l' inondazione di due anni fa, durante la quale rimasero allagati e sommersi per lungo tempo non solo tutti i boschi immedia- tamente adiacenti al fiume, ma buon tratto altresì della campagna circostante ; di maniera che parecchie alhivioni recenti coperte di densa vegetazione — come nel caso della Myricaria — furono scotennate e strascinate via dalla corrente. Un fattore tutt' altro che disprezzabile di dispersione dei vegetali è quello antropico. L'opera dell'uomo è spesse volte nefasta per certe specie dotate di virtù officinali o decorative. E quindi se VErythraea Centaurium, il Verbascum phlomoides, V Oenothera biennis, V Asparagus tenuifolius, la Convallaria tnaialis, il Xiphion sibiricum, nonché altre piante a proprietà medicinali e ornamentali battono la ritirata verso luoghi meno esposti, lo si deve in gran parte all'indiscrezione dei collezionisti sem- plicisti e dei fioristi, i quali sradicano e decapitano distrug- gendo senza criterio tante pianticelle, senza curarsi mai d'altro che del lucro che Me et nunc sperano ricavarne. 1^ Orchis pa- pilionacea, la più graziosa delle orchidee dei nostri boschi, 15 222 CARLO COZZI - SULLE VARIAZIONI FLORISTICHE ECtì. finirà essa pure ad abbandonarci a motivo principalmente del vandalismo dei raccoglitori; ed io mi auguro dal canto mio che anche da noi abbiano presto a sorgere — a somiglianza di quello che si fa in altri paesi — delle società efficacemente protettrici delle piante così da impedire lo scempio delle nostre rarità locali. III. Seguendo anno per anno il cammino con cui varie specie si distaccano dalle brughiere ove vegeta il grosso delle loro consorelle , posso dire che amano stabilirsi lungo la linea dei fontanili, sul terreno formato dai detriti di falda, ai piedi del primo gradino dei terrazzi, ove han minor gioco le correnti d'aria. Sul piano inclinato dalla Canova, alla Baraggia, alla Casalina ecc. fino allo Zerbo, e' è ritratta tutta quanta — in piccolo — la fisionomia della flora delle brughiere . . . Abbiategrasso, 1 Luglio 1909. LA CLEIST0C4AMIA NELLE GRAMINACEE E IN PARTICOLAEE NEL EISO Ricerche del Dott. Michele Abbado Le Crraminacee sono piante spiccatamente anemofìle, benché in alcune non manchi la possibilità d' una fecondazione incro- ciata per opera di insetti. Prevale tra esse l'allogamia; tut- tavia in certe specie è stata provata la fertilità per auto- fecondazione. Tali sono per esempio Ave)ia saliva (Hoffmann) , Triticimi vulgare (Rimpau, Hoffmann), Triticu'ìn turgidum, (Hoff- mann), Triticum monococcum (Beijerinck;, Hordeuni vulgare e Hordeum trifurcatum (Hoffmann), i generi Festuca^ Poa, Brotnus (Beijerinck), e tale è pure, secondo mie esperienze di cui par- lerò in seguito, 1' Ory:^a saliva. All'incontro le esperienze di Rimpau, Liebenberg, Eocke, Beijerinck avrebbero stabilito essere sterili per autofecondazione Secale cereale e Saccharum offìci- narum; tuttavia, come vedremo ancora, Godron avrebbe trovato che in alta montagna la segale è cleistogama e perciò fertile per autogamia. Com'è noto, le Graminacee sono piante monocotiledoni, di solito erbacee, con foglie provviste di lunghe guaine fesse che avvolgono non solo i culmi ma anche le infiorescenze nei primi stadi del loro sviluppo. I loro fiori sono ermafroditi o, più di rado, unisessuali, e nella maggior parte dei casi si adunano in piccoli gruppi che portano il nome di spigliene. Ogni spighetta presenta un involucro esterno costituito quasi sempre di due ghmie, V una inferiore, l' altra superiore ; ogni fiore poi è rive- stito a sua volta di due ghimette, V una inferiore mutica od aristata, l'altra superiore per lo più mutica; dentro alle glu- mette si trovano due o tre piccolissime squamette che rappre- 224 Michele abbaco sentano il perigonio e perciò portano il nome di squame peri- goniali flodiculaej : infine in ogni fiore si trovano tre stami, di rado due o uno, più di rado ancora quattro o sei, con filamenti liberi, filiformi e antere biloculari, bifide alle estremità, dei- scenti per due fenditure longitudinali e più di rado per sem- j)lici pori apicali, e un ovario supero, uniloculare, fornito di due stili e più di rado di uno solo o di tre, terminati di solito in stimmi pelosi, coi peli variamente disposti. Il frutto è una cariosside che maturando si libera dalle glumette oppure rimane rinchiusa in esse (cariossidi vestite); esso è quasi tutto occupato da un albume farinoso, alla base del quale, come in una nicchia, sta l'embrione. L'antesi avviene d'ordinario per divaricazione delle glu- mette, prodotta, come hanno trovato Hackel (') e Rimpau (') e come ho anch'io constatato, dal rigonfiarsi delle squame perigo- niali per rapido assorbimento d'acqua; si produce così all'apice, fra le due glumette, una fessura che va man mano allargan- dosi e da ciii escono le antere, i cui filamenti seguitano ad allun- garsi rapidamente, curvandosi verso il basso, in modo che esse restano capovolte e pendenti. Allora si aprono e lasciano cadere in balia del vento il loro polline in forma di polvere. Intanto le glumette seguitano ad allontanarsi e a scoprire il pistillo il quale diventa accessibile al polline estraneo; talora gli stimmi vengono a sporgere fuori delle glumette. Esistono però parecchie specie, le quali sono dette clisantiche^ in cui le squame perigo- niali mancano e tiittavia le antere e gli stimmi escono all'aperto attraverso ad una piccola fessura all'apice delle glumette; tali sono le specie dei generi Pennisetiim, Anthoxantltum^ AIopc- curus, ecc. In altre specie poi, benché le glumette si allontanino alquanto, le antere non escono e il polline feconda il pistillo del proprio fiore. Di solito androceo e gineceo non maturano contemporanea- mente ; quasi sempre si ha proterandria, solo di rado protoginia. L'apertura del fiore dura poco tempo: ben presto le squame perigionali tornano ad assottigliarsi e permettono alle glumette di riavvicinarsi per elasticità e chiudersi per non più aprirsi. Di solito l'intero processo dura in un fiore da 15 a 20 minuti. (1) Bot. Zelt. 1880, pag. 432. (2) Lanamirtsck. Jahrb. 12, 1883, pag. 877. LA CLEISTOGAMIA NELLE GRAMINACEE ECC. 225 Si tratta dunque di fìori effimeri. Inoltre la bassa temperatura e la pioggia possono ritardare di ore o anche di giorni l'aper- tura delle glumette e V uscita e deiscenza delle antere ; in alcune specie anzi, come vedremo, pare che 1' antesi non avvenga più atfatto e si compia l'autofecondazione a porte chiuse. Anche Paria molto secca e la temperatura elevata possono rallentare la fioritura. L'ora del giorno in cui normalmente avviene l' antesi vax'ia da specie a specie. Cosi, secondo Kerner, le specie dei generi Poa^ Glycerin, Koeleria e vari altri, come pure VArrenatherum elatius, si aprono tra le quattro e le cinque; Ait^a caesintosa, Briza media, Triticum e Hordeum tra le cinque e le sei ; Se- cale, Dactylis, Andropogori, Br achy podium, Festuca tra le sei e le sette; Trisetum, Alopecurus, Phleum, Anthoxantkum dalle sette alle otto; Panicutn miliaceuin e «S'or^Awm tra le otto e le nove; Setaria italica e Gynerium, argenteum tra le nove e le dieci ; Agrostis alle undici ; Melica, Molinia, Nardus, Elymiis, Scle- rochloa, Calam,agroslis tra le dodici e le tredici; Bromus alle quattordici; Avena alle quindici, Agropyrum alle sedici; Aira flexuosa alle diciassette. Due volte al giorno presenta fiori aperti VHolcus, cioè alle sei e alle diciannove. Quanto all' Oryza sativa, io ho veduto che degli esemplari da me coltivati comin- ciavano ad aprire i loro fiori alle nove e solo verso le dodici li avevano di nuovo tutti chiusi. L' antesi cominciava nelle parti superiori della pannocchia, ma di solito non precisamente alla sommità, e proseguiva poi verso il basso, ma le parti inferiori erano molto ritardatarie ; d' altra parte le pannocchiette inferiori restavano spesso rinchiuse ancora per lungo tempo nelle guaine. Spesso poi avveniva che la sommità della pannocchia non si liberasse subito dalla guaina e allora solo la parte mediana veniva fuori incurvandosi ; in tali casi i fiori della convessità erano i primi ad aprirsi. (Quanto al modo in cui avviene l' antesi, vedi in seguito). La famiglia delle Graminacee presenta buon numero di specie cleistogame. E. Hackel nel suo lavoro « Ueber Kleisto- gamie bei den Gràsern « (') dice essere dimostrata la cleisto- gamia per sessantasette specie ; tuttavia se a queste, a cui soltanto ha creduto il suddetto autore di poter apporre la sua (1) Oesterr. Bot. Zeitschr. 1906, pag. 82. 226 MICHELE ABBADO autorevole firma, ne aggiiingiamo altre che in qualche caso, secondo le affermazioni di botanici di indubbia fama, sono state vedute con fiori cleistogami, benché, per mancato controllo, non siano ancora entrate nell'elenco, per cosi dire, ufficiale delle piante cleistogame, ed alcune altre che hanno tutta V apparenza di essere cleistogame, benché ogni dubbio non sia rimosso, arriviamo ad una lista di cento e cinque specie o varietà, qual' é quella che già ho esposto nella mia precedente memoria sulla Cleistogamia ('). Tale cifra del resto non recherà mera- viglia quando si pensi che la famiglia delle Graminacee è una delle più numerose, tantoché solo in Italia annovera novanta- quattro generi con trecentonovanta specie ('), e qui ini\ che altrove la cleistogamia pare in molti casi indotta o, come qual- cuno dice anche, facoltativa, cioè determinata da casuali condi- zioni d'ambiente, né d'altra parte si collega di solito a grandi cambiamenti nel fiore: infatti, per quanto si sa, i fiori sono sempre casmanterici, non presentandosi mai il caso di antere chiuse e di tubetti pollinici che ne attraversino le pareti, e se nelle specie abitualmente cleistogame e' è riduzione di parti, come per esempio la soppressione di alcuni starai, la mancanza di squame perigoniali, ecc., in quelle facoltative spesso tutto il fenomeno si riduce alla permanente chiusura delle glumette e alla conseguente fecondazione autogama. Un grande contributo allo studio della cleistogamia in questa famiglia é stato dato prima da Koernicke (^) e poi da Hackel il quale nel suo lavoro già citato descrisse ben qua- rantasette nuovi casi di cleistogamia, e questi e gli altri già noti coordinò a seconda del modo e delle condizioni in cui essa si presenta, dandoci un quadro completo del fenomeno, quale si manifesta in questa famiglia. Hackkl ricorda che il fatto di Graminacee che maturano i loro frutti senza aver prodotto organi fiorali visibili esterna- mente é stato osservato da gran tempo, poiché già H. Bock l'aveva notato a proposito dell'orzo, come riferi nel suo « Neuio KreuUer Bach » (1539); però questi credette che gli stami mancassero completamente e, conformemente alle idee d'allora. (1) Atti della Società It. di Scienze Nat. XLVIII, i909, p. 116. (2) Vedi G. Arcangeli, Compendio della Flora italiana, 2 ed., 1S01. (a) Die Artcn und Varieiàten des Oetreides, 1885, LA CLEISTOGAMIA NELLE GRAMINACEE ECC. 227 potè pensare che i frutti dell'orzo si producessero senza essere preceduti dal fiore ('). Anche Linneo (*) osservò la mancanza di stami esterni nell'orzo, e cosi pure nel Panicum clandestinuni. Con ciò egli non parlò esplicitamente di fecondazione interna alle glumette, alla quale accennò solo per la prima volta Schreber (') a proposito della Phalaris oryzoides (l'odierna Leersia oryzoides)] questi dice che la fecondazione nella suddetta specie avviene nel- l' interno delle spighette chiuse entro le guaine fogliari dalle quali di solito esse non escono mai, e fa notare come la parte della pannocchia che esce fuori dalla guaina porti solo delle spighette vuote, cosichè solo le spighette chiuse nella guaina danno frutto. Tale affermazione però, come vedremo, deve venire un po' limitata. Tralasciando altre osservazioni di casi isolati più o meno esatte, ci porteremo d'un salto all'anno 1873 in cui Godron pubblicò la sua memoria « De la Floraison des Graminées » ("*). Quivi è descritta la cleistogamia (u fécondation à huis-clos ») di Leersia oryzoides (pag, 33), Hordeum Zeocriton L. (pag. 76), H. distichon (pag. 74), H, hexastichon (pag. 75), Stipa pennata^ St. gigantea, St. Juncea. Nel 1878 AsA Gray (^) riferi alcuni esempi di Graminacee cleistogame dell' America settentrionale , cioè Aìnphicarpum Parshii Kunth, Daidhonia spicata, Vilfa, ecc. Nel 1880 Duval-Jouve pubblicò C) una revisione critica delle specie francesi di Vulpia, stabilendo la cleistogamia di Vulpia fFestucaJ Myurus, V. sciuroides e V. ciliata. Notevoli studi sulla cleistogamia nei cereali furono fatti, come già si disse, da Koernicke C). Egli trattò della cleistogamia di Hordeum Zeocriton L., H. distichon e varietà, //. hexastichon e varietà, H. vulgare, Avena sativa. Nel 1889 E. Hacivel (*) descrisse come cleistogamo VErian- (1) Vedi anche in proposito l'altra mia già citata memoria, p. 3, (115). (2) Amoenitates academicae l, i749, pag. 364. (3) Beschreibung der Gràser, 1769. (4) Mém. Ac. Se. Nat. Cherbourg. 1S73, p. 195. (5) Am. Journ. of Science, 1878, pag. 71. (6) Revtie des Sciences Nat,, isso. (7) Vedi KoEKNicKE, loc. cit. e K. und Werner, Handbuch des Qetreidehaues, 1885, Voi. I. (8) Monographia Andropogonearum, 1889. 228 MICHELE ABRADO thus Tinnii Hack.; nel 1890 Koernicke (') descrisse la cleisto- gamia di Triodia decumbens Beauv. e Catapodium tuberculosum Moris fCasteìlia tuberculata Tin.) e nel 1903 Vikrhapper (') riferi sulla cleistogamia di DarUhonia breviarislala Vierli. Ma il numero delle specie riconosciute cleistogame, come si disse, crebbe straordinariamente grazie agli studi di Hackel riferiti nel suo lavoro già citato. Il suddetto autore non potè certamente studiare il fenomeno sempre su piante vive; per certe specie esoticbe egli dovette servirsi di materiale di erbario ; tuttavia anche questo può dare spesso risultati soddisfacenti e sicuri. Converrà anzi che esaminiamo breve- mente quali sono i criteri che, secondo Hackel, possono auto- rizzare a ritenere cleistogama una Graminacea col semplice studio di esemplari d'erbaiùo. Apparentemente è molto semplice la determinazione, poiché, se le glumette durante la fioritiira e dopo di essa, fino alla maturazione del frutto, rimangono chiuse, le antere vuote di polline e raggrinzite, al pari dei resti dello stimma, si dovranno sempre ritrovare entro di esse, addossate al frutto in via di maturazione o maturo, mentre nelle piante casmogame le antere, quando le glumette si divaricano, vengono fuori dell' apertura, e quando queste si rinchiudono, restano fuori e in breve si staccano e cadono. Anche gli stimmi si sporgono in fuori tra le glumette, per cui subito dopo la fioritura se ne trovano dei resti schiacciati tra gli orli di esse, mentre sul frutto se ne trovano tutt'al più delle tracce. Però il contrasto non è sempre così netto, e ci sono tra le Graminacee forme di casmogamia che si avvici- nano assai alla cleistogamia e negli esemplari di erbario pos- sono essere scambiate con questa. Cosi in Brumus leclorum^ inaxiinus, ecc. le glumette si allontanano all' epoca della fiori- tura, ma assai poco e solo alla cima, appena in modo che in fondo al fiore si possono vedere gli stimmi diritti e le antere pur esse diritte su brevi filamenti e soprastanti agli stimmi, nell'atto in cui si aprono e lasciano cadere il polline su di questi. In seguito le glumette tornano a rinchiudersi e le ani ere rimangono dentro. Si tratta dunque di piante casmogame, che dopo la fioritura hanno l'apparenza di cleistogame, e che in (1) Corresp. N. V. Rfieinl. und Westf. 1890, pag. 87. (2) Oesterr. Boi. Zeilschr. 1903, pag. 225. LA. CLEISTOGAMIA NELLE GRAMINACEE ECC. 229 realtà si avvicinano assai a qiieste, ma tuttavia non entrano nel loro numero. Chi però osserva in specie viventi il processo dell' impol- linazione cleistogama, trova dei fatti clie possono aiutarlo nello studio degli esemplari d'erbario. Hackel infatti trovò che nella maggior parte dei casi le antere non sono poste al disopra degli stimmi, come nei suddetti Bronius, ma stanno a fianco di questi e restano circondati dalle loro barbe in modo che il polline, uscendo dalle sacche, arriva immediatamente sulle papille stim- matiche. In seguito, quando il frutto sta maturando o è già maturato, si trovano le antere vuote imprigionate tra le barbe degli stimmi da cui solo con difficoltà si possono liberare. Hackel ritiene che quando tale fatto si osserva in erbario si possa senz' altro concludere per la cleistogamia. Egli adottò per questo caso l' espressione " antere intraslig maliche 11 senza però avere l'intenzione, com'egli dice, di coniare un termine botanico. Se le antere non sono intrastigmatiche, ma stanno semplicemente allato degli stimmi 0 più in alto di essi, manca uno degli elementi per stabilire se esista cleistogamia. Però questi casi sono molto più rari, e allora in ogni modo viene in aiuto un secondo criterio. Infatti la vera cleistogamia nella maggior parte dei casi, e forse in tutti, dice Hackel, è doppia. In altri termini, l'im- pollinazione avviene tra le chiuse glume quando la spighetta 0 anche l' intera infiorescenza è ancora rinchiusa nella guaina fogliare. Per questo fatto Koeknicke (*), descrivendo la fiori- tura di una varietà di Hordewn distichon e di Triodia decum- bens, ha introdotto l'espressione di piante « doppiameate clei- stogame ". Hackel però ritiene che si possa usare questa espressione anche per quei casi in cui al momento dell' impol- linazione le spighette composte di più fiori non sono più cir- condate dalle guaine, ma rimangono ancora chiuse entro le proprie grandi glume. Questo fatto trovò Hackel per esempio in Danthonia inlermedia e Danth. unispicata. Egli ritiene che 0 l'una 0 l'altra di queste due forme di doppia cleistogamia si presenti in ogni caso di fioritura clei- stogama, e perciò quando negli esemplari d' erbario trovò le (1) Handbuch des Qetreidelams, pag. 139. 230 MICHELE ABBADO spighette appena uscite dalla guaina o colle loro glume chiuse presentare antere vuote rinchiuse fra le glumette dei singoli fiori e ovario ingrossato, stabili trattarsi di cleistogamia. Non di rado si trova già entro alle guaine la maggior parte dei tìori con antere svuotate e talora, come per esempio in Leersia oryzoides, bisogna andare fino a stadii molto giovanili per trovare nelle spighe dei fiori non fecondati ; questo fatto è stato rilevato anche da Duval-Jouve ('). Un altro criterio che può pure servire per riconoscere la cleistogamia è il modo in cui si comportano le squame perigo- niali flodiculaej. Poiché questi organi, gonfiandosi, fanno allon- tanare le glumette, nelle Graminacee cleistogame perdono la loro funzione e ciò ha per conseguenza, che là dove la cleistogamia è un fenomeno costante, ereditato attraverso innumerevoli ge- nerazioni, esse si riducono. Veramente la loro riduzione può essere maggiore o minore, andando da una piccola diminuzione di dimensioni fino alla completa scomparsa, e di solito anche nelle specie strettamente cleistogame se ne trovano ancora tracce; in ogni modo dove esse sono cosi ridotte da dimostrare di essere prive di funzione 0 dove mancano, mentre esistono nelle specie affini casmogame, noi abbiamo un nuovo aiuto nel determinare se una pianta è cleistogama. Questo criterio però, come Hackel osserva, non ha un valore generale, poiché, come già si disse, non tutte le Graminacee prive di squame perigonali sono cleistogame, esi- stendo le specie cosidette clisaniiche, in cui le squame man- cano e in cui tuttavia le antere e gli stimmi escono all'aperto attraverso ad una piccola fessura che si prodiice fre gli apici delle glumette. Un altro adattamento alla cleistogamia è la diminuzione del volume delle antere e la loro povertà di polline, come pure l'accorciamento degli stimmi in confronto delle specie affini casmogame. Cleistogamia esiste pure se una specie appartenente a un genere per esempio triandrico si mostra monandrica, come Aristida ob'gantha, A. yracilis, A. basiramea, Festuca Myuros, F. sciuroidcs, Uniola latifolia. Di solito le antere dei fiori cleistogami hanno forma ovale o arrotondata, essendo più ridotta (1) Bull. Soc. Boi. de France, x, 1803, iy4. LA CLEISTOGAMIA NELLK GRAMINACEE ECC. 231 la loro lunghezza che non la larghezza, mentre le antere dei fiori casmogami sono lineari. Tiitte queste riduzioni portano ad una diminuzione nella produzione del polline, la quale, dopo quanto abbiamo detto nella precedente già citata memoria sulla Cleistogamia, è perfettamente comprensibile. Talora lo stesso aspetto generale della pannocchia è trasfor- mato per la cleistogamia: infatti, mentre le Graminacee casmo- game sogliono all' epoca della fioritura espandere la loro pannoc- chia afiinchè tutte le spighette restino esposte all'azione del vento il quale ha l' incarico di trasportare il polline, le piante cleistogame invece presentano di solito pannocchie raccolte, colle spighette aderenti, non occorrendo il vento per l'impol- linazione. Però, rileva Hackel, ci sono eccezioni a questa regola, e noi le vedremo. * Hackel riunisce le Graminacee cleistogame in quattro gruppi, distinti dal modo in cui la cleistogamia si manifesta; tali gruppi non sono però nettamente separati l'uno dall'altro, presentandosi delle forme di passaggio. Essi sono: 1" Gruppo: Specie cleistogame facoltative ; 2" il Specie ditnorfe; 3" » Specie in cui finora si sono soltanto osser-vati individui cleistogami. 4° n Specie anflgaine. Nel primo gruppo Hackel riunisce quelle specie in cui accanto a individui casmogami se ne trovano^ più o meno fre- quenti o anche in prevalenza, dei cleistogami, i quali però non presentano nessuno speciale adattamento alla cleistogamia. In questi individui cleistogami le antere e le squame perigoniali sono o niente affatto o appena insignificantemente più piccole che nei fiori casmogami. Hackel ritiene che in queste piante la cleistogamia non sia una condizione nata col- l' individuo, ossia già stabilita quando questo è allo stato em- brionale, ma dipenda da condizioni esterne che agiscono durante lo sviluppo, e di cui noi poco sappiamo. Alcuni osservatori credettero che una temperatura costantemente bassa durante l'epoca della fioritura fosse la causa per cui le glum,ette restano 232 MICHELE ABRADO chiuse, ma Koernike ha dimostrato sperimentalmente che ciò per lo meno non si avvera sempre ; egli infatti seminò una varietà di Ilordemn distichum nutans (orzo nero invernale di Tiflis) parte in autunno e parte alla fine di marzo ; gli individui seminati in autunno diedero tutti fiori aperti, gli altri diedero fiori cleistogami che si fecondarono già nelle guaine ; ma poiché l'epoca di fioritura di questi segui a quella dei primi, cadendo negli ultimi giorni di giugno e nei primi di luglio, non si può dir certo che il fenomeno della cleistogamia sia stato determi- nato da bassa temperatura. D' altra parte Koernike in ixna spiga di Hordemn hexaslichon hrachyatherem, in cui le spighette mediane erano cleistogame, ottenne l'apertura dei fiori superiori e inferiori mettendo la spiga stessa in vicinanza d'una stufa accesa. Hackel conclude perciò che occorrono ancora molti studi per stabilire le condizioni che determinano la presenza o l'as- senza della cleistogamia, e per parte nostra siamo indotti a supporre che, analogamente a quanto avviene nella altre fami- glie, anche nelle Graminacee le cause possano essere diverse. Le Graminacee che Hackel riixnisce nel primo gruppo sono anzitutto: Stipa pennata L. colle due sottospecie St. Tirsa Stev. e Si. piilcherrima Koch; St. Lessinfjiana Tr. et Rupr.; St. harhata Desf.; St. gigantea, Lag. colla sottospecie St. Lagascae, R. et Sch.; St. capillata, L.; St. juncea. È interessante vedere quali sono le osservazioni che ha fatto Hackel relativamente a Stipa pennata L. Nei dintorni di Vienna egli la trovò con fiori aperti. Le spi- ghette erano uscite fuori della guaina ; le glumette fiorali erano divaricate, le antere, lunghe 6-7 mm., e gli stimmi uscivano lateralmente; le squame perigoniali, lunghe 2 mm., erano forte- mente turgescenti. Lo studio invece del materiale dell'erbario posseduto da Hackel rivelò solo pochi esemplari casmogami, come per esempio quelli provenienti dal Vallese; predominavano invece gli individui cleistogami, in cui le antere, lunghe 4-5 mm., erano state spinte contro la sommità della cavità interna alle glume dall'accrescimento del frutto e insieme compresse. Esse però non erano collegate ai resti degli stimmi. Le squame pe- rigoniali erano lunghe come nei fiori casmogami. L' impollina- zione aveva evidentemente avuto luogo entro la guaina chiusa; infatti tutte le spighette che apparivano liberate da questa erano già sfiorite. LA CLEtSTOGAMlA NELLE tìRAMINACÈE ECC. 2^3 Le altre Graminacee comprese da Hackel nel primo gruppo sono le seguenti: Dactyloctenium aegyptiacum Willd., casmogamo in quasi tiTtti gli esemplari provenienti dai tropici, cleistogamo negli esemplari di Sicilia; Eleusine verticillata Roxb. (India), di solito casmogama, cleistogama in un esemplare di Radjputana; Pa}ypophorìini mucromdatuni Nees (Argentina) ; Pappopìhonmi Wrightii S. Wats. (America Settentrionale) ; Pappophorimi vaginatum Buckl. (Arizona); Biplachne Tracyi Vasey; Scleropoa rigida Gris. ; Hordeum vnìgare^ H. hexastichon, H. distichon: nel primo, all'incontro di Delfino (') il quale ritenne che non si aprissero mai i fiori della due serie mediane, ma solo quelli delle quattro esterne, Hackel vide aprirsi talora i fiori di tutte le serie ; nel secondo invece egli vide aprirsi solo i laterali; nel terzo vide raramente casi di casmogamia. \ Hackel cita come eccezionale la cleistogamia del frumento flìnticum vulgare Vili.), seguendo in ciò Koernicke ('). Con ciò dobbiamo osservare come ci siano stati persino degli autori, come Loiseleur, Deslongchamp, Morren, ecc., i quali hanno ritenuto che il frumento fosse esclusivamente cleistogamo, mentre Godron (') e Delfino ("*) hanno trovato che normalmente esso è casmogamo ed apre i suoi fiori verso le cinque del mat- tino, tenendoli aperti per circa un'ora. Solo se la temperatura resta molto inferiore ai 16 centigradi, oppure si ha una pioggia abbondante e impetuosa, secondo Godron le glume non si aprono e si ha cleistogamia. In ogni modo la questione merita di essere suffragata da nuove osservazioni. Nel secondo gruppo, quello delle specie dimorfe, HacivEL comprende quelle specie che si sono divise in due forme ben distinte sia per lo sviluppo delle antere e delle squame peri- goniali, sia talora anche per il numero delle prime, come non (1) Boll, del Comizio Agr. Parm., ISTI. (2) Loc. cit. pag. 32. (3) Loc. cit. (4) Loc. cit. 234 MICHELE ABBADO di rado ancora per il comportarsi dell'infiorescenza. La forma casmogama, con antere grandi e lineari, squame di dimensioni normali e infiorescenza libera è di solito la più rara; la clei- stogama, con antere molto piccole ed ovali, squame rudimen- tali o completamente mancanti e spesso infiorescenza rinchiusa è quasi sempre la più frequente. In qualche caso invece del dimorfismo degli individui si ha quello dei fiori in una stessa spighetta. Hackel ritiene probabile che, a differenza di quanto deve avvenire nel gruppo precedente, la forma casmogama o cleisto- gama in cui un individuo dovrà fiorire sia già determinata nell' embrione e non dipenda quindi dalle condizioni esterne che accompagnano lo sviluppo della pianta. E però ancora da vedere mediante prove di seminagione se le due forme in tutti i casi rapjDresentino delle razze costanti o si possano trasfor- mare l'una nell'altra. Le Graminacee ascritte da Hackel a questo gruppo sono le seguenti: Siwroholus cry-ptandrus A. Grray (America Sett.), in cui, tra le differenze esistenti fra le due forme, troviamo quella delle antere, lunghe nei fiori casmogami 0,8 • — ■ 1,2 mm., nei cleisto- gami appena 0,2 mm., e quella delle squame perigoniali, lunghe nei primi 0,5 mm., mancanti nei secondi ; Triodia decumbens Beauv. (Europa, Africa Sett.) ; JDanthonia hreviaristala (Beck) Vierh. i^D. calycina X Sie- glingia decumheyisj ; Danthonia spicata R. et Sch. (America Sett.); Danthonia cali fornica Boi. ; Danthonia unispticata Mixnro (America Sett.); Danthonia montevidensis Hack, et Arechav.: non presenta una forma unicamente casmogama, poiché solo i tre fiori inferiori d' ogni spighetta sono casmogami, mentre i tre superiori hanno antere molto più corte e sono privi di squame perigoniali ; Danthonia sericea Nutt. (America Sett.): presenta pure fiori casmogami e cleistogami sulla stessa sjiighetta; Avena scahrivalvis Trin. (Chili, Uraguayj; Vniola latif olia Ij. (America Sett.) : quesia specie abbisogna di ulteriori ricerche ; Festuca ìnichrostachys Nutt. (America Sett.): questa specie presenta il dimorfismo più spiccato, poiché non solo la grandezza Ì,A CLElStOGAMtA NEI.t.E GRAMINACEE ECC. 235 ma anche il numero delle antere è diverso, essendo la forma casmogama triandra, la cleistogama monandra; si tratta dunque di due razze biologiche ben distinte che probabilmente si con- servano per seme; Festuca pacifica Piper; Catapodium tuberculosuni Moris. (Europa Mer., Africa Sett.) ; Bromus unioloides H. B. K. (America Sett, e Merid.). Circa altri Bromus afìbii a quest'ultima specie, quali B. p)&n- dulinus Schrad., B. carinalus Hook., B. compressus Lag., B. Hooherianus Thurb., Hackjel non ha dati sufficienti per dare un quadro completo e chiaro del loro modo di fiorire; però di B. pendulinus e B. carinalus egli osservò esemplari cleistogami. Al terzo gruppo Hackel, come si disse, ascrive quelle specie di cui finora sono slati osservati soltanto individui cleistogami. L'autore nota che, essendosi fatta l'osservazione spesso su pochi esemplari d'erbario o anche su uno solo, potrebbe darsi che per molte specie si avesse poi a trovare la forma casmogama, per cui esse dovessero passare nel secondo gruppo. D'altra parte tra questo gruppo e il quarto non ci sono limiti netti, poiché lo Sporoholus vaginifìorus ascritto al terzo presenta anche una rara forma anfigama, e d'altronde le anfi- game Leersia oryzoides e Diplachne serotina possiedono anche delle forme puramente cleistogame. Le specie ascritte da Hackel a questo gruppo sono: Erianthus Trinii Hack. (Brasile, Paraguay) ; Arislida oliganlha Michx. (America Sett.) ; Aristida gracilis Ell. (America Sett.) ; Arislida hasiratnea Engelm. (America Sett.) ; Stipa Urta Phil. (Chili); Stilla seìnibarbata R. Br. (Australia); Garnotia courtaUcnsis Thw. (Ceylon) ; Sporobolus vaginifìorus Wood. (America Sett.) : la forma più frequente è puramente cleistogama; anche la pannocchia terminale è chiusa in parte o in tutto nella guaina superiore ; in un'altra forma più rara la pannocchia terminale è casmogama; Sporobolus subinclusus Phil. (Chili, Patagonia) ; Trisetmn interruptum Buckl. (Texas); Trisetum Orcuttianum Vasey (California) ; Danthonia compressa Austin (America Sett.) ; 236 MICHÈLE ABRADO Dantlìonia intermedia^ Vasey (America Sett) ; Banlhonta ìiiontana, Doell (Brasile); Banthonia collina Phil. (Chili) ; Danthonia nuda Hook. (Nuova Zelanda) ; Chloris Berrai Arechav. (Uruguay) ; Bouteloua aristidoides Thurb. (America Sett., Argentina); Bouteloua trifida Thurb. (Messico, Arizona) ; ■Tetrapogon spathaceus Hack, f Chloris spathacea Hochst.) (Cordofan, Nubia); Astrehla pedinata Muell. (N. S. Wales) ; Astrehla triticoides Muell. (N. S. Wales); Leptocliloa mucronata Kunth. (America Sett, e Merid.