*">!> :vX.^ .^^'V.^ =fi <^'. r^^.^ ^•1.^ > ^ - <^ _ . , > '^'^ ^\ HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. H^hL -'i-,- ^..jLi.T^A^V'^A^'^^ ATTI D E L R. ISTITUTO VENETO SCIENZE. LETTERE ED ARTI (TOMO LI) SERIK SETTIMA - TOMO QUARTO DISPENSA QUINTA \ E X E Z I A PRESSO LA SEGRETERIA DEL R. ISTITUTO NIX PALAZZO LORrDA.S! TIP. CARLO FERRARI ^ M 1892-93 Pubbl. il 23 Aprile 1893 INDICE Atto verbale dell'Adunanza ordinaria del giorno 26 marzo 1893 pag. 699 Lavori letti per la pubblicazione negli Atti A. De Giovanni, m. e., e P. Castellino. — Sulle modifi- cazioni vasali durante il processo infiammato- rio. Comunicazione pag. 703 A. Favaro, m. e. — Sopra un Capitolo attribuito a Ga- lileo Galilei. Nota » 725 Detto — Gli oppositori di Galileo. Studi » 731 B. MoRSOLiN, m. e. — Delle Opere del dott. Pietro Er- cole. Comunicazione » 746 G. De Leva, m. e. — Sull'Opera di Francesco Nitti : «Leone X e la sua politica, secondo docu- menti e carteggi inediti. Firenze 1892. » Nota. » 748 G. B. De Toni, s. c. — Sopra una Bacillariea (Suriraya helvetica Brun) confermata propria della flo- rula lacustre alpina. Nota » 754 E. Padova, s. c. — Sopra un problema di dinamica. Co- municazione » 757 T. Martini, m. e. — Intorno ai fenomeni di soprasatu- razione. Nota soconda » 761 E. Callecari. — L'assedio di Torino nel 1706, secondo le raemoiie del tempo. Nota storica .... » 779 S. Lussana e G. Bozzola. — Relazione fra la temperatu- ra di gelo e quella del massimo di densità dell'acqua che contiene disciolti dei sali. Ri- cerche sperimentali » 785 Elenco dei libri e delle opere periodiche, pervenute al R. Istituto nell'aprile 1893 ANNO 1892-93 DISPENSA V. ADUNANZA ORDINARIA DEL G-IOR3SrO 36 Is/LJ^'RZO d.893 PRESIDENZA DEL COMM. NOB. EDOARDO DE BETTA PRESIDENTE Sono presenti i membri effettivi : Minich, vicepresidente, Fambri, segretario, Berchet, vicesegretario, Pirona, De Leva, Ylacovich, Lorenzoni, Trois, E. Bernardi, Mons/ J. Bernardi, Beltraisie, Gloria, Marinelli, De Giovanni, Fertile, Bellati, Deodati, Stefani, Teza, MoRsoLiN, Veronese ; nonché i soci corrispondenti : Occioni-Bonaffons, Cassani, Galanti, G. B. De Toni e Padova. Sono giustificati gli assenti membri effettivi : Lampertico, Favaro, Keller, Tamassia ; ed il socio coi'rispondente Bertolini. Letto ed approvato l'Atto verbale della precedente adunanza, il Presidente comunicò l' elenco dei libri ed opuscoli pervenuti in dono, e delle 0})ere acquistate dopo r adunanza del passato febbraio, in particolare accennando al dono fatto dal Ministero della Pubblica Istruzione del Iir volume parte P delle Opere di Galileo Galilei, edi- zione nazionale sotto gli auspicii di S. M. il Re d'Italia; ed al dono fatto dal socio corrispondente Ghicchi di una T. IV, ò'. VJI 46 700 raccolta di fotografie eseguite in occasione delle feste del Centenario Galileiano in Padova. Dopo di che il segretario Conini. Paulo Farnbri diede lettura della sua Commeuiorazione del membro effettivo Aristide Gabelli, cui seguirono alcune parole in onore al compianto collega, del membro effettivo Te za. Si tennero quindi le letture e comunicazioni poste all' ordine del giorno, cioè : Dal m. e. G. De Leva. — SuW Opera di Francesco Nitti: « Leone X e la sita politica. » Firenze, 1892. Dal m. e. A. Favai^o. — Gli oppositori di GalUeo. - IL Uberto Froidmont. Dallo stesso. — Sopra un capitolo attribuito a Galileo Galilei. Dal s. e. G. B. De Toni. — Sopra una Bacillariea (Su- riraya helvetica Brun) confennata propria della florula lacustre alpina. Dal s. e. E. Padova. — Sopra un problema di dinamica. - Comunicazione. Ed in conformità all'articolo 8° del Regolamento interno: Dal m. e. Lorenzoni, una Nota del D."" A. Abetti, intito- lata : — Osservazioni di comete e di pianetini fatte a Padova dal marzo 189 i al marzo 1893. Dal m. e. A. De Giovanni, due Note del D/ P. Castellino, intitolate: — P Della fagocitosi durante V inanizione lenta. - IP Alterazioni fisico - ci ri miche durante la inanizione lenta. Dal m. e. G. De Leva, una Nota del Prof. E. Callegari, intitolata: — L'assedio di Torino nel 1706 secondo le memorie del tempo. Dal m. e. M. Bellati, una Nota dei Signori iS. Lussana e G. Bozzola, intitolata : — Relazione fra l' abbas- sarjìento della temperatura di gelo e quella del mas- 701 siiiHj di (ìcnsUà (Icir (ic.) ti'attihilità del i-i'sto [ìui-c aniiiuissa ^ià da Hovei*, Aiierhacli, Ebei'tli, Aeby. Non è a(liiii(|U(' da intoiidcM'si (ini la pi-o^i'essiva ondu- lazione in i-aj)i(()i'to alla elasticità e nutriziono della parete vasale, ma sil)))ene ([uella contrattibilità propria, sai-codica del pi'oloplasnia. Tanto che Eherth, Lewschin ritenj^ono ([uesti va.sellini costituiti esclusivamente da una massa di protoplasma. Cosichè, se ci fosse permesso di adoperare una fase molto poco esatta ma assai esplicativa, secondo questi AA. i capillari minimi non sarebbero che dei plasmodi, cioè un ammasso grande di protoplasma con dei nuclei e delle vaste ramificazioni, vuote però nel loro interno. Arnold opina che dalle cellule endoteliali dei vasi si formano dei cordoni protoplasmatici dapprima indifferen- ziati, poscia provisti di nuclei. Nella loro ulteriore evolu- zione si renderebbero cavi per costituirsi in tubi capillari. Rouget nella larve di anfibio osservò che questi vasi sono formati da cellule embrionali fornite di nucleo e presen- tanti, nel loro protoplasma, dei piccoli spazi sferici perfet- tamente vacui. 11 protoplasma di queste cellule invia delle espansioni che unendosi ad altre, e a poco a poco subendo la modificazione descritta da Arnold, formerebbero dei vasi. Da tutto ciò adunque dobbiamo arguire che la contratti- bilità di ([uesti tubi è la stessa che presentano le cellule linfatiche nello stato ameboide. Ed oi-a veniamo alla seconda maniera di espansione. Il movimento di parzialità o, come meglio potrebbe definirsi, di gemmazione è caratterizzato dal protendere della parete esterna del capillare a mo' di ansa la quale, da prima poco evidente ed a base larga, va facendosi succes- sivamente più sporgente, sottile, a base molto più breve ; può prolungarsi in maniera da assumere tutta la parvenza di un sottile capillare. Nella figura 3* questo fatto è illustrato nelle modificazioni è e e del capillare nei punti d e d' ; nella figura 'ò'^ m d q d' e nella tìg. IV nelle mo- dificazioni b e e in d e d\ Generalmente questa gemmazione pl4) [12J avviene in modo estremamente lento, però qualche volta (nella rana 12^ del nostro protocollo) essa si formò e de- lineò assai evidentemente in capo a circa 20^ E un fatto questo passivo della parete del globulo e sotto la dipen- denza della corrente sanguigna, come da qualcuno si volle, oppure invece è un fatto attivo del protoplasma capillare ? Sebbene altri ai'gomenti e di un certo valore non man- chino per farci giudicare secondo questa ultima interpre- tazione, il più decisivo naturalmente sarebbe stato quello di osservarli nei capillari vuoti. Ora noi non neghiamo che questo sia possibilissimo, ma a noi non fu possibile osservarlo. Vi ha un fatto però die dimostra la spontaneità di tali movimenti. La figura 4 ce lo rende in un modo assai chiaro. Nella figura V sono disegnati ìtì a e b due capillari abbastanza vicini 1' un F altro e che sono due ramifica- zioni partitesi dallo stesso tronco. Nella stessa figura noi vediamo come si comincino a disegnare molto marcata- mente in de iV le due sporgenze nella parete dei capilla- ri, a e b . Nella fig. VI queste sporgenze cominciano a presentarsi nella modificazione b, ad aumentare in (juella e , a fondersi in d , e di nuovo da dessa protunderne un' altra in e . Certo, a rigor di termini chi volesse sottilizzare sopra potrebbe obiettare che questo fatto non dimostra in modo assoluto la modificazione autoctona del capillare perchè la simultaneità e corrispondenza delle due gemmazioni potrebbe sempre ripetersi dalla pressione della corrente , pressione facile ad esercitarsi sul vaso in questo periodo nel quale esso ha perduto molto del- la elasticità sua, ed il tessuto ambiente molto della sua tensione. Keller, Falk, Kus.s, Landererer, Bauer hanno di- mostrato che nel i)ri)cesso infiammatorio anche nello stato suo iniziale la tensione dei tessuti è d' assai infiacchita. I vasellini capillari decorrenti lungo questi tessuti colpiti dalla flogosi non essendo più sostenuti colla necessaria [l.TI (715) validità 0 la loro elasticità non essendo sufficiente a resi- stere alla })réssionc della corrente, cedono, si deformano, si sfiancano. Però — come in seguito vedremo — le alterazioni che avvengono nel vaso per effetto della pressione del sangue non possono e non debbono esser confuse colle moditìcazioni della gemmazione. La differenza è cosi gros- solana che non ammette assolutamente nessun confronto. Del resto i disegni tratti dal vero che noi riportiamo lo provano in un modo indiscutibile (V. iìg. VII). Vi sono poi altri esperimenti che permetterebbero a l)arer nostro di dimostrare esser dovuti questi movimenti all'attività spontanea del protoplasma. Uno di noi (Castellino) ha studiato l' azione deprimente che hanno certe sostanze sulla contrazione del protoplasma allo stato normale. Egli ha dimostrato che la cocaina, l' idrato di cloralio, la paral- deide, il cloroformio esercitano su di esso un'azione mar- catamente paralizzante anche a dosi molto inferiori a quelle trovate da Albertoni, Richard, Schurmaver, Cavazzani Al- berto. Noi, col metodo di Bernard, abbiamo immerso delle rane in soluzioni all' 1 : 200, 1 : 250, 1 : 300, 1 : 350, 1 : 400 di paraldeide e di triclorometano lasciandovele per 5^-10^- 15''-30'-40 -70^-90''. Cosi abbiamo potuto vedere che a se- conda del titolo della soluzione e del tempo in cui le rane rinuisero immerse, questa contrattibilità dei capillari è più o meno affievolita e depressa. Le ultime soluzioni, quando agiscano per circa 70^-90'' sono capaci di impedirle asso- lutamente. Ed ora ritorniamo alla descrizione delle modificazioni che continuano a succedersi nella parete del vaso. Perchè \)eì momento è questo il fatto più interessante cui ci è dato assistere e che })er la sua importanza merita di essere de- scritto con qualche lai^ghezza di dettaglio. Mentre che la corrente sanguigna seguita a fluire lentamente con un movimento quasi ritmico di va e vieni, il fenomeno dello ispessimento si va facendo sempre più T. IV, S. VII 47 (716) [14] rilevante al punto che il lume vasale assume quasi l'aspetto degli strangolamenti nervosi. Non è un ispessimento uni- forme e continuo, presenta, come lo mostra la fig. V«, dei rigonfiamenti e delle insenature, per cui la linea della demarcazione della corrente può immaginarsi tracciata come una linea variamente ondulata. In uno di questi punti sinuosi dove la curva sporgente è assai marcata e la parete più sottile, può esser concesso di vedere il dipartirsi ed il protundere di una gobba che va facendosi via via sempre più marcata sporgente e sottile di maniera che lo spazio maggiore che collo spostamento in quel punto della parete vasale essa determina può essere assai ampio. Questa dilatazione vasale è evidentemente do- vuta alla pressione del sangue, il quale continuando ad affluire nel vaso e trovando probabilmente il suo passaggio ostacolato in qualche porzione del territorio capillare suc- cessivo, fa ernia sopra un punto più cedevole della parete del tubo medesimo (V. fig. VII). Questa pressione può estrinse- carsi pure in varj punti del vaso e, se non fosse per non mol- tiplicare troppo le figure, noi vorremmo stralciare dai nostri protocolli dei disegni molto interessanti. In un caso abbiamo potuto assistere a questo grazioso fenomeno: cioè alla forma- zione successiva di più ernie l'una all'altra contigua e tutte dallo stesso lato della parete. Se il sangue continua ad af- fluire e senza trovare una sufficiente libertà al suo pas- saggio, allora la pressione sua non si limita ad allargarsi il territorio del lume mercè queste insenature. Una di queste ernie, od anche, naturalmente a seconda del caso, varie, seguita a cedere sempre più assottigliandosi fino a che final- mente la sua parete si lacera. Questa rexin ed il modo in cui essa avviene rilevano la sensibile alterazione patita e la diminuzione della ela- sticità e resistenza delle cellule endoteliali. Ma vi è ancora un altro fatto che col progredire dello ispessimento della parete si accentua esso pure parallela- mente. I limiti parietali esterni del capillare lisci, netti, [15] (717) distinti (hi prima, haiiiio adesso assunto una foi-nia rugosa dentellata (tig. Vili). Se la lingua della rana col metodo abituale, viene trat- tata col nitrato di argento e colorita, le striature unitive non presentano gran che di modificato. Esse non hanno più la primitiva regolarità di demarcazione delle singole cellule, perchè corrono lunghi tratti di tessuto endoteliale in cui è possibile vederle separate le une dalle altre. Queste cellule, di cui allo stato normale è molto difficile poterne distinguere il protoplasma e che sono rilevabili quasi esen- zialmente per il loro nucleo, ora invece appariscono assai grandi, con contorni assai bene delineabili, con un proto- plasma grossolanamente granuloso a fini e medj granuli. Talvolta esse sono cosi grandi che per lunghi e ripetuti tratti sembra che riempiano tutto il lume del vasellino. E questo il periodo della diapedesi. I globuli bianchi adossatisi alla parete e contratta con essa quasi una aderenza, favoriti dalla scarsa corrente, si dispongono con visibile preferenza nelle insenature del lu- me, mentre che le emasie procedono, lungo le strozzature della. parete, in numero scarsissimo a lasciarsi trascinare dal plasma il quale scorre con sensibile lentezza (fig. IX, X, XI). Cosicliè col sopragiungere sempre di nuovi leuco- citi i quali hanno tutto l'agio di potersi disporre lungo le pareti vasali la corrente ingombrata si fa sempre più dif- cile al punto che cessa quasi assolutamente permettendo solo il passaggio al plasma ed alle jìoche granulazioni che tra- sporta sospese. Tralasciamo di occuparci del fenomeno della diapedesi il quale ci allontanerebbe dallo scopo prefissoci e sul quale non abbiamo voluto istituire delle indagini. Allontanatisi poco per volta la maggior parte dei leu- cociti sia passando coi loro processi ameboidi attraverso le pareti del vaso molli e cedevoli, sia seguendo 1' asse del tubo noi veniamo così a trovarci d' innanzi ad un capillare (ri8) [16] ricco ancora di pochi elementi morfologici abbastanza ben conformati. Dopo un certo periodo, lentamente le emasie cadono in uno stato di progressiva necrobiosi si che appena appena r emoglobina discioltasi e la parete ispessita lasciano intra- vederne in modo assai sfumato la loro forma. La fig. XII ci presenta questo capillare in periodo di stasi completa. II liquido sanguigno sembra composto di nuU'altro che della sua sostanza colorante, attraverso cui emerge qua e là aiicora qualche raro leucocita. A poco per volta il contenuto endovasale si riduce a nuli' altro che ad un po' di plasma colorito piuttosto marcatamente di emoglobina ed assolutamente libero di cor- puscoli. In queste condizioni })uò rimanere il capillare per molto tempo prima che in esso si appalesino delle modifi- cazioni degne di essere rilevate. Ed ecco in che cosa consistono queste modificazioni sulla cui natura non avanziamo, con preferenza che ad altre, alcuna ipotesi. — Per ora teniamo solo a riferire il feno- meno come ci si appalesa. Più tardi forse ripigliando di nuovo r argomento e studiandolo con più estensione e pro- fondità di quello che ci venne permesso di fare in tali ri- cerche, già per sé stesse non facili e non senza qualche fatica, vedremo se ci sarà possibile formulare una opinione nostra. E bene scegliere a tal uopo possibilmente un capillare privo assolutamente di elementi morfologici non solo, ma anche di plasma carico di emoglobina. — E ciò non è molto facile. Mentre la parete interna del vaso ci si appalesa, nella sua spessezza ed ondulazione, relativamente liscia ed uni- forme cominciano a presentarsi alla sua superficie delle piccolissime salienze che poco per volta gemmando si tra- sformano in veri bottoncini rotondeggianti, i quali lenta- mente crescendo ed aumentando di volume arrivano a rag- [17] (710) giunf]^ert> il diaiiietro di 4;4, 2; 4, 4 |x. Essi a (iiiesto punto cominciano a distaccarsi dalla jìaivte onde son soi'ti e solo vi rimangono aderenti per un sottile [ìi-olungamento molto facile a spezzarsi. Rotto (jnesto cadono nel lume e non presentano movimenti ameboidi. Dopo un certo temjìo (due ore circa), sempre la superficie endoteliale continuando ([Vd e là a gemmare, si può vedere il vaso costellato di questi piccoli globetti (tìg. XIII). Non sapendo se tale fatto sia stato descritto, e quasi dubitando che quella osservazione continuata ed insistente potesse per avventura farci supporre i)iù di quanto non fosse, abbiamo voluto che altri colleghi assistessero al fenomeno. Lo stesso Egregio Dottore Signor Andrea Peggian che volle con una rara abnegazione prestarsi a disegnarci dal vero la maggior parte delle figure che abbiamo presentato, fu pure colpito dal fatto senza che noi studiatamente gliene avessimo parlato. La figura che egli ci disegnò rappre- senta in modo, crediamo evidente, il fenomeno descritto. Abbiamo a lungo continuata anche con fortissimi in- grandimenti, la osservazione di questi corpuscoli ma nessun fatto essi hanno presentato degno di nota. Sono essi dovuti al nucleo che si distacca ed abbandona la cellula endo- teliale ? Sono essi porzioni del protoplasma di questa cellula medesima ? Sono là due ipotesi a cui non sappiamo che ri- spondere di aff"ermativo. Molto interessante sarebbe stato il poterli seguire a lungo anche per varie ore, disgraziatamente avanti che tutto questo tempo sia percorso la morte coglie il vaso e vi jiorta delle profonde alterazioni. L' endotelio si sfascia, il tubo si lacei-a e non riman- gono che dei brandelli e monconi abbandonali sul blastcma anch' esso gravemente leso. [19] (721; Il M. E. prof. De Giovanni, cliiosta la pai-ola, af^giurij^e: Sento il dovere di ringi'aziare piiblicamente l' egregio Dottor Castellino per due ragioni : — prima di tutto, per- chè, colpito dalla importanza dei fatti da me pubblicati, ha voluto constatarli con osservazioni proprie; — in se- condo luogo, perchè ha reso di publica ragione i risultati che ha raccolto, facendo giustizia dei fatti scientifici e di chi per il primo avevali rilevati, apprezzati secondo i concetti delle vigenti dottrine biologi clie ed anche applicati alla patologia. Ed in vero, tutti i miei lavori sull' argomento mirano a stabilire : che la parete del capillari è di natura protoplasmatica; che i capillari possono presentare tutte le proprietà del protoplasma, tosto che in essi si manifesti rallentamento circolatorio, incipiente stasi, cioè: il moci- menlo caratteristico, non che il fenomeno della produzione di elementi embrionali; — che al moviìnento protopla- smatico si devono le deformità vascolari, rdteriori alte- razioni circolatorie nel vaso ed anche V emorragia per rexin. In questi tempi, nei quali si pronuncia e si agita la lotta per la vita nel modo più acuto e precipitoso, anche nel campo scientifico si portano le armi e si estende la lattica per la lotta. — Un momento tattico è il silenzio e la cospirazione del silenzio è delle più formidabili. Non voglio muovere accuse, ma semi)licemente consta- tare : che la mia i)riiiia memoria venne presentata al R. Istituto lombardo di Scienze e Lettere nel 1875 e nello stesso anno publicata sulla Rivista clinica di Bologna e che nel 1881 ristampai le stesse cose, applicandole allo studio del processo infiammatorio sulla Gazzetta me- (722) [20] dica italiana delle provincie venete e nel 1882 sul Bol- lettino scientifico di Pavia col titolo : Cuntributo alla fisio patologia dei capillari sanguigni. Della mia memoria scritta sulla Gazzetta medica venne riportato un sunto completo sul giornale medico di Breslavia — il Breslauer arztlicher Zeitschrift. Era dunque ragionevole che attendessi il giu- dizio degli studiosi sopra il fatto mio. Da quanto loro Si- gnori hanno inteso dalla esposizione del D.'" Castellino, il giudizio avrebbe dovuto essere favorevole, se dopo di me sono stati osservati i fatti stessi che io aveva descritto ; ma il giudizio suir opera e suU' autore dell' opera non si intese e si lasciò neir oblio 1' uno e 1' altra. Faccio pure notare, che tutte le memorie suricordate erano corredate da figure, le quali ho il piacere di riprodurre, perchè si vegga se io abbia realmente recato dei fatti e se questi abbiano la im- portanza che ha loro attribuita. Eppure, o Signori, io mi maraviglio che coloro i quali coltivano studi biologici e del nome di biologisti fanno quasi bandiera, non abbiano riconosciuto e non ancora tutti egualmente riconoscano che cosa significa spingere l'osser- vazione nel dominio dei vasi capillari sanguigni ; vale a dire dove si osserva nel pili stretto convegno la funzione di tre elementi — la cellula, il vaso, il nervo ; — dove quindi si sorprendono processi morbosi nelle loro prime evoluzioni morfologiche e si possono scorgere fenomeni che prestano seri argomenti per discutere molte teorie e molte inco- gnite. — Lo ripeto volentieri, clie non è lieve l' interesse scientifico ripresentato oggi innanzi a noi dal D.'' Castellino. E credo di bene appormi, se affermo, che anche questo illustre Consesso sarà grato a lui ; perchè fra le circostanze scientifiche e quelle di tempo e (juelle di persona, sorge una questione di priorità intorno a fatti e principi scien- tifici, il cui merito deve pur essere attribuito alla loro terra natale. Imperocché, tosto che sieno esaurite le cure degli studiosi intorno a particolari scientifici oggi, come suol dirsi, all' ordine del giorno, torneranno ad argomenti la,- [21] (721^) sciati sospesi e vi toi'iieraniio con vedute nuove. E se la Storia ufficiale non avi'à registrato ({uello che venne dianzi annunziato al li. Istituto, si ripeterà il fenomeno già troppo frequente nella storia delle scienze — V oblio per la ini- ziativa italiana, tanto nell' osservare, quanto nell' intuire il significato delle cose osservate. Unicuique suicm. Ecco intanto alcuno delle jìguì'e che stralcio dalle mie memorie precedenti colle relative spiegazioni : Fig.^ 1. — Vaso capillare normale a pareti aniste della lingua della rana. Fig.^ 2. — Alterazioni del contoi*no vasale osservate nel tempo che si rallentava la corrente sanguigna. Fig.^ 3. — In a mostra una produzione nucleare osservata durante la stasi. E un esempio del fenomeno, il quale si ripro luce con maggiore frequenza. Volli rappre- sentarlo così isolato perchè è il risultato della mia prima osservazione che per più ore diressi sul medesimo punto. In h fa vedere una sporgenza vasale prodottasi durante la stessa osservazione. In un punto si vede un cumulo di pro- toplasma che pare interrompa la continuità del parete. Fig.'^ 4. — In a un' altra sjìorgenza vasale, che in h ed in e si vede mutare di forma. Fig.'"' 5. — In a un vaso con due s})orgenze una svi- luppatissima, 1' altra meno ; — in b un ansa vascolare ri- sultante dall'incontro delle due prime avvenuto dopo diversi mutamenti di forma. F'ig.'^ 6. — Oltre ai fatti notati precedentemente, ho veduto la parete vasale aumentare di spessore a, a ; in (jualche punto più circoscritto l' aumento dello spessore farsi d' assai maggiore, assumere aspetto visibilmente gra- nuloso come in h e in mezzo alla massa granulosa compa- rire piccoli globuli rotondeggianti. (724) [22] Fig.* 7. — Qui si osserva in a, a, a lo stesso feno- meno che vedemmo nella figura precedente ma più evi- dente, cosi che si venne assotigliando la colonna sanguigna. La quale per effetto della maggiore produzione della parete vasaio s' interompe completamente. Fig.^ 8. — Nel modo dianzi ricordato si venne a pro- durre r alterazione vasale che mostra questa figura — si direbbe una stasi bianca a, a, a, a, a. Va rilevato quanto osservasi nell' angolo formato dalla divisione dicotomica del vaso, cioè una sostanza granulosa eguale a quella che riempie il vase, in mezzo alla quale stanno elementi embrionali. Fig.* 9. — Dimostra come la parete vasale, mentre subisce quei mutamenti di forma che vedemmo, possa inte- rompersi e dar luogo a fuoriuscita di sangue — vera emor- ragia per rexin. Fig.^ 10. — E un capillare che rappresenta due fatti. Mentre si sta osservando, massime in principio dell'esperi- mento, si vedono delle contrazioni totali del vaso, che nel- r istante rapidissimo nel quale dura la contrazione piglia nel punto osservato la forma riprodotta nella figura. La stessa alterazione di forma ho veduto, non fugace, ma per- manente in altri vasi in fine dell'esperimento. Nel primo caso non v' è interuzione della colonna sanguigna, che si osserva invece nel secondo. Tralascio di ricordare altre cose, delle quali non è qui il luogo. SOFIR-j^ XJISr GA.FIT01L.0 ATTTRIBUITO A GALILEO GALILEI NOTA DEL M. E. ANTONIO FA VARO Sulla fede di un codice magliabechiano che, tra altri componimenti poetici, dichiara contenere un « Capitolo del Sig/ Galileo Galilei contro gli Aristotelici » del quale non era menzione alcuna né appresso i biografi del sommo filosofo, né in alcuna delle raccolte delle di lui opere, né in altri manoscritti a me noti, confortato dal parere di uomini competenti nelle cose letterarie, i quali con me vi avevano trovato argomento per stimarlo effettivamente galileiano, ho giudicato opportuno di pubblicarlo come tale negli Aili di questo nostro Istituto (^). Ma eccf/ che l'amico e collega prof. Guido Mazzoni mi avverte cV'e questo me- desimo capitolo trovasi, quantunque con titolo alquanto diverso, pubblicato tra le satire di Iacopo Soldani date per la prima volta alla luce nel 1751 per cura di Anton- francesco Gori (2). Mi affretto pertanto a denunziare l'equi- (1) A. Fa VARO, — Capitolo inedito e sconosciuto di Galileo Galilei contro gli Aristotelici. (Atti del R. Istituto Veneto di Scienze^ Lettere ed Ani. Serie VII. Tomo III, pag. 1-12). Venezia, stab. di G. Antonelli, 1892. (2) Satire del Senatore Jacopo Soldani patrizio fiorentino con (726) [2] voco nel quale sono caduto, il quale, spero, mi sarà per- donato da' chi rifletta a quanti, e ben maggiori di me, anzi maestri nelle cose letterarie, sono purtroppo occorsi di con- simili errori. Per mia maggiore giustificazione aggiungerò soltanto che, se ritorno sull' argomento, si è appunto per porgere le prove che il capitolo in questione non sembra essere di Galileo, e questo perchè il suo sapore galileiano è tale da indurre studiosi peritissimi nel sospetto che sia stato per errore al Soldani attribuito. Poiché dunque le satire del Soldani vennero date alla luce da Antonfrancesco Gori, abbiamo stimato opportuno di cominciare dal prendere in esame i manoscritti di questo, i quali trovansi presso la Biblioteca Marucelliana di Firen- ze, e fra essi, e precisamente nel Cod. Maruc. A. CLXXVI, trovammo il manoscritto che servi molto verosimilmente alla stampa : in esso il capitolo « contro i peripatetici » occupa le car. 18-25, e in dieci carte non numerate seguono le note, ripetute poi anche in altre carte del co- dice medesimo {^). Per chi volesse istituire studi speciali sulle satire del Soldani, il codice Magliabechiano, nel quale noi abbiamo rinvenuto il capitolo attribuito a Galileo, offrirebbe alcune notevoli varianti in confronto del codice Marucelliano e annotazioni date ora in luce la prima volta. In Firenze, MDCCLI. Nella stamperia di Gaetano Albizzini, pag. 49-57. (1) Mi sembra di dover notare che in questo medesimo codice, col titolo di « Abiurazione del Peripateticismo » trovasi un sonetto del- l' Abg,te Falconieri, indirizzato al Conte Lorenzo Magalotti, sonetto munito di lunga coda, nella quale, rivolgendosi ad Aristotile, scrivo : « Il nostro OiUileo « T' ha fatto, col suo Occhiai, chiaro vedere « Che sogni son quelle tue salde sfere : « E a dirti il mio parere, « A me non quadra piii quella dottrina « Di por pianeti e stelle in gelatina. » [?.] (727) (Iella stampa ; ma pci-clir di ciò non facciamo argomento ai nostri studi ed alle nostre ricerche, ci contenteremo di avervi richiamata 1' attenzione di chi potrebhe avervi interesse. L' esame poi delle annotazioni del Gori, per verità soverchiamente copiose e prolisse, mette in chiaro che, an- che per ciò che si riferisce alle illustrazioni concernenti i varii personaggi nelle Satire menzionati, esse gli riuscivano tutt' altro che facili ; e mentre nello stampato vi accenna come a cose a tutti notissime, risulta dal manoscritto che egli durò, e specialmente per alcuni, fatica grandissima a procurarsi notizie, pur volgendosi da ogni parte e ricor- rendo a letterati ed eruditi con i quali si trovava, come è ben noto, in istretta relazione. Come a noi, anche al Gori ])orse motivo di lunghe ricerche il « Dottor Bozzio, » o « Hozio », come leggiamo nella stampa, intorno al quale egli ci avverte che il Menzini adoperò ancor egli questo nome nelle Satire : « Sei- Hozio, che non sa come si fare Ad arricchir, facendo il Dottoraccio, S' è messo a tentennar presso un Altare. » ed aggiunge : « Bozio, nome finto, sotto cui intende alcuno degli avversarli del Galileo, e forse parla del filosofo Ce- sare Cremonino, il quale difendeva a tutto costo contro al Galileo il Cielo del suo Aristotile inalterabile ed esente da qualunque accidentale mutazione : ed il medesimo Galileo nel suo Discorso intorno alle cose che stanno sull' acqua, (lice al Granduca Cosimo II che gli Aristotelici suoi av- versarli mettono in sospetto ciò che non esce dalle Scuole Peripatetiche » (i). Quanto agli altri personaggi de' quali è menzione o (1) Satire del Senatore Jacopo Soi.dani, ecc. pag. 79. (728) [4] a' quali si accenna nella Satii'a, fui ben lieto di appren- dere dalle note del Gori che io avevo imbroccato giusto, indovinando rispetto ad uno di essi, (i) e forse giungendo rispetto ad un altro più in là dei l'isultati da esso conse- guiti ; almeno per ciò che consente di argomentare il con- fronto fra le note stampate e le manoscritte {^). E quantunque non abbia motivo di rallegrarmi per l'equivoco nel quale sono caduto, pure non me ne rammarico troppo, perchè la mia attenzione e quella pur d'altri vennero per tal modo richiamate su questo Capitolo, il quale, se anche non di Galileo, deve tuttavia risguardarsi come galileiano, e notevole tanto per sé stesso, quanto per le relazioni nelle quali trovavasi il riconosciuto autore di esso, Iacopo Sol- dani, con Galileo, relazioni intorno alle quali, poiché ce se ne porge 1' occasione, vogliamo soggiungere brevissime parole. Nacque Iacopo Soldani in Firenze l' anno 1579 di Bernardo e di Ginevra di Francesco Aldobrandini, e si dedicò allo studio delle leggi e delle belle lettere. Vogliamo notare, poiché si tratta di cosa concernente un personaggio galileiano, (3) che egli lesse 1' orazione funebre in lode di Luigi di Piero Alamanni. Persona gratissima alla Corte (1) Accenno al Paolsanti, rispetto al quale m' era sfuggito che il Targioni-Tozzetti ne fa espressa menzione, scrivendo : « Antonio Pa- olsanti, aiutante di camera del Serenissimo Gran Duca prese 1' appalto del Diaccio per lir. 400 1' anno (che poi lo comprò da lui Madama Se- renissima, e lo donò et applicò al mantenimento delle Monache Con- vertite). » — Cfr. Notizie degli aggrandimenti delle scienze fìsiche ac- caduti in Toscana nel corso di anni LX del secolo XVII raccolte dal Dottor Gio. Targioni-Tozzetti. Tomo Terzo. In Firenze, MDCCLXXX, pag. 223. (2) Alludo al Broccardi, il quale mi sembra non risulti abbastanza identificato dalla annotazione del Gori, per quanto scriva trattarsi di persona notissima a' suoi tempi. (3) Le Opere di Galileo Galilei. Edizione Nazionale sotto gli auspicii di Sua Maestà il Re d' Italia. Volume Primo. Firenze, tip. di G. Barbèra, 1890, pag. 183. [5] (729) di Toscana, vi ebbe le cariche di Cameriere del Granduca, e d'Aio e Maestro di Casa del Principe Leopoldo, ed agli iifTici che in tal carica egli ebbe a disimpegnare dobbiamo le due sole lettere a Galileo che di lui ci siano pervenute : l'una di esse si ha già alle stampe, (i) l'altra, rimasta finora inedita, ("^) stimiamo opportuno di (jui appresso pubblicare: « Questa Serenissima Altezza (^) ha ricevuta quella parte d' Archimede che VS.^ Ecc.'"^ le ha mandata, che è stata opportuna, avendo in essa studiate quelle proposizioni, elle appartengono alla materia delle galleggianti, che ulti- mamente aveva alle mani nel suo trattato, e quando il Sig. Viviani ara finito di studiare il restante, VS.^ Ecc.™* lo potrà inviare all' Altezza Sua, la quale aspetta con deside- rio la sua risposta al Sig. Liceti, (*) ed ha ammirato la di lui intrepidità, che non si sbigottisca dalla moltiplicità degli avversari, e la saluta caramente, ed io rappresen- tando a YS.^ Ecc."* la mia osservanza le fo aff'ezzionatissima reverenza. Di Siena, 21 novembre 1640. » Dalla lettera che si ha alle stampe risulta che al Sol- dani furono anche indirizzate lettere dal nostro filosofo; ma nessuna tra esse pervenne fino a noi, almeno per quanto risulta dalle ricerche sino ad ora da noi istituite. Scolaro di Galileo è detto Iacopo Soldani dal Sal- {[) Le Opere di Galileo Galilei. Prima edizione completa, ecc. Tomo X. Firenze, 1853, pag. 134. (2) Biblioteca Nazionale di Firenze. — Mss. Galileiani. Parte I. Tomo XII, car. 192. (3) Il Principe Leopoldo, poi Cardinale, de' ^Iedici. (4) Qui deve accennarsi alle aggiunte e modificazioni che Galileo stava preparando, e per avere le quali ripetutamente insiste il Liceti nel suo carteggio; giacché la risposta era stata dal nostro filosofo man- data al Principe Leopoldo fin dall'aprile 1040. (730) [61 vini, (1) dal Gori, ("^) dai Targioni - Tozzetti (•') e dai Nelli ; (*) ma io non credo che come tale sia da risguar- darsi nello stretto senso della parola : quando il sommo fi- losofo e])l)o fatto ritorno in Firenze, il Soidani aveva già varcato il sesto lustro, ed era tredicenne appena quando Ga- lileo lasciò la cattedra di Pisa per quella di Padova, sicché il periodo della di lui istruzione si coni})! mentre il nostro filosofo era fuori della Toscana. Molti, che dai Ijiografi di Galileo son detti suoi scolari, non fecero che seguirne le dot- trine e schierarsi dalla sua parte nelle numerosissime lotte eh' egli ehbe a sostenere contro i peripatetici ed i teologi; e tra questi ai)punto noi pensiamo che debba annoverarsi il Soidani, il quale perciò, ma impropriamente, venne detto discepolo suo. Iacopo Soidani mancò ai vivi addi 11 aprile 1641 e fu sepolto in Santa Croce. (1) Fasti Consolari fieli' Accademia FHorentina di Salvino Sal- tini, Consolo della medesima e Rettore Generale dello Studio di Firenze. In Firenze, M.DCC.XVII, nella stamperia di S. A. R. per Gio. Gaetano Tartini e Santi Franchi, pag. 362. (2) Satire del Senatore Jacopo Soldani, ecc. pag. 58. (3) Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana nel corso di am%i LX del secolo XVII raccolte dal Dottor Gio. Targioni-Tozzettl Tomo Primo. In Firenze, MDCCLXXX, pag. 188. (4) Vita e commercio letterario di {Galileo Galilei^ ecc. scritta da Gio. Batista Clemente de' Nelli, ecc. Volume II. Losanna, 1793, pag. 771. GLI OPPOSITORI DI GALILEO Stt DI DEL M. E. ANTONIO FAVARO In un primo scritto da me presentato all'Istituto intorno a questo argomento (i) ho già avuto 1' onore di chiarire quali fossero i miei intendimenti nell'accingermi a dare in luce questa nuova serie di studi galileiani. Imprendendone pertanto la continuazione, mi preme di porre in evidenza come nel far precedere gli uni agli altri questi saggi con- cernenti gli studiosi, più 0 meno degni di questo nome, i quali si levarono contro Galileo e contro le scoperte da lui annunziate e dimostrate, non mi sono prefissato di seguire alcun ordine né di tempo né di luogo, ma di seguire il mio talento e le occasioni che dalla continuazione delle mio indagini mi sarel)l)ero state offerte. Cosi, dopo aver in- cominciato a trattare di uno che in ordine di tempo fu tra gli ultimi oppositori di Galileo, rivolgo ora la mia attenzione ad altro il quale non fu nemmeno egli de' primi e che il sommo filosofo volle distinguerle dalla folla, esprimendosi a di lui riguardo con singolare benevolenza. E la occasione me ne é off'erta dalla pubblicazione di un lavoro, che, per gentile e lusinghiero incarico avutone dall'egregio autore, ebbi già l'onore di presentare all' Isti- (1) A. Fa VARO. — Gli Oppositori di Galileo. — I. Antonio Rocco (Atti fli'l R. fstituto Veneto dixcienze, lettere ed arti. Serio VII. Tomo III. pag. «ìl5-():k)). Venezia, tip. Antonelli, 1892. T. IV, S. VII 48 (732) [2] tiito (*), lavoro ricco di molti pregi e che reca un contributo notevole agii studi galileiani. Per fermo se in ogni paese si trovassero studiosi i quali, approfittando della conoscenza dei loro archivi e delle loro biblioteche, volessero mettere in luce tutto ciò che risguarda le relazioni di Galileo con i loro connazionali, singolarmente agevolato sarebbe il com- pito di chi, ad edizione nazionale galileiana compiuta, vorrà stendere intorno alla vita ed alle opere del sommo filosofo quel lavoro sintetico, per il quale si sono già raccolti e si vanno di continuo raccogliendo cosi numerosi e cospicui materiali. Che se anche di questo, del quale imprendo a trattare, possa dirsi più giustamente che sia stato, non tanto un op- positore di Galileo quanto del sistema copernicano, pure mi parve ch'egli non si trovasse affatto fuori di luogo in questa serie di studi, i quali più che ad altro tendono a porgere un quadro esatto delle varie correnti di idee che si sono manifestate, non già contro la persona del sommo filosofo, ma contro le idee da lui bandite e propugnate. (I) Galilèe et In Belgique. Essai historique sur les vicissitudes du système de Copernic en Belgique pai' le docteup Georges Monchamp. — Galilèe et la Belgique avant les condamnations de 1616 et 1633. — Publication en Belgique de la condarnnation de 1633. — Les deux pro- cès de van Velden. — Le système de Copernic au Séminaire de Liège. — Saint-Trond, impr. libr. G. Moreau-Schouberechts, 1892. Dichiaro una volta per sempre che a quest' opera ho largamente attinto per tutte le notizie relative al Froidmont, procurando però sempre, per quanto mi fu possibile, di risalire alle fonti citate dal MONCH.'V^MP. II LIBERTO FROIDMONT. Liberto Froidmont, che personifica, per così dire, l'in- segnamento astronomico impartito a Lovanio nella prima metà del decimosettimo secolo, nacque in Haccourt, presso Visè nell'anno 1587 (i). Seguiti brillantemente gli studi di umanità a Maestrich, prosegui quelli filosofici nel Collegio del Falcone in Lovanio e vi fu proclamato terzo nella pro- mozione in arti nel 1606. Chiamato jìoco appresso ad una cattedra di filosofia nel Collegio stesso, fu nel 1615 incari- cato di presiedere quei curiosi esercizi i conosciuti a Lovanio sotto il nome di Saturnali o di Discussioni quodlibeticlie, e de' quali abbiamo un saggio notevole nella pubblicazione curatane dal Froidmont stesso e che ebbe l'onore di due edizioni (-). L' esame di questa singolare scrittura non è (1) Stimiamo opportuno avvertire che questi è lo stesso che fu uno degli esecutori testatnentarii del Jansenius, ai quali questi ebbe a racco- mandare il famoso « Augustinus » venuto alla luce nel 1640 dopo la di lui morte : pare anzi che il Froidmont ne abbia alquanto ritoccata e migliorata la forma. — Cfr. Histoire dii Cartèsianisme en Belgiqiie par r abbe George Monchamp. Ouvrage couronné par V Académie Royale de Belgili la falsità delle opinioni aristoteliche intorno ai capitali ar^'onienti d(dla costituzione dcdl" uni\('i'so. Il (lenio si lincia di tutto il sislenia dei ciidi planetarii solidi con i loi'o eccentrici oa\ ei)ici(di, distendendosi pid a lun<^() intoi'iio alla costituzione della Luna e traendone occasione a manifestare le sue tendenze copernicane anche per ciò che concerne il moto della terra. « Luna vero, scrive il Froid- mont, ut distinctius ali([uid autumen, in j)raocipua fuit ad- miratione : et dispereani, nisi pene erani ut Copei-nicanis adesseni, uhi altissinios, (pia maculosa est et illunis, montcs vidi, et incolaui inihi ali({ueni suspectarem, ut in Pianeta- rum reliquis, quorum etiam unum (Terram) nos inliahita- rcmus » ; ed un asterisco alla parola « Terram » richiama ad uiui postilla marginale : « (-opernicanorum mente ». Non si dichiara contrario all'esistenza di corsi d'acqua nella Luna : « et quid si etiam hic fluant maria ? reputa- hani mecum, et lunares istas olim cataractas Deus laxavit ubi scelera mortalium Noachi diluvio vindicare placuit ? Nec enim ut ibi jam sine labe sustineantur, valde Coperni- cani sudant, qui prona Erronei cuiusque cum suo Pianeta Mundi Elementa in unum sui sideris centrum, non aliorsum. faciunt i)ropendere. Non erit igitur aqua illa àuTO[xa-w; et spontali lapsu magis ad Planetae nostri (Telluris dico) cen- trum ruat, quam liaec maria ad Lunam ». Di Venere vede le fasi : nelle macchie del Sole ravvisa piuttosto delle masse nebbiose che non ammassi di stelle, e lascia libero il varco a tutto il suo entusiasmo alla vista di Giove e di Saturno. « Circa .lovem, Jupiter, quam mira et hactenus incredula ! (juaternae Lunae germanissimae nostrae huius circumlu- dunt. diebus solis 14 quae tardissima inter eas intelligitur. Altum. Deus immortalis, naturae arcanum ». . . . « Satur- nus. Saiurnus ainplius non est, sed (lervon tricorpor, Pala- vinum Ai'gum melius audies, (pii i)i'incei)s oculis crystallinis euni vidit » ; e ([ui riporta testualmente un lungo s(iuarcio (736) [6] di quella lettera di (ialileo a (xiuliano de' Medici, nella quale, sotto il di 13 novembre 1610, gli svelava l'anag-ramma di Sa- turno tricorporeo. Per il Froidmont in ciascheduna parte de- gli astri risiede una forza motrice, quindi nessun bisogno di angeli per determinarne il movimento. La Via Lattea è rive- lata dal telescopio, altro non essere che un ammasso di stelle. Le stelle fisse hanno luce propria. Il sogno si chiude con una nuova allusione al sistema copernicano : « Quid ergo magni mali, Christum ibi, Virginemque Matrem, aliosque tantisper non incondito et turbulento raptu, sed compositissimo labi cum siderali Mundi gestatio, aut alioqui sine labore, sensuve motus, non detrectat Principum maiestatem : nec dehone- stius ideo in Terra Christus habitavit, si Copernicana eam vertigo cottidie in oi'bem rapii ». Alle obiezioni, che si sarebbero sollevate contro le novità contenute nel suo libro, risponde })reventivamente il Froid- mont, chiudendone la prefazione al lettore con queste signi- ficantissime parole : « Quae nove ibi et audacter ingenio experiundo saltem dedi, tu recipe, si prolubium erit. Et tamen etiam cur sic refutes ? Casci illi Naturae diligentes oculos suos aestimarent, irrisis patrum caligini1)us: nos ve- luti a fato caeci, aut in aevum Pyrrhonis delati, dubitamus videre quae videmus : et nihil credere, nisi lippientibus ali- quot e mucida Antiquitate senecionibus praevisum offìrma- mus. Proficient nobiscum Artes, si sic pergimus. Sed in expedito, dices, iam est via, trita arte nos tot Astronomo- rum Clarissimis : quid in nova hac et difficili semita ultro te impedias? matula Philosophi a me falcem capi. Sentium, scio, spinaruraque aliqua caede 0})us, quas diu aluit opinio communis, sed adhibe maiuim ; nec per Deum in te veret illud Epicurei vatis. Ardua cium inetuunt, amittunt vera viai. » In ([uest'uomo pertanto, così ben preparato a seguire e ad accompagnare le riforme che si andavano maturando [7] (7:>>7) ili ()f,nii ordine di scienze, do\eva pi'odnri-e l;i più penosa ini})i'essione il decreto del KiUi col «[naie veniva condan- nato il -si-stenia copernicano, decreto del qnalo soltanto circa (Ine anni dopo gli giungeva la notizia. Nella lettera indi- rizzata a Toininaso Feyens a proposito della cometa del no- \enil»re KilS (i) leggiamo infatti: « Sed d(i ('o[)ernicanis (juid ex te nuper intellexi, vir clarissime ? Ab uno aut al- tero anno damnatos a Sanctissimo Domino Nostro Paulo ? Hactenus mihi inauditum, inauditum tot hodie per Germa- niam et Italiani doctissimis (>t catholicis, uti puto, viris, qui terram cum Copei-nico volvunt. Tantum etiam temporis in- terlapsum, niliil amplius rumoris sparsisse ? vix credani, nisi certius (|uid nobis venerit ab Italia. Tales enim deiini- tiones pul)licandae maxime per Academias, ubi viri docti, (piibus talis opinionis forte periculum. » Ed è lo stesso Froidmont, il quale, se nella Peregrinano Caelestis non aderiva, certamente sembrava propendere verso il sistema Copernicano, che, contro Giusto Lipsio, nega questa « eresia » sepolta col suo banditore, affermando che « vivit et viget etiam nunc apud niultos » e che })iir riconosceva non po- tersi sollevare contro di esso alcuna seria obiezione scien- tifica, pure non vuole allontanarsi dal senso proprio delle Sacre Scritture, ed anzi più tardi recrimina fortemente con- tro chi aveva sparsa voce che dell'incriminato sistema egli pure fosse partigiano. « Fama etiam ibi, sci'ive egli, (sic audio) apud quosdam temere vulgavit, me olim etiam in Co- pernici sensu et Philosophia fuisse, sed Decreto Sacrae Con- gretationis Cardinalium exterritum, in Aristotelis et Ptole- maei castra refugisse. Quam errant ! Nimis enim magna somper admiratione in Aristotele defixus fui, quam ut tra- latitiis et ridiculis argumentis, levitateque desultoi-ia po- tuerim unquani alio transfugisse. Sed hoc, o[)inor, volunt (1) De Cometa anni 1618 disserta tiones, in quihiis timi istins motiis. tì(m nliorum oniniiim essentin, e/fertus et praesiif/ie»'li fncullas decla- rantur. Antverpiae, 1619, (738) [8] dicere : Me inter discipulornm scholas, ingenium Copernici et terrae motum snljtilitatem (sed ut veteres quidam malas feminas, aiit febrim quartanam) aliquando laudavisse, et ar- gumenta Aristotelis ac Ptolemaei, ad exercitationem ingenii, conatum in speciem soliira et dicis ergo dissolvere » (i). Ed è lo stesso che argutamente annunziava essere la cometa del 1618 avvisatrice della morte d'un principe, cioè d'Ari- stotele : « Hic cometa certe Aristoteli nostro non minas so- lum, sed exitium tulit. Ite, Peripatetici, et imaginarium fu- nus facite vestro principi ! » {^). E come dopo ciò potrà negarsi che, al tempo di Galileo e prima della condanna, gran numero di cattolici erano co- pernicani e che il decreto della Tongregazione dell'Indice tarpò le ali di questi ingegni ? Noi stessi in altra occasione ne abbiamo recato un esempio in Bartolomeo Sovero (3) ; il Froidraont ce ne porge un'altro, nel che consente leal- mente il Monchamp (^) che noi andiamo seguendo. E a pronunziarsi apertamente contrario al sistema di Copernico porgeva al Froidmont occasione la pubblicazione dei suoi Meteorologici (•>). Imperciocché, mentre da una (1) Liberti Fromondi in Academìa Lovanensi S. Th. Doct. et Prof. Ord. Vesta, sive Ant- Aristar chi Vindex, adversus Jac. Lansbergium Phi~ lippi. F. Medicum Middelburgensem. In quo Decretuni S. Congregationis S. R. E. Cardinalium anno M.DC.XVI et alterum anno M.DC.XXXIII adversus Copernicanos terrae motores editiim, iternm defenditiir. Ant- verpiae, ex officina Plantiniana Balthasaris Moreti , M DC.XXXIV , car. 8 =^. (2) De Cometa anni 1618 Dimu-lntlnnes, ecc. pag. 79-80. (3) Ricerche ulteriori intorno alla cita ed alle opere di Bartolomeo Sooero matematico svizzero del secolo XVII per Antonio Favaro. Roma, tipografia delle scienze matematiche e fisiche, 1886, pag. 6. (4) Galilèe et la Belgique, ecc. pag. 48. (5) Liberti Fromondi S. Th. D. Collegii Falconis in Academia Lovaniensi Philosophiae Professoris Primarii Meteorologicoruìn Libri sex, Antverpiae, ex officina Plantiniana, apud Balthasarem Moretum et Viduam .Joannis Moreti et .Io. Meursiuni, M.DC.XXVIl. — Se ne ha pure una seconda edizione intitolata : Liberti Fromondi in Collegio l'.ij (7:;!i) t'i'ciso (Iella iiiti'odii/ionc [loli'chhc indursi il jd-op, (si- to suo (li astenersi dal tratlartie, iiixcxMiido l"es(Miij)i() di Santo Agostino, al miale (lalileo stesso s' ei-a richiainato nella famosa lettera a Cristina di Lorena (i), in effetto cen- sura asi)raniente in Keplero il paradosso « de Telluris ani- niatione et mota » ("^), e trae occasione dallo studio del fenomeno delle maree per dire : « Maris aestum, terrae motus Pythagorici et Copernicani effectum sentit. Sed non jìotest, licet Solem stare et terrae motum istum diurnum in orbem, et fabulosum, prò vero demus (^). Il libro terzo «: De Cometis » off're al Froidmont frequenti occasioni di menzionare Galileo a proposito delle opinioni da questo avanzate in materia per bocca del (luiducci, soff'ermandosi specialmente ad impugnare (quelle che si riferiscono alla origine terrestre delle comete ed alla loro traiettoi'ia. INIa a combattere ex-professo il sistema copernicano ed a difendere espressamente il decreto del 1616 scese in campo il Froidmont col suo Ant-Aristarchus (^) dato alla luce nel 1631 e dedicato ad Andrea Trevisi, medico della corte di Bruxelles col quale sembra che si fosse trattenuto ed avessero insieme motteggiato intorno a questo argomento, poiché gli scrive ; « Quae nuper corani in Copernicanos Falconis Lovanii olim Philosophiae Professoris Priinarii Meterologico- rmn Libri sfj-. Flditio altera auctior et emendatior. Lovanii, typis Hie- ronymi Nempaoi, Anno M.On.XLVI. — Se ne lia infino una terza di Londra, 1655. (1) Le opere di Galileo Galilei. Prima edizione completa, ecc. Tomo II. Firenze, 1843, pag. 35. (z) Lucerti Fromondi, ecc. Meteoroloaiconoa. ecc. Antverpiae, M.DC.XXVII, pag. 128. (3) Ibidem, pag. 258. (4) LujERTi Fromondi in .Vcadoruia Lovaniensi S. Th. Doct. et ]irof. ord. Ant- Aristar ci lus sice Orbis— Terrae immobilis. Libar unicus. In quo decretum S. Congregationis S. R. E. Cardinal, an. CIO.IOC.XVI adverdus Pythagorico-Copernicanos editum defenditur. Antverpiae. ex otficina Plantiniana Balthasaris Moreti, M.DC.XXXI ('40) [10] brevitep disseruimus, sparsa hic vides et diffusa in Libelli molem. Ad te, inquam, noster Ant-Aristarchus venit: non ut in partes trahat, sed ducera in hac pugna sequatur, qui dudum Aristarchos rationes, visu et omni genere teli in- cessere soles ». E questa intonazione di scherno dette il Froidmont al suo lavoro, di che amaramente si dolse Ga- lileo scrivendone al Diodati : « Quanto al Fromondo (che pur si mostra uomo di grande ingegno) non avrei voluto che egli fosse incorso in quello che a me pare grave er- rore, benché assai comune, cioè che egli per confutare l'o- pinione del Copernico prima cominciasse con punture di scherno e di derisione verso quelli che la tengono vera, e poi (che più mi pare inconveniente) volesse stabilirla princi- palmente con la autorità della Scrittura, e finalmente con- dursi a darle per tali rispetti titolo poco meno d' eretica. Che il tenere questo stile non sia lodevole mi pare che assai chiaramente si possa provare. Imperocché se io do- manderò al Fromondo di chi sono opera il sole, la luna, la terra, le stelle, le loro disposizioni e movimenti, penso che mi risponderà essere fattura d'Iddio. E domandato di chi sia dettatura la Scrittura Sacra, so che risponderà essere dello Spirito Santo, cioè parimenti d'Iddio. Il mondo dun- que sono le opere, e la Scrittura sono le parole del mede- simo Iddio. Dimandato poi se lo Spirito Santo sia mai usato nel suo parlare di pronunziare parole molto contrarie in aspetto al vero e fatte cosi per accomodarsi alla capacità del popolo, per lo più assai rozzo e incapace, sono ben certo che mi risponderà, insieme con tutti i sacri scrittori, tale essere il costume della Scrittura, la quale in cento luo- ghi proferisce (per lo detto rispetto) proposizioni che prese nel vero senso delle parole sarebbero non pure eresie ma bestemmie gravissime, facendosi lo stesso Iddio soggetto a ira, a pentimento, a dimenticanza ecc. » (i). (1) Le Opere di Galileo Galilei. Prima edizione completa, ecc. Tomo VII. Firenze, 1848, pag. 17. Ili] ('11) Impulso alla nuova |iul»Mi(\'i/ioiu' del iM-oidmont a>\,'- \ano (lato i-('//aiucnli poco benevoli (lei (juali (la [rAvio di alcuni scienziati cittolici ei'a stato scopo il decreto del 1()1() e dall'alti-a le pubblicazioni d'un niinisti'o protestante, Filippo van Lansberge (i) « quem, co- m'ogli scriveva, vicini Hollandi tani alte et improbe extol- lunt, ut supra Copernicum aliquid sapere videi'i possit » e che s'era schierato coi sostenitoi'i della condannata teoria. Le menzioni clie di Galileo si riscontrano in questo li])ro del Froidmont non sono molto frequenti, ma (juasi tutte imi)rontate ad una grande deferenza verso il nostro filosofo. Ne dice da principio che esso ed il Foscarini sono 1 parti- giani del Copernico in Italia, più innanzi scrive di avere da lui e dal Keplero la conversione delle macchie solari, cosa questa notata da ( ralileo con singoiar compiacenza ("^) ; ne ricorda la comunicazione fatta a Giuliano de' Medici circa il diametro apparente del Cane, e le osservazioni fatte sulla Via Lattea, S()ffermandosi alquanto a lungo sulle que- stioni passate col Grassi ed accennando finalmente al moto di Venere e di Mercurio intorno al Sole (»). Ed altrettanto benevoli può dirsi siano stati i giudizi che Galileo eb])e a pronunziare intorno al Froidmont. Della pubblicazione del- (1) Progymnasmatum astronomiae restitutae liber da Motu Solis. Middelburgi, apud Zachariain Roinanum, M.DCXIX. Philifpi Lansbergii Commentationes in motum Terme diurnum et nnnuum et iti verum adspectnbilis Caeli typum, ecc. Ex belgico ser- mone in latinum versae a Martino Hortensio delfensi una cum ipsius praefatione, in qua astronomiae braheanae fundamenta examinantur ; et cura Lansbergiana astronomiae restitutioni conferuntur. Middelburgi, apud Zachariam Romanum, M.DC.XXX. (2) Le aggiunte autografe di Galileo al Dialogo sopra i due mas- simi sistemi neW esemplare posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Isadora, pubblicato ed illustrato da Antonio Favaro. Modena, Società tipografica, 1880, pag. 17. (o) LuiEUTi Fromonof, ecc. Ant—Aristarchus sive Orbis - Terrae im.uiobilis, ecc. Antverpiae, M.UC.XXXI. Pag. 2, IO, 72, 8()-00, 92. (^42) [12] l'opera della quale ci andiamo occupando ^Vi aveva scritto il Cavalieri, ma in termini i quali dimostrano che il cele- l)re gesuato non l'aveva letta per intero (*), e d' altronde quando Galileo riceveva questa comunicazione aveva già da più settimane l'opera stessa fra le mani {^), intorno alla quale scriveva al Diodati ed al Gassendi sotto il di 9 aprile 1632 : « Di già mi pervenne alle mani un mese fa il libro del Lansbergio de 7notu terrae e l'altro del Fromondo in contradizione ; ma l'infìrmità de' miei occhi non mi ha per- messo di poterli continuamente leggere, ma, per quel poco che ho potuto così alla spezzata comprendere, dubito che i pensieri del Lansbergio e alcuni del Keplero siano piutto- sto a diminuzione della dottrina del Copernico che a stabi- limento, parendomi che questi (come si suol dire) ne ab- biano voluto troppo. Onde molti nel ponderare certe lor fantasie, e forse credendo che siano concetti dell' istesso Copernico, mi pare che non senza ragione (come fa il Fromondo) si burleranno di tal dottrina. Fra gli oppositori del Copernico, il Fromondo mi pare il i)iù sensato e capace di alcun altro che sin qui io abbia veduto. E veramente se io avessi veduto questi libri a tempo, non avrei mancato di avvertire il lettore che anco in dottrine salde e pro- fonde possano da alcuni, o per troppa confidenza di sé stesso 0 per poca intelligenza, essere inserite cose leggere e stra- vaganti, cosa che non fece mai il Copernico (^) ». Ed an- cora, intorno a due anni più tardi, ne scriveva al Diodati : « Fromondo il qual, tra i filosofi non assoluti matematici, mi par dei nien duri » ('*). (1) Le Opere dì Galileo Galilei. Prima edizione completa, ecc. Tomo IX. Firenze, 1852, pag. 269. (2) Carteggio Galileiano inedito con note ed appendici per cura di Giuseppe Campori. Modena, coi tipi della società tipografica, MDCCCLXXXI, pag. 330. (3) Annali delle Università. Toscane. Parte Prima. Scienze Noolo- (liclìc. Tomo ottavo. Pisa, tip. Nistri, 1866, pag. 50. (4) Galilèe, Torricelli, Cavalieri, Castelli. Documenta nouveau.\ ri:!| (74:>.) (,>iiati(l() Oalileo ("(sl scriveva era g-ià uscito alla luce IMI alli'o lavoro (*) del Froidmoiit intorno alla disputata dottrina del moto didla terra, lavoro al (|uale a\('\a data occasione la difesa che in favore di Filippo van Lansberge aveva pu})l)licato Giacomo suo figlio (2) ; ma, (inantun(|ue siamo certi che il sommo filosofo possedette fra i suoi li- bri (^) anche questa pubblicazione del Froidmont, non ci risulta che intorno ad essa abbia espresso alcun giudizio, al quale forse essa non avrebbe offerto matei'ia ed argo- mento se non obiettivamente. Vi ha tuttavia una circostanza che ci sembra degna di nota ed è che 1' aggiunta del decreto dell'anno W.MÌ, cioè della condanna di Galileo, fatta nel titolo, ebbe luogo a pubblicazione compiuta, poiché, come apprendiamo da una appendice alla prefazione, il Froidmont ne venne a co- gnizione quando l'opera era in corso di stampa. Del grande avvenimento dava notizia a Cornelio Giansenio, il Nunzio di Bruxelles, Fabio di Lagonissa arcivescovo di Consa, scri- vendogli che Galileo : « in S. Officio Inquisitioni exhibitus carcerique. mancipatus, erronei dogmatis pravitatem peni- ti rés des bibliothèques de Paris par Charles Henry. (Memorie della ('lasse di scienze morali, storiche e filologiche della R. Accademia dei Lincei. Voi. V.). Roma, coi tipi del Salvincci, 1880, pag. 12. (1) Liberti Fromondi in Academia Lovaniensi S. Th. Doct. et Prof, ord. Vcstft, .s'ùv? Aìit-A)'istarc}ii vindex, adversus Jac. Lanxberyiura Phi- lippi F. Medicmn Middelburgensem. In quo Decretum S. Conyi-erintionis S. R. E. Cnrdinnlium M.DC.XVI et nltentm anno M.DC.XXXIII ad- vcrnHs Copcnricnnos terrae motorex editum, iterum defenditur. Antver- jìiae, ex officina Plantiniana Balthasaris Moreti, M.UC. XXXIV. (2) Jacobi Lansbergi medicinae doctoris Apolo(jia prò cotninen- tationibus Pìiilippi Lansbergi in viotum Terrae diurnum et annuiim, adversus Libertum Fromondum tlieologum lovaniensem et Joan. Bapti- stam Morinum doct. med. et Parisiis matlieniatum j)'>'ofessoreìn regium. Middelburgi Zelandiae, apnd Zaccariam Romanum, anno cb he xxxiii. (3) La Libreria di Galileo Galilei pubblicata ed illustrata da An- tonio Favaro. Roma, tip. delle scienze matematiche e fisiche, 1887, pag. 31. (744) [14] tilt!! abiurare coactus e«t ; in cu.st(j(lia illa eo usque deti- nendiis, duin Eminentissiinis 1)1). (Jardinalibiis sufficientem eg'isse poenitentiam videbitur. At(jue hoc Acadeiniis belgicis significari S. Congregatio voliiit, ut buie veritati se confor- mare onmes velint. Ideo caeteros quo.sque istius universita- tis professores a Dominatione Tua de hoc admoneri cupi- mus » (1). A comprovare la diffusione data al decreto del 1633, del quale il Froidmont s'era fatto })aladino, s'è aggiunto in questi ultimi tempi un documento importante, dato altra volta alla luce col mezzo della stampa, ma del quale sol- tanto poche linee erano note agli studiosi : intendo con ciò di alludere alla notificazione della condanna di Galileo data da Liegi sotto il dì 20 settembre 1633, testé ripubblicata con dottissime illustrazioni dal Monchamp {^). Del resto, e in via di conchiusione, la Vesta del Froid- mont, scritta, a quanto pare, senza aver avuta conoscenza del Dialogo galileiano, non contiene alcun serio argomento scientifico contro la tesi ch'egli si proponeva di combattere, poiché, quivi ancora, come nelV Ant-AristarchUs, il solo appoggio ch'egli dà alle sue opinioni anti-copernicane con- siste in argomenti teologici e scritturali. Che se ancora egli non sembra accusare il Copernico d' aperta eresia, quando scrive indirizzandosi al van Lansberge : « Admones tandem nos concionabundus, ne talibus Scripturae Sacrae, quae Solem moveri, terram quiescere iubent, interpretatio- nibus, abigamus a nobis Copernicanos, ne ad Ecclesiam et (1) Il testo ne è dato dal Froidmont (Op. cit. car. 9^-10''^), ma più esattamente trascrisse questa nota dai registri dell' Università il Mon- champ fGnlilèe et la Belr/ique, ecc. Saint-Trond, 1892, pag, 116). (2) Notification de la condamnation de Galilèe datèe de Liège, 20 septembre 1 633 puhlièe 2Mr le Nonce de Cologne dans les pays rhènans et la Basse-Allemagne. Texte d' après une copie manuscrite avec re- marques du docteur G. Monchamp. Saint-Trond, G. Moreau-Schoiibe- rechts, 1893. [15] (745) iidi'Hi Noniaiit... Non solet Ecclesia, ta\tìiuio crrorihu.s et Saci'ae Scripturae sensus in fal«as eoriim qui extra siint opiniones depravando, in Petri navem pellicere. . . Verum- taiuc'ii, si sohis iiietus desei-cndi Copei'nicum, te ab Ecclesia Catholica alienai, niniio foi'te terrore, mi Lansbergi, a sum- ino bono et spe aeternae felicitatis abstineris. Nam Catho- licuni et Copernicanum esse fortassis adhuc licet » (i) — (|uando cosi si esprimeva non era peranco uscito il decreto del lOM'i, dopo il quale, riferito il testo della lettera al Nunzio di Bruxelles, conchiudeva : « Yides igitur, iterum Romae » per Eminentissimos Cardinales daninatam erroris hoc » anno Pythagorae et Copernici sententiam, et omnes Sedis » Apostolicae subditos ab ista doctrina iam arceri. Non au- » dient tamen, scio, inobedientes Ecclesiae filli, adversus » auctoritatem gravissiniam tam surdi et pervicaces, quam » ad argumontorum clarissimam lucem caeci aut sponte » conniventes. Nempe })udebit opinionem mutare quam iam » editis Libris tam late vulgaverunt, aut repetita imagina- » tione tara alte animo impresserunt, ut vertigine telluris » cerebro penitus concepta, vei-ti se iam imaginentur : ut » in morbo quibusdam evenire solet, qui omnia sub pedibus » et circa se gyrari ac ambulare credunt, cum tamen, prae- » ter mentem eorum sedibus suis emotam, universa con- > quiescant. Quid facimus? Ego certo argumentis humanis » diviuisque quod potui. Si a me sanari nolint, depono et » trado Hipi)0crati ». (1) Liberti Fromondi, ecc. Vesta, ecc. pag. 96-97. DELLE OPERE DEL DOTT, PIETRO ERCOLE Comunicazione DEL M. E. B. MORSOLIN Mi pregio di presentai-e le opere, a stampa, del Dott. Pietro Ercole, professore di lettere latine e greche nel Regio Liceo di Vicenza ; il cui nome non dee suonar nuovo per una Memoria intorno a una « Quistione cronologica nel Brulus di Cicerone », inserita sin dal 1888 negli Atti di questo Istituto. Io non parlerò del « Primo passo negli studi letterari », testo didattico, adottato in parecchie scuole e del quale si fecero ben cinque edizioni. Mi piace, invece, se- gnalare il volume su « Guido Cavalcanti e le sue Rime », ch'è uno Studio storico letterario, seguito dal testo critico delle Rime con commento, uscito in Livorno nel 1885. I pregi particolari furono già rilevati da' più riputati perio- dici di Germania e d'Italia. Dello Studio, dove s'illustrano, per quanto è concesso, i casi della vita, si son lodati, di preferenza, i luoghi, ne' quali si mettono in evidenza le corrispondenze di Guido con 1' Allighieri, si discorre del carattere e dell' importanza delle rime e dà il testo critico pelle stesse, tratto dall'esame e dal raffronto di ben sessanta- tre codici, collazionati la prima volta dall'Ercole. Né si lasciò in pari tempo di richiam ire l'attenzione degli studiosi sulla introduzione bibliografica intorno ai manoscritti e alle edi- zioni delle Rime, corredata di note storiche e critiche circa le quistioni più diffìcili, alle quali porge argomento l'inter- pretazione de' varii componimenti ; tanto che si conchiuse che il libro dell' Ercole è il libro piìi compiuto intorno a [■>] (747) (luido ('.calcanti. 11 U'slo [toi (l(41e Rime è condotto con tanto acume di critica da voloi-si i-iputare l'unico, di cui si si valg-ano oj:;gidi i cultori delle lettere nostre. L'altro volume, del quale non vuoisi tacere, è il « Unito di Marco Tullio Cicerone, testo riveduto e illustrato, » e- dito in Torino dal LckscIum' nel 1S91. Lo spirito, il metodo, i j)regi e i difetti di questa a differenza delle altre opero retoriche del grande scrittore, sono gli aspetti, sotto i quali l'Ercole esamina il Brufus in una larga e dotta preftizione. Uno studio di sì fatta natura non erasi fatto sino ad ora da nessuno de' filologi tedeschi, benemeriti d'altra parte di })arecchie pregiate edizioni. Al testo, tratto dal raffronto de' codici e delle edizioni più notevoli, l'Ercole aggiunge un Dizionarietto, in cui si danno tutte le notizie biografiche, relative ai molti autori e oratori romani, ond'è parola nel- r opera, e lo correda d'un prospetto generale degli oratori romani sino a Cicerone, con giudizi, desunti da varii scrit- tori e con ragguagli delle orazioni e de' frammenti, perve- nuti sino a noi. Anche di questo come del volume su Guido Cavalcanti si parlò con copia di lodi ne' })eriodici nostrali e di Germania. T. IV, S. VII 49 SULL* OPERA DI FRANCESCO NITTI LEONE X E LA SUA POLITICA SECONDO DOCUMENTI E CARTEGGI INEDITI Firenze 1892 ITOTA. DEL M. E. GIUSEPPE DE LEVA È questa, divisa in due parti, un' opera di singolare valore. La prima parte, nella quale i fatti tutti attinenti alla politica di Leone X rispetto a Giuliano e Lorenzo de' Me- dici sono aggruppati e rappresentati nei loro tratti generali, rifulge d' indagini e vedute nuove : vi è ridotta a giusti termini l' influenza esercitata dagli interessi famigliari, e Giuliano e Lorenzo appaiono quali erano effettivamente, incapaci e per mente e per animo non pur a compiere, ma a concepire le grandi cose che il Maccliiavelli avrebbe dovuto aspettarsi da essi, se mai, dopo le considerazioni del mio onorando amico E. Baumgarten, si potesse ancora ritenere scritto per essi il libro del Principe, e col nobilissimo in- tendimento che ne ispirò 1' ultimo capitolo. Maggiore an- cora r importanza della seconda parte, in cui si esamina ed espone analiticamente la politica di Leone X nella lotta di rivalità tra Francesco I e Carlo V. [2] (749) Forso il voler determinare, o dii-ci [ìiuttosto soi'preiidere, ([ue-sta [ìolitica ne' particolari più minuti e nel loro quasi quo- tidiano cambiamento, potrà sembrare tentativo im])ossibile ; colpa appunto la natura di Leone X, maestro nell'arte d'in- tìni^'ersi, elio nessuno meglio dell'Autori' ci lia messo in luce. In ogni modo le sue indagini giungono ([ui pure a conclu- sioni nuove e talmente convalidate, da indurre ({uelli co' quali egli non si è trovato d' accordo a modificare e in qualche punto anche a mutare i loro giudizii. Uno di quelli son io, sul punto del contegno di Leone nella contesa per la elezione all' impero. Nondimeno, ben lontano dall'insana pretensione di giustificare una conget- tura messa innanzi trent' anni circa addietro, quando non erano noti i ISIanoscritti Torrigiani, ai quali attinse il Baumgarten, e poi con maggior ampiezza l'Autore, voglio soltanto esporre i dubbii che ancora mi restano sulle vere intenzioni di Leone X ; non fosse altro, per procurarmi il piacere di conversare, disputando, con un ingegno di primo ordine, qual' è 1' Autore stesso, e a me cosi benevolo. Tanto m' era apparso dai documenti, dei quali poteva allora giovarmi, quanto l' Autore adesso, con maggiore sviluppo di particolari ed apparato di prove, conferma : essere, cioè, stato Leone X nella prima fase della contesa favorevole a Carlo. Che lo fosse per semplice acquiescenza ad un fatto creduto inevitabile, da non potersi impedire per mancanza di tempo e di mezzi e per la gravissima preoccupazione della crociata contro i turchi, non mi per- suade ajìpieno. Leone X non ignorava certo la gara che già da oltre un anno ferveva tra Carlo e Francesco. E (juanto al resto, stento a supporre in lui una politica deter- minata da considerazioni del momento in contrasto coi [ìrincipii e coi fini tradizionali che la ispiravano, per quanto, vivente Massimiliano, fosse lontano il pericolo che la ele- zione di Carlo avrebbe cagionato alla indipendenza morale e materiale della S. Sede, e a quella che chiamavasi libertà (750) [3] d' Italia ; ov' egli sin d' allora non avesse calcolato il frutto che poteva trarne in avvenire, conforme a que' fini. Vero è che, morto Massimiliano, Leone pare del tutto mutato : con istruzioni del 23 gennajo 1519 al suo legato in Germania, il cardinale di S. Sisto, egli raccomandava la elezione di un principe tedesco che non fosse Carlo. Ma il fatto che di queste istruzioni fu subito mandata copia al nunzio Bibbiena in Francia mi fa pensare. E chieggo a me stesso se, al par di esse, non si abbiano a ritenere di natura puramente ostensibile anche le successive de' 26 gennajo, e per conseguenza le une e le altre indirizzate al fine di vin- cere r esitanze del re Francesco I a porre la sua firma sotto i capitoli convenuti con lui per mezzo del Bibbiena, e a questi spediti il 20 dicembre dell' anno decorso. Che non intendesse per giunta Leone di sconfessare davanti a Fran- cesco il trattato con Carlo de' 17 gennajo (che 1' Autore trovò essere stato un atto compiuto, non rimasto sospeso, come pensarono Gino Capponi e il Baumgarten) se mai Carlo, com' era ben da aspettarsi, non ostante l' obbligo esplicito della segretezza, se ne fosse giovato nelle sue pra- tiche con gli elettori dell' impero, appunto per ciò com- presi da lui nel trattato medesimo ? Altrimenti sarebbe veramente strana l' ingiunzione fatta al legato nelle men- tovate istruzioni' del 26, di non tener conto di qualunque suo breve o lettera che gli commettesse il contrario; quasi volesse cosi premunirsi contro ogni possibile sua debolezza a favore di Carlo. Que' capitoli furono ratificati dal re Francesco ai 20 gennajo. Manca ogni prova che ancora al 30 non ne fosse giunta notizia in Roma. Sia quel che vuoisi di ciò, la lettera de' 30 gennajo dell' Ardinghelli al Bib- biena, con la quale il papa sollecita Francesco a riproporre la propria candidatura, può essere anche effetto dell'azione esercitata dagli agenti francesi in Roma. Tanto è vero che, quasi nel giorno stesso in cui 1' Ardinghelli la scriveva, il re avvisava il papa della decisione da lui già presa nello stesso senso. Possibile che Leone fosse cosi mal informato [l] (751) (l(>llo cose (li Germania da ij-noi-are 1' estonsione degli im- pegni presi da cin({ue dei sette elettori a favore di Carlo, se r ambasciatore del re di Polonia non gliela rivelava ! Vero e segreto pensiero di Leone era questo, di assi- curarsi in ogni evento un alleato potente. A questo mira- vano tanto i detti trattati con le due o})poste parti quasi contemporaneamente sottoscritti, quanto i suoi portamenti successivi rispetto al re di Francia nella seconda fase della contesa. In ciò conviene 1' Autore (p. loO e 171). E conviene del pari nel ritenere che a Leone doveva ragionevolmente ispirare un timore più forte la possibilità che sul trono imperiale ascendesse il re di Francia piuttosto che quello di Spagna. Ma ciò, soggiunge 1' Autore — e qui comincia il divario fra la sua opinione e la mia congettura — non liasta a distruggere tutte le manifestazioni papali di parole e (li opere fatte da gennaio a giugno contro Carlo, ed anzi francamente dichiarate a quésti. Siffatte manifestazioni di Leone sono certamente incontestabili, uè io le ho mai revo- cate in dubbio. Tuttavia non potrebbero aver avuto a scopo sin da principio di rimuovere ogni causa di doglianza da l)arte del re di Francia che non facesse il debito suo ? Non ha egli, verso la metà di febbrajo, al primo annuncio che Francesco ritirava la sua candidatura, spedite ai legati in Germania istruzioni meno sfavorevoli a Carlo, le quali furono poi trattenute a Firenze per essersi ivi saputo il contrario? (pag. 172). E a quello scopo, a dimostrare, cioè, a Francesco il delilterato i)r<)i)Osito di escludere Carlo, non mirerebl)ero anche le dichiarazioni della concepita s})eranza che, ov' egli non vedesse facile la i-iuscita sua, avrebbe volte tutte le forze della sua azione in \)Vo di un terzo ? Conosceva cosi poco il re Francesco da poter sperare die lo facesse, se non all' ultima ora, quando non sarel)be più tempo, come infatti avvenne? E tutte le dimostrazioni, cosi scoperte a così accalorate, in favore di lui sarebbero vera- mente conciliabili col maggior timore eh' esso gli ispirava (752) [5] in confronto di Carlo, ove non le avesse giudicate inefficaci di fronte alla tendenza pubblica antifrancese, determinata dalle condizioni politiche, militari e sociali d' Europa ? E queste condizioni medesime potevano per un momento solo fargli credere possibile la riuscita di qualche altro principe tedesco ? L' Autore stesso a pag. 230 riconosce che in quella riuscita Leone non aveva mai avuta molta fiducia. Se in luogo di non molta avesse detto nessuna, mi avrebbe data vinta la causa. Perchè infine tutte le accennate manifesta- zioni di parole e di opere hanno una solenne smentita nella realtà del fatto scoperto dall' Autore stesso ; eh' è il nuovo accordo di Leone con Carlo, conchiuso bensì soltanto ai 17 giugno, quaranta giorni innanzi alla elezione di Carlo, ma preparato da negoziazioni segrete introdotte sin dall'aprile, e da lui tirate in lungo con 1' abituale duplicità per il con- sueto rispetto del re Francesco. Anche dopo 1' elezione di Carlo continua Leone negli stessi accorgimenti di prima. Noi lo vediamo — e qui com- pendio le coso dette dall' Autore — conchiudere un nuovo accordo con Francesco (in ottobre) per essere al bisogno certo del suo aiuto contro il nuovo imperatore ; poi ondeg- giare e destreggiarsi ancora per alcun tempo tra l'uno e r altro, anzi far mostra di essersi legato o stare sul punto di legarsi in modo più stretto col primo, evidentemente per imporsi al secondo e costringerlo a condizioni che im- pedissero il predominio spagnuolo ed imperiale in Italia ; quali r ingrandimento dello Stato della Chiesa con Parma, Piacenza, e il ducato di Ferrara, la restituzione del Mila- nese agli Sforza, la protezione della Repubblica fiorentina e della famiglia Medici. Il perchè, dato F acume indiscu- tibile di Leone per cui gli era facile prevedere i prossimi eff"etti di altre cause già sussistenti, le dottrine di Lutero e le minacce de' turchi, dubito ancora se possa dirsi cam- pata in aria la congettura che coordina tutta la sua politica antecedente al pensiero della lega offensiva conchiusa poi [6] (753) tra lui 0 Carlo nel magfrio 1521. Tanto più che, fallito essendo a Leone il disef^mo dell' arbitrato internazionale attribuito a sé e al collegio de' cardinali nella bolla della crociata, parnii naturai cosa abbia egli mirato all' altro a non men alto fine di affermare ancora una volta il princi- pio medievale delle due potestà supreme, istituite da Dio per il governo del mondo, come si legge nel proemio della detta lega. Questi dubbii l' illustre Autore vorrà accogliere nel senso che ho già dichiarato, e in prova dell' ammirazione destatami dall' opera sua per la molta nuova luce che porta sopra un periodo importantissimo di storia nostra nel secolo decimosesto. SOPRA UNA BAGILLARIEA CSuriraya helvetica hvuwj CONFERMATA PROPRIA DELLA FLORULA LACUSTRE ALPINA. DEL 8. c. G. B. DE TONI Neire.saininare una fanghiglia diatoniifera raccolta nel lago di Fedaia (Trentino) da mio fratello jirof. Ettore, mi avvenne di riscontrarvi con una certa frequenza ima cu- riosa Suriraya che con gli opportuni confronti potei iden- tificare con la Suriraya helvetica Brun (i). Non credo fuor di proposito avvertire la presenza di tale specie in un lago alpino che geograficamente appar- tiene all' Italia, trattandosi di una Bacillariea che è indi- cata per la prima volta nella regione trentina e riconfer- mata nella florula diatomologica dei laghi italiani ("^), in- quantochè la Suriraya helvetica Brun fino al I89I era (1) J. Brun. Diatomèes des Alpes et rìv Jura et de la rtu/ion fran- Qaise et suisse des environs de Genève, p. 100, pi. II, f. 4, pi. IX, f. 28. Genève, 1880. (2) E. Bonardi. Suìfe Dinlomee di tdcmn /nf/li.i Itnllniìi. «Bollettino scientifico » Anno X, n. 2, png. 57-01. Pavia, 1888. — Cfr. anche D. Levi-Morenos. Alcune ossei-cazioni e proposte sulla Diatomologia lacu- stre italiana. « Notari.sia recf. da G. H. de Toni e D. Levi » Anno IV, n. 15. Venezia, 1889. — Cfr. pure la citazione di Corti. [2] (755) .stata .scoperta nelle acque dei i'i\()li al[iiiii e nei laghi delle regioni elevate della Svizzera ('). Più che tutto ])ei*alti*o, riguardo alla pre.senza della Suriraya helcetica Brun, io richiamo l'attenzione di quelli che si occupano della importante que.stione della diatomo- logia lacu.stre, perchè si ha una nuova conferma che detta specie forma parte di una serie di Diatomee le quali pos- sono servire a caratterizzare i laghi situati a notevoli al- tezze sul livello del mare ; dico nuova conferma essendomi edotto dell'esistenza della Suriraya helvetica Brun nel lago del Palù (Val Malenco, 1998 metri sul mare) da una Nota del dottor Benedetto Corti ("^). Q,ue.st' ultimo trovò la Suri- raya helvetica Brun anche allo stato fossile nelle sabbie gialle plioceniche della Folla d'Induno presso Varese (^). Senonchè, più che la coincidenza di detta specie nei laghi alpini .svizzeri, in quello del Palù (1993 m. sul mare) e di Fedaja (circa 2000 m. sul mare) sta in appoggio del carattere alpino della Suriraya helvetica Brun la persi- stenza della vegetazione della Suriraya stessa in confronto alle altre specie della fanghiglia diatomifera di Fedaia e ciò desunsi dal fatto che avendo lasciato esposto a basse temperature il vasetto contenente, insieme a poca acqua del lago di Fedaja, la fanghiglia diatomifera, solo si conservò vivente e continuò a svilupparsi la specie in parola. In confronto adunque delle altre specie che pur adat- tandosi alle acque frigide vegetano anche nelle acque tem- perate e non possono fornire alcun criterio nello studio com- (1) .1. Brun, loc. cit. J. B. de Toni. Syllor/e. Alr/anon oììiniiun. Voi. II. Bacill;irifi;<', pa- gina 570. Patavii, 1892. (2) R. Corti. Sulle IHatonìec (h-l Luf/n tir/ l'nlit iu Vnìh- Malenco. « Bollettino scientifico » Anno XIII, n. ;M. l'avia, 1891. (3) B. Corti. Poraminiferi e Diatomee fossili delle sabbie (jinlle plioceniche ddla Folla il' fndi'nn. <,< Boll. Soc. geol. ital. » Voi. XI. f. 2, I)ag. 225. Roma, 1893. (756) [3] parato delle florule diatomologiche lacustri, io ritengo ca- ratteristica della florida alpina lacustre la Suriraya del Brun, al pari di Odonlidium hiemale Lgb., Denlicula frigida Ktz. etc. È questo un nuovo dato per il diatomologo al quale non riesce più tanto diflicile, coi materiali di cui oggidì dispone, il classificare un lago col criterio della sua florula diato- macea ; in un precedente lavoro {}) pubblicato negli Atti di questo R. Istituto ho appunto procurato di disporre i laghi italiani finora studiati sotto il punto di vista diato- mologico in due serie a seconda della presenza o mancanza di certi tipi diatoraacei e spero che ulteriori studi confer- meranno l'esistenza di Suriraya helvetica Brun negli altri laghi che si trovano nelle condizioni altimetriche del Lago del Palli e di quello di P'edaja. Venezia, 29 Gennaro 1893. (1) G. B. de Toni, G. S. Rullo e G. Paoletti. Alcune notizie sul Ingo di Arquà-Petrarca, con 1 tav. colorata. « Atti del R. Istituto Ven. di scienze, lettere ed arti » Serie VII, Tomo III, pag. 1201. Venezia, 1892. UN PROBLEMA DI DINAMICA COMUNICAZIONE DEL s. c. ERNESTO PADOVA Nella seduta del () con-ente dell' Accademia delle Scienze di Parigi il sig. G. Darboux ha presentato una Nota del sig. P. Staeckel col titolo : Sur une classe de problèmes de dijnamique, nella quale è enunciato il seguente teo- rema : Se ^kiiQk ) '^o^i^ ^^ funzioni dell'argomento indicato, se O è il determinante formato colle funzioni cpik e ^ki l'e- lemento reciproco a '^ki nel determinante O, ogniqualvolta 1 O , la forza viva possa assumere la forma — Hj^ ^k~^ ^k ^ ''^^^ vi sieno forze esterne, oltre all'integrale delle forze vive esistono n — 1 integrali di primo ordine e di secondo grado rispetto alle q, dati dalle equazioni ^2* ^ ^/''^ = «^ (/ = 2 , 3 , . . . n) ove \v a/ sono delle costanti arbitrarie ed il problema è conseguentemente riducibile a quadrature. Senza nulla togliere all'importanza di questo notevole teorema, mi permetto di fare rilevare che esso non è che un caso particolare di un teorema già da me dimostrato in una nota Sugli integrali cornimi a più problemi di dina- (758) [2] mica, inserita nel voi. I della sesta serie degli Atti di questo Istituto (1883). In questa Nota infatti ho dimostrato che, se si introducono nel calcolo le solite variabili p^ , uguali alle derivate prime della forza viva rapporto alle q'fi , e la forza viva assume la forma — 2^ ArrP"\, quando r^ sia la funzione potenziale, un integrale primo del pro- blema dinamico è dato dall'equazione Sa^sPr Ps =^-\-^ìì, rs se sono soddisfatte le relazioni (1) dqi dq/i (2) dXss , dotss dqi dqs (3) dkss . dcLss , .. dasn ^i j CCih — kjih j + 2Ass . dqi dqh ' dqs (4) dqu dqs . dy.sh krr 7 dqr nelle qi lali gli indici prendono i valori 1,2,., , . . n, avver- tendo però che devono avere valori diversi quegli indici che nella stessa formula sono indicati con lettere differenti. Nel teorema del sig. Staeckel si suppone che fJsia nullo, che la forza viva, espressa per le p assuma la forma ^-^ S;^ ^/fiP\ e si asserisce che in tal caso sono integrali del problema dinamico certe e({uazioni che, espresse per le p, assumono la forma — 2/^ ^j^i p^^^ = ^'■i • Qi^ie^to equivale al supporre nelle nostre formule Ass = --r— , ass = ~— , oc/ik^O (j»cr //diverso da A',), ^ = 0 Le (1) e (4) sono allora identicamente verificate e lo sono [3] (759) pure, come si vede .subito, le (2) perchè <[>si , <1\7 sono in- dipendenti da (/s , sicché esse si ri(hicono alle identità dq, iD^dgs (^I>)' '^"''"^' "^^ ^•'^' ^^-^^^ I'^'^^'^"'» ^^'^'- versi in questo caso sotto la forma d d log O —, — i^hhJ^ss — agsA/,/,) 4- (a;,/,Ass — ccss^hh) — , =0, (ff/h ClC/h -^ log [{y-hh^ss — assA/,/,)(l>]=:0 , ma, per una notissima proprietà dei determinanti, abbiamo d'i^ (a/j,A.,s — c(.ss>^hh) r/cp^.f^j e poiché in -. — mancano tutte le cp che hanno il pri- d<^8i d^hi ' mo indice uguale ad h, cosi essa é indipendente da g;, e con- seguentemente le nostre equazioni (3) sono verificate. Questa dimostrazione mette in evidenza un modo sem- plicissimo di estendere i risultati ottenuti dal sig. Staeckel. Si può infatti asserire subito che se la forza viva di un si- stema, per una conveniente scelta delle variabili, assume la forma f ^r Ar p^r > 0"^'e f è una qualsiasi funzione delle coordinate ^ e le ^4;. sono funzioni anch'esse arbitrarie delle q, tali però che in Ar non apparisca ^r , e se sul sistema non agiscono forze, sarà un integrale primo del problema dinamico l'equazione f^r «r p^r = hi, ove hi è una co- stante e le a^ , funzioni di tutte le q esclusa qr , sono tali da soddisfare le equazioni d {arAs — «.A^) /' W ^^ = 0 (r,s==l,2,. . .n) (760) [4] E itossiamo anche dire che se il sistema è soggetto a f A forze che hanno per funzione potenziale U = — Y:^ — , sarà pure integrale del problema, oltre a quello delle forze vive, l'equazione /"S a^ pV = / "'s + ^'i' poiché le (1) si ridu- cono allora a quella serie di equazioni, che si deducono dalle (5) facendovi s = /i e che noi supponiamo soddisfatte. Padova 18 Marzo 1893. INTORNO AI FENOMENI DI SOPRASATURAZIONE Nota Seconda I) E L M. E. TITO MARTINI In una nota pubblicata negli Atti di questo R. Istituto (^) prendemmo in particolare esame i fenomeni di soprasatura- zione presentati dal solfato sodico ; e dopo aver riassunto le opinioni di molti sperimentatori intorno alle cause che pongono fine allo stato di soprasaturazione, si descrissero varie esperienze che stavano a dimostrare che la teorica del Selmi (2), emessa più tardi anche dal Grokinski (3), fosse la più attendibile, vale a dire che la formazione del primo cristallo, che deve imprimere il moto alla dissoluzione e precipitarla, è dovuta, nel maggior numero dei casi, al fatto dell' eva- porazione. Contro r ipotesi del Selmi si sollevarono delle critiche, e si obbiettò che facendo circolare nel matraccio, contenente la soluzione, dell'aria stacciata a traverso al cotone puri- ficato, il fatto della precipitazione non avviene. Da ciò se (1) Intoì'no ai fenomeni di wprasnturnzione del solfato sodico. Atti del R. Istituto Veneto», t. Ili, serie III, 1892. (2) Annali di Fisica, Chimica e Scienze affini. Torino, 1850, n. 30. (3) Coniptes-rendus de V Acadèmie des sciences, t. 32, 1851. (762) [2] ne inferi doversi cercare fuori della soluzione la causa im- pellente il moto cristallino, d'onde la teorica del Gernez (i) dove si ammette che i cristalli si troiano già formati nel- l'aria, e che, alla loro caduta, si debba il fenomeno della immediata precipitazione del sale. A questa ipotesi opponemmo alcuni esperimenti i quali starebbero a provare che anche 1' aria, benché con grande cura stacciala, se si fa rientrare nel matraccio con una certa violenza, in guisa da operare una rapida evapora- zione, la precipitazione ha luogo lo stesso (^). D'altronde, se anche fosse vera l'ipotesi del Gernez per il solfato di soda, essa non vale a comprendere tutti i fenomeni di soprasa- turazione, imperocché bisognerebbe ammettere che 1' aria debba contenere i germi cristallini di tutti quei sali che si soprasaturano nella propria acqua di cristallizzazione o nel- l'acqua aggiunta. NuUadiraeno, rispetto al solfato di soda, non si può escludere che, specialmente nell' aria del laboratorio dove si esperimenta, non sianvi natanti numerosi cristalli ; e basta per convincersene di tenere un po' a lungo, sul for- nello, il matraccio contenente la soluzione di solfato sodico, per vedere tutto all'intorno una polverina bianca che cade giù, mentre altra, più leggiera, sarà trascinata dalle cor- renti d'aria e si diffonderà dappertutto. La presenza di un siffatto pulviscolo, dovuto all'efflo- rescenza del sale, può condurre chi esperimenta a dei facili abbagli. Perciò convien meglio ricorrere a dei sali non efflo- rescenti e per i quali non possa esservi dubbio che l'avvenuta precipitazione sia unicamente dovuta al fenomeno che abbia- mo provocato, e non all' indiscreta caduta di un qualche cri- stallo vagante nell'ambiente. L' acetato di soda, sale delique- (4) Comptes-rendus de l' Acadèmie des sciences, voi. 50 e 51 anno 1865. (5) Cfr. Atti del R. Istituto Veneto, t. Ili, serie III, 1892. [3] (703) sconto, elio pi'osoiita in alto f^i-ado il Joiioiiioiio (lolla soprasa- lui*azi()no,si prosta assai hono a siffatto sttidio; con questo sale si l'ipposoi'o a(hin(|iie p;\\ osporimenti (*) i quali riconferma- l'oiio, conio dii'Oino or ora, la opiiiioiio i;ià espressa intorno air ipotesi del Selmi, Coll'acetato, e anche col solfato di soda, si presei'O a studiare quei fenomeni già segnalati dal Tomlinson {% cioè che il variai'e della tensione superficiale è causa, talora {lotonte, a por fine allo stato di soprasaturazione. Di cosi tatti fenomeni, che pur sono di tanto interesse, non si fa parola noi trattati più estesi e più recenti di Fisica; e dove si accenna ai fenomeni di soprasaturazione si continua ad appagare il lettore invocando la caduta del compiacente cristallo. Nuovi fatti che stanno in favore della teoria del Selmi. Ai fenomeni già descritti nella precedente Nota (•), nei (juali la precipitazione in massa del solfato di soda ci sem- brava unicamente dovuta ad un concentramento superfi- ciale operato dall' evaporazione, si possono aggiungere i seguenti : 1. Preparata una soluzione di acetato di soda nel rap- porto di 1 d'acqua per 4 di sale, si filtrò in due matracci i quali furono posti sopra una mensola presso ad una fi- nestra. I matracci furono lasciati aperti, e dopo 24 ore si trovò ancora liquida la soluzione. Schiusa la finestra, dopo pochi minuti la soluzione cristallizzò in entrambi. Avver- (1) Gli esperimenti furono ripresi nel maggio del 1892 e conti- nuati fino ad oggi, approfittando cosi della naturai variazione della tem- peratura deir ambiente, la quale oscillò da 29" a — 2'\ò in quelle ore che si era soliti di sperimentare. T. IV, S. VI] 50 (?64) [4-J tiamo che l'aria era asciuttissima e il termoinetro segnava 28". Si ripetè l'esperimento più volte e sempre collo stesso risultato. Notammo poi che la precipitazione avveniva più prontamente se i matracci erano investiti dai raggi del sole. 2. Filtrata in un vaso da precipitati una soluzione di acetato sjdico nel rapporto di 1 a 4, e coperto il vaso con una campana affine di attenuare l'evaporazione, quando la soluzione ebbe preso la temperatura dell'ambiente si avvi- cinò alla superficie di livello un disco d' ottone scaldato nell'acqua bollente, o anche sopra una fiamma ad alcool ; dopo pochi secondi si videro formarsi sulla superficie del liquido dei minuti cristalli i (juali determinarono la preci- pitazione di tutta la massa disciolta. L'esperimento del disco fu eseguito più volte nell'estate alla temperatura di 27° o 28*', e neir inverno a temperature inferiori ai 4°. 