>» cite vi U ei, bo MI La; eat (i x % PA FORA ci è Did. \ CN Ra sh Co È N al f > | x "AR hi ‘ s/% 4 A di . / a " w, A Pei n 5) > 14 KE 6 È VI Î api , è A ri \ h AE La Pf je re, \ 7 |P sm a , "p È ar } e “ x P 3 Mi e : SII CiD è Di) 1) to PRI x » x , °3 » È +qi \ Anne — “| 3 hi 1 . EO bi p A DÀ, “ ). li 7 fi LI \ K. MU A ì | RP, 4.9 4 L\ ‘er ha seu a $ } i se A i 5 ARI A 3 . ' x w Ù ; 4 i fe i LAN Me ” i *, m p è .. ‘ : d 4 9 $ . ee ' di } ; % ul ’ # É + - k nf ; Li . bi a Pai Pin da: v ". netA MYIAT L\ ; OMAGGI PA I DI DELL ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA REDATTI DA GIOVANNI BRIOSI ICA DELL'UNIVERSITÀ E DIRETTORE DELL'ISTITUTO BOTANICO PROFESSORE DI BOTAN E DELLA STAZIONE DI BOTANICA CRITTOGAMICA. II SERIE Volume Sedicesimo Con 18 tavole litografate e un ritratto. Seguito dell'Archivio Triennale del Laboratorio di Botanica Crittogamica. Piante alpine — Orto Botanico di Pavia. MILANO TIPO-LIT. REBESCHINI DI TURATI È O. 1916. ATURI ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITA DI PAVIA REDATTI DA GIOVANNI BRIOSI Proressore DI BoraNICA DELL'UNIVERSITÀ E DIRETTORE DELL'ISTITUTO Boranico E DELLA STAZIONE DI BOTANICA CRITTOGAMICA. II SERIE Volume Sedicesimo Con 18 tavole litografute e un ritratto. Seguito dell’ Archivio Triennale del Laboratorio di Botanica Crittogamica. Piante alpine — Orto Botanico di Pavia. MILANO TîPO-LIT. REBESCHINI DI TURATI E OC. LO. fibre 3 I, acanla ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA i E LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI CENNO SOPRA BARTOLOMEO MARANTA (Con ritratto). Il cinquecento fu l'epoca nella quale l’Italia raggiunse l’apogeo nelle arti helle, nella letteratura, nei commerci e nelle industrie, fu l'epoca nella quale noi fummo primi in ogni ramo del sapere e della operosità umana. Anche lo studio delle scienze incominciò allora a destarsi, specie di quelle che, come la Botanica, ebbero nel fiorire degli studi dei clas- sici antichi incentivo a ricerche per bene interpretarli e bene precisare i vegetali, le parti loro, i farmachi e le malattie delle quali essi si occupano od alle quali alludono nei loro scritti. Parecchi ingegni pre- clari a tali ricerche con amore si diedero, che fruttarono non poche opere botanicamente notevoli. Così fra noi sorse e fiori un’eletta schiera di medici studiosi di piante e di cose botaniche: Andrea Cesalpino, il piùgrande; Pierandrea Mattioli, ' Ulisse Aldrovandi, Luca Ghini, cui si attribuisce la prima idea degli erbari, Francesco Calzolari, Antonio Musa Brasavola, Bartolomeo Ma- ranta, ed altri. L'immagine * di uno di codesti precursori, quella di Bartolomeo Maranta dal quale piglia il nome la bella, ricca e variopinta famiglia ! Dell’opera del Mattioli furono fatte più di sessanta edizioni e venne tra- dotta in parecchie lingue, mentre l’opera del CesaLpiNo (De Plantis libri XVI), di ben altra importanza e ben più alto valore scientifico, non venne mai nè tradotta, nè ristampata! ? È tolta da un ritratto inciso dal Biondi che si conserva nel Municipio di Venosa, dal quale ritratto gentilmente l'egregio avv. Gerardo Pinto fece la foto- grafia che io potei avere per mezzo del collega ed amico senatore prof. Pasquale Del Giudice. - a ani de È eli ele ve nd fe. KITE * IV — delle Marantacee, orna questo sedicesimo volume degli 444 del nostro Istituto. Fra tanto strepito d'armi, in mezzo a tante atrocità, carneficine ed angoscie dell'ora presente parrà strano che vi sia chi trovi tempo e voglia d'occuparsi di un botanico semplicista morto da quasi quattro- cento anni, eppure tale è la natura umana che anche dopo secoli ricerca con piacere i particolari della vita intellettuale degli scienziati benefici ed ama tener viva l’immagine di coloro» che l'ingegno e l’opera spe- sero nella ricerca del vero, per sè tanto attraente, e pel bene dei propri simili. Eroi modesti, ma di fama al certo più duratura di quella degli inconsci che calpestando ogni legge divina ed umana si affaticano ad affogare donne, vecchi e bambini, a soffocare esseri umani con gas asfis- sianti e velenosi, a spargere a tradimento, è quasi per diporto, la morte pazza sopra inermi ed innocenti trasformando la guerra, un duello, in una rissa furibonda condotta con animo così selvaggio che più della guerra stessa il modo ne offende; che irriflessivi, e non preoccupandosi dell'avvenire, seminano a piene mani odio e vergogna, spinti dalia folle ed ingenua speranza di poter dominare soli nel mondo. Di costoro al certo i posteri non sentiranno altrettanto a lungo il desiderio di ricordarsi. Il Maranta nacque nella stessa terra ove vide la luce il poeta Orazio, a Venosa, nella prima metà del sedicesimo secolo: in quale anno non si conosce e neppure si sa con sicurezza l’anno della morte, come poco si conosce intorno ai particolari della sua vita. ! Secondo Tournefort (Institutiones rei herbariae) Maranta avrebbe cessato di vivere nel 1554, ma tale data non può essere esatta perchè l’opera sua princi- pale vide la luce nel 1559 ed una sua lettera ivi stampata diretta al Falloppio porta la data dell’anno 1558; e nella vita di Aldrovandi scritta dal Fantuzzi ® sono riportate sette lettere del Maranta, delle quali l’ul- tima ha la data del 9 aprile 1570. ! SARACENI FERDINANDO, Biografie di tre illustri Venosini. Melfi, 1857. Mpyer E. H. P., Geschichte der Botanik, 1857, vol. 4, pag. 412. SACCARDO P. A., La Botanica in Italia. Venezia 1895, Prima parte, pag. 102. Barsamo P., Botanici e Botanofili napoletani in CAvARA, Centenario del RR. Orto Botanico dell’ Università di Napoli, 1913. ? Fanruzzi Giov., Memorie della vita di Ulisse Aldrovandi. Bologna, 1774. St Il Maranta secondo Meyer sarebbe morto a Napoli, ma il Ciocca- relli afferma che gli ultimi anni della sua vita li condusse a Melfi ove era stato chiamato quale medico con lauto stipendio, e che ivi morì. Ciò trova in qualche modo conferma nel fatto che sotto il ritratto ese- guito dal Biondi vedesi inciso: morì in Melfi, Era di nobile famiglia, da giovane si diede con grande amore agli studi classici, di poi alle scienze ed alla medicina. A Napoli passò la maggior parte della vita esercitando l’arte me- dica. Ebbe a maestro e guida Luca Ghini che lo spinse e confortò agli studi della Botanica, la quale coltivò frequentando e studiando special- mente nel ricco Orto Botanico di Giovanni Vincenzo Pinelli, allora a Napoli molto rinomato. Frutto di questi suoi studi botanici fu l’opera: Methodi cognoscen- dorum simplicium libri tres, opera notevolissima ed innovatrice. ! Il Ma- ranta prima di decidersi a stamparla ne manda il manoscritto, per consiglio e giudizio, al modenese Falloppio (medico e scienziato fa- moso) e questi lo incoraggia a pubblicarlo con una lettera analizzatrice ed entusiasta nella quale fra l’altro è detto: “ Librum tuum ea cum animi voluptate perlegi, quam hominis mihi “in primis cari labor eruditissimus afferre potuit, ac debuit: quoniam “in eo multa doces quae ad investigandas cum ratione plantas cete- “raque omnia simplicia medicamenta valent ,,; e dopo averne analizzato ed enumerato i principali pregi soggiunge: “ Haec autem omnia tam “ docte et eleganter persequeris, ut non solum rerum doctrina me le- “gentem in maximam admirationem adduxeris, sed novitate etiam ma- Menimmnere:delecisrisi. ; ........ 1, RR e o - “ Fac igitur ut studiosa iuventus exoptata hac methodo frui possit. . .,. Un'idea dell’opera si può avere dal prospetto nel quale l’autore stesso ne indica e riassume il contenuto, prospetto che qui nel testo originale riporto. ! Bartholomei Marantae Venusini medici, Methodi cognoscendorum simplicium libri tres. Venetiis, 1559, pagine 296, VI ‘0Iqu. otj199g ur ot enb op ‘tumyegpuori Quo19vIy sIOIpoo IgavIdop euo1geI angueurap 07ogd o]mu wng anunnburjar euoreouifop ur eggor eegnur wing) orpe.meduoo mn.iozueumtorpour eqde 31s nou uno pg ASOLIMO SIUITN ja mgesipdon ) Inb sngmno euogeyg eLte|no1g.ted 8007] Ingunp seuordey ) -ujour ros Quore sQuorgnzIg suo) TUR qO Ì \ ì i) gsa 8390] uenbysoq TA | «M3e[[|oA@ 1[909 QUO snisdi ms 2uogey SI}n9709U9s 9UO9eY] I o 3 » wenba)uy è a ‘0 J9 SQUIPpeyg SQUO]H BITOM | BIOTONET N Q0sS9|Opy Mq ) urgn‘sIqe998 AU) BY QVIZUMJS S_QUOI BH uod apiioosor(g è UuEn() | vINIT ou UMUTUIMITPQUI Ian pon u sagegiorgdig mu 30 ‘seuorgzooambar qo \ Ì TETI SIOICONIOO: TS JIIFKIT. SHE LAIRI 103 101]dnapenb ‘quis ovgde snuru umb ‘sIqueumorp | -QUI IMJUBPOTTUIOO -ov nou soto 1) ditosa(J einb oa ‘su dA crsmnodtssza SEE -019G9UT]ap dUO1}8W] ‘to 108y Weyegnur qo suqruorgdios -ap Imquepowruoo | [PA -00 UO RJUAWIROTPAN | ‘qso uI9uo1)1uS09 mun108 goto gs9god emuoAao 013da09p uenb qo] ‘siquew -BOIPOUI UT SBIOLIVA guns gn ‘snqrgd UMIOZUQUIMOTPYUI UT IC} ‘“myueriod To umu QUOZeY -a1 ponb ‘snqero -ads joA ‘quieues TIMIOZUQUIBOTPQUI U] suqnaed UmMIOZUOUIOIPaU U] snquiouaì -8]0UQUIOU QUO)VW] UMI.10FUQUIBOTPQUL U] EG E RIA SIA Rei | gso avnb ‘avang | | — VI — Come vedesi, nel primo libro l’autore tratta della sinonimia (no- menclatura) tanto delle singole piante che delle loro parti e del loro numero in quanto esso sia maggiore o minore di quello delle piante conosciute da Dioscoride; nel secondo sì occupa in modo speciale delle descrizioni delle piante stesse, che completa e corregge, tenendo calcolo delle variabilità loro a seconda dell'età, dell'andamento delle stagioni, del luogo e del modo di coltivazione, distinguendo generi, specie, va- rietà, ecc.; e la descrizione di molte piante nuove aggiunge ignote agli antichi. Nel terzo libro infine tratta specialmente delle diverse proprietà. dei medicamenti. x E botanica, come volevano i tempi, quasi esclusivamente in ser- vizio della medicina, ma a differenza dei suoi predecessori, il Maranta non si limita a citare i classici ed a ricalcare le orme di Teofra- sto, Galeno, Plinio, Dioscoride (il più grande conoscitore di piante del- l’antichità), ma ne vaglia e discute le diverse opinioni, ne controlla le fonti, ne determina la nomenclatura, ne precisa le descrizioni quando incerte od appena accennate, e molte descrizioni nuove aggiunge. Mente chiara ed ordinata, educata allo studio coscienzioso e profondo dei classici, e dotata di uno spirito d’osservazione acuto che impiega nell'esame diretto delle piante, con metodo scientifico, rigoroso ed ori- ginale. È un nuovo indirizzo che il Maranta imprime allo studio della Botanica dei suoi tempi, pure mantenendosi ancora nel campo della medicina, osservando le piante in natura e considerandole attraverso gli scopi che il medico persegue. Oltre a quest'opera si hanno di lui importanti lettere latine ed italiane, giacchè fu in corrispondenza coi più celebri scienziati del suo tempo: Falloppio, Aldrovandi, Mattioli, ecc.; le prime inserite fra quelle del Mattioli (Epistolae medicales), le seconde nell'edizione della vita dell’Aldrovandi. Scrisse anche: De Aquae Neapoli in Luculliana Scatenti, quam ferream vocant, metallica natura ac viribus. Altresì: Lucullianae questiones ed un piccolo lavoro dal titolo: De T'heriaca et Mithridate. VIII Scrisse infine cinque Dialoghi sopra Virgilio ai quali l’autore an- netteva molta importanza, ma che, a quanto sembra, non vennero mai pubblicati ed andarono perduti. A lui nel 1737 il Plumier dedicò il genere Maranta, dal quale, come si è detto, prese il nome la bella famiglia delle Marantaceae; che comprende piante tanto curiose ed interessanti. GiovaNnNI BRIOSI. Pavia, Istituto Botanico, maggio 1916. INDICE DEL PRESENTE VOLUME (xvi) PARTE I. Cenno sopra Bartolomeo Maranta, con ritratto (G. Briosi) . Prefazione È Sull’Anatomia del seme dell’ Abrus precatorius (Jequirity) e dei semi usati per sofisticarlo, con 5 tavole litografate delle quali la prima eplorate (Ross: Bartola)mM Wes; 0.00 0 AR Sulla germinabilità del riso (Oryza sativa) e del granturco (Zea Mays) in rapporto alla temperatura ed alla ARI con 2 tav. litogr. (Anna Da Fano). DUE Risposta alla nota del dott. L. Petri « Sul significato La dei cor- doni endocellulari nei tessuti della vite » (dott. Eva Mameli) . Pag. Sulla presenza dei cordoni endocellulari nei tessuti della vite e di | altre dicotiledoni; con appendice in risposta al dott. L. Petri, con una tav. lit. (viti) (dott. E. Mameli) Operosità sino all'anno 1912 della Stazione di Botanica n — Laboratorio Crittogamico (G. Briosi) . Note di .Parabiosi vegetale, con 2 tavole fotografate (dott. E. Mameli) Studio sul genere Citromyces, con una tav. litogr. (dott. G. Pollacci) Ricerche anatomiche, fisiologiche e biologiche sulla Martynia lutea Lindl., con quattro tavole, delle quali una fotografata ed un’altra colo- rata (dott. E. Mameli) i de ARR Influenza del fosforo e del magnesio sulla formazione della clorofilla (dott. E. Mameli) . BM. i Ancora sull’assimilazione diretta dell’azoto atmosferico libero nei ve- getali (dott. E. Mameli e G. Pollacci). L'LARI Nuove specie di micromiceti, con una tavola litogr. (Elisa Mutto) . Ricerche intorno alle specie: Conzothyrium pirinum (Sace.) Sheldon, Phyllostieta pirina Sacc. e Coniothyrium tirolense Babàk (E. Mutto en Rollacoi) Noia 0.0. i EMMI. +» A proposito di nna nota del dott. L. Petri sulla Moria dei castagni (Mal dell’ Inchiostro) (G. Briosi e R. Farneti). . . . . .. III 105 121 157 189 197 205 209) 215 Ancora sulla Moria del Castagno (Mal dell’Inchiostro) in rispos sig. dott. L. Petri (G. Briosi e R. Farneti). . . + METE Micologia ligustica, quarto contributo, con una tav. litografata Kar tor I. Maffel) . . . . . + sgh ET agi ©) Intorno ad una muova malattia dei Bambù Ro mitis pole B. nigra Lodd. e B. gracilis Hort. e con una tavola litografata (GIBRALTAR E see O ngi Let pre I Parte IL " Rassegna crittogamica dell’anno 1918. con notizie sulle malattie de le conifere dovute a parassiti vegetali che ne attaccano i tron i editi ramic(G. Briosi) teen a È = Rassegna crittogamica per l’anno 1914 con notizie sulle rinlattio delle. conifere dovute a parassiti persi che ne attaccano le | fogli (GeoBriosi)i ci i e pt — IX — PREFAZIONE Questo sedicesimo volume, come quelli che lo precedono, è distinto in due parti: la prima contiene Note e Memorie originali, più una re- lazione fatta per l’Institut International d’ Agriculture dietro invito del Ministero d'Agricoltura; la seconda contiene Rassegne crittogamiche sulle malattie di natura parassitaria sviluppatesi in Italia negli anni 1913 e 1914, cui va unito un cenno riassuntivo delle malattie critto- gamiche che attaccano i fusti, i rami e le foglie delle conifere. Le Note e le Memorie si riferiscono a ricerche eseguite nel nostro laboratorio dal personale che vi è addetto o da altri, allievi ed ospiti, eui il laboratorio offre mezzi e guida. Questi nostri Afti quindi rispecchiano fedelmente ed unicamente l'operosità dell'Istituto, poichè non contengono lavori di estranei. I singoli lavori che trovansi riuniti nel volume furono resi di pub- blica ragione non appena stampati, come indica la data che ciascuno porta in calce impressa, col distribuire gli estratti alle effemeridi scien- tifiche italiane e straniere ed agli studiosi d'ogni paese. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA E LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALTANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI. SULL’ANATOMIA DEL SEME dell’Abreus precatorius L. (Jequirity) E DEI SEMI USATI PER SOFISTICARLO. NOTA della Dott. ROSA BARIOLA.' INTRODUZIONE. Scopo del presente lavoro è lo studio anatomico del seme del- l'Abrus precatorius L. (Jequirity), appartenente alla famiglia delle Pa- pilionacee, seme che fin dai tempi più antichi ebbe applicazioni varie. Oggidìi esso è largamente usato in terapeutica, specialmente in oculi stica, e recentemente venne applicato alla cura di alcune forme di canero. * 1 Vedi: Rosa BarioLa, Sull’anatomia dell’ Jequirity (seme dell’Abrus pre- catorius L.) e dei semi delle piante comunemente usate per sofisticarlo. Nota preliminare, Rend. R. Accademia Lincei, vol. xxr, ser. v, sem. 11, fase. x1t, 15 di- cembre 1912, Roma. 2 L’Abrus serve come espettorante, contro la tosse (RipLev H. N. Malay drugs. Agric. Bull. Straits and Fed Malay States, v, 1906). Internamente veniva usato nelle malattie del sistema nervoso, esternamente nelle malattie della pelle, negli ascessi e nelle malattie dei capelli; in dose forte è efficace come purgante. Dai medici dell’Indostan vengono adoperati questi semi sotto forma di pasta per applicazioni locali contro le malattie nervose, dolorose (ischialgia, ecc.) nonchè contro le malattie cutanee (BuLensURG, Diz. encielop. di medie. echirurgia, VII, pag. 471). ® RoserTo RaMmPOLDI, Parecchie note e memorie negli Annali di Ottalmologia, ‘ anno 1907, 1908, 1909. Roserro Ramrorpi, Nuovi contributi alla cura dell’ epitelioma cutaneo e mucoso col principio attivo dell’ Jequirity (Abrus precatorius) (Giornale italiano delle malattie veneree e della pelle, vi, 1911). Atti dell'Ist, Bot. dell'Università di Pavia — Serie Il, — Vol. XVI. 1 SEO La sua attività pare dovuta ad un principio eminentemente tos- sico, l’Abrina, che non è nè un alcaloide, nè un glucoside, ma bensi un’albumosa analoga alla ricina (contenuta nei semi del /icimnus communis). = Questo seme è stato molto studiato dal lato chimico e clinico, ma poco dal lato botanico e specialmente da quello anatomico. L'anatomia del seme dell’Abrus non fu fatta, per quanto mi consta, da nessun autore: l’unico che se ne sia occupato un po’ estesamente, ma in modo incompleto, è il Tichomirow, * Pochi cenni su alcuni degli elementi, sia del tegumento, sia dei cotiledoni, si trovano in alcuni trattati di botanica farmaceutica e di tossicologia, ma sono cenni vaghi e superficiali. Lo studio anatomico e microchimico di questi semi e di quelli usati per sofisticarli è utile non solo per l’istologia vegetale in genere, ma altresì per la farmacognosia, poichè non sono infrequenti le sofistica- zioni dei preparati farmaceutici ricavati dai semi di Adrus precatorius, che pure si usano in gravissime malattie, La patria di questa pianta è probabilmente 1’ India occidentale, donde è passata in altre regioni tropicali. Si trova infatti l Abrus nella China meridionale, nelle isole dell’ Oceano Pacifico, nell’ Australia del nord e nella Queenslandia, nell'Africa tropicale e nel Brasile. I suoi semi sono velenosissimi; il Center ? trovò che nel Pentschab si prepara con i semi e con del ‘latte di Madar una pasta, che, arro- tolata, serve a preparare degli aghi appuntiti che si induriscono al sole, aghi che si chiamano “Sui, e servono come arma d’offesa sia contro gli animali nelle caccie, sia in guerra. Secondo alcuni autori ? gli Jequirity sarebbero usati in Egitto come alimento e anche negli animali sarebbe constatata l’innocuità di questi semi mescolati al foraggio. Ora, dato il sicuro potere venefico dei semi dell’ Abrus, 4 questa notizia appare strana ed inverosimile e fa pensare che i semi adoperati come alimento non siano di Adrus, ma di RAyn- chosia precatoria, 0 di Ormosia dasycarpa, o di Adenanthera pavonina, ! W. Trcnomirow, Die paternosterbohnen Abrus precatorius L. mit eini- gen anderen Papilionaceen Samen-verglichen, Moskau, 1884. ? CeNTER, Journal de Pharm. et de Chimie, 1884. * Medie. Herald. Zeitschv. d. Oesterreichischen Apothekerner, pag. 501, 1884. Hager-Handbuch der Pharmaceutischen Praxis, vol. 1. 4 Alcuni autori sconsigliano persino l’uso dei semi di Abrus per fabbricare rosari ed oggetti d’ornamento. Levin (E. CoLcin, Traité de Toxycologie vegétale. Paris, 1907) cita l’avvelenamento mortale di un giovane che aveva inghiottito alcuni di questi semi. al: che sono simili ai primi. I semi di RAynehosia volubilis infatti sono man- gerecci ! (Giappone). Altrimenti si potrebbe pensare che gli Jequirity vengano cotti, prima di mescolarli al foraggio. Anche il Beille ® dice che l’ingestione dei semi di Adrus provoca degli accidenti molto gravi. Se l’animale guarisce è immunizzato contro la stessa dose di veleno. Il solo lavoro riguardante l’anatomia dell’Jeguirity che abbia una certa importanza è, come dissi, quello del Tichomirow. * Gli altri lavori in cui si trovano cenni più o meno sommarii del- l'anatomia del seme dell’ABras, sono lavori di oftalmia, i quali però bo- tanicamente hanno pochissima importanza, sia per il numero sia per l’esat- tezza delle osservazioni fatte: tali ad esempio le memorie del Guaita.4 Il Nadelmann® nota che le cellule cotiledonari di Lupinus, Eritrina e Abrus hanno un ispessimento secondario della cellulosa. Tl Collin ®© dà un brevissimo cenno sia per quel che riguarda l’ana- tomia del tegumento sia per quel che riguarda i cotiledoni. Questo cenno è incompleto poichè verte principalmente sul tegumento e di questo non considera i vari strati e le varie porzioni: ha quindi poca importanza dal lato farmacognostico, poichè soltanto dai cotiledoni, pri- vati del tegumento, si preparano i medicamenti. Morfologia. Il frutto dell’Abrus precatorins (tav. 1, fig. 4) è un baccello oblungo o lineare, bivalve, con due corti uncini apicali riuniti. Esso è piuttosto piccolo (lungo circa tre centimetri), poco più lungo che largo; un poco compresso tra i semi e presentante all’interno dei rudimenti di setti interposti ai semi. ! HecgEeL EF. und ScHAGDENHAUFFEN Fr., Veber die Amwesenheiît des Cho- lesterins in cinigen neuen vegetabilischen Fetten, C. R., cu, 1317, 1886. ? BeiLLe, Botanique pharmac., Tom. 11, Paris, 1909, pag. 869. ® W. TicHomirow, loc. cit. ’ ‘4 L. Guarra, Studio sperimentale e clinico sul Jequirity (Ann. di Oft., anno xII, fase. 3-4, 1883). 5 H. NADELMANN, Veber die Schleimendosperme der Leguminosen-samen (Ber. D, B. G., vol. vir, pag. 248, 1889). © E. CoLLiN, Traité de Toricologie vegetale. Paris, 1907. 2 Qiees I semi (tav. 1, fig. 3, 5, 6) arrotondati o leggermente ovali, di grossezza quasi uniforme, vengono adoperati come pesi nelle Indie. Mi- surano in media sei-sette millimetri di lunghezza e circa cinque milli- metri di larghezza. Il tegumento è duro, lucente, di un bel colore rosso-scarlatto assai vivace, con una macchia nera ad un polo del seme, macchia che occupa circa un quarto della superficie del seme e si estende a comprendere la regione ilare o chilariale: non sempre però i semi dell’Abrus hanno questo colore: talvolta possono essere rossi o di un bianco-giallastro (tendente talora al verdognolo), con una macchia giallo-avana più o meno scura, circondante la regione chilariale, le cui labbra sono colo- rate in bruno più o meno intenso. Questa macchia giallastra corrisponde perfettamente, per l’estensione e la posizione, alla macchia nera dei semi su descritti. Il peso di un seme intero è variabile tra gr. 0,0875 e gr. 0,1375; la media ottenuta pesando otto semi è di gr. 0,11376 mentre il peso del seme decorticato è quasi costantemente di sei centigrammi. Il seme spogliato del tegumento è di forma ovale, con un piccolo ilo depresso ad un terzo d’una sua estremità: è di color bianco-giallo- gnolo, duro, liscio e si divide facilmente in due cotiledoni uguali, di forma semiovale, contigui e leggermente aderenti per la loro faccia piana. La regione chilariale (la quale trovasi anche nel tegumento di tutte le altre Papilionacee) comprende il micropilo, il chilario, i tubercoli gemini. Il chilario è rappresentato da due valve strette, lunghe appena da un millimetro ad un millimetro e mezzo. L’area occupata dal chilario è fiancheggiata da due sporgenze che cireoscrivono unà cavità, al fondo della quale sta la lamina chilariale. Il chilario si distingue facilmente per il suo colore, grigio-biancastro, che spicca assai nettamente sulla macchia nera dalla quale è circondato. Qualche volta sulle labbra chilariali si osserva un tessuto giallo- gnolo: esso rappresenta l’ultimo residuo del funicolo. Seguono i tubercoli: nel caso dell’Abrus precatorius il nome di tubercoli mi pare poco adatto, poichè sia nei semi secchi, conservati, sia nei semi messi a gonfiare nell'acqua, pur osservando con la lente, questi corpi non presentano la forma di tubercoli: esaminando attenta- mente con la lente si osserva una leggerissima, quasi impercettibile pro- tuberanza divisa in due da una fessura, pochissimo visibile nel mate- riale secco, assai più visibile nei semi messi a gonfiare nell’acqua. La macchia nera del tegumento si estende, formando una piccolissima punta, fino a comprendere i tubercoli gemini. i > Non è, mi pare, qui il caso di accettare l'ipotesi! che in generale nei semi fortemente colovati i tubercoli gemini siano un po’ più svilup- pati che non in quelli incolori: nei semi dell’Adrus che pure sono for- temente colorati, i tubercoli gemini sono quasi invisibili. Anatomia. Tecumento. — Trattando il tegumento del seme dell’Adrus preca- torius con la tintura di Alcanna, questa non ha rivelato la presenza di cera: e così pure trattandolo col Sudan III. Del resto anche Tschirch, Beck, Holnel, Mattirolo e Buscalioni, contrariamente a Sempolowski, negano la presenza della cera sulla superficie del tegumento di quasi tutti i semi delle Papilionacee, compreso l’Abrus precatorius. Gli strati di cellule che compongono il tegumento variano di nu- mero a seconda della regione del seme, cioè a seconda che si tratta della regione chilariale o di punti distanti da essa. Di questa distin- zione non fa alcun cenno il Tichomirow. Nella porzione lontana 0 addirittura opposta alla regione chilaviale, il tegumento si compone di quattro strati: 1. Uno strato di cellule allungate, a forma di bastoncino, avvi- cinate le une alle altre e disposte normalmente alla superficie del seme, strato che prende il nome di “ palizzata , 0 più propriamente di “ strato a cellule malpighiane ,, (tav. 1, fig. 1). Questo strato occupa circa la metà dello spessore del tegumento. Al disopra di esso decorre la membrana (tav. 1, fig. 1) sottilissima, che trattata con iodio e acido solforico si colora in giallo-brunastro. Le cellule malpigliane, costituite di cellulosa pura o trasformata più o meno in una sostanza mucilagginosa, misurano in media w 174,6 di lunghezza nella porzione del tegumento lontana dal chilario e w 188 in media nella parte diametralmente opposta al chilario. Esse nella parte basale presentano un rigonfiamento da uno od anche da tutt'e due i lati. Il loro lume cellulare non presenta una grossezza uniforme; quasi lineare alla sommità della cellula, segue poi un decorso ondulato finchè nella parte basale della cellula si allarga seguendo il rigonfiamento suddetto. Le pareti cellulari sono molto ispes- site, specialmente nella porzione superiore della cellula e trattate con iodio e acido solforico si colorano intensamente in bleu scuro. TI plasma e la membrana cellulare contengono una materia colo- 10. MartiroLo e L, BuscALioni, /ticerche anatomo-fisiologiche sui tegu- menti seminali delle Papilionacee, pag. 8, 'Vorino, 1892, — Re rante rosso-chiaro, solubile nell'acqua, tanto che le cellule malpighiane in sezioni fatte appunto nella regione rossa del tegumento, al micro- scopio si presentano incolore, se si fa uso per le sezioni di semi secchi rammolliti in acqua. (In queste cellule si riscontrano alle volte dei corpi che sono pro- babilmente avanzi nucleari). Per quanto abbia esaminate numerose sezioni, non potei notare in queste cellule i canaletti obliqui (?) di cui parla il Tichomirow. Esse, viste in sezione tangenziale, appaiono di-forma poliedrica, abbastanza regolare (tav. 1r, fig. 3). La linea lucida, che si trova nei tegumenti seminali di molte Pa- pilionacee e in quelli di piante appartenenti a molte altre famiglie, trovasi pure nel seme dell’AQrus. Essa decorre vicinissima alla mem- brana di rivestimento (tav. ir, fig. 1); ha laspetto di una strisciolina fortemente rifrangente, di un colore bianco lucente: non scompare nè trattando la sezione con alcool, nè facendola bollire: trattando la se- zione con fluoroglucina essa rimane incolora. Le cellule malpighiane, nella porzione di tegumento macchiata di nero, si presentano colorate in violetto porpora. 2. A questo primo strato di cellule malpighiane segue un altro strato assai caratteristico per la forma degli elementi che lo compon- gono e facilmente riconoscibile. Questi elementi, anch'essi allungati e disposti normalmente alla superficie del seme, formano come un colonnato ricco di spazi intercel- lulari che nel seme normale sono ripieni d’aria. Queste cellule, che appunto per la forma caratteristica che pre- sentano prendono il nome di “cellule a colonna , (tav. n, fig. 1) misu- rano in media 4 100-120 di lunghezza lontano dal chilario ! e # 60-70 nella regione addirittura opposta. Nella parte superiore esse sono allargate a guisa di capitello, il quale si adatta assai bene alla superficie inferiore delle cellule mal- pighiane colle quali comunicano mediante numerosi pori-canali, corri- spondenti appunto a quelli della base delle malpighiane. I capitelli delle singole cellule sono aderenti gli uni agli altri, indi la cellula per un tratto si assottiglia, assume quasi una forma cilindrica, di modo che fra l'una e l’altra cellula rimangono degli ampi spazi intercellulari. La porzione seguente presenta un contorno non più uniforme, ma delle rientranze e delle sporgenze provviste di corte braccia che si innestano ! Avvicinandosi al chilario le dimensioni aumentano ancora raggiungendo una media di 130-140 w. S ge con quelle delle cellule vicine; ciò si osserva molto bene isolando questi elementi con potassa. Il lume cellulare segue le rientranze e le sporgenze: il contenuto plasmatico è granuloso. Le pareti cellulari sono sottili sulla fronte superiore ed inferiore, più ispessite nella parte cilindrica. Esse danno colorazione bleu con iodio e acido solforico. La porzione inferiore di queste cellule, irrego- larmente ingrossata, ripiegata e contorta si anastomizza con lo strato sottostante. 3. Quest'ultimo (tav. mr, fig. 1) prende il nome di strato profondo, ed è costituito da elementi parenchimatici, disposti con il loro dia- metro maggiore tangenzialmente alla superficie del seme e quindi ai due strati soprastanti. In questa porzione del tegumento, opposta al chilario, questo strato è un po’ ridotto ed i suoi elementi non sono molto distinti. In immediato contatto con le cellule a colonna ed anzi anastomiz- zantisi con queste si trovano due o tre serie di cellule grossolanamente ovali, irregolarmente poliedriche, indi gli elementi si fanno sempre più stretti, si avvicinano sempre più gli uni agli altri, cosicchè è impossi- bile distinguere i vari elementi se non mediante isolamento con po- tassa. Essi sono ricchi di sostanze tanniche. Anche gli elementi di questo strato, trattati con iodio e acido solforico, si colorano in bleu. 4. Segue uno strato endospermatico, rudimentale (tav. nr, fig. 4); esso consta, in questo tratto di tegumento, di tre o quattro serie di cellule irregolarmente poliedriche. un po’ allungate tangenzialmente, quasi quadrangolari. Verso l'interno del tegumento, la struttura si fa sempre meno evidente, assume un aspetto mucilagginoso e il limite estremo è dato da una membrana che il Tichomirow chiama “mem- brana limitans ,. Trattata con una soluzione di potassa al 50 per cento, questa membrana si rigonfia irregolarmente, formando delle sporgenze a guisa di panneggi. Anche questo strato, trattato con cloruro di ferro, dà la reazione tannica; trattato con iodio assume una colorazione gialla, intensa. Nella regione chilariale la struttura del tegumento si differenzia no- tevolmente da quella presentata dalle porzioni su descritte: sia per il numero dei piani, che va aumentando, sia perchè in essa regione si riscontrano nuovi elementi che non si trovano nelle altre porzioni del tegumento. In questa regione, come si può osservare nella tav. mn, fig. 5, rappresentante un prospetto generale di una sezione fatta nella regione chilariale, si notano: Lo strato 4 di cellule malpighiane, che proprio nella porzione della fossetta chilariale si accorciano e sono incolore: in questo strato è ancora evidente la linea lucida, O E Al disopra di questo, uno strato è di cellule malpighiane, più lunghe delle sottostanti, dette “di rinforzo ,: in questo strato non è visibile la linea lucida. Il limite superiore di queste cellule di rinforzo non è netto, perchè è quasi sempre mascherato da avanzi del funicolo: anzi in alcune sezioni fatte appunto nella regione chilariale, ho potuto ri- scontrare (tav. 1, fig. 5) al disopra di queste cellule di rinforzo un ro- busto strato e dato da elementi parenchimatiei morti del funicolo, il quale si protende isolato per un buon tratto in 4: al disopra di questo strato ho pure notata la presenza di un terzo strato e di cellule mal- pighiane (delle quali il Tichomirow non fa cenno), più corte di quelle di rinforzo e delle vere malpighiane. Invece delle cellule a colonna (riscontrate nelle porzioni di tegu- mento lontane dal chilario) troviamo un tessuto assai spesso, formato, nella porzione immediatamente sottostante alle cellule malpighiane, da cellule poliedriche, assai avvicinate le une alle altre in modo da for- mare un tessuto compatto (tav. 1, fig. 1, f) e nella porzione più profonda da cellule stellate (tav. 1, fig. 2, tav. 1, fig. 1, 9) a braccia più o meno corte, unentisi fra loro in modo da lasciare degli spazi intercellulari irregolarmente triangolari, poliedrici. Queste cellule vanno aumentando di volume nella parte più interna, e anch’esse, come le soprastanti po- liedriche, sono ricche di una sostanza giallo-bruna. In questo tessuto a cellule stellate si trova la lamina chilariale (organo caratteristico, che non è descritto dal Tichomirow) che in se- zione trasversale presenta la forma di una bottiglia (tav. m, fig. 5,4; tav. 1, fig. 2, #2), assottigliantesi verso la fessura circoscritta dalle valve chilariali. Essa è formata da tracheidi a cellule irregolarmente romboi- dali, più grandi nella porzione inferiore della lamina, allungate secondo l’asse maggiore della lamina stessa. Le areolature sono molto fitte ed orbiculari. Essa è circondata da una guaina (tav. 1, fig. 2, 7) formata da tre o quattro serie di cellule parenchimatiche prive di contenuto, allungate nel senso stesso dell’organo: inferiormente questa guaina si incurva nei tessuti sottostanti. La lamina chilariale trattata con cloruro di zinco iodato dà la reazione della lignina, mentre i tessuti perichilariali assumono una colorazione bleu. Nella parte più interna si trova il così detto strato profondo che si può quasi considerare diviso in due porzioni, essendo la porzione più esterna a cellule più riavvicinate (tav. 1r, fig. 3, m), mentre nella parte più interna (tav. ni, fig. 3, n) la struttura si fa più evidente. Finalmente si ha lo strato endospermatico, ma più sviluppato che nelle rimanenti porzioni del tegumento. 97 E Nella sezione longitudinale della regione chilariale (tav. 1v, fig. 1) si notano ancora i due strati « e 5 di cellule malpighiane (malpighiane propriamente dette e di rinforzo), la lamina chilariale / estesa quanto la fossetta chilariale, ossia dal micropilo al fascio vasale 7 del funicolo. In una sezione trasversale condotta nella regione dei tubercoli gemini si notano (tav. 1v, fig. 2) uno strato di cellule malpighiane a di colore brunastro limitanti una fessura mediana s; al disotto di questo uno strato formato da tre serie di cellule assai allungate, disposte col loro maggior diametro radialmente alla superficie del seme; una terza serie di cellule che si accorciano assai mentre tutto lo strato va re- stringendosi verso la parte interna. Queste cellule sono a parete assai ispessita e contengono un plasma giallastro. Al disotto di questo strato trovasi il fascio vasale 7; lateralmente si trova un: tessuto # formato da cellule ricche di tannino che in vicinanza dei tre strati su descritti sono allungate e disposte col maggior diametro radialmente alla super- ficie del seme e nei punti più distanti assumono forma stellata. Inferiormente trovasi il solito strato profondo ad elementi allun- gati, compressi e disposti tangenzialmente alla superficie del seme. Comteponi. — Il seme dell’Abrus precatorius privato del tegumento si presenta di forma ovale, con un piccolo ilo depresso, ad un terzo d’una sua estremità. Esso è di color bianco giallognolo, duro, liscio e si divide facilmente in due cotiledoni uguali, di forma semi ovale e contigui per la loro faccia piana. Essi comprendono l'embrione (tav. 1v, fir. 4) in cui si distinguono assai bene la radichetta » e la piumetta p. In una sezione trasversale dei cotiledoni (tav. v, fig. 9-10) si os- serva l'epidermide con cuticola poco sviluppata: essa è costituita da un solo strato di cellule irregolari, rotondeggianti ed ovali, disposte col maggior diametro tangenzialmente alla superficie dei cotiledoni siessi. Verso l'interno della sezione queste cellule aumentano di volume e diventano quasi poliedriche, ma un po’ allungate. La parete cellulare, trattata con acido solforico e iodio si colora in bleu: essa è alquanto ispessita con ispessimenti gibbosi. Ogni singola cellula comunica con le adiacenti per mezzo di nu- merosi canaletti che attraversano la membrana ispessita (tav. v, fig. 10). Il contenuto di queste cellule è costituito da una sostanza fine- mente granulosa che assume una tinta giallo-bruna trattata con iodio e si colora in rosso-aranciato trattata col reattivo di Millon. In queste cellule mancano assolutamente l’amido e l’aleurone. In esse si trovano invece numerose goccie d’olio, che si colorano in rosso per trattamento con tintura d’Alcanna. Nell'interno dei cotiledoni (tav. 1v, fig. 3) decorrono numerosi ele- — 10 — menti fibro-vasali, ramificantisi, i quali, trattando le sezioni coi rea- genti su citati (iodio, saffranina, ematossilina), si colorano più intensa- mente del restante parenchima. Semi usati per sofisticare l’Jequirity. I semi dell'Abrus precatorius, malgrado il loro aspetto caratteristico, possono essere facilmente confusi con altri semi appartenenti ancli'essi alle Leguminose (Papilionacee e Mimosee): tali sono i semi di RAynchosia precatoria 0 phaseoloides D. C., di Adenanthera pavonina L., di Ormosia dasycarpa Jacks, presentanti tutti ugual colore rosso vivace e talvolta anche la macchia nera, quantunque in posizione diversa da quella del seme dell’ Abrus. Che l’Jequirity si possa facilmente confondere con i semi della Rhynchosia precatoria è notato già dal Bufalini. ! Tl Collin 2 rileva alcune differenze anatomiche presentate dai semi di Adenanthera pavonina e di Ormosia dasycarpa attualmente in com- mercio, semi simili a quelli dell’AVrus. Egli non fa cenno però dei semi di Rhynchosia phaseoloides che sono quelli che per l'aspetto morfologico si possono più facilmente confondere con i semi delì’Abrus. Prima di incominciare lo studio anatomico dei semi di queste specie daremo un breve cenno sulla descrizione morfologica dei frutti e dei semi. Rhynchosia phaseoloides D. C. Secondo il Baillon ® questa specie appartiene al gruppo delle Papilionacee, come l’Adrus, e al genere Phaseolee. I baccelli di questa specie (tav. 1, fig. 11) sono più brevi e più stretti di quelli dell’Abrus (mm. 20 x mm. 9) e contengono due semi, che nel baccello secco sono nettamente separati da una strozzatura che dà al baccello il profilo di un otto. Essi sono mucronati all’apice. I semi (tav. 1, fig. 9, 10) sono molto simili a quelli dell’ A&rus, ma un po’ più piccoli: infatti essi misurano in media 5 mm. di lunghezza e 4 di larghezza, mentre quelli dell’A8rus sono lunghi 6-7 mm. e larghi circa 5. Date le dimensioni, anche il loro peso è minore ed oscilla in- torno a gr. 0,0793. 1 G. BuFALINI, Proprietà farmaceutiche dell’Jequirity (Boll. Soc. cultori Scienze mediche, Siena, 1883). 2 E. COLLIN, l. c. $ H. BarLLon, Histoire des plantes, vol. 11, Paris, 1869. Sono anch'essi di un bel colore rosso vivace e con la macchia nera lucente, ma questa è assai più estesa di quella dell’Abrus, ricoprendo la metà circa del seme-nella regione opposta alla regione chilariale. Quest'ultima è più estesa longitudinalmente ed è a labbra più sporgenti. Ormosia dasycarpa Jacks. Questa specie appartiene ! al gruppo delle Papilionacee e al genere Sophoree. I baccelli (tav. 1, fig. 8) sono cortissimi, rigonfi, quasi isodiametrici: lunghi mm. 45 e larghi mm. 25; essi contengono un solo seme lungo mm. 13-15 e largo 9-10 mm. I semi (tav. 1, fig. 7) sono molto grossi (quanto un fagiolo), lunghi 12 mm. e larghi 10; il peso medio è di gr. 0,6325. Essi sono di un rosso più o meno vivace e forniti di una larga macchia nera di forma per lo più triangolare, che parte in prossimità della regione chilariale e va assottigliandosi, giungendo fin quasi al- l'apice opposto del seme. La regione chilariale, assai infossata, si trova ad uno dei poli del seme. Adenanthera pavonina Linu. Questa specie appartiene ® \al gruppo delle Mimosee e al genere Adenantheree. I baccelli (tav. 1, fig. 2) sono bivalvi, lineari, molto più lunghi e più stretti di quelli dell’Abrus, per lo più curvati, compressi, gonfi in corri- spondenza dei semi, che sono parecchi e separati tra loro da setti divisori. Le due valve sono arrotolate all'estremità opposta al picciuolo. I semi (tav. 1, fig. 1) sono più grossi di quelli dell’ AZrus, cuoriformi, biconvessi e a margine assai distinto; lunghi mm. 9 e larghi mm. 7; il peso medio è di gr. 0,2363. Il loro tegumento è duro, di un colore rosso meno vivace di quello dell’AZrus. La fossetta chilariale, assai piccola, è posta al vertice più acuto del seme. Questi semi nell'America e nell'Africa tropicale vengono portati dalle donne per ornamento e vengono anche arrostiti e mangiati col riso. * * * Cenni vaghi intorno all’anatomia differenziale di alcuni di questi semi (Adenanthera pavonina e Ormosia dasycarpa) si trovano, come già è stato detto, nel Collin, * ma poichè essi riguardano solamente il te- ! H. BaiLLoN, loc. cit. * H. BAILLON, loc. cit. » E. COLLIN, loc. cit., pag. 69. — 12 gumento (che non entra nelle preparazioni farmaceutiche) hanno poca importanza dal punto di vista farmacognostice. È invece interessante osservare la strattura dei cotiledoni. Rhyncosia phaseoloides D. C. L’epidermide (tav. v, fig. 1) dei coti- ledoni consta di un solo strato di cellule piccole, quadrangolari, quasi isodiametriche, ugualmente ispessite. Gli strati sottostanti (tav. v, fig. 2) constano invece di cellule irre- golari, allungate secondo varie divezioni e munite di pareti con ispes- simenti gibbosi assai distinti ma non molto pronunziati, abbastanza re- golari, in modo da dare alla parete l'aspetto di un rosario. Gli spazi intercellulari sono piccoli e quasi triangolari. Il lume cel- lulare è ampio e ripieno di numerosi granuli d’amido (tav. v, fig. 3) di dimensioni varie, ovali o rotondeggianti, per lo più semplici, talvolta composti. Le stratificazioni sono in essi ben distinte e l’ilo è lievemente eccentrico. Riassumendo dunque: nei cotiledoni della RAyncehosia si osservano: pareti cellulari molto meno ispessite, a ispessimenti più regolari e a lume cellulare assai più ampio che non nell’Abrus precatorius. Assai importante è la presenza dell’amido, che non si riscontra affatto nei semi dell’Abrus. Ormosia dasycarpa Jacks. I cotiledoni di questa specie sono muniti di epidermide (tav. v, fig. 4) a cellule quadrangolari, quasi isodiame- triche e a pareti regolarmente ispessite. Il tessuto sottostante (tav. v, fig. 5) è formato da cellule irregolari le cui pareti sono fortemente ispessite ed il cui Inme cellulare è molto ridotto ed ha forma irregolarmente stellata. Gli ispessimenti sono for- temente gibbosi e molto irregolari. Gli spazi intercellulari sono ridot- tissimi e quasi triangolari. L'aspetto di queste cellule è ben diverso quindi da quello presen- tato dalle cellule analoghe del seme dell’ Abrus precatorius. Adenanthera pavenina Linn. L’epidermide (tav. v, fig. 6) dei cotile— doni è formata in questa specie da cellule piuttosto grandi, quadran- _ golari e pentagonali, allungate normalmente alla superficie del seme e regolarmente ispessite. Il tessuto sottostante (tav. v, fix. 7) è costituito da grosse cellule rotondeggianti o quadrangolari a pareti poco e regolarmente ispessite. Gli spazi intercellulari sono piccoli e triangolari. Il lume cellulare è ampio e contiene grossi granuli d’aleurone con cristalloidi e numerosi cristalli di ossalato di calcio prismatici, ottaedrici, isolati oppure riuniti in druse (tav. v, fig. 8). I cotiledoni di questi semi presentano dunque differenze notevo- lissime da quelli dell’Adrus precatorius, sia per i caratteri delle pareti cellulari, sia per la presenza in essi dell’aleurone e dei cristalli di os- salato di calcio, presenza che serve benissimo a distinguere le cellule cotiledonari dell’Adenanthera da quelle dell’Abrus. REAZIONI CHIMICHE DELLE DIVERSE POLVERI. — Le polveri dei diversi semi di cui si è parlato (ottenute dai soli cotiledoni) danno le seguenti reazioni: Con acido nitrico: Abrus precatorius :* colorazione giallo-canarino, persistente e che non scompare, ma si accentua col calore. Ihynchosia phaseoloides, Ormosia dasycarpa, Adenantiera pavonina : nessuna colorazione. Con tintura di iodio: Abrus precatorius: colorazione gialla che presto svanisce. Rhynchosia phascoloides: colorazione bleu-violetta, dovuta ai nume- rosi granuli d’amido. Ormosia dasycarpa: colorazione rosso-aranciata che scompare dopo un po’ di tempo. Adenanthera pavonina: colorazione giallo-avana persistente. Con eloroformio: Abrus precatorius: colorazione rosa-pallido persistente. Rhynchosia phaseoloides, Ormosia dasycarpa, Adenanthera pavonina : il liquido diventa opalescente. CARATTERI DIAGNOSTICI DELLA POLVERE DI Abrus precatorius L. — In una polvere ottenuta da soli cotiledoni di Abrus precatorius si dovranno dunque osservare i seguenti elementi: 1. Frammenti di tessuto epidermico cotiledonare, formato da cellule assai piccole, poliedriche, quasi isodiametriche (tav. v, fig. 9). 2. Frammenti di tessuto cotiledonare (tav. v, fig. 10), le cui cel- lule un po'allungate hanno forma rotondeggiante o poliedrica, lume cel- lulare non molto ampio e pareti a ispessimenti gibbosi, limitati lateral- mente da canaletti di comunicazione tra cellula e cellula. 3. Elementi fibro-vasali. 4. Numerose goccie d'olio riconoscibili al color rosso che assu- mono per trattamento con tintura di Alcanna. 1 G, PoLLace, Sull’Abrus precatorius L. (Accad, Lincei, xxI, p. 420), 1912, MAS Questa polvere non dovrà invece contenere: *! 1. Cellule a pareti con piccoli ispessimenti gibbosi regolari (ta- vola v, fig. 2) (RRynchosia phaseoloides). 2. Granuli d’'amido (tav. v, fig. 3) (R7ymehosia phaseoloides). 3. Cellule a pareti fortemente e irregolarmente ispessite (tav. v, fix. 5) (Ormosia dasycarpa). 4. Cellule a pareti poco e assai regolarmente ispessite (tav. v, fig. 7) (Adenanthera pavonina). 5. Granuli d’aleurone e cristalli d’ossalato di calcio (tav. v, fig. 8) (Adenanthera pavonina). Per quanto riguarda l'esame chimico, la polvere di Abrus dovrà colorarsi: ; Per trattamento con acido nitrico: in giallo-canarino (colorazione stabile). Per trattamento con tintura di iodio: in giallo (colorazione labile). Per trattamento con cloroformio: in rosa pallido (colorazione stabile). Al chiarissimo prof. Giovanni Briosi che a tali ricerche mi indusse, i miei migliori ringraziamenti. ! Nell’elenco che segue mi riferisco naturalmente solo alle sofisticazioni fatte con semi di Ahynchosia, Ormosia e Adenanthera, che più assomigliano ai semi di Abrus. Istituto Botanico di Pavia, gennaio 1913. Fig. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAvoLA I. 1. Semi di Adenanthera pavonina L. (gr. naturale). 2. Baccello di Adenanthera pavonina L. 3-5-6. Semi di Abrus precatorius L. (gr. naturale). 4. Baccelli di Abrus precatorius (gr. naturale). 7. Semi di Ormosia dasycarpa Jacks. (gr. naturale). 8. Baccello di » » » » » 9-10. Semi di Z2hynchosia phaseoloides D. C. (gr. naturale). 11. Baccello di » » » » » Tavoca Il. 1. Sezione trasversale del tegumento del seme dell’Abrus precatorius, nella parte opposta al chilario (oc. 4, ob. 8): #2, membrana; 2, linea lucida; a, cellule malpighiane ; 6, cellule a colonna; e, strato profondo. 2. Cellule del parenchima stellato nella regione chilariale (oc. 4, ob. 8). . Sezione tangenziale delle cellule malpighiane (oc. 4, ob. 8). . Strato endospermatico (in sezione tangenziale) (oc. 4, ob. 8). . Sezione trasversale nella regione chilariale (oe. 4, ob. 8): a, cellule mal- pighiane; 4, cellule di rinforzo; e, elementi parenchimatici morti del funicolo; d, funicolo; e, terzo strato di cellule malpighiane; #, lamina chilariale. ua vo TavoLa III. 1. Porzione di sezione trasversale del tegumento nella regione chilariale {molto ingrandita): 4, cellule malpighiane ; d, cellule di rinforzo; €, ele- menti parenchimatici morti del funicolo; 7, tessuto compatto a cellule poliedriche; g, tessuto a cellule stellate; 7, linea lucida. 2. Sezione trasversale della lamina chilariale (molto ingrandita): 7, lamina; î, guaina. 3. Strato profondo del tegumento nella sezione trasversale della regione chilariale. 3 4. Sezione trasversale del micropilo (camera lucida, oc, 4, ob. 4). jo 1g. » — 16 = TavoLa IV. . Sezione longitudinale del tegumento nella regione chilariale (camera lu- cida, oc. 4, ob. 4): @, cellule malpighiane; d, cellule di rinforzo ; f, fascio fibro-vasale; %, lamina chilariale. Sezione trasversale dei tubercoli gemini (oc. 4, ob. 4): a, cellule mal- pighiane; /, fascio fibro-vasale; s, fessura intratubercolare. Sezione trasversale di un cotiledone (figura schematica, oc. 1, ob. 1). Embrione del seme di Abrus precatorius: p, piumetta; 7, radichetta. TavoLa V. Sezione trasversale di cotiledone di £Aynchosia phaseoloides: cellule epi- dermiche (oc. 4, ob. 8). Idem: cellule cotiledonari (oc. 4, ob. 8). Granuli d’amido isolati. Sezione trasversale di cotiledone di Ormosia dasycarpa: cellule epider- miche (oc. 4, ob. 8). Idem: cellule cotiledonari (oc. 4, ob. 8). . Sezione trasversale di cotiledone di Adenanthera pavonina: cellule epi- dermiche (oc. 5, ob. 8). Idem: cellule cotiledonari (oc. 5, ob. 8). Cristalli di ossalato di calcio. Sezione trasversale di cotiledone di Abrus precatorius: cellule epidermi- che (oc. 4, ob. 8). 10. Idem: cellule cotiledonari (oc. 4, ob. 8). ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITA DI PAVIA E LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI SULLA GERMINABILITÀ DEL RISO (ORYZA SATIVA) E DEL GRANTURCO (ZEA MAYS) IN RAPPORTO ALLA TEMPERATURA ED ALLA UMIDITÀ. RICERCHE della Dott. ANNA DA FANO. Le presenti ricerche, suggeritemi dal chiar."° prof. Giovanni Briosi, nel eni laboratorio vennero eseguite ed al quale mi è grato porgere i più sentiti ringraziamenti, mirano a portare un contributo alla questione dell’essicecamento artificiale dei cereali da molto tempo studiata e non ancora completamente risolta. Il problema è assai complesso e la sua ap- plicazione pratica con mezzi meccanici (essiccatoi) dovrebbe essere su- bordinata a quelle ricerche di fisiologia vegetale che sole ci possono suggerire le condizioni migliori di un buon essiccamento. Le cause che possono influenzare il potere germinativo di un seme sono varie e molteplici, quali le radiazioni luminose e calorifiche, l’umi- dità, la presenza di ossigeno libero e di altri gas;in via secondaria i sali, gli acidi, le sostanze concimanti, le sostanze radio-attive che si possono trovare nel terreno, le condizioni meteoriche e le influenze elettriche alle quali i semi possono essere sottoposti. L'azione che questi diversi coefficienti hanno sul potere germina- tivo dei semi in generale, è stata oggetto di studio da parte di nume- rosi scienziati; io ho ripreso a trattare l’argomento limitandolo però all'influenza che il grado di temperatura e la percentuale di umidità possono avere sulla germinabilità dei semi di alcune varietà di riso (Oryza sativa) e di granturco (Zea Mays). L'importanza di tali ricerche si rende manifesta quando si pensi ai danni ai quali vanno soggetti i semi per un essiccamento inadatto 0 non completo ed alle malattie che, per l’uso di tali semi, possono deri- varne all'uomo. Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Serie II, — Vol. XVI. — gr Le conclusioni cui sono giunta potrebbero venire applicate oltrechè al problema della germinabilità, ad un altro problema d'importanza pra- tica, e cioè alla determinazione dell’influenza che l’essiccamento al quale i semi vennero sottoposti può avere sulla loro resistenza fisica. Esse vanno messe in rapporto col problema meccanico della pilatura e della brillatura del riso, operazioni alle quali è legato il valore commerciale del cereale. Di questa questione essenzialmente pratica mi occuperò in ulteriori ricerche. La ricerca dei minimi e dei massimi di temperatura entro i quali avviene la germinabilità di un seme risale alla prima metà del se- colo XIX, epoca nella quale Sachs! pubblicava il suo lavoro in propo- sito per i semi di Zea Mays (varietà cinquantino). In seguito numerosi autori, in ulteriori pubblicazioni susseguentisi fino a questi ultimi anni, determinavano tali limiti per i semi delle più svariate specie e varietà di piante. AI fine di risparmiare una lunga enumerazione di lavori già noti, mi limito a riassumere nelle seguenti brevi proposizioni lo stato della questione quando iniziai il presente lavoro: 1.° Le basse temperature danneggiano meno delle elevate il po- tere germinativo dei semi; questi germinano ancora, per la maggior parte, alla temperatura bassissima di 0°C., come risulta dalle espe- rienze di Kerner?e di Uloth *. Fanno eccezione i semi di Zea Mays che, secondo Sachs 4, presentano come temperatura minima di germi- nazione 2°,8 C., quelli di alcune piante alpestri e pochi altri per i quali tale temperatura minima s’aggirerebbe intorno ai due gradi centigradi. 2.° Il valore dell’optimum di temperatura per la germinazione dei semi è notevolmente diverso a seconda delle varie specie. L’oscillazione più ampia va da 25° (Lehemann) ?, a 121° C. (Dixon) °. ! SacHs, Physiologische Untersuchungen iiber die Abhingigheit der Keimung von der Temperatur (Jahrbiicher fin Wissenschaftliche Botanik - Pringsheim), Ber- lino, 1860. ? KERNER, Veber die zu Keimen der Pfanzensamen nothwendige Temperatur (Bot. Ztg., pag. 437), 1873. s ULora, Veber die Keimung von Pfanzensamen in Eis (Flora, pag. 266), 1875. 4 SACHS, 0p. cit. 5 LEREMANN, Zur Keimungsphysiologie und Biologie von ‘* Ranunculus sce- leratus L.,, und einigen anderen Samen (Ber. deut. Bot. Ges., pag. 476, Vol. xxviI), 1909. © Dixon H., resistance of seeds to high temperatures (Annals of Botany, pag. 590, Vol. xvr), 1902. — 19 3.° Anche per quanto riguarda il massimo di temperatura soppor- tabile dai semi, si hanno variazioni considerevoli a seconda delle varie specie. Si nota infatti che mentre per alcune specie una data tempe- ratura è favorevole alla germinazione, per altre questa stessa tempe- ratura è assolutamente nociva. Così per esempio, mentre una tempera- tura compresa fra i 60°C. e gli 80°C. diminuisce già la percentuale di germinazione del Triticum sativum (Krasan) !, per la Medicago arabica bisogna arrivare fino ad una temperatura di 130° C. perchè si noti tale abbassamento nella percentuale dei germinati (Schneider-Orelli) ?. 4° La germinazione è favorita in alcune specie, quali il Ver- bascum thapsiforme, l' Epilobium hirsutum e alcune varietà di conifere, da lievi sbalzi di temperatura compresi tra i 18%-25°C., come risulta da ripetute esperienze di Lehemann *. Più caratteristico ancora è il comportamento dei semi della Ve- ronica longifolia i quali, portati prima ad elevata temperatura, poi a bassa ed in seguito di nuovo ad alta, germinarono meglio di quelli tenuti a temperatura costante. È da notare però che questo risultato era influen- zato dall'azione della luce. Altre specie invece, come tutte le graminacee (Burschard) *, sono grandemente danneggiate da un riscaldamento intermittente. Abbiamo infine il Trifolium e la Beta (Eidam)?, che non risentono nè danno nè vantaggio da tale azione. 5.° I semi sono variamente influenzati dall’azione di un riscalda- mento a temperatura elevata quando sono immersi nell'acqua. General- mente però i semi sopportano temperature anche elevate purchè l’azione non sia troppo prolungata; la durata cioè del riscaldamento deve essere sempre in ragione inversa del grado di temperatura. Così, mentre i semi di conifere sono influenzati favorevolmente da un riscaldamento in acqua ! Krasan F., Welche Wirmegrade kann der Weizensame ertragen, ohne die Keimfihigkeit zu verlieren? (Akad. der Wiss., I Abtheil., Lxvin), 1875. ? Scungiper-OreLLI O., Versuche iiber die Wiederstandsfiihigkeit gewisser * Medicago-samen ,, (Wollkletten) gegen hohe Temperaturen (Flora, 100, pag. 305), 1910. ? LEHEMANN, Zemperatur und Temperaturwechsel in ihrer Wirkung auf die Keimung lichtempfindlicher Samen (Ber. deut. Bot. Ges., pag. 577, Vol. xx1x), 1911. LeneMAnN, Veber die Becinflussung der Keimung lichtempfindlicher Samen durch die Temperatur (Zeitschr. f. Bot., pag. 465, Vol. 1v), 1912. ‘+ Burscnarp, Veber die Temperatur bei Keimwversuchen (Oesterreich, Landw. Wochenbl., pag. 294, N. 35), 1894. ® Eipam, Ueber den Pinftuss wechselnder Peuehtigkeit umd Temperatur auf Keimung der Grassamen und Itunekelniinel (Schles, Ges., Bd, 61), 1888, TO) a 60°C. per un tempo limitato, risentono invece un danno da un ri- sealdamento in acqua a 60°C. quando l’azione duri 18 ore (Moltschanow)!. Anche la Medicago arabica presenta un comportamento analogo : il potere germinativo distrutto da un riscaldamento in acqua a 98° C. per 7 ore, permane ancora dopo un riscaldamento nelle stesse condizioni a 120°C. per mezz’ora (Schneider-Orelli) ?. 6.° La precedenza di sviluppo della radichetta sulla piumetta e viceversa è regolata dalla quantità d’acqua contenuta nell'ambiente dove il seme è stato posto a germinare. In presenza di poca acqua la radi- chetta si sviluppa prima della piumetta (Akemine) ©, mentre se la ger- minazione avviene sott'acqua i termini si invertono (Yokoi) 4. Ricerche sperimentali. — I semi di Oryza sativa e di Zea Mays da me adoperati provenivano da cascine dei dintorni di Pavia. Essi erano stati preventivamente essiccati in essiccatoio oppure sull’aia, con- dizioni delle quali tenni naturalmente conto. Non sottoposi mai i semi, prima dell’inizio delle mie esperienze, a nessun trattamento speciale a scopo di disinfezione ; soltanto, con prove preliminari, escludevo addi- rittura le varietà che davano una percentuale troppo bassa di germi- nazione dovuta al fatto che i semi, non appena venivano a trovarsi a contatto dell'umidità, rapidamente ammuffivano. Per la determinazione dei valori della germinabilità di tali semi usai i noti germinatoi del Cugini previamente sterilizzati; durante tutto il tempo che durarono le mie esperienze tenni tali germinatoi in la- boratorio ed alla temperatura ambiente, che si mantenne quasi sempre costante intorno ai 22° - 23° C. Di ciascuna varietà presi parecchi lotti di 50-100 semi ciascuno, mettendo due lotti in germinatoio a temperatura normale e successiva- mente sottoponendo diverse coppie di due lotti a temperature crescenti di 30°-40°-50°-60°-70°-80°-90° C. per 1-2-3 ore, usando a tale scopo ter- mostati ad acqua muniti di termo-regolatore. Dopo tale trattamento po- nevo anche questi diversi lotti in germinatoi Cugini. 1 MoLTscHaNnoW, £influss der Erwcirmung der Samen von ‘ Pinus silvestris ,, auf ihre Keimung (Mittheilungen der Land- und Fortwirthsch. Akademie zu Pe- troskoé), 1880. ? SCHNEIDER-ORELLI O., op. crt. 3 AKEMINE M., Ueber die Keimung von * Oryza sativa ,, (I u. II Teil-Sep. Aus. ‘ Sapporo Noringakkwaiho ,,, 22 u. 13 pp. Japanich), 1910-11. 4 Yokor T., On the Development of the Plumule and Radicle of Rice-Seed with Various Quantitaties of Water in the Germinating Medium. (Bull. College of Agricult., pag. 482, Vol. mr), 1898. = Il potere di germinabilità veniva determinato in base alla per- centuale dei semi germinati in un dato periodo di tempo la cui durata era arbitraria perchè i semi venivano lasciati in germinatoio fino a che non ne germinava più alcuno. Sottoponevo inoltre un terzo lotto, esat- tamente pesato, di 25 semi a temperature varianti e crescenti da 30°-40°....90°C. per 1-2-3 ore; poi tornavo a pesarlo per determinare la quantità di acqua perduta e direttamente lo mettevo in termostato ad aria mantenuto alla temperatura costante di 105° C., fino a peso co- stante. Ripesando i semi ottenevo la quantità d’acqua che questi ave- vano perduta nel passaggio rispettivo da 30°-40°-50°.... 90° fino a 100° C. Così di ciascuna varietà determinavo: 1.° la germinabilità a temperatura ambiente ed a temperature varie e crescenti con durate di tempo comprese tra una e tre ore; 2.° le quantità d'acqua perdute dai semi prima che venissero messi a germinare; 3.° quella che nei semi rimaneva e della quale usufruivano du- rante il processo di germinazione. Risultati delle esperienze. — Espongo nelle seguenti tabelle i risultati ottenuti con cinque varietà di Oryza sativa e con tre varietà di Zea Mays. In essa sono riportate: 1.° le percentuali di germinabilità in rapporto alle diverse tem- perature ed alla durata del periodo di riscaldamento; 2.° le percentuali di umidità perduta dai semi durante tale ri- scaldamento; 3.° la percentuale di umidità rimasta nei semi, in base alla quale si otteneva un numero maggiore o minore di semi germinati. Tali percentuali mi offrono dati sufticienti per rappresentare gra- ficamente il modo di comportarsi delle singole varietà in dipendenza dei due coefficienti: umidità e temperatura a mezzo di diagrammi dei quali dò la spiegazione immediatamente dopo le tabelle corrispondenti, perchè tale spiegazione serve a interpretare le tabelle stesse. MOMPELABare i ten |l Durata del riscaldamento | 23” (Temperatura ambiente) ORYZ Varietà Ranghi Germmabpilità rn. so ate 15 °/o Umidità perduta dai semi du- rante il riscaldamento . . . UMIAL'ASTINIASta RI SR Nella Tav. VI, Fig. a-b, è rappresentato graficamente il comporta- mento di questa varietà. La Fig. a ci rappresenta le variazioni della germinabilità in rapporto alla temperatura e alla durata del riscalda- mento; la Fig. 5 ci dà invece le variazioni dell’umidità.! Come si vede da queste grafiche il riso ranghino essiccato all’aia presenta un massimo di germinabilità in corrispondenza del riscalda- ! In tutte le tavole sono riportati sull’asse delle ascisse i valori delle tempe- vature e quelli dei rispettivi tempi di durata del riscaldamento e sull’asse delle or- dinate le percentuali della germinabilità (Fig. a-c-e-9) e dell’umidità (Fig. b-d-f-h). — Le linee tratteggiate uniscono i punti corrispondenti ai valori massimi e mi- nimi della grafica. 0%o 13.11 °% 40)” 3 2 ore ore 78% 84°/ | 60 | 321% 3.85 %/, | 3.8 9.65%|9. 10.01%, ATIVA. siccata all’aia. 50° 60° 70° 80° 90° | De]. 8 1 2 3 l 2 3 1 2 3 1 | ore ore | ora ore ore ora ore ore ora ore ore ora | | 56% | 54% | 64% | 60%] 44% | 72% | 64% | 60% | 40% | 24% | 18°%%| 0% o lo | 4-14°/0|:4.28°%/ | 5.85 0/0 [6-51 °/0| 7.02 °% {7.048°/0| 710%] 7.20%0| 7.24 %0|7.61°%|8.53 %|8.85%/o | 0|6-008%5] 5.89 °/o | 5.85 % | 5.589/, [5.409°/,|5.08 °/ lo (9-075°/,| 8.93 ‘n 8.51 °/018.43 °/0|7.23%,| 6.27 °/ mento subito a 40° C. per due ore (84"/,), e un minimo in corrispon- denza del riscaldamento subito a 80°C. per tre ore (18°/,). A 90° C. per un’ora, questa varietà perde completamente il potere germinativo. Percentuali maggiori di quella ottenuta a temperatura ambiente (75 °/,) si hanno anche dopo aver tenuti i semi in termostato a 30° C. per due e per tre ore (76°/, - 78°/,) ed a 40°C. per un’ora (80 °/y). Al mas- simo di germinabilità non corrisponde evidentemente il massimo della percentuale d’acqua contenuta nel seme posto a germinare (9.65 °/;). Le ORYZ, Varietà vialone net 30° 40° | Membperature: e ot e a 238 | | (Temperatura ambiente) | LALA OPTA Sii —_| | I 9 3 l 2 ll Durata del riscaldamento . .......-...... | ora ore ore ora ore Gesmmnabplitari 8, ASLio 73 fe 80% | 83% 86.5 %, 69%, 75%, Umidità perduta dai semi du- o ARiondle o) |9gq0 9g0) | 2500 rante il riscaldamento . . . 0° 1.98%o|2.41%| 2.81 %|3-28%| 3.50 |36 Umiditastimasta et. (OS 21.20% 12.88°/,|12.12°/,[11.63 %|11.27°%|11.01°/|108 Nella Tav. VI, fig. c-d, è riprodotto graficamente il comportamento di questa varietà a mezzo di due diagrammi rappresentanti l’uno la germinabilità (Fig. c), l’altro l’umidità contenuta nei semi (Fig. 4). Come si vede da queste grafiche, la varietà vialone nero essiccata all’aia pre- senta il massimo di germinabilità in corrispondenza del riscaldamento subito a 30° C. per tre ore (86.5 °/,) ed il minimo sempre in corrispon- denza del riscaldamento subìto a 80° C. per tre ore (20 °/,). Si mantiene costante il carattere della perdita di ogni potere germinativo dopo la permanenza di un’ora in termostato alla temperatura di 90° C. Percen- tuali di germinabilità che superino quella ottenuta alla temperatura DE e ATIVA. siccata all’aia. 60° 10° 800 90° | 1 3 1 2 3 1 2 3 1 ore ora | ore ore ora ore ore ora ore ore | ora es | re SA 13% | 14% | 19% | 70% | 63% | 16% | 72% | 30% | 25% | 20%] 0% lo 14-05 °/014-20 °/o 434% | 4.51 °/0| 493% [5-96 °/0[ 7.07 %|7.85%0|8.15°%|8.27%|9-09 911% 10.50°/,|10.11°%/, 9.52 %|9.05%|8.44% [8.01 °/| 6.99 °/,/6.03 °/3 [5.69 %0[5.35%/0|4.98%0|4:30% ambiente (73 °/,) si hanno corrispondentemente a 30° C, per una e per due ore (80 °/,- 83%); a 40° C. per due e per tre ore (75 °/-77%); “a 50° C. per tre ore; a 60°C. per una e per due ore (74°/, - 79 °/o); a 70° C. per due ore (76 °/,). — Al massimo di germinabilità non cor- risponde il massimo di percentuale di acqua contenuta nei semi posti a germinare (11.63 °/,). 26 Temperature ORYZ Varietà vialone n Bet e 23° 300 | 400 (Temperatura ambiente) | 1 2 3 1 | 2 Durata del riscaldamento . . ............ | | ora ore ore ora ore | Germinabilità 0 soi 83%, 19%, 16% SSIS 9 | 85% | 6 il ® a Umidità perduta dai semi du- n DINO sZarAlo cola 990 2Q0! rante il riscaldamento . . 0°lo 199 lo | 2.270 | 2.83%o | 3.526/0| 3.090 (8 Umidità rimasta... ...... 14.05 % 12.93°/5| 12.44°%/0|11.59°/0|11.20%| 11% |10%8 | Nella Tav. VI, Fig. e-f, sono riportate le grafiche corrispondenti alle variazioni della germinabilità e dell'umidità in rapporto alla tem- peratura e al tempo. Anche in questo caso la varietà vialone nero presenta un massimo di germinabilità in corrispondenza del riscaldamento subìto a 30° C. per tre ore (88 °/,) ed un minimo dopo un riscaldamento a 80°C. per tre ore (24°). Altra percentuale di germinabilità elevata, superante quella presentataci a temperatura ambiente (83 °/,), abbiamo in corrispondenza di 40° C, per due ore (85 °/,). Si ha, a questo riguardo, un comporta- pe?" UT rs iccata in essiccatoio. 500 60° 70” 80° 900 2 3 ua 3 1 9 3 1 2 3 1 ore ore ora ore ore | ora ore | ore ora ore ore ora | | | | Ì | 3.84%0/4.06%, | 4.13% Ri | I mento diverso da quello dei semi della stessa varietà essiccati all’aia che presentavano invece numerosefpercentuali di germinabilità elevate. — I) potere germinativo vien meno costantemente per un riscaldamento a 90°0. per un’ora. — Anche in questo caso in corrispondenza del massimo di germinabilità non si ha il massimo del quantitativo d’acqua contenuto nel seme posto a germinare (11.59 °/,). 4.49%/,|5.85°/016.68°%/ | 7.14° | 7.55 %o | 7.86%o|8.42°% | 8.58%/n | 8.94% | 10.30°/,/10.02°/p| 9.80°/, | 9.65°/0 8,20% | T.17°%/0| 6.46% | 6.07°% | 5.71°/5|5.42°% [529% | 478% || = SORA ORY4Z4 Varietà chin PETE —_ | ilLemperature + +. 93° 300 400 | | (Temperatura ambiente) | = = —r —- | | | E eZ 3 1 2 | Durata del riscaldamento... 6... Germinabilità ... ........ 80/5 (RR nina dai semi (0a; 0% 2.30%, | 2.49 %|3.10%/, |3:25%, |3.41%, [31 (o Umidità rimasta... ...... 14.91°%/, 12.74°/,|12.29°/|12.12%/|11.39%/p|11.14°% Le variazioni della germinabilità e dell'umidità in questi semi sono rappresentate dalle Fig. g-% della Tav. VI. Anche questa varietà presenta il massimo di germinabilità costan- temente in corrispondenza del riscaldamento subìto a 30°C. per tre ore (88°/,) ed il minimo in corrispondenza del riscaldamento a 80° O. per tre ore (21°/,). Si hanno altre percentuali di germinabilità elevate, superanti quella ambiente (80 °/,), in corrispondenza di 30°C. per una o) e per due ore (81°%,- 82°), come pure in corrispondenza di 40° C. per te e dre SA PPS): iccata all'aia. eicar ii Ù J 60° 700 800 900 | | tes :01-2 3 1 2 3 1 2 3 l ora ore ore ora ore ore ora ore ore ora IS | 15% | 70% | 78% | 79% | 77°lb | 61°% | 76% |57% | 48% |32% | 21% 0% | | | 6 |4-100/0| 4-42%/, [4.58 %/0 [5.03 °/ [5.90 °/o | 6.46 °/0 16.85 %/o [7.46 %/o [7.55 %o|7.91%0|8.37°%|856%/a | I 9.90 °/019.69°/,|9.53 "09-11 °o 8.46 °/o | 8.03 °/0|7.60%/16.72%5|6.67 °%/ |5.89°%/0|5-16 °/0|4-98 °|| i | | Ì una e per due ore (81 °/,-86°/,). La perdita di germinabilità si veri- fica sempre in corrispondenza di un riscaldamento subìto a 90° C. per la durata di un'ora. Si verifica anche in questo caso che al massimo di germinabilità non corrisponde il massimo della percentuale d’acqua con- tenuta nel seme posto a germinare (12.12 °/;). 90 Ilemperaburenta\. e 230 300 408 | | (Temperatura ambiente) | I) | Il ] 9 3 | 2 ll Durata del riscaldamento .......... 3. | | ora ore ore ora ore = [e] ne DS » _ z = noe he = | Il | Umidità perduta dai semi du- | rante il riscaldamento . . . 0% 2.13%/ | 2.30% | 2.99°/ | 3.16% |3.87% | | Umidità rimasta ........ 18.62%, 12.53%/0/11 79%/|11-40°%/|11.23%,|11.07%0 | Nella Tav. VII sono riportate le grafiche corrispondenti alle varia- zioni delle percentuali di germinabilità e di umidità (Fig. a-8). Il mas- simo di germinabilità si trova, anche in questo caso, in corrispondenza del riscaldamento subito a 30°C. per tre ore (87 °/,) ed il minimo è co- stante in corrispondenza di 80° C. per tre ore (22 °/,). Un'altra per- centuale di germinabilità, superiore a quella ambiente (78 °/,), si ottiene in corrispondenza del riscaldamento subìto a 40° C. per due ore (79 °/,). Si osserva anche in questo caso, come si è visto per il vialone nero es- siccato in essiccatoio, che, mentre dopo l’essiccamento all’aia si otten- gono numerose percentuali di germinabilità elevate, dopo l’essiccamento SSA siccata in essiccatoio. 60° 70° 80° | 90° 1 2 1 2 3 1 2 3 1 ore ora ore ora ore ore ora ore Oreni ora bi | 60% | 74% |- 71% 65% | 68% | 61% | 41% | 35% | 22%| 0% Me; |--—s seen | 3.88%, | 4.06%/o | 4.10% |5.42°%/o |5-99°%/o | 6.96%/ | 7.03%/, | 7.95%/0{8.10% | 8.209 | 851% |8.81% | A | | 10.529%/|10.41°/,|10.23°/019.001%5| 8.56%’ | 7.74% | 743% | 7.03% | 6.40%/ | 6.24°% |5.61% |5.23% | in essiccatoio se ne ottiene (oltre al valore massimo) una sola in corri- spondenza di 40° C. per due ore. Dopo un riscaldamento a 90° C'. per la durata di un'ora anche i semi della presente varietà perdono ogni po- tere germinativo. Come ho già notato in tutti i casi precedenti, al mas- simo di germinabilità non corrisponde evidentemente il massimo della percentuale d’acqua contenuta nel seme posto a germinare (11.40 %). | Temperature . .. .. 230 30° 40° (Temperatura ambiente) NI a] II RI Se | Î O 3 I 9 | Durata del riscaldamento . ...... | | | ora ore ore ora ore . . | | n | Germinabilità .... | SAN 208/a D2falra | MEZSao 20% 34°/o Î = I | Umidità perduta dai | | | semi durante il 080 1059/00 MN 109!9/ 512031 I 22 670/25 0N0E Il riscaldamento Umidità rimasta ...| 13.869, | 12.81%,|12.11%, | 12,04%, | 11.169 | 1087% . Le grafiche corrispondenti a questa tabella sono riportate nella Tav. VII (Fig. c-germinabilità; Fig. d-umidità). — È da notare che questa varietà era molto deteriorata per eccessiva permanenza nell’aia, tantochè, nonostante l’accurata sterilizzazione dei germinatoi, dopo al- cuni giorni i semi rapidamente ammuffivano. Tuttavia ho proseguito anche su questa varietà le mie ricerche perchè nella pratica non è escluso il caso che venga acquistata, come granoturco da semina, una varietà deteriorata o per malattie o per azioni fisico-chimiche alle quali sia stata sottoposta ad arte. Date tali condizioni non è strano che la media di germinabilità si mantenga, in questo caso, costantemente bassa. Pur tuttavia si ha un massimo in corrispondenza del riscalda- mento a 40°C. per due ore (34°) ed un minimo in corrispondenza del riscaldamento a 70°C. per tre ore (12 °/,). Altro valore elevato, uguale però, a quello ottenuto a temperatura ambiente (32 °/,) ci è dato in cor- rispondenza di 30°C. per tre ore (32 °/,). Riscaldando il seme a 80°C. per un’ora, esso perde completamente ogni facoltà germinativa. Come nelle diverse varietà di riso, anche nel granoturco si nota che in cor- BEY S. iccata all’aia. 600 70° 80° sea 3 1 2 3 I ore | ora ore ore ora ore ore ora 20% | 20% | 10%, | 18% | 16% | 14% | 12% | 0% 2.92%/, | 3.001°/, | 3.89%/, | 4.94°/, | 5.12%, | 5.22% | 5.30% | 546%, 9.80%/, | 9.52°/, | 940°, | 9.11°%, | 8.13% | 7,62%, | 7.23% | 6.90% rispondenza del massimo di germinabilità non si ha la massima per- centuale d’acqua contenuta nel seme posto a germinare (10.87%). — Dall’osservazione del diagramma ec si nota inoltre come un riscaldamento a temperature relativamente basse (30°-40°-50°C.) sia più favorevole alla germinabilità dei semi quando duri per un tempo più lungo (due ore) piuttosto che quando la sua azione sia limitata ad un’ora sola. A 60° C. e a 70°C. i termini si invertono, conformemente a quanto ho già fatto notare, cioè che temperature e tempi stanno fra loro in ra- gione inversa e che la germinabilità presenta variazioni che sono in ragione composta di questi due coefficienti. Per tre ore il comporta- mento è vario, ma questo fatto è giustificato dalle condizioni particolari del seme. Infatti, in linea generale, la germinabilità dopo tre ore di riscaldamento è maggiore di quella presentata dopo una, due ore di riscaldamento ad uguale temperatura. Questo probabilmente perchè il permettendo quindi un migliore sviluppo dell'embrione. Atti dell'Ist, Bot. dell'Università di Pavia — Serie II — Vol. XVI, 8 calore ha avuto una azione sterilizzante sul seme, uccidendo le muffe e | Temperature . . . . . | 23° 30° 40° (Temperatura ambiente) | | I 9 3 1 9 | Durata del riscaldamento . . ; | | ora ori ore ora ore | il | | | Germinabilità. . . . . 90% 87%, | 88% | 92% | 88% | 93% | | | Umidità perduta dai È Ù | | semi durante il 0% 1394/51 | 188/96 | *2109/5 | 2260/08 IS? 00 | riscaldamento | | | | | Umidità rimasta. . . 12.78%o 11.68% | 11:07°% | 10:90% | 1071% | 10:60%; | Ì | Le variazioni delle percentuali di germinabilità e di umidità di questi semi sono riportate nella Tav. VII (Fig. e-germinabilità; Fig. f-umi- dità). Anche questa varietà presenta un massimo di germinabilità in corrispondenza del riscaldamento subito a 40° C. per due ore (93 °/,) ed un minimo in corrispondenza del riscaldamento a 70° C. per tre ore (2°/). Percentuali notevolmente alte, superiori a quella ottenuta alla temperatura ambiente (90 °/,), si osservano in corrispondenza di 30° C. per tre ore (92 °/,) e di 40° C. pure per tre ore (91 °/;). Per ri- scaldamento ad 80° C. per un’ora i semi della presente varietà perdono la facoltà di germinare. Inoltre si nota, come sempre, che al massimo di germinabilità non corrisponde un massimo nel valore della percen- tuale d’acqua contenuta nel seme messo a germinare (10.60 °/y). Dall’osservazione della grafica relativa alle variazioni dei valori di germinabilità nella presente varietà si conferma quanto ho detto per la varietà precedente; intatti quando la temperatura alla quale vengono sottoposti i semi supera di poco quella ambiente (nel nostro caso 30° C., Reza 35 a siccata in essiccatoio. n È 60° 70° 80° 1 2 3 1 2 3 di ora ore ore ora ore ore ora 87% 90% 86°, 60%, 34% 2% 0% 4,64% | 495% | 5-21°% | 547% | 5-69% | 605% | 648% 8.60% | 8.46%, | 7.95%% | 768% | 7.51% | 7.47% | 730% | 696% | 6.06%; essendo 23° C. quella del mezzo ambiente), si può prolungarne l’azione fino a tre ore, ottenendosi percentuali di germinabilità più elevate proporzionalmente alla maggior durata di tempo, quando però rimanga costante la temperatura. Aumentando questa (40°-60° C.), il riscalda- mento per due ore è il più favorevole ai semi. A 70° C. la durata del riscaldamento deve essere ancora più limitata, cioè di un’ora sola. db Z EI Varietà maggeng Temperature . . ... 