ì ; Triodia mutica S. Wats. (America Sett.) ; Triodia elongata Bush (Texas); Eragrostis Barrelieri Daveau (Montpellier, Sicilia, Algeri, : in tutti gli esemplari Hackel trovò, sotto alla pannocchia ter- minale aperta, due o tre pannocchie laterali chiuse nelle guaine con spighette sempre cleistogame; la pannocchia terminale non si comportava nello stesso modo in tutti i casi ; negli esemplari di Montpellier e di Sicilia essa aveva fiori cleistogami ; in quello di Algeri (monti dell'Ahaggar) pareva essere casmogama; Btnza ambigua Hack. (Brasile) ; Festuca subgen, Vulpia: Festuca Myurus L., Festuca sciuroides Roth., F. ciliata Danth. Godron (') ritiene che F. Myurus e F. sciuroides, al jìari di Bromus tectorum fioriscano aprendo alquanto le glume. Però né DuvaLt-Jouve né Hacivel hanno visto tale fatto ; solo in esemplari del Capo di Buona Speranza Hackel osservò, oltre alla cleistogamia, la casmogamia; Festuca muralis Kunth (America Merid.) e F. plehcja R. Br. (Australia), le quali sono varietà di F. Myurus ; Festuca australis Nees (Brasile); Festuca octofora Walt. fF\ tencUa Willd.); Hordemn tnurinum L. : i fiori ermafroditi che costituiscono le file di mezzo rimangono sempre chiusi ; invece i fiori masco- lini delle file esterne si aprono molto tempo dopo clie quelle di mezzo sono state fecondate; quale sia lo scopo di questi (1) De la Floraisoii dcs Oramtnécs pug. 24. LA cleistogaSiia nelle graminacee ecc. i&l fiori non è chiaro, visto che i fiori ermafroditi non si aprono; Hackel conclude dicendo che forse ci sono anche dei fiori ermafroditi casmogami eh' egli non riusci a vedere ; Hordewn dislichon var. erectum Schtibl. ; Hordeum Zeocriton L. : queste due piante, secondo Koer- NiCKE, sono sempre cleistogame. Al quarto gruppo Hackel ascrive le specie anfìgame., cioè quelle in cui ogni individuo produce tanto spighette casmo- game quanto spighette cleistogame in infiorescenze separate: le casmogame in una pannocchia terminale, le cleistogame in pannocchie laterali completamente o quasi completamente rive- stite dalle guaine fogliari, o anche alla cima di stoloni basali che penetrano nel terreno. A questo gruppo appartiene anzitutto : Panicum clandeslinum L. (America Sett.) : Hackel trovò che i suoi esemplari d'erbario presentavano dapprima solo la pannocchia terminale più o meno sporgente o peduncolata con spighette a fiori casmogami; nelle ascelle delle guaine poi si trovavano delle infiorescenze aifatto piccole e primordiali, con spighette non ancora sviluppate, oppure dei germogli brevi e fogliosi, portanti all'apice un inizio assai primordiale di pan- nocchia. Mr. Hitchcock di Washington, a cui Hackel s'era rivolto perchè gli chiarisse questo fatto, gli rispose che le pannocchie laterali di P. Clandestinum, come quelle di quasi tutte le specie del gruppo del P. dichotomian L. a cui esso appartiene, si sviluppano uno o due mesi dopo la fioritura della pannocchia terminale. Esse sono piccole e rimangono in questa specie di solito rinchiuse nelle guaine, o vengono a sporgere di poco. La pannocchia terminale raramente porta i suoi frutti a maturazione; per lo più le spighette cadono cogli ovari abortiti. Nell'America settentrionale esistono molte specie di Panicum affini al P. dichotomum L., col quale si accordano pel fatto che d' estate svikij^pano una pannocchia apicale ricca di fiori tutti casmogami, e dopo la loro fioritura e spesso solo dopo la caduta delle loro spighette, d'autunno, lasciano apparire nelle ascelle delle guaine fogliari dei brevi rami che terminano con piccole pannocchie povere di fiori, spesso chiuse alla base nella guaina. Hackel ricevette da Hitchcock le pannocchie laterali di P. 16 238 MICHELE ABBAbO lanuginosum EU., P. Scribnerianum Nash, e P. lati folium L. che avevano l' aspetto d' aver avuto una fioritura cleistogama. Nei suoi esemplari d'erbario egli invece trovò, nella maggior parte dei casi, che le piccole pannocchie autunnali sporgevano com- pletamente fuori delle guaine ed avevano avuto una fioritura casmogama; solo in Panicum neuranthum Gris., P. consangui- neuin Kunth. e P. peì-Iongum Nash, pareva si fosse avverata la cleistogamia. Questo gruj^po di specie abbisogna dunque ancora di altre ricerche, prima che si sappia in qual misura fra esse la cleistogamia si manifesta. Altre Graminacee appartenenti al grujjjDO in questione sono : Amphicarjmm Purshii Kunth. (America Sett.): Secondo A. Gray (*j, la pannocchia terminale con fiori ermafroditi e ca- smogami cade senza maturare frutti. Le spighette cleistogame, poste solitarie all'apice di stoloni rivestiti di squame e sotter- ranei, sono molto più grandi di quelle della pannocchia termi- nale. Secondo Pursh, tali spighette sarebbero state prima aeree, poi sotterranee ; Hackel invece ritiene che gli stoloni che le portano siano sotterranei fin dal principio del loro sviluppo. Hackel si domanda come fa questa specie a diffondersi, se la pannocchia terminale, come ritiene A. Gray, è sempre infrut- tifera. Infatti i frutti maturati sotterra assai difficilmente po- tranno diffondersi a grande distanza. Amphicarpum floridanum Chapm. : si comporta come la specie precedente. Leersia oryzoides Sw. fOryza clandestina A. Br.). La clei- stogamia di questa pianta è nota da molto tempo. Come già abbiamo accennato, fin dal 1769 ne parla M. Schrebkr nella sua « Beschreibuny der Gràser n; egli descrive le pannocchie laterali nascoste nelle guaine e dice : " È notevole che in questa Graminacea la fecondazione avviene nelle spighette rinchiuse... Ancora più notevole è il fatto che la pannocchia, per quanto esce dalla guaina, non porta che spighette vuole e solo quelle che rimangono nascoste nelle guaine danno seme n. KoERNiCKE (') ha distinto in questa specie tre forme : 1) Tutte le pannocchie sono nascoste nelle guaine, clei- stogame e fertili ; 2) la pannocchia terminale esce in parte o (1) Man. ed. 5, pa?. 644. (2) Coir. N. V. Rheinl. tmd Westf., isoo, pag. 87. LA CLEISTOGAMIA NELLE GRAMINACEE ECC. 239 in tutto dalla guaina, si dilata, ma porta spighette cleistogame e fertili; 3) la i^annoccliia terminale è esterna e dilatata, e porta spighette con fiori casmogami, sterili, mentre le pannocchie laterali nascoste sono cleistogame e fertili. Secondo Hackel, la terza forma è la più rara ; in ogni modo resta limitata 1' antica affermazione di Schreber ripetuta da altri studiosi più recenti, come Duval-Jouve, secondo cui la pannocchia esterna sarebbe sempre stata sterile. Hackel trovò che 1' adattamento alla clei- stogamia è meno completo che in Diplachne serotina; le antere non sono imprigionate fra le barbe degli stimmi. Aggiungeremo che questa pianta interessantissima, ora cosi esattamente studiata per opera di Koernicke e di Hackel, destò sempre l' attenzione degli studiosi, ed era stato oggetto delle ricerche, fra gli altri, di Duval-Jouve e Darwin, e recentemente di Leclerc du Sablon. Il primo (') trovò che nei fiori cleisto- gami, nella cavità compresa entro le glumette unite, si trovava un liquido vischioso. Secondo Darwin, ciò non sarebbe del tutto esatto ; questi, aprendo diversi fiori, osservò una leggera ver- nice di fluido fra le membrane delle glumette, il quale veniva fuori quando queste venivano compresse, dando l'ingannevole apparenza che tutto l'interno del fiore fosse in tal guisa ri- pieno ('). Anche Darwin, contrariamente a Schreber, aveva osservato in alcuni esemplari che la pannocchia superiore eserta può portare fiori cleistogami e completamente fertili. Quanto a Leclerc du Sablon, egli trovò che restavano chiusi tanto i fiori nascosti entro le guaine, quanto quelli che venivano fuori. La chiusura dipenderebbe, secondo il detto autore, da una ragione meccanica, essendo i bordi d'una gluma agganciati nei bordi arrotolati dell'altra. Io però ho trovato tale disposizione anche nelle glume dei fiori casmogami del riso, dove tuttavia essa non ha la facoltà di resistere alle forze che tendono a far divaricare le glume. Assai più io credo si deva ricercare la ragione della mancata apertura delle glume nella mancata turgescenza delle squame perigoniali. Infatti queste nei fiori cleistogami sono ridotte di dimensioni, il che dimostra la cessazione del loro ufficio; Hackel trovò che tali (1) sur la Floraison ecc. du Leersia oryzoides, 1863. (2) Le diverse forme deijlori, ecc., pag. 224. 240 MICHELE ABBADO squame nei fiori casmogami erano lunghe 0,8 mm., mentre nei cleistogami avevano appena una lunghezza di 0,3 — 0,5 mm. Slijìa avi-pMcarpa Phil. Siwrohoìus vaginiflorus Wood.: come già si disse, questa specie presenta due forme, l'una puramente cleistogama, l'altra anfìgama, molto più rara. Chloris clandestina Scribn. et Merr. È questa la più rimar- chevole delle Graminacee cleistogame. Hackel riferisce ch'essa è stata per la prima volta descritta da Vasey (') sotto il nome di Chloris longifolia^ e poi col nuovo nome specifico di clan- destina Scribn. et Merr. in U. S. Dep. Agric. Div. Agrost. Bull. 24, 1900, pag. 25. Questa pianta si comporta analogamente ad Amphicarpum, ma presenta una tale differenza tra le spighette e infiorescenze cleistogame e le casmogame, che le prime, se non si vedessero comparire sugli stessi individui che portano le seconde, si ascriverebbero non solo ad un altro genere, ma per- sino ad un' altra ti'ibù di Graminacee. L' infiorescenza apicale possiede numerose spighe lunghe, colla forma solita in Chloris; esse sono lanceolate e sottili, uniflore, con un rudimento di gluma d'un altro fioi'e ; la gluma inferiore del fiore è sottile, lungamente aristata; le antere sono lunghe 2,5 mm. La pan- nocchia apicale porta frutti maturi. Le spighette cleistogame stanno alle estremità delle ramificazioni di stoloni epigei che partono dalla base del culmo, strisciano alla superficie del suolo, senza penetrarvi né mandarvi radici, e producono nume- rosi rami di primo e second' ordine, disjDosti in due file. Tutti gli internodi, tanto degli stoloni quanto dei loro rami, sono provvisti di foglioline incolore, squamiformi. La maggior parte dei rami ha terminazione sterile e solo pochi relativamente l^ortano all'apice delle spighette affatto diverse per forma da quelle della pannocchia terminale. Dopo lo svilujDpo del frutto esse sono largamente ovali, acuminate, fortemente sollevate dalle due parti, lunghe 6 o 7 mm., con colore di paglia, assolutamente uniflore. La glumetta inferiore è largamente ovale e repentinamente ristretta in puuta; essa presenta la caratte- ristica proprietà di aver gli ofli concrescenti, in modo da costi- tuire un tubo perfettamente chiuso, il che rappresenta il grado supremo d/ adattamento alla cleistogamia nelle Graminacee. L'altra (1) U. S. Dep. Agric. Div. Ayrost. Conino, l. 1S'J3, pag. 281. LA CLEISTOGAMIA KKLLE GRAMINACEE ECC. 241 glumetta ha i bordi liberi, ma cbe alla cima si allacciano in- sieme costituendo una cavità conica. HacivEL trovò nei fiori chiusi uno o due stami; pare che il loro numero non sia costante. Diplachne serotina Link, colla sottospecie bidgarica Bornm. (Europa, Asia). Non si sa ancora se la j)annocchia terminale casmogama sia fruttifera. Quelle laterali cleistogame stanno completamente nascoste nelle guaine; esse sono molto corte, e constano di poche spighette uniflore. Balansa, come riferisce Hackel, trovò presso Trebisonda una forma in cui anche la pannocchia terminale era chiusa nella guaina superiore ; essa apparterrebbe quindi al terzo gruppo. Diplachne squarrosa E.icht. (Russia Merid., Asia Centr.): si comporta come la specie precedente. Oltre a tutte le suddette Graminacee che Hackel ha enii- merato nel suo lavoro, dobbiamo ricordare il genere Cryptosta- chys Stend. in cui, secondo Duval-Jouve (') e Hansgirg (^', si ha cleistogamia. Anche V Avena sativa L. è stata oggetto di ricerche. Come riferisce Knuth nel suo trattato, Hildebrand avrebbe trovato che l'avena a tempo sereno si apre verso sera, ma se il tempo è sfavorevole, il fiore resta chiuso ed avviene l'impollinazione autogama. Anche secondo Koernicììe (^) VAvena sativa può talora esssere cleistogama ; la varietà praegravis Kr. sarebbe di regola cleistogama. Nello stesso modo si comporterebbero, secondo HiLDEBRAND, auchc Avena orientalis Schreib. e A. nuda L. Un'altra Graminacea, la Festuca uniglumis Soli., che Hackel ha sempre veduto con fiori aperti, è ritenuta cleistogama da Duval- Jouve. Anche alcune specie di Bromus non sono considerate da Hackel fra le cleistogame, mentre altri autori affermano d'a- verci osservato la cleistogamia. Tali sono Bromus secalinus L. che, secondo Hildebrand, quando il tempo è cattivo, è cleisto- game, e che Beijerinck in Olanda trovò pure per lo piti cleisto- game (^i; Br. tnoUis L., quasi sempre cleistogame secondo le os- servazioni di H. Mùller; Br. sterilis che Warnstorf (") osservò sempre con fiori chiusi. (1) Bull. Soc. Bot. Fr. 10. 1S63. paff. 195. (2) Physirjlogische Untersuchungen, 1893. (3) Loc. cit. (4) Vedi KxuTH, Ilanclbuch der Bliitenbiologie 1898-1905. (5) Biute iiMologische BeoùacfUungen, 1896. 242 MICHELE ABRADO Cleistogamia lia pvire osservato Godron nella Secale cereale L. in alta montagna, con temperatura molto bassa. Anche il Triticwn Spelta L., secondo Hansgirg ('), sarebbe cleistogamo quando la temperatura è molto bassa. Altre Graminacee cleistogame sarebbero ancora DanUionia americana Scrib. (') e D. epilis Scrib. ('). D' altra parte è da osservare che Hackel, mentre nel 1904 (■*) diceva di aver trovato talvolta nella Poa annua L. l' autogamia con glumette chiuse, nel suo lavoro di cui abbiamo largamente riferito (1906) non ne parla più affatto, anzi dice nelle sue conclusioni che il genere Poa pare essere affatto esente dal fenomeno della cleistogamia. Una nuova Graminacea molto importante sono io ora in grado di annoverare fra qvielle che presentano fiori cleistogami : essa è il riso. La cleistogamia nel riso (Oryza sativa L.) Per quanto io so, nessuno ha mai notificato d'aver osser- vato la cleistogamia in questa pianta. In realtà, date le condi- zioni specialissime che essa esige per prosperare, per cui in Europa viene coltivata solo in determinate regioni accessibili a un numero ristretto di studiosi : data per di più la stagione molto avanzata (Luglio-Agosto-Settembre) in cui fiorisce e le condizioni climatiche delle risaie in quell" epoca non certo tali da rendere attraente lo studio del riso in posto : dato in- fine il fatto che le malattie che frequentemente colpiscono il riso hanno più di tutto e giustamente attratto l'attenzione dei pochi botanici che sono in condizione di potersi occupare di questa pianta, si capisce che la fioritura del riso abbia potuto finora sfuggire a un attento e continuo esame che dileguasse le incertezze e chiarisse tutti i particolari. Questo è, secondo me, il motivo per cui la fioritura del riso è descritta nei trat- tati con poche parole che non risolvono completamente la questione né sciolgono tutti i dubbi. Nei trattati non si parla (1) Loc. eit. (2) PuiNxiLE, Klcistogamous Flowers in Grasses, i878. (3) Id. (4) Zur Biologie der Poa annua L., l'J04. LA CLEISTOGAMIA NELLE GRAMINACEE ECC. 243 di cleisiogamia del riso, il quale è descritto e figurato come pianta i cui fiori si aprono regolarmente; tuttavia non è man- cato chi anche pubblicamente abbia accennato ad una suppo- sizione che il riso fosse cleistogamo. Di fronte a questi dubbi, ho voluto tentare l'indagine dei fatti, e nei mesi di Luglio e Agosto dello scorso anno (1908) mi diedi allo studio della fiori- tura del riso. Devo qui anzitutto ringraziare il dott. Carlo Rognoni di Binasco, il quale gentilmente mi permise di raccogliere nelle sue vaste risaie gli esemplari a me occorrenti e mi diede delle preziose indicazioni sui caratteri e sulla vegetazione delle di- verse varietà scelte. Dalle suddette risaie io cominciai ad asportare dei rigo- gliosi esemplari colle pannocchie ancora chiuse nelle guaine, ma prossime ad uscire. Tali esemplari, le cui radici bagnate furono subito accuratamente avvolte in modo che non perdessero l'acqua, furono da me immediatamente trasportati in laboratorio e messi separatamente in alti vasi di vetro nel cvii fondo era stata prima deposta della terra, e in cui fu poi sempre mante- nuta l'acqua alla debita altezza. Gli esemplari cosi disposti e tenuti sempre all'aperto in un sito dove potevano essere bene soleggiati, vegetarono ottimamente, sviluppando regolarmente le pannocchie e dando affidamento di compiere in modo normale tutti gli atti della fioritura e della fruttificazione (i quali del resto furono controllati col confronto di altri esemplari cre- sciuti in risaia'. Prima di passare all'esposizione dei fatti osservati, sarà opportuno ricordare che il riso ha un' infiorescenza a pannoc- chia composta, con spighette aventi un solo fiore ermafrodito, glume molto piccole, la glumetta inferiore con cinque nervi, mutica o aristata, la superiore con tre ; due squame perigoniali, sei stami, ovario ovato, glabro, due stili con stimma a pennello. La cariosside è schiacciata ai lati e rimane a maturazione vestita delle glumette. Molto affine al riso è la Leersia oryzoides Schrad., pianta selvatica comune nei fossi e stagni dell'Italia alta e media, della cui cleistogamia già ci siamo occupati. Le differenze fra le due piante sono cosi piccolo, che molti autori considerano anche la seconda come una specie del genere Oryza, cosicché anche nelle Flore italiane dell'ARCANGELi e di Cesati, Passerini e Girelli essa è indicata sotto il nome di 244 IVnCHELE ABBACO Oryza clandestina Al. Br. Essa si distingue dal riso per man- canza di glume alle spighette, per la glumetta inferiore tri- nerve, la superiore uninerve e per possedere solo tre stami. Questa pianta e il riso sono le due sole Orizee vegetanti in Italia. Come abbiamo visto, la Leersia Oryzoides è anfigama, però la sua cleistogamia non avrebbe potuto assolutamente for- nire nessun indizio relativamente ad un'eventuale cleistogamia nel riso, poiché il fenomeno, come già è stato notato nella prece- dente memoria sulla Cleistogamia, è del tutto indipendente anche nelle specie più vicine; in realtà noi vedremo che i fatti presentati dal riso sono ben differenti da quelli che si osser- vano nella pianta affine. La fioritura del riso è stata sommariamente descritta da Koernicke; però già nella Flora di Cesati, Passerini e Gibelli troviamo affermato che le due glumette sono appena socchiuse durante la fioritura, e vediamo una figura che le rappre- senta appunto pochissimo divaricate; poiché gli stimmi sono rappresentati sporgenti al di fuori, convien dire che i fiori esaminati avevano già sorpassato il momento della fioritura, giacché le glumette, come vedremo, si divaricano in realtà molto di più. Secondo Koernicke (loc. cit.), la fioritura avverrebbe nel seguente modo : L' apertura dei fiori avviene a cominciare dalla cima della pannocchia e pare proseguire per tutto il giorno. Mentre le glumette si aprono, le antere, ancora chiuse, compaiono al di fuori e s'inclinano; più tardi i filamenti si piegano in modo che le antere restano capovolte e pendenti. Esse si aprono cominciando dalla punta e per tutta la lun- ghezza, e il polline secco cade. Dopo l'uscita delle antere, le glumette seguitano a divaricarsi, gli stimmi escono, oppure rimangono fra le glumette, ma accessibili al polline estraneo. In seguito gli stimmi usciti si ritirano di nuovo fra le glumette che tornano a rinchiudersi; però spesso restano anche fuori, sporgendo ancora dopo la chiusura delle glumette. Il riso è dunque allogamo. Però, come già ho accennato in principio della presente memoria, e come vedremo meglio ora, le mie esperienze mi hanno condotto a risultati alquanto diversi per riguardo a certe particolarità. (1) Flora indica. LA CLEISTOGAMIA NELLE GRAMINACEE ECC. 245 Aggiungerò che Roxburgh (*) dice che nella sua varietà 2, coi fiori ermafroditi sono mescolati altri soltanto maschili o femminili o senza sesso. Anche nella sua varietà 1 esistono fiori solamente femminili. Gli esemplari per le mie esperienze appartenevano a tre varietà scelte a caso fra quelle che più presto presentarono piante avanzate nello sviluppo ; tali varietà sono : I Chinese^ II Nero Vialone, III Lencino a resta bianca. Gli esemplari della prima e della terza varietà cominciarono quasi subito a svilup- pare pannocchie, mentre quelli della seconda attesero ancora alcuni giorni. Le mie ricerche intese a scoprire eventuali casi di cleistogamia dapprincipio riuscirono completamente infrut- tuose : le prime pannocchie delle varietà I e III risultarono com- pletamente casmogame. In attesa di nuovi fatti, intanto che si producevano sempre nuove pannocchie, volli approfittarne per studiare il processo del loro sviluppo e la fioritura dei fiori casmogami, come pure per far delle prove di fecondazione. Le pannocchie del riso si liberano di solito molto lenta- mente dalle guaine, in modo che le ramificazioni inferiori spesso restano ancora rinchiuse per molto tempo dopo l'uscita della parte superiore e occorrono parecchi giorni perchè tutta la pannocchia sia completamente libera. Talora, come ho già detto altrove, la guaina comincia ad ajDrirsi verso il mezzo della pannocchietta superiore, in modo che l'apice di questa rimane ancora rinchiuso e allora essa si curva infuori colla parte libera, la quale resta cosi la prima ad aprire i fiori. Normalmente però l' antesi comincia nella parte alta della pannocchietta, un po' sotto alla sommità e prosegue verso il basso, estendendosi con un po' di ritardo ai fiori della sommità; essa si inizia al mattino verso le nove e prosegue fin quasi alle dodici, ora in cxtì i fiori sono di nuovo tutti chiusi. In una mattina sola è raro che si aprano tutti i fiori della pannocchietta superiore; una parte maggiore o minore di essi si apre al domani, mentre quelli delle pannocchiette inferiori, naturalmente, possono solo aprirsi in seguito e a poco a poco, a misura che vengono alla luce. I fiori prossimi ad aprirsi si riconoscono facilmente anche dall' esterno, poiché, osservati per trasparenza, lasciano vedere che i filamenti degli stami si sono allungati e le antere, che prima stavano in basso, coli' estremità inferiore all'altezza dove finisce l' ovario, ora si sono portate sotto all'apice delle glumette. 