3. Nei mesi d' inverno abbiamo più volte eseguito il se- guente esperimento ; abbiamo immerso il matraccio, conte- nente la soluzione di acetato sodico, in un vaso d'acqua bollen- te e dopo pochi istanti si sono formati alla superficie dei lunghi cristalli che hanno determinato il moto cristallino in tutta la massa. 4. L'aria asciutta facilita molto la rapida precipita- zione del sale. Preparata in un matraccio la soluzione di acetato di soda, si chiude il recipiente con un tappo a due fori a traverso i quali passano due tubi di vetro che al- l'esterno sono piegati ad U, e ciò per togliere ogni dubbio sull'accidentale caduta di corpi estranei. Uno di questi tubi si prolunga nell' interno fino ad 1 centimetro, circa, dal livello del liquido. Quando la soluzione ha preso la tempe- ratura dell'ambiente, si applica al cannello più lungo un tubo di gomma, e con un mantice si soffia l'aria, sia diret- tamente, sia facendola traversare per il cotone purificato. In ogni caso si ottiene la precipitazione in massa del sale quando l'aria è asciutta; stenta ad ottenersi quando l'aria è umida, e allora se si fa passare il getto per un tubo fr>] (705) pieno (li cloruro di calcio ;>i è certi che il sale precipita ini mediatamente. 5. La soluzione di acetato sodico, anche (|uando è molto concentrata, i)uò travasarsi dal matraccio in un \ aso da l)recii>itati senza che cristallizzi, i)urchè si abbia cura che 1(^ pareti d(d \aso sieno ben nette o catarizzate, })ei' usare res[)ressioiu' del Tomlinson. In generale, dopo ([ualche mi- nuto, la soluzioni' cosi travasata cristallizza perchè si è resa più facile revaporazione; (|ualora non cristallizzi, ba- sterà soffiare leggermente sul liquido per vederlo subito ci-istallizzare. fi. Anche coU'acetato di soda si provò più volte l'espe- rimento eseguito dal Selnii col solfato sodico, il quale espe- rimento consiste nell' inti'odurre nel matraccio un filo di cotone che lambisca la superficie del liquido ; tosto che il filo si è imbevuto della dissoluzione, si veggono formare i cristalli sui filamenti i quali j)rovocano la precipitazione in massa del sale. Gli esperimenti descritti provano adunque che la for- mazione dei primi cristalli, che determinano il precipitarsi del sale, è dovuta all'evaporazione, la quale può essere più o meno rapidamente attivata sia con un aumento di tem- peratura, sia col cambiar l'aria che sovrasta al liquido, sia coU'aumentare la superficie evaporante, ovvero coli' immer- gervi un qualche corpo capace di imbeversi. Perchè dun- (|ue negare che anche col solfato sodico non debba avvenire (jualcuno di questi fatti ? Ammettiamo pure che nel solfato di soda possa intervenire la caduta accidentale di qualche cristallo dall' esterno ; non potremo per questo invocar la caduta come la causa unica che mette fine allo stato di so- l)rasaturazione, imperocché evvi una causa più generale, la evaporazione, la quale abbraccia tanto le soluzioni dei sali efUorescenti (juanto quelle dei deliquescenti ; bisognerà almeno distinguere i fatti in due categorie, cioè quelli che avvengono soltanto coi sali efflorescenti e quelli che avven- gono tanto negli uni quanto negli altri. (766) t:6] Influenza della variazione della tensione superficiale I fatti studiati dal Tomliiisou intorno alla l'elazione fra la tensione superficiale delle soluzioni e quella dei liquidi che vi si fanno cadere, possono i-iassuniersi nelle quattro seguenti proposizioni (i) : I. Una soluzione salina soprasatura, contenuta in un matraccio ben netto, resta liquida fino a che la sua super- ficie, ovvero quella che sta in contatto colle pareti del ma- traccio, non subisce, sopra uno o parecchi punti, alcuna diminuzione nella tensione superficiale. IL Depositando sulla superficie di una soluzione una goccia di un qualche liquido che abbia debole tensione su- perficiale, essa si distende in pellicola e produce o subito, 0 dopo breve tempo, la cristallizzazione. III. Un liquido che abbia una considerevole forza con- trattile, il quale però non agisca chimicamente sulla solu- zione, se viene con essa in contatto non vi opera alcun cambiamento. IV. Un corpo solido, ricoperto da una pellicola di uno di quei liquidi che posseggono debole tensione superficiale, immerso nella soluzione vi provoca la cristallizzazione im- mediata o dopo un tempo brevissimo ("^). II Tomlinson giunse alle conclusioni sopra indicate in seguito a molti esperimenti eseguiti, generalmente, col sol- fato di soda sciolto nell' acqua in proporzioni diverse. Il fisico inglese soleva sperimentare in aperta campagna per rendere più diffìcile la caduta accidentale delle polveri e corpuscoli natanti nell' aria, e convalidò i fatti osservati mediante le accurate misure della tensione superficiale delle diverse soluzioni, nonché di quella dei liquidi che vi faceva cadere. (1) Sursaturation, par M. Ch. Tomlinson, Actualités scientifiques publiées par T Abbé Moigno : I sèrie, n. 25. Paris, 1872. (2) Cfr. Sursaturation, pag. 129. [7] (TCT) Spinti dal (losidoi-io di riconoscere la verità di quei fatti dei ([uali tacciono i trattati, come f,nà .si ebbe a notare, abbiamo ripetuto gli es[)erimenti del Tomlinson; ma in luogo di adoperare una considerevole quantità di liquidi ci siamo limitati a pochi e sempre della stessa qualità, ripetendo moltissime volte gli esperimenti e variandone il modo; im- perocché se, in massima, sono veri i fatti descritti dal Tom- linson, nondimeno si presentano alcune eccezioni che me- ritano di essere segnalate. Che sia opportuno studiare i fenomeni all' infuoi-i di (jualsiasi causa disturbatrice, lo dimostra il fatto che una goccia di liquido se cade sopra una soluzione di solfato sodico, generalmente la fa cristallizzare anche se il liquido non si distende in pellicola. Non crediamo, peraltro, che r operare in aperta campagna sia del tutto scevro di acci- denti ; allorché si scoperchia il matraccio può intervenire il fenomeno dell' evaporazione specialmente se l' aria è molto asciutta ; ma di ciò non tenne conto il Tomlinson. Eppure il fatto non si può negare; e tante volte ci è occorso di togliere il coperchio di vetro ad un matraccio contenente la soluzione di un sale deliquescente, come é appunto l'a- cetato di soda, e di scoperchiarlo all' aria aperta, (e qui a Venezia si è in ottime condizioni riguardo a polvere), e la soluzione cristallizzò probabilmente per il subito attivarsi di correnti d' aria ; invece una identica soluzione si man- tenne liquida per 24 ore e più, avendo lasciato aperto il matraccio. Trovammo adunque necessario di metterci al co})erto anche dalle correnti che possono agitare l'aria del matrac- cio, affine di studiare unicamente l' effetto del liquido che doveva cadere sulla soluzione. Per(MÒ ideammo di fai- goc- ciolarti i lifjtiidi mediante una diiavelta simile a ([ucdla che si adopera nel noto appai-ecchio di Dalton. Questa chia- vetta, di bronzo, aveva nel cono una cavità capace di con- tenere 4 0 5 goccie di quei li(|uidi che si volevano far di- scendere nel matraccio ; un tubetto di bronzo, lungo mm. 50 (768) [8] e largo mm. 7, circa, era saldato normalmente all'asse del cono e veniva infilato in un tappo di gomma ; con questa di- sposizione si poteva chiudere il matraccio, e girando la chia- vetta di 180°, si potevano far discendere i liquidi, già in- trodotti nella cavità, in un ambiente separato totalmente dall' aria esterna. Passiamo ora a descrivere gli effetti ottenuti coi vari li(|uidi. Etere. — In una soluzione di solfato di soda, nel rap- })orto di 1 d' acqua per 3 di sale, filtrata in un matraccio che poi si chiuse col tappo sopra descritto, si fecero cadere una 0 due goccie d' etere e si ottenne l' immediata cristal- lizzazione. L' esperimento fu ripetuto più volte tanto nell'e- state che neir inverno col medesimo risultato. Diverso fu il contegno dell' etere fatto gocciolare sopra r acetato di soda disciolto nella proporzione di 4 parti di sale per 1 d' acqua. Anche a basse temperature (3° e 4°) le più favorevoli alla precipitazione del sale, 1' etere è stato inattivo quando si è fatto cadere mediante la chìanetta. Se invece si faceva gocciolare 1' etere sopra una soluzione di acetato sodico conservata in un matraccio aperto, gene- ralmente si otteneva la cristallizzazione, ma dopo parecchi minuti che il liquido era caduto. La qual cosa può far nascere il dubbio che non sia stato 1' azione dell' etere la causa della precipitazione. Benzina. — Nella soluzione di solfato sodico nel raj)- })oi'to di 1 a 3, filtrata in un nuitraccio che si è chiuso col tappo munito di chiavetta, si è fatta cadere una goccia di benzina; il liquido si è espanso in sottilissimo velo, mo- strando iridescenze, ma la soluzione non è cristallizzata. Si è })ur riconosciuto che la benzina è inattiva anche quando se ne fa cadere una goccia in un matraccio chiuso sempli- cemente con un coperchio di vetro, j)urchè si abbia cura di rimettere subito il coperchio. Gli esperimenti descritti fu- rono eseguiti a temperature piuttosto basse (dai ^^ ai 7") e anche a temperature alquanto elevate (dai 20" ai 24"). [!)| (760) La lìonziiia che si è trovata inattiva sulle soluzioni di solfato di soda, è invece attivissima su quelle di acetato sodico. Infatti, sia direttamente, sia per mezzo della chia- vetta, facendo cadere una o due goccie di benzina sopra una soluzione di acetato di soda nel rapporto di 1 a '^ e an(die di 1 a 4, nasce un fenomeno bellissimo e meritevole d' essere ripetuto nei corsi di fisica. Appena la goccia viene in contatto colla soluzione, è rimbalzata e sparpagliata (jua e là, e con grandissima rapidità si veggono i cristalli partire da tutti quei punti dove furono spruzzati i fi'am- menti della goccia, e la soluzion(* rai)[)rendersi in un mo- mento in massa compatta. Dobbiamo notare un fatto, sul (juale ritorneremo, cioè die facendo cadere una goccia di l)enzina da piccola altezza (2 0 o mm.) sulla superfìcie della soluzione di acetato so- dico, essa si espande regolarmente e non determina la precipitazione del sale. Olio essenziak di trementina. — Questo liquido fa cri- stallizzare rapidamente !(' soluzioni soprasature di solfato so- dico anche quando lo si fa gocciolare })er mezzo della chia- vetta. Invece è inattivo sulle soluzioni di acetato di soda ; sulla loro superfìcie si distende in pellicola sottilissima con belle ii'idescenze ma senza provocare la precipitazione del sale. Talvolta, a dir vero, la soluzione cristallizzò in un ma- traccio aperto dove si fece gocciolare l'acqua ragia; ma non può affermarsi che la precipitazione sia proprio avvenuta per r azione dell' olio essenziale. Potrebbe opporsi che in un vaso chiuso, dove 1' atmosfera è in gran parte formala di \ apore, mancando (juasi del tutto la presenza dell' aria \ iene a mancare un importante fattoi-e nel conflitto fra le tensioni superficiali dei due li{|uidi. Ma possiamo rispondere che versata, a freddo, la soluzione di acetato sodico in una lai'ga cassula, e fattavi cadere una goccia d'olio di tremen- tina, essa si distese cii'colarmente con iridescenze bellissime e la soluzione rimase liquida. (770) [10] Petrolio. — Il petrolio ha un' azione abbastanza ener- gica quando la superfìcie della soluzione è stata imbrattata con qualche altro liquido, come diremo fra poco. Ma se il petrolio cade sopra una soluzione ben filtrata e netta, è poco attivo. Cosi trovammo che fatta cadere, me- diante la chiavetta, una goccia di petrolio sopra la soluzione di solfato di soda, la goccia si distese in regolare pellicola e non provocò la cristallizzazione ; la provocò invece se il matraccio era aperto. Sulla soluzione di acetato di soda con- centratissima (1 a 4) e a temperatura molto bassa (2°) il petrolio fu inattivo, quando si fece gocciolare nel vaso chiuso col tappo a chiavetta; e spesso, anche nel matraccio aperto, il petrolio si distese in larga pellicola senza far cristallizzare la soluzione. Olii fissi. — L' olio d' oliva purissimo, e l'olio di man- dorle, se si fanno gocciolare sulle soluzioni di acetato di soda 0 di solfato di soda si distendono lentamente in pel- licole iridescenti senza produrre alcuna cristallizzazione. Nel matraccio aperto può avvenire che il solfato di soda cri- stallizzi neir atto che vi cade la goccia ; e siccome essa non ha avuto tempo di espandersi, perchè la troviamo tal quale sulla superficie cristallizzata, il fatto deve attribuirsi ad altre cause, le quali potrebbero essere o l'evaporazione, 0 piuttosto la caduta di qualche cristallino di solfato sodico. Facciamo ora una breve discussione sui fatti osservati e poniamoli a confronto colle proposizioni formulate dal Tomlinson. Per rendere })iu jtroficua una sifi'atta discussione sarchile stato opportuno il determinare la tensione superficiale delle dissoluzioni e dei li(iuidi che vi si facevano goc('iolare. Ma essendo al presente privi di alcuni mezzi atti a misurare, colla dovuta precisione, le altezze capillari affine di rica- vare, dalla nota formola rad [11] (771) l;i tensione supertìciale /, ci accontentei'emo di alcune mi- sure approssimate le quali, peraltro, saranno sufficienti per i confronti di cui si tratta. In un tubo, del diametro di circa 0""",9 si misura- rono le altezze capillari di due soluzioni che avevano ser- vito in alcuni degli esperimenti descritti, cioè una soluzione di solfato sodico nel rapporto di 1 a 3, ed altra di acetato sodico nello stesso rapporto. Collo stesso tuljo, che volta per volta era catarizzato nel miglior modo possibile, si misurarono le altezze capillari degli altri liquidi sopra de- scritti, e le misure furono fatte a temperature assai pros- sime, cioè tra 12°,5 e 13'',2. Poiché per tutti i liquidi si adoperò lo stesso tubo, l)asterà fare il confronto tra i di- versi prodotti che si ottengono moltiplicando 1' altezza ca- l)i Ilare a per la densità d. Ecco i risultati. LIQUIDI Densità d Altezza capillare a Valori di e X '' Etere solforico. . 0.730 cm. 1.01 7.373 benzina .... 0.890 » 1.14 10.140 Olio essenziale di trementina . , 0.8(34 » 1.27 10.973 Petrolio da lam- pade .... 0.800 > 1.42 11.3()0 Olio d' oliva . . 0.913, )> 1.49 1:5.(10:5 Al)0 mezz'ora e più, la cristallizzazione. Ma non possiamo l'i tenere che la precipitazione del sale fosse avvenuta per r azione della goccia, imperocché se, contemporaneamente alla caduta della goccia, si scopei-chiava un altro matraccio con identica soluzione di acetato di soda, molte volte è* av- venuto che il liquido cristallizzava più presto nel secondo matraccio che nel primo. Quando il liquido è attivo, nel senso cioè di determi- nare la pronta precipitazione del sale, i cristalli partono sempre dalla periferia della goccia la quale, in simiglianti casi, si espande irregolarmente, vale adire che il suo con- torno è frastagliato da sinuosità piìi o meno profonde. Non è poi necessario che la superficie della soluzione sia net- tissima, perchè qualche liquido poco attivo lo diviene assai più quando la superficie della soluzione, su cui cade, è iml)rattata di materie oleose. Ciò è provato dai seguenti esperimenti. In un matraccio si filtrò una soluzione di solfato di soda (1 a .'^) e si chiuse col tappo a chiavetta, indi si fece cadere una goccia d'olio d'oliva che si espanse, a i)OCO a poco, in pellicole iridescenti. Fattavi cadere, dopo '^A ore, una goccia di petrolio, nacque una viva lotta e la solu- zione immediatamente cristallizzò. Lo stesso esperimento fu ripetuto più volte con la soluzione di acetato di soda contenuta in un matraccio coperto con un cappello di ve- tro : fattavi cadere la goccia d'olio d'oliva, o di mandorle, dopo alcune ore la goccia si eia distesa in ptdlicMlc, e la caduta del petrolio precipitava la soluzione ('). (1) Anche colla benzina si è ottenuto lo stesso ri.siiltamento (piando si ('• fatta gocciolare sulla superficie imbrattata «la un olio fisso od an- che da essenza di trementina. C^74) [14] I fatti che abbiamo descritto .stanno a riprova di quelli già osservati dal Tomlinson. Senonchè, alle proposizioni formulate dal fisico inglese, crederemmo di dover aggiun- gere una specie di emendamento affine di metterle in piena armonia coi risultati dell'esperienza, e diremmo : I. Se una goccia liquida si espande rapidamente, e irregolarmente, sulla superficie di una soluzione, il brusco turbarsi della tensione superficiale è causa sicura della precipitazione del sale. II. Se invece la goccia si espande con molta lentezza, ovvero se, essendo di un liquido che si espande rapido, venga deposta in guisa da espandersi regolarmente intorno ad un centro, nel primo caso mancando un repentino mu- tamento nella tensione superficiale mancherà la causa im- pellente il moto cristallino ; e nel secondo avendo provo- cato un aumento uniforme nella contrattilità superficiale dell'anello che circonda la goccia, non avrà luogo la preci- pitazione dei cristalli. Effetti prodotti dagli urti. — Si dimostra come il moto cri- stallino può propagarsi fra due parti di una stessa so- luzione, separate da una membrana flessibile ed imper- meabile. Gli effetti prodotti dalle azioni meccaniche sulle solu- zioni soprasature sono alquanto capricciosi. Per es. una soluzione concentratissima di acetato sodico può essere tra- vasata da un matraccio all'altro senza cristallizzare ; come pure la stessa soluzione può essere violentemente scossa nel matraccio e rimaner liquida ; lasciandola poi in quiete non tarda a cristallizzare, ma i cristalli partono dalle pa- reti che restarono bagnate nell'agitazione. — Un getto i)0- deroso d'aria, che si fa gorgogliare a traverso la soluzione di acetato di soda, è inattivo ; invece un lieve soffio sulla [1-1 (77:,) .siii)(M'Hci(\ (Ictenniiia, come già \('(UMniii(), l;i [>i'('ci|iila/-i()iii' salina. — I.a ìiihikm-sÌohc ili una bacchetta di veti'O odi metallo, noiiclu'' la cadiila di rraiiiiiienti solidi, determinano spesso la lìircipitaziunc : ma ciò scmhi-a avvcnii'O non \)L'V l'azione materiale dell'uflo, ma piuttosto per (juella dell' aria che sta aderente a (jiiei corpi. Fu infatti provati», da molti spe- rimentatori, che una liacclietta di \etro diviene inattiva quando è stata riscaldata innanzi d'immergerla nella dis- soluzione. Noi pure abbiamo ripetuto il curioso esperimento sia con bacchette, sia con aghi da cucire, i quali appena im- mersi nella soluzione provocavano il precipitar dei cristalli, e restavano inattivi se caldi. Abbiamo anche provato a rac- cogliere la soluzione in un largo tubo il cui fondo era fatto con una membrana di caucciù, e forando coli' ago la mem- brana, subito partivano i cristalli dalla punta. Siffatte espe- rienze hanno molta analogia con quelle classiche del Du- four e del Donn}^ e forse allo stesso modo che si formano le bolle di vapore in presenza dell'aria che sta aderente al corpo che si pone in contatto col liquido soprascaldato, po- tranno anche formarsi i cristalli in quella piccola atmosfera che circonda l'ago o la bacchetta; siffatti fenomeni potreb- bero adunque rientrare nella teorica del Selmi, piuttosto che in quella dell'azione micleare invocata dal Tomlinson. Nei molti esperimenti eseguiti non abbiamo mai ri- scontrato che il semplice urto meccanico sia causa di pre- cipitazione. Infatti, se nel tubo a fondo elastico descritto di sopra, procuriamo di mantener liquida la soluzione di acetato sodico coprendolo con un cappello di vetro, dando dei colpi sulla membrana, con un piccolo martello, non si giunse a farla cristallizzare. — Parimente, se un tubo ana- logo al precedente, ma vuoto, s' immerge in un vaso da precipitati contenente la soluzione, in guisa che la mem- brana rimanga per 2 o 3 centimetri sotto il livello del li- quido, facendo cadere, dentro il tubo, dei pallini di piombo da un'altezza di 25 o 30 centimetri, malgrado che battano {176) [16] con qualche violenza sulla membrana, V urto non deter- mina la precipitazione del sale. L' esperimento dei pallini ci fece pensare che, forse, sarebbe avvenuta la cristallizzazione , se in luogo di far cadere un corpo amorfo il cui urto è innocuo, si fossero fatti cadere dei cristalli della stessa sostanza di quella disciolta ; imperocché la membrana avrebbe dovuto piegarsi sotto l'urto e modellarsi sulle faccie dei cristalli divenendo, in qualche guisa, un corpo isomorfo con quello disciolto nel liquido. L'esperimento venne eseguito e, benché avessimo adoperato una membrana sottilissima, non riuscì. Forse avrebbe avuto luogo la riuscita se avessimo compresso i cristalli sulla membrana ; ma siffatto esperimento pre- sentando il pericolo di qualche lacerazione, si pensò di modificarlo nel modo che ora diremo, e sorti esito feli- cissimo. In un vaso da precipitati, che chiameremo A, alto 17 centimetri e largo 8 V2 (ie dimensioni possono essere va- riate a piacere di chi esperimenta) si filtrò una soluzione concentrata di acetato di soda nel rapporto di 1 d' acqua per 4 di sale, in modo da riempire il vaso fin circa a metà. Ad un tubo di vetro B lungo 14 centimetri e largo 3 Va? si applicò alla bocca una sottilissima membrana di caucciù che stava legata abbastanza alta sulla parete del tubo, e per mezzo di tre appendici metalliche che parti- vano dalla parete, si appoggiò il tubo B sulla bocca del vaso A in modo che l'estremità chiusa dalla membrana si immergesse di qualche centimetro sotto il livello del li- quido, e la legatura emergesse sul detto livello. Ciò fatto si copri il tutto con una campana tubulata, che nel nostro esperimento era alta 26 centimetri e larga 13, e per la tubulatura si passò un imbuto il cui collo discendeva fino alla bocca superiore del tubo B. L' imbuto ha il doppio vantaggio di togliere la diretta comunicazione fra la dis- soluzione e l'ambiente esterno, ed offre il modo di ver- sare nel tubo B quel liquido clie si vuole ; per es. una [17] (777) solii/ioiie idcMilica ;i (|iu'll;i cJk' sl;i nel \ ;iso A. Con iincsic (lispojjizioiii si è cei'ti clic la (lissolu/ionc i-iiiiaiic li(|ui(la anche por ]»iìi ^ioi'iii. Allui%-li(' la (iissolii/.ioiic (lei MINO A dilic [iroso la tein- poi-atura doli' anihioiite, si versò per V iiiihtito una cei'ta (luaiiiità di identica soluzione })ui' ossa alla tenipoi-atura deirami)iente. Di solito la soluzione versata nel tubo 1> rimane liquida per un certo tempo, ed ecco perchè è da preferirsi l' acciaio sodico al solfato il quale facilmente cristallizza, nell' atto che si versa, e si agglomera nel- l'imbuto. Fatto allora cadere un cristallo di acetato di sofia nell'interno del tuho B, ovvero aspettando che cri- stallizzasse il li(iUÌdo rimasto aderente alle pareti dell'im- buto, si vide il moto cristallino propagarsi in basso nel- l'interno di B, e quando la massa dei cristalli giunse alla membrana, si videro, al di fuori, partire in tutte le di- rezioni i cristalli che in breve rappresero in massa la so- luzione contenuta nel vaso A. L'esperimento può, a dir vero, esser reso più semplice, e può eseguirsi, come abbiamo fatto più volte, versando la soluzione di acetato sodico, alla temperatura dell' am- biente, nel vaso da precipitati, e poi immergervi il tubo a fondo elastico, già riempito della stessa soluzione. Ma operando all'aria libera può sempre nascere il dubbio che la precipitazione salina possa esser dovuta a cause diverse ; perciò crediamo che il metodo sopra descritto sia il più acconcio a dimostrare che il moto cr-istallino può propa- garsi fra le due parti di una stessa soluzione, separate da una membrana flessibile ed impermeabile. All'esperimento descritto può farsi una seria obbie- zione : le membrane adoperate erano veramente imper- meabili ai solidi ed ai liquidi ? Trattandosi di un esperi- mento assai delicato, di una qualche importanza nella tìsica molecolare e, per quanto sappiamo, nuovo, non man- cammo di prendere tutte le precauzioni per esser sicuri che la membrana adoperata fosse impermeabile prima del- (778) [18] l'esperiinento, e tale restasse dopo avvenuta la cristallizza- zione. Laonde, per rispondere ai dubbi che potessero essere affacciati, citeremo le seguenti prove. Dopo aver fissata la membrana sul tubo vi si versò dell'acqua per 1' altezza di 10 o 12 centimetri, e tenuta più giorni sotto quella pressione non si vide trapelare al di fuori la più piccola traccia di umidità. Effettuato poscia l'esperimento, prima ancora che tutta la soluzione esterna si fosse precipitata in massa, cavammo il tubo e lo im- mergemmo in una catinella piena d' acqua acciocché il sale vi si sciogliesse lentamente ; poscia avendo bene asciu- gato al sole la parte esteriore della membrana, si riempì d'acqua il tubo e si tenne più giorni sotto pressione senza che nulla trapelasse al di fuori rimanendo la membrana asciuttissima. Ciò provava clie la formazione esterna dei cristalli era avvenuta per moto trasmesso dalla flessibilità della membrana e non per diretta comunicazione. Venezia, Gennaio 1893. L'ASSEDIO DI TORINO DEL 1106 SECONDO LE iMEMOlME DEL TEMPO (i) Nota storica DEL DOTT. E. CALLEGARI L'assedio di Torino del 1706 è senza dubbio uno dei l)iìi splendidi episodi della guerra di successione di Spagna e della storia militare del Piemonte. Tutte le Memorie del tempo sono concordi nell'affer- mare, che pari alla gravità del pericolo fu la grandezza d' animo, V eroismo, lo spirito di abnegazione degli as- sediati. Io ho condotta la mia narrazione sui documenti sin- croni tratti dagli Archivi, specialmente, di Torino, Milano, Venezia, Parigi e pubblicati in gran parte dal Manno nella Miscellanea di Storia italiana ed ho tenuto conto degli studi generali e parziali usciti alla luce qui ed altrove su ([uesto argomento. ^leiitre per differenti ragioni dinastiche mezza Europa scendeva in armi contro la Francia, in Italia molti, in mezzo a tanto strepito di guerra, sonnecchiavano indifferenti o si sbizzarrivano a ridere di questo o di quello con un'aria di (1) L'intera Memoria verrà pubblicata nel fascicolo III di quest'anno della Rivista Storica Italiana. T. IV, S. VII 51 (780) [2] .scetticismo confacente ad un })opolo, che non sperava miglio- ramento politico da (jiialunque parte si fosse volta la vit- toria tinaie, ed esprimeva la propria opinione, prò o contro l'uno 0 l'altro dei combattenti, con certe composizioni, che mostrano di non avere alcuna pretesa letteraria. Fra gli Stati della penisola taluni aderirono alla Francia, altri vollero conservare la propria neutralità. Due soli miravano più alto, il duca di Parma, che, secondo apparisce da se- grete Memorie del tempo, vagheggiava la libertà d'Italia, e il duca di Savoja, che avrebbe voluto sbarrazzar la peni- sola dai Francesi, perchè intendeva che, ove Milano fosse caduta in mano ad essi, il Piemonte avrebbe finito di esi- stere politicamente, come quello che si trovava rinchiuso da una parte e dall'altra fra gli artigli borbonici. Di qui quel suo destreggiarsi fra i due belligeranti, volgendosi prima dalla parte di Luigi XIV, quindi da quella dell' Austria appena s'accorse quanto infida ed umiliante fosse l'alleanza francese. Nel mio studio ho accennato a tutti i principali fatti d' armi compiutisi in Italia prima che Torino fosse stret- ta d' assedio, e a tutte le misure prese da Vittorio Ame- deo per preservare la capitale dei suoi stati dalla rovina di un'occupazione straniera, sia col chiedere la neutralità della Savoja, sia col richiamare ajuti dall' Austria, col domandarne a Venezia, col pori'e sotto le armi persino i disertori e col munire la città di tutte quelle opere di di- fesa, che poteva consigliare l'arte strategica del tempo. Ap- pena i nemici cominciarono a battere vigorosamente la fortezza, Vittorio Amedeo s'accorse che la sua famiglia non era sicura in Torino, poiché i francesi miravano a farla prigioniera, perciò credette opportuno allontanarla dalla città e porla sotto la protezione della repubblica ligure, finché non fosse cessato ogni pericolo in Piemonte. Egli stesso, giudicando che meglio avrebbe potuto aiu- tare il suo popolo portandosi fuori delle mura e stancheg- giando il nemico con finte mosse, era uscito di Torino, e [3] (781) dal la Foiiilladc, elio lo a\e\a iiis(-fi;iiito, ora stato chiuso in coi'tc ^olc ali»iiu\ dalle (piali potò uscir salvo mediante la l'ii^a l'alta, ali* insaputa di tutti, in un luiscosto villa|i-^io alpino, che delf ospitalità concessa all'illustre fuggiasco sei'ba ou^i aucoi'a nicnioria. L'assedio fu (-(uidotto con energia da una parte e dal- Talti-a. uni il la l-'euillade aveva fin da principio sbagliato il l)iaMo di guci-i-a. Vauhan gliel'avea fatto sapere, ma egli avea sci'itto al suo re, che c'e7yi da sia.)- ben più .sicuri con lui, che iialendosi di iiUll quanti gli ingegneri. Sotto le mura della città si combatterono brillanti fazioni di guerra, e al soverchiante numero dei nemici Torino opponeva una indomita resistenza, poiché tutti gli ordini dei cittadini senza distinzione gareggiarono nel far mostra di eroismo, abnegazione e carità di patria. Frequenti sortite militari, lotte accanite sui baluardi, disperate battaglie combattute corpo a corpo sopra o sotto terra con picche, spade e mine tenevano incerto 1' esito della grande lotta ; ma mentre i nomici avevano tutto il necessario per riparare alle per- dite, gli assediati cominciavano a sentir pecunia di varie cose, specie della polvere. V ebbe un momento in cui la città stava per cader nelle mani dei francesi : la salvò l'e- roismo d'un oscuro minatore, il Micca. Fu vergogna del tempo, che un' azione cosi grande e nobile, — perchè compiuta nell'oscurità d'un sotterraneo da un povero contadino, — restasse per tanto tempo sepolta in un' inescusabile dimenticanza ; colpa di tutti e particolar- mente della Corte e dei Capi militari, cui spettava il dovere di appurare la verità del fatto in mezzo alle differenti ver- sioni, che di esso correvano, mentre ancora viveva il su- perstite compagno del Micca. Ma se l'eroismo del minatore d' Andorno avea salvato la città da un grave })ericolo, non l'avea però liberata dal nemico, che ingrossava sempre più, mentre in Torino an- (782) [4] dava as.sottigliandosi il numero di quelli, che erano pre- l)Osti alla sua difesa. Occorreva un grande aiuto, che de- cidesse^ finalmente delle sorti della guerra, e Torino l'ebbe in Eugenio di Savoja. Con una marcia abilissima, e che costituisce una delle più gloriose pagine della sua storia militare, era sceso dalla valle dell'Adige in Italia e, attra- verso una regione tutta seminata di truppe, di campi trin- cerati, di forti e di piazze validamente munite, era abil- mente passato sfuggendo insidie, attacchi, sorprese e riu- scendo in brevissimo tempo a congiungersi con le armi di Vittorio Amedeo, che ansioso l'aspettava poco lungi da Torino. La grande battaglia, che si combattè al 7 Settembre 1706 sotto la mura della città fra gli austro-piemontesi e i francesi, decise delle sorti della guerra in Italia : la for- tuna delle armi borboniche fu completamente annientata ; Torino fu salva e il Piemonte e la Lombardia liberi del tutto dalle armi francesi. Giustamente poteva scrivere il poeta vernacolo : « I Todisch e i Piemontes Spiritos in mezz ai bott, Col pett nud, senza diffes Vaan innanz, se porten sott » Poverett ! Con sta gran bòtta Spenaccia resten i Gai, Con l'esercit tutt in rotta E perdun tutt el bagai. » (') Il trionfo delle armi austro-piemontesi, che fu la più severa lezione inflitta alla tracotanza del De la Feuillade, (1) Cfr. G. De Castro Milano nel settecento giusta le poesie, le ca- ricature e alcune testimonianze dei tempi. Milano, Dumolard 1887, pag. 25. [5] (783) avea talmente accorata e avvilita la Coi-te e la nazione tVancose da far smarrire ad entrambe il senso pi-aticjo nella liinsta estimazione dei fatti. Pareva impossibile, che un così fiorito esercito, i-icco di tutto il necessario per far cadere una piazza ben {ìiìi forte che non fosse stata (pudla di Torino, fosse dovuto fu^-gire rovinosamente dalle sue trincee, lasciando sul campo un generale morto, un altro ferito, e un ingente nu- mero di soldati posti fuor di combattimento; pareva im- possibile, che un' impresa tentata dalla Francia contro lo spregiato Piemonte fosse potuta riuscire a vóto. Non si volle riconoscere che la splendida vittoria fu conseguenza di mal combinati piani militari, di false mosse d'eserciti ; che fu effetto di eroismo, di abnegazione, virtù guerresca degna di essere scritta a caratteri d' oro nella storia d'un popolo. Era troppo ignominioso riconoscere da cause proprie tristi effetti ; la jattanza francese, offesa e tocca sul vivo, non poteva abbassarsi al punto di riconoscere le vere cause della sua sconfitta ; occorreva una vittima, a cui far risalire intera ed odiosa la responsabilità della sventura. Fu detto che il La Feuillade, innamorato di Maria Adelaide, gentile figlia di Vittorio Amedeo e sposa al duca di Borgogna, non avesse voluto condurre vigorosamente l'assedio per non re- car alla Duchessa il dolore di sajìer rovinata dalle armi di Francia la capitale degli stati di suo padre. Questo è falso ; jìarlano conti'O la bassa e ignobile ac- cusa gì' immensi danni arrecati a tutti gli edifici pubblici e })rivati di Torino, a tutti i luoghi consacrati alla pietà ed al culto ; parla il numero delle bombe lanciate, che fu COSI grande da far dire ad un eronista del tempo, che coi rottami di esse raccolti [)er le strade, i soldati ricavarono per conto proprio un utile di otto lire per uno. E quasi questa vittima non fosse bastata, se ne cercò un'altra; e, non rispettando la (buina, si volle entrare nel (784) [6] segreto d'un cuore ingenuo e puro e macchiarlo col velenoso dente d'un' atroce calunnia. Fu detto che Maria Adelaide, che godeva la piena fi- ducia del Gran Re, che l'amava teneramente, e non avea segreti per lei, riferisse di nascosto al padre tutto quello che alla Corte francese si stabiliva per la guerra italica ; fu detto che a questo tradimento debba risalire il disastro dei francesi sotto Torino. Anche questo è falso. Tutti i documenti tratti alla luce su questo argomento dalla Saredo e dal Boselli sono con- cordi nello smentire recisamente la bugiarda insinuazione, mentre attestano che nessun altro ne possa quando che sia uscire alla luce, il quale infermi in qualche modo la recisa testimonianza da loro offerta. Narra l'anonimo autore del Giornale del famoso As- sedio della Real Città di Torino che quando gli assediati seppero dell'arrivo del principe Eugenio sotto le mura della città esultarono, perchè speravano di veder fiaccato 1' or- goglio e r insolenza del De la Feuillade, il cui comando mal volentieri sapevano sopportare. È a lui ed ai suoi capi militari, che bisogna far risa- lire tanta parte della responsabilità del disastro di Torino ; quella leggerezza e presunzione francese, che sdegnava prender sul serio la vigorosa resistenza degli assediati, è venuta meno ai propri doveri, è caduta in errori, in man- canze, dei quali ha saputo trarre largo partito il nemico. Il quale potè col proprio valore e fermezza fiaccare d'un tratto la potenza borbonica in Italia e influire grande- mente e far piegare dalla parte dei confederati la vittoria finale, che pose un freno alla smodata e minacciante pre- potenza della P'rancia a danno degli altri stati d'Europa. RELAZIONE FR/ LA TEMPERylTURA DI GELO E QUELLA DEL MASSIMO DI DENSITÀ DELL'ACQUA CHE GOltTTIEiTE DISGIOXjTI IDEI SALI Ricerche sperimentali DEI DOTTORI SILVIO LUSSANAe (HOVA.XM TOZZOLA (i) 1/ anomalia che presenta V acqua verso i 4° C. diede origine a lunghe discussioni, specialmente per la relazione che vi potrebbe essere fra la variazione della sua densità e quella del calore specifico intorno a quel punto. — Se, come venne dai più sostenuto, la vaiMazione di densità che qui si osserva è dovuta ad un cangiamento nella struttura molecolare, è naturale il pensare che anche qui si presen- tino gli stessi fatti che si osservano ogniqualvolta si incon- trano di tali modificazioni nella struttura dei corpi. Fu questa l' idea che ci guidò nel presente lavoro. (ria da molti fu studiata la temperatura alla ([uale r acqua o le soluzioni acquose presentano la massima den- sità. Cosi si trovano p. es. i lavori di Despretz, C'oppet e Rossetti i di cui risultati potremo discutere in seguito. Noi ci siamo daj)prima preoccu})ati di studiare la tempe- ratura del massimo di densità dell' acqua distillata con ogni cura, e quindi di alcune soluzioni saline. (1) Questo lavoro fu eseguito nel Laboratorio dell' Istituto fisico della R. Università di Padova diretto dal prof. Angelo Battelli. (786) [2] Il metodo da noi usato fu quello del dilatometro. Ave- vamo a nostra disposizione sette dilatometri di Geissler di cui abbiamo studiato con cura il coefficiente di dilatazione. Questi dilatometri vennero perciò riempiti nel vuoto, sotto la campana di una macchina pneumatica, con mercurio preventivamente distillato e bollito, cercando di espellere ogni bolla d' aria : la superficie speculare presentata dal mercurio nel bulbo ci garantiva della buona riuscita della operazione. A questo modo abbiamo evitato l'inconveniente di far bollire il mercurio nel dilatometro, il che, come si sa, produce delle variazioni nella capacità. Il coefficiente di dilatazione venne determinato a più riprese fra le tem- perature di 0° e 10° C. circa. Pei diversi dilatometri esso era compreso fra 0,000022025 e 0,000028134. I cannelli dei dilatometri erano divisi in millimetri per una lunghezza di 10*"° ed avevano un diametro interno di circa 1 mm. Per calibrarli abbiamo riempito ciascun strumento con mercurio in modo che questo arrivasse fin verso la divisione 100, e poi li abbiamo mantenuti a temperatura costante, una volta ponendoli nel ghiaccio fondente, ed una seconda volta in un bagno d' acqua, di continuo agitata, alla temperatura ambiente. Questa tem- peratura ci era data da un termometro Baudin da 0° a 40° C. diviso in decimi posto nello stesso bagno. Estra- endo successivamente delle piccole quantità di mercurio si leggeva con un cannocchiale la divisione alla quale arri- vava il liquido rimasto, e nello stesso tempo si leggeva la temperatura segnata dal termometro. Del mercurio levato si determinava il peso con una piccola bilancia di Rue- precht. Da questi dati abbiamo potuto dedurre la capacità dei singoli tratti del cannello vuotati di volta in volta. — Questi volumi, ridotti alla temperatura di 4° C, ci servi- rono per costruire una curva per ciascun dilatometro. In queste curve, la cui origine era posta al })rincipio della graduazione, un millimetro nelle ascisse con'is})ondeva ad (li ili\isioMe (lei cannello; menli-e un milliinetro nello ordinate coiTispondeva ad j-rr di niillinicti'o cubico. I volumi dei bulbi a 0°, che variavano pei diversi di- latometri da 30 a 32 ce, si dedussei-o dal i)eso del mer- cui'io che li riempiva fatta la correzione per la spinta del- l'aria. Queste capacità, insieme ai coefficienti di dilatazione ed alle curve di graduazione dei cannelli, servivano a darci i volumi del liquido contenuto nei dilatometri alle diverse temperature a cui venne portato. Queste ricerche vennero eseguite in un ambiente la cui temperatura nel periodo delle esperienze variò da circa 2° a 5° C. I dilatometri venivano posti in un vaso della capacità di circa 40 litri, riempito d' acqua che si teneva continuamente agitata. Due termometri Baudin di- visi in cinquantesimi di grado servivano a darci la tem- peratura del bagno. Le letture vennero eseguite con un cannocchiale a piccola distanza focale. L' ingrandimento di quest' ultimo era tale che permetteva di leggere con sicurezza i centesimi delle divisioni sul dilatometro, ed i millesimi di grado sui termometri. Il riempimento dei dila- tometri si fece introducendovi un lungo e sottile cannello di vetro che penetrava nel bulbo, e quindi versando il liquido nel biccliierino superiore del dilatometro. Prima di venire l'iempiti i dilatometri furono lavati con acqua distillata e (luindi rii)etutamente sciacquati con la soluzione che do- veva essere studiata. I dilatometri che servirono per le esperienze sull' acqua distillata furono riempiti nel vuoto. L' aciiua di cui ablìiamo fatto uso la ottenemmo con i'il)etute distillazioni : saggiata poi coi diversi reattivi in- dicati dalla chimica non ci presentò traccia alcuna di im- jìurità. Fin da principio ne abbiamo preparata una quantità sufficiente per tutte le esperienze da eseguirsi. I sali usati erano in pai-te forniti dal Trommschjrff ed in jiarto dal Kahlbaum. La maggior parte di essi furono cristallizzati (788) [4] nuovamente prima di essere adoperati. Avvertiamo tìii d'oi-a che nei calcoli eseguiti abbiamo ridotto il peso dei sali a quello che sarebbe se i sali stessi fossero anidri. Per ciascuna soluzione studiata abbiamo determinato il volume neir intervallo di circa due gradi attorno alla tem- peratura del massimo di densità, procedendo possibilmente di decimo in decimo di grado : tra due successive determi- nazioni si lasciava decorrere almeno un quarto d' ora du- rante il qual tempo la temperatura si manteneva costante e r acqua era agitata. Per ciascun dilatometro si fecero almeno due serie di osservazioni. Si trovavano contempo- raneamente nel bagno parecchi dilatometri con diverse so- luzioni prese in modo da avere il massimo di densità presso a poco alla stessa temperatura : si incominciava dal leggere i termometri, quindi rilevate le posizioni dei liquidi nei cannelli si ripeteva la lettura dei termometri. Nei pochi casi nei quali le due letture furono differenti, prendevamo la media se differivano meno di tre o quattro millesimi di gra- do, altrimenti si scartavano le osservazioni corrispondenti. Come temperatura dei dilatometri si assunse la media di quelle lette sui due termometri : queste si trovavano in sufficiente accordo, salendo la loro differenza a pochi mil- lesimi di grado. La temperatura del massimo la deducemmo dalla costruzione grafica dei volumi osservati alle diverse temperature. Per dare un'idea dell'attendibilità dei nostri risultati riferiamo qui sotto due serie di osservazioni, limitandoci a quelle vicine al massimo di densità. Crediamo inutile riferire tutte le altre bastando pel nostro scopo di riportare la temperatura del massimo e la densità a questa tem- pei'atura. La prima tabella si riferisce ad una soluzione acquosa di nitrato di piombo. La quantità di sale contenuta nella soluzione è di gr. 5.1603 su 100 gr. d'acqua. Il peso della soluzione contenuta nel dilatometro è di gr. 131,7769. ui ^)' ai ; > ) i i '. U i ;3Q>vi,i-L ^l) lUi qiiili \onnero eseguite le osservazioni, la seconda il volume in CUI. 3 (y) occupato dalla soluzione a ((uella tenipei-atui-a, la terza dà la densità (d) : Tabella 1. t r <ì / '^ d — 1°490 30'°'^4I240 1.044846 1J15 30"°!41174 1.044894 — 1 .350 41232 861 1 .325 41 170 896 - 1 .315 41228 878 1.405 41184 895 -0.912 41189 880 1 .523 41193 892 - 0 .748 41191 878 1.542 41184 884 -0.514 41182 886 1.723 41207 883 + 0 .308 41165 883 1.753 41199 884 0.330 41157 886 1.756 41205 870 0.574 41154 888 2.237 41254 869 0.585 41160 889 2.438 41299 866 0 .766 41158 895 La seconda tabella presenta le osservazioni eseguite su una soluzione acquosa di nitrato di sodio. In 100 gr. di acqua vi erano gr. 0,5414 di sale. Il peso della soluzione contenuta nel dilatometro è di gr. 32.6842. Le diverse co- lonne hanno lo stesso significato che nella precedente. (790) P] Tabella II. t 7' d t V d 2°. 2 16 cm3 32 .55742 1.003894 0 3.230 cm3 32 .55721 1.003901 2.412 55733 897 3.337 55725 899 2.651 55729 898 3.391 55729 898 2.666 55725 899 3.441 55729 898 2.854 55717 902 3.460 55731 897 3.003 55716 902 3.549 55734 897 3.062 55715 903 3 .559 55735 ■ 896 3.109 55719 901 3.698 55747 893 3.127 55721 901 Come si vede da queste tabelle la temperatura del massimo è abbastanza bene determinata, di modo che pos- siamo con sicurezza fissarla entro il centesimo di grado." Per l'acqua da noi usata abbiamo determinato la tempe- ratura del massimo di densità con tre differenti dilatometri ed abbiamo creduto di poterla fissare a 4°,15 ; questa tem- peratura è molto prossima a quella data dal Rossetti di 4°,12. Ed ora diamo senz' altro i risultati ottenuti colle di- verse soluzioni da noi studiate. Nella tabella qui sotto la prima colonna indica il sale disciolto ; la seconda dà il nu- mero di grammi (M) del sale anidro disciolto in 100 gr. di acqua: la terza dà la temperatura {l) del massimo di den- sità; la quarta dà il valore della densità {(ì) a questa tem- peratura. Ul (791) Tarella hi. M ( d Ha (NOg).. gr. •ò ,3365 0°52 1.028029 » 0 ,8403 3,34 007223 » 0,4189 3,68 003699 KNO, 1 ,2942 2,06 008535 » 0 ,6404 3,08 004504 » 0,1640 3,94 000874 Pb (N0,)2 5,1603 0,42 044894 » 1 ,2873 3,24 011163 » 0 ,6457 3,72 005878 » . 0,3243 3,90 002119 Na NO. 1 ,0868 1,86 007493 » 0,5414 3,00 003901 » 0.2717 3,66 001709 » 0,1391 3,94 000366 Si- (NO,). 2 ,6981 0,20 022551 » 0 ,6766 3 ,22 005430 » 0 ,3374 3,67 002794 Pt Cl^ 1 ,2900 3,50 007816 Co CI, 0 ,5526 3,28 004951 » 0 ,2777 3,90 002366 Ni CI-. 0 ,5537 3,54 005099 » 0 ,2783 3,80 002223 Cd Bfg 0 ,8460 3,30 — Srio 0 ,8798 3,40 — Il Cd I (NH^) 1 ,9626 3,54 — Il primo fatto che risulta dalla precedente tabella si è 3ho la temperatura del massimo di densità nelle soluzioni (792) [8] è più bassa che nell'acqua pura, e che va tanto più abbas- sandosi quanto maggiore è la concentrazione. Questo fatto era già stato constatato da diversi altri autori. Cosi il De- spretz, (^) prendendo 4° C. come temperatura del massimo di densità dell'acqua distillata, dà i seguenti risultati. Tabella IV. ^I t M t ClNa i'a3 16°.00 Ko SO4 3^71 2°.28 » 3.71 _ 4.75 » 2.48 — 0.11 » 2.48 — 1.G9 » 1.24 + 1.91 » 1 24 + 1.19 » 0.62 + 2.92 CaClj 7.43 — 10.43 Nao SO4 7.43 — 12 .25 » 3.71 — 2.43 » 3.71 — 4.32 » 2.48 + 0.06 » 2.48 — 1 .51 » 1.24 4- 2.05 » 1.24 + 1.15 » 0.G2 + 3.24 » 0.62 -1- 2.52 KgCO, 7.43 — 12.41 Na. CO3 7.43 — 17.30 » 3.71 — 3.95 » 3.71 — 7.01 CUSO4 11.62 — 6.00 KHO 7.43 — 15.92 » 5.81 — 0.62 » 3.71 — 5.64 K,SO, 7.43 - 8.37 L'Erman {^) ed il Karsten (3) danno ciascuno una for- mula differente che esprime la temperatura del massimo di densità di soluzioni di cloruro di sodio in funzione della (1) Ann. de Chimie et de Phijs. T. LXX, 1839. (2) Pogg. Ann. XII, 463 ; XLI, 72. (3) C. J. B. Karsten's, Archiv. XIX. 1 ; Fortsch. d. Phys. P, 43. 1845. [9] (7i):\) (luantità di ({uesto sale contenuto nelle soluzioni. Queste formule ricavate, la prima da una formula analoga che dà la densità delle soluzioni di cloruro di sodio in funzione della temperatura e della quantità di sale, e la seconda calcolata dai dati sperimentali, quantunque non siano fra loro concordanti, pure mostrano evidentemente 1' abbassa- mento della temperatura del massimo di densità dell'acqua, e l'aumento di tale abbassamento coli' aumento della con- centrazione. Il Rossetti in due lavori (*) studiò pure la temperatura del massimo di densità nelle soluzioni saline ed in (|uelle alcooliche trovando i seguenti risultati : Tabella Y. G ramini di sale su 100 gr. di soluz. t Grammi di alcool su 100 gr. di soluz. ( ClNa tò + /,o Alcool 5^85 0 +3,17 » l -t- 1,77 » 7,80 -fi ,82 » 2 - 0 ,58 » 9,75 -0,19 » 3 — 3,24 » 14,625 -8,48 » 4 - 5,63 » 6 -11 ,07 » 7 — 13,69 8 -16,62 Il Folgheraiter (-) eseguisce delle esperienze sulle so- luzioni di acido gallico e salicilico : i valori da lui otte- nuti si trovano nella seguente (i) Atti del R. Ist. Ven. 3.* .serie, voi. 13 e voi. i5. (2) Xiwi-o Cim. 27, p. 5-21, 1881. (ÌM) [10] Tabella VI. P- Vo t P-Vo t Acido gallico » 0,774 1,000 1,297 3 "43 3,23 2,98 Acido salicilico 0f345 0,485 3:61 3,54 Finalmente il Coppet (*), raccogliendo più che altro le osservazioni dei diversi autori, trova che le sostanze stu- diate fin qui possono dividersi in tre gruppi avuto ri- guardo al rapporto fra 1' abbassamento della temperatura del massimo di densità e quello della temperatura di gelo. In questi tre gruppi i valori di questo rapporto stanno fra loro sensibilmente come 1:2:3. Fondandosi poi su ri- cerche da lui eseguite, ma che non riporta perchè ancora incomplete, e su quelle di Despretz, conchiude che « le so- stanze di costituzione simile (e qualche volta le sostanze di natura molto differente) hanno sensibilmente lo stesso abbassamento molecolare della temperatura del massimo di densità. » Da ricerche eseguite sulle soluzioni alcooliche deduce che l'abbassamento della temperatura del massimo di den- sità non è niente affatto proporzionale alla quantità di al- cool disciolto. Per deboli soluzioni non vi ha abbassamento, ma al contrario aumento della temperatura del massimo di densità. Quest' ultima conclusione sarebbe convalidata, secondo il Coppet, anche dal Rossetti ; osserviamo però che (1) Ann. de Chimie et de Phys. 4.« sèrie, t. XXV et XXVI, 1871, 1872; C. R. t. CXV, 606, 652. [11] (705) la toinperatiira di 4°. 12 C. che il (Joppet atti-ibiii.sco nelle esperienze del Rossetti al massimo di densità di una so- luzione alcoolica contenente 0,09 gr. di alcool su 100 j^i-aiiimi di ac(|ua, è in realtà la temperatura che il Kos- setti assume come temperatura del massimo di densità del- l'acqua distillata. Anzi il Rossetti stesso accenna a deter- minazioni eseguite su una soluzione alcoolica conteuente 1,055 '^v. di alcool su 100 '^v. di soluzione che è la più diluita da lui cimentata : [ler (juesta egli dice che la tem- peratura d(d massimo di densità è nujlto prossima a quella dell'acciua pura, ma non parla affatto di un massimo di densità supei'iore a ({uello dell'acqua. Aggiungi poi che le ultime conclusioni del Coppet perdono in gran pai'te del loro valore, specialmente per soluzioni diluite, avendo egli assunto provvisorimnente come ^temperatura del massimo di densità dell'acqua distillata 4° C. Avremmo avuto inten- zione di esaminare con cura sperimentalmente la questione, ma essendosi nel frattempo innalzata la temperatura esterna non ci parve conveniente continuare queste ricerche, po- tendo andare incontro a cause di errore troppo gravi. I risultati delle nostre esperienze ci possono guidare ad ulteriori conclusioni. Si sa che il van"t Hoff appoggian- dosi ai principi della termodinamica stabili una relazione mediante la quale si può calcolare la temperatura (T^) a cui si solidifica una soluzione, dalla temperatura (T) asso- luta di gelo dell' acqua, dal peso molecolare (M) delle so- stanze disciolte, dal calore di fusione (C) del ghiaccio, dal peso (p) delle sostanze disciolte nel peso P d'acqua. Questa relazione è espressa dalla formula : 2T2p ^ ^ ^ PMC La stessa formula si può applicare al caso in cui il cangiamento di struttura molecolare in luogo d'essere do- vuto al passaggio dallo stato solido al liquido è determi- T. IV, S. YII 52 (796) [12] nato dal cangiamento nel sistema cristallino delle particelle che costituiscono il corpo (i). In quest'ultimo caso il calore di fusione deve essere sostituito dal calore di trasformazione. Non è quindi improbabile che, se l'anomalia presentata dall'acqua intorno a 4° C. è dovuta ad un cangiamento di struttura, si possa applicare questa formula anche all'ab- bassamento del massimo di densità dell'acqua per V introdu- zione di sostanze estranee. Ed anzi se realmente questa formula è applicabile dovremo conchiudere che il fenomeno in questione è di natura molecolare. Del resto l'esistenza di un cangiamento di struttura nell' acqua in prossimità di 4° C. sarebbe stata constatata anche dal H. M. Vernon {^). Questo autore osservò che a partire da 16° C. circa la curva che rappresenta la velocità con cui una massa d'acqua si raffredda, si allontana un poco da quella normale, accennando ad uno sviluppo di calore. La divergenza sa- rebbe massima verso i 4° C. ; al di sotto di questa tempera- tura le due curve vanno sempre più ravvicinandosi. Anche il Regnault (3) accenna ad esperienze di simil genere fatte allo stesso scopo, con le quali non potè sicuramente stabilire se vi sia o meno uno sviluppo di calore intorno a 4° C. Di più il fatto accertato ultimamente da Bartoli e Stracciati (^) che il calore specifico dell'acqua diminuisce da 0° a 20° C. circa per poi andare normalmente aumentando, porta a cre- dere che almeno in quell'intervallo la quantità di calore che si deve somministrare all'acqua per variare la sua tem- peratura sia in parte assorbita da una modificazione mole- colare. In seguito a tali considerazioni abbiamo voluto veri- ficare fino a qual punto la formula data dal van't Hoff sia applicabile al nostro caso. (1) Atti del R. Ist. Veri. Yll^ serie, t. II, (2) Phil. Mag. (5) 31, 387. 1891. (3) C. R. 70, 664. 1870. (4) Nuovo Cim. (3) XXXII, 19. 1892. [VA-] (797) li.i verifica iioii j)()toii(l(» (\ss(m-c latta dii-ettamcnte l>('rclu'' iioii ('• nolo il \aloi'i' di (\ alìhiaiuo itivcc^c intro- dotto nella formula i valoi'i di A ossei-vati ; i valori di C da e.ssa dedotti avrebbero dovuto essere costanti. Otteneiu- ino in realtà i valori segnati nella colonna terza della Tabella VII. N O M E M (; ; e N ( ) M K M C C i-ìa(N0,)2 3^3365 5,4 11,9 CaCl2 (') 7,43 7,1 » 0,8403 5,2 12,7 » » 3,71 7,9 » 0,4189 ^2 13,4 » » 2,48 8,5 Pb(N(),)2 0,1603 6,4 » » 1,24 8,4 » 1,2873 6,6 » » 0,62 10,0 » 0,6457 7,0 Ka CO3 » 7,43 5,0 15,2 » 0,3243 6,0 » » 3,71 5,1 16,C Sr(N(),), 2,6981 5,0 CUSO4 » 7,42 6,8 9,6 » 0,6760 5,3 » » 3,71 7,4 10,8 » 0,3374 5,1 K.. SO,, » 7,43 5,3 12,9 KNO3 1,2942 9,4 17,0 » » 3,71 5,1 13,0 » 0,6404 9,1 16,7 » 2,48 5,2 13,5 » 0,1640 11,9 22,7 » » 1,24 5,0 13,4 NaN03 1,0868 8,6 15,7 » » 0,62 4,6 12,8 » 0,5414 8,5 15,9 Na, SO, » 7,43 4,9 11,8 » 0,2717 10,0 19,0 » » 3,71 4,8 11,9 » 0,1391 12,0 23,0 » » 2,48 4,8 12.2 PtCl4 1,2900 9,1 » » 1,24 4,5 12,1 C0CI2 0,5526 8,2 » » 0,62 4,2 11,6 » 0,2777 13,2 Nao CO., » 7.43 5,0 14,7 MCU 0,5537 10,7 » » 3,71 4,8 14,9 » 0,2783 9,4 KHO » 7,43 10,2 (37,1) » » 3,71 10,4 (38,8) (1) Determinazioni di Despretz. (798) [14] Nome M C C Nome M c C CdBr2 0^8460 6,1 ClNa (') 8,70 11,0 18,2 Srl2 0,8794 5,3 » » 6,38 11,1 18,6 Cdl2 (NH4)I 1,9683 9,7 » » » 4,17 3,09 11,3 11,1 19,4 19,4 » » 2,04 11,5 20,5 ' » » 1,01 0,50 11,5 12,3 21,0 22,8 Da questa tabella si vede che i valori di C variano entro limiti molto larghi, di modo che non è possibile am- metterne r uguaglianza. Però se si fa uno stesso calcolo anche per gli abbassamenti della temperatura di gelo, non si ottengono, come si sa, per C dei valori costanti. Per spiegare queste divergenze della teoria col calcolo, l' Ar- renius introdusse, con successo, nella formula di van't Hoff il coefficiente di dissociazione ; definendolo come il numero di ioni che in una data soluzione sono attivi. Tale coeffi- ciente, secondo Arrenius, si può esprimere con i=\-{- {K—l) i TIP. CARLO FERRARI ^'^\ 1892-93 Pubbl. il 27 Maggio 1893 N D I e E Atto verbale dell' Adunanza ordinaria del giorno 23 aprile 1893 pae-. 805 Lavori letti per la pubblicazione negli Atti G. Canestrini, m. e. — f^a malattia dominante delle an- guille. Ricerche batteriologiche . . . pag. 809 A. Tamassia, m. e. — Sul centro d'ossificazione dell'epifisi inferiore del femore, dell' astragalo e del cal- cagno. Contribuzione . . . . . . » 815 A. Faa'aro, m. e. — Intorno ad una nuova effemeride di Bibliografia matematica , pubblicata sotto gli auspicii della Società matematica di Amster- dam. Relazione » 829 C. F. Ferraris, s. c. — Statistica degli inscritti nelle Università e negli altri Istituti d' istruzione superiore. Nota ,......» 839 F. Cipolla, s. c. — Il beccofrusone nel territorio veronese » 845 A. Abetti. — Osservazioni di comete e di pianetini, fatte coir equatoriale Dembowski a Padova dal feb- braio'1891 al marzo 1892 » 847 P. F. Castellino. — Contributo allo studio della fagocitosi » 875 Detto — Contributo allo studio della coagu- lazione ......... 923 Elenco dei libri e delle opere periodiche pervenute al R. Istituto nel maggio 1893 » rxxxv ANNO 1892-93 DISPENSA VI. ADUNANZA ORDINARIA IDEXj G-IORìTO 23 -^FRILE 1893 PRESIDENZA DEL SENATORE D/ COMM. ANOELO MINICH VICEPRESIDENTE Sono presenti i membri effettivi : Fambri, segretario, Ber- CHET, vicesegretario, Lampertico, Pirona, De Leva, LORENZONI, TrOIS, CANESTRINI, E. BERNARDI, J. BER- NARDI, Favaro, Saccardo, De Giovanni, Omboni, Bel- LATi, Keller, Deodati, Bonatelli, F. Stefani, Spiga, Teza, Morsolin, Martini, Tamassia, Veronese ; nonché i soci corrispondenti : Chicchi, Occioni-Bonaffons, Cassani, Galanti, Bertolini, Mazzoni, A. Stefani, e G. B. De Toni. Sono giustificati gli assenti membri effettivi : De Betta, presidente, Rossi, Gloria ; ed il socio corrispondente Ferraris. Assunta la presidenza dal vicepresidente Minicli, per indisposizione del presidente De Betta, letto ed approvato r atto verbale della precedente adunanza, e data comuni- cazione dell'elenco dei libri ed opuscoli pervenuti in dono e delle opere acquistate dopo l'adunanza del passato marzo, il vicepresidente diede lettura del seguente indirizzo inviato al Ministro della Real Casa in occasione delle Nozze d'ar- gento delle Loro Maestà : T. TV, S. Vlf 54 suo « Eccellenza » Il Reale Istituto veneto di .scienze, lettere ed arti, » nell'auspicatissima circostanza delle Nozze d' argento dei » Reali d'Italia, prega la Eccellenza Vostra di voler pre- » sentare l'omaggio della sua fedele devozione e dei suoi » fervidi auguri alle Loro Maestà, le quali personificando » nella più pura espressione la grandezza e 1' unità della » patria, e tutelandone i destini, raccolgono la gratitudine » e l'amore di tutti gli italiani. > L'Istituto unanime ringraziò la presidenza d'aver in- terpretato i suoi voti. Il ra. e. Keller presentò quindi il Rapporto della Com- missione eletta dal R. Istituto per l' iniziativa da prendersi onde scongiurare i pericoli della Diapsis Pentagona, e l'Isti- tuto unanime, approvando le conclusioni della Commissione, deliberò di far pubblicare nei suoi Atti e diffondere le norme a seguirsi, per preservare i gelsi da tale flagello. Dopo di ciò vennero presentati e letti i seguenti la- vori : Dal m. e. Tmnassia — Ricerche su alcune condizioni fisiche del funìcolo omhellicale. Dal m. e. Fambrì — Intormo alla possibilità ed utilità del tradurre le eccellenti opere d' arte e in particolare intorno ad una recente traduzione del boemo in italiano. Considerazioni. Dal m. e. Canestrini — La malattia delle anguille. Studio batteriologico. Dal s. e. Ferraris — Statistica della frequenza sco- lastica nelle Università e negli Istituti d'istruzione supe- 7nore in Italia. Dal s. e. Ciptolla — // beccofrusone nel territorio ve- ronese. Dal s. e. Cassani la Memoria del dott. R. d'Emilio — so? Sul leorema di Chnraut reladro alle geodeliche di yna fiupcr/irie di ì-ivoluzionc. Il 111. e. De GioDamii presentò in omaggio jìarecclii la- vori del Doti. Uobei'to Massalongo tlirettoi-e dell' Ospedale civile di \'oi*ona, accompagnandoli colle seguenti parole : <-< I lavori del Dott. Massalongo sono numerosi e puossi » dii'e accreditati in Italia e fuori, e troppo mi dilungherei » se volessi di ognuno fare menzione e dimostrare il va- » lore. Da ciò mi trattiene anche un certo sentimento di » modestia, lìerchè il Dott. Massalongo è uno dei miei al- » lievi iiiù laboriosi e deferente alla scuola alla quale fu » educato. Mi limiterò a segnalare il volume che tratta » della patologia della pneumonite, dove discorre con molta » dottrina, tanto la eziologia, quanto la sintomatologia, dove » porta il contributo di estesa osservazione scientifica. Ac- » cennerò sommariamente a suoi molteplici lavori di nevr(j- » patologia, nei quali si dimostra passionato quanto intel- » ligente cultore della specialità, si che all' estero i suoi » studi sono meritamente ricordati ed a Parigi valsero all'A. » particolare distinzione, essendo stato incaricato di riferire » so})ra un giornale di specialità, che stampasi sotto la di- » rezione di Brissaud, intorno a tutti i lavori italiani. Non » dubito di asserire, che 1' egregio Dott. Massalongo per ■» V ingegno, per 1' amore alle cose scientifiche e la rara » operosità onora se stesso e la regione veneta cui special- » mente riguarda il nostro Istituto. » Il m. e. vicesegretario Berchet presentò in omaggio all'Istituto, un lavoro della signora Ella de Schoultz-Ada- iewski col titolo : Chaiison et airs de danse populaires, prècèdés de textes, recueillis dans la vallèe de Rèsie, pub- blicato a Pietroburgo. L' Istituto si è quindi raccolto in adunanza segreta, nella quale, oltre alla trattazione di vari affari posti al- l' ordine del giorno, vennero eletti a soci corrispondenti delle provincia venete i signori : Prof. Cav. Carlo Castellani, Prefetto della Biblioteca Nazionale di Venezia. Cav. Antonio AheLli, Astronomo aggiunto al R. Os- servatorio di Padova. D.'" Cav. Raffaello Nasini, professore di chimica ge- nerale nella R. Università di Padova. D.^ Pietro Ragnisco, professore di filosofia morale nella suddetta Università. LA MALATTIA DOMINANTE DELLE /NGUILLE Ricerche batteriologiche DEL M. E. GIOVANNI CANESTRINI Nel febbraio p. p. ebbi dall'Amministrazione delle Valli di Comaccliio alcune anguille malate, pescate nel Campo Mezzano, dalle quali isolai, col concorso del mio assistente dott. Giacomo Catterina, un bacillo, intorno al quale diedi qualche cenno nell'adunanza di questo Istituto del 26 feb- braio p. p., riservandomi di studiarlo in seguito da vicino e di riferire. Sciolgo oggi la mia promessa. L' isolamento del bacillo si può ottenere da materiale tratto dal fegato delle anguille malate od appena morte, ricorrendo al solito metodo delle piastre. I Caratteri del Bacillus anguillarum. Il bacillo è lungo in media \i. 2,4, largo [x. 1,0 ; le sue (liiiiensioni sono peraltro alquanto variabili, massime la lunghezza che in alcuni casi non sorpassa i |x. 1,.5. Gli e- lementi sono isolati od uniti a due, raramente in numero maggiore. 11 bacillo è rotondato alle sue estremità e molto mobile, scioglie la gelatina ed in essa si sviluppa in nui- (SIO) [2] niera simile allo s})irillo colerigeno; nelle colture vecchie si forma un deposito roseo. Sulle patate dà luogo a co- lonie granulari di colore roseo pallido, nelle quali, dopo alcuni giorni, i bacilli si vedono incapsulati sia singolar- mente, sia a due in una medesima capsula. Neil' agar si sviluppa formando uno strato bianco-giallastro. E aerobio squisito. Si colora col metodo di Gram. Si colora ancora colla soluzione alcoolica di fucsina, ma quando è cresciuto sulle patate ed ha l'età di circa dodici giorni, ed è quindi incapsulato, non si colora che a stento ed imperfettamente colla semplice fucsina, ma bensì col liquido di Ziehl a caldo. Si sviluppa bene alla temperatura di circa \6^ C, meno bene ad alta temperatura, a. e. di 35° C. Esposto, non incapsulato, alla temperatura di 55° C. per trenta minuti, muore, e tanto più a temperature più alte. Se si prendono 10 ccm. di gelatina peptonizzata e vi si aggiungono 4 goccio di sublimato corrosivo all' 1 per mille, lo sviluppo delle colonie in tale substrato avviene egualmente, e la stessa cosa succede se la soluzione del sublimato è al 5 per mille, per cui il sublimato all' 1 per 10,000 non arresta lo sviluppo del bacillo ; se in 10 ccm. di gelatina si mettono 2 goccie di acido fenico puro, si ha un substrato in cui il bacillo muore. Se si mette in 5 ccm. di gelatina un grammo di cloruro di sodio, lo sviluppo av- viene rapidamente. Neil' acqua distillata e sterilizzata lo trovai vivo ed atto a riprodursi dopo 2, 4, 12 e 20 giorni, ma mostra statura alquanto minore, ciò che accenna a svi- luppo stentato. E patogeno per alcuni pesci ed antibi, ira i primi par- ticolarmente per le anguille. La malattia in queste si ma- nifesta con chiazze emorragiche alla cute, con forte arros- samento delle pinne, specialmente dell'anale e delle petto- rali e talvolta coU'apparsa di ulceri cutanee al lato ven- trale, sui fianchi e più raramente al dorso. Sono incerto se sia sporificante. In alcune culture vidi P] (811) dei bacilli che contenevano corpuscoli ovoidi splendenti e simili a spoi'o, i (|uali, por di più, rimasero incolori nelle solite soluzioni coloranti ; ma la debole resistenza di questo bacillo alle alte temperature im})one una certa riserva nel pronunziare un giudizio in proposito. Patogeneìtà. Li 2^} febbraio a. e. s' inocula un coniglio sotto cute nella regione infrascapolare con materiale tolto dal fegato di una anguilla morta della malattia suddescritta ; li 26 febbraio questo coniglio sta bene e s' inocula nuovamente nello stesso modo. Nei giorni successivi il coniglio continua a star bene e se ne abbandona 1' osservazione. Eguali ri- sultati si ebbero da simili sperimenti fatti su una cavia e dall' iniezione di coltura pura del bacillo nella cavità ad- dominale di un altro coniglio, e di un topo bianco. Nem- meno r iniezione di coltura pura in una vena auricolare di coniglio diede risultato differente. Nello stesso giorno 25 febbraio s' inocula sotto cute un'anguilla sana (Aj) con coltura pura di B. anguillarum\ quest'anguilla li 10 marzo ha nella regione, dove fu ino- culata, una piccola ulcera, e tutta la pinna anale forte- mente arrossata. Essa muore li 22 marzo dopo che l'ulcera suddetta si era notevolmente ingi-andita. Li 10 marzo si prendono due anguille (A-2 e A3). L'an- guilla A-2 s' infetta nella cavità addominale con coltura cre- sciuta su patata, ad A3 si fa un'iniezione ipodermica della medesima coltura in brodo al fianco sinistro. Li 12 marzo l'anguilla A2 ha chiazze emorragiche cutanee al lato ven- trale ed in minor numero al lato dorsale, e la pinna anale arrossata ; 1' anguilla A3 presenta analoghi fenomeni, nu^ meno decisi. Ambedue le anguille muoiono li 22 marzo. Li 1.'} marzo s'infettano due rane (Hi e R-2) nella ca- (812) [4] vita addominale con coltura avuta su patate ; la rana Ri muore il 15 marzo di mattina, la rana R^ lo stesso giorno di sera. Li 15 marzo s' infettano nello stesso modo altre due rane (R3 e R4) con materiale tolto dal cuore di anguilla malata. R3 muore li 17 marzo, R4 nello stesso giorno è morente e viene uccisa per 1' esame batteriologico dei visceri. Li 17 marzo s' inoculano in cavità due anguille (A4 e A3), la prima con brodo infettato da coltura cresciuta su patata, la seconda con brodo sterile. L'anguilla A4 muore li 21 marzo, mentre l'anguilla A5 si conserva sana e dopo parecchi giorni riesce a fuggire dalla cassa che conteneva acqua e perisce asfissiata sul pavimento della sala. Dal fe- gato dell'anguilla A4 si prese del materiale e si fecero in- nesti in gelatina e vi si sviluppò il B. anguillarum, ossia un bacillo che aveva tutti i caratteri che più sopra furono attribuiti a questa specie. Li 24 marzo s' inoculano un anguilla Aq con 1 ceni, di brodo infetto in cavità, A7 » 1 » y> sterile » Ad As si fa un semplice taglio al fianco destro, A9 si lascia intatta. L'anguilla Aq muore li 29 marzo, le altre continuano a stare bene. Li 25 marzo si fanno le seguenti inoculazioni : a tre tritoni (Ti, T»2, T3) di brodo sterile nella cavità add., a quattro » (T4, Tg, Tg, T7) » infetto » » a tre » (Tj^, Tg, Tjo) » » al dorso sotto cute, quattro » (Tu, Tj-i, T,3, Tu) si lasc. intatti come testi, a una rana (Rg) di brodo sterile in cavità, a » » (Rfi) di brodo infetto al ventre sotto cute, a tre rane (R7, R^, Ry) di bi*odo infetto nella cavità addom. a » » (Rio, Rii, Ri-2) di brodo infetto sotto cute al dorso, due rane (R13, RiO si lasciano intatte come testimoni. T4, T-j, Tfi, o T7 muoiono fi-:i il 27 e 29 mai'zo, Ts li 20 marzo, T9 e Tio li ol mai-zo. R7, Rg, R9 muoiono fra il 27 e 28 marzo, Rg li 29 marzo, R^, Ru e R12 li -U marzo. Il sangue entro il cuore della rana R7 contiene bacilli incapsulati; disseminato ([ue- sto sangue su patate, dà luogo ad una colonia di colore roseo, formata dal B. anguillarum. Esaminati gli acijuarii li 2 aprile, si trovarono vivi i seguenti animali : anguille A7, A», Ag, tritoni Ti, T-j, T3, Tj,, Ti-j, T13, Ti^, rane R5, R13, R^, ossiano tutti quegli animali che non sono stati infettati con coltura del bacillo predetto. Li 5 e 9 aprile s' inoculano 8 spinarelli {Gasterosteus aculeatus) con coltura, 2 si lasciano intatti come testimoni ; li 1.3 aprile tutti i primi 8 sono morti, i due testimoni vi- vono ancora oggi 22 aprile. Li 9 aprile s' inocula con coltura del lìacillo predetto un Carassvts auratus, un altro con brodo sterile, ambedue nella cavità addominale. Il primo muore li 1 1 aprile, l'altro è vivo e sano ancora oggi 22 aj)rile. Lo stesso giorno 9 aprile si inietta ad un'anguilla nella cavità addominale al fianco destro del brodo infettato con coltura pura del bacillo, ad un'altra brodo sterile. Li 16 aprile la })rima anguilla sta male, ha la pinna anale for- temente arrossata, la cute, specialmente nella regione del- l' inoculazione, ricca di chiazze emorragiche ed in questa regione sta per formarsi un' ulcera estesa. Di più alla base della numdibola appariscono due ulceri minori. Questa an- guilla muore li 19 aprile e mostra al fianco destro una ulcera tipica, caratteristica della malattia dominante. L'al- ti'a anguilla si conserva sana. L'n altro simile sp(irimento, fatto più lardi, diede un identico risultato. Devo (|ui (osservare che le anguille, sulle (juali ho sj>erimentato, sono state [)escate nel Veneto e comperale (8H) [-6] sul mercato di Padova : che esse sono state tenute nel mio Laboratorio sotto una spina perenne di acqua dolce del- l'acquedotto di Due Ville. Il risultato di questi esperimenti, per ciò che riguarda le anguille, si è che colla coltura del bacillo, inoculata nella cavità dell'addome, si produce in questi pesci tutto intero il quadro della malattia dominante, e che dalle an- guille rese cosi malate si può ripristinare, come difatti ripristinai, la coltura anzidetta. Che causa della malattia sia il solo bacillo, lo dimostrano i testimoni, i quali es- sendo stati inoculati con brodo sterile, anzi che infetto, ri- masero incolumi. Conclusióni. 