: AA go cyA7 RS // » 5 ci Si > Fa ò a “ 5 On ED 2 O) Violae (Schum.) DC. sulla Viola i pensiero. 5, Gi Malvacearum Mont. su Altea e Malva Ò Buxi DC. sul Bosso Helianthi Schum. sul Girasole 3 CITA a Schleideni Ung. sulle Cipolle Plasmodiophora Brassicae Woron. sui Cavoli Erysiphe communis (Wallr.) Fr. sui Delphimun Oidium îeucoconium Link sulle rose € Phyllactinia suffulta (Reb.) Sace. sul Nocciuolo Lasiobotrys Lonicerae Kunz. sulle Lonicere. Laestadia Buri (Wallrh.) Sacc. sul Bosso Leptosphaeria Rusci (Wallrh.) Sacc. sul Ruscus Polystigma rubrum (Pers.) DC. sul Pruno PhyMosticta prunicola Sace. sul Pruno. 5 piricola Sace. et Speg. sul Pero -i Brassicae (Curr.) West. sui Cavoli Macrophoma Taxi (Berk) Berl. e Nogl. sul Misa , Diplodia sp. sopra la Cycas revoluta Ascochyta sp. su foglia di Fico Septoria Apii Br. e Cav. sui Sedani . Septoria piricola Desm. sulle foglie del pero Labrella Coryli (Lib.) Sace. sul Nocciuolo . Entomosporium Mespili (DC.) sul Nespolo Sclerotium compactum DC. sul Girasole Ovularia necans Pass. sul Nespolo . Botrytis cinerea Bon. sui Pelargoni - vulgaris Pers. sulle Agave, sulle Dahbie; Coe , parasitica Cavr. sui Tulipani Cercospora neriella Sace. sull’ Oleandro . , rosaccola Pass. sulle Rose . p Violae Sace. sulla Viola mammola . Violae tricoloris n. sp. sulla Viola del dedi È ; beticola Sace, sulle Barbabietole . Atti Istituto Bot. di Pavia, Riporto N. 223 52 Da riportarsi N. 275 VI (0 TERA UNVEVO POINTE TEIL Riporto N. 275 Fusicladium dentrincum (Wallrh.) Fuck. su foglie del Melo È pirinum Fuck. su foglie del Pero Cladosporium herbarum Link. su foglie del citriuolo e del- l’agave 7 Clasterosporiwm amo dp um sui ngn e “n sfanto Napicladium sp. sul Laurocerasus . ; Macrosporium parasiticum Thiim. sulle al Alternaria Brassicae Berk. sui Cavoli . 349% Fusarium pirinum (Fr.) Sace. sui frutti di pera . Lecamium Oleae sull’Abutylon Phytoptus piri Pag. sul Pero I Rhyzoglyphus echinopus Rob. nei Giani Histiostoma jalorum K. id. Haltica oleracea sui Ravizzoni Anthonomus pyri sul Pero Mal del Mosaico sul Tabacco Gommositdelipesco Ret eee Varii d’ ignota natura Malattie del Gelso. Phleospora Mori (Wallr.) Sace. sulle foglie . Polyporus hispidus Fr. sui rami ETTARI Lecanium cymbiforme Targ. Tozz. sui rami. . . . Armillaria mellea Wallr. sui tronchi . Malattie di piante forestali. Melampsora Carpini (Nees.) Fuck. sulle foglie del Carpino Melampsora betulina Tal. sulle foglie di Betula 9 populina Lév. 5 Pioppo i 3 Tremulae Tul. PA S i LE Gymnosporangium clavariaeforme Jacq. sul Sordus E La ah 7 juniperinum Fr. sull’Amelanchier x juniperinum sul Ginepro . Aecidium elatinum Alb. e Schw. sull’Abete . s Berberis Gmel. sul Crespino . . . Plasmodiophora Almi Moll. sull’Ontano. Exoascus aureus Sadeb. sul Pioppo. . . . . D coerulescens Sadeb. sulla Quercus Cerris . N. 1 2 ND Hi DO ND Do JUHHWHHHWEHNHEH AID ME HT HH _mmMnH (eri 19 Da riportarsi N. 333 — LXXXMI — Riporto N. 333 Taphrina Ostryae Mass. sull'Ostrya carpinifolia . . . . N. 1 Phyllactinia suffulta (Reb.) Sace. su Faggio, Betula, Crtisus usate sic pr patita Snc Uncinula adunca (Wallr.) Tai Fu Salix caprea . Gibberella Saubineti (Mont.) Sace. sulla Robinia Gnomoniella fimbriata (Pers.) Sace. sul Carpino Gnomoniella Coryli (Batsch.) Sace. sull’ Avellano . Nectria cinnabarrina (Tod.) Fr. sul Citiso . D ditissima Tul. sull’Acero Diatrype bullata Hoffm. sul Salice Rhytisma acerinum (Pers.) Fr. sull’Acero LE salicinum (Pers.) Fr. sui Salici Gloeosporium Rhododendri n. sp. sul Rododendro . ;5 Robergei Desm. sul Carpino 5 Populi albae Desm. sul Pioppo S Asteroma Fuck. i; : Septoria cornicola (DC.) Kicks sulla Sanetinella , Cytospora traslucens Sace. i A bo DO a i Ricerche diverse. Sopra funghi mangerecci e velenosi . . . E 40 Su miceti parassiti costituenti i fascicoli VII. e voi della pubblicazione / funghi parassiti delle piante coltivate od utili per cura di G. Briosi e F. Cavara . Di varia natura . È 50 ” 20 Totale delle ricerche N. 4 472 Personale della Stazione crittogamica. Prof. Giovanni Briosi, Direttore. Rodolfo Farneti, Assistente. Dott. Luigi Montemartini, Allievo praticante. Prestarono l’opera loro : Dott. Cavara Fridiano, Assistente all'Istituto Botanico, Dott. Filippo Tognini, d |: — LXXXIV — Frequentarono il Laboratorio: Dott. Marozzi, Vice-direttore della R. Scuola di Agricoltura di Brescia. Dott. Peglion, licenziato della R. Scuola Agraria di Portici. Gino Pollacci, studente di Scienze Naturali. Pavia, 29 febbraio 1892. Il Direttore GiovanNnI BRIOSI. In aggiunta alle rassegne sopra riportate si pubblicano alcune lettere fra le tante scritte in risposta a privati e a corpi morali, pel fatto solo che contengono suggerimenti sul modo di prevenire o di combattere alcune delle malattie più comuni che affliggono le nostre piante. Pavia, 30 marzo 1890 In risposta alla nota in margine indicata mi pregio comunicare alla S. V. IM. il risultato delle ricerche istituite sui rami di ulivo inviati. i Le escrescenze che in questi si osservano sono dovute al parassi- tismo di un microorganismo denominato Bacz//us Weae, il quale determina dapprima delle lievissime pustolette o meglio dei piccoli rilievi nella corteccia, i quali si fanno man mano sempre più sporgenti fino ad as- sumere l’ aspetto di tumori tuberculosi, ciò che da alcuni ha fatto dare alla malattia il nome di #udercolosi dell’ olivo. Tale malattia non è al certo nuova, ma da tempo è nota e designata coi nomi di rogna e di chiodo. Soltanto, la causa si è potuta determinare in questi ultimi anni e particolari studi e ricerche sperimentali, istituite in proposito anche in questo Laboratorio, hanno potuto assodare che al suddetto batterio sono dovute le alterazioni in discorso. Ben poco si sa intorno ai metodi di cura di questo male; credo peraltro che la migliore cosa a farsi sia di praticare una razionale potatura degli ulivi avendo di mira sopratutto di eliminare i rami che presentano tumori. Il Direttore Giovanni Bros. All I. Sig. Presidente DEL Comrzio AGRARIO di Asolo. —= LXXXV — Pavia, 9 giugno 1890. Sono state accuratamente esaminate le viti che la S. V. ha inviato a questo Laboratorio. L'aspetto esterno delle radici e le alterazioni istologiche che in esse si osservano al microscopio fanno ritenere che la malattia della quale sono affette sia il così detto Bianco 0 marciume della vite, pourridiè dei Francesi, che pare venga provocato dallo sviluppo straordinario di una forma miceliale (Dematophora necatrir). I tessuti corticali e lo stesso legno trovansi invasi da cordoni biancastri che sono appunto i filamenti vegetativi del fungo parassita. Condizione che ne favorisce lo sviluppo è appunto l'umidità del suolo, per cui è da con- sigliarsi di praticare opere di bonifica quali drenaggio, fognatura, rimo- zione del terreno per aerarlo maggiormente ecc. Per limitare poi, per quanto è possibile, il diffondersi del male, è mestieri strappare anzitutto i ceppi che si vedono molto sofferenti, raccogliere con cura tutte le ra- dici e trasportarle lontano dal vigneto, ovvero anche praticare delle fosse profonde intorno a questi ceppi, sì da togliere il contatto delle loro radici con quelle delle viti circostanti. Qualora il male sia incipiente si può tentare di promuovere nei ceppi colpiti la formazione di un nuovo sistema di radici mediante propaggini, avendo cura di scavare profon- damente il terreno ove deve farsi la propaggine ed impiegare rottami di pietra e fascine per togliergli la umidità e renderlo più soffice. Con perfetta stima Il Direttore GiovannI BrIosI. Ill. Sig. Presidente DEL Comizio AGRARIO di Piacenza. Pavia, 20 agosto 1890. Mi pregio comunicare alla S. V. Ill. il risultato delle ricerche istituite sulle spiche di frumento inviate a questa Stazione crittogamica in esame. La spica esternamente annerita e con aspetto non dubbio di sof- ferenza, presentava tutte le glume ricoperte degli acervuli di un Uredinea che al microscopio rilevavasi per la forma uredosporica della Puecinia graminis 0 fors' anco della Puccinia rubigo-vera, non essendosi trovate N ARSRIRSV a le teleutospore per potere con sicurezza decidere se dell'una o del- l’altra forma si tratti. A prima vista sarebbesi detto che all’azione di tale uredinea fosse dovuto l’ intristimento di tali spiche e l’ atrofia di molti dei chicchi del grano. Se non che un esame accurato rivolto a questi ci ha rivelata la causa principale della malattia. Sezionato uno di questi chicchi ammalati che si presentano imbruniti, atrofici, di forma triangolare, bruscamente assottigliati verso l'alto, si trova una buccia molto grossa racchiudente una porzione centrale biancastra facilmente asportabile e disgregabile che esaminata al microscopio risultò costi- tuita di centinaia e centinaia di piccoli nematodi coi caratteri del Tilenchus tritici Bast. od Anguillula tritici Nah. Trattasi adunque di grano niellato cioè affetto da quella malattia che i Tedeschi chiamano podagra del frumento, e i Francesi grains niellés. Questi vermi si fissano in autunno od in primavera sulle giovani piantine del frumento e sal- gono per le guaine fino alla giovine infiorescenza, di cui attaccano i giovanissimi talami fiorali e provocano nel tessuto di questi ed ancora di quello dei nascenti stami, alterazioni tali da determinare la forma- zione di una galla al posto del seme, entro la quale galla depongono le uova; cosicchè al momento in cui il frumento matura si trovano dei chicchi trasformati in queste galle che contengono varii stadii dell’ an- guillula. Questi vermiciattoli hanno una lunghissima vitalità, e possono per più anni restare in letargo allo stato secco e rivivere quando si presentino condizioni favorevoli. Quali mezzi di difesa si può consigliare intanto la selezione del frumento, profittando del fatto che le galle prodotte dall’ anguillula sono sempre più piccole del grano normale, cosicchè con ripetute vagliature si possono tutte eliminare. Imoltre da esperienze istituite in proposito sembra che si possa anche riescire ad uccidere le larve facendo uso di una soluzione di acido solforico (1 parte in 200 acqua), onde met- tendo a bagno la semente in tale soluzione ci si può liberare del pa- rassita. La pratica ordinaria di trattare con solfato di rame il grano per preservarlo dal carbone, non servirebbe a distruggere le larve di Anguillula anche se in soluzione concentrata. Con ogni osservanza Il Direttore GiovannI BrIoSI. Alla Onor. Direzione DELLA GAZZETTA AGRICOLA di Milano. TX — Pavia, 21 maggio 1891. Gli esemplari di susine deformate inviate da codesto Consorzio in esame sono realmente colpite da ZExoascus Pruni che anche in questo anno costà ed altrove danneggia i pruni. Al momento in cui siamo non ci ha rimedio possibile contro tale malanno, solo si può consigliare una cura preventiva per l’anno ven- turo e cioè di praticare nelle piante che sono state infettate, una ab- bondante potatura, in quanto che è dimostrato che il micelio od organo vegetativo di questo Zroascus Pruni come di quello delle foglie del Pesco (E. deformans) è perennante, cioè passa nei giovani rami e per- petua così la malattia. Tanto per norma della S. V. e con ogni osservanza Il Direttore Giovanni BrIOSI. Onor. Presidenza DEL Consorzio AGRARIO di Firenze. Pavia, 24 maggio 1891. Esaminate le pianticelle di frumento dalla S. V. inviate a questo Laboratorio in esame, sonosi trovate in esse due parassiti, l’ uno nelle foglie che è la Septoria graminum Desm., sferossidea che produce delle macchie gialle longitudinali, l’altro alla base dello stelo, macchiante le guaine ed il fusticino, edè un raro pirenomicete: la Gibellina cerealis Passer. A quest'ultima si deve realmente l’intristimento delle piantine di fru- mento in quanto che col suo micelio forma una stroma che avvolge per certo tratto lo stelo, e penetrando nei tessuti di questo impedisce la circolazione dei succhi nutritizi. Lo sviluppo della malattia è senza dubbio favorito dalla soverchia umidità del suolo, ond’è che bisognerebbe di- radare le piante per falicitare l’aerazione, e da consigliarsi ancora per- ciò a titolo di difesa il raccogliere quante piante ammalate esistono ed allontanarle dal campo. Colla. massima osservanza Il Direttore GiovannI BRIOSI. Onor. Presidente DEL Comizio AGRARIO DI Rocca S. Casciano (Firenze). = LX Pavia, 3 giugno 1891. Facendo riscontro alla pregiata sua in margine segnata comincio dal ringraziare la S. V. per la cortesia usatami col farmi mandare altri rami di pero attaccati da usicladium dentriticum. Quanto ad ulteriori notizie circa il modo di combattere codesto parassita sono dolente di non potere dire molto in proposito, perchè finora poco si conosce. Tuttavia e da alcune nostre esperienze sopra altri funghi pomicoli, e da quanto ne informa la letteratura agraria estera, pare che il sol- fato di rame in soluzione e preferibilmente misto a calce abbia una non dubbia efficacia anche pei parassiti delle pomacee, ed anzi da re- centi rapporti degli Stati Uniti d'America risulta che contro lo stesso Fusicladium dentriticum si sono avuti, con -tale rimedio, soddisfacenti risultati. Nel caso speciale poi del sig. cav. Confalonieri, trattandosi di in- fezione dei rami, sarà bene nell’anno venturo fare una generosa pota- tura in primavera per asportare quei rametti che contenessero cicatrici causate dal parassita, e di poi al primo svegliarsi della vegetazione applicare la soluzione rameica in dose quale si adotta per la vite e da replicarsi due o tre volte a seconda del caso. Tanto per suo governo mentre con ogni osservanza ecc. Il Direttore GIovaNNI BRIOSI. Onor. Presidente DEL CoMizio AGRARIO di Como. Pavia, 28 giugno 1891. Stimatissimo signor Professore, Ho esaminato le foglie di pero che Ella si compiacque por- tarmi in Laboratorio. La maggior parte sono affette da Plytoptus Piri Pag. che forma galle brune depresse alla pagina inferiore della ‘ foglia; ma buon numero però sono danneggiate da gorgoglioni dei quali restano vestigie, pure sulla pagina inferiore. In alcune poche rinvenni poi macchiette prodotte da un ifomicete il Fusicladium pirinum Fuck. Si MIRA vede che venne somministrato il solfato di rame in soluzione e misto a calce, ma indarno. Tale miscela che è indicata per il Fusicladzum pare non valga affatto pel Philoptus e pei Gorgoglioni, pei quali si po- trebbe tentare una delle tante miscele a base di petrolio o di olio pe- sante di catrame. Eccone alcune fra altre che alla Stazione di Entomologia Agra- ria di Firenze sono state recentemente sperimentate con successo con- tro le Cocciniglie. EOS Pe prole e 5.0 Olio di pesce . 0.2 Potassio, Rie, 0.1 ANG QUI Ae i N RO AT 100. 00 2.° Olio pesante di catrame . .. . . 5.00 Sodi rana ran NE QUA a RI 100.00 310 SOlfuro dl GANDODIO SER NRE E Ro 00 Oltogidi pesce ene UNO Potassio 00 ERICA I 0325 ACQUARI AE 94605 100. 15 Nella stessa scatola, c'erano foglie di rose, alcune con Phragmidium subcorticium (Uredo Rosae) altre con Oidium leucoconium. Per quest’ ul- timo sono efticacissime le usuali solforazioni, per l Uredo, credo possa tornare vantaggioso il solfato di rame in soluzione al 3 per mille, pur- chè applicato per tempo. Aggradisca i sensi della mia alta stima e mi creda Di Lei dev. Dott. F. CAVARA. Chiar.,mo sig. Pror. CAMILLO GOLGI Pavia. Pavia, 12 luglio 1891. Egregio signore, I grappoli d'uva dalla S. V. inviati a questo Laboratorio sono af- fetti da peronospora la quale ha invaso i picciuoli producendo il così detto allessamento dei peduncoli. ‘lutto il grappolo inferiormente alla regione attaccata avvizzisce e muore, producendo danni gravissimi. Jo non so quando Ella abbia incominciate irrorazioni colla polti- glia bordolese; forse troppo tardi, e forse anche rimasero privi di ri- medio i detti peduncoli. Ora non vi è più nulla a fare, solo negli anni venturi bisognerà trattare le viti molto per tempo e aver cura che anche i grappoletti ed i peduncoli non rimangano senza solfato. Colla massima stima ll Direttore GIovAaNNI BRIOSI. Illamo signor FRANcESCO CHIODI Cassiere della Banca Popolare di Stradella. Pavia, 15 agosto 1891 I grappoli d’uva inviati dalla S. V. a questa Stazione Crittogamica sono affetti da marciume bianco (Rot blane dei Francesi, White Rot de- gli Americani) malattia causata da un fungillo denominato Conzothyrium Diplodiella. Alcuni anni or sono si presentò con qualche gravità in di- verse località dell'alta e media Italia, ma poi si arrestò od almeno non ha più assunto proporzioni tali da richiamare l’ attenzione del viticol- tore. Fu scambiata anche sulle prime col B/ack-Rot, la malattia che ha infierito tanto tempo negli Stati Uniti, passata di poi nel mezzo- giorno della Francia, e quest'anno, pare, riscontrata anche in Toscana. Del resto i danni causati dal Coniothyrium Diplodiella sono di gran lunga inferiore a quelli del Black-Rot e non suole prendere grande diffusione. Come mezzo curativo, ora che il male è molto avanzato, non c'è che la recisione dei grappoli malati, anche di quelli che sono solo in parte attaccati, poichè il micelio serpeggia nell'interno del peduncolo o del racemo e può così trasmettersi anche alle parti del grappolo non offese al momento. — XC1 — Come mezzo preventivo di cura negli anni successivi, sarà da con- sigliarsi un’ abbondante aspersione di poltiglia bordolese (solfato di rame e calce) avendo cura di colpire per bene i grappoli. Tanto per norma della S. V. e con ogni osservanza Il Direttore GiovannI BRIOSI. Iino sig. A. DeL Grosso Mazzé Canavese (Torino). Pavia, 27 agosto 1891. Egregio signore, L'aspetto delle foglie di vite che Ella si è compiaciuta inviarmi in esa- me, è quello che un'alterazione tanto poco conosciuta nelle sue cause, quanto frequente tra noi, suole indurre nelle foglie e cioè la cosidetta Yersa. Striscie rossastre dapprima, poi cenerognole che dal margine della fo- glia procedono verso il centro, ed esaurimento dell’organo che finisce per seccare e staccarsi dalla pianta. Alcune volte la fersa non è indizio di disturbo fisiologico dell'intero tralcio, quando prende cioè qualche foglia soltanto e tutta la pianta resta rigogliosa ed il frutto non ne soffre, ma tante volte è una manifestazione di uno stato anormale e di alterazione nei processi di nutrizione. Le cause ponno essere molte- plici ma non ben precisabili, ad es. lo sviluppo vigoroso di un ramo a detrimento di altri, cui si può rimediare con razionale ed opportuna potatura; delle ferite causate alle radici nei lavori del terreno, cosa questa frequente tanto nelle vigne che nei campi arabili. Più spesso la fersa è dovuta alla natura sfavorevole del terreno, per eccesso o per deficienza di dati componenti, talora per troppo secchezza, tal’ altra per ‘ umidità stagnante, nel qual ultimo caso si ha poi il marciume delle ra- dici per insinuazione di miceli nei tessuti di questa. Così che Ella vede quanto riesca difficile a noi, che dobbiamo giu- dicare dalla sola alterazione delle foglie, lo stabilire a quale ordine dei succitati fatti si può ascrivere l’alterazione medesima. Quello che mi preme notare però si è che in quelle foglie si rinven- nero fruttificazioni di funghetti microscopici. Della natura parassitaria di questi non mi sono peraltro potuto accertare, atteso che tali foglie erano secche (raccolte da un po’ di tempo) ed in tal caso lo sviluppo di crittogame sarebbe un fatto più che spiegato. = ito Mi occorrerebbe perciò avere sott'occhio delle foglie che presentassero i primi segni di cotesta alterazione, e che fossero preparate in modo da non venire così facilmente attaccate da funghi; ad es. in boccetta a largo tappo con alcool, ovvero fra carta asciugante separate l'una dal- l’altra o anche fra bambagia. Ma sgraziatamente ciò non potrà farsi ora, dappoichè Ella mi scrive che il malanno si presentò in luglio ed ora, non si avverte più. AA ogni modo se per avventura ne trovasse qual- che foglia ancora, Ella mi farebbe segnalato favore a spedirmela con- dizionata in uno de’ modi dianzi accennati. Gradisca i sensi della mia perfetta stima Il Direttore SFOVANNI BRIOSI. Ill.mo signor Conte CARLO BIANCONCINI Poggio Renatico (Prov. di Bologna). fi n fi di LAVO Và Wa 1) ì fa fa liem } bi ut È, vu (Li Wa # Ta La] bu CAAZONAR MIRATE ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) CONTRIBUTO allo studio dell'anatomia comparata delle Cannabinece NOTA PRELIMINARE (*) dei Signori G. BRIOSI e F. TOGNINI La famiglia delle Cannadinee, sebbene povera di specie, è molto importante, così dal lato della scienza pura pei rapporti non tutti ben definiti che la collegano alle famiglie affini, come da quello della scienza applicata per il valore industriale ed economico dei prodotti che ci forniscono le piante che la compongono: olio e fibre tessili, nella ca- napa; e fiori, nel luppolo, che tanta parte prendono nella fabbricazione della birra. Da parecchi anni, uno di noi due aveva incominciato lo studio dell’anatomia delle specie che compongono questo gruppo di piante, lavoro che per varie ragioni dovè essere più volte interrotto e sospeso; ma le ricerche riprese da due anni con maggior lena, trovansi ora vi- cine ad essere compiute, almeno per quello che ha riguardo alla canapa (Cannabis sativa L.), alla quale questa nota in particolare si riferisce. Di questa specie ci troviamo ad avere di già terminato lo studio tanto morfologico che istiologico del frutto, del seme, con tutti i par- ticolari che riguardano l embrione. — Così ad esempio, il pericarpio dell’ achenio si è constatato essere costituito da 5 strati distinti, oltre l'epidermide esterna, dei quali il primo e l’ultimo formati cia- scuno da un sol piano di cellule a pareti fortemente ispessite, e l' in- terno altresi a struttura molto complicata. Il seme porta all’ esterno una membrana verdognola formata da due tessuti differenti, membrana che avvolge interamente la mandorla, la quale è costituita da un em- brione, piegato in modo che appoggia la sua radichetta lungo la linea (*) Atti dell'Istituto Botanico dell’ Università di Pavia — II. Serie, Vol. 2.9 Arch. Critt. : i PMO E mediana del dorso di uno dei cotiledoni. Scarso albume, a guisa di una membrana, riveste tutto 1’ embrione,.ingrossandosi alquanto nello spazio che separa la radichetta dal corrispondente cotiledone, ove as- sume la forma di cuscinetto a sella. Fatta è altresì l’anatomia esterna ed interna, tanto dei cotiledoni sviluppati, che dell'asse ipocotile e della radice. Nei cotiledoni note- vole sembra la formazione degli stomi, riferibile a due tipi distinti: gli uni cioè provenienti da cellula iniziale figlia di cellula epidermoi- dale primitiva, gli altri invece derivanti direttamente da una cellula epidermoidale comune, che tutta si trasforma in stoma, come venne già trovato per le foglie coltriformi (di 2° stadio) dell’ Eucalyptus globulus (*). — In modo speciale si sono inoltre studiate le modificazioni istolo- giche che raccordano la struttura della radice a quella del fusto, e ne determinano la regione di passaggio. Compiuto del pari è lo studio del percorso de’ fasci libro-legnosi primitivi, a partire dal meristema primordiale della radice, su su entro il fusto, sino al suo apice; come anche studiata è la loro distribuzione entro le varie appendici dell’asse, con special riguardo alle varie modificazioni nelle differenti ragioni. — Così dalla radice il grosso fascio legnoso che entra insieme a due fasci librosi nell’asse ipocotile, dividesi da prima in 2 e poi in 4, 8, 12 fasci che per anastomosi poco prima del distacco dei cotiledoni riduconsi a 10. — Di questi, 4 en- trano a 2 a 2 nei due cotiledoni, ed i 6 rimanenti salgono nel succes- sivo internodio (epicotile), nel quale in virtù di suddivisioni ed ana- stomosi divengono da prima 10, poi 14, indi ridiscendono a 12 per aumentare di nuovo e poco prima del nodo salire sino a 16. — Di questi, 6 escono dal fusto per entrare a 3 a 3 nelle due foglie del primo verticillo epicotile. Pel successivo internodio quindi rimangono 10 fasci che passano per suddivisioni analoghe alle sopra descritte. — Questo processo ripetesi negli internodî soprastanti e scostasi in parte da quanto era stato da altri trovato. — I due fasci librosi radicali poi, entrati nell’ asse ipocotile, dividonsi da prima in 4, e dispongonsi in modo da formare coi corrispondenti legnosi 4 fasci libro-legnosi collaterali, per indi seguire le stesse vicende dei fasci legnosi. — Nella metà inferiore dell’asse ipocotile ha luogo inoltre, per gradi e non tutto ad un tratto, il passaggio per la parte legnosa dalla struttura (') Briost G. Contribuzione all’anatomia delle foglie. — Trasunti dell’ Accademia dei Lincei. Vol. VI. Serie 3.2 CESOg A centripeta della radice alla centrifuga del fusto, e si verificano, pure in corrispondenza a questa regione, modificazioni caratteristiche nei rima- nenti tessuti dell’asse. Finite parimenti sono le ricerche che hanno rapporto alla struttura, tanto esterna che interna, dei fiori maschili e femminili, come quanto si riferisce alle diverse forme che assumono le foglie lungo il fusto. Così p. es., è interessante la struttura dei tepali, simile a quella delle stipule, in ambo i quali organi singolare è la distribuzione dei fasci libro-legnosi, che limitansi alla parte mediana, lasciando tutto all’ in- giro una larga zona priva di mesofillo ed unicamente costituita dalle due epidermidi a contatto. Nel fiore maschile, ove gli stami non alter- nano coi tepali, ma vi si sovrappongono, nessuna traccia di elementi istiologici di verticilli soppressi fu dato rinvenire. I fasci libro-le- gnosi salcono nel pedicello in numero di 9 o 10, e, giunti nel talamo, si riuniscono, come in un grosso ganglio discoidale, per ridividersi sopra due differenti piani, e dare 10 nuovi fasci che vanno ai tepali ed agli stami. — Nelle antere le cellule del Purkinje presentano il maggiore ispessimento, non sulla parete esterna (come d’ordinario), ma sull’ interna; nella prima gl’ispessimenti limitandosi a semplici listelli, mentre nella seconda affettano tutta la parete. Nello stelo si sono ricercate in modo particolare le condizioni di sviluppo delle fibre librose, di tanto conto per le industrie tessili, e, come è naturale, non si sono trascurate le produzioni epidermoidali, come p. es. le glandole, di tanta importanza economica nel vicino genere Humulus. Abbiamo infine di già risolti parecchi problemi riferentisi allo svi- luppo ed all’ organogenia delle diverse parti della pianta. Riportàre però qui altri dati, o discutere particolari questioni, senza l’ aiuto di figure, sarebbe cosa non solo difficilissima, ma vana, perchè riuscirebbe incomprensibile. Il lavoro, che a noi costa molta fatica, è però così avanzato, che, se non ci faranno difetto i mezzi, speriamo poterlo in breve presentare al pubblico per intero, accompa- gnato da numerose tavole illustrative delle quali trovansi pure in gran parte ultimati i disegni. Dall’ Istituto Botanico dell’Università di Pavia, li 29 dicembre 1888. io un INA 1 ag TR Se ra, Wo lA sie 4 Ul nu, È VÀ i; 6! bg Adttoni beta Ma nia L, (1 ot cpeimr tane bibi. puo lt alii « denso soir algo IPA, ARAATAR RATIO cdl LI det pira ripe de Mr Mg ir gf id rpaara, siete da: dv sisvrimni. salpa ie invi Pe guar dita dda irta obi Li figa fall n ian E aa Sal uti tonii Vela ALI + prati > Led Yigg lA Apt ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) AEON AAC DOESOOSESIALIDI LEA LL DESSOSSISSLA du la composizione chimica e la struttura. anatomica DEL FRUTTO DEL POMODORO (Lycopersicum esculentum, Mill.) STRUDIOS dei Signori Grovanni Briosr e Torquato GIGLI PARTE CHIMICA. IÉ L’uso del fratto del pomodoro, come condimento e talora come alimento, e quello delle conserve preparate col frutto stesso è da gran tempo diffuso ovunque nei paesi meridionali dell'Europa; e col cre- scere del commercio è andato sempre più diffondendosi anche nei paesi settentrionali, per modo che la coltivazione dei frutti e la preparazione delle conserve è diventata oggi un'industria rispettabile e lucrosa. E cosa vecchia però che ogni volta che l’industria onesta offre un nuovo prodotto al mercato, accanto a quella sorge l’industria ingorda e ingannatrice, sorgono le falsificazioni. Laonde, se nel commercio si hanno senza dubbio molte conserve fatte con niente altro che il frutto del Lycopersicum esculentum, come vi sono dei vini fatti con l’uva, non è men vero che ve ne sono anche altre nelle quali la polpa del gra- dito frutto figura appena o è in poco bella compagnia con molte altre sostanze, che non le rassomigliano per altro che pel colore. Poichè deve essere quasi un obbligo della scienza pratica quello di proteggere l'industria onesta e di difendere i consumatori dagli in- ganni, che li danneggiano sempre nell'interesse e pur troppo spesso 1 Vedi anche la nostra nota preliminare: Intorno alla struttura anatomica e alla composizione chimica del frutto del pomodoro, nei Rendiconti dell’Accademia delle Scienze di Bologna, 20 febbraio 1889. Atti dell'Istituto Botanico della R. Università di Pavia — Serie II, Vol. 2.° Arch. Critt. II 2 N anche nella salute, credemmo cosa utile lo studiare la composizione chi- mica e la struttura istologica del pomodoro. Lo scopo principale che noi ci siamo prefissi in questo lavoro fu quello pertanto di somministrare i dati necessarj alle analisi delle con- serve. Con tale intendimento, nello studio chimico, senza fermarci sul- l'esame della buccia e dei semi, abbiamo limitato lo studio stesso alla polpa del frutto, che è la sola parte alimentare; mentre, considerando che anche alcuni elementi istologici della buccia e dei semi possono trovarsi nelle conserve, abbiamo dovuto estendere le ricerche anato- miche anche a queste parti, cioè a tutte le parti del frutto. Le nostre ricerche pertanto, mentre hanno uno scopo essenzial- mente pratico, quello di servire alla bromotologia, sono un contributo allo studio di questa importante solanacea ? anche nel campo della scienza pura. Questo studio è stato fatto sul pomodoro comune col frutto depresso a spicchi, che si coltiva nei dintorni di Pavia. Altri potrà estendere l'esame sulle altre varietà, e istituire opportuni raffronti. A rendere completo il nostro lavoro sono necessarj l’analisi chimica e lo studio istologico delle conserve; non che lo studio delle loro più note falsificazioni. Quest’ ultima parte, che ha fondamento nella prima che ora pubblichiamo, formerà argomento di un’altra memoria. JE SEPARAZIONE MECCANICA DELLE DIVERSE PARTI DEL POMODORO E LORO DETERMINAZIONE. Nel pomodoro maturo si riesce a staccare senza molta difficoltà e con sufficiente nettezza la buccia gialla dalla polpa interna contenente i semi. Questi si separano dipoi facilmente mediante un se- taccio di crine. Operate così diverse separazioni delle tre parti che costituiscono il frutto del pomodoro e pesate le buccie ed i semi umidi e la polpa, abbiamo avuto come media di diverse determinazioni i ri- sultati che qui riportiamo: Buccia umida in 100 p. di pomodoro 3.7 Semi umidi E n, 10.9 Polpa 1 : 85.4. La polpa del pomodoro è formata da principj solubili e da inso- ? Lo studio istologico sarà pubblicato non appena saranno pronte le tavole, che devono corredarlo. " — 7 — lubili. Si separano facilmente gli uni dagli altri ponendo essa polpa sopra un pannolino abbastanza fitto, fissato con un filo all’ orlo di un bicchiere. La parte liquida, che contiene appunto i principj solubili, cola nel bicchiere; i principj insolubili rimangono nel pannolino. Pos- sonsi da questi asportare interamente i principj solubili mediante lo- zioni acquose abbastanza prolungate. La parte liquida ha colore giallo paglierino; la parte insolubile ha l'aspetto di una materia di colore rosso vivo. D'ora innanzi, per intendersi, la polpa del pomodoro, qual’ è prima della indicata separazione, verrà da noi designata col nome di polpa intera; la parte contenente i principj solubili col nome di liquido giallo ; e la parte insolubile, ‘separata da questo, col nome di materia rossa. III. STUDIO QUALITATIVO. A. ANALISI QUALITATIVA DEL LIQUIDO GIALLO : a) Il liquido giallo ha l'odore grato del pomodoro, sapore dolce e acidetto ad un tempo. Quattro determinazioni del peso specifico, fatte su frutti diversi, hanno dato questi risultati: 1.0193 1.0226 1.0190 1.0260 la cui media è 1.0217. 5) Scaldato a ebullizione entro tubo da saggio non dà intorbi- damento nè coagulo: bensì per l’azione del calore fa sentir più forte l’aroma grato del frutto. c) Se in cassula di porcellana si evapora a B M. sino ad espel- lere l’acqua, si ha un residuo siropposo appiccaticcio, giallastro, di sa- pore molto zuccherino ed agretto, gratissimo, che ha l'odore del pomo- doro. Questo estratto scaldato ancora (in cassula di platino) imbrunisce e si scompone facendo sentire odore di caramella e svolgendo vapori acidi: insistendo nello scaldare, si ha per residuo un carbone gonfio poroso, che brucia con difficoltà; ma che, per lungo riscaldamento al color rosso, si annerisce. La cenere che lascia è biancastra e un poco igroscopica. d) Ricerca del principio 2uccherino. I soluti degli alcali caustici (anche l’ammoniaca) esaltano il colore giallo del liquido, che diventa dorato bello, vivo. Il soluto così alcalizzato, versato sul liquore di Fehling diluto bollente, lo riduce abbondantemente. ig = Se si aggiunge al liquido giallo dell’acetato basico di piombo, si ha abbondante precipitato bianco ; se dal filtrato si elimina l’eccesso del sale di piombo con carbonato sodico e di nuovo si filtra, si ha un li- quido che riduce ancora potentemente il liquore di Fehling, e che guardato con un polariscopio mostra potere rotatorio sinistrorso. Il principio zuccherino, che dà il sapore dolce al liquido giallo, è adunque /evulosto. e) Ricerca del principio acido. Il nitrato di bario non produce precipitato nel liquido giallo, nè intorbidamento: Il nitrato d’argento dà lieve inalbamento; scaldando si ha imbrunimento per riduzione dell'argento. L'acqua di calce e il cloruro di calcio ammoniacale non sempre dànno reazioni nette e significanti, finchè si sperimenta nel liquido giallo non concentrato. Se invece si opera sul liquido, dopo averlo concentrato per evaporazione, vedesi che l’acqua di calce aggiunta sino a reazione alcalina non dà precipitato a freddo, ma scaldando compariscono dei fiocchetti bianchi, che si disciolgono facilissimamente per aggiunta di acido acetico. Tale precipitato scompare anche per raffreddamento del liquido. Lo stesso liquido concentrato non dà precipitato a freddo col clo- ruro di calcio ammoniacale; se si scalda, appare un precipitato, che si comporta come quello dato dall’acqua di calce. Queste esperienze provano nel liquido giallo la presenza dell’acido citrico; e siccome i saggi con l’acqua di calce e col cloruro di calcio, ed altri che per brevità non riferiamo, escludono l’acido tartarico, pos- siamo credere che l’acidità stessa sia, almeno per la massima parte dovuta a esso acido citrico; già riconosciuto nel pomodoro per la prima volta da Bertagnini. A riconoscere meglio la natura dell'acido del pomodoro, abbiamo anche precipitato il liquido giallo con acetato basico di piombo; il pre- cipitato bianco, lavato con acqua fredda, è stato stemperato nell'acqua e nel liquido si è fatto gorgogliare a lungo una corrente d’idrogeno solforato. Il liquido filtrato e concentrato per evaporazione, opportuna- mente saggiato con i reattivi, ha confermata la presenza dell’acido ci- trico escludendo quella dell’acido tartarico. f) L’alcole aggiunto in abbondanza al liquido giallo (un volume eguale almeno) vi produce uno scarso precipitato bianco, che suppo- . ‘nemmo dapprima essere un principio analogo alla gomma, ma che in- vece, dai saggi che seguono, resulta essere una sostanza azotata; e invero tale precipitato, raccolto su filtro, si porta come segue con i reattivi: «. Non si discioglie nell’acqua. ANI. 6. Scaldato in fondo a tubo da saggio dà odore di corno ab- bruciato e vapori ammoniacali. y. È disciolto dall’acido cloridrico; e il soluto scaldato prende colore violetto abbastanza manifesto. ò. L'acido nitrico lo colora in giallo bello (acido xantopro- teico): se la materia gialla, lavata, si tratta con soluto di potassa cau- stica si colora in rosso; scaldando, si scioglie facilmente nell’alcole. e. Il reattivo di Millon lo colora in rosso. Tutte queste reazioni qualificano come sostanza proteica il prin- cipio precipitato dall’alcole. 9) Ricerca dell'azoto ammoniacale. Se posto un po’ di liquido giallo entro un bicchiere, si chiude questo con una lastra di vetro cui siasi appesa una cartolina rossa inumidita, questa non inazzurrisce nem- meno dopo dodici ore. Si ha bensì lieve inazzurrimento, se al liquido giallo si aggiunge una base, p. e. del latte di calce. Però la quantità di ammoniaca che in queste condizioni si sviluppa è tenuissima, e tra- scurabile. Se si distilla il liquido giallo, si ottiene come prodotto della di- stillazione un liquido che ha i seguenti caratteri: z. Ha un aroma debole, che ricorda il pomodoro; sapore assai debole dolcigno ; &. Ha reazione neutra, purchè la distillazione si operi su li- quido recente: se invece si distilla il liquido, dopo che in esso si è iniziata la fermentazione, formasi un acido volatile, probabilmente l’ace- tico, che passa nel distillato e gli imparte reazione acida; x. Col reattivo di Nessler dà ingiallimento senza precipitato: dopo poco tempo però la miscela s’ intorbida e poi inverdisce: — Ciò sembra dovuto a riduzione; l ò. Col nitrato d’argento non dà nulla a freddo, scaldando evyvi imbrunimento, che indica riduzione: col cloruro d’oro non dà nulla nemmeno scaldando. Se si versa il reattivo di Nessler direttamente sul liquido giallo, si ha ingiallimento, il quale non è da attribuire ad ammoniaca, ma è dovuto all’alcalinità del reattivo e alla presenza del principio zuc- cherino riduttore nel liquido giallo. Dopo l’ingiallimento la miscela in- verdisce e infine imbrunisce per riduzione del mercurio del reattivo. Il fenomeno è pronto se si scalda. h) Ricerca dell'azoto ammidico. Se si alcalizza il liquido giallo e si raccoglie il prodotto della distillazione, trovasi questo decisamente ammoniacale. Se acidulato il liquido con acido cloridrico, si fa bollire per circa un’ora, e poi si aggiunge latte di calce sino a reazione alcalina e si ES distilla, si ha un notevole sviluppo di ammoniaca: lo che denota pre- senza di azoto ammidico. Se al liquido giallo neutralizzato con un alcali si aggiunge del soluto di ipoclorito o di ipocromito di sodio o di calcio o acido nitroso, si ha sviluppo di bollicine gassose, che sono azoto. Abbiamo attribuito il fatto alla presenza di ammidoacidi. Riassumendo i risultati di questi ultimi saggi, noi ammettiamo che nel liquido giallo, che rappresenta i principj solubili della polpa del pomodoro, trovasi azoto proteico; è quello della materia precipitata dell’alcole: dell'azoto ammidico, che è quello che si svolge sotto forma di ammoniaca, quando si fa bollire il liquido giallo dopo alcalizzato e quello che si trasforma in sale ammoniacale, quando il liquido giallo si fa bollire con l’acido cloridrico diluito. Rappresentando allora con R il radicale dell'acido organico dell’ammide, si ha nei due casi: ‘RENCHES SKCONTTIROVEENSHS ammide sale potassico dell’ac. organico RNH?--- H°'O0+HCCh=NH*'Ch+ROH ammide acido organico Evvi finalmente dell'azoto sotto forma di ammidoacido o acido am- midato; ed è quello più stabile, che non è attaccato dai soluti alcalini alla temperatura di ebullizione, ma che si svolge sotto forma di azoto libero per l’azione dell'acido nitroso insieme con l’azoto dell'acido ni- troso stesso. Rappresentando con PR il residuo di un radicale idrocar- bonato, si avrebbe: È INVE R\C00 î) Azoto alcaloidico. Alcuni dei reattivi generali degli alcaloidi danno intorbidamento col liquîdo giallo; tali p. es. lo joduro potassico iodurato, l’acido tannico, l’iodoidrargirato potassico. L'acido picrico non dà nulla. (L'acido fosfomolibdico non dà precipitato, ma si colora in bell’azzurro, per causa di riduzione prodotta dal principio zuccherino.) Questi risultati accennano alla presenza di tenuissima quantità di un alcaloide nel liquido giallo, e concordano con quelli ottenuti dal si- gnor N. Passerini.! k) Esame qualitativo della cenere. Consta di una parte solubile nell'acqua e di una parte insolubile. La parte solubile è fortemente alcalina, e fa effervescenza con gli acidi: contiene per basi la potassa, È + N00H=R(0do gt Y0+N? 1 Sulla composizione chimica del frutto, degli steli e delle foglie del pomodoro, Bollettino di Agricoltura, Anno I, fascie. 8, Nota prima di N. PasseRINI. e e, meno abbondante, la soda: col nitrato di bario e con quello d’ar- gento mostra di contenere piccola quantità di solfati, più abbondante di cloruri. La parte insolubile è costituita principalmente da fosfato calcare e magnesiaco, e da piccola quantità di silice. B. ANALISI QUALITATIVA DELLA MATERIA Rossa. Come dicemmo, quando si pone la polpa intera del pomodoro sopra un pannolino abbastanza fitto, questa materia rimane sul filtro. Lavata bene con acqua fredda sino ad asportarne tutti i principj solubili, ha colore rosso vivo, è in- sipida. [Vedesi perciò quanto sia errato il metodo che tengono alcuni nella preparazione della conserva, i quali, dopo estratta la polpa intera per mezzo di setaccio, la pongono a sgocciolare su pannilini, all'uopo di separare, come essi dicono, l’acqua (liquido giallo), che essi poi gettano via, non serbando che la materia rossa, imbevuta di poco liquido giallo. Così facendo essi disperdono la maggior parte dei principj del pomo- doro, come apparisce dal prospetto a pag. 16, e dal rapporto fra i prin- 3,735 1,093 parte del pomodoro, voglio dire quasi tutti i principj solubili. e cioè il principio zuccherino e il principio acido, diversi principj azotati assimi- labili, sali minerali, molto dell’ aroma; non serbandosi che una materia che, come vedremo ora, non contiene altro di utile che un po’ di so- stanza proteica, e per il resto è costituita principalmente dal pigmento e da celluloso indigeribile; e che del pomodoro non ricorda quasi più altro che il colore.] I caratteri di questa materia sono quelli che seguono. a. Se postane una certa quantità entro una cassulina, si scalda entro stufa sino ad essiccarla, si ottiene sotto forma di croste rosse, quasi cornee, tenaci, non polverizzabili. b. Se un po’ di questa materia secca, posta in fondo a tubo da saggio, si scalda sopra una fiamma, si scompone, dà catrame bruno e svolge abbondanti vapori bianchi aventi l’odore di corno abbruciato e fortemente ammoniacali, col che rivela la presenza di abbondante so- stanza azotata. i c. Scaldata su cassula di platino a contatto dell’aria si incar- bonisce; e, insistendo a lungo nel riscaldamento, lascia una cenere biancastra. d. L'acqua, anco bollente, non ne asporta il principio colorante. Questo invece si scioglie bene nell’alcole. Se infatti si fa macerare o digerire la materia rossa nell’ alcole, questo si colora in bel giallo arancione. La separazione del pigmento riesce difficile con l’alcole, se si opera cipj solubili e gli insolubili dato a pag. 17; e anche la miglior in nella materia rossa essiccata, essendo che questa conserva la sua con- sistenza cornea, e l’alcole non vale a rammollirla; riesce molto più spedita, se si opera sulla materia rossa lavata, premuta e ancora umida. Anche l’etere è un solvente del pigmento; e invero la materia rossa secca, o meglio umida, fatta macerare nell’etere, imparte a questo un bel colore giallo dorato. Però con uno solo dei due solventi ora detti, e comecchè si ripe- tano le lozioni, si riesce difficilmente ad asportare interamente il pig- mento. Si ottiene invece questo intento, se alle lozioni e digestioni con l’alcole si fanno succedere quelle con l’etere tiepido. Sembra pertanto che la materia, che dà il colore al pomodoro e alla polpa da esso ricavata, non sia un principio unico, ma che sia formata almeno di due principj, l’uno dei quali è più solubile nell’etere che nell’alcole. Il pigmento è solubile anche nel cloroformio. Il soluto alcoolico del pigmento si comporta come segue con i reattivi. 2. Non s'intorbida se si diluisce anche con molta acqua; il che dimostra che è solubile anche nell’acqua alcolizzata. 8. Non dà reazione nè con i soluti degli alcali caustici, nè con quelli degli acidi diluiti. Se a un cme. del liquido alcoolico, ben colorato in rosso arancione, aggiungansi 12-14 goccie di acido nitrico concentrato, il liquido volge fugacemente al verde o all’azzurro, e poi si scolora. Lo scoloramento avviene prontamente, anche con minor quantità di acido (2-3 goccie), se alcun poco si scalda; e avviene con tale quantità di acido anche a freddo, ma con maggior tempo. y. L'acqua di cloro scolora pure prontamente il soluto alcoo- lico; e così fanno i soluti degli ipocloriti. Il percloruro di ferro non dà alcuna reazione. Il soluto di biossido di solfo non iscolora il soluto al- coolico. L’idrogeno nascente (prodotto in seno al liquido stesso per reazione fra limatura di zinco e acido solforico) lo scolora lentamente; lo scoloramento può dirsi completo dopo 24 ore. Evvi scoloramento pronto, se si agita il liquido con carbone animale. ò. L’acetato basico di piombo produce nel liquido un lieve in- torbidamento; scaldando una parte della materia colorante si separa e viene a galleggiare sul liquido. e. Se si evapora a secchezza un po’ del soluto alcoolico, si ha un residuo rosso bruno, il quale toccato con bacchetta di vetro bagnata con acido solforico concentrato prende subito un bel colore azzurro. Questa reazione è assai bella, e potrà essere utile nello esame delle conserve. Umettando con acido solforico concentrato la materia rossa sepa- E 1) Sa rata dai principj solubili nel modo già detto, havvi dapprima imbru- nimento; ma poi, dopo 15-20 minuti, comparisce la detta colorazione azzurra. (Giova ricordare però che anche la zafferanina o polieroite è co- lorata in azzurro dell’acido solforico concentrato e in verde dall’acido nitrico. La colorazione rossa coll’acido solforico si ha inoltre anche sperimentando sulla terra oriana.) Anche il residuo ottenuto evaporando rapidamente a BM. il soluto etereo della materia colorante, ci ha data con l’acido solforico la stessa reazione colorata. — Invece il soluto cloroformico abbandonato alla evaporazione spontanea, si è scolorito e ha finito col diventare quasi incoloro, e, ad evaporazione finita, ha lasciato un residuo leggermente giallo, che pel contatto con l’acido solforico concentrato ha assunto co- lore rossobruno. ©. Esame spettroscopico. Sopra un vetro porta-oggetti abbiamo fissato mediante paraffina un cilindretto di vetro con l’orlo smerigliato. Nella celletta così ottenuta abbiamo versato il liquido colorato in bel giallo dorato che si ottiene trattando con alcole forte tiepido la mate- ria rossa. Esaminando col microspettroscopio uno strato liquido dell’al- tezza di circa un centimetro, si vede uno spettro in cui appaiono nitidi i colori sino al verde inclusivo; e sono assorbiti gli altri dal verde in là. Se al trattamento alcoolico facciamo succedere un trattamento con l'etere, ed esaminiamo nello stesso modo il soluto etereo così ottenuto, vedesi uno spettro somigliante al primo, a patto che la intensità della colorazione del soluto etereo sia eguale a quella del soluto alcoolico. Se l'intensità della colorazione del liquido fosse maggiore, la estensione dell’assorbimento sarebbe pur maggiore, ed invaderebbe anche il verde. Accenniamo questo modo di agire del liquido pei colori dello spet- tro, senza dare a questi fatti molta importanza, perocchè pur troppo sono parecchie le sostanze gialle e giallorosse (anche fra i colori arti- ficiali di anilina), che dànno spettri somiglianti. n. Anche i soluti acquosi diluiti degli alcali caustici, scaldati a contatto della materia rossa, asportano il pigmento e si colorano in giallo rosso. Però non si riesce con essi ad asportare interamente il pigmento e ad avere un residuo scolorito. — Se al soluto alcalino così ottenuto, colorato in giallo rosso, si aggiunge un acido, si ha un pre- cipitato giallo costituito dal pigmento che si separa. (Indi parrebbe che il principio colorante avesse carattere di debole acido.) e. Se si tratta la materia rossa successivamente con alcole, etere, potassa e soda diluita, indi acido solforico diluito, si finisce con l'avere un residuo insolubile in tutti questi solventi, quasi bianco, che è il celluloso. ae f. La materia rossa scaldata forte e a lungo su cassula di pla- tino a contatto dell’aria, lascia una cenere che per la qualità dei suoi componenti non differisce da quella del liquido giallo. Appare pertanto da quanto abbiamo esposto che la materia rossa, che rappresenta i principj insolubili della polpa del pomodoro, è com- posta di sostanza proteica insolubilé, di un pigmento forse formato da due principj coloranti alcun poco diversi, di celluloso e principj mine- rali (cenere). IV. DETERMINAZIONI QUANTITATIVE. Sempre avendo in mira il nostro scopo, quello di somministrare i dati necessarj alla analisi delle conserve, restringemmo il nostro studio alla polpa del frutto, e su essa eseguimmo le determinazioni, che in- dichiamo: 1.° Determinazione dell’acqua, dei principj fissi solubili e degli insolubili che formano la polpa intiera; determinazioni delle loro ceneri. 2.° Determinazione dei componenti della parte solubile, e cioè determinazione del potere riducente, del levulosio, dell’acidità, dell’azoto totale, dell'azoto ammidico e di quello ritenuto come ammidoacido. 3.° Determinazione dei componenti della parte insolubile; e cioè del pigmento, dell’azoto, del levulosio; dei componenti delle ceneri. Mediante più determinazioni abbiamo cercato di stabilire la media per i singoli componenti, e di fissare altresì i rapporti fra le quantità dei diversi componenti stessi. A. DETERMINAZIONE DELL'ACQUA (E PRINCIPJ VOLATILI) E DEI PRINCIPI FISSI DELLA POLPA INTIERA. Si è estratta la polpa del pomodoro mediante setaccio; e, postane una certa quantità pesata in cassulina di platino tarata, si è evaporata dapprima a BM. indi in istufa a 100° fino a peso costante. La diminuzione di peso ci ha dato l’acqua (accompagnata dai principj volatili, il cui peso è da ritenersi assai piccolo). Il residuo secco è stato incinerato dipoi, scaldando dapprima cau- temente, indi al calor rosso per parecchie ore, quante ne richiede la completa combustione del carbone. I risultati di queste determinazioni sono riportati nel prospetto a pag. 16. DETERMINAZIONE DEI PRINCIPJ SOLUBILI E DEGLI INSOLUBILI E DELLE LoRo cENERI. Per queste determinazioni estratta nel solito modo la polpa SEE del pomodoro mediante setaccio, se n'è pesata una certa quantità, e si è posta a sgocciolare sovra un filtro di carta tarato. Passato il li- quido giallo, abbiamo lavato [più volte la materia rossa rimasta nel filtro, per asportare interamente i principj solubili. (A conseguire que- sto intento è necessario insistere a lungo con le lozioni.) Il liquido giallo passato dapprima, misto con quello delle lozioni, posto a poco a poco in cassula di platino tarata, è stato evaporato ed essiccato a 100°. Si è avuto così il peso dei principj solubili, compresivi quelli mine- rali. Per incineramento si è avuto il peso delle ceneri dei principj so- lubili e per differenza quello dei principj solubili organici. In modo somigliante si è operato sulla materia rossa del filtro, asciugandola a 100°, ripesando; e dopo incineramento, pesando la ce- nere e detraendo quella del filtro. I risultati delle diverse determinazioni eseguite, riferiti a 100 parti di polpa intera del pomodoro, sono riportati nel prospetto che segue. Le diverse determinazioni, che stanno sotto una stessa data, sono state eseguite sempre nella stessa polpa. ace £80°0 800°I E60°I 68600 063° cele SOL STE S6 9IpoN 000'001|000'00I 6610 GESÙ GIPI GIV'O 686'6 Hev'E 000'001 (086°P) 6167 180'66 000'001 8100 1680 O06P0 PEO'E 000'001/000'001 6680 (EFO"P) (L08'4) i/4 5 3GPY LL9'G6 000'00I 6EP'E 6881 9Iqu9919s (Ci a | 6881 91qu9I39s 000'00T/;000'00T|000'00T 60°0 L90"I 90TI (066'0 PIO'G FOpie SIIT 186'96 06786 000'001 OTS'9 06786 8887 91009930 lO) 988T 210490 T 000'00T|000'00T|000/00T PLO'0 6880 9060 cI6'0 EFS'T 8L0"6 €96 6 9E0°L5 [98056 |960/26 9887 OTTSNT V QUE) ‘q vorueS1o QpIeg "© ITIquIosur {dura ‘X QIQu9) ‘ eoruedIo Qpueg "è ITrquios {drourIg "Y (TMeT -o4 (Around o) enboy ‘] Iquotoduro) ‘eJ9qui edjod Ip Maed 00} UI Issg fdrourad è enboy = 17 = L'esame dei dati del prospetto suggerisce le seguenti conside- razioni : A seconda delle condizioni nelle quali il pomodoro ha maturato, varia entro certi confini la sua composizione: i pomodori dell’autunno hanno una composizione abbastanza costante: Per ciò che riguarda l’acqua, i dati delle colonne A e B sono assai discosti; ma concordano molto quelli delle colonne C, D, E; Gli altri dati sono in generale abbastanza concordanti; e le medie hanno quindi un significato. Per ora possiamo rappresentare con i seguenti numeri i rapporti fra le diverse parti della polpa del pomodoro. Rapporto fra l’ acqua (compresivi i principj volatili) e i principj 95,315 i peli 3 fissi a 100 4,725 0,17 £ «dota. RI: LI NSD Rapporto fra i principj solubili e gli insolubili logs 3,42 b) __ 77,86) , — 22,64} Rapporto fra i principj solubili e le loro ceneri: 3,735 0,389 00: Rapporto fra i principj insolubili e le loro ceneri: 1,093 Le 2,86. 