246 MICHELE ABRADO Appena qxaeste, prima fortemente agganciate per tutto l'orlo, sotto la pressione delle squamette perigoniali clie si gonfiano, cominciano a scostarsi, le antere escono, i loro filamenti conti- nuano ad allungarsi e si piegano verso il basso, capovolgendo le antere clie allora deiscono e versano nell'aria il loro polline. Intanto le glumette continuano ad allontanarsi, venendo infine a fare un angolo di circa 60°, in modo da permettere agli stimmi di scattar fuori per elasticità, uno da un lato, l'altro dall'altro del fiore. Talora però la divaricazione delle glumette non è tale da permettere l'uscita degl stimmi; essi restano fecondati ugual- mente, per restando internamente. Dopo breve tempo le glumette tornano a rinchiudersi; gli stimmi o restano fuori o si ritirano, e le antere rimangono fuori vuote e in breve avvizziscono. L'ovario si sviluppa rapidamente, prendendo dapprima la forma d'un cornetto un po' rigonfio che riempie solo una glumetta, e poi diventando ovale e riempiendo l'intero spazio eh' è compreso dentro alle glumette. Come si sa, queste sono persistenti e la cariosside, anche quando è matura, rimane vestita. Le prove di fecondazione da me tentate sono di due specie: le une d' incrociamento fra varietà diverse, le altre d'autofe- condazione. Queste avevano pel momento una grande importanza perchè, supposto un esito negativo, sarebbe stata esclusa a priori la possibilità della cleistogamia. L' incrociamento fu tentato fra il polline della prima varietà e gli organi femminili della seconda e della terza. Per produrre l'impollinazione, sceglievo negli esemplari di queste dei fiori prossimi all'antesi, li isolavo asportando i vicini, ne apriva le glumette e recidevo gli stami badando che le antere non si aprissero ; poi staccavo delle antere mature della prima varietà e con esse impollinavo gli stimmi dei fiori suddetti e infine ne riavvicinavo le glumette, lasciando per maggior sicurezza le antere dentro di esse. Infine chiudevo la spighetta dentro a un tubetto di vetro chiuso al disopra, per impedire l'accesso di altro polline. Le mie prove riuscirono, poiché do])o breve tempo potei osservare gli ovari già notevolmente sviluppati. Il risultato dell' incrociamento è, come si vede, tale da far supporre che si potranno tentare nella pratica agraria delle ibridazioni fra varietà diverse di riso, colla speranza di otte- nere delle nuove varietà intermedie. Per le prove d' autofecondazione scelsi la prima e la terza LA CLEISTOGAMIA NELLE GRAMINACEE ECC. 247 varietà. Isolai dei fiori asportandone i vicini, e li copersi con dei tubetti di vetro, aspettando l' antesi ; non appena le antere cominciavano a far capolino fuori delle glumette, le staccavo e con esse impollinavo gli stimmi dello stesso fiore. A parte poi sperimentavo la germinabilità dei granuli pollinici. Anche qui ebbi per risultato lo sviluppo degli ovari. Con ciò il riso risultava fertile per autofecondazione. La prima pannocchia sviluppatasi dagli esemplari della se- conda varietà aveva tutti i fiori casmogami ; di essa mi servii per le prove di incrociamento che ho descritto. Ma quando, alcuni giorni dopo, cominciarono a svilupparsi dallo stesso cesto due nuove pannocchie, io fui sorpreso di non vedere nessun fiore ad aprirsi. Staccai allora un fiore e ne scostai le glumette ; allora trovai che, benché i filamenti staminali non si fossero ancora allungati e le antere fossero ancora al livello degli stimmi, due di queste erano già aperte e perdevano il polline, e le altre, invece di mostrare il color pallido solito in quello stadio, ave- vano già il color giallo-oro della perfetta maturazione. Esaminai allora parecchi altri fiori, usando la massima cura per esser certo che la deiscenza delle antere non fosse prodotta dalla pressione delle mie pinzette (d' altra parte il colore e l' aspetto delle antere non potevano lasciare dubbio sulla loro maturità) e sempre trovai che in u.n certo momento, mentre le glumette erano ancora chiuse e le antere stavano ancora nella loro posizione primitiva, cioè alla stessa altezza degli stili e stimmi, queste si aprivano e versavano il loro polline sugli stimmi stessi. In altri fiori già più progrediti nello sviluppo i filamenti s'erano allungati fino a portare le antere in alto, sotto l'apice delle glumette chiuse, e allora gli ovari s' erano già allungati e presentavano la carat- teristica forma di corno. Alla fine poi di solito avveniva che alcune o anche tutte le antere, già aperte, si spingevano attra- verso gli orli delle glumette, venendone appena fuori o rima- nendo impigliate fra esse, e sporgendo in ogni caso in posizione eretta. suU' apice delle glumette stesse. Le pannocchie alla fine presentavano appunto la caratteristica di avere quasi tutti i fiori colle antere avvizzite sporgenti in posizione eretta dal- l'apice delle glume, mentre gli ovari col loro sviluppo dimo- stravano d'essere stati veramente fecondati. Le due pannocchie in discorso non produssero che rarissimi ed isolati fiori casmo- gami che dopo la fioritura si distinguevano dagli altri per 248 MICHELE ABBADO le antere pendenti da filamenti sporgenti dai bordi delle glu- mette. Le stesse cose avvennero pure nelle altre pannocchie clie dall' esemplare in discorso e dagli altri della stessa varietà si svilupparono in seguito, Puna dopo l'altra; quasi tutte pre- sentarono in grande prevalenza fiori cleistogami frammisti a pochi casmogami ; su diciotto pannocchie aj'pena due, oltre quella già citata, si mostrarono costituite quasi esclusivamente di fiori casmogami ; in altre tre i fiori cleistogami e i casmogami erano pressapoco in pari numero. Gli esemplari della seconda varietà erano dunque parzial- mente cleistogami. Spinto da tale scoperta, mi rivolsi di nuovo all' esame della prima e terza varietà, i cui esemplari stavano svilup- pando sempre nuove pannocchie e parti di pannocchie. Nella prima varietà non mi fu dato di trovare nessun fiore eleisto- gamo; nella terza invece ne rinvenni qualcuno qua e là isolato in pannocchie per il resto casmogame. La varietà seconda meritava il massimo interesse. Perciò mi procurai un buon numero di pannocchie di piante cresciute in risaia, e trovai che anch'esse erano in massima parte clei- stogame ; quelle con cariossidi già ben sviluppate e vicine alla maturazione si distinguevano ancora sempre per presentare all'apice delle singole spighette alcune antere secche. Devo ag- giungere che le cariossidi degli esemplari da me coltivati, tanto quelle provenienti da fiori casmogami, quanto quelle prodotte dai fiori cleistogami, pervennero a perfetto sviluppo e matura- zione. Altri caratteri differenziali oltre a quelli già detti non mi pare esistano fra i fiori cleistogami ora descritti e i casmogami. Le squamette perigoniali esistono e non presentano alcuna ri- duzione; le antere sono sempre in numero di sei, hanno dimen- sioni normali e non restano chiuse, ma deiscono come in tutte le Graminacee cleistogame; esse non sono nemmeno inlrastig- raatiche. Di più non ho trovato che la cleistogamia fosse doppia; cioè che la fecondazione avvenisse mentre le pannocchie erano ancora chiuse fra le guaine ; infatti nei fiori appena venuti alla luce le antere non erano ancora aperte. In ciò il riso studiato differirebbe dalla maggior parte o forse da ini te le altre Gra- minacee cleistogame note, le quali sono doppiamente cleistogame. LA CLÈISTOtìAMlA NELLE GÌtAMINAdÉE ECC. 249 La varietà in questione è dunque al primo gradino della cleistogamia ; essa non dimostra un adattamento speciale e gli stami hanno ancora la tendenza a venir fuori, tantoché, dopo avvenuta la fecondazione interna, i filamenti s'allungano e le antere vengono a sporgere all' apice della spighetta. Quanto all'agganciamento delle glumette, esso non è pili forte che nei fiori casmogami, quindi la mancata apertura dei fiori non è certo da attribuire ad una maggior resistenza incontrata dalle glumette a staccarsi, bensì alla mancata turgescenza delle squame perigoniali. Per i caratteri morfologici dei fiori cleistogami, il riso Nero-Vialone sarebbe da ascrivere al primo dei gruppi imma- ginati da Hackel per le Graminacee cleistogame, cioè alle clei- stogame facoltative. Infatti i suoi fiori non presentano nessun adattamento speciale alla cleistogamia. Però bisogna notare che Hackel, nella sua distinzione, oltre a un concetto morfologico, include un concetto biologico. E per il primo gruppo questo concetto è che la cleistogamia non sia una condizione nata coll'individuo, ossia già stabilita quando questo è allo stato em- brionale, ma dipenda da condizioni esterne che agiscono durante lo sviluppo. Nel caso nostro è molto difficile il poter affermare che cause speciali abbiano determinato il prodursi della cleisto- gamia, visto che di fianco alla varietà in questione, nella stessa risaia e nelle stesse condizioni di terreno e di clima, vegetavano varietà che diedero esclusivamente fiori casmogami. Se perciò, com'è probabile, la cleistogamia è innata nella varietà in que- stione, bisognerà creare per essa un nuovo gruppo, in cui la clei- stogamia sia considerata non come facoltativa, ma come neces- saria; tale gruppo non potrebbe confondersi col quarto, delle specie anfigame, benché compaiano sullo stesso individuo pan- nocchie casmogame e cleistogame, perchè tutte sono pannocchie composte terminali e isolate su culmi eretti, e nessun adatta- mento speciale si nota nelle seconde né nel complesso, né nei fiori, né nella posizione. Quanto alla terza varietà, Lencino a resta bianca^ la com- parsa di pochi fiori cleistogami in pannocchie in prevalenza casmogame resta pur essa per ora senza spiegazione ; é ten- denza ereditaria, oppure un adattamento di fiori singoli a speciali condizioni del momento? Solo lo studio di altre nuove 250 MICHELE ABBAbO - LA CLEISTOGAMÌA NELLE GRAMINACEE ECC. generazioni potrà, come per la varietà precedente, cosi anche per questa, sciogliere il dubbio. In ogni modo il fatto rende naturale la supposizione che la tendenza alla cleistogamia sia diffusa nel riso e che i fatti da me osservati possano anche essere ritrovati in altre delle numerose varietà che esistono nella coltura ('). (1) L' eleneo delle Graminacee che presentano il fenomeno della cleistojjainia è già stato dato nella lista generale pubblicata nel mio già citato lavoro sulla Clei- stogamia. Credo perciò inutile ripeterlo. Avverto soltanto che in esso ho compreso tanto le specie o varietà la cui cleistogamia, è stata da tutti accertata, quanto quelle in cui solo qualche autore ha osservato casi isolati, , 40, 70, 38 y.; notevole è la straordinaria bre- vità del 2" articolo. L' integumento del palpo è poroso benché in grado diverso in tutti gli articoli; le setole sono in grande prevalenza dorsali e piumate ; il 2^ articolo, il più riccamente dotato, ne porta 6. Epimeri. — Ricoprono presso a poco la metà anteriore della faccia ventrale, sono però ben lontani dal raggiungere il margine laterale del tronco; per forma non differiscono note- volmente da quelli della T. aurita^ per numero di setole riman- gono invece molto al di sotto. Zampe. — Relativamente corte e robuste, per i rapporti di lunghezza tra i singoli articoli ricordano assai la T. vigilans Piers., cui somigliano altresì per il ricco corredo di setole. La 1^ zampa è poco più lunga della metà del tronco, la IV^ ca. quanto il tronco o pochissimo più ; i suoi articoli basali sono ingrossati. I tre articoli basali di ogni zampa sono notevolmente più coi'ti dei tre terminali, la cui kmghezza nelle prime tre paia di zampe aumenta, mentre nelP ultimo paio decresce dal 4" al 6" articolo. Il quarto articolo dell'ultima zampa è poco meno lungo degli ultimi due sommati assieme. Gli artigli sono privi di dente accessorio ed alquanto piìi robusti al 3" e 4*' paio di zampe; in queste inoltre due tra le setole della fossetta unguicolare si distinguono dalle altre per maggior sviluppo ed anche perchè un pò curve e finemente piumate. Organo genitale estemo. Simile a quello della T. vigilans: ciascuna valva genitale con una serie di setole sul margine interno ed un' ajjpendice posteriore fornita di un ciuffetto di poche setole. Le ventose genitali hanno un contorno si;b-poli- gonale. Sbocco dell' organo escretore. — E circondato da un robusto anello chitinoso ed è all'incirca equidistante dall'area genitale e dal margine posteriore del tronco. Nessun dimorfismo sessuale. Habitat. Raccolta nel ruscello di scarico dell'acquedotto di Riva sulla strada del Fonale. Non frequente (studiata in 3 esemplari). 2. T. tridentina. Maglio, n. sp. 256 e. MAGIJO Descrizione dell'immagine. Dhnensioni. — Pressoché doppie di quelle della specie precedente: lunghezza ca. 1,6 mm., larghezza massima ca. 1,1 mm. (* . Forma. — Il contorno del corpo (fig. 3) è approssimativa- mente ellittico con margine frontale tronco ed una leg- gera infossatura al margine posteriore. Colore. — Rosso assai vivace. Integumenlo. — Come nella specie precedente l'epi- dermide è papillosa, negli in- tervalli fra le papille striata; le papille rade e digitiformi, alte ca, 12 /i. Sul dorso 10 grandi scudi chitinosi margi- nali, a contorno bizzarramente sinuoso (cfr. tìg. 3), formanti l'io- •^- come corona a G scudettini Thyas tridentina n. s,.. - Tronc-o .lall.a interni discoidali. Degli scudi t'ai'i'i.'t (liir.sale, ca. M\ X- . . periferici i due maggiori sulla linea mediana del corpo e di questi l'anteriore racchiudente l'occhio impari. Parli hoccaìi. — L'organo mascellare misura ca. 290 n. in lunghezza, ca. 175 in altezza. Il palpo mascellare (fig. 4) robusto ed assai povero in setole è somigliantissimo a quello della T. clypeolala. Einnieri. — A tin dipresso come in T. Ihoracaln Piers, e ricoprenti una piccola parte della faccia ventrale. Zaìtipe. — Somigliantissime a quelle della T. cigi/ans Piers, per robustezza, ricchezza in setole, rapporti di dimensioni dei singoli articoli. La IV* che è la più lunga e ad un tempo la più robusta, specie nei suoi articoli basali, misura ca. 1,2 mm. (1) Conformemente all'uso geì\era.\e defili autori nel computo della lunghezza totale del eorpo sono escluse le estremità (palpi e zampe); Torcano mascellare di rc^Tìla vi è compreso, in caso contrario e dichiarato espressamente. IDRACARINI DEL TRENTINO 257 ed è pertanto ben lontana dal raggiungere la lunghezza totale del corpo ; la prima e più corta ca. 0,650 min. Gli artigli privi di dente accessorio sono anche qui un po' più robusti nelle due paia posteriori ; similmente in queste due fra le setole che Fig. 4. Thyas tridentina n. sp. -- Palpo sinistro della faccia esterna ca. 200 X- accompagnano la fossetta dell'artiglio assumono un particolare sviluppo e s'incurvano debolmente. Organo genitale esterno. — Quasi come nella specie prece- dentemente descritta; sull'appendice posteriore di ciascuna valva un ciuifetto di 7 setole. Habitat. Raccolta in un unico esemplare, di cui non mi fu possibile determinare il sesso, in un ruscello presso S. Pellegrino (*). Sub-Fam. Protziinae. Gen. Protzia Piers. 3*. P. invalvaris Piers., n. var. ? Immagine. Se fedele è il disegno di Piersig (1897-1900, tav. XLV. f. 137 a;, i miei esemplari differiscono parecchio nella disposi- sizione dei corpicciuoli peduncolati che circondano l'apertura (1) Il paesello di S. Pellegrino (ca. 2000 m. s. 1. d. m.) si trova alla testata di una valletta laterale alla vai di Fassa; il rio omonimo é un affluente di sinistra del F. Avisio, 258 0. MAGLIO genitale, poiché intorno a questa sono distribuiti in un largo ovale; la fenditura sessuale poi si apre alla sommità di una gobba notevolmente elevata, com'è facile rilevare esaminando il corpo di profilo. Ninfa. Corrisponde abbastanza nel suo complesso alla recente descrizione di Walter (1907. p. 495. tav. LX. f. 19); l'organo sessuale esterno consta similmente di tre paia di ventose pedun- colate, simmetriche rispetto alla linea mediana del corpo, le due anteriori piti staccate dalle altre, ma di più nell'area genitale si notano 4 setole, al posto delle numerose setole genitali della immagine, e 2 sbocchi ghiandolari posti immediatamente dietro le ventose del 1" paio. Habitat. Ruscelli sulla stada del Fonale presso Riva. (Parecchie Im. ed alcune Nph.). 4. P. brevipalpis. Maglio, n. sp. Descrizione del maschio. Dimensioni. — Lunghezza ca. 1370 -j.. larghezza ca. 860 y. Forma. — Il corpo per forma ricorda molto un himnochares; il tronco sul davanti sporge quasi a semicerchio, sui Iati e dietro è irregolarmente sinuoso; notevole una gobba tra il secondo ed il terzo epimere, che conferisce in tal punto al corpo la sua massima larghezza. Colore. — È rosso; le estremità hanno una tinta ])iìi pallida. Integv mento. — Epidermide papillosa, negli interspazi tra le papille striata; le papille basse e tondeggianti. L" apertura di ogni ghiandola cutanea è circondata da un anello chitinoso, che si collega ad un'armatura chitinosa subctitanea. Oochl. — Gli occhi laterali, pur essendo notevolmente di- scosti dalla periferia del tronco, distano tra loro ca. 400 y.; nessuna traccia di occhio mediano. Parti boccali. — Lunghezza dell'organo mascellare ca. 240 «.; del rostrum,, che è ad apice tronco, ca. 85 ;■>.; altezza massima ca. 150 ■/.: la piastra mascellare presenta posteriormente una marcata insenatura (cfr. fig. 5). IDRACARIM DEI, TRENTINO 269 Il palpo cortissimo presenta quasi la stessa lunghezza del- l'organo mascellare ed è poco meno robusto che gli articoli basali della prima zam})a: i singoli articoli dal primo al quinto sulla loro faccia inferiore misurano rispettivamente 43, 27, 45, 72, 42 u. Quanto a forma esso ricorda la T/ii/a.s cAtj- peolala, però il 4" articolo robusto alla base si assotti- glia in maggior grado ed in guisa jdìù uniforme verso l'apice. Anche il numero e la distribuzione delle setole del palpo sono pochissimo di- L versi, nelle due specie. Epiiiieri. — Gli epimeri del r^ paio sporgono un po- chino dal margine frontale Protzia brevipalpis n. sp. — Organo ma scellare e primi epimeri di un giovane cj • del tronco ; il margine po- steriore del 2" epimere è in- cavato a sella (cfr. Hg. 5). ^'^' ' ^' Caratteristico è l'intervallo che separa il gruppo anteriore d" epimeri dal posteriore benché non cosi grande quale è rap- presentato da Protz (1896, p. 25, fig. 5) e da Piersig per la P. eximia (Protz). Il 4" epimere (fig. 6) per forma e per modo di collegarsi al terzo ricorda la P. squaniofìa Walt. (1908, p. 8, tav. 1 fig. 4). Tutti gli epimeri sono elegantemente reticolati ; le maglie della rete circoscrivono Protzia brevipaip.s n. sp. - .« delle aree finemente porose, e 40 epimere di siiiistrH del maschio. Zampe. — Lunghe rispettiva- <^''- 120 X- mente dalla I^ alla IV^: 798, 825, 904, 1130 V. Oltre a rari, esili peli ed a corte e robuste setole di tipo comune, posseggono di caratteristico delle serie di setole particolari, finemente piumate e ad apice tronco. Setole simili sono descritte da Walter nella P. rotunda Walt. (1908, p. 11) e nel Colony x lalii,s Walt. (1907, p. 494). L'artiglio delle zampe ha la tipica struttura pettinata descritta primieramente 260 e. MAGLIO da Protz (1896, p. 26. f. 6-7j; il pettine però ha un numero maggiore di denti e cioè 14 a ciascun lato del dente principale mediano. L'integumento chitinoso dell'ultimo articolo ricopre dorsalmente a guisa di tetto la fossetta unguicolare e si con- tinua in un lungo sprone. Organo genitale. — I.a fessura sessuale lunga ca. 180 ■■;.. è abbracciata da due labbra fitta- mente seminate di robusti aculei ; attorno alle labbra stanno i corpi peduncolati, per lo più in numero di 20, distribuiti in 4 gruppi sim- metrici ; uno dei corpicciuoli di ciascun gruppo è situato più inter- namente degli altri, che sono ordi- nati quasi in serie; le valve geni- tali sono rappresentate da due sottili strisele chitinose di forma falcata che portano lunghe setole (fig. 7). Esiste una corta, robusta» armatura chitinosa del pene. Shocco del r organo escì^etore. — Quasi equidistante dall'organo ge- nitale esterno e dall'estremo posteriore del tronco. Fig. 7. Protzia brevipalpis n. sp. — Or gano genitale esterno del o • ca, 120 X- Descrizione della ninfa. La ninfa è somigliantissima all'immagine, se se ne eccet- tuano le minori dimensioni e la conformazione dell'organo genitale esterno, rappresentato da soli 4 corpi peduncolati disposti come ai vertici di un trapezio (i due posteriori con peduncolo un po' più lungo degli anteriori). Habitat. Parecchi cT cf" e Nph. nell'Albola (';-. Pam. Hygrohalidae. Sub-Pam. Spere honinae. (1) L'Alhola I- un tlnniicello ;ifflncnte fli destra del SarcjK eiitr.indn nella valle di questo fiunif! non Imi;.'! da Riva esso forma al i^tri del Varone una notevole calcata. IDRACARINI DEL TRENTIMO 261 Gen. Sperchon Kram. 5. S. denticulatus Koen. Di questa specie assai diffusa nel Trentino e comune nella Svizzera, almeno a giudicare dalle molte e diverse località citate da Walter (1907, p. 522) si conoscevano fin qui soltanto la femmina e la ninfa. Il maschio sfuggi probabilmente all'atten- zione degli studiosi per la sua grande rassomiglianza collo S. raginosus S. T. (^) (1902, p. 151-153, f. 1-3), col quale è abbastanza facile confonderlo. Descrizione del maschio. Dimensioni. — Lunghezza del tronco ca. 600 ,£/., larghezza ca. 460 -j.. Forimi. — Come nella femmina. Colore. — Il dorso è di color rosso-bruno, l'organo di escrezione di un rosso vivo, gli epimeri e le estremità verdo- gnoli od anche violetti. Integumento. — La cute rimane molle sui fianchi del tronco e su parte della faccia ventrale, e li mostra la tipica struttura Fiff. Spercon denticulatus Koen. o • — Palpo destro della faccia esterna, ca. 200 V- reticolata che caratterizza il sottogenere Hispidosperchon. La faccia • superiore è occupata quasi per intiero da un grande scudo poroso ; uno scudetto discoidale si trova tra la regione epimerale e lo sbocco dell'organo escretore sulla linea mediana. Parti boccali. — L'organo mascellare è costruito come nella 262 <". MAGLIO femmina ('); il palpo invece ne differisce in più d"un punto. La particolarità più spiccata fig. 8 è la presenza alla base del 4" articolo di una specie di guaina costituita da due pro- lungamenti chitinosi laminari dell' articolo precedente ; una guaina affatto simile esiste pure nel palpo dello S. vaginosus ed è altresì accennata in ambedue specie alla base del 3" arti- colo. Come nella femmina la faccia inferiore del 3" articolo mostra la caratteristica dentellatura che ha fruttato il nome allo S. flpnliridatii!<: essa è però un po' meno pronunciata ed inoltre si nota, esaminando il palpo di profilo, che il tratto prossimale di margine privo di denielli è relativamente j)iù lungo nel maschio che nella femmina; infine nel maschio le due cosi dette " punte tattili ;i del 4" articolo sono più robuste e più vicine 1' una all'altra e le setole del palpo più numerose. Epiinrri. — Occupano circa una metà della faccia ventrale; gli anteriori combaciano tra loro col margine interno, cogli epimeri del 3" paio mediante il margine posteriore; il quarto epimere è quasi quadrato e fornito al inargine posteriore di un largo orlo chitinoso e poroso. Zampe. — Le zampe del maschio differiscono da quelle della femmina perchè posseggono formazioni analoghe a qtielle che contraddistinguono il palpo maschile. Gli estremi distali degli articoli eccettuati il primo articolo e l'ultimo; sono forniti di prolungamenti chitinosi solo di poco più brevi che in .S. rnginoKìis e ad orlo liscio anziché dentellato (' . Organo genilale. — L'organo genitale esterno è conformato come nella femmina; ciascuna valva porta ca. 12-14 pori piliferi sul margine interno e 4 suU* esterno. Il pene è fornito di una (li l^a figura dell'organo mascellare visto dall' allo riprodotta da Piersig(1897 1900. tav. XLVII. f. 150 a) non rende esattamente, a mio avviso. 1' Hspetto cli'esso offre se viene osservato in posto, asportati s'intende i palpi e le mandit)ole; sol- tanto modificando l'inclinazione del suo asse aiitcro-posteriorc si può ottenere una tìKura analoga alla citata, in cui il rostro appare più lungo, la porzione ani.riorc degli acdahHlUiH piii ristretta, la piastra inasccllare più corta di quanto non sicno realmente. (2) Anche nello S. dentiCUlatus dunrpie non meno che nello .V. liciiiense (Maglio 190'j) le speciali formazioni vaginose sono esclusive del niascliio; l'unico divario che intercede fra le due specie consiste in questo, che nelT ultima le »juaine si riscontrano solo nelle zampe, nella prima anclie nel palpo mascellare; dello S. vaffinosus non si conosce la femmina, ina è lecito supporreche anche in questa specie, tanto affine allo S. fìeìltictll'Uns, si verifichi lo stesso fenomeno di dimor- fismo sessuale. IDRACARIXr DEL TRENTINO 263 robusta impalcatura chitinosa, la cui asta terminale ricorda per forma un tipico stilo di fiore col suo stigma. Habitat. Numerose Im. e Nph. nell'Albola. nel Rio di 8. Pellegrino, nelTAvisio presso Moena ('). 6* S. vaginosus S. T. S. r. sig. Thor 1902. p. 151-153. f. 1-3 (^). Approfitto del materiale trentino per compire in alcuni particolari la descrizione fatta su di un solo esemplare dal- l'atitore della specie. Maschio. Colore. — Come nello S. denliculatus Koen. Integnmenlo. — Tanto in questa che nella specie succitata le stesse regioni del corpo hanno l'integumento indurito in corazza; esiste quindi oltre al grande scudo dorsale, che anche sig. Thor ricorda, uno scudetto ventrale di dimensioni maggiori che in S, dentieulatns, poiché comincia presso V organo genitale esterno e raggiunge lo sbocco dell'organo d'escrezione. Parti boccali. — L'organo mascellare è somigliatissimo a quello della specie precedente: anche qui non vi hanno coste sulla parete laterale, che possiede pure un dente, ma assai meno sporgente, quasi appena accennato ; gli aretahtduni sono più tortuosi, foggiati ad S e più ristretti nella loro parte po- steriore, le apofisi della parete superiore più gracili, delimitanti un'insenatura meno profonda, il margine della piastra mascel- lare quasi piano. Il palpo è esattamente descritto e figurato da sig. Thor; solo va notato che la setola maggiore del zaffo è esterna, né più né meno che in .S". clenticulalnf< (sig. Thor la disegna interna) e l'ultimo articolo termina in realtà con tre non con due unghie, una impari mediana e due pari, queste però disposte l'una di fianco all'altra, si da apparire come un'unghia ttnica. se si esamina il palpo di lato. Zampe. — Ciascuno dei due artigli della zampa consta di una lamina basale e di due denti od uncini terminali (forse per un errore di stampa in Sig Thor l'artiglio è detto a tre uncini"); (ij Moena in vai di Fassa si trova a 1200 m. s. 1. d. ni. 264 0, MAGMO per tutto il resto le zampe concordano colla descrizione di quest'autore: in grado ancor maggiore che in S. dentinilnlus gli estremi distali degli articoli si prolungano in caratteristiche guaine, il cui margine a differenza di quarto avviene nella specie testé ricordata è per tratti più o meno estesi nettamente seghettato. Oty/ano genilale. — Anche nello .S". vaginosus il pene è fornito di un robustissimo scheletro chitinoso a lungo stilo terminale (ca. 250 [>.\ 7. S. ticinense multisetosum Maglio, n. var. S. l. Maglio l'JOò, p. 150-152 ; 190(i p. 407-409, f. 1-4 (^T, 9)- Gli esemplari trentini riferiti a questa specie concordano coi tipici esemplari del Ticino nella forma e colore del corpo, nella struttura dell'integumento e delle parti boccali, nella conformazione degli epimeri e dell'organo genitale esterno, infine nella presenza di particolari setole piumate al B"*, 4^*, 5" articolo di ciascuna zampa. D' altro canto differenze costanti, se per loro natura non molto profonde, fanno dei primi una varietà ben distinta. I divari si riferiscono : aj al numero ed alla hmghezza delle setole piumate. L'esame di buon numero d'individui delle due varietà mi ha fornito le seguenti medie relative al numero delle setole piumate: S. ticinense multisetosum S. ticinense iforma tipica) .Sartie. 4 artic. 5 artic. 1 zampa 4 7-8 5-6 H 5 6 fl 10 7-8 III " 6-7 10-12 y 10 IV » 6-8 1-1-16 10-12 3 artic. 4 artic. 