ee tonte > DEAR E se a, + È. a ot Ep we EM Tan en re nr na ee Les e e parte n Steria + . incatenata tire otro == : on more ©) puro urn “ad ira u + i 3 # RC] UNIT APP A È TR VANI A SITÀ -—— Vol. VI. Fer v Taro ann à (33803 er + Na ur, Matt Mises of DR A. TRIESTE STAB, TIPOGR. DI LOD. HERRMANSTORFER 1884. BB SEE LS dla DU) CON & 219 (CA = < o à - DI SN POSI ©) A (INO Yeo YP gal < an N mn win 2 ID € > "eo 4 CENNI STORICI LEE Museo civico di Storia Naturale di Trieste, sôrto nel oe 1846 per iniziativa privata da modestissimi principi, andd X a poco a poco crescendo mercè numerosi acquisti e } frequenti doni di benemeriti fautori della seienza, cosi che al presente giunse ad occupare un posto non ultimo tra gl’ istituti eongeneri. Le condizioni finanziarie, migliorate negli ultimi tempi in grazia di una dotazione più generosa e del lascito dell illustre Comm. Muzio de Tommasini, che in morte legava al museo, oltre alle sue ricche collezioni, un capitale di dieci mila fiorini, assicurano allo stabilimento una vita sempre più florida. I varî viaggi in lontane regioni, intrapresi dal Dr. S. Cav. de Syrski, già preposto al museo, nonchè dallo serivente, apportarono larga copia di oggetti nuovi e notevoli, che la ristrettezza dei locali non permise pur troppo di esporre che parzialmente. Già fin dalla sua fondazione, s’ iniziarono delle pubbliea- zioni periodiche, in cui, oltre ai cenni intorno all’andamento del museo, vennero illustrate le raccolte adriatiche. Riordinato il museo, la presente direzione stima suo dovere di riprendere tali pubblicazioni, dando loro un’ estensione maggiore ed accogliendo alcuni lavori scientifici, che trattano di qualche parte interessante delle nostre collezioni. Riserbandoci di pubblicare negli annuari successivi il catalogo delle varie raccolte, crediamo per questo TY: più opportuno di dare aleuni brevi cenni generali intorno al nostro istituto — tanto più che buona parte delle recenti acqui- sizioni non è per anco determinata — indicando per sommi capi gli oggetti più degni d’ attenzione. Il museo occupa al presente 14 sale o stanze, di cui due sono occupate dalla fauna marina generale, e le altre dalla col- lezione adriatica, dalle raccolte ornitologiche e d’erpetologia, dai mammiferi, dalla sezione per 1 antropologia e I’ anatomia com- parata, dagl insetti, dalle raccolte geologiche e mineralogiche, dagli erbarî, dalla biblioteca, dal laboratorio e dalla direzione. Primo ufficio dei musei di provincia, che per la ristrettezza dei mezzi, non possono competere con quelli delle grandi capitali, si è di presentare possibilmente completi i prodotti naturali del proprio paese. E per questo rispetto, almeno per quanto riguarda la fauna marina e la flora, il nostro museo può dirsi abbastanza bene fornito. La collezione adriatica forma una sezione speciale e forse la più interessante, inquantochè ci offre un quadro quasi completo della vita varia e multiforme, che s’agita tra le azzurre onde del nostro mare. Il catalogo delle specie contenute in questa sezione, venne pubblicato nei cenni storici del 1866 e del 1869, sicchè ei restringeremo ad accennare soltanto alcuni degli oggetti più no- tevoli od aggiuntivi posteriormente. Al primo entrare nella sala della Fauna adriatica, ci si presenta lo scheletro immane d’ uno de’ sei cascialotti (Physeter macrocephalus), che al 15 Agosto 1853 arenarono nel porto di Cittanova alla costa istriana. La sua lunghezza totale è di metri 9:10 di cui 2°30 appartenenti al cranio e 0°80 alla coda nella prolungazione della spina dorsale. Circa ai pinnipedi dobbiamo rettificare un errore di determinazione, riportato da quasi tutte le faune, che trattano degli animali dell’ Adriatico, cioè della nostra Phoca vitulina, che non è altro che un giovane esemplare a mantello bruno del Pelagius monachus. Di quest’ultima specie il museo possiede, oltre a due minori (lunghi 1°5 m.), un esemplare femmina della lunghezza di metri 2°67, preso nel 1874 a Ter- stenieco sulla penisola di Sabbioncello in Dalmazia. v Oltre alla Thalassochelis corticata, comune nel nostro mare, nei varî stadî di sviluppo, il museo è fornito di una Chelonia viridis, specie rarissima nell’ Adriatico, della quale, per ‘quanto ci consta, finora non vi vennero catturati che tre soli esemplari.* Numerosa è la collezione de’ pesci cani, tra i quali due bei esemplari del Carcharodon Rondeletii, di cui il maschio lungo metri 404 e la femmina 4°32.** La serie degli squali adriatici venne recentemente accresciuta di una nuova specie, dell’ Odon- taspis taurus M. H., del quale il museo possiede le mascelle dei due individui pescati. Del resto, siccome al museo vengono spedite le mascelle di tutti i pescicani presi, per ottenerne il premio stabilito dal ministero per la cattura di tali mostri, esso possiede una ricca serie di dentature, tanto importanti nella determinazione delle specie di questa famiglia. Tra gli altri pesci noteremo, come maggiori rarità dell’A- driatico, la Ranzania truncata, l’Acipenser stellatus, la Rhinoptera marginata. I’ Ophisurus serpens, il Trachypterus Taenia e repandus, il Callionymus fasciatus, lo Xyphias gladius, il Luvarus impe- rialis, l Echeneis remora, il Pelamys unicolor, il Lepidopus caudatus, il Peristedion catafractum, il Sebastes dactylopterus, il Serranus aeneus Geoff. (acutirostris Per. non Cuv. Val.) ece. ecc. Sorpassando le varie raccolte degli animali inferiori, che abitano il nostro mare, tra le quali va distinta quella de’ mol- luschi, dovuta principalmente alle cure del nostro egregio mala- cologo, Prof. A. Stossich, ci piace soffermarci dinanzi alla colle- zione de’ crostacei parassiti dei pesci, frutto delle pazienti indagini del Sig. A. Valle, aggiunto presso il nostro istituto. Essa consta di oltre duecento specie, non poche nuove, di cui una parte venne già illustrata nel Bollettino della Società Adriatica di Scienze Naturali. *** * Il nostro Museo possedeva di questa specie un secondo esemplare, che cedette non è guari al Museo centrale italiano di Firenze, che ne difettava. ** Tra gli altri squali maggiori, noteremo un’Alopias Vulpes (lunga m. 3°93), due Notidanus griseus (m. 3:83 e 2°82), un Carcharias lamia (m. 2°35), un C. glyphis (m. 1°75), un’Oxyrhina Spallanzani (m. 2:46), una Zygaena malleus (m. 2:02). Jet Vol. TV VI VIEL, VI Se anche non strettamente scientifica, tuttavia merita men- zione una raccolta di pesci e di altri animali dell Adriatico, riprodotti in galvanoplastica dal provetto artista A. Rossovich, nei quali vanno del pari la finitezza del lavoro e la fedeltà nel riprodurre insino ai più piccoli particolari. Men riccamente della marina, è rappresentata al nostro museo la patria fauna terrestre, almeno per quanto concerne gli animali inferiori. La raccolta ornitologica, quantunque iniziata appena da un pajo d’ anni, comprende tuttavia circa 250 specie d’ uccelli, e va di giorno in giorno acerescendosi.” Anche i ret- tili del Litorale, per difetto di spazio non divisi dalla collezione generale, sono in numero quasi completo. Noteremo tra questi i tipi originali delle varie specie (o forme) dell’ Hypochton, stabilite dal Fitzinger. Lo studio dell’insetti patri, finora quasi totalmente trascu- rato, si cominciò a coltivare in quest’ultimo tempo ed il museo tiene già una disereta collezione di Lepidotteri e di Coleotteri dei dintorni di Trieste. ** Mercè la generosità del prelodato M. de Tommasini, il museo va ornato d’una delle più ricche collezioni botaniche, ch’ illustrino la nostra patria flora. Questo erbario, in cui sono contenute esclusivamente piante delle nostre provincie (cioè di Trieste, del Goriziano, dell’ Istria, d’ una parte della Carniola e del Veneto, che per brevità potrebbero denominarsi Provincia delle Alpi Giulie, essendo benissimo limitata da questa catena montuosa e dai corsi d’acqua, che ne traggono origine), consta di oltre a 330 grossi fascicoli e comprende tutte le piante vascolari, finora ri- trovate nelle nostre regioni — circa 2400 specie — la maggior parte da numerosissimi luoghi. Frutto di oltre a cinquanta anni di esplorazioni e di studî indefessi, esso racchiude un materiale ricchissimo e prezioso per chiunque abbia vaghezza di studiare la patria flora. | * L’eleneo di questi uccelli venne pubblicato non è guari dal ch. Dr. Schiavuzzi nel Boll. della Soe. Adriat. Vol. IV, VII. ** Ty questo riguardo vanno rese grazie speciali al Sig. A. Steinbiihler, aggiunto all’ I. R. Commissariato di marina, il quale s'adopera gentilmente al- l’ordinamento delle collezioni entomologiche. VII A quest’erbario sono inoltre aggiunte collezioni non meno copiose di muschi, di licheni e di alghe, ed una ricca raccolta carpologica. Quantunque pur da breve tempo si abbia rivolto il pensiero alla creazione di una raccolta, che rappresentasse la struttura geologica della nostra provincia, tuttavia abbastanza conside- revole è il materiale messo assieme, attese le difficoltà non piccole nel procacciarsi copiosi fossili. E qui ricorderemo la col- lezione delle brecce ossifere (tra le quali sono rimarchevoli due mascelle quasi complete dell’ Equus fossilis ed una testa del - Cervus elaphus); i testacei ritrovati da poco all'isola di San- sego; una serie di oltre cento specie di coralli eocenici dalle colline di Cormons; numerosi pietrefatti eocenici da Pinguente, Pisino, Gallignana, Besca Nuova, ecc. (tra i quali emergono spe- cialmente gli echinidi); i varî fossili della creta del nostro Carso (radioliti, ippuriti, ecc.), coll’ interessantissima fauna ittiologica degli strati bituminosi di Comen, accresciuta recentemente da molti bei esemplari del Sauroramphus Freyeri Heck., del Coelodus Saturnus Heck., dell’ Elopopsis mierodon Heck., del Chirocentrites Coroninii Heck., e da una specie, non ancora determinata, della lunghezza di oltre un metro, ecc. Oltre alla sezione patria il museo comprende le collezioni generali, le quali mercè le relazioni strette nelle varie parti del mondo, vanno rapidamente aumentando. Sono specialmente le regioni orientali, Arabia, V India, la Cina, che trovandosi in continui rapporti commerciali colla nostra Trieste, fornirono più larga copia d’ oggetti notevoli al nostro Museo.* E però assai riccamente vi si trova rappresentata la fauna ittiologiea dell'Oceano indiano e de’ vari suoi bacini, come pure la multiforme famiglia de’ celenterati, che ci offre una bella serie di specie, per la maggior parte in esemplari rimarchevoli per * E quì vanno tributate grazie particolari alla Spett. Direzione del Lloyd a. u. per averci concesso una riduzione nelle spese di trasporto per gli oggetti destinati al nostro Museo, come pure ai Sigg. Capitani e Medici di questa Società, i quali gentilmente si prestano all’ineremento del nostro istituto, e soprattutti al Dr. P. Tschauko, che da più anni vi concorre attivamente coll’opera sua proficua. VIII grandezza e per conservazione perfetta. Nè in minor copia vi ritroviamo i molluschi ed i crostacei, tra i quali non pochi estre- mamente rari. Speciale menzione merita la collezione delle spugne da bagno, dovuta in buona parte al Cav. G. de Eckhel, nella quale trovansi rappresentate quasi completamente le tante varietà com- merciali, secondo la loro provenienza. Nella fauna terrestre occupano il primo posto gli uccelli in numero di oltre 1200 specie, buon numero dei quali venne for- nito dai viaggi dello Schimper nell’ Abissinia, dalla spedizione della Novara, e dalla penisola di Malacca. Nomineremo qui solamente due grandi Struzzi, una Rhea Darwinii, parecchi . Phasianus Argo, un Apteryx Owenii, varie Paradisee, numerosi Buceros, Colibri, Papagalli, ece. ecc. Anche la raccolta dei rettili, che conta oltre 300 specie, (molte delle quali rivedute o determinate da Jan), possiede varî esemplari rimarchevoli sia per dimensioni che per rarità, e qui pure predominano gli Ofidî dell Indie orientali, tra i quali un Python Molurus, lungo più di 4 metri. Lo spazio piuttosto ristretto del nostro museo, non permise che la collezione de’ mammiferi acquistasse estensione maggiore. Tuttavia sono abbastanza bene rappresentate le varie famiglie, nè vi difettano specie più rare come il Propithecus Cocquerellii, parecchi Oranghi, il Colobus Guereza, I’ Auchenia Huanacho, V Ornithorhynehus paradoxus. il Cuscus ursina, ecc. Tra gl insetti va rammentata una raccolta di coleotteri europei, che comprende 6000 specie, in circa 20000 esemplari, oltre ad una serie ragguardevole di specie indiane ed americane. Alle collezioni zoologiche va aggiunta una piccola sezione destinata all’ anatomia comparata, ove si conservano gli scheletri delle specie principali (tra i quali alcuni d’ Orango ed uno di Giraffa), e altresì le varie preparazioni anatomiche e d’injezione, dovute per la maggior parte all’ abile mano del sig. F. Trois, già Conservatore del nostro Museo, ora Direttore delle collezioni del R. Istituto Veneto. Nè va taciuta una serie d’ interessanti casi teratologici, che potrebbero fornire argomento non dispre- gevole a studî intorno alle molteplici aberrazioni della natura. Possiede inoltre il nostro Museo due belle mummie egiziane col loro sarcofago, ornato di brillanti pitture. IX La sezione botanica, che fino a pochi anni fa non era rappresentata che dagli erbari del Biasoletto, della Braig, dello Schimper (Abissinia) e da qualche altra raceolta di minor mole, si ebbe recentemente uno straordinario arrichimento dall erbario generale del Tommasini, che in 250 grossi volumi comprende circa 16000 specie, in più di centomila esemplari. Se I’ erbario provinciale del Tommasini ci offriva un materiale importante per lo studio della patria flora, V erbario generale riesce preziosissimo nonchè per il numero considerevole delle specie contenutevi, per la quantità di esemplari originali de’ più celebri botanici, quali un Asa Gray, un Bentham, un Bertoloni, un Boissier, un Cesati, un Crepin, un De Candolle, un Fenzl, un Fries, un Griesebach, un Heldreich, un Hooker, un Hoppe, un Kerner, un Koch, un Martius, un Neilreich, un De Notaris, un Panic, un Parlatore, un Reichenbach, un Visiani, e di eent’altri, che troppo lungo sarebbe enumerare.* | Più povera è la sezione di geologia e di mineralogia, la prima delle quali ci presenta la serie de’ fossili più caratteristici delle varie formazioni — circa 2400 specie. — Va notata in questo riguardo la piccola raccolta geologica dell’ Isola Pelagosa, coi suoi numerosi avanzi pliocenici, molti pesci pietrificati del Libano, una collezione di coralli e di testacei da Gosau, fossili dal M. Promina in Dalmazia, fossili e rocce dalla Patagonia e dalla Terra del Fuoco, ecc. ecc. Una piccola collezione antropologica, che trovasi appena nel primo stadio di formazione, ci mostra una serie di teschi, varî resti d’animali e di manufatti dalle palafitte di Lubiana e della Lombardia, come pure gli oggetti, che ci diedero le re- centi esplorazioni delle nostre caverne e de’ castellieri, dalle quali ci ripromettiamo larga messe di oggetti importantissimi per la nostra paleostoria. A queste collezioni di storia naturale va aggiunta una biblioteca di 2600 opere in circa 4200 volumi, tra le quali non poche ricercatissime e di molto valore. * Vedi la biografia del Tommasini nel Bollet. della Soe. Adriat. di Scienze Naturali, Vol. Y. Öltre agli acquisti ed alle raccolte, fatte durante numerosi viaggi ed escursioni dagli addetti al museo, esso ebbe non piccolo aumento in grazia de’ molteplici doni, che quasi giornal- mente ci pervengono. Troppo a lungo dovremmo estenderci, ove si volesse enumerare i singoli oggetti ricevuti: epperò ci restrin- geremo a notarne i principali, rendendo in pari tempo le più sentite grazie ai benemeriti donatori, ed esprimendo la speranza che anche nell’ avvenire non ci venga meno il loro appoggio. Contribuirono maggiormente all’ accrescimento delle colle- zioni i Signori : Prof. G. Accurti — Oggetti diversi dalle palafitte di Lubiana. C. Barnel — Spugne dell’ Arcipelago greco. G. Barsan — Fossili dell’ Istria. C. Baudisch — Mammiferi esotici, uccelli e rettili. Conte Bethlen — Prodotti vari vegetali dalla Birmania. C. Brandt — Animali e piante da Singapore. Signora F. Brandt — Uccelli differenti. G. Bucchich — Animali marini da Lesina. Console R. Burton — Rocce e piante dal Midian, dall’ Egitto e dalla Guinea. | Spett. Camera di Commercio e d’Industria di Trieste — Raccolta carpologica dall’ Australia. Cav. S. Clescovich — Animali dal Capo. Dr. F. Clouth — Insetti da Hongkong. Cozzi (Berutti) — Pesci petrificati del Libano. Presidente G. Dr. Defacis — Una raccolta di pesci d’acqua dolce del Tolminese. G. Cav. de Eckhel — Collezione di spugne. G. Fabiani — Testa fossile del Cervus Elaphus. Dr. Franellich — Varî uccelli. Dr. F. Friedrich — Fossili diversi dall’ Istria. Dr. C. Gregorutti — Mammiferi ed uccelli. Signora S. Gregorutti — 20 nidi d’uccelli nostrani. Ing. R. Haenisch — Animali varî dalla Dalmazia. Bar. Dr. Jabornegg — Animali da Calcutta. G. Janni — Animali diversi da Bombay. E. Kassel — Numerose collezioni di animali e di piante da Singapore. XI Cav. A. de Letourneux — Animali e piante dall’ Egitto e dall’Algeria. Dr. L. Lorenzutti — Mummie egiziane. L. Lordschneider — Animali vari del territorio triestino. Dr. D. Lovisato — Molluschi, uccelli, mammiferi, roccie, pietrefatti, ece. raccolti durante la spedizione italiana alla Pata- gonia ed alla Terra del Fuoco. Signora N. Minas — Uccelli dal Brasile. M. Mogorovich — Fossili da Gherdosella e Gallignana. Console Mölldorf — Molluschi dalla Cina e specialmente da Hongkong. A. Perugia — Pesci Adriatici. Prof. A. Podersay — Fossili ed oggetti preistorici da Pisino. Dr. Ressmann — Molluschi e rettili dalla Carinzia. Barone G. Sartorio — Uccelli di Trieste. Dr. B. Schiavuzzi — Uccelli istriani ed una raccolta di molluschi dell’ agro piranese. G. Singer — Uccelli e mammiferi diversi. Spett. Società Adriat. di Scienze Naturali — Fossili da Fulda. Spett. Società Operaja di Trieste — Raccolta di prodotti adriatici, riprodotti in galvanoplastica da A. Rossovich. Prof. A. Stossich — Fossili da Besca Nuova e molluschi dell’ Istria e d’ altre provincie. G. Tarabochia — Zolfi da Girgenti. Contessa Thun — Conchiglie e minerali dall’ Isola Volcano. Comm. Muzio de Tommasini — Erbario generale e provin- ciale, Raccolta carpologica, ecc. ece. Don P. Tommasin — Oggetti vari di Storia Naturale. Dr. E. Tschauko — Piante ed animali dal Mar Rosso, dalle Indie e dalla Cina. C. Tyrichter — Animali Adriatici. A. Valle — Raccolta di 230 specie di crostacei parassiti dall’Adria, e di 100 specie dall’ Inghilterra. Considerevole è l aumento della biblioteca dovuto ai doni tanto di privati, che di società scientifiche, tra i quali il più prezioso è quello proveniente dal lascito del Comm. Tommasini, che legava al museo I’ intera, sua biblioteca botanica e geologica, comprendente 750 opere in circa 1200 volumi. Offrirono le loro XII pubblicazioni i seguenti autori: Prof. E. Haeckel (3 memorie), Prof. T. Heldreich (1), Prof. C. Heller (3), Prof. A. Issel (28), Dr. G. Joseph (1), Dr. Kruckenberg (2), ©. Kunz (1), Dr. C. Mar- chesetti (40), Dr. E. Marenzeller (5), A. Perugia (3), S. Scharnagl (1), Dr. B. Srhiavuzzi (4), Prof. FP. E. Schulze (3), Prof. M. Stossich (4), Prof. A. Stossich (2), A. Valle (6). Contribuirono inoltre con lavori diversi lInelito Municipio di Trieste e VI R. Governo Marittimo, ed i Sigg. Conte N. Mantica (28 memorie), Prof. M. Stenta (14), Cav. A. Senoner (4), Cav. Dr. G. Loser (1). C’ inviarono gentilmente le loro pubblicazioni le seguenti Accademie e Società : I. R. Istituto Geologico di Vienna — (Cont. dal 1874-1883). Jahrbuch, Vol. 10, Verhandlungen, Vol. 10, ed Abhandlungen, Vol. 5. Società di piscicoltura di Vienna — Mittheilungen 1882-83. Società per l’esplorazione delle caverne di Vienna — Mitt- heilungen 1882. Società Adriatica di Scienze Naturali di Trieste — Bollettino 1874-83, Vol. 7. I. R. Accademia di Commercio e Nautica di Trieste — Programmi 1877-83, Vol. 7. Ginnasio Comunale di Trieste — Programmi 1878-83, Vol. 5. Scuola Sup. di Commercio di fondaz. Revoltella — Pro- grammi 1879-83, Vol. 6. Società di Storia Naturale di Annover — Jahresbericht 1874- 85 Vol: “6. Società di Scienze Naturali di Neuchâtel — Bullettin 1874-83, Vol. 10. Museo di Storia Naturale di Rio Janeiro — Archivos 1876- 1880, Vol. 5. Società Smithsoniana di Washington — Annual Report 1874-81, Vol. 7. Bureau of Ethnology, Vol. 1. Accademia Americana di Boston — Proceedings 1874-81, Vol. 9; Societa di Scienze Naturali di Boston — Proceedings 1874- 81, Vol. 6. Memoirs, Vol. 2. Occasional Papers, Vol. 2. XIII Dipartimento dell’ Interno a Washington — Annual Report of the U. St. Geolog. and Geogr. Survey, Vol. 5, Public Libraries of the U. St. of America, Vol. 2. Public Schools of Washington, Vol. 1. Infine l'I. R. Accademia delle Scienze di Vienna ci spedì il complemento dell’ opera sui risultati scientifici del viaggio della Novara. Il Museo di Storia Naturale, come istituzione civica trovasi in diretta dipendenza dal Municipio di Trieste, il quale dal suo grembo nomina un Curatorio composto di tre persone, cui si ag- giungono altre due dal numero dei più benemeriti promotori. Il Curatorio veniva dapprima eletto ogni triennio, dal 1877 in poi tale nomina è annuale. Fecero parte de’ varî Curatori i seguenti Signori: Pel triennio 1874-76 Barone C. de Pascotini (Presidente) — Dr. E. Feriancich — Dr. P. Pervanoglù — Barone S. de Parente — Comm. M. de Tom- masini — Dr. B. Biasoletto — A. Perugia (Dirett. onor.). Pel 1877-78 Bar. C. de Pascotini (Pres.) — Dr. B. Biasoletto — Dr. P. Per- vanoglü — Cav. G. de Eckhel -— Comm. M. de Tommasini — A. Perugia (Dir. on.). Pel 1879 Dr. G. Defacis (Pres.) — Cav. R. Luzzatto — Dr. P. Pervanoglù — Cav. G. de Eckhel — A. Perugia — Comm. M. de Tommasini. Pel 1880 Dr. G. Defacis (Pres.) — Cav. R. Luzzatto — Dr. P. Pervanoglù — Cav. G. de Eckhel — A. Perugia. Pel 1881 Dr. G. Defacis (Pres.) — Cav. R. Luzzatto — Dr. P. Pervanoglü — Dr. B. Biasoletto — Cav. G. de Eckhel. Pel 1882-83 Dr. P. Pervanoglù (Pres.) — Cav. R. Luzzatto — Prof. A. Vierthaler — Dr. B. Biasoletto — Cav. A. Dr. de Tommasini. Fino al 1876 al Museo era preposto un Conservatore; nel riordinamento degl’ istituti scientifici fu nominato un Direttore, cui nel 1878 fu aggiunto un assistente provvisorio. Dopo la morte XIV del Signor E. Freyer (1865) fu affidato il museo per breve tempo alla direzione del Sig. F. Trois, passato il quale a Ve- nezia, vi venne nominato il Dr. S. Syrski. Chiamato questi nel 1876 ad occupare la cattedra di zoologia presso I’ Università di Leopoli,” venne eletto a direttore il Dr. C. Marchesetti, al quale, visto l incremento continuo dell’ istituto e la varietà dei lavori richiesti, venne dato quale aggiunto il Sig. A. Valle, che già da parecchi anni quale assistente straordinario prestava al Museo l opera sua. Le eollezioni del Museo presentano il seguente stato : A. Sezione zoologica Mammitert «0,0 ©. 850 Mollischitàs rat ta, » 6000 Altri mwertiebrati So colte 1000 Preparati anatomici e raccolta teratologiea. N... ... perm... 630 Raccolta antropologica e pa- leinologiteay >. eee 5 500 . B. Sezione botanica Erbari del Tommasini, Biasoletto, Braig ece. contenenti cirea 20000 specie. Vi è aggiunta una raccolta carpologica di oltre 800 specie. C. Sezione geologica e mineralogica Fossili e rocce. . . . . . specie 3000 Minerals te acl ee ao 1500 7 D. Biblioteca 2600 opere in circa 4200 volumi. io * La direzione temporanea dal Febbraio all Ottobre 1876 venne affidata al Prof. Adolfo Stossich. LA PESCA LUNGO LE COSTE ORIENTALI DELL ADRIA D'. CARLO DE MARCHESETTI @ wur i = 1a \ CR. x LS Ul Mr à è È i u | GA a, à Li LA Ì 3 RAG, eeeeeere Prefazione SE moi consiceiamo 1 rapier progressi, che negli ul- timi ammi, merce l'intraprendenza e l'attività dei privati e Ci corporazioni, ed il. valido appoggio del governo, vanno facendo l agricoltura e fe molteplici industrie che wi si colle- gano, dovuti pzecipuamente all'istituzione di scuofe destinate a formize una cazionale isteusione agrazia, agli ori pomofogici, alle stazioni sperimentali, ai mumerosi premi per fa ciduzione a coltuza di tezzeni improdultivi, per fe migliozie dei prodotti, pee L'allevamento del bestiame, ecc. ecc., e con [contiamo fo stato primitivo, in cui si frova un camo importantissimo dell eco- nomia nazionale, fa pesca e fe industrie affıni ; Non possiamo a meno di cestazne doforosamente impressionati per P abban- dono totale in cui sono fasciate, cd esprimere la speranza, che anche a queste si civolga l'attenzione di chi è chiamato a tutelaze è promuovere il bene delle si ugote provincie. Scopo del presente favoro si è di porgeze un quadzo delle condizioni pescazeccie lungo fe nostre coste, indicando succin- tamente quei provvedimenti, che secondo il mio avviso, sareb- bero i più oppoztuni pez dar Loto un impulso novello, e facte visorgere a vantaggio mon solo dei paesi civiecaschi, ma esiandio dell intera monarchia. Sazecchi viaggi intra presi per ’ Istria e fa Dalmazia, cd à mumezosi contatti coi pescatori e con attze persone, che 3 interessano della pesca, mi posero occasione di giudicaze della necessità assoluta, che finalmente si pensi a zegolare take industvia con una muova leyislasione, dandole in paci tempo quegli appoggi, che meglio possono corrispondere al suo sviluppo avvenite. La brevità del tempo concessomi, non mi permise di com- pilaze un lavorò coauviente, come sarebbe stato mio desiderio, e come # importanza dell argomento e fa quantità def mate- ‘ziale caccolto im propostto, fo avrebbero cichicoto. Comunque siasi, io avrò pienamente ottenuto fo scopo, se vated o cichia- mare l'attenzione dei fattoci competenti sulle condizioni pre- cazie, in cui versano L'industrie pescazeccıe. Crederci mancaze ad um dowere, ove non cicordassi 4 molteplici appoggi avuti dall Eccelso J. R. «Governo marit- timo, cd im ispecialità dal suo degmissimo residente Sig. Cav Alber de Glanstätten, mella compilazione del presente favovo, e mon porgessi pwbblicamente grazie a val ‘Capitanati di Porto, Deputazioni ed Agenzie da esso dipen Centi, per fe importanti notizie fornifemi intorno alla pesca. Infine devo accennaze con grato animo alla parte attivis- sima, presa all’ egregio Consiglieze contabile, Sig. Antonio Krisch, if quale db assunse gentilmente di face fo spoglio o pazecchie centimaja or capporti, concernenti fa pesca dei singoli diotzetti, fornendomi i presiooi dali statistici, che pubblico m fine del presente Lavoro. Trieste, nell’ Agosto 1582. HIN Ne» Ol. "> = DOSE BIETER ON Harte aa @ ce TTI FPE Ka Dar DM ne iM i I IR ee Les 336 3 CAPIFOLO:K Importanza della pesca % De trident de Meptune c'est Le sceptze Ou monde! NC bsp sed M 9) ak ru detto, ed a ragione, che uno stato non è grande, non <= À è ricco, non è potente, che in grazia del suo mare. x E per vero sul dominio del mare si fondava la potenza della Fenicia e di Cartagine, e Roma sorse imperatrice del mondo allora soltanto, che l’ antica navigante Anzio disfatta Pati la gloria de’ rapiti rostri. Grandi e potenti erano le gloriose repubbliche medievali, unicamente perchè intorno alle galere di S. Marco e di S. Giorgio muggiva il salso flutto vinto e soggiogato; unicamente grande e riverito sventola sul gemino emisfero il vessillo britanno, perchè i figli d’Albione appresero a non paventare l’ire de’ torbidi Oceàni. Rule Britannia, rule the waves, For Britons never shall be slaves! Primo elemento di grandezza, offre il mare ai popoli i mezzi di sviluppare le proprie forze, di allargare i propri dominî, di vigilare sulla propria indipendenza, sulle avite libertà. Ivi 2 nelle fortunose giostre cogl’indomiti marosi, si tempra I’ animo degli arditi sfidatori delle tempeste, e tra fatiche e pericoli di ogni genere, s'impara a non indietreggiare innanzi agli ostacoli ed alle difficoltà, che si oppongono al conseguimento della meta prefissa. Fattore precipuo di ricchezza e di prosperità, schiude il mare le vie alle più lontane regioni, e sul suo mobile dorso si combattono le feconde battaglie dell’ intelligenza e dell’attività, mescendo tra di loro i prodotti delle più remote contrade. Già fin dagli antichissimi tempi si comprese l’importanza che il mare offriva co’ suoi prodotti, quali mezzi di sussistenza o quali oggetti di lusso. Quindi noi troviamo interi trattati, che parlano dell’ arte pescareccia, ed esaltano I popoli del mare e le falangi Popolose de’ pesci; Oppiano: Della Pesca I v. 1. e restiamo stupiti alle descrizioni dei mille modi, coi quali quei ghiottoni di Romani, rendevano più saporite le carni dei pesci, della moltitudine delle loro salse e de’ manicaretti, che tra le coppe di Cecubo e di Falerno ornavano le fragranti mense dei Luculli. E chi non ricorda i celebri intingoli bajani ed il prezioso garum, edi labraci lanosi pescati tra i due ponti, prole degli dei, e le orate nutrite con ostriche lucrine, ed i tonni d’ Antibo, ed i rombi di Ravenna, e gli sgombri di Cartagine, e gli storioni, di cui cantava il poeta Ad Pallatinas acipensem mittite mensas: Ambrosias ornent munera rara dapes? Marziale, Epig. L. XIII 92. Le vaste piscine riboccavano delle specie più prelibate di animali, recate da lontane regioni, le celebri murene della Sicilia, ingrassate con carne di schiavi, andavano a popolare i vivai di Napoli, e le ostriche, trasportate dall’ Illirio e dall’Africa, crescevano il sapore naturale negli stagni di Baja e di Brindisi. Ma non è a Roma nè in Grecia che la pesca abbia ottenuto un tale grado d’importanza, da divenire elemento vitale della 3 popolazione. Non è nei paesi sorrisi da un dolce clima, ove il suolo fornisce ad esuberanza agli abitanti i mezzi di sussistenza, che la coltura del mare sia divenuta base della ricchezza na- zionale. Nelle contrade settentrionali, ove l’inclemenza del cielo e la sterilità del suolo si oppongono ad una proficua coltura della terra, è il mare che ampiamente supplisce a tutti i bisogni dell’uomo. Il viaggiatore che naviga lungo le coste desolate della Norvegia, irte di neri scogli e di dirupi, sui quali va ser- peggiando il gramo cespite d’ un’ erica, lungo quelle brulle pen- dici vestite a gramaglia, solo qua e là interrotte da qualche rara macchia verdeggiante, che circonda le solitarie capanne sparse per l’ermo lido, chiede involontariamente a se stesso: Qui l’aratro non isquarcia il seno delle sterili glebe, qui seme fecondatore non avviva le brune campagne, qui le messi non ondeggiano all’ alitar del vento; di che dunque vivono gli abitanti di quei tugurî, che si celano tra le roccie? Ma l’abitante di que’ tugurî, ci addita superbamente il mare. „E là fuori, sul dorso dell’ onde il campo ove noi travagliamo, è là che noi raccogliamo le messi per mezzo delle reti che vedi asciugarsi intorno alla mia capanna, quando |’ aere fosco tutta involve la mia terra ed il sole non ci concede che per poche ore il conforto de’ suoi raggi. Ed il mio campo è ricco e fecondo al pari del migliore ch’ esista nel tuo benedetto paese. Nè il norvegese mentiva, chè in grazia del mare spesseggiano le capanne tra quelle brune scogliere, ed in esse vive e lavora una popolazione di quasi due milioni di abitanti, che non solo trae lautamente dal mare i mezzi del proprio sostentamento ma ne ha tale esuberante quantità, da esportarne migliaia e migliaia di tonellate. Ivi il Dio Ahti, il protettore della pesca, regge ancora incontrastato monarca, e guai se accigliato negasse un giorno i suoi doni agl’ industri abitatori di quelle sterili piaggie! L'importanza vitale che ha la pesca nell’ economia nazionale, viene eloquentemente dimostrata dalle varie statistiche, quantun- que le cifre in esse contenute, per la difficoltà della revisione debbano generalmente riguardarsi di gran lunga inferiori al pro- dotto reale. Nel decennio 1869—79 la sola Norvegia con una popola- zione di appena 1,800.000 abitanti, si ebbe una rendita annuale 4 media di 29,000,000 di fiorini. Interessante mi sembra la seguente statistica riassuntiva, pubblicata nel 1880 in occasione dell’ espo- sizione internazionale di piscicoltura a Berlino.* Vennero esportate dalla Norvegia : 800.000 barili di Aringhe a f. 92.80. . . . fior. 7.424.000 — 20.000.000 di Chili di Merluzzi asciutti a f. 19.75 per 100'Chilogri . |. 1 Li ia ME. 3182-0068 35.000.000 Chili di Merluzzi freschi a f. 17.40 per 100.Chilogr.. è 227. » 6.090.000 80.000 botti di pesce salato a f. 9. 10 per 100 Chilogr. % 2 OR a ie LTD £6 PRIOR 696.000 100.000 pezzi d’astice . . . ae, i 203.000 40.000 , d’uova di pesce a t 14. 50. HUE 580.000 100.000) -}, d'olio te lardo ack 297° Un > av & 2:900008 5.000.000 Chili di guano di pesce. . . 3 580.000 Pesci freschi, conserve, pelli di foche e di orsi ant „ 1.160.000 fior. 22.765.000 Consumo ‘locale: 20 ie 2 eee ne SSA fior. 29.000.000 Ancora più eloquenti sono le cifre offerteci dalle statistiche francesi, #* le quali ci dimostrano chiaramente il continuo pro- grediente sviluppo delle industrie pescareccie, mercè il valido appoggio da parte del governo. 1869 in fiorini austr. 34.448.000 1870 4 si 24.948.000 1871 a A 34.946.000 1872 ; , 37.012.000 1873 R A 39.908.000 1874 . A 36.692.000 1875 à s 38.583.000 1876 3 1 44.495.000 1877 À , 44.012.000 Media annuale 37.789.000 * Die Fischereiindustrien Norwegens — Bergen 1880 p. 62. ** Revue maritime et coloniale, 5 Somme colossali ritraggono annualmente dal mare I’ Inghil- terra e gli Stati Uniti d’ America, giungendo il prodotto della prima a 120 milioni," quello della seconda a circa 100.** Da noi all'incontro la rendita di tutte le nostre pesche giunge appena a due milioni di fiorini, cifra affatto spropor- zionata alla ricchezza del nostro mare ed alla estensione delle nostre coste. PRODOTTO MEDIO ANNUALE DELLA NOSTRA PESCA (RO RES IAA ATEO e i Ct CGIL ISTE AU COR MEET CITA LARA 154.475 EEE I AR I ANI 58.361 Alte AMAR diversi 00 00 Msc. 45) 591 1.952.565 Prodotto della pesca ungherese . 152.000 Totale fior. 2.104.565 Io credo che questi brevi cenni comparativi basteranno per far comprendere tosto di quale importanza possa essere l’in- dustria della pesca nell’ economia nazionale di uno stato, e quale cespite di ricchezza possa divenire una razionale utilizzazione de’ suoi prodotti. * Gereis: Bewirth. d. Meeres p. 4. — Non ostante le varie richieste fatte agli uffici competenti d’ Inghilterra (nelle quali venni validamente coa- djuvato dalla gentilezza del Sig. Faber, R. Console Britannico a Fiume), non mi fu possibile avere dati ufficiali in proposito, non essendovene che per qualche provincia soltanto ed anche qui limitati ad alcune specie più impor- tanti di pesci. Tuttavia la cifra sopra indicata può considerarsi piuttosto inferiore al prodotto reale, avuto riguardo all’ estensione della pesca ed alla quantità degl individui occupati in tale industria (Veggasi su di ciò LV im- portante lavoro del Lindeman: Die Seefischereien etc. 1880 p. 1-8). Egualmente infruttuose restarono le ricerche intorno alla statistica dell’ Italia e della Svezia, non possedendo questi stati rilievi statistici che per alcune provincie. ** Secondo la recente pubblicazione del Prof. Brown Goode (New York 1880) il prodotto della pesca degli Stati Uniti d’ America monta a 48.757.809 di dollari. Un saggio apprezzamento di queste condizioni fu pur troppo da noi del tutto sorpassato, e quindi non & da stupirsi se le nostre statistiche ei presentano cifre tanto inferiori a quelle degli altri stati. L’importazione di pesce supera da noi di gran lunga l’ esportazione, quantunque il nostro mare, debitamente utilizzato potrebbe per lo meno contrabbilaneiare la quantità di pesce importato. Se noi consideriamo il mare Adriatico, ci persuaderemo di leggeri, che le sue condizioni fisiche lo potrebbero rendere uno de’ mari più ricchi di pesci. La sinuosità delle sue coste orientali, la quantità d’ isole e di scogli, la frequenza di porti e di baje sicure, le numerose lagune, gli estuarî, la configurazione multi- forme e varia de’ suoi litorali, tutto concorre a fornire ai pesci le migliori condizioni d’esistenza. La sua costa orientale fu a ragione paragonata alla Norvegia, co’ suoi fjords, colle sue lunghe e profonde baje, co’ suoi tortuosi canali, colle sue innu- meri isole. I suoi bassofondi, coperti d’ alghe e di fanerogame acquatiche, offrono luoghi acconci alla propagazione delle specie, e non è che per I’ irragionevole modo di pesca, che il prodotto va annualmente diminuendo. Con saggie leggi, con un’ oculata vigilanza, colla coltura progrediente degli abitanti delle coste, i quali comprenderanno finalmente che i provvedimenti in appa- renza restrittivi e di svantaggio momentaneo, non riesciranno che di loro utilità, potrà rialzarsi questo cespite importantissimo per la nostra popolazione. Nel decorso del presente lavoro procurerò di far emergere le cause del decadimento delle nostre industrie pescareccie, tentando di accennare brevemente i mezzi, che, a mio avviso, sarebbero più acconci a dar loro un novello incremento. Siccome però la vita organica è strettamente legata alla natura dell’am- biente, in cui si svolge, non credo superfluo di premettervi una succinta relazione sulle condizioni fisiche del mare Adriatico. CAPITOLO IL. La costa orientale del Mare Adriatico. Il mare Adriatico è il braccio del Mediterraneo, che più si spinge verso settentrione, bagnando le coste d’ Italia, dell’ Austria e dell’ Albania. Recentemente anche il Montenero acquistò un piccolo tratto di costa da Antivari a Dulcigno, mentre il litorale di Spizza venne incorporato alla Dalmazia. La sua estensione in lunghezza è di oltre 400 miglia marittime, mantenendo una larghezza media di 90, nè mai superiore alle 130. La sua super- ficie viene calcolata a circa 40000 miglia quadrate. Esso ha principio tra il Capo d'Otranto, la punta più orientale d’ Italia, ed il Capo Linguetta sulla costa albanese. La distanza tra questi due punti non misura che appena 39 miglia, onde a vari generali dell’ antichità balenò l’ardito pensiero di congiungere le due rive opposte mediante un ponte! Le coste dell'Adriatico presentano un aspetto vario, chè basse e sabbionose le occidentali, precipitano le orientali a de- clivio più o meno ripido, fronteggiate per lo più da una lunga serie d’isole e di scogli. Questa loro diversità fisica, ha na- turalmente un’influenza notabile nella relativa ricchezza di pesce. La costa orientale ricorda affatto i Fjords della Norvegia, frastagliata in mille guise da seni profondi e non di rado tortuosi. Questa particolarità favorisce grandemente lo sviluppo de’ pesci, che vi trovano siti propizî alla loro propagazione. La pesca degli abitanti de’ nostri litorali si riduce a semplice pesca di costa, non avventurandosi mai in alto mare, oppure lungo le coste appartenenti ad altri stati. Vi fanno unica eccezione alcuni pescatori di Lesina e Trappano, i quali fin dal 8 1863, vedendo che la pesca lungo il litorale dalmato andava sempre più scemando, si recarono ai lidi dell’ Africa.* La lunghezza dei litorali austro-ungarici misura in linea retta 331 miglia marittime, con uno sviluppo di costa di 2841 miglie, dovute alla quantità d’isole ed alle numerose insenature che si spingono profondamente entro terra. Si distingue in litorale dalmato, in croato ed in istriano; un piccolo tratto ap- partiene al territorio di Trieste ed al Goriziano, mentre all’ Un- gheria non appartiene che la sola città di Fiume. Hanno principio i litorali austriaci col Golfo di Spizza a 42° 7, lat. sett. non lungi della città montenegrina di Antivari. Or montuosa, or piana, non di rado dominata da monti alti fin 1000 metri, che s’appressano alla riva, tuffando nel mare le * Devo alla squisita gentilezza del sig. Bucchich di Lesina, le seguenti notizie in proposito. I pescatori Lesiniani si portarono dapprima all’ isola Lampedusa, ove fin al 1870 prendevano da 12 a 14.000 barili di sardelle all’ anno, pescando dalla metà di Marzo a tutto Giugno. Cominciata a man- care la pesca intorno a Lampedusa, alcuni di loro si spinsero fino alle coste d’ Africa, avvicinandosi a Kerkeni, e visitandola fin a Mahdia, dove, avendo trovato molto pesce, si fermarono a pescare fin al presente, esercitando tale industria dal 1 Maggio al 20 o 22 Giugno, con un utile di circa 10.000 barili all’ anno, che trovano smercio in Levante ed in Italia. Da principio pagavano quale imposta 100 napoleoni all’ anno, ora 20 soldi per barile. Essi pescano in que’ paraggi con 34 barche e quest’ anno comin- ciarono anche a preparare le sardelle, (che sono molto grandi, giungendo ad una lunghezza di 17 cent.) ad uso Nantes. La pesca ha luogo esclusivamente con reti da imbrocco (sardellare) alte 18 passi e lunghe 25, di cui ogni barca porta seco 24 pezzi (spedoni). Siccome la spiagga va lentamento declinando, - fa d’uopo avanzarsi per 8 a 12 miglia in mare, onde trovare una profondità di 40 passi, ove ha luogo la pescagione più abbondante. Verso il fine della stagione, si spingono ancor più in alto mare. Il pesce vi resta per circa dieci giorni ad una medesima altezza. Per conoscere a quale profondità esso si trattenga, le reti vengono gettate dapprima a scaglioni, ossia in modo che una rete tocchi il fondo, mentre le altre si trovano disposte in una serie ascendente, galleggiando i sugheri dell’ ultima alla superficie dell’ acqua. Cono- sciuta la posizione degli sciami, i giorni seguenti vengono calate le reti a quella profondità, ove tengonsi sospese per mezzo di galleggianti di sovero. La pesca ha luogo tanto col chiaro che collo scuro di luna, senza che si osservi il minimo influsso nella ricchezza della pescagione, 9 loro petrose radici, si svolge con varia sinuosità la costa fin presso a Budua, la borgata più importante di queste regioni. Vari promontori sporgono più o meno in mare, racchiudendo seni spaziosi e profondi, fra i quali per ampiezza primeggiano le baje di Malaleuca e di Traste. Al di là di questa apresi quel mirabile seno, conosciuto fin dall’ antichità sotto il nome di Sinus Rhizonicus ed ora detto Bocche di Cattaro. Tortuoso s’ in- sinua il mare tra due lunghe penisole, formando la Baja di Te- odo, quella di Cartoli, il Canale delle Catene, il Vallone di Risano e finalmente il Golfo di Cattaro. Monti eccelsi, dirupati ch’ or si alzano immediatamente dal mare colle loro bianche rupi a per- pendicolo, or si ritraggono d’ alcun poco, concedendo ai boschi ed ai campi d’adagiarsi al loro piede o d’inerpicarsi pe’ loro fianchi, stringono tutt’ all’intorno il labirinto di canali per guisa, che veduti dall’ alto, essi non appajono che altrettanti laghi rinchiusi al fondo di vasti burroni. Varie eleganti borgate si assidono alle rive: Castelnuovo, Risano, Perasto, Perzagno, Stolivo, Dobrota, Mula, Cattaro, ricche un giorno, finchè all’ intrapren- dente attività de’ loro figli, schiudeva la vela larga fonte di guadagni, ed il vapore, distruggendo le distanze, non le avea ancora rapito il dominio sul mare. L’asprezza del suolo non permette che una coltura limitata della terra, mentre la maggior parte irta e rocciosa, trovasi dannata ad eterna sterilità. Pro- fondo in correlazione delle ripe, vi è anche il mare, che in media varia da 35 a 45 metri, mantenendosi da 12 a 20 fin nelle immediate vicinanze del lido. Numerose sorgenti trovano il loro sbocco nel Canale di Cattaro, bene spesso sotto il livello del mare, per cui alcuni tratti e specialmente l’ intimo seno di Cattaro, hanno un’ acqua più o meno salmastra. A ciò si deve anche il raggelarsi durante l inverno di alcune parti del Canale, che per la loro posizione, non possono venir riscaldate dai raggi solari. Questi seni tortuosi, che parrebbero dalla natura creati a bella posta per offrire ai pesci le migliori condizioni d’ esistenza, ne difettano allo incontro, in causa degl’ irrazionali metodi di pesca, che precludendo non di rado la stretta imboccatura del canale, rendono loro difficile, se non del tutto impossibile, l’entrata nel medesimo. La poca cura che d’altronde si ha nel tutelare la 10 giovane prole, concorre naturalmente a far sempre maggiore la povertà del prodotto, sicchè un pesce di certe dimensioni è ormai divenuto una rarità. Piange e si lamenta il pescatore della scarsità della preda, ma, improvvido, continua a sconvolgere i fondi melmosi colle sue pesanti reti a strascico, pigliando le sardelle e gli altri pesci, che non sono giunti se non a pochi centimetri di lunghezza, distruggendo per l’ingordigia di un tenuissimo lucro dell’ oggi, la speranza de’ più lauti guadagni. Volto un ultimo sguardo alla scena meravigliosa ed affa- scinante, che ci offrono le Bocche di Cattaro colla loro selvaggia bellezza, e girata la Punta d’ Ostro, ci si presenta la costa va- riamente increspata, ma uniforme, ma monotona, senza un vil- laggio, senza un umile casolare, che ne avvivi la squallida solitudine. Essa decorre fino a Ragusa vecchia in linea quasi retta, interrotta unicamente della penisola di Molonta, che dà for- mazione ai due seni omonimi. Fronteggiata da alcuni isolotti, giace sur un piccolo promon- torio Ragusa vecchia, V antica Epidauro, scaduta dall’antica gloria, dacché la figlia minore venne a toglierle il primato. Il suo golfo è pur tuttavia ferace di pesce, di cui fornisce il mercato di Ragusa. Ma già si scorgono i monti, che stendonsi vagamente intorno a Ragusa, già ci sorride dinanzi la fertile valle di Breno già s’ alzano i verdeggianti coni della penisola di Lapad, e fie- ramente assisa su un colle, nella sua cerchia di mura e di torri merlate, ci appare la gloriosa repubblica di S. Biagio. Ragusa ha due porti, l’uno a mezzogiorno della città, pie- colo ed angusto, difeso dall’ isola Lacroma, I altro, Gravosa, ampio e spazioso da poter accogliere un'intera flotta. A Ragusa comincia il labirinto d’ isole e di scogli, che per circa tre gradi decorre quasi continuo fino alla penisola istriana. Siccome i Ragusei non si dedicano affatto alla pesca, il suo mercato non ne è che scarsamente fornito, derivando la maggior parte dei pesci da Ragusa vecchia, da Omla, da Calamotta, da Giuppana e da Stagno. Le grandi profondità, che presenta il mare in questi paraggi, non permettono che una pesca di costa la quale, realmente trovasi 11 ristretta a poche localita ed ai rari seni, che s’internano non di rado per vasto tratto entro terra. Primeggia tra questi la valle dell’Ombla, lunga quasi cinque chilometri, al fondo della quale sbocca il fiume che le diede il nome, che se anche non ebbe la gloria del classico Timavo, non gli resta per nulla infe- riore per la massa d’acqua e per la grandiosità delle sue seaturigini. Anch’ esso occulta le sue misteriose sorgenti, e fiume poderoso, sgorga dal monte sposandosi tosto al mare, che incontro gli viene per lungo tratto della valle. Anche qui sarebbe da ripetersi, e forse con più ragione, quanto si disse circa alle bocche di Cattaro, dappoichè i metodi usati nella pesca non sono certo i migliori per favorire lo sviluppo e l’ incremento dei pesci. Mentre in questa valle romita, non isturbata dai piroscafi, con spessi bassofondi, coperti di densa vegetazione, e con acqua più o meno mista, dovrebbero trovare loro stabile dimora e prosperarvi mirabilmente cefali ed altre specie affini; la pesca si riduce quasi esclusivamente alle specie migratorie, come tonni, palamite, sgombri, lanzarde e sardelle. Un’ altra valle spaziosa, se anche non tanto lunga (chil. 15/,) apresi a poca distanza, presso il villaggio di Malfi, nella quale per altro, come nel porto di Gravosa, resta vietata molto sag- giamente la pesca colle pesanti reti, dette Sciabacconi.* La costa decorre quindi variamente ondulata, per lo più coperta da fresca verzura, tra la quale si celano numerosi vil- laggi, fronteggiati da una serie continua d’ isole, (Calamotta, Isola di Mezzo, Giuppana, Jaklian ed Olipa) che dànno formazione ai canali di Calamotta e di Giuppana. Verso l'estremità di questo ultimo troviamo parecchi vasti seni, quali il Porto di Slano, l’ampia Valle di Maestro ed il Canale di Stagno, lungo quasi * Questa disposizione rimonta ancora ai tempi della repubblica, tro- vandosi tra gli atti dei Rogati in data 19 Settembre 1521 (fol. 102) il seguente passo : In Gravosio, Ombla, et Malfa nemo pisces exiles cum tracta vocata Ziedillo de Rassa et similibus instrumentis, neque ad lumen cum Janca. sub poena, ecc. ecc. 12 nove chilometri, che, ampio alla sua imboccatura, va man mano restringendosi verso l'estremità superiore. Tra Jaklian ed Olipa, attraverso la così detta Bocca falsa si perviene nel Canale di Meleda, formato dalla lunga isola (35 chil.) di tal nome, conosciuta generalmente per lo strano feno- meno delle sue detonazioni, che durarono per parecchi anni di seguito, tenendo in apprensione gl’impauriti isolani e che diedero origine ad una quantità d’ipotesi più o meno fantastiche.* La terra ferma si protende quivi nella vasta penisola di Sabbioncello, che dalla Val Kutu fino alla sua estremità a Punta Gomena, mi- sura non meno di 62 chilometri, racchiudendo vari monti di considerevole altezza, tra i quali il M. Vipera, superante i mille metri. L’ appressarsi alla costa dei monti Zagorie, che s’ ergono colle loro brulle giogaje, non vi permette VT assidersi dei vil- laggi, sicchè lungo il vasto tratto, che dal Porto Ludro si stende fino alla Valle di Giuliana, non una casa, non un campo coltivato viene ad interrompere l'uniformità della deserta riviera. Ma più ci avviciniamo all’ estremità della penisola, e più ridente diviene il paese, ed intorno ai numerosi villaggi s’ appianano gli orti ed i frutteti o nereggiano le selve di cipressi. La marineria, cui di preferenza si dedicano i Sabbioncellini, ap- portò non piccoli vantaggi al paese, cosicchè le belle case ed i nitidi palazzini, che spiccano tra il bruno degli olivi, da tosto a dividere l’opulenza degli abitanti. Pur troppo anche qui di giorno in giorno si fa sentire un regresso, causa il pre- dominio del vapore, e se I’ intelligente ed operosa popolazione della penisola non vi provvede con un novello slancio di asso- ciazione, di cui diede già prove sì eloquenti, adattandosi alle mutate condizioni; ben presto lungo questa bella riviera si faranno manifesti i segni della decadenza e ne’ giardini disertati bruche- ranno le capre tra le ajuole di palmizi e di melagrani, * Veggasi in proposito l'interessante memoria del Partsch: Bericht über das Detonationsphenomen auf der Insel Meleda bei Ragusa — Wien 1826. 