1. Il Bacillus anguillarum è patogeno per le anguille e per altri pesci (spinarello, pesce della China), come anco- ra per alcuni antlbi tanto anuri (rane) che urodeli (tritoni), li. Questo bacillo è capace di vivere e riprodursi in acqua fortemente salata, mentre nella dolce ha uno svi- luppo stentato, ciò che spiega il l'atto, che la malattia delle anguille infierisce in quelle Valli di Comacchio, la cui salsedine è eccessiva, come, ad esempio, il Mezzano, mentre è limitatissima ad esempio nel Campo di Vacca che riceve acqua dolce dal Reno per mezzo di tre chiaviche. III. L'unico suggerimento che, allo stato attuale delle nostre cognizioni, si può dare per limitare e possibilmente far scomparire questa malattia si è di dolcificare quelle acque vallive, la cui salsedine supera i bisogni della pi- ;scicoltura. Padova li 22 Aprile 1893. SOL CENTRO D'OSSIPICAZIONK DflL'EPIFISI IIFERlt DEL FEI8RE, OELL'ISTRIMLI E DEL MGM Contribuzione DEL M. E. ARRIGO TAMASSIA La diagnosi della maturità e dei periodi di vita estra- iitei'iiia del feto si argomenta da un insieme di elementi, che studiati nei loro fattori tìsici e numerici, tendono, più che il banale colpo d'occhio del pratico, ad acquistarle ca- rattere positivo. Fra questi meritano speciale deferenza i centri d'ossificazione, i quali segnano quasi altrettante tappe della evoluzione uterina ed autonoma del feto. Per ora mi limito ad alcune contribuzioni sul centro di ossificazione della e})ifisi inferiore del femore, del calcagno e dell' astragalo, confidando che il materiale scientifico di cui posso disporre, mi darà mezzo d'illustrarne gli altri, pur essi non indegni della pratica forense. E cominciando dal centro d' ossificazione della epifisi inferiore del femore, non si può negare che manchino le ricerche. Per quanto descritto come fatto anatomico da Albinus, da Meckel (i), quale vero elemento specifico di diagnosi della maturanza del feto venne indicato nettamente da lièclard, sicché si può dire che solo dopo di lui, questo centro appartenne alle applicazioni della medicina legale. Ollivier nel 1841 se ne occupava, studiandosi principalmente (1) V. alla fine per questo e gli altri Autori l;i Hibliografia. (816) [2] di indurre dalla sua ampiezza la durata della vita autonoma. Nel 1850 abbiamo il lavoro di Mildner, il quale mercè il mi- croscopio avrebbe riconosciuto già nel feto di sei mesi alcune tracce di depositi calcari nelle cellule cartilaginee dell'epi- fisi inferiore femorale, senza però che di queste, appunto per il carattere loro microscopico, la medicina forense potesse profittare. Egli aveva pur trovato che in 20 neonati maturi, ben costituiti e morti subito dopo la vita, 18 presentarono un centro d'ossificazione di lunghezza variabile tra mm. 4,5 e mm. 5,12; mentre però in 10 maturi, ma assai smagriti, e morti subito dopo la nascita, trovava quattro volte il centro d'ossificazione corrispondere a mm. 2,8, tre volte a mm. 3,9, tre volte a mm. 4,5 ; ed in 1 1 infanti ben costi- tuiti vissuti da 9 a 29 giorni, a mm. 4,5-6,7; in tre imma- turi, vissuti 8, 14, 20 giorni dopo la nascita, a mm. 0,56. Casper non riscontrava questo centro nei feti di 7-8 mesi, mentre in 11 infanti maturi, di cui 8 avevano vissuto, ne descriveva dell'ampiezza di mm. 4,5 : 5,12: 6,7; in altri 12 maturi più o meno rubusti, che vissero da pochi giorni a sei mesi, notava un'ampiezza variabile tra mm. 1,6 e 9 mm. mentre in un infante maturo, e straordinariamente robusto descriveva un centro piccolissimo di mm. 1,6, mentre in- fine in un feto maturo e morto in seguito a mali tratta- menti e ad insufiiciente alimentazione esisteva un centro di mm. 6,7. — Bohm riassumendo 186 osservazioni, formulava queste conclusioni, non molto dissimili da quelle dei prece- denti Autori, e cioè : Il centro d'ossificazione manca, quando il feto ha raggiunto 38 settimane di sviluppo ; misura negli infanti maturi ben nutriti da mm. 4,5 a mm. 5,12 ; è in rap- porto con la nutrizione e col processo generale di nutrizione ; e quando giunge al di là di mm. 6,7, giustifica l'amuiissione della vita estrauterina ; e cresce secondo lo sviluppo e la salute dell'infante. - Più tardi però Kunze e Pleissner misero in dubbio il corollario di OUivier e di Bohm circa la corri- spondenza di un dato periodo di vita intrauterina con lo svi- luppo di questo centro ; come pure Pleissner, Hecker ed Hart- PI (817) niann combatterono la tesi di Bohm, accolta forse con sover- chia deferenza dal Casper, che, cioè, la mancanza di questo centro indichi l'infante non aver raggiunto :U)-'.il settimane di vita intrauterina ; Hecker, cioè, non 1' avrebbe trovato 15 volte su 01 infanti maturi (10 %), tre volte solo ap- pena iniziato; in accordo in ciò con Hartmann, che appunto l'avrebbe notato mancare nelle proporzioni del 15,6 per cento fra gli infanti maturi. — Liman su 413 casi di infanti maturi non l'avrebbe trovato 14 volte (3.5 per cento) con un mas- simo di nim. 9 di ampiezza. — A conclusioni congeneri giunse Toldt, il quale da 69 da lui esaminati induce esistere una certa regolarità nel tempo dell' insorgenza e nello sviluppo di questo centro, senza però escludere casi di mancanza o di arresto di sviluppo anormali rispetto al tempo, o di pre- coce insorgenza. — Parimenti Hasenstein ed Hofmann con- vergono in queste deduzioni, ammettendo il primo che tra il presentarsi del centro di ossificazione e il punto vero della maturanza possono talora intercedere differenze di 4-6 settimane, ed il secondo che 1' ampiezza ordinaria gli risultò nei feti maturi, vissuti soltanto brevi momenti, non già di 5 mm. come generalmente si scrive, ma di 2-3 mm., avendo però riscontrato in un neonato 1' am- piezza eccezionale di 9,5 mm. — Fritsch ammette che questo centro negli infanti maturi manchi nella proporzione del 2 p. cento, misurando da mm. 05 a 15. — Due lavori ita- liani, assai bene condotti, l'uno del Prof. Filomusi-Guelfi, r altro del D.'' Corrado porgono novella contribuzione a queste ricerche. Il primo, alle conclusioni generali degli Autori precedenti, aggiunse che un nucleo di 8 mm. di diametro può lasciar conchiudere con probabilità alla vita oltre la nascita, e quasi con certezza, se oltrepassa i 9 mm. di diametro. Il secondo su 285 feti riscontrò il centro di ossificazione 140 volte, ossia 118 volte in feti indiscutibil- mente maturi e 22 volte in feti immaturi; onde tale nucleo più di 84 volte su cento designa un prodotto di concepi- mento giunto al termine della gravidanza ; e tenendo conto (818) [4] del rapporto che può correre tra le fasi della gravidanza e l'ampiezza di questo centro, argomenta che quando esso supera i 8 mm. il neonato è maturo. Tale è il risultato delle più autorevoli ricerche sul- l'argomento. E da esse prende punto di partenza questa mia comunicazione, la quale, come già avvertii, aspira al solo onore di un modesto contributo. 11 materiale da me raccolto non è abbondante (casi 80); ma rappresenta il maximum che ho potuto procurarmi nell'annata passata ed in parte della presente. Però parmi non privo d' impor- tanza, quando si rifletta che mi sono positivamente assicu- rato del periodo di vita intrauterina ed estrauterina, cui erano giunti i feti esaminati ; mentre poi i dati riferitimi erano da me controllati ed accertati dal riconoscimento dei caratteri attestanti in ciascuno le fasi dello sviluppo. Mi si permetta intanto di esporre le cifre conseguite: Sesso Sviluppo V. extr. II Peso 1 d d ^1 0 gr. di d, 1 < 1 1 f. 0 ini 0 37 700 0 0 0 0 0 0 2 m. 7 » 0 46 1000 0 0 6 7 3.5 3 3 f . 7 » 0 44.5 2670 2.3 2.5 9.5 9 6.5 5.5 4 f . 7 » 0 42 1500 0 0 1 1 0 0 5 f . 7 » 0 37 880 0 0 0 0 0 0 6 m. 71/2» 1 gior. 42.5 1780 0 0 5 7V2 4 3 7 m. 8 » 0 47 1900 0 0 5 5 4 4 8 f . 8 > 2 gior. 40 1080 0 0 1 1 3.2 3 9 m. 8 y> 7 » 46 2180 7 6 11 10 7 6 10 m. 9 ^ 3 ore 45 2025 tracce 0 0 0 0 0 11 f. 9 y^ 2 gior. 45 2600 5 4.4 8.5 8.5 7 6.5 12 m. 9 » 2 » 47 2150 4 3.4 — — — — . 13 m. 9 » 3 > 47 2270 0 0 8.2 7.2 6 5.5 14 m. 9 > 4 > 48 2110 3.7 1 2.5 — • — — — 15 m. 9 » 5 » 46 2020 3 1 3.9 — — — — 16 m. 9 » 6 » 51.5 2690 5.5 5.5 — — — — PI (^ 519) Sesso Sviluppo V. extr. II Poso ■^ ai e ■5 1 ^1 gr. 0 "x -< 17 f. 9int. 0 gior. 43 1700 4.7 4 18 f. 9 » 7 » 47.5 2100 3.7 4 — — 19 m. 9 ^ 7 » 48 2410 4 4 — 20 m. 9 » 7 > 45 2000 4.3 3.7 — 21 m. 9 > 7 » 48 2800 5.5 6 — 22 m. 9 » 7 » 50 2600 5 5 10 9.3 5.3 4.7 23 m. 9 » 7 » 49 2400 4 5.3 13 11 4 7 24 f. 9 > 7 » 47 2400 6 6 10.5 10 8 8.5 25 f. 9 » 8 » 49 2250 7 6 — — — — 26 m. 9 > 8 » 47 2250 4.7 5 — — 27 m. 9 > 8 » 45 2110 2.3 1.8 6 7.7 4 4.2 28 m. 9 > 9 » 48 2680 4.3 6.3 12 13 6 5 29 m. 9 > 9 » 49 2450 5 5 30 m. 9 ^ 12 » 46 1800 0 0 — — 31 m. 9 * 12 » 49 2380 4 6 9 9.2 5 5.3 32 f. 9 » 14 » 50 2550 5.5 6 10 10.5 9 9 33 m. 9 > 14 » 49 2550 5 6 9 12 7 7.1 34 f. 9 » 15 » 46 1950 __ 2.3 — . . — — 35 m. 9 » 17 » 49 2500 4 5 5 10 4 5 36 m. 9 » 10 » 52 3050 7 7 — — — — 37 m. 9 » 19 » 52 2650 7 7.5 — — — — 38 ni. 9 )> 19 » 47 2100 2.3 3 — — — — 39 f. 9 y> 20 » 47 1900 5 5.7 40 f. 9 » 20 » 48 2200 2.3 1.3 11 9 8 5 41 m. 9 » 21 » 50 2550 4.5 .3.5 13 12 7.2 8 42 ni. 9 > 24 » 51 2600 6 6 12.5 10.5 9 6 43 m. 9 )> 24 » 54 3050 6.8 7 9 0 5 5 44 m. 9 » 24 » 47 2275 0 1 0 3 3.5 0 45 m. 9 » 26 » 44 2190 2.9 .3 8 7 2.5 3 46 m. 9 >^ 27 » 53 3020 8 7 9 12 6.3 7.5 47 f. 9 * 24 » 51 3030 8 8 — — — — 48 f. 9 » 24 » 51 3000 7 8 — — — — 49 f. 9 » 24 » 48 2170 7.5 7.5 50 m. 9 > 25 » 52.5 2700 8.5 8 _ 51 m. 9 > 26 » 47 2700 4.5 4.5 — 52 f. 9 » 26 » 47 2170 7.5 7.3 — 53 m. 9 » 28 » 50 2450 4 3.3 — — — — (820) [fi] T ^• 03 s ^ ! d 1 Sesso Sviluppo V. extr. il ^1 Peso gp. 1 6 o cu -I < 54 ra. 9int. 29 gior. 52.5 2980 6.3 5 8.3 7.3 5 4 55 m. 9 » 30 > 46 2300 — — — — — — 56 f. 9 > 30 > 42 1610 0 0 — — — — 57 ra. 9 » 30 » 46 2300 0 0 — — — — 58 m. 9 > 30 » 51 2620 6 5 13 11 7 6.8 59 f. 9 » 32 > 48 2200 7.5 7.5 — — — — 60 m. 9 » 35 > 49 2330 0 0 8 8 8 5 61 m. 9 » 36 ^ 48.5 2600 4.2 4 8 8 7 6 62 m. 9 > 39 > 56 3500 6 6 — — — — 63 f. 9 > 39 » 54 3540 6 7 — 64 f. 9 > 42 > 48 2400 5.7 5.5 . — — — 65 f. 9 > 43 > 49 2150 5.7 5.7 — — — . — • 66 m. 9 » 47 » 50 2570 5 6 11 8 5 6.2 67 111. 9 » 42 > 53 2600 6.7 6.7 — — 68 ra. 9 » 44 » 52 2850 7.5 7.5 — — 69 m. 9 > 49 > 53 2800 9 9 — — — — 70 f. 9 » 49 » 52 2800 4 5 10 9 6 7 71 ra. 9 > 51 > 55 2400 8 7.5 — — — — 72 111. 9 » 52 > 52 2560 7.5 7.5 — — — — 73 f. 9 » 56 » 49 2060 8.5 8.5 — — — — 74 f. 9 > 59 » 52 2950 9 8 — — — 75 f. 9 » 64 » 45 2480 6.3 8 11 11 7.5 8 76 f. 9 y> 70 » 53 2500 6.5 7 — — — — 77 m. 9 > 90 » 57 3090 7.3 7 11 11 8.3 9 78 111. 9 » 108 > 56 3360 8.7 8.7 — — — — 79 ra. 9 » 120 » 55 2500 6 7 — — — — 80 m. 9 » 220 » 57 3350 11 11 — — — Una prima impressione non può mancare a chi guardi queste cifre : quella della esilità del peso dei feti, in rap- porto alla lunghezza, che invece non staccasi di molto dalle medie ordinarie. Ciò devesi alle costituzioni gracili dei neo- nati, alle loro condizioni patologiche congenite e alla in- sufficiente nutrizione. Forse per questo le deduzioni nume- riche che si trarranno, risentiranno di tale gracilità gè- |7| («U iKM'iiIc. ("iò })i'(>niess(), come avvoi-tcìiza goiiorale, guardiamo più (l;i\ vicino i corollari dello cific presenti. Negli infanti non maturi il centro d' ossitica/.ione è piuttosto raro ; su nove casi venne a mancare sette volte ; ma si elibc in un caso al 7" mese di vita intrauterina con mm. v?,.') d' am- pio/./.a. ed in un altro dell'S" mese completo, con ampiezza di mm. 7. Ma mentre i primi o non vissero, ojìpure vis- sero alcune ore, quest'ultimo invece protrasse la sua vita per giorni sette. Orbene, anche accordando che in ([uesto periodo di tempo abbia il processo di ossiticazione raggiunto un notevole incremento, si ha diritto sempre di inferire che questo infante all'istante della sua nascita, per quanto mancante d'un mese, aveva un centro di ossificazione su- perante la media di quello dei neonati maturi. Notiamo ancora come il diametro degli infanti non an- cora maturi varii da ram. 2 a 3, 5, 6, 7, con prevalenza delle due prime cifre ; eccezionali le ultime. Circa gli infanti maturi 9 non offersero centro d'os- sificazione, nella proporzione quindi del 12 per cento, che si accosta a quella di Hecker e di Corrado (16 per cento) e staccasi notevolmente da ([uella di Liman (3,5 per cento). Il diametro di tale centro negli infanti maturi, che vissero da poche ore fino a cincjue giorni varia da mm. .3 a 3,9, a 5 mm., con una media a destra di mm. 3,9 a si- nistra di 3,5. In quelli che vissero dai cinque ai sei giorni si ebbe un'ampiezza variabile di mm. 4 a 5,5 con media di mm. 5,1. In quelli che vissero otto giorni si ebbe un' ampiezza variabile da 3,7 a 7 con una media a destra di 4,93 a si- nistra da 5 mm. In quelli che vissero nove giorni si ebbe un'ampiezza variabile da 1,8 a 7 con una media a destra di 4,05 a si- nistra di 4,82. In quelli che vissero da 9 a 19 giorni si ebbe un'am- piezza variabile da 0 a 7,5 mm. con una media a destra di .3.S(), a sinistra di 4.75. 7'. IV, s. VII 55 (822) [8] In quelli che vissero da 20 a 30 giorni si ebbe una ampiezza variabile da 6 a 8 mm., con una media a destra di 4.74 a sinistra di 4,55. In quelli che vissero da 30 a 80 giorni all' incirca si ebbe un'ampiezza variabile da 0 a 9 con una media a destra di 5,79, a sinistra di 5.80. In quelli che vissero da 80 a 90 giorni si ebbe una ampiezza variabile da mm. 6,3 a 9, con una media di 7.59 a destra e di 7,66 a sinistra. In quelli che vissero da 90 a 120 giorni si ebbe una ampiezza variabile di 7,35 a sinistra di 7,85. Neil' infante vissuto fino a 220 giorni si ebbe un'am- piezza bilaterale di mm. 11. Queste cifre dimostrano ancora nella loro irregolarità, nella loro saltuarietà l' impossibilità di stabilire dati po- sitivi costanti 0 quasi rispetto all' ampiezza del centro di ossificazione in ogni individuo e in ogni sua fase di sviluppo estrauterino. E cosi appunto deve essere, giacché questo centro non rappresenta alcun che di geometrico che si or- ganizzi con leggi numeriche, ma il fatto semplice della os- sificazione delle cartilagini, subordinato al carattere della costituzione individuale, al progredire diverso della nutri- zione in ogni singolo individuo, all'azione tutt' altro che trascurabile di talune affezioni costituzionali (rachitismo, scrofola, sifilide), che attaccano in special modo lo scheletro. Solo riflettendo a queste perturbazioni morbose, a queste accidentalità di costituzione, noi possiamo spiegarci, ad esempio, la mancanza dei centri d'ossificazione negli infanti maturi verso il 30° giorno di vita, 1' ampiezza minima di fronte alla massima in infanti che avevano vissuto il me- desimo tempo, il maggior sviluppo dei centri di ossifi- cazione negli infanti che vissero otto giorni, rispetto a quelli che ne vissero invece venti. Quel che emerge come dato sintetico, oltre questa disformità di cifre, è però la tendenza del centro d'ossificazione verso un dianieti-o in media più di 3-4 mm., che di 5 o 0, come apjìunto nota Ilofniann, neyli infanti maturi vissuti poche ore o pn- chissinii «giorni. Questo però non in via assoluta, giacché le nostre cifre non escludono che anclie ad 8 mesi com- pleti non si liiunga verso i 7 mm., mentre non sono l'ari i .") mm. in infanti maturi die vissero poche ore. od anche i 7 mm. in infanti vissuti 7-8 giorni. Malgrado queste accidentalità, non parmi rigorosamente accettahi- le la conclusione già esposta di Bohm, secondo cui mm. ().7 possono giustificare 1' ammissione della vita extraute- rina, e trovo invece d'accedere a quella di Filomusi-Guelfi che porta fino agli otto mm. 1' indice di una vita estra- uterina. Ma ci domandiamo : questo centro d' ossificazione che con la vita dell'infante deve gradatamente espandersi, se- gue uno sviluppo graduale, definito, da poterne invocare le misure come tanti dati cronologici ? Qui, anche senza con- sultare le cifre mie presenti, e (|uelle degli altri Autori, si deve escludere una rigorosa corrispondenza tra questi due fattori, e.ssendo lo svolgimento del processo di ossifica- zione soggetto a mille variabilità di costituzione, di malat- tia, di alimentazione. Da ciò la mancanza di serietà nel tentativo di Ollivier, ed il pericolo delle sue applicazioni pratiche nel Foro, presso il quale tutto quanto può vestire esj)ressioni numeriche, suole cattivarsi la maggiore prefe- renza. Veggansi infatti le deduzioni di Ollivier, ricordandoci che son tratte dalle misure di cinquanta infanti. Feto a termine mm. da 13 a 20 giorni mm. al di là di 20 giorni mm. 8 mesi mm. 9 mesi mm. 11 mesi mm. 1. 2. 4 su 5 mm. 6 su 5 mm. / su .5 mm. 13 su 5 mm. 15 su 12 mm. 15 su 13 mm. (824) [10] I nostri numeri invece porterebbero queste medie: Feto a termine mm. 3.9 A termine dopo 5-0 giorni di vita mm. 5.1 dopo 8 giorni mm. 4.9 dopo 9 giorni mm. 4.7 dopo 9-19 giorni mm. 4.3 dopo 20-30 giorni mm. 4.6 dopo 30-50 giorni mm. 5.7 dopo 50-90 giorni mm. 7.6 dopo 90-120 giorni mm. 7.5 dopo 220 giorni mm. 11. Non e' è bisogno di commento per indurre che, anco non tenendo conto delle cifre sì diverse sommate per ot- tenere la media, manca quella progressività regolare, che dovrebbe costituire il fondamento della diagnosi. Quindi quelle ricerche dirette confermano la critica di Tardi eu, secondo cui « non si devono prendere alla lettera que- ste indicazioni, perchè i centri ossei dell' estremità infe- riore del femore variano secondo la costituzione del neo- nato e secondo la forma delle ossa ». E se si tien conto ancora delle differenze abbastanza notevoli esistenti nello stesso feto tra il lato destro ed il sinistro, quali emergono dalle nostre tavole, l'inapplicabilità della tesi d'Ollivier ap- pare ancora più provvida. Rispetto al centro d' ossificazione del calcagno, Toldt afferma iniziarsi verso la metà del V.° mese solare, av- venendo però la vera ossificazione verso la fine del Vl.° mese. Rambaud e Renault ammettono che tale nucleo appaia a 4 mesi e mezzo, e che a 5 mesi abbia il diametro di 4 mm. Il nostro Corrado su 80 casi argomenta che il pri- mo germe osseo appaia verso la fine del V.° e la prima metà del VI.° mese solare ; e deduce il corollario che quando il nucleo del calcagno è bene sviluppato, il feto [11] (825) ha per lo meno compiuto il V.° mese ; quando manchi si può l'itenere con j^rande probabilità che esso non ha com- piuso il VI.° mese. I dati da me raccolti si avvicinano a quelli degli Au- tori citati, e permettono di aderire alle conclusioni del Corrado. Solo osservo che in un feto, che aveva raggiunto almeno la prima metà del VI." mese di vita intrauterina, non si videro che delle tracce ; nel resto l'accordo corre, come si può vedere da queste cifre riassuntive : a sei mesi incompleti di vita intrauterina a destra a sinistri Calcagno a sette mesi di vita intrau- terina tracce tracce diametro da 1 mm. a 9.5 con media 4.1 5.1 ad 8 mesi di vita intrauterina da 1 ad 11 con media di 5.66 5.33 a 9 mesi con pochissimi giorni (tre) di vita da 1 a 8 nini. con m.edia di 4.5 4.10 a 9 mesi con 9 giorni di vita con ami)iezza da () a lo inni. con media di 10.30 10. a 9 mesi con 12-17 giorni di vita con ami)iezza da 5 a 12 mm. con media di 8.25 10.42 a 9 mesi con 30-30 giorni di vita con ampiezza da 0 a 13 mm. con una media di 8.38 7.97 a 9 mesi con giorni da 30 a 60 con ampiezza da 8 a 11 mm. e media di 9.60 8.80 a 9 mesi dopo 90 giorni di vita ampiezza di 11 mm. 11. 11. (S2ì;) [12] Degne di i-iniai-co uppaioiio le diUei'eiize d' ampiezza Ira le due ineià d(d corpo jìoii solo, ina ancora il fatto che in un infante inal.\iro, (die pur av(!va vissuto 24 giorni (N. 4.'^), a destra il calcagno aveva un centro d' ossifica- zione di 9 mni. d'ampiezza, mentre a sinistra non ne pre- sentava tracce ; e Talti'o fatto, non tanto frequente in un infante maturo, che pur aveva vissuto 24 giorni, della mancanza d'ossificazione del calcagno a destra associate a scarsissime ossificazioni a sinistra (3 mm.) ed a mancanza 0 quasi degli altri centri d'ossificazione all'epifisi del fe- more ed al calcagno. Qui siamo da\anti ad un caso mor- l)oso, in cui forse la sifilide, hi rachitide arrestarono il processo d'ossificazione. Per ultimo non deve passare inos- servata la circostanza che in qualche caso 1' ampiezza del centro del calcagno si ])resenta eccezionalmente limitata rispetto a (juanto feti del medesimo sviluppo vennero ad offrire (9, 10, 11 mm.). Tutte (pieste varietà consigliano (juindi la maggior cau- tela nell'uso esclusivo dei dati numerici. (Ui'ca la cronologia d(d cenii'o d' ossificazione didl' a- stragalo concordano gli scrittori [lii'i auioi'evoli (Toldl-, Rambaud, iviMiauli. Tourdes) ncdlo siahilii'e il pi'incipio un mese all'incirca più tai'di dcd calcagno, ([ualclie volta i)erò solo dopo due, ({uattro settimane (Corrado), tanto che il Corrado cosi formula le sue conclusioni risi)etto a questo centro : la presfuiza di ((uesto lundeo è in gencM-ale segno clic il l'i'lo si iro\a per lo miMio \(u*so la lini^ del Vi." mese od al principio d(d VII."; mentre la sua assenza è in geiKM'ale segno (die (\sso non ha compiuto il VII." mese. I mici dati i('nd(M'(d)l)ei'() a segnar(> il principio (hdl" ossifi- cazione più verso la seconda metà d(d scLiimo mese, che verso la })rima. Infatti al VI." mese non riscontrai tracce ; al VII." mese compiuto su sei casi mancò quattro volte, [l-'l («27) con un ani|)i('/za xarialiilc da 'A min. a nnn. 0.5 e con una media di mm. ~ì.'^^) a dcsli-a e l a sinisii-a ; all' Vili," mese si ebbero in uno un piccolo centro {}l, ' 2 ; .')) in un altro un centro più ampio (7,()) ; al IX.° mese dopo 3-9 giorni di vita si ebbero centri variabili da 4 mm. a mm. 8.5 con media a destra di 5.75 a sinistra di 5.84; al IX.° mese dopo 12-17 giorni di vita si ebbero centri variabili da 4 a 9. al IX. ° mese dopo 20-30 giorni di vita si ebbero cen- tri variabili da mm. 0 a 9. Qui puro è degno di rimarco V anomalia della man- canza il nucleo (N. 44) alla pai-te sinisLra in soggetti) in cui ad una vita estrauterina abbastanza protratta ta- cevano difetto quasi tutti gli altri centri ; e 1' altra ano- malia di uno sviluppo assai meschino dei centri dell'a- stragalo (N. 45) in soggetto maturo, che aveva vissuto 20 giorni, e nel (^uale pure tutti gli altri centri si pre- sentarono atrotici. (S2S) [14] BIBLIOGRAFIA Albinus — Icones ossium foetus humani 1737. Meckel — Handbuch der menschl Anatomie Voi. II. 1816. Bèclard — Noaveau journ. de inéd. et chir. et chir. Paris 1819. Nicolai — Beschreibung der Knochen des menschl. Foetus 1829. Ollivier — Des inductions qu'on peut tirer du seul examen des os du fetus 1841 (Ann. d'Hy. pubi, et méd. lég. 7, 27. Mildner — Prager. Viert. 1850 voi. 28 p. 39. Bóhm — Ueber die forensiche Bedeut. des Knochenkernes ecc. (Viert fùr ger, Med. 1858. 14 voi. p. 28. Kunze — Kindsmord. 1860. Hecher e Buhl — Klinik der Geburtskunde 1861. Pleissner — Nonnulla de ossifìcatione in femoris inferiore eplphyse 1861. Ilmìihaud et Rènaidt — Origine et developpement des os. 1864. Hartmann — Beitriige zur Osteologie des Neugeborenen 1869. Tardieu — Etude medico-legale sur T infanticide. II. Ed. 1880 p. 90. Toldt. — Die Knochen in gerichtsarztl. Bez. (Maschka's Lehrb. der ger. Med. III. voi. 1882 p. 537. Fritteli — Mi'iller's Lehrb. Gesburtshiilfe IH. Voi. 1889 p. 589. Tonrdes — Art. Viabilité (Dict. encycl. des scien. med. — Déchambre). Filomusi-Guel/l — Sul nucleo epifisario (Rev. sp. di fren. e med. le- gale ; fase. III. 1889. Vnsper-Liìiian — Pract. Hand. der gerichtl. Med. Vili. Ed. Voi. II. pag. 911. 1889 Corrado — Dei principali nuclei di ossificazione, che possono rinvenirsi all'epoca della nascita (L'amalo Anno III, 1891). Hofiaann — Lehrbuch der gerichtl. Med. VI. Ed. 1893 p. 777. INTORNO AD UNA NUOVA EFFEMERIDE I) I BIBLIOGRAFIA MATEMATICA 'UHMI.ir-ATA SOTTO (11,1 AfSI'iriI I)EI-[,A SOCIKTÀ MATEMATICA DI AMSTERDAM Relazione DEL M. E. ANTONIO FA VARO La Società ^Matematica di Amsterdam, .sotto i cui au- spici i fu teste intrapresa la pubblicazione d' una « Revue semestrielle des Publications jNIatbèmatiques », nel man- darne al nostro Istituto un esemplare della prima pun- tata, (1) lia espresso il desiderio che fossero fatti conoscere i priiicipii fondamentali ai quali si informa la classifica- zione in essa adottata. Alla Presidenza dell' Istituto piacque (1) Revue Semestrielle des Publications Matite matiques redigée sous les avispices do la Société Mathèniatique d' Amsterdam pat* P. H. SruouTE (Groningue), D. J. Kortewe(; (Amsterdam), W. Kapteyn (U- trccht), .1. C. Kluwer (Leyde), P. Zeeman (Delft), avec la collabora- tion de M. M. C. Van Ali.er, F. de Roer, J. Cardinaal, D. Coei,in(;h, R .1. Escher, "W. Mantel, P. Molenbroek, P. Van Mourik, M. C. Par ATRA, A. E. Rauusen, G. Schouten, .1. W. Tesch, J. Vkrsluys, J. DK Vries et de Mad."*^ A. G. Wijthoif. -- Tome I (Premièn* Partici). Ani.sterdam, W. Wershiys, 1894. 8", (4) 104 pag. 11 prezzo an a no d" abbonamento (anticipato) per l'Italia è di L. 8.50 da dover.si rimettere al Segretario della Societii Matematica di Amster- dam, I)/ G. Schouten, Amsterdam, Prinsengracht. 2(54. (830) [2] demandare a me l' incarico di prendere in esame e la pubblicazione e 1' argomento al quale si riferisce ; e questo incarico onorevolissimo mi affretto a disimpegnare. Il moltiplicarsi delle pubblicazioni le quali nei varii rami dello scibile hanno per fine di agevolare agli studiosi la conoscenza dei copiosi materiali che tuttodì vedono la luce, fa fede della grandissima difficoltà che ormai incon- trano gli studiosi stessi nel tenersi in giornata della me- ravigliosa e ognor crescente produzione scientifica. Ma se in altri ordini di scienze queste pubblicazioni esistono già perfettamente sistemate, tanto per la produzione passata quanto per la contemporanea, e tornano di aiuto e di uti- lità inestimabili, cosi non seguiva per le matematiche. Non è per verità ed a stretto rigore che quanto alla prima manchino affatto i repertorii ai quali lo studioso possa at- tingere le indicazioni delle quali abbisogna : i lavori dello Scheibel, del Beughem, del Murhard, del Reuss, del Mai- ler, del Rogg, del Sohncke, dell' Erlecke, del Poggendorff, i poderosi ed accuratissimi lavori del Riccardi, del Bierens de Haan e del Zembrawski, ed una quantità di lavori spe- ciali concernenti un determinato ramo dello scibile mate- matico riescono senza alcun dubbio preziosissimi ; ma, sia perchè alcuni si riferiscono alla produzione d'un solo paese, o di un' epoca determinata, o contemplano un argomento limitato e ristretto, sia perchè in generale condotti seguendo criterii e formule diverse; sia perchè nel loro complesso non presentano caratteri di continuità; sia infine perchè non tutti elaborati col medesimo scrupolo, non offrono allo studioso quelle garanzie di quasi assoluta sicurezza, le quali lo ren- dano ben certo che nell' allestimento della cosiddetta Lite- ratur der Frage egli non corre alcun pericolo di trascu- rare alcun contributo, e forse tra i principali, all' argo- mento del quale egli si propone di occuparsi. Punto migliori sono, od almeno erano fino a questi ultimi tempi, le cose rispetto ai mezzi di conoscenza della produzione matematica contemporanea. La ben nota pub- [-] («'31) blicazione curata dalla Società Reale di Londra con le relative appendici è sempre e quasi necessariamente in ritai'do ; lo stesso Jahrhuch ilher die Foi'hchritte der Mathematik non ci ragguaglia intorno alle pubblicazioni matematiche se non circa tre anni dopo eh' esse han ve- duta la luce ; le ottime riviste del BuUetin des sciences matlìèmatiques et astrano miqties non son l'atte seguendo un sistema il quale affidi che chi le segue si tiene al cor- rente di ciò che può interessarlo, ed esse pure sono quasi sempre in grande arretrato ; la cessazione del prezioso Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze mate- maliche e fisiche, edito già dal principe Boncompagni, tolse di mezzo i bimestrali annunzi di recenti pubblicazioni, principalmente graditi per gli accuratissimi indici degli atti e delle memorie di società ed istituti scientifici e delle pulìblicazioni periodiche concernenti le scienze matema- tiche e fisiche ; e finalmente la trasformazione della Bi- bliolheca Mathematica dell' Enestrom in periodico esclu- sivamente dedicato alla storia della matematica ed alla bibliografìa di essa ha fatto cessare quell' appendice agli Ada Mathematica, {^) nella (|uale, con tanta economia di spazio e con tanto ordine ed esattezza di indicazioni, veni- vano fornite notizie intorno alle nuove pubblicazioni ma- tematiche. Queste non liete condizioni si propone di migliorare la Società Matematica di Amsterdam mercè la pubblicazione della sua Eevue Semestrielle des Publications Tnathèma- li.ques, con la (juale, per ripetere le parole stesse dell'an- nunzio, essa « s' est propose de faciliter 1' ètude des scien- ces matlìèmatiques, en faisant connaltre, sans delai de (luelquc importance, lo titro et le contenu principal dos nii'inoiiN^s matlìèmatiques publiès dans les principaux: joui-- (1) Ne lio riferito ali" [stitiito con due comunicazioni inserite nei to lù 11 e V della Serie VI degli Atti, (832) [4] naiix .scientiflques. » E qui mi permetterò subito d' osser- vare come al raggiungimento del fine propostosi dalla be- nemerita Società di Amsterdam si opponga una grandissima lacuna che è nel suo programma, poiché lo escludere tutta la produzione matematica la quale vede la luce in pubblicazioni non periodiche rende necessariamente incom- pleto il suo lavoro. Per parte mia adunque faccio voti perchè nella nuova effemeride sia fatto il debito posto anche all' annunzio delle pubblicazioni matematiche non periodiche, e confido che il raccoglierne le indicazioni in seguito alle spontanee comunicazioni degli editori e dei tipografi riuscirà tanto più agevole ad un corpo scientifico residente in Olanda, che non ad uno il quale avesse la sua sede in Germania, in Francia ed in Italia. Lo sap- piamo ormai per dura esperienza, la politica si caccia dappertutto. Le pubblicazioni periodiche (giornali ed atti e memo- rie di società ed istituti scientifici) spogliate per questo primo numero della Revue sono in numero di 56, delle quali han visto la luce 4 in America, 'S nel Belgio, 1 in Danimarca, 10 in Germania, 10 in Francia, 11 in Inghil- terra, 6 in Italia, 2 nei Paesi Bassi, 1 in Norvegia, 4 in Austria, 1 nel Portogallo, 1 in Finlandia e 2 in Svezia. L'indice relativo contiene però la indicazione di 64 altre pubblicazioni delle quali pare che si terrà conto in seguito, e di esse vedono la luce 5 in America, 3 nel Belgio, 2 in Danimarca, 6 in Germania, 7 in Francia, 8 in Inghilterra, 16 in Italia, 1 nel Lussemburgo, 3 nei Paesi Bassi, 1 in Norvegia, 1 in Austria, 2 nel Portogallo, 3 in Russia e 6 nella Svezia (i). Rispetto alla prima e forse maggiore difficoltà la quale (1) Questo elenco non è senza molte lacune, né qui gioverebbe il rilevarle tutte : mi permetterò soltanto di segnalare per l'Italia, che non vi trovo notato il Periodico Matematico per V itisegnamento secondario che vede la luce a Roma. [5] (S3:^) consisteva nel determinare precisamente le materie da com- |)r(uidei'si nello spoglio, nel fissare cioè quali in tutto o in parte dovessero prendersi in considerazione, tenendo conto di ciò che bene spesso un assai sottile e talvolta quasi ini- [)ercettibile anello di congiunzione lega le matematiche con altre scienze affini, si risolvette di limitare i resoconti alle memorie che si riferiscono alle matematiche pure ed alla meccanica, comprendendovi l'idrodinamica e la teoria del- l'elasticità, ed escludendo la meccanica applicata, la fisica matematica e l'astronomia. Al quale proposito mi permet- terei di osservare che la esclusione della fisica matematica non sarà forse per incontrare la piena approvazione di tutti gli studiosi. Né forse è giustificabile questo partito con r altra mezza misura di tener conto dei titoli delle memorie sopra soggetti esclusi, se queste memorie si tro- vano in giornali « presque exclusivement mathèmatiques ». A mio avviso pertanto in consimili lavori è mestieri pro- cedere con norme precise e con criteri assoluti, per modo che lo studioso che vi ricorre possa esser certo ch'egli vi troverà ciò che vi ricerca senza esporsi alla eventualità di dovere la conoscenza dei materiali, de' (juali abbisogna, alla (|ualità della effemeride dove videro la hu^e. Al titolo di ciascuna memoria, riprodotto nella lingua oi'iginale, intero od abbreviato, è fatta seguire, in carat- tere tipografico diverso, una brevissima analisi stesa in te- desco, inglese e francese rispettivamente per le memorie redatte in queste lingue ; in francese, d' ordinario, per le altre. Ed al titolo di ciascuna memoria è fatto precedere un sistema di notazioni clie rimanda alla classificazione adottata dal Congresso internazionale di bibliografia delle scienze matematiche (^) ; ma a questo proposito stimo oppor- tuno di entrare in qualche ulteriore particolare. (1) Mi permetto di ricordare a questo proposito una mia nota Sopra la parte fatta alla storia in un disegno di Bibliografìa delle Ma- ti'iiìatiche inserita nella Rivinta di Matematica. Anno 18.)1, pag-. 72-77. k (834) [cq La Esposizione Universale di Parigi del 1889 parve occasione opportuna per riunire un congresso internazio- nale di hilìliografia delle matematiche « dans le but d'èta- blir un rèpertoire detaillè de toutes les questions du do- maine de ces sciences qui servirà ensuite de base à la clas- sification des travaux des gèoraètres ». A questo congresso, che fu tenuto in Parigi dai 16 ai 19 luglio 1889, erano stati invitati numerosi matematici d'ogni parte d'Europa ed anche alcuni americani, dei quali fu stampato l'elenco ; e dei lavori di esso venne pur pubblicato un processo verbale sommario (i). Da questo rileviamo che nei riguardi delle suaccennate notazioni fu approvata la seguente deliberazione che parmi opportuno di qui testualmente riprodurre : « Le Congrès adopte pour le rèpertoire la classifica- tion proposée par son Comité d'organisation avec les mo- diflcations votèes dans la séance des 17 et 18 juillet 1889. Les divers titres mentionnés seront répartis en un certain nombre de classes subdivisèes en sous-classes, divisions, sections et sous-sections. Les classes seront désignèes par une lettre capitale : elles pourront ótre subdivisèes en sous- classes désignèes par une lettre capitale affectèe d'un ex- posant. Les classes ou sous-classes se subdiviseront en di- visions désignèes pur un chiffre arabe et celle-ci en sec- tions désignèes pur une minuscule latine, lesquelles pour- ront elles-mèmes ètra partagèes en sous-sections repré- sentèes par une minuscule grecque. Ainsi la sous-section a de la section b faisant partie de la division 3 de la sous- classe LI serait notèe ainsi dans un encadrement rectan- gulaire : |Li3&a| ,, (1) Expositìon Universelle Intcrnationalo de 1889. Direction gene- rale de r Exploitation. L'onyrès Inteniationnl de Bibliogrnphie des Sciences Mathèmatiques, tenu à Paris du i6 au 19 juillet 1889. Pro- còs-Verbal sormnaire. Paris, Imprimerle Nationale, MDCCCLXXXIX. [7] (m) Ed a questo merlesiino proposito veniva votata (lue- st'altra risoluzione : « Afin de faciliter l'ètahlissenient des Supplchnents con- saci'ès aux travaux postiÀi'iours à 1880, le Conj^i'ès èniet le voeu que cliaciue auteui- fasse suivi'e le titre de son miì- moire de la notation defìnie ; (jue si l'auteur a m'^dij-è de le faire, les administrateurs des divcrs recueils pèriodifiues, ou, à leur defaut, les rédacteurs des recueils analytiques qui rendront compte de ces travaux, veuillent bien se charger de ce soin ». Questo sistema di notazione fu adunque adottato nella Revue della quale ci andiamo occupando, e trovasi applicato al principio del titolo di ciascuna memoria in caratteri grossi, ma con esclusione del contorno rettangolare, e soltanto per le memorie che entrano nel quadro contemplato, omessa quindi per le altre prese in considerazione solamente, pei'- chè, come avvertimmo, si trovano in giornali « presque exclusiveraent mathèmatiques. » La pratica ha poi mostrato che non basta bene spesso una sola notazione per indicare esattamente il contenuto della memoria con riferimento alla classificazione proposta dal Congresso internazionale surri- cordato, ma bene spesso se ne richiedono due, tre e fino a sei. Cosi, per modo di esempio, la memoria del Frobenius « Ueber die in der Theorie der Flachen auftretenden Dif- ferentialparameter » inserita al principio del centodecimo volume del Journal fur die ideine und angewandte Ma- fhematik porta le seguenti notazioni : C 4 a, d, M^ 2 h ^, 0 5 f OL, m, (] p mentre, seguendo strettamente le norme del Congresso in- ternazionale ed adottate nell'accuratissimo indice delle me- morie e comunicazioni contenute nei sei primi tomi del Rendiconto del Circolo Matematico di Palermo (i), avreìjbe dovuto scriversi: (1) Una nota apposta a qviesto spoglio avverte che è lavoro del (836) [81 \C4a\ \C4d\ \U-^2/>{i\ \07yfa\ |05m| |()(ij>| La inoclifìcazioiie introdotta dalla Società Matematica di Amsterdam è adunque di lieve entità ; forse gioverebbe, pur sopprimendo la cornice rettangolare e semplificando le notazioni concernenti una medesima classe, accentuare maggiormente la punteggiatura tra le notazioni relative a classi diverse. Ma poiché la classificazione alla quale le notazioni si riferiscono non è ancora cosi generalmente difi'usa come dovrebbe, perchè queste potessero essere con la massima facilità interpretate, e poiché anzi pare che il disegno che le contiene sia esaurito, cosi fin tanto che non ne sia procurata una nuova edizione, l'indice della Reoue è co- stituito in modo da riprodurre uno scheletro della classi- ficazione suddetta, e di fronte ad ogni voce della mede- sima sono collocate delle cifre che si richiamano alla pa- gina nella quale trovansi indicate memorie che trattano quell'argomento, munite queste cifre di un esponente nu- merico il quale esprime il numero delle memorie che in quella data pagina trattano quell' argomento determinato. Quando però la nuova edizione del disegno di classifi- cazione sarà pubblicato e larghissimamente diffuso, io stimo che la Società Matematica di Amsterdam dovrà pen- sare a qualche altro espediente per indicare aggruppate insieme le memorie relative ad una medesima voce di clas- sificazione. Ora infatti lo spoglio è fatto, periodico per pe- riodico, neir ordine secondo il quale trovansi registrati in un indice disposto secondo 1' ordine alfabetico dei paesi i cui nomi sono scritti nelle lingue originali per i francesi, tedeschi ed inglesi, e in francese per gli altri ; ma una certa indicazione sintetica sarà pur sempre necessaria per segretario del Comitato Itnlinno del liepcrlorio Bibliografico delle Scienze Matematiche, prof. F. Gerhaldi. [0] (s:>,7) poter a colpo d'occhio rilevare quali .siano le meinoi-ie che trattano un determinato argomento. Io mi permetto anzi (li pensare che la ripai-tizione del materiale, almeno nelle classi le (juali nelle classihcazioni sono distinte con lettere latine minuscole, sarà quella alla (piale tornerà più conve- niente di appigliarsi e sottopongo questa proposta agli illu- stri collaboratori della nuova effemeride, se però non si stimerà opportuno di scendere ad una distribuzione ancor più particolareggiata: il contribut(t dei dixci-si collaboratori, essendo fornito su schede staccate per ciascuna voce, ne agevolerà 1' oi'dinamento secondo i criterii che piacerà di adottare. Oltre ai due indici summenzionati, quello cioè dei gior- nali e quello delle materie, un terzo ne è aggiunto il quale contiene il nome degli autori, distinguendo mediante cifre grasse quelli degli autori delle memorie dagli altri dei citati i quali sono richiamati in cifre magre. La « Revue Semestrielle » come lo indica il titolo, sarà pubblicata in due puntate all'anno ; la prima conterrà l'analisi dei lavori pubblicati dal 1" marzo al 1° ottobre e sarà pubblicata al 1° gennaio successivo; la seconda conterrà quella dei lavori venuti alla luce dal 1" ottobre dell'anno precedente fino al 1° marzo del corrente e sarà pubblicata il P luglio. Gli studiosi di matematica devono essere ben grati ai loro colleghi olandesi che si sono sobbarcati a questa fatica la quale nel suo complesso è meritevole di ogni elogio. Padova, Maggio i893. T. IV, S. VII 56 STATISTICA DEGLI INSCRITTI NELLE UNIVERSITÀ E NEGLI ALTRI ISTITUTI D'ISTRUZIONE SUPERIORE DEL s. c. CARLO F. FERRARIS Ho dovuto noi passati mesi, })er l'agiotii speciali, oc- cuparmi con molta diligenza del numero degli inscritti nelle Università e negli altri Istituti di istruzione superiore, e mi l'isultò che le statistiche finora pubblicate su tale argomento non erano nella loro disposizione conformi ad uno dei canoni lbndan)entali del metodo statistico, la comparabilità dei dati, mentre poi nelle discussioni sulla questione universitaria si riproducevano i dati ufficiali senza sottoporli alla necessaria elaborazione, mutandone cioè 1' ordine, od osservandone il contenuto nei singoli elementi. Cito un solo, ma decisivo esempio. Si confrontava la totalità degli inscritti nell'Università di Padova con quella delle Università di Torino, Bologna, Pavia, Pisa e Roma per determinare quale posto essa oc- cupasse per numero di scolari, e si prendevano le cifre totali senza tener conto : 1.° che r Università di Toi-ino non comprende la Scuola di applicazione per gli Ingegneri, ma contò sempre fra i suoi inscritti le allieve della Scuola ostetrica di No- vara, mentre quella di Padova invece ha la Scuola di ap- plicazione come parte integrale, e soltanto dall'anno scola- (840) r2] stico 1891-92 si cominciò a porro nel numero dei suoi inscritti le allieve della Scuola ostetrica di Venezia, che è alla sua dipendenza : 2.° che quella di Bologna comprende, oltre alla Scuola di applicazione, anche la Scuola di Medicina vete- rinaria, cosicché quest' ultima è la cagione appunto della sua prevalenza numerica sulla padovana, come risulta dalle seguenti cifre tratte dagli Annuari del corrente anno scolastico : Università Padova * Bologna IscritU nell' anno scolastico 18»2-93 Quattro Facoltà e Scuola (li Farmacìa 1180 1146 R. Scuola dì applicazione 137 153 1317 1299 R. Scuola dì medicina veterinaria 90 Totale generale 1317 1389 * Non comprese le 40 allieve della Scuola ostetrica di Venezia. 3.° che quella di Pavia ha il solo primo anno della Scuola di applicazione, e non comprende fra i suoi in- scritti (e non sappiamo perchè) le allieve della Scuola di Ostetricia di Milano che pur è una sua dipendenza, di guisa che il confronto con Padova richiederebbe di elimi- nare dai dati relativi a questa il 2° e 3° anno della Scuola di applicazione, e le allieve della Scuola di Venezia : 4.° che quella di Pisa ha soltanto il 1° anno della Scuola di applicazione, ma comprende due Scuole, assai frequentate, che mancano a Padova, la Scuola di Medicina veterinaria e la Scuola di Agl'aria : 5." che quella di Roma non ha come parte integrale la Scuola di applicazione, ma che le statistiche ne com- prendono talora, e talora non, gli studenti con (juelli del- l' Università. [3] (H41) Hisogna dunque disporre innanzi tutto i dati in modo che si metta in evidenza il diverso ordinamento degli enti univei'sitarii rispetto ai varii istituti, che vi sono annessi come [ìarte integrale o non, indipendentemente dalle Fa- colta propriamente dette e dalla Scuola di Farmacia, le (juali no sono i veri elementi costitutivi. Ma non basta. Le nostre Università sono dispari anche per numero di Facoltà, il che altera naturalmente le con- dizioni della frequenza scolastica, ed anche quel fatto bi- sogna che l'isulti con tutta evidenza dalla statistica. Per redigere la statistica del numero degli inscritti neir istruzione superiore in modo corrispondente agli esposti criteri i, ho fatto compilare i tre prospetti che presento, relativi al quinquennio dal 1887-88 al 1891-02. Nel primo prospetto è indicato il numero degli allievi nelle Università regie e libere, escludendo gli inscritti alle R. Scuole di applicazione, di Medicina veterinaria e di Agraria, anche quando sono parte integrale dell'Università, comprendendo invece in queste le allieve delle R. Scuole di ostetricia, che ne dipendono, per Torino e Padova, cioè le Scuole di Novara e di Venezia, cosa che non mi fu possibile per Pavia rispetto alla Scuola ostetrica di Milano, mancando i relativi dati nei documenti ufficiali. Le Università regie sono suddistinte in quattro cate- gorie : 1.° (|U{'lle colle quattro Facoltà classiche, la giuri- dico-politica, la medico-chirurgica, la tisico-matematica, la filosofico-letteraria e la Scuola di Farmacia, cioè Bologna, Catania, Genova, Messina, Napoli, Padova, Pah'iMno, Pavia. Pisa, Roma, Torino. Si avverta che l'Università di Napoli ha veramente cin- ((iic Facoltà, essendovi (juella di scienze naturali separata dalla luatematifta ; ma nella statistica gli studenti sono riu- niti insieme, come se appartenessero ad una sola Facoltà. (842) [4] 2.° quelle con tve Facoltà, la giuridico-politica, la medico - chirurgica, la fisico - matematica, e la Scuola di Farmacia, cioè Cagliari, Modena e Parma, 3.° quelle con due Facoltà, la giuridico-politica e la medico-chirurgica, e la Scuola di Farmacia, cioè Sassari e Siena, 4.° quelle con una sola Facoltà, cioè Macerata. Naturalmente fra gli iscritti sono compresi i notai e })rocuratori, e le allieve levatrici, però in colonne speciali. Nel secondo prospetto sono compresi gli altri Istituti di istruzione superiore, sia autonomi, sia annessi alle Uni- versità, distinti nelle seguenti categorie : 1.° La prima categoria comprende due Istituti di carattere speciale, con insegnamenti identici a quelli delle Facoltà universitarie, cioè il R. Istituto di studi superiori di Firenze e la R. Accademia scientifico - letteraria di Milano. 2.° La seconda comprende gli Istituti, nei quali si impartisce l' istruzione tecnica superiore e cioè : a) il R. Istituto tecnico superiore di Milano, b) le R. Scuole di applicazione per gli ingegneri, auto- nome, di Napoli, Roma e Torino, e) le R. Scuole di applicazione annesse alle R. Univer- sità di Bologna, Padova e Palermo, d) il primo corso della R. Scuola di applicazione esistente presso le R. Università di Genova, Pavia e Pisa. 3.° La terza comprende la R. Scuola di Agraria annessa alla R. Università di Pisa, la sola che possa essere qui contemplata, perchè le Scuole superiori di agricoltura di Milano e di Portici non hanno carattere universitario e non dipendono dal Ministero della Pubblica Istruzione. 4." La quarta comprende le Scuole di Medicina ve- terinaria e cioè : a) le tre autonome di Milano, Napoli e Torino, [5] (84:>.) h) \o ([uattro annesso allo li. Uiii\oi-sità di Bologna, Pisa, Modona e Parma, o) le (lue annesse alle Università libere di Camerino e Perugia. 5.° La quinta comprende le Scuole universitarie an- nesse ai Licei di A(iuila, Bari e Catanzaro. Nel terzo prospetto infine sono raggruppati per ogni singola città, sede di Università e di Istituti superiori, gli inscritti in questi e nelle rispettive Scuole dipendenti, co- sicché ne risulta l'importanza numerica delle singole ag;- glomerazioni di discenti. In tale prospetto sono riprodotti, sotto altra forma, i dati dei due prospetti precedenti, e distribuiti, per ogni anno scolastico, in quattro colonne, in cui sono indicati gli inscritti : a) nelle quattro Facoltà e nelle Scuole di Farmacia e di Ostetricia, b) nei R. Istituti di istruzione tecnica superiore o Scuole d' applicazione, e) negli altri Istituti e nelle Scuole autonome od annesse alle Università (veterinaria, agraria, ecc.), d) in totale. Gli Istituti vi sono distinti in tre categorie, regi, li- beri e scuole universitarie annesse ai licei. I tre prospetti che, come dissi, abbracciano il quin- quennio dal 1887-88 al 1891-92, contengono pure la di- stinzione fra studenti ed uditori per ogni ordine di studi. Cosi con grande facilità si possono comparare sotto tutti gli aspetti i dati relativi al numero degli inscritti. Lo studio di quel periodo è specialmente importante porche serve a mostrare quali furono, sul concorso di allievi, gli effetti delle leggi pel pareggiamento dolio Uni- (844) [6] versità di Catania, Genova e Messina del 13 dicembre 1885, N. 3570, 3571, 3572, e di quella pel pareggiamento delle Università di Modena, Parma e Siena del 14 luglio 1887, N. 4745. Mi è grato conchiudere coli' espressione della mia vi- vissima gratitudine al valente e cortese Direttore generale della Statistica, prof. Luigi Bodio, che fece con somma cura compilare i prospetti sui documenti ufficiali, in conformità al modello, che io ne aveva dato. N. 1 JSPivme-ro degli tscrttti {stzLdertti ed. Tzdztort) nelle R. TJrLtveTsttct e nelle ZTniveTsttcL libere (Escluse le R. Scuole di applicazione e le Scuole di vete- rinaria e di agraria annesse alle Università) Alf.lil SCOI.Af^TICI DAI. 1889-88 AI. 189l.»2 iV. B. — Le cifre per gli anni 1887-88 al 1890-91 sono state ricavate dalle statistiche annuali dell' istruzione superiore; le cifre per Tanno 1891-92 sono state ricavate dal Bollettino del Ministero della Pub- blica Istruzione del mese di aprile 1892. 7 SEDE DELLE UNIVERSITÀ Giurisprudenia Medicina e Chirurgia Scienze fisiche, matematiche e naturali (esclusa la Scuola di applicazione) Lettere e filosofia Scuola di farmacia Notai e procuratori Chirurgia minore Ostetricia per le levatrici Totale generale 1 1 Aspiranti alla laurea A,spiranti al > i-:ii ANNI SCOLASTICI 1 .5 1 a. i 1 ì\i 1 J i 3 1 1 1 1 ■5 in chimica e farmacia diploma professionale •s 1 1 1 ■g 1 7. 1 ^ ^ i 1 ■5 1 a, ì I iil Studenti Uditori Totale 1 ' ' ^ ' -j. ^ ^1 4 1 f. (■> 1 7 1 8 ^ii^l 10 1 11 1 I-i ! 13 Tr\ 1.5 ile l7"Yl8Tl!l 20 121 1 22 23 1241 2.T ~¥i\ 27128 2y 1301 31 32 1 M 34 -i- - UNIVERSITÀ REGIE \ I. — Con quattro Facoltà e Scuola di Farmacia , iss:-ss .397 7 314 .548 1 .549 115 24 139 4 143 35 () 41 9 » 9 (i9 ^ 69 6 ^ (, ^ J, 52 „ 52 1165 18 1183 \ ISSS -Sii .345 23 3(i8 5(;:; n .574 102 34 136 7 143 51 '■> 60 8 S 54 2 56 » 7 » 94 , 94 12.58 52 1310 1 ISnLOGNA 5 ISS'I-!)!) 34.-. : K ;s .",1 ;: ; 11 .574 111 ,35 146 13 159 51 9 60 8 8 54 z 56 7 „ 7 94 » 94 1268 58 1.326 311 19 :!:!(i 592 102 34 136 7 143 45 4 49 3 63 6 69 11 2 13 ^ 87 „ 87 1245 41 1286 f ISm -Hi 316 10 : ;2(j .573 4 .577 » » 132 ! 3 1.35 4 56 ^ì :5 44 44 10 12 » 78 " 78 1208 2;'- 1231 { 1887-88 188 -> 190 1.34 » 134 17 » 17 1 18 3 1 4 , ^ 64 1 65 23 ^ 23 5 5 20 y, 20 454 5 459 1 1888-89 19.5 lò 205 169 1 170 23 4 27 2 29 1.5 1 16 ;> 3 61 1 62 29 2 31 2 2 27 „ 27 528 17 545 Catania \ issi» -Do l(i2 .", 107 175 2 177 35 9 44 » 44 20 (i 6 47 1 48 42 42 2 » 2 27 ^ 27 525 10 535 i 1S!)()-!)1 181 s li»2 ISIJ 7 100 30 3 33 » .3.3 31 ì 32 6 6 52 54 37 10 47 » » 30 » 30 55(5 28 584 1 ' IS'.ll -'.)■,> 2( )l 1 205 188 * ISS » ■» 38 » 38 30 1 :il 7 51 »~ 51 58 2 60 -> l »• 42 42 614 8 622 ISST-SS 214 222 299 » 299 50 13 63 » 63 31 ^ 31 13 13 122 ^ 122 26 26 ^ ^ 32 , 32 800 8 808 l ISSS -so 219 » 219 322 » 322 51 12 ()3 » 63 28 » 28 17 « 17 107 ^ 107 27 » » :57 „ 37 820 » 820 (iicxuvA ISSO -00 2-")4 13 267 313 5 318 54 38 92 1 93 :ì4 1 :!5 15 15 129 129 28 29 » » .39 y 39 904 s 925, / lSOO-01 209 s 277 311 6 317 41 41 82 6 88 :!4 ;>7 18 18 142 ^ 142 26 26 „ ;> 54 , 54 936 959 ■ \ lsoi-o-> 27( 1 276 .328 » 328 * » 96 » 96 ;i8 - 38 19 19 91 » 91 32 32 *,* » 03 » 63 943 * 94.3 [ 18S7-8.S 63 » 63 50 ^ 50 14 G 20 5 25 1 1 .., 1 1 43 ^ 43 19 19 » 6 » 6 203 6 209 ; k lsSS-80 79 » 79 72 » 72 23 9 32 4 36 5 7 1 1 .30 1 31 17 20 » ' » 0 ^ 5 241 10 251 1 Messina \ 1880-90 83 13 96 82 2 84 16 18 34 3 37 6 .-, 11 35 1 36 17 17 » ! » » 16 3 19 275 27 302 \ 1800-91 7() 8 84 104 4 108 11 18 29 1 130 12 1 .> .> .31 * 31 24 29 » 1 » 1 y 32 » .32 310 19 329 \ 1891-92 88 3 91 112 3 115 * .33 1 34 22 24 1 T 25 25 16 20 » 1 > » 31 4 35 328 n 345 / 1 ss? - ss 1.-.5) i;ì 1.5(il 1.5.50 7 1.5r,r, 20 1 : ;( 12 12:! 125 7 ,, - :ì91 , .391 88 88 » j^ 61 » 61 4074 30 4104 ^ \ ISSS -89 1490 CI 15(iO 1515 :ìo ii.-,si ; ; [■/ 10:; -, los 12 1 1:1 426 7 433 88 88 1, » , 77 ^ 77 4072 i:i:ì 4205 Napoli (•) \ Isso-oo 1.509 101 KilO 1.5: 12 :;(i i.-,(is s."i ' :;(-,■,' 2:1 :!S5 145 ,- 1.50 12 12 :ì99 31 4:30 84 84 » ^ » 89 >. 89 41:12 I9(i 4.328 i 1890-91 15: ',2 104 I6:!(i 1744 40 1784 26)2 .5:^ 315 42 357 185 5 190 16 ^ 16 :528 31 359 93 93 » » 160 » 160 4373 4595 1 \ 1891-92 1.52S so l(i08 1746 42 1788 » » 381 18 399 208 5 213 13 ^ 13 440 4 444 96 96 * , » 180 » 180 4592 T49 4741 , 18S7-SS l ISSS -so Padova (ì) \ isso-oo 202 15 217 348 3 .351 154 31 185 4 ISO 124 0 l:!3 - ^ - 94 , 94 -. 7 >> , 66 » ()() 10:!:ì 31 1064 109 13 2 1 2 :574 >» 1574 183 42 225 (i i:;o () l:;!i 11 ^ 11 68 1 69 4 4 » » » 83 8:i 1094 29 1123 : '' 198 IS 2 Hi 398 5 403 154 39 j 193 7 200 125 17 142 ^ s 66 66 5 5 y, „ 103 » io:; 109(i 47 1143 ! 1800-91 ( 1891-92 217 224 1(11 227 421 4 425 i:w 37 175 7 182 121 19 140 111 V. 10 74 2 76 7 9 9 » ^ 95 133 95 133 1120 11.56 42 18 1162 1174 229 4Vt ^ir 414 » » 199 6 205 114 7 121 11 » 11 .52 » 52 (1) Vi esistono cinque Facoltà, essendovi .piellu di scienz.' n.om-ali separata da quella ,li (il A ^'OliiiNr,.,,', i •: \-~\,,~--' r,,iM|,r,,„,|,. .Uich... — ~^- Medicina Scienze fisiche, matematiche L tt Notai 1 Chirurgia Ostetricia per le levatrici il i SEDE DELLE UNIVERSITÀ Giurisprudenza e Chirurgia e naturali (esclusa la Scuola di applicazione) e filosofia Scuola di farmacia e procuratori Totale generale || 1 1 Aspiranti alla Aspiranti al diploma professionale j '- i-;ii .9 ^ in chimica e farmacia : 'H ANNI SCOLASTICI i 1 ■5 1 1 '■5 1 1 1 1 1 1 1 ■s 1 1 1 ■5 i '■5 1 1 5 i 1 '■3 1 1 i|l Indenti ditori Otale T" S s 1- S P "" "■ li " ^ 1— s •^ a f- •/3 P H- s p |2 -x D 1- yj |2 S » - 5 3 1 4 "5"' 6 1 7 1 8 ^n 10 1 11 1 12 1 13 T4ll5| 16 TTiiS] 19 2U |21| 22 liri24| 25 25 1 27|28 29 1 301 ai 32 1 33 34 1 [ 18S7-88 422 :ns 1 :ì19 (■,(;' 19 ■ 85 85 35 .^ 37 176 » 176 24 1 » ' 24 .L 30 30 1065 28 t 1093 \ 1888-89 41!l Ì7 4:!(; :;:,:! is :;71 7 1 2.-! 97 1 98 42 2 44 » » » 163 Ti l(i8 24 * 24 » 42 » 42 1140 43 1183 - Palermo ( 1889-90 ik; , :ìi 4.-.0 :;(;:;]!) :is- (w rA 90 8 98 34 2 36 » j> 166 1 107 2( 1 » 2( i » 56 » 5(j 1151 64 1215 / 1890-91 ::97 1 4-1 411 344 , 1 , 348 U4 , 20 ' 84 10 94 41 1 42 » » 143 10 15.'! 44 , » ; 44 » 55 » 55 1108 69 1177 l 1891 -9-j' :!83 21 404 347 6 j 353 » » , 114 4 118 45 1 46 8 8 135 -^ 1.37 29 » 29 » 58 » 58 1119 34 1153 / 1887 -8S 192 34 22(i 423 15 4.38 91 50 141 21 162 23 o 25 10 10 113 (i 119 12 » 12 ^ ^ 50 »Ì50 964 78 1042 1 1888-89 197 ÌÒ 212 440 ' 10 4.50 104 4(i 1.50 17 167 21 3 24 13 13 113 7 120 14 » 14 » *1> (i4 » 64 1012 52 1064 s^ Pavia (') \ 1889-90 21? 24 ■?: K i 442 :12 47 1 '.)-j :'.:ì 1 2.5 18 143 27 3 30 14 9 23 103 » 103 11 j, 11 » .1. 81 » 81 1015 86 1101 \ 1890-91 187 22 ■?(I9 13S -JS -ifiti Ki:! 2S l:U 12 143 31 5 36 13 13 102 11 113 9 y 9 » » 7() » 76 987 78 1065 \ lS9]-9-.^ 210 ' 1 211 473 4 477 >, » 1.53 * 153 37 1 38 14 14 118 » 118 ■ » ■ » » 88 » ; 88 1100 6 1100 1887-88 l.jl 11 162 167 ' 4 171 (i2 29 91 7 98 36 2 38 2 2 35 3 38 2 y 2 ^ ^ 17 J 17 501 27 528 1888-89 140 11 157 160 4 1 164 04 21 85 2 87 40 2 42 2 2 33 3 36 2 » 2 2 2 14 » 1 14 484 22 506 '.) Pisa 1889-90 149 15 164 172 7 179 55 25 80 10 90 37 T 38 1 2 36 3 39 4j» 4 5 lì 5 24 2| 26 508 39 547 1890-91 187 9 190 197 8 205 82 26 108 6 114 38 1 39 2 2 22 3 25 '- i 5 » » 31 31 590 27 617 1891-92 192 3 195 181 2 183 ^ * 108 » 108 53 » 53 1 1 19 * 19 1 ' >* » 27 *1 28 588 ~6 594 1 1887-88 499 4 "'503 381 8 389 123 25 148 5 153 93 1 94 6 6 76 4 80 32 » 32 14 14 30 » 30 1279 22 1301 \ 1888-89 520 12 "532 373 1 6 .379 1.33 21 154 9 163 88 30 118 6 6 66 ■f. 6() 36 » 36 11 11 34 15 4t 1288 72 1360 10 Roma ; 1889-90 .">01 ' 22 ".'.•_:': ì :i7.-. 7 3s-> 137 27 164 25 189 98 14 112 6 6 7!) , 79 47 » 47 17 17 50 17 67 1337 85 1422 i \ 1890-91 .-.72 ' 18 ''':,\H) 403 7 nò 1.52 35 187 14 201 115 18 133 6 6 62 , 62 40 » Ì40 10 10 6(i 4 70 1461 61 1522 \ 1891-92 .-.27 8 "5:;,-, 403 (1 40!) » » 172 3 175 138|20 158 4 4 42 » 42 24 » 24 » » » 76 11 87 1386 48 1434 [ 1887-88 (.76 14 690 684 8 692 246 43 289 5 294 120 11 131 21 21 2(i2 » 262 32 » 32 » ^ lll|* 111 2195 38 2233 \ 1888-89 656 17 673 688 18 706 268 42 310 4 314 124 » 124 15 15 276 276 29 > 29 2 2 13(i| » 13( 2236 39 2275 1 1 Torino (-^) \ 1889-90 502 19 581 668 10 678 223 56 279 11 290 117 17 134 18 18 244 6 250 23 » 23 3 110 » IK 2024 j 63 2087 / 1890-91 .554 33 587 643 4 647 259 48 307 8 315 125 22 147 13 13 203 2 205 30 X 30 3 ;- 167 > 167 2045 09 2144 \ 1891-92 534 5 .5:ì9 644 6 650 * » 296 4 300 127 16 143 16 16 10.3 T 164 .«|. 29 » » » 172 » 172 1981 32 2013 -() oltre 18 studenti iscritti al corso jiolit. ammin. i 1 1 ! h) > 3i_ >, j ./) . 28 » » (1) Non comprende le allieve della Scuola oste- ! trica di Milano. 1 1 (2) Comprende anche le allieve della Scuola 1 ostetrica di Novara. i SEDE DELLE UNIVERSITÀ Giurisprudenza Medicina e Chirurgia Scienze fisiche, matematiche e naturali (esclusa la Scuola di applicazione) Lettere e filosofia Scuola di farmacia Notai e procuratori Chirurgia minore Ostetricia per le levatrici Totale generale j Aspiranti alla Aspiranti al diploma professionale : Kli 1 o in chimica e farmacia ' : 1 ANNI SCOLASTICI 1 lil 1 1 5 il .2 1 1 1 1 ■1 1 •| 3 1 s 1 3 0) 1 1 l |l| 1 llll B ^r 1 ^ o - -• 1 ■o ■s 1 P ^ 1 jS - 1 S .2 1 ^ .2 s s ^ 1 .2 1 ^i« "i" 3 '3n-T 1 5 fì 1 7 1 8 9 1 10 1 11 1 l"-i -nr 14 1 15 1 16 itTisT 19 ^aulIT 1 12^ 23 1 24 1 25 2tì| 27128 29 1 301 31 32 1 3ir| 34 1 II. - Con tre Facoltà e Scuola di Farmacia r iss:-ss (il „ 01 45 „ 45 0 1 7 > 7 y, » » 14 1 15 7 7 » ^ , 2 .j 1.30 1 1.37, \ 1SSS-,S!I 58 2 00 .-58 » 38 5 1 5' > 0 » ,> » » K) » 16 4 4 » » 1 ì 123 1 2.5 1 Caiìmaei ; ISSO-! MI -15 :>> 48 ••56 2 38 (i 1 7 1 8 » y> » » 12 » 12 15 4 19 „ » 2 117 k") 127 1 1SÌ)()-!)1 4:J 1 44 45 » 45 11 1 12' 1 13 » » » » 14 1 15 23 4 27 » > » 3 3 140 147 { 18!)1 -!)•-' (i7 3 70 45 » 45 * * 9| » 9 » » » » 22 » 22 11 3 14 » » » 4 * 4 l(i8 l(i4 f 1SS7-SS (i4 1 05 1()2 * 162 22 2 24: » 24 » » » » 34 l 35 » » 4 » 4 4 » 4 292 204 \ ISSS-S'.I (i8 1 ()9 154 » 154 22 1 23; 1 24 ,> „ >•> 34 1 35 y, y, 4 yy 4 0 (i 280 .3 292 Modena < lSS!)-iM) fio ] 61 173 1 174 1.3 4 17 « 17 » » y. 29 1 30 » y, 3 » 3 0 0 201 3 294 1 1 1S!)(I-'.)1 51 4 55 145 1 146 14 2 16 3 19 » » » y, 32 » 32 » > 1 » 1 11 11 25(1 8 204 [ ISill -!)■,' 5(i 1 57 176 » 170 » » 33 1 34 » » » 27 * 27 1 1 » » » 17 * 17 310 2 312 / 1SS7-SS -!() » 46 93 » 93 21 » 21 » 21 » » » y. 3S » 38 2 2 » » » 23 23 223 yy 223 ì ISSS-S'.I 44 > 44 114 » 114 29 2 31 » 31 » » 2 2 29 » 29 1 * 1 » » » 20 20 247 yy 247 Parma < ISSI) -imi ;ìo » •A'.) 129 » 120 20 5 25 1 26 > » 4 4 24 » 24 1 1 » » » 25 25 247 1 248 i lSi)(l-!)l 4(1 2 42 121 1 122 23 3 26 1 27 » y, 4 4 28 » 28 2 2 » » » 37 37 2.58 4 262 [ ISUl -!)•,' 50 1 51 120 1 i;,() » ■» 28 » 28 » » 4 l 4 27 1 28 4 1 5 » » » 46 46 288 4i 292| III. - Con due Facoltà e Scuola di Farmacia , 1SS7-SS :!() 1 :ì7 48 y> 48 » » » y. ^ > » ^ » 3.3 » 3.3 1 ^ 1 » » » 1 1 119 1 120 l ISSS-S!) 40 » 49 48 1 40 » » » » „ » » „ )» 2.3 » 23 3 ^ 3 » » » » 123 1 124 1 Sass.ìri ; 1SS!)- y, ^ ^ 14 1 15 3 3 )> » » 1 1 117 6 123 1891 -'.)■.' 5, 1 58 58 » 53 » » » » » » > » » 0 » 9 » > » » » » 1 1 120 1 121 ( 1887 -ss 14 y. 44 87 » 87 » » ^ » » » >> ^ >, 1!) 1 20 4 4 5 y, 5 io 10 160 1 170 \ 1888 -Si) 45 > 45 76 70 » » » ^ » , ^ ^ ^ 13 y. 13 2 2 4 y, 4 11 11 151 ^> 151 - SlEN'A ; 188<)-<)() 50 2 52 88 ~ 90 » » » » » » » >> y, 1.". 1 14 3 2 5 5 y, 5 15 15 174 7 181 ì 1SÌ)()-!)1 ()2 o 67 103 8 111 » » » V, » » » ,> y, 17 3 20 3 1 4 y. » 23 23 208 17 225' [ 18!)]-!)- (il ;5 04 07 104 » > > » » » » » ,^ » 18 4 22 4 0 0 » ■» » 24 24 204 16 220 IV. - Con una Facoltà j ( 1887-88 S-.' 11, i);ì » ^ » » » ^ „ j, ^ ^., ^, ,, ^ 9 9 5, yy j. , 91 11 102 i ISSS -SO lIKi 15 l-.^l ,., » > y, » » ^ » ^ ^ ^ ,, ^ y, 7 2 9 j. yy » , 113 17 130 1 j\L\CERATA ( ISSO -0(1 l()(i 107 10 11(1 (i^li:! ; •» : : * : ^ » » » « - » * 8 8 1 3 ■; * l : 114 115 11 12.5 9 124 è 18!)()-0J » l 1801 -!)-J 1:ì() 20, 150 » ■" <• ■•-' >■. » > » » » » » (j 6 » » V. » i;ìo 20 1.5(i TOTALI (1S87-88 477.S 1404910 5343 17 .5: 1! )( ) I25r-,^7:l 1.5-,M 00 15S4 024 37 (iOl 7() 70 1583 17 KiOO 204 ^ 294 28 28 515 515 14700 :ì07 1.5007 1 lSSS-80 4844 1!I7|5041 5480 IOS 5507 1351, ::o7 1 ( i( i 1 73 17.34 047 (>;! 710 00 ", 91 1512 28 1.540 2! Il 7 301 25 25 ()57 072 1.521!) 402! 1.57 11 delle ' ISSO -00 17 18 .'ios .■■,05(; 5555 ' 1" ■5007 l-.^oo :ios 1 ( i5S 121 0!)1 "e 770 !ll IO 104 48 1.501 .;2i 8 332 35 » 35 740 7(i2 1.5301 7:ì5'i(;o:io Universllà Regie f Ì^h"!!! 48 10 :;o5,-,M5 5s:;o ~ 50(i5 120-,';3io 1041 US 175!) 77!) so S5S 03 i:i--'7 72 13!)!) . ;i i5 25 390 14 14 928 932 1.5825 7:'.() 10.555 4S00 .)0(iO .5000 SI 5001) ■' 1 1 S2 40 lS-,>-,^ sol .), !)21 101 101 12 ,..,,:, ;;i:! 14 357 * * 1040 1050 10^21 3!)() lliOll SEDE DELLE UNIVERSITÀ ANNI SCOLASTICI /■■ -UNIVERSITÀ LIBERE Camerino J l" TOTALI delle Università libere TOTALI \ Università regie e libere j 1S,S7- 1 SSS - 1S!)(I- 1S<)1 - ISS'.I. 1890 ■ 1891- 1S8"- ISSS- 1SS7- ISSS- Medicii'-a e Chirurgia Scienze fìsiche, matematiche e naturali (esclusa la Scuola di applicazione) 2 13 3() ò 1» 42 3 j 17 40 7 4 19 41 2 1 23 41 1 , 14 5 » s, 17 ,) » 1 19 0 » 1 21 4 » 4 25 9 » IO 35 49 1 34 51 > S 47 50 il 1 49 54 » ^ 51 58 1 s ^ ^ .") 19 » » s IO » » 7 19 » » ' 18 * » 20 85 100 12 89 98 3 18 99 9(i 9 V3 113 99 •^ 8 117 108 •-;: ' 10(i 5004 544:ì 50 2(1!) 5i;io 5587 111 ::il.s (iOi: * I 16 » 10^ 1 io: 1 lu: 4 8' 267:273 15401 60 370 '307 1677! 74 Lettere B filosofia Scuola di farmacia Notai e procuratori Aspiranti alla laurea in chimica e farmacia § SS 624 37 647 63 Aspiranti al diplc 64 67il 84 !4 1672 :9 1612 2 5 ^ 1 5 » » * 1 1 15 15 » y, 16 » » 7 * 2 * ^ 11 25 1 10 18 2 11 17 3 13 3 7 * ^ 305 53 8 311 43 10 343 52 '28 4o:; 21 17 364 » Ostetricia per le levatrici Totale generale J. N. •^ ISTuLmero cleglt iscntti. {stjzdenti ed nclttoTt) Thegli Tstitziti svipeinoT^i cLzi^tonoTint e nelle Scapole su-per^toi^t OLJvnesse alle JJrttversitct a:%\'%I i>€-OI.A<«TI€l HAI. IMS'V-SS Al> IS»|.BX ^V. 5 — Le cifre per gli anni 1887-88 a 1890-91 sono state ricavate dalle statistiche annuali dell' istruzione superiore: le cifre per Tanno 1891-92 sono state ricavate dal BoUetlino del Ministero della Pub- blica Istruzione del mese di aprile 1892. DENOMINAZIONE DEGLI ISTITI)iTI ANNI SCOLASTICI Medicina Chirurgi Scienze fisiche, mat. e naturali (esclusa la Scuola d'applic.) 18 1 y Lettere e filosofia Us 13|H;I5 111 732S3 A. ì." Regio Istituto Superiore ili Firenze IS'.K)-!)! / 1887-88 ì 188S-S9 v;.° Regia Accademia scientifico-letteraria di Milano ' 1 SS!)-! )0 /lS!)()-01 US!>I-i)2 / 1887-88 Ij 1888-89 1. 1." Regio Istituto tecnico .superiore di .Milano ^889-90 j 1890-91 11891-92 ■1887-88 l,sS8-89 2.° a) R. Scuola d'aiiplieaz. per gli instegneri di Napoli ■ 1889-90 / 1890-91 \ 1891-92 e 1887-88 hsss-Si) I18!)l-!t2 r 1 887-8S \ 1888-89 Torino nss9-iJ0 <18i:)0-91 U891-92 n) oltre 13 studenti e 13 uditori iscritti /') .. 24 ,. IC Illa Sezione di Ifngue )4 108 a) 34 6)42 e) 42 d)òl 0)49 191 204 223 233 237 26.: 2(i3 305 105 116 108 102 101 349 308 324 37(» 7-? ' Medicina e Chirurgia Scienze flsiche, mat. e naturali (esclusa la Scuola d'applic.) Lettere e aiosofia Scuola di farmacia Scuola d'applica- zione per gli ingegneri Agraria Procura- tori e notai Ostotri- u Veterinaria Totale generale DENOMINAZIONE DEGLI ISTITUTI j - 1 ANNI SCOLASTICI | i 1 o 1 1 II 1 1 1 .2 S e in I ili 13 1 14,16 t l 1 1 1 1 ■s i ì 1 ■'SI29|:;0 ile: 1 ._ a; 1 i ! l 1 » i 131 4 i. 16 1 7 18 1 9 1 10 Ili 1- li» -'(Il 'Jl l'i 'iil-MI :.'.512f.l-7 :u 1 3.5 1 31-, ■M I3X, 39 1 I i88:->ss 1888-Si) B. 3.° a) R. Scuola d'applicaz. per gli ingegii. ,li Bologna ■ 1889-90 ' 1891-92 / 1887-88 1888-89 h) M. ili. i,:I. ,li Pai.ova 188I'-90 / 1890-91 \ 1891-92 / 1887-88 k 1888-89 f) 1,1. ili. ili. lliPAI,I■:I;Mo)18^9-90 i 1890-91 ' 1891-92 , 1887-88 ì 18S8-89 4.° fl) I. corso della R. Stuoia d'applk-az. nella K. Unjvewlinli •■knoVA / 18Si)-!:0 il 8! 10-91 U891-92 / 1887-88 ì 1 888-89 b) Id. id. id. di Pavia n8Si)-9() h8'.)0-i)l n 89 1-92 ( 1887-88 U 888-89 e) Id. id. id. di Pisa (1889-90 I18iin-<)1 II 80 1-92 nàs7-88 \ ■ S8N-89 C. Regia Scuola Agraria nella R. Università di Pisa (1889-90 f 1890-91 n 89 1-92 > - '> * » » 1 » !* > ^ » » >> * » lì 1 » » » " ; X III * 133 li? 15^ 149 104 99 129 154 150 00 59 7(-) 19 10 13 15 11 12 21 16 23 30 17 15 14 3 4 * 133 120 141 152 149 104 99 129 154 1.56 60 59 73 76 19 10 13 15 11 12 21 16 23 30 17 15 14 4 63 54 73 74 77 » »_ 5 * » (i3 59 Si) 82 IV. li l » * * » » * * i IL [ » » » » IL l » » » » »'» » » Vr * '£■ : i * » * 133 » 120 ■> 141 » 152 » 1491» 104 » 99 » 129!» 154 » 1.5(:i » (iO » 59 » 73 » 76 » 19|. 10 »> 13 » 12 » 21 » 16 » 23 » 30 V 17; » i5Ì: 14' » 4 » 63 . 54 5 73: » 7415 77; 5 i 133 120 141 1.52 149 104; <)9| 129: 1.54 1.5C, 00 .59 7.3 76 19: 10 13 15 11 12 21 16 23 30 17 15 14 3 4 03 59 73 89' 82 Medicina Chirurgia DENOMINAZIONE DEGLI ISTITUTI ANNI SCOLASTICI Scienze fisiche, mat. e naturali (esclusa la Scuola d'applic.) 10 r I 1=1 H Scuola d'applic£ zione per gli ingegneri D. 1.° a) R. Scuola di nierlioina veterinaria di Mil. ^." ") R. Stuoia (li medicina veterinaria nella R. Università di C) Id. d) Id. 1SS7-88 1888-89 1889-ilO 1890-91 1801-92 1S87-8S 1888-89 1889-90 1890-91 1891-92 1S87-SS 1888-89 ISSO-! HI 1889- 1890- 1887- 1888- 1887- 1888- 1889- 1890- 1801- 1887- 1 888- 1889- 1 890- 1891- , I: j » 00 » Ò8 >;» » 54 » 02 »„ » 58 » .) '» 141 ) » '» 1-20' ■' IVS >..> « loDi > .) » Ò6 )■■» » 60 ) » ') 44 ) » » 45 ) » » 46J » 80 » 82 » 82 ) » » 89 Y' .) 92 » 25 )'» » 18 )ii) .. 14 .) 18 i> 17 )|i> » -57 >>, .. 23 » 24 ) « » 27 > » » 25 « .. 15 \" » 8 1,) » S' » 14 1 « 14 DENOMINAZIONE DEGLI ISTITUTI ANNI SCOLASTICI / 1S87-SS 11888-S9 I). 3." a) Stnola di medicina velerinaria nella Univer. Illjera di Cameein'o < 1SS9-00 / 1887-S8 U 888-89 cIÌPerigia < 1889-90 11890-91 l 1891-92 Univei-sitaria annessa al R. Lifeo di Aqii ■1887-88 i 1888-89 11890-9 1891-92 Ì 1888-89 1889-90 1890-91 1891-9_' !1887-8^ 1888-8! 1889-90 1890-91 1891-92 , ISfT-Ss \ lS,s,^-S9 TOTALI ,18S! Medicina Chirurgia Scienze fisiche, mat. e naturali (esclusa la Scuola d'applic.) 120 14 140 l:!7 Id'lòl Lettere e filosofia III '& 13|14;15 Scuola d'applic «ione per gì ingegneri m:;ii 1.-i4 Kili 9 1 I4S' 9 1 12Ì» 12 111» l 15|» 15 Totale generale li I tj? 3!»l 3 4|»! 4 17i,> 12|>) 13 » 16 17!» 12 » 12 , 422 1 » 422 4OO;10:41( 2431 2414 .'.".44 ^700 ;499 N. 3 JSfxvnxero degli iscTzttt {stTLclenti ed jxditoT^t) nelle UrviveTsttcL e rteglt Istitixtt di Istriz- ztorue sTtperzoT^e AlVlil SCOLASTICI DAI. ISt^V-Hl!) AI. IS»|.»S X B. — Le notizie per gli anni 1887-88 al 1890-91 sono state ricavate dalle statistiche annuali dell'istruzione superiore ; le cifre per l'anno 1891-92 sono state ricavate dal Bollettino del Ministero della Pub- blica Istruzione del mese di aprile 1892. sede dell'università dell'istituto AlsTlTO Ì83-7-3 3 ANNO lass-ag A.lfiN O 1339-90 ANlSrO 1S90-91 j^KTlSrO 1331-32 N l- .11 i; R n DEGLI ISCRITTI NUMERO DEGLI ISCRITTI NUMERO DEGLI ISCRITTI NUMERO DEGLI ISCRITTI NUMERO DEGLI ISCRITTI [ n.ll.. F.ic„ll:, „..L-li iatitoli e „ell.. ,.llr. .^i't'i"oda"Sm''e.ma"nell.' .stess» sede Totale n.-ll,. Facoltà . n. 11,. 'Icole e negli htital, e nelle altre alcole annesse alle Unner- ^te5sx sede Totale ,,. n,:-ll,., Sc,i,d,! negli Istituti e nelle altre Totale nelle Facoltà e nelle Scuole di farmacia ed ostetrica negli Istituti e nelle altre sitrodTv.tóSme.maTe'lU stessa sede Totale nelle Faeoltit di farmacia ed ostetricia S Istituti e nelle altre e annesse alle Univer- d autonome, ma nella stessa sede Totale pw gli ingegneri 0 Scuole '''tt'" 0 Scuole ed pcf gli ingegneri 'ol'lolT Scuola d'ap- plicazione pergU, ingegneri altri Istituii ,d-,n- altri Istituti 0 Scuole o„tetne,a ingegneri Ih 1 ili i 1 1 1 s i j 1 j 1 1 1 1 ,5 s 1 1 1 1 1 i 1 g 1 1 3 ì 1 1 s 1 ì 1 1 1 1 1 '-^ 1 3 1 1 1 s 1 1 liÌ 1 1 i 3 1 1 1 1 1 1 3 i li!I 1 ■J 3 1 i 5 |li| 7 « l'MIO Il 1 I.I 13 14 ,151 16 17 1 181 19 20 2112. 23 . 24 1 25 20 1 27 1 28 29 1 301 31 32 1 331 31 35 1 36 1 37 38 1 39 1 40 41 1 4-1 43 44 14.514.-, 47 1 48 1 4.J 50 1 51 1 52 56 ! 57 1 .58 59 160 161 A - R. Università e R. Istituti 1 1 1 1 j ! i "< 1 , ! ! Ii..Lu«NA (4 I-a,;oli;. univ.) Genova (id.) Messina (id.) Nai.„i.i (id.) PA1...VA (id.) Pammoi.. (i.l.) J'AVIA (id.) ) 11(17 is'l 1-3.-. IS.'^ » rsR '^« ' 13S vqR ì^_ moii rn l" 1209 12f 120 IS? isr 1400 ."■)4 '■^'l- 1107 'i'n 122,5 141 141 183 TI 2 185 1491 'l'n 1551 1147 .39 11 Sii 1.52 ' 1.52 wr 2 189 10 — 1486 41 1.527 5S' 1120 -1 1 21 1141 149 . 149 180 2' 182 1449 "q 'o'."' Pisa (id.) H..MA (id.) li,' '. Ili:, ;, ;; •'l lll'- IIK !ii IT i:' ' ^ :;' :■,:: ,' ■ ,,' ':':] '' ' ','"',' 51 153,5 1 Casuari (3 Facoltà imiv.) Modena (id.) Parma (id.) 1 SAS.SARI (2 Facoltà univ.) .SlKNA (id.) -Macerata (1 Facoltà univ.) II. l-^-\ 1 1-S 284' 2 2SI1 11- l' 118 UO 1| 1.51 salii! 93 i ; ; il » 1 ì ' 1 KiU 91 T- Hill 1,-, lil : n 2 17 123 113 1 n 151 130 ,v,i 1.5Ì 106 .■5 10 1.50 116 ; \ 324 " 180 36 34 3 23 1 T 25 9 114 U ,■-,■, -Jlii 132 113 181 182 125 107 i; 16 ''l'i: no 198 113 l l i 'ì 1 3 27 U 117 '9 223 124 119 176 130 14 •20 150 l l l 1 : - 1 30 6 136 4 1 24::;s 131 220 156 [••iRENZK Milano :;:i7 14 ri v.n 1 :ii!« .■37 60 l .37 m 434 394 14 448 9 403 408 If! I(i2 0 424 168 202 'g 204 35 .-,3 ; 40 443 417 21 8 464 425 385 182 14 3 399 185 223 223 43 54 5 48 54 428 459 10 447 361 402 199 0 9 .367 208 230 "a 233 f 9 53 02 40 401 15 12 419 379 503 189 9 5 194 2:37 : 237 41 1 42 58 420 484 ■; 430 489 i; - Università libere ! ! 1 '■ - Scuole Universitarie annesse ',111 11 UH i:i I.-, .-.s ' ■^ 17 . 17 12 . 12 .31). 30 3.-, . 35 19 1211 4 87 . 49 Il 131 71)' 4i; 1 101 2 44, 0 84 42 '"' l ; ; s 41 29 10 41 411 142 73 1 13 ■1 so À -,35 15 1 11 42 113 * > ' 10 12 45 40 2 12 47 43 92 53 147 15 13 13 107 54 160 88 82 41 117 37 7 4 13 4.5 123 50 » ; •J! . 48 » 42 3 8 1 12 01 11 5- 56 165 43 70 4 14 10 5' 9: 49 1.36 37 7 89 57 143 33 ; l 6 15 45 7 2 li 15 52 38 93 64 181 63 4 1011 195 ■ ai R. Licei Bari Catanzaro i: .. IT li; .. Ili '■■ '■ HI III III III 1 ?I 19 J 20 10 11 ' 1.5 U 14 J ' l'i 14 21 21 17 14 II ' 17 14 • '• » IS 26 13 * 18 35 26 40 13 24 ; 35 15 40 11 24 24 '^ 11 24 • ;; ; 3^ 17 1 12 32 17 1 II '1 27 43 11 2^ 21 * 11 2» . ^ » 13 24 10 13 24 16 22 44 40 2 24 41 40 IL BEGGOFRUSOKE N-EJL, TERRITORIO VEROlsriIlSE DEL s. c. FRANCESCO CIPOLLA Il l)eccotVi5soiie {Ampelis garrulus L : Bortibycilla gar- rula Temili) è specie molto rara in Italia. A, Bonomi, nel 1889, scriveva (i) : « Capita di rado, tanto che io non potei paranco vederlo. Al Ferdinandeo esiste un maschio ucciso presso Bolzano (1847) e uno colto a Bressanone. » Solo per eccezione si è, qualche volta, fatto vedere numeroso. E. H. Gig-lioli ("^) scrive : « Al dire del Salvadori, questa specie giunge quasi ogni anno, durante l'invenuj, nell'Italia settentrionale : geiieraluiente però capita in discreto nu- mero a lunghi intervalli, e sempre nella stagione fredda. » E (ìaetano Perini (3): « Questa bellissima e rarissima spe- cie dimora, durante la state, nelle parti orientali del nord d'Europa, e nell' Asia settentrionale. Negli inverni assai fi'eddi, di tratto in tratto, si mostra anche tra noi : in al- cuni anni in gran numero, in alcuni altri scarsamente, e talora non se ne vede, per molti di seguito, nemmeno un individuo.» Una di queste eccezionali comparse fu segnalata (1) Nuove contribuzioni alla Avifauna tridentina. Rovereto, 1889. pag. 17. (2) Avifauna italica. Firenze, 1880, pag-. 170. (3) Ornitologia Veronese, nelle : « Memorie deirAccademia di A- gricoltura Arti e Commercio di Verona » Voi. LI; XI della Serie 11, F'asc. I. Verona, 1873, pag. lOG. T. IV, S. VII 57 (848) [2] la fine della serie di osservazioni fatte col vecchio micro- metro a larghe lamine applicato all'equatoriale Derabowski dieci anni addietro (i). Incominciai ad adoperare il nuovo micrometro il 25 maggio 1892, dapprima con vane ricer- che dei pianetini [287) Nephthys {^) e {165) Loreley su effemeridi dei valenti calcolatori di Berlino Berberich e Lange, poscia con fruttuose osservazioni di Polyhymnia e Sylvia come sono raccolte nel quadro IL Dopo queste prime osservazioni il micrometro venne tolto dal Dembowski per essere ancora una volta ritoccato dal meccanico ed ebbe })Oscia la sua collocazione definitiva il 7 giugno. A quell'epoca avrei dovuto accingermi all'osservazione della bella Cometa 1892 I, scoperta da Swift il 6 marzo a Rochester negli Stati Uniti, che dicevasi allora visibile ad occhio nudo, ma sfortunatamente, dal momento della sua apparizione in avanti, essa occupava in cielo, nelle ore not- turne, tal regione di nord-est che al Dembowski rimase occultata da oggetti terrestri. Solo il 20 di giugno riuscii a vederla fuori degli ostacoli ma tanto poco prima dell'au- rora che, illuminandosi il cielo, essa tornava presto invi- sibile. Tuttavia essendo molto risplendente si lasciava pun- tare anche nell'alba e potei osservarla come nel quadro III. Nelle notti dedicate a questa cometa, mentre stava atten- dendo che il moto diurno della sfera celeste me la por- tasse sulla visuale libera, cercai invano i pianetini {304) Olga, allora ritrovato da Palisa, e {118) Peitho raccoman- datomi dal prof. Luther, ma ritrovai ed osservai Elektra come nel quadro IV. Giunta la metà di luglio abbandonai provvisoriamente le comete (ed i pianetini) per attendere alle osservazioni di Marte, le quali, nella circostanza della sua opposizione. (1) Nelle mie Osserv. Astr. pubblicate negli Atti, serie VI tomo II, marzo 1884, le osservazioni di Cometa 1883 I, sono le prime della serie. (2) Nephthys fu cercato vanamente anche nel novembre 1889. Atti serie VII, tomo I. Osserv. Astr. 1889. [8] (849) erano state raccomandate con una circolare rial dott. Lohse asti'onomo di Potsdam. Ripigliai le osservazioni di comete in novembre quando veniva scoperta la 1892 III da Holmes a Londra. Questa fu splendente quanto la I ma più singolare per il suo rapido affievolirsi e pel suo ravvivarsi dopo quasi due mesi. Io la osservai finché potei, tanto nel primo, quanto nel suo secondo {ìcriodo di visibilità nel Dembowski, e precisamente come apparisce nei quadri V e VI. Oltre a questa cometa ne furono scoperte, nel 1; (>i oj 1 1 1 1 1 1 <1 Oi Ci — — 'Xì OC' lO .e IO IO -!- -* ce 00 oc 00 oc 00 o d d o d o c> IO • — ira 6^ \Ì ^l?^^ ^-^ ^^S «o + :++ <] (^ o> — — ' i— t^ o a-.: ci ci ai a^ a^ ^^^^^^^ a, oi (>ì co C^ "* lO —Ci-. IO IO « ^00X0 03 2 .j ^o:i'i^oo o gÌ82^^"^ . -<*' • co i^ • • -od -cd^ • * co ■ ^ o( ■ • ^l- * lO '^ ' [ 1 : M : : f:g5JòSt2?2 a ^.ooocc-^ ò iT: ;^ — — ^ oc 00 - o ■^O: C-v » 00 00 00 — 1 — . 7> OJ -* ■* 1 < -2 2 e & o •- o ci bn f-.o '2 e ^ e so rt .„ o o N bfi tì F .-> e o — <>H -?; r3 .d co ->( lO 2:^g °— cooo ■^ ■^ co co +++ ^ t-ocr- 1 8 52 3 58 8 31 g £ ?. "§ nS ^V^ ^ =S Or-( r- <^ ^> r- «D 1 ^ lOOO «^ oòt-^r-^ ■i xO q o COlO '^ ^ ^C-. — 'T ^ 4+4- — co Ci 'i» ir o "031; od (854) [8] • — C^3 d v"^. 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PIETRO F. CASTELLINO i- w -s Continuando gli studj da Maragiiano e da me intra- presi da lungo tempo .sulla Fisiopatologia del sangue, men- tre ero intento ad alcune indagini sulla contrattibilità dei globuli bianchi sottoposti a vaiie temperature ed all'azione di diiTerenti reagenti, e sulle modificazioni fisico-chimiche del protoplasma nei diversi periodi della sua attività, stu- diate in un numero grande di affezioni morbose, alla stre- gua dei metodi da noi, nella Clinica di Genova, applicati sempre in ricerche consimili — mi accadde nell'attingere il sangue da un coniglio, cui preventivamente (30^-35'') avevo iniettato nel sangue delle sostanze finamente sospese (carminio-tornasole) in una soluzione sodica indifferente sterilizzata, di trovare fortemente scemato il numero degli elementi ameboidi. Ritornando di nuovo, dopo alcuni altri minuti (20^- 40'), ad un' altra numerazione osservai che la quantità dei fagociti era ancjra maggiormente diminuita ; cosichè, via via che ripetevo successivamente la valutazione numerica di questi elementi morfologici, riscontravo una loro progressiva scomparsa dal circolo, fino al punto da nuuici'ariio iiogli ultimi esami (dopo cioè 4-6 ore) solo pijcliissinii. Questo fatto, abbastanza in vero sorprendente, fino allora ignorato e di non facile ed immediata spiegazione, non poteva che interessarmi in modo assai vivo, cosi che cominciai a studiarlo dettagliatamente in tutti i suoi parti- colari, sia ripetendo ad animali la stessa iniezione di car- minio e tornasole, sia mescolando, nella celletta capillare, queste sostanze a del sangue sano e fornito nella misura fisiologica di globuli bianchi. Questo secondo esperimento — che a tutta prima po- trebbe sembrare ozioso — doveva a mio pai-ere stabilirsi per escludere il dubbio, allora sortomi, e d'altronde troppo logico e naturale perchè io lo difenda, che i materiali di cui usavo contenessero delle impurità dannose, e tali che costituissero dei veri veleni protoplasmatici cosi da deter- minarmi quella sorprendente leucolisi — o meglio diminu- zione delle cellule mono e polinucleari. In alcuni studj fatti in collaborazione col D/ Accame (*) avevo potuto persuadermi che i granuli di carminio come di tornasole e del bleu di chinolina — che nelle indagini attuali fu })ure da me (lualche volta negli ultimi esperi- menti adoperato — non hanno nessuna azione sul proto- plasma, anche quando ne vengono inglobati e che solo vi si sciolgono e lo colorano allorché la necrobiosi di questi elementi si trova in un periodo avanzato. Questa ipoglobulia adunque poteva dipendere da impu- rità di quelle tali sostanze che avevo iniettato. Ma anche questo dubbio scomparve in seguito alle prime osservazioni dirette eseguite colla camera calda e dopo la scoperta di un altro fenomeno. Infatti coir esame diretto delle modificazioni del proto- (1) Castellino e Accame, Alcune osservazioni sui [/lobuli bianchi del sangue. «Gaz. Ospit. » 1891. plasma di fronte alle sostanze in (iiiestione mi potei convin- cere che i leucociti non subivano dal contatto di esse alcuna alterazione. In quanto poi al fenomeno nuovo cui ho testò accennato, e che nelle prime osservazioni mi era sfuggito, ecco in che cosa consisteva. Invece di attendere 30^-35^ ad iniziare le numerazioni decisi di valutare subito la quantità dei leucociti appena iniettati i liquidi ; cosi mi venne dato di rilevare che lungi dal diminuire questi elementi mono- e polinucleari in primo tempo (cioè dopo circa 7' a 10'), erano ora più ora meno considerevolmente aumentati. Con questo nuovo dato come poter dubitare di una ipoglobulia per leucolisi ? Evidentemente non era da questa parte la solu- zione del quesito. Questi due fenomeni : leucocitosi, ipoleucocitemia, do- vevano far pensare allora ad un'altra ipotesi, dalle ricer- che moderne molto avvalorata e di una importanza grande e riconosciuta : e cioè che questi fatti fossero dipendenti dalla proprietà fagocitarla dei corpuscoli bianchi. Ma neppur questa ipotesi risolveva ancora la questione completamente. Intanto però, colle conoscenze che oggi possediamo intorno a tale dottrina, si cominciava a poter spiegare su- bito r aumento dei globuli bianchi come una reazione chi- miotassica positiva. Dalle ultime ricerche di Leber, Pfeffer, Lubarsch, Metchnikoff, Stange, Sawtcenko, Stahl, Peckelharing, Ga- britchewsky, Massart e Bordet, Buchner, Lange, Roemer ed altri, si sa che fra i globuli bianchi ve ne sono molti dotati di una estrema irritabilità, per la quale il loro pro- toplasma è suscettibile di subire una attrazione a distanza e portarsi sul punto donde questa attrazione parte, anche quando — come ha dimostrato pel primo Leber — vi si interpongano vivissimi ostacoli. Ora sapendo quale grande quantità di leucociti si espanda dal sangue nelle maglie del tessuto connettivo è facile pure, coli' aiuto di questa T. IV, S. VII 59 (878) [4] aziono chimiotassica, spiegarsi il considerevole afflusso e ri- torno loro sul circolo. Che del resto il carminio ed il tornasole spieghino questa attrazione sui leucociti lo ha molto bene provato Weisse, lo si può dimostrare con un esperimento già diven- tato popolare. Dopo aver diviso in due, secondo 1' asse longitudinale, un piccolo cilindrettino di midollo di sambuco e depositato questa polvere in un cui di sacco praticato nel centro di que- ste due sezioni coli' esportare un po' di sostanza, si accollano strettamente i due tagli e si introduce il cilindretto nel c:)nnettivo o peritoneo del coniglio o nel sacco dorsale della rana. Dopo 8-10 ore nelle maglie della midolla si trovano una quantità cospicua di leucociti che si sono portati ad inglobare i granuli abbandonati. Sono quasi tutti leucociti polinucleari (90 %). Meglio ancora si può procedere serven- dosi di due capillari sottilissimi fusi ad una delle loro estre- mità. Uno lo si introduce cosi vuoto com' è nell' animale, r altro invece lo si introduce dopo avervi versato dentro una modica quantità del liquido in esame. Trascorse molte ore si estraggono i due vetrini e si osserva che nel primo non vi è che assai pochi globuli bianchi e qualche rosso, nell'altro invece se ne sono introdotti moltissimi. Ammessa adunque questa leucocitosi per attrazione chimiotassica restava però ad intendere e spiegarci il fatto successivo e certo assai più interessante, quello della scom- parsa degli elementi corpuscolari bianchi. Wyssokowitsch ha hato a riguardo della scomparsa dei batterj dall' organismo, una spiegazione che potrebbe tornare al caso nostro. Secondo questo A. i batterj che si iniettano in circolo sono arrestati da due grandi filtri che costituiscono cosi gli organi epuratorj per eccellenza della economia : il fegato e la milza. Egli avrebbe infatti trovato colà inglobati que' batterj che aveva iniettato nel circolo e da cui li aveva veduti scomparire. Del resto questa proprietà della milza e delle cellule [5] (STO) endoteliali dui fegato di arrestare le .sostanze impuri del sangue è un fatto che mentre riceve dalle indagini di Wyssokowitscli nuova sanzione, era già stata intuita e di- mostrata da Pontìck, Meyei-, Miiller, Hoffmann, Langhern- haus, Asch, Siebel ecc Questo fatto deve esser inteso mercè l'intervento di due fattori : la spiccata, cioè, azione fagocitarla delle cellule endoteliali del fegato, delle cellule della polpa della milza — e la lentezza della corrente di entrambi questi organi. Dunque, tutto sommato, noi possiamo ritenere che la iniezione in circolo di sostanze finamente sospese determina rapidamente nell' individuo sano una leucocitosi per attra- zione chimiotassica, chimiotassia che permette all'organismo di arricchirsi di quegli elementi che colla loro proprietà ameboide e fagocitaria isolano dette sostanze eterogenee, le trasportano fuori del circolo, probabilmente per depositarle in organi epuratorj quali il fegato e la milza. Abbiamo detto prohabilmente perchè se tale interpretazione non aveva nulla di impossibile era allora tutt' altro che defini- tivamente provata, avendo solo più tardi il Werigo dimo- strato pel primo in modo evidentissimo questo fatto. In ogni modo siccome per la nostra tesi, che verremo spiegan- do, il destino di questi leucociti ci interessava fino ad un certo punto, non vi insistemmo oltre, né cercammo di rin- tracciarlo. Una cosa essenzialmente a noi premeva stabilire. E cioè se i fagociti (poiché le numerazioni fatte ci avevano rilevato essere solo questa varietà di leucociti che veniva a mancare) scomparsi dal circolo, non si trovassero rifu- giati in qualche ascoso territorio della rete vasale e di là pronti ad accorrere ad una nuova inquinazione. Il mezzo per rispondere a tale quesito mi parve di averlo rinvenuto e lo esporrò in seguito. Quando dopo varj tentativi giunsi adunque a stabilire una opinione a tale riguardo ed a {)rovare in modo assoluto che davvero 1' organismo non si trova più fornito, in (880) [6] quel momento, di fagociti liberi nella circolazione, una do- manda spontanea subito si presentò a me : Se è vero che queste cellule ameboidi, come abbiamo veduto, cosi sensi- bili e vigili costituiscono il principale elemento di difesa dell'organismo dall'assalto anche dei germi patogeni, l'indi- viduo in questo istante è disarmato ed alla mercè di qualun- que nemico. Se cosi è, basterà la introduzione di que' batterj die normalmente esso è capace di debellare perchè ora in- vece ne soccomba. Un esperimento clie io istituii tosto corri- spose perfettamente e tanto ch'io ne scrissi subito (ai primi di luglio 1892) al Prof. Metchnikoff a Parigi. Le mie espe- rienze si trovavano ad uno stato assai rudimentale, ma prinuT, di occuparmi ad estenderle volevo sapere da chi è così profondamente versato in tali dottrine e che altre volte mi aveva dato prove di una squisita cortesia, se anzitutto quelle indagini avevano qualche interesse e meritassero di venire continuate e nel caso favorevole se l'indirizzo scelto era il giusto. Essendo Egli assente da Parigi la mia lettera frap- pose qualche tempo a pervenirgli, cosichè io ebbi la rispo- sta solo ai primi di Agosto. In questo intervallo ecco che con mia grande sorpresa comparve negli Annales di Pasteur un lavoro molto ben con- dotto del Werigo (*) intorno alla diminuzione dei leucociti in seguito alla iniezione di batterj e loro prodotti ed a polveri inerti, ed al deposito loro nel fegato e nella milza. Dopo questa pubblicazione, d' una coincidenza sorprendente coi miei esperimenti, a me non restava che abbandonare il mio lavoro di già iniziato ed in qualche punto risolto ; ed a questa determinazione sarei giunto, se i consigli e gli inco- raggiamenti dell' Illustre Naturalista russo non m' avessero spronato a continuarle dichiarandole : très intèressants et parfaitemeni dignes d' ótre poublióes. (1) Les glohules blancs comme protecteurs du sang. « Annales du Pasteur», tom. VI, n.