230 30° 40 (Temperatura ambiente) | 1 E 3 I aa Durata del riscaldamento . . . .... A ora | ore | ore ora ore Pe Se. iS asl Germinabilità 92% 93% | 94% | 93% | 92% | 95% i | | Umidità perduta dai | semi durante il 0% L68009 | 251500) IN 216489) 2730/28 | riscaldamento il | RICA] ESD || Umidità rimasta. . . | L'A UZARIO MRS SUSE LINO4:8/5 | 10.79%/ | 10.67% | 10.4 | | | Ì Nella Tav. VII, Fig. g-4, sono rappresentate in due diagrammi le variazioni della germinabilità e dell’umidità in funzione della tempera- tura e della durata del riscaldamento. Come si vede, anche in questa varietà si mantiene costante il massimo di germinabilità in corrispon- denza del riscaldamento subìto a 40° C. per due ore (95 °/,) ed il mi- mimo in corrispondenza del riscaldamento a 70° C. per tre ore (38 °,). Percentuali elevate di germinabilità che superino oppure eguaglino quella ottenuta a temperatura ambiente (92 °/,) si hanno in corrispon- denza di 30° C. per una, due, tre ore con percentuali rispettivamente di 93% -94°%,-93%; di 40°C. per una e per tre ore (92°/, in en- trambi i casi); di 50° C. per due ore (92 °/,); di 60° C. per due ore (93°/,). Elevando la temperatura fino a 80°C., i semi perdono il potere ger- minativo..In questo caso, come nei precedenti, il :massimo di germina- bilità non corrisponde al massimo di contenuto in acqua del seme posto a germinare (10.67 °/,). Dall’osservazione della grafica g si può dedurre come in questa va- rietà si abbia un’oscillazione ritmica dei valori della germinabilità. In- AYS. semina. 60° 700 80° l 2 3 1 2 3 1 ora ore ore ora ore ore ora 92 lo 91 93% 91% 63 °/o 44% 38% 0° °lo 381% | 401% | 426% | 443% | 459% | 481% | 490% | 5.13% | 5.63% | Ela | 9,32% | 9.19°% | 8.88% | 874% | 851% | 841% | 8-:19% | 7.82% | ©64% fatti per riscaldamenti varî e costanti da 30°C. fino a 60° C. i semi presentano due minimi di germinabilità in corrispondenza del riscalda- mento per una e per tre ore ed un massimo iu corrispondenza delle due ore. Si vede quindi che l’essiccamento da 30° C. fino a 60° C. è favo- revole al seme nel caso che esso agisca per un tempo medio limitato. Durate di tempo maggiori o minori di questo valore medio mancano di efficacia in rapporto alla germinabilità. Innalzando ulteriormente la temperatura (70° C.) bisogna, come in ogni caso, limitare ad una sola ora la durata di tempo durante la quale essa deve agire. CONCLUSIONI. ORYZA SATIVA. Le diverse varietà culturali di riso (/anghino, Vialone nero è Chinese) da me sottoposte ad esperienza, si comportano tutte analogamente per ciò che riguarda i valori della germinabilità in dipendenza della temperatura, della durata del riscaldamento e della percentuale di acqua contenuta nei semi. A seconda però che il riso era stato previamente essiccato all’aia o in essiccatoio si notano lievi differenze nei risultati. Dalle esperienze sopra esposte risulta: 1° Il massimo di germinabilità si ottiene sempre in corrispon- denza del riscaldamento a 30° C. prolungato per tre ore, fatta eccezione per la varietà Ranghino essiccata all’aia che presenta il massimo in corrispondenza di 40° C. per due ore, divario dovuto forse al fatto che questi semi erano veechi di un anno allorchè li sottoposi ad esperienza. I valori dei massimi di queste diverse varietà oscillano tra 184%, e l'88 °/,; 2.° il minimo di germinabilità si ha costantemente dopo un riscal- damento a 80° C. per tre ore ed oscilla tra il 18 °/, ed il 24°/,; 3.° dopo un riscaldamento a 90° C. per la durata di un’ora tutte queste varietà perdono la facoltà germinativa; 4.° percentuali elevate di germinabilità si hanno anche a tem- perature comprese fra 30° e 70° C. nei semi previamente essiccati al- l’aia, mentre quelli provenienti da essiccatoio ne presentano uma sola (oltre quella massima) in corrispondenza di un riscaldamento a 40° C. per due ore; 5.° le massime percentuali di germinabilità corrispondono per una stessa varietà: o a temperature non molto elevate (30° -40° C.), ma la cui azione si prolunghi per 2, 3 ore; o a temperature più alte, la cui azione non superi un’ora. Il riscaldamento prolungato per tre ore riesce nocivo subito dopo superati i 30° C. Ciò vale specialmente quando i semi di una data varietà siano stati previamente essiccati all’aia. Nel caso invece che l’essiccamento sia stato effettuato a mezzo di essiccatoi, per ottenere le percentuali di germinabilità più elevate è necessario limi- tare la durata del riscaldamento ad una sola ora anche per basse tem- perature (30° C.). Questo diverso modo di comportarsi dei semi è pro- babilmente dovuto alla maggiore evaporazione dell’acqua che si effettua durante l’essiccamento in essiccatoio. Ne segue che per avere nel seme tr OR la percentuale media di umidità corrispondente all’optimum di germina- bilità basterà sottoporlo, per minor tempo, ad una temperatura d’essic- cazione relativamente bassa; 6.° al valore massimo di germinabilità dei semi non corrisponde in nessun caso la massima percentuale di umidità in essi contenuta. La quantità d’acqua favorevole al potere germinativo dei semi di Oryza sativa si aggira intorno ad un valore medio di 9.5 a 12.5 °/,, valore che è in generale uguale alla semisomma delle percentuali di umidità cor- rispondenti al massimo e al minimo di germinabilità. Zza Mays. — Il modo di comportarsi della germinabilità nelle di- verse varietà culturali di questa specie (agostana e maggenga) da me sottoposte ad esperienza è analogo a quello osservato nell’Oryza saziva: 1.° Il massimo di germinabilità è costante in corrispondenza del riscaldamento a 40"C. prolungato per due ore e oscilla tra 93-95‘/,. 2.° il minimo di germinabilità si ha costantemente dopo un ri- scaldamento a 70°C. per tre ore; 3.° ad 80° C. si ha la perdita del potere germinativo anche limi- tando ad una sola ora la durata dal riscaldamento; 4.° percentuali elevate di germinabilità si ottengono anche a tem- perature comprese fra 30° e 60° C,; 5.° anche nella Zea Mays, dall’osservazione delle grafiche corri- spondenti alle singole varietà, si deduce che per ottenere il massimo di germinabilità si deve far corrispondere all'aumento della temperatura una minor durata del riscaldamento. I valori quindi della temperatura e dei tempi stanno fra loro, per quanto riguarda la germinabilità dei semi, in rapporto inverso; 6.° al massimo valore della germinabilità dei semi non corri- sponde la massima percentuale d’umidità in essi contenuta, ma bensì » un valore medio. Pavia, Istituto Botanico, ottobre 1913. . 4 . (nt, pi uti n ww A ù Ps Y ; b CA da h, l1 X : Bi Y i nd n 1 ari la f f ISTITUTO BOTANICO DELLA R, UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI RISPOSTA ALLA NOTA DEL DOTTOR PETRI: “SUL SIGNIFICATO PATOLOGICO DEI CORDONI ENDOCELLULARI NEI TESSUTI DELLA VITE ,,.' NOTA della Dott. EVA MAMELI assistente all’ Istituto Botanico di Pavia. In una mia Nota precedente ® riferivo di aver riscontrato nei tessuti di numerose viti sane e rigogliose, provenienti da diverse parti d’Italia *, la frequenza di cordoni endocellulari, formazioni che, secondo il dott. Petri, erano invece in stretta correlazione con “un manifesto stato di malattia ,: il roncet, arricciamento 0 court-noué della vite. E dico erano, perchè in una sua nuova Nota‘, in risposta alla mia, il dott. Petri pare non sia più della stessa, identica opinione. Non potendo contrastare le mie affermazioni, facilmente verificabili da chiunque, egli mi attribuisce l’inesatta interpretazione dei risultati delle mie “ superficiali osservazioni ,. Eppure, a pag. 39 della Memoria ° del dott. Petri sui cordoni endocellulari si legge: “ Tanto nelle specie americane e loro ibridi quanto nelle varietà nostrane franche o inne- state, senza alcun carattere esterno di deperimento o di deformazione, non ! Vedi anche: /tend. Ace. Lincei, dicembre 1913. ? MameLi È., Sulla presenza dei cordoni endocellulari nelle viti sane e in quelle affette da « roncet » (Rend. Ace. Lincei, xx11, 879), 1918. 3 Verretto, Cassino Po, Monteleone, Acqui, Asti, Brescia, Cellatica, Rocca Uorneto, Cagliari, Noto, Vittoria, Spadafora, Loano, ece. ‘ Perri, Sul significato patologico dei cordoni endocellulari nei tessuti della vite (Rend. Acc. Lincei, xx1, 174), 1913. ® Perri L., /ticerche sulle cause dei deperimenti delle viti în Sicilia (Me- morie della R. Staz. di patol. veg. Roma), 1912. Atti dell’Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Serie Il — Vol XVI 4 — 49/22 ho mai trovato la presenza dei cordoni. A me è occorso proprio il contrario, e l’interpretazione di un simile risultato non è difficile a trarsi! Ma i due punti principali sui quali si incardina la difesa del dott. Petri sono: 1.° La formazione dei cordoni precede sempre di uno o più anni le caratteristiche manifestazioni esterne dell’arricciamento; 2.0 Una vite che presenta cordoni endocellulari nei tralci del- l'annata non è in tutti i casi una pianta necessariamente destinata al rachitismo cronico, inguaribile. Esaminiamo queste due nuove versioni dell’interpretazione dei ri- sultati del dott. Petri, la seconda delle quali para abilmente l’afferma- zione contenuta nella prima. Se la formazione dei cordoni precede sempre il roncet, tutte le viti da me esaminate e contenenti tali formazioni, fra uno o due anni, sa- ranno, secondo il dott. Petri, ammalate. Anzi, alcune dovrebbero già presentare qualche sintomo esterno dell’“ arricciamento ,, perchè con- tengono i cordoni endocellulari nel legno di due anni. Supponiamo che ciò si avveri; in tal caso è da notare: 1.° Che molte fra le numerose viti da me esaminate provengono da zone fino ad ora assolutamente immuni da roncet, mentre i cordoni endocellulari sì presentano in esse più o meno numerosi nel midollo e nel legno, nelle parti alte e in quelle basse della pianta, alla base dei tralci, e, qualche volta, anche in vicinanza dell’apice. 2.° Che i tralci sani da me esaminati sono stati tolti qua e là, da filari di viti sane, e che l’86 °/, di essi contiene i cordoni endo- cellulari. Conclusione: o tutti questi filari saranno fra due anni am- malati di roncet, 0, sorprendente combinazione! io ho colto o ho rice- vuto dalle diverse regioni d’Italia proprio quei tralci che fra due anni riveleranno i sintomi del male! 3.° I cordoni endocellulari vennero da me trovati anche in una vite inselvatichita dei boschi del Ticino, i cui internodii sono natural- mente lunghi ed esili: anch’essa, purtroppo, fra due anni, diventerà, secondo il dott. Petri, rachitica e deperirà vittima del roncet; 4.° I cordoni endocellulari, che già erano stati trovati in molte conifere e in 4 dicotiledoni, vennero da me trovati ! in altre 20 specie di piante dicotiledoni sanissime (appartenenti alle più svariate famiglie), alcune delle quali sono coltivate da molti anni nelle serre dell’Orto ! I risultati completi di queste ricerche e di quelle sulle viti sane verranno pubblicati negli Att? dell'Istituto Botanico di Pavia. evo botanico di Pavia, ove trascorrono non solo l’ inverno, ma l’intera primavera. È dunque esclusa per queste piante l’azione dei freddi pri- maverili, ai quali il dott. Petri attribuisce la formazione dei cordoni. Per ciò che riguarda la seconda affermazione del dott. Petri (e cioè che una vite presentante i cordoni endocellulari non è necessaria- mente destinata al rachitismo cronico, inguaribile), non posso far a meno di metterla a confronto con l’altra affermazione compresa in un sunto delle proprie ricerche, pubblicato dallo stesso autore! * “ En résumé, on peut dire que la formation et la localisation des cordons endocellulaires précèdent et accompagnent toutes les manifestations du court-noué ; et quoique les rapports qui existent entre ces anomalies et la maladie ne soient pas encore définitivement établis, par suite de Zeur constante et exclusive formation dans toutes les vignes atteintes par cette forme du rachitisme, on peut les regarder comme un symptòme interne du court-noué chronique au mème titre que les déformations des organes aériens sont considérées comme des symptòmes externes ,. La contraddizione tra le due affermazioni non potrebbe essere più evidente! Infine il Petri dice che nelle viti presentanti cordoni endocellulari “si deve ammettere per lo meno uno stato patologico latente ,. Egli invoca a questo proposito l’appoggio dell’autorevole opinione del Raatz, il quale avrebbe riconosciuto la natura patologica di queste formazioni nelle Conifere. Il Raatz le chiama invero “ mostruosità 2, “ formazioni anormali ,, attribuendole a speciali condizioni climatiche; ma è bene non dimenticare che egli non fa che un’ipotesi, e la espone con tutta riserva 5. Inoltre, di contro a tale opinione del Raatz sta quella del Miiller 4, che è perfettamente opposta, poichè quest’A. trovò i cordoni endocellulari in Conifere cresciute sotto i climi più diversi: nell’Ima- laia, nelle foreste della Turingia e in un tepidario. Le mie ricerche confermano l’opinione del Miiller, poichè anch’io ho riscontrato i cordoni endocellulari nel legno di alcune Conifere (Scia- dopitys verticillata e Araucaria excelsa) tenute in serre riscaldate. ! Revue de phytopathologie appliquée, 1, 3, an. 1915. ? Raatz W., Die Stabbillungen in secumdtiren Holzkirper der Biiume und die Initialentheorie (Pringsheim's Jahrb., 28, 567), 1892. * Pag. 582, loc, cit.: Trotz meines umfangreichen Materials vermag ich diese Prage nicht endgilltig zu lisen, denn neben den die obige Annahme stiltzenden Fiillen kommen auch Ausnahmen hiiufig genug vor. 4 MiiLLer C., Veber die Balken in den Holzelementen der Coniferen [Ber. 4, D. Bot, Gesellsch,, 8 (#7)], 1890. = GAS Rispetto alla localizzazione dei cordoni endocellulari nei diversi tessuti e nei diversi punti di un tralcio, ricordo, e confermo, che io trovai i cordoni in tralci alti e bassi appartenenti ad una stessa pianta sana, ed in meritalli basali e superiori appartenenti ad uno stesso tralcio sano. E osavo affermare che le mie osservazioni contrastavano, come effettivamente contrastano, con le seguenti affermazioni del dot- tor Petri: “1.° Io ho notato che quando la formazione dei cordoni avviene contemporaneamente nella parte alta e in quella bassa della pianta, il deperimento è più repentino e più grave ,; - € 2.° Nei tralci verdi o legnosi, i cordoni endocellulari si formano costantemente negli internodii basali; solo in piante malate da molto tempo queste anomalie si possono trovare negli internodii superiori ,,. Anche l’interpretazione di queste due recise affermazioni del dot- tor Petri non era difficile! Ma v'è di più. Continuando le mie ricerche sulle viti sane, io trovai - alcuni cordoni endocellulari nel midollo e nel legno! del 15° internodio (vicinissimo all'apice) di un tralcio di un anno, sanissimo, della varietà “ Appesorgia nera ,, proveniente da Cagliari, ove l'annata fu, più che di solito, calda ed asciutta. Faccio notare che il tralcio in parola, gros- sissimo e rigoglioso, venne da me esaminato nell’agosto; è presumibile che almeno le sue parti apicali non avessero subita l’azione dei freddi primaverili! Si confronti ora questo risultato con la seguente affermazione del dott. Petri: “Il cambio dei giovanissimi internodii vicini all'apice non reagisce con la formazione dei cordoni. Quando un tralcio presenta i cordoni sino agli estremi internodii, si tratta di un fatto che può avvenire solo @n una pianta già da tempo ammalata ,. Il dott. Petri nella sua Nota più recente, aggiunge che negli ul- timi internodii la formazione dei cordoni può avvenire, o quando gli abbassamenti di temperatura si verificano molto tardi, o “ indipenden- temente dall'influenza diretta del freddo ,, quando “ si tratta di tralci derivati da ceppi nei quali la formazione dei cordoni data da diversi anni ,,. Ora, nel caso da me citato, quale di queste due cause invoche- remo? Non l'intervento di abbassamenti di temperatura; non lo stato di malattia della pianta, malattia che dovrebbe già essere palese per i caratteri esterni; quale dunque? ! I cordoni del legno e del libro hanno origine dalle cellule del cambio, Ancora più imbarazzante è tale domanda di fronte al fatto se- guente: i cordoni endocellulari vennero da me trovati! in numero no- tevole anche nei tessuti di viti sane (Moscato d’Amburgo e Chasselas Moscato) coltivate da quattro o cinque anni in serra calda, nello stabi- limento Pirovano, a Vaprio d'Adda. Esse diedero, anche quest'anno, abbondanti frutti, ed i loro internodi e le loro foglie sono perfettamente normali. CONCLUSIONI. 1.° La ricerca dei cordoni endocellulari nei tessuti di numerose specie Dicotiledoni perfettamente sane mi ha dato risultato positivo ; 2.° I cordoni endocellulari vennero da me trovati, più o meno numerosi, nei tessuti di viti sane coltivate nelle condizioni climatiche più diverse: dalla montagna (a 650 m. sul mare) alla serra calda. In opposizione a quanto ha ripetutamente affermato il dott. Petri, appare quindi evidente che non v'è alcuna correlazione, nè fra la pre- senza dei cordoni endocellulari e un qualsiasi stato patologico della pianta che li contiene, nè fra queste formazioni e gli abbassamenti di temperatura. Senza dubbio anche questi fatti, come i precedenti, parranno al dott. Petri “i meno degni di essere discussi , !. Pur tuttavia, essi sono di per sè così eloquenti che a me pare non metta conto di commentare simili frasi, che non valgono certo ad impedire che la verità si imponga. Istituto Botanico di Pavia, dicembre 1913. ! L. c., pag. 174, he fluo Him ur VFALY IMRE ALAIN AA Ag vata pu MO, ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI SULLA PRESENZA DEI CORDONI ENDOCELLULARI NEI TESSUTI DELLA VITE E DI ALTRE DICOTILEDONI.' (Con APPENDICE in risposta al Dott. L. Petri). NOTA : della Dott. EVA MAMELI Assistente all'Istituto Botanico di Pavia. INTRODUZIONE. Dacchè il Sanio! (1863) scoprì nelle tracheidi dell' Hippophae rRam- noides e più tardi nel legno di Pinus silvestris ® quelle speciali forma- zioni istologiche, ch'egli chiamò dalken 0 querdalken, le ricerche e le osservazioni su di esse furono minuziose ed accurate, ma non vennero estese a un gran numero di specie. Sicchè, dopo circa 30 anni (1890) il Miiller ® le registrava solo in 29 Conifere e accennava alla loro pre- senza nel legno di Tila. Il Penzig*! aveva trovato formazioni del tutto simili nel midollo di Citrus Aurantium. Dippoi le ricerche si estesero al legno di altre Conifere e di due Dicotiledoni (Casuarina equisetifolia e * Vedi: Nota preliminare in Rendie. Acc, dei Lincei xx11, 879, 10 sem. 1918 e: Rendie. Ace, dei Lincei xxir, 604, 20 sem, 1913, ! San1O, Vergleichende Untersuchungen iiber die Elementarorgane des Holz- kéòrpers ( Bot. Zeitung, 1863), ? SanIO, Anatomie der gemeinen Kiefer ( Pinus silvestris) (Pringsheim's Jahr biicher, 1x, 50 ff.). * MiiLLer C., Veber die Balken in den Holzelementen der Coniferen (Ber. Ad. D. Bot, Gesellschaft, 8 (17), 1890. ‘+ Pexzio O., Studi botanici sugli agrumi e sulle piante affini (Annali di Agricoltura, 1887). Atti dell'Ist, Bot. dell'Universià di Pavia. — Serie HI — Vol. XVI. 5 sie Salix fragilis)! e non mancarono casi di supposta diffusione di tali for- mazioni in qualche fiore ? e in qualche seme È. In una Nota preliminare apparsa nel 1911 e nella successiva, este- sissima Memoria pubblicata nello scorso anno intorno alla malattia della vite conosciuta sotto il nome di “ arricciamento , (roncet, court-noué, ra- chitismo, nanismo, ecc.), il dott. Lionello Petri! annunciava di essere riuscito a “ identificare, mediante caratteri diagnostici sicuri, i diversi e molteplici aspetti coi quali il roncet 0 court-nové si presenta nelle viti innestate ,,. Il carattere diagnostico sicuro sarebbe dato, secondo il Petri, dalla presenza di cordoni endocellnlari (completamente simili a quelli sco- perti nelle Conifere da Sanio, e in altre piante legnose da Kny, Miiller, Raatz e Penzig) sia nell’epidermide dei germogli, delle foglie e delle vachidi delle infiorescenze, sia nel cambio, nella corteccia, nel legno e nel midollo dei tralci, del fusto e delle radici delle viti. La formazione di tali cordoni rappresenta, secondo l’A., “ l'indice costante dell’arricciamento: queste anomalie citologiche precedono le “ deformazioni degli organi aerei e costituiscono un prezioso sintomo “ della malattia in quei casi nei quali queste deformazioni, 0 sono poco “ palesi o ancora non si sono manifestate ,. Non solo, ma “la pre- ‘senza 0 l'assenza di cordoni endocellulari, la localizzazione loro nella “marza e nel soggetto , permisero al Petri, durante il suo lungo studio sull’ “arricciamento ,, di procedere con “ sicurezza e rapidità nell'esame dei diversissimi casi , che gli si presentarono. I cordoni endocellulari sa- rebbero dovuti ad una anormale secrezione del citoplasma, processo che “può ben definirsi come una malattia del protoplasto delle cellule cambiali ,,. L’A., inoltre, riuscì a produrre sperimentalmente i cordoni endo- cellulari in tralci di viti sane sottoponendoli ad abbassamenti di tem- peratura, onde concluse essere l’azione del freddo necessaria per la for- mazione dei cordoni, pur non producendo direttamente il rachitismo dei germogli. ! Raarz W., Die Stabbildungen im secundéiren Holzkòrper der Biume und die Initialentheorie (Pringsheim’s Jahrb. 28, 567), 1892. ? LertGEB, Beztrigen zur Physiologie der Spaltòffnungsapparate (Mitth. Bot. Inst. Graz, 1, 1887). * RapLKoFFER, Veber die Gliederung der Familie der Sapindaceen (Sitzungs- ber. k. bayer. Akad. Wiss., xx, 105), 1890. 4 Perri L., ‘icerche istologiche sopra le viti affette da rachitismo (Rend. Ace. Lincei, xx, 185), 1911. Perri L., Iticerche sulle cause dei deperimenti delle viti in Sicilia. I. Con- tributo allo studio dell’azione degli abbassamenti di temperatura sulle viti in rap- porto all'arrieciamento (Memorie della R. Staz. di patologia vegetale, pagg. 1 a 212), Roma, 1912. = ag — La presenza dei cordoni endocellulari, sia nelle viti americane, franche o innestate. sia nelle viti nostrane (più resistenti al male) con- duce il Petri alla conclusione che “la formazione dei cordoni endocel- “lulari non può essere riguardata come un fenomeno secondario, quasi “ fortuito, quindi anche incostante, dovuto all'influenza di particolari “ condizioni locali; il fatto di averne constatata la presenza in varietà # di viti diverse, coltivate in luoghi tanto distanti come la Sicilia, la “ Francia e l’Austria, dimostra a sufficienza che si tratta di un carat- “ tere strettamente collegato alle cause stesse della malattia ,. Queste deduzioni sarebbero avvalorate dalle osservazioni anatomiche fatte dall’ autore nelle viti sane e in quelle colpite da altre forme di rachitismo. Nelle viti sane, sia americane che nostrane, sia franche che inne- state, l’autore non trovò mai Ja presenza di cordoni endocellulari. Due soli cordoni brevissimi egli dice di aver trovato in due esemplari di Catanese sanissimi all'apparenza, ma dubita si trattasse di un prin- cipio della malattia dell’ “ arricciamento ,; e conclude che “la vite, “ nelle sne condizioni normali di vegetazione non dà origine a cordoni “ endocellulari,. Questi rappresenterebbero dunque “il primo e più saliente sintomo dell’“ arricciamento ,, cioè “ dell’alterata attività for- “ matrice dei meristemi ,; perciò, dice l’A., è precauzione indispensa- bile, prima di riprodurre per talee una vite, quella di esaminare se il suo fusto, le sue foglie, le sue radici, non siano inquinate dalla pre- senza di questi rivelatori della malattia. Senza di che, afferma il Petri, si farà, come si è fatta finora “in modo del tutto involontario, una “ larga moltiplicazione e distribuzione di legno, dirò così, ammalato ,. I cordoni endocellulari nelle viti sane. L’“ arricciamento , della vite è, com'è noto, malattia assai più dif- fusa nell'Italia meridionale che nell'Italia settentrionale. Specialmente in Sicilia infierisce da tempo arrecando gravi danni, e da un pezzo essa è oggetto di studio da parte di numerosi autori. In Lombardia sono rari e limitati i casi di “ arricciamento ,, nelle viti. Uno dei più noti è quello dato dalla varietà £ardéra (Barbéra riccia), che anche qui da noi a Mairano (colline di Casteggio) presenta da circa 30 anni alcuni filari poco discosti l'uno dall’altro, affetti da “ arricciamento , che pare stazionario. La ricerca dei cordoni endocellulari nei tralci di Bardéra affetta da * arricciamento , mi diede risultato positivo, Ma con mia grande sor- presa constatai-la presenza di cordoni perfettamente simili e non meno — (60 numerosi anche in viti della stessa varietà perfettamente immuni dal male. Presa dal dubbio che, trattandosi di piante appartenenti ad una varietà colpita in alcuni punti del vigneto dall’ “ arricciamento , e col- tivate nella stessa vigna (per quanto in filari apparentemente sanissimi e dei più vigorosi, assai distanti da quelli ammalati), la presenza dei cordoni potesse essere indizio di malattia incipiente, volli eseguire ana- loche ricerche anche in viti sane coltivate in luoghi molto distanti dai vigneti di Mairano. L'orto botanico e diversi vigneti e giardini di Pavia mi offrirono abbondante materiale proveniente da viti rigogliosissime e immuni da qualsiasi malattia. Inoltre viti sane e viti affette da roncet mi vennero spedite da Acqui, Asti, Brescia, Cellatica, Verretto, Cas- sino Po, Monteleone, Rocca Corneto, Cagliari, Noto, Vittoria, Spada- fora, Loano, Zerbolò, ecc. Anche queste ricerche, estese oggidì a un gran numero di piante, diedero, nella massima parte dei casi, risultati positivi: 186 °/, delle viti sane esaminate, provenienti da diverse parti d’Italia, conteneva nu- merosi i cordoni endocellulari. Ciò che mi permette di concludere sin d'ora che la presenza di tali formazioni nei tralci delle viti non è “ in “ stretta correlazione con un manifesto stato di malattia , della pianta. Io trovai infatti nelle viti sane cordoni endocellulari attraversanti persino 12-14 cellule, constatai frequente il caso di doppi, tripli cordoni attraversanti da 2 a 5 cellule, e potei annoverare in uno stesso inter- nodio persino 200 cordoni endoceliulari, il maggior numero dei quali attraversava 1-2 cellule. Riguardo alla grossezza ed all'aspetto di tali formazioni endocellulari, non ho constatato finora differenze apprezzabili fra quelle appartenenti alle viti sane e quelle trovate nelle viti affette da “arricciamento ,. Icasi da me studiati si riferiscono a viti sia americane sia nostrane; i cordoni endocellulari vennero cercati nell’epidermide delle foglie e dei tralei di uno e di due anni, e nel midollo delle rachidi dei picciuoli e degli internodii, specialmente di quelli basali, ove, secondo il Petri, è più facile riscontrarli. Nell’epidermide, sia delle viti sane sia di quelle ammalate, le ri- cerche mi diedero sempre risultato negativo; positive furono quelle fatte nel midollo e nel legno. Riporterò brevemente i risultati positivi e negativi ottenuti dalle mie ricerche. Viti ammalate. — I cordoni endocellulari furono trovati nel midollo degli internodii basali delle seguenti varietà affette da “ arricciamento ,: e delle quali ometto per brevità l’elenco. Mi accadde talvolta, anche dopo ripetute, pazienti ricerche, di non Sh = trovare alcun cordone endocellulare in viti che presentano manifesti tutti i caratteri esterni dell’arricciamento: così non mi fu possibile tro- varne alcuno in una Ber/andieri > Riparia 420 A proveniente da Spada- fora (Messina), nè in due piante di Dolcetto provenienti da Acqui, nè in tralci di Perricone e di Rupestris du Lot inviatimi da Vittoria, tutte affette da arricciamento. Con ciò non intendo sostenere che tali piante non contenessero nei loro tessuti cordoni endocellulari: ma certo è che la ricerca di tali for- mazioni nelle viti affette da roncet, benchè facile, non dà risultati così sicuri come il dott. Petri afferma. Risultato egualmente negativo diede la ricerca dei cordoni in viti affette da antracnosi, da gommosi e da mal nero. Viti sane. — I cordoni endocellulari vennero trovati in tutte le viti non solo sane, ma rigogliose, da me esaminate, fuorchè in una Ziparia x Itupestris, coltivata in serra nell'orto botanico di Pavia e in alcune Rupestris du Lot, Riparia gloire, Berlandieri >< Riparia inviatemi da Asti, da Palermo e da Vittoria. Come dissi l'86 °/, delle viti sane esaminate con- teneva i cordoni endocellulari, e in alcuni casi la lunghezza di tali cordoni e la frequenza loro in uno stesso internodio erano veramente notevoli !. I. Barbéra da Mairano (Casteggio). — Su 5 internodii basali se- zionati, 3 rivelarono la presenza dei cordoni, con un totale di 4 cor- doni endocellulari attraversanti una cellula, del tutto simili a quelli delle viti affette da “arricciamento ,. Gli internodii basali in cui tali cordoni vennero trovati erano brevissimi (lungh. mm. 5-10) ma robusti e quelli immediatamente superiori erano perfettamente normali (lun- ghezza 3-6 em.) II. Vitis vinifera allo stato selvatico nei boschi del Ticino (Pavia). Gli internodii basali, lunghi ed esili, contenevano numerosi cordoni en- docellulari. % III. Luglienga dal giardino degli Istituti biologici(Pavia). — Esaminai solo 4 internodii basali ed in tutti trovai i cordoni endocellulari, nume- rosissimi. Contai 145 cordoni semplici e 8 doppi attraversanti 1-5 cellule. IV. Luglienga dal giardino Maffei (Pavia). -— Sopra 6internodii basali sezionati, 5 diedero risultato positivo, con un totale di 45 cordoni en- docellulari attraversanti 1-8 cellule. Il più lungo di tali cordoni misu- rava n 266,4. V. Isabella dal podere Malpaga (Zerbolò). — Nei primi due inter- nodii basali sezionati non trovai aleun cordone endocellulare. Ne trovai ' Tanto più notevoli poi se si pensi a quanti cordoni endocellulari possono essere sfuggiti all'osservazione! - Ot invece in altri due internodii basali ed in un internodio superiore. To- tale 7 cordoni attraversanti da 1 a 4 cellule. I tralci esaminati appar- tenevano alcuni alle parti alte della pianta, altri alle parti basse. VI. Moscato nero dal podere Malpaga (Zerbolò). — In un inter- nodio basale non trovai alcun cordone; ne trovai invece frequenti, e alcuni assai erossi, nell’internodio immediatamente superiore, che era lungo 2 cm. VII. Settembrina dal giardino degli Istituti biologici (Pavia). — Il mi- dollo degli internodii di questa varietà appare addirittura gremito di cordoni endocellulari, sia negli internodii basali sia in quelli immedia- tamente superiori ad essi. Potei contarne, in una diecina di preparati, circa 200 fra semplici, doppi e tripli: numerosissimi fra essi quelli attra- versanti 1-3 cellule, frequenti quelli appartenenti a 4-8 cellule. Alcuni, assai lunghi, attraversano 11-14 cellule, e la lunghezza loro varia da 444 a 455 «: questi cordoni sono spesso, per un bel tratto, fiancheggiati da cordoni più brevi. I tralci esaminati vennero staccati alcuni dalle parti basse della pianta, altri dalle parti alte: i cordoni endocellulari erano presenti anche nelle rachidi delle infiorescenze e nel legno degli internodii basali e di quelli superiori. VIII. Pizzutello, dal giardino degli Istituti biologici (Pavia). — Anche in questa varietà trovai numerosi cordoni, e non solo in pa- recchi tralci di un anno, ma anche in un tralcio (basso) di due anni. IX. itossetta dal podere Malpaga (Zerbolò. — Numerosi cordoni endocellulari. X. Croatina da Verretto (Pavia), c. s. XI. Dolcetto da Acqui. — A proposito di questa varietà è strano il fatto che, mentre trovai facilmente i cordoni endocellulari in una pianta sana, non mi fu possibile riscontrarne alcuno nei tralci di due viti affette da roncet (come già dissi), e solo dopo molte ricerche ne trovai uno in una terza pianta pure affetta da arricciamento. XII. Barbéra da Verretto (Pavia). — Numerosi cordoni endocel- lulari. XIII. Rupestris du Lot da Noto. — Rari cordoni endocellulari in in- ternodii basali lunghi 3-5 cm. XIV. Moscato da Cassino Po. — Cordoni endocellulari riscontrati in un internodio, superiore a quello basale, lungo 6 cm. XV. Schiava da Brescia. — Cordoni endocellulari nel picciuolo di una foglia. XVI. Berlandieri >< Riparia 420 A da Noto. — Numerosi cordoni endocellulari. XVII. Barbéra da Acqui, c. s. XVIII. Malvasia su Aramon Rup. G. 1 da Cellatica (Brescia), c. s. XIX. Sultana su Riparia >< Rupestris 3309 da Cellatica (Brescia), c. s. XX. Moscato Amburgo su Itiparia = Berlandieri 420 A da Cellatica (Brescia), c. s XXI. Freisa su Rupestris du Lot da Cellatica (Brescia), c. s. XXII. Sangiovese su Rupestris du Lot, da Cellatica (Brescia), c. s. XXIII. Riparia = Cordifolia >< Rupestris 106-8 da Asti, c. s. XXIV. Riparia < Iupestris 101-14 da Asti, c. s. - XXV. Riparia Gloire da Asti. — Cordoni endocellulari in un inter— nodio basale lungo cm. 4,5. XXVI. Riparia >< Rupestris 3309 da Asti. — Numerosi cordoni en- docellulari. XXVII. Boy/landieri >< Riparia 420 A da Asti, c. s. XXVIII. Pinot da Monteleone, c. s. XXIX. Lambrusca da Acqui, c. s. XXX. Negrettino da Rocca Cerneto (Bologna), c. s. XXXI. Schiava da Rocca Corneto (Bologna), c. s. XXXII. Trebbiano da Rocca Corneto (Bologna). — Questa varietà, e le due precedenti, coltivate a 650 m. d'altezza, contengono cordoni endocellulari, oltre che negli internodii basali, anche in quelli superiori (2%4°) Innghi 8-10 cm. XXXIII. Appesorgia nera da Cagliari. — La ricerca dei cordoni en- docellulari in questa varietà venne fatta alla fine dell'agosto e tali for- mazioni vennero trovate numerose, non solo negli internodii basali, ma anche in internodii vicinissimi all'apice (14°-15° a partire dalla base), il cuni sviluppo e il cui accrescimento erano avvenuti nel più caldo pe- riodo estivo. XXXIV. Argumannu da Cagliari. — Numerosissimi cordoni endo- cellulari nel midollo e nel legno. XXXV. Nuragus da Cagliari, c. s. XXXVI. Monica h; È XXXVII. Moscato d’ Amburgo da Vaprio d'Adda (stabilimento Piro- vano). — Questa varietà e la seguente, piantate 40 5 anni fa in serra calda con termosifone ed ivi coltivate, diedero anche quest'anno abbon- dante frutto. E inutile aggiungere che i loro tralci (di uno e di due anni) e le loro foglie hanno l’aspetto perfettamente normale. Esse con- tengono numerosi cordoni endocellulari nel midollo e nel legno dei tralci, XXXVIII. Chasselas moscato, €. s. XXXIX. Negrone da Loano (riviera ligure). Cordoni endocellu- Jari nel legno di-due anni. XL. Vermentino da Loano, c., s, In generale gli internodii basali sezionati erano brevi (5-20 mm.) e robusti, ma non furono rari i casi di internodii lunghi 4-10 cem. e di diametro 7-11 mm. che contenevano numerosi cordoni endocellulari. È inoltre da notare che numerosi cordoni endocellulari mi venne dato di trovare anche in parecchi internodii superiori di viti sanissime mentre il Petri afferma che “nei tralci verdi o legnosi, i cordoni en- « docellulari si formano costantemente negli internodii basali; solo ?n “« piante ammalate da molto tempo queste anomalie si possono trovare negli “ internodii superiori ,. Di più, l'aver trovato numerosi cordoni endocellulari anche nei tralci bassi di viti sane, contraddice l'affermazione del Petri che: “ quando “la formazione dei cordoni avviene contemporaneamente nella parte “alta e in quella bassa della pianta, il deperimento è più repentino e “ più grave ,. Poichè in una recente Nota! il Dr. Petri afferma che: “la forma- zione dei cordoni precede sempre di uno 0 più anni le caratteristiche formazioni esterne dell’arricciamento ,, ho avuto cura di contrassegnare alcune viti (var. Negrone e Vermentino a Loano, var. Luglienga a Pavia, ecc.) nei tessuti delle quali (midollo e legno di uno e di due anni) trovai i cordoni endocellulari in numero notevole. Se la previ- sione del Dr. Petri si avvererà, queste piante (alcune delle quali pro- sperano da anni in plaghe pressochè immuni dall’arricciamento) pre- senteranno fra uno o due anni le caratteristiche formazioni esterne di questa malattia: sia positivo o negativo il risultato ne riferirò a suo tempo. Frequenza dei cordoni endocellulari nelle Dicotiledoni. I risultati positivi ottenuti dalla ricerca dei cordoni endocellulari nelle viti sane, mi indussero a pensare, come già affermò il Miiller, che tali formazioni non siano affatto delle anomalie; ne venne allora di conseguenza la ricerca dei cordoni endocellulari in altre Dicotiledoni. Fin dai primi saggi ottenni risultati positivi che mi incoraggia- rono a continuare, ed ecco l'elenco delle specie nei tessuti delle quali (midollo e legno degli internodii basali e superiori) trovai queste for- mazioni : ! Perri L., Sul significato patologico dei cordoni endocellulari nei tessuti della vite (Rendic, Ace. Lincei, xx, 174), 1913, CUPULIFERAE 1. Castanea sativa Mill. (Tav. VIII, fig. 4). SALICACEAE 2. Populus nigra L. (Tav. VIII, fig. 1 e 3). TERNSTROEMIACEAE 3. Camellia japonica L., 4. Camellia thea Link. ACERACEAE 5. Acer tataricum L. (Tav. VIII, fig. 2) 6. Acer Pseudo-Platanus L, VITACEAE 7. Vitis heterophyIla Thumb, 8. Vitis vinifera L. RosaAcEAE 9. Prunus persica St., 10. Prumus avius L., 11. Pyrus communis L. var. Bewrre., 12. Rosa indica L., var. Gloire de Dijon. LEGUMINOSEAE 13. Bauhinia glandulosa DC., 14. Calliandra Twedii Benthli., 15. Cercis chinensis Bung., 16. Sophora japonica L. 17. Wistaria chinensis DC. BIGNONIACEAE 18. Tecoma radicans Juss., 19. Jacaranda ovalifolia R. OLEACEAE 20. Jasminus nudifforum Lind., 21. Olea europaea L. Sono dunque 21 Dicotiledoni appartenenti alle famiglie più varie, che contengono, nelle condizioni normali, queste formazioni endocellu- lari. È da notare però che la frequenza di questi cordoni non è eguale in tutte le specie; mentre in alcune se ne trovano pochissimi, in altre ve n'è un gran numero, pari a quello riscontrato in certe varietà di Vitis vinifera. Le specie che ne presentano in gran copia e nelle quali tali cor- doni attraversano (isolati o riuniti in gruppi di 2 - 3 - 4) un gran nu- mero di cellule sono, fra quelle da me studiate: la Vitis vinifera, la So- phora japonica, la Castanen vesca, il Populus nigra, la Glicine sinensis, la Tecoma radicans, fra le quali sono 4 piante sarmentose, i cui rami cascanti raggiungono più di 1 m. di lunghezza, e 2 piante a rami assai lunghi e flessibili, il cui peso è sopportato in massima parte dall'internodio basale. Queste osservazioni ci danno forse un indizio per giungere ad ac- certare quale sia la vera causa del formarsi di questi cordoni, causa che è forse puramente meccanica, giacchè dalle mie osservazioni non — 56 — risulta che “l’azione del freddo sia necessaria per la formazione dei “ cordoni ,,, come afferma il Petri. Infatti: 1.° I cordoni endocellulari vennero da me trovati in numero no- tevole anche nei tessuti di viti sane piantate 4 o 5 anni or sono in serra calda ed ivi coltivate. I loro internodii e le loro foglie sono per- fettamente normali. Queste viti diedero anche quest'anno abbondanti frutti (vedi pag. 53). 92.0 Fra le viti sane nelle quali trovai abbondanti queste forma- zioni alcune provenivano da Cagliari, ove l'annata fu più che di solito calda ed asciutta. I tralci, grossissimi e rigogliosi, vennero da me esa- minati nell'agosto, e in essi trovai cordoni endocellulari, non solo negli internodii basali, ma anche in quelli vicinissimi all'apice (14° - 15° in- ternodio), lunghi 6-7 em. e del diametro di 10-11 cm. E presumibile che, essi almeno, non avessero subita l’azione dei freddi primaverili. 3.° Fra le altre Dicotiledoni nelle quali trovai i cordoni, alcune (Bauhinia glandulosa, Calliandra Twedii, Jacaranda ovalifolia), coltivate nell’Orto Botanico di Pavia, trascorrono oltre l'inverno, tutta la prima- vera nelle serre calde; anche per esse è dunque esclusa l’azione dei freddi 4. IN Miiller, nell’indagare la causa di queste formazioni nelle Conifere osserva che nè la località nè il clima possono avervi influenza, perchè le piante da lui osservate erano cresciute sotto i climi più di- versi: l’Imalaja, le foreste della Turingia e la serra fredda. Vero è che il Raatz ritiene invece che tali formazioni siano influenzate da speciali condizioni climatiche e le chiama “ Monstrosititen ,, ma è bene non di- menticare che egli non fa che una ipotesi e la espone con tutta riserva. To ritengo invece assai probabile che i cordoni endocellulari ab- biano un'origine ed insieme un ufficio meccanico, che possano cioè essere provocati dal peso dei lunghi rami (come nelle piante cascanti e sar- mentose) o da altre cause ancora ignote, e abbiano quindi un ufficio di sostegno, di rinforzo, dei tessuti che attraversano. Contro quest’ipotesi (per la quale tengo a dichiarare che faccio oggi le dovute riserve perchè essa non è ancora dimostrata sperimental- mente) depone la presenza dei cordoni endocellulari nelle cellule epi- dermiche delle foglie di vite e nei diversi tessuti delle radici (Petri), per quanto anche in questi casi non si possa del tutto escludere la ! MiiLLER, loc. cit., pag. 582: « Trota meines umfangreichen Materials rermag ich diese Frage nicht endgiiltig zu lisen, denn neben den die obige Annalme stittzen- den Fiillen kommen auch Ausnalimen héiufig genug vor ». probabilità di una funzione meccanica. Ma in suo favore depongono i seguenti fatti: 1.° I cordoni endocellulari sono più numerosì e si trovano più frequentemente negli internodii basali dei rami che non in quelli su- periori, internodii che anche all'aspetto esterno appaiono rinforzati quasi a sostegno del ramo. 2.° La direzione dei cordoni endocellulari è costante in ciascun tessuto. Nel midollo e nel parenchima corticale essi corrono sempre parallelamente all'asse del ramo; nei raggi midollari, nel legno e nel libro in direzione radiale. 3.2 La costituzione chimica loro appare, dalle reazioni microchi- miche, eguale a quella delle membrane con le quali si intersecano. Essi sono costituiti cioè di cellulosa nel midollo e nel libro; di lignina nel legno, e presentano — allorchè sono adulti — una lamella mediana di sostanza pectica (lav. VIII, fig. 5). 4.° La forma stessa dei cordoni endocellulari suggerisce l’idea che essi servano da rinforzo, tesi come essi sono fra due pareti cellulari con i loro apici allargati a guisa di capitello, sicchè si possono ben rassomigliare a colonne terminate da capitelli ora più, ora meno robusti. 5.° Le cellule del midollo e del parenchima corticale attraversate dai cordoni endocellulari sono (salvo rare eccezioni) più larghe che lunghe, e i cordoni, attraversandole parallelamente all'asse più breve, costituiscono un nuovo setto che sopprime o quasi questa sproporzione, rendendo più solide le pareti cellulari attraversate. 6.0 Queste formazioni furono sino ad ora trovate più numerose nei rami di aleune Conifere, in quelli della vite, della Glicine, e della So- phora pendula, della Tecoma radicans, ecc., piante i cui rami lunghis- simi, pendenti od orizzontali fanno sì che i tessuti degli internodii ba- sali sopportino un peso ed una trazione più forti che non in altre piante a rami relativamente brevi e sostenuti. 7.° Quelle piante nei cui tessuti non trovai — malgrado ripetute ricerche — i cordoni endocellulari posseggono in generale un midollo a cellule regolari molto più lunghe che larghe (Lonicera caprifolium, Olematis flammula) o attraversato longitudinalmente e diviso per metà da 5 o 6 serie di cellule più lunghe e più strette delle altre, formanti già una zona di rinforzo (Sambueus racemosa) o aventi altre caratteri- stiche disposizioni e forme di cellule ben diverse da quelle semplicissime delle piante contenenti i cordoni. — 58 CONCLUSIONI. 1.0 La presenza dei cordoni endocellulari, che il Petri addita quale “indice costante, della malattia dell’ “ arricciamento , (r0ncet, court-nout, vachitismo, nanismo, ecc.), non costituisce, come egli sostiene, “ un carattere strettamente collegato alle cause stesse della malattia ,. Esso è invece un fatto frequente anche nelle viti sane !, come del resto lo è nelle Conifere ed in altre piante, studiate da tempo dal Sanio, dal Miiller, dal Penzig, ecc. 2.2 I cordoni endocellulari vennero da me trovati in viti sane, sia americane sia nostrane, per quanto, secondo il Petri, “ le viti ng- “strane (ammalate) sono molto più resistenti alle condizioni esterne che “ determinano una predisposizione a risentire gli effetti della causa che “ direttamente provoca la formazione dei cordoni ,. 3.° Nelle viti sane, i cordoni endocellulari possono trovarsi sia nelle parti alte sia nelle parti basse della pianta, tanto negli internodii basali quanto in quelli superiori; fatti questi, che invece, secondo il Petri, sarebbero indizio di uno stadio avanzato della malattia dell’“ ar- ricciamento ,. 4.0 Tra viti sane e viti ammalate di roncet non v'è diversità alcuna, riguardo nè alla forma, nè alla frequenza dei cordoni endocel- lulari: questi possono mancare (o essere rari) tanto nelle une che nelle altre. 5.° La formazione dei cordoni endocellulari non può essere at- tribuita ad abbassamenti di temperatura, perchè, tra l’altro, la loro presenza è stata constatata in viti ed in altre piante coltivate da pa- recchi anni in serre calde. 6.° I cordoni endocellulari si trovano frequenti nelle Dicotiledoni più varie e la loro presenza non è in rapporto con alcuno stato pato- logico della pianta che li contiene. 7.° L'origine ed insieme l’ufficio dei cordoni endocellulari sono — con tutta probabilità — origine ed ufficio meccanico. ! Intendo per suze quelle viti che, coltivate in plaghe fino ad oggi immuni da roncet, non presentano in nessun organo sintomi esterni nè dell’« arricciamento » nè di deperimento aleuno, e contengono pur tuttavia i cordoni endocellulari anche nel legno di due anni. APPENDICE Le cose dette fin qui sarebbero già di per sè la miglior risposta alla replica recente del Dr. Petri!, copiosamente infiorata di quegli “ artifici polemici ,, che egli a me attribuisce, e dei quali non io ho al- cuna ragione di usare. Ma poichè, oltre all’ inabile difesa il Dr. Petri cerca di togliere ogni valore alle mie ricerche scrivendo che esse “ non rappresentano niente di *nuovo ,, che a lni fosse sconosciuto, sono co- stretta ad aggiungere ancora qualche parola per dimostrare il contrario e per far rientrare nei giusti limiti l’esagerata importanza attribuita alla presenza dei cordoni endocellulari nei tessuti delle viti. Il Dr. Petri ribadisce il concetto che £ nelle viti veramente sane, non danneggiate da freddi tardivi, senza accorciamento d’internodii nè deformazione delle foglie, non si trovano cordoni endocellulari ,. Per conseguenza, secondo il Dr. Petri, le numerose viti da me esaminate, apparentemente tutte sanissime, per il solo fatto di ospitare numerosi cordoni endocellulari nei loro tessuti, sono ammalate o si ammaleranno di arricciamento : la malattia cioè è in esse allo stato latente. Fortunatamente il Dr. Petri afferma che “è possibile la loro gua- rigione e con ciò anche la cessazione della formazione dei cordoni nei periodi vegetativi successivi a quello in cui se ne verificò l'origine in seguito ad abbassamento di temperatura ,, Come si spiega allora che nelle viti sane da me esaminate i cordoni endocellulari sono presenti nei tralci di un anno e in quelli di due anni, senza che nè gli uni nè gli altri presentino alcun sintomo esterno di arricciamento? Evidentemente, secondo il Dr. Petri, la guarigione loro è riman- data all'anno venturo, e così via fino alla consumazione dei secoli ! E i vigneti italiani dai quali provengono le numerose viti da me esaminate e che mai ebbero a dimostrare segni di deperimento, do- vranno stare perennemente sotto la minaccia di questa jattura ?! UL Perri, Ancora sul significato patologico dei cordoni endocellulari nei tessuti della vite FRendie, Ace. Lincei, xx, 154) 1914, — fi — L'86°/, delle viti sane che io esaminai conteneva i cordoni endo- cellulari #: esse provenivano da regioni varie dell'Italia ed erano state prese qua e là, senza alcuna prevenzione riguardo alla maggiore o mi- nore robustezza dei tralci, da filari o da pergolati di viti sanissime. Dato e non concesso che i cordoni endocellulari siano una caratteristica istolocica del roncet, è strano invero che tutti i vitigni da cui queste viti provenivano e che mai ebbero a soffrire di questa malattia, ne ri- velino a un tratto (in seguito alla scoperta del Dr. Petri) sintomi così numerosi e diffusi! Di nessun valore per la tesi sostenuta dal Dr. Petri sono le osser- vazioni del Dr. Mario Topi da lui riportate ©. Infatti, in base a “um numero non grandissimo di sezioni ,, il Dr. Topi non trova i cordoni endocellulari nei vasi legnosi di viti sane, nè “in una vite con tutti i caratteri del cowrt-noué , e li trova numerosi in altre viti che presen- tavano evidenti i caratteri del cowrt n0ué. Il non trovare queste formazioni “in un numero non grandissimo di sezioni, limitate ai soli tessuti legnosi non basta per affermare che esse non vi siano, tanto più che il Dr. Topi non le trova “in una vite con tutti i caratteri del cowrt-nové,. E allora dove se n'è ito “il ca- rattere diagnostico sicuro , tanto apprezzato dal Dr. Petri? A pag. 156 della sua replica il Dr. Petri mi imputa di aver di menticato che ancl’egli affermò “la possibilità di cordoni in tralci vigorosi e con internodii di lunghezza normale , e cita a questo proposito le sue stesse parole: “Il vigore di vegetazione non impedisce la com- parsa dei cordoni, anzi questi in una pianta già ammalata si trovano più frequenti nei tralci più robusti che in quelli a debole aceresci- mento ,. Non s' accorge il Dr. Petri che usando questa citazione si ferisce con le proprie armi? Io ho trovato i cordoni endocellulari in tralci robusti di piante sane, non “ giù ammalate ,, e in questo sta ap- punto la divergenza fra le sue e le mie osservazioni! Chi dei due può con serietà parlare di artifici polemici? Niente ho da aggiungere in risposta alle affermazioni che il Dr. Petri fa a pag. 157 della sua recente replica: dovrei ripetere a sazietà innumerevoli citazioni della sua Memoria, nella quale egli 1 E non è detto che nel restante 14 */, non ve ne fossero. Nè giusto è l’af- fermare l'assenza dei cordoni endocellulari nelle viti sane come fa il Dr. Petri, solo perchè egli e il Dr. Topi non ne trovarono in qualevma di esse: nel negare bisogna essere assai più guardinghi che nell’aftermare. ? Loc. cit., pag. 155. — 61 — parla sempre di piante ammalate, cioè presentanti i sintomi esterni del- l’arricciamento, ìl che sarebbe semplicemente ozioso. Fortunatamente per il Dr. Petri le mie ricerche sono, com'egli af- ferma, “incomplete ,, chè se avessi il tempo e la voglia di estenderle, temo (ed è facile profezia la mia) che poche viti dei vigneti italiani sarebbero immuni dalla presenza dei cordoni endocellulari e quindi, se- condo il Dr. Petri, dall’arricciamento. Se di ricerche incomplete s’ ha da parlare, oso dire che in questo caso siano tali non le mie, ma preci- samente quelle del Dr. Petri, che, dopo aver trovato e studiato diligen- temente i cordoni endocellulari nelle viti ammalate, si dimenticò di cer- carli con eguale diligenza nelle viti sane. In quanto al rapporto tra la formazione dei cordoni endocellulari e gli abbassamenti di temperatura, se i casi da me citati non sono convincenti per il Dr. Petri, io non so che farci! A nulla vale che io abbia trovato queste formazioni negli inter- nodii apieali di viti sane esaminate nell'agosto e provenienti da Ca- gliari, ove durante l’estate 1913 la temperatura non si abbassò mai al di sotto dei 10°! e la siecità infierì dolorosamente dall'aprile al di- cembre; a nulla vale che i cordoni endocellulari siano stati da me trovati in viti sane coltivate in serra scaldata con termosifone, ove gli sbalzi di temperatura, se si fossero effettuati, avrebbero avuto ben altri effetti di quelli della formazione dei cordoni endocellulari; a nulla vale che le stesse formazioni siano state constatate da me in parecchie di- cotiledoni coltivate nelle serre dell'Orto Botanico di Pavia, ove non è trascurata l’elementare cura di segnare giorno per giorno i massimi ed i minimi di temperatura, e ove è accuratamente ed assolutamente escluso il pericolo di forti ampiezze di escursioni termiche! A tutte quelle frasi con le quali il Dr. Petri vuol far apparire le mie note precedenti mancanti di dimostrazioni e di precisione, rispondo ricordando che la mia prima nota su quest'argomento portava la dici- tura “ Nota preliminare ; e che nella seconda era chiaramente annun- ziata la pubblicazione del lavoro definitivo, nel quale non è da meravi- gliare se vi si trovi “un progresso ,, forse non quello desiderato dal Dr. Petri, ma sufficiente tuttavia a dimostrare che dalla mia prima osservazione ad ora, in base a fatti, e non a sole citazioni, io, a dif- ferenza di quanto fa il Dr. Petri, nulla abbia a cambiare. ! Bollettino -Meteovico dell'Ufficio centrale di Meteor, e Geodin, Roma, 1913 — 62 L'importanza delle esperienze che il Dr. Petri conduce e va pub- blicando sullo sviluppo di talee che contenevano i cordoni endocellu- lari, va limitata, secondo me, a questo: che egli ottiene lo sviluppo stentato di talee provenienti da »piante ammalate, cosa invero niente affatto strana, come non è strana l’affermazione del Dr. Petri che “i tralci di vite che hanno subito l’azione di freddi tardivi, non sono fisiologicamente equivalenti a quelli che a tale azione sono sfuggiti ,. Ma la presenza dei cordoni endocellulari era indispensabile perchè tutto ciò avvenisse? Questo il Dr. Petri non ha ancora dimostrato, perchè manca tut- tora al suo asserto questa prova sperimentale: la riproduzione della malattia con tralci contenenti cellule cordonate e provenienti da viti apparentemente sane. Allorchè il dott. Petri dimostrerà che tralci apparentemente sani contenenti cordoni endocellulari e appartenenti a viti apparentemente sane danno luogo a piante ammalate in seguito a sbalzi di tempera- tura, e viceversa a piante sane se coltivate a temperatura uniforme, solo allora sarà dimostrata la correlazione fra questi tre coefficienti: cordoni endocellulari, arrieciamento, abbassamenti di temperatura. Sela presenza da me constatata dei cordoni endocellulari in 20 specie di piante Dicotiledoni e in una grande percentuale di viti apparente - mente sane era nota al Dr. Petri! (per telepatia o per sue ricerche personali?) perchè non ne fece alcun cenno prima? È un vero peccato che quest’ omissione sia avvenuta, perchè, nelle ricerche scientifiche ! Loc, cit., pag. 159. Affinchè chi legge la recente replica del Dr. Petri non venga tratto in errore dalla sua disinvolta asserzione, ricorderò che prima del 1911 i cordoni endocellulari erano stati trovati solo in parecchie Conifere (Raatz, Miiller, ecc.) e in tre Dicotiledoni (Penzig, Raatz) sane. Ciò avrebbe dovuto essere sufticiente per trattenere il Dr. Petri dallo « stabilire nettamente una stretta cor- relazione tra la formazione dei cordoni endocellulari (nelle viti) e un manifesto stato di malattia ». Riscontrata ora da me la diffusione dei cordoni endocellulari nelle Dicotiledoni e specialmente nelle viti sane, non è certo coll’affermare, con . disinvoltura, che ciò fosse noto, che al fatto si toglie valore. — 63 — in generale, e in questo caso più specialmente, la constatazione della larga diffusione di un tale carattere avrebbe potuto gettare maggior luce sull'importanza della scoperta fatta dal Dr. Petri e sul vero signi- ficato da attribuirsi ad essa. È tanto vero che il Dr. Petri ignorava il fatto di una così larga diffusione dei cordoni endocellulari nei tessuti delle piante che a pa- gina 193 della sua Memoria si legge: “ La varietà e l’incostanza con le quali si presentano queste strane appendici della membrana cellu- lare le hanno già fatte considerare come anomalie dovute probabil- mente a una causa patogena ,. Come già dissi, quest’ultima supposi- zione venne esposta per primo dal Raatz, ma con tutta riserva, e non venne affatto condivisa dal Miiller. SÙ - È dunqne superata, come il Dr. Petri affermava nella sua Me- moria !, “la difficoltà di potere identificare, mediante caratteri diagno- stici sicuri, i diversi e molteplici aspetti coi quali il roncet 0 court-noué si presenta nelle viti innestate ? Tutt'altro: la confusione s'è fatta maggiore, poichè la presenza dei cordoni endocellulari è il sintomo meno sicuro di questa, malattia. Esso intatti si riscontra: 1.° in viti che mai presentarono sintomi esterni di arriceiamento; 2.° in viti che li presentarono un tempo (secondo il Dr. Petri), ma che più non li presentano; 3.° in viti attualmente ammalate di roncet; 4.° nelle piante più varie (Gimnosperme e Angiosperme) sane e cresciute sia in ambienti caldi, sia in ambienti freddi. In conclusione la presenza dei cordoni endocellulari non è un sin- tomo del cowrt-noué cronico, come si desume da tutto il complesso della voluminosa Memoria del Dr. Petri, come venne pubblicato persino sui giornali politici e come anche recentemente egli affermava nelle sue repliche. E allora quale importanza ha la ricerca di tali formazioni nei tessuti della vite e quale la loro presenza e la loro assenza? V'è seriamente da domandarsi che cosa sarebbe avvenuto se si fosse applicata in Italia la conseguenza logica derivante dalla sco- ! Loc. cit., pag. 5. — 64 — perta del Dr. Petri, secondo la quale i cordoni endocellulari “ prece- dono le deformazioni degli organi aerei e costituiscono un prezioso sintomo della malattia in quei casi nei quali queste deformazioni o sono poco palesi o ancora non si sono manifestate , e prima della quale si faceva involontariamente, come dice il Petri, “una larga moltiplica— zione e distribuzione di legno, dirò così, ammalato ,. Poco mancò in- fatti che lo Stato non reclutasse squadre di microscopisti pronti a far strage di tutto il legno di vite contenente nei suoi tessuti i cordoni endocellulari! Poveri vigneti italiani allora! Dichiaro infine che, con buona pace del Dr. Petri, non intendo seguirlo più oltre in una polemica a base di chiacchiere e di contorci- menti. Sarei ben lieta invece se egli stesso o altri arrecasse il proprio contributo di fatti in questa questione, cercando, come io ho fatto, i cordoni endocellulari nelle viti sane, le quali fortunatamente non man- cano nei vigneti italiani. Istituto Botanico di Pavia, marzo 1914. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA ; #5 Cordoni endocellulari (c) nel tessuto midollare di un ramo di Populus | nigra. Sez. longit. Oc. 4; ob. 8 Korist. 4 2 Cordone SA (c) nel tessuto AI di an ramo di Acer tata- 4. Sa sea (e) nel tessuto midollare di De È esca. Oc. 8 Korist. di } "rr ) con lamelle met = Gi OPEROSITÀ sino all’anno 1912 della Stazione di Botanica Crittogamica (Laboratorio Crittogamico) in Pavia Relazione chiesta da S. E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Com- mercio, per l’ Institut International d’ Agriculture, a cura del diret- tore prof. GrovanxnI BrIOSI. Oggidì si contano forse a centinaia le istituzioni che nel mondo si occupano delle malattie delle piante, ma non è fuor di luogo ricordare che è l’Italia il paese che ha dato vita al primo Istituto dedicato espressamente allo studio di tali malattie, istituendo presso l’Istituto Botanico dell’Università di Pavia il Laboratorio Crittogamico con de- creto del 26 marzo 1871. Lo scopo di tale Laboratorio, chiaramente indicato nello Statuto di fondazione, è quello di estendere le cognizioni sistematiche e morfolo- giche intorno alle malattie delle piante e degli animali prodotte da critto- game parassite; di avvisare ai mezzi più acconci per prevenirne il nascimento, arrestarne lo sviluppo e la diffusione, moderarne î dannosi effetti, nonchè di sciogliere i quesiti che fossero proposti da Corpi morali, da Comizi, So- cietà, Stazioni agrarie e da privati, e di propagare infine con pubblicazioni i risultati delle indagini istituite. All’opera esso subito mise mano, e se nel primo anno solo quattro furono gli agricoltori che al Laboratorio Crittogamico si rivolsero, nel terzo il numero loro era salito a 52, e da allora è continuamente au- mentato, ed in tale misura che nell'ultimo triennio le ricerche fatte in servizio del pubblico ascesero: a 2160 nell’anno 1910, a 2208 nel 1911, ed a 2188 nel 1912, come può rilevarsi dalle /'assegne crittogamiche di già stampate, ove trovansi indicate, quasi sempre, anche le località e le persone per le quali le ricerche vennero eseguite. Il numero complessivo delle ricerche, a tutto il 1912, ammonta a 31,876, come risulta dal seguente specchietto ricavato dalle dette Rassegne: Wenmi.fatti nel 1891... VON: 4 p Mata ;,.. . LA e 1879) |. > VIRA ea Atti dell'Jat, Bot. dell'Università di Pavia — Serie lI Vol. XVI. 6 Esami fatti nel 1874. 1875. 1876 . 18 1878 . 1879 . 1880 . 1881 . 1882 . 1883 . 1884 . 1885 . 1886 . 1887 . 1888 . 1889 . 1890 . 18918 1892 . 18938 1894 . 1895 . 1896 . 1897 . 1898 . 1899 1900 . 1901 . 10027 1903 + 1904 . 1905 . 1906 . 19070 1908 . 1909 . 1910 . LO 19102 68 — 53 68 60 45 47 5I 123 182 63 50 251 254 327 190 441 503 283 472 409 231 420 1116 689 756 882 899 1095 721 2043 2191 1537 1324 1517 1871 2195 1872 2160 2208 2188. — 609 — Questi esami sono così ripartiti: per le malattie della vite n. 5857; per le malattie dei cereali n. 2164; per quelle delle piante da orto n. 1997; per le piante ornamentali e da fiori recisi n. 1493; per gli alberi fruttiferi n. 3362; per le piante industriali (olivo, colza, raviz- zone, barbabietole, gelso, tabacco, canapa, lino, ecc.) n. 1313; per le piante foraggere n. 1168; per le piante forestali n. 2470; per i bachi da seta e loro seme n. 442; per altre ricerche (sofisticazioni, alterazioni di sostanze alimentari, funghi velenosi, piante infestanti e nocive, ecc.) n. 11610. Non è qui il luogo di parlare di tutte le ricerche e di tutti gli studi originali dei quali, a vantaggio dell’agricoltura, il Laboratorio Crit- togamico si è occupato, poichè sono numerosissimi, come può scorgersi dall'elenco delle sue pubblicazioni. Citiamone solo alcum: Gli studi sulle malattie del riso (Brusone, Bianchella, Gentiluomo, ecc.) ai quali il Laboratorio rivolse la sua attenzione sino dai primi anni di vita, studi che ha sempre di poi continuato riuscendo a scoprire i prin- cipali parassiti che le producono e a riprodurre anche artificialmente la malattia che più lo danneggia: quella nota col nome di Brusone. Le numerose ricerche sulle malattie della vite. Fu nel Laboratorio Crittogamico di Pavia che si scoprì la prima volta in Italia la pero- nospora; che sino dal 1880 si iniziarono esperienze per combatterla e che nel 1884 se ne fecero su larga scala con ben venti diverse so- stanze, esperienze che non furono mai abbandonate a fine di perfe- zionare e semplificare sempre più i metodi di lotta. Di molte altre ma- lattie della vite si occupò il Laboratorio nostro, come dell’u/cera dianca dei pampini, del marciume dell'uva, della suberosi € spaccatura degli acini, ecc.; Le ricerche sul Male dell'inchiostro, che ha distrutto gran parte dei nostri castagneti; ricerche le quali condussero alla scoperta del paras- sita causa del male, che da tanti anni affaticava invano la mente di scienziati italiani e stranieri. Le ricerche sull’avvizzimento dei germogli e la fallanza delle gemme nel gelso, malattia che in qualche anno produce danni. gravissimi e della quale invano si era per molto tempo cercata la causa, la quale fu scoperta nel parassitismo di un fungillo che penetra nelle gemme e le uccide, od uccide ed avvizzisce i giovani germogli che da esse si sviluppano. Le ricerche sulla ruggine bianca dei limoni, che talora deturpa e deprezza gran numero di questi preziosi frutti nella Sicilia ed in altre regioni meridionali. Le esperienze sulla propagazione dei funghi parassiti delle grandi culture. — TO I tentativi di infezioni artificiali con crittogame parassite. Le esperienze sull'azione dell'idrogeno solforato sulle crittogame. Le ricerche sull’influenza della peronospora sopra l'assorbimento delle sostanze minerali. Gli esperimenti sulla respirazione patologica e l'assimilazione delle piante ammalate. Gli studi sopra i germi patogeni della flaccidezza del baco da seta. Gli studi sulla ragiada dei luoghi paludosi. Gli studi sui funghi ed i fermenti del latte e delle carni insac- cate, ecc. E non solo delle malattie che tormentano le piante della grande coltura, ma anche di quelle che affliggono l’orticoltura ed il giardinaggio, che per certe plaghe italiane hanno così alta importanza, il Laboratorio Crittogamico si è ripetutamente occupato. Più oltre si troverà la lista delle nuove malattie e dei molti pa- rassiti nuovi che furono studiati e descritti dal personale del Labora- torio Crittogamico, i quali ammontano al cospicuo numero di 142; e si troverà anche l’elenco delle pubblicazioni da esso fatte. Nulla meglio di questi due elenchi può dare un’idea sia dell’ope- rosità scientifica complessiva del Laboratorio Crittogamico, sia della varia natura dei singoli studi da esso intrapresi e compiuti, non solo nel campo della patologia vegetale, ma altresì in quelli della sistema- tica, della fisiologia, della distribuzione geografica delle crittogame, dell'anatomia, della micologia, ecc. I lavori stampati, riferentisi quasi tutti a sperienze e ricerche originali, superano i quattrocento, fra note e memorie, delle quali pa- recchie di forte mole ed illustrate con molte tavole; ed i risultati loro ebbero quasi sempre l'onore di venire accolti e confermati anche al- l'estero. I lavori degli ultimi anni da soli formano quindici grossi vo- lumi, senza contare l’opera sui Funghi parassiti essiccati, delineati e descritti, della quale sono già usciti diciassette fascicoli, ove vengono illustrate 425 malattie, di ognuna delle quali si dà la descrizione, come si de- scrive e figura il parassita che le produce e si fornisce per ognuna il pezzo patologico essiccato, indicando altresì, sin dove è possibile, i ri- medi per combatterle. I risultati degli esami e le osservazioni e ricerche che sopra le malattie si fanno in servizio del pubblico, vengono ogni anno raccolti in apposite Rassegne crittogamiche che il Ministero d’Agricoltura pub- blica nel suo BoZettino. In tali Rassegne si usa anche, da qualche tempo, raggruppare e riassumere in appositi capitoli dettati in forma piana, le cognizioni che si hanno intorno ai principali morbi che aftet- = TR tano le piante culturali ed ai rispettivi metodi di cura, cognizioni che per trovarsi sparse in pubblicazioni d’ogni genere, italiane e straniere, riuscirebbero di difficile accesso agli agricoltori e talora anche agli stu- diosi. Così si fece per le malattie delle dardadietole, così per quelle della canapa, del riso, del gelso, dei pioppi, delle pomacee, così per la ruggine ed il carbone dei cereali, per le malattie dell’erda medica, del trifoglio e di tutte le Zeguminose foraggere e da seme. All’opera del nostro Laboratorio Crittogamico fu più volte ricorso anche dall’estero: dalla Francia, dalla Svizzera, dall'Austria, dalla Grecia, dal Giappone, dalla Russia, dalla Germania, dalla Bulgaria, dalla Svezia, dall'America (Messico, Stati Uniti, Repubblica Argentina), dalla Spagna, dal Portogallo, dall’Algeria, ece. ed il parere suo ha talora prevalso, in questioni scientifiche controverse, su quello fornito da Istituti stranieri di grande fama. Molti giovani d’alto valore furono allievi del Laboratorio e più o meno a lungo vi lavorarono, e parecchi di poi raggiunsero posizioni cospicue nella scienza, come Giuseppe Gibelli, che fu professore del- l’Università di Torino; il senatore Camillo Golgi, professore dell’ Uni- versità di Pavia; il dott. O. Penzig, professore all’Università di Genova; il dottor Pasquale Baccarini, professore dell’ Istituto superiore degli studi di Firenze; il dott. Fridiano Cavara, professore dell’Università di Napoli; il dott. L. Buscalioni, professore all'Università di Catania; l’ono- revole dottor L. Montemartini, professore alla Scuola Superiore di Agricoltura di Milano; ed altri. Alla sua ospitalità ricorsero altresì studiosi stranieri, che in esso vennero a perfezionarsi e vi rimasero per mesi o per anni, come il dottor Andreae di Basilea, i dottori Politis e Loverdo di Atene ed il professore Nomura di Tokyo, compiendovi ricerche importanti e facen- dovi scoperte che ebbero l'onore di essere stampate, ed accolte nella scienza. In molte esposizioni italiane e straniere, alle quali talora concorse per volere del Ministero d’Agricoltura, il Laboratorio Crittogamico ot- tenne, specialmente all’estero, insigni onorificenze. Molte e frequenti ispezioni il Laboratorio ha altresì compiuto nelle diverse regioni italiane ed anche fuori, sempre allo scopo di studiare malattie di piante. (= Alle spese d'impianto del Laboratorio Crittogamico concorsero il Ministero d’Agricoltura, Industria e Commercio con lire 1700, la Ca- mera di Commercio di Pavia con lire 300, ed anche alcuni privati do- natori, come il conte Arnaboldi, il conte Borromeo ed il cavalier No- seda con modesti ma ben graditi contributi. Alle spese di mantenimento contribuì, fino dalla sua fondazione, il predetto Ministero con lire 1200 annue, la Provincia di Pavia pure con lire 1200, il Comune con lire 300 e l’ Amministrazione del Col- legio Ghislieri con lire 800. Il personale del Laboratorio consta di un Direttore, di un assistente stabile, di un assistente straordinario e di un inserviente. I mezzi finanziari dei quali il Laboratorio Crittogamico dispose fu- rono sempre molto modesti; solo da due anni il Ministero di Agricol- tura ha portato il suo sussidio a lire 14.000 annue, colle quali si prov- vede ora un po’ meglio anche al personale pur sempre mal ricompensato. Se modesti furono i mezzi, non spregevoli al certo appariranno i frutti che se ne raccolsero come ne fanno fede i due elenchi che seguono, in uno dei quali trovansi indicate le malattie ed i parassiti nuovi che vi furono studiati, nell’altro le pubblicazioni che vi furono fatte. ELENCO DELLE MALATTIE E DEI PARASSITI NUOVI SCOPERTI E STUDIATI DAL LABORATORIO GRITTOGAMICO. Sul Riso furono scoperti dodici nuovi parassiti. Oltre la Piricularia Oryzae Briosi e Cavara, causa del drusone, si descrissero: la Pleospora Oryzae Cattaneo, lo Scelerotium Oryzae Catt., il Phoma Oryzae Catt., il Phoma vaginarum Catt., la Septoria Oryzae Catt., l’Ascochyta Oryzae Catt., il Gymnosporium Oryzae Catt., lHelminthosporium maculans Catt., lo Spo- rotrichum angulatum Catt., la Leptosphaeria Salvinii Catt. e la Leptosphaeria Oryzae Catt. Furono inoltre segnalate e descritte due nuove piante, infestanti delle risaie: il Panicum pAyllopogon ed il Panicum erectum Pollacci. Sugli altri Cereali: In semi alterati di granoturco, la cui altera- zione era sospettata dal prof. Cesare Lombroso essere in rapporto con l’eziologia della pellagra, fu scoperto e descritto lo Sporotrichum May- dis Gar. Furono anche descritti quali cause di altre malattie nei ce- reali l’Ophiocladium Hordei Cavara e la Gibellina cerealis Cavara. n Sulla Vite: Negli acini furono trovati: la PhysalZospora daccae Cavara, il Phoma lenticularis Cav., il Gloeosporium Physalosporae Cav., la Pesta- lozzia viticola Cav., il Napicladium pusillum Cav., il Phoma Briosii Bacca- rini, la Briosia ampelophaga Cavara, la Tubercularia acinorum Cav., il Phoma Baccae Catt., la Physalospora Woroninii Montemartini e Farneti, l’Aureobasidium Vitis var. album (frutti e foglie). Nei pampini furono stu- diati: l’ulcera dianca, prodotta dalla Botrytis cinerea; il marciume del- l’uva, dovuto ad una specie di Moria, e furono trovati: il Oladosporium Roesleri Catt., la Sphaerella fumaginea Catt., il Colletotrichum ampelinum Cav. Inoltre fu studiata la suderosi e spaccatura degli acini. Sul Gelso fu trovato: lo Stegarosporium Kosaroffii Turconi e Maffei (materiale mandato dalla Bulgaria), e scoperti i rapporti genetici fra il Fusarium lateritium e la Gibberella moricola, che producono l’avvizzimento dei germogli. Sulla Canapa: il Dendrophoma Marconii Cavara. Sul Caffè: la Cercospora Herrerana Farneti che ne attacca i frutti nel Messico, da dove il materiale per studio fu mandato. ; Sui Cocomeri, Meloni, ecc.: il Colletotrichum olizochaetum Cavara, e fu segnalato per la prima volta l’avvizzimento dei cocomeri e la com- parsa della Peronospora cubensis Berk. e Curt. Sulla Castilloa elastica: la Nectria Castilloae Turconi e Maffei man- dataci dal Messico. Sulla Vanilla planifolia: il Bacterium Briosianum Pavarino. Sulla Cannella: la Cytosporela Cinnamomi Turconi e il Colletotri- chum Briosii Turconi. ° Sulla Canfora: l’Ascochkyta Camphorae Turconi. Sugli Agrumi: la Diplodia Aurantii Garovaglio e Cattaneo, la Sphaeronema Citri Gar. e Catt., la Caltanea heptaspora Gar. e Catt., l Echi- nobotryum Citri Gar. e Cattaneo, la Fumago Cammelliae Cattaneo, la Pleo- spora Hesperidearum Cattaneo, la Trichoseptoria Alpei Cavara, lo Sporo- cadus Aurantii Cattaneo e Garovaglio e la RAynechodiplodia Citri Briosi e Farneti, che produce la Ituggine bianca degli Agrumi. Sul Susino: la Didymaria prunicola Cavara. Sall’Albicocco: la Stigmina Briosiana Farneti. Sul Pero: il Macrosporium Sydowianum Farneti. Sul Fico: l'Alternaria Fici Farneti e il Cladosporium sicophilum Farn. Sul Cotogno: l’Entosporium Mespili var. Cydoniae Briosi e Cavara. Sul Nespolo comune (Mespilus Germanica): il Glocosporium minu- tulum Briosi e Cavara, Ja /Ayllosticta mespilina Montemartini, la Phyl- losticta mespilicola Rota-Rossi. Sul Nespolo del Giappone (£riobotrya Japonica): il Basiaschum Eriobothryae Cav., il Fusicladium Eriobothryae Cavara. — 10 Sul Lampone: la Pyrenochaeta Rubi-Idaei Cavara. Sul Castagno: il Melanconis perniciosa Briosi e Farneti. Sull’Olivo: il P/enodomus Oleae Poll. (nei frutti), il Comnzothyrium Oleae Pollacci, la Septoria Oleae Pollacci, il Bacterium olivae Montemar- tini e fu riprodotta artificialmente la malattia della Rogna. Sulle Piante da orto: il Plhoma Capsici Magnaghi, il Bacterium Briosii Pavarino sul pomodoro; la Septoria Petroselini var. Apii Briosi e Cavara nel sedano; la Ramularia Tararaci Karst. var. epiphylla Briosi e Cavara sul denteleone; il Bacillus Capsici Pavarino e Turconi che pro- duce l’avvizzimento dei peperoni. Fu segnalata per la prima volta la comparsa e l’azione patogena della Septoria Lycopersici. Sulle Piante foraggere: la P/eosphaerulina Briosiana Pollacci sul- l'erba medica, la Tuberculina Nomuriana Saccardo del Rengesò (Astra- galus sinicus), mandata dal Giappone, il Macrosporium Sarcinaeforme Cav. sul trifoglio, la Dactylaria parasitans Cav. sulla Digitaria sanguinalis; la Phleospora Trifolii Cav. sul trifoglio; 1’ Anthostomella Sullae Mont. e la Cercospora ariminensis Cav. nella Sulla; la PYyllosticta calaritana Briosi e Cavara sul carrubo; l'Ovxlaria Holci-lanati Cavara sopra 1’ Holcus lanatus. Sulle Piante forestali: la Didymaria Salicis Cavara sul salice; il Cladosporium Scribnerianum Cavara sulla betula; la Microsphaera Guarinonii Briosi e Cavara sull’avorniello; il Coniothyrium saliciculum Rota-Rossi sulle foglie del salice; la Cercospora lumbricoides Turconi e Maffei sulle foglie del frassino, mandate dal Messico; il Melogramma Henriquetii Briosi e Cavara sul sughero mandato dall’Algeria; la Cercospora ticinensis Briosi e Cavara sul sambuco ; il Gloeosporium incospicuum Cavara sull’ontano; il Cylindrosporium siculum Briosi e Cavara sulla quercia; il Coniothyrium Dumeei Briosi e Cavara sul ramno;il Napicladium Celtidis Briosi e Ca- vara sul Celtis; il G/oeosporium Gibellianum Cavara sulla betula; la Sphaeropsis crataegicola Cavara sopra il biancospino. Sulle Piante ornamentali: il G/ocosporium Evonymi Briosi e Ca- vara e la Phyllosticta evonymicola Tognini sull’evonimo; il Cylindrospo- rium Pollaccii Turc. sull’Ilex; il G/oeosporium I'hododendri Briosi e Ca- vara sul rododendro; il Bacterium Montemartini Pavar. sulla Glicine; il Gloeosporium Muehlembekiae Briosi e Cavara sulla Muehlembeckia; la Giberella Briosiana Turconi e Maffei ed il Macrosporium Sophorae Ture. e Maff. sulla sofora; la PhyMosticta PhyUodendri Turconi sulla Monstera; la PhyUachora mericana Turconi sulla Chaquirilla mandataci dal Messico; la Pestalozzia Banlsiana Cavara sulla Banksia; la Massariella Palmarum Maffei e la Phyllostieta Chamaeropis Poll. sulle palme; la Phyllostieta Goetheae Magnaghi sulla Goethea; la Sphaeropsis Magnoliae Magnaghi sulla Ma- gnolia; il Colletotrichum Pollaccii Magn. sull’ Aucuba; la Leptosphaeria PE oe Briosiana Pollacci sulla Cicas; il Leptothyrium parasiticum Pollacci e la Cytosporella Certi Pollacci sul Cereus; il Pirostoma Farnetianum Poll. sul Pandanus; la PhyZostieta Damarae Pollacci sulla Damara. Sulle Piante da fiori recisi: la Septoria Chrysanthemi Cavara sui crisantemi; la Cercospora Aypohylia Cav. sulle rose, nelle quali venne altresì studiata la malattia del marciume dei boccioli, dovuta alla Bo- trytis vulgaris ; il Bacterium Cattleyae Pavarino; il Bacillus Pollaccii Pav.; il Bacterium Krameriani Pavarino; il Bacillus Farnetianum Pav.; V Uredo aurantiaca Montemartini nelle Orchidee; l’Ascochyta Polemonii Cav. sul Po- lemonium; il Leptothyrium Peronae Cav. sulle peonie; l’Helminthosporium Lunariae Pollacci sulla Lunaria; la Botrytis parasitica Cav. sui tulipani; la Botrytis vulgaris che produce il marciume dei fiori delle tuberose; la Cer- cospora Violae-tricoloris Briosi e Cavara sulla viola del pensiero; il Macro- sporium Violae Pollacci sulla viola odorata; l’ Helminthosporium Iberidis Pol- lacci sull’/beris; il Dendrophoma Conrallariae Cav. sul mughetto; la Ramu- laria Vallisumbrosae Cav. sui narcisi; la Cercospora Helianthemi Briosi e Cavara sull’Helanthemum; il Bacterium Matthiolae Briosi e Pavarino sulle violaciocche; il Baci//us Asteracearum Pavarino sugli Aster; l'Oidium Hor- mini Farneti e la Botrytis Hormini Farn. sull’Horminum; il Gloeospo- rium Begoniae Magn. sulle Begonie; il Macrosporium Calycanthi Cav. sul calicanto. Nel Latte: il Saccharomyces galacticola Pir. e Rib.; il Fusarium lactis Pir. e Rib.; lo Sporothricum lactis Pir. e Rib. Nelle Carni insaccate: l’ Hormodendron Farnetii Carbone, il Clado- sporium Savastani Carb.; il Cladosporium Comesii. Carb.; il Penicillium Briosii Carb.; il Citromyces Sormanii Carb.; Aspergillus Tiraboschii Carb.; l’Aspergillus Belfantiù Carb. , ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI DEL LABORATORIO CRITTOGAMICO DI PAVIA! A TUTTO IL 1912, 1873. 