13 La penisola di Sabbioncello si spinge tra le due isole di Curzola e di Lesina, decorrenti parallele da levante in ponente, tra le quali si apre il Canale di Curzola. Girata la Punta Go- mena si costeggia il lato settentrionale della penisola, più gajo e ridente del lato opposto, entrando nel canale della Narenta, che prende il nome dal fiume, che vi mette foce. Verso I’ estre- mità, questo canale presenta una bellissima baja, seminata di isolotti, detta Baja di Bratcoviza, dividendosi quindi nell’ ampio e ben difeso Golfo di Klek e nel Canale di Stagno piccolo, che alla sua volta si biforca nella valle di Bristine ed in quella di Kuta, che mirabilmente si adatterebbero per lo stabilimento di una coltura artificiale de’ pesci e delle ostriche. Lo stretto istmo, che forma la radice della penisola di Sabbioncello, dividendo Stagno grande da Stagno piccolo, misura appena un chilometro; è sperabile quindi che in un non lontano avvenire, allorchè per la regolazione del Narenta, prenderanno gli scambi commerciali uno sviluppo maggiore, anch’ esso subisca la sorte degli altri istmi, schiudendo un libero varco alla navi- gazione, che presentemente si trova inceppata da quell’ angusta lingua di terra. Vaste paludi, intersecate da torpidi rivi e da laghi sta- gnanti cingono tutto all’intorno le foci del Narenta, estendendosi per ampio tratto lungo le due sponde del fiume. Quest’ immensa pianura, sulla quale sinora imperavano sovrane le pallide febbri, verrà quanto prima ridonata alla coltura, mercè i lavori di pro- sciugamento, che procedono alacremente, e da quella triste soli- tudine di canneti e di putride lame, ove grave si stendea I’ aere avvelenato da mefitiche esalazioni, risorgerà |’ antica Narona, cinta da fertili campi, ed ove pria tra i solchi maledetti Crescea perenne una virtù funesta Che si chiama la Morte, esulterà la vita più bella e più gaja, tra le messi ubertose, che biondeggeranno alle rive del fiume soggiogato. Dalle foci del Narenta fino a Spalato, la costa procede variamente rupestre, incoronata da superbe montagne che s’ele- 14 vano colle loro bianche giogaje fino a due mila metri d’altezza. Ma alle loro falde verdeggianti si adagiano numerose borgate, tra le quali meritano speciale menzione Macarsca ed Almissa. Presso a quest’ultima viene a finire il suo corso tortuoso, il fiume Cettina. Quasi parallela alla costa si allarga la grande e fertile isola della Brazza, dando così origine al canale del medesimo nome, che mette direttamente in quello di Spalato, chiuso dalle isole di Solta, di Zirona e di Bua. Situata ai fianchi di una piccola penisola, formata dalle diramazioni del M. Marian, giace Spalato, la città più popolosa della Dalmazia, contenendo quasi 14000 abitanti. La varietà delle sue rive, or rocciose, or dolce- mente inclinate, or paludose, ed i numerosi seni che trovansi specialmente dal lato, che prospetta la Riviera de’ Castelli, lungo il golfo di Salona, dovrebbero offrire una lauta pescagione, se anche quivi, e forse ancor più spietatamente, non si proce- desse in un modo tanto irrazionale nell’ esercizio dell’ arte pesca- reccia. Al di là di Spalato si svolge la ridente Riviera de’ Castelli co’ suoi nitidi villaggi, colle sue fertili campagne, co’ suoi elivi verdeggianti, cui quasi di cornicione, servono le brulle montagne colle loro creste variamente foggiate, che ricordano non poco la celebre Riviera di Ponente. La fertilità del suolo che produce esuberante quantità di vino e d’olio, dei quali attivissimo è il commercio di esportazione, fa sì, che poca attenzione si rivolga alla pesca, esercitata solo occasionalmente ed in minime propor- zioni. Più importante all’incontro è da questo lato la città di Traù, che giace tra la terra ferma e l'isola di Bua (cui trovasi unita mercè di un lungo ponte), ove oltre al pesce necessario al consumo locale, si salano da 1000 barili di sardelle all’anno. Nelle vicinanze di questa città c’è una peschiera di 25 jugeri circa (di cui 15 chiusi), che si presterebbe benissimo per una coltura artificiale de’ pesci, e darebbe senza dubbio un prodotto di gran lunga superiore all’ odierno. Procedendo da Traù verso Sebenico, la posta non ci offre che una serie continua di valli e di seni, più o meno 15 profondi, tra i quali emergono per ampiezza la Valle di Basso- gliva, il Porto Mandoler, il P. Rosso, la V. Ramaschiza, la V. di Traù vecchio, il P. Munera, la V. Sicenice, la V. della Planca, la V. Smocviza, il P. di Rogosniza, il P. Peles, il P. di Capocesto, la V. Raduce, la V. di Grebastica, la V. Nirin, ed il seno spa- zioso, a forma di lago, di Castel Andreis. In tutti questi seni si pesca attivamente, nè piccola è la copia di pesce che se ne ritrae. Difeso dal forte San Nicolò, apresi il Canale di Sebenico, che se anche non presenta la grandiosità delle Bocche di Cattaro, offre tuttavia una delle più vaghe e più incantevoli scene della intera Dalmazia. Che se pure vi mancano quelle eccelse mon- tagne e quelle balze vertiginose, non vi fanno già difetto i verdi poggi ondulati, le rupi capricciosamente foggiate, la varia vicenda d’ampi seni e di stretti e tortuosi canali, ed infine I’ insuperata magnificenza del poderoso fiume Kerka, che rintronando la valle precipita da un’ altezza considerevole. Causa il poco declivio, l’acqua del mare risale per il lungo canale del Kerka oltre il così detto Lago di Proclian, fin presso Scardona, a pochi chilometri dalla cascata. Vi si trovano quindi anche pesci marini, e specialmente quelli che prediligono le acque miste. a Il Canale di Sebenico è specialmente importante per la pesca del tonno, di cui nell’ ultimo triennio vennero presi 130.000 chilogrammi, laddove di poco rilievo si è quella delle sardelle e degli sgombri. Quale specialità di quest’ acque va no- tato il Dentale della Corona (Dentex gibbosus), che giunge a dimensioni colossali, e da molti zoologi non viene riguardato che quale varietà del solito dentale (D. vulgaris). Le acque lim- pide e tranquille potrebbero favorire grandemente molte colture di prodotti marini e specialmente quella delle ostriche, che vi nascono spontaneamente di rimarchevole grandezza senza però formare oggetto di pesca, stante la loro poca quantità. Sempre più spesseggiano l’isole e gli scogli, ora raggrup- Il P 8 ; pati, or solitari, quali appena appena emergenti dall’onde, quali di estensione considerevole, 16 La loro direzione, che fino a Zirona era piü o meno da levante a ponente, dall’isola Zuri procede invariata fin al Quar- nero, da scirocco a maestro, in triplice schiera più o meno spezzata e frastagliata. Anche la costa continua ad essere qua e là intersecata da profonde insenature, aspra e dirupata dap- prima, poi digradante a poco a poco in una serie di poggi e di colline, finchè dintorno a Zara si stende una vasta pianura verdeggiante, appena appena increspata. Tra quel labirinto d’isole, che fronteggiano questa parte del litorale, abbondano più che altrove le località adatte alla pesca, cosicchè il mercato di Zaru può considerarsi come il più ricco e più svariato di tutta la Dalmazia. Vi primeggia la pesca del tonno, la quale diede nell’ ultimo triennio 1879-81 non meno di 426.000 chilogrammi, quella delle palamide di 136.000 degli sgombri e lanzardi di 226.000, dei dentali di 131.000, delle menole di 594.000 chil. Copiosi sono d'altronde i branzini, le orate, i cefali e molte altre specie, che troppo lungo sarebbe il nominare. Non disprezzabile si è pure il prodotto delle ostriche che offrì nel medesimo tempo più di 93.000 pezzi, pescati la maggior parte lungo la costa di S. Cassano e gli scogli di Ostia e Galisniac. Frequentissime vi sono le pinne e gli altri molluschi specialmente pettini e mitili. Zara è d'altronde uno dei mercati principali per I’ esportazione dalla Dalmazia, attivissimo essendo l’invio di pesce fresco per Trieste e Venezia. Protendesi quindi la terra ferma in una larga e vasta peni- sola, girata la quale si giunge nel Canale della Morlacca. Lungo questo tratto noi troviamo dei mirabili bacini d’acqua, quasi altrettanti laghi, che profondamente s’insinuano entro terra, come la valle di Nona, e quella di Liuba, di Pogliana, e di Dignisca, per tacere del magnifico seno di Brevilaqua, ove gli abitanti co- strussero una specie di piscina preistorica. Il fondo del Canale della Morlacea si restringe due volte, per allargarsi nuovamente nel mare di Novigradi, in cui mette foce il grosso fiume Zermagna, ed in quello di Carin. Questi due seni, uniti tra di loro per mezzo di un angusto canale, for- mano due vasti serbatoi naturali di pesce, ove e natura del fondo, e configurazione delle coste e molte altre circostanze, con- 17 corrono ad offrire le condizioni più favorevoli allo sviluppo di un esuberante vita organica. Lontani da grandi centri popolosi, non isturbati dall eterno andirivieni dei piroscafi, i pesci e gli altri esseri marini, vi ritrovano quella quiete tanto necessaria alla loro propagazione, e davvero lungo tutto I’ Adriatico diffi- cilmente potrebbesi riscontrare un luogo più acconcio per lo stabilimento di colture artificiali. Se al presente, ove la pesca è del tutto libera, ed ognuno può distruggere coi mezzi più irra- zionali quanti organismi più gli talenta, questi due seni sono feracissimi di pesci, di ostriche, di mitili, eee quale non sarebbe la loro ricchezza se coll’arte si procurasse di accrescerne la pro- duzione? Già nel 1875 la Società dalmata per la pesca del corallo e delle spugne vi avea rivolta la sua attenzione} ma pur troppo tutto si ridusse a semplici aspirazioni platoniche, ed i due bacini sono ancor lì nel loro stato naturale, aspettando che il nome loro imposto di California sottomarina diventi un fatto reale. Oltremodo pittoresca nella sua selvaggia grandiosità ci ap- pare la catena del Vellebit (Alpi Bebie), che appressandosi alla riva, cinge coi suoi fianchi dirupati, a guisa di sterminato mu- raglione, il lato orientale del Canal della Morlacca, elevando le sue irte vette biancheggianti a quasi 2000 metri d’ altezza. Ampi burroni scendono giù dalle rocciose creste, soleandone profon- damente le calve pendici e celando nel loro seno la grama vegetazione di quelle desolate regioni. Numerosi torrenti preci- pitano dalle balze, od irrompono improvvisamente presso alla riva, e non di rado anche sotto il livello del mare. Corrose dall’ onde, che le flagellano eternamente, presentano le rive una congerie di massi sforacchiati, tra i quali mugge 1’ onda, lan- ciando le bianche spume fino a considerevole altezza. Non rattenuti da alcun ostacolo, non rallentati dalla vegetazione arborea nel loro indomito furore, van turbinando i venti su queste nude giogaje, fischiando ed ululando tra gli aspri macigni. * Vedi in proposito gl’ interessanti articoli pubblicati nel Bollet. della Società Agraria della Dalmazia p. 74 e seg: Considerazioni sulla pesca lungo la costa dalmata e le notevoli ricchezze dei mari di Novegradi e di Karin. 18 Il Canale della Morlacca che s’ estende per circa 70 miglia marittime tra il litorale eroato e le tre grandi isole di Pago, di Arbe e di Veglia, non ha che una larghezza media di tre miglia, restringendosi talora ad appena una sola. Considerevole vi è all'incontro la profondità, che varia da 60 ad SO metri, superando verso l’ estremità meridionale di Arbe i 100 metri. Il luogo più importante di questa regione, dal lato della pesca, si è il vil- laggio di Selce, ove in media vengono presi annualmente 74,000 chilogrammi di sardelle, mentre il tonno non occupa che un posto secondario, riducendosi il prodotto secondo le statistiche degli ultimi otto anni, a circa 10,000 chil. all anno per Selce e 9000 per Segna, essendovi in ciascuna di queste località una tonnara. Passato Tangusto Canale di Maltempo, si giunge nel- l'ampio golfo di Fiume, ricinto dalle estremità settentrionali dell’isola di Veglia e di Cherso e dalla costa orientale della penisola istriana, che al porto di Preluca piega a gomito, in- nestandosi al litorale croato. Mentre il lato orientale di questo magnifico bacino serba ancora il carattere roccioso e sterile del Velebit, ci appare l’occidentale oltremodo gajo e rivestito da lussureggiante vege- tazione, che s' innalza su pei clivi ridenti, fin alle vette delle maestose montagne (Monte maggiore), con varie gradazioni di tinte, mescendo il bruno degli olivi, all’ allegro verde de’ ca- stagni e delle quercie, per cedere in maggiori altitudini, alle severe ombre de’ faggi. Il golfo di Fiume, facendo parte del Quarnero, ne va del pari soggetto all’ imperversare de’ venti, che spirano da N. E. (Bora) che alle volte rendono difficilissima la navigazione in questo mare. Importantissimo per la pesca del tonno, si è in questo di- stretto il porto di Buccari, ove esistono quattro tonnare, che danno un prodotto di oltre 100,000 chilogrammi all’ anno (33.600 a Buccari e 69.600 a Portorè), di cui circa 40,000 ven- gono esportati per la Monarchia e per il Veneto. Il Quarnero è inoltre rimarchevole per un’ altra particolarità, per la presenza cioè di un crostaceo speciale, dello Scampo (Nephrops norvegicus), proprio alle acque della Norvegia, che manca a tutto il resto 19 dell’ Adriatico. Esso vive in ischiere compatte al fondo del mare tra le varie isole, nè varca mai i limiti della sua ristretta area di diffusione, che vengono segnati, secondo il Dr. Lorenz, da una linea, che unisce lo sbocco dell’ Arsa al porto S. Martino di Cherso, e da un’ altra in oriente, che da Lussingrande gira a semicerchio fino a Veglia. * La costa orientale dell Istria presenta una serie di lunghi seni e canali, pel maggiore de’ quali si scarica il fiume Arsa, laddove gli altri non vengono percorsi che da piccoli torrenti durante il tempo delle pioggie. Nel golfo di Medolino esiste un’ ampia peschiera, detta Chiusa degli Olmi, appartenente alla mensa vescovile di Parenzo, nella quale però, causa la poca profondità, l’acqua si raggela nell'inverno, per la qual cosa non è possibile tenervi pesce, oltre il mese di Novembre o Decembre. La penisola istriana si protende verso mezzogiorno colla stretta punta di Promontore, girata la quale, ci appajono le ridenti colline di Pola, coronate da forti, che proteggono il primo porto militare dell’ Austria. Quale contrasto colle or ora lasciate sponde della Croazia ! Non più le brulle giogaje ed i monti dirupati, sui quali a stento s’ inerpicava qualche rado cespuglio, non più l’irte scogliere, flagellate dall’ onde, non più la bizzarria di forme ardite, capric- ciose, in cui si centuplicano le selvaggie bellezze di quella nuda costiera; ma una natura più mite, dai dolci piani ondulati, dai vaghi poggi fioriti, dalle gaje pendici rivestite d’ eterna verzura. Le ville e le città si succedono rapidamente, e quale tuffa le sue case nell’ azzurra onda del mare, quale s’ adagia mollemente sui fianchi delle colline, quale si cela tra le ombrie de’ ridenti boschetti. Nè d’ampi porti difetta l’amena riviera, chè il mare insinuandosi tra le varie punte sporgenti, dà origine ad una moltitudine di seni spaziosi, tra i quali vanno specialmente notati il Canale di Leme ed il porto del Quieto, altre volte ric- chissimi di pesce, ora in causa della fatale pesca colla dinamite, quasi del tutto spopolati. * Physie. Verh. im Quarn. Golfe. — Wien. 1863, 20 Girata la Punta di Salvore, ei si affaccia il vaghissimo golfo di Trieste, coll’ insuperabile panorama, che appena appena trova riscontro negl incantevoli golfi di Napoli e di Genova. Siamo giunti all’intimo seno dell’ Adria, ove il curvo lido gira a semicerchio, per ripiegarsi nella costa occidentale. È un succe- dersi d’ ampi porti e di piccoli promontorî, di clivi verdeggianti e d’ ubertose campagne, di valli romite, percorse da tortuosi ru- scelli, di saline, di porti, di boschi, tra i quali spicca il bianco delle numerose ville ; e intorno intorno, quale maestoso cornicione s’erge la cinta rocciosa del Carso, co’ suoi dorsi arrotondati, colle sue punte dentellate, e nelle vaporose lontananze la cerchia delle Alpi, che si perde negli azzurri del cielo. La brevità impostaci, non ci concede che di notare appena le cose più rimarchevoli, che s’ incontrano in quest’ ul- timo tratto dell'Adriatico. A Pirano i terreni calcari, che aveano quasi esclusivamente formata l’ossatura della costa dell Istria, cedono il posto alle arenarie, per il che anche I aspetto della flora, legata intimamente alla natura del suolo, muta improvvi- samente d’ aspetto. La prima delle valli che s’ incontra, è quella di Sicciole, conosciuta per le più vaste saline di tutta l’ Adria e per le feracità della sua pesca, specialmente dei cefali. Impor- tante vi è pure la pesca delle Arche, di cui esiste un esteso banco non lungi da Pirano. La pesca delle sardelle vi è del pari fiorente, per la preparazione delle quali vennero eretti negli ultimi anni due stabilimenti ad Isola. Tanto presso a questa città a Strugnano, che a Capodistria esistono delle saline, le quali in unione a quelle di Sicciole, forniscono quasi tutto il sale adoperato nelle nostre provincie litorane. Le saline che esistevano ancora al principio di questo secolo al fondo del Vallone di Muggia, a Stramare ed a Zaule, giacciono al presente abbando- nate, e potrebbero quindi servire mirabilmente all'impianto di estesi stabilimenti di piscicoltura, che inoltre offrirebbero il vantaggio della vicinanza di una grande città e dei varî mezzi di comunicazione per una rapida esportazione del prodotto. La pesca nelle immediate vicinanze di Trieste non è che di poca entità, essendovi i pesci troppo sturbati dal continuo andirivieni dei piroscafi e degli altri navigli. La maggior parte 21 quindi del pesce del mercato di Trieste, affluisce da altri distretti, che ne hanno sovrabbondanza. Il consumo locale può calcolarsi in proporzione alla sua popolazione ad oltre un milione di chi- logrammi all anno, mentre I’ esportazione media sorpassò nel- V ultimo quinquennio i 264.000 chilogrammi. * A Miramar cessa l arenaria e tornano ad emergere i calcari, colla loro flora caratteristica, i quali formano la costa rocciosa fin a Duino ed alle bocche del classico Timavo. Al di la di Monfalcone, che segna il punto più settentrio- nale dell’ Adria, la scena cangia improvvisamente d’ aspetto: i monti si allontanano sempre maggiormente, le colline s° appianano e muojono in una sterminata pianura, fecondata da numerose correnti e da grosse fiumane. Indi il mare s insinua tortuoso tra quelle basse terre, un labirinto di canali s° aggira tra l’isole appena appena emergenti di sabbia ed i vasti paduli, e dinanzi a noi si stende la laguna tacita, silenziosa, colle sue acque tran- quille, tra i quali suona il lamento della seconda città dell’ im- pero romano: Itala ad illiricos objecta colonia montes Moenibus et portu celeberrima, (Auson. Mag. Ordo nobil. urbium 291. 7.) che piange sull’ermo lido I’ antica gloria svanita: Ed or qui fu, dir si potrebbe appena! Poco appresso un tenue corso d’acqua, il fiume Aussa, segna il confine tra V Austria e I Italia. * Alla pescheria di Trieste, secondo le accurate notazioni dei civici commissari all’ annona, vennero importate dal 1 Luglio 1881 a tutto Giugno 1882 le seguenti quantita di pesce, e d’altri prodotti marini. Dose sa dat sr2chiloer. 1.135.998 Molluschi i a5)" gat A 268.054 Granelli ae pozzi 22.638 Astici ed Agoste,. 411 a a 22.506 IRICCIROISMATO RT Ne > 4.114 22 Molte e talora estesissime sono le isole dell’ Adriatico, di cui parecchie ne abbiamo nominate descrivendone le coste. Il tratto settentrionale dell’ Adria ne va privo fin nelle vicinanze di Pa- renzo, ove ha principio la serie di scogli e d’isolotti, che ac- compagnano la riva occidentale dell’Istria. La maggior parte di questi non giungono che a piccole dimensioni e sono disabitati, non meritando il nome @ isole che le sole Brioni, all'imboccatura del porto di Pola. Al lato orientale dell’ Istria noi troviamo all’ incontro tre delle maggiori isole dell’ Adriatico, Veglia, Cherso e Lussino, intorno alle quali si stendono, quasi trabanti, parecchie altre minori. Bassa e verdeggiante la prima, appajono le due altre irte di rupi ed infeconde, quantunque I instancabile cura degli abitanti abbia rapito alla sterilità ogni palmo di terreno col- tivabile. Hanno quindi principio l’isole dalmate, che possono divi- dersi in due gruppi, secondo la loro direzione; di cui il primo estendesi fino alla Punta della Planca, V altro da Traù fin a Ragusa. Distinguesi quello per la quantità d’ isole, se anche per la maggior parte non molto estese, mentre il secondo, contenen- done un numero minore, ne possede parecchie di mole più con- siderevole. Fanno parte del primo gruppo le isole d’Arbe, di Pago, d’ Ulbo, di Selve, di Premuda, d’Isto, di Melada, di Pun- tadura, il vasto Arcipelago delle Incoronate, comprendente I’ isola Lunga, I’ Incoronata, Eso, Zut, Sestrign, Ugliano, Pasman, l'isola di Morter, di Capri, di Zuri, di Proviechio, di Zlarin e la piccola ma industriosa isola di Crappano. Emergono queste isole per la copia di porti e di seni spaziosi, che talora le intersecano per tutta la lunghezza. Stante la scarsità dei prodotti del suolo, la maggior parte degli abitanti si dedica alla pesca, che fornisce loro il principale mezzo di sussistenza. A Pago ed Arbe esistono inoltre delle saline, che durante I’ estate dànno occupazione ad un buon numero degli abitanti del capoluogo. Presso a Sebenico giacciono le isole di Zlarin e di Crappano, i cui abitanti si dedicano a due pesche speciali, a quella cioè del corallo e delle spugne, percorrendo colle loro barche l’intero Adriatico. Il secondo gruppo si compone di sette isole maggiori : Solta, Brazza, Lesina, Lissa, Curzola, Lagosta e Meleda, e di pa- recchie minori: Zirona, Bua, Torcola, Cazza, Jaklian, Giuppana, Isola di Mezzo, Calamotta e della lontana Pelagosa. La pesca nella maggior parte di queste isole si restringe a poche specie: alle sardelle, alle acciughe, allo sgombro ed al lanzardo, cui qua e là si aggiungono le menole ed il tonno, mentre le altre specie non vengono pigliate che in piccole quantità e solitamente pel consumo locale. Importante si è del pari la pesca delle Agoste, dette quivi Astici, di cui specialmente nelle acque di Lagosta si catturano grandissime quantità, che unitamente agli altri crostacei preparati e conservati/in scatole, potrebbero dare un bel gua- dagno a chi volesse introdurre anche da noi una tale industria. CAPITOLO ITI. Condizioni fisiche del Mare Admatico. Il Mare Adriatico ci rappresenta una lunga valle sommersa, la cui profondità va gradatamente crescendo avanzandosi da settentrione verso mezzogiorno. Il declivio è lentissimo nel tratto superiore (in media di circa 70 centimetri per miglio marittimo), mantenendosi inferiore ai 50 metri di profondità fino all’ altezza di Promontore, ossia per una lunghezza di oltre 70 miglia. Anche il prossimo tratto, lungo ben 145 miglia, ossia fino alla punta meridionale dell’ Incoronata, non attinge profondità mag- giori ai 100 metri, che in un unico punto ristrettissimo, all’ estre- mità meridionale di Arbe. Il fondo si mantiene quindi tra i 100 ed i 200 metri fin circa all’ altezza di Pelagosa, e non presenta che una limitata depressione fin a 243 m. tra lisole di Zuri e lo scoglio Pomo. Ma le sue condizioni si mutano improvvisa- mente appena oltrepassata l'isola di Pelagosa. Esso scende ra- pidamente a 200 metri, e quindi precipita in una specie di burrone della profondità di oltre 1200 metri, che tocca la massima depressione a 1645 m. a 41° 16’ 30% lat. bor. e 18° 13% 20” long. Grenw. Le più grandi profondità dell'Adriatico trovansi tra Cattaro e Barletta, innalzandosi nuovamente il fondo verso la sua estremità meridionale tra Capo Linguetta ed Otranto, ove non arriva che a 900 metri. La valle sommersa, occupata al dì d’ oggi dall’ acque del- l Adriatico, ci presenta il lato orientale oltremodo ripido, mentre l occidentale s’ innalza ad insensibile declivio, d’ onde ne nasce che verso quello trovansi spostate le maggiori profondità. Così p. e. procedendo da Rovigno verso Chioggia, distanti tra di loro 57 miglia mar., noi troviamo già a 13 m, dalla prima il 26 massimo di profondità, mentre per giungere a questo ei occorrono da Chioggia ben 38 miglia. Così da Capocesto abbiamo rag- giunto la massima profondità già a 14 miglia dalla costa, lad- dove da Ancona ci vanno ben 79. Similmente tra Punta d’Ostro e Barletta trovasi la massima profondità a 44 m. da quella ed a 72 da questa. Verso IT estremità meridionale dell'Adriatico giacciono le più forti depressioni al centro del bacino. Ma il fondo del mare non va sempre abbassandosi unifor- memente, avendo qua e là delle voragini o degli imbuti, la posizione e l’area dei quali non si possono stabilire che con un numero maggiore di sondazioni. Varia è la natura del fondo marino, secondo la sua struttura geognostica ed i vari sedimenti apportativi dai fiumi e dalle correnti. Constando la maggior parte delle coste dell’ Adria di roccie calcari, anche il fondo in prossimità delle rive offre un aspetto roccioso e per la facile erodibilità della pietra, non di rado variamente accidentato. In profondità maggiori ed in vici- nanza degli sbocchi dei fiumi, trovasi ricoperto da uno strato di fanghiglia più o meno plastica, dalla quale emergono qua e là delle roccie. Le massime profondità sono per lo più uniforme- mente coperte da una belletta grigia finissima. In vicinanza di terreni d’ arenaria e lungo le dune degli estuarî (litorale delle Marche, del Veneto, di Grado ecc.)* il fondo del mare ci appare sabbionoso e ciò ha luogo principalmente ove il declivio è molto lento. Il mare Adriatico offrendo una grande superficie d’ evapo- razione, e non ricevendo che pochi fiumi principali, possiede una densità maggiore dei mari del Nord, che del resto varia da luogo a luogo, specialmente ove trovasi l’immissione di qualche poderosa corrente d’acqua dolce. La densità dipende principalmente dalla salsedine, dalla temperatura e dalla pressione, elementi variabili secondo i diffe- renti luoghi, le stagioni e la profondità. * Talora ci si presenta un fondo arenoso anche in qualche punto iso- lato in mezzo al mare, il che ci fa presupporre una qualche corrente esistita in antico. Vedi in proposito l opera del Lorenz: Physic. Verh. des Quarn Meerb. già più volte citata ed i miei Cenni geologici sull’ isola di Sansego. 27 Importantissime sono in proposito le analisi istituite dal Prof. Vierthaler* sulle acque attinte a profondità differenti ed in diverse stagioni, dalle quali risultò, che nei mesi di Aprile e di Luglio esse possedono un minimo grado di salsedine. Da questi studi risulta del pari che la densità va crescendo mano mano che si discende agli strati inferiori, salvo nel caso, in cui lo sbocco di acque dolci sottomarine non venga ad alterare il quantitativo di sale **, specialmente nei canali lunghi e tortuosi, * Dritter Ber. d. Commission f. d. Adria 1873 p. 56. ** Riporto qui alcuni dei risultati ottenuti per l’Adria, aggiungendovi le densità trovate pel vicino Mar Jonio. FIUME note circle Febbrajo Aprile ee REAU.OF ETHNOLOGY alla superficie . . 1:02723 102669 1:02590 | ad 1 piede . . . 1:02761 1:02671 0269p on | Be 6ipiedi, 2. », 1:02777 1:02730 1:0266 EDI | 30 DER 100831 1:02791 1028 LIBRARY. | ” ” 2024 el MU NA > 11602882 102794 OSB RU 0 | 3 CEN ts lle 1:02887 102817 1:02865 LESINA Febbrajo Aprile Luglio Settembre alla superficie . . 1°02853 1:02795 1:02926 1:02851 ade piode - 7; 1:02868 1:02820 102930 1:02853 ae Gepiedr 1. 1. —. 102885 1°02826 102938 1:02859 TOUR, o 86 102903 1°02889 1:02958 1:02874 CON Ni iu. 602903 1:02906 1:02989 1:02882 OURS 5 hot ve 1:02907 1:02907 1:02997 1:02886 CORFÙ Febbrajo Luglio Settembre alla superficie . . 102850 1:02856 1'02835 ala lapiedo: 040: 102852 1:02854 1:02838 ADO! piedi. |... 1:02864 1:02856 102843 moO) | oe Sea: 102890 102873 1:02871 Bea ea, 102003 1-02887 1:02883 a; ME: 1:02909 102954 102885 Per il porto di Fiume esistono inoltre accuratissimi lavori in proposito dei Prof. Luksch e Wolf (Op. cit. 1880 p. 77-106) e resta solo da deplorarsi che per il golfo di Trieste si manchi affatto di tali osservazioni. 28 ove può ridursi a minime proporzioni (Canale di Sebenico, di Cattaro, ecc.). Anche le lagune presentano grandi oscillazioni in riguardo alla salsedine; infatti il peso specifico discende, special- mente dopo forti pioggie, a 1.012 e perfino a 1.008, invece du- rante le siccità estive prolungate, può elevarsi, causa la forte evaporazione, massime in bacini chiusi, ad un enorme contenuto di sale. Come la densità, anche il contenuto di sali varia nelle dif- ferenti stagioni. Secondo il precitato professore Vierthaler, le analisi chimiche diedero in media i seguenti risultati : Na. CI. Mg. Ca. Ke SO, Br Contenu- to salino, Febbrajo 11:5842 21.2103 11188 0-3936 0:4047 2:4715 0.3958 38:4554 Aprile 11:0079 205139 1°5131 06106 04300 3:3332 0:3186 377795 Luglio 11:0058 20-9423 1:5474 0:5065 0.7750 2°8579 02963 37-9298 Settembre 11:7535 21'1261 1:0959 03743 03934 2-9251 0°3704 38-1719 La temperatura subisce alterazioni ancora maggiori secondo le differenti stagioni. L’acqua del mare, che alla superficie si riscalda d’ estate a 25° fin a 30° C. (in bacini chiusi talora anche di più), discende d’inverno alle volte fin sotto lo Zero, non giungendo però a raggelarsi che in qualche valle ristretta, op- pure ove per I’ immissione di acqua dolce ne sia accresciuta la disposizione ad agghiacciarsi (p. e. nel Canale di Cattaro presso Stolivo, nelle lagune, ecc.). Generalmente però l’acqua di mare si mantiene da noi con una temperatura invernale di 8 a 12°. Nè devonsi sorpassare le differenze grandissime, apportate dalle varie latitudini, inquantochè il mare Adriatico si distende per quasi sei gradi da nord a mezzogiorno, e quindi come nel suo clima terrestre, presenta anche nel suo clima marino differenze notevoli. In generale può asserirsi che d’ estate la temperatura deseresee mano mano che si discende a maggiori profon- dita, l opposto ha luogo @ inverno. Di primavera, allorchè il sole comincia a riscaldare appena la superficie, troviamo gli strati superiori e gl’inferiori più caldi, ed i mediani più freddi, e vi- 29 ceversa in autunno, allorchè gli strati superficiali si sono digià raffreddati, i mediani appajono più caldi.* Troppo scarse sono le sondazioni a grandi profondità per offrirci un risultato definitivo circa alle condizioni termiche ivi dominanti. Le sondazioni istituite dal Cav. de Hopfgartner ai punti più profondi dell’ Adria tra Punta d’ Ostro e Viesti, die- dero tuttavia alcuni dati interessanti.** Pel Mediterraneo risultò *) Così vennero p. e. trovate a Lesina le seguenti temperature nel 1869 Gennajo Febbrajo Marzo Aprile Maggio Giugno alla superficie . . 10°75 9:2 10°65 12°5 14°65 17-4 8.28 miedie i. = 11:25 9°85 10°5 10:8 12:0 13:05 Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Decembre alla superficie . . 18:55 21°0 17:6 15°7 142 11 95 a 120 piedi . . , 121 12°55 13:05 154 14:25 11:90 A Fiume presentava il mare una temperatura più elevata a 120 piedi che non alla superficie, nei mesi di Gennajo, Febbrajo, Marzo ed Aprile; a Zara nel Marzo ed Aprile; a Corfù nel Gennajo, Aprile, Maggio e Novembre, ecc. (Bericht. d. Adria Commission II. p. 80.) ** I risultati del Hopfgartner pubblicati nel Schlussbericht der Adria Commission 1880 p. 107 sono i seguenti nelle due fondazioni intraprese nel 1877 e nel 1878. Luglio 1877 a 41° 16// 30 lat. bor. e 18° 13‘ 20” long. Gr. Febbrajo 1878 S. Ow. di Ragusa Profondità in metri Temperatura 530 13:4 300. 11.9 575 13°4 325 11:9 675 13°4 400 11°8 692 139 500 117 747 133 525 LIT 855 13-2 550 11°6 900 131 650 eg 1055 12:8 700 12:0 1100 10% 775 121 1245 12:6 850 12:0 1255 127 930 12-1 1300 12-6 1075 12-2 1645 12:8 1230 12-3 Le sondazioni delle grandi profondità del Mediterraneo diedero pel bacino occidentale 12°8° in 1072 m., 12:6 in 1545 m,, 12:8 in 2662 m, — presso 30 dalle numerose sondazioni, che a profondità maggiori di 500 metri, l’acqua non subisce quasi più alcuna influenza dalle stagioni. Per l’Adria all’ incontro venne constatato dal Hopfgart- ner a 500 m. ancora una differenza di 2° C. tra il Febbrajo ed il Luglio, ed appena a 1200 m. la differenza non arrivava che a 04° C. Per altro, se anche ammettiamo che il bacino pit ristretto dell’ Adria faccia risentire di più I’ influenza delle terre circostanti, non si possono dalle poche osservazioni isolate trarre conclusioni definitive, perchè facilmente potrebbe esser prodotta tale differenza dallo sbocco di qualche sorgente sottomarina o da altra causa del tutto locale. Ma se tanto povere sono le nostre cognizioni intorno alla temperatura delle grandi profondità marine, non più estese sono quelle intorno alla natura di que’ fondi. Le prove raccolte dal prelodato Sig. Hopfgartner e gentilmente favoritemi per istudio, mi si dimostrarono identiche a quelle descritte per il Mediter- raneo o composte di una fanghiglia finissima di color grigio, nella quale però non mi venne dato di riscontrare alcun corpo organizzato. Influenza grandissima hanno pure i venti, i quali producono il movimento dell onde, e quindi una continua agitazione del mare, utilissima specialmente ove trovansi bassofondi od acque stagnanti, che per la copia d’ organismi facilmente potrebbero andare in putrefazione. Nell’ Adriatico sono predominanti i venti, che spirano dal secondo (Scirocco) e dal quarto quadrante (Maistro), ossia in direzione dell asse longitudinale dell’ Adria- tico. Per la struttura delle coste e degli altipiani sovrastanti, il mare Adriatico va soggetto a parecchi venti locali, che non di rado, specialmente d’ estate, sorgono all’ improvviso dal terzo (Libeccio) e quarto quadrante con molta veemenza onde non a torto il nostro mare si ebbe l appellativo di turbidus Hadria*. Il più impetuoso di questi venti è quello da N. E. detto Bora, che di preferenza spira d’ inverno, con tanta forza Gibilterra 13:4 in 1459 m. (Carpenter nel 1870), — ad oriente di Malta 13-4 in 3017 m. — al nord della costa libica 13:7 in 3603 m. (Carpenter e Nares 1871), — presso Candia 13:1 in 2268 m. (Spratt 1860). * Hor. Od. L, IN 3, L. II 4) ece. sl da rovesciare uomini e carri.* È un vento che pare generarsi sui pianori del Carso, laonde con più violenza imperversa nel Quarnero e nel golfo di Trieste, decrescendo il suo furore mano mano che si discende a latitudini più australi. La profondità alla quale giunge I’ influenza delle onde, non è che molto limitata, importando al massimo appena 20 a 30 metri coi più forti seiroechi. Sotto a questa zona regna eterna- mente calma perfetta. Debolissime sono le correnti nel nostro mare, di cui luna ascendente lungo le coste orientali, l’altra discendente dalla parte opposta. Più importante all’ incontro è il fenomeno delle maree che se anche non giunge alle dimensioni degli oceani aperti, è pur tuttavia abbastanza notevole, arrivando I oscillazione tra la massima e la minima elevazione a quasi 2 m.** Hanno speciale influenza sulle maree i venti, dappoichè mentre quelli che spirano dal nord ricacciano la marea ascen- dente deprimendone il livello, quelli che soffiano dal mezzogiorno ne accrescono l’effetto, onde non di rado le acque superano le rive ed inondano le vie delle città e de’ villaggi, in prossimità della spiaggia, producendo le così dette colme. Se per i mari aperti le maree coincidono più o meno colle culminazioni lunari, per i bacini ristretti e seminati da numerose isole, come I’ Adria, lora dell'alta marea subisce notevoli mo- dificazioni in seguito delle condizioni locali, che determinano lora del porto. La seguente tabella ci offre i risultati delle osser- vazioni istituite in diverse località lungo la costa orientale del- l’ Adriatico : a fe ee ao e SE RE: alari o LI a ESITO, SR ON AE RE SA IN o ee * Nel 1881 sollevò dalle rotaje addirittura un intero convoglio di molti vagoni, sulla ferrata da Fiume a S. Pietro. ** Pel golfo di Trieste la media è di 63 cent. *** Grablovitz : Nuova teoria delle maree pag. 39. — Le indicazioni di questo autore non concordano però con quelle della Commissione Adriatica, notando egli l ora del porto di Pola con 9h- 281 e quello di Trieste con 10h: 30" ****. Dritter Ber. der Adr. Com. pag. 123, 32 Mara ne a RES RE e a Fume. FEU ee EA EN SELE RA ESE Pola: NE SR ER SRE STE Pirano: ra yo orks RR i On RER Drieste’ el MED Mee kee ee ON REPORT HELEN Le condizioni fisiche, teste brevemente accennate, hanno un’ influenza indiscutibile sulla distribuzione topografica dei vari organismi del mare. Epperò come la vegetazione e la fauna della terra ferma sono intimamente legate alla natura del suolo che le sopporta, alla differente elevazione, alla temperatura, ai venti, all'umidità ed agli altri agenti tellurici e climatologici; anche gli esseri che vivono nel mare seguono leggi determinate nella loro distribuzione, e sono diffusi sur un area più o meno estesa, secondo le condizioni più o meno favorevoli, che trovano alla loro esistenza. Povere di vita sono le grandi profondità, nelle quali pochi organismi soltanto hanno la possibilità di esistere in causa della forte pressione che devono sopportare. Mercè la loro struttura anatomica, la maggior parte dei pesci hanno la facoltà di poter salire liberamente dagli strati inferiori ai superiori, senza risen- tirne aleun detrimento, come lo dimostrano i pesci di massa, che al tempo della frega abbandonano i loro abissi per deporre le uova in prossimità delle rive. Anche altre specie, di cui acci- dentalmente viene di tanto in tanto pigliato qualche esemplare, pajono appartenere ai pesci delle maggiori profondità, che per qualche fortuita combinazione si sieno smarriti negli strati su- periori. Già a duecento metri di profondità cominciasi a trovar delle alghe nel nostro mare, ed il loro numero va gradatamente crescendo, mano mano che ce’ innalziamo nelle zone superiori. * Dritter Ber. der Adr. Com. (1. c.). ** Vierter Ber. der Adr. Com. pag. 237. #kx Grablovitz: Nuova teoria delle maree (I. c.). **** Fiinft. Ber. der Adr, Com. pag. 115. 33 Anche la fauna diviene sempre più ricca di specie, che se nelle grandi profondità non constava che di pochi molluschi pigmei e di alcuni animali inferiori, a cento metri ci offre già una grande varietà di forme. Tra le cespaje di Myrionema volubilis e di Rhytiphlea tinetoria, tra i grossi grani della Valonia macrophysa, brulicano numerosi Pilumnus hirtellus Leach., Galathea squami- fera Leach., Eupagurus Prisdeauzii Hell, Ethusa Mascarone Riss., Ebalia Costae Hell, Gonoplax rhomboides Desm., Maja verrucosa M. E., Lissa chiragra Leach., Pisa armata Latr. e P. Gibsii Leach., Lambrus angulifrons M. E. ece.; strisciano Olotu- rie e Stelle marine (Holothuria tubulosa Cuv. e regalis L., Ophiotrix fragilis Möll., Ophioderma longieauda Retz., Asteriscus palmipes M. e Tr., Asteracanthion glacialis L., tenuispinus Lam. e rubens L.); si espandono le Spugne (Geodia gigas Sdt., Sarco- tragus spinulosus Sdt., Spongia adriatica Sdt., Clathria coralloi- ‚des Sdt., Raspaila viminalis Sdt., Axinella foveolaria Sdt., Caminus Vulcani Sdt., Reniera dura Nardo e calix Sdt., Suberites domun- cola Nardo, Tethya lyneorum Lbr. ecc.); stendono i loro mobili ciuffi l eleganti Gorgonie (Muricea placonus Ehr., Gorgonia ver- rucosa Pall., graminea Lam., patula Ell., Sympodium coralloides Ehr. ecc.). Il fondo è disseminato di piccoli litotamni, sui quali giacciono legioni di echinodermi (Bissus carinatus Ag., Echinus melo Lam.) mentre dagli scogli stendono i coralli le loro braccia rubiconde. Anche i molluschi son divenuti più frequenti (Pecten adspersus Lam., Testae Biv., pusio L., Ostrea cochlear Poli, Meyerlea truncata L., Argiope decollata Chem., Argiope neapolitana Scacchi, Avicula tarentina Lam., Cardita aculeata Pol., Levicardium ob- longum Chem., Citherea Cirilli Seace., varie specie di Dentalium, Umbrella mediterranea Lam., Ovula adriatica Sow.) e tra questi il gigante dell Adria, il Dolium galea L. Ma più varia, più multiforme s’ agita la vita negli strati superiori, ov essa giunge al massimo suo sviluppo nella zona jitorana, che s’ estende dal livello della bassa marea fin a 5 metri circa di profondità. È qui che troviamo quelle selve estese di zostere, di fucacee, di floridee, tra le quali s° aggirano mi- riadi di esseri, che valsero al mare il nome d’ inesauribile. È qui che la natura dispiega tutta la sua magnificenza in una creazione 3 34 infinita di organismi strani, fantastiei. Ogni fondo, ogni rupe, ogni anfratto ha i suoi propri abitatori e sovra i piani sabbiosi si celano le solee, i rombi e gli altri pesei piatti, corrono i granchi, giacciono le numerose bivalvi; nei seni fangosi stri- sciano le anguille, pascono i muggini ed i gobii; nell’ acque limpide sopra i fondi rocciosi, s’addensano i ricci e le stelle marine, pendono le attinie, s’ arrampicano i gastropodi, oscillano i dischi diafani delle meduse, simili ad altrettante febee erra- bonde, guizzano gl’ innumerevoli sciami di sardoni, dentali, spigole, labri, blennii, menole, spari, salpe, ecc. ece. E quasi che troppo ristretto fosse il mare a tanta esuberanza di vita, non poche specie varcano il limite della bassa marea passando una parte della loro esistenza all asciutto, adese alle rupi, come i fuchi, le pantalene, le anomie, le nasse, le litorine, le monodonte, i trochi, i ceriti, il Mythilus minimus, ece., od immerse nella melma della spiaggia, come le cappe tonde, le locche, i solen, le trun- catelle, ecc. ecc. 3 ? I 5 CAPITOLO IV. Jecgtti della pesca di mare. Quali oggetti di pesca possono considerarsi tutti gli orga- nismi del mare, che direttamente od indirettamente servono di nutrimento e per altri usi dell’ uomo. Egli è perciò, che oltre ai pesci vengono pigliate varie specie di mammiferi, di crostacei, di molluschi, di cefalopodi, di echinodermi, di vermi, di polipi, di spugne, ecc. che popolano le vastità del mare. Non tutti però gli organismi del mare possono venir presi in riflesso, trattandosi delle industrie pescareccie. Sia per la troppa picciolezza della mole, che per la rarità, in cui rinven- gonsi, buona parte di questi non hanno che un valore secondario, non comparendo che casualmente al mercato, oppure servendo di cibo agli altri maggiori. Dei mammiferi non vi sono che i soli delfini, che richieg- gano un'attenzione particolare. La specie da noi più comune è il Delphinus delphis L., meno frequente il D. tursio Fabr., mentre il D. phocoena L. ed il D. Rissoanus Laur., riportati nei prospetti del Cornalia e dello Stossich,* sembrano estremamente rari, se non del tutto mancanti all’ Adria, essendo stati ommessi dal Giglioli nel suo recente Catalogo della Fauna italiana.** In * Cornalia: Dei mammiferi d’ Italia pag. 65. Stossich M.: Prospetto della Fauna del mare Adriatico. ** Giglioli: Elenco della collezione centrale degli animali vertebrati italiani. Firenze 1880, 36 ischiere più o meno numerose, i delfini sogliono seguire i basti- menti ed aggirarsi intorno alle reti dei pescatori, ai quali non di rado apportano danni grandissimi. Un vecchio pregiudizio, fondato forse sulle idee, che fin dalla più remota antichità si aveano intorno all’ amicizia di questi animali coll’ uomo * fa sì che i pescatori a malincuore si mettano a cacciare questi ingordi predoni, tanto più che i delfini, perseguitando gli stormi delle sardelle e degli altri pesci, non di rado li spingono verso i seni di mare, ove incappano nelle reti. In alcuni distretti i delfini sono siffattamente frequenti che rendono ai pescatori spesso del tutto impossibile il getto delle reti, perchè andrebbero infalli- bilmente lacerate. Usasi perciò da alcuni circondare il sacco delle tratte con una rete di forti maglie, affine di render più difficile lo stracciamento del medesimo. Siccome la carne del delfino non viene molto pregiata, ed in molti luoghi neppure mangiata, i pescatori non li prendono che rare volte, quando cioè, 8’ impigliano da sè stessi nelle reti tese per altri pesci, quantunque in qualche distretto si possedano delle reti speciali per la loro pesca, fatte di grosso spago. Anche i possessori delle manaide (sardellare) risentono grave danno dalla presenza dei delfini, e specialmente quelli, che si recano a Pela- * Quantunque nessuno più creda alle cento storielle che gli antichi favoleggiarono intorno al senno ed agli accorgimenti del delfino, — De’ del- fini non v’ha cosa più diva (Oppiano: Pesca I 140) — al suo amore per l’uomo e specialmente pe’ fanciulli e pe’ musici, (Elian. IV 15, Plin. I 8, IX 8. Ovid. Fest. II 111, Arist. IX 35, Pausan. III 25, Opp. Pesca V 254, ecc. pei naufraghi, (Elian I 18, VIII 3, XI 12) pei morti (Elian. XII 6, 45) ne più paventi gli anatemi celesti dandogli la caccia, — De’ delfini la caccia è ma- ledetta, (Opp. V. 253) — tuttavia credesi ancora dai pescatori ch’ esso sia di vantaggio, spingendo il pesce verso le reti, come si bene è descritto da Oppiano. (Pesca V 253). Passano ancora qua e là, tramandate da padre in figlio, delle supertiziose credenze in proposito, così i pescatori di Sebenico, affermano che dopo avere spinti e radunati i branchi di tonno in alcune valli, i delfini emettano un fischio per chiamare i pescatori a farne bottino, che però essi pretendano parte della preda a loro spettante per tali servigi, vendicandosi collo stracciare le reti se viene loro negata, ece. ecc. ED tn | 37 gosa, devono talora contemplare gl’ innumeri stormi luccicanti delle sardelle, senza poter gettare le reti.* Se consideriamo inoltre la quantità di pesce, che giornal- mente divorano i delfini, ci presuaderemo di leggieri di quanto danno riescano per la pesca, e quanto opportuno sarebbe nello stesso interesse dei pescatori una distruzione sistematica di tali animali: Nè piccolo sarebbe del pari l utile, che se ne ritrarrebbe contenendo i delfini quantità notevoli di grasso, che potrebbero venir utilizzate, come pure una carne, che trova esito specialmente sul mercato di Venezia.** Gli altri mammiferi sono molto rari nell’ Adriatico ed appartengono alla famiglia nordica delle Foche, che nel nostro mare non possede che un unico rappresentante nel Pelagius monachus Herm. Il Pelagio visita seni lontani e poco frequentati, (che perciò non di rado si ebbero il nome di Seno dell’ Orso),*** salendo talora a terra specialmente all’ epoca delle vendemmie, essendo molto ghiotto d’ uva. Timidi e sospettosi fuggono all’ av- vieinarsi dell’ uomo, è quindi la loro caccia non è tanto facile, passando spesso degli anni prima che si giunga a predarne alcuno. È molto dubbio se nell’ Adriatico si trovi la Phoca vitulina, L. dappoichè dell’ unico teschio esistente nel Museo di Venezia non è con assoluta sicurezza accertata la provenienza. I due esem- plari impagliati al nostro Museo di Trieste, che per errata * Va inoltre notata un altra particolarità del Delfino, che dimostra un certo grado d’ intelligenza. Allorchè esso si fa sopra una rete carica di sardelle comincia sempre a divorare il pesce dall’ estremità, che viene tirata su dal pescatore, continuando tale operazione verso l’ altro capo, mano mano che la rete viene levata. Per tal modo il pescatore non giunge in tempo di sal- vare alcuna parte della preda. Per concorde asserto dei pescatori il Delphi- nus tursio all’ incontro sarebbe un animale utile, spingendo gli sciami verso le reti, senza però mai divorare il pesce, che vi fosse preso. Comunque siasi anch’ esso non può certamente riguardarsi vantaggioso, adoperando per pro- pria nutrizione un numero considerevole d’ altri pesci. ** Forse anche della pelle si potrebbe trar vantaggio dopo averla di- grassata, come ha luogo nei paesi glaciali con quella del Delfino nero (Glo- biceps melas) ed altri. *** Così sulla piccola Pelagosa. 38 determinazione passarono nei vari cataloghi sotto il nome di Phoca vitulina, non sono altro che giovani Pelagius. Affatto accidentale & la comparsa dei Caccialotti o Capo- dogli (Physeter macrocephalus L.), dei quali al 15 Agosto 1853 arenarono sei esemplari a Cittanova, in Istria, a tre ore da Trieste. Lo scheletro e la pinna caudale d’uno di questi, si conservano ancora al nostro Museo, mentre di altri due si tro- vano gli scheletri a Vienna ed a Monaco. Di questi cetacei colossali parecchi vennero presi nel mare Adriatico, così nel 1713 nel golfo di Pesaro, nel 1715 nel golfo veneto, nel 1750 a Pelles, nel 1764 a Rovigno, nel 1768 a Fano, nel 1775 a Sinigalia, nel 1805 tre esemplari presso Fermo, nel 1837 a Budua, nel 1868 presso Tropea nella Calabria.* Qui sarebbe pure da eitarsi la famiglia degli Uccelli in- quantochè numerose sono le specie, che si nutrono di pesci e quindi apportano un qualche danno alla loro propagazione. Tra gli uccelli ittiofagi, i più frequenti nel nostro mare sono i gab- biani o cocali (Larus leucophaeus Licht., L. marinus L., L. canus L., L. ridibundus L.), i colimbi (Colymbus glacialis L., C. septem- trionalis L. ed areticus L.), i puffini (Puffinus Kublii Bp.), gli svassi (Podiceps auritus L., P. minor), gli smerghi (Mergus serrator L. ed albellus L.), le anatre (Anas boschas L., Mareca penelope Selb., Fuligula cristata Gr.), le sterne (Sylochelidon caspia Brebm., Sterna fluviatilis Naum., St. hirundo L., St. minuta L.), i cormorani (Pholacrocorax carbo Leach.) e molti altri che trattengonsi di preferenza nelle paludi prossime al mare, nutrendosi tanto di pesci d’ acqua dolce, che di marini. Anche i rettili non sono che molto scarsamente rappresentati nell’ Adria, non essendovisi trovate che due specie soltanto, la Thalassochelys corticata Rond. e la Chelone viridis Schneid, quest’ ul- tima però unicamente in tre esemplari, di cui uno esiste nel Museo di Trieste, uno venne da noi ceduto non è guari a quello * Tl Prof. Giglioli cita inoltre dall’ Adria il Physalis antiquorum Gray, di cui peraltro non si conosce che Ll unico esemplare, catturato nel 1771, lo scheletro del quale si conserva a Bologna, sotto il nome di Balaenoptera Mondini Capp. Ae] 39 di Firenze, ed un terzo nel Museo di Venezia, quantunque nel- l’ oceano Atlantico viva abbondantissima e formi oggetto molto importante di pesca. Gli esemplari presi nell’ Adriatico pare fossero dei giovani, entrati casualmente nel bacino del Mediter- raneo, e vennero descritti dal Nardo come specie particolare, sotto il nome Chelonia atbiventris. Più comune è da noi la Th. corticata, detta solitamente Tartaruga di mare, che giunge ad un diametro di un metro e mezzo, ed un peso di 3—400 chil. Essa viene portata di frequente al mercato, però la sua carne poco gustosa, non la fa esser troppo ricercata. Fra tutti gli organismi del mare, sono i pesci quelli, che hanno per le industrie pescareccie la prima e più grande im- portanza, ed a fronte dei quali tutti gli altri non possedono che un valore affatto secondario. Il mare Adriatico emerge più per la varietà e la moltiplicità delle specie in esso viventi, che per la quantità degli individui. Questa grande varietà fa si, che a differenza dei mari del Nord, non vi si trovino quegli sciami sterminati, che formano uno dei prodotti principali delle contrade settentrionali. A questa povertà relativa del nostro mare contribuisce senza dubbio grandemente la continua instan- cabile pesca di certe specie, che da tempo immemorabile viene esercitata a danno di alcune, le quali naturalmente a poco a poco andarono diminuendo e si renderanno sempre più scarse, ove con saggi provvedimenti non si pensi a tutelarle. Se noi riflet- tiamo a quello, che dice Eliano (L. VIII. 18) della ricchezza delle sardelle, (o de’ sardoni) nel Mediterraneo, „che nuotano in si fitti stuoli e tanto strette insieme, che non si possono attraver- sare con un battello, e che difficile è far passare tra di esse un remo, per cui i pescatori non altrimenti possono pescare in tali schiere di quello che si farebbe colle mani in un mucchio di grano, e che inoltre sono siffattamente intricate, che ben rara- mente si prendono intere, mancando ad una il capo, all’ altra la coda, che si lasciarono indietro“, o se leggiamo le descrizioni meravigliose, che ne fa Oppiano* ci persuaderemo di leggeri * Della pesca L. I p. 145 e L. IV pag. 225. 