° VII. [7] (881) Siccome nella esposizione delle mie ricerche dovevo necessariamente rifei'ire il metodo con cui avevo elimi- nato i leucociti dall' organismo, ho voluto, con una testi- monianza di tanto valore, provare che la stessa osservazione avevo fatto anch' io prima che il lavoro dell'egregio Autore fi-ancese fosse stato pubblicato. Ed ora prima di venire alla esposizione di quanto ho rilevato, mi sia lecito di ringraziare anzitutto il prof. E. Metchnikoff di tutti i preziosi consigli largitimi a proposito della tecnica e delle interpretazioni dei fatti da me osservati; il Prof. Pietro Canalis direttore dell'Istituto d'Igiene alla Università di Genova per le molte indicazioni sommini- stratemi e di cui ho fatto tesoro; il Prof. De Giovanni ed il Prof. Bonome per la ospitalità larga e cortese con cui mi hanno accolto a lavorare nel loro Istituto. L' iniezione endovenosa e sottocutanea dì polveri inerti determina in primo tempo una modica leucocitosi, successivamente un' ipoleucocitemia. Nel 1891 io cominciavo la relazione di alcune ricer- che mie e di Accame intorno ai globuli bianchi (Gaz. Osp. N. 66, Op. cit.) con queste parole : « Esistono nel sangue umano numerose varietà di leu- » cociti. I caratteri per cui maggiormente si differenziano » gli uni dagli altri sono: I.° La dimensione del globulo 2.** L' aspetto del protoplasma 3." La reazione del protoplasma 4.° Il numero dei nuclei 5.** L' aspetto e forma dei nuclei. (8S2) [8] « Infatti noi usserviamu nei .sanyiie leucociti a proto- » plasma indifferenziato, omogeneo, a granuli finissimi e » tutti eguali (leucocito pulverulento di Sappey), del dia- » metro fra 7 e 9 [jl ; — ne osserviamo altri a diametro » maggiore, a protoplasma grossolanamente granuloso, con » 0 senza nuclei ; — osserviamo leucociti il cui protoplasma > a seconda dei varj stati morbosi presenta reazioni cromo- » chimiche differenti. Ne osserviamo ancora con nuclei a » vario diametro e forma ; — e finalmente leucociti dotati » di movimenti ameboidi vivacissimi ed altri affatto » inerti. » Dopo due anni di uno studio continuato insistente- mente sul sangue, confesso che non saprei ritoccare in nulla quanto allora riferivo e che non saprei del pari con meno parole esprimere tutta la grande varietà delle cellule bianche circolanti nel sangue. Oggi che lo studio minuzioso del sangue si è cosi ra- pidamente imposto e tanto favore ed interesse ha conqui- stato, le ricerche sui leucociti si sono in modo tale estese che anche a questo riguardo, cioè della classificazione dei glol)uli bianchi, si è raccolta una ricca bibliografia. Sic- come il dovere riferire, anco in succinto, come oggi si trovi tale questione esorbiterebbe troppo dagli intenti del mio laA'oro, mi limiterò solo a citare in modo brevissimo la clas- sificazione di alcuni autori, certamente i più autorevoli in questo argomento. Il Bizzozero distingue i globuli bianchi in leucociti piccoli del diametro presso a poco eguale a quello delle emasie (15-25 %) ; in leucociti di diametro maggiore ed a protoplasma finamente granuloso (58-66 %) ; in leucociti dello stesso diameti^o ma con protoplasma a grossi gra- nuli (13-15 %). (1) (1) Dichiariamo che questa classificazione è tolta da una raccolta di lezioni di istologia tenute dall' illustre A. e stenografate e pubblicate da studenti. [9] (883) Hayem, Schiiltz, Renani classificano i leucociti in 4 specie : I. cellule piccole rotonde con grande nucleo e pic- colo strato sottile, non contrattile, di protoplasma IL cellule alquanto più grandi delle precedenti con protoplasma pallido, contrattile IH. cellule rotonde fortemente rifrangenti con pro- toplasma contrattile più o meno granuloso IV. cellule simili alle precedenti, ma provvedute di granuli risplendenti o nericcii, ma a protoplasma dotato di molto deboli movimenti ameboidi. Il Rieder adotta la classificazione di Hayem come la più corretta e più semplice perchè nelle forme N. I sono distinti i piccoli linfociti, nel II i grandi mononucleari, nel HI i soli nucleari (II e IH fagociti) ; nel IV le cellule eosinofile. Elirlich divide i globuli ])ianchi in 1.° — linfociti piccoli a diametro di 0 Va - 7 |jl, con nu- cleo voluminoso 2.° — linfociti più grandi 3.° — in cellule grosse rotonde provviste di nucleo vo- luminoso 4.° — in cellule mononucleate grandissime con largo strato di protoplasma attorno al nucleo 5.** — in cellule un po' minori di diametro, ma poli- nucleate. 6.° — in cellule di passaggio fra queste due forme. Questa di Ehrlich è la classificazione, senza dubbio, più dettagliata da parte della morfologia ed è quella che si vede più citata ed usata. Ha però il difetto, secondo noi, di essere troppo minuziosa e quindi non pratica e di non preoccuparsi a rilevare quali di questi leucociti sono forniti, ed in (juale misura, di processi ameboidi. Secondo Metchnikoff la distinzione deve anzitutto pro- nunciarsi a})punt() sulla proprietà di locomozione dei .globuli bianchi. Quindi egli separa nettamente i linfociti dai leuco- (884) [10] citi pr()i)i'i;uiiente detti u iugociti. 1 jjriiiii .sono privi di processi ameboidi — dotati invece ne sono alcuni degli altri. I linfocUi sono elementi mononucleari con scarso pro- toplasma privo di })rocessi ameboidi, disposto a mo' di sot- tile anello attorno al nucleo l'elativamente molto grande e colorabile intensamente coi colori basici di anilina, in quella vece che lo è assai poco il protoplasma della cellula. Leuco- citi mononucleari con un nucleo rotondo od ovale od anche a forma di rene o falciato. Sono dotati di movimenti ame- boidi pronunciati. La differenza di colorazione fra nucleo e protoplasma è meno distinta che nei precedenti. Leuco- citi eosinofìli di Ehrlich, generalmente ad un solo nucleo ma assai di frequenti lobato, suddiviso ed irregolare. Essi non hanno mai movimenti ameboidi. Leucociti poUnuclem'i ad un sol nucleo, ma diviso in più lobi tutti trattenuti da filamenti o nettamente separati fra di loro. Il loro proto- plasma è neutrofilo ed è dotato di movimenti più energici di tutti gli altri. Siccome essi sono i più numerosi nell'uomo, rappresentando i tre quarti delle cellule bianche, costitui- scono i fattori più importanti della fagocitosi. Il loro protoplasma si lascia tingere indifferentemente tanto dai colori acidi che dai basici. Lowit ha trovato le cellule mononucleari essere nella proporzione di 20-30 % ; mentre 80-70 % le cellule mono- nucleari polimorfe e polinucleari. Ehrlich ed Einhorn le prime 25 %, le seconde 75 %. Gràber 24 % le mononucleari, 76 % le polinucleari. Hayem 25 % le mononucleari, 77 % le polinucleari. Ouskow 18 % le mononucleari, 82 % le polinucleari. Tutti questi autori tengono pur conto della cifra per- centuale delle cellule eosinofile. Siccome colla denomina- zione di mononucleari intendono i linfociti, ed alle cellule eosinofile son tutti concordi a negare ogni attività proto- plasmatica, noi per semplificare le cifre abbiamo addossato le cellule d' Erhlich alle prime. Esse però nei sangue sano non costituiscono che il 6-7 %. [11] (885) In una Memoria presentata al Congresso Medico Ita- liano del 1891 intorno alla Necrobiosi dei globuli bianchi, avevo stabilito una classificazione dei globuli bianchi del sangue umano fisiologico basata su criterj morfologici e suir attività protoplasmatica. La riferisco tal quale: « Forme a (i) globulo liianco — il meno adulto — co- stituiti) da un leucocita di colore ì)ianchiccio, pallido, ri- frangente la luce, di diametro di [a 5-6, a protoplasma quasi omogeneu (ob. Vis X oc. Ili Zeis), di forma globosa, a mar- gini regolari, non molto spiccati, a membrana prodotta da ispessimento del protoplasma, trasparente, sottile, amorfa ; non dotato di movimenti protoplasmatici, solo oscillatorj, resistente alle sostanze coloranti Alcuni autori avreb- l)ero osservato anche in questi leucociti già dei movimenti ameboidi Dalle nostre ricerche questa presenza si ri- scontrerebbe in elementi più adulti. » Sulla grandezza del loro nucleo ecco che cosa scriveva- mo nella relazione delle ricerche, già citate, fatte insieme ad Accame : « Se il globulo bianco appartiene ad individui con sangue in tristi condizioni e viene per di più immerso in un mezzo non opportuno, noi possiamo vedere in (juei rari globuli a protoplasma ancora omogeneo subito scindersi questa massa omogenea ed apparire il nucleo. Le dimen- sioni del corpuscolo sono affatto invariate, il suo diametro essendo sempre di \i 5-0. La massa nucleare è separata dalla massa globulare da un sottile anello, il suo diametro occupa i 3/^j del globulo. Si lascia fissare energicamente dal carminio. » Ta\ . P, Serie A.» Nel testo di queste ricerche, colla denominazione di forme a intenderemo di alludere a queste, che corrispon- dono perfettamente ai linfocili di Metschnikoff" ed alla pri- ma categoria dei leucociti di Bizzozero ed Hayem, ed ai linfocili piccoli e più grandi di Ehrlich. (1) Osservazioni colla camera calda. (886) [12] In rapporto agli altri loucociti, neiruomo sano, abbiara trovato che stanno nella proporzione : : 1:10. Foì^me b. — Elementi a margini più spiccati, meno regolari, diametro maggiore, forma meno globosa e più appiattita dei precedenti. Movimenti i)rotoplasmatici lenti, rudimentali. Sarebbero uno stadio di passaggio ai leucociti veri, fagociti mononucleai-i, di Metchnikoff. Sarebbero le grosse cellule mononucleate della categoria 3.* e 4.^ di Ehrlich. La proporzione loro è di 2:10. Forme e. — Margini frastagliati, movmienti amebi- formi spiccati, vivi, frequenti. Sono i fagocili polinucleari di M. e le cellule polin. di Ehrlich. La loro proporzione è di : : 6 : 10. Ho creduto di dover premettere e ripetere simile distin- zione netta nella confusione di questi leucociti perchè in tutte le numerazioni che io ho fatto in questo lavoro ho sempre separato le une forme dalle altre. In quanto alla tecnica ho seguito, con poche varianti, il sistema che h(j visto adopei-are a Vienna nella Clinica di Kahler dal D.^ Zappert nella numerazione delle cellule eosinotìle. La iniezione devesi fare nella giugulare preferibil- mente, in modo leiHissi/uo e dopo essersi assicurati che non vi sieno bolle d'aria nella sii-inga, e che non ve ne pene- trino durante l'operazione. A questo modo si può iniettare fino a 8 cm' di soluzione sodica con carbone. Contempora- neamente si può del pari iniettare altra quantità di tale liquido, però in dose molto maggiore — nel peritoneo e nel tessuto connettivo. Siamo arrivati ad iniettarne perfino 25 cm3 senza recar mai alcun danno agli animali. Praticando successivamente un dolce massaggio tutto viene tosto rias- sorbito. Infatti se dopo 40'' si fa una incisione nel punto di iniezione si scorge facilmente come il liquido sia in modo completo penetrato in circolo. L' iniezione è bene farla in più luoghi, sempre naturalmente usando le stesse cautele. [13] (887) Si presta ad esempio assai bene la vemizza che si incontra incidendo la pelle della regione glutea. In tali casi la em- liolia è poco frequente. E bene però aver d' innanzi che tale eventualità non è punto rara, tanto che non poche volte ebbimo a deplorare la morte dell' animale — mal- grado che ogni più giudiziosa cautela fosse stata applicata. Conficcato 1' ago pieno di soluzione tepida a 35" di NaCh si passa un laccio in modo da legare strettamente il vaso e r ago. Ad ogni siringa che si inietta è bene aspirare un po' collo stantuffo, in modo da assicurarsi che non vi siano bolle di aria e, se ve ne sono, di non iniettarle. Il liquido deve essere sterilizzato, sempre tiepido e propinato lentissimamente. Siccome è giusto quanto dice il Mosso che l'agitazione della miscela di sangue è suscettibile di alterare gli ele- menti morfologici e siccome non si può immergere la goc- cia neir osmio perchè i corpuscoli resterebbero fissati fra loro in contatto, ecco come io procedo. Raccolto in una provettina un centimetro cubico, meno 10 mm^, di una miscela Pacini-Hayem discretamente colorata con bleu di metile, vi verso dentro 10 mm^ di sangue. Con una bac- chettina capillare delicatamente agito (juesta miscela fino al punto da rendere la sospensione omogenea. Ciò fatto verso goccia a goccia un cm^ di acido osmico all' I %. Il titolo della sospensione è così all' 1 : 200 e tutti i globuli restano liberi e separati fra di loro. Se si prova a fare una numerazione subito e ad agitare poscia fortemente il li({uido e dopi) tale manovra ad enumerare di nuovo, non si rileva fra le due numerazioni nessuna differenza so- stanziale. Questo per la numerazione dei globuli rossi. In quanto poi ai globuli bianchi, seguendo il consiglio di Thoma, ado- pero la soluzione di acido acetico al titolo solito, avendo cura di diminuire 1' attenuazione del sangue ad un rap- porto conveniente. Invece della pipetta Thoma-Zeiss, poco pratica e da (888) [14] bandirsi assolutamente, è utilissimo adoperare delle pipette della capacità di un cm^ con divisione almeno a metà di 1 cm3 ed altre della capacità di 10 mmS divise ad 0.1 di mm^. Misurato e versato Va cm^ della soluzione acetica, da cui è stato tolto coir altra pipetta 10 mra3, in una piccola pro- vettina, si aggiunge 10 mm^ di sangue. L' attenuazione è sufficiente per la valutazione facile dei globuli bianchi. Per celletta di contaggio si scelga quella di Abbé-Zeis dopo aver prese tutte le precauzioni di cui abbiamo par- lato altrove (i) e che qui non è il caso di ripetere. La nu- merazione si può fare collo stesso metodo come pei globuli rossi, oppure con quello speciale raccomandato da Thoma e descritto da Jalvsch ('^). La capacità cubica essendo data da t: \t)} • ^ '^i può calcolare facilmente — tenendo conto del valore della attenuazione e dei campi numerati — quanti globuli vi sono in 1 mm^ di sangue non diluito. Contando 5 volte sopra 50 campi visivi dello stesso prepa- rato, si ha con questo metodo, un errore medio di 4,5 cellule ed un errore percentuale di zh 3,0 cellule. Contemporaneamente alla numerazione degli elementi fissati si deve pure fare la numerazione degli stessi ele- menti versati nella soluzione sodica 0,75 % ^ •^■^° '> »^1 liquido di Toison senza metilvioletto. 0(jn questi due pro- cedimenti si ha così la quantità relativamente esatta delle varietà leucocitiche, dal punto di vista anche della contrat- tilità, presenti nel sangue. E vero che per tal modo l'esame viene a prolungarsi del doppio, ma nello studio degli ele- menti corpuscolari bianchi simile dettaglio non può essere tralasciato senza incorrere in gravi erroi'i. Se cosi avessero fatto Jaksch, Sadler, Reuter.... avrebbero trovato, come (1) Castellino P., Altera zionp, del sangue »ella pulmonite. «-Atti della Società di scienze naturali e geografiche di Genova», 1892. (2) Jaksch, Manuale di diagnostica medica. Vallardi. [15] (889) abbiamo trovato noi, che la leucocitosi dirao.sti*ata da Hor- pirodina, antipirina è una leucocitosi composta (|uasi esclusivamente di linfociti e che siccome lo sviluppo di fagociti avviene tardo, potrebbe essere dannoso il provo- carla quando con questo mezzo si vengono a distruggere pure i fagociti esistenti in circolo. (In questo esperimento la diminuzione dei leucociti co- minciò a rilevarsi dopo 1' — con una differenza dallo stato normale di 2.000 globuli bianchi. Dopo aver per due ore oscillato il loro numero intorno ai 3.000, avemmo un abbassamento minimum a 2.000 dopo tre ore. — Le suc- cessive numerazioni rilevarono che trascorso questo pe- riodo la restìtutio s' iniziò lentamente, cosichè quattro ore dopo si raggiunse la cifra di 7.000. Gli esami fatti dopo sei, sette ore notarono il ritorno allo stato normale e i)iù tardi una fortissima eccedenza di linfociti. In quanto alle forme a, b, e, guardate in modo gene- rale, si rileva che la diminuzione dei leucociti in iota è data dalla forma b e specie dalla e, e che 1' aumento suc- cessivo è dato dalla forma a. Il numero dei globuli rossi non fu continuato perchè nulla può avere d' interessante non presentando nessuna oscillazione. Vediamo infatti che dopo 12^ dalla iniezione il loro numero è uguale a quello riscontrato ad aninuile intatto. Ecco ora i risultati delle prime indagini che costitui- scono la serie A (*). (1) Per consiglio del Prof. Metchnikoft' invece del carminio e tor- nasole usai per le iniezioni il nero fumo e la polvere di carbone ani- male. Agitate bene queste polveri in una soluzione sodica 0,60 in modo che la sospensione avvenga bene, si filtra in un pannolino fitto. Si fa bollire bene il liquido e quando è tiepido lo si inietta lentamente. La quantità nei conigli è di 5 cm^ (890) [16] Esperimento I. — Coniglio iiuiscliio. Pelo nero. Giova Peso 1.7o5 ai'. Globuli Leucoc. (•) Forme Forme Forme Fagociti Prima deiriniezione rossi in toto a b e b+c 4.370.000 11.000 3.000 3.000 5.000 8.000 Dopo r iniezione 12' 4.100.000 12.000 2.500 4.000 5.500 9.500 30' _ 4.000 2.000 1.000 1.000 2.000 50' — 5.000 3.000 1.000 2.000 3.000 90' — 4.000 2.500 1.500 0 1.500 2 ore — 4.500 3.000 1.500 0 1.500 4 » — 2.000 1.000 1.000 0 1.0^0 6 » — 7.000 5.000 3.000 0 3.000 1 X » _. 6.000 4.000 2.000 0 2.000 Il » — 9.000 5.000 3.000 1.000 4.000 27 » — 10.000 7.000 3.000 0 3.000 32 » — 11.500 7.000 3.000 1.000 4.000 (1) Il numero dei leucociti nel coniglio sano presenta poche oscil- lazioni fra animale ed animale, e nello stesso individuo fra Tun terri- torio vascolare e V altro. In genere esso varia fra un minimwn di 8.500 ed un maximum di 10.000-1 1.000. Le forme a costituiscono il 15-25 "/^i le forme b il 25-40 % ; le forme e 60-35 V„ (fagoc. 85-75 %). Nel coniglio si trovano in certo nunero i globuli bianchi anfofìli, che nel- Tuomo e nel cane sono rari. Le cifre riferite sono il portato dei due complessivi sistemi dì nu- merazione. La concentrazione dell.i diluizione, per potersi avere delle numerazioni esatte, deve essere proporzionale alla ipoglobulia. Anche noi per la migliore evidenza e sriiplicitii abbiamo addottato il sistema di presentare cifre rotonde. [17] (801) Esperimento IL — Coniglio rosso. Giovane. Peso 1.99Ò gr. Globuli Leucociti Forme Forme Forme Fagoc. Prima dell' iniezione rossi in toto a h e /. + c- 4.100.000 8.000 2.000 1.000 5.000 6.000 Dopo r iniezione 5' 4.200.000 8.000 2.000 1.000 5.000 6.000 10' — 8.000 2.000 1.000 5.000 6.000 15' — 8.900 2.000 1.900 5.000 6.900 20' — 9.000 2.000 2.000 5.000 7.900 35' — 10.000 1.000 3.000 6.000 7.000 50' — 6.000 3.000 2.000 1.000 3.000 70' — 5.000 3.000 2.000 0 2.000 90' ~ 4.000 — — — — 120' — 3.U00 3.000 0 0 0 In questo esperimento il n.° dei leucociti si è mante- nuto costante per 15'' — poscia ha presentato un aumento trascurabile dopo 20^ ; ed un eguale aumento ancora dopo SS''. La diminuzione dei leucociti avvenne dopo circa 50^ con appena una sottrazione di soli 2.000 dalla cifra nor- male. Dopo 70' r esame rileva che sono diminuiti 3.000 globuli bianchi, e dopo 120' il loro numero si è abbassato di 5.000. Abbiamo dunque un caso che si stacca un poco dal- l'esperimento precedente se non pel fatto della diminuzione dei globuli bianchi, almeno per il tempo in cui tale sottra- zione avviene. Nel primo è evidente dopo 30'; in questo lo è appena dopo 50'. (892) [18] EsPKKiMKNT.» in. — Conigiia. Pelo iiei'o. Giovine. Pe.so 1.850 21'. Prima d(3ll' iniezione Globuli rossi Globuli bianchi in toto Forme a Forme h Forme e Fagoc . bJrC 4.995.000 8.700 1.000 2.700 5.000 7.700 Dopo r iniezione 10- 4.873.000 11.000 2.000 3.000 6.000 9.000 20' — 16.000 2.000 4.000 10.000 14.000 35- — 7.000 2.000 3.000 2.000 5.000 50' — 4.000 2.000 2.000 0 2.000 2 oiv — 3.000 2.000 1.000 0 1.000 6 » — 4.300 2.000 2.300 0 • 2.300 14 » — 8.000 3.000 2.500 2.500 5.000 1 47 » 9.300 5.300 2.000 2.000 4.000 58 » ~ 9.900 6.000 2.900 1.000 3.90(^ Qui al)biaino un fenomeno che non ci venne dato ri- levarlo nei due esperimenti precedenti. E cioè l' aumento considerevole dei globuli bianchi immediatamente dopo 10^ Anche in questo caso, come nel primo, la diminuzione dei globuli bianchi s' inizia dopo 35^ e procede regolarmente ed in modo uniforme sino a toccare la sua minima dopo 6 ore. Nella riparazione successiva la cifra dei globuli bianchi supera di 1000 quella normale prima dell' esperi- mento. [19] (S!)3) Esperimento IV. — Coniglio maschio. Pelo bianco. Adulto. Prima dell' iniezione nioiMiii rossi Globuli bianchi in toto Forme a Forme b Forme e Fag-oc. 4.800.000 9.000 . 2.000 3.000 4.000 7.000 Dopo r iniezione 5' — 9.000 2.000 3.000 4.000 7.000 lo — 14.000 2.000 5.000 7.000 12.000 30' — 6.000 3.000 2.000 1.000 3.000 7V 4.000 3.000 1.000 0 1.000 4 ore 2.000 2.000 0 0 0 1 43 y> — 9.000 7.000 2.000 0 2.000 75 » — 10.000 6.000 1.000 3.000 4.000 In questo quarto esperimento la leucocitosi immediata alla iniezione (15^) fu pure rimarchevole, come è pure evidentissima e pronta (dopo altri 15^) la successiva dimi- nuzione dei globuli bianchi. Anche in questo caso si ha molto lontanamente un leggerissimo aumento di essi. 7'. rv, S. vri (894) [20] Esperimento V. — Coniglio maschio. Adulto. Peso 2.400 o-r. Prima dell' iniezione Globali rossi Globuli bianchi in toto Forme a Forme b Forme e Fagoc. Z/ + C 5.400.000 12.000 2.000 4.000 8.000 10.000 Dopo r iniezione 5 ore — 6.000 4.000 2.000 0 2.000 7 » — 7.000 5.000 1.000 1.000 2.000 8 » — 10.000 8.000 1.000 1.000 2.000 9 » — 13.000 7.000 4.000 2.000 6.000 10 » — 12.000 6.000 3.000 3.000 6.000 In questo animale, che sebbene sano e robusto ci si presenta, eccezionalmente, con un numero di leucociti molto forte (12.000) ci siamo limitati alla valutazione dei suoi globuli ad un'epoca molto lontana dalla iniezione. E ciò per vedere se successivamente alla diminuzione dei leu- cociti vi fosse poi un eccesso di produzione come avviene in seguito alla iniezione di nucleina, antipirina, cantaridi- na ecc. Dopo 10 ore il numero delle cellule bianche era alla cifra normale. Esperimento VI. (s<)r)) Cane robusto. Razza incrociata. Adult( Prima deiriniezione 1 Globuli rossi Globuli bianchi in toto Forme a Forme b Forme Fagoc . 5.723.000 11.900 2.000 4.000 5.900 9.900 Dopo r iniezione 5' — 12.000 2.500 4.000 6.000 10.000 15' — 10.700 3.700 4.000 3.000 7.000 20' — 9.000 4.000 3.000 1.000 4.000 80' — 4.000 3.000 1.000 0 l.OOU 2 ore — 3.000 2.000 1.000 0 1.000 9 » — 8.000 7.000 2.000 1.000 3.000 14 » — 11.000 8.000 2.000 1.000 3.000 16 » — 10.000 6.000 2.000 2.000 4.000 58 » — 12.000 5.000 3.000 4.000 7.000 (M » — 13.600 3.000 5.000 5.600 10.600 82 » — 12.000 3.000 5.000 5.000 10.000 In questo caso può essere rilevato il leggiero grado di leucocitosi alla 61* ora : (2.000 di eccedenza). Inoltre assi- stiamo al vario succedersi delle forme nella diminuzione dei leucociti in toto: le forme b -\- e da 10.000 cadono a 1000 dopo 1 a 2 ore, nel contempo che le forme a oscil- lano fra limiti poco sensibili ; nel periodo di riparazione (9-14 ore) quelle rimangono stazionarie nel mentre che au- mentano invece i linfociti (2.000 ; 7.000 ; 8.000) con una eccedenza sulla forma a allo stato normale di 5 a 6 mila. (1) L'iniezione fu fatta nelle vene superficiali dell'addome allo scoperto. La quantità fu di 30 cmJ di liquido solito. (896) [22] Finalmente nel ritorno allo slatu quo ante in quella vece che dette forme ridiscendono alla cifra che possedevano prima della iniezione, aumentano le forme h -\- e per rag- giungere anch'esse il numero normale. Esperimento VII. — Coniglio sano. Peso 1.700 RT. Globuli Globuli Forme Forme Forme Fagoc . Prima dell'iniezione rossi bianchi in toto n 1 b 1 e òA-c 4.200.000 9.000 1.000 2.000 6.000 8.000 Dopo r iniezione 5' — 9.000 — — — — 10'-i5' — 10.000 — — — — 25' — 12.000 2.000 3 000 7.000 10.000 30'- — 20.000 3.000 7.000 10.000 17.000 35' — 12.000 3.000 5.000 4.00) 12.000 40' — 9.000 2.000 4.000 3.000 7.000 50' — 7.000 — — — — 90' — 4.000 — — — L'esame di questo caso ci mostra come in talune volte, sia l'aumento dei leucociti che la loro diminuzione, avvenga molto lentamente e tardivamente e come quindi questi due fenomeni non obbediscano di necessità a nessuna legge fissa né di tempo, ne di successione. Dimostra ancora insieme all' esperimento III a quale cifra considerevole può assurgere la leucocitosi secondaria all' iniezione di polvere e come rapidamente possa di poi diminuire il numero delle cellule bianche del sangue. [23] (897) Da tutti questi sette esperimenti ci è dato coucludere: I. Che l'iniezione nelle vene periferiche di liquidi con- tenenti in sospensione granuli finissimi, impalpabili di car- bone, nero fumo è spesso inocua all'animale ; determina, non sempre però, in capo a pochi minuti un discreto aumento dei leucociti nel circolo. IL Che a questa leucocitosi succede generalmente una diminuzione di leucociti. Tale ipoglobulia si accentua pro- gressivamente per lo spazio di più ore. III. Che la diminuzione dei leucociti è tutta a danno dei globuli bianchi fagociti (forme h e e), le forme a re- stando stazionarie. IV. Che la leucocitosi che si sviluppa dopo la inie- zione è dovuta all'aumento delle forme e. V. Che dopo 10-1.5-20 ore, quando cioè l'organismo comincia a rifarsi dei leucociti perduti, il numero dei glo- buli bianchi del sangue è costituito dalle foì'me a quasi onninamente, poco vi partecipano le forme h, meno ancora le forme e. VI. Il ritorno alla proporzione delle varie forme allo stato quo mite è molto laborioso e tardo. Non avendo a questo riguardo che pochi esperimenti non possiamo con- cludere in modo decisivo. Da quanto ci risulta sembrerebbe che occorrano quasi due giorni. VII. Non ci fu dato osservare a questa ipoglobulia nessuna leucocitosi secondaria marcata e degna di speciale rilievo. Vili. Ritornato il numero dei leucociti allo stato nor- male, mercè l'aumento spiccato delle forme a, queste poco per volta cominciano a diminuire in quella vece che au- mentano le forme ì) e e. Cosicché la restituzione è prima quantitativa mercè la neoproduzione dei linfociti, poscia qualitativa col passaggio di questi allo sviluppo progressivo di fagociti. (898) [24] II. I fagociti sono suscettibili di una stimolazione secondaria ? Mi spiego. Dagli esperimenti che fin qui abbiamo enun- ciato risulta in modo evidente che la restituzione dei leu- cociti avviene mediante la varietà linfocitica. Ora è lecito chiedersi perchè ciò e non il ritorno tal quale delle forme mono e polinucleate caratteristiche dei fagociti. 11 Werigo ha dimostrato che i leucociti carichi di carminio vanno a depositarsi nel fegato e nella milza. Questa osservazione è già molto, ma non dice tutto. Forse che vi si distruggano ? Sebbene non abbiamo dati per provarlo direttamente noi confessiamo che questa ipotesi non ci sembra aver nulla di inverosimile. Questa opinione è stata pure difesa da Scheiber e Sudler — quantunque sia pure ad essi mancato il mezzo per dimostrarlo rigorosamente. Non volendo accettare questa supposizione bisogna allora ricorrere ad un altro fatto rilevato dal Werigo nella sua bella tesi. Egli ha osservato che le cellule endoteliali ne laissent pas passer les leu- cocytes chargès de carmin: elles les englohenl et for- ment le^ grandes cellules avec une quantitè cotisidè- ì'ahle de protoplasma, qui remplissent quelquefois enliè- rcmenl, ou presqiie enlièrement, la cavitè des vaisseaux capillaires. Les leucocyles vides semblent Irès bien tra- verser' les vaisseaux : on en trouve toujours dans les ■veines centrales, méine dans les premibres stades apvès r wJecHon, on il est très di f fidi de les considerer comune dèjà dèchargès de leur carmin E<1 altrove : Mais coìmne les vaisseaux capillaires sont dejà sur plusieurs point bouchès par des cellules endolhèliales gonfièes par l'en globe meni des leucocytes, les leucocytes qui mennent plus tard dans le foie, doivent s'arréter dans les cais- [25] (899) seaux inteHobulnii-es, oh ils fornient des irombus plus Oli nioiìis considèrahles. Questi fatti spiegherebbero molto bene il fenomeno da noi rilevato. Ma vi ha un inconveniente ed è che questi trombi si dileguano troppo rapidamente perchè possano fornirci la ragione del nostro quesito, il quale resta cosi tutto avvolto ancora in un ombra oscura fitta di mistero. E poiché adunque ci manca il mezzo diretto di poter arrivare ad una tale soluzione, abbiamo tentato di avvi- cinarci con un procedimento molto indiretto, che lo rife- riamo per quel che vale, e che se non peserà molto sopra questa questione, a noi serve almeno per dimostrare che : scomparsi i leucociti in seguilo alla iniezione di pol- veri inerii, una nuova iniezione di sostanze fortemente chimiotassiche e non distrutlice non è capace di pro- vocare una nuova leucocitosi. (Si potre])be anche con questo fatto dedurre che se nessuna leucocitosi si manifesta pron- tamente a tale stimolo segno è che, per adoperare una frase d' uso, non vi sono leucociti liberi in circolo. Ma, come ripeto, non vi insistiamo). Dagli studj di Gabritchewsky, Pfeffer, Hofmeister, di Metchnikoff, di Lowit, Afanassiew, Massart e Bordet sapendo che i leucociti sono potente- mente attirati dalle soluzioni deboli dei sali di sodio e potassio, glucosio, peptone, papaiotina, carbonato di soda, sali di calce (De Giovanni e Castellino), noi ci siamo com- posti una miscela di tutte queste sostanze sulla seguente proporzione : Acqua distillata 150,0 Acqua di calce seconda 25,0 Fosfato di potassio 0,20 Cloruro di sodio 1,50 Peptone e Papaiotina 2,00 Carbon. di soda q. b. per alcalinizzare leggermente Questa miscela ha una attrazione marcatissima sui glo- (1)00) [26] buli biaiichi. Lo .si })ii(') diinostrai'o dii'ettamente coi capil- lari di vetro ed anche iiibeveiidone dei finissimi fili di cotone che poi vengono collocati attraverso un preparato di sangue ricco di fagociti. L' iniezione nell' organismo, in questo caso, di forti quantità di questa miscela non determina nessuna leucoci- tosi, mentre la determina in quello sano immune da ogni manovra. Serie K Esperimento Vili. — Coniglio sano. Nero. Peso 2.370 gr. Globuli Leucociti Forme Forme Forme Fagoc. Prima dell' iniezione rossi in toto n b e b + c 5.270.000 10.000 2.000 1.000 7.000 8.000 Iniez. della polvere dopo 6 ore 5.000 4.000 1.000 0 1.000 Iniez. della miscela 20' 1 40' \ Nessusa fiiodificazione importante 70' ' 2 ore — 9.000 — _ — Quest' esperimento è abbastanza eloquente. Abbiamo atteso ad iniettare la miscela di peptone e papaiotina dopo che il numero dei leucociti si era in modo sensibile abbas- sato e nessun aumento successivo di essi venne potuto ve- rificare. In due altri esperimenti, che tralasciamo per brevità, ottenemmo press' a poco gli stessi risultati. E forse ozioso il rilevare 1' alto interesse che aveva per noi il risolvere tale (questione e l'aver potuto ottenere [27] (901) questi risultati, poiché se i leucociti avessero risposto alla stimolazione chimiotassica con un nuovo afflusso di essi nel circolo, è evidente che uno dei concetti principali della nostra tesi — quello cioè di dimostrare l'importanza della fagocitosi nelle infezioni col sottrarre o diminuire forte- mente i leucociti dal circolo nel momento di invasione dell' organismo da parte dei piogeni — sarebbe caduto. Infatti se colla iniezione della miscela di peptone ecc. si avesse potuto provocare il ritorno dei globuli bianchi nel circolo si avrebbe invece dimostrato che il loro allontana- mento era più fittizio che reale, potendo con un mezzo cos'i semplice essere di nuovo richiamati nel circolo me- desimo, e che i piogeni una volta penetrati nel sangue nel periodo di leucofenia avrebbero, stimolando coi loro secreti eminentemente chimiotassici il loro ritorno, avuto a sostenere l' identica lotta che nei casi normali. III. Agenti che modificano il fenomeno delia diminuzione dei fagociti per inlezione di polveri. Il prof. Rovighi di Siena ha presentato all'ultimo Con- gresso della Società di Medicina Interna a Roma una re- lazione di alcune sue ricerche intorno alla Influenza della temperatura del co?'po sulla leucocitosi. Egli ha trovato (die sottomettendo gli animali a basse temperature i leu- cociti aumentavano di numero, in quella vece che diminui- vano se invece l'animale veniva immerso in temperature (devate. L'A. non ha voluto, a ragione, dare di questo fatto una interpretazione recisa — d'altronde esso cosi modifica so- (i)02) [28] stanzialmente (juanto ci avevano lasciato intravedere Lym- beck e Pèe che ogni illazione sarebbe stata forse precipi- tata. (Lymbeck e Pée hanno affermato che la leucoci- tosi è cosi in istretto rapporto colla temperatura che il ti'acciato di essa corrisponde esattamente a quello del numero dei globuli biaDchi). Alle osservazioni di Rovi- ghi io aggiunsi alcune altre mie personali, fatte quest'an- no nel Lal)oratorio di Microscopia della Clinica Medica di Genova e che riguardano questo lavoro, le quali veni- vano modestamente a confermare le conclusioni dell'O. Mi pei'inisi però osservare che mentre la ipoglobulia prodotta dal riscaldamento non eccessivo, e la ijìerglobulia dal raffred- damento erano pure secondo me vere, l'organismo anziché guadagnarne nel secondo caso, aveva a patirne un grave danno, inquantochè il raffreddamento paralizza i processi ameboidi dei fagociti. Giorni or sono il Winternitz alla R. I. Accademia di Vienna ha portato alcune sue indagini precisamente sopra questo argomento, ])er(') limitandosi solo alla valutazione nu- merica dei corpuscoli bianchi. Siccome (juesto A. si afferma reciso fautore della fagocitosi, avendo trovato che il raf- freddamento determina una leucocitosi, egli si crede per ciò autorizzato senz'altro a consigliare che nelle malattie in- fettive l'uso del bagno freddo debba essere largamente ado- perato onde possa l'organisnu) disporre di un maggiore nu- mero di questi elementi destinati alla sua difesa. Malgrado che il Winternitz sia tutt'altro che un os- servatore nuovo agli studi del sangue ed un osservatore superficiale, noi riteniamo di nessun valore questa leuco- citosi ed anzi crediamo che l'ottenerla a quel prezzo sia un grave danno per l'organismo in cui la si provoca. Presentiamo due soli esperimenti a questo riguardo. Essi sono altl»astaiiza dimostrativi. [29] (903) Serie C Esperimento IX, — Coniglio giovine. Colore grigio con macchie nere. Peso 2.200 gr. Globuli Leucociti Forme Forme Forme Condizioni normali : Immerso allatemper. di + 15« per 80' Iniezione di polvere rossi in toto a /; e 4.200.000 3 300.000 8.000 11.000 1.000 3.000 2.000 2.000 5.000 4.000 30- — 10.000 3.000 2.000 5.000 50' — 9.000 — — — 70' — 8.000 — — — 2 ore - 8.400 1.200 3.000 4.200 L'esame colla camera calda non rileva che scarsi e rudimentali })rocessi ameboidi. Essi sono lentissimi. Questo esperimento dimostra anzitutto la diminuzione dei globuli rossi, diminuzione che tocca quasi il milione ; secondaria- mente l'aumento di 3.000 leucociti, tutti appartenenti alle forme a. Inoltre che l'immersione alla temperatura bassa ha paralizzato i processi ameboidi. Infatti oltre che 1' esame nella camera calda, lo dimostra pure il fatto che la inie- zione della polvere non ha determinato, come nelle osserva- zioni precedenti, nessuna ipoglobulia. Esperimento X. — Coniglio grigio. Adulto. Sano. Pe.so gr. 2.700. Si sottopone alla stessa manovra del precedente. Gli si introducono dei capillari di Pfeflfer forniti di mi- scela di peptone, papaiotina ecc. ecc. Do^ìo 4 ore si ritirano con scarsissimi elementi corpu- scolari penetrati, (904) [30] Q.iiesto (esperimento dimostra la depressa irritabilità dei leucociti. Senza dilungarci ancora colla citazione di altri espe- rimenti riferiamo sommariamente le conclusioni avute col trattamento opposto. Si sottopone un cane ad una temperatura oscillante soi)ra i -\~ 45? per 50'-70'. La numerazione del sangue fatta sul)ito do^ìo questo tempo rivela una diminuzione, però assai leggera, dei leu- cociti. Esaminati immediatamente al microscopio in un am- biente tepido essi presentano una spiccata attività ameboide del loro protoplasma. Del resto in altra serie di indagini (i) avev(j già dimo- strato come a 38° i movimenti di queste cellule sieno energici, pronti, rapidi ; le digitazioni molto lunghe e ve- ramente amebiformi. Oltre che l'abbassamento forte della temperatura, pure altri trattamenti diminuiscono in modo più o meno sensibile la facoltà contrattile del protoplasma. In una serie di esperienze fatte in collaborazione col Prof. De Giovanni sulla contrattibilità dei minimi capillari sanguigni, abbiamo — ri}»etendo 1' esperimento istituito da Bernard e modificato leggermente da Massart per lo studio dei corpuscoli bianchi - immerso delle rane in una soluzione cloroformica molto allungata, in un' altra di paraldeide airV4oo> in un'altra di ossalato di sodio e potassio. Dopo un certo periodo questi animali, esaminando al microscopio la loro lingua, presentavano oltreché 1' inerzia dei corpuscoli bianchi, quella anche dei capillari. Se si cloroformizza un coniglio od un cane, o loro si somministra della paraldeide o si inietta dell' idrato di cloralio e della cocaina, noi otteniamo l'anestesia dei ii-lo- (I) Castellino, Sulla necrobiosi lenta dei leucociti. Genova, R. Ac- cademia di Medicina. [31] (005^ buli bianchi. Se si procede alla iniezione delle polveri, ci si ri presenta lo stesso fenomeno che nell'esperimento IX e X. Coadiuvato gentilmente dal Dr. Agosti, assistente della Clinica Medica di Padova, ho voluto dosare esattamente la resistenza massima che offre il coniglio a tali anestetici. Abbiamo a tale uopo scelto una ventina di conigli sani, giovani, robusti e li abbiamo sottoposti parte alle iniezioni di cocaina, parte a quelle di idrato di cloralio, di paraldeide e cloroformio. Ecco succintamente i risultati di tali osservazioni : Esperimento XI. — Coniglio grigio. Peso gr. 1800. Iniezione di 20 cgr. di idrato di cloralio nel tessuto sottocutaneo. Dopo 25^ r animale comincia "a dare segni di sonno- lenza, che mantiene per lo spazio di due ore. Ritorna, in seguito, svegliato e vivace. Offertogli del pasto se ne ciba con discreta avidità. Esperimento XII. — Coniglio nero. Peso gr. 1.700. Iniezione di 30 cgr. di cloralio nel tessuto sottocutaneo. Sonnolenza dopo 20'' che si mantiene per 2 ore. Esperimento XIII. — Coniglio rosso-scuro. Peso gr. 1.690. Iniezione di 35 cgr. di idrato. Fenomeni simili al precedente. Esperimento XIV. — Coniglio nero. Peso gr. 1.700. Iniezione di 40 cgr. di idrato di cloralio. Effetti idem al precedente. Esperimento XV. — Coniglio nero. Peso gr. 1.790. Iniezione di 50 cgr. di cloralio. Sonnolenza marcata dopo 20'. L' animale socchiude gli occhi mantenendosi difficil- mente in equilibrio. Reagisce poco agli stimoli. Si sveglia e ritorna vivace dopo 2 ore. Esperimento XVI. — Coniglio bianco. Peso gr. 1.670. (9(UÌ) [32] Iniezione di (io cgr. di cioralio. Sonnolenza marcaUi dopo 15^ L' animale si sdraia sul snolo incapace a mantenersi diritto. In questo frattempo potendo tornar ciò utile per altra serie di esperimenti in corso col Dr. Cavazzani, gli si re- cide il nervo sciatico. Scarsa reazione da parte deiranimale a tale operazione dolorosissima e che di solito lo fa prorompere in istrida acutissime. EsPERiMEXTO XA^ll. — Coniglio baio-cenere. Peso gr. 1.800. Iniezione di 85 cgr. di cloralio. Sonnolenza dopo 15'' marcatissima. L'animale si sdraia sul suolo come morto. La respirazione diventa difficile, lenta, superficiale. Il cuore batte con meno energia. Anche questo coniglio viene sottoposto alla recisione dello sciatico e non presenta nessuna reazione. La pupilla non reagisce affatto alla luce. In questa posizione di profondo abbandono 1' animale resta per lo spazio di 6 ore e se ne - rimette lentissima- mente. Esperimento XVIII. — Coniglio rosso. Peso gr. 1.700. Iniezione di 85 cgr. di cloralio. Sonnolenza profonda uguale al precedente. Però l'ani- male non se ne rimette. Muore dopo 8 ore. Esperimento XIX. — Coniglio bianco. Peso gr. 1.800. Iniezione di 75 cgr. di cloralio. Lo stato di depressione comincia a manifestarsi dopo 5'' e si fa spiccatissimo dopo 20' tempo in cui alla posizione eretta succede (|uella sdraiata. Respirazione superficiale, lenta. Cuore alquanto depresso. Temp. 37. Lo stato normale ritorna dopo 10 ore. Esperimento XX. — Coniglio nero. Peso gr. 1900. Iniezione di 1 ar. di idrato di cloralio. [33] (907) Abbandono completo dopo 5'. Si sveglia dopo 11 ore. Questa dose l'abbiamo ripetuta in altri animali quasi dello stesso peso ed abbiamo avuto il 60 % delle morti. Quella che noi riteniamo come la massima compatibile colla vita è la dose di 80 cgr. Bisogna però iniettare sem- pre sotto la cute perchè nel peritoneo essa è decisamente mortale. Tutti gli animali di saggio in cui la provammo — e furono in numero di sei — vissero tutti presentando, con poca differenza gli stessi fenomeni. La resistenza alla cocaina (i) è poi sorprendente in questi animali. La sua azione si manifesta, in tesi generale, in primo tempo con uno stato di eccitazione, di inequietezza per cui se l'animale è a piede libero, per alcuni minuti sente il bisogno di muoversi, di camminare senza posa, su- scettibile al menomo stimolo ed al rumore che gli si fa attorno. Poscia incontrato un cantuccio si accovaccia e si nasconde quasi fosse preso da uno stato di spossamento. Se invece è legato per un piede si agita fortemente, slancian- dosi in tutti i sensi, ravvoltolandosi sul terreno, impaziente dei legami che lo trattengono. Anche qui dopo un certo periodo, che può oscillare dai 20' ai 30' subentra uno stato di calma, di raccoglimento. Il numero dei conigli sottoposti a tale iniezione fu di dodici. Esperimento XXI. — Coniglio bianco. Peso : gr. 1.400. Si inietta 4 centigr. di idrocl. di cocaina. L' animale non presenta subito nessuna reazione. Dopo 15' però comincia a presentare dei sintomi di una forte ecci- tazione. Cammina in un modo molto irrequieto, continuo, senza mostrarsi mai stanco. Il minimo rumore lo stimola a dei movimenti più gagliardi. (1) Prima di iniettarla è bene assicurarsi se essa è pura. Il modo di accertarsene è assai facile e spiccio : si tratta la soluzione di idro- clorato con SO^H- concentrato ; se essa rimane incolora è segno che la cocaina è pura. (908) [84] Dopo un'oi-a ritoi-na a poco [)er volta di nuo\o tran- (luillo. Esperimento XXII. — Coniglio bianco. Peso: gT. 1.600. Si inietta 5 e V-2 centigr. di idroclorato di cocaina. Dopo 10^ s' inizia ad un tratto lo stadio di forte ecci- tazione. Di repente gli arti posteriori non ubbidiscono più, l'animale tentando continuare la sua corsa è costretto a trascinarli quasi inerti aiutandosi cogli arti anteriori. Pre- sto mancano anche questi e sopraviene una forte contra- zione di tutti gli arti e dei muscoli del tronco e del collo cosicché si ravvoltola sul terreno poggiando sempre sul fianco, in preda ad una contrazione dolorosissima gene- rale. Dimena incessantemente le gambe con un movimento rapido, presenta marcato opistotono ed esoftalmo. Du- rante questo accesso ora si allunga sul terreno ora si rac- coglie ad arco riunendo le zampe e la testa. La respirazio- ne è frequente, molto superficiale. Dopo 15^ minuti questo quadro comincia a presentarsi con sintomi meno gravi. A poco a poco cedono le contrazioni e gli spasimi e succede uno stato di languore, di stanchezza. Dopo 40' 1' animale tenta di nuovo servirsi dei suoi arti trascinandosi lenta- mente sul terreno. Dopo 50''-60'' esso è ritornato allo stato normale. Esperimento XXIII. — Coniglio nero. Peso: gr. 1.700. Si iniettano centigr. 7,60 di idroclorato di cocaina. I sintomi presentati dal coniglio precedente si ripetono nella identica forma di successione ma con una durata ed intensità maggiore. Però dopo 60'' anche in ({uesto caso tutto a poco a poco scompare e l'animale ritorna alle condizioni di prima. Esperimento XXIV. — Coniglio color cenere. Peso : gr. 1.350. Si iniettano 6 e V-2 centigr. di cocaina. Sebbene il coniglio sia minore di peso dei precedenti i fenomeni tetaniformi sono molto più miti. Completo ristabilimento dopo 40'. [35] (tX)!)) Esperimento XXV. — Coniglio, peso: gr. 1.890. Inie- zione 8 cgr. di cocaina. Forti convulsioni e contrazioni dei muscoli del tronco della nuca e degli arti dopo 3'. Esoftal- mo molto marcato. L'animale emette strida fortissime che presto poi cessano, dimena ed agita furiosamente le zampe e si rotola sul terreno. Questo quadro dura circa 10^ poi a poco per volta lentamente tutti i sintomi si fanno meno marcati e dopo 1 ora l' animale ritorna alle condizioni nor- mali. Esperimento XXVL — Coniglio. Peso: gr. 1.970. Inie- zione centigr. 8,25. Ripetizione dei fatti precedenti. Però r animale muore dopo .30^ Esperimento XXVII. — Coniglio. Peso: gr. 1.800. Inie- zione 7,50 centig. di cocaina. Vive. Esperimento XXVIII. — Coniglio. Peso : gr. 1.900. Iniezione 8,50 centig. di cocaina. Vive. Esperimento XXIX. — Coniglio. Peso: gr. 1.870. Inie- zione 8,50 centig. di cocaina. Vive. Esperimento XXX. — Coniglio. Peso: gr. 1.890. Inie- zione 8 centig. di cocaina. Muore. Esperimento XXXI. — Coniglio. Peso: gr. 1.900. Inie- zione 9 centig. di cocaina. Vive. Esperimento XXXII. — Coniglio. Peso: gr. 1.875. Inie- zione 9 centig. di cocaina. Muore. La paraldeide si presta anch'essa molto bene a questi esperimenti perchè gli animali ne sopportano delle dosi molto forti. La sua azione si manifesta senza l'eccitamento iniziale che abbiamo veduto tener dietro alla iniezione di cocaina a dosi moderate (0,25-0,30 di paraldeide per 1 kg. di animale) non deprime la temperatura, come non ha in- fluenza sulla respirazione e rivoluzioni cardiache ; a dosi alquanto maggiori (0,50-1,00 per 1 kg.) le inspirazioni si fanno un po' più ampie e lente e d'altrettanto più prolungate le espirazioni ; la temperatura si mantiene sempre sui 39,5- 40. 11 sonno è assai tranquillo, si avanza in modo uniforme cosi che il coniglio presenta dapprima un leggero torpore nei 2'. IV, S. VII 61 (910) [36] movimenti, il quale poco per volta progredisce fino al punto che l'animale sentendo di reggersi difficilmente si allunga disteso sul terren(j e dorme. — Se la quantità è ancora maggiore (1,50-2 gr.) i fenomeni che seguono sono merca- tissimi. L'animale dopo V-3' dalla iniezione cade come fulmi- nato sul suolo, incapace di ogni movimento eccetto nel caso in cui venga fortemente stimolato. Però la reazione anche allora è assai limitata e fugace. La respirazione diminuisce di 7 a 10 atti, la temperatura si abbassa di 1 ed anche di 2 gradi. Il sonno, costituito da vero letargo, dura 3 a 6 ore. Dopo, poco per volta comincia la temperatura a rial- zarsi, le respirazioni a farsi più frequenti e normali, e gii arti a presentare qualche movimento. Nel volgere di un'ora l'animale è ritornato alle condizioni di prima. A tre gram- mi, e tre grammi e mezzo — cifra come si vedrà dagli esperimenti che presentiamo, massima — questi fenomeni sono ancora più allarmanti ed il letargo può durare anche 8 a 9 ore. A 4 gr. si ha la paralisi dei muscoli respira- tori la quale avviene dopo 15, 20, 24 ore, mentre il cuore continua a pulsare in modo fiacco e tardo. Dell' azione di questa sostanza sulla contrattilità del protoplasma, nessuno — ad eccezione delle ricerche rudi- mentali e troppo vaghe fatte da Massart e Bordet — se n' è occupato. Altrettanto dicasi a riguardo della posologia. Abbiamo quindi dovuto ristudiarla completamente sia sui protisti che sui leucociti per istabilire la sua proprietà funzionale di fronte all' apparato contrattile del protopla- sma ed i limiti propri di tossicità sugli animali. In quanto alla prima questione le nostre esperienze in vitro ci conducono a ritenere che l' azione paralizzante è delle più spiccate. Iniettata poi nel circolo agli animali (esperi m. XXXIII-XXXIX) anche alla dose di gr. 0,50 per 1 kg. produce una forte diminuzione dei processi fagocitar! cosicché i leucociti, quando si inietti contemporaneamente la polvere di carbone, non mostrano più la tendenza a diminuire dal circolo. [37] (mi) Esperimento XXXIII. — Coniglio, peso: gr. 1.700. Glo- buli bianchi 8.700. Iniezione di 0,50 di paraldeide e 4 di liquido con in- dico carminio. Dopo 70'' sonno tranquillo. Globuli bianchi 7.900. Dopo 2 ore globuli bianchi 7.800. Dopo 4 ore 8.200. L'animale si sveglia ed è perfettamente sano. Esperimento XXXIV. — Coniglio, peso: gr. 1.850. Glo- buli bianchi 9.500. Iniezione di 0,90 di paraldeide e 4 di liquido con in- dico carminio. Dopo 90' globuli bianchi 10.000. Dopo 3 ore globuli bianchi 9.800, dopo 5 ore 8.700. L'animale si sveglia dopo 4 ore e mezza. Esperimento XXXV. — Coniglio, peso: gr. 1.797. Glo- buli bianchi 10.000. Iniezione di 1,25 di paraldeide e 4 di acqua con car- bone. Dopo 35' globuli 6: 9.800, dopo 75' 8.900, dopo 4 ore 9.000. L'animale si sveglia dopo 7 ore. Esperimento XXXVI. — Coniglio, peso: gr. 1.900. Glo- buli bianchi 7.900. Iniezione di 1.50 di paraldeide e 4 di acqua e carbone. Dopo 2 ore (3.000 globuli bianchi, dopo 4 ore 7.200, dopo 5 ore 7.800. Il coniglio si sveglia dopo 6 ore. Esperimento XXXVII. — Coniglio, peso: gr. 2.000. Globuli bianchi 9.000. Iniezione di 2 di paraldeide e 4 di acqua e carbone. Dopo 70' globuli bianchi 8.750, dopo 2 ore 9.100, dopo 4 ore 8.900. L'animale si sveglia dopo 8 ore. Esperimento XXXVIII. — Coniglio, peso: gr. 1.975. Globuli bianchi 10.000. Iniezione di gr. 2.60 di paraldeide e 4 di liquido pre- cedente. Nessuna modificazione sul numero dei leucociti. Si sveglia dopo 8 ore. (912) [38] Esperimento XXXIX. — Coniglio, peso : gr. 2.200. Glo- buli bianchi 9.000. Iniezione di gr. 3 di paraldeide e 4 dello stesso li(juido. Nessuna modificazione apprezzabile sulla quantità dei leu- cociti. Si sveglia dopo 10 ore. In questi altri esperimenti non venne esaminato il numero dei globuli essendoci limitati a dosare la resistenza del coniglio alla paraldeide. Esperimento XL. — Coniglio, peso: gr. 1820. Iniezione di 3.20 di paraldeide. Fenomeni di grave collasso. Temperatura dopo 3 ore : 37 respirazioni dimi- nuite di 8. Cuore fiacco, debole, appena percettibili le sue pulsazioni. Si sveglia dopo 12 ore. Off"erto all'animale del pasto non se ne ciba, rimane intontito e pigro ancora per qualche ora. Respirazioni ai N. di 37. Esperimento XLI. — Coniglio, peso : gr. 1864. Iniezione di 3.50 di paraldeide. Dopo 5'' dorme e si sve- glia dopo 12 ore. Messo cogli altri compagni nella conigliera egli si mantiene lontano ed accovacciato. Esperimento XLII. — Coniglio, peso: gr. 1.915. Iniezione di 3.60 di paraldeide. Dopo 3^ comincia a presentare paralisi del treno posteriore. L'animale stimo- lato fortemente cerca sfuggire trascinandosi coll'aiuto degli arti toracici, sbanda e si rotola sul terreno; dopo 10^ dorme profondamente. Muore dopo 19 ore di sonno mai interrotto. Esperimento XLIII. — Coniglio, peso : gr. 1870. Iniezione di 4 gr. di paraldeide. Fatti imponenti di collasso. Respirazione difficile e lenta. Temperatura 37. Dopo 4 ore si abbassa a 34. Muore dopo 18 ore. Esperimento XLIV. — Coniglio, peso : gr. 2120. Iniezione di 4 gr. di paraldeide. Presenta gli stessi fenomeni del precedente. [89] (913) Muore dopo 24 ore. Dall' esame di tutti ({ue.sti fatti dobbiamo anzitutto conchiudere : 1." che la inerzia dei globuli bianchi, osservati ad una temperatura conveniente, si ìnoslrò già inarcata alle dosi di 60 cgr. di idrato di cloì^lio e massima e com- pleta in quei cogligli sottoposti a 80 cgr. della stessa so- stanza. In quelli iniettati di coi aina e di paraldeide la paralisi della contrattilità del protoplasma si ha più ra- pidamente, con una durata maggiore e maggiore intensità. Era necessario che noi dovessimo occuparci di tali dosaggi per avere dei termini esatti di confronto e stabili- re se realmente queste sostanze sono capaci di produrre r inerzia del protoplasma leucjcitico. Gli studj fatti a que- sto proposito fin' ora erano molto contraditorj e lasciavano molto sospesi e perplessi intorno a tale efficacia. Mentre Massart e Bordet per es. alla dose di 1 cgr. di soluzione di idrato di cloralio all' 1 % sulle rane non ha trovato nessuna modificazione sulla chiraiotassia, il Reuter riusci ad averla ; ed il Platania — somministrando di tale so- stanza 40 cgr. per ogni Kg. di animale — a rendere su- scettibili i cani al carbonchio, {}) Cosi pure il Massart e Bor- det non ebbero dalla azione della cocaina nessuna alterazione sulla chimiotassia dei leucociti, mentre invece l' Albertoni ha osservato una influenza deprimente nella contrattibi- lità del protoplasma, ed altrettanto il Sighicelli sui muscoli striati del bulbo oculare e quelli lisci dello sfintere del- l' iride ; ed il Mosso U. sulle fibre muscolari liscie delle pareti vasali con cui la cocaina viene a contatto. A questo proposito si vegga pure Richard, Action de la cocaine sur les invertebrc^s. (C. R. de l'Ac. des Se. T. (1) Citiamo questo fatto perchè esso, secondo noi, più che alla diminuita alcalinità del sangue, come pretesero Zagari ed Innocenti, è dovuto alla paralisi della contrattilità dei globuli bianchi. (^1-4) [40] 100 N. 22). — Schui-rnayer, (Zeits(3h f. Nat. XXIV 1890). Quest'A. ha osservato che la soluzione 0,01 % uccide le amebe. Ha studiato pure 1' azione sopra gii infusorj. La conclusione è che : l'apparato conlrattlle è presto intaccato e presto si ferma. Dopo debole irritazione, succede una profonda paralisi e forte vacuolizzazione. 11 l).'" Faggioli Fausto ha osservato i medesimi fatti cioè paralisi del reti- colo di jaloplasma, rallentamento della vibrazione ciliare, deformazione subferica nelle forme allungate. Ha trovato per dose limite di tossicità la seguente cifra : 0,0063 o/q. Mentre a questa dose si hanno ancora dei fatti depressivi, al di sotto di essa la cocaina non provoca nessun fenomeno, forse anzi uno stimolo favorevole. II.° che la dose di tossicità massima è per 1 kg. di animale ; per la cocaina, 4-5 cgr. ; per V idrato di clo- ralio, cgr. 40 ; per la par aldeide, gr. 50. IV. Applicazioni batteriologiche dei fenomeni rilevati. Eccoci ora al punto più importante delle nostre ri- cerche le quali, senza provocare lesioni sostanziali nell'or- ganismo, solo eliminando meccanicamente per parecchie ore dal circolo i leucociti dotati di pi'ocessi ameboidi, dimostrano, in una maniera tanto semplice quanto evidente, 1' impor- tanza della fagocitosi e come essa costituisca, non il solo, ma almeno il pii^i importante fattore della immunità. Per non complicare troppo e prolungare inutilmente gli esperimenti ci siamo serviti, quali agenti patogeni, del Vibrio Metchnihovii ed il diplococco di Fraenkel ottenuto fresco dal sangue di coniglio inoculato. Siccome noi vole- [41] (915) vaino operare su tali animali, abbiamo rinvigorito, col me- todo di Salander, il pjtere patog-eno del vibrione passan- dolo attraverso il piccione. E che di fatti tale rinvigori- mento fosse avvenuto lo dimostrava la prova di controllo fatta sulle cavie. Iniettando sotto la cute di una cavia di circa 500 gr. 10 cc^ di brodo sterilizzato dove il vibrione aveva prosperato Y animale muore dopo circa 24 ore. Se si inietta in una cavia dello stesso peso la stessa quantità di brodo dove sia stato coltivato il vibrione ottenuto dal pic- cione, la cavia muore in 10 ore, presentando subito dopo r iniezione un rapido abbassamento della temperatura che si continua tino alla morte. Nel primo caso l'abbassamento è preceduto da un movimento di iperpiressia di varia durata. Il coniglio colla prima coltura muore dopo 5 giorni se se ne inietta 2 cm^ ; colla seconda coltura, nella stessa quantità, muore dopo 10-15 ore. (S'intende che la iniezione è praticata nel tessuto connettivo, poiché se la coltura viene ad introdursi nella vena la morte accade assai più rapida- mente anche con meno quantità di liquido). Con tali pas- saggi abbiamo ottenuto un vibrione che uccide il piccione in 24 ore in seguito alla iniezione di 0,15 di coltura pura in brodo, e che uccide il coniglio sano e del peso di gr. 1600-1900 in 14-16 ore colhi iniezione di 0,80-1.00 cm3 sotto la pelle. Da alcune poche esperienze che abbiamo fatto credia- mo che tale virulenza non si mantenga costante per molto tempo, cosichè per premunirci maggiormente, da qualche coniglio morto abbiamo ripetuto le culture saggiando di nuovo dopo la loro potenza. Dovendo conservare poi il sangue infettato o 1' edema per le successive culture, noi lo abbiamo raccolto dal cuore aspirandolo con capillari co- strutti e sterilizzati alla fiamma e dopo l' operazione di nuovo alla fiamma fuse le loro estremità. Prima di ado- perarli si immergeva il capillare in sublimato poi in acqua (91(5) [42] riapertili con una pinza sterilizzata si conticcava 1' ago di platino intriso di questo sangue nella provetta in gelatina, e di qui poi in brodo. Per determinare la quantità esattamente di batterj iniettati si sarebbe potuto procedere numerando quanti batteri si trovano in una goccia di cultura pura sciolta in una quantità nota di acqua e di cui è stata tolta un'altra goccia sciogliendola in una provetta di gelatina. Noi abbiamo proceduto alquanto più grossolanamente. Stabilito quanto occorre di cultura pura per uccidere un coniglio, tenuto conto anche del tempo impiegato a morire, e chiamando questa quantità x, abbiamo fatto delle solu- zioni progressivamente decrescenti in brodo di ce X X X X 2' 3' 4' 5' 6 • Siccome a noi interessava non già sapere quanti ba- cilli di una data cultura occorrevano per uccidere un dato animale, ma invece quali frazioni della prima proporzione i^x) erano sufficienti per produrre i fenomeni ottenuti con X, questo metodo ci è sembrato pratico e facile. Natural- mente le diluizioni debbono farsi nel momento in cui si deve procedere alla inoculazione. Serie D (i) Esperimento XLV a. — Coniglio sano maschio. Peso gr. 2.000. Si inietta sotto la cute 1 cin^ della cultura di vibrioni rinvigoriti a traverso il piccione. La cultura data da due giorni. Dopo sei ore l'animale comincia a perdere della sua vivacità. Inseguito e stimolato (1) Gli esperimenti segnati colla lettera a sono di controllo. [43] (917) i suoi movimenti sono lentissimi. Si trascina pesantemente e con fatica. Collocato nella conigliera non partecipa alla vivacità dei compagni. Il respiro si presenta un po' più fre- quente e superficiale. Dopo 10 ore il respiro è frequente; la temperatura è aumentata di 2 gradi. E sofferente e reagisce pochissimo agli stimoli. Evidente paresi del treno })osteriore ed incipiente degli arti anteriori. Dopo 16 ore è morto. Esperimento XLVI h. — Coniglio robusto. Maschio. Nero. Peso gr. 2.100. Si inietta nella vena gr. 7 di soluzione sodica contenente del carbone finamente sospeso e filtrato a traverso la tela. 11 numero dei globuli bianchi prima della iniezione è di 9.700. Dopo 4 ore è di 2.000. Si inietta in questo frat- tempo 1 cm3 della cultura di vibrioni identica alla prece- dente. Dopo 2 ore 1' animale comincia già a presentare len- tezza dei movimenti, scarsa reazione agli stimoli, frequenza di respiro, aumento di temperatura. Il numero dei leucociti è di 3.000. Dopo 6 ore le condizioni dell'animale sono assai gravi. Paralisi del treno posteriore completa ; meno degli arti anteriori. Qualche contrazione tetanica. Dopo 12 il coniglio è morto. Esperimento XLVII a. — Coniglio robusto. Maschio. Peso gr. 2.500. Si inietta 0,25 della cultura pura, virulenta di 9 giorni. L' animale dopo 8 ore comincia a presentare una forte stanchezza, fatica nei moviuìenti, non fiuta più colla carat- teristica tensione ed irrequietezza della testa, ha invece un atteggiamento dimesso, passivo. Respirazione : 90; tem- peratura : 39.7. Muore dopo 30 ore. Esperimento XLVIII h. — Coniglio sano. Grigio giovine. Peso 2.625. Esame dei globuli bianchi : 9.700. Si inietta gr. 8 della soluzione sodica contenente car- bone. Dopo 4 ore i suoi globuli sono ridotti a 3.400. (918) [44] Si inietta 0.25 della stessa cultura del precedente. Gli stessi fenomeni sopra descritti e clic si ottenevano dopo 8 ore, in questo caso si hanno dopo un'ora e Va- Questo stato dura lungo teni{)o presentando sempre dei sintomi più gravi. Dopo quattro ore la respirazione superficiale e frequente di prima si è fatta difficile, lenta, profonda ; durante l'atto in- spiratorio il torace si dilata sensibilmente, mentre non si ab- bassa parallelamente durante l'espirazione. Temperatura: 38. Muore dopo 22 ore. Esperimento XLIX a. — Coniglio grigio maschio. Peso : gr. 2.300. Si inietta 0.20 della cultura pura del diplococco di Fraenkel. Il coniglio muore dopo tre giorni. EsPEitiMENTO L h. — Coniglio nero maschio robusto. Peso: gr. 2.200. Es. del sangue: gì. bianchi 9.700. Si inietta la polvere di carbone in 8 gr. Dopo 4 ore i globuli bianchi sono ridotti a 2.100. Si inietta la stessa dose della cultura precedente. Il coniglio muore dopo due giorni (32 ore). Esperimento LI a. — Coniglio bianco sano. Peso : gr. 1.800. Si inietta 0.05 della cultura fresca di diplococco. Muore dopo 63 ore. Esperimento LII h. — Coniglio bianco sano. Razza iden- tica al precedente. Peso: gr. l.()00. Esame globuli ])ianchi. 9.800. Si inietta la polvere di carbone alla dose di 7 gr. Dopo 4 ore i globuli sono ridotti a 1.900. Si inietta 0.04 della stessa cultura del precedente. Muore dopo 40 ore. Da questi esperimenti è lecito arguire la importanza dei fenomeni fagocitarli dei leucociti. Infaitl nell'as>ienza o diminuzione di questi si vede che se le culture batteriche / [45] (919) sono sif,ffìcienti ad uccidere l'animale intatto, nell'altro a, che ha subito la iniezione delle polveri inerti la stessa quantità di cidtura lo uccide in molto minor tempo. Se la cultura è in quella dose da non provocare la morte, i sintomi presentati dal coniglio con ipoglohulia sono d' assai più gravi. Serie E (*) EsPERiMEMTo LUI a. — Coniglio nero. Maschio. Sano. Giovine. Peso: gr. 1.970. Esame del sangue : globuli bianchi 10.700. Si inietta 0 gr. della soluzione sodica con carbone e contemporaneamente 40 cgr. di idrato di cloralio. 11 sonno avviene profondo in capo a 10'. Dopo 35' i globuli sono : 9.700. Dopo 50' 8.600. Dopo poche ore l'animale è svegliato e sano. Esperimento LIV h. — Coniglio bianco. Maschio sano. Peso: gr. 1.860. Esame del sangue: globuli bianchi 9.600. Si inietta 8. gr. della soluzione e carbone e contempo- raneamente 35 cgr. di idrato di cloralio. Dopo 40' i glo- buli sono 8.700. Si inietta 0.50 della stessa cultura pura adoperata negli esperimenti della serie D. L'animale muore in 15 ore. Esperimento LV a. — Coniglia bianca. Sana. Peso : gr. 1.900. Esame del sangue: globuli bianchi 9.000. Si inietta la polvere nella dose di 5 gr. di soluzione e si inietta contemporaneamente 7 cgr. di idroclorato di cocaina. Dopo 40' i globuli bianchi sono 8.200. Dopo 55': 8.000. Si somministra di nuovo 2 cgr. di cocaina e dalla prima iniezione i globuli sono 8.000. (1) Per il controllo dell'azione virulenta della cultura sul coniglio sano servono gli esperimenti della serie D. (920) [46] Quattro ore più tardi 1' animale è di nuovo vispo e sano. Esperimento LVI h. — Coniglia bianca. Sana. Peso gr. 1.800. Esame del sangue: globuli bianchi 10.000. Si inietta 6 gr. di liquido con polvere e 7 cgr. di co- caina. Inoltre 0.50 di cultura pura di vibrione di hog-colera. L'animale muore dopo 1.'5 ore. Esperimento LVII a. — Coniglio grigio. Sano. Peso : gr. 1.970. Esame del sangue : globuli bianchi 9.700. Si inietta la solita quantità di carbone dopo aver clo- roformizzato l'animale. Dopo 40' i globuli bianchi sono 9.500. Dopo 60': 8.600. Dopo 2 ore (mantenendo sempre la cloro- formizzazione) : 9.200. Si sospende la cloroformizzazione. Dopo 2 ore : 8.: 500. Esperimento LVllI Z^. — Coniglia bianca. Sana. Peso: gr. 1.800. Esame del sangue : globuli bianchi 10.000. Si cloroformizza poco a poco l'animale, quindi si inietta la stessa quantità di carbone del precedente. Dopo 30' si inietta 0.50 di cultura pura di vibrione di hog-colera. L'animale muore dopo 11 ore. Esperimento LIX u. — Coniglio grigio. Sano. Peso: gr. 1.800. Esame del sangue : globuli bianchi 9.700. Si sottopone alla temperatura di -}- 15° per un'ora. Si inietta 5 g. di liquido con polvere. Dopo .30' i globuli sono 14.300. Dopo 55' sono 12.800. Esperimento LX h. — Coniglio nero sano. Peso 1.700. Esame del sangue : globuli bianchi 9.200. Si sottopone alla temperatura di -j- 15° per un'ora. Si inietta alla fine del bagno per la vena giugulare e nel tes- suto sottocutaneo 8 gr. di liquido con polvere. Dopo 70' si inietta 0.50 della cultura di vibrione di hog-colera. L'animale muore in 12 ore. [47] (921) Conclusioni generali. Da tutti questi esperimenti risulta : I. Che r iniezione in circolo di polveri inerti, lina- mente sospese in liquido sterilizzato, ha la caratteristica di diminuire, in modo più o meno marcato, i fagociti nel sangue circolante. II. Che questi fagociti, una volta scomparsi e rifu- giatisi nel fegato, milza . . . non risentono più 1' azione di sostanze fortemente chimiotassiche, cosicché l' iniezione di esse non ha la proprietà di provocare il loro immediato ritorno in circolo. III. Che l'idrato di cloralio alla dose di 40 cgr. per 1 kg. produce una letargia forte con paralisi dei processi ameboidi e fagocitarii. IV. Che la cocaina alla dose di 4-5 centigrammi pro- voca fatti identici. V. Che la cloroformizzazione dell' animale deprime del pari l'attività protoplasmatica delle cellule bianche. VI. Che il bagno freddo, mentre aumenta considere- volmente il numero dei leucociti, abbassa esso pure i poteri fagocitarii. VII. Che la paraldeide fruisce essa pure di tale fa- coltà. VIII. Che l'azione paralizzante della cocaina, cloralio, cloroformio, paraldeide, bagno freddo sui globuli bianchi è provata dalla persistenza in circolo dello stesso numero di leucociti uguale al normale, quando queste sostanze ven- gano' fatte agire contemporaneamente all' iniezione del li- quido con carbone. IX. Che sottoponendo l'animale a dette manovre esso diventa più suscettibile alla infezione e tale da dover soc- (922) [48] combere a ({uella (iiiantità di cultui-a cui in condizioni abi- tualmente normali resiste. Questa suscettibilità è dovuta essenzialmente alla depressione dei fenomeni fagocitaci ('). Padova,, Febbraio 1893 (1) Anche l'inauizione deprime molto la attività protoplasmatica e rende molto suscettibili gli animali alle iniezioni, come hanno in modo decisivo dimostrato, per i primi, Canalis e Morpurgo. Noi non abbiamo nelle attuali indagini tenuto parola di questo fatto perchè qui entrano in campo altri fattori che noa sia il processo fagocitarlo e pur essi della più grande importanza. In uno studio che stiamo facendo nella Clinica Medica di Padova sulle alterazioni fisico-chimiche del sangue durante la inanizione lenta ci siamo pure occupati di simili ricerche. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLA COAGULAZIONE DEL DOTT. PIETRO F. CASTELLINO Questi esperimenti che oggi io presento qui assai bre- vemente esposti nelle loro conclusioni sommarie e che mi riserbo di riferirli in forma meno concisa, appena altri studi, ora in corso, mi permetteranno il tempo di ritornare di nuovo sopra tale argomento, e corredati da tutti i do- vuti ed opportuni dettagli, mi furono suggeriti da un feno- meno che mi aveva colpito in una serie di ricerche sulla contrattibilità dei capillari sanguigni della rana. Osservando la lingua di un batrace distesa al micro- scopio, trascorso un certo periodo, e cioè alloraquando si inizia la diapedesi dei leucociti atraverso il vaso, ho voluto seguire le varie modificazioni che si succedono sui leuco- citi appena essi si trovano ad avere abbandonato la corrente del circolo sanguigno e liberi nel tessuto basale. Mentre una buona porzione coll'aiuto dei loro processi ameboidi poco per volta si allontana dal campo micro.sco- pico, altri invece rimangono in loco poco discostandosi dal vaso. Se si segue attentamente allora ciò che in essi, in modo assai lento, succede, si scorge che dopo circa 30^-40^ la loro forma comincia, pari passo alla progressiva lentezza delle contrazioni del loro protoplasma, a subire delle non insensibili modificazioni. E cioè, a presentare una parvenza (924) [2] as.sai più rotonda di i)i'ima, nello .stesso tempo che un po' più schiacciata, a delineare una forma nucleare prima non nettamente visibile od almeno molto sfumata ed appena percettibile. Questa forma nucleare poi va in prosiego vie più distintamente rivelandosi si da mostrarsi nella sua piena evidenza. Se, invece di un ingrandimento discreto (F ZeissXOc. Ili), viene adoperata l'immersione omogenea coll'oc. 18 Zeiss, si può molto bene vedere che questa forma dapprima rotonda od ovolare presenta una parvenza diffe- rente. Per esprimermi in un modo chiaro, sebbene molto improprio, potrebbesi definirla come una risultante di digi- tazioni dipartentesi dal nucleo, digitazioni lobate che per- mettono di paragonarlo ad una foglia di trifoglio o ad una croce. Senza dubbio non è possibile che queste modifica- zioni sieno dovute a delle contrazioni più o meno vitali della massa nucleare ; è invece da ritenere che esse sieno dipendenti da una fra^nmentazìone indiretta nel senso di Arnold. Questo fatto fu anche prima d' ora dimostrato dal Biondi, da me ed Accame, e da altri. A poco per volta queste porzioni si discostano un poco fra di loro, pur man- tenendosi in contatto mercè sottilissime e fini punteggiature dimostrabili colla colorazione. Non limitando l'assoluta osservazione ai fenomeni che avvengono nell'interno del leucocita ed estendendola anche alquanto alla sua periferia, si scorge eziandio che dalla sua zona corticale si dipartono dei finissimi filamenti di una lunghezza varia (3-5-9-15 (ji). La loro estensione, come il loro spessore, si modifica col proseguire della osservazione, poiché è facile più tardi constatare come essi sieno più grossi e più lunghi. E esclu- sivamente dalla membrana che si dipartono questi tali fila- menti ? Io non voglio pronunciarmi in modo reciso sopra questo argomento, perchè gli esami miei non mi danno la certezza di un sicuro giudizio. E un fatto però che spess) ho potuto rilevare, per mezzo della immersione omogenea, il prolungamento di [3] (!)-5) questi tali fili anche nello interno della cellula ed arrivare al nucleo. Comunque, la importanza — quale essa sia, — del fe- nomeno che ho riferito consiste sostanzialmente in ciò, che i globuli bianchi ponno dar luogo alla produzione di fila- menti di fibrina, solo allora quando in essi si iniziano i processi necrobiotici del loro protoplasma, caratterizzati dalla cessazione di movimenti ameboidi, dalla configura- zione sferica della cellula, dalla comparsa netta del nucleo e frammentazione sua, dalla comparsa di granuli grossi, di cui alcuni fortemente rifrangenti la luce. Queste osservazioni furono da me molte volte ripetute dinanzi ai colleghi della clinica, i quali ebbero campo di poterli per proprio conto confermare. Piacemi a tale pro- posito riferire il reperto di un esame di sangue eseguito molto diligentemente dagli assistenti Romaro e Bonetti. In un infermo affetto da nevrosi, in cui era stata provocata, per mezzo di ripetuti e larghi salassi, una marcata leucocitosi, Essi videro, in diversi preparati, determinarsi lentamente la precipitazione di filamenti aghiformi di fibrina, tutti in rap- porto con dei leucociti, i caratteri dei quali corrispondevano perfettamente a quelli più sopra riferiti. L'interesse di questo fatto non })uò sfuggire a nessuno, cui sieno note le questioni che tuttora si agitano intorno alle sostanze capaci di determinare la precipitazione della fibrina, ed esso meriterebbe di venire seriamente studiato colla maggiore possibile finezza di analisi, perchè la sua conferma non sarebbe di poca importanza. In quanto al prolungarsi di questi filamenti fino al nucleo, io — come ho detto poc' anzi — non oso insistere oltre, sebbene da quanto ho visto, ne abbia attinto la intima persuasione. È troppo facile in simili casi essere vittima di abbagli per poter professare e difendere pubblicamente una dichiarazione recisa ; tanto più in quantochè le modifica- zioni di rifrazione che avvengono nel protoplasma sono T. IV, S. VII 62 (926) [4] cosi varie, incostanti e rapide che non sempre è possibile seguire e provare questo fenomeno. Difatti debbo confessare che per quanto attentamente osservassi in altri casi non mi fu possibile constatarlo. In ogni modo però a me bastava l'averlo incontrato in molti casi per suggerirmi ed invogliarmi a ripetere di nuovo lo studio della coagulazione dal punto di vista un po' differente da quanto altri avevano fatto. A tale studio mi spronava r argomento vasto, tutt' altro che esaurito e sempre di un grande interesse, dalle ultime ricerche di Lowit, Wei- gert, Wooldridge, tendenti a rovesciare molte delle dot- trine che noi a tale riguardo si possedeva finora, ritor- nato di nuovo di attualità ed all' ordine del giorno. 