5 artic. I zampa 3 4 ti 3 4 II 34 ò 4 111 » 4 fi 7 4-6 IV » 5-6 7-10 5-6 Nella varietà trentina le setole piumate oltreché più nu- merose sono anche più lunghe. Ad esempio negli esemplari del Ticino le 3 setole del 1" e le 3 del 5'' articolo della I*^ zampa misurano ca. 30 v., vale a dire sono appena i)iii lunghe delle altre setole non piumate, mentre nella varietà del Trentino le iDRArAiaXI l>K[, T1{ENTIN() 2()5 setole corrispondenti hanno una lunghezza più che doppia (ca. 70 y. ■ ; quelle della IV^ zampa in quest'ultima arrivano a 110 y. mentre nella prima non superano i 70 u, bj ai due maggiori scudetti chitinosi del dorso. A questo proposito le due varietà non diversificano che nelle femmine, e precisamente negli esemplari del Ticino cia- scun scudetto è oblungo, un po' ristretto dietro, con margine interno qviasi piano ad eccezione di una protuberanza che porta un pelo lungo e fine, in quelli trentini invece è reniforme con concavità volta all'interno, ed il pelo si trova al di fuori della placca chitinosa, liberamente inserito nella cute. cj alla diversa forma dell'apertura faringea. Detta apertura è circolare nella varietà trentina, piriforme nella varietà del Ticino. Quest'ultima differenza però oltre ad essere di più difficile verifica delle altre due, richiedendo la minuta dissezione delle parti boccali, va anche tenuta in minor conto; infatti in tutte le specie di Sperchon ch'ho potuto stu- diare in numerosi esemplari ho constatato che fra le diverse parti dell'organo mascellareP apertura faringea è la più soggetta a variazioni di forma e però non si deva attribuirle che una scarsa importanza sistematica. Habitat. Freqitente allo stadio di Im. e di Nph. nell'Avisio (vai di Fassa); alcuni esemplari nel Noce presso Dimaro ('). S. ticinense Ma. e S. plumifer S. T. (1902, p. 153- 155 f. 4). La nuova varietà di S. ticinense più ancora della pavese si avvicina allo S. plumifer: basta gettare un'occhiata sulle tabelle compilate da Sig Thor per vedere come le medie rela- tive al numero delle setole piumate coincidano sensibilmente nelle due forme. Se poi s'aggiunga la grande rassomiglianza del palpo mascellare e si tenga conto altresì della distribuzione geografica dello *S'. plumifer, che da Walter (1907, p. 525) è ricordato anche per il Ticino, si è indotti a sospettare che si tratti di una stessa specie. Ciò però è da escludersi, almeno in (1) Djmaro in vai di Sole è a m. Tòri s. 1. il. in. •266 <^. MA(;r,ii> quanto è fedele la descrizione che dello S. p/io/ìì/er ha fatto sig. Thor. Infatti V organo mascellare del pìumifer secondo questo autore è arrotondato posteriormente e possiede due deboli coste (FaltenJ sulla parete laterale, mentre nel liciiifuse l'orlo poste- riore della piastra mascellare è rientrante e sulla parete late- rale al posto delle coste, di cui non v'ha traccia, esiste un dente assai sporgente (un po' meno che in S. denticuìatus. : ora non è ammissibile che nell'ambito di una sola specie lo sche- letro delle parti boccali presenti variazioni di tanta importanza. Di più sig. Thor non fa alcun cenno per il plumifer degli scudetti chitinosi dorsali die si riscontrano nel licviense e rappresentano per questa specie delle formazioni, comuni ai due sessi, anche più caratteristiche di quanto non sia l'unico grande scudo dorsale del maschio di X denticuìatus o di »S\ vagmosus, costanti inoltre in tutti gli individui provenienti dalle località più diverse si da permettere esse sole la distin- zione della specie dalle altre tinora note. 8*. S. brevirostris Koen. Le osservazioni fatte sul vivo e lo studio di abbondantis- simo materiale consei'vato mi consentono di portare qualche aggiunta e qualche rettifica alla descrizione, per altro abbastanza particolareggiata, che di questa specie fa il Piersig (1897-19(X), p. 477. tav. XLVII, f. 148 a-d) (*). Immagine. Colore. — La colorazione dello S. brevirostris, una delle forme torrenticole di maggiori dimensioni, è elegantissima. La tinta di fondo è rossa; rosso pure il vaso Malpighiano ma di un tono un po' più caldo ; il tronco poi è come smaltato di areole circolari nere, che segnano ognuna lo sbocco di una ghiandola cutanea; gli epimeri, l'organo mascellare e l'organo genitale esterno d'un verde cupo come nel Curripes /oiìfji/itd/iis Krend., le zampe verdi cogli apici degli articoli rossi. Iiilctpa/tt'/Uo. — La struttura j)apillaic l)en marcata su tutto il dorso non si estende che a una piccola parte della faccia (1) Non mi è stillo possibile coiisultHre quella Uel Koenike (lsy'> p. -110, tav. XIII. f. i 2), che è peraltii) anteriore e con o»fni probabilità presenta le stesse lacune. IDItACAIlINl DKI, TKKNTINO 2G7 ventrale, menti'e nelle restante l' epidermide vi appare regolar- mentre striata; oltre jjoi alle strie ed alle papille ma meno facile a rilevarsi esiste in tutta la cute molle una fìtta punteg- giatura, simile nell'aspetto a quella che si osserva in molte Leherlia e dovuta probabilmente anche qui alla presenza di nu- merosi canaletti, che ne attraversano in buona parte lo spessore. Parti boccali. — Le parti boccali corrispondono nel loro complesso alla descrizione ed alla figura di Piersig; fa però eccezione il dente interno deìVacetabuhim, che nei miei esem- plari è a un dipresso orizzontale con punta normalmente volta all' innanzi e non già curva indietro, come la rappresenta l'autore citato. Zampe. — Un ultimo particolare notevole si riferisce alle setole delle zampe, alla presenza cioè sul lato dorsale degli articoli mediani di setole esili, piumate, allineate in serie, che assomigliano a qiielle della specie jDrecedente salvo la frangia- tura più grossolana e lo sviluppo delle barbe non più predo- minante su quello della porzione assile. Habitat. Frequente come Im. e come Nph. nell'Albola, nell'Avisio e in alcune sorgenti del Pian di Bedole ('). 9*. S. squamosus Kram. Habitat. Un maschio ed una femmina in Pian di Bedole, 10*. S. mutilus Koen. A proposito di questa specie va osservato, che l'epidermide più che di vere papille è fornita di corte listerelle ondulate, debolmente sporgenti alla periferia del corpo; negli intervalli tra cosi fatti rilievi l'epidermide è rigata. In alcuni individui si nota la scomparsa di una delle tre setole inserite presso la base all'esterno del zaffo rudimentale, fatto già rilevato anche da Walter (1907, p. 521). Il numero delle coste sulla parete laterale dell' organo mascellare non corrisponde a quello che si legge in Piersig (1901, p. 163) ma è più che doppio: anziché (1) Neil' estrema vai di Genova a in. 1570 s. 1. d. in. 268 e. MAGr,i() a 4 esse sommano a una diecina, né ciò vale soltanto per gli esemplari trentini, poiché l'ho riscontrato anche in un campione svizzero, cortesemente favoritomi j^er confronto dal Koenike. Nel medesimo, benché meno marcatamente che in quelli da me raccolti, il quarto epimere presenta una forma più vicina alla quadrata che alla triangolare. Habitat. Sorgenti in Pian di Bedole. firn.). 11*. S. Thienemanni Koen. S. T. Koenike li 07 a, p. 133-135, f. 1-3 ($]. Questa specie descritta or non è molto dal Koenike su di un solo esemplare femminile proveniente da Sassnitz é comune nel Trentino, dove presenta alcuni leggeri divari, che concer- nono quasi esclusivamente l' organo mascellare. L'apertura faringea é più rotonda e l'insenatura della piastra mascellare, assai più dolce di quanto mostra la fig. 2 di Koenike; anche i denti interni à^ìV acetabulum appaiono un po' più cttrvi e la doccia boccale più ampia. Le coste della parete laterale sommano 12-14. Nel colore lo S. Thienemanui ricorda il breviroatris ; su di un fondo rosso mattone o rosso-ctipo spicca pure una punteggiatura nera, che corrisponde alle aperture ghiandolari della etite. Maschio. Il maschio non presenta in confronto della femmina dimor- fismo sessuale apprezzabile. Habitat. Sorgenti presso Molina ('), Albola, Sarca di Val di Genova, Rio di S. Pellegrino. (xen. Teutonia Koen. 12. T. primaria Koen. Habitat. Un ruscello in valle di Canal S. Bovo. Sub-Fam. Leberiiinae. (1) Frtenetto ìli Vili di Ledro a in. G40 s. 1. d. rn. IDHACARINI DKr, TRENTINO 269 Gen. Lebertia Neum. 13. L. insignis Neum. L. L sig. Thor 1906 a, p. 784-790, f. 50-53. Habitat. Poche Ira. nell'Albola. 14. L. sparsicapillata S. T. n. var.? L. s. sig. Thor 1905, p. 59-65, fig. 25-31. Una varietà di colorazione della tipica forma norvegese : in questa l'organo escretore colla sua tinta giallastra ha poco risalto, mentre negli esemplari trentini spicca in un bel rosso vivo. . Habitat. Alcune Im. nella stessa località ricordata per la specie pre- cedente. 15*. L. Zschokkei Koen. L. Z. Koenike 1902 a, p. 614. La determinazione della L. Zschokkei e della L. maculosa (Koen. 1902 a, p. 613-614) è stata fatta mediante esemplari di confronto gentilmente avuti dall' autore delle due specie in parola. Non è affatto possibile identificare l'una o l'altra di esse basandosi sia sulla brevissina descrizione data dal Koenike nella sua nota preliminare sia sulla chiave analitica delle specie certe di Lebertia compilata recentemente dal sig. Thor [1907 a. p. 165-172). Si tratta di due forme molto affini, che differiscono essenzialmente per la struttura della cute; ora appunto questa struttura è indicata in modo inesatto da ambedue gli autori citati. Nella L. Zschokkei i rilievi epidermici pur essendo di lunghezza variabilissima mantengono sempre il carattere di listerelle ; dove sporgono alla periferia del tronco o in ripie- gature accidentali dell'integumento simulano delle papille, ma è evidentemente improprio designarli con questo nome. Come tali possono invece essere indicati i rilievi epidermici nella L. maculosa, benché in essi la figura di base anziché circolare sia per lo più quella di una mandorla. Il palpo mascellare, somigliantissimo nelle due specie, ricorda la L. glabra S. T. (1907 b, p. 108, f. 75). 18 270 <;. MANLIO Habitat. Ruscello di scarico dell'acquedotto di Riva: ruscelli sopra S. Pellegrino. 16*. L. maculosa Koen. L. m. Koen. 1902 a, p. 613-614. Habitat. Sorgenti in Pian di Redole. 17*. L. salebrosa rubra Maglio, n. var. L. s. Koenike 1908, p. 343; 1909, p. 72-73, f. 106. La L. s. è specie nota da pochissimo tempo ed in modo incompleto, poiché la descrizione fattane dal Koenike si basa su di una sola Im. di sesso incerto. Crii esemplari da me riferiti alla salebrosa, di giudizio concorde coli' autore della specie cui inviai una femmina in esame, rappresentano tuttavia per la colorazione fondamental- mente diversa e per qualche altra particolarità di minor conto una varietà distinta. Descrizione dell'Immagine. aj caratteri comuni ai due sessi. Forma. — Il contorno del tronco è ellittico ; il margine frontale tra le setole antenniformi presenta una piccola ma marcata insenatura; negli esemplari molto giovani vi ha altresì accenno di una debole infossatura al margine postero-laterale. Gli epimeri sporgono alquanto dal margine anteriore del tronco. Colore. — Rosso con macchie brune. [iitefjutnento. — L'epidermide è tipicamente papillosa: le papille foggiate a basse cupolette tonde sono riconoscibili anche a debole ingrandimento. Palpo mascellare. — Nel palpo si possono citare come ca- ratteristici i rapporti di lunghezza che intercedono tra i vari articoli (cfr. f. 9), poiché contrariamente alla norma il 3" articolo supera in lunghezza il 2", ed inoltre la forma del 4' articolo, clavalo verso l'estremo distale. Quanto alle setole del palpo, (|uasi tutte tincmente jjiumate, è notevole nel 2" articolo l'in- '■erzione delle due superiori distali molto arretrate, nel 3" l'inserzione della distale mediana, vicinissima alla distale dor- IDllAOAIlIM DEL TRENTINO 271 sale; nel 4" infine i due noti pori piliferi dividono la faccia inferiore in tre porzioni subeguali, e dei 5 peluzzi dorsali tre soli sorgono all'apice dell'articolo. Ejìimeri. — Costruiti sul solito tipo delle Leberlia; quelli del 2" paio si riuniscono sulla linea mediana a formare un pezzo gracile e slanciato, che termina con uno stretto orlo posteriore (ca. BO •j.)\ la lunghezza della sutura mediana è di ca. 140 V.. Lebertia salebrosa rubra 9 • — Palpo mascellare destro dalln faccia interna, ca. 300 X. Zamitc. — A un dipresso come nella specie precedente. Gli articoli terminali appaiono leggermente clavati e 1" artiglio normalmente sviluppato. Le setole sono disposte prevalente- mente in corona agli estremi distali degli articoli mediani; mancano setole natatorie. Organo genitale esterno. — Sporge notevolmente dall'incavo epimerale ; le ventose decrescono gradatamente in lunghezza dalla anteriore alla posteriore. Apertura dell' organo d'escrezione. — È priva di anello chitinoso e situata assai all' indietro delle cosi dette glandole anali, molto più presso al margine posteriore del corpo che agli epimeri. hj caratteri della femmina. Dimensioni. — Lunghezza ca. 900 «., larghezza ca. (500 u. 272 e. MAGLIO Palpo mascellavL' . — Lunghezze dei singoli articoli dal 1" al 5» rispettivamente: 22, 68, 72, 100, 32 -j. ('). Organo genitale esterno. — Le valve genitali portano 18-20 pori piliferi sull'orlo interno e 2 presso l'esterno. cj caratteri del maschio. Dimensioni. — Lunghezza ca. 750 t/., larghezza ca. 500 w. Palpo mascellare. — Lunghezza dei singoli articoli dal 1" al 5* rispettivamente: 22, 08, 75, 100, 32 u. Organo genitale esterno. — L' orlo interno di ciascuna valva genitale è fornito di numerosissimi pori piliferi, 40 e più, che nel terzo posteriore del margine si dispongono in serie duplice. Le setole del margine interno lunghe e folte osservate colla immersione appaiono finemente piumate. Presso l'orlo esterno della valva si contano 7-8 pori, ciascuno accompagnato da una corta setola, esile e liscia. Habitat. Sorgenti in Pian di Bedole (O 9) ^ presso S. Pellegrino (9 ? e c^ cT')- 18*. L. Sig Thori Maglio. L. S. T. Ma. 1908, p. 4. Descrizione dell'Ini, (con ogni probabilità una 9)- Dimensioni. — Circa 1 mm. in lunghezza, 0,850 mm. in larghezza. Forma. — Il contorno del tronco è ovale senza traccia di insenature. Colore. — A un dipresso come nella L. insignis Neum. Integumento. — L'epidermide è ad un tempo rigata e punteggiata; la punteggiatura appare già ben netta a debole ingrandimento (a. ca. 135 X? dopo trattamento con potassa caustica); la striatura invece finissima non si rileva chiaramente che coi sistemi ad immersione. (1) Le diinciisioiii riportate sono quelle di uiui leminina a completo svilui)po (li V. di Genova. In un giovine esemplare, con og-ni probabilità pure di se.sso femminile, jiroveniente dalla V. di Fassa, con una lunfrbezza totale del corpo di ea. 750 j*., g\\ articoli del palpo n\ascell;ire misurano rispettivamente 25, 75, 81, 108, 36 K. IDRACARINI DEL TRENTINO 273 Lebertia SigThori Maglio. —Palpo sinistro del r Ini. dal lato interno, ca. 200 x • Palpo mascellare, — Il palpo (fig, 10) presenta nel suo complesso i caratteri propri del sottogenere Mixoleherlia S. T., e tra le specie affini ri- corda particolarmente la L. helvetica S. T. (1906 b, p. 479-480, f. 68). Le lunghezze dei singoli articoli dal 1" al 5" sono rispettiva, mente: 27, 72, 72, 151, 40 y. La nota setola sulla faccia inferiore del 2" articolo è un po' più lunga dell'arti- colo stesso ed alquanto discosta dall'estremo distale; il 3" articolo porta 6 setole finemente piumate, 3 come sempre distali e di esse la mediana in- serita vicinissima alla superiore ; i 2 pori pi- liferi del 4" articolo (faccia inferiore) si tro- vano nel tratto mediano, separati da un intervallo che è soltanto il quinto della lunghezza totale dell'articolo stesso. Epinieri. — La co- razza epimerale rag- giunge uno sviluppo ragguard evo 1 i s s i m o (cfr. f. 11), è un po' più larga che lunga Fig. 11. (ca. 740 e 690 y.) e ri- L. Sig Thori Maglio. — Organo genitale esterno copre buona parte della con parte della regione epimerale. oa. 120 . e ■ i. i„. „i; ^,.1; ^ ■^ ^ faccia ventrale; gli orli liberi e le suture appaiono fortemente ispessiti ; il margine 274 e. MAGLIO posteriore comime al 2" paio di epimeri è assai largo (ca. 60 y.); il 4" epimere presenta un' infossatura appena accennata dell'orlo posteriore in corrispondenza del noto sbocco ghiandolare, che qui non è libero nella cute ma incorporato nell'orlo stesso dell' epimere; sul suo lato esterno il 4" epimere si continua con una marcata espansione, che rimonta lungo il fianco del 3° fino a raggiungere il 2". Zampe. ■ — Sono ])rive di vere setole natatorie, però al 4" e 5'' articolo si nota una setola, che per il suo ptmto d'inser- zione potrebbe essere ritenuta un pelo natatorio rudimentale. L' articolo basale dell' ultima zampa ,'cfr. f. 11) porta sulla faccia superiore 9 setole, sulla inferiore una finissima setola piumata (distale) e 2 peluzzi ; l'articolo terminale della stessa zampa sulla sua faccia inferiore 6 brevi setole-spine, il penul- timo ca. 12. Gli articoli mediani di ttitte le zampe portano ai loro estremi distati inserite a corona lunghe e robuste setole riccamente pitimate. L'artiglio è normalmente sviluppato. Organo genitale esterno. — Non sporge che in minima parie dall'incavo formatogli dagli epimeri (cfr. f. 11). Ciascuna valva ha ca. 15 pori piliferi sul margine interno e 5-6 sul- l'esterno; le ventose sono sttb-rettangolari, le 4 anteriori di eguali dimensioni, le 2 posteriori molto piti piccole; i corpi chitinosi di sostegno assai robusti sopratutto il posteriore, che è fornito nel mezzo di una caratteristica sporgenza tondeggiante. Sbocco delV organo escretore. — È circondato da un robusto anello chitinoso e situato più presso all' area genitale che al margine posteriore del tronco. Habitat. Raccolta in un solo esemplare in V. di Genova fPian di Bedole, in compagnia della L. maculosa Koen. 19*. L. Giardinai Maglio. L. G. Maglio 1908, p. 3 {^). Descrizione dell'Immagine. aj caratteri comuni ai due sessi. forma. — Il contorno del tronco è ellittico ; il margine frontale tra le setole antenniforrai presenta un'insenatura poco ])rofonda, più pronunciata nei giovani individui. IDRACARIM DEI. TRENTINO 275 Colore. — Colorazione generale rosso-bruna; l'organo escre- tore negli esemplari conservati in alcool risalta sul dorso in forma di un corto Y biancastro. Integumento. — Epidermide listata e punteggiata. Le liste- relle parallele decorrono sul dorso a un dipresso longitudinali, sull'addome invece in direzione trasversale; frammezzo alle listerelle e nel loro piano sono sparsi in gruppetti irregolari dei minutissimi punti ; a maggior profondità si osserva una punteggiatura più rada e regolare costituita da punti più grossi e quasi equidistanti. Con ogni probabilità si tratta qui di canaletti, che prima di raggiungere le assise più superficiali della cute si rammificano più o meno riccamente. ParHi boccali. — Nell'organo mascellare sono rimarchevoli per il loro sviluppo e l'accentuata inclinazione all' indietro le piccole apofisi (o della piastra mascellare); pure assai lunghe le grandi apofisi (o superiori), che piegano solo debolmente verso l'alto; la parete laterale dell'organo mascellare s'innalza alla base della grande apofisi in una sporgenza tondeggiante. Il palpo (fig. 12j è simile per forma a quello della L. insignis Neum. e però presenta al 4° articolo la tipica curvatura che si osserva nelle specie del sottogenere Pilo- leherlia S. T. ; le lunghezze dei singoli articoli dal l" al 5" : 22, 70, 63, 108, 36 u; soltanio il 2" ed il 3" Fig. 12. articolo sono distintamente porosi; L. Giardinai Maglio. — Palpo ma- le setole per numero ed inserzione ^^^"''*''*' •^^«^'■° '^^^ '^'H'^'" '^'^"^ ^"^ . eia interna, ra. 200 X- non differiscono che leggermente nella L. Giardinai e nelle specie note di Hexaleherlia S. T. Epimeri. — L'area epimerale si può dire estesissima in ambedue i sessi, ma lo è molto più nel (^ che nella O, tanto da creare un notevole dimorfismo. Zampe. — Presentano articoli terminali debolmente clavati ed artiglio normale. Esse sono riccamente guarnite in setole, di cui le più lunghe e robuste inserite agli estremi distali degli articoli; mancano vere setole natatorie; l'articolo basale della 4^ zampa porta 8-9 setole dorsali, il penultimo articolo ca. 12-14 setole-spine sul lato inferiore, l'ultimo articolo 6-7 (simili alle precedenti ma più corte). 276 e. MAGLIO Organo genilale esterno. — E cain])aniforme ; delle ventose genitali le. 4 anteriori quasi di egual lungezza, le 2 posteriori assai più corte. bj caratteri della femmina. Dimensioni. — Lunghezza ca. 860 ii.\ larghezza ca. 690 a. Epimeri. — La corazza epimerale ricorda molto la L. Sig Thori Ma. specialmente per la forma e lo sviluppo assunti dal 4" epimere, il quale in ambedue le specie presenta una Mm-. Fig. 13. Lebertia (iiardinai Mh(,'1ìo. — Piaccia ventrale del maschio, ca. 130 X- rriarcatissima espansione laterale eil inoltre racchiude nel suo margine posteriore lo sbocco ghiandolare, che di regola nelle Lehertia giace libero nella cute dietro l'orlo del 4" epimere; invece il margine posteriore comune agli epimeri del 2° paio misura appena 30 j-. (la metà della lunghezza raggiunta in L. Sig Thori]. IDRACARINI nEL TRENTINO 277 Organo genilaìe esterno. — Compreso quasi per intiero neir incavo epimerale è limitato da due robusti corpi chiti- nosi. Ciascuna valva porta 10-12 pori piliferi sul margine in- terno, 3-4 presso il margine esterno. Sbocco deW organo escretore. — Pressoché equidistante dal- l'area genitale e dalla periferia del tronco; lo circonda un largo orlo chitinoso. cj caratteri del maschio. Dimensioni. ■—■ Lunghezza ca. 630 u., larghezza ca. 530 a. Epimeri. — La corazza epimerale presenta uno sviluppo non raggiunto in alcun' altra specie nota di Lebertia (cfr. f. 13). Essa racchiude del tutto l' organo genitale esterno e rimonta sui fianchi cosi da formare una striscia ricoprente il margine laterale del dorso. Il confine epimerale posteriore non è identico in tutti gli individui ; in alcuni, come nel caso della fig. 13 si spinge fino allo sbocco dell'organo escretore e l'intera faccia ventrale del tronco è corazzata, in altri invece ne rimane separato da un esiguo intervallo e allora il margine epimerale presenta una intaccatura mediana e dite minori intaccature laterali in corrispondenza dello sbocco dell'organo d'escrezione e delle cosi dette ghiandole anali ; in questi ultimi individui tra l'area epimerale e la periferia del tronco rimane una sottile striscia di cute molle. Organo genitale esterno. — Ciascuna valva porta sul mar- gine interno ca. 15 pori piliferi. I corpi chitinosi di sostegno sono fusi cogli epimeri. Habitat. Lo stesso della specie precedente. Sub-Fani. Hygrobatinae. Gen. Hygrobates Koch. 20*. H. norvegicus imminutus Maglio, n. var. Gli esemplari trentini presentano in confronto alla descri- zione del Piersig [H. fjolyporus 1897-1900, p. 473-474, tav. XLVII, f. 147 a-d) leggere variazioni che contrasegnano una varietà locale. 278 e. MAGLIO Immagine. Dimensioni. — Sono notevolmente minori di quelle as- segnate alla specie dall'autore ricordato; nella femmina ad esempio la lunghezza totale del corpo è di appena 800 'j. Palpo mascellare. — I dentelli del 3" articolo (faccia in- feriore,! sono ridottissimi in numero. Epimeri. — In ambedue i sessi quelli posteriori sono molto vicini agli anteriori, anzi parzialmente a contatto con essi, tanto che il dente chitinoso sub-cutaneo del secondo epimere (estremo posteriore) penetra per buon tratto sotto l'orlo del .S"; il noto sbocco ghiandolare disegnato da Piersig in un largo interspazio di cute molle che separa il 2'* dal 3° epimere qui è incorporato nel 2' epimere. Habitat. Numerosi e/ cf © $ O in sorgenti del Pian di Bedole. Gen. Atractides Koch. (*j. 21. A. nodipalpis (S. T.). Habitat. F. Albola (^ ^). 22. A. gibberipalpis Piers. Habitat. F. Albola, F. Avisio, valle di Canal S. Bovo (cf cf). A. tener (S. T.). L' identiiicazione di (juesta specie da me raccolta soltanto in esemplari femminili è stata fatta in base alla breve diagnosi del Koenike (1909, p. 92, f. 138 b), poi- ché nel lavoro originario del Sig . Thor (1899. p. 39, f. XYII f. 119 a-c) non è descritto che il maschio. Ho (juiudi creduto bene dare i disegni dell'organo genitale esterno (fig. 14), il quale nei miei esera- Fig. \4. })lari è più prossimo al margine Atractides tenor (8. T.)- Organo posteriore del corpo che alla regione genitale esterno della femmina. . i / ^ • . _, , „ y epimerale (contrariamente a quanto 23*. (1) Questo nome generico e qui impiegato come sinonimo di Mi'gnpcs Neiim.. per le ragioni altra volta addotte (Maglio 1907, p. U56-957). IDRACAHINI HKI. TRENTINO 279 dice il Koenikei ed inoltre del palpo mascellare (fig. 15). Molte femmine ovigere raggiungono dimensioni ragguardevoli (ca. 1330 u.), assai superiori a quelle citate dal Koenike (ca. 800 u.). Fifr. 15. Atractides tener (S. T.) — Palpo sinistro della femmina dal lato interno, ca. 200 X- Habitat. F. Albola, F. Fonale ('), F. Avisio. Sub-Fam. Aturinae. Gren. Aturus Kram. 24*. A. crinitus S. T. A. r: S. T. 1902, p. 155-157, f. 5. (J'. — Gli esemplari trentini concordano pienamente con quelli cortesemente prestatimi per la comparazione dall' autore della specie ; in merito però alla descrizione da lui data va notato, che iiel 5" articolo della 4^ zampa tre delle setole prossimali si differenziano dalle rimanenti per la maggiore robustezza, per il fatto di essere piumate ed anche perchè nel vivo sono dirette obliquamente all' innanzi ; che inoltre le setole del margine posteriore mediano del tronco sono caratteristica- mente piumate (a barbe oltremodo rade, lunghe e fini). Habitat. Ruscelli presso Riva, in vai di Ledro, presso S. Martino di Castrozza (rf cf) C). (1) Emissario del lago di Ledro. (2) Nel gruppo dolomitico delle Pale di S. Martino, a ca. 1500 m. s. 1. d. m. 280 e. MAGLIO 25. A. scaber Kra. Habitat. F. Avisio (presso Moenaì. Gen. Hjartdalia S. T. 26. H. LargaioJlii Maglio n. sp. Dedicata all'egregio doti. V. Largaiolli, benemerito illu- stratore della fauna trentina. Descrizione del maschio. Dimensioni. — Lunghezza totale (escluso l' organo mascel- lare) ca. 3lO ii.\ larghezza mas- sima ca. 2(XJ y.; altezza mas- sima ca. ICiO u. hoDìui. — Visto sia dalla faccia superiore (fig. 16) che dalla inferiore (fig. 17) il corpo mostra su per giù la forma della //. rimcinala S. T. (1901, p. 673-676, f. 1-7); se ne distingue però facil- mente perchè il siio margine posteriore mediano ha una piccola sporgenza conica, lato cui sommità tronca si apre la fessura genitale. Visto di lato il corpo, come nella rimci- nala, si assottiglia posterior- mente a bietta, ma la rasso- t'iff- 1*5. miglianza termina qui. Nella Hjartdalia Largaiolli i n. .sji. —Maschio nuova Specie il tronco di pro. filo è affatto caratteristico: il dorso si eleva in cercine alla periferia, mentre nel mezzo forma una bassa conca, donde sorgono nella parte anteriore mediana due gobbe cosi notevoli per altezza da richiamare alla mente i rilievi degli Arrhnììtrxs; ciascuna gobba è accompagnata da uno sbocco ghiandolare e da una robustissima setola, che s'incurva verso la linea mediana incrociandosi colla sua simmetrica (cfr. fig. 16). Anche le altre •lalia faccia dorsale dopo trattiimonto alla potassa caustica, ca. 200 IDHAOARINI DKf, TKKNTr.N'O 281 aperture delle ghiandole cutanee sono contrassegnate da un lubercoletto abbastanza elevato. Colore. — Bruno-ruggineo con vaso Malpighiano biancastro. l'Mff. 17. Hjartdalia Largaiollii ii. sp. — Maschio dalla faccia ventrale, ca. 200 Y. Integi'ìnevto. — Il corpo è racchiuso in una corazza fine- mente porosa formata d'una parte dorsale e d'una ventrale; nn solco divisorio di ci;te molle corre lungo i fianchi tra i due scudi di chitina ispessita. Lo sciido dorsale è percorso da liste- relle chitinose, irregolarmente ondulate (cfr. fig. 16), che spor- gono alla periferia come n%\V Hygrohates caìliger Piers. Occhi. — Disposti come nelVAturus seaber Kra. (e/')- Palpo mascellare. — Il palpo (fìg. 18) offre buoni caratteri differenziali. Il 2° articolo porta nel tratto mediano della sua faccia ventrale 5 zaffi chitinosi, un gruppo prossimale di 2 ed un gruppo distale di 3. I 2 zaffi del primo gruppo sono quasi egualmente lunghi (ca. 11 y. il posteriore, 9 l'anteriore) e tanto vicini tra loro che pare sorgano da una base comune. Dei tre del secondo gruppo 2 sono disposti uno di seguito all'altro (rispettivamente 7 e 5 :■■.) e il B'^' di fianco (ca. 5 y..). 282 e. MAGLIO I singoli articoli dal 1" al 5° misurano rispettivamente 18, 50, 18, 68, 40 u.-. un confronto coi dati forniti dal Koenike (1902 b, p. 59) per la riincinala pone in rilievo la lunghezza relativamente molto maggiore nella n. sp. del 5" articolo. Le setole del palpo sono scarse; il 2* articolo, il più riccamente fornito, ne porta 6, tutte finemente piumate, 2 dorsali esterne, 4 dorsali interne ; le due setole del 4" arti- colo (faccia ventrale] distano dall' apice ca. '/j della lunghezza dell'articolo stesso e sono inserite una di fianco all'altra. Il 5° articolo termina con 2 denti ambedue ri- ciirvi, in maggior grado però il dente infe- riore che è anche assai più robusto del- l'altro. Soltanto il 2*^ ed il 3" articolo del palpo sono distintamente porosi. Ejiiììieri. — Gli epimeri e le placche genitali (cfr. fig. 17) sono fusi in un'unica corazza, che riveste l' intera faccia ven- Hjartdaiil Largaioliii ^^'«^e. Delle suture interpimerali sono ri- II. SI). — Palpo iiiascei- maste una sutura mediana, che divide in lare .lei maschio dal lato ^^q^q incompleto una metà ventrale destra esterno, ca 200 X- , . . -t- n da una sinistra, e a ciascun lato di essa 2 suture pure incomplete, che delimitano in parte i due primi epimeri. Zampe. — Per i rapporti di lungliezza tra i singoli articoli e per il corredo in setole non differiscono gran che nella n. sp. r. is. Fig. 19. Hjartdalia Largaiullii ii. sp. — tiuarta zampa dfl maschia; ulliiuo e ppiiiillimo articoli) (un solo artiglio è ilispf?nato) ca. 275 X- e nella rnnciiuita. L'articolo basale della 4'^ zampa abbraccia come una guaina (cfr. fig. 17) l'estremo prossimale dell'articolo contiguo e si prolunga in un acuto sprone. Il penultimo arti- colo della 4** zampa (fig. 19) presenta gli stessi adattamenti ii)RA(;akini dhf, tkkntino 283 noti per 1'//. runcinala. Nella u. sp. è inoltre leggermente mo- dificato l'ultimo articolo, in quanto sulla sua faccia inferiore presso l'estremo prossimale sorge un tubercolo munito di due fini setole. Organo genitale. — La fessura genitale cortissima si apre alla sommità d'una piccola sporgenza all'estremo posteriore mediano del tronco, ed è visibile tanto dal dorso che dall'ad- dome (fig. 16 e 17). Come nell'/f. runcinata le 2 piastre genitali fuse cogli epimeri arrivano in prossimità dell'inserzione della 4'^ zampa e portano un buon numero di piccole ventose. Esiste una robusta armatura oliitinosa del pene. Sbocco dell'organo escretore. — Non periferico come in runcinata, ma supero (cfr. fig. 16), presso il margine posteriore dello scudo dorsale. Habitat. F. Fonale presso Molina di Ledro. Gen. Feltria Ivoen. 