0,065. == 44:86 Questi rapporti serviranno in particolare per la analisi delle con- serve, nelle quali dovrà naturalmente tenersi conto del sale aggiunto. B. DETERMINAZIONE DEI COMPONENTI DEL LIQUIDO GIALLO. a. Come dicemmo, il liquido giallo contiene tutti i principj so- lubili del pomodoro. Dai dati del prospetto a pag. 16, appariscono già i rapporti che passano fra l’acqua, la parte organica e la cenere dei principj solubili. Prendendo la media si ha: ACQUARI EDO Pare sorga DICA e e 8:220 Ceneres 30% Sd Pe SA 0389 p. 98,924. Cioè p. 98,924 di liquido giallo (che rappresenta 100 p. di polpa intera meno i principj insolubili), contengono le quantità ora indi- cate di acqua, principj organici e principj minerali. Se ne desume fa- 1 Quest'ultimo rapporto rappresen'a la composizione centesimale della polpa intera asciutta a 1000, cilmente che la composizione di 100 p. di liquido giallo sarà espressa dai seguenti numeri: ACQUI IAS690190 Parte organica . , 3,25 } 3,65 Principj fissi com- Cenere ' © CS OMZIRIO40n) prese le ceneri. Risulta ancora che, eliminata l’acqua, il residuo secco che com- prende i principj solubili ha questa composizione centesimale : Parte gr ga DICA A E Ep SIOE Cenere eee eee la 06 Le determinazioni dei diversi principj solubili, levulosio, acido ci- trico (ed altri acidi), principj azotati, e la determinazione del potere riducente sono state fatte su liquido giallo, separato per mezzo di pan- nolino, indi filtrato per carta. b. Potere riducente: levulosio. Dopo avere verificato con esperienze preliminari che la quantità dei principj riducenti, considerata come glucosio, contenuta nel liquido giallo oscillava intorno a una media di 2%, alcalizzammo il liquido giallo con soda caustica, ! diluimmo il li- quido con acqua in modo da raddoppiarne il volume; e, tenuto conto della detta diluzione, sperimentammo nei modi noti su liquore di Fehling di titolo noto. Calcolammo il potere riducente, come se fosse dovuto a glucosio. Per verificare se il potere riducente era solamente dovuto a prin- cipio zuccherino o anche ad altre sostanze, e per determinare esatta- mente il levulosio, in altre esperienze precipitammo quantità pesate di liquido giallo per mezzo di acetato basico di piombo, filtrammo, dal filtrato eliminammo l'eccesso del piombo con carbonato sodico, rifil- trammo; e, determinato il volume del novello liquido, con questo speri- mentammo sul liquido di Fehling. Questo prospettino mostra i risultati da noi ottenuti: Ottobre | Ottobre | Settemb.| Ottobre | Ottobre | Ottobre 1856 1885 1889 1839 1889 1889 Potere riducente di 100 I parti di liquido giallo Si rito a glucosio) . . 3,050 2,304 1,629 3,055 1,980 2,027 MERO. ola di deo ? ? ? ? ? 1,704 ! È noto che sperimentando col liquore di Fehling, non è indifferente l’adope- rare il liquido zuccherino più o meno diluito: e che indi, per avere risultati attendibili e comparabili, prescrivesi di concentrare o diluire il soluto zuccherino, finchè contenga approssimativamente l'4 °/, di zucchero, prima di procedere alle determinazioni defi- nitive. = Toe Media del potere riducente . . . 2,334 Levulosio vero . . . MIRA 1704 Affinchè questi dati servano alla ni delle conserve, giova ri- ferirli anche a 100 parti di residuo secco del liquido giallo e a 100 parti di polpa intera del pomodoro pure asciugata a 100° e compren- dente tanto i principj solubili (quelli del liquido giallo) che quelli insolubili (materia rossa). Per questi calcoli ci riportiamo ai numeri dati a pag. 18, ove è indicato che 100 p. di liquido giallo contengono 3,65 di principj fissi; e al rapporto fra i principj solubili e gli inso- 77,36 22,64 * determinazioni ora riferite sono desunti questi altri: Sostanze riducenti in 100 p. di principj solubili asciugati a 100° (residuo secco del lubili visto a pag. 17, che è Da tali dati e dai risultati delle rt E DARAI 3,65 I 1,704 = 100 Brela STORE e MNT i ron ani na — 46,68 ic 3,65 Sostanze riducenti in 100 p. di polpa 77,36 > 63,94 intera asciugata a 100° Ton 49,46 Levulosio in 100 p. di polpa intera 5 x 46 ANCIOFAIE RL O00I) e III SSA 2403 = 36,11 100 c. Acidità. È stata fatta questa determinazione per mezzo del soluto normale di soda caustica a 1/,;- - Ecco i risultati di diverse determinazioni, nei quali l’acidità è va- lutata in acido solforico (H° S 0*) e in acido citrico. | Ottobre | Ottobre |Settembre| Ottobre | Ottobre 1886 1886 1839 1889 1889 | | Acidità di 100 p. di liquido | giallo valutata come H? S 0* . | 0,318 0,281 0,427 0,318 0,456 Idem. valutata come acido ci- | trico C° H* 07, H° 0 adi e [OL 0,401 0.600 | 0,454 0,652 Acidità massima (in acido citrico) . 0,652 s minima (idem) . 0,401 are eee lt ROTA Riferiamo al solito questa acidità (in acido citrico) anche a 100 p. N di residuo del liquido giallo ottenuto evaporando ed essiccando in istufa a 100°; e anche a 100 p. di polpa intiera pure essiccata a 100°, atte- nendoci ai soliti dati (Vedi 5). Acidità di 100 p. di residuo del liquido giallo valutata in acido citrico . . . . . = LOORASE 14,03 Acidità di 100 p. di polpa intera asciu- gata a 100° valutata in acido citrico. . neo celate RUNLOSE d. Principio azotato precipitabile dall’alcole. Per questa determi- nazione aggiungemmo a una quantità pesata di liquido giallo un vo- lume eguale di alcole forte (a 93° dell’alcolometro centesimale), agi- tammo, lasciammo a sè per un giorno. Raccogliemmo dipoi il precipitato su filtrino asciugato a 100° e pesato, lavammo con lo stesso alcole forte, asciugammo a 100°. Il precipitato ottenuto da 100 gr. di liquido giallo fu gr. 0.0887. Ammettendo che l'azoto della materia proteica sia del 16 °/,, l'azoto proteico di 100 gr. di liquido giallo è gr. 0,0142. Dai soliti dati si desume la materia proteica e l'azoto contenuto in 100 p. di residuo secco del liquido giallo e in 100 p. di polpa in. tera asciutta. Materia proteica in 100 p. di residuo 3g A = 100 SeccoRdel sli guido] RR ee 2,43 3,65 Azoto corrispondente . . . . — 00389 Materia proteica in 100 p. di a in- : 36 x 2,43 mR are a 100 Te rms —SISSINO Azoto corrispondente. . . . = 000 e. Azoto totale fisso. In cossa dh porcellana tarata abbiamo evaporato a secchezza a BM. una quantità pesata di liquido giallo, ag- giungendo verso la fine della evaporazione una quantità pur pesata di vetro pesto: abbiamo compiuto l’evaporazione e la essiccazione entro stufa a 100°. Sul residuo abbiamo determinato l’azoto col metodo di Will e Warrentrapp. 100 grammi di liquido giallo hanno dato gr. 0,0823 di azoto. (In questa determinazione si perde quel pochissimo azoto che, quando si scalda il liquido giallo, si separa sotto forma di composto ammoniacale.) Il numero ora dato comprende pertanto l’azoto proteico, e quello che si trova sotto forma di ammide e sotto forma di ammido-acido. Dai soliti dati nel solito modo si desume l'azoto totale idi 100 p. dice di residuo secco del liquido giallo e di 100 p. di polpa intera pure seccata a 100°, Azoto totale in 100 p. di residuo secco Spose a 0,0823 = 100 Menftguido alive ci i O > AI 3,65 Azoto sotto forma solubile in 100 parti 2 : 7,36 x< 2,254 Migpolpa intera tl gole UT 30r4 ioni DÈ — 1,743 f. Azoto ammidico. Operando su una quantità pesata (100 gr.) di liquido giallo, si è concentrato un poco per evaporazione a BM., indi si è acidulato con acido cloroidrico (5 cme. in 100 grammi di liquido giallo), e si è fatto bollire per mezz'ora entro matraccio provvisto di apparecchio a ricadere. Si è dipoi valutata l’ammoniaca del sale am- moniacale formatosi, espellendola sotto campana di vetro a freddo, me- diante latte di calce, e raccogliendola in acido solforico titolato, secondo il metodo indicato dal Bòhmer. 100 gr. di liquido giallo hanno mostrato di contenere gr. 0,0234 di azoto ammidico. Indi dai soliti dati si rileva che: L’azoto ammidico di 100 p. di residuo 0,0234 —j 100 secco del liquido giallo è . — 0641 3,65 L’azoto ammidico in 100 p. di polpa in- peramessiccata: a 100% è 0. eg N Eat Dd:t0 70,641, 0,495 100 g. Azoto ammidoacido. Non lo abbiamo determinato direttamente, abbiamo ammesso bensì che esso sia rappresentato dalla differenza fra l’azoto totale e la somma dell’azoto ammidico e di. quello proteico. Ciò posto, abbiamo : Azoto totale in 100 p. di liquido giallo 0,0823 » proteico idem. 0,0142 ) n » ammidico idem. 0,0234 | C:00R Azoto ammido-acido . . ..... 0,0447 Donde ancora: Azoto ammido-acido in 100 p. di residuo secco del liquido giallo. . . . . 1,224 E ancora: Azoto ammido-acido in 100 p. di residuo della»polpa-iptera. i, Ma, È 0,948 h. Componenti della cenere. Noi non abbiamo eseguito queste de- Arch, Critt., II, 3 STORE terminazioni; riferiamo perciò i risultati ottenuti dal Prof. Dott. P. Pal- meri. * Potassa KS ONE Pian Nr 08,054 Soda NazO rl, e 425 CalceiCa OMO 1315 Mag nesta Mp0 OLI Cloro Chissa sa Sto sere e 0:010 ANIAFITORSON0r1CO SOR RR 0 81 3 FOStOrICONENziO 2A 182) CALDONICO RC RANA 81830 SIMCICONSTAO SRO 5,1] Sostanze non determinate e perdite 2,449 100,000 C. DETERMINAZIONE DEI COMPONENTI DELLA MATERIA ROSSA. Sono, come dicemmo, un principio proteico, il pigmento, il cellu- loso e la cenere. a. Azoto del principio proteico. E stato determinato col metodo di Will e Warrentrapp e con quello di Kjeldhal. Come dicemmo, la materia rossa, perfettamente essiccata, ha forma di croste coriacee tenaci e non polverizzabili. Indi, praticando il primo metodo, per avere la materia sufficientemente divisa e per poterla me- scolare con la calce sodata, è necessario prenderla ancora umida ed asciugarla a 100° in cassula di porcellana, dopo averla mescolata con una quantità pure pesata di sabbia calcinata, asciutta. Si procede di poi nel modo noto. Col metodo di Kjeldhal si opera nella materia coriacea senza bi- sogno di sabbia. Ecco i risultati di diverse determinazioni, che dànno l'azoto con- tenuto in 100 p. di materia rossa asciugata a 100°, = : — ' Ottobre |Novembre |Settembre Settembre | 1886 i 1886 1889 1889 | | ‘Kjeldhal) Azolo ge Va a) CSA MATTA RIST 4,965 2,9913 Materia proteica corrispondente . . . . | 25,4856 | 24,9187 | 31,0312 | 18,6331 ! P. Palmeri, Sul pomodoro — Vedi Annuario della R. Scuola Superiore d’ A- gricoltura in Portici, Vol. V, fasc. 1. Azoto, quantità massima. . . . 4,9650 3 n minima. naro 1219813 A e mediane 0 eMEA:002 Materia proteica media . . . . 25,012 Siccome 100 p. di polpa intera asciugata a 100° contengono parti 22,64 di materia rossa, avremo ancora che, l'azoto proteico insolubile in 100 parti di polpa intera asciutta a 100° è rappresentato da 22,64 x 4,002 TG dente è 5,662. b. Pigmento. Per questa determinazione si è pesata una certa quantità di materia rossa asciugata a 100°; e, postala in cassula di porcellana, si è sommersa in sufficiente quantità di acqua stillata e si è scaldata a BM., sino a rammollirla. Introdottala poi entro matraccio, si è aggiunto alcole forte, e si è scaldato ancora a BM. L’alcole si è colorato in giallo rosso. Abbiamo ripetuto più volte il trattamento con l’alcole, sempre separandolo per decantazione; e abbiamo riuniti i li- quidi dei successivi trattamenti. Ai trattamenti con l’alcole abbiamo fatto succedere i trattamenti con l’etere, il quale si è colorato in bel giallo. Dopo iterati trattamenti, si giunge ad avere la materia quasi affatto bianca. D’una aliquota di questi liquidi abbiamo determinato i residui a 100°, e da questi abbiamo calcolato il residuo totale o pigmento aspor- tato dai due solventi. Il rammollimento con l’acqua sopra accennato è indispensabile, perchè pei semplici trattamenti con l’alcole e con l'etere le croste della materia rossa rimangono sempre coriacee, e non si lasciano penetrare dai detti solventi; per modo che questi non asportano che quella parte del principio colorante, che trovasi alla superficie. È risultato da questa determinazione che 100 p. di materia rossa asciugata a 100° contengono p. 21,128 di pigmento asportabile con le lozioni alcooliche ed eteree, Dal solito dato, che la materia rossa di 100 p. di polpa intera asciutta è p. 22,64 si desume che: Il pigmento insolubile in 100 p. di polpa intera asciugata a 100° è 22,64 x 21,128 100 c. Celluloso. Si è determinato nella materia rossa, essiccata, sot- toponendola successivamente ai trattamenti con gli acidi e gli alcali diluiti, l’alcole, l’etere; secondo il metodo di Henneberg e Stohmann. Perciò posta in un palloncino una quantità pesata di materia rossa, la = 0,906; e la materia proteica insolubile corrispon- = 4,783. =lugdi abbiamo fatta bollire con acido solforico diluito (per 2 gr. di materia 130 cme. di un acido contenente gr. 1,25 di H?SO* in 100 cme.), per cirea mezz'ora, in palloncino con apparecchio a ricadere. Dopo raffred- damento e dopo depostasi la parte insolubile, abbiamo decantato e lavato la materia più volte per decantazione. Notiamo che per questo trattamento l’acido si colora in giallo, e la materia rossa non perde punto la vivacità del suo colore. Indi, nel medesimo modo nel solito palloncino, abbiamo scaldato ad ebullizione con soluto diluito di potassa caustica (per 2 gr. di materia 130 cme. di un soluto di K OH contenente pure gr. 1,25 di alcali in 100 cme.), per mezz'ora col solito serpentino a ricaduta. Dopo raffred- damento e deposizione, abbiamo lavato più volte con acqua per decan- tazione, scaldando di nuovo a temperatura di ebullizione. (Notiamo che, per questo secondo trattamento, il liquido alcalino diventa giallo intenso e dicroico; apparisce altresì torbido anche dopo filtrazione attraverso filtro molto fitto; ma, anche per lungo riposo, non depone nulla. Inoltre, sebbene il liquido alcalino si colori, la ma- teria rossa anzichè apparire, dopo il trattamento, scolorita o meno in- tensamente colorata, mostra invece un colore rosso più vivo di prima. — Questi fatti gioverà ricordare nella analisi delle conserve, per rico- noscerne la genuinità.) Al trattamento con la potassa abbiamo fatto succedere quelli con l’alcole, e da ultimo con etere caldi. L’alcole si è colorato in giallo rosso; e l’etere in giallo dorato. (Si può determinare il celluloso anche nel residuo ottenuto nella determinazione del pigmento, facendo succedere ai trattamenti con l’al- cole e l’etere, quelli con l’acido solforico e la potassa.) È risultato che 100 p. di materia rossa seccata a 100° conten- gono p. 34,390 di celluloso; indi dai soliti dati si desume che in 100 parti di polpa intera asciugata a 100° il celluloso è espresso da 992,64 x 34,390 100 Ta d. Cenere. Riportiamo le determinazioni del Prof. P. Palmeri (opuscolo citato): 7,785. MES CHO sro e SESIA MaenesiaiMo 0A et Ai 4232 Amidrido fosforico Ph? 0° . ._. 15,8663 Sostanze non determinate . . . 64,5832 100,0000 Ora tutti i risultati da noi ottenuti possono essere riassunti nei seguenti prospetti. Diamo per primo quello che figura nella nota preliminare G. Briosi CRT Gig ARCATE — Up 000'00I ELI €810 FO6TL olL'0 90'0 LI6'L 098'T 08000 0876 L67'0 660'0 DAI soIuedIO 9JIeq 219u9) enboy VOUVSIO QZIC] Q19u9) enboy CIIULSIO 9JIET 01909) endboy VOTUETIO AJICT Q19U9() enboy 000'001 9eL'T FO6FL 0001 © 19% -09s Is8y (dwouIqT enboy 0001 ® 29 -098 BSSOI CIIOIVI{ enboy 0001 8 1999098 IAS enboy 000] è 22998 VIOONY I ) — e / e i _— enboy gIpoul Ur 0U0SuUazuoo 01OPpowl 00'00T 09°99£ o7eis opmbr] C6E'98 06918 VpIum èssoI BIIIYe]{ c6'0I ELE 00'00T eprum edfog \ IMas I 109 1096 edo d tpuum nuos Vprum domgq = gL'g nt od Ip Maed Q0I = ag Composizione di 100 p. di liquido 47 Alcquan © Sg NT. 961350) TMevutosio:: Mate e ire 1704 PATCIGOMCIURIC ON O o OD AZotoNto La e see e 025 Azoto proteico . . 0,0142 Materia proteica corrispondente 5 0,089 Azoto ammidico . . . . . . 0,0234 »s ammido-acido. . . . . 0,0447 Genere ss e Re e 0400 Composizione del residuo del liquido giallo asciugato a 100° (parte solubile della polpa del pomodoro): Levulosio . . 46,68 Sostanze riducenti il lio di Felling 63, 94 Acido citrico . . . 14,03 Azotontotalemge, st nto ee 9,254 Azoto proteico . . 0,389 Sostanza proteica corrispondente x 2,43 AZOTO IIINI CICORIA NEO 6A] aliammid0-2C1 40 e 15224 Cenere ed. agi 096 Composizione di 100 p. di materia rossa asciugata a 100° (parte in- solubile della polpa del pomodoro): PAIZO LO MEC ME :0.02 Materia proteica ‘corrispondente 2 51002 IPISMENBO NA ttt e I Scena 21128 Celimloso tte Re Ro e, 04090 CENE no all I ME 00O Composizione di 100 p. di polpa intera del pomodoro essiccata a 100°. PRINCIPJ SOLUBILI. Sostanze riducenti il De Lio 40,46 Levulosio . . 5 Sg FATGIGOMCIENICOME ARAN POM 10184: Materia WNnoe1CA RR SE 188 AZOLONDIOLCICONNI N N (0:30 MIOTTO RNC 0195 Tom d0-2.C100 RR 07948 FAZIO LO RLO Call eee e 3 CENere ee eo o RI TL RE PRINCIPJ INSOLUBILI Azoto. . . DA 0906 Materia proteica A EL 066 PiomMento Mese e o e TO Gelluloso, atene 08 Cenere socrate Erra 80 STRANI 0'001 6°0T "6881 QIQuIoAON 0% ‘VIABa 2100 0 a ie e ce RIE STOICA) n 1120 3 sai + + * osotazieo Î È I610 î ; oqueISIA ) 5 9660 “TO i 3 MSA DO * eorago1d eIIOYCIT \ SI 9600 i ‘ ce Dr ] È 7660 ; È Hani * SET STR IOUDN) \ oL0°0 i . O E o En OrE | 6£0°0 a * > * oproopruue “ "i 610°0 : +++ + oorpruume “ 3 410'0 x “oe o - * 00197010 030Zy ) = eLO'0 o VOrqoI1d eLIAFeT 5 4940) "2 BG, OOTINO OPioy iii DIVI ù : PSA ET OSO TILA GUT 8191 Sure IP Opmbrl JT Iqueonpia 92083508 | 66818 oO PF AO o I © enboy ‘0qma; IP NIE d 00} Ip suoIzIsOodUIO) > - dog Tprum Iwag vprum VI0ong is TI È è abs. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) PER DIFENDERSI DALLA PERONOSPORA DELLA VITE RELAZIONE del Professore Giovanni BrIosI. Letta nella seduti del 24 settembre 1890 del Congresso Agrario di Pavia. SUL TEMA: Delle principali malattie della vite che interessano la regione lombarda.* Allorchè fui invitato a svolgere, in seno a questa eletta di studiosi di cose agrarie, il tema che si riferisce alle malattie delle nostre viti, debbo francamente confessare d’aver fatto quanto potevo, perchè un così onorifico incarico venisse ad altri affidato. Non era modestia, ma convinzione sicura che nella nostra re: gione, ed in mezzo a Voi, molti si potevano trovare più competenti e più adatti. La Commissione promotrice del congresso non volle però ascoltare le mie ragioni, e per questo Voi qui mi vedete; ma se, con mio rinere- scimento, non riuscissi a soddisfare le vostre giuste esigenze, vogliate, ve ne prego, accordarmi benevolo compatimento e della colpa riversarne un pochino anche su chi, ad ogni costo e per troppa bontà, volle ri- porre in me questa fiducia. Ed ora eccomi a dirvi quel poco che so e posso, dolente di non avere cose nuove ad esporvi e solo speranzoso di indurre Voi a qualche utile discussione. Tutte le malattie che affliggono le viti delle regioni circonvicine tormentano, pur troppo, anche quelle dei nostri vigneti, e sono molte, anzi troppe. In capo fila e per tutta la regione sta la peronospora e per alcune provincie anche la fillossera — spada di Damocle che pende sul capo a tutti i viticoltori — ed a queste seguono parecchie altre, per fortuna di natura più ristretta e meno dannosa, quali l’antracnosi, la colatura, la cascola, il mal nero, il così detto carolo, la bruciatura o colpo di sole, la fitoptosi, ecc. Non temiate, o Signori, che io voglia parlare di tutte, me ne man- 1 Tutte le proposte del relatore vennero approvate dal Congresso, salvo lievi mo- dificazioni indicate a piè di pagina. ; Arch. Critt. II 4 SAI NE cherebbe il tempo e la competenza, ed il Congresso accoglie persone molto più valenti del vostro povero conferenziere, le quali di qualcuna di esse tratteranno ex professo in altra riunione. Io mi limiterò alla peronospora, o plasmopara* che si voglia dire, la quale, fra le malattie causate da parassiti vegetali, è tuttora quella che ci cagiona i maggiori danni, che esige le cure più assidue e ci procura le più forti preoccupazioni. Ripassiamo insieme rapidamente le fasi principali di sviluppo del parassita, per facilitarci alcune considerazioni sul modo di combatterlo. In primavera, nel maggio, quando la temperatura si è sufticiente- mente innalzata, incominciano, come è noto, a manifestarsi sulle foglie delle viti delle macchie giallognole o bianchicce che da prima solo un occhio pratico discerne; sono gli inizii dell'invasione. In pochi giorni, anzi se la stagione corre propizia, nel volgere forse di sole 48 ore, il corpo del fungo, il così detto micelio, raggiunge tale sviluppo da permettergli la formazione di organi di moltiplicazione. Questo micelio non è che una specie di tubetto senza setti o diaframmi, che copiosamente si ra- mifica entro i tessuti che invade, insinuandosi fra cellula e cellula sulle cui pareti si adagia e scorre, ed entro i cui vani caccia speciali ap- pendici, gli austorii, per suggerne i succhi. Le aste fruttifere che esso produce, escono in numero di 3 ad 8 dagli stomi o dalle boccucce della pagina inferiore della foglia, ripetutamente si ramificano, piglian forma di alberetti microscopici, e, sulle estremità un poco rigonfie e tripartite, formano dei corpicciuoli ovoidali o piriformi, lisci e jalini; sono i co- nidii, specie di seminuli microscopici o spore, colle quali il fungo si riproduce. In meno di un’ora, con temperatura sufficientemente alta, il conidio, se ha trovato una goccia d’acqua ove fissarsi, si apre, e libera 6 ad 8 massoline di plasma elaborate ed organizzate nel suo interno, le quali, aiutate da 2 ciglia vibratili di cui ciascuna è fornita, si abbandonano a rapido movimento; sono le 2oospore. Dopo mezz’ ora ed anche meno, alla temperatura di 28° a 309, queste zoospore si acquietano, perdono le ciglia, si arrotondano, si rivestono di membrana e germinano. Germinando producono un tubet- tino che ha la proprietà di perforare l'epidermide della foglia e tutti gli organi verdi della vite, e questo tubetto, una volta penetrato nei tessuti, si sviluppa in un filo micelico, cioè rifà il corpo del fungo, e rincomincia da capo il ciclo di vita ora descritto. Così è compiuta la prima di quelle generazioni che, più o meno rapide a seconda dell’an- ! I botanici ne hanno cambiato il genere ed ora la chiamano Plasmopara viticola, PO a damento della stagione, si succoderanno per tutta l'estate e per buona parte dell'autunno. Sul finire dell’estate però e molto più nell'autunno, quando la tem- peratura fortemente abbassata si rende sfavorevole alla vegetazione tutta, il fungo della peronospora pure è obbligato a rallentare la pro- duzione dei suoi conidii, e, come presentisse l'avvicinarsi della stagione in cui gli verrà meno il calore necessario alle manifestazioni della vita e che gli ucciderà anche le foglie che lo nutrivano, si raccoglie per così dire in sè stesso ed incomincia, nell'interno dei tessuti che lo ospi- tano, la formazione di una nuova serie di organi di riproduzione, delle così dette spore ibernanti od oospore, di natura affatto diversa dai co- nidii, giacchè sono il frutto di un atto sessuale. Queste oospore sono dotate di una vitalità più tranquilla, ma molto più tenace di quella dei conidii, e di tale struttura da poter resistere all’inclemenza degli agenti meteorici per quanto avversi; ad esse il fungo affida la propria esi- stenza durante la morta stagione. - Al ritorno della primavera queste oospore si destano dal loro le- targo, ed ai baci dei nuovi tepori che risvegliano tutta la natura, esse pure germinano, e, con processo non del tutto noto, ricercano gli organi prediletti e, raggiunti i teneri germogli della vite, ricominciano la serie delle generazioni conidiche od estive e quindi le invasioni tanto temute e l’opera devastatrice. Questa, in breve, è la biologia del parassita la quale, come vedete, comprende due periodi ben distinti: l’ uno, l’estivo, di vita attiva, nel quale le generazioni si succedono con vertiginosa rapidità e fecondità prodigiosa; l’altro, l’ invernale, di vifa larente, nel quale il parassita, non potendo prosperare attesa l’inclemenza delle meteore, riposa, come per prepararsi al tripudio della vita sfrenata che gli riserba la buona stagione. Ora che cosa abbiam fatto noi per difenderci da tanto nemico? Moltissimo; siamo, nientemeno, riusciti a rendere frustranei i suo attacchi, e ciò in un modo abbastanza semplice, coll'avvelenare il sub- strato nel quale le nude e delicatissime @vospore possono efficacemente germinare. Ma se ci chiediamo: che cosa abbiam operato noi per liberarcene ? Pur troppo! dobbiamo rispondere: Nulla o quasi. Noi dalla peronospora ora ci difendiamo, ma con lotta continua, costosa, direi quasi angosciosa, che ricomincia ad ogni primavera e dura tutta l'estate; è lotta diretta più che a distruggere il parassita, a difendere l'ospite caro che lo alberga; è lotta che tende non tanto. a liberarci dal nemico, quanto a strappargli dalle mani il bottino, tanto è vero che, non appena i preziosi grappoli sono giunti a tale grado di sviluppo da non aver più a temere per essi, lo abbandoniamo. Noi la- sciamo il campo libero al nemico proprio nel momento che sarebbe più facile colpirlo, nel momento nel quale estenuato e contrariato si ritrae dalla‘ gazzarra della vita. chiude il periodo delle sue orgie estive, e le sue forze raccoglie a prepararsi i tranquilli quartieri d'inverno, cioè le oospore. Ebbene, a mio modo di vedere, sono questi: quartieri d'inverno che non bisogna lasciar prendere, è la formazione di queste spore ibernanti che fa d’uopo ostacolare in ogni maniera, di queste oospore che for- mansi in tale esagerata abbondanza che, in Francia, ne furono contate 200 sopra ogni millimetro quadrato di foglia, e da noi, in un pezzetto di foglia che troverete sotto uno di questi microscopi, ben 475, cioè più del doppio; sicchè in una foglia di 1 solo decimetro quadrato di su- perficie se ne potrebbero avere più di 4,000,000. Da parecchi (alcuni valentissimi,') è stata proposta e vivissimamente raccomandata la distruzione di queste oospore, ed io qui vorrei aggiun- gere non solo distruggere, ma più e meglio mpedire che esse si fer- mino od almeno che maturino. Queste ocospore sono prodotti sessuali che ricominciano il ciclo della vita, ed ognuna è la progenitrice di milioni, di miliardi di conidii estivi: sono differenziali che diventeranno altrettanti integrali nell'estate ventura. Ora ditemi, o signori, quando in nn campo a coltura, qualche ma- lerba vi piglia stanza e pertinacemente lo infesta, quale è il migliore e più semplice mezzo per liberarcene? Quello di lasciarla crescere, e, giunta alla fioritura, tagliarla prima che abbia potuto maturare le se- menti. Nell'anno seguente qualche individuo di solito riappare, frutto di semi sepolti riportati alla superficie coi nuovi lavori del terreno 0 trasportato nel campo dal di fuori, ma il numero delle male piante è immensamente diminuito; e, se il ginoco del taglio dei fiori lo si ripete per qualche anno, la malerba scompare o si riduce a tale da rendersi innocua; questo è a tutti noto. MUbene lo stesso semplicissimo processo lo si può applicare alla peronospora e, sul finire dell'estate e più durante l’autunno, devonsi nei vigneti infetti raccogliere accuratamente le foglie peronosporate quando sono ancora vive ed attaccate alla pianta e con esse debbonsi staccare anche le cime dei tralci quando, come sempre, sono molto infette, e, portato il tutto fuori dal vigneto, distruggerlo. Per tal modo, se non di tutte, ! L’illustre prof. Gibelli dell’Università di Torino fece persino diramare a tale scopo una sua bellissima circolare dall’Accademia d’agricoltura, a tutti i sindaci e par- roci del Piemonte. — 33 — certo di un'immensa quantità di oospore si impedirà la formazione 0 la maturazione che torna ad uno, e con tale mezzo rinforzato da alcune altre pratiche, cui accennerò nelle conclusioni, credo che si riuscirebbe in breve volgere di anni a debellare questo malnato parassita. Certo, io non mi nascondo le difficoltà e conosco le obiezioni, e so altresì che vi sono molti, anche di valenti, che pensano diversamente ed irridono a queste idee e proposte che ritengono impraticabili od illu- sorie. Eppure, se si riflette come malgrado tutti gli sforzi fatti fino ad ora per arrestare lo sviluppo di questo formidabile nemico della vite, esso invece di diminuire ogni anno guadagna in diffusione, in precocità e virulenza sicchè quasi tutta Italia ora ne è piena ed a grande fatica se ne difende, parmi che ciò dovrebbe persuadere come la via sulla quale ci siam messi non ci conduca a liberarcene e nemmeno a morti- ficarlo come si converrebbe. L’obbiezione principale che la raccolta delle foglie infette non avrà mai alcun valore pratico, perchè non verrà mai da tutti eseguita, e ba- sterà che in un sol vigneto venga trascurata perchè questo tutti gli altri infetti, non mi sembra molto seria. Che le specie viventi, utili o dannose, si possano distruggere? Mai no; eppure quante di quelle dannose che un tempo invadevano periodi- camente interi paesi, cagionando danni ed anche malattie gravissime all'uomo, non si sono rese innocue? Non sono mica scomparse dalla su- perficie della terra, ma solo con semplici misure profilattiche o di buona coltura esse si sono così ristrette che più non danneggiano. Cito un esempio, la secale cornuta, un fungo che sino al XVIII sec. ha invaso spesso tutta 1’ Europa, producendo periodiche e tremende epidemie d’ergotismo 0 fuoco di S. Antonio; ed ora chi ne parla più? E come ce ne siamo liberati? Con pratiche semplici, quasi unicamente _ di buona coltivazione: Il parassita della secale ancora ad ogni anno qua e là fa capolino, ma tiensi entro equi confini e non fa quasi più danno. | E della vecchia crittogama, dell’ Oidium Tuckeri, ci siamo forse sbarazzati tutto ad un tratto? I trattamenti collo zolfo furono forse subito e da tutti applicati? Pur troppo che no; anzi si è proceduto allora con tanta lentezza quale non si avrà certo oggidi che tutto, compresi i suggerimenti e gli esempi, si diffonde con ben altra ve- locità. i La stessa peronospora, chi non sa che nei primi tempi, quasi fosse ancora paurosa, procedeva lenta, attaccava tardi, sicchè non sempre riu- sciva dannosa, mentre negli ultimi anni ha assalito i vigneti come una furia e le sue invasioni si son fatte così precoci, che quasi incominciano collo sbocciare delle gemme! E non si ritiene, e con molto fondamento, PERC, che le invasioni si siano fatte così violenti ed abbian di tanto antici- pato, unicamente perchè ora nei vigneti si trovano spore ibernanti in tale abbondanza quale un tempo non si conosceva? Ebbene, se noi arriveremo a diminuire di molto queste oospore, impedendone la formazione o la maturazione e distruggendo quelle che in qualche modo riusciranno a formarsi, potremo evidentemente tornare, per dir poco, alle condizioni di prima, a liberarci almeno dalle inva- sioni primaverili, le più temibili, perchè le più dannose, quelle che colle foglie ci investono con maggior violenza anche i giovani grappoli. Ma non solo delle invasioni precoci, ma anche delle successive ri- tengo che, così operando, ci verrà fatto di liberarci in pochi anni.! Non è, m'affretto a dirlo, che io intenda si debba dare il bando ai rimedii coi quali riusciamo ora a salvare il prodotto delle nostre vigne; tutto al contrario, e lo proveranno le proposte che a questo ri- guardo metterò in prima linea. Vorrei solo che a questi trattamenti i quali ci permettono, per così dire, di respirare benchè affannosamente, si aggiungessero alcune altre pratiche che, se io non m'inganno, dovrebbero col prender il male dalla radice, liberarci anche da questo affanno. Solo in tal modo, parmi, noi riesciremo a mettere una remora a questo continuo crescendo di spese, perdurando il quale, si finirà a rendere impossibile la coltiva- zione della vite ovunque essa non dia frutto, addirittura e prelibato e prezioso. E qui m’arresto, per non abusare più a lungo della vostra indul- genza, formulando, come vuole il costume, alcune proposte che affido al benevolo e competente giudizio di questo scelto Consesso. Proposte: 1. Il miglior rimedio conosciuto per combattere la peronospora è il solfato di rame mescolato a calce sotto forma di poltiglia bordolese. Le proporzioni potranno variare, per ogni ettolitro d’acqua, fra 1 chi- logramma di solfato di rame ed un terzo di chilogr. di calce viva, come limite minimo, e 2 chilogr. di soltato di rame e mezzo chilogr. di calce viva come Zmite massimo. ! Contro l’obiezione mossa da qualcuno che questa raccolta delle foglie sia ope- razione praticamente ineseguibile e dannosa alla vite, basta osservare come vi siano delle provincie intere, anzi delle regioni, nelle quali le viti vengono interamente sfo- gliate prima della vendemmia e ciò precipuamente per favorire la maturazione del- l’uva o, come ivi si dice, per dar sole 0 per dar aria ai grappoli. È pratica antichis- sima che da secoli ad ogni anno si ripete e che non ha punto reso impossibile in quei paesi la coltivazione della vite. Nel caso nostro, della peronospora, non si tratta nem- meno di sfogliatura totale, nè di togliere le foglie sane, ma unicamente le malate. — 359 — 2. I rimedi devono essere somministrati preventivamente, inco- minciando in primavera, avanti alla prima probabile invasione del pa- rassita, quindi in generale prima della fioritura della vite. 3. Pel tempo e pel numero dei trattamenti successivi bisognerà tener conto: 1° dell'andamento della stagione (non trascurando l’espe- rienza degli anni antecedenti); 2° della resistenza dei vari vitigni; 3° dell’ ubicazione del vigneto ; 4° della virulenza colla quale il male si manifesta, ecc.; avendo sopra tutto a guida l’osservazione e la sorve- glianza continua del vigneto! ed impiegando rimedii a dosi tanto più alte (entro i limiti sopra esposti) quanto maggiore è il pericolo del- l'invasione. 4. Nella somministrazione dei rimedi bisogna prender di mira tutte le parti verdi della vite ed, in modo particolare, cercar di coprire le pagine superiori delle foglie per le quali si fa strada il parassita; e, sì in primavera come sul principio dell'estate, non risparmiare i grappoli per difenderli dal così detto negrone, il quale non è altro che perono- spora comune, che ‘si presenta qui sui grappoli sotto forma speciale, unicamente perchè diversa da quella delle foglie è la struttura del tessuto degli acini e dei peduncoli fruttiferi.” 5. Non bisogna trascurare le solforazioni contro l’oidio, anzi sarà bene impiegare solfo cuprico (solfo sublimato col 5 per cento di sol- fato di rame) per combattere ad un tempo pure la peronospora, specie quella dei grappoli sui quali i rimedi in polvere, per la loro mag- giore adesione, pare agiscano con più efficacia dei rimedi liquidi. 6. Nei vigneti infetti, subito dopo Ja vendemmia ed ovunque è possibile prima, si raccomanda vivissimamente di staccare e raccogliere con ogni cura tutte le foglie ammalate o sospette, così verdi che secche, di tagliare anche le giovani punte infette dei tralci e di bruciare il tutto fuori dal vigneto. Prudente ed utile sarà pure la raccolta e l’abbru- ciamento delle dette foglie malate e secchicce anche durante l’estate. Colle foglie levate non si deve fare concime, nè usarne come foraggio.” 7. Nei vigneti peronosporati vuolsi eseguire la potatura per tempo e tenerla corta, levare con special cura il legno ammalato o poco maturo e le foglie secche rimaste, bruciando i sarmenti tagliati fuori dal vigneto. Ciò non solo per meglio equilibrare le forze stremate ! Leggasi a tal riguardo il prezioso libro, che ogni viticoltore dovrebbe possedere, dell'ing. Giorio Vanpoxi, Per una buona difesa contro la peronospora, Pavia, 1890. ? Jl Congresso nel votare questa proposta aggiunse la parola anche nella parte che concerne i grappoli, cioè: per difenderli anche dal così detto Negrone, il quale, ecc. # Il Congresso nell’approvare questa proposta, dopo viva discussione, vi fece la seguente aggiunta: augurandosi che siano superate le difficoltà pratiche e che in un venturo Congresso si possano avere risultati positivi. — 36 — del ceppo sofferente, ma altresi per distruggere quelle oospore per caso formatesi sui tralci. Nelle vangature primaverili sarà pur bene seppellire le foglie e gli altri seccumi della vite che si trovassero sul terreno. 8. Sarà bene spalmare con poltiglia bordolese a forte dose le viti potate, e ciò solo qualche tempo prima che incomincino a muoversi le gemme. 9. Raccomandabile è altresì di far uso nelle vigne a palo secco, di sostegni e di legaci tenuti per 3 o 4 giorni in una soluzione di sol- fato di rame al 10 per cento. Come è noto, il solfato di rame au- menta di molto la durata del legno, sì da pagare le spese dell’opera- zione, mentre i sostegni così trattati irradiano col mezzo delle pioggie attorno a sè l’azione tossica del rame contro la peronospora, con grande vantaggio.! 10. Negli ultimi di aprile ‘od ai primi di maggio, cioè subito dopo la messa dei getti, si potrebbe a titolo di sperimento, specie ove fossero rimaste foglie e seccumi, spargere sulle zone di terreno sotto- stanti ai filari delle viti, della poltiglia bordolese a forte titolo per attos- sicare le oospore durante la loro germinazione. , 11. Tutte le viti debbono essere egualmente curate, cioè non si debbono risparmiare i trattamenti su quelle dei vigneti giovani e dei vivai, che ancora non portan frutto. 12. Devono essere distrutte le viti inselvatichite che si trovano nelle siepi e nelle macchie prossime a vigneti; in esse spesso si anni- dano e prosperano i diversi parassiti vegetali ed animali, che inva- dono le nostre vigne. 1 Il Congresso modificò così la 9% proposta: Raccomandabile è altresì di far uso nelle visne a palo secco di sostegni e di legacci convenientemente iniettati di solfato di rame. E mise il resto in nota. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) ANCORA SUL COME DIFENDERSI DALLA PERONOSPORA Al distintissimo Sig. Prof. GiovANNI RAINERI, Piacenza. Nell'ultimo fascicolo dell’antico ed autorevole Giornale di Agricol- tura di Bologna ho letto la lettera spigliata e cortese che Ella pubbli- camente mi indirizza intorno alla conferenza da me tenuta a Pavia sul come difendersi dalla peronospora della vite. Prima di risponderle mi permetta, egregio Professore, che io pure sinceramente le confessi l'impressione gradita provata qui al Congresso nel sentirla discorrere pubblicamente — benchè combattesse alcune delle mie idee — con tanto ordine e chiarezza uniti a garbo e bonomia. Ella opponeva in modo da dar piacere anche agli avversarii, così era ob- biettivo ed impersonale il suo dire, solo inteso a ricercare il meglio in questa accanita lotta che ne tocca sostenere per salvare quella gocciola di bacchico liquore che ci deve confortare anima e corpo. Ed ora all'argomento: Ella, in base alle cose dettesi al Congresso di Pavia, formula al- cune proposte e con grande bontà chiede a me se avrebbero la mia approvazione. — Io Le rispondo subito: a piene mani, salvo piccole mo- dificazioni ed alcune aggiunte. La raccolta delle foglie non è il fine, ma un semplice mezzo per raggiungerlo. Il fine, come Ella riconosce, sta nella distruzione delle spore ibernanti, e più e meglio nell impedire che esse si formino 0 che maturino; e quest’ultima idea anzi costituì il concetto principale che cercai di svolgere nella mia relazione. La raccolta delle foglie infette sul finire dell'estate e nell’ autunno, quando sono ancora vive ed attaccate alla pianta, e la mozzatura delle parti giovani ed infette dei tralci, coll’ab- brucciamento di questi e di quelle fuori dal vigneto, è uno dei mezzi per raggiunge quel fine. Ma se Ella mi chiede: è questo l’unico mezzo possibile ? Io, natu- Arch, Critt. II. Fi) = 38° — ralmente, Le debbo rispondere di no; però. a mio avviso, non solo è questo un mezzo efficace e sicuro, ma altresi semplice, poco costoso e di facile applicazione, almeno nel maggior numero dei casi. Certo bisogna che entri nella coscienza dei viticoltori, perchè siano molti a metterlo in pratica; laonde le persone istruite dovrebbero aiutare a persuaderli. Se si potesse in primavera riuscire a tenere per qualche tempo difesa con solfato di rame tutta la superficie fogliare e verde delle viti e delle poche specie di piante affini sulle quali può il parassita alli- gnare, è chiaro che potremmo, in un sol anno forse, quasi d’ un colpo, riuscire a liberarci interamente dalla peronospora. Gli organi di molti- plicazione del fungo, costretti dalle favorevoli condizioni della stagione a germinare, non troverebbero, in tal caso, che terreno attossiccato (cioè foglie con rame) e dovrebbero tutti perire. Ma questa è teoria... colla quale la pratica non ha nulla a vedere; tuttavia essa Le darà ragione del perchè, quando Ella mi chiede, se non mi sembrerebbe utile una somministrazione di poltiglia bordolese molto tardiva, io Le ri- sponda: vantaggiosissima, tanto che nella Rassegna crittojamica spedita giorni sono al Ministero d’Agricoltura pei mesi di Agosto e Settembre ho scritto: “Im generale, in quest'anno, sulle nostre colline si è, quasi ovun- que, combattuto vigorosamente e vittoriosamente; solo credo che sa- rebbe utilissimo almeno un trattamento di più, fatto nell'agosto (verso la fine) e diretto non a difendere il prodotto di già assicurato, ma i prolungamenti dei tralci, sulle foglie dei quali la peronospora pare sbri- gli tutta la compressa vitalità che non ha potuto sfogare sulle foglie vecchie protette dal solfato di rame. Su esse, per la nessuna difesa, devesi formare la maggior quantità di spore ibernanti, che riprodur- ranno poi le invasioni della futura primavera: questi trattamenti autun- nali, accoppiati a giudiziosa raccolta delle foglie malate, potrebbero tornare utilissimi per liberarci una buona volta da tanto malanno. , A Ciò Ella potrà leggere tra breve nel Bollettino dell’ Agricoltura ove tali rassegne vengono pubblicate. Ella scrive che anche il signor Cavazza ed altri molti suggeriscono un tale trattamento tardivo e che lo vogliono generale e fatto dopo la vendemmia; io questo non sapevo, e la notizia quindi mi allieta, perchè è evidente che questo consiglio si inspira all'idea di combattere 47 male.. dalla radice, come io, il prof. Gibelli, ed altri andiamo tentand di persuadere. I Solo a me sembrerebbe più utile, se si vuol dare un solo tratta- mento tardivo (molti costeranno forse troppo !), di eseguirlo prima (15 o 20 giorni p. e) e non dopo la vendemmia, risparmiando i grap- — 39 — poli e dirigendolo, come è detto sopra, in modo particolare sulle punte giovani dei tralci, le quali, per essere di nuova formazione, saranno ancora digiune di rimedio e quindi facile preda al parassita. Dopo la vendemmia, il rimedio corre il pericolo di arrivare tardi, cioè quando le giovani foglie sono di già ammorbate, forse anche secche, almeno in parte, e pregne di spore ibernanti in via di formazione o mature. Qui da noi, al tempo della vendemmia, le punte dei tralci veggonsi spesso bruciate dal male, talora anzi di già nude, perchè le foglie sono precocemente cadute e trovansi secche sotto ai filari, zeppe di spore ibernanti ed in balia del vento. Ella, egregio professore, mi parla inoltre dell'idea da me enun- ciata di tentare, a titolo di prova, lo spargimento di poltiglia bordolese sul terreno sotto ai filari ed osserva che: /a poltiglia bordolese rimani aderente alle foglie sino all'autunno e con esse cade sul terreno, indi s0g- giunge, eccolo il solfato ove Ella lo vuole. Non è così; e premesso che questo suggerimento mio suona sem- plice sperimento da farsi, che potrà dare buoni risultati ed anche non darne, debbo avvertire che il solfato di rame, per esercitare la sua azione tossica, deve rimanere sulla superficie del terreno ed essere sparso al tempo della germinazione delle spore ibernanti, cioè in pri- mavera, durante 0 subito dopo la messa dei getti della vite. Il sale di rame, che colle foglie cade in autunno, verrà dalle lavorazioni del ter- reno mescolato allo strato vegetale, ove decomponendosi si trasformerà più o meno rapidamente in silicati ed in altri sali poco o punto solubili, e quindi di nessuna azione sulle spore germinanti della peronospora. E, dacchè ho in mano la penna, ottimo professore, mi permetta an- cora, in merito all'argomento, due osservazioni; saranno le ultime. La prima, per dire che le spore ibernanti, quando sono mature, tro- vansi entro le parti secche delle foglie, e queste parti secche sotto urti anche deboli facilmente si staccand e cadono; onde è a raccomandarsi nella raccolta delle foglie infette di usare le dovute cautele, perchè anche queste porzioni secche — anzi esse precipuamente — vengano esportate dal vigneto e bruciate; operando diversamente si farebbe la- voro inutile. In ciò forse la spiegazione delle delusioni, un tempo, al- trove avute. Per la stessa ragione non si devono abbruciare le cime dei tralci quando sono spogliate e secche, ma invece vanno tagliate ancor verdi e fronzute, e bruciate insieme alle loro foglie, sulle quali, se non furono trattate con alcun rimedio, avendo gavazzato la perono- spora, si troveranno in gran copia le oospore. La seconda osservazione è per richiamare ancora una volta l’at- tenzione sull'importanza somma dei trattamenti ai vivai ed alle viti che per anco non portano frutto. Persino i migliori viticoltori in parte e le trascurano; invece esse devono venire curate assolutamente con pari diligenza, se non si vuole che rientri per la finestra quello che sì cae- cia per la porta. E a titolo di chiusura mi lasci poi dire che la raccolta delle foglie vale naturalmente solo quando ve ne siano di malate; chè se con altri mezzi si riesce ad impedire al male di svilupparsi e di prender piede, di raccolta, è chiaro, non si ha più a parlare; il modo però sta sempre nel riuscire a contenere il male e con mezzi tanto economici come quello di bruciare le foglie infette. E qui faccio punto non senza però chiedere scusa a Lei ed al pubblico per la noia di questa chiacchierata e dare assicurazione che essa sarà l’ultima, almeno per quest'anno. Dalla Stazione e Laboratorio di botanica crittogamica di Pavia. Giovanni BRIOSI. ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) ALCUNE ERBORIZZAZIONI NELLA VALLE DI GRESSONEY PER GiovANNI BRIOSI. La valle della Lesa o di Gressoney, che si stacca dai ghiacciai del Lyskamm e del Monterosa e, dopo un percorso di oltre 40 chilometri in direzione meridionale, sbocca presso Pont Saint Martin neila grande Valle d’ Aosta. è una delle più belle delle nostre Alpi. Importante per più rispetti, fu oggetto di parecchi studi, specie etnografici (*), ma poco ancora, per quanto mi sappia, si conosce della sua flora ricca e sva- riata. Eppure lo studio di questa dovrebbe tornare gradito anche ai non pochi che nella buona stagione vi accorrono a godere l’aria fina, fre- sca e purissima che scende dalle nevose ed incantevoli cime del Lys- kamm, e, lambendo prati smaltati di fiori e boschi tetri d’abeti, si im- pregna di profumi e di essenze salutari. L’anno scorso per qualche tempo intrattenutomi a Gressoney Saint Jean ne approfittai per erborizzare in varie direzioni nell’alta valle sin sotto ai ghiacciai. Quest'anno credevo di poter rivedere quelle care mon- tagne, ma l’estate è passata senza che mi fosse concesso di ritornarvi a ricercare nuove piante e nuovo vigore di salute. Così la mia modesta raccolta, che ho consegnata all’ Istituto Bo- tanico, non si è potuta aumentare e, se io ora ne pubblico il catalogo, è a titolo di primo contributo, accarezzando la speranza che presto mi sia dato di poterne allestire un secondo. (?) (') È abitata da popolazione d’ origine diversa, in gran parte francese e tedesca. Quest’ ultima, che occupa il braccio superiore della valle, che conduce nel Vallese, non conosce l'italiano e parla un dialetto tedesco. (*) Mi è grato rendere pubbliche grazie all'egregio mio assistente Rodolfo Far- neti, che mi ha validamente coadiuvato in questo lavoro. Atti dell’ Istituto Botanico di Pavia. Vol. II Arch. Critt, II. 6 — 42- Fungi. Rhytisma salicinum (Pers.) Fr. sul Salir Caprea L. comune nei din- torni di Gressoney S. Jean. Agosto (1400 m.). Leptothyrium alneum (Lev). Sace. sull’ Alnus incana Willd. Idem. Puccinia rubigo-vera D. C., forma uredosporica sul 7'risetum fave- scens, P. B., copiosissima nei prati presso Gres- soney S. Jean. Puccinia Bistortae (Strauss) D. C. sul Polygonum Bistorta L. Idem; nei prati di Gressoney S. Jean. Puccinia caricis Pers. sopra Carex sp., copiosissima nei prati umidi ed ombreggiati di Rong Inferiore. Phragmidium fusiforme Schroet. sulla Rosa alpina L. Rong Infer. Melampsora farinosa (Pers.) Schroet. sul Salix Caprea L. Comune nei dintorni di Gressoney S. Jean. Ohrysomyxa Rhododendri (D. C.) De Bary, sulla Picea excelsa Link. Nel bosco della Chialvrina che ne era infetto e sofferentissimo. 1500-1700 m. Gymnosporangium juniperinum (Lin.). Vint., sul Sordus Aucuparia L., fra Gressoney S. Jean e La Trinité. Torula Rhododendri Kunze, sul Rhododendron ferrugineum L. Allo sbocco di Val Fredda presso Gressoney Saint Jean, sopra roccia presso il torrente. Lactarius deliciosus Fries. Nei boschi per andare ad Ofen, fra Gressoney S. Jean e La Trinité (1600 m. circa), raro. Filices. Allosorus crispus Bernh. Passo di Valdobbia (2300 m. circa). Cystopteris fragilis Bernh. Lungo la strada fra Gressoney S. Jean e la Trinité (1550 m. circa). Asplenium septentrionale Hull. Nelle fessure delle rocce, nei din- torni di Gressoney S. Jean (1400 m. circa), Agosto, Settembre. Asplenium Ruta-muraria L. Cours de Lys (2100 m. circa), pendii rocciosi. Aspidium Filix-mas Sw. Nei boschi e luoghi umidi e rocciosi tanto a Gressoney S. Jean che a La Trinité, fre- quente. = 43 = Aspidium Lonchitis Sw. Nei muri lungo la strada fra Gressoney S. Jean e la Trinité (1600 m. circa). Coniferae. Picea excelsa Link.; il principale albero dei boschi presso Gresso-, ney S. Jean ed oltre. Abies pectinata D. C. Nei boschi alla Chialvrina ed altrove. Liliaceae. Lilium Martagon L. Nei prati presso Gressoney S. Jean. Luglio. Veratrum album L. Alpe Salza superiore (2300 m. circa). Agosto. Majanthemum bifolium Desf. Alpe Griiben presso Gressoney S. Jean (1800 m. circa); Alpe Staller (1800 m. circa) presso Gressoney S. Jean nei boschi. Luglio. Paris quadrifolia L. Nei boschi dei dintorni di Gressoney S. Jean. Juncaceae. Juncus Jacquinii L. Alpe Salza superiore (2400 m. circa), Agosto. Juncus lamprocarpus Ehrh. Tschachtelaz (1600 m. circa), sopra Gressoney S. Jean. Agosto. Cyperaceae, Eriophorum latifolium Hoppe. Cours de Lys (2100 m. circa), terreno torboso, Agosto. Dejala (1850 m. circa) fra Gressoney la Trinité e Cours de Lys. Terreno torboso. Luglio; Chialvrina 1600 m. circa), presso Gressoney S. Jean, terreno paludoso, Agosto. Eriophorum Scheuchzeri Hoppe. Lago di Gabiet (2340 m. circa) in terreno torboso, Agosto. Graminaceae. Phleum alpinum L. Col d'Olen (2900 m. circa), Agosto; Passo di Valdobbia (2550 m. circa), Agosto, Poa bulbosa var. vivipara Koch. Passo di Valdobbia (2600 m. circa), Agosto. = ge Trisetum flavescens P. B.; copiosa nei prati presso Gressoney S. Jean. Orchidaceae. Nigritella angustifolia Rich. Cours de Lys: pendii prativi (2100 me- tri circa), Agosto; Alpe Salza superiore ed in- feriore (2400 m. circa), Agosto; Alpe Ranzola (2200 m. circa), Luglio; Alpe Staller (1800 me- tri circa), Luglio. Orchis maculata L. Cours de Lys (2000 m. circa), pendii rocciosi, Agosto; Tschachtelaz (1600 m. circa), luoghi umidi, Agosto. Orchis latifolia L. Alpe Ranzola (2000 metri circa), luoghi umidi, Luglio. Cupuliferae. Alnus incana Wild. ; nei boschetti lungo il torrente Lys a Gressoney. Salicaceae. Salix glauca L. Cours de Lys (2000 m. circa), pendii rocciosi, Ago- sto; Alpe Staller (1800 m. circa), Luglio. Salix Caprea L.; nei dintorni di Gressoney S. Jean. Polygonaceae. Polygonum viviparum L. Cours de Lys (2100 m. circa), pendii roc- ciosi, Agosto. Polygonum DBistorta L.; comune nei prati a Gressoney S. Jean e a La Trinité. Luglio, Agosto. Rumex scutatus L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1400 m. circa); Col d’Olen (2700 m. circa), Agosto. Chenopodiaceae. Blitum Bonus-Henricus Rchb. Prati nei dintorni di Gressoney Saint Jean (1400 m. circa), Agosto. == 45 — Caryophyllaceae. Dianthus atrorubens All. Cours de Lys (2100 m. circa), pendii roc- ciosi, Agosto; Gressoney S. Jean e G. La Tri- nité (1700 m. circa), Luglio. Dianthus Scheuchzeri Reichb. Cours de Lys (2000 m. circa), pendii rocciosi; Strada da Gressoney S. Jean a G. La Trinité (1600 m. circa), Luglio. NB. Sotto specie del Dianthus Sylvestris Wulf. Determinato col Reichendach L. Flora Ger- manica excursoria N. 5048. Idem Icones fig. 5048 tav. 267. Il Nyman nel Cospectus Florae Europaee non menziona questa forma per l’Italia. Dianthus superbus L. Prati presso Alagna (Valle Sesia) sulla strada pel Col d’Olen (1400 m. circa), Luglio. Silene acaulis L. Alpe Ranzola, presso Gressoney S. Jean (2200 me- tri circa), Luglio. Silene rupestris L. Cours de Lys, pendii rocciosi (2100 m. circa); Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Silene quadrifida L. Cours de Lys (2100 m. circa). Cerastium arvense L. var. suffruticosum (L.). Passo di Valdobbia (2400 m. circa), Agosto; Cours de Lys (2100 metri circa), pendii rocciosi, Agosto. Alsine recurva Wahl. Col d’Olen (2900 m. circa). Alsine recurva. Alpe Staller (1800 metri circa), presso Gressoney S. Jean, Luglio, Agosto. NB. I fiori regolarissimi di questi esemplari hanno 4 stili e 4 valve, ma l'abito è identico a quello dell’ AZsine del Col d’ Olen con soli 3 stili e 3 valve. Alsine Cherleriù Fenzl. Col d’Olen (2990 metri circa), sulle rocce, Agosto. Alsine Villarsii M. et K. Strada fra Gressoney S. Jean e La Tri- nité (1600 m. circa), Luglio. Alsine verna Bartl. Cours de Lys (2000 m. circa), pendii rocciosi Agosto. — ea Ranunculaceae. Ranunculus pyrenaeus L. Alpe Griiben, prati, (2500 metri circa), Luglio. Ranunculus glacialis L. Passo di Valdobbia (2550 m. circa); Valle di Gressoney, Col d’Olen (3000 metri circa); Alpe Salza Superiore (2400 m. circa), Agosto. Anemone alpina L. Alpe Ranzola (2000 m. circa), Luglio. Anemone alpina L., ©, sulphurea L. Alpe Griiben (2500 m. circa), Luglio. Aconitum Cammarum L. Burroni presso Gressoney S. Jean (1450 metri circa), Agosto. Cruciferae. Cardamine amara L. Alpe Griiben (2500 m. circa), Luglio. Biscutella laevigata L. Gressoney S. Jean (1400 m. circa), Agosto. Hwtchinsia alpina R.-Br. Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Thlaspi rotundifolium Gaud. Passo di Valdobbia (2500 m. circa); Col d’Olen (2900 m. circa), pendii rocciosi, Agosto. Thlaspi rotundifolium var. corymbosum Gaud. Col d’Olen (2900 me- tri circa), regione delle nevi, Agosto. Violaceae. Viola Valderia All. Alpe Griiben (2500 m. circa); Alpe Ranzola (2200 m. circa), Luglio. Viola biflora L. Alpe Griiben (2400 m. circa), vicino alla neve. Presso Gressoney S. Jean nei burroni con resti di valanghe, Agosto. Viola Sylvatica Fr. Dintorni di Gressoney S. Jean. Geraniaceae. Geranium pyrenaicun? L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1400 metri circa), Luglio. NB. Si allontana dal Geranium pyrenaicum L. per avere i sepali ovato-lanceolati e non li- Mur neari bislunghi. Si avvicina al G. Asphodeloides Burn., ma ha i petali bifidi e non obovati. Geranium sylvaticum L. Ofen (1700 m. circa), luoghi erbosi, Luglio. Aceraceae. Acer Pseudo-platanus L. Nei dintorni di Gressoney S. Jean. Polygalaceae. Polygala Chamaebuxus L. Ofen (1700 m. circa), Agosto. Umbelliferae. Bupleurum ranunculoides L. {. caricinim D. C. Tschachtelaz (1600 metri circa); Ofen, Agosto. Bupleurum ranunculoides L. f. caricinum D. C. Forma caricifolium (Willd ). Alpe Ranzola (2200 m. circa), Cours de Lys (2100 m. circa); Alpe Salza Inferiore (2300 m. circa), Luglio, Agosto. Di questa forma si raccolsero al Col d’ Olen (3000 m.) esem- plari perfetti ma piccolissimi, Agosto. Bupleurum stellatum L. Passo di Valdobbia (2540 m. circa), Agosto. Astrantia minor L. Ofen (1800 metri circa), Cours de Lys, pendii rocciosi (2100 m. circa), Agosto. Astrantia major L. Ofen (1800 m. circa), Bosco, Dejola (1850 me- tri circa), bosco e terreno paludoso, Luglio. Angelica sylvestris L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1400 m. circa), nei prati e lungo i fossi, Agosto. Crassulaceae. Sedum atratum L. Col d'Olen (2950 m. circa), Agosto. Sedum alpestre Vill. Passo di Valdobbia (2600 m. circa), Agosto. Sedum Anacampseros L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1500 me- tri circa), Agosto. Sedum reflerum L. Col d' Olen (2700 m. circa), Agosto. Dintorni di Gressoney S. Jean, nei muri, Agosto. Sempervivum aracnoideum L. Comune sulle rocce e sui muri che fian- cheggiano la strada da Gressoney S. Jean a La Saga Trimité (1400-1700 metri circa); Cours de Lys (2100 m. circa), nendii rocciosi e rocce, Agosto. Sempervivum montanum L. Alpe Ranzola (2200 metri circa); Alpe d'Ober Staller (2400 m. circa), Luglio. Sempervivum Braunii Funk. Col d'Olen (2950 m. circa); Alpe di Ranzola (2100 m. circa); Alpe Staller (1800 metri circa), fra Gressoney S. Jean e G. La Trinité (1600 m. circa), in luoghi rocciosi, Lu- glio, Agosto. Sempervivum Funkiî F. Braum. Conrs de Lys (2100 m. circa), pen- dii rocciosi, Agosto. Sempervivum tectorum L. Lago di Gabiet (2400 m. circa), Agosto. Saxifraga Sarifraga Saxifraga Saxifraga Sarifraga Saxifraga Saxifraga Saxifraga Saxifraga Saxifraga Saxifragaceae. muscoides Wulf. Passo di Valdobbia (2500 m. circa); Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Cotyledon L. Rocce fra Gressoney S. Jean e La Trinité (1600 m. circa); Dintorni di Gressoney S. Jean (1500 m. circa), Luglio, Agosto. aspera L. Alpe Griiben (2400 m. circa); Cours de Lys (2100 m. circa); Dintorni di Gressoney S. Jean (1400 m. circa); Alpe Ranzola (2200 m. circa), Luglio, Agosto. bryoides L. Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Stellaris L. Alpe Staller (1800 m. circa), luoghi rocciosi bagnati da stillicidio; Col d’Olen (2900 me- tri circa), Luglio, Agosto. cuneifolia L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1600 metri circa), Agosto. rotundifolia L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1500 me- tri circa), luoghi umidi e freschi, Agosto. oppositifolia L. Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. aizoides L. Ruscelli fra Gressoney S. Jean e La Trinité (1600 m. circa), Luglio, Aizoon Jacq. Dintorni di Gressoney La Trinité (1700 metri circa), sulle rocce; Alpe Salza Superiore (2400 m. circa); lungo la strada fra Gresso- ney S. Jean e G. La Trinité (1600 m. circa) Alpe Griiben (2400 m. circa); Dintorni di Gres- soney S. Jean (1500 m. circa), sulle rocce. = 40 Ribes alpinum L. (?) A Castell (1500 m. circa), in luogo sassoso a valle della strada. Non ho potuto esaminare nè i fiori, nè i frutti (rossi). Parnassia palustris L. Dintorni di Gressoney Saint Jean,in luoghi aquitrinosi; Ofen (1700 m. circa), Agosto. Onagrariaceae. Epilobium alsinefolium Vill. Dintorni di Gressoney S. Jean e muri lungo la strada a Gressoney La Trinité (1500 metri circa), Agosto. Epilobium Dodonaei Vill. Nelle ghiaje del letto dei torrenti nei din- torni di Gressoney S. Jean (1400 m. circa), Luglio. Rosaceae. Rosa alpina L. a Gressoney S. Jean ed a La Trinité, Luglio, Agosto. Sorbus Aucuparia L.; fra Gressoney S. Jean e La Trinité, Agosto in frutto. Rubus Idaeus L. Dintorni di Gressoney S. Jean, Agosto in frutto. Geum montanum L. Alpe Griiben (2400 metri circa); Col d'Olen (2900 m. circa), Agosto. Potentilla hirta L. Col d'Olen (2900 m. circa), Agosto. Dryas octopetala L. Strada da Gressoney S. Jean a La Trinité (1600 metri circa), Luglio. Papilionaceae. Trifolium ochroleucum L. Ofen: Cours de Lys (2000 m. circa), pen- dii rocciosi, Agosto. Trifolium alpinum L. Cours de Lys (2000 m. circa), pendii rocciosi ; Alpe Salza Superiore (2400 metri circa); Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Trifolium aureum L. Prati dei dintorni di Gressoney La Trinité (1700 m. circa), Luglio. Trifolium elegans Savi. Passo di Valdobbia (2548 m.); Cours de Lys (2100 m. circa), pendii rocciosi tra Gressoney S. Jean e La Trinité; prati all’Alpe Salza Su- periore (2300 m. circa), Luglio, Agosto. Onobrychis viciaefolia Scop. (0. sativa Lam.). Dintorni di Gressoney S. Jean; Alpe Griiben (2300 m. circa), Luglio, Agosto. Astragalus alpinus L. Col d’Olen (2800 m. circa); Passo di Val- dobbia (2500 m. circa), Agosto. Vicia cracca L. Dintorni di Gressoney S. Jean, nei prati (1500 me- tri circa), Agosto. Anthyllis vulneraria L. B. rubrifora Kock. Cours de Lys (2100 me- tri circa), pendii rocciosi; Alpe Salza Inferiore (2300 m. circa); Ofen presso Gressoney Saint Jean (1600 m. circa), Agosto. Lotus corniculatus L. Ofen (1600 m. circa); Col d’ Olen (2900 me- tri circa); Dintorni di Gressoney Saint Jean, Agosto. Lotus augustissimus L. Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Ericaceae. Calluna vulgaris Sal, Tschatelaz (1650 m. circa), Agosto. Ihododendron ferrugineum L. Alpe Ranzola (da 1590 e 2000 metri circa), Luglio. Vaccinium Myrtillus Kock. Nei boschi dei dintorni di Gressoney S. Jean, della Chialvrina, ecc. Primulaceae. Androsace alpina Lam. Passo di Valdobbia (2500 metri circa); Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Plumbaginaceae. Armeria elongata Hoffm. var. alpina W. Lago di Gabiet per andare al Col d’Olen, nei prati asciutti (2380 m. circa); Agosto. Gentianaceae. Gentiana ciliata L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1400 m. circa), Agosto. Gentiana purpurea L. Alpe Salza Inferiore (2300 m. circa), raris- sima, Agosto. RS Gentiana verna L. Alpe di Ranzola (2200 m. circa); Alpe Griiben (2400 m. circa); Alpe Staller (1800 m. circa), Luglio. Gentiana acaulis L. Alpe Ranzola (2200 m. circa); Alpe Griiben (2400 m. circa), Luglio. Gentiana nivalis L. Alpe Griiben (2300 metri circa); Alpe Staller (1800 m. circa); Cours de Lys (2100 m. circa), pendii rocciosi. Gentiana campestris L. Cours de Lys (2100 m. circa), pendii roc- ciosi; dintorni di Gressoney La Trinité (1700 metri circa; Valdobbia (2300 m. circa), Agosto. Gentiana bavarica L. Passo di Valdobbia (2548 m.) in luoghi roc- ciosi; Col. d’ Olen (2900 m. circa), in luoghi rocciosi, Agosto. Asperifoliaceae. Myosotis alpestris Schmidt. Col d’Olen (2200 e 2900 m. circa), in mezzo alle rocce; Passo di Valdobbia (2550 m.). Myosotis hispida Schldtd. Cours de Lys (2100 m. circa), pendii roc- ciosi; Alpe Staller (1800 m. circa), Agosto. Eritrichium nanum Schrad. Passo di Valdobbia (2550 metri); Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Scrophulariaceae. Pedicularis tuberosa L. Cours de Lys (2200 m. circa), pendii roc- ciosi; Alpe Griiben (2400 m. circa); Col d’O- len (2900 m. circa); Passo di Valdobbia (2500 metri circa). Pedicularis verticillata L. Cours de Lys (2200 m. circa); Dintorni di Gressoney La Trinité, pendii rocciosi, Luglio. Pedicularis gyrolera Vill. Col d’ Olen (2800 m. circa), Agosto. Pedicularis Portenschlagii Saut. Cours de Lys (2100 m. circa), pen- dii rocciosi. Pedicularis rostrata L. Col d’Olen (2900 m. circa); Passo di Val- dobbia; Alpe Staller (1800 m. circa); Cours de Lys (2100 m. circa), pendii rocciosi, Agosto. Rhinanthus Alectorolophus Pollh. Dintorni di Gressoney S. Jean (1500 metri circa), Luglio. Veronica spicata L. Per andare ad Ofen (1600 m. circa), fra Gres- soney S. Jean e La Trinité, Agosto. = 52 = Euphrasia officinalis L. Dintorni di Gressoney Saint Jean, comune; Ofen (1700 m. circa), Agosto. Digitalis lutea L. Dintorni di Gressoney S. Jean, luoghi ombrosi e 3 freschi, Agosto. Verbascum nigrum L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1400 metri circa), nei prati. Labiatae. Ajuga pyramidalis L. Alpe Ranzola (2300 m. circa), nei prati. Brunella vulgaris L. Cours de Lys (2100 metri circa); Dintorni di Gressoney S. Jean, Agosto. Thymus serpylUum L. Dintorni di Gressoney La Trinité (1700 me- tri circa), Agosto. Scutellaria alpina L. Dintorni di Gressoney S. Jean e di G. La Trinité; Passo di Valdobbia. Mentha sylvestris L. var. candidans (Ortz.). Secondo Reichembach Flora germ. excursoria I. p. 310 N. 2104. Campanulaceae. Phytheuma humile Sahl. Alpe Griiben (2500 m. circa); Cours de Lys, pendii rocciosi (2000 m. circa). Phytheuma Halleri A. Nei prati, lungo la strada da Gressoney S. Jean alla La Trinité (1600 m. circa)., Phytheuma lhemisphaericum L. Alpe Salza (2400 m. circa); Passo di Valdobbia (2500 m. cisca); Col d’ Olen (2900 metri circa). Phytheuma Scheuchzeri AI. Dintorni di Gressoney S. Jean (1300 me- tri circa); e G. La Trinité (1700 m. circa); Cours de Lys (2000 m. circa); Passo di Val- dobbia (2300 m. circa); Alpe Salza Superiore (2300 m. circa). Phytheuma Micheli AI. v. Scorzoneraefolium Vill. Dintorni di Gres- soney S. Jean (1400 m. circa), nei prati. Phytheuma Micheli v. betonicaefolium Vill. Passo di Valdobbia (2400 metri circa); Col d’Olen (2700 m. circa). Campanula barbata L. Lungo la strada fra Gressoney S. Jean e La Trinité (1600 m. circa); ed anche dintorni di Gressoney S. Jean (1400 m. circa); Cours de Lys (2100 m. circa); Alpe Salza Superiore (2400 m. circa), ecc. Campanula barbata var. flore albo. Nei dintorni di Gressoney S. Jean non rarissima ; coi fiori perfettamente bianchi. Campanula rhomboidalis L. Prati dei dintorni di Gressoney S. Jean, Luglio. Campanula caespitosa Scop. Ofen (1800 m. circa); dintorni di Gres- soney La Trinité (1700 m. circa); e di Gres- soney S. Jean (1400 m. circa), rocce e muri. Campanula excisa Schlch. Passo di Valdobbia (2500 m. circa). Campanula carnica Schied. Lungo la strada da Gressoney S. Jean a La Trinité; Alpe Salza Superiore (2300 me- tri circa). Campanula glomerata L. Tschachtelaz (1600 m. circa), presso Gres- soney S. Jean; Ofen (1700 m. circa), Agosto. Campanula spicata L. Passo di Valdobbia (2500 m. circa), Agosto. Campanula Scheuchzerii Vill. Cours de Lys; Alpe Salza Superiore (2300 m. circa), Agosto. Rubiaceae. Asperula aristata L. fil. Alpe Salza Superiore (2400 m. circa); din- torni di Gressoney Saint Jean; Alpe Griiben (2400 m. circa). Galium ereetum Huds. Ofen (1700 m. circa). Galium pusillum L. Passo di Valdobbia (2250 m.). Galium pusiltum var. hypnoides (Will.). Col d’ Olen (2900 m. circa). Galium pusillum var. glabrum Vis. Dintorni di Gressoney S. Jean. Caprifoliaceae. Sambucus racemosa L. Dintorni di Gressoney S. Jean; Agosto in frutto. Valerianaceae. Valeriana celtica L. Cous de Lys (2100 m. circa); {Alpe Ranzola (2200 m. circa); monti all’ ingiro di Gressoney S. Jean, sulle rocce, Agosto. Sia Dipsaceae. Trichera arvensis Schrad. Ofen (1700 m. circa); dintorni di Gres- soney S. Jean. Scabiosa Columbaria L. Alpe Staller (1800 m. circa); Alpe Salza Superiore (2400 m. circa); Alpe Ranzola; din- torni di Gressoney La Trinité; Cours de Lys (2100 m. circa), pendii rocciosi, Agosto. Compositae. Carlina acaulis L. Dintorni di Gressoney S. Jean (1400 m. circa). Cirsium spinosissimum Scop. Alpe Ranzola (2100 m. circa), Luglio. Centaurea nervosa W. Cours de Lys (2100 m. circa), pendii roc- ciosi; Alpe Ranzola (2100 m. circa), Luglio. Hieracium Pilosella L. var. pilosissimum Koch. Alpe Salza Superiore (2300 m. circa), Agosto. Hieracium alpinum L. Col d’Olen (2800 m. circa), Agosto. Crepis aurea Cass. Cours de Lys (2000 m. circa), Agosto. Crepis aurea V. glabrescens Cav. Chialvrina (1600 m. circa), Agosto. Leontodon pyrenuicus Vill. Alpe Staller; Col d’Olen (2700 metri circa); Cours de Lys (2100 m. circa), Agosto. Homogyne alpina Cass. Col d’Olen (2900 m. circa), Agosto. Antennaria diciea Gaert. Alpe Salza Superiore (2400 m. circa), Ago- sto; Alpe Griiben (2500 m. circa); Cours de Lys (2100 m. circa); Alpe Staller (1800 metri circa), Luglio, Agosto. Leontopodium alpinum Cass. Ofen (1700 m. circa), Agosto. Aster alpinus L. Cours de Lys (2000 m. circa); dintorni di Gres- soney La Trinité nei prati rocciosi e lungo la strada a Cours de Lys (1800 m. circa). Erigeron Villursii Bell. Dintorni di Gressoney S. Jean (1500 metri circa), Agosto; Ofen (1700 m. circa), Agosto. Erigeron acris L. Cours de Lys (2100 m. circa), Agosto. Erigeron acris v. droebachensis (Mill.). Dintorni di Gressoney Saint Jean, Agosto. Pyrethrum alpinum W. Alpe Salza Superiore (2300 m. circa); Col d’Olen (2800 m. circa); Alpe Ranzola (2200 metri circa); Alpe Staller (1800 metri circa); Cours de Lys (2100 m. circa), Luglio, Agosto. Leucanthemum vulgare D. C. Ofen (1700 m. circa); Alpe Salza In- feriore (2300 m. circa), Agosto. Leucanthemum montanum D. C. Ofen (1700 m. circa); Col d’ Olen (2500 m. circa), Agosto. Leucanthemum atratum D. C. Alpe Staller (1800 m. circa), Luglio. Achillea Millefolium L. Tra Gressoney S. Jean e La Trinité (1600 metri circa), Luglio. Achillea moschata Jacq. Alpe Ranzola (2100 m. circa); Alpe Staller (1800 m. circa); Cours de Lys; Alpe Salza Superiore (2400 m. circa); Col d’ Olen (2700 metri circa). Achillea nana L. Col d'Olen (2700 m. circa); Passo di Valdobbia (2500 m. circa). Senecio uniflorus All. Cours de Lys; Col d’Olen (2900 m. circa); Passo di Valdobbia (2500 m. circa), Agosto. Senecio Doronicum L. Ofen (1600 m. circa), Agosto. Senecio Doronicum var. Gerardi (Godr. et Green.). Alpe Salza Su- periore (2300 m. circa); Chialvrina (1600 metri circa); Cours de Lys (2000 m. circa), Agosto. Arnica montana L. Cours de Lys (2000 metri circa); Alpe Staller (1700 m. circa); Chialvrina (1500 m. circa), Agosto. Doronicum glaciale Nym. Col d’Olen (2700 m. circa), Agosto. Doronicum austriacum Jacq. Ofen (1600 m. circa), Agosto. Dall’ Istituto Botanico dell’Università di Pavia, Settembre 1890. RT i "AGM Sa Di y vai VERSI VA TACE tà con ENTITÀ e MEDI cd 6 050 aio, alal spira n Pao LI - DE ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITA DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) INTORNO ALLA ANATOMIA DELLE FOGLIE DELL'“ EUCALYPTUS GLOBULUS ,, Labil. RICERCHE DI GIOVANNI BRIOSI. (Con 23 tavole) Sin dal 1881 in due note, l’una col titolo: Contribuzione all’ana- tomia delle foglie, e l’altra: Ancora sull'anatomia delle foglie * riassunsi i risultati ottenuti da ricerche istologiche istituite sopra le foglie di molte specie appartenenti alle Mirtacee, di preferenza al genere £u- calyptus, e di alcune altre fanerogame. Pubblico ora, come avevo promesso, il lavoro per esteso per quanto ha riguardo all’Eucalyptus globulus, base di questi studii, e chiedo venia del ritardo, dovuto a cause indipendenti dalla mia volontà. L’'Eucalyptus globulus, come è noto, si copre in gioventù di foglie diverse da quelle dell'adolescenza e della vecchiaia, e non solo per la forma, ma altresì per l’orientazione rispetto alla direzione dei raggi solari, ed anche per l’interna struttura. E se alle foglie dell’albero si ag- giungono quelle del seme (i cotiledoni), abbiamo tre differenti qualità di foglie per una stessa pianta, cioè tre organi morfologicamente ben distinti, ma tutti e tre, quantunque in condizioni differenti, intenti alle stesse funzioni e viventi sopra uno stesso individuo. Il fatto di avere qui un substrato comune di condizioni generali per tre diverse specie di foglie, rende in particolar modo interessante lo studio delle ragioni delle loro speciali differenziazioni tanto esterne che interne, messe in rapporto colle condizioni dell'ambiente, specie con quelle dipendenti dall’ irradiazione solare. 1 Pubblicate nei Transunti della R. Accademia dei Lincei. Vol. VI, serie 32, 1881. Arch. Critt. II. 7 Per verità in questi ultimi dieci anni nessuna parte dell’anatomia vegetale è stata così ricercata quanto quella delle foglie, e ciò che si è venuto scoprendo e dilucidando è davvero moltissimo, ma le foglie sono la sede di parecchie funzioni e delle più importanti: assimilazione, clorovaporizzazione, respirazione, traspirazione, ece., e non tutti i pro- blemi che ad esse si collegano, nè quelli che si riferiscono alla loro compagine ed alla formazione dei loro organi sono interamente risolti; onde lo studio della struttura fogliare, specie se comparativo, presenta, anche sotto tale riguardo, parecchio di interessante. Questo lavoro venne concepito parecchi anni or sono, quasi tutte le ricerche furono fin d’al- lora compiute e i resultati vennero, per la maggior parte, pubblicati sin dal 1881, come ognuno può persuadersene esaminando le memorie sopra indicate !. L'avere allora esposti questi resultati in modo riassun- tivo, e senza il necessario corredo di tavole illustrative, li rese forse poco chiari, il che arguisco dal fatto che non sempre ne fu tenuto conto, anzi alcuni di essi furono dati per nuovi da osservatori po- steriori. Forma delle foglie e fillotassi. — Nell’ Evcalyptus globulus il dimor- fismno delle foglie è pronunciatissimo. L'albero giovane sino all’altezza di 5 a 6 metri (in Roma) produce foglie ovali (fig. 3, tav. I), subcor- date, acuminate, relativamente larghe e corte, sessili o quasi, con un picciuolo brevissimo che rimane avvolto fra due lobi basali della foglia sporgenti ad orecchietta, lobi che abbracciano e ricoprono anche il ramo al piano d’inserzione della foglia. Queste foglie, a margine intiero, hanno lamine ondulate ?, sottili, di consistenza pseudo-erbacea e le due faccie ben distinte fra loro, poichè l’inferiore è più ruvida e con nervature sporgenti. Sono inoltre disposte in piani orizzontali, 0, più esattamente, in piani normali all’asse del ramo che le produce, come nella massima parte dei nostri alberi. Inserite a due per nodo su piani incrociantisi ad angolo retto, sono opposte e decussate, portate su rami da prima erbacei, tetragoni ed alati, cioè con sporgenze erbacee longitudinali sui loro quattro spigoli. Queste sporgenze si piegano ad arco sotto l'inserzione delle fo- 1 Anche la massima parte delle figure, quelle indicate con un asterisco nella spie- gazione delle tavole, furono consegnate alla detta Accademia in plico sigillato sin dal 1880, come è detto nella prima delle note sopra citate. ? Le ondulazioni sono causate dal crescere del lembo verso l’orlo in maggiore misura che verso l’asse fogliare, quasi questo rimanesse troppo corto e non potesse seguire per intero lo sviluppo della lamina. Talora anche tale sviluppo in una metà del lembo si fa molto più forte che nell’altra, ed allora l’ondulazione diventa una vera piega che si solleva verso la pagina superiore. — 3590 = glie, ed a due a due mettono capo ad un picciuolo. I rami coll’ingros- sare si arrotondano e le appendici erbacee scompaiono !. L’albero adulto invece, superiormente alla detta altezza, si copre di foglie (fig. 2, tav. I) lanceolate, talvolta diritte, più spesso coltriformi, più strette, più lunghe, più grosse delle precedenti, con lamine piane, coriacee, senza notevoli differenze fra le due pagine. Non sono, come le precedenti, disposte orizzontalmente, ma invece pendenti da lungo picciuolo in piani verticali, e nemmeno trovansi riunite in verticilli decussati, ma solitarie, sparse in apparenza irregolarmente e staccantisi da rami non mai tetragoni, ma sin dal loro nascere rotondi e non alati *, Queste foglie non solo sono, dure, coriacee e apparentemente asciutte, ma altresì senza splendore, prive, eccetto se giovanissime, del bel verde fresco di quelle della maggior parte dei nostri alberi, mentre le foglie orizzontali non solo sono più tenere ed apparentemente meno aride, ma altresì d’aspetto più fresco e di un color verde glauco quasi grigio ?. Nelle foglie verticali inoltre le nervature più grosse sono appena accen- ! Una giovane pianta di circa 2 metri di altezza, perfettamente sviluppata, nel- l’orto botanico di Pavia, presentava il fusto ed i primi 3 rami con verticilli non di 2 ma di 3 foglie, del tipo sopra descritto, regolarissime, orizzontali e sessili. I yerticilli alternavano fra loro con esattezza ed i rami presentavano sezioni esagone regolari con 6 sporgenze erbacee sui 6 spigoli, sporgenze che 2 a 2 mettevano capo ai pic- ciuoli delle 3 foglie del verticillo. I rami di 2° ordine che sviluppavansi dalle 3 gemme di alcuni di tali verticilli ritornavano al tipo comune, cioè a sezione rettangolare e con solo due foglie opposte e decussate. Fatto analogo viene citato dal Penzie (Pfan- zen-Teratologie, Vol. I pag. 474) per l’Excalyptus pulverulenta Sms. e per altre specie. ? Degno di nota si è che, anche quando l’albero è vecchio e grossissimo e di già rivestito unicamente di foglie verticali, se per caso al disotto dell’altezza sopraindicata (di 5 o 6 metri per Roma) caccia fuori qualche nuovo e tardivo ramoscello, questo piglia forma tetragona e produce foglie orizzontali del tipo sopra descritto, proprio dell'albero giovane; ciò che a mio modo di vedere dimostra come la parte inferiore del fusto debba essere e rimanere organizzata in modo diverso dalla parte superiore. ® A proposito di questo colore smorto o sbiadito che presentano non solo le foglie degli eucalipti, ma altresì quelle di molte altre piante australiane, lo TscucH Ueber einige Beziehungen d. anatom. Baues d. Assimilationsorgane zu Klima u. Standort, pag. 215), dopo aver ricordato che il Grisebach attribuisce questo feno- meno a scarso contenuto di clorofilla ed a forte grossezza di epidermide, e che il Browx (Vermisch. Schrift. V. pagina 812) lo riferisce alla ripartizione degli stomi su ambe le pagine fogliari, osserva che, se talvolta lo si deve alle cause addotte dal Grisebach, più spesso lo si può ripetere da ondulazioni nella superficie dell'epidermide e da ricoprimenti cerosi, ma non mai dalla ripartizione degli stomi. Ora io noto che nelle foglie dell’. globulus, specialmente nelle verticali che sono appunto le meno verdi, non si hanno nè ondulazioni nell’epidermide, nè rilevante secrezione di cera, come si vedrà più oltre. Lo Tschirch di poi accenna anche all'osservazione dello Scnuncek (Bericht. d. deutsch. chem. Gesellsch. XIII 1881), il quale trovò che la clorofilla degli encalipti si comporta per le sue proprietà ottiche in modo diverso dalla clorofilla delle erbe comuni, ed ammette il dubbio che il colore slavato di queste foglie australiane possa trovarsi in rapporto colle dette qualità della clorofilla. io nate in modo pressochè eguale su ambo le superficie delle pagine, mentre nelle foglie orizzontali queste nervature sporgono di molto sulla pagina inferiore. Come abbiamo fatto altra volta, chiameremo, per bre- vità, le prime, foglie di primo stadio, e le seconde, foglie di secondo stadio. Abbiamo detto che le foglie dell’albero giovane stanno in verticilli decussati, e che quelle dell'albero adulto sono invece isolate e sparse irregolarmente. Ora, come ebbi a notare sino dal 1881, l’essere sparse irregolarmente è solo in apparenza, poichè in realtà esse pure seguono la stessa fillotassi delle foglie orizzontali. Se infatti in un ramo d’albero giovane si fa una sezione trasversale sotto il nodo di due foglie opposte, trovansi i fasci libro-legnosi disposti in modo da presentare in sezione trasversale pressochè la fisura di un rettangolo, coi lati lunghi nel senso del piano d’inserzione delle due foglie, e se si taglia invece un poco al disopra del nodo, i detti fasci si distribuiscono così da presentare presso a poco la figura di un quadrato, e questo quadrato, salendo nell’internodio colle sezioni, ritorna a poco a poco un rettangolo simile al primo, ma con esso incrociantesi a 90°, poichè si dispone coi suoi lati lunghi pa- rallelamente al piano d’inserzione delle foglie del verticillo superiore. Sezionando in modo simile un ramo d'albero adulto dalle foglie sparse, si osserva che l’incrociamento del detto rettangolo, nel passare colle sezioni successive da un meritallo ad un altro, talora si riscontra e talora non si riscontra punto. Se si esamina allora accuratamente la disposizione di queste foglie sparse, si scorge che l'irregolarità della loro distribuzione non è assoluta, poichè quasi sempre un meritallo più lungo si alterna con uno più corto; inoltre trovasi che le due foglie che limitano il meritallo corto sono inserite su due ortostici a 180°, o quasi, mentre quelle che limitano un meritallo lungo sono invece sopra due orto- stici appartenenti a piani incrociantisi ad angolo retto. Ora, quando colle sezioni trasversali successive si passa da un meritallo lungo al suc- cessivo corto, il rettangolo dei fasci di cui è detto sopra non si incrocia, cioè non gira di 90°, mentre l’incrociamento ha luogo quando da un meritallo corto si sale nel successivo meritallo lungo. Di più, per entro tutta la lunghezza di un meritallo corto il rettangolo dei fasci non cambia orientazione e riducesi quasi ad un quadrato di forma costante. Il detto rettangolo invece trovasi molto sviluppato all’apice di ogni meritallo lungo, e fra due apici successivi di meritalli lunghi esso ret- tangolo gira di 90°. Questo ci dimostra che la distribuzione dei fasci libro-legnosi nei rami a foglie orizzontali e decussate si ripete anche nei rami a foglie verticali e sparse, e che questi ultimi meritalli corti vanno considerati come lunghissimi nodi !. ! In altri termini, scorrono nei rami quattro tracce fogliari, disposte in modo da formare, nell'albero giovane con foglie orizzontali, alla base d’ogni internodio, una — ie Dal che si deduce che nell’albero adulto ha luogo uno spostamento longitudinale delle foglie di ogni verticillo, spostamento che ne allunga il nodo, o, se si vuole, che lo scioglie, dando luogo all’interposizione di un nuovo e falso meritallo. Questo fatto, se disturba, non cambia però la fillotassi verticillata, la quale geneticamente va considerata come la vera ed unica fillotassi di tutto l’albero !. Frequenti torsioni del ramo complicano talora maggiormente la distribuzione apparentemente irre- colare delle dette foglie. Una regione di passaggio, più o meno marcata, fra queste due specie di foglie sempre si presenta nell’albero che si fa adulto; in essa le fo- glie gradatamente si modificano ed offrono forma, orientazione, distribu- zione e struttura, intermedie alle sopra descritte °. I cotiledoni infine, che costituiscono la terza specie di foglie vege- tative della nostra pianta, sollevansi sino a due o tre cm. dal terreno e sono picciuolati, con lamina relativamente piccola, bilobata, quasi reni- forme, ad orlo intero, carnosetta, e colle due pagine esternamente poco differenziate fra loro. specie di quadrato, che salendo diviene un rettangolo, nel quale, sotto al nodo, i lati corti constano ciascuno d’un sol fascio libro-legnoso, ed i lati lunghi risultano ciascuno di tre fasci. Al nodo i due fasci dei lati corti escono dal ramo per entrare nelle due foglie, ed i quattro fasci estremi dei due lati lunghi si piegano di 90°, in corrispon- denza dei fasci usciti, e ricostituiscono così, subito sopra il nodo, il quadrato; il quale risulta formato da prima di sei fasci, e di poi di quattro per fusione a due a due dei fasci ripiegatisi. Questi due ultimi frutto della fusione, da prima alquanto si allargano, indi ciascuno si divide in tre, ricostruendo, nel nuovo internodio, il rettangolo dei fasci, il quale trovasi orientato perfettamente ad angolo retto per rispetto al rettan- golo dell'internodio precedente, ed i cui due fasci dei lati corti entreranno nelle due foglie del verticillo soprastante. Nei rami invece dell'albero adulto con foglie pendenti e sparse, le tracce fogliari sono ancora quatiro; all’apice d’ogni internodio lungo, si ha ancora un rettangolo for- mato d’otto fasci, dei quali però uno solo esce, nella foglia che si stacca; onde sopra il nodo, il rettangolo divenuto quasi quadrato consta da prima di sette fasci, indi di sei per la fusione dei due estremi del rettangolo piegatisi in corrispondenza alla trac- cia fogliare uscita; e tale si mantiene sino al nodo successivo, nel quale si ripete, sul lato opposto, lo stesso giuoco. Al disopra di questo secondo nodo, rimane una specie di pentagono formato di cinque fasci, i quali, per il piegamento di 90° e la fusione in uno dei due fasci contigui alla traccia fogliare uscita, divengono quattro, e costitui- scono da prima un quadrato, indi un rettangolo orientato a 90° con quello dell’ inter- nodio lungo inferiore o superiore. 1 Anche il Derpino, nel sno interessantissimo lavoro sulla Zeoria generale della fillotassi, giunse con altre considerazioni allo stesso resultato. 2 Il Magnus in una breve nota (Botan. Zeitung 1876, pag. 810) afferma che il cambiamento nella forma delle foglie dell’£. globulus avviene ud un tratto; ma ciò non è esatto. Vedi anche: LecLeRE pu SapLon, Sur la symétrie foliare chez les. Eu- calyptus et quelques autres plantes. (Bulletin de la Société Botanique de France, EPIDERMIDE. Il tessuto epidermico, in tutte e tre le specie di foglie, consta di cellule stomatiche, di cellule epiglandolari, cioè che ricoprono le glan- dole, e di cellule epidermiche comuni, alle quali sole, invero, fisiologica- mente parlando, converrebbe il nome di cellule epidermiche, poichè agli stomi ed alle glandole spettano funzioni diverse da quelle di limitare e proteggere i tessuti fogliari contro il mondo esterno. Noi quindi parle- remo qui solo delle prime, mentre delle altre si terrà parola ove si tratterà degli stomi e delle glandole. CELLULE EPIDERMICHE COMUNI. L’epidermide fogliare colla grossa e cutinizzata parete esterna delle sue cellule, rinforzata talora da fitta rete di listelli cutinizzati e cunei- formi, che scendono nelle pareti radiali, costituisce un involucro più o meno rigido e resistente, a riparo del tenero tessuto assimilatore. Onde dell’epidermide qui a noi importa solo lo studio delle pareti radiali e delle pareti tangenziali esterne. Le pareti radiali possono, come è noto, essere piane o sinuose, va- riando non solo per organi simili fra specie affini !, ma talora anche fra gli individui della stessa specie, e questo, per quel che si sa (i resultati non sono però concordi), è in rapporto col grado di umidità dell’am- biente nel quale l'organo vive. Ora nelle tre specie di foglie vegetative dell’Eucalyptus globulus si rinvenne quanto segue: Pareti laterali o radiali — Nel picciuolo dei cotiledoni le cellule epidermiche, viste di fronte, si presentano allungate nel senso del- l’asse, quadrangolari, talvolta anche di cinque o sei lati, colle pareti longitudinali paralelle e molto lunghe, e le trasversali più o meno oblique e corte, le une e le altre del tutto piane. Questa forma si mantiene anche nella base della lamina cotiledo- 1885, t. 32. p. 229), il quale, fra l’altro, ripete molte delle cose da me esposte nelle note sopra citate. Al Leclere, come del resto a parecchi altri, non vennero le dette note a conoscenza, per quanto dopo averle pubblicate negli Atti dell’Accad. dei Lincei, e riprodotte negli Annali della Stazione Chimico-agraria di Roma, 1882 (fase. 9) la prima sia stata tradotta in francese dal Pelletan e stampata nel Journal de Micro- graphie, sivième année, Parigi 1882; e negli Archives italiennes de Biologie di Mosso ed Emery, 1 De Bary, Vergleich. Anat., pag. 33. nare, ove costituisconsi tre fascie di tali cellule orientate in senso lon- gitudinale, fascie o zone che salgono alquanto nella lamina, ricoprendo i tre grossi fasci libro-legnosi che vengono dal picciuolo (fig. 1, tav. II). Di mano in mano che ci si allontana dal picciuolo, le pareti late- rali e longitudinali delle cellule epidermiche di queste tre fascie si fanno leggermente sinuose, indi la sinuosità cresce, le cellule divengono più corte, più larghe, e si incurvano anche le pareti trasversali, sino a che le cellule pigliano il tipo decisamente sinuoso ad angoli curvi che si incastrano gli uni negli altri (fig. 4, tav. II), tipo che mantiensi per tutta la lamina cotiledonare. Ciò per la pagina inferiore; sulla supe- riore si ripete presso a poco la stessa disposizione, solo qui la forma quadrangolare e piana delle cellule basali è meno decisa, cessa prima; e più presto le cellule epidermiche si allargano e divengono sinuose. Il tipo quindi delle cellule epidermiche dei cotiledoni è sinuoso, anche, contrariamente a quanto di solito avviene nelle lamine fogliari, sopra i fasci libro-legnosi, in corrispondenza ai quali l'epidermide non si modifica punto, ad eccezione delle tre striscie basali delle quali si è sopra parlato. La pagina inferiore dei cotiledoni è disseminata di stomi, ma, sin dove si estendono le cellule a pareti radiali piane, gli stomi non ap- paiono; essi incominciano colle cellule sinuose, a partire cioè dai due angoli acuti che si insinuano fra le tre zone salienti che ricoprono i tre rami dei fasci libro-legnosi. La parete tangenziale esterna è alquanto più grossa nelle cellule epidermiche a pareti radiali piane, che in quelle a pareti sinuose. Nelle foglie orizzontali (1° stadio) le cellule epidermiche, quando si formano, hanno le pareti laterali piane (fig. 3, tav. II), ma coll’al- largarsi della foglia queste cellule, di mano in mano che dallo stato di segmentazione entrano in quelle di distensione, si fanno sinuose, benchè non mai come quelle dei cotiledoni (fig. 5, tav. II). Questo secondo stato è seguito da un terzo, il definitivo, quello che trovasi nelle foglie vec- chie, ove le dette cellule tendono di nuovo ad appianare le loro pareti radiali (fig. 6, tav. II). In questo ultimo stadio però le dette pareti, anche se piane, sono alquanto rugose specie all'apice fogliare, come se avessero subito un ispessimento non uniforme su tutta la loro super- ficie. Le cellule epidermiche inoltre non sono uguali nelle diverse zone della foglia; verso l’apice sono quasi sempre più ondulate che verso la base e ciò anche in foglie vecchie, ove il meristema secondario ha completamente cessato di funzionare. Una differenza si nota anche fra le due pagine della stessa foglia, dappoichè nella superiore si manifesta maggiore tendenza alla sinuosità che non nell’inferiore, così che in questa — 64 = ultima spesso le dette pareti riescono, coll’ invecchiare della foglia, a ridivenire del tutto piane. Nella pagina inferiore inoltre le cellule epi- dermiche sono generalmente più piccole (viste di fronte) di quelle della pagina superiore. In tutte e tre le nostre specie di foglie le cellule epidermiche non seguono alcuna speciale orientazione, solo nelle foglie comuni, tanto orizzontali che verticali, esse, in corrispondenza ai fasci libro-legnosi, si allungano nella direzione dei fasci, formando zone di epidermide bene distinte, prive di stomi e composte di serie di cellule allun- gate e paralelle, in numero più o meno grande a seconda dell’impor- tanza del fascio che ricoprono. Tale disposizione si mantiene sino alle ultime ramificazioni dei fasci sulle quali riduconsi persino ad una sola serie. In queste striscie di cellule epidermiche sovrastanti ai fasci li- bro-legnosi sembra talora che siano contenuti degli sfero-cristalli, ma un esame attento dimostra che i detti cristalli trovansi sempre nel tes- suto collenchimatoso sottostante. Anche quando la cellula cristallifera pare proprio epidermica, nel fatto non lo è, trattasi semplicemente di forte sviluppo di una cellula ipodermica, la quale si incunea e schiaccia le contigue epidermiche sino a farle quasi scomparire. Grandezza delle cellule epidermiche. — Le cellule epidermiche rag- giungono dimensioni massime (sempre di fronte) nei cotiledoni, minime nelle foglie orizzontali (1° stadio), medie nelle foglie verticali (2° stadio), nei primi esse sono addirittura parecchie volte più grandi che nelle seconde. Ora si potrebbe chiedere: per quale ragione tale differenza fra la forma delle cellule epidermiche dei cotiledoni e quella delle altre due specie di foglie? le cellule a contorno sinuoso dei cotiledoni sono forse meno robuste di quelle a contorno piano delle foglie dell’albero ? Questo non parrebbe, poichè, come giustamente osservarono pei primi Ambronn* ed Harberlandt ?, l’ondulazione delle pareti radiali nelle cellule epidermiche deve non diminuire ma accrescere la resistenza dell'epidermide, tanto alla rottura per stiramento quanto allo schiaccia- mento delle sue cellule, schiacciamento che una troppo forte evapo- razione potrebbe causare. Le ondulazioni infatti aumentano la superficie di contatto delle cellule fra loro, i molti angoli sporgenti e rientranti vicendevolmente le incastrano; e gli spigoli che sporgono entro i vani cellulari operano quasi come sostegni, per impedire la collabescenza 1 Awronn, Veber Poren in den Aussenwinden von Epidermiszellen. (Pring- sheim’s Jahrb., vol. XIV, pag. 82. ? HaserLAnDT, Physiologische Pflanzenanatomie. Leipzig, 1884, pag. 72. — 60 — delle pareti tangenziali opposte e lo schiacciamento quindi delle cel- lule stesse. Tutto questo però male si accorda colla natura delle nostre foglie, giacchè i cotiledoni, in confronto delle foglie ampie e sempre verdi del- l'albero, sono organi di limitatissima superficie e di corta vita e quindi non possono essere esposti, nè durante nè dopo il loro sviluppo, a forti stiramenti, maggiori di quelli cui soggiacciono le altre foglie. Nemmeno devono essere sottoposti a maggiore evaporazione, perchè vivono vicini a terra, in un'atmosfera molto più umida di quella nella quale trovansi le foglie della pianta adulta. Inoltre, le foglie dell'albero si sviluppano rapidamente, quindi durante lo sviluppo debbono sottostare a forte tra- spirazione, maggiore, anche per tale ragione, di quella dei cotiledoni. A spiegare tale differenza di forma non rimane, a mio avviso, che la grandezza delle cellule epidermiche dei cotiledoni, la quale è molto forte se si confronta con quella delle cellule delle altre due specie di foglie. A questo devesi forse aggiungere la mancanza nei cotiledoni d'ogni mezzo di difesa contro una troppo forte traspirazione, dei quali mezzi invece, come vedremo più oltre, non sono prive le foglie del- l'albero. Pareti tangenziali esterne, cutinizzazione. — Nei cotiledoni le pa- reti tangenziali esterne delle cellule dell’epidermide sono discretamente grosse, raggiungendo uno spessore di quasi 3 1; nelle foglie di 1° stadio questo spessore si raddoppia, e si quintuplica in quella di 2° stadio, toccando i 16 v, come può scorgersi esaminando le fig. 3, 4, 5 della tav. XV, le fig. 4 a 9 della tav. III, e meglio ancora i dati consegnati nello specchietto che segue, i quali rappresentano la media di diverse misure fatte tutte su foglie (a metà della loro lunghezza) di piante cre- sciute in Roma. s CI A = CI R 9 LS a CS CI a = —- — Prà = Ci x ei (en D Ce) 10 Dosi [sa = Dal _ Da nei n se n È s R 9 = = 5 È S| n R r R Co) d R=; 5 5 (>) Lo) z 2 ty r ES r z i rR r Or A bal ° (23 RI R R S - x (3 R Me (LI St (se) 29 © 2 co (1°) PI) (Ce) = _ _ Lon _ s ont alert labe saturi R MENSA e] = si ni = = T n 3 a CO gi D . ® o ® c ® . COM = Mia 5 a] Ut] u=] u=] =] U=i LAT SE A è . CS) . è © 3 . 3 Se S So S SIMO ReASaia 5 2 = = SE Sa B= n SE = | Ss a s E d Fe = E S &_m [al [SI e) & = = # © ® . ® . DS D ® 5 O a Ca id a ei = la= L=) =) ss == e ] [oi |> è Zi d © (3) o ® ° O (3) È (Di v ® n 2 © » 5 » _ _- +“ +» » (o) “- Uzi bel n n m n m mn mn n tai & 3) C°) ° d © im (5) A (5) e © Fd È cs DI ® 2 No ZA O TA e E IR e CO DN E Ea Sipa Glaga DE a Bla, rag eo LE, SR ld @ tei . è ta LE È 9 IS e E 9 RMS è (3 SU 2 NE (= (ROSI [Ri au 2g a (o) s [el © ® bal v g Spi e O eV Sia ® è © S ®© O ®© TORA DI © 5 SEL lai Taisen Adlize S paghte) TR Re SR IRE ® ® iS 2 ® sN PZ = | Cato di Da LIS] 2 è 4 _ P Ss e 3a ORA AMS GE eos i Sa = n {eli} n ER n > n ho A D n [o nm (3) n D n (o n (o mn oi n 3 n (a mn (>) (A) [=| ® dd DL d d @ o => D Ss o 2 {nni 2 2 2 [A (2a) fe] n (dp) ep] (v2) n UI) (00) n | ( | Foglie di 1° stadio \ Foglie di 2° stadio! Cotiledoni i In foglie verticali (2° stadio) di alberetti dell'orto botanico di Pavia, cioè di un luogo più settentrionale, più freddo e più nebbioso di Roma, si rinvenne invece, che la parete epidermica esterna (sempre a metà foglia) misurava nella pagina infe- riore 11 !/, g di spessore e nella superiore 13 4, cioè da 2 a 3 2 meno che nelle foglie di Roma; pari restando la cutinizzazione che qui pure estendevasi a quasi tutto lo spessore. È un esempio istruttivo dell'influenza degli agenti esterni; rimarrebbe però da studiare con esattezza a quali di essi specialmente tale fenomeno sia dovuto; giac- chè Pavia è non solo un luogo più freddo, ma anche più umido e che gode, specie in causa delle nebbie, in Roma quasi sconosciute, di una minor somma di luce solare. Forse tutti e 3 questi fattori, cioè tanto la diminuzione del calore e della luce che l'aumento della umidità, agiscono nello stesso senso; rimane però a provarlo ed a de- terminare la parte di ciascuno. == Donde si vede che nei cotiledoni le pareti tangenziali esterne hanno presso a poco lo stesso spessore su ambo le pagine, mentre nelle foglie tanto di 1° che di 2° stadio esse nella pagina superiore sono più grosse che nell’inferiore. Inoltre questo spessore si accresce in cor- rispondenza delle nervature tanto nelle foglie orizzontali che nelle ver- ticali, ma molto più nelle prime, ove da 5 p sale a 11 p., cioè diviene più che doppio, così che si costituisce per entro la membrana esterna dell'epidermide un vero reticolo d’ ispessimento, mentre nelle seconde da 15 p va a 18v, cioè cresce appena di ‘!/,. L'aumento di spessore incomincia presso a poco ove ha principio il collenchima della nerva- tura, cioè nei punti segnati % 7% nelle fig. 1 e 2, tav. XVII. Nei cotiledoni inoltre, la cutinizzazione forma uno strato sottilis- simo che in media non arriva ad !/, di spessore, cioè è meno di !|, della grossezza dell'intera parete, la quale per tutto il rimanente ri- sulta di cellulosa pura, priva di strati cutinizzati. Nelle foglie di 1° stadio la cuticola (fig. 4, tav. XV) è bensi più forte che nei cotiledoni, ma pur sempre relativamente sottile, giacchè arriva appena a toccare 1 Lv sopra uno spessore complessivo della pa- rete di 5 a 6 &; la cutinizzazione si mantiene quindi nella stessa pro- porzione che nei cotiledoni, cioè di circa !/, della grossezza della pa- rete; nè vi sono strati cutinizzati. Notevole però si è che, mentre nella lamina di queste foglie la cutinizzazione è così sottile, essa diventa invece fortissima in corrispondenza delle nervature, sì da salire da !/, a "|, dello spessore totale della parete stessa (8 p di cutina su 11 w di membrana, alla metà della nervatura mediana), e questo tanto sulla pagina inferiore che sulla superiore; come può scorgersi nelle fig. 2 e 4 della tav. XVII, ove Je porzioni cutinizzate % X furono rappresentate tratteggiate. Nelle foglie orizzontali mancano pure, come nei cotiledoni, gli strati cutinizzati, ottenendosi netta, sotto la cuticola, per tutto lo spessore della parete, la reazione della cellulosa. Nelle foglie di 2° stadio infine, non solo si hanno le pareti tan- genziali esterne molto grosse, tali che raggiungono 16 p in media (a metà della foglia e per la pagina superiore) e persino 18 L (in corri. spondenza della nervatura mediana), ma, quel che è più, questa parete è tutta, o quasi, cutinizzata, giacchè solo uno strato sottilissimo, che spesso nemmeno si può rilevare coi reagenti, rimanvi di cellulosa pura verso l’interno della cellula. Di più, in queste foglie verticali la cuti- nizzazione si estende anche alle pareti radiali entro le quali, come ve- desi nella fig. 5, tav. XV, formansi forti e profondi listelli cuneiformi d cutinizzati, che scendono fin oltre alla metà delle pareti stesse. In corrispondenza alle nervature, la cutinizzazione in queste foglie verti- cali raggiunge le stesse proporzioni che nel rimanente della lamina, = Gg cioè si estende ivi pure a quasi tutto lo spessore della parete, solo di poco più grossa ('/,) che nel resto della foglia. Cera. — Sopra i cotiledoni non ho rinvenuto cera; debbo però av- vertire che quando ho fatto queste osservazioni non avevo a disposi- zione che materiale conservato da lungo tempo in alcool. Sulle foglie di 2° stadio (verticali) o non si trova cera o solo in piccolissima quantità, ed in questo caso essa non assume forma ben definita; presentasi in mucchietti di granellini più o meno elissoidali che rammentano quasi dei minuti protococchi. Le foglie di 1° stadio (orizzontali) invece sono ricoperte da uno strato piuttosto forte di sostanza cerosa (fig. 4, tav. XV), tanto nella pagina superiore che nell’inferiore; su quest’ultima però più ab- bondante. È a tale sostanza che queste foglie debbono il loro colore lesgermente glauco. Questa materia cerosa ricopre tutta la lamina fo- gliare di uno strato continuo disseminato di acervuletti rilevati, come vedesi nella fig. 4, tav. XV. Gli acervuletti constano di bastoncini più o meno nettamente distinti, che sorgono dritti o leggermente curvi in diverse direzioni; essi sono talvolta a superficie liscia e continua, tal altra a coroncina come se risultassero dalla riunione di tanti eranel- lini distinti e minutissimi. Lo strato continuo è formato di una massa di materia di forma non ben distinguibile, nella quale si scorgono gra- nellini piccolissimi, più o meno elissoidali ed altresì estremità di ba- stoncini !. Anche nelle foglie di forma intermedia fra quelle di 1° e 2° stadio spesso trovansi di queste incrostazioni cerose, benchè più leg- giere. Questi rivestimenti cerosi costituiscono un mezzo di difesa specie contro una troppo rapida traspirazione e lo Tschirch, che ha determi- nato sperimentalmente la perdita in peso dovuta alla traspirazione in foglie liberate dalla cera ed in foglie lasciate intatte, ha trovato una differenza notevole. Conclusioni. — Riassumendo: 1.° nei cotiledoni le pareti laterali delle cellule epidermiche sono sinuose e fortemente incastrantisi; nelle foglie di 1° e 2° stadio invece sono piane o quasi, ad angoli non rientranti. Nelle foglie oriz- zontali inoltre una differenza si nota anche fra le cellule delle due pa- gine della medesima foglia; 2.° nei cotiledoni le cellule epidermiche sono molto più grandi che nelle altre foglie; le più piccole appartengono alle foglie vriz- zontali; ! Il Van Tircarx (Traité de Botanique, 2* ediz., pag. 72) dice, che nell’Eucalyptus la cera è: en petits amas irreguliers. — 69 — 3.° nelle foglie tanto orizzontali che verticali le cellule epider- miche in corrispondenza ai fasci libro-legnosi assumono forma allun- gata; non così nei cotiledoni, nei quali anche in corrispondenza dei fasci conduttori punto si modificano; 4.° nei cotiledoni e nelle foglie orizzontali, le pareti esterne delle cellule epidermiche sono molto sottili in confronto delle pareti corrispondenti delle foglie verticali; 5.° la cuticola pure, tanto nei cotiledoni che nelle foglie orizzon- tali, è sottilissima e nemmeno susseguita da strati cutinizzati, mentre nelle foglie verticali essa si estende pressochè a tutta la grossa parete esterna, la quale per di più è rinforzata da una fitta rete interna di listelli radiali pure cutinizzati; 6.° nelle foglie orizzontali le dette pareti e la relativa cutinizza- zione si ingrossano in corrispondenza dei fasci libro-legnosi così che for- masi a maggior sostegno della debole membrana come una esterna intelaia- tura parietale a larghe maglie, la quale ricopre e rinforza la rete dei fasci libro-legnosi, di cui diminuisce forse anche la traspirazione. In altre parole, il mesofillo è come racchiuso entro un mantello epidermico, for- tissimo nelle foglie verticali e molto sottile nelle orizzontali, però in queste rinforzato da ricca e robusta intelaiatura a rete; 7.° per converso, mentre le foglie verticali sono pressochè nude di materia cerosa, le orizzontali, sottili e semierbacee, ne sono ricoperte di un grosso strato continuo disseminato di acervuletti di bastoncini per proteggerle da troppo rapida evaporazione. Nell’epidermide delle foglie verticali quindi: massimo sviluppo, e su tutta la superficie, di funzione meccanica e di difesa contro la traspirazione; nell’epidermide delle foglie orizzontali invece, funzione meccanica minima raccolta sopra una rete di ispessimenti in corrispondenza alle nervature, con un correttivo però di forte cerificazione a difesa di troppo rapida evaporazione. STOMI. Cotiledoni. — Nelle foglie seminali gli stomi si trovano unicamente sulla pagina inferiore, il che però non va inteso in modo assoluto, poi- chè qualcuno, rarissimo, rinviensi anche sulla pagina superiore, ma in numero così piccolo da potersi trascurare !. 1 L'HaserLanpT (Physiologische Pflanzenanatomie, pag. 313) dice, che i cotile- doni di parecchie specie, i quali abbandonando il terreno divengono le prime foglie della giovine pianta, posseggono stomi principalmente sulla pagina superiore; e ritiene che ciò avvenga perchè la superficie della pagina inferiore in questo stadio di svi- — 70 — Dall'esame di parecchi cotiledoni ho ottenuto, che in media sulla pagina inferiore si hanno 65 stomi per millimetro quadrato, e sulla su- periore un numero così esiguo da non permettere alcuna media. Sul lato inferiore del picciuolo non vi sono stomi, solo sui fianchi se ne trova qualcuno; priva di stomi è pure la base della lamina fo- gliare (parte vicina al picciuolo), anche nella pagina inferiore, fino a quando dura la forma quadrangolare con pareti laterali più o meno piane nelle cellule epidermiche; gli stomi appaiono solo colle cellule epidermiche a pareti laterali sinuose, le quali, come si è detto, inco- minciano nei due angoli acuti formati alla base della lamina dalle ra- mificazioni dei fasci libro-legnosi che entrano nel picciuolo. Tutto il rimanente della pagina inferiore, che è a cellule epidermiche sinuose, ha stomi; quindi ve ne sono anche sopra i fasci libro-legnosi, il che non si avvera per le foglie vegetative della pianta; ciò è in stretto rapporto colla struttura del sottostante mesofillo, come vedremo più oltre. Nei cotiledoni gli stomi si formano nel seguente modo: ciascuna cellula epidermica destinata a dare origine ad uno stoma si divide in due parti, più o meno disuguali, per mezzo di un setto (fig. 2, tav. II) normale al piano della lamina fogliare, il quale va da una parete alla parete opposta della cellula madre. Una di queste due cellule prende di poi la forma delle cellule epidermiche, e l’altra diviene la cellula iniziale dello stoma. Questa ultima dapprima si accresce, poi dividesi in due, per mezzo di una parete più o meno paralella a quella che diede origine alla cellula iniziale e formansi così le due cellule stoma- tiche o di chiusura dello stoma, il quale assume, a sviluppo completo, la forma che vedesi nella fig. 4, tav. II. La figura 2, che rappresenta una porzione di epidermide di pagina inferiore di un cotiledone non per anco interamente uscito dalla buccia seminale, mostra chiaramente que- sto processo di formazione. La struttura degli stomi dei cotiledoni a completo sviluppo è ab- bastanza semplice. Le due cellule di chiusura dello stoma ingrossano fortemente le loro pareti nel modo indicato nella fig. 5, tav. III, e si sollevano alquanto sul piano della lamina fogliare. Esternamente, un vano a forma di piccolo imbuto elissoidico s, privo di labbro sporgente, luppo non sarebbe ancora sufficiente per sopperire, qualora gli stomi fossero limitati solo ad essa, alla forte traspirazione della pianta germinante. Ora a questa tendenza generale nei cotiledoni di produrre, secondo l’Haberlandt, stomi in maggior quantità sulla pagina superiore, si sottraggono interamente quelli dell’E. globulus, i quali, per di più, hanno un numero di stomi (sull'unità di superficie) piuttosto esiguo, inferiore a quello delle foglie successive. SSR o talora con un piccolissimo labbro appena accennato che lo delimita, precede l’ostiolo dello stoma e costituisce una specie di preostiolo. Alla parte interna dello stoma un vano simile p, non limitato da alcun lab- bro, ma semplicemente dagli orli delle cellule di chiusura, immette nella camera ipostomatica o aerifera c e forma il retro-ostiolo. Questa camera è in comunicazione coi larghi vani intercellulari, che, come vedesi nella detta fieura, trovansi nel mesofillo spugnoso della parte inferiore della lamina cotiledonare. Gli stomi non hanno tutti le stesse dimensioni, però sono sempre formati di cellule più piccole delle attigue epidermiche. Anco la forma non è costante benchè corrisponda ad un unico tipo, di un ovale al- lungato, irregolare, più o meno angoloso e con angoli arrotondati (fig. 4, tav. II). Foglie orizzontali o di I° stadio. — Anche queste foglie, come i cotiledoni, portano gli stomi solo sulla pagina inferiore, che ne è lette- ralmente disseminata. Qui pure qualche stoma rinviensi sulla pagina superiore, ma, benchè il numero sia maggiore di quello della corri- spondente pagina dei cotiledoni, pure, paragonato con quello degli stomi della pagina inferiore, risulta assolutamente insignificante. In una di queste foglie bene sviluppata si trovò, sulla pagina inferiore poco meno di un milione di stomi, mentre sulla pagina superiore non se ne rin- venne che qualche diecina. In media (4 foglie) trovai, per foglie di 1° stadio di mediano sviluppo, ed a ?