11 mio intento — assai modesto e ristretto entro confini molto limitati — fu quello di accertarmi innanzi tutto, colla sola mia osservazione senza attenermi alla autorità di nessuna illustrazione in tale materia, quali elementi mor- fologici del sangue partecipano al fatto della coagulazione — poscia di convincermi coll'esame diretto se questi elementi sieno 0 no vitali e proprii del sangue fisiologico — in ul- timo, indagare quale porzione del loro protoplasma abbia più spiccata influenza nella determinazione di questo pro- cesso. Dovendo — come ho promesso — ritornare di nuovo e presto su tale argomento ed esser, per quanto sia possibile, breve, tralascio ogni ricordo bibliografico che non sia in modo stretto necessario. I. Principali teorie sulla coagulazione del sangue. Ed ora anzitutto un rapidissimo sguardo alle princi- pali teorie chimico-morfologiche intorno alla formazione della fibrina. [5] - (927) Mentre spetta ad Hunter, Kù/ine, Home Eve7\, Hew- son, Edwards, Richardson, Thachrah, Mueller, Scuda- raore, Dumas, Robin, Verdeil, Bèì^ard, Cooper il merito (li essersi con criteri scientifici pei primi occupati del fe- nomeno della coagulazione, dobbiamo riconoscere che è a Denis di Commeì^cy e Fredericq clie si deve 1' impulso maggiore alla iniziale soluzione delle questioni che alla natura ed origine della fibrina si riferiscono e 1' indirizzo serio e fecondo in cui tale studio fu avviato. Essi ammisero nel sangue, invece che la fibrina alio stato liquido, come ritenevano gli A. A. precedenti, la esi- stenza di una sostanza albuminoide — chiamata plasmina — precipitabile col NaCl e coagulabile a 56°-58*', la quale, in grazia a trasformazioni cliimiche legate alla ìnorte del sangue, era capace di precipitarsi sotto forma di fibrina insohibile. Denis preparava questa plasmina raccogliendo il san- gue in un recipiente contenente una soluzione satura di Solfato di soda nella proporzione di 1 p. di sangue e 7 di soluzione sodica. Lasciati precipitare i globuli raccoglieva il liquido soprastante, dal quale, saturato con NaCl in pol- vere, otteneva, in fiocchi abbondanti, la plasmina. A tale teoria furono opposte da Schmidl, Jakoivicki, Birk delle serie obbiezioni dimostrandola insufiSciente a di- spiegare il fenomeno molto più complesso della coagula- zione. Ad essa ne sostituirono un' altra, nella quale era ammesso — affinchè la precipitazione della fibrina avvenisse — r intervento contemporaneo necessario di tre fattori, di cui uno appartenente alla classe dei fermenti chimici, i due altri a quella degli albuminoidi e chiamati fibrinogeno e sostanza fìbrinoplastica. Il fermento, secondo questi A. A., era provveduto dai leucociti. La loro teoria può così esprimersi : Il fibrinogeno e la sostanza fibr ino plastica sono i materiali a spese dei (928) [6] quali, sotto la influenza del fiorino fermento, si forma il coagulo della f brina. Br'ùcke negò su])ito la importanza esenziale del fi- brinoplaistico nel senso, come lo ritenevano Sc/tmidt e gii altri, dimostrando che la partecipazione di questa sostanza isolata dagli A. A. della scuola di Borpat, doveva solo at- tribuirsi alle impurità, non pur anco note, che essa con- teneva. Infatti isolando, con altri processi, della paragdobu- lina purissima, egli provò che la efficacia fibrinoplastica era sensibilmente scemata. Hnìnmaì-sten in appoggio alle obbiezioni di Bruche sostenne che il ClCa- ed in certe condizioni pure la caseina, hanno, nello identico modo che la paraglobulina, un potere fibrinoplastico. Inoltre che questa paraglobulina precipitata col NaCl in soluzione concentrata, ridisciolta nella soluzione allun- gata, poscia di nuovo riprecipitata, ecc, e ciò per più volte, perde assolutamente ogni proprietà fibrinoplastica. Anche egli condivise l' ipotesi di Bruche, cioè che la paraglobu- lina precipitata col metodo di Schmidt dovesse l' azione sua fibrinoplastica a della impurità, probabilmente, secondo H., di natura del fibrinofermento. I successivi lavori di Schmidt ed allievi convennero nello scemare assai della prima importanza attribuita alla paraglobulina. Essi difatti lealmente constatarono che la sostanza fibrinoplastica aggiunta al fibrinogeno non veniva tutta impiegata alla formazione della fibrina, rimanendone inerte una grande parte e che la quantità della fibrina ottenuta non era in relazione costante colla quantità di sostanza fibrinoplastica adoperata. Bruche ed Hammarsten hanno quindi cosi modificato la teoria di Schmidt sulla coagulazione: Sotto V influenza del fibrinofermento, il fibrinogeno si sdoppia in due sostanze: la fìbìHna che precipita ed una globulina che rimane disciolta. Renaut, Cohn ritennero (ipotesi già espressa da Vir- i [7] (929) clìow) che il sangue sottratto all'organismo coagulasse per la morte degli elementi morfologici suoi, i quali, agendo come corpi divenuti estranei, determinerebbero la precipita- zione della fibrina. Dogiel ed Holzmann ammisero che la coagulazione fosse dovuta ad una ossidazione del fibrinogeno. Questa ipotesi fu dimostrata erronea da Gauiier. Mattieu ed Urbain proposero una differente spiega- zione di questo fenomeno. Essi avendo osservato che una forte quantità di 00"^ scompare durante la coagulazione, credettero poter dimostrare che il plasma cede nel mo- mento della coagulazione dell' C0"2 alla sostanza fibrinoge- nica che lo fissa, e questa fissazione di CO^ essere la causa della coagulazione. L' 00^ non agirebbe, durante la circo- lazione del sangue, sugli elementi del plasma che allor- quando i globuli, privati della loro vitalità, sono disposti a cedere 1' CO"^ in cui esso è trattenuto. Questa teoria fu oppugnata validamente da Gléncn^d, Gautier, Wiirtz. Gauiier attribuì la coagulazione ad una trasudazione nel plasma da parte delle sostanze solubili delle emasie appena fuori dei vasi e quindi in istato di necrobiosi. Heynsius considerò la precipitazione della fibrina co- me dovuta a secrezione del fibrinogeno da parte dei glo- buli rossi moribondi. Glènard reputò la coagulazione essere dovuta alla cessata rinnovazione molecolare del sangue (p. 85). Latschenherger sostenne che la coagulazione è dovuta all' azione di un fermento sul fibrinogeno, e che questo fer- mento non riconosce come esclusivo focolaio di formazione i leucociti, ma ogni protoplasma sia animale che vegetale. Quindi anche i microrganismi sarebbero dotati di questa proprietà. Infatti il loro sviluppo in un trasudato non sponta- neamente coagulabile, od in un liquido fornito esclusiva- mente di fibrinogeno, può dar luogo alla formazione di fibrina. (930) [8] Il Mantegazza ha emesso a proposito della coagula- zione la teoria seguente. Egli attribuisce questo fenomeno ad uno stato particolare (d' irritazione, secondo 1' A.) dei globuli bianchi, i quali, in contatto con dei corpi stranieri o dei tessuti infiammati, od anche quando siano sottratti al loro ambiente fisiologico, sprigionerebbero e porrebbero in libertà una sostanza che, se non addirittura fibrina, potrebbe ritenersi almeno la cagione della sua formazione. In appoggio di questa opinione 1' A. cita i fatti seguenti : i globuli rossi non sono per nulla necessari alla formazione della fibrina ; infatti la linfa poverissima di globuli rossi, ma ricca in globuli bianclii, si coagula spontaneamente come il sangue, ed i liquidi formati per trasudazione sie- rosa infiammatoria non ripetono la proprietà di coagularsi spontaneamente che alla presenza dei globuli bianchi. Il sangue arterioso si coagula un po' più rapidamente che non il sangue venoso inquantochè è più ricco di leucociti versati dal dotto toracico alla terminazione dal sistema venoso. In molte altre circostanze questo fatto trova pure la sua sanzione : dopo la digestione, durante la gravidanza, alcuni processi morbosi . . . (dal Wurtz). Freund considerando che la fibrina contiene sempre delle ceneri generalmente costituite di calce e magnesia allo stato di fosfati, combattè il concetto difeso dagli A. A. pre- cedenti, per sostenere in quella vece che l' ufficio princi- pale nella determinazione della precipitazione della fibrina spettava al fosfato di calce. Nel sangue i sali di calcio sa- rebbero contenuti nel plasma, mentre i fosfati alcalini nei globuli ; questi ultimi — fuori dell'organismo — lascerebbe- ro trasudare i loro fosfati solubili donde risulterebbe la formazione di fosfato calcico in quantità troppo grande per rimanere disciolto. II precipitato di tale sostanza determi- nerebbe aduufjue la produzione della fibrina trascinando seco il fibrinogeno del plasma e combinandosi con lui. Strauch dimostrò insussistente simile ipotesi. Infatti aggiungendo a dei liquidi sierosi, affatto sprovveduti di fer- [9] (931) mento fibrine, delle quantità forti di sali di Ca^ (fosf. e cloruro) non ottenne nessun coagulo, che invece precipi- tava abbondante appena tosto che nello stesso siero versava il fermento sottratto. Haìlibiirton trovò che le glandule linfaticlie conten- gono il fermento già supposto e dimostrato da SchmicU, il quale mescolato a del fibrinogeno di Hammarsten, deter- mina hi precipitazione della sostanza nota col nome di fibrina. Wooldrige avendo precipitato il fibrinogeno col solo raff*reddamento del plasma peptonizzato, sostenne che nel plasma circolante si contenga sempre del fermento libero (fatto stato combattuto da Barry-Haycrafl). Infirmò inoltre le conclusioni di Halliburton sostenendo che le glandule fresche non contengono, subito appena estratte, un vero fermento fibrino, ma invece una sostanza madre la quale, in seguito a processi di distruzione, può trasformarsi più tardi in fermento o meglio è capace di mettere in libertà il fermento esistente nel plasma e non in grado di com- binarsi col fibrinogeno, Mounier ritenne tutto il fenomeno della coagulazione consistere esclusivamente nella maniera, nel tempo e nella quantità della formazione del fermento della fibrina. Tutte le manovre che impediscono, ritardono od accelerano la precipitazione della fibrina, agiscono distruggendo o neu- tralizzando o mettendo più presto in azione il fermento, il quale è esclusivamente contenuto nei leucociti. Vi è solo una condizione in cui questa legge forse non è ancora del tutto applicabile, non già perchè vi contradica, ma solo perchè non ne è ancora del tutto nota la intima ragione ed il determinismo. Ed è la presenza del peptone nel li- quido sanguigno. Per quale ragione questa sostanza impedi- sce la coagulazione ? Schmidt-Miilheiin, Fano, Campbell ritennero che il peptone agisse impedendo la formazione del fibrino fermento ; ma non dissero in quale modo esso esplicasse questa azione, (932) [10] L'A. espone diverse ipotesi, che [»erò tutte distrugge concludendo che ancora tale questione lungi dall' essere esaurita, come vorrebbero alcuni, si affaccia invece alla scienza corredata di ben poche ed esatte osservazioni. Quella che però pare al Monnier la più meritevole di considera- zione è r ipotesi che il peptone non distrugga il fermento fibrino, ma impedisca ad esso di agire o combinarsi col fi- brinogeno. Lilienfeld ha così formulato una nuova e molto in- gegnosa teoria. Dall' estratto acquoso dei leucociti (timo, glandule linfatiche) si precipita, trattenendola con alcool od acido acetico, una sostanza di composizione costante : il nucleohiston il quale contiene C 48.41, H 7.21, N 16.85, P 3, S 0.7. Il precipitato alcoolico è solubile nell'acqua e si coagula col calore in soluzione neutra o debolmente al- calina. Coir HCl il nucleohiston si scinde in nucleina (con P 4,6 %) ed in histon, il quale ultimo in confronto col- Vhiston isolato da Kossel nei corpuscoli rossi degli ovipari, non ha proprietà di un propeptone o di un vero albumi- noide coagulabile. Questo nucleohiston ha la proprietà im- portante di mantenere il sangue allo stato liquido ed il fibrinogeno disciolto se si aggiunge al sangue travasato, o si inietta nel circolo. Ancora dopo 24 ore dopo il salasso, — nel sangue così trattato — si trovano i leucociti bene conservati ed ancora semoventi, ed eziandio bene conser- vati anche i globuli rossi. L' importanza dei leucociti è capitale nella determi- nazione del fenomeno della coagulazione ; tale funzione essi la esplicano per mezzo di una sostanza contenuta nel loro protoplasma, cioè la nucleina. Ambidue queste sostanze — la coagulante e la anticoagulante — sono mirabilmente fra loro insieme combinate chimicamente come nucleohiston. Mentre 1' hìdonplasma — cioè il plasma ottenuto dal san- gue reso fluido col nucleohiston — non può coagulare né per opera della diluizione, né per l'aggiunta del cosidetto [11] (933) fermento-flbi'ino, coagula invece per l'aggiunta di un estrat- to acquoso di leucociti. Se alla soluzione di fibrinogeno puro di Hammarsten si aggiunge una soluzione di nucleo- hision puro, non avviene nessun coagulo; fatto invece che si determina mediante l'aggiunta di un sale di calce. I sali di calce danno dunque al nucleo histon proprietà coagu- lanti. L'A. trovò ancora che l'acqua di calce scinde il nu- cleohiston nei suoi due componenti, nncleina ed histon, e che le piastrine partecipano alla coagulazione più pron- tamente dei leucociti perchè contengono più nucleina. ArtJms e Pagès, per mezzo di esperienze fatte sul sangue ossalatato e fluorurato, pervennero a dimostrare che tra i fattori della coagulazione spetta il primo posto ai sali di Ca^, perchè quando si arrivi, come con gli os- salati ed i floruri alcalini, a sottrarre questa sostanza al sangue esso non coagula più. Infatti dimostrarono eziandio che un sangue portato a tali condizioni per 1' aggiunta di ossalati e floruri coagula di nuovo dopo 1' aggiunta di sali di Ca2. Ecco le loro conclusioni. I. Il sangue non può coagulare che a patto di con- tenere dei sali solubili di calcio. II. L'aggiunta di una quantità conveniente di ossalati o di floruri alcalini, precipitando completamente il calcio, impedisce la coagulazione. III. L'aggiunta al sangue ossalatato o florurato di un piccolo eccesso di sale di calcio gli ritorna la sua coagu- labilità. IV. La fibrina è un composto calcico ; il sale di cal- cio è una sostanza fibrinoplastica. Y. 1 sali di calcio ed il fibrino fei'mento sono neces- sari alla coagulazione del sangue. Cosi verrebbero dunque a conciliarsi le teorie di Schmidt e di Hammarsten che, i)otrebbei'0 venire espresse in questo modo: (934) [12] Sotto l'influenza del fìbrino fermento ed in presenza dei sali di calcio, il fibrinogeno del sangue subisce imu trasformazione chimica che dà luogo alla produzione di un composto calcico : la fibrina. Anche il Pekelharing ri(30iiobbe subito la grande im- portanza dei sali di calcio, tanto che sostenne che per far coagulare nei vasi il sangue non occorre iniettare il fer- mento-fibrino, ma una soluzione nucleo-albumina la quale trovando i sali di calce nel plasma è capace a formare con questi il fermento. Con queste sue indagini, l'A. portò un contributo di alto valore all'azione dei composti calcici nella coagulazione, ed alla classificazione del fermento fìbrino quale nucleo-albumina. Recenti lavori di Lówit, Mullcr, Monnier, Cavazzani A., hanno del pari confermato la grande importanza che gode il calcio nel fenomeno della trasformazione del fibri- nogeno in fibrina. In questo riassunto di alcune principali teorie sulla coagulazione, e che noi ci siamo sforzati di esporre nel modo più breve possibile, non abbiamo ad arte che sorvo- lato sulle questioni che interessano il luogo di formazione del fermento della fibrina. E ciò perchè volevamo di tale argomento occuparci in modo separato. Ammesso adunque generalmente che i fattori della coagulazione consistono nell'unione del fibrinogeno (sost. albuminoide), del fibrinoplastico (composto alcalino terroso) e di un fermento; conosciuta l'origine e la natura dei primi due, vediamo ora donde nasca questo fermento. Mentre tutti, o quasi, gli AA. precedenti stabilirono l'importanza necessaria dei leucociti alla formazione di (jue- sto fermenti), Bizzozero in Italia, Hayem in Francia, si fa- cevano sostenitori di una dottrina opposta, inquantochè ritenevano spettare ai globuli bianchi solo una funzione secondaria ed invece doversi attribuire essa in modo es- [13] (935) senziale alle piastrine, un nuovo elemento morfologico nor- male .studiato e cosi chiamato dal patologo italiano o hèma- toblastes dal clinico francese. Questa loro asserzione veniva avvalorata da esperienze e fatti della più alta importanza, che fino allora erano a tutti sfuggiti, e di una ineccessibile evidenza. Questa nuova teoria, che così rudemente veniva a ro- vesciare quanto fino allora erasi creduto, non poteva non suscitare nuove indagini e nuove e vivaci discussioni, sia a prò che a contro. Il modo con cui essa fu combattuta fu tentando anzi- tutto di scalzarla col negare la dignità di terzo elemento morfologico normale a questi dischi di protoplasma e rite- nerli, in quella vece, quali detriti dei globuli bianchi e delle emasie (Nicolai Heyl-Rauschembach- Weigeri-Hlava- Halla- Feiertag-Slerogt ecc.) ; col negare più tardi che dette piastrine fossero costituite di vero protoplasma (Ló- wit-Wooldridge) ; col concedere ad esse una importanza secondaria di fronte a quella dei leucociti [Ziegler-Fano- Dastre-De Giovanni). A tutta questa corrente contraria opposero valida re- sistenza entrambe le due scuole sostenitrici di detta dot- trina e più tardi le osservazioni di Landoiosky, Eberth, Schimmelbìfsch, Zencher, LUienfeld, Fusari, Laker, Mon- dino e Sala. Tale discussione oggi è tutt' altro che esaurita, che anzi dopo un periodo di relativa tregua accenna di nuovo, coi lavori recenti di Loioit, Wooldridge, Mondino, Laker, I Alien feld, Bizzozero, Salmoli, a risvegliarsi. Il Mosso, distaccandosi solitario da questo campo di lotta, si è fatto invece banditore di una nuova teoria, da lui difesa con quella genialità che gli è propria in ogni questione che imprende a trattare e con una serietà di argomenti degni della più grande considerazione. Siccome avremo occasione di occuparcene ahjuanto, lungo il nostro lavoro, onde non ripeterci inutilmente, ne (936) [14] riferiamo solo molto brevemente. Q.uesta dottrina consiste neir atti'ibuii'e una capitale importanza ai globuli rossi nel fenomeno della coagulazione, partecipazione che avre])be luogo e sarebbe in rapporto colla loro maggiore o minore altei'abilità. Come si vede è l'antica ipotesi di Home, Pì^è- vost, Dumas, Sydenhan, Bocrliare, Halle)-, combattuta da Hewaon e Murile, portata oggi di nuovo in campo e difesa con grande abilità. Recentemente qualche altro A. {Bauer e Meyer) ha voluto sostenere il concetto di Schmidt, e cioè la emoglo- bina fosse da considerarsi come una sostanza iibrinoplastica, dallo stesso poi, in una successiva pubblicazione, abbandonato. IL Elementi morfologici del sangue che partecipano alla coagulazione. Il metodo col quale si i»uò molto 1)ene studiare la pre- cipitazione della fibrina è quello della colletta capillare di Hayem e modificata molto leggermente da me. Essa è assai utile ed è preferibile al capillare di Schafer e a quello di Malassez. Ecco come si procede. In una lastra porta oggetti si incollano con del collodion, o meglio della vernice indiana, o del silicato di potassa, due coprioggetti sottili, in modo da determinare fra essi uno spazio dell' ampiezza un pò" minore di un altro vetrino coprioggetti. Quando ({uesta aderenza si è fatta tenace e resistente, allora si versa la goccia di sangue appena estratta e la si copre con un ve- trino. Se è il caso si può con un piccolo peso }>remere su questo, tanto che la goccia si distribuisca uniformemente. [15] (937) Ciò fatto, si colloca il preparato in una camera iiiiiida o lo si lascia in riposo per alcune ore. Dopo questo tempo viene ritirato e lavato. Il lavaggio si eseguisce in questo modo. Si dispone la lastrina in una direzione inclinata, colla estremità inferiore poggiante sopra un vetro da orologio. Nella parte superiore del preparato si lascia cadere goccia a goccia una soluzione di NaCl al 7,5 %o, la quale passando per lo spazio capillare trascina con se gli elementi morfologici impigliati nel reticolo fibrinoso formatosi. Se si procede con cura e con pazienza dopo un po' di tempo si riesce a rischiarare perfettamente il preparato, liberan- dolo dalla quantità degli elementi che non hanno intimo rapporto col reticolo medesimo. Dopo ciò si colora con una debole soluzione di Lugol, fatta penetrare nel preparato coll'identico processo. Se allora si pone ad esame questo reticolo si vede che esso è costituito da una rete di fibrina a maglie piut- tosto fitte, composta di filamenti, non molto spessi, e nep- pure lunghi. Molte volte sono liberi alle loro estremità, senza contrarre aderenza con nessun altro elemento, per lo più invece essi si trovano in contatto con delle pia- strine di Bizzozero, con dei leucociti, e con delle granu- lazioni. Mentre in questi casi le piastrine sono profonda- mente alterate sì da riconoscerle appena e costituite da un ammasso informe di protoplasma con enchilema circondato di irradiazioni di fibrina, i leucociti presentano in quella vece delle modificazioni assai meno gravi. Essi sono però tutti polinucleati, con nuclei bene distinti se non bene conservati, e con granulazioni grosse, di cui alcune splendenti. La ricchezza di filamenti che circondano i globuli bianchi è anch'essa abbondante, però non in modo confrontabile con quella che posseggono le piastrine, le quali sono affatto impigliate in un fitto reticolo. Le granulazioni poi (note da alcuni col nome di gran, di Zimmermonn e di Kòl- liker, 0 plaques di Max Schultz — ed impropriamente di (938) [16] globnlhis, di Dowè, che sono di origine eritrocitica) sono assai piccole, splendenti, colorabili colla fuxina, ed in con- tatto anch'essi con dei filamenti. Per liquido di lavaggio è da preferirsi la soluzione di NaCl 7,5 %o > tepida a 37°, o la soluzione Pacini-Hayem ; 1' acqua pura non altera il reticolo, ma gli altri elementi. Se il lavaggio si fa con at- tenzione esso è facile e non richiede lungo tempo. E bene agire prontamente perchè volendo colla soluzione sodica conservare gli elementi morfologici senza alterarli, se l'o- perazione dovesse durare a lungo i filamenti di fibrina si gonfiano e si alterano. La fibrina in contatto con solu- zioni alcaline passa dopo un certo tempo allo stato di mucilagine e si trasforma in albuminosi od in alcalialbu- mina. Per ottenere poi un preparato da conservarsi è bene colorirlo colla pirosina o col violetto metile e fissarlo colla gomma Damar o colla glicerina. Questi caratteri sono da riservarsi al reticolo fibrinoso del sangue fisiologico dei mammiferi. Perchè se noi sotto- poniamo a questo identico processo del sangue di rana o di piccione, dobbiamo rilevare qualche diff"erenza di poca importanza e qualche altra, invece, sostanziale. Le granula- zioni plasmiche appaiono in questo caso un po' più frequenti tanto da formare in alcuni punti dei veri ammassi. 11 Ranvier ed il Renani le hanno attribuite a granulazioni di fibrina libera perchè le si veggono talvolta — come essi dicono — presenti nell'interno dei globuli rossi e, durante il processo della coagulazione seguito al microscopio, farsi più grosse ed assumere una forma stellata dalla cui punta si dipartono i primi filamenti del reticolo fibrinoso che le circonda. Del resto anco le piastrine durante il processo della coagulazione nel contempo che il loro protoplasma si fa torbido e granuloso, aumentano di volume, e nessuno — vogliamo credere — riterrà essere desse costituite di fibrina. Comunque, il fatto che può interessare è che il numero di (jueste granulazioni è un po' maggiore nel san- gue della rana, piccione ecc. che in quello dei mammiferi. [17] ■ (939) Ma quello che ha certamente assai più importanza è la par- tecipazione dei globuli rossi nucleati alla formazione del reticolo. Il lavaggio, in tale caso, rischiara molto poco il preparato, costituito da maglie di fibrina molto fitte e che hanno forte aderenza colle emasie. La colorazione mostra infatti che i filamenti sono intimamente uniti ad esse. Un altro fatto poi dimostra ancora la verità di questa compar- tecipazione. Se si raccoglie dalla vena dell'ala del piccione il sangue, appena fuoriuscito, in una soluzione sodica tepida, i globuli si depongono, come si sa, dopo un certo tempo in fondo al recipiente. Avendo cura che questo sia costi- tuito da una provetta lunga e stretta è facile decantare con un capillare di vetro il liquido soprastante ai globuli. Ripetendo piiì volte questa operazione coli' aggiungere di nuova soluzione sodica, si può arrivare al punto di sot- trarre tutte le granulazioni ed i corpuscoli bianchi. L'e- same microscopico aiuterà a stabilire questo punto. Ciò fatto, allora invece di soluzione sodica si aggiunga dell'acqua distillata in eccesso — essa distrugge le emasie e scioglie e diffonde la loro emoglobina. Lasciando in assoluto riposo la provetta per circa quattro o cinque ore si può, ripetendo la decantazione accurata, ottenere da una parte un liquido tinto di sostanza colorante e privo di emasie, dall'altra un liquido che contiene il protoplasma disgregato — lo stroma. Si sa che se il sangue non è stato sottoposto a nessuna manovra meccanica, la soluzióne salina nulla, ad eccezione di un po' di globulina, sottrae ai globuli, e l'acqua distillata ne esporta solo dei sali e la materia colorante. Se si aggiunge questa sospensione, un po' evaporata, in acqua a del siero dello stesso animale, si ottiene un coagulo; se si aggiungono inve- ce i globuli rossi non alterati coU'acqua, il coagulo è più lento ad aversi e più scarso. Se si prepara col metodo di Ham- marsten del fibrinogeno (Plasma 1 p. -f- soluz. sat. di NaCl; il precipitato si lava con soluz. sat. di NaCl allung. col suo voi. di acqua distillata — si raccoglie poi in soluz. NaCl 8 %, si lava definitivamente in acqua bollita, perchè (040) [18] il fibrinogeno è solubile neU'acciua contenente ossigeno) e si aggiunge all'aciiua che lia in sospensione i prodotti della disgregazione della eniasie, del NaCl -|- CaCl'^, si ha della fibrina. I globuli rossi dei mammiferi partecipano in una ma- niera incomparabilmente minore alla precipitazione della fibrina ; occorre per ottenere tal fatto — almeno da quello che abbiamo osservato, senza pretesa di riferire cifre ma- tematicamente esatte — circa dieci volte tanto di tali globuli di quello che si richiede con sangue di uccelli, rettili... II Mosso nella Nota 11 dei suoi Studi sul sangue ri- tiene invece, come ho detto più sopra, essere i globuli rossi il fattore più importante nella determinazione della coagulazione. Le conclusioni dell'illustre fisiologo di Torino sarebbero adunque — almeno in apparenza — aff'atto op- poste alle mie. Se però si osserva un po' davvicino le con- dizioni in cui Egli ha studiato specialmente, non credo che questa discordanza permanga a sussistere nella sua prima intierezza. Siccome per la precipitazione della fibrina è d' uopo che le emasie si distruggano, onde mettere in li- bertà il fermento che contengono, il Mosso ha stabilito questi esperimenti coi (juali verrebbe a provarsi l' impor- tanze di esse. 1. Il sangue coagula tanto più rapidamente, quanto più è esteso il contatto dei corpuscoli colle pareti dei vasi nei quali si raccoglie ; se invece esso viene versato in un liquido proplastico, precipita in fondo al vaso senza subire alcuna modificazione. Non ha ceduto affatto della sua emo- globina e non ha determinato la formazione di nessun coa- gulo. Se queste emasie vengono disfatte coi dei pallini di Pb poco dopo succederà la coagulazione. Se invece di far cadere le gocce di sangue nel liquido proplastico, si ver- sano sulle pareti del vetro e si fa girare il cilindro in modo che il sangue bagni tutta il vaso, aggiungendovi dopo il liquido proplastico questo coagula immediatamente, o poco dopo. [19] (941) È da avvertire che il sangue versato ha subito la se- lezione secondo il concetto dell' A., cioè il passaggio attra- verso un lungo e ristretto tubo di vetro (lungh. 1 metro, diametro del lume: 5 cm.) dal fondo del quale dopo qualche ora si raccoglie lo strato non pur anco coagulato ; sangue della carotide di un cane vivo passato a traverso l'arteria polmonare ed i polmoni di un altro cane ucciso poco prima ; sbattimento. IL II digiuno prolungato rende il sangue poco coagu- labile, perchè durante la inanizione si sono distrutte le emasie meno resistenti, sopravivendo quelle dotate di mag- giore vitalità. L'A. lo ha dimostrato non solo nei mammife- ri, ma eziandio e con non minore evidenza, nelle rane e nelle tartarughe, le quali, dopo aver passato l'inverno digiunando, hanno un sangue che non coagula più o molto difficilmente : mentre che nelle rane e tartarughe, le quali in primavera hanno già mangiato, il sangue coagula con grande pron- tezza. Alla fine dell'inverno i corpuscoli rossi delle rane e delle tartarughe presentano il massimo della loro resistenza, e perciò non coagulano prontamente. Questi sono i due espedienti principali per mezzo dei quali l'A. ottiene una selezione di globuli resistenti e la dimostrazione dell'importanza della alterazione delle ema- sie nel fenomeno della coagulazione. Io non ho potuto ri- fare la esperienza della circolazione artificiale del polmone, ma le altre tre, quelle cioè, che chiameremo per brevità, del passaggio attraverso il tubo di vetro, dello sbattimento e della inanizione, mi hanno perfettamente confermato i ri- sultati del Fisiologo piemontese. Anzi in un breve corso di semeiotica del sangue che io, per incarico del prof. Mara- gliano, feci l'anno scorso nell'Istituto di Clinica Medica in Genova nel Ferien-Cursus, mi ero già servito con vantag- gio di alcuni di questi mezzi per dimostrare la resistenza massima delle emasie al calore, pressione ecc. (Recentemente questa selezione operata dal digiuno venne pure confermata da Stefani e Gallerani). T. IV, S. VII 63 (942) [20] Dunque fin qui perfettamente d'accordo. La differenza sta solo nella interpretazione del fatto. Nell'inanizione pro- lungata fino alla morte dell'animale, noi abbiamo — è vero — una diminuzione della coagulabilità del sangue, ma non è forse anche possibile il pensare che ciò non debba tutto esser per avventura attribuito alla maggiore resistenza dei globuli rossi, ma pure alle modificazioni degli altri fattori che sogliono intervenire normalmente alla determinazione del fenomeno ? Di fatti, secondo le ricerche di Sciolla e mie, nella ina- nizione, si trova una più o meno cospicua diminuzione degli albuminoidi in toto ; abbiamo inoltre, secondo le ricerche di Meixner, Leube, Poe/il, Hofhieister, e specialmente F. Lus- sarla e Devoto, che nello stato di inanizione si raccoglie nel sangue una cospicua quantità di peptone, che ha fra le .sue proprietà caratteristiche quella di ritardare la coagu- lazione. Di più, i globuli bianchi dopo pochi giorni di di- giuno diminuiscono progressivamente fino al punto da scom- parire, un po' più tardi, affatto dal circolo (Luciani-Alber- toni-Castellino), le piastrine seguono la stessa sorte in modo ancora più marcato (Mondino e Sala), diminuisce pure l'CO'^. In quanto poi alle emasie degli ovipari io ho osservato che il nucleo dei globuli rossi del piccione dopo soli tre giorni di digiuno è sensibilmente più piccolo della norma. E noto pure che la nucleina di tutti tessuti durante la ina- nizione viene consumata dall'organismo, il quale ne ossida il fosforo che contiene. Non potrebbe adunque a sua volta il fatto della diminuzione della sostanza nucleare comparte- cipare con qualche peso a questa ipocoagulabilità del sangue ? Per ciò che concerne i mezzi di selezione colla cir- colazione artificiale del polmone, col tubo di vetro, collo sbattimento, come si può escludere la presenza in quel san- gue di globuli 1)ianchi ? E cosi tutte le riguardose cautele adoperate dall'A. a vantaggio delle emassie, non servono esse pure a tutelare la resistenza e la vitalità dei leucociti ? Ecco dei dubbi che [21] (943) osiamo avvanzare molto modestamente in presenza di Chi degli studi della fisiopatologia del sangue è veterano cultore e conoscitore profondo. Secondo adun(|ue il nostro umile parere i globuli rossi partecipano alla coagulazione, ma in modo meno efficace degli altri elementi morfoloi'ici. Ultimamente da qualche autore (Bauer e Meijer) si è voluto ammettere nella emoglobina una proprietà coagulante, non sappiamo con quanto fondamento. Gli esperimenti no- stri, come vedremo più tardi, furono sempre a tale riguardo negativi ; si ha appena qualche sottile flocco di fibrina, trop- po misera cosa per autorizzare una simile conclusione. III. Natura delle piastrine. Ognuno vede quale importanza abbia ora lo stabilire se tutti gli elementi che compartecipano alla formazione della fil)rina sieno o no elementi fisiologici e vitali, oppure se alcuni invece non sieno che un mero prodotto di deca- dimento, tanto che lungi da possedere un'azione nella de- terminazione del fenomeno della coagulazione, la partecipa- zione loro sia indifferente e la presenza accidentale. Si inten- de subito che noi qui vogliamo alludere alla natura delle piastrine — questione così già da tanto tempo agitata e che malgrado conti valorose difese in appoggio della dignità loro di elemento morf. normale del sangue e della loro importanza attiva, capitale alla coagulazione e trombosi, pure ad ogni tratto viene ripresa e riportata sul terreno (944) [22] della disputa. La prima obbiezione che fu fatta al Bizzozero che le illustrò per il primo, fu quella di negare la loro presenza nel sangue circolante ed attribuirle ad un fatto successivo e coordinato alla sua morte : ma provata poi questa loro presenza nel sangue circolante fisiologico allora si pretese attribuirle ad una disgregazione del protoplasma degli elementi morf. normali. Noi quindi in tanta controvesia abbiamo voluto ripi- gliare per conto nostro questa questione ripetendo gli espe- rimenti di Lowit, di Weigert, e di Bizzozero ed istituen- done altri suggeritici dal momento. Siccome il nocciolo di essa si agira essenzialmente sul procedimento di attingere il sangue ed allestire il prepa- rato, ci siamo sforzati di circondare le nostre indagini colle più scrupolose cautele, cercando di eliminare ogni causa di errore. Così per non fare subire al sangue nessun trauma per la preparazione (i) abbiamo costrutto delle piccole cel- lette capillari in modo che appena la goccia fuoriesce dal membro penetri subito per capillarità nel preparato, senza che sopra di essa abbia agito la minima manovra. Lo spazio capillare può, a seconda dei casi, contenere nel suo interno del liquido sodico, con o senza sostanza colorante, o del liquido di Pacini-Hayem, o meglio ancora del siero otte- nuto mercè salasso recente colla centrifuga (2). Le soluzioni ed i vetrini debbono essere riscaldati leggermente prima di venire adoperati, se 1' esame si fa sopra animali a sangue (1) È da sconsigliarsi, come dicemmo in altra Memoria, l'uso della glicerina e dell'olio per attutire il trauma della preparazione, perchè queste sostanze, invece di diminuire l'alterazione degli elementi, la pro- vocano ancora maggiore. (2) Possibilmente sarebbe desiderabile che il siero fosse tolto dallo stesso animale su cui si esperimonta ; in ogni modo della stessa specie. Mondino e Sala adoperano il siero addizionato di metil-violetto fino a raggiungere un color mammola un po' intenso e passato ad un filtro lavato di soluzione acquosa di biclor. di mercurio 0,5 '%, . È però da avvertire che questo siero-metile contiene pure dell' ac. osmico. [23] (945) caldo. In questo modo e cori tale sistema di preparazione si tronca ogni questione se la presenza delle piastrine sia o no dovuta a detrito del protoplasma globulare leso durante la preparazione medesima. Ed ora ecco brevemente le nostre conclusioni : Le piastrine di Bizzozcro sono elementi circolanti col sangue fisiologico. Che esse non sieno un prodotto di disgre- gazione degli elementi morfologici, come vorrebbero Nicolai Heyl, Hlava, Ralla, Feiertag, Lóioit, Weige?i, Wooldridge ecc., lo prova la loro forma costante, sempre definita e per nulla confrontabile ai veri detriti globulari, costituiti o da minute granulazioni o da frammenti di protoplasma, i quali, oltre ad avere un aspetto vario ed informe, si discostano in modo assai grossolano da quello che affettano le piastrine. In- fatti queste sono costituite da un disco di protoplasma fina- mente granuloso nel centro e trasparente alla periferia. Que- sto alone non è colorabile, o solo difficilmente coi colori di anilina in soluzione alcalina, mentre invece è suscettibile a colorarsi la porzione interna. Questi due strati di protoplasma sono nettamente delimitati da una linea di demarcazione, la quale, poco o punto evidente nello stato normale della piastrina, si fa spiccata nelle condizioni di incipiente necro- biosi. Si può — naturalmente in limiti molto più ristretti — paragonare alle modificazioni che avvengono nei leu- cociti nello stato di progressiva alterazione, quelle che suc- cedono nelle piastrine nelle stesse condizioni. In una serie di ricerche non ancora esaurite sulle af- finUà chimiche del 'protoplasma in necrobiosi, brevemente riassunte in un lavoro Sulle aUcraz. del sangue nella pol- monite (1) ho dimostrato che il globulo bianco, quando venga tolto dal suo ambiente normale, subisce delle modi- ficazioni regressive che si possono cosi riassumere: I. Cessazione dei movimenti ameboidi. (l) Atti della Società di Scienze Nat. e Geogr. di Genova. (946) [24] IL Contigurazione .sferica del citude ('), e comparsa del nucleo. III. Comparsa dei processi paraplastici. IV. Loro fusione basale. y. Fuoriuscita di hoUe di enchilema. VI. Fusione in sincizii e disgregazione finale. Ebbene, se si osserva attentamente quanto avviene nelle piastrine, si scorge che esiste fra la successione delle loro alterazioni e quella dei globuli bianchi una qualche analogia. Infatti la stessa modificazione sferica del leucocita la presen- tano pure le piastrine, poiché la loro forma appiatita di moneta si trasforma in quella di un piccolo globulo ; al- trettanto dicasi dell'alone di enchilema che circonda del pari il piccolo corpuscolo ; le bollicine di questa sostanza che si forma nell' interno dei due elementi ; la forma- zione ed unione in sincizii di elementi della stessa natura, fusione cementata dalla viscosità caratteristica dell'enchile- ma; disgregazione in ultimo del protoplasma. Le piastrine — siccome quelle che sono d' assai più labili e delicate — si distruggono con enorme rapidità, men- tre i leucociti, più resistenti, si conservano non solo nella piena loro integrità, ma ancora immuni dai caratteri della loro degenerazione necrobiotica. Questo fatto potrebbe anche dimostrare quale profonda differenza esista fra la natura dei due protoplasmi. Se si esamina il mesenterio o la lingua della rana, le piastrine circolanti presentano la maggior parte un nucleo molto evidente, (che nei preparati può essere colorito assai bene colla rosanilina) e dei granuli risplendenti (granula- zioni di vitellina?) Abbiamo detto: la tnaggiov parie e ciò pensatamente perchè noi siamo persuasi — sebbene non sia possibile dimostrarlo, come si potrebbe invece lo stesso fatto (1) L' osservazione concerne i globuli bianchi senza ancora la deli- rnitazione del nucleo. [25] (947) agevolmente dimostrare a proposito delle emasie, nei pre- parati in vetro, stante la estrema alterabilità di questi ele- menti — che anche in esse la evidenza del nucleo coincida con un incipiente grado di necrobiosi. Volendone raccogliere una certa quantità per po- terne studiare un po' meno malagevolmente la loro natura è necessario attenersi al consiglio di Bizzozero. Colla de- fibrinazione del sangue, tosto uscito dalla vena, fatta con un bastoncino di vetro, si raccoglie nella sua estremità oltre che della fibrina, una grande quantità di piastrine. Immer- gendo allora nella soluzione sodica questa porzione del bastoncino, si può ottenerne un numero discreto insieme a dei fiocchi di fibrina, che non disturbano per nulla 1' os- servazione. L'acqua distillata le altera profondamente ; esse si disciolgono negli alcali deboli e nel carbonato di soda cristallizzato 1 %; l'acido acetico le gonfia e le distrugge; altrettanto avviene per la soluzione di ferrocianuro di po- tassio acetico ; l'acido cloridrico al millesimo con pepsina purissima le distrugge completamente risparmiando una porzione dei granuli della zona centrale. IV. Il fibrino-fermento. In questi due precedenti e brevi capitoli abbiamo dun- que veduto, alla stregua dell' esame fatto essenzialmente colla celletta capillare, che alla determinazione del feno- meno della coagulazione coìicorrono per l'ordine di effica- cia : I. le piastrine, II. i globuli bianchi {fra i quali spe- cialmente i polinucleati). III. le granulazioni elementari, IV. i globuli rossi degli ovipari, V. i globuli rossi dei mam- (948) [26] miferi. (Q,ue.sti ultimi in modu multo deb )le). Inoltre che le piastrine sono un elemento morfologico normale del san- gue, e non un prodotto di disintegrazione di altri elementi. Ciò posto, è ben naturale la domanda : In che consiste questa azione precipitante, caratteristica di questi corpi, sul fibrinogeno ? Se li esaminiamo alla stregua delle reazioni chimiche già stabilite da altri, noi osserviamo che essi hanno in comune essenzialmente una sostanza detta nucleo-albu- mina e che, probabilmente, in ragione della quantità da essi contenuta ripetono la intensità della efficacia coagu- lante. Questa pel momento non è che un ipotesi — vedremo dopo se può meritare qualche considerazione. Intanto cominciamo a sottoporre ad esame i globuli bianchi — od in mancanza di una grande quantità di essi le glandule linfatiche [Halliburton). Per avere molti leuco- citi il miglior mezzo (Ouskoff', Orihmann, Councihnann, Mosso) è quello di iniettare della trementina sotto la cu- te del cane. Dall' ascesso che si forma se ne può ottenere più di quanto occorra ad un esame. Nella provetta dove vengono raccolti si versano sei parti di acqua distillata, poi un po' di Na Ch e di Ch Ca^ [Liquido A). Per le glan- dule linfatiche si procede ugualmente dopo averle triturate e pestate. [Liquido B). Il plasma su cui questi liquidi deb- bono reagire deve essere stato trattato primitivamente in eccesso con solfato di soda purissimo. Se si mescola ({uesto liquido con ciascuno degli altri due precedenti, entrambi danno, a seconda della quantità di essi, un coagulo più o meno abbondante e più o meno rapido. La temperatura è quella dell'ambiente. Se si confrontano i due coaguli otte- nuti colla stessa quantità di plasma e colla stessa quantità di liquido A e liquido B si vede che il coagulo A è più ricco e più pronto del coagulo P>. Dunque sia i leucociti che le glandule linfatiche contengono un quid, un fermento capace di coagulare il fibrinogeno di Hammarsten esistente nel plasma, e lo precipitano in modo (lifìerente ; i primi più [27] (949) rapidamente, le gianduia in maniera più lenta ed un po' meno abbondante. Se raccogliamo in un Altro questo precipitato e lo si sottopone a delle analisi reattive si ha: che esso non è so- lubile in acqua, che si gonfia coU'ac. acetico al2%o, che gli alcalini lo trasformano in mucilagine e poi in alcalial- bumina. Le soluzioni di questo precipitato con liquidi di solfato e fosfato di soda sono precipitate dagli acidi e dal solfato di magnesia in eccesso. La soda al 2 o/oq l'ende questo precipitato trasparente, gelatiniforme. Dunque questo precipitato è vera fibrina. Si può fare una obbiezione. Ed è questa : Se è possi- bile separare dai leucociti ottenuti dall' ascesso i globuli rossi, non è possibile separarli dalle piastrine , che da quanto alìbiamo veduto, si può ammettere siano dotate di una forte influenza nel determinare la coagulazione. Ciò è verissimo e noi per eliminare questo dubbio sulla pre- senza delle piastrine abbiamo applicato il seguente esperi- mento stal)ilito dal Bizzozet^o in indagini consimili. Se ad un cane di 12 kg. si estrae dalla carotide 100 gr. per volta di sangue e lo si defibrina subito e poi lo si riinietta, dopo averlo per qualche istante mantenuto alla temperatura di 38'' e dopo averlo filtrato attraverso un pannolino finissimo e pulito, per la vena di nuovo nel san- gue e tale operazione si ripete varie volte (7-8), veniamo ad avere un sangue circolante ricco in una quantità, presso a poco normale, di globuli rossi e di leucociti, e quasi privo di piastrine {Bizzozero, Gauthier, Freimcl ). Questo sangue, raccolto in un vaso direttamente dalla vena, tarda molto a coagulare. Se colle più prudenti cautele se ne attinge una goccia per mezzo di un capillare di vetro, provveduto di una certa quantità di siero a 35° dello stesso sangue e, cjA procedimento descritto, si allestisce un pre- parato microscopico, noi vediamo che questa goccia è costi- tuita di globuli rossi abbastanza ben conservati e di leuco- (950) [28] citi ]»(M'rcl.t;uii('Hto iiit(>fi;i-i o dotati di pi'ocessi ameboidi at- tivi. Non si \('d(' (jiiasi nessuna piastrina, come jiui-e nessun filamento di lihi'iiia. Essa comiiai-ii-a dopo un certo pei-iodo nel pi-epai-ato, appena, i i;lol)uli hiaiiclii avranno presentate le altei-azioni già doscivitto. Il l'eticolo che si l'orma non è mollo ablìoiidante, e ciò é troppo naturale e da atlcndei'si data la gi'aiide (juaiitità di lilirino^'eno che noi si è sottratta airaiiimale. E ])erò un esperimento jiositi\o in (pianto clu^ dimostra la cai)acità dei i^lohuli liiaiichi a i)recipit;ire ({uel poco di tìhrina che an- cora (|ii(d sangue pos>ede\a. E tanto è vero che non è alla deticienza del fermento che devesi attribuire la povertà del coagulo, (die se noi versiamo in (juel sangue delle piastrine ottenute affatto receniemente dallo sbattimento di sangue di altro animale, il secondo coagulo che si ottiene è di ben poco maggiore. 11 prof. Basire di Parigi pubblica in (juesti ultimi giorni una bella Memoria intorno a ({uesto istesso argo- mento. Tra le sue C(jnclusioni mi piace stralciarn(^ solo due che \'engono a. confermare validamente (pianto sopra ho detto e quanto dissi — credo pel j)rinio — in altro lavoro int(n'no alle AUerazioni del smigue nella polmonile, e di certo sfuggito ali" egregio A. Egli ha seguito il sistema del salasso rìpetvio di Biz- zozero ed ha trovato che il Hbrino fermento esiste sia nel sangue estratto per il primo che in (juelhì tinaie : inoltre la rapidità di coagulazione di un sangue non è, come prima si credeva, in ragione inversa della (juantità di fibrina che contiene, ma invece precisamente che la ('oaf/iilahililà del sa/ngue e in rappoì'lo alla riC{d/e:-:-a di /ibr/iui. Ncdle mie ricerclu^ ematologiche sulla lìolmonite pubblicate 1" aniu) scorso, a\('\() aindi'io rilevato (|uesio fatto nei miei esami, in cui ((uasi costantemente il reperto d(dla coafjìdnzione pnnila, tenace, rapida st;na, legato a (pudlo di reticolo ah- hondanle, fitto, talclu' così riassumevo a ([inasto proposito nella Coìiclusume IX-/]. L' alle razione Cìtiatica consisle an- [29] (951) che in una modificazione del sangue, che si esplica per la prontezza alla formazione del reticolo, per la sua tenacia e per una abbondante p^^ecipitazione di fibrina. Da qual- cuno troppo vincolato dalle tradizioni eternate dai trattati non .si volle rilevare e dar peso a questa osservazione, cui ora si presterà sicuramente fede pel fatto solo che viene confermata da uno straniero ! Con questo esperimento io credo che si possa a buon diritto dimostrare che alla formazione del coagulo parte- cipano anzitutto le piastrine, le quali essendo prime ad al- terarsi determinano più prontamente la precipitazione della fibrina, in secondo luogo i leucociti. Ma vi è ancora un altro esperimento con cui l'effica- cia dei globuli bianchi, in questo senso, può essere pure provata. Al cane sottoposto al procedimento di Bizzozero e di Dastre, dopo l'ultima sottrazione di sangue, si inietti sotto la cute una soluzione di nucleina contenente 0,50 di questa sostanza, (i) Dopo 8^-10''-15^ si osserverà che i leucociti sono pro- fondamente scemati perchè se ne sono distrutti {^). Faccia- mo allora un'altro salasso all'animale di 200 cm^ e lasciamo depositare il sangue per alcune ore, onde ottenere il siero (3). Questo siero contiene una quantità abbondante di nucleina dovuta alla distruzione dei leucociti più a ({uella che abbiamo iniettato. Se sul plasma, trattato come già più sopra dicemmo, si (1) Sentiamo il dovere di ringraziare vivamente il Prof. Jnnoxrshl della clinica boema di Praga ed il D."" Horbaczexoshi, i quali con una rara amabilità hanno voluto cortesemente fornirci reiterate volte il mezzo di avere una nucleina purissima. (2) In alcune ricerche che ho fatto sulla azione della nucleina som- ministrata artificialmente nell'organismo, ho trovato che talvolta la distruzione dei leucociti in circolo può arrivare a tal punto da trovar- vene difficilmente. (3) La defibrinazione non é possibile quasi mai per la rapida coa- gulazione che avviene del sangue appena fuoriuscito dall' afteria, (952) [30] fa agire questo siero, si ottiene della fibrina in un tempo più breve del V esperimento fatto col salasso ripetuto di 1>. Invece di iniettare la nucleina, si inietti della pirodinu e si avrà del pari subito una distruzione di leucociti ed il siero ottenuto dal coagulo avrà le identiche proprietà. Questo si deve a che la nucleina, come la pirodina hanno distrutto più prontamente i leucociti e determinato la fuoriuscita del loro fermento-fibrino in modo più rapido di quanto non avviene spontaneamente nel sangue non trat- tato con dette sostanze ed abbandonato a sé stesso. In quanto alla capacità di agire del siero coartato dal coagulo come fermento, noi non sapremmo come spiegarcela se non coll'ipotesi di Fick il quale riferisce alla teoria della coa- gulazione del sangue quella dell'azione degli enzimi, giu- sta la (juale una molecola di fermento prende il posto di una molecola del corpo a trasformarsi e costituisce cosi una combinazione passeggiera, ottenuta la quale la mole- cola del fermento viene a essere separata e rigenerata per la sostituzione di una molecola di acqua. Dunque il fer- mento lungi dal distruggersi verrebbe ad essere di nuovo ripristinato quasi integralmente. Questo avviene però (juando non si sia agito in modo da alterarlo, perchè se in questo siero noi versiamo delle sostanze capaci di modificarlo sostanzialmente, la sua pro- prietà sarà d'altrettanto paralizzata. Così pure se in un li- quido ricco di fibrinogeno di Hammarsten invece di versare in acqua i leucociti, ottenuti dall'ascesso colla trementina, si versano invece in alcool comune (00°) in alcool a 70° a 90°, il precipitato sarà meno abl)ondante e d'altrettanto più lento a formarsi quanto più alcool contiene. Lo stesso avverrà in presenza di acidi, anche in de- bole quantità, di peptone, di fermento peptico-pancreatico di Albertoni. Perchè tutto questo ? Eppure sia l'alcool, che gli acidi, che il peptone, che il fermento peptopancreatico producono una distruzione dei leucociti e questo fatto dovrebbe, da [31] (953) quanto tìn'ora fu esposto, agevolare anziché l'itardare o;l impedire addirittura la coagulazione. La ragione sta in ciò che appunto queste sostanze, uno alla disgregazione del protoplasma, distruggono eziandio il fermento fihrino, — cioè la nucleina. Questi fatti che è possibile rilevarli a proposito dei globuli bianchi è assai malagevole ripeterli sulle piastrine per la difficoltà di ottenerne in grande copia. Per esse è necessario la indagine microchimica come noi ci siamo atte- nuti e di cui abbiamo detto quanto è sufficiente per attribuire il loro fermento alla quantità considerevole di nucleina che contengono. La loro costituzione è dovuta essenzial- mente di nucleo-albumina di Hammarsten, cioè di un pro- teide combinato a nucleina {cel globulin di Halliburton) e di mucina. Veniamo ora ad una questione di grande importanza e molto discussa. Alla ricchezza dei globuli rossi in fibrino fermento ed alla influenza loro sulla precipitazione della fibrina. Nei preparati a celletta capillare abbiamo già ri- ferito come alla formazione del reticolo poco concorrano i globuli rossi dei mammiferi, o per essere più esatti, come il rapporto fra essi ed il reticolo sia fragile e facil- mente col lavaggio superabile, mentre invece altrettanto non sia dei corpuscoli rossi della rana e del piccione. Questa differenza, secondo il concetto nostro, dipende che questi ultimi elementi sono nucleati e riccamente provvisti quindi di nucleina. Fu Lauder Brunton quegli che pel primo ha dimostra- to i corpuscoli rossi degli uccelli contenere della mucina, cioè una sostanza ricca di nucleo-albumina, estraibile trat- tando quella con acqua di calce e riprecipitando con acido acetico. Plosz ha riscontrato che queste emasie conteng«)no (954) |;32] una percentuale elevata di fosforo e della vera nucleina, identica a quella ottenuta da Miescher nel pus. Contraria- mente a Sturge^, il quale ritiene essere questa sostanza pre- sente esclusivamente in alcune cellule e solo cioè in quelle provviste di nucleo, Worm-MilUer invece pretende che ogni protoplasma ne è, in (juantità variabile, sempre prov- veduto. Schioartz e Flemming credono che di essa sia costi- tuita quella sostanza nota in microscopia sotto il nome di cromatina. Hoppe-Seyler, Schmidt, Semmer hanno trovato, con indagini molto estese, che i corpuscoli rossi dei rettili, uc- celli ecc. contengono una grande quantità di nucleina, mentre invece ne hanno appena traccie quelli dei mammiferi. Wool- dri'lge mentre conviene in parte con questi risultati, so- stiene d'altro canto che le emasie dei mammiferi sono for- nite invece che di nucleina, di una piccola quantità di lecitina — sostanza appartenente al nucleo albumine e studiata da Tolmatscheff — che ha la proprietà anch'essa di coagulare la fibrina. Krùger anch' egli ritiene esistere nei corpuscoli rossi dei mammiferi una sostanza capace a questa funzione. Altrettanto Halliburton e Friend. Lan- dois nel 1874, ripetendo nel coniglio gli esperimenti da Heynsius fatti sul sangue di cavallo, constatò la partecipa- zione dei globuli rossi alla determinazione del coagulo della fibrina. Egli sperimentò versando una goccia di sangue defibrinato in siero di rana e chiamò col nome di fibrina dello stroma la fibrina che proviene direttamente dallo stroma di queste emasie, mentre fibrina del plasma quella determinata dall' azione del fermento fibrino sul fibrino- geno. Bonne ha espresso pure l' ipotesi che i globuli rossi dei mammiferi possano, distruggendosi, mettere in libertà del fermento librino. Come si vede, mentre la partecipazione al processo della coagulazione da parte dei globuli bianchi e delle pia- strine è da tutti generalmente ammessa, tanto che ciò ci [33] (955ì potè dispensare dal riferire la lunghissima letteratura ci ejumciazione di quanti 1' hanno sostenuta ; quella invece dei o'iobuli rossi è tutt' altro che una questione risolta. Perciò noi abbiamo tentato, seguendo lo stesso proce- dimento indicato, di occuparcene. E per non ripetere detta- gliatamente di nuovo i particolari degli esperimenti, diremo solo che la osservazione macroscopica confermò pienamente quanto avevamo già dubitato dall' esame in vitro fatto colla celletta capillare : e cioè che i globuli rossi del piccione sono forniti di nucleina e di librino fermento e possono partecipare in modo discreto alla coagulazione ; quelli in- vece del coniglio sono scarsi di nucleina e fermento fibr. e partecipano alla formazione del coagulo con scarsa effi- cacia, dando solo fiocchi poco abbondanti di fibrina. (La separazione della nucleina si può fare molto bene col me- todo del Wurtz o di Horhaczeiosky). Ci resta ora a dire dell' azione analoga, presunta re- centemente da C. Bauer e H. Meyer, dell' Emoglobina. Questi A. A. iniettando dell' emoglobina nelle vene di animali hanno osservato che il sangue, ottenuto dal salasso praticato poco tempo dopo, aveva una più marcata tendenza a coagularsi che non allo stato normale, e che alcuni co- nigli sottoposti all' esperimento erano morti di trombosi. Essi però non dicono quale emoglobina fosse stata adope- rata, se di specie affine all' animale o differente e come ottenuta. Già da lungo tempo Schmid!, Jakowicki, Birk, Edelberg, avevano rilevato come la iniezione endovenosa di emoglobina, di specie differente, determini una rapida ed estesa distruzione dei globuli bianchi. Più recentemente Tvanski, ripetendo le indagini di Hoppe-Seyler, Kiìhne, Hermann, Tarchanoff, Pellacani, ha riscontrato che questa sostanza può determinare non solo leucolisi, ma anche di- struzione di emasie e provocare delle itterizie ematogene da emolisi; cosi Landois, che il sangue di pecora distrugge (956) [34] rapidamente i £,4ohiili dell'uomo con più rapidità ed energia che non quell ) del cavallo e coniglio, tanto da dar luogo ad una precipitazione endovasale della fibrina dello slroma. Altrettanto affermano di aver osservato Naunijn e Fran- cken (1). Quindi non é 1' Emoglobina per sé che abbia la pro- prietà, mediante la presenza di fibrine-fermento, (di cui è priva) di favorire la coagulazione ; essa agisce in modo indiretto e determina la coagulazione portando delle gravi distruzioni sul sangue. Del resto è molto facile convincersi di ciò. Si versi del sangue, appena esce dalla vena, in una soluzione 1,5 % di NaCh. Lasciato in riposo questo liquido per 24 ore, con una pipetta capillare lo si decanti in modo che rimanga solo uno strato, quanto è possibile, povero di soluzione so- dica e costituito di pure emasie. Si aggiunga allora dell'ac- qua distillata contenente 0,15-0,20-0,25-0,30-0,35-0,40- 0,45 - 0,50 di NaCh a tante porzioni di questo sangue. In tutte queste provette avremo una diffusione più o meno abbondante di emoglobina che viene raccolta mercè decan- tazione. L' acqua distillata provoca, è vero, la pronta diffusione di tutta r emoglobina, ma scioglie pure le emasie — ed è ciò che noi non vogliamo. Desiderando studiare l'azione di questa sostanza senza che sul liquido vi siano raccolti in quantità grande e sciolti dei detriti del protoplasma, il metodo migliore da seguirsi è quello testé descritto. Se si esamina difatti coi liquidi comuni fissativi il fondo del vaso, vi si vedono dei globuli che conservano il loro colorito (1) L'anno scorso insieme col D/ Laurenti abbiamo provato nella Clinica Medica di Genova ad iniettare negli animali e nell' uomo della emoglobina purissima, cristallizzata, omogenea ed abbiamo costante- mente ottenuto, anziché dei vantaggi, dei risultati negativi. Abbiamo pure riscont'*ato che la emoglobina di sangue differente ha un' azione marcatamente emolitica, sì da rendere la sua somministrazione pericolosa. t35] (957) normale e quasi anche la loro forma fisiologica, altri in- vece più o meno alterati nei loro diametri e variamente scolorati. I detriti del protoplasma appartenenti a globuli distrutti sono assai scarsi. Ottenuta adunque questa soluzione di emoglobina la si fa evaporare ad ima dolce temperatura fino ad avere un liquido che dia, — mescolata una parte a quattro di acqua distillata, — il 100 di Fleischl. Si versi allora questa so- luzione concentrata a del plasma preparato col metodo solito — non si avrà nessun coagulo. Conclusioni e considerazioni generali. Anche in questa ultima parte del nostro lavoro saremo brevissimi. Vogliamo qui ora raccogliere in modo sintetico quanto le nostre osservazioni ci hanno condotto a ritenere. I. — Le piastrine sono un elemento morfologico, vitale, normale del sangue circolante. II. — La coagulazione della fibrina è facilmente determi- nata da un fermento che si trova, in ordine di maggior energia o quantità, nelle piastrine, leu- cociti, globuli rossi nucleati, granulazioni. III. — I globuli rossi dei mammiferi hanno un valore minore nella precipitazione della fibrina. IV. — L' emoglobina non ne ha nessuno. V. — L' estratto acquoso di piastrine, di leucociti e di emasie nucleate, determina rapidamente la coa- gulazione della fibrina se esso venga versato in plasma contenente fibrinogeno di Hammarsten. VI. — wSe le piastrine, i corpuscoli bianchi e rossi an- ziché in acqua vengono sospesi in soluzione so- T. IV, S. VII 64 (958) [36] dica normale e poi versati nel plasma, — la coagulazione avviene più lentamente. VII. — Alcune sostanze (alcool - acidi - peptone - fer- mento pepto-pancreatico) hanno la proprietà di diminuire od impedire, a seconda della dose, la coagulazione della fibrina. Vili. — Le piastrine hanno la stessa reazione delle nucleo-albumine e possono ritenersi costituite essenzialmente di esse (nucleina, mucina, cell- globulin di Halliburton). IX. — I globuli bianchi ed i rossi degli ovipari disciolti neir acqua danno anch' essi la reazione della nucleina. X. — La iniezione di nucleina di Janowski ed Horbac- zewski produce una distruzione di globuli bianchi piastrine ed emasie. Se la dose è forte la distru- zione dei globuli è imponente e può 1' animale morire per trombosi. Il sangue estratto mercè salasso ha una spiccatissima tendenza a coagu- lare. Il siero ottenuto dal coagulo ha la proprietà di precipitare la fibrina dal plasma preparato secondo Hainmarsien ed HalUburion. Da tutte queste conclusioni risulta che il fibrino-fer- mento di Schmidt è contenuto nelle piastrine, globuli bianchi, — specialmente polinucleari, — globuli rossi nu- cleati, ed, in molto minore quantità, in quelli dei mammi- feri ; che questo fib. ferm. è abbondante in elementi adunque ricchi di succo nucleare ; che le sostanze che mettono in libertà la nucleina, dopo aver disciolto i corpuscoli, faci- litano la coagulazione ; che quelle che la distruggono, la ritardano ed impediscono ; che iniettando la nucleina nel circolo, la coagulazione del sangue tolto con salasso è mar- catamente aumentata, ed il siero ottenuto dalla coartazione del coagulo è cosi ricco di questa sostanza da esser capace a coagulare il fibrinogeno di altro plasma. [37] (955)) Secondo noi, è adunque, da accettarsi 1' ipotesi di Lilienfeld, che il fermento librino sia cioè una nucleo-al- bumina. Mi è grato dovere esprimere sincere azioni di grazia all'Ili. Prof. Comm. A. De Giovanni, Direttore della Clinica Medica di Padova, per avermi coi suoi consigli validamente aiutato in queste ricerche ed aver messo largamente a mia disposizione i Laboratorj del suo Istituto ; ringrazio pure r Egregio Prof. Nasini, Direttore dell' Istituto di Chimica Generale, per avermi consentito anch'Egli l'ospitalità nei suoi Laboratorj, ed i Prof, di Chimica Anderlini e Carrara dei cortesi suggerimenti datimi. Padova, Gennaio 1893. (96Ò) [3g] LETTERATURA Thackrah. — On blood. 1827 (in Milne Edimrds, t. I). Hoìne Everard. — (In Blainville. Cours de phys. normal et coinparée. 1833). Scudamcre. — Essay on blood (in Milne Edwards). Himter. — Oeuvres complètes. Trad. llichelot. Paris, 1843. Cooper. — (In Hunter). Dumas. — Traité de Chinile phys. et inéd. 1846. Robin et Verdeil. — Cliirnie anat. et physiol. 1833. Richardson. — The cause of the coag. of the blood. 1858 (Journal de phys. de Brown-Sèquard). Bérard. — Cours de phys. 1858. Denis. — Memoir sur le sang. Paris, 1S59. » — Sur la plasmine (C. R. Acad. des Se. 1861). Predericq. — Sur la plasmine. 1864. Denis. — Sur la coagulation du sang. 1868. Hewson. — On the blood. 1870. Predericq. — Recherches sur la constitution du plasma sanguin. 1878. Glènard. — De la coagulation spontanee du sang. 1875 (Donde ho attinto molte delle indicazioni bibliografiche). Schmidt. — Arch. f. Anat. u. Phy. 1861-62. — Pfluger' s Arch. XIII, 1876. — Centralb. f. d. med. Wissensch. 1871. — Pfluger's Arch. 1872-75-76. Bruche. — Ueber das Verhalten einiger Eiweisskòrper gegen Borsàure. 1867. Hammarsten. — Untersuchungen iiber die Faserstoftgerinung. 1875. » _ Ueber das paraglobulin. 1879. — Pfluger's Arch. XVIII. » _ Ueber den Faserstoff und seine Entstehungs aus dem Fibrinogen. 1884. Renaut. — Traité de Hystologie practique. Paris. Cohn. ■■- Klinik der embolischen krankheiten. Gatitier. — Chimie appliquée à V hyg. et k la physiologie. — C. R. de V A. di S. LXXXIX. — Cours de chimie. Heynsius. — Der directe Beweis dass die Blutkòrperchen Fibrin lie- fern, Arch. f. d. gesam. Phys. III. Latschenburger. — Centralb. f. Phy. 1890. Pi-eund. — Jahresb. Wien, 1888. [39] (961) Mnntegazza. — Maly' s .Tahresbericht, t. I — (cit. da Wnrtz. Traité de chimie biologique. Paris, INIasson, pag. 286, I." partie). Mathieu ed Urbain. — C. R. LXXXIX. Strauch. — Dorpat. 1889. Halliburton. — Journ. of Phys. 1889. Wooldridge — The coagul. question. Journ. of Phys. Voi. X. Berry Haycraft. — Journ. of Anat. and Phys. 1888. Monnier, — Du fìbrin ferment. Trad. par Picard. Lion. Lilienfeld. — Du Bois Reymond. 1892. S. 115-116-550. Centralb. fiir die med, Wissen. 1893. Arthus et Pagès. — Arch. de Phys. Brown-Séquard. 1890. Arthus. — Recherches sur la coagula tion. 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Zeuclicr. — Jahresberichten u. d. Fort der Phy. und An. 1886 Pusari. — Arch. se. med. di Bizzozero. Voi. X. Laker. — Arch, di Virchow. Mondino e Sala. — Ac. Lincei. 1888. Mosso. — Ac. dei Lincei. Aprile 1887 Salvioli. — Accad. di Medicina di Torino. 1892. Prezzo della Dispensa Fogli 11 Va a Cent. 25 . . L. 2.88 ATTI DEL R. ISTITUTO VENETO D I SCIENZE, LETTERE ED ARTI (TOMO LI) SKRIE SETTIMA - TOMO QUARTO DISPENSA SETTIIVIA VENEZIA PRESSO LA SEGRETERIA DEL R. ISTITUTO Nia. PALAZZO lorehan TIP. CARLO ,-FERRARI ^'w 1892-93 Pubbl. il 18 Giug-no 189:5 INDICE Atto verbale dell' Adunanza ordinaria del giorno 27 giugno 1893 pag. 963 Lavori letti per la pubblicazione negli Atti P. Fambri, m. e. — Intorno alla utilità ed alla possibilità del tradurre. Considerazioni e degressioni a proposito di una pubblicazione di E. Teza . pag. i-xv A. De Giovanni, m. e. — Fisio-patologia della nevrosi. Parte prima (Sunto dell' Autore) ...» 967 E. Teza, ra. e. — Tradurre ? Due lettere al Segretario dell'Istituto » 972 A. Tamassia, m. e. — Su alcune condizioni fisiche del cordone ombellicale. Ricerche .... » 989 G. B. De Toni, s. c. e Paolo Mach. — Sopra l'influenza esercitata dalla nicotina e dalla solanina sulla germogliazione dei semi di tabacco Nota. . » lOOt G. Canestrini, P. A. Saccardo, A. Keller relatore, mm. ee. — Descrizione e proposte, per combattere la Diaspis Pentagona, Targioni Terzetti, o coc- ciniglia del gelso » 1011 M. Bellati, T. Martini. E. Bernardi relatore, min. ee. — Relazione della Giunta che prese in esame le Memorie presentate al concorso scientifico al premio della Queriniana, scaduto il 31 dicembre 1892 « sul tema delle caldajo a vapore ». . » 1031 L. LuzzATTi, A. Rossi, F. Lampertico relatore, mm. ee. — Relazione della Giunta che prese in esame la Memoria presentata al Concorso scientifico al premio della Quiriniana, sul tema : « della po- litica commerciale internazionale ». . . » lOi^S Atto verbale dell'Adunanza solenne del giorno 28 Maggio 1893 » 1043 P. Fambri, m, e. — Relazione sui premi scientifici e sulle onorificenze agli industriali veneti ...» 104.5 A. Rossi, m. e. — Il concetto morale odierno, nella eco- nomia politica. Discorso ...... 107.5 ANNO 1892-93 DISPENSA VII/ ADUNANZA ORDINARIA DEL G-lORIsTO S7 IvlA-G-G-lO 1893 ^i— ©--r-^ PRESIDENZA DEL COMM. PROF. GIULIO ANDREA PIRONA MEMBRO EFFETTIVO PENSIONATO ANZIANO Sono presenti i membri effettivi : Fambri, segretario, Ber- CHET, vicesegretario, Vlacovich, Trois, J. Bernardi, Beltrame, Rossi, De Giovanni, Keller, Deodati, Ste- fani, Teza, Martini ; nonché i soci corrispondenti : Occioni-Bonaffons e G. B. De Toni. Sono giustificati gli assenti membri effettivi : De Betta, presidente, Minich, vicepresidente, Lampertico, Favaro, Omboni, Fertile, Morsolin, Tamassia. Il Segretario avverte che non potendo oggi intervenire alla seduta per causa di malattia, né il Presidente né il Vicepresidente, deve fungere da Presidente il membro anziano fra i presenti, cioè il comm. Pirona ; il quale assume quindi la Presidenza. Letto ed approvato l' Atto verbale della precedente adunanza, l' Istituto unanime invita la Presidenza ad espri- mere al comm. De Betta ed al Senatore Minich i voti più sentiti per la loro sollecita guarigione. Il Presidente annuncia la grave perdita fatta dall'Isti- T. IV, S. VII 66 964 tuto del membro effettivo pensionato prof. Senatore Giam- paolo Tolomei, della quale fu data già partecipazione ai colleglli (1). (1) Colla seguente lettera circolare: N. 183 Venezia, li maggio 1893 Ai chiarissimi Meml)?i del R. Islituto Con r animo profondamente commosso, adempio al tristissimo ufficio di partecipare la grave perdita del nostro illustre collega, prof. comm. Giampaolo Tolomei, Senatore del Regno. Quanto Egli fosse stimato dai colleghi e da tutti coloro ch'ebbero la fortuna di conoscerlo, lo dimostrano gì' importanti uffici, sempre con grande onore disimpegnati, ai quali fu chiamato dalla pubblica fiducia e dalla stima generale del forte suo ingegno, dell'operosità sua e della sua onestà. Fu presidente della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova — socio corrispondente di quella di Palermo, dell' Olimpica di Vicenza e della Virgiliana di Mantova — due volte Rettore della R. Università di Padova, ed attualmente Preside della Facoltà di Giuri- sprudenza, nella quale insegnava da quasi iiiezzo secolo. Acuto e dottissimo penalista, della scuola classica, fece importanti pubblicazioni che saranno fonte utilissima per nuovi studi : fra esse è da notarsi il lodatissimo suo Corso di diritto naturale — il Diritto penale filosofico e positivo e una grande quantità di lavori, molti dei quali onorano gli Atti del R. Istituto. Il profondo sapere e V attività sua fecero sì che Egli fosse chiamato a formar parte di molte ed importanti Commissioni, e particolarmente di quella per la compilazione del Codice Penale, il cui Progetto del 1868, in gran parte fu opera sua. Né gli mancarono onorificenze non ambite ; né il sommo premio alla sua lunga e costantemente utile ope- rosità, il seggio al Senato, da lui, piii che come un onore, accettato come un carico ed vin ufficio da disimpegnarsi con ogni zelo. La lunga età potè dargli la soddisfazione, ch'era la sua piii grande compiacenza, quella cioè d'aver fatto un gran numero di allievi, che i più distinti giureconsulti del Veneto furono suoi scolari. E noi che per molti anni abbiamo avuto per collega amatissimo e 965 L' Istituto fu degnamente rappresentato ai funerali del defunto alla cui famiglia furono mandate le più sentite condoglianze. Comunica quindi la seguente lettera di S. E. il Mi- nistro della Real Casa, in risposta all' indirizzo innalzato alle Loro Maestà nella occasione delle Nozze d' argento : MINISTERO DELLA R. CASA Segreteria particolare DI Roma, 24 aprile 1893 S. M. IL Re N. 2984 Nella fausta ricorrenza delle Reali Nozze d'Argento, codesto Istituto mi ha onorato dell' incarico, da me sollecitamente compiuto, di presen- tare i suoi felici auguri ai Nostri Augusti Sovrani. Al Re ed alla Regina è riuscita di vivo gradimento questa conferma di devoto affetto Loro data da un Istituto a nessun altro secondo nel mantenere le gloriose tradizioni dell' arte e della scienza italiana, e verso il quale vogliono che io mi renda interprete dei ringraziamenti Sovrani per il gentile atto di omaggio reso alle Maestà Loro in cosi lieta circostanza. Mi affretto ad esprìmerle i benevoli sentimenti Reali, onde Ella possa a sua volta significarli agli illustri suoi Colleghi, e mi pregio attestarle con 1' opportunità. Signor Presidente, la mia ben distinta con- siderazione. Il Ministro Ill.tno Signor U. Rattazzi Presidente del R. Istituto Veneto di scienze^ lettere ed arti Venezia compagno indefesso di lavoro Giampaolo Tolomei, a lui porgiamo reve- renti e commossi 1' estremo vale, mantenendo perenne la ricordanza del suo valore scientifico e della bontà del suo animo. IL vicesegretario M. E. G. BERCHET Partecipa che pervenne air Istituto V invito ali* inau- gurazione del monumento agli eroi caduti nella memorabile giornata di Curtanone e Montanara ; ed altro invito per sottoscrivere ad un ricordo marmoreo pel valente glottologo Senatore Flechia. E finalmente comunica 1' elenco dei libri ed opuscoli donati all' Istituto dall'ultima adunanza, facendo particolare menzione del volume degli Alti della R. Università di Genova, pubblicato in occasione del IV centenario Colom- ^biano — del volume In Niibia del m. e. Beltìmme, pre- miato dalla Società geografica italiana — degli Atti del Congresso botanico internazionale di Genova del 1892 — e dell' Opera del prof. Todaro : Ricerche fatte nel labo- ratorio di anatomia normale della R. Università di Roma ed in altri laboratori biologici. Voi. Ili, fase. I. Dopo di ciò furono presentate e lette le seguenti Me- morie ; Dal m. e. Keller — Sulla Durra e sui Sorghi (Con- tinuazione e fine). Dal m. e. De Giovanni — Fisio-patologia della ne- vrosi (Parte I.""). Dal m. e. Teza — Tradurre? Due lettere al Segre- tario dell' Istituto. Dal s. e. De Toni e sig. P. Mach — Sopra l'influ- enza della nicotina e della solanina sulla germogliazione dei semi di tabacco. Ricerche sperimentali. L' Istituto si è quindi raccolto in adunanza segreta, nella quale si occupò della trattazione di vari aff'ari posti all' ordine del giorno. FISIO-PATOLOGIA DELLA NEVROSI PARTE PRIMA DEL M. E. A. DE GIOVANNI (Sunto dell' Autore^ L' estensione del mio studio sull' argomento, del quale ho r onore di tenere parola oggi davanti a miei onorevoli Colleghi, oltrepassa i limiti delle nostre comunicazioni de- stinate a comparire sugli Atti del r. Istituto ; però ho di- visato di riferire brevemente ciò che credo necessario per spiegare il concetto del lavoro. Da quando ebbi ad occuparmi della Patologia del Sim- palico, mi si è presentato innanzi alla mente un problema, intorno al quale ho poi lungamente meditato, seguendo ora r impulso dei fatti clinici, ora quello delle risultanze sperimentali, ora quello delle leggi generali biologiche. E mentre cresceva per opera dei più rinomati cultori mo- derni della nevrologia la mole delle cognizioni cliniche intorno alle nevrosi, a me sembrò che rimanesse tuttavia misteriosa la vera causa delle medesime, quella causa che è insita negli organismi umani — la causa predisponente — senza della quale le altre cause non agiscono. A me sembrò pure inesatto tanto il dire che le nevrosi hanno da considerarsi come malattie sine 7nateria, quanto fuori di proposito attendere che 1' anatomia patologica ci riveli la speciale alterazione del nervo che le determina; e tanto più m' è sembrato erroneo sostenere, che noi non cono- sciamo che degli accidenti nevrosi, ma non 1' entità pato- logica della nevrosi. (968) [2] In questa I."" Parte del mio lavoro intendo obbiettare categoricamente questi tre punti della dottrina nevrologica, dimostrando : 1 che tutte le principali forme nevrosiche derivano da una condizione particolare dell' organismo, che necessariamente le precede ; — 2. che questa condi- zione particolare dell' organismo è congenita e si collega ad altre anomalie di organizzazione e funzionali che, se non in tutto, in parte si possono riconoscere ; — 3. che queste particolari condizioni danno luogo a ciò che io dirò nevrosi costituzionale. — E ciò porta la conseguenza, che tanto alla nevrosi, come alle forme nevrosiche, od accidenti nevrosici, che ne derivano, non corrispondono né queste, né quelle alterazioni, che suole indagare 1' anatomia patolo- gica ; ma corrispondono aberrazioni di sviluppo special- mente del sistema nervoso e conseguentemente di funzione delle parti che ne subiscono 1' influenza, per cui, date le volute circostanze, viene a poco a poco a manifestarsi la forma clinica della nevrosi, varia a norma dei casi. Base della mia dimostrazione sono i fatti. — Questi mi hanno insegnato, che investigando i precedenti fisiolo- gici di coloro che offrono l'una o l'altra forma nevrosica, assai tempo prima che questa comparisca, hanno presentato indizi per i quali, o l' innervazione cerebrale, o la spinale o la gangliare, veniva riconosciuta in qualche modo ed in diversa misura singolare, offriva quel fenomeno che ordi- nariamente dicesi idiosincrasia. Vocabolo che io adoprerò nel senso più lato possibile, per indicare un modo non comune di reazione nervosa, tanto di una parte, quanto di un' altra del sistema cerebro-spinale e del simpatico. Cosi stando le cose, io mi chiedeva e mi chiedo : quando adunque incomincia veramente la nevrosi ? Quando questa assume la forma clinica convenzionale, oppure quando suole manifestarsi in quella guisa mite, larvata, che di- cemmo idiosincrasia ? Io dico che questa è veramente da pigliarsi come la vera nevrosi fondamentale ; questa la vera ragione predisponente per 1' altra, che si chiamerà [3] (969) poi con un nome o con un altro ; questa infine che so originata coli' organismo, venuta crescendo, modificandosi mano mano che 1' organismo evolve e si trasforma. Se dopo avere apprezzato questo fatto, senza del quale non si farà mai completa la storia di qualsiasi nevrosi, vorremo prendere in esame gli organismi degli affetti dalle differenti forme nevrosiclie, noi conforteremo il nostro pensiero con altri fatti importantissimi. E questi sono tutti quelli che si riferiscono alle anomalie costituzionali. Im- perocché i nevrosici, indistintamente presi, portano le note più classiche del linfatismo, o dell' erpetismo, o dell' artri- tismo, 0 sono polisarcici, o diabetici, o gottosi, o sotto la influenza di cronici avvelenamenti. E se a tutto questo aggiungo anche ciò che io chiamo il criterio morfologico, cioè quel tanto di sproporzione che, mercè opportuno me- todo di esame, si riconosce sussistere nello sviluppo delle diverse parti del corpo, io credo che quel fatto, che ci ap- parve sin dal principio delle presenti considerazioni legato alla costituzione individuale, perchè originato coll'individuo, assume un carattere già più concreto e direi materiale. In fatti le odierne ricerche embriologiche ed anatomo- comparato insegnano, che gli elementi nervosi meno evo- luti hanno corrispondente grado di eccitabilità, di resistenza; che gli organi nervosi, che ne risultano composti, presen- tano disforme attività, modo differente di reagire, singo- larità di azioni riflesse ; che gli organismi ne' quali fun- ziona il sistema nervoso così irregolarmente sviluppato, sogliono avere manifestazioni caratteristiche anche nella nutrizione, nelle secrezioni, come negli appetiti, nelle tendenze ecc. In tale combinazione di elementi si vede la nevrosi costituzionale, che per la mitezza può passare inos- servata, ma che per il sopraggiungere di altre cause — eccessi funzionali, esaurimenti, autointossicazioni, avvelena- menti, patemi ecc. — essere indotta a manifestazioni più evidenti, più gravi e caratteristiche per le diverse forme cliniche. (970) [4] Tutto ciò, come dissi, rende chiaro, che la nevrosi è ima condizione morbosa costUuzio?iale, quindi tale che non può dirsi sine materia. Se poi ora andiamo a vedere il modo col quale si preparano le forme cliniche delle nevrosi, non che le loro manifestazioni accessionali, ci si presenta quanto segue : 1° la disponente costituzionale ; — 2" anomalie funzionali vaso-motorie in quella parte del sistema nervoso che pre- siede alle effettuazioni fenomeniche della nevrosi ; — 3° alterazioni del chimisno organico, per cui si determina uno stato discrasico, o di auto-infezione, quindi di stimolazione morbosa degli elementi nervosi da parte di corpi o sostanze che dovrebbero non prodursi, o prodotte dovrebbero essere prontamente eliminate. Qui alludo a quelle sostanze delle quali si fa oggi giorno particolare oggetto di studio — i cosi detti alca- loidi animali o tossine. In proposito le mie osservazioni sopra sperimenti fatti eseguire specialmente sulle orine dei nevrosici, non che su quelle delle persone affette da qualche fenomeno morboso influito dalla stitichezza, sebbene non abbiano un decisivo valore, pure collimano con quelli di altri per dimostrare, che a certe manifestazioni cliniche delle nevrosi concorre anche l'assorbimento di tossine pre- paratesi nel tubo intestinale. Per me adunque non è logico proporci di scandagliare negli organi nervosi per sorprendere l' alterazione loro, perchè deve invece ricercarsi il difetto o 1' errore di evo- luzione nel sistema nervoso e nell' organismo ; la nevrosi considerata nel suo substrato costituzionale, è quello stato di disposizione morbosa che risulta dal concorso di più ele- menti fisiologici — il nervo e tutte le altre funzioni del- l' organismo. Che se guardiamo poi a certi processi terapeutici (cure ricostituenti) coi quali si modificano ed anche pos- sono sospendersi le manifestazioni nevrosiche, anche per questa via è d' uopo convenire nella conclusione colla [5] (971) quale chiudo questa Parte I.* del mio lavoro, che, cioè, il sustrato della malattia è vario, ma esiste, la sua esistenza non è ipotetica, ma reale. 1 vantaggi che possono provenire da questo piano di vedute e di ragionamento sono non pochi. — Primo, si constata che un certo grado di nevrosi costituzionale ri- scontrasi quasi in ogni individuo, che si confonde il suo studio con quelli che abbraccia 1' antropologia, che come vi hanno le famiglie nevropatiche, cosi si possono ammet- tere particolari caratteri nevrosici di razza ; — secondo, che portando il concetto della nevrosi costituzionale sul terreno della psicologia, potranno meglio discutersi alcune gravi questioni da cui dipendono alcuni principi ed alcune applicazioni della scienza del diritto ; — terzo, l' arte del- l' educare gli individui quindi quella del prevenire le cli- niche manifestazioni nevrosiche, s'aprirà un più vasto cam- po di iniziative, che certo supereranno per l' importanza degli eventi 1' arte del ricettare. TRADURRE ? DUE LETTERE AL SEGRETARIO DELL'ISTITUTO DEL M. E. E. TEZA vergentibus annis in senium, longoque togao tranquillior usu. Phars. 