27*. F. muscicola Piers. Le femmine concordano pienamente colla descrizione di Piersìg. I maschi differiscono solo per il fatto, che in essi i due scudetti posteriori al grande scudo dorsale anziché fon- dersi tra di loro rimangono autonomi. La distanza interoculare (cito questo dato che manca al Piersig perchè di notevole importanza sistematica nel gen. Feltria) è di ca. 85 u. nella femmina, di appena 60 y.. nel maschio. Anche le ninfe corrispondono in tutti i loro particolari alla descrizione ed alle figure~dell' autore suddetto, eccetto che nella struttura dell' epidermide ; essa è disegnata da Piersig come punteggiata o minutamente papillosa, mentre nei miei esemplari appare percorsa da liste in tutto simili a quelle che si osservano nell' Ira., benché assai più rare. Habitat. F. Erto e , F. Avisio (cf, 9, Nph.). 28*. F. rubra Piers. (1) Affluente destro dell'Albola. 284 C'. .MA(iLI() ^. — (Jol grande scudo dorsale sono intimamente fusi i due scudetti posteriori accessori ('). Toltone questo particolare e le dimensioni alquanto minori vi ha piena concordanza coi dati di Piersig. Habitat. F. Erto, F. Avisio. 29. F. minuta Koen. Determinata per confronto con esemplari tipici chiesti al Koenike. Nella chiave analitica di Piersig (^1901, p. 231) la F. mi/iula è contrapposta a tutte le altre specie congeneri come fornita di un ben spiccato Riickenbogenfurche ; ora ciò non ha ra- gione di essere, perchè a tal proposito non vi ha alcuna dif- ferenza essenziale tra la F. w.inula e le altre Feltria. Per quanto poi concerne gli esemplari trentini, ho potuto accertarmi me- diante appropriato trattamento alla potassa caustica, che sotto alla cute molle e listata manca ogni traccia di corazza chitinosa subcutanea. Habitat. S. Pellegrino, Passo di Polle (-), Moena, Pian di Bedole. 30*. F. composita S. T. 9 . — La forma dello scudo dorsale è uu pò* diversa da quella descritta e figurata da Walter (1907, p. 541 tav. LXII, f. 40) e. la sua larghezza massima cade un po' innanzi la metà. Habitat. Passo di Rolle, Pian di Bedole. 31*. F. Georgei tridentina Maglio, n. var. F. G. Piersig, 1899, p. 548 (cT); 1903, p. 38, tav. II*, f. 10-11 (^). (1) La presenza o mancanza di questi scudetti e tanto meno la loro maggiore o minor distanza dallo scudo principale non deve quindi essere scelta a i;ritei-io di distinzione specifica, come ha fatto Piersig nella sua cliiave analitica del gen. Feltria (1901, p. -ÌM). {2) Il Passo di Rolle tra 5. Martino di Castroz^a e Paneveggio è alto ca. 2000 m. s. 1. d. m. initAflAKlM l>KI, TIIEN'I'INO Descrizione della femmina. ^85 Dimensioni. — Lunghezza del tronco, escluso V organo ma- scellare, ca. 430 y..; esclusi anche gli epimeri, che sporgono dal margine frontale, ca. 390 u.; larghezza massima ca. 300 u. Forma. — Il corpo visto dal dorso offre un contorno a un dipresso ellittico (cfr. fig. 20), però molto approssimativamente perchè non solo il tronco si re- stringe un po' air indietro, ma il suo margine anteriore è assai spor- gente ed il posteriore offre una spiccata intaccatura mediana. Colore. — Brimo-ruggineo. Occhi. — Gli occhi che risal- tano per il loro pigmento nero si trovano addossati al margine late- rale-anteriore del grande scudo dorsale, molto vicini alla linea mediana del coi-po : la distanza interoculare è di appena 55 «. Integumento. — In buona parte del tronco la chitina dell' integu- Feltria Georgei tridentina n. v. mento s'inspessisce e s'indurisce — Femmina dalia taccia dorsale, dopo Dii 1 azione della potassa caustica, ca. 90 X • ove rimane molle la,, . .' ,,,,», , . . , (La spieffa/.ione delle lettere n(d testo). cute è listata; le liste hanno uu de- corso ondulato ma in prevalenza parallelo alla periferia del corpo ; in pochi punti si dirigono normalmente ad essa ed ivi sporgono come minuti dentelli (cfr. fig. 20 a, h). Nel dorso si nota un grande scudo chitinoso di aspetto reticolato, dietro al quale stanno 4 scudetti accessori, che affiorano soltanto colla loro parte centrale finemente porosa, mentre alla periferia sono ricoperti dalla epidermide listata. Uno scudetto simile si osserva ancora a ciascun lato del tronco fra la regione epimerale e la ge- nitale. Tra gli angoli posteriori-interni degli epimeri del 4" paio esiste come nella F. clipeata Piers, un corpicciuolo chitinoso na- scosto quasi per intiero nella ciate. Lo scudo principale del dorso è perforato da 4 sbocchi ghiandolari; in ciascuno degli scudetti accessori si osserva pure l'apertura di una ghiandola cutanea; parecchie altre si trovano sparse nell'integumento molle, dove inoltre si possono vedere dei particolari orifici (fig. 20, e.) non 19 ■2S(i accompagnati dalla solila placchelta chitinosa con setola ma circoscritti unicamente da due sottili labbra ispessite. Attraverso l'integumento molle del dorso si fa anche la communicazione coli' esterno dell'organo escretore fig. 20, d). Le setole anten- niformi sono lunghe, fini, ricurve all' indietro. Palpi mascellari. — Visti sia dalla faccia dorsale che dalla ventrale appaiono assai più robusti che gli articoli basali della 1* zampa. Il 4" articolo ristretto alla base raggiunge nella sua porzione mediana a un dipresso la larghezza del 2": appare tuttavia più caratteristico di profilo (fig. 21), perchè la sua faccia esterna sporge ven- tralmente ad angolo ot- tuso sopravanzando di molto la interna, mentre tra l'una e V altra la faccia inferiore è avval- lata in una dolce conca. Le due note setole tat- tili del 4" articolo sono inserite poco oltre la metà quasi l'una di fianco all'altra, la più robusta sulla parete esterna. Per la distribuzione delle al- tre setole del ])alpo, l'iiipi piiittosto scarse, cfr. la fig. 21. h'jii//ien'. Sono ])oco caratteristici. L'estremo ])osleriore comune al ])rimo grup])o d'epimei-i si |>roliuii;a in una robusta apofisi sottocutanea unciniforme, che jienetra per buon tratto sotto al terzo epimere. Un largo orlo chitinoso pure sub-cutaneo accompagna il iiuirgine intei-no del 3" e 4" epimere, nonché il margine posteriore del 4", che decorre all' incirca rettilineo e normale alla linea mediana. Il 4" epimere sul suo lato esterno si continua in una piaccia chitinosa a pori molto ampi, si da ricordare la corazza degli Arì-henurus ; invece la chitina degli epimeri propriamente detti, come del resto quella delle estre- Fi-. 21. Feltria tleorgei tridentina ii. \ mascellari (Iella IV'iiiiiiiiia. ca. lióO \. IDRACARINI DEL TRENTINO 287 mità,_ è attraversata da pori minutissimi. Qua e là specialmente in prossimità dei margini epimerali qualche rara, esile setola. Zampe. — Senza notevoli particolarità. Come nelle specie congeneri sono prive di peli natatori e fornite soltanto di corte setole a pugnale, che in gran parte formano corona all'estremo distale degli articoli: parecchie di esse pitimate. L'artiglio delle zampe è a tre denti. Organo genitale eslerno. — Somigliantissimo a quello della F. clipeala Piers. Lo sviluppo delle placche genitali è tale, che il loro margine esterno riesce visibile dal dorso. Ciascuna placca presenta una striscia lungo l'orlo interno priva di ventose ed all'angolo anteriore-interno un gruppo isolato di 4-6 ventose. Sìioeco de W organo escretore. — Supero e qttasi equidistante dallo scudo jirincipale e dal margine posteriore del dorso (fig. 20, d). Descrizione del maschio. Dimensioni. — Lunghezza ca. 380 y. (escluso l'organo ma- scellare); larghezza massima ca. 255 u. forma. — Il corpo si restringe all' indietro in grado un po' maggiore che nella femmina; il suo margine posteriore è piano od offre tutt'al piti in alcuni individui tina leggerissima insenatura mediana. Colore. — Come nella femmina. Occhi. — La distanza interoculare è di ca. 50 y.; la zona pigmentata dell' occhio è ricoperta dallo scudo dorsale. Integumento. — Ad eccezione di una sottile striscia periferica di cute molle e listata la faccia dorsale del tronco è ricoperta da un unico grande scudo chitinoso, che ne riproduce abba- stanza fedelmente il contorno. Le setole antenniformi sono come nella femmina relativamente lunghe e sottili e curve all' indietro e verso la linea mediana. Palpi. — Li complesso simili a quelli della femmina ma più tozzi e robusti. Il 2'^, 3°, 4'- articolo visti dalla faccia supe- riore 0 dalla inferiore appaiono su per giù della stessa gros- sezza, una mezza volta più degli articoli basali della 1* zampa. Il 4" articolo è a base assai più larga che nella femmina. Epimeìn. — All'incirca come nell'altro sesso toltone un piccolo divario al 4" epimere sul tratto interno del magine posteriore, il quale in corrispondenza del contiguo sbocco ghian- 288 ^- MAGLIO dolare presenta una rientranza, simile a quella figurata da Piersig nella F. clipeata O (1887-1900, iav. LI, f. 198 a). Zampe. — Analogamente a quanto si osserva in quasi tutti i maschi delle specie note di Felina l'ultimo articolo della 3* zampa è caratterizzato da un organo ])articolare risultante dalla fusione di un certo numero di setole, che originano dal lato ventrale dell' arti- colo. Nel caso nostro Kis- 'i-'. (fig. 22) esso ricorda per Felina Ueorgei tridentina ii. v. - Ultimo ar- fo^j^a il becco della ticolo (Iella terza zampa rlel ma.scÌHo. ca. 100 X- ^ • Loxia curviroslra e cia- scuna sua metà lascia facilmente riconoscere le 3 setole di cui è costituita; a questa specie di becco fa come di base una protuberanza della faccia inferiore dell'articolo. Or colle due bran- che talora biforcate ; zampe giallognole. Integumento. — Fio. 23. Torrenticola elliptica Maglio n. sp. — Regionedor sale anteriore della femmina, ca. 120 X- 292 e. MAGLIO La cute come nelle specie congeneri è quasi dovunque ispes- sita in corazza. Gli scudi dorsali non raggiungono la periferia del tronco (fig. 23); lo scudo principale porta le " Flecke ;i distribuite in due gruppi oblunghi ai lati dell'organo d'escre- zione; normale è la posizione degli scudetti accessori. La co- razza chitinosa è attraversata da pori-canali assai più minuti che nella specie precedente, 1-1,5 ,". in diametro: anche qui a ciascun canaletto corrisponde verso la superficie lina areola minutamente punteggiata, in questo caso però di diametro notevolmente superiore a qi;ello del canale. La striatura dell'integumento molle è assai più grossolana che nella T. Magìioi. Parli hoccali. — L'organo ma- scellare è lungo ca. 315 //., di cui 115 pertinenti al roslmm. I singoli '''^" ^^' articoli del palpo (fig. 24) misurano Torrenticoia eiiiptica M;igiio n. ^^\ ^o ^^ 50 rispettivamente : 21, 94, sp. — Palpo sinistro della feminin;i ._ „ . ,„ t 1 u i 1 ^é • 1 dal lato esterno ca. 200 X • ^^' ^^[ ^^ '"' ^ ^^^^zza del 4* articolo all'apice è eguale ai "i^ dell'altezza alla base (18 e 27 /'.); siccome questa differenza non grande di per sé si accompagna ad una lunghezza totale assai rilevante, ne deriva all'articolo stesso una marcata gracilità e snellezza di forma. All'estremo distale del 2" e piii del 3" articolo esistono prolungamenti chitinosi a guaina abbastanza pronunciati (fig. 24). Epimeri. — Gli epimeri del 4" paio dietro all'organo geni- tale esterno sono fusi in una piastra comune a margine poste- riore tondeggiante fcfr. fig. 25), che giunge fino allo sbocco dell'organo escretore. Zampo. ■ — Come nelle s}iecie congeneri ])rive di setole natatorie; gli apici distali degli articoli si prolungano in corte guaine chitinose dentellate all' orlo libero. Organo (jcnilale esterno. — Per numero e disposizione delle ventose presenta i caratteri propri del gen. TorreiUicoìa. hj caratteri della t'emmina. Dimensioni. — Lunghezza ca. 880 /'. (escluso 1' organo ma- scellare); larghezza massima ca. 540 /'. ITtRACARIXI DEL TRENTINO 293 Disianza interoculare. — - Circa 158 //. Epimeri. — Gli epimeri del 1" paio non raggiungono l'area genitale; il loro estremo comune posteriore ne dista ca. 30 //. Organo genitale estemo. — Misura in lunghezza ca, 190 //.; la sua larghezza massima (tra gli angoli anteriori esterni) è di ca. 170 //.; la larghezza minima ca. 110 ,". Per posizione si può dire quasi equidistante dai margini anteriore e posteriore del corpo. Organo d'' escrezione. — Lo sbocco dell'organo escretore è a ca. 80 /'. dall' estremo posteriore del tronco. Uova. ■ — Le uova sieriche hanno un diametro di ca. 150 ft. cj caratteri del maschio. Dimensioni. — Ca. 760 /f. in lunghezza, 430 /*. in larghezza. Epimeri. — Sutura mediana comune agli epimeri del 1" paio di lunghezza più che doppia rispetto alla femmina, (fig. 25). Organo genitale esterno. — E lungo ca. 170 //., e quasi della stessa larghezza all'estremo ante- -^l'- - Maschio dalla faccia ventrale. riore (ca. 1*25 ,".) ed al posteriore (ca. 110 n.). Fig. 25. Torrentioola elliptica Miiglio n. Descrizione della ninfa. La ninfa della n. sp. è simile alla ninfa della T. anomala (Koch), qual'è descritta e figurata da Walter (1907, p. 508, tav. LXI, f. 30-31). I leggeri divari riscontrati si riferiscono: aj al maggior scudo dorsale, il cui margine anteriore non è proprio tondeggiante ma forma più o meno nettamente un angolo mediano e due laterali ; inoltre esso mostra già ben manifeste e divise in due campi come nell'adulto le caratteri- stiche u Flecke 5?. bj agli scudetti dorsali accessori, tutti e quattro autonomi. fj alla regione epimerale (cfr. fig. 26). Gli epimeri sono 294 e. MAGLIO quasi completamente divisi da una spaccatura mediana in due metà simmetriche; il 4° epimere rimonta sul fianco cosi da ab- bracciare tutto il 3" epimere e parte del 2" ed al suo margine esterno è fornito di un orlo chiiinoso. Un orlo simile si osserva anche al mar- gine posteriore dell'organo sessuale provvisorio. Walter non dà alcun partico- lare sulle parti boccali: nella ninfa della T. elliplica il zaffo chitinoso del 2° e del 3° articolo del palpo manca della lunga setola, che lo FlJ?. 26. TTT " accompagna neli Im. Torrenticola ellipticaMagliu n. sp. — Epimeri ed organo genitale esterno della ninfa, ea. 120 X- IliHACAlilNI hKT, TKKNI'INd 295 PUBBLICAZIONI CITATE Koenike F. 1895. Neve Sperchon- Arlen aus der Schweiz. Rev. suis. d. Zool. et Ana. d. Mus. Nat. de Genève. Ill, p. 415-427, tav. XIII, f, 1-12. 1902 a. Adit neue Lehertia-Arten, eine Arrenurvs und eine neue Atractides-Art. Zool. Anz. XXV, p. 6I(>-616. 1902 b. Ueb. ein paar Hydrachniden a d. Schwarzwald nebst Beschreibimg V01I Feltrici ìuinuta Koen. cf a. d. RItdtikon. Mitt. Bad. Zool. Ver. li, Nr. '7,^ p. 45-68 tav. 1, f. 1-15. 1907 a. Zwei iinbekannte Sperconiden u.eine Curvipes-Spezies, Abh. Nat. Ver. Bremen, XlX, p. 133-138, f. 1-7. 1907 b. Beitrufi z. Kennt. d. Hydrachniden. Abh. Nat. Ver. Bremen, XIX, p. 217-266, f. 1-45. 1908. Neue einheimische Lebertia-Arten. Abh. Nat. Ver. Bremen, XIX, p. 342-348. 1909. Acarina (Die Susswasserfaiina Deutschlands. herausge- geben v. prof. dott. Braner). Jena 1909. Koenike F. n. Soar C. D. 1908. Eine neue Thyas-Species a. d. Niede- riJstereichischen Alpen. Zool. Anz. XXXU, p. 708-710, f. 1-3 Maglio C. 1905. Secondo elenco d' idracne del pavese. Rend. 1st. Lomb s. 2. XXXVIII, p. 147-154. 1906. Idracnidi nuovi o poco noti dell' Italia superiore. Zool Anz. XXX, p. 406-413, f. 1-12, 1907. Elenco critico degli idracnidi italiani. Rend. 1st. Lomb s. 2, XL, p. 953-974. 1908. Due nuove specie trentine di « Lebertia ». Rend. 1st Lorab. s. 2. XLL p. 1-4. Piersig R. 1899. Neue Beitriige vb. Hydrachniden. Zool. Anz. XXII p. 548-552, f. 1-10. 1897-1900. Deutschlands Hydrachniden. Zoologica IX. H. 22 tav. I-LI, Stuttgart. 1901. Hydrachnidae. Das Tierreich. XIII, p. V-XVIL, 1-272 306-336, L 1-76, Berlin. 1903. Neues Verzeichnis d. bisher ini Sàchsischen Erzgebirge aufgefundenen Hydrachniden-Formen. XI, Ber. d. Aiina- berg-Biichholzer Ver. f. Nat. p. 34-46, tav. I-II, t. 1-16. 29H 0. MAcr.IO - lUKOCAKIM NKI. TKENTlNo Protz A. 1896. Beitrcige z. HydrachnidfnkìdKÌe. Zool. An/. 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Umversitri di Pavia, IurIìo 1909. Ada Lambertenghi CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELL'ISTOLOGIA DELL'URETERE NEI LIMAX Gli autori che, fin qui, studiarono il rene dei gasteropodi polmonati ed in particolare dei Limax, ben poco dissero della struttura degli ureteri. Le loro ricerche furono di anatomia topografica ; solo L. Piate ;') e, più recentemente, G, Rollo ('), il primo per il Limax arborum, il secondo per il L. maximus e L. agrestis diedero alcune notizie istologiche. Dal canto mio, nell'esame del rene del L. variegatus Drap, e del Limax maximus, potei raccogliere delle osserva- zioni intorno alla fine struttura dell'epitelio dell'uretere che ritengo utile render note, giacche mi pare contribuiscano ad una più esatta conoscenza del rene nei Limax, che è ancora incompleta e mancante. Tecnica. — Il materiale fu esaminato in sezioni; usai per la fissazione il sublimato alcoolico acetico, il liquido di Hermann, il liquido di Flemmig, il liquido di Carnoy. Per la ricostruzione, feci colorazioni in toto in carmallume, e sezionai i pezzi in serie : mi valsi per lo studio della fine struttura, dell' emallume, dell' ematossilina ferrica secondo Hei- denhein, completata per la colorazione protoplasmatica, con qualche rosso d' anilina. Ottenni buoni risultati altresì con la miscela Ehrlich-Biondi-Heidenhein. (1) L. Plate. — 1S91. Studien ùber opisthopneumone Lungenschnechen. (Zool. Jahrb. Bd. IV, 1891). A quest'opera rimando anche per la bibliografia anteriore al 1891. (2) (ì. RoiXE. — 1907. Die Reuoiiei'icardialverbindung bei den einheimischen Nacktschnecken iind anderen Piihnoniaen. (Jena Zeit. Nat. Bd. 43, 1907). 20 298 ADA LAMBÉRTENGlti Per la ricerca della mucina adoperai il sale di ferro come consigliano Mayer e List ('), il mucicarmino e la muciemateina e il metodo dell' Hoyer con tionina. Tojiografia del rene. — Si metta un Limax con la testa ri- volta verso l'osservatore, si operi un taglio longitudinale nel mantello, a destra, si tagli ancora il mantello trasversalmente circa a metà del corpo, si sollevi poi il mantello e lo si rovesci a sinistra; si nota allora, sulla volta della cavità polmonare un ingrossamento costituito dal rene e dal pericardio col cuore. II rene si distingue per il colore giallo chiaro, la parete del pericardio è quasi trasparente e attraverso ad esso si nota il cuore, il quale, entro il j)ericardio, occiipa una concavità del rene situata anteriormente (') di modo che il rene costituisce il pavimento su cui poggia il sacco pericardico. Per avere 1' esatta conoscenza della topografia del rene e dei rapporti fra le varie parti che lo costituiscono mi valsi del metodo della ricostruzione dell'organo mediante proiezioni di sezioni in serie. La fig. I rappresenta l' organo in tal modo ricostruito. J^ Fiff. I. — Ricostruzione, (la sezioni trasversali in serie, del complesso degli organi palleali di Limax vaiiegatus Drap. r = rene; ur. I = uretere primo; ur II = uretere secondo. Per = pericardio ; x = comunicazione fra primo e secondo uretere ; y = canale di comunicazione fra rene e primo uretere. Nella massa renale si distingue il rene propriamente detto e (1) Davidk Cakazzi. — Manuale di tecnica microscopica, p. •2.13. (2) I.a posizione reciproca delie varie parti de^li organi palleali è considerata tenendo sempre l'animale nel modo sopra indicato. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ECC. 299 l'uretere, questo, alla sua volta, si divide in uretere discendente o primo uretere e in uretere ascendente o secondo uretere. Il rene, propriamente detto, comunica col primo uretere me- diante un canale di notevole lunghezza che attraversa da sinistra verso destra il rene nella sua porzione anteriore e che sbocca Fig. 11 — Sezione trasversale del complesso reno-pericardico di Limax Varie- gatus. La Sezione è nella direzione B— B del disegno d' assieme I, Ing. 8 circa. a = uretere discendente; b = rene ; e ~ uretere ascendente; d = retto; e — cavità della concliiglia; f = mantello ; g = cuore; h = canale di comunicazione fra rene e uretere discendente. da una parte nel lume del sacco del rene, dall' altra in quello dell'uretere (fig. II). Fig. III. — Sezione trasversale del complesso reno-pericardico di Limax varie- gatus, La sezione è nella direzione C— C del disegno d' assieme I, Ing. 8 circa. a = uretere discendente ; b = rene ; e = uretere ascendente; d = retto ; e — ca- vità della conchiglia , f = mantello ; g = cuore. 300 ADA LAMBEIlTENGHt L'uretere discendente ricopre, quasi interamente, la faccia dorsale del rene; il rene e l'uretere discendente devono consi- derarsi come due sacchi, l'uno sovrapposto all'altro e il sacco dell'uretere s'interpone fra il sacco renale propriamente detto. e la parete dorsale della cavità polmonare (fig. III). All'estremità posteriore, il primo uretere comunica col Fig. IV. — Sezione trasversale del complesso reno-iierieardico di Liniax varie- gatus. La sezione é nella direzione D— D del disegno d'assien\e I, Ing. 8 circa. a = uretere discendente; b = rene; e = uretere ascendente; d = cavità della conchiglia ; e = mantello. secondo, che nel primo tratto decorre trasversalmente da sinistra verso destra ed à un lume assai largo (fig. IV), poi si ripiega in avanti tenendosi parallelo al retto, che sbocca in una cloaca; Fig. V. —Sezione (rasversalo (U;! complesso rcno-pericardico di Limax varicgatus La sezione è nella direzione A— .\ del disegno d'assieme I, Ing. 8 circa. a = uretere discendente; b — rene; e — cloaca; d — cavità della conchiglia; e = mantello ; f = cuore. CONTRIBUTO AIXO STUDIO ECC. 301 anche l'uretere sbocca nella stessa cloaca, ma in avanti allo sbocco si prolunga ancora un poco a cui di sacco (fig. I). La cellula secernente. — Nulla ò da aggiungere a quanto già scrissi in un precedente lavoro (') intorno alle cellule renali secernenti, senonchè anche nelle cellule renali del Limax ma- ximus notai delle brevi e sottili ciglia rigide sul lato della cellula libero nel lume del sacco renale: questo fatto mi rafforza nella mia opinione che una accurata osservazione accerterebbe dell'esistenza delle ciglia nelle cellule renali di tutti i gaste- ropodi polmonati. Si ritrova, nelle cellule renali degli invertebrati, quell'ap- parecchio a spazzola già noto per i vertebrati. Struttura del canale di comunicazione fra sacco del rene e uretere discendente. — Il canale di comunicazione fra rene e uretere discendente è, per la massima parte, rivestito di epitelio renale secernente. Solo nell'ultimo tratto prima di aprirsi fra le pieghe dell'epi- telio dell'uretere, l'epitelio del canale à una struttura caratte- ristica ; è costituito cioè da cellule prismatiche poggianti con la base sopra il connettivo sottostante e con la faccia opposta sporgente nel lume del canale. Le loro dimensioni sono di circa mm. 0.021 per l' altezza e di circa mm. 0.005 per la larghezza. Il nucleo è grosso, ovale, limitato da una membrana, con nu- cleolo e scarsi granuli cromatinici. Il protoplasma à una strut- tura finemente granulare. Sulla faccia affiorante nel lume vi sono delle sottili ciglia vibratili di notevole lunghezza, poiché sono di circa mm. 0.005; alla base delle ciglia si colorano dei piccoli granuli allineati o bulbi cigliari. Non vidi mai nel protoplasma dei prolungamenti fibrillari delle ciglia che potessero essere considerati come radici cigliari. I limiti fra cellula e cellula sono evidentissimi. Le cellule descritte sono identiche a quelle del canale reno-pericardico. Anche il Piate ('), nel Limax arborum, descrive delle cellule a lunghe ciglia in corrispondenza dello sbocco del sacco del (1) A. LAMBERTENGiir. — 190S. Contributo allo studio delle cellule renali dell'Helix poniatia L. e del Limax variegatus Drap. (Atti della Società italiana di Scienze Naturali ; Voi. XLVII). (2) Vedi L. l'LATE, op. cit. 302 ADA LAMBERTKNGHI rene nell'uretere, ma egli nota una struttura fibrillare nel pro- toplasma di queste cellule, non finemente graniilare come io riscontrai nelle specie da me studiate (fìg. 1, iav. 7). Uretere discendente. — Negli ureteri dei gasteropodi pol- monati non furono finora descritte clie dvie sorta di cellule; 1" cellule a struttura fibrillare : il protoplasma a fibrille è il carattere che contraddistingue queste cellule. Alcuni autori le ritengono provvedute di ciglia rigide. Il Piate solo nella Dandebardia Saulcyi, di 14 specie di gasteropodi polmonati da lui studiati, trovò delle ciglia rigide sulla faccia affiorante nel lume, delle cellule a struttura fibrillare; ma egli ritiene altresì che, nel genere Limax ed Amalia, tali cellule abbiano una cuticola omogenea e a struttura bastonciniforme, e questa sua asserzione è confermata anche da Rolle ('). Gli autori ritengono che le cellule a struttura fibrillare co- stituiscano, in grandissima prevalenza, l'epitelio di tutti gli ureteri ; 2° Intercalate poi fra di esse, il Piate, per il primo, negli ureteri di alcuni Limax e di altri gasteropodi polmonati, notò una seconda sorte di cellule che chiamò « Calottenzellen » o li Haubenzellen » e che defini : cellule aventi la faccia affiorante nel lume dell'uretere, convessa, sporgente sopra il livello delle cellule vicine, provviste di lunghe e sottili ciglia disposte a raggi ; il protoplasma a struttura finemente granulare. Dal canto mio, potei constatare l'esistenza di altri ele- menti cellulari nell'ejDitelio dell'uretere oltre quelli già noti, e potei aggiungere qualche osservazione a quelle già fatte dagli autori e credo perciò utile passare ora alla descrizione dettagliata dei singoli elementi che costituiscono l'epitelio dell'uretere. Cellule a struttura fibrillare. — Le cellule a struttura fibril- lare che trovansi nelle specie di Limax da me esaminate, cosi si possono descrivere : cellule prismatiche, di circa mm, O.OIG per l'altezza, di circa mm. 0.006 per la larghezza; nucleo basale tondeggiante, limitato da una membrana, povero di granuli cromatinici, provvisto di nucleolo. Il protoplasma cellulare à ixna struttura evidentemente fibril- lare e le delicate fibrille decorrono longitudinalmente dalla faccia (1) Vedi G. R0Li,B, op. cit. CONTRIBUTO ALLO STUDIO ECC. 303 affiorante nel lume a quella opposta e si possono seguire per tutta la lunghezza della cellula Tav. 7 (lig. 2 3). L' aspetto di queste cellule varia da porzione a porzione di uretere e da rene a rene. Talora si osserva che la cellula è un insieme omogeneo di fibrille protoplasmatiche, strettamente ade- renti l'una all'altra: altre volte le fibrille si osservano solo lungo le pareti e intorno al nucleo, mentre si nota fra le fibrille nel centro della cellula, uno spazio chiaro che forse nell' ani- male vivente è una vacuola di liquido. E spesso si à proprio l'impressione di cellule a grandi va- cuole che anno rassomiglianza con le cellule renali, ne diiferi- scono perchè nelle vacuole non si vedono concrezioni. Un dubbio persistente negli autori è che anche 1' epitelio degli ureteri abbia una funzione secretrice, anzi il Piate è d'opinione che nell'uretere avvenga secrezione di acqua e di sali facilmente solubili come Na CI, mentre nel rene avver- rebbe separazione di urati. Il diverso aspetto cha anno queste cellule fa infatti pen- sare ad una funzione secretrice di esse. Le vacuole che vi si osservano, inducono nell'opinione che in seno alla cellula si depongono delle sostanze liquide che fuoriescono poi nel lume ureterico. Allorché si colorano i preparati, con ematossilina ferrica, Heidenhein, con la miscela Herlich-Biondi-Heindenhein, lungo le fibrille si notano, in grandissima quantità, dei granuletti neri o rossi che, forse, sono sostanze precipitate all'azione dei rea- genti, 0 prodotti di escrezione (fig. 4 Tav. 7). Il Piate ritiene, come già dissi, che le cellule con strut- tura fibrillare degli ureteri di Limax siano ricoperte da una cuticola. 