/. dalla base, 162 stomi per mmq. sulla pagina inferiore, e nemmeno uno sulla pagina superiore ; e verso l'apice delle stesse foglie, sulla pagina inferiore 146 stomi per mmq. e sulla pa- gina superiore solo dieci. ! Nella fig. 4, tav. I, per esempio, che è di una fogliolina della lun- ghezza di 3 millimetri e mezzo, tolta da una pianta germinante, gli ovaletti scuri rappresentano tutti gli stomi che si trovavano sulla sua pagina superiore; sono 20, e sono forse gli unici che su questa pagina si svilupperanno. Anche i rari stomi che si producono sulla pagina supe- 1 Da numerose ricerche che ho fatto eseguire nel mio laboratorio dall’egregic giovane signor dott. A. Bertolini in diverse piante (Sempervivum tectorum L., Sedum Telephium I., Echeveria metallica Nutt., ecc.) sulla distribuzione degli stomi nelle diverse parti di una foglia, risultò che anche in queste piante detti organi non sono punto sparsi in modo uniforme, e ciò tanto per la pagina superiore che per l’inferiore. Nella re- gione mediana esiste sempre un numero di stomi maggiore che nelle regioni estreme, apice e base, ed in quello, di solito, più che in questa. In ciò forse una delle ragioni del disaccordo per le medie trovate nel numero di stomi per unità di superficie per foglie della stessa specie, da diversi osservatori, i quali, in genere, nelle loro ricerche non tennero conto di questa non nniforme distribuzione. n E riore non sono uniformemente disseminati, ma formansi solo nella re- gione anteriore della lamina, scomparendo però, o quasi, in prossimità del- l’apice (fig. 4, tav. I); solo per eccezione qualche rarissimo stoma si può rinvenire anche verso la base. Queste foglie non corrispondono quindi, per rispetto agli stomi, al tipo delle foglie piane, orizzontali, bifaciali ed erbacee, le quali hanno stomi su ambo le pagine !, ma invece al tipo delle foglie piane, orizzontali e semierbacee; e per tali in realtà deb- bonsi ritenere, come vedremo più oltre. La stessa foglietta della fig. 4, tav. I, aveva invece la pagina inferiore disseminata di stomi, i quali co- minciavano molto in basso (non tanto però quanto le glandole) e si estendevano in alto sin verso l’apice. In queste foglie, a differenza delle cotiledonali, gli stomi non si formano mai nell’epidermide che corrisponde alle nervature. Queste, che, come fu detto, sono sempre ricoperte da cellule epidermiche allun- gate nel senso dell'asse delle nervature stesse, sono prive di qualunque apertura stomatica. Solo sulle sottili estremità delle ultime diramazioni dei fasci vascolari ove, come vedremo più oltre, cessano anche i così detti cuscinetti collenchimatosi, si rinviene talora qualche raro stoma. Ciò dimostra la stretta relazione che corre fra gli stomi ed il sotto- stante tessuto, dappoichè quelli vengono meno ove questo si fa compatto ed assume funzione prevalentemente meccanica. Il modo di generazione degli stomi delle foglie di primo stadio è alquanto dissimile da quello degli stomi dei cotiledoni. Provengono pure da una cellula epidermica che dividesi in due, ma per mezzo di una parete curva che generalmente si forma in modo da toccare due delle pareti radiali contigue della cellula madre e non due pareti opposte, come nei cotiledoni. Si separa così una specie di triangolo o meglio di prisma triangolare che diviene, senz’altra segmentazione, la cellula iniziale dello stoma. Questa cellula iniziale cresce rapidamente, tutte e tre le sue pareti normali al piano fogliare si fanno curvilinee, il triangolo si arro- tonda e di poi si segmenta in due, dando luogo alla formazione delle cellule stomatiche o di chiusura ?. 1 KareLstscHIKorr, Veber die Vertheilung der spaltòffnungen auf der Blitter (Bul- letin de la Soc, hyst. nat. de Moscou, 1866). Morren E. Détermination des stomates de quelques végetaua (Bulletin de VAcad. de Bruxelles, T. 16, 1864). Vedi De Bary, Vergl. Anat., pag. 32. ? Si trovano talora degli stomi rimasti incompiuti, cioè degli stomi nei quali solo una delle cellule stomatiche si sviluppa; questa si wede, spesso, col suo mezzo ostiolo aperto, confinare con una cellula epidermica comune. Se, come e sino a quando, tali mezzi stomi funzionino, non saprei dire; certo si è che nelle foglie molto giovani in via di sviluppo, queste cellule stomatiche isolate sono piene di granelli d’amido, precisamente come quelle degli stomi perfetti. Gli stomi delle foglie di primo stadio, visti di fronte, hanno (fig. 6, tav. II) forma più regolare di quelli dei cotiledoni, sono meno angolosi, meno oblunghi e più rotondeggianti. La fig. 3, tav. II, che rappresenta un brano d’epidermide tolto dalla pagina inferiore di una fogliolina della lunghezza di pochi milli- metri, mostra chiaramente il loro processo di generazione. La parete più o meno curva che vedesi in « separa il segmento triangolare che di- venta cellula iniziale dello stoma, e la porzione rimanente diviene cel- lula epidermica comune. Nella detta figura vedonsi in a, 5, e, d gli stadii successivi di sviluppo di questi stomi che da prima, nelle foglie ancor giovani, assumono forma angolosa, simile a quella degli stomi dei cotiledoni, come vedesi nella fig. 5, tav. II, e di poi raggiungono la loro forma definitiva rappresentata nella fig. 6. Le figure 4 e 6, tav. III, rappresentano invece questi stomi in sezione normale al piano fogliare: l’una, secondo il loro asse minore; l’altra, secondo l’asse maggiore. Vedesi da esse come questi stomi posseggono un largo vestibolo od anticamera v in gran parte scavato nella grossa parete esterna della epidermide, inferiormente limitato dall’ostiolo e superiormente da una sporgenza labbriforme / che corre lungo l’orlo dell'apertura stomatica. Il retrostiolo p, più o meno a forma d’imbuto schiacciato, conduce in una larga camera pneumatofora c che si apre in mezzo al tessuto a pseudo- palizzata il quale, come diremo più oltre, trovasi spesso contro la pagina inferiore delle foglie di primo stadio. Questi stomi in generale e contrariamente a quanto dice il Magnus ! non si innalzano sul piano della foglia e sono, a sviluppo completo, più grandi delle cellule epidermiche (fig. 6, tav. II) e, come al solito, con- tengono amido. Ordine di formazione degli stomi nelle foglie orizzontali. — Per istu- diare l'ordine di formazione degli stomi nei lembi delle foglie, ho inco- minciato a cercare questi organi nelle fogliette più interne delle gemme, passando gradatamente alle più esterne, sino a quelle del tutto svi- luppate e distese; i resultati così ottenuti ho controllato di poi con processo inverso, cioè iniziando le ricerche nelle fogliette di già aperte e distese cogli stomi perfettamente sviluppati e proseguendole sino sopra le più giovani ed assili della gemma. Espongo, come esempio, quanto ho trovato nelle ultime foglioline di uno dei rami esaminati a foglie orizzontali in via di rapido sviluppo, avvertendo che tali osservazioni ripetute su altri rami e su piantine da seme diedero presso a poco gli stessi resultati. 1 Magnus, Bot. Zeitung 1816, pag. 311. Arch. Critt. II 8 = a) Nelle foglioline dei primi verticilli interni della gemma non ho trovato alcuno stoma; i primi inizii di questi organi li rinvenni su fogliette lunghe 10 mm. appartenenti al terzo ultimo verticillo periferico della gemma. 5) Nel lembo delle foglie del verticillo successivo (il penultimo della gemma) lungo 15 mm. trovai qualche raro stoma, relativamente grande e bene sviluppato, tanto alla base che a metà ed all’apice della fogliolina; alla base rarissimi, da contarsi sulle dita, all’apice meno rari e più grandi. c) Nelle fogliette, lunghe 22 mm., del verticillo successivo (l’ul- timo della gemma) le cose erano cambiate di poco; gli stomi vedevansi ancora rarissimi, grandi, rotondi, bene sviluppati, per Ja maggior parte aperti. d) Nei lembi, lunghi 32 mm. con 11 mm. di larghezza massima, del verticillo successivo (il primo colle foglie staccate dalla gemma e distese), gli stomi aumentano alquanto di numero tanto alla base che a metà ed all'apice della foglia. Qua e là in mezzo ai già formati se ne veggono di quelli in via di formazione, in quantità maggiore all’apice, meno verso la base; in complesso però il loro numero è assai scarso. e) Nel verticillo più basso, che ha fogliette con lembo lungo 45 mm. e largo 20 mm. e rametti alle ascelle, gli stomi, tanto verso la base che verso l’apice, sono ancora rari, presso a poco come nel verticillo pre- cedente o con leggero aumento, specie verso l’apice. Nella regione me- diana (fra la metà ed i /; della lunghezza della foglia) invece è inco- minciata una nuova formazione di stomi; questi organi veggonsi ivi sorgere fitti fitti, a migliaia, quasi tutti appena iniziati, i più colla parete di segmentazione non del tutto ancora formata; sparsi in mezzo ad essi veggonsi i rari stomi grandi dello stadio delle foglie del ver- ticillo precedente. f) Finalmente nel verticillo susseguente con foglie lunghe 65 mm. e larghe 28 mm. la formazione di questi nuovi stomi si estende a tutta la pagina, tanto alla base che all’apice. Ovunque si veggono i rari stomi primitivi e grandi e, fra questi, frequentissimi i nuovi; alcuni di già molto sviluppati ed altri in tutte le gradazioni di sviluppo sino a quelli tuttora allo stato di cellula iniziale: Alla base ed all’apice sono meno fitti che nella regione mediana; però qui pure sono numerosissimi, molto più che non lo fossero nelle foglie del verticillo precedente. Dal che si deduce che nelle foglie orizzontali gli stomi si diffe- renziano tardi, e, per di più, non tutti ad un tempo, ma sibbene in modo da presentare due fasi distinte di formazione. Nella prima fase (che pel ramo preso ad esempio terminava nelle foglie del verticillo d, di già uscite dalla gemma) gli stomi che si organizzano sono rari e sparsi su tutta la pagina fogliare, rarissimi alla base, alquanto più nu- merosi all'apice, aumentano di numero con processo lento che si estende a tutta la pagina, e divengono presto assai grandi; la seconda fase, che incomincia molto più tardi (pel nostro ramo, nelle foglie e del secondo verticillo uscito dalla gemma), è quella che fornisce la grande maggio- ranza degli stomi della foglia; questi formansi con processo rapidissimo, il quale, a quanto pare, si inizia nella regione mediana della foglia e rapidamente s’estende alle parti estreme, mantenendosi peraltro verso il mezzo più operoso e duraturo. Come è naturale, le dimensioni dei lembi fogliari, cui corrispondono î diversi stadii sopra indicati, non sono sempre costanti, anzi pos- sono oscillare di molto e dipendono dalle condizioni nelle quali si è sviluppato il ramo che si prende in esame. Se, per esempio, invece di rami di piante adulte si prendono a studiare estremità di piantine da seme, giovani, le dimensioni delle fogliette cui corrispondono gli stadii sopra descritti decrescono di molto, però il processo rimane lo stesso; anche qui la seconda fase di formazione si manifestò sempre nelle fo- gliette di già staccatesi dalla gemma, anzi quasi sempre in quelle del secondo verticillo libero. Il processo di formazione delle cellule stomatiche è quale venne sopra descritto tanto per gli stomi della prima, come per quelli della seconda fase. Foglie verticali o di secondo stadio. — In queste foglie coriacee e pendenti verticalmente dai rami, gli stomi trovansi tanto sulla pagina inferiore che sulla superiore, disseminati su ambedue abbondantemente !, benchè con qualche prevalenza sulla prima. Sulla pagina inferiore a ?/; circa dalla base della foglia ho con- tato in media 74 stomi per mmq. e sulla pagina superiore 54, ciò che dà 128 stomi in media per mmq. di lamina fogliare *, cioè un poco meno che nelle foglie di primo stadio ‘. Questi numeri, ben inteso, vanno presi solo come approssimativi e piuttosto come superiori che inferiori al vero, perchè a */, della lun- 1 Fu R. Beaux (Bermerkungen iber die Flora Australiens, in Vermischte Schrif- ten, p. 121) quegli che pel primo richiamò l’attenzione sulla verticalità delle foglie e delle parti incaricate delle funzioni fogliari negli Eucalipti e nelle Acacie australiane ed avvertì la presenza degli stomi su ambo le pagine. (Vedi A. GrIsepAacH, Die vege- tation d. Erde. t. 2, p. 215). ? L'Henmi (Beziehungen zwischen d. Stellung, d. Blitter 2. Licht, u. ihrem in- neren Bau) ha trovato che il numero degli stomi della pagina superiore sta a quello dell’inferiore come 56: 59 = 0,949; per noi invece viene 54: 74 = 0,724, ® Notisi però che, in causa della varia distribuzione delle glandole, il numero degli stomi oscilla di non poco. (o chezza della foglia la quantità degli stomi sull'unità di superficie è su- periore alla media della lamina. Anche qui le porzioni di epidermide che ricoprono i fasci libro- legnosi sono libere da stomi sino alle più minute ramificazioni, e priva di stomi è pure la epidermide che copre il cordone di tessuto collen- chimatoso il quale corre lungo l’orlo di tutta la foglia, il che pure con- tribuisce a rendere i numeri sopra riferiti superiori alla media reale. Il modo di generazione degli stomi in queste foglie non solo è di- verso da quello delle altre due specie di già esaminate, ma, per quel che ne consta, si distacca da quanto finora è stato osservato. Essi pro- vengono direttamente da una cellula epidermica la quale per intero, e senza preventiva segmentazione, si trasforma in stoma; in altri termini, la cellula figlia, così detta iniziale dello stoma, pare qui addirittura soppressa. Infatti iu tutte le piante finora studiate! lo stoma, per quanto vario e complicato nella sua genesi, non si è mai trovato che pro- venga dalla trasformazione di una intera cellula epidermica, bensì si è visto che alla sua formazione prende parte solo una porzione della cellula epidermica, porzione che una volta separata, o diviene diretta- mente la cellula madre dello stoma (da cui senz'altro formansi le sue cellule di chiusura, come nella ris, nell’ Hyacinthus, nelle Conifere, Cycas, ecc.), oppure costituisce una cellula che, prima di produrre quelle di chiusura, soggiace a muove e varie segmentazioni, per terminare però sempre colla formazione della cellula direttamente madre di quelle di chiusura, come in alcune Pteris, negli Equisetum, in diverse Labiate, Pa- pilionacee, Solanee, Crucifere, ecc., onde la così detta cellula 2rniziale non manca mai °. Nella fig. 1, tav. III, che rappresenta porzione di epidermide della pagina superiore di una foglietta giovanissima, vedesi chiaramente il processo di formazione di questi stomi. La cellula epidermica destinata a divenire madre di uno stoma, dopo riempitasi di plasma molto denso, cresce rapidamente e ben presto si fa maggiore delle circostanti, indi 1 Srraspurcer E., Lin Beitrag 2. Entwickelungsgeschichte d. Spaltòfnungen, con 8 tav. in Jahrb. v. Pringsheim, vol. V, pag. 296-343 (1866-67). ° De Bary, Vergl. Anat. p. 42-45. Il De Bary (p. 42) dice che di questa regola non sono note eccezioni che fra le anomalie e le deformazioni (Missbildungen). Il WaLpner (Ueder eigenth. Oeffnung. i. d. Oberhaut d. Blumenbl. v. Franciscea macrantha Pohl.) descrive, nella pagina superiore dei petali della Eranciscea ma- crantha Pohl., delle aperture che si formano dal semplice discostarsi di cellule epi- dermiche comuni, ma tali aperture sono immobili, non funzionano come gli stomi e non possono quindi per tali ritenersi (vedi HarseRLANDT Phys. Pflanzenanat, p. 303); del resto queste provengono non da una, ma da più cellule epidermiche. = 77 dividesi in due parti uguali con parete radiale mediana disposta se- condo l’asse maggiore della cellula stessa, per dar luogo alla forma- zione delle cellule di chiusura dello stoma. Nel preparato dal quale fu tolta la detta figura non scorgevasi an- cora nella cellula « alcuna traccia di segmentazione, mentre nella 4 incominciava ad apparire l’inizio della parete di separazione delle cel- lule di chiusura, in ec questa parete già si scindeva per dar luogo alla formazione dell’ apertura stomatica, ed in 4 lo stoma era quasi com- pleto. Identico processo si ha per gli stomi della pagina inferiore !. A perfetto sviluppo gli stomi di queste foglie, al contrario di quanto comunemente rinviensi?, sono molto più grandi delle cellule epidermiche, ed altresì sono molto più grandi degli stomi delle foglie orizzontali (di primo stadio); infatti si ha, in media, per foglie di: mm. mm. 1.° stadio, diametro maggiore dello stoma da 0,04 a 0,06 2,9 0,08 a 0,10 Questi stomi visti di fronte, fig. 2 e 3, tav. III, sono anche più rotondeggianti di quelli delle foglie di 1.° stadio e presentano all’esterno una larga anticamera o vestibolo (v. fig. 7, 8, 9, tav. IIT) ne] quale si trovano dei granelli (cera?), talora anche dei fungilli, ecc., vestibolo che è scavato per intero nella grossezza della parete esterna della epidermide. Un labbro « discretamente sviluppato corre attorno all’orlo del vestibolo stesso ed in parte lo ricopre, ed un solco s imbutiforme precede la bocca d’apertura dello stoma. All’interno un retrostiolo p si apre nella camera respiratoria e stretta, di solito, e quasi sempre di forma irregolare. Il Magnus ® afferma che la camera respiratoria non si estende al di là del primo strato di cellule a palizzata; io invece ho trovato che essa non di rado si addentra sino oltre al 2.° e 3.° strato. È degno di nota che ben di frequente entro la camera respiratoria di queste foglie si trovano alcune delle cellule del circostante tessuto a palizzata, le quali hanno assunto forma e funzione speciali, come può scorgersi esaminando le figure 1 e 2 della tav. XVI ed anche la fig. 8 della tav. III. Veggonsi infatti alcune cellule del tessuto a palizzata sporgere entro la camera aerifera e dar luogo, a quanto sembra, alla formazione di cellule nuove, delle quali una (a fig. 1 e 2, tav. XVI) si b>] ” »” » 1 Talora si rinvengono gruppi di due ed anche di più stomi perfettamente a con- tatto fra loro, così che le cellule stomatiche o di chiusura si sono, nei lati, reciproca- mente compresse ed appianate. ? De Bary, l. c. pag. 38. * Magnus, l. c. pag. 311. ENT QU fa specialmente notare perchè nella parte superiore si rigonfia, ingros- sando anche verso l'apice fortemente la parete, così che va ad incu- nearsi nel retrostiolo dello stoma, del quale assume più o meno la forma e, per così dire, lo riempie. Queste cellule non contengono clorofilla ma bensì abbondante plasma, finamente granuloso, con grosso nucleo e talora anche cristalli; il che evidentemente dimostra che esse com- piono tuttora una funzione attiva e che questa non è quella dell’ assi- milazione clorofilliana. Sembrerebbe quasi costituissero un congegno speciale, destinato a regolare la traspirazione ed il passaggio delle sostanze aeriformi attra- verso l'apertura stomatica. La cellula a ha tale forma che si adatta esattamente contro le pareti interne delle cellule stomatiche, in modo da poterne chiudere completamente il canale. Il vario spessore della sua parete parrebbe fatto per aiutare, col cambiarsi della turgescenza della cellula stessa, il giuoco di chiusura e di apertura del canale stoma- tico. Col crescere della turgescenza infatti, la cellula a si deve allargare ed accorciare, e di conseguenza il suo apice devesi abbassare aprendo il canale dello stoma, che durante la siccità forse rimane chiuso. Questo come ipotesi, lasciando ad ulteriori ricerche una più sicura spiegazione !. 1 Per quanto mi sappia, nulla di simile è stato finora altrove rinvenuto. Lo Tschirch invero (Anatomische Bau des Blattes von Kincia AustRALIS R. Br. in Verhandl. d. botanisch. Vereins d. Provinz. Brandenburg, 1882, p. 11, annata 23* ed anche: Veber einige Beziehungen d. anat. Baues d. assimilat. etc. pag. 144, fig. 18) negli stomi della Kngia australis e della Xantorrhoea hastile ha trovato che il fondo della ca- mera aerifera (gia) ed anche le pareti laterali (Xantorrhoea) sono tappezzate da una o da più cellule meccaniche più o meno stranamente bitorzolute, a pareti fortemente ingrossate, ed in comunicazione collo strato meccanico ipodermico di queste foglie, del quale sono (Xantorrhoea) come una continuazione. Queste cellule rimpiccioliscono il vano della camera ipostomatica, ed in parte ne chiudono o limitano le comunicazioni col sistema aerifero del tessuto assimilatore che ricoprono. Secondo Tschirch esse rappre- sentano cellule protettrici, che hanno per iscopo di rendere più difficile l’esalazione del vapore acqueo, e costituiscono una difesa contro troppo forte traspirazione del tessuto assimilatore (der Zweck dieser Verschlusseinrichtung liegt in einer Erschwerung der Exhalation von Wasserdampf, als Schutz gegen zu grosse Verdunstung der Assimi- lationsgewebes, pag. 13). È Qualche cosa di analogo se non di simile, descrivono anche lo Pfitzer ed il Wester- maier : lo Pfitzer (Beitrige cur Kenntniss der Hautgewebe der Pflazgen in Pringsheim's Jahrb., v. VII, pag 577) per gli stomi dell’ Elegia nuda e di alcune altre Restionacee, le cui camere aereifere sono addirittura rivestite di cellule meccaniche a pareti for- temente ingrossate, e verso l’ esterno anche cutinizzate; ed il Westermaier (Bestrdge zur Kenntniss des mechanischen Gewebesystems in Monatsbericht d. Konigl. Akad. zu Berlin 1881, pag. 61) per le camere o meglio, in questo caso, pei canali aeriferi ipostomatici dell'Erophorum alpinum, E. angustifolinm, E. vaginatum, ece., pure ri- vestiti di elementi meccanici. Che tali rivestimenti abbiano per iscopo unicamente di menomare l’esalazione del == Talora altresì trovansi camere aerifere quasi totalmente riempite di queste cellule più o meno allargate; come alcune volte si rinven- gono anche stomi colle cellule di chiusura più o meno atrofizzate. Le fig. 8 e 9, tav. III rappresentano uno stoma di foglia adulta in se- zione longitudinale e trasversale, e la fig. 7 ci dà la sezione trasver- sale di uno stoma di foglia giovane in via di sviluppo, ove la camera pneumatofora presentasi molto regolare. Le cellule di chiusura hanno pareti fortemente e variamente ingros- sate, rispondenti alla funzione dello stoma e, come vedesi nelle figure, esse sono alte presso a poco quanto le cellule epidermiche che le attor- niano. Amido (clorofilla) si trova nelle cellule di chiusura di tutte e tre le nostre specie di foglie, per altro nelle foglie vecchie di 2.° stadio esso è ridotto a minime tracce, che l’iodio scopre solo dopo trattamento preventivo con potassa ed ‘acido acetico; questo fatto, che indica per certo una diminuzione nell'attività delle cellule di chiusura, ha forse rapporto collo speciale apparato della camera aerifera, del quale si è sopra parlato? Ordine di formazione degli stomi nelle foglie verticali. — Il pro- cesso seguito per studiare l'ordine di formazione degli stomi nelle foglie orizzontali fu applicato anche alle foglie verticali; solo, in queste, le ri- cerche si dovettero estendere anche alla pagina superiore, sulla quale pure tali organi si formano. Riporto anche qui, come esempio, quanto l'esame delle foglie delle estremità di un ramo in via di sviluppo ha rivelato: a) Nelle prime giovanissime fogliette !, che costituivano la parte centrale della gemma, non ho trovato alcuno stoma; i primi inizii di questi organi apparvero in lembi di fogliette pur sempre piccolissime e racchiuse tuttora nella gemma, ma appartenenti a verticilli posti verso la periferia della gemma stessa. I primi stomi abbastanza sviluppati, vapore acqueo, come pensa lo Tschirch, oppure che, oltre a questa funzione, che diremo fisiologica, ne abbiamo altresì una meccanica, a quella in parte opposta, cioè intesa ad impedire lo schiacciamento della camera ipostomatica e la sospensione totale della rela- tiva traspirazione, come a me sembra probabile, non è il momento di discutere; qui importa solo di rilevare che tali strutture di stomi sono affatto dissimili da quanto si trova nelle foglie dell’Eucalyptus: quelle rappresentano congegni di difesa passiva, che si limitano a proteggere la cavità stomatica, a rivestire il tessuto assimilatore verso la camera respiratoria ed a diminuire le comunicazioni di questa col sistema aerifero dei sottoposti tessuti, mentre qui, nell’eucalipto, pare si abbia un organo, secondo ogni pro- babilità, dotato di una funzione attiva, che aiuta, o forse anche sostituisce (in qualche periodo della vita) le cellule stomatiche nella loro funzione di chiusura o di apertura dell'ostiolo. 1 La ricerca sulla formazione degli stomi fu limitata al lembo delle foglie, tra- senrando il picciuolo. n. = ma in piccolissimo numero, si manifestarono su fogliette il cui lembo aveva di già raggiunto da 8 a 10 mm. di lunghezza. 3) Nel lembo, lungo circa 14 mm., delle fogliette appartenenti al verticillo successivo, pur esso racchiuso tuttora nella gemma, rin- venni stomi su tutta la superficie della pagina inferiore, cioè tanto verso l'apice che verso la base e la metà della foglia. Alcuni erano di già grandi e bene sviluppati, rotondi ed aperti, altri in via di formazione. Sulla pagina superiore delle stesse fogliette nessun stoma ancora. c) Nel lembo, lungo 17 mm., delle fogliette (quasi opposte) del verticillo successivo, che chiudeva o ricopriva la gemma, trovai an- cora sulla pagina inferiore stomi sparsi su tutta la superficie, cioè dalla base all’apice, fatta eccezione delle porzioni estreme, tanto della base che dell’apice, ove o non ne rinvenni affatto o solo qualcuno ra- rissimo. Nella regione anteriore, cioè verso l’apice, erano più frequenti che verso la regione posteriore o basale. Anche qui alcuni mostravansi di già formati ed altri tuttora in via di formazione, ed i primi presen- tavansi rotondi, per lo più grandi e coll’ostiolo aperto. Tutti insieme erano ancora relativamente assai rari. La pagina superiore della foglia era tuttora priva di stomi. d) Nella foglietta immediatamente più esterna alla precedente, con lembo lungo 20 mm. e di già staccatasi dalla gemma, si vedevano nella pagina inferiore stomi analoghi ai precedenti, sparsi su tutta la superficie della pagina, alquanto più frequenti verso l’apice e più rari verso la base, tutti di già perfettamente sviluppati e nessuno più in via di formazione !; solo a metà o meglio verso i */, della lunghezza della foglia (partendo dalla base) questi stomi erano alquanto più pic- coli e meno sviluppati, mentre quelli verso l'apice erano alquanto più grandi dei rimanenti. Sulla pagina superiore incominciavano ad apparire i primi stomi, limitati alla regione apicale, pure rari ma di già grandi e bene svi- luppati. e) Nella foglietta inferiore o più vecchia, con lembo lungo 25 mm., le cose mantenevansi presso a poco nello stesso stato, solo nella pa- gina inferiore verso l’apice gli stomi si erano fatti più frequenti, poichè in mezzo ai grandi se ne scorgevano alcuni più piccoli, di nuova forma- zione; e sulla pagina superiore vedevansi stomi bene sviluppati sino a circa ?/, della lunghezza della foglia, partendo dall’ apice, e nessuno più nel rimanente della pagina. Anche qui verso l'apice erano più ! Qualche volta invece si trovano fogliette che nella regione apicale mostrano una seconda formazione di stomi, la quale sussegue immediatamente alla prima e li rende più fitti; le due formazioni però non sono ben separate e distinte, 22 GR grandi e scendendo si facevano più piccoli e meno differenziati. In questa foglia cessava la formazione, almeno per la pagina inferiore, degli stomi di prima fase, i quali incominciavano a formarsi nella regione apicale, e presto si estendevano a tutta la superficie della pagina; di- venivano rapidamente molto grandi, aumentavano lentamente in nu- mero e rimanevano relativamente assai rari. 7) Seguitando sullo stesso ramo, nella foglietta immediatamente inferiore, con lembo lungo 35 mm., non solo bene sviluppata e distesa; ma altresì con piccolo rametto all’ascella, si avvertiva nella pagina în- feriore l’inizio di una seconda produzione di stomi, poichè, in mezzo a quelli grandi e rari di già perfettamente sviluppati e descritti della fo- glia precedente, si vedeva apparirne dei nuovi: alcuni ancora allo stato di semplici e piccolissime cellule epidermiche piene di plasma densis- simo; altri, ove queste cellule ingrandite mostravano di già incominciata la formazione della parete di segmentazione delle cellule stomatiche. Di questi nuovi piccolissimi stomi in via di formazione se ne ve- devano tanto alla base che a metà ed anche più sopra sino a circa ‘/, della lunghezza della foglia. Solo l’ ultima regione apicale (circa !/, di foglia) ne era priva. Inoltre, nella zona posta fra la metà e i #/. della foglia (misurando dalla base), questi nuovi stomi erano più fitti e meno sviluppati che nel ri- manente della pagina. Nella pagina superiore non si avevano ancora stomi che nella re- gione anteriore per circa ?/, di lunghezza di foglia, contando dall’apice. g) Nella foglia inferiore successiva (più vecchia) dello stesso ramo, con lembo lungo 40 mm., pure con rametto all’ ascella in via di sviluppo, si vedevano nella pagina inferiore, al solito, i grandi, rari e perfetti stomi della prima formazione, sparsi su tutta la superficie della pagina, e fra questi, dalla base sino a */. e più della lunghezza della foglia, una miriade di nuovi stomi in via di formazione, in tutti gli stadii di sviluppo, da quelli appena iniziati a quelli pressochè compiuti. Anche in questa foglia nella regione fra la metà ed i */,, o poco più, della sua lunghezza i nuovi stomi sembravano più fitti ed erano in generale meno sviluppati che nel resto della pagina. Nella pagina superiore la formazione degli stomi si era estesa a tutta la superficie fogliare, cioè aveva invaso anche gli altri #/, della lamina, però il loro sviluppo era meno avanzato che nelle corrispondenti r e- gioni della pagina inferiore. Inoltre, mentre alla base di questa pagina superiore la maggior parte degli stomi aveva quasi raggiunto il loro completo sviluppo, verso la metà ed i #/, del lembo fogliare trovavansi questi organi tutti in via di formazione; i più anzi non mostravano ancora ben netta la parete di divisione delle cellule stomatiche. 182 Era in questa foglia quindi che la seconda formazione di stomi si faceva attivissima e raggiungeva il suo massimo; e questi stomi di se- conda formazione erano quasi compiuti nella pagina inferiore ed in via di compiersi nella superiore. E tanto nell’una che nell'altra pagina si aveva una regione mediana posta fra !/, e ®/, della lunghezza (dalla base), ove la differenziazione di questi secondi stomi era più attiva e si manteneva più a lungo. h) La foglia successiva, più bassa e più vecchia, con lembo lungo 60 mm. e con rametto bene sviluppato all’ascella, presentava sulla pagina inferiore, ambedue le dette specie di stomi perfettamente compiuti (cioè anche dei secondi nessuno più era in via di formazione); ambe le specie però erano ancora più o meno distinguibili, poichè su tutta la superficie della pagina se ne vedevano dei molto grandi, rotondi e rari (quelli di 12 formazione) sparsi in mezzo ad un grandissimo numero di altri, pure grandi ma tuttora un poco più piccoli dei precedenti e meno rotondi (quelli di 2% formazione). Sulla pagina superiore ogni formazione di stomi era pure terminata; questi presentavansi grandi e bene sviluppati su tutta la pagina; l’unica differenza da quelli della pagina inferiore consisteva nell’ essere essi più rari e più uniformi, come se fossero tutti d’una sola specie, tutti di una sola formazione. Queste osservazioni furono ripetute sopra le foglioline di parecchi rami e sempre con gli stessi risultati, salvo qualche rara eccezione. Come è naturale, anche qui le dimensioni dei lembi, corrispondenti ai diversi stadii descritti, subiscono oscillazioni da ramo a ramo, a seconda delle condizioni nelle quali questo si è sviluppato. Altrettanto va detto per le singole foglie di uno stesso ramo, poichè, come è noto, il loro sviluppo non è sempre lo stesso; così p. e., fra le foglie grandi se ne trovano talora di quelle che rimangono piccolissime (per il vario anda- mento delle stagioni); in queste i tessuti rapidamente si fanno definitivi ed allora anche le fasi di formazione degli stomi più o meno si mo- dificano e riescono meno distinte. Il modo poi di costituirsi dello stoma è identico tanto per quelli della 12 che della 2° fase, cioè sì gli uni che gli altri in queste foglie verticali traggono origine da una sola cellula epidermica, come venne più sopra descritto. Riassumendo si ha: 1.° che anche nelle foglie verticali gli stomi si formano relati- vamente molto tardi, ed inoltre dapprima sulla pagina inferiore e di poi nella superiore; 2.° che nella pagina inferiore si hanno due fasi di formazione di stomi: la prima ci fornisce stomi rari, che rapidamente si fanno grandi = 83 e rotondi, sparsi su tutta la superficie della pagina, più frequenti verso l'apice meno verso la base; la seconda, che incomincia più tardi e si compie quando le fogliette hanno di già raggiunto un discreto grado di sviluppo, è quella che ci dà la grande maggioranza degli stomi. Questa seconda fase nelle foglie verticali si arresta di solito a */, della lun- ghezza della foglia o poco sopra; ! 3.° che nella pagina superiore (eccetto forse l'apice) non si hanno che stomi di una sola specie, cioè di una sola fase di formazione; 4.° che tanto nella pagina inferiore che nella superiore si ha una zona mediana posta alquanto più in su della metà della lunghezza del lembo fogliare (di solito fra !/, e */,), nella quale la differenziazione degli stomi secondarii pare più precoce, più attiva e di più lunga durata. Se e quali relazioni esistono fra le dette due fasi di formazione degli stomi, ed il modo di formazione (apicale ed intercalare) del lembo fo- gliare e la differenziazione del mesofillo; se e quali rapporti vi possano essere fra queste due fasi colle condizioni nelle quali si trovano le gio- vani foglioline entro e fuori della gemma, tanto per rispetto alla traspi- razione, quanto in ordine alla diversa loro posizione di fronte alla sor- gente luminosa (raggi solari), è quanto mi riserbo di riferire in altra nota, se mi riescirà, come spero, di avere materiale adatto per compiere alcune ricerche in proposito, di già iniziate anche su qualche altra specie. Cutinizzazione nella camera respiratoria. — Nei cotiledoni la cuti- nizzazione si estende entro lo stoma, e sotto forma di straterello leg- gerissimo riveste non solo il retrostiolo ma anche tutta la superficie che guarda la camera aerifera della parete interna delle cellule epi- dermiche attigue alle due stomatiche. Questo straterello di cutina, di già sottilissimo nel retrostiolo, decresce di mano in mano che da questo si allontana, e cessa al limite d’incontro delle dette cellule attigue colle cellule ipodermiche. Sulle porzioni di pareti di queste ultime cellule, come in tutte le restanti pareti che limitano la camera respiratoria, non si ha cutinizzazione. Nelle foglie orizzontali (1.° stadio) avviene presso a poco come nei cotiledoni; la cuticola assottigliandosi entra nello stoma, riveste il retrostiolo e si spande sopra le pareti interne delle cellule epidermiche attigue, ma non al di là. Nelle foglie verticali (2.° stadio) invece, la cutinizzazione è molto più estesa e non solo si allarga sulle pareti interne delle cellule epi- dermiche che limitano la camera aerifera, ma scende anche sulle pareti 1 Gli stomi della regione apicale in queste foglie sembra si formino pure in due tempi, ma l'intervallo che li divide è così piccolo che le due fasi non si distinguono bene. Ad ogni modo in questa regione apicale tutti gli stomi sono di già differenziati quando in- cominciano quelli della 2* fase sul rimanente della pagina inferiore. — gd delle cellule ipodermiche e pare ricopra, sotto forma di sottile strato, tutte le pareti prospicienti la camera respiratoria. Inoltre qui trovansi cutinizzate anche le pareti delle cellule sporgenti e semilibere che for- mano quella specie di organo a tappo, che abbiamo sopra descritto, nella camera respiratoria di molti di questi stomi (fig. 8, tav. III e fix. 1 e 2, tav. XVI). La parete fortemente ispessita dell’ apice della cellula a tappo a di tale congegno è cutinizzata quasi per tutto il suo spessore, e si colora infatti in giallo intenso sotto l’azione del cloro- ioduro di zinco, mentre, come la rimanente cuticola della camera re- spiratoria, non dà la colorazione turchina coll’iodo e l'acido solforico, e resiste all’azione dell'acido solforico concentrato. * Era di già stato notato che gli stomi per rispetto alla forma ed al modo di generazione possono variare anche nelle foglie di specie molto vicine, come p. e. nelle Commeline ecc.,° ma qui, nell’Eucalyptus globulus, abbiamo un caso ove questo fenomeno si avvera nella stessa specie, nelle stesse foglie vegetative, appartenenti alla medesima pianta. Abbiamo visto che, sino a quando la foglia rimane colla sua la- mina orizzontale (cotiledoni e foglie di 1° stadio), gli stomi si formano solo sulla pagina inferiore, mentre quando essa si dispone in piano verticale appaiono indifferentemente, e pressochè in egual misura, tanto sulla pagina superiore che sull’inferiore; ora di questo fenomeno, della ripartizione degli stomi, sembra a me che la causa prima (per le foglie almeno che stiamo studiando) debba ricercarsi nell’ azione della luce e solo in via secondaria in quella della siccità e della dipendente traspi- razione. © 1 Il WisseuncH U. (Sur les revétements des espaces intercellulaires negli Archives Neerlandaises d. scienc. erat. et nat. 1886, t. XXI, p. 19) dice, parlando degli stomi delle foglie dell’Eucalyptus globulus, che tutte les cellules qui entourent la cavité re- spiratoire sont munies d’ un revétement (cutinizzato) assez épais. Ciò non è esatto, perchè questo rivestimento cutinizzato manca negli stomi delle foglie orizzontali e dei cotiledoni, e nelle foglie verticali non è nemmeno molto grosso, come afferma il Wisselingh. Solo nell’apice della cellula a tappo del congegno speciale sopra descritto la cutinizzazione è fortissima, ma di tale apparato il Wisselingh non fa alcun cenno. 2 DE Bary, lc. p. 42 e 435 ® Il Barone Ferpinanpo vox MiiLLeR, professore a Melbourne in Australia, nella sua MWucalyptographia, 5* decade, dice, che le foglie dell’Euca/yptus globulus hanno stomi su ambo le pagine ma meno sopra che sotto, e dà i seguenti dati: ( 32000 — 39000 | foglie di piante adulte per pollice quadrato di foglia { 45000 — 56000 \ Falla “43000 ) foglie di piante giovani ) idem 85000 Come abbiam visto, le foglie delle piante giovani qui da noi in Italia non hanno Conclusioni. — Dalle ricerche sopra esposte sugli stomi delle no- stre foglie ricavansi i seguenti risultati : 1° per riguardo alla distribuzione: nei cotiledoni che sono er- bacei ed orizzontali e nelle foglie vegetative inferiori (di 1° stadio) dell’albero giovane che sono pseudo erbacee e tengono le loro lamine pure in piani orizzontali, gli stomi trovansi solo sulla pagina inferiore; nelle foglie superiori! (2° stadio) dell’ albero adulto coriacee e pen- denti in piani verticali, gli stomi trovansi disseminati quasi in egual misura tanto sulla pagina superiore che sull’inferiore !. 2° nelle foglie di 1° e 2° stadio le porzioni d’ epidermide che coprono i fasci libro-legnosi sono prive di stomi; nei cotiledoni invece, ad eccezione della base della lamina fogliare, sonvi stomi su tutta la pagina, cioè anco in corrispondenza dei fasci libro-legnosi. Il che è in stretta relazione colla struttura del tessuto sopraposto ai detti fasci, lacunoso ed assimilatore negli ultimi e compatto e meccanico nelle prime. 3° per rispetto alla forma, gli stomi non sono uguali nelle tre di- verse specie di foglie, le cellule stomatiche sono bensì in tutte e tre le foglie pressochè dello stesso spessore delle cellule epidermiche ma nelle cotiledonari gli stomi sono un poco sporgenti e l’anticamera è ridotta ad un semplice preostiolo; nelle foglie dell'albero giovane ed in quelle dell'adulto (1° e 2° stadio) gli stomi trovansi al livello dell’epidermide fogliare e l’ostiolo è preceduto da una larga e profonda anticamera che in quelle di 2° stadio termina con una specie di preostiolo imbutiforme quasi sempre ben definito. 4° gli stomi delle foglie verticali (2° stadio) sono in media il doppio di quelli delle foglie orizzontali (1° stadio) e quelle dei cotile- doni sono più grandi, benchè di poco, di quelli delle foglie dell’albero giovane; e per rispetto alle cellule epidermiche ; nei cotiledoni gli stomi sono, come di solito, molto più piccoli di esse, e nelle foglie vegetative (1° e 2° stadio), al contrario di quanto comunemente avviene, sono invece molto più grandi. stomi che sulla pagina inferiore, sarebbe quindi non privo d’ interesse avere, per con- fronto, foglie australiane da esaminare. Gli stomi sono organi non difficili ad essere osservati, così che non è permesso di mettere in dubbio i dati forniti dall’illustre prof. Miiller, però se si riuscisse ad asso- dare che un semplice cambiamento di clima può arrecare modificazioni così rapide e rilevanti, come una nuova formazione di stomi, ciò costituirebbe un fatto di valore fisiologico di molta importanza. ! Questa legge generale per gli eucalipti soffre per altro qualche eccezione (vedi Briosi. Ancora sull’ anatomia delle foglie, in Atti Accad. Lincei, vol, VI, Transunti serie 3°, 1881). — 80, 5° il numero degli stomi per millimetro quadrato di foglia è massimo nelle foglie orizzontali (1° stadio), minimo nei cotiledoni, medio nelle foglie verticali (2° stadio). La deficienza nel numero degli stomi nei cotiledoni deve venire in parte compensata dall’ essere essi spor- genti e privi di vestibolo, come altresì la traspirazione in essi deve essere favorita dalle pareti esterne delle cellule epidermiche molto più sottili di quelle delle foglie vegetative tanto orizzontali che verticali e prive di ricoprimento ceroso. 6° nei cotiledoni e nelle foglie dell'albero giovane (1° stadio) lo stoma si genera da una porzione di cellula èpidermica (rettangolare nei primi, triangolare nelle seconde) che, fattasi zniziale, direttamente si trasforma in stoma senza segmentazioni intermedie: nelle foglie del- l’albero adulto (2° stadio) invece, lo stoma si forma direttamente da una cellula epidermica che per intero si trasforma in stoma senza pre- cedente formazione di cellula iniziale. 7° una specie di apparato speciale esiste entro la camera aeri- fera di molti stomi delle foglie di 2° stadio, che pare contribuisca a re- golare ed a rallentare il passaggio delle sostanze aeriformi attraverso l'apertura stomatica. 8° tanto nelle foglie orizzontali che nelle verticali la forma- zione delle glandole precede quella degli stomi che sviluppansi relati- vamente tardi e prima sulla pagina inferiore e poi nella superiore (fo- glie verticali). 9° nelle foglie, tanto orizzontali che verticali, alla pagina infe- riore si hanno 2 fasi ben distinte di formazione di stomi: la prima ce ne fornisce un numero relativamente piccolo, la seconda un numero senza paragone maggiore, cioè la grande maggioranza di quelli della lamina appieno sviluppata. 10° nella pagina superiore delle foglie verticali queste due fasi sono punto o poco distinte, gli stomi ivi (eccetto forse l'apice) paiono tutti di seconda formazione. 11° nella pagina inferiore delle foglie orizzontali ed in ambe- due le pagine per le foglie verticali, trovasi sopra la metà della lunghezza della foglia una zona nella quale la differenziazione degli stomi secondarii pare più precoce, più attiva e più duratura, che nel rimanente della lamina. A SR GLANDOLE. L’ Eucalyptus globulus è ricchissimo di glandole, di quelle che per formarsi entro i tessuti il Meyen chiamò nterne, affine di distinguerle dalle tricomatose che sì organizzano nei peli. Non solo si trovano nelle foglie tanto dell'albero giovane (foglie di 1° stadio) che dell’albero adulto (2° stadio), ma altresì nei cotile- doni, come nella corteccia dei rami, entro il ricettacolo fiorale, nello stilo, contro le pareti interne dell’ovario e persino, benchè rarissime, nel midollo (E. globulus, E. colossea); mancano solo, per quanto reg- gono le mie osservazioni, nell'interno dei fasci libro-legnosi. Nelle foglie le glandole si veggono facilmente anche ad occhio nudo, e sono quei punti bianchicci più o meno trasparenti che risaltano sul fondo verde, quando si osserva la foglia contro la luce. Esse formansi entro il mesofillo ed anche sulle nervature, la me- diana non esclusa, e sul picciuolo, cioè là pure ove non appaiono gli stomi. Qualche volta due glandole, organizzandosi una di fronte all’altra sulle due pagine di una foglia, rimangono divise appena per uno strato sottile di cellule più o meno schiacciate dell'interno mesofillo, strato che serve loro di parete comune di separazione. Non sono nell’ EucaZyptus globulus distribuite regolarmente e nem- meno prediligono più l’una che l’altra pagina, scostandosi in ciò da quanto afferma De Bary! per le foglie orizzontali delle mirtacee, gli eucalipti non esclusi, nelle quali le glandole sarebbero più abbondanti sulla pagina superiore. In una fogliolina lunga 0%,007 e larga 0,002 appartenente al 2° verticillo (sopra i cotiledoni) ho trovato, sulla pagina superiore 76 glandole e 151 sulla pagina inferiore; mentre, sopra una delle foglioline alquanto più grandi (lunga 0,013 e larga 0,005) del 1° verticillo della stessa piantina germinante rinvenni, contro la pagina superiore, 349 glandole, e contro la inferiore, solo 285; cioè la distribuzione si era invertita. Le glandole talora sono rotondeggianti, tal’altra elissoidali o piri- formi (fig. 10, tav. IV, 1, 2, 4, tav. VI), col loro diametro maggiore per lo più normale alla superficie dell’organo che le contiene e con dimen- 1 Il De Bary, (1. c. p. 117) parlando degli eucalipti ed in genere delle mirtacee dice, che le glandole sono nelle horizontalen Blittern besonders zahlreich jedoch nicht ausschliesslich an der Oberseit. Il Rauter (Zur Entwickelungsgeschichte einiger Trichomgebilde nei Denkschriften der Keiserl. Akademie der Wissenschaften di Vienna, — Matematisch-Naturwissenschaftliche Klasse, t. XXXI (1872), 2° Abtheilung, p. 20) nel Dictamnus Fraxinella non ha trovato glandole che sulla pagina superiore, e solo eccezionalmente (sporadisch) contro la pagina inferiore e nello stelo. sioni così differenti da trovarne alcune doppie di altre; esse bene spesso oltrepassano la metà dello spessore della foglia. Per rispetto al luogo d'origine le nostre glandole sono di due specie: le une superficiali, le altre profonde; alla formazione delle prime, piglia parte anche l'epidermide, a quella delle seconde, solo il tessuto fonda- mentale; alle prime appartengono quelle del mesofillo fogliare, alle seconde quelle dello stelo, della nervatura mediana delle foglie, dello stilo, ecc. Glandole superficiali o del mesofillo. — Nelle lamine fogliari le elandole vengono sin contro l'epidermide, ove terminano il più delle volte con 2 (fig. 1, tav. IV), talora con 3 o 4 (fig. 2 e 4, tav. IV) e persino, benchè di rado, con 5 cellule epidermiche semirotonde o cunei- formi, che costituiscono alla glandola una specie di pseudo-coperchio di un sol strato di cellule, il quale forma l’unica parete di separazione fra la cavità glandolare e l'atmosfera (fig. 1, 4, tav. VI). Questa specie di coperchio, che talvolta sporge alquanto sulla su- perficie della foglia, ha un diametro molto più piccolo del diametro tra- sversale della glandola ed è costituito da cellule epidermiche più basse di quelle della circostante epidermide. Nella fig. 6, tav. IV, la linea n n n rappresenta il perimetro trasversale massimo interno della glan- dola, mentre e, ec sono le due cellule del pseudo-coperchio, ed altret- tanto vedesi nelle fig. 7, 8, 9, tav. IV, nelle quali il corpo della glandola scorgesi attraverso i tessuti per trasparenza. Queste cellule epidermi- che delle glandole si specializzano per tempo, molto prima di quelle degli stomi; una delle cellule comuni dell’ epidermide si riempie di plasma granuloso molto denso, si allarga, e, più tardi, si segmenta in 2, 3, 4 o 5 cellule, come si è sopra accennato e nel modo che sarà detto più oltre. Le fig. 1, 2, 3, 4, 6 della tav. IV sono ricavate da una stessa fogliolina, lunga 0”,004, di piantina germinante e, come ve- desi, in alcune le pareti interne « sono tuttora in via di formazione. Spesso a sviluppo completo, verso il mezzo della parete trasversale e radiale del pseudo-coperchio, trovasi una specie d’ingrossamento calloso (fig. 5, tav. IV). Quando si esaminano giovani fogliettine (1° stadio), si veggono, anche verso l’apice, in mezzo alle glandole di già grandi e completa- mente sviluppate, altre piccolissime che appena incominciano a for- marsi, onde le glandole sono bensì protogeniche ma non si formano tutte contemporaneamente; la loro formazione seguita per qualche tempo anche nelle zone fogliari ove i tessuti sono di già specializzati. L’ini- zio della formazione delle glandole è precocissimo, molto anteriore a quello degli stomi. Nella fig. 5, tav. I, rappresentante in sezione un cono vegetativo colle prime fogliette che lo rivestono, vedonsi di già le prime glandole nel 2° paio di foglioline a, mentre non solo in —=189) — queste ma in tutto il preparato non venne fatto di scorgere ancora alcuno stoma. Anco in fogliettine più grandi, lunghe 2 a 3 mm., non ho trovato stomi, mentre abbondanti eranvi le glandole. In fogliette lunghe da 5 a 6 mm. (sempre di piante germinanti), le glandole erano abbondantissime anche vicino alla base, mentre gli stomi appena incominciavano ad ap- parire verso l’apice; in altri termini, si trovano fogliette di già ricche di glandole ed assolutamente prive di stomi. Il Rauter !ha trovato qualche cosa di simile per i peli glandolosi, i quali pure si specializ- zano prima degli stomi. Attorno al pseudo-coperchio le cellule epidermiche si orientano spesso come attorno ad un centro, dal quale irradiano in serie più o meno rettilinee e regolari, coi loro lati maggiori normali al perimetro del coperchio stesso; talvolta invece dispongonsi per 2 o 3 strati quasi in circoli concentrici, come vedesi nella fig. 5, tav. IV. Da notarsi è pure, che le glandole lungo la nervatura mediana (foglie di 1° stadio) e il cordone collenchimatoso marginale si for- mano sempre prima che nel rimanente della lamina fogliare, e che, per di più, ivi, come vedremo più sotto, il processo di formazione è di- verso da quello delle glandole del mesofillo rimanente. La fig. 4, tav. I, che rappresenta ingrandita una fogliolina oriz- zontale (di 1° stadio), lunga 3 !/, millimetri mostra chiaramente quanto siamo venuti esponendo; in essa, i circoli a linee continue designano le glandole della pagina superiore, quelli a linee punteggiate le glan- dole della pagina inferiore (queste non tutte perchè le più piccole non si vedevano attraverso i tessuti), e le piccole ellissi, gii stomi. Vedesi in- fatti come le glandole marginali fra l'orlo fogliare ed il cordone libro- lesnoso periferico si specializzino prima di quelle del rimanente me- sofillo, il quale verso la base fogliare ne è tuttora privo, mentre prov- . visti ne sono di già gli orli; vedesi altresì che, di mano in mano che si va verso l’apice, le glandole aumentano di dimensioni, che alla base se ne vedono pochissime; mentre anche verso l’apice in mezzo alle glan- dole di già grandi e bene sviluppate se ne scorgono delle molto piccole, tuttora in via di formazione, le quali presentano la cellula epidermica ancora intera, cioè non segmentata, ma solo più ampia delle circonvi- cine e piena di plasma più denso. Formazione del tessuto secretizio delle glandole del mesofillo. — Quando le glandole del mesofillo incominciano a differenziarsi, le cel- lule a palizzata sono di già distinguibili, anzi, nelle foglie di 1° stadio anche contro la pagina inferiore le cellule sono allora normalmente e 1 Ravrer J. Zur Entivickelungsgesch. einiger Trichomgebilde, p. 81. Arch. Critt. II 9 = *igor= regolarmente disposte, giacchè, qui, solo più tardi il tessuto si allarga per formare i vani intercellulari del tessuto spugnoso od a pseudo-pa- lizzata che ivi si va a costituire. Queste glandole traggono origine da due sole cellule, una apparte- nente all’ epidermide e l’altra allo strato ipodermico immediatamente sottoposto. Le fig. 1, 2, 3, 6, 8, 9, tav. V, mostrano chiaramente il processo di sviluppo. L'inizio della glandola ha luogo nella cellula epidermica, la quale incomincia col rigonfiarsi in tutti i sensi, e col riempirsi di plasma granuloso molto denso. Si segmenta indi in 2 cellule figlie @ @', per mezzo di una parete tangenziale /, 1 (fig. 1 e 2); subito dopo, l’infe- riore a! dividesi in 4 altre cellule a’, a' per mezzo di due pareti radiali (normali alla superficie fogliare) ed inerociantisi ad angolo retto, delle quali una sola (la 2), come è naturale, si può scorgere nel disegno. La cellula figlia superiore @ si divide di poi, in virtù di una seconda parete tangenziale 3, 3 (fig. 2), e ci fornisce due cellule, delle quali la superiore è destinata a somministrarci, per mezzo di segmentazioni ra- diali le 2, 3, 4 ed anche 5 cellule epidermiche del pseudo-coperchio glandolare, e l’inferiore si suddivide alla sua volta in quattro cellule per mezzo di pareti radiali fra loro normali; cellule che, continuando a seg- mentarsi per mezzo di pareti tangenziali, radiali, ecc., vanno a costi- tuire buona parte del tessuto della futura glandola. A questo punto, 0 poco prima, sembra incominci la segmentazione della seconda cellula primitiva che piglia parte alla formazione della glandola, cioè della cellula ipodermica, la quale pure dapprima suole gonfiarsi e riempirsi di plasma molto denso, per poi dividersi in due per mezzo di una parete tangenziale; e ciascuna di queste due dà quattro cellule in virtù di segmentazioni radiali ed in croce. Talvolta invece precede la formazione delle due pareti incrociantisi radiali 3 (fig. 6) e le tangenziali vengon dopo, e talora nemmeno contemporaneamente, come vedesi nella detta fig. 6, nella quale la parete 4 è di già costituita mentre la 5 è tuttora in via di formazione. Successive segmentazioni in tutte 3 le direzioni dello spazio mol- tiplicano queste cellule e finiscono per fornire il resto del tessuto glan- dolare. Le figure Se 9 mostrano stadii alquanto avanzati, e danno un'idea abbastanza chiara del come comunemente suole iniziarsi la segmenta- zione del tessuto glandolare. Nelle dette figure trovansi segnate colla lettera « tutte le cellule figlie provenienti dalla cellula epidermica, colla lettera è quelle derivanti dalla ipodermica, ed i numeri successivi in- dicano l'ordine di successione nella formazione delle pareti di seg- = = mentazione !. Le fig. 4, 5 e 7, tav. V, dimostrano come si possono avere piccole deviazioni dal processo sopra descritto, il quale, per quanto reggono le mie numerose e per verità non facili osservazioni, va con- siderato come tipico, essendo il più frequente. Questo processo si scosta più o meno da quanto venne da altri isto- logi indicato. Il Rauter *® ad esempio per le glandole interne, che studiò nel Di- ctamnus Frarinella Pers., trovò che la cellula epidermica da prima si segmenta in 4 per mezzo di 2 pareti radiali ed in croce, e di poi, cia- scuna di queste 4 cellule viene dimezzata per mezzo di pareti tangen- ziali. Nel nostro caso, come vedesi chiaramente nelle figure 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, la cellula epidermica invece si segmenta da prima per mezzo di una parete tangenziale in 2 cellule sovrapposte, nella superiore delle quali, quella che ci darà il pseudo-coperchio, ha luogo più tardi una se- ementazione radiale in due o per eccezione in 3, in 4 e 5 cellule *. Il tessuto glandolare, che si va così costituendo, ha pareti sottilis- sime, molto più sottili di quelle del tessuto circostante, e, per di più, queste incominciano a sciogliersi molto per tempo, in generale molto prima che la glandola abbia raggiunto il suo completo sviluppo. Lo scioglimento incomincia nelle pareti delle cellule centrali, ed è così precoce, che più volte ho sospettato che queste pareti non esistes- sero e che le divisioni avvenissero nel plasma glandolare, il quale si in- grossasse e segmentasse formando specie di cellule nude prive di pa- reti cellulosiche. Sperimentando però su stadii di glandole giovanissime mi è riuscito, non solo di sciogliere con potassa diluita il plasma di tutte le cellule senza alterare le dette pareti cellulari, ma altresì di ottenere, in queste, netta e decisa la reazione della cellulosa coll’iodio e l'acido solforico ‘*; sicchè nessun dubbio rimane sull’ esistenza delle 1 Trovai anche uno stadio chiarissimo di segmentazione ancora più inoltrata di quello della fig. 6, ove nel piano superiore, si avevano 4 invece di 2 cellule d, e nel piano inferiore le cellule d invece di 3 erano pure 4, ed una di queste era inoltre divisa in 2 per una parete trasversale. Notisi che la parete 3 della fig. 9 era più a destra e più sottile di quanto per inesattezza vedesi disegnato. 