40 che il loro numero & di molto scemato. Egli è ben vero, che la fecondità dei pesci è affatto fenomenale, contenendo p. e. una tinca 70000 uova, un luccio 100.000 uno storione 300.000, un siluro parecchi milioni; tuttavia una quantità di cause concorre a ridurre ad un minimo tale prodigiosa massa di uova,* ed è quindi uno de’ più fatali pregiudizi il riguardare il mare come inesauribile. Già parecchie specie di pesci perla caccia spietata che se ne fece, scomparvero del tutto, ed altri sono prossimi alla loro estinzione. E ciò ancor più che altrove si rende sensibile nei piccoli bacini mediterranei, i quali non offrono che profondità mediocri, nelle quali il pesce possa rifugiarsi. L’ opinione antica delle grandi migrazioni dei pesci, è ormai dimostrata erronea, mentre si sa che il pesce, ad onta della sua estrema mobilità, eccettuate pochissime specie, è un animale quasi stazionario, il quale dalle grandi profondità, ove passa la maggior parte dell’ anno risale al tempo della frega verso le coste, affine di trovarvi dei luoghi adatti per deporre le uova. Così p. e. si osserva che nel mare intorno a Lissa, compajono sempre delle sardelle più grandi che non a Lesina ed alle altre isole della Dalmazia, nei canali invece e nei seni molto estesi (p. e. nelle Bocche di Cattaro), non se ne pescano che di piccolissima mole: il che non avverrebbe se gli stormi di tal pesce, anzichè salire dalle im- mediate vicinanze, intraprendessero delle lunghe migrazioni. Ed è appunto durante quest’ epoca, che vengono prese enormi quan- tità di tali pesci, distruggendo in pari tempo le miriadi d’ uova in essi contenute. Non poche altre cause contribuiscono inoltre ad una dimi- nuzione progrediente del pesce, come ci studieremo di dimo- strare, allorchè parleremo dei nemici della pesca e dei mezzi, che a nostro vedere, sarebbero i più acconci a donarle un novello incremento. In quanto alle specie di pesci, che abitano I’ Adriatico, quasi tutte possono venir utilizzate, quantunque molte, sia per la loro * Si calcola che su mille uova appena uno giunge a formare un pesce, u int u si tique Di tr 41 rarità, sia per l’esiguità della loro mole, non forniscano speciale oggetto di commercio. Così noteremo tra le specie più rare, che non vengono che accidentalmente catturate, l’Anthias sacer BI., Apogon imberbis L., Sebastes dactylopterus De la Roche, Peristethus cataphractum Gnt., Dactylopterus volitans Cuv. e Val., Lepidopus caudatus White, Ruvettus preciosus Cocco, Pelamis unicolor Gnt., Echeneis remora L. e scutata Gnt., Drama Rayi BI., Schedophilus Botteri Heck., Luvarus imperialis Raf., Temnodon saltator Cuv. e Val. Saurus griseus Lowe, Scombresox Rondeletii Cuv. e Val., Ophictys serpens L., Balistes capriscus Gm., Ranzania truncata Nard., Accipenser huso L. e stellatus Pall., Zygaena malleus Shaw., Odont- haspis ferox Bp., Spinax niger Bp., Echinorhinus spinosus BL, Rhinoptera marginata Cuv. ed altre molte. Anche queste però, ove vengano predate, giungono al mercato e sono non di rado molto ricercate, come p. e. la carne del Pesce Gallo (Luvarus imperialis Raf.) che si paga da uno e mezzo fino a due fiorini al chilo. Le specie di minor mole, unitamente al novellame formano un importante commercio, che per le tenuità del prezzo viene di preferenza ricercato dalle classi meno abbienti e venduto sotto il nome locale di minutaglia. Secondo le differenti località e le differenti stagioni questa consta di specie diverse. Così al mercato di Trieste vi si riscontrano più di frequente i seguenti pesci: Citharus linguatula L., varie specie di Solea, Smaris vulgaris Cuv. e Val. ed alcedo Cw. e Val., Maena vulgaris Cuv. e zebra Gnt., Sargus Rondeletiù Cuv. e Val. ed annularis Geof., Atherina hepsetus L., Boyeri Rss. e mocho Gnt., varie specie di Gobius, di Lepidogaster, di Blennius, di Callionymus, di Labrus, Cepola rubescens L., Julis mediterraneus Riss. ecc. ecc. I termini ristretti del presente lavoro e la brevità del tempo concesso, non permettono I’ estendersi maggiormente in- torno ai pesci, che popolano il mare Adriatico. Molte specie vi si trovano tutto l’anno e vengono quindi predate in ogni mese, altre non compajono che a certe epoche, scomparendo poscia totalmente o facendosi vedere solo sporadicamente. Di queste specie alcune appartengono ai così detti pesci di massa, mentre la maggior parte vivono solitarie od a piccoli 42 sciami presso le coste od in alto mare, come diremo più diffusa- mente parlando delle pesche speciali. Crediamo superfluo il far un’ enumerazione di tutte le specie di pesci che vivono nell'Adriatico, esistendovi digià numerosi cataloghi in proposito.* Per comodità dei lettori non naturalisti, ci sembra tuttavia non inopportuno il notare qui le specie più comuni che vengono al mercato di Trieste, secondo il loro nome volgare, aggiungendovi il rispettivo nome scientifico. Anguella o Angudella (Atherina hepsetus L., Bojeri Rss. e mocho Gut.) comune d’ estate, anche sotto il nome di Geral. — Prezzo 10—15 soldi al chilo. Angusigolo (Belone acus Rss.) dalla primavera all’ autunno. — Prezzo 20—50 s. Angusigolo bastardo (Sygnatus acus L.) comune, non man- giabile. Angusigolo falso (Syphonostoma typhle L.) meno comune, primavera ed estate, non commestibile. Anzoleto (Trigla pini BL, Lepidotrigla aspera Gnt.; pit rare Trigla lyra L. e coculus BL) più frequenti d’ inverno. — Prezzo 20—30 s. * Naccari: Ittiologia adriatica. — Pavia 1882. Nardo: Prospetto sist. degli animali delle Provincie Venete. — Vene- zia 1860. Ninni : Materiali per la Fauna Veneta — Aiti Ist. Ven. Vol. IV S. 5. — Elenco sist. d. animali del Mare Adriatico riuniti nella Fauna Adriat. del Museo di Trieste — 1869. Canestrini: I Pesci della Fauna d’Italia — Milano. Perugia: Catalogo dei pesci dell'Adriatico, nei Cenni del Museo Civico di Trieste 1866. Perugia: Elenco dei pesci dell’ Adriatico — Milano 1881. Stossich : Prospetto delle faune dei verteb. d. Adriat. — Boll. Soc. Adr. Trieste Vol. V 1879. Giglioli : Elenco dei verteb. italiani — Firenze 1880. Trois: Prospetto sistem. dei pesci dell’ Adriatico — Atti Ist. Ven. Vel. 18: Trois e Ninni: I pesci di Venezia. 1881. Kolombatovich: Pesci delle acque di Spalato. 1881. — Fische der Gewässer von Spalato. 1882. + One ee ee er «rs 43 Argentin (Argentina sphyraena L.) rara. Asial (Acanthias vulgaris Rss. e Blainvillei Rss.) comune tutto l’anno. — Prezzo 30 —35 soldi. Barbon (Mullus barbatus L.) quasi tutto l’anno. — Prezzo 25—100 s. Baracola (Raja asterias Bp.) comune d’ inverno. — Prezzo 10—20 s. Bavoso (Raja marginata Lac. macrorhynchus Bp. ed oxy- rhinchus L.) d’inverno, e spesso di dimensioni colossali. — Prezzo 10—20 =. Bisato (Anguilla vulgaris Turt) d’inverno, comunissimo. — Prezzo 30 —80 s. Bobba (Box vulgaris Cuv. Val) di primavera e @ estate, comune. — Prezzo 20—30 s. Bocca in cao (Uranoscopus scaber L.) d’inverno. — Prezzo 20—25 s. Branzino (Labrax lupus Cuv.) quasi tutto l’anno, frequente ; il giovane chiamasi Baicolo. — Prezzo 30—200 s. Bosega (Mugil chelo Cuv.) comunissimo d’ inverno. — Prezzo 30 —40 s. Cagna (Carcharias glaucus Rond.) piuttosto raro. — Prezzo 155-20 s. Cagnizza. Sotto questo nome vengono compresi i terribili mostri che infestano I’ Adriatico, appartenenti alle specie Car- charodon Rondeletti M. H., Lamna Spallanzani Gnt., Carcharias Milberti Bp. ed altre. Da parecchi anni divenuti frequenti. Caligher (Heliastes chromis Gnt.) tutto l’anno, non comune. Can (Mustelus laevis Rss. e vulgaris M. H.) tutto l anno, frequente. — Prezzo 20—25 s. Can da denti (Galeus canis Bp.) come il precedente. — Prezzo 20 s. Cantara (Cantharus lineatus Mont. ed orbicularis Cuv. Val.) comune. — Prezzo 20 s. Cantarella o Pagaro (Pagrus vulgaris Cuv. Val) da noi piuttosto raro, mentre frequentissimo in Dalmazia. — Prezzo 20—25 s. 44 Caostello (Mugil capito Cuv.) frequentissimo specialmente d’autunno e d’inverno; il giovane vien detto bottolo. — Prezzo 25—30 soldi. Cataluzzo (Coryphaena pelagica Riss. e hippurus L.) qualche anno comunissimo d’ estate. — Prezzo 35—40 s. Caval marino (Hippocampus guttulatus Cuv. e brevirostris Cuv.) non viene mangiato. Ceppa (Clupea alosa Cuv.) comune. — Prezzo 10—15 s. Cerna (Serranus gigas Cuv. e Val.) non frequente. — Prezzo 35—40 s. | Cevolo nome generico per tutte le specie di Mugil. Colombo (Myliobatis aquila Cuv. e bovina Geof.) comune tutto l’anno. — Prezzo 8—12 s. Copese Acipenser Heckelii Fitz.) non molto comune. — Prezzo 60—80 s. Corbel (Umbrina cirrhosa Risso) tutto I anno, frequente. — Prezzo 35—40 s. Dental (Dentex vulgaris Cuv. e Val.) specialmente d’inverno. — Prezzo 45—60 s. Donzella o Girella (Julis vulgaris Gnt.) comune d’inverno. — Prezzo 16—20 =. Fabretto (vedi Caligher.) Fanfano (Naucrates ductor Cuv. Val.) Aceidentale, talora in grande quantità. — Prezzo 60 s. Figa (Centrolophus pompilus Cuv. Val.) raro, d’ estate. — Prezzo 25—30 s. Figo (Stromateus fiatola L. e microchirus Bp.) comune di primavera e d’ estate. — Prezzo 12—15 s. Galiotto (Ophidium barbatum L.) comune, d estate. — Prezzo 6—10 s. Gallinazza (Centriscus scolopax Rss.) raro d’ estate. Gatta (Scillium stellare L. e canicola L.) comune tutto l’anno. — Prezzo 10—15 s. Geral o Gerao (Vedi Anguella) Prezzo 30—35 s. Be es © 45 Grongo (Conger vulgaris Cuv. e myrus Cuv.) importato dall’Istria e dalla Dalmazia. — Prezzo 30—40 soldi. Guatte (Callionymus maculatus Rf, belenus Rss., festivus Bp., fasciatus Cuv. Val.) comuni. — Prezzo 6—10 s. Guatto (varie specie di Gobius, di eui i più comuni sono da noi il G. jozo L., l’ophiocephalus Pall. (G. giallo) 1’ exanthe- matosus Pall., il niger L. ecc.) Distinguonsi in Guatto di fango, di sasso e di baro. — Prezzo 6—25 s. Lanzardo (Scomber colias Cuv.) comune di primavera e d’ estate. — Prezzo 30 s. Letterato (Thynnus brevispinus? Cuv. Val.)* — Prezzo 40—50 s. Liba (varie specie di Labrus e Crenilabrus, tra cui i più frequenti il L. festivus Rss., il merula L. ed il mixtus L. ed i Cr. Pavo Cuv. Val., quinquemaculatus BI., ocellatus Cuv. Val, rostratus Bl, griseus L., mediterraneus Cuv. Val. ecc.) — Prezzo 10—15 s. Lissa o Lizza (Lichia amia L. e glauca Rss.) non frequenti, talora di dimensioni colossali. — Prezzo 60—80 s. Lissa bastarda (Seriola Dumerili Risso) rara. — Prezzo 25—30 s. Lotregan (Mugil auratus Cuv.) tutto l’ anno frequente, in ispecialità d’inverno. — Prezzo 25—30 s. Luzerna (Trigla lineata L. e hirundo BI.) d’inverno. — Prezzo 24 s. Luzzo de mar (Sphyraena vulgaris Cuv. Val.) comune d’in- verno. =— Prezzo 20 8. Magna pegola (Petromyzon marinus L.) alquanto raro. Marida o Maridola (Maena vulgaris Cuv.) comunissima. —- Prezzo 8—12 s. * Non è che dubitativamente che noto questa specie, nuova per l’Adria- tico, in fede alle asserzioni del commissario alla pescheria, il quale mi assi- cura che lo scorso anno ne vennero presi parecchi di tali pesci tra l’Ottobre ed il Novembre. — Secondo il Co. Ninni (in litt.) sarebbe piuttosto il Th. brachypterus Cuv. Val. Non avendo veduto il pesce in questione, m’ è impossibile stabilirne I’ identità. 46 Matan o Colombo grande (Trigon pastinaca Cuv.) d’ inverno. — Prezzo 10—15 soldi. Menola (Smaris vulgaris Cuv. e Val., alcedo Cuv. e Val., Mauri Bon.) comune d’ estate e d’ autunno. — Prezzo 8—12 s. Menola schiava (Maena zebra Gnt.) da noi piuttosto rara, comunissima in Dalmazia. — Prezzo 25 s. Merluzzo (Merluccius vulgaris Flem.) nelle stagioni fredde. — Prezzo 20—25 s. Molo (Gadus merlangus L.) dall’ estate all'inverno, comune. — Prezzo 25—30 soldi. Mormora (Pagellus mormyrus Cuv. Val.) raro, primavera. — Prezzo 20—25 s. Mormoro (Gadus minutus L.) comune d’inverno. — Prezzo 25—30 s. Moro (v. Bavoso). Murena (Murena helena L.) importata d’inverno dalla Dal- mazia meridionale, perd raramente. Musoduro (Lepidotrigla aspera Gut.) vedi Anzoleto. — Prezzo 10—15 s. Nono \Lebias calaritana Bon.) pesce d’acqua dolce, che però vive anche nei fossi delle saline abbandonate. Occiada (Oblada melanura Cuv.) d’autunno. — Prezzo 16 s. Ombrella (Corvina nigra Cuv.) comune tutto l’anno. — Prezzo 15 s. Orada (Chrysophrys aurata Cuv. Val.) tutto l’anno fre- quente. — Prezzo 30—60 s. Palamida (Pelamys sarda Cuv. Val.) d’estate e d’ autunno, talora in grandissima quantità. — Prezzo 30—60 s. Papagal (Crenilabrus pavo) vedi Liba. — Prezzo 10—15 s. Papalina (Clupea papalina Bp.) d'inverno, comune. — Prezzo 6—12 s. Passera (Pleuronectes italicus Gnt.) copiosissimo tutto l’anno. — Prezzo 15—35 s. u nd n ti Li. eo « de i fer 47 Pagaro (vedi Cantarella). Pataracia (Cytharus linguatula L., Arnoglossus laterna Walb.) d’ estate, non raro. — Prezzo 8—12 soldi. Peloso (Solea variegata Don., monochir Bp., lutea Rss., minuta Parn., frequente. — Prezzo 6—10 s. Peloso de grotta (Phrynorhombus unimaculatus Gnt.) comune. — Prezzo 16--20 s. Perega (Serranus seriba Cuv. e Val.) Comune. — Prezzo 30—40 s. | Perega dalmata (Ser. cabrilla Cuv. e Val.). Più comune in Dalmazia. — Prezzo 30—40 s. Pesce balla o luna (Ortagoriseus Mola L.) non raro, ma non mangiabile. Pesce gallo (Luvarus imperialis Raf.) rarissimo. — Prezzo da fior. 1 a 1.50. Pesce martel (Zygaena malleus Shaw.) molto raro. Pesce spada Sotto tal nome corrono tre pesci differentissimi : il Xyphias gladius L. molto raro, di carne saporitissima che si vende a f. 1.20—1.50, l’Alopias vulpes Bp., squalo che giunge a tre e più metri di lunghezza. Prezzo 10—15 soldi e la piccola Cepola rubescens L., comunissima tutto Vanno tra la minutaglia. — Prezzo 8—15 s. Pesce porco (Centrina Salviani Rss.) compare di tanto in tanto, non offre però carne mangiabile. Quattrocci (Raja miraletus L.) comune tutto l’anno. — Prezzo 6—10 s. Ragno (Trachinus draco L., radiatus Cuv. Val., araneus Cuv. Val.) comune. — Prezzo 10—15 s. Ragnola (Trachinus vipera Cuv. Val.) — Prezzo 10—15 s. Rasa (Raja clavata L.) principalmente d’ inverno. — Prezzo 8—12 s. Ribon (Pagellus erythrinus Cuv. Val.) comune tutto l’anno, — Prezzo 25—40 s. Rombo (Rhombus maximus Cuv.) tutto l’anno frequente. — Prezzo 60—120 s. 48 Rondinella (Exocaetus Rondeletii Cuv. Val.) accidentale. Rospo (Lophius piscatorius L. e budegassa Spin.) tutto l’anno. — Prezzo 8—30 soldi. Sacchetto (Centropristis hepatus Rss.) — Prezzo 6—10 s. Salpa (Box Salpa Cuv. Val.) d’estate e d'autunno, frequente. — Prezzo 20—30 s. Sampiero (Zeus faber Cuv. Val) quasi tutto l’anno. — Prezzo 30—40 s. Sardella (Clupea sardina Cuv.) copiosissima d’ estate — Prezzo 25—35 s. Vendesi solitamente al pezzo, ealeolandosi 8—20 per 10 soldi. Sardon (Enggaulis encrasicholus Cuv.) comunissimo d’ estate e d’autunno. — Prezzo 25—35 s. Sargo (Sargus vulgaris Geof.) frequente d’ autunno. — Prezzo 16—20 =. Scarpena (Scorpena poreus L. e scrofa L.) comune tutto l’anno. — Prezzo 20—25 s. Scarpena de sasso (Polyprion cernium Val.) piuttosto raro. — Prezzo 20—25 s. Scombro (Scomber scomber L.) comune di primavera, estate ed autunno. Il giovine dicesi Garzariol. — Prezzo 25—40 s. Sfaso (Rhombus laevis Rond) tutto l anno, comune, — Prezzo 20—30 s. Sfoglia (Solea vulgaris Quens., più rare S. Kleinii Rss. e la- searis Rss.) tutto l’anno. — Prezzo da s. 40 a fior. 1. Sforcella o Sporcella (Acipenser Naccari Bp.) di preferenza l'inverno. — Prezzo 40—60 s. Sgionfetto (Auxis rochei Gnt.) d’ estate e d’ autunno. — Prezzo 35—50 s. Sorzo (Phycis blennoides Brün, Motella tricirrata Bl.) tutto P anno, ma non comune. — Prezzo 6—10 s. Spada argentina (Trachipterus iris Cuv. Val.) d’estate raro. Sparo (Sargus annularis Geof.) comune tutto 1 anno. — Prezzo 15—20 s. È iz en 49 Sparetto (Sargus Rondeletii Cuv. Val.) come il precedente. — Prezzo 10—15 soldi. Spizzo (Charax puntazzo Cuv. Val.) d’inverno e primavera. — Prezzo 20—30 s. Squaena (Squatina angelus Dum.) comune. — Prezzo 16—20 =. Storion (Acipenser sturio L.). — Prezzo 60—100 s. Striga (varie specie di Blennius, tra cui le più frequenti il B. tentacularis Brün., gattorugine L., sanguinolentus Pall., pavo Rss., ocellaris, L. ecc.) tutto l’anno. — Prezzo 6—10 s. Suro (Trachurus trachurus L.) comune d’ estate. — Prezzo 16--20 s. | Tacca sasso (Mirbelia Desfontainii Rss. e Decandollei Can., Lepidogaster Goaani Lac.). Fra la minutaglia. Ton o Tonnina (Thynnus thynnus L. e T. thunnina Cuv. Val.) comune d’ estate e d’ autunno. — Prezzo 50—100 s. Tremolo (Torpedo marmorata Rss., narce Rss. e Nobiliana Bp.). — Prezzo 10—15 s. Tria (Mullus surmuletus L.) d’ estate e d’ autunno, comune. — Prezzo 50—70 s. Verzelata (Mugil saliens Rss.) tutto I’ anno, comune special- mente nelle stagioni fredde. — Prezzo 25—40 s. Volpe (Alopias vulpes Bp.) viene pescata accidentalmente. Volpina (Mugil cephalus Cuv.) come la Verzelata. — Prezzo 25—40 s. Dei cefalopodi viventi nell’ Adria, cinque o sei specie ven-. gono più frequentemente al mercato, cioè il Folpo todero (Octopus vulgaris Lam.), il Folpo (Eledone moschata Riss.), il Calamaro (Loligo vulgaris Lam.), il Totano (L. sagittalis Lam.), la Seppia (Sepia officinalis L.) e la Seppolina o Zottolo (Sepiola Rondeletii Leach. e S. vulgaris Grant.). Più rari vi appaiono l’Octopus Troscheli Targ., l’ Eledone Aldrovandi Phil., il Loligo Marmorae Ver., la Sepia biserialis Mont. Come curiosità viene inoltre pescato accidental- mente l Argonauta Argo L., di cui si presero alcuni. esemplari persino nel porto di Trieste, mentre meno raro compare nelle acque di Lissa. 50 Della numerosissima classe dei molluschi, sono prineipal- mente le conchifere, che offrono un maggior numero di specie commestibili. E quì in primo luogo dobbiamo notare I ostriche, di cui nel nostro mare esistono parecchie specie e varietà. (Ostrea cristata Born., plicatula Gmel., depressa Phil., Cyrnusii Payr., e la cochlear Poli nei fondi maggiori, attaccata di preferenza ai banchi di corallo.) Secondo l oggetto, cui aderiscono, si distin- guono, ostriche di sasso e di palo. Le località più rinomate per questi molluschi sono i banchi di Grado, il Golfo di Muggia, il Mar di Novigradi, i dintorni di Zara, specialmente a S. Cassiano, il Canale di Stagno, il Lago grande di Meleda, ecc. Generalmente quelle che trovansi presso la riva, non giungono alle dimensioni colossali delle ostriche, che pigliansi a 10 o 20 metri di pro- fondità, probabilmente in causa delle troppo frequenti pescagioni. In Dalmazia le ostriche sono piuttosto rare, ed in parecchi distretti, specialmente insulari, pajono diffettare affatto, proba- bilmente in causa delle grandi profondità e del mare troppo spesso agitato e sconvolto nelle vicinanze delle rive. Uno dei molluschi più comuni sui nostri mercati è la Cozza od il così detto Pedocchio di mare. (Mytilus gallo-provincialis Lam.) In quantità sterminate esso ricopre gli scogli in prossimità delle spiaggie, e gli altri oggetti di legno, che per qualche tempo si trovano immersi nel mare. Il mitilo fornisce una carne saporitissima per zuppe, oppure viene preparato a mo’ delle ostriche. La grande abbondanza di tale mollusco nel nostro ‘golfo, non ne rese ancora necessaria una coltura artificiale, come con grande vantaggio viene praticata in Francia; tuttavia sarebbe desiderabile che questa specie tanto ferace e di facile conten- tatura, venisse introdotta in alcuni distretti, ove manca del tutto, o non vi è che scarsamente rappresentata. I mitili si attaccano spesso ai pali delle ostriche, prefe- rendo I’ estremità dei rami, laddove queste si fissano per lo più alle loro parti mediane. Speciale predilezione hanno i mitili per le impalcature de’ nostri bagni galleggianti, che nonostante alle frequenti puliture, non ne possono venir liberati. Grande- mente pregiati sono quelli di Novigradi e di Carin, che formano un articolo importante per il mercato di Zara e dei paesi circo- stanti. ne SI È Nr SE ner 51 Sotto il nome generico di Capparozzoli e di Cappe giungono alla pescheria parecchie specie di Venus, di Cardium, di Pecten, di Solen, di Pectunculus, ecc. quantunque i pescatori abbiano per ognuno di questi molluschi un nome particolare. Essi vivono per la maggior parte nei bassofondi melmosi od arenosi, che durante le grandi secche restano all’ asciutto, cosicchè la stagione del massimo raccolto del così detto cappame, coincide colle grandi basse maree invernali. Le specie più comuni portate al mercato sono le seguenti: Biberazzo (Venus gallina L.), Capparozzolo (V. verrucosa L.), Capparozzolo dalla scorza grossa (Tapes decussata L.), Locca o Mare (Serobieularia piperata Gmel.), Biberon da marina (Mactra lactea L.), Biberon colorito (M. stultorum L.), Cappa tonda (Cardium edule L.), Cappalonga (Solen vagina L.), Tabacchina (S. siliqua L.), Cazzonello o Sgarzanel (Donax truneulus L). Oltre a queste specie, proprie della zona litorana superiore, ve ne sono molte altre che trovansi a profondità maggiori, e quindi devono venir pescate sia per mezzo di tanaglie o grampe, sia mediante reti speciali. Particolar menzione merita il Mussolo (Arca Noè L.), che vive in banchi più o meno estesi a 5-20 metri di pro- fondità e talora in tanta copia (come p. e. a Pirano) da formar oggetto importante di commercio. Qui sono d’ annoverarsi inoltre il Mussolo peloso (Arca barbata L.), il Pedocchio barbato (Modiola barbata L.), il Gaidero (Spondylus gaederopus L.), la Cappa santa (Pecten jacobreus L.), il Canestrello (Pecten glaber L. e varius L.), il Sorbolo di mare (Lima inflata L.), il Piè d’asino (Pectunculus glycimeris L., pilosus L. e insubricus Broc.), la Cappa (Cardium oblongum Chem. ed aculeatum L.), la Cappa tonda di mare (Car- dium tuberculatum L.), I’ Issolone (Cytherea chione L.) ecc. Nè ponno sorpassarsi le Pinne (Pinna rudis L. e muricata Poli) che vivono in grande quantità nei bassofondi arenosi, e forniscono il così detto Pel d’ Astura, adoperato in medicina e per far tessuti, e che non di rado contengono delle piccole perle irregolari. Altre si fer, ma invan dimando come, Carcere e nido in grembo al sasso e sono il Pholas dactylus L. (Dattolo di mare) ed il Lithodomus litophagus (Dattolo di pietra L.), che s’ innicchiano nel cavo delle pietre, d’ onde devono venir estratti per mezzo del martello. 52 Minore è la quantità dei gastropodi utilizzati per iscopi alimentari. Tra questi noteremo la Pantalena (Patella scutellaris Lam. ed aspera Lam., Fissurella costaria Desh.), l'Orecchio di 8. Pietro (Haliotis tuberculata L.), il Caragolo (Trochus Biasolettii Phil. ed adriaticus Phil.), la Naridola (Monodonta artieulata Lam. e turbinata Born.), Occhio di S. Lucia (Turbo rugosus L.), il Cara- golo lungo o Campanaro (Cerithium vulgatum Brug.), la Garusa (Murex brandaris L.), la Porpora (M. truneulus L.), il Buligone (Nassa reticulata L.), la Zamarugola (Chenopus Pes Pelicani L.), la Porzelata (Cassidaria echinophora L.), il gigante dei nostri molluschi, il Dolium galea L. ecc. Ingente è il numero dei molluschi adriatici,* che tanto per la loro picciolezza, quanto per la loro rarità, non trovansi che accidentalmente al mercato. Molte di queste servono ai pe- scatori per farne esca da armare gli ami, mentre quelle che emergono per venustà di forma o per gajezza di colorito vengono raccolte per farne oggetti d’ornamento, scatole, braccialetti, ecc. ecc. ** Fra i molluschi vi sono alcune specie dannose, appartenenti al genere delle Teredini. Tra queste la Teredo norvegica Sp. e la 7. navalis L., apportano danni gravissimi alle costruzioni in legno, che per qualche tempo rimangono immerse nel- l’acqua. Queste specie corrodono il legno formando dei lunghi tubi vermicolari, entro i quali poscia tengono dimora. Dopo al- LI cuni anni non è raro il caso, che un intero trave trovasi total- * L’ Adria possiede, secondo il recente catalogo dello Stossich, non meno di 567 specie di molluschi. ** Oltre a parecchie delle già accennate, si prestano a tale scopo prin- cipalmente le seguenti specie: Nassa reticulata L., Cyclope neriteus L., Mitra cornea Lam, Columbella rustica L., Murex erinaceus L, cristatus Broc, ecc. Natica millepunctata Lam., Scalaria communis Lam., Conus mediterraneus Brug., Cerithium minutum Ser., dolium Broc. ecc. Turritella communis Ris. Phasianella pulla L, Zyzyphinus L., Trochus magus L., adriaticus Phil. ecc. Truncatella truncatula Drp., Chiton siculus Gray, Dentalium dentalis L., Tellina nitida Poli, incarnata L., pulchella Lam., ecc. Dosinia exoleta L., Cardium ciliare L., C. Deshaisiù Payr, Mytilus minimus Poli., ecc. ecc. 53 mente divorato da questi animali, per cui si rende necessario un frequente cambiamento dei pali e delle impalcature, che giacciono a contatto dell’acqua. Furono le teredini che resero impossibile la coltura delle spugne, iniziata a Lesina dai signori Schmidt e Bucchich, e che anno per anno distruggono una quantità di pali da ostriche. La loro opera di distruzione viene inoltre aiutata da due piccoli crostacei, da un isopodo, la Limnoria terebrans Leach * e da un Amfipodo, la Chelura terebrans Phil. che soli- tamente trovansi associate sul medesimo legno, ove formano una serie di piccoli canaletti appressati, pei quali la massa lignea presenta delle aree più o meno distinte e circolari di un aspetto spugnoso. Di sommo vantaggio sarebbe quindi il ritrovare una sostanza atta a difendere il legname da questi dannosi animali. Al presente ad onta delle varie sostanze, con cui vengono spalmati i pali destinati ai fari d’ ormeggio, essi devono venir sostituiti da nuovi circa ogni dieci anni, quantunque il loro diametro sia di oltre 30 cent. Nè men numerosa si è la famiglia de’ crostacei, che for- nisce nelle sue specie maggiori un cibo ricercato e saporitissimo. A questa famiglia appartiene la maggior parte di quelle ster- minate legioni d’ organismi, che vagano alla superficie dell’ acque e producono di notte il magnifico fenomeno della fosforescenza del mare. Di giorno si trattengono nelle profondità, ma appena il sole scompare dall’ orizzonte, vengono a galla e tramutano l’intero mare in uno specchio scintillante d’argento. Queste specie microscopiche di crostacei hanno un alta importanza nell’ economia del creato, dappoichè offrono i mezzi di sussistenza ad una grande quantità di altri animali marini. Alcune specie sono all’ incontro in sommo grado dannose, distruggendo le uova de’ pesci, oppure vivendo parassiticamente su questi, apportando loro naturalmente disturbi più o meno gravi. Gli antichi favoleggiarono molto intorno alle mutue rela- zioni del Pinnotere (Pinnotheres veterum L.) col mollusco che * Secondo Heller (Zool. bot. Gesell. 1866 p. 734) la specie adriatica sarebbe una specie particolare, detta da lui L. uncinata. 54 l’ospitava, mentre al di d’oggi si conoscono molti casi analoghi, e tutti sanno che il piccolo crostaceo vive nel guscio della con- chiglia, unicamente per trovare una difesa al suo gracile corpo, presso a poco come i Paguri usano fare coi gusci vuoti, e per nutrirsi dei piccoli organismi, ch’ entrano coll’ acqua nelle valve. In molti altri animali trovansi crostacei, che menano una vita semiparassitica. Così p. e. nel corpo delle Ascidie se ne rinven- gono quasi costantamente uno o due, mentre all’ ingiro dell’ aper- tura boccale se ne sta attaccata colle estremità posteriori una quantità di Caprelle, formanti una specie di mobile serto. Altre specie riescono di svantaggio in quanto che fissano la loro dimora alle pareti dei bastimenti, inceppandoli nel loro movimento. In questo riguardo sono da notarsi alcune ispecie appartenenti alle famiglie delle Lepatide e dei Balan (Lepas laevis Lam., L. striata Lam., Balanus spinosus Brug., Coronula patula Lam., ©. testudinaria Lam. ecc.) che s’ attaccano alla chiglia dei bastimenti in tanta copia, da ritardarne non di rado il corso di parecchie miglia, e che perciò ogni tre o quattro mesi devono venir puliti da tali ospiti molesti. Varie sostanze furono consigliate per ispalmare la parte immersa de’ natanti, affine d’impedire la produzione di tali organismi, ma finora tanto questi crostacei, quanto i briozoi e le alghe, non pajono troppo disposti a lasciarsi togliere I’ opportunità d’ intraprendere gratui- tamente dei viaggi lontani. Del pari la Ligia Brandti Ratke o Salizzone delle rive, che vive nelle acque salmastre in prossimità delle rive, riesce di svantaggio, corrodendo le reti, che vi vengono immerse. Le specie commestibili che più di frequente giungono al nostro mercato sono le seguenti: | La Canocchia (Squilla mantis Rond.) che vive nei fondi fangosi a 10-25 m., d’ onde viene pescata in grande quantita dal Settembre all’ Aprile, per mezzo delle reti raschianti e spe- cialmente delle Cocchie. L’Astice (Homarus vulgaris M. E.) che si trova ad una profondità di 10 e 30 m. alle coste rocciose dell’ Istria e della Dalmazia, d’onde si pesca per mezzo delle nasse oppure colle reti trimagliate. 55 L’ Agosta od Aragosta, detta in Dalmazia Astice (Palinurus vulgaris Latr.), mancante alla parte settentrionale dell’Adriatico, mentre copiosissima ritrovasi in Dalmazia, specialmente intorno alle isole di Lesina, Lissa, Meleda e Lagosta, ove vive tra le roccie a 10-30 metri di profondità. Viene pescata come I’ Astice, però la sua carne è più pregiata, pagandosi due o tre volte di più. Lo Scampo (Nephrops norvegicus L.). Questa specie trovasi ristretta unicamente al Quarnero ad una profondità di 50-80 metri, ove lo sbocco di acque fredde rende possibile la sua esistenza. Si pesca quasi tutto l’anno e specialmente dal Settem- bre al Marzo, per mezzo delle reti a strascico. La sua carne saporitissima lo rende molto ricercato, pagandosi 80-100 soldi al chilogramma. Il Granchio o Granzo (Maia Squinado Rond.) di cui la femina vien detta Granzeola, abitante a legioni il fondo del mare (5-20 m.) lungo le rive dell’ Istria e della Dalmazia settentrionale, viene pescato nei mesi di Aprile e Maggio in enormi quantità per mezzo delle reti trimagliate, delle squaenere, delle fiocine, delle grampe, ecc. Essendo in tale stagione pieno d’ uova con ogni esemplare se ne distruggono da cinque a seicentomila! a Venduto a prezzo bassissimo, (in Istria spesso a 2 o 3 soldi al pezzo) si adopera talora sfracellato quale esca per le sardelle. La Masinetta (Carcinus maenas Pen.) vive in grandissima quantità tra le rupi della costa, sulle quali gode talora aggirarsi all’ asciutto e specialmente in masse sterminate nelle lagune, ove si appella semplicemente granchio, e viene pigliata con reti o colla mano, ed esportata durante i mesi d’estate in sacchi da 40 chilogrammi, per servire da esca nella pesca delle sardelle. La femina a guscio ancor molle, detta Molecca, porge un cibo saporitissimo. Il Granziporo (Eriphia spinifrons Herbst.) vive tra gli scogli in prossimità delle coste, ove si piglia colle nasse, colle fiocine od anche cogli ami. Giunge al mercato nei mesi invernali. Il Gamberetto (Palaemon rectirostris Zad. e squilla L.). Si piglia in quantità in vicinanza delle rive, ove si trattiene tra le alghe, per mezzo delle voleghe, delle guatte o delle trattoline, 56 ‘al pari delle specie seguenti, che per lo più si vendono frammiste, sotto il medesimo nome: Sicyonia sculpta M. E., Crangon vulgaris Fabr. (Schila), Nika edulis Riss. (Saletto), Gebia litoralis Riss. (Scardobola), Calianassa subterranea Mont. (Scardobola falsa), ecc. Qua e là portansi al mercato anche altre specie di crostacei in quantità minori; così lo Scillarus latus Latr. (Cicala di mare), Se. aretos, Rom. — ambidue solamente in Dalmazia, — Numida rugosa Fabr., Galathea strigosa L., Dromia vulgaris M. E., (Fac- chino), Calappa granulata Fabr., Maja verrucosa M. E. (Pea), Cancer pagurus L. (Granziporon), Xantho rivulosus Riss. (Forfe- tula), Portunus depurator L. (Gambero dall’ala), P. corrugatus Pen. ed arquatus Leach., Pachygrapsus marmoratus Stimps. (Granzo piatto), Penaeus Caramota Riss. che dà una carne prelibata, che in Dalmazia si paga fin oltre un fior. al chilo, ece. ece. La numerosa classe dei Vermi non ha che un valore secondario per la pesca, non servendo che di cibo agli altri organismi, oppure riescendo di danno, in quanto che si attaccano alle varie parti del loro corpo, ove traggono la vita parassiti- camente. Vivono alcuni liberi sotto alle pietre, nelle fessure delle roccie, tra l’alghe; altri s' immergono nel fango o 8’ innicchiano nelle spugne, nel legno fracido, ece. altri si costruiscono lunghi tubi membranacei o calcari. Alcune poche specie vengono ricercate dai pescatori per farne esca per gli ami. Ben poco vantaggio si ritrae anche dalla famiglia degli echinodermi, la quale anzi accoglie animali dannosi alla pesca. Generalmente non vengono mangiati, quantunque in antico sem- bra sieno stati in non piccolo pregio, come ce ne fa fede Marziale (Epigr. L. XIII. 87.) Co’ spini acuti il riccio Benchè punga le dita, Se della buccia spogliasis Vivanda fia squisita, e come si può giudicare dai manicaretti del buon Apicio, che conosceva non meno di cinque modi di prepararli e di salarli pur anco. (De Obson. et Condim. L. IX. 8.) 57 Presentemente si raccolgono d’inverno in grazia delle loro - ovaja, che vengono mangiate crude, dopo averne rotto il guseio. Per altro il consumo & assai limitato, ed ascende a Trieste ed in Istria äd appena qualche migliajo di pezzi. In grande quantità vengono pescati colle reti a strascico il Toxopneustes brevispinosus Riss.,il Psammechinus microtuberculatus Blain., lo Schizaster canaliferus Lam., V'Echinus melo Lam. ed il Brissus carinatus Ag. Piü rara e solamente in grandi profondità vive la Leyocidaris hystrix Des., mentre il Toxopneustes lividus Lam. trovasi a milioni lungo le rive, specialmente della Dalmazia, ove in molti luoghi rende affatto impossibile l’entrar nell’ acqua a piedi nudi. Qualche volta, sfracellato, si adopera per esca. Oltre ai ricci comprende questa classe anche le stelle ma- rine e Voloturie, delle quali l’Adria ricetta un buon numero di specie, che però non sono di alcuna utilità. Tra l’interessantissima classe dei celenterati, tanto impor- tante nell’ economia del creato (formazioni madreperiche), il nostro mare possede una specie altamente pregiata, il Corallo nobile (Corallium rerbrum Lam.), che vive alla profon- dità di 30 a 200 e più metri specialmente nella parte australe dell’ Adria. Gli Alcionii palmati, le flessuose Gorgonie e Muricee, I’ Attinie ed i Cerianti dalle cento braccia, le Cladocore, le Den- drophyllie e gli altri generi appartenenti a questa famiglia, per quanto vaghi e graziosi, per quanto ornati di smaglianti colori, non offrono alcun vantaggio all’ uomo. La sola Anemonia suleata Lam. (detta Madrona) che vive in grande quantità lungo le nostre rive fin alle profondità di circa un metro, viene qua e là mangiata. Più modesta nelle sue forme svariate ci si presenta la nu- merosa famiglia delle Spugne, ma non meno interessante dei coralli, perocchè dalle infiltrazioni purpuree o verdi delle Vioe,* alle masse cerebriformi delle Geodie, ai caliei delle Reniere, alle ramose Raspaile, alle vitree Euplectelle ed Jaloneme, che si di- * Queste spugne sono da annoverarsi tra le dannose, vivendo parassitti- che sulle ostriche e su altri molluschi, di cui ne perforano i gusci. 58 rebbero eseite dagli opifiei di Murano, quale infinità di aspetti e di colori! Tuttavia tra questa vaghissima serie d’ organismi un unica speeie, la Spongia offieinalis Auct., di cui distinguonsi parecchie varietà, trovò una pratica applicazione. Le spugne, al pari degli antozoi, rimasero fin nei tempi recentissimi un punto interrogativo nel sistema naturale, essendo riguardate ora quali prodotti vagetali, ora quali animali. È ben vero che già Eliano sospettò la loro natura, dicendole un animale simile ad un cro- staceo, però passarono molti secoli, prima che fosse rimosso ogni dubbio sulla loro vera essenza. La Spugna officinale, di cui il Prof. Schmidt distinse una col nome di Spongia adriatica vivente nel nostro mare, trovasi diffusa dalla Punta Grossa presso Muggia fin all’ estremità del- l'Albania, mancando però lungo le coste occidentali dell’ Adria. In maggior copia ed in parecchie varietà, rinviensi nell’ Egeo, alle coste della Siria e specialmente di Tripoli e della Tunisia. Anche dal Mar Rosso, dall’ Isole della Sonda e dalle Bahama provengono spugne adoperabili. A differenza del corallo, cresce la spugna nel nostro mare già a due o tre metri sotto il livello del mare, non mancando però nelle profondità maggiori, a 100—150 e più metri, ove non di rado trovasi associata alle produzioni coralligene. * Oltre alla S. adriatica nota il prof. Schmidt ancora la S. quarneren- sis, la S. zimocca, la S. equina, la S. mollissima. (Die Spongien d. Adria- Meeres (1862) p. 20. et Suppl. I (1864) p. 24). nia dei Ln E SR mm CAPITOLO V. Mezzi di Pasca, BARCHE La pesca che si esercita immediatamente dalla terra od a breve distanza dalla costa, ove i pescatori scendono più o meno profondamente nell’ acqua, non dà che un limitatissimo prodotto, non potendosi adoperare per tale scopo che piccoli istrumenti, quali gli ami, le fiocine, le grampe, le nasse, i ser- ragli, le reticelle, le trattoline, i rizzai, ecc. Per pescare a maggiore distanza dalla riva, ove le acque sono più profonde, usansi varie specie di barche, le quali secondo la forma e la portata, si designano con nomi diversi. La loro costruzione ha luogo nei cantieri di Trieste, di Grado, di Mug- gia, di Kovigno, di Traù, di Curzola, ecc. ecc. variando il loro prezzo da 15 fino ad 800 e più fiorini. Per la pesca coll’ amo, colla fiocina, o colle reti di minori dimensioni, nei porti e ne’ seni tranquilli, si adoperano dei piccoli natanti, detti Sandali, Battelli, Barchine, Guzzi, ecc. Hanno i primi il fondo piatto ed una portata di mezza ad una tonellata ed usansi quasi esclusivamente nelle lagune. Il loro prezzo è di 15 a 20 fior. Gli altri, che spesso vengono gene- ricamente designati col semplice nome di barche, sono carenati e costruiti a corbe e madieri, d’ aspetto piuttosto . goffo, misu- rando uno e mezzo a due metri in larghezza per 5 a 8 di lunghezza, colla prua aguzza e la poppa arrotondata. La loro 60 portata varia da 1 a 3 tonellate, e si conducono a remi o si armano di albero mobile con vela latina. Costano 75 a 150 fior. Una varietà di queste barche è rappresentata dal Topo, usato specialmente dai pescatori di Barcola, di Muggia e di Zaule nella pesca col grippo. Esso misura 6 ad 8 metri ed ha una capacità di 1 a 2 tonellate. In istato nuovo vale 100 a 150 fiorini. Vi sono inoltre barche di ancor minori dimensioni dette Batteline o Passere, usate dai pescatori di Trieste, lunghe appena 4 a 5 metri, del valore di 20 a 80 fior. D’ aspetto alquanto diverso è lo Zoppolo, in uso presso al- cune località della costa (Monfalcone, S. Croce, Contovello, Segna, ecc.) che è una barca formata da un semplice tronco d’albero scavato, con prora e poppa terminate in punta, a cui si rialzano i fianchi per mezzo di tavole. Ricorda non poco le piroghe ceilanesi, essendo anch'esso strettissimo (1 metro largo, 4 metri lungo) e dovendo venir bilanciato per mezzo di un travicello posto di traverso (spuntiere), sul quale trovansi le foreole per i remi. — Valore 50—60 fior. Per le pesche che richieggono reti più grandi, sono neces- sari dei natanti di maggiore portata, ed a tal uopo si adoperano le Gaete, i Leuti, i Bragozzi, le Tartane e le Brazzere. La Gaeta è una barca parzialmente coperta, provveduta di tre o quattro tramezzi, sui quali siedono i pescatori, che hanno l’ incarico di vogare. Essa è fornita di un solo albero situato ad un terzo della lunghezza totale del naviglio dall’asta di prora, con vela latina ed antenna senza bastone, e con vela di flocco. Tanto la prora che la poppa sono stellate e munite amendue di aste con carenozzi in legno. La sua lunghezza è di 3-6 metri, la capacità di 2-4 tonellate e viene equipaggiata da 3-5 uomini. Valore 70-200 fior. A questa specie appartengono anche le bar- che luminiere (Sviciarize) usate in Dalmazia nella pesca delle sardelle e degli sgombri. Esse sono di forme un po’ più svelte delle solite Gaete e portano alla prora una graticola di ferro, sulla quale si accende il fuoco per adescare il pesce. Il Leuto è una barca in forma di Gaeta, con una specie di rostro (becco) sporgente dalla prora per una lunghezza di circa i pei citi nt mE ADI 61 75 cent. ed & quasi totalmente coperta e fornita di parecchie boccaporte. La sua lunghezza & di 6-8 metri, ed ha una portata di 4 a 5 tonellate. Pel suo equipaggiamento occorrono 5 a 10 individui, essendo mossa da 4 o più remi. Con tempo favorevole naviga al pari della Gaeta con vela e con flocco. Lo spazio riparato dalla coperta serve di ripostiglio per gli attrezzi da pesca e per le vele, come pure di luogo di riposo della ciurma. In istato nuovo il prezzo di un Leuto è di 200 a 350 fiorini. In alcuni luoghi della Dalmazia si designa col nome di Leuto una Gaeta, che abbia la coperta un po’ più lunga del solito. LI Il Bragozzo è un natante di dimensioni maggiori, lungo 10 a 12 metri e largo 3 a 4, totalmente coperto e della capacità di 6 ad 8 tonellate, che viene equipaggiato da 5 marinai. Distin- guesi dalle altre barche pescareccie per la poppa quasi rotonda e la prora schiacciata in dentro, con un carenozzo d’ acciaio all’ estremità superiore dell asta. È munito di due alberi siste- mizzati ad un quarto e ad un terzo della totale lunghezza, di cui quello di poppa fermato con sartiole doppie. La sua velatura è quadra e la vela di maistra ha quasi il doppio di tela di quella di trinchetto. Con venti forti viene adoperata soltanto quella di maistra, debitamente terzeruolata a due o tre mani. Uno smisurato timone, che pesca quasi due metri, rende il Bragozzo assai sensibile ad ogni sorta di evoluzioni. Questa specie di barca viene adoperata spiecialmente dai pescatori di Chioggia nella pesca colla cocchia. — Il suo valore è di 400— 1000 fiorini. La Tartana rassomiglia ad un Bragozzo più grande, misu- rando fin 16 metri di lunghezza e corrispondente larghezza, usato raramente nella pesca colla rete detta del pari Tartana, la quale, a differenza della Cocchia, non richiede che un unica barca, venendo assicurata da poppa e da prora per mezzo di un lungo travicello posto di traverso, detto Spuntiero. Presente- mente però a tale scopo si adopera per lo più una barca più piccola, detta Portellata. La Brazzera è una barca con colomba senza coperta, for- nita semplicemente d’ un piccolo scafo da prora e da poppa, con albero levabile e vela latina. La sua lunghezza è di 10 a 11 62 metri, con una capacità di 2 a 3 tonellate. Viene usata princi- palmente lungo la costa istriana e vale in istato nuovo 240— 400 fiorini. RETI ED ALTRI ATIREZZI La maggior parte delle reti e degli altri attrezzi da pesca viene fabbricata dagli stessi pescatori o piuttosto dalle loro famiglie, le quali non di rado filano anche il lino od il canape occorrente. I luoghi principali ove si fanno le reti sono Grado, Isola, Rovigno, Lovrana e Spalato. Siccome il lavoro delle reti è assai lungo e non rende che pochi soldi al giorno, molte ne vengono importate dal vicino regno, e specialmente dall’ Apulia, da Venezia, Chioggia, Ancona ece. Da alcun tempo si cominciò a dar la preferenza per tali lavori al filo inglese, sebbene costi più caro, offrendo questo un prodotto di maggiore durata. Usano i pescatori tingere le reti con una decozione di cor- teccia di pino, affine di renderle più durature. A tale scopo si prestano tutte le sostanze contenenti molto acido tannico, sosti- tuendosi in molti distretti alla corteccia di pino, il sommaco (Rhus Cotinus L), le frutta immature del sorbo (a Cherso), le foglie del lentisco (Pistacia Lentiscus L), ece. Le reti tinte hanno inoltre il vantaggio di non ispaventare tanto il pesce. Secondochè le reti vengono spesso usate, si ripete la tintura più volte al- l’ anno. La durata delle reti dipende naturalmente della frequenza con cui vengono adoperate, e dal materiale onde sono tessute. Quelle formate di spago grosso, che non di rado vengono anche spalmate di catrame, possono durare otto o più anni; quelle che sono fatte di filo sottile non servono che per uno a tre anni, specialmente se adoperate di spesso. Numerosissime sono le reti in uso lungo i nostri lito- rali, ed i loro nomi differiscono spesso da luogo in luogo, quantunque tal fiata ci sia essenzialmente poca diversità nella loro forma e grandezza. Le reti possono dividersi in due grandi > Pe Sana ee 63 gruppi principali: in quelle da posta ed in quelle da strascico, cui si deve aggiungere un terzo gruppo contenente le così dette reti da gettata e da saccoleva. Non poche però partecipano della natura tanto delle une che delle altre, per il che non facile riesce la loro precisa classificazione. 1. Reti da posta. Reti da posta, che diconsi anche da imbrocco o da incetto, sono quelle, che calate in mare, vi rimangono ferme, e il pesce urtandovi, resta preso tra le maglie. Queste reti sono di due specie, semplici o trimagliate, o come anche vengono dette, nude e vestite. Mentre le prime sono destinate per la pesca di una unica specie o tutt'al più di pesci che presentano presso a poco le medesime dimensioni, possono servire quest’ ultime per vari pesci, purchè la loro mole non sia siffattamente grande, da non permettere il passaggio attraverso le maglie esterne. a. Reti semplici. Quale tipo di queste reti può esser riguardata la Sardel- lara o Sardellera (detta Voiga in Dalmazia), corrispondente alla Manaida o Signorella dei pescatori italiani, che è una rete com- posta di vari pezzi, per lo più 8 a 16, detti spedoni o budelli, ciascuno dei quali misura una lunghezza di 20 e 30 ed un altezza di 5 ed 8 metri. Secondo il numero e la lunghezza degli spedoni, variano naturalmente anche le dimensioni delle rete dai 60 ai 600 e più metri, e quindi anche il valore rispettivo, che da 50 può giungere a 600 e più fiorini, calcolandosi a circa fior. 30 lo spedone. Quattro di questi spedoni legati insieme formano un giogo. Le maglie misurano nella diagonale 1!/ e 2 cent. Il margine inferiore d’ ogni spedone è munito di pezzi di piombo, che servono a calarlo in fondo, mentre il superiore porta una serie di dischi di sughero, che lo tengono sospeso verticalmente. Questa rete serve principalmente per la pesca delle sardelle, quantunque talora vi si piglino anche sardoni od altri piccoli pesci. 64 Differisce la cosi detta rete da posta delle solite sardellare, per le maggiori dimensioni, e per il modo di usarla durante la pesca, che consiste nel fissarla stabilmente in una data posizione, laddove le sardellare, armate di pochi pesi, sono mobili e pren- dono generalmente la direzione della corrente, per il che non a torto diconsi anche reti a vela. Quali varietà di queste rete sarebbero da considerarsi le seguenti, che si distinguono per dimensioni differenti e per la larghezza delle maglie : La Sardonera è una rete di filo un po’ più grosso, e maglie più strette, la cui diagonale misura circa un centimetro. La sua lunghezza è di 40-60 m. per 5 d’ altezza, e serve, come lo indica il nome, per pescare sardoni. Valore 35 a 60 fior. L’ Anguellera o rete d’ Angudella a maglie strettissime di appena 8%, usata nella pesca delle anguelle, consta di 8 a 10 pezzi, di cui ciascuno è lungo circa 30 m. ed alto 3, del valore di 20 fior. Simile a questa è il Zerer, usato a Rovigno, © lungo 25, alto 2 m. tessuto di filo sottilissimo, a maglie da 1 cent. L’ Agonera o Gavonera, usata per pigliare gli agoni o girali, a maglie un po’ piü-larghe (1 cent.), lunga 40 ed alta 3 met. Valore fior. 25. Il Senello è una rete di filo sottile, lunga da 20 a 30 metri ed alta 1 ad 15 con maglie da 38™™. Adoperato per pigliare menole o giovani cefali, viene a costare circa 15 fior. La Bobbera (in illir. Bucvara) è del pari una rete da fondo, della lunghezza di 20 a 100 m. e dell’ altezza di 6 a 7, le cui maglie misurano nella diagonale 35™™, adoperata per la pesca delle bobbe, dei suri, dei lanzardi, degli sgombri, dei cefali, ecc. Prezzo 20-80 fior. In parecchi distretti viene usata questa rete nella pesca da ludro, in altri adoperansi a tale scopo reti trimagliate o le sciabacche. Non dissimile da questa è la Scombrera, lunga solitamente 50 m. ed alta 5, usata per pigliare gli sgombri. Prezzo 30 fior. La Prostizza è rete usata in Dalmazia per la pesca dei barboni, delle trie, delle menole e d’ altri pesci, della lunghezza di . e inn «= nnt RE 65 100 m. e dell’ altezza di 4, con maglie d’ una diagonale di 26m Valore 50 fior. Una rete particolare & la Poclopniza usata a Lesina, che so- miglia in tutto-ad una Prostizza, cui sieno stati sostituiti i sugheri con altrettanti piombi. Essa viene tenuta distesa per mezzo di una serie di traverse di legno. Quantunque tessuta di filo sottile, ra fornita di piombi molto pesanti, e si adopera nella pesca delle menole, applicandola immediatamente sullo spazio occupato dalle covate. 