1. — Prospetto degli esami fatti in servizio dei privati ecc. nel Laboratorio Crittogamico negli anni 1871-1872 e 1873 (S. Garovaglio); Archivio triennale del Laboratorio di botanica crittogamica di Pavia, vol. 1, pag. LII-LXvnI. ! Le ricerche alle quali queste pubblicazioni si riferiscono furono tutte ese- guite nel Laboratorie Crittogamico dal personale ufficialmente addsttovi, o che esso ospitava, ot 20. 21. Sui microfiti della ruggine del grano, con una tavola (S. Ga- rovaglio); /bid., pag. 1. - Sullo Sporotrichum Maydis, con una tavola (S. Garovaglio); idid., pag. 31. Sul Protomyces violaceus Ces., con due tavole (G. Gibelli); idid., pag. 41. Sul polimorfismo della Pleospora Rerdarum Tul., con cinque ta- vole (G. Gibelli e L. Griffiini); 7d:4., pag. 53. Sulla propagazione artificiale dei corpuscoli del Cornalia (6. Gibelli, A. Maestri e G. Colombo); #b:4., pag. 93. 1374. Di una cameretta umida per la coltivazione dei micromiceti (G. Griffini); 2024., pag. 103. Sulla scoperta di un discomicete trovato nel cerume dell’o- recchio umano (S. Garovaglio); 2074., pag. 113. Intorno ad alcuni grani di Zea Mays anneriti (S. Garovaglio); ibid., pag. 115. Studi sul parassita delle olive (S. Garovaglio e A. Cattaneo); ibid., pag. 116. Sulla causa dell’allettamento del frumento (S. Garovaglio); idid., pag. 119. Relazione sui parassiti delle foglie e dei rami di gelso (S. Ga- rovaglio); 7did., pag. 126. Relazione sulla natura del male di alcune spighe di frumento (S Garovaglio); 7bid., pag. 132. Due relazioni, luna sulla malattia dei capperi detta il dianco, l’altra su quella di alcuni vitigni (S. Garovaglio); ibid., pa- gina 134, Notizie bibliografiche sul Cystopus Capparidis (S. Garovaglio); ibid., pag. 137. Sulla causa dell’alterazione di un grappolo d’uva (A. Maestri); ibid., pag. 142. Esperienze el osservazioni sulla rugiada (L. Griffini); ibid, pag. 148. Osservazioni sui corpuscoli dei bachi da seta, con una tavola (A. Maestri); (bid., pag. 159. Sul carolo o brusone del riso, con due tavole (S. Garovaglio); ibid., pag. 173. Bibliografia del brusone (S. Garovaglio); #0id., pag. 200. — Ricerche microscopiche sul sangue carbonchioso dei bovini (L. Griffini); 70:4., pag. 203. 38. — 39. —- 40. — age Di alcuni uccelli raccolti nel territorio pavese (A. Maestri); ibid., pag. 209. Sall’Uredo Betae Pers. (S. Garovaglio); idid., pag. 213. _ Ls Salle principali malattie degli agrumi, con una tavola (S. Ga- rovaglio e A. Cattaneo); :0id., vol. II-III, pag. 3. Nuove ricerche sul brusone del riso (S. Garovaglio e A. Cat- taneo); idid., pag. 15. Sulla Erysiphe graminis e sulla Septoria Tritici, con una tavola (S. Garovaglio e A. Cattaneo); #bid., pag. 21. Sulla ruggine del grano turco, Puccinia Maydis, con una tavola (S. Garovaglio e R. Pirotta); ibid., pag. 39. I'Si7i6. Sulla ruggine dell’abete rosso, Peridermium abietinum, con una tavola (S. Garovaglio e A. Cattaneo); idid., pag. 47. Sull’Acrimonium Vitis, nuovo fungo parassita dei vitigni (A. Cat- taneo); ibid., pag. 57. - Sulla ruggine delle malve, con una tavola (R. Pirotta); idid., p. 63. Sullo Scelerotium Oryzae, nuovo parassita vegetale del riso, con una tavola (A. Cattaneo); (bid., pag. 75. lisizàz. Sull’Helminthosporium Vitis, parassita delle foglie della vite, con una tavola (R. Pirotta); id/d., pag. 85. Esperienze sulla propagazione dei corpuscoli del Cornalia nel baco da seta, con una tavola (A. Cattaneo); idid., pag. 93. Sull’epifitia delle viti di Rocca de’ Giorgi (A. Cattaneo); idid., pag. 97. Di quella malattia del riso che i Lombardi chiamano gentil uomo 0 spica falsa (A. Cattaneo); i0:d., pag. 113. Due nuovi miceti parassiti delle viti, con una tavola (A. Cat- taneo); /did., pag. 109. Contributo allo studio dei miceti che nascono sulle pianticelle di riso, con due tavole (A. Cattaneo); ibid., pag. 115. I funghi parassiti dei vitigni, con quattro tavole (R. Pirotta); ibid., pag. 129. Sui microfiti che producono nelle piante la malattia del Nero, Fumago 0 Morfea, con una tavola (A. Cattaneo); ibid., pa- gina 227. 1872. Sull’annebbiamento del grano, con due tavole (R. Pirotta); iid., pag. 237. 4l. 52. — D4. 55. 56. 57. 58. SUOI (( Se Sulle dominanti malattie dei vitigni (S. Garovaglio e A. Cat- taneo); 20:d., pag. 245. Studi sul latte, con quattro tavole (R. Pirotta e G. Riboni); ibid., pag. 289. . IRZTKSY - Nuove ricerche sul vajolo della vite (S. Garovaglio); ibid., pa- gina 347. I miceti degli agrumi, con due: tavole (A. Cattaneo); ibid., pa- gina 357. La nebbia degli Esperidi, con una tavola (C. Cattaneo); idid., vol. IV, pag. 3. 1880. Elenco della alghe della provincia di Pavia (A. Cattaneo); 287d., pag. 9. La Peronospora viticola ed il Laboratorio Crittogamico (S. Ga- rovaglio); i0bid., pag. 23. Sulla comparsa del Mildew o falso Oidio degli Americani (R. Pirotta); idid., pag. 35. Ancora il Mildew o falso Oidio delle viti (R. Pirotta); #07d., pag. 39. - Tentativi di cura sopra diverse varietà di viti esotiche infette dalla Peronospora (S. Garovaglio); #0:4., pag. 42. 13831 La Peronospora viticola nella provincia di Pavia (R. Pirotta); ibid., pag. 48. Sulla Peronospora viticola, con 1 tav. (S. Garovaglio); idid., p. 55. Tavola dei risultati ottenuti dalla semina e coltivazione di quindici specie e varietà di viti asiatiche e americane (S. Ga- rovaglio); idid., pag. 63. 1iStTS9I2% L'invasione della Peronospora viticola in Italia (S. Garovaglio); ibid., pag. 67. Sul modo di scoprire col microscopio le falsificazioni delle fa- rine, con 2 tav. (A. Cattaneo); ibid., pag. 85. La nebbia dei fagiuoli (A. Cattaneo); #did., pag. 99. Mezzi usati nel 1881 per salvare dalla Peronospora le viti dell'Orto Botanico (S. Garovaglio); ibid., pag. 105. Della gangrena secca ed umida dei pomi di terra, con 2 tav. (A. Cattaneo); #d:d., pag. 119. 59. 60. 66. 67. 68. 69. 70. ro 72. 74, Capo Anatomia e morfologia della vite, Vitis vinifera, con 5 tav. (O. Penzig); idid., pag. 141. L'epidemia della Peronospora viticola nel 1881 (S. Garovaglio); ibid., pag. 177. La vite ei suoi nemici nel 1881, con 1 tavola (S. Garovaglio): ibid., pag. 183. 1888. Esame di farina adulterata (A. Cattaneo); ?id., pag. 205. 1884. Sul male del caffè, con 1 tavola (A. Cattaneo); iid., vol. V» pag. 1. Muschi della provincia di Pavia. Prima centuria (L. Bozzi); ibid., pag. 17. 1885. Dei miceti trovati sul corpo umano, con 5 tav. (A. Cattaneo e L. Oliva); ?0id., pag. 48. Rapporto a S. E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Com- mercio fatto dal direttore pel biennio 1884-1885 (G. Briosi); in Atti dell’Istituto Botan. di Favia, vol. I, ser. 2%, p. XXIV-XXVII. Ispezione ai vigneti di Monteleone nel giugno 1885. Relazione al Comizio agrario di Pavia (G. Briosi); 70id., p. XXVI-xxIX. Esperienze per combattere la Peronospora della vite eseguite nell’anno 1885. Relazione a S. E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio (G. Briosi); ibid., pag. 1-180.. 1886. Rassegne crittogamiche per l’anno 1886 (G. Briosi); idid., pa- gina xXIX-XLYV. Intorno ad una malattia dei grappoli dell'uva (P. Baccarini), con 1 tav. litogr.; ibid., pag. 181-188. Esperienze per combattere la Peronospora della vite. Seconda serie. Relazione a S. E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio (G. Briosi); i0id., pag. 189-246. Rassegna dei lavori fatti nel Laboratorio Crittog. nell’anno 1886, inviata a S. E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Commer- cio (G. Briosi); ibid., pag. XLYV-XLIX. Atlante botanico, con 85 tavole colorate (G. Briosi); idid., Mi- lano 1896. 1887. Rassegne crittogamiche per l'anno 1887 (G. Briosi); idid., pa- gina L-LX. Den | (+1] 89. 90. E i — Sulla vera causa della malattia sviluppatasi in alcuni vigneti di Ovada (F. Cavara); idid., pag. 247-250. Esperienze per combattere la Peronospora della vite, eseguite nell’anno 1887. Terza serie. Relazione a S.E il Ministro d'Agricoltura, Industria e Commercio (B. Briosi); 7bid., pa- gina 251-287. 18828. Rassegna delle principali malattie sviluppatesi sulle piante culturali nell’anno 1887 delle quali si è occupato il Labo- ratorio Crittogamico (G. Briosi); ;0id., pag. 289-292. Intorno al disseccamento dei grappoli della vite (F. Cavara), con 3 tav. litogr.; 7074., pag. 293-324. Muschi della provincia di Pavia. Seconda centuria (R. Far- neti); 1074., pag. 325-359. Sul fungo che è causa del Bitter Rot degli Americani (F. Ca- vara); ibid., pag. 359-362. - Intorno alle sostanze minerali nelle foglie delle piante sempre- verdi (G. Briosi) ; ‘did., pag. 363-423. Appunti di patologia vegetale. Alcuni funghi parassiti di piante coltivate (F. Cavara), con 1 tav. litogr.; 7bid., pag. 425-436. - Esperienze per combattere la Peronospora della vite eseguite nell’anno 1888. Quarta serie. Relazione a S. E. il Ministro d'Agricoltura, Industria e Commercio (G. Briosi); ibid., pa- gina 437-443. Rassegne crittogamiche per l’anno 1888 (G. Briosi); ébid., pa- gina LX-LXXVI. I funghi parassiti delle piante coltivate od utili, essiccati, de- lineati e descritti. Fase. 1. Pavia 1888 (G. Briosi e F. Cavara). Champignons parasites nouveaux des plantes cultivées (F. Ca- vara); in Revue Mycolog. 1888, n. 40, Toulouse 1888. Les nouveaux champignons de la vigne (F. Cavara); dbid., pag. 208. Toulouse 1888. 1889. La Peronospora ed altri parassiti della vite nell’Alta Italia (F. Cavara); in Italia Agricola, Piacenza 1889. Matériaux de Mycologie lombarde (F. Cavara), con 2 tav.; in Revue Mycolog. 1889, pag. 173-193. Toulouse 1889. Intorno alla struttura anatomica e alla composizione chimica del frutto del pomodoro. Nota preliminare G. (Briosi e T. Gigli); in Rendiconti dell'Accademia delle Scienze di Bologna, 20 febbraio 1889. 9i. 96. 97. 98. 99° 100. 101. 102, 103. 104. 105. 106. Enumerazione dei muschi del Bolognese. Prima centuria (R. Farneti); in Nuovo Giornale Botanico Italiano, vol. XXI, pa- gina 381-391. Firenze 1889. I funghi parassiti delle piante coltivate od utili, fasc. II, III e IV (G. Briosi e F. Cavara). Pavia 1889. Rassegne crittogamiche per l’anno 1889 (G. Briosi); in Atti del- V Istituto Botanico di Pavia, ser. 2*, vol. II, pag. 1x-xxxv. Contributo allo studio dell'anatomia comparata delle Canna- bineae. Nota preliminare (G. Briosi e F. Tognini); 0id., pa- gina 1-3. Sulla composizione chimica e la struttura anatomica del frutto del pomodoro, Lycopersicum esculentum Mill. (G. Briosi e T. Gigli); idid., pag. 5-27. 1R=ACMO E Contributo alla conoscenza dei funghi pomicoli (F. Cavara); in Agricoltura Italiana, anno XVI, Firenze 1890. Macrosporium sarcinaeforme Cav., nuovo parassita del trifoglio (F. Cavara); in La difesa dei parassiti, anno 1890, n. 4, Mi- lano 1890. Di una rara specie di Brassica dell'Appennino Emiliano, con 1 tav. (F. Cavara); in Malpighia, anno IV, pag. 124. Ge- nova 1890. Rassegne crittozamiche per l’anno 1890 (G. Briosi); in Atti dell'Istituto Botanico di Pavia, ser. 2*, vol, II, pag. xxxv-LIx. Per difendersi dalla Peronospora della vite (G. Briosi). Rela- zione letta nella seduta del 24 settembre del Congresso agrario di Pavia; ibid., pag. 29-36. Ancora sul come difendersi dalla Peronospora (G. Briosi); idid., pag. 37-40. - Alcune erborizzazioni nella valle di Gressoney (G. Briosi); ;bid., pag. 41-55. Intorno all'anatomia delle foglie dell’Eucalyptus globulus Lab. (G. Briosi), con 23 tavole litogr.; idid., pag. 57-151. Sopra il percorso dei fasci libro-legnosi primari negli organi vegetativi del lino, Linum usitatissimum L. (F. Tognini), con 3 tav. litogr.; i0i4., pag. 153-173. I funghi parassiti delle piante coltivate od utili, fase. V. Pavia 1890 (G. Briosi e F. Cavara). 1891. Rassegne crittogamiche per l’anno 1891 (G. Briosi); in Atti dell'Istituto Botanico di Pavia, ser. 2*, vol. II, pag. LIX-xo1. 112. 113. 114. 115. 116. dhe 118. TRISR 120. TIZIA 122. 123. 124. — ‘go Muschi della provincia di Pavia. Terza centuria (R. Farneti), con 1 tav. litoer.; 2di4., pag. 175-206. Note sur le parasitisme de quelques champignons (F. Cavara); in Revue Mycolog. 1891, n. 52. Toulouse 1891. - Fungi pomicoli. Contribuzione II (F. Cavara); in Agricoltura Italiana. Firenze 1891. Un altro parassita del frumento, Gibellina cerealis Pass. (F. Ca- vara), con 1 tav. color.; in: Italia Agricola, anno XXVIII, pag. 399-402. Piacenza 1891. - I funghi parassiti delle piante coltivate od utili, fase. VI. Pavia 1891 (G. Briosi e F. Cavara). 1892. Ueber einige parasitische Pilze auf dem Getreide (F. Cavara), con 1 tav.; in Zeitschrift fiir P/lanzenkrankh., III, pag. 16-26. Stuttgart 1892. Cenno sopra Santo Garovaglio, con ritratto (G. Briosi); in Atti Istituto Botanico di Pavia, ser. 2%, vol. II, pag. 3. i Contribuzione alla micologia lombarda (F. Cavara), con 3 tav. litografate ; idid., pag. 207-292. - Rassegne crittogamiche per l’anno 1892 (G. Briosi); ibid., se- rie 2, vol. III, pag. vm-xxvu. Ricerche di morfologia ed anatomia sul fiore femminile e sul frutto del castagno, Castanca vesca Gaertn. (F. Tognini), con 3 tav. litogr.; — 190 — 3,7 +02 | — 109 — Chrysanthemum frutescens. | DATA Pianta all’asciutto| Pianta inaffiata | Pianta di controllo | Aria em. cla em. Ù wi em. Desy 5 ottobre 0 0 0 | | 6 — 6,5 0 + 15 | 9 — 6,5 0 loupiskitbazo | i Il Achyranthes. e Il DATA Pianta all’asciutto| Pianta inaffiata | Pianta di controllo || egg =" edi > TI YI ce EA | 5 ottobre 0 0 | 0 | 6 » 4 225] + 60 | 9 » 4 Il | 4 60 | La dimostrazione più evidente dell’inversione della circolazione dei succhi nelle parabiosi aventi un simbionte all’asciutto, l’ebbi con un metodo ancora più semplice. Levai con precauzione dal terreno ove avevano vegetato per qualche tempo, due piante di Helianthus annuus in parabiosi, e, lavatene accuratamente le radici, immersi quelle del- l'un soggetto in un recipiente contenente soluzione completa Knop, quelle dell’altro in un recipiente vuoto, che chiusi superiormente con bambagia umida, a fine di evitare il brusco passaggio delle radici dal- l’numido al secco. Dopo qualche giorno la bambagia venne levata e il recipiente sostituito con un altro perfettamente asciutto e coperto con carta, Le radici della pianta sottoposta a siccità vennero involte in una striscia di carta bibula che era stata imbevuta di una soluzione acquosa di cloruro di cobalto al 3 °/,, poi seccata alla stufa. Com'è noto, tale carta, azzurra al secco, si arrossa immantinenti in ambiente ap- pena umido. Questo cambiamento di colore avveniva appunto là ove le radici toccavano la carta e subito l’arrossamento si propagava tutt'at- torno. Naturalmente una carta di controllo, collocata all'esterno del recipiente, si manteneva azzurra. Il fenumeno era più evidente allorchè esponevo le piante al sole, anzi, nelle ore calde delle giornate estive se le radici in siccità venivano lasciate libere entro il recipiente vuoto ed asciutto, la quantità d’acqua che esse sottraevano all’altro simbionte era tale che parte ne traspirava e si depositava sotto forma di goc- cioline sulle pareti interne del recipiente di vetro, annebbiandole per un buon tratto. — 110 — CONDUZIONE RETTILINEA 0D OBLIQUA? — Una domanda ci si può ri- volgere nell'osservare il fenomeno della conduzione invertita dei liquidi nelle piante in parabiosi tenute all’asciutto, ed è questa: le radici di queste piante ricevono la corrente dei succhi per via rettilinea, cioè dagli organi aerei distali dello stesso individuo, o per via obliqua, cioè direttamente dalla regione basale dell’altro simbionte attraverso i tes- suti del callo di cicatrizzazione? La conduzione rettilinea apparirebbe la più ovvia, tuttavia sperimentalmente si dimostra che la conduzione obliqua avviene senza difficoltà. Ad una coppia di Rose in parabiosi, una delle quali era da un mese all’asciutto ed aveva un ramo basale rigogliosissimo, asportai tutti i rami superiori alla zona d’innesto: nei rami che rimasero non av- venne alcun perturbamento: la pianta in siccità riceveva evidentemente i suechi per via obliqua dalla pianta vicina inaffiata. PoLarità. — L’inversione delle correnti di trasporto delle sostanze liquide nella pianta in parabiosi tenuta all’asciutto, mi suggerì l’idea di sperimentare se nella zona inferiore all'innesto si potesse verificare il fenomeno dell’inversione della polarità. Quest’ipotesi era giustificata dal fatto che coll’inversione della corrente doveva aversi in queste piante (i cui rami basali apparivano turgidi e rigogliosi) un accumulo di sostanze costruttive verso la parte basale del fusto o polo radicale. Scelsi come soggetti due coppie in parabiosi di Jresine Herbst, in una delle quali uno dei simbionti era stato tenuto all’asciutto per 40 giorni, nell’altra per due mesi. Separai quindi dalle piante in parabiosi le porzioni di fusto inferiori all'innesto dei simbionti tenuti all’asciutto e ne feci sette botture: tre dalla pianta tenuta all’asciutto per 40 giorni, quattro da quella che era in siccità da due mesi: alcune botture erano fornite di internodi, altre no. Ogni bottura venne infissa nella sabbia umida in posizione capovolta (cioè col polo radicale normale rivolto in alto e col polo apicale normale rivolto in basso) e venne coperta con campana di vetro. Le botture di controllo vennero tolte dalla parte inferiore del fusto delle piante in parabiosi che erano state inaffiate e vennero infisse, aleune diritte, altre capovolte, nella sabbia umida in condizioni eguali. Fra le sette botture delle piante in parabiosi assoggettate all’in- versione della corrente nutritizia, tre rigenerarono numerose radici attorno al nodo basale e 1-2 germogli in corrispondenza del nodo api- cale, cioè secondo la legge di polarità: erano le tre botture tolte alla pianta tenuta all’asciutto per 40 giorni. Altre due botture marcirono. Le ultime due rigenerarono radici numerose attorno al nodo apicale, — Il e 2-3 esili radichette nella regione dell'internodio prossima a quella api- cale; non vi fu rigenerazione di germogli, con tutta probabilità perchè in entrambi questi casi mancava alle botture la regione nodale basale. Si è dunque verificata in questi due casi una inversione di pola- rità, dovuta all’inversione della corrente di trasporto delle sostanze nutritizie prolungata per un periodo di tempo sufficientemente lungo (due mesi). Un risultato analogo era stato ottenuto dal Wakker! e poi confermato da Doposcheg-Ular ® con internodi di Begonia discolor, che diedero germogli avventizi all’apice basale. Il Goebel® spiegò questo fatto anormale osservando che, poichè la Begonia discolor è una pianta a tubero, era probabilmente avvenuta al momento della rigenerazione una speciale corrente di sostanza assimilata dalla parte superiore della pianta verso la parte inferiore tuberosa, d’onde la conseguente inver- sione di polarità. V’'è, evidentemente, una grande analogia fra questo caso e quello da me sperimentato. LA POLARITÀ NELL’INNESTO: ecco un altro argomento che a mio giu- dizio poteva condurre a risultati nuovi per mezzo dell’associazione pa- rabiotica delle piante. La numerosa serie di esperienze fatte a questo proposito dal Vòchting * aveva portato l’autore alla conclusione che “ il trapianto dei tessuti avviene completamente solo quando gli organi trasportati o i pezzi di tessuto assumano posizione normale. Negli altri casi avvengono sintomi paragonabili a quelli dell’avvelenamento, sin- tomi anatomici e in parte anche fisiologici, che portano alla morte della pianta ,. Nè pare che dopo il Vochting alcuno sia riuscito ad otte- nere innesti con polarità verticale invertita. Allorchè Daniel” afferma in una sua Memoria del 1900 che “ l’os- servanza della polarità non è condizione necessaria per la riuscita del- l'innesto , si riferisce non all’inversione della polarità verticale, ma a quella laterale che si verifica nell’innesto per approssimazione e nel- l'innesto a croce di S. Andrea: evidentemente in questo caso la parola “ polarità , ha un significato e un’importanza assai minore di quella che gli attribuiva il Vochting e che è ormai nell'uso comune. ! WakkEr, Onderzockingen over adwventieve Knoppen. Amsterdam, 1885. ? DoroscHeG-ULar J., Studien zur Itegeneration und Polarittt dev Pflanzen (Flora, 102, 24, 1911). ® GoeBer, Exrperimentelle Morphologie, pag. 15. ‘+ Vocarino H., Veber Transplantationen am Pflanzenkburper. Tabingen, 1892, ® Dassi L., Les conditions de réussite des greffes (Rev. gén. de Bot., 12, 1900). — 112 — Mi valsi per queste esperienze di una pianta erbacea che può di- ventare semi-legnosa: l’'/resine Herbstii e di nna pianta legnosa: il Diospyros Kaki, entrambe coltivate in vaso. Unii per approssimazione due individui della stessa specie tenendo l'uno nella posizione normale, l’altro capovolto: il vaso contenente quest’ultimo era sostenuto da uncini e la sua superficie era munita di un coperchio di zinco con scolo, a fine di impedire la dispersione del terreno e della maggior parte dell’acqua di inaffiamento. La cicatrizzazione delle ferite e la ricostituzione dei tessuti avvenne perfettamente in entrambe le specie: prima nell’Iresine che nel Diospyros. La microfotografia (fig. 4, tav. X) rappresenta una sezione attraverso i due fusti di Zresine Herbstii uniti in parabiosi a polarità invertita. Le piante così unite vissero per molti mesi rigogliose e diedero in primavera i nuovi germogli analogamente alle piante di controllo isolate, ciò che dimostra che le loro condizioni anatomiche e fisiologiche erano normali. Ma una prova assai convincente ne diede l’esperienza (eseguita con una coppia di Diospyros aki) di tenere all’asciutto la pianta capovolta, mentre quella in posizione normale veniva inaffiata : la prima non ha mostrato alcun segno di sofferenza, pur trovandosi da quattro mesi in siccità, ed ha perso normalmente le foglie nell'autunno. ScamBIO DI SOsTANZE. — I. Presi come soggetto due piante assai giovani di HeZzanthus annuus unite in parabiosi, nelle quali non si erano ancora formati i cristalli di ossalato di calcio, che sono invece abbon- dantissimi nel midollo e nel circostante parenchima delle piante di Helianthus più adulte. Dopo accurato lavaggio le radici dell'una vennero messe in una soluzione Knop priva di calcio, quelle dell’altra in una soluzione ana- loga priva di magnesio. Due piante di controllo, isolate, vennero trat- tate egualmente. Scopo dell'esperienza era di constatare se nella pianta che avrebbe vegetato in soluzione priva di calcio si sarebbero formati i cristalli di ossalato. In caso affermativo era assai probabile che la precipitazione di questo sale fosse avvenuta per effetto di scambi osmo- tici tra le due piante, nella zona d’imnesto. Questo avvenne infatti, e lo si può affermare perchè la pianta isolata posta in soluzione, priva di calcio, non conteneva, alla fine dell’esperienza, traccia alcuna di cri- stalli nelle sue cellule. Il midollo delle due piante in parabiosi era invece copiosamente fornito di cristalli ottaedrici e prismatici (solubili in acido cloridrico senza effervescenza, insolubili in acido acetico), meno numerosi nella pianta priva di calcio, ma non meno ben definiti per forma, e distri- buiti in prevalenza vicino al tessuto di neoformazione e d’unione alla pianta vicina. lio II. La somministrazione di un eccesso di sale di calcio (due grammi di Ca (NO,)») all'una pianta e di un eccesso di un sale di magnesio (due grammi di Mg SO,) all’altra, dimostrò che nelle piante in para- biosi era avvenuta una neutralizzazione della tossicità dell'elemento calcio o magnesio sovrabbondante, per opera dell’altro, e ciò in accordo alla teoria del Ka)kfactor del Loew *. Infatti, mentre le piante isolate di controllo, poste in eguali condizioni, dopo cinque giorni si mostra- rono sofferenti e morirono dopo circa un mese (morì per prima quella con eccesso di magnesio), le piante in parabiosi subirono da principio influenze rispettivamente eguali, ma vissero poi a lungo e, tagliate al- l'apice, emisero nuovi germogli. Così si comportarono piante di Helian- thus annuus. ConpurTIvITÀ ELETTRICA. — Sottoposi ad esperienza coppie di Rosa thea, Azalea indica, Helianthus annuus, Iresine Herbstii, Mimosa pudica, unite in parabiosi da qualche mese. Divisi le esperienze in due serie: 1.° Misurare la conduttività elet- trica di coppie di piante in parabiosi poste in condizioni fisiologiche di- verse, e applicando in modo vario gli elettrodi in rapporto alla zona d’innesto; 2.° Eccitare diversamente i due simbionti e misurare la cor- rente elettrica da essi prodotta, escludendo naturalmente le pile dal circuito. Feci uso di elettrodi impolarizzabili D’Arsonval, di pile Leclanché, e di un galvanometro con cannocchiale e scala per la lettura delle deviazioni. Le piante erano contenute in vasi di terra che venivano tenuti discosti l'uno dall’altro durante l’esperienza e poggiavano su dischi di vetro ben asciutti; non v'era quindi alcun punto di contatto fra i due vasi e le correnti elettriche fra i due simbionti non potevano seguire altra via che quella della zona d’innesto comune ad entrambi. La zona d’innesto non è naturalmente di ostacolo al passaggio della corrente, ma oppone ad essa una maggior resistenza, come si può dimostrare applicando uno degli elettrodi all’una pianta, l’altro all’altra diagonalmente. Si osserva allora che, a parità di distanza fra i due elettrodi, la resistenza è quasi doppia di quella misurata applicando entrambi gli elettrodi alla stessa pianta (vedi tabella I). ! Loew O., Veber die physiologischen Function der Ca- und Mg Salze im Pflanzenorganismus (Flora, 1892, pag. 368). — On the lime-factor for different crops (Bull. of the Coll. of Agric. Tokyo, Iv, 881), 1902. Loew e May, The relation of calcium and magnesium to plant growth (U.S. Department of Agriculture, n. 1), 1901. — 114 — Oltre a coppie in parabiosi le cui piante erano in condizioni eguali, sottomisi ad esperienza coppie nelle quali uno degli individui era stato tenuto all’asciutto per qualche mese, come nelle esperienze già citate. Trovai che l'inversione della corrente acquosa poteva esser messa in evidenza dalla corrente elettrica. Infatti, mentre nella pianta inaffiata, normale, la corrente è, com'è noto!, maggiore dal basso all’alto, nella pianta tenuta all’asciutto invece, e precisamente nella regione al di sotto dell’innesto, è maggiore la corrente che va in senso opposto, cioè dall'alto al basso, direzione seguita dai succhi somministrati dalla pianta vicina (vedi tabella II). Questa inversione della massima corrente è sensibile anche qualche centimetro al di sopra della zona d’innesto. Analogamente, la somministrazione d’acqua giornaliera provoca un aumento di corrente dal basso all’alto nella pianta che la riceve di- rettamente e un aumento in senso contrario nel fusto della pianta in siccità (v. tabella III). Le piante in parabiosi, anche nel caso in cui una di esse veniva tenuta all’asciutto, dimostrarono evidentissime “ correnti proprie , che il galvanometro segnava con forti spostamenti. Le eccitazioni elettriche che provocavo infiggendo nei fusti uno spillo sottile, venivano trasmesse, sia se venivano provocate nell’una pianta mentre i due elettrodi erano applicati all’altra, sia, a maggior ragione, in tutti gli altri casi possi- bili di combinazione fra le tre posizioni (v. tabella IV e V). Volli usufruire inoltre per queste esperienze della straordinaria sensibilità della Mimosa pudica: scelsi a questo scopo due piante in vaso che erano state unite in parabiosi. Gli elettrodi vennero apposti al fusto di uno dei simbionti, al di sopra e al di sotto della zona d’in- nesto, e venne eccitato l’altro simbionte toccandone con le dita le fo- glioline apicali che assumevano immediatamente la posizione di sonno. Il galvanometro indicava una lenta ma notevole oscillazione. Il taglio netto dell’apice di una fogliolina (inserita al di sopra dell’innesto) pro- vocò invece una subitanea ma breve oscillazione e tagli successivi pra- ! KunkeL A., Ueber einige Bigenthiimlichkeiten des elektrischen Leitungsver- méogens lebenden Pfanzentheile (Arbeiten des Bot. Instit. in Wirzburg, 11, Heft 2), 1879. Bose J. C., Plant response as a means of phystological investigation. London, 1906, pag. 391-404, MAMELI Eva, Sulla conducibilità elettrica dei succhi e dei tessuti vegetali (Atti Istit. bot. di Pavia, xIt, 285), 1908. — 115 — ticati in altre foglioline della stessa foglia diedero luogo a oscillazioni brevi, che si iniziarono però 2-3 minuti secondi dopo lo stimolo (vedi tabella VI). Questi ultimi risultati sarebbero, a mio parere, una prova dell’esi- stenza di comunicazioni plasmatiche fra i tessuti delle due piante unite in parabiosi, esistenza fin'ora supposta !, in qualche caso constatata ?, ma ancora sub judice *. TABELLA I. Piante in parabiosi. ! Intensità della corrente | | Posizione e distanza (in centesimi di microampères) | Verso della corrente aa ade | egli elettrodi Iresine Azalea || | Herbstii Rosa thea indica o Corrente positiva dal | Entrambi sotto l’in- || basso all’alto in uno nesto. || stesso simbionte... Dist. 10 cm. 16,7 18,5 0,5 | || Corrente positiva dalla | Unelettrodo sotto l’in- | base di un simbionte nesto, l’altro sopra. alla parte superiore Dist. 10 em. me'dell’altiro... --..:.... 8,8 11,9 0,1 Corrente positiva dal- | Entrambi sotto l in- l’alto al basso in uno | nesto. stesso simbionte . . . Dist. 10 em. 16,5 18,1 0,4 Corrente positiva dalla | Un elettrodo sopral’in- parte superiore di un nesto, l’altro sotto. simbionte alla base Dist. 10 em.* dell'altro. ......... 8,6 11,7 0,1 1 VOcHTING, l. c., pag. 117. ? Buper, Studien an Laburnum Adami (Zeitschr. f. induktive Abstammungs- und Vererbungslehre, v, 209), 1911. Hume, On the presence of connecting threads in graft hybrids (New Phyto- logist, x11, n. 6), 1913. * Meyer, Notiz ilber die Bedeutung der Plasmaverbindungen fitr die Propf bastarde (Ber. d. D. bot. Gesellsch. 32, 447), 1914. — Il Pfefler scrive a questo proposito nella sua « Fisiologia vegetale » (vol. 11, pag. 222) che «l’esistenza di legami plasmatici negli innesti che riescono non è provata dal loro funziona- mento armonico ». * Il diametro dei segmenti di fusto attraversati dalla corrente era, in tutti questi casi, eguale per ciascuna specie, PET) — TapeLLa JI. Piante in parabiosi, delle quali una all’asciutto da 2-8 mesi. x : Intensità Posizione e distanza della corrente Verso della corrente (in centesimi di | degli elettrodi mioroampòres)| I. Corrente positiva dalla pianta | Elettrodo positivo em. 5 sotto inaffiata alla pianta asciutta l’innesto; elettrodo negativo | (Azalea indica I) em. 11 sotto l’innesto 1,6 | | IT. Inversa della precedente | Idem 1,1 | | Elettrodo positivo em. 12 sotto | | III. Come in I l’innesto; elettrodo negativo | va em. 1,5 sotto l'innesto | 0,9 | IV. Inversa della precedente | Idem | 0,7 ; L Elettrodo positivo em. 22 sotto | | V. Come in I (Helianthus an- l’innesto; elettrodo negativo nuus) em. 12 sotto l’innesto | 2,9 | | VI. Inversa della precedente Idem 2,4 Elettrodo positivo em. 18 sotto | || VII. Come in I l'innesto; elettrodo negativo | em. 2 sotto l’innesto | 2,9 VIII. Inversa della precedente Idem ; 2,8 } < Elettrodo positivo cm. 13 sotto IX. Come in I(Azalea indica II) l’innesto; elettrodo negativo em. 14 sotto l’innesto 20,5 X. Inversa della precedente Idem 13,4 XI. Corrente positiva dal basso » » all’alto nella piantaall’asciutto Entrambi n Reno 85 (Iresine Herbstii) COLI: È XII. Inversa della precedente Idem 8,9 XIII. Corrente positiva dalbasso Taom ue nella pianta inaffiata ma ni 16,1 XIV. Inversa della precedente Idem | 14,6 Y e ala ” a td — lil — TaseLLa III. Piante di Iresine Herbstii in parabiosi, delle quali una tenuta all’asciutto da un mese. | __ Intensità della corrente (in centesimi di microampères) Posizione e distanza | oe Verso della corrente \Prima della| Dopo la sumministra- | degli elettrodi sommini- TRO | | | strazione | dopo | dopo Il Î d'H0 | 5 minuti | 2 ore | 2]* | | |l Corrente positiva dal- | Elettrodi sotto l’in- | | | l’alto al basso nella | nesto | pianta all’asciutto | Dist. em. 9 89 | OH _ | Inversa della precedente Idem | 8,5 | 8,1 SOCI | en pposiore: dal | Elettrodi sotto l'innesto | | pianta inaffiata Dist. em. 7 | 15,5 Î 16 15,2 | | Inversadella precedente | Idem |15,2 14,6 15,9! TaseLca IV. Iresine Herbstii in parabiosi. Posizione dell’elettrodo | Intensità Eccitazione della corrente 4 | B (in centesimi di 4 ] microampères) 8 eni. sotto l’innesto | 8 em. sopra l’iunesto cai 5 in un simbionte nello stesso simbionte | Id 2 cm. sopra l’innesto da | Idem nello stesso simbionte 2,9 Ide | 5 em. sotto l’innesto i a | Idem nello stesso simbionte 2,4 ' . Tdem 2 em. sopra l’innesto | Idem nell’altro simbionte 1,9 dem 5 cm. sotto l’innesto n Idem nell’altro simbionte 2,1 8 em. sopra l’innesto < 132; fructibus conidicis viridibus, wu 38 latis, 77 >< 154 longis; hyphis fertilibus apice non, vel parum, vel late in vesciculam inflatis (vesciculis hyaliniîs, ovalibus vel irregolaribus, maximis p 7,2 latis, 13,6 longis) verticillum 3-6 sterigmatum hyalinorum, cilindricorum, u 2,5 >< 7, gerentibus; conidiis longe catenulatis, viridulis, laevibus, subglobosis, n 2 diam. Habitat in botulis (salsiccia) Papiae. La detta specie in coltura zuccherata pro- duce acido citrico. Bainier e Sartory nel 1912? descrissero tre ifomiceti indicandoli come tre nuove specie di Citromyces, ai quali dettero il nome di C. af- finis, C. brevis e C. subtilis; di essi gli Autori danno le figure, ma non la diagnosi latina. Il C. affinis forma, a detta degli Autori, un feltro spesso formato da filamenti micelici da prima bianchi, poi verdi ed in fine di un grigio verdastro. Le ife fruttifere hanno un diametro di 2 #; il rigonfiamento terminale, quando esiste, ha dimensioni variabili; allo stato perfetto mi- sura sovente 6-8 w. Gli sterigmi misurano sovente 8-10 «x di lunghezza, i conidii 24 diam. Tale specie vegeta assai bene sopra i mezzi nutri- tivi usuali impiegati in micologia; essa liquefa la gelatina, non liquefa la gelosi, coagula il latte, precipita la caseina peptonizzandola legger- mente e trasforma il glucosio in acido citrico, ! Domenico Carpone, Descrizione di alcuni Ewniceti provenienti da carni insaccate sane, in Atti Ist. Bot. di Pavia, vol. xIv, pag. 259, anno 1910. ® G. Barxier st A. Sartory, Ftude de quelques Citromyces nouveau, iu Bulletin de la Société Mycologique de France, 1912, Tom. xxvui, pag. 98. — 124 — il rigonfiamento ter- minale misura 7-8 x; i conidii 2,5-3 4 diam.; gli sterigmi 10 w. Malgrado queste misure, che, come si vede, sono molto simili a quelle della specie precedente, i detti Autori dicono che questo ifomicete differisce dagli altri per caratteri morfologici diversi (non si comprende quali) e per i suoi caratteri colturali. Questo fungo produce un feltro bianco che poi passa al verde, li- quefa come l'altro la gelatina, coagula.il latte, peptonizza leggermente la caseina ed anch'esso forma in mezzo glucosato dell’acido citrico. Il rendimento in acido citrico però, mentre per la specie precedente è stato secondo gli AA. del 5 °/, in questa non oltrepassa il 2%/go- Il 0. subtilis, secondo gli stessi. Bainier e Sartory, è difficile a di- stinguersi dal C. drevis poichè i caratteri morfologici sono eguali, ma gli AA. ne fanno una specie nuova perchè non sono riusciti colle loro colture in mezzo glucosato ad avere produzione di acido citrico. Data tale constatazione i detti AA. fanno giustamente osservare come la pa- rola Citromyces sia male scelta per designare tali “ organismes myceliens ,. Nel 1912 Olav Johan-Olsen Sopp pubblicò una monografia * nella quale descrisse 12 nuove specie di C?tr0myces raccolte tutte in Nor- vegia, alle quali diede i seguenti nomi: C. coeruleus, C. fotens, 0. san- quifluus, C. purpurescens, C. griseus, O. fuscus, C. albo-roseus, C. robustus, O. rubescens, C. albicans, C. olivaceus, C. virido-albus. Nessuna diagnosi latina è data dall'A. per queste pretese nuove specie, le quali sono invece illustrate da numerose figure, senza indi- cazione alcuna del loro ingrandimento. Del C. coeruleus VA. dà le seguenti notizie che chiama “ diagnosi ,: “Questo fungo si caratterizza per il suo colore azzurro acciaio vellu- tato, che col tempo diventa verde bruno; la superficie superiore delle colonie, non molto grinzosa, segrega goccie chiare acquose, e il suo micelio sottile ha color giallo; microscopicamente è caratterizzato dai suoi porta- conidii robusti, rigonfiati, irregolari come per le altre specie, i suoi conidii sono relativamente grossi; essi misurano 5 « di diametro ,,. Tale fungo come tutti gli altri è stato trovato in Norvegia. L’Au- tore descrive poi l'aspetto macroscopico delle colture, e soggiunge: “ Il micelio non si distingue molto da quello delle specie di Perici- lium, è un po’ più grosso e regolarmente ramificato; i porta conidii Il C. drevis ha dei filamenti del diam, 2-2,5 1; , 1 OLay Jomaxn-OLsex Sopp, Monographie der Pilzgruppe Penicillium mit besonderer Beriicksichtigung der in Norwegen gefundenen Arten, mit 23 Tafeln und 1 Fig. im Text. Videnskapsselskapets Skriften. I. Mat. Naturw. Klasse, D912 NE e per lo più hanno la forma tipica di quelli dei Cifromyces. Al) estre- mità del porta conidii sì forma un rigonfiamento. Sw questo rigonfia- mento stanno 5-25 sterigmi non molto lunghi, dalle cui punte partono grossi conidii rotondi. Talvolta il porta conidii è ramificato. A se- conda dei vari substrati i porta conidii si possono sviluppare più o meno rigidi e più o meno lunghi. In aleuni casi la ramificazione dei porta conidiî è come quella del Penicillium. Gli sterigmi hanno sempre un rigonfiamento globoso, sono corti e spessi e si staccano facilmente I conidii sono grossi, rotondi, lisci e di color azzurro, Non sono stati trovati periteci di tale fungo; però lA. ha potuto osservare la forma- zione di scelerozii. Di questa specie, come delle altre nuove da lui isti- tuite, l'A. fornisce numerose osservazioni biologiche che, dato lo scopo del presente lavoro, non prendo in considerazione. Il 0. fotens è prossimo alla specie precedente, ma si differenzie- rebbe, secondo l’A., sopratutto per i suoi porta conidii più lunghi, più delicati e regolari, non ramificati, aventi un più grosso rigonfiamento all'apice; inoltre i filamenti sarebbero scabrosi ed i conidii un po’ più piccoli, rotondi, aventi 4 4 di diam. Il fungo tramanda un odore sgra- devole, Il micelio è comunemente più sottile di quello delle altre specie, fortemente ramificato, con numerose anastomosi. Non sono stati osser- vati periteci. Per ciò che riguarda il C. sangui/luus, VA., nella parte da lui chia- mata diagnosi, scrive che questa nuova specie la un colore verde-rosso con micelio coriaceo. I porta conidii sono poco ramificati come nei veri Citromyces. Colora il substrato in rosso-sangue. Il micelio ha lo stesso colore. I conidii sono piccoli e rotondi. In altra parte invece scrive che questa spécie ha micelio molto ramificato e settato, nodoso e spesso, e che i porta conidii sono molto ramificati (al contrario di quanto è detto sopra), sottili, senza rigonfiamenti; i rami sono molto corti, irregolar- mente distribuiti. Gli sterigmi sono piccol, sottili, relativamente non numerosi. I conidii sono piccoli, 1,5 4, rotondi, lisci, quasi senza colore. Non sono stati osservati nè periteci nè sclerozii. Il C. purpurescens forma delle colonie di color verde oliva e bianche, fluidifica fortemente la gelatina chie colora in porpora scuro: Il micelio è sottile; i porta conidii hanno una grossezza media, parte sono settati con rigonfiamenti all'estremità, a forma di sfera, parte sono ramificati. Gli sterigmi sono numerosi ed hanno forma di bottiglia; talvolta alle loro estremità si formano nuovi sterigmi. I conidii sono grossi, rotondi e aculeati, il loro diametro è di 6 x. Non sono stati osservati i periteci. Il C. griseus forma colonie di color verde-grigio, un po’ increspate. Il micelio strisciante è spesso e molto ramificato; i conidiofori sono molto corti, molto ramificati, secondo la diagnosi, invece mediocremente ramificati nella descrizione successiva (!), sono sottili, settati, senza evidenti rigonfiamenti all’apice. Gli sterigmi sono piccoli e corti. I co- nidii sono piccoli, rotondi, lisci e bianchi. Non sono stati osservati i periteci. i Il C. fuscus ha colonie di colore verde-oliva scuro. L'A. dice che il micelio da prima è eguale al micelio tipico dei Penicillium, col tempo diventa molto ramificato, mediocremente spesso, molto articolato ed in alcuni casi nodoso. I conidiofori sono di lunghezza media, talvolta rami- ficati, mediocremente sottili e molto settati, la loro estremità superiore è un poco rigonfiata. A tale rigonfiamento si attaccano 1-15 sferigmi, che sono piuttosto corti, tozzi e crescono, di regola, non solo all’apice del conidioforo, ma in tutti i sensi come nell’Aspergi/lus. Ai loro vertici si formano conidii molto aculeati, rotondi, bruni, di grossezza mediocre, che diventano coll’età più lisci, ma non completamente. La loro gros- sezza è di 5-6 « di spessore. Gli sterigmi sono di regola molto corti e solo raramente ramificati, ma da uno sterigma si possono sviluppare ancora nuovi sterigmi. Non sono stati trovati periteci. Il C. albo-roseum forma colture di color bianco, e periteci rossi sviluppantisi sulla superficie del micelio in grosse masse. La struttura di tali organi è eguale a quella della massima parte delle specie di Penicillium; si formano anche numerosi selerozii. L'A. non ha potuto osservare ascospore mature; il micelio è grosso, settato, ma molto regolare; i conidiofori non sono ramificati ed hanno la forma tipica dei C7tromyces (!), sono molto settati ed hanno rigonfiamenti di medio spessore. Gli sterigmi hanno forma di fiasco. I conidii sono piccoli e rotondi, mi- suranti 5 = 7 u. (Date queste misure è impossibile che siano rotondi!). Il C. robustus forma un feltro sottile verde-grigio chiaro, con aspetto robusto, setoloso; il micelio è giallo nella parte inferiore, poco ramifi- cato e poco settato, ricco di cristallini di citrato di calcio.. Conidiofori non ramificati, grandi, con pochi e grossi sterigmi. I conidii sono pice- coli, lisci e rotondi: 3 >< 3 w. Puzza di putrido. Non sono stati osservati i periteci. Il C. rubescens forma un feltro liscio verde-oliva, spesso coriaceo, tenace; la massa micelica è azzurrognola nella pagina superiore ed in alcuni ha substrato color sangue; il micelio è di spessore medio, poco regolare, un po’ ramificato e settato. I conidioforî per lo più sono di grossezza media, ed all’apice rigonfiati, come nei Citromyces (!). Gli sterigmi sono mediocremente lunghi e grossi, cilindrici, da 5 a 10, I conidii sono grigio-bruni, rotondi, lisci e di grossezza media. Non sono stati visti periteci. SA Il C. albicans forma feltro spesso, glauco, farinoso, un po’ increspato, il micelio è robusto e felpato; il micelio è bianco, giallo nella pagina inferiore con riflesso verde; cresce rapidamente; è molto sottile e poco ramificato; poco settato; le ife che formano i conidiofori sono più grosse delle altre. I conidiofori sono lunghi, grossi, rigonfiati a forma di clava e molto settati. Gli sterigmi sono numerosi, lisci e di grossezza media. I conidii sono rotondi e lisci e misurano 3-4 «x diam. Questo fungo tra- manda un odore particolare simile a quello del fiore di ciliegia. Non sono stati trovati periteci. Il C. olivaceus è fungo d’aspetto vellutato, verde-oliva, con tessuto miceliale consistente, legnoso, rugoso e spesso, dapprima giallo sulla pagina inferiore, poi bianco-verde. I conidiofori sono di regola non rigon- fiati all'apice, lunghi e poco settati, non sono molto spessi. Gli sterigmi sono appuntiti alle due estremità, sono differentemente sviluppati e di grandezza media. I conidiî sono quasi neri, lisci e rotondi. Non sono stati osservati periteci. Il C. virido-albus appare farinoso e grinzoso, ha un feltro legger- mente oliva-verde-azzurro rassomigliante a quello del Penicillium glau- cum; la massa micelica è dura, coriacea nella pagina inferiore, dap- prima rosso-bianchiccia, poi cervino; il micelio è un po’ grosso per un Citromyces molto ramificato e settato. I conidiofori sono un po corti, non spessi, un po irregolari, sovente ramificati, settati, non rigonfiati in modo particolare. Gli sterigmi, in numero di 5-10, sono corti, fusi- formi; l'estremità è molto spessa. I conidiî sono grossi, un po’ irrego- lari, di color bruno, lunghi 3-4 x. La coltura tramanda odore di topo. Non sono stati osservati periteci. Nel 1913 Bainier e A. Sartory! pubblicano un altro elenco di six variétés nouvelles de Citromyces, alle quali danno i seguenti nomi: C. mé- nutus, C. ramosus, C. Cesiae, C. Musae, C. cyaneus. Come per le specie precedenti essi danno diversi particolari bio- logici di coltura, ma un’incompleta descrizione morfologica sistematica. Il Citromyces minutus, essi scrivono, ha un port particulier. 1l micelio aereo molto ramificato e ondulato termina con lunghe ramificazioni sterili. L'apparecchio fruttifero si produce lateralmente sulle bran- che del micelio, il più spesso isolatamente, “de distance en distance , all'estremità dei corti “ supports particuliers , sempre un po’ sinuosi e leg- ! G. Barvigr et A. SartoRY, Nouvelles recherches sur les Citromyces. Étude de sir Citromyces nouveaure, in Bulletin de la Société Mycologique de France, année 1913, Vol. xx1x, pag. 157. — 128 — germente dilatati alla sommità, sulla quale si inserisce un gruppo di 5 a 6 sterigmi stretti, aventi una lunghezza di 8,4 w. Questi sterigmi sono sormontati da conidii sferici di grandezza un po’ variabile, rag- giungendo raramente i 2 # di diam. Questo fungo vegeta bene in coltura su carote, patate, banani, liquefa Ja gelatina, non ha azione sulla ge- losa, coagula il latte, precipita la caseina peptonizzandola, trasforma il glucosio in acido citrico. La quantità di acido da esso prodotta è del 2 °/gp. Il Citromyces ramosus ha apparecchi conidiofori molto ravvicinati fra loro all'estremità di corti filamenti; ciascuno di questi apparecchi si sviluppa all'estremità di un supporto particolare relativamente corto e si dilata insensibilmente in tronco di cono rovesciato sormontato da una ealotta emisferica. Gli sterigmi che la sormontano sono in numero di circa 10, la loro lunghezza è di circa 8. Quella dei conidii di circa 2,8 &. Questo fungo liquefa la gelatina, coagula il latte, precipita la ca- seina peptonizzandola. È senza azione sulla gelosa. Trasforma il glu- cosio in acido citrico, ma il rendimento è solo dell’1 °/co. Il C. Cesiae è stato trovato in una galleria di Cesia apiformis sca- vata entro un pioppo. Gli apparecchi conidiofori si producono “ de distance en distance, sopra i filamenti aerei del micelio largo 2,8 # e relativa- mente molto allungato ed all’estremità dei supporti particolari che si dilatano appena alla loro sommità. Tale filamento porta da 6 a 12 ste- riemi, lunghi circa 8 4y questi hanno forma di cilindri terminati in punta alla loro estremità superiore. I conidii sono sferici e misurano 2 w circa. Il C. Cesiae vegeta su tutti i soliti terreni colturali e segrega un pigmento rosso. Questo pigmento è solubile nei solventi dei grassi. Tale fungo, come i precedenti, coagula il latte, liquefa la gelatina e forma acido citrico dal glucosio. La quantità di acido citrico prodotta è stata del 3 °/co- Il C. Musae è stato trovato sopra scorza di banano. Il micelio molto ramificato forma su ciascuna delle sue branche degli apparecchi conidiofori numerosi ed a breve distanza gli uni dagli altri. L’apice di tali apparecchi conidiofori è di claviforme. Il diametro di tale rigonfiamento è variabile, raggiunge anche gli 8,5 w di dia- metro. “ La calotte emisphérique qui surmonte ce renflement ,, porta 6 a 8 ste- rigmi aventi forma di cono all’apice, di lunghezza da 7 a 8 w. Conidii aventi diam. di 2, talvolta ovali: 3 > 2 w. Questo fungo, secondo gli Autori, differisce morfologicamente dal precedente (?); le spore sono di dimensioni differenti. Esso liquefa la gelatina, coagula il latte, peptonizza la caseina. Produce in presenza i di glucosio dell'acido citrico e la resa è dell’1 °/,,- Produce anch'esso un pigmento che sembra identico per caratteri chimici e fisici a quello del fungo precedente. Il C. cyaneus è stato trovato sopra vecchie scorze di arancio. I filamenti micelici portano da 6 a 10 apparecchi conidiofori; le ife frut- tifere hanno l'apice un poco dilatato; su di esse stanno inseriti da 8 a 12 steriemi lunghi 11,2 4 circa. I conidii misurano 2 & su 4 & circa. Il C. cyaneus non rassomiglia, secondo gli Autori, al fungo prece- dente. Esso produce due pigmenti: uno rosso eguale a quello del 0. Cesiae e del C. Musae ed uno giallo-verdastro. Esso liquefa la gelatina, coagula il latte, peptonizza la caseina. Produce in mezzo glucosato acido citrico. La quantità di quest'acido ottenuta è stata del 2 °/vo- In complesso le sole diagnosi complete che siano date per i Citromyces sono due: quelle del Velmer per il C. Pfefferianus e per il C. glaber e quella del Carbone pel C. Sormanzi, Il Saccardo ! nel vol. XI della sua Sylloge riporta per il Citromyces la seguente dicitura (Etim. citrus et myces): Genus habitu et characteribus fere Penicillii, sed basidiis diversis et precipue ob fermentationem acidi citrici, quam efficit distinguendum, species sunt C. glaber Velimer et C. Pfefferianus Velimer e nel vol. XIV pel ge- nere Citromyces: Hyphae fertiles simplices, tenellae, apice plus minus glo- boso v. clavato-inflatae, sterigmata pauca, fere verticillatim et succedanee ex vesicula nascentia cylindrico-acuta. Conidia catenulata, minuta, globulosa. Videtur genus intermedium inter Aspergillum et Penicillium, sed cum haec pro loci natura maxime varient, novus typus ulterius inquirendus est. Per la specie C. Pfefferianus riporta la diagnosi data dal Vehmer precedentemente e per il C. g/aber la seguente: A specie precedente (C. Pfefferianus) tantum recedit pulvinulis densius contertis et superficie fere glabris, nec gossypinis; conidiis copiosius for- matis, citius virentibus; vesicula conidiophora usque 15 w diam.; ceteraec notae simillimae. Hab. in iisdem sulstantiis ubi praecedens. In Oryzae granis coctis eultus, colorem flavum inducit et aciditatem fortiorem gignit quam praecedens. Ora per quanto ho sopra riassunto e sopratutto per le osservazioni che faccio seguire, secondo me il genere Citromyces non ha ragione di esistere come tale; infatti se, come dicono aleuni Autori, la sola distin- zione fra questo genere e gli altri generi degli Ifomiceti è quella di produrre dell'acido citrico in presenza di glucosio, pur prescindendo 1 P. A, Saccarpo, Sylloge Fungorum, Vol. xt, Suppl, univ., Pars 1, 1895, pag. 593. = — 130 — dal valore sistematico assai relativo di tale carattere, ! esso in ogni modo non può essere sufficiente per la formazione di un nuovo genere delle Mucedineae perchè tale sintesi è effettuata anche da specie appartenenti ad altri generi già noti. Lo stesso Vehimer ha infatti trovato ? che anche il Penicillium luteum ed il Mucor piriformis sono capaci di tale fenomeno, quindi ifomiceti appartenenti a generi diversi hanno lo stesso carattere biologico al quale ha dato tanta importanza sistematica il Vehmer. Viceversa Bainier e Sartory * hanno trovato che vi è un ifomicete (il C. subtilis) avente tutti i caratteri morfologici per essere ascritto al genere Citromyces, ma che non è capace di dare acido citrico in pre- senza di glucosio, quindi evidentemente il carattere biologico della pro- duzione di acido citrico da un mezzo glucosato non è un fenomeno caratteristico per i funghi descritti dal Vehmer col nome di Citromyces. Rimangono da discutersi i caratteri morfologici i quali però, a detta dello stesso Autore, sono ben poco distinti e per di più incostanti. Di- fatti le pretese differenze morfologiche col genere Penicillium consiste- rebbero nell'avere il C7tr0omyces deficienza di ramificazioni e ife porta sterigmi sovente rigonfiate all'estremità a guisa di bolla o vescicola (Blase); per ciò che riguarda tutti gli altri caratteri vi è identità col genere Penicillium. Dell’importanza sistematica di tali caratteri ho vo- luto sperimentalmente darmi ragione ed a tale scopo ho esaminato numerose colture di PerzcilZium fatte con materiale raccolto diretta- mente da me sopra diverse sostanze e specialmente sopra frutti mar- cescenti e con colture appositamente provvedute presso l’Institut fair Girungsgewerbe di Berlino. Da tali mie ricerche è risultato che i funghi descritti come Citromyces dal Velimer si trovano piuttosto frequente- mente sopra frutta zuccherine marcescenti, e vivono benissimo special- mente nel terreno colturale artificiale preparato e costituito nel se- guente modo: A gr. 500 di polpa di manzo ben triturata si aggiungono gr. 1000 di acqua distillata, si fa bollire il tutto, si filtra e si aggiunge: Peptone Witte gr. 10; Cloruro di sodio gr. 5; Agar-Agar gr. 15. Si fa bollire e filtrare a caldo, si neutralizza, si fa bollire di nuovo per 1 Tale carattere potrà servire per creare una nuova razza, ma non un nuovo genere di individui, quando i caratteri morfologici sono eguali ad altro genere già noto. 2 VEHMER-LAFAR, loc. cit., pag. 346. ® G. BAINIER et A. SARTORY, loc. cit., pag. 46. Re una mezz'ora, se occorre si filtra di nuovo e si aggiungono gr. 70 di glucosio. Questa miscela, versata in recipienti, viene sterilizzata frazio- natamente per tre volte in pentola Koch. In tale substrato nutritivo si ottengono colture artificiali in florida vegetazione e lo studio accurato di tali colture dà come risultato che i Citromyces descritti dal Velmer vanno considerati come una sola nuova specie di Penzcillium. Infatti nessun carattere diagnostico mor- fologico importante li diversifica da questo genere. L'unico carattere che a tutta prima sembra di una certa importanza, è il rigonfiamento dell’ifa che porta gli sterigmi (pseudobasidio); ma poichè in uno stesso preparato si osservano anche numerose ife fruttifere a completo svi- luppo prive affatto del detto rigonfiamento, tale particolare morfologico, data la sua incostanza, non può avere un valore diagnostico. Nella tavola che accompagna questa nota io ho infatti riprodotto il disegno di un preparato microscopico dal quale appare un filamento del fungo con diverse ife fruttifere aleune delle quali hanno il rigonfiamento api- cale (Tav. XVI, fig. 1, 5), altre invece non l'hanno affatto (Tav. XVI, fig. 1, c, a). In alcune colture pure di O. Pfe/erianus ho ottenuto filamenti in cui mancavano i pseudobasidii con la vescicola apicale (vedi Ta- vola XVI, fig. 2) e le spore di tali filamenti mi hanno spesso dato colture pure di C. Pfefferianus in cui moltissimi pseudobasidii avevano il rigonfiamento descritto dal Vehmer (vedi Tav. XVI, fig. 3). Per le osservazioni che ho potuto fare, credo che tale rigonfia- mento si possa formare in qualche caso per fasciazione, ma più fre- quentemente per fusione di due o tre ramificazioni (pseudobasidii), sulla punta delle quali si devono formare poi gli sterigmi. Tale modo di vedere è confortato da diversi preparati, alcuni dei quali ho disegnato (vedi fig. 5, 6, 7,8 della Tav. XVI) ed inoltre da alcune delle stesse figure date dal Vehmer'! (vedi Tav. I, fig. 2, 11, 19), in cui sono raf- firurate alcune ife che stanno formando il rigonfiamento apicale. Una figura data dal Vehmer l’ho riportata integralmente nella Tavola (fig, 9). Questo per quanto riguarda l’identificazione del genere; per quanto riguarda le diverse specie proposte dai vari Autori, si nota innanzi- tutto che, fatta eccezione per il C. Pfefferianus e per il C. Sormantii del Carbone, la descrizioni dei caratteri sistematici delle altre nuove specie o mancano o sono così incomplete e così poco precise da non poter essere prese in considerazione. E lo dimostro: ! C. Venmer, Beitrige 2. Kenntnis cinheim. Pilze, I, loc, cit, — 132 — Mazé e Perrier ! fanno, come ho detto, 4 specie nuove di Cztro- myces, alle quali, essi dicono, danno 4 nomi diversi (C. lactieus, C. tar- taricus, O. oxalicus, O. citricus), ® per facilitare la nomenclatura e non accompagnano queste nuove pretese specie con alcun carattere diagno- stico sistematico; è quindi impossibile accettarle come specie nuove. . Bainier e Sartory hanno proposto, come ho già detto, 8 specie nuove: (C. affinis, C. brevis, CU. subtilis, C. minutius, O. ramosus, C. Cesiae, C. Musae, O. cyaneus). Fra queste, affermano ripetutamente gli stessi Autori, il O. subtilis è identico per caratteri morfologici al €. drevis, solo ne diversifica perchè nelle colture da loro fatte con glucosio non ha pro- dotto acido citrico; ma, accertata la sostanza di tale fatto, si potrà con- siderare un simile micete come appartenente alla stessa specie e solo differenziabile come razza o forma fisiologica, ma secondo me non si può considerarlo come una specie diversa. Inoltre i caratteri che i detti Autori danno per il ©. drevis sono affatto insufficienti per farne una specie diversa da quella da loro denominata a/finis. Il carattere prin- cipale consisterebbe in questo: che il C. Grevis ha prodotto nelle loro colture artificiali solo il 2 °/s,o d’acido citrico, mentre il O. affinis ne ha prodotto il 5 °/,. Il che evidentemente è troppo poco! Il 0. affinis da loro illustrato non ha poi caratteri nè morfologici nè culturali che possano permettere, per ora almeno, di distinguerlo dal O. Pfeferianus già descritto dal Vehmer e del quale essi non si occupano; le stesse dimensioni delle ife fertili, degli sterigmi e dei conidii riportati nella loro pubblicazione non danno ragione delle 3 nuove specie fatte; solo probabilmente il C. subtilis si può considerare come una razza del C. Pfefferianus. Il C. minutus ed il C. ramosus dati come nuove specie nell'ultima pubblicazione degli Autori, ® per quanto si possa capire dalla descri- zione morfologica data, corrispondono alla diagnosi del C. P/efferianus. MC. Cesiae è eguale morfologicamente ed anche per i caratteri biolo- gici al C. Musae. Le piccolissime differenze di misure riscontrate in alcuni organi non sono così importanti da permettere di farne due specie distinte. Un carattere di una certa importanza biologica (dato che sia costante come scrivono gli Autori) è invece qnello (comune anche al O. Musae) di segregare durante il loro sviluppo un pigmento 1 Mazéf et PERRIER, loc. cit. î ? Col nome di C. eztricus ho ricevuto, dall’Institut Gàrungsgewerbe di Ber- lino, un fungo che ha caratteri identici a quelli dati dal VenmeRr per il 0. Pfeffe- rianmus. * BaiNIbR et SartoRrY, Bull. Soc. Mycol., 1913. = — 133 — rosso caratteristico. Questo carattere ci permetterebbe di fare di questo fungo una nuova razza del C. Pfefferianus. Lo stesso dicasi del C. cya- neus Che segrega un pigmento giallo e verdastro oltre a quello rosso del Cesiae; i caratteri morfologici però anche di questo non ci permet- tono di farne una specie nuova, come è stato fatto da Bainier e Sar- tory. In quanto al C. Sormanzi del Carbone, parmi che esso si accosti tanto al CO. Pfefferianus da non aver ragione da distinguerlo, anzi la stessa sua diagnosi latina può servire benissimo per la specie di Vehmer, solo modificando la dicitura (vedi retro): pAys fertilibus w 1,5 >< 132 in: ... 1,5-3 = 70-132; tutto il resto è eguale. La maggiore o minore lunghezza dell’ifa portasterigmi ottenuta in mezzi diversi può dipendere da tante cause che non ci può permet- tere di basare su questo carattere la formazione di una specie nuova. Le misure suddette variano moltissimo a seconda del terreno della coltura. La differenza di diametro dei conidii (nella specie del Carbone 4 2, in quella di Vehmer & 2,3) è differenza affatto trascurabile. Le 12 specie nuove di Crtromyces istituite da Sopp non possono essere accettate perchè mancano di dati morfologici importanti senza dei quali è impossibile fare i relativi confronti colle specie già de- scritte. Nessuna misura, per esempio, è data per il micelio, per i co- nidiofori, per gli sterigmi; l'Autore usa le parole “più lunghi e corti, più grossi o più piccoli, larghi o stretti , senza dare la misura esatta in # che ci permetta di confrontarla con quella di specie già note. Diverse poi sono le contraddizioni nelle quali cade lo stesso Autore nella descrizione delle varie parti del fungo; così per esempio nella dia- gnosi del C. sanguifluus egli scrive: “ cenig verzweigte Konidientriger ,,* più sotto sempre per la stessa specie: “ Die Konidientriger sind sehr stark verzweigte , #; per il C. griseus nella diagnosi scrive: che i coni- diofori sono stark verzweigten *, in altra parte: “ 2iemlich verzueigten ,.* I conidii del C. albo-roseum sarebbero rotondi; viceversa di essi dà le seguenti misure : 3 >< 7 w.° Le figure delle varie specie nuove non si sa a quale ingrandimento siano state fatte. La fig. 107 dovrebbe raf- figurare i periteci del C. albo roseus e sarebbe stato interessante vedere tale disegno, ma la fig. 107 non si distingue nelle 23 Tavole che accom- pagnano la Monografia. ' OLAav JOHAN-OLSEN SopP, loc, cit, : | : 9 7 > pag. 119. LI b : : x . » » pag — 134 — Le figure di alcune specie e di alcuni particolari corrispondereb- bero a quelli del C. Pfe/ferianus Velimer, altre invece a specie già note di Penicillium ed alcune probabilmente saranno anche specie nuove di Penicillivm, ma, ripeto, se non si aggiungono altri particolari è impos- sibile il decidere su di esse. Delle due specie fatte dal Vehmer,! il È. glader viene descritto dall’Autore come molto simile al C. P/eferianus; egli stesso dice che i punti principali collimano con quelli della specie suddetta; 1’ unica differenza consisterebbe nell'aspetto del feltro, che nell’uno è a superficie liscia, nell'altro lanosa; il C. glader darebbe un feltro più ricco di co- nidii ed avrebbe altri caratteri differenziali minimi, ma data l’identità dei caratteri morfologici non mi pare giustificabile il farne una specie distinta dal Pfeferianus. I loro caratteri morfologici sono tanto eguali che il Vehmer riporta nel Larar, Techn. Mykologie, a pag. 235 del vo- lume IV, fig. 76 per il C. Pfeferianus le stesse figure date per il C. glaber nel suo primo lavoro! a Tav. I, fig. 15 a, d, c, d, pag. 16, fiv. 25, fig. 26 e lo stesso Autore non dà la diagnosi latina di questa specie, mentre la dà per la precedente. Il C. Pfefferianus invece ha caratteri morfologici e biologici carat- teristici che permettano di considerarlo come una specie nuova del genere Penicillium modificando di pochissimo la diagnosi data dal Vehmer. CONCLUSIONI. La continua creazione di muove specie e di muovi generi, molti dei quali non hanno caratteri sufficienti per farli ritenere tali, fa sì che nella sistematica dei funghi e specialmente in quella dei funghi imper- fetti, vi siano generi e specie identificabili con uno o più altri, il che è causa spesso di confusione. Dallo studio del solo genere Citromyces al quale erano state ascritte 27 specie è risultato intanto: Le specie di Ifomiceti date come nuove con i seguenti nomi non hanno ragione di essere mantenute: Citromiyces glaber Vehmer, C. lactieus Mazé e Perrier, C. oxalicus Mazé e Perrier, 0. citrieus Mazé e Perrier, C. tartaricus Mazé e Per- 1 VenumMDpR, Pertrige e. Kenntnis cimheim. Pilze, loc. cit., I. — 135 — rier, C. Sormanii Carbone, C. affinis Bainier e Sartory, C. brevis Bainier e Sartory, C. subtilis Bainier e Sartory, C. minutus Bainier e Sartory, C. ramosus Bainier e Sartory, C. Caesiae Bainier e Sartory, C. Musae Bainier e Sartory, C. cyaneus Bainier e Sartory, 0. coeruleus Sopp, C. fitens Sopp, C. purpurescens Sopp, €. griseus Sopp, C. fuscus Sopp, C. albo-roseus Sopp, C. robustus Sopp, C. rubescens Sopp, C. albicans Sopp, C. olivaceus Sopp, 0. virido-albus Sopp. Il genere Citromyces creato da Vehmer va considerato come sino- nimo del genere Penicillium Link. La specie nuova creata dal Velmer col nome di C. Pfefferianus va invece compresa sotto il genere Pericillium, mantenendogli il nome dato da Vehmer. La sua diagnosi è la seguente : PexiciLLivi PFEFFERIANOM (Vehmer). Hyphis sterilibus hyalinis, septatis, effusis et erectis, ramosis; hyphis fertilibus simplicibus vel ramosis, vix vel raro septatis, 70-130 > 1,5-3 u, rariter brevioribus; apice non, vel parum, vel late inflatis (4-15 u diam.); sterigmatibus (3-12) hyalinis, simplicibus apice acutis, difficile dilabentibus 9-14 >< 2-4 wu; conidiis globosis catenulatis, supra congregatis, copiosis, vire- scentibus dein cinereis 2-3,5 n diam. Fermentationem acidi citrici efficit. Habitat in substantiis putrescentibus, in fructibus, in botulis (salsiccia), in solutione sacchari et acidi citrici, oralici, ecc. Europa. Sunt simonima: Citromyces Pfefferianus Vehmer, C. glaber Vehmer et C. Sormanii Carbone. Le specie Citromyces lacticus, C. oralicus, C. citricus, C. tartaricus fatte da Mazé e Perrier e le seguenti proposte da Bainier e Sartory : O. affinis, C. brevis, C. minutus e C. ramosus, per quanto siano accom- pagnate da incomplete descrizioni, specialmente con l’aiuto delle figure di esse date dagli Autori, si possono considerare come probabili sino- nimi del Penicillium Pfefferianum. Le specie invece Citromyces subtilis, C. Cesiae, C. Musae e C. cyaneus di Bainier et Sartory possono essere considerate come probabili razze o forme fisiologiche del P. Pfefferianum. Delle 12 specie nuove fatte da Sopp non si può nulla decidere se non si hanno le misure dei pseudobasidii, degli sterigmi e tutti quei — 136 — particolari necessari per poter fare delle specie nuove e che mancano assolutamente nella pubblicazione del detto Autore. Sono dodici specie che in ogni modo vanno considerate come ap- partenenti al genere Penicillium; forse qualcuna potrà essere anche nuova per la scienza, alcune sono probabili sinonimi del P. Pfefferianum, ed altre sono sinonimi di specie già note di Penzcillium. Pavia, Istituto Botanico, febbraio 1915. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XVI Penicillium Pfefferianum (Vehmer) Pollacci. Fi (ie) 1. Diverse forme di ife fertili con sterigmi e conidii sopra uno stesso fila- mento: a) ife portasterigmi ramificate e brevi (pseudobasidii); b) pseu- 195 ; SERE È 665 dobasidio con vescicola; c) pseudobasidii senza vescicola. Ingr. mo » 2. Ife fertili con pseudobasidii senza vescicola nate in coltura pura da spore dra x 665 portate da ife con vescicola. Ingr. na » 3. Ife fertili con pseudobasidii con vescicola le cui spore hanno dato origine SSN 665 alle ife figurate nella fig. 2. Ingr. SS 3 7 ; SOLE 665 >» 4. Ramificazione di pseudobasidii. Ingr. n » 5. Inizio di fusione fra apici di filamenti. FT: cera Periti de a SE . 900 » 6. Inizio di fusione fra apici di filamenti. i = SIA IRATOTO FORIO È 665 » €. Stadio di fusione fra apici di filamenti. Ingr. 3 » $. Stadio di fusione fra apici di filamenti, precedenti la formazione della 665 vescicola. Ingr. T° 2 ARS SOR È aa 3 2 » 9. Stadio di sviluppo di un portaconidio secondo Vehmer. Ingr. si ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA E LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI RICERCHE ANATOMICHE, FISIOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLA MARTYNIA LUTEA lLindl. della Dottt EVA MAMELI Assistente all'Istituto Botanico di Pavia (Con quattro tavole). INTRODUZIONE. Alcune piante di Martynia lutea Lindl. che vegetano assai bene all'aperto nell’Orto Botanico di Pavia attrassero la mia attenzione per il gran numero di insetti, in massima parte alati, aderenti a tutta la pianta, e per lo sgradevolissimo odore emanante dall’abbondante so- stanza vischiosa secreta dai suoi tricomi glandulosi. Fui così indotta, fin dal 1912, a iniziare lo studio biologico, anatomico e fisiologico di questa pianta e delle altre Martyniaceae che potei avere a mia dispo- sizione. Dirò subito che principale,risultato di questo studio è la dimostra- zione della facoltà della Martynia lutea di catturare gli insetti e di assorbire le sostanze albuminoidi ehe naturalmente o artificialmente giungono a contatto delle sue foglie. Fra le piante insettivore note e studiate fino ad oggi non viene citata in nessun trattato di Fisiologia o di Biologia alcuna Martynia. Solo il Beal, * in un breve riassunto sulle insettivore pubblicato nel 1876, ! Bear W. J., Carnicorous plants (Proceed, of the Amer. Assoc, tor the mlyane. of Science, 11, 251), 1876. Alti dell'Ist; Bot, dell'Università di Pavia — Serie HI — Vol, XVI, n — 138 — ascrive a questo interessante gruppo di piante anche la Martynia (quale specie?), facendo su essa poche osservazioni biologiche, nessuna ricerca anatomica o fisiologica. ! Le piante insettivore per le quali è stata dimostrata finora la facoltà di assorbire le sostanze albuminoidi solide somministrate agli organi aerei, appartengono alle seguenti famiglie : Lentibulariaceae (coi generi Pinguicula, Byblis, Utricularia, Polypomphlyx, Genlisea), Sarraceniaceae (coi generi Sarracenia, Darlingtonia, Heliamphora), Cephalotaceae (col genere Cephalotus), Nepenthaceae (col genere Nepenthes), Droseraceae (coi generi Drosera, Drosophyllum, Roridula, Dionaea, Aldrovandia). Il Darwin ® osservò che alle foglie di alcune altre piante (Sazi- fraga umbrosa, Erica tetralir, Mirabilis longiflora, Nicotiana tabacum) ve- stano attaccati “talvolta, non spesso , dei piccoli ditteri, e dopo al- cune esperienze, con le quali cercò di far assorbire dai peli ghiandolari sostanze minerali e sostanze organiche, concluse col dire che non si può ritenere dimostrato che l’assorbimento delle sostanze albuminoidi dei pochi insetti catturati avvenga effettivamente. La cattura da parte di queste piante è del resto “ occasionale e accidentale ,. kb noto altresì che piante quali Lychnis Viscaria, Robinia viscosa, Holosteum glutinosum, Silene muscipula, Saponaria viscosa, Silene viscosa, Primula viscosa, Dyanthus viscidus, ecc. sono fornite di secrezioni vi- schiose che, localizzate su porzioni delle rachidi o sui peduncoli fiorali, catturano quegli insetti atteri che salgono su per il fusto e che giun- gerebbero, se non trovassero quest’ostacolo che funge da pania, sino al fiore. “ Sarebbe però un errore il credere, scrive il Kerner, ? che in ogni caso, dove s'incontrano dei rivestimenti vischiosi sulle foglie e sui fusti avvenisse necessariamente anche la dissoluzione e la digestione degli insetti e degli altri animaletti che rimangono attaccati a queste parti attaccatticcie ,. Certo è che, per ciò che riguarda le piante su citate, mancano ricerche in proposito, sia sulla composizione chimica delle loro esere- zioni, sia sulla sorte riserbata agli insetti dopo la cattura, sia sulle trasformazioni che subiscono le sostanze albuminoidi e minerali conte- nute nel loro corpo. ! Queste notizie tolgo da un esteso sunto del lavoro del Beal riportato dal- l’Just Jahresbericht, 1876, pag. 933. Le ricerche da me fatte fino ad ora per avere la Memoria del Beal hanno ottenuto esito negativo. L'autore stesso mi serive di non averne più alcuna copia. ? Darwin C., /nsectivorous plants. London, 1875. * KeRNER DI MARILAUN, La vita delle piante. Torino, 1892. 11, 144. e Giniz ! osservò che gli insetti catturati dalla Si/ene. viscosa muoiono in pochi minuti; Regel? afferma “che essi si seccano ,; Henslow ® in un recente studio conclude che essi non sono di nessuna utilità per la pianta. Anche il Morren * è di questo parere, poichè scrive che a queste piante “ non si può attribuire la tendenza ad appropriarsi della carne delle vittime , Non abbiamo, a quanto mi consta, altre osservazioni in proposito; esperienze e ricerche di chimica-fisiologiea dovranno dunque risolvere questo interessante problema. Distribuzione geografica della Martynia lutea Lindl. e suoi caratteri sistematici. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA. — Le specie del genere Martynia sono originarie dell'America: probabilmente del Texas e dell'Arizona secondo Stapf, ® della Louisiana secondo Curtis e diffuse oggidì dal Mexico all’Illinois nell'America settentrionale e dal Perù alla Plata nell’Ame- rica meridionale. Per ciò che riguarda la natura dei terreni nei quali vivono le Martyniacee non abbiamo alcuna notizia, AFFINITÀ SISTEMATICHE. — Il genere Martynia (così chiamato da Houston nel 1726, in onore di John Martyn, professore di botanica a Cambridge) venne da De Jussieu " ascritto alle Bignoniacee, poi dal Brown * alle Pedalinee, famiglia che De Candolle ® riunì sotto l'ordine delle Sesamee. Il Decaisne,‘° in un suo esteso studio sul gruppo delle Pedalinee staccò di nuovo le Martynie dalle Sesamee basandosi spe- ! Giniz, Carnivorous plants (Nature, 17, 63), 1877. 2 ReceL, Insektenfangende Pflanzen (Regel’s Gartenflora, 1880, pag. 331). * HensLow G., Short Studies on Plant life (Garden, LX, 259), 1901. ‘4 MorREN E., Observations sur les procédés insecticides des Pinguicula (Bel- gique horticole, 1875, pag. 290). 5 ExgLER A. e PrantL K., Die natirlichen Pftanzenfamilien, 1v, 3b., 265. Martyniaceae di 0, StAPF. ® Curtis, Botanical Magazine, xXV, n. 1056, ? De Jussiey A. L., Genera plantarum secundum ordines naturales dispo- sita, 1789. 8 Brown R., Prodromus Florae Novae Hollandiae, 1810, pag. 519. ® De CanpDOLLE, Prodromus systematis naturalis regni vegetabilis. Parisiis, 1845, 1x, 259. 10 Dec4aisne J., Mtevue du groupe des Pedalinées (Annales des sciences natu- relles, 5% série, 1, 821), 1865. — 140 — cialmente sui caratteri del frutto, raggruppamento che fu criticato dal Baillon, ! secondo il quale i generi Martynia e Craniolaria apparten- gono al gruppo delle Gesneria, Besleria e Orobanche, cioè alle Gesne- racee perchè hanno placentazione parietale. Le Pedalinee invece, avendo placentazione assile, appartengono allo stesso gruppo del Sesamum. Stapf, pur ritenendo che le Martyniacee siano più affini alle Gesneracee che alle Pedaliacee, costituisce per esse una famiglia a parte. CARATTERI SISTEMATICI. È pianta erbacea annua, diffusa con ra- dice bianca, carnosa, cilindrica, poco ramificata. Caule glanduloso-pu- bescente, ramoso. Foglie grandi, opposte, sub-oblique rispetto all'asse, orbiculato-cordate, subdentate, rivestite di una folta peluria glandulosa e viscliiosa, specialmente sulle nervature principali, che sono da cinque a sette. Pieciuoli lunghi 5-25 cm., con diametro che può raggiungere 15 mm., anch'essi fittamente pubescenti. Fiori odorosi, ermafroditi, zi- gomorfi, disposti in racemi ascellari. Steli lunghi 1 cm., pubescenti. Brattee del calice in numero di due, verdi, ovali, membranose, pube- scenti. Sepali 5 liberi fino alla base, ovato-lanceolati, ottusi, totalmente verdi o venati in porpora, disposti nel bocciuolo in preflorazione quin- quonciale, pubescenti, diseguali in grandezza: più grandi i tre supe- riori, più piccoli i due inferiori. Corolla infundibuliforme, irregolare, sub- bilabiata, gibbosa inferiormente, il cui tubo, superante il calice, si estende in un lembo a 5 lobi embricati: l'anteriore sovrastante ai due laterali, che sovrastano a loro volta i due posteriori. È peloso-glandu- losa all’esterno, gialla con striscie e punteggiature sanguigne nell’in- terno. Stami 4 didinami, inseriti sulla corolla, tutti fertili (un quinto stame posteriore è rudimentale): i due anteriori più grandi sono co- stituiti da un filamento arcuato e da un’ antera biloculare, introrsa, deiscente per due fessure longitudinali. Le due fessure di una stessa antera sono confluenti in una sola e le 4 antere si uniscono le une alle altre al momento dell’antesi; le loro logge sono libere al disotto del- l'inserzione del filamento e divaricate. Granuli pollinici sferici, grossi, la cui superficie si presenta al microscopio munita di rilievi regolari. Ovario supero, ellittico, con la base ispessita in un disco glanduloso, e l'apice sormontato da uno stilo con stigma bilamellare: le due lamelle sono di dimensioni un poco ineguali e papillose internamente. Nell’unica loggia dell’ ovario sono due placente parietali, laterali, la cui sezione trasversale ha la forma di un T, in cui ognuna delle diramazioni porta due serie di ovuli anatropi. 