2 Ravrer J. Zur Entwickelungsgesch. einiger Trichomgebilde nei Denkschrif- ten der Akademie d. Wissenschaften di Vienna. — Matematisch-Na- turwissenschaftliche Klasse, v. 31 (1872), 2° Abtheilung, p. 4 a 48. 3 Ciò è dimostrato in modo particolare dalle fig. 2 e 5, giacchè in esse vedesi il setto radiale ancora in via di formazione, mentre i sottostanti tangenziali sono di già sviluppati. * La reazione della cellulosa, non sempre facile su queste pareti sottilissime, sì ot- tiene però chiarissima trattando da prima il preparato con soluzione molto diluita di potassa e poi con piccolissima quantità di soluzione di iodio in ioduro di potassio e da ultimo con acido solforico, dopo aver accuratamente asportato il superfluo della solu- zione iodica. — 9g pareti cellulosiche nei primissimi stadii di segmentazione della glan- dola. Chiarissima p. e. riuscì la reazione della cellulosa nelle sottilis- sime pareti del preparato da cui fu tolta la fig. 9, tav. V4. Formazione del vano glandolare. — Una volta che il tessuto glan- dolare si è formato, forse prima che tutto siasi costituito, di certo molto prima che la glandola abbia raggiunto le sue. massime dimen- sioni, ne incomincia la trasformazione e lo scioglimento nel seguente modo. Il processo incomincia nel centro della glandola e dal centro pro- segue gradatamente verso la periferia. Da prima si formano come delle spaccature irradianti, causate dallo scioglimento delle pareti cellulo- siche delle cellule centrali e dal successivo scostamento e riassorbi- mento dei plasmi nudi e molto densi che riempivano le cellule. Questi plasmi indi si sciolgono interamente ed il vano centrale si fa più o meno rotondeggiante e riempiesi dei prodotti della secrezione °. Questo vano va poi di mano in mano allargandosi e per l’ingran- dimento naturale della glandola (in virtù dell’accrescimento dei tessuti dell'organo nel quale si trova) e per il progredire dei detto processo 1 Il Chatin (*) che ha esaminate queste glandole nelle foglie dell’Eucalyptus Re- sdoni, E. globulus, del Myrtus communis, ece., dice invece, che provengono da una sola cellula posta generalmente a qualche distanza dall’epidermide; cellula che dividesi da prima in 2, poi in 4 e più cellule, fino a formare la glandola definitiva. Il Lignier (**) pure ammette che queste glandole (le ha studiate particolarmente nella Melaleuca hypericifolia) si iniziano da una sola cellula, che costituisce il centro della glandola, alla formazione della quale però pigliano sempre parte, secondo l’autore, anche gli elementi dei tessuti circonvicini. Questi si segmenterebbero paralellamente alla su- perficie della glandola e la invilupperebbero di un tessuto, la cui disposizione rammenta quella dello sughero (#**). Nelle glandole dei rami, la cellula centrale si dividerebbe in $ cellule figlie, che presto si scioglierebbero, ed il tessuto pseudo-suberoso circo- stante le rimpiazzerebbe come cellule epiteliali; nella maggior parte degli eucalipti poi la cavità glandolare seguiterebbe a crescere per distruzione di queste cellule epi- teliali. Nelle glandole delle foglie, le cose, secondo Lignier, procedono nello stesso modo; solo la cellula iniziale è sous-épidermigue postérieure ed essa subsiste dans la glande adulte, ed anche qui le cellule circostanti all'iniziale, compresa l’epidermica, si segmenterebbero paralellamente ad essa. 2 Questo mi pare risulti chiaramente anche dal confronto delle fig. 7 e 9 della ta- vola IV, colla fig. 8, tav. IV e fig. 10, tav. V; figure le quali rappresentano stadî suc- cessivi di questo processo. (*) Caxnix I. Etudes histologiques et histoginiques sur les glandes foliaires in- terieures, ecc. negli Ann. scien. natur., 6* serie, t. II, 1875, p. 199 e seguenti. (**) Lionex O. Recherches sur l’anatomie comparte des Calycanthées, des Méla- stomactes et des Myrtactes negli Archives Botanique d. Nord de la Franez, Anno 4, 4886, p. 387 e 4924. è (***) A me venne pur fatto di osservare talvolta qualche cosa di simile nelle nostre foglie, ma assai di rado, così da doverlo ritenere un'eccezione, od un fenomeno di compressione della glandola contro i tessuti circostanti. PERE di trasformazione e di riassorbimento del tessuto secretore, processo che abbastanza rapidamente si estende sino a non lasciare nella glan- dola che una specie di rivestimento periferico formato di grandi cel- lule poligonali (viste di fronte) e tavolari, che ne tappezzano la parete interna e si sciolgono più tardi. Questo rivestimento costituisce una specie di epitelio temporaneo formato di cellule le quali pure ben presto rimangono nude cioè senza pareti cellulosiche !, e che più tardi interamente si trasformano e sciolgono. Queste cellule, o masse di plasma tavolari, presentansi alla loro periferia come rivestite di uno strato membranoso, denso ed omogeneo, di spessore non uniforme ma pur tale da simulare talora una grossa parete cellulosica, mentre invece consta di una specie di plasma molto denso che il iodo colora in arancio e l’acido solforico gonfia fortemente, senza dare mai la più piccola traccia della colorazione turchina carat- teristica della cellulosa. Del tessuto glandolare ciò che prima si scioglie sono le sottilis- sime pareti cellulari, che scompaiono prestissimo, lasciando intatte ed in posto per breve tempo le massoline di plasma densissimo da esse avvolte. Ciò è tanto vero che se si tratta con soluzione d’iodo in io- duro di potassio una di queste glandole giovanissime, tuttora piena delle dette masse plasmari nelle quali appena appaiono le prime divisioni cen- trali, si vedono questi plasmi contrarsi ed anche staccarsi interamente gli uni dagli altri, colorandosi in arancio senza lasciar scorgere nes- suna traccia di membrana interposta, come nessuna reazione di cellulosa si ottiene mai su tutto il perimetro delle masse plasmari stesse. Nella fig. 8 tav. IV, che rappresenta una glandola fogliare vista attraverso ai tessuti per trasparenza; il circoletto interno è delimita il vano centrale della glandola, nel quale il tessuto si è digià sciolto; il circolo più grande a segna il perimetro della glandola stessa; e le specie di spaccature segnate in scuro mostrano le divisioni delle cel- lule glandolari periferiche delle quali le pareti cellulari sono di già sciolte, mentre ancora intatte sono le masse plasmari che erano da dette pareti contenute. Tanto il Rauter ® che il Martinet * affermano che nelle glandole si forma da prima tutto il tessuto glandolare e che solo allorquando gli elementi tutti della glandola sono completamente costituiti incomincia 1 A me anzi non fu mai dato di constatare in esse parete cellulosica. ? Raurer, L. c. * Manrixer, Organes des séeretions des végitaua, con 14 tav., negli Annales des sciences naturelles, 5° série, tom. 14 (1872), pag. 173. GAI il processo di trasformazione, di soluzione e riassorbimento del loro contenuto colla relativa produzione dell’olio etereo; tale fenomeno n’ap- parait (dice Martinet) qu’ après l’entier développement de l’organe, et, le plus souvent, lorsqu il a déjà rempli son role physiologique. Ora nelle elandole delle foglie che noi stiamo studiando, il processo sembra di- verso; qui lo scioglimento incomincia assai prima che l'organo abbia raggiunto il suo completo sviluppo, anzi le sottili pareti delle cellule centrali del tessuto glandolare scompaiono quando le glandole sono tut- tora piccolissime, forse prima che sia del tutto compiuta la segmenta- zione del tessuto glandolare. Pare altresì che anche dopo lo scioglimento delle pareti cellulari le massicine di plasma nudo che rimangono (specialmente le periferi- che) possano seguitare a crescere seguendo l'ingrandimento della glan- dola stessa e sino a che il plasma che le costituisce non si sciolga e trasformi per intero in eucalyptolo *. La soluzione delle grandi masse tavolari nude e periferiche sopra accennate ha luogo nel seguente modo: la loro sostanza interna dapprima si intorbida fortemente facendosi granulosa, di poi appaiono qua e là goccie d'olio, le quali insieme fluendo formano masse più o meno irre- golari di sostanza liquida che facendosi strada attraverso lo strato pe- riferico denso ed omogeneo, versasi nel vano della glandola e lascia l’interno delle dette masse plasmari nude, tutto solcato di vacuole e di canali. Più tardi anche il rimanente plasma, o meglio questa specie di scheletro plasmatico, alla sua volta si scioglie ed il tutto si trasforma in eucaliptolo od in sostanze analoghe. ) Le glandole sono di origine schizogenica o lisigenica? — Da quanto abbiamo esposto emerge, che per rispetto alla formazione del vano glandolare, questo, stando alle apparenze, sembrerebbe incominciare con processo schizogenico cioè colla soluzione della sola lamella mediana delle pareti delle cellule centrali, le quali per tal modo staccandosi si arrotonderebbero, ed inizierebbero il vano del centro. Ma se si pone mente che nelle dette cellule, anche se si opera appena incominciano a manifestarsi le prime fessure centrali, non è mai possibile di otte- nere la reazione della cellulosa e non solo sul lato che guarda il centro ! Non voglio tacere che fra il processo di formazione del tessuto secretore quale venne sopra descritto e rappresentato nelle fig. 1 a 9 della tav. V. e gli stadî figu- rati nelle fig. 7, 8 e 9 della tav. IV, pure trovati in abbondanza, io non veggo chiaro rapporto. Gli stadî figurati nella tav. V sono, non va dubbio, più giovani di quelli fi- gurati nella tavola IV, pure giovanissimi, ma a me non fu dato di poter cogliere stadî intermedii che servissero di passaggio dagli uni agli altri. Che il processo di formazione del tessuto glandolare non sia sempre lo stesso? 2g della glandola ma altresì sugli altri lati, e che inoltre queste cellule, o masse di plasma, sotto la semplice azione prolungata della glicerina, interamente (cioè da ogni lato) si staccano e separano, bisogna conclu- dere che non solo la lamella mediana, ma tutta la parete cellulare e su tutta la superficie della cellula, si scioglie. Il vano glandolare incomincia quindi con la soluzione delle pareti cellulari, perciò lisigenicamente, e tale prosegue per trasformazione dei plasmi nudi rimasti, che elaborano e segregano l'olio etereo e contemporaneamente si contraggono e, come se riassorbiti, lentamente si sciolgono; così si allarga il vano che au- menta anche in virtù dell’ingrossamento della glandola stessa. A svi- luppo completo rimangono solo come delle masse nude tavolari e pa- rietali di plasma, che finiscono di poi esse stesse per scioglersi più o meno presto e completamente. Non si può quindi, a mente mia, parlare qui di glandole schizogeniche nel vero senso: il vano ove si versano i prodotti della secrezione non è qui rivestito di pareti cellulari, nè la sostanza secreta ha bisogno di attraversarne per raggiungere il suo serbatoio. Il Frank che ha studiato le glandole interne (simili a quelle del- VE. globulus) del Myrtus communis afferma che esse sono d’origine schi- zogenica !. Io non avendo a disposizione il Myrtus communis ho stu- diato queste glandole nella varietà Tarentina, ed ho trovato che in queste, la fusione del tessuto glandolare ha luogo precisamente come nell’ 4. ! Secondo il Frank (Bestrige 2. Pflanzenphysiologie p. 125-126) queste glandole ripeterebbero la loro origine da una cellula ipodermica rotonda, che si ségmenterebbe in 8, formando 8 cellule a spicchio o meglio, ad ottante di sfera, cellule che staccan- dosi al centro, dilatandosi ed appiattendosi costituirebbero 8 cellule epiteliali, suscet- tibili di qualche ulteriore segmentazione e racchiudenti la cavità sferica della glan- dola. — Il Marriset (Op. cit. p. 208) invece dice, che nelle glandole delle mirtacee, Ze tissu subit toujours un phénomène de ressorption analogue à celui que j'ai signale dans les orangers, cioè corrispondente ad un processo lisigenico. Il De Bary (Vergleichende Anatomie der Vegetationsorg. p. 217) ritiene come più probabile l’affermazione del Martinet senza però pronunziarsi, per deficienza di ricer- che, in maniera decisa. Il Van TieGHex invece scrive (Second mémoire sur les canaua sécréteurs des plantes, negli Ann, science. nat. T° serie, 1885, v. I, p. 58) conformé- ment anx observations de M. Frank et contrariément aux recherches plus recentes de M. M. Martinet, I. Chatin, et de Bary, je me suis assuré que les resservoirs oléifères des Myrtacées sont issus de dissociation, non de destruction, que ce sont des poches séerétrices, non des nodules séeréteurs désorganisés. E dagli istologi oggidì si ammette in generale che le glandole delle mirtacee siano d’origine schizogenica; anzi secondo Gérard (Traité pratique de micrographie appliquée ete. 13882, p. 157), taluni affermano senz’ altro, che tutte le glandole vegetali siano d’ origine schizogenica. Le lisige- niche secondo loro sarebbero rarissime, e spesso tali ritenute solo per errore di os- servazione. — 96 — globulus. Anche nel Myrtus Tarentina le cellule centrali incominciano ad allontanarsi apparentemente come se si distaccassero per soluzione della sola lamella mediana, mentre invece ciò avviene per soluzione dell'intera parete cellulare, sicchè le cellule quando si ritirano ed allon- tanano dal centro sono di già costituite unicamente di plasma nudo, che si va di mano in mano sciogliendo e trasformando in olio essenziale; così anche i vani delle glandole di questa forma di mirto sono d’ ori- gine lisivgenica e non schizogenica. L'Haberlandt * pure afferma che il vano delle glandole delle mir- tacee è d'origine schizogenica e che le cellule secretizie, a glandola sviluppata, rivestono di uno strato continuo il vano schizogenico della glandola stessa. Ora da quanto si è sopra esposto risulta che questo non vale nè per l E. g/obulus, nè per il Myrtus Tarentina. Non esatta sembrami altresì l’ affermazione dello stesso autore che il tessuto se- cretizio consti sempre di un unico strato di cellule, poichè se ciò è forse vero per alcuni casi speciali, non lv è certo per tutti, come emerge dalle fig. 7 e 9, tav. IV, le quali sono di glandole del mesofillo; e più ancora dalle fio. 3 e 5 della tav. VI, che riferisconsi a glandole pro- fonde, delle quali sarà parlato più oltre. Esiste vero epitelio? — Il De Bary per le glandole delle mirtacee parla di uno strato epiteliale che confina coll’epidermide, da questa per- fettamente distinto; ora nelle foglie dell’. g20bu/us, e delle altre specie di eucalipti che ho esaminato, non parmi che a rigore si possa, come fanno il De Bary ed altri, parlare di glandole con vero strato epiteliale privo di vani e formato di cellule tavolari (/icken/oser Epithelschicht aus tafelformigen Zellen °), dappoichè il vano glandolare non è rivestito da uno strato di vere cellule, ma piuttosto (e nemmeno sempre) da uno strato di masse plasmari prive di pareti cellulosiche, e più o meno ir- regolare; strato costituito da masse o resti di plasma provenienti dal tessuto secretore in via di riassorbimento, resti che pure si trasformano e sciolgono più o meno per tempo. Confrontansi infatti le fig. 1, 2, 4, tav. VI, ed anche la 10 della tav. V. Il tessuto glandolare col crescere esercita una pressione tutto al- l’intorno contro i tessuti che lo circondano, dei quali stira, appiattisce e curva le cellule, che si serrano strettamente le une contro le altre formando una specie di parete glandolare perfettamente chiusa, che co- stituisce una separazione quasi sempre ben netta fra il tessuto secre- tore e quello nel quale si trova immersa la glandola. Anche nel me- 1 Physiologische Pflanzenanatomie, 1$S4, p. 328. ? De Bary, l. c., pag. 217. rune ONT e sofillo spugnoso contro la pagina inferiore dei cotiledoni (fig. 4 tavola VI), veggonsi le cellule ramose del parenchima avvicinarsi e chiudersi strettamente le une contro le altre per formare il vano della glandola. In generale, qualunque sia la natura degli elementi istologici in mezzo ai quali si sviluppa l’organo glandolare, tutti indistintamente possono servire a formarne la parete. Se la glandola viene in contatto con estre- mità di fasci vascolari, la porzione corrispondente di parete glandolare viene formata direttamente dalle tracheidi del fascio, le quali dal lato della glandola ne pigliano la curvatura. Va di più, le pareti che limi- tano una glandola subiscono particolari modificazioni chimiche, poichè se si fanno bollire fettoline di tessuto nella miscela di Schultze od in soluzione di potassa, si separano facilmente tutte le cellule dei tessuti circostanti, ma non quelle che costituiscono le pareti delle glandole, le quali anche dopo l’ebollizione rimangono intatte e presentansi come ve- sciche chiuse. Ho fatto parecchie volte bollire in debole soluzione di potassa delle glandole con pareti in parte costituite da tracheidi, e sempre gli elementi della parete glandolare, le tracheidi comprese, anche dopo mezz'ora di ebollizione trovavansi fra loro saldamente riuniti. Compartecipazione dei tessuti circostanti al processo glandolare ; clorofilla. — Qualche volta anche i tessuti che avvolgono le glandole del mesofillo fogliare possono essere in parte coinvolti nei processi chimici e fisiologici di questa e venire trasformati e disciolti, come si può scorgere nella fig. 2, tav. VI, ove a, a rappresentano resti di pareti di cellula evidentemente non provenienti dal tessuto secretore primitivo proprio della glandola, ma bensì dai tessuvi circostanti. Anzi alcune delle stesse cellule costituenti la parete della detta glandola mostravano le pareti interne già sottilissime ed in parte disciolte mentre intatte ancora erano le esterne, sulle quali tuttora vedevansii grani di cloro- filla, di già sciolti nel rimanente della cellula. Altro fatto degno di nota si è, che la clorofilla del tessuto (foglie di 2° stadio) che immediatamente circonda una glandola fogliare, o non contiene amido o ne contiene ben poco, sempre molto meno della clo- rofilla che si trova a certa distanza dalla glandola stessa. Viene forse questo amido consumato per alimentare il prodotto della glandola, od i prodotti che essa segrega e diffonde, influiscono sulla formazione © sulla soluzione dell’amido nella clorofilla dei tessuti circostanti? La prima di queste due ipotesi pare più ammissibile. - Notiamo da ultimo che le glandole trovansi spesso in contatto dei fasci libro-legnosi (fig. 1 e 2, tav. VII), specie delle estremità libere, le quali incontrandosi con una glandola allargano di solito il mazzo delle tracheidi che le costituiscono (come vedremo più oltre) e si sten- — 98 — dono sulla superficie glandolare, che in parte circuiscono. Vi sono rap- porti fisiologici fra fasci e glandole? Ed in caso affermativo, quali? Di morfologici, speciali, non se ne vedono. Glandole profonde del caule, dei rami, ecc. — Nel caule giovane e nei rami, come nella nervatura mediana delle foglie tanto verticali che orizzontali, le glandole si organizzano più all’interno di quello che avviene nel mesofillo. Qui le glandole non vengono come nel mesofillo in contatto del- l'epidermide e questa non modifica punto le proprie cellule in corri- spondenza di esse, in altri termini non formasi in queste il pseudo- coperchio. Nel caule e nei rami le glandole si formano entro la corteccia, abbondanti e così per tempo che trovansi sin presso il meristema del cono vegetativo. Il centro della glandola tanto nello stelo che nella nervatura me- diana delle foglie si trova nel 2° e 3° strato ipodermico, onde sembra che alla formazione di queste glandole concorrano pure due cellule, l'una appartenente al 2° e l’altra al 3° strato posto sotto l’epidermide. Dico sembra, perchè non mi fu dato di potere osservare i primissimi stadî di segmentazione, effettuandosi, qui pure, lo scioglimento del tessuto glandolare molto per tempo. Dalle molte osservazioni fatte mi parebbe però che il tessuto glandolare incominciasse colla segmentazione della cellula del 2° strato e di poi seguissero le segmentazioni della cellula dello strato sottostante. Sono riuscito a sorprendere stadî così giovani nei quali si scorgeva ancora il tessuto glandolare primitivo (della cui esistenza avevo per- sino dubitato) risultante di cellule più piccole delle circostanti, con pa- reti cellulosiche sottilissime e piene di plasma finamente granuloso e densissimo. La forma di questo tessuto scompare prestissimo, forse anche prima che nelle glandole del mesofillo, sopra descritte; sciolte le pareti cel- lulari rimane nel centro un corpo glandolare composto di massoline di plasma molto denso e nude, che facilmente si contraggono e separano sotto la semplice prolungata azione della glicerina (fig. 3 e 5, tav. VI). Questo nucleo glandolare vedesi spesso circondato da due, da tre ed anche da più strati di cellule secretizie più o meno appiattite e strette, come se fossero state schiacciate contro le pareti dal crescere del corpo centrale. Il processo glandolare può anche qui coinvolgere alcune delle. cel- lule del tessuto circostante, le quali anzi possono qui subire speciali segmentazioni prima di diventare tessuto glandolare. Questo processo vedevasi chiarissimo in molti preparati simili a quello dal quale fu presa la fig. 5. tav. VI, ove le tre cellule « provenivano da un’ unica = 199 = cellula, come da una sola cellula traevano origine le tre 2, le tre c, le due d, e le due e. Cosi vedesi come, oltre al tessuto glandolare cen- trale primitivo proveniente dalle due cellule che dànno origine alla glandola, si possa in alcuni casi avere un tessuto glandolare periferico e secondario proveniente dai tessuti circostanti. Le prime segmentazioni del tessuto glandolare primitivo pare siano in direzione radiale come vedesi nelle fig. 3 e 5, tav. VI, ed a queste seguirebbero segmentazioni tangenziali. Lo scioglimento del tessuto secretore avviene nello stesso modo descritto per le glandole del. me- sofillo; incomincia qui pure dalle pareti cellulosiche e nelle cellule cen- trali, poi si estende al plasma. Un contemporaneo processo di riassorbimento si fa strada nelle massoline plasmari e procede dal centro alla periferia, estendendosi a tutto il tessuto glandolare primitivo non solo, ma anche al tessuto se- condario che pure scompare interamente. Anche qui per qualche tempo la glandola rimane tapezzata come da grandi masse plasmatiche tavolari nude, formate di plasma più o meno denso e granuloso, le quali simu- lano una specie di epitelio temporaneo che si scioglie e trasforma in eucaliptolo, analogamente a quanto avviene nelle glandole del meso- fillo. Il processo di scioglimento quindi anche per queste glandole, come per quelle del mesofillo, incomincia dalle membrane cellulari ed è lisi- genico e centrifugo. Anche di queste glandole profonde la parete è formata da quelle delle cellule dei tessuti circostanti alquanto schiacciate e deformate per la pressione esercitata dall’accrescimento della glandola stessa. Il Plitt ! dice che nel collenchima ipodermico dei picciuoli d-2le foglie delle mirtacee, si trova costantemente un anello di camali oleiferi (Oel- giinge), i quali talora sono in numero determinato, come nell’ E. globulus ove se ne hanno sempre quattro. Ciò non è esatto, almeno per quanto riguarda l’Eucalyptus globulus, poichè tanto nel brevissimo picciuolo delle foglie orizzontali quanto in quello molto lungo delle foglie verticali, non vi sono Oe/ginge, ma sibbene vere glandole della forma sopra de- scritta. Di più, queste presentansi nelle sezioni trasversali in nu- mero non costante ma variabile; 2, 3, 4, 5, 6, 8 ed anche più, come talora non se ne vede alcuna. Glandole fogliari marginali. — Abbiamo detto come nel mesofillo le glandole siano superficiali provenienti da due cellule, l'una epidermica e l’altra ipodermica, ebbene un’eccezione va fatta per le glandole del ! Puirr Cant. Beitrige cur vergleichenden Anatomie des Blattstiels der Dicotyle- donen, p. 35, Marburg 1886. — 100 — mesofillo marginale che si formano contro il cordone collenchimatoso dell'orlo fogliare, le quali traggono origine da cellule più interne, poste nel 2° e 3° strato ipodermico, come avviene per quelle dello stelo. Processo centrifugo e centripeto. — Talvolta ed in via d'eccezione il processo glandolare di disorganizzazione e riassorbimento dei tes- suti pare che ad un certo stadio di sviluppo della glandola possa da centrifugo farsi centripeto; ciò vedesi nella fig. 12, tav. IV riferentesi ad una glandola profonda di nervatura mediana di foglia, ove lo strato a, a è tuttora quasi intatto mentre sono di già disorganizzati gli strati posti all’esterno di esso. Glandole dell’ovario e dello stilo. — Lo stilo è ricchissimo di glan- dole a tipo profondo che traggono origine non dal 2° e 3° strato ipo- dermico, come quelle della corteccia, dello stelo e della nervatura fo- gliare mediana, ma da cellule poste in strati ancora più profondi. Al- trettanto va detto per le glandole che trovansi in corrispondenza delle pareti interne della cavità ovarica ove pure sono molto abbondanti. Anche nella corteccia dello stelo, del resto, si trovano talvolta glan- dole che sembrano avere origine in strato più profondo del 2° e 3° ipo- dermico ed in qualche caso persino nel midollo come si è già ac- cennato !. 1 Nei rendiconti dell’Accademia di Vienna, Siteungsberichte d. k. Akad. d. Wissen- schaft. 1° Abtheilung. Mathematisch-Naturweissenchaftliche Classe, vol. 84 p. 565, l Héhnel nel 1882, cioè qualche tempo dopo che io avevo terminato queste mie ricer- che ed anche pubblicatone i risultati (mese di dicembre 1881, nella memoria sopra ci- tata dal titolo: Contribuzione all’'anatomia delle foglie) stampò un estesa memoria (Anatomische Untersuchungen ‘ber einige Secretions Organe der Pfanzen, mit 6 Tafeln) sugli organi di secrezione delle piante, nel quale si occupa pure in modo spe- ciale delle glandole delle Mirtacee, gli eucalipti non esclusi. Le conclusioni però alle quali l’Héhnel (che non deve aver conosciuto il mio lavoro) perviene, non si accordano punto colle mie. Egli ritiene di aver provato che le glandole interne delle mirtacee siano produzioni schizogeniche, che quelle in contatto dell’epidermide provengano non da due, ma da una sola cellula e che questa sia epidermica. In base a ricerche fatte sulle glandole del Mirtus communis, M. latifolia, Eu- genia australis egli dice, che anche quelle glandole le quali a sviluppo completo trovansi situate sino nel 3,° 4,° 5,° strato del tessuto ipodermico, sono da ritenersi come esterne perchè esse pure provenienti da una cellula epidermica. E queste glandole, secondo l Hihnel, si formerebbero nel seguente modo: Una cellula del dermatogeno comincia col gonfiarsi, indi una parete tangenziale la divide in 2 staccando da essa la cellula che diventerà madre del coperchio. Per mezzo di una parete radiale comune queste due cellule vengono poi divise in 4, delle quali le 2 su- periori forniscono il coperchio bicellulare, e le 2 inferiori, in virtù di due altre seg- mentazioni, una radiale e l’altra tangenziale, danno ciascuna 4 cellule a forma di ot- tanti di sfera (Mugeloctanten) che forniscono le prime 8 cellule epiteliali, le quali crescono di poi sino a 24, a sviluppo completo delle glandole, per ulteriori segmenta- zioni radiali. uo Contenuto delle glandole. — Il contenuto delle glandole a com- pleto sviluppo risulta di una sostanza oleosa fortemente rinfrangente la luce, non solubile nell'acqua, solubile nell’alcool, nell’etere, ecc., do- tata dell’odore penetrante, grato e caratteristico dell’ eucaliptolo; è altresì ricco di tannino, che dà la nota reazione coi sali di ferro. Formazione dell’olio essenziale. — L'essenza d’eucalipto pare co- stituita 4 per */,, circa d’eucaliptolo (C,, H,y) terpene che bolle fra 172° e 175° C.°; di piccole quantità di cineolo, di un altro terpene iso- mero all’ eucaliptolo che bolle fra 151° e 152° C.° e di un olio ossige- nato ® (C,, H,; O). Ora benchè non si possa precisare con sicurezza quali siano i principii che somministrano gli elementi per la costitu- zione di questo olio essenziale degli eucalipti, pure non pare improba- bile che questi principii debbano appartenere a quei prodotti la cui composizione chimica viene data dalla formola C; H,, 0; o da un multiplo di essa (in vicinanza alle glandole, si è visto sopra che la clorofilla contiene sempre poco amido), ovvero da glucosio la cui formola è C, H,, 0,. In tal caso, considerata la povertà di ossigeno della nostra essenza, come risulta dalla composizione chimica sopra indicata, la sua formazione dovrebbe essere accompagnata da un forte processo di riduzione, forse da produzione d'acqua e di buona quantità d’ossi- geno libero. Se così fosse si affacciano le domande: ove ed a che cosa serve l'ossigeno che per tal modo si stacca da tali sostanze? come questa essenza così facilmente alterabile (per ossidazione) al contatto dell’aria, si conserva invece intatta entro la glandola? Sono forse le glandole attorniate da sostanze riducenti capaci di appropriarsi l'ossigeno in Degli Eucalypti ha studiato solo le glandole dell’£. cornuta, che ha trovate quasi tutte d'origine profonda, ed afferma che anche le poche le quali si trovano in contatto dell'epidermide possono formarsi da questa, ma che ciò non è punto neces- sario. Queste glandole avrebbero origine da aleune giovani cellule, poste dal 2° al 4° strato ipudermico, il cui processo di segmentazione l'Hihnel dice in gran parte simile a quello delle glandole dell’Hypericum, processo che in fondo poco diversifica da quello sopra descritto, che egli dà per il 2Myrtus, per l’Eugenia, ecc. Ora dopo letto il lavoro dell'’Hiòhnel io ho riesaminato i miei preparati, e parec- chi ne ho rifatti, ma non trovo di dover nulla modificare a quanto aveva prima rin- venuto e che ho in questo lavoro, e nella mia memoria del 1881, esposto. 1 Scampr, Pharmaceutische Chemie, v. II, Braunschweig 1883. ? Secondo studi recenti del Gildemeister (Zur Kenntniss der Eucalyptusòle, Bonn; 1888) sarebbe anche a distinguere l'essenza dell'Eucalyptus amygdalina, proveniente dall'Australia, da gnella dell'Eucalyptus globulus proveniente dall'Algeria e dalla Ca- lifornia. Nella prima si trova fellandrene (C,, H,y) in grande quantità, e del cineolo (Co Hg 0), mentre nella seconda abbonda il cineolo ma manca il fellandrene. — 102 — esse, o dattorno ad esse, prodotto? Le glandole trovansi, nella maggior parte almeno, immerse entro il tessuto a clorofilla, il quale come è noto sotto l’azione della luce continua a produrre ossigeno libero; quindi se non è certo che ossigeno si produca all interno delle glandole, è però certo che se ne forma sempre attorno a loro.! È forse la membrana glandolare, che abbiamo visto chimicamente modificata, schermo sufti- ciente contro le possibili ossidazioni? Come si può chiedere ancora: l’ essenza che continuamente si li- bera dalla pianta e si consuma, come si riproduce ? una volta formatasi tutta quella che proviene dalle metamorfosi del tessuto primitivo delle glandole durante il loro sviluppo, che si effettua quando le foglie sono giovanissime, possono esse seguitare a produrre nuovo olio essenziale? oppure il processo di formazione dell'essenza si arresta coll’arrestarsi dello sviluppo delle glandole ? Sono problemi ai quali non parmi si possa ora rispondere con fondamento di fatti. Funzione dell’essenza di eucalipto. — Altre questioni che si pre- sentano son quelle; della funzione esercitata da questo olio etereo nel- l'economia della pianta; e dello scopo biologico di una sostanza così ab- bondante, così diffusa e che incomincia a formarsi tanto per tempo, contemporaneamente quasi alle prime differenziazioni dei tessuti. Molti, nella produzione delle resine e degli olii eterei, scorgono uni- camente un'arma di difesa preparatasi dalla pianta contro l’attacco di animali, ed anco di piante parassite, ma nel caso degli eucalipti e di molte altre specie la produzione dell’ olio etereo probabilmente non è che un mezzo di difesa contro l’azione del calore *. 1 Dalle esperienze di Bonwiek et MancIN (Recherches sur la respiration des feuilles in Annal. science. natur. Botanique, t. XIX, 1884, p. 251) risulta altresì, che le foglie dell Eucalyptus globulus e di parecchie altre specie ricche di olio essen- ziale, a differenza di quelle che di tali essenze sono prive o ne sono scarsamente pro- viste, risulta dico, che assimilano in virtù della respirazione buona quantità d’ossi- geno, cioè ne tolgono all’atmosfera una quantità superiore (del 20 °/,) a quella che vi versano sotto forma di biossido di carbonio. Ora anche questo ossigeno ove va a finire? I due botanici francesi sospettano che possa servire all'orydation des carbures formant les résines ou les diverses essences oxydées: ma, come si è visto sopra, l'essenza di Eucalyptus è per */,, costituita da un corpo che ha per formola Co Hg cioè privo di ossigeno. ? Strano che nelle foglie di qualche specie di questo genere le glandole sono tanto rare che nelle mie note trovo scritto per una di esse, indicata per Y. stuartiana (?), che non ve ne rinvenni punto. Questo fatto non lo posso ora controllare per mancanza di materiale, ma esso per altro assicura, che queste dovevano almeno essere raris- sime, cosa confermata anche nella mia nota dal titolo: Ancora sull'anatomia delle fo- — IS, = Il Tindall infatti! ha trovato che uno strato d’aria impregnata del vapore di un olio etereo lascia passare i raggi caloriferi in molto minore misura di quando è costituito di aria pura, in altri termini che il vapore di un olio etéreo diminuisce la diatermansia dell’aria. E l’a- zione è così forte che uno strato d’aria pregno p. e. di vapori d’ olio etereo di Cassia assorbe 109 volte la quantità di calore che assorbi- rebbe lo stesso strato se fosse costituito di sola aria; e se il vapore è di olio etereo d’anice, l’ assorbimento del calore sale persino a 352 yolte la quantità che verrebbe essorbita dall’aria pura. L’eucaliptolo quindi, il quale tiene le piante che lo producono con- tinuamente avvolte in un atmosfera pregna d’olio etereo, deve di giorno impedire che dette piante sotto l’azione del sole troppo fortemente si ri- scaldino, e che di notte, con ciel sereno, troppo rapidamente si raffred- dino; condizioni favorevolissime per vegetali i quali, come gli eucalipti, sono originarii di paesi a clima molto caldo e con terreno per buona parte dell’anno asciutto, anzi arido. Io ho tenuto foglie di eucalipti, per mesi, nell'acqua senza riuscire ad ottenerne la macerazione, ora anche questa proprietà antisettica dell’eucaliptolo deve pure tornar giovevole alla pianta nelle sue ferite e nelle conseguenti cicatrizzazioni dei tessuti, frequenti forse per alberi che vivono sotto un clima, in certe stagioni dell’anno dominato da venti impetuosissimi, e da violenti tempeste ?. glie. Tornerebbe interessante il potere studiare le condizioni ove queste forme prive di glandole si sono formate e vivono, per confrontarle con quelle delle specie che ne sono tanto copiosamente fornite. ! Vedi: Focne. Die Schutzmittel der Pflanzen in Kosmos, anno V, p. 412, citato dal HarerLanpr. Physiologische Pfanzenanatomie 1884, p. 342. ? Gli eucalipti, come è noto, gedono fama di alberi capaci di risanare i terreni malsani e di esercitare anche una benefica azione sulla salute dell’uomo. Per tali qualità furono piantati in Spagna, in Algeria, in Francia ed anche da noi su larga scala in luoghi paludosi e miasmatici affine di combatterne e mitigarne la malaria: Questa benefica azione devesi forse, come quella dei boschi di conifere, attribuire al fatto che la continuata ossidazione in contatto dell’ aria dell’ olio etereo da essi ema- nato produce nell’atmosfera che li circonda dell'ozono e dell’acqua ossigenata, che sono antisettici e disinfettanti potentissimi. Inoltre l’Eucalyptus globulus, come alcune altre specie di eucalipti, sono alberi di rapido accrescimento e fortissimo sviluppo e come tali debbono essere forniti, nei primi anni di vita specialmente, di potente virtù tra- spiratoria e quindi debbono sottrarre al terreno forte quantità di acqua; ciò che sarà pure di non piccolo aiuto per risanarlo. = age Conclusioni. — Riassumendo queste ricerche intorno alle glandole, abbiamo: 1° che in tutte le nostre specie di foglie si trovano in abbon- danza glandole interne, anche sul picciuolo e sulle nervature, cioè là pure ove non si formano stumi. Esse sono sparse irregolarmente e su ambo le pagini senza preferenza. 2° glandole trovansi pure nel ricettacolo fiorale, nello stilo e persino in corrispondenza delle pareti interne dell’ ovario; esse sono frequenti nella corteccia dei rami, rarissime nel midollo (£. glodulus, E. colossea); i fasci libro-legnosi ne sono privi. 3° per rispetto all'origine, le glandole sono di 2 specie: super- ficiali e profonde. Alla formazione delle prime, piglia parte anche una cellula epidermica; a quella delle seconde, solo il tessuto o meristema fondamentale. Le prime in contatto dell’ epidermide sono munite di pseudo-coperchio, formato generalmente di 2, talvolta anche di 3, 4 e persino 5 cellule; le seconde non hanno pseudo-coperchio. Le glandole superficiali formansi solo nella lamina fogliare; le pro- fonde, nelle nervature, nel picciuolo, nella corteccia dei rami, ecc. 4° non pare si possa a rigore parlare di un unico e vero strato di cellule epiteliali secretizie, bene distinto, nelle glandole delle foglie dell'E. g/obulus, nè in quelle delle altre specie da me esaminate: £. po- pulifolia, viminalis, Siderorylon, eugenioides. Evvi un tessuto secretore che per intero si trasforma e scioglie. Le pareti delle glandole sono formate dalle cellule dei tessuti circostanti, le cui porzioni di mem- brana, prospicienti la glandola, chimicamente si modificano e stretta- mente fra loro si congiungono, sì da formare una specie di sacco per- fettamente e fortemente chiuso. 5° le glandole sono protogeniche, però seguitano a formarsi per qualche tempo anche nelle zone fogliari ove i tessuti sono di già dif- ferenziati. Incominciano prestissimo, molto prima degli stomi. 6° le glandole superficiali provengono da due cellule, una epi- «lermica ed una dello strato del mesofillo immediatamente sottoposto. La segmentazione incomincia nella cellula epidermica che dividesi in due per una parete tangenziale; di queste cellule figlie, 1’ inferiore dlividesi subito dopo in quattro cellule. per due pareti radiali ed in croce. Indi la superiore, segmentandosi per mezzo di una seconda parete tan- genziale, dà due cellule, di cui la più superficiale fornisce il pseudo- coperchio e la sottostante, dopo essersi divisa in quattro per mezzo di due pareti radiali ed in croce, seguita a suddividersi per fornire tes- suto glandolare. A_ questo punto, o poco prima, incomincia la segmen- tazione dell'altra cellula primitiva, cioè della ipodermica, la quale pure si divide da prima in due per una parete tangenziale, e ciascuna di — 100 — queste di poi in quattro per due pareti radiali incrociantesi; la segmen- tazione, seguitando, dà luogo alla parte inferiore del tessuto della glandola. 7° le glandole profonde del picciuolo, delle nervature e del mar- gine fogliare, e quelle della corteccia dei rami provengono general- mente da cellule (due, pare) del 2° e 3° strato ipodermico; quelle invece dello stilo, del ricettacolo florale e dell’ovario, da cellule di strati an- cora più profondi. 8° queste glandole, come anche quelle del Myrtus Tarentina, non sono formazioni schizogeniche ma lisigeniche, poichè le pareti cellu- losiche del tessuto glandolare sono le prime a sciogliersi e il loro scio- glimento inizia il vano glandolare. 9° lo scioglimento ed il riassorbimento del tessuto glandolare procede dal centro verso la periferia; persiste però più o meno a lungo, contro le pareti della glandola, uno strato di cellule o meglio di masse di plasma tavolari e nude. 10° si hanno glandole alla formazione delle quali oltre il tes- suto secretizio originatosi dalle cellule primitive, piglia parte tessuto secondario proveniente dai tessuti circostanti, coinvolti nel processo della glandola. In questi casi il processo di disorganizzazione può an- che essere centrifugo e centripeto ad un tempo. MESOFILLO. Il mesofillo (nel senso di Decandolle) consta in tutte queste foglie unicamente di tessuto clorofillaceo. Cotiledoni. — Nei cotiledoni (fig. 3, tav. VII) si ha un solo strato di tessuto a palizzata tipico contro la pagina superiore, susseguito da un secondo strato pure di cellule allungate nel senso normale alla su- perficie fogliare ma di forma più o meno conica, (cellule raccoglitrici). Queste colla base maggiore sono in contatto delle estremità inferiori interne delle cellule cilindriche dello strato a palizzata e la minore in comunicazione colle cellule della larga zona di parenchima spugnoso che costituisce il rimanente mesofillo, zona che occupa più della metà dello spessore della lamina fogliare e stendesi sino all’epidermide della pagina inferiore !. 1 Già nel seme il mesofillo dei cotiledoni trovasi differenziato: in cellule allungate a palizzata contro la pagina superiore e in cellule corte contro la pagina inferiore. Nelle foglie di 1° stadio di pochi millimetri di lunghezza il detto tessuto invece pre- sentasi tutto omogeneo e muriforme. Arch. Critt. IL 10 — 106 — Il tessuto clorofillaceo va sin contro ai fasci libro-legnosi coi quali direttamente confina, solo nella loro vicinanza le cellule del detto tes- suto (spugnoso) sì fanno più strette e si allungano nel senso del fascio stesso. Inoltre in corrispondenza ai grossi fasci libro-legnosi, specie verso la base della lamina cotiledonare, il tessuto spugnoso si fa più fitto, cioè perde i larghi vani intercellulari, arrotonda le sue cellule, ne ingrossa alquanto le pareti, perde una parte della clorofilla, e le cel- lule orienta in modo da disporle tutte sin contro l’epidermide in dire- zione paralella al fascio. Formasi quindi fra il fascio libro-legnoso e la corrispondente epidermide una specie di tessuto con debole funzione meccanica, tessuto che, per ciò almeno, rammenta i cuscinetti collen- chimatosi che troveremo in corrispondenza dei fasci delle foglie del- l'albero. Che in detto tessuto la funzione meccanica pigli il sopravvento su quella dell’assimilazione, lo dimostra non solo il fatto della diminu- zione dei grani di clorofilla ma anche la forma speciale che assumono quivi le cellule epidermiche che lo ricoprono, la quale, come si è detto sopra, è simile a quella delle cellule che rivestono il picciuolo ed in genere le nervature delle foglie. Lo strato a palizzata della pagina’ su- periore continua anche nell’orlo del cotiledone ove assottigliandosi si estende sin contro la pagina inferiore. Nelle foglie orizzontali (1° stadio) abbiamo ancora sotto l’epider- mide della pagina superiore un solo strato di cellule a palizzata (fig. 2 tav. VIII). A questo sussegue un secondo strato di cellule pure allun- gate nel senso normale alla superficie fogliare, ma generalmente più corte, rade ed imbutiformi, le quali spesso, a due od a tre, convergono per far capo ad una sola cellula più interna che stabilisce la comuni- cazione col mesofillo spugnoso e coi fasci libro-legnosi. Il mesofillo spu- gnoso occupa la parte mediana anzi quasi tutto il rimanente della la- mina fogliare e racchiude larghissime lacune. Contro l'epidermide della pagina inferiore però trovasi quasi sempre uno strato a pseudo-palizzata, cioè uno strato di cellule allungate e più o meno fitte, disposte normal- mente alla superficie fogliare, ma più corte e meno regolari di quelle della pagina superiore. * Direbbesi quasi che queste piante si trovino, 1 Il Magnus (Bot. Zeit. 1876, p. 310) dice invece, che il mesofillo di queste foglie orizzontali consta in generale almeno di due strati di cellule a palizzata, seguiti fa tessuto lacunoso sin contro la pagina inferiore. Il Groscuix in un lavoro dal titolo: Ueder den Einfluss des Lictes auf die Entwickelung des Assimilationsgewebes pubblicato nell’ ultimo numero del Botanisch. Centralbl. del 1584, p. 375, nel quale studia lo sviluppo del mesofillo nelle foglie oriz- zontali dell'E. gZobulus, dà come struttura definitiva di questo: un alto strato di cel- lule a palizzata contro lepidermide superiore e poi parenchima pugnoso tipico per tutto il mesofillo rimanente, e quest'ultimo lo figura anche, formato di rare serie di — 107 — per rispetto alla luce, in condizioni da permettere loro la formazione di uno strato di tessuto assimilatore specifico, anche contro la pagina in- feriore delle foglie orizzontali. Anche le cellule di questo strato inferiore talora convergono a 2, a 3 verso l'interno e metton capo a cellule raccoglitrici mediane e più o meno a forma d’imbuto. Cosichè qui pure, come nei cotiledoni, il si- stema delle raccoglitrici (se si ammette la teoria dell’Haberlandt) dei pro- dotti assimilati dalle cellule a palizzata è nettamente sviluppato e ricco. Talvolta però lo strato a pseudo-palizzata della pagina inferiore manca, sostituito da tessuto a tipo spugnoso deciso, come altresì lo strato a palizzata della pagina superiore non è sempre compatto, specie nelle vicinanze dell’apice della foglia, ove spesso le cellule verso l’in- terno si staccano e divergono. Del resto nelle foglie orizzontali la dif- ferenziazione del mesofillo lacunoso è più tardiva, al punto che si pos- sono avere fogliette di 2 o 3 cm. di lunghezza (fig. 10 tav. V) ancora con mesofillo perfettamente compatto per entro tutta la lamina ed a tipo di palizzata contro ambe le pagini. Qua e là entro il mesofillo trovansi cellule più o meno isodiametriche prive di clorofilla e contenenti invece cristalli isolati o druse. Foglie verticali. — Nelle foglie verticali poi (fig. 3, 4 tav. XVI, fig. 1, 2, 3, 4 tav. XVIII) tessuto a palizzata tipico si sviluppa tanto sotto l’epidermide della pagina superiore che dell’inferiore ed in egual misura. Contro ambe le pagine fogliari si trovano da 3 a 4 strati di tes- suto a palizzata compatto, con piccoli vani intercellulari, tessuto il quale si allarga solo in corrispondenza degli stomi (fig. 8, 9 tav. III). Nel mezzo della lamina, fra queste due zone a palizzata rinviensi una zona di tessuto spugnoso clorofillaceo dello spessore di 2 a 5 strati di cellule piuttosto corte e poco ramificate le quali lasciano piccole e rare lacune; e qua e là il tessuto a palizzata si estende persino entro tutto lo spessore della lamina senza interruzione. *! cellule rotonde, delle quali poche arrivano a toccare l’epidermide inferiore, che rimane quasi nuda. Ciò non è esatto, nè corrisponde con quanto è rappresentato nel mio disegno sopra citato e nelle fig. 4 e 5 della tav. III e con quanto sino dal 1881 io avevo stampato, ma che il Grosglith non deve aver conosciuto. 1 Lo Tscnircu (Ueber einige Beziehungen des anatomischen Baues der Assimila- tionsorgane zu Klima und Standort mit specieller Beriicksichtigung des Spaltiffn- nugsapparates (1881, p. 154 e 218); dice; che l’Eucalyptus globulus ha foglie che posseggono un tessuto percorso da molte e larghe lacune, che costituiscono ein selr weitmaschiges Durchlufttungssystem (un sistema di areazione a larghissime maglie), e spiega questa struttura del mesofillo ricordando che l’Eucalyptus globulus è una di quelle specie che vive nei luoghi freschi ed umidi. Ora tale struttura, come risulta da — 108 — In grazia delle lamine pendenti in piani verticali mi venne il so- spetto che in queste foglie il tessuto assimilatore a palizzata si incli- nasse obbliquamente verso l’alto, cioè verso la base fogliare, affine di poter meglio usufruire della radiazione solare; ma ciò non ha luogo, esso si mantiene perfettamente normale al piano della foglia piegandosi solo per ragioni meccaniche nella vicinanza di glandole o di fasci libro-legnosi. La lamina di queste foglie verticali si assottiglia procedendo dalla base verso l’apice, però non diminuisce (nella stessa foglia) il numero degli strati delle cellule, il quale, nelle foglie da me esaminate, oscillava da 8 a 11 oltre alle due epidermidi. Per un gruppo di foglie tolte da un sol albero trovai in media, alla base 0,43 mm. ed all'apice 0,39 mm. di spessore; in un altro albero, per la base della foglia una media di 0,35 mm., per l’apice 0,31 mm. Nelle foglie orizzontali invece nessuna differenza di spessore mi fu dato constatare fra base ed apice. Le lamine di queste foglie però sono molto più sottili di quelle delle foglie verticali, misurano da 0,17 a 0,24 mm. con una media di 0,20 mm.; cioè hanno metà spessore delle altre. I tessuti delle foglie di 2° stadio apparentemente sono asciutti, molto meno acquosi di quelli delle foglie di 1° stadio e per tali vengono generalmente indicati dagli autori, però le ricerche non confermano questa apparenza e li dicono invece più ricchi d’acqua. * Concludendo: 1) i cotiledoni presentano un mesofillo a struttura bifacciale o dorsiventrale tipica; le foglie orizzontali o dell'albero giovane hanno un mesofillo ancora dorsiventrale ma con tendenza a divenire iso- laterale e le foglie verticali ossia dell'albero adulto divengono perfet- tamente isolaterali o centriche; ? 2) nella regione di passaggio dalle foglie orizzontali tipiche alle verticali perfette, anche il mesofillo assume struttura intermedia, ac- centuando graduatamente la sua tendenza all’isolateralità; quanto venne sopra esposto, appartiene solo alle foglie orizzontali (forse le uniche che l’autore ha avuto sottomano) che si limitano ai primi anni di vita della pianta; ma le foglie verticali che costituiscono la vera fronda dell'albero, quella che lo accompagnerà per tutta la sua lunga esistenza, hanno invece tessuto eminentemente compatto. Non reggono quindi le conseguenze che ivi lo Tschirch deduce. 1 Vedi: Briosi. Intorno alle sostanze minerali nelle foglie delle piante sempre verdi; negli Atti dell'Istituto Botanico dell’ Università di Pavia. Serie II, volume I], p. 397. 2 Il Van Tiecuew. (Traité d. Botanique 2° 6d. p. 849) dice: che si hanno esempi di tale cambiamento di struttura persino in specie appartenenti allo stesso genere e cita, fra altre, per confronto l’Eucalyptus globulus (centrica) e lE. pulverulenta (bifaciale). Si potrebbe ora aggiungere che tale struttura cambia anche nelle foglie della stessa specie anzi dello stesso individuo, passando per tutti gli stadii intermedi. lag 3) nelle foglie dell'albero giovane il mesofillo è rappresentato da un tessuto lasso, eminentemente lacunoso, anche in maggior misura che non lo sia nei cotiledoni; nelle foglie dell'albero adulto invece, il mesofillo si fa strettamente compatto, scompaiono quasi per intero le lacune, il tessuto a palizzata diviene prevalente e coll’aumentare dello spessore della foglia arriva a divenire di 6 od 8 volte più ricco che nelle foglie orizzontali. PRODUZIONI SUGHEROSE. Nella lamina delle foglie verticali, o di 2° stadio, si trovano porri sugherosi in grande abbondanza tanto sulla pagina superiore che nel- l’inferiore, mentre nelle foglie orizzontali, o di 1° stadio, se ne rin- vengono generalmente assai pochi e sempre di forma più irregolare. ‘ Di queste produzioni io non mi sono gran che occupato; però posso as- sicurare © che se ne trovano anche nelle foglie orizzontali. ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE COSE ESPOSTE. La foglia orizzontale ossia dell’albero giovane rappresenta, non v’ha dubbio, una forma primitiva, e la foglia verticale ossia dall'albero adulto una forma derivata o di adattamento. * Ora quali cause esterne avranno determinato un tale cambiamento, nella forma, nell’orientazione e nella struttura di queste foglie, od in altri termini, quali saranno state le nuove condizioni per adattarsi alle quali la foglia ha dovuto di tanto modificarsi? Soluzioni d’ evidenza assoluta e matematica non sono al certo di tali problemi, che il tempo dopo averli con lungo lavorio elaborati, disperde talora persino le traccie dei fattori che hanno contribuito a costituirli; non pertanto l’esame delle condizioni nelle quali tuttora i detti alberi vivono parmi possa, nel caso nostro almeno, indicare una via di risoluzione, se non sicura, almeno probabile, ammesso anche che ! Veggasi anche: Povrsex V. Om Korda melse paa Blade. Kjobenhawn, 1875. Bacuman XL. Korkwucherungen auf Blittern, nei Jahrb. v. Pringsh., vol. 12, Heft 2, 1880. 