1, C. a. — Amicizia lunga e lettere brevi, diceva il Vol- taire ; ma se qualche volta vorranno somigliarle, non sarà la fine del mondo. Tu mi tiri in ballo e facciamo assieme una giratina nella quale non oso sperare di guidarti ; bal- lando, si getta l'occhio a poche strofe dell' Erben e si dà lode a quella semplicità vigorosa che è nella fantasia uma- na, non sciupata dalle sottigliezze della critica, dalle stram- palerie della superbia inventiva, e dalle finezze dell' arte. Alla scuola di popolo fu educato 1' Erben : erudito nelle storie del suo paese, preposto agli Archivi e innamorato delle glorie nazionali, della gente umile dei campi, meglio che delle città, raccolse le voci con amore e ne fece un libro, dove commento alla parola è la musica, e si con- serva alle generazioni che verranno la testimonianza della poesia : quella che si ereditò, che si comparti, come usa tra i figliuoli, che si rigenerò e si generò nell' ottocento. Molto andò perduto per sempre : molto è dentro a' cervelli netti, e ai cuori buoni de' popolani che hanno a nascere e che nella canzone, festiva o mesta, a sfogo od a conforto, [2] (97:^) non faranno scioperi. Nell'Erben letterato e' era anima di poeta ; non è ambizioso di novità, contento di assomigliar- si ad uno di quegli inesperti che lo avevano agitato e nu- trito : cosi che il suo libriccino, di piccole e poche canzoni, ritorna al popolo quello che gli tolse, e dà, nella Boemia, al nome ed all' opera dell' illustre boemo la eternità. A che bottega si compera ? chi tiene la bilancia da misurar- tela ? e chi sa dire quale sia la moneta che corre, e che alle volte una sola, piccina piccina che non si vede, vale più di una montagna di tutti i metalli ? Vedi, in questo nostro secolo di acute ricerche, di sodi ragionamenti, e insieme di aeree immaginative, vedi quanto studio sui poeti e dei poeti ! Avvolgersi fresca edera sopra il vecchio tronco : serbate, con venerazione superstiziosa, le querele figliuole dei secoli : un vivaio di ramoscelli venuti su da ogni parte di mondo ad ogni parte di mondo : ravvivata e ridipinta nella strofa la istoria, vestiti i fanta- simi della filosofia, letto nel cuore, scritto nel cuore. La critica, agitandosi, si fa torba ; l'armento degli imitatori si s])anda, sente il fischio di dieci pastori e va dietro a tutti. Come gli oziosi una volta mettevano dentro ad un cuore, nelle forme di un leone, nella faccia di un uomo, o la canzone o il sonetto, cosi dentro a rime rare, che suonano, che be- lano, che ruggiscono, viene cacciato stentatamente, stenta- rellescamente, un vecchio madrigale dai poetucoli che mie- tono le erbucce ai piedi del Parnasso, e stanno a vedere come rinasce il guaime. A un tratto per l'aria, da un alto monte, dove siedono Apollo contadino e nove villanelle, tu senti : Ho visto in mezzo al mare un verde alloro, oppure Colomba che nel poggio sei volata, oppure Lasciatela passar che fa la brava, e ti rivolgi lieto, pensoso, ai maestri di quelle ar- monie che cantano, in una voce sola, la canzone dell'uomo. Ai grandi davvero torni sempre per levarti un poco sopra le loro ali possenti, ma a quelli di mezza cotta volti le spalle, e il sentire che cosa sia dentro a quelle smilze stro- (974) [3] fettine, che pure non dicono nulla, è una grande consola- zione : nel ronzio che affatica ed assorda, una limpida voce ti chiama per nome e ti vince. Pareva cosi, Paulo mio, a noi giovani, e pare a noi vecchi : e più lo dirai a reluttanti o ad inesperti amatori di troppo squisita poetica, farai maggior bene. Ogni poesia è una creatura, nasce una sola volta : chi traduce rifa, non fa ; e se io dicessi che, nelle arti della parola, è grande vantaggio che la imitazione non possa mai essere compiuta, mi accuseresti di sofisticheria ? Può la pittura, può la scrittura, può l'architettura, quello che la poesia non riesce a fare : e anche più disgraziata di lei è la musica. E qui, se permetti, il lungo diventerà stirac- chiato ; che per le amicizie sarebbe una bruttura, ma che sulla carta, paziente e complice, può correre. Non parlo delle bellissime tra le nostre case che si riveggono a Monaco, né de' quadri nostri o delle statue greche che si incontrano nei Musei dell' Europa, in dili- genti ricopiature che ingannerebbero occhi da lunghe espe- rienze non addestrati : due volte ho visto, accanto alla Tra- sfigurazione, e accanto all'Assunta, due altre tele che pa- revano avessero ai due poeti rubato ogni cosa: due volte la Duc/iessa Venere d' Urbino, se mi lasci dire cosi, da fare impallidire per l'ammirazione. Se anche i colori che si veggono adesso non sieno quelli di una volta, e i colori che li ritraggono alla pari, fra cinquant'anni, se ne stac- cheranno : se anche il lucicchio o il granato e le macchio- line di una pietra non possono trovarsi tutte in un'altra; puoi immaginare un Partenone, il povero sciancato, solenne nella nudità e nelle ferite, rimisurato, ripesato quasi, a pezzetto a pezzetto levato di terra sotto il cielo, meno bello che non paia sopra a te, Grecia divina, ma che è il cielo di tutti ; puoi figurarti uno Sposalizio della Vergine che ti inganni con ogni pennellata : e, scendendo più giù, un medioci'e quadrettino o una erma scliietta può avere un perfetto copiatore. Se non che, a quella somiglianza, [4] (975) quando e' è, tu stupisci e non godi. Dietro l'artitizioso non vedi l'artista. Nelle creazioni della parola, codesti miracoli non ci sono. Ogni parola copia del campo ideale tanti pollici e li misuri, se gli stromenti sono acconci e destro l'operatore, con esattezza che non lascia sfuggire i millesimi. Levala via e mettine un'altra, di un altro tempo, di un'altra gente, e quando pare che ci si adagi, se badi a' margini, vedrai che sporge o rientra: se la scantucci o se la stiri, non è più lei : ed eccezione non c'è : il dendron non è 1' m^bor, né haus è la maison, né woman è la donna ; senza ti- rarti a contare i pollici delle parole d'Arabia, di Cina, di India, di Giava ; per le quali ti verrebbe da fantasticare che, anche nel mondo delle misure, e più che altro nella noomeb^ia, ci fosse dito e dito, palmo e palmo ; come c'è il mio ed il tuo, non chiamati che io sappia a fare da métron all'universo, un ditone che rispetto, e un ditino del quale mi contento. Infila in un lungo monile queste perle, o- gnuna bucata a suo modo, e fa poi un' altro monile che ne ritragga le forme, il numero, le relazioni, ogni cosa ! Il pensato non si traduce. Dicevo che la musica ha più brutta la sorte ; e mi basta accennartelo. Tu non sei di quelli che vedono il maestro scrivere dentro ed attorno alle cinque righe l'o- pera sua, che la ridanno poi ad una turba scomposta di lettori e di sonatori, e si contentano di sentirne gli inter- preti : forse giurano che, se la carta durasse in eterno, le note alate volerebbero senza sperdersi mai ! No, no : quel poeta delle armonie disse una volta sola la sua canzone ; da sé può cantarsela, ma ne ricanta un' altra : dà e ruba, sfoglia ed infiora ; la freccia é scoccata. Degli interpreti non discorro ; meglio leggono, direi quasi che leggono peg- gio : la voce vive in eterno, se vuoi, ma in trasmutazioni infinite. Fo un passo indietro ; perché anche la canzone vera, del poeta vero, gli esce di bocca una sola volta: viene ricreando- (1)76) [5] la, non toccandole le membra, quasi irrigidite sul foglio, ma spirandovi ogni volta un' anima nuova : poi esce da lui e casca nelle bocche dei menestrelli. Se all'Alighieri giun- gesse il commento che è nella voce di chi legge, e sente, le terzine della Commedia ; egli direbbe forse all'uno, giullare, smetti e all' altro, bimbo, non mi toccare, e . al solenne maestro, maestro, codesto non ci ho messo io. Torno alla parola, e anzi a (|uella dei versi ; strano sarebbe che ci fosse una cosa più im[)Ossibile delle impos- sibili ; ma non è strano di aggiungere, che, scendendo dalle nuvole, e contentandosi che dench^on sia proprio 1' arbor, agli innesti che si fanno nella poesia crescono, e nel nu- mero e nella grandezza, le difficoltà. Armonia che somigli, e non altro, stuona ; e chi oserebbe voler salire più in alto, correre più lontano ? Ritrarre, non dico i sei piedi del greco, ma i sei, piedi con tutti i congegni che avvivano il verso della Iliade ? quelle tre cime sulle quali muovi, o con un gradino o con un salto, nella canzone di Crimilde? il lento scivolare, a passi ora lunghi ora corti, e con tanta ma non sfrenata libertà, nello sloco dei Panduidi ? Beato chi giunge a fare la sonata che in qualche modo assomigli ! Ogni parola ha la sua età, e puoi sbellettarla, ma la vecchia è la vecchia ; e quando ridai ad un' altra gente quell'anima che vuoi accompagnarle dal regno dei morti, sei tu destro a trovare nella tua lingua una parola che le faccia da corpo, e che abbia tanti anni appunto come quello che lasciò per le terre ? E se Alfredo di Musset intreccia alla sua una voce del Marot, andrai a cercarle un' emula nelle rime di Guido Cavalcanti ? E la stessa veste, di un tessuto, di un colore, vestirà Atossa ed Ofelia ? Atalia e Gu- drune ? la stessa veste di Clorinda e di Bradamante ? Sopra il quale argomento, che è proprio da sartore, e per la roba e per il taglio, si andrebbe a rischio di non finirla mai. Siamo d'accordo, e intanto io me ne sto a filare o ad in- tessere la nebbia ; come se, avendo a lottare contro a te, mi [6] (077) preparassi la tua benevolenza, per smagrirti un poco quando avrò forse a sentire un tuo pugno. Sopra un altro punto siamo d'una stessa opinione. Le traduzioni, che sono imitazioni e non altro, è bene che nascano, che si diffondano, che colgano tre piccioni ad una fava ; e cosi si allarga il proverbio. Addestrano lo scrit- tore, 0 fatichi sui buoni, invidiando, o racconci le ossa ai zoppicanti, e corregga ; e uno dei piccioni : accrescono forza alla lingua nella quale sono scritte e la costringono a met- ter fuori ogni cosa dei nascosti tesori e a comperarsi, non già a rubare o a rubacchiare, quello che le manca; e due: danno da fare agli sfaccendati e ci salvano dai versaiuoli ; che è il terzo piccione, il più grosso, il più bello e che vogliamo guardare un poco nel becco e nelle penne, prima che ci voli via. I poeti sono pochi : pochi i quasi poeti, come di An- tonio da Ferrara diceva il Sacchetti ; in molti invece è l'a- more alla poesia degli altri. Ma piuttosto che sfogarlo nel ricopiare debolmente il canto cantato, come usa nelle Ore di ozio, nelle Foglie di ogni mese, nelle krmonie delle anime giovanette che hanno tanto bisogno di editori in- dulgenti, io vorrei che lo sforzo delle generazioni nuove si gettasse tutto a queste prove del donare cittadinanza ai forestieri. Una mediocre versione da lingua di altre nazioni varrà molto meglio di quel librettuccio, elegante e vuoto, che traduce soltanto dall'italiano in italiano. E bene che si faccia da molte parti e per molte vie : che i saggi siano brevi : che la critica, non già in mano ai novellini e agli amici, ma a giudici severi e provetti, guidi, riconduca a buoni intenti ; e il primo è questo, come nella vita civile, di contemperare con garbo e con snellezza la servitù e la libertà, da non dar noia agli altri, e da non soffocare sé stessi. A Milano fu l'altro mese posto un premio a chi tra- ducesse poche strofe del Tennyson : compiere a perfezione la piccola opera non era facile : secento poeti scesero nel (978) [7] campo, ma la battaglia fu combattuta in segreto. E direi : se da quella lunga schiera non uscirono altre dieci ver- sioni che meritassero, non tutto il premio, ma diviso, un coccio per una ; se quel vaso giapponese non ha dovuto, per giustizia, moltiplicarsi, s'avrebbe a conchiudere che anche i mediocri sono pochini e che il mio desiderio che nelle versioni s'affatichino parecchi ingegni di onesti servitori (Ielle Muse, è sogno di malato. Guarda, amico mio: molte cose inutili riempiono il banco di un giornalista, e poi il suo foglio ; ma quattro fitte pagine, con quei secento as- salti alla poesia del Laureato non potevano essere un in- segnamento per la critica e per l'arte ? Non solo giova che una letteratura si allarghi, imi- tando, ma può riuscirle di far meglio dell' emula sua, quando l'opera di un mezzano scrittore arrivi ad un inge- gno bene impastato e bene nutrito ; come avvenne al Dafni e Cloe che non ha tante grazie nel greco quante ne ha negli ornamenti di Annibale Caro e nella schiettezza di due frati dello stesso convento, Giacomo Amyot e Pier Luigi Courier : può anche, nel dissimile, e accanto ad un gran libro, conquistarsene un' altro ; un' altro, ma grande. Non dico il nome : perchè se tornasse, tutto pieno della sua pol- vere, messer Bernardo Davanzati, io starei col cappello in mano ad onorarlo e tu per poco non gli daresti uno sca- paccione, di quelli che, a vederseli nell' aria, torna gran conto esser morti. Menato il mio cagnolino per 1' aia, vengo a te, alla tua lettera e voglio scolparmi. Nelle quattro chiacchiere che feci sul libro dell'Albert (non come a proemio dei versi, che anzi vennero alla coda) io parlavo di boemi, ma non pensavo solo ai boem.i. Erede dei vecchissimi, e non dopo essere stata in un sepolcro di tenebre per un pezzo, al pari della Grecia, l' Italia non ha emoli : ne ha bensì, e valo- rosi e rispettati, come erede di altri meno vecchi maestri. A giudicare delle letterature rinascenti o nascenti ella può forse errare : ed intanto è bene che le piccole voci si le- m (970) vino, 0 che unite facciano un coro possente o che ima ne risveglino a dare autorevole sentenza. Ma anche su codesto non è da disputare ora, qui, con te. Io non ho sotto chiavi il Libro d'oro della poesia, né sono segretario di Olimpo per ordinare nei miei registri lo stato civile dei grandi e dei piccoli; ma un po' di ge- rarchia ce la facciamo tutti e, in codesto lucente paradiso dell'arte, mettiamo uno sopra l'altro i Cherubini e i Sera- fini, i Ti'oni e le Dominazioni. Le tradizioni nazionali, quelle di scuola per ciascuno di noi, e le esperienze della vita e gli studi, e anche i giochi della fantasia, sono tanti consiglieri che danno le palle bianche e nere per assegnare a' poeti il loro posto. Ora se io, con frase rettorica, chiamo clii minorwn gen- tium, questi o quegli altri, tu mi domanderesti; che cosa 0 chi si chiama il maggiore o il minore ? chi è iddio ? e chi è dio degli dei ? Quando metto il Poliziano e il Bembo nella via di mezzo, intendi bene che io voglio più viva e fe- conda immaginazione, che io voglio più agitato nella pro- fondità il sentimento, per intrecciare la corona : ma se rammento quei due soli, cavati da una grossa famiglia, vedi subito che io tengo in gran conto la eleganza e il latino che si travasa quasi da sé, con limpida onda, nell'italiano ; come ammiro nei due scrittori l'acume e la grazia anche nella erudizione e nella critica. Tu dici, e dici benone, che non se ne stanno sotto a' grandi perché scrissero in due maniere, ma che, stretti in una sola, non avrebbero fatto un passo più in alto. Lo negavo forse ? Se più possenti nel valore dell' arte creatrice, (dicevo io, o volevo dire) avrebbero pensato e detto con una lingua sola, la italiana. Se pecco, devi dun- que combattere questa proposizione e non già un'altra: gli artisti della parola si fanno grandi dentro ed innanzi ad una sola nazione. Vero è che nel mondo tanti sono i casi della vita, tanti fili si intrecciano nel tessuto, tanto il pettine stringe T. IV, S. VII 67 (980) [9] forte assieme il nero ed il bianco, il grosso e il sottile, che, a fare la istoria di tutti gli ingegni, non bastano due rubriche o tre rubriche come usano i ragionieri. Gabriele Dante Rossetti, anima di pittore e di poeta, benché in sé mescoli due sangui, e di buona vena, è degli inglesi, e l'i- • taliano è alla fantasia di lui un ornamento e non già un arnese. Il Ruffini, sopra ottimi esempi, esigliato il corpo e lo spirito, congegna il racconto e lo dice in una parlata diventata sua ; ma la sua è diventata degli altri, dei lon- tani. Invitalo all'arte del novelliere nella lingua dei suoi padri, e vedrai che cosa sia maneggiare, con libertà e co- scienza, lo stromento del pensiero e dell' immaginativa! Alla veemenza del Buonaparte manca la castigatezza : francese voleva, e non poteva, diventare : forza ed arbitrio di con- quistatore non basta. Il grande Federico impicciolisce nel disprezzo dell' arte paesana, e l'arte è vendicata : egli passa la vita negli imparaticci, sotto la ferula del precettore. Il Tommaseo, vissuto tra francesi e tra greci, può imitarne lo stile, ma di altra sorgiva sgorga il suo : e la fiumana ondeggiante di Vincenzo Gioberti può in altri letti versarsi, ma, benché pura, somiglia ijuasi a rigagnolo. Si direbbe che la nazione perda, e pur guadagna, quando uno dei suoi figliuoli usa franco e sicuro la sola penna che egli ha : onde il Porta, il Belli, il Buratti. Codesti non hanno bisogno di correttore, come ne ha il francese, così brioso e scin- tillante, dell'abatino Galiani, o l'inglese, il francese, lo spagnolo di Giuseppe Baretti ; due scrittori che, meno al- largatisi, sarebbero stati più operosi e più puri e più du- revoli maestri di stile. Non si pensa che in una lingua, o anzi non si ripensa; perché ognuno ha dietro a sé una lunga serie di esempi ; ma senza quel riconquisto pieno, arte non c'è. Non dico già la lingua che ti insegnarono bambino, ma la lingua che la sorte ti diede, o il tuo capriccio ha prescelto : delle altre, rammenti i pensieri e a' tuoi li paragoni rapidamente 0 gli assimili : e puoi meglio parlare ad un tempo in molte |10] (981) lingue, quando non usi pensare in nessuna. Dell'uomo vol- gare, in giacca, in giubba, m toga, non dico nulla. Avrei mai negato che un eroe possa con sapienza e valore vincere una battaglia e scrivere un libro ? Operare da savio nelle ambascerie, da filosofo al suo banco, da poeta in teatro ? Essere Giulio Cesare o Niccolò Machiavelli ? Solo non comprenderei che i Commentari fossero dettati in greco, 0 la Mandragora in alessandrini francesi. Ecco tutto. Quanto alle altre arti, i paragoni ci potrebbero, anzi che guidare, sviare. I grandi pittori sono i grandi pittori, i grandi scul- tori sono i grandi scultori : il pennello del Canova non è il suo scalpello, quando vuole animosa effingere signa, come il ritmo dei rari e faticati versi di Cicerone, e ose- rei dire di quelli del Voltaire (dei famigliari non parlo) non è certo il ritmo che sonerà armonioso, tanto che le due lingue durino, nelle prose dei due guidatori di tanto mondo di artisti ingegnosi. 0 Michelangelo ? Non tirarmi fuori di casa mia : ma lasciami ridomandare : se quello che, non dico manca, ma sovrabbonda nelle opere dell'unico uomo, quello che trova censura dentro alla ammirazione dei critici, dipendesse ap- punto dall'avere Vangiolo divino parlato più lingue ? Ma quando mi dolgo che nelle letterature meno vec- chie, 0 rinsanguate di fresco, lo straniero infiltri di sotto, prema di fianco, e dall'alto piova sopra il nazionale, io non penso ai divini, ma agli umani : e spero sempre che la critica, sagace e pensosa, allunghi le mani, spalanchi gli occhi, vegga del mondo dei poeti quanto ce n'è, ma che il poeta alle sue prose ed ai suoi versi dia un solo colore, un' anima sola. La troverà nella piccola e nella grande famiglia dei suoi, e nel interpretarne con senno e con af- fetto le voci, badi a non popolarla, a non lasciarla popo- lare, di stranieri. 11 nibbio, come sai, aveva acuti strilli nella gola e se ne compiacevano le nibbiottine eleganti ; (Ì)S2) [11] ma \oll(' i»n)\ai'si la hcsiia (lahliciic ad iiiiiiai-c i iiiti'iii, e an'occlii »' l'csiò mulo. Noli vorrei, ora clic li lascio, larii pensare al i^ridio (Ielle bestie e scappo \ la e li hacio hi CÌcgaììtinsiiiia mano, come (liccNa Tor(|ual-o Tasso. Tuo vecchio amico, E. T. P/ulord, Il aprile iS'.Ki. C. a. — Potevo sbrigarmi con un poscritto ; ma, sa- pendo come, nelle lettere, proprio in fondo e quasi dimen- ticato, si mette il meglio boccone, non oso fare (juesta cor- belleria e mi contento di un'alti'a cosa, meno usata nolb^ nostre })0ste, di mandai-e come buone sorelle due lettere assieme. Quei benedetti raffronti con le arti (-he danno forma e colore alle cose terrene e alle ideali non mi lasciano pace. Non ti verre])l)e in ca})0 che mutando di una statua, co- piata con g-arbo, il lironzo nella terra cotta, o il gesso nel marmo, si facesse ^iro^ìrio quello che fanno i traduttori ; nini tutto assomiglia nell'abito nuovo, ma l'arte di chi imi- ta sta pili in alto, e se la rap})resentazione ha spirito e verità, tocca il segno al eguale è diretta. Non diresti che la versione sia pittura in tela raccorciata, perchè c*è il caso che risponda anche a tela che per lungo e per largo passi l'originale ; non dirai che le traduzioni sieno tinte ad acqua, che male ritrarrel)bero (|uelle ad olio, per la del.'olezza dello stromento : (jui si lascia, per le attinenze dei colori e dei lumi e delle ondare, tutta la lìadronanza al ([uadro che si ricojtia, e tutta la servitù a (pielb) che lo rifa. Vedi da te [12] (983) se, pesata a giusta ragione ogni cosellina, 1' arte de' tra- duttori non somigliasse inA'ece a quella degli intagli in rame o in acciaio ? nei quali, chi può mostra la sua potenza, guidato da lontano, con libertà ; il Morghen farà lavoro che non vince di certo Raffaello, ma che avrà la sua parte di gloria, tutta sua : e il quadrettucciu misero, languido, stonato, potrà dal Morghen, quando si degni, essere tramu- tato per sempre in cosa degna di ambiziosi musei. Degli antichi, lasciamo andare. Come la storia era degli storici, e la tragedia dei tragici, e la filosofia dei filosofi, cosi il greco era dei greci, il latino dei latini : e, fuori degli esercizi che diremo proprio di collegio (anche se lo scolaretto è Cicerone che si dibatte attorno al Timeo), Virgilio non avrebbe pensato a .donare ai suoi la Iliade : appena tentano, nelle cose brevi, come Orazio, o in fram- menti da intrecciare ai versi propri, come Lucrezio. Forse i greci se avessero avuto, come i latini, una scuola di grandi maestri, avrebbero tentato ; ma vennero su di terra, giù dal cielo, senza pedagogo. Anche nel rinnovarsi delle let- terature, codesto sforzo di lottatori è raro, a salti, per cre- scere nerbo al poeta, meglio che per allettamento a cu- riosità di lettori. Ma, più ci avviciniamo a' tempi nostri, chi di suo mostra saper fare, si compiace anche dell' imi- tazione ; il Pope e il Bvron, come il Foscolo e il Monti, per non rammentarne che pochi. Ne farebbe meraviglia se tu scoprissi un sonetto del Petrarca tradotto dallo Shake- speare, 0 una canzone del Ronsard, tradotta da Torquato Tasso; bensì ti meraviglieresti assai che Guido Reni ridi- pingesse il dipinto di Andrea del Sarto, o venisse da Paolo Veronese una madonna del Murillo. Perchè ? Questo co- piare, e amo ripeterlo, nulla o poco avrebbe che fare con l'arte delle versioni non a segni e a colori, ma a parole di pensieri e di immagini. Che cosa, dei ritmi vari secondo le poetiche, si possa imitare, o quale forma armoniosa meglio risponda, è da disputare, secondo i casi : e, meglio che in altre ma- (984) [18] niere, con gli esempi. A mostrare la strada si fa presto ; bisogna correrla, mettervi le gambe ed il fiato. Quei versetti della canzone boema, poiché tu hai la cortesia di leggerla due volte, sono più corti de' nostri più comuni e la legge vera dei traduttori, è questa: dove è possibile, non si rimuti nulla. Confessavo il peccato e il bisogno di muo- vermi più libero : meno padrone delle sillabe, non avevo più sotto alla mia bacchetta i pensieri che volevo ritrarre : ristringendomi, come dentro una carcere per non toccare il muro, mi irrigidivo : e il popolano male s'accomoda all'an- dare istecchito, che giova molto alle corti : qui la parola misurata, garbata, solenne, laggiù, nel prato o alla fontana, tutta briosa e libera e forse forse sboccata. A cogliere un po' meglio nel segno bisognava altra forza dalla mia : e quando lodi, con abbondanza di vecchio amico, devi temere di esserti mostrato troppo indulgente. Dei ritmi, come sai, e' è in una gente o nell' altra quello che non puoi rubarle; o che, imitato a fatica, ne costerebbe assai più a preparare gli orecchi ed i cuori di chi possa goderne. Ma sai ancora come alle volte una pic- colezza basti a mutare tutto il colore : e voglio mostrartene un breve saggio. Ti dico subito, sfrontatamente : non sa- pendo fare quello che Andrea Maffei compi per diversi modi nel darci il teatro schilleriano (che gii altri, del Goe- the e dello Shakespeare, non erano per lui) io credo, in una paginetta, in una scena, avere fatto verso il bello un passo di più. Verso il bello, badiamo, e non altro ; perchè a sapere do^^e sta di casa davvero, a corrergli incontro, ad abl)racciarselo come padrone o come amico, ci vuol altro ! Nell'atto quarto, alla dodicesima scena del Wallenstein, esce Tecla, e dice così : lo Schiller vide nella sua mente di poeta che cosa la fanciulla dicesse ed il Maffei ce lo mosti 'a : La voce del suo spirto mi chiama e dei fedeli che per lui s' immolar. Di vile indugio [14] (985) mi rampognano tutti... Essi non hanno pur nell'ora di morte abbandonato chi nella vita li guidò. Que' duri petti han tanto saputo ? ed io, codarda, sorvivergli dovrei ? No ! la corona di quel lauro che cinse il suo feretro per me pur fu tessuta. A che la vita senza il raggio d'amore ? Io la rifiuto se valor più non ha... Quando, o diletto, ti trovai, come dolce era la vita ! Risplendea sorridendo al mio pensiero la rosea luce del doman ! Sognai due belle ore di cielo. Io ti ho veduto sull'ingresso del mondo, allor che il piede, col timor di una vergine, v' impressi. Era di mille soli il ciel sereno ! Tu mi parevi un angelo d'amore che colà mi attendesse, onde levarmi con sollecito voi dai favolosi giorni delle mie fasce al più sublime vertice della vita. Il primo sguardo lo gettai nel tuo cuore e fu divino quel mio primo sentir ! Ma rozza e fredda vien la sventura, le tenere membra del mio caro ghermisce, e sotto l'ugne de' correnti cavalli le calpesta. — Questo è il fin d'ogni Bello in sulla terra ! Se getti un occhio alle armonie tedesche, vedrai che il Maffei non tolse nulla, né aggiunse : e, quanto alla bontà delle parole e alla opportunità dell' inseguirsi e del- l'accostarsi una all'altra, poiché faccio da emulo, non posso dirmi il giudice. Solo noto che lo Schiller volle adornare (li rime questi impeti di generoso dolore, e che le corone intrecciate dai poeti sui morti non è bene sfrondarle. Cerco imitare anch' io, e vorrei dire ; se e' è chi canti, vorrei cantasse. Lo spirito di lui ecco mi chiama ! La fedele coorte al sacrificio vola, a vendicarlo : m(^) [15] me lenta e vile accusa : seguire il duce prode in vita ell'usa, non osa, nella morte, non vuol la generosa abbandonarlo. Questo i ruvidi cor ! Colei che l'ama viver potria ? Oh no, no : dell'alloro la ghirlanda sulla tua bara, a me s' intreccia, è mia ! Vita che vale, se non splende amore ? E un'ombra vana — ed io la getto via. II di eh' io t' ebbi, o innamorato cuore, a me bella parea : e il nuovo giorno d'oro risplendea e sognavo nel cielo viver l'ore. Tu stavi allor del mondo in sulla porta quando, dalla mia cella, timida verginella, traevo : intorno raggian mille soli : tu, angelo pietoso, sei la scorta, e, dagli aerei di dell'età prima, tu veloce mi involi della vita alla cima ! È primo sentimento un celeste contento : e il primo sguardo sul tuo cuor lo invio ! Ma il destino s'avanza e la funesta mano di ghiaccio sull'amico mio, sulle tenere membra. In dura guerra, sotto a' fieri cavalli ei la calpesta ; d'ogni cosa più bella, in sulla terra, ahi che la sorte è questa ! Immagina, sul teatro, una voce di donna addolorata e innamorata che sappia, con le parole dei poeti, e con l'anima sua, commovere chi nelF anima vede e il morto glorioso e la giovanetta che a lui piangendo sospira. Ma qui stiamo fra i signori dell'arte e si parti dai po- verelli ; adesso, se mi lasci fare, ai poverelli si ritorna. Nelle canzoni dell' Erben ce n'è un'altra che trae la [16] (987) voce e la ispirazione dal popolano e che ti mando. Una sola rima che s'addentra in ogni strofa le lega tutte quante : e questo che, nelle scuole, diventa eco da trastullare i vec- chi bambini è voce di natura. MALEDIZIONE DI FIGLIUOLA — Perchè sei triste in viso, o figlia mia, perchè sei triste in viso ? Parevi l'allegria, eri sempre fra tutte in festa e in riso. — Morta ho la colombella, 0 mamma mia, morta ho la colombella. Una galanteria ! Bianca come la nove, e come bella ! — Colombella non era, 0 figlia mia, colombella non era. Ma non so dir che sia, l'occhio s'offusca ed hai mutato cera ! — Strozzato ho il mio bambino, 0 mamma mia, strozzato ho il mio bambino. Oh morta esser vorria, desolata che penso al poverino ! — Ed ora che far vuoi, o figlia mia, ed ora che far vuoi ? Iddio chi '1 placheria? Espiar il peccato come puoi ? — Vo' quell'erba cercare, 0 mamma mia, vo' quell'erba cercare, che i falli netta via ed il sangue bollente fa chetare. — Qual giardino la serra, 0 figlia mia, qual giardino la serra ? E chi mai la sapria trovare, e giri pur tutta la terra | (988) [17] — Alla porta qui al fianco, o mamma mia, alla porta qui al fianco, sovra il colle, all'ombria, c'è un tronco, un chiodo e c'è canapo bianco. — Che dire al giovanino, 0 figlia mia, che dire al giovanino, che, tutto cortesia, a trovarti veniva nel giardino ? — Ch' egli sia benedetto, 0 mamma mia, eh' egli sia benedetto per la negra bugia, e roda un verme il cuore al mio diletto 1 — Ed alla sventurata, 0 figlia mia, ed alla sventurata, che, con idolatria, con amore e carezze t' ha allevata ? — La maledizione, o mamma mia, la maledizione ; mai pace il ciel ti dia, perchè m' hai data tu 1" occasione ! In Toscana, se un paese ha da fare da commentatore all'altro, anzi che il cuore c'è la casa : E ci vada un serpente avvelenato, avveleni il mio amor che m' ha lasciato. (Tigri 1869\ p. 305). i versi e la prosa « come il pane e il cacio ». Non ti posso dare pan bucato e cacio serrato, ma quello è negro e questo è senza sale, da villani : è forse una buona scusa il dirti che non ho di meglio. Senza poscritti, o terze so- relle, ti abbraccio di cuore. Tuo aff. E. T. Padova, 15 aprile 93. su ALCUP COHpiZIONI FISICHE DEL CORDONE OMBELLICALE Ricerche DEL M. E. ARRIGO TAMASSIA PROF. DI MEDICINA LEGALE NELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA Una giovane ed il suo amante erano accusati d'aver fatto morire un infante, frutto del loro amore. L' avevano, con ogni probabilità, sepolto a fior di terra ancor vivo in luogo umido ed ombreggiato, si che, per quanto 1' ispezione del cadaverino avesse luogo nella prima metà del Giugno e dopo quattro giorni all' incirca dalla morte, si rinvennero i visceri in istato di relativa freschezza. Mancavano però le membrane e la placenta. Queste con grande tratto di cordone ombellicale erano state nascoste in una cameretta attigua a quella in cui di solito dormiva la donna. Inte- ressava, oltre i soliti dati fondamentali, all' Autorità giu- diziaria assodare se questa placenta, queste membrane, questo stralcio di cordone appartenevano realmente all' in- fante esumato ; e ciò per smentire le ostinate negazioni delle persone accusate. Mentre però lo stralcio di cordone an- nesso alla placenta era in gran parte mummificato, quello attaccato ancora al corpo del feto era in istato di relativa freschezza ; quindi in tale contraddizione fondavasi un' appa- rente ragionevolezza delle asserzioni delle persone accusate. Risposi come perito, in parte accennando alle mutazioni tìsiche derivanti dalla temperatura, dall'evaporazione, ed in parte dopo alcune ricerche, non potersi escludere che quei (990) [2] due frammenti (anche facendo astrazione dai rapporti di lunghezza, di sviluppo, di superficie libera) costituissero un unico cordone, e potersi spiegare con le differenze d' am- bienti, cui furono esposti i due stralci, le condizioni fisiche dell' uno e 'dell' altro. Da quel tempo presi a studiare più davvicino questo argomento, che se ha applicazione pratica, può permettere pure qualche corollario scientifico. — Un'al- tra volta mi si chiese se un dato stralcio di cordone trovato su un campo con alcuni avanzi di membrane e di placenta avesse appartenuto o no ad un infante maturo, ed in qua- le ambiente fosse rimasto, e da quanto tempo ; e ciò in seguito a sospetto d'infanticidio in una giovane, che aveva probabilmente ucciso, poi nascosto il proprio infante. — Un'altra volta ancora mi si chiese se un feto, che pesava circa tre chilogrammi avrebbe potuto lacerare un certo cor- done ombellicale ; e, se argomentando dallo stato di essic- cazione, macerazione o putrefazione del cordone, potevansi ammettere la trazione del feto o le forze della madre, nel- l'istante del parto, sufficienti a strappare quel cordone, quan- d'era nello stato di sua freschezza. Tutti questi casi di pratica forense mi diedero incita- mento a riprenderne in via sperimentale lo studio, onde, sia pure in via approssimativa, indurre qualche linea ge- nerale diagnostica; e quand'anco questo ideale utilitario non fosse raggiunto, raccogliere materiali alla cognizione positiva d' un fatto naturale : ricerca tutt'altro che oziosa, come qualcuno sostiene. 1 punti dunque, che assoggettai alle mie indagini spe- rimentali, sono i seguenti : 1.° Resistenza alla trazione nei cordoni freschi. 2.° Resistenza comparativa dei cordoni freschi, essic- cati all'aria, o conservati in altri ambienti (acqua e terra). 3.° Mutazioni di peso e di volume del cordone a di- verse temperature ed in diversi ambienti. La I-esistenza alla trazione del cordone può esser stu- diata in due modi. Lo stiramento si opera gradatamente. [3] (991) oppure mediante uno .strappo violento. Il primo caso può esser rappresentato dalle trazioni delle mani afferranti i due estremi del cordone, od anche dell' istesso feto, che resti per qualche tempo sospeso al cordone ancora fisso nel- l'utero, e ne vinca, con il protratto stiramento, la coerenza. Il secondo si allega occorrere più frequente del primo; e si suppone sempre come conseguenza dello strappo deter- minato dalla caduta del feto in seguito a parto precipitoso. Per avvicinarci quindi sempre più alle contingenze pratiche, le ricerche sulla resistenza del cordone parrebbe dovessero esser istituite prevalentemente con trazioni rapide e violenti. Però, come giustamente osserva il prof. Guzzi (*) e con lui la maggior parte degli osservatori imparziali, senza negare che nei parti cosi detti precipitosi abbia luogo questa rapida trazione del cordone da spezzarlo anche con pesi relativa- mente assai tenui, devesi pur avvertire che nei parti rapidi, quando il feto penzolone fra le coscio della madre stira il cordone, questo alla sua volta tende a stirare in basso la placenta, che è ancora in sito ed aderente alle pareti ute- rine : e le pareti uterine e il tessuto, che forma i cotiledoni placentari cedono alquanto e si deprimono ; la donna si abbassa instintivamente ; ed ecco diminuita la tensione rapida del funicolo. Tale è pure l'avviso di Hohl. D'altra parte, se anche cosi non fosse, è sempre degno di interesse conoscere i limiti di resistenza a trazione lenta del cordone, e segnalare le mutazioni che le diverse condizioni organiche, e le azioni dei varj ambienti possono apportarvi. Ed è per questo, che non nascondendoci i risultati di Pfannkuch, conseguiti in seguito a rapide trazioni, mi sono limitato a studiare gli effetti delle trazioni lente. E qui una grave obiezione. I cordoni ombellicali sono si diversi gli uni dagli altri, da riescire difficile, dai numeri raccolti, il trarre medie (1) Per questo Autore e gli altri citati, veggasi in fine la Bibliografìa. (992) [4] (loglio (li fiducia. Taluni soikj sottili, altri voluminosi; ta- luni con amnios e pareti vascolari resistenti ; altri con que- ste parti esilissime : taluni hanno vasi scorrenti lineari, altri tortuosi, altri intrecciati, altri varicosi ; taluni spet- tano ad infanti sani, altri ad infanti sifilitici, scrofolosi, in cui i tessuti meccanicamente possono in modo differente ri- spondere. Sono il primo a riconoscere il valore di questi appunti, contro una deduzione numerica tratta da elementi si accidentalmente raggruppati. Ma ho cercato di sfug- girvi, scegliendo, tra i moltissimi cordoni, quelli che non rappresentassero le eccezioni ; e quando sperimentavo su cordoni eccezionali, ne registrai isolato il reperto, in mo- do che i dati numerici emanassero dai tipi medii e più frequenti. E poiché in uno stesso cordone occorrono tratti disformi e quindi d'ineguale resistenza, ho procurato, nelle sperienze comparative, di servirmi sempre di frammenti, che nella loro costituzione fisica, presentassero le maggiori affi- nità, scartando quelli che divergessero dei precedenti spe- rimentati. E ciò potei compiere senza danno della preci- sione ; giacché la lunghezza nei frammenti identici nella loro composizione fisica non muta, come mi venne assicu- rato da matematici autorevoli, gli effetti meccanici della trazione. Ho procurato parimenti che i cordoni speri- mentati nelle prime ricerche fossero recentissimi. La tra- zione veniva praticata, legando ad un estremo dello stral- cio (già fissato superiormente) una specie di coppa di bilancia, su cui si faceva scendere dolcemente della mi- gliarola fino a rottura. Prima di esporre i miei dati numerici, è bene si co- noscano quelli conseguiti da altri, che sperimentarono con metodo congenere al mio ; e cioè : Nègrier ha una media di K. 5, 259 per i cordoni non varicosi ; di K. 3,000 per i cordoni varicosi ; Spàth ebbe la media di K. 6,161 con un minimo di K. 2,800 e un massimo di K. 12,800 ; Schàtz ebbe la media di K. 4,125 ; Monoyer [5] (m) calcola la resistenza a 5 K. ; Lamare ottenne la inedia di K. 5,190 con un minimo di 2 K. ed un massimo di 11 ; Guzzi ebbe la media di K. 5,150, con un minimo di K. 2 ed un mas.simo di K. 7 V-2- Io su più di 90 cordoni ebbi la media di K. 5,79 con un massimo di 8,40 ed un minimo di 4,200, cifre che si accordano, come vedesi, con quelle degli Autori, che mi hanno preceduto. Le differenze clie inter- cedono nelle cifre massime e minime, si spiegano con la varia costituzione dei cordoni. Intanto credo che il volume del cordone nel suo in- sieme non abbia alcuna parte nella maggiore o minore re- sistenza, giacché esso può dipendere semplicemente dalla maggior o minor copia di gelatina di Wharton. In gene- rale, ed in ciò d'accordo con Winckel, io avrei trovato che i cordoni a vasi varicosi od attorcigliati, offrono una re- sistenza meno intensa, specialmente allorquando la trazione si eserciti in vicinanza di un punto varicoso o spirale. Valgano i saggi seguenti, desunti da frammenti tolti allo stesso cordone, gli uni in un tratto regolare, gli altri in vicinanza agli attorcigliamenti ed alle spire : regolare Kil. 9,150 spirale-attorcigliato Kil. 7,500 id. » 5,700 id. » 2,200 id. » 9,005 id. » 6,600 Anche in quei casi di cordone nodoso trovai, come già notava il Guzzi, specialmente in vicinanza al nodo, una diminuzione notevole di resistenza, che in media si può ridurre ad un quarto di quella del tratto normale. Parimenti è degno di nota il fatto che un frammento di cordone già stirato nella sua totalità da un peso suffi- ciente a romperlo o quasi, se venga ancora stirato nei suoi tratti restanti, perde notevolmente della sua resistenza pri- mitiva ; onde per romperlo, si esige uno sforzo meno intenso. Veggansi infatti alcune medie dei miei sperimenti; (994) [6] Uno .stralcio fresco intatto si rompe con K. 5,200 Un altro id. id. id. id. id. 6,000 id. id. id. id. id. id. 7,500 i 80 > > 8 » 130 » » 10 ^ 130 Vi ha quindi un aumento quasi costante fino all' 8° giorno air incirca ; dopo il quale, il cordone saturo d'acqua, non guadagna più nulla ; ed il suo tessuto disgregato offre una minima resistenza alla trazione. Anche rispetto alle mutazioni nella circonferenza dei cordoni nei varj ambienti, a diverse temperature, e dopo tempo determinato, qualche elemento non privo di valore si (1000) [12] {)nò desumere. Conviene però qui tener conto delle varietà grandi di struttura, di densità, di abbondanza di gelatina, che danno luogo anche nello stesso cordone a numeri non sempre in armonia tra loro. Ad ogni modo, misurando la circonferenza d' ogni frammento messo nell' aria, nel- r acqua, e nella terra dopo dati periodi di tempo, ho isti- iuito molte osservazioni, che mi permettono di presentare le seguenti cifre come le medie più approssimative, ridotte pur esse alla proporzione centesimale. Neil' aria alla temperatura di 3° ad 8°. la circonferenza da 100 si riduce: dopo giorni 1 a 97 2 » 91 3 » 82 4 » 64 5 » 63 6 » 63 7 » 52 8 » 50 9 » 48 Neil' aria alla temperatura di 8° a 16' la circonferenza da 100 si riduce : dopo giorni 1 a 80 » 2 » 70-75 » 3 » 60 » 4 » 54 » 5 » 45 » 6 » 40 » 7 » 40 » 8 » 40 Neil' aria alla temperatura di 16°-24' la circonferenza da 100 si riduce: [18] (1001) dopo giorni 3 a 60 » » 5 » 44 y> » 8 » 40 Neil' acqua alla temperatura di 15°-18°. la circonferenza da 100 si riduce: dopo giorni 3 a 119 » » 5-6 » 120 » » 6-9 » 180 Nella terra umida alla temperatura di 15°-18". la circonferenza da 100 si riduce: dopo giorni 2 a 93 » » 4 » 80 » » 6 » 70 » » 8 » 70-66 Questi numeri esprimenti, pel gran numero d' osser- vazioni donde son tratti, una media assai vicina alla realtà, data una costituzione ordinaria dei cordoni, ci dimostrano come la riduzione del loro volume sia subordinata all'azione della temperatura ; come cioè nelle temperature moderate r evaporazione e quindi la riduzione, cominci lentamente, e poi dopo un certo progresso nei primi 3 o 4 giorni, si compia lentamente; mentre nelle temperature più alte si ha quasi di sbalzo una rapidissima evaporazione ed una corrispondente riduzione di volume, seguita da un periodo quasi di ristagno ; nel momento, cioè, in cui il cordone ri- dotto ad un nastro quasi mummificato, non ha più liquidi da cedere. Notisi come nelle temperature da 8° a 16° all' incirca si ha la completa mummificazione immutabile nelle sue contingenze fisiche al 7°-8° giorno ; al quinto giorno al- l' incirca nelle temperature oscillanti fra 16° e 24°; come appunto avviene nello stralcio del cordone, quando la vita dell'infante sia protratta, o quando, già morto, sia stato espo- sto all' aria per otto o cinque giorni. (1002) [14] Neil' acqua abbiamo un fenomeno opposto dovuto al- l' aggiungersi di questa al liquido })reesistente nel cordone, si da fargli, dopo 5-6 giorni (tempo della massima imbibi- zione) assumere un volume doppio. L' ambiente terra umida, esporta in parte 1' acqua dal cordone, e lo riduce di circa un terzo dopo 7-8 giorni ; il che avviene, avuto riguardo alla costituzione fìsica, anche in ogni altro tessuto immerso nel medesimo ambiente. Alcuni assaggi istituiti dal Guzzi sulle mutazioni del volume del cordone messo ad evaporare nell' aria, ed a macerare nell'acqua si staccherebbero (almeno in apparenza) da ([uelli conseguiti da me, giacché secondo quest'Autore il cordone a 20°-21° circa nell' aria dopo 25 giorni avrebbe perduto la metà del suo volume, ed al 7° giorno nell' ac- qua avrebbe aumentato di circa un quarto. Però se si tien conto del fatto che 1' evaporazione dopo i primi 5-(3 giorni è quasi compita, si che nei successivi la riduzione è quasi impercettibile (e questo è un fatto assolutamente costante), si può trovare un certo rapporto, giacché dalle mie tavole risulterebbe che alla detta temperatura al 3° -5" giorno all' incirca il volume si ridurrebbe appunto alla metà dell' iniziale. Rispetto all' ambiente acqua la divergenza é più sentita; e dovrà (da 125 a 180) spiegarsi con la varia costituzione dei frammenti usati nei diversi esperimenti, con la maggiore o minore permeabilità dei loro tessuti al liquido d' immersione. Ma poiché non si deve in questi studi esigere una precisione matematica, parmi clie i loro corollarj, per quanto desunti da esperienze di Laboratorio, accordandosi alle emergenze quotidiane della pratica, meritino d' essere ac- colti, se non come guida assoluta, almeno come documenti di contribuzione. [15] (1003) BIBLIOGRAFIA Voti Hofmann. — Lehrbuch der gerichtl. Medicin. VI Auflage. Wien, 1893. Pfannkuch. — Ardi, fiir Gynàkol. 1875, Vili. Fritsch. — MiiUer' s Handbuch der GeburtshùUe. 1889. Voi. Ili, 657. Hohl. — Lehrbuch der Geburtshiilfe II Aufl. 443. Guzzi Alessandro. — Ostetricia legale (Gazz. delle Cliniche. 1877). Dupont. De la perte de poids que subissent les cadavres dans l' air athmospherique (Thèse de Paris. 1889, p. 48). F. J. Saint-Cyr. — Du cordori ombilical. Lyon, 1891 (p. 49 e seg.) SOPRA L'INFLUENZA ESERCITATA DALLA NICOTINA E DALLA SOLANINA SULLA GERMOGLIAZIONE DE) SEMI DI TABACCO. IsrOT A. DEL 8. c. G. B. DE TONI e PAOLO MACH. — iS:o la strada da Albe.se ad l^j'ha. Si e ci'cduto di accrescere la vii-tù della calce, facendola prima boUii-e con dello zolfo, e cioè pigliando calce viva p. I, calce in polvere \). 2, acfjua p. 10, il che si riduce a j)rodurre un po' di solfuro di calcio, che, mescolato colla cal(;e eccessiva, esala poi un (jdore cattivo di idrogeno sol- foi-ato, scomj)onendosi all'aria. L'effett(j di (jucsta medica- tui-a, })er (]uanto si dica in conti-ario, non è stato diverso da (juello della calce jìura ; solamente il rimedio è co- stato di })iii, ed ha costretto ad impiegare più temiio e cura maggiore neirapplicazione. Lo stesso è avvenuto a chi ha curato i suoi gelsi colla mistura hordelese, usata contro la peronospora della vite, e a chi ha sostituit(j al solfato di rame della mistura stessa, il solfato di ferro. Altri hanno impastato colla calce del petrolio, dell'a- cido fenico, dell'olio pesante di catrame, della naftalina (come alcuno avea provato a Corneno frazione di Penzano), od hanno impiegato la poltiglia l)albiani che si compone di: Olio pesante di catrame. . . . parti 20 Naftalina greggia » 30 Calce viva » 100 Acqua > 400 L'effetto però, se è stato in (jualche punto migliore che colla calce sola, è stato sem[)re assai scai'so ed irre- golare, come fu sperimentato ad Orsenigo, a Canzo, e a Prosepio pei' iniziativa jìrojìria da distinti pratici agri- coltori. Misrtfgli eimflsiiii saponosi, od oleoso alcalini. — Gli effetti più chiari, più e(iual)ilmente distribuiti si sono os- servati piuttosto dove, lasciata la calce da })arte, il solfuro di carltonio, il jietrolio comune, l'acido fenico, 1' ()lio pe- sante di catrame, il jietrolio greggio sono stati adoperati direttamente, divisi e sospesi in emulsione ; sono stati però [9] (1019) di diverso },^rado, e migliori di tutti son parsi quelli a base di olio pesante di catrame, o di petrolio nero. Vi sono emulsioni diversamente composte. 1." Emulsione di Riley : Kerosene (petrolio non raffinato di America) . . litri 8 Sapone ordinario gr. 175 Acqua litri 4 Per ottenerla, sciogli il sapone in acqua sufficiente, a caldo ; lascia freddare, ed aggiungi grado a grado il kero- sene, agitando la massa. Diluisci poi con acqua litri 60-80. 2.° Emulsione della Stazione di entomologia agraria in Firenze : a) Solfuro di carbonio .... parti 2,5 Olio di pesce » 4,5 Fa soluzione e lascia depositare. b) Potassa del commercio . . . parti 1 Acqua » 25 Fatte a freddo le due soluzioni aj e bj, mescola gra- datamente l'una con l'altra, e aggiungi Acqua tino a parti 475 La emulsione di Riley non ha varianti, il che non esclude che possa averne. La emulsione della Stazione di entomologia è stata variata largamente, sostituendo al sol- furo di carbonio dapprima il petrolio o l'acido fenico greg- gio, con poco aumento nella dose degli alcali per quanto all'acido fenico. Come variante di questa si può considerare la se- guente, adoperata negli esperimenti contro la Diaspis, nella (1020) [10] quale fu sostituito il carbonato di potassa col carbonato di soda (soda Solwaj^) e il solfuro di carbonio, od anche pe- trolio o l'acido fenico con quel petrolio nero di cui si è parlato, e ne venne la Emulsione a base di petrolio nero : Petrolio nero (densità 0.970) parti 9 Olio di pesce » 2 Carbonato di soda anidro (soda Solway) . » 1 Acqua » 100 A questa crediamo, senza riserve, di poter aggiungere la seguente : Olio pesante di catrame (i) . . parti 10 Olio di pesce » 0,5 Soda Solway » 0,5 Acqua » 20 Id » 69 parti 100 Miscugli semplicemente alcalini. — Ad iniziativa del prof. Franceschini, venne poi il terzo tipo di emulsione, rappresentato dalle Ibrmule seguenti : 1." Acido fenico a 1.012 di densità (2) . . . parti 9 Carbonato di soda anidro (soda Sohvay) . » 1 Acqua » 100 2." Olio pesante di catrame a 1.012. ...» 9 Carbonato di soda anidro (soda Solway) . » 4,5 Acqua » 100 (1) L'olio pesante di catrame adoperato viene dalla distilleria del Sìg. Vitali a Borgo San Donnino, della densità areoraetrica 9'' B'" a -j- 10" C ed al prezzo di L. 10 a quintale sul posto. (2) Si ò impiegato acido fenico greggio del commercio a 60 y^, della densità areometrica di 3° B" a -|- 10" C, [11] (io2i; Come si applicano le emulsioni. Quanto al modo di applicare le emulsioni, appena com- piuta la raccolta delle foglie o pei bachi, o pei Ije.stiami più tardi, conviene pertanto di potare le piante o di di- .sporle alla potatura regolare, togliendo tutto ciò che non sia essenziale a una buona produzione per l'anno di poi. Ciò ha una sola difficoltà, quella dell'uso di non po- tare i gelsi, 0 di potarli irregolarmente, o al più ogni tre, rarissimamente ogni due anni. Passi anche per altre ragioni di pratica la potatura ])iennale o triennale, ma converrebbe sempre rinunziare alle potature a tempo indefinito ; sacrifizio di abitudini, non di razionalità nella coltivazione del gelso, e che sa- rebbe anche limitato ad una prima operazione, e periodi- camente a intervalli, ad alcune altre dello stesso grado, se il male insistesse. Ma fra 1' una e 1' altra di queste, do- vrebbero bastare delle potature più discrete e parziali, e regolando i tagli, finché il male durasse, si potrebbero avere, con pochi gelsi rigorosamente trattati, gli altri poco meno che in corso di coltivazione ordinaria. La infezione si dovrebbe combattere la prima volta, appena si scorge, in qualunque stagione e a qualunque costo. Ma si può essere indulgenti, e lasciar raccogliere la prima foglia pei bachi, magari la seconda e la terza pei bestiami, a condizione di rifarsi appena sopravviene 1' au- tunno, e si apre l' inverno ; o anche più tardi, quando, passati i maggiori freddi, si avvicina la primavera. Data in qualunque tempo più opportuno la mano al pennato, e fatta la potatura, distruggendo presto, o curando nel modo detto di sopra le parti tagliate, si farà sul resto r applicazione del miscuglio prescelto, che per le prove fatte dovrebbe essere uno di quelli a base di olio pesante di catrame, o a base di petrolio nero. (1022) [12] Assai spendite sai'(d)l)(', se non di i-ovesciaro sui ^elsi jiotati una massa di lifjiiido. di irrorai-ne con ossa la testa e il ii'oiico })ei' mezzo di })ompe a gett(j polvei'izzato ; ma HK^lta materia si ])ei'de. e il resto non ^•a distril)uitu a dovere. Megdio è di ai)[)licare il miscuglio li({uido con un pen- nello da imbianchino assai lai-go e col manico inastato o ]io, secondo 1' altezza dei rami, pei più grossi dei quali, e }iei tronchi, potranno giovare anche deHe spazzole di se- toh) vegetabili come ({uelle che si adoperano pei cavalli, e che si possono fare di divei-sa forma, inastai-c so})ra un manico, o adattare a una impugnatura ({ualun([ue (i). La. IVizione meccanica aiuta naturalmente hi liagna- tui'a delle superfici, il dista(;co dei gusci d(d pi(b)C(*liio, la ])enetrazione del rimedio sotto ([uelli che reslano, e a (|ue- sta circostanza senza dubbio si sono d(tvuti certi effetti discreti, ottenuti in (juel di Orsenigo, colla calce bollita insieme allo zolfo, alti-ove rimasta senza effetto alcuno. Conclusioni pratiche. L'articolo chiude col ricordare che: 1." per restringere quanto si può la diffusione, conviene almeno evitare i tra- sporti delle parti infette dai gelsi, nell'estate in particolare; e (juindi per esempio i trasporti dei rami con foglie o senza, infetti o ].)rovenienti da luoghi dove sia l'infezione. Nelle altre stagioni, se (lualche trasporto si faccia, co- me ([U(dlo delle })otatui'e \)e\' alti*o esempio, conviene col fuoco o altrimenti mortihcare i pidocchi, sul h'gnosul (juale si trovano ; })erchè gli insetti stessi, anco non maturi nel momento, lasciati a sé sul legno sul quale stanno, per poco (1) Non crediamo nò necessaria ne conveniente la s[ia/,/,ola di fili metallici, inventata dal Signor Vermorel, []?q (1023) che questo conservi della umidità, possono maturare e moltiplicare. Tanto più conviene astenersi dal prendere e portare in paese non infetto giovani piantoni, sui quali esista l' in- fezione, per rifornire o formare di nuovo delle piantate di gelsi. Pochi insetti, che compongono una infezione, sul prin- cipio sfuggono all'occhio facilmente, ed è necessità rinun- ziare anco a dei piantoni apparentemente sani, ma che pro- vengono da luoghi infetti. 2.° Quando una infezione sia riconosciuta, sarebbe me- glio tentare di estinguerla, distruggendo le piante col fuoco. Ma questo espediente, migliore di tutti per essere applicato nei piantonai, nelle recenti piantate di gelsi infetti, riesce più grave e di più difficile applicazione, nelle coltivazioni di antica data. Conviene allora combattere coi mezzi curativi, o colle cure degli insetticidi che risparmiano le piante, per atte- nuare intanto gli effetti dannosi della infezione, e per ri- tardarne gli aumenti e la diffusione. Per questo convengono operazioni diverse, e di diverso grado di intensità, di anno in anno ripetute, finché il male persista, e cosi : a) Una prima operazione consisterà nello scapitozzare 0 potare molto largamente i gelsi, tagliando le parti più infette ; le potature saranno bruciate sul posto, tutte o in parte per riscaldare, affumicare le altre, raccolte ed ac- catastate sopra le prime : b) Rinunziando all'uso di polveri asciutte, di lavature con acqua o semplicemente acquose, come sarebbero sughi 0 decotti di piante supposte insetticide, non escluso quello del tabacco, all'uso di poltiglie di calce, di calce e zolfo, di calce e solfato di rame o di ferro, che giovano in altre occasioni all'agricoltura ma non in questa, converrà impiegare miscugli di sostanze saponose grasse o bitumi- nose stemperate nell'acqua. Potrebbero e potranno essere (1024) [14] molti e diversi questi miscugli, ma sotto le circostanze at- tuali quelli, che hanno dato migliori effetti fin qui, sono .stati citati a pag. 10 nonché a pag. 10 N, 2. (i) Provvedimenti contro la Diaspìs pentagona In data 2 Luglio 1891 fu promulgata la seguente legge: (Y. Boll, di Notizie Agrarie, Anno XIll, 1891 Luglio, H. 31). PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D' ITALIA Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato : Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue ; Art. 1.'^ I sindaci dei comuni nel cui territorio si manifesta la Diaspis pentaffotia, hanno 1' obbligo di farne immediata denuncia al prefetto della provincia e al Ministero di agricoltura, industria e com- mercio. Art. 2." Constatata V esistenza dell' insetto, il Ministero, sentita la deputazione provinciale, determina l'estensione della zona infetta. Contemporaneamente determina il tempo ed i modi per operare la distruzione dell'insetto. Le determinazioni del Ministero .saranno notificate agli interessati a mezzo dei sindaci. Art. 3.° I proprietari sono tenuti ad eseguire, nei fondi invasi, le disposizioni emanate a termini dell'articolo precedente. Qualora i proprietari non eseguiscano i lavori ordinati, od eseguen- doli non li facciano nella forma e nel termine indicato con apposita notificazione ai medesimi, a mezzo del messo comunale, il sindaco farà d'ufficio eseguire i lavori ed a loro spese. (1) Neil' Italia Agricola (Anno XXI Milano 20 e 31 Dicembre 1890 N. 35 e 36) si legge sulla Diaspis un'articolo degli illustri Comm. Tar- gioni Tozzetti e Felice Franceschini diviso nella parte scientifica e nella parte pratica. Il Bollettino di Notizie agrarie del R. Ministero di Agri- coltura riporta la prima per intero, la seconda alquanto modificata. [15] (1026) Art. 4.** In caso di contestazione sulla spesa tra il sindaco ed un proprietario interessato, pronunzierà il pretore del rispettivo manda- mento, senza che perciò sia sospesa l'esecuzione del provvedimento di cui all'articolo 'ò'^. Art. 5.° Le spese per esperimenti d'ogni specie tendenti ad ottenere la distruzione dell' insetto, come pure quelle per gli agenti governativi, saranno sopportate dallo Stato. Art. 6.° Le persone delegate dal Ministero di agricoltura, industria e commercio, ad accertare la presenza della Diaspis pentagona. ed a constatare l'esecuzione di quanto si dispone nella presente legge, pos- sono introdursi nei fondi dei privati per praticarvi le opportune in- dagini. Art. 7." È data facoltà al Ministero di agricoltura, industria e com- mercio di proibire la esportazione di piante o parte di piante, dalle zone dichiarate infette. Durante la stagione della bachicoltura non potrà essere vietato il trasporto della foglia di gelso da una ad altra località. È data facoltà al Governo di prendere, nei limiti sanciti dalla pre- sente legge, ogni altro provvedimento inteso ad impedire la di/Fusione dell' insetto. Art. 8.° Le contravvenzioni alle disposizioni della presente legge ed a quelle che saranno emanate dal Governo in esecuzione di essa, sa- ranno punite con la multa estensibile a lire 250, salvo le sanzioni pe- nali che siano applicabili in virtìi delle leggi generali dello Stato. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia in- serta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Dato a Roma, il 2 Luglio 189 L l" UMBERTO Chimirri Cura obbligatoria dei gelsi attaccati dalla Diaspis pentagona DECRETO MINISTERIALE Il Bollettino di Notizie agrarie del R. Ministero di Agricoltura I. e C. (Anno XIII, Dicembre 1891, N. 57), con- tiene un decreto Ministeriale, 17 Dicembre 1891, firmato (1026) [16] N. Miraglia per il Ministro, che presei'ive la cura obbliga- toria dei gelsi attaccati dalla cocciniglia, imposta a Comuni 31 del Circondario di Lecco e 61 di Como, e DECRETA : Art. 1.° Ai proprietari dei comuni indicati nell'annesso elenco è fatto obbligo di applicare con ogni diligenza durante V inverno, e non pili tardi del mese di febbraio, ai gelsi ed agli altri vegetali infetti dalla cocciniglia del gelso (Diaspis pentagona), una delle tre miscele, due delle quali indicate a pag. 10 ; la prima ò Y emulsione a base di petrolio nero, la seconda il N. 2. di miscugli semplicemente alcalini, e la terza che è la seguente : 3* miscela Olio pesante di catrame (densità 1.032) Kg. 1.000 Olio di pesce , . . » 0.050 Carbonato di sodio anidro » 0.050 Acqua » 9.000 È fatta raccomandazione di seguire all'uopo le istruzioni che fanno seguito al presente decreto. Art. 2.° I sindaci dei coiniiiii indicati nell'annesso elenco notifiche- ranno ai rispettivi am;ninistrati la presente disposizione e ne cureranno d'ufficio la esecuzione, previa notificazione a mezzo del messo comunale, durante il mese di marzo, quando i proprietari non abbiano applicata la cura nel tempo e nei modi stabiliti. È fatto obbligo ai sindaci di portare a conoscenza dei propri am- ministrati, a mezzo di apposito avviso, le istruzioni di cui nel prece- dente articolo. Il prefetto di Como è incaricato di vigilare per la scrupolosa os- servazione del presente decreto che sarà registrato alla Corte dei conti ed inserito nella Gazzetta Ufficiale. Istruzioni pratiche per combattere la cocciniglia del gelso Quando non si voglia estinguere il male distruggendo col fuoco le piante infette dalla Diaspis, ciò che è sempre consigliabile quando 1' infezione non è diffusa, od ha col- pito piantagioni novelle, il male va combattuto con spe- [17] (1027) ciali insetticidi che, uccidendo gli insetti, risparmiano la pianta. I rimedi finora riconosciuti efficaci e di uso economico, per combattere la cocciniglia del gelso, e che perciò do- vranno essere applicati, sono quelli ricordati a pag. 10 col seguente ordine : 1. N. 2 del miscuglio semplicemente alcalino. 2. Petrolio nero (densità 0.970). 3. Vedi 3^ miscela pag. 16. Per fare il primo miscuglio occorre sciogliere il car- bonato di sodio nell'acqua, ed aggiungervi l'olio pesante di catrame, mescolando continuamente il liquido. Per fare il secondo ed il terzo miscuglio si uniscono, da una parte l'olio pesante di catrame od il petrolio nero coll'olio di pesce ; dall'altra, si scioglie il carbonato di so- dio neir acqua e poi si mescolano i due prodotti, sempre agitandoli. Questi miscugli liquidi si mantengono omogenei per mezzo di ripetuta agitazione, con un agitatore qualunque od adoperando recipienti appositamente costruiti. I miscugli debbono essere preparati nello stesso giorno in cui si vogliono applicare alle piante, perchè essi invec- chiando anche di pochi giorni, perdono di efficacia. Se si tralasciano le precauzioni necessarie per man- tenere omogenei i miscugli, la cura non può raggiungere il suo pieno risultato. L'applicazione dei miscugli alle piante infette (tronchi e rami) si fa per mezzo di pennelli ordinari da imbianchino, in modo da bagnare abbondantemente tutte le parti infette dalla cocciniglia. Non si fii differenza tra 1' applicazione fatta piuttosto in principio d' inverno che sul finire di esso; ma converrà sempre eseguire la cura avanti che i gelsi rientrino in vegetazione per non danneggiare in modo al- cuno le tenere gemme. T. IV, S. VIJ 70 (1028) [18] Una prima operazione, quando non importi di sacrifi- care la foglia, potrà farsi in qualunque stagione ; ma, se si voglia guardare all'economia, converrà dare la preferenza alle cure invernali. Dopo la prima operazione, quelle che potranno occorrere d' anno in anno, saranno facilitate da un sistema regolare di potatura dei gelsi, o da un sistema di rotazione col quale taluni gelsi siano amputati un anno più ed altri meno rigorosamente. Roma, addì i7 Dicembre 1891. per il Ministro F.° MlRAGLIA Elenco dei comuni della provincia di Como nei quali sono applicabili le disposizioni emanate col ministeriale decreto 17 dicembre 1891 per combattere la Diaspis pentagona. Circondario di Lecco Abbadia, Acquate, Annone, Airuno, Asso, Barzanò, Bartesate, Barzago, Bosisio, Brianzola, Bulciago, Ganzo, Ca- rella, Casatenovo, Caslino, Cassago, Cassina Mariaga, Ca- stelmarte, Givate, Contra, Cremella, Dolzago, Elio, Garba- gnate, Germanedo, Longone, Maggianico, Mandello, Mal- grate, Molteno, Monticello, Oggiono, Olcio, Onno, Penzano, Perego, Proserpio, Robbiate, Rongio, Rovagnate, Sirone, Somana, Valbrona, Valgreglientino, Valmadrera, Vigano, Villa Vergano. Circondario di Como Albese, Alserio, Alzate, Anzano, Arcellasco, Arosio, Bellagio, Bellano, Bernate, Blevio, Breccia, Brenna, Buc- cinigo, Gabiate, Gamnago Volta, Gantù, Garcano, Garinate, [19] (1029) Carugo, Castello, Cassano Albese, Cavallasca, Civiglio, Co- lico, Como, Consiglio Rumo, Corenno Plinio, Costa Masnaga, Cremia, Cremnago, Crevenna, Dervio, Bongo, Borio, Erba, Fabbrica Burini, Pigino Serenza, Incino, Inverigo, Lambru- go. Lemma, Lezza, Limonta, Lipomo, Loveno sopra Me- naggio, Lucino, Lurago d'Erba, Mariano Comense, Merone, Mojana, Moltrasio, Monguzzo, Montorfano, Nibionno, Orse- nigo, Palanzo, Parravicino, Perledo, Ponte Lambro, Pon- zate, Rebbio, Rogeno, Romano Brianza, Rovello, Senna Co- masco, Solzago, Tavernerio, Turate, Vassena, Vergosa, Vil- lalbese. Villa Romano. Indicazione sommaria di altri Comuni della Lombardia nei quali sono ormai applicate le disposizioni emanate col precedente Decreto Ministeriale. Li 28 Gennaio 1892 si ripete lo stesso decreto firmato G. Arcoleo per il Ministro (Bollettino, N. 4, 11 Gennaio 1892, Anno XIV) per 10 Comuni del circondario di Milano e per 39 Comuni del circondario di Monza, per Legnano circon- dario di Gallarate, situati in provincia di Milano ; con de- creto 29 Gennaio 1892 per i Comuni di Vercurago e Ca- lolzio in provincia di Bergamo ; il 31 Marzo 1892 firmato Miraglia (Bollettino, N. 8, Aprile 1892, Anno XIV), per il Comune di Olginate provincia di Como; il 13 Aprile 1892, firm. Arcoleo, Bollettino N. 10, Maggio 1892 aggiunte le istruzioni pratiche sopra citate per il Comune di Belebio provincia di Sondrio ; li 26 Marzo, flrm. Miraglia, vedi Bol- lettino N. 12, 1892, per i Comuni di Gravedona, Olgiate Molgora e Maslianico provincia di Como ; li 8 Aprile, fir- mato Miraglia, Bollettino N. 10, Maggio, per il Comune di Cesate prov. di Milano ; li 27 Aprile 1892 (Bollettino N. 13, Maggio), per i Comuni di Gera e Fino Mornasco prov. di Como; il 15 Maggio 1892, vedi Bollettino N. 15, per il Comune di Piantedo prov. di Sondrio ; il 3 Giugno 1892, (1030) [20] Ijollettino N. 10, Giugno, per il Comune di Misinto (Mi- lano) ; il 10 Giugno per il Comune di Dubino (Sondrio); il 14 st. m. per il Comune di Rossino (Bergamo); il 22 per i Comuni di Varenna e Casnate (Como) Bollettino N. 18, Giugno. Col decreto Ministeriale, 30 Novembre, flrm. Mira- glia, vedi Bollettino N. 35, 1892, è vietata l'esportazione di qualsiasi pianta del gelso dai territori comunali di Traona e Morbegno prov. di Sondrio, dal mandamento di Caprino prov. di Bergamo, dai circondari di Como e Lecco prov. di Como, dai circondari di Milano, Monza e dal manda- mento di Busto Arsizio prov. di Milano ; nel divieto non è compresa la foglia durante il periodo della bachicoltura. Le contravvenzioni alla presente disposizione saranno punite con l'ammenda nominata dall' art. 8 della legge 8 Luglio 1891, cioè con multa estensibile a L. 250, salvo le sanzioni penali che siano applicabili in virtù delle leggi penali dello Stato. Per il decreto 30 Novembre 1891 la circolazione dei gelsi e delle loro parti è sempre libera entro il perimetro di quei territori. Il Bollettino di Notizie Agrarie 1893, Anno XV, con- tiene lo stesso decreto Ministeriale d'applicarsi al Comune di Gerenzano (prov. di Milano), al Comune di Lonate-Cep- pino (prov. di Como), e il decreto 20 Novembre 1892, che vieta la esportazione dei gelsi e loro par-ti da una deter- minata zona, al Mandamento di Saronno (prov. di Milano), (v. Boll. N. 6, Marzo), al Comune di Appiano (prov. di Como) (v. N. 7, Marzo), al Comune di Cesano Maderno (prov. di Milano), al Comune di Verderio (prov. di Como) (v. N. 9, Aprile). firmati G. Canestrini » P. A. Saccardo » A. Keller, relatore DELLA GlUxNTA CHE PRESE IN ESAME LE MEMORIE PRESENTATE AL CONCORSO SCIENTIFICO AL PREMIO DELLA QuERINIANA, SCADUTO IL 31 DICEMBRE 1892 SUL TEMA DELLE CALDAJE A VAPORE -<^-<^ Neil' adunanza del 26 Febbraio 1888 il nostro Istituto deliberava di bandire il concorso al premio di 3000 lire della Fondazione Querini-Stampalia sul seguente tema : « Coir ajuto di dati scientifici, pratici e statistici si ■» determinino le basi, su cui oggi giorno dovrebbe essere » fondata una legge sulla costruzione, prova e sorveglianza » delle caldaje a vapore, e la costituzione in Italia di quelle » Società, cbe già fioriscono presso altre nazioni, e che si » incaricano di tenere in attenta osservazione le caldaje » dei loro clienti. « Il concorrente, nello svolgere il tema, non dovrà » dimenticare gii accidenti relativamente numerosi e ta- » lora assai gravi, che avvengono nei grossi tubi bolli- » tori, le cui pareti sono soggette a compressione (caldaje » Cornovaglia). » 11 concorso si chiudeva il 30 Ducembre 1890, e andò deserto perchè nessun concorrente rispose all' invito. At- tesa r importanza del tema, l'Istituto, nel 1891, ha creduto di riproporlo agli studiosi, e lo ripropose tal quale, senza alcuna modificazione, stabilendo la chiusura del concorso al 31 Decembre 1892. (1032) [2] La Commissione sottoscritta viene ora a darvi notizia, egregi colleghi, delle Memorie presentate sul tema pre- detto, ed è lieta di poter dirvi che questa volta tre con- correnti risposero al vostro invito, e che risposero con la- vori meritevoli della più seria considerazione. Le Memorie presentate sono distinte con le epigrafi seguenti : n.° 1. — Salus publica suprema lex esto. » 2. — Le buone caldaje, anche non alimentate, non scoppiano mai. > 3. — Speme. Prima di discorrere della orditura e valore di questi scritti, la vostra Commissione deve farvi presente che nei cinque anni trascorsi dall' epoca in cui fu bandito per la prima volta il concorso, la sorveglianza governativa delle caldaje a vapore venne sancita dai poteri costituiti d'Italia con la legge di pubblica sicurezza 23 Decembre 1888, e resa veramente efficace mediante il Regolamento 3 Aprile 1890. L' importanza che il tema aveva quando fu proposto, venne cosi in parte a scadere, giacché il serio e largo svolgimento del tema stesso, se pubblicato a tempo, sarebbe stato di forte aiuto nella compilazione di un regolamento che allora mancava all' Italia e che oramai fatto ed appli- cato da due anni, non è sperabile possa essere per ora modificato in seguito al felice esito del concorso ; inoltre, in questo frattempo, sorsero anche tra noi numerose le Associazioni fra gli utenti di caldaje a vapore. L' autore della Memoria n. 1 comincia con l'osservare che il Regolamento 3 Aprile 1890, dato dal nostro Governo all' Italia, deve considerarsi come una derivazione dei re- [3] (1033) golamenti degli altri Stati, ed il risultato di uno studio sulle legislazioni estere presenti e passate. Su questa os- servazione egli, quantunque noi dica esplicitamente, infor- ma tutto il suo lavoro, il quale è diviso in due parti ; nella prima, fa una accurata rassegna delle legislazioni e delle loro modificazioni nei vari stati; nella seconda, trae da ciò argomento e criterio per un diligente ed assennato studio critico del regolamento italiano vigente. Esamina, cioè, se veramente nella compilazione di questo regolamento si è saputo bene approfittare di quanto venne fatto in propo- sito dalle altre nazioni, e di quanto ha insegnato una lunga esperienza, e presenta poi un progetto completo di regola- mento, il quale deriva dal vigente opportunemente modi- ficato in base ai criteri ed ai concetti esposti nel corso della Memoria. Il lavoro può dirsi ben fatto, e per il bel ordine dato alle cose esposte, apparisce chiaramente la sempre minore importanza data alla cosi detta prova a freddo ed alle val- vole di sicurezza per preservare i generatori di vapore dalle esplosioni. L' autore dà invece, e con piena ragione, un grande valore alle visite periodiche, specialmente interne, delle caldaje ; e dice che la maggior garanzia contro i pericoli di un disastro, qual' è sempre lo scoppio di una caldaja, deriverà principalmente dalla frequenza e diligenza con le quali verranno fatte quelle visite, e sopratutto dalla competenza dei periti a cui saranno affidate. Con sano cri- terio, e con quella speciale conoscenza di causa che sem- bra avere in tutto ciò che risguarda 1' efficace applicazione di una disposizione legislativa sulle caldaje, osserva che il Governo difficilmente potrà avere dei periti veramente competenti, e che questi, con la veste di agenti governa- tivi, saranno veduti di mal occhio dai proprietari, i quali perciò non presteranno quel volonteroso e valido concorso, che è quasi necessario per rendere più facile e veramente utile il compito dei periti medesimi. Nel corso della Memoria parla spesso ed a lungo delle (10.34) [4] associazioni fra gli utenti di caldajo a vapore, e ben dice che queste associazioni legalmente autorizzate dal Governo, possono fare assai più ed assai meglio del Governo stesso. Per la gran ragione che il loro interesse è un interesse collettivo e non pubblico, i periti da esse dipendenti sa- ranno certo ben scelti e uomini veramente competenti ; saranno inoltre favorevolmente accolti dal cliente, che vedrà in essi delle persone cointeressate all' utile di tutti i soci, e dalle quali può avere anche utili consigli per lo economico esercizio delle proprie caldaje. Se le predette associazioni si ridurranno in minor numero, e saranno quindi potenti per i mezzi e per il valore del personale di cui potranno disporre, sostituendosi al Governo, come già lo permette l' articolo .36 del vigente Regolamento, in Italia si avrà già una considerevole diminuzione nel numero delle esplosioni di caldaje a vapore. In tutto ciò r autore ha perfettamente ragione, e nel corso del suo scritto fa osservazioni e considerazioni sem- pre fondate e giuste. Esagera forse quando dice che le valvole di sicurezza devono considerarsi come semplici ap- parecchi d' avvertimento per il fuochista, mentre, a vero dire, modificandone opportunemente la costruzione non si potrebbe negare ad esse ogni efficacia per impedire auto- maticamente che la pressione salga di troppo oltre la pres- sione massima di lavoro. In ogni modo è indubitato che questi apparecchi sono ben lungi dal meritare quella piena fiducia che in essi era riposta per lo passato. La vostra Commissione avrebbe desiderato che fosse più larga e più profonda la discussione teorico - pratica sulla resistenza delle parti di una caldaja a vapore, discus- sione che qua e là fa solo capolino nel testo della Me- moria, e trovasi specialmente in una nota, sugli accidenti e difetti più frequeìiti nelle caldaie a vapore, nota che r autore mette in fine del suo lavoro. Ciò non ostante devesi ripetere che la Memoria n. 1 [5] (1035) è fatta bene, con ordine, cura e piena conoscenza dell'ar- gomento. Buona è la forma del dire, e lo scritto si legge con piacere, e corre benissimo da cima a fondo. La Memoria n.° 2 è un lavoro certo pregevole, ma sgraziatamente alquanto disordinato. Il suo autore deve a- \ere vaste cognizioni teorico-pratiche, e sopratutto pratiche, in tutto ciò che risguarda i generatori di vapore, e, con ogni probabilità, è uno dei più riputati costruttori d'Italia. Nella breve prefazione al suo scritto, dice infatti che egli, in opere varie, ha impiegato per 7000 tonnellate di ferro. 11 manoscritto si compone di 97 pagine grandi ed è diviso in tre parti. La prima parte, la più lunga, tratta della costruzione delle caldaje e delle disposizioni legislative che in Italia ed all'estero vi si riferiscono. Per la sicura resistenza delle caldaje, l' autore dà grande importanza alla scelta dei materiali impiegati nella loro costruzione, al modo di lavorarli ed alle disposizioni costruttive adottate. Su ciò ha piena ragione, ma sembra alla vostra Commissione che il Governo sarebbe ben poco adatto per sorvegliare la scelta dei materiali ; imperocché questa sorveglianza sia tutto altro che facile, e debba pre- cipuamente esercitarsi sulle fabbriche di secondaria impor- tanza; ove, davanti ad un interesse materiale ed immediato, si è disposti a trascurare il pericolo di compromettere la riputazione delle fabbriche stesse con frodi di ogni specie, che, quasi sempre, riescono ad ingannare molto bene le persone incaricate di verificare le qualità dei materiali sottoposti a sorveglianza. D' altro canto se la Casa costrut- trice è di primo ordine, avrà cura sopra ogni altra cosa della propria fama, ed impiegherà materiali perfetti, e sce- glierà le migliori disposizioni costruttive indipendentemente da qualsiasi prescrizione e vigilanza governativa. (1036) [6] Nella seconda parte, che è assai breve, 12 pagine, r autore parla della prova e sorveglianza dei generatori di vapore, e in proposito fa una giusta critica del vigente Regolamento, nel quale vien data certo eccessiva impor- tanza alla prova a freddo, mentre si prescrivono visite periodiche ad eccessiva distanza di tempo, e quindi ben poco efficaci per raggiungere lo scopo per il quale sono imposte. Fa poi assennate osservazioni sugli apparecchi di alimentazione, sugli indicatori di livello e sulle valvole di ritenuta, che, in caso d' accidente, valgono ad isolare una caldaja da altre con le quali fosse in comunicazione, e tutto ciò per mostrare la necessità d' imporre e ben regolare con opportune prescrizioni governative l' applicazione di detti apparecchi. Nella terza parte dello scritto si discorre delle asso- ciazioni fra gli utenti di caldaje, ma specialmente si espon- gono e discutono dati statistici. La Memoria racchiude molto di quanto si può dire riguardo alla costruzione dei generatori di vapori, al loro uso, agli apparecchi che vi sono annessi, alle influenze nocive, alla loro resistenza, alle relative legislazioni estere e nostrane ecc., ma il tutto è detto senza quell' ordine e quella chiarezza che necessariamente si devono richiedere in ogni pubblicazione perchè possa riuscire veramente utile, e, come tale, essere premiata da un Istituto qual' è il nostro. Anche la forma del discorso non di raro è scor- retta ; in taluni punti lo scritto è tanto oscuro che più che capire s' indovina. La vostra Commissione sinceramente deplora di aver riscontrato nella Memoria n. 2 questi grossi difetti, perchè con le copiose notizie che vi son dentro, e con le salde cognizioni pratiche e il buon criterio che deve avere chi r ha scritta, si avrebbe potuto mettere insieme un lavoro pregievolissimo, il quale avrebbe potuto vincere il concorso. Non era necessario sapere di più, bastava solo saper fare; ecco tutto. [7] (1037) La Memoria n. 3 è alquanto infei-iore alle precedenti. Contiene 29 sole pagine grandi di testo ; uno schema di legge di 58 articoli ; due moduli per i processi verbali di visita e prova delle caldaje, ed una bella raccolta di qua- dri statistici sul numero e causa delle esplosioni ; sulla specie, uso e modo di rottura delle caldaje scoppiate ; sul numero di morti e feriti che si ebbero a deplorare in In- ghilterra dal 1871 al 1890 inclusivi. Questa Memoria avrebbe potuto esser presa in consi- derazione assai più seria, se i copiosi dati statistici, accu- ratamente raccolti e diligentemente riportati nelle tabelle allegate, fossero stati discussi nel testo, nel quale neppure sono discusse le legislazioni degli altri Stati, e si accenna solo in generale a queste ed a quelli e si parla un po' di altre cose riferentisi al tema per presentare poi uno sche- ma di legge, che 1' autore dice essere il risultato di uno studio comparativo sulle legislazioni dei paesi più inciviliti e industriali e sui dati statistici raccolti nei quadri alle- gati. — Tolta la forma del dire un po' ampollosa, l'autore dimostra un sano criterio e sufficienti cognizioni relative all' argomento. Lo schema di legge che propone non è cattivo, ma il lavoro da lui presentato è decisamente in- completo. Dopo le cose precedentemente discorse, si può dire che a voi, egregi colleghi, è già nota la conclusione della presente Relazione ; la vostra Commissione infatti conclude proponendovi di dare il premio all' autore della Memoria n. 1, quella che porta l'epigrafe; Salus publica supì-ema leoo esto. M. Sellati Tito Martini E, Bernardi, relatore RELAZIONE DELLA Giunta che prese in esame la Memoria PRESENTATA AL CONCORSO SCIENTIFICO AL PREMIO DELLA QuiRINIANA, SUL TEMA : DELLA POLITICA COMMERCIALE INTERNAZIONALE Un solo manoscritto si è presentato al concorso pel tema prescelto nell' adunanza del 20 aprile 1890 concer- nente la politica commerciale. Non sappiamo, se maggiormente ci mortiflchi che un tema cosi vitale sia passato quasi inavvertito, ovvero che sia stato tanto leggermente raccolto. Premettiamo, che si trattava bensì della nostra politica internazionale, ma della politica internazionale commer- ciale. Nel trascrivere il tema in fronte al manoscritto l'Au- tore ciò dimentica, e trascrive il tema, come se si trattasse senz' altro di politica internazionale, anziché specificata- mente di detta parte della politica internazionale. Il quesito domandava come semplice introduzione una breve storia della politica commerciale internazionale nella seconda metà del nostro secolo. Di quarantasette pagine, quante formano tutto il lavoro, ventitre sono dedicate, come prima parte, anziché solo come proemio, a questa storia. Detta storia poi non é veramente storia della politica interna- zionale commerciale, né tampoco della politica internazio- nale, ma solo una rapida corsa di avvenimenti attinenti alla politica internazionale. Inadeguata anche come tale, non é guari, come si sarebbe richiesto, 1' epilogo dei mu- tamenti di politica internazionale, che bensì sorgono dai [2] (1039) fatti .storici, ma non si confondono cogli stessi. Una storia simile si può compilare in assai breve ora anche solo collo spoglio di un qualsiasi annuario, e persino colla sola cro- naca dell' Almanacco di Gotha. In verità, diviene superflua una osservazione qualunque su grossolane inesattezze, sic- come quelle, che l' Autore commette, dove manifestamente allude al trattato di amicizia e di commercio del 6 feb- braio 1778 fra la Francia e gli Stati Uniti, e all' Ordi- nanza 26 luglio 1778 del Governo Francese. Certo che r Autore non ebbe sott' occhio né Ordinanza, né Trattato. L' Autore imperterrito frastaglia 1' evo antico, medioevale, moderno : si lascia andare a divagazioni : non si cura di mettere d' accordo i suoi giudizii sulle nazioni, pieni di contraddizioni. Il quesito poi domanda di esporre le varie fasi della politica commerciale italiana. Il manoscritto non risponde che con rapidi e poveri cenni delle principali Convenzioni. Ma quanto all' esporre le fasi della nostra politica com- merciale nelle loro cagioni e nei loro effetti, il manoscritto é deficiente aff'atto. Sarebbe stato d' uopo di dare contezza della riforma doganale di Cavour nel Piemonte ; poi delle conseguenze economiche derivate dall' unità d' Italia che ha trasformato in commercio interno gran parte del com- mercio, che fino a che sussistettero gli antichi Stati ap- parteneva al commercio da Stato a Stato ; dire della poli- tica commerciale che prevalse nei primi anni della forma- zione del Regno ; venire poscia alle modificazioni subite, seguendole fino agli ultimi trattati. Sarebbe stato d' uopo di porre tutto ciò in relazione coi mutamenti di politica commerciale negli altri Stati. Si chiedeva d' indicare i criteri generali e speciali, dai quali la nostra politica commerciale dovrebbe essere gui- data, tenendo conto delle singole forme di produzione, e, supposto che la Francia abbandonasse il sistema dei trat- tati per adottare quello delle tariff'e autonome. Quale risposta ci attenderemo da chi comincia col domandarci : (t()40) [3] « dove trovarli ? forse nella politica Europea ? No certa- mente, perchè non è la politica Europea che forma oggetto del quesito. Forse nella politica italiana ? Ma dove è ? dove è r indirizzo italiano ? » Udiamo quale principio sommo sia la scoperta dell' Autore : « il bene, che un popolo unani- memente ed indiscutibilmente si prefigge di avere, il cui ottenimento è lontanissimo e diiRcile, tanto che la storia del popolo consiste esclusivamente nello svolgersi degli eventi per conseguirlo. » Evidentemente con tali premesse 1' Autore non potea condursi che a vacue declamazioni. Se arriva a con- chiudere, si è per dirci, che il diritto di confine è saato, in quanto da' ai popoli l' autonomia, ma diviene iniquo, perchè sconfina, e come sconfina? perchè è chiuso tutto intorno dalle dogane. La vocazione vera del popolo ita- liano sarebbe 1' attuazione del diritto sociale, che è come dire una missione mondiale. Ma i dazii, e con essi i trattati, ne sono la negazione. Aboliamo le dogane, aboliamo i trattati. Allora conserveremo il genio nazionale nostro, ma tanto più schietto, genuino, efficace, quanto più ci saremo sottratti al pericolo, eh' esso falsi il diritto sociale, costrin- gendo in angusti confini 1' azione nostra, azione universale, mondiale. Chi toglie di vagheggiare, come utopia, che r Italia fosse un grande punto franco, uno scalo libero per la metà del genere umano ? Ma per abbandonarsi a tali idealità ci vuole ben altro, che un' erudizione affatto meschina, un' assoluta mancanza di qualsiasi teoria, e più che mai una inettitudine assoluta di dare alla teoria una qualsiasi possibilità di applicazione pratica. L'Autore con- cede, che l'Italia possa esercitare qualche industria profi- cuamente, cominciando dai fiammiferi, dalle conterie, dai lavori di legno e di corno, dal corallo, dalle paste fino ad alcuna delle grandi manifatture. Ma confida, che ogni ope- rosità nazionale si svolga per virtù propria, essa stessa sappia trovare la sua ricompensa, e già la vede personi- ficata nel contadino marinaio ; il coltivatore italiano, che M (1041) va in lontani lidi a far conoscere i nostri vini. Che ci im- porta della guerra (li tariffe da parte di Francia? L'Italia, non protetta, ma non incagliata nelle arti, che corrispon- dono al Genio nazionale, e nello stesso tempo rinvigorita nella sua vita nazionale da un' espansione mondiale, at- trarrebbe essa la Francia stessa, anziché esserne respinta. Pur troppo la Relazione nostra dovette essere severa ; è la sola via di ravvivare gli studii, perchè alla robustezza del pensiero si associ 1' utilità pratica. Luigi Luzzatti Alessandro Rossi Fedele Lampertico, Relatore ADUNANZA SOLENNE DEL G-iORisro as ivr^o-G-io 1393 PRESIDENZA DEL COMM. SENATORE FEDELE LAMPERTICO MEMBRO EFFETTIVO PENSIONATO ANZIANO Presenti il Regio Prefetto col Consigliere delegato, il Sindaco di Venezia, le principali Autorità civili e mi- litari, oltre a un numeroso eletto uditorio, fra cui parec- chie gentili Signore. Vi assistono i membri effettivi : Fambri, segretario, Berchet, vicesegretario, Pirona, De Leva, Vlacovich, Lorenzoni, Canestrini, E. Bernardi, J. Bernardi, Beltrame, Sac- CARDO, Marinelli, Rossi, De Giovanni, Omboni, Bellati, Deodati, Stefani, Morsolin, Tamassia ; ed i soci cor- rispondenti : Da Schio, Galanti e G. B. De Toni. Sono giustificati gli assenti membri effettivi : De Betta, presidente, Minich, vicepresidente, Favaro e Fertile, Quest' adunanza fu tenuta, come di consueto, alle ore 2 pom. nella Sala dei Pregadi nel Palazzo Ducale. Il Senatore Lampertico, quale membro anziano fra i presenti assunse la Presidenza dando per primo la parola al Segretario Fambri, il quale riferi Sui preTYii scientifici e sitile onorificenze agli industriali veneti, che si confe- rirono neir anno corrente, proclamando i nuovi temi posti a concorso per gli anni venturi. T. IV, S. VII 71 1044 Poi il ni. e. Senatore Rossi lesse il suo discorso inti- tolato: Sul concetto morale odierno della economia polifica. Dopo ciò ebbe termine l'adunanza, e le Autorità ed il pubblico si recarono nel Palazzo Loredan a visitare la mostra dei campioni presentati ai concorsi industriali. RELAZIONE DEL M. E. Segretario comm. PAULO FAMBHI Grande obbligo certamente dobbiamo agli stessi, non prossimi, predecessori membri di questo nostro Istituto di Scienze, i quali, anticipando sul positivismo dei criteri e del lavoro e vincendo i più irrequieti proclamatori di spi- rito pratico, vollero che qui alla scienza più astratta e pura, come ingenuamente chiamavasi ogni insieme di af- fermazioni deduttive andasse, come correttivo potente, ad associarsi l'applicazione, la quale più ancora che tale può chiamarsi in molti casi vero e proprio richiamo alle realtà e necessità della vita. Quindi vollero aprire dei concorsi, a programma de- terminato per la ricerca di fatti e leggi capaci di illumi- nare gli studiosi, i legislatori e gli amministratori intorno a qualche seria questione preferibilmente contemporanea, e degli altri, egualmente a premi, ma a programma libero, affinchè ciascuno, il quale pensasse di avere benemeritato comunque dell' educazione, dell'igiene, della sicurezza, del- l' industria, del commercio o di qualsiasi altra cosa perti- nente al pubblico benessere, potesse averne giudicata l'opera propria ed offrirla al pubblico colla guarentigia d'un im- parziale ed autorevole apprezzamento. Ed ecco la scienza a questo modo fatta concreta e pratica, eccola benemerito coeficiente di lavoro e di scambio, maestra al produttore e guida al consumatore, classificando (1046) [2] r opera del primo od avvertendo V altro del come e fino a (jiial punto si ti*o\ ino nelT 0})ei'a olfei-ta le condizioni in essa ri(-luesl('. Ed ora è desso T Istituto che tu giudice, il ijuale, in omaggio alla verità ed alla libertà, si presenta col presente resoconto del proprio lavoro, perchè in ultimo venga dal pubblico giudicato il suo sistema di giudicare. Voi potrete convincervi, speriamo, o signori, come l'Istituto al)bia, nei concorsi banditi, avuto a cuore il pra- tico vantaggio del paese, ed anzi(diè vagare soltanto nelle altezze scientifiche o in ciò che costituirel)be il lusso del- la speculazione, abbia voluto scendere lealmente all' effet- tività dei bisogni, e come, nel giudizio dei prodotti e nel- r assegnazione dei premi, sia stato da esso i-ealmente con- sigliato e segnalato ciò che industrialmente ed economica- mente gli parve più solido elemento di vantaggio, di UKjra- lità e di decoro. Principiamo dai premi. Nell'anno 1888 fu dal R.