4 Lo Sperone da Lotregani o Cievolera & una rete della lun- ghezza di 25 e dell’ altezza di 8 m. con maglie da 4 em., formata di filo sottile, che pescando viene per lo più disposta a spirale. Valore fior. 30. — Simile a questa è lo Sperone da Verzelate, di filo un po’ più grosso con un occhio da 5 em. a La Squaenera è una piccola rete da fondo, di filo grosso, a maglie larghe di circa 20 cm., lunga 12 a 20 metri ed alta 1 a 15 m., adoperata nella pesca delle squaene, delle raje, degli astici, dei granchi, ecc. Valore 2 a 10 fior. La Cagnera è rete usata in alto mare per pescare piccoli pesci cani, asiali, ece, lunga 40 metri ed alta 2, a maglie molto larghe, formata di filo grosso e consistente. Invece di piombi va armata di pietre attaccate al margine inferiore per mezzo di cordicelle. Valore 25 fior. b. Reti trimagliate o trimacchiate. Sono queste composte di una rete mediana a maglie più piccole, detta nappa sottile, e di due altre esterne a maglie molto larghe, dette cerdere, formate di grosso filo e di spago. La rete mediana è circa d’una metà maggiore delle due esterne, cosicchè urtandovi un pesce di dimensioni più grandi la spinge all'infuori a mo’ di sacco tra le maglie di una delle reti esterne, onde non a torto tali reti diconsi anche d’insacco a differenza di quelle da imbrocco. Siccome I’ occhio delle reti esterne è molto ampio, misurando la diagonale non di rado fino a 34 em., mentre quello della interna 5 66 non arriva che a 2 o 3, possono prendersi con queste reti pesci di differenti dimensioni dai più piccoli, che arrivano appena ad alcuni centimetri, fino ai più grossi, purchè lo permetta» la resi- stenza del filo onde sono costruite. Al pari della precedente vanno provvedute al margine superiore di sugheri, e di piombi all’ inferiore. Si calano solitamente al fondo del mare, ove ven- gono lasciate per alcune ore, oppure durante tutta la notte. Di reti trimagliate vi sono parecchie varietà. Le più comu- nemente usate sono le Bombine o Gombine (dette in illirico Po- ponize), lunghe 20 metri ed alte 1.20—2. Le maglie delle reti esterne misurano 30 cm. quelle dell’ interna solamente 4. Ser- vono per pigliare cefali, spari, spizzi, occhiate, dentali, barboni ece. Valore fiorini 4—10. Simile a questa è la Tarabara dell i- sole del Quarnero. Il Cerberao o rete !ramezzata somiglia del tutto alle bombine, dalle quali si distingue per la maggior lunghezza (24—26 m.) ed altezza (6—8 m. nella rete mediana, 4—6 m. nelle cerbere). Le maglie hanno un diametro di 31, rispettivamente di 5 centi- metri. Siccome viene gettata a poca profondità, i sugheri gal- leggiano, mentre i piombi si appoggiano al fondo. Di notte suole gettarsi alle poste, di giorno invece si adopera per circondare il pesce. Questo viene cacciato contro la rete per mezzo di spaventi, ossia battendo l’acqua coi remi o collo stumigio (detto anche pistone o stambul), oppure facendo getto di pietre. Serve principalmente per cefali, branzini, volpine, ecc. Valore 15 fior. La Passelera si distingue dalle due precedenti per avere le maglie della rete mediana più larghe, che misurano da 6 a 8 em., laddove le cerbere le hanno di eguali dimensioni (30 em.). Essa è del pari più corta e più bassa, non giungendo che ad una lunghezza di 8 a 11 metri e ad una altezza di 70 a 90 em. Suol gettarsi al fondo del mare e levarsi la mattina seguente di buon’ ora. In relazione alla larghezza delle maglie, serve di preferenza per pesci larghi, come sfoglie, passere, tremoli, sear- pene, raje, ecc. Valore 2 a 3 fiorini. Di questa rete si hanno a Grado due varietà: la Passarella da palude, e quella da fondo (chiamata a Rovigno da pelago) distinguendosi la prima per la corda fatta da giunchi, pel filo delle maglie più sottile e per i 4 ò 3 67 LI piombi meno pesanti. Simile a questa è pure la Passelera d’ a- spreo. La Rete per guatti da sasso è una piccola rete, lunga 10 ed alta 1 m., le cui cerbere possedono maglie di 22 cent., mentre quelle della rete mediana misurano circa 25 mm. Valore 8—10 fiorini. La Barbonera (Tarantella sulle isole del Quarnero) è una rete lunga 25—35 m. ed alta 2, le cui maglie misurano nelle cerbere 26 cent., nella mediana 25 mm., — usata nella pesca dei barboni. Valore 20 fior. Il Salterello è un’ attrezzo composto da una rete trimagliata, stesa orizzontalmente sul mare (il salto), e da una semplice, for- mata da vari (16—18) pezzi, la quale viene calata perpendico- larmente ed assicurata ad una serie di pali, piantati in fondo del mare. La lunghezza della rete semplice è di 200—300 m., l’altezza di 8, quella del salto di 60 m. con una larghezza di 2 m. Le maglie hanno un occhio di 35 mm., nelle cerbere di 26 cent. Questa rete viene usata solitamente in poca distanza dalla riva, disponendola in forma di spirale, per modo che la rete semplice decorre dapprima in linea retta, ripiegandosi verso l'estremità esterna a cerchio, intorno al quale viene steso il salto. Adoperasi per la pesca dei cefali, i quali trovando un ostacolo nella rete, giungono nella spirale, ove vedendosi preclusa la via tentano saltare oltre la rete calata a perpendicolo, e così ap- pannano in quella stesa orizzontalmente. Il prezzo di questa rete è di 200—500 fior. Occupano un posto intermedio tra le reti da posta e quelle da trazione le Tonnare e le Palandare, inquantochè vengono dapprima distese come quelle, ma una volta entrato il pesce, si tirano al lido al pari delle tratte. Vengono perciò appellate Reti da chiusa. Sono reti robuste, formate da grosso spago o piuttosto da corda, di dimensioni colossali, che servono per prendere il tonno e le palamide, e nelle quali non di rado s’im- pigliano anche pesci cani da 4—5 metri di lunghezza. Vi ap- partengono : La Tonnara, che ha una lunghezza di 300 e più metri ed un’altezza di 20—25, a maglie molto larghe (20 cent.), 68 guarnita di sugheri, ma priva di piombi. Valore 500 e piü fiorini. La Palandara, più piccola della precedente, non giungendo che a circa 100 m. di lunghezza ed a 20 di altezza, formata di grosso spago, con maglie di 11 cent. Valore 150 fior. 2. Reti a strascico. Sotto questo nome comprendiamo tanto le reti mobili, colle quali si circonda il pesce, tirandolo poscia verso la riva, (fratte) quanto quelle che trascinate sopra il fondo pigliano su quanto incontrano per via, onde appellansi anche reti raschianti. Dal pit al meno tutte queste reti sono dannose, inquantochè passando sopra il fondo, traggono seco quanto trovasi nell’ area da esse percorse. Il danno però è molto differente secondochè durante la trazione giungano appena a lambire il fondo, oppure come avviene colle pesanti reti a strascico, lo sconvolgano e lo rime- scolino per ampio tratto, distruggendo le dimore dei giovani pesci e le località, nelle quali trovansi depositate le uova. A buon diritto potrebbero quindi dividersi in due gruppi speciali, nelle semplici tratte e nelle reti raschianti, se tra le une e le altre non ci fossero numerose specie, che partecipano delle pro- prietà d’ambidue. Siccome le prime non possono venir tirate che nei luoghi ove la spiaggia si presenta piana, senza scogli ed accidentalità, ove i pesci solitamente non usano deporre le uova, trovandosi troppo esposti alle perturbazioni del mare, il danno riesce di non grande momento, massime se si riguardi l’ utile, relativamente abbastanza considerevole, che se ne ritrae. L’uso della tratta consiste nel gettare la rete intorno agli seiami del pesce, circondandoli d’ ogni lato, e quindi tirarli verso terra, ove si estraggono colle mani, colle voleghe, oppure per mezzo delle fiocine. La maggior parte di tali reti, special- mente in Dalmazia, possede nel mezzo una specie di sacco, nel quale si raccoglie il pesce. Secondo le differenti dimensioni delle reti e la larghezza delle maglie, si distinguono parecchie varietà di tratte. 69 La più comune è la Tratta grande d’ estate, detta anche Tratta da sardelle, quantunque serva anche per la pesca degli sgombri e dei lanzardi. La sua lunghezza è di 120 a 200 e più metri, |’ altezza di 20—40; le maglie misurano 2 cent. Il suo valore ascende a 600—800 e più fiorini. Tratta da sardoni, usata qualche volta anche nella pesca delle sardelle lungo la costa istriana, ha una lunghezza di 150 a 309 m. e l'altezza di 20 a 25 (maglie con occhio di 15 mm.), e costa 500—-1000 fior. La Tratta da cievoli, formata di filo più forte, ed a maglie più larghe (4 cent.), della lunghezza di 500 a 1000 m. e dell’al- tezza di circa 20. Valore 1000—8000 f. La Tratta da orate, differisce dalla precedente per avere le maglie un po’ più strette (2 cent.). La sua lunghezza è di 300, l'altezza di 12—16 m. Tratta da ton, detta in Dalmazia Seiabaccone, formata di filo grosso con un ampio sacco centrale, della lunghezza di 400 m. e dell'altezza di 50. Valore 800 f. La Palandara da tiro, usata egualmente nella pesca del tonno e delle palamide, più piccola della precedente, non misu- rando che circa 80—100 m. di lunghezza e 30—40 d’ altezza. Valore 100—120 f. La Tratta da menole, o Tratta piccola d’ inverno, detta nei distretti illiriei, Ghiraviza (da ghira, menola), della lunghezza di 100—130 m., dell’ altezza di 8—10 m., prolungata nel mezzo in un grande sacco. Le maglie della rete sono di due specie: al margine più larghe, misurando 3 cent., nel resto di 15 mm. È formata di filo grosso, ed armata al margine superiore di sugheri appressati. All’ estremità va fornita di due traverse, alle quali viene assicurata |’ alzana. Valore 100 —150 fior. La Tratta da fondo o Sciabacca, detta in Dalmazia Miga- viza, della lunghezza di 120—200 m. dell’ altezza nel mezzo di 30—35 m., con maglie del diametro di appena 2 cent.,* le quali tirando, si restringono ancor maggiormente, — d’onde il nome * Le maglie all’ estremità delle ali hanno un occhio di 11 cent., che nel tratto mediano si restringe a 45 mm.; e nel sacco non misura che 2 cent. 70 illirico di Migaviza (da migati, ammicare cogli occhi). — Va for- nita al pari della precedente di un sacco centrale. Valore 300 fior. — Differisce la tratta da fondo in uso lungo il litorale istriano, per esser molto più piccola (lunga 50 m. alta 8), e per andar priva di sacco. Tanto questa che la sciabacca servono per ogni qualità di pesce. a La Tratta per novellame & una rete lunga 4 m., alta 65 cent., a maglie strettissime, le quali nel tratto centrale misurano appena 5 mm. ed ai margini 1 cent. All’ estremita stanno attac- cate due traverse di legno, cui si lega l’alzana. Rete estrema- mente dannosa, inquantochè nessun pesciolino, per quanto esiguo, può evadere, stante la strettezza delle maglie, aumentata ancora dalla grossezza del filo usato. Valore 5—8 fior. La Tratta W@W angusigolo (Agugliara, in illirico Jagliciara) ha una lunghezza di circa 100 m. ed un altezza, nel mezzo, di 24 m., restringendosi verso I’ estremità fino a 2 m. Diametro delle maglie 2 cent. Valore 300 fior. Questa rete non viene tirata alla riva, ma si usa nella pesca così detta a volo. Essendo fornita di molti sugheri e di pochi piombi, se ne sta galleggiante, e quindi può venir adoperata tanto in prossimità della costa che in alto mare. All’ apparire degli sciami d’aguglie, si cala in mare per modo, che una dell’ estremità della rete resti assicurata per mezzo di una corda ad una barca, mentre I altro capo viene preso da una seconda barca, la quale allontanandosi, distende la rete circondando il pesce. La Cocchia è una rete per eccellenza raschiante, al pari delle seguenti, formata da due grandi ali, le quali si inseriscono ad un lungo sacco centrale, che verso la sua estremità viene tenuto disteso per mezzo di cerchi di legno. Presso l’ apertura del sacco (detto anche corpo della cocchia), comincia ad essere rivestita da altre due reti, delle quali l’ esterna non trovasi che alla parte superiore, mentre l’interna circonda tutto all’intorno il sacco. Le maglie dell’ esterna sono più larghe misurando, al pari di quelle delle ali, 8 cent., laddove il rivestimento interno di filo più grosso, non ne misura che 34 mm. Le più strette sono le maglie del sacco, non giungendo che a 2 cent. Infe- riormente il sacco va fornito di tratto in tratto di pezzi di 71 corda assicurati trasversalmente. L’ interno è formato al disotto di filo molto più grosso, per il che le maglie riescono più strette. Al rivestimento interno sono assicurati superiormente ed ai lati vari pezzi di sughero, per tener sollevate le pareti del sacco. L’ estremità di questo, distesa per mezzo di cerchi (cogolli), non consta che di un unica rete, con maglie da 15 mm., munita in- feriormente di due pezzi di legno a mo’ di slitta, affine di di- fenderla dai sassi del fondo, che facilmente potrebbero lacerarla. Il margine inferiore è fornito di piombi pesanti, ai quali non di rado si aggiungono delle grosse pietre, ed il superiore di sugheri, aggruppati in serie da 3 a 6. Il valore d’ una cocchia si calcola a circa 100 fior. La Tartana è parimenti una rete formata da due ali, le quali mettono in un sacco centrale, fornito di cogolli, che infe- riormente possede una rete più robusta. Le maglie delle ali misurano 6 cent., quelle del sacco 2 cent., rispettivamente 3 dalla parte inferiore. La sua lunghezza è di 20 m:, l’altezza di 4, ed il valore di 50 fior. La Bragagna consta egualmente di due lunghe ali, che però vengono tenute distese da una serie di bastoni disposti tras- versalmente, i quali si prolungano anche intorno all’ imboccatura del sacco. I piombi di queste reti sono molto pesanti e numc- rosissimi, da formar quasi nn margine continuo. Il superiore all incontro va privo di sugheri. A ciascuna estremità delle ali trovasi un piccolo cogollo a tre cerchi, che apresi in direzione opposta del sacco principale. Questo è del pari tenuto disteso da una serie di cerchi. Il diametro delle maglie è di 25 mm. Valore circa 60 fiorini. Il Grippo. Somigliante alla Bragagna, da cui differisce per avere alle due estremità delle ali invece di cogolli, semplicemente due piccoli sacchi senza cerchi, per andar armato di meno piombi, e per possedere al margine superiore dei sugheri, essendo for- nito di un minor numero di traverse. La sua lunghezza è di 20 metri, l altezza di 4; le maglie hanno un diametro di 15 mm. Valore 60 fiorini. La Mussolera a piombo è una piccola rete in forma di sacco, la quale viene tenuta distesa per mezzo di una traversa di legno 72 della lunghezza di 1'5 a 2 metri, armata di sugheri e di piombi. Diametro delle maglie 2 cent. Valore 10 fiorini. La Mussolera a cassa è una rete a sacco, costrutta di grosso spago, a maglie molto larghe (9 cent.), assicurata ad un rettangolo di ferro della lunghezza di 1 metro (apertura 28 cent.), il cui margine inferiore trovasi inclinato all’ infuori, per meglio radere il fondo del mare. Valore 8-10 fiorini. LI L'Ostricara od Ostreghera è una rete sacchiforme, della lun- ghezza di circa 5 metri, a maglie da 6 cent., tenuta distesa da un grosso palo (lungo 2 metri), il quale alla metà porta un’ asticella perpendicolare di eirca mezzo metro, cui sta assicurato il centro del margine superiore della rete. Nell’ interno del sacco trovasi fermata verso la sua estremità una reticella per modo, che il pesce possa entrarvi, ma non abbia facoltà di uscire. Una varietà di questa è I’ Ostreghera da palude, usata a Grado, che differisce per le maglie più strette (5 cent.) e per mancanza di rete interna. Valore 8-10 fiorini. La Rete da Capparozzoli consta di un sacco, fermato ad un triangolo di ferro, armato da un lato di lunghi denti, dall’ altro di un manico, col quale si rastrellano i fondi sabbiosi, per estrarne le varie specie di Venus e di Cardium. Valore fior. 6. LI La Guatta è una rete assicurata intorno ad un semicerchio di legno, fornito di un lungo manico, che viene spinta da un pescatore a guado sui fondi sabbiosi e melmosi in prossimità della riva. Valore fior. 4. Nelle esplorazioni scientifiche più che per iscopo di pesca, usansi il triangolo ed altre piccole specie di reti, affine di rico- noscere il fondo del mare. Valore fiorini 4. 3. Reti da gettata e da saccoleva. Unistrumento speciale e molto ingegnoso è il Rizzaio o Rizzer, chiamato in altre provincie Gaccio o Giacchio, consistente in una rete circolare di lungo raggio, fornita alla periferia di numerosi piccoli piombi, la quale, gettata, si allarga e distendesi per modo, da imprigionare quanto si trova nell’ area da essa coperta. Per 75 mezzo di varie cordicelle essa prende, mentre viene ritirata, la forma di campana, avvieinandosi i margini in basso, cosiechè tutto il pesce vi resta chiuso. Non di rado con una sola gettata se ne prendono da 5 a 10 chili. Valore 8-10 fiorini. Per pigliare i piccoli pesci, che si trattengono in vicinanza delle rive, usasi delle cosi dette reti a saccoleva, di cui la più usitata lungo i nostri litorali è l Odega, chiamata a Rovigno Zel. È formato questo istrumento da un cerchio di grosso filo di ferro, del diametro di 2 metri, al quale si applica una rete sotti- lissima ed a maglie molto minute (15 mm.) in guisa, da formare un piccolo sacco. Il cerchio viene sostenuto da quattro cordicelle equidistanti, unite all’ estremità e legate ad una fune, che alla sua volta trovasi fermata ad un palo. Si pesca con tale rete dalla ripa o dalla barca, calandola al fondo del mare e gettan- dovi dell’ esca (mollica di pane), affine di attirare i pesciolini. Quando ve n’é raccolta una quantità sufficiente, si alza con prestezza la rete, ed il pesce vi rimane dentro. Per maggiore comodità nel trasporto, il cerchio di ferro viene diviso in due parti eguali, unite a giogolino per potersi piegare. Per la pesca del novellame viene usata una piccola rete priva di sugheri e di piombi, formata di un pezzo di tela molto rada, detta perciò Tela, saldata alla due estremità a due traverse di legno. La Volega è una piccola rete a sacco (maglie 1 cent.), fer- mata ad un’ anello che si trova all’ estremità di un’ asta di legno, e s' adopera per estrarre il pesce preso nelle altre reti più grandi. Valore fior. 1. Mat ROA RREZAL DA PESCA Usansi nelle lagune e nelle valli, (come si dirà più tardi), i serragli, formati di reti oppure di canne, che vengono disposti per modo, da chiudere lo sbocco dei canali. Al centro di queste chiuse, si applicano delle reti speciali, detti Cogolli, che sono dei 74 lunghi sacchi, tenuti distesi per mezzo di cerchi di legno, nei quali s inseriscono altre reti ad imbuto in guisa da permettere l'entrata, ma di opporsi a qualunque tentativo d’ uscita, laonde non a torto appellansi anche reti a labirinto. Essi sono di varia specie, secondo i pesci, per cui sono destinati, avendo in pari tempo maglie più o meno strette, così il cogollo da angudelle di 1 cent., quello da anguille di 2 cent., quello per varie specie più grandi di 3 e più cent. Valore fior. 2-6. Simili ai cogolli nella loro costruzione sono le Nasse, che vengono tessute di vimini dei culmi o flessibili dell’ Ampelodesmos tenax Lk. o d’altro materiale pieghevole, con una o più aperture, le quali verso Il’ interno si restringono ad imbuto. Anch’esse sono di differenti forme e dimensioni, servendo specialmente per le libe, i barboni, i ragni, le anguille, i gronghi, le passere, le orate, i guatti, gli astici, le agoste, i gamberetti, ecc. Valore da soldi 50 a flor: Postavi entro dell’ esca, si calano in mare ad una profon- dità di 8-12 metri, ove rimangono uno o due giorni. Per mezzo della cordicella, onde sono attaccati, si levano dall’ acqua per vedere se qualche cosa vi sia già presa, e per rimettervi dell’ esca novella. Per conservare il pesce vivente usansi dei grandi panieri tessuti di vimini (Viera o Vivajo), come pure di piccoli navicelli bucati, detti Burchi o Marotte, della lunghezza di 2 a 10 metri, i quali galleggiando, permettono V accesso dell’ acqua. Nella pesca del corallo adoperasi un istrumento speciale, detto Ingegno, formato da due travicelli disposti a croce, che descriveremo più dettagliatamente, parlando di questa specie di pesca. Troppo noti sono gli ordigni da pesca, chiamati Ami, Togne, Pannole, Lenze, ecc. per richiedere una descrizione particolareg- giata. Essi si compongono di un filo di canape o di erine di cavallo, più o meno grosso, secondo le specie di pesce per cui devono servire, che alla sua estremità va armato di uno o più piombi, e fornito di un numero differente di ami, attaccati ad un pezzo di così detto filo di Spagna, o di fil rame. Per non arruffare il filo, viene generalmente avvolto sopra un pezzo di sughero. ee: Lao Sii a 75 Di ognuno di questi strumenti, distinguono i pescatori parecchie varietà, cosi evvi la Togna da menole, lunga oltre 40 m., alla quale si applicano da 12 a 30 ami, distanti Puno dallaltro circa 3 cent., che s’inescano con vermi; la Togna da spari, egualmente lunga, però armata solo di 3 a 4 ami; la Togna da orate e d altro pesce bianco, della lunghezza di 50 m., cui si attaccano soli due ami, inescati con pezzi di seppia, di calamaro, o di masinetta ecc. Valore da soldi 20 a nor. 1, Così distinguonsi pure molte varietà di Pannole, le quali differiscono dalle togne, per venir lasciate in mare allorchè la barca si muove, mentre quelle si calano stando fermi. La pan- nola da branzini e da occhiate, fatta di erini di cavallo (16 a 18 fili) o di traena di seta, bene intortigliata, è lunga 25 m. e fornita all estremità di un amo, inserito ad un pezzo di fil di ottone per le occhiate, e di fil di Spagna per i branzini, della lunghezza di 2 m. Si inesca con un pezzo di folpo, od in defi- cenza di questo, anche con un pezzetto di tela bianca. La pesca si esercita da bordo, muovendosi con una velocità di 3 a 4 miglia all’ora. Il pesce, vedendo correre tale oggetto bianco, lo insegue, vi si slancia sopra e lo ingoja rimanendone preso all amo. La pannola da sgombri è un ordigno più complicato, constando di cinque pezzi, cioè di un filo più grosso di crine di cavallo, lungo 15 m. (detto maistra), al quale si inseriscono al- l’ estremità e ad una certa distanza da questa, quattro altri fili, di cui due (? volanti) semplici e portanti solo all’ estremità un filo di Spagna lungo due metri, armato di due ami; gli altri (le piombere), fornite di un numero considerevole di piccoli piombi (60—70), attaccati da cinque in cinque centimetri, ter- minati del pari da un lungo filo di Spagna, fornito di due ami. Viene inescato con un pezzo di seppia o con una piccola sardella. La pannola da dentali ha una lunghezza di circa 30 metri, e va fornita ad ogni 20 cent. d’ un pezzetto di piombo. All’ e- stremità vi si inserisce un filo di rame, lungo 3 m., cui sono assicurati uno o due ami. Quale esca serve solitamente un pic- colo pesce. 76 Lo Squadrale o Dentaler, formato di grosso spago, ha una lunghezza di circa 80 m., 60 dei quali vengono adoperati, ri- manendone 20 di rispetto, nel caso vi si attacasse qualche grosso pesce, onde filare il resto, e fiaccar quindi la sua forza. Ad ogni due metri dello squadrale trovasi attaccato un piombo, per tenerlo alla profondità di mezz’ acqua. All’ estremità infe- riore stanno assicurati sopra filo di rame lungo 8—10 m., due ami in posizione opposta TV uno dall’ altro, da presentare la forma d’un’ ancora. Inescato con pesce, viene gettato in mare, mentre la barca deve correre con vento fresco ed a forza di remi. Sotto il nome di Parangali si comprendono degli ordigni formati di una cordicella, lunga fin a 500 metri, alla quale da due in due metri, stanno attaccate delle funicelle fornite di un amo. Secondochè il pesce, per cui è destinato il parangale, usa trat- tenersi al fondo del mare o negli strati superiori, vi vengono applicati dei sugheri o meno, nel qual ultimo caso I’ istrumento viene a giacere al fondo, ed alla superficie non galleggia altro che un piccolo segnale di sughero. Inescati debitamente: gli ami, si stende il parangale in mare, lasciandovelo per parecchie ore, e solitamente per tutta la notte. Gli ami hanno dimensioni diffe- renti, secondo la mole dei pesci da prendersi, così vi sono pa- rangali da gronghi, da riboni, ecc. ecc. Valore fior. 5-20. Per la pesca delle angusigole serve il Parangale a vela, costruito come il precedente, salvo che ad una delle sue estremità trovasi attaccato un pezzo di tavola fornito d’ una piccola vela (detto barchetta). Fermato con un capo alla terra, si lascia V altro in balia del vento che lo distende. Gli ami vengono ade- scati solitamente con angudella. Per la pesca dei cefalopodi si adoperano parecchi istru- menti speciali, chiamati Puschie, Sustavize, Brancarelle, Seppa- role, ecc. ecc. Le prime constano di una asticella di legno, ad una estremità della quale trovasi assicurato un serto di ami ; all’ altra viene attaccato un lungo filo di spago o di erine di cavallo. Per pescare si infigge sull’ asticella un piccolo pesce (sardella, menola, bobba, ecc.) e si getta in mare I’ istrumento, mentre la barca si muove lentamente. Le seppie ed i calamari 77 inseguendolo, vi si gettano sopra e restano presi agli ami. Questi si sostituiseono talora con sempliei aghi. La sustaviza & il mede- simo ordigno, la cui asticella invece di portare un pesce, va circondata con pelle bianca di coniglio. Una modificazione molto pratica è quella di disporre intorno all’ asticella delle filaccia per modo, che in acqua si allarghino e si ristringano. Valore soldi 50. La Brancarella è formata di un’ asta lunga un metro e mezzo, ad un’ estremità della quale sono assicurati due o più ami. Per pescare con questo istrumento si getta dapprima in mare una togna senz’ ami, cui viene legato un piccolo pesce. Allorchè un calamaro od altro cefalopodo vi si attacca, il pe- scatore tira pian pianino la togna verso terra, ingangherandolo colla brancarella. Invece di attaccare un pesce alla togna, usasi di spesso legarvi una Sepparola, ossia un pezzo di legno colorito in bianco, imitante rozzamente le forme d’una seppia. Affine di estrarre i vari animali che stanno fermi o muo- vonsi lentamente al fondo del mare, si adoperano varî strumenti di pesca, attaccati a delle lunghe pertiche di legno, colle quali si può giungere fino ad una profondità di 10 metri. Quì appar- tiene la Tanaglia, il cui braccio mobile trovasi assicurato ad una corda, tirando la quale vengono stretti gli oggetti tra le due branchie e quindi estratti dal mare. Valore fior. 4. — Coll’ Astu- rera, ferro ripiegato ad angolo, munito dalla parte interna di denti, si estraggono le pinne (valore fior. 2); colla Grampa o Grampone, istrumento formato da spranghe di ferro, piegate ad angolo retto, di cui l’inferiore munita di tre lunghi denti, la superiore di due, inserite ad una spranga centrale per modo, da formare quasi un doppio tridente, vengono pigliati granchi, spugne, ecc. Valore fior. 2—3. Altri attrezzi da pesca sono le armi per ferire il pesce nuotante o sul fondo, come le Fiocine e le Delfiniere. Sono le prime una specie di grandi forchette, a 5—11 punte uncinate, inserite ad un lungo manico, colle quali si trafiggono i pesci od i ero- stacei, specialmente di notte, dopo averli abbarbagliati col fuoco. Non di rado si fa uso della fiocina per uccidere i tonni e gli altri grandi pesci, presi colle reti. Prezzo 2—3 fior, 78 La Delfiniera è un’asta di ferro in forma di lancia, della lunghezza di circa 50 cent., tagliente d’ambo i lati e fornita di due graffi mobili, lanciformi essi pure, che però sono taglienti solamente alla parte esterna. Assicurata ad un manico di circa 3 m. viene lanciata contro i delfini, i tonni, ecc. ove penetrando nelle carni, i due graffi si aprono e non possono venir estratti senza lacerare le carni. Valore fior. 6—8. CAPITOLO VI. Descrizione dei principali modi di pesca. bRESCATDELLE SARDELLE ED ACCIUGHE La principale pesca dei nostri litorali è quella delle sar- delle e delle acciughe, che sostituisce nel bacino del Mediterraneo quella delle aringhe dei mari nordici, quantunque non giunga alle proporzioni colossali di questa. Ha luogo tale pesca quasi lungo tutte le nostre coste, e specialmente considerevole è il prodotto che se ne ritrae a Grado, Pirano, Rovigno nell’ Istria, e sulle isole di Lissa, Lesina, Brazza, Curzola, a Trappano, ece. in Dalmazia. La pesca di tali pesci avviene in due modi diversi, colle reti a strascico o con quelle da imbrocco. Il prodotto che si ot- tiene colle prime, supera di gran lunga quello delle seconde, potendosene pigliare con quelle fino 500 barili con una sola tirata (a Busi presso Lissa ne venne fatta una nel 1836 di 700 barili), mentre colle reti da imbrocco, anche se fortuna arride più propizia, non ne vengono pigliate che al più 40 o 50 barili per volta. La pesca delle sardelle ha luogo in Dalmazia solamente di notte, quando non splende la luna, per il che la stagione della pesca viene divisa in una serie di scuri, ognuno dei quali dura 20 notti. In Istria all'incontro si pesca tanto splendendo la luna, che durante lo scuro. Come sede principale della pesca delle sardelle può consi- derarsi l'isola di Lissa, ove la maggior parte degli abitanti, 80 e specialmente quelli di Comisa, si dedica a tale industria. Da quest’isola vengono esportati in media da dieei a dodici mila barili di sardelle all’ anno, di cui due terzi circa dal comune di Comisa, senza contare il consumo locale, che per una popolazione di circa 9000 abitanti, per la maggior parte ittiofaga, risulta abbastanza considerevole. * In mancanza di un codice migliore, i pescatori si attengono ancora al regolamento Dandolo con piccole modificazioni. Così i proprietari delle tratte devono annunziarsi nel mese di Aprile all’ ufficio comunale, ed indicare con quante reti intendano pe- seare. Visitate le loro barche e gli attrezzi da pesca, e trovatili in buono stato, vengono divisi in tanti gruppi da quattro indi- vidui, (o per meglio dire da quattro tratte), e quindi si procede al così detto broschetto, ossia al sorteggio delle valli e dei seni, a fondo non roccioso, detti poste, che sono adatti al tirare le tratte, nei quali successivamente avranno diritto di pescare durante il prossimo scuro. ** Siccome tra queste valli alcune sono più delle altre feraci, parecchi proprietari di tratte, dichiarano di voler pescare con un numero maggiore di reti, di quello che realmente vengano adoperate, e ciò affine di aver la scelta tra parecchie poste, e dei vantaggi nel turno delle stesse in confronto dei pescatori delle altre tre isole, di Lesina, Brazza e Lagosta, che secondo il regolamento, hanno diritto di pescare promiscuamente nelle acque di altri circondari. L’epoca della pesca delle sardelle ha luogo durante i quattro seuri di luna dal Maggio al Settembre, detti perciò scuri principali. Durante questo tempo la pesca è promiscua tra le quattro isole soprannominate. Gli scuri precedenti e susse- * Il consumo locale dell’isola di Lissa co’ suoi due comuni di Lissa e di Comisa, può calcolarsi di circa 300.000 Chil. di pesce all’ amo. ** Non ogni seno si addatta a tale scopo, perchè dove vi sono scogli, od il suolo presenta troppe ineguaglianze, non sarebbe possibile tirare la rete senza stracciarla. Im tale caso non si può pescare che colle sardellare. A Lissa p. e. vi sono oltre 40 valli idonee per le tratte, a Busi 9, mentre a Pelagosa, per il suolo roccioso e per le grandi profondità, non è possibile che la pesca colle voighe. Essendo le poste di Busi oltremodo feraci, vi si accendono due lumi per valle. 81 guenti diconsi venturini, nel quale non è lecito pescare che nel proprio distretto. Se l’ inverno fu mite, i primi sciami di sardelle cominciano ad apparire, quantunque non copiosi, già nel mese di Marzo. Egli è perciò che i pescatori di Comisa già alla metà di questo mese, si recano alle poste lontane, p. e. a Pelagosa, in attesa del pesce, per non perdere eventualmente una pescata propizia. La tratta adoperata nella pesca delle sardelle, ha, come dicemmo, differenti dimensioni secondo le località, variando in lunghezza dai 80 ai 200 metri e nell’ altezza dai 24 ai 36 m., restringendosi all’ estremità ad 8 soltanto. Per ogni tratta occorrono tre barche con 15 a 18 uomini d’equipaggio. Talvolta però si uniscono due tratte, nel qual caso sono sufficienti cinque, anzichè sei barche. Una di queste barche, i leuto, di dimensioni maggiori, porta la rete, un’ altra, alquanto minore, la luminiera (Sviciariza) a prora più larga e coperta, è fornita quivi dalla parte destra d’un.braciere inserito a circa un metro d’ altezza. Terza è la barchetta, che sta agli ordini, ed ha il compito di sostenere il centro della rete. Nel caso che gl indizi della pesca sieno buoni, vengono adoperate due luminiere per un unica rete. . Antichissimo è il modo usato nella pesca delle sardelle per mezzo dell’ illuminazione, dappoichè le descrizioni che ci lasciarono gli autori greci e latini corrispondono presso a poco, a quanto avviene ancora oggigiorno. * * E quando nera intorno Si distende la notte, accortamente Sull agile barchetta il pescatore Una gran face accende, e i muti pesci Dall improvviso sfolgorar di quella Lucida vampa abbarbagliati, e vinti Da supremo terror, obblian le fughe, E da sè stessi appannan nelle reti. Oppiano : Della Caccia IV. 97. Identicamente anche Eliano: della Natura degli animali Vol. II, 8, 82 Adoperasi per tale scopo il legno del Pinus marittima o d’altre piante resinose, come del Ginepro (Juniperus Oxycedrus L., macrocarpa Sibt., phoenicea L.); in aleuni luoghi dell’ Istria qualche volta anche fasci di canne. Il pino proviene per la maggior parte dalle Isole di Lesina, di Curzola (Corcyra nigra, dalle dense bo- scaglie, che vi esistevano in antico), e di Lagosta, nonchè dalla penisola di Lapad presso Ragusa, ove trovansi ancora degli estesi pineti. In minor copia esso cresce anche su altre isole, a Lissa, Brazza, Meleda, ecc. La quantità però che viene consumata per tale scopo, va a poco a poco facendo scomparire i boschi, e rende sempre più raro tale combustibile, il cui prezzo da fior. 1.50 è ormai salito a 4 e mezzo a 5 fior. per carro o metro cubo. La maggior parte del legno di pino detto zappino, viene presen- temente importata dell’ Apulia, essendo la produzione locale af- fatto insufficiente al grande consumo. Se riflettiamo che per un unico scuro di 20 giorni, ogni luminiera consuma 15 carri di zappino, avremo per ogni tratta un consumo annuale (calcolato per soli cinque scuri) di 375 fiorini. Quindi l’isola di Lissa con 30 tratte brucia durante la stagione estiva 2250 carri di zappino, per un valore di 10.000 fiorini; quelle di Lesina con 80 tratte 6000 carri, ossia per 27.000 fiorini, ecc. Oltre all’ enorme spesa, deve venir presa in considerazione anche I’ immenso danno, che tale metodo di pesca apporta al paese colle devastazioni degli ultimi residui de’ boschi, già tanto scarsi in Dalmazia. Siccome per l’accresciuto consumo, i grandi alberi sono divenuti molto rari, si atterrano anche le giovani piante, delle quali occorrono dieci e più, per formare un carro, il che darebbe per la sola isola di Lesina una distruzione an- nuale di almeno cinquantamila alberi ! Nè solo nel consumo stanno gli svantaggi dell’illuminazione col pino, dappoichè altro non piccolo inconveniente sta in ciò, che talora si debba occupare una o due barche, unicamente pel trasporto del combustibile, inconveniente tanto maggiore, quanto più lontana è la posta assegnata. Arrogi I’ incomodita del fumo e del caldo, cui durante la pesca sono esposti i pescatori, e fa- cilmente si comprenderà di quale vantaggio sarebbe il ritrovare un altro metodo d’ illuminazione, che potesse sostituire quello del zappino. Si idearono a tale scopo varie lampade ed altri 83 apparati, i quali purtroppo non corrisposero finora all’ esigenze pratiche. Cosi già fin dal 1853 il presidente della Società danese di piscicoltura a Kölding, F. S. Heins, inviò all’i. r. ministero la descrizione di una sua lampada per farne esperimento alle coste adriatiche, ma causa la spesa troppo forte, il tutto se ne rimase in progetto. Più tardi il sig. Zanella di Lissa, si fece venire una lampada dalla firma Lepante di Parigi, e nel 1871 il locale Governo marittimo un’ altra dai fabbricatori Sautter e Lemonnier, parimenti di Parigi. Altre lampade vennero costruite dal Sig. Pilotti di Trieste, ma in tutte riscontrasi il difetto es- senziale della poca intensità della luce, per cui non si prestano nella pesca delle sardelle. La luce di queste lampade non arriva che appena ad una profondità di 2 a 3 metri, mentre quella dello zappino giunge fino a 12 a 15 metri, illuminando in pari tempo una maggiore estensione. L'illuminazione elettrica parrebbe la migliore, e difatti già nel 1856 Doumolin presentò un progetto in proposito all’ Accademia di Parigi. Se non che gli apparati troppo complicati, non si presen- tano opportuni ad essere maneggiati dai pescatori, epperò quello che è possibile nelle grandi pesche oceaniche, fornite di grandi navigli e di tutti i mezzi necessari, non può corrispondere af- fatto al nostro scopo. Il Signor Buccich di Lesina, che tanto s’in- teressa di tutto ciò che ha attinenza col mare e donde potrebbe derivare un incremento alle nostre industrie pescareccie, ideò nel 1875 un nuovo metodo d’ illuminazione per mezzo di una lampada sottomarina. Gli esperimenti non corrisposero che par- zialmente, non avendosi avuto la possibilità di prolungarli suf- ficientemente, introducendo quelle migliorie, che I’ esperienza avrebbe di certo suggerito. Difetto principale nelle lampade in uso, si è la poca in- tensità della luce, l’area troppo ristretta; che viene rischiarata, e la perdita de’ raggi migliori per la posizione del deposito di olio. A questi difetti non mi sembra tuttavia tanto difficile il riparare con qualche provvedimento: accrescendo cioè la forza illuminante con un maggior numero di lucignoli, sostituendo al riflettore sferico, che fa convergere i raggi in un fuoco troppo vicino, uno a curva parabolica o meglio forse una serie di specchi, e trasportando il recipiente dell’ olio ai lati dalla lam- 84 pada. L’intensita della luce potrebbe venir inoltre aumentata per mezzo di un sistema di lenti, disposte alle parte inferiore dell’ apparato. Una lampada semplicissima, che però sembra corrispondere perfettamente allo scopo, si è quella costruito recentemente dal bandajo Pilotti. Essa consiste di un vaso in forma di padella, contenente dell’ amianto, sul quale si versa del petrolio, che in grazia di una forte corrente d’ aria, apportatavi mediante appo- siti tubi, arde con fiamma vivissima. Per spegnerla non occorre altro che coprire l’ apparato con un coperchio. * La pesca delle sardelle è uno degli spettacoli più belli e più attraenti, che possa offrirci una notte d’estate. — Ecco, pronte sono le barche, e benchè alto ancor splenda il sole, le vele gonfie alla brezza favorevole, ci spingono rapidamente alla posta assegnata. Lunga è la via, che dobbiamo percorrere, seguendo le tortuosità della costa, profondemente erosa dall’ onde, prima di giungere alla valle, in cui ci sarà lecito gettar le reti. — E già le prime ombre della sera si stendono sul mare, allorchè noi sostiamo un istante innanzi all’ antro dello scoglio Raunig, cui non manca che la fama, per emulare la celebre Grotta Azzurra di Capri. Poco appresso il nocchiero ci addita la Valle d’argento (Srebarna), ove questa notte tenteremo la sorte, nella speranza che il nome lusinghiero non abbia a mentire. È per la strabocchevole ricchezza di sardelle, che tal luogo venne così appellato, ed è ancor a ricordo d’ uomo, che durante un intero scuro si pigliarono tante sardelle, da riempire notte per notte fino a tre barche. Adunque al largo, a recare agli argentei sciami I’ invito del fuoco, onde Quei della picea alla ben grassa fiamma Corrano in frotte alla barchetta intorno. (Oppiano : Della Pesca IV.) * Due di questi apparati vennero spediti or ora ai pescatori di Ponte sull’ isola di Veglia, ed a quelli di Zara affinchè lo esperimentino, in atto pratico. Not. Seiner un 85 Quasi un chilometro ci siamo discostati dalla riva, e più nulla si discerne nelle fitte tenebre, che ci avvolgono d’ ogni intorno, fuorchè il luccicare intermittente delle luminiere, che pescano nelle varie valli del sinuoso lido. Ed anche sul nostro braciere già comincia a cigolare la ben nutrita fiamma, riflet- tendo sprazzi rossastri sulle quete onde del mare. — L’ ufficio principale in tale pesca spetta all’ illuminatore (Sviciaro): è lui che deve vigilare, che deve dare gli ordini opportuni; è lui che deve conoscere i cento accorgimenti, le cento astuzie dell’ arte, onde trarre in inganno i pesci. Oh, non si muova troppo rapida la barca, come nella pesca degli sgombri e de’ lanzardi, ma se ne stia lungamente ferma in un luogo, affine di attirare molti sciami di sardelle. L’ illu- minatore è li curvato o disteso bocconi sotto il lume, che sta spiando il mare con occhio esperto, affinchè nulla gli sfugga inosservato; e dall’ ineresparsi dell’ onde e dal mutar di colore e dall’ oscillare dell’ asticella immersa a mo’ di scandaglio e da tanti e tanti altri indizî, conosce la presenza degli sciami, e sa quindi giudicare il momento propizio per avvicinarsi alla riva. E già attraverso il limpido cristallo delle acque traspaiono le masse luccicanti, ch’ or s’ alzano, or s° abbassano, rimescolan- dosi tra di loro, quasi godessero trastullarsi alla luce del nostro fuoco. Avanti, avanti, silenziosamente, cautamente, per non ispa- ventare i mobili sciami guizzanti. È l'istante decisivo! Versate della pece sulla graticola, affinchè più alta, più lucida s’alzi ancora una volta la fiamma, e poi si spenga improvvisamente il fuoco, onde il pesce ne rimanga affascinato, mentre dalla riva s’alzeranno le vampe d’ un altro fuoco, per attirrarlo più vicino a terra. Ma ormai è tempo di gettare le reti, ed il leuto girando rapi- damente intorno allo sciame, lo circonda d’ ogni lato, assicurando alla riva l'estremità della tratta per mezzo delle due reste. — E la trazione continua, e sempre più la rete s’ avvicina al fondo della valle, seguita dalla barchetta, che sostiene il sacco, alzan- dolo ed abbassandolo, secondo la profondità, in cui si trovano le sardelle. Sempre più addensati nuotano gli sciami, e sempre più forte diviene il fruscio, prodotto dalle masse pigiate e dis- ordinate, ed in breve tutta la superficie dell’ acqua appare di 86 argento, solcata qua e là da striscie vermiglie. Ancora pochi istanti e la pesca & finita, e le barche, cariche di pesce, si pre- parano al ritorno. — La pesca delle sardelle colla tratta, non subisce che picco- lissime modificazioni nelle differenti localita della nostra costa. Mentre in Dalmazia usansi per tale scopo reti fornite alla parte centrale d’un ampio sacco, nel quale viene cacciato il pesce racchiuso, vanno le tratte istriane prive di tale appendice. Del pari non s’usa pescare col fuoco, ma si sta unicamente alla vedetta, per avvisare il comparire degli sciami, nel qual caso la barca, che porta la rete, gira rapidamente intorno agli stessi, e gettando la rete a semicerchio, circonda il pesce. Assicurati i due capi della rete a terra per mezzo delle alzane, si dà prin- cipio alla trazione, tirando a ciascuna estremità 10 a 20 uomini, secondo le maggiori o minori dimensioni della rete, mentre la barchetta, appostandosi all’ esterno della rete, ne tiene sollevato il margine superiore, Affinchè nel tirare la rete, questa non si alzi ai margini presso terra, e quindi lasci scappare il pesce, i due primi tiratori scendono in acqua fin oltre il ginocchio, e tengono affondata la rete, gettandovi talora anche delle pietre. Allorchè questa trovasi presso terra; vengono avvicinati i due capi della stessa e sbattuti, affinchè il pesce si riunisca in un unico punto. Il pesce così imprigionato, viene quindi estratto mediante le voleghe e posto in cassette, mondandolo dalle alghe e dagli altri corpi impigliatisi. Diversamente ha luogo la pesca colle sardellare o voighe. Per questa specie di pesca non si fa mai uso dell’illuminazione, ma si gettano unicamente le reti, ove si suppone che ci sia del pesce, e vi si lasciano per alcun tempo, finchè da vari indizi si possa arguire, che le sardelle trovansi prese. Il getto delle reti ha luogo nel modo seguente: Calata un’ ancora, assicurata ad una lunga corda, la barca si allontana d’un buon tratto, e quindi, munita l’ estremità della rete di un grosso sasso, si co- mincia a gettarla in mare, filando sulla corda e mano mano avvicinandosi all’ ancora. La rete vien tenuta sospesa vertical- mente per mezzo di sugheri o di barilotti, che galleggiano alla superficie. Siccome la sardellara è formata di vari pezzi, resta 87 libero al pescatore di far getto di un maggiore 0 minore numero di questi, secondochè le prospettive della pesca si presentano più o meno favorevoli. Lungo la costa dell’ Istria si usa attirare il pesce per mezzo d’esca, che prima di gettare le reti, viene lanciata in mare, continuandosi tale operazione anche più tardi. Quale esca servono principalmente le masinette (Carcinus maenas), delle quali ven- gono importate grandissime quantità da Grado e dal Veneto, non disprezzandosi d’altronde anche altre specie di crostacei, come i granchi (Maja squinado), le pee (M. verrucosa) ece. I I pescatori conoscono che nella rete s’& impigliata la preda, dai movimenti oscillatori della stessa e dall’ apparire di squame alla superficie. Allora viene levata la rete, cominciando da un’ estremità, ed estraendosi le sardelle che trovansi prese nelle maglie. Siccome le sardelle non vengono alla superficie che col bel tempo, mentre colla pioggia o col vento o col freddo, si trattengono nelle profondità, si usa calare più o meno profon- damente la rete, secondo il bisogno, attaccandovi al margine inferiore dei sassi a varie distanze, ed alla superiore dei gal- leggianti. I pescatori tanto delle tratte, che delle voighe non per- cepiscono solitamente alcun salario fisso, ma stanno a parte del prodotto. Durante gli scuri venturini, nei quali le pescagioni non sono tanto certe e copiose, s’ usa spesso dividere il ricavato metà pel padrone e metà per i lavoranti, portando ciascuno con sè il vitto necessario. Il legno per altro destinato all’ illu- minazione viene sempre fornito dal proprietario. Durante gli scuri principali però, la divisione è più com- plicata. Il proprietario fornisce il pane ed il vino, calcolando per le venti notti fiorini tre a testa del primo, e mezzo barile (32 litri) del secondo, ed inoltre il legno di pino. Ciò però solo a titolo di antecipazione, perchè del ricavato totale del pesce, prima di passare alla ripartizione, vengono detratte le spese, in- contrate per tale scopo dal padrone. Ogni giorno che si pesca qualche cosa, viene dal cumulo levato il 10°/, per essere diviso tra tutto l’equipagio indistinta- mente, il che chiamasi porzione piccola. Indi viene levato un altro 88 3'/, p °/, quale gratificazione fra il direttore della tratta ed il vogatore. Del rimanente viene tenuto conto, ed alla fine dello scuro se ne fa la divisione in 26 porzioni, di cui 4 vanno in favore del padrone delle tratte, una per ognuna delle tre barche, una per la chiesa (per la concessione di Papa Alessandro III di poter pescare alle domeniche e ne’ giorni festivi), e le altre 18 una a testa tra l'equipaggio, compreso il direttore, che so- litamente è il padrone stesso della tratta e delle barche, che per tal modo viene a percepire 8 parti del prodotto. Sopra queste 26 parti gravita la spesa del vitto e delle legna per l’illumina- zione, che viene rifusa al proprietario. Se però durante lo scuro non venne pescato nulla, il proprietario perde tutti gl’ importi sborsati, non avendo diritto di risarcirsene col pescato degli scuri susseguenti. Per altro i proprietari fruiscono d’un altro vantaggio, che li compensa ampiamente di queste perdite eventuali. Gl’ indivi” dui dell'equipaggio sono tenuti a vendere esclusivamente al padrone la preda loro toccata, la quale viene calcolata per metà del valore reale, cosicchè essi non percepiscono che 4 a 6 fiorini per barile di pesce fresco. Affinchè non avvengano ruberie, si usa inoltre donare dal proprietario ai lavoranti ogni undecimo barile, che viene loro consegnato, e del quale possono disporre liberamente e venderlo a chi e come loro meglio talenti. I diret- tori, quando non sieno gli stessi proprietari, ricevono per di più una mancia dal padrone delle tratte. I voigari dividono il prodotto, o per meglio dire, fanno i conti alla fine della stagione estiva, valutando il pesce al prezzo, che corre in piazza per I’ esportazione. Dall’ importo risultante detraggono le spese del sale, dei barili vuoti, della fondatura degli stessi, e del vitto, se fornito dal proprietario, dividendo il resto in otto parti eguali, di cui una e mezza al direttore, una e mezza alla barca, ed una per cadauno degli altri quattro individui. I modi di ripartizione testè descritti vigono specialmente sulle grandi isole dalmate, ove ha luogo la principale pesca delle sardelle. In altri distretti la divisione avviene in modo differente, così p. e. a Trieste, a Cattaro, a Giuppana, a Calamotta, 83 a Sebenico, ece., usasi dividere il prodotto in due parti, di cui la metà al proprietario delle reti e della barca, e V altra tra gl’ in- dividui componenti I’ equipaggio ; a Pola esso dividesi in 6 parti, di cui una alla barca, una alle reti, una al padrone, e delle altre tre una per ciascuno dei pescatori; a Spalato si ripartisce in 8!/, parti, di cui spettano 31/, al proprietario del bragozzo e della rete, una per cadauno dei tre pescatori, una al battello addetto al trasporto del pesce fresco, ed una al direttore del bragozzo, cui vengono inoltre somministrati 50 soldi alla setti- mana; ad Ombla e Gravosa vanno 2 parti a profitto del pro- prietario delle reti e della barca, e la terza dell’ equipaggio; a Curzola 5 parti al proprietario della rete, una pel leuto, ed una per ciascuno dell’ equipaggio, compreso il direttore. Vige inoltre l’uso, che tutto il pesce che incappa nelle ali della tratta, spetta al primo individuo che tira e raccoglie la rete dal mare. A Zara all’ incontro ogni individuo, che prende ingaggio, percepisce una mercede giornaliera fissa, restando a suo carico tutte lo spese di vitto, ecc. Non credo inopportuno di accennare qui brevemente ai rapporti tra le tratte e le voighe, dei quali si occuparono le varie legislazioni. Il regolamento Dandolo tendeva evidentemente a favorire le prime, * restringendo l’uso delle seconde unica- mente intorno agli scogli di Pelagosa e S. Andrea per gli abi- tanti di Comisa, ed allo scoglio Cazza per quelli di Lissa. (Tit. IV. art. 15.) Tale restrizione venne tolta nel 1835, lasciandosi libero ovunque I’ uso delle sardellare. Numerose sono le contese tra i possessori delle tratte con quelli delle voighe, e sarebbe veramente desiderabile, che dei provvedimenti, informati a giustizia ed equità, stabilissero delle norme per gli esercenti di queste due industrie. Le voighe traggono dei vantaggi dell’ illuminazione delle tratte, perchè il pesce adescato dal chiarore, si riunisce nelle valli e quindi imbrocca nelle sardellare, che vengono gettate a poca distanza. * Anche un decreto della repubblica di Ragusa del 14 Febbrajo 1676 vietava l’ uso delle voighe intorno all’ isola di Lagosta. 