2 Licmer, L. c. p. 413, dice che non ha trovato nodules subéreux che nell'E, si- derophloia. ® Anche le irregolari alterazioni che si presentano nella filotassi delle foglie ver- ticali parlano in questo senso. — Mo — alcune di queste cause abbiano di già cessato di agire o siansi in parte attenuate. ! Le foglie verticali occupano la parte superiore dell'albero, vivono quindi in un’ atmosfera molto più secca ed in un ambiente molto più esposto all’azione dei raggi solari delle foglie orizzontali le quali svi- luppansi al basso in un'aria più umida e meno illuminata perchè sono da quelle protette ed ombreggiate. Per le prime quindi minore umidità e maggior quantità di luce e di calore che per le seconde. Ora la maggior secchezza dell’aria ed il maggior riscaldamento dell'organo devono neces- sariamente aumentare in questo la traspirazione, perchè, da un lato, maggiore diviene la forza diffusiva del vapore acqueo nell’atmosfera e dall’altro, aumentando col calore la tensione del vapore acqueo per entro i vani dei tessuti, questo cercherà di sprigionarsi da essi con maggiore energia. Di conseguenza per ristabilire l’equilibrio o meglio per adat- tarsi a queste nuove condizioni esterne tendenti ad esagerare la tra- spirazione, la foglia avrà evidentemente dovuto cercare difese affine di non rimanerne danneggiata. E così noi troviamo che; nella foglia delle parti superiori dell’ al- bero si restringe la larghezza del lembo e se ne aumenta lo spes- sore; fortemente si rimpiccioliscono i vani intercellulari del mesofillo sino a renderlo quasi compatto; si diminuisce il numero degli stomi sull'unità di superficie, diminuzione tanto più sentita in quanto mag- giore è il volume del tessuto al quale sovrincombono per l’aumentato spessore della lamina; potentemente si ingrossa la parete esterna della epidermide e quasi per intero si cutinizza; e, persino, con speciale ed interno apparecchio viene rinforzato il sistema di chiusura degli stomi. Queste modificazioni tutte sono evidentemente intese a diminuire la po- tenza di traspirazione della foglia. Ciò del resto trova una conferma nel fatto che non'ostante la perdita del forte strato di cera, le foglie di 2° stadio si fanno più acquose e meno ricche di sostanze minerali, a prova della loro diminuita traspirazione. * 1 Vedi anche: Bxriosi. Intorno alle probabili ragioni dell’eterofillia nell’ Eucalyptus globulus ed in piante analoghe. (Atti Accad. dei Lincei, serie 32; memorie, vol. XIV, marzo 1883). 2 In vero, le foglie di 2° stadio o verticali si danno da tutti come aride e più asciutte di quelle orizzontali o di 1° stadio, ma io ho trovato nelle prime per 100 parti di foglia: acqua 47,054 nel lembo, 45,260 nella nervatura mediana e 52,979 nel picciuolo; mentre per le seconde la quantità d’acqua del lembo oscillava fra 40,626 e 43,817 °/,; inoltre nelle prime le sostanze minerali erano 53,077 °/,, mentre nelle se- conde oscillavano fra 56,123 e 59,374; ben inteso non tenendo calcolo di resultati ot- tenuti da foglie giovanissime che non avevano ancor raggiunto l’anno d’età (vedi: Briosi, Intorno alle sostanze minerali nelle foglie delle piante sempreverdi, negli Atti dell'Istituto Botanico dell Università di Pavia, II serie, vol. I, p. 363). —\lll — Da un’altra parte all’azione della luce è legata anche l’assimila- zione, specie quella del carbonio, e questa pure cresce coll’aumentare dell'intensità di quella; per altro, come è noto, questo sì avvera sino ad un certo limite, sino a raggiungere cioè un ottimo di luce, cui cor- risponde un massimo di assimilazione, al di là del quale col crescere di quella, questa diminuisce. Quindi anche contro la luce o meglio contro l’aumentata energia luminosa offerta alle foglie superiori (le quali per tutta la vita rimangono indifese od esposte), energia probabilmente superiore a quella cui corrisponde l’ottimo dell’assimilazione, la foglia avrà dovuto cercare difesa, affine di potere fruire della forza luminosa nella migliore misura possibile. Ed io suppongo, come ho di già ac- cennato altra volta, ! che la pianta abbia cercato, col rendere verticali le lamine delle proprie foglie di provvedere anche a tale esigenza. So che su questo riguardo il campo dei fisiologi trovasi diviso e che pa- recchi dei migliori non ammettono che la disposizione verticale delle foglie possa essere collegata all’azione della luce; pure, pel caso no- stro almeno, sembra a me, che alla forte energia luminosa debbasi attribuire la causa principale del fenomeno. ? Ritornerò, in un prossimo lavoro ex professo, sopra questo argomento: qui voglio solo ricordare il grande aumento che subisce il tessuto assimilatore nelle foglie verticali, tale da determinare un forte ingrossamento della lamina e da formare strati di cellule a palizzata non solo contro ambe le pagini fo- gliari ma altresi per entro quasi tutto lo spessore della foglia. Che cosa ci dice un tale fenomeno? A mente mia, che l’intensità della luce disponibile ivi, e per le dette foglie, è tanta da poter far funzionare tessuto specificamente assimilatore anche senza tenerlo esposto in senso normale ai raggi solari, che è tanta da poter far sviluppare e funzionare tessuto a palizzata non solo su una, ma su ambo le pa- gine fogliari e persino per entro la compagine interna della foglia; il 1 Briosi. Probabili ragioni dell’eterofillia, ece., 1. c. ? Del resto è ora provato che non solo l’assimilazione, ma anche la traspirazione è strettamente collegata all’azione della luce, anzi è constatato che all’azione della luce sulla clorofilla è dovuta la massima perdita d'acqua che le piante subiscono per evaporazione. Il Van Trecuen (Traité d. Bot. 2° édit. p. 185) ha designato col nome di c/o- rovaporizzazione, questa traspirazione dipendente dalla luce agente sulla clorofilla; ed è provato che essa cresce, ed in forte misura, col crescere dell’ energia luminosa, al punto che una pianta di granturco p. e. clorovaporizza, in un'ora, 17 mgr. d’acqua alla luce difusa, e 608 mgr. al sole. (Vedi: VAN Tiecnew, l.c. — Wieswer. Veber den Ein- fluss des Lichtes u. d. Strahl. Wirme auf d. Transpiration d. Phanzen, 1876. — Comes. La luce e la traspirazione nelle piante 1880, ed i molti altri lavori ivi accuratamente indicati.) Si che, a mio modo di vedere, prova, che se una illuminazione per così dire attenuata, indiretta e laterale ha una così fatta potenza, la diretta normale e piena deve ritenersi per esuberante e forse anche per dan- nosa (superiore all'ottima), sì che la pianta la evita col rendere ver- ticale il lembo delle proprie foglie. PERCORSO DEI FASCI FIBRO-VASCOLARI. Cotiledoni. -- Nei cotiledoni vere nervature sporgenti sulle lamine fogliari non si formano. Il grosso fascio libro-legnoso del picciuolo prima ancora di entrare nella lamina dividesi in tre grossi cordoni (fig. 1 tav. II), dei quali il mediano percorre la lamina in linea quasi retta indirizzandosi contro la parte mediana e più depressa della sua insenatura, ed i due laterali giunti nella lamina, piegano uno a destra, l’altro a sinistra e successivamente ramificandosi vanno ciascuno ad innervare il rispettivo lobo del cotiledone. Di solito, ciascuno dei due cordoni laterali dà tre ramificazioni principali che superiormente si piegano ad arco; la più esterna e più debole va ad appoggiarsi ed unirsi all’intermedia e questa alla più interna, che è la più forte, la quale alla sua volta ripiegandosi ed abbassandosi ritorna verso l’asse della foglia e va a raggiungere e ad anastomizzarsi colla nervatura mediana che è salita diritta sin presso al margine fogliare. Ogni lobo resta così diviso in tre grandi maglie ! longitudinali e decrescenti dall’asse all’orlo ed i fasci che costituiscono queste sei maglie arcuate e disposte a ventaglio formano una specie di sistema unico ben connesso e saldo che presenta, fra l’altro, come un’os- satura od intelaiatura principale adattatissima alla forma della lamina cotiledonare. Dalle costole di questa specie di ventaglio si staccano, tanto verso l'interno che verso l'esterno, ramificazioni più sottili successivamente decrescenti (sino di 8° ordine) che formano una fitta rete di maglie sempre più piccole, arcuate o poligonali, più o meno irregolari, con lati rettilinei, o curvilinei, o misti. Le ultime diramazioni spesso non si ana- stomizzano, ma per lo più terminano libere in mezzo al parenchima. Nessun cordone libro-legnoso continuo corre lungo il margine del cotiledone, anzi quivi i fasci formano verso l'esterno una serie di maglie più o meno arcuate e talora non chiuse, perchè i loro due rametti con- vergono bensì ma non s'incontrano, onde l’arco rimane interrotto. ! Nel disegno litografico della fig. 1, tav. II, la 3* maglia, specie nel lobo di sinistra non è riuscita ben distinta come era nel disegno originale. Anche in natura però rimane talvolta poco marcata. — 113 — Sul lato convesso di questi archi qualche volta staccansi pure brevi rametti che terminano liberamente verso l'orlo, come altresì l'arco dei fasci talora si porta sin contro lo strato di cellule a palizzata che tappezza il margine della foglia. ! Foglie orizzontali e verticali. — Nelle foglie orizzontali (di 1° stadio) le nervature principali sono sporgenti sulla pagina inferiore (fig. 2 tav. XVII), nelle verticali invece appena si. manifestano all'occhio le principalissime, ed in modo pressochè pari su ambo le pagine (fig. 1 e 3 tav. XVII). Le fisure 2 e 3 della tav. I indicano appunto le ner- vature che si possono scorgere ad occhio nudo. I grossi fasci non formano più una intelaiatura a ventaglio, ma bensì penninervia, nella quale le costole hanno le estremità fra loro riunite da una serie di archi che formano un grosso cordone simpodiale mar- ginale, molto regolare e robusto nelle foglie verticali e meno marcato e perfetto nelle orizzontali; sistema assai adatto alla forma più o meno allungata del lembo di queste foglie. L'orlo, che è intero tanto nell’una che nell'altra specie di foglie. è costituito da un cordone di tessuto collenchimatoso robustissimo e regolare nelle foglie verticali (fig. 2 tav. VII, 3 e 4 tav. XVI), meno forte e meno uniforme, ma pur sempre ben sviluppato, nelle foglie oriz- zontali (fig. 4 tav. XIX). Nelle foglie verticali inoltre, dal dorso del grosso cordone margi- nale, visibile ad occhio nudo e che scorre alquanto discosto dall’orlo fo- gliare, si staccano in senso ad esso normale (fig. 1 e 2 tav. VII), ro- buste ramificazioni di 3° e 4° ordine che alla lor volta superiormente si riuniscono per mezzo di diramazioni arcuate e formano delle maglie quadrangolari abbastanza grandi. I lati esterni arcuati di queste co- stituiscono un secondo cordone marginale più sottile e meno regolare del primo, non ben visibile ad occhio nudo, paralello (benchè irrego- larmente), e molto vicino all’ orlo. Entro queste maglie altre più piccole ed irregolari si costituiscono, dall'interno delle quali si staccano fasci che si possono dividere sino a ramificazioni di 7° e 8° ordine, come vedesi in 5 fig. 1 tav. VII, e fini- scono con terminazioni libere che spesso fan capo in prossimità di glan- dole attorno alle quali girano e si adattano. Dall’ esterno del secondo cordone marginale partono pure fasci libro-legnosi anche in direzione più o meno normale all'arco, e questi vanno a riunirsi direttamente al fascio collenchimatoso dell’orlo (fig. 4 tav. XVI). 1 Talvolta mi venne fatto di osservare piccoli gruppi di tracheidi corte, (2 a 4), isolate in mezzo al parenchima clorofillaceo, cioè senza alcuna (almeno apparente) di- retta comunicazione colla rete dei fasci libro-legnosi. — 114 — A questo tessuto collenchimatoso i fasci libro-legnosi aderiscono strettamente rimanendo semplici oppure ramificandosi ed allargandosi nelle estremità, evidentemente per costituire, col cordone collenchimatoso stesso, un unico e ben saldo sistema di intelaiatura (fig. 2 tav. VII). Le estremità infatti di questi rami sono costituite da gruppi di tracheidi cortissime, di forma varia e più o meno irregolare, riunite fra loro senza ordine apparente però in modo da formare come larghi cuscinetti contro e sotto il cordone collenchimatoso quasi per viemmeglio collegarsi con esso (7 fig. 4 tav. XVI). Anche qui si formano maglie quadrangolari relativamente grandi, le quali hanno questo di particolare, che il loro lato esterno non è sempre e per intero di fasci libro-legnosi ma bensi di collenchima. Maglie più piccole ed irregolari formansi qui pure entro le prime con fascetti a terminazione libera, semplici o ramificati come in tutto il rimanente mesofillo. Abbiamo quindi in queste foglie un sistema di fasci libro-legnosi singolare per quanto ha riguardo alle terminazioni. Apparentemente in- fatti sembrerebbe riferibile al tipo secondo, stabilito dal De Bary,! che ha maglie con terminazioni libere all’interno e nessuna terminazione libera alla periferia, però nelle nostre foglie, in fondo, si hanno termi- nazioni libere non solo all’interno delle maglie ma anche all’esterno del cordone simpodiale, e di queste, parte terminano liberamente, parte si anastomizzano fra loro e parte si anastomizzano solo col cordone col- lenchimatoso che esternamente chiude tutte le maglie. In quanto alla posizione occupata dai fasci libro-legnosi, questi, in tutte le nostre specie di foglie, hanno il loro asse nel piano mediano della lamina, fogliare, sicchè anche nelle foglie verticali che hanno struttura isolaterale o centrica, anzi precisamente in esse, i detti fasci, o meglio i loro assi, determinano una superficie piana. Nei cotiledoni questi fasci scorrono interamente entro il tessuto lacunoso senza venire in contatto del parenchima a palizzata; nelle foglie orizzontali invece si allargano ed entrano nella regione del tes- suto a palizzata, il che nelle foglie verticali maggiormente si accentua, onde in queste, solo le diramazioni d’ultimo ordine e le estremità dei fasci rimangono per intero nella zona del tessuto spugnoso. 1 De Bary, l. c. p 816. ilo = ELEMENTI DEI FASCI FIBRO-VASCOLARI E LORO RAPPORTI COI TESSUTI CIRCOSTANTI. Nei fusti e nei rami dell’Eucalyptus globulus i fasci libro-legnosi, come è noto, sono bicollaterali, cioè hanno libro non solo dal lato della corteccia, ma bensì anche verso il midollo. ! Esaminiamo ora che cosa avviene di tale struttura nelle foglie, incominciando dai cotiledoni. COTILEDONI. Picciuolo. — Il picciuolo alquanto schiacciato nel senso orizzon- tale, piano alla pagina superiore e convesso nell’inferiore (fig. 1 ta- vola XV), ha, come si è detto, un largo e grosso fascio libro-legnoso, il quale prima ancora di entrare nella lamina dividesi in tre fasci mi- nori che formano la base della nervatura del lembo. Di questi il me- diano è più debole e meno ramificato dei laterali, cosa naturale perchè il suo percorso è più breve, in grazia alla figura reniforme della lamina cotiledonare. In questi fasci gli elementi del legno sono disposti in serie per lo più semplici e rettilinee (sezione normale all’asse del picciuolo), ir- radianti a ventaglio verso il lato esterno od inferiore, e separati da raggi midollari molto distinti. Sul lato esterno (pagina inferiore) il libro è molto sviluppato, po- chissimo invece sull’interno; quivi, infatti, appena pochi elementi mo- strano che il fascio è tuttora bicollaterale. i Lo xilema nel picciuolo incomincia all’interno (contro il lato piano) con vasi di piccolissimo lume, ed a spira semplice o doppia, fine ed a 1 Secondo HéraiL (Recherches sur V anatomie comparée de la tige des dicotilé- dones. Thèse pour obtenir le grade de docteur, 1385, p. 91) i fasci libro-legnosi delle mirtacee non meriterebbero a rigore il nome di bicollaterali, perchè, a detta di lui, in queste piante il libro interno non avrebbe la stessa struttura, nè la stessa origine di quello dei fasci normali, cioè non farebbe parte integrante del fascio allo stesso titolo del libro esterno. Il Lignier però ha subito dopo dimostrato (Recherches sur lana- tomie comparée des Calycanthées, des Mélastomacées et des Myrtacées. Lille, 1887, p. 389) che le mirtacee hanno invece fasci bicollaterali, poichè il libro interno se dé- veloppe d’abord par recloisonnement longitudinal des cellules de la bande procam- biale intérieure, puis plus tard aux dépenses d'une zone cambiale établie entre les tra- chées initiales, entre elles et les premiers élements libériens internes. —.illibrt= passo larghissimo: oppure con vasi anulari pure sottilissimi e ad anelli molto distanziati fra loro: gli uni e gli altri assai poco lignificati. A questi susseguono, verso l’esterno, vasi più larghi, a spirale fitta e grossa, e molto più lignificati, che costituiscono il forte dello xilema e vanno sin contro il libro molle esterno. Il floema consta quasi sempre unicamente di libro molle o leptoma, in qualche raro esemplare ho trovato verso il lato esterno anche qual- che cordone di libro duro, composto di cellule a largo lume e pareti relativamente poco ingrossate; e quindi nemmeno formato di fibre li- brose ben caratterizzate; unicamente verso la base del picciuolo cioè verso la sua inserzione sul fusto trovasi talvolta qualche rara fibra librosa tipica. Il leptoma o libro molle consta di cellule molto strette ed allungate con pareti sottili e contenuto omogeneo, finamente gra- nuloso e generalmente densissimo. Per lo più, hanno setti trasversali normali, di rado obliqui, sicchè spesso presentano, in sezione longitu- dinale, la forma di un rettangolo assai regolare. Benchè non abbia fatto oggetto di studio particolare gli elementi del libro molle, pure per riguardo ai vasi crivellati, che cercai con cura, debbo dire che non mi fu dato poterne con sicurezza constatare la presenza, nè nel pic- ciuolo nè nella lamina cotiledonare. In un solo preparato fra’ moltissimi osservati, ed anche trattati col metodo Boehm-Sachs, mi venne fatto di trovare in uno dei fasci del picciuolo una fila di cellule sottilissime entro le quali di tratto in tratto si aveva la reazione dei finissimi granelli d’amido dei vasi cribrosi, ® ma anche in questo caso nulla accennava alla struttura caratteristica dei detti vasi. Va però notato che in sezione trasversale il libro molle presenta, specie di fronte ai cordoni legnosi, come delle areole più o meno rotondeggianti e ben circoscritte composte di cellule sottilissime a lume molto più stretto di quello delle circostanti e piene di plasma densissimo. Sono cordoni di vasi cribrosi colle relative cellule annesse? Io lo ho sospettato, ma la struttura loro, che in realtà male si rileva, non sembra corrispondervi; ad ogni modo meriterebbero di venir meglio studiati. I pochi elementi floemici che nel picciuolo trovansi sul lato in- terno (cioè verso la pagina superiore) dei fasci, sono esclusivamente di leptoma ed affatto simili a quelli del libro esterno. Nel picciuolo i fasci posseggono una guaina amilacea, ma non sempre completa, nè molto caratterizzata. Consta di cellule poco di- verse da quelle contigue della corteccia, delle quali però hanno dia- ! Briosr. Ueb. allgem. Vorkom. von Stiirke in d. Siebrohren, nella Bot. Zeit. 1873. ii metro minore e contengono amido, essa avvolge il fascio particolar- mente sul lato convesso od esterno e si interrompe, o si fa meno netta, sul lato piano od interno. Lamina. — Allorchè i fasci entrano nella lamina, gli elementi del libro sul lato interno scompaiono, sicchè a brevissima distanza dal picciuolo essi si fanno collaterali e tali si mantengono di poi in tutto il lembo fogliare. ! Il libro duro (produzione fibrosa) manca nella lamina salvo nei rari casi nei quali tracce se ne trovano nel picciuolo, poichè allora esso, coi suoi elementi a largo lume e pareti non troppo ingrossate, entra pure nella base del lembo ove però presto si estingue. Il leptoma esterno invece accompagna i fasci xilemici sino nelle ramificazioni molto sot- tili, infatti lo si trova talora anche in fasci ridotti a soli due o tre vasi legnosi (fig. 3 tav. VII); però le ultime e sottili terminazioni libere ne sono generalmente prive (fig. 1, 2, 3 tav. IX). Nella lamina, il libro molle si presenta come nel piccinolo formato di elementi allun- gati a pareti sottilissime, pieni di plasma granuloso, senza traccia di vasi cribrosi; solo nei rami sottili d’ultimo ordine, ove esso finisce, i suoi elementi si allargano, così da presentarsi con un lume più grande di quello dei vasi legnosi contigui, anzi le ultime porzioni terminano quasi a forma di clava e sono pure pieni di plasma densissimo, e fina- mente granuloso. Lo xilema nella lamina consta, da prima, cioè nei fasci grossi, degli stessi elementi che possiede nel picciuolo, ma di poi, nei fasci minuti, non rimangono che sottili vasi spirali composti di articoli lunghissimi, a spira semplice o doppia incrociantisi; in alcuni vasi la spirale si mantiene doppia sino ad un certo punto, indi si fa semplice. Le estremità libere talora terminano assottigliandosi e biforcandosi sino a ridursi con uno, due o pochi vasi spirali (o tracheidi) affusolati e sottili (fig. 1 tav. IX e % in fig. 1 tav. VIII); tal’altra invece esse si ingrossano per la formazione di tracheidi corte e larghe che si riu- niscono ed agglomerano in modo vario, dando all’estremità una forma più o meno clavata sino ad assumere figura quasi di mazze (& fig. 1 tav. VIII). Nelle ultime e sottili ramificazioni avviene anche di trovare delle tracheidi incomplete che io chiamai pseudo-tracheidi, ® nelle quali la spirale rimane imperfetta, e che si presentano in diversa maniera. In 1 Nella mia nota del 1881: Contrib. alla anat. delle foglie, avevo detto che anche nelle lamine dei cotiledoni i fasci si mantengono bicollaterali sino alle ramificazioni di 5° e 6° ordine, ma ricerche posteriori mi hanno dimostrato che ciò non è esatto. 2 Barosi. Contrib. ec., l. c. — lis alcune, l’ingrossamento a spira si inizia su tutta la lunghezza della cel- lula ma le spire, benchè questi inizii siano forti e ben rilevati, non si compiono, cioè per una zona che si può estendere per metà, per un terzo (talora più, talora meno) della larghezza, la parete rimane liscia senza alcun ingrossamento sicchè interromponsi così tutte le spire (e' fi- gura 1 tav. VIII); in altre, l’ispessimento a spira si estende pure su tutta la lunghezza della cellula, ma rimane appena accennato sopra uno dei lati (x, x, fig. 1 tav. IX); in altre infine, il detto ingrossamento si limita ad una delle estremità e le spire gradatamente estinguendosi ! lasciano libera e liscia la parete della cellula per tutta la rimanente lunghezza (e' fig. 1 tav. IX). Molte volte avviene anche, in questi rami sottili, che ai vasi ed alle pseudo-tracheidi sopra descritte si accoppiano od interpongono ele- menti rimasti privi affatto di spirale (a, n, % fig. 1 tav. IX) e di qual si sia altro ingrossamento localizzato, ma che per la loro forma, pel loro contenuto, per la loro parete alquanto ispessita, e per la posizione che occupano nel fascio si debbono ritenere pure come elementi tracheidali, come pseudo-tracheidi più imperfette ancora delle precedenti, alle quali probabilmente spetta analoga funzione. Come vedesi nella fig. 1 tav. IX; da queste pseudo-tracheidi af- fatto liscie, a quelle con spire appena accennate, o con spire limitate ad una delle estremità, il passaggio è graduale e quasi insensibile; ed in alcuni casi (in %, n per es.) sono esse che da sole mantengono la comunicazione fra le diverse porzioni del fascio o dei fasci tracheidali. Nella lamina cotiledonare i fasci libro-legnosi non sono avvolti da speciale e ben caratterizzata guaina di cellule amilifere e prive di clo- rofilla, come troveremo nelle altre foglie e come, in parte almeno, si è visto esistere anche nel picciuolo degli stessi cotiledoni. Nel lembo co- tiledonare questi fasci confinano direttamente cogli elementi del me- sofillo spugnoso, i quali attorno al fascio si fanno più stretti e si al- lungano nel senso dell’asse del fascio stesso, ma non perdono la clo- rofilla; solo nel lato della parete che trovasi in contatto cogli elementi del fascio (fig. 2, 3 tav. IX), la clorofilla fa, costantemente, difetto. Foglie verticali. — Nel picciuolo si ha un solo grosso fascio libro- legnoso trasversalmente allargato, cogli orli ripiegati all'insù. Esso si presenta unito in un sol corpo, ma lo studio del suo sviluppo insegna che proviene da tre fasci fogliari, ciascuno dei quali risulta di parecchi 1 Ciò dimostra anche, come nella formazione di questi ingrossamenti non vi sia legge costante, come essi possano in una sol cellula formarsi gradualmente ed anche simul- taneamente lungo tutta la parete. = Ie cordoni primitivamente distinti, il numero dei quali va diminuendo col salire entro la nervatura mediana verso l’apice della foglia. Questo fascio è perfettamente bicollaterale, con abbondante quantità di floema (libro duro o fibroso, in specie) da ambo le parti, o. meglio, tutto all’in- giro (fig. 3 tav. XIX) poichè questo picciuolo è rotondo. ! Lo xilema nel picciuolo piglia la forma di una specie di doccia, apertà superiormente e coi labbri ricurvi all’indentro. Cordoni nume- rosissimi, grossi e sottili, di fibre librose (libro duro) accompagnano il libro non solo sul lato esterno ma altresì sull’interno, così da riempire l’insenatura od il vano della doccia formata dal legno. Lo xilema per tutta la lunghezza del picciuolo mantiene questa forma di doccia e forma un corpo solo non interrotto, che in sezione trasversale presenta la figura di un C coricato coll’apertura rivolta all’ insù. All’ entrare nella lamina fogliare, o poco prima, il grosso fascio libro-legnoso della nervatura mediana accenna a scindersi, cioè le due porzioni estreme ripiegate in avanti accennano a staccarsi, pur rimanendo entro la ner- vatura mediana stessa (fis. 1, 2 tav. XX, fig. 1 tav. XVII). Salendo nella nervatura il distacco si accentua sempre più, ed a metà circa della foglia queste due porzioni trovansi spesso di già isolate, for- manti due fasci libro-legnosi laterali ed anteriori, separati dal princi- pale (fig. 1 e 2 tav. XX). Coll’avvicinarsi all'apice fogliare i due fasci libro-legnosi staccatisi dal centrale vanno sempre più assottigliandosi, e scompaiono del tutto molto prima di raggiungerlo. In altri termini, 1 H. HenriG in un suo lavoro dal'titolo: Ueber die Beziehungen zwischen der Stellung der Blitter zum Licht und ihrem inneren Bau (Botanis. Centralbt. 1882 vol. XII, p. 440) dice: che în virtà di forte sviluppo dei 3 fasci legnosi il floema si divide spesso persino în 4 parti come ammette anche il Briosi nel suo nuovo lavoro (Contribuz. all’anatom. delle foglie.) L'Hentig non è qui esatto; nulla di simile avendo io detto: nemmeno so darmi conto preciso di quanto altro egli ivi espone, che parmi non concordi nemmeno colla sua stessa figura. Quanto ho, su tale riguardo sopra esposto per l’Eucalyptus, e di già accennato anche nella mia nota del 1881, si accorda invece con quel che venne trovato dal Werss (Mar%- stiindiges Geftissbindelsystem und Blattspuren, in Bot. Centralb. 1883, vol. XV, p. 397 e 413), il quale parlando della distribuzione del floema interno nel picciuolo di parec- chie famiglie a fasci bicollaterali dice; che ove la traccia fogliare si dispone nel pic- ciuolo a semicerchio od a ferro di cavallo (è il caso dell’Eucalyptus) ivi il floema esterno si avvicina colle sue estremità all’interno così che tutto lo xilema rimane cir- condato dal libro. Ciò che all’ Eucalyptus non si attaglia è quanto, intorno al succes- sivo percorso dei fasci, afferma il Weiss in generale per queste piante a fasci bicolla- terali, e cioè, che verso l’apice del picciuolo il libro interno si ritiri sulle due estre- mità della traccia fogliare per ridursi, nella lamina, tutto sul lato esterno dei fasci,; onde il libro interno girerebbe per così dire di 130° ed i fasci nella lamina diventereb- bero tutti collaterali. — 120 — entro la nervatura mediana e sotto la regione apicale si formano, sui fianchi del grosso fascio fibro-vascolare centrale ed arcuato, due fasci antero-laterali sottili, che scendendo si ingrossano ed alla base della lamina o poco sotto, nel picciuolo, si fondono in un solo col grosso fascio assile, che diventa così reniforme ed entra nel ramo. ! Sino dalla base della lamina fogliare, il libro duro che occupava l’insenatura del fascio contro la pagina superiore si solleva e si di- spone ad arco, in modo da presentare (in sezione trasversale) coll’arco del libro duro della pagina inferiore una figura circolare, e formare quindi, per entro la nervatura stessa, una specie di trave tubulare fi- brosa, che in sè racchiude tutto il fascio conduttore, giacchè questi due archi di fibre librose sono fra loro riuniti in corrispondenza alla parte mediana della lamina fogliare da una zona di tessuto, se non sclerenchimatoso però privo di clorofilla ed a pareti abbastanza ro- buste, tessuto che proviene dal collenchima e che comprende anche la guaina fascicolare, della quale diremo più oltre. La maggior quantità di fibre librose si raccoglie alla sommità dei due archi contro le pagini fogliari e scendendo lateralmente il loro numero diminuisce. E come nella nervatura mediana così anche nelle laterali di 2°, 3°, 4° ordine, sino quasi alle più sottili (fig. 1, 3 ta- vola XVII); solo di mano in mano che Jordine si eleva, i due archi fibrosi si raccorciano, le fibre diminuiscono di numero e di grossezza e finiscono per ridursi a 2 semplici gruppi, l'uno superiore e l’altro in- feriore, pur sempre però fra loro collegati dai due archi laterali del tessuto della guaina (fig. 1, 2, 3 tav. XVIII). Questi, insieme al fascio conduttore interno, operano, parlando in senso meccanico, come da mestoma, e trasformano nelle ramificazioni più sottili le travi tubulari in semplici travi a doppio 7. Nell'arco della pagina inferiore il numero delle fibre Ilibrose è sempre maggiore che non in quello della pagina superiore, divenendo doppio, triplo e persino quintuplo; maggiore sproporzione si ha anche nel Zeptoma o libro molle, sempre molto più abbondante sul lato esterno, ove talvolta è molto scarso. In alcune foglie, per es., ho esaminato, procedendo dalla base al- l'apice, i due archi di libro duro del grosso cordone marginale, e rin- 1 A costituire il grosso fascio marginale che scorre lungo l’orlo fogliare entrano due cordoni libro-legnosi; uno, molto forte, proviene dal grande fascio centrale della ner- vatura mediana, e l’altro, assai più sottile, si stacca dal fascio antero-laterale contiguo. Questi due cordoni si anastomizzano quasi subito e salgono di poi come fascio unico. Altrettanto ha luogo nelle foglie orizzontali. —i 1210 venni in media, alla base 58 fibre per l'arco inferiore e 31 fibre per l'arco superiore, numeri i quali discesero rispettivamente a 49 ed a 19 verso l’apice; senza dire che quivi il diametro delle fibre era di molto diminuito, Le fibre librose più lunghe, trovate nella nervatura mediana, di queste foglie sorpassavano di poco i tre millimetri con un diametro mas- simo di 25 2; al disotto di queste, quasi tutte le possibili dimensioni. Le fibre librose sono talora lignificate, specie quelle più interne, cioè più prossime all'asse del fascio; detta lignificazione però è sempre leggera, spesso limitata alla lamella esterna od intercellulare. L’ingrossamento delle pareti delle fibre librose e quindi la loro funzione meccanica incomincia molto tardi, solo dopo che la foglia ha finito di svilupparsi; infatti si trova che le foglie hanno di già rag- giunto le loro massime dimensioni, mentre le fibre sono ancora con largo lume e pareti sottili, che appena incominciano ad ingrossare. Abbiamo di già detto, che in queste foglie i fasci libro-legnosi si suddividono sino a ramificazioni di 8° ordine, ora dobbiamo aggiungere, che la loro bicollateralità si mantiene di solito sino alle penultime ra- mificazioni, quindi persino in quelle di 7° ordine; ma gli ultimi sottili ramuscoli, che precedono le terminazioni libere, sono perfettamente col- laterali, anzi le terminazioni stesse, unicamente xilemiche. Il passaggio avviene generalmente in questo modo: dapprima, in- comincia a scomparire il leptoma interno (ciò che per altro avviene molto tardi, avendone trovato anche in rametti di 6° ordine), e vedonsi allora verso la pagina superiore gli elementi lignificati dello xilema an- dare sin contro le fibre del libro duro, mentre verso l’esterno il libro molle è tuttora molto sviluppato ed accompagnato da fibre librose; di poi, il libro duro del lato esterno, non ostante che sino allora e per pa- recchi ordini di fasci si sia mantenuto più abbondante che sul lato interno, rapidamente decresce e ad un tratto scompare, rimanendone solo all’interno; sicchè il fascio è tuttora bicollaterale, ma unicamente per libro molle all’esterno e libro duro all’interno. Subito dopo, cessa anche il libro duro del lato interno, ed il fascio fattosi collaterale non ha più che libro molle all’esterno, che permane ancora per qualche tratto. Anche questo, per altro, poco di poi si esaurisce, sicchè le ultime e sot- tili porzioni delle ramificazioni non contengono più che elementi xilemici, formati di sottili vasi spirali al centro e di tracheidi piuttosto corte e larghe alla periferia. I vasi spirali interni, di solito, nemmeno arrivano sino al termine delle ramificazioni libere, ma cessano prima; onde le estremità libere risultano di sole tracheidi cortissime, larghe, di forma xaria ed irregolare, con ispessimenti a spira semplice o doppia che spesso le rendono reticolate ed anche punteggiate; e si raggruppano in Arch. Critt. II, 11 modo vario e senza ordine, tale però da formare spesso dei larghi mazzi, che danno a queste estremità ingrossate, sovente, una forma cla- vata o addirittura capitata (fig. 6 tav. XV); direbbesi che si allargano per insinuarsi nella maggiore possibile quantità di mesofillo!. Queste tra- cheidi corte e larghe incominciano ad apparire, di solito, solo nell’ultimo tratto della ramificazione, prima il fascio ne è libero; solo per ecce- zione sitrovano qualche volta anche lungo fasci di ordine meno elevato gruppi sporgenti di tali tracheidi. Le figure 7-17 della tav. XV rappresentano alcune di queste tra- cheidi, sciolte da uno di tali mazzi col trattamento di Schulze; e la fi- gura 18 disegna porzione di un sottile vaso spirale che percorreva l’in- terno dello stesso rametto, giacchè anche in queste ultime ramificazioni spesso arrivano di tali vasi spirali e per buon tratto salgono in esse. Questi mazzi di tracheidi si fanno talora molto forti, specie contro l’orlo collenchimatoso della foglia, colle cellule del quale strettamente si uniscono, come si è già detto sopra e come vedesi nella fig. 4 tav. XVI. Si trovano però in queste foglie anche estremità sottili ed appun- tate che terminano con poche tracheidi, come vedesi nelle fig. 11, 12 tav. X, e 4 tav. XVIII; ma sono meno frequenti. Qui pure, come nei cotiledoni, si hanno pseudo-tracheidi a spire incompiute (fig. 11 tav. X; fig. 4 tav. XVI), e talora anche a parete affatto liscia (fig. 4 tav. XVIII). Nelle ultime ramificazioni talora rinvenni anche delle tracheidi sottili, lunghe e fusiformi, con ispessimenti a spira come nei contigui vasi spirali; sicchè parrebbe che in alcuni casi si passasse, dai vasi veri alle tracheidi larghe delle estremità, gradualmente, per una serie di tracheidi da prima poco dissimili nell’aspetto dai vasi, indi di mano in mano più corte, più larghe ed irregolari. Le fibre legnose a pareti ingrossate cessano molto prima delle fibre librose, onde la funzione meccanica nelle ramificazioni sottili resta af- fidata al libro duro, libro duro o fibroso che nei rami sottilissimi vien pure a mancare. Che gli ultimi elementi xilemici siano da considerarsi come tra- cheidi lo provano, secondo me, la loro forma, il modo di raggrupparsi, ed altresì, il fatto, che mai mi fu dato di potere in esse scorgere aper- ture, anche dopo averle isolate col trattamento di Schulze, In seguito a tale trattamento se ne rinvengono talvolta alcune che sembrano di- 1! In tutte le specie di eucalipti da me studiate, le estremità dei fasci libro-legnosî constano unicamente di tali tracheidi larghe, corte, irregolari, ecc. (Briosi, Ancora sull’anatomia delle foglie, 1881, L. c.) — Mea mezzate e simulano specie di coppe o ciottole (aperte); ma queste pro- babilmente non sono altro che pseudo-tracheidi, nelle quali la porzione di parete liscia e debole si è abbassata ed addossata sull’altra parte a parete più o meno reticolata e forte. Il leptoma è sempre, come abbiamo detto, molto abbondante yerso l'esterno e spesso i raggi midollari si prolungano in esso diver- gendo a ventaglio. Quando la foglia ha raggiunto un discreto grado di sviluppo (p. e. 7 od 8 cm. di lunghezza), incomincia nella nervatura mediana (e nelle laterali maggiori) a formarsi sul lato esterno del fa- scio bicollaterale uno strato di cambio, che rendesi attivissimo e che si estende dalla base della lamina sin oltre */, della lunghezza della foglia, dando luogo alla produzione di legno e di libro secondario. I primi elementi istologici che si rendono definitivi nella lamina sono, come sarà dimostrato più oltre, quelli dell’estremità dell’apice; ivi le fibre librose, p. e., hanno di già pareti fortemente ingrossate quando per tutto altrove sono ancora sottilissime. Di vasi cribrosi mi fu dato constatarne con sicurezza nel libro esterno sino in ramificazioni di 5° ordine, con diaframmi a struttura porosa, rigonfiamento in corrispondenza ad essi ed i soliti granellini d’amido a reazione chiarissima. A differenza di quanto avviene nei cotiledoni, nelle foglie ver- ticali i fasci libro-legnosi sono circondati da guaina amilacea (fig. 1, 2,3 tav. XVIII) composta di cellule spesso alquanto allungate nel senso della periferia del fascio (sezione trasversale) e con pareti da 2 a 3 volte più grosse di quelle del mesofillo circostante. Vi si trova frequente- mente molto amido, specie in foglie giovani, e talora una sostanza gial- lognola (materiale in alcool), densa, omogenea o finamente granulosa, che si fa bruna coll’iodio e che riempie tutta la cellula, o vi forma solo uno strato parietale. Rinvengonsi qualche volta pure cristalli. Queste guaine accompagnano i fasci sino nelle loro ultime dira- mazioni (fig. 2, 3, 4, tav. XVIII e fig. 11, 12 tav. X), anzi girano per lo più attorno alle loro estremità, cioè ne circondano anche le teste (fig. 6, tav. XV), sicchè i fasci ne rimangono interamente rivestiti !. Anche qui, se per caso in qualche terminazione la detta guaina non interamente si chiude, così che cellule clorofillacee, insinuandosi fra quelle della guaina, vengano in contatto delle tracheidi, allora i grani di clorofilla mancano sul lato delle pareti di contatto (fig. 11, tav. X). 1 E rivestiti di guaina sono altresì i fasci libro-legnosi nelle foglie analoghe di tutte le specie di eucalipti da me studiate, come pure i fasci delle foglie di parecchie altre piante (Briosi, Ancora sull'anat.. L. c.). ll Processo d’ingrossamento delle pareti delle fibre librose lungo l’asse fogliare. Come proceda l’ingrossamento delle pareti nelle fibre librose fu studiato lungo la nervatura mediana nelle foglie di 2° stadio, pren- dendole a completo sviluppo esterno, ma ancor giovani e tenere, ed esaminando le fibre librose in sezioni trasversali successive, fatte ad Di, ua Do ch Fot tt 15) 31] 63/ e 127/ della lunghezza ls ig alate ale ie I:32 /64 128 della lamina, misurate queste distanze, dalla sua base, cioè da dove la lamina si stacca dal picciuolo. Ecco, ad esempio, quanto ho trovato in una di tali foglie (rac- colta a Palermo), lunga 20 cm., e che terminava, come quasi sempre, con un corto apice acuminato. Ad !/,, di distanza dal picciuolo, in sezione trasversale, le fibre li- brose erano di già ben caratterizzate, di forma poligonale ben definita e con pareti discretamente ingrossate, ma con lumi ancora molto larghi. Salendo, le dette pareti gradatamente si assottigliavano e la forma delle fibre si faceva meno regolare, passando dalla poligonale alla ro- tondeggiante. A ?|, della lunghezza (sempre dalla base), l’ ingrossamento delle pareti era debolissimo, e tale si manteneva anche ai %/, della nerva- tura mediana. A ed a !5/,, ogni ingrossamento era scomparso, od almeno non era apprezzabile. A 5, le pareti delle fibre librose ricominciavano leggermente ad ingrossare, e questo leggero aumento di spessore si manteneva senza accrescersi anche a °!/., della nervatura mediana. A %/;, cioè alla base della breve punta della foglia, le dette pa- reti bruscamente e fortemente aumentavano di spessore; le fibre stesse riprendevano in sezione trasversale la forma poligonale decisa; e questo si estendeva anche alle nervature laterali. A !2"/,g poi, cioè a circa metà della punta, o dell’apice acuminato della foglia, le pareti delle fibre divenivano talmente grosse che ne chiu- devano il lume. Tutto questo ci manifesta: 1) che le fibre dell’apice sono le prime ad ingrossare le proprie pareti; e siccome non solo le fibre ma tutti gli elementi anatomici dell’apice fogliare molto per tempo si ditfe- renziano e si rendono definitivi, così questa regione estrema deve, non v ha dubbio, rappresentare la breve porzione della foglia formatasi per accrescimento primitivo apicale; 2) che nel rimanente della lamina fo- gliare, vi è una regione posta ai */,, 0 poco più, della lunghezza della foglia, nella quale l ingrossamento nelle pareti delle fibre avviene più tardi e dalla quale regione scendendo verso la base fogliare, le fibre gradatamente e continuamente si ingrossano ; altrettanto avviene salendo e — verso la punta, benchè in minor misura, sin sotto all'apice della foglia, il quale, come si è detto, rappresenta la parte ad accrescimento apicale di precocissima differenziazione. Questo, presso a poco, concorda con quanto si è trovato studiando il processo di sviluppo degli stomi, ove pure attorno ai */, della lun- ghezza della foglia, o poco più, si aveva una regione di differenziazione più precoce e più duratura di tali organi. Noto da ultimo, che sul lato interno, cioè contro la pagina supe- riore, le pareti delle fibre ingrossano prima che sul lato esterno. FOGLIE ORIZZONTALI. In queste foglie i fasci libro-legnosi presentano presso a poco la stessa disposizione e struttura sopra descritte per le foglie verticali; le differenze sono poche e piccole. Così del libro duro interno, specie nelle ramificazioni secondarie, talora se ne accumula sulla sommità del- l’arco superiore più che nelle foglie verticali, tanto che sporge e forma qualche volta un angolo acuminato verso l’epidermide (fig. 2, tav. VIII). La disposizione a doccia dello xilema e quella delle fibre librose, descritta pel picciuolo delle foglie verticali, si prolunga più avanti nella nerva- tura mediana delle foglie orizzontali, sicchè in queste più tardi, cioè più verso l’apice, si fa perfetta la forma a trave tubulare. Anche qui però vi sono sempre, nella zona rispondente alla lamina, le due comuni- cazioni laterali di natura fisiologica. Il picciuolo essendo qui cortissimo, gresso ed a larga inserzione, anche lo xilema è qui più robusto che nelle foglie verticali; il libro duro però è meno abbondante. Inoltre, il leptoma interno è, nelle nervature di queste foglie, meno sviluppato che non nelle verticali e cessa prima, poichè si trovano ta- lora fasci di 3° ordine che non ne hanno più, nei quali, cioè, gli ele- menti xilemici colla relativa lignificazione vanno sin contro le fibre li- brose. Il libro molle esterno va, invece, come nelle foglie verticali, sino nelle ramificazioni sottili, ed anche qui il libro duro cessa prima al- l’ esterno che all’interno, e le ultime estremità constano di tracheidi corte, larghe, ecc., come furono più sopra descritte. Qui pure, le fibre librose sono talora leggermente lignificate, e la guaina amilacea riveste i fasci per intero, sino a girare attorno alle estremità. COLLENCHIMA. Nel picciuolo dei cotiledoni abbiamo appena un accenno di collen- chima nel primo strato ipodermico, che è susseguito da parenchima a pareti alquanto ingrossate ed a larghi vani intercellulari, il quale si estende sin contro il fascio libro-legnoso. Piccolo è 1’ organo, breve la lr — durata, poca la resistenza che deve opporre, e limitati, per conseguenza, sono gli elementi meccanici. Nel picciuolo delle foglie verticali invece, il collenchima forma un forte strato ipodermico che gira attorno al fascio libro-legnoso, susse- enito da una specie di parenchima pure a pareti ingrossate e con larghi vani intercellulari, il quale va sin contro la guaina amilacea. Il collen- chima raggiunge il suo massimo spessore sul lato inferiore od esterno, ove tocca quasi la guaina; è nn po’ meno sviluppato sul late superiore, e meno ancora sui fianchi, ciò che si accorda colla funzione meccanica cui è sottoposto. Nelle lamine dei cotiledoni i fasci libro-legnosi scorrono liberi entro il parenchima clorofillaceo, senza alcun speciale accompagnamento di tessuto meccanico che li metta in comunicazione colle epidermidi. Nelle lamine delle foglie, tanto orizzontali che verticali, i fasci libro-legnosi sono invece collegati tanto all’epidermide superiore che all’inferiore per mezzo di listelli di tessuto collenchimatoso, che corrono longitudinalmente sulle sommità degli archi delle fibre librose e for- mano specie di cuscinetti allungati (co, fig. 1, 2, 3, 4, tav. XVII), che riuniscono in un sistema meccanico unico le due epidermidi edi fasci fibro-vascolari, o meglio i loro archi di libro duro !. Questi cusci- netti constano di cellule allungate nel senso del fascio libro-legnoso e quasi isodiametriche in sezione trasversale, a pareti fortemente ed ir- regolarmente ingrossate, con punteggiature ovali od a fessura ed orientate nel senso normale all'asse maggiore delle cellule. Queste cellule a svi- luppo completo sembrano spesso assottigliate all'estremità (fig. 4, tav. IX), ma esaminate prima dell’ingrossamento delle pareti vedesi che nella maggior parte le pareti trasversali sono normali alle longitudinali, sic- chè in sezione mostransi quasi rettangolari (fig. 3, tav. VIII). Le pareti longitudinali si ingrossano di molto, non altrettanto le trasversali, anzi fra queste se ne trovano di affatto sottili, che direb- bonsi di formazione sutcessiva o secondaria. Questo tessuto contiene sempre cristalli, più o meno grossi, talora riuniti in druse, talora iso- lati, e più frequenti verso il fascio libro-legnoso e verso l'epidermide che non nelle cellule mediane; qualche volta vi si rinvengono anche grossi grani di amido e persino (rarissimo) qualche grano di clorofilla. Non trattasi quindi di collenchima assolutamente tipico, ma di collen- chima parenchimatoso. Fra il cuscinetto e lo strato di fibre librose corre sempre la guaina amilacea a pareti un po’ meno ingrossate, e con- tenente, spesso, granelli d’amido. 1 Nella nervatura mediana delle foglie, questo collenchima talora si estende de- crescendo in ispessore sui fianchi del fascio fibro-vascolare, sin quasi a costituire esso pure una trave tubulare esterna alla trave fibrosa. Me Questi cuscinetti collenchimatosi accompagnano i fasci libro-le- gnosi sino negli ordini molto elevati delle diramazioni; però nei fasci sottili essi si riducono a poche cellule, e queste talora conservano la forma, almeno in parte, delle cellule del contiguo tessuto a paliz- zata (foglie verticali), dalle quali si differenziano solo perchè si fanno più larghe, ingrossano di più le pareti e ‘perdono la clorofilla (fig. 3, tav. XVIII), benchè talvolta nemmeno completamente. Anche nei fasci sottilissimi, che hanno di già perduto il libro duro, scorgonsi ancora tracce di cuscinetti, spesso però sopra uno solo dei due lati, e sono ridotti ad una zona di uno o pochi strati di cellule appena differenziate dalle contigue del tessuto a palizzata (fig. 2 e 4, tav. XVIII). Il collenchima va quindi un poco più oltre del libro duro, peraltro an- che le ultime tracce di cuscinetti collenchimatosi interamente scompaiono dalle ultime porzioni delle terminazioni libere dei fasci. Rinviensi quindi pel collenchima dei cuscinetti, quanto si è trovato pel libro duro, cioè una graduale decrescenza sino a completa estinzione; decrescenza che va di pari passo, anzi più rapida dell’assottigliamento dei fasci libro-legnosi, poichè gli elementi meccanici si estinguono prima degli elementi va- scolari dello xilema; ed inoltre, pel libro duro la decrescenza è più ra- pida che pel collenchima. Le pareti delle cellule di questi cuscinetti, o fasci collenchimatosi, ingrossano molto prima di quelle delle fibre librose, anzi quelle hanno di già raggiunto la loro massima grossezza quando in queste l’ingrossa- mento non ancora incomincia o solo appena !. Questi cuscinetti traggono origine da una, due o più serie (a se- conda dell'importanza del fascio) di cellule di ogni strato ipodermico so- prastante al fascio, cellule le quali incominciano col dividersi a metà per mezzo di una parete tangenziale. La loro genesi nella nervatura me- diana è contemporanea a quella dei fasci libro-legnosi ? ed osservasi nelle foglie giovanissime, di pochi millimetri di lunghezza, quando il x mesofillo è ancora omogeneo, cioè non è ancora incominciata la diffe- ! Il Vax Trecuem (Traité de Bot, 2* ediz. p. 648 e 652) considera il collenchima ipolermico come parte dell'apparecchio tegumentale; un tale apprezzamento, almeno nel caso nostro, non mi pare esatto, poichè questi cuscinetti collenchimatosi sono sem- plici organi di sostegno, specie durante lo sviluppo delle foglie, e nulla hanno che fare con una protezione tegumentale. ? Alenni dei fasci libro-legnosi della foglia (se tutti, non so) si iniziano da una sola serie longitudinale di cellule del mesofillo mediano, delle quali ciascuna, dapprima si allarga, e poi, internamente si segmenta e costituisce un tessuto profasciale o procambiale di elementi allungati uniformi, a lume molto stretto ed a pareti sottilis- sime, elementi che poi, per successive differenziazioni, danno luogo ai diversi tessuti del fascio. Vi renziazione del tessuto spugnoso (foglie orizzontali). Le cellule dei cu- scinetti differenziansi subito da quelle circostanti coll’allungarsi nel senso dell'asse del fascio e colla formazione di cristalli, che in esse si co- stituiscono quasi contemporaneamente alla loro differenziazione mor- fologica. Cordone marginale. — Il cordone che gira attorno alle foglie, tanto verticali (fig. 3, 4, tav. XVI) che orizzontali (fig. 4, tav. XIX), e ne costituisce il margine, è pure di tessuto collenchimatoso. Consta (fig. 6, tav. VI) di cellule di forma molto irregolare, con pareti irregolarmente ingrossate, e punteggiature ovali od a fessura, orientate in senso più o meno normale all’asse longitudinale della cellula; sono senza clorofilla, alcune con cristalli e quasi tutte, specie verso la periferia, piene di un pigmento rosso che fa apparire rosso l’intero orlo fogliare anche al- l’esterno. Questo cordone è fortissimo nelle foglie verticali (fig. 3, 4, tav. XVI), e molto meno sviluppato nelle orizzontali (fig. 4, tav. XIX). Anche le pareti delle cellule di questo cordone si ingrossano molto per tempo, assai prima di quelle delle fibre tanto del libro che del legno; altrettanto va ripetuto per le pareti esterne e laterali delle cellule epi- dermiche, pure ad ingrossamento precoce. Durante lo sviluppo della foglia, quindi, la funzione meccanica viene affidata unicamente: ai cuscinetti dei quali si è sopra parlato, al cor- done collenchimatoso marginale ed alle epidermidi; poichè le fibre del libro ed anche quelle del legno non ingrossano le pareti se non dopo terminato il detto sviluppo, laonde divengono tessuto meccanico solo per la foglia sviluppata, la quale allora e degli uni e degli altri ele- menti si giova !. La figura 3 tav. VIII, ricavata da un preparato tolto da una foglia giovane ma che aveva di già raggiunto le sue massime dimensioni, mo- stra appunto le fibre del libro /, / colle pareti ancora sottilissime mentre quelle del collenchima erano di già ingrossate. Questo si accorda perfettamente colle proprietà del collenchima, composto di elementi a lunga vita, robusti e diosmotici ad un tempo; i quali, come ha dimostrato Ambronn, ° presentano una resistenza asso- 1 Il cuscinetto superiore della nervatura mediana si differenzia prima dell’inferiore, che forma un fascio di tessuto collenchimatoso più largo ma meno tipico. Le pareti delle cellule del cordone marginale e quelle esterne delle cellule epidermiche si ingrossano contemporaneamente a quelle del cuscinetto superivre della nervatura mediana. I cu- scinetti delle nervature laterali della lamina fogliare si differenziano assai più tardi di quelli della nervatura mediana. 2 Awpronn, Ueber d. Entwickelungsgeschichte u. d. mechanisch. Eigenschaften d. Colenchyms. in Prings. Jahrb. v. XII, 1881. = luta di poco inferiore a quella delle fibre librose, però con un coefficiente di elasticità assai debole !. Ciò fa del collenchima un tessuto adatto a proteggere e sostenere organi in via di sviluppo, giacchè ne può se- guire l'accrescimento, senza perdere le sue qualità meccaniche. Conclusioni. — Riassumendo si ha: 1.° nei cotiledoni la bicollateralità dei fasci vien meno nella la- mina, arrestandosi generalmente al picciuwolo o tutto al più alla base della lamina stessa. 2.° nella lamina delle foglie tanto verticali che orizzontali in- vece, i detti fasci mantengonsi bicollaterali sino quasi alle ultime rami- ficazioni; solo quando queste si fanno sottili, essi divengono collaterali. 3.° nella lamina dei cotiledoni non si ha libro duro, mentre nelle foglie, tanto verticali che orizzontali, i fasci hanno buona quantità di fibre librose tanto sul lato esterno (maggiore) che sull’interno (minore). 4.° nei cotiledoni non mi fu dato trovare vasi cribrosi caratteria- cati, mentre nelle foglie tanto orizzontali che verticali ne ho potuto constatare di tali sino nei fasci di 5° ordine; essi contenevano i soliti granelli d’amido. 5.° nella lamina delle foglie, tanto orizzontali che verticali, il leptoma o libro molle, sul lato interno, scompare prima del libro duro o fibroso, anzi nelle orizzontali cessa prestissimo, talora già in fasci di 3° ordine, mentre permane invece anche in fasci d'ordine molto elevato nelle foglie verticali. 