° Istituto bandito il concorso al premio di L. 30(H) della P'ondazione Querini Stampalia sul tema seguente : « Coir aiuto di dati scientifici, pratici e statistici si > determinino le basi su cui oggigiorno dovrebbe essere ■» fondata una legge sulla costruzione, prova e sorveglianza » delle caldaje a vapore, e la costituzione in Italia di quelle » Società, che già fioriscono presso altre nazioni e che si » incaricano di tenere in attenta osservazione le caldaie » dei loro clienti. — Il concorrente nello svolgere il tema » non dovrà dimenticare gli accidenti relativamente nu- » merosi e talora assai gravi, che avvengono nei grossi » tul)i l)ollitori le cui pareti sono soggette a compressione » (caldaie Cornovaglia). » Andato deserto il concorso la prima volta per man- canza di concorrenti, fu riaperto per una seconda gara, [3] (1047) che fu più fortunata, imperocché vennero presentati tre buoni hivori, che furono sottoposti al giudizio di una Com- missione speciale composta dei membri effettivi del R. Istituto, M. Bellati - Tito Martini - E. Bernardi, relatore. Il primo e più importante lavoro risponde all'epigrafe: « Salus pubblica supì-ema Icx esto. » L' autore lo divide in due parti ; nella prima fa un' accurata rassegna storica parallella delle diverse le- gislazioni ; nella seconda ne trae argomento per un dili- gente studio critico dell' attuale Regolamento italiano. — Presenta quindi una proposta di nuovo Regolamento modi- ficato in base ai criteri ed ai concetti esposti nel corso della Memoria. L' autore dimostra chiaramente la poca importanza della prova a freddo e la molto mediocre sicurezza fornita dalle cosi dette valvole di sicurezza ; sostiene la necessità delle visite periodiche, specialmente interne, delle caldaie, da farsi con frequenza, diligenza e da periti : aggiungendo che il Governo codesti periti competenti ne li ha né può averli essendo tale 1' ufficio da presentar loro rimunera- zione inadeguata e difficoltà e gelosie numerose. Dimostra chiaramente come invece le Associazioni fra gli utenti di caldaie a vapore possano riuscirci avendo interesse collet- tivo speciale, anzi ufficiale, ed essendo le Associazioni in grado di scegliere periti abili e benevisi ai clienti. Crede che sostituendo il lavoro di queste Associazioni illuminate ed auto-tutrici agli scatti ed alle dormiveglie delle sorve- glianze burocratiche si riuscirà a diminuire considerevol- mente il numero delle esplosioni. Esagera forse dicendo che le valvole di sicurezza deb- bono considerarsi come semplici avvertimenti per il fuo- chista, ma bisogna convenire che esse non giustificano la loro pomposa qualificazione e non meritano la fiducia troppo largamente loro accordata. Benché fosse stata desiderabile una più larga e più (1018) [4] profonda discu.ssione teorico-pratica sulla resistenza delle parti d'una caldaia a vapore, cui è appena accennato qua e là, si comprende che 1' omissione non ha ragione d' in- capacità, ma di densità sobria e modesta. Infatti il lavoro è fatto bene e con ordine, cura, e veramente piena cono- scenza della materia. Buona è altresì, come propria e perspicua, la forma, tanto che si legge con piacere da cima a fondo. La seconda Memoria che risponde al motto : « Le buone caldaie anche non alimentate non scoppiano inai » è pure un lavoro pregevole ma disordinato alquanto. — Si divide in tre parti. Nella prima tratta della costruzione delle caldaie e delle disposizioni legislative. L' autore ha ragione di sostenere che molto della si- cura resistenza delle caldaie dipende dal materiale impie- gato e dai metodi di fabbricazione ; è chiaro però che a procurare questa condizione i regolamenti non possono davvero contribuire. Il Governo è disadatto all' ufficio di sorvegliare le piccole fabl)riche le quali eluderebbero tutte le verificazioni uggiose e dispendiose per nulla. Per rag- giungere questa prima condizione di sicurezza, che è la buona fabbricazione, gli utenti non hanno che un mezzo : o sorvegliarla da sé o rivolgersi soltanto a case costrut- trici di primo ordine, le quali non comprometteranno certo la propria fama vitale con 1' uso di materiali im- perfetti. Nella seconda parte l' autore critica giustamente il vigente Regolamento per 1' eccessiva ingenua importanza che dà alla prova a freddo e per le visite periodiche a larghissimi intervalli di tempo. — Dimostra con assennate osservazioni l' importanza d' imporre e regolare con oppor- tune prescrizioni governative V applicazione d' apparecchi d' alimentazione degli indicatori di livello e delle valvole di ritenuta, utilissimi in caso d' accidenti. La terza parte tratta pur essa delle Associazioni fra [5] (1049) gli utenti caldaie a vapore e specialmente espone e discute dati statistici. 11 lavoro è abbastanza largo se non completo, ma vi mancano la chiarezza e 1' ordine. — Non era forse neces- sario sapere di più, bastava saper meglio. La terza Memoria, contrassegnata dall' ottimista pa- rola : « Speme ■», aveva in vero molto minori ragioni di speme, perchè alquanto inferiore alle precedenti. Contiene uno schema di legge, due moduli di processi verbali di visita e di prova delle caldaie ed una buona rac- colta di quadri statistici vari. Nel corso della Memoria si accenna solo di volo ad essi ed alla legislazione degli altri Stati. L' autore dimostra un sano criterio e sufficienti cogni- zioni relative all' argomento. 11 suo schema di legge for- mula qualche buona e pratica idea, ma è decisamente incompleto. Benché il lavoro, dopo la Legge 23 Dicembre 1888 e 3 Aprile 1890 perda d'importanza, la Commissione propose per la premiazione la prima Memoria col motto : « Salus pubblica suprema lex esto » e 1' Istituto approvò la proposta. Aperta quindi la scheda fu trovato, che l' autore è il nob. sig. Marin Giovanni Ingegnere industriale, cui l' Isti- tuto è lieto di assegnare il premio di L. 3000 della fon- dazione Querini Stampalia, secondo le condizioni portate dall' avviso di concorso. Venne esaminato dalla Commissione (composta dei membri effettivi Alessandro Rossi, Senatore del Regno — Fedele Lampertico, Senatore del Regno, relatore — e Luigi Luzzatti Deputato al Parlamento) l'unico lavoro pre- sentato al concorso della Fondazione Querini Stampalia per l'anno 1892 sul tema; (1050) [6] « Premessa una breve storia della politica coinmer- » ciale internazionale nella seconda metà del nostro secolo, » esporre le varie fasi della politica commerciale italiana » ed indicare i criteri generali e speciali dai quali dovrebbe » esser guidata, tenendo conto delle condizioni delle singole » forme di produzione, e supposto die la Francia abban- » doni il sistema dei trattati per adottare (|uello della ta- » riffa autonoma. » Si trovò che 1' autore non s'era attenuto strettamente al tema per avere impiegato troppo spazio in proporzione al lavoro, per la prima parte, che viene caml)iata dall'au- tore per comodo proprio in una rapida corsa di avveni- menti relativi alla politica internazionale, e che del resto è inadeguata anche come tale. Riesce al tutto superfluo render conto delle varie grossolane inesattezze dell' autore. Il manoscritto non risponde nella prima parte assoluta- mente, e nell'altre risponde assai imperfettamente alla do- manda di esporre le varie fasi della politica ilaliana. Egual difetto si riscontra nella trattazione virtuale del tema, nella quale bisognava indicare i criteri generali e speciali dai quali la nostra politica commerciale dovrebbe essere guidata, tenendo conto delle singole forme di pro- duzione, e supposto che la Francia abbandonasse il sistema dei trattati per adottare quello delle tariffe autonome. L' autore finisce meno seriamente che mai il suo stu- dio poco serio, con vacue declamazioni e con teorie non pure antiscientifiche, ma affatto puerili. La Commissione opinò quindi, e 1' Istituto accettò la proposta, di non aprire la scheda col motto : « Volere è potette », accordando allo scrittore il solo favore che re- stava possibile, quello di mantenergli l'incognito. Il premio non fu quindi aggiudicato, ed il concorso fu dichiarato deserto. [7] (1051) Non essendosi poi presentato alcun lavoro per concorre- re al premio ordinario biennale del Reale Istituto sul tema prescelto nell' adunanza 18 Marzo 1888 intorno alla storia dell'emigrazione dalle provincie venete nell'America; e visto che il tema era stato riproposto (chiudendosi il termine del primo concorso il 31 Dicembre 1890) il con- corso rimane chiuso, ed il premio non venne aggiudicato per mancanza di concorrenti. La Commissione (composta dei signori membri effettivi Fedele Lampertico, Senatore del Regno, relatore - Edoardo Deodati, Senatore del Regno - e Giuseppe De Leva) inca- ricata di riferire sui temi proposti per la scelta di quello da bandirsi per il conferimento del premio dell'Istituto del 1894, intorno alle scienze morali e sociali, propose, ed il R. Istituto deliberò, che venga conferito « il premio al- » V autore della migliore ed esauriente Memoria esposi- » tiva del sistema dell' imposta progressiva, che taluno » vorrebbe, con varie forme, sostituito al principio san- •*■ cito nell' art. 25 dello Statuto fondamentale del Regno, > per cui i cittadini contribuiscono indistintamente ai » carichi dello Stato nella proporzioni e dei loro averi. — * Si domanda che i concorrenti raccolgano i documenti » pratici di quei paesi ove tale sistema sia per avventura » stato applicato. Ove manchino i criteri che sieno for- » niii dall' esperienza, i concorrenti dovranno a m^ezzo » dell' indagine scientifica chiarire (fiali sarebbero gli ■» e filetti pratici della sua attuazione. In generale si desi- » dera seria e larga rassegna delle ragioni che stanno prò » e contro un tale sistema, e la conclusione se sia quindi » a consigliarsene o meno la introduzione nel nostro paese.-» E un fatto che contro al principio deìVimposla propor- zionale va oggi sostituendosi quello àeW imposta progressi- va; e non è già che si tratti dell'applicazione di una semplice legge finanziaria, tali leggi non si presentano che in via (1052) [8] eccezionale, ma a dirittura di sostituire un ben diverso ordinamento della imposta, e non solo a scopi fiscali, ma sociali, quelli cioè di mutare, a mezzo dell' azione fiscale la distribuzione delle ricchezze. In modo affatto indefinito s' agita questo problema, tanto che non si potrebbe stabilire né con quali criteri si eviterebbe 1' arbitrio ; né quali limiti si intenda fissare ; né in che modo si concilierebbe 1' applicazione del prin- cipio colla preservazione del capitale e con 1' aumento del risparmio nazionale. Il problema, però, per quanto confusamente, oramai è posto. Non gioverebbe evitarlo : è meglio assai affrontarlo: solo questa è la via per conoscere quanto vi sia di giusto e di pratico nelle idee che sin' ora sono si vaghe ed inde- terminate. In tal modo si dissiperanno le illusioni, immi- nente pericolo sociale, e si potrà rendersi ragione dei mali che trovano in esse la loro espressione, e dei rimedi che possono suggerirsi, senza perturbamenti nocivi all'economia della Nazione e dello Stato, non che all' equilibrio sociale. Il R. Istituto non peritandosi a proporre un cosi gran tema ha seguito francamente e fortemente 1' esempio di altri Istituti maggiori, come quello di Francia. Il Reale Istituto inoltre, nella segreta sua adunanza del 7 Agosto 1892, ha stabilito di assegnare nell'anno 1895 il premio della Fondazione Querini Stampalia di L. 3000 « a chi, entro 1' anno 1894, avrà introdotto in una valle » a piscicultura del Veneto una innovazione, che sarà giu- » dicata importante ed utile da una Commissione compe- » tente, nominata dallo stesso Istituto, od avrà trovato il ■» modo di avvantaggiare sensibilmente una delle industrie » che direttamente si collegano con la vallicultura. « Potrà quindi concorrere al premio suddetto chi avrà » trovato il modo di ottenere con vantaggio della valli- » cultura la fecondazione artificiale delle uova di qualche » specie di pesci marini ; chi avrà introdotto in una valle, [!)] (1053) » e con buon successo, qualche specie animale del mare » Adriatico o di altro mare ; chi, col perfezionamento dei » congegni vallivi, avrà ottenuto in una valle risultati » molto superiori agli ordinari ; chi avrà fatto progredire » presso di noi l'ostreocultura e la mitilicoltura; chi avrà per- » fezionato la lavorazione del pesce di mare in guisa da ren- » derlo più gradito al palato e più ricercato nel commercio. » Il concorso rimane aperto fino al giorno 31 gennaio 1895 inclusi vamente. Le discipline che regolano questo concorso sono quelle comuni a tutti i concorsi della Fondazione Querini Stampalia. Con questo programma il nosti'O Istituto volle mo- strarsi sollecito degli interessi speciali oltreché dei generali e provvedere, oltreché ad un grande progresso della scienza, anche ad uno regionale del territorio. In questo caso le iniziative personali e le collettive convergono e, se a questo programma verrà degnamente risposto, la scienza, la ricchezza generale e 1' igiene pub- blica avranno guadagnato assai. Le iniziative private, che precedettero questa collettiva del nostro R. Istituto, sono la sorta società di piscicultura da una parte, e quella dell' Associazione degli Ingegneri veneziani per nuovi studi intorno al regime idraulico la- gunare ed ai criteri del suo nuovo regolamento. ' Il lavoro alacremente procede d' ogni parte, il gruppo degli ingegneri veneziani avrà fra tutt' al più un paio di mesi pubblicata la sua voluminosa e molto categorica re- lazione tecnica ed amministrativa. Del Veneto è quindi opportuno conchiudere non essere esatto dire che vi si faccia poco, ma piuttosto che di quel parecchio che si fa la notizia rimane cosi modestamente ri- stretta da lasciarne disconosciuto il non mediocre progresso e lavoro. Veniamo ora a riferire dei premi conferiti dal R. Isti- tuto pei concorsi industriali del 1893, (1054) [10] Diplomi d' Onore. L" industria della confezione del seme bachi da qual- che anno coraggiosamente e fortunatamente intrapresa nella nostra regione, con metodo scientifico e con ogni cura, riusci con splendidi risultati quanto nelle vicine provincie lombarde. I due principali Stabilimenti del Veneto, quello cioè del Motta di Mogliano e del Pasqualis di Vittorio si pre- sentarono al concorso industriale bandito dal nostro Istituto. I meriti di questi due grandi industriali possono dirsi eguali, imperocché se il Pasqualis fu il primo a fondare nella nostra regione un importante Stal)ilimento bacologico, se ha maggior estensione di clientela ed offre maggior quantità di prodotto, il Motta ha formato uno Stabilimento modello, dove egregiamente ed ordinate si vedono tutte le industrie che concorrono all' industria principale, dove se- guendo gli ultimi dettati della scienza, venne fabbricata la sala per l'ibernazione e introdotto ogni perfezionamento per la preparazione del seme, dove sono comprese tutte quelle istituzioni che provvedono all' istruzione ed al benessere degli operai ; il Motta inoltre educa nello stesso Stabili- mento i bachi destinati alla produzione del seme, ed au- menta i controlli e le garanzie perchè li ottiene da un primo allevamento fatto 1' anno precedente, per famiglie. Dire di più intorno ai meriti del Motta e del Pa- squalis crediamo affatto superfluo, tanto sono conosciuti e stimati, quanto conosciuto e stimato è il benefìcio eh' essi recarono all' economia nazionale, avendo essi fatto rivivere ed assicurato al Veneto uno dei più importanti prodotti. L' Istituto quindi, ponderate le ragioni che milita o a favore dell' uno e dell' altro concorrente, li ha reputati egualmente degni ambedue della massima distinzione, ed è [11] (1055) lietissimo della portagli occasione di poter dimostrare quanto apprezzi quei due importanti Stabilimenti che efficacemente giovano air incremento della pubblica ricchezza, mentre nello stesso tempo provvedono al bene di molti operai, e contribuiscono allo sviluppo sempre maggiore di una pro- duzione, che qualche anno fa accennava alla più allarmante decadenza nella nostra regione. Di primissimo ordine s' è trovato lo Stabilimento ScALFù e Comp. per la lavorazione della juta a Piazzola sul Brenta. Oltre il vastissimo fabbricato dello Stabilimento (ove trovano posto oltre mille fusi — ben quarantasette telaj — con tutto il macchinario relativo mosso da una loco- mobile e da forza d' acqua), sono degni di considerazione lo stabile ad uso uffici ed alloggio del personale dirigente, le officine di falegname, e fabbro - meccanico, i forni, la sega, i trapani, i torchi e tutte le altre macchine; i gran- dissimi magazzini, i completi binari in ogni posto per il sollecito trasporto delle merci, e 1' apparecchio per il carico e lo scarico delle jute dalle barche sul Brenta. Al personale (eh' è tutto assicurato a tariffa massima, per metà a carico della Ditta Scalfo e Comp., contro i danni degli infortuni sul lavoro) vengono somministrate gratuitamente le medicine ed il servizio medico. La Ditta Scalfo e Comp. fu la prima ad introdurre nel Veneto la filatura dei titoli fini di juta (dal 10 al 14), ed ancora adesso è 1' unica che la esercita, procurando di toglierci da essere tributari all' Estero ed in specialità al Belgio. — A Piazzola si producono i titoli fini che vengono messi sul mercato con sommo vantaggio degli acquirenti. Notevole è la produzione giornaliera di questo impor- tante Stabilimento, dove gli operai, con sole otto ore di lavoro, danno dai 30 ai 35 Quintali di filatura, e circa 4000 metri di tessuto. — Un migliajo di persone circa (1056) [12] trovano pane direttamente od indirettamente da (juesta importantissima industria. Non potendo cader dubbio che 1' Jutificio di Piazzola sul Brenta vada noverato fra i più importanti Stabilimenti del Veneto ; e conosciute anche le grandi difficoltà che la Ditta ScALFO e Comp. ha dovuto superare per conseguire un tanto scopo, l' Istituto ha creduto di doverle accordare il massimo premio, cioè un diploma d' onore. Uno dei principali Stabilimenti industriali italiani sor- geva in Spresiano nel 1882, quando più che mai si sentiva nella vallata del Piave il bisogno di lavoro, per le tristis- sime conseguenze delle ultime inondazioni. La segheria e il laboratorio di legnami a vapore della Ditta Bortolo Lazzaris, oltre che importantissima impresa industriale, è anche altamente encomiabile come opera fi- lantropica per le nobili ragioni della sua origine. Vasti, arieggiati, pieni di luce e costruiti con tutti gli ultimi perfezionamenti sono 1' opificio in cui lavorano le macchine, i magazzini, gli essicatoi e gli uffici. La forza motrice dell' intero Stabilimento è data da due macchine a vapore, una piccola costrutta dall'officina della Società Veneta a Treviso della forza di circa 20 cavalli, ed una maggiore dei fratelli Sulzer di oltre 75. — . Alle macchine viene somministrato il vapore da tre caldaie co- struite pure nelle officine della Società Veneta di Treviso ; e per combustibile vengono usati il segaticelo, le pialla- ture, ed i truccioli risultanti dalla lavorazione del legno. Le locomobili, mediante un ben costrutto sistema di trasmissione, mettono in movimento cinque grandi seghe che possono dare sino a 1500 tavole in un giorno, ed altre cinque impiegate a compiere lavori diversi — sei pialla- trici, di cui cinque semplici, che producono quotidianamente ben 6000 tavole piallate — parecchie altre macchine per il taglio e la confezione delle casse da imballaggio, il nu- mero delle quali sali a 120,000 in un sol mese nel 1891, [13] (105?) cifra considei^evole che potrebbe però anche essere di molto .superata — le macchine ed i torni pei- i maniclii di stro- menti da lavoro e da pulitura, la cui produzione può arri- vare fino a 3000 al giorno. Più ristretta e non compiutamente perfezionata è l'in- dustria dei parchetti che si fabbricano pure nello Stabili- mento Lazzaris. Per questa industria si stanno studiando i mezzi di svilupparla e perfezionarla. Nel piano superiore dello Stabilimento, fornita di mac- chine mosse dalle locomobili, trovasi la Falegnameria, la quale produce il lavoro più importante, cioè i serramenti di porta e di finestra, le cornici, le persiane, i tenoni e le mecchie. Non bisogna dimenticare l'Officina meccanica che prov- vede alle necessarie riparazioni ed alla manutenzione di tutti i macchinari, ed alla costruzione di tutti gli utensili per lo Stabilimento ; — né gli essicatoi del legname che possono contenerne 348,000 m.3 — né che lo Stabilimento mediante una dinamo della potenza di 3200 candele viene illuminato completamente a luce elettrica. Nello Stabilimento Lazzaris sono impiegati attualmente dai 170 ai 200 operai. Eccellenti istituzioni complementari, con le quali la Ditta Lazzaris cerca di migliorare la condizione dei suoi dipen- denti, sono la Società di Mutuo Soccorso ed il Magazzino Cooperativo che, fondati solo nel 1891, fanno già ottime prove. L' Istituto conferisce quindi alla Ditta Bortolo Laz- zaris il massimo premio, il Diploma d'onore. La nuova industria introdotta dal cav. G. Pasqualis nella nostra regione ha meritato la massima attenzione ed il massimo studio da parte della Commissione incaricata di riferire, che ha trovato il tessuto ottenuto dalla fibra del gelso di ottima qualità il quale può sostituire benissimo i mi- (1058) [14] jj^liori tessuti per tappezzerie, con grande vantaggio econo- mico per gii acquirenti. Lo Stabilimento per la lavorazione del gelsolino, situato in Vittorio, è fornito di tutte le macchine migliori necessa- rie a questa nuova industria; ed entrando nello Stabilimento Pasqualis si assiste a tutte le operazioni che vengono ese- guite con singolare sollecitudine, dall'estrazione della fibra, alla tessitura, passando per la filatura, cardatura e tintoria. Bellissime sono le sto S'è eseguite nello Stabilimento Pasquali», imitanti i migliori damaschi. All' industria del Gelsolino sono perennemente impie- gate un centinaio di persone fra capi ed operai. E la pro- duzione annua ottenuta fino ad ora è di Kg. 200.000 (filato) e 50.000 metri di tessuto. La completa lavorazione della fibra del gelso viene eseguita in tre grandi fabbricati appositamente costruiti ; per tutte le varie operazioni vi sono apposite macchine, parte a vapore e parte a forza idraulica. Il cav. Pasqt ALIS, anche per questa sua industria fon- data in Italia, e fortunatamente nella nostra regione, nel 1885, è ritenuto degno tlella massima onorificenza, cioè di un Diploma d" onore. Medaglie d' Argento. L' Istituto è ben contento di accordare al signor Luigi Pallotti e frat. una delle medaglie d'argento per la sua orificeria veneziana, perchè egli fu uno dei pochi che ha rialzato questa industria che stava in grande, anzi estrema decadenza. Molte cose, per vero, si sarebbero dovute osservare sia per il buon gusto che per 1' importanza dei prodotti. Ma ci si è fermati sopratutto sulla fabbricazione del cosi [15] (1050) detto Manin o Sjmgnoletlo, che costituisce una specialità tutta veneziana. — Bisogna che Venezia sia grata al sig. Pallotti elle ha saputo concentrare nella sua officina quel lavoro di catenella eh' era sparso qua e là, e che forse sarebbe andato in disuso ; mentre per merito esclusivamente suo il famoso monin è stato rimesso in moda e guadagna L' avventurina fabbricata dal Sig. Ferro continua le tradizioni veneziane di questa importante imitazione del minerale omonimo. — E pur degna di nota e di lode la produzione della canna per conterie minute, la quale serve in gran parte alla fabbricazione dei fiori artificiali ese- guite nelle officine dell' Huch, presentando la detta canna tutte quelle gradazioni di colore che sono necessarie ad imitare ogni più variamente e vagamente dipinta corolla. Anche il sig. Ferro si ritenne quindi degno di una meda- glia d'argento, per lo sviluppo ed il progresso da lui re- cato a ({uesta importante industria veneziana. Vista la bellezza ed eleganza dei prodotti, e la grande esportazione che se ne fa specialmente in Germania, e consi- derando che nella lavorazione dei fiori artificiali e corone mortuarie sono impiegati moltissimi operai (circa 270); — che il movimento di capitale, portato da questa industria, è di oltre 200.000 lire, il R. Istituto deliberò di premiare lo Stabilimento del sig. E. High con medaglia d'argento. — Questa industria è non solo bella e gentile ma è pia e morale. È sconsolante sopra una tomba vedere una cosa dege- nerata e perfino immonda, che tale diventa una corona di fiori due giorni dopo che venne deposta dall' amore e dalla riconoscenza. Se la tomba è qualche cosa di più rispettabile che il dissolvimento, è logico e sacro, non che onesto, che il dissolvimento non vi sia rappresentato e precisamente da T. IV, S. VII 12 (1060) [16] ciò che fu omaggio. Il lironzo, la ceramica, il vetro sono r omaggio previdente, e debbono essere imposti non che consigliati da chi non voglia i sepolci-i fuor dagli sguardi pietosi. — La tomba ricorda abbastanza che tutto cade, è bene che anche qualche cosa ricordi che nulla però si distrugge. E alto e degno che qualche cosa rammenti anche l'im- perituro. Non sono nuove per la nostra regione le industrie presentate al concorso dal cav. Giovanni Bennati, però r Istituto ha creduto doveroso premiarlo coji medaglia di argento, e ciò per il grande sviluppo dato da lui al suo Stabilimento in Spinea di Mestre. DifFatti, nella sola fabbrica di scope ben 120 operai trovano continuo e sicuro lavoro ; e questa industria, tanto modesta, porta l' incredibile movimento di capitale di circa mezzo milione ; cento sono i carri ferroviari che portano ogni anno dalla stazione di Mestre alle rispettive destina- zioni i prodotti delle fabbriche Bennati, ed il numero an- nuo delle scope fal)bricate nello Stabilimento ascende a 250.000. Più modeste, perchè contano solo due anni di vita, sono le fabbriche dei saponi e delle acque gazose della Ditta medesima. La Commissione del R. Istituto, senza pronunciarsi sull'elRcacia dei prodotti fabbricati dal sig. Negri Silvio e Comp. di Venezia, perchè egli ha dichiarato di essere in piena regola colle leggi sanitarie vigenti, si limitò a con- siderarne il lavoro industriale. — Per questo rispetto 1' I- stituto giudicò che, oltre al merito dell'essere una al tutto nuova attività locale, essa è di una bellezza e perfezione straordinaria anzi unica. Le capsule gelatinose, le pillole, i granuli, i confetti medicinali che il sig. Negri sa confezionare coi più recenti [17] (lO(il) metodi meccanici superano il lavoro delle più antiche e famose fabbriche. Egli impiega una quarantina d'operai e raggiunse già una considerevole cifra di esportazione de' suoi prodotti. Egli ha cosi emancipato il paese da una importazione, egli ha creato una concorrenza agli stranieri negli stessi mercati stranieri. Il suo Stabilimento fu reputato degno della Medaglia (V argento. Lo Stabilimento del sig, Pietro Layerda in Breganze presso Vicenza, è già favorevolmente noto da parecchi anni in tutta la regione. Le macchine agricole, ed in specialità gli sgranatoi per granoturco, i torchi per vinaccie, le trebbiatrici a mano, sono usati in tutto il Veneto e nelle Provincie di Modena e Ferrara. — La produzione annua delle macchine agricole nello Stabilimento Laverda è in media di circa 200. Tenuto calcolo dell' importanza del laboratorio, della bontà delle macchine, degli attestati di encomio di vari Comizi Agrari, e dei premi importanti ottenuti in altre Esposizioni, r Istituto ha creduto di dover conferire al sig. Pietro Laverda la Medaglia d'argento. Medaglie dì Bronzo. È importante la lavorazione della lana vegetale rica- vata dalla pianta detta Tiffa, esercitata in Adria dalla Ditta L. Nesso figli e comp. Gli operai occupati nell' industria esercitata dal Nesso sono circa 150, numero che .varia però a seconda del mag- gior 0 minor lavoro ed a seconda della stagione. (1062) [18"! Annualmente vengono spediti all' estero 500 ({iiintali di lana vegetale, e 1500 ne vengono smerciati in Italia. Quattro macchine a vapore lavorano continuamente per apparecchiare e confezionare i materassi di lana vege- tale che si spediscono specialmente nella Spagna, nel Por- togallo, neir Austria-Ungheria, nella Svizzera ed in tutta Italia. L'Istituto ha assegnato al Nesso una Medaglia di bruti zo. La fabhrica dei prodotti alimentari, di farine, di grano, granone e pasta da minestra fondata nel 1883 in Adria da Efrem Grossi e com})., s' è ritenuta degna di premiazione con Medaglia di bronzo, per il vantaggio economico appor- tato da questo Stabilimento e per le grandi difficoltà che la Ditta suddetta ha dovuto superare per 1' introduzione di questa nuova industria. Lo Stabilimento, mosso da macchine a vapore della forza di 30 cavalli, mentre produsse nel 1883-84, cioè nel primo biennio d' esercizio, per un valore di 5076 lire, nel solo primo trimestre del 1893 ebbe un lavoro di 3556 lire, quindi presentemente il lavoro è più che quintuplicato. Gli operai impiegati nello Stabilimento Efrem Gròssi e comp. sono in permanenza 30, senza gli avventizi che na- turalmente vengono assunti nelle epoche di maggior lavoro. Degna di lode e di incoraggiamento è 1' opera del sig. Angelo Pozzana di Venezia, il quale è giunto a fabbricare degli eleganti mobili di metallo, vasche da bagno, ecc. che possono con vantaggio gareggiare con le produzioni di simile genere che vengono dall'estero. — La vivezza e la solidità delle vernici è uno dei migliori requisiti che posseggono i prodotti del sig. Pozzana. — Lo sviluppo dato dal Poz- zana alla sua industria, il numero degli operai occupati, ed il guadagno che dà alle due officine dell' Orfanotrofio ed Istituto Colletti gli meritarono, da parte di questo R. Istituto una Medaglia di bronzo. [10] (1063) La casa d' avicultura del sig. Italo Mazzon fondata nel 1888 in Villafranca Padovana, secondo i sistemi richiesti dalla scienza e dalle condizioni della regione, è una delle migliori conosciute. — Dal sig. Mazzon vengono coltivate con metodi razionali varie razze fra cui meritano speciale menzione la Gigante Padovana, la Polverara, la Maggi, la Livornese, la Valdarno ecc., vengono inoltre allevati e colombi e tacchini e fagiani e pernici. — La casa Mazzon, che occupa ora un vasto tratto di terreno, promette di ampliarsi fortemente tanto che in breve occuperà una su- })erflcie di 20 ettari. Non va dimenticato che la casa Mazzon pubblica un importante periodico : « La guida del pollicultore » che gentilmente invia alla biblioteca del nostro Istituto. Il R. Istituto ha creduto di premiare il sig. Mazzox con una Medaglia dì bronzo. Il signor Luigi Battistella di Verona ha presentato alla mostra, per concorrere ai premi ministeriali, varie qualità dei suoi vini, ottenuti con un metodo di confezione semplice, razionale ed atto a portare, se bene usato, alcuni miglioramenti all' industria enologica ; ed infatti i vini in- viati dal Battistella, confezionati già da qualche anno, si presentano limpidi, nò depongono nella bottiglie feccia alcuna a differenza di vini o della stessa o di altre qualità, confezionati però in modo diverso. — I vantaggi arrecati col nuovo sistema Battistella a questo importante ramo del commercio veronese, vennero riconosciuti altre volte ed in diverse Esposizioni Enologiche e dalla stessa Camera di Commercio ed Arti in Verona. L' Istituto assegna al signor Battistella Luigi di Ve- rona una Medaglia di bronzo. La Ditta Visentini e Rosa di Venezia presentò al con- corso, la sua invenzione di fiaccole veneziane al magnesio, (1061) [20] le quali per autorevoli attestazioni, ed in seguito a fatti esperimenti, offrono ottimi risultati. Questa industria è sul nascere, e quindi l' Istituto volle incoraggiarla assegnandole la Medaglia di bronzo. Menzioni Onorevoli. Molto pratico per i fornitori di grosse partite di ghiaja è il nuovo vaglio che porta il non indifferente vantaggio di una migliore e più sollecita epurazione della ghiaja. La ghiaja introdotta nel vaglio Torzo (eh' è messo in movimento da una macchina a vapore della forza di otto cavalli), esce completamente lavata dal terriccio, in varie grandezze cioè da giardino, da costruzione, da fonda- zione ecc. Il Torzo quindi ha meritato una distinzione speciale da parte dell'Istituto avendo egli liberato la sua industria dal sistema lungo, noioso, e di incompleta riuscita usato fino ad ora per vagliare la ghiaja. — Al sig. Carlo Torzo di Treviso venne accordata una 7nen:;ione onoremle. Vista la grande diffusione e 1' uso molto pratico ed importante che si fa oggidì dei bicicli e delle biciclette, una certa importanza acquista pure la falibrica in Roncade del sig. Carlo Menon, al quale l'Istituto è lieto di poter assegnare una ìnenzione onoreiioìe. Nello Stabilimento Menon (dove si lavorano completa- mente i velocipedi dalle prime operazioni: la fusione del bronzo e dell'acciajo, agli ultimi abbellimenti, la nikelatura sistema galvanico) sono occupati sempre venti operai e pa- recchi se ne chiamano di avventizi. Oltre al concorrere che fa la fabbrica Menon a mi- [21] (1065) giiorare le condizioni economiche del piccolo centro in cui si trova, porta l'utile agli acquirenti di una forte econo- mia nella prima spesa (essendo le biciclette Menon di un prezzo molto inferiore a quelle delle altre fabbriche) ed il vantaggio di avere un luogo vicino per le riparazioni ai possibili guasti, risparmiando in tal modo le spese di porto e di dazio, che sarebbero forti dovendole spedire all'estero. E perciò appunto l' Istituto assegnava al Menon una ìnenzione onorevole. La casa d'avicultura premiata varie volte in più Espo- sizioni, condotta da F. G. Lion in Altichiero presso Padova s'è riconosciuta importante per l'estensione che ha preso, per il numero e le varietà di razze in essa allevate e per il largo commercio. Non avendo alcuna specialità di allevamento o di razza, ma riconosciuti i meriti del sig. Lion, riguardo all'avicul- tura, r Istituto ha creduto di assegnargli una menzione onorevole. Il sig. Matteo Da Ponte di Conegliano ha presentato al concorso una distillatrice da lui costruita col sistema Comboni. La Commissione apprezzandola altamente, non ha però creduto di proporle un maggior premio, perchè non trattavasi della invenzione, ma solo della costruzione di una distillatrice ideata dal valente prof. Comboni che volle rimaner estraneo al concorso. Ma riconoscendo che la di- stillatrice presentata dal Da Ponte è di elegante e solida costruzione, fece buona prova, venne altrove premiata, ed è ritenuta di pratica utilità dagli enologhi, ha proposto e r Istituto fu lieto di assegnare al diligente costruttore la menzione onorevole. La fornace del sig. Barnaba Peristjtti dà cementi a ra- [»ida i»resa ; la macerazione della materia prima, tolta dai monti che circondano Resciutta, viene fatta da cilindri messi (lono) [•?2] in moto da quattro ruote a pale, della complesjsiva foi'za di 25 cavalli. — Vi attendono dieci operai che lavorano nove mesi dell'anno, dando un prodotto che può ascendere a 100 ({uintali al giorno, e che viene smerciato in Friuli ed in altre parti d'Italia, malgrado la grande concorrenza dei cementi di Vittorio e di Bergamo. — Nel 1890 il .sig. Pe- RisuTTi piantò un nuovo opificio a Buja per la macinazio?ie di cemento a lenta presa e calce idraulita prodotto di una sua fornace a fuoco continuo, impiegando per il nuovo stabilimento una forza idraulica di 12 cavalli. — Il signor Perisutti ha inoltre altri stabilimenti come una sega di legname, una pila per la brillatura dell'orzo, per i (|uali però non concorse ai premi industriali. L'Istituto ha trovato giusto di dover premiare il co- raggio di questo modesto industriale e gli assegnava perciò una ìfienzwne otioreDole. Un intelligente industriale è senza dubbio il sig. Do- menico Zrcco di Feltre. — Egli impiegò la modesta sua fortuna nel ridurre al sistema Schweitzer un piccolo e vecchio molino che possedeva nel comune di Feltre, ed ora egli, che ha introdotto tutti i migliori sistemi nel suo Sta- bilimento, raccoglie i frutti del suo coraggio e dell' opero- sità sua, ed ha la soddisfazione di rispondere completa- mente ai bisogni dell'intera popolazione del suo paese. — 11 molino del Zucco, messo in azione per forza idraulica, produce dai 30 ai 50 quintali di grano macinato oltre a farine di varie qualità semolini, crusche, ecc. E 1' unico opificio di tal sistema nella Provincia di Belluno. — L' 1- stituto quindi è lieto di conferirgli una menzione ono- revole. Le eleganti calzature, ottime per qualità e relativa- mente miti di prezzo, favorevolmente conosciute e stimate che la Ditta G. Kirschen presenta alla nostra mostra, fu- rono ritenute degne di menzione onorevole, tenuto conto [23] (1067) anche che hi Ditta Kirschkn, che (La parecchi anni hivora a Venezia, concorre per hi prima volta ad una Esposizione industriale. Elegante e pratica s'è trovata la calzatura di nuovo modello presentata al concorso dalla Ditta C. Feriguto e figlio di Pcidova. — Molto pratica è la suola di gomma rigata che impedisce lo sdrucciolare, ed igienica la suola interna di sughero. — La Commissione però non crede troppo utile il rivestimento interno di pelliccia, che si ri- tiene non permettere la completa traspirazione, conser- vare troppo l'umidità, e rendere più difficili le consuete riparazioni. — Nel complesso però vista la praticità e l'e- leganza del nuovo modello di scarpe, presentate alla mo- stra dal Feriguto, e l'economia che si fa nell'acquisto delle stesse, si è ritenuta la Ditta Costante Feriguto e figlio di Padova degna di inenzione onorevole. Erano ben noti da parecchi anni gli aratri costruiti dal sig. E. Mazzetti in Occhiohello, quello che egli pre- sentò ora è l'ultimo perfezionamento al quale è arrivato questo intelligente industriale. L'aratro Mazzetti viene generalmente preferito oltre che per le sue buone qualità, anche per il prezzo mite. — E addottato a preferenza di altri aratri nel Polesine e nel Ferrarese ; e fa buona prova anche nei terreni argillosi e più tenaci. Al sig. Emidio Mazzetti venne assegnata dall' Istituto per questo suo aratro perfezionato una menzione ono- revole. Degna di un incoraggiamento da parte dell'Istituto s'è ritenuta l'industria delle Ceramiche Artistiche modestamente esercitata dal sig. Gaetano Donato in Bassano Veneto. — Questo lavoratore senza alcun aiuto di capitali seppe ab- bastanza ampliare la sua officina, e da tre operai che (1068) [24] aveva nel 1884, quando incominciò i primi lavori, por- tarli al giorno d'oggi, fra artisti e ragazzi, a dodici. — I lavori del Bonato vengono spediti per lo piii in Francia, dove sono apprezzati e dove egli tiene un contratto di for- nitura annua per una somma di 15.000 lire. — Lo Stabili- mento BoNATO venne fregiato in varie esposizioni e concorsi di medaglie e diplomi. — L'Istituto perciò ha deliberato di premiarlo con una menzione onot^evole. La proprietà dei Siroppi di china ferruginosi, semplici, all'arsenico, alla nocevomica e fosfoferruginosi, preparati dal sig. ViDO Luigi di Lendinara, attestati da molti docu- menti di approvazione e di incoraggiamento, ed in parti- colare dal nostro collega prof. Spica, e principalmente lo sviluppo dato a questa piccola industria ha fatto si che l'I- stituto non esitasse a conferire al signor Luigi Vido una menzione onorevole per i suoi Siroppi ferruginosi. Il sig. Celso Mantovani concorse per un'officina di im- pianti elettrici che ha preso un discreto sviluppo. — La Commissione loda l'attività del sig. Mantovani, e spera che in breve nella sua officina saranno costruiti per intero quegli apparecchi elettrici che sono di uso tanto comune, intanto propose e l'Istituto approvò di incoraggiarlo con una menzione onor^evole. Avendo il sig. Federico Gaggio fondato anche a Vit- torio la industria dell' essiccazione degli erbaggi, legumi e frutta, con nuovi sistemi, industria che maggiormente per- fezionata ed ampliata potrà riuscire di vantaggio non in- differente, l'Istituto ha creduto di })remiarlo con una nie.n- zione onorei')ole. Le menzioni onorevoli furono accordate tutte alla una- nimità, meno una, ed è forse quell'una che ad un giudizio comune e superficiale parrebbe non solo la premiazione più guadagnata ma la più ragionevolmente aumentabile. [25] (1069) Infatti, chi vi getti sopra uno sguardo rapido e pro- fano vedrà che Li mostra del Donato è la più copiosa e appariscente. É quindi volontà della Commissione e del- l'Istituto che le non facilmente indovinabili ragioni del contro vengano esposte. Le terraglie del Donato possono essere non senza ve- rità giudicate un gran passo indietro nella tecnica e nella economia professionale ceramica. La materia è senza confronto più fragile, il disegno più negletto, la vernice meno bianca e brillante che nella maiolica della quale è una imitazione molto pallida e per giunta moralmente e giuridicamente discutibile, im- perocché ben lungi dal creare nuove forme plastiche ha alla lettera espropriate delle loro le fabbriche di maioliche che formarono per secoli la maggior gloria ceramica del Veneto e forse dell' Italia e di recente pro- fusero lavoro e danaro a pagare artisti come, per dirne uno, il celebre Minghetti di Vicenza che colla magistrale sua stecca aveva lungamente dominate tutte le Esposizioni internazionali. Eppure malgrado tutte queste considerazioni gravissime a carico, sembrò alla Commissione che una qual- che distinzione non dovesse essere negata all'espositore. In primo luogo il Donato creò un buon prezzo la cui immediata conseguenza fa un grande spaccio anche al- l' estero. — Ora il porsi in grado di invadere i mercati stranieri è un servizio tanto positivo che ne paga molti di negativi. In secondo luogo mantenne viva per mezzo delle ter- raglie l'industria della ceramica artistica in giorni nei quali le commissioni delle maioliche erano momentaneamente, e si temeva durevolmente, cessate. In terzo luogo dette ragioni e occasioni ai produttori di maioliche artistiche di scendere anch'essi dalla loro al- tezza e produrre a buon prezzo. In quarto luogo la stessa concorrenza alle maioliche, che ne diminuisce al momento la ricerca, può in seguito (1070) [26] per altri rispetti tornare vantaggiosa, come quella che re- stando presente sempre sui mercati stranieri, anche in crisi, coi suoi colori e le sue forme a ogni modo ancora attra- enti, non può a meno di invogliare i buongustai a procu- rarsi in più nobile materiale e con più accurate pitture e brillanti vernici quegli stessi oggetti nuovamente tramutati può dirsi d'industriali in artistici. La Commissione partendo da questi criterii, e valutati i titoli contrari e i favorevoli di questa produzione espresse non solo il voto ma il convincimento che la terraglia non ucciderà la maiolica, come la decalcomania non uccise il vasellame chinese e giapponese, e come i merletti a fuselli, e meno che meno quelli a macchina, non uccisero le squi- sitezze dell'ago. La produzione inferiore venne quindi dalla Commis- sione considerata piuttosto scala che ostacolo, e, in questo speciale caso e per queste varie e serie ragioni, reputata, nella pur combattuta produzione, degna dell' accordata mo- desta ricompensa. S'è voluto dar conto particolareggiato di questa deliberazione, che sembra di cosi poco momento, per- chè a proposito di essa larghe e pratiche considerazioni ebbero la parola e l'apprezzamento ultimo loro dovuto. Oltre ai premiati, altri furono i concorrenti che in quest'anno raggiunsero la confortante cifra di l)en 43, ma alcuni si ritirarono dal concorso, altri non si poterono pre- miare 0 perchè le loro opere d' ingegno, per quanto egregie, non si reputarono comprese in quella categoria d'industrie per le quali il Ministero assegna i premi — o perchè fu- rono di recente premiate dall' Istituto, o perchè ancora nel loro inizio non raggiunsero un grado di sviluppo tale da portare un notevole vantaggio alla nostra regione, for- nire un esatto e sicuro criterio del loro valore industriale ed economico. L' Istituto fu dolente di ",4 e ponendo a = 0,0036,7, se assumiamo per Vq il valore di 319"' si ha per ^=9,0 , y« =319X1,0174 = 324,55 t = 12,8 , vt = 319 X 1,0231 = 327,06 t = 16,4 , Vt = 319 X 1,0300 = 328,57 La differenza più forte fra i numeri così calcolati e quelli osservati, è appena di 76 cent., e la differenza sa- rebbe stata sicuramente minore se l'aria fosse stata affatto priva di umidità, come lo richiede la formola. Ciò prova adunque la delicatezza del metodo il quale, se non dà un valore esatto della velocità del suono nell'aria, permette di constatare, nei valori relativi, le variazioni prodotte anche da lievi cambiamenti di temperatura, e, come vedremo in altro luogo, anche quelle dello stato igrometrico. Alla esatta valutazione della velocità del suono nel- l'aria non si può giungere, con siffatto procedimento, nep- pure applicaiuio le formule empiriche trovate dal Wer- theim, dal Bosanquet e da altri. Adottando, ad esempio, la correzione proposta dal Wertheim (i), si ha, }»er i tubi ci- lindrici, chiusi ad una osti-emità, - =: L 4- 2 e |/ 71 R2 4 ' (1) Aiiimk's de Chimie et de Physique, '-V Sèrie T, 31, p. 394, (111.^) [6] (1()\(! \j ò la huighezza del tiiho. Il il i';igi;io e r mia co- stante che Wei-tlieim ti-ovò \ai-iai-e da ()'";-ilO a O'",-^!.") ; siccliè, sostitnendo i dati iiium'i-ici di e e di -, risulta al- l' incii-ca (die - = L + (>,74()R . 4 A|i|dicaiido adum{ue siH'alta correzione all'ultimo nu- nici-o indicalo ii(d i)rospetto, essendoché la colonna vibi'ante air unisono col diapason a 1()",1, e di o2r""',(U, valore medio, ed essendo il raggio del tubo di 7'"'",5, sarà - = 321,()1 -f 0,74() X ^,5 = 3--i7'"-,2() ; e corrispondendo il Do^ di Marloye a ^A'^ v. s. sarà r = 'Soò"\Oò, valore ah^uanto inferiore al vero. Ma è opportuno l'osservare che la correzione di cui si tratta è calcolata per un tul»o chiuso dove l'origine dello scuotimento rimane costante. ln\ece nel caso nostro, se si sposta la positura del diapason candela Jiotabilmenti^ la lun- ghezza della colonna rinforzante, come lo dimostra l'espe- rimento seguente che traggo dai molti registrati. Adoperando la stessa canna della lunghezza di 40''", e del dianu'tro di P",."), allontaiuimlo il diapason in modo che fosse distante dalla bocca di 2'"", alla temperatura di 1()'\7, molto prossima (juindi alla precedente, si trovò che la lun- ghezza della colonna d' ai-ia viln-ante all' unisono col dia- pason era 325'"'", 30, onde - = 325,30 -f 0,746 X ^.''> = -"^O,!)!) e i)uindi i)=='^3S'",SJ. \alore assai più prossimo, ^,4X i-'^^908'V2 [15] (1127) Ridotta la velocità a 0'' sarà 208,5 207"M . V\ +0,003877X2, Esperienza 2* temp. 5°,7 Lunghezza della colonna d'a?Ha . . ^H"'"" Lunghezza della colonna di CI. . . 198 Velocità del suono nell'aria .... 334"', 4 317 La velocità ridotta a 0° è dunque i^=206■^5. 1,01099 Esperienza 3'' temp. 6°,6 Lunghezza delle colonna d'aria . . 318"'"' Lunghezza della colonna di CI. . . 199 Velocità del suono neWaria .... 334"',9 334,9X199 .,„„ ^ X = — = 209"'.5 : 318 che ridotta a 0° dà 209,5 = 206"',8 1,01271 Esperienza 4* temp. 7° Lunghezza della colonna d'aria . . 318' Lunghezza della colonna di cloro. . 198' V ducila del suono nell'aria .... 335"',2 ;mm (1128) ^ ^ 335.2 XH)8^,„,„_, 318 Riduceiido a 0" .si ha 208,7 1,01347 = 205"\9 . [16] Esperienza 5'' temp. 7* Le lunghezze delle colonne gassose essendo risultate le stesse di quelle osservate nell'esperienza 4^, la velocità, ridotta a zero, sarà pure in questo caso 205"\9 Quadro riassuntivo delle precedenti esperienze Nome DEL GAS Ternperat. Lunghezza della colonna d'aria si. m Velocita del suono neir iria alla temperatura dell'esperienza Velocita del suono nel gas alla temperatura dell'esperienza CO. T 318""" mm 253 335"2 266"7 262",9 » 0,4 a 0 312 247,5 331 262,5 262,5 N,0 / 317,5 253,5 335,2 267,6 264,1 CI 2,5 314,5 197 332,4 208,2 207,1 » 5,7 317 198 334,4 208,8 206,5 » 6,0 3,18 199 334,9 209,5 206,8 » 7 318 198 335,2 208,7 205,9 » 7 318 198 335,2 208,7 205,9 [17] (1129) Dulie precedenti esperienze si può cùnchiudere che la velocità del .suono nel cloro, ridotta a 0° , ha un valore medio di 20(]'",4 al secondo. Prendiamo ora a discutere il valore trovato. Se i gas fossero perfetti, chiamate v e o' le velocità rispettive colle (|uali propagano il suono -à 0° q d , d' le loro densità, si avrebbe _ v' _Vd d' onde d V] Perciò se v rappresentasse una velocità conosciuta, per es., quella del suono nell'aria, chiamata 1 la densità del- l' aria e o quella dell' altro gas, la velocità in questo gas sarebbe «' = 331 1/ -5. Se adunque si pone 6 = 2,47 che è la densità del cloro quale risulta dall'osservazione, ovvero 2.426 che è la densità quale risulta dalle leggi di Gay-Lussac e Avogadro, si a- vrebbe nel primo caso :rsi]/^ =.210" fi, V 2,426 e nel secondo 331 1/ ;~~^=:2\2"\5 i quali numeri risultano superiori a quello trovato, come doveva essere, perchè siamo partiti dall' ipotesi di un gas jierfetto. Si potrebbe anche determinare la velocità del suono (1130) [18] nel cloro misurando la lunghezza dell'onda che corrisponde al massimo rinforzo e, a questo fine, prendendo il risulta- mente ottenuto alla temperatura di 7°, ed applicandovi la correzione del Wertheim — {l-{- 0,74(Jr) — poiché r = P"", sarà J = 198'"'" -|- (),74() X 10 = ::;05'"'",46 e quindi V = 205,46 X -1 X -5<> = 2\0"\4 la quale, ridotta a 0°, diviene 207'",() Il valore che risulta è poco diverso dagli altri deter- minati col rapporto ; nulladimeno crediamo che, per le ragioni addotte precedentemente, sia da prefej;irsi il calcolo di V mediante il rapporto piuttosto che dedurle dalla lun- ghezza dell'onda. Si aggiunga inoltre che per 1' esattezza del risultamento converrebbe fare un'altra correzione re- lativa alle variazioni di temperatura le quali modificano il tuono del diapason. Infatti, stando alle ricerche del Ko- nig (1), un diapason che a 20° compie 512 v. s. al s., per ogni grado centigrado il tuono varia di 0''''-,0572, per- ciò anche di questa correzione si dovrebbe tener conto vo- lendo dedurre la velocità dalla relazione V ==n X ; ma tal correzione diventa inutile valutando la velocità mediante il rapporto fra le lunghezze delle onde rinfor- zanti ; basta esser certi che la nota si mantenga costante, e tale si mantiene nel breve intervallo di tempo che oc- corre per effettuare un esperimento durante il quale la temperatura non presenta sensibili variazioni. (1) AnrìolGìì der Piti/, imrl Clmnic. t. IX, p. 394, anno 1880, [19] (1131) Era naturale che al tempo che io faceva (jiieste prove mi dovessi preoccupare intorno al grado di verità che po- teva avere la determinazione fatta sul cloro, non essendovi stati altri che si fossero occupati dello stesso argomento. Ma dopo alcuni mesi che furono comunicate al R. Istituto Veneto siffatte ricerche, il signor Strecker di Strashurgo, ignaro dei miei studi, e non poteva conoscerli perchè quasi contemporànei ai suoi, pubblicava una Memoria Sili ca- lori specifici del Cloì-o e dei vapori di .Iodio e di Bromo (*). Lo Strecker si servi del metodo di Kundt e trovò, per il cloro, che la velocità media colla quale trasmette il suono, alla temperatura di 0°, è 205"\3 La concordanza dei risultamenti, ottenuti coi metodi diversi, dispensa da ogni commento. e Determinazione del rapporto ~ Ci Venendo poscia a determinare il rapporto fra il calore specifico a pressione costante, e quello a volume costante, ci limiteremo al cloro imperocché per 1' anidride carbo- nica e per il protassio d'azoto siffatto rapporto era già stato determinato da parecchi sperimentatori. Preso adunque come valore medio della vtdocità del suono nel cloro, a 0°, il numero 206,4, nella formola ì 0,76 D a e ■costituiremo i seguenti (Ulti : (1) Ueher die specipscìie Wàrtue dr^ Chlor, des; Brom iind des Jodffases. « Annalen der Phy.sik uud Chenaie, voi. 13, pa^j. 20, fasci- colo di Maggio del 1881, (11.-!-) [20] g (intensità della gravità a Venezia) . 9"\80(i 1) (densità del mercurio a 0°) . . . .13 ,59(5 d (densità del cloro rispetto all'acqua) . 0 ,00318; perciò /•>nr no -^>^^>X 13,596 X9.80(J e (.00,4)- _ ^^^- . ^^ , d' onde - = 1,336 Ci Regnault determinò il calore specifico del cloro a pres- sione costante e trovò e = 0,2964 ; dunque il valore specifico a volume costante sarà Ci = 0,2218 Se invece della densità osservata si sostituisce quella rispetto all'aria, dedotta dalle leggi di Gay-Lussac e Avo- gadi'o, che è 2,426, il peso di 1 litro di cloro sarà (i) 2,426 X 1,29;U87 = 3»"'--,137 ; perciò la densità rispetto all' acqua risulterà eguale a 0,003137. Sostituendo questo dato nella formula si ha - = 1,319 Ci Q e quindi il valore medio del rapporto - è eguale a 1,327. n Determiniamo ora il valore di ~ partendo dalle for- <-'i mole della termodinamica. — Si sa che la diff"erenza dei due calori specifici è data dalla relazione (1) Daguin, Cours dcs rhysiquc 4" rdition. voi. II, pag. 250. pi] {UXi) c_c, = ^, (love a è il coefficiente di dilatazione degli, aeriformi, po la pressione atmosferica sopra 1™2 a 0**, Vq il volume a 0° di l kg. di gas. Ponendo adunque e =0,1210 (calore specifico del cloro in peso) _ 1 ^ ~273 Po = 10333 1 3,137 J =427 l'isulta 0,1210 — e, = 0,02825, quindi Ci =0,0927 -=1,305 . Ci In luoo'o di sostituire a = , poniamo un coefficiente "" 273 ^ di dilatazione più appropriato al cloro, quale potrebbe es- sere quello del cianogeno che già fu adottato per la ridu- zione a 0° della velocità ; si avrà allora (W)3877X 10333^ 3,137X427 e quindi - =1,328 Ci Partendo invece dall'equivalente meccanico della pic- cola caloria che è stato assunto nel sistema e. g. s. , sarà _aHV dove J = 4,2X1*^>^ e a = 0,003877, (1134) [22] Ma sappiamo che 1,2758' S poiché 1 = 0", e — ^ = 7,838 X 10^ resta a sostituire il valore di S. Ora è noto che 1 c^ d'aria a 0° sotto la pressione di 1 megadìne pesa gr. 0,0012759, e lo stesso volume di cloro, alla medesima pressione e tempe- ratura, pesa gr. 0,0030909 (i) ; perciò 0^30909^ 0,0012759 ' Dunque ^_ -8,38X0.003877^ 2,4225 X 4,2 da cui ricavasi Ci = 0,09114 e - = 1,327. E stato già detto che lo Strecker trovò per la velo- cità del suono nel cloro un numero quasi identico a quello determinato da noi ; perciò ben poco diverso doveva risul- tare il rapporto — il quale, in base ai risultamenti del detto fisico, è 1,323. Il rapporto dei due calori specifici di siffatto gas è adunque inferiore a quello degli altri tre aeriformi inde- coniposti Azoto, Ossigeno e Idrogeno espresso dal numero 1,41 (Cazin). Questi tre gas si trovano più lontani del cloro (1) J. D. Everett, Unités et constantc^^ pJbi/^iqucs, Paris 1883, p. 38, [23] (1135) dalle condizioni in cui passano allo stato liquido; e mentre per essi il rapporto e fra l'energia molecolare e l'energia totale, che risulta dalla forinola -H^-0 e ve, è uguale a 0,615, per il cloro il detto rapporto discende a 0,490 secondo i dati raccolti da noi, e a 0,484 secondo quelli trovati dallo Strecker. Yenezia, Maggio 1893. LA SCIENZ/ DELL'EDUCAZIONE IDEJLi :F'R.0F. IR-OBERTO A.IR.IDIG-Ò (Padova, 1893). DEL M. E. ARRIGO TAMASSIA Il linguaggio tronfio dei molti nostri, che scrivono o parlano di pedagogia, trova ormai il pubblico scettico o diffidente. È una pioggia di frasi tìlosofìche, di parole pro- sontuose, con cui si trincia la formola e la soluzione dei più astrusi problemi. Ma (quegli che ha il coraggio di sfrondare questo gergo, si avvede subito quanto la va- cuità declamatoria si accordi con la miseria del conte- nuto. Certuno s'illude d'aver fatto una grande scoperta, per- chè ha pescato o rimesso a nuovo una parola fuori d'uso, 0 perchè ha escogitato, nella sua ingenuità, una nuova teo- ria, ossia una nuova ondata di fumo su quanto non riesci a penetrare con il suo metodo scorretto di ricerca. Da ciò r avversione del pubblico colto alla maggior parte degli scritti pedagogici moderni. Eppur, malgrado questo coro di sbadigli, quanto si ciancia e si scrive di peda- gogia e di educazione fra noi ! Dai maestri elementari, che elevano a questione psicologica 1' arte d' apprender al bambino le vocali, a quegli ispettori scolastici, che an- nunciano ai maestri il loro arrivo con quelle epistole pesanti, in cui stemprano « le loro teorie ed i loro metodi », (1138) [2] ad alcuni professori d' università per i quali, ad esempio, « la formazione del carattere è 1' effetto sociologico del- l' evoluzione » siamo inondati da tanta scienza peda- gogica, da restar stupiti come abbiamo ancora tanto po- polino in uggia con 1' alfabeto, tanti ricchi in sì fredda amicizia coi libri e cogli studj. Intanto per giunta gli analfabeti scemano di ben poco ; il sentimento morale si risolve in una vernice lucida, che non si addentra ; e la fierezza ingenua del galantuomo si rabbuja tra le indu- strie dell' opportunismo ; le cifre della criminalità danno al nostro paese un triste primato, e quasi ogni giorno il nostro commercio si acc;usa di imbrogli o di infedeltà. Ci sembra quindi che tutto quanto tende a rialzar il ca- rattere, a temprarlo nel lavoro e nella moralità, dovrebbe esser accolto con favore, come un mezzo sicuro per to- glierci dal presente languore. Ma se quelli che si pro- pongono questo intento, non sanno farsi leggere, o credono di riuscire col rimestare delle dottrine aeree, senza curarsi della povera prosa dei fatti, la pedagogia o 1' arte del- l' educazione si irrigiderà sempre più in una sterile acca- demia ; e.l i nostri fanciulli seguiteranno a crescere non come li vuole la civiltà vera, ma come li fabbrica la sel- vaggia natura. — Il libro però del Prof. Ardigò sulla Scienza dell' educazione ci fa sperare che non cadrà tutto nel deserto, e che qualcuno dei suoi germi troverà terreno fecondo. Da molti anni quest'insigne pensatore con analisi coraggiosa si è addentrato nello studio dei problemi più alti della psicologia, della morale e del diritto ; e se non volle divenir scrittor popolare, può però gloriarsi d' una schiera di discepoli, che attinsero dalla sua parola o dai suoi scritti lo spirito della ricerca indipendente. Questa sua opera ultima ne giunge quasi come una sintesi pra- tica delle sue dottrine, come un saggio di filosofia civile. Fino ad ora (pare egli voglia dire al pubblico) ho studiato astrattamente il meccanismo, e le leggi del pensiero. Ora mi son proposto di tracciare in qual modo queste leggi m (1139) possano applicarsi all' arte dell* educare, allo intento di raggiungere un tipo d' uomo che riunisca in sé gli ideali della filosofìa positiva, e della nostra vita sociale. — Così egli intende 1' ufficio della pedagogia, che egli innalza a scienza deW educazione, con l'ufficio di trasfonder nell'uomo « le attitudini di persona civile, di buon cittadino e di individuo fornito di speciali abilità utili, decorose, nobili- tanti ». Egli non si appoggia alla sola dottrina filosofica; ma chiama in ajuto la pratica, « senza cui è nulla la scienza; come è nulla questa, senza di quella ». Il suo libro trat- teggia con linguaggio severo, ma lucido, i processi generali della psico - fisiologia, additando quali sieno i metodi pratici più efficaci per rinforzarli, deviarli o correggerli; ed alla necessità organica degli atti psichici contrappone gli eff"etti moderatori dell' ambiente, dell' esempio, del sentimento del dovere. Quindi da una psicologia scientifica, induce una morale pratica altrettanto austera, quanto umana e dei precetti educativi su questa modellati. I fatti della perce- zione, dell' attenzione, della volontà, vengono subordinati dall' Ardigò al determinismo cerebrale ; ma si vegga quanto sieno feconde, veramente pratiche le deduzioni che egli trae dalla analisi di questi processi psichici ! Si vegga come esse si accordino con le tendenze della fisiologia moderna di proporzionare la tenzione degli organi alla loro energia funzionale ! Egli vuole percezioni nette, senz' ombra ; vuole delle soste, che ricreino e rinforzino ; vuole 1' esempio amo- roso della famiglia, del maestro come il primo ambiente morale del fanciullo, le nobili idealità, che rendono bello l'operare ed il soff"rire pel solo dovere. Giustamente con- dannando quella ginnastica coreografica, che giova solo ai così detti professori di ginnastica, vuole la prestanza fisica congiunta all' educazione intellettuale ; e pur atte- nendosi alle dottrine positiviste, rifugge dall' educazione arida, utilitaria, e consiglia gli studj classici, come quelli che offrono al giovane gli esempj più generosi della natura umana. (1140) [4] Questo lihfo itisoniina è il proiiriiiiiiua di un })08Ìtivista senza g'i-ettezze e senza falsi bagliori; è il pensiero «jnesto (li chi vuol devolvere a benefìcio sociale le proprie medita- zioni scientificlie ; è una voce severa, die ne ammonisce della nostra presente fiacchezza, e ci addita le vie per ri- temprarci. Confidiamo che questa voce, che parla il lin- guaggio placido dei fatti e di una sapiente esperienza non rauoja\fra la indifferenza dei nostri concittadini. COME SI MODIFICA LA CAPACITÀ DEI DIVERSI TERRITORI VASCOLARI COL MODIFICARSI DELLA PRESSIONE. Ricerche DEL s. c. A. STEFANI Un mutamento nella capacità dei vasi di nn territorio vascolare deve necessariamente essere accompagnato da un mutamento, in senso inverso, nella capacità di altri vasi ; perchè non si può ammettere che la quantità del sangue circolante aumenti o diminuisca colla rapidità con cui si modifica il lume dei vasi. Se diminuisce la quantità di sangue contenuta in un organo, di altrettanto, presso a poco, deve aumentare la quantità di sangue contenuta negli altri. E siccome ogni diminuzione nella capacità dei vasi è seguita da aumento della pressione generale, e rispettivamente ; cosi ne viene, essendo i vasi elastici, che 1' elemento meccanico deve ne- cessariamente intervenire nel produrre i fenomeni com- pensatori. Ma la pressione del sangue può aumentare o dimi- nuire per cause, specialmente, centrali, anche indipenden- temente da qualunque costrizione o dilatazione dei vasi ; e perciò, in via meccanica, possono anche verificarsi dei mutamenti nella capacità dei vasi, ai quali non si può certo attribuire alcun carattere compensatorio. T. IV, S. VII 78 (1142) [2] E per coiLseguenza, allorché si verifica un mutamento nel lume dei vasi di un dato territorio, il fisiologo dovrà ricercare, se questo mutamento sia primitivo o secondario, di natura fisiologica o puramente fìsica. A rigorose dimostrazioni di questo genere, a mio av- viso, non si può riuscire, se prima non si conosce il modo di comportarsi verso la pressione dei singoli territori va- scolari, e il modo di reagire dei medesimi agli agenti fi- siologici o sperimentali, mentre sono sottratti all'influenza meccanica della pressione centrale. Ed egli è appunto a questo concetto fondamentale che si informano le ricerche, che da parecchi anni si vanno svolgendo nel mio labora- torio, intorno alla fisiologia dei movimenti vascolari. In questa memoria sono riferiti i risultati delle ricer- che dirette a dimostrare, come la pressione modifica la capacità dei diversi territori vascolari ; se tutti si dilatano egualmente per un dato aumento di pressione, e se tutti ritornano con eguale prontezza al volume primitivo, quando la pressione ritorna al grado iniziale. Solamente in base a queste nozioni si potrà indicare come, per ragione fisica, si deve modificare la distribuzione del sangue, quando la pressione generale si innalza o si abbassa per cause centrali ; e dove si deve portare, a pre- ferenza, il sangue scacciato da un dato territorio per co- strizione dei vasi relativi, e donde deve provenire il sangue che si accumula nel medesimo, quando i suoi vasi si dilatano. E noto che sotto determinate condizioni, mentre si restringono i vasi di alcuni territori, altri si dilatano. Lo stato dispnoico del sangue, mentre fa costringere i vasi dei visceri addominali, fa dilatare quelli della cute, dei mu- scoli (1), della mucosa della bocca (2), del cervello (3), della retina (^) ; e fenomeni analoghi si verificano in seguito alla stimolazione dei nervi sensitivi. (3) Durante il lavoro della digestione si allargano i vasi degli organi digerenti, mentre si restringono quelli della cute, producendo senso di fred- [3J (114.1) (lo. (<•) La bassa temperatura dell' ambiente fa restringere i vasi (Iella cute ed allargare quelli degli organi interni, e viceversa la temperatura elevata. (') Il Mosso (8) osservò che durante il lavoro mentale, mentre si allargano i vasi del cervello, si restringono quelli degli arti, e Werthei- nier (9) verificò dilatazione dei vasi della cute e della mu- cosa lìoccale e costrizione dei vasi viscerali, sotto 1' azione della stricnina, dell' ergotina e della nicotina. Ma se in base a questi fatti si può amuiettere, come cosa abbastanza provata, l'esistenza di un antagonismo fra i vasi viscerali e i vasi muscolo cutanei, mi sembra però che neir interpretare il modo con cui esso si compie, i due fattori, tisico e fisiologico, non siano sempre stati tenuti nel debito conto. Non potrei accettare senza riserva 1' opinione di Da- stre e Morat, del Wertheimer ed altri, secondo la quale, la dilatazione che si verifica nei vasi della bocca, mentre si restringono i vasi viscerali, sarebbe subordinata ad una azione fisiologica di dilatazione attiva ; ma nel tempio stesso non potrei neppure ammettere con Roy e Sherringthon che lo stato dei vasi del cervello sia subordinato esclusi- vamente allo stato della pressione generale del sangue. E ciò specialmente dopo che, nel mio laboratorio, fu dimo- strato, in modo indubbio, che anche questi vasi sono prov- veduti di nervi vasomotori, e che la dispnea spiega sui medesimi due azioni antagoniste, una diretta, vasodilata- trice, ed una indiretta, per mezzo dei centri vasomotori, vasocostrittrice. {^^). Finora era stata studiata solamente la distensibilità delle pareti dei grossi vasi. Il Wertheim (ii) determinò il coefficiente, o modulo, di elasticità di piccole listerelle tolte dalle grosse vene e dalle grosse arterie, misurando 1' allungamento che esse subi- scono, quando vengono stirate da pesi diversi, elasticità (1144) [4] lineare. 11 Marey ('2) misuro invece V aumento di capacità che si A^erifica in un piccolo tratto di vaso, quando au- menta la pressione del contenuto, elasticità volumetrica, ottenendo dei risultati conformi a quelli del Wertheim. Il Roy (13) ripetè di recente le ricerche fatte dal Wertheim e dal Marey, confermandone le risultanze, (i'^) Ma, per le ragioni anzidette, al fisiologo non solo inte- ressa di conoscere il modo di comportarsi verso la pres- sione delle grosse arterie e delle grosse vene, ma anche il modo di comportarsi di tutto insieme il sistema vascolare dei vari organi ; ed onde ricavare qualche nozione in pro- posito, io mi sono valso delle circolazioni artificiali colla soluzione fisiologica di NCl. Secondo la formola del Poiseuille, la quantità di liquido che nella unità di tempo esce da un tubo è direttamente proporzionale alla pressione ed alla quarta potenza del raggio del tubo, e inversamente proporzionale alla lun- ghezza del tubo moltiplicata per un coefficiente variabile colla composizione dei liquidi e dei tubi e colla temperatura: / X ^ ■ In base a questa formula, se la lunghezza l del tubo, ed il cofficiente k rimangono costanti, siccome deve essere nelle circolazioni artificiali, quando non venga mutato il liquido né la temperatura del medesimo, 1' efflusso sarà in relazione esclusivamente colla pressione e col lume del tubo, secondo la formula Q^h'y^ì"'*; e quindi, conoscendo i mutamenti della pressione ed i mutamenti relativi del- l' efflusso, si potrà calcolare, se essi furono accompagnati da mutamenti nel lume dei vasi in base alla formula, de- Q rivata dalla precedente, r'^ = — . h A tale scopo si suppongono eguali a 100 tanto la pressione quanto l'efflusso di una prima circolazione, e per 100 conseguenza che r'^ sia eguale ad 1: '>•'' = ——■= 1; quindi [5] (1145) si calcola quali siano i valori della pressione e dell' ef- flusso nella successiva circolazione, dato che nella prima fossero eguali a 100 ; si divide il valore dell' efflusso, cosi ottenuto, per il valore della pressione, e se si ottiene per quoziente 1' unità, sarà segno che il lume dei vasi è rimasto invariato, e se si ottiene invece una cifra maggiore 0 minore della unità, ciò indicherà che il lume dei vasi è aumentato o diminuito di una (j[uantità relativa; dato anche che col modificarsi del lume dei vasi capillari sia avvenuta una qualche modificazione nel coeflSciente di traspirazione. Nelle ricerche che si fanno coi tubi metallici, non distensibili, per quante cautele si adoperino, la quantità di efflusso calcolata e sempre di qualche cosa superiore alla quantità verificata ; e perciò non è da meravigliarsi, se in alcuni casi, calcolando sulle cifre ottenute, in seguito al- l' innalzamento della pressione, si ottenne una cifra infe- riore alla unità, e non si deve da questo fatto dedurre, che i vasi per l' aumentata pressione si siano ristretti, perchè ciò sarebbe assurdo. Non ho fatto un numero suffi- cientemente esteso di ricerche per poter formulare delle leggi generali, ma da quelle fatte credo di non andar molto errato, se ammetto, che in via media 1' efflusso veri- ficato sia inferiore di un decimo circa a quello calcolato. E perciò credo che, nei calcoli so})ra indicati, 1' efflusso verificato potrebbe essere annientato in media di un decimo. Dividendo la cifra rappresentante la dilatazione avve- nuta nel sistema vascolare per F aumento della pressione, rappresentato in millimetri di mercurio, si avrà la dilata- zione })rodotta da ciascun millimetro ; e dividendo la me- desima cifra per i centesimi di cui la pressione fu aumen- tata, si avrà 1' aumento prodotto da un centesimo in più di pressione. Quando si pensa che un pulviscolo o una l)ollicina d'a- ria, penetrando nei vasi, o un piccolo coagulo staccandosi dai medesimi, o uno spostamento sia delle cannule nei vasi (1146) [6] innestate, .sia dell'organo attraverso il quale la circolazione vien fatta, possono modificare notevolmente l' efflusso, si comprende che queste ricerche devono essere condotte colle maggiori cautele, e che ad onta delle medesime è quasi impossibile di guardarsi, in tutti i casi, da ogni er- rore. E perciò si dovranno trascurare non solo quelle esperienze, durante le quali è avvenuto qualcuno degli inconvenienti sopraindicati, ma anche quelle nelle quali il valore verificato sia troppo inferiore a quello calcolato, perchè un simile risultato non potrebbe dipendere clie da inconvenienti inavvertiti, o da contrazione spontanea dei vasi. Molte volte, quando si abbassa la pressione, l' efflusso non diminuisce in relazione alla medesima, e si ottengono quindi delle cifre le quali starebbero per indicare un au- mento della capacità dei vasi, lo che sarebbe assurdo. In simili casi 1' efflusso è superiore a quello calcolato, perchè esce non solo il litjuido spinto dalla pressione, ma anche il liquido che viene scacciato dai vasi per la costrizione ela- stica dei medesimi. E per conseguenza, in queste ricerche, gioverà di assicurarsi che la costrizione elastica dei vasi è compiuta ; lo che sarà dimostrato dalla nessuna ulteriore diminuzione dell'efflusso. Però in molti casi, e specialmente sperimentando sui polmoni, anche dopo aver atteso molto tempo senza che l'efflusso diminuisca, si verificò un efflusso superiore a quello che secondo il calcolo avrebl)e dovuto aver luogo, dato che i vasi non si fossero affatto ristretti ; ed un simile risultato, senza trascurare la possibilità di qualche errore sperimentale, credo debbasi interpretare come effetto di paralisi della tonaca muscolare. Le circolazioni artificiali erano fatte sotto una pres- sione costante, data da una bottiglia di Mariotte, e per avere dei dati che potessero essere fra di loro paragonati, nello stessei animale si faceva la circolazione attraverso le femorali, attraverso la carotide ed attraverso le renali, o r aorta. [7] (1147) La soluzione fisiologica, in alcuni casi, era mantenuta ad una temperatura costante di 35", e in alti'i si faceva invece r esperimento alla temperatura dell' ambiente. 11 liquido che usciva dalla vena era raccolto in un vaso graduato, e per mezzo di un orologio a secondi si determinava il tempo che impiegava ad uscire una unità di liquido, o la quan- tità di liquido che usciva in una unità di tempo. La circolazione non veniva mai interrotta, e quando per necessità si doveva interrompere, si incominciava una nuova serie di ricerche. E ciò si faceva, perchè la pratica aveva dimostrato che in seguito ad una soppressione del circolo il lume dei vasi si modifica. Ho preferito questo metodo a quello del pletismogi'afo, che sembrerebbe più indicato, a motivo dell' edema cjie di solito si verifica nell' organo sottoposto alla circolazione artificiale : e perché apposite esperienze di circolazioni attraverso tubi metallici, ed attraverso vasi sanguigni che non si potessero dilatare, collocando p. e. i reni in un re- cipiente pieno d' acqua, e munito di due sole aperture, r una in comunicazione coli' arteria e 1' altra colla vena, mi persuasero della sua bontà. Ho fatto uso di animali morti da qualche tempo e di animali morti da poco, ed ho trovato preferibili questi ul- timi, a motivo specialmente dei coaguli che si trovano nei vasi dei primi e che col distaccarsi vengono a turbare gravemente i risultati della ricerca. Non giova premunirsi contro simile accidente mediante una circolazione subito dopo morte, perchè se questa viene praticata, la circola- zione più tardi riesce difficilissima, o impossibile, a motivo del fortissimo edema a cui dà luogo. Oltre di ciò è da notarsi, che se per eliminare l' intervento possibile della contrattilità, si attende fino a che questa sia assolutamente scomparsa, e' è pericolo che si modifichi anche la elasticità delle pareti vasali, almeno per la parte con cui vi concorre (1148) [8] la tonaca muscolare, che nelle piccole arterie è assai sviluppata. E in conseguenza, se io non posso escludere, in via assoluta, che nella produzione dei risultati da me ottenuti possa, in qualche modo, essere intervenuta an- che la contrattilità, oltre alla elasticità, parmi però che questa deficienza sia più che compensata dalla circostanza, che questi risultati possono, con maggior sicurezza, essere applicati all' organismo vivo. Ciò premesso, riferisco in esteso l'andamento di alcune esperienze. •^ Gennajo 1893. Cane ucciso da un' ora e mezza per dissanguamento. La circolazione artificiale vien fatta colla soluzione di cloruro di sodio all' 8 per mille, mantenuta alla tempera- tura costante di 35". Si inietta la soluzione nell' arteria femorale. Pressione mm. hg. O'i. Escono dalla vena femorale corrispondente 15 ce. di liquido in sec. 33-29-28-27-24-23-23-23. Pressione 132 mm. hg. Escono 50 ce. in sec. 34-32-33. Pressione 1(34 mm. lig. Escono 50 ce. in sec. 23-23-23. Pressione 132 mm. hg. Escono 50 ce. in sec. 23-24-23. Pressione 02 mm. hg. Escono 50 ce. in sec. 37-30-.39 — dopo 5 minuti in 60. Quindi : Aumento di pressione da 93 a 132 come da 100 a 142 — aumento di velocità da 33 a 77 come da 100 a 233 — capacità dei vasi alla pressione di 132, supposta eguale ad 233 uno la capacità dei medesimi alla jiressione di 93, —-x [9] (1149) = 1,64 — aumento in contesimi, pei' millimetro lig. di 64 . . pressione ^5^= i, ^4 — aumento, m centesimi, per cente- simo di pressione —= 1,52 . Aumento di pressione da 132 a 164 come da 100 a 125 — aumento di efflusso da 2o a 32 come da 100 a 148 — capacità dei vasi alla pressione di 164 supposta eguale ad .148 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 132, t^ = 1,18 — aumento, in centesimi, per millimetro lig. di 18 . ,. . pressione -— = 0,50 — aumento per centesimo di pressione 2ò Diminuzione di pressione da 164 a 132 come da 100 a 74 — diminuzione di efflusso nessuna, da 23 a 23 come da 100 a 100 — capacità dei vasi alla pressione di 132, sup- posta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione 100 di \i\4 = -— - = 1,32. /4 Secondo queste cifre la diminuzione della pressione anziché una diminuzione avrebbe prodotto un aumento della capacità ; ma ciò è assurdo, ed io credo che un simile risultato, verificato anche in altri casi in seguito all'abbas- samento della pressione, sia da attribuirsi alla circostanza, che, appena abbassata la pressione, dalla vena esce, non solo il liquido che deve uscire in forza della pressione sotto la quale viene fatta la iniezione nelle arterie, ma anche il liquido che viene scacciato dal sistema vascolare, in conseguenza della costrizione dei vasi. Diminuzione di pressione da 132 a 93 come da 100 a 70 — diminuzione di efflusso da 37 a 24 come da 100 a 65 — ca])acità del territorio vascolare alla pressione di 93 nim. lig. supposta eguale ad uno la capacità del medesimo (1150) [10] )5 "O ()5 alla ])rc.ssioMe di IS;::? min. lig., —-=0,91 — diiniiuizione, 0 in centesimi, per millimetro di pressione — =(?, 2.9 — di- 9 minuzione pei* centesimo di pressione — = 0,30 . Si inietta la soluzione in un' arteria rende. Pressione 92 mm. lig. Escono dalla vena corrispondente in un minuto goc- cie 18-19-19-18. Pressione 132 mm. hg. Escono in un minuto goccie 34-30-30-36. Pressione 164 mm. hg. Escono in un minuto goccie 02-02-63-62. Pressione 132 mm. hg. Escono in un minuto goccie 43-42-41-41. Pressione 92 mm. hg. Escono in un minute goccie 23-23-29, dopo cinque minuti 19. Quindi : Aumento di pressione da 92 a 132 come da 100 a 142 — aumento di efflusso da 18 a 36 come da 100 a 200 — capacità dei vasi renali alla pressione «li 132, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 200 92, — 7=1,48 — aumento in centesimi per millimetro di 48 . ,. . pressione -77;= 1,^0 — aumento per centesimo di pressione Aumento di pressione da 132 a 164 come da 100 a 125 . — aumento di efflusso da 36 a 62 come da 100 a 172 — ] capacità dei vasi alla pressione di 164 supposta eguale ad 172 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 132, -^r-z [11] (1151) = 1,37 — aumento in centesimi per millimetro di pres- 37 . ,. . siane. —- = 1,16 — aumento per centesimo di pressione 37 Diminuzione di pressione da 164 a 132 come da 100 a 74 — diminuzione di efflusso da 62 a 41 come da 100 a 66 — capacità dei vasi alla pressione di 132 supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 164, — ==0,80 — diminuzione di capacità per millimetro di 11 pressione -r^^ = 0,34 — diminuzione di capacità per cente- Simo di pressione — = 0,42 . Diminuzione di pressione da 132 a 92 come da 100 a 70 — diminuzione di efflusso da 41 a 23 come da 100 a 56 — capacità dei vasi alla pressione di 92, supposta e- guale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 56 . . 