90 Siccome perd al voigaro importa, che specialmente nella sua rete vengano ad incappare i pesci, non si fa sempre serupolo nella scelta dei mezzi per deviare lo sciame dalla tratta e farlo imbroccare nella sardellara. Usa egli quindi talora di gettare la rete al fondo senza barilotti innanzi alla tratta, tirandola mercè di una lunga corda, e così furando al trattaro una buona parte del prodotto. Così avvenne non è molto, che un pescatore trovò una voiga presa nella sua tratta, che essendo un corpus delicti, venne naturalmente sequestrata. Altri artifizi vengono non di rado usati per ispaventare il pesce, sia col muovere rapidamente i remi, sia collo sbattere le vele o col gettarle sull’ acqua, affine di cacciare il pesce verso le voighe. Succede perfino il caso, che il voigaro per mezzo di una falce, attaccata ad una cordi- cella, e lanciata verso il sacco della tratta colmo di pesce, laceri quest’ ultimo, affinchè le sardelle fuggendo, s’ impiglino nella sardellara, gettata a poca distanza. D'altra parte non può negarsi, che anche le voighe ap- portino qualche vantaggio alle tratte, difendendo in certa guisa il loro sacco contro i delfini, i quali nelle sardellare gettate al di fuori, incontrano un impedimento, e si pascono del pesce in esse trovato, lacerandole anche in buona parte. D’ altro avviso sono i padroni delle tratte, i quali vorrebbero circoscritto I!’ uso delle sardellare agli scogli ed ai fondi rocciosi, sostenendo che queste servano anzi a richiamare i delfini e facciano d'altronde deviare gli sciami delle sardelle. Comunque siasi, se ingiustizia sarebbe il proscrivere ai voigari l’ esercizio della loro industria nelle acque comunali, hanno del pari ragione i proprietari delle tratte a pretendere di non essere disturbati da quelli nelle valli loro assegnate, per il che non sarebbe forse inopportuno lo stabilire certe distanze, a cui si dovessero attenere, assegnando in pari tempo anche alle voighe delle poste per turno. Se noi consideriamo questi due modi di pesca dal lato del maggiore o minore danno arrecato alle masse del pesce, dob- biamo incondizionatamente dichiararci in favore delle sardellare, dappoichè queste non apportano alcun nocumento alle uova ed ai giovani pesciolini, che per la loro esigua mole, passano oltre alle maglie della rete. Le sardellare all'incontro sarebbero da 91 vietarsi assolutamente alle imboccature de’ canali molto stretti, impedendovi I’ entrata agli sciami, che vanno a popolarli, così p. e. allo sbocco del Quieto, del Canale di Leme e dell’ Arsa, del Mare dei Novegradi e di Carin, del Canale di Sebenico, dell’ Ombla, di Cattaro, ecc. ecc. — Il prodotto medio annuale delle sardelle è di oltre 430.000 fior., quello delle acciughe o sardoni di 40.000 fior. PESCA DELLO SGOMBRO E DEL LANZARDO Analogamente alla pesca delle sardelle, ha luogo anche quella degli sgombri e de’ lanzardi. Anch’ essi sono animali che di primavera e d’estate fanno la loro comparsa nelle vicinanze della costa, antecipando però Ll epoca delle sardelle, per tratte- nersi durante l'inverno nelle maggiori profondità. A Lissa e sulle altre isole della Dalmazia, adoperasi per queste specie le medesime tratte, che servono per le sardelle, usandovi del pari l illuminazione collo zappino. Altrove usansi anche reti da imbrocco, simili alle sardellare, solamente a maglie più larghe, dette Scombrere o Lanzardere. — Il prodotto annuo di queste due specie ammonta a 107.000 fior. PESCAIDE LIO NNO Dopo le sardelle il pesce indubitabilmente più importante del nostro mare si è il tonno, la cui pesca ha luogo principal- mente nei mesi di primavera e d’ estate. Appartiene desso per la maggior parte alla specie Thynnus thynnus, mentre meno copioso appare il Th. thunnina. La sua repentina apparizione alle sponde del Mediterraneo e de’ vari suoi bracci e la sua successiva scomparsa, diedero 92 fin dall’ antichità argomento a varie supposizioni intorno alle sue migrazioni dall’ oceano; sembra pero che al pari degli altri pesci di massa, delle sardelle, degli sgombri, ece. anche il tonno, che infin dei conti non è altro che uno sgombro gigante, si trattenga durante I’ inverno nelle grandi profondità, non facendo la montata verso le coste che all’ epoca della frega per deporvi le uova. Ed è appunto in tale tempo, ch’ esso trovasi con ovaja perfettamente sviluppate o turgido di lattume, secondo il vario sesso. Con ciò non si vuol negare, che il tonno passi dall’ Atlan- tico nel Mediterraneo, e viceversa, tanto più che nel suo viaggio primaverile per quest’ ultimo, esso segue una direzione da ponente in levante, e piegando a mezzodì lungo le coste d’Italia, gira nuovamente da levante a ponente lungo le spiaggie africane. Sulle rive dell’ Atlantico questa specie è tuttavia molto rara, e solo eccezionalmente si smarrisce qualche branco in regioni più settentrionali, e massime fino all Inghilterra, ove relativamente appare più di spesso. Nell’ Adriatico la montata ha luogo da mezzogiorno verso settentrione e specialmente lungo la costa orientale, ove entra nei molti seni e canali, ond’ essa va fornita. Non di rado il tonno segue immediatamente gli sciami delle sardelle, degli sgombri, ecc. ai quali dà la caccia, e quindi avviene, che ove poc’ anzi brulica- vano i minori pesci di massa, si vedono aggirarsi maestosamente i branchi de’ tonni, nelle loro graziose movenze. Egli è perciò che i pescatori delle valli, ove per antica inesplicabile consue- tudine anno per anno sogliono entrare i tonni per trovarvi la morte, salutano con gioja I’ apparire improvviso e disordinato delle sardelle, degli sgombri e delle palamide, perchè esperienza loro insegna, che poco appresso vi seguono i tonni. A spiarne la loro comparsa si stabiliscono lungo le rive dei posti di guardia, approfittando delle elevazioni naturali del terreno, oppure erigendovi delle lunghe scale, corrispondenti agli antichi tinnoscopi, sulle quali si appostano le vedette per annunziare l’ arrivo del pesce. La nostra pesca del tonno non giunge alle dimensioni colossali di quella delle coste della Sardegna, sì minuziosamente descritta dal padre Cetti. Tuttavia in alcune località, come a 93 Buccari, a Portorè, su parecchie isole del Quarnero, a Sebenico, a Contovello, ecc., essa può darci un idea approssimativa di quei grandiosi spettacoli, che avvengono nelle celebri mattanze del Tirreno e della Sicilia. — È un bel mattino d’estate, ed il sole, che appena appena fa capolino dai monti, spande i suoi primi raggi dorati sulla vasta superficie dell acque. Un profondo silenzio involve ancora la natura, e pel vicino boschetto bisbigliano l’aure tra il fogliame, e tranquillo e liscio stendesi d’ ogni intorno il cerulo cristallo del mare. Qualche vela solitaria si disegna sull’ orizzonte, queta, immobile, quasi ala di cigno che riposi dal lungo viaggio. Ma vigile in cima alla sua scala pendente, se ne sta un uomo ripie- gato all’ innanzi, spiando con occhio di lince ogni movimento più leggiero, ogni inerespar dell’onda. Ed ecco, egli ha scorto un lieve tremolio della superficie, un tenue mutamento di colore, e l ordine è già dato, e le barche, che se ne giacevano inoperose presso alla riva, rapidamente se ne staccano, gettando la lunga rete, detta tonnara, dapprima ad angolo retto dalla spiaggia, pie- gando poscia a semicerchio, più o meno parallelamente, nella direzione, in cui fu veduto il pesce. Assicurata a terra per mezzo di una lunga corda (alzana) V estremità libera della rete, della quale viene lasciata una parte avvoltolata, per poter chiudere più facilmente il pesce, si attende l arrivo di questo ultimo, che di lì a poco, seguendo le sinuosità della costa entra nella specie di canale formato dalla rete. Imperturbato esso procede per la sua via, ma ad un punto si trova precluso il varco, ed allora piega all’ esterno in cerca d’ un uscita. Frattanto una parte de’ pescatori sbarcati alla riva, tirano alla corda, stendendo I’ estremità della corda e chiudendo per tal modo il pesce da ogni lato. È allora che il mare comincia ad agitarsi, a ribollire. Il branco de’ tonni impaurito si scompone, si disor- dina: non è più il nuotare maestoso di prima, ma un rimescolarsi confuso, una fuga tumultuosa, un balzare irrequieto, un urtare disperato contro le robuste pareti della rete. Più il circolo si restringe e più impetuosi, più forsennati divengono gli sforzi de’ prigionieri per liberarsi dal loro carcere. Pigiati gli uni agli altri, gl immani pesci s’urtano furibondi tra di loro, ed or si vedono sbalzar fuor dall’ acque le loro teste corazzate, or la 94 foreuta coda s’agita violentemente, sollevando ondate potenti. E quale disperato salta alla riva e boecheggiante tenta gli ultimi guizzi sul petroso terreno, e quale percosso dal remo o dal ferro del pescatore, si riversa sul dorso e sanguinoso, esanime, tinge l’acque in vermiglio. Se il pesce è piccolo, il pescatore lo trae al lido pigliandolo per la coda, mentre per pigliare i grandi esemplari adopera un uneino di ferro, con cui li piglia sotto le branchie. Nelle valli chiuse non viene solitamente circondata in una volta tutta la massa dei tonni entrati, ma solamente una parte, usandosi la precauzione di non ispaventare quelli, che rimasero liberi, ai quali anzi, per adescarli, si gettano per nutrimento le branchie e gl’ intestini dei loro fratelli catturati. Analogamente si pigliano i tonni in alcuni distretti, come a Gravosa, Curzola, Cattaro, ecc. invece che colle tonnare cogli sciabacconi. Anche con questo istrumento di pesca, si circonda il pesce, tirando poscia la rete verso terra, finchè il pesce rifug- giandosi nell’ ampio sacco, vi rimane preso. — L’annuo prodotto è in media di circa 122.000 fior. PES CA DET MAGIE GENE Nè meno importante delle specie precedenti, si è la pesca dei muggini o cefali. Cinque sono nel nostro mare le specie più frequenti di tal genere, che dai nostri pescatori designansi coi nomi particolari di Volpina (Mugil cephalus), di Caostello (M. capito), di Lotregano (M. auratus), di Verzelata (M. saliens) e di Bosega (M. chelo). I cefali amano le acque poco profonde della costa e delle lagune, specialmente ove si scarica qualche fiume o torrente, nei quali talora risalgono a notevoli distanze per deporvi le uova. Non di rado essi intraprendono a tale scopo delle lunghe migra- zioni, seguendo annualmente le medesime vie in istormi più o ee 95 meno densi. Cosi p. e. nel mese di Agosto numerose schiere vengono prese a Trappano, sulla penisola di Sabbioneollo, mentre discendono pregne di uova dall’imboccatura del Narenta, diri- gendosi verso i fiumi dell’ Albania. Per la loro abitudine di trattenersi nelle acque meno pro- fonde, trovansi di preferenza nei vasti seni di mare, ond’ è frastagliata la nostra costa, e talora in tanta quantità, ove l’uomo protegge la loro propagazione, da pigliarne con un unica retata fin a 100,000 chilogrammi. Narra il vescovo Tommasini di Cit- tanova, che nelle sue peschiere alla foce del Quieto egli ne ritraeva per un valore di 15 a 20 mila ducati, il che, avuto riflesso al basso prezzo, che nel diciasettesimo secolo aveano le derrate, può darci un idea dell’ enorme quantità del prodotto. * I luoghi più importanti per la nostra pesca dei cefali, sono le lagune di Grado e la Valle di Sicciole in quel di Pirano. Riserbandoci di parlare più diffusamente altrove di quelle, cre- diamo prezzo dell’ opera di descrivere succintamente la pesca dei cefali, quale viene praticata a Sicciole. Tra la città di Pirano e la Punta di Salvore apresi un vasto seno, nel quale s’interna il mare per circa sei chilometri. Al fondo di questo golfo giacciono le saline di Sicciole, attra- verso le quali si scarica il fiume Dragogna. La diversa natura geognostica delle due sponde opposte, determina pure la qualità del fondo del mare, cosiechè in corrispondenza della costa calcare di Salvore, troviamo, almeno fino ad una certa distanza dalla riva, un fondo roccioso, accidentato, mentre le colline d’arenaria, che ondulate si stendono da Pirano alle saline di Sicciole, con lentis- simo declivio s’appianano e s’ascondono sotto l onde marine, dando in più luoghi origine a dei piccoli tratti allamati, e formando dei vasti bassofondi melmosi. Questa diversità del fondo del mare porge ai pesci condizioni opportunissime d’ esistenza, perocchè qui si stendono vasti prati di Zostere, di Cimodocee, di Cistosire, ivi si schiudono tra le roccie e gli scogli ampie e sicure grotte * Descrizione dell’ Istria L. I. C. 39, nell’ Archeografo Triestino Vol. IV pag. 121. 96 di rifugio all appressarsi del nembo. Una quantità di canali e di bacini dalle acque stagnanti, popolati da conferve e da pic- coli molluschi, offrono al novellame recessi tranquilli, ove esube- rantemente ritrova il necessario nutrimento. Siccome questa valle, appartenente al Comune di Pirano, viene affittata per parecchi anni,” sta nell’ interesse dell’ appal- tatore di non isturbare improvvidamente l’agglomerarsi del pesce e di non distruggere per fatale ingordigia di un guadagno fittizio, la speranza degli anni venturi. Resta quindi vietata nel golfo di Sicciole qualunque pesca fin a tanto, che non vi sieno stati pescati i cefali, che ne for- mano il principale provento, il che ha luogo verso o dopo il Natale.** La copia di tali pesci, riparatisi durante i freddi inver- nali nelle quete acque di Sicciole, è talora sì grande, che la superficie vi appare tutta increspata, dal saltare che fanno gli sciami fuor dall’ acqua. Affinchè il provento della pesca sia considerevole, è neces- sario che il pesce si raduni in gran quantità in un sito deter- minato, offrendo così la possibilità di circuirlo colle reti. Ciò per altro non avviene che quando il freddo più intenso caccia i cefali verso terra, scarseggiando la pesca o mancando del tutto, se l'inverno è troppo mite, come fu il caso nell’anno teste decorso, che diede una pescata di appena un migliajo di chilo- grammi. È, come dicemmo, sul finire di Dicembre od al principio di Gennaio, quando si fanno sentire i rigori invernali, che ha luogo la pesca dei muggini. Allora i guardiani della peschiera, stanno vigilando gli errabondi sciami, e spiano ogni loro mossa, e li seguono chetamente per non ispaventarli, finchè li veggono tutti serrati in dense schiere, rifuggirsi in prossimità delle rive. * Il presente appaltatore paga al comune di Pirano 6000 fior. all’anno, per il diritto di poter pescare in Val di Sicciole. ** Affine di non isturbare la propagazione dei cefali, col 24 Aprile vi cessa qualunque specie di pesca. 97 Tosto vien dato principio alla pesca per mezzo di un’ im- mensa rete,* colla quale si circonda il pesce e lo si tira alla spiag- gia. Questa rete, gettata rapidamente intorno agli sciami da due barchette, viene tirata a terra da oltre 100 persone, ed è davvero spettacolo strano ed interessante, il veder quella turba, che si affatica di conserva ai due capi della rete, eccitandosi col suon della voce e con certi gerghi speciali, mentre altri, dimentichi del freddo, scendono nell’ acqua ghiacciata sostenendo la rete, affinchè il pesce non isfugga, saltandovi al disopra. Il prodotto va diviso in quattro parti, di cui tre a vantaggio dell’ imprenditore ed una dei pescatori, dopo aver detratte le spese e la retribuzione, che si dà ai tiratori, consistente in 3 ad 8 chilogrammi di pesce, secondo il lavoro prestato.** Fino al secolo scorso si usavano salare i muggini, però al presente questo pesce viene consumato fresco, prestandosi facil- mente all’ esportazione. A tale uopo viene messo in cassette con ghiaccio, ove può conservarsi per molti giorni, senza perdere punto del suo sapore. La pesca dei muggini mediante le tratte non può aver luogo che nei profondi seni di mare, come a Muggia, a Sicciole, alle foce del Quieto, nel Canale di Leme, in quello dell’ Arsa, ecc. ecc. Nel mare aperto essa viene praticata per mezzo delle gombine, de’ cerberai e principalmente dei salterelli. A Trap- pano usano per tale scopo una rete, detta Ocatice, colla quale si circondano gli sciami di pesce, quando le vedette avvisano la loro comparsa. Contemporaneamente all’ interno dell’ area circo- scritta da questa rete, viene stesa sopra pezzi di legno una gombina, priva di suri e di piombi, affinchè galleggiando alla * La rete usata in tale pesca ha una lunghezza di oltre a 1000 metri ed un’ altezza di circa 18. Il suo valore è di 8000 fiorini. Essa è una tratta mista, consistendo d’ una parte perpendicolare e d’ una, stesa orizzontalmente, che però differisce dal solito salto, per esser formata anch’ essa d’ una rete sem- plice, anzichè d’ una trimagliata. ** Ciò vale per la grande pesca dei cefali; per le altre pesche succes- sive, il prodotto viene diviso in giuste metà tra I’ appaltatore ed i pescatori. Appartengono al primo le barche e le reti, mentre i secondi sono tenuti a rattopparle, in caso di guasti o lacerazioni, 98 superficie, renda impossibile ai cefali la fuga per mezzo del salto. — Secondo le nostre statistiche I’ annuo prodotto dei muggini, sarebbe di 68.000 fior., cifra che mi sembra troppo esigua. PESCAND ELESSE ANZING Il „laneus lupus“ degli antichi buongustai di Roma, pel quale andavano del pari famosi e il biondo Tevere * ed il nostro patrio Timavo,** non ha perduto ancora IT antico vanto sulle rieche imbandigioni. Il Branzino o Labrace, detto in altre provincie Spigola, Spinola, Ragno, Varolo, ece., che giunge ad un peso di dieci e più chilogr., è specie comune nei nostri mari, specialmente in vicinanza delle coste, e non di rado rimonta nei fiumi, potendo vivere al pari dei muggini, anche in acqua dolce. La sua voracità gli valse il nome di lupo, non isdegnando cibo al- cuno, che gli si presenti, consista desso in vermi, in crostacei od in pesciolini. Riesce quindi ospite mal visto e dannoso nelle piscine, dalle quali viene tenuto possibilmente lontano. Vive per lo più solitario e preferisce le acque più basse. Si pesca colle reti, cogli ami e colle fiocine. * Plin. IX 54. — Lo stesso autore ci dà la ragione del nome laneus : Luporum laudatissimi qui appellantur lanati a candore mollitiaque carnis. (L. IX. 17). La ghiottornia andò si oltre da sprezzare le spigole che non fos- sero state travagliate dalla corrente, o non si fossero pasciute del lezzo che la cloaca massima scaricava tra i due ponti (doctaque et erudita palata fa- stidire docuit fluvialem lupum, nisi quem Tiberis adverso torrente defati- gasset. — Colum. de re rust. VIII. 16.) Ed Orazio (Sat. II 2. 31.) Unde datum sentis Lupus hie Tiberinus an alto Captus hiet? pontesne inter jactatus, an amnis Ostia sub Tusei ? ex Laneus Euganei Lupus excipit ora Timavi, Aequoreo dulces eum sale pastus aquas. Mart. XIII. ep. 89. 99 Quest’ ultima pesca ha luogo specialmente di notte coll’ il- luminazione, allorchè il mare trovasi in perfetta calma. Il pescatore se ne sta ritto sulla prora colla fiocina in mano, mentre un altro voga lentamente e senza far rumore, da poppa. Quando il primo scorge alcun pesce, lancia la fiocina ed è ben raro che il colpo vada fallito. Con tale metodo di pesca, oltre ai branzini sì pigliano le salpe, le orate, i dentali, i cefali, i gronghi, le anguille, i granchi, gli astici, ecc. ecc. — Il prodotto medio è di fior. 47.000 all’anno. Peso Pith Sain DON i DEELE SERIE Nè men del labrace erano e sono pregiate queste due specie (Mullus barbatus L. e surmuletus L.), quantunque non arrivino alle dimensioni colossali di quello. * In causa delle continue pesche è ormai una rarità il ritrovare esemplari da mezzo chilogr., e la maggior parte di questi pesci, con immenso danno, giunge alla pescheria sotto il nome di barboneini, lunghi appena 6 ad 8 cent. Vivendo tanto in prossimità delle rive, quanto in alto mare, si pigliano del pari colle nasse e colle reti a strascico, e specialmente colle cocchie. Il prodotto di quest’ ultime, consta alle volte quasi esclusivamente di giovani barboni. S’ usa squamarli appena presi, per far apparire più vivo il colore rosso del loro corpo. — Il prodotto annuale ascende a 130.000 fiorini. * Ricercatissimi erano a Roma i barboni (o trie) più grossi, che per lo meno pesassero due libre: Ht minimun libras debet habere duas. (Mart. Ep. XIV. 97.) Laudas trilibrem Mullum (Horat Sat. II. 2, 33). Nè piccolo era il loro prezzo, narrando Plinio (IX ec. 17) che Asinio Celere pagò per un unico barbone 8000 nummi ; e Marziale (Ep. X. 31.) rimprovera a Calliodoro di aver mangiato in una cena 1200 sesterzi per quattro barboni, ossia il prezzo ricavato dalla vendita di uno schiavo. P. Ottavio giunse a pagare per un barbone di 4'|, libre, rifiutato dall’ imperatore ‘Tiberio, non meno di 5060 sesterzi, ossia 500 fior. (Seneca epist. 95.) 100 PESCATDELTTORZTED Quando si parla del corallo, il nostro pensiero si volge istintivamente a Torre del Greco ed a quella numerosa flottiglia di coralline, che soleano le acque del Tirreno e del Mediterraneo, fin alle coste di Tunisi e d’Algeria. Che anche il mare Adria- tico alberghi la preziosa pianta-animale, non da tutti è conosciuto, e dai più s' ignora affatto, che il prodotto che se ne ricava non la cede punto per gaiezza e brio di colorito, ai più bei pezzi, che si traggono dai fondi coralligeni del Mediterraneo. Mercè i lavori di Lacaze Dutier e d’altri naturalisti è ormai cessato ogni dubbio sulla natura del corallo, che dagli antichi fino al secolo scorso, veniva riguardato ora quale pianta, ora quale prodotto minerale. Noi sappiamo ch’ esso non è altro che una formazione calcare, prodotta da una colonia di piccoli animali (Antozoi), i quali si propagano per gemmazione, dispo- nendosi gli uni presso gli altri, e dando così origine a tronchi ed alle varie ramificazioni, da simulare degli arboscelli. Oltre alla riproduzione per gemme, i coralli si moltiplicano per mezzo di uova, e ciò spiega il loro modo di vivere gregario, formando dei banchi di corallo, ove trovano condizioni adatte alla loro esistenza. Il fondo preferito da questi animali, sono le roccie incrostate da altri polipai, da ostriche, terebratule, serpule, e soprattutto da litotammi o nullipore, ritraendo da questi la calce necessaria alle loro mirabili costruzioni. Essi vivono a profondità considerevoli, fra i 30 edi 200 metri, ove allignano di preferenza sui rialzi rocciosi, detti secche coralline. Il corallo cresce lungo tutta la costa orientale dell’ Adriatico, dall’ Isola Grossa, presso Zara, fino al Capo Linguetta. Qualche ramoscello riscontrasi anche nel Quarnero all'isola di Cherso ed altrove, ma solo sporadicamente. Le secche principali in prossimità di Zlarin, ove al presente viene pescato il corallo sono: presso l'isola di Zuri, a Uclac a 120 metri di profondità; a Lucietta, mezzo miglio dalla terra, a Bitelniz; in scirocco di Zuri; a Stupizza 101 grande (120 m.), ed alle due secche sotto Muar, nominate Cauzzo. A tre miglia da Zuri: sotto Cormatti, ad Usmarinaz, a Puz, a Mazirina, a Versataz (sei miglia in ponente di Ca- pocesto, pure in 120 metri), a Sfilan (tre miglia in ponente di Rogosnizza, a 120 m.), alla Secca Diamante, (tre miglia in po- nente del medesimo luogo), a S. Giovanni (egualmente tre miglia da Rogosnizza, in 140 m.), alle secche Cirone e Plocizza, che prolungansi per un intero miglio (in 100 m.). A sei miglia: al- U Incoronate sotto Sela, vicino alla Punta di Zuri, alla Secca vecchia in direzione di P. L. alla profondità di oltre 200 m. ed a Gerbovaz, sei miglia in ponente di Capocesto, a 120 metri. Oltre a queste secche, che trovansi in immediata vicinanza di Zlarin, ve ne sono moltissime altre sparse per I Adriatico, ove attivamente viene pescato il corallo, così intorno all'isola di Lissa, a scirocco degli Spalmadori di Lesina, sotto Curzola e Meleda, non lungi dal Porto Rosso di Lagosta, presso Punta d’ Ostro, ecc. Fino al 1868 la pesca del corallo era una privativa dello stato, per la quale gli abitanti di Zlarin pagavano 500-800 . fiorini all’ anno. Al presente è libero di esercitarla a qualunque cittadino dello stato; sono però i soli abitanti di Zlarin che ap- profittino di tale concessione, come quelli che già da oltre un secolo si sono famigliarizzati con questo metodo faticoso e spesso troppo incerto di pesca. L’ istrumento usato è il così detto /ngegno, formato da due travicelli di legno in forma di croce, nel cui mezzo trovasi inca- strata una grossa pietra, di forma conico-troncata del peso di circa 60 chilogrammi: Su questa croce vengono legate due braccia (coscioni) più o meno lunghe (2—3 m.), a seconda della ricchezza del banco, e la maggiore o minore cavernosità. Verso I estre- mità delle braccia stanno attaecate delle reti di canape molto rade e riprese, dette radazze, formate di spago disfatto e spat- tonato, della lunghezza di metri 1°50, disposte a due a due per ogni braccio. Mercè di quattro cordicelle lunghe 1!/, a 2 metri, trovansi assicurati altri fasci di tali reti al disotto dell incro- ciatura delle braccia. La pietra centrale poi trovasi legata in croce alla sua parte superiore dalla così detta gassa, cui si LI unisce la fregana., ch’ è una corda doppia, della lunghezza di 9 ) ppla, 102 22 metri, la quale alla sua volta viene attaccata all’alzana, lunga da 120 a 200 e più metri. La pesca del corallo avviene nel modo seguente: Il pesca- tore dalla prora della barchetta getta in mare l’Ingegno ad una debita distanza dalla secca, ove suppone che vi sia del corallo. I remiganti vogano allora a tutta forza lungo la secca rasentandola, issando ed abbassando continuamente |’ ingegno, fino a che le radazze non incozzino in qualche ramo di corallo. Allora si solleva l’istrumento, usandosi la precauzione di spingerlo all'infuori, mediante un uncino attaccato ad una pertica, affinchè i coralli non vadano infranti, mentre viene ricuperato in barca. Non di rado le braccia dell’ingegno s’ incagliano tra le roccie, non potendo venir più sollevato. In tale caso s’ infila nella corda, che sostiene l’istrumento una grossa pietra bucata, la quale cadendo al fondo deve liberarlo. Se ciò non basta, si cala un pesante disco di ferro, cui si lega ancora una pietra, affine di smuovere o spez- zare l impedimento. Prima di abbandonare un banco corallino, lo si visita da tutti i lati, in tutta la sua estensione, calando e salpando continuamente I’ istrumento. Tale manovra riesce ol- tremodo faticosa, e ben presto le mani, per quanto incallite dei pescatori, ne andrebbero scorticate, se non si avesse la precau- zione di difenderle con forti guanti di rascia. La pesca del corallo, causa il deprezzamento di tale so- stanza, andò sempre decrescendo negli ultimi anni, così che mentre se ne prendevano prima solitamente 500 chilogr. all’anno,* * Il commercio del Corallo ci presenta pel mercato di Trieste la se- guente statistica: IMPORTAZIONE ESPORTAZIONE ABTS es Nene ehilogrs 100 1878s ua, Rat oy «ce Chilo pre A008 1879 à AODEIFRREZI, Re Ve x 400 1880 . E SAUTER N Ir her RÉ RE 6500 1881 5 300 1881 n 1000 Un negoziante di coralli, il Sig. Costa, inviò quest’ anno due barche coralline nell’ Adriatico e nel Mar Jonio. Una di queste ebbe sventuratamente a soffrir naufragio, |’ altra sta tuttora pescando. Il prodotto gregio però passa a Napoli, d’ onde poi lavorato viene importato a Trieste, 105 il prodotto delle tre barche, che pescarono nel 1881, si ridusse ad appena 150 chilogrammi.* Siecome i pescatori sono generalmente privi di mezzi, l’ar- matore somministra loro un capitale di 600—800 fiorini, per fare l acquisto del companatico, consistente in biscotto, olio, vino, pasta, riso, ecc., nonchè pel necessario cavolame e canape per armare l'ingegno, e per una o due reti Gombine (Poponize), che devono procacciare giornalmente del pesce fresco in aggiunta alle provviste seco recate. Ad ogni individuo dell’ equipaggio vengono poi dal capitale suddetto consegnati fiorini 20—30, per lasciarli alle rispettive famiglie. L’armatore però, prima di sborsare tale importo, si garantisce sulle sostanze del capo della ciurma, il quale alla * Veramente microscopiche appajono tali somme in confronto a quelle, che in questo riguardo ci presentano le statistiche italiane, francesi e spagnuole. Mentre da noi la pesca, che si esercitava in media da otto barche coralline, si ridusse negli ultimi anni a sole tre, l’unica Torre del Greco, che ne ar- mava 323 nel 1878, le accrebbe per la campagna del 1879 a 356, e per quella del 1880 a 402, equipaggiate da 4147 marinai. (G. Mazzei-Megale : L'industria del Corallo in Torre del Greco p. 21.) Possede inoltre l’Italia altre 160 e più barche coralline, di cui 60 da Livorno, e 100 dalla Sardegna e Liguria, per l'armamento delle quali occorrono quasi sei milioni di lire. Ma anche il prodotto, che se ne ricava, è considerevole ascendendo a 160.000 chil., del valore di 9.600.000 di lire. Il corallo però non dà lavoro ai soli pescatori, ma a lato della sua pesca si sviluppa l'industria della sua lavorazione, che occupa molte migliaja d’ operai (a Torre del Greco p. e. circa 4000), met- tendo in circolazione parecchi milioni di lire. — E perchè, io richiedo, non potrebbero anche da noi svilupparsi tali industrie ? Perchè con più estese sondazioni non si ricercano nel nostro mare o nel Jonio nuovi banchi di corallo, oppure non si osa entrare in concorrenza coi pescatori degli altri stati, visitando le coste tanto ubertose dell’Africa, o magari le acque intorno all isole del Capo Verde? Perchè non si pensa a perfezionare |’ istrumento, troppo primitivo, usato nella sua pesca, introducendovi quelle modificazioni, che la lunga esperienza dei pescatori degli altri stati ha dimostrato più confacenti all’ uopo? Perchè non s’ inviano alcuni giovani intelligenti di buona volontà ad apprendere I’ arte della lavorazione del corallo in qualche fabbrica estera, per poi fondarne una alle nostre coste, i cui prodotti, non aggravati dal dazio, che pesa sull’ introduzione del corallo estero, potrebbero facilmente sostenerne la concorrenza ? 104 sua volta si rende solidari gli altri compagni, obbligandoli alla pesca per tutta I’ estate. La pesca ha luogo dai primi di Maggio a tutto Agosto. Ogni barca è equipaggiata da 5 uomini, e pesca in media da 50 a 100 chil. di corallo. Il prodotto viene diviso in sette parti, per modo, che tanto al direttore della pesca, che solitamente è anche il padrone della barca, come pure all'individuo, che ha il compito di maneggiare l'ingegno (detto Sviciaro, come nella pesca delle sardelle), spet- tano per cadauno una parte e mezza. Gli altri tre compagni ricevono una porzione a testa, e finalmente la settima parte tocca alla barca, se questa non era presa in affitto per 30—35 fiorini per stagione. Per le antecipazioni ricevute, i pescatori sono poi obbligati a vendere tutto il prodotto all’ armatore ad un prezzo fissato preventivamente, che è di circa fior. 22 al chilogramma. Nel caso che la pesca fosse andata deserta e non giungesse a co- prire le spese incontrate, i pescatori sono tenuti a ritentare la pesca nell’anno seguente per conto dell’ armatore, fino al saldo delle avute antecipazioni. PES CAN dEi 7S P20 GENE Come la pesca de’ coralli viene nell’ Adriatico esercitata unicamente dagli abitanti di Zlarin, così anche a quella delle spugne si dedicano al presente i soli pescatori dell’ isoletta di Crappano. Quantunque le spugne sieno diffuse lungo tutte le nostre coste, giungendo fino alle parti più settentrionali (p. e. presso Duino e Sestiana), la loro pesca non comincia che nel Canale di Fasana, ove annualmente si recano alcune barche crappanesi. La pesca più attiva ba luogo tra il labirinto del- V isole della Dalmazia, ove i nnmerosi canali e la quantita di vasti seni riparati, offrono condizioni favorevolissime allo sviluppo delle spugne. Presentemente sono occupate in tale industria circa 105 80 barche, il eui prodotto, viene portato quasi totalmente al mercato di Trieste. La pesca si pratica unicamente colla fioeina, ed & quindi limitata ad una profondità massima di 10 metri, (in casi ecce- zionali, legando insieme due fiocine a 15 m.), quantunque in profondità maggiori si trovino forse i più bei esemplari di spugne, come ce ne fanno fede quelli presi casualmente colle reti a strascico, o nella pesca del corallo. Sarebbe quindi sommamente desiderabile, che anche da noi si introducessero gli apparati da palombaro, mercè dei quali si possono raccogliere le spugne che crescono fin a 40 a 60 metri di profondità. Semplicissima è quindi da noi tale pesca, per la quale non occorrono che due, tutt'al più tre individui per barca, uno o due rematori cioè, ed un pescatore. Mentre i primi spingono la barca lentamente sopra i luoghi ove si suppone vi esistano delle spugne, il pescatore se ne sta curvo sulla prora, esplorando il fondo del mare se tra le alghe se ne presentasse alcuna al suo sguardo. Se la superficie del mare è turbata e quindi non permette la vista del fondo, usasi gettare in mare un ciottolo asperso d’ olio, il quale lasciando cadere alcune goccie, produce un istantaneo levigamento dell’ acque.* La spugna, appena pescata, si presenta ricoperta da una pellicola bruna (protoplasma), e deve quindi venir lavata ripetu- tamente prima di passare in commercio. Colle solite lavature non si riesce però ad avere che spugne d’un colorito giallognolo; fa quindi mestieri d’un imbiancamento artificiale per mezzo di calce, di cloro o d’ altra sostanza ossidante, per avere quella tinta pallida o cerea, che al dì d’ oggi è imposta dalla moda, se anche in questi processi d’imbianchimento ne vada più o meno a soffrire la resistenza delle fibre. La maggior parte delle spugne viene pescata nell'arcipelago greco, ove oltre alla fiocina, si adoperano apparati da palombaro e reti raschianti. Nel commercio si distinguono tre qualità diffe- * Per maggiori particolari veggasi 1’ interessante opuscolo di @. de 85 Eckhel: Le spugne da bagno. Trieste 1873. 106 renti: spugne fine da bagno, dette anche levantine, d’ un tessuto denso, elastico e morbido, a fori tenuissimi e d’un colore gial- lognolo ; le spugne Zimocca, a tessuto parimenti denso ed a piccoli fori, ma non morbido come le prime, e di colore più oscuro; le spugne da cavallo od equine, d’un tessuto flessibile sì, ma molto poroso, fornito di fori molto grandi, e quindi di non molta resistenza. Quest’ ultime giungono non di rado a dimensioni grandissime. Il prezzo delle spugne varia secondo la loro qualità, la finezza del tessuto, la forma, il colore, la grandezza, ece. Cosi mentre le spugne più scadenti non costano che fior. uno e mezzo al chilogramma ; il prezzo delle più fine spugne da bagno sale fino a 150 e più fiorini. In media però si può calcolare il valore per un chilogramma di spugne fine da bagno fior. 10, di spugne zimocca fior. 3, e di spugne da cavallo fior. 5. L’ intero prodotto della pesca nell’ Adriatico ascende in media a fior. 20.000 (nel 1881 a fior. 25000), laddove i pescatori greci forniti di buoni apparati da palombaro, ne ritraggono per più di 820.000 fiorini. L'importanza del commercio delle spugne è più grande di quello che a primo aspetto si potrebbe credere. Il solo mercato di Trieste ci presenta per lo scorso 1881 la seguente statistica. IMPORTAZIONE. Via di mare dal. Istria se: Dalmazia: ne, ar a SE ACI 900 dalla Grecia; hd Tran ale ee ae dalla fTurehia! PRE Meat pen tees i da O LO RIOT 64 300 da stati diversen AMS VETO a) RO 17.500 Chil. 252.700 Vaa ATEN TONER O SI ern ake MR ou 5.500 Totale Chil. 258.200 Valore fior. 1.291.000 L’importazione totale fu nel 1880. . = . . . chil 308.200 del valore di for, 15418000 1879... LI MTS LE 00 eee EEES WSIS. co eme) 1128625000, NN NE SRE 180 N 08909000 Oa 107 ESPORTAZIONE. Via di mare Pemepord, austro-unsariet . nm . VU Nr, Chit. 300 LE. VENEN A A Pe n 16.800 Pre Gran Beettaenan. + . Shin 0.2 È > 14.400 DORA LOIR Ie LE al an n a 3 5.900 Chil. 37.400 a end Maat dee 3300 Totale Chil. 369.800 * Valore fior. 1.749.000 L’ esportazione totale fu nel 1880 . . . . . chil. 416.000 del valore di fior. 2.080.000 Paes fo. LS 403.500 |; om 102 07.500 RERO rn. ates, n “O0 000 .,, È pe o 28.919500 OR 000 904000 >, £ fn ig 21.920.000%7 La grande vitalità di cui vanno forniti generalmente gli animali inferiori e specialmente le spugne, condusse il Prof. Oscar Schmidt a tentare una coltura artificiale, consistente nel tagliare le spugne grandi in vari pezzetti, che assicurati od infilzati a dei bastoncini, vengono rimessi nuovamente in mare. I lati tagliati si rimarginano in poco tempo, ricoprendosi della pellicola bruna, e quindi procede inalterato l’ accrescimento. Queste colture vennero iniziate a Lesina, sotto la direzione dell’ egregio Sig. Bucchich, ed i risultati ottenuti erano dapprincipio abbastanza soddisfacenti. Senonchè i bastoncini di legno, troppo facilmente attaccati dalle teredini, si dimostrarono in breve come poco idonei all’ uopo. Del pari non essendo le località, ove aveano * La differenza in più, che ci presentano le cifre dell’ esportazione in confronto di quelle dell’ importazione, è dovuta all’ aggiunta che vi fanno i negozianti di una data quantità di sabbia, per accrescere il peso della merce, e trarne quindi un profitto maggiore. ** I valori sono calcolati in base al prezzo medio di fior. 5 al chilo- gramma, 108 luogo tali colture, difese dalle manomissioni de’ pescatori, questi per ignoranza o per mal volere, distrussero totalmente gli alle- vamenti, che vennero quindi abbandonati.* * Il prelodato Sig. Bucchich mi scrive in proposito: „L’ allevamento artificiale della spugna da bagno può essere un ramo d’ industria, quando si abbiano sostegni di poco costo e durabili per 10 anni almeno senza bisogno di riparazione, e lo si pratichi servendosi di palombari, che d’altronde sa- rebbero necessari solamente all’ impianto, alle annuali ispezioni ed alla rac- colta. Riguardo ai sostegni potrebbero adoperarsi di ferro fuso zincato. I pa- lombari sarebbero in caso di metterli al riparo dai danni causati dai pesca- tori e dalle reti, e nello stesso tempo in posizioni opportune allo sviluppo delle spugne senz’ essere obbligati di rinchiudere seni tranquilli.‘ Se il liquido recentemente proposto dal Colonnello de Paradis per impregnare il legname affine di preservarlo dagli attacchi delle teredini, corrisponderà allo scopo, si potrebbe ritentare gli esperimenti coi bastoncini preparati in tal modo. Il filo dirame, usato dal Brehm ne’ suoi tentativi nella baja di Socolizza, non mi sembra opportuno, perchè ossidandosi, comunicherebbe facilmente alle spugne una tinta verde. Forse meglio sarebbe di adoperare bastoncini di teak o di bambu. . Del resto anche gli allevamenti del Brehm subirono la stessa sorte di quelli dello Schmidt e del Bucchich, venendo distrutti dai pescatori. Forse quando anche da noi si comincierà ad avvedersi che il mare non è I infeconda pia- nura di sale, come appellavalo un poeta, e si adotteranno delle misure per accrescere i suoi prodotti; forse allora anche I’ allevamento artificiale delle spugne, al pari di quello dei pesci, delle ostriche, dei crostacei, ecc. potrà venire compreso tra le industrie raccomandabili e proficue delle nostre costiere. CAPITOLO VIL. La pesca nelle Lacune, Quantunque nè per estensione, nè per importanza le nostre lagune possano competere con quelle dell’ estuario veneto, tuttavia esse ci presentano una parte interessantissima della pesca, ed ove venissero più razionalmente usofruttate, potrebbero dare un ‘prodotto di gran lunga maggiore. Le nostre lagune vengono limitate a levante dall’ Isonzo o Sdobba, a ponente dall’ Aussa, che in pari tempo segna il con- fine tra I’ Austria e l’Italia, e si protendono a semicerchio in mare, divise in una seria d’ isolette, quali a fior d’ acqua, quali per depositi di sabbia ammontiechiata, elevantesi a due o tre metri sul livello del mare. Quasi nel centro di questo labirinto di canali e di basso- fondi, giace sur un isoletta sabbionosa la città di Grado, sede antica de’ patriarchi ed erede della gloria aquilejese, ora misera borgata di appena tre mila abitanti, dediti la maggior parte alla pesca od alle industrie affini. Il suolo dell’isola è troppo ristretto per permettere una qualsiasi coltura, e quindi gli abi- tanti, eccetto il trasporto di sabbia, che forma un ramo ab- bastanza importante di commercio," non hanno altra risorsa * Nel trasporto della sabbia a Trieste sono occupate presentemente 52 barche, dette dei sabbionanti, della portata di circa 9 tonellate I’ una. Ogni naviglio compie in media 40 viaggi all’ anno, che retribuiti ciascuno con 20 fiorini, dänno una rendita di oltre 41.000 fiorini. I commercianti devono per altro pagare ai proprietari del fondo, da cui si estrae la sabbia, fiorini due per ogni barca. 110 all’ infuori di quella, che loro offre il mare.* Epperd fin dall’infanzia gli abitanti vi si assuefanno, divenendo per tal modo eccellenti marinai. Due agenti devono venir considerati nella formazione delle lagune: i fiumi, che trasportando le sostanze terrose vanno ac- crescendo sempre più l area delle alluvioni, ed il mare, che ora respingendo le arene del lido, vi forma le dune ed i monticelli, ora irrompendo furioso tra quelle giovani pianure, ne esporta parte dell’ ancor molle terreno, scavandovi solchi e canali più o meno profondi. Differente ne è quindi anche la natura del suolo, che fangoso nell’ interno della laguna, nei varî canali e nelle vaste estensioni che ad alta marea vengono ancora rico- perti dall’ acqua, consta di sabbia finissima alle barriere esterne e su tutte l’ isole emergenti. L’area di quest’ ultime varia moltissimo, essendovene alcune molto estese, altre all’ incontro, che appena ricettano qualche grama giuncaglia. Non di rado a bassa marea vengono a con- fluire più isole tra di loro, potendosi percorrere a piede asciutto grandi tratti di laguna, e girare della lorda pozza Grand’ arco tra la ripa secca e ’1 mézzo. (Dante, Inf. VII. v. 127.) Le condizioni geognostiche del suolo non concedono uno sviluppo agricolo, non producendo il terreno altro che un cattivo foraggio. La flora delle isole e delle così dette barene, ci pre- senta le specie proprie delle coste arenose, quali si riscontrano in tutto l’estuario veneto, con una preponderanza di graminee, di ciperacee e di giuncacee, tra le quali alcune siffattamente preponderanti da porgere un carattere speciale all’ intera regione. * In questo riguardo sarebbe da notarsi ancora la caccia degli uccelli da palude, e specialmente dei Mazzurini (Anas boschas L.) e dei Citossi (Mareca penelope L.), attivissima durante la stagione fredda, che si fa per mezzo di schioppi colossali (tromboni), assicurati nei sandali a degli affusti speciali. 111 Importanti specialmente per allaceiare la sabbia colle loro lunghe radici, e quindi solidificare le sabbie, sono nominatamente le seguenti specie: Agropyrum junceum L., A. littorale Hst. ecc., Dactylis glomerata L., Polypogon monspeliensis Dsf., Juncus acutus L., J. Tommasinii Parl., Scirpus Holoschoenus L., Carex mucronata All., C. vulpina L., Euphorbia Peplis L., Polygonum littorale Lnk., Statice caspia Willd., S. globulariaefolia Dsf., Apocynum venetum, L., Convolvolus Soldanella L., Scabiosa ucranica L., Echinophora spinosa L., Eryngium maritimum L., Melilotus alba Des., Medi- cago marina L., Cakile maritima Scp., Glaucium luteum Scp., ecc. ed il Tamarisco (Tamarix gallica L.), unico arbusto che spon- taneamente cresca tra queste mobili sabbie. Qua e là vi vennero piantati dei Pini (Pinus Pinea L.), che allignano egualmente bene che a Ravenna. Solo a Belvedere e ad Barbana però si tro- vano in quantità maggiore da formar delle piccole pinete, quan- tunque di non piccolo vantaggio riescirebbe una coltura più estesa di tale albero. Ma più della vegetazione delle isole, c’ interessa quella, che rallegra le silenti lagune ed avviva le torpide acque delle valli. Là dove le sabbie, frammiste a copiosa belletta cominciano ad allamare, s’addensa I esercito delle canne palustri (Phrag- mites communis Trin.) e della Spartina (Spartina stricta Roth.), dalle quali gli abitanti traggono prezioso materiale per vari attrezzi da pesca o per confezionare canestri. Più in la dove l’ acque divengono più profonde, verdeggiano immense praterie di zostere (Zostera marina L. e nana L.), che oltre ad offrire un rifugio ai numerosi organismi che popolano quelle acque, porgono un prodotto non disprezzabile, V alega, della quale si raccolgono annualmente a Grado oltre a 2000 quintali, che pagati a fiorini due il quintale, vengono esportati a Trieste, ove servono per vari scopi d'imballaggio, ecc. Per quell’ intimo nesso, ch’ esiste tra il mondo vegetale e l’animale, vivendo I’ uno dell’ altro, di somma importanza per il prosperamento dei pesci nelle valli, si è la qualità e quantità di piante, che in esse ritrovansi. La vita che si agita e si pigia in quegli stretti canali è per vero sorprendente, poichè tra quelle intricate cespaje di Enteromorfe, di Conferve, di Ipnee, di Ulve, di Cladofore ece., nuota, brulica, serpe, oscilla un mondo svariato di 112 piceoli erostacei, di molluschi, di vermi, d’infusori, di diatomee, che offrono lauto pasto ai numerosi pesci che vi si allevano. Le lagune presentano, come dicemmo, una moltitudine di isole e di bassofondi, pe’ quali tortuosamente s’ aggira un labi- rinto di canali più o meno larghi e profondi. Per ridurre a valle alcuni tratti di laguna, si approfitta dei rilievi naturali, che cingono i varî canali, completando le chiusure per mezzo di serragli artificiali, oppure si costruiscono degli argini di terra continui od interrotti, all’ apertura dei quali si adattano dei graticei di canne, detti grisiole. Per facilitare |’ entrata e l’eseita dell’ acqua, vi sono inoltre le chiaviche o degli apparati rego- latori, che si possono aprire e chiudere secondo |’ occorrenza. La pesca di Grado si può dividere in due specie, quella del mare aperto e quella delle lagune. Della prima, che si eser- cita coi bragozzi, i quali si spingono fin alle coste dell’ Istria, adoperando i soliti attrezzi, non è qui il luogo di occuparsi, dappoichè essa non differisce dai modi di pesca in uso lungo gli altri nostri litorali. La pesca delle lagune all’ incontro avviene in guisa differente, e viene regolata inoltre da leggi interne speciali, che ne tutelano gl’ interessi. Per questa pesca si adoperano delle piccole barche a fondo piatto, dette sandali, le quali permettono I’ accesso tra quel la- birinto di bassofondi. Le reti del pari hanno dimensioni minori di quelle del mare aperto, e vengono usate sia nei canali, che nelle valli. Gli attrezzi maggiormente adoperati sono la Passelera da palude, lo Sfojante, la Gombina, la Rete da Barboni, il Salterello, V Ostreghera da palude, la Tratta da novellame, la Tela, il Cogollo, la Guatta, la Volega, ecc. Varie leggi comunali regolano la pesca, opponendosi al- meno in parte, all’ improvvida ingordigia dei singoli pescatori. Così p. e. dall’ 11 Novembre al 14 Febbrajo è vietato di pescare colla passelera e col salterello, mentre l’uso del senello non si permette che dopo I’8 di Settembre. Nei canali la restrizione è maggiore, non concedendosi la pesca colle gombine che fino al 14 Febbrajo, mentre colla passelera non si lascia pescare che dal 14 Febbrajo al 12 Luglio, dopo la qual epoca resta proibita ogni specie di pesca. Nelle paludi la pesca è permessa ad ognuno 19 dal 14 Febbrajo fino al primo sabato di Giugno, restando quindi vietata sino al 12 Luglio, eccettochè in aleuni tratti, detti Co- munie, i quali vengono appaltati dal Comune al migliore of- ferente. Quest’ ultima disposizione riesce però di grandissimo danno per la pesca, dappoichè durante questa epoca viene pescato quasi esclusivamente il novellame, di cui la maggior parte consta di giovani orate, onde tal pesca ricevette il nome di pesca delle Oradelle. Tale pesca ha luogo con reti a maglie strettissime, dette Trattoline e talora, se gli embrioni sono straordinariamente piccoli, anche colla tela, attrezzi che prendono naturalmente tutti i pesciolini, distruggendone per tal modo una grande quantità. L’anno scorso (1881) vennero p. e. pigliate circa cin- quantamila giovani orate, le quali, pagate a fior. dieci il mille, furono esportate per le valli venete, e soprattutto per Mala- mocco. Vi si pigliano anche Cefali, ma questi non avendo che un valore inferiore, (fior. uno al mille), non vengono esportati, ma gettati nelle valli delle lagune di Grado. I giovani pesci sono posti in grandi recipienti, ove si conservano tutt’ al pit otto giorni prima di essere esportati. Siccome però non meno di 50 ad SO p. °/, dei pesci presi, periscono prima di giungere alla loro destinazione, si comprenderà di leggeri, che tale pesca non è certamente uno de’ mezzi più adatti per favorirne I’ ac- crescimento. Per popolare le valli con pesce novello, si aprono gli sbocchi delle stesse a marea ascendente, chiudendoli, allorchè I’ acque cominciano a defluire, 0, più di spesso, vi si gettano i giovani pesci, come più sopra dicemmo. Per questi allevamenti si ado- perano a Grado unicamente le varie specie di Cefali (Volpine, Boseghe, Lotregani, Caostelli, Verzelate), mentre vengono esclusi i Branzini, temendosi che la loro voracità non arrechi una di- struzione troppo grande degli altri pesci. In grandi quantità vi sono del pari allevate le anguille, le quali vi entrano parte spontaneamente, parte vi vengono gettate in uno al resto della semente. Siccome nella maggior parte di queste valli, per la poca profondità l’acqua si gela durante l’inverno, non è possibile conservarvi il pesce più a lungo, cosicchè quello che vi entra 8 114 o vi viene gettato nell’ Aprile deve estrarsi al più tardi in Dicembre. Solo nelle valli maggiori, che offrono dei canali più profondi, riesce possibile uno svernamento del pesce. Questa poca profondità delle valli, che varia dai 50 cent. a 2 metri, fa sì che anche la salsedine dell’ acqua presenti non di rado grandi oscillazioni dopo pioggie prolungate, possedendo una densità di 1.010 e meno (in confronto della densità del mare aperto che è di 1.027 a 1.028); laddove durante l'estate l’acqua può concentrarsi siffattamente, da formare non solo ai margini delle valli delle rifioriture saline, ma ben anco da ricoprirsi d’ una crosta di sale. Del pari la temperatura, che d’ inverno scende persino sotto lo zero, giunge d’ estate a 30 e più gradi. Per pigliare il pesce nelle valli chiuse, usasi spingerlo per mezzo di piccole tratte verso una delle estremità della valle, ove non di rado trovansi dei congegni particolari, detti lovorieri o labirinti, fatti di graticci di canne, i quali disposti a pareti convergenti coll’ angolo del cono verso il canale della laguna, chiudono lo sbocco della valle. Quivi il pesce addensato, si estrae per mezzo delle guatte o delle voleghe. Buona parte della pesca ha luogo, specialmente nei canali aperti, coi Cogolli, al quale scopo si chiudono gli sbocchi per mezzo di serragli di canne. Il serraglio consta del pari di due pareti convergenti, coll’apertura verso la valle od il canale, mentre all'angolo formato da esse, trovasi assicurato un cogollo. Allorchè colla bassa marea I’ acqua defluisce, il pesce per non restar all’ asciutto, sfugge verso gli sbocchi, ove rimane preso nei cogolli. Siccome non di rado unitamente al pesce entrano nel cogollo anche de’ granchi (Carcinus maenas), i quali naturalmente fanno lauto banchetto delle carni dei poveri colleghi di prigionia, usano i pescatori visitare di tanto in tanto la rete, per vedere se qualche cosa vi sia già preso, al quale scopo non hanno mestieri che di sollevare il lungo palo, che sostiene I’ estremità del cogollo, e di slegare l’ultima camera del labirinto, in caso vi ei fosse alcuna preda. I pesci più comuni nelle lagune di Grado, sono le diffe- renti specie di cefali, più sopra citati, le passere, le sfoglie, i rombi, le orate, i guatti, le anguille, i branzini, ecc. cone I 115 Tra le valli ve ne sono molte di piccolissime, formate ap- pena da uno o due solchi d’ acqua, altre all’ incontro occupano aree considerevoli. Le principali sono quelle di Belvedere, della superficie di 75 campi, del Conte Colloredo; dell’Isola Gorgo nell’ interno delle lagune, misurante 30 campi, del Sig. A. Sea- ramuzza ; della Rota, con una superficie di 40 campi, di proprietà del Sig. N. Corbatto, ed un’ altra a poca distanza, degli eredi Boemo, di 30 campi. Il Cav. Erco con lodevole iniziativa, avea tentato alcune col- ture artificiali nelle valli Ratzelsberg, in allora di sua proprietà, ma pur troppo il risultato non corrispose affatto alle speranze con- cepite. L’ attuale proprietario, comprendendo bene che condizione precipua per un buon allevamento, si era il poter offrire ai pesci durante gli estremi della temperatura un luogo adatto allo svernamento, fece scavare un solco di tre metri e mezzo di pro- fondità, costruendovi al disopra una tettoja coperta di paglia, nel quale il pesce, viene rinchiuso durante i mesi più freddi. Per tal modo il pesce, che prima dovea venir estratto al più tardi dopo 8 o 9 mesi, vi può rimanere senza alcun pericolo per pa- recchi anni e giungere al suo pieno sviluppo. Annualmente vi vengono aggiunti diecimila pesciolini, ed altrettanti se ne estraggono delle gettate degli anni precedenti. Oltre ai pesci, attivissima è a Grado anche la pesca dei molluschi e dei erostacei. Ha luogo la prima specialmente d’in- verno, allorchè per le grandi secche restano all’ asciutto i vasti bassofondi, che cingono le lagune. Un gajo aspetto presentano allora quelle distese arenose, sulle quali accorre tutta la popo- lazione muliebre ed i fanciulli a far bottino delle varie specie di molluschi. Nude le gambe, con le vesti succinte, si vedono allora diguazzare per quelle umide pianure centinaja e centinaja di persone, allegramente cantando, senza curare I’ acqua ghiac- ciata ed i rigori della stagione invernale. Della quantità di tali molluschi possiamo facilmente farci un’ idea, se consideriamo il ricavato ottenuto, ad onta del prezzo bassissimo, pel quale ven- gono esitati. In quest’ anno si trasse dalla vendita del così detto cappame oltre a 1000 fiorini, il che darebbe sulla media di soldi quattro per 100 pezzi, la cifra considerevole di due milioni e mezzo di molluschi raccolti. Le specie che più frequentemente 116 vi vengono predate sono le seguenti: Biberazzo (Venus gallina), Mare (Scrobicularia piperita), Cappa tonda (Cardium edule), Cappa lunga (Solen vagina), Tabacchina (8. siliqua), Canestrello (Pecten glaber), Sgarzanel (Donax trunculus), ece. Anche di ostriche non fa difetto la laguna. Esse trovansi nei canali più profondi, a 6 fino a 15 metri di profondità, d’onde vengono estratte per mezzo di reti speciali, dette mussolere ; parte vivono in minori profondità, aderenti alle pietre lungo la riva, dalle quali vengono staccate colla mano. E qui crediamo opportuno di far menzione dei tentativi, pur troppo falliti, del benemerito Cav. Erco, per introdurre nelle lagune di Grado la coltura artificiale delle ostriche. Già fin dal 1863 egli aveva fatto alcuni esperimenti in proposito, in una località presso Grado, detta Trajo, i quali parvero spronare ad ulteriori studi. Sovvenuto dal Governo e dalla Camera di Com- mercio di Trieste, nonchè da diversi privati, egli diede maggiore estensione ai suoi esperimenti, scegliendo a tale scopo un altro sito presso Grado, detto Barena Campagnola, della superficie di circa 6 jugeri. Quivi egli fondò uno stabilimento sul modello di quelli esistenti a Regneville ed all’ Isole Hayling, chiuden- dolo tutt’all'ingiro mediante un argine alto 2 metri. Il mare aveva accesso all’ interno per mezzo di due chiaviche, le quali lasciavano entrare ed escire l acqua nel canale centrale. Da questo partiva una serie di canali secondari, che stavano in co- municazione con 57 bacini (claires) della profondità di due piedi. Per raccogliere i giovani embrioni delle ostriche, si adoperavano dei mattoni lunghi 24, e larghi da 8—10 centim. (¢avelle), uniti insieme per mezzo di calce idraulica, a mo’ di gradinata (collecteurs), i quali venivano disposti in vari gruppi in prossimità delle ostriche madri.