6.° tanto nelle foglie orizzontali che nelle verticali il libro duro, contrariamente a quanto si supporrebbe, cessa prima sul lato esterno che sull’interno del fascio. 72 in tutte e tre le specie di foglie, quindi anche nei cotiledoni, il leptoma esterno perdura sino nelle sottilissime ramificazioni; le ul- time però, sottili e libere, constano di soli elementi xilemici (trachee o tracheidi); onde nella stessa foglia si hanno fasci bicollaterali, fasci collaterali e fasci semplici. 8.° le estremità libere sono: nei cotiledoni, generalmente sottili, formate di pochi vasi spirali, di rado ingrossate ed accompagnate da tracheidi più o meno allargate; nelle foglie orizzontali e verticali in- vece, claviformi per lo più, o variamente capitate, costituite unicamente da mazzi di tracheidi, larghe, corte e di varia forma, irregolarmente fra loro raggruppate. i Nel collenchima basta il peso di 1,5 a 2 chilogrammi per mmq. per produrre un allungamento stabile, mentre abbisognano 20 e persino 25 chilogrammi per le fibre librose. = — 130 — 9.° in tutte e tre le specie di foglie si trovano pseudo-tracheidi, cioè tracheidi a spire incompiute o, addirittura, a parete in parte od in- teramente liscia e di uniforme spessore. 10.° nelle foglie, tanto verticali che orizzontali, le fibre librose ed in genere tutti gli elementi istologici della punta fogliare si ingros- sano e si rendono definitivi molto prima che nel rimanente della lamina. 11.° intorno ai */, della lunghezza si ha nelle foglie verticali una regione ove l’ingrossamento delle pareti delle fibre avviene più tardi che altrove; regione dalla quale il detto ingrossamento cresce tanto scendendo verso la base, che salendo verso l’apice, e che, a quanto pare, deve considerarsi come la più giovane della lamina; regione nella quale ha ]uogo l’acerescimento intercalare della foglia, in senso basipeto e basifugo. 12.° nei cotiledoni, i fasci non hanno guaina amilacea; nelle fo- glie crizzontali e verticali, invece, sono interamente rivestiti di guaina, che ne ricopre anche le estremità. 13.° nei cotiledoni i fasci libro-legnosi scorrono liberi entro il parenchima clorofillaceo, nelle foglie orizzontali e verticali, invece, sono accompagnati da fasci di collenchima, che formano come dei cuscinetti che si appoggiano alla sommità dei due archi del libro duro e questi congiungono in un sistema meccanico unico colle due epidermidi. 14.° questi fasci o cuscinetti collenchimatosi si estendono sino alle diramazioni molto sottili dei fasci libro legnosi, anzi vanno più oltre delle fibre librose, però gli ultimi rametti liberi dei fasci e le loro terminazioni ne sono privi. 15.° la lignificazione degli elementi xilemici è, nei cotiledoni, leggera, molto più debole che non nelle foglie dell’albero; in queste, siano verticali od orizzontali, affetta spesso anche le fibre librose e gli elementi dei cuscinetti o fasci collenchimatosi. 16.° nei cotiledoni, il margine non presenta tessuto speciale; nelle foglie invece, è costituito da un cordone di tessuto collenchimatoso, ro- bustissimo nelle verticali, nelle quali forma una specie di telaio che, per così dire, inquadra la foglia. 17.° durante lo sviluppo della foglia la funzione meccanica, o di sostegno, è affidata ai cuscinetti dei fasci libro-legnosi, all'orlo collen- chimatoso ed alle pareti esterne ed alle radiali delle cellule epider- miche; e, compiuto lo sviluppo, essa spetta a questi elementi ed alle fibre, tanto del legno che del libro, in specie però a queste ultime. FORMA DELLE FIBRE LIBROSE. Riporto qui integralmente quanto ho di già pubblicato * nella nota del 1881, nulla avendo da aggiungere o da cambiare; solo vi inserisco le citazioni delle figure, delle quali la detta nota era priva. “ Le fibre librose, che costituiscono il libro duro dei fasci libro- legnosi delle foglie orizzontali (1° stadio) o verticali (2° stadio), presen- tano forme interessantissime finora da nessuno ed in nessuna pianta avvertite. “ Questi fasci librosi, non solo per la loro forma e disposizione ge- nerale, ma anco per la forma delle singole fibre che li compongono, e pel modo col quale queste fra loro si combinano, dimostrano evidente- mente come la loro funzione nella foglia sia eminentemente meccanica. “ Le forme di queste fibre librose sono svariatissime e dal loro studio, si potrebbe forse imparare qualche cosa per le costruzioni mec- caniche in ferro. Tutte quelle disegnate nelle tavole X, XI, XII, XIII, XIV ap- partenevano ad una sola foglia verticale, ed in essa parecchie altre forme si sarebbero potuto trovare. “ Così, oltre a fibre dritte ed appuntate in ambo le estremità, di dimensioni piccolissime le quali gradatamente crescendo arrivano a raggiungere e sorpassare anche di qualche poco i 3 millimetri di lun- ghezza, con 25 v. di diametro (in nervatura mediana), si trovarono: “ fibre piegate ad una delle estremità ad angolo retto, pure di dimensioni variabilissime e gradatamente crescenti (fig. 4, 5 tav. X, e fig. 5, 7, 9, 10, 11 tav. XI, fig. 3 tav. XII); “ fibre piegate ad angolo ottuso, od acuto, con diversa apertura, e diverse dimensioni (fig. 3, 6, 8 tav. XI; fig. 5, 6 tav. XII; fig. 3, 5 tav. XIII); i “ fibre piegate ad angolo vario, non ad una delle estremità ma nel mezzo (fig. 4 tav. XI, fig. 1, 10, 11, 18, 19 tav. XII); “ fibre a T colle due braccia corte uguali, o diversamente lunghe, sempre di moltissime e svariatissime forme e dimensioni (fig. 8, 9 ta- vola X, fig. 2 tav. XI); “ fibre con la sbarra trasversale non retta ma curva od a linea spezzata, e formante con la sbarra principale angoli ottusi o acuti ma non retti (fig. 12 tav. XI, fig. 4 tav. XIII); © 1 Bgiosi, Contribuzione all’anat., L. e. — 132 — “ fibre a tre braccia pressochè uguali, radianti da centro comune (fio. 13 tav. XI, fig. 2 tav. XII e fig. 11 tav. XIV); “ fibre a semplice rampino, oppure a clava irregolare a una delle estremità (fig. 2, 3 tav. X); “ fibre ad arco semplice (fig. 17, 19 tav. XII); “ fibre ad arco con una o più sporgenze, o morse, a nodo, & squadro, a listello ecc. sul mezzo, o sui fianchi, sul lato convesso o sul concavo, o su ambedue (fig. 10, 11, 12, 13, 14, 15, 18 tav. XII, ecc.); “ fibre a poligono aperto, cioè ad arco di poligono (fig. 20, 21, 22, 23, 24 tav. XII); “ fibre a squadra, che rammentano gli squadretti in ferro che si mettono per rinforzo negli angoli dei telai di legno; p. es. in quelli delle finestre (fig. 1 d, t, 2; fig. 7, 8 tav. XII); “ fibre terminanti a forca ad una delle estremità (fig. 3, 4 ta- vola XI, fig. 3, 5 tav. XIII ecc.); “ fibre, infine, di altre forme così complicate e varie che riesce troppo difficile il descriverle. Per queste, come pei molti particolari, rimando alle figure ed alla spiegazione delle tavole. “ Tutte le fibre sono a sezione più o meno poligonale con lati piani!. In grazia a questa forma le fibre possono combaciare perfetta- mente fra loro, costituire un sistema resistente molto efficace, e opporsi a qualunque rotolamento delle une sulle altre. Meccanicamente non si potrebbe immaginare forma migliore (in sezione trasversale) per ele- menti che devono comporre un sol tutto, per così dire, una sola trave resistente. “ La superficie, anche delle fibre più semplici, poi, non è quasi mai liscia, nell’una o nell’altra parte è sempre munita di specie di denti o di rugosità (indicate con » nelle figure) di varia forma e di- mensione ; di sporgenze e di relative cavità, più o meno rilevate o pro- fonde, che ricordano, per esempio, quelle specie di tacche che si fanno nelle molle delle carrozze per impedire che le varie lamine di acciaio, delle quali sono composte, abbiano a scorrere le une sulle altre. “ E ammirabile, ed evidentemente secondo leggi meccaniche, il modo col quale queste svariatissime fibre sono fra loro combinate e collegate per formare i fasci fibrosi (veggansi le fig. 1, 4, 25 in tav. XII; e meglio le fig. 1, 2 in tav. XIII e le fig. 1, 2, 3,4, 5, 6, 7,8; 910 ! In generale, queste fibre sono a pareti molto grosse, però in mezzo a queste se ne trovano anche con pareti relativamente sottili, le quali servono forse per stabilire deboli comunicazioni attraverso il fascio fibroso. — la = tav. XIV) che accompagnano la complicatissima rete dei fasci libro- legnosi, la quale si estende in tutte le parti della foglia. Questi fasci sono piegati in modo da costituire maglie a lati rettilinei e curvilinei, con curve ed angoli svariatissimi; ora, è meraviglioso il come si con- giungono queste svariatissime fibre, specialmente negli angoli (si osservi specie la fig. 1 tav. XIII ove la porzione B' B C' è stata staccata, sol- levata ed in parte rotta, d d', dalla parte A C), per adattarsi alle dif- ferenti maglie, per assicurarne la forma, la posizione ed il loro colle- gamento, affine di render stabile tutto il sistema sclerenchimatoso che deve mantenere la forma, tanto delle singole parti che del complesso, della foglia. “ Più di qualunque descrizione, le figure delle singole fibre e dei fasci che esse formano (veggasi, in fine, anche la spiegazione delle tavole che ora presento) varranno a fornire idee chiare di quanto son venuto esponendo, e a dimostrare l'ordine e l’abilità meccanica della natura nel determinare le forme dei singoli elementi e nel combinarli fra loro). “ La sostanza della lamella mediana, poi, lega fortemente insieme tutte le varie fibre che costituiscono i fasci. “ Cellule sclerenchimatose di forme svariatissime e strane trovansi disseminate nei tessuti del ricettacolo florale. Queste cellule sono riu- nite più o meno in gruppi irregolari, non hanno forma prosenchimatosa, ma invece bitorzoluta e sporgente in ogni senso. Alcune hanno parete così grossa che il lume ne è chiuso o quasi, altre invece hanno pareti molto sottili in confronto al largo vano da esse racchiuso. “ Cellule sclerenchimatose a pareti molto grosse rinvengonsi pure nello stilo. , CONSIDERAZIONI SULLA DISTRIBUZIONE DEGLI ELEMENTI MECCANICI. Anche qui riporto testualmente e quasi per intero ® quanto ho detto nella nota preliminare del 1881, solo alla fine aggiungo alcune consi- derazioni sul sistema meccanico delle foglie orizzontali confrontato con quello delle verticali. Se esaminiamo una sezione trasversale fatta verso la metà della nervatura mediana di una foglia orizzontale o verticale * troviamo che: 1 T'anta ricchezza di forme, e disposizione meccanica così ingegnosa, trovasi non solo nelle fibre librose dell’Eucalyptus globulus ma in tutte le specie di eucalipti da me studiati, ed in parecchie altre piante ancora. (Vedi: Briosi, Ancora sull’ anat. L. c.). ? Briosi, Contribuzione, ecc. L. e. ? Come abbiam visto, la stessa struttura, per questo riguardo, presso a poco si ri- trova in ambe le specie di foglie. — 134 — “ il libro duro, cioè a dire, il tessuto meccanico per eccellenza, la cui resistenza entro i limiti dell’elasticità secondo le esperienze dello Schwen- dener! uguaglia quella del ferro ed anche dell’acciaio, il libro duro dico, si distribuisce in modo da formare una specie di trave tubulare,? che in sè racchiude tutti gli altri elementi del fascio libro-legnoso. “ Che di più, la parete di questa trave, sottoposta specialmente a resistenza di flessione (si può paragonare a una trave incastrata a una delle estremità e caricata di pesi, almeno per la foglia di primo stadio, la primitiva dell’albero), non è di grossezza uniforme, ma invece detta grossezza aumenta da ambo i lati, di mano in mano che ci si allontana dallo strato neutro della trave stessa. La massima gros- sezza si ha nei punti più vicini ai due piani epidermici, che sono i punti più lontani dallo strato neutro, ove massimo si fa appunto il momento di resistenza alla flessione per ogni singolo elemento, essendo il detto momento, come è noto, proporzionale al quadrato della distanza dell'elemento che si considera dall'asse neutro. Inoltre, sui fianchi della trave, cioè nelle due regioni che fiancheggiano lo strato neutro, e che corrispondono al piano mediano della lamina fogliare, le fibre librose — che costituiscono un tessuto meccanico di primo ordine — scompaiono del tutto, e sono sostituite da un altro tes- suto, il quale oltre alla funzione meccanica ha da compiere una fun- zione di conduzione, e che, perciò, dal punto di vista del lavoro meccanico, può essere, ed è in realtà, molto inferiore al precedente. Questo tes- suto adempie una funzione meccanica, perchè riunisce in un solo sistema resistente le due mezze travi di libro duro, e compie allo stesso tempo una funzione di conduzione (che predomina), perchè stabilisce una comu- nicazione fra l'interno del fascio (chiuso da tutti i lati dal libro duro) col parenchima clorofillaceo della lamina fogliare”. ! Lo ScuwenpENER nel suo classico libro: Das mechanische Princip im Aufbave der Monocotylen. ha dimostrato che la resistenza delle fibre del libro duro, cioè il peso che esse possono sopportare senza perdere la loro elasticità, oscilla fra 15 e 20 chilogrammi per millimetro quadrato di sezione, e che in qualche caso sale fino a 25 chilogrammi per mmq.; o la detta resistenza pel ferro forgiato è, se in bacchetta di 13, 13 chilogr.; se ferro in filo, di 21,9 chilogr.; e per l’acciaio migliore, di 24, 6 chilogr., sempre per mmq. di sezione. 2 Vedi a pag. 120. 5 Anche la doccia costituita dal legno, gli orli della quale si dirigono, e fanno in parte contrasto, contro le estremità dell'arco superiore delle fibre librose (fig. 1, ta- vola XX e fig. 1 a 4 tav. XVII), deve esercitare una qualche azione meccanica. Tutti gli elementi poi interni e conduttori del fascio libro-legnoso, che riempiono la trave fibrosa, servono a collegare le parti, e funzionano in qualche modo da mestoma; specie nelle ramificazioni secondarie più o meno sottili, nelle quali gli archi fibrosi di molto si raccorciano e le travi dall’essere tubulari passano gradatamente al tipo di quelle a doppio T. = dai = “ Questo tessuto, che ha pareti molto più grosse di quelle del meso- fillo che gli sta a lato e che non contiene clorofilla, può constare di uno e anche più strati di cellule, qualche volta allargate e stirate nel senso della superficie della trave stessa e qualche volta no. Esso costituisce 0 comprende anche la guaina amilacea sui fianchi del fascio stesso!. “ Tale distribuzione degli elementi del libro duro si mantiene, nei suoi caratteri principali, in tutti i fasci libro-legnosi della lamina fo- gliare°. Col crescere dell'ordine del fascio, cioè col farsi esso più mi- nuto, la sezione della trave si fa generalmente più ellittica, coll’asse maggiore dell’ellissi disposto in senso normale alla foglia; le fibre li- brose diminuiscono di numero e di spessore, e si raggruppano alle due estremità del diametro maggiore dell’ellissi stessa, cioè nei punti più lontani dell'asse neutro della trave, il che aumenta il loro momento di resistenza, e allarga nello stesso tempo le aperture laterali di comuni- cazione fisiologica colla lamina fogliare. In altri termini, pare che, col diminuire della grossezza del fascio, diminuisca anche la sua funzione meccanica, e si accresca invece la sua funzione di conduzione per rispetto al parenchima clorofillaceo in mezzo al quale scorre; e che gli elementi meccanici stessi dispongonsi in modo, di meglio favorire questa accre- sciuta ultima funzione. “ Il libro duro poi non solo serve a mantenere la forma generale e speciale della foglia, ma esercita altresì un’azione protettrice verso gli elementi del libro molle a pareti sottili, contenuti entro il fascio stesso. “ Siccome poi queste che io chiamo “travi tubulari , non occupano tutta la grossezza della foglia, cioè hanno diametro minore dello spessore della foglia stessa, e lasciano quindi breve spazio da ambo i lati fra i loro piani tangenti paralleli al piano fogliare e i due strati epider- mici stessi, così natura supplisce a questo apparente difetto mecca- nico coi fasci o cuscinetti di tessuto collenchimatoso che abbiamo giù descritti, e che congiungono e legano in un solo sistema meccanico tutta la vasta rete delle dette travi coi due robusti strati, pure mec- canici, a pareti molto spesse (specie nelle foglie di 2° stadio) delle due epidermidi, superiore ed inferiore, della foglia”. 1 Abbiam visto che il collenchima dei cuscinetti delle grosse nervature (la me- diana p. e.) si prolunga talora sui fianchi dei fasci e tende esso pure a prendere la forma di una trave tubulare. ? Cioè sino nelle diramazioni sottili, come è stato spiegato precedentemente a pagina 120. ® Al collenchima dei cuscinetti e del cordone marginale ed alla parete esterna delle epidermidi è anche affidata, fu già detto, una funzione meccanica speciale im- portantissima durante lo sviluppo della foglia, poichè in quel tempo le pareti delle fibre, tanto librose che legnose, non sono ancora ingrossate. E & Nel picciuolo, come fu detto, il libro duro si dispone altrimenti che nella lamina (fig. 3 tav. XIX). Non forma una trave tubulare a sezione regolare; inoltre, non vi sono aperture fisiologiche sui fian- chi, delle quali infatti non vi è bisogno perchè ivi manca la la- mina fogliare. Invece, sulla faccia superiore, cioè sull’interna del pic- ciuolo, detto libro duro rientra e forma una larga insenatura seguendo la forma del fascio fibro-vasale del picciuolo, il quale fascio non è cir- colare e chiuso, ma aperto superiormente. La mancanza delle aperture sui fianchi del fascio libro-legnoso del picciuolo conferma maggiormente la interpretazione a queste da me data, poichè esse mancano là ap- punto ove manca la cosa da mettere in comunicazione, cioè la lamina fogliare. La disposizione del libro duro nel picciuolo dal punto di vi- sta meccanico è difettosa, poichè la resistenza opposta dalle dette fibre librose, tanto al piegamento che alla torsione, ma specialmente a que- st'ultima, è per tal modo minore di quella che le stesse identiche fibre potrebbero opporre se fossero disposte regolarmente in sezione circo- lare. Ora si noti che, corrispondentemente a questa difettosa struttura, si ha il fatto anormale, che le foglie di 2° stadio, a lungo picciuolo, nel- lEucalyptus globulus, si dispongono in piani verticali; e l'osservazione di- mostra che questa verticalità è, per gran parte, dovuta a torsione del picciuolo. , Questo difetto non si fa sentire neile foglie di 1° stadio, perchè in queste il picciuolo è cortissimo e più grosso, più largo, più robusto e fornito di una zona di legno più potente che nelle foglie di 2° stadio. . . . . . . . . . . . . “ Nelle foglie verticali, 0 di 2° stadio, passa stretta relazione fra la forma del picciuolo, la verticalità delle foglie, la struttura centrica del mesofillo, e la distribuzione degli stomi su ambo le pagine!. “ Col crescere dell’ordine del fascio fibro-vascolare le fibre a pareti ingrossate del legno scompaiono molto prima delle fibre librose, il che conferma sempre più la maggior importanza meccanica che in questo caso ha il libro duro sul legno, poichè ad esso quasi unicamente viene affidato il lavoro meccanico delle ramificazioni sottili dei fasci. , Confrontiamo ora il sistema meccanico delle nostre due specie di foglie, e vediamo quali modificazioni esso subisca nel passare dall’una all'altra forma. ! Nella nota preliminare del 18$1 era scritto invece: Nelle foglie di 2° stadio passa forse stretta relazione di causa ad effetto fra la struttura istiologica del pie- ciuolo, la verticalità, ecc. — bai Prima di tutto, se la foglia verticale non è che una forma derivata dalla orizzontale, evidentemente non bisogna aspettarsi che il sistema mec- canico di questa abbia in quella a cambiarsi per intero; i caratteri della forma primitiva devono necessariamente, in forza dell’eredità, farsi sentire nella derivata, quindi anche pel sistema meccanico i caratteri fonda- mentali debbono permanere, adattandosi però alle nuove condizioni. Esaminiamo da prima le travi librose. Ricordiamo che le foglie di 1° stadio sono sessili, o quasi, ed a lamina orizzontale fissamente orientata per rispetto al ramo; che le foglie di 2° stadio invece hanno lamina pen- dente verticalmente, con picciuolo lungo e relativamente sottile, che le rende mobilissime. Da ciò consegue, che le prime debbonsi trovare esposte in modo particolare a forze (vento ecc.) che tendono a piegarle nel senso normale alla lamina, le seconde invece, più che a sforzi di piegamento, debbono essere sottoposte a sforzi di stiramento. Nelle prime quindi, per legge meccanica, le fibre librose dovrebbero trovarsi per quanto è possi- bile disposte verso Ja periferia, e nelle seconde, di converso, rageruppate attorno al centro, o, meglio, lungo l’asse fogliare. Ora, se si confrontano le travi fibrose e tubulari delle nervature mediane delle foglie verti- cali (fig. 1 tav. XVII) con quelle delle foglie orizzontali (fig. 2 ta- vola XVII), vedesi, come una tale disposizione non si verifichi, anzi sembri avvenire il contrario, perchè la parete della trave tubulare della nervatura mediana è più prossima agli strati epidermici, e perciò più pe- riferica, nelle foglie verticali che non nelle orizzontali. La legge meccanica sopra enunciata non parebbe quindi, per ri- spetto almeno alle disposizioni delle fibre, soddisfatta. Tale è l’ appa- renza, non la realtà. Infatti, se invece di riferire la trave fibrosa, tubulare, alla super- ficie delle porzioni di epidermide che immediatamente la ricoprono, la si considera, come devesi, in relazione al piano superiore generale della lamina fogliare, che è la vera superficie su cui agisce la forza che tende a far piegare la foglia (il vento ecc.), allora vedesi che le cose cam- biano affatto e che la trave tubulare, per rispetto alla resistenza al piegamento, non presentasi punto nelle foglie orizzontali in condizioni meccaniche più sfavorevoli che nelle verticali. In vero, nelle foglie verticali, a nervature non sporgenti, lo strato neutro della trave trovasi presso a poco nel piano mediano della la- mina fogliare, mentre nelle foglie orizzontali, per essere la nervatura mediana fortemente sporgente sulla pagina inferiore, la trave di resi- stenza si trova abbassata, cioè il suo strato nentro non è più nel piano me- diano della lamina fogliare, ma al di sotto. Ora, siccome la detta trave si può considerare come formante un sistema rigido colla lamina fo- gliare ,sulla cui superficie superiore agisce la potenza (vento ecc.), così Arch. Critt. II. 12 —al38t = quanto più giù sarà posta la trave, tanto maggiore sarà la resistenza da essa opposta al piegamento; poichè, più essa è bassa e più dovrà trovarsi esposta a sforzi di schiacciamento nel senso longitudinale, do- vendo nel piegamento addattarsi a muoversi in archi a raggio ognora più piccolo. Inoltre, si può anche notare, che la lamina nelle foglie orizzontali è, spesso, lungo la nervatura mediana e specie verso la base e durante lo svi- luppo, incurvata a solco, così da formare superiormente come una specie di piccolo canaletto (» n,fig. 2 tav. XVII). Ora, sulla superficie delle pareti la- terali di questo canaletto, per essere esse inclinate, lo sforzo del vento (supposto in direzione normale alla lamina) per far piegare la foglia, dovrà essere minore di quel che sarebbe se le dette pareti invece che inclinate fossero distese nel piano della lamina, giacchè allora su tutta la sua su- perficie essa riceverebbe gli sforzi del vento in pieno, mentre così non ne riceve che una parte; parte proporzionale, nell'ipotesi che la foglia sia orizzontale ed il vento agisca in senso verticale, alla proiezione della detta superficie inclinata sopra un piano orizzontale. E mentre diminui- scono, sia pure di poco, perchè piccolo è tale canaletto, in corrispondenza della superficie incurvata, gli sforzi della potenza, crescono invece quelli della resistenza, perchè in questa zona la lamina fogliare non funziona in piano, ma più o meno di coltello; cioè non resiste più secondo la sua dimensione minima, ma secondo una dimensione che tanto più si avvicinerà alla massima quanto maggiore sarà l inclinazione della pa- rete verso la verticale, 0, ciò che torna lo stesso, non più unica- mente nel senso dello spessore ma in un senso diagonale, più o meno tendente a raggiungere quello dell’altezza. Considerazioni analoghe, ed a maggior ragione, possonsi ripetere per le ondulazioni del lembo, co- muni nelle foglie di 1° stadio, mentre mancano invece in quelle di 2° stadio, a lamina perfettamente piana. Aceresce, inoltre, nelle foglie orizzontali la resistenza delle travi al piegamento anche il fatto, che i cuscinetti collenchimatosi c o sono in esse molto più larghi che non nelle foglie verticali, come può vedersi confrontando fra loro le fig. 1 e 2 della tav. XVII, che riferisconsi, la prima a foglia verticale, la seconda a foglia orizzontale. Non è quindi vero, come sembra a tutta prima, che nelle foglie orizzontali il sistema delle fibre librose sia, per rispetto alla resistenza al piegamento, inferiore a quello delle foglie verticali; per converso, esso, non ostante la falsa apparenza, vi è di molto superiore e risponde per- fettamente alle condizioni richieste dalle dette foglie. Da un altro lato, se le foglie verticali, per occupare i piani supe- riori dell’ albero, trovansi molto più in balia ai venti fortissimi di una regione visitata da frequenti temporali, è evidente che i loro lembi fogliari saranno esposti a sforzi di stracciamento più potenti di quelli cui soggiaceranno le foglie inferiori ed orizzontali; di conseguenza, dovremo nei lembi di quelle trovare maggiori difese periferiche, specie margi- nali, che nei lembi di queste, se debbono potersi opporre alle maggiori forze che tendono a stracciarli. E questo è appunto quanto si trova, come può scorgersi paragonando le epidermidi delle nostre due specie di foglie. Si confrontino, infatti, fra loro le fig. 4 e 5 della tav. XV, esse mostrano come nelle foglie orizzontali (fig. 4) le pareti esterne delle cellule epi- dermiche siano sottili e rivestite di lieve cuticola, e nelle foglie ver- cali (fig. 5) invece, siano grossissime e quasi per intero cutinizzate; di più, in queste, le dette pareti esterne sono rinforzate da una rete for- mata dalle pareti laterali (radiali) pure fortemente ingrossate a cuneo e cutinizzate. Meccanicamente, quindi, l'epidermide delle foglie verticali appare senza paragone più robusta di quella delle foglie orizzontali. E se si confronta la fig. 4 della tav. XIX, colle fig. 3 e 4 della tav. XVI, vedesi altresi, come nelle verticali (tav. XVI) l’orlo collenchimatoso della lamina sia senza paragone assai più sviluppato e robusto che non nelle foglie orizzontali. | È vero che nelle foglie orizzontali, in corrispondenza alle nerva- ture, la parete epidermica esterna fortemente si ingrossa (parte 4% tratteggiata in fig. 2 tav. XVII); poichè da 5y e 6 p sale ad 11 w e 12, rispettivamente per la pagina inferiore e superiore (ed ivi per "|, del suo spessore anche si cutinizza), cosicchè in queste foglie oriz- zontali si ha, per entro le epidermidi stesse, una specie di doppia in- telajatura meccanica che si estende colle nervature a tutta la lamina fogliare'; ma questo prova unicamente che, nelle foglie orizzontali pure, l'epidermide funziona da organo meccanico, però in discreta misura, cioè col minore possibile sacrificio delle altre funzioni, specie della traspira- zione in esse più rilevante che nelle verticali. Le condizioni meccaniche quindi delle foglie di 1° stadio sono quali si addicono a foglie orizzontali, che debbono opporsi specialmente a sforzi di flessione o di piegamento, senza intralciare, ben inteso, le altre funzioni della foglia; ed è ingegnoso ed ammirabile come con poche e leggere modificazioni natura provveda a nuovi bisogni; come facilmente abbia qui trasformato le condizioni meccaniche di un organo orizzontale in quelle necessarie per uno verticale; come i congegni che servivano a difendere la foglia contro gli sforzi di flessione li abbia adattati a divenire armi di difesa contro gli sforzi di stiramento é di stracciamento. Non si potrebbe infatti, anche per le esigenze delle fo- 1 Vedi: pag. 10 e 13. — 140 — glie verticali, immaginare migliore conformazione, più forte struttura e più adatta disposizione, poichè, senza dire della diminuita larghezza e dell’au- mentato spessore del lembo, l’incurvamento di questo (il lembo diviene col- triforme) e l’allungamento del picciuolo hanno reso queste foglie facilmente scorrevoli le une sulle altre e mobilissime, così da potersi con agevo- lezza schermire dal vento, voltandosi per modo da presentargli sempre la minore superficie possibile; mentre il forte cordone collenchimatoso marginale, e la robusta e compatta parete epidermica le hanno rese for- tissime contro lo stracciamento; e la stessa trave tubulare di fibre li- brose della nervatura mediana, se non è scomparsa, ciò che non po- teva, si è peraltro trasformata in organo contro lo stiramento, poichè si è posta nelle migliori condizioni possibili di resistenza a sforzi di tale natura, essendo divenuta così centrale da portare il suo asse a coincidere coll’asse stesso della foglia. Dall'Istituto Botanico dell’Università di Pavia, Dicembre 1890. Fig. O» — l4dl — SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tavora I. Una piantina germinante di Wucalyptus globulus, coi cotiledoni e le prime 4 fogliette. Grandezza naturale. *Una foglia pendente in piano verticale (cioè di 2° stadio), di albero adulto. Sonvi segnate le principali nervature visibili ad occhio nudo (non sporgenti); il ramo è rotondo.? Grand. nat. *Una foglia orizzontale (cioè di 1° stadio) di albero giovane; in una metà sono segnate le mervature principali, più o meno sporgenti. Il ramo è quadrangolare con strette espansioni erbacee sugli spigoli. Grand. nat. Una fogliolina giovanissima orizzontalè (1° stadio), vista dalla pagina superiore. I circoletti b, a linea continua, indicano le glandole della pagina superiore; quelli a linea punteggiata e, le glandole della pagina inferiore; di queste ultime però mancano alcune delle più minute, che non potevano vedersi per trasparenza; gli ovaletti a designano gli stomi della pagina superiore, nei primordii del loro sviluppo. Ing. 36 D. Una gemma apicale molte volte ingrandita (sezionata lungo l’asse) dello stelo di una pianticella di uu anno. Nelle foglioline @ del 2° nodo apicale vedevansi di già chiare alcune glandole, ma non ancora stomi; in quelle del 3° nodo, le glandole erano abbondantissime, con le 2 cellule del pseu- do-coperchio ben distinte, ma non si scorgevan ancora stomi. Tavoca II *Un cotiledone (molte volte ingrandito) che mostra il percorso dei fasci libro-legnosi, colle loro estremità per lo più libere. In % la rete dei fasci è interrotta, perchè il preparato si ruppe sotto al microscopio prima che fosse terminato il disegno. Una porzione dell'epidermide della pagina inferiore di un cotiledone in via di accrescimento, ma tuttora impigliato nel guscio seminale; veggonsi quattro stomi in quattro successivi stadii di sviluppo: nel primo si è appena formata la cellula iniziale che è quadrangolare, perchè la parete che la separa dalla cellula madre corre fra due pareti opposte di questa; nell’ultimo incomincia appena a formarsi l’ostiolo. Circa 300 D. Una porzione dell'epidermide, verso la base della pagina inferiore, di una fogliolina di pianta germinante; mostra il modo di formazione degli stomi nelle foglie orizzontali (1° stadio). La cellula iniziale quivi è triangolare, poichè la parete, più o meno curva, di separazione della Tutte le figure si riferiscono all’ Eucalyptus globulus. Le figure qui distinte con un (*) sono quelle depositate iusieme a nota rela- tiva all'Accademia dei Lincei, sino dal 1880. Fig. » » » » n | — Ma2r= cellula figlia corre fra due pareti radiali contigue della cellula madre; a, b, c, d indicano stomi in stadii successivi di sviluppo. Circa 300 D- Una porzione di epidermide di pagina inferiore di un cotiledone adulto con stomi a completo sviluppo. In basso, una glandola; i circoletti entro le cellule stomatiche indicano granelli d’amido. Circa 300 D. Una porzione d’epidermide verso l’apice della pagina inferiore di foglia orizzontale (1° stadio), giovane (lunga 0.12 e larga 0.06), che non aveva però ancora raggiunto il suo completo sviluppo. Le cellule epidermiche sono a contorno alquanto sinuoso e gli stomi rassomigliano a quelli dei cotiledoni; caratteri che si perderanno a sviluppo completo. Circa 300 D. Idem, di foglia vecchia, quindi a completo sviluppo. Le cellule epider- miche hanno perduto il carattere sinuoso e gli stomi si sono arrotondati. Circa 300 D. Tavova III Una porzione di epidermide di una fogliolina giovanissima verticale (cioè di 2° stadio); mostra come ogni stoma si formi direttamente da una cellula epidermica, la quale per intero, e senza preventiva costituzione di cellula iniziale speciale, si trasforma in stoma. La cellula epidermica a, destinata a trasformarsi in stoma, si riempie, dapprima, di plasma molto denso e si ingrandisce; indi una parete di segmentazione, che in due la divide, inizia la formazione delle cellule stomatiche 8; lo stoma se- guita a svilupparsi come vedesi in e e d. I circoletti entro le cellule stomatiche indicano granelli d’amido. Circa 300 D. Una porzione di epidermide della pagina inferiore di foglia verticale vecchia e quindi a completo sviluppo; gli stomi sono aperti e visti per trasparenza; in alto una glandola. Circa 300 D. Idem, ove le cellule epidermiche sono viste per trasparenza; degli stomi, chiusi, veggonsi i vestiboli pieni di cera, fungilli ed impurità. Circa 300 D. Uno stoma in sezione trasversale della pagina inferiore di foglia oriz- zontale adulta; v vestibolo, p preostiolo, 2 Jabbro che copre in parte il vestibolo, c camera aerifera, f tessuto a pseudo-palizzata. Questa, come tutte le rimanenti figure della tavola, fu disegnata ad un ingrandi- mento di 550 diametri, indi i disegni vennero ridotti a metà scala. Circa 275 D. Uno stoma in sez. trasv. di pagina inferiore di cotiledone; s preostiolo, p retrostiolo, e camera aerifera, # tessuto spugnoso. Circa 275 D. Uno stoma in sezione longitudinale di foglia orizzontale, adulta; le let- tere come in fig. 4 e 5. Circa 275 D. Uno stoma in sez. trasv. di foglia verticale (2° stadio), giovane, tuttora in via di sviluppo; © vestibolo, a labbro del vestibolo, p retrostiolo, 4 cellule di chiusura dello stoma, 2 cellule del tessuto a palizzata, ec ca- mera areifera. Circa 275 D. Uno stoma in sez. trasv. di foglia verticale (2° stadio), adulta; v vesti- bolo, a labbro, s preostiolo, » cellule di chiusura, # cellula a tappo (vedi fig. 1 e 2, tav. XVI), c camera aerifera, 22 tessuto a palizzata. Circa 275 D. Idem, in sezione longitudinale. Fig. OE — 143 — TaAvoxa IV. Una porzione d’epidermide in via di sviluppo di fogliolina orizzontale di pianta germinante, con un pseudo-coperchio di glandola, il quale sta seg- mentandosi in due. Circa 300 D. Idem, della stessa fogliolina con pseudo-coperchio glandolare composto di tre cellule. Circa 300 D. Idem, con pseudo-coperchio glandolare di una sola cellula; forse deve dividersi; nell'interno vedesi il tessuto glandolare in via di segmenta- zione. Circa 300 D. Idem, sempre dalla stessa fogliolina, verso l’apice, con pseudo-coperchio glandolare di quattro cellule; verso il centro, in a, le pareti non erano ancora del tutto costituite. È Porzione d’epidermide con psendo-coperchio bicellulare di glandola a svi- luppo completo, tolta da foglia verticale, adulta. Circa 300 D. Idem, della stessa fogliolina ma ancora più verso l’apice, ove le glan- dole sono più sviluppate, ce pseudo - coperchio; il circolo ombreggiato sottostante 7, 2, n, » rappresenta in proiezione il corpo della glandola nella sua massima larghezza, vista per trasparernza. Circa 300 D. 9 — Porzioni di epidermide con glandole sottostanti giovanissime viste per trasparenza e tolte da fogliolina di pianta germinante. Dimostrano, insieme alle figure della tavola seguente, il processo di segmentazione del tessuto glandolare- Circa 550 D. per le figure 7 e 9, e 300 D. per la fig. 8. 10 — Sez. trasv., verso l’orlo, di fogliolina orizzontale (1° stadio), giovanissima, ove vedesi una glandola tuttora col tessuto pieno di plasma denso e fi- namente granuloso, ed altresì, come queste glandole dell’orlo fogliare si formino nell'interno del mesofillo e non vi abbia parte l'epidermide. Circa #00 D. 11 — Una glandola di fogliolina orizzontale (1° stadio), giovanissima, con cel- lula epidermica divisa tangenzialmente. Circa 550 D. 12 — Porzione, in sez. trasv., di nervatura mediana di fogliolina orizzontale (1° stadio), ove vedesi una glandola non in contatto coll’epidermide, nella quale il processo glandolare di scioglimento dei tessuti, dopo avere formato il vano centrale della glandola con andamento centrifugo, affetta i tes- suti circostanti procedendo in senso centripeto. Tavocra V. Fig. 2, 3, 6, 8, 9 — Porzioni di mesofillo, in sezione trasversale, di foglioline oriz- zontali (1° stadio) giovanissime, le quali mostrano il processo di seg- mentazione del tessuto primitivo delle glandole del mesofillo. I numeri indicano colla loro successione l'ordine di formazione delle pareti, Le cellule segnate con a provengono tutte da un’ unica cellula epidermica; le cel- lule segnate 4 da un'unica cellula ipodermica. Le prime segmentazioni della cellula epidermica pare precedano sempre le prime segmentazioni della ipo- — 144 — dermica; nelle segmentazioni ulteriori, quest’ ordine non è vigorosamente mantenuto!. Fig. 4,5e 7 — I processi di sesmentazione indicati in queste figure, sono molto rari e paiono eccezionali. Nella fig. 6 la parete 5, che era sottilissima, ap- pariva non ancora del tutto compiuta. Circa 850 D. per le figure 2, 4, 9 6, 7, 8; e 550 D. per le figure 2, 3, 9. , 10 — Una porzione, in sez. trasv., di mesofillo di foglia orizzontale giovanis- sima (1° stadio), con glandola giovane nella quale il tessuto glandolare incomincia a decomporsi e ad essere riassorbito; a goccia di eucaliptolo. Circa 300 D. Tavora VI. Fig. 1 — Sez. trasv. di una glandola priva di tessuto secretore, tolta da una foglia orizzontale, giovanissima. Circa 550 D. , 4 — Una glandola, in sez. trasv., di mesofillo di cotiledone contro la pagina inferiore. Entro la glandola, resti del tessuto secretore, composti di cellule già prive di membrana cellulosica; le pareti della glandola sono formate da cellule del tessuto spugnoso. Circa 550 D. s 2 — Una sez. trasv. di una glandola piriforme, in massimo sviluppo, del meso- fillo di una foglia verticale (2° stadio), adulta; veggonsi coinvolti nel pro- cesso di decomposizione glandolare anche porzioni dei tessuti circostanti. In a, a scorgonsi resti soltilissimi di pareti delle cellule di questi tessuti in parte disciolti; in alcune di queste cellule vedevansi tuttora tracce di clorofilla. A sinistra, la glandola confina con tessuto a palizzata; a destra, con un cuscinetto collenchimatoso. Circa 300 D. , 3 — Una sez. trasv. presso il cono vegetativo in uno stelo di piantina germi- nante; mostra una glandola in via di formazione col suo centro nel 2° e 3° strato del tessuto epidermico. Le pareti delle cellule centrali del tessuto secretizio sono di già sciolte. I vani formatisi per lo scioglimento delle pareti e pel contrarsi delle cellule o masse di plasma nude furono segnati in nero; peraltro va notato, che questa ombreggiatura nera fu nella fi- gura di troppo estesa verso la periferia. Circa 950 D. , 5 — Una porzione di nervatura mediana in sez. trasv. di fogliolina orizzontale (1° stadio), giovanissima, ove vedesi una glandola in via di sviluppo ed ipodermica, come quella appartenente allo stelo, nella figura 3. Il tessuto secretore centrale, che forma il nucleo della glandola, consta qui pure di cellule nelle quali le pareti verso il centro si sono di già sciolte (i vani for- matisi sonsi disegnati in nero). Notisi, come alla costituzione di questa glandola pigli parte anche il tessuto circostante, sin dove la linea delle pareti cellulari venne ombreggiata. Questo tessuto entro la detta linea, che circonda il nucleo primilivo della glandola, pieno di plasma denso e gra- 1 Nella fig. 9 la parete segnata 8 fu litografata alquanto spostata verso sinistra ed altresì troppo grossa, mentre essa nel preparato era sottilissima, appena visibile e mostravasi realmente per l’ultima formata. Anche nelle altre figure di questa tavola le pareti interne del tessuto glandolare furono litegrafate troppo grosse, mentre in realtà erano sottilissime; così per es. le pareti 3 e 4 nella figura 5, la parete 2 nelle figare 6 ed $, ecc. Fig. Fig. (S) | — 145 — nuloso, era destinato a trasformarsi e sciogliersi; prima però le cellule che lo compongono avevano subìto una speciale segmentazione, per la quale da un'unica cellula eransi formate le tre cellule @ (e ciò vedevasi meglio nel preparato che nella figura), come da una sola cellula ripetevano la loro ori- gine le tre 4, le due e, le due 4 e le due e. Circa 550 D. *Una sezione longitudinale normale al piano della lamina e condotta attra- verso all'orlo di una foglia verticale (2° stadio); a, @ cristalli. Tavoca VII. “Una porzione di metà della foglia verticale rappresentata nella fig. 2 della tav. I, che mostra la distribuzione dei fasci libro-legnosi. Solo nelle por- zioni @ e Db, per risparmio di lavoro, si sono disegnate tutte le diramazioni dei detti fasci; n» nervatura mediana della foglia; c e grosso cordone li- bro-legnoso di 2° ordine e submarginale; d4 cordone collenchimatoso che costituisce l'orlo della foglia. Disegnato con un ingr. di 15 D. e ridotto il disegno a metà scala. “La grossa maglia marginale « della figura precedente, di molto ingrandita; come vedesi, le ultime ramificazioni interne sono quasi sempre libere, quasi sempre ingrossate alle estremità, spesso ramificate ed adattantisi alle glan- dole g, g. Oltre al gran cordone libro-legnoso e e (fig. 1), se ne scorge un secon do pure abbastanza grosso ed irregolarmente arcuato che corre pure parallello subito sotto al margine. Da questo partono ramificazioni che, ingrossandosi e biforcandosi, vanno ad attaccarsi al cordone collenchimatoso dell’orlo fo- gliare. Circa 60 D. *Una sez. trasv. e norm. alla pagina sul davanti di uno dei lobi del cotile- done disegnato nella fig. 1, tav. Il; @, è le sezioni dei primi fasci libro- legnosi che si incontrano partendo dal margine; c sezione del fascio molto più lontano e di 4° ordine, della grossa nervatura d arcuata, che sì ri- piega sulla nervatura mediana. La sezione del fascio d è un poco obliqua. I fasci, mancanti di guaina, scorrono in mezzo agli elementi del tessuto spugnoso, nei quali la clorofilla manca solo sulle pareti in contatto coi fasci (in qualche cellula vi fu litografata per inavvertenza). Circa 220 D. Tavora VIII. “Un ramo estremo libero d’un fascio libro-legnoso d’ultimo ordine, tolto da una maglia interna di un cotiledone. Il disegno rappresenta questo ramo 08- servato attraverso i tessuti mesofillici resi trasparenti ; @ fascio di 3° ordine ; e', e", h, k, estremità libere; 2, 2, 2, 2, rami troncati. Mentre in % l'estremità risulta di due soli elementi tracheali, sottili e paralleli, in % invece essa è formata da un mazzo di elementi tracheidali raggruppati a mazza; in e, una pseudo-tracheide con le spire non compiute. Circa 1000 D. Una sez. trasv. in porzione di foglia orizzontale (1° stadio). Del fascio li- bro-legnoso non furono disegnate che le fibre librose (in nero); @ pagina superiore, d inferiore, p tessuto a palizzata, p s tessuto a pseudo-palizzata, î cellule raccoglitrici, 4 cristalli. Circa 300 D. *Una sez. longit. mediana e radiale nella corteccia della nervatura me- diana, a metà della lunghezza di una foglia verticale (2° stadio), giovane, Fig »” — 146 — che aveva però raggiunte le sue massime dimensioni. Notisi che mentre le pareti delle cellule collenchimatose del cuscinetto sono di già ingrossate, quelle delle fibre librose sono tuttora sottilissime; s cuscinetto, 2? fibre li- brose, 4a guaina amilacea con granelli d’amido, e, d cristalli, f punteg- giature. Disegnate ad un ingrandimento di 250 D. e ridotto il disegno a metà scala. TavoLa IX. *Un ramo estremo di fascio libro-legnoso di cotiledone, tanto minuto che col o_ 2 sistema Re Hartn. a mala pena si scorgeva, e che venne osservato per trasparenza come quello della fig. 1, Tav. VIII; ce grosso fascio di 3° ordine, y 7 due estremità libere, d fascietto troncato di 5° ordine, x x pseudo- tracheidi ove le spire sono accennate ma non compiute, a a pseudo-tra- cheidi senza spirale affatto o con spirale incompleta; in 7 ed in pare che queste pseudo-tracheidi servano a mantenere in comunicazione le diverse parti del fascio. Circa 1000 D. i *Una sez. trasv. verso l'estremità di un rametto soltilissimo di fascio libro- legnoso in un cotiledone ; # tre elementi tracheidali, 4,9 cellule del mesofillo spugnoso, nelle quali i grani di clorofilla mancano solo sulle pareti in con- tatto coi tre elementi sopra indicati. Circa 550 D. *Una sez. norm. alla lamina in un cotiledone, ove vedesi: l’estremità di un fascietto libro-legnoso composto di un solo elemento tracheale 2, ed un ra- metto trasversale # formato di quattro tracheidi. Anche qui le cellule verdi gg mancano di clorofilla nelle pareti di contatto colle tracheidi; s pagina su- periore, è inferiore. Circa 550 D. _ *Idem, come fig. è, tav. VIII, ma preso da una foglia vecchia; le fibre li- brose / mostransi ora ispessite e gli elementi collenchimatosi del cusci- netto s hanno raggiunto la loro forma definitiva; s collenchima; 2 fibre librose; c cristalli. Copiato a 380 D. e ridotto il disegno a metà scala. Tyvore X, XI, XII, XIIL, XIV. . 12, tav. X — #*Sez. trasv. normale alla lamina di un rametto estremo di fascio libro-legnoso in una foglia verticale (2° stadio); 7 tracheidi; a, a, a cellule della guaina amilacea interrotta sul lato inferiore; ©, v vani intercellulari. Copiata a 640 D. e ridotto il disegno di un terzo. 11 — *Idem, d'un rametto estremo anche più sottile, ove vedesi la guaina ami- lacea incompleta ridotta a due sole cellule a, 6. Le cellule clorofilliane a e sono al solito prive di clorofilla sulle pareti di contatto colle tracheidi; 7° tracheidi delle quali Ja @ con spire incomplete (pseudo-tracheide); v, ® vani intercellulari. Copiato a 640 D. e ridotto il disegno di un terzo. Fibre. — Le rimanenti figure della tav. X, come quelle della tav. XI e delle doppie tavole XII, XIII, XIV riferisconsi tutte alle fibre librose ed alle lore combinazioni nei fasci libro-legnosi di una sola foglia verticale. Per tutte l'ingrandimento è di 140 D. Queste tavole parlano per se stesse abbastanza chiaramente e potrebbero rima- nere senza spiegazione; ad ogni modo per maggiore comodità notiamo che: “le fig. 3, 5, 6, 7, 8, 9, 40, 11 della tav. XI rappresentano fibre librose, simili — 147 — ma di varia grandezza, tutte piegate ad una estremità ad angolo più o meno deciso e più o meno meno aperto; la 3 all'estremità del braccio lungo si biforca formando come una morsa 2. “le fig. 4 e 5 della tav. X, non molto dissimili dalle precedenti, sono di fibre piegate a 7 ad una delle estremità; esse che servono come di collegamento e rinforzo agli angoli delle maglie; *le fig. 3'e 5, tav. XIII, sono pure di fibre ad angolo, ma biforcate a morsa nel ramo corto. “le fig. 5 e 6, tav. XII, rappresentano fibre piegate ad angolo ottuso, l’una con un gomito in g lungo il ramo lunge, e l’altra con una morsa « lungo il ramo corto. “le fig. 10 a 19 della tav. XII sono di fibre piegate ad arco più o meno aperto e di varia grandezza. La 14 presenta un gomito g che la divide in due archi y e 2, i quali appartenevano a due differenti maglie; in g evvi una lunga insenatura nella quale si annidava l'estremità d’un’ altra fibra. La 1$ porta alla sommità del lato convesso un forte rigonfiamento triangolare che termina con una specie di condilo e. La 17 presenta sul lato convesso molte scabrosità, che formano come altrettante tacche od arresti; la 16 idem, sul lato concavo; la 13 ha due appendici, due specie di morse, l’una molto chiusa sul lato concavo, l’altra più. aperta sul convesso, le quali servivano di arresto ad altre fibre; la 10, al sommo dell’arco sul lato convesso, sì in- grossa e forma una morsa triangolare che termina con un’ appendice lunga e sottile; la 11, infine, al sommo dell'arco, sul lato convesso, invece di un'appendice ha una specie di pianetto o ripiano. ?le fig. 8 e 9 della tav. X, 12 della tav. XI e 4 della tavola XIII rappresen- tano fibre con una delle estremità variamente ramificate, i cui rami face- vano parte di tre maglie distinte. le fig. 20 a 24 della tav. XII sono di fibre variamente piegate ad angolo in ambedue le estremità, e le tre porzioni, nelle quali rimangono così distinte, fanno parte di tre lati di una maglia. Nella fig. 22 abbiamo due fibre, l’inferiore delle quali porta una specie ‘di appendice a gancetto x, nel cui cavo va ad adattarsi l’estremità ricurva 2 della fibra superiore, sollevata ad arte cogli aghi. le fig. 1, 2, 3, 6, 7, 10 della tav. X e 13 e 44 della tav. XIII rappresentano fibre nelle quali una delle estremità è variamente ingrossata e conformata a rilievi ed insenature, talora simile quasi ad estremità apofisoidee di ossa; e ciò per adattarsi e collegarsi le une colle altre; *le fig. 13 della tavola XI, 2 e 7 della tavola XII ed 11 della tavola XIV, sono di fibre a tre rami ben sviluppati, ciascuno dei quali entrava in un fascio appartenente a diversa maglia. Gli angoli formati dai lati fra loro, accusano le inclinazioni corrispondenti degli angoli delle maglie a cui ap- partenevano. “le fig. 6 a 12 della tav. XIII, rappresentano fibre di forme differenti ed ap- partenenti a piccole maglie. Nella fibra della figura 6, le tre porzioni del lato concavo facevano parte dei tre lati contigui di una stessa maglia; mentre il lato superiore si innestava nel fascio di un’altra maglia. Si noti la complicazione della fibra della fig. 11, la quale, oltre ad avere le due estremità x variamente biforcate, presenta una parte ingrossata con un’ap- pendice e da un lato, e con due cavità, per così dire, condiloidee v, dall'altro. *le fig. 15 a 28 della tav. XIII sono di fibre tutte diverse, peraltro simili fra — 148 — loro, perchè tutte presentano nella parte più grossa qualche nodo od ap- pendice sporgente. Sono da notare in alcune (20, 21, 23. 25) la diversa conformazione delle estremità; in altre (22, 28, ecc.) i diversi arresti od intaccature. La fig. 21 ci offre due fibre ancora unite, specie nel lato destro. I nodi e le appendici sporgenti dal mezzo delle fibre servono general- mente come di cuneo nell'incontro dei fasci librosi di due maglie. Fasci fibrosi. — *Le fig. 1, 4, 14 della tav. XI; 1, 4, 25 della tav. XII; 1,2 della tav. XIII; 1 a 4,6 a 10 della tav. XIV ci rappresentano fasci o porzioni di fasci fibrosi, e ci dimostrano il come le fibre librose fra loro si accop- piano e combinano, e come si formano le travi degli elementi meccanici delle maglie librose. I preparati da cui furono tolte le dette figure si ottennero trattando le relative porzioni di foglia colla miscela di Schulze, ma interrompendo l’ebollizione quando non era ancora compiuto il distacco di tutte le singole fibre, le quali venivano separate ed allontanate colla punta degli aghi. Esaminando attentamente le diverse figure sopra indicate, si trovano in esse le forme di tutte le singole fibre librose disegnate nelle figure, delle quali si è precedentemente parlato e di molte altre ancora; di più, si vede chiara- mente come queste si uniscono per formare le travi librose. In tutte in- dicano: intaccature od arresti, x estremità biforcate, 9 gomiti, e nodi od appendici a gancio, Z appendici o specie di chiavi a lingua, ‘ecc. Nella fig. 14, tav. XI, la fibra d fu ad arte sollevata, essa aveva la linguetta 7 in- ternata nel ramo A A; il braccio d faceva parte di un fascio obliquo, che ivi non figura; la direzione del fascio e era quasi normale a quello del grosso fascio AA; si noti la fibra a squadretta a di rinforzo nell’angolo per l’unione del ramo e col ramo A A. Nella tav. XII si noti: per la figura 1, che la fibra B disegnata staccata era invece addossata al fascio AA; per la fig. 3, che le due fibre A e B disegnate staccate erano invece a con tatto; per la fig. 4, che la fibra A sì adagiava sul fascio B; così erano unite le due fibre della fig. 25, ecc. Nella tavola XIII si osservi: per la fig. ], che la porzione staccata €‘, B, B' era invece unita alla sottostante C, A, ove la linguetta Z entrava nel ramo ©, e che le tre fibre d, d' spez- zate del fascio A corrispondono alle d, d' del fascio B'; qui pure vedesi una fibra a squadretto d, per rinforzare l’angolo; nella trave ZE della stessa fisura la porzione mediana non fu disegnata, perchè troppo lunga; nella fig. 2, i fasci B e C facevano un solo sistema colla trave A A, dalla quale furono distaccati cogli aghi. Nella tav. XIV notisi: per la fig. 3, come la fibra # che vedesi soprastare, si adagiava invece sui fasci B, C, fra loro pure riuniti; per la fig. 4, che la fibra H, che è quella ripetuta anche se- paratamente in fig. 5, mostra una bellissima cavità ad incastro co; per la fig. 8, che v e v' erano uniti; per Ia fig. 9, che la fibra sollevata poggiava invece sopra alla #; per la fig. 10, che il ramo C' del fascio CB sollevato era invece quasi normale alla tangente della trave arcuata AA, tenuto in sesto dalla fibra 77, di forma tanto strana, alla quale facevano capo parecchie altre fibre. Fig. » — JO = Tavora XV. *Sez. trasv. di mezzo picciuolo di cotiledone, ove esso incomincia ad al- largarsi in lamina fogliare. I vani m, » sono i luoghi dei fasci libro-le- gnosi non disegnati. Circa 140 D. Sez. trasv. di epidermide di cotiledone, che mostra lo spessore della parete esterna a e della sottilissima cuticula e. Circa 750 D. Idem, di epidermide della pagina inferiore di foglia orizzontale (1° stadio), che mostra la grossezza della parete esterna a e della sottile cuticula e, e lo strato dei bastoncini di cera ce, che la ricopre. Circa 450 D. *Idem, di foglia verticale (2° stadio) che mostra la forte parete esterna, nella quale solo il sottile strato interno 4 consta di cellulosa pura, mentre tutto il rimanente è cutinizzato; d denti nelle pareti radiali pure cutinizzati. Circa 750 D. *Un’estremità libera, composta di un mazzo di tracheidi, di fascio vascolare in maglia di foglia verticale, vista e disegnata per trasparenza in meso- fillo reso chiaro con potassa ed acidi, e quindi alquanto rigonfiato. Co- piato a 640 D e ridotto il disegno a metà. 7a 17 — *Tracheidi di una delle estremità a mazzo, di cui nella figura prece- dente, isolate col trattamento Schultze. Circa 550 D. 18 — Una porzione di vaso centrale che trovavasi nella stessa estremità, da cui furono disegnate le tracheiai precedenti. Circa 550 D, Tavora XVI. Fig. 1 e 2? — Stomi in sez. trasv. di foglia verticale (2° stadio); vedesi nelle camere ” Fig. aerifere una specie di apparecchio speciale di chiusura; la parete della cellula a, sopra ingrossata, è fortemente cutinizzata. Queste cellule sono piene di plasma finamente granuloso, hanno grosso nucleo e vacuole, e sono prive di clorofilla. Circa 500. 