10 notai invece, nelle specie da me studiate, che queste cellule anno sulla faccia affiorante nel lume, delle ciglia rigide sottili che costituiscono un apparecchio a spazzola. 11 Piate ritiene altresì che gli autori che descrivono delle ciglia, siano tratti in inganno dalla struttura, spesse volte, ba- cillare della cuticola. Non credo che questo sia il mio caso; le ciglia si osser- vano nettamente disgiunte l'una dall' altra, in qualunque punto dell'epitelio, mentre, se la separazione fosse dovuta a rottura della cuticola, non dovrebbe essere costante. 304 ADA LAMBERTENGHI Inoltre, alla base delle ciglia, si colorano dei granuletti che si osservano spessissimo nelle cellule a ciglia anche in molti epiteli di altri animali e che sono noti col nome di bulbi cigliari. Cellule a lunghe ciglia vibratili del primo uretere. — Sono le « Calottenzellen 'i o le " Haubenzellen n del Piate. Intercalate fra le cellule a struttura fibrillare nelle sezioni» talora ad una ad una, talora a gruppi di due tre od anche più si osservano cellule con caratteri peculiari : sono cellule a tronco di piramide aventi la faccia rivolta nel lume ureterico più larga di quella basale, poggiante sul connettivo. Esse sporgono un poco sopra il livello delle cellule vicine, la loro faccia nel lume è sensibilmente curva con la convessità sporgente ; su di esse si notano delle ciglia lunghissime fino mm. 0.006 assai sottili che, nell'animale vivente, sono vibratili, alla base di ogni ciglio vi è un bulbo cigliare, cioè un piccolo granuletto che si colora intensamente. Il nucleo è tondeggiante, od ovale, con nucleolo ed il pro- toplasma à struttiira finemente granulare. Nella porzione anteriore del primo uretere le cellule a lunghe ciglia vibratili sono come quelle disegnate nelle ;fig. 2, 3 Tav. 7) cioè assai più lunghe che larghe, assottigliantesi grandemente verso la base, tanto che spesso le pareti cellulari sono addossate al nucleo assai stretto e lungo; ma nella porzione posteriore dell'uretere l'aspetto di queste cellule varia un poco : acquistano dimensioni assai maggiori: possono raggiungere fino mm. 0.030 di larghezza sul lato sporgente nel lume dell'uretere mentre la faccia basale è sempre molto più stretta, è di circa mm. 0.009 (fig. 4 Tav. 7). Quando si usa, per la colorazione, l'ematossilina ferrica, nel protoplasma si nota una scarsa punteggiatura nera. In queste cellule non osservai fenomeni sicuri di secre- zione: forse la loro funzione è puramente meccanica, cioè di facilitare il movimento di discesa dei prodotti secreti ed escreti. Cellule a granuli. — Le cellule a struttura fibrillare e quelle a lunghe ciglia vibratili si ritrovano tanto nel Li max maximus che nel L. variegatus : ma nell'uretere di quest'ultimo si osservano altre notevolissime cellule che mancano in modo assoluto nel L. maximus e che gli autori non descrivono nelle specie da loro studiate; tali cellule, benché vi siano in tutto CONTRIBUTO ALI.O STUDIO ECC. 305 il primo uretere, sono in grandissima quantità nella porzione anteriore e in prossimità dello sbocco del canale di comunica- zione fra rene ed uretere. Sono grandi cellule a forma di ampolla con la porzione basale assai grossa ed il collo stretto che s'inserisce fra le altre cellule già descritte e si apre nel lume dell'uretere. Essendo cellule di dimensioni notevolmente superiori alle altre, la loro base è spesso ad un livello inferiore di quelle e si trova avvolta nel connettivo sottostante. La faccia affiorante nel lume è sempre, per contro, allo stesso livello delle cellule contigue. Le loro dimensioni sono di circa mm. 0.035 per l'altezza e di circa mm. 0.038 per la larghezza misurata alla base. Il diametro va sensibilmente diminuendo e nel collo del- l' ampolla è di circa mm. 0.006. Più presso alla base vi è un nucleo assai grosso limitato da una membrana, tondeggiante, il suo diametro è di circa mm. 0.012: è ricchissimo di granuli che spesso nascondono un nucleolo pure notevolmente grosso. Il protoplasma à struttura vacuolare ; le vacuole piccole e in gran numero danno, in proiezione, l'impressione di un reticolo a maglie strette (fig. 5, 6, 7, 8, 9, Tav. 7). La struttura vacuolare non si osserva mai alla base della cellula, dove invece si notano delle grosse fibre di lunghezza varia, tutte perpendicolari alla base, disposte a semiluna; esse si prolungano alquanto nella cellula e si perdono nelle maglie sujoeriori. Se si adopera, per la colorazione, il carmallume, l'ematos- silina Bòhmer ecc. l'interno delle vacuole protoplasmatiche sembra vuoto perchè rimane incoloro (fig. 5, Tav. 7) ma l'ematos- silina ferrica, la miscela Erlich-Biondi-Heidenhein, la tionina, rivelano la presenza di sostanze che si colorano coi colori nucleari, si presentano con l' aspetto di granuli disseminati entro le vacuole protoplasmatiche (fig. 6, 7, 8, 9, Tav. 7). Ricerche di chimica fisiologica, che io mi propongo di fare, potranno forse condurci alla conoscenza della loro composizione chimica. Il fatto che essi assumono sempre colori nucleari fa- rebbe pensare d'essere in presenza di nucleo-albumine. L' aspetto di queste cellule è certamente ghiandolare. Il collo di esse si apre nel lume, spesso si vedono i gra- nuli tutti raccolti presso lo sbocco. 30n ADA LAMBERTENGHI La loro struttura corrisponde a quella che gli autori danno per le cellule a fei^menlo o cellule sierose che sono elementi gra- nulosi della ghiandola sottomascellare dei mammiferi. Degno di nota è il ritrovare in classi d'animali tanto di- stanti l'una dall'altra sulla scala zoologica, elementi cellulari molto simili per la struttura. Tanto negli uni ohe negli altri il citoplasma si distingue in due parti; l'una densa compatta che occupa la base della cellula, costituita di grossi filamenti. Il resto del citoplasma à struttura alveolare. È inoltre degno di nota che queste cellule che io chiamo a granuli, esistono solo nel Limax variegatus, mancano asso- lutamente nel L. maximus e, poiché nessuno degli autori le à fin qui descritte, debbo ritenere che manchino anche nelle altre specie studiate. Per la qual cosa, noi constatiamo in ispecie che l' anatomia farebbe ritenere assai affini, una differenza isto- logica assai rilevante. Cellule del muco. — Oltre alle specie di cellule descritte, altre ne troviamo negli ureteri che s'intercalano fra le prime. Le loro dimensioni, la loro forma sono molto varie ; esse sono per lo più di dimensioni assai maggiori delle altre cellule dell' epitelio, di guisa che la loro parte basale, molto grossa si trova solitamente al di sotto del livello delle altre cellule cir- condata dal connettivo di sostegno. La loro forma è grossolanamente quella di una ampolla, e, generalmente, solo il collo s' inserisce, fra le altre cellule del- l'epitelio affiorando nel lume degli ureteri. La struttura del protoplasma è vacuolare, a vacuole molto grandi che hanno l' aspetto di bolle di schiuma. In proiezione le vacuole danno l' inpressione di un reticolo a maglie larghe e lasse cogli internodi colorati intensamente. Il nucleo, per lo più alla base del corpo cellulare, egresso, ric- chissimo di granuli cromatinici, di forma si)esso irregolare, quasi fosse compresso fra le vacuole del ])rotoplasma (fig. 10, Tav. 7). A seconda del posto in cui cade il taglio, può accadere di os- servare nelle sezioni, solo delle porzioni di cellule; talora si nota solo l'ultima porzione della cellula aiiioranle uel lume, inserentesi fra le altre cellule dell'epitelio con l'aspetto di una vescichetta senza nucleo (fig, 11 Tav. 7) talora la parte OONTRIPUTO ALLO STUDIO ECC. 307 basale, tondeggiante provvista di grosso nucleo, senza sbocco apparente, circondata da tessuto connettivo (fig, 12 Tav. 7). Le cellule ora descritte si trovano in piccolo numero nel primo uretere del Limax variegatus Drap, frequentissime invece nel primo uretere del Limax maximus. Sono abbondanti nel 2* uretere d'ambedue le specie. Diversi metodi di colorazione delle mucina da me usati mi convinsero che queste cellule sono cellule del muco. Per la ricerca della mucina mi valsi del metodo del Mayer e List; cioè sezioni di materiale fissato in sublimato, sono ba- gnate con una soluzione allungata di acido di ferro e tenute un giorno in una camera umida; si lasciano asciugare e si trattano con una soluzione al '/j Vo ^i ferrocianuro potassico (giallo). Le vacuole di cui è costituito il corpo delle cellule con mucina prendono un' omogenea colorazione azzurro chiaro, mentre i nuclei si colorano in rosso per successiva colorazione con paracarminio. Con la muciemateina, previa colorazione dei nuclei con paracarminio le cellule a mucina si colorano in violetto ; con tionina, in rosso-vinoso. Nella parete del sacco polmonare che costituisce altresì la parete inferiore del rene, sono numerosissime dovunque le cellule con mucina. Riassumendo, nell'uretere discendente del Limax variegatus Drap, e del Limax maximus l'epitelio è costituito di: 1° cellule a struttura fibrillare con ciglia rigide ; 2° cellule a granuli ; 3° cellule della mucina; 4" cellule a lunghe ciglia vibratili. Le prime tre specie di cellule anno una funzione secretrice mentre la quarta sembra avere solamente la funzione meccanica di facilitare la discesa dei vari prodotti di secrezione. Epitelio del 3" uretere o uretere ascendente. — Le cellule che lo costituiscono anno una struttura peculiare, differente da quella dell' epitelio dell' uretere discendente. Si nota, dapprima, che l' epitelio è disposto a pieghe, assai più ricche ed abbondanti che occupano quasi interamente il lume del canale. Mancano le cellule a granuli e le cellule a struttura fibril- lare, si osservano invece: 308 ADA LAMBERTENGHI 1" cellule a forma prismatica, a protoplasma finemente granulare, a nucleo tondeggiante con nucleolo ; la faccia spor- gente nel lume, presenta una zona marginale più chiara nella quale si osservano, a breve distanza l'uno dall'altro dei tratti neri clie si possono talora seguire un poco, anche nel proto- plasma sottostante al bordo chiaro. In corrispondenza di ogni tratto nero si osserva un'infos- satura della membrana cellulare: si à l'impressione che la faccia di queste cellule, vista di fronte, sia delimitata da un poligono di tratti neri (fig. 13, Tav. 7). Queste cellule corrispondono a quelle che il Piate ed il Rolle dicono u a cuticola " ; ma questi autori ritengono che la struttura del protoplasma sia fibrillare, come per le cellule dell' epitelio discendente. Le mie osservazioni, invece, per quanto riguarda le specie da me studiate, mi convincono che la struttura in queste cel- lule è finemente granulare ; 2*^ si notano altresì cellule a lunghe ciglie vibratili; sono abbondantissime : costuiscono dei lunghi tratti dell' epitelio specialmente alla sommità delle pieghe sporgenti (fig. 14, 15). Esse si distinguono, per l'aspetto, da quelle del primo uretere : la faccia affiorante nel lume non è più larga di quella basale, non è convessa e si mantiene allo stesso livello delle altre cellule ; anche le dimensioni sono inferiori a quelle delle grandi cellule a ciglia vibratili che si osservano nel primo uretere nella porzione posteriore ; 3° lungo tutto il 2" uretere sono abbondantissime anche le cellule del muco che hanno la struttura già descritta per quelle del primo uretere, la porzione basale di queste cellule è circondata dal connettivo di sostegno, il loro collo s' inserisce fra le altre cellule dell'epitelio (fig. 16, 17. Tav. 7j. Gli autori non anno, fin qui, descritte cellule del muco negli ureteri : il Simrolh, senza descriverle, accenna alla loro presenza nella porzione terminale del 2'^ uretere che egli perciò chiama « Schleimdruse ". Il Piate pure ammette vi siano, (^ua e là solo nell'ulliino tratto del 2° uretere, delle piccole cellule mucose. Nelle specie da me studiate, si osservano invece cellule del CONTRÌBÙTO ALLO STUDIO ECO. 309 muco lungo tutto il primo ed il secondo uretere; la struttura istologica non varia neppure nella porzione terminale a fondo cieco del secondo uretere: per il qual fatto ritengo impropria la denominazione di « Sclileimdruse ?i data dal Simroth a questo ultimo tratto. Riassumendo; nell'uretere ascendente l'epitelio è costi- tuito di : 1° cellule non cigliate, a bordo chiaro e a struttura granulare ; 2o cellule a lunghe ciglia vibratili, diverse, per forma, dalle cellule a lunghe ciglio del lo uretere. 3° cellule del muco. Processi di espulsione di par^e del corpo cellulare nelle cellule degli ureteri. — Nel lume degli ureteri si notano quasi sempre delle piccole vescicole trasparenti tondeggianti a con- torni ben netti, aventi un diametro di circa quattro o sei mi- cromillimetri. Nell'interno di esse vi è uno spazio chiaro che sta a rap- presentare il posto occupato da liquido nell'animale vivente; lungo i contorni si notano dei sottili granuli. Se si osservano le cellule a fibrille del primo uretere o quelle del 2° uretere con bordo chiaro, si notano dei fatti che ci permettono di conoscere l'origine delle vescichette del lume. Alcune di queste cellule presentano sulla faccia affiorante una bozza tondeggiante a contorni ben netti contenente del protoplasma che è continuo con qiiello del corjDo cellulare. In altre cellule, la bozza à nel centro uno spazio chiaro dove nell'animale vivente deve corrispondere del liquido. Ancora si osserva uno strozzamento fra il corpo cellulare e la bozza, e, in altri casi, questa è unita alla cellula per un peduncolo di varia grossezza e lunghezza. Infine la porzione di cellula sporgente nel lume può avere alle volte esattamente l'aspetto di una vacuola di liquido collegata col corpo cellulare mediante un peduncolo lunghissimo ed esilissimo (fig. 1... 11 Tav. Vili). Tali vescichette sono iden- tiche per 1' aspetto a quelle che si ritrovano nel lume. Il vario aspetto di tutte queste immagini può essere inter- pretato come il succedersi di stadi di uno stesso processo. Sembra che la cellula emetta una specie di largo pseudopodo che viene a sporgere nel lume dell'uretere e che questo pseu- 310 ADA LAMBERTENGHI dopodo si trasformi in una vescichetta ripiena di liquido; e che poi questa si stacchi cadendo nel lume dell'uretere sotto forma di una vescichetta sferica. Può nascere il dubbio che tale processo non sia normale, ma dovuto all' azione dei reagenti usati ; ma poiché il fissatore ge- neralmente usato fu il sublimato alcoolico acetico, non si saprebbe spiegare la comparsa di un processo che farebbe piut- tosto pensare ad una azione lenta di una qualche sostanza che diminuisce la tensione superficiale della cellula stessa. Si potrebbe a]iche vedere in questi processi, dei fenomeni patologici e attribuiti, ad esempio, all' azione dei numerosi nematodi parassiti costantemente presenti nel lume dell'uretere: Ma, in questo caso, lo stimolo patologico dovrebbe esercitarsi su tutto l'epitelio del canale, né si dovrebbero verificare questi processi in tratti isolati dell'uretere, separati gli uni dagli altri da tratti di epitelio normale (fig. 12, 13 Tav. Vili . È da credere, perciò, che anche questi processi sieno da interpretarsi come un peculiare modo di escrezione, affatto nor- male; tuttavia, anche se stimoli patologici debbono essere chia- mati in causa, i fatti non perderebbero per questo il loro ca- rattere di processi di escrezione e gli «lementi ghiandolari che li presentano dovrebbero essere ascritti ad una categoria inter- media fra quelle delle ghiandole olocrine e merocrine : cioè fra quelle delle ghiandole in cui la funzione é seguita da rigene- razione degli epiteli e quella delle ghiandole in cui la rigene- razione degli epiteli, in seguito alla funzione, è scarsissima 0 nulla. Eenomeni di espulsione di parti cellulari anucleate non sono rari. Basta pensare ad alcuni fenomeni recentemente descritti negli spermatozoi degli imenotteri del Meves (') e nell'ovo- genesi dell' Arion dal Lams ('). (1) F. Mkves. — 1907. Die Spftnnatocytenteiliiiif^en l)i'i dor lIoiiifj;ltionc nobst Bcmerknngcn iiber Chroniatinrediiktion. (2) H. Lams. — Les globules polaires de 1' (leuf d' Arion empiriconini. Ardi, di Zool. exper et gén. Sér. 5. T. I. Lambertenghl A. - Contrib. a, st. istoi. < Atti Soc. Ital. Sc. Nat., Vol. 48 Tav. VII. 1^ / 10 ;•/■ k -^^ (§y ; .■'^^•/ii\Si^H5^ '-' PAy^iry,^^ 14 «A 15 AUT, DELIN Soc. Ital. So. Nat., '•• >?A, Lambertenghl A. - Contrib. etc. ii' J • • • • f r" ^T.. ^»i(ii«««'»»ii ^**~ Hi» — -— '■ ~" 12 o r { 10 CONTRIBUTO ALLO STUDIO ECC. 3ll SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAVOLA VII Fig'. \. — Cellule dell'epitelio rivestente il canale di coniiinicazione fra rene ed uretere discendente, ing. 1270. Fig. 2, 3. — Cellule a struttura tìbrilliii'c (; a ciglia rigide e cellule a huiglie ei;,r|ia vibratili dell' uretere discendente, ing. 1270. Fig. 4. — Cellule a struttura fibrillare e a ciglia rigide e cellula a lunghe ciglia vibratili della porzione posteriore dell'uretere discendente. La colorazione fu fatta con ematossilina ferrica, perciò si nota la punteggiatura nel protoplasma. Fig. 5. — Porzione di epitelio di uretere discendente con grande cellula a granuli : X 9^6. La colorazione della sezione fu fatta con emallume perciò non si osservano granuli. Fig. 11. — Porzione di epitelio d' uretere discendente con grande cellula a granuli. Fig. 7. — Tratto di epitelio dell' uretere discendente con cellule a lunghe ciglia vibratili, cellule a struttura fibrillare e cellule a granuli, ing. 1270. Fig. 8, 9. — Porzioni di epitelio dell' uretere discendente con grandi cellule a granuli. Fig. 10. -- Grossa cellula dei muco dell'uretere discendente di Liniax variegatus Drap, che inserisce il suo collo fra una cellula a lunghe ciglia vibratili e una a struttura fibrillare e ciglia rigide: X ^26. Fig. U. -- Porzione terminale di una cellula del muco dell'uretere discendente che s' inserisce fra altre cellule epiteliali. Fig. 12. — Porzione basale di una grossa cellula del muco circondato dal connettivo di sostegno sottostante all'epitelio dell'uretere discendente: X 926. Fig. 13. — Cellule non cigliate, a bordo chiaro, e a struttura granulare del 2° ure- tere; X 926. Fig. IJ, 15. — Cellule a lunghe ciglia vibratili del 2° uretere. Fig. 10. — Cellule del muco nell'epitelio del 2" uretere; v 926. Fig. 17. — Porzione terminale di una cellula del muco inserentesi fra le altre cellule dell' epitelio del 2° uretere. TAVOLA Vili Fig. 1... 11. — Vari stadi del processo di espulsione di parte del corpo cellulare nelle cellule a bordo chiaro e a struttura granulare dell' epitelio del 2° uretere. Fig. 12. — Porzione di epitelio del 2" uretere in cui le cellule presentano stadi diversi del processo di espulsione di una parte del corpo cellulare. Fig. 13. — Aspetto di una porzione di epitelio del 2» uretere in cui le cellule di vari strati presentano il processo di espulsione di parti del corpo cellulare. NB. Tutte le figure furono disegnate a scala maggiore; ma furono poi ridotte nella tavola. Istituto biologico. Museo Civico di Storia Naturale. — Milano, luglio 1909. UN'AGGIUNTA ALLA COMPOSIZIONE MINERALOGICA DEL CALCAEE DI S. MARINO E DELLA VERNA Nota del socio Francesco Salmojraghi Pochi anni or sono presentai all' Istituto lombardo di scienze e lettere (') il risultato di alcune osservazioni minera- logiche sulle sabbie ottenute levigando il residuo della decal- cificazione del calcare di S. Marino (monte Titano). Questo calcare, come è noto, forma una delle scogliere mioceniche a briozoi dell' Italia centrale, ed è appunto alqiaanto arenaceo, specialmente aiella parte sua j^iù elevata. Era i minerali rinvenutivi, sotto forma di granuli micro- scopici, parve in allora interessante l'associazione di alcuni, come glaucofane, andalusite, cianite, staurolite, cloritoide, ser- pentino, titaniie ecc., spettanti a roccie scisto-cristalline, estranee alla regione ed anche, con quella associazione, non comuni altrove. Ma mentre era plausibile ritenere che gli anzidetti e gli altri minerali trovati nel calcare di S. Marino ed il limo, ad essi associato, provenissero dalle torbide portate dai fiumi od elaborate sulle coste del mare miocenico e poi frammi- schiatesi ai materiali organogeni, di cui principalmente il cal- care stesso è costituito, rimaneva incerta la designazione della corrispondente area scisto-cristallina di denudazione. Il fatto notevole che fra i minerali del calcare di S. Marino mancano o, per essere più esatti, sono estremamente rari (ciò che praticamente è la stessa cosa) gli anfiboli non sodiferi e principalmente l'orneblenda, mi ha fatto escludere come area di denudazione la regione delle Alpi : perchè quivi l'orneblenda (1) Salmojkaghi, Osservazioni mineralogiche sul calcare miocenico di S. Ma- rino (M. Titano) con riferimento all' ipotesi dell' Adria ed alla provenienza delle sabine adriatiche. Rend. 1st. Lonib., XXXVI, Milano, l'J03. un'aggiunta alla composizionk ecc. 313 è fra i minerali più comuni. Ma dopo questa esclusione non potevo che fare delle ipotesi ed ho accennato, per es., alla più vicina regione scisto-cristallina emersa, (juella (l(dle isole tir- rene, e ad altre aree eventualmente nascoste da formazioni più recenti o sommerse e, fra queste, aWArb-ia. Ho esteso poi le osservazioni anzidette, collo stesso proce- dimento e ottenendo gli stessi risultati, a calcari analoghi e contemporanei del calcare di S. Marino, tanto giacenti nella stessa valle del torrente Marecchia, ove scola una falda del monte Titano, come i calcari di Verucchio, Uffogliano, Pen- nabilli; quanto altrove nello stesso versante adriatico, come la Pietra Bismantova; quanto infine sul versante tirreno, come il calcare della Verna. A quest'ultimo si connette appunto la presente nota. Io aveva in allora trovato « rimarchevole la corrispondenza ti mineralogica qualitativa fra le sabbie isolabili dai due u calcari arenacei di S. Marino e della Verna (*), due formazioni u ora separate dall'Appennino, che il profano aveva già assi- u milato l'una all'altra per la comune singolare forma orografica u e il paleontologo aveva giudicato contemporanee ". « Ma questa corrispondenza, soggiungevo, complica il pro- ti blema della provenienza delle torbide che le onde mioceniche u agitavano nell'arcipelago delle scogliere a briozoi e fa pen- ti sare se invece che ad oriente nell'Adria il bacino di erosione u che le ha fornite non deve essere ricercato ad occidente u nella Tirrenide " ('). Ed enunciando questo dubbio nuli' altro ho potuto aggiun- gere in allora nemmeno per tentare di risolverlo. Un'osservazione nuova mi fa ritornare in oggi su quel pro- blema. Rivedendo la sabbia isolata dal calcare della Verna, e pre- cisamente dal saggio che ebbi dal prof. Capellini ed egli stesso staccò dalla sommità del monte Penna, vi trovai un antibolo di tipo riebeckitico che, stando alle cognizioni che noi abbiamo attualmente sulla diffusione dei minerali in Italia, non può provenire che dall'occidente. Questo stesso minerale, che per (1) La differenza fra i due calcari è soltanto quantitativa, principalmente in rif^uardo al serpentino, che è abbondante alla Verna, scarso a S. Marino. (2) Salmojraghi, Osserv. miner., ecc., op. cit., 1903, pag. 729. 