132, -—=0,80 — diminuzione di capacità per millimetro 20 .... di pressi one, -TT-r = (?,^0 limetro di pressione — = i,oO — aumento per centesimo 30 di pressione -r- = 1,25 . ^ 24 Aumento di pressione da 102 a 122 come da 100 a 120 — aumento di efflusso da 70 a 90 come da 100 a 134 — capacità del territorio iniettato alla pressione di 122, sup- 134 posta ecc. -^^=1,12 — aumento, in centesimi, per mil- . ^ . 12 limetro di pressione ~ = 0,60 — aumento, in centesimi, 12 per centesimo di pressione — = 0,60 . Diminuzione di pressione da 112 a 102 come da 100 a 91 — diminuzione di efflusso da 102 a 94 come da 100 a 92 — capacità del territorio iniettato alla pressione di 102, supposta eguale ad uno la capacità del medesimo alla pres- 92 sione di 112, —= ^- Quindi nessuna diminuzione di vo- lume, anzi forse un piccolissimo aumento. Diminuzione di pressione da 82 a 52 come da 100 a 63 [23] (1163) — diminuzione di elllusso da 84 a 50 come da 100 a 58 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 52, supposta 58 ecc- 8 . 8 -—^=0,27 — diminuzione per centesimo di pressione — oO o/ = 0,22 . Iniezione nella cm-otide. Pressione 82 mm. lig. In 10 secondi escono dalla giugulare corrispondente ce. 32-36-37-38. Pì^essione 102 mm. hg. In 10 secondi escono ce. 51-53-55-56. Si sospende 1' esperimento per mezz' ora. Pì^essione 92 mm. hg. In 10 secondi escono ce. 53-54-56-57. Pressione 82 mm. hg. Escono in 10 secondi ce. 40-46-45-46. Quindi : Aumento di pressione da 82 a 102 come da 100 a 124 — aumento di eillusso da 38 a 56 come da 100 a 147 — capacità del territorio iniettato alla pressione di 102, sup- posta eguale ad uno la capacità del medesimo alla pres- 147 sione di 82, T-r7= 1,18 — aumento per millimetro di pres- 124 ^ ^ 18 . 18 sione — = 0,00 — aumento per centesimo -^ = 0,74 . Diminuzione di pressione da 92 a 82 come da 100 a 89 — diminuzione di efllusso da 57 a 46 come da 100 a 80 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 82, sup- 80 posta ecc. — = 0,90 — diminuzione per millimetro di 10 pressione — z= 1 — diminuzione per centesimo di pres- 10 sione -j- = 0,91 , (1164) [24] Iniezione nella arleria renale. Pressione 70 mm. lig. Escono dalla vena corri.spondentc in 00 secondi ce. 7-8-7-7. Pressione 92 mm. lig. Escono in 60 secondi ce. 10-10-10. Pressione 112 nini. lig. Escono in 60 secondi ce. 12-12-13. Pressione 132 mm. lig. Escono in 60 secondi ce. 14-14,5-14. Pressione 152 mm. lig. Escono in 60 secondi ce. 16-17-16-17. Si sospende 1' esperimento per mezza ora. Pressione 162 mm. hg. Escono in 60 secondi ce. 18-19-18-19. Pressione 132 mm. hg. Escono in 60 secondi ce. 10- 16- 16. Pressione 112 mm, lig. Escono in 60 secondi ce. 12,5-13-13. Pressione 92 mm. lig. Escono in 60 secondi ce. 11-11-10. Pressione 72. Escono in 60 secondi ce. 8-8-8-7. Quindi : Aumento di pressione da 70 a 92 come da 100 a 131 — aumento di efflusso da 7 a 10 come da 100 a 142 — capacità del territorio iniettato alla pressione di 92, sup- 142 posta ecc. y7-j- =: 1 ,08 — aumento, in centesimi, per mil- o limetro di pressione -^ = 0,36 — aumento, in centesimi, s per centesimo di pressione — = 0,25 . o 1 Aumento di pressione da 92 a 112 come da 100 a 122 — aumento di efflusso da 10 a 12,.5 come da 100 a 12.5 — capacità del territorio iniettato alla pressione di 112, sup- [25] (1165) 125 posta ecc. •T7J5= l,^^^ — aumento pei* millimetro di pressione — = 0,io aumento per centesimo di pressione — = 0,14 . Aumento di pressione da 112 a 132 come da 100 a 118 — aumento di efflusso da 12,5 a 14,5 come da 100 a 116 — capacità del territorio iniettato alla pressione di 132, supposta ecc. — — :^0,98. 11 calcolo darebbe quindi una diminuzione, anziché un aumento della capacità, lo che è assurdo. Questo risultato dipende dalla circostanza che r efflusso calcolato è sempre superiore all' efflusso veritì- cato. Se si aggiungesse un decimo al valore ottenuto, si avrebbe un aumento della capacità di 8 centesimi. Aumento di pressione da 152 a 162 come da 100 a 116 — aumento di efflusso da 14 a 17 come da 100 a 121 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 152, supposta 116 ecc. T— Y = 0,96 . Diminuzione di pressione da 162 a 132 come da 100 a 82 — diminuzione di efflusso da 18,5 a 16 come da 100 a 82 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 132, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi a 162, —-= \ . Non potendo ammettere alcuna diminuzi(nie, que- 82 sto risultato viene attribuito all' uscita del liquido scacciato per costrizione dai vasi. Diminuzione di pressione da 132 a 112 come da 100 a 84 — diminuzione di efflusso da 16 a 13 come da 100 a SI — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 112, stip- si .... posta ecc. — = 0,96 — diminuzione, in centesimi, per mil- limetri di pressione — = 0,20 — diminuzione per cente- 4^ l6 20 4 ^imo di pi-essione — = 0^25 (1100) [26] Diminuzione di pressione da 112 a 92 come da 100 a 82 — diminuzione di efflusso da 13 a 10 come da 100 a 76 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 92, sup- 76 posta eguale ad uno ecc. — = 0,93 — diminuzione per millimetro — = 0,35 — diminuzione per centesimo di pres- 7 sione -r-r = 0,39 . lo Diminuzione di pressione da 92 a 72 come da 100 a 79 — diminuzione di efflusso da 10 a 7,5 come da 100 a 75 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 72, sup- 75 posta ecc. —, = 0,95 ■ — diminuzione, in centesimi, per mil- 5 limetro -^ = 0,40 ■ — diminuzione per centesimo di pres- 5 sione -^ = 0,41 . Dalle cifre ottenute risulterebbe quindi : 1° Che per un medesimo aumento di pressione la dilatazione dei vasi muscolo-cutanei e dei vasi renali fu tanto minore, quanto più elevata era la pressione. 2° Che un medesimo aumento di pressione, a par- tire dalla stessa pressione, dilatò più i vasi cutanei poi i cerebrali e meno di tutti i renali. 3° Che il ritorno dei vasi al volume primitivo, col- r abbassarsi della pressione, fu più pronto da parte dei vasi viscerali e meno da parte dei vasi muscolo-cutanei. 25 Aprile 1893. Cane ucciso da. 24 ore per dissanguamento. Soluzione sodica come il solito, ma alla temperatura dell'ambiente. Iniezione nella femorale. Pressione 62. [27] (ll()7) In (lue minuti primi escono dalla vena corrispondente ce. 7-8-8-8. Pressione 82 mm. lig\ In 2 minuti escono ce. 17-19-22-22. Pressione 93 nnn. lig. In 2 minuti escono ce. 32-34-36-30. Pressione 104 mm. hg. In 2 minuti escono ce. 48-50-54-54-54. Quindi : Aumento di pressione da (j2 a 82 come da 100 a 132 — aumento di efflusso da 8 a 22 come da 100 a 275 — — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 82, su})posta eguale ad uno la capacità dei vasi medesimi alla pressione di 62, —— = 2,08 — aumento, in centesimi, per millime- . ,. ^ 108 tri di pressione -^ = 5,4 — aumento, in centesimi, per 108 centesimo di pressione -;rr^ = 3,39 . Aumento di pressione da 82 a 93 come da 100 a 113 — aumento di efflusso da 22 a 36 come da 100 a 164 — — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 92, supposta 164 li; 45 . 45 — = 4,09 — aumento per centesimo di pressione — Il io = 3,46 . Aumento di pressione da 93 a 104 come da 100 a 112 — aumento di efflusso da 36 a 54 come da 100 a 150 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 100, supposta 152 ecc. -— :=1,.34 — aumento per millimetro di pressione 34 ^ 34 -j-j- = 3,09 — aumento per centesimo — = 2,84 . (1168) [28] Iniezione nella carotide. Pressione 64 mm. hg. Escono dalla giug-ulare in un minuto primo ce. 9-13- 15-15. Pressione 83 mm. hg. Escono in un minuto ce. 28-29-29-29. P?'essione 95 mm. hg. Escono in un minuto ce. 31-38-38-38. Pressione 114 mm. hg. Escono in un minuto ce. 50-51-51-51. Pressione 95 mm. hg. Escono in un minuto ce. 39-38-38-38. Si interrompe 1' esperimento per 20 minuti. Pì'essione 89 mm. hg. Escono in un minuto ce. 22-23-21. Pressione 78. Escono in un minuto ce. 16-15-15-15. Pressione 65. Escono in un minuto ce. 10-9-9-9. Quindi : Aumento di pressione da 64 a 83 come da 100 a 130 — aumento di efflusso da 15 a 29 come da 100 a 193 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 83, supposta e- 193 guale ad uno la capacità dei vasi alla pressione di 64, --75^ 48 = 1,48 — aumento, in centesimi, per millimetro —-=2,55 48 — aumento per centesimo di pressione -— = 1,60 . Aumento di pressione da 83 a 95 come da 100 a 114 — aumento di efflusso da 29 a 38 come da 100 a 131 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di i)5, supposta 131 15 ecc. 7%— — 1,15 — aumento per millimetro -— =i,'?;"> — 114 ' 12 15 aumento per centesimo di pressione -- — = 1,07 . [29] (1169) Aumento di pressione da 95 a 114 come da 100 a 120 — aumento di efflusso da 38 a 51 come da 100 a 134 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 114, supposta 134 . 12 ecc. ~i^= 1,12 — aumento per millimetro -~ = 0,63 — 12 aumento per centesimo di pressione — = 0,60 . Diminuzione di pressione da 114 a 95 come da 100 a 83 — diminuzione di efflusso da 51 a 38 come da 100 a 74 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 95, sup- 74 posta eguale ad uno la capacità dei medesimi a 114, -r— oo = 0,89 — diminuzione per millimetro -r^ = Ojó'O — di- minuzione per centesimo di pressione — = 0,64 . Diminuzione di pressione da 89 a 78 come da 100 a 87 — diminuzione di efflusso da 21 a 15 come da 100 a 71 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 78, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 71 19 89, -— = 0,81 — diminuzione per millimetro —-j- = i,/5 19 — diminuzione per centesimo -r^ = 1,45 . Diminuzione di pressione da 78 a 65 come da 100 a 83 — diminuzione di efflusso da 15 a 9 come da 100 a 60 — capacità dei vasi alla pressione di 65, supposto ecc. -^ 28 =: 0,72 — diminuzione per millimetro — = i>,i^ — di- 28 minuzione per centesimo -z-z = 1,64 . Dalle cifre in tal modo ottenute si ricava che: V Tanto nei vasi degli arti come nei vasi cere- brali la dilatazione, prodotta da un dato aumento di (1170) [30] pressione, fu tanto minore, quanto più alta la pressione iniziale. 2° Per nn medesimo aumento di pressione, i vasi muscolo-cutanei si dilatarono assai più dei vasi cerebrali. 3° I vasi cerebi'ali ritornarono prontamente al vo- lume primitivo coir abbassarsi della pressione. 4° In questo caso, rispetto ai vasi cerebrali, si ebbe un ritorno al volume primitivo, quasi perfettamente, con- forme air aumento in precedenza ottenuto. 20 Aprile 1893. Cane ucciso per dissanguamento da sette ore. Soluzione sodica ciune nell' esperienza precedente. Iniezione nella femorale. Pressione 91 mm. hg. In 2 minuti primi escono ce. 16-10-16 dalla vena corrispondente. Pressione 105 mm. hg. In 2 minuti escono ce. 2r)-28-2.S-28. Pressione 122 mm. hg. In 2 minuti escono ce. 44-48-48-48. Pressìom 141 mm. hg. In 2 minuti escono ce. 68-72-74-74. Pressione 151 mm. hg. In 2 minuti escono ce. 85-84-84-84. P7'essione 164. In 2 minuti escono ce. 90-91-92-92. Pressione 151. In 2 minuti escono ce. 82-83-83. Pressione 122. In 2 minuti escono ce. 64-68-60-60-60-60. Si sospende 1' esperimento per un quarto d' ora. Pressione 103. In 2 minuti escono ce. 50-50-50. Pressione 85. [31] (1171) In 2 minuti escono ce. 3(S-38-:>8. Pressione 74. In 2 minuti escono ce. 30-30-30. Pressione 61. In 2 minuti escono ce. 20-20-20. Quindi : Aumento di pressione da 91 a 105 come da 100 a 115 — aumento di efflusso da 16 a 28 come da 100 a 175 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 105, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 91, rr-r- ^1,52 — aumouto, in centesimi, per millimetro 115 52 di pressione -— ^ 3,71 — aumento per centesimo di 52 pressione — = 3,70 . lo Aumento di pressione da 105 a 122 come da 100 a 116 — aumento di efflusso da 28 a 48 come da 100 a 171 — capacità del territorio iniettato alla pressione di 122, 171 47 supposta ecc. r-j-p=:l,47 — aumento per millimetro -— 47 = 2, SO — aumento per centesimo -r-p = ^^^l • Aumento di pressione da 122 a 141 come da 100 a 116 — aumento di efflusso da 48 a 74 come da 100 a 154 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 141, sup- 154 posta ecc. ttt: = 1>33 — aumento, m centesimi, per mil- 33 limetro di pressione — == 1,74 — aumento per centesimo 33 di pressione --— = 2,06 . Aumento di pressione da 141 a 151 come da 100 a 107 — aumento di efflusso da 74 a 84 come da 100 a 113 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 151, sup- (11T2) [32] 11:5 Tot 11:5 l)Osta ecc. 77:^= l.Ofì — aumento, in centesimi, per mil- 6 limetro di pressione — = 0,60 — aumento per centesimo di pressione -^=- = 0,80 . / Aumento di pressione da 151 a 164 come da 100 a 108 — aumento di efflusso da 84 a 92 come da 100 a 109 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 164, supposto 109 ecc. TTo^'-^'^^'^ — aumento, m centesimi, per millime- 108 9 9 tro T7T7:=^ 0,07 — aumento per centesimo — --:=0,13. 1 oO oO Diminuzione di pressione da 164 a IHl come da 100 a 92 — diminuzione di efflusso da 92 a 83 come da 100 a 92 — capaci là dei vasi iniettati alla pressione di 151, suppo- 92 sta eguale ad uno la capacità a 164, — = 1 , Questa ve- runa diminuzione si può spiegare, siccome altrove ho indi- cato, coir uscita del liquido scacciato dall' organo per re- stringimento dei vasi. Diminuzione di pressione da 151 a 141 come da 100 a 93 — diminuzione di efflusso da 83 a 76 come da 100 a 91 — cajìacità dei vasi iniettati alla pressione di 141, sup- posta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pres- 91 sione di 151, -— = 0,98 — diminuzione, in centesimi, per 00 2 2 millimetro -j^ = 0,20 — diminuzione per centesimo -=- = 0,30 . Diminuzione di pressione da 141 a 122 come da 100 a 84 — diminuzione di efflusso da 76 a 60 come da 100 a 79 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 122, sup- 79 . . 6 posta ecc. — = 0,94 — diminuzione per millimetro —^ [83] (1178) = 0,31 — diminuzione per centesimo di pressione -— = 0,8S . Diminuzione di pressione da 103 a 85 come da 100 a 82 — diminuzione di efflusso da 50 a 38 come da 100 a 76 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 85, supposta 76 7 ecc. -77- = 0,93 — diminuzione per millimetro -—=0,40 82 18 7 — diminuzione per centesimo -— = 0,40 . 18 Diminuzione di pressione da 85 a 74 come da 100 a 87 — diminuzione di efflusso da 38 a 30 come da 100 a 79 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 74, sup- 79 posta ecc. — = 0,91 — diminuzione, in centesimi, per niil- 9 9 1 i metro — =^ 0,85 — diminuzione per centesimo-—^ 0,70. Diminuzione di pressione da 74 a 61 come da 100 a 82 — diminuzione di efflusso da 30 a 20 come da 100 a 66 ■ — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 61, supposto 66 20 ecc. -^-r = 0,80 — diminuzione per millimetro -r^ = 1,54 82 lo 20 — diminuzione per centesimo -r^ = 1,11 . 18 Iniezione nella cm^otide. Pressione 55 mm. hg. Escono dalla giugulare in 10 secondi ce. 16-17- 16-17-17. Pressione 70. Escono in 10 secondi ce. 19-23-23-24-25-25. Pressione 80. Escono in 10 secondi ce. 30-30-30. Pressione 91. Escono in 10 secondi ce. 37-37-37. T. IV, s. VII 80 (1174) [34] Si interrompo l' esperimento per un quarto (V ora, perchè escono dei coaguli. Pressione 91. Escono in 10 secondi ce. 25-26-30-30-32-32-3U-30. Pressione 106. Escono in 10 secondi ce. 37-37-37. Interruzione di 20 minuti. Pressione 108. Escono in 10 secondi ce. 32-33-32-30. Altra interruzione di 20 minuti. Pressione 106. Escono in 10 secondi ce. 15-17-17-17. Pressione 122. Escono in 10 secondi ce. 22-22-22. Pressione 133. Escono in 10 secondi ce. 21-22-22. Quindi : Aumento di pressione da 55 a 70 come da 100 a 127 — aumento di efflusso da 17 a 25 come da 100 a 147 — capacità dei vasi a 70, supposta eguale ad uno la capacità .147 dei medesimi a 55, ^^ = 1,16 — aumento, in centesimi, 16 per millimetro di pressione — = 1,00 — aumento per 16 centesimo di pressione -r;= = 0,60 . ^ 2/ Aumento di pressione da 70 a 80 come da 100 a 114 — aumento di efflusso da 25 a 30 come da 100 a 120 — 120 capacità dei vasi alla pressione di 80, supposta ecc. yy^ 5 = 1,05 — aumento per millimetro -r- = 0,50 ~ aumen- 5 to per centesimo -r— = 0,36 . Di tutto il resto dell'esperienza non se ne può tener conto. [35] (11^5) Iniezione nell' arteria renale. Pressione 85. Dalla vena corrispondente escono in due minuti primi ce. 15,5-15-15. Pressione 99. Escono in 2 minuti ce. 20-20-20. Pressioììe 116. Escono in 2 minuti ce. 28-2(S-28. Pressione 135. Escono in 2 minuti ce. 36-36-36. Pressione 149. Escono in 2 minuti ce. 41-41-41. Pressione 163, Escono in 2 minuti ce. 48-48-48. Pressione 149. Escono in 2 minuti ce. 42-42-42. Pressione 1 35. Escono in 2 minuti ce. 38-38-38. Pr^essione 118. Escono in 2 minuti ce. 32-32-32. Pressione 99. Escono in 2 minuti ce. 26-26-26. Pressione 85. Escono in 2 minuti ce. 22-22-22. Quindi : Aumento di pressione da 85 a 99 come da 100 a 116 — aumento di efflusso da 15 a 20 come da 100 a 133 — capacità dei vasi iniettati alla pressione di 99, supposta 133 eguale ad uno la capacità dei medesimi a 85, tttt = 1,15 15 — aumento, in centesimi, per millimetro di pressione -rj 15 = i,07 — aumento per centesimo di pressione -j-^= 0,94. Aumento di pressione da 99 a 116 come da 100 a 117 — aumento di efflusso da 20 a 28 come da 100 a 140 — Ili- (1176) [36] 140 capacità dei vasi alla pressione di 116, supposta ecc. jtì^ 19 = 1,10 — aumento per niiiliinetro ~p: = t J ^ — aumento 19 per centesimo -—: = 1,11 . ^ 1/ Aumento di pressione da 116 a 135 come da 100 a 116 — aumento di efflusso da 28 a 36 come da 100 a 128 — capacità dei vasi alla pressione di 135, supposta eguale ,128 ad uno la capacità dei medesimi a 116, TTTr = 146 . . 10 mento per millimetro, in centesimi, ^ = 0^52 — aumento 19 per centesimo -r-z = 0,62 . Aumento di pressione da 135 a 149 come da 100 a 110 — aumento di efflusso da 36 a 41 come da 100 a 114 — 114 capacità dei vasi alla pressione di 149, supposta ecc. y— - 4 = 1,04 — aumento per millimetro — = 0,28 — aumento 4 per centesimo — = 0,4 . Diminuzione di pressione da 149 a 135 come da 100 a 90 — diminuzione di efflusso da 42 a 38 come da 100 a 90 — capacità dei vasi alla pressione di 135, supposta eguale 90 ad uno la pressione a 149, — = 1 — Diminuzione per yu millimeiro 0 — diminuzione per centesimo 0. Diminuzione di pressione da 135 a 118 come da 100 a 88 — diminuzione di efflusso da 38 a 32 come da 100 a 84 — capacità dei vasi alla pressione di 118, supposta eguale 84 . . ad uno ecc. -— = 0,94 — diminuzione, in centesimi, per 88 6 . .6 millimetro -rz = 0,35 — diminuzione per centesimo -77 17 ' ^ 16 = 0,50 . [37] (1177) Diminuzione di [iressione da 118 a 99 come da 100 a 84 — diminuzione di efflusso da 32 a 26 come da 100 a 81 — capacità dei vasi alla pressione di 99, supposta eguale 81 ad uno ecc. -r- = 0,96 — diminuzione per millimetro 84 4 4 -—=::= 0,21 — diminuzione per centesimo — = 0,25. Diminuzione di pressioiie da 99 a 85 come da 100 a 84 — diminuzione di efflusso da 26 a 22 come da 100 a 70 — capacità dei vasi alla pressione di 85, supposto eguale ad uno ecc. — = 0,90 — diminuzione per millimetro — = 0,71 — diminuzione per centesimo -r^ = 0,62 10 16 Dalle cifre ottenute in questa esperienza risulta quin- di che : 1° A partire dalla stessa pressione, per eguale au- mento si dilatarono più di tutti i vasi degli arti, poi quelli dei reni e poi quelli del cervello. 2° La dilatazione in tutti fu tanto minore quanto più elevata la pressione interna. 3° I vasi dei reni ritornarono al volume primitivo, coir abbassarsi della pressione, più prontamente dei vasi degli arti. Non si poterono in questa esperienza ottenere, sotto questo riguardo, dei dati attendibili in relazione ai vasi del cervello. 23 Maggio 1893. Cane ucciso per dissanguamento. Si fa la iniezione della soluzione fisiologica, tempera- tura dell' ambiente, nell' arteria polmonare e si raccoglie il liquido che esce dall' aorta. L' esperimento incomincia un" oi-a dopo la morte. Pressione mm. hg. 42. In 10 secondi escono ce. 16-17-18-18-18-18. (1178) [38] Pressione min. hg. 54. In 10 secondi escono ce. 24-26-26-27-27-27. Pressione 61 rnm. hg. In 10 secondi escono ce. 30-30-31-32-;32-33-33. Pressione 73 mm. hg. In 10 secondi escono ce. 34-30-37-37-38-39-39. Pressione mm. hg. 88. In 10 secondi escono ce. 42-48-48-48-48. Pressione 101 mm. hg. In 10 secondi escono ce. 52-52-52-56-54-54-54. Pressione 88 mm. hg. In 10 secondi escono ce. 49-47-47-47-47. Pressione 73 mm. hg. In 10 secondi escono ce. 41-41-40-40-40-40. Pressione mm. hg. 61. In IO secondi escono ce. 37-36-35-35-35-35. Pressione mm. hg. 54. In 10 secondi escono ce. 32-31-30-30-30-30. Pressione 42 mm. hg. In 10 secondi escono ce. 26-26-25-24-24-24-24. Quindi : Aumento di pressione da 42 a 54 come da 100 a 128 — aumento di efflusso da 18 a 27 come da 100 a 150 — capacità dei vasi alla pressione di 54, supposta eguale ad 150 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 42, — - = 1,17 — aumento di capacità, in centesimi, jier milli- 17 metro di pressione "p^ = ^>^^ • Aumento di pressione da 54 a 61 come da 100 a 113 — aumento di efflusso da 27 a 33 come da 100 a 122 — capacità dei vasi alla pressione di 61, supposta eguale ad 122 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 54, r-p-; = 1,08 — aumento di capacità, in centesimi, per milli- 8 metro di pressione -;::^ := 1,]4 . [39] (1179) Aumento di pressione da 61 a 73 come da 100 a 119 — aumento di efflusso da 32 a 39 come da 100 a 122 — capacità dei vasi alla pressione di 73, supposta eguale ad 122 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 61, r-r^ =: 1,03 — aumento di capacità, in centesimi, per milli- metro di pressione -r^ = 0,25 . Aumento di pressione da 73 a 88 come da 100 a 120 — aumento di efflusso da 39 a 48 come da 100 a 123 — capacità dei vasi alla pressione di 88, supposta eguale ad 123 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 73, r^ = 1,02 — aumento, in centesimi, di capacità, per millimetro 2 di pressione -— = 0,13 . lo Aumento di pressione da 88 a 101 come da 100 a 114 — aumento di efflusso da 48 a 54 come da 100 a 113 — capacità dei vasi alla pressione di 101, supposta eguale ad 113 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 88, ryz = 1 — aumento per millimetro di pressione, nessuno. Diminuzione di })ressione da 101 a 88 come da 100 a 87 — diminuzione di efflusso da 54 a 47 come da 100 a 87 — capacità dei vasi alla pressione di 88^ supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 87 101,--z = l — diminuzione, in centesimi, i»er millimetro o/ di pressione, nessuna. Diminuzione di pressione da 88 a 73 come da 100 a 83 — diminuzione di efflusso da 47 a 40 come da 100 a 85 — capacità dei vasi alla pressione di 73, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 85 88,— = 1 (circa) — diminuzione di capacita, nessuna. (USO) [40] Dimiiiuzioiie di })i'essi()iie da 73 a 01 come da 100 a 8() — diminuzione di elihisso da 40 a 35 come da 100 a 87 — capacità dei va.si alla pressione di 61, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 87 73, — - = 1 . — diminuzione di capacità nessuna. OD Diminuzione di pressione da 01 a 54 come da 100 a 88 — diminuzione di efflusso da 35 a 30 come da 100 a 86 — cajìacità dei vasi alla pressione di 54, supposta eguale ad 86 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 61, -33 08 = 1 (circa) — diminuzione di capacità nessuna. Diminuzione di pressione da 54 a 42 come da 100 a 78 — diminuzione di efflusso da 30 a 24 come da 100 a 80 — capacità dei vasi alla pressione di 42, supposta eguale ad 80 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 54, — = 1 — diminuzione di capacità nessuna. Diminuzione di pressione da 101 a 42 come da 100 a 41 — diminuzione di efflusso da 54 a 24 come da 100 a 43 — capacità dei vasi alla pressione di 42, su})posta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 101,— =1 — diminuzione di capacità nessuna. E perciò, dalle cifre ottenute in (juesta esperienza, deriva : 1° Che la dilatazione dei vasi polmonari, per un dato aumento di pressione, fu tanto minore quanto più ele- vata la pressione interna. 2° Che i vasi polmonari, dopo di essere stati forte- mente distesi, non ripresero il loro volume primitivo nel tempo che durò V esperimento. 24 Maggio 1893. Cane ucciso per dissanguamento. Si fa la iniezione della soluzione fisiologica, tempera- [41] (1181) tura dell* ambiente, iiell' nrlcì-ia pol/uuvare e si raccoglie il liquido che esce dall'aorta. L'esperimento incomincia un'ora dopo la morte. Pressione mm. hg. 48, In 10 secondi escono ce. 17-17-17-17. Pressione mni. hg. 58. In 10 secondi escono ce. 19-20-21-22-23-23-23-23. Pressione mm. hg. 77. In 10 secondi escono ce. 29-30-31-32-33-34-34-34-34. Pressione mm. hg. 96. In 10 secondi escono ce. 41-41-42-44-44-44-44-44. Pressione mm. hg. 110. In 10 secondi escono ce. 49-50-51-51-51-51-51. Pressione mm. hg. 129. In 10 secondi escono ce. 58-58-58-58. Pressione mm. hg. 110. In 10 secondi escono ce. 51-51-51-51. Pressione mm. hg. 90. In 10 secondi escono ce. 47-46-45-45-45. Pressione mm. hg. 77. In 10 secondi escono ce. 41-40-39-39-38-38-38-38. Pressione mm. hg. 48. Escono in 10 secondi ce. 25-25-25-24; dopo 5 secondi 20-20. Quindi : Aumento di pressione da 48 a 58 come da 100 a 121 — aumento di elllusso da 17 a 23 come da 100 a 135 — capacità dei vasi alla pressione di 58, supposta eguale ad 135 uno la loro capacità alla pressione di 48, t^ = 1,1^ — aumento di capacità, in centesimi, per ogni millimetro di 12 pressione -rr- = 1,20 . Aumento di pressione da 58 a 77 come da 100 a 133 — aumento di efflusso da 23 a 34 come da 100 a 148 — capacità dei vasi alla pressione di 77, supposta eguale ad (1182) [42] 133 uno la ca})acitH dei medesimi alla pi-essione di 58, -r— = 1,11 — aumento, in centesimi, di capacità per millimetro 11 di pressione r^- = 0,60 . Aumento di pressione da 77 a 96 come da 100 a 125 — aumento di efflusso da 34 a 44 come da 100 a 130 — capacità dei vasi alla pressione di 96, supposta eguale ad uno 130 la capacità degli stessi alla pressione di 77, — — =1,04 — 1 ,^o aumento di capacità, in centesimi, per millimetro di pres- sione — = 0,20 . la Aumento di pressione da 96 a 110 come da 100 a 114 — aumento di efflusso da 44 a 51 come da 100 a 116 — capacità dei vasi alla pressione di 110, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 96, j—- = 1,02 aumento di capacità, in centesimi, per millimetro di pres- sione -T-- =0,15 . 14 Aumento di pressione da 110 a 129 come da 100 a 118 — aumento di efflusso da 51 a 58 come da 100 a 114 — ca- pacità dei vasi alla pressione di 129, supposta eguale ad uno 114 la capacità dei medesimi alla pressione di 110, ^Vó = ^'^7 . 1 18 11 calcolo dimostrerebbe una diminuzione, anziché un au- mento, della capacità, sotto l'aumento di pressione ; la qual cosa è assurda. Ma 1' assurdo non è che apparente, poi- ché, come si è detto altrove, l'efflusso calcolato è sempre superiore, in via media di un decimo, all'efflusso verificato. Diminuzione di pressione da 129 a 110 come da 100 a 85 — diminuzione di velocità da 58 a 51 come da 100 a 87 — capacità dei vasi alla pressione di 110, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 129, 87 — = i^O.Ì — diminuzione di capacita, ìiessima. [48] (118.3) Diminuzione di pressione da 110 a 90 come da 100 a 87 — diminuzione di elilusso da 51 a 45 come da 100 a 88 — capacità dei vasi alla pressione di 96, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 110, 88 — = 1,01 — diminuzione di capacità, nessuna. O I Diminuzione di pressione da 96 a 77 come da 100 a 80 — diminuzione di efflusso da 45 a 38 come da 100 a 84 — capacità dei vasi alla pressione di 77, supposta eguale ad uno 84 la capacità degli stessi alla pressione di 96, — - = 1,05 — 80 diminuzione di capacità, nessuna. Diminuzione di pressione da 77 a 48 come da 100 a 62 — diminuzione di efflusso da 38 a 24 come da 100 a 62 — capacità dei vasi alla pressione di 48, supposta eguale ad 62 uno la capacità degli stessi alla pressione di 77, — = i — dimijiuzione di capacità, nessima. Diminuzione di pressione da 129 a 48 come da 100 a 38 — diminuzione di efflusso da 56 a 20 come da 100 a 35 — capacità dei vasi alla pressione di 48, supposta eguale ad uno la capacità dei medesimi alla pressione di 129, 35 — = 0,92 — diminuzione per millimetro, in centesimi, 58 8 Anche questa es})erienza, al pari della precedente, dimostrò che i vasi polmonali per un dato aumento di pressione si sono dilatati tanto meno, quanto più la pres- sione era elevata, e che, dopo essere stati distesi, non ripre- sero, durante il tempo che durò 1' esperimento, il loro vo- lume primitivo. 29 MagcxIO 1893. Cane ucciso per dissanguamento. Si inietta la soluzione fisiologica di NaCl, teniperattira (1184) [44] dell' ambiente, nel ramu dt'W arteria, polmunale che va al lobo inferiore destro, e si raccoglie il liquido che esce dalla vena relativa. L' esperimento incomincia due ore dopo la morte. Pressione mm. hg. 28. Escono in 10 secondi ce. 10-12-13-13-13. Pressione nim. hg. AQ. Escono in 10 secondi ce. 28-28-28-28-28. Pressione mm. hg. 66. Escono in 10 secondi ce. Aò-Al-Al-Al. Aumento di pressione da 28 a 46 come da 100 a 174 — aumento di efflusso da 13 a 28 come da 100 a 215 — capacità dei vasi alla pressione di 46, supposta eguale ad 215 imo la capacità dei medesimi alla i)ressione di 28, t;z-: = ^ ^ 1/4 1,24 — aumento di capacità, in centesimi, per millimetro 24 di pressione -j-3 = 1,33 . lo Aumento di pressione da 46 a 66 come da 100 a 143 — aumento di efflusso da 28 a 47 come da 100 a 168 — ca- pacità dei vasi alla pressione di (M), supposta eguale ad uno 168 la capacità dei medesimi alla pressione di 46, jj-^ = 1,18 — aumento di capacità per millimetro di pressione, in 18 centesimi, — = 0,00 . Si continua 1' esperimento facendo la circolazione at- traverso il lobo polmonale inferiore sinistro. Pressione mm. hg. 16. . Escono in 10 secondi ce. 26-26-25-25-25-25. Pressione mm. hg. 26. Escono in 10 secondi ce. 45-45-46-46. Pressione mm. hg. 36. Escono in 10 secondi ce. 70-68-70-70. Prcssioìic mm. hg. 46. Escono in 10 secondi oc. 84-88-88-88. [45] (1185) Pressione min. hg. 56. Escono in 10 .secondi ce. 100-104-104. Pressione nini. lig. 6(). Escono in 10 secondi ce. 110-110-110. Pressione nim. hg. 56. Escono in 10 secondi ce. 100-100. Pressione mm. hg. 46. Escono in 10 secondi ce. 88-86-86-86. Pressione min. hg. 36. Escono in 10 secondi ce. 72-72-70-72. Pressione mm. hg. 26. Escono in 10 secondi ce. 52-51-51. Pressione mm. hg. 16. Escono in 10 secondi ce. 30-30-30-30. Quindi : Aumento di pressione da 16 a 26 come da 100 a 162 — aumento di efflusso da 25 a 46 come da 100 a 184 — capacità dei vasi alla pressione di 26, ammessa eguale ad 184 uno la capacità degli stessi alla pressione di 16, 77::^= 1,13 — aumento di capacità, in centesimi, per millimetro di 13 pressione, — — 1,30 . Aumento di pressione da 26 a 36 come da 100 a 139 — aumento di efflusso da 46 a 70 come da 100 a 152 — capa- cità dei vasi alla pressione di 36, ammessa eguale ecc. 152 —- := 1,09 — aumento di capacità per millimetro di 9 pressione, — — 0,90 . Aumento di pressione da 36 a 46 come da 100 a 127 — aumento di efflusso da 70 a 88 come da 100 a 126 — ca- pacità dei vasi alla pressione di 46, ammessa eguale ad uno 126 la capacità dei medesimi alla pressione di 36, — 1 (circa). — aumento di capacità per millimetro di pressione, nessuno. (Um) [46] Un aumento di capacitu è però da aiimietter.si che si sia verificato, quando si consideri che l'efflusso calcolato è sempre superiore a quello verificato. Aumento di pressione da 46 a 56 come da 100 a 121 — aumento di efflusso da 88 a 104 come da 100 a 120 — capa- cità dei vasi alla pressione di 56, ammessa eguale ad uno ecc. 120 — jr =1 — aumento di capacità per millimetro di pressione Qi essano. Aumento di pressione da 56 a 66 come da 100 a 118 — aumento di efflusso da 104 a 110 come da 100 a 106 — ca- pacità dei vasi alla pressione di 66, ammessa eguale ad uno 106 la capacita dei medesimi alla pressione di 56, —— = 0,00 — 1 18 aumento di capacità per millimetro di pressione nessuno. Diminuzione di pressione da 66 a 56 come da 100 a 74 — diminuzione di efflusso da 110 a 100 come da 100 a 91 — capacità dei vasi alla jìressione di 56, ammessa eguale ad .91 uno la capacità dei medesimi alla pressione di 66, — = 1,23 — diminuzione di capacità, nessuna. Diminuzione di pressione da oQ a 46 come da 100 a 83 — diminuzione di efflusso da 100 a 86 come da 100 a 87 — capacità dei vasi alla pressione di 46, ammessa eguale ecc. 86 — - = 1,03 — diminuzione di capacita, nessuna. od Diminuzione di pressione da 46 a 36 come da 100 a 80 — diminuzione di efflusso da 86 a 72 come da 100 a 83 — capacità alla pressione di 36, ammessa eguale ad uno ecc. 83 — = i,03 — diminuzione di capacità, nessuna. Diminuzione di pressione da 36 a 26 come da 100 a 72 — diminuzione dell'efflusso da 72 a 51 come da 100 a 71 — capacità dei vasi alla pressione di 26, ammessa eguale ecc. — = 1 (circa) — diminuzione di capacità, nessuna. [47] (1187) Diminuzione di pressione da 20 a 10 come da 100 a 01 — diminuzione di efflusso da 51 a 30 come da 100 a 60 — capacità dei vasi alla pressione di 16, ammessa eguale ad 1 la capacità dei vasi alla pressione di 20 77^ = ^ — dimi- nuzione di capacità, nessuna. Diminuzione di pressione da 66 a 16 come da 100 a 24 diminuzione di efflusso da 110 a 30 come da 100 a 27 — ca- pacità dei vasi alla pressione di 10, supposta eguale ad uno 27 la capacità dei medesimi alla pressione di 66, -5-:= 1.12 — diminuzione di capacità, nessuna. Neppure quindi alla fine dell'esperimento i vasi aveano cominciato a restringersi. I risultati di queste esperienze sono quindi concordi nel dimostrare : I." Che un dato aumento di pressione provoca, in tutti i territori vascolari, un aumento di capacità tanto mi- nore quanto più elevata è la pressione. Questo fatto in perfetto accordo con quanto il Wer- theim, il Marey, il Roy ecc. avevano dimostrato rispetto alla elasticità dei vasi sanguigni, fu verificato specialmente in rapporto ai vasi degli arti, dei reni e dei polmoni. Ri- spetto ai vasi cerebrali si ottennero dei risultati meno espli- citi ; ed ora non saprei dire, se questa cosa sia da attri- buirsi a condizioni inerenti alle pareti dei vasi 0 all' am- biente dei medesimi. 11.° Che un dato aumento di pressione dilata i vasi muscolo-cutanei in proporzione assai maggiore dei vasi viscerali. In conseguenza di ciò, l' aumento della pressione del sangue per cause centrali modificherà la distribuzione del sangue in favore dei muscoli e della cute, e sarà più facile il passaggio del sangue dai visceri negli arti, piuttosto che da questi in quelli. (11S,S) [48 1 Tra i vasi viscerali, mi parve che subissero minore dilata/ione quelli del cervello. E perciò il cervello sarebbe r organo, rispetto al quale la distribuzione del sangue sa- rebbe meno modificata dagli innalzamenti della pressione centrale. III.° Che in seguito all'abbassamento della pressione, riprendono il volume primitivo più prontamente i vasi vi- scerali e meno prontamente i vasi degli arti. I vasi poi del cervello, che si dilatano meno per V aumento della pres- sione, sono anche quelli che piiÀ prontamente ritornano sopra sé medesimi, quando la pressione si abbassa. In conseguenza di questo fatto, quando la pressione ge- nerale si abbassa, la distribuzione del sangue, almeno nei primi momenti, si modificherà in danno specialmente dei visceri e del cervello. Il ritorno dei vasi al volume primitivo non fu cosi regolare come la dilatazione dei medesimi ; e ciò credo che debba essere attribuito a modificazioni relative allo stato di contrazione delle rispettive fibre muscolari. IV. ° Che i vasi polmonali si dilatano presso a poco come i vasi degli altri visceri ; ma dopo essere stati dilatati, impiegano un tempo assai lungo per riprendere il volume primitivo, rimangono cioè sfiancati ; lo che devesi, a mio av- viso, attribuire a paralisi della tonaca muscolare. Questo fatto potrebbe forse spiegare le ectasie, tanto frequenti, dei vasi polmonali, e la fr-equenza quindi dei ca- tarri polmonali, specialmente nei vecchi. La dilatazione dei vasi delle membra, per una data pressione, fu, costantemente, così maggiore di quella dei vasi viscerali, che, in base a queste esperienze, io non esito ad ammettere, che i vasi muscolo-oidanei costituiscono una specie di magazziiw di deposito per il sangue che viene espulso dagli or-gani viscerali. [49] (1189) BIBLIOGRAFIA (1) Heidenhain. — Beitriige zur Kenntnis.s der Gefassinnervation. Aroh. f. li. ges. Physiol XVI (1877). Zuntz. — Beitràge zur Kenntniss der Wirkung der Athmung anf den Kreislauf. Arch. f. d. ges. Physiol. 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(6) Pauloio. — Experimenteller Beitrag zur Nachweiss des Acco- modationsmechanismus der Blutgefàsse. Arch. f. d. ges. Physiol. XVI (1877). (7) Schidler. — Experimentalstudien iiber die Veriinderung der Gehirngefàsse unter den Einfluss aiisserer Wasserapplication. Deutsch. Arch. f. klin. Med. 1874. XIV, p. 566. U. Mosso. — Azione del freddo e del caldo sui vasi dall' avam- braccio. Accad. di scienze di Torino. 1889. Dòhring. — Ueber den localen Eintluss der Wiirme und der Kàlte auf Haut und Schleimhaut. Dissert. Kònigsberg. 1889. (8) A. Mosso. — Sulla circolazione del sangue nel cervello. Accad. dei Lincei. 1880, p. 31. T. IV, S. VII 81 (lino) [50] (9) WerfJicihier. — 1. e. Wertheiìney et Colns. — Contribntion a V etnde de 1" action de la nicotine sur la circulatiou. Ai'ch. d. physiol. nomi, et pathol. 1891. N."^ 2 Wertlieimer et Colas. — De l'action de T ergotine. Arch. d. phy- siol. etc. 1891, N. 1. (10) E. Gavazzarli. -- Sulla genesi del circolo collaterale, e suoi rapporti coli' influenza nervosa particolarmente nel circolo del Willis. Rivista Veneta di scienze mediche 1891 e Arch. ital. de Biolog. XVI. E. Cavazzani. — SuU' influenza vasomotrice del simpatico cervi- cale, contributo allo studio della ci"Colazione cerebrale. Rivista sperim. d. Freniatria. XVIII (1892) e Arch. ital. d. Biol XIX (1893). A. Cavazzani. — Dell'azione dell'asfissia sui vasi cerebrali. Ar- chivio di scienze mediche. XVI (1892). (11) Wertheini. — Memoire sur l'elasticité et sur la cohesion des principeaux tissùs du corps humaine. Ann. d. chim. et d. phys. XXI, p. 385 (3^ ser.) 1847. (12) Mavey. Recherches sur la tension arterielle. Tiaveaux du La- boratoir. 1878 e 1879. Paris. Masson, 1880. (13) Roy. — The elastic properties of the arterial wal. .Journ. of. Physiol. III (1881). Jahresb. iib die Fortschi-. d. Anat. u. Physiol. Iet- terai 1881. 2 Abth, pag. 63. Roy. — Note on the elasticity-curve of animai tissues. Journ. of Physiol. IX. 1888. (14) Tra i lavori pubblicati intorno alla elasticità dti vasi, meri- tano di essere ricordati, oltre i precedenti : Thoma tind Kaefer. — Ueber die Elasticitiit gesunder und kran- ker Arterien. Archivio di Virchow. B. 116. Luck. — Ueber Elasticitatsverhaltnisse gesunder und kranker Ar- terienwànde. Disse rt. Dorpat. 1889. Kaefer. — Zur Methodik der Elastieitatsmessungen an der Gefas- swand. Dissert. Dorpat. 1891. Moens. — Die Pulscurve. Leiden. 1878. SUL TEOREMA DI CLAIRAUT P^ELATIYO ALLE GEODETICHE DI UNA SUPERFICIE Di RIVOLUZIONE InTOTA. DEL DOTT. RAFFAELLO D' EMILIO É generalmente noto che, chiamando r il raggio del parallelo, passante per un punto P di una superficie di rivoluzione ed a l'azimut, si ha r sen a = costante in tutti i punti P di una determinata geodetica di tal su- perficie. Questo teorema, dovuto a Clairaut, viene ordinaria- mente dimostrato, mettendo in vista le quantità r ed a nel- l'equazione differenziale del 1° ordine delle geodetiche, ap- partenenti ad una data superficie di rivoluzione. Un'altra dimostrazione, fondata sul fatto che un punto materiale P , vincolato ad una superficie, se non è solle- citato da alcuna forza, percorre una linea geodetica, si ottiene speditamente, applicando il principio delle aree {}). In questa nota vengono esposte altre dimostrazioni, fra cui una puramente elementare, dell' accennato teorema, seguite da considerazioni su alcune conseguenze del teorema stesso. (1) Resal — Trattato di cinematica pura. (1192) [2] 1, Se noi consideriamo una superfìcie conica di rivolu- zione come una superficie piramidale regolare, formata da un numero infinito di facce di ampiezza angolare infinite- sima, deduciamo che : a) Una linea, tracciata sulla superficie conica, quando si sviluppa tal superficie sopra un piano, conserva la stessa lunghezza. b) Gli angoli (azimut) che gli elementi infinitesimi della linea fanno con le generatrici (linea meridiane) della superficie conica sono eguali agli angoli, che le rette cor- rispondenti nello sviluppo piano alle generatrici, fanno con le tangenti alla sviluppata. Per la proposizione a) la geodetica (*) determinata sulla superficie da due punti A , B corrisponderà nello sviluppo alla retta A'B' (fig. 1). Dalla considerazione del triangolo piano Y'A.'IV, corrispondenti al triangolo conico VAB, de- l'iva la relazione V'A' V^B^ sen B' sen A che, in virtù della proposizione h), diventa VA VB sen B sen A e poiché VA e VB sono proporzionali ai raggi Ta , >'b <-lei paralleli, passanti pei punti A e B, si ha Ta sen A = r^ sen B (1) in cui A e lì indicano gli azimut della geodetica nei punti estremi A e B , (1) In questa nota ammettiamo come definizione della linea geo- detica di una data superficie la proprietà di essere in generale quella più breve fra tutte le linee contermini della stessa superficie. [3] (1103) La formula (1) corrisponde al teorema di Clairaut, che cercheremo di estendere ail una superfìcie di rivoluzione qualsiasi. Immaginiamo due zone di due superfìcie coniche di rivoluzione, aventi un parallelo comune, e segniamo, ri- si)ettivamente su tali zone, i punti A e B (fig. 2). Consi- deriamo un terzo })unto C sul parallelo comune ; esso de- termina le due geodetiche AC e CB ; ora ci proponiamo di determinare C in modo che sia soddisfatta la condizione AC -j-CB = minimo È facile dedurre che « sarà soddisfatta tale condi- zione, quando gli angoli TCA e T'GB delle due geodetiche AC , CB con le due opposte direzioni CT' , CT della tan- gente in C al parallelo, innanzi indicato, siano eguali. » Ciò resulta dallo sviluppo delle due superfìcie coniche sopra un piano, quando facciamo coincidere con 1' asse di simmetria dello sviluppo le due generatrici CG , CG', corrispondenti alle due superfìcie e passanti pel punto C {iìg. 3). Infatti, quando sia soddisfatta la condizione, rela- tiva all'uguaglianza degli angoli TCA , T'CB , A'C e CB' re- sultano sopra una medesima retta. Essendo C/ e C" due punti infinitamente vicini a C , appartenenti al parallelo comune alle due superfìcie coniche [e che nello sviluppo li consi- deriamo come appartenenti alla tangente TT', comune alle circonferenze sviluppanti il detto parallelo (considerato co- me linea delle due superfìcie)] si ha Al" + C/ìV >. A'C + CìV <;. A'C" -f- C"\V (i) che ci permette di scorgere come in generale la condizione TCA' = T'CB' (1) Questa considerazione corrisponde a quella che in analoga de- terminazione si fa nel calcolo delle variazioni. (1194) [4] sia necessaria e sufficiente, perchè si abbia AC -|- CB = minimo Si ha quindi in virtù del teorema innanzi ricordato Ta sen A ^ re sen TCA = Vc sen T'CB = Tb sen B quando con 7\ , Tr , r^ indicano i raggi dei paralleli e con A , B gli azimut della geodetica ACB nei punti A e B. Il teorema di Clairaut resta cosi dimostrato per un sistema di più zone coniche, disposte successivamente nel modo accennato, per le due zone coniche, innanzi conside- rate. Una superficie di rivoluzione può, seguendo il metodo degli infinitesimi, considerarsi come un sistema di zone di superficie coniche di rivoluzione, determinate dai succes- sivi paralleli (infinitamente vicini) della superficie stessa. 0 pure, seguendo il metodo dei limiti, può considerarsi come il limite verso cui converga la superficie, formata da un sistema di zone coniche, inscritte nella primitiva su- perficie, quando il numero di esse cresca indefinitamente. Tanto in un modo, quanto nell'altro facilmente si scorge la ragione del teorema di Clairaut, che si enuncia cosi: < Per tutti i punti di una geodetica di una superficie di rivoluzione il prodotto del raggio del parallelo pel seno deWazwiut geodetico è costante. » (*) La condizione stabilita innanzi sull' andamento della geodetica nelle vicinanze del parallelo di passaggio da una superficie conica all'altra è utile, in generale, nel caso in cui la geodetica interseca un parallelo, corrispondente ad un punto angoloso della sezione meridiana. Così vien tolta r ambiguità che nasce dalla esistenza di due tangenti in quel punto della stessa sezione meridiana. E anclie utile ricordare, sempre rimanendo nel campo (1) Pucci — Pondamenli di Geodesia. [5] (1195) elementare, assegnato alla jìresente dimostrazione, che «sulla .sfera il teorema di Clairaut è una nuova espressione del teorema di Trigonometria sferica relativo alla proporzio- nalità fra i seni dei lati e quelli degli angoli opposti. » Infatti, essendo ABC un triangolo sferico (fig. 4) si ha, adoperando le solite notazioni : sen 1) sen A = sen a sen B e poiché sen b e sen a sono proporzionali ai raggi dei paralleli passanti per A e B , si ha la relazione >'a sen A = Tb sen B cori'ispondente al teorema di Clairaut. 2. Se assumiamo come coordinate curvilinee di un punto qualsiasi P della superficie di rivoluzione l'arco l di me- ridiano, compreso fra il punto P ed un determinato pa- rallelo e la longitudine co , l'espressione o l'espressione ^i^=Ai^+.w-& rappresentano 1' elemento lineare della superficie stessa quando con r o ^ {l) rappresentiamo il raggio del parallelo passante per uno degli estremi dello stesso elemento ds. La condizione, a cui deve soddisfare w , perchè una linea della superficie avente per estremi Po e Pj, sia una geo- detica si determina facilmente, ponendo la variazione di (\ eguale a zero. Si ha cosi: (1196) '' Vi +^ (ir- Ci;) [6] r/i = =r fcr-Ti-i"^ ri+.(o<^)' e (quindi ed infine si ha J 1^ l' '+'^»K;^)^ l^i+.w^ey = 0 Vcm + cp (/)2 r/a)2 /• sen a = costante Cosi viene dimostrato per alti'a via e con metodo di- retto il teorema di Clairaut. Esso si può estendere in molti casi a tutte le super- fìcie, per le quali l'elemento lineare sia della forma '«l/i+'-pw^'^y ( specialmente quando alla funzione cp (/) possa assegnarsi un facile significato geometrico. (1) Questo risultato si connette a quello a cui pervenne il Massieu, dimostrando che le superficie di rivoluzione e quelle che resultano dalla loro deformazione sono le sole per le quali le equazioni differenziali delle geodetiche ammettono un integrale primo lineare ed omogeneo in du dr ri, 1 , -—- e — . Darboux. Lezioni sulla teoria generale della superficie etc. etc. ds ds Terza parte — Parigi 1891. [7] (1197) A tale supei-ticie ai)i)arien!4(jnu in virtù rlel teorema di l).)ur le .supei'tìcie elicoidali. (*) In particolare l' enunciazione di un tal teorema riesce a.ssai facile per l'elicoide a piano direttore ; perciò basta so- stituire ai paralleli le eliche (parallele) formate dai punti equidistanti dall' asse, al raggio del parallelo la distanza dei punti dall'asse stesso, ed all'azimut l'angolo che la geode- tica fa con le generatrici dell'elicoide. Viceversa, ammesso il teorema di Clairaut, si ottiene l'equazione dia e {A) di cp (0 K cp {lY — c2 da cui si ricava l'equazione ri celi (^A') w — 0)0= / L ^ (0 i^Cp (/)2 - c-2 della geodetica determinata dai punti (w,, lo) {to l). Analogamente, se si assumono come coordinate dei punti P la longitudine w e la latitudine X (coordinate geografiche) dal teorema di Clairaut si deduce l'equazione differenziale (Ili) cp di ^,, |/j,2 (..2 per cui p ed r sono funzioni di X , dipendenti dalla forma della sezione meridiana. Integrando tale equazione si per- viene al noto resultato, che rappresentiamo con l'equazione generale (B) (o-o3„ = F(X)-F(XJ (1) Bour — Giornale della Scuola politecnica — XXXIX fascioolo pag. 1-19 — Parigi 1862. (1198) [8] estensibile a tutte le superfìcie applicabili ad una superfìcie di rivoluzione, (i) 3. Dall'equazione (A) deducesi l'equazione d(i> 01 e dt dt^ (/) y^ ^iy2 _ c2 che lega la velocità angolare di rotazione del meridiano della superfìcie di rivoluzione intorno all'asse e la velocità di un punto mobile sul meridiano, in modo che il punto , . dto stesso percorra una geodetica. Supponendo - - = costante = V si ha che è l'equazione differenziale del movimento del })unto sul meridiano, quando il moto di rotazione dello stesso meri- diano rispetto all'asse sia uniforme. 4. Con le equazioni (' X = fi (X) cos (w — Wo) (a) . V = f\ (X) sen (o) — Wq) lz=r, (X) rappresentasi una superfìcie di rivoluzione riferita ad un sistema di assi ortogonali, quando 1' asse della superfìcie coincida col coordinato delle z {'^). (1) A queste ultime superficie appartengono, come caso particolare, quelle generate dalla traslazione (rettilinea o curvilinea) di una linea rigida, che si mantenga normale alle traiettorie dei suoi punti. D'altra parte tali superficie possono, nel caso di traslazione rettilinea, conside- rarsi come un caso particolare delle superficie di rivoluzione, suppo- nendo che Tasse sia all' infinito. Le equazioni (^1) e (B) sono un caso particolare nelle forinole generali a cui si perviene nel caso delle coor- dinate isoterme. (2) E facile mostrare che /'[^(X)" -|- A' (^)" ^== P" • infatti essendo per [9] (1190) Essendo co — w^ = F (X) })ei* tutti i punti di una j-'eo- detica, {x = f\ (X) cos F (X) (aO \y =f\ (^) ^en F (X) sono le equazioni che ne danno le coordinate cai'tesiane dei punti di quella geodetica in funzione della latitudine X. Dui teorema di Clairaut deriva l'equazione differenziale ds che integrata, ricordando che p è una funzione di X, [ve- dasi nota (1)] ne dà ed invertendo l'integrale della (P) si ha X = O (.s) : così le equazioni della geodetica diventano 0^=/-, (0(.s))cosF(0(.)) ^ = A ( O (s) ) cos F ( O (.s) ) z = f\{^ {s) ) In generale 1' eliminazione di X fra le equazioni af e p non è sempre possibile, perciò converrà per esprimere le coordinate x, y , z dei punti della geodetica in funzione dell'arco s della geodetica stessa ricorrere alle note serie di Weingarten (*). 1 coefficienti di tali serie i)ossono de- dursi dalle (a') e dalla p ricordando che in generale (o=:coq , dx^ -\- dz'- =r ds^ ■==. p'^dX' si deduce dalle equazioni (a) subito tal relazione. (1) Weingarten è stato il primo ad esprimere mediante serie della forma a; rr a;,, 4- a,.s 4- n^s^ 4- a^s^ 4- y = y,-\- b,s 4- b.s'^ 4- b>s^ 4- (1200) [10] dY dV dX di 11/ ^ -— = ^T- X:r e che -r- = — 1/ 1 ^ — ,. -, ,^ , . — Il calcolo ds di ^^ds ds p w /i"2 (X) riesce alquanto laborioso, ma lo stesso inconveniente si verifica ([uando i coefficienti della serie si deducono dal- l' e(iuazione della superficie in coordinate cartesiane. Essendo (wi , Xj), (w^, l-ì) , {oy^ , X3) le coordinate geogra- fiche dei vertici A , B , (- di un triangolo geodetico ed in- dicando con Ci, c~2, C-i le costanti, relative al teorema di Clai- raut, che corrispondono ai tre lati BC , CA , AB del trian- golo, si hanno le equazioni . C3 C^2 A = ang sen /i ih) ^ n ih) IJ Ci C3 ^ (^-2 Ci (j = ang sen - — jt-t — ang sen Dall'equazione ^ deduconsi le lunghezze dei lati xi — BC s-i = CA S',i ^ AB : si hanno cosi 1' equazioni ^'1 =^(^3, Ci) — t\){l.2, Ci) S.2 = '\) (Xi , C.2) — ^ (>^3 , Ci) S3 = 4; {hi , C3) — ^ (Xi , Ci) Ricordando il teorema di Gauss (Memoria siUle superfì- cie cm^ve) (*) si conclude che le coordinate cartesiane dei punti di una geodetica in funzione dell'arco .v — Pucci op. citata cap. II. (1) (jauss nella citata memoria dimostra che in un triangolo geode- tico sopra una superficie qualunque essendo A, B, C gli angoli A-l-R + C —n^O secondo che la superficie sia concavo -concavo (o convessa -convessa) 0 concavo-convessa. [11] (1201) ang- .sen -|- ang- sen , -|- ang- sen fi ih) ' " - /i (X,) ' ^ ^ A (X.)J secondo che il meridiano sia concavo o convesso verso l'asse di rotazione della superficie, ovvero secondo che per w ^ wq 5. Il momento statico di una forza T , la cui linea di azione faccia con un asse l'angolo ^ , se con l indica la minima distanza delle due rette, è espresso da TI sen p. Considerando una linea fiiniculare, giacente sopra una superficie di rivoluzione e soggetta all' azione di forze in equilibrio, dirette secondo le tangenti alla linea stessa e secondo le normali alla superficie, applicando il teorema dei momenti rispetto all' asse della superficie di rivolu- zione alle forze (in equilibrio) che agiscono sopra un ele- mento infinitesimo della linea funicolare si ha il diffe- renziale d {TI sen^) = 0 e quindi TI sen ^ = costante, quando con T indichiamo la tensione di quell'elemento. Scomponendo la tensione T in due componenti : una secondo la tangente al parallelo, l'altra secondo la tangente al meridiano, osservando che il momento di quest'ultima è nullo, si ha T^ sen p = Tr sen a = costante quando con r indichiamo il raggio del parallelo e con a l'azimut della linea d'azione di T — Nel caso di una filaria, la linea, secondo cui si dispone, è una geodetica della su- perficie di rivoluzione, ed essendo T costante, si ha r sen a = e che corrisponde al teorema di Clairaut. (1202) [12] Lo rette dello ,spHZÌ(j, il cui in ; mento (Cayley) -sia costante rispetto all'asse della superficie di rivoluzione, for- mano un complesso : tale complesso intersega il complesso delle rette tangenti alla superficie secondo una congruenza, costituita da una semplice infinità di superficie rigate svi- luppabili, aventi per spigolo di regresso le geodetiche, de- finite dal parametro e e che intersegano quindi ciascun parallelo secondo angoli eguali. Firenze^ A'prile i893. Prezzo della Dispensa Fogli 7 a Cent. 25 L. 1.75 1 Tavola litografata » 0.25 Totale L. 2.00 I N T 0 R K 0 ALL'UTILITÀ ED ALLA POSSIBILITÀ DEL TRADURRE Considerazioni e digressioni A PROPOSITO DI INA PUBBLICAZIONE DI E. TEZA DEL M. E. P. FAMBRI Questo librettino di E. Teza (*) cui deve applicarsi il rincarato diminutivo per la piccolezza del formato e del nu- mero delle pagine fa però molto sentire e anche pensare a parecchie cose. Principio dalla prima, che ha importanza generale. C'è di molta gente la quale non si perita a dire : non traducete mai perchè tradurre è tradire, qualunque sia la forza dello scrittore, qualunque il possesso suo delle due lingue. — Se chiedete il perchè si risponderà: — perchè si potrà fare magari un'altra bella cosa ma non render quella. Anzi tutto l'aversi un' altra bella cosa è proprio cosi piccolo vantaggio da doversi disdegnare ? — Di un gran pittore, a cagion d'esempio, che faccia un ritratto, il quale poniamo, non somigli punto ma riesca, come opera d' arte, un capo lavoro, oserete forse dire che ha perduto del tempo e sciupato della tela? — Sappiamo noi se i maravigliosi ritratti di Tiziano, di Raffaello e di Frantz-Hanz fossero tutti somiglianti ? chi ce ne assicura e, tranne qualche caso, chi neppur glie ne importa ? (1) E. Teza — un libro di poesie Boeme tradotte in Tedesco — Verona, Donato Tedeschi e figlio, 1893. ^- ìi -^ io mi ricordo di avere veduti in Iscozia tre famosi ri- tratti di Maria Stuarda i quali si direbbero di tre diverse persone. Almeno due di quelli sarebbero pertanto non tradu- zioni ma tradimenti in tela e roba da buttar via ; se non che il buon gustaio si oppone perchè sono a ogni modo tre importanti lavori uno dei quali, e neppure ini parve il mi- gliore, pagato, dicesi, a Parigi la bagatella di duecento mila lire da un mercante il quale non aveva 11 pronta una famiglia Stuarda cui rivenderlo. Ma a parte anche la questione utilitaria, è poi vero che sia impossibile tradurre ? — Impossibilissimo, si osa rispondere perchè tanto gli spiriti che le lingue mancano, e debbono necessariamente mancare di parallelismo, e quindi i singoli termini, nelle cui squisite relazioni sta il magistero dell' arte, non può venirci esattamente resa. Io non dubito qui di osare un riscontro saltando dalle regioni vaghe ed eteree del bello a quelle rigorose del vero. Nella scienza dei computi e dei rapporti non si considerano mica le sole eguaglianze ma anche le equivalenze che in fondo sono eguaglianze anch'esse, non per combaciamento di patti e particolari omologhi ma per valori complessivi. Dire a -\- b -{- e eguale 3i p -\~ q -\- r non vuol cer- tamente dire a = p, b = q, e = r ma bensì che pren- dere l'uno 0 l'altro dei due gruppi non fa differenza. E una similitudine ed una considerazione che mi venne fatta una trentina d'anni fa ragionando d'arte con un fe- condo poeta Greco, apprezzatissimo dal Tommaseo, a pro- posito della versione Leopardiana di non ricordo quale frammento di idillio antico. Il maggiore Manussos (tale era il nome di questo straniero per amore dell' Italia di- venutomi commilitone) mi recitava 1' originale greco fa- cendo notare la perfetta rispondenza della realtà del si- gnificato e della virtualità della impressione del tutto mal- grado la divergentissima forma delle parti. E tale divergenza egli mi fece osservare necessaria non che opportuna traducendomi poi letteralmente il testo ^ — ili — greco il quale veniva a perderne quasi ogni attrattiva ed efficacia sua. Cosi è — in letteratura 1' eguaglianza delle parti non da quella del tutto, che invece quella dello spi- rito informatore può dare. La letteratura esclude le eguaglianze ammette le equi- valenze. E non le ammette, non le crea essa la natura ? — Lo studio parallelo di proverbi, canti e leggende delle varie regioni prova che la natura traduce. Infatti di tutta codesta roba molto più della metà, e direi dei tre (|uarti, è comune a tutti i po])oli in tutti i tempi. Evidentemente l'idea viaggiava anche prima che ci fos- sero le strade e navigazioni di lungo corso — e se non è vero che viaggiasse l'idea tradotta dalla natura la cosa significa ancora di più e assai maggiormente ci aiuta la tesi, poiché significa che varii ingegni hanno dedotto o indotto da circostanze analoghe motti, sentenze e talvolta componi- nìenti interi di identico significato e valore in poco meno che identica forma. I volumi dei folcrolisti son lì per affermare con ri- scontri senza numero questa irrecusabile prova del potersi con pari originalità e, se vuoisi, verginità di forma in qual- siasi favella formulare non solo gli stessi pronunziati della ragione ma gli stessi parti della fantasia e dare sfogo ai sen- timenti e ai bisogni morali con tale equivalente efficacia da lasciare perplesso l'animo di chi, intendendo ed adoperando egualmente i diversi stromenti linguistici, fosse chiamato a dare intorno ai diversi prodotti un giudizio comparativo. Ora se il fatto dell'equivalenza è possibile fino ad es- sere comune in natura deve essere altrimenti in arte e la questione starà proprio tutta, o quasi, nel valore dell'ar- tista in quanto a potenza nel maneggiare lo stromento ed abilità nel o-ipare e barattare ali ostacoli. — tv — E sono essi possibili, domanda qualcheduno, codesti potenti ed abili in più favelle ? — Di Dante, dice il Teza, quanto men puro il latino tanto sgorga più limpido nella veemenza sua l'Italiano ; il Poliziano e il Bembo, più gram- matici e filoioghi, non sono i poeti majorum gentium. 11 Teza non li ama gli ambi destri perchè, a sentir lui, una fon- tana non può far due fiumi, e se li fa, non sono gran fatto correnti. Cosi dice la canzone che cita e potrebbe anche non aver sempre ragione. Infatti, a cagion d'esempio, sono abbastanza correnti, sembra, la pittui'a, la scultura e l'architettura di Michelangelo; così la meccanica, l'idraulica, l'architettura e la pittura di Leonardo — abbastanza correnti, anche venendo più verso noi, sono la filosofia, la giurisprudenza, la matema- tica e la letteratura del Leibnitz, e la scienza naturale e la vis poetica del Goethe, come, tornando a scostarsi da noi, la potenza filosofica a quella tragica di Seneca (i), le quali non cederebbero che a quelle di Bacone se fosse proprio assodato che egli fosse il vero Shakespeare od anche semplicemente un suo ispiratore o collaboratore. Se non che in seguito della sua notabilissima prefa- zione ci viene un po' anch' egli il Teza in quest'idea poiché rammenta che l'Albert, il traduttore tedesco dei canti Boemi è già un famoso chirurgo, mano e mente onore della scuola viennese, che delle glorie ne ha tante. Riporto le sue parole perchè degne e giuste. « Non faceva meraviglia una volta che il Redi scri- (1) È ritenuto che il Seneca filosofo è uno, e quello tragico un altro. Ritenuto dico, non, eh' io sappia, dimostrato. Io, finché non sia rigorosamente dimostrata la dualità sono per l'unità delle persone. C è tanto di comune nell' indole e nel gusto ! — Così c'è tanto Bacone nello Shakespeare e tanto Shakespeare nel Bacone ! Se sono due sono, a senso mio, due unità sdoppiate. E dissi a senso mio, non a parer mio, poiché non é un'opinione, sarebbe troi)po, ma un' impressione che esprimo. » Avesse ricette e sonetti, come nessuno stupiva che il Prie- » stk\v fosse teologo, matematico, medico e chimico. Codesto » usa adesso meno assai : la società ha le imprese di scienza, » e da' suoi braccianti vuole la giornata intera : chi cerca » un po' di spasso al suo ftiticoso cervello diventa, innanzi » a questi arcigni inquisitori, un operaio briaco. Lo pagano » tanto ! » Il deviare è necessità molto spesso. Avvocati, come il » Morreau, filologi, come il Mitscherlich, diventano chimici ; » ma poi restano al fornello, corroborati, e bene, dagli studi » di pi'ima ; che, se è vero, come dice a me una voce amica, » che l'Albert a queste nobili feste che porta nella vita dei » dotti la poesia, arrivi solo nell'età matura, l'esempio è più » raro, e da tenerne conto. » Come l'arco non sale e scende per le corde, a pre- » mere o a lambire, con forza e con grazia, se non lo pose » nella giovane mano un severo maestro, cosi nelle sotti- » gliezze dei ritmi, delle immagini, delle parole, dei suoni, » r artista nuovo va meno franco e spedito. Dico artista e )) non poeta ; non l'uomo che fa, ma l'altro che contempla » e sente, ammira e rifa ». Tutto sta che rifaccia non contraffaccia — anche con- traffacendo e strafacendo però a volte (quando s'ha il poeta anche mancando Vartista) n'escono capi d'opera. Benvenuti sempre ! Bernardo Davanzati, a cagion d'esempio, non è davvero Cajo Cornelio Tacito; niente meno che invece di un romano togato e arcigno è un fiorentinaccio di via delVAriento sboccato, sguaiato e colle maniche rimboccate. Malgrado ciò l'impressione morale e politica di chi Io viene leggendo è Tacitiana. Nella dignità certo no, ma testo e traduzione si valgono per la vis e gli effetti. — VI — II. )) r>eati qutì signoi-i dell'arte che, degli .sti'uraeiiti raae- » stri, ne hanno nno solo: quei poeti che cantano con le voci » della mamma, che non si vantano che di una sola lingua. » Gli altri stromenti servono a' giochi o all'addestrare l'o- » peratore e non altro. Quanto è meno puro il latino di » Dante, (si permetta la ripetuta citazione) più sgorga lim- » pido nella veemenza il suo italiano ; gli amhidestri, come » il Poliziano od il Bembo, non sono i poeti majorum gen- » Hum ; i quali hanno un cuor solo, un solo intelletto, una » sola parola » . E verissimo che il Poliziano ed il Bembo, ambidestri, non sono i poeti majorem gentium, ma non credo che manchi loro questa grande fortuna proprio per il fatto dell' essere stati ambidestri. Per non dire del Bembo cui molto accordarono, ma molto negarono pure le Muse, al Poliziano, certo mancò una cosa, ma piuttosto importante, il genio. Nel garbo, nella snellezza, nella proprietà, nel gusto in tutto il magistero della lingua e del verso egli poteva dirsi superiore al Tasso, non minore dell'Ariosto. Non fu il poeta majorem gentium per ragioni di ric- chezza ma di povertà. Linguista e limatore più perfetto certamente non poteva riuscire neanche se fosse stato mae- stro di un solo strumento, ma precisamente per la ragione opposta quella cioè dell'avere avuto più fine il gusto che largo l'intelletto, più ricca la forma che la fantasia e più perfetta la tecnica che potente la concezione. Del resto non- ché ambidestri furono, ripeto, polidestri Michelangelo, Raf- faele, Leonardo. Isacco Newton, forse la maggior testa che sia mai stata portata sopra due spalle, rispose a chi — VII — lo rimproverava del voler essere oltre che matematico, an- che fisico, filosofo, teologo e critico : homo unius negotii, homo nullius negotii. E queste cose sono tiitt' altro che dette a confutazione del Teza il quale nelle pagine che seguitano della sua acu- tissima prefazione alle versioni tedesche di Eduardo Albert approva che questo valent'uomo, potente seguace d'Ippocrate, vada a spasso anche a braccetto d'Apollo. Io dunque nella tesi generale sono d'accordo col Teza soltanto vo più innanzi e credo all' uomo ambidestro non per sola necessità di distrazione e non per solo spasso : credo che certe fontane possano, contro il proverbio, fare due fiumi molto ricchi e molto correnti, e credo che pre- cisamente in questo periodo della divisione e suddivisione del lavoro scientifico il solo argine possibile dalle ari- dezze che potrebbero anche divenire atrofie dell'analisi bi- sogna che gl'ingegni più larghi ed alti si difendano per l'appunto variando e moltiplicando il lavoro. A mezzo la prefazione il Teza riparla della possibilità o no di ben tradurre. E anche qui ci troviamo in fondo d'accordo. Egli riconosce che l'Albert valorosamente e vantaggio- samente combattè corpo a corpo le difiRcoltà della tra- duzione. Non io entrerò a discutere dei pregi paralleli del te- sto boemo e della versione tedesca, — volto pagina e leggo la sua versione italiana nella quale veggo una riprova della possibilità di belle ed efficaci traduzioni. Ma quale riprova, potrà vivacemente obiettare qual- cuno, se il boemo vi è estraneo? Questa — rispondo — che la leggenda rimane bella e commovente, che del parallelismo del testo e della versione non mi è lecito dubitare sapendo di legger cosa di uno fra i più coscienziosi e potenti filoioghi d'oggidì. Ora se ci sono queste due cose : parallelismo e bellezza, significa che non manca fedeltà perchè bellezza senza pa- — vili — rallelisnio potrebbe darsi ma pi-esentando un tiitt' altro lavoro dall' originale, ma conservandone rigorosamente l'ordine o le bellezze non esistono più o rimangono fedel- mente della natura di quelle che riproducono. E della possibilità del tradure fedele non parlo altro. 111. L' equivalenza è fedeltà sostanziale ed è alta, anzi so- vrana difesa dalle infedeltà spesso inseparabili dal metodo rigorosamente letterale. In poesia equivalenza è parità d' impressioni e di ef- ficacia. Qui e' è senza dubbio e nella traduzione e nella tra- duzione della traduzione. La leggenda del salice è breve e semplice. In poche parole la espongo. La moglie del barone della leggenda quando dorme par morta, di lei non si sente il più piccolo respiro, il suo corpo è ghiacciato e stecchito e anche se piange il tenero bambino suo non lo sente. Che è ciò ? dev'essere una ma- lattia ? bisogna dice egli (il barone) — darsene pensiero e curarla. La poveretta, che sa di che si tratti, s' oppone in forma supplice dicendogli : Quel che la Parca vuole comandare parola d' uomo non lo può disfare. E s'anco io dormo che non batte il cuore io sono nelle mani del Signore ; io sono nelle mani del Signore e la notte mi guarda a tutte V ore E s' anco dormo coni' io fossi morta, il mattino la vita mi riporta ; e sana mi risveglio e m" alzo anch' io ! Dunque lasciami in mano al buon Iddio ! — IX — Ma, come dice apostrofandola il canto (forma toccan- tissima e caratteristica della poesia popolare) : non valgon le [larole per mente il tuo signore ha un' altra cosa in mente. Infatti egli va dalla strega e vuol sapere come stia la faccenda che durante la notte il corpo di sua moglie è ghiacciato e stecchito. La mala strega risponde e li perde entrambi colla verità : Ma come dunque non sarebbe morta se mezza vita e nulla più, la porta ? con te il giorno quell'anima soggiorna poi la notte ad un albero ritorna. Va in giardino, al ruscello, a mano manca un salcio vedi di corteccia bianca, e rami gialli, sulla sponda ombrosa : della tua moglie l'anima vi posa. E il disgraziato barone intende di avere sposato una donna perchè se la viva entro a un salice e che di mezza moglie non si contenta, da di piglio alla scure e corre a schiantare il disgraziato salice insino alla radice. Dentro all'acqua corrente fitto piomba e dal profondo subito rimbomba con un lungo sospir. Dopo questo infelice lavoro fatto collo proprie mani il barone s'avvia a casa A casa quc^nta gente dentro e fuora! Per chi mai suoqa l'ultima sua ora? domanda egli, Non .si sa chi, un qualche essere molto impersonale e sommamente personale nel tempo stesso, perchè sintetico come il coro greco, lo informa di quanto è accaduto non si limitando a narrarglielo ma esprimendogliene i particolari, il giudizio, r impressione. Sei soli versi, ma che spezzano il core ; È la tua donna poco fa spirata parea l'avesse una falce falciata ! Girava per la casa quella santa cade a un tratto, com'arbor che si schianta, e cerca il suo bambino e volge in giro lo sguardo e mette l'ultimo respiro. L' infelice barone sotto lo strazio del rimorso e dell'a- more prorrompe in pianto disperato: Ahi non sapendo nella mia follia, io t'ho ammazzata dolce donna mia ! Del tuo bambino, del bambino bello ho fatto a questo mondo un orfanello ! 0 bianco salcio, salcio di dolore oh quanto hai tormentato questo cuore ! Mezza vita da me vieni a strappare, bianco salcio, di te che deggio fare ? — Dà gli ordini mi tolgan dal ruscello e taglino ogni giallo ramoscello pialli gli assi per bene il legnaiolo faccia una culla per il tuo figliolo : poi metti nella culla il tuo bamcino che non abbia a strillare il poverino. Quando ninnando lo faran dormire lo verrà la sua mamma a custodire E pianta il ramoscello sulla sponda che non si guasti colà presso all'onda E quando il bambino sarà piìi grandino farà con la corteccia un zufolino e zufolando mesto canterà con la sua buona mani ma parlerà. — XI — Ebbene in tutto questo non c'è né il vero né il vero- simile. Nessun riscontro colla vita reale, nessuna remini- scenza quindi possibile nell' animo del lettore. Eppure la leggenda inonda l'animo di una tristezza che arriva allo strazio e di una pietà profonda e santa verso la vittima ed anche verso lo sconsigliato sacrificatore. Come avviene ciò che questa potenza la quale a fil di logica si direbbe non dover appartenere che al vero o per lo meno al probabile, sia raggiunta in tal grado anche da ciò che non ha niente di comune neppur col possibile ? E dunque capace di astrazione avventatamente analogica non solo la facoltà intellettiva, ma anche l'affettiva ? L'esperienza ci prova che la cosa è vera a tal punto che l'interesse più sincero ed intenso può dall'arte venire accaparrato anche in prò' di astrazioni e di finzioni per niente antropomorfiche. — Gli esempi non sono certo molti ma grandi. Negli ultimi versi del più filosofico dei suoi carmi Gia- como Leopardi, per esempio, desta nelle anime elevate e gentili un senso di malinconica pietà, di affettuoso rimpianto parlandoci delle pigre ma non frenabili lave che tardi forse ma inesorabilmente arderebbero e coprirebbero le sue ado- rate ginestre. E un miracolo di vanità eppure nel tempo stesso nobiltà e santità di compianto, cioè tutt' altro che affettività sviata e sciupata. Chi osservasse leggermente il fatto sarebbe tentato ad indurne che l' arte arriva ad essere più forte della verità. Non mancano infatti, e numerosi, gli esempi di episodi non solo in ogni parte conformi al vero ma rigorosamente ac- certati che lasciano freddo lo spirito e presso che indiffe- rente l'animo. Basterà mettere innanzi due esempi : La Zaira del Voltaire e Y Otello dello Shakespeare (i) rappresentati (1) Il Manzoni nella sua lettre a M."" (Chawet) sur l'unite de temp.i et de lieu dam li, trar/sdif fa un importante raffronto tra l'Otello e Li Zaira, — XII — dallo ste>so attore : il Salvini, quindi a perfetta j ai'ità di potenza plastica e drammatica di esecuzione. La morte di Zaira e quella di Orosmane non fanno proprio nò caldo né freddo. Dopo la tragedia si può restare alla farsa e vo- lentierissimo ridere per poco che ci sia dello spirito ; — dopo la morte di Desdemona invece la tristezza è invincibi- le. Se qualcheduno resta alla farsa vuol dire che ha qual- cheduno da aspettare od è un idiota senza intelletto nò cuore. — E come va ciò, mentre per il fatto Orosmane e Zaira sono senza confronto più conformi alla modernità del costu- me ed alla probabilità degli eventi che noi sieno Otello e Desdemona, dei quali 1' uno non ha nulla di comune con quella che noi chiamammo civiltà nostra e l'altra di comune ci ha egualmente pochissimo cogli avvedimenti e le energie che nel mondo che noi viviamo, ed anche in quello che si viveva tre secoli fa, distinguevano l' intelletto e il cuore della donna anche più passivamente dolce e gentile. Egli è il carattere insopportabilmente convenzionale e accademico che, nella Zaira, malgrado una certa abi- lità scenica, annienta qualsiasi partecipazione del senti- mento alle barbare sorti della svenevole francese e di queir altro rogantino più o meno tartaro, mentre sono r altezza poetica e la insuperabile realtà psicologica che destano e incatenano la più ansiosa pietà su Otello e De- sdemona, persone rese improbabili se non a dirittura im- possibili dalle maggiori deficienze della preparazione scenica. Ciò non vuol dire che la verità sia meno forte del- l'Arte, ma vuol dire che quando l'Arte chiude in sé tanta essenza e potenza di verità da strappare 1' adesione degli intelletti e degli animi, il suo effetto è immancabile ed estremo, anche se le circostanze di fatto non rispondano in tutto a quelle della vita e persino anche se gli esseri sieno inesistiti e, per contraddizione colle leggi dell'essere, inesistibili. Non conosco, per darne un altro degli esempi, scena né drammatica né musicale che commova né più né così profondamente l'animo come il triste abbandono e la con- seguente fine di Elsa di Brabante nel Lohengrin. Eppure il cavaliere, la donna e tutta l'avventura sono impossibili fino all'assurdo. — Perchè interessano? — E quando pure Elsa somigliasse a qualche cosa di reale per- chè accorarsi tanto per lei che la felicità propria stolida- mente e anche ingratamente gettò per aver dato ascolto ai nemici di colui, che pur l'aveva salvata? — EU' è una Psiche medievalmente vestita, eppure per lei ogni gentile anima sospira dal fondo, mentre nella sorte della ninfa di Apuleio ciascuno vede indifferente e sorridente pur anco il castigo della indiscreta, pettegola e curiosa femminilità. E neppur ciò mostra una prevalenza qualsiasi del fanta- stico sul reale, e meno ancora una repugnanza ad esso, — mostra il contrario anzi, il preciso contrario, poiché mostra la preferenza dell' essenziale sull'eventuale, cioè dell' antro- pomorfismo intimo e profondo sopra quello esteriore e con- tingente. L'arte sovrumana e perfino esb^a imiana, anche fino all' assurdo, nei casi rappresentati può trovare e trova le vie del cuore se intensamente e potentemente reale nella introspezione e riproduzione intellettiva ed affettiva. Il che risulta tutto in omaggio di quel vero che, anche nella idealità presenta la umanità intrinseca della natura in confronto di quello che, per 1' assenza della qualità che la caratterizzano e determinano, rimane invece, malgrado la verosimiglianza e magari anche la dimostrata autenti- cità storica, vago ed estrinseco. E non è questione di naturalismo o idealismo questa, ma (ammessa la sovranità del vero) di scelta fra le verità da prendere e del posto e la luce sotto cui sajìerle pre- sentare. 11 qual lavoro del pensiero, e qui viene irrecusabile una conclusione, deve essere possibile con qualunque segno grafico o fonetico posto al servizio del pensiero da una ci- ^— XI V -^ viltà abbastanza progredita da non mancarle nunic:'!cani?nte quegli stromenti che hanno nome vocaboli. Le loro combinazioni e }iermutazioni, per la mancanza di riscontri analogici delle storie, dei climi, delle indoli e delle stesse fisiologie e psicologie umane non possono certame!. te combaciare, ma gli insiemi debbono potersi riprodurre colla stessa complessiva verità colla quale, anche con diversissimi materiali ma adatta capacità di lavoro, le costruzioni di un tempo e di un paese possono, da chi sappia, riprodursi tal quali nelle più varie condizioni cir- costanti. Uguaglianze mai, ripeto la distinzione prima, ma, date le attitudini, equivalenze sempre. IV Ma le equivalenze sono esse da ricercarsi nell'arte? — Mette conto ? Se mette conto ! — Risponda per me lo scrittore che oggi lodo ed assalto ad un tempo. « Voglio avvisare gli amatori della buona poesia, egli » dice, che i lavori come questo dell' Albert aprono una » porta nuova e che, soggiunge, bisogna essere grati al- » r amor patrio di lui che riaccoda nella poesia chie » nazioni. » ^ E questa è la verità. — Riaccosta le nazioni il ben tradurre. Che poi la cosa non sia impossibile a farsi bene parmi dimostrato abbastanza dalle ragioni e sopratutto dalle cita- zioni messe avanti finora. A Pirrone, negante il moto, un hlosofo greco passeg- seggiava senz' altro davanti — leggei-e al Teza la versione — JiV -- del Teza è, senza dubbio, confutargli con altrettanta posi- tiva efficacia quell' impossibile che scatta dalla sua coscienza critica di filologo cui egli dovrebbe contrapporre diretta- mente quella, senza confronto più sintetica e significativa, di artista. Farà egli ciò ? — Difficilmente io credo, poiché fra noi latini segnatamente due cose non si possono pressoché mai impedire — la prima che gli uomini minori sieno giusti cogli altri, e la seconda che i migliori e maggiori non sieno ingiusti con sé. Atti del R. Ist. Ven. Tav.MI XXI '^'^yiaùn. FruMi.. ^uxà Fery'ari 4t(i del R. Ist Ven yhj7,izui. Prem ò'!,aii Fen^àfi Atti del R. Ist Ven Tav. V Fi0 !\ 4^- \ l\<( VI ^:;^^^^^^ ^ -^^- I I/i' i ''-'" n '•'è'^tJztt^;, Prem. Sbo.h Terra- J/tiMJf.lMnf,' lénc/o R. D'Emilio §ul teopema di Clairaut. 3 2044 106 264 245 ;^ V ■ • '':M:-. ^^>^ è^. 1 i ,r* ■^ .^,v ^