* I risultati non corrisposero fatalmente alle aspettative, co- sì che lo stabilimento venne pochi anni più tardi totalmente abbandonato, ed ora ritrovasi quasi distrutto, parte dalle onde, che demolirono buona parte dell’ argine, parte dal fango che * R. de Erco: Sulla Coltura delle Ostriche e sulle Asterie o Stelle Marine. Trieste 1862. — Notizen über Austerneultur. Triest 1869. age riempi canali e bacini. Anche gli altri tentativi, che si fecero a Ravajarina, non ebbero migliori risultati, per il che nessuno più s’oceupö di tale questione. Nè di tali falliti esperimenti si può far carico al Cav. Erco, il quale, spinto dal più caldo entusiasmo per introdurre anche da noi una utilizzazione razionale del mare, cercò con ogni mezzo, e con gravi sacrifici pecuniari, di giungere allo scopo prefissosi. In tutte le scoperte, in tutte le innovazioni, rare volte toccano la meta coloro, che ardiscono fare i primi esperimenti perchè al solito, sia per l’imperfezione de’ mezzi usati, sia per difetto di denaro, quando sarebbe più necessario, devono lasciar a mezzo il lavoro incominciato. E la coltura delle ostriche è appunto uno di quegli acquisti della scienza, che richiesero forse più fatiche, più sacrifizi di quello, che a primo aspetto si cre- derebbe. Quante belle speranze e quante disinganni non si col- legano coi nomi di Oléron, di Marene, di Regneville, di Hayling ece.! Vi fu un tempo che tale coltura parve addirittura un as- soluta utopia, ed ancora nel 1874, il Signor Gareis si espri- meva in proposito colle seguenti parole: „Le ostriche hanno finora resistito ostinatamente a quasi tutti i conati di riproduzione ; tutti i nostri costosi stabilimenti per I ostricoltura alle coste della Francia, vennero abbandonati silenziosamente per il loro insuccesso, come prima romorosamente erano stati chiamati in vita; la coltura artificiale delle ostriche, eccetto quella primitiva per mezzo di pali, non si dovrebbe raccomandare ad alcuno, che vuole trarre un utile dal proprio capitale.“ (Utili. del mare, pag. 69.) Così scriveva or sono appena otto anni I’ egregio idrografo, che pur tanto si era occupato di allevamenti artificiali. Ma anche qui era il caso di ripetere l’antico adagio del ,,chi la dura la vince“, dappoichè al dì d’oggi la coltura delle ostriche, superate le prime incertezze e fatto tesoro delle osservazioni e delle esperienze acquistate, va sempre più estendendosi, dando non piccolo van- taggio a chi non si lasciò sbigottire da qualche primo cattivo risultato. Ad illustrazione di questo asserto basterà dire, che la sola coltura artificiale delle ostriche, dà in Francia un utile di oltre sei milioni e mezzo di fiorini, ossia un prodotto tre volte mag- 118 giore di quello, che si ricava da tutte le pesche insieme lungo i nostri litorali.* Cosi I’ Inghilterra non ostante I’ enorme con- sumo locale, che per la sola città di Londra giunge alla somma colossale di 300 milioni d’ ostriche all’anno, è in caso di espor- tarne per oltre a seicento mila fior. Da un recente rapporto della Società olandese per la coltura artificiale delle ostriche,** si rileva che il solo stabilimento di Oster-Schelda, quantunque non dati che appena da dieci anni, dà un prodotto annuale di 10 a 20 milioni d’ ostriche, ossia una rendita di oltre a 500.000 fiorini. Da noi all'incontro, dopo i primi successi infelici, si abban- donarono totalmente gli esperimenti senza neppur curarsi di inda- gare per quali cagioni non si avverarono le speranze concepite. Non si richiese se forse la scelta della località e I intero impianto non fossero stati per avventura sbagliati, e se le cause * A dimostrare il continuo progrediente aumento di tale produzione in Francia, non credo inopportuno di riportare qui i seguenti dati officiali. Dal Numero Numero 1.8 ni nia delle ostriche Valore delle Valore NS a ve pescate e delle stesse ostriche delle stesse 30 N sil deposte nei in franchi estratte dai in franchi Bene vari parchi varî parchi 1870—71 44.625.733 1.935.497 33.058.193 2.525.601 1871—72 66.978.516 3.552.107 66.538.103 7.078.154 1872—73 93.440.703 5.308.855 77.351 876 7.768.241 "1813— 74 96.006.271 4.375.535 104.731.350 7.727.000 1874--75 265.380.939 7.270.812 227.640.212 11:247.416 1875 —76 236.660.222 7.608.821 335.774.070 13.226.296 Le sole stazioni di Cancale e di S. Briene possono ora fornire all’anno 5!, milioni d’ostriche, 15 milioni ne dänno quelle di Courseulles, altret- tante quelle di Auray, 22 milioni quelle d’Arcachon, ecc. ** Die holländ. Gesellsch, z. Förder d. künst. Austernzucht in Bergen op Zoom, rg 119 preeipue del poco felice risultato non sieno piuttosto da cercarsi nella defieienza di eognizioni pratiche, che in tali eolture, oltre alle scientifiche, sono affatto indispensabili. Nessuno pensd di ri- petere gli esperimenti in qualche altra località, forse meglio adattata a tale scopo delle lagune di Grado, che per la poca profondità dei bacini e le susseguenti enormi differenze di tem- peratura nelle varie stagioni, nonchè per la difficoltata circolazione e lo scambio insufficiente dell’acqua, non presentano a nostro credere le migliori condizioni ad una coltura proficua di tali molluschi. * Un altra pesca non indifferente ha luogo a Grado durante i mesi di estate, cominciando dal Maggio, quella cioè de’ granchi (o masinette), dei quali ne vengono esportate grandissime quantità per le coste dell’ Istria, ove servono quale esca per attirare le sardelle. Sono specialmente le donne che si dedicano a tale occupazione, percorrendo durante la bassa marca i fondi melmosi della laguna. Allorchè l acqua risale, esse retrocedono, impri- mendo nel molle fango le loro impronte, o come usano dire, * Nella coltura delle ostriche devesi anzitutto tener conto di tre fattori principali: della qualità cioè dell’ acqua, della natura del suolo e del grado della temperatura. L’ acqua dev’ essere possibilmente pura e non troppo fram- mista ad acqua dolce, nè deve contenere troppe sostanze organiche in disso- luzione. Resta quindi esclusa ogni acqua stagnante, nella quale flusso e riflusso non si facciano sentire colla dovuta energia, onde ne nasce uno sviluppo eccessivo di alghe e d’ animali inferiori, che facilmente se ne vanno in pu- trefazione. Il suolo non dev’ essere troppo melmoso, nè albergare crostacei ed echinodermi, nemici capitali delle ostriche. Qualunque agitazione violenta sopra un fondo melmoso, produce di leggeri un intorbidamento della stessa, e quindi i sassi od i mattoni, ai quali devono attaccarsi i giovani embrioni, si ricuoprono d’ uno strato di limo o di fanghiglia, e non offrono più presa alle larve natanti. Nè dèssi sorpassare il momento termico, perocchè tanto una temperatura troppo bassa, che una troppo alta, riescono esiziali alle ostriche. Anche degli altri influssi climatologici fa d’ uopo tener conto, così forti venti e procelle, che turbano violentemente il mare e ne sconvolgono il fondo, ap- portano danni grandissimi, specialmente se la giovane prole trovasi ancora nuotante alla superficie del mare. Che queste condizioni, indispensabili per un prospero risultato, non si trovassero che in un grado molto problematico nelle lagune di Grado, appare chiaramente a chiunque si faccia a studiare la natura delle stesse. 120 facendo le zappeghe, dappoichè i granchi si trattengono di pre- ferenza in queste piccole depressioni. Esse prendono seco delle reticelle in forma di sacco, dette Cove, con l’apertura superiore tenuta aperta da un cerchio di vimini. Quando la cova è piena di granchi, usano vuotarla in un sacco più grande, detto Covone, che è senza cerchio e legato semplicemente con dello spago. In questi sacchi, che ripieni pesano 25 chilogrammi, vengono esportati i granchi, pagandosi soldi 80 il sacco. Come altrove anche a Grado esistono alcune società di pescatori, o per meglio dire d’incettatori di pesce. Siccome i pescatori sono solitamente gente povera, che si trova in una certa qual dipendenza da quest’ ultimi, in causa di antecipazioni ricevute, sono obbligati a vendere ad essi tutti i loro prodotti ad un prezzo fisso, che viene determinato al principio di ogni stagione. Essi sogliono dividere l anno in sei stagioni, cioè in quella d'inverno, di quaresima, di dopo pasqua, delle oradelle (primi di Giugno al 12 Luglio), d’estate (13 Luglio al 7 Settembre), e di San Michele (8 Settembre all’ 11 Novembre). Così p. e. per la stagione d’inverno di quest’ anno (1882), si fissò il prezzo del pesce minuto (guatti, anguille, passere, ecc.) a soldi 22 al Chilogramma, dei cevoli e delle orade piccole a s. 24, del branzino a 50, del rombo a 60, della sfoglia ad 80, ecc. A carico degl incettatori stanno le spese di trasporto del pesce e della vendita. Presentemente ci sono a Grado due società, ognuna delle quali possede un dato numero di barche e di marinai addetti pel trasporto del pesce a Trieste. Il netto ricavato va diviso nel modo seguente: Ogni padrone percepisce una parte per i crediti esposti, per barche, attrezzi, ecc. inoltre una parte per ogni mille fiorini versati nella cassa sociale, mentre i ma- rinai non ricevono per le loro prestazioni che un’ unica parte. CAPITOLO VIII. Colture ed allevamenti artificial. Finchè l uomo errava nomade pastore per la vastità della terra, non facea d’uopo alcuna coltura, ed Abramo volgeva ad oriente, se a Lot piaceva pascere le sue greggie in ponente. Ma coll accresciuta popolazione, i mezzi naturali del suolo non bastavano più alle novelle società, e quindi fu mestieri che si pensasse alla sua coltura, spingendolo a maggiore produttività. Coll’ agricoltura si sviluppò di pari passo la coltura razionale degl’ animali, ed il benessere e la prosperità e l’intero avvenire dell umana famiglia, sono fondati esclusivamente sulla soluzione del primissimo e più importante problema di economia nazionale, l'accrescimento delle produzioni del suolo, indispensabili al continuo, progrediente incremento dell’ umana società. Non è per altro al solo terreno asciutto, che noi chiediamo i mezzi per l’esistenza. Più di due terzi della terra sono rico- perti dagli oceani, ed in essi vivono e s’ agitano le multiformi famiglie de’ natanti, ed ivi brulicano nelle profondità immensu- rate le infinite legioni di esseri microscopici, che preparano con lento lavorio nuove isole nasciture, nuovi continenti, che forse dopo miriadi di secoli vedranno la luce del sole. Che quantità enorme di sostanze alimentari non si trova diffusa in que’ liquidi strati, e quali immense estensioni di terreno colti- vato ci occorrerebbero, per sostituire le messi, che si traggono dal mare ! La vastità dei mari e la loro grande ricchezza, non resero necessaria una coltura sistematica degli organismi, che albergano in essi, se non quando per le continue, estesissime pesche, il prodotto che se ne ritraeva, cominciò a scemare. E quindi accanto alla coltura del suolo si pensd anche alla coltura delle acque, e si costruirono piseine e vivai, dove gli animali, trovando copia di nutrimento e condizioni vantaggiose per I’ esistenza, prosperavano meglio, che non nel mare aperto. Già prima della guerra marsica, i Romani costrussero vivai per allevarvi il pesce e varie specie di molluschi, e come primo ricordasi Sergio Orata (che appunto prese il cognome dal pesce omonimo), il quale ne fondò uno a Baja per tenervi le ostriche.* Fulvo Irpino ne stabili poco appresso un altro a Tarquinia, nel quale le varie specie coltivavansi separatamente, così le bianche dal- l’agro reatino, le illiriche dall’ Adria, lodate per la grandezza (cujus magnitudo praecipua), le africane per la fecondità, le solitane per delicatezza e morbidezza delle carni. Indi venne di moda, che i signori tenessero vaste piscine, così i Filippi, gli Ortensi, ecc. Lucullo giunse persino a tagliare presso Napoli un monte, per farvi entrare il mare, onde non a torto Pompeo Magno appellavalo il Serse togato. Della vastità di tali piscine e della copia d’ animali contenutavi, si può farsi di leggeri una idea, allorchè si legge che C. Irio imbandi alle sue mense, in occasione del trionfo di Cesare, non meno di 6000 murene, tratte da’ suoi vivai speciali (murenarum vivarium), e che Catone, tutore di Lucullo, vendette una piscina del suo pupillo per 400.000 sesterzi! E per vero, sfogliando gli scritti degli antichi, si resta stupiti del poco progresso, direi anzi piuttosto regresso, che nei due mila anni, che ci separano dalla gloria di Roma, si fecero in fatto della coltura del mare. Quand’ io leggo in Columella i capitoli, che trattano delle peschiere e del modo di nutrire i pesci, ** e confronto le condizioni di allora, con ciò che oggi- giorno si pratica lungo le nostre riviere, non trovo certo ragione d’insuperbire del presente, e penso con dolore al tempo in cui sl Istria era coperta d’ ulivi, ornata di segeti, abbondante di = Plin. : Est mat, I) ER 54, ** De Re Rustica L. VIII C. 16 e 17. 123 viti, d’onde come da tre mammelle, abbondantissimo fluiva con desiderabile fecondità ogni prodotto“; al tempo in cui era detta „la Campania di Ravenna, la dispensa della città reale, volut- tuoso e delizioso diporto, progrediente verso settentrione con mirabile temperatura d’aere, ricca di Baje, nelle quali il mare ondoso entrando nelle concavità del terreno, s’ arrestava placido in bella forma di stagni, celebri per la quantità dei crostacei e per l’ abbondanza de’ pesci, ove numerose si vedevano le piscine (piscinae neptuniae), nelle quali anche cessando I’ industria nascevano spontanee le ostriche, onde non occorreva alcuno studio nel nutrire, nè incertezza nel pigliare le cose delicatissime“.* Ben poco si può dire al dì d’ oggi delle nostre colture del mare, le quali si restringono unicamente nel gettare il novellame di primavera in alcune valli chiuse, per estrarnelo nell’ autunno, non concedendo la poca profondità uno svernamento del pesce negli stagni. Di queste valli le più estese sono quelle di Grado, sulle quali abbiamo già detto a sufficienza nel capitolo pre- cedente. Anche la nostra coltura delle ostriche trovasi in uno stato primitivo e non giunge neppure a quanto fanno i Cinesi, per assicurarsi questo prodotto importantissimo del mare. Tutta la nostra coltura si restringe nel conficcare nell’ acqua in prossimità della riva una certa quantità di pali, e di lasciarveli immersi per 3 o 4 anni, affinchè le ostriche vi si possano posare. Sebbene questi pali vengano piantati qua e là a casaccio, rimettendo affatto alla sorte l’attaccarvisi delle ostriche, non sono rari i casi, che sur un unico palo si raccolgano 200, 300 e più ostriche. Ma quanti embrioni non vanno perduti, non trovando alcun sito acconcio, ove posarsi, quanti non vengono divorati dai pesci, o gettati alla riva dal movimento dell’ onde! Una coltura razionale delle ostriche potrebbe dar utili enormi, come si è il caso in Francia ed in Inghilterra, ove il prodotto delle ostriche giunge a parecchi milioni. Un ingegnere tedesco fece l’anno scorso al governo la domanda di potere stabilire dei * Cassiodoro: Epist. XXII, 22 — (Anno 588 d. C.). 124 banchi d’ ostriche lungo i nostri litorali, a somiglianza di quelli, che recentemente furono costrutti nel mare del Nord e nel Baltico. Varie cause, ed in primo luogo le difficoltà incontrate per acqui- stare la permissione dai singoli comuni, ai membri dei quali spetta entro la distanza di un miglio marittimo dalla spiaggia l’ esclusivo diritto di pesca, non permisero che tale industria si svolgesse anche da noi, quantunque non dubbio sarebbe stato il vantaggio che se ne avrebbe ricavato. Lungo la nostra costa non esiste che un piccolo numero di vivai o di stagni ridotti a peschiera, ed anche questi in uno stato del tutto primitivo. Così evvi in Istria a Strugnano, presso Isola, la peschiera del Sig. Vatta, della superficie di circa 28 Jugeri. Uw altra presso Umago, trovasi al presente abbandonata, al pari di parecchie altre, che anticamente avvivavano questo lido, come si può giudicare dalle scogliere e dagli altri ruderi tuttora esistenti. Presso a Pomer, nel Golfo di Medolino, giace la così detta Chiusa degli Olmi, appartenente alla mensa vescovile di Parenzo, d’una estensione considerevole, ma tenuta in un modo degno dei tempi preistorici. Ancor più rari e più mal tenuti sono i vivai della Dalmazia ai quali, per vero, non si può neppur dare tal nome. L’ unico che meriti uno speciale ricordo, si è quello presso Traù, appartenente al Sig. Cattalinich, di circa 25 jugeri, nel quale per la felice posizione potrebbero prosperare grandissime quantità di pesce, laddove al di d’oggi, non si ritrae, che un esiguo prodotto di cefali, branzini, guatti, rombi, anguille, ece. Eppure quanti luoghi acconci non si presentano a chiunque si faccia a considerare le nostre sinuose riviere, i lunghissimi canali, i vasti tratti di mare, rinchiusi tutt’ all’ intorno da lingue di terra, in guisa da apparire quasi altrettante peschiere natu- rali, che unicamente attendano il momento, che anche da noi si desti lo spirito d’ intraprendenza, per supplire alla sterilità del suolo coi tesori, che celano nel loro grembo ubertoso! Ma colle condizioni presenti e collo stato d’ignoranza dei nostri pescatori, difficilmente potrà prendere la pesca in questo riguardo uno sviluppo maggiore, se persone intelligenti ed at- tive, sorrette validamente dall’ appoggio governativo, non vi daranno il primo impulso, dimostrando così di quali miglioramenti sieno suscettibili l’industrie pescareccie. 125 Anzitutto sarebbe mestieri d’ istituire una società, la quale a somiglianza di quella tanto proficua, esistente alle coste del Baltico, avesse da studiare accuratamente le condizioni locali delle nostre riviere e proporre i mezzi, onde fondare delle stazioni esperimentali. La Commissione Adriatica, istituita dall’ Accademia delle Scienze di Vienna, per investigare il nostro mare, non fu in caso di estendere le proprie ricerche, oltre ai fenomeni meteorologici, anche alle condizioni biologiche dell’ Adria, per il che le nostre cognizioni in proposito sono ancora limita- tissime. Compito quindi della società da crearsi, sarebbe di colmare questa deplorevole lacuna, e di diffondere le cognizioni intorno alla vita ed alle abitudini dei pesci e degli altri organismi marini, mercè le quali verrebbero tolti i molti pregiudizi, che fatalmente ottenebrano ancora I intelletto de’ nostri pescatori. Uno dei mezzi più efficaci sarebbe inoltre l'istruzione pratica nell’ arte della pesca, impartita da qualche maestro ambulante (come già da parecchi anni con grande vantaggio avviene per l'agricoltura), il quale recandosi annualmente a visitare i vari distretti della costa, vi avesse a tenere delle lezioni, insegnando i metodi più razionali di pesca ece. Del pari sarebbe somma- mente desiderabile, che si stabilissero dei premi, o si dessero degli altri incoraggiamenti (come con tanto vantaggio avviene in Francia), a chi introdurrà qualche utile innovazione nei modi di pesca finora usati lungo i nostri litorali, od a chi cercherà di promuovere nel nostro mare qualche allevamento artificiale. Così protetta da leggi corrispondenti ai bisogni reali, sor- retta energicamente dall’ appoggio del governo, illuminata e guidata dai saggi consigli di uomini volonterosi ed attivi, la pesca potrebbe rifiroire nuovamente e ricompensare largamente le fatiche e le spese sopportate. | | | ea i m so i ze CAPITOLO IX. Preparazione del prodotti del mare. Non tutto il prodotto della pesca viene consumato fresco; buona parte subisce varie preparazioni, per le quali diventa atto a conservarsi per un tempo più o meno lungo. Il metodo più primitivo, usato ancora su alcune isole del Quarnero e della Dalmazia, si è quello di asciugare semplicemente al sole le varie specie di pesci e di cefalopodi, dopo d’ averli liberati dalle interiora. Per tale scopo si prestano principalmente i gronghi, le murene, i barboni, varie specie di pesci cani e di raje, i folpi, le seppie, i calamari, ecc.* Il modo di conservazione più diffuso, si è la salatura, per la quale vengono adoperate le sardelle, i sardoni, le menole, gli sgombri ed i lanzardi. La loro preparazione ha luogo nel modo seguente: Sul fondo del barile si getta un piccolo strato di sale, indi si stivano le varie specie di pesci in file alternanti per modo, da riempire tutti gl’ interstizî rimasti tra pezzo e pezzo. Ogni due file si stende uno strato di sale, procedendo con tale operazione finchè il barile trovasi riempiuto. Di tanto in tanto le file vengono compresse per mezzo di un legno, infe- * Nella Dalmazia meridionale trovansi spesso al mercato grandi cataste di pesce asciutto, le così dette scoranze (Alburnus scoranza), provenienti dal Lago di Scutari e dalla Bojana. 128 riormente arrotondato, detto fracca. Quando il barile trovasi ripieno, vi si pone sopra un grosso peso affinchè il pesce venga maggiormente compresso. Con ciò ha termine il primo stivaggio. Sotto il peso però il pesce cede a poco a poco, e perciò dopo alcuni giorni fa mestieri aggiungervene del nuovo (secondo sti- vaggio o come anche suol dirsi dare il colmo). Quest’ operazione fa d’uopo ripeterla per tre volte, finchè il pesce, completamente compresso, più non cede ed è divenuto saldo. I barili rimangono aperti per circa tre mesi, aggiungendosi di tanto in tanto della salamoja, affinchè il pesce si mantenga morbido. Un lavorante arriva a salare giornalmente fin venti barili. I pescatori ricevono il sale per tale scopo ad un prezzo di favore, pagandolo a fior. 3.971/,—4.641/, il quintale metrico secondo i differenti distretti. Nella salatura usasi l'avvertenza di lasciare lo sgombro ed il lanzardo per uno o due giorni all’ aria prima di porlo nella botte, affinchè divenga un po’ frollo, mentre le sardelle devono venir preparate immediata- mente. Nella pesca di quest’ ultime è perciò necessario che le barche prendano seco i barili ed il sale, quando si recano alle poste più lontane. L’industria della salatura del pesce forma per alcuni distretti, specialmente delle isole dalmate, un’importantissima occupazione. L’ isola di Lissa emerge in questo riguardo, pro- ducendone annualmente oltre a 10.000 barili, che vengono esportati per Trieste, la Grecia, le Puglie, la Germania, ece. ecc.* Un barile contiene a Lissa in media 1200 a 1600 sardelle, essendo queste di maggiori dimensioni, che non negli altri di- stretti, ove in un barile possono trovarsi fin 2200 pezzi. Un * Quantunque abbastanza considerevole, pare tuttavia di molto diminuita tale industria lungo le coste dell’ Istria, quando si legge che nel 1692 il Senato veneto accordava al comune di Rovigno 50 moggia di sale all’ anno, quantità, che venne gradatamente aumentata fino a 360 moggia nel 1753. Ora calcolato il moggio a 24 staja venete, e lo stajo a 67 chilog., e detratto un terzo del sale per gli usi domestici ed agricoli, rimane ancora una quantità sufficiente per salare almeno 30.000 barili, mentre la produzione presente ascende tutt’ al più a 5000 barili. | 129 barile di sgombri ne contiene eirca 400.* Oltre ai barili grandi si preparano anche dei barilotti da 100 a 150 sardelle. Il prezzo di un barile varia secondo la ricchezza del pescato da 15 a 22 fior., laddove quello d’un barilotto è di circa fior. 3.20 a 3.50. Allorchè trattasi di vendere una partita di sardelle, i compratori od i sensali, per accertarsi della bontà del prodotto, usano infiggere nella massa del pesce una sottile asta di legno (speronare il pesce), riconoscendo dall’ odore se qualche parte per avventura fosse divenuta rancida. In egual modo vengono preparate anche le menole, che però giungono in commercio solitamente in barili più piccoli. Un barile di pesce salato bene condizionato, può durare due a tre anni, purchè si usi la precauzione di aggiungervi di tanto in tanto della nuova salamoja. Una volta aperto, deve però venir consumato rapidamente, se non vuolsi che le file superiori vadano a male. Per ovviare ad un tale inconveniente, basta aggiungere ai barilotti delle sardelle una piccola quantità d’olio (30—40 decagrammi), mercè la quale essi si conservano meglio e per più lungo tempo, senza presentare molta differenza nel prezzo relativo (f. 3.80 per barilotto). Una specialità di Lissa è il pesce salato, preparato in olio all’ uso di Nantes. Per tale preparazione vengono scelte le sardelle pescate colle reti da imbrocco, come quelle che sono meno lese. Levate le teste e pulite le squame, i pesci vengono dapprima salati in appositi barilotti, e quindi posti entro scatole di latta colla necessaria quantità d’olio di Nizza.** Chiuse ermet- * Gli sgombri sono più pregiati dei lanzardi, nel commercio però pas- sano anche quest’ ultimi sotto il nome dei primi. ** Questo modo di preparare le sardelle va acquistando sempre maggior diffusione, offrendo grandi comodità, specialmente per i viaggiatori. Il solo Sig. Topich di Lissa esporta annualmente più di 500 barilotti di sardelle in olio e 3 a 4000 scatole, di cui circa 2500 di sardelle, 1000 di acciughe e 500 di sgombri. Anche il Sig. Buceich, sulla medesima isola, si dedicò recentemente a quest’ industria, 130 ticamente, queste scatole possono conservarsi per un tempo illimitato, acquistando anzi nel sapore.* L’ognor crescente consumo di conserve alimentari, dovea spingere naturalmente qualche operoso industriale a tentare anche sulle nostre coste la confezione di tali prodotti. (Già nel 1861 si fecero i primi esperimenti in proposito a Gelsa sull’isola di Lesina ed a Fiume, che per altro non corrisposero alle aspettative, per il che dopo pochi anni vennero abbandonati. Nel 1872 però venne fondata dal sig. Warhanek una nuova fabbrica a Barcola presso Trieste ed un altra a Grado, per la preparazione delle sardelle in olio, ad uso di Nantes, le quali per la bontà del prodotto acquistarono in breve il favore gene- rale. Recentemente vennero erette alcune altre fabbriche di tal genere a Duino, ad Isola e a Rovigno. Le fabbriche tengono i loro proprî agenti, i quali comperano le sardelle dai pescatori ad un prezzo che varia dai 3 ai 4 fior. il mille. La confezione delle sardelle è piuttosto complicata, se consideriamo che ogni scatola deve passar per diciasette mani prima di esser posta in commercio. Si prescelgono le sardelle pescate colle reti da posta, essendo meno lese di quelle pigliate colle tratte. Appena giunte allo stabilimento, vengono loro levate le teste e le interiora; si lavano quindi dal sangue e si pongono in canestri unitamente ad una certa quantità di sale. Dopo otto ore si tornano a lavare accuratamente in acqua di mare e si pongono ad asciugare all’ aria sopra graticole speciali, che contengono circa 150 pezzi. Se il tempo è umido o piovoso, e quindi non permette una rapida essicazione, vengono trasportate in un apposito locale, ove per mezzo di un calorifero si produce un’ intensa ventilazione, che in poche ore asciuga? il pesce al grado richiesto per le ulteriori preparazioni. Le sardelle passano quindi in grandi caldaje ripiene @ olio, nelle quali vengono arrostite. Un’ importante innovazione venne or ora introdotta nello stabilimento Warhanek d’ Isola. Invece di riscaldare l'olio * Le scatole maggiori poste in commercio contengono 12 a 15 pezzi e costano soldi 45; nelle minori ve ne sono 6—8 prezzi e valgono 30 soldi. pe rar md 131 coll’ azione diretta del fuoco, esso viene portato all’ ebollizione per mezzo del vapore. Il vapore generato da una macchina speciale & condotto nelle caldaje mercè dei forti tubi, ravvolti a spirale, nei quali esso trovasi sotto una pressione di 12 atmosfere, affine di elevare alla voluta temperatura I olio conte- nuto nelle caldaje. In queste vengono immerse le sardelle unita- mente alle graticole, che servirono per l’essicazione. Al fondo di ogni caldaja trovasi uno strato d’acqua, la quale accoglie tutte le immondizie, che per caso colassero dalle sardelle, per il che l'olio rimane sempre puro. Allorchè le sardelle sono sufficien- temente arrostite, si estraggono dalle caldaje e si trasportano sopra tavoli coperti da lastre di zinco, ove comincia lo stivaggio nelle scatole. Queste sono di varia grandezza e contengono da 5 fino a 50 sardelle.* Le scatole ripiene sono stivate in un grande cassone, che si colma di olio e nel quale rimangono solitamente ventiquattro ore. Quindi per mezzo di un rubinetto si lascia scorrere dal cassone l’olio superfluo e si estraggono le scatole, le quali passano in mano del bandajo per essere stagnate. Finalmente ha luogo I’ ultima ma importantissima mani- polazione, che consiste nel riscaldare le scatole in grandi caldaje al bagno maria, ove rimangono per alcune ore ad una tempe- ratura di circa 100 gradi. Recentemente vennero sostituite, alle caldaje aperte delle pentole papiniane, nelle quali I’ ebollizione dell’ acqua avviene più rapida. Durante quest’ operazione le scatole per la rarefazione dell’ aria contenutavi, si gonfiano, ma se la chiusura era ermetica, o ‘non vi erano altri difetti nella confezione, riacquistano la loro forma anteriore. Quelle che rimangono gonfie o lasciano colare I olio, sono tosto scartate. Levate dalle caldaje, vengono accuratamente pulite, e fornite delle rispettive etichette, passano in commercio. ** * Esse vengono fabbricate negli stessi stabilimenti con latta importata dell’ Inghilterra. ** Un’ innovazione, che mi sembra molto pratica, fu introdotta que- st’ anno in riguardo al modo di aprire le scatole. Col metodo finora usato si correva pericolo di sciupare le sardelle tagliandole colla punta del coltellino o delle forbici, Ciò viene presentemente evitato adoperando una specie di 132 Allo stesso modo vengono preparati anche gli altri pesci e gli scampi, dei quali per altro si occupa soltanto la fabbrica di Duino, le altre si limitano alle sardelle. Per queste pre- parazioni si adopera unicamente olio di Bari (quantunque ag- gravato dal dazio di f. 2.48 in oro per quintale), non potendo l’olio dell Istria e della Dalmazia servire a tal uopo in causa del forte odore. È veramente da deplorarsi che le nostre pro- vincie, per eccellenza oleifere, non adottino i metodi perfezionati di spremitura dell’olio, in uso nelle altre parti d’Italia e di Francia, che fornendo un prodotto più buono, darebbero in pari tempo un utile di gran lunga maggiore di quello, che si ritrae oggigiorno. Quantunque tale industria presso di noi possa dirsi ancora ne’ suoi primordi, tuttavia è abbastanza considerevole la relativa produzione, che supera il milione di scatole all’ anno. Che il consumo di questi preparati vada estendendosi di giorno in giorno, soppiantando le produzioni francesi, lo dimostra il fatto, che quasi tutto il prodotto viene consumato nell’ interno, mentre solo una piccolissima parte giunge all’ esportazione. Per le scatole esportate, il ministero concesse non ha guari una rifusione del dazio sulla latta, che importa fiorini 8 in oro al quintale, e sarebbe da desiderarsi che tale abbuono venisse esteso anche al dazio sull’ olio e sul piombo. Le fabbriche godono il medesimo prezzo di favore del sale degli altri pescatori, che l’adoperano nei soliti metodi di salatura. Qua e là s' usa del pari preparare altre qualità di pesce, specialmente il tonno e la palamida, ponendolo dopo arrostito in vasi con dell’ olio. Così a Trappano suolsi preparare i barboni, friggendoli in olio e chiudendoli poscia in grandi vasi di latta, contenenti 8—10 chilogrammi, coll’ aggiunta di una salsa d’olio, aceto e rosmarino. Con tali metodi primitivi non si può però conservare il pesce che per brevissimo tempo. chiave, sulla quale si attortiglia il coperchio della scatola. A tale scopo è la- sciato sporgente ad un angolo un pezzo di latta. Ad ogni 10 scatole si unisce gratuitamente una chiave, 133 Una specialità di Trappano e di Macarsca sono le così dette bottarghe, che si estraggono dai cefali, allorchè pregni di uova, discendono nell’Agosto dal Narenta, per andar a deporle nei fiumi dell’ Albania. A Trappano se ne pigliano in media 15,000 chil. all’ anno, i quali servono al consumo locale, e dai quali si estraggono circa 300 chil. di bottarghe. Sono queste le ovaje molto grosse, che vengono asciugate ed affumicate e quindi spalmate d’ olio, conservandosi mangiabili per alcuni mesi. Pre- parate meglio ad uso caviale, potrebbero dare un prodotto di gran lunga superiore e gustosissimo, quantunque nell’ interesse generale molto più opportuno sarebbe il vietarne assolutamente la pesca, in vista dell’ enorme sproporzione tra il grande danno arrecato colla distruzione di tanti miliardi d’uova, e I’ esiguità del prodotto, che giunge appena a qualche migliajo di fiorini. PTE Ahi: 1), (TR del >) x n ue? 4 Ho Ni aw u x ur vun A | Sian | È | tie fA ache j U + ba vba leg rita tiri les era E: iow?) alé tot A LE Ve dure Gis IAA A | ee JAPITOLO X. Nemici della pesca 6 provvedimenti richiesti Nessuna famiglia d’animali ha da sostenere più dei pesci lotte si accanite per I esistenza, ed ove dalla natura non fossero forniti di una fecondità eccezionale, ben presto i loro numerosi sciami scomparirebbero dal liquido elemento. Così già avvenne dei grandi cetacei, la cui propagazione non è sì rapida come quella de’ pesci, che, cacciati spietatamente, cercarono |’ ultimo loro rifugio tra gli algenti ghiacci del polo, ove l’insaziabile avidità dell’ uomo prepara loro in un non lontano avvenire l estremo eccidio. Ovunque si volga, il pesce trova dei nemici, che attentano alla sua esistenza: e non appena sgusciato dall’ uovo, gli si apre la tomba nelle fauci di qualche adulto fratello; sfuggito al dente edace de’ suoi simili, cento braccia di crostacei si celano tra I’ alga insidiatrice, desiose di stringerlo in un amplesso letale. Quel vago fiore, che l’invita ad accostarsi col molle ondeggiamento delle variopinte ciocche de’ suoi cirrì, gli lancia incontro mille dardi avvelenati, soffocandolo tra le sue spire omicide. E sul suo corpo e sulle sue branchie e nella sua bocca e ne’ suoi visceri e ne’ tortuosi canali del suo naso, innumeri parassiti lo rodono continuamente, nè sfuggir può mai Il erudo assillo, che s’infigge dentro 136 Alle sue carni e coll’ aguzza punta Aspro dolore in lui destando, pazzo Or quinei or quindi per l’immenso flutto Lo caccia trambasciato, e boccheggiante Fuor del salso elemento in sull’ arena Lo sbalza, o contro alla cornute navi Con furor lo sospinge, e disperato Nei profondi del mar lo tragge a morte.* Oppiano : Della pesca L. II. Se noi confrontiamo i mari del Nord col nostro Adriatico, ci apparisce tosto la grande differenza tra le loro condizioni piscicole; che mentre in quelli è molto limitato il numero delle specie, il nostro mare ne alberga una quantità considerevole, la quale si oppone ad una preponderanza dell’ una o dell’ altra specie, come avviene nei mari settentrionali, ove gl’ innumeri sciami di aringhe, di merluzzi, di sgombri e di pochi altri pesci, formano quasi gli esclusivi oggetti di pesca.** Una quantità di specie molto voraci distrugge giornalmente nell’ Adria enormi masse di pesce, e siccome la maggior parte di esse non offre che una carne di poco o di nessun pregio, non vengono che raramente cacciate, e quindi s’ accrescono sempre di più a danno grandissimo delle altre specie. Non meno di ventitrè specie di Squali infestano le acque del nostro mare, alcuni dei quali giungono ad una lunghezza di quattro a cinque metri. Eccetto alcune poche specie, tutte le altre non vengono mangiate, e quindi i pescatori non si dànno * Della quantità di parassiti che vivono sopra e nei pesci, e negli altri animali marini, si può farsi un idea sfogliando i cataloghi dei vermi e dei crostacei parassiti, pubblicati dal Molin e dal Diesing, (negli atti dell I. R. Accademia delle scienze), dal Ricchiardi (Cat. sist d. crost. ecc. Pisa 1880), ecc. Speciale importanza pel nostro mare hanno i lavori di A. Valle, (Crost. parass. dei pesci del mare Adr. — Boll. Soc. Adr. VI. p. 55, e VII. p. 245.) e l’ enumerazione di M. Stossich (op. c. VI. pag. 250, e VII. p. 212). ** Così secondo R. Collet (Norges Fiske. Christiania 1875) il mare della Norvegia non possede che 157 specie di pesci, mentre il Giglioli cita dai nostri mari ben 517 specie! rn asi iii ag 157 aleuna cura di pigliarle, tanto più che non di rado in tali pesche corrono rischio di vedersi straceiate le reti.* Dei danni apportati alla pesca per parte de’ delfini, abbiamo gia parlato altrove, e quindi non possiamo che ripetere il desiderio di veder attivata una caccia sistematica di tali predoni, per la quale oltre alle reti ed alle fiocine (Delfiniere) potrebbero servire anche armi da fuoco, allorchè essi seguendo i navigli, saltano fuori dell’ acqua. Nemici capitali delle ostriche e degli altri molluschi sono gli echinodermi, i quali ne distruggono grandissime quantità, attaccandosi ai gusci e succhiandone il contenuto. Essi vengono pescati casualmente in numero strabocchevole colle reti a stra- seico; non avendo però alcun valore, si gettano nuovamente in mare, mentre più opportuno sarebbe I’ annientarli, oppure I’ ado- perarli quale concime. * A diminuire possibilmente il numero dei pesci-cani, pericolosi d’al- tronde anche all’ uomo, il Governo marittimo stabiliva colla sua notificazione 1. Aprile 1872, dei premi per la presa del Carcharodon Rondeletii M. H., e cioè : fior. 500 per un pesce della lunghezza di quattro o più metri, se pigliato in una spedizione a tal uopo intrapresa, altrimenti fior. 100; fior. 100 per un pesce da uno a quattro metri, se preso in una spedizione insinuata, altri- menti fior. 30; ed infine fior. 20 in ogni caso, per un pesce al di sotto di un metro. La lusinga di questi premî spinse i pescatori ad una caccia abba- stanza attiva di tali predoni, cosicchè non pochi ne vennero presi. Dei 53 pesci-cani presentati per determinazione al nostro Museo dall’Aprile 1872 a tutto Luglio 1882 appartenevano alle specie Carcharodon, Rondeletn-M. Hee 3 8) a Not Oxyrrhina Spallanzani Raff. „ 23 Ddantaspiscterog Ae, Vo ee eB , DATEN SOME EI OR RON EEE EN e 9 Notidanus* prensa Cum. ist m. el Bronalons lannarBası Te) ua en 2 > MORE PMP TA a era Li'oucot an à. dl La lunghezza degli esemplari appartenenti alla specie posta all indice, variava da metri 1°46 a 5:30, sorpassando 7 la lunghezza di m. 4. L’ Oxyrrhina Spallanzani più lunga, giungeva a metri 3:50. 158 Ma ben più funesto di tutti questi nemici alla propagazione dei pesci, si è l uomo, egli che dovrebbe averne ogni cura, che con ogni mezzo dovrebbe procurare il loro accrescimento. Coi suoi metodi irrazionali di pesca, colla sua noncurante imprevidenza, colla sua fatale avidità di lucro, egli distrugge a proprio danno milioni e milioni di organismi, che gli potrebbero dare un utile incalcolabile. Generale si è il lagno dei nostri pescatori per la progrediente diminuzione della pesca, senza però che alcuno si faccia ad indagarne le cause ed a ricercare i mezzi per oppor- visi validamente. Mentre tutto a noi dintorno si scuote e si agita alla formidabile parola del progresso, e la scienza scruta i misteri della vita, distruggendo gl’ inveterati pregiudizi e schiudendo muovi vastissimi campi all’ attività dell’ uomo, e l’arte centuplica le forze, e con infiniti modi si accresce la produttività del terreno, noi sediamo immemori ed indifferenti alle sponde del nostro mare, che dovrebbe esserci fonte di ricchezza e di prosperità, spargendo, prefiche incresciose, inutili lamenti sulla misera condizione delle nostre industrie pesca- reccie ! Se per opporsi alla distruzione della selvaggina e dei pesci d’ acqua dolce, vennero emanate leggi severe, che ne tute- lano l’esistenza, quanto più diritto non avrebbero da reclamare dei provvidi regolamenti le nostre istituzioni pescareccie, le quali se ne giacciono tuttora in uno stadio primitivo e di totale abbandono, in mano per lo più di gente ignorante che I esercita nel modo che più le talenta, senza punto curarsi dell’ avvenire. L'opinione generale dell’ inesauribile riechezza del mare fece sì, che superflua si credette qualunque restrizione della pesca, mentre per le acque de’ fiumi e de’ laghi ogni stato ha emanato una serie di leggi, che stabiliscono TV epoca ed il modo della pesca. Da noi la pesca si regola più secondo le vecchie consue- tudini che dietro leggi fisse, le quali rimontano ancora al prin- cipio di questo secolo. Sebbene nel 1835 si facessero alcuni tentativi per ordinarne la legislazione, e varie ordinanze, non di rado contradittorie, venissero emanate di tanto in tanto; vige ancora di fatto lungo i nostri littorali, e specialmente in Dal- mazia, il provvedimento Dandolo (1808), il quale contiene molte ST ee 139 lacune ed avrebbe bisogno d’ essere riformato ed ampliato secondo le esigenze moderne.” * Caratteristiche mi sembrano le parole d’ introduzione di questo regola- mento: ,Considerando che, per la mancanza di provvidi regolamenti la pesca, naturale sorgente di ricchezza per la Dalmazia, è giunta ad estrema deca- denza, con danno gravissimo della provincia, ecc. ece.* Secondo questo rego- lamento, la pesca delle sardelle era permessa solamente durante i quattro scuri di Maggio, Giugno, Luglio ed Agosto (§. 1). La pesca non doveva prin- cipiare che il quarto giorno dopo il plenilunio e terminare nel primo quarto della luna ($. 3), restando però vietato di accendere il fuoco anche nelle venti notti di scuro nelle ore in cui splendesse la luna ($. 4). La pesca degli sgombri, dei lanzardi e dei suri era permessa anche durante i due scuri di Aprile e Settembre ($. 10) ; quella delle sardelline si concedeva colle stesse modalità dal Maggio a tutto Ottobre ($. 12). L’uso delle sardellare (voighe) era di molto limitato ($. 14, 15, 16, 21). Varie altre disposizioni ve- nivano contemplate circa i broschetti (§. 23—29), I’ uso delle tratte invernali (§. 30. 31), la pesca delle angusigole e dei gavoni (31, 32), indicando le operazioni dannose alla pesca, quali l accendere i fuochi sulle punte, il fare strepito, lo stender le vele, ecc. mentre si esercita la pesca delle sardelle (§. 34), il gettar sassi o calce nelle valli {$. 35), I’ uso degli spaventi in certe epoche determinate (§. 36—39) ecc. ecc. I contravventori di queste di- posizioni erano condannati alla pena del carcere da 8 giorni fino a 6 mesi, ed a multe da 40-a 300 lire (§. 43—50). — Il regolamento del 1835, tuttora in vigore, non contiene, eccettuata la proibizione assoluta della cocchia ($. 2), che disposizioni generali, o di natura giuridico-amministrativa, dichiarando la pesca di mare libera ai nazionali, assicurando però l'esclusivo diritto entro il miglio marittimo agli abitanti della costiera ($. 1). Quest’ ultima disposi- zione è altresì chiarita maggiormente dalla notificazione 27 Gennajo 1837. Una posteriore delucidazione venne data dalla luogotenenza di Zara (6 Gen- najo 1863) e di Trieste (30 Gennajo 1863) intorno al $. 2, concepito troppo vagamente, vietando assolutamente la pesca del novellame durante i mesi di Febbrajo e Marzo, e con certe limitazioni fino al 15 Aprile. Circa la pesca colle reti sardellare, troppo severamente trattate nei precitati regolamenti, la luogotenenza dalmata emanava nel 10 Novembre 1880 un’ ordinanza, colla quale concedeva l’uso di queste reti, ovunque non apportassero pregiudizio alle reti grandi, dette tratte ($. 1.) La pesca con mezzi dannosi venne pro- ibita nominatamente colle circolari del Governo marittimo 30 Novembre 1871 e 24 Luglio 1878 per la dinamite ed altre sostanze esplosive, e 26 Maggio 1879 per l’ Euphorbia. La pesca a ludro, vietata saggiamente dai regolamenti anteriori, venne permessa coll’ ordinanza 16 Agosto 1880. — Il Governo marittimo, persuaso dell’ importanza di un regolamento sulla pesca, che meglio rispondesse ai bisogni di tale industria, già fin dal 1875 elaborava un 140 Ma a nulla valgono le leggi senza la loro esatta osservanza, nè questa è da attendersi da gente rozza ed imprevidente, se i fattori interessati non invigilano perchè non avvengano abusi. Molti stati hanno già compresa l’importanza della pesca ed hanno affidato la tutela di quest’ industria ad impiegati speciali, il cui compito è di vigilare accuratamente l osservanza delle leggi, e di punire severamente coloro, che vengono colti in con- travvenzione. Solo mercè una continua ed oculata polizia marina per parte di organi competenti, si potrà ovviare al progrediente deperimento delle industrie pescareccie, facendole rifiorire a vantaggio non solo della popolazione litorana, ma dell’ intera monarchia. La vigilanza marittima è da noi affidata agl impiegati portuali e sanitari,* i quali generalmente fanno del loro meglio programma di legge, sul quale si avesse a fondare una futura legislazione. Come molti altri, anche questo progetto se ne rimase pur troppo finora . . . . un semplice progetto! L’ eccelso Ministero inviava nel Luglio 1881 il distinto ittiologo Dr. Steindachner, Direttore del Museo zoologico di Vienna, in Dal- mazia, coll’incarico di studiare le condizioni locali, e di rispondere alle varie questioni proposte. Nel Maggio p. p. il Dr. Steindachner presentava il suo rapporto al ministero, additando vari provvedimenti, che a suo avviso, sa- rebbero i più idonei per dare un incremento all’ industria pescareccia. Sono ben lieto che le proposte dell’ illustre naturalista collimino colle mie vedute in proposito. * La costa dell’ Istria e Dalmazia, nonchè, le varie isole ad esse spet- tanti, vanno divise in otto circondari marittimi, a capo dei quali trovansi al- trettanti Capitani di Porto e Sanità. Ogni circondario è inoltre suddiviso . in parecchie Deputazioni, Agenzie ed Espositure portuali, a seconda dell’ impor- tanza dei differenti luoghi, come appare dal seguente specchio : Capitanato di Porto di Trieste. Deputazione : Pirano. Agenzie : Cervignano, Grado, Duino, Muggia, Capodistria, Isola. Espositure : Portobuso, Monfalcone, Servola, Portorose. Capitanato di Rovigno. Deputazioni : Val di Torre, Parenzo. Agenzie : Cittanova, Umago. Espositura : Orsera, 141 per tutelare la pesca. E per vero gli ufficî chiamati naturalmente ad esercitare un influenza sulla pesca, sono i capitanati di Capitanato di Pola. Agenzie : Fasana, Rabaz, Volosca. Espositure : Veruda, Medolino, Carnizza, Traghetto, Fianona, Ika, Mo- schienizze. Capitanato di Lussinpiccolo. Deputazioni : Cherso, Bescanuova. Agenzie : Malinsca, Veglia. Espositure: S. Martino, Ossero, Unie, Sansego, Cigale, Lussingrande, S. Pier di Nembi, Verbenico, Ponte. Capitanato di Zara. Deputazione : Sebenico. Agenzie : Arbe, Novaglia, Pago, Selve, Melada, Obrovazzo, Novegradi, Nona, Sale, Zaravecchia, Stretto di Morter, Vodizze, Zlarin, Rogosnizza. Espositure: Scardona, Premuda, Isto, S. Nicolò di Morter, Capocesto. Capitanato di Spalato. Deputazioni : Traù, Macarsca, Meteovich, Cittavecchia, Lesina. Agenzie: Castelnuovo di Traù, Carober di Solta, Almissa, Gradae, Neum, Milnà, Bobovischie, S. Giovanni della Brazza, S. Pietro della Brazza, Postire, Pucischie, S. Martino di Brazza, Bol, Comisa, Gelsa, S. Giorgio di Lesina. Espositure : Fort’ Opus, Olivetto di Solta, Lissa. Capitanato di Ragusa. Deputazioni: Curzola, Gravosa. Agenzie : Lagosta, Vallegrande, Trappano, Terstenic, Meleda, Slano, Giuppana, Ragusavecchia. Espositure: Berna, Cueiste (Sabbioncello), Calamotta, Stagno, Molonta. Capitanato di Megline. Deputazioni : Cattaro, Budua. Agenzie : Perasto, Spizza. Espositura : Risano. Alla costa croato-ungherese trovansi i seguenti Uffici di Porto, dipen- denti dal Governo marittimo di Fiume : Fiume, Buccari, Portorè, Selce, Segna, Carlopago. — All ufficio di porto di Selce appartengono inoltre le espositure di Cirquenizze e Novi; a quello di Segna l’espositura di S. Giorgio, ed a quello di Carlopago le espositure di Jablanaz e Stiniza. 