21 314 FRANCESCO SALMOJRAGHI brevità chiamerò riehechile, mi affrettai a ricercare e agevol- mente ritrovai anche nel calcare di S. Marino, ciò che era da prevedersi, vista la somiglianza già riconosciuta fra i residui sabbiosi dei due calcari. Come è noto, la riebeckite è un antibolo sodifero che fu primamente trovato nell'isola di Socotra in Africa e successi- vamente in altre località, in vero non numerose, fra cui la Corsica. Quivi essa compare tanto sul versante occidentale in rocce granitoidi, quanto in quarziti sul versante orientale, dove esistono anche rocce glaucofanitiche ed ofiolitiche. Recentemente poi studiando dei saggi di fondo di mare, raccolti nelle ripa- razioni del cavo telegratico congiungente Pisola della Maddalena al Continente italiano, in parecchi punti posti ad oriente delle Bocche di Bonifacio e in altri punti situati lungo il 42" paral- lelo tra la Corsica ed il Lazio, trovai costantemente la riebe- ckite, associata al glaiicofane, al cloritoide, al serpentino e ad altri minerali, che sembrano provenienti dalla Corsica per l'azione dispersiva delle onde ('). Io ritengo molto probabile che la riebeckite esista pari- menti nelle rocce glaucofanitiche, sparse nell'arcipelago toscano, nella Liguria e nelle Alpi piemontesi (') ; ma finora non ho notizia che vi sia stata con sicurezza ritrovata (^). Vi furono bensì ritrovati altri antiboli alfini alla riebeckite e cioè la crocidolite, primamente determinata da Lacroix (^j in rocce del monte Argentare e della Gorgona (^), poi da Franchi riconosciuta nella Liguria C^) e V arfvedsonite segnalata in Piemonte dallo (1) SALMOJRAGHI, Di alcuìti sayyi di Jondo dei noslri mari. Rend. 1st. lomb. di se. e lett., XLII, Milano, 1909. (8) Ho riesaminato le sabbie del Po (Pont('I;if;<'st'iii':li però col l'esame di sezioni sottili riconobbe che questi fossili non sono nummuliti, ma antistegine e ne trasse argo- mento in favore del riferimento al miocene (Sangiorgi, Di un supposto calcare nummiclitico dell'alia valle della Marecchia, Atti della Sociei,à it. di se. nat., XLVII, 1908-1009). Ora del calcaredi Scnatcllo potei sliidi;irc la composizione mincralo^'ica .sopra un saggio favoritomi dallo stesso Saiigiorgi e la trovai analoga a quella del (•iicus var. Guliae Arc; 7 Dianthus Levieri Borb.; 9 Dianthus fasciculatus Gilib.; 10 Dianthus con- fjestus Bor.; 11 Dianthus vaginatus Chaix in Vili.; 12 Dianthus sanguineus De Visian.; 13 Dianthus vuiturius Ten.; 14 Dianthus Carthusianorum var. vuiturius Tanf.; 15 Dianthus Carthusianorum var. Guliae Tanf.; 16 Dianthus ferrugineus Ten.; 17 Dianthus Guliae Janka. ; 18 DiantJius Carthusianorum var. sanguineus Tanf.; 19 Dianthus Pontederae Kerner.; 20 Dianthus Seguieri Villars.; 21 Dianthus lilacinus Boissier. E la facciamo Unita qui per quanto la lista potrebbe manco dubbio essere conti- nuata a lungo; perchè ci fu un periodo di tempo in cui il menomo dettaglio morfologico dava occasione ai sistematici di sbizzarrirsi in divisioni e suddivisioni. Da parte mia però, sorpassando sulla questione di delimi- tazione di confini impostasi dai singoli aiitori nel circoscrivere l'ambito per le diverse loro creazioni — ciò che mi spingerebbe in un campo assai arduo nel quale, non muniti di prove in mano per ribattere il pro e il contro, ci si troverebbe molto a disagio — e ritornando un momento all'antica e assai più comoda interpretazione linneana, scelsi il compito di pren- dere in esame l'infiorescenza di DiantJius Carthusianorum L. dal jDunto di vista unicamente numerico dei fiori che la com- pongono per scoprire cioè fin dove si esplichi per detto ca- rattere la variabilità individuale della pianta e quali rapporti di stabilità in essa vi si possano riscontrare e stabilire con sicurezza. L'osservazione venne diretta in blocco su tìiX) esemplari raccolti, in parte freschi in parte già secchi, nel bosco della Panizza (Abbiategrasso) col concorso del sig. Angelo Foi, stu- dente di Scuola Normale, cui rendo sentite grazie. E nemmeno potrei lamentarmi di non aver ricavato alcun vantaggio. Così, per dirne uno, la mia opera di revisione estesa su un materiale in quantità certo non indifferente, mi die', per esempio, spie- gazione del bisogno sentito da taluni di erigere e assicurare su base propria certe deviazioni dal tipo solito di struttura: bisogno che provai fortemente anch' io davanti a individui presentanti fascetti di 6 pezzi e aventi per dippiù in comune tra di loro certi tratti nel portamento difficili, se non addirit- SULLA VARIABILITÀ INDIVIDUALE ECC. 331 tura impossibili a descriversi, ma pure afferrabili all'occhio esercitato di un naturalista. Avendo studiato il materiale (centuria per centuria, cosi ne riferisco partitamente l'esito per venire poi da ultimo al valore totale delle sei seriazioni. I i 1 2 3 4 5 ( 6 7 8 9 10 11 12 Ci'iitiiiia i 0 0 / H ,S' / 2 / / / y^ ^ 6" 13 14 15 16 17 18 19 ' 20 21 22 23 24 4 3 3 i? 2 0 ^> i 0 2 1 0 25 26 27 28 29 30 31 0 0 6» 0 0 0 1 II \ 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Centtuia t i 0 0 ^ 7 il ici i,:^ i2 11 5 5 .:/ 14 15 16 ; 17 18 19 20 21 22 23 24 2 3 6» o 61 2 2 i 0 1 6> ecc. III ( 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Centuria ( ^ 0 3 14 4 11 9 t> / ò' 6' 4 5 14 15 16 ] L7 18 19 20 21 22 23 29 5 3 0 i i i ^ 0 0 2 i IV \ 1 9 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Centuria ì 0 0 1 tì 4 7 5 15 C 8 6' 7 7 14 15 16 : L7 18 19 20 21 26 27 5 / 6 2 9 4 i 0 1 61 ecc. V \ 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 1 2 13 14 15 Centuria i 0 1 5 ^ 6 i5 12 6 1 ii / t^ 5 ^ 5 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 ' 26 2 :7 28 2 ^ 2 0 1 2 ^ i 0 0 0 i 6» ecc - VI \ 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 : Il 12 13 14 15 Centuria ) 0 0 5 5 i4 7 9 ii iO 6 / 8 4 2 4 16 17 18 19 20 21 22 23 24 30 ; 31 2 9 (^ i 2 0 i 0 ^ 1 0. Per modo che lo sviluppo delle seriazioni di tutto l' assieme degli esemplari è uguale a: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 2 1 16 41 43 GÌ 57 61 49 51 39 32 332 CARLO COZZI 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 ^<3 21 31 12 11 5 iO 11 3 5 5 1 25 26 27 28 29 30 31 0 1 i 0 1 1 i, tenendo calcolo, ben inteso che il numero di sopra indica la classe e quello sotto- stante la frequenza ('). A chi trovasse strano che il Dianthiis Carthusianorwn L. possedesse talvolta fascetti cosi ricchi di fiori, confesserò che non mi accontentai di contare solamente quelli che mi parvero avessero raggiunta la loro completa ma- turanza, ma eziandio vi compresi gli altri in apparenza tardivi, semi abortiti e cleistogamici. Inoltre il poligono empirico di frequenza da me costruito in base ai dati raccolti intorno alla variabilità numerica sulle infiorescenze di Diaiilhus CarUiusiaiiorum L. offre evidentemente tre cuspidi principali (dette mode) per quanto poco pronunciate, nonché due mode secondarie, cadendo le prime sulle cifre 5, 7 e 9 e le altre sulle cifre 3 e 14 ; di maniera che il poligono di tale specie debba chiamarsi plurimodale. A schiarimento di ciò debbo tuttavia far notare che le cifre ottenute non corri- spondono in tutto e per tutto nella loro successione alle serie del Fibonacci — le quali procedono invece con quest'ordine: 3, 5, 8, 13, 21 ecc. essendo un numero la somma dei due nu- meri antecedenti — e neppure ai loro multipli, come vorrebbe precisamente la legge enunciata da Ludwig (J). Del resto non è a credere che sia questa tale difficoltà da accusare, manco lontanamente, un errore di metodo quando appena si consideri che l'entità Dianlhus Carl/iusiatiorum secondo il concetto che se ne formò Linneo è una specie sui generis, a costituire la quale entrano forse e senza forse — ed è ciò per l'appunto (1) Helguero^de) F. — Interpretazione fdlotassica dei poligoni fitoslatislici in Contrib. alla Biologia vegetale edite da A. Borzi, voi. IV (l909i Palermo, pag-. 170 e seg. Cfr. pure : Tropea C. — La cariazioiie della Hellis perennis !.. in rapporto alle site condizioni di esistenza. Malpighia, voi. XXI p. 276-283, Genova (1907). GALf-ARDO A. — La Phytostatistique. Bull. Congrès irAernat. de BotanJque, Paris, 1900, pag. 102-108. (2) LuDwiu V. — Beitràge znr Phytaritfnnelili in Hot. Ceiitr., Bd. LXXI (ISD?) pag. 257. » » — Nachtràgliche Bemerìiungen Utierdie Multipla der Fibonacci- zahlen una die Coi'xistenz hleiner Bewegungen bei den Variationen der Pnan zen. Boi. Centr. Bd. LXXi, p. 28y-29i (iyo7). SULLA VARIABILITÀ INDIVIDUALE ECC. 333 ch'io intendevo dimostrare mediante alcune ricerche biometriche — elementi meno omogenei di quello che i sistematici, più fautori della sintesi che dell'analisi, pensino. Se poi questi individui che deviano dalla normale tanto da spostare i risultati finali dell'inchiesta appartengano o meno alle discusse piccole specie di De Vries ancora in stato d'incu- bazione, per conto mio, non oserei davvero sostenerlo. Il tempo e l'esperienza daranno in seguito ragione o torto. San Macario (Gallarate) 9 Nov. 1909. LE VARIAZIONI DELLA MERULA TORQUATA (NAUM.) Nota Ornitolnchl, 1881. (3) On Tardus alpestris AniX Tiirdus torquatus . .. . (Prue. Un. St. Nat. Mus pp. 365-373. LE VARIAZIONI DELLA MERULA TORQUATA (nAUM.) 335 Io pure, accogliendo dappiùma, come il Salvadori, la pro- posta distinzione, raccolsi esemplari delle Alpi che mi parvero confermarla, ma a misura che le mie osservazioni si accresce- vano, cominciavano a sorgere dubbii di varia natura intorno a questo argomento, onde continuai le indagini, sia estenden- dole ad un numero sempre maggiore di soggetti, che in certi anni potei vedere in maggior copia, sia sottoponendo ad un esame critico le descrizioni e le figure date dai varii autori per la nuova specie bremiana, ed il risultato si fu che la Me- ncia alpeslris non potesse accogliersi come una specie. Anzi nella mia opera u Gli Uccelli cV Italia ti /) affermai senz' altro l' inopportunità di separare i Merli dal collare delle Alpi da quelli del Nord d' Europa, facendone una specie, od anche soltanto una sottospecie, sotto il nome di alpeslris ') e solo ammisi che i Merli dal collare nidificanti siille Alpi ed in altre parti dell' Europa media, potessero considerarsi come formanti delle semplici colonie sparse della specie Menila lorquata che è una delle meglio definite dell' intera Avifauna Europea, per esser rimasta nettamente isolata da tutte le altre della zona Paleartica. Ero di ciò maggiormente convinto pel fatto che tra noi si possono incontrare insieme tutte le varia- zioni e sfumature di questa specie durante V intero anno e non soltanto in inverno, come si riteneva. Già nell' Opera stessa avevo anche risolutamente asserito che i caratteri sui quali la distinzione della Menda alpeslris si era affermata erano di ben poco valore e non certo specifico, sia per la loro incostanza, sia per la loro poca afferrabilità. Per analoghe ragioni esprimevo pure V opinione che non dovesse ritenersi meglio fondata la distinzione dell'altra specie M. orientalis del Caucaso e regioni prossime. Circa quest'ultima forma nessuna nuova osservazione ho ora da aggiungere e ri- mane immutato il mio parere che si tratti soltanto di una mi- nima variazione geografica, che vidi rappresentata da un esem- plare impreparabile, tra molti altri sul mercato di Milano, spet- tanti alle forme ordinarie ! Invece per quanto riguarda la variazione chiamata alpeslris ho parecchie osservazioni da esporre e con maggior svolgimento (1) Ed. Cogliati, Milano 1906; pp. 519 520- (2) Menila alpeslris, o M, lorquata alpeslris a seconda dei diversi Autori, 336 GIACINTO MAHTORELLI Merlo i:ol petto biaiieo {Merlila torqiinta). In alto mascliio «diilto in a tii to nuziale : in basso maschio adulto in alili o aii ninnale. (Ae(|narello ilell'Autorfl dall' Opera « Gii Uccelli d'Itnlid » )^•l^'■. Mi)). LE VARIAZIONI DELLA MERULA TORQUATA (naUM.) 337 che non mi fosse allora consentito dalla natura del libro. Io non mi sarei tuttavia deciso a trattare ora questo argomento, qualora non avessi avuto altre prove che quelle che mi veni- vano offerte, e non in piccol numero, dalla osservazione dei molti esemplari preparati; ma ora che ho potuto durante tre anni seguire attentamente le fasi per le quali passarono sotto i miei occhi alcuni esemplari viventi di Merula lorqf(Ola delle Alpi Lombarde, posso risolutamente esporre i positivi risultati ottenuti dalle mie indagini su questa specie. Per queste mi riusci di provvidenziale aiuto il mio ottimo amico Ingegnere Ambrogio Bruni, acuto osservatore, quanto abile avicultore, al quale il Museo di Milano e gli aviarii dei Giardini pubblici da lunga serie di anni vanno debitori per continui doni di esemplari preziosi. Da esso ebbi sul finire dell' anno 1907 un primo esemplare vivo, adulto, di Merlo dal Collare di Lombardia ; da esso me- desimo nell' ottobre dell' anno successivo ebbi due altri bellis- simi esemplari viventi, di secondo anno, e da esso finalmente ebbi in questi giorni una coppia di pochi mesi d'età, tolta, in- sieme a varii altri esemplari, dalle nidiate di una colonia nu- merosa di questi merli vivente nell'alta Valtellina sopra Bormio presso il Lago di Fraele. Altri quattro esemplari, tre maschi ed una femmina, vidi in questi giorni presso lo stesso signor Bruni, appartenenti pure alle stesse nidiate ed infine una fem- mina alquanto diversa, colta nel roccolo di sua proprietà, è molto probabilmente di immigrazione. Per circostanze contrarie non mi fu possibile veder subito tali nidiacei nel luglio 1909 ma attualmente (Decembre 1909) sembrano ancora nella prima veste allora assunta ! Ho in tal modo potuto seguire colla osservazione sul vivo tutta la gradazione dei Merli dal Collare delle Alpi Lombarde, dalla veste di nidiacei a quella di perfetti adulti, sia nella fase nuziale, che in quella regressiva invernale ; ma su questo ri- tornerò nella seconda parte della presente Nota nella quale esporrò le conclusioni alle quali sono venitto, mentre nel ca- pitolo che segue mi propongo anzitutto di studiare dal punto di vista critico i caratteri differenziali sui quali riposa la vo- luta distinzione tra la Meruìa torqiiata e la M. alpestris. Tali caratteri mi risultarono di semplice natura r/imatìca, quali era inevitabile che si verificassero tra individui spettanti 338 GIACINTO MARTORELLI a colonie tanto distanti fra loro, come soiu» quelle della specie Menda torquala, che dal Nord d' Europa vanno sino al Cau- caso ed ai monti della Mauritania, e i cui componenti ci offrono fra di loro una insensibile gradazione per la intensità delle tinte delle piume e del be(;co, pur mantenendosi costantemente identici nelle proporzioni e nelle forme. Gli esemj)lari preparati che furono oggetto delle presenti mie osservazioni sulla Mcmla lorquala furono dapprima due maschi colti in settembre nella provincia di Torino, quindi circa due mesi prima dell'abituale arrivo degl'individui di questa specie immigranti dal Nord. Essi appartenevano alla mia col- lezione privata che più tardi donai al Museo civico di Milano per la Collezione Turati, come fondamento dell'attuale sezione di Avifauna Italica. Il Salvadori che era stato il primo in Italia ad interessarsi particolarmente a questa specie di merli, vide questi esemplari ancor freschi presso di me e riconobbe sen- z'altro in essi due tipici adulti della Menda alpes Iris, come io pure li avevo giudicati ; su di essi quindi e su qiialcun altro in identica fase e piire colto nella medesima stagione, ma nelle valli Lombarde, io mi sono fondato, tenendo sempre fermi come caratteri decisivi, quello delle macchie bianche centrali alle piume squamiformi delle parti inferiori e quello della stri- scia bianca mediana alle sottocaudali, cioè i due caratteri che il Salvadori stesso e varii altri autori considerano come esclu- sivamente proprii della M. alpeslris ('). Gli esemplari ai quali mi riferisco sono poi indubbiamente adulti, perchè ciò non solo è dimostrato dal pienissimo sviluppo della loro veste, dalla qualità delle macchie e dalle dimensioni di tutte le parti del corpo corrispondenti tino al millimetro a (juelle delle Mcridae torqualae adulte piti tipiche, ma ancora dal recentissimo con- fronto coi giovani di primo anno, ora in j)arte venuti in mio possesso, e dagli altri osservati. Ora i tre primi esemplari vivi, (quando li ricevetti, erano appunto identici a quelli ora ricordati, quindi adulti, o quasi, (I) Vedasi il lavoro ^ià citato ilol Salvadori ()•. 3). LE VARIAZIONI DELLA MERULA TORQUATA (nAUM.) 839 essi pure avendo tutte e tre superato almeno il primo anno di età ed uno anzi potendosi considerare addirittura vecchio ('). Non potendo, per ragioni ovvie, dare le misure particola- reggiate degli esemplari vivi che già tanto si spaventano quando sono momentaneamente estratti dalla gabbia per con- statare i mutamenti delle piume di quando in quando, in in- verno e primavera, posso tuttavia assicurare che essi non dif- feriscono neppure in minimo grado, per quanto l' occhio può giudicare, dai rimanenti esemplari scelti dei quali seguono nella Tabella le misure dell' ala, della coda e del tarso. Da tali misure risulta evidente la impossibità di trarne caratteri differenziali tra le tipiche Meriilae torquatae e le ti- piche M. nl'peslren^ non solo, ma risulta ancora che la varia- bilità individuale tra individui di una medesima forma è as- solutamente insignificante. Gli esemplari misurati sono tutti maschi e adulti, di ^provenienza nota, almeno relativamente. Misure in millimetri. » Nord Eiir. » 114, .. Lombardia .. 145, >. .. » 146, >. I':ii.?(\Vhiteley) 146, .. Algeria .. 146, » Algeria .. 146, .. Alpi Piem. » 145, .. » >. » 143, .. Lombardia » l46, Dopo aver studiato per molti anni migliaja di specie di uccelli, sempre ebbi a constatare che là dove esiste vera dif- ferenza di specie, esiste anche una diversità più o meno sen- sibile nelle dimensioni e sopratutto nelle proporzioni, cioè ap- prezzabili discordanze tra i dati somatici ; quindi, nel caso presente, la corrispondenza delle dimensioni e delle proporzioni N. 16S05 Merlila lo ninni Ui tipica d N. 1051 » » » d" N. 656 (Col. Ci iv.) » >> » C^ N. 21028 » .. .. cf N. 12978 >. » sem ialbinocf N. 17504 » ). normale O N. 17505 .. alpesti ■ÌS tipico o N. 21118 » » ..setLc/" N. 2111S bis .. » .. » C^ N. 20859 » » >. .. c? 109, » 34 109, .. M HO, .. 33 111, .. 35 109, » 36 111, » 34 111, » 35 HO, » 34 113, .. 34 (1) Ohe i miei soggetti vivi fossero adulti, o vecchi, mi risultò ancora dal fatto che tutti e tre cantavano come individui perfettanienle sviluppati : solo io non provai mai alcuna molestia dal loro canto elle pure nella Merula alpestris si dice sia intollerabile in uni stanza; eppure sono certamente della varietà alpestfis avendo le volute macchie bianche centrali. 340 GIACINTO MARTORELLI essendo completa, verrebbe a mancare un importante fattore di distinzione specifica, od anche semplicemente subspecifica. Però, si dirà, nessuno ha distinto la Menila alpestris dalla torqìmla per le dimensioni, ed è vero; ma io sostengo appunto che non si debba distinguere alcuna specie, o sottospecie, quando le dimensioni sono identiche, corrispondendosi fino al millimetro, come in questo caso, perchè, cosi essendo, anche le variazioni del colorito e delle macchie sono ordinariamente minime e quindi senza serio valore, potendo entrare nell'ambito delle variazioni individuali, ammenoché non appaiano segni partico- lari ben distinti e caratteristici, come collane derivanti da confluenza di macchie, o altri disegni. Gli esemplari freschi di muta colti in settembre, già ricor- dati come appartenenti al tipo alpestris, avevano a tutte le piume delle parti inferiori margini bianchi ben netti ed è certo che tutti quanti gli esemplari maschi adulti da me visti nella medesima stagione autunnale prima della immigrazione delle colonie settentrionali, erano in identica fase. Non si trovano generalmente in settembre, o in principio di ottobre e nemmeno dopo l'arrivo degl'immigranti, esemplari aventi i caratteri dei maschi adulti della tipica torqiiata, ma solo all'avvicinarsi della primavera. Durante quest'ultima stagione, cioè dopo la trasformazione che descriverò, invece si incontrano, e ne ho avuto uno io pure in fine d'aprile, individui con tali caratteri, anche dopo la partenza di quelli settentrionali. Anche l'Arrigoni riferisce di averne ricevuti ('), ma egli sembra ritenere questa una prova che nella nostra regione possano coesistere anche nella buona stagione e nidificare am- bedue le specie ('), ritenendo come certo che gli esemplari, i quali non hanno gli spazi bianchi centrali alle penne squamate e le strisce mediane bianche alle sottocaudali, ma sono neri ad eccezione della fascia toracica, siano tutti necessariamente Merulae torqualae ; mentre questi ultimi sono invece i veri (1) Manuale d'Ornit. Ital. p. 236. (2) Ci^) che anche per ra;?ioiii biologiche f^enerali non appare molto probabile, perché le specie troppo affini tra di loro riifflcilinente si inducono a convivere in una comune area. LE VAKIAKIOM DELLA MEKL'LA TOKQUATA (nAUM.) 341 maschi perfettamente adulti delle nostre colonie alpine ed il loro scarso numero si comprende facilmente, data la poca probabilità che hanno tra noi tutte le specie di uccelli di raggiungere l' età matura ! Del resto egli dice di averne ricevuti parecchi esemplari uccisi a Lanzo in aprile e nel maggio ed i giovani in primo abito in agosto ('). Anche il Giglioli dubitava della nidificazione della M. torquala nelle Alpi piemontesi e, ad ogni modo, riconosceva che gli esemplari aventi i caratteri da lui attribuiti alla Merula torquala si incontrano in minor copia di quelli che attribuisce alla M. alpestris. Ciò è perfettamente giusto, ma non si tratta di differenza di specie bensì di fase.' Se quegli esemplari che l'Arrigoni ed il Giglioli, od altri, hanno avuti morti, li avessero invece ottenuti e conservati viventi, avrebbero osservato essi pure che tra agosto e settembre quelli tra essi spettanti alle colonie alpine avrebbero ripresa la veste a piume squamate largamente marginate e macchiate di bianco al centro, in modo che la parte nera si sarebbe ridotta ad un disegno a ferro di cavallo ; cosi parecchie M. torquatae si sarebbero riconvertite in M. ali^estres ! I merli dal collare delle Alpi (') hanno tutti il becco bruno- corneo-scuro, solo un po' flavescente alla base nel periodo au- tunnale, ed ho già accennato più di una volta agli altri due caratteri distintivi ritenuti immancabili: quello delle macchie centrali bianche sulle piume antero-inferiori e quello delle sottocaudali aventi una striscia bianca mediana. Ora nessuno di questi caratteri è persistente e nessuno ugualmente svilup- pato nei vari individui, anzi neppure nei vari punti del corpo di un medesimo individuo. Basti guardare le figure 1, 2, 3, 4 e 5 della mia tavola colle quali ho rappresentato cinque piume squamiformi prese da un medesimo lato del corpo di uno stesso individuo e cosi pure le figure 9, 10, 11 ; le figure 13, 14, 15 16 e infine le figure 19, 20 e 21 tutte tolte da esemplari di sicuro tipo alpestris ! (Il Non é certamente facile il comprendere come abbia potuto distinguere i giovani in primo abito della M. torquata A-à Q^\\e.\\\ della M. alpestris: \o contesso che non mi sentirei in grado di distinguerli ! (2) Non dico meridionali ad arte, non volendo confondere con quelli delle nos're colonie, quelli delle più meridionali colonie Nord-Africane. 342 GIACINTO MAKTOKELU Dal complesso di tutte queste figure risulta invece una evidentissima gradazione in questo carattere, e la sua facile obliterazione è particolarmente visibile nella serie delle figure 14, 15 e 16. Per di più bisogna ancora considerare che la macchia cen- trale chiara non solo ha varia estensione, ma essa si rivela piut- tosto come uno spazio chiaro, perchè non ancora pigmentato ; difatti a misura che la pigmentazione durante i mesi inver- nali procede, esso va gradatamente restringendosi e facendosi oscuro. Lo stesso precisamente succede per lo spazio lineare bianco lungo lo stelo delle copritrici inferiori della coda e per questo si confrontino le piume 7 ed 8 rimaste contempo- raneamente nello stesso individuo morto durante la muta e le figure 18, 21 e 23, che mostrano la diversa ampiezza di questa macchia bianca lineare, variante, sia per le differenze indivi- duali, sia per il progressivo avanzarsi di nuovo pigmento. Ma mentre ciò avviene si restringono ancora visibilmente i margini bianchi delle piume, non già perchè le barboline si consumino alle loro estremità, ma perchè il pigmento si avanza dall'interno della piuma. È duopo infatti abbandonare ormai l'antico concetto che le piume siano parti inerti, le quali, una volta formate, non mutino più ; esse sono invece oi'gani funzio- nanti fino al momento della loro caduta e sono perciò in con- tinuo lavorio di trasformazione, come risulta del resto da un numero ormai ingente di osservazioni. Il Salvadori nella sua nota " Intorno alla Menila aìpestri-s, Brehm v esponeva come dei 18 esemplari presi in Italia che egli aveva presenti, quattro soltanto si potessero riferire alla forma settentrionale (*). Ora lo studio recente da me fatto mi permette di dubitare che i primi quattro esemplari presi nel marzo fossero della {)) K evidente che usando esso la \)i\.roU\ for fila , viene ad accostarsi massima- niente al mio concetto, polche io non intendo certo sostenere che i merli dal eoiliire della Alpi, siano identici assolutamente a quelli, del Nord d' Kuropa, ma che essi appartengano alla medesima specie di quelli, pur costituendone una varietà climatica. Questo modo di vedere è del resto diviso anche dasH autori tedeschi del « Nuovo Xaumana » (I. Band. I-fj?. 3. Ifi3), i quali dicono « Die von l.innè beschriebene Rinjrdrossel Turdus forqualUS » comprende « drei wohl zu trennende Klimatische Formen ». Come si vedrà nell'ultima parte di questo scritto, non solo io ammetto queste tre forme climatiche, ma qualcun' altra ancora, cioè almeno cinque costituenti il « ForMenhreise » della Menda (nniuata. LE VARIAZIONI DELLA MERUI-A TOHQUATA (nAUM.) 343 forma settentrionale e diretti appunto verso il settentrione, giacche è possibile anche l'altra ipotesi; che cioè fossero esem- plari di 3° anno diretti verso le alte brughiere delle Alpi per nidificarvi. Infatti, almeno nel terzo anno i maschi sono per- fettamente adulti e nel marzo hanno già assunto la piena veste di Merulae torquatae adulte. Anzi veramente possono già averla anche prima, perchè l'adulto di terzo anno che ho ancora vivo e che fu visto nello scorso novembre 1909 dal Salvadori stesso, non fu da lui trovato diverso dalla M. torquala, eppure l' anno innanzi aveva mantenuto i caratteri di M. alpeslris tino a pri- mavera ! Cosi io ritengo pure che gli altri individui maschi dei rimanenti 14, e specialmente quello avente il becco giallo, fos- sero di 2° anno; perchè durante questo l'avvicinamento alla veste perfetta degli adulti è minore e rimane generalmente traccia più o meno estesa dello spazio bianco centrale alle piume squamifoi'mi ed alle sottocaudali, ed in tal modo la intera serie dei 18 esemplari poteva spettare alla forma delle nostre Alpi ('). Infatti l'esemplare N. 21028 della collezione Turati, preso dopo la partenza delle colonie settentrionali, aveva i caratteri precisi degli individui di queste, tranne, credo, la maggiore intensità di colorito del becco che era nel fresco di un bel giallo vivo uniforme ('), ma, poi si oscurò nell' essiccarsi. Ora se noi osserviamo una serie di pelli accuratamente formata con esemplari di sicure provenienze ed il cui sesso sia stato scrupolosamente accertato coli' anatomia, è facile avvertire una perfetta gradazione tra le piume più largamente marginate di bianco e più largamente occupate da questo colore negativo nel centro e quelle che sono totalmente nere. Anche tra due individui aj^parentemente della stessa età e presi nello stesso luogo e nello stesso periodo, come i numeri 21118 e 21118 bis (1) Dico (Ielle « lìosfre Alpi» perchè, come di mostrerò più innanzi, ho l'ondate ragioni per ritenere che g'ii esemplari dei monti nieridionali della Germania e regioni circostanti spettino ancora ad un' altra forma, come esporrò più innanzi. (2) Per apprezzare esattamente il colore del becci) gli esemplari conservati giovano assai poco, perchè durante l'essiccamento la parte cornea {ranj'oteca) subisce strane variazioni, potendo un becco chiaro divenir scuro del tutto, o in parte, e, al contrario un becco scuro divenir chiaro, anche fra individui della medesima specie, età e sesso. 344 (ÌIAOINTO MAKT()RELr,I delle serie che ho presente, si vede chiaramente i;na diflferenza di tal genere che è evidentemente individuale, sebbene sia assai spiccata: eppure questi due esemplari furono unanime- mente riconosciuti come due tipici maschi adulti della forma aljìestris. Faccio anzi notare che nel primo le macchie bianche cen- trali sui lati del petto sono appena accennate e non su tutte le piume, ma solo in quelle mediane. Ma è egli vero che questa qualità di macchie, ossia questa fase, si verifica solo nella forma alpeslris e che essa è carat- teristica degli adulti di questa soltanto? Ciò mi appariva già assai dubbio per varie considerazioni, ma alcune asserzioni del Fatio mi avevano convinto che cosi non è \). Di più, osservando gli esemplari posti sui nidi di questi merli esistenti nella collezione Tiirati, vidi che ve n'erano alcuni di perfetto tipo M. lorqaata^ mentre altri erano del tipo alpeslris. Ora il Fatio nelle sue osservazioni non si riferiva ai merli dal collare d'immigrazione invernale, ma a quelli sta- zionari nella Svizzera, compresi i Cantoni del versante Italiano. Quindi risulta evidente la coesistenza dei due tipi di colora- zione nelle medesime regioni, anche nel periodo della nidifica- zione, e che i maschi della specie M. torquata non attendono, per procreare, di aver raggiunto la veste del tutto nera, a collare bianco netto, la quale conseguono solo al di là del secondo anno, ma cominciano i loro amori i') anche quando hanno ancora spiccati i margini e gli spazi centrali bianchi (1) Il Fatio (Faune des Vertebres de la Suisse, Oiseaux, voi. II) dice « Ayant examine un assez grand nombre de sujets provénant des Alpes Siiisses et « du Jura, je dois declarer pour ma part que les caractéres distinetifs invoqués « me paraissent de trop peu d'importance et trop variables pour étre veritable « ment specifiques. Il peut y avoir predominance de telle livrèe dans telles condi- « tions d'habitat, peut-étre deux formes neographùtues plus on nioins accusées, « mais il n'y arien, je crois, de trés-cons'amment tranche, car j' ai trouvé ehez nous « parmi des individus plus ou moin:s fences en dessus et plus ori nioins tachetès « en dessous, des vieux males entieréinent noirs à l'exception du plastron d'un « blanc pur avec d' étroites bordures blanchàtres aux convertnres alaires et quel- « ques traces seiilement du liseré blanc sur la lig-ne ventrale mediane ainsi « qu' aux souscaudales De vieilles fenielles des Alpes, portaient sur le centre des « plumes, aux faces inferieures, una tnche bianche plus eicnduc que d'autrcs pro- « vénant du Jura ». (2) Uno dei miei esemplari viventi cantava g'ià in amore dopo il primo anno, mentre ancora aveva il mento e la gola colle macchie turdoidi proprie de^li indi- vidui ininiaturi. LE VARIAZIONI DELLA MERULA TORQUATA (nAUM.) 345 alle piume antero-inferiori e nluno potrebbe credere che questi siano indizi d' inettiiudine agli amori! Non altrimenti una specie di Codirosso, cioè lo Spazzaca- mino fEuticiUa titisj diede luogo alla istituzione di una specie fantastica, cioè la R. cairei, Gerbe, pel solo fatto che permet- tendosi soventi volte di nidificare prima di avere assunto la veste perfetta propria degli adulti, si credette che i caratteri i quali in tale fase presentava, fossero distintivi di una nuova specie e la fantasia andò tanto oltre, da riconoscerle ancora una differenza nel canto e nel colorito delle uova f ). Del resto la fase parallela a quella caratteristica della varietà alpestre e che viene ottenuta mutando tutte le penne in estate (agosto-settembre) si verifica anche, con pochissima, e forse non costante differenza, negli individui delle colonie setr tentrionali, ed ho precisamente dinanzi a me due significantis- sime fotografie inglesi del Ring-Ouzel, che è appunto la ili. torquata^ nelle quali questa specie è riprodotta proprio in tale fase. Una è la fotografia minuziosa di una pelle di merlo dal collare quale si trova nelle Isole Britanniche ed ha il bianco del petto spiccatissimo, come pure quello dei soliti margini sulle parti inferiori, compreso il sottocoda, e sulle ali; il becco appare scuro, eccetto un piccolo spazio alla base della mandi- bola. I margini bianchi sono larghissimi e sulla parte anteriore del collo tanto estesi che i centri oscuri appaiono ben isolati e prendono l'aspetto di vere macchie turdoidi ('). Tale imma- gine è identica a quella di molti esemplari alpestri nella cor- rispondente fase regressiva non più innanzi del 2^ anno. L' altra fotografia , una di quelle mirabili dei fratelli Kearton ('j prese con istantanee automatiche sui nidi in natura. (1) Questa immaginaria specie fu descritta dal Deglaud ed altro non è che la fase giovanile, cioè del primo anno di età, nella quale rassomiglia alquanto alla femmina e l'errore nacque dal fatto che l'Abate Caire osservò in certe valli della Svizzera nidificante un Codirosso che si spingeva sino all' altitudine in cui Sj trovano i fringuelli delle nevi (Montifringilla nivalis). Ora siccome i maschi nidificanti vestivano l'abito bruno-cinereo, li credette di una nuova specie che differiva dal comune Spazzacamino anche perchè arrivava prima! Ora però si sa benissimo che la R. cairei, dandole tempo, diventa una genuina R. titis : basta riuscire a tenerla viva fino al secondo anno; mentre per convertire una Merula alpestris in M. torquata occorrono quasi tre anni. (2) « Tlie sportsman's British Bird Book » by R. Lydekker London. Rowland Ward. Ed. (3) « Wild Nature' s Ways » By R. Kearton; Cassell and Company. Limit. 