1 Baron H., Note sur/les Pedalinées (Bull. de la Soc. Lin. de Paris, n. 84 e 55, pag. 665), 1887. — Ilistoîre des plantes. Monographie des. Bignoniacees. Paris, 1888. li — Frutto (capsula), irto di peli glandulosi, oblungo, con lungo rostro ricurvo, rigido. A maturità l’esocarpo carnoso diventa nero, caduco, fendendosi nettamente dall’apice alla base. L’endocarpo è fibrolegnoso, irto di punte, terminante, dopo la deiscenza, in un doppio rostro unci- nato a rami sottili, rigidi, arcuati, taglienti in punta, lunghi quanto il resto del frutto e talvolta anche più. Sulla linea mediana del carpello superiore e inferiore v'è una cresta prominente. La capsula è quasi indeiscente; si apre talvolta per due fessure loculicide e le placente sclerose, unite inferiormente con l’endocarpo, ne dividono la cavità in quattro logge seminifere, mentre il centro presenta una cavità vuota. Semi anatropi numerosi, obliqui, penduli, compressi, a tegumento spesso, tuberculato-rugoso, nero, gibboso nella regione ilare. Embrione carnoso, quasi sprovvisto d’albume (ridotto a una sottile pellicola), con cotile- doni piano-convessi e corta radichetta supera. Usi. — Dei frutti secchi delie Martynie gli Indiani dell'Arizona adoperano l’endocarpo nero per la fabbricazione degli ornamenti neri dei cestelli.! I loro semi vengono usati nell’Argentina contro “il mal d’occhi ,.° Le grosse radici della /’roboscidea althaefolia (Benth.) Den. sono commestibili e sono note nell'America meridionale col nome di “Yuca de Caballo ,.3 Anche le radici dolci e carnose della Cranio- laria annua L. (= Martynia Cramiolaria Willd.) vengono mangiate dai Creoli candite o come legume. Essi la chiamano Escorzonera. Seccata è amara e viene considerata come rinfrescante. ‘ ! Parmer E., Motynia proboscidea in Arizona (Amer. Naturalist, 1x, 112), 1875. ? Gene C., Neue Drogen aus Argentinien (Handelsher. des genannten Hauses, Sept. 1881). — Iust, 9, 667, 1881. * ENGLER A. e PRANTL K., loc. cit. : ‘4 BaiLLoN, Mistoîre des plantes. Monographie des Bignoniacées. Paris, 1888, pag. 71. Poirer, Dizionario delle scienze naturali. Firenze, 184b, xiv, 342. — 142 — Ricerche anatomiche. L'anatomia delle Martyniacee è quasi completamente ignota. Se se ne eccettuano poche notizie date dallo Stapf! sulla forma dei peli, non si trova nella letteratura alcun accenno in proposito. Le ricerche da me fatte riguardano specialmente l’anatomia fogliare della Martynia lutea, come la più interessante rispetto alla facoltà di catturare gli insetti. Lo spessore della foglia varia in questa specie da 250 a 269 4; alle epidermidi superiore e inferiore sovrasta però un folto rivestimento di peli, aleuni dei quali raggiungono anche la lunghezza di 1 mm. e 345 u. Il mesofillo non presenta alcuna particolarità anatomica degna di nota: esso è formato da un tessuto a palizzata e da un tessuto spu- gnoso (Tav. XIV, fig. 1), le cui cellule sono ricche di clorofilla. Nelle cellule del tessuto spugnoso si trovano anche numerosi cristalli di os- salato di calcio. Fra i due tessuti corrono i fasci fibro-vascolari nume- rosissimi, la cui disposizione nella foglia è raggiata. I fasci secondari sono craspedodromi. Questa struttura fogliare è eccezionale per una pianta insettivora, poichè le insettivore note fino ad ora o mancano completamente del tessuto assimilatore (Droseracee, eccetto 1’ Aldro- vandia vesiculosa, Sarraceniacee, Pinguicula, Genlisea, Polypomphlyx) o lo hanno appena accennato (Nepenthes, Byblis gigantea, Utricularia, Cephalotus). * La caratteristica più importante delle foglie di Martynia lutea è il folto rivestimento di peli che ricopre tanto l'epidermide superiore quanto quella inferiore. L'osservazione al microscopio rivela che esso è costituito da numerosi tricomi e da peli glandulosi, sessili e stipitati, va- riamente distribuiti. Eccone i caratteri più importanti: Tricom. — Si trovano distribuiti su tutta la foglia, tanto supe- riormente che inferiormente, ma in special modo sull'orlo e in corri- spondenza delle nervature e ancor più agli apici di queste, ove for- mano dei ciuffetti che rendono più accentuate le lievissime dentature dell’erlo. Mancano nelle foglie cotiledonari. I tricomi sono di due sorta: semplici e biforcati: questi ultimi si trovano quasi esclusivamente in corrispondenza delle nervature. I primi sono conici, lunghi da 46 a ! ENGLER e PRANTL, loc. cit. ? Scam G., Beitriige zur Oekologie der insektivoren Pflanzen (Flora, 104, 335), 1912, — 143 — 257 u e costituiti da 3 a 5 cellule trapezoidali e da una triangolare apicale; i secondi, dopo uno stipite di 2-3 cellule, presentano una larga biforcazione i cui rami hanno per lo più percorso irregolare e curvi- lineo, e terminano in punta (Tav. XII, fig. 17). PELI GLANDULOSI sTIPITATI. — La distribuzione di questi peli è la stessa di quella dei tricomi semplici. Sono abbondanti però anche sulle foglie cotiledonari. Sono anch'essi di due sorta : 1.° Peli a lungo stipite (304-585 «), formato da 3-6 cellule allungate, di grandezza degradante dalla base all’apice e da tre altre brevissime contenenti numerosi granuli di clorofilla; due di esse sono rettangolari, una trapezoidale che sostiene le cellule della capoechia. Questa, vista di profilo, si presenta sotto forma di coppa, svasata, più larga che lunga, ed è formata da nume- rose cellule rettangolari, piene di denso plasma, con grosso nucleo e qualche cloroplasto (Tav. XII, fig. 9). Vista di fronte essa appare invece rotondeggiante, a contorno irregolare e costituita da 29 cellule, delle quali 17 alla periferia, 8 interne disposte in una serie concen- trica alla prima, 4 nel mezzo (Tav. XII, fig. 16). Queste cellule se- gregano una sostanza ialina o giallastra, semifluida, che, sotto forma di grosse goccie, rimane aderente alla capocchia del pelo. La lunghezza totale di questi peli è di 351-631u; 2.° Peli a lungo stipite, come i precedenti, ma che raggiungono talvolta la lunghezza di 1345 w ed hanno capocchia allungata, trapezoidale, a forma di calice, priva di cloroplasti (Tav. XII, fig. 15). Questi peli non sono da interpretarsi- come stadi di sviluppo di quelli precedentemente descritti, poichè tanto degli uni che degli altri è facile riscontrare in una stessa sezione di foglia (specialmente se giovane) i diversi stadi di sviluppo, nei quali è ben visibile la forma diversa della capocchia fin dagli inizi della sna formazione. Le cellule dell’epidermide che daranno luogo a un pelo ghiando- lare diventano da prima papillari, poi si allungano e si dividono tras- versalmente, mentre il loro contenuto cellulare si fa più denso ed oscuro: ben presto la cellula apicale (sia essa rotondeggiante o tra- pezoidale) si divide longitudinalmente in due, poi in quattro e così via, fino a dar luogo alla rosetta apicale che forma la capocchia ghiando- lare del pelo (Tav. XII, fig. 1-9 e 10-15). GLANDULE SESSILI. — A differenza degli altri peli, che si trovano | sparsi, più o meno abbondantemente, su tutto il'lembo fogliare, queste glandule sono localizzate esclusivamente sulle regioni delle epidermidi sovrastanti alle nervature. Esse sono numerosissime, specialmente sulla pagina superiore: la pagina inferiore ne conta in minor numero perchè le nervature principali ne presentano in tal pagina due sole serie li- — 144X— mitate ai solchi che stanno fra la costola della nervatura e il lembo fogliare piano. Chiamo “ sessili, queste glandule per brevità e per comodità di enunciazione; effettivamente esse hanno in generale uno stipite bre- vissimo, formato da 1-2 cellule brevi (Tav. XIII, fig. 6), quasi isodia- metriche, che sopportano una capocchia ovoidale, formata da parecchie cellule lunghe e strette contenenti un denso plasma ed un grosso nucleo. La loro lunghezza totale è di 28-30 w.- Viste di fronte queste glandule sì presentano con contorno rotondeggiante, irregolare, e appaiono for- mate da 12-19 cellule (Tav. XIII, fig. 8). La clorofilla manca in esse completamente. Rarissime volte mi accadde di osservare qualcuna di queste glandule portata da un lungo stipite di 4-5 cellule, come è rap- presentata nella fig. 7 della Tav. XIII. Anche queste glandule si possono seguire nel loro sviluppo gra- duale, specialmente se si osservano sezioni di una foglia assai giovane: l'aspetto papillare della cellula epidermica che la origina si muta ben presto, poichè la cellula apicale si divide radialmente in 4, in 8 cellule e così via, dando luogo alla glandula ovoidale caratteristica (Tav. XIII, fi. 1-6). Gli stomi (Tav. XIII, fig. 9 e 10) sono numerosissimi tanto sulla pagina superiore quanto su quella inferiore. È interessante osservare quali modificazioni ha subito la localiz- zazione di queste diverse sorta di tricomi e di peli negli organi mor- fologicamente derivanti dalla foglia: i sepali, i petali, il frutto. I sepali sono abbondantemente forniti di tricomi, di peli glandulosi stipitati e di . glandule sessili; queste però sono più numerose sull’orlo del sepalo che sulle nervature. I petali hanno tanto l’epidermide esterna quanto quella interna munita dei soli peli stipitati glandulosi a larga capocchia ; l’epi- dermide interna ha inoltre numerose papille. In corrispondenza delle nervature mancano, non solo le glandule sessili, ma qualunque forma- zione tricomatosa, in perfetto accordo con la funzione che queste foglie trasformate compiono. Il pericarpio è abbondantemente provvisto di tricomi e di peli glandulosi stipitati in tutta la sua superficie. Le glan- dule sessili hanno qui la stessa localizzazione che nelle foglie ; si tro- vano cioè solo in corrispondenza della linea di sutura del carpello, del- l’opposta linea corrispondente alla nervatura principale della foglia car- pellare, e delle nervature minori. Sono però poco numerose. CuricuLa — Tanto nei peli glandulari stipitati quanto in quelli sessili la capocchia è cutinizzata. Penzig ! osservò lo stesso fatto nelle 1 PeNziG O., Untersuchungen iiber DrosophyUum lusitanicum. Dissertation, Breslau, 1877. “i | Sele” si — 145 — cellule epidermiche dei peli stipitati del DrosopAyWum lusitanicum e il Dewevre ! lo studiò dettagliatamente giungendo alla conclusione che le zone cutinizzate sono prive di pori. Fenner? trovò che nella Drosera rotundifolia, nella Nepenthes Rafflesiamna e nella Byblis gigantea la ca- pocchia delle ghiandole sessili è rivestita da una cuticula porosa. Lo stesso fatto osservò nella capocchia dei tentacoli della Roridula Gor- gonias, che studiò su materiale secco d’erbario. Anche nel Drosophy/!um lusitanicum egli riesce a vedere dei pori che attraversano la cuticula delle eliandole. L’epidermide dei peli ghiandolari della Martynia lutea dà le se- guenti reazioni: si colora in giallo con il cloruro di zinco iodato e con l’acido solforico iodato: in rosso con la fuesina ammoniacale (colora- zione persistente nella glicerina e nel cloralio); in verde con il verde d’iodio. Resiste all’azione dell’acido solforico concentrato e dell’acqua di Javelle, prolungata anche per 3-4 giorni, ciò che permette l’isola- mento di questa membrana cutinizzata e l'osservazione della sua strut- tura. Trattando con soluzione di iodio in ioduro di potassio sezioni di foglie previamente macerate per qualche giorno in acqua di Javelle, si scorge a forte ingrandimento: 1.° che nella capocchia dei peli stipitati la cellulosa non è cu- tinizzata uniformemente, ma solo a tratti (colorazione gialla), fra i quali esistono piccolissime zone che appaiono prive o quasi di cutina (colo- razione bleu) (Tav. XIV, fig. 7); 2.° che nella capocchia delle glandule sessili la cellulosa è uni- formemente cutinizzata, fuorchè in una o due piccole zone, ove appare a fortissimo ingrandimento una specie di cercine cellulosico colorato in bleu, che non è altro che una zona d’interruzione della cutinizzazione di tutto il resto della capocchia ghiandolare. Quest’osservazione si con- nette strettamente all'altra che l'emissione delle goccioline di sostanza grassa appaiono costantemente in queste glandule in numero di una o di due; se una, all'apice della glandula, se due lateralmente, in cor- rispondenza appunto alla posizione occupata dalle zone non cutinizzate, come vedesi nelle fig. 5 e 6, Tav. XIV. Fusto. — Anche nel fusto e nel lungo pieciuolo delle foglie di Martynia lutea l'epidermide è rivestita da numerosi tricomi e da peli ghiandulari stipitati; mancano totalmente le glandole sessili. Il paren- ! Dewévre A., Mtecherches physiologiques et anatomiques sur le Drosophyllum lusitanicum (Ann. d. science. natur., 8% série, 1, 19), 1895. ? Fexxer 0. A., Beitrige zur Kenntnis der Anatomie, Entwickelungsgeschichte und Biologie der Laubbliitter und Drilsen einiger Insektivoren (Flora, 98, 335), 1904. — 146 chima corticale è formato da uno spesso strato di tessuto collenchima- tico, le cui cellule sono uniformemente ispessite, e da uno strato di cellule più grandi, rotondeggianti, a pareti sottili. Le une e le altre contengono granuli clorofilliani minuti e poco numerosi. L’endoderma è generale e i fasci collaterali formano una sola serie anulare. RADICE. Il sistema radicale è nella Martynia lutea notevol- mente sviluppato; esso è formato da una radice principale e da nume- rose radici secondarie. I peli radicali non sono molto numerosi. Tra le insettivore finora note hanno radici rieche o ben svilup- pate: alcune Drosere, la Dionaea muscipula, la Pinguicula alpina, il Drosophyllum lusitanicum; ne sono prive o quasi 1 Utricularia vulgaris, il Polypomphlyx, le Genlisee; hanno rizomi e radici le Sarraceniacee e le Nepenthacee. ! Seme. — Il seme della Martynia lutea presenta alcune particolarità degne di nota. Se si osserva, nei semi immaturi, una sezione tangenziale della parte interna del tegumento, che è bianco candido, si vede che essa è costituita da cellule quadrangolari, assai più lunghe che larghe. L’in- terno di queste cellule presenta una gran quantità di eristalli aghiformi riuniti in fascetti, isolati o disposti in gruppi di quattro a croce, o in rosette (Tav. XIV, fig. 4). Questi sferiti hanno un colore leggermente roseo. Essi presentano le seguenti reazioni: sono insolubili in acqua fredda, in alcool assoluto, in acetone, in etere, facilmente solubili in acqua calda, in ammoniaca, in acido cloridrico e in acido nitrico diluiti, in potassa; difficilmente solu- bili in acido acetico. Si colorano prima in giallo, poi in rosso-ciliegia con il reattivo di Millon. L'aspetto dei cristalli e le reazioni che essi presentano concordano con le caratteristiche fisiche e chimiche della tirosina; per maggior sicurezza però sottoposi i semi anche all’azione di un reattivo biologico caratteristico di quest'amino-acido: la tirosinasi, ? ! ScamID G., Beztrige zur Oekologie der insektivoren Pflanzen (Flora, 104, 335), 1912. ? Preparai la tirosinasi secondo il metodo indicato da Bertrand e Thomas (Guide pour les manipulations de chimie biologique. Paris, 1913, pag. 340) per l’estrazione di questa diastasi dalla crusca. Feci macerare una parte di crusca in quattro parti di acqua satura di cloroformio, contenuta in un flacone pieno e ben tappato. Dopo quattro ore filtrai attraverso tela e centrifugai il liquido; indi precipitai la porzione chiara con tre volte il suo volume d’alcool a 969. Lavai il precipitato raccolto per centrifugazione con alcool a 80° ed aggiunsi poca acqua. Centrifugai di nuovo e precipitai la soluzione diastasica con 3-4 volumi d’alcool; raccolsi il precipitato e lo seccai nel vuoto su acido solforico; esso anneriva una soluzione di tirosina, — 147 — che, ossidando la tirosina, in presenza d’aria, ne provoca l’annerimento. La reazione risultò positiva. Nelle cellule del tegumento del seme im- maturo della Martynia lutea è dunque contenuta della tirosina. La sua presenza sotto forma di cristalli è evidente, come dissi, nei semi immaturi, e lo è specialmente se i frutti ancor verdi, stac- cati dalla pianta, vengono tenuti per qualche tempo al buio. Nei semi dei frutti verdi appena colti i cristalli non sono visibili, ma se si trat- tano le sezioni con acetone, e si lascia evaporare il liquido, si otten- gono numerosi fasci e rosette di cristalli caratteristici che danno le reazioni della tirosina. Se si lasciano all’aria per qualche ora dei semi immaturi di Mar- tynia lutea, il loro tegumento da bianco-candido diventa prima rosso- bruno, poi completamente nero, mentre restano bianchi il perisperma e i cotiledoni. Quest’annerimento è certamente dovuto alla presenza della tirosinasi, il fermento che provoca l’ossidazione e l’annerimento della tiro- sina, fenomeno che, come già dissi, osservai anche nelle sezioni dei semi. I cristalli di tirosina contenuti nei semi di Martynia lutea si co- lorano con soluzione alcoolica di Sudan III in rosso-paonazzo ! e la identica colorazione danno #n vitro i cristalli di tirosina pura. Questa reazione è nuova per la tirosina. Nelle stesse cellule che contengono i cristalli di tirosina si tro- vano numerosi cristalloidi di proteina di forme varie, regolari (esae- drica, ottaedrica, prismatica) e talvolta geminate, misuranti 6-9 w di diametro (Tav. XIV, fig. 3). Osservati con obiettivo a immersione ap- paiono circondati a brevissima distanza da una sottilissima membrana ialina, per lo più ovale o circolare, che fa apparire il cristalloide come immerso entro una vacuola a contenuto ialino. Le reazioni che essi pre- sentano sono quelle delle sostanze proteiche. Nei semi nei quali le cellule del tegumento incominciano a ligni- ficare non si trova più tirosina cristallizzata e i cristalloidi di proteina appaiono più grossi. Nei semi maturi, il cui tegumento è annerito, le 1 Data questa colorazione, potrebbe venire il dubbio che i cristalli da me osservati possano essere cristalli di grasso, quali si trovano nelle cellule dell’en- dosperima di W/aeis guianensis (MoLiscH, Microchemie der Pfanzen, pag. 109) e quali possono ottenersi nelle cellule dell’endosperma di caffè per saponificazione della sostanza grassa in esse contenuta. Ma è da notare che i grassi sono inso- lubili in acqua fredda e calda, poco solubili in alcool (eccetto l'olio di ricino), facilmente solubili in etere, etere di petrolio, solfuro di carbonio, benzolo e ace- tone; invece i cristalli da me osservati hanno i caratteri di solubilità della tiro- sina, che sono precisamente opposti a questi; inoltre i grassi si saponificano se trattati con potassa, iteristalli suddetti vi si sciolgono istantaneamente, — 148 — cellule, quasi prive di plasma, non contengono nè tirosina nè ceristal- loidi. Tanto il perisperma che i cotiledoni dei semi freschi di Mar- tynia lutea contengono una grande quantità di sostanza grassa e qual- che raro granulo d’amido; questo scompare nei semi maturi. Osservazioni biologiche. Le osservazioni biologiche fatte sino ad ora sul genere Martynia sono ben poche. Oltre al Beal, già citato, Duhamel! e Delpino ? nota- rono la vischiosità delle foglie: il primo adducendola come esempio della presenza di organi escretori nelle piante, il secondo quale esempio di mezzo di difesa in piante sprovviste di nettarii extranuziali. Heckel * scoperse e studiò nelle Serofularinee, Bignoniacee e Sesamee la sensi- tività degli stigmi bilobi, le cui lamelle apicali dalla porzione divari— cata (quasi orizzontale) che presentano normalmente, assumono, se toccati, quella verticale, combaciando per le faccie interne, per distac- carsi ancora allorchè il polline vien portato su di essi dalle api. Har- ger * e Oliver ® confermarono queste osservazioni. Borzi ” studiò l’azione degli stimoli meccanici, delle sostanze anestetiche e degli stricnici su questi movimenti. Riguardo ai rapporti extranuziali fra le piante del genere Mar- tynia e gli insetti solo tre accenni si trovano nella letteratura. Il primo è del Beal,” che riferisce di avere osservato sulla pagina supe- riore di una foglia di Martynia misurante “4 pollici circa ,, 70 fra piccoli ditteri e altri insetti, e sopra la pagina inferiore oltre 200. Sopra una pianta alta “tre piedi, calcola vi fossero 2000 insetti. Il secondo accenno è di Delpino * che, dopo aver citato le Martynie tra le piante prive di nettarii extranuziali, aggiunge: ! DUHAMBL, La physique des arbres. Paris, 1758, 1, pag. 183. ? DeLpINno F., Funzione mirmecofila nel regno vegetale. Parte II {R. Accad. Scienze Istit. di Bologna, vini, 601), 1886. * HpckpL F., Du mouvement dans les stigmates bilobiés des Scrophularinées, des Bignoniacées et des Sesamées (C. R., 79, €02), 1874. 4 HarGRR, Sensztive stigmas of Martynia (Bot. Gaz., vii, 208), 1883. 5 OLiver P., Ueber Fortleitung des Reizes bei reizbaren Narben (Ber. d. D. Bot. Ges., v, 162), 1887. ® Borzi A., Contribuzioni alla conoscenza dei fenomeni di sensibilità delle piante (Il naturalista siciliano, 1, 168), 1896. i — Azione degli strienici sugli organi sensibili delle piante (Arch. di farmacol. e terapeut., vi), 1899. 1 BgAL, loc. cit. 8 DeLPINO F., loc. cit., pag. 614. 149 “ Infatti esse stanno sotto altra difesa, e per verità non meno energica, cioè sotto quella di una copiosa viscidità, che può riuscire infesta a moltissimi nemici. Ora, tra questa maniera di protezione e la formicaria esiste vera incompatibilità, perchè le formiche muoiono in- vischiate, se per loro disavventura capitano in una pianta che sia ric- camente fornita di peli viscidi, viscosi o glutinosi. Già non è facile che siffatti avvedutissimi insetti siano colti in tale trappola, perocchè, ap- pena incontrano siffatti peli, fuggono disperatamente addietro, e anche sì lasciano cascare a terra ,. Vedremo in seguito quale sia più precisamente il comportamento delle formiche di fronte alle insidie della Martynia. Buscalioni e Fermi ! infine, in uno studio sugli enzimi proteolitici vegetali, accennano alla presenza di insetti sui cauli della Martynia proboscidea, pianta che, non avendo rivelato nelle loro esperienze la presenza di fermento proteolitico, viene ascritta dagli Autori alle in- settivore dubbie. Le osservazioni biologiche da me fatte riguardano specialmente la Martynia lutea Lindl. nel periodo della sua vita annuale che va dal luglio al settembre, periodo nel quale la pianta secerne una grande quantità di sostanza vischiosa e cattura un grandissimo numero di in- setti. Durante questo periodo le foglie, i picciuoli, il fusto, i frutti ed i sepali di questa pianta sono ricoperti da un fitto strato di lunghi peli che ad occhio nudo appaiono argentei, terminati da una gocciolina ri- frangente, per lo più di color giallo-oro, ma talvolta anche ialina (nei peli più giovani), o nerastra (nei peli più adulti). Meno ricca di questi peli e quindi anche di sostanza vischiosa è Ja parte esterna della co- rolla, priva del tutto la parte interna. Nelle giornate estive più calde, nelle ore in cui è maggiore l’irradiazione solare, tutte le parti verdi della pianta, specialmente le parti più giovani, appaiono ricoperte da uno strato uniforme di sostanza vischiosa, brillante, che ricorda l'aspetto vetroso, splendente, del Mesembrianthemum cristallinum. Spesse volte mi occorse di vedere un tal fenomeno nelle piante più esposte al sole, ma una secrezione copiosissima constatai il primo giorno dello scorso settembre che, preceduto da una giornata eccezio- nalmente calda, fu nebbioso al mattino e caldo e sereno dippoi: in tal ! BuscaLioni L. e Fermi C., Contributo allo studio degli enzimi proteolitici e peptonizzanti dei vegetali (Annuario d. R. Istituto bot. di Roma, vir, 99), 1898, — 150 — giorno l'aspetto brillante delle foglie era tale che si rendeva manifesto anche a 6-7 metri di distanza: condizione assai favorevole per il ri- chiamo degli insetti alati. Se si sfiorano con la mano le foglie, i fusti, i frutti della Mar- tynia lutea si ritrae la mano bagnata da un abbondante essudato vi- schioso, d’odore nauseante e persistente che, allorchè la Martynia è più rigogliosa, è simile a quello delle sostanze albuminoidi in putrefazione, e quando la pianta incomincia a declinare, ricorda piuttosto la fermen- tazione delle sostanze caseose e butirriche. Si tratta certamente di un odore che appartiene al gruppo degli “odori indoloidi ,, quali sono quelli che si sviluppano dalle infiorescenze di molte aroidee, dai fiori delle balanoforee, rafflesiacee, idnorree, ecc. La sostanza vischiosa in parola è tanto densa che da essa si pos- sono trarre dei fili di 15-20 em. di lunghezza. Se si stropiccia leggermente una foglia tra le dita e si sfregano queste l’una contro l’altra, si sente un lieve pizzicore, come se nella mucillaggine fosse contenuta una sostanza acida. Infatti, se si preme su una foglia un pezzo di carta di tornasole azzurra, appaiono subito su di essa numerose macchioline rosee corrispondenti alle glandule dei peli. Se dal fusto si asporta una parte dell’epidermide e si circonda poi per un certo tratto con un anello di carta al tornasole azzurra, questa appare tutta macchiata di roseo fuorchè nella zona corrispondente al- l'epidermide asportata. ! La reazione acida si ottiene con la carta al tornasole anche per lieve strisciamento sulle foglie, ciò che dimostra che la sostanza che la - provoca è contenuta nelle glandule dei peli stipitati e non in quelle dei peli sessili, come dimostrano anche le reazioni microchimiche (vedi pa- gina 158). Questa reazione non è dipendente dallo stimolo provocato da so- stanze azotate (insetti od altro) che si siano posate in precedenza sulla foglia; infatti, se si tengono delle piante al riparo dalle influenze esterne, si nota egualmente la reazione acida, sia sulle foglie cotile- donari che su tutte le altre. Questa dimostrazione dell’acidità dell’escrezione vischiosa della Martynia lutea sì può rendere ancora più efficace ponendo una foglia tra le due pagine di un pezzo di carta al tornasole piegato in due ed esercitando per qualche minuto una pressione: la pagina superiore 1 Le Glorinie e le Achimenes, atfini sistematicamente alle Martynie, non danno la reazione acida se se ne sfregano le foglie con carta al tornasole; esse sono fornite intatti di soli tricomi semplici, molto fitti. Le foglie di PNGUACA invece danno una debole, ma netta reazione acida. — 151 — della foglia resterà quasi totalmente impressa in rosso, ad eccezione delle nervature più incavate (se la pressione non è stata molto forte): la pagina inferiore lascierà invece quasi esclusivamente l’impressione delle nervature, che sono da questa parte assai rilevate. Aspetto brillante, vischiosità, acidità, odore particolare, sono i tre fattori più importanti che rendono la Martynia lutea una pianta cattu- ratrice di insetti. In qualunque periodo si osservi questa pianta coltivata all'aperto, sia che abbia sviluppate le due sole foglie cotiledonari, sia che si ap- prossimi alla fine della sua vita annuale, ogni sua parte verde presen- terà un numero maggiore o minore di insetti catturati. Sono le foglie gli organi che ne presentauo in maggior quantità, seguono poi i pic- ciuoli e il fusto, specialmente in vicinanza ai punti d’inserzione con le foglie; il calice, i grossi frutti, infine la corolla. Se numerosi sono gli insetti che si trovano invischiati sulla pagina superiore delle foglie di Martynia lutea, non meno numerosi, anzi, in certi casi, comparativa- mente in numero maggiore, sono quelli che si trovano sulla pagina in- feriore. A spiegare questo fatto, non giustificato da alcuna causa ine- rente alla morfologia o alla fisiologia della foglia, può concorrere la considerazione che le influenze esterne, quali l’azione dei venti e delle pioggie, asportano più facilmente dalla pagina superiore delle foglie (la cui posizione è quasi orizzontale) che non da quella inferiore, gli insetti invischiati. Ad ogni modo l'affluenza di un così gran numero di insetti, oltre che alla pagina superiore (rivolta verso l’alto e più illu- minata), anche a quella inferiore (rivolta verso il basso e posta in con- dizioni più svantaggiose di illuminazione) fa supporre che la pianta tutta eserciti sugli insetti una forte attrazione, dovuta, sia al forte, nauseabondo odore che da essa emana, sia allo splendore cristallino dell’essudato vischioso che la ricopre. Mi convinsero della verisimiglianza di questa ipotesi le osserva- zioni fatte ripetutamente in giornate soleggiate dell'agosto, sul com- portamento di alcuni ditteri che si aggiravano attorno alle piante di Martynia lutea coltivate assieme a robuste piante di Musa in un’aiuola dell’ Orto Botanico di Pavia (Tav. XI, fig. 1). Mentre le api, le vespe e i calabroni, pur giungendo da lungi, andavano direttamente verso il fiore della Martynia, vi penetravano e ne uscivano ben presto carico il dorso di polline, i ditteri in parola pareva non scorgessero neppure i fiori (che tuttavia, copiosi e di un vivo color giallo punteggiato e striato di arancione, costituivano una macchia appariscente tra il verde 152 delle foglie) e si aggiravano invece costantemente attorno al lembo fogliare, vicini tanto da toccarne l'orlo con le antenne. Ad ogni con- tatto con esso l’insetto si ritraeva e ritentava la prova in un altro punto, finchè, stanco del lungo librarsi, andava a riposarsi sulle vicine foglie di Musa, attorno alle quali non lo vidi mai svolazzare in simile modo. Dalle foglie di Musa poi l’insetto spiccava direttamente il volo verso le sottostanti foglie di Martynia, che indubbiamente esercitavano su di esso una potente attrazione. Non sempre questi insetti, specialmente se grossi, restano cat- turati; probabilmente i numerosi tentativi che essi fanno, aggirandosi piuttosto attorno all’orlo della foglia che non posandosi su di essa, fanno sì che solo le antenne subiscano l’azione della mucillaggine e della sostanza acida, sicchè l’insetto può facilmente allontanarsi. Lo stesso non avviene allorchè si tratta di piccolissimi ditteri o di piccole formiche che al minimo contatto restano invischiati con le zampe e con le ali fra i lunghi peli vischiosi che ricoprono tutta la pianta. Gli insetti catturati dalla Martynia sono, oltre che numerosi, anche assai varii; sei ordini sono rappresentati fra essi: i Coleotteri, i Lepi- dotteri, gli Imenotteri, i Ditteri, i Neurotteri, e i Rincoti. Sono per lo più insetti di piccole dimensioni, lunghi cioè pochi millimetri, ma talvolta mi accadde di osservare fra essi dei lepidotteri piuttosto grossi, invischiati sempre sulla pagina superiore delle foglie. Una vera strage ne constatai un giorno, in cui ne trovai, su quattro foglie vicine di una stessa pianta, ben 15, tutti appartenenti ai Pira- lidini, 5 dei quali su una sola foglia. La presenza dei primi individui invischiatisi ha determinato probabilmente in questo caso un’attrazione sui successivi, Ecco l’elenco dei generi e delle specie rappresentate fra gli insetti catturati dalla Martynia lutea, elenco che debbo alla gentile presta- zione del prof. Del Guercio della R. Stazione di Entomologia agraria di Firenze, che vivamente ringrazio. 1. CoLrorTERI - Curculionidi: Apion virens Dermestidi: Anthrenus pimpinellae 2. LepmorTERI - Artidii: Lithosia caniola Piralidini: Pyrausta (probabilmente il P. nubdelalis) Glyphodes unionalis Tortricidi: Olethreutes sp. Talaeporidi: So/enodia sp. Tineidi: Incurvaria (probabilmente 1’ I. masculella). 3. ImenorTERI - Formicidi: Halyetus sp. — do 4. DirtERI - Calicidi: Culer sp. Cyrtidi: Cyrtus sp. Muscidi: Musca sp. 5. NeurorTERI - Panorpidi: Panorpa (probabilmente la P. communis) Leptoceridi: .Mystacides (probabilmente il M. Ater) Polycentrotus ( D il P. guttulatus) Ephemeridi: Cloeon ( Ls il C. pumula) Raphidini: Raphidia sp. & 6. Rincoti - Pentatomidi: Pentatoma sp. Aphidi: Macrosiphon circumflexum. * Eccezionalmente sulla pagina superiore ed inferiore delle foglie di Martynia trovai qualche mosca comune (Musca domestica) e qualche ragno di giardino (Epeira diademata). Anche la formica comune (Formica fusca) può restare catturata dalla Martynia; solo in casi speciali osservai un gran numero di individui neutri di questa specie impigliati o già morti sulle foglie di una pianta sottostante ad alcuni pini, i cui rami ospita- vano un gran numero di formiche. L’azione meccanica del vento o forse anche l'attrazione determinavano la caduta di questi insetti dai rami di pino sovrastanti, caduta che facilitava il loro invischiamento. Parecchi riuscivano a trascinarsi sino alla pagina inferiore della stessa foglia. Volli servirmi della formica tomune per osservare il suo compor- tamento rispetto alla Pinguicula alpina e alla Martynia lutea, compa- rativamente. Misi alcune operaie di piccole dimensioni (raccolte deli- catamente per mezzo di un foglio di carta) su foglie delle due specie e ne osservai i movimenti. Dalle foglie, relativamente piccole, della Pinguicula esse riuscivano sempre a sfuggire, poichè, giunte all’orlo, posavano le zampe sulla pagina inferiore priva di mucillaggine e di sostanza acida, ed erano in salvo. Dalla Martynia invece, se alcune riescivano a sfuggire lasciandosi cadere dall’orlo della foglia, ove giun- gevano a fatica, Ja maggior parte erano invece talmente invischiate che ciò non poteva avvenire e il passaggio alla pagina inferiore e talvolta anche al picciuolo era egualmente letale. Di solito, dopo una mezz'ora, tutti gli individui erano immobilizzati; dopo due ore erano morti. Le formiche più grosse invece, che hanno zampe più lunghe e camminano più rapidamente, si volgono subito verso l’orlo della foglia, spesso cam- ! Se nonintutti i casi potè esser fatta la classificazione esatta di questi insetti si fu perché, come gentilmente comunicò il prof. Del Guercio, alcuni di essi erano ridotti alle sole spoglie, costituite dalle parti chitinose, e gli altri «erano quali più, quali meno, gravemente provati agli effetti delle piante indicate, poichè an- tenne, ali, zampe e la-stessa conformazione generale del corpo ne avevano sofferto ». Atti dell Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Serie Il — Vol. XVI 12 — 154 — ! e si lasciano cadere. Così ac- minando a ritroso, come nota Delpino cade anche per la Pinguicula alpina. Quale esempio dimostrante la rapida influenza letale che ha sugli insetti l’essudato vischioso e acido della Martynia, riporto la seguente osservazione: Un bruco di 1 cm. di lunghezza e di 3-4 mm. di dia- metro, ospite di una Rosa, venne posto sulla pagina superiore di una giovane foglia di Martynia, la cui superficie appariva tutta argentea per l’abbondante secrezione viscida che la copriva. Il bruco percorse la nervatura mediana dalla base della foglia fino ai due terzi circa della sua lunghezza, poi si volse e con movimenti sempre più lenti rag- giunse di nuovo la parte basale, trasportando con le numerose zampe e con la parte inferiore del corpo una grande quantità di mucillaggine, come appariva dalla traccia priva di splendore che lasciava sulla foglia e dai fili argentei che univano a questa le estremità delle zampe, al- lorchè qualcuna di esse si ritraeva. Un primo tentativo fatto dal bruco di rodere la foglia non venne più ripetuto, anzi il capo ne veniva spesso allontanato con un movimento repentino. Giunto alla base della foglia il bruco cambiò direzione due o tre volte, giungendo sempre a distanze minori e rotolando più volte su sè stesso; infine il corpo immobile non diede segno di vita altro che col lento movimento delle zampe, 0 in seguito ad eccitamenti meccanici. Pian piano si curvò ad arco e non rispose più ad alcun eccitamento, Nor più di 20 minuti erano trascorsi dal momento in cui era stato posato sulla foglia. Questa esperienza venne fatta alla fine di una soleggiata giornata di agosto, che aveva fatto seguito ad una serie di giornate asciutte. Ripetuta qualche ora dopo un temporale che aveva dilavato completa- mente le foglie, occorsero quattro ore perchè un bruco non desse più segno di vita. La secrezione delle foglie non era evidentemente altret- tanto letale dopo una così forte pioggia, come dopo una giornata asciutta e soleggiata. Come già dissi, è raro che individui di Musca domestica vadano a posarsi sulle foglie della Martymia lutea, tuttavia una volta potei assi- stere alla cattura di una mosca che andò a posarsi sulla pagina infe- riore di una foglia da poco staccata dalla pianta e portata in labora- torio. I movimenti dell'insetto si risentirono subito dell’influenza della sostanza vischiosa appena esso si fu posato sulla foglia, poichè diven- tarono lenti ed impacciati, e i ripetuti tentativi di volo ebbero esito negativo. Tuttavia l’insetto giunse fino all’orlo fogliare che superò, im- ! DeLPino, loc. cit., pag. 614. — 155 — brattandosi di mucillaggine la regione ventrale, e andò a fermarsi poco distante da esso, sulla pagina superiore. Dopo 30 minuti era già im- mobilizzato, ma stimolato moveva ancora energicamente le zampe che soffregava le une contro le altre per liberarle dalla mucillaggine che le invischiava completamente. Dopo 40 minuti era posato su un lato e rispondeva debolmente agli eccitamenti; le parti apicali delle zampe formavano un sol fascetto, assai imbrattato di mucillaggine. Dopo 14 ore la mosca era ancora viva e rispondeva alle eccitazioni con movimenti appena percettibili; dopo 18 ore era morta. Un piccolo Muscide invece morì dopo 40 minuti dacchè si era posato sulla stessa foglia di Martynia. Fra le piante di Martynia lutea coltivate nell’Orto Bot. di Pavia osservai che, allorchè qualche: foglia languisce, essa viene invasa, spe- cialmente nella pagina inferiore, dagli afidi (quelli che io osservai ap- partenevano ai generi Aphis e Siphonophora), atteri ed alati che appa- rentemente non recano danno alcuno alle foglie. Alla fine del settembre in sul finire della vita annuale delle piante, esse ne sono completamente invase. Gli individui alati non resistono a lungo alla azione della mu- cillaggine: facilmente si impigliano tra i peli e restano presto immobiliz- zati ed uccisi; gli individui atteri invece resistono più a lungo e con le esili e lunghe zampe si muovono lentamente tra i fitti peli mucillagginosi delle foglie, infiggendo senza dubbio il loro rostro entro i tessuti. Tut- tavia anch'essi, tosto o tardi periscono, ancor prima che sia finito il loro ciclo vitale, e le loro spoglie restano adese in gran numero alle foglie. Questo fatto della sopravvivenza di certi insetti o di ragni a con- tatto dei peli glandulosi di una insettivora, non è isolato. Secondo il Morren! individui del genere Aphis che vennero posati su foglie di Drosera binata e sui quali i tentacoli si curvarono, durarono in vita anche 24 ore. Fletcher ® notò che il bruco di una tignuola alata (ri choptilus paludicola) vive sulle foglie di Drosera Burmanni e striscia indisturbato fra i peli glandulosi, rode le foglie alla base e mangia avidamente le goccie di liquido vischioso che escono dalle ferite. Mar- loth * notò che sulla Roridula dentata vivono: un ragno (Synaema Sp.) 1 Morren E., Note sur le Drosera binata Labill., sa structure et ses procédés insecticiles. Bruxelles, 1875, ? FLercner T. B., Description of plume-moth from Ceylon with some remarks upon its life history (Spolia Zeylan, v, 20), 1907. ? MarLorH R., Some recent observations on the biology ot IRoridula (Ann, ol Bot., 41, 151), 1903. — 156 — che non viene danneggiato dal succo delle glandule e che dà la caccia agli altri insetti, ed un rincoto che si ciba del succo cellulare che ottiene pungendo le foglie. Nelle urne di Nepenthes, Jensen! trovò nove specie di larve di. insetti che, “in grazia di un autofermento contenuto nel loro corpo, compiono normalmente in esse il loro sviluppo, a simiglianza dei vermi che vivono nell'intestino umano ,. Larve vive di insetti nelle urne di Darlingtonia vennero trovate anche da-Austin,? che però non ne potè osservare lo sviluppo in forme perfette. Se si coltivano piante di Martynia lutea sotto ripari di garza, tali da impedire che gli insetti vengano catturati, si osserva che l'esclusione di questi non riesce nociva e che la nutrizione per mezzo degli insetti è vantaggiosa, ma non indispensabile alla vita di queste piante. Ciò è stato dimostrato anche per altre insettivore, quali Ja Drosera rotundi- folia, la Dionaea muscipula, le Nepenthes. ® © IrriraBiLITÀ DEI PELI. — Non ho notato in alcun organo della Mar- tynia lutea movimenti dei peli dovuti a stimoli chemotattici. Se si.os- servano con una lente d’ingrandimento i punti della foglia o degli steli sui quali si è posato ed è morto un insetto, appare talvolta che un certo numero di peli sia curvato verso di esso; qualche pelo anzi gli so- vrasta con la sua parte apicale imbrunita. Piuttosto che a irritabilità può darsi che questo incurvamento sia dovuto ai movimenti fatti dal- l’insetto per liberarsi o a cause meccaniche susseguenti. Se un insetto sì posa sui peli aventi all’apice una grossa goccia di mucillaggine e coi movimenti che fa per liberarsi dalla sostanza vischiosa asporta tutta la goccia, questa si vede riapparire dopo qualche ora. Una sola volta potei notare un evidente incurvamento di un pelo verso l’insetto, ma, dato anche che questo fatto possa avvenire spesso (il che non posso affermare), esso può spiegarsi col diminuito turgore del pelo allorchè la sostanza che ne occupa l’apice viene asportata. 1 JENsEN H., Nepenthes-Tiere. II. Biologische Notizen (Ann. du jard. bot. de Buitenzorg, Sme suppl., 11, 941), 1910. 2 Austin R., Larven in den Blattròhren von Darlingtonia (Oesterr. bot. Zei- tung, pag. 170), 1876. " HocasTtETTER W., Die sogenannten insectenfressenden Pflanzen (Wurten- bergische Naturwiss. Jahreshefte, 34, 106), 1878. Warson W., Pifcher Plants (Nature, 32, 341), 1885. Massart J., Un botaniste en Malaisie (Bull. Soc. roy. de Bot. Belg., 34, 151), 1896. CzAPEK, Biochemie der Pfanze, 1905, 11, 222. MoRREN E., La théorie des plantes carnivores et irritables, Q2me édition, 1876. — 157 — Ricerche biochimiche. SOSTANZA GRASSA DELLE GLANDULE SESSILI. — Se si osservano al microscopio i peli sessili glandulosi della Martynia lutea si vede che essi emettono una sostanza che appare sotto forma di goccioline (una apicale o due laterali), ialine, rifrangenti, d’aspetto oleoso. Questa so- stanza presenta le seguenti reazioni: è insolubile in alcool diluito ed assoluto, solubile in acetone, etere, etere di petrolio, solfuro di carbonio e benzolo. Con Sudan III si colora in rosso-arancione 0 in rosso-intenso e la colorazione è persistente; entro le cellule della capocchia si scor- gono talvolta 1-4 goccioline anch'esse colorate (Tav. XIV, fig. 11); con acido osmico 1°/, in soluzione acquosa annerisce dopo qualche ora; con soluzione di potassa concentrata e ammoniaca concentrata in volumi eguali, le goccioline si scindono in altre più piccole e danno luogo ad aggruppamenti anulari in vicinanza delle capocchie. In qualche raro caso, dopo un giorno, osservai la formazione di rosette dall’apparenza cristallina, ialina, che poi si scomponevano. Si trattava forse di un inizio di saponificazione di questa sostanza che, per i caratteri di so- lubilità e per le reazioni cromatiche, può dirsi una sostanza grassa. Anche Goebel! osservò nella Utricularia e nella Pinguicula che i peli assorbenti contenevano grosse goccie di grasso, la cui origine egli attribuisce alla lecitina sottratta agli insetti catturati. MuciLLaGGine, —- L’abbondante secrezione mucillagginosa delle foglie, dei fusti, dei frutti verdi della Martynia lutea e che è propria dei peli ghiandulari stipitati, non di quelli sessili, si presenta sotto forma di goccioline ialine, rifrangenti la luce, appiccicaticce, d’odore nauseante di sostanze organiche in putrefazione e aventi reazione acida. Questa secrezione presenta le seguenti reazioni: È insolubile in acqua, solubile in parte in alcoo] diluito e concentrato, in etere, in solfuro di carbonio e in idrato potassico, insolubile in acido solforico concentrato, che non le impartisce nessuna colorazione. Si colora prima in giallo, poi in rosso-bruno con soluzione di zodio in ioduro di potassio, col qual reattivo si possono rendere ben evidenti i grumi di mucillaggine che rimangono adesi al corpo degli insetti cat- turati impedendone i movimenti ed otturandone le vie respiratorie: le stigme. La colorazione non scompare col riscaldamento e diventa più ! Goeper K., Pfanzenbiologische Schilderung. Marburg, 1891, 11, 180, — 158 — intensa per aggiunta di acido solforico. Con soluzione di tornasole bleu se ne può constatare la reazione acida: attorno alla capocchia dei peli si forma un’aureola rosso-paonazza che va mano mano estendendosi e la goccia stessa di mucillaggine e la capocchia dei peli si colorano in rosso, Invece i peli sessili e la sostanza che essi emettono non si co- lorano. La reazione è evidente tanto nei peli che non sono stati an- cora visitati da alcun insetto, nè abbiano subito altri stimoli dovuti a contatto con sostanze organiche, quanto nei peli ai quali sono rimasti attaccati degli insetti. Piante tenute per 7 giorni all’oscuro davano egualmente la reazione acida. La prova con soluzione di tornasole rossa diede risultato negativo. Con corallina la mucillaggine si colora in giallo rossastro; con verde-metile in verde-mare tendente al bleu; con rosso di rutenio si colora istantaneamente dal rosa-corallo al rosso-rubino.! Se si fa agire questo reattivo sui peli dopo aver trattato questi (sul vetrino) con alcool diluito, si vede: 1.° che l’alcool non scioglie tutta la grossa goccia che esce dai peli stipitati, ma pare che ne sciolga solo la parte interna, perchè la goccia conserva spesso la sua forma sferica, ma da rifrangente si fa man mano opaca, poi schiumosa, oppure si divide in tante piccole bolle e in masse irregolari pure schiumose. 2.° che questi residui dell’azione dell’alcool si colorano intensa- mente in rosso con rosso-rutenio, mentre non si colorano le massoline che escono dai peli glandulari sessili, pur colorandosi di questi le pa- reti cellulosiche. Se si fa agire il rosso-rutenio sulla mucillaggine raccolta su ve- trino copri-oggetti e si lascia per parecchie ore in camera umida, si vede, osservando al microscopio, che il reattivo non ha colorato uni- formemente la secrezione, ma che attorno ad ogni gocciolina colorata in rosso intenso vè una aureola giallo-intensa che non si colora con nuova aggiunta di rosso-rutenio e si scioglie invece per aggiunta di alcool (Tav. XIV, fig. 10). Ciò dimostra che la sostanza che esce dai peli stipitati contiene una mucillaggine (probabilmente pectosica), solu- bile in alcool, etere e solfuro di carbonio, e un olio etereo solubile in alcool assoluto e diluito, in etere e in etere di petrolio. Con il reattivo di Millon si colora in rosso-bruno. Con Sudan ITI si colora debolmente in giallo-rosa o in giallo, co- lorazione che presto scompare perchè la parte della mucillaggine così colorata si scioglie sotto l’azione dell’aleool del reattivo. ! Lo stesso reattivo provoca la colorazione rossa delle ghiandole sessili in sezioni di foglie di Pinguicula vulgaris, — 159 — Conacido osmico all'1°/, in soluzione acquosa si annerisce rapidamente. Raccogliendo su vetrino copri-oggetti una certa quantità di mu- cillaggine e lasciandola a sè per qualche tempo sotto campana, già dopo un'ora si osservano al microscopio delle dendriti a rosetta, aventi 4 o 5 rami. Dopo due ore appaiono anche piccole eristallizzazioni del sistema monometrico: cubi per lo più incompleti, alcuni geminati, e piccoli prismi quadrangolari (Tav. XIV, fig. 2). Se la secrezione viene trattata con qualche goccia di alcool assoluto e poi lasciata evaporare, le dendriti che si formano hanno ramificazioni molto più minute, ma in complesso assomigliano alle precedenti. Si formano anche rari prismi quadrangolari assai piccoli. Trattando la secrezione raccolta su vetrino con cloruro di platino al 10°/, si forma subito un precipitato giallo che dopo evaporazione del liquido appare al microscopio costituito da numerosissimi cristallini gialli di cloroplatinato potassico. Se la mucillaggine vien presa da una foglia che non era stata visitata da insetti perchè tenuta coperta, il numero dei cristalli che si forma non è grande, mentre se vien presa da una foglia che era stata visitata da molti insetti si ottiene un pre- cipitato veramente considerevole. Ciò dimostra che la pianta trae dagli insetti catturati, non solo le sostanze organiche, ma altresì alcune so- stanze minerali. La ricerca del fosforo mi diede a questo proposito risultato dubbio. Se si asporta per mezzo di un vetrino copri-oggetti la secrezione vischiosa da una piccola zona di una foglia, essa si riforma piuttosto lentamente; occorre una diecina d’ore e talvolta anche di più perchè la zona operata non si distingua dalle circostanti. Ma se si ripete la operazione su due zone di uguale ubicazione e nell’una si posa subito dopo un cubetto di albumina, si vede che la formazione della mucillag- gine tutt’attorno ad esso è completamente avvenuta allorchè nella zona di controllo appena incomincia. Le sostanze azotate servono dunque di stimolo per la formazione della mucillaggine. Sostanza Acma. — Varie ricerche sono state fatte sulla composi- zione chimica delle sostanze acide contenute nelle piante insettivore e da queste emesse per mezzo di ghiandole dalla struttura più o meno complicata. I risultati però sono ben lungi dall’essere concordanti e sienri, e ciò principalmente a causa della piccola quantità di sostanza acida che si può sottoporre ad analisi. Inoltre quasi tutti gli autori che si occuparono di queste ricerche affermarono a priori la presenza di un acido libero, non prendendo in considerazione l’ipotesi della pre- senza di un sale acido, al quale pur tuttavia poteva attribuirsi l’acidità della secrezione. Per conseguenza essi conclusero per la presenza di — 160 acido citrico, malico, formico, ecc., non solo nei casi in cui l’analisi si basava sul loro isolamento e sulla conseguente identificazione, ma anche quando erano stati seguiti i metodi indiretti, o di riduzione del nitrato d’argento (acido formico) o di precipitazione con acetato di piombo, ecc. In questi ultimi casi è evidente che la formazione di un citrato, di un malato, di un formiato di piombo può derivare dalla presenza, non solo degli acidi corrispondenti, ma anche dei sali di questi acidi, probabilmente presenti nelle piante analizzate. Inoltre la riduzione del nitrato d'argento mon basta da sola per stabilire la presenza di acido formico o di un formiato, perchè le sostanze facilmente ossidabili pos- sono dare la stessa reazione. In base a ricerche svolte con i suddetti criteri Lucas e Trommsdorf! ritengono che la sostanza acida contenuta nella Drosera intermedia sia acido malico; Rees e Will ? la ritengono una mescolanza di acido formico, pro- pionico e butirrico, Hager una mescolanza di acido citrico e di acido malico, Stein 4 acido citrico. Secondo Goebel? l’acido contenuto nelle glandule del DrosophyWlum lusitanicum è acido formico; secondo Meyer e Dewèvre “ invece, che fecero ripetute analisi della mucillaggine acida di questa pianta, l’acido formico manca assolutamente: gli autori però non riescono a identificare la sostanza acida, sulla natura della quale con- chiudono che si tratta probabilmente di un acido nuovo. Voelcker, ” dall’analisi della secrezione acida delle urne di Nepenthes, esclude che vi si trovino acido formico e acido acetico; vi trova invece acido ci- trico, malico, ossalico e fosforico, allo stato di sali. Nella secrezione delle ghiandole della Drosera rotundifolia non vi sono, secondo Frank- land,* acidi minerali liberi, bensì acido propionico, butirrico e vale— rianico. 1 Ann. Chem. Pharm., 8, 237. ? Rees e WicL, Einige Bemerkungen iiber fleischfressende Pfanzen (Bot. Ztg., 1875, 715. — Centr. f. Agrikulturchem., x, 230). 3 Handbuch d. pharmac. Praxris, 815. 4 STEIN G., Ueber die Stiure der Drosera intermedia (Ber. chem. Ges., xII, 1603), 1879. 5 GoEBEL, Pfanzenbiologische Schilderungen, 11, 1893. S* MeyER A. e DewèvRre A., Veber Drosophyllum lusitanicum (Botan. Zentr., Lx), 1894. DewkvRrE A., Recherches physiologiques et anatomiques sur le Drosophyllum lusitanicum (Ann. Se. nat. (8), 1, 19), 1895. * VoeLcKER A., Veber die chemische Zusammensetzung der Fliissigkeit in den Sehliuchen der Nepenthes (Journ. prakt. Chem., xLvii, 245), 1849. 8 Darwin C., /nsectivorous plants, London, 1875, pag. 88. — il61 — Le mie ricerche sulla natura della sostanza acida contenuta nelle glandule degli organi epigei della Martynia lutea vennero fatte sia di- rettamente sulla mucillaggine, sia sul liquido spremuto dalle foglie, sia ancora sul distillato di questo. RICERCHE SULLA MUCILLAGGINE. — La reazione con nitrato d’argento e quella con sublimato corrosivo, applicate a sezioni trasversali e tan- genziali di foglie, danno risultato positivo, anneriscono cioè le cellule apicali dei peli e la mucillaggine. Queste reazioni, che vengono indi- cate per il riconoscimento dell’acido formico, sono però da non tenersi in gran conto, per le ragioni già dette. Allo scopo di applicare altre reazioni degli acidi ad una maggiore quantità di sostanza mucillagginosa, adoperai il seguente metodo: sfre- gavo leggermente con la superficie di un vetrino copri-oggetti la pa- gina superiore ed inferiore di diverse foglie, asportando da esse una certa quantità di sostanza mucillagginosa. Aggiungevo a questa una 0 due goccie del reattivo scelto ed osservavo di tempo in tempo al mi- croscopio la formazione dei cristalli caratteristici. Con soluzione acquosa di nitrato di calcio si ottiene la formazione di numerosi cristalli caratteristici di ossalato di calcio; con soluzione acquosa di nitrato d'argento al 0,5 ®, si ottiene dapprima un abbondante precipitato bianco, amorfo, che dopo qualche minuto annerisce, e nel quale si differenziano dopo qualche ora rari cristalli caratteristici di ossalato d’argento; con soluzione acquosa di nitrato di cerio ottenni entro un’ora nu- merosi, caratteristici cristalli di formiato di cerio. Questa reazione av- viene, secondo Haushofer, ! solo in assenza di acidi liberi, ed è la sola reazione microchimica finora conosciuta che sia caratteristica per i for- miati. Neutralizzai anche previamente, come consiglia Haushofer, la mu- cillaggine acida con ossido di magnesio e poi feci agire il reattivo; ot- tenni egualmente numerosi cristalli caratteristici di formiato di cerio; con acetato di calcio non ottenni i cristalli caratteristici di tar- trato di calcio. Allo scopo di confermare con altre reazioni la presenza dell’acido formico, libero o combinato, nella mucillaggine, intrapresi un’altra serie di ricerche, imbevendo di mucillaggine asportata dalle foglie, diverse striscie di carta bibula e ponendo queste a reagire con i diversi reat- tivi degli acidi organici. Fra i reattivi usati, quelli di Rosenthaler, di Comanducci, di Denigès, mi diedero risultato negativo; diede invece ! Hausnorgr K., Mikroscopische Ieuktionen, Braunsehweig, 1885, pag. 46. — 162 — risultato positivo il reattivo di Bertrand (soluzione di bicromato po- tassico in acido nitrico), RICERCHE SUL LIQUIDO SPREMUTO. I. Da kg. 4 di foglie giovani ma ben sviluppate di Martynia lutea ottenni per compressione e strizzamento a mano ce. 406 di un succo verde-scuro che, filtrato, apparve color caffè in massa, giallo scuro se in piccola quantità. La reazione di esso era debolmente acida al tornasole. Ne determinai ripetutamente l'acidità to- tale, diluendo prima determinate quantità di succo a fine di constatare con maggiore precisione le variazioni di colore dell’ indicatore. Com- 3 y 3 N 7 plessivamente, nelle diverse prove, ce. 19 di Na OH IÒ neutralizzarono ce. 188 di succo. Poichè ogni cc. della soluzione 10 di soda caustica neutralizza gr. 0,00365 di acido cloridrico, si deduce che i 188 cc. di succo impiegato contenevano gr. 0,0693 di acido, valutato in acido clo- ridrico, corrispondente a gr. 0,0368 su cc. 100 di succo è a gr. 0,3724 su 1 kg. di foglie. II. Da kg. 2,1 di foglie e di pieciuoli ottenni per torchiatura gros- solana in torchio di legno, cc. 200 di un liquido verde-scuro, che, fil- trato, diede un liquido di color giallo-paglierino, che riduceva abbon- dantemente il reattivo di Fehling e quello di Nessler. Il reattivo di Tollens e quello di Schiff per la ricerca delle aldeidi diedero risultato negativo; con bisolfito sodico ottenni un leggero precipitato; con acetato basico di piombo un precipitato fioccoso bruno che con un eccesso di reattivo si discioglie in massima parte; con nitrato d’argento un precipitato bianco sporco che poi anneriva. Applicai a questo precipitato il metodo di separazione degli acidi orga- nici, secondo il recentissimo trattato del Rosenthaler.! Separato il preci- pitato lo mescolai con acido fosforico e distillai al vapor d’acqua. Race. colsi frazionatamente il distillato fino a che ebbe dato reazione acida, e ad esso applicai le reazioni dell'acido formico e dell’acido acetico che diedero risultato negativo. RIcERCHE NEL DISTILLATO. — Ce. 160 di succo spremuto a mano da foglie di Martynia lutea vennero distillati al vapor d’acqua, raccogliendo i vapori in un recipiente contenente acqua distillata, che veniva raf- freddato esternamente. Se nel succo fossero stati presenti acidi volatili liberi essi avrebbero dovuto trovarsi nel distillato. ! RosenrHALER L., Der Nachweis organischer Verbindungen. Stuttgart, 1914. - 163 — Il liquido ottenuto non diede invece nè la reazione acida col torna- sole, nè alcun precipitato con nitrato d’argento, ciò che esclude la pre- senza di acidi volatili liberi, quali: acido cloridrico, formico, acetico, propionico, butirrico, almeno nelle quantità che possono essere svelate in queste ricerche. È invece sicuro, per i risultati delle ricerche microchimiche su ri- portate, che nella mucillaggine emessa dagli organi verdi della Martynia lutea sono contenute piccole quantità di acido formico e di acido ossa- lico che possono trovarsi tanto allo stato libero che salificati. Ricerca dei prodotti indolici. L'importanza della presenza dell’indolo e dei suoi derivati negli organismi animali e vegetali è collegata al fatto che questi composti azotati provengono dalla fermentazione delle sostanze albuminoidi. Nencki e Franckiewicz! infatti trovarono l’indolo tra i prodotti della fermentazione pancreatica dell’albumina; Weil? trovò piccolissime quantità di indolo tra i prodotti della fermentazione della fibrina nel- l’acqua. Numerosi altri autori, specialmente nell’ultimo decennio, dimo- strarono che l’indolo si trova normalmente nell’intestino crasso degli animali sani e che esso è un prodotto dell’azione microbica. * Le ricerche sui prodotti indolici contenuti nelle piante sono rela- tivamente recenti e a tutt'oggi non molto numerose, L’indolo venne riscontrato non molti anni fa nelle essenze dei fiori di Jasminum Sambac, Coffea liberica, C. robusta, Citrus Aurantium, C. de- cumana, ©. japonica e di altri Citrus, * ma secondo Hesse ® questo pro- dotto mancherebbe completamente nell’olio estratto di fresco, e sì svi- lupperebbe solo nei fiori recisi. Borzì ° trovò l’indolo nei fiori di Visnea ! NeNcKI e FrancKkIewicz, Bildung des Indols aus dem Eiweiss (Berichte, vii, 336), 1875. ® Wei, Zeit. f. phys. Chem., 1, 339. ® La copiosa bibliografia su quest’argomento è raccolta in: CANTELLI 0., L'imdolo ed i suoi derivati. Bologna, 1914. 4 Cnarapor e Garin, Le parfum chez la plante. Paris, 1908, pag. 237. ® Hesse, Veber ditherisches Jasminblitthenòt (Ber, chem. Ges., xXXII-XXXVII), 1900-1904. ® Borzi, Produzione d'indolo e impollinazione detla Visnea Mocanera (Atti Ace. Lincei, 18, 1, 372), 1904 = 4 Mocanera e Baccarini! nei fiori di numerose monocotiledoni e dicotile- doni e negli organi vegetativi di Myrtus e di Tilia. Zempten ® infine trovò l’indolo nell’infiorescenza di una specie di Caladium e nel legno di Celtis reticulosa. Negli stessi tessuti di questa pianta era stato già trovato da Dunstan, * fin dal 1890, lo sceatolo (o $ metilindolo), la cui presenza venne attribuita dall’ Autore ad una sintesi, anzichè ad una decomposizione degli albuminoidi, tanto più perchè egli non vi avea trovato l’indolo. Finora in nessun’ altra pianta venne riscontrato lo scatolo, ma è assai probabile che questo ed altri prodotti di disinte- grazione della molecola albuminoidea siano assai più diffusi di quanto si crede nel regno vegetale: le foglie della Paederzia foetida, ad esempio, che tramandano un intenso odore fecale, contengono, secondo Boorsma, 4 qualche sostanza di natura indolica, e secondo me sostanze analoghe debbono trovarsi, almeno in certi periodi della fioritura, nei fiori di Stapelia europaea, di certe Orchidee, Aristolochiacee, Aroidee, Balano- foree, Rafflesiacee e Idnoree, i cui odori, o durante tutta la fioritura 0 solo nei periodi più avanzati, ricordano quelli di diverse sostanze al- buminoidi in putrefazione. L'indicano venne trovato da Molisch ? in un gran numero di specie e da Lòwy ° nell’ Agaricus campestris coltivato. L'odore di sostanze albuminoidi in putrefazione che emana fortis- simo dalla mucillaggine che ricopre tutti gli organi verdi della Mar- tynia lutea, mi indusse a tentare la ricerca dell’indolo e dello scatolo, sia nel liquido distillato dalle foglie, sia nella mucillaggine. RicERCHE SUL DISTILLATO. — Pestai in mortaio di porcellana gr. 200 di foglie fresche di Martynia lutea sino a ridurle in poltiglia, che misi 1 BaccARINI, Sopra la presenza di indolo mei fiori di alcune piante (Bull. Soc. bot. ital., 1910, pag. 96). — Sulla presenza di indolo negli organi vegetativi di alcune piante (1d., 1911, pag. 105). ? Zempren, Abderhaldens Biochem. Handlexikon, 4, 844, 1911. ® DuNsTAN, On the occurrence of scatole in the vegetable Kingdom (Proc. R. London, 46, 211), 1890. , 4 Boorsma (Mededeel’s Lands Plantentium xxx1-1900). 5 MoLiscH H., Mikrochemie der Pfanze. Jena, 1913, pag. 216. 8 Lowy M., Der Champignon eine indolbildende Pflanze (Bot. Centr., n. 42, pag. 441), 1910. — 165 — în pallone da distillazione con ce. 100 di acqua distillata. Alcalinizzai e distillai al vapor d’acqua, raccogliendo 50 ce. di liquido giallo-pa- glierino, avente reazione neutra e privo di odore di sostanze indoloidi. Acidificai il distillato con acido cloridrico ed estrassi con etere (2 vol. di etere per 3 vol. di dist.); aggiunsi all’estratto un egual volume di acqua, alcalinizzai con potassa e sbattei in estrattore. Nella soluzione eterea ricercai lo scatolo e l’indolo dopo averne evaporata la massima parte a bagnomaria. Mi diedero esito negativo le reazioni: con nitrito potassico e acido solforico, con acido nitrico e nitrito potassico, con alcool metilico e acido solforico contenente solfato ferrico, con acido solforico concentrato, con vaniglina e acido cloridrico, con formalina e acido solforico. Mi diedero esito positivo le seguenti reazioni: Reazione DI LEGAL. — A una piccola quantità del residuo aggiungo qualche goccia di una soluzione di nitroprussiato sodico preparata di fresco, poi alcalinizzo con potassa. In presenza di indolo dovrebbe ot- tenersi una colorazione violetta che diventa bleu se si acidifica il li- quido con acido acetico glaciale; in presenza di scatolo si ottiene una colorazione gialla che con acido acetico diventa verde-azzurra. In quest’ultimo modo si comportò appunto l’estratto etereo in esame, REAZIONE DEL LEGNO DI PINO. — Una scheggia di legno di pino immersa nel residuo del distillato, poi nell’acido cloridrico concentrato, si colora dopo qualche minuto in rosso-ciliegia: (composti pirrolici in generale). :EAZIONE DI UpRANSKy. — Se si aggiunge a una piecola quantità del liquido in esame una goccia di furfurolo e si fa pervenire in con- tatto uno strato di acido solforico concentrato, il liquido si colora in bruno-rossastro, se v'è presenza di scatolo. L'estratto etereo in esame si colorò infatti in bruno-rossastro intenso. RicercHE con LA MuciLLAGGINE. — Con la mucillaggine delle foglie inumidivo delle striscie di carta bibula, che sottoponevo poi all’azione dei reattivi. Oltre al reattivo di Legal, e a quello di Udransky, mi diede risultato positivo con questo metodo anche la reazione con solu- zione solforica di paradimetilaminobenzaldeide che diede un’intensa co- lorazione porpora (scatolo). Inoltre, una scheggia di legno di pino, spalmata di mucillaggine e trattata con acido cloridrico, si tinse egual- mente in rosso ciliegia confermando il risultato ottenuto con l’estratto etereo. RICERCHE MICROCHIMICHE, Le reazioni di Guezda, ! e di Weeh- ! MoLiscHi, Mikrochemie der Pflanze, pag. 214, 216. 166 — mizen, e quella con soluzione cloridrica di glucosio applicate a sezioni di fusti e di foglie mi diedero risultato negativo. Le glandule dei peli, sia sessili che stipitati, si colorano col reat- tivo di Millon, non in rosso-mattone, ma in rosso-bruno, colorazione che da Salkowski! venne osservata per azione dello stesso reattivo sullo scatolo. Considerazioni generali sui fermenti proteolitici vegetali. Le modificazioni più o meno profonde che le sostanze albuminoidi devono subire per diventare sostanze assimilabili dagli organismi, sia vegetali che animali, avvengono per l’azione di enzimi speciali, detti enzimi proteolitici 0 proteasi. Essi, come del resto tutti gli altri enzimi finora conosciuti, sono assai poco noti per ciò che riguarda la loro composizione chimica: sono per lo più sostanze proteiche complesse contenenti fosforo e ferro, 0 altro metallo; aleune però hanno composizione più semplice ; ? non sono identificabili col protoplasma vivente; sono colloidi e le loro soluzioni partecipano delle proprietà delle soluzioni colloidali. Per quanto molte ricerche siano state fatte per separare allo stato di purezza qualcuno di questi enzimi, il problema non è stato ancora risolto e solo la fun- zione proteolitica permette di svelare la loro presenza iu un liquido o in un tessuto animale o vegetale. E neppure si sono potuti classificare questi enzimi proteolitici secondo la loro azione nei singoli casi; solo si sono potuti riunire in gruppi (peptasi, triptasi, ereptasi, ecc.), cia- scuno dei quali, se aveva peculiarità ben definite allorchè venne deter- minato e distinto dagli altri, va perdendole o modificandole col pro- gredire degli studi sui fermenti della digestione. Se sono particolarmente diffuse nel regno animale, queste varie sorta di proteasi sono però state riscontrate anche nelle piante. Tut- tavia non è stabilita l’identità della tripsina di origine animale con quella di origine vegetale. Dallo studio delle albumose e dei peptoni che si formano durante le loro azioni rispettive, Chittenden® ha anzi concluso che essi sono corpi differenti, Inoltre, mentre la tripsina del 1 SALKOWSKI, Veber die Farbenreaktionen des Eiweiss (Zeitschr. physiol. Chem., 12, 215), 1888. ? Borrazzi F., Principii di fisiologia, Milano, 1906, 1, 123. * CHIPTENDEN, On the proteolytie action of Bromelin, the ferment of Pine- apple juice (Journ. ot Physiol., xv, 249), 1894. — 167 — pancreas agisce più attivamente in presenza di una piccola quantità di un sale alcalino, le tripsine vegetali sono più attive in mezzo debol- mente acido. * Per ciò che riguarda l’identità delle proteasi contenute nei ve- getali non. v'è accordo fra i diversi autori: con tutta probabilità è nel vero il Vines ? quando afferma che non di una sola “ tripsina vegetale , si dovrebbe parlare, ma che l’enzima così chiamato è una mescolanza di proteasi, una delle quali è un’ereptasi. Più recentemente lo stesso autore ° divide le proteasi delle piante in due classi: peptasi e ereptasi, mentre il Weis * dalla constatazione che nella germinazione dei cereali avviene peptonizzazione e peptolisi, deduce l’esistenza di due proteasi diverse: una triptasi e una peptasi. Certo è che non è stata trovata finora nei vegetali una proteasi solamente peptonizzante, poichè, almeno in determinati periodi, alla peptonizzazione segue nelle piante la pep- tolisi, fatto che il Green” sintetizza, forse generalizzando eccessiva- mente, con l’affermare che “ quando in un organismo vi è un solo en- zima proteolitico, esso è sempre triptico , e che: “ la tripsina è l’agente principale della proteolisi che avviene nelle piante ,,. Gli enzimi proteolitici vegetali che furono più studiati fino ad oggi sono: la papaina * (0 papayotina), che sotto questo nome trovasi anche in commercio, contenuta nei vasi laticiferi degli steli, delle foglie e dei frutti di Carica Papaya, alla quale pare siano molto simili gli enzimi proteo- litici contenuti in aleune specie di Ficus e di Artocarpus; la dromelina contenuta nel frutto dell’ Ananassa sativa, le pepsine e le tripsine dei semi germinanti e l’enzima contenuto nella secrezione delle urne di Nepenthes. Pur tuttavia, neanche per questi enzimi è sufficientemente nota l’azione chimica che essi esercitano sulle sostanze albuminoidi, poichè è vario, secondo i diversi autori, il loro comportamento rispetto agli acidi e agli alcali. Secondo Mendel* la papayotina non è una tripsina, ! Green R., The soluble ferments and fermentation. Cambridge, 1901, pa- gina 195. ? Vines S. H., The proteases of plants (Ann, ot Bot., 85, 103), 1908, Id., id., vi (Ann. of Bot., xx1n, 1), 1909. Citato da Borrazzi, l. c., pag. 159, GREEN, l. c., pag. 186. Id., loc, cit., pag. 195. ? V. bibliografia in Czapek, SBiochemie der Pflanze. Jena, 1905, vol. 11, pag. 48, 167, 704. * MexpeL L. u-UxnpERBILL P., e a èa @ — 168 — mentre Emmerling ! trova che i prodotti finali della decomposizione degli albuminoidi sono eguali per questi due enzimi; tuttavia egli ot- tiene notevoli quantità di albumose e di peptoni dalla digestione con papaina. Anche Abderhalden e Terunchi ® ascrivono la papaina al gruppo delle tripsine (endotriptasi). Harlay ha concluso recentemente che l’azione digestiva della papaina è tale che fa ritenere quest’'enzima in- termedio fra la pepsina e la tripsina, poichè essa dà luogo alla forma- zione di una gran quantità di albumose e di pochissima tirosina. Anche Arthus? è dell'opinione che la papaina sia una diastasi distinta dalla pepsina e dalla tripsina. Gli studi biochimici sulla bromelina sono assai meno avanzati; pare ch’essa differisca dalla papaina in quanto che può dar luogo alla for- mazione di leucina e di tirosina in ambiente acido e neutro.‘ Gli enzimi proteolitici dei semi germinanti furono oggetto di lungo studio ? tuttora incompleto. Secondo alcuni autori” non è esauriente- mente dimostrato che gli aminoacidi e le altre sostanze azotate che si formano durante la germinazione di questi semi siano il risultato del- l’azione di una vera zimasi. Ma secondo i recenti ed accurati lavori del Vines, tanto nei semi di Phaseolus multiflorus, P. vulgaris, Vicia Faba, Pisum sativum, ILu- pinus hirsutus, Zea Mais, quanto nei semi oleosi di Cannabis sativa, Sinapis alba, Corylus avellana, Ricinus communis, Linum usitatissimum, esistono diverse proteasi. Anzi gli studi più dettagliati compiuti sui semi germinanti di canapa e di orzo rendono giustificata la conclusione che essi contengono due proteasi: una peptasi e un’ereptasi. Butke- 1 Citato da BoTTAZZI, l. c., pag. 159. ? ABDERHALDEN E. e TeRruNncHI Y., Vergleichende Untersuchungen iiber einige proteolytische Fermente pflanzlicher Herkunft (Zeit. f. physiol. Chem., 1L, 21), 1906. 8 ArtHUs M., Précis de chimie physiologique. Paris, 1913, pag. 350. ‘4 CHITTENDEN, On the proteolytie action of Bromelin, the ferment of Pine- apple juice (Journ. of Physiol., xv, 249), 1894. KaysEer E., Note sur les ferments de l’ananas (Ann. Inst. Pasteur, v, 456), 1891, 5 Vedi bibliografia in CZAPEK, loc. cit., 11, 165 e seg. 5 Prerrer W., Physiologie végétale, 1904, 1, 474 e 523. CLAUTRIAN, La digestion dans les urnes de Nepenthes (Rec. de l’Inst. bot. de Bruxelles, v, 103), 1902. ? Vines S. H., Proteolytic enzimes in Plants (Ann. ot Bot., xvi, 237 e 593), 1903. — The proteases of Plants (e. s. xIxX, 149 e 171; xx, 13; xx1r, 103; xxIV, 213), 1905-1910. Mt AR e Pa 29 — 169 — witsch ! nei semi in riposo e in quelli germinanti di Lupinus, Ricinus e Vicia Faba trova anch'egli un enzima che scinde gli albuminoidi sino alla formazione di leucina e tirosina. Weis ® trova nell’orzo germinante un enzima idrolitico formante albuminose (peptasi) ed uno più attivo che egli ritiene sia una triptasi e che appare al quarto giorno della germinazione. L'enzima proteolitico contenuto nel succo delle urne di Nepenthes, la cui presenza venne constatata da Hooker, Gorup-Besanez, Goebel ed altri, e la cui natura venne studiata specialmente da Vines e da Clau- triau, © è, con tutta probabilità, una pepsina. Tale la ritiene quest’ultimo autore, che nei prodotti della decom- posizione dell’albumina per parte di quest'enzima trova solamente del peptone, ed anche il Vines, che nel 1898 l’aveva ascritta alle tripsine, in una più recente memoria 4 la comprende fra le ectopeptasi. Le nostre conoscenze sulla natura degli enzimi proteolitici conte- nuti nelle altre insettivore sono molto incomplete. Wargunin ° paragonò l’enzima proteolitico della Drosera rotundi- folia, la cui presenza era stata constatata da Rees e Will, © a quello contenuto nella Carica Papaya; Hoppe-Seyler * tentò inutilmente di iso- larlo e concluse che il fermento della Drosera rotundifolia non è una pepsina e non è identico a quello contenuto nello stomaco dei Verte- brati. Lawson Tait * diede ad esso il nome di droserina. Mancano com- pletamente, riguardo alla natura di quest’'enzima, ricerche recenti, tanto più desiderabili poichè notevoli sono i progressi fatti in questo campo di studi da una diecina d’anni a questa parte. Della Dionaca muscipula non è ancora noto l'enzima proteolitico ; quello contenuto nel DrosophyMum è, secondo Goebel, analogo alla dro- ! Birgewrsca W., Veber das Vorkommen proteolytischen Enzyme in ge keimten Samen und iiber ihre Wirkung (Ber. d. D. Bot. Ges., 18, 185 e 358), 1900, 2 Wes F., Études sur les enzymes protéolytiques de l'orge en germination (du matt) (C. R. du labor. de Carlsberg, v, 1903). ® CLaurRIAU, loc. cit, In questa Memoria trovasi raccolta tutta la biblio- grafia precedente. 4 Viyps S. H., The proteases of Plants, vi (Ann. of Bot., xxnt, 1), 1909, è WarguNin W., Zur Frage itber die pflanzlichen Pepsinarten (Der Arzt, n. 7, 118). — Just, 9, 58, 1881. 6 Rees e WixL, Finige Bemerkungen ilbev fleischfressende Pflanzen (Bot. Zeitung, 1875, 713). 1 Horre-SeyLer F., Ueber Unterscheide im chemischen Bau und der Ver- dauung hiherer und niederer Thiere (Piltiger’'8 Arch., x1v, 395), 1877. * Lawson Tarn; Insectivorous Plants (Nature, 12, 251), 1875. Atti dell'Ist, Bot. dell'Università di Pavia — Serie Il, — Vol, XVI. 18 170 — serina; e quello della Sarracenia sarebbe, secondo ricerche di Zipperer, ! che risalgono al 1885, un fermento peptonizzante. Per analogia con le piante ad ascidi Green ritiene che gli enzimi proteolitici contenuti nelle specie suddette siano da ascriversi alle trip- sine; mancano tuttavia ricerche in proposito. Diversi funghi (Aspergillus niger, Penicillium glaucum, Mucor stolo- nifer, M. racemosus e M. mucedo) contengono proteasi che, secondo Butkewitsch, possono peptonizzare la fibrina e peptolizzare il peptone di Witte dando leucina e tirosina. Uguale azione ha, secondo Vines, il succo estratto dall’Agaricus campestris. Questi enzimi dunque sareb- bero più vicini alla tripsina animale che alla pepsina. La presenza di fermenti proteolitici fluidificanti la gelatina e la localizzazione loro nei diversi organi, vennero constatate in un gran numero di piante, crittogame e fanerogame (tra le quali diverse inset- tivore) da Buscalioni e Fermi. * Fermento proteolitico della Martynia lutea. Tl grande interesse che presentano questi studi, anche per ciò che riguarda le analogie di metabolismo fra animali e vegetali, mi spinse allo studio, per quanto mi fu possibile accurato, della proteasi conte- nuta nelle foglie di Martynia lutea. Divido queste esperienze in due parti: 1.