142 porto e le varie deputazioni ed agenzie, che sovrastanno ai differenti distretti marittimi. Ma la loro sfera d’azione dovrebbe essere ampliata, de- mandandosi ad essi non solo la vigilanza, ma anche il potere punitivo, che presentemente spetta agli organi politiei, i quali non hanno a propria disposizione 1 mezzi occorrenti per esereitare una ben regolata polizia sulla pesca, resistendo non di rado in luoghi lontani dalla costa. D'altro lato gl’impiegati por- tuali hanno troppe altre occupazioni, specialmente ne’ piccoli luoghi, ove esistono uffizî abbinati alla finanza, per occuparsi con amore, come sarebbe necessario, degl’ interessi della pesca, e quindi al dì d’oggi ben di frequente nasce il caso, che ognuno peschi in quel modo, che meglio gli talenta, senza esserne mai sturbato. Non si può quindi raccomandare abbastanza la nomina d’ ispettori o di commissarî sulla pesca, subordinati al governo marittimo, ai quali fosse affidata la vigilanza di quest’ industria, ed in pari tempo avessero il compito di istruire i pescatori in- torno ai metodi più razionali di pesca, ai danni che derivano dall’ inconsulta distruzione dei pesci al tempo della frega, ece. A rigor di termini ogni amo, ogni istrumento pescareccio, è un nemico degli organismi marini, attentando alla loro esi- stenza. Questo nemico non apporta però alcun danno, allorchè venga adoperato con saggio discernimento e non distrugga in uno alle vecchie, la speme delle venture generazioni. Còmpito della legislazione si è dunque lo stabilire l epoca della pesca di ciascuna specie, secondo il tempo della loro proliferazione, come già saggiamente venne ordinato per le acque dolci, vie- tando rigorosamente tutti quei modi di pesca che minacciano l’ esistenza della giovane prole. E contro a queste regole viene troppo spesso peccato in- consideratamente lungo le nostre riviere, per non risentirne le funeste conseguenze. In ogni tempo, con ogni mezzo di distru- zione l’improvvido pescatore va cacciando gli abitatori del mare, nè disdegna i piccioli embrioni, di cui ci occorrono cen- tinaja o migliaja d’esemplari per formare un solo chilogramma ! Armato di una reticella a maglie strettissime, egli ricerca ii u = 143 i seni più riparati ed i tortuosi canali, ove comincia la sua opera di distruzione, radendo i bassofondi coperti di alghe o di zostere, tra le quali di preferenza si trattengono i giovani pe- sciolini. Della quantità di tali masse predate possiamo di leg- geri accertarei, considerando l enorme consumo dalle così detta minutaglia, la quale consta quasi totalmente di novellame, che pel basso prezzo, serve di nutrimento alle classi meno abbienti. La maggior parte di questo prodotto non giunge però al mercato, perchè forma oggetto di attiva esportazione. A popolare gli stagni ed i vivai delle lagune venete, tale pesca deleteria viene esercitata diffusamente di primavera lungo i nostri lito- rali, pigliandosi principalmente orate, labraci, cefali, barboni ed altre specie ricercate. Prescindendo dal danno locale apportato dalla sottrazione alle nostre acque di tanti giovani pesci, è da deplorarsi inoltre la perdita di oltre 1 80 p. ° degli animali presi, i quali per le ingiurie sofferte sia all’ atto della pesca, che durante il lungo trasporto, periscono prima di giungere alla loro destinazione. Non di rado l’intero pescato se ne va perduto, se per venti contrarî o per altre cause, le barche non possono giungere rapidamente alla loro destinazione. Gli attrezzi più dannosi in questo riguardo, il cui uso, se non proscriversi del tutto dovrebbe almeno limitarsi, sono le reti raschianti a maglie strette come le reticelle, (in illir. mrisize), che vengono adoperate quasi esclusivamente sui bassofondi per pigliare il novellame. E qui mi sembra opportuno di parlare anche della Cocchia, che i nostri pescatori vorrebbero bandita assolutamente dalle nostre acque ed alla quale essi danno la colpa principale del depauperamento del nostro mare. La repubblica veneta non per- metteva l’uso di tale strumento, e nell’ ordinanza sulla pesca del 1835 la cocchia era stata formalmente proibita; tale legge però, come la maggior parte delle disposizioni riflettenti la pesca, non fu gran fatto rispettata e mel 1858 essa venne nuovamente permessa. Per giudicare della convenienza 0 meno di questa rete, fa duopo osservare accuratamente la natura di tale istrumento ed il modo con cui viene adoperato nella pesca. La cocchia 144 compendia in sè l’azione delle reti raschianti e quella delle tratte. Due grandi ali lunghe ciascuna da 12 metri, che verso il mezzo vanno allargandosi fino ad un’ altezza di 10 a 12 metri, mettono al centro di un sacco conico, a maglie molto strette della lunghezza di circa 10 metri. Due lunghe corde, dette alzane, assicurate alle antenne di due barche che trovansi ad una certa distanza tra di loro, tengono distesa la rete. I numerosi piombi di cui è fornito un margine della rete, la traggono al fondo, mentre I altro margine viene tenuto sollevato mercè di una serie di sugheri. Gettata la rete, le due barche stendono le vele, e navigando di conserva, radono il fondo del mare per vastissimi tratti, raccogliendo nel sacco tutto ciò che incontrano per via. E qui si agglomerano pesci, alghe, molluschi, crostacei, echinodermi ece. ecc. in una miscellanea confusa e multiforme, nella quale i giovani pesciolini, non potendo sfuggire in causa della strettezza delle maglie, trovansi al più di sovente sfracellati. Siccome la maggior parte dei pesci depone le uova sui bassofondi in vicinanza delle coste, ove si trattengono anche i giovani embrioni finchè abbiano raggiunto un dato sviluppo; ognuno comprenderà di leggieri di quale e di quanto danno debba riescire Il’ uso delle cocchie in prossimità delle rive, ove apporta una totale devastazione. La cocchia deve quindi rele- garsi a distanze più o meno grandi, secondo la profondità del mare, dappoichè fa d’uopo prendere in considerazione anche questo fattore, essendovi delle spiaggie a sì lento declivio, che appena due o tre chilometri dalla sponda, si abbassano di aleuni metri sotto il pelo dell’acqua. A queste considerazioni si è in- formata anche la legge italiana sulla pesca del 4 Marzo 1877 e del 13 Gennaio 1880, la quale permette 1° uso della cocchia unicamente a tre chilometri dalla riva, semprechè la profondità del mare non sia inferiore ad otto metri. (Art. 16.) Per la nostra costa però, la quale mantiene generalmente fin nelle imme- diate vicinanze della spiaggia profondità considerevoli, tale limite dovrebbe esser accresciuto, dappoichè i pesci, per man- canza di bassofondi, sono da noi costretti a deporre le uova anche in profondità maggiori. La legge italiana ha inoltre li- mitato molto saggiamente I’ uso della coechia a sei mesi dell’anno Ze di 145 affine di concedere ai pesei la quiete necessaria alla loro ripro- duzione. Nè l’introduzione anche da noi di tale utile provvedi- mento, almeno per la stagione primaverile ed estiva, dovrebbe incontrare gravi difficoltà. Rispettata la debita distanza, (il che pur troppo non av- viene sempre al presente), e tenuto conto della profonditä e delle suaccennate limitazioni di tempo, sarebbe un’ ingiustizia da nulla motivata, il voler proscrivere affatto I’ uso della cocchia, inquantochè pochissime sono le specie che depongono le uova a maggiori profondità, mentre molti pesci, e tra questi parecchi di voracissimi, come gli squali e le raje, trattenendosi di pre- ferenza in alto mare, difticilmente verrebbero presi con altri mezzi in quantità sufficienti. * D’ altro canto sarebbe importantissimo lo stellire per le maglie del sacco una tale larghezza, da permettere l'uscita ai piccoli pesci. Quest’ ultimo provvedimento non è da riguardarsi illusorio, come si erede da qualcuno, dappoichè essendo il sacco tenuto disteso per mezzo di alcuni cerchi, le maglie non si re- stringono gran fatto mentre si tira la rete, mantenendo presso a poco la loro originaria larghezza. Assolutamente da vietarsi sarebbe per altro la cocchia in tutti i canali dell’ Istria e della Dalmazia, che ne’ punti più stretti non giungono ad una larghezza di almeno 4 a 5 miglia marittime, stabilendo in generale una distanza non minore di * In questo punto non posso concordare del tutto colla proposta del Dr. Steindachner, il quale vorrebbe che I’ uso della cocchia venisse proibito assolutamente in tutte le. acque territoriali dell'Austria. In alcuni distretti, ove il mare presenta grandi profondità, sarebbe impossibile procurarsi il pesce necessario al consumo locale, senza ricorrere all’ uso della cocchia. Nel Giugno p. p. mentre mi trovava a Ragusa, (ove i Chioggiotti non sogliono pescare), gli abitanti di quella città si erano trovati indotti d’invitare alcuni pescatori di Bari a venir a pescare colle cocchie nelle loro acque, perchè il prodotto fornito dai pescatori nazionali non bastava a sopperire al bisogno giornaliero. La distanza proposta di tre chilometri, dovrebbe quindi venir di- minuita per quei eircondari, che al pari di Ragusa, presentano già a pochi metri dalla costa considerevoli profondità. 19 146 tre chilometri dalla costa, o meglio ancora dall’ ultima isola emergente lungo la stessa. Nelle recriminazioni contro la cocchia bisogna tener conto anche d’un’ altra circostanza, cioè delle persone che sogliono esercitarla. Questo metodo di pesca viene praticato quasi esclusi- vamente dagli abitanti di Chioggia, e quindi da forastieri, i quali superando i pescatori delle nostre coste per intelligenza ed attività, destano naturalmente, per gelosia di mestiere, l'invidia dei nostri litorani. * Che se facemmo risaltare i danni apportati dalla cocchia dei Chioggioti, non possiamo passare sotto silenzio altre specie perniciose di pesca, esercitate dai nostri comprovinciali. E quì appartengono le varie reti a strascico, le tartane, i grippi, le bragagne, le strassine, le piccole tratte, le migavize, le scia- bacche, ecc., le quali non essendo legate al pari delle cocchie ad alcuna restrizione nè di tempo nè di luogo, pescano ovunque, ad ogni epoca ed in qualunque profondità, distruggendo enormi masse di pesce e di uova. Adoperate solitamente nelle imme- diate vicinanze delle rive, ne’ golfi e nei canali, esse apportano certamente danni maggiori delle cocchie, consistendo il pescato non di rado quasi onninamente di pesce novello. Presentemente la pesca entro il miglio marittimo è di spettanza degli abitanti delle relative comuni, od appartiene per antica investitura a singoli privati o corporazioni. Alcune comuni, persuase dell'importanza delle industrie pescareccie, hanno stabilito dei saggi regolamenti interni, vietando la pesca nelle proprie acque in date epoche e con certi mezzi riconosciuti dannosi. Ma sia per ignoranza, sia per accrescere i proventi * Col trattato di commercio e di navigazione del 27 Dicembre 1878 tra l’Austria e I’ Italia, venne concesso reciprocamente agli abitanti de’ due stati, il diritto di pescare lungo le coste, nelle così dette acque territoriali, eccet- tuata però la pesca del corallo e delle spugne e quella che fino alla distanza di un miglio, è riservata esclusivamente agli abitanti del litorale, salvo i me- todi vietati come dannosi alla propagazione delle specie. (Art. XVII e XVIII, 2, del protocollo finale.) Questo trattato rimarrà in vigore fino al 31 Dicem- bre 1887. (Art. XXVII.) EP Te CSS NEC ee CAR OU 147 delle casse civiche, rare volte tali regolamenti vengono scrupo- losamente osservati, e quindi non ottengono lo scopo prefisso. Non di rado qualche comune, dando una falsa interpretazione alla concessione di pescare liberamente entro il miglio marittimo, si arroga tale diritto, permettendovi la pesca colla cocchia ai chioggiotti, verso un’ adeguata ricompensa. * Compito di una saggia legislazione sarebbe di regolare in modo equo e razionale questi metodi di pesca, limitandone I’ uso a certe epoche determinate. E qui la scienza è chiamata più che altrove a far sentire la sua voce, onde la legge corrisponda ai bisogni reali e non dia in esagerate restrizioni. Anzitutto fà mestieri determinare il tempo della frega dei differenti animali marini, durante la quale sarebbe opportuno sostare colla pesca, almeno per le specie più nobili, con tutti quei mezzi, che non concedono ai giovani pesciolini la possibilità di sfuggire. Il Dr. Syrski, già direttore del nostro Museo, e benemerito cultore d’ittiologia, fin dal 1873 avea rivolta la sua attenzione a tale studio importantissimo, e sovvenuto validamente dal locale Governo Marittimo, giunse a stabilire per parecchie specie I’ e- poca della loro riproduzione. Quantunque tali ricerche, interrotte per la partenza del prelodato professore, non offrano per alcune specie dati precisi o d’ineccepibile sicurezza in proposito, e debbano di necessità venir riprese sopra un materiale più copioso e non limitato ad un unica località; esse ci forniscono tuttavia un prezioso materiale scientifico, che riveduto ed ampliato con novelle osservazioni, servirà di base per un venturo regolamento * La designazione di abitanti di costiera av quali si concede 1° eselu- sivo diritto della pesca entro il miglio marittimo, venne definita nel senso, che per questi doveansi intendere i membri delle comuni situati alla spiag- gia del mare, che potranno esercitare questo diritto soltanto lungo il Lito- rale della propria comune. Tale diritto poi spetta al comune come tale, op- pure resta limitato ai singoli membri, ond’ esso componesi ? Secondo il testo di legge il comune come corpo morale parrebbe escluso, ed in tale senso venne anche interpretato questo paragrafo dalle autorità governative. Questo diritto sarebbe quindi concesso unicamente ad personam ai singoli membri delle rispettive comuni, senza facoltà di cessione a terzi. 148 sulla pesca. Non credo quindi inopportuno di riportare qui ap- presso i risultati ottenuti dal Dr. Syrski,* disponendo le specie secondo le varie stagioni in cui vanno in frega. In Primavera: Belone acus, Uranoscopus scaber, Mullus barbatus e surmuletus, Smaris vulgaris, Maena vulgaris, Gobius ophiocephalus. In Estate: Engraulis encrasicholus, Julis vulgaris, Rhombus maximus (Giugno), Labrus lividus (Maggio, Giugno), le varie spe- cie di Labrus e Crenilabrus (Aprile, Maggio e Giugno), Exocoetus exiliens, Scorpaena porcus e scrofa, Sargus annularis (Giugno e Luglio), Charax puntazzo, Pagellus erythrinus, P. mormyrus (Giu- gno), Box boops (Maggio), Box salpa (Maggio ?), Dentex vulgaris (Giugno ?), Corvina nigra, Umbrina cirrhosa, Atherina Mochon (Giugno), Zeus faber (fine d’estate ?), Lichia amia (?), Caranx tra- churus, Cepola rubescens, Blennius gattorugine. In Autunno : Solea vulgaris, Platessa passera (Novembre e Dicembre), Rhombus laevis, Trigla corax ( Nov.), Chrysophrys aurata (Nov. e Dec.), Mugil cephalus (?), Mugil capito. ** Nell’ Inverno: Petromyzon marinus, Clupea sardina, Clupea papalina, Phycis tinea, Merlucius vulgaris, e Rondeletii, Cantha- rus vulgaris, Scomber scomber, S. Colias, Gobius paganellus, Lophius piscatorius. Nell’ Inverno e nella Primavera: Acipenser sturio, Oblada melanura. Nella Primavera ed Estate: Serranus hepatus, S. scriba, S. cabrilla, Trachinus draco. * Relazione sulle osservazioni fatte riguardo al tempo della frega degli animali esistenti nel mare Adriatico. Trieste 1876. ** Il Dr. Syrski non fa menzione nè del M. auratus, nè del M. chelo, comunissimi sul nostro mercato. Circa a quest ultimo è probabile che getti le uova durante la stagione fresca, trovandosi i giovani boseghini di primavera, nelle lagune di Grado. Il M. cephalus incontrasi già d’estate con uova mature, ed è probabile che la Lottarga di Trappano e Macarsca, che viene raccolta nel mese di Agosto e d’ Ottobre, provenga da questa specie. e n rr AE Gn i oe 149 Nell’ Autunno ed Inverno: Zygaena malleus, Alopias vulpes, Notidanus griseus, Seillium canicula, S. stellare, Acanthias vul- garis, Centrina Salviani, Labrax lupus. Nell’ Autunno, Inverno e Primavera: Galeus canis, Rhina squatina, R. clavata, R. miraletus, R. macrorhinchus, R. oxyrhyn- chus, Trigon pastinaca, Miliobatis aquila. Tutto l’anno: Mustelus vulgaris, Torpedo marmorata, Go- bius jozo. Vari altri metodi di pesca sono già contemplati nelle vigenti legislazioni, e proibiti assolutamente, come oltremodo perniciosi. E quì appartengono i mezzi, coi quali si avvelenano le acque, e vengono uccisi tutti gli organismi che trovansi in prossi- mità delle sostanze deleterie. Vi si adoperano per tale scopo specialmente calce viva, i semi del Menispermum cocculus (Coc- coli) ed il latte dell’ Euphorbia Wulfeni, pianta molto diffusa lungo tutti i nostri litorali, che sfracellata tra due sassi, viene usata come la tuba (Dalbergia) degli indiani dell’ Isole della Sonda. Fortunatamente tali pesche vanno sempre più in disuso, ed è sperabile che vengano del tutto abbandonate. Un'altra specie di pesca è pur troppo molto spesso eser- citata ad onta delle proibizioni e dei pericoli che involve, quella cioè per mezzo della dinamite. Quanti pescatori feriti o mutilati non piangono sulla loro imprudente avidità, eppure non si desiste da tale modo di pesca, fatale non solo agli animali marini, ma bene spesso anche a chi stoltamente vi si dedica! Se tale pesca è per sè stessa dannosa, distruggendo senza distinzione tutto ciò che si trova in vicinanza del corpo esplodente, è in sommo grado perniciosa, se, come pur troppo di solito, viene esercitata all’ im- boccatura dei canali, allorchè il pesce tenta d’ entrarvi per deporre le uova. Impauriti gli sciami dall’improvviso scoppio della mina, fuggono lungi dalla riva inospitale, nè di certo vi fanno più ritorno. Cosi le pesche un di tanto ricche e feconde nel Canale di Leme ed allo sbocco del Quieto, sono oggigiorno ridotte ad estrema miseria, in causa di questo insensato metodo di pesca! 150 Generalmente come dannoso viene riguardato un altro modo di pigliare il pesce, colla così detta pesca a ludro o colla fra- scata (o frusata). Esso consiste nel circuire una grande estensione di mare con una corda, lunga non di rado oltre ad un miglio, alla quale di tratto in tratto sono assicurate delle frasche o dei pezzi di legno. Per mezzo delle due estremità della corda essa viene sbattuta continuamente ed avvicinata a poco a poco a terra, formando un semicerchio sempre più ristretto. Una o due barche seguono la corda, percuotendo il mare coi remi o con istrumenti speciali, i così detti Spaventi, gridando in pari tempo e gettando delle pietre. Con ciò il pesce viene scacciato verso la riva, ove si circonda colle reti. — Se tale pesca riesce di svantaggio, la causa è da ricercarsi unicamente nell’ enorme perturbazione, cui vanno soggetti i pesci, e per la quale, secondo le assicurazioni concordi de’ pescatori, vasti tratti di mare restano del tutto spopolati. In vista dei suaccennati abusi e metodi irrazionali di pesca, egli è imperiosamente richiesto, che dai fattori legislativi si prenda finalmente in seria considerazione lo stato primitivo, in cui versano le nostre industrie pescareccie, introducendovi quelle riforme e quei provvedimenti, che per opporsi all’ ognor crescente depauperamento del nostro mare, sono riconosciuti inevitabili. Le leggi che vigono per le acque dolci, vengano estese anche agli estuari ed agli sbocchi de fiumi, fin dove a bassa marea Il’ acqua diviene ancora salmastra, perchè è appunto in tali siti che molti de’ principali pesci vanno a deporre le uova o si trattengono durante il primo stadio della loro esistenza. In tali località oltre al divieto delle reti raschianti, sarebbe opportuna una limita- zione nell’ uso de’ serragli e de’ cogolli, che non presentino una larghezza sufficiente nelle loro maglie, o chiudano per un’ esten- sione troppo vasta il rispettivo canale. Conosciuta con sicurezza l epoca della frega delle specie più importanti, se ne vieti la pesca durante tale periodo di tempo, affinchè il pesce giunga a deporre le uova, senza essere sturbato nella sua riproduzione. Ma soprattutto sarebbe da tute- lare la giovane prole, e proibire assolutamente la pesca del pesce novello. Per ottenere tale scopo, sarebbe opportuno inibire la vendita della così detta minutaglia, quando non consistesse di | 151 specie, che notoriamente non giungono a dimensioni maggiori. Un controllo per altro di questa prescrizione, non è possibile che nelle città e nei luoghi più grandi, ove esistono mercati di pesce ed organi speciali di vigilanza, ma nei villaggi e sulle numerose isole, affatto illusorio riescirebbe tale divieto. Sarebbe quindi più consulto il limitare l’uso delle reti a strascico a certe stagioni ed a certe località, non permettendo il loro uso in tutti quei siti, ove di preferenza si trattengono i giovani pesci. Le reti raschianti poi, quali la bragagna, il grippo, la tartana, ecc. ecc., sarebbero da escludersi affatto dai canali e dai bassofondi, e da concedersi unicamente ad una certa distanza dalla riva. Importante sarebbe il fissare la larghezza minima delle maglie, il cui occhio non dovrebbe essere inferiore ad un e mezzo a due centimetri. Ma soprattutto, lo ripetiamo, è indispen- sabile un’ oculata vigilanza, perchè in caso diverso tutte le nostre leggi, tutti i nostri provvedimenti rimarranno lettera morta, e non approderanno a nulla, continuando ognuno a pescare come per lo passato. CAPITOLO XI. Dlalistica della pesca di mare nei Regni e Paesi rappresentati al Consiglio dell’ Impero relativa agli anni 1877—81. Il governo marittimo in Trieste si occupa della raccolta dei dati relativi al prodotto della pesca, al consumo locale, al materiale da pesca ed al personale addetto a questa industria, e ciò in base ai prospetti semestrali prodotti dagli. r. uffici ed organi portuali sanitari. Il materiale statistico per tal modo ottenuto, viene di tratto in tratto pubblicato dall’ i. r. Ministero del commercio nel perio- dico , Austria“ — Archiv für volkswirthschaftliche Gesetzgebung und Statistik, für Industrie, Handel, Verkehr und Patentwesen — e dalla i. r. Commissione centrale di statistica nel periodico „Statistische Monatsschrift“. a). Prodotto della pesca. Quantunque le seguenti tabelle riferibili alla quantità ed al valore della pescagione non possano dirsi del tutto esatte, a motivo che i dati offerti si fondano in parte su stima, — non essendo, per lo stato attuale della legi- slazione sulla pesca, gli organi dell’ amministrazione marittima al caso di invigilare Il’ esercizio della pesca in tutta la sua estensione, — merita tuttavia con riguardo appunto a tali diffi- coltà di essere posto in rilievo e commendato lo zelo della maggior parte degli organi di detta amministrazione, ai quali è affidata la raccolta di questi dati. In quasi tutte le acque del territorio austro-illirico-dalmato, la pesca viene esercitata tanto da pescatori nazionali che da italiani, ad eccezione dei circondari marittimi di Ragusa e 154 Megline, dove soltanto pescatori nazionali si dedicano a questa industria. Segue anzitutto un riassunto sommario delle quantita e dei valori dei prodotti marini, predati nel quinquennio 1877-81 in complesso da pescatori nazionali ed italiani; osservandosi, che per i molluschi, crostacei, mammiferi, rettili e ricci di mare V indicazione della quantità secondo il numero dei pezzi ed il peso, varia per mancanza di relative norme precise, mentre le quantità di pesci e polipi pescati sono sempre indicate secondo il peso (in chilogrammi), e relativamente alle spugne secondo il numero dei pezzi. | Stando a questo riassunto il valore complessivo dei prodotti marini predati nel quinquennio 1877-1881 ascende a 9.762831 fiorini V. A., sicchè l'utile di un anno può in media essere valutato ad 1.952566 fior. V. A. RIASSUNTO SOMMARIO dei varî prodotti della pesca di mare nel periodo dal 23 Aprile 1877 a tutto 22 Aprile 1882. Quantità in Valore in | fiorini Pezzi |Chilogram.| V. A. I. Pesci MATE .— 38208917 | 8695692 II. Molluschi . . . . |23577137 | 4775879 | 772378 III. Crostacei . . . . | 2218703 | 289194 | 291804 IV Mammiferi 0%)! Co. 8 4140 | 365 MAR ELLE 22, ee 19 275 63 VieRieeisdi mare hic: 4000 410 31 MIE PObI e ee — 100* 6 WATE SPUN): ee 2 en, 18400 — 2492 | Totale 12. 25818267 | 43278915 | 9762831 Medio annuo . . | 5163653 | 8655783 | 1952565 * In questa cifra non & compreso il prodotto del corallo nobile, che si pesca esclusivamente dagli abitanti dell isola di Zlarin. 155 Secondo le seguenti tabelle, I’ accennato prodotto comples- sivo si ripartisce come segue fra i diversi circondarî marittimi: Trieste Rovigno . Pola Lussinpiccolo Zara Spalato Ragusa Megline Il suddetto prodotto si divide come segue: Sul circondario marittimo di Trieste: TSPesci: : II. Molluschi . Crostacei IV. Mammiferi V. Rettili VI. Ricci di mare . . Polipi . VIII. Spugne Totale Medio annuo Quantità in Valore com-| Valore medio plessivo annuo por E 1520947 304189 661963 132393 577809 115562 351269 70254 3581236 716247 2411713 482342 518175 103635 139719 27944 Valore in ara. AO Pezzi |Chilogram.| V. A. _ 6375837 | 1381616 149665 1851938 113799 56309 223179 25424 sl 1300 53 19 es 32 — 285 19 — 50 4 205993 | 8452589 | 1520947 | 41199 | 1690518 304189 156 Sul eircondario marittimo di Rovigno: 1. Pesei + II. Molluschi III. Crostacei IV. Mammiferi V. Rettili VI. Ricei di mare . VII. Polipi . VIII. Spugne Somma Medio annuo Sul circondario marittimo di Pola: IRR II. Mollaschi III. Crostacei IV. Mammiferi V. Rettili . VI. Ricci di mare . VII. Polipi . VIII. Spugne Somma Medio annuo Quantità in 'Valore in —— | fiormi Pezzi |Chilogram.| V. A. — 2387092 584466 — 380619 30528 584296 9436 46950 — 280 19 584296 2727427 661963 116859 545425 132593 Quantità in Valore in fiorini Pezzi |Chilogram.| V. A. _ 1765124 | 457462 1158060 282206 43534 1129998 19223 15125 8 — 40 12300 — 1650 2280366 | 2066553 | 577809 456073 413311 | 115562 | Sul circondario marittimo Sul circondario VALI. di Lussinpiccolo: Pesci . . Mollusehi . Crostacei . Mammiferi . Rettili . Rieei di mare . Polipi . Spugne Somma Medio annuo marittimo di Zara: PeBCi . . Molluschi . Crostacei . Mammiferi Rettili. . Ricci di mare . „Polipi.. Spugne Somma Medio annuo Quantità in 157 Quantità in Valore in fiorini Pezzi Chilogram. Vic A. — 12568760 331150 2400 1592402 12609 43697 25530 7459 — 510 51 46097 101163 351269 9211 354233 70254 Valore in fiorini Pezzi |Chilogram.| V. A. — 12568760 | 3025161 21264788 | 1502402 437757 330350 400 118202 _ 1200 116 21595138 | 14072762 | 3581236 | 4319028 | 2814552 | 2716247 158 Sul circondario Sul marittimo di Spalato: . Pesci . Molluschi . . Crostacei . . Mammiferi . Rettili . . Rieei di mare . . Polipi . . Spugne Somma Medio annuo circondario marittimo di Ragusa: > Pesce. . Molluschi . Crostacei . Mammiferi . Rettili . Ricci di mare . . Polipi . Spugne Somma Medio annuo Quantità in Valore in |, Oring Pezzi (|Chilogram.| V. A. — 10803184 | 2313772 1007874 493837 85038 57750 11006 11949 | — 460 74 | -- 200 21 4000 123 12 = 50 2 6100 = 842 1075724 | 11308862 | 2411713 215145 | 2261772 || 482342 Quantita in Valore in fiorini Pezzi Chilogram. Vada — 2357782 | 478152 650 178733 33610 15753 208 6394 — 390 9 = 75 10 16403 | 2537188 | 518175 | zx 3281 | 507438 | 103635 I 4 159 Quantitä in Valore in : x EN. fiorini Sul circondario marittimo Pezzi |Chilogram.| V. A. di Megline: > Tra Ir een, bot >. = 293306 | 123913 LE Moluschi (o... 13700 48853 15503 Pere CC TOstacen ii 550 212 | 303 yee Mammitert À. e. Le - — = | — Beet. cel, ti, — = | LOI Pieonicer- at mare (0. = — | _ SORE OE Opi = 4. Sr a. — = | bus MAPS pue." i a = = — Somma . . | 14250 | 349371 | 139719 Medio annuo . . | 2850 | 68474 | 27944 Da queste tabelle si rileva, che in quanto al valore del prodotto, gli otto circondarî occupano fra loro il seguente posto in ordine discendente: Zara il I posto Spalato a Ea; Trieste a SE Rovigno EN N eo: Pola SR CONTA, Ragusa ae VIT, Lussinpiccolo „ VII , Megline LEVE +, Il rapporto si presenta diversamente qualora si prenda per base la lunghezza della costa di terraferma e delle isole nei diversi circondarî marittimi. In questo caso si ottiene per; 160 con uno sviluppo| Per 08ni miglio di costa di miglia geograf.| maritt. —— — un utile in geograf. maritt. fior. V. A. Tester ARMES Aie 18:75 75 | 16°224 | 4.056 ROMEO +. = ae EN SE 19215 10 6'704 | 1'676 Polar EME, BDO Ber 32 75 131 3528 | 882 Lussinpiccolo ui 82:25 | 329 856 | 214 AE ) sorter BEL, TE GERS 24650 986 2904 726 Spalato; <<.) OAM ER >|. 126,298,0505 3820 | 955 Rasa SO En 9517280 1'092 | 273 Mese ses. aot. o 29:75 119 940 | 235 Secondo questo prospetto e con riguardo alla intensitä dell’ esereizio della pesca ed al prodotto di questa, spetta al eircondario marittimo di: Trieste il. L posto Rovigno EME. pes Spalato INDES Pola RN N = Zara RA AT Ragusa ai UNA, Megline ne Villes Lussinpiecolo P VII, Quindi sopra uno sviluppo di costa di 651 miglio geogra- fico, pari a 2604 miglia marittime, si ottiene un prodotto annuo di fior. 3000 per ogni miglio geografico » ” 750 ” ” ” marittimo, Nei precedenti prospetti generali delle quantità e dei valori dei prodotti della pesca di mare, vi si comprendeva anche la parte presa dai pescatori italiani, ai quali, come noto, & permesso di pe- scare nelle acque dell’Austria-Ungheria, fuori del miglio marittimo, dé 161 riservato agli abitanti della costa, a sensi del protocollo finale al trattato di commercio e navigazione fra 1’ Austria-Ungheria e l’Italia del 27 dicembre 1878. Essi esercitano la loro industria principalmente nei circondari dei capitanati di Zara, Trieste e Pola, frequentando meno quelli di Rovigno, Spalato e Lussin- piccolo. Dalle due tabelle, che si fanno ora seguire, si rileva : a) che dal prodotto totale della pesca nel quinquennio 1877-81, rappresentante il valore di 9,7628381 fiorini, andò a beneficio dei pescatori nazionali la quota di 8.021075 fior., il che dà in media un valore annuo di 1,604215 fior; e b) che i pescatori italiani parteciparono al suddetto prodotto totale in ragione del 18°/, all’ineirea per un valore di 1,741756 fior., dal quale si ottiene una media annua di 348351 fior. La loro partecipazione all’ utile totale è rilevante e merita di essere presa in considerazione specialmente per la circostanza, che, fatta eccezione della pesca del tonno, gl’ italiani si occupano per lo più della pesca dei prodotti marini più nobili e più importanti, e perciò anche di maggior valore. 162 GIZFOOL | PROLE. | SEICOI |EFLOSF | c826ec | 20819 | 76369 |LIIOOI | F9SISG ‘ 0IPON L01608 GIL6EI | GLISTS | 118823 | 168993 | 80908 | 031978 | G8000G |G6IS8LGSI| °° 2uwog F99LGT | OLPC |CO606 |6GraIr |L8F8S |00260 |ozEeIg |écecc | pacgce 1881 GPCGGCT | 90988 |669I01 |GESL6F |T9FESF |écior | 22189 126906 | ere 0881 OGFISFI |OGLIS |FFF601 | Z0Z96E |ZZIIES | 91797 | e6902 | 16128 | 099881 6281 OLGSTOT |E9E08 | 668911 |acizer |FSICFI | 98998 |829%4 |GCGPLII |g0LZ1Z SLT 6FSEISI |09GEZ |S66001 |00F0zG |8£9089 |sorez | 00242 | 808601 |LSTTEZ LIST i Veale ON et Ot O Te‘ I 4 = = < S a = Si = = = de = = 3 O 2 2 3 5 > = = = = = da 2 Iuut SON = ° È i Di 5 si 3 5 | Ip OWIJ}IIUW OIIBPUODIIO [ON | ET ‘VIZCUIU( 9 BIST ‘O[UIOJIMT [OP %4809 è] Osun] SSI MAY ZZ 09m} © 2,87 opudy gg [ep Ifeuorzeu 110)89S0d twp 8% Vpoad elop osojea [op Vea Pa at Vk 163 IGE 8FE Fr = 00966 C9768I | LF06 96697 LLGGE 96969 i OIPON IGLIPLI ros = 100851 |FG6GIG |985CF 189183 |9S8S6I9I | 81897 © * BUIULOS FISSO7 = = 29085 128921 96611 07179 LEGGE 808916 188I 688828 = LR 61696 OISGSI |9FF0I OSITL TS0FG 66269 OS8T 969806 = = OF LIS O6GGLI [8898 G8GGE VGLEE 69498 6281 162168 = = 68168 8L868I | 6769 86816 79008 882216 8L8T 980.06 a = JGFFI GLLOGT - | L0GL 90666 08427 GGGEE LLST NIETO Io LIE aa = = E So > Si = de 2 Tue 1J80N Besser. | Ss 3 Lal © a | | SOSE RN | si et ‘VIZVU[V 9 LUS] ‘ofe.togrT [op 4809 BL Oot] “2881 AMV Ze 9m} è 2287 opıdy gg [ep WIOISSoryD TIoyeosad ep eype7 epoad vyjop oropeA [op VIIHAVI all À » q ea ee eS ie en 164 Nella seconda tabella non & del resto indicata tutta la preda fatta dai pescatori italiani in vieinanza delle coste au- striache, poiché notoriamente buona parte di questa pescagione viene venduta sui mercati del Regno, senza essere stata insinuata presso gli organi portuali sanitari austriaci per la registrazione a scopi di statistica. Per avere un quadro specificato delle quantita e dei valori dei prineipali prodotti marini, che nell’ ultimo quinquennio formarono oggetto della pesca di mare, si ricorra alla seguente tabella, che presenta non soltanto le quantita pescate in questo periodo ed i valori relativi sia nella loro totalita che nelle medie annuali; ma anche le quantita massime e minime ottenute nei rispettivi anni coi loro valori, come pure I indicazione del prodotto medio di ciascuna specie, che venne pescata in ogni singolo circondario marittimo. Riguardo alla valutazione dei prodotti marini, conviene osservare, che i valori di dettaglio, come naturale, variano non soltanto d’ anno in anno, a seconda della maggiore o minor pescagione, ma che nello stesso anno presentano dif- ferenze notevolissime relativamente ad una stessa specie, a seconda delle localitä, della maggiore o minore facilita di comunicazioni e di smercio. Nei eircondari di Trieste, Pola, Spalato e Megline i prodotti marini ottengono di solito i prezzi massimi, per la ragione che nei tre primi, presein- dendo anche dalla maggior densità della popolazione alla costa, le strade ferrate agevolano la spedizione dei prodotti per l'interno, mentre nell’ ultimo la poca preda fatta, si consuma dagli abitanti del luogo appena giunta al mercato. Nella seguente tabella i diversi prodotti marini sono di- sposti secondo la loro importanza commerciale, EEE TABELLA delle quantità e dei valori dei pesci e degli altri prodotti marini, che formarono oggetto principale della pesca nel quinquennio 1877-1881, lungo le coste del Litorale e della Dalmazia 166 Quantità | Valore Medio annuo Dec name del prodotto di tutto | al! | il quinquennio Quantità Valore | del prodotto 1877 - 1881 pezzi | chilogr. | fiorini pezzi | chilogr.| fiorini Sardella. . . .| — |103868842161741| — |2077377| 432348| — Barbone e Tria . | — 1931303) 655469] — | 386261| 131093) Tonno . . . .| — |1770214 609442] — | 354042) 121888 Menola bianca . | — 3195119) 487893] — | 639024) 97579 Massimo annuo nell’anno 1880 1878 1877 Quantitä Valore Quantità Minimo annuo 167 Valore medio Vv annuo in fiorini alore |V, A. della pesca nei circondari 1878 | | chilogr. 791391 2462916 596201 455986 nell’ anno fiorini 142873] 1029722 pezzi ehilogr. 1672821) 173925 465900 fiorini Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 385031/Megline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 70172jMegline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 86544jMegline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 87921/Megline marittimi di 81089 41521 13814 5394 33134 227120 28784 1492 31822 8237 25352 1637 42515 12146 1562 1822 1026 104 5510 21450 86016 882 4654 2246 3062 4742 106 5025 45969 18790 19848 37 168 Quantità | Valore del prodotto di tutto il quinquennio Quantità | Valore 1877 - 1881 | Medio annuo Denominazione del prodotto pezzi chilogr.| fiorini pezzi | chilogr. fiorini Menola schiava . — 12251281) 3910251 — | 450256 78205 Lanzardo + . . | — 12020428) 387196| — | 404085) 77439 Cefalo . . . . | — 11132733) 3400554 — | 226546) 68011 Calamaro . . .{ — | 807948) 317161] — | 161589 63432 m en ole 169 Massimo annuo Minimo annuo Valore medio © © . 2 ne . dx Er annuo in fiorini E Quantità Valore = Quantità | Valore fy. A. della pesea = = nei circondari 2 ; ; 5 © A Fa marittimi di È pezzi chilogr. fiorini = |pezzi chilogr.| fiorini Trieste | 37 Trieste 2893 Rovigno| 2350 Pola 2745 Lussin 630 Zara 45502 Spalato 6537 Ragusa 1576 — | 140042! 56203/Megline 1199 — | 183061) 69117 | re Rovigno 263 Pola 441 Lussin 3423 Zara 47494 Spalato | 23290 = = Ragusa 3233 eae | 649725) 10451312 | — SA 56465|Megline 24 | Trieste 3 Rovigno 14 Pola 329 Lussin 1637 Zara 16334 Spalato | 53134 2a D Ragusa 5611 “| -- | 593104; 97650|% | — | 264136) 56825|Megline 377 Trieste 33812 Rovigno 7841 Pola 1846 | Lussin 189 Zara 15516 Spalato 3668 = LIE? Ragusa 2420 ci — | 320054) 8812812) — | 143359) 49438|Megline 2719 1877 879 170 | Quantità | Valore Medio annuo del prodotto di tutto il quinquennio del prodotto 1877 - 1881 pezzi chilogr. | fiorini Denominazione + Quantità Valore pezzi chilogr.| fiorini Branzine 20 — | 507592) 236595] — | 101518) 47319 Molo . . . . .| — | 992414 213004] — | 198483) 42601 Sardon . . . .| -— |1590251| 198202] — | 318050| 39640 Grongo . . . „| — |,550404| 191520 | 110081 35305 Deu cub à al © nes ms s- 171 Massimo annuo Minimo annuo Valore medio = A Re: E Quantità | Valore = Quantità | Valore ga Beate = = nei circondari = = Marce = pezzi chilogr. | fiorini | |pezzi chilogr.| fiorini ee Trieste | 13834 Rovigno| 7787 Pola 6215 Lussin 998 Zara 13570 Spalato 2876 = Ragusa 1066 2} — | 115347) 53641[S| — | 88387) 39957|Megline 973 Trieste 2281 Rovigno 906 Pola 2094 Lussin 1986 Zara 28868 Spalato 5795 = >) Ragusa 639 2 — | 227431; 514659 | — | 170372) 36610[Megline 382 Trieste 18250 Rovigno 1659 Pola 609 Lussin 5 Zara 5291 Spalato | 12934 = 2 Ragusa 12 ci — | 950553) 644492 | — 94944 18796!Megline 820 Trieste 76 Rovigno 568 Pola 1329 Lussin 911 Zara 23728 Spalato 8647 E = Ragusa 2152 “2; — | 114091) 36378|2| — | 106449 EU MESSE 894 172 Denominazione del prodotto Orata . Sparo . Dentale Palamida Quantità | Valore del prodotto di tutto il quinquennio Quantità 1877 - 1881 Medio annuo Valore pezzi) chilogr.| fiorini pezzi chilogr. fiorini — | 490564| 185460] — | 98113 — |1128888) 175778] — | 225778 — | 453586) 174436| — 90717 += 502056) 173356, — 100411 37092 35156 34887 34671 Massimo annuo Minimo annuo 173 Valore medio © © . un: = Quantità Valore = Quantitä Valore CE = = nei circondari cin MR SIL ale I tric, 7 pezzi chilogr. fiorini |” pezzi | chilogr. | fiorini Mariani "Gi | | | | Trieste 9215 Rovigno| 3048 Pola 2094 Lussin 959 Zara 17716 Spalato 2338 = 2 Ragusa 553 S| — | 127061) 456792) — | 87143) 33421|Megline 1169 Trieste 2585 Rovigno 1220 Pola 344 Lussin 80 Zara 29590 Spalato 837 = D Ragusa 149 | — | 313315) 478261) — | 196367| 31706|Megline 351 Trieste 597 Rovigno 1999 Pola 1617 Lussin 1263 Zara 25947 Spalato 3964 = D Ragusa 193 2| — | 116030] 458842] — | 75148] 28811/Megline 707 Trieste 234 Rovigno 32 Pola 1564 Lussin 659 Zara 22611 Spalato 2705 = | 2 | Ragusa 4385 = Be u — | 71114) 25167[Megline | 2481 174 un Quantitä Valore Medio annuo end drione del prodotto di tutto | | il quinquennio Quantità - | Valore del prodotto 1877 - 1881 pezzi |chilogr. fiorini pezzi | chilogr. fiorini Salpa. . . . .| — | 584009) 170625] — | 116802!) 34125 4 | 4 1 1 4 a | i 4 i Folpo . . . .| — [1111219 155626] — | 222244) 31125 Scombro . . . .| — | 529323) 147426] — | 105864| 29485 Occhiata . . .| — | 553262] 144851] — | 110653) 28970 Massimo annuo Minimo annuo Valore medio S sa Valor 2 RE _ | annuo in fiorini E Quantità alore | = Quantità Valore |y. A. della pesca = = nei eircondari Ole o » H pezzi |chilogr. fiorini | |pezzi |chilogr.| fiorini bai Trieste 629 Rovigno 759 Pola 2048 Lussin 1521 Zara 21183 Spalato 4936 = = Ragusa 2492 ©; — | 142208) 477472) — 101995) 29733[Megline 557 Trieste 2739 Rovigno 1854 Pola 2387 Lussin 1002 Zara 16438 Spalato 3816 = = Ragusa 2284 D| — | 255793] 34066|£| — | 181545) 24294/Megline 605 Trieste 4325 Rovigno 84 Pola 874 Lussin 5495 Zara 7367 Spalato | 10677 IES = Ragusa 501 er — 1344970) (8989110 1er — 29860 10184 Megline 162 Trieste 61 Rovigno 304 Pola 750 Lussin 1745 Zara 18743 Spalato 5264 = a Ragusa 1711 2! — | 149063) 384632! — 80982) 19944|Megline 392 176 Quantitä | Valore Medio annuo del prodotto di tutto il quinquennio 1877 - 1881 Denominazione Quantità | Valore del prodotto pezzi chilogr. | fiorini pezzi chilogr. | fiorini Bobba... «| — | 699757 141396] — | 139951) 28277 Seppa . . . .| — | 848421) 132943] — | 169684 26589 2 > ise) © Granzon o Gran- | 5 = zeola = 1745| 131381] S 23682 349} 26276 Rasa. 4... — | 721251) 118407, — PM ud en a i Si 177 CE Massimo annuo Minimo annuo Quantità Valore Quantità nell’anno 1877 1877 1877 i SUR pezzi chilogr. 510752 205466 210 188080 fiorini nell’anno 78 2874412 1879 29461 3110900 pezzi 230591 chilogr. 127600, 139812 125896 fiorini Valore medio annuo in fiorini Valore Iv. A. della pesca nei circondari marittimi di Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 24044{Megline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 21784/Megline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 17221{Megline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 21368jMegline 178 Quantitä del prodotto di tutto il quinquennio 1877 - 1881 Valore Medio annuo Denominazione a Quantitä Valore del prodotto pezzi|chilogr.| fiorini |pezzi| chilogr.| fiorini (ee) [0 6) 90 Si = Astice == 3994| 107414] S 799 21483) 7 4 | | 4 a ‘ : Sfoglia . . . .| — | 188433] 93430] — | 87686] 18686 ‘ } 4 Angusigola. . .| — | 294452) 74906] — | 58890) 14981 Anguilla (Bisatto) | — | 210267| 74469] — | 42053) 14894 179 Massimo annuo Minimo annuo Bet | Valore = a = DI annuo in fiorini E Quantità Valore = Quantità | Valore ly. A. della pesea = = nei circondari = = Mer nee = | pezzi chilogr. | fiorini |” pezzi| chilogr.| fiorini nn) = | | | Trieste 896 Rovigno 2100 Pola 2839 Lussin 95 Zara 12348 > = Spalato 1913 AMS ale Ragusa 1272 | =| © 1603| 2812110) = 218) 7507|Megline 20 | Trieste 6964 Rovigno 9273 | Pola 1046 | Lussin 59 | Zara 251 Spalato 970 = = Ragusa 25 col — | 48262) 24005)%| — | 29692) 14445[Megline 98 | Trieste 1046 Rovigno 916 Pola 1273 Lussin 818 Zara 5187 Spalato 5060 = = Ragusa 319 = 77978, 17568/2| — | 47414) 13454/Megline 302 Trieste 11126 Rovigno 221 Pola 21 Lussin 40 Zara 2519 Spalato 199 = È Ragusa 370 Sie | 55420) 17509 si — | 29879 10557|Megline 398 180 Denominazione del prodotto Scarpena rossa Scarpena selvatica Cantara . Suro Quantità | Valore Medio annuo del prodotto di tutto ìl quinquennio 1877 - 1881 — | 236416, 66013 — | 233024, 64568 — | 311092) 63081 = SRP 62078 pezzi chilogr. fiorini |pezzi | ehilogr. Quantità | Valore fiorini | | | | | i 47283! 13202 — | 46604 12913! — | 62218! 12616 Ara 12416 TE niin 181 Massimo annuo Minimo annuo 3 a Valore medio. = Quantità | Valore = Quantità | Valore Va adie jee = = nei circondari = + = Hi Rese = pezzi|chilogr.| fiorini |” pezzi chilogr. fiorini an Trieste 457 Rovigno 697 Pola 1021 Lussin 625 Zara 4930 a Spalato 4836 = = Ragusa 549 2 — | 53072) 1526834; — | 43986 11930[Megline 87 Trieste 32 Rovigno 1147 Pola 512 Lussin 136 Zara 9697 4 Spalato 902 > Do Ragusa 343 S| — | 52898) 13442)%| — | 38673. 11122/Megline 144 Trieste 24 Rovigno zu Pola 617 Lussin 698 Zara 9192 4 Spalato 1350 = = Ragusa 24 2| — | 83650 158942) — | 48107) 10171|Megline = Trieste 163 Rovigno 849 Pola 191 Lussin Wea | Zara 3936 Spalato 3294 = = Ragusa 1649 = — | 106895) 1519215) — 64308 11784[Megline 563 182 Quantitä | Valore Medio annuo D to D del prodotto di tutto il quinquennio Quantità | Valore del prodotto 1877 - 1881 pezzi chilogr. | fiorini pezzi| chilogr.| fiorini Passera — | 195501; 59102! — | 39100| 11820 Guatto da fango . | — | 407932) 55598) — 81585| 11120 Can bianco -— | 267657; 517071 — 53532) 10834; Ribon — | 160289) 47489) — 32058 9498 - D nell’ anno 1879 1877 1880 1880 pezzi chilogr. | fiorini Massimo annuo Minimo annuo Quantità Valore Quantità 183 Valore medio annuo in fiorini Valore {V. A. della pesca nell’ anno QD te = 50766) 1601512 1881 — 71610857) 15326 = zen 60252 1071812 1878 — | 47700) 14043 pezzi chilogr. 28177 31920 26420 fiorini nei circondari marittimi di Lussin Zara Spalato Ragusa 8443jMegline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 10419jMegline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 6005!Megline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa | Trieste | Rovigno Pola 7132|Megline 11153 240 6 70 351 184 Quantitä | Valore Medio annuo Denvaitnavioae del prodotto di tutto pi il quinquennio Quantità Valore del prodotto 1877 - 1881 pezzi) chilogr.| fiorini pezzi, chilogr.| fiorini Guatto giallo _. |:191297) 46561) — | 382591 os Papalina — 1.801333) 43271 — | (6026765 Te) Lac 25 Ne) a Ostrica aS 57583) 37820) = 11517 7564 Colombo — 209793 373831 — | 41959, 7477 Massimo annuo 185 Minimo annuo Valore medio = ne = ve annuo in fiorini = Quantitä Valore 3 Quantitä Valore fy, A. della pesca a = nei circondari = | = rs ERBE at = pezzi chilogr.| fiorini |” pezzi chilogr.| fiorini nn Trieste 9174 Rovigno 28 Pola Te Lussin 27 Zara 41 Spalato 8 a = Ragusa 2 ol — | 47556) 11863)%| — | 28870) 6949/Megline 32 Trieste 252 Rovigno] 2916 Pola 2054 Lussin 350 Zara = Spalato 2234 = = Ragusa 488 Bra 71048880). ITS | — 41125 5791jMegline 360 Trieste 1312 Rovigno 27 Pola 976 Lussin 19 Zara 3057 = ne Spalato 108 Re oS 2 Ragusa 1992 joo) G 24610) 837612) & 3550 5574|Megline Us Trieste 617 Rovigno 330 Pola 347 Lussin 862 Zara 3201 Spalato 1331 = a Ragusa 391 coi — | 46231 185412] — | 36182 7115|Megline 432 186 Quantitä | Valore del prodotto di tutto Medio annuo Denominazione . i ì à il quinquennio Quantità Valore del prodotto 1877 - 1881 pezzi chilogr. | fiorini |pezzi chilogr.| fiorini Gatta da fango — | 189389) 35842] — | 37877) 6a Sanpiero — | 151209| 32208] — | 30241 6442 Sargo — | 93861) 27349] — | 18772) 5470 D ne) > (e ©) ce) GI Ue) = 3 Pedocchio = 44620| 24913] 3 su 4982 | 187 | —— m T ume crime onu Massimo annuo Minimo annuo JE | =. Valore medio = a BE, DA annuo in fiorini 5 Quantità Valore = Quantitä Valore |v. A. della pesea = = nei circondari = = tar eta a 7 pezzi |chilogr. fiorini | = pezzi) chilogr. fiorini nnd) Betis | | | Trieste 182 Rovigno 73 Pola 493 Lussin 242 Zara 5343 Spalato 153 D = Ragusa 82 2; — | 42441) 8343/0; — | 28576) 5650|Megline — Trieste 266 Rovigno 949 Pola 424 Lussin 261 Zara 2234 Spalato 1631 8 = Ragusa 352 2); — | 42142) 8088|) — | 20494 4840|Megline 325 Trieste 44 Rovigno 286 Pola 313 Lussin 288 Zara 2445 Spalato 1425 = o Ragusa 252 ci — | 25084 63865) — | 15857 4931|Megline 417 Trieste 667 Rovigno = Pola 8 Lussin = = = Zara 3630 © = Spalato 80 = à | e Ragusa 214 ento: 16810) 661721 2 4850| 3741 Healing | 383 188 Quantitä | Valore Medio annuo Denise del prodotto di tutto Wi il quinquennio Quantità | Valore del prodotto 1877 - 1881 pezzi chilogr. | fiorini pezzi | chilogr.| fiorini Rombo . . . .| — | 54678) 20710] — | 10936) 4142 Aiali i, 00: = 1° 98683) (20279)! — [VISCO = Si 3 = ee) Mussolo . a (1828074; 18493] © | 265615) 3698 Anguella . . .{ — | 100907! 17394) — 20182 3478 Massimo annuo 189 Minimo annuo nell’ anno 1875 1877 1879 Quantità 424840 15825 23605 781360 23923 pezzi | chilogr. | fiorini Valore nell’ anno De 550612 | pezzi | chilogr. | fiorini EE Ee Er 4769 = 14338 © © = ne) a 85300 = | 16050 Valore medio | | annuo in fiorini | Quantità | Valore lv, A. della pesca nei circondari Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 2415\Megline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 3550|Megline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 2173]Megline Trieste Rovigno Pola Lussin Zara Spalato Ragusa 3047|Megline marittimi di | 1885 6 190 Denominazione del prodotto Scarpena bruna Merluzzo Scampo Bavosa Quantità | Valore del prodotto di tutto il quinquennio 1877 - 1881 58789 47670 45702 13958 13374 13150 76057 12744 Medio annuo Quantità pezzi| chilogr. | fiorini. pezzi chilogr. | | er 11758 =" 9534 — 9140 fiorini Valore 2192 2675 2630 BT 191 Minimo annuo Massimo annuo | Valore medio © © 1 “ini El Quantità | Valore |S| Quantità | Valore WR Welly vos > = | nei eircondari D | 1 5 ELL = pezzi |chilogr. fiorini |” |pezzi|chilogr.| fiorini ano Trieste — 262 Rovigno 686 Pola 305 Lussin 526 Zara 130 Spalato 474 = = Ragusa 182 LC — 13581 305714 | — 9168 2496[Megline 227 Trieste 284 Rovigno 92 Pola 1314 Lussin 536 Zara = Spalato 198 = = Ragusa 203 D — | 11210) 27682) — | 8040) 3125|Megline 48 Trieste 45 Rovigno a Pola 1572 Lussin 1013 Zara = Spalato Ta Fs 2 Ragusa — ei — | 1915| 3750612 — 5945 1227[Megline = [Trieste 516 Rovigno 614 Pola 680 Eussin 312 Zara = Spalato 427 = = Ragusa | = cel — | 21380| 3055/0; — 12050! 2165 Mans — rl. Denominazione del prodotto Gatta d’ aspreo Matan Guatto di sasso Quantità | Valore Medio annuo del prodotto di tutto ìl quinquennio Quantità | Valore 1877 - 1881 pezzi | chilogr. | fiorini {pezzi ‚chilogr. | fiorini — | 69131! 11781] — | 3 13826 2356 — | 55417 7520): — |. 11083) 1608 Se 23885 5353] — 4777 1072 193 Minimo annuo Massimo annuo | Valore medio © © 1 a E Quantità | Valore È Quantità | Valore nen = = nei eircondari © D È . = pezzi] chilogr. fiorini |” pezzi | chilogr. fiorini ang Trieste 489 Rovigno] 1207 Pola 172 Lussin 179 Zara 5 Spalato 241 e È Ragusa 27 D — 15980 2442| — 9406 1651[Megline — Trieste 243 Rovigno 181 Pola 664 Lussin 70 Zara 1 Spalato 345 = = Ragusa = Ql — 18720; 21862 | — 5400 832|Megline = Trieste 295 Rovigno Tu Pola dl Lussin = Zara 343 Spalato 68 D 2 Ragusa 49 DI — 11317 230912) — 2572 687[Megline 190 | | 194 b) Consumo locale. Il consumo locale, cioè quello degli abitanti della costa, rimase con piccole oscillazioni quasi sempre eguale in tutto il quinquennio, e rappresentò in complesso un valore di 6,163.094 fior., cosicchè si ottiene in media un consumo annuo di prodotti marini pel valore approssimativo di 1,232.000 fiorini. RISULTATI SOMMARÎ del consumo locale dei varî prodotti della pesca di mare, nel periodo dal 23 Aprile 1877 a tutto il 22 Aprile 1882. ——won0o0e0__-————_—_—&—& | In complesso vennero consumati lungo tutta la costa | del Litorale e della Dalmazia Negli > = 5 © à E ee. anni |. = È Flee ei 2 5 = N = +» — = rd NE 5 Sr eee Q ann LAGO ot en 1877 |—| 5162355 | 275938 |—|—-|4000| —| 600! 5442893 1878 |—| 5193479 | 172055 |—|—| — |— 250) 5365784 1879 |—| 3846535 | 188111 | —| —| — |—| 400! 4035046 1880 |—| 3663861 | 372373 | —| 8| — | —| — | 4036242 1881 |—| 4516269 | 450342 | —|—| — |—| — | 4966611 Somma |— 122382499 [1458819 |—| 8/4000| — 1250 23846576 Medio |—| 4476500 | 291763 | — 2) 800 —| 250} 4769315 195 | > n 5 | aS "© © PAGE | Negli tao 2 8 3 = [Sal 18 2 | anni 2 = © = |£ GE) E c D pas > =) pi zu Seelen Ola ter t a. Aon CRE mt 1877 | 5167722| 704300) 77436) — | 501 — | —|—| 5949508 1878 4919446! 640059) 22547! 22011501125] 50|—| 5582597 1879 4428569, 573782] 17300! 240! 15, — | 50|—| 5019956 1880 4355319| 643298] 18842) 480) — 1235| — |—| 5018234 1881 4827176) 742771) 21499! 550! 60) 40! — | —| 5592096 Somma |23698292|3304210 1576241490 275/400 100 — 27162891 Medio | 4739658 660842 31525 298 55| 80 20 —| 5432478 c) Esportazione. L’ esportazione totale dei varî prodotti marini, sia in istato fresco, che asciutto, o salati e preparati in altra guisa, tanto da un circondario ad un altro, che per l’interno della monarchia, o per altri porti dell’ estero, ascese nel quin- quennio a 14,510.625 chilogr. di pesci del valore di fior. 3,302.938 1,194.638 pezzi : i x 1.471.669 chilogr. | di molluschi , a PE 185.090 159.884 pezzi | 131.570 chilogr. | crostacei del valore di fior. 109.092 di 2.617 ” » 9 Totale fior. 3,599.737 D’ altri prodotti „ donde si rileva che I’ esportazione e rispettivamente il movimento annuo dei prodotti del mare pescati in un circondario, e consu- mati altrove ci dànno in media la somma di circa 720.000 fiorini. 196 d) Materiale da pesca. Il materiale da pesca consta delle varie specie di barche, di reti e d’altri attrezzi, di cui una parte appartenente ai pescatori nazionali ed un’altra ai chioggiotti. Dalle seguenti quattro tabelle si rileva che nell’ ul- timo quinquennio venne impiegato ne’ vari circondart il seguente materiale da pesca: In complesso In media valore valore pezzi infiorini pezzi in fiorini da parte di barche 12,655 2,838.546 2,531 567.709 pescatori nazionali lreti ed altri attrezzi 288,482 5,262.791 57.696 1,052.558 Totale 8,101.337 1,620.267 da parte dif barche 1.172 1,884.137 235 276.827 pescatori esteri Iveti ed altri attrezzi 6.896 319.980 1.379 63.996 Totale 1,704.117 340.823 TABELLA delle barche nazionali, le quali si dedicarono alla pesca dal 23 Aprile 1877 a tutto il 22 Aprile 1882. negli anni] 1877 | 1878 | 1879 | 1880 | 1881 | Totale | Media Trieste G13), 626). 665) . 691 131 3326| 665 Rovigno . 180; 130) 141 159 166 116. db Pola io 2220) alba) LE 18h) 201 1172] 154 Lussino 222) 208} 189 150) 141 910) 182 Zara 351 343 8310| 279. 294) 15% 315 Spalato 219 712|. 669) ‚743. 720). 3619| 7728 Ragusa 309% 314) 2509 286 306 1524| 805 Megline . 23 22 37 59 36 Lor 32 Somma 2522| 2475| 2485) 2528) 2645) 12655) 2531 VALORE IN FIORINI: | | | | Trieste .115283611502401706801159399 170511) 803666/160733 Rovigno . | 36980| 36290) 43510) 50150) 52600! 219530, 43906 Pola 23870} 26690! 34150) 25190) 29730) 139630) 27926 Lussino 38440 32540) 29235) 27082) 24545) 151842) 30368 Zara 69467| 68503, 70530, 67576) 68260) 344336| 68867 Spalato .1161322156114153130 165493186404) 822463 164493 Ragusa 69262, 68540) 66406| 62250) 66711) 333169) 66634 Megline 5450| 4050| 4640| 4940) 4830) 23910) 4782 Somma _. 1557627542967/572281 5620801603591 2838546/567709 198 TABELTA delle reti ed altri attrezzi da pesca, attinenti alle barche nazionali che si dedicarono alla pesca. negli anni || 1877 | 1878 | 1879 | 1880 | 1881 | Totale | Media | Trieste 23950 31219) 31347| 28748) 30819) 146083) 29217 Rovigno . | 8549| 7339| 7407) 8312) 8810) 40417) 8083 Pola 7733| 12266) 14072) 13467| 13495) 61033) 12207 Lussino 1864| 1650) 1580; 1439| 1117) 7650) 1530 Zara 1586| 2466) 1204) 1273| 1661) 8190! 1638 Spalato 2809) 3089) 2978) 3318) 3045| 15239] 3048 Ragusa 1561| 1470: 1721| 1959) 2472| 9183| 21837 Megline 233 980 118) 2121 Altes 687 136 Somma . | 48285) 59597| 60427| 58637) 61536) 288482) 57696 VALORE IN FIORINI: | | | Trieste .|202846|362675/368001|363806|383446/1680774|/336155 Rovigno . 1138098, 64642) 65989} 62035] 63160) 393924) 78785 Pola . |101577/103323| 86237) 79869} 81650) 452656) 90531 Lussino 66917) 60155) 56597} 52269) 46004! 281942) 56388 Zara . |150506|181695|159764174986188309| 855260/171052 Spalato .|211942/208118|191900]197816/217588|1027364/205473 Ragusa. |106027/103525/108075) 102943 102441) 518011103602 Megline 6980| 9418| 12262) 12692) 11508) 52860) 10572 Somma 984893) 1093551 1043825) 1046416) 1094106) 5262791 1052558 ee = PA BEG A 199 delle barche chioggiotte, le quali si dedicarono alla pesca dal 23 Aprile 1877 a tutto il 22 Aprile 1882. Ee Rue negli anni | 1877 | 1878 | 1879 1830 | 1881 | Totale | Media Trieste 75 95 92 88 94 444 89 Rovigno . 