83 346 GIACINTO MARTORELLI riproduce un maschio adulto col becco interamente chiaro e con margini bianchi alle piume ancora cospicui. Non è dunque vero che nel Nord d'Europa i masclii occu- pati alla riproduzione siano sempre e tutti nelP abito tipico attribuito alla M. torquala, adulta nel periodo nuziale, cioè quello nero col bianco quasi assolutamente limitato alla fascia toracica; ma invece anche colà i maschi adulti, almeno per qualche anno, assumono in estate una veste di carattere regr^essivo, cioè av- vicinantesi più o meno a quella giovanile, coincidente col- l' oscurarsi del becco. Probabilmente anche per gl'individui nordici questa veste sarà di anno in anno piti prossima a quella nuziale. Del resto anche lo Sharpe nella monografia dei Turdidi colla tavola LXXXIV rappresenta quello che egli chiama abito invernale avente le piume delle parti inferiori spiccatamente orlate di bianco ed il becco j)iù scuro. Cosi l'unica differenza che riraanerebbe, e sulla quale si fondarono anche lo Steineger, il Salvadori ed altri, sarebbe la costante mancanza in tutte le fasi della M. lorquata del Nord dello spazio centrale bianco alle piume del ventre e dei fianchi ed ognuno vede a qual tenue filo sarebbe raccomandata 1' esistenza della nuova specie Menda aljiestris^ qualora la detta differenza fosse davvero as- soluta e costante, ciò che io non credo sufficientemenie dimo- strato. Io sono perciò sempre più convinto che siano nel giusto quelli ornitologi tedeschi che ammettono solo una leggera va- riazione climatica, la quale non esige che una differenza gene- rica di poca entità, quale può constatarsi nella pluralilà degli individui. Ma per ritornare alla fase rappresentata dalla suddetta figura della monografia dei Tordi, debbo ancora aggiungere che essa corrisponde veramente ai caratteri dei merli dal collare delle Alpi durante l' inverno ; poiché 1' unica voluta differenza essendo nella parte nascosta delle piume, non può apparire all'esterno e sarebbe perciò strano che lo Sharpe non avesse avvertito la corrispondenza, se egli stesso non avesse dichiarato che la sua descrizione della M. (ilpcslrix è lolta da di;e esem- plari del Museo Britannico, jìrovenienti dalla Transilvania, mentre la seguente figura LXXXV, disegnala dal valentissimo Kculemans, è tratta da un esemplare dell'Asia Minore (Zebil- LE VARIAZIONI DELLA MERULA TORQUATA (NAUM,) 347 Taurus) e quindi, né descrizioni, nò figura corrispondono ai caratteri dei merli dal collare delle Alpi ed è evidente che se le colonie di questi differiscono da quelle delle Isole Britanniche, della Scandinavia e del resto dell'Europa settentrionale, per minimi caratteri d'una costanza relativa, altrettanto può avve- nire rispetto alle colonie della Transilvania e più ancora a quelle dell'Asia Minore ! Uno degli argomenti più forti che si adducono per dimo- strare la differenza tra la M. iorquata e la M. alpesh^is, sta in questo che le serie di pelli possedute nei musei pubblici e privati, ci dimostrano come i maschi adulti della M. torquata non hanno mai le macchie centrali bianche più volte ricordate, e nel tempo degli amori sono quasi totalmente neri, eccetto il collare ; ma oltreché nessuno ha jDensato che cosi potevano esser pure i maschi adulti perfetti in primavera della forma alpestris (come lo sono difatti), non si é neppure tenuto conto di un altra verità, cioè questa; che non sempre tutti i termini di queste serie di pelli sono perfettamente sicuri per la loro ori- gine, per l'indicazione del sesso, dell'età e del periodo in cui l'esemplare fu catturato e spesso i preparatori dai quali si ottengono le pelli stesse, anche in buona fede, possono ingan- narsi. Cosi, richiedendosi loro dei maschi adulti in abito nuziale della Merula torquata, essi sceglieranno tutti gì' individui più neri e dal collare bianco più spiccato che avranno ottenuto da un intera regione e tratterranno tutti gli altri meno vistosi e colle piume marginate, o macchiate di bianco nel centro, che essi reputeranno giovani, od immaturi, mentre potevano esser già nidificanti quando furono uccisi! Non possono quindi essere di alcuna utilità se non le serie di esemplari accuratamente da noi stessi raccolti e preparati colla massima precisione, regolarmente anatomizzati per la con- statazione del sesso e muniti di tutte le indicazioni; ma, ad ogni modo non si deve mai dimenticare " che una pelle non ci può rappresentare che un istante della vita dell'individuo e nulla può dirci di quello che esso sarebbe diventato " mentre invece pochi esemplari vivi tenuti nelle migliori condizioni possibili ed osservati quotidianamente per lungo tempo, valgono assai più che una numerosa serie di pelli. 348 GIACINTO MAUfOREt.LÌ Tale essendo la mia convinzione intorno alla opportunità di non limitarmi al solo esame delle pelli nello studio delle fasi di questi merli, dovetti attendere l'occasione propizia per osservarle negli uccelli viventi, nel che sono riuscito, non per tutto mio merito, al di là di quanto speravo, considerata anche l'indole speciale dei merli dal collare assai meno agevoli a tenersi che quelli comuni ('). Gli esemjilari che ho potuto esaminare fino al giorno d'oggi sono dieci, ma di qiiesti tre soli sono adulti e lo erano già, o quasi, quando li ebbi nell'autunno del 1907 e del 1908, mentre i sette rimanenti, cioè quattro maschi e tre femmine sono gio- vanissimi ; anzi sei di essi tolti dal nido nello scorso luglio ed uno (femmina?) d'ignota origine per esser stata preso al roccolo in tempo di migrazione e diverso dagli altri. Pur essendomi riusciti utili anche questi giovani dei quali, se vivranno, potrò seguire tutte le trasformazioni, debbo ora limitarmi quasi esclu- sivamente ai primi tre, uno dei quali mori durante la muta dell'estate 1909, ed era apparentemente il meno avanzato d'età. Il primo esemplare che ebbi nell'autunno del 1907, era del tutto corrispondente alla descrizione tipica della M. alpeshns, ed identico agli esemplari che ho già descritti come spettanti (1)11 Witherby in un recentissimo suo scritto: («British Birds sequence of plumages lin British Birds', ») si occupa appunto sotto questo titolo delle fasi varie complesse che offre lo sviluppo «lei piumaggio ed è import.Tnle la sua costatazione che nelle stesse Isole Britanniche ove si largamente è coltivata 1' Ornitologia, queste fasi siano tuttora pochissimo conosciute; talune ignorate affatto! Sarebbe inutile aggiungere che in Italia non siamo più innanzi nella loro conoscenza ed io pel primo riconosco che le nostre descrizioni delle specie che si jirendono in Italia sono ben lungi dall' essere complete. Il nominato Ornitologo inglese stabilisce in modo generico le seguenti fasi: t) (luella di piumino (DoWìhplumage) ; 2) giovanile [luvenile iHumage); 3) prima veste invernale (First ìdintcr jìluiuage); 4) prima veste estiva (First summer plumage) ; 5) seconda veste invernale (Second Winter plumage) ; •>) seconda veste estiva (Second summer plmnage); 7) veste invernale di adulto (Adult Winter plumage); 8) veste estiva di adulto (Adult summer plumage). Non è a credere, e lo riconosce anche il Witherby, che in tutte le specie la differenza fra questi singoli stadi sia sempre uguale e quindi sempre afferrabile, ma è indubitato che il raggiungimento della veste perfetta degli adulti, specie nei masclii, è molto più lento e più complesso di ([uanto si creda comunemente. Nel caso dei merli dal collare non vi è dubbio che queste fasi si realizzano, per quanto dimoili a costatarsi. (Brit. B. Voi. Ili, n. 7, Dee. p. Wi e seg.). LE VARIAZIONI DELLA MERULA TORQUATA (nAUM.) 349 indubbiamente a questo tipo ; cioè aveva larghi e distinti mar- gini bianchi a tutte le parti inferiori e nella parte media delle ali, i centri chiari alle piume dei fianchi e del ventre. Il becco era scuro-corneo, solo debolmente giallo alla base, la gola pure aveva marginature bianche. Non tardai ad accorgermi che prima del finire dell'inverno il nero andava sempre più guadagnando spazio sul bianco, mentre al tempo stesso il giallo del becco si faceva più deciso e si restringeva la parte scura respinta sempre più verso V apice : ma questa mutazione era lenta e fu piuttosto una preparazione a quella assai più rapida e radicale che si verificò entro l'aprile, cosicché a maggio l'uccello era addirittura reso irriconoscibile per chi non lo avesse seguito durante il periodo invernale. Quasi nessuna traccia era rimasta dei margini bianchi e le macchie chiare centrali erano scom- parse. La fascia bianca toracica si era fatta molto cospicua per la maggior bianchezza delle penne in campo nero, la gola era divenuta nera uniforme ed il becco, perduta ogni traccia del color corneo-scuro, era risultato di un bel giallo arancio omo- geneo, quale non pare si osservi mai nelle colonie settentrio- nali, seconde le descrizioni degli Autori. Si direbbe quindi che nel nostro clima, se gì' individui di questa specie differiscono da quelli settentrionali, si è unica- mente nella maggior purezza ed intensità delle tinte ! Giunto l'agosto cominciò la vera muta e, quando questa fu terminata, cioè entro la prima metà di settembre, le nuove piume avevano marginature bianche assai più ristrette che nell'anno antecedente: anche le strisce bianche sulle ali erano assai più sottili. Ma l' uccello ormai dava segni non dubbi di vecchiaia, cessava ogni canto ed innanzi primavera aveva per- duta la vista da ambo gli occhi, in poco tempo, e d'allora in poi la sua veste non ha più fatto alcuna importante mutazione dalla forma tipica di M. torquata che ancora conserva anche dopo la muta di agosto ; solo il becco non ha più ripreso il vivo colore aranciato. Nel mese d' ottobre del 1908 ricevetti i due altri esemplari che erano stati catturati nell'estate nelle valli lombarde e già erano assuefatti alla vita di gabbia, in modo che dopo breve tempo che furono al Museo si adattarono al nuovo ambiente. Ambedue avevano le caratteristiche precise attribuite alla M. alpestris. 350 GIACINTO MARTORELLI Rispetto a quello dell' anno antecedente apparivano giovani; in realtà erano adulti ; cioè almeno di secondo anno, giacché i giovani veri che ho presenti, nati quest' estate, sono molto diversi e soprattutto si distinguono per avere le marginature chiare delle varie parti del piumaggio non ancora ben disegnate e molto intorbidate da una tinta indecisa fra il fulviccio e r olivaceo, ed infine il collare pochissimo distinguibile per il colore fosco, specialmente nei maschi ('). In ambedue il da- vanti del collo e la gola avevano margini bianchi assai estesi alle piume, onde il nero di esse aveva ancora l' aspetto di macchie turdoidi; in uno, forse meno avanzato in età dell'altro, questo carattere era più spiccato, ma quando mori, nell'agosto scorso la gola ed il collo erano già quasi del tutto neri, come nell'altro esemplare. Anche questo, d'altronde, pur avendo raggiunto entro l'aprile i caratteri attribuiti alla M. torquata adulta in primavera, non si era però trasformata quanto l' esemplare del tutto adulto, o addirittura vecchio, dell' anno precedente. Infatti esso non aveva perduto interamente, come quello, le marginature bianche ai fianchi ed il becco non era riuscito ancora di un cosi intenso giallo-aranciato in tutta la sua estensione, conservando un pic- colo spazio oscuro all'apice. Come ho già accennato, uno solo di questi due uccelli ha potuto sopravvivere alla muta di quest'estate e compierla con tale perfezione da conservarsi sano, robusto e vivace, mentre il piumaggio del suo compagno, morto e conservato in pelle, offre mescolati i caratteri di due vesti per esser rimasta tron- cata a mezzo la muta. Sono rimaste cioè parecchie delle piume divenute nere della fase nuziale sparse in mezzo alla moltitu- dine delle nuove piume a margini e macchie centrali bianche appartenenti alla fase invernale. Invece nel sujjerstite questa si compi perfettamente ed a settembre, quando ritornai a Milano, lo trovai nella più tipica fase di Menila alpe^lris adulta, iden- tica a quella degli esemplari maschi che avevo ottenuti negli anni addietro dalle valli Piemontesi e Lombarde, precisamente nello stesso mese di settembre, in veste freschissima e regola- (1) Va pur ricordato che lo grandi coiìi-itrici superiori dfH' ala liauuo una striscia mediana giallo-fulva verso 1' apice. LE VARIAZIONI DELLA MERULA TORQUATA (nAUM.) 351 rissima di M. alpesbns. Esso aveva infatti tutte le marginature bianche sulle piume dei fianchi e del ventre larghe e netta- mente spiccate dal nero, con disegno squamiforme ed il becco era ridivenuto bruno-nero, eccetto la base della mascella in- feriore rimasta giallastra. Io l'ho di poi attentamente seguito, giorno per giorno, ed ora, alla distanza di tre mesi, ha già tutto l'aspetto della M. torquata, avendo in questo tempo molto avanzato il pigmento nero in modo da restringere i margini bianchi e le macchie centrali ('). Cosi le piume squamiformi appaiono appena listate di bianco. In pari tempo il becco si è già molto schiarito ed ingiallito e si prepara a divenir pari a quello del primo esemplare fino da due anni or sono in pri- mavera, insomma si approssima alla sua completa fase di M. torquata in abito nuziale, come nel Nord d'Europa, tranne la tinta più viva del becco. Io avevo, come ho già detto, da molto tempo la convinzione, avvalorata ancora da osservazioni di altri ornitologi, che entro le piume si compiesse un lento, ma continuo lavoro di trasfor- mazione ed anzi negli aviari del giardino Pubblico di Milano avevo su molte e diverse specie notata tale variazione in modo da non poterne dubitare ; ma non mai, come in questo caso, avendo continuamente sott' occhio questi tre esemplari perfetti di veste e divenuti del tutto agevoli, mi ero potuto fare un idea precisa di tali permutazioni che avvengono senza sostitu- zione di nuove piume e ciò che mi ha sopratutto meravigliato è la rapidità relativamente grande colla quale tali cambiamenti si verificano. Giudicando ora complessivamente da quanto ho potuto os- servare nei vari esemplari viventi d' ogni età, mi pare di poterne dedurre che, astrazione fatta dalle inevitabili differenze indivi- duali, che solo si possono ben valutare avendo dinanzi esemplari del medesimo sesso e tolti al tempo stesso da uno stesso nido, (1) Il Ticehurst nel descrivere le fasi di sviluppo, già accennate nell'articolo del Witherby (Brit. Birds, vol. Ill, Genn. 1902 n. 8) considera i cambiamenti otte- nuti nella veste estiva {nuziale s'intenda) come in gran parte effetto di abrasione, ma questa credo sia esageratamente intesa ed in ogni ca o non può aver effetto che sui margini delle piume e non spiega affatto l'estendersi di un pigmento qualsiasi nel mezzo della piuma. 352 GIACINTO MAKTORELTil 0 da nidi prossimi, occorrano in media tre anni per il completo conseguimento dei caratteri tipici della veste nuziale pari a quella della Menda toro Ovest. Nel Portogallo sembra esser rarissima la specie e l'unica immagine che ne ho visto, quella che ne ha dato l'infelice Monarca Don Carlos di Braganza, spelta senza dubbio alla tipica M. torquata adulta. Il Re di Portogallo in quest'Opera troncata sul prin- cipio dalla sua tragica morte, scriveva nel testo francese : « De passage. Très peu com num. « N'apparait (jue pendant les hivers rigoureux. le conserve de cette espece un ma- « gnifique individu O (P'e j' ai tue il y a (luclques annécs et une ? prise dans le « P.irc d? (ìuelus cu novembre 18J0 ». Catalogo illustrato das Avcs de Portugal — Sedenlarios, de arribacao e acci.lentaes — por Don Carlos de Braganca, Lisboa Impresa Nacional 19(i3, fase. I. Di quest' opera io non potei, naturalmente, avere che il principio: essa sarebbe stata di vero interesse per l'ornitologia. LE VARIAZIONI DELLA ÌSIERULA TORQUATA (NAUM.) 357 loi'o rispettive aree gli individui sedentarii, seguendone minu- tamente le mutazioni mentre sono viventi ed indagando se le differenze si estendono anche alle relative femmine ed ai gio- vani. Ferma rimanendo sempre la mia convinzione che la specie sia una sola, considero come del tutto inutile praticamente il conservare le denominazioni di Menila alpestris e di M. orien- talis, e peggio P introdurne altre ancora, per designare le nuove forme che venissero definitivamente confermate dallo studio, non dovendosi dimenticare che trattasi di una specie dalle abi- tudini migratorie. 358 GIACINTO MARTOKELLI - LE VARIAZIONI ECC. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. I, 2, 3, 4, ó — ['iume squamiformi delle parti inferiori prese in diversi punti; il n. 5 è dei fianchi. Dal più giovane degli esemplari di tipo alpeslris avuti vivi in Ottobre 1908, morto in Agosto 1909 durante la vera muta delle penne. Queste sono figurate dopo la muta stessa e la morte. Fig. 0 — Piuma della fascia toracica intorbidata; medesimo esemplare. Fig. 7 — Sotto caudale rinnovata per muta; med. es. Fig. 8 — Sotto caudale di antecedente fase, del med. cs., che aveva già perduto la marginatura e la striscia mediana bianca. P'ig. 9, 10, 11 — Piume S(|uamiformi did med. es. mentre era vivo iu Aprile, cioè prima delia muta, in abito nuziale imper- fetto, ma avente già ridotti gli spazii centi'ali chiari alla maggior parte delle penne inferiori di poi riformatisi nelle nuove piume fFig. 2, 3, 4). Fig. 12 — Piuma della fascia toracica di un esempi, adulto del Pie- monte in })erfetta fase nuziale di Menila torquata. Fig. 13, 14, 15, 16 — Piume delle parti squamate dell'esempi, an- cora vivo dell'autunno 190S, dopo la perdita dei margini bianchi avvenuta durante la lenta trasformazione invernale mentre si riducevano, o si offuscavano, le macchie bianche centrali. Fig. 17, 18 — Piume dello stesso cs, adulto della Fig. 12. (17 piuma squamiforme; 18, sottocaudale). Fig. 19, 20, 21 — Esemplare N. 21118 bis di tipo rtZ;x\s7r!'.s-, Piemonte Settembre 1891, con piume fresche della veste regressiva. F. 19, e 20 piume squamiformi alquanto diverse da quella della medesima fase nelle Fig. 1, 2, 3 (esempio di varia- zione individuale nelle medesime colonie al|esli'i); 21 sot- tocaudale. Fig. 22, 23 — Esemplare N. 20859, di tipo alpeslris. Lombardia (-^0 sett. 1891); 22, piuma squamiforme media, 23 sottocaudale fortemcutc segnata di bianco ai margini e nel mezzo. Martorelli G. - VARIAZIONI DELLA ^'MERULA TORQUATA" - Atti Soc, It. Sc. Nat., Vol, XLVIll, Tav. IX. ^ 13 14 ^9' mm 10 15 ^' 19 2« ■ f% Y W 12 22 #C .. 7//?iu'?''àìitò INDICE Consiglio direttivo pel 1909 .... Elenco dei Soci per l'anno 1909 . Istituti scientifici corrispondenti in principi l'anno 1909 Seduta del 31 gennaio 1909 .... Seduta del 28 febbraio 1909. Seduta del 28 marzo 1909 . Seduta del 25 aprile 1909 .... Gita sociale del 23 maggio 1909 al M. Campo dei sopra Varese ...... Seduta straordinaria del 10 giugno 1909 . Seduta dell' 11 luglio 1909 .... Seduta del 28 novembre 1909 Il I" Congresso Internazionale di entomologia a xelles (agosto 1910) .... Seduta del 19 dicembre 1909 Bullettino bibliografico ..... pag. II ?i III 0 dei- n Vili 55 XIX il XXI ìì XXV >1 XXVII Fiori il XXIX il XXX il XXXI 51 XXXII 1 Bru- a XXXIV iì XXXVI 51 XXXVIII Emilio Repossi, Gli scisti bituminosi di Besano in Lom- bardia ......... pag. 1 Eerdinando Soroelli, Note su alcuni vertebrati del Museo Civico di Milano ..... 55 35 Ernesto Mariani, Osservazioni geologiche sui pozzi trivellati di Milano e sul pozzo trivellato di San Vittore a Monza ......." 43 Achille Griffini, Le Gryllacris descritte da C. Stài . 55 70 Roberto Brunati, Sopra alcune ossa faringee fossili spettanti al genere Labrus e considerazioni sopra le ossa faringee di alcuni Labridi viventi nel Me- diterraneo ........" 103 Michele Aukado, La Cleistogamia . . . . :» 115 Beo ÌNDtcri Felice Supino, Sviluppo larvale e biologia dei pesci delle nostre acque dolci. I. Esox Lucius « . pag. 197 Carlo Cozzi, Sulle variazioni floristiche nei terrazzi del fiume Ticino ....... ji 219 Michele Abbado, La Cleistogamia nelle Graminacee e in particolare nel riso ......;) 223 C. Maglio, Idracarini del Trentino . . . . n 251 Ada Lambertenghi, Contributo allo studio dell'istologia dell'uretere nei Limax ...... ti 297 Francesco Salmojraghi, Un'aggiunta alla composizione mineralogica del calcare di San Marino e della Verna "312 Giovanni Vallillo, Di un particolare apparecchio ghian- dolare osservato in uno struzzo . . . . » 318 Enrico Mussa, Una stazione botanica torinese che spa- risce ........." 322 Carlo Cozzi, Sulla Variabilità individuale del " Lian- thus Carthusianorum L. ;i . . . . • » 329 Giacinto Martorelli, Le variazioni della Merula lor- quala (Naum.) ........ •i 334 g ■ f^ ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOL. XL Vili Fascicolo 1^ — Fogli 6 */, (Con tri! tavole) PAVIA PREMIATA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI FUSI Largo di Via Roma N. 7. Giugno 1909. ^fO CONSIGLIO DIRETTIVO PEL 1909 Presidente. Artini Prof. Ettore, Via Malpigld, 4. i Besana Ing. Comm. Giuseppe, Via Ruga- Vice-Presidenti. — . beila, 19. ' De Marchi Dott. Marco, Via Borgonuovo 23. Segretario. — De-Alessandri Dott. Giulio, Museo Civico. Vice- Segretario. — Repossi Dott. Emilio, Museo Civico. Archivista. — Castelfranco Prof. Cav. Pompeo, Via Principe Umberto^ 5. I Bellotti Dr. Comm. Cristoforo, Via Brera, 10. Magretti Dott, Paolo, Via Leopiardi, 21. Consiglieri. — l Salmojraghi Prof. Ing. Francesco, Piazza Castello, 17. Vignoli Cav. Prof. Tito, Corso Venezia, 89- Cassiere. — Villa Cav. Vittorio, ila Sala, 6. Bibliotecario sig. ERNESTO PELITTL SUNTO DEL REGOLANIENTO DELLA SOCIETÀ (1904) (data di fondazione: 15 gennaio 1856j Scopo della Società è di promuovere in Italia il ])rogresso degli studi relativi alle scienze naturali. I Soci sono in numero illimilato : effettivi, perpetui, òenemeriti e ouoraì'i. I Soci effettivi pagano L. 20 all'anno, in ima sola volta, nel priìno bimestre dell' anno. Sono invitati particolarmente alle, sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d'Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. Chi versa Lire 200 una volta tanto viene dichiarato Socio per'peluo. Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi- zioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale. A Soci onorari possono eleggersi eminenti scienziati che contribui- scano coi loro lavori all' incremento della Scienza. La proposta per P aìmnissione d'un nuovo Socio effettivo o pjerpetuo deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Con- siglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del Regolamento). Le rinuncio dei Soci effettivi debbono essere notificate per iscritto al Consiglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3" anno di obbligo o di ogni altro successivo. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed all.e Metnorie non si possono xinire tavole se non sono del formato degli Atti e delle Memorie stesse. Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, purché li domandino a qualcuno dei membri del Consiglio Direttivo o al Bibliotecario, rilasciandone regolare ricevuta e colle cautele d' uso volute dal Regolamento. Gli Autori che ne fanno domanda ricevono gratuitamente cinquanta copie a parte, con copertina stampata, dei lavori pubblicati negli Atti e nelle Memorie. Per la tiratura degli Estratti ;'oltre le dette 50 copie\ gli Autori dovranno rivolgersi alla Tipografia sia per l' ordinazione che per il pagamento. La spedizione degli estratti si farà in assegno. INDICE DEL FASCICOLO 1" Consiglio direttivo pel 1909 pag. ii Elenco dei Soci per Panno 1909 « iii Istituti scientifici corrispondenti in jjrincipio dell'an- no 1909 " vili Seduta del 31 gen}iaio 1909 j-i xix Seduta del 28 febbraio 1909 >i xxr Emilio Repussi, Gli scisti bituminosi di Besano in Lom- bardia » 1 Ferdinando Sokdelli, Note su alcuni vertebrati del Museo Civico di Milano " 35 Ernesto Mariani, Osservazioni geologiche sui pozzi trivellati di Milano e sul pozzo trivellato di San Vittore a Monza >i 43 Achille Ctriffini, Le Gryllacris descritte da C. Stài (') " 70 (l) U seguito (li lineata memoria verrà i)ul)lilii.'ato nel l'ascicolo 2.° NB. Ciascun autore è solo responsabile delle opinioni manifestate nei suoi lavori, e ne conserva la proprietà letteraria. ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE IN MILANO VOLUME XL Vili Fascicolo 2'^ — Fogli 7 '/i (Con una tavola) PAVIA PREMIATA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI FUSI Lars'o di Vi;i Roma X. 7. Settembre 1909. ^ CONSIGLIO DIRETTIVO PEL 1909 Presidente. Ahtim Prof. Ettore, Via Malpighi, 1. j Besana Ing. Comm. Gtiuseppe, Via Rvjja- ì'ice -Preside/iti. — ( bella, 19. f De Marchi Dott . Marco, Via Bor(jonuuvo -23. Segretario. — De-AiìEssandri Dott. Giulio, Museo Civico. Vice-Segretario. — Eepossi Dott. Emilio, Museo Cicico. Archivista. — Castelfkakco Prof. Cav. Pompeo, Via Principe Umberto. 5. l Bellotti Dr. Comm. CristofoU( », 1 7« Brera, 10. l Magretti Dott. Paolo, Via Leopardi, 21. Coyisiglieri. — l Salmojraghi Prof. Ing. Francesco, Piazza 1 Castello, 17. l ViGNoLi Cav. Prof. Tito, Corso Venezia, 89- Cassiere. — Villa Cav. Vittorio, ^'ia Saia. f>. Bibliotecario sig. ERNESTO PELITTI. SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1904) (data di fondazioni.:: 15 gennaio 1856) Scopo della Società è ili promuovere in Italia il prooiH-i '^-Xfi