° Comportamento della proteasi nella pianta viva; 2.° Comportamento della stessa in vitro. DIGESTIONE DEGLI ALBUMINOIDI DA PARTE DELLA PIANTA VIVA. — Queste esperienze consistono nella sostituzione di sostanze albuminoidi singole, o di mescolanze di esse agli albuminoidi degli insetti, che in natura vengono disciolti ed assorbiti dai peli glandulari dei quali è abbondan- temente provvista la Marfynia lutea. Somministrai cioè a foglie vive e ad altri organi di questa pianta piccole quantità di sostanze proteiche, a fine di osservare la decomposizione e l'assorbimento da parte della pianta. Le sostanze adoperate furono: albumina d’uovo, fibrina, caseina, brodo, gelatina, carne, ecc. Riguardo all’albumina d’uovo usai o l’albu- mina d’uovo Merck, secca, trasparente e incoagulata, o l’albumina coa- gulata di fresco, preparata portando il bianco d’uovo a non più di 80° in bagnomaria. Così pure per la fibrina: mi valsi di fibrina Merck e di fibrina preparata di fresco dal sangue di bue. 1 ZiPPERER P., Beitrag zur Kenntnis der Sarraceniaceen. Diss. Erlangen, 1885. ? BuscALIoNI e FERMI, l. c. — 171 — Queste sostanze, per la maggior parte solide, venivano ridotte in piccoli pezzi e questi posati sull’epidermide della pianta, dopo averli cosparsi di mucillaggine della pianta stessa. Ripetevo così le condi- zioni che si verificano in natura, allorchè un insetto, prima di immo- bilizzarsi su un punto della foglia, compie i più vari movimenti per liberarsi dall’insidia, facendo sì che il suo corpo rimanga totalmente o in parte cosparso di sostanza vischiosa. Una campana di vetro proteggeva gli organi in esame, a fine di evitare che il vento o gli insetti asportassero le sostanze posatevi; un briciolo di carta posto in vicinanza del pezzetto di sostanza albumi- noide ne indicava la posizione, riferimento che tornava utile allorchè era avvenuto l'assorbimento e quindi la scomparsa della sostanza. Bropo. — Feci uso per queste esperienze di brodo sterilizzato ottenuto da carne non peptonizzata, quale si adopera per culture bacte- riche. Prima di somministrarlo alle foglie lo colorai con una soluzione diluitissima di bleu di metilene, poi, per mezzo di un contagoccie, ne feci cadere qualche goccia su panti diversi della pagina superiore e inferiore di foglie di Martynia lutea, che contrassegnai con bricioli di carta. Sulle nervature principali e sull’orlo della foglia l’assorbimento avveniva dopo 15-30 minuti, nelle altre zone dope 5-6 ore. Il brodo colorato si diffondeva lungo le nervature, come dimostra- vano le sottili linee azzurre che apparivano in corrispondenza delle zone dei fasci, tutt’attorno alla piccola zona occupata prima dalla goccia (vedi risultati dell’osservazione al microscopio a pag. 175). CarNE crUDA. — 3 settembre 1913. Alcuni bricioli, lunghi 3 mm., di carne di bue cruda vennero messi, dopo averli cosparsi di mucillag- gine, sulla nervatura principale di una foglia, altri in vicinanza di éssa. Avviene, dopo 15 ore, lo sbiancamento delle fibre muscolari, ma non il loro assorbimento. Altri bricioli di carne, di 2 mm. di lunghezza, vengono messi contemporaneamente sulla pagina superiore di una foglia di Pinguicula vulgaris: un briciolo, posto in vicinanza dell’orlo che si è ripiegato, vien digerito entro 24 ore; altri, posti nel mezzo, sei giorni dopo, 25 agosto 1914. - Ripetuta la precedente. Dopo 17 ore i bricioli di carne sono sbiancati e circondati da molta mucillaggine; dopo due giorni uno di essi, posto sulla nervatura principale, è in parte assor- bito, gli altri no. L'assorbimento non procede oltre. Altri bricioli, posti contemporaneamente su foglie di Pinguicula vulgaris, vennero presto sbiancati, ma solo dopo sei giorni avvenne il completo assorbimento. ALBumina D'uovo. — 6 settembre 1913, Sulla pagina superiore di alcune foglie di Martynia lutea vengono messi dei cubetti di albumina — 172 — d'uovo Merck, aventi 1 mm. di lato circa, trasparenti, duri e di color giallo. Dopo un'ora e mezza nelle foglie più grandi, dopo un’ora in quelle più piccole, gli spigoli dei cubetti sono arrotondati e l’albumina è diventata bianca e opaca. La pianta dunque ha esercitato in questo primo periodo un’azione coagulante. Dopo due ore la massima parte dell’albumina di ciascun cubetto è assorbita e specialmente quella dei cubetti posti sulla nervatura principale; questi dopo 17 ore sono com- pletamente assorbiti; non così quelli posti in zone della foglia attra- versate da sottili nervature. Una causa estranea interruppe quest’espe- rienza. 8 settembre 1913. Sulla pagina superiore di una foglia di piccole dimensioni vengono posti 3 cubetti di albumina d'uovo Merck: uno sulla nervatura principale, a un quarto della lunghezza della foglia verso l'apice, due in zone aventi nervature appena visibili ad occhio nudo. Dopo tre ore il primo cubetto è per metà assorbito, gli altri hanno gli angoli smussati solo dopo sette ore. Dopo 23 ore tutti i cubetti sono assorbiti completamente. 7 settembre 1913. Tre cubetti di albumina d’uovo Merck vengono posti alle ore 18 sulla pagina superiore di una giovane foglia di Mar- tynia lutea. L'indomani alle ore 8 non v'era più alcuna traccia di due cubetti, e al luogo del terzo restava una goccia di sostanza semifluida che venne assorbita entro un'ora. 8 settembre 1913. Cinque cubetti di albumina vengono posti sulla pagina superiore di una foglia. Dopo due ore un cubetto posto alla base della nervatura principale è assorbito; gli altri posti sulle nervature laterali hanno qualche spigolo smussato; dopo 24 ore sono quasi com- pletamente assorbiti, restano cioè traccie di sostanza semifluida in cor- rispondenza delle zone occupate dai cubetti, ma più abbondante in cor- rispondenza di un cubetto posto in una zona apparentemente priva di nervature. : 8 settembre 1913. Parecchi cubetti di albumina d’uovo Merck ven- gono posti sulla pagina superiore di una giovane foglia di Martynia lutea, su un frutto ricchissimo di mucillaggine e sull’epidermide esterna della corolla di un fiore sbocciato. Dopo tre ore un cubetto posto sulla nervatura principale della foglia, verso il mezzo di essa, è per metà assorbito; quelli posti sulla stessa nervatura, ma verso l’apice fogliare, hanno smussati gli spigoli che sono in contatto con la superficie della foglia. Il cubetto posto sulla corolla è intatto; quelli posti sul frutto hanno gli angoli smussati. L'indomani mattina, cioè dopo 23 ore, tutti i cubetti della foglia sono assorbiti ad eccezione d’uno, posto su una nervatura laterale; sono assorbiti in massima parte quelli posti sul frutto, — 173 — poichè resta di essi solo una piccola goccia semifluida; non sono invece assorbiti, ma trasformati in una sostanza molle giallo-chiara, quelli posti sulla corolla. i 24 aprile 1914. Quattro cubetti d’albumina d’uovo Merck vengono posti alle ore 19 sulla pagina superiore di due foglie cotiledonari di Martynia lutea, spuntate da tre giorni. L'indomani mattina alle ore 9, cioè dopo 13 ore, sono tutti completamente assorbiti. Altri cubetti posti contemporaneamente su foglie giovani, pelose e glabre di varie specie (Helichrysum bracteatum, Lychnis calcedonica, Centaurea montana, Morina longifolia, Gloxinia sp.) si rammollirono un poco, ma dopo tre giorni serbavano ancora lo stesso volume e lo stesso colore. 19 luglio 1914. Diversi cubetti di albumina d’uovo coagulata ven- gono posti sulla nervatura mediana di una giovane foglia di Martynia lutea. Dopo cinque ore essi sono quasi completamente assorbiti, dopo 23 lo sono del tutto, e il piccolo spazio occupato prima da essi non si di- stingue più dalle zone circostanti. 25 agosto 1914. Tre cubetti d’albumina d’uovo coagulata vennero posti sulla nervatura principale di una foglia. Dopo 15 ore i loro spi- goli sono arrotondati e in parte liquefatti; dopo 19 ore tutti i cubetti sono in gran parte liquefatti; dopo 37 ore un cubetto è in massima parte assorbito, gli altri due lo sono per una minore quantità, e il loro assorbimento non procede più oltre, probabilmente a causa della forte insolazione e della secchezza dell’aria, che trasforma in una piccola crosta dura l’albumina fluidificata. 26 agosto 1914. Tredici cubetti di albumina d’uovo coagulata ven- gono posti sulla pagina superiore di foglie diverse di Martynia lutea. Dopo quattro ore essi sono per la maggior parte trasparenti e lique- fatti; dopo sei ore due di essi sono completamente assorbiti; dopo 24 ore lo sono altri tre; tutti gli altri in parte. Durante quest'esperienza il cielo si mantenne spesso coperto. Quattro cubetti, posti contemporaneamente su foglie di Pinguicula vulgaris, si trovano dopo quattro ore nelle stesse condizioni di quelli posti sulle foglie di Martynia; dopo sei ore sono tutti e quattro in parte assorbiti, dopo essere diventati trasparenti; dopo 24 ore due cu- betti sono assorbiti, mentre gli altri due lo sono completamente dopo altri tre giorni. 30 agosto 1914. Alcuni cubetti di albumina d’uovo coagulata, aventi 2-4 mm. di lato, vengono posati sulla pagina superiore di foglie giovani e adulte di Martynia lutea. Dopo due ore essi sono diventati traspa- renti e il loro volume è alquanto diminuito; gli spigoli sono arroton- dati. Dopo sette ore i cubetti più piccoli sono completamente assorbiti ; — 174 i più grossi non del tutto. Nelle foglie più giovani l'assorbimento è più rapido che non in quelle adulte. GeLATINA. — Usai per queste esperienze della gelatina solida pre- parata per culture bacteriche con estratto di carne non peptonizzato, addizionato di cloruro di sodio. Ne separai dei piccoli cubetti e li posai sulla pagina superiore e inferiore di foglie diverse di Martynia lutea dopo averli spalmati di mucillaggine della pianta stessa. 6 settembre 1913. Un cubetto di gelatina vien posto sulla zona basale della pagina superiore di una foglia ove si incontrano le nerva- ture più grosse. Dopo cinque ore esso è disciolto; dopo 23 ore è as- sorbito completamente. Un altro cubetto posto sulla metà di una ner- vatura laterale è disciolto dopo due ore, ma l’assorbimento avviene len- tamente e dopo due giorni non è ancora completo. E evidente l’influenza del minor numero di glandule sessili in confronto alla zona occupata dal cubetto precedente. Un cubetto di albumina vien posto sull’orlo della stessa foglia, abbondantemente provvisto di mucillaggine. Dopo cinque ore è disciolto e il suo assorbimento avviene solo dopo due giorni. Alcuni cubetti di gelatina posati sulla pagina inferiore della foglia vengono disciolti entro cinque ore. Dopo 23 ore un cubetto posto sulla base della nervatura principale è per metà assorbito mentre gli altri, posti sull’orlo della foglia o in regioni mediane provviste di sottili ner- vature, non lo sono ancora. Dopo due giorni i cubetti posti sulla base e sull’orlo della foglia in vicinanza della nervatura principale sono com- pletamente assorbiti. Non lo sono invece quelli posti fra due nervature laterali, nella regione mediana della foglia, ove le nervature sono molto sottili, anastomizzantisi. In questa zona l'assorbimento procede len- tamente. Fisrina. — La fibrina secca Merck non viene disciolta, non solo dalla secrezione delle foglie di Martynia lutea, e di Pinguicula vulgaris, ma neanche dalla pepsina pura; ne abbandonai per ciò l’uso e la so- stituii con fibrina preparata di fresco da sangue di bue, 26 agosto 1914. Dodici bricioli di dimensioni varianti fra i 2 e i 4 mm. di lunghezza e di larghezza vennero posati sulla pagina supe- riore di una foglia di Martynia lutea: alcuni alla base delle nervature, altri nelle zone intermedie. Dopo 13 ore essi sono diventati tutti tra- sparenti; dopo 22 ore uno dei bricioli più grossi, posto su una grossa nervatura, è assorbito, un altro delle stesse dimensioni lo è solo in parte e lo è completamente dopo 24 ore. Trentasette ore dopo sono tre i bri- cioli posti sulle nervature completamente assorbiti, e lo è anche un briciolo di dimensioni minori posto fra le nervature. Alcuni altri lo sono — aio in parte, alcuni dopo altri due giorni sono ridotti a una goccia semi- fluida; pochi bricioli infine non hanno subito alcun mutamento di vo- lume e non vengono mai assorbiti. OssERVAZIONI AL MIcROScOPIO. — Se si esaminano al microscopio le zone fogliari nelle quali è avvenuto l'assorbimento delle sostanze albu- minoidi su citate, si nota: 1.° Un imbrunimento del contenuto cellulare e della mucillaggine nelle capocchie dei peli stipitati a capocchia trapezoidale e nelle glan- dule sessili ove il plasma appare anche più denso e rifrangente; 2.° Che i peli stipitati aventi la capocchia a forma di coppa non imbruniscono; 3.° Che dopo l’assorbimento sono presenti ancora in notevole quan- tità la sostanza mucillagginosa in tutti i peli stipitati e un’ ossidasi nelle glandule sessili e nei peli stipitati a capocchia trapezoidale, come dimostrano le reazioni con rosso rutenio e con resina di guaiaco; 4.° Che la sostanza grassa che era presente nelle glandule ses- sili è quasi scomparsa. Particolarmente interessante è l'osservazione del tessuto fogliare dopo l’assorbimento del brodo colorato con bleu di metilene. La lieve colorazione bleu del brodo somministrato e assorbito dalla pianta ap- pare strettamente limitata alle capocchie delle glandule sessili e, se l'assorbimento è avvenuto da qualche giorno, anche alle loro cellule basali e alle cellule dei vasi. Talvolta anche le glandule dei peli sti- pitati appaiono colorate, ma non lo sono mai i loro stipiti, ciò che fa pensare ad una elettività per il bleu di metilene indipendente da un assorbimento fisiologico; tal’altra si tratta di peli morti che si sono co- lorati passivamente. Tutto il resto del tessuto fogliare resta incoioro. Se si osserva con obiettivo a immersione una glandula sessile dopo 24 ore dalla somministrazione del brodo colorato con bleu di metilene, si notano entro le cellule degli aggregati plasmari per lo più rotondeg- gianti, talvolta irregolari, immersi in un plasma assai meno denso, omo- geneo. Che questi aggregati cambino di forma e di quantità durante l'assorbimento non posso asserire, data l'impossibilità di seguire queste trasformazioni in una glandula vivente, ma è probabile che ciò avvenga, perchè in osservazioni successive fatte in una stessa foglia, dopo l’as- sorbimento, trovai che gli aggregati plasmari di queste cellule erano, ora piuttosto grossi e in numero di uno o due per cellula, ora invece piccoli e numerosi, simili ‘a granulazioni; più tardi scomparivano del tutto e le cellule apparivano piene di un plasma denso, omogeneo, entro il quale era ben visibile il nucleo, — 176 — Digestione degli albuminoidi da parte degli estratti della pianta. Estratti. — Gli estratti della Martynia lutea vennero ottenuti sempre con le sole foglie, che sceglievo fra le più ricche di mucillag- gine. Appena recise esse venivano pestate in mortaio di porcellana (senza che prima fossero tagliuzzate) -e mescolate con gr. 200 di gli- cerina neutra o con gr. 100 di acqua distillata per ogni 100 gr. di fo- glie, a seconda che volevo ottenere un estratto glicerico o un estratto acquoso. Dopo 24 ore filtravo: ottenevo in entrambi i casi un liquido limpido di color marrone scuro, avente una debole ma netta reazione acida. Questo liquido veniva conservato in ghiacciaia onde impedirne l’alterazione. Tentai pure l’aggiunta di qualche sostanza antisettica (to- luolo, timolo, fiuoruro di sodio) all’estratto, a fine di escludere con maggior sicurezza la presenza di microrganismi. Ma, pure aggiungen- done quantità debolissime, i fermenti (proteolitici, ossidanti, coagu- lanti) venivano in breve uccisi; ! dovetti quindi rinunziare all’uso di queste sostanze velenose e preparare giorno per giorno la quantità oc- corrente di estratto fresco. Allo scopo di determinare le condizioni più favorevoli all’azione del fermento proteolitico, ho aggiunto talvolta all’estratto piccole quan- tità di acidi minerali od organici, o di sostanze alcaline, a fine di aci- dificare un poco più fortemente o di alcalinizzare l’estratto destinato a digerire le varie sostanze proteiche. SOSTANZE ALBUMINOIDI. — All’azione di questi estratti sottoposi le seguenti sostanze proteiche, onde ottenerne la digestione; albumina d’uovo secca Merck, albumina d’uovo coagulata di fresco, fibrina, ca- seina. Meropo. — L'estratto glicerico o acquoso di fresco preparato ve- niva messo in cristallizzatori e ad esso venivano aggiunte determinate quantità della sostanza albuminoide da cimentare. Il tutto veniva te- nuto in termostato a 38-40° per un tempo vario a seconda della qualità e della quantità di sostanza proteica adoperata. Avvenuta la soluzione della sostanza albuminoide filtravo e procedevo alla separazione e alla identificazione dei prodotti della digestione: albumose, peptoni e amino- acidi, col metodo seguente: 1 Anche TRrEYER (Action de quelques substances antiseptiques sur les ferments. Arch. de phys., 1898, 672) trovò che il toluolo, il timolo, il cloroformio, il fluo- ruro di sodio arrestano la decomposizione triptica della fibrina e della gelatina in soluzioni di tripsina Griibler, aventi concentrazione varia dal 0,1 al 0,8 per cento, — 177 — Ad ogni 10ce. del filtrato acidificato con acido acetico aggiungevo gr. 8 di solfato d’ammonio in polvere e facevo bollire, agitando. Il pic- colo eccesso di sale indisciolto mi indicava che la saturazione era com- pleta. Filtravo a caldo. Con questo procedimento si ottiene la coagu- lazione delle albumine che eventualmente fossero ancora presenti e la precipitazione delle albumose primarie e secondarie; nel filtrato restano ipeptoni e i successivi prodotti d’idrolisi. Per la ricerca delle albumose il precipitato veniva lavato con acqua satura di solfato d’ammonio a fine di separare tutto il peptone, poi trat- tato con acqua distillata a caldo: le albumose passavano in soluzione, mentre le albumine coagulate che eventualmente fossero state presenti restavano sul filtro. La soluzione contenente le albumose veniva sag- giata coi seguenti reattivi: reattivo di Thanret (iodomercurato potas- sico); reattivo di Esbach (acido citrico ed acido picrico); ferrocianuro potassico e acido acetico; acetato di rame. Le albumine rimaste sul filtro venivano identificate con la reazione del biureto e con il reattivo di Millon. Per la ricerca dei peptoni piccole porzioni del filtrato, aggiunte di eguale quantità d’acqua, venivano trattate direttamente con i seguenti reattivi: reattivo di Almen (tannino acetico); reattivo del biureto (po- tassa e solfato di rame; acetato di piombo; cloruro mercurico in solu- zione acquosa satura). Per la ricerca degli amino-acidi, una notevole proporzione del fil- trato veniva fatta raffreddare per separare una parte del solfato d’am- monio, che riprecipitava a freddo. Filtravo. Facevo quindi bollire il filtrato con carbonato di bario in polvere a fine di allontanare tutto il solfato d'ammonio sotto forma di solfato di bario. Il filtrato ottenuto da questa separazione veniva concentrato sino a piccolo volume e in esso procedevo alla ricerca e al dosaggio degli amino-acidi. Una piccola porzione del liquido veniva saggiata con acqua di bromo per la ricerca del triptofane. Al residuo applicavo il metodo Sorensen per la ricerca e il dosaggio degli amino-acidi, che si basa sul dosaggio acidimetrico del derivato metilenico che si forma per azione dell’aldeide formica sugli amino- acidi. A 10cc. del liquido da analizzare aggiungevo 2-3 goccie di fe- nolftaleina e neutralizzavo con soluzione di soda. Preparavo d’altra parte 20 ce. di una mescolanza in parti eguali di formolo al 40 "/, e di acqua distillata, che, dopo aggiunta di fenolftaleina, veniva anch'essa neutra- lizzata con soda. Aggiungevo la seconda soluzione alla prima e proce- devo al dosaggio acidimetrico del liquido ottenuto, neutralizzando con una soluzione titolata di soda. 19% 178. — La separazione degli amino-acidi dagli altri prodotti dell’idrolisi può farsi anche con il metodo seguente, consigliato da Hawk, ! me- todo che seguiì di preferenza nelle mie ricerche: Si aggiunge a caldo e lentamente al liquido da analizzare, alcool al 95 °/, (non alcool asso- luto perchè la tirosina è insolubile in esso) fino a che non si formi più precipitato, che è di proteose e di peptoni. Si scalda lievemente il tutto per pochi minuti e si filtra attraverso un filtro asciutto. Nel precipitato si separano le albumose dai peptoni per mezzo della soluzione in acqua. Gli amino-acidi (leucina, tirosina, ecc.) restano in soluzione nel filtrato alcoolico caldo. Questo viene concentrato in cristallizzatore a bagnomaria fino a ottenere un denso siroppo che si lascia in riposo per una notte in luogo fresco, perchè avvenga la cristallizzazione della tirosina e della leucina, ciascuna delle quali ha cristalli di forma ca- ratteristica, identificabili al microscopio. A questo liquido applicai anche il metodo di Sérensen su descritto per il dosaggio degli amino-acidi. Applicai inoltre, per la digestione della caseina, il metodo sugge- rito dal Gross per determinare quantitativamente l’attività triptica di un fermento. Questo metodo si basa sul fatto che da soluzioni debolmente alca- line di caseina (0,1 °/,) si ottiene per azione di una soluzione diluita (1%,) di acido acetico, un precipitato, mentre questo non avviene, o avviene con minore intensità, se la caseina ha subìto l’azione di un fermento proteolitico. Si prepara la soluzione di caseina sciogliendo 1 gr. di caseina di Gribler in un litro di carbonato di sodio al 0,1°/,e la si riscalda a 40°C. In una serie di provette si mettono 10 ce. di questa soluzione e vi si aggiungono quantità crescenti dell'estratto contenente il fermento; si mettono poi le provette in termostato a 40° per 15 minuti. Si aci- difica quindi il contenuto di ciascuna provetta con qualche goccia di acido acetico all’1°,; ove la caseina è completamente digerita non si ha alcun intorbidamento del liquido; si ha invece un intorbidamento ove la digestione non è avvenuta o è incompleta. La provetta conte- nente la caseina completamente digerita viene presa come tipo e da essa, adottando “l’unità di attività triptica , suggerita dal Gross, si giunge ad un numero che esprime comparativamente l’attività triptica di un dato fermento. ! Hawk P. B., Practical physiological chemistry. Philadelphia, 1910. = ga RISULTATI OTTENUTI CON L'ESTRATTO GLICERICO. — DIGESTIONE DEL> L'ALBUMINA. — Tanto l’albumina d’uovo coagulata di fresco quanto l’al- bumina d’uovo Merck secca, vengono rese solubili dall’estratto glicerico di foglie di Martynia lutea. L'albumina d’uovo Merck viene digerita più facilmente e per questa ragione la preferii alla prima nel maggior nu- mero delle mie ricerche. A 20-30:ce. di estratto glicerico aggiungevo 2-4 gr. di albumina e tenevo il tutto in termostato a 38-40° per 13-24 ore. Dopo la digestione il liquido appariva limpido ed aveva sensibile odore di peptone. All’a- nalisi col metodo enunciato rivelò sempre la presenza di albumose pri- marie e secondarie e di peptone, in quantità varie a seconda dell’acidità o dell’alcalinità dell’estratto, come verrà detto in seguito. Talvolta pic- cole quantità di albumina erano ancora presenti. La ricerca degli amino-acidi diede risultato positivo in un solo caso, nel quale ottenni la cristallizzazione della tirosina e della leucina. Questa ricerca, più volte ripetuta nell'autunno, non mi diede più lo ‘stesso risultato, forse a causa delle mutate condizioni fisiologiche delle piante dalle quali preparavo volta per volta nuove quantità di estratto glicerico. Anche il metodo di Sorensen applicato comparativamente all’e- stratto glicerico prima e dopo la digestione dell’albumina. non rivelò differenza notevole tra l’acidità dei due liquidi. La ricerca del triptofane diede risultato negativo. L'estratto glicerico venne adoperato, come dissi, in condizioni varie: I. 20 ce. diestratto glicerico vengono messi in termostato a 38° con gr. 2 di albumina d’uovo Merck. Dopo 24 ore analizzo il liquido, che ha sensibile odore di peptone e trovo peptone in notevole quantità e piccola quantità di albumose. II. A cc. 20 di estratto glicerico aggiungo ce. 1 di soluzione 2 °/s0 di acido cloridrico e gr. 2 di albumina d’uovo Merck. Il tutto vien te- nuto in termostato a 38° per 24 ore, Il liquido ha sensibile odore di peptone e rivela all'analisi discreta quantità di peptone e piccola quan- tità di albumose. III. A ce. 20 di estratto glicerico aggiungo ce. 1 di soluzione 1 °/, di acido formico e gr. 2 di albumina d’uovo Merek. Dopo soggiorno di 24 ore in termostato a 38° il liquido ha sensibile odore di peptone e rivela all'analisi la presenza di peptone e di albumose in quantità di poco maggiori che nell'esperienza precedente, IV. A cc. 20 di estratto glicerico aggiungo circa cc. 20 di so- luzione 1°/,, di carbonato di sodio, fino ad ottenere una debole ma netta reazione alcalina. Dopo soggiorno di 24 ore in termostato a 38° 180 il liquido rivela all’analisi la presenza di una piccolissima quantità di peptone e di una discreta quantità di albumose. V. A ce. 20 di estratto glicerico aggiungo due goccie di una s0- luzione satura di carbonato di sodio a fine di ottenere l’alcalinizza- zione del liquido senza diluirlo, come avevo fatto invece nell'esperienza precedente e gr. 2 di albumina d’uovo Merck. Dopo soggiorno di 24 ore in stufa a 38°il liquido ha fortissimo odore di peptone e rivela al- l’analisi la presenza di una grande quantità di peptone e di piccolissima quantità di albumose. L’alcalinizzazione del liquido è quindi favorevole all’attività pro- teolitica del fermento. VI. Le esperienze di controllo eseguite nelle stesse condizioni di temperatura e di tempo con: a) estratto glicerico solo; 5) acqua distillata e albumina; c) gli- cerina neutra e albumina, non rivelarono all’analisi Ja presenza di alcun prodotto d’idrolisi. VII. Uguale risultato negativo ottenni dopo aver tenuto per 15 minuti in bagnomaria a 100° l’estratto glicerico, e dopo aver sotto- posta alla sua azione dell’albumina d’uovo, nelle condizioni suddette di temperatura e di tempo. La mancanza dei prodotti d’idrolisi in questa esperienza dimostra che il fermento proteolitico era stato ucciso. DIGESTIONE DELLA FIBRINA. -- Due grammi di fibrina, preparata di fresco da sangue di bue, venne sottoposta all’azione di 30 cc. di estratto glicerico. Dopo soggiorno di 24 ore in termostato a 38° il liquido è torbido e pieno di detriti finemente granulari.! Constato in esso la presenza di una piccola quantità di albumose e l’assenza di peptone; dopo 48 ore una maggiore quantità di albumose e una piccola quantità di peptone. L'aggiunta di 2 cc. di acido cloridrico al 2 °/y) all’estratto glicerico ostacola ancera più l’azione del fermento e ritarda maggior- mente l’idrolisi. Solo dopo soggiorno di un mese in termostato a 40° trovai nel liquido una notevole quantità di albumose e una piccola quan- tità di peptone. L'aggiunta di poche goccie di una soluzione satura di carbonato 1 La proteolisi della fibrina avviene con la tripsina in modo diverso che con la pepsina. Quando la pepsina agisce unitamente ad H Cl sulla fibrina, questa si scioglie e il liquido resta chiaro sino quasi alla fine della digestione. Con la trip- sina invece la fibrina non diventa translucida, ma viene gradualmente corrosa piuttosto che disciolta, cosicchè il liquido resta sempre torbido e pieno di detriti finemente granulari. — 181 — di sodio fino ad ottenere una lieve ma netta alcalinizzazione dell’e- stratto glicerico, accelera invece l’azione del fermento e i prodotti del- l’idrolisi sono presenti dopo 24 ore in notevole quantità. DIGESTIONE DELLA CASEINA. — Applicai il metodo di Gross su citato: misi in 20 provette 10cc. di soluzione alcalina al 0,1°/, di caseina pura previamente scaldata a 40° e aggiunsi progressivamente ce. 1, 2, 3... 20 di estratto glicerico di foglie della Martynia lutea. Misi le provette in termostato a 40° e dopo 15, 30, 45... . minuti, saggiai una parte del contenuto di ciascuna provetta con soluzione 1 °/, di acido acetico. Ottenni un intorbidamento anche dopo 24 ore; la digestione della caseina non era dunque avvenuta. Alcalinizzai allora l'estratto glicerico con poche goccie di una so- luzione satura di carbonato di sodio e ripetei l'operazione. Dopo 15 mi- nuti in tutte le provette ebbi intorbidamento del liquido, così pure dopo 30 minuti: occorsero circa 24 ore perchè nelle provette contenenti cc. 10, 15, 20 di estratto glicerico alcalinizzato non si verificasse più intorbidamento. Non è quindi applicabile, con un fermento di azione così lenta rispetto alle tripsine animali, il computo del metodo di Gross, nel quale l’unità di attività triptica è espressa dal potere esercitato da 1 ce. del liquido in esame su 10 ce. della soluzione di caseina per 15 minuti. IDROLIZZAZIONE DEL PEPTONE (Peptolisi). — A cc. 40 di estratto glicerico aggiunsi gr. 0,5 di peptone commerciale a fine di ottenerne l’idrolisi. Dopo soggiorno del liquido in termostato a 40° precipitai con alcool a 96° il peptone rimasto, filtrai ed evaporai il filtrato fino a piccolo volume. Non ottenni la cristallizzazione della tirosina per quanto il liquido avesse uno spiccato odore di prodotti caseosi in putre- fazione. Applicai allora il metodo di Sorensen per il dosaggio degli amino- acidi, sia all’estratto glicerico dal quale ero partita, sia al residuo della digestione del peptone. Ripetei due volte il dosaggio ed ottenni le se- guenti cifre, che rappresentano il numero dei cc. di soluzione 7 di soda che sono occorsi per neutralizzare quantità eguali dei due liquidi (cc. 10 del liquido da analizzare mescolati a ce, 10 di aldeide formica al 40°/, e a ce. 10 di acqua): 182. Estratto glicerico Residuo digestione peptone N N Na OH — cc. 13,2 NaOH —cc. 8 10 10 ml 4:2 CRA COMANO, cc. 6,0 ce. 14,3 cc. 14,6 Sa) 5) n 20,6 Ce. O ce. 6,0 L’acidità del residuo della digestione del peptone è dunque rap- presentata dalla differenza: ce.6 —ce.l1= cc. 5 di NAOH N. RICA È N i Ora, poichè 1ce. di soda TI) corrisponde a: ! gr. 0,0075 di glicocolla; gr. 0,0089 di leucina; 0,0165 , fenilamina; , 0,0181 , tirosina, n il residuo della digestione del peptone può contenere 5 volte tanto cia- scuna di queste quantità di amino-acidi. Per la tirosina si avrebbero gr. 0,0905. RISULTATI OTTENUTI CON L’ESTRATTO ACQUOSO. — È meno attivo del- l'estratto glicerico: decompone l’albumina assai lentamente dando pie- cole quantità di albumose e di peptone anche dopo aggiunta di soluzioni diluite di acido cloridrico e di acido fenico. La alcanizzazione del- l'estratto acquoso con poche goccie di una soluzione satura di Na, CO, favorisce, come con l’estratto glicerico, la digestione dell’albumina. La digestione della caseina con il metodo di Gross è avvenuta in- vece più rapidamente per mezzo dell’estratto acquoso che non per mezzo dell'estratto glicerico. Le provette coutenenti cc. 10, 15, 20 di estratto acquoso alcalinizzato non davano più intorbidamento dopo 30 minuti, mentre quelle contenenti eguali quantità di estratto glicerico pure al- calinizzato, non davano intorbidamento dopo 24 ore. ! BERPRAND e THomas, Guide pour les manipulations de chimie biologique. Paris, 1913. — 183 — Qual'è dunque la natura dell'enzima proteolitico contenuto nelle foglie della Martynia lutea? I caratteri che esso ha svelato nelle espe- rienze su indicate, e cioè: 1.° Maggiore attività in ambiente debolmente alcalino; 2.° Abbondante peptonizzazione delle sostanze albuminoidi; 3.° Debole peptolisi, lo fanno ascrivere piuttosto alle tripsine che alle pepsine o alle erepsine. Ulteriori ricerche diranno se, piuttosto che di un solo fermento peptonizzante e peptolizzante allo stesso tempo, non si tratti piuttosto di due, o di più di due. Fermento ossidante. RicERCHE MICROCHIMICHE. — Se si osservano al microscopio sezioni trasversali e tangenziali di foglie di Martynia lutea che hanno subito per qualche minuto l’azione di una soluzione alcoolica di resina di Gua- iaco, si vedono colorate in bleu le regioni dei fasci e le capocchie dei peli glandulosi stipitati. ! La colorazione è visibilissima anche ad occhio nudo e vien data tanto dalle foglie visitate da insetti, quanto da quelle non visitate. L'aggiunta dell’acqua ossigenata non è necessaria perchè la reazione avvenga. Anche il reattivo z-naftolo e f-fenilendiamina ? dà risultato posi- tivo, colorando le cellule dei vasi e le cellule apicali dei peli stipitati in bleu. RicERCHE SUGLI ESTRATTI. — Se ad una piccola quantità di estratto glicerico o di estratto acquoso delle foglie si aggiunge un poco di tin- tura alcoolica di resina di Guaiaco preparata di fresco, si ottiene quasi subito la formazione di un anello bleu-verdastro che diventa bleu in- tenso dopo qualche minuto. La glicerina neutra adoperata non dava la reazione. Gli estratti glicerico ed acquoso scaldati a 50, 55° per 10 minuti in bagnomaria danno ancora intensa la reazione; dopo riscaldamento a 60° la danno ancora, ma assai debole; a 75° debolissima; negativa dopo riscaldamento per 10 minuti a 76° e oltre. ! La stessa reazione si osserva in sezioni tangenziali e trasversali di foglie di Pinguicula vulgaris. ? CzAPEK, Biochemie der Pflanze, 11, 468. 184 — V'è dunque nella Martynia lutea un fermento ossidante che cessa di essere attivo a 76°. L'aggiunta di acqua ossigenata non è necessaria per l’effettuarsi della reazione, ma questa ne viene affrettata ed è più intensa. Da diversi Autori! la soluzione alcoolica di resina di Guaiaco non è ritenuta quale reattivo caratteristico delle ossidasi, poichè diverse altre sostanze ossidanti (cloruro di ferro, acido cromico, permanganato po- tassico, bromo, cloro, ecc.) agiscono con essa in egual modo. Ma la reazione negativa da me ottenuta dopo riscaldamento degli estratti a 76° e ancor più le reazioni microchimiche confermano il risultato po- sitivo ottenuto con la soluzione alcoolica di resina di Guaiaco. Fermento coagulante. Se si pongono sulla pagina superiore ed inferiore di giovani fo- glie di Martynia lutea delle goccie di latte, si notano in esse dopo mez- z’ora dei fiocchi di coagulo; dopo due ore la coagulazione è completa. Uguale risultato si ottiene mettendo delle goccie di latte a contatto con i peli del fusto, dei sepali, dei frutti della pianta. Le esperienze in vitro confermarono la presenza di una coagulasi: A diverse provette contenenti ciascuna 10 ce. di latte fresco ag- giunsi 1cc. di estratto glicerico di foglie di Martynia lutea e le tenni in bagnomaria a 35°" per un'ora. Il latte si coagulò completamente la- sciando un piccolo residuo di siero. Le prove di controllo fatte con latte solo e con latte al quale era stato aggiunto 1cc. di estratto glicerico previamente scaldato a 100° diedero risultato negativo. Dunque l’azione coagulante è dovuta ad una chimosina vegetale che non è più attiva a 100°. L'estratto acquoso delle foglie di Martynia lutea ha un potere coa- gulante assai minore di quello dell’estratto glicerico: solo dopo 24 ore di riscaldamento a 35° in bagnomaria si ottiene con esso la coagula- zione del latte. 1 Pozzi-Escor E., Phénomènes de réduction dans les organismes. Paris, 1906, pag. 28. CZAPEK, loc, cit., pag. 464. WueLpALE M., On the direct quaiacum reaction given by plant extracts (Proc, roy. Soc., LXXxIV, B., pag. 121), 1911. — 185 — Per ciò che riguarda le altre Martyniacee che potei finora stu- diare: la Proboscidea fragrans (Martynia fragrans Lindl.) e la Probo- scidea Jussieui Schmid (Martynia proboscidea Glox), ho fatto le seguenti osservazioni: 1.° La struttura delle varie sorta di peli stipitati e sessili e la loro distribuzione non differiscono in queste specie da quelle dei peli della Martynia lutea; 2.° Le foglie però e tutti gli organi verdi in generale sono assai meno vischiosi e non emanano quell’odore fortemente nauseante che è proprio della Martynia lutea; 3.° Anche queste specie sono catturatrici di insetti, che sono tuttavia sempre assai piccoli e in numero molto minore che non sulla Martynia lutea; 4° Gli estratti acquoso e glicerico delle foglie non peptonizza- rono nè peptolizzarono le sostanze albuminoidi. Quest'ultimo risultato conferma quello ottenuto da Buscalioni e Fermi! con la Martynia proboscidea. Cauli, piantine, semi maturi e im- maturi di questa pianta si dimostrarono inattivi rispetto alla gelatina, sia alcalina, sia acida. Gli Autori ritengono per ciò che questa pianta, come la Sparmannia, i Pelargoni, le Saxifraghe, non appartengano alle insettivore. Gli stessi Autori trovano non esser raro il caso di piante appar- tenenti allo stesso genere, una delle quali contenga un fermento pro- teolitico attivissimo, l’altra si dimostri del tutto inattiva; ad esempio l'Euphorbia lathyris e VE. dulcis, il Convolvolus sylvaticus e il C. arvensis. Io non escludo invece che questi risultati da me ottenuti possano derivare da una minore vigoria delle piante da me studiate, che creb- bero in vaso e raggiunsero solo 50-90 em. di lunghezza, poichè se anche la Martynia lutea cresce in luogo ombroso e in condizioni di terreno svantaggiose, tutti i suoi caratteri biologici che servono di adescamento agli insetti, si presentano assai ridotti. Non credo quindi di poter trarre dalle osservazioni fatte su queste due specie una conclusione defini- tiva per ciò che riguarda la loro inclusione nel gruppo biologico delle insettivore. 1 BusCaALIoNnI e Fkrmi, |, e. —. 186 CONCLUSIONI. La Martynia lutea Lindl. (Martyniaceae) è una pianta insettivora. Essa cattura gli insetti per mezzo di un’abbondante sostanza vischiosa, avente reazione acida, segregata da un gran numero di peli glandulosi di cui sono ricoperti i suoi organi epigei e ne dissolve le sostanze al- buminoidi per mezzo di un enzima proteolitico, che presenta i caratteri delle tripsine. Di questo fermento venne constatata la presenza effettuando la digestione di diverse sostanze proteiche, sia con la pianta viva, sia con gli estratti glicerico ed acquoso delle sue foglie. Venne pure constatata la presenza di un fermento ossidante (0887 dasi) e di un fermento coagulante il latte (cRimosina). Concorrono alla cattura degli insetti da parte di questa pianta l’a- spetto brillante delle foglie e degli altri organi verdi coperti di so— stanza vischiosa e l’odore particolare, nauseante, che essi emanano. La sostanza vischiosa, la cui formazione viene stimolata dalla pre- senza di sostanze azotate, contiene una mwucil/laggine, probabilmente di origine pectosica, un olio etereo e uno o più prodotti del gruppo indo- lico, tra i quali uno che ha dato diverse reazioni caratteristiche dello scatolo. L'analisi e le osservazioni microchimiche dimostrarono inoltre in essa, l’assenza di acidi minerali e la presenza di acido formico e di acido ossalico che possono trovarsi sia allo stato libero, sia salificati. Oltre ai peli stipitati glandulosi e ai tricomi semplici e ramificati si trovano sulle foglie di questa pianta dei peli glandulosi sessili, lo- calizzati in corrispondenza delle nervature: essi non emettono mucillag- gine nè sostanza acida, ma solo una sostanza grassa. Nel tegumento dei semi immaturi della Martynia lutea è contenuta una grande quantità di firosina, amino-acido che deriva dallo sdoppia- mento delle sostanze albuminoidi e che d’altra parte determina a sua volta la rigenerazione delle stesse sostanze nel protoplasma vivente. Istituto Botanico di Pavia, gennaio 1915. — 187 — SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tavona XI. Fig. 1. Piante di Martynia lutea che vivono spontanee nell’Orto Botanico di Pavia. » 2. Due giovani toglie di Martynia lutea con insetti catturati. î TavoLa XII: Fig. 1-9. Sviluppo di un pelo glanduloso stipitato. Oc. 4 comp., ob. 7# Kor. » 10-15. Sviluppo di un pelo glanduloso stipitato a capocchia trapezoidale. Oc. 4 comp., ob. 7* Kor. ; >» 16. Capocchia di un pelo glanduloso vista di fronte. Oc. 4, ob. 8* Kor, » 17. Porzione di epidermide di foglia in corrispondenza di una nervatura. ( Oc. 4, ob. 4 Kor. - TavoLa XII. 4 i Fig.1-6. Sviluppo di un pelo glanduloso sessile, a capocchia ovoidale. Oc. 4 cOMp., ob 4 Kor. < ( » T. Pelo glanduloso a capocchia ovoidale, eccezionalmente stipitato. Oc. 4. ob. 8* Kor. » 8. Capocchia di un pelo glanduloso sessile, vista di fronte. Camera lucida Abbe-Apathy. Oc. 4, ob. 7# Kor. » 9. Sezione tangenziale di foglia, con epidermide, ghiandole sessili e nerva- ture. Dopo trattamento con acqua di Javelle. Camera lucida Abbe- Apathy. Oc. 4 comp., ob. 7* Kor. 10. Epidermide della pagina superiore di una foglia, con peli sessili e sti- ‘pitati. Oc. 4, ob. 4 Kor. TavoLa XIV, | Fig. 1. Sezione trasversale di foglia. Oc. 4 comp., ob. 4 Kor. ‘ 2. Deposito cristallino della secrezione dei peli glandulosi stipitati. Camera lucida Abbe-Apathy. Oc. 4, ob. 7* Kor. 8, Cristalloidi di proteina, Oc. 4 comp., ob. 9 immers. Kor. 4. Sezione tangenziale della parte interna del tegumento del seme con eri- stalli di tirosina e cristalloidi di proteina. Camera lucida Abbe-Apathy. Oc. 4 comp., ob. 7* Kor., " — 188 — Pig. be 6, Peli glandulosi sessili dopo trattamento con acqua di Javelle e soluzione di iodio in ioduro di potassio. C. s. x » 7. Pelo glanduloso stipitato. OC. s. » 8. Pelo glanduloso sessile dopo l’assorbimento di brodo di carne. Oc. 4, ob. 8 Kor. » 9. Lo stesso prima dell’assorbimento. ©. s. » 10. Peli glandulosi stipitati. Colorazione della secrezione mucillagginosa con rosso-rutenio. Oc. 4, ob. 8 Kor. » 11. Epidermide della pagina superiore di una foglia in corrispondenza di una nervatura. Colorazione con Sudan III della sostanza grassa secreta dai peli glandulosi sessili. Oc. 4, ob. 4 Kor. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA E LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI INFLUENZA DEL FOSFORO E DEL MAGNESIO SULLA FORMAZIONE DELLA CLOROFILLA' NOTA della Dott* EVA MAMELI assistente all'Istituto Botanico di Pavia. _ Nelle sue importanti ricerche sulla composizione chimica della clo- rofilla, Willstitter ® giunse alla conclusione che il pigmento verde delle piante, estratto sia da foglie fresche, sia da foglie secche, non contiene fosforo, o ne contiene solo minime traccie dovute ad impurezze. Queste traccie, riscontrabili nella clorofilla greggia ottenuta col vecchio metodo di estrazione (Kraus e Sorby) generalmente adottato, non si riscontrano invece nella clorofilla purificata mediante il soluto colloidale acquoso (Willstàtter). Naturalmente, l’autore non esclude che qualche pianta contenga una sostanza verde fosforata, nè che possa formarsi un pro- dotto di addizione della clorofilla con composti fosforati; certo è che, secondo i risultati delle sue vaste ed accurate ricerche, sono da con- futarsi tanto l’ipotesi della natura lecitinica della clorofilla, sostenuta da Hoppe-Seyler,* quanto la tesi sostenuta da Stoklasa, ‘che cioè non siano possibili senza fosforo la produzione di clorofilla e la formazione di cloroplasti. ! Vedi anche: /'endic. Acc. dei Lincei, xx1v, 1.0 sem., p. 755 — aprile 1915, ? WiLcsrirter R. u. W. Mik6, Veber eine Methode der Trennung und Be- stimmung von Chlorophyllderivaten (Anu. dA. Chemie, 250, 1), 1906. * Hoppe-SpyLER, Ueber das Chlorophyli (Ber. d. deut, Chem, Ges., 2, 1555), 1879; Ueber das Chlorophylt der Pflanzen (Zeitschr. f. physiol. Chem., 4, 899, an. 1879; 4, 1193, an. 1880; 5, 75, an. 1881). 4 SrogLasa J. (Sitzungsber. d. Kais. Akad, d, Wiss. Wien, 104, 1895; Ber. d. deut. Chem. Ges., 29, 2761, an. 1896; Bull. Soc. chim., 17, 520, 1897; Ann. agron., 22, 79, an. 1897). Ved. anche Grurron, Ztev. gen. d. bot., f4, 141, an. 1902. Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Serie Il — Vol. XVI, I — 190 — Nonostante che Stoklasa abbia ripetutamente confermato le sue ri- cerche, ! la teoria lecitinica della clorofilla è oggidì fortemente scossa, ed autori quali Marschlewski,?, Tswett,* Czapek‘ l'hanno già definiti- vamente abbandonata. L’interessante rivista critica pubblicata recente- mente da quest’ultimo sulle moderne ricerche riguardanti la clorofilla, mi esime dal riportare per esteso i dati sperimentali controversi e i particolari sull’importante dibattito. Mi soffermerò invece a considerare un altro ordine di ricerche ri- guardanti i rapporti tra fosforo e clorofilla, e cioè quelle che diretta- mente o indirettamente portarono un contributo alla questione se la nutrizione fosfatica abbia o no un’influenza sulla formazione del pig- mento verde. Il Loew? constatò che, coltivando delle alghe in soluzioni uutri- tizie ricche di ferro, ma prive di fosforo, esse assumono una colora- zione giallastra. Inoltre, filamenti di Sperogyra majuscula, coltivati in soluzione nutritizia contenente solo nitrato di calcio e solfato d’ammonio, diventarono da gialli, di un verde intenso, per aggiunta di solfato di ferro e di fosfato bisodico, mentre per la sola aggiunta di solfato di ferro l’inverdimento non avveniva. L’autore conclude da ciò che per le alghe l’acido fosforico è necessario alla formazione della clorofilla. Si noti, però, che le soluzioni nutritizie adoperate in queste espe- rienze (soluzioni ricche di ferro, o contenenti solo alcuni fra gli ele— menti necessarî allo sviluppo delle alghe) non sono le più adatte per ottenere risultati sicuri e conclusivi sulla questione della influenza che un dato elemento esercita sulla vita delle piante. Servettaz ® coltivò recentemente l’Hypnum purum in soluzioni nu- tritizie sterili diverse. Egli non fa osservazione alcuna sul colore delle ! SroxLasa J., BroLik V. u. Just J., Ist der Phosphor an dem Aufbau des Chlorophylls beteiligt? Ber. d. bot. Gesellsch., xxxI 4a, 1908. — STtOKLASA, Bedtrige zur Kenntniss der physiologischen. Funktion des Kalis im Pflanzenorganismus (Zeitschr. f. landw. Versuchswesen, xr, 52), 1908. — SroKLAsA, BRDLIK u. ERNEST, Zur Frage des Pphosphorgehaltes des Chlorophylls (Ber. d. bot. Ges. xxvIr), 1909. ? MARSCHLEWSKI, Studien in der ChlorophyUgruppe 1 (Biochem. Zeitschr., 10, 181), 1908. S Tswerr M., Ist der Phosphor an dem Aufbau der Chlorophylline beteiligt? (Ber. d. bot. Ges., xxvI a, 214), 1907. 4 CzAPpK I., Newuere Literatur iber das Chlorophy!! (Zeitschr. f. Bot., mm, 43), 1911. ° Lopw O., Ueber den Einfluss der Phosphorsiiure auf die ChlorophyUbil- dung (Bot. Centralbl. 48, 37), 1891. © Servertaz C., Pecherches expérimentales sur le développement et la nu- trition des mousses en milieun stérilisés (Annales dA. sciences nat., xvir, 111), 1913. MP i E — Miei piantine nelle soluzioni esenti da fosforo, mentre osserva che in capo a 15 giorni, tutti i protonemî in culture prive di magnesio avevano una tinta giallo-verdastra, poi morirono: quelli coltivati senza calcio die- dero segni di sofferenza dopo un mese, e ingiallirono solo dopo 72 giorni. Nessun altro lavoro venne pubblicato. almeno per quanto a me consta, nè sulle crittogame clorofilliane nè sulle fanerogame, sino a quello, re- cente, di Stoklasa, Sebor e Senft,! che merita una speciale attenzione. Da culture di Zea Mays e di Polygonum Fagopyrum — a) in soluzione mutritizia completa; è) in soluzione priva di fosforo; ce) in soluzione priva di magnesio — gli autori ottengono i seguenti risultati: Senza magnesio, le piante di Polygonum vivono 70-80 giorni; senza fosforo, 40-50. Dopo 20-30 giorni, le piante in soluzione priva di ma- gnesio erano ben sviluppate; le foglie avevano un bel color verde e, al microscopio, il tessuto a palizzata appariva ricco di cloroplasti dal colore verde normale. In assenza di fosforo, invece, lo sviluppo era più stentato. Le piante erano da principio verdi; ma, dopo 30 giorni, divennero bruno- rossastre come se la clorofilla si scindesse per idrolisi, e morirono dopo 40-50 giorni di vegetazione. L'esame microscopico delle foglie, fatto quando esse erano ancora verdi, indicò che le cellule del palizzata erano molto povere di cloroplasti. Le culture di Zea Mays durarono 125-128 giorni se in soluzione completa o in soluzione esente da magnesio; 40-65 giorni se in solu- zione esente da fosforo. Nelle piante private del magnesio, il tessuto a palizzata (!) era sviluppato normalmente e ricco di granuli clorofil- liani, normalmente verdi; in quelle private del fosforo, il tessuto a pa- lizzata (!) conteneva solo pochi cloroplasti, e il verde delle foglie di- ventava presto bruno. Gli autori concludono (pag. 231) che il fosforo fa parte della molecola della clorofilla, e che i cloroplasti non possono formarsi senza di esso. I risultati suddetti sono, per ciò che riguarda le culture prive di magnesio, in così palese contraddizione con le osservazioni da me fatte e pubblicate sin dal 1911 * (ma non citate dai suddetti autori), che mi parve utile, anzichè limitarmi al pubblicare una Nota puramente critica, ripetere fedelmente le esperienze fatte «dagli autori. Mi confermò in questo proposito la considerazione che ben diversa dalla soluzione nu- tritizia da me usata era quella adoperata dai tre autori su citati, e che 1 SroKLAsa, Spsor e Senpr, Heitrag zur Kenntniss der Zusammensetzung des Chlorophylls (Beitr. bot. Centralbl., xxx, 167), 1918. ? MameLi Eva, Sulla influenza del magnesio sopra la formazione della clo- rofilla (Atti della Soc. ital. per il progr. delle scienze, V, 98, an, 1911; e Atti Ist. bot. di Pavia, xv, 251, an. 1912), TTI I — 192 — qui riporto. Soluzione completa: nitrato di calcio gr. 1; cloruro potas- sico gr. 0,25; cloruro di sodio gr. 0,02; solfato di magnesio gr. 0,25; fosfato bipotassico gr. 0,50; fosfato di ferro gr. 0,1; silicato di calcio gr. 0,25. Solazione senza Mg: i sali precedenti, meno il solfato di magnesio, più solfato potassico gr. 0,25. Soluzione senza P: come nella soluzione completa, meno i due sali di fosforo, più solfato di ferro gr. 0,01. Per ragioni diverse, che esporrò in seguito, eseguii anche una se- conda serie di culture con soluzioni nutritizie diverse da queste. Il metodo seguìto è lo stesso descritto a pagina 152 del mio pre- cedente lavoro. Riporto da prima i risultati ottenuti dalle culture fatte con le so- luzioni di Stoklasa: i Zea Mays: a) in soluzione completa le piante crescono stentate e pallide; — è) in soluzione priva di magnesio le foglie appaiono legger- mente venate di verde, o perfettamente gialle, pur restando erette e rigide. Dopo un mese, ogni pianta ha 5-6 foglie, ed è alta 35-40 cm. Alcune foglie presentano grandi macchie antocianiche, e piccole zone antocianiche sono anche sul fusto. Dopo 50 giorni, 1-2 foglie basali sono inaridite; tutte le altre (5-8) sono pallidissime, largamente chiaz- zate di antocianina. L'osservazione microscopica, se non rivela la pre- senza di un tessuto a palizzata, scoperto dallo Stoklasa nelle foglie di Zea Mays, rivela nel mesofillo la presenza di cloroplasti, in grandissima maggioranza gialli; pochi eccettuati, di un verde pallido, sono situati in vicinanza della nervatura mediana. Il loro diametro è di u 2,22-2,50; — c) in soluzione priva di fosforo, dopo 14 giorni il color verde delle foglie appare normale, ed è ben netta la differenza tra queste piante e quelle prive di magnesio, aventi foglie assai pallide. Dopo un mese, la colorazione è in alcune foglie stazionaria, in altre è diventata più intensa; lo sviluppo, il vigore, l'altezza non sono differenti da quelli delle piante prive di magnesio. Pochissima antocianina si osserva sulle foglie; abbondante è sui fusti. Dopo 50 giorni, le foglie più giovani sono ancora verdi: alcune, anzi, sono veramente colorate in verde-scuro; ma ogni pianta ha 4-5 foglie basali inaridite. Tuttavia le restanti non accennano a impallidire neppure dopo un altro mese di soggiorno nello. stesso liquido ; le piante, natura'mente, non crescono più. L'osservazione delle foglie al microscopio, fatta dopo 50 giorni dalla nascita delle pian- tine, rivela la presenza di cloroplasti normali per forma e per colore. Dopo un mese, si nota che alcuni di essi appaiono in via di disgrega— zione: fatto, questo, più che naturale, data l’importanza -che ha il fo- ? beh PA Ce i rei ASTRI — 193 — sforo nella costituzione delle sostanze proteiche. I cloroplasti che ap- paiono interi misurano w 4,44-6,6. Polygonum Fagopyrum: a) in soluzione completa. In generale le piantine muoiono dopo pochi giorni; quelle che sopravvivono hanno foglie di un verde oscuro e uno sviluppo buono in confronto a quelle senza magnesio, ma non rigoglioso. Altezza 18 cem.; — 2) in soluzione priva di magnesio. Dopo 20 giorni le piante hanno foglie o pallidissime o di un verde chiaro; sono alte 14-17 cm. ed hanno 3-5 foglie e nu merosi bocciuoli fiorali. Dopo un mese l’intensità del colore non è at- fatto aumentata. L'esame delle foglie al microscopio rivela la presenza di cloroplasti pallidissimi, molti dei quali lenticolari o quasi filiformi, addossati alle pareti cellulari; — c).in soluzione priva di fosforo. Le nove piante che furmano questa serie di culture hanno tutte, dopo 20 giorni, 2-3 foglie di un bel verde scuro, e qualcuna ha fiori sboc- ciati. Lo sviluppo è più stentato in confronto di quelle senza magnesio, ma l’intensità del colore non accenna a diminuire neppure dopo un mese. L'esame delle foglie al microscopio rivela la presenza di cloro- plasti normali per colore e per forma. I risultati ottenuti, perfettamente opposti a quelli resi noti dallo Stoklasa, e confermanti, per ciò che riguarda il magnesio, le mie espe- rienze precedenti, erano tuttavia poco soddisfacenti, dato lo scarso svi- luppo che raggiungevano le piante nella soluzione nutritizia completa: fatto che, per la poca sicurezza degli vele ianz di controllo, toglieva efficacia alla dimostrazione. Già un semplice esame dell'elenco dei componenti le soluzioni nu- tritizie adoperate dallo Stoklasa e dai suoi collaboratori conduce alla considerazione che soluzioni siffatte non sono comparabili fra loro nè per la qualità nè per la quantità dei costituenti. La concentrazione | delle due prime è infatti del 3,37 °/,,; quella della terza, dell’1,78 °/so- : Inoltre, la presenza del fosfato bipotassico e del nitrato di calcio, contenuti nelle due prime soluzioni, provoca la precipitazione di un fosfato di calcio insolubile, che insieme col silicato di calcio, anch'esso quasi insolubile, rende assai inadatte queste soluzioni allo sviluppo delle i piante. L'uso del fosfato bipotassico nelle soluzioni nutritizie venne se- | «guito anche da Crone; ! ma T'akeuchi* e Benecke * lo sconsigliano, 1 Crone G., Wrgebnisse von Untersuchungen iber die Wirkung der Pho- ) sphorsiiure auf die hòhere Pflanze una eine neue Nahrlisung. Diss., Bonn 1904; i Just., 33, 8 A, 11, an, 1905. ? Tageuoni T., Kinnen Phosphate Chlorose erzeugen? The bull. of Coll. agric. Tokyo, vi, 425, an. 1907. ® Bexgecke W:-_Die von der Cronesche Nahrsalzlbsung, Zeitschr. f, Bot., 1, 2535, an. 1909. — 194 — perchè nel caso da essi criticato, provocava la precipitazione di un fosfato di ferro insolubile. È sempre più opportuno, perciò, l’uso del fosfato monopotassico. : Le soluzioni nutritizie adoperate dallo Stoklasa, e contenenti no- tevoli quantità di sali indisciolti, erano assai torbide, e nel fondo dei recipienti di cultura si aveva ben presto un accumulo di sali precipi- tati. Era necessario quindi fare un’altra serie di culture con soluzioni nutritizie più adatte e comparabili fra loro per la qualità e la quantità dei sali in esse contenuti. Scelsi a questo scopo le soluzioni seguenti, due delle quali avevo già adoperate nel mio precedente lavoro: Soluzione completa: H, O gr. 1000; Ca (NO,), gr. 1; KN O; gr. 0,25; K H, PO, gr. 0,25; (NH,), SO, gr. 0,25; Mg SO, gr. 0,25; Fe SO, gr. 0,02. Soluzione esente da magnesio: come la precedente, meno Mg SO,. Soluzione esente da fosforo: come la soluzione completa, meno K@HPRBIOS Queste soluzioni hanno, sopra quelle usate dallo Stoklasa, i seguenti vantaggi: 1°) quello di avere concentrazioni non eccessive e non troppo diverse da una soluzione all'altra (2,02 °/, nella prima; 1,77 °/ nelle altre due); 2°) quello di essere comparabili fra loro, poichè le soluzioni esenti da fosforo e da magnesio differiscono da quella completa solo per la mancanza di un sale. Ciò ho potnto ottenere mediante l’intro- duzione del solfato d’ammonio; che supplisce alla mancanza dello zolfo allorchè si esclude il solfato di magnesio, ed è un sale che contribuisce moltissimo allo sviluppo degli organi verdi delle piante. Né la soluzione di Knop, nè quella di Strasburger, presentano questo vantaggio; 3°) quello di non produrre precipitazioni di sali, la cui forma- zione è per vari aspetti dannosa alla vita delle piante coltivate in so- luzioni nutritizie. Con queste soluzioni ottenni: 1°) sviluppo vigoroso e colorazione verde intensa delle piante in soluzione completa; 2°) sviluppo discreto e foglie a colorazione pallida o quasi com- pletamente eziolate nella soluzione priva di magnesio; 3°) sviluppo. ridotto, e colorazione verde intensa delle piante nella soluzione priva di fosforo. Anche questa serie di esperienze ha dato dunque risultati contrarî a quelli esposti nel recente lavoro dello Stoklasa. — 195 — Conclusione. Da culture di Zea Mays e di Polygonum Fagopyrum in soluzioni nutritizie prive di magnesio ottenni, come già in esperienze preceden- temente pubblicate, ! piante completamente eziolate o appena debolmente ‘verdi e contenenti cloroplasti anormali per forma e per colore. + Invece, da colture delle stesse specie in soluzioni nutritizie prive di fosforo ottenni piante con intensa colorazione verde e contenenti n cloroplasti normali per colore e per forma. Questi risultati, ripetutamente controllati, sono contrarì a quelli recentemente ottenuti dallo Stoklasa, sostenitore della teoria lecitinica sulla costituzione della clorofilla, e concordano invece con i risultati senza del magnesio e l’assenza del fosforo nella molecola della clorofilla. Istituto Botanico di Pavia, aprile 1915. i __ 1 MameLi E., loc. cit. y nah o f stori ation trotkot ‘ ; Ue did anna e oi i det 4 geo dpivmideati P° È pa dt Mr mf iii ia fi è &rragti mi ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITA DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI ANCORA SULL'ASSIMILAZIONE DIRETTA DELL'AZOTO ATMOSFERICO LIBERO NEI VEGETALI ' NOTA DEI DOTTORI: EVA MAMELI GINO POLLACCI assistente all’ Istituto Botanico libero docente ed aiuto all’ Istituto Botanico di Pavia. di Pavia. In una Nota preliminare sull’assimilazione dell'azoto. pubblicata nel 1909 e nella successiva Memoria completa, ? noi riferimmo i risul- tati di numerose ricerche sperimentali il cui scopo era quello di studiare l'assimilazione dell’azoto libero dell’aria in piante appartenenti a ordini diversi (dalle alghe alle fanerogame superiori). In tali esperienze erano da noi state evitate le cause d’errore do- vute: 1.° all’incompleta sterilizzazione delle culture; 2.° alla presenza dei composti azotati dell’aria; 3.° allo sviluppo incompleto delle piante; 4.° ai metodi analitici di dosaggio dell’azoto totale; cause d’errore che complessivamente non erano state evitate da nessuno degli autori che ci avevano preceduto nello studio di quest'importante problema. Le culture vennero fatte, parte in mezzo liquido, parte in sabbia di quarzo puro. Le soluzioni nutritizie adoperate furono: la soluzione completa Knop e una soluzione nutritizia priva di composti azotati, così costituita: H,0 gr. 1000; Ca HPO, gr. 0,50; KH, PO, gr. 0,25; Mg SO, gr. 0,25; Ca SO, gr. 0,25; Fe, (PO), gr. 0,02. I metodi d’analisi adoperati furono: 1°) L'analisi indiretta, consistente nella ricerca dell'azoto conte- nuto nei semi e nel substrato, e di quello rimasto nel terreno e con- ì ST TUE PETE È i ! Vedi anche: Rend. Acc. Lincei, xxtv, 1.9 sem., p. 966, aprile 1915. ( ? Mampri F. e PoLLacoi G., Sull'assimilazione diretta dell'azoto atmosferico libero nei vegetali (Atti Ist. botanico di Pavia, x1v, pp. 159-257), 1911, con 8 tavole. È Atti dell' Ist. Bot. dell’Università di Pavia — Serie Il Vol, XVI 5 j ' — 198 — tenuto nella pianta. La differenza tra le due somme ci dava la quan- tità di azoto guadagnata o perduta. 2°) L'analisi diretta, consistente nell’analisi dell’aria confinata in cui alcune piante avevano vissuto per qualche mese. Per confronto con l’analisi dell’aria esterna, riportata a pressione e a temperatura eguale, si notava se le piante avevano o no sottratto azoto all’atmosfera. I risultati ottenuti dalle culture e dalle analisi, concordi nella quasi totalità, ci permisero di concludere che la proprietà di assimilare l’azoto libero dell’aria, dalla maggioranza degli autori attribuita al solo plasma dei bacteri, e fortemente discussa per le alghe, potesse estendersi “ anche alle Crittogame vascolari e alle Fanerogame, in generale al plasma ve- getale, tenendo ben presente tuttavia, che le condizioni di cultura, sia chimiche che fisiologiche, influiscono potentemente sul fenomeno ,. È appunto per quest'ultima ragione che, in piante ottenute da culture fatte in la- boratorio noi riuscimmo a constatare l'assimilazione di quantità d’azoto libero relativamente tenui; ciò tuttavia non diminuisce l’importanza del fenomeno e non eselude che in determinate condizioni di sviluppo a noi per ora ignote -— i vegetali possano usufruire con grande attività dell’azoto libero atmosferico. Fra i principali risultati da noi ottenuti erano i seguenti, che ri- portiamo integralmente, perchè necessarî agli scopi critici che si pre- figge la seguente Nota: “Tra le Hydropteridee: l’Azolla caroliniana e la Salvinia natans si dimostrarono straordinariamente atte all’assimilazione dell’azoto libero atmosferico. Se per Ja prima specie la sterilizzazione non poteva effet- tuarsi completamente causa la sua nota simbiosi con l’ Anabaena, la se- conda specie invece venne resa completamente sterile per mezzo del- l’acqua ossigenata, che si dimostrò un disinfettante utilissimo per tal genere di esperienze. Le analisi, sia delle piante, sia dell’aria in cui esse avevano vissuto, confermarono i risultati che già dallo sviluppo apparente delle piante si potevano prevedere; “La Lemna major e la L. minor, rese sterili e coltivate in solu- zione sterile esente d’azoto combinato, si svilupparono abbondantemente e diedero all'analisi notevoli aumenti d’azoto; “Culture di Raphanus sativus, di Acer Negundo, di Cucurbita Pepo, di Polygonum Fagopyrum, ottenute in substrati sterili, ed in ambiente esente da composti azotati, diedero all'analisi notevoli aumenti di azoto, pienamente giustificati dalla completa astinenza di azoto combinato a cui queste piante erano state costrette. Il loro sviluppo, relativamente alle condizioni in cui le piante cre- scevano, era notevole, e dimostrava a priori che esse assimilavano l’a- zoto libero atmosferico. — rw © © sc — 199 — “ Culture delle stesse piante, ottenute in substrato contenente una quantità nota di azoto combinato e in aria priva di composti. azotati, diedero anch’esse all'analisi aumenti d’azoto notevoli, variabili a se- conda della quantità di azoto somministrato. Si osserva cioè che ad una maggiore quantità di azoto ricevuta dalla pianta, corrisponde una mi- nore attività assimilatrice dell’azoto libero, e che, mentre la pianta che ha assimilato tutto l'azoto combinato che le è stato fornito, dà la mag- giore percentuale di azoto libero assorbito; il contrario avviene per quelle piante che, al momento dell'analisi, non avevano assorbito che una parte dell'azoto del terreno ,,. Due brevi Note ! apparse su quest'argomento dopo la pubblicazione del nostro lavoro, ci porgono l’occasione di confermare pienamente i risultati delle nostre esperienze, che non sono per nulla infirmati da quelli di Oes e di Molliard, date le condizioni specialissime nelle quali questi autori hanno posto a vegetare le piante sottoposte ad esperienza, invece di attenersi al metodo da noi seguito. Oes conferma anzitutto le nostre ricerche per ciò che riguarda la assimilazione dell'azoto libero dell’aria per parte dell’ Azo/la, concludendo anche egli che quando la pianta manca di nitrati nel substrato si con- tenta di un’altra sorgente di azoto; e che questa mancanza di azoto combinato può, in buone condizioni di cultura, agire come stimolo di accrescimento. Che nel caso dell’AzoZa l’assimilazione dell’azoto libero sia facili- tata dall’associazione simbiotica di questa pianta con alghe del genere Anabaena, non è una scoperta dell’Oes, come sembrerebbe da alcune parole della Nota di Molliard, ma è un fatto che era stato già da noi con- statato (vedi pag. 62 della nostra Memoria), tanto che dichiarammo che la sterilizzazione di queste piante non era possibile, data la presenza di endofiti nei loro tessuti. Tuttavia, che la presenza dell’alga sia in- dispensabile per l'assimilazione dell’azoto libero da parte dell’AzoZla, neanche l’Oes ha dimostrato, nè poteva farlo, dato che questa simbiosi è largamente diffusa in tutte le Azo//a, e data l'impossibilità di privare la pianta del suo ospite. Con tutta probabilità la consociazione favo- risce e rende più copiosa l'assimilazione dell'azoto libero, dato che, come diversi autori dimostrarono, e noi confermammo, vi sono alghe capaci di tale assimilazione. Contrariamente a ciò che avviene nell’Azo/la, Oes afferma che Sal- 1 Oks A., Ueher die Assimilation des freien Stickstoffs durch Azolla (Zeit, £. Bot., v, 145), 1918; MorLiarp M., L'azote libre et les plantes superieures (Comptes rendus de l'Ac, d.-Sciences, /60, 310), 1915. 200 — vinia auriculata, Lemna trisulca, L. gibba e L. polyrrhiza, coltivate in soluzioni nutritizie esenti d'azoto, non assimilano l’azoto libero dell’aria. Osserviamo anzitutto che la soluzione nutritizia priva d’azoto sommi- nistrata dall'autore a queste delicate piante acquatiche, doveva neces- sariamente essere inadatta al loro sviluppo se non addirittura nociva, e che essa è ben diversa da quella da noi usata. Infatti la soluzione usata da Oes è così costituita: H,O dist. gr. 1000; Mg SO, gr. 0,25; CaCl, gr. 1 oppure gr. 0,62; KH,PO, gr. 0,50; KCI gr. 0,12; Fe Cl; traccie. È noto che i sali di cloro più adatti per la nutrizione vegetale sono quelli di potassio e di sodio; Wypfel ! inoltre trovò che soluzioni di cloruri (di magnesio, calcio, potassio e alluminio), in concentrazioni varie dal 0,5 al 2°/,, sono nocive per piantine di Zea, Phaseolus, Pisum, Cucurbita, ecc. Nella soluzione usata da Oes il tenore in cloruri è del 0,074-0,112 °/, percentuale rappresentata in massima parte da cloruro di calcio ch'è tra i sali di cloro uno fra i più nocivi alle piante; non si capisce quindi perchè egli abbia scelto tale sale e l'abbia somministrato in dosi tanto elevate. Inoltre, il trasporto delle piantine dall’acqua dolce del fossato o della vasca nella quale vivevano, ad una soluzione siffatta non può essere avvenuto senza che il loro sistema radicale ne abbia in qualche modo sofferto. Un altro appunto che dobbiamo fare alla Nota di Oes è quello della assoluta mancanza di analisi per ciò che riguarda le Salvinia e le Lemna. Mentre le analisi riportate dall'autore per le Azo//a sono numerose, per le altre piante non v'è parola, nè di analisi dell’aria dalla quale l’azoto libero potesse o no essere stato sottratto, nè delle piante stesse. È bensì vero che lo scarso sviluppo delle culture ottenute dall’Oes, data la so- luzione nutritizia ch'egli usò, doveva essere poco incoraggiante per in- traprendere la ricerca analitica, ma non è men vero che in questioni così delicate e precise di chimica fisiologica solo l’analisi rigorosamente condotta può dire l’ultima parola. Le esperienze del Molliard riguardano esclusivamente dieci culture di Raphanus sativus, ottenute in soluzione nutritiva contenente l’azoto sotto forma di cloruro ammonico. Dalle analisi fatte egli ottiene, in quattro casi, un aumento d’azoto, e precisamente di mg. 0,19; 0,09; 0,12; 0,17 (risultati che, nonostante siano stati ottenuti da piante poste in condizioni di cultura inadatte al loro buon sviluppo, sono conformi 1 WypreL M., Weztere Versuche iiber den Einfluss der Chloride auf das Wachsthum der Pfanze (Jahvesber. d. Niederòsterr. Landes-Realgymn., 23, 1892). sato Me — 201 —- a quelli da noi ottenuti); in sei casi invece, una diminuzione di mg. 0,02; 0,13; 0,16; 0,15; 0,08; 0,10. Dopo ciò l’autore conclude che il Raphanw sativus non ha la proprietà di utilizzare l’azoto libero dell’aria. Che questa deduzione sia, più che affrettata, illogica, noi possiamo affermarlo riportando integralmente le seguenti parole dello stesso Mol- liard, che ne fanno fede: “A la vérité, je me suis placé, pour ces premières expériences, dans des conditions un peu spéciales; les plantes ont toujours eu à leurs disposition de l’azote combiné et, d’après Mameli et Pollacci, l’assimi- lation de l’azote de l’air serait favorisée par la faim de la plante en azote combiné; d’autre part, les plantes ont à leur disposition du glu- cose et, de ce fait, leur nutrition a été en grande partie saprophytique ,. Noi aggiungiamo che non solo per queste due ragioni la soluzione nutritizia adoperata dall'autore era la meno adatta per la dimostrazione in parola, ma che essa doveva necessariamente essere di ostacolo allo sviluppo delle piantine, data l'eccessiva quantità di glucosio (50 gr. per 1 litro!) in essa contenuta. Infatti, osservando al microscopio tessuti di piantine di Raphanus sativus coltivate in una soluzione nutritizia con- tenente glucosio nella proporzione di gr. 50 per un litro, come ha usato Molliard, e come abbiamo ripetuto noi, si nota un’accentuata plasmolisi nelle cellule dell’apice radicale. Oltre a ciò, lo sviluppo delle piantine è evidentemente ostacolato e quasi arrestato, quindi, piante in condi- zioni così anormali non sono certo adatte per controllare le nostre ri- cerche. L'autore non descrive l'aspetto delle piante al termine delle cul- ture, che vennero fatte su pomice granulare, imbevuta della soluzione nutritizia. Per ciò che riguarda le analisi fatte da Molliard osserviamo che varie sono in esse le cause d'errore, e cioè: 1°) L'analisi del liquido nutritizio dopo la cultura. L'autore dice di aver constatato che “si può spostare tutta l’ammoniaca dei liquidi in presenza della pomice, a condizione di polverizzare questa e di racco- gliere alla distillazione in presenza di potassa un volume di liquido considerevole ,. Ora è inevitabile che perdita d’azoto vi sia stata e nella polverizzazione della pietra pomice e nella susseguente distilla- zione “ di un volume di liquido considerevole ,, che si rese necessario per trascinare nel distillato tutti i composti azotati residuali. Un'ana- lisi siffatta, applicata al solo residuo rimasto nel substrato dopo le cul- ture, è tanto più una causa d'errore, perchè ad essa non fa riscontro un'analisi fatta in eguali condizioni e che avrebbe potuto compensarlo, e cioè l’analisi del substrato prima della cultura, poichè supponendo — 202 — purissima la pietra pomice, la quantità d’azoto contenuta nel liquido nutritizio somministrato era nota, data la composizione fissa di esso. Da questo diverso metodo di apprezzamento deriva che nella di- seguaglianza: N del seme + N della soluzione > N della soluzione al principio della __ alla fine della N della pianta cultura. Li cultura. si ottiene nella seconda somma una quantità d’azoto minore di quella realmente presente. 2°) L'uso del semplice metodo Kjeldahl per il dosaggio dell’azoto totale delle piante. Noi, infatti, facemmo osservare nel nostro lavoro che “il metodo Kjeldahl, eseguito col semplice procedimento dettato dall'autore, permette di dosare solo l'azoto organico e l’azoto amidico, ma non è neppur certo che con questo metodo si riesca ad intaccare qualunque sostanza organica azotata, poichè, ad esempio, gli alcaloidi e le nucleine vegetali hanno una costituzione così complessa che il loro azoto offre una grande resistenza alla riduzione in ammoniaca ,. Appli- cammo quindi in tutte le nostre analisi il metodo Kjeldahl modificato da Jodlbauer, che permette di dosare l’azoto organico, più l'azoto ni- trico, anche in dosi minime, quali sono quelle che si trovano di solito nei vegetali. Si ottiene, infatti, con questo metodo la scomposizione com- pleta di tutte le sostanze azotate, come dimostrano le analisi di prova fatte dall'autore stesso con sostanze diverse, e da noi ripetute con quantità note di nitrato e nitrito potassico e di asparagina. Sono dunque certamente andate perdute nelle analisi del Molliard fatte col semplice metodo Kjeldahl quelle piccole quantità d’azoto pro- venienti dalla decomposizione dei composti nitrici, degli alcaloidi e delle nucleine vegetali, e questo, tanto nelle analisi dei semi e delle piante, quanto in quelle del liquido nutritizio dopo la caltura; poichè, per quanto la soluzione contenesse l'azoto esclusivamente sotto forma di composto ammoniacale, pure non è da escludere che, in presenza delle secrezioni radicali delle piante e della pietra pomice granulare che potè anche esercitare un’azione catalitica, fossero presenti in questo liquido, alla fine della cultura, piccole quantità di nitrati o di nitriti. 3°) L’incostanza dei risultati ottenuti dall'autore, nelle sue poche analisi: aumento d’azoto in quattro casi, diminuzione negli altri sei. Aggiungiamo infine che causa d'errore non trascurabile in espe- rienze siffatte deve essere stata la piccolissima quantità di liquido nu- tritizio (60 cm.*) somministrata a ciascuna cultura, per una durata di 7 set- timane. Te ” giore o minore attività, di questo potere. pr» he —- 203 — Non è da meravigliarsi quindi se tante diverse cause d’errore in- sieme unite: 1) soluzione nutritizia inadatta; 2) somministrazione di essa alle piante in quantità insufficiente; 3) metodi analitiei poco pre- cisi; abbiano condotto a risultati incostanti, alcuni dei quali tuttavia in accordo coi nostri, ed abbiano ostaeolata la constatazione dei piccoli aumenti di azoto, quali sono quelli che possono verificarsi in una pianta di Raphanus sativus coltivata in tali condizioni in laboratorio. Non v'ha dubbio che la scelta di mezzi nutritizi più adatti e la esclusione delle cause d'errore delle quali abbiamo fatto cenno al prin- | cipio della presente Nota, confermeranno quanto è risultato dalle nostre numerose esperienze rigorosamente condotte, e che ci occuparono per — più di due anni, e cioè che “la facoltà di assimilare l’azoto libero at- mosferico è proprietà assai più diffusa di quanto fino ad ora si ammet- teva, e che è presumibile che anche tutti i vegetali clorofilliani, dalle - alghe alle fanerogame, possano, in condizioni speciali, far uso con mag- A Istituto Botanico di Pavia, aprile 1915. PS n sa si ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI NUOVE SPECIE DI MICROMICETI di MRO studente di scienze naturali (con una tav. litogr.) Alcune foglie di Diploglottis Cunninghamii Hook (Sapindacea della Nuova Olanda) nella collezione di piante esotiche dell’Orto Botanico di Pavia, si presentano alterate da macchie apicali e marginali (vedi ta- vola, fig. 1) di colore grigio pallido, quasi biancastro, limitate da una striscia leggermente fulva, e che si estendono talvolta a gran parte della superficie della foglia. Tali macchie sono cosparse di numerosissimi punti neri che si di- spongono in zone, ai margini fogliari. Essi sono i picnidii di un fungo parassita, causa dell’alterazione, che, per i suoi caratteri, va riferito al genere Phomopsis (vedi figura 2). Le spore (fig. 3) sono oblunghe, ialine, appuntite alle estremità, e misurano 4-5 x 2 w. Sulla Diploglottis non furono ancora segnalate /homopsis, e quindi credo di poterne fare una specie nuova denominandola Phomopsis au- stralis n. sp., della quale ecco la diagnosi: Phomopsis Diploglottidis n. sp. Maculis amphigenis, in pagina supe- riore foliorum griseis, in inferiore isabellinis, irregularibus, apicalibus vel marginalibus, umbrino-cincetis; pyenidiis epiphyllis, gregariis, nigris, globoso-depressis, intus cavis, pallidis, ostiolo pertusis; sporulis hyalinis, oblongis, fusoideis, 4-5 «x 24; sporophoris stipatis, hyalinis. Hab.: In foliis Diploglottidis Cunninghamii in Horto Botanico Ti- cinensi, * * % Un’altra Phomopsis, pure nuova, ho trovato sulle fogliole di Row- pala nitida Rudge (Proteacea del Brasile) in piante che vivono nell’Orto Atti dell'Ist. Bot, dell’ Università di Pavia — Serie II — Vol. XVI. 16 — 206 — Botanico di Pavia. Questo fungo è caratterizzato da macchie nocciola chiaro che, incominciando dall’apice, presto invadono l’intera foglia e il picciuolo, dando anche ad esso il caratteristico colore, e producendone il disseccamento (vedi fig. 4). I picnidii epifilli, sparsi, talora gregari, sono dapprima chiari, poi brunicci, prominenti. In sezione si presentano in forme irregolari, a parete più o meno sinuosa (fig. 5). I basidii fit- tissimi, ialini, portano spore ialine, ellissoidee (fig. 6). Anche di questa, come della precedente, faccio una nuova specie, non avendone trovato finora accenno, Questa specie dedico al mio maestro prof. G. Briosi, in segno di riconoscenza. Eccone la diagnosi: Phomopsis Briosiù n. sp. Maculis leviter umbrinis, amphigenis, pye- nidiis dense sparsis, initio epidermide tectis, dein erumpentibus, de- presso-oblongis, interdum plus minusve irregularibus, sporulis oblongis, utrinque obtusiusculis, hyalinis. Hab.: In foliis et petiolis Roupalae nitidae, in Horto Botanico Ti- cinensi. In cladodii vivi di Ruscus Hypoglossum Lin. nell’Orto Botanico di Pavia, ho trovato un Coniothyrium, che, per quanto io sappia, non è stato ancora descritto. Si trovano i picnidii minuti e numerosi sulla pagina superiore, e più raramente anche sull’inferiore di questi cladodii, in macchie di color nocciola chiaro, limitate inferiormente da una striscia più scura, che si estendono dall’apice verso l’interno, e che spesso invadono gran parte della foglia e la brattea fiorale, che si disseccano (fig. 7). Notai ge- neralmente come in corrispondenza dei picnidii che si trovano in queste macchie, lo spessore della foglia sia di molto diminuito, fatto dovuto all’azione del fungo che distrugge i tessuti. In sezione i picnidii (fig. 8) si presentano otriformi, immersi nel parenchima; portano spore olivacee, abbondantissime, ellittiche, di lunghezza variabile dai 6 agli 8 w e di lar- ghezza 3-3 !