30 43 45 46 46 210 42 Pola 43 42 42 50 36 213 43 Lussino 12 12 10 11 12 57 11 Zara 12 14 14 35 13 88 18 Spalato 21 28 30 45 30 160 32 Ragusa = = — — — — = Megline . — — = — -- _ = Somma 199, , 2347 233) 2 215, 2831 1172|. 235 VALORE IN FIORINI: csi | | Pa | Trieste 54000) 94000, 53800; 88400, 96800 387000! 77400 Rovigno .| 38240) 36290) 73200, 73900) 73900] 295530) 59106 Pola . 122000122000, 54000 73100, 35500) 406600; 81320 Lussino 18000) 18000) 11000! 11600 12600, 71200) 14240 Zara 7200| 10200) 10200! 17500 8700; 53800) 10760 Spalato 25800) 32835) 29372) 52125] 29875) 170007| 34001 Ragusa — -— — — — = = Megline . = _ .- — — — — Somma . 1265240313325 25737511384137/276827 200 TABELLA delle reti ed altri attrezzi da pesca, attinenti alle barche chioggiotte che si dedicarono alla pesca. negli anni 1877 | 1878 | 1879 | 1880 | 1881 | Totale | Media | Trieste (80109 STOMIES 656} 131 Rovigno . 192] 1050| 1193) 1194) 1194| 4823) 965 Pola 254| 556 54 74 60 998| 200 Lussino 28 36 34 24 26 148 30 Zara 28 44 38 46 33 189 37 Spalato 25 11 12 18 16 82 16 Ragusa = — — = — — = Megline == — — _ E= — — Somma 605} 1866; 1498) 1470; 1457) 6896| 1379 VALORE IN FIORINI: Trieste 26100) 37760) 37696) 34860) 35832) 172248) 34450 Rovigno .|| 5670) 8400| 10210) 10230| 10230} 44740) 8948 Pola 16000! 10600! 8500! 10800) 6700! 52600! 10520 Lussino 3070| 3456| 2816) 2570) 8120) 15032] 3006 Zara 3200 4800) 4006| 6507| 3707| 22220] 4444 Spalato 2440| 1200) 1200) 6700| 1600) 13140) 2628 Ragusa = — — = =a a == Megline = — — = == = = Somma 56480! 66216] 64428) 71667) 61189 319980, 63996 201 Facendo un raffronto fra i sopraccennati valori medi del materiale da pesca effettivamente adoperato, coi valori medi del prodotto della pesca, si trova che il capitale investito in barche, reti ed altri attrezzi nel quinquennio 1877—1881, diede ai pe- scatori nazionali un’ annua rendita lorda di 99°/) e di 102°), ai pescatori italiani. Non tutte le barche ed i varî attrezzi però vengono an- nualmente impiegati nella pesca, chè una parte sia per la stagione poco propizia, sia per altre cause, se ne rimane inope- rosa. Aggiunta questa parte, agli attrezzi che realmente furono adoperati, si rileva lo stato reale del materiale da pesca esistente alle nostre coste. Secondo le distinte prodotte dagli uffict di porto e s. m. pel semestre d’inverno del 1881, (cioè pel periodo dal 23 otto- bre 1881 a tutto il 22 aprile 1882) il materiale da pesca appar- tenente esclusivamente ai pescatori nazionali, consisteva in complesso di : valore pezzi in fiorini basche darpesca . x... 2912, | 627.314 reti ed altri attrezzi da pesca 59.500 1,115.697 Valore totale 1,743.011 la cui ripartizione nei singoli circondarî marittimi si apprende dalle seguenti due tabelle : TABELLA delle barche da pesca appartenenti ai pescatori nazionali col 22 Aprile 1882. 204 Barche da pesca — SPECIE DELLE BARCHE | Trieste Rovigno Pola DA PESCA | |Valore) |Valore| [Valore Nr.| in (Nr. in. Nessa fiorini fiorini fiorini 1 Barche. en 93087 —| — |—| — 2 Barchini (Barchette) . 26) 3320| | mE 3 Battelle 63| 37201 — | — |—| — 4 Battelli 153) 28050| 53) 7800) 4 1000 5 Battelline . 75] ..2540| —.|- = 6 Bragozzi 31| 29700| 19] 10500 —| — 7 Brazzere 95) 13529121 SI 8 Gaete —| — | 78) 24800) 41) 5410 Guzzi. PA sel ge re 10 Lancie een 1 80 11 Leuti Le] ET AN 12 Passere nt ee 6 300 13 Portolate (Portellate) Zee -. 14 Sandali 1518 11015) (ee 15 Toppi . NS OI ee 16 Zoppoli Re) ea A ee | | 8941885141150) 431001150) 15450 | u nn = = = — = = appartenenti ai circondari marittimi di Lussin Zara Spalato Ragusa | Megline an Valore Valore Valore Valore Valore ie Valore Beam “Nr. in Nr.) in Nr.) in’ |Nr.|- im Net m fiorini fiorini fiorini fiorini fiorini fiorini —| — |—-| — | 26) 5200) 14, 2441| 20; 2080) 216 102808 —| — |-| — | sf 8s0|—| — |—| — 34| 4170 ee ae es e 63| 3720 Beer er anne) = =) — 910) 56850 ll Se ei ee LL Nm = 15) 2540 OO 20 NS Al — 61| 50949 Me SR PE ree 25| 13522 124) 18265 1352| 62252)651|162026 236| 48690! 15} 2600/1497/324043 4 300) 13) 1180| 23) 1630) 11; 124 | 4) 600) 153! 13610 er ee — 1 80 —| — | 30) 17700) 82| 22647) 55} 159401 —| — | 167 56287 Bee, ie nt 6| 300 Baer En 1 400 er Bei e Se 318111015 ce n i = 47) 3510 7 580] 31) 2930|—| — |-| — |—| — 38} 3510 | | | 143) 26545/427| 85312/793/194802/316) 68311| 39) 5280|2912/627314 | | | | | | 205 TABELLA delle reti e degli altri attrezzi da pesca appartenenti a pescatori nazionali (22 Aprile 1882). 208 | Reti ed altri attrezzi da | Trieste | Rovigno | Pola 5 P/EO TE a > | Valore Valore Valore | Nr. in | Nr, in (Nr. | fiorini fiorini fiorini È Reti da posta o da imbrocco. a. semplici x .1 Sardellere 10474 214800 1086) 35196215] 9800 2 Sardonere 611; 24930) 24 960) —| — 3 Agonere a 15} 600! 68; 2020 A SZ ierenie eae 2) NE — = 4 160/—| — 5 Spiconi da verzellate 200; 5056) 20 60! 16; 460 6 Prostizze ll. Ra — |—| — 7 Bobbere 30} 300] 190] 2700| 10| 200 8 Reti da ludro — | — | 120) 28801 — | — 9 Scombrere e = — |LO1| 2430 10 Cagnere — a 29} 892] 26) 650 11 Squaenere 7025) 1405013790) 91561200 400 b. tramagliate o d’ insacco. 12 Gombine 5419| 5559611047! 72271126| 1288 13 Cerberai 108 1770] 223| 2476|100) 1806 14 Passelere . 2498| 17830] 970} 4120] — | — 15 Barbonere — | — 4 800] —| -- 16 Saltarelli 12) 1330) — — |—| — IT. Reti da chiusa. 17 Palandare re 1} 100/14) 560 18 Tonnare 6} 6000) — — | 5) 4600 Riporto 26383,34166217523| 67236 Lui 24214 ile wee ——— — 7% 209 | pesca appartenenti ai circondari marittimi di Lussin Zara Spalato | Ragusa | Megline ARG Valore Valore Valore Valore |Valore Valore Benin Nr. ino |Nr. in (Nr. in |N. “in Nr. in fiorini fiorini fiorini fiorini |fiorini fiorini 97! 5340194) 34270514 126200 408) 69295 |18| 4383| 13006|499281 | — I—-| — |=-| — |I—| — |-{| — 635) 25890 —| — 1152| 12359) —| — |17) 790|-| — 252] 15769 | ee a re -| — 4| 160 SI Al 2200|—|. — |—-| — 240) 7776 —| — |—| — Tl} 17201149) 5180|14| 700 234| 7600 —|-— |—| — I—| — | 24 940] 6 300) 260] 4440 —| — | 89} 5420] —| — |—| — Fy — 209] 8300 —| — | 40) 10000 —| — |—| — |<| — 141| 12430 | ES le en E E eee = 55| 1542 —| — |—| — 1 481 —| — || — | 11016| 23654 — | — 1126) 5808242) 65081177) 5726/13} 1170] 7150] 83322 ze = ee = 431) 6052 ea =) — lez || — | 3468| 91950 TN Re Een 19 Gi le 23) 1470 «| CSM ee 12} 1330 32} 2220| 68) 843901 — | — |—| — | 5} 23001 120) 89570 11 Bed —| — 2} 1700) — | — [TY — 24| 23600 a | — 140) 188601669| 1522471853,139046|775| 81931 À 8850| 37280/834136 210 Reti ed altri attrezzi da Trieste Rovigno Pola E N — a Valore Valore Valore Nr. in. | Nr in Nr fiorini fiorini fiorini Trasporto 26383/341662|7523| 67326 881] 24214 ial Reti a strascico e raschianti. 19 “Dratte~, 31) 31500) 106; 7030| 79) 6700 20 Bragagne . — | — 3} 120|—| — 21 Cocchie 6} 1800! —- ie 22 Tartane 135» 2189,23 601 — | — 23 Grippi . 67) 2961 3} 2301— | — 24 Sciabacche 50; 135) 30 180|—| — 25 Mussoleri . = 10} 270) 6 48 26 Ostregheri 1007 949) — ii 27 Guatte a mano . 56 | = | a IV. Reti da gettata e da saccoleva. 28 Rizzai . 20 2201| — — NEO 29 Voleghe = NYSE | À V. Altri attrezzi da pesca minori cioè : 30 Asturere, Brancarelle, Co- goli, Fiocine, Grampe, Grisiole, Lenze, Nasse, Parangali, Pannole, Pu- schie, Tanaglie, Togne, eee. ecc. 11520} 1666411373) 2688|707| 6278 | = Totale . . | 39275/399485|9051| 77904) © | 37240 EEE pesca appartenenti ai circondari marittimi di Lussin Nr. 140 449 617 1220 Valore fiorini 181421 in 211 18360 669 152247 1899 Ragusa | Megline ns Valore| |Valore Valore Nr. um N. an Nr. | 5 in fiorini | |fiorini fiorini 775, 81931 |56| 8850) 37280 834136 86} 20610 |11| 3100| 10821213483 allea 5 820 — ae ey 14! 2600 ie 144) 4449 SES 70} 3191 — im 9] 580 125) 9995 —| + || — 16 318 tesi = 1011 292 — a 56 112 135 94 — 7155| 1161 16 1S |) 16 16 = 3 ™ | 5484/48) 228) 19526) 45124 5 |108982 |3 cui 5950011115607 Si 7: | 212 e) Personale addetto alla pesca. L’ industria della pesca sì esercita durante tutto l’anno lungo le nostre coste, tanto da pescatori delle nostre provincie rivierasche, quanto da quegli di Chioggia. Oltre ai pescatori di professione, ci sono nella maggior parte dei nostri distretti numerose persone, che si dedicano alla pesca soltanto occasionalmente, nelle stagioni di maggiore frequenza di pesce. Come risulta dalle seguenti due tabelle, nel quinquennio 1877—1881 presero parte alla pesca nei diversi . circondari marittimi in media in complesso all’anno pescatori nazionali 49.304 9.861 Bs italiani 5.802 1.161 Totale 55.106 11.022 TABBED LA dei pescatori nazionali che si dedicarono alla pesca dal 23 Aprile 1877 a tutto il 22 Aprile 1882, lungo la costa del Litorale, e della Dalmazia. Nel circondario marittimo di © | Negli anni) % | Slas| s | = | 2|= bo = SR oa e PS St pas SD. Sl E le a oD | Bl en DSH 1815| 835| 503) 86811640! 35201076! 130) 10387 1878 2014| 582) 423) 81911375] 3514/1084) 129] 9940 1879 2070| 621! 515! 636)1051; 3315/1058} 173] 9439 1880 1920| 701) 488 51111185] 36131029, 173i 9620 1881 2290) 700! 553. 493/1188) 3484/1052) 158) 9918 Somma . | 10109'3439/24821332716439| 17446/5299| 763] 49304 Medio. . 2022! 688! 496} 6651288! 348911060 153] 9861 e 213 TABELLA dei pescatori chioggiotti, che si dedicarono alla pesca dal 23 Aprile 1877 al 22 Aprile 1882, lungo la costa del Litorale, e della Dalmazia. | Nel circondario marittimo di ® | 2 as © | 2 a © = Negli anni Zn ee RE AE Li ES = 5 Sa a) È = op an © Hl ge = nals) H 1877 334 1721 20617 66/7 60) 821 == | — 920 1878 4451, 44410208, GANTS ladı —ı -— 1367 1879 APO 445) 168) 48 78 129 — | — 1288 1880 4567265] 159) 59) 1521 210) — | — 1271 1881 290| 265| 149 541 64 134) — — 956 Somma . . .1191511588| 890| 291) 429; 689) — = 5802 Medio . . .| 8383| 318| 178| 58] 86| 138| — — II Mettendo le due esposte cifre medie di fronte ai valori medi del prodotto della pesca negli ultimi cinque anni, senza tener conto delle spese di conservazione del materiale da pesca adoperato, degl’interessi del capitale in esso investito, delle differenti tasse ecc. si ottiene : Per ogni pescatore nazionale un’ annua rendita lorda di circa 163 fiorini, Per ogni pescatore italiano un’annua rendita lorda di circa 300 fiorini. Questo risultato è tanto più da ritenersi come approssi- mativamente esatto, inquantochè i pescatori italiani (Chioggiotti), esercitano durante tutto l’anno unicamente tale mestiere, mentre i pescatori nazionali si occupano in gran parte anche dell’ agri- coltura, oppure pescano soltanto nell’ estate. Al 22 aprile 1882 il numero dei pescatori di professione nei diversi circondari marittimi, indipendentemente se presero parte alla pesca o meno, ascendeva a 214 Trieste 7, 2: Pia RENI a 2.636 Rovigno „u... ee nti ee) aS) Polar THs. Whe OI See Li‘ Lussinpjeedlo,ls It Dar re ee er FOA Falarrıo. Ahr RDS „. 1.652 Spalato: it I Qe » 3.588 RA GUGAY eee ee a pie ee 1.246 Meplines tette PEN LEE RESTES eo) Totale 10.873 Trovansi nel circondario di: per ogni miglio geografico marittimo Trieste 140 35 pescatori di professione Rovigno 32 8 N A Pola 16 4 x A Lussinpiccolo 6 155 5 a Zara 7 lag A sl Spalato 28 7 > A Ragusa 13 395 > x Megline 5 l'os x 5 Statistica della pesca di mare sulla costa del litorale ungaro-croato negli anni 1874—1881. Secondo le statistiche degli ultimi otto anni, la quantità media annuale del prodotto della pesca ascese a 778000 chi- logr. di pesce ed a 31000 pezzi di crostacei del valore totale di fiorini 152000. Di questa quantità furono presi a Fiume e nel Quarnero Se ee ee ilo sa 22000 MCCA ae nn ER > 36,000 ÉCRIS EE CNRS a ony eh a o x 71,000 SE DET e er Ne LE È 46,000 SELE e te ah ae an È k 86,000 CaO AOU to Cd eo 1 i 11,000 SÉISMES SELLE 4,000 SEA Se AR RES sa 2,000 A questo prodotto totale parteciparono i pescatori nazionali col 68 per cento, i Chioggiotti col 82 per cento. Riguardo alla quantità del pesce le specie che figurano maggiormente sono : Merluzzi . . . . . con chilog. 125.000 Sardelle bario. ts 123.000 Tonnen wer, Va ER, ; 122.200 MEO RIO | i 78.800 ER Gee a a, Ni 37.000 Scampi es eva: a 29.800 Molt so u: È 25.400 Menolese 2.07 o sofa a 19.700 216 Seppie 2... Li eonschulog: 18.209 Rospi Se era A 18.100 Barboni an. ern, 5 18.100 Secombe 500. * 16.900 Nei porti del litorale la pesca & di poca entità, se si eccet- tuino il tonno e le sardelle: Per la pesca del tonno figurano : Buccari con 1 tonnara chilog. 33600 Portorè , 3 tonnare » 69600 Segna » 1 tonnara i 9200 Selce Ma! E A 9800 Le Sardelle vengono prese la maggior parte a Selce, pre- sentandoci questo porto un prodotto di chilog. 74.000. La maggior parte del pesce preso, viene consumato in paese, eccettuato il tonno di cui circa 40,000 chilogrammi vengono esportati per la Monarchia e per il Veneto; a questi si possono aggiungere 4000 chilogrammi di altre qualità, come scampi, branzini, orate, dentali e merluzzi. Non essendovi alcun industriante, che si occupi della pre- parazione del pesce, la quantità che viene salata o messa in olio, è ristretta puramente al consumo locale, e può calcolarsi di circa chilogr. 3500 all’ anno. Quando la pesca dello sgombro è abbondante, usasi salarlo per la maggior parte, ed esportarlo per l’Italia; da parecchi anni però questo pesce andò ognor più scemando nel Quarnero. Il numero degl’individui impiegati alla pesca nella stagione invernale, è in media di 517 con 6 giornate di lavoro; di questi, 130 uomini sono imbarcati sui bragozzi. Il modo d’ingaggio ha luogo per lo più «a parte, quelli che sono a giornata, ricevono una mercede da 60 soldi a fior. 1.50. Le spese di sostentamento d’un pescatore possono calcolarsi secondo le circostanze, da soldi 40 a fior 1 al giorno. APPEINDIGE Cenni Intorno alle nostre saline. Il primo e più importante prodotto minerale del mare è il sale, la cui produzione ascende alla più remota antichità, dap- poichè le prime pozze d’acqua salsa, restate tra le fessure e le concavità delle roccie, insegnarono all’ uomo l’arte di estrarlo mediante l’evaporazione. Roma aveva estese saline in Sicilia ed al lago di Taranto (totumaue stagnum in salem abit), e possedea del pari una corporazione speciale di salinatori, cui erano astretti i condannati (ad salinas), o gli schiavi. Di saline esistite lungo i nostri litorali, non troviamo fatta menzione negli scritti degli antichi, e solo indirettamente dal nome di qualche località (p. e. Salona), oppure dalle parole di Plinio che loda la salamoja della Dalmazia,** si potrebbe forse arguire che tale industria non fosse del tutto ignota ai nostri maggiori. I più vecchi documenti in proposito sono della metà del VI° secolo, e tra questi l importantissima lettera di Cassio- doro (Anno 538, Epist. XXII. 24), in cui con istile fiorito, come tanto amava il celebre prefetto di Re Vitige, descrive minuta- SIP ASSI leg Ge 218 mente le varie parti delle saline, l’arte del salinaro, ecc.* Poco appresso (anno 543) troviamo nominate le saline dell’ Isole Brioni presso Pola, in una donazione di Eufrasio, vescovo di Parenzo. ** In parecchi documenti posteriori si fa inoltre parola di saline, quantunque la loro estensione non deve essere stata molto grande, se nel famoso Placito tenuto nel 804 nella pianura di Risano, non ne vien fatta alcuna menzione. Libera essendo anticamente la produzione del sale e non soggetta che all'imposta della decima o del sestiere ##* ogni muni- [N * ,Ogni attività è concentrata nel sale: invece di adoperare falei ed aratri, rotolate cilindri; dalle saline a voi viene ogni prodotto, mentre in queste medesime avete quanto non fate; voi, per così dire battete mo- neta vittuale, chè ogni flutto è addetto all’ arte vostra. ecc.* — La lettera parla delle saline e dei salinari delle Venezie, le quali secondo il Kandler (Cod. Dipl. Istr.) estendevansi dal Po al Timavo o più precisamente dall’ Adige a S. Giovanni di Duino. ** Volumus etiam ut ipsi canonici habeant tertiam partem de salinis, qnas habemus in Insula, quae vocatur Brivona et habeant tertiam partem de pisca- tione quae provenit ad Ecclesiam S. Mauri de ripa Lemi. (Cod. Dipl. Istr.) *** Il diritto di monopolio si sviluppò appena più tardi, però non quale è oggidì, ma limitato unicamente al commercio, cioè al diritto esclusivo di prima comprita dal producente e di prima vendita. Il prezzo di comprita era regolato da appositi Capitoli, o contratti bilaterali, mentre il prezzo di vendita era libero alla finanza, ed in ciò, nella differenza del prezzo, stava la rendita dell’ erario. Le antichissime saline di Trieste erano, prima della dominazione austriaca, parte proprietà del Vescovo, come Signore fondale, e parte del Comune. Il primo percepiva la decima dalle proprie saline, al comune spettava il sestiere, ossia un moggio per ogni sei. Dalle saline comunali poi, il comune ritraeva del pari la decima. V’era inoltre un dazio speciale di 4 soldi. Negli antichi statuti di Trieste troviamo parecchie disposizioni circa le saline: Così il sale non potea venir condotto in città se prima non si avea pagato il sestiere. Da questo dazio però erano esenti le saline nuove e le ristaurate pei corso di due anni. (Lib. IV. Rub. 7.) I salinari fruivano del pari del privi- legio di andar esenti dal dovere di far la guardia alla città durante la sta- gione del sale. (Lib. IV. Rub. 13.) Secondo lo Statuto di Pirano (1274) spettava al comune quale dazio la settima parte del sale. Nella ducale del 1375 vi venne stabilita una limitazione ed in pari tempo fissato il prezzo. Il commercio del sale era libero per terra, proibito all’incontro il trasporto per mare. Già nel XV secolo esisteva a Trieste una camera dei sali, di ragione ser eterna. 219 cipio approfittava delle sue spiaggie per fondarvi saline. Così sorsero saline a Trieste, sul luogo ove ora trovasi la città Teresiana, all’ arsenale d’ artiglieria, presso il Navale Adriatico, nella valle di Servola ed a Zaule; a Muggia, tra la Punta Grossa e la Sottile, a Capodistria, a Strugnano, a Sicciole, a Sipar, a Cittanova, ad Orsera, alla bocca del Leme, a Val Saline, ecc. ecc. Colla dominazione veneta nell’ Istria e nella Dalmazia, si estese sempre più IT industria salifera lungo le nostre coste. Allorchè le vaste pianure di Venezia, dove in antico si produceva il sale, dovettero cedere il posto ai palazzi della regina del mare, si presentarono opportunissimi a tale industria i bassofondi ed i seni frequenti, onde vanno forniti i nostri litorali. Le antichis- sime saline di Trieste furono allora causa di molte guerre e di lotte accanite; chè i veneti, padroni di quasi tutta l Istria, di mal occhio vedevano contendersi dai triestini, deboli allora e quasi tributari* della potente Repubblica, V esclusivo monopolio di tale prodotto. Ogni incursione veneta era per lo più seguita dalla distruzione delle saline, ma i triestini, che da quelle ritrae- del principe. I proprietari erano obbligati di fornirle 24.000 staja al prezzo di 20 carantani lo stajo, però il commercio era libero, anzi nel 1690 Leopoldo I. rinnovava i mercati per facilitarne lo spaccio. Nel 1696 venne dichiarato monopolio l’ acquisto di prima mano, laddove la vendita di seconda mano rimase libera. (Vedi in proposito : Kandler, Delle saline, nell’ Istria, 1848. N. 54. p. 213.) * Non ostante la dedizione del 1382 ai Duchi d'Austria, Trieste conti- nuò a pagare per lungo tempo il tributo o regalia di 50 orne di vino alla Serenissima, dovuto per il patto del 1202, allorchè Trieste giurò fedeltà al Doge Enrico Dandolo. (Insuper etiam nos omnes homines Tergestinae civitatis universaliter promittimus, omnia suprascripta inviolabiliter conservare, et quod omni anno perpetualiter nos et successores nostri vobis et vestris successoribus solvere debeamus, vel solvi facere, urnas optimi vini puri de nostro territorio quinquaginta nostris expensis ad ripam Ducalis Palatii in festo Santi Martini). Appena dopo la guerra del 1508, ossia dopo oltre trecento anni, i Triestini negarono di pagare più oltre tale tributo, così che il Doge Andrea Gritti ancora nel 1523 ne richiedeva il pagamento. (Quapropter cum ex veteri et fere semper observato instituto Nobis constet M. istam communitatem amphoras quinquaginta optimi Vini (quam rebolam vocant) singulis annis mittere debere. — Cod. Dipl. Istr.) 220 vano lauti guadagni, appena scomparse le soldatesche nemiche, rifacevano gli argini e tornavano a produr sale. Finalmente stremata di forze e ridotta all’ ultima miseria, Trieste fu obbli- gata nel 1463 a promettere solennemente di non attivare nuove saline. * Caduta nel 1797 la Repubblica ed avvenuta l’unione del- l’Istria e della Dalmazia all’ Austria, si pensò tosto di sopprimere le saline di Trieste, ma per le varie vicende durante le guerre * Item quod Communitas ipsa Tergesti, sive particulares cives ejus, aut alii quique sint, in posterum vendere non possint sal alicui illud extrahere volenti per viam maris, neque suis hominibus illud mittere per mare ad ali- quem partem aliquo modo forma vel ingenio, neque illud vendere sub aliquo praetextu alicui ex hominibus vel subditis praefati Serenissimi Principis, ac Illmi. Dominii aut in aliquem ejus locum mittere, aut ponere, vel aliter cum eisdem Serenissimi Dni. Ducis, ac Excellentissimi Dominii Subditis de sale mercari seu contractare in magna vel parva quantitate. Quod si contrafa- cerint in arbitrio Serenissimi Prineipis et Illmi. Dominii sit Salinas ipsas propria auctoritate destruere, quae nunquam amplius refici, aut instaurare possunt. (Cod. dipl. istr.) — Ancora nel 1705 l’ ambasciatore veneto alla Corte imperiale pretendeva che „li Triestini in vigor di Capitulationi non possano haver Saline nè fabbricar nove Saline“; al che questi rispondevano „esser stata gran tempo prima Trieste che Venezia, haver avuto Saline avanti che Venezia fosse fabbricata“, nè i Veneti poter vantar alcun diritto, in quanto che anche se possedessero alcuna capitolazione, questa „non esser valida o sussistente, ma piuttosto reprovata dalle Leggi, come nulla et fatta fare a forza o con altre maniere simili contro la volontà di questi Cittadini allora massime, quando li Triestini furono soggettati et oppressi da Veneti, come fu l’anno 1280“ ece.; non poter i Veneziani pretendere d’immischiarsi nelle faccende d’un altro stato ed obbligare i Triestini a demolire le loro saline, onde poscia questi ,,fossero necessitati a pigliar li sali della Repubblica, la quale li leva ai propri sudditi con pagarli lira una, et meno il Staro, et poi in terra ferma alli medesimi suoi sudditi, li fa pagar venti et trenta lire il Staro“. (Arch. Triest. II. p. 270.) Secondo il Vescovo Tommasini, la Repubblica „pagava ai Piranesi lire 18 il moggio, e lo vendeva a ducati 36, onde sottratte tutte le spese di condotta, provveditori, ministri, fabbriche, ece., si credeva ch’ essa cavi ducati trentadue per ogni moggio“. (Descr. dell’ Istria I. $. 42.) — Il commercio del sale di Trieste sembra essere stato molto esteso, se non vi bastava la sola produzione delle proprie saline, e doveasi ricorrere all’ estero : così p. e. troviamo fatta menzione nel 1538 di 326 carri di sale comperati a Pesaro, nel 1742 di 43.597 staja, importate da Barletta, ecc. 221 napoleoniche, e la temporanea incorporazione di parte delle nostre provincie al regno d’Italia (1806-9), e poscia all’ impero francese (1810-13), la loro soppressione venne protratta fino al 1829.* Delle molte saline che in antico trovavansi sparse lungo i nostri litorali, presentemente non sussistono che quelle di Capo- distria, di Pirano, di Arbe, di Pago e di Stagno. Mentre le prime quattro appartengono a privati, i quali per lo più formano dei consorzi, sono le ultime in amministrazione dello stato. I luoghi che meglio corrispondono quali saline, sono gli ampî seni di mare ad acqua molto bassa, nei quali possibil- mente non isboechino correnti d’acqua dolce. Siccome però di solito nelle insenature maggiori mettono foce fiumi più o meno considerevoli, è di somma importanza la regolazione di questi ultimi, affinchè non vengano ad alterare di troppo la salsedine del mare. Le saline sono generalmente costruite dietro un tipo comune, che consiste nel rinchiudere una certa quantità di acqua, e di- stenderla sopra una grande superficie, affinchè più rapida ne segua l evaporazione. Egli è perciò rivolta la maggior cura ad una saggia distribuzione degli argini e dei vari piani, sui quali viene successivamente condotta l’acqua. Per non dilungarci di troppo, restringeremo la descrizione delle saline unicamente alle parti principali. Ogni salina è divisa in certo numero di serragli, di cui ciascuno circondato da un argine, si suddivide nei fondamenti, che possedono pure argini speciali. Siccome ogni fondamento ei rappresenta una salina completa, questa può considerarsi come un aggregato di molti fondamenti, e quindi, per semplificare la descrizione, ci faremo a notare le varie parti di quest’ ultimi. Un canale o fosso, profondo circa 50 cent., toglie l’acqua dal mare, per mezzo di un apertura praticata nell’ argine, detta * Le saline di Servola e di Zaule erano divise in 37 fondamenti con 1030 cavedini. La loro produzione annua ascendeva in media a 13.000 centinaja di libre. Quelle di Muggia che nel 1806 non contavano che 440 cavedini con una produzione di 3390 centinaja di libre annuali, si erano ampliate tra il 1818 ed il 1822 a 907 cavedini, che davano un prodotto di quasi 12.000 centinaja. 222 callio, che si può aprire e chiudere per mezzo di una saracinesca (portello), e la conduce nell’ interno del fondamento, dopo aver depositate le sostanze terrose, che per caso vi fossero state sospese. Dall’ altra parte del fondamento trovasi un altro fosso, detto il libatore, il quale ha da ricevere le acque inutili o guaste delle saline, per mezzo di due canaletti (lide), e di ricondurle al mare. La parte interna del fondamento è partita in sei zone, divise alla lor volta da piccoli argini (verghe). L’ acqua passa dal fosso nella prima zona o nel moraro di fosso, o per meglio dire vi viene gettata mediante apparati speciali a forma di pale (corni o zornadori), o con pompe a vento. Su questo primo letto d’ evaporazione l’acqua viene distesa in uno strato di circa 3 cent., e passa quindi nel moraro di mezzo, poscia nel sopracorbolo, nel corbolo, nei servidori e finalmente, raggiunto il voluto grado di concentrazione (1'215 p. sp. = 255 Beaumè), nei così detti Cavedini, ove ha luogo la eristallizzazione del sale. Queste varie parti della salina vanno successivamente un po’ declinando, così chel’acqua attraverso a delle piccole aperture, praticate negli argini (bocchette), scorre a volontà dai piani superiori agl’ inferiori o più interni della salina. Questi piani hanno per lo più forma rettan- golare, e vengono levigati colla mazzaranga o col rotolo o cilindro di pietra. AT principio della fabbricazione vanno consumati parecchi giorni prima di ricavar del sale, essendo necessario di attingere maggior quantità d’acqua, che filtrando in parte nel terreno non ancor bene indurito, adopera più tempo per cristallizzare. In seguito però la raccolta si fa giornaliera, specialmente nei mesi di Maggio e di Giugno, ed il prodotto, per mezzo di rastrelli pieni, detti gaveri, viene ammucchiato sugli arginelli, ove perde il resto d’ umidità e de’ sali deliquescenti, prima di esser portato nella casetta della salina (salaro), cui si giunge pel pas- satojo, ossia argine gettato attraverso il libatore. Ai lati di ogni cavedino esistono parecchie buche, nelle quali si raccolgono le acque madri (0 mora), ossia quell’ acqua che rimane dopo la cristallizzazione del sale. L’ acqua madre oltre ad una grande quantità di sal amaro e di cloruro di magnesio, EEE ae EEE 223 contiene una notevole copia di sal marino,* laonde viene soli- tamente rigettata sui letti di cristallizzazione, dopo aver allontanato il sale già cristallizzato. Questa operazione però riesce di svan- taggio alla purezza del sale, inquantochè oltre al cloruro di sodio cristallizzano anche gli altri sali deliquescenti, che gli dànno un sapore acre.** Agli angoli dei cavedini e dei corboli vi sono inoltre alcune piecole fosse, nelle quali si fa scorrere I’ acqua, allorchè minaccia la pioggia, che facilmente potrebbe far perdere il prodotto di parecchi giorni. Il lavoro del salinaro, se anche non molto faticoso, richiede tuttavia cure ed assiduità diuturne, affine di conservare in buono stato la salina. Ed ora è necessario di livellare il terreno, or di riparare gli arginelli, or di provvedere affinchè durante l'inverno * Dalle analisi del Prof. Vierthaler (Adr. Com. III. p. 79.) l’acqua ma- dre presentò i seguenti componenti : Capodistria Pirano Solfato di Magnesio . . . . . 6-291 12-121 Cloruro di Magnesio. : . . . 15202 9°244 Olorutondt Potassior sh) sien. 638 1°632 Brommmordi SOCLOR ees Gees we le Oz 1 702 Cloruro oh Soon 5 u . 6 Blende: 17:560 NER RER CE 57.741 ** Egli è perciò che la composizione del sale varia grandemente, e quindi le analisi non ci presentano sempre le medesime quantità degli elementi, che vi son contenuti. Secondo il Prof. Vierthaler (1. c.) esso consta di: Capodistria Pirano Clocunomd is Soon) e 980 84:293 \ Solfato di Magnesio . . . . 1°051 2°452 Cloruro di Magnesio . . . . 0401 0'216 Aequa it. . ths CORE ESL Sta AVO 12°224 Residuo insolubile © . . +. . "0.032 071249 L’ acqua dell’ Adriatico contiene inoltre quantità minime di Litio, Bario, Ferro, Alluminio, Piombo, Argento, Rame, Fosforo, Boro, Fluoro, oltre agli elementi Silicio, Nitrogeno, Carbonio e Jodio, quest’ ultimo però solamente nelle alghe, e talvolta in quantità notevoli, mentre nell’ acqua anche coi più sensibili reagenti non si potè trovarne traccia. 294 i cavedini non si fendano in erepacei e divengano spugnosi. Che se il mare infuriato minaccia gli argini esterni, fa duopo accor- rervi e contendere a tutt’ uomo all’indomito elemento I’ accesso nelle saline. E non di rado nelle alte maree, il povero salinaro vede l’onda picchiare all’ uscio del suo tugurio ed irrompervi impetuosa! Ma è nella state che il lavoro ferve più attivo, ed allora tutta quella popolazione si sparge per gli argini, e da mane a sera, sotto il cocente raggio del sole, travaglia incessan- temente per rapire al mare il suo prezioso contenuto. Uomini, donne, ragazzi, tutti son lì intenti al lavoro, e chi s’ affatica alle pale, onde fornir la salina dell’acqua necessaria, chi vigila, affinchè questa si stenda uniformemente sui vari piani, chi ha cura d’ aprire e di chiudere le varie bocchette, chi infine rac- coglie il sale, rimescolandolo ed aggrumandolo sugli argini. Oh! allora la salina presenta un ben gajo aspetto, e quelle bianche pianure, ravvivate dalle glauche famiglie delle salicornie, dei chenopodii, de’ giunchi, che si pigiano sui rialti, echeggiano de’ lieti canti delle salinare, che accompagnan I opera coll’ ar- monia del metro, e de’ bambini che folleggiano tra 1 erba! Ma pur troppo TV allegria ammutolisce ben presto, quando da quelle acque stagnanti, s'alza il pallido fantasma delle febbri, e ricerca le capanne del salinaro, e fura inesorabile le rose alle guancie delle vispe fanciulle ! Uno spettacolo addirittura fantastico offrono le saline, allorchè nel mezzo della notte il rombo del tuono viene inopinatamente a destare i salinari. Era pur jer sera così puro, così sereno il cielo, ed il tramonto così splendido, così infuocato, che niuno avrebbe potuto pronosticare un mutamento sì repentino del tempo. Ed anche il salinaro se ne andò a riposare tranquillamente colla sua famigliuola, lasciando senza pensiero i grumi di sale am- mucchiati sugli argini o sui letti dei cavedini. Al primo tuono ne succede tosto un secondo, più forte, più vicino, e la polvere e le foglie e gli sterpi turbinati dal vento s’ alzano dalle circo- stanti campagne, riversandosi in densi nembi sulle sottoposte saline. Non c’è tempo da perdere: un istante d’ indugio, ed il lavoro d’ un’ intera settimana è perduto. I fanali son già pronti, e seminuda, scamiciata, I’ intera famiglia del salinaro corre per gli argini a salvare il ricolto del sale. È una ressa confusa, disor- en 395 dinata, e via per quella vasta pianura si vedono aggirarsi centinaja di lumicini, ed al chiarore intermittente de’ lampi, delle bianche figure, quasi ridda di fantasmi, correre, rimescolarsi, scomparire per la fitta tenebra! Che importa se il freddo vento lancia oltre gli argini spruzzi d’acqua marina, se la pioggia flagella que’ corpi molli ancora dal tepente giaciglio ? È il sale, il sale che bisogna salvare e mettere al coperto dall’ imperversar della procella ; e tuoni e lampeggi il cielo, urli il vento, scrosei la pioggia, si commuova I universa natura, il salinaro nulla vede, nulla sente, finchè stanco, rifinito non abbia portato sotto il tetto il frutto di tanti sudori. Secondochè il sale contenga più o meno sostanze terrose, si distingue in sale grigio e bianco. Il primo serve per lo più ad iscopi agricoli, pei quali viene inoltre mescolato con maggiori quantità di terra e di concime. Il sale come dicemmo, è presentemente monopolio dello stato, che da questo prodotto ritrae largo cespite di guadagno, comperandolo dai produttori ad un prezzo molto basso, cioè di 81 soldo per quintale di sale bianco e di 56 del grigio, e rivendendolo ad un prezzo parecchie volte maggiore.* La produzione del sale trovasi inoltre inceppata dalla così detta limitazione, la quale stabilisce una certa quantità massima che annualmente può venire prodotta, calcolata in proporzione al consumo. Però oltre alla quantità stabilita dalla limitazione, che deve venir consegnata ai magazzini erariali, è concessa ai consorzî una produzione maggiore di sale per I esportazione sulla via di mare, che possono fare per loro conto ed ai prezzi convenuti coi commit- tenti. Di quest’ultima concessione però le nostre saline non approfittarono che per breve tempo, fin a tanto cioè che l’ introduzione del sale nei porti turchi era esente da dazî. In pochi anni si esportarono da Pirano oltre 300,000 centinaja per Scutari, Salonicco, Costantinopoli e Trebisonda. In seguito si tentò di conquistarsi il mercato indiano, inviando nel 1862 a . è CI A CI a x at e & * Il prezzo del sale per quintale metrico presso 1 magazzını erariali è il seguente ; 15 226 Caleutta 22317 centinaja di sale, ma con esito poco favorevole. Nell’anno corrente, mercè le grandi cure che vi prese il Cons. aulico Bar. de Plenker, si spedirono in Olanda sopra cinque bastimenti 25501 Q. M. di sale, al prezzo di soldi 45 il quintale. Ci lusin- ghiamo che questi tentativi non resteranno isolati, e che il solerte consorzio non risparmierà cure e fatiche per rendere il nostro sale atto all’ esportazione, accrescendo per tal modo le rendite delle saline. Le saline più estese sono quelle di Pirano,* occupanti una superficie di 6.279.254 metri quadrati, delle quali la maggior —————————1È——— > As ——" _ Patt DI u nn SIDE = (= SS) ZIE NES es See = = SOS == re Ze | RSS : Se > | XS SS SS SCOOP?) ON PER = Ns SOS) x 4 RAC i eretegersfersererersgersreter: 25520668565 2 = SI eh NE = VO OÙ NA x \ TO ETUI ¥ | SOOO OR GO GORAR TT ta N: NC =\\ ~~) ir Sd N I'S POS - + SOE : Se “ SUR UN NUOVO CASO DI SIMBIOSI Un fenomeno oltremodo interessante dal lato biologieo, si & quella specie di simpatia che si dimostrano vieendevolmente due organismi eterogenei, appartenenti non di rado a regni na- turali diversi, per la quale vengono a convivere per un certo tempo od anche per I’ intera loro esistenza. Questa relazione con- sorziale non è un parassitismo nel vero senso della parola, dap- poichè ogni singolo individuo non vive già a spese del suo ospite, ma è piuttosto uno stato di convivenza, al quale si diede il nome di simbiosi, in cui i due inquilini menano vita da sè e non di rado fruiscono anche di mutui vantaggi. Questa convivenza è molto diffusa nella natura, tanto tra due animali, quanto tra un animale ed una pianta, e giornalmente si scoprono nuovi esempi di questa specie di connubio. Dacché Ehrenberg,’ armato di potenti mezzi d’ingrandi- mento, fece conoscere le cellule verdi negli infusori, e Siebold ? dimostrò ch’esse constavano di clorofilla, si aggiunse una serie numerosa di osservazioni, per le quali si riconobbe che tali cellule non erano altro che alghe, le quali conducevano la loro vita entro il corpo animale. Così esse furono riscontrate in un grande numero di protozoi, e di celenterati nonchè in parecchie turbellarie ed in alcuni annellidi, echinodermi e briozoi. * Ma V ordine animale in cui più frequenti riscontransi i casi di simbiosi con alghe è quello delle spugne. Mentre nelle altre classi non si trattava che di corpuscoli unicellulari od alghe di 1 D. Infusionsthierchen. — Leipzig 1838. 2 Zeitsch. f. wissensch. Zool., 1849, p. 274. 3 Per la ricchissima letteratura in proposito veggasi il lavoro di Brandt: Ueber d. morphol. und phisiol. Bedeutung d. Chlorophylls b. Thieren nelle Mittheil. d. zool. Station zu Neapel, 1883, p. 188 - 302, 240 struttura molto semplice, nelle spugne vennero riscontrate nume- rose alghe appartenenti alle ficocromacee ed alle floridee. Già cinquant’ anni fa, Bory de St. Vincent ascriveva il color verde delle Spongille alla presenza di un’alga, da lui de- nominata Anabaina impalpabilis.! Le ricerche posteriori fecero conoscere un numero considerevole di alghe viventi nelle spugne, che secondo il recentissimo lavoro di Brandt? sarebbero le se- guenti : Palmella spongiarum, Zoochlorella parasitica, Oscillaria Spongelliae, Scitonema sp.. Hypheotrix coerulea, (Anabaina-Zoo- chlorella?), Polysiphonia sp., Callithamnium membranaceum, Tham- moclonium flabelliforme, un’ alga rossa simile alla Hildebrandtia sanguinea (Carter) ed una Zooxanthella. Carter descrisse inoltre un’ organismo particolare da lui trovato nelle Hirciniae, nel Sar- cotragus spinulosus cui egli diede il nome di Spongiophaga, commumis, del quale perd non é bene accertata la natura algo- logica. 3 Nella maggior parte di questi casi però le alghe ci rappre- sentavano gli organismi secondarî o gl intrusi ed erano più o meno accidentali nel corpo dell'animale. Affatto P opposto avviene nell’ alga rimarchevole, che trovai nel golfo di Singapore durante il mio ultimo viaggio all’ Indie orientali, e cui I’ egregio mio amico Dr. F. Hauck volle imporre il nome di Marchesettia spon- gioides.! L'aspetto stranissimo di questo vegetale, che anzichè un'alga rassembra una spugna, fornito com’ è persino degli oseuli, ? 1 Encycl. met. Zoologie. MON cit. py 227. ® Parasites of the Spongida negli Ann. and Mag. of Nat. Hist., 1878, p. 166. A questa lista sarebbero probabilmente da aggiungersi parecchie. altre specie, se più accuratamente venissero investigate le spugne, appena estratte dal mare. Moltissime alghe in esse viventi sono estremamente delicate, e dopo poche ore scompaiono del tutto. Così io osservai delle cellule rosse particolari nella Raspaigella clathra Schm. ed in alcune altre spugne. 4 Eine neue Floridee nella Hedwigia, 1882, n. 9. e negli atti del nostro Museo p. 236, t. III. 5 Questi osculi misurano 0°5—5 mm. e trovansi disposti molto irregolar- mente sull’ alga. Talora giacciono parecchi addensati, altrove intere ramifica- zioni ne vanno prive, specialmente ove è minore l'inquinamento colla spugna. n nn SR IE 241 caratteristici di quest’ ordine e mancanti a qualsiasi specie di alghe, mi spinse a studiare accuratamente la sua natura, per ve- dere a qual causa fosse dovuta la sua forma anormale. Nè ebbi lungamente a cercare, dappoichè fatti alcuni tagli microscopici, osservai tostamente dei fascetti gracili di sostanza protoplasmatica, che occupavano gl interstizî rimasti tra le fibre dell’alga. In questi fascetti si scorgevano innestati numerosi aghi silicei, acuminati ad ambe l’estremità, tra i quali frequenti apparivano dei corpuscoli speciali fibuliformi, identici a quelli descritti e fi- gurati dallo Schmidt (D. Spongien d. adriat. Meeres, p. 73, t. 7, f. 9) per la Reniera fibulata, siechè non era alcun dubbio che l’alga trovavasi compenetrata da una spugna. Anche alla super- ficie dell’alga trovansi delle spicole, che spesso formano un reticolo per modo da ricoprirla totalmente e da lasciarsi staccare in forma di una pellicola pellucida. Esse giacciono unite insieme a 2-5 colle punte che s’ incrociano tra di loro. La loro disposizione vicendevole ed il modo, onde sono assicurate, corri- spondono perfettamente alla figura che lo Schmidt diede per la Reniera alba (Spongien d. Adriat. Meer. t. 7, f. 8). Questa somi- glianza viene ancor più accrescinta dal fatto, che nel reticolo superficiale delle spicole sono molto rari o mancano i corpuscoli fibuliformi, caratteristici per la R. fibulata, laddove nell’ interno dell’ alga essi trovansi in grande quantità. Il chiarissimo Professore F. E. Schulze, al quale ne inviai un’esemplare, ebbe la gentilezza di determinarmi la spugna quale Reniera fibulata O. Schm., scrivendomi in pari tempo che lo avea meravigliato la somiglianza veramente rimarchevole di quest’alga col genere Chalina, sicchè poteasi riguardarla quale un caso di Mimiery. Essi s' aprono per lo più direttamente nel parenchima dell’alga, più raramente rinvengonsi al centro di piccole protuberanze o s’inseriscono all’ apice delle ramificazioni, nel qual caso s’approfondano a guisa di canale centrale fino a 10 o 15 mm. La maggior parte degli oseuli sono rotondi e mettono capo ad un breve canale, che decorre in senso centripetale fino presso al prossimo osculo, ove finisce cieco. Ove la distanza degli osculi è maggiore, anche i singoli canaletti sono più lunghi. E per vero se ci facciamo a considerare quest alga dal lato morfologico, dobbiamo convenire che essa differisce affatto dal tipo, che siam soliti a trovare in questa classe di vegetali e che la presenza di una spugna, dalla quale trovasi compenetrata, deve avervi esercitata un’ influenza modificatrice. Un caso analogo lo troviamo in un’esteso ordine di piante, nel quale V associazione di un’alga con un fungo, dà per risultato il tallo d’un lichene, come all’ evidenza venne dimostrato dagli studi di Schwendener e di Bornet. Per questa convivenza viene alterato il tipo tanto del fungo che dell’alga, dando origine ad un organismo diverso, il quale tuttavia partecipa della natura e dell’ uno e dell’altra, e ci rappresenta quindi un anello di transizione tra questi due ordini. Mercè la presenza di una spugna nell’ alga in questione, noi possiamo facilmente spiegarci il suo aspetto particolare nonchè gli osculi, onde trovasi fornita.! La struttura gracile, delicata della spugna, mancante d’uno scheletro corneo o calcare, richie- deva un ospite nel quale potesse trovare schermo contro le in- fluenze esterne. Ed ecco opportuno presentarsi il tessuto spugnoso, dell alga, entro il quale essa può vivere tranquilla, difesa com'è dalle sue fibre robuste. Da questo connubio ne segue una modi- ficazione dell’alga, la quale alla pagina superiore della fronda, rispettivamente dal lato maggiormente esposto alla luce, riceve una serie più o meno numerosa di oseuli, per i quali la spugna compie le sue funzioni vegetative.? D'altra parte è probabile che 1 L’alga nel suo accrescimento non di rado investe corpi stranieri, più spesso una piccola specie di Avicula, la quale ne viene totalmente ricoperta, continuando poi l’ alga a crescere ed a mandare ulteriori ramificazioni. Altre specie d’ alghe poi vi vivono talora quali epifiti, come la.Turbinaria gracilis, la Polysiphonia prorepens, il Ceramium clavulatum, qualche Sargassum, Callitham- nium, ecc. ece. 2 Anche Lieberkühn osservò delle alterazioni nella ramificazione di un Callithamnium in seguito alla sua convivenza con una spugna cornea, dirigen- dosi l alga dietro il tipo della spugna; laddove Vopposto avveniva di una Polysiphonia, che avea preso stanza in una Halichondria aspera, rimanendo le ramificazioni di quella invariate, e modificandosi invece questa. (Nene Beitr. z. Anat. d. Spong. in Arch, f. Anat. u. Phys. 1859, p. 367 e 518). 243 anche I’ alga ritragga qualche vantaggio dall’ unione colla spugna, espirando questa l'acido carbonico, di cui quella ha d’uopo per la sua esistenza. Non voglio però escludere totalmente un’altra possibilità, quella cioè di riguardare l’alga in discorso, quale una specie spongiofaga, la quale dopo aver compenetrato il tessuto della spugna venne a sostituirlo quasi totalmente, imitando la forma dell'organismo da lei distrutto. Due casi analoghi vengono notati da Carter (Parasites of Spongida negli Ann. and Mag. of Nat. Hist., 1878 p. 163) per il Thamnoclonium flabelliforme, che divora la Reniera fibulata, e per un alga rossa innominata, che investe la Halichondria plumosa. Queste alghe eirconderebbero le spicole ed il tessuto delle spugne, facendolo scomparire ed occupando il loro posto. Secondo lui „it is not an uncommon occurence in some parts of the world, for a seaweed to become a pseudomorph of a sponge (to use a mineralogical term), in which the latter, like a „dissolving wiew“ may be observed (through different specimens) to yield gradually to the former, so that, at last, the seaweed not only assumes the shape of the sponge generally, but that of the form and position of the vents and every other part of the sponge, saving the spicules, or foreign bodies of a like nature, which thus are often the only remaining evidence of the kind of sponge that has thus been pseudomorphosed.* Negli esemplari da me visitati del Thamnoclonium flabelliforme (Geo- graphical Bay-Australia), non ho potuto constatare questo rapporto; in una forma particolare perö, nominate da Sonders Th. spon- gioides (esistente nell’ erbario Hauck), Yalga presentavasi bensì ricoperta totalmente da una spugna, ma questa era evidentemente sovrapposta, rimanendo il centro della spugna formato da un asse a cellule vegetali. L’istesso caso ebbi occasione di riscon- trare nella Rhodymenia palmetta, comune nel nostro Adriatico, nella quale la spugna aveva circondato totalmente l alga, incep- pandola nel suo sviluppo ed obbligandola a prendere una forma anormale. — Accettando l'ipotesi di Carter per il nostro caso, farebbe mestieri constatare un dimorfismo di quest’ alga nello stato libero cioè ed in quello di pseudomorfosi in seguito alla sostituzione della spugna. Nonostante però le più accurate ricerche e le copiose raccolte di alghe e di spugne, fatte nella medesima 244 località e da me e dall’egregio mio amico, l’ingegnere Kassel, stabilito presentemente a Singapore, non mi fu possibile di ritro- vare nè una Reniera fibulata senza alga, nè una Marchesettia senza inquinamento della spugna. Io sono quindi tentato ad ammettere una convivenza molto intima tra i due organismi, datante probabilmente fin dallo stadio embrionale. Siccome per la ricerca degli organi di riproduzione e del fenomeno consorziale testè descritto, mi occorreva più mate- riale della Marchesettia, di quello che io stesso avessi raccolto durante il mio viaggio, scrissi a Singapore al Signor Eugenio Kassel, affinchè volesse procurarmene una quantità maggiore. L’egregio mio amico, al quale mi è grato di poter quivi tributare publiche grazie per le molteplici spedizioni di oggetti interessan- tissimi, fatte al nostro museo, corrispose al mio incarico, ed oltre all alga desiderata m’inviö un’altra, che all'aspetto le era somi- gliantissima, imitando anch’ essa le forme di una spugna ed essendo anch'essa fornita di osculi. Una ricerca più accurata ci dimostrò ch’essa era la Spongocladia vaucheriaeformis Aresch., e che quelli che dapprima ritenevamo quali osculi, non erano altro che le aperture boccali di piccoli Balani, innichiati nella sostanza dell’ alga. Però anche in quest alga numerosissime sono le spi- cole di una spugna, appartenente al genere delle Reniere, e forse egualmente della R. fibulata, quantunque non mi sia riescito di trovare alcuno di que’ corpi fibuliformi, caratteristici per questa specie. Anche in questo caso, io sono d’ opinione, che l'inquinamento dell’ alga con una spugna abbia determinato il suo aspetto spongoide, senza però alterarla al grado di determi- nare lo sviluppo di osculi indipendenti, che tuttavia non mancano totalmente, se anche occupati da un piccolo cirripede. Dr. C. Marchesetti. SECONDA SERIE DI AGGIUNTE AL CATALOGO DEI CROSTACEI PARASSITI DEI PESCI DEL MARE ADRIATICO (Bollettino della Societa Adriatica di Scienze Naturali, Vol. VI e VII). Fam. Ergasilina. Genus Eucanthus Claus. 1. Eucanthus Marchesettii sp. n. Questa nuova specie trovasi abbastanza frequente sopra le branchie della Motella tricirrata Block. La dedico all Ottimo mio Direttore Dr. C. de Marchesetti, che me ne procurò il primo esemplare (M. C.).! Fam. Dichelestina. Genus Nemesis Roux. 2. Nemesis robusta v. Beneden. Pagodina robusta v. Beneden, Note sur un nouveau genre de crustacé parasite (Pagodina). Bull. de l'Acad. Roy. de Belgique, Tom. XX, p. 246, e. tab. 1853. 1 (M. C.) significa che l’ esemplare conservasi nelle collezioni del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. 246 Nemesis robusta Heller, Crustaceen der Novara - Expedition, p. 212 u. 221. 1865. Rinvenni questa specie in grande quantitä tra le lamelle branchiali di un Notidanus griseus Cuv. pescato nelle nostre acque (M. C.). Genus Cyenus M. Edwards. 3. Cycnus pallidus v. Beneden. Congericola pallida v. Beneden, Notice sur un nouveau genre de Siphonostome (genre Congéricole) habitant les bran- chies du Congre. Bull. de PAcad. Roy. de Belgique, Tom. XXI, p. 455, e. tab. 1854. Cyenus pallidus Heller, Crustaceen der Novara-Expedition, p- 212 9.217. (1560. Cycnus pallidus Richiardi, Catalogo dei Crostacei parassiti, p. 5. 1880. Alquanto raro sulle branchie del Conger vulgaris Cuv. (M. (Ch. Fam. Philichthydina. Genus Philichthys Steenstrup. 4. Philichthys Stromatei Richiardi. Philichthys fiatolae Richiardi, Sopra due nuove specie di Crostacei parassiti. Processi Verb. Soc. Toscana di Se. nat. in Fisa, Vol. II, p. 26. 1880. — Carus: Zoologi- scher Anzeiger. III, n. 48, p. 69. 1880. Philichthys Stromatei Richiardi, Catalogo dei Crostacei pa- rassiti, p. 4. 1880. Questa specie vive nei seni e canali mucosi della testa dello Stromateus fiatola Lin. (M. C.), 247 5. Philichthys Agassizi Richiardi. Richiardi, Dei Filietidi. Osservazioni critiche e descrizione di sei specie nuove. Atti Soc. Toscana di Se. nat. in Pisa, Vol. II, p.:185, tav..-X, fig. 5. 1877. Richiardi, Catalogo dei Crostacei parassiti, p. 4. 1880. Comune nei seni frontali del Charax puntazzo Lin. (M. C.). Fam. Chondracanthina. Xenus Chondracanthus Delaroche. 6. Chondracanthus Ninnii Richiardi. Richiardi, Descrizione di una specie nuova del Genere Chondracanthus. Processi Verbali Soc. Toscana di Se. nat. in Pisa. Vol. III, p. 154. 1882. — Carus: Zoolo- gischer Anzeiger. V, n. 121, p. 504. 1882. Devo alla squisita gentilezza del Chiarissimo naturalista, il Conte dott. Ninni di Venezia, alcuni esemplari di questo interessantissimo parassita. Vive aderente alla mucosa della cavità branchiale del Gobius Panizzae Verga. Rinvenni nel Maggio 1883 parecchi esemplari, femmine e maschi, sopra dei Gobius Panizzae, pescati nella Valle di Zaule presso Trieste (M. C.). Antonio Valle. INDICE e Genni Storici del NESSO RR pag. II Dr. Carlo Marchesetti: La Pesca lungo le coste nali diari... il Dr. Ferdinando Hauck: Genni sopra alcune al- Pic Deesno Indiene aa Dr. Carlo Marchesetti: Sur un nuovo caso di CLOSE Antonio Valle: Seconda serie di aggiunte al catalogo dei crostacei parassiti dei pesci ee A Adriatico i... ni. , 239 NIAN INSTITUTION LIBRARI LU 3 9 088 01235 3124