/, w (fig. 9). Ottenni la germinazione delle spore (in decotto di foglie di Ru- scus Hypoglossum in termostato, alla temperatura di 30-35° dopo 3 giorni) che si manifesta con l'emissione di un filamento (fig. 10), che si rami- fica poi, e in seguito si segmenta; il micelio così formatosi appare ia- lino e granuloso. In soluzione satura di zucchero la germinazione avvenne in ter- mostato a 30-35° dopo 5 giorni. — 207 — Ecco la diagnosi del fungo: Coniothyrium Hypoglossi n. sp. Maculis magnis expallentibus, fere totum cladodium occupantibus. Pycnidiis praecipue epiphyllis, rariter hy- pophyllis, gregariis, minutis, globulosis, punetiformibus, 90—10% 75-80 w diam., poro pertusis, sporulis ellipsoideis, 6—8 x 3-3 !/s w, olivaceis, ba- sidiis obsoletis. Hab.: In cladodiis languidis Rusci Hypoglossi in Horto Botanico Ticinensi, * * * Sopra un fusto morto di Chamaedorea elegans Mart. coltivata in serra, trovai numerosi acervuli, di colore scuro, puntiformi, talora con- fluenti fra loro, dapprima ricoperti dall’epidermide, di poi erompenti, disposti secondo linee verticali sugli internodii (fig. 11). In sezione si presentano in stromi più o meno irregolari, a più loculi comunicanti con un unico ostiolo carbonaceo, da cui viene espulsa la massa delle spore (fig. 12). Le pareti dello stroma sono ricoperte fittamente da basidii che portano spore bacillari, fusoidee, appuntite alle estremità. Dimensioni: 6-10 x 2-3 4 (fig. 13). Per i suoi caratteri il fungo va riferito al genere Ceuthospora, e ritengo di poterne fare una specie nuova, dedicandola al prof. Gino Pollacci: Ceuthospora Pollacciù n. sp. Stromatibus immersis, dein erumpen—- tibus, gregariis, nigris, intus cavis, plurilocularibus, albidis, sporulis ba- cillaribus, in basidiis hyalinis, acrogenis, 2-3 » 6-10 w. Hab.: In caulibus emortuis Chamaedoreae elegantis in Horto Botanico Ticinensi. * * * Colgo l’occasione per porgere pubblici ringraziamenti al chiarissimo. prof. Giovanni Briosi, per l'ospitalità concessami nell’ Istituto da Lui diretto e per i consigli datimi, e ai gentili colleghi di laboratorio, che mi furono larghi di aiuto. Pavia, 20 dicembre 1914 — Laboratorio Crittogamico. — 208 — SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XV Fogliola di Diploglottis Cunninghamii con macchia e picnidii. 2. Pienidio di Phomopsis visto in sezione. . Spore di Phomopsis. . Fogliole di Rowupala cosparse di pienidii. . Pienidio di Phomopsis Briosii n. sp. visto in sezione. ì. Spore di Phomopsis Briosii n. Sp. 7. Cladodio di Ruscus Hypoglossum con macchia cosparsa di pienidii, . Pienidii di Conzothyrium Hypoglossi n. sp. in sezione. . Spore di Conzothyrium Hypoglossi n. sp. . Spore germinanti di Conzothyrium Hypoglossi n. sp. . Porzione di fusto di Chamaedorea coi pienidii di Ceuthospora Pollaceti n. sp. . Corpo fruttifero di Ceuthospora Pollaccii n. sp. in sezione. . Spore di Ceuthospora Pollaccii n. sp. ETA tl am ERRE III O I e EE PERSI ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI RICERCHE INTORNO ALLE SPECIE: Coniothyrium piriniin (Sacc.) Sheldon. Pluyfllosticta pirina Sace. Conviotliyrium tirolense Bubàk. NOTA di ELISA MUTTO e del Dott. GINO POLLACCI. ' P. A. Saccardo nel 1878? istituì una nuova specie di Phyllostieta: la P. pirina, della quale diede la seguente diagnosi: “ Phyllosticta pirina Sace. Maculis arescendo candicantibus, variis, peritheciis plerumque epiphyllis, punetiformibus, lenticularibus, pertusis, 100-130 x diam., contextu laxe celluloso ferrugineo; sporulis ovoidezs v. el- lipsoideis 4-5 XX 2-2,5 n, hyalinis. Hab. in foliis Piri communis nec non in foliis Piri mali, in Italia or. Gallia, Lusitania ,. Nel 1904, Bubàk® scoperse un Conzothyrium pure sulle foglie di Pirus communis, e di esso pubblicò la seguente diagnosi: “ Coniothyrium tirolense Bubàk. Maculis subrotundis, albidis vel pal- lide ochraceis, praecise limitatis, saepe concavis, 2-5 mm. latis; pycni- diis sparsis, nigris, innatis, globosis, leviter depressis, 120-250 « diam. poro centrali, 10-20, diam. pertusis; contextu castaneo-brunneo, pa- renchymatico, sporulis ovoideis v. ellipsoideis 4,5-7 X 2-4,5 copiosis, oli- vaceo-brunneis ,. Nel 1907 John L. Sheldon rese pubblica una Nota‘ nella quale egli ! Vedi anche: /tendie. It. Accad, Lincei, vol. xxIv, ser. 5", 2° sem., pag. 40. Saccarpo P. A., Michelia, 1, pag. 1878; Sylloge Fung. 3, pag. 7, 1884. * Bopàkg Fr., Oester. Bot. Zeitschr. 54, pag. 185, 1904; Saccarbo, .Sy//oge Fung. 18, pag. 309, 1906. ‘+ SieLpon J. L., Torreya F., pag. 142, 1907. » Atti delD'Ist. Bot, dell'Università di Pavia — Serie II — Vol. XVI. 17 Cin afferma che, dall'esame di un considerevole numero di esemplari del fungo PhyMostieta pirina Sace. su foglie di melo e di cotogno, ha potuto rilevare che le spore nei più maturi pienidii non sono “ hyaline , come in origine le descrisse Saccardo, nè “ s/a9g4tly smoky , come le dissero Martin !, e Ellis e Everhart 7, ma considerevolmente brune, l'intensità del colore essendo in ragione diretta della maturità delle spore; e te- nendo conto del colore di queste, Sheldon osserva come il Conzothyrium tirolense Bubàk, che si trova su foglie di pero, possa essere una matura Phylosticta pirina Sace. L'autore nom ebbe occasione di confrontare esemplari dei due funghi. Ad ogni modo, mutò in Conzothyrium pirina (Sace.) Sheldon ® la PAylosticta pirina Sacc., mantenendone gli stessi caratteri diagnostici, all’infuori del colore delle spore. Nel 1908 Carl P. Hartley *, continuando gli studi e le colture mi- cologiche di Sheldon, nota come i preparati di Conzothyrium tirolense 3ubàk da lui esaminati gli facciano sembrare identica tale specie al Coniothyrium pirinum (Sacc.) Sheldon. Intorno alle colture di questi funghi poco si sa di preciso. Sheldon scrive che “in colture le spore escono dai picnidii in masse brune ,,. Hartley le ottenne con vario successo negli ordinarî mezzi nutritizî, e su rametti freschi e sterilizzati di melo, rosa, pruno, ecc.; ma non diede altri particolari. Avendo noi avuto occasione di osservare numerosissime colture di micromiceti di specie diverse sopra svariati mezzi culturali allo scopo di studiare l'influenza del terreno nutritivo, della temperatura, della luce, ecc., sopra la morfologia dei funghi, potemmo confrontare fra loro colture di Phylosticta pirina Sace., di Coniothyrium pirinum (Sacc.) Shel- don e materiale di Conzothyrium tirolense Bubàk. Avendoci l’esame accurato di tali mieromiceti dimostrato che le con- clusioni di qualcuno degli autori sopracitati non sono esatte, pubbli- chiamo subito quanto abbiamo potuto con certezza stabilire, eliminando anche dei dubbî che riguardano il valore di una specie che invece ha ragione di essere mantenuta come tale. Colture di Coriothyrium pirinum (Sacc.) Sheldon e di Pyllosticta pi- rina Sace. in decotto di foglie di melo, inviateci dall’Assoc. intern. des botanistes di Amsterdam, seminate il 10 marzo 1915, e da roi osser- vate il 31 marzo, presentano i seguenti caratteri: ! MARTIN GroRrar, Journal Mycol. 2, pag. 17, 1886. ? ELLIS J. B. e EvernarT B. M., Yhe North American PhyMostietas, p. 36, 1900. 8 L’autore doveva in ogni modo scrivere: Conzothyrium pirinum (Sacc.) Sheldon. 4 HarTtLEY CARL P., Sezence, nuova serie, vol. xxvIII, pp. 157-159, 1908. — 211 — Le colture di Coniotyrium avevano formato dei picnidii con spore brune che misuravano 4-5 X 2-2,5 4. Le colture di PAyllosticta pirina avevano formato picnidii aventi spore jaline che misuravano 4,5-6,6 x 2-2,5 4. Le spore di questa P/y//ostieta si sono sempre mantenute jaline anche dopo dei mesi; quelle di Coniothyrium, jaline nei primi stadî di sviluppo, diventavano colorate solo dopo due o tre giorni. Spore di Phyllostieta pirina inoculate in terreno colturale costituito da patata, il giorno 31 marzo, il 9 aprile mostravano picnidii a spore jaline aventi le dimensioni 5,87 » 3,5 «x. Osservate il 12 aprile, si pre- sentavano ancora jaline; solo erano di dimensioni maggiori. Osservate il 19 aprile, erano identiche e jaline; il 24 aprile esse erano sempre jaline e misuravano 7-9,3 x 4,6-5,8 4. Osservate le colture di Phy//osticta aventi la data del 10 marzo, esse erano sempre jaline ed avevano le stesse dimensioni osservate il 10 marzo; vale a dire le spore erano giunte a completo sviluppo. Spore di /. pirina inoculammo pure in agar glucosato il 6 aprile; e, osservate il 19, mostrarono la presenza di pienidii con spore jaline. Inoltre spore della stessa P/y0/osticta seminate il 9 aprile sopra bar- babietola ed altre sopra carota, osservate il 26 aprile, avevano picnidii cun spore jaline. Viceversa, spore di Coniothyrium pirinum seminate il 31 marzo in agar glucosato, osservate il 9 aprile, avevano spore jaline che misura- vano 7 > 3,5-4 . Il 12 aprile la stessa coltura aveva le spore che si erano colorate in olivaceo chiaro; il 19 aprile le spore della stessa col- tura si presentavano definitivamente olivacee. Spore di C. pirinum seminate il 6 aprile in patata, osservate il 19, avevano dato picnidii con spore che già erano colorate. Spore di C. pirinum, seminate il 9 aprile in barbabietola, erano oli- vacee dopo 10 giorni, come pure quelle seminate in barbabietola lo stesso giorno ed osservate il 26 aprile. Le misure delle spore erano eguali a quelle della coltura in barbabietola (7 X 4,5 4). Per gentilezza del prof. Bubàk Franz di Tabor, abbiamo potuto studiare pezzi di foglie di Pirus communis attaccate dal Coniothyrium tirolense Bubàk, e dopo ripetuti esami dobbiamo concludere che .esso Coniothyrium corrisponde al micete al quale Sheldon ha dato il nome di C. pirina. 212 — Conclusioni. 1.° I varii mezzi di coltura usati influiscono semplicemente sopra le dimensioni, ma non sul colore delle spore del Conzothyrium pirinum (Sace.) Sheldon, e della Phyl/osticta pirina Sace. 2.° Le spore del Corzothyrimm pirinum (Sacc.) Sheldon nei pri- missimi stadî di sviluppo si presentano -jaline come quelle della P%yl- losticta pirina Sace, e quindi l'osservatore può essere tratto in inganno nella distinzione di queste due specie. 3.° Le spore della specie /AyZosticta pirina Sace. si mantennero però, nei diversi mezzi colturali da noi usati e nei diversi stadî, co- stantemente jaline anche quando la specie aveva raggiunto il suo defi- nitivo sviluppo; negli stessi terreni nutritizî il Coniothyriwm pirinum (Sace.) Sheldon produce invece spore colorate; quindi la Py/ostieta pi- rina del Saccardo non è un sinonimo del Consothyrium pirinum (Sace.) Sheldon, ma è ben distinta da esso e va mantenuta come specie. 4.° La specie Coniothyrium pirinum, istituita da Sheldon, ha ca- ratteri completamente eguali a quelli dati per il Conzothyrium tirolense Bubàk, e non può essere accettata come specie distinta, ma va consì- derata come sinonimo di quest’ultimo, essendo il C. tirolense stato sco- perto e descritto dal Bubàk nel 1904, mentre il C. pirinum dal Sheldon nel 1907. Pavia, luglio 1915 — Laboratorio Crittogamico. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI A proposito di una Nota del Dott. LroneLLO PETRI SULLA MORIA DEI CASTAGNI (Mal dell Inchiostro). PER GIOVANNI BRIOSI e RODOLFO FARNETI. ' Intorno alla “ moria dei castagni, noi abbiamo pubblicato quattro Note, la prima nel 1907, l’ultima nel 1911. * In questa era detto che stavamo allestendo il lavoro definitivo il quale sarebbe uscito corredato di nove tavole illustrative, di già stampate. Stiamo ora completando la detta Memoria che vedrà presto la luce; e della quale ha ritardato la pubblicazione il fatto che alcune delle ri- cerche non erano ancora terminate, aleuni dei problemi della biologia del parassita, causa della malattia, non eravamo riusciti per anco a chia- rire completamente. Non saremmo per ciò ritornati a parlare della morda ora, cioè prima di aver completato il nostro lavoro, se il signor dott. Lionello Petri ! Vedi anche: /tendic. It. Accad. Lincei, vol. xxu, serie 5", 1° sem., p. 361. 2 Sulla morìa dei castagni (mal dell'inchiostro). — Prima Nota di Giovanni Briosi e Rodolfo Farneti. Atti dell’Ist, Bot. dell’Università di Pavia, serie 1r, vol. x1t, pag. 291 e seg. Luglio 1907. — Intorno alla causa della morìa dei ca- stagni (mal dell'inchiostro) ed ai mezzi per combatterla. Seconda Nota preliminare di Giovanni Briosi e Rodolfo Farneti. Ivi, vol. x1v, pag. 47 e seguenti. Giugno 1909. — La morìa dei castagni (mal dell'inchiostro); osservazioni critiche ad una nota dei Signori Griffon e Maublane. Nota di Giovanni Briosi e Rodolfo Farneti. Ivi, vol. xv, pag. 43 e seguenti. Dicembre 1910. — Nuove osservazioni intorno alla morìa dei castagni (mal dell'inchiostro) e la sua riproduzione artificiale. Quarta nota preliminare di Giovanni Briosi e Rodolfo Farneti. Ivi, vol. x1v, pa- gina 327 e seguenti, Giugno 1911. Atti dell'Ist, Bot, dell'Università di Pavia — Serie II, — Vol: XVI, 18 — 214 — non avesse esso pure voluto entrare nel campo del male dell'inchiostro con due Note testè pubblicate nei Rendiconti dell’Accademia dei Lincei. ! Il Petri, benchè non lo dica in modo esplicito, conferma nella parte sostanziale quanto da noi è stato trovato, come ripete molte cose da altri precedentemente affermate, così che non è il caso di prendere ad esaminare tutto quanto egli ivi espone. Crediamo peraltro opportuno fino da ora rilevare alcune delle sue affermazioni e chiarire il metodo col quale ad esse è pervenuto. Nelle Note sopra citate noi abbiamo dimostrato : i 1.° che l’infezione dei castagni non ha luogo nelle radici, come da tutti prima si riteneva, ma bensì nella parte aerea della pianta, dalla quale alle radici poi scende; 2.° che di conseguenza, essa nemmeno incomincia nelle estremità radicali ove sono le micorize (come alcuni ritenevano) per procedere verso il tronco, ma segue la via inversa; 3.° che essa è dovuta ad una micosi, od infezione crittogamica, dei rami, del tronco e delle radici. Il Petri, tutto questo implicitamente riconosce, come anche ammette che i castagni colpiti al pedale dal Coryneum (la crittogama alla cui azione noi abbiamo attribuito la causa della malattia) disseccano rapi- damente in pochi giorni, come dice che il Coryneum sembra essere il principale agente diretto di disseccamento della chioma dei castagni colpiti dal mal dell'inchiostro, nei rami dei quali esso produce le carat- teristiche strisce cancerose longitudinali da noi descritte. Dopo peraltro avere ammesso tutto questo, il Petri, contrariamente a quanto noi abbiamo dimostrato, afferma che il ma/ dell'inchiostro è Ado- vuto ad un’altra crittogama: all’Endothia radicalis De Not. Secondo l'Autore, esiste un’infezione nella regione del “colletto , dei castagni malati, dalla quale rapidamente si diffonde in senso centri- fugo, infezione che non sarebbe prodotta dal Coryneum. Egli dice: “ Quando questo fungo (il Corynewm) attacca una giovine “ pianta al pedale, l'infezione resta localizzata. Per quanto essa sia la “causa immediata del disseccamento dell'albero, rappresenta un feno- “meno che è subordinato ad una precedente infezione al colletto ,. E quando nelle piante malate il Petri non può escludere la presenza del Coryneum, allora egli afferma che vi sono “almeno due infezioni sepa- 1 Ricerche sulla malattia del castagno detta dell’Inchiostro. Nota di L. Petri. Rend. della R. Ace. dei Lincei, vol. xx1, serie 5*, 2.° sem., fase. 11°. Dicembre 1912. Ulteriori ricerche sulla malattia del castagno detta dell’Inchiostro. Nota di L. Petri, Ivi. Dicembre 1912. — 215 — “rate, una alla base del tronco e delle radici più grosse ({Zndothia), “l’altra sui rami minori (Coryneum). La prima, ascendente, precede “sempre la seconda, discendente. Mentre quest’ultima attacca di pre- “ ferenza i rami ancora giovani, l’altra predilige il tronco e i grossi rami, “ diffondendosi spesso attraverso il durame ,.. “ Il micelio di questo fungo (Endothia radicalis) si sviluppa spesso ,, seguita l’autore, “ nel legno vecchio dei rami, progredendo verso l’estre- “ mità di questi. Per tale particolare localizzazione esso può restare cir- “ condato per lunghi tratti da un involucro di tessuti viventi, costituiti “ dall’alburno e dalla corteccia. Questi rami, che solo apparentemente “sono sani, vengono sovente attaccati dal Corynewm ,. In conclusione, secondo il Petri, la mora dei castagni è dovuta ad infezione della regione del colletto, infezione prodotta dall’Endothia ra- dicalis; ed il Coryneum non è la causa determinante della malattia, ma, tutt'al più, un semplice epifenomeno. Dopo peraltro aver fatto queste decise affermazioni, l’autore più oltre diviene meno esplicito e più dubitativo, poichè scrive: “ L'azione “ dell’Ezdothia che precede e forse rende possibile quella del Corynewn, “ determina anche, molto probabilmente, l'infezione delle piante al col- “letto e nelle grosse radici ,. Ed ecco la dimostrazione che di tutto ciò dà l’autore: * Dalla base “ del tronco e delle radici più grosse è stato isolato un micelio che, per “i caratteri presentati in coltura, è riferibile alla Endothia radicalis... y. Come l’autore ha isolato un tale micelio? Da materiale preso alla base di qualunque albero, sia sano, sia malato, si possono ottenere in colture micelii, non di uno solo, ma di parecchi, anzi di molti, funghi saprofiti! Poco dopo l’autore afferma: “ Anche dalla base del tronco e delle “ grosse radici di questi castagni è stata isolata l’Endothia radicalis ». Non si comprende bene peraltro se l’autore abbia isolato in realtà il fungo sul tronco e sulle radici, oppure un frammento di micelio (come aveva detto prima) od una spora, che si sia poi rivelata colla germi- nazione di appartenere all’Endothia radicalis. Era, questa, cosa da chia- rire perchè se fosse stato un frammento di micelio od una spora, poteva trattarsi di un semplice caso fortuito, che nulla dice o prova. In realtà, a quanto sembra, il Petri non ha mai trovato diretta- “mente nei castagni malati l'Endothia nè al colletto nè sulle radici: in- fatti scrive: “ In tutti i castagni colpiti dal male dell'inchiostro che io “ ho potuto esaminare non ho mai trovato fruttificazioni di Endothia sulle “ radici, per quanto la sua presenza vi sia dimostrata dalle colture ,. E più oltre: “ Il-micelio dell’Endothia nelle radici non si trova che a “ breve distanza dal tronco ,. i — 216 — “ In molti casi lo potuto accertare la presenza dell’Endothia in grazia “ delle colture, non perchè ne avessi trovate le fruttificazioni all’esterno “degli organi attaccati ,; e ciò ripete di nuovo più sotto Ora, chi potrebbe negare che da materiale preso alla base di tron- chi e di grosse radici di castagno non si possa ottenere in colture un micelio riferibile per i suoi caratteri colturali all’Endothia radicalis, dal momento che lEndothia radicalis è tale saprofita che si rinviene non solo sul castagno, ma anche in molte specie appartenenti ai generi Aescu- lus, Alnus, Carpinus, Corylus, Fagus, Juglans, Quercus, e non solo in Europa, ma altresì nell'Asia, nell'America boreale e nell’Australia? Tale fatto quindi non può avere alcun valore dimostrativo. È strano poi che il dott. Petri non rinvenga mai le fruttificazioni della £ndothia sulle radici dei castagni malati, mentre dalle ricerche del dott. Pantanelli, suo compagno di laboratorio, risulta che “VEn- “ dothia radicalis si trova con abbastanza frequenza allo stato ascoforo “nei castagneti del Lazio; non però sui rami alti nè sul tronco, ma “bensì sulle radici e precisamente su le radici messe allo scoperto da “franamenti del suolo ,!. Se le fruttificazioni dell’Endothia si trovano di frequente nei ca- stagni sani del Lazio, a maggior ragione il Petri le avrebbe dovute trovare sopra gli alberi che egli ritiene affetti dal male dell'inchiostro, se veramente la Endothia fosse, come egli vuole, la causa di tale ma- lattia. Ma il dott. Petri è guardingo e poco dopo soggiunge: “Non è “ancora dimostrato che Endothia radicalis si trovi sempre in tutti i “castagni affetti dal male dell'inchiostro ,. E qualora, pure, nei castagni presi dalla m0r)a sì trovasse sempre il micelio dell’Endotlia radicalis, resterebbe ancora da dimostrare che questo fungo è veramente un parassita e chè è capace di produrre la morte di rami, di radici, di tronchi e di alberi interi, con la sintomo- logia del male dell'inchiostro. Per quanto riguarda il parassitismo dell’Endothia radicalis, il Petri dichiara di avere con picnospore tentato inoculazioni su rami, fusti e radici di castagni coltivati in vaso, ma di non avere ottenuto alcuna apprezzabile alterazione. Che l EHndothia radicalis non sia un parassita temibile lo provano al- tresì le osservazioni e le ricerche sperimentali degli autori che si sono occupati di tale argomento. 1 Su la supposta origine del cancro americano del castagno. Nota di E. Pan- tanelli, Rendiconti della R. Accad. dei Lincei, vol. xxI, serie 5%, sem. 2°, fasci- colo 12°, dicembre 1912, ] = Lo Shear, per esempio, pure volendo dimostrare l’identità per i ca- ratteri morfologici dell’Endothia parasitica d'America! e l’Endothia ra- dicalis nostrale, è costretto ad ammettere che fra le due specie esiste una grande differenza d’ordine biologico, cioè il parassitismo della prima ed il saprofitismo della seconda, da lui constatata nell’Italia settentrio- nale e nella Svizzera meridionale e comprovato altresì con opportune esperienze ?. Anche il dott. Pantanelli ha trovato che i castagni sulle cui ra- dici trovasi l’Endothia radicalis, “ non mostrano di soffrire ,, soggiun- genio, inoltre, che è “ dubbio se le radici morrebbero per il solo at- tacco dell’ Endothia ,. E dalle prove sperimentali istituite per vedere se la nostrale En- dothia potesse comportarsi come parassita, il Pantanelli pure ha otte- nuto resultanze negative. Che il nostro Coryneum perniciosum non sia invece un vero paras- sita è impossibile dubitare; il semplice esame di alberi malati lo mo- stra all'evidenza. Ma del suo parassitismo noi abbiamo avuto anche la conferma sperimentale, poichè inoculammo un grosso castagno nell’Orto Botanico di Pavia, sanissimo in tutte le sue parti, comprese le radici, ed il Coryneum riprodusse il male, con tutta la sua sintomologia. Di Endothia radicalis, sul castagno da noi inoculato (unico nel nostro Orto), non si vide mai alcuna traccia nè prima nè dopo l’esperimento, il che dimostra all'evidenza come non sia punto necessaria l’ipotetica, preven- tiva azione dell’Endothia, come immagina il Petri, perchè * il Corynewm incominci l’opera sua distruttrice. Il dott. Petri afferma altresì di non avere trovato sempre il nostro Coryneum sopra i castagni malati. Ciò non può recare meraviglia. Il Gibelli, osservatore attentissimo, che per molti anni studiò la mora dei castagni, pure non lo ha mai osservato; ed in Francia, dove la malattia è stata anche oggetto di studio da parte di micologi e fitopatologi emi- nenti (Plancon, De Seynes, Mangin, Prilleux, Delacroix, Griffon, ecc.), non si era mai rinvenuto prima delle nostre pubblicazioni, ! L'’Endothia parasitica è la causa di una grave malattia dei castagni in Americh; ma il quadro clinico di questa malattia è ben diverso da quello del male dell'inchiostro. * C. L. Sugar, The chestnut Blight fungus, Phytopathology, vol. 11, n. È, october 1912, pag. 211. * Che le piante di castagno non siano malate prima che abbia luogo l'attacco del Coryneum, lo prova anche il fatto che, facendo sezioni in corrispondenza di cancri giovanissimi, si trova che l’amido è scomparso dai tessuti di già invasi dal micelio del Coryneum stesso, mentre nei tessuti circostanti non ancora infetti le cellule ne rigurgitano; ed altrettanto osservasi nei grossi rami e nelle radici, è dio 218 — Che il quadro patognomonico della mor)a talvolta si complichi per la concomitanza dell’azione di altri funghi ed in particolar modo per quella del male del rotolo che talvolta affètta i castagni, lo abbiamo chia- vamente affermato nelle nostre precedenti pubblicazioni, ma moi ricon- fermiamo tuttora che in qualunque modo si manifesti la malattia, qua- lunque sia il suo decorso, è sempre il Coryneum l'agente che la deter- mina, e che il suo micelio invade non solo la corteccia, ma spesso anche il legno tanto dei rami quanto del tronco e delle radici, scendendo alle volte per esso più rapidamente che per la corteccia stessa, precorrendo così la necrosi corticale. Il micelio del Corynewm è così caratteristico che non si può con- fondere con altri, specie pei suoi rami secondarì non settati e tanto esili che spesso non arrivano a misurare un micra e mezzo di diametro. Fra legno e corteccia è vero che qualche volta si osservano inter- ruzioni nella necrosi, ma in questi casi ciò significa: o che siamo di fronte a diversi focolai d’infezione non arrivati a congiungersi fra loro, o che si tratta di uno dei casi ecceziouali ai quali abbiamo accennato nella nostra quarta Nota. In tali casi, l'interruzione è solo apparente, ed il male allora si interna nel legno e per esso comunica ed affiora a tratti. Di ciò si può facilmente persuadersi spaccando il tronco e le radici (nelle quali il fe- nomeno dell’interruzione superficiale è ancora più frequente), come di- remo meglio nel lavoro definitivo. Il dott. Petri anche afferma che i caneri prodotti dal Corynewm non scendono più in basso dei rami di terzo e quarto ordine: anche qui l’autore non è nel vero. Nell'ultima mostra di Firenze avevamo esposto un lungo e grosso ramo di castagno di 60 cm. di circonferenza, nel quale si vedeva la striscia livida del cancro (cosparsa dalle pustole del Corynewm), la quale dall’estremità scendeva fino alla base; ed avremmo potuto esporre grossi alberi (se fosse stato possibile e facile il trasportarli) nei quali la stri- scia cancerosa si sarebbe potuta seguire lungo i rami e tutto il tronco fino alle radici ; e ciò senza interruzione e senza che nessuna Zndothia salisse al suo incontro per aiutarla a scendere. Anche nei grossi ca- stagni che sopra un lato del tronco presentano una striscia longitudi- nale di corteccia morta o di legno denudato, come fossero stati percossi dal fulmine, non è difficile constatare come l’origine del cancro si trovi od all'estremità di uno o di più rami, od in punti intermedî di essi, ove cioè ebbe luogo l'attacco del Coryneum. La malattia in questi casi ha decorso assai lento, e se l’albero è ancor vivo ed il male è sceso sino al pedale, non è difficile vedere, in hab die dia it corrispondenza della striscia cancerosa che ha raggiunto il terreno, le radici morte col caratteristico marciume nero, mentre le radici del set- tore opposto, non ancora infetto, possono continuare a vivere, e vanno morendo di mano in mano che il male si allarga. Anche non pochi fatti si possono osservare in natura che parlano contro un costante iniziale attacco al colletto, come vuole il Petri; ci- tiamone uno, l’ultimo da noi osservato. In Valle Freddana, alla sinistra della strada per Comaiore, un vecchio contadino, che la pensava diver- samente dagli altri, ci additava una specie di oasi di parecchi ettari, formata da una rigogliosa polloneta dell’età di venti anni circa, posta nel mezzo di una plaga nella quale i castagni erano stati tutti distrutti dal male. Vi era una selva, diceva, che fu tagliata a raso, quando si vide che i rami incominciavano a seccare, ed all’intorno i castagni pe- rivano. Ora, se il male provenisse sempre dalle radici o dalla regione del colletto, come mai se le vecchie ceppe fossero state malate, come vuole il Petri, avrebbero potuto continuare a vivere e riprodurre la pol- loneta? CoxcLupeNDO: le prove addotte dal dott. Petri, d'una infezione ascen- dente dal colletto dovuta all’Endothia radicalis De Not., non sono atten- dibili; 'Endothia radicalis è un fungo saprofita che si rinviene sopra numerose e differentissime specie arboree in tutte le parti del mondo; essa si potrebbe tutto al più ritenere come un debole parassita delle ferite con azione limitatissima, quantunque le esperienze fatte finora questo nemmeno confermino; il Coryneuxm non ha bisogno che un altro fungo predisponga gli alberi al suo attacco, nè vi sono due infezioni distinte; cosicchè noi riconfermiamo, nonostante quello che ha stampato il dott. Petri, tutto quanto intorno alla mor)a dei castagni abbiamo nelle nostre precedenti pubblicazioni affermato. Pavia, marzo 1913 — Laboratorio Crittogamico. (n) Mi 3 +; vE 4 ARTE DI Ra Pi : » mafe. è DS : Ch WD ' ì ì, Mad SW LP Fr 1 o ; A SE Ù ATÙ ì f . Spie, % ua ha, 2 ni «d Dole i " ISTITUTO BOTANICO DELLA R, UNIVERSITA DI PAVIA È LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI ANCORA SULLA MORIA DEL CASTAGNO (Mal dell Inchiostro) in risposta al sig. dott. LioneLLO PETRI. Per GIOVANNI BRIOSI e RODOLFO FARNETI. Rispondendo a dne Note del sig. dott. Lionello Petri, pubblicate nei Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, noi criticavamo il suo modo di vedere sopra l’eziologia del Male dell'inchiostro dei castagni e spe- cialmente il fatto di ritenere egli che la malattia si dovesse ad una infezione della regione del co//etto e delle grosse radici, prodotta, se- condo l’autore, dall’Endothia radicalis, come combattevamo la afferma- zione che il Coryneum che noi avevamo sperimentalmente dimostrato essere la causa del male, invece non vi prendesse parte, o solo in via affatto secondaria. Il dott. Petri ora ? risponde in una nuova Nota, che è “ assoluta- “ mente arbitrario il volergli attribuire l'opinione che il Male dell’in- “ chiostro sia prodotto dall’ Endothia radicalis ,. © L’aver trovato ,, dice egli, “ che, l’Endothia radicalis, sviluppan- “ dosi alla base del tronco o anche sulle grosse radici, può precedere “il Coryneum e favorirne anzi l'attacco sulla chioma dell'albero, ciò “non equivale ad affermare essere l’Endothia la causa della malattia. “ Una simile affermazione sarebbe in aperta contraddizione coi risultati “ delle mie stesse ricerche ,,. Per certo non è sempre facile cogliere il pensiero ultimo e sicuro di questo autore che talora divaga e spesso sembra indeciso, ma noi ! Vedi anche: /tendie. It. Accad, Lincei, vol. xx11, serie 5*, 2° sem., p. 49, * Considerazioni critiche sulla malattia del castagno detta dell'inchiostro. Atti Ace. Lincei. Rendiconti, vol, xx1r, fase. 7°, Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Serie Il Vol, XVI. 19 abbiamo proceduto colla massima sincerità e crediamo di non aver errato; poichè abbiamo riportato le sue stesse parole, trascrivendo lun- ghissimi brani del suo lavoro; del resto i lettori confrontando la prima Nota del dott. Petri! e la nostra risposta ?, potranno vedere se noi abbiamo arditrariamente attribuito al dott. Petri una tale opinione. Ad ogni modo noi prendiamo atto ben volontieri della sua nuova dichiarazione e per conto nostro non ci occuperemo più di detta En- dothia, od almeno sino a quando il dott. Petri non ritornerà ad incol- parla di essere la causa diretta od indiretta del Male dell'inchiostro 0 di altri gravi malanni dei castagni. Il dott. Petri ritiene che le cose da lui esposte, e da noi di già confutate, “ rendano giustificato il ricercare da quali cause derivi la “ preliminare alterazione della parte sotterranea, alterazione che evi “ dentemente costituisce la condizione predisponente all’infezione del “ Coryneum e di altri funghi disseccatori dei rami ,. Ma poi più avanti egli dichiara: “mi sono proposto di stabilire se l’infezione della base del tronco, che sempre precede il disseccamento dei rami, fosse preceduta a sua volta da un'alterazione delle vadici. E i ri- sultati per ora ottenuti, e resi noti intorno a quest'ultimo argomento, sono ben lungi dall’escludere che la causa prima della malattia risieda “in una alterazione parassitaria delle radici ,. Facciamo notare che questo identico problema, di una alterazione cioè parassitaria predisponente nelle radici, era stato posto dal Du- comet “ fino dal maggio 1911; dopo la pubblicazione delle nostre tre prime Note. i Noi avremmo compreso che il dott. Petri fosse entrato in questa questione con un utile contributo di fatti nuovi per risolverla, ma non comprendiamo come egli ora semplicemente la riproponga di nuovo in nome proprio tacendo del Ducomet che l'aveva formulata due anni prima, e nulla aggiunga del suo. Il dott. Petri infatti dati nuovi non sembra di possederne poichè fa la seguente confessione: “ /’er me le cause patogene che pongono i “castagni nelle condizioni di essere attaccati da questi deboli paras- “ siti sono ancora completamente ignote ,. (I Ù “ su “u ! Iticerche sulla malattia del castagno detta dell’inchiostro. Rend. Ace, Lincei, vol. xxI, fasc. 11°. ? A proposito d’una Nota del dott. Lionello Petri sulla morìa dei castagni (Mal dell’inchiostro). Rend. Acc. Lincei, vol. xxn, fase. 6°. 8 V. Ducomrt, Travaua de la Station de physiologie et pathologie végétale. Im Annales de l’Ecole nationale d’agriculture de Rennes, tom. V, 1911. Ora, se l’Endothia radicalis più non entra, come ammette con la sua nuova dichiarazione il Petri, nella produzione della moria dei ca- stagni, quale nuovo contributo porta egli allo studio di tale malattia? Nessuno. Infatti il resto che egli afferma sulle radici, era di già stato detto e ripetuto non solo dal Ducomet, ma da quasi tutti gli autori che dal 1870 in poi si sono occupati del Male dell'inchiostro. E ciò noi di- mostreremo nella revisione critica e cronologica della bibliografia sul- l'argomento che pubblicheremo nel lavoro definitivo, opinione che noi abbiamo dimostrato errata e causa del disguido delle numerose ricerche fatte da molti sperimentatori. Il dott. Petri scrive anche che: “le ripetute inoculazioni, eseguite “con conidii ed ascopore su giovani piante di castagno sane, hanno “avuto sempre esito negativo, ; ma non dice se queste inoculazioni siano state fatte da lui e quando, e tace infatti sulle circostanze di luogo e di tempo nelle quali egli le avrebbe eseguite. Cita invece il Ducomet che ha fatto inoculazioni in Francia con esito negativo, ma ad esse il Petri attribuisce un valore che il Du- comet stesso a loro non dà. Infatti il patologo francese !, con sincerità scientifica, dichiara: “Il serait imprudent de faire actuellement état de ces résultats né- « gatifs. Au moment où nos essais ont été faits, nos connaissances sur “le lien et le moment de l’infection étaient à peu près nulles ,. E più sotto il Ducomet dimostra anzi la speranza di riescirvi ten- tando in altro modo l’esperienza: “ peut-étre nous conduiront-elles à un “résultat positif ,. Segno che egli dubitava di non essersi messo nelle condizioni necessarie e volute. E si noti che mentre ciò scriveva non aveva ancora veduto la nostra quarta Nota sulla riproduzione artificiale della malattia: “A “ l’heure où nous écrivions ces lignes, nous ignorions le résultat des “ expériences entreprises par les savants italiens ,,. E dopo aver appreso i nostri nnovi risultati, il Ducomet ® lealmente dichiara: “ La réalité du parasitisme est dès Jors démontrée. Il est vrai “ que les expériences dont il s'agit ne visent que le parasitisme trau- “ matique. Il reste encore à démontrer la réalité du parasitisme des “ extrémités, Tout ce que l'on peut affirmer à l’heure actuelle, c'est que “à la suite de blessures © du trone, le Melanconis est capable de déter- “ miner la mort du chaàtaignier ,. ! Ducomer, op. cit., pag. 28. ? Ducomet, op. cit., pag. 24. ® Queste b/essttees non sono altro che punture da noi fatte con la siringa di Pravaz. Prima di finive facciamo altresì osservare che il rimprovero che ci fa il dott. Petri, di avere noi ritenuto esauriente la nostra unica prova d’inoculazione, è pure fatto a sproposito poichè nella nostra quarta Nota ' è detto che le nostre esperienze furono eseguite nel 1909, e furono ripetute sopra giovani piante nel 1910. Ora poi possiamo aggiun- gere che nuovi sperimenti di riproduzione artificiale della malattia im- prendemmo anche nel 1911 in due diverse e lontane località, e che le risultanze hanno ancora confermato pienamente quanto ottenemmo colla prima esperienza. Molte altre cose potremmo osservare e rispondere al signor dottor Petri e ribattere ad una ad una le cose da ]ui dette; ma a quale pro polemizzare ? Quando nella scienza le polemiche non apportano luce di fatti nuovi ben controllati e precisi è superfluo continuarle; esse si risolve- rebbero in un’inutile perdita di tempo. 1 Nuove osservazioni intorno alla morìa dei castagni (mal dell'inchiostro) e la sua riproduzione artificiale, in Atti dell’Istit. Botanico di Pavia, serie 2%, vo- lume XIV, giugno 1911. Pavia, luglio 1913 — Laboratorio Crittogamico. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MICOLOGIA LIGUSTICA PER IL Dottor LUIGI MAFFEI assistente all’ Istituto Botanico di Pavia Quarto CONTRIBUTO (con una tav. litogr.) Questa nota parla di 141 specie di funghi, dei quali 85 per la prima volta segnalati nella regione ligure, Le specie segnate con asterisco furono da me direttamente rac- colte o furono da altri inviate a questo Laboratorio Crittogamico per ragioni di ricerche fitopatologiche, e tutte vennero da me determinate e studiate; a quelle inviateci (pochissime) segue il nome del raccogli- tore. Alcune specie da altri pubblicate in questi ultimi anni, che tro- vansi sparse in diversi scritti, io le ho pure qui raccolte allo scopo di facilitare future ricerche sulla micologia ligustica. Di quattro specie interessanti, perchè nuove per la scienza, dò le figure relative nella tavola unita (XVII); ad esse diedi il nome di: Pho- mopsis Cocculi n. sp. (n. 85) sulle foglie di Cocculus laurifolius; Macro- phoma Cinnamomi-glanduliferi n. sp. (n. 91) sopra foglie di Cinnamomum glanduliferum; Macrophoma Yuccae n. sp. (n. 90) sopra foglie di Yucca gloriosa e Pleospora Briosiana n. sp. (n. 42) che attacca le foglie di Bignonia buccinatoria. Le specie Anthostomella Molleriana Trav. et Spessa (n. 29), Asco- chyta SpireaeKab. et Bub. (n.105), Myxosporium Balmoreanum Speg.(n.121), Alternaria Dianthi-Stev. et Hall. (n. 133) e qualche altra, non solo sono Atti dell'Ist. Bot. dell'Università di Pavia — Serie Il — Vol. XVI 20 $ — 226 — nuove per la Liguria, ma altresì per la flora micetica italiana. Inoltre osservazioni critiche trovansi a proposito di diverse specie: Macro- phoma calaritana (n. 86), Macrophoma Dracaenae fragrantis (n. 87), ece. Il materiale al quale si riferisce la presente nota fu raccolto in località diverse, tanto nella Riviera di Ponente quanto in quella di Le- vante; esso è depositato, come di solito, nelle collezioni dell'Istituto Bo- tanico di Pavia. Pavia, Dicembre 1915 — Laboratorio Crittogamico, ' ! Questa Nota vede la luce con qualche mese di ritardo per essere stato io richiamato sotto le armi sino dal principio della mobilitazione. BIBLIOGRAFIA Alla bibliografia citata nelle mie tre contribuzioni precedenti! vanno aggiunte anche le seguenti opere: . Briosr G., Passegne crittogamiche in Atti Ist. Bot. di Pavia. — e Cavara, /funghi parassiti delle piante coltivate o utili. Pavia. . Flora Italica Cryptogama. Pars 1, Fungi. Rocca S. Casciano. . Jaap O., Fungi selecti ewsiccati. Hamburg, 1903 et seq. . MacvacHI A., Contribuzione allo studio della Micologia ligustica in Atti Ist. Bot. di Pavia, serie m, vol. vi, p. 121. . Maonus P., Ein kleiner Beitrag zur Kenntnis parasitischer Dilze Li- guriens. Weimar, 1910 (in Mitteil. Thuring. Bot. Ver., xxvI, pag. 13). — Nachschrift zum Beitrage zur Kenntnis parasitischer Pilee Li guriens. Weimar, 1910 (in Mitteil. Thiring. Botan. Ver., xxvir, pag. 50). . MatmROLO 0., I funghi ipogei della Liguria. Genova, 1911. . PANTANELLI e CrIstOFOLETTI, Nuove malattie fungine di piante utili ( Nebbia rosa delle foglie di Palme diverse) in Staz. Sper. agrarie italiane, vol. 46, pag. 638, 1913. . Saccarpo D., Mycotheca italica. . Turconi M., L'“ alternariosi , del garofano in Italia in Rivista di Patologia vegetale. Pavia, 1916. — e Marri, Note micologiche e fitopatologiche (ser. ) in Atti Ist. Bot. di Pavia, ser. 1, vol. xv, pag. 143. . Voguino P., Sopra alcuni deperimenti di colture ortensi e floreali della Liguria (note di viaggio) in Giorn. Agrie. della Domenica, N. 24,:1912. — 1 funghi parassiti delle piante ecc. in Annali della R. Accad. d’Agrie. di Torino. — Intorno a un nuovo deperimento degli spinaci (ibidem, 1913). — Sopra una nuova infezione del pomodoro, Torino, 1912. — Il“ carbone del garofano , ecc, in Ann. Ace. Agr. Torino, 1902. ! Maree L., Contribuzione allo studio della Micologia Ligustica, Primo con- tributo, in Atti Ist. Botanico di Pavia, serie 11, vol, x1i, pag. 1; Secondo contri- buto, vol. xt, p. 273; Terzo contributo, vol, xtv, p. 187. sul BRR: ELENCO SISTEMATICO DELLE SPECIE Ordo HYMENIALES — Fam. Thelephoraceae. 1.* Exobasidium Rhododendri Cramer; Sace. Sy. VI, pag. 664. Sopra foglie di Rhododendron ferrugineum; Monti liguri. Ordo GASTERALES — Fam. Selerodermataceae!. . Scleroderma Geaster Fr.; Sacc. Sy. VII, pag. 138. 3. Melanogaster variegatus Tul.; Sacc. Sy2/. VII, pag. 165. 10. . Astreus stellatus Fisch.; Sacc. Sy. VII, p. 90. FI. it. crypt. Gaster., pag. 133. . Pisolithus arenarius Alb. et Schwein.; Sace. Sy2/. pag. 148. FI. it. crypt. Gaster. pag. 108. Fam. Hymenogastraceae!. . Hymenogaster muticus Berk. et Broom.; Sace. Sy2. VII, p. 172. . Hydnangium carneum Walr.; Sace. Sy. VII, pag. 175. . Rhizopogon rubescens Tul.; Sace. Sy2. VII, pag. 161. Ordo UREDINALES. — Fam. Puceciniaceae. . Uromyees excavatus (D. C.) Magnus; Sace. Sy2., VII, pag. 552. Flor. it. crypt. Ured., pag. 36. Sopra Euphorbia spinosa. Sulle colline presso Levanto (Magnus, Bibl. n. 6). Uromyces Behenis (D. C.) Unger.; Sace. Sy. VII, pag. 559. Flor. it. crypt. Ured., pag. 68. n Sopra Siene inflata tra Levanto e Bonassola (Forma ecidica). (Magnus, Bibl. n. 6). 1 MarTIROLO O., Bibliogr. n. 8. — 229 — 11. Uromyces Hausskneehtii Tranzsch.; Sace. Sy2. XXT, pag. 560. FI. it. crypt. Ured., pas. 456. Sopra Euphorbia spinosa a Levanto (Magnus, Bibl]. n. 7). 12. Puccinia Arenariae (Schum.) Wint.; Sace. Sy. VII, pag. 683. FI. it. crypt. Ured., pag. 239. Briosi e Cavara, Fung. parass., n. 318. Sopra Dianthus a S. Remo, Bordighera, Ventimiglia (Voglino, Bibl. n. 13). 13. Puecinia Centaureae (D. C.); Sace. Sy. VII, pag. 633. FI. it. erypt. Ured., pag. 98. Sopra Centaurea sp. presso Portofino. Forma uredosporica (Ma- gnus, Bibl. n. 6). 14. Puccinia Hyoseridis-radiatae R. Maire; Sace. Sy. XXI, p. 653. FI. it. crypt. Ured., p. 469. Sopra Hyoseris radiata presso Sestri Levante, Portofino (Ma- gnus, Bibl. n. 6; Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 629). 15. Puecinia Liliacearum Duby; Sace. Sy22. VII, pag. 668. FI. it. crypt. Ured., pag. 264. Briosi e Cavara, Fung. parass., n. 254. Sopra Ornithogalum sp. presso Portofino (Jaap. Bibl. n. 6, exs. n. 626). 16*. Puccinia Porri (Sovv.) Wint.; Sace. Sy/. VII, p. 605. Fl. it. crypt. Ured., pag. 259. Briosi e Cavara, Yung. parass., n. 313. Sopra foglie di AZZum Porrum in orti della Liguria. Fam. Cronartiaceae. 17. Endophyllum Euphorbiae-silvaticae (D. 0.) Wint.; Sace. Sy. VI, pag. 767. FI. it. crypt. Ured., pag. 365. Sopra Euphorbia amygdaloides in terreni sassosi tra Framura Superiore e Bonassola (Magnus, Bibl, n. 6). Fam, Melampsoraceae. 18. Melampsora Hypericorum (D. C.) Schr.; Sace. SyM. VII, p. 591. FI. it. crypt. Ured., pag. 399. Sopra Androsaemum officinale in boschi di Levanto (Magnus, Bibl. n. 6). 19*. Melampsora populina (Jacq.) Lév.; Sace. Sy/2. VIT, pag. 590. FI, it. erypt. Ured., pag. 401. Briosi e Cavara, lung. parass., n, b. Sopra foglie di Populus a Sarzana. . 230 — bo . Melampsorella Symphyti (D. C.) Bubak; Sace. Sy. XVII, pa- gina 464. FI. it. crypt. Ured., pag. 424. Sul Symphytum tuberosum presso Portofino (Magnus, Bibl. n. 6; Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 659). Ordo UREDINALES IMPERFECTAE. 21. Aecidium Centranthi Thiim. FI. it. crypt. Ured., pag. 433. Sopra Centranthus ruber presso Bordighera, Capo S. Elia (Ma- gnus, Bibl. n. 6; Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 631). bo bo 2*, Aecidium Ranunculacearum D. C.; Sace. Sy2. VII, pag. 776. FI. it. crypt. Ured., pag. 441. Sopra foglie di Ranuneulus Ficaria a Sarzana. Fam. Tilletiaceae. 23. Entyloma Heloseiadii P. Magn.; Sacc. Sy. VII, pag. 489. Sopra Aelosciadium nodiftorum Koch presso Portofino (Magnus, Bibl. n. 6). 24. Urocystis Anemones (Pers.) Wint.; Sace. Sy2/. VII, pag. 518. Sopra Helleborus viridis presso S. Lorenzo sopra S. Margherita (Magnus, Bibl. n. 6). Fam. Ustilaginaceae. 25. Ustilago Ischaemi Fuck.; Sace. Sy2. VII, pag. 454. Sopra Andropogon hirtus presso Varazze, Portofino (Magnus, Bibl. n. 6; Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 622). 26. Ustilago Vaillantii Tul.; Sace. Sy. VII, pag. 465. Briosi e Ca- vara, Fung. parass., n. 280. Sopra Muscari comosum in oliveti presso S. Lorenzo sopra S. Margherita e declivi presso Portofino (Magnus, Bibl, n. 6). Ordo PYRENIALES — Fam. Ceratostomataceae. 27*. Chaetoceratostoma hispidum Turconi et Maffei. Sopra foglie di Castanea vesca nei dintorni di Varazze (Tur- coni e Maffei, Bibl. n. 12). * Sitia 606 F. è al - Cai Ù 4 si a — 23 = 28%. Gnomonia Juglandis (D. C.) Trav.; FI. it. erypt. Pyren., pag. 343. Sace. Sy. I, pag. 568 (G. /eptostyla). Sopra foglie secche di Juglans regia a S. Remo*(legit. G, Va- gliasindi). Fam. Sphaeriaceae. 29%. Anthostomella Molleriana Trav. et Spessa; Sace. Sy72. XXII, pag. 98. Sopra piccioli di P/oenir canariensis a Sarzana, Loano. Oss. — Questa specie trovata sopra piccioli secchi di Phoenix dactyliphera e descritta nel 1910 da Traverso e Spessa per i funghi del Portogallo (Trav. et Spessa, La flora micologica del Portogallo. Saggio, Extr. do Bol. da Soc. Brot. XXV, 1910) è per la prima volta segnalata in Italia. La raccolsi a Sarzana, a Loano sopra P%. canariensis e la rin- venni pure sopra una P%. dactyliphera dell'Orto Botanico di Pavia che presentava rachidi fogliari completamente coperti dai corpi fruttiferi di tale fungo. 30*. Anthostomella Trabutiana Sace. et R.; Sace. Sy22. I, pag. 282. FI. it. Crypt. Pyren., pag. 486. Sopra foglie di Agave Americana a Loano. 31. Sphaerella erepidophora (Mont.) Sace. Sy22. I, pag. 479. FI. it. erypt. Pyren., pag. 560. Sopra foglie di Viburnum Tinus a Pegli (JTaap. Bibl. n. 4, exs. n. 618 (sub Mycosphaerella crepidophora (Mont.) Rehm )). 32%. Sphaerella Cruciferarum (Fr.) Sace. Sy. I, pag. 514. FI. it. crypt. Pyren., pag. 542. Sopra cauli secchi di Brassica. Ri (Chiavari). 33. Sphaerella Filicum (Desm.) Auersw.; Sacc, 872. I, pag. 532. FI. it. crypt. /’yren., pag. 638. Sopra Asplenium Adianthum nigrum presso Sestri Levante (Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 617 (sub Mycosphaerella Filicum (Desm.) Starb.)). 34%. Sphaerella brassicicola (Fr.) Ces. et De Not.; Sace. .Sy22. I, pa- gina 502. FI. it. crypt. Pyren., pag. 581. Sopra foglie di cavolfiore. Genova. 35%. Sphaerella Vincetoxici Sace. Sy. I, pag. 516. FI. it. crypt. Pyren. pag. 567. Sopra cauli secchi di Vincetoricum officinale sul M. Roncallo (S. Stefano d'Aveto). 36% (vi) =] 38. Sr 232 — . Venturia pirina Aderh.; Sace. Sy. XXI, pag. 150. FI. it. crypt. Pyren. pag. 670. Sopra foglie marcescenti di Pirus communis a Sarzana. *. Leptosphaeria dryadea Sace. Sy. II, pag. 50. Sopra foglie di Quercus a Chiavari. Leptosphaeria helvetica Sacc. et Speg. var. major Rehm.; Sace. Syl. IX, pae. 796. Sopra Selaginella helvetica presso Portofino (Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 619). Massaria Platani Ces. var. quercina; Sace. $y2/. II, pag. 7. Sopra rami dì Quercus a S. Ilario Ligure (Nervi). 40*. Pleospora acaciicola P. Henn.; Sace. Sy. XVI, p. 545. 41. Sopra foglie di Acacia a S. Ilario Ligure (Nervi). Pleospora Spartii (Sacc.) Sace. et Berl.; 572. II, pag. 258. Sopra rami secchi di Calycotome spinosa n. matr. presso Sestri Levante (Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 658). 42*. Pleospora Briosiana n. sp. maculis amphigenis, umbrinis vel avel- laneo brunneis, castaneo cinctis, irregularibus, marginalibus vel latis; peritheciis punctiformibus, gregariis, innato erumpentibus, prominulis, poro pertusis 180-250 v 80-190 w.; ascis clavatis 98-106 > 23-24 u. octosporis ; sporis distichis, 5-7 septato-muriformibus, tertio et quarto oculo plerumque inflatis 28-30 x 11-12 mu. ellipsoideis, apice leviter acuminatis, melleis, paraphysibus filiformibus septatis. Hab. In foliis vivis Bignoniae buccinatoriae. Chiavari (Liguria). Attacca le foglie di Bignonia duecinatoria e si sviluppa in macchie di varia forma. In molte foglie l’alterazione incomincia all’apice e procede verso la base invadendo gran parte del lembo fogliare; in altre si limita ai margini pur prendendo una discreta esten- sione (tav. XVII, fig. 7). Sono macchie per lo più di color nocciola marginate di scuro e sfumate. I periteci sono numerosi, riuniti in gruppi prima ricoperti dall’epidermide, poi erompenti. In sezione si presentano solitamente di forma ovale, altre volte piriformi colla parte appuntita annidata nel tessuto fogliare. Misurano 180-250 x 80-90 u. di diametro. Contengono aschi clavati di 98-106 > 23-24 w. con otto spore ovoidali leggermente appuntite alle estremità, di solito 7-settate, raramente con soli 5 setti; misurano 28-30 v 11-12 w.; sono di color melleo e rigonfiate in corrispondenza del terzo e quarto loculo (tav. XVII, fig. 9-10). Le parafisi sono filiformi settate. 43% 60. — 233 — Fam. Hypocreaceae. . Gibberella morieola (De Not.) Sace. Sy. II, pag. 553. Briosi e Cavara, Fung. parass., n. 72. Sopra rami di Morus a Sarzana (Villa Olandini). Ordo TUBERALES — Fam. Tuberaceae.! . Genea Lespiaultii Corda; Sace. Sy. VIII, p. 875. . Genea Klotzschii Berk et Broom; Sace. Sy22. VIII, pag. 874. . Genea verrucosa Vitt.; Sacc. Sy. VIII, p. 873. . Balsamia vulgaris Vitt.; Sace. Sy2. VIII, pag. 877. . Tuber aestivum Vitt.; Sace. Sy. VIII, pag. 891. . Tuber mesentericum Vitt.; Sacc. Sy. VII, pag. 890. . Tuber Borchii Vitt.; Sacc. Sy. VIII, pag. 889. . Tuber excavatum Vitt.; Sace. Sy2/ VIII, pag. 886. . Tuber rufum Pico; Sace. Sy. VIII, pag. 897. . Tuber nitidum Vitt.; Sace. Sy27 VIII, pag. 897. . Tuber stramineum Quel. et Ferry; Sace. Sy7. X, pag. 81. . Tuber panniferum Tul.; Sace. 872. VIII, pag. 896. . Tuber Requieni Tul.; Sace. Sy/. VITI, pag. 896. Fam Elaphomycetaceae.' . Elaphomyces hirtus Tul.; Sace. Sy. VIII, pag. 868. . Elaphomyces collatus Tul.; Sace. Sy. VIII, pag. 867. . Elaphomyces echinatus Vitt.; Sace. Sy. VIII, pag. 870. Ordo DISCALES — Fam. Sticetidaceae. Naemacyelus nivens (Pers.) Fuck.; Sace, Sy. VIII, pag. 701. Sopra foglie di Pinus pinaster a Pegli (Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 607). ! MartIROLO, Lbliogr. n. 8. - 234 Fam, Phacidiaceae. 61. Phacidium Phyllireae Pass.; Sace. Syl. X, pag. 48. Sopra foglie putrescenti di PhyZlirea angustifolia presso Alassio (Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 609). Ordo PROTOMYCALES — Fam. Protomycetaceae. 62. Protomyces Kreutensis Kiihn; Sace. Sy. VII, pag. 319. Sopra foglie di Hyoseris radiata presso Sestri Levante (Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 601). Ordo DOOMYCALES — Fam. Peronosporaceae. 63. Peronospora Ficariae Tul.; Sace. Sy2. VII, pag. 251. Sopra Ranunculus bulbosus in oliveti presso Portofino (Ma- genus, Bibl. n. 6) Ordo SPHAEROPSIDALES — Fam. Sphaerioidaceae. 64*. Phyllostieta ambiguella Sacc.; Sacc. Sy2. XXII, pag. 856. Sopra foglie di Ficus repens a Nervi. 65*. Phyllostieta acaciicola P. Heun.; Sace. Sy/. XII, pag. 835. Sopra foglie di Acacia longifolia a Loano, S. Ilario Ligure (Nervi). 66%. Phyllostieta bacteriformis (Pass.) Sace. f. quereus C. Mass.; Sacc. Sy0l. XVIII, pag. 240. Sopra foglie morte di Quercus a Chiavari. 67. Phyllostieta Brassicae (Curr.) West.; Sace. Sy. III, pag. 38. Sopra foglie di Cavolo-fiore a Genova. 68*. Phyllostieta Eucalypti Thiim ; Sace. Sy22. III, pag. 9. Sopra foglie di Ercalyptus globulus a Sarzana. _ 69*. Phyllostieta evonymella Sace.; Sace. Sy2. IMI, pag. 15. Sopra foglie di Evonymus japonicus a Chiavari. 70*. Phyllostieta Ligustri Sacc.; Sace. Sy2. III, pag. 21. Sopra. foglie di Ligustrum vulgare a Chiavari. — 235 — 71*. Phyllostieta nobilis Thim.; Sace. Sy2. III, pag. 18. Sopra foglie di Laurus nobilis a Chiavari. 72°. Phyllostieta Psidii F. Tassi; Sace. Sy22. XVI, pag. 831. Sopra foglie di Psidium a Chiavari. 73°. Phyllostieta punetiformis Sace. Sy? XVIII, pag. 241. Sopra foglie di Castanea vesca a Chiavari. 74*. Phoma Almeidae Sace. et Trav.; Sace. Sy. XXII, pag. 891. Sopra foglie morte di Platanus orientalis a Sarzana. Oss. — Per quanto mi sappia, questa specie è segnalata per la prima volta in Italia e a differenza di quella descritta dagli A., la mia fu trovata sulle foglie anzichè sulla corteccia. 75.* Phoma arundinacea (Berk.) Sace. f. bambusina; Sace. Sy/. XXII, pag. 263. Sopra ramo secco di Bambdusa nel campo sperimentale del Con- sorzio Agrario di Sarzana. 76%. Phoma oleracea Sace. Sy2/. III, pag. 135. Sopra cauli di Brassica o/eracea in orti di Ri (Chiavari). 77.* Phoma epiphylla (Liv.) Sace.; Sace. Sy. III, pag. 107. Sopra foglie cadute di Prunus Lauro-Cerasus a Chiavari. 78. Phoma Magnusii Bomm.; Sace. Sy. X, pag. 181. Sopra Phoenir a Sarzana (Briosi, Bibl. n. 1). 79. Phoma Phormii (Cooke) Sace.; Sace. Sy2, III, pag. 166. Sulle foglie di Phormium tenax a Chiavari, 80%. Phoma polypsecadiospora d’Alm. et Da Cam.; Sace. Sy//, XXII, pag. 880. Sopra foglie di Medera a Ri (Chiavari).. 81%. Phoma thujana Thiim.; Sace. Sy2/. III, pag. 102. Sopra foglie e rametti morti di Thuja orientatis a Chiavari. 82.* Phoma Vitis Bon.; Sace. Sy. III, pag. 79. Sopra sarmenti di Vitis vinifera in orti di Chiavari. 83*. Phoma ynceicola Pat.; Sace. Sy//. XXII, pag. 894. i Sopra foglie morte di Yucca a Sarzana. 84”. Phomopsis Diospyri (Sace.) Trav. et Spessa; Sace. Sy. INT, pa- gina 90 (Phoma). Sui ramoscelli di Diospyros Kaki a Pegli. 86%. Sta 88%. — 236 — *. Phomopsis Coceuli n. sp. Maculis magnis plerumque in foliorum apice, albo-griseis, irregularibus, nigro late marginatis: pienidiis am- phigenis, globoso depressis, subeutaneis 160-180 u diam.: sporulis ovato ellipticis 6-11 2-3 wu biguttulatis granulosis, hyalinis; sporo- phoris filiformibus. Has. In foliis vivis Coceulì laurifolii. Chiavari (Liguria). Le foglie di Cocculus laurifolius attaccate da questo fungillo pre- sentano delle macchie color cenerino chiaro irregolarmente margi- nate di nero sfumanti al nocciola. Per lo più le macchie sono 'api- cali ed occupano circa un terzo del lembo fogliare (tav. XVII, fig. 1). Nelle macchie si osservano i corpi fruttiferi del fungo che si svi- luppano su ambo le pagine della foglia. In sezione sono marcata- mente depressi e contengono numerose spore ialine, biguttulate, granulose, ovato-ellittiche portate da basidii pure ialini filiformi (ave eXSVI tie 2309): Raccolsi a Chiavari alla Villa Pallavicini-Rocca. Maerophoma calaritana (Br. et Cav.) Maffei (Phylosticta calari- tana Briosi et Cavara, Funghi parassiti delle piante, ecc. n. 890); Sacc. SyU. XXII, pag. 836. Sopra foglie di Ceratonia Siligqua a Chiavari. Oss. Questa specie che Briosi e Cavara diedero come PRyllostieta calaritana, trovata sulle foglie di Ceratonia Siliqua proveniente dal- l'Orto Botanico di Cagliari, va riportata al genere Macrophoma = M. Calaritana = perchè le spore hanno grande dimensione e mi- surano 15-20 v 4,5-5,5 «. Ho confrontato i miei esemplari con quelli di Briosi e Cavara e corrispondono perfettamente alla diagnosi da loro data. Macrophoma Dracaenae fragrantis Mori; Sace. Sy. XI, pa- gina 497. Sopra foglie di Dracaena indivisa a Pegli. Oss. I miei esemplari si sviluppano sopra Drucaera indivisa, nuova matrice, e presentano piccolissime differenze nella dimensione delle spore che misurano 18-20 v 5-6 */, 4, mentre quelle indicate dalla diagnosi dell'autore sono 18-21 + 3. Macrophoma memorabilis C. Mass.; Sace. 8y2. XVI, pag. 882. Sopra foglie putrescenti di Prunus Lauro Cerasus a Chiavari. 89*. Maerophoma persieina (B. et C.) Berl. et Vogl.; Sace. Sy22. X, pa- gina 190. Sopra ramoscelli di Amygdalus persica a Chiavari. gg = 90*. Maerophoma Yuccae n. sp. Maculis indistinetis vel margine ob- scuro circumscriptis; picnidiîs majusculis, innato erumpentibus gre- gariis; sporulis subfusiformibus, pallide: chlorinis, granulosis, enu- cleatis 20-23 < 5-7 n., basidiis filiformibus suffultis. Has, In foliis Ywecae g/oriosae, Nervi (Liguria). Ho trovato questa specie sulle foglie di Ywcca gloriosa a Nervi. I corpi fruttiferi si sviluppano in macchie mal delimitate o cir- coscritte da un margine oscuro (tav. XVII, fig. 11-12). Le spore, portate da basidii distinti, sono affusolate snelle ad estremità più o meno arrotondate, granulose, senza nucleo e leggermente clorine (tav. XVII, fig. 13). Questa specie, parmi, per tali caratteri, ben di- stinta dal Macrophoma Cavarae descritta dal Pollacci sopra Yucca Draco e Dasylirion longifolium. Le spore del M. Cavarae hanno molto maggiori dimensioni (36-39 * 13.50 «) e sono di forma tozza, ellittica, con grosso nucleo nel mezzo. Confrontando le due specie si vedono nettamente le differenze, come lo dimostra anche la fi- gura 14 della tavola XVII che è stata presa direttamente dagli esemplari del Pollacci. 91*. Macrophoma Cinnamomi glanduliferi n. sp. Maculis amphigenis, latis, avellaneis, obscure limitatis, magnam partem foliorum occupantibus; picnidiis majusculis, gregariis, innato erum- pentibus plermque epiphyllis 190-200 * 150-160 n; sporulis cilindraceo- oblongis vel fusiformibus, apicibus obtusis, hyalinis, granulosis, guttulatis 20-26 x 4-7; sporophoris aequilongis, dense stipatis, subclavatis, hyalinis. Has. In foliis vivis Cinnamomi glanduliferi, Chiavari (Liguria). Questa nuova specie fu da me trovata sulle foglie vive di Cin- namonum glanduliferum raccolte nella villa Pallavicini-Rocca a Chia- vari e villa Olandini a Sarzana. Si sviluppa in grandi macchie di color nocciola più o meno marcate limitate da un margine più scuro (tav. XVII, fig. 4). I corpi fruttiferi, che si osservano più spesso sulla pagina superiore, sono numerosi e in sezione si vedono im- mersi nel tessuto fogliare comunicanti all’esterno per rottura del. l'epidermide (tav. XVII, fig. 5). Le spore oblunghe, granulose, gut- tulate sono portate da basidii a forma di clava tronca superiormente, lunghi quanto le spore (tav. XVII, fig. 5-6). Le piante di Cinnamomum glanduliferum dalle quali raccolsi i miei esemplari presentavano moltissime foglie mal ridotte dall'attacco di questo fungillo. 92*. Dothiorella Amygdali Coke et Massee; Sace, Sy//. X, pag. 229 die pt ie VITTI NRE ISTE SO PI." — 238 — Sopra legno di Amygdalus Persica nel Campo sperimentale del Consorzio Agrario di Sarzana, 93*. Cytosporella Cinnamomi Turconi; Sace. Sy2/. X.XII, pag. 954. Sulle foglie di Cinnamomm glanduliferum a Chiavari e Sarzana. 94% Coniothyrium borbonicum Thim.; Sace. Sy/. III pag. 318. Sopra foglie di Latania a S. Ilario Ligure (Nervi). 95*. Coniothyrium pallidofuseum Sace.; Sace. Sy2. III, pag. 314. Sulle foglie di Araucaria a Sarzana. 96% Sphaeropsis Eriobotryae Speg.; Sace. Sy7. XXII, pag. 980. Sopra foglie putrescenti di Eriobotrya japonica a Sarzana. Oss. Specie nuova per l’Italia. 97%. Sphaeropsis Mori Berl.; Sacc. Sy7. X, pag. 256. Sopra rami secchi di Morus a Sarzana. 98%. Cytoplea arundinicola Bizz. et Sace. Sy. III, pag. 325. Sopra culmo putrescente di Arundo Donar a Ri (Chiavari). 99%. Diplodia conigena Desm.; Sacc. Sy22. III, pag. 359. Sopra strobili di Araucaria a Sarzana. 100%. Diplodia malorum Fuck.; Sace. $y2/. III, pag. 363. Sopra frutti putrescenti di Pirus communis a Sarzana. 101%. Diplodia populina Fuck.; Sace. Sy. III, pag. 353. Sopra rami secchi di Populus a Ri (Chiavari). 102%. Mierodiplodia Elaeagni Potebnia; Sace. SyZ. XXII, pag. 1003. Sopra foglie di /laeagnus a Nervi. Oss. A differenza della specie descritta dallA. trovata sopra rami di Elaeagnus, la mia si sviluppa sulla pagina superiore delle foglie, in macchie biancastre contornate di bruno ed è qui segnalata per la prima volta in Italia. 103. Botryodiplodia Chamaeropis Delacroix; Sace. Sy22. XIV, pa- gina 942. Sopra foglie di Phoenir dactylifera a S. Remo. (Pantanelli e Cristofoletti, Bibl, n. 9). 104%. Ascochyta Magnoliae Thiim.; Sace. Sy22. III, pag. 384. Sopra foglie di Magnolia grandiflora a S. Ilario Ligure (Nervi). 105*. Asceochyta Spireae Kab. et Bub.; Sace. Sy. XXII, pag. 1018. Sulle foglie di Spiîrea sp. a Chiavari. Oss. Specie nuova per l’Italia. = 239 — 106*. Aseochyta Eriobotryae Voglino: Sace. Sy27. XXIT, pag. 1030. Sulle foglie di Ersodotrya japonica a Ri (Chiavari). 107*. Aseochyta vicina Sace. ? evonymella; Sace. Sy. 1II, pag. 404. Sulle foglie di Eronymus japonicus in orti di Chiavari. 108%. Hendersonia sarmentorum West. var. Mahoniae Hollòs; Sace. Syll. XXII, pag. 1059. Sulle foglie di Mahonia Bealei a Sarzara. 109*. Septoria asclepiadea Sace, $y22. ITI, pag. 512. Sopra fusticini di Cynanchum Vincetorieum a S. Stefano d’Aveto. 110%. Septoria Acanthi Thiim.; Sace. Sy22. III, pag. 535. Sulle foglie di Acanthus mollis a Sarzana. 111*. Septoria Evonymi Rabh.; Sace. Sy. III, pag. 482. Sulle foglie di Evonymus europaeus a Chiavari. 112. Septoria Hyoseridis R. Maire; Sace. Sy2. XXII, pag. 1108. Sopra Hyoseris radiata presso Portofino (Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 643). 113*. Septoria Iridis C. Massalongo; Sace. Sy/Z. X, pag. 382. Sulle foglie di Iris a S. Ilario Ligure (Nervi). 114*. Septoria Quercus Thiim.; Sace. Sy2. III, pag. 504. Sopra foglie di Quercus a S. Ilario Ligure. 115*. Septoria Vincetoxici (Schub.) Auersw.; Sace. Sy2. III pag. 542. Sopra caule secco di Cynanchum Vincetoricum a S. Stefano d’Aveto. 116*. Septoria Viburni West.; Sace. Sy, ITI, pag. 493. Sopra foglie di Vidurnum Tinus a Chiavari. Fam. Leptostromaceae. 117*. Leptostroma Pteridis Ehrenb.; Sace. Sy/2. IIT, pag. 645. Sopra rachidi di Pterîs a Loano. Ordo MELANCONIALES — Fam. Melanconiaceae, 118%. Gloeosporium anthuriophilum "Trinchieri; Sace. Sy/. X.XII, pag. 1191. i Sopra foglie di Ant/hurium Andraeanum Lind, a S. Ilario Ligure (Neryi). — 240 — 119%. Gloeosporium Aquifolii Penz.; Sace. Sy7, ITI, pag. 701. Sulle foglie di MaRonia Bealei a Sarzana. 120. Gloeosporium nubilosum Pass.; Sace. 972. X, pag. 461. Sopra Phoenix dactylifera a Ceresolo (Rapallo). 121*. Myxosporium Balmoreanum Speg.; Sace. Sy2. XXII, pag. 1195. Sopra rachidi di foglie languenti di Kentia a S. Remo. Oss. Finora non era stata trovata.in Italia, ma solo in America, ove fu raccolta e studiata da Spegazzini. 122. Colletotrichum Spinaciae Ellis et Halsted.; Sace. Sy/. X, pa- gina 469. Sopra Spinacia oleracea a Savona (Voglino, Bibl. n. 15). 123% Melanconium didymoideum Vesterg.; Sace. Sy2. XVIII, pa- gina 470. Sopra rami secchi di Alnus (M. Roncallo; S. Stefano d'Aveto). 124.* Pestalozzia laurina Mont.; Sace. Sy2. IIT, pag. 800. Sulle foglie di Larus nobilis a Chiavari. Ordo HYPHALES — Fam. Tuberculariaceae. =; bo (n 5*. Fusarium Solani (Mart.) Sacc. Sy7. IV, pag. 705. FI. it. erypt. Hyph. pag. 87. Sopra tuberi di .Solanum tuberosum. Albenga (Cattedra ambu- lante d’Agricoltura). Fam. Dematiaceae. 126*. Aeremoniella atra (Corda) Sacc. Sy2. IV, pag. 302. FI. it. crypt. Hyph. pag. 268. Sopra foglie di Kentia Forsteriana. S. Remo (legit. Dr. G. Va- gliasindi). 127*. Cladosporium fulvum Cooke var. violaceum Voglino, Flor. it. crypt. Hyph. pag. 885. Sopra Solanum Lycopersiceum a Sestri Levante, Loano, Al- benga, ecc. 128. Sceolecotrichum melophthorum Prill. et Delacr.; Sace. Sy. X, pag. 599. FI. it. crypt. Hyph. pag. 881. Sopra giovani cetrioli (Oweumis sativus). Albenga (Voglino, Bibl. n. 13). alti ln — 241 — 129*. Clasterosporium Hydrangeae (Thuem.) Sace. SyZ. IV, p. 393. Sopra foglie dì Hydrangeae Hortensia a Genova (Comizio Agrario). Oss. — E qui segnalata la sua prima comparsa in Italia. 130%. Heterosporium echinulatum (Berk.) Cke; Sace. Sy? IV, pa- gina 481. FI. it. crypt. HypA. pag. 449. Sopra foglie di Dianthus. Alassio (vedi anche Voglino, Bibl. n. 17). 131*. Heterosporium gracile (Wallr.) Sace. Sy. IV, pag. 480. FI. it. cryp. Hyph. pag. 448. Briosi e Cavara, Fung. parass. n. 115. Sopra foglie di Iris /lorentina a Chiavari. 132. Alternaria Brassicae forma exitiosa (Kiihn) Ferr. FI. it. erypt. Hyph. pag. 521. Sopra piante di Brassica. Albenga (Voglino, Bibl. n. 13). 133*. Alternaria Dianthi Stev. et Hall.; Sace. Sy2. XXII, pag. 1410. Sopra Dianthus. Ventimiglia e Genova (Dr. G. Vagliasindi) (vedi anche ‘furconi, Bibl. n. 11). Fam. Mucedinaceae. 134. Ovularia palmicola Pantanelli. Sopra foglie di Pa/me a S. Remo (Pantanelli e Cristofoletti, Bibl. n. 9). 135. Ovulariopsis Cisti Jaap. Sopra Cistus monspeliensis presso Alassio (Jaap. Bibl. n. 4, exs. n. 648). 136*. Ramularia Centranthi Brun.; Sace. Sy. X, pag. 559. Flor. it. crypt. Hyph. pag. 829. Briosi e Cavara, /ung. parass., n. 417. Sopra foglie di Centranthus ruber a S. Ilario Ligure (Nervi). 137*. Ramularia Parietariae Pass.; Sace. Sy7. IV, pag. 216. FI. it. eryp. Hyph. pag. 795. . Sopra foglie di Parietaria officinalis a Loano. 138*. Ramularia purpurascens Wint.; Sace. Sy/. IV, pag. 209. FI. it. erypt. Hyph. p. 834. Sopra foglie di 7'ussilago a Sarzana. 139. Cercosporella Cytisi Jaap. Sopra Cytisus triflorus a Pegli (Jaap. Bibl. n, 4, exe. n. 649). 242 Ordo MYXOMYCALES — Fam. Myxomycetaceae. 140. Stemonites splendens Rost.; Sace. Sy22. VII, pag. 398. A S. Desiderio d’ Apparizione (Genova) (Saccardo D., Bibl. n. 10, exs. n. 343). Mycelia sterilia. 141%. Rhyzoctonia violacea Tul.; Sace. Sy. XIV, pag. 1175. Sopra radici e steli di Medicago sativa a Sarzana. — 243 — | SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XVII » 5. — Picnidio di Macrophoma Cinnamomi glanduliferi. 6. — Spore di M. Cinnamomi glanduliferi. » ©. — Foglia di Bignonia buccinatoria attaccata. |» ® — Porzione di foglia di . buccinatoria con periteci di Pleospora Brio- E, Mii siana n. sp. visti di fronte. » 8 bis. — Peritecio di PI. Briosiana in sezione. » 10. — Asco, parafisi e spore di PI. Briosiana, — Porzione di foglia di Yucca gloriosa con macchie. Picnidio di Macrophoma Yuccae n. sp. in sezione. ARLIO i RA SLITATICI O COMCT Maiuhinin riramdbe@ttt n; MEANT AAVITEATItTo otainalbio SA ei SDAI va sagdi ang dari rioni i sit 1, cilea ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO DIRETTI da GIOVANNI BRIOSI INTORNO AD UNA NUOVA MALATTIA DEI BAMBÌ (Bambusa mitis Por. B. nigra Lold. e B. gracilis Hort.) PER MALUSIO TURCONI ' assistente al Laboratorio Crittogamico (con una tav, litogr.) La malattia, oggetto delle presenti ricerche, si manifestò, con in- tensità tale da richiamare l’attenzione, durante l'estate 1914, in una piantagione di bambù abbastanza ricca e prosperosa dell'Orto botanico di Pavia, costituita da Bamdusa mitis Poir. che è la più bella e grossa fra le specie da noi coltivate. Le piante colpite avevano quasi tutti i rami in parte o totalmente secchi, biancastri, cosparsi di numerosissime pustuline nere, rotondeg- gianti, di grandezza variante da mezzo a un millimetro, oppure ovali od allungate nel senso longitudinale dell'asse del ramo, lunghe 1-2 mm,, lar- ghe 0,5-1 mm. (tav. XVIII, fig. 1-4). I primi sintomi del male si manifestano su rami d’ogni ordine e grossezza, di preferenza nella parte apicale e sui giovani rametti fogli- feri. Appaiono dapprima delle macchioline o delle strie bruniccie che ingrandiscono successivamente e confluiscono insieme sino a formare delle aree brune estendentisi anche a più internodi. Le parti malate brune gradualmente diventano biancastre e seccano e si ricoprono in- fine delle numerose pustuline nere sopramenzionate. Sottili sezioni trasversali o longitudinali dei rami praticate in cor- rispondenza delle aree infette e, previo debiti trattamenti, esaminate al microscopio, mostrano i tessuti invasi da ife miceliche ialine, set- ! Vedi anche: M, Turcoxr, Sopra una nuova malattia dei bambù, Nota pre- liminare in Rend. Ace, dei Lincei, vol, xxv, serie 5", 1° sem, Atti dell'Ist. Bot. dell'Univereità di Pavia — Serie IL — Vol. XVI, pi | SEMO tate, penetranti nelle cavità cellulari che attraversano in tutti i sensi passando per le punteggiature delle membrane. Non vi si notano dis- sociazioni di cellule. Nelle infezioni iniziali ed in quelle non molto avanzate, cioè nelle aree tuttora brune, non è sempre facile poter constatare la presenza delle ife e seguirne il percorso nei tessuti necrotizzati causa l’imbru- nimento del contenuto e delle pareti cellnlari. Per metterle in evidenza si deve ricorrere a qualche speciale reat- tivo atto a colorare il micelio ed a chiarificare nel tempo stesso le sezioni, quale il bleu coton C 4 B di Poirrier sciolto in acido lattico ! 0, meglio ancora, in lattofenolo 2, Con tale reattivo il micelio si colora in bleu e resta quindi visi- bile, tanto più poi nelle sezioni fatte in parti di ramo già secche e biancastre nelle quali le ife colorate in bleu risaltano benissimo fra gli elementi dei tessuti che restano ialini, onde si può facilmente se- guirne il percorso nelle cellule e nei vasi ed il loro passaggio attra- verso le punteggiature delle pareti cellulari. Nei vasi le ife miceliche hanno una via di propagazione più facile, onde dagli internodi completamente invasi e morti l'infezione scende ai sani sottostanti attraverso la zona interna che imbrunisce precor- rendo la necrosi dello strato corticale il quale solo più tardi è invaso dal micelio. Il male procede di solito gradualmente dall’apice alla base dei rami: in alcuni l’infezione si localizza nella regione basale o nella re- gione mediana del ramo, donde scende poi gradualmente verso la base. In tali casi la parte del ramo soprastante alla porzione infetta muore e si secca senza che su essa compaiano le caratteristiche frut- tificazioni del parassita le quali si formano solo nelle parti infette, (dopo la loro morte. Quando il fango si appresta alla riproduzione, le ife miceliche si ammassano in dati punti sotto l'epidermide ove intrecciansi fittamente 1 GubGuren M. F., Sur l’emploi des bleus pour coton et pour laine dans la technique mycologique (Bull. Soc. mye. de France, xxr, 1905, pag. 42-46). 2 Si usa uma forte soluzione di bleu coton CBBBB in lattofenolo (miscela in parti uguali di acido lattico, fenolo liquido, glicerina e acqua distillata); vedi KLEBHAN H. in Myeologisch. Centralblatt, mi (1913), pag. 50. Sezioni fatte in materiale fresco o conservato in alcool le passavo da una soluzione alcoolica direttamente nel reattivo in un vetrino d’orologio che sotto- ponevo ad un leggiero riscaldamento. Lavavo quindi accuratamente e suecessiva- mente le sezioni in lattofenolo puro per togliere l’eccesso di colorazione, indi le osservayo al microscopio montate sempre in lattofenolo puro. OOO TT — —— A, 7 LIE VE fa n "a — 247 — a formare degli stromi pseudoparenchimatici che danno luogo a corpi fruttiferi di due specie, poichè, come vedremo, questo micromicete si riproduce sotto due diverse forme: una conidica per trasformazione di interi stromi o di loro porzioni in acervuli melanconiacei ; l’altra asco- fora per differenziazione di loculi o periteci ascogeni entro la massa stromatica. Per la formazione degli acervuli conidici, alla superficie superiore dello stroma immediatamente sotto l’epidermide, si differenzia uno strato imeniale proligero che produce continuamente conidiospore mentre si affonda gradualmente nello stroma stesso (tav. XVIII, fig. 5). Così un acervulo evoluto, maturo, presenta uno strato stromatico inferiore, bru- nastro, a superficie più o meno concava verso l'esterno e tappezzata da un imenio di conidiofori (basidii) portante numerosissime conidiospore brune che premendo contro l'epidermide la sollevano e ne determinano la rottura rimanendo così allo scoperto. Queste spore sono brune, gene- ralmente globose, globoso-angolose o piriformi con un diametro di 14-18 x, talvolta anche oblunghe ellissoidali, lunghe 21-24w, larghe 12-14 4; pre. sentano plasma granuloso e quasi sempre una grossa goccia oleosa e qualche .volta 2 o 3 goccie piccole (vedi tav. XVIII, fig. 6). Le coni- diospore si originano per formazione acrogena all'apice di sporofori ialini o leggermente bruni, continui o settati, stipati, lunghi press'a poco quanto il diametro delle conidiospore od anche più (sino al doppio) e talora persistenti attaccati alle spore stesse a guisa di pedicello. Le conidiospore germinano emettendo dei budelli micelici dapprima continui e semplici, di poi settati e ramificantisi. Questa forma conidica pei suoi caratteri morfologici va posta nei Deuteromycetae fra le Melanconiaceae e precisamente ascritta al genere Melanconium. Essa è la forma di riproduzione più frequente del fungo, la sola che trovai durante l’estate e l'autunno. Frammisti a numerosissimi acervuli conidici vedevansi anche pa- recchi stromi con porzioni di già trasformate in acervuli conidiferi e con accenni di formazione di loculi nell'interno dello stroma stesso ed aleuni altresì, sempre provenienti dallo stesso micelio, con sola differen- ziazione di loculi nell'interno della massa stromatica. Durante l’estate e l'autunno in numerosissimi esami fatti con vario materiale non mi fu dato di osservare in detti stromi loculi in istadio di evoluzione tale da confermarmi la sospettata natura periteciale asco- fora di essi. Solo nell’ inverno avanzato in materiale adatto, tenuto all'aperto, potei constatare la trasformazione dei loculi in periteci con aschi e spore che giunsero a maturanza alla fine dell'inverno o durante la primavera. — ‘8 — Uno stroma maturo (vedi tav. XVIII, fig. 8) ha allora un colore nerastro e presenta numerosi loculi o periteci globosi, globoso-depressi od ovati del diametro di 180-200 micromillimetri, con ostiolo poco di- stinto o leggermente protuberante a guisa di papilla, disposti in 2 0 3 serie entro lo stroma. Le pareti dei periteci sono di struttura simile a quella della massa stromatica o distinte solo per una colorazione più scura. Ogni peritecio contiene numerosi aschi sorgenti da un imenio ba- sale, cilindraceo-clavati, lunghi 80-100 x, larghi 22-24 4, ottusi ed arro- tondati all’apice, leggermente attenuantisi verso la base ove terminano in un breve e grosso pedicello; sono frammisti a numerose parafisi fili formi, guttulate e contengono otto spore ciascuno (tav. XVIII, fig. 9), disposte in due serie od obliquamente in una serie sola entro l’asco. Le ascospore sono oblungo-clavate, attenuate nella parte posteriore e più o meno curvate e con un setto vicino alla base; esse sono quindi co- stituite da due cellule disuguali: una piccola inferiore, basale, l’altra soprastante molto più grande (tav. XVIII, fig. 10). Sono ialine, a plasma fimamente granuloso, con 1 o 2 gocciole nella cellula maggiore e talora una gocciolina anche nella minore; misurano 22-26 # di lunghezza per 10-12 # di larghezza. In qualche stroma ascoforo maturo sezionato longitudinalmente potei notare ad una delle estremità anche la forma conidica coll’acer- vulo tipico melanconiaceo. Per la configurazione degli stromi e pel modo di formazione e di- sposizione dei periteci entro lo stroma, la forma ascofora ora descritta trova il suo giusto posto sistematico nella classe Ascomycetae, ordine Pyreniales, nella famiglia delle Dothideaceae e va riferito, anche per le spore unisettate, al genere Scirrhia nella sezione Hya/odidymae. i Le specie di questo genere finora note non arrivano alla ventina, per la maggior parte riscontrate sopra Graminacee, e le seguenti tre precisamente sopra bambù: Scirrhia dambusina Penz. et Sacc., trovata sopra rami secchi di Bambusa sp. a Giava, nell’Orto Botanico di Bui- tenzorg, descritta da Penzig e Saccardo fin dal 1897! ed illustrata poi dagli stessi autori nel 1904; Sc. Zuzonensis P. Henn. ®, sopra foglie . di Bambusa sp. nell’isola di Luzon (Isole Filippine); Se. seriata Syd. 1 PexziG 0. e Saccarpo P. A., Diagnoses fungorum novorum in insula lava collectorum. Ser. 11 (in Malpighia, x1, 1897, pag. 506). ? Pexzi 0. e Saccarno P. A., Icones Fungorum Iavanicorum, pag. 39, tab. xxvI, fig. 2. Leiden, 1904. * HENNINGS P., Fungi philippinenses 1(in Hedwigia, Bd. 47 (1908), p. 256). ero = — 249 — et Butl.,! sopra foglie di Bambusa sp. a Moulmein, Burna (Indie Orientali). Da queste tre specie la nostra qui descritta differisce pei carat- teri morfologici degli stromi e degli aschi e più ancora per la forma e le dimensioni delle ascospore le quali nelle suddette specie sono più piccole, fusoidee, diritte, con un setto nella parte mediana, mentre le mie sono clavate, curve, e settate alla base. Dalle altre specie del genere è pure ben distinta pei caratteri morfologici, per differente stadio conidico e matrice diversa. Le ascopore della Dothideacea da me studiata sono molto simili a quelle del genere Apiospora (appartenente alle Sphaeriaceae semplici, non stromatiche) istituito dal Saccardo ® nel 1875 in base alla forma delle spore. Questo genere, se è ben distinto per la forma caratteristica delle spore, non lo è sempre però per la disposizione dei periteci che in qualche specie possono essere interpretati piuttosto come loculi di una Dothileacea. Così per esempio nelle specie fra loro molto simili: Apio- spora Montagnei Sacc.® e Apiospora Striola (Pass.) Sacc. * pure trovate sopra Bambusaceae, presentanti un aspetto di Dothideacea del genere Scirrhia, anzi, secondo il Traverso, ® non sufficientemente distinte dalla Scirrhia striaeformis Niessì. Ad ogni modo anche da queste la forma da me descritta si diffe—- renzia per la disposizione polistica dei loculi negli stromi ed altresi per differente forma e dimensioni tanto degli stromi che degli aschi e delle ascospore. Un'altra Dothideacea ha qualche affinità con la nostra; è quella trovata nel 1883 sopra rami marcescenti di Bambusacea indeterminata in boschi presso Carapeguà nel Paraguai e che fu descritta nel 1886 dallo Spegazzini, ‘ il quale con essa formò un nuovo genere della fa-- miglia Dothideaceae sezione Hyalosporae col nome di Scirrhiella deno- ! Sybow H. et P. et BurLer E. I, Fuugi Indiae orientalis, Pars n (in Ann. Mycolog., Bd. 1x (1911), p. 402). ? Saccarpo P. A., Conspectus generum pyrenomycetum italicorum systemate carpologico dispositorum. Padova, 1875. ® Saccarpo P. A., Fungi veneti novi vel critici. Ser. 1 (in Nuovo Giorn. Bot. Ital. vr, 1875, pag. 306) e Sylloge Fungorum, 1, pag. 559, 4 Saccarpo P. A., Voc. cit., pag. 305; Sylloge, 1, pag. 539; Pungi italici, t. 180. ® In Flora italica cryptogama, Fungi: Pyrenomycetae, pag. 665, © Tuuemen F., Contributiones ad Floram mycologicam lusitanicam, n. bIT ; e Saccarpo P. A., Sylloge Fungorum, 1, pag. 695. * SprGazzini O. Lungi Guaranitici, Pugiltus, 1, pag. 109, Buenos Aires, 1886, — ‘260—- minando l’unica specie ScovAhiella curvispora Speg. L'Autore pure rileva la grande rassomiglianza che le spore del suo nuovo genere hanno con quelle del genere Apiospora. Per quanto peraltro è dato rilevare dalla descrizione diagnostica ', la Scirrhiella curvispora Speg. presenterebbe qualche affinità colla forma ascofora del micromicete da me descritto, ma se ne distingue oltre che per forma e dimensioni degli stromi (lunghi 1-6 mm., larghi 0,5-0,7 mm.), dei loculi (200-300 # diam.), ecc., anche e specialmente (pei caratteri delle spore, più grandi (40-42 > 10-11 )e sempre continue, mentre quelle della mia specie di ScirrXia, dapprima continue, presentano a maturanza costantemente un setto ben distinto vicino alla base. Riguardo infine alla forma conidica del nostro fungo va notato che altre specie del genere Melanconium furono già trovate sopra Bambu- sacee e cioè: Melanconium sphaerospermum (Pers.) Link.? comune sui culmi di diverse Bambusacee nei vari Stati d'Europa; M. sphaerospermum var. Bambusarum Penz. et Sace. ® sopra culmi di bambù a Tjibodas (Giava); Melanconium bambusinum Speg.* trovato sopra rami marce- scenti di Bambusacea indeterminata presso Paraguari (Brasile); M. ky sterinum Sacc.? sopra culmi morti di Bambdusa Simoni Carr. nell’Orto Botanico di Coimbra (Portogallo); M. arundinaceum El. et Ev. sopra culmi morti di Arundinaria, Louisiana (America boreale); M. Skhiraia- num Syd.® sopra culmi di Bambusa sp. a Tokio (Giappone). Da queste specie però il nostro Me/anconium, oltre che biologica- mente, pel suo comportamento parassitario e per essere la forma coni- dica di una Dothideacea nuova, va distinto anche pei caratteri morfo- logici e dimensioni degli acervuli dei conidii e dei conidiofori, come si può rilevare dal confronto della diagnosi data più sotto colle dia- gnosi delle specie sopracitate. 1 SPRGAZZINI C., loc. cit., pag. 110. 2 Saccarpo P., A., Sylloge Fungorum, 111, pag. (59; Fungi italici, tab. 1080; ALLescugr A., Pungi imperfecti. Melanconieen, pag. 570. 3 Pexzi& 0. e Saccarpo P. A., Diagnoses fung. nov. in insula Tava collect. Ser. 11 (in Malpighia, xv, 1901, pag. 238) e /con. fung. Iavan., pag. 96, tab. Lxv, Genok. 4 Sppcazzini C., Pungi Guaranitici nonnulli novi vel critici, n. 152 (in Re- vista Argentina de Hist. Nat., 1. Buenos Aires, 1891); vedi anche SAC&GARDO, Sy loge x, pag. 474. 5 Saccarpo P. A., Florula mycologica lusitanica, pag. 21 (in Bol. Soc,, Broter. Coimbra, xr, 1893); e Sy2loge, xI, pag. 572. € ELis J. B. and Pvermart B. M., New species of North American fungi from various localities (Bull. Tor. Bot. Club, vol. 24, 1897, pag. 290). ? Sypow P., Diagnosen neuer aus verschiedenen Gegenden stammender Pilze (Hedwigia, xxxvii, 1899, pag. (143). N ene — — E I I ero I E E pg — 251 — Trattasi quindi di una specie nuova della quale, alla forma asco- fora dò il nome di Scirrhia Bambusae e a quella conidica il nome di Melanconium Bambusaè. Eccone le diagnosi: Seirrhia Bambusae n. sp. Stromatibus ellipsoideo-elongatis sublinearibus 1-2 mm. /ongis, 0,5-1 mm. /atis, gregariis, quandoque longitrorsum seriatis, tectis dein rimose erumpentibus, atris; loculis (peritheciis) in quoque stromate nu- merosis, plerumque bi-triseriatis, subglobosis vel ovatis 180-200 un diam., cum stromatis substantia continuis vel vix discretis, ostiolis parum perspicuis vel brevissime prominulo-papillatis; ascis cilindraceo-clavatis, superne obtuse rotundatis, infere subattenuatis ac breve crasseque sti- pitatis, paraphysibus filiformibus, guttulatis obvallatis, octosporis; spori- diis distichis vel oblique monostichis, oblongo-clavatis, deorsum attenuatis ac plus minusve curvatis, prope basim distinete 1-septatis, ad septum non vel leviter constrictis, granulosis, guttulatis, hyalinis 20-24 X 8-12 n. Stat. conid. Melaneonium Bambusae n. sp. Acervulis atris, subrotundis 0-5-1 mm. diam. vel ellipsoideo-elongatis 1-2 mm. /ongis, 0,5-1 mm. /atis, sparsis vel dense gregariis ac saepe longitrorsum seriatis, diu tectis, denique erumpentibus ac epidermide fissa cinctis; conidiis globosis, globoso-angulosis aut piriformibus 14-18 n diam., interdum oblongo-ellipsoideis 21-24 > 12-14, brunneo-fuligineis, gra- nulosis ac plerumque percrasse 1-guttatis, rarius 2-3 guttulatis ; sporo- phoris (basidiis) dense stipatis, conidium longitudine subaequantibus vel dupplo longioribus, quandoque persistentibus pedicellum simulantibus, hyalino-fuscidulis suffultis. Hab. In ramulis culmisque Bambusae mitis, B. nigrae et B. gracilis quos vexat, in Horto Botanico Ticinensi. Che il seccume dei rami della Bamdusa mitis fosse prodotto da “questo nuovo mieromicete risultava evidente dal suo modo di presen- tarsi e dalla costante presenza del micelio del fungo nelle parti malate sulle quali formava, dopo la morte dei tessuti, i corpi fruttiferi. Per avere peraltro anche le prova sperimentale del parassitismo del nuovo fungo tentai infezioni artificiali su diverse specie di Bamdusa (B. mitis, B. gracilis, B. arundinacea, B. nigra), usando micelio ottenuto da spore in colture ed ancor più conidiospore prese allo stato naturale. Le prove d’infezione vennero fatte sopra culmi e rami giovani per inoenlazione ed anche per contatto di conidii con epidermide intatta 0 preventivamente ed artificialmente lesionata. Le infezioni sopra B. mitis, B. nigra e B. gracilis diedero risultati positivi determinando le alterazioni caratteristiche del male, 262 — Alcune giovani canne di Bambusa gracilis Hort. infettate a tarda primavera del 1915 vennero durante l’estate e l’antunno totalmente o quasi invase ed uccise dal parassita, seccarono assumendo la colora- zione biancastra caratteristica e si ricopersero di innumerevoli pusto- line stromatiche nerastre che si trasformarono per la maggior parte in acervuli conidici. Alcuni stromi per altro diedero luogo ad ambedue le forme, coni- dica ed ascofora, in altri infine si formarono solamente i periteci asco- fori che giunsero a maturanza nel marzo e nell’aprile del 1916. Le infezioni sopra Bambusa arundinacea diedero finora risultati ne- sativi. Il miglior mezzo per difendersi da questo parassita, qualora si manifesti, è quello di tagliare le piante o le loro parti malate e bruciarle. Con tale mezzo noi siamo riusciti a soffocare il male ed impedire la sua ulteriore diffusione nella nostra piantagione, Pavia, maggio 1916 — Laboratorio Crittogamico. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA' XVIII Pig. 1. — Pezzo di canna di Bambusa gracilis Hort. con due rami malati. Nel ramo di sinistra l’infezione a ha raggiunta la base, in quello di de- stra è arrivata all’ internodio basale (0). » 2 e 53. — Pezzi di giovane canna di Bambusa gracilis Hort. infettata arti ficialmente e quasi interamente invasa ed uccisa dal parassita: a zona infetta, secca, con corpi fruttiferi in formazione nell’internodio so- prastante alla parte sana e fruttificazioni ben sviluppate negli inter- nodi superiori; d limite fra la parte malata e la sana. Le fig. 1, 2, 3 sono */,$ del naturale. » 4 — Rametto malato di Bambusa mitis Poir.: a parti infette secche, cosparse di corpi fruttiferi del parassita; d limiti fra parti morte, secche e quelle sottostanti che presentano strie brune e delle infezioni iniziali, » d. — Sezione trasversale di giovane acervulo di Melanconium Bambusae n. sp., vista a debole ingrandimento, >» G. — Conidii di Melanconium Bambusae n. sp. a forte ingrandimento. » . — Sezione di uno stroma colla forma conidica e l’inizio di formazione dei loculi ascofori. S. — Stroma maturo di Scimhia Bambusae n. sp. a piccolo ingrandimento, » 9. — Scirrhia Bambusae n. sp.; aschi con spore, e parafisi, a forte ingran- dimento. » 10. — Ascopore di ScimrhRia Bambusae a forte ingrandimento. UT) bit dh in d Str DoPA ARTE SHOONDA Vi: OA na DÀ se e na = È n - Hr 3 ea 14 4% i ° "i 7 Pi @ Ù TI F } : Pia ? » È 4 i a; AL; x ‘ % La" A e ti urli sea TALL Vea l'ad bi a — Mabi Rassegna crittogamica dell’anno 1913, con notizie sulle ma- lattie delle conifere dovute a parassiti vegetali. Rela- zione del prof. Grovanxni Briosr, direttore della R. Stazione di bo- tanica crittogamica (Laboratorio crittogamico) in Pavia. Fra le piante che maggiormente andarono soggette a malattie crit- togamiche nell’anno 1913 vi furono, per quanto a noi consta, gli or- taggi. Diffusi e notevoli attacchi di varie malattie li colpirono, e spe- cialmente: la ticchiolatura delle foglie, nel sedano (.Septoria Petroselini var. Apii Br. et Cavr.); la ruggine, negli Asparagi (Puccinia Asparagi D. C.); il cancro, nei cavoli dovuto al /’%oma oleracea, segnalato recen- temente in Italia come parassita; l’avvizzimento ( Fusarium niveum Sm.), nei cocomeri; l’antracnosi (Colletotrichum oligochaetum Cavr.), nei meloni; la bacteriosi, l'Alternaria Solani e il Cladosporium fulvum, nei pomodori; la peronospora, nei pomodori e nelle patate. Le piante da frutto ebbero molto a soffrire da attacchi di: bolla del pesco (Exoascus deformans) e mal bianco del pesco (Sphae- rotheca pannosa Lèv.), Clasterosporium carpophilum AAh. che, frequen- tissimo sui peschi, arrecò danni ingenti; ruggine del pero (Gymnosporangium Sabinae Wint.); l'olivo fu danneggiato in diverse plaghe della Liguria e in tutta l’Italia centrale dal così detto occhio di pavone (Cyeloconium oleaginum). Contro questo parassita, là ove gli olivi sono coltivati bassi, ha dato ottimi risultati l’uso della comune poltiglia bordolese. I cereali ebbero a soffrire in quest'anno assai meno dell’anno scorso per la ruggine ed il carbone, ma furono danneggiati da altre malattie, quali la puntatura (Cladosporium herbarum) e la golpe bianca nel fru- mento; il seccume delle foglie del grano dovuto alla Septoria graminum e alla Septoria tritici. Molto diffuso apparve sulle querce come negli anni scorsi l'oidio, che attaccò anche i castagni. La peronospora e l’oidio fecero pure la loro comparsa sulla vite, ma furono in generale efficacemente combattuti dai viticultori onde arreca- Napa rono danni notevoli solo dove vennero trascurati i trattamenti o male applicati i rimedi. Delle singole malattie per le quali a noi si ricorse, non solo si fecero gli esami relativi per le loro determinazioni, ma non si mancò di dare, come sempre, le indicazioni opportune, ed indicare i rimedi pratici se di già noti, o consigliare quelli da tentarsi; consigli ed indi- cazioni che qui non si riportano per evitare inutili e noiose ripetizioni. In questa Rassegna, onde soddisfare richieste avute, riassumo in apposito capitolo dettato, per quanto è possibile, in forma popolare e piana, le cognizioni che si hanno intorno alle principali malattie delle conifere prodotte da parassiti vegetali, che ne attaccano le radici, il tronco ed i rami, cognizioni non sempre alla portata degli agricoltori, perchè sparse in trattati e memorie originali svariatissime, italiane e straniere. Malattie delle Conifere dovute a parassiti vegetali che ne attaccano le radici, il tronco ed i rami: 1) Tumori bacterici del pino d' Aleppo. — Questa malattia si ri- scontra nel mezzogiorno della Francia dove causa sul pino d’Aleppo dei tumori molto simili per l'aspetto e la struttura a quelli della tuberco- losi dell'olivo, ma più voluminosi e meno screpolati. Essi sono disseminati di lacune ripiene di bacteri circondati da una zooglea ben visibile onde sono diversi dal BaciZlus oleae. 'Previsan a tale bacterio ha dato il nome di BaczMlus VWwilleminii. 2) Marciume nero. — Negli alberi resinosi la malattia nota sotto questo nome è dovuta a un dacterio, che, sotto forma di ammassi glo- bosi (zooglee), riempie le tracheidi del legno. Quando queste masse si rompono, disseminano i corpi riproduttori nelle cavità cellulari, di cui assorbono rapidamente il contenuto, intaccando dippoi le pareti e tra- sformando l’intera massa legnosa in una sostanza giallastra che ben presto si polverizza. Questa malattia si presenta per lo più nelle biforcazioni delle piante resinose il cui legno appare annerito e attraversato da nume- rose fenditure. L'infezione avviene solo allorchè esistono nel legno delle ferite ed il tessuto legnoso è rammollito per l’azicne prolungata dell’acqua; inoltre è necessaria la presenza dell’ossigeno nei tessuti ove il bacterio si sviluppa. In queste condizioni la malattia progredisce rapidamente; se al contrario le ferite vengono chiuse, l’umidità non persiste e l'atmosfera in contatto coi bacteri rimane confinata, il male può rallentare il suo corso ed anche arrestarsi. 257 — 3) Peronosrora 0 Mat pei coTILEDONI ( Phytophthora Cactorum (Cohn. et Lebert) Schr.; Phytophthora omnivora De By.). Può infettare un gran numero di piante appartenenti alle famiglie più diverse; ma i maggiori danni li causa nei vivai delle piante forestali. Attacca infatti ed uccide le piantine germoglianti del RRaciO, delle Conifere e di molte altre specie, Sui fusticini e specialmente sui cotiledoni delle ra colpite produce delle macchie scure. In seguito i cotiledoni e le prime foglioline anneriscono e seccano più o meno rapidamente ricoprendosi di una rada pruina biancastra dovuta alla formazione di conidi (spore o semi) portati da brevissimi rametti conidiofori. Nell’interno degli stessi cotiledoni anneriti dal male sì formano poi le oospore ibernanti, cioè delle spore più resistenti agli agenti esterni che servono a perpetuare la specie del parassita. Tali germi possono conservare la vitalità per un periodo di tempo assai lungo, perfino tre o quattro anni. In condizioni opportune nella primavera germinano e riproducono il male. Se favorita da tempo umido l’infezione si diffonde rapidamente nei vivai propagandosi anche alla radichetta dei giovani embrioni in via di sviluppo, così che molte piantine vanno distrutte prima ancora che siano uscite dal terreno. Come mezzi di cura si consiglia di distruggere le piantine infette possibilmente appena presentano i primi sintomi del male. La poltiglia bordolese ha solo effetto come mezzo preventivo, onde bisogna, per ot- tenere buoni risultati, applicarla sulle piantine ancora sane a fine di preservarle da ulteriori infezioni. Nei siti fortemente infetti è bene cambiare coltura almeno per un certo tempo, oppure piantare delle piantine già sviluppate e robuste. 4) Cancro peL Larice (Dasyschypha Willkommii Hart.). Questo fungo che attacca i tronchi ed i rami del larice è molto dannoso. La malattia ha inizio coll’ingiallimento e la caduta precoce delle foglie e coll’apparire sul fusto di ferite dalle quali scola della resina. I cancri appaiono per lo più all'apice dei rami oceupandone in generale solo un lato. In tal caso il ramo, benchè stentatamente, continua a vegetare, ma se il cancro gira tutt’attorno, il ramo ben presto secca. Le fruttificazioni sono di due sorta: o delle piccole pustole bianco- giallastre che appaiono sulla parte esterna dei cancri, mentre una gran quantità di resina si accumula tutt'intorno ai tessuti invasi; oppure, derivate da queste, delle piccole coppe fornite di un breve pedicello 0 col disco vivacemente colorato in rosso. Le spore germinano facilmente se cadono su ferite otesioni e se le condizioni di umidità sono favorevoli. Do 258 — Buona cura preventiva è quella di impiantare boschi di larici solo in località asciutte, impiegando piante perfettamente sane. I rami am- malati vanno amputati fino a raggiungere la zona sana e bruciati. 5) Mat pEL Roronpo DEL Pino maritTIMO (Rhizina inflata (Sch.) Sacc.).) — Questo parassita attacca le giovani piante di Pino marittimo, di Pinus silvestris, di Abies pectinata, Ai Larix europea, ecc., producendo da prima nelle piante attaccate notevole indebolimento, poi dissecca- mento e morte. Si propaga a zone circolari ed ha effetti simili a quelli del Trametes radiciperda (vedi oltre n. 20). Tl micelio invade le radici e le altera profondamente, propagando l’infezione da radice a radice. I corpi fruttiferi appaiono alla superficie del suolo e per lo più ad una certa distanza dalla pianta ospite: hanno l’aspetto di una lamina bruno-rossastra, larga pochi centimetri, a superficie ondulata. Le spore germinano facilmente e pare che la presenza delle ceneri di piante bruciate sul suolo ne favorisca lo sviluppo. Per combattere questo fungo si consiglia di isolare le piante col- pite con una fossa e di alternare, allorchè si fanno nuove piantagioni, le piante frondose alle conifere, giacchè quelle non vengono colpite. 6) Cenangium Abietis (Pers.) Rehm. — Questo fungo fu riscon- trato diffuso come parassita dei rami dei pini e degli abeti in Germania (Schwarz). Il suo micelio vive specialmente nella corteccia dei rami, poi penetra attraverso i raggi midollari anche nel legno e nel midollo, facendo disseccare le foglie e i germogli. 7) CANCRO DEI RAMI DI ABETE (Nectria cucurbitula Fries.). — Questo fungo attacca specialmente l’abete, meno frequentemente il larice, il pino, ece. Il suo micelio penetra attraverso la corteccia, specialmente nei punti lesionati da grandine o da insetti, e invade, durante la pri- mavera, i tessuti sottostanti; nell’autunno si ha la formazione del canero che può essere parziale o avvolgere il ramo, nel qual caso questo muore. I corpi fruttiferi sotto forma di pustoline bianche appaiono in au- tunno dalle screpolature della corteccia alterata, poi diventano rossa- stri e in fine rosso-aranciati. Essi contengono numerose spore. I rami affetti vanno asportati e bruciati. 8) Rossore (Ceratostoma piliferum Fuck.). — Questo fungo attacca il legno degli alberi resinosi che si abbattono quando sono secchi. Per uno spessore di tre-sei centimetri al disotto della corteccia il legno assume una colorazione giallo-rosata da prima, poi giallo-bruna, dovuta alla presenza del micelio. Questo parassita deprezza molto il legno. 9) MARCIUME GRIGIO € MARCIUME BLEU (Ceratostoma sp.). — Sugli COVO, TATE TO — 259 — Abies e i Picea abbattuti e decorticati nell'estate possono annidarsi di- versi funghi microscopici appartenenti al genere Ceratostoma, che pro- ducono nella massa del legno striature grigie e nere, dovute alla pre- senza del micelio insinuatosi, per lo più, nelle gallerie scavate dagli insetti. Non arreca peraltro gravi danni perchè si arresta alla superficie. Oltre a questi un altro fungo, la Peziza aeruginosa, produce, nei tronchi resinosi che hanno soggiornato a lungo in luoghi umidi, un marciume bleu grigio, anch'esso superficiale. 10) Tumori DELL’ABETE (Cucurbditaria pithyophila (Kunze) De Not.) — I rami dei giovani abeti affetti da questa malattia appaiono qua e là ipertrofici, neri e rugosi alla superficie. I tumori che si formano pro- ducono il disseccamento delle parti colpite e talvolta la morte della pianta. Nel loro interno si annida il micelio del fungo e nelle serepo- lature della corteccia appaiono numerosi corpi fruttiferi piccolissimi e globosi. Si consiglia di tagliare e bruciare i rami ammalati. 11) Gymnosporangium (G. Sabinae (Diks.) Wint.; G. Juniperinum (L.) Fr.; G. clavariaeforme (Jacq.) Rees; G. tremelloides Hart.; ecc.). — Questo genere di Uredinee contiene un numero limitato di specie, tutte eteroiche, le cui forme teleutosporiche si sviluppano sui rami dei ginepri producendovi delle speciali alterazioni. I rami colpiti dalla malattia appaiono deformati, ingrossati verso la base o la metà, acquistando una forma subconica o fusiforme carat- teristica e incurvandosi talora più o meno nella parte colpita. La scorza si presenta screpolata e fessa e dalle screpolature erompono nella pri- mayera delle masse color giallo-bruno o giallo-aranciato, di varia forma (subconiche o depresse, cilindriche o clavate, talora anche biforcate) a seconda della specie di Gymmosporangium, subcoriacee se il tempo è asciutto e che in seguito alle piogge primaverili diventano gelatinose. Esse sono costituite dalle così dette teleutospore che in condizioni fa- vorevoli germinano ed infettano diverse pomacee. È consigliabile la distruzione delle piante infette anche per evitare i danni assai più rilevanti che detti parassiti possono causare attac- cando le pomacee. 12) RUGGINE VESCICOLOSA DELLA SCORZA DI PINO ( Peridermium Cor- nui Rostr. et Kleb.). — È questo come l’'Aecidium elatinum un fungo (vedi n. 14) a vegetazione alternante, Nella sua forma ecidica attacca i rami del pino silvestre, mentre nelle sue forme uredo- e teleutospo- rica (Cronartium asclepiadeum Fr.) attacca le foglie delle Peonie, delle Verbene, del Cynanchum vincetoricum, ecc. Il micelio che si sviluppa nei rami del pino è perennante, ed in- ib ped ie — 260 — vade la corteccia e il legno sino alla profondità di nove a dieci centi- metri, producendo all’esterno dei cancri ricchi di resina che possono svilupparsi da un lato solo del ramo. In tal caso il lato opposto con- tinua a crescere producendo nuove zone legnose e dà al ramo un aspetto anormale. Alla fine della primavera i corpi fruttiferi erompono dalla scorza disseminando le spore. Questa malattia è dannosa specialmente ai vivai di pini e non è facile combatterla perchè il micelio è interno e perennante. La recisione dei rami colpiti è di grave disturbo all’accrescimento delle giovani piante; si può tentare la raschiatura dei cancri nel primo anno in cui appaiono pennellando le ferite con soluzione concentrata di solfato di ferro e coprendole con mastice. Sarebbe anche utile sradicare nelle zone circonvicine le piante che possono ospitare le ecidiospore. 13) Ruccine vescicoLosa DEL Pino WEIMOUTH ( Peridermium Strobi Kleb.) — È molto simile al precedente e si sviluppa nella forma eci- dica sui rami del Pinus Strobus e del Pinus Cembra. Le forme uredo- e teleutosporica (Cronartium ribicola Dietr.) si sviluppano sulla pagina inferiore di diverse specie di Ribes. Come mezzi di lotta valgono quelli indicati per la specie pre- cedente. 14) Cancro DEGLI ABETI (Aecidium elatinum Alb. et Schiv.). — Questo parassita che produce nel legno degli Abeti le così dette « scope da streghe » è un fungo a vegetazione alternante, richiede cioè per il suo completo sviluppo, la presenza di piante diverse. All’inizio dell'infezione i fusti ed i rami presentano un rigonfia- mento caratteristico, dovuto al forte spessore che assumono i tessuti in seguito allo stimolo prodotto dalla presenza del micelio. La corteccia in seguito si gonfia qua e là, si fende e cade mettendo a nudo il legno morto, mentre il tumore continua a crescere presentando numerose spor- genze e rientranze. Entro questi tumori il legno è rossastro, esala un forte odore acido e contiene una maggiore quantità di resina e di tan- nino del legno sano, è inoltre più duro. Questa malattia è raramente causa di morte per l’Abete, ma è tuttavia assai dannosa e se è estesa deprezza naturalmente il legno, tanto più perchè i tumori sono spesso invasi dal Polyporus fulvus e dall’Hydnum coralloides che producono il marciume dei tessuti. Gli organi di fruttificazione dell’ Aecidivm elatinum, che appaiono, al principio d’agosto, sulle “ scope da streghe ,, contengono delle spore ellittiche (ecidiospore) che, incapaci di germinare sull’Abete, germinano invece se cadono sulle foglie di aleune piccole piante erbacee apparte- 1 RR nenti alla famiglia delle Cariofillee (Ste/laria nemorum, Arenaria, Cera- stium, ecc.). Sulle foglie di questa specie il fungo produce delle macchie giallastre (ruggine), dalle quali si formeranno nuove spore (teleutospore) incapaci a loro volta di germinare sulla Ste/laria, ma atte a germinare sugli Abeti riproducendo le “scope da streghe, e chiudendo il ciclo evolutivo dell’Aecidium elatinum. L'unico mezzo di cura è quello di procedere alla distruzione degli scopazzi nell’autunno o nell'inverno, stagioni nelle quali è più facile riconoscerli causa la mancanza delle foglie. Se si procede a tale distru- zione in primavera bisogna aver cura di precedere sempre la forma- zione delle ecidiospore. 15) RuGGINE CURVATRICE DEI RAMI DEL Pino (Cacoma pinitorquum A. Br.; Melampsora pinitorqua Rostr.). — La forma ecidica di questo fungo colpisce i rami del Pinus silvestris e del Pinus montana. Le forme uredo- e teleutosporica attaccano le foglie dei pioppi. Sui giovani pini l'alterazione si inizia ai primi di giugno con pic- cole macchie pallide dell’epidermide, sulle quali appaiono da prima pic- cole pustole (picnidi), poi fessure longitudinali dalle quali sporgono pu- stole prima biancastre poi giallo-dorate (ecidi). Poichè la lesione sul fusticino è solo laterale, i tessuti crescono dal lato opposto determi nando la curvatura del germoglio. Se però il fusticino è ancora molto sottile, esso secca del tutto. Le piante che hanno oltrepassato i dieci anni sono quasi immuni da questa malattia. Per combatterla nei vivai è utilissimo sradicare i pioppi che si trovano nellé vicinanze e, sempre che è possibile, asportare i rami di pino infetti. 16) MarcitxE ROSSO DEL LEGNO ( Merulius lacrymans (Jacq.) Fries.). — Questo fungo non attacca gli alberi vivi, ma solo le piante già ab- battute e il legname che da esso si ottiene causando gravi danni alle costruzioni ove si impiega. Attacca specialmente gli alberi resinosi: abete, larice, ecc. Il legno invaso dal suo micelio prende una colora- zione rosso-bruna da prima, poi bruno-giallastra, si ammorbidisce, si fende, diventa permeabilissimo all'acqua e si lascia tagliare facilmente con un coltello. Un pezzetto di questo legno fatto seccare, si sfalda facilmente e regolarmente nel senso ortogonale all’asse, dando dei pic- coli cubi, ciò che distingue il legno invaso da Merulius da quello invaso dal Polyporus vaporarius, che si sfalda irregolarmente e longi- tudinalmente. Il Merulius lacrymans si propaga anche sui muri e sulle pietre umide ricoprendoli del sno micelio che assume l'aspetto talora di un N — "968 feltro uniforme, tal’altra di tele di ragno. I corpi fruttiferi sono for- mati da lamine carnose, spugnose, umide, bianche da prima, poi rug- ginose, con largo margine bianco e fioccoso. La superficie imeniale sta nel centro e porta un grandissimo numero di spore giallo-aranciate che conservano a lungo (secondo Hartig anche per sette anni) la facoltà germinativa e danno luogo, riunite, ad una polvere bruna. Queste spore possono essere disseminate dalle acque, dai sorci, dall'uomo e germi- nano facilmente, sopratutto in presenza dei legni porosi e umidi. Il micelio ha una grande vitalità; esso può vivere a lungo, nell'interno dei legni anche secchi alla superficie ed apparentemente sani. Come preservativo contro l’azione di questo fungo è necessario l’uso di antisettici; i migliori sono quelli a base di creosoto. È anche consigliabile l’uso del latte di calce e di tenere il legname in luoghi asciutti ed aerati. Le piante abbattute non si debbono lasciare abbandonate giacenti sul terreno, ma tenerle sollevate da esso. Per combattere l’invasione del MeruZius in una costruzione bisogna anzitutto allontanare tutto il legno avariato, bruciarlo ed aerare ab- bondantemente il resto, aprendo spiragli negli impiantiti, nelle can- tine, ecc. Poichè il micelio di questo fungo non resiste a temperature su- periori ai 40 centigradi, il Ferraris consiglia la sterilizzazione del legno da costruzione entro forni speciali al di sopra dei 40 gradi, ope- razione che già si suol fare nei grandi depositi di legni per anticiparne la stagionatura. 17) Marciume Rosso (Poria vaporaria Pers. o Polyporus vapo- rarius Fries.). — Questo fungo parassita attacca tanto gli Abies quanto i Pinus danneggiandone il tronco e le radici. Il marciume rosso dovuto al Polyporus vaporarius si osserva spe- cialmente negli alberi molto grossi: il micelio forma delle lamine yo- luminose, vellutate o dei cordoni bianchi ramificati che riempiono le fessure del legno; questo assume una colorazione bruno-rossa, diventa leggiero come sughero e si può tagliare facilmente in lamine sottili. I frammenti si polverizzano facilmente fra le dita e danno una polvere giallo-grigia, che contiene numerosi conidi (organi di ripro- duzione). Oltre a ciò il Polyporus vaporarius presenta dei veri organi di frut- ficazione in forma di croste bianche, che si formano tra la corteccia e il legno marcio, e portano sulla loro superficie inferiore l’imenio con. le spore. Il legno affetto da questa malattia si distingue per il fatto che indurisce seccando, Sc vi Re Ma IMRE 9” : RARI . n a — 263 — La propagazione di questo parassita avviene sopratutto per ferite apportate alle radici o al colletto della pianta. Sembra che le spore abbiano bisogno, per germinare, delle esalazioni calde ed umide pro- venienti dal suolo. Hartig ammette anche la possibilità di una infezione da radice a radice, La presenza di uno strato di foglie al piede dell’albero è il pre- ventivo più sicuro contro lo sviluppo di questo micelio molto dannoso. Allorchè le piante sono fortemente attaccate è necessario sradicarle estirpando con cura le radici, ed è bene isolare la zona di terreno infetto mediante una fossa profonda, 18) Polyporus borealis Fries. — Questo fungo attacca special- mente gli Abeti e i Larici. Il micelio si insinua nelle ferite del tronco ed infetta il legno che si colora in giallo-bruno, solcato da strisce orizzontali bianche, costi- tuite da micelio. I corpi fruttiferi si sviluppano solo sui legni morti od abbattuti: hanno forma di mensola, con una specie di pedicello laterale e sono bianchi con sfumature rosso-brune qua e là. Gli alberi colpiti da questa malattia si indeboliscono e facilmente possono essere schiantati dal vento e dal peso delle nevi. Il legname non può servire per costruzione. Le piante infette vanno abbattute, asportate e bruciate per impe- dire la formazione dei corpi fruttiferi. 19) MARCIOME ANNULARE DEL Pino ( Trametes Pini (Brot.) Fries.) — Il Trametes Pini si differenzia dai due precedenti, perchè dà luogo, sulla corteccia degli alberi attaccati, a dei nodi gialli (marciume dei nodi) in corrispondenza dei quali si rivela all’interno una zona circo- lare invasa da un marciume giallo-bruno che ben presto invade tutto il tronco. Il parassita è costituito da un grosso cordone micelico bianco che s' insinua perforando le tracheidi e decomponendo progressivamente le membrane ed i contenuti cellulari e dà corpi fruttiferi bruni, duri con bordo ocraceo che appaiono in corrispondenza dei nodi. Questi corpi fruttiferi sono costituiti da uno stroma spugnoso di color giallo ruggine, con una superficie imeniale vellutata, gialla da prima, poi ocracea. Le spore sono brune, ovoidali. Esse germinano solo se cadono su una ferita fresca non coperta da resina, siechè gli alberi che hanno meno di 50 anni non sono, di solito, attaccati. Una raccomandazione generale che qui torna a proposito è quella di non potare mai gli alberi resinosi. Allorchè la_malattia è iniziata è bene abbattere subito la pianta — dar affinchè il micelio non si propaghi producendo il deterioramento del le- gname. Se solo un ramo laterale è attaccato è bene reciderlo fino alla zona sana affinchè il male non raggiunga il tronco. 20) Mar peL RroronDno (Fomes annosus Fr.; Trametes radiciperda Hart.). — Questa grave malattia ha sede principalmente nelle radici degli Abeti e dei Larici. Nel pino comune raggiunge tutt'al più la re- gione del colletto, ma non attacca mai la parte aerea del tronco. Nel Pinus strobus ed in allre piante resinose si estende invece e può salire nel tronco sino ad otto metri sopra il livello del suolo. Il legno invaso assume una leggiera colorazione bruno-violacea e le parti attaccate diventano ben presto fragili e vanno facilmente in polvere. Le piante deperiscono secondo zone circolari; le loro foglie diven- tano clorotiche e seccano talvolta in un periodo di tempo relativamente breve. È difficile riconoscere tale malattia, finchè non si è formata al piede dell'albero qualche caverna, che si può svelare con la percussione. La propagazione di questo parassita avviene nel terreno, per mezzo del micelio che viene a contatto con nuove radici e anche per mezzo delle spore che si formano in organi fruttiferi sotterranei, che appa- iono sulle radici e alla base dei tronchi morti. Perciò è assolutamente sconsigliabile la piantagione di conifere in un terreno infetto dal Tra metes radiciperda, anzi è necessario, dopo aver estirpato e bruciato tutte le piante ammalate con le loro radici, isolare Ja zona che racchiudeva radici infette, praticando attorno ad essa una larga fossa profonda. 21) Marciume Branco (Fomes Hartigii Allesch.; Polyporus fulvus Hart.). — Nell’Abete bianco e nei Pini molto frequente, meno nei Picea. Il micelio di questo fungo invade i tessuti legnosi e li corrode, facendo perdere loro ogni consistenza e colorandoli da prima in giallo biancastro, interrotto da linee scure, poi in giallo-pallido con chiazze chiare oblunghe. Le fruttificazioni appaiono alla superficie del fusto da prima sotto forma di mammelloni di un bruno-marrone, che prendono poi la forma di mensola o di zoccolo di cavallo. Persistono a lungo e possono seminare, con l’aiuto del vento, per parecchi anni, le loro spore ialine, propagando così l'infezione, Quando il fungo appare all’esterno il male è già profondo e di vecchia data; lo sì può però diagnosticare anche prima, poichè i fusti invasi dal micelio presentano nella zona infetta una incavatura e il legno è nell’interno colorato in giallo sporco o in giallo chiaro. A quest'ultimo stadio l’anghia si affonda facilmente nei tessuti molli del legno. è — 265 — Questo fungo danneggia moltissimo le piante che attacca e ne de- teriora il legno. E necessario abbattere le piante malate, nonchè quelle affette dall’Aecidium elatinum (vedi n. 14 Cancro degli Abeti), che pre- para, con le alterazioni che produce nel legno, un buon substrato per la germinazione delle spore del Polyporus fulvus. 22) MARCIUME BIANCO RADICALE (Armillaria mellea Vahl.). — Cor- risponde al mal del falchetto dei gelsi. Questo diffusissimo parassita è stato riscontrato su tutte le conifere, oltrechè su un gran numero di Angiosperme legnose. Produce gravi danni specialmente alle conifere giovani, che pos- sono perire, mentre quelle che hanno oltrepassato i venti anni resi- stono. Fin dal primo anno dell'infezione la vegetazione è stentata, le foglie che hanno aspetto clorotico, cadono facilmente e anche i rami possono seccare progressivamente. Il micelio, che è bianco, si annida nelle radici e raramente sale per breve tratto nel fusto; esso emette all’esterno delle radici dei cordoni bruno-nerastri, lucidi, di uno-due centimetri di diametro, Le radici così invase emettono una grande quantità di resina. I corpi fruttiferi si sviluppano in autunno al pedale degli alberi attaccati, insieme riuniti in gruppi numerosi. Essi formano i funghi noti col nome di “famigliole , o di “ chio- dini, e sono mangerecci. Contro questa malattia hanno efficacia sicura solo i trattamenti pre- ventivi, perchè quando il fungo ha invaso una parte delle radici è assai difficile salvare la pianta. Sono quindi da consigliarsi le seguenti norme: Scelta per gli impianti di piantine assolutamente sane, senza traccie di micelio; scassatura e lavorazione profonda del terreno, che deve essere ben permeabile all’acqua; piantagione non profonda, ma super- ficiale; concimazione non abbondante e prevalentemente minerale, Se le piante ammalate sono molto deperite vanno tolte e bruciate e la zona infetta isolata con fossa. 23) SECCUME CIRCOLARE DELLA SCORZA DELL’ABETE BIANCO. ( Fus?- coccum abietinam (Hart.) Prill. et Del.). — Questo parassita, che col- | pisce il tronco ed i rami dell’Abies pectinata, uccide la scorza a zone circolari alte qualche centimetro; al di sopra di esse la vegetazione del ramo è stentata, le foglie diventano da prima clorotiche, poi ros- sastre, infine tutto il ramo secca, I tessuti sono invasi da un abbondante micelio bruno, che forma all'esterno piccoli corpi fruttiferi, neri, subconici. Le spore che essi con- tengono germinano facilmente se cadono su una corteccia umida. rai ne ae ta ARA VIa” REP A — 266 La distruzione dei rami infetti da questo fungo va fatta alla fine dell'estate, in principio dell'autunno, prima cioè che si siano formate le spore. 24) MAL DEL COLLETTO DELLE PIANTINE FORESTALI ( Pestalozzia Har- tigii v. Tubeuf.). — Attacca le conifere e altre piante forestali quando sono giovanissime; è frequente perciò nei semenzai. Le piante appaiono clorotiche e facilmente muoiono: sradicandole si vede che al di sotto del colletto la scorza è increspata e serepolata, mentre al disopra il fusticino è rigonfiato. Nella scorza alterata si annida il micelio che forma piccoli corpi fruttiferi con spore ovoideo-fusiformi. Come mezzo di lotta non vi è che lo sradicamento e l’abbrucia- mento delle piantine ammalate. 25) Viscnio ( Viscum album Lin.) — Questa fanerogama paras- sita vive, oltre che su gran numero di piante Angiosperme, anche sui Pini, sui Larici e gli Abeti, specialmente se gli alberi sono isolati. Pare non attacchi le specie del genere Picea. È il Viseum una pianta sempre verde assai ramificata, con rami e foglie verdiccie, opposte, oblungo-lanceolate, ottuse. La riproduzione avviene per semi contenuti nelle bacche bianche e vischiose che produce e delle quali si nutrono gli uccelli, special- mente i tordi che ne diventano i propagatori. I semi che cadono sugli alberi germinano dopo cinque o sei mesi e affondano le loro radici ver- diccie nel legno: solo alla fine del terzo anno appaiono all’esterno le foglie del parassita. Questo emette sempre nuove radici e propaggini (austori) che invadono i tessuti e sottraggono ad essi i succhi, produ- cendo un grave deperimento nella pianta e il deprezzamento del legno. È necessario asportare dalle piante i rami attaccati da vischio e non basta tagliare in vicinanza della zona ove sorge il cespuglio, ma bisogna procedere assai più in basso fin dove si vedono le radici ver- diccie del parassita al disotto della corteccia. Le ferite vanno poi di- sinfettate con soluzione di solfato _di ferro acidificato, poi coperte con un mastice e incatramate. Arceuthobium Oxycedri Bieb. — È anche questa una fanerogama pa- rassita analoga al Vischio che attacca il Juniperus Oxycedrus. È però rara. * Delle rimanenti malattie delle conifere, causate da parassiti vege- tali, che attaccano di preferenza le foglie, si terrà parola nella Ras- segna ventura, dell’anno 1914. bo (er) i Ì ELENCO DEGLI ESAMI FATTI. Malattie della vite. PeronosPoRA (Plasmopara viticola (Berk. et Curt.) Berlese et De Toni), in tralci di vite inviati dalla Cattedra Amb. d’Agr. di S. Remo, in foglie e grappoli da Brescia, da Zerbolò, Grop- pello Cairoli, pi Verretto, Casteggio e molte altre località: i; ... Maletto EsamieN Orpro (Oidium Tuokeri: Bellia sopra ani in diverse località dell'Oltrepò Pavese, a Groppello Cairoli ed in orti di Pavia e BIDGOENI. ia N tali daess ei ANTRACNOSI Quaid a aiaiagum (Pass.) Sacc.), in tralci e foglie inviate dal conte Bolognini di Monteleone (Pavia); e da Groppello Cairoli (sig. G. Calvi) A Ror-BLanc (Coniothyrium Diplodiella Sace.), sopra IONE for iimania attaccati inviati dal dott. Giacinto Arlini da Atri . . ._, MARCIUME RADICALE (Rosellinia necatrit (R. Hart.) Berl., sopra radici inviate da S. Vito al Tagliamento e da Groppello Cairoli , ALTERNARIA Viris Cav, sopra SEA inviate dal sig. G. Calvi di Groppello Cairoli. . . . sì PeSsTALOZZIA uvicuLa Speg., sopra toglie di divers uni di viti americane a Groppello Cairoli . . . . È valogt. deb Cercospora viticoLa (Ces.) Sacc., sopra foglie a donna Cairoli ed in orti dei dintorni di Bari) ui ba Pa BorryTIs sp., sopra tralci inviati dal sig. Giulio Chola di Trento Fà CorTICIUM sp., sopra corteccia inviata dall'Ufficio Agrario provin- ciale di Saluzzo ; Mar Nero tipico in tenuta TA ni Sar zana, di diogziani del conte Mariano Picedi; a Ri presso Chiavari, in larga mi- sura, in terreni di proprietà dei signori Coppola e Raffo , Racmmismo (Bacillus Vitis Montemartini), sopra tralci di viti inviati da Ventimiglia ; dal prof. Ilario Zannoni della Cattedra ambu- lante d’ agricoltura di Porto Maurizio . . . Ù, TrerRANICHUS TELARIUS L., sopra foglie inviate dal sig. F. Tottoli di Prestine per nico del “ Corriere del Villaggio ,,; dal pro- fessore ©. Remondino della Cattedra ambulante d'agricoltura I e 1 IR 1a 41 SU I SO, Pa, e O, i — 268 Mourre diverse sopra grappoli seccati per cause indeterminate da Castiglione delle Stiviere (Cattedra amb. d’agric.) Esami N. Roncer in barbatelle di viti americane inviate dal prof. V. Gob- betti della Cattedra amb. d’agric. di Voghera, da Mairano, da Acqui, Ventimiglia, Spadafora (Messina), Palermo, ecc. . , SCOTTATURA 0 COLPO DI SOLE, che foglie inviate dalla Direzione del “ Corriere del Villaggio, di Milano. . . . n MararTIE DIVERSE. — Tralci di vite con alterazioni fitadottai dal fulmine ci furono inviati dalla Cattedra ambulante d’agrie. di Ravenna, da quella di Locarno (Svizzera), dal prof. Frizzati di Rimini. — Grappoli d’uva con alterazioni dovute a cause traumatiche inviati dalla Cattedra prov. d’agric. di Bologna. - Tralci con annerimento dei nodi dovuto probabilmente a microorganismi, inviati dal sig. Salvatore Castana, R. Delegato tecnico del Consorzio antifillosserico. — Foglie ustionate in- viate dal Consorzio Agrario Cooperativo di Cavarzere. — Grap- poli con alterazioni causate da insetti inviati dal sig. G. Mazza di Vosheraza tre 08 e DA ERA AM O MALATTIE INDETERMINATE. — "l'ralci di vite inviati dalla Cattedra amb. di agric. di S. Remo, da quella di Cuneo, da quella di Casalmaggiore, dalla Direzione del “ Corriere del Villaggio , provenienti da Arona, tutti con alterazioni indeterminabili. — Così pure sopra grappoli inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di Mantova; sopra foglie dal Comizio agrario di Imola; dal prof. Frizzati di Rimini; dall’ “ Italia Agricola , di Piacenza; da Spoleto; dalla Cattedra amb. d’agric. di Bologna; sopra ra- dici inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Forlì si trovarono alterazioni delle quali non si è potuto in alcun modo deter- minareBla casa PBlE VELI RI AA ATE ELET INNI VOLSE AE ORO 52 18 16 Totale Esami N. 334 Malattie dei cereali. Carpone DEL cranoTURco ( Ustilago Maydis (D).) Cda.), in campi di granoturco in diverse località della provincia di Pavia Esami N. RuGGINE DELLA sEGALE (Puecinia dispersa Eriks.), sopra segale a Dorno, Mirabello, Villa Campeggi, ecc. . . . «UG LAARII RucGIiNE DEL FRUMENTO (Puccinia graminis Pers. e Paci triticina Eriks.) a Cassino Po, Broni ed altre località dell’oltre Po pa- vese ed in campi nei dintorni di Pavia... 0.0...» 15 15 16 e 0, NI VRAST, a — Mar Branco (Erysiphe graminis DC.), sopra frumento in campi nei tanfannetal Paviat® 0 ; Ure, coeso Esami;N, Seproria Grawinum Desm. Assai diffusa nei campi di grano a S Martino, Bressana, Casatisma, Verretto ed in diverse lo- calità della provincia di Pavia. . . È AUSA Seproria Tririci Desm., sopra piantine di framietito dio dal prof. F. Francolini della Cattedra amb. d’agric. di pen ed in molte località della provincia di Pavia . . . È. Mat pEL PIEDE (Ophiobolus herpotrichus (Fr.) Sacc.), sopra Din di frumento pure inviate da Spoleto e da Crema (Cattedra ma arrivi) Pe II 0 dt A UA VR da GOLPE BIANCA DEL FRUMENTO (Fusarium roseum Lk.), sopra spighe di frumento inviate dal Consorzio Agrario di Cavarzere, dalla Wattedra amb. -d'asric. di Crema, ecc. i Wii e; NeRUME DEI CEREALI (Cladosporium herbarum Lk.), sopra spighe di frumento inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Crema . , PUNTATURA DEL FKUMENTO ( C/adosporium herbarum Lk.), sopra chicchi di frumento inviati dal prof. P. Frizzati di Rimini; dal pro- fessore F. Zago di Piacenza, ecc. Nei campi seminati con tale frumento scarsa fu la germinazione, diffuso il deperimento sus- seguito dalla morte delle piante nate. . . RORI iP. AcrioLIMAX AGRESTIS L., sopra foglie di frumento ita dulla Cat- tedra amb. d’agric. di Portogruaro . . Fai: ANGUILLULE, in piantine di frumento inviate dalla Dineziohe del “ Corriere del Villaggio, di Milano e in piantine di avena inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Tortona . . . . |, ALTERAZIONI prodotte da insetti in piantine di grano inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Siena e da quella di Cavarzere , Totale esami N. Malattie delle piante da ortaggio. PERONOSPORA DEL POMODORO E DELLE PATATE ( Phytophthora infestans (Mont.) De By), sopra frutti, foglie, fusti di pomodoro inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di Rimini; da Groppello Cairoli ed in molte località della provincia di Pavia . . Esami N. Ruogine peLL'ASPARAGO ( Puccinia Asparagi DC.). Ha attaccato for- temente le asparagaie del sig. G. Calvi a Groppello Cairoli ed in alenne località del circondario di Pavia. . . .. » Atti dell'Ist, Bot, dell'Università di Pavia — Serie HI, — Vol, XVI 29 30 10 Lo 31 163 50 15 — 270 SeprorIA Lycopersici Speg., sopra foglie di pomodoro inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Rimini e da quella di Savona, a S. Giuseppe ed in ortaglie dei dintorni di Pavia . Esami N. SeprorIA PetrosELINI var. Apil Briosi et Cavara, sopra foglie di sedano inviate da Viggiù; dalla Cattedra amb. d’agrie. di Faenza; in piantagioni di sedano a Sarzana; a Groppello Cai- roli, nel nostro Orto Botanico ed in molti orti di Pavia e dei dintorni RAR DETTA RA UA A RAMULARIA CyNARAE SU in foglie di Carciofo da Viserbe (Ri- mini) FORINO IE CANCRO DEI CAVOLI (Phon Serao Bat ) sopra A die cavolo inviati in diverse riprese da Sarzana dove ne danneggiò gran- demente le coltivazioni . dai kbdi Lo eA SIOE Marsonia PanarTONIANA Berl., in piante di lattuga inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. ai Savona E : x Mar peLLo ScLerozio (Sclerotinia Libertiana ud sopra piante di fava e di lupino inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Arezzo; sopra piante di pisello inviate da quella di Rimini PeRONOSPORA DELLE OMBRELLIFERE (Plasmopara nivea Schr.), sopra piante di finocchio inviate dal prof. Gibertini di Forlì 5 AscocHyra Horrorum Smith., sopra foglie di Melanzana pure in- viate a diverse riprese dal prof. Gibertini di Forlì; sopra frutti di pomodoro dalle Cattedre amb. d’agr. di Savona e da quella disRimibnis teca Ne ri era fi Re 45 ARA ArreRrNARIA Sorani Sor., sopra foglie di pomodoro inviate dal pro- fessore P. Frizzati di Rimini e sopra foglie di melanzane inviate da Forlì. Assai diffusa pure sopra pomodori a Grop- pello Cairoli ed in orti di Pavia e dintorni ; . TiccnioLatura DEI Pomopori (C/adosporium fulvum Cke. > i — foglie di pomodoro inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Forlì ed in diverse, località della provineia di Pavia . . |, Avnrracnosi DEL PiseLLo (Ascochyta Pisi Lib.), sopra foglie di pi- sello inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Rimini; sopra i frutti in ortaglie di Pavia e dintorni . D ACCARTOCCIAMENTO DELLE FOGLIE (Fusarium sp.), in Sr di pomo- doro inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Genova RuccinE DEL FAGIOLO (Uromyces appendiculatus (Pers.) Lèv.), sopra foglie di fagiolo a Viggiù (Varese) . . 7 08 Cercospora BETICOLA Sacc., sopra foglie di pikiola di Viggi (Va- rese) ed in orti dei dintorni di Pavia . . -. 5 Mar Bianco (Erysiphe Foligoni DC), sopra zueche e cetrioli da 24 30 10 13 27 20 15 12 ai tina i a NRE TEO METE VIP — ae Viggiù, da Broni, da Groppello Cairoli; in molti orti di Pavia e dintorni ed in diverse località della provincia . Esami N. 35 CicimnosoLus Cesatit De By., sopra foglie di zucca affette da Oidium erysiphoides Fr. da Viggiù, da Broni, ecc... . , 8 AVVIZZIMENTO DEI PEPERONI (Bacillus Capsici Pavar. et Turc.), in piante di Capsicum annuum inviate dalla Cattedra amb. d’ agrie. Murormo. . .. g Spe 4 BacrTERIOSI, in piante “i cambaoti ivine dalai uedaia drvicora Durazzo Pallavicini di Sestri Ponente; da altre località del circondario di Porto Maurizio e da Tiosiha 3 è WRC SA 2) CANCRENA DEL FUSTO (Bacillus caulivorus Prill. et Delac. È in intenta di pomodoro inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Messina ANGUILLULE (Phabdites brevispina) in torrioni di asparago inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di Mantova. . . I MaLartIE Diverse. Erosioni d’ insetti sopra cetrioli i da Gute sorzio Agrario Cooperativo di Cavarzere; Bulbomania dei ger- mogli in patate inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di Savona; i Produzioni tuberose prodotte «da insetti sopra legumi di piselli a Loano; Tubercoli in radici di cavoli e broccoli prodotti pro- bo babilmente da insetti a Sarzana e a Ri presso Chiavari; Ano- malia causata probabilmente da una specie di Fusarium in cavoli fiori inviati dalla Cattedra amb. d’agric. di Ravenna , 20 î Totale esami N. 325 \ si Malattie delle piante da frutto. “a Borca peL Pesco (Eroascus deformans Fuck.), sopra foglie di pesco inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Genova; assai diffuso negliortidi Pavia e dintorni; a Groppello Cairoli, ece. Esami N. 58 Ticonroratura DELLE MeLE (Fusicladium dendriticum Fuck.), sopra mele del mercato di Pavia frequenti tutto l'inverno . . , 20 Borryris vuLearis Fries. Ha fortemente attaccato tanto i frutti che le foglie di alcune Lala di limone nell’Orto botanico di I Avia: 100), Mara: IN g0IA8 CLASTEROSPORIUM CARPOPHILUM i tàv ) dh sopra riesiolii a Groppélio Cairoli (sig. G. Calvi); sopra rami e foglie di pesco, di man- dorlo, di albicocco inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di Forlì (prof. Gibertini); dalla Cattedra amb. d'agrie. di Verona, di Genova, di Sarzana e di Albenga, da Monteleone (conte Bo- lio iii — VONA LE lognini), da Groppello Cairoli (sig. katy ed in molte località della provincia di Pavia . . #0. E Res aneNE PayLLostIcrA PRUNICOLA (Op.) Sacc., sopra foglie di Prunus Cerasus a Groppello Cairoli; sopra foglie di pero inviate dalla Cattedra ambo diaeric: ALHorli ARS Ie ee GyMNOSPORANGIUM CLAVARIAEFORME (.Jacq.) Rees, sopra frutti di Aza- rolo a Loano RENI SEA AE e A RUM TiccnioLatuRa 0 Brusone peL Pero.(£usicladium pirinum Fkl.), sopra foglie di pero inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Rimini (prof. Frizzati) e sopra frutti a Groppello Cairoli e sul mercato di Pavia. . . BS LaBRELLA CoryLI Sacc., sopra Cor nre divina fel ODE Bot diePaviana ie MISERI RIS e N PLEOSPORA HERBARUM Pai Sagl mene di limone inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Ascoli Piceno . E SeprorIA Limonum Pass., sopra frutti di limone inviati dalla Cat- tedra amb. d’agric. di Ascoli Piceno e nell’ Orto botanico di Pavia . A + RA: 3 RuGcine peL PERO (Giusi Sabina (Ds) Wint.), sopra foglie di pero inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Spoleto (prof. Francolini), da Cellatica (sig. Binetti), dalla Direzione del “ Corriere del Villaggio, di Milano, ecc. Senfia Seproria Fragaria® Desm., sopra foglie di fragole inviate dalla Cate tedra amb. d’agric. di Savona (prof. G. Giordani) . . . , RoseLLINIA necaTRIX (R. Hart.) Berl., su radici di melo inviate dalla Cattedra amb. pe di S. Vito al vene (pro- fessore Marchettano) . . fe; ALTERNARIA BRASSICAE f. nigrescens cer sopra Rane ‘ Meloni inviate da Groppello Cairoli ed in diverse melonaie del cir- condari hdi Pavia Db (SEAN est FORME] COLLETOTRICHUM OLIGOCHAETUM Cavr., sopra meloni, cocomeri e citrioli in diverse località della provincia di Pavia... . - 1» AVVIZZIMENTO DEI COCOMERI (Fusarium niveum E. Smith), in piante di cocomero a Groppello Cairoli ed in aleune cocomeraie del cir- ì condario di Pavia. . . 3 af ASCOCHYTA CITRULLINA ©. O. Smith., Gig nt ari it a Grop- pello Cairoli . . . é + ESRI Mat Branco (Sphaerotheca voniiata (Wall) Lens sopra rametti di pesco inviati dalla Cattedra amb. d’agric. di Forlì; a S. Giu- seppe presso Pavia ed in orti della città e dei dintorni . , GLorosporivm FRUCOTIGENUM Berk., sopra mele provenienti da Sco- pellogiViali. Sesia). ve CT 16 30 26 22 22 — 273 — Ruecine Branca, sopra frutti di limone inviati dalla Cattedra amb. area Messminagi. 0. Cale sto MMi) Esami Ni 4 GRAPHOLITHA APLANA Hbr., in frutti di noce inviati dall’avv. G. Portioli-Rocca di Mantova . . i Vetidatto i i. 9 Diaspis PENTAGONA Targ., sopra vesta a S. Margherita Ligure (ing. P. Bonacossa), negli orti della Città ed in molte località della provincia di Pavia . . . si 40 Frroprosi (Phytopius Piri Sor.), sopra toglie ani pero inviate dalla Cattedra amb. d'agr. di Forlì, da quella di Grumello del Monte, da Groppello Cairoli, ecc. . . . 4iftr T6 AFIDE LANIGERO 0 PIDOCCHIO SANGUIGNO lariana lanigarà uinsti A in radici di melo inviate da Forlì e da S. Vito al Tagliamento per mezzo del giornale “ Corriere del Villaggio , di Milano , Lecanio» HespPERIDEARUM, sopra rami e foglie di limone inviate da Falconara (sig. D. ii per mezzo del “ Corriere del Villaggio, di Milano . . . 4% ANTHONOMUS Pirri, sopra fiori di pero inizia gala Cattedra amb. Waerieidi: Horli. ti... i | MiceLIo sTERILE in fusti di pero tiviati dalla Cattedra dii d’ den di Grumello del Monte. . . . TER MALATTIE DIVERSE, gommosi in rami di oi inatinbi dalla Gaizd amb. d’agrie. di Genova; Alterazioni prodotte da insetti sopra foglie di pero inviate dal prof. F. Gabrielli, direttore della Cat- tedra amb. d’agrice. di Sarzana; Acari sopra foglie di pere in- viate dal direttore di quella di Rimini (prof. P. Frizzati); Cocciniglie sopra limoni e aranci a Genova e a Chiavari; Al- terazioni diverse sopra foglie di limone inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Messina; Seccume in foglie di noccinolo, do- vuto alla presenza di gas tossici nell'atmosfera, inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Spoleto (prof. Francolini) . . , 20 [09] LE Sal e RS I e CAROTE » Totale esami N. 414 Malattie delle piante da foraggio. ’ Peroxospora TricroLIORUM de o sopra erba medica nell’Orto bo- tanico di Pavia . . . TÀ 312 ame N 6 a RUGGINE DELL'ERBA MEDICA {Oromii yces cari Schrét.), sopra erba 4 medica a Dorno; a Zerbolò e nell’Orto botanico di Pavia , 17 a "I | — 2740= Mac Bianco (Erysiphe Polygoni) DCO.), sopra trifoglio da Milano “Corriere del Villaggio , . . ; 2 OESAS AMEN: SCABBIA DEL TRIFOGLIO (PhiMoniora Trifolii (Para ) Fuck. forma co- nidica Polytincium Trifolii Kze), sopra trifoglio da Groppello, Dorno, Mirabello, ece. . . getti o (a VAIOLATURA DEL TRIFOGLIO (Fiac Trifolii (Biv. ) Fuck.), sopra trifoglio a Dorno, Zerbolò, Mirabello ed in diverse altre loca- lità del circondario di Pavia... 500 Pseupopeziza MepicaGINIS Lib., sopra Soa ici Rell'Otto bota- nico ed in medicai dei dintorni di Pavia . . . 200 Mar vinato (Rhzzoctonia violacea Tul.), sopra erba sato, e tri foglio inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Sarzana (pro- fessore F. Gabrielli) ed in medicai dell'Oltrepò pavese . |, Puccinia coroniFERA Klebh., sopra Holeus a Dorno ed in prati dei dintorni di Pavia. . . z LE Cuscura (Cuscuta epithymum “pa ), sopra ani 3) AMinezaoli ed «in medical dell'Oltrepòfpayese te en e Totale esami N. Malattie delle piante ornamentali. RuecIiNE DEL GAROFANO ( Uromyces caryophyllinus (Schrk.) Schroet.), sopra piante di garofano a Pavia (sig. Barbaini); ed altre in- viate dalla Cattedra amb. d’agric. di Torino e da quella di (GENOVA 9 se sti die (Esame RUGGINE DEI a (Geom CIkvsintbeoii Roze), sopra piante di crisantemi da Sestri Levante (Agenzia Agricola Durazzo Pallavicini), aviunaa leo 0 ne SONO SeptoRIA CaRysanTHEMI Cav., sopra crisantemi inviati dalla Cat- tedra amb. d’agric. di Rimini e nell’Orto botanico di Pavia ,, Macrosporium SopHorar Turc. et Maff., sopra foglie di SopZora ja- ponica. DelliOrto botanico Xii sPavi ae Re GisseRELLA Briosiana Ture, et Maff., sui rami di Sophora japo- MICOSEIO RS RIE. Ro) SEPTORIA OLFANDRINA Sc sopra Tore n dicandei (eun olean- der) inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Campobasso, da Groppello Cairali, da Dorno, Casteggio, ecc. . . . x Orprox EUONYMI JAPONICI (Arc.) Sace, sopra foglie di Hvonimi a Chiavari, a Sarzana, nell’Orto botanico ed in diversi giardini die Paviat (po erro ae VE i; SL ANI e 18 16 20) 10 22 275 — PesraLozzia GuePINIi Desm., sopra foglie di camelia a Chiavari, a S. Hario Ligure (Stabilimento Flora del signor Giov. Batt. Marsano) ALA Nesti: Risami: Ni CoONIOTHYRIUM OLIVACEUM Hans sopra auge di Magnolia da Saluzzo (prof. Lissone) 2 dae "RCAI PRO PR, a PuyLLostIcta BEGONIAE P. dad sopra foglie di Begonia nell’Orto botanico di Pavia a ERIOR RARI 0 PayLLostiera Syrincae West., sopra foglie di nba nell’ Orto botanico di Pavia PHYLLOSTICTA Sp., sopra Ebd di Koi inviate. dala Cattedra amb. d’agric. di Rimini È BorryTIS vuLGaRrIS Fries., sopra foglie di Kala SPOCRTI dalla Cat- tedra amb. d’agrie. di Rimini (prof. Frizzati), sopra boccioli di rosa inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di Patto Maurizio, su foglie di pelargonio e di mughetto nell’Orto botanico di Pavia, ecc. . 3 GALLE FOGLIARI DELL’AZALFA (e dinigidaim Ellis), sopra foglie di Azalea dalla Fonderia di Lovere (Sig. Odoardo Bag- gini) a mezzo del giornale “ Corriere del Villaggio , di Milano Ruecine BIANCA (C Vaoolie sindiala Tovo sopra foglie! di viola ciocca inviate dalla Cattedra amb. d'agric. di S. Remo . , Ruscine DELLE ROSE (/%ragmidium subcorticium Wint.), sopra foglie di rosa a S. Remo e diffusa nei giardini di Pavia e dintorni , Marsonia Rosae (Bon.) Briosi et Cavara, sopra foglie di rose a __—£. Giuseppe presso Pavia e nell’Orto botanico di Pavia Ù — Rugoine DELLE vioLE (Puccinia Violae DC.), sopra viole dell'Orto da botanico di Pavia e dintorni —_—Ramuraria LactEA (Desm.) Sacc., assai diffusa sullé viole nell'Or to È _ botanico di Pavia ed in giardini della città __— Bacreriosi (Bacterium Matthiolae Briosi et Pavarino), in fanie di SG violaciocche da Albenga inviate dal Direttore di quella Cat- E tedra amb. d’agric. (prof. A. Allegri), a Loano ed in diverse __— località della Riviera STI, METIS ERA OT | ASPIDIOTUS Neru Bouch., sopra foglie di Dracena inxiate dalla _ —R. Scuola pratica d'agrie. di Brescia. . . pa ANGUILLULE, hanno attaccato delle piantagioni di vidlettà + a Taggia sio di violaciocche a Loano e dei garofani di Milano (signorina _ E. Mutto) ; P° -Matarme piverse. — Llater idi; sofia ian di garofendi a Bowiol | Alterazioni dovate a causa d'ambiente sopra foglie di Edera È; » La 18 — 276 inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Spoleto; micelio sterile e bacteri in foglie di Aster inviate dal prof. Frizzati della Cattedra amb. d’agric. di Rimini; acari sopra foglie di Pam- padour da Genova (Cattedra amb. d’agric.); punture d’insetti in rami apicali di Rosa da San Remo (Cattedra ambulante l'agricoltura) . . . RT 21 +4) go tena sa miei MALATTIE INDETERMINATE. — Sci di cui non fu possibile determinare la causa furono riscontrate sopra piante di Calla inviate dall’on. Ginori Conti di Firenze e sopra foglie di Cicas revoluta inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Genova . , Totale esami N Malattie delle piante industriali e forestali. Ruacine DeL Pioppo (Malampsora populina Lèv.), sopra foglie di pioppo canadese inviate dal colonnello cav. Poggi direttore dell’arsenale militare di Pavia . . . . . . . Esami N. MeLamesora RostruP1 Wagn., sopra foglie di pioppo bianco nei boschi del Ticino a Torre d’Isola e nei dintorni di Pavia , MaccHIE ocRAcEE DEL Piopro cANADESE (Dothichiza populea Sacc.), sopra pioppi inviati dalla Cattedra amb. d’agric. di Pisa . , MALE DELL’INcHIOSTRO (Coryneum perniciosum Briosi e Farneti), sopra castagni a Castana Banca (Loano) ed in diverse loca- lità della Liguria e della Toscana, sopra rami inviati dal sig. A. Ramello orticoltore di Pollone (Biella), ecc... , PuyLLostIcra MacuLIForMIs Sacc., sopra foglie di castagno da Groppello Cairoli (sig. Calvi) . . . $i NECTRIA CINNABARINA (Tode) Fr. forma A Ti ilo vulgaris Tede, sopra rami di Acero inviati dalla Cattedra Amb. d’agrie. di Mantova. . . P MARCIUME RADICALE (Thielavia basicolii Zopf. ); o ela gli ‘Ta- bacco inviate dalla Cattedra amb. d’agr. di Campobasso . ,» PuyLLostIcTA INSULANA Mont., sopra foglie d’olivo raccolte a Tri- poli dal caporale Giulio Bertoloni ci pins lea MacropHomAa OLEAE (DC.) Ber]. et Vogl., sopra foglie d’olivo inviate dal sig. Saracomenos di Corfù (Grecia) . 2 MacroPHoma DALMATICA Berl. et Vogl., sopra frutti d'olivo ai dallo stesso sig. Saracomenos (Corfù) . ili a CeRcosPoRA cLADOSPORIOIDES Sacc., su foglie d’olivo, idem Mt: 14 220 60 de Se RE e: CA Cyrospora OLeAaE De Not., sopra foglie d’olivo, ilem . Esami N. GLOEOSPORIUM OLIVARUM d’Alm., sopra frutti, idem... . . ., Hormisciom OLEAE (Cast.) Sace., sopra foglie d’olivo, idem. . |, SeprorIA curvata Sace., sopra foglie di Robinia a Rsa? (Varese), a Groppello Cairoli, Dorno, ecc. . . - sla MAL BIANCO OD OIDIO DELLA QUERCIA (Oidium Sp. di sopra Egna di quercia, a Porto Ceresio, a Viggiù (Varese) e in molte altre località della Lombardia . . . BOTT 00 SPERARE RION MAL DEL FALCHETTO ( Armillaria Malta) Vabl.), sui De: in pa- recchie località della provincia di Pavia . . . SU PoLyPorus HIsPipus (Bull.) Fr., sopra gelsi a Travacò Siccomario, a Mirabello, ed in qualche altra località del circondario di Baviato e. Fo FERSA DEL GELSO ooigana Mori Bri iosì di Caio). sopra è foglie di gelso a Groppello Cairoli, Dorno, Mirabello, Cava Carbonara, Casarile ed in diverse altre località delle sci di Pavia e Milano. s GIBBERELLA MORICOLA De Not.) Sarai sopra rami di babo a re Giuseppe e nell’Orto botanico di Pavia . SepTORIA POPULI sur: su Da di pioppo a S. Sofia e sun Uuisol@anA 3)... a GLOEOSPORIUM POPULI-ALBAE ii n foglie di pioppo Visio nei Mei cd Pavia. LL... Marsonia PopuLi Sacc., idem. . . . 5 PuoLiora AEGERITA Brig., sopra radice e a rogito di Poputu pirami- dalis nell’Orto Botanico di Pavia . . . va Foxes iGnariIus (L.) Fr., sopra salici a Gravellona) a Gai Car- bonara, a Trovamala ed in diverse altre località del circon— dario à Pavia GLoEosPorIoM SALICIS West., sauna toglie di antica: nei È stintorni di Mama... ai - Rogna DELL’OLIVO (Bacillus Olin pa i sopra olivi inviati da S. Margherita Ligure (ing. Pietro Bonacossa), da Ri (prof. G. Arieti, direttore della Cattedra amb. d’agric. di Chiavari), da Tripoli (caporale Giulio Bertoloni) «lati PuoLgorrisus OLEAE, sopra olivi inviati da S. Margherita Tanto (ing. Pietro Bonacossa), da Porto Maurizio, ecc. Fumaocine, sopra olivi a Porto Maurizio, a Tripoli tesinorala Giulio IETIOlODi). .... Lu: i) Acari, sopra foglie di Tiglio inviate “alla Cattedra amb; pai MIMIBORINO 7 rr RARE «Ti 6 DO 26 32 LO vet DIRI, INBEe= Carre, sopra radici di Ailunthus inviate dalla Cattedra amb. d’agric. Voghera (prof. V. Gobbetti) . . .. .... Esami N. DIASPIS PENTAGONA, sopra gelsi e altre piante a Cellatica (Brescia), Groppello Cairoli, Dorno e diverse altre località della pro- VINCIAMAlAPa via: ERE E RR SEO ORTA SASRRIOIERO I OO MALATTIE INDETERMINATE. Alterazioni indeterminate sopra foglie e frutti d’olivo inviati dal Comizio Agrario di Genova e dalla Cattedra amb. d’agrie, di Spoleto (prof. F. Francolini) sa Totale esami N. Malattie di piante diverse. PeronosPoRA EFFUSA (Grev.) Rbh., sopra foglie di Chenopodium album a Mirabello, Albuzzano, ecc. . . . . ..... . Esami N. SPHACELOTHECA HYDROPIPERIS (Schum.) De By., sopra ii a Dorno e a S. Giuseppe (Pavia) |. . . RAI UsriLAGo Cyxopontis P. Henn., sopra Cynodon dalijto a Rini e dintorni . . . SOS ME ERI DISTRAE EnryLomAa RANUNCULI (Gan): SITE sopra foglie di Ranuneulus Ficaria a S. Giuseppe presso Lam ed in altre località dei dintorniodilPavia alici oe ES ROTTE Ureno Agrimoniae (DC.) Schroet., sopra foglie di Agrimonia Eu- patoria a Villa Campeggi ed a S. Giuseppe (Pavia) . . |, Urepo SympHyri DO., sopra Symplytum officinale al Rottino (Pavia) , Uromvyces Pisi De By. (for. ecid. Aecidium Euphorbiae), sopra piante di Euphorbia Cyparissias a Groppello Cairoli, Dorno, ecc. , Puccinia Paragmiris (Schum.) Koern, sopra Plragmites communis in diverse località lungo il Ticino ed il Po in circondario di Ba yiol Sa% PTT Mi 0 e Puccinia Lorgarana him, sopra foglie di Muscari racemosum nel- l'Orto botanico di Pas Arcipium CLemamipIis DCO., sopra foglie i ridi Vitalba da val Sliegpiov.. nta RADI I SRO IERI RO ET > PREICITA SATA a ISTAT SEPTORIA SAPONARIAE DE) Savi et Becc., sopra foglie di Saponaria GAAVIODIÙ.(Varese) MM e NOE EROE ea, SIE, Seproria OrxorgERAE West., sopra foglie di Oenotlhera biennis da S. Sofia e Torre d’ Ist (Pavese ” DACTILARIA PARASITANS Cavr., sopra Digitaria 04lng isti da Zer- ROIO E IE e SAS ICT SR RCORESSD 40072 VSS CRRIMASRII NINO 60) 390 15 = ai OvuLaria oBLIQUA (UCke.) Oud.. sopra foglie di Rumex da Trova- mala, da Albuzzano, Mirabello ed in diverse località del cir- condario di Pavia . . MRI Hisamib N° Ramucaria Vincae (Desm.) Sacc., sopra “foglie di Vinca maior nel- l'Orto Botanico di Pavia Tayrostroma JarRoPHaE Turconi et Maffei, sopra rami dai Jatropha Janipha, idem . . . . 4 RAI LOPHIOTREMA CULMIFRAGUM Speri, sopra fusti ài Pfigimidda communis nei boschi del Ticino nei dintorni di Pavia. . 0 CocciNIGLIE E FUMAGGINE, sopra foglie di pace inviato dal Consorzio Agrario di Genova. . data Goxxos: dovuta all’azione di bacteri, sopra foglio di Phor mium in- viate dal Comizio Agrario di Genova. . .../.0. .. } ALTERAZIONI INDETERMINATE. Sopra foglie di Edera inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Spoleto (prof. F. Francolini) e sopra foglie di Bambù inviate da quella di Verona. . . . . Totale esami N. Ricerche ed informazioni varie. Analisi di polvere di licopodio trovata sofisticata con amido e con polline di conifere. . . . SOA EIN: Analisi di zafferano in polvere Ri sadici con zafferanone (Carthamus tinetorius) . . de TE Esami di crusca di frumento poco er woxali dotta quasi alla sola parte cellulosica con pochissimo amido, inviata dal sig. Cristallo Attilio di Candia Lomellina . . . ; Determinazioni di vadici di Julapa inviate dalla Cattedra amb: di agric. di Tortona; di pianta di Physalis Alkekengi L. per il dott. Giovanni Bianchi di Bozzolo (Mantova); di Pinus Pinaster Soland. inviato dalla Cattedra amb. d’agrie. di Rimini (pro- fessore Frizzati); di Panicum phyllopogon inviato dal profes- sore Novelli di Vercelli; di Pinus silvestris L. e di Abies excelsa Poir. inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di Rimini; di Azolla caroliniana W. che infesta le risaie di Massaciuccoli ed infor- mazioni sui mezzi per distruggerla al prof. Bonuceelli della Cattegra amb. d’agrie. di Lucca; di frutti di Maclura auran- tiaca Nuff. e di Pterocarpa frazinifolia Spaeh, ecc, ece. . , IRE SP PRO 112 do 20 280 — Determinazione Ai Imenomiceti inviati dal dott. G. Verri, direttore del laboratorio chimico municipale di Milano . . Esami N. 5 Determinazione di piante fanerogame e di crittogame (Imenomiceti, Briofite e Pteridofite) raccolte dal personale del laboratorio Nelle sdiverse escursioni: * in o eee gr] RRTTARI Determinazione di licheni raccolti in Libia dal dott. R. Pampanini , 19 Informazioni al sig. dott. Mario Biroli sull’Agare americana. Sul- l'AZbero della morte al sig. Nolli Broecardo di Sesto Cremonese. Sul modo di combattere la malattia dei limoni prodotta da Gloeosporium al sig. Governatori Astore di Perugia. Sull’On- cinum viride al sie. Francesco Anelli. Sulle fumaggini e sul modo di combatterle al sig. cav. Niccolò Rocca di Loano. Sul modo di liberare dai licheni piante d’Olivo al sig. ing. Pietro Bonacossa a S. Margherita Ligure, ecc. Distribuzione di trecento piantine di Aegle sepiaria, per formare siepi, al dott. L. Maffei, al dott. G. Pollacci, all’ing. Bona- cossa ed altri. Ricerche scientifiche. L'operosità del nostro Istituto, oltre che all'esame del numeroso materiale inviato da privati e da enti morali, fu anche nell’anno de- corso rivolta a ricerche scientifiche originali che interessano la fito- patologia, la crittogamia, la fisiologia e la anatomia vegetale, la siste- matica, ecc. Così nel 1913 furono ancora ripetute, in diverse località delle pro- vincie di Pavia e di Brescia, le esperienze colla Pasta Caffaro contro la Peronospora della vite. I risultati ottenuti furono in generale buoni e confermano pienamente quelli dell’anno passato già riassunti nella Rassegna crittogamica del 1912. Lo scrivente fece ispezioni in Liguria, tanto nella Riviera di le- vante che in quella di ponente per ricerche sopra malattie della vite, dell'olivo, delle acacie, delle violaciocche, dei garofani e di altre piante a fiori. Per incarico avuto dal Ministero d’agricoltura, istituì nella provineia di Lucca, insieme all’assistente Rodolfo Farneti, delle esperienze per combattere la Moria o mal dell'inchiostro dei castagni. Intorno a questa malattia pubblicò, in collaborazione col Farneti, una quinta ed nna sesta nota preliminare, Sii Il Farneti pubblicò inoltre due Note: una sopra una particolare decapitazione dei crisantemi, l’altra sopra una piantina infestante dan- nosissima alle risaie di Massaciuccoli. Il sig. Malusio Turconi pubblicò in collaborazione col prof. Luigi Pavarino una nota sopra l’avvizzimento dei peperoni causato da una nuova specie di bacillo. Continuò anche le sue ricerche intorno alla micologia lombarda ed altre ne intraprese (alcune in collaborazione al dott. Luigi Maffei) sopra nuove malattie di piante utili. I risultati di tali ricerche saranno resi noti in prossime pubblicazioni. Il dott. Gino Pollacci compì nuovi studi sull’Abrus precatorius; altri sulla Plasmodiophora Brassicae e sui rapporti sistematici di questo mi- xomicete coi parassiti della rabbia e del cimurro dei cani; infine, sulla bioreazione del tellurio e sua applicazione pratica agli studi di fisio- logia e patologia vegetale e ne pubblicò le risultanze in tre diverse note (in corso di stampa) corredate da tavole colorate. Il dott. Luigi Maffei studiò una nuova malattia della Gerdera e continuò le ricerche sulla micologia ligustica. La signorina dott. Eva Mameli studiò la relazione fra la presenza dei cordoni endocellulari nei tessuti della vite e lo stato normale e patologico della pianta. Estese di poi queste ricerche a un gran nu- mero di piante e ne pubblicò i risultati in diverse memorie. Studiò inoltre un manipolo di licheni recentemente raccolti a Tri- poli dal dott. R. Pampanini. L’onor. prof. Luigi Montemartini continuò gli studi anatomo-fisio- logici sulle vie acquifere delle piante, inoltre pubblicò una nota sopra un nuovo schizomicete parassita della vite. Il prof. Luigi Pavarino fece delle ricerche sul Roncet pubblican- done i risultati in due note. La signorina dott. Rosa Bariola portò a termine i suoi studi sul- l'anatomia del seme dell’Abrus precatorivs e ne raccolse le risultanze in una memoria corredata da cinque tavole litografate. La signorina dott. Anna Da Fano fece delle ricerche sulla ger- minabilità del riso e del granturco in rapporto alla temperatura ed alla umidità, I risultati furono resi di pubblica ragione in una memoria corredata da tre tavole. Riassunto generale delle ricerche fatte nell’anno 1913. Malattiegdella vite RR 0 COAMIASAII N d Mercereall +9 fe Ki , "Io3 delle piante da ortaggio . tai s n 920 “elle «piante. Ma -tiratto Sete ee 7 os 414 di delle piante da foraggio . . TANT e si IE x delle piante ornamentali e da fori da 5 e I) £ delle piante industriali e forestali . . . . A TOOL 2 di piante diverse . . . n 13 x i IZ Ricerche varie e determinazione di A Ime- nomiceti, Briofite e Pteridofite . . . Sagra & RAIL) Determinazione di licheni libici raccolti dal sole Pam- DADINI e 4 Cee a URI O 3 î 19 Totale esami N. 2202 Personale del Laboratorio erittogamico al 31 dicembre 1913. Prof. Giovanni Briosi, direttore; Prof. Rodolfo Farneti, 1° assistente; Prof. Malusio Turconi, 2° assistente; Palazzi Mario, inserviente straordinario. Prestarono l’opera loro i signori: Dott. Gino Pollacci, aiuto all'Istituto botanico e libero docente dell’Uni- versità di Pavia; Dott. Siro Luigi Maffei, 1° assistente all’Istituto botanico: Dott.® Eva Mameli, 2° assistente all’Istituto botanico. Frequentarono il Laboratorio per ragioni di studio i signori: On. dott. Luigi Montemartini, professore di Patologia vegetale alla R. Scuola superiore d’agricoltura di Milano e libero docente al- l’Università di Pavia; Dott. Luigi Pavarino, professore di scienze naturali nella R. Scuola normale; Dott. Rosa Bariola, laureata in Scienze naturali Dott. Anna Da Hano 5 a Sig. Carlo Greppi e sig.* Maria se laureandi in scienze naturali. — 283 — Pubblicazioni del personale dell’Istituto . durante l’anno 1913. Briosi G., Rassegna crittogamica dell'anno 1912, con notizie sulle ma- lattie delle leguminose da seme dovnte a parassiti vegetali (Bol- lettino del Ministero di agricoltura, industria e commercio, anno XIT, serie C; Roma, 1913). — e Farxeti R., A proposito di una nota del dott. Lionello Petri sulla moria dei castagni “ Mal dell'inchiostro , (Rendie. R. Accad. Lincei, vol. XXII, ser. V, sem. 1, Roma, 1913). — —. Ancora sulla moria dei castagni “ Mal dell'inchiostro , in risposta al sig. dott. T.. Petri (ibid., vol. XXII, ser. V, sem. 2, Roma, 1913). Farneti R., L’astenia e i disturbi funzionali e l'attacco dei funghi paras- siti o saprofiti (Rivista di patologia vegetale, anno VI, Pavia, 1913). — La decapitazione dei crisantemi in seguito a rottura spontanea del pe- — duncolo fiorale (ibid.). —___ Una piccola pianta dannosissima alle risaie di Massaciuccoli in Toscana (Alba Agricola, anno XII, n. 200. Pavia, 1913). î Turconi M. e Pavarino L.. Sull'avvizzimento delle piante di Capsicum annuum L. (Atti dell'Istituto botanico di Pavia, ser. II, vol. XV). — eccume delle foglie di vite causato dalla Pestalozzia uvicola Speg. (Rivista di patologia vegetale, anno VI. Pavia, 1913). Maree! L., Una malattia della Gerbera causata dall’ Ascochyta Gerberae n. sp. (ibid.). Maxeti E., Sulla presenza dei cordoni endocellulari nelle viti sane ed in | quelle affette du Roncet (Rend. R. Accad. Lincei, vol. XXII, ser. V, sem. I) — Sulla diffusione dei cordoni endocellulari nelle fanerogame (Atti Soc. Progresso delle scienze, VII riunione. Siena, settembre 1913). — Ricerche biologiche, fisiologiche ed anatomiche sulla Martynia probo- scidea (ibid.). — Risposta alla nota del dott. L. l’etri “ Sul significato patologico dei cordoni endocellulari nei tessuti della rite, (Rendie. R. Accad. Lincei, vol. XXII, ed Atti Istit. Bot, di Pavia, vol. XVI). — Lichenes Tripolitani a R. Pampanini anno 1913 lecti (Boll. Soc. bot. ital., anno 1913). MosremartINi L, Un nuovo schizomicete della vite (Rivista di patologia vegetale, anno VI. Pavia, 1913). = ‘Dda pi La i Pavarino L., Ricerche sul Itoncet (ibid.). — Sopra il marciume dei pomodori (ibid.) —__ Ulteriori ricerche sul Roncet (ibid.). BarioLa R., Sull’anatomia del seme dell’Abrus precatorius L. e dei semi e s usati per sofisticarlo, con 5 tav. litogr. (Atti Istit. Bot. di Pavia, s. n ser. II, vol. XVI). PET Da Fano A., Sulla germinabilità del riso (Oriza sativa) e del granturco bo (Zea Mays) in rapporto alla temperatura ed alla umidità, con 2 tav, i) $ litogr. (ibid.). sn Casi ii } de dé — 4 i en. o” Rassegna crittogamica per l’anno 1914, con notizie sulle ma- lattie delle conifere dovute a parassiti vegetali che ne attaccano le foglie. — Relazione del professore Giovanni BRIOSI, direttore della R. Stazione di Botanica cerittogamica (Laboratorio erittogamico) in Pavia. Come nell’anno scorso anche in questo (1914) le piante che mag- giormente andarono soggette a malattie crittogamiche furono, per quanto a noi consta, gli ortaggi. Gravi danni specialmente arrecarono alle piante ortensi i seguenti parassiti: PeronospPora (Phytophthora infestans) dei pomodori e delle patate; Ruecine (Puccinia Asparagi) degli asparagi; SacTtERIOSI (Bacterium Briosii) dei pomodori; Oladosporium fulvum var. violaceum dei pomodori; ANTRACNOSI ( Colletotrichum oligochaetum) dei cocomeri, meloni e cetrioli; AxrRACNOSI (Colletotrichum Lindemuthianum) dei tagioli; Alternaria Solani e Septoria Lycopersici dei pomodori. Riguardo alla peronospora dei pomodori e delle patate, tanto temuta e diffusa, ma ancora poco combattuta, è bene ricordare che assai effi- caci contro di essa sono le irrorazioni cupriche (poltiglia bordolese all'uno per cento, neutra), il cui uso dovrebbe diftondersi maggiormente. E tanto più necessario si dimostra questo trattamento, e va incominciato per tempo, inquantochè pare, da recenti ricerche del Melhus ! dell'Ufficio di investigazioni degli Stati Uniti d'America, che il micelio della perono- spora dei tuberi infetti possa penetrare nei giovani germogli, e che quando esso è giunto con i getti della pianta sopra terra, abbia a pro- durre delle spore che diventano la sorgente dell’infezione estiva. Nelle piante da frutto si notarono assai diffuse anche in quest'anno: l'Exroascus deformans sopra i peschi; il Clasterosporium carpophilum sopra i peschi e i mandorli; la tiechiolatura delle mele dovuta al Fusicladium. A proposito del mal della bolla nél pesco, dovuto all’Eroascus de- formans, il Desmoulins ® ha consigliato recentemente, oltre all'impianto 1 MeLuus, Zhe perennial mycelium of Phytophthora infestans (Centralblatt f. Bakteriologie, 39, 482), 1914. ? DessovLins, Note surla Cloque, le Corymeuwm et le puceron du pécher (Pro grés agricole, LxI, 2827309), 1914, Atti dell'’Ist. Bot. dell'Università di Pavia = Serio II — Vol, XVI 2 + 286 di frutteti con le sole varietà per le quali venne constatata una resi- stenza sicura alla malattia (var.: Precoce del Canadà, Early Cranford, Surpasse Amsden, Precoce di Hale, Hative du Flacchat, ecc.), un mezzo di lotta efficace e cioè la irrorazione preventiva delle foglie con la se- guente poltiglia cupro-acida: Acqua 100 litri. Solfato di rame 1 Ke 5: Calce quantità sufficiente per la neutralizzazione; ottenuta la quale si aggiunge ancora mezzo chilo di solfato di rame. Il trattamento andrebbe fatto sempre e in ogni caso prima della schiusura delle gemme fiorali. I cereali vennero notevolmente attaccati in quest'anno dalla rug- gine (Puccinia graminis e Puccinia glumarum), dalla puntatura del grano (Cltadosporium herbarum) e dalla ruggine e dal carbone il granoturco. Fra le piante industriali e forestali le querce ebbero a soffrire, come negli scorsi anni, per notevoli attacchi di oidio. In alcuni casta- gneti della valle del Serchio in provincia di Lucca e più ancora nel vivaio forestale di Gozzano in provincia di Novara si ebbe una fortis- sima Moria delle giovani pianticelle di castagno, malattia avente sin- tomi e caratteri identici a quelli che si manifestano negli alberi di ca- stagno ammalati del Mal dell'Inchiostro. Le osservazioni fatte, sia sul luogo, che in laboratorio, vennero pubblicate in una nota dal titolo: “Il Mal dell’Inchiostro nelle giovani pianticelle dei castagneti e dei semen- zai ,, (Atti Istit. Bot. di Pavia, vol. xv, pag. 323, 1915). La vite, nonostante gli attacchi di Leronospora e di Oidio, che si verificarono specialmente nelle località dove caddero pioggie copiose, diede in generale un buon prodotto, poichè le crittogame vennero effi- cacemente combattute. Fra le piante ornamentali i garofani furono notevolmente danneg- giati in alcune località della Liguria dal Fusarium Dianthi e dalla rug- gine (Uromyces caryophyllinus); le rose ebbero a soffrire per diffusi at- tacchi di ma? dianco (Oidium leucoconium). Malattie delle Conifere dovute a parassiti vegetali che ne attaccano le foglie. Nella Rassegna dell’anno scorso abbiamo detto delle malattie delle conifere dovute a parassiti vegetali che attaccano la radice, il tronco ed i rami; in questa parleremo delle malattie che attaccano le foglie. 1) SECCUME DELLE FOGLIE DELL’ABETE BIANCO ( Acanthostigma pa- — 287 — rasiticum (Hart.) Sace... — Si sviluppa specialmente sull’abete bianco (Abies pectinata) formando un sottil feltro bianco o giallo-brunastro per- sistente sul lato inferiore dei rami, da cui si estende alla pagina infe- riore delle foglie che disseccano ma non cadono, rimanendo legate al ramo per mezzo dei filamenti micelici del parassita. _ La malattia si può presentare con caratteri gravi e causare il dis- seccamento delle giovani piantine o di una parte dei rami delle grosse piante. L'unico mezzo di lotta consigliabile contro questo parassita è il taglio dei rami ammalati che debbono essere bruciati e non abbando- nati al suolo. 2) Herpotrichia nigra Hartig. — È parassita di diverse conifere, specie nelle alte regioni di montagna, particolarmente dell’Adies excelsa, del Pinus montana e del Juniperus communis, nelle quali causa il Mal della tela dei rami. Le piante infette si rieonoscono facilmente anche a distanza per l'aspetto caratteristico dei rami colpiti che appaiono anneriti e come carbonizzati. Le foglie sono come appiccicate al ramo e fra di loro riu- nite da un denso strato di filamenti micelici bruno-nerastri che le ag- glomerano insieme. Questo micelio bruno che riveste le foglie aghiformi produce in cor- rispondenza degli stomi una lamina stromatica granulosa, nera, che riem- pie l’atrio stomatico da cui si diramano le ife che invadono successi- vamente i tessuti interni determinandone l’annerimento e la morte. Alla superficie delle foglie si sviluppano più tardi numerosi periteci (corpi «fruttiferi) contenenti gli aschi colle spore (semi). Il parassita si svilupperebbe specialmente a bassa temperatura at- taccando le foglie dei rami giacenti sotto la neve e continuando poi la sua azione al momento della fusione della neve, quando l’aria è satura di umidità. Nelle località soggette a valanghe come pure nei vivai si- tuati in alta montagna la malattia può causare danni gravi. Come mezzo di cura si consiglia di tagliare e bruciare i rami bassi malati, di non fare vivai di conifere in siti molto elevati, oppure di scegliere località ben esposte ed asciutte. 3) ARROSSAMENTO E CADUTA DELLE FOGLIE DI PINO (Lophodermium Pinastri (Schrad.) Chev.). — È una malattia comunissima che attacca le foglie dei pini sia sugli alberi adulti nei boschi, sia sulle giovani pian- tine nei vivai. Nell'estate e specialmente nell'autunno si vedono apparire sulle foglie delle macchie brune poco estese, che determinano l’arrossamento e l’'essicecamento delle foglie stesse. 288 Più tardi compaiono sulle macchie i corpi fruttiferi del fungo; in autunno dei piccoli puntini nero-lucenti, che sono gli spermogoni e che rappresentano la forma picnidica; nell'inverno i periteci, che costituiscono la forma perfetta, ascofora del parassita e che sono assai più grandi, di forma ovale, nero-lucidi e disposti lateralmente alla nervatura. L’in- verno mite e le abbondanti pioggie primaverili sono favorevoli alla con- servazione e alla diffusione del parassita che produce danni notevoli specie nei vivai sulle giovani piante di pino nelle quali determina spesso un disseccamento parziale o totale. I trattamenti fatti alle giovani pian- tine con poltiglia bordolese (borghignona) zuccherata pare diano buoni risultati quando vengano applicati durante l’estate, specialmente nel mese di agosto. Si consiglia anche, come misura preventiva, di non piantare pini in località ove la malattia è molto diffusa. Inoltre, nei casi in cui si debba fare un vasto piantamento di conifere, è buona pratica alternare le es- senze resinose che si adoperano, consociando cioè al pino, ove sia pos- sibile, l’abete ed il larice (che non vengono attaccati da tale parassita) affinchè la malattia non trovi modo di diffondersi, 4) RUGGINE VESCICOLOSA DELLE FOGLIE DI ABETE (CArysomyxra Rho- dodendri (D. C.) De By. Forma ecidiea Aecidium abietinum Alb. et Schw.). — Questo parassita, appartenente al gruppo delle Uredinee, è specie eteroica, che compie cioè il proprio ciclo di vita sopra ospiti diversi. Le sue forme ecidica e pienidica si sviluppano sulle foglie del- Abies excelsa; le forme uredo- e teleutosporica invece sul Rhododendron. In luglio ed in agosto interi boschi di abete rosso (Abies ewcelsa) vedonsi talvolta tristamente ingialliti e sfrondati per opera di questo fungo. Sugli aghetti appaiono dapprima delle areole giallognole, per lo più disposte in serie lineare, nelle quali l'epidermide si solleva, si rompe e lascia uscire dei corpicciuoli dapprima emiglobosi poi oblunghi, cilin- dracei, lisci, di color carnicino. Sono gli ecidi che a guisa di papille sorgono dall’epidermide della foglia e si rompono irregolarmente all’e- stremità per lasciar libera una polvere di color giallo-rossastro, costi- tuita dalle ecidiospore che il vento disperde facilmente. Le foglie colpite diventano in seguito giallo-brunastre, muoiono e si distaccano facilmente. Tale forma ecidica è nota come Aecidium abie- tinum Alb. et Schw. Le ecidiospore infettano nel settembre le foglie dei Rododendri sulle quali si formano prima le uredospore, poi le teleutospore, o spore iber- nanti, che svernano sulle foglie e germinano nella successiva primavera infettando di nuovo l’abete e ricominciando così il cielo di sviluppo del parassita. pe” — 289 — Non sono certo facili i mezzi di lotta contro questa malattia, poichè sarebbe ridicolo proporre lo sradicamento dei rododendri benchè siano piante infestanti e dannose ai pascoli, onde sì concede persino gratuita- mente il petrolio per distruggerle. Tuttavia, nel fare impianti, tornerà utile scegliere località sane, ben aereate e soleggiate; in questo caso poi è anche conveniente liberare il terreno adibito all'impianto dai cespi di rododendri che vi possono essere. 5) Chrysomyxa Ledi (A. et S.) De By. — Assai diffusa nell'Europa settentrionale e nell'America del Nord, questa specie, molto affine alla precedente, è pure eteroica ed attacca nella sua forma ecidica parimenti le foglie degli abeti. Nelle forme uredo- e teleutosporica attacca invece le foglie del Ledum palustre in Europa e del Ledum latifolium nell’Ame- rica boreale. Secondo Schroeter produrrebbe danni abbastanza gravi agli abeti nell'Europa settentrionale. 6) Chrysomyxa Abietis (Wallr.) Ung. — Causa la ruggine del- l’abete rosso (Abies ezcelsa) ed è assai frequente nell’ Europa nordica. Si riscontra generalmente nelle vallate umide. Le foglie infette appaiono colorate in gialliccio solo in determinati punti, ove cioè è avvenuta l’infezione e .si è effettuato lo sviluppo del micelio. Quivi la lamina è striata di giallo, negli altri punti resta di color verde normale. Le fruttificazioni dell'unica forma sinora nota del parassita (la te- leutosporica) compaiono nell’autunno in forma di pustole allungate, pa- rallele alla nervatura mediana, lunghe da tre a nove millimetri, erom- penti poi alla primavera e circondate dall’epidermide un po’ sollevata e lacerata. E questo tuttavia un parassita di poca importanza. 7) Ruocine DELLE FOGLIE DeL LARICE ( Melampsora Laricis-Tre- mulae Klebh.; forma ecidica Caeoma Laricis Hart.). — La forma ecidiale di questa specie eteroica si sviluppa, tra la fine di maggio ed i primi di giugno, nella pagina inferiore delle foglie del ‘larice formandovi delle pustoline gialle, lunghe o brevi, disposte ai due lati della nervatura fogliare. Dopo la disseminazione delle ecidiospore le foglie cadono, Secondo le esperienze di Hartig e di Klebahn le ecidiospore del Caeoma Laricis infettano le foglie del Populus tremula, producendovi la forma uredo- sporica e teleutosporica (Melampsora). I mezzi di cura consisterebbero dunque nel togliere dai lariceti le piante di Populus tremula che, ospitando la forma perfetta del parassita, provvedono alla sua conservazione e diffusione, è tu» "è I° A DL n een _ Pi sa e Paga MIST i 8) RucGINE DELLE FOGLIE DEL PINO (Coleosporium Senecionis (Pers.) Fr.; forma ecidica Peridermium oblongisporum Fk.). — Nelle sue forme picnidica ed ecidica questo parassita attacca le foglie di diversi pini. In aprile-maggio sulle foglie infette si formano i così detti picnidi, piccolissimi, bruno-rossastri e gli ecidi i quali si presentano come ve- scicolette sacchiformi, subcilindriche, biancheggianti, che si aprono tosto all'apice irregolarmente lasciando uscire una polvere di color aranciato, costituita dalle così dette ecidiospore. Queste infettano poi le foglie di diversi Senecio su cui si svilup- pano allora le forme uredosporica e teleutosporica la quale ultima, colla produzione delle teleutospore (spore ibernanti) assai resistenti agli agenti esterni, conserva in vita il parassita durante l’inverno. Nella successiva primavera le teleutospore germinano ed infettano le foglie dei pini. Questa specie non riesce di solito molto dannosa ai pini, tuttavia nei vivai sarà bene svellere le erbe che vi crescono spontanee e spe- cialmente i Senecio che ospitando le forme uredo- e teleutosporica del parassita potrebbero meglio agevolarne il ciclo di vita. 9) Coleosporium Campanulae (Pers.) Lev. — Molto affine per com- portamento alla precedente, questa specie sviluppa la forma ecidica sulle foglie del Pinus silvestris e Pinus montana, presentandosi morfologica- mente identica al Peridermium oblongisporum, dal quale si differenzia solo biologicamente, perchè le ecidiospore infetterebbero non le foglie di Senecio, ma le foglie di alcune Campanulacee. Del resto è specie che ha poca importanza pratica. 10) Pucciniastrum Goeppertianum (Kiln.) Kleb.; forma ecidica Aecidium columnare A. et S. — Questa specie eteroica si sviluppa nella sua forma ecidica sulle foglie dell’abete bianco sulle quali forma degli ecidi caratteristici, disposti sulla pagina inferiore in due file ai lati della nervatura mediana, lunghi fino a 3 mm., bianchi, cilindrici o fusiformi o clavati. Le foglie colpite cadono verso la metà dell'estate, dopo la disse- minazione delle ecidiospore, Queste infettano una pianticella arbustiva fre- . quentissima nei boschi di montagna, il Vaccinium Vitis- Idaea, produ- cendo la forma teleutosporica. La malattia è comune in tutta la Germania e causa maggiori danni là ove nelle foreste si trovano in quantità dei mirtilli infetti, però non compromette soverchiamente la vegetazione dell’abete bianco. In casi di forti infezioni si impone la distruzione dei mirtilli infetti facilmente riconoscibili per il loro aspetto anormale caratteristico. — 291 — Aggiunta alle malattie delle conifere dovute a parassiti vege- tali che ne attaccano la radice, il tronco ed i rami, delle quali non si tenne conto nella Rassegna dell’anno 1913. Alle principali malattie dovute a funghi parassiti attaccanti le parti legnose delle Conifere, delle quali demmo notizia nella Rassegna del- l’anno 1913, aggiungiamo un breve elenco di funghi distruttori del legno, il cui Raditat, finora ritenuto legato alle sole latifoglie, deve essere esteso, secondo recenti osservazioni del Weir !, anche alle Conifere. Essi sono: Hydnum coralloides Scop, che, comune specialmente sui Pioppi, è stato trovato anche nelle foreste dell'Idaho e di Washington su Abies grandis e su Picea Engelmanni; Stereum hirsutum Wild., che, frequente sui legni duri più diversi, è stato rinvenuto occasionalmente su rami di Abies grandis e di Tsuga heterophylla; Stereum purpureum Pers., che cresce comunemente sui pioppi, i sa- lici e le betulle, venne raccolto anche sui rami di Larix occidentalis ; Hymenochaete tabacina Sw., che è comune tanto su Conifere quanto su latifoglie nel nord-ovest dell'America; Trametes suaveolens L., che, frequente sui pioppi e sui salici, è stato trovato anche sull’AVies grandis; Polyporus giganteus Pers., finora segnalato solo su latifoglie, è stato raccolto sn Conifere nell’Idaho e si trova comunemente sulle vecchie radici decomposte di Pseudotsuga Douglasii e su Pinus sylvestris; Polyporus frondosus Fr., comune sulle radici dei castagni in Italia e il Polyporus umbellatus Pers. sono stati trovati frequentemente sulle Conifere dell’Idaho e di Washington; Polyporus Berkeleyi Fr., ospite delle quercie nell'America orientale, venne raccolto su Larix occidentalis nell’Idaho; Polyporus picipes Fr., comune sui pioppi dell’Idaho e di Washington; Polyporus chinensis Fr., che generalmente trovasi sul legno di la- 1 Weir, Notes on Wood destroying fungi vhich grow on both coniferous and deciduous trees. I(Phytopathology, 4, 271), 1914. — Idem, Fomes putearius n. sp. Trametes setosus n. sp. polyporacee distruttrici del legno di conifere nel nord-ovest degli Stati Uniti (Journal of Agric, Research, JI, 163), 1914, — Bollett., Istit, Intern. di Agricoltura, v, 1552 e 1773, 1914, — 9g da tifoglie, è frequente anche sulle Conifere del nord-ovest dell'America e specialmente sulla Thuya plicata; Polyporus adustus Fr., comune sulla Betula occidentalis e sui pioppi, è stato trovato, qualche rara volta, sul Larix occidentalis, sulla Thuya plicata e sulla Pseudotsuga taxifolia; Polyporus dichrous Fr., frequente sulla Quercus alba, è comune presso Washington, sul Juniperus Virginiana, ed è stato recentemente causa di gravi danni a varie Conifere del nord-ovest (Thuya plicata, Tsuga heterophylla, Pinus monticola e Larix occidentalis); Polyporus caesius Fr., che comunemente vive sul legno delle latì- foglie, è comune in America sulla Tsuga heterophyUa, sul Larix occiden- talis e sull’Abies grandis; Polyporus silvus Fr., che è ritenuto come esclusivo delle latifoglie, è comunissimo presso Washington sul Juniperus virginiana; Polystictus aurantiacus Pk., venne trovato oltre che su aceri, anche su. Pseudotsuga taxifolia e su Tsuga heterophylla nell’Idaho e a Wa- shington. Polystictus versicolor (L.) Fr., che è comune su molte latifoglie, venne trovato su Larix occidentalis, Pinus monticola e Pseudotsuga taxifolia; Polystictus cinnabarinus (Jacq) Fr. e Polystictus hirsutus Fr., fre- quenti sulle betulle, sui pioppi, i pruni e i salici, sono stati raccolti di recente anche sulla 7'suga plicata; Pleurotus serotinus Fr., che è comune sugli AZnus e sui pioppi, si trova frequente anche sull’Abdies grandis; Fomes putearius Weir. — È stato trovato in America specialmente sui larici ed anche su Pinus ponderosa, Pseudotsuga tavifolia, Picea En- gelmanni. La decomposizione del legno prodotta da questo fungo è del tutto simile a quella prodotta dal Trametes Pini Fr., ma è più accentuata. Trametes setosus Weir. —- Si trova anch’esso in America, special- mente sul Pinus monticola e occasionalmente su altre Conifere, il cui legno viene seriamente danneggiato dall'azione del micelio. Meno dannosi, ma tuttavia notati con qualche frequenza sui legni di Conifere sono: Trametes piesinus Pk., Polyporus sulphureus Fr., Po- lyporus benzoinus (Vahl.) Fr., Fomes pinicola Swartz, Fomes annosus Fr., Fomes leucophaeus Mont., Lenzites sepiaria Fr., Pholiota adiposa Fv., Pa- willus atrotomentosus Fr. Un fungo che, secondo Schrenk,! sarebbe dannosissimo alle Coni- 1 SCHRENK, v. II. Some diseases of New England Conifer. (U. S. Depart ot Agrie., Bull. n. 25), 1900. — FERRARIS T., Trattato di patologia e terapia vegetale, 1913. pag. 716. sei Mal — 293 — fere negli Stati Uniti d'America, è il Folyporus Schweinitziù Fr. (Po- lyporus mollis Hart.) che è anche diffuso nell'Europa del Nord. Esso si sviluppa nella parte inferiore dei tronchi ed alla sommità delle radici dei vecchi pini. Il suo micelio attacca solo il durame, che assume un colore rosso- bruno, diventa leggero, fessurandosi secondo piani perpendicolari gli uni agli altri. La massa legnosa alterata esala forte odore di trementina, diventa friabilissima e si riduce facilmente in polvere giallastra. Le fessure del legno appaiono rivestite da lamine miceliche di color bianco- neve. Le ife che formano tali strati si impregnano di resina, di modo che ne risulta poi una crosta amorfa e dura, caratteristica per questo parassita. I corpi fruttiferi sono voluminosi, ora sessili ed a mensola, ora foggiati ad ombrello, con un piede centrale od eccentrico. La parte superiore del pileo è di color cannella o rosso-bruna e vellutata, la parte inferiore od imeniale è provvista di tubi corti, giallo-verdastri, ma che diventano rosso-scuri se strofinati. La polpa di questi corpi fruttiferi è da prima spugnosa, di poi indurita, e diviene bruno-giallastra. Nei tubi imeniali sui basidi elevati che ne rivestono la superficie interna, si formano spore ovali, ialine. I danni che questo fungo produce sono simili a quelli prodotti dalle altre specie che attaccano il legno vecchio. La lotta contro di esso si eseguisce nello stesso modo. ELENCO DEGLI ESAMI FATTI. Malattie della vite. Peroxnosrora ( Plasmopara viticola (Berk. et Curt.) Berl. et De Toni), in grappoli d’uva inviati dal prof. Romeo Ferrario di Milano; dalla Direzione del “ Corriere del Villaggio , di Milano; in foglie e grappoli da Groppello Cairoli, da S. Biagio; da Cel- latica; in molte località dell'Oltrepò Pavese; nell’Orto Botanico di Paris ed in diversi orti privati della città e dei din- dio ct. . . Esami N. 100 Oipio (Oidium Tuckeri Park. ) soprà ate puali a ‘ron, Casanova Lu- nati, Casteggio ed altre località dell'Oltrepò Pavese, in orti di Pavia e dintorni e nel nostro Orto Botanico . . . 38 Aureosasinium Vitis var. a/&bum Montemartini, sopra foglie di vito inviate dal prof. F. Francolini, direttore della Cattedra amb. i nn 0 e be ie — 294 — ANTRAONOSI (Gloeosporium ampelophagum (Pass.) Sacc.), sopra tralci inviati dalla Cattedra amb. d’agric. di Como . . Esami N. MARCESCENZA DEGLI ACINI (Botrytis cinerea Pers.), in grappoli d’uva inviati dal prof. F. Zago, direttore della Cattedra amb. d’agric. L. Piacenza e dal prof. G. Vagliasindi, direttore di quella di . Remo . PRI FIRE ONE, CI TETST RE] SVIENE NSA IT Anne SB AMPELINA B. et C., sopra foglie di vite inviate dal pro- fessor C. Remondino, direttore della Cattedra amb. d’agric. di Cuneo . ‘Adige datti eat Ae PS Ae A CERCOSPORA VITICOLA siual sopra foglie di viti americane a Mira- bello e S. Giuseppe CI i Mac xnERro, in radici di vite inviate dal signor a dai di rd scia a mezzo del “ Corriere del Villaggio , di Milano . a MiceLio InpETERMINATO, in acini inviati dal prof. Giulio Cantoni di Trento; sopra barbatelle da Voghera (prof. V. Gobbetti); dalla Cattedra amb. d’agric. di Tortona e da quella di Rimini . , BacTERIOSI DEI GRAPPOLI, in grappoli d’uva inviati dal dott. Gia- cinto Arlini di Atri, in varie volte 3 Firoprosi (Phytoptus vitis Land), sopra foglie inviate dal Coma Agrario di Genova ed in orti di Pavia e dei dintorni . "i Rossore DELLE FOGLIE (Tetranychus telarius L.), in foglie di vite inviate dal prof. P. Frizzati, direttore della Cattedra amb. d’agric. di Rimini. S MARCIUME RADICALE, SOpra Viti ale dalla Cattedra n dara di Lucca. » ASPIDIOTUS VITIS, SOpra fi E dal ‘Sotto fo di Vasi A ALTERAZIONI INDETERMINATE, in foglie inviate dal prof. Frizzati di Rimini; dal prof. Bonuceelli direttore della Cattedra amb. di agrie. di Lucca; dal signor Vincenzo Scialletti di Cologna a mezzo del “ Corriere del Villaggio , di Milano; dal sig. A. Bi- netti di Cellatica (Brescia) NIGEL. RossoRE D'ORIGINE NON PARASSITARIA, În foglie ai cite: i dal dott. Ennio Belsani di Cuneo i ire BRUCIATURE DOVUTE A GAS 0 LIQUIDI CAUSTICI, sopra foglie inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Rimini ScortaTURA Sopra grappoli inviati dal sig. aci TO di Pieve Porto Morone a mezzo del “ Corriere del Villaggio, , so 10 10 12 1 Totale esami N. 208 1 Malattie dei cereali. CarBONE DEL FRUMENTO (Ustilago Tritici (Pers.) Jens.), in campi di frumento nei dintorni di Pavia . . . .. .. Esami N. CARBONE DEL GRANTURCO (Ustilago Maydis (D. C.) Cda.), in campi di granturco a Clusone, lovetta, Fino del Monte, Onore, Son- gavazzo (Valseriana), Trovamala, Albuzzano, Zerbolò e molte altre località delle provincie di Pavia e Milano . . . ., RuGGiNE DEL FRUMENTO (Puccinia graminis Pers.), sopra piante di frumento inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Bologna, a Bereguardo, Belgioioso ed altre località del circondario di Payiaf 0 z PUCCINIA GLUMARUM (Schm.) misi, sopra pine di Gimentii dal prof. F. Francolini della Cattedra amb. d’agric. di Spoleto ed in campi di frumento nei dintorni di Pavia e OA pavese: . . |. DETTA -3hA RUGGINE DELLA SEGALE '(Pliccitiia dispersa Tonia ti Sopra i piante di segale inviate dal sig. Ing. Diego Guicciardi di Ponte in Val- tellina, ed in campi nei dintorni di Pavia . . . x Ruecine DELL'AVENA (Puccinia coronifera Kleb.), sopra avena a Torre d'Isola, Bereguardo, Belgioioso, Filighera ed altre località, Ruccine DEL GRANTURCO (Puccinia Maydis Ber.), sopra piante di granturco ad Albuzzano, Filighera, Copiano, Mirabello ed altre località del circondario di Pavia . . . ur SePTORIA GRAMINUM Desm., sopra foglie di frimicato indiaio dalla Cattedra amb. di agric. di Crema, ed in diverse località della provincia di Pavia . . . È SPHAERELLA OryzaE Sacc., sopra pietà di riso iubiate dai sigg. Frà: telli Ferrero di Ronsecco RO È PoxraruRA (Cladosporium herbarum LK.) in inetiiedhi di FASSA in- viati dal dott. G. Arlini di Atri; dalla Cattedra amb. d’agric. di Siena. Sopra semi di avena inviati dal comm. Calogero Guc- cione di Palermo, ecc, A HeLminrHOsPoRIUM TURCICUM Pass., AIR foglie di grapiuzog sà AI- buzzano, Filighera, Mirabello, Borgarello ed altre località del circondario di Pavia. . . . PURE: HELMINTHOSPORIUM AVENAE-SATIVAE (Briosi et Cav.) Tiiuigi Sagfia pianto d’avena in campi a Torre d'Isola, Bereguardo, Belgioioso, Gar- lasco, ecc. ut 50 30 LIT, 18 25 22 18 — 296 — Ericoccom NEGLECoTUM Desm., sopra piante di riso inviate dai si- gnori fratelli Ferrero di Ronsecco . . . . . . Esami N. MiceLlo STERILE, in piante di riso inviate dalla Stazione sperimen- tale di Risicoltura di Vercelli . . . . Sì ANGUILLULE, in piantine di frumento inviate oa Galitedta dub diaoxe:ssdi Cremar'e tdi sBol0gra fs nno. ARR Totale esami N, Malattie delle piante da frutta. BoLLa DeL PESCO ( Ewoasceus deformans (Berk) Fuck.), sopra foglie di pesco in orti di Pavia, nei dintorni ed in altri luoghi Esami N. CLASTEROSPORIUM CARPOPHILUM (Lèv.) Aderh., sopra rametti e foglie di pesco inviati dalle Cattedre amb. d’agric. di Rimini, di Imola, di Forlì, di Spoleto, di Albenga, di Piacenza, in orti di Pavia e dintorni; sopra foglie di mandorlo inviate dalla Cat- tedra amb. d’agric. di-Spoleto, ecc... (..0. RE CLaposporivM HERBARUM Lk., sopra rametti e foglie di te in- viati dalla R. Stazione Entomologica di Firenze . . . . , BorryTIs cirrIcoLa Brizi, sopra frutti di limone inviati dalla R. Sta- zione Entomologica di Firenze . . . PEA RE TIR AxrRrAoNOSI ( Colletotrichum gloeosporioides Penz: ), sopra rametti e fo- glie di limone inviati dalla Cattedra amb. d’agric. di Lucca , MARCIUME DELLE FRUTTA ( Monilia fructigena Pers.), sopra frutti di melo e cotogno da Forlì fifa amb. ba e nell’orto botanico di Pavia. . . oo TiccHioLatTRA (Pusicladium di di Fil.), sopra a del iner- cato di Pavia e sopra frutti e foglie di melo inviate dalla Cassa rurale di S. Giorgio Richinvelda (Udine); dalla Cattedra amb. d'agric. di Spoleto (Prof. Francolini); da Voghera, ecc. , FusicLapiun PIRINUM Fk., sopra foglie e frutti di pero da S. Biagio e da S. Giuseppe ea VEOSRCRE Li RamuLaria TuLasweI Sacc., sopra foglie di coda ii dalla Cat- tedra amb. d’agric. di Spoleto (Prof. F. Francolini), ed in orti di@Baviazit.nià aaa de EI soit HAN POLYSTIGMA OCHRACEUM Sace sopra foglie di mandorlo inviate dal prof. F. Francolini della Cattedra amb. d’agrie. di Spoleto , MAL BIANCO DEL PESCO (Sphaerotheca pannosa Lév.), sopra peschi in ontiegimBavia elmetto acre RS 242 45 60 no 10 18 12 FEES e n VIP Be e TON E o RE PIETER TC DENSE? — 297 — Mar BIANCO DELL'UVA sPINA (Sphaerotheca Mors-Uvae (Schw.) Berk. et Curt.), sopra piante di uva spina (Ribes grossularia) da Tro- molloni. at. MO Ss QRS - Esami; N. Fomes FULVUS (Scop.) Fr., sopra piante di pruno e di ciliegio a Groppello Cairoli (sig. G. Calvi), nel Collegio Borromeo ed in altri orti privati di Pavia. RNTET Ruecine DEL PERO (Gymnosporangium Sal ks.) Wint.) ), in fo- glie di pero inviate dal prof. F. Bocchialini, direttore della Cattedra amb. d’agric. di Langhirano . ALTERNARIA Sp. e BactERI, sopra mele inviate dal diritare del Cone sorzio agrario Trentino (Trento), Prof. Guido Massani BacrerIosi in rami di melo inviati dal prof. Francolini di Spoleto , GLorosPorIuy sp. in foglie di A inviate dalla Cattedra amb. ” d’agric. di Messina . . . 7 Mar peL PIomo, in foglie di pesco LÀ a par se riprese on Cattedra amb. d’agric. di Ravenna . . x MiceLIo sreRILE, in frutticini di pesco inviati dal sid D. "Aglagri della Cattedra amb. d’agric. di Albenga; in foglie di limone inviate dal prof. Jelmoni, direttore della Cattedra amb. di agric. di Conegliano Vittorio . Firoprosi peL PERO ( Phytoptus Piri Sor.), SONIA Miola di pero in- viate dal Consorzio agrario di Genova, dai giornali “Italia Agricola , di Piacenza e “ Corriere del Villaggio , di Milano; dalle Cattedre amb. d’agric. di Spoleto e di Rimini, ece. . , Trxcis PIRI, sopra foglie di pero inviate dal prof. G. Vagliasindi, direttore della Cattedra amb. di agric. di S. Remo . CoccrvieLie ( Ckrysomphalus minor Berl.), sopra foglie di limone inviate dal prof. D. Allegri della Cattedra amb. d’agrie. di Albenga , ALTERAZIONI PRODOTTE DA INSETTI, sopra mele inviate dal prof. F. Zago, direttore della Cattedra amb. d’agric. di Piacenza; sopra foglie di pero inviate dalla Cattedra amb. di Pisa; sopra rametti di castagno inviati da quella di Savona . CoxraRrINIA PIRIVORA, in frutticini di pero inviati dal prof. o. Campi, direttore della Cattedra amb. d'agric. di Sondrio Diaspis PENTAGONA Targ., sopra peschi in diverse località delle Hone vincie di Pavia, Milano, Bergamo . . . Sp MacattIE DIVERSE. — Cascola delle foglie degli aranci in piante d'arancio inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Savona; Brucia- ture dovute a gas o liquidi caustici sopra foglie di pesco inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Rimini; Clorosi in foglie e ger- mogli di pesco inviate dalla Cattedra amb. d'agrie. di Macerata , VOTI a a [ASSI >) bo 30 A 298 — MALATTIE INDETERMINATE. Le Cattedre amb. d’agrie. di Albenga, di Genova e di Parma ci inviarono radici di pesco e frutticini di pero con alterazioni di cui non si è potuto determinare la CANBABBso: (ii 1 angie ret ani Ao SI | Je RESA TN Ae Totale esami N. 313 Malattie delle piante da foraggio. Ruccine DeL TrirogLio ( Uromyces Trifolii (Hedw.) Lèv.), sopra tri- foglio a Torre d'Isola ed in prati dei dintorni di Pavia Esami N. 13 RuaGINE DELL’ERBA MEDICA (Uromyces striatus Schroet.), sopra erba medica da Mezzanino e Travacò Siccomario, e nei dintorni di PAVIA: Sen. 1 VR RuGGINE CORONATA (Guinigi coronata Cui sopra ona repens ed Holcus lanatus da S. Leonardo e Belgioioso . . . . gs 6 Puccinia coroniFERA Klebh., sopra Lolum italicum, idem. . n° 4 Usmnago neGLECTA Niessl., sopra Setaria glauca, in prati presso la cascina Rottino (dintorni di Pavia) . . MM i VAIOLATURA DEL TRIFOGLIO (Pseudopeziza Trifolii Fuck ), sopra tri- foglio ad Albuzzano, Belgioioso, Siziano ed altre località della provincia di Pavia. . . l de O ERE) VAIOLATURA DELL’ERBA MEDICA O dea iu sopra erba medica a Garlasco, Groppello, Dorno, Albaredo Arnaboldi, Casanova -Lunati ed in qualche altra località dell'Oltrepò pa- WESe e Me ; Mi LE. PLEOSPHAERULINA Boara POACh Jota figlio Hi Gba medica da Mezzanino . . . A 3 SCABBIA DEL TRIFOGLIO (Pag Uachoro Trifolii Fk. ol sica Po- Iythrincium Trifolii Kze), sopra trifoglio a S. ARTS a S. Pie- tro ed altre località dei dintorni di Pavia. . . 7 15 AntRACNOSI DEL Trirognio (G/loeosporium Trifolii Peck.), sopra Di foglio in prati presso San Leonardo . . . . I) Cuscura (Cuscuta epithymum Murr.), in trifogliai ad Aazzana ed in medicai a Mezzana, Albaredo Arnaboldi, Broni ed altre lo- calità dell’Oltrepò . . . Ri illa ANGUILLULE ( Tylenchus vastatrix Kala ) dat ict ua dal prof. G. Scalvini, direttore della Cattedra amb. d’agric. di Ber- PADRI eee veriilao Pat bla TSE RSM, Sc vi CIR IONI RT TTI Totale esami N. 138 — 299 — Malattie delle piante ortensi. ANTRACNOSI DEL FAGIOLO (Colletotrichum Lindemuthianum (Sace. Magn.) Briosi et Cav.), sopra piantine giovani di fagiolo in- viate dalla Cattedra amb. d’agric. di Cividale (Udine), e sopra frutti in parecchi orti di Pavia e dintorni . . . Esami N. PERONOSPORA DEI POMODORI E DELLE PATATE (Phytophthora infestans De Bary), ha attaccato molto fortemente i pomodori coltivati nelle serre volanti a Loano, Pietra Ligure, Bargio, Albenga: sopra frutti e foglie inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di S. Remo; sopra piante di patate e pomodoro che furono fortemente at- taccate a Clusone, Rovetta, Fino del Monte, Onore, Songavazzo (Val Seriana), ed in diverse località della provincia di Pavia , PeronosPORA DEI PEPERONI ( Phytophthora Cactorum Schr.o Phytophthora omnivora De Bary), sopra piante di peperone inviate dalla Cat- tedra amb. d’agric. di Pinerolo . DRD ISONF) SALI MIRIAM TA PeRONOSPORA DEI PISELLI (Peronospora Viciae De Bary), sopra piante di piselli inviate dal prof. V. Gobbetti della Cattedra amb. di agric. di Voghera. BI LE VADA LIMES AE PET erat ie PLasmoPARA NIVEA Schr., sopra piante di finocchio inviate dalla Cat- tedra amb. d’agric. di Ravenna . La Ruecixne DELLE FAVE ( Uromyces Fabae (Pers.) sa Dai PAR a era di fava a Loano, Pietra Ligure, Albenga, ecc. ! a Ruceine DELL'ASPARAGIO (Puccinia Asparagi DC.), sopra asparagi inviati dal prof. Jacometti, direttore del podere . Pignatelli di Villafranca Piemonte, e in orti dei dintorni di Pavia . è CLaposroriom FuLvom Cke. var. violaceum Vogl., sopra piante di po- modori in diverse località liguri quali Loano, Albenga, Pietra Ligure; a Sestri Levante inviate dall'Agenzia agricola Durazzo- Pallavicini; a Rimini inviate dalla Cattedra amb. d’agric.; nel nostro Orto botanico, ecc. È » Cancro DEI caVvOLI (Phoma pit Haoai ), sopra LAI di "dayolo inviati dalla Cattedra amb. d'agrie. di Pisa. . AscocuyTa Pisi Lib., sopra piante di pisello inviate dal prof. V. Gob- betti della Cattedra amb. d’agric. di Voghera, sopra piselli del mercato di Pavia e nelle ortaglie dei dintorni Li Mac vinato (Rhizoctonia violacea Tul.), in zampe d’asparago fnviaie dal prof. Comini della Cattedra amb. d'agrie. d'Imola . 90 60 —1800.— ANTRAONOSI DEL CETRIOLO E DEL MELONE ( Colletotrichum oligochaetum Cavr.), sopra foglie di cetriolo inviate dalla Cattedra amb. di agrie. di Cavarzere, e sopra meloni e cocomeri in parecchie località del circondario di Pavia . . . . . . Esami N. Mar Branco (Erysiphe Poligoni DC.), sopra piante di zucca e di cetriolo a Mirabello, S. Genesio, Siziano, Albuzzano, Belgioioso, Garlasco, Groppello ed altre località della provincia di Pavia , NEBBIA 0 SECCUME DELLE FOGLIE DEL POMODORO (Septoria Lycopersici Speg.), sopra foglie di pomodoro inviate a diverse riprese dalla Cattedra amb. d’agric. di Rimini, e nell’Orto botanico di Pavia , ALTERNARIA SoLani Sor., sopra foglie di pomodoro inviate in pa- recchie riprese da Rimini (prof. P. Frizzati) ed in ortaglie nei qintorni:di Payiago ata arte Lit bat aa ei ed E AscocHyra Horrorum Smith., sopra frutti di pomodoro inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di Ravenna. . . 3 FusARIUM ERUBESCENS Appel et Oven, sopra frutti ai pomodoro in- viati dalla Cattedra amb. d’agric. di Rimini . . . 7% MacrosPORIUM PARASITICOM Thiim., sopra spicchi di aglio inviati dal prof. Malandra della Cattedra amb. d’agric. di Lendinara , BacTERIOSI DEI POMODORI (Bacterium Briosi Pavar.), sopra frutti di pomodoro in diverse serre a Loano; da Rimini inviati dalla Sattedra amb. d’agric.; da Groppello (sig. G. Calvi); nel nostro Orto botanico, ecc. . . » MALATTIE DIVERSE. Si into da o ve d' un in car- ciofi inviati dalla Cattedra amb. d’agric. di Albenga; Anguil- lule sopra piante di pisello inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Voghera; Bacteri e anguillule in radici di Cicoria inviate dal prof. Zago della Cattedra amb. d’agrie. di Piacenza. Alte- razioni d’indole fisiologica sopra foglie di pomodoro inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Rimini. . . Pi MALATTIA INDETERMINATA sopra frutti di pomodoro ar dala Cat- tedra-amb.Ad'agricdiRavennatal gti I 55 30 18 26 20 8 2 Totale esami N. 392 Malattie delle piante ornamentali. MAL BIANCO DELLE ROSE (.Sphaerotheca pannosa (Wall.) Lév.)., sopra foglie di rose inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Spoleto: a Loano; in giardini di Pavia, ecco . . . . . Esami N. 25 — 301 — Mar BIANco DELL'EvonnO (Oidium Evonymi japonici (Are.) Sacc.), s0- pra foglie di Evonymus japonicus inviate dalla direzione del Consorzio antifillosserico di Cuneo; a Pavia e dintorni Esami N. Ruecine DEL GAROFANO (Uromyces caryophyllinus), sopra piante di garofano inviate dal prof. Vagliasindi della Cattedra amb. di agrie. di S. Remo; dal giornale “l’Italia Agricola ,, di Pia- cenza, ecc. È RUGGINE DELLE ROSE 13 FREE RUDI orticium Wint. pa Sopra ee di rose, assai diffusa nell’orto botanico e nei giardini di Pavia. Fusarium DianrHI Prill. et Delacr., sopra piante di garofano inviate a diverse riprese dalle Cattedre amb. d’agric. di S. Remo e di Albenga, in giardini di Pavia e dei dintorni . Seproria Iris C. Mass., sopra foglie di Iris inviate dalla Cattedra _ amb. d’agric. di Supicto (prof. E. Francolini). . .0 n HerERosPORIUM GRACcILE Sacc., sopra foglie di /ris inviate dalla Cat- i tedra amb. d’agrie. di Imola : i : Borra DELLE FOGLIE (Erobasidium discoideum Ellis), sopra ‘foglie dì aa Azalea inviate dal prof. Vagliasindi di S. Remo 1A E er DELLE VIOLE (Puccinia Violae DC.), sopra foglie di dna in giardini di Pavia e dintorni . . . NR RAxULARIA LAcTEA (Desm.) Sacc., assai da sulle ut idem , prora Rosae Briosi et Di sopra foglie di rosa da S. Remo __—1‘(prof. G. Vagliasindi) e nel nostro Orto botanico . . . , — Cnacospona ResepaE £k,, sopra piante di Reseda odorata idem. , i È: OrTORHYNCHUS ARMADILLO, Sopra foglie di camelie inviate dall’inge- —gnere P. Bonacossa da S. Margherita Ligure (determinata dalla —_——R. Stazione Entomologica di Firenze) . . . Ù | ASPIDIOTUS NERII Bouché, sopra foglie di Leandro NEO dal fiori nale “l’Italia Agricola , di Piacenza . — MALATTIE piverse. Afidi in foglie di ciclamino e di rosa Ar ESTA ue | Cattedra amb. d’agric. di Rimini Alterazioni prodotte da insetti sopra rametti e &forlie di bosso . inviate dalla Cattedra amb. d’agric. di Ravenna; sopra foglie Min di pelargonio inviate dal Comizio agrario di Genova; sopra fusti di dalia inviati dalla Cattedra amb. d’agric. di Genova , eri sopra foglie di rosa inviate dal sig. De Bernardi Ms Faria... | Micelio sterile in foglie ‘ai “Raler inviata dal prof. Foizzati Ai ce ti dell'Ist, Bot. dell'Università di Pavia — Serie Il — Vol, XVI. 2 16 14 18 20 [So] 15 26 8 6 Il Totale esami N. 169. — 302 Malattie delle piante industriali e forestali. MAL BIANCO OD OIDIO DELLE QUERCIE (Oidium quercinum Thiim.), so- pra foglie di quercia inviate dal giornale il “ Corriere del Vil- laggio di Milano ,; dal sig. Tomanetti di Mercantino Marec- chia; a Castione Presolana; a Bossino sopra Lovere ed in quasi tutto il circondario di Pavia. . . .. . . Esami N. MACCHIE OCRACEE DEL PIOPPO CANADESE (Dotichiza populea Sace. et Briard), sopra tronchi di pioppo canadese inviati dall'avv. G. B. Devoto di Borgo S. Donnino . . Poe ee gala Moria DEI castaGnI “ Male dell'inchiostro , (Cor yneum perniciosum Briosi e Farneti), in corteccia di castagni inviata dal profes- sore E. G. Lissone di Saluzzo, dalla Liguria, inoltre forte in- fezione sopra piantine del R. Vivaio di Gozzano, a Borgo Moz- zano ed Anchiuno (Lucca), ecc... . : È 7 Furagcine (Antennaria elacophila Mal) sopra rami d'olizo fil dal prof. Frizzati della Cattedra amb. d’agrie. di Rimini, ed in diverse località della Riviera Ligure . . . + GLorosporium PoruLi-ALBAE Desm., sopra foglie di Po sana dI da Bereguardo nni eat MR RO ME Ln SE i RE MreLAmPsora RostruPIi Wagn., sopra foglie, idem . . . . . » Seproria Popuri Desm., sopra foglie di P’opulus a Garlasco e Grop- pello ftsenh ai 35 a E SEPTORIA CURVATA St ù SU foglie di a sa: sa SC Mar peL FaLcaerTo (Armillaria mellea Vahl.), sopra Joni in molte località del circondario di Pavia e dell’ Oltrepò pavese . , PiyLLostica raBirica Prill. et Delacr., sopra foglie di barbabietola inviate dalla Società per l’industria dello zucchero indigeno di Rietlos pagata SIIRIISIME SEE IAN o SeproGLorum Mori Diligti dd TRS sopra foglie di gelsi fortemente 50 130 (er) 30 attaccati a Clusone, Rovetta, Fino del Monte, Onore, Sanga- vazzo (Val Seriana) ed in | molte località delle provincie di Pavia e di Milano. . | . pra Ma CrcLoconiom oLeAGIiNum Cast., sopra DS dolo sn dal pro- fessore F. Francoliui della Cattedra amb. d’agrie. di Spoleto , Roana o rusercoLosi DELL’OLIVO (Bacillus Oleae Trev.), in oliveti della Liguria, specie a Oneglia e Porto Maurizio . . . BacrerIosI (Bacillus Cubonianus Macch.), in germogli di gelso in- vinagdali prof. SZ. Bonomigdi Udine eee; 4 didatta a 7 RR PELO PITT E I — 303 — We i GALLE DELL'ABETE prodotte dallo Zoocecidio (Adelges Abietis Katt), sopra rametti inviati dal comm. Ippolito Berrone di Ge- i MOvagie es ra; nia. Esami N: l PUNTERUOLO DELL'OLIVO (Phioeotribus RT sopra olivi in Liguria, specie a Oneglia e Porto Maurizio . . 16 ApeLGEs stRroBILoBIUS Kalt, sopra rami di pino ri dalla Cat- tedra amb. d’agric. di Mortara (determinata dalla R. Stazione Entomologica di Firenze). . . ° 1 e Losa (Chrysomela) PoruLi L., sopra eno di pioppo inviate di fc; Cattedra amb. d’agrie. di Lucca . . . l —_— MarattIE DIVERSE. Alterazioni prodotte da na sopra ‘anni di = —‘’‘pino inviati dalla Cattedra amb. d’agrie. di. Mortara; sopra E piantine di tabacco inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. di Ri- | —‘’‘’‘mini; sopra foglie d'olivo inviate da quella di Albenga . , 4 1-0 2 PHLOEOCOMIS VIOLACEA, in radici di gelso inviate dalla Cattedra amb. sea d’agric. di Pinerolo . 3 ; 2 Si E MiceLio STERILE, in piantine d’abete invialo dal dott. è Pazaneiti 07 _ Sotto Ispettore forestale di Varzi . . . È 3 | | Bacrenm in frutti d’ olivo inviati dalla Cattedra sn d'ugnio di DI, È Wsarzana cd’. Pi; È TERAZIONI dovute a CALO i RITO. cd asdoriinicnla 2g d’acqua in piante di Aesculus Regie dal Lt Omero | Gobbani di Città della Pieve . . . 1 ALATTIE INDETERMINATE, Alterazioni di cui non si phi Sagara la causa in piante di tabacco inviate dalla Cattedra amb. d’agrie. i Rimini ed in foglie d’olivo inviate da quella di Spoleto , 5 Totale esami N. 360. Malattie di piante diverse. pe F. Francolini della Cattedra ambulante d’agricoltura di Spol eto © ATE, #0 1). Hm: -2 Raxunooni (Bon.) * Saliro@t sopra foglia di Ranunculus i) DE in diverse località nei dintorni di Pavia e nell’Orto Dbotan ico P 10 a ed uiihiana pasti di’ Lueca)#t.: 47,9) 4 ; Pist De By., forma ecidica Aecidium Euphorbiae, sbpra e di Euphorbia Cyparissias da Borgo Mozzano ed An- ai vd d0 — 304 chiano (provincia di Lucca), a Cava Carbonara, S. Pietro (Payia)fece, | e. (ti 0 s dini di RI2E A VIAN Puccinia ParaGwiTis (Schum. \Koer n., Sopra Mio communis nei boschi del Ticino nei dintorni di Pavia . . . . AE Seproria Rusir West., sopra foglie di Rubus da Borgo nolan ed ‘Ancinano: (provincia, di Ineca) 8 AR SA VermicoLarIA LiLracearum West., sopra foglie di Conva/laria nel- l'Orto Botanico ed in giardini privati di Pavia. . . ARS RamuLarIia ScoLopenpria Fautr., sopra foglie di Salani vul- gare da Borgo Mozzano e nell’Orto Botanico di Pavia . . . 83 Totale esami N, 68 Informazioni, ricerche varie. Determinazioni di funghi secchi velenosi (Boletus Satanas Lenz., Boletus luridus Schaeff. e Russula sp.) per conto del Laboratorio d'Igiene del Municipio di Cremona. . . . ... Esami N. 20 DETERMINAZIONE DEL POLIPORO LUCIDO (Fomes lucidus Fr.). inviato dal prof. A. Paganotti, Sotto Ispettore forestale di Varzi. , 1 DETERMINAZIONI DI ALGHE del genere Nostoc infestanti le risaie, ed informazioni sul modo di distruggerle, inviate dal direttore della Cattedra amb. d’agrice. di Mantova. . . «VS DETERMINAZIONE DEL LoRanTHUS EUROPAEUS Jacq. (iosa quercino) e informazioni sul modo di preparare il vischio, inviato dal gior- nale il “ Corriere del Villasgio , di Milano ( . .......s_ 1 DETERMINAZIONE DEL JUNIPERUS MACROCARPA S. et S. var. Lodelli Guss. ed informazioni sull’uso dei frutti del ginepro comune al “ Cor- riere del Villaggio, di Milano . . . 1 INFORMAZIONI SULL’ABRUS PRECATORIUS al sig. Dirctiore di Colonia zione della Colonia Eritrea (Asmara). INFORMAZIONI SUL CLADOSPORIUM FULVUM var. vio/acem e sul modo di combatterlo al Consorzio agrario di Loano ed alla Cattedra amb. d’agric. di Albenga. INFORMAZIONI SULLA ScLEROTINIA LIiNHARTIANA e sul modo di combat- terla al sig. Clemente De Togni di Begozzo (Verona). INFORMAZIONI SULL'ARACHIS HYPOGEA e sulla sua coltura al sig. Zanobi del Conte di Firenze. IsrruzionI per la conservazione di materiale vegetale didattico con metodo Pollacci (anidride solforosa) al Direttore della Cattedra amb, d’agric. di Quistello (Mantova). — 305 — Isrruzioni per distruggere gli equiseti nei campi al prof. Bonuccelli direttore della Cattedra amb. d’agrie. di Lucca. DETERMINAZIONI di piante fanerogame e di crittogame vascolari raccolte dal personale del Laboratorio nelle diverse escursioni Esami N. 73 Totale esami N. 101 Ricerche scientifiche. 5 Oltre alle ricerche fatte in servizio del pubblico e degli enti mo- rali sulle quali è sopra riferito, il nostro Istituto si è occupato di molti altri studi e ricerche scientifiche in rapporto con la fisiologia, l’anato- mia, la patologia, la biologia vegetale, ecc. Si continuarono gli studi e le sperienze intorno al Mal dell’inchio- stro dei castagni tanto in laboratorio che in campagna. Così si prose- guirono le sperienze nei castagneti malati in provincia di Lucca, a Borgo Mozzano, ad Anchiano, ecc., tentando di immunizzare le piante con sostanze anticrittogamiche per mezzo di iniezioni nei tronchi con speciale apparecchio. E si fecero pure sperienze intese a comprovare l'origine epigea della malattia. A Gozzano in provincia di Novara, pure per incarico di codesto Ministero, si iniziarono, dopo opportune ispezioni, ricerche sulle infe- zioni delle giovani piantine, ricerche che condussero a scoprire Ja causa E della moria, ad accertarne l'origine e ad indicare le precauzioni che si debbono seguire perchè non si abbia a diffondere il male. . x a Furono fatte anche ispezioni ai castagneti di Fanano in provincia nn di Modena in seguito alle quali vennero per ordine di codesto Mini- pre | stero iniziate sperienze d’isolamento ed estinzione del focolaio infetto, È | ‘sperienze che tuttora continuano. UN ca Ispezioni furono pure da me eseguite insieme all’assistente Pollacci x nella Riviera Ligure di Ponente, per malattie sviluppatesi nelle rose, x nei garofani, nelle leguminose, nelle violette, nei castagni e nelle col- | tivazioni primaticce forzate in serre volanti (pomodori, fagiolini, zuc- p: chini, ecc.). te, Anche a Varzi si eseguirono ispezioni ordinate da codesto Mini- stero nel vivaio forestale per sospettate infezioni di Diaspis nei gelsi. Le ricerche sulla Moria dei castagni diedero luogo alla pubblicazione cai una nuova nota che riguarda appunto l'infezione delle giovani pian- | ticelle nei castagneti e nei semenzai. Il preparatore-dott. Gino Pollacci si occupò della diffusione di una A en iha PARI, fida i A % #. de vat TARE SIAE 306 — nuova pianta infestante del riso, il Panicum ereetum Pollacci, inoltre di diverse malattie del garofano che sviluppansi specialmente nella Li- guria, della coltura di aleune orchidee esotiche in pien’aria; ed illustrò cinquanta specie di fanghi della Lombardia che costituirono il mate- riale del sesto /ugillus dell'opera Fungi Longobardiae exsiccati. L'assistente Malusio Turconi studiò il Mal Bianco della magnolia nana ed iniziò ricerche sopra una nuova malattia dei Bambù. Lo stesso Turconi inoltre in collaborazione col dott. Luigi Maffei illustrò un nuovo Thyrostroma. Il dott. Maffei studiò la ruggine della Scariola e portò a termine un quarto contributo sulla flora micologica della Liguria. La signorina dott. Eva Mameli intraprese studi sull’importante ar- gomento della Parabiosi vegetale. Il prof. dott. Luigi Montemartini fece ricerche sullo svernamento delle ruggini dei cereali e continuò i suoi studi sulle vie acquifere delle piante. Il dott. Greppi infine si occupò d’una malattia dell'uva spina, nuova per l’Italia. Riassunto generale delle ricerche fatte nell’anno 1914. Malattie della vite, iuupotane Serale adi (ef ESILE 5 dei cereali 2 > n» 242 n delle piante da frutto E aio erre: d n 313 a 5 > a VESTA MOLALIIO LIE PA RITO ì oa È E > AM JOLLE DSL vinca Ae È, Pe992 3 2 % ornamentali e 5A fiore È pr E S169 c n industriali e forestali . ; - #6360 > di piante diverse . È La R08 Ricerche varie e determinazioni di uni ca e cen togame 2 n e i Determinazioni di Sta nel SRO e PT Taio per pubblicazioni in corso sulla micofiora di tali TEZIONI Li RATEALGANO [ere i 4 s 200 Totale esami N. 2191 Neo ; — 30 — Personale del Laboratorio erittogamico al 31 dicembre 1914. Prof. Giovanni Briosi, direttore; Prof. Rodolfo Farneti, primo assistente; Dott. Malusio Tureoni, secondo assistente; Dott. Gino Pollacci, preparatore; Mario Palazzi, inserviente straordinario. Prestarono l’opera loro i signori : | Dott. Siro Luigi Maffei, primo assistente all’ Istituto botanico ; Dott.’ Eva Mameli, secondo assistente all'Istituto botanico. "TR Frequentarono il Laboratorio per ragioni di studio i signori: * On. dott. Luigi Montemartini, professore di patologia vegetale alla R. ò Scuola superiore ariana di Milano e libero docente all’ Uni- nau versità di Pavia. È Prof. dott. Gustavo Vagliasindi, direttore della Cattedra amb. d’agric. di San Son naturali. E Maria Barbaini ed Elisa Cattaneo, laureande in Scienze naturali. Pubblicazioni del personale dell’ Istituto durante l’anno 1914. o ; > jr crittogamico) in Pavia filo chiesta per ai fina International d’Agriculture), in Atti dell'Istituto della R. na praga di Pavia, ser. II, vol. XVI. î no sopra Francesco Ginamni, con ritratto. Ibid., vol. XIII. ituto Botanico dell'Università di Pavia, ser. II, vol. XIII, n gna A dell'anno 1913, con notizie sulle malattie delle e dovute a parassiti vegetali (Bollettino del Ministero di de industria e commercio). Roma, 1914. GEE ya dl Ad ETNIE ie i di Te ATI SIVE PT RI o 308 — G. Briosi, Cenno sopra Luigi Sodiro, con ritratto (in Atti Istituto Bo- tanico, Università di Pavia. Vol. XIV). — Atti dell'Istituto Bot. dell''Univers. di Pavia. Ser. II, vol. XIV, 1914. — e R. Farneti, Il “ Mal dell’Inchiostro , nelle giovani pianticelle dei castagneti e dei semenzai (Atti Istituto Botanico di Pavia, vol. XV). PonLacci G., Intorno all’Abrus precatorius L., con una tavola a colori (Atti Istituto Botanico di Pavia, vol. XV), 1914. — Studi citologici sulla Plasmodiophora Brassicae Wor. e suoi rapporti sistematici coi parassiti della rabbia e del cimurro dei cani, con tre tavole a colori (ibid.). -— Sulla bioreazione del tellurio e sua applicazione pratica agli studi di Fisiologia e di Patologia vegetale. Nota preliminare (ibid.). Fungi Longobardice easiccati, VI fasc., Th. Oswald Weigel, Lip- sia, 1914. — Sulla diffusione del Panicum erectum Poll. e sul preteso Panicum phylloryzoide Novelli. Pavia, Stab. Tip. Succ. Bizzoni, 1914. — Colture di alcune Orchidee in pien’'aria, S. Remo, Conti e Gandolfi, 1914. — Malattie delle piante coltivate per il commercio dei fiori recisi. Fasc. I, Malattie del garofano, ibid. Turconi M., 12 mal bianco della Magnolia nana (Rivista di Patologia vegetale. Anno VII, Pavia 1914). — Recensioni dei lavori italiani di Micologia e Fitopatologia (per il Myko- logisches Centralblatt. Jena, 1914). — e MarreiS. L., Thyrostroma Jatrophae, n. sp., con figure (in “ Fungi Longobardiae exsiccati ,, Pugillus VI, n. 300). Pavia, 1914. Marrei S. L., Sulla ruggine della Scariola “ Puccinia Endiviae Pass , (in Rivista di Patologia vegetale, anno VII, n. 2). Pavia, 1914. Maxi E., Note di Parabiosi vegetale (in Atti Istituto Botanico di Pavia, Vol. XVI, pag. 103), 1914, con due tavole. MovnremartINI L., Rivista di Patologia vegetale, anno VI, Mattei e C., Pavia. — Fer uno studio della moria dei gelsi. Società agrie. di Lomb. — Sullo svernamento delle ruggini dei cereali nella forma uredosporica (in Rivista di Patologia vegetale), 1914. Greppi C., Una malattia dell'uva spina, nuova per l'Italia (Rivista di Patologia vegetale, anno VII), Pavia 1914. AM dell'Ist Botanico Um. di Pavia Vol XVI lic. 9, la . Ati dell'Ist Botanico Univ. di Pavia VoLXVI LULE Paso, 9, fi ii Lie sere fare nisi PO ni "i si ae. I aa 7 n NÒ CARRI TEN 0501 ROSA or 000 È SII r at 000 pi Sesetecio CONS 0 do 00 sioco 385 Li c _ SE Pa a IS Pd (e > n ad n°) JM. T Atti dell'Ist Botanico | eroi Co) vr” È & [a È G 2 e] E Gi 3 [e Do E 3 de) E < Fig:2. a ti si RITZ AH dell'Ist Botanico Univ. di Pavia Vol. XVI Variete vialone nero essiccata in essiccstolo — Bi Ser CRE L meanenoo CISS 14+ RO AI ; bi Pili AH dell'Ist Botanico Univ. di Pavia Vol. XVI. LULA MAYO Varietà agostena essiccata in essiccatoio I: sit L@dt tO i... sSESrRI Wii ipcie/i i i COMBI NS RP ton SIEIABIELOPARII STnBE o: L_H.: AE (I “| o. .;..... Fan hide cn i] ci pei i S5de Ta 15,0 ci... LL N ‘ariete str PASORII în brian DR, ind {RETI Aerminabilità Lit Tacchinardi e Ferrari Favia Ati dell’Ist? Botanico Univ. di Pavia Vol.XVI Tav: VIII Atti dell'Istituto Botanico di Pavia Vol. XVI Tav. IX = nn Tr rr rr rr Senza Ha 0 Con Ha0 Pollacci Fotografé E.Mameli - Parabiosi Atti dell'Istituto Botanico di Pavia Vol. XVI TavoX Pollacci Fotografs E.Mameli = Parabiosi Lili Att dell Istituto Botanico di Pavia Vol. XVI war e pa Paid a di iz ager CA ! 4 Fig. y èlal > e ai = ci ai | f Meo. 1 Gc = E | ; £ (e) DO sd: 4 ka = pr"; L Teen 14 pi w Ti | na L Ml ame I Pi | ì _ ui i La ii ma E DI ©» im z| + : 2 paso: E 4 ì È (e S | s /( a di | AI ta Fi x INR € i Lo ui LI veri Atti dell Ist° Botanico Univ. di Pavia Vol. XVI y - Lit Tacchinardì e Ferrari Pavia Nuove specie di micromiceti ze 0 x . Atti dell Ist° Botanico Univ. di Pavia Vol. XVI Fig. o. Atti dell Ist° Botanico Univ. di Pavia Vol. XVI Tav.XVII Re RI DI I Maffei N REI terunardì € Ferrari l'avia L.Malfei Micologia Liguetica ATTI DELL'ISTITUTO BOTANICO DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA : Redatti da GrovanNT BrIoSsI. Serie II. Volume I. PA Seguito dell’ Archivio Triennale ece. Rapporti, rassegne e lettere di maggiore importanza (Briosi) Pag.1-LxxvI = RL - Esperienze per combattere la Peronospora della vite, eseguite n nell’anno 1885. Relazione a S. E. il Sig. Ministro di Agri- 4 coltura, Industria e Commercio (Briosi) . . . . +... » 1 RIII. Intorno ad una malattia dei grappoli dell’uva, con 1 tav. lito- grafata (Baccarini)! a) cc acsatà tetta) Rea . 181 MIV. Esperienze per combattere la Peronospora della vite, eseguite nell’anno 1886 (Seconda serie). Relazione a $. E. il Si- gnor Ministro di Agricolt., Industria e Commercio (Briosi) » 189 ov: Sulla vera causa della malattia dei grappoli dell’uva, ecc. (Uarvara)li ia » 247 EVI Esperienze per combattere la Peronospora della vite, ese- a guite nell’anno 1887 (Terza serie). Relazione a S. È. il ] 13 Sig. Ministro di Agricolt., Industria e Commercio (Briosi) » 251 VII Rassegna delle principali malattie sviluppatesi sulle piante culturali nell’anno 1887, delle quali si è occupato il Labo- ratorio Crittogamico (Briosi) . . . . ........ AT 289 Intorno al disseccamento dei grappoli della vite, Peronospor viticola, Coniothyrium Diplodiella e nuovi ampelomiceti italici, con 3 tav. litografate (Cavara) . . . . . .. Rosi. 293 Muschi della provincia di Pavia. Seconda centuria (Farneti) » 325 Sul fungo che è causa del Bitter-/tot degli americani (Cavara) » 359 . Intorno alle sostanze minerali nelle foglie delle piante sem- preverdi (Briosi). . . . ............ Pr 363 Appunti di patologia vegetale. Alcuni funghi parassiti di piante coltivate, con 1 tav. litogr. (Cavara). . . . . e, 425 Esperienze per combattere la Peronospora della vite, ese- guite nell’anno 1888 (Quarta serie). Relazione a S. E.il Sig. Ministro di Agricolt., Industria e Commercio (Briosi) » 487 Serie II. Volume Il. Cenno sopra Santo Garovaglio, con ritratto (Briosi) . . . . Pag. MI Rapporti, rassegne e lettere di maggiore importanza (Briosi) » rx-x01 Contributo allo studio dell'anatomia comparata delle Canna- binee (Briosi 6 Tognini) . . . < .... 6. 1 I\ Su la composizione chimica e la struttura anatomica del Mo frutto del Pomodoro, Lycopersicum esculentum Mill. - BR (Briosi e Gigli) |. . . +... 0:00. 5 Per difendersi dalla Raso neon della vite (Briosi) . . . » 29 Ancora sul come difendersi dalla Peronospora (Briosi) ai RN 37 Alcune erborizzazioni nella valle di Gressoney (Briosi). . » 4l VIII. Intorno alla anatomia delle foglie dell’Eucalyptus gtobulus °° Labil., con 23 tav. litogr. (Briosi) . . +. + «0 + + + * 57 TX. Sopra il percorso dei fasci libro-legnosi primari negli organi |’ vegetatividelLino(Zinum usitatissimum L.), con 8 tav. DE' ditogr. (Toguini) . - . . e e ae erre XI. Contribuzione alla Micologia Lombarda, con 2 tav. litogr. (Cavafa). . ..< +» «e ed £ sie ESSERSI RES RIO SE 207 XI. Serie II. Volume III. Cenno sopra Guglie Imo Gasparrini, con ritratto (Briosi) . Rapporti, rassegne e lettere di maggiore importanza (Briosi) Ricerche di morfologia ed anatomia sul fiore femminile e sul frutto del Castagno (Castanea vesca Gaertn.), con 3 tav. litogr. (Tognini) . È o, È Una malattia dei limoni (Trichoseptoria Alpei Cav.), con 1 tav. litogr. (Cavara) . . . coco Contribuzione alla micologia toscana (Tognini) SRO Muschi della provincia di Payia, Quarta centuria, con 1 tav. litogr. (Farneti) Sull’infiue inza di atmosfere rice che di biossido di carbonio sopra lo sviluppo e la struttura delle foglie (Montemartini) Intorno alla anatomia della canapa (Cannabis sativa L.) (Briosi e Tognini) Parte Ri Drena sessuali, con 19 tav. litogr. . . > 3 Intorno alla morfologia e ‘ biologia di una nuova ‘specie di « Hymenogaster », con 1 tavola litogr. (TRO G Epaticologia insubrica (Farneti) . . " E Ulteriore contribuzione alla micologia lombarda, con 1 tav. litogr. ((Cavara) a LR AE RIME Serie II. Volume IV. Cenno sopra Antonio Scopoli, con ritratto (Brion) droni Rassegne crittogamiche (Bros) ee e 5 5 Relazione sulle esperienze con acetato di rame contro la Peronospora (Briosi) . ; Relazione sulle esperienze ‘per combattere ‘il Brusone ‘del riso (Oruza sativa L.) (Briosi, Alpe, Menozzi) . Contribuzione allo studio della organogenia comparata ‘degli stomi, con 3 tav. litogr. (Tognini) . . . Ia Contributo alla ficologia insubrica (Montemartini) NE Contributo alla morfologia ed allo sviluppo degli idioblasti delle Camelliee, con 2 tav. litogr. (Cavara) . .. . . + Intorno alla anatomia e fisiologia del tessuto assimilatore delle piante, con 1 tav. litogr. (Montemartini) . Briologia insubrica. Prima contribuzione. Muschi della pro: vincia di Brescia (Farneti) . La infezione peronosporica nell’anno 1895. ‘Relazione a ‘8 E. il Ministro di Agricolt., Industria e Commercio (Briosi) Esperienze per combattere la Peronospora della vite col- l’acetato di rame eseguite nel 1895. Relazione a $S. E. il Ministro di Agricolt., Industria e Commercio (Briosi) Intorno alla anatomia della canapa (Cannabis sativa L.). Parte seconda. Cogani VOERIROEI con 26 parole litogr. (Briosi e Tognini) . I, ca la Serie II. Volume V. Cenno su Carlo Vittadini, con ritratto (riesi) TACE E Rassegne e rapporti (Briosi) . . . . . . . SE ILIZO Seconda contribuzione alla micologia toscana, ‘ con 1 Mr litogr (Tognon) fee: BÈ Bra Rebia Di una Ciperacea nuova per la Flora europea ‘(Cyperus ari status Rottb. var. Bockeleri Cav.), con 1 tav. litografata (CAVAara) {nt RE ne Nene E NR ee Pag. MI » VIISXLIV 129 149 155 Pag. VI » » » TX-XXIII 1 28 A e Cc —— 5: Contribuzione alla Micologia ligustica, con 1 tavola litogr. (Bollaeon)b. 4 Sx: PR ol È . Pag. 29 VI. Ricerche di Briologia paleontologica nelle torbe del sotto- suolo Pavese appartenenti al periodo glaciale, con 1 ta- Mpovala litoer. (Farneti). 004 a a » 47 VII Contributo allo studio dell'anatomia del frutto e del seme delle Opunzie, con 1 tav. litogr. (Montemartini) b 59 VIII Un nuovo micromicete della vite (Aureobasidium vitis Viala . et Boyer var. 4/dum), con 1 tav. litogr. (Montemartini) 64) IX. Ricerche intorno all’acerescimento delle piante (Montemartini) » ro) X Esperienze per combattere la Peronospora della vite col- l’acetato di rame eseguite nell’anno 1896 (Briosi) . . 145 XI Rassegna crittogamica pei mesi d’ aprile, maggio e giu- RORbSdoi CBITORI)) (dc N ae 159 XII. Rassegna crittogamica pei mesi da luglio a novembre 1896 : ) ESP E 0 Ae » 175 XIII. Appunti di Patologia vegetale (Funghi nuovi, parassiti di piante coltivate), con 1 tav. litogr. (Pollacci) . . . +. » 191 XIV. Intorno ad alcune strutture nucleari, con 2 tavole litogr. Ò \ (SETA ERI e. » 199 , Dev. Cloroficee di Valtellina. Secondo contributo alla ficologia in- 4 Bubrica, (Montemartini) 2 2.0 ra SOT è 249 XVI. Studi sul The. Ricerche intorno allo sviluppo del frutto della Pawia,\con. 6tay. litogr.i(Cavara)}t i ia » 265 Rassegna crittogamica pei mesi d’aprile, maggio e giugno 1897 MBXIORENE = 9a a a E e E I » 327 Rassegna crittogamica pei mesi da luglio a novembre 1897 [RN scale ar a e » 341 Serie II. Volume VI. Cenno biografico sopra Giuseppe Gibelli, con ritratto (Briosi) Pag. ul Rassegna crittogamica per l’anno 1898 (Briosi) . . . . ..° » IX Relazione generale sull’operosità della R. Stazione di bota- nica crittogamica di Pavia durante l’anno 1898 (Briosi) » — xxx1v Rassegna crittogamica per l’anno 1899 (Briosi) . . . . .. XXXVII Relazione generale al Ministero di Agricoltura, Industria e i Commercio sull’operosità della R. Stazione di botanica crittogamica di Pavia durante l’anno 1899 (Briosi) . . » LVII Contribuzione allo studio del passaggio dalla radice al fusto, con 2 tavole litografate (Montemartini). . . ..... è» 1 Intorno ai metodi di ricerea mierochimica del fosforo nei tessuti vegetali, con 1 tavola colorata (Pollaeci) . . . » 15 Seconda contribuzione allo studio del passaggio dalla radice “ al fusto, con 4 tav. litografate (Montemartini) . . . . è» 23 Intorno alla presenza dell’aldeide formica nei vegetali (Pol- DI) PE MP cara MI asc 45 Ricerche sopra la struttura delle Melanconiee e i loro rap- .. rti cogli Ifomiceti e colle Sferossidee, con 2 tavole itogr. (Montemartini) . . . . .... 00 » Nuovi materiali per la micologia lombarda (Farneti) . . . » 96 Sull’embriogenia di aleune Solanacee, con 8 tavole litogr. da appunti lasciati dal dott. F. Tognini) Bre ie 109 Agsinie sii Flora pavese e ricerche sulla sua origine mmnatil?. < . .-;.., Jun e cledi 1 «o ue di Il biossido di zolfo come mezzo conservatore di organi ve- eaizotali (Pollacci)..7 2 «7. + 5 sea a 160 "9 XV. XVI. XVII. XVIII. XIX. XX. XXI. XXII. XXIII. XXIV. XXV. XXVI. d — Serie II. Volume VII. Cenno biografico di Giuseppe Moretti, con ritratto (Briosi) . Prefazione 3 Intorno all’ assimilazione clorofilliana. Memoria con 6 figure (Pollacdci) de Vee Intorno ad una nuova | malattia delle albicocche. Eczema < em- petiginoso causato dalla Stiymina Briosiana n. sp., con litavi ilitogri (Parma) a OR ITEIa Intorno alla malattia della vite nel Caucaso o (Physalospore U Woroninii n. sp.), con 1 tav. litogr. (Montemartini e EADNOti A e Sopra una nuova ‘malattia dell'erba medica (Pleosphaer ‘ulina Briosiana Pollacci), con 1 tav. litogr. (Pollacci) Intorno all'influenza della luce sullo sviluppo degli stomi. nei:cotiledoni'(G. 297 » 299 » 303 » 5307 » 308 » 310 . 314 » 319 » 325 ” 326 Li 335 » 301 » 361 » 879 » 390 dr ) Pia III. NE Serie II. Volume XII. Cenno su Giovanni Gussone, con ritratto (G. Briosi) Prefazione: tare eee e TR E Contribuzione allo studio della Micologia. Ligustica. Prima centuria, con una tavola lit. (x1) (L. Maffei) . . ... Critica alla pubblicazione del dott. S. Nizza intitolata: Il Problema dell’Aldeide formica nelle piante (G. Pollacci) Intorno alla Flora del calcare e del serpentino nell’Appen- nino -BobbIese\(IMPAYVALINO)( e e E Intorno alla Micologia Lombarda. Memoria I (M. Turconi) Sulla conducibilità elettrica dei succhi e dei tessuti vegetali. Nota I (E. Mameli) È Rassegna crittogamica per il primo semestre dell’anno 1907, con notizie sul carbone e la carie dei cereali (G. Briosi) Rassegna crittogamica per il secondo semestre dell’anno 1907 (Brio) TE at e a N Operosità della Stazione di Botanica CriHogaNnos di Pavia nell'anno "1907 (GBL) RE RR Note micologiche e fitopatologiche: I. Cercoeioi a lumbri- coides n. sp. sul Frassino e Nectria Castilloae n. sp. sulla Castilloa elastica nel Messico. II. Steganosporium Kosarofffii n. sp. sul Gelso in Bulgaria, con una tavola litografata (x11) (M. Turconi e L. Maffei). . . .... Sulla Batteriosi del pomodoro (Bacterium Briosii n. sp.), con unastavola. (a) (IPA Varmo)tz ve fe te ee e ee Sugli elaioplasti nelle Mono- e Dicotiledoni. Nota prelimi- nare (I POltis) Vede et A IA Intorno alla cleistogamia ed alla possibilità della feconda- zione inerociata artificiale nel riso (0ryza sativa), con una LAY ZIV) RM EEA SR Ricerche anatomo-fisiologiche sopra le vie acquifere delle piante. Secondo contributo, con dieci tavole (1-x) (L. Mon- teTI ALBINI) ANT AO VD PART I RR TRIO Serie II. Volume XIII. Cenno sopra Francesco Ginanni, con ritratto (Giovanni Briosi) Pag. Prefazione etto ie IRIS Pi Pata e Elettricità e vegetazione. Parlo. prima. Influenza dell’elettri- cità sulla fotosintesi clorofilliana, con 4 tav. e 33 figure intercalate nel testo (G, Pollacci) e Rei e Sulla flora micologica della Sardegna. Prima contribuzione (EM am eli) et aa ia Ro MT Sulla trasmissione degli stimoli nelle foglie e in modo parti- colare nelle foglie delle leguminose, con | tav. litografata (IL Montemartini)M. tr. ge i I Terza contribuzione alla micologia della provincia di Bergamo (G- Rota=R0ss1) ira IR Note di biologia dei semi (L. Montemartini) . E Su una graminacea nuova, infestante del riso (Panicum erec= tum n. sp.) con una tav. litografata (G. Pollacci) . La spiga del grano in rapporto colla selezione. Osservazioni preliminari (L. Montemartini) . . . . . ....... Note critiche intorno a recenti ricerche sulla fotosintesi cloro- filliana (E. Mameli e G. Pollacci) .-.. +... Gf. » » » 285 209 316 323 329 337 345 351 363 II Intorno alla Flora del Calcare e del Serpentino nell’Appen- nino Bobbiese. Seconda contribuzione (L. Pavarino) Contributo allo Studio della sensibilità geotropica delle radici | sleMontemartni)i 2.0 os 7 elvis PRATT 21): FS Intorno alla causa della Moria dei Castagni (Mal dell’ In- chiostro) ed ai mezzi per combatterla. Seconda Nota pre- liminare (G. Briosi e R. Farneti). . . . . LA dd LINE Micologia della Provincia di Mantova. Terzo contributo MesBianchi) i. 0, BEM Sulla nutrizione e riproduzione nelle piante. Parte I e II, con 8 tavole litografate (L. Montemartini) . . . . . + _ Metodo di sterilizzazione di piante vive per esperienze di fisiologia e di patologia (E. Mameli e G. Pollacei). . . Contribuzione allo studio della Micologia ligustica. Terzo | contributo (L. Maffei) ........ pia IRAN — Intorno ad una nuova malattia dell'olivo (Bacterium Oli 3 dae n. sp.) (L. Montemartini).. . . .. Hd. iN Sull’assimilazione diretta dell'azoto atmosferico libero nei Lo pese con tre tavole litografate (E. Mameli e Gino ALARE) Sd Febo Mal PIE alt LCRITVIO SR - Deserizione di alcuni Eumiceti provenienti da carni insaccate : sane, con una tavola litografata (D. Carbone) . . . . nuove osservazioni intorno alla Moria dei Castagni (Mal del- l’ Inchiostro) e sua riproduzione artificiale. Quarta nota liminare (G. Briosi e R. Farneti) . . ....... ugli Elaioplasti nelle Mono- e Dicotiledoni, con tre tavol Tlitografate (I, Politie) . . . + + + + +0 04 01 vd, “a $ » 120 187 150 159 259 827 880 XVI. XVII XVIII. XIX. XX. XXI. XXII. IV. XI. XII. XIII. RIV: XV. XVI. DIES) Pisa Sopra speciali corpi cellulari che formano RICA con tre tavole litografate (I. Politis) . Sopra uno speciale corpo cellulare trovato in ‘due ‘Ore hidee, con una tavola litografata (I. Politis) . Sulla presenza del Glicogeno nelle Fanerogame e sua ‘rela- zione -coll’ossalato di calcio, con una tavola litografata (I. Politis) . SILA E acle dC RES, Me Pet o ACI E Sulla presenza di amiloide nelle cellule cristallofore del PhilodendronMelanochrysum Lind. e del di Artacen di Ta Vricardium Schott. (I. Politis). . . +0... .0.. Il Parassita della rabbia e la Plasmodiophora Brassicae Wor. Ricerche sui loro rapporti di affirità morfologica e fisio- logica. Nota preliminare (G. Pollacci) 7 Rassegna crittogamica dell’anno 1909, con notizie ‘sulle ma- lattie dei trifogli e delle veccie causate da DERBSANILi ve- getali (G. Briosi) . Rassegna crittogamica dell'anno 1910, con ‘notizie sulle ma- lattie dei lupini, della lupinella, della sulla e dei | pioppi, causate da parassiti vegetali (G. Briosi) Serie II. Volume XV. PARTE I. Cenno sopra Abramo Massalongo, con ritratto (G. Briosi) . Proftaziones Ere I I IAA Sulla nutrizione e ‘riproduzione nelle. piante. ‘Parte III-VI, con tre tavole (L. Montemartini). . . .. ....... La moria dei castagni (Mal dell’ Inchiostro). Osservazioni critiche ad una nota dei Sigg. Gridoa e Maublane (G. Briosi10UR-VHAaEnet)t. fat Re o Re î Aggiunte alla flora ticinese (G. Polacco RR CAOTSTI ARR e Sull’origine e sull’ufficio dell’ossalato di calcio nelle piante (TAP) Ore o RR Sulla flora micologica della Grecia (FRPolta) eee Alcune malattie delle orchidee causate da bacteri, con una tav. lit. (L. Pavarino) SERIE, PURE Sn Intorno alla flora del calcare e ‘del serpentino, con una tav. (LIPAVARino) NES: eee NI E Ricerche anatomo- fisiologiche sopra le vie acquifere delle piante: (L. Montemartini);. i. i. et Bacteriosi della Matthiola annua L. (Bacteriwm Matthiolae n. sp.), con due tav. lit. color. (G. Briosi e L. Pavarino) Note micologiche e fitopatologiche. Ser. II: 1. Un nuovo genere di Ceratostomataceae; 2. Due nuovi mieromiceti parassiti della Sophora japonica Linn., con una tav. lito- grafata (M. Turconi e L. Maffei e ee Sulla influenza del magnesio sopra la formazione della clo- rofilla, con una tav. (E. Mameli) . nt Sull’avvizzimento delle piante di Capsicum annuum Li los Pavarino e Ms Rurtoni) Gssl SRiiee Rassegna crittogamica dell’anno 1911, con notizie sulle ma- lattie dei meliloti, dei latiri, del fieno greco, del trifoglio giallo, ecc. dovute a parassiti vegetali (G. Briosi) . . Rassegna crittogamica dell’anno 1912, con notizie sulle ma- lattie delle leguminose da seme dovute a parassiti ve- getali (G. Briosi) ae n tn ALATI A Pag. Pag. » » 1163 317 403 409 433 213 242 Sull’anatomia del Jequirity (seme dell’Abrus precatorius L.) e dei semi delle piante comunemente usate per sofisti» carlo (R. Barla) | iS OT . Sulla bioreazione del tellurio e sulla sua applicazione pratica agli studi di fisiologia e di patologia vegetale (G. Pollacci) Sull’Abrus precatorius L., con una tav. litografata colorata (G. Pollacci) Be Studi citologici sulla P/asmodiophora Brassicae Wor. e rap- porti sistematici coi parassiti della rabbia e del cimurro dei cani, con tre tav. litografate colorate (G. Pollacci) Il « Mal dell’inchiostro » nellegiovani pianticelle dei castagneti e dei semenzai (G. Briosi e R. Farneti) . ...... Pag. - PARTE II (in corso di stampa). I FUNGHI PARASSITI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI ESSICCATI, DELINEATI E DESCRITTI per Giovanni BRIOSI e Fridiano CAVARA Sono finora usciti 17 fascicoli ed un altro è d’ imminente pubblicazione. Per l'acquisto rivolgersi al prof. Giowanni Briosi, ]irettore dell’ Istituto Botanico di Pavia. —i "®© — _ conica I ATTI DELL'ISTITUTO BOTANICO DELL’ UNIVERSITÀ DI PAVIA REDATTI DA GIOVANNI BRIOSI Volume 1° con 6 tavole litografate . . . . .1888.—L. 20 — Î » 20» 129 ©» » ed un ritratto 1892. — » 40 — | » 30.'» 26» » » 1894. » 40 — » 40 » 182. » » » 1897. » 45 — » 5°.» 15° » » » 1898. — » 35 — » > 60» 12.» » »: - ‘1900, — » BS, pi 70» 20» » » 1902, 400 . » 80 1651» » » 1904.— » 40 — Serie II. RR ee) » » 1911, —+t.807= | » 10° » 28 » » » 1907. — » 40 — wie 119=>022= e » » 1908..— » 40 — >» 120» 14\ > » » 1915.— » 40 — > 1903 » » 1914. — » 40 — » 14° »_ 20. » » » 1914.— » 40 — » 15° Parte I, con 13 tavole » 1916. — ». 40. — | » II (in corso di stampa) \ » 16° con 18 tavole litografate » 1916. — » 40 — Fanno seguito all’ Archivio Triennale del Laboratorio Crittogamico di Pavia. Per l'acquisto rivolgersi alla Direzione dell'Istituto Botanico di Pavia. ARCHIVIO DEL LABORATORIO CRITTOGAMICO DI PAVIA CON MOLTE TAVOLE Contiene numerose note e memorie specialmente di patologia vegetale e di erittogamia del Garovaglio, del Gibelli, del Cattaneo, ecc. Volume: I > A Ea 80 bkVolume, INSONNI Cee Volume TI-erllI (>< 4.054; (80° = Volume. VR eee MALNMLISRTI