3 e 4 — *Sezioni radiali di margine di foglia verticale (2° stadio); mostrano il forte cordone di tessuto meccanico collenchimatoso (generalmente rosso per antociano) con l’estremità di un fascio libro-legnoso (in parte schema- tizzato), staccato dal cordone nella fig. 3, e con un mazzo di tracheidi in contatto del detto cordone nella fig. 4. F fibre librose ; e tessuto collenchimatoso; » cristalli; 7 tracheidi; ps pseudo tra- cheidi; st stoma; g glandola; su nodulo sugheroso. Circa 250 D. Tavora XVII. 1 — Una sez. trasv., normale all'asse, di porzione di foglia verticale (2° stadio) a circa metà della lunghezza della nervatura mediana; e spessore dello strato di cellule epidermiche; c spessore della parete esterna quasi per intero cu- tinizzata e che maggiormente si ingrossa nel tratto 4%; 2 fibre librose; co cuscinetti collenchimatosi; as regione ove incomincia il tessuto clorofil- liano; 7 glandole. Circa 60 D. — 150 2 — Idem, di foglia orizzontale (1° stadio): ec spessore della cuticola; p spessore della parete esterna; e delle cellule epidermiche. Le altre lettere come in fig. 1. Circa 60 D. 3 — Idem, attraverso una nervatura di 2° ordine in foglia verticale. Le lettere come nelle figure precedenti. Circa 60 D. i — Idem, in foglia orizzontale. Circa 60 D. Tavore XVIII, XIX e XX. 1, tav. XVIII — *Una sez. trasv. verso la base della lamina di una foglia ver- ticale (2° stadio) del grosso fascio libro-legnoso marginale, ove gli elementi in nero indicano le fibre librose; %,/% i cuscinetti collenchimatosi; 9g la guaina fascicolare; 2g lo xilema. Circa 140 D. 2, tav. XIX — *Sez. trasv. ad ‘/,, dall’apice, della stessa foglia. La disposi- zione degli elementi meccanici è ancora la stessa, ma questi sono dimi- nuiti di dimensioni e di numero; alla base (figura precedente) si avevano 30 fibre sopra e 61 sotto, qui all’apice sono ridotte rispettivamente a 19 ed a 49. Circa 140 D. 2, tav. XVIII — *Una sez. trasv. di uno dei fasci libro-legnosi sottili della stessa foglia, ove il raccordo del fascio libro-legnoso, per mezzo dei cuscinetti collenchimatosi, non è compiuto, ma solo accennato, tanto sopra che sotto, da alcune cellule collenchimatose contenenti cristalli; #, #', 2 collenchima; le altre lettere come sopra. Circa 140 D. 3, tav. XVIII — *Una sez. trasv. di un fascietto libro-legnoso sottilissimo con poche fibre librose, ove però veggonsi ancora i cuscinetti collenchimatosi formati di cellule che in parte conservano tuttora la forma di quelle del tessuto a palizzata, ma con pareti ingrossate e prive di clorofilla. Il piano di simmetria di questo fascio è per eccezione non perfettamente normale al piano delle pagine fogliari. Circa 140 D. 4, tav. XVIII — *Una sez. trasv. in foglia verticale (2° stadio). attraverso una estremità fascicolare libera, che consta unicamente di un fascietto di poche tracheidi circondate da guaina. Il raccordo meccanico del fascio coll’epider- mide è quì indicato: da un lato, da due o tre serie di cellule a palizzata prive di clorofilla; dall'altro, da due semplici cellule e e, pure senza cloro- filla e piene di cristalli. Circa 380 D. 3 tav. XIX — *Una sez. trasv. del picciuolo alla base, cioè vicino all’inserzione sul ramo, di foglia verticale (2° stadio), ove schematicamente si sono indi- cate solo le fibre librose 7 (in nero), e lo xilema 7g. La regione %, X è oc- cupata quasi per intero da collenchima. Copiato a 60 D. e ridotto il dise- gno a 30 D. 1, tav. XX — *Una sez. trasv. della nervatura mediana, a circa metà della lun- ghezza della lamina, della foglia precedente. Veggonsi tre fasci libro-le- gnosi, uno molto largo a doccia ed inferiore, e due sottili laterali e superiori. Le fibre librose / (in nero) sono distribuite in modo da formare nel loro com- plesso una specie di trave tubulare, formata di due metà, riunite fra loro sui fianchi da tessuto pseudo-collenchimatoso; la stessa trave è collegata meccanicamente colle due epidermidi per mezzo di due larghi cuscinetti hh collenchimatosi; 9, 4 guaina fascicolare, qua e là con amido; le cellule a, nere all’interno, sono pure piene d’amido Circa 140 D. Lo (er ’ sa ’ = dsl tav. XX — *Idem, schematizzata e presa da un altra foglia pure verticale e disegnata allo stesso ingrandimento della fig. 3, tav. XIX, indi ridotto il disegno a metà scala. Qui alcuni gruppi di fibre librose trovansi anche sul lato interno dei tre fasci; # # cuscinetti collenchimatosi: 9 regioni limiti del tessuto a palizzata. Circa 30 D. tav. XIX — *Una sez. trasv., ad !/,, dall’apice, della nervatura mediana della stessa foglia da cui fu tolta la fig. 1, tav. XX. I due fasci libro-legnosi laterali ed anteriori sono scomparsi del tutto, ma le fibre librose formano ancora una trave tubulare; X 7 cuscinetti collenchimatosi, Z fibre, ecc. Circa 140 D. tav. — XIX — *Una sez. trasv. e radiale d’orlo collenchimatoso di foglia orizzontale (1° stadio); cc collenchima, / tessuto a palizzata. Circa 250 D. ISTITUTO BOTANICO DEBLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) SOPRA IL PERCORSO FASCI LIBRO-LEGNOSI PRIMARI ORGANI VEGETATIVI DEL LINO (Linum usitatissimum L.)* Ea REG E DEL Dott. KILIPPO TOGNINI Assistente all’ Istituto Botanico di Pavia (Con tre tavole: XXIII, XXIV, XXV.) Da molto tempo il Lino fu l’oggetto di numerosi ed importanti studii non solo di morfologia speciale, ma anche di biologia, di ana- tomia, di chimica. Si fecero ricerche sul meristema radicale °, sulla for- mazione delle radici secondarie ‘, sulle fibre testili del libro caulinare *; si tracciò in parte la struttura dell'asse ipocotile con qualche cenno sul passaggio dalla radice al tronco °; si studiò il fiore morfologicamente e biologicamente ", la deiscenza del frutto ", l'anatomia e fisiologia dei 1 Questo lavoro fu da me presentato come Tesi per l'Esame di Laurea in Scienze Naturali, nel giugno 1889. Colgo quest'occasione per esprimere il mio grato animo al chiarissimo prof. Briosi, Direttore dell’ Istituto Botanico, il quale mi ha iniziato nelle ricerche d’anatomia vegetale. ® De Jixczewski Ep. Recherches sur l’accroissement terminal des racines dans les Phanétrogames. Ann. des sc. nat., 5° sér., XX, pag. 185. ® Vax Trecnex Pa. er Dovrior H. Recherches comparatives sur l’origines des membres endogènes des plantes vasculaires. Ann. des se. nat., 7° sér., VIII, pag. 159. ‘ Tscnirca A. Angewandte Planzenanatomie. Wien und Leipzig, 1889, I Bd., pag. 258 ecc. e molti altri lavori anteriori. 5 Gerano R. Recherches sur le pussage de la racine è la lije. Ann. des sc, nat., 6° sér., XI, pag. 326. © Horemanx H. Culturversuche. Bot. Zeit., 1376, pag. 56). ? Lecuenc pu Sarnon. Recherches sur la dihiscence des fruits à pericarpe sec, Ann. des sc, nat., 6° sér., XVIII. pag. 27. Arch. Critt., II. 13 — 154 — semi! ecc. Rimangono tuttavia ancora molte ricerche da fare sulle varie parti di questa pianta, e, specialmente, sul sistema fascicolare di tanta importanza sia per riguardo alla fisiologia e biologia, sia per riguardo a certi criteri che può fornire in aiuto alla Sistematica °. Oggetto di questo mio studio è appunto la distribuzione dei fasci libro-legnosi primari nella radice, nel fusto e nelle foglie del Linum usitatissimum, prendendo in considerazione le modificazioni che essi su- biscono nella loro grossezza relativa e nel loro numero attraverso que- sti organi, e specialmente i fenomeni di passaggio dall’un organo nell’al- tro, cioè dalla radice nell’asse ipocotile, da questo nel fusto e nelle appendici fogliari. Veduta poi la dipendenza e stretta correlazione che passa tra il percorso di questi fasci nel fusto e la disposizione delle foglie su que- st’ultimo, ho creduto cosa opportuna dare alcuni cenni sulla fillotassi della pianta in questione, venendo con ciò a confermare come ogni mo- dificazione subita dalla formula fillotassica trova la sua corrispondente nella disposizione dei fasci stessi. Ho diviso il soggetto in quattro parti, esponendo successivamente il percorso dei fasci nella radice principale e nelle radici secondarie, nell’asse ipocotile, nel fusto, nelle appendici fogliari. 8 1. — RADICE. Per non esser disturbati da formazioni secondarie, è necessario prendere in esame una radice la cui lunghezza sia presso a poco di 7-8 mm. Alla sua base, vale a dire ove esternamente sembra confinare coll’asse ipocotile, porta un leggero rigonfiamento, da cui risulta un mas- simo diametro di circa 1 mm.; subito al di sotto rapidamente si assot- tiglia, riducendosi ben presto ad un sottil filamento quasi cilindrico, ricoperto all'estremità inferiore dalla rispettiva calyptra. Per mezzo di quattro cellule iniziali prende origine nel cono ve- getativo il cilindro centrale ?, ove poco più in alto ha luogo, sopra due 1 Harz 0. D. Landwirthschaftliche Samenkunde. Berlin, 1885, pag. 951, e molti altri lavori anteriori. ° Vesque J. De l’emploi des caracteres anatomiques dans la classification des végétaur. Bull. de la Soc. Bot. de France. Aoùt, 1889, pag. LXXIi. — Liewnier 0. De l’influence que la symitrie de la tige ewerce sur la distribution, le parcours et les con- tacts de ses fuisceaua libero-ligneux. Ext. Bull de la Scc. de Normandie (4° Sér., 2* vol), pag. 15. ; * De Janczewskr Ep Loc. cit. —.loor_- punti opposti, la formazione dei fasci legnosi ed, in un piano perpen- dicolare, quella dei fasci librosi. La fis. 4 (Tav. XXIII) rappresenta una sezione trasversale di ra- dice in una regione ancora molto giovane. Il cilindro centrale è cinto da un endoderma (ed) ben caratterizzato dagl’ispessimenti sulle pareti radiali; ad immediato contatto collo strato rizogeno (mr), del pari ben definito, trovansi i fasci librosi e legnosi. I cordoni legnosi hanno una sezione trasversa di forma presso a poco triangolare; il vertice del triangolo è volto verso la periferia ed il lato opposto verso il centro. I vasi che li costituiscono hanno verso la periferia un calibro picco- lissimo, calibro che va aumentando a misura che ci si avvicina al centro. Tra l'uno e l’altro fascio, nel centro, scorgonsi cinque o sei cellule di congiuntivo a lume grandissimo. — I fasci librosi sono più allargati tangenzialmente e più stretti nel senso radiale; verso la parte cen- trale son pure limitati dal congiuntivo, il quale insinuandosi negli spazii interposti tra l'un fascio legnoso e lun fascio libroso dà origine a quat- tro raggi midollari, che mettono in ampia comunicazione il congiuntivo centrale collo strato periferico. Salendo verso la base radicale, di pari passo coll’allargamento del cilindro centrale, i due fasci legnosi aumentano il numero dei loro ele- menti e le cellule centrali si trasformano in altrettanti larghi vasi, che uniscono tra loro i due fasci legnosi primitivi, di guisa che si viene a costituire una zona di legno, attraversante tutto il cilindro secondo un diametro. Sui due lati di questa, in corrispendenza del libro, trovasi uno strato di cellule che fanno parte del congiuntivo primitivo. Ma in se- guito, poco dopo la differenziazione legnosa delle cellule centrali, ognuno di questi strati si trasforma in tessuto vascolare legnoso, ed, unendosi alla zona diametrale, di cui sopra, concorre ad ispessirla ed ingros- sarla, in ispecial modo nella parte corrispondente al centro. Secondo Van Tieghem ! questa lignificazione ulteriore e pur sempre primaria, poichè le cellule che ne sono affette non traggono la loro ori- gine da meristema cambiale, costituirebbe il secondo legno primario 0 metarilena della radice; ma ciò nel caso nostro non è troppo sicuro, meno ancora forse che in altre radici binarie, e sembrami che si tratti piuttosto di un semplice ispessimento laterale dei fasci centripeti riu- niti, anzichè di una formazione centrifuga che caratterizza il meta- xilema. 1 Vax Tiecnex Pa. Sur le second bois primaire de la racine. Bull. de la Soc. Bot. de France. 1887, pag. 103-104. i L'unico fascio legnoso pertanto prosegue la sua corsa verso la base della radice, sempre più aumentando in grossezza, specialmente presso il colletto, ove, nelle radici di una lunghezza anche relativamente breve (1 Am. circa) e di diametro ivi assai piccolo, comincia ad entrare in attività il meristema cambiale di già formato ed a svilupparsi il tes- suto vascolare secondario. Arrivato al colletto, vale a dire a quel ri- gonfiamento esterno che segna apparentemente la base del fusto, tal fascio entra in questo, e per un certo tratto lo percorre, niente cambiando del suo carattere radicale (fig. 5, Tav. XXIII). Si vede quindi come, anche nel Lino, ciò che si definisce esternamente per colletto o per piano di separazione tra radice e fusto, niente delimita internamente. Percorso analogo in un piano normale hanno i fasci librosi; umica differenza consiste nel fatto, che questi mantengonsi sempre separati estendendosi solo tangenzialmente. Come nella radice principale, così anche nelle radici secondarie si ha un percorso semplicissimo dei fasci, pure ivi esistenti in numero di due legnosi e due librosi. L’orientazione del cilindro delle radici secon- darie rispetto alla principale, come in tutte le Fanerogame, avviene per modo che il piano dei due fasci legnosi è longitudinale, vale a dire passa per l’asse della radice principale. L'asse poi delle radici secon- darie non si trova nello stesso piano dei fasci legnosi della radice prin- cipale, ma fa con esso un angolo assai grande, come si può facilmente verificare in una sezione trasversale, nel punto d’inserzione di una ra- dice secondaria. Per questa ragione le radici secondarie del Lino non appaiono con disposizione pennata, ma, come dimostrarono Van Tie- ghem e Douliot anche per altre piante ‘, son disposte in quattro serie longitudinali (disposizione diplostica). Talvolta avviene che due radici secondarie, inserite allo stesso li- vello, concrescano insieme, fondendosi in una sola (fig. 2, Tav. XXIII). Al- lora dei quattro fasci appartenenti ai due cilindri centrali, due si uni- scono in uno (5’' a’), e due possono rimanere separati (0 ed @); ciò che mostra come la concrescenza non è stata perfetta e regolare. $ 2. — ASSE IPOCOTILE. L'asse ipocotile, di una lunghezza relativamente piccola (2-4 cm.), si mantiene presso a poco cilindrico, o va quasi impercettibilmente re- stringendosi alla metà circa della lunghezza totale, per poi tornare ad allargarsi, specialmente in prossimità dei cotiledoni. La metà inferiore 1 Van TieSHevn Pa. et Dovnior H. Loc. cit. ia è quasi tutta ipogea e conseguentemente di un colore biancastro; la metà superiore, epigea, ha un color rossiccio, dovuto ad un pigmento di cui son ripiene le cellule del primo strato ipodermico. Il cilindro centrale, man mano che si sale verso i cotiledoni, perde gradatamente il carattere radicale, per assumere quello proprio del caule. Non esiste un limite netto fra radice e fusto: si ha una zona di tran- sizione occupante la massima parte dell'asse ipocotile. Dalla radice principale propriamente detta, il fascio legnoso unico a (fig. 11 e 5, Tav. XXIII) continua senza modificazioni fin circa a */, dell’altezza dell'asse ipocotile; in questo tratto il diametro del cilindro centrale rimane piccolissimo (circa ‘/, dello spessore della zona corti- cale). Il libro intanto, sempre diviso in due fasci, trovasi ancora ai due lati del fascio legnoso. Ben presto però, verso il centro, nel mezzo del fascio legnoso, comincia ad aversi uno strozzamento che tende a dividere il fascio in due (fig. 6). Si accresce il tessuto congiuntivo, che, dapprima semplicemente interposto fra l’un fascio libroso ed il legnoso, ora si fa strada verso il centro per costituire più in su il midollo. Così si vengono mano a mano a separare i due fasci (?, f, i quali hanno l’aspetto, visti in sezione trasversale, di due triangoli, di cui la base è volta verso il cen- tro del cilindro ed il vertice opposto verso la periferia. La loro orien- tazione permane centripeta come quella dei fasci radicali. Ma le cose non si mantengono in tale stato che per un tratto assai corto, giacchè ben tosto il tessuto centrale, che ha già costituito un vero midollo, s' interna in questi triangoli dando loro dapprima la forma di un A, e poi i due lati del A vengono ad incurvarsi, le due basi si allontanano dalla linea mediana del fascio legnoso, rimanendo in posto l’apice, di modo che ne risulta presso a poco la forma di un T (fig. 7). Tuttociò avviene approssimativamente fra i ‘/, ed i /, della lunghezza dell’asse ipocotile, ed è all’incirca in questo punto che nel cilindro centrale, sopra un diametro normale a quello che unisce i due fasci primitivi, cominciano ad apparire uno (fig. 1, e) o due vasi legnosi per lato, che traggono la loro origine dai relativi cordoni procambiali, senza palesemente anastomizzarsi coi due fasci principali di cui sopra. Tali vasi segnano il principio del sistema legnoso del fusto epicotile, sono cioè l’inizio dello xilema delle traccie delle prime foglie caulinari. È noto come, nella maggior parte dei casi, i cordoni vascolari discen- denti dalle foglie inferiori dell’epicotile si attaccano a quelli dei cotile- doni nel nodo cotiledonare, oppure discendono nell’ asse ipocotile per riunirsi però sempre colle stesse traccie cotiledonari *; il Lino quindi 1 De Bary. Vergl. Anat. pag. 247 — 155 — offrirebbe un caso che, per lo xilema almeno, esce dalla regola gene- rale e, per quanto sappia, in nessuna pianta non mai finora avvertito. Si hanno così nella sezione trasversale quattro fasci (fig. 7): due più grossi, diametralmente opposti, che risultano dalla divisione del fascio radicale, e due più piccoli (e, <). Contemporaneamente ognuno dei due fasci librosi accenna già ad una divisione in tre porzioni: una mediana e sovrapposta ad un fascio e, due laterali, di cui ciascuna cor- risponde ad un ramo del T. Ai tre quarti della lunghezza dell’ipocotile i due fasci in forma di T si dividono in tre parti: due laterali (y, fig. 8) molto più grosse ed una molto sottile mediana (7). I fasci y hanno una sezione trasver- sale più o meno triangolare, il vertice (ove si hanno vasi di minimo calibro) non è sulla linea radiale, ma girato un poco in fuori, talchè i due fasci di ciascun sistema si guardano per le loro punte. Si ha qui il primo accenno del passaggio dalla orientazione centripeta della ra- dice alla centrifuga del fusto, giacchè, per raggiungere quest’ultima, i due fasci non avranno che a girare in dentro le loro punte in modo da collocarle sulla linea radiale. Il libro ora è nettamente tripartito ed ogni segmento si adatta al corrispondente fascio legnoso; si ha così la trasformazione completa del fascio omogeneo (legnoso o libroso) della radice, nel fascio eterogeneo (libro-legnoso) caratteristico del fusto. Men- tre poi si verificano tali fenomeni nel cilindro centrale, questo, per la formazione di nuovi elementi, si allarga, tantochè nella sezione consi- derata viene ad avere un diametro uguagliante circa lo spessore della corteccia. Il fascio 7, derivato dalla tripartizione del fascio f, va man mano impiccolendosi e dileguandosi; però è da, notare che persiste ancora, quando già i due rami del T si sono staccati ed isolati. Il Gérard !, ac- cennando ai fenomeni di passaggio dalla radice al fusto nel Lino, de- signò queste fascio 7 col nome di trachee primitive, le quali, secondo lui, andrebbero in seguito a raggiungere a destra ed a sinistra i fa- sci y; ciò però non è esatto, perchè dall’osservazione fatta su parecchie serie mi è risultato che i vasi di tal fascio impiccoliscono il loro lume, si deformano, rimanendo come strozzati dal congiumtivo circostante; inoltre l’ultimo loro resto, che appena appena si può riconoscere come un vaso, rimane nella sua primitiva posizione. Si deve quindi considerare come un prolungamento rettilineo, ben presto abortito, del fascio &, do- pochè questo ha date le ramificazioni y. Queste, avvicinandosi ai cotiledoni, girano le punte, che si guar- 1 Girarp R. Loc. cit. — 159 — davano l’una l’altra, verso il centro ed acquistano così la caratteristica orientazione centrifuga. Di più, nell'ultimo ottavo della lunghezza del- l’asse ipocotile, ciascun fascio y col relativo libro, che omai seguirà sempre le stesse vicende del legno, mostra una divisione fin due fa- sci (fig. 9, dè,d). Nello stesso tempo, ciascun fascio e manda due rami (4, 3), uno a destra e l'altro a sinistra, di guisa che nella sezione tra- sversale (fig. 9) rinvengonsi 14 fasci, divisi in due sistemi: l’uno cotile- donare (quello dei d), l’altro fogliare (l’ultimo considerato). I fasci co- tiledonari sono molto più grossi dei fogliari e si allontanano dal centro per inoltrarsi nella corteccia, deformando così il cilindro centrale che da pressochè circolare diviene schiacciato, quasi ellittico. Usciti dal cilindro i due gruppi cotiledonari, i fasci mediani d' d' si avvicinano l'uno all’altro, finchè finiscono col fondersi presso il punto di distacco dei due cotiledoni (fig. 10, ).), dei quali costituiscono la ner- vatura mediana, laddove i due laterali rimangono isolati e, come tali, entrano nei cotiledoni a formare le due nervature laterali (fio. 7, Ta- vola XXIV). Nel cilindro centrale rimangono quindi i due gruppi fogliari; in questi il fascio e, che deve dare le nervature alla prima foglia sopra- stante (di cui oramai è traccia fogliare), s'ingrossa assai in confronto dei laterali, i quali si moltiplicano in modo speciale e danno origine ai fasci dell’epicotile (fig. 10 ed 11, Tav. XXIII), come vedremo fra poco. Talora si hanno tre cotiledoni; in questo caso si rinvengono tre gruppi di fasci cotiledonari equidistanti, ed il cilindro centrale prende conseguentemente una sezione trasversa di figura triangolare (fig. 5, c, Tav. XXIV). Fra ciascun gruppo trovasi un fascio fogliare (f), che subisce le vicende dei fasci fogliari nei casi normali. Continuando verso il basso, le sei traccie cotiledonari si uniscono a due a due, ed in tal modo formansi tre fasci nella radice. 63. — FUSTO. È noto lo stretto rapporto esistente tra la fillotassi ed il numero e percorso dei fasci libro-legnosi, dimostrato per la prima volta da Le- stibondois ' ed ultimamente anche da Lignier®. Quindi, perchè meglio rimanga chiarito l'andamento dei fasci del Lino, premetterò alcune 0s- servazioni sulla disposizione delle sue foglie. ! Lesrisouposs Ta. Phyliotarie anatomique. Ann. des sc. nat., 3° sér., X. ? Lioniex O. Loc cit. — 160 — Se si esamina un esemplare tipico, dopo i cotiledoni, circa ad 1 mm. di distanza da questi, si trovano due foglioline (1 e 2 in fig. 1, Ta- vola XXIV) perfettamente opposte, verticillate ed orientate per modo che il loro piano comune di simmetria è normale a quello dei cotile- doni (e, e). Segue un internodio relativamente lungo (di circa 25 mm. negli esemplari osservati), a capo del quale s'inseriscono due altre fo- glie (3 e 4) pure perfettamente opposte, ma inserite una più in basso (3) ed una più in alto (4); il loro piano di simmetria, sempre comune, incrocia normalmente quello delle foglie del primo verticillo. Superior- mente al terzo internodio (di lunghezza minore dell’antecedente) tro- vansi altre due foglie (5 e 6) non solo inserite ad una distanza longi- tudinale l’una dall'altra più grande di quella esistente tra le foglie 3 e 4, ma anche non più opposte fra loro. Man mano salendo, le foglie perdono gradatamente il carattere di opposizione e di pari passo i mem- bri delle successive coppie si allontanano dalla disposizione verticil- lata. In tal modo a poco a poco si raggiunge la fillotassi definitiva ti- pica del Lino, corrispondente alla formula */., almeno nella maggior parte dei casi !. La gradazione nel passaggio dalla disposizione opposta decussata alla pentastica diciclica è dimostrata dal seguente specchietto, che si riferisce alla citata figura: Le foglie 1 e 2 fanno tra loro un angolo di 180° Tauuizo ae. Di È 5 180° RIN SUB È 2 167° Peio 8 A ni 148° MIRTO i A 144° eat SENI lo # 144° si le 10 k x 144° 1 Il Van Tieghem (7v. de Bot., 2° Éd., 1889, pag. 305) assegna alla fillotassi del Lino la formula #/.. Ciò è esatto solo in quanto si consideri il fusto in una re- gione già vecchia; ma nelle parti vicine all’apice, e quindi ancora giovani (le sole che sì prestano allo studio del percorso dei fasci primari, per esser prive di forma- zioni secondarie), si ha generalmente la disposizione ?/., quale è data dallo schema della fig. 6, Tav. XXIV. Sembra che coll’ingrossarsi del fusto e col sopravvenire delle formazioni secondarie avvenga in esso una torsione, in modo da ridurre la formula "| a “/s. Noterò inoltre che le piante cresciute in un terreno sterile, magro e poco esposto alla luce, non subiscono questa torsione od almeno la subiscono in grado si piccolo da far rimanere visibilmente costante l'indice */,; il che indicherebbe come i fattori principali della torsione stessa possono essere sovrabbondanza di nutrizione e di radiazione. — pale Risulta quindi che la disposizione */, comincia dalla foglia 9 che fa colla 10* il caratteristico angolo di 144°. Ma se il caso descritto è il più generale e tipico, si hanno tuttavia numerose eccezioni che troppo lungo sarebbe se volessi qui annoverare e di cui citerò solo alcuni esempii. Così ho trovato alcuni esemplari in cui il verticillo della 3% e 4, anzichè incrociare ad angolo retto quello della 1% e 2%, era disposto pressochè Mello stesso piano verti- cale. Talora le foglie del secondo verticillo non erano opposte, ma con- vergevano con un angolo di 125°. Non sempre inoltre si raggiungeva la disposizione definitiva dopo le prime 8 o 10 foglie, ma in qualche caso il passaggio dal tipo opposto si faceva ancora più lentamente, ve- rificandosi per di più non poche altre irregolarità. Aggiungerò a tutto questo l’esistenza, assai rara del resto, di foglie irregolari a doppia ner- vatura mediana (fig. 8, Tav. XXIV), che, come vedremo, turbando la normale distribuzione dei fasci, naturalmente portavan con sè irrego- larità di fillotassi. Vediamo ora la disposizione dei fasci, studiando, per facilitare la esposizione, dapprima l’epicotile superiore, ove le foglie son disposte se- condo il tipo normale, poi l’epicotile inferiore ove avviene il passaggio fillotassico. 1. Epicotile superiore. — Per non essere disturbato da forma- zioni secondarie, le porzioni di fusto che presi in esame ed apparte- nenti a piante mediocremente sviluppate erano terminali e comprende- vano ciascuna 25 o 26 internodi. Le foglie sopra queste estremità erano disposte secondo la formula ?/,, nei primi 4 o 5 internodi generalmente la trasformazione dal tipo oppositifogliato in quinquonciale non era an- cora avvenuta interamente. Lo schema rappresentato dalla fig. 6 (Ta- vola XXIV) mostra la disposizione dei fasci per l'intervallo degli ul- timi 26 internodi, dopo i quali i fasci, ridotti a cordoni procambiali non differenziati, vanno a poco a poco confondendosi nel tessuto meristema- tico terminale. Le figure della Tav. XXV rappresentano le diverse se- zioni trasversali di una serie, cominciando dal basso colla fig. 1. Per brevità ho posto nella tavola solo quelle che corrispondono ai diversi nodi ed omesse quelle comprese negl’internodi. La fig. 1 corrisponde alla base dello schema (fig. 6, Tav. XXIV); vi è lo stesso numero di fasci, colla stessa disposizione ed orientazione; le altre figure corri- spondono sempre rispettivamente ai singoli nodi dello schema, ove un fascio del fusto esce dal cilindro centrale per entrare in una foglia. Prima di proceder oltre, per maggior chiarezza è d’ uopo intendersi sul modo, non arbitrario, con cui viene indicato ciascun fascio. Poichè — 162 — sì ha la disposizione pentastica, il complesso di 5 foglie costituiscono un ciclo; se si conviene di cominciare un ciclo colla prima foglia che esce alla base del pezzo studiato, avremo in tutto questo, fino all’e- stremità, 5 cicli: il 1° l'ho indicato coi numeri 1, 2, 3, 4, 5 (corrispon- denti rispettivamente alle foglie che tal ciclo costituiscono ; il 2° cogli stessi numeri, ma coll’appendice « (1°, 2°, ecc.); il 3° avrà l’appendice b (1°, 2%, ecc.); il 4° ile (162%, ecc!); 5° il 9 evcosì di seguitonpel cicli virtuali !. Così, quando si parlerà del fascio 3°, s'intenderà indi- care quello che appartiene alla 3% foglia del 4° ciclo, ecc. — In forza poi della legge fillotassica che qui vige, avverrà che due o più numeri uguali e con appendice differente dovranno essere sempre sovrapposti; si troveranno, ad esempio, i numeri 2, 2°, 2°, 2°, ecc. tutti sulla stessa verticale, e così i numeri 3, 3%, 3”, 35, ecc. Dalla semplice ispezione dello schema risulta come le traccie fo- gliari sono costituite da un sol cordone, che, solo quando, uscendo dal cilindro centrale, penetra nella corteccia e sul punto d’innervare le fo- glie, si suddivide in tre rami. Ogni traccia Yogliare è lunghissima, potendo percorrere da 19 a 22 internodi (e più in qualche caso); questo numero non è costante del tutto potendo variare a seconda della re- gione considerata ©. Generalmente nella parte più bassa, e quindi meno giovane, il percorso di tali traccie è più lungo che nelle parti più alte. Ogni traccia, che porterà lo stesso numero della foglia da cui di- scende, termina in basso accostandosi al fascio che, alla sua volta, è traccia della foglia 14% scttostante. Una perfetta unione raramente si rende evidente: la traccia fogliare, alla sua entrata dalla corteccia nel cilindro, è assai grossa, anzi più grossa di tutti gli altri fasci che tro- vansi sulla stessa sezione (figure della Tav. XXV), e ciò perchè è in questo punto che ha luogo il completo sviluppo di essa; man mano che discende, si assottiglia, riducendosi infine il legno ad un sol vaso. Or questo vaso, in una parte un po’ giovane, si perde di vista prima che si unisca al suo fascio generatore; esso risulta dalla differenziazione di una cellula del cordone procambiale interposta tra due fasci mag- giori. Per questo fatto, i diversi fasci, almeno i legnosi, essendo privi 1 Chiamo virtuali i cicli non esistenti nel fusto studiato, ma che si sarebbero svi- luppati col crescere dell’apice vegetativo, e dei quali son formate di già le parti infe- riori delle traccie fogliari, ° Analoga incostanza di numero degl’internodi percorsi dalla traccia fogliare rin- venne Niigeli nell’Iberis amara L. ed Jasminum fruticans L., ambedue a traccie fo- gliari unifascicolate. Cfr. NiaeLi C. Beitr. zur wissenschaftl. Botanik. I Heft., pag. 63-64. — Mia di qualunque anastomosi trasversale, costituiscono tanti sistemi indipen- denti, che non si collegano che colla formazione secondaria !. Prendendo a considerare qualunque sezione fisurata nella Tav. XXV, si vedon subito risaltare fra gli altri 5 fasci*, la cui grossezza rela- tiva sta in rapporto inverso dei numeri che essi portano (1, 2, 3, 4,5; 2, 3, 4, 5, 1°; 3, ecc.); è reso quindi manifesto anche in una sola se- zione trasversale l’ordine pentastico, disegnandovisi come proiettati i punti d’inserzione delle foglie di un ciclo. Interposti a questi fasci ve ne sono altri di dimensioni varie e corrispondenti al tratto che ciascuno ha percorso dalla sua origine a questo punto. E inutile dire che son tutti fusci fogliari. Nella sezione, mostrata dalla fig. 1 (Tav. XXV), si trova un piccolo fascio 2°, che è vicino al fascio 1 già uscito dal cilindro centrale; ci si può fare subito un’idea della lunghezza che possono avere le traccie fogliari, giacchè questo 2° è il cordone che innerverà una foglia del 6° ciclo e precisamente la 26*% Dall'esame di questa stessa sezione si può anche rilevare come i fasci devono correre in direzione obliqua nel piano tan- genziale; infatti, quivi troviamo, ad esempio, i fasci 1, 1°, 1°, 1°, 1° ap- partenenti ai 5 cicli e disposti in ordine successivo, mentre, per quello che abbiamo detto, se il percorso non fosse obliquo ma verticale, essi dovrebbero proiettarsi tutti sopra uno stesso punto e quivi coincidere l’uno coll’ altro. L’obliquità quindi che avrà, ad esempio, il fascio 1° sarà in funzione della distanza che lo separa dall’1 a cui deve andare a sovrapporsi, e della lunghezza che si trova ancora ad avere, partendo dalla sezione considerata, fino al suo punto d’uscita. Lo stesso dicasi dei fasci appartenenti ad altre foglie (2, 2°, 2°, 2°, 2%; 3, 3‘, ecc.). Per vedere poi in che rapporto si susseguono i fasci in una se- zione trasversale qualunque, si prenda in considerazione una delle fi- gure della Tav. XXV, ad esempio, la figura 12, ove i due fasci più grossi (traccie delle due foglie consecutive 2", 3") fanno tra loro presso a poco un angolo di 144° e quindi dimostrano una perfetta fillotassi pentastica. La foglia che esce al nodo, di cui la sezione trasversale è rappresentata in questa figura, è la 2%, e la sua traccia, già uscita dal cilindro centrale, è entrata nella base del lembo fogliare ed ivi già di- visa in tre fasci. L'anello vascolare presenta un contorno pentagonale, 1 Ciò corrisponde con quanto avviene nell’asse ipocotile per rispetto alla forma- zione dei fasci e. Tale sconnessione è rarissima. Fra tutte le piante fin ad oggi stu- «liate fu riscontrata recentemente solo nella Melaleuca densa (Lignier O. Loc. cit., pag. 11) e nel Callistemon lineare (Id. Recherches sur V Anatomie comparte des Calycanthées, des Méelastomacées et des Myrtacées. Archiv. Bot. du Nord de la France. Lille, 1887). ? In alcune figure ciò non è riuscito troppo bene indicato. = ig in cui spiecano per la maggior grossezza altri 4 fasci (completanti il ciclo); questi, disposti per ordine di dimensione relativa e, ciò che equi- vale, per ordine di uscita, sono: 3°, 4%, 5", 1° Il punto donde è uscito 2° è separato dal fascio 3% per il lato corto da 8, per il lungo da 12 fasci, le cui dimensioni relative sono varie, ma sempre regolate da una legge costante. Cosicchè, nei casi normali, noi possiamo noverare 22 fasci, almeno in una sezione passante per un nodo. Degli 8 fasci che separano l’u- scente da quello che uscirà nel nodo successivo, il primo, piccolissimo, è i riparatore, derivato poco avanti dal più grosso contiguo; tutti gli altri hanno un rapporto determinato. Per brevità prenderemo in considerazione solo quelli che trovansi dall'altro lato dell’uscente fino alla traccia della 2* foglia superiore (4°). Di questi il 1° (5°), assai piccolo, ha tale uno stadio di sviluppo che deve percorrere ancora 13 internodi prima di raggiungere lo sviluppo completo e quindi entrare nella sua foglia; il 2° (2°) è il più grosso e quindi, più vicino a raggiungere la sua dimensione definitiva, percor- rerà solo altri 5 internodi; il 3° (5°), più piccolo e meno sviluppato, deve rimanere nel fusto ancora per 18 internodi ed infine il 4° (2°), di grossezza media, percorrerà da questo punto in su uno spazio pure intermedio a quello degli altri, ossia 10 internodi. Si noti inoltre che fra 2° e 5°, tre nodi al di sotto, esce un fascio (4°; cfr. schema, fig. 6, Tav. XXIV), di cui il riparatore è appunto 5°. Quello che si verifica per 2°, lo possiamo ripetere per qualunque fascio al suo punto d’uscita nella foglia; questo avrà sempre dal lato della 1* foglia superiore il suo riparatore e dall’ altro lato 4 fasci, com- presi fra se stesso e quello che darà la 2* foglia superiore. I 4 fasci avranno una grossezza che sta in rapporto inverso col tratto che an- cora loro resta da percorrere nell’interno del cilindro, rapporto espresso rispettivamente, rifacendosi dal fascio attiguo all’uscente, coi numeri 13, 5, 18, 10. Tra il cordone che ha ancora da percorrere 18 internodi e quello che ne deve traversare 10 s'inserisce, tre nodi al di sotto, una foglia. Con questi rapporti, una volta conosciuta la formula fillotassica, si può ricostruire tutto lo schema teorico del percorso dei fasci libro-le- gnosi, Il citato schema e le sezioni figurate nella Tav. XXV, che gli si riferiscono, non rispondono sempre precisamente alla regola sopra de- finita e ciò specialmente se si consideri la parte inferiore dello schema stesso. Questo dipende da varie cause: 1% Alla base non si è ancora stabilita la perfetta disposizione pen- tastica, e quindi i fasci devono ancora suddividersi ed accomodarsi con- — 165 — venientemente. (Nello schema, alla base, le linee a tratteggio segnano la posizione che avrebbero dovuto occupare i fasci, qualora fossero di- sposti tipicamente). 2% Alla base ancora, per il maggiore sviluppo in lunghezza delle traccie fogliari, si rende il numero dei fasci della sezione superiore a 22 (sono 24 nella fig. 1; Tav. XXV). 38 Presso l'apice, i fasci più sottili, quali sarebbero ad esempio i riparatori, non essendosi ancora differenziati del tutto, fan sì che il nu- mero totale sia minore di 22. 4% Non essendo assolutamente fisso il punto da cui traggono origine in basso i riparatori anche nella porzione mediana del caule (i quali, pur sempre avvicinandosi alla traccia della foglia sopra determinata, mostrano il loro primo inizio di formazione ora un po’ più in alto, ora un po’ più in basso), avviene che in qualche caso aumenta, in qualche caso diminuisce il numero normale dei fasci anche nelle porzioni più regolari. I fasci corrono tutti più o meno parallelamente tra loro, legger- mente inclinati nel piano tangenziale. Ove incontrano il fascio di cui sono rispettivamente i riparatori, deviano un poco dal loro cammino rettilineo e discendono lateralmente a quello. Come emerge, il percorso dei fasci primari nel fusto del Lino ap- partiene al tipo @ foglie disposte a spira ed a traccie fogliari formate da un sol cordone; però ha caratteri proprii, che lo distinguono da quello delle altre piante finora studiate e comprese in questo tipo costituito da Nîigeli !. 2. Epicotile inferiore. — Quando entrano le traccie cotiledonari nei cotiledoni, nel cilindro centrale rimangono due gruppi di fasci, dia- metralmente opposti ed il cui piano di simmetria è normale a quello dei cotiledoni. Ciascun di questi ha un fascio principale perfettamente opposto al corrispondente dell’altro gruppo; ambedue tali fasci (5,€, fig. 2, Tav. XXIV) entreranno poco dopo rispettivamente nelle due prime foglie (1 e 2, fis. 1), incrocianti ad angolo retto i cotiledoni. Lateralmente a questo fascio principale se ne staccano altri due, uno a destra ed uno a sinistra, ciascun dei quali ben presto si divide in due (fig. 10 e 11, Tav. XXIII), di dimensioni minori, ma pure di grossezza assai rilevante; essi sono accompagnati per lo più da un al- tro fascio più piccolo da essi originato e la cui posizione è assai varia ed incostante * (fig. 2, Tav. XXIV). 1 Loc. cit., pag. 63. ? Questo fascio non vedesi nella fig. 10, Tav. XXIII, perchè questa rappresenta una sezione dell’estremità superiore di un asse ipocotile molto giovane, ove non è com- pleta la differenziazione vascolare. — 166: — Si comprende come per la disposizione asimmetrica di questi pic- coli fasci trovasi già disturbata la simmetria bilaterale del sistema. Entrati i due fasci e nelle prime due foglie, rimangono nel caule 8 fasci maggiori, accompagnati da’ piccoli fascetti non regolarmente svi- luppatisi e varianti in numero e disposizione a seconda dei casi. Tutti questi fasci sì possono immaginare distribuiti (come lo sono realmente nelle prime sezioni inferiori dell’epicotile) in 4 gruppi, come ne è dato un esempio nella fig. 3, Tav. XXIV. Ogni grunpo è com- preso fra l’un cotiledone e l’una foglia del 1° verticillo e quindi rac- chiuso in un arco di circa 90°. Il fatto che in ogni gruppo il numero dei fascetti e ]a loro dispo- sizione non è costante, basta per sè solo, come ho detto, per ispiegare l’incipiente perturbazione della simmetria; ma a questa circostanza si aggiunge l’altra che qualche fascio di un gruppo (e non tutti) può sud- dividersi, contribuendo a rendere ancora più disparato il numero dei fasci contenuti nei singoli gruppi. Avvicinandoci al 2° verticillo si vede sempre più accentuarsi 1’ a- simmetria per la formazione di altri fasci, i quali generalmente si stac- cano presso le traccie delle foglie che rivestono inferiormente l’asse ipocotile, e che quindi si possono già fin d’ora considerare come ripa- ratori. Arrivati al 2° verticillo, i fasci indicati coi numeri 3 e 4, dopo essere notevolmente cresciuti e dopo essersi con un percorso obliquo spostati tangenzialmente in modo da occupare ciascuno il posto di una traccia cotiledonare, entrano rispettivamente nelle foglie 3 e 4, ma non contemporaneamente, ciò che dà ragione del non trovarsi le due foglie del verticillo in quistione inserite nello stesso piano trasversale, men- tre il fatto che i fasci 3 e 4 giacciono su una retta diametrale presso a poco normale (al lor punto d’entràta nelle foglie) a quella che unisce i fasci e, dimostra come avvenga l’ inerociamento. i In tal modo i due gruppi II e III vengono impoveriti di due fasci nonin modo simmetrico, e si può prevedere per conseguenza che, quando usciranno altri due fasci rispettivamente appartenenti a questi due gruppi, essi non potranno necessariamente trovarsi in posizione diame- tralmente opposta, giacchè i gruppi non sono ugualmente costituiti ed i fasci dell’uno e dell’altro non hanno, a due a due, la stessa orienta- zione rispetto all’asse mediano. Continuando le sezioni trasversali al di sopra di questo 2° verti- cillo, si vedono ingrossarsi, a preferenza degli altri, i due fasci 5 e 6, che appartengono rispettivamente ai gruppi I e IV, alternanti con quelli che hanno fornite le traccie fogliari del 2° verticillo. Questi due fasci occupano una posizione tale che, pur rimanendo approssimativamente opposti e quindi alle due estremità d’uno stesso diametro del fusto‘ ing sono attraversati da un piano quasi normale a quello passante per i fasci 3 e 4. Ne vien conseguentemente l’incrociamento ad angolo quasi retto del 2° e 3° verticillo. Come è da prevedersi, il fascio 5 dà le sue tre ramificazioni fogliari assai prima del 6, ciò che serve ad accentuare di più l'alternanza delle foglie. Nell’internodio successivo i caratteri della disposizione opposta de- cussata vanno di mano in mano scomparendo. Infatti ora sono prima il fascio 7 e ad una certa distanza 18 che innervano le due foglie sue- cessive; essi non solo non son più a 180° l’uno dall’altro, ma il piano che unisce i loro punti d'uscita è pure ben lungi dall’ esser normale a quello che unisce i punti d’uscita dei fasci 5 e 6. I fasci 9 e 10 fanno dal lato di convergenza un angolo ancora più piccolo di 180° e l'uno esce molto più presto dell’altro, tantochè d’ora in avanti è impossibile parlare di verticilli. Escono infine gli altri fa- sci nell'ordine corrispondente al numero che li designa, ed in modo tale da dare alle foglie la disposizione pentastica normale. E di ciò pos- siamo persuaderci dando un'occhiata ai numeri portati dai fasci nella figura 4 (Tav. XXIV), che rappresenta una sezione trasversale appar- tenente allo stesso fusto, da cui furon tolte più in basso le sezioni delle ficure 2 e 3. Abbiamo detto che nell’epicotile superiore ogni fascio, al suo punto d'uscita, deve avere dal lato in cui trovasi la-2° foglia a lui superiore, e fra sè stesso e la traccia di questa (così ad esempio, fra il 6 e 1°8), 4 fasci la cui grossezza è in rapporto inverso dei nu- meri 13, 5, 18, 10; naturalmente, essendosi dovuto studiare questo pas- saggio in esemplari molto giovani, che appena appena portavano un ciuffetto di foglie sopra i cotiledoni,-di questi 4 fasci non si può ve- dere che il più grosso, vale a dire quello che uscirà 5 nodi sopra; ed abbiamo infatti il fascio 11 fra il 6 e l’8, il fascio 13 fra 1’8 ed il 10 ecc. Se il tipo descritto è generale, si hanno tuttavia molte variazioni nei particolari, alle quali si aggiungono talora vere eccezioni. Così, per esempio, può avvenire che nel 2° verticillo dell’ epicotile, invece di andare fasci rispettivamente forniti da due gruppi alterni, sono due gruppi contigui che s'incaricano d’innervare la 3% e 4* foglia. Ciò può verificarsi anche per le foglie 5% e 6%. Si presenta anche il caso in cui, anzichè un fascio solo, sono due che entrano in una foglia; questi due, appartenenti rispettivamente a due gruppi contigui, o sono immediatamente l’uno accanto all’altro, oppure sono separati tra loro da cordoni intermediari. E per causa di tale anomalia che s'incontrano foglie del tipo rappresentato dalla figura 8, Tav. XXIV. Non sono rare nemmeno anastomosi di due fasci che vengono a costituirne uno solo. Tutto ciò non fa che render più lento e lungo il graduale passag- gio tra i due tipi fillotassici sopra distinti, ed è in relazione, come ho — 168 — osservato a suo tempo, con quelle irregolarità notate nella disposizione delle foglie alla base dell’epicotile. Di pari passo colle modificazioni della simmetria dei fasci, varia- zioni speciali subisce il contorno del cilindro centrale e quindi pure la sua simmetria. Infatti in tutti i casi ho osservato che al disopra dei cotiledoni esso ha una sezione trasversale simile ad un rombo, di cui due vertici opposti corrispondono ai punti di distacco dei due cotiledoni stessi, gli altri due sono occupati dalle traccie fogliari e del 1° verticillo (fi- sura 2, Tav. XXIV). Man mano che si sale in alto, la figura del rombo si altera, alcuni lati divengon più lunghi per Varricchimento di qualche gruppo vascolare, ed i 4 vertici non si trovano più in perfetta opposi- zione tra loro. Inoltre i lati tendono ad incurvarsi e prender la forma di archi colla convessità volta all’esterno, ciò che dà a tutto il contorno una figura rotondeggiante (quasi ellittica); ma questa dura ben poco, giacchè, corrispondentemente anche colla modificazione del contorno esterno del fusto, il cilindro centrale assume la forma di un pentagono più o meno regolare, o più o meno accentuato (fig. 12 a 17, Tav. XXV), oppure di un triangolo nelle parti giovanissime (fig. 4, Tav. XXIV). E allora che alla simmetria bilaterale si è sostituita la simmetria spi- ralata. $ 4. — APPENDICI FOGLIARI. Sul fusto principale del Lino si osservano solo due sorta di ap- pendici fogliari: i cotiledoni e le foglie. Mancano affatto le stipole e qualunque altra simile espansione. 1. Cotiledoni. S'’inseriscono all’ estremità dell'asse ipocotile e sono abbastanza bene sviluppati, potendo raggiungere una lunghezza di 15 mm. ed una larghezza di 8 mm. Il lembo è carnoso, intero, di forma ellittica, talora con una leggerissima insenatura all’apice; alla base s’istrettisce gradatamente, costituendo una specie di picciuolo. Atteso lo spessore del cotiledone, i fasci, anche principali, non for- mano alcuna costola sporgente, ma tutti sono immersi in un grosso pa- renchima a clorofilla, a palizzata molto lassa ed a tessuto spugnoso di cellule pressochè sferiche. I fasci giacciono in un piano che trovasi im- mediatamente al di sotto del tessuto a palizzata, e sono orientati nel modo ordinario. La figura 7 (lav. XXIV) rappresenta un intero cotiledone in cui, per una metà, son disegnati tutti quanti i fasci nella loro reciproca di- sposizione, per l’altra metà solo i fasci costituenti le maglie principali. Vi si vedono spiccatamente tre fasci principali che percorrono il coti- ledone in tutta o quasi tutta la sua lunghezza. Come dissi a suo tempo, =. i = éssi derivano dai due fasci , y, che trovansi nella metà superiore del- l’asse ipocotile. Si è veduto come ciascun fascio y si divide in due, e sì hanno in tal modo i 4 fasci è, d’,0',ò; i due è' mediani si uniscono e formano un fascio %, che sarà la nervatura mediana del cotiledone, i due è rimangono a formare le nervature laterali. Il fascio % percorre in molti casi tutto il cotiledone e termina sparpagliandosi all'apice in tenui ramuscoli. Gli altri due fasci è, ò, per- corrono dapprima la porzione basale, mantenendosi paralleli tra loro in seguito, ciascuno forma un arco colla convessità volta verso il mar- gine del lembo stesso, al qual margine è presso a poco parallelo. Però in prossimità dell’apice, ambedue i è convergono verso la nervatura mediana, colla quale s'anastomizzano abbassandosi alquanto. Da questi tre fasci principali si staccano numerose ramificazioni di 2° ordine, le quali cominciano ad apparire poco al di sopra del punto d’inserzione del cotiledone. Le ramificazioni presso la base sono più importanti: si vedono infatti le due ramificazioni esterne y dei rami principali d costituire due nervature di 2° ordine, le quali fanno un percorso analogo alle è, occupando lo spazio interposto fra è ed il mar- gine a cui si mantengono pressochè parallele. Fra le ramificazioni prin. cipali e queste due di 2° ordine, si dispongono rami trasversali ana- stomizzantisi con quelle e tra loro stessi e con direzione variabilissima,; in generale alla base del cotiledone sono acropeti e formano angoli piccolissimi col loro fascio generatore, laddove, a misura che si avvi- cinano all'apice, l’angolo di divergenza aumenta fino a divenir quasi retto. Vengonsi in tal modo a formare grandi maglie mediane e peri- feriche. Dalle pareti di queste staccansi ramificazioni di 3° ordine, e da queste, altre di 4° ordine, ecc. dandosi luogo alla formazione di maglie più piccole, poligonali. Dai lati di tutti questi poligoni si staccano ra- muscoli che, dopo un breve percorso, terminano liberamente fra le cel- Inle del parenchima, dopo aver dato talora alcune piccole ramificazioni. Alla periferia pure esistono numerosissime terminazioni libere di ramu- scoli, che sono inserite sopra archi formate dai rami marginali di 2° e 3° ordine e dalle loro ramificazioni. Gli ultimi rami possono essere di 6° 0 7° ordine e sono in numero esiguo alla base del cotiledone, ove pure scarse sono le ramificazioni anche di ordini bassi. Talora avviene che la nervatura principale a circa ‘/, dall’ apice si biforca, ed i due rami, sempre più divergenti, si dirigono verso l’a- pice stesso, finchè ad un certo punto si curvano repentinamente verso i margini e vanno ad anastomizzarsi coi rami delle due nervature late- rali 3. L'angolo formato da queste due ramificazioni viene occupato da fasci che da esse si dipartono. Atti dell'Istituto Botanico di Pavia. Nuova Serie. Vol. IL. 14 SO Grande incostanza si rinviene nel tipo normale per ciò che ri- guarda il punto in cui i dè si anastomizzano col ) mediano; infatti tale anastomosi può non solo avvenire più o meno lungi dall’apice, ma in uno stesso punto pei due fasci od in punti differenti e variamente di- stanti. Rimane però sempre costante la fisonomia generale della nerva- zione appartenente al tipo reticolato * con terminazioni libere all’interno delle maglie ed alla periferia. 2. Foglie. — Si differenziano alquanto lungo il caule per la loro forma esterna. Le inferiori sono in generale piccolette, a forma ellittico- allungata ed attenuata alle due estremità, o lanceolato-lineare, mentre le superiori sono lanceolate, a base allargata e leggermente arrotondate. Le loro dimensioni sono molto varie, potendosi avere un minimo di cirea 12 mm. di lunghezza e 3 mm. di larghezza ed un massimo di 35 mm. di lunghezza ed 8 di larghezza. Sono tutte sessili, carno- sette, ciò che rende le nervature principali poco sporgenti. In un parenchima mediano, costituito da uno o due strati di cel- lule rotondeggianti, si espandono le ramificazioni dei fasci. Tal paren- chima unisce i due tessuti a palizzata, ampiamente lassi, corrispon- denti rispettivamente alle due pagine della foglia, dando così a questa una struttura a tipo centrico (fig. 3, Tav. XXIII). I fasci sono più o meno grossi non solo a seconda dell'ordine di ramificazione a cui ap- partengono, ma anche a seconda delle foglie considerate. Nelle foglie più basse, a sviluppo più debole, anche i fasci principali sono immersi nel parenchima, senza dare alcuna sporgenza al di fuori, o tutto al più appena disegnandola. Nelle foglie superiori, più sviluppate, le nervature principali formano piccole costole, venendosi anche a modificare legger- mente in corrispondenza il tessuto mesofillico. Mancando il picciuolo, la traccia fogliare ad un sol cordone, uscendo dal cilindro centrale del fusto, dopo essersi divisa in tre fasci princi- pali, penetra subito nel lembo della foglia. Il percorso dei tre fasci at- traverso la corteccia è piccolissimo, giacchè si compie quasi orizzon- talmente. Entrati nella lamina fogliare, tanto il mediano che i laterali si di- rigono verso l'apice, il primo mantenendosi presso a poco rettilineo, i secondi un po’ divergendo; questi finiscono col riunirsi col mediano poco al di sotto dell’apice stesso. Da questi tre rami principali si dipartono rami di 2° ordine, po- chissimo divergenti alla base della foglia ed acropeti, normali alla nerva- ! Dr Bary. Loc. cit., pag. 815. “- tura mediana ed anzi talora in direzione basipeta nel rimanente lembo. Le ramificazioni acropete alla base hanno una direzione quasi parallela a quella dei fasci principali, e vengono a costituire tante altre nerva- ture longitudinali. Il loro numero non è fisso, ma varia colla grandezza delle foglie ed anche nelle due metà di una foglia stessa. Pur tuttavia son sempre costanti due fasci che rasentano i margini; le loro ramifi. cazioni (di 3° ordine) formano archi, racchiudenti maglie marginali; alla periferia si staccano ramuscoli (di 5° o di 6° ordine) a terminazione libera. All’ interno, qualunque sia il numero dei fasci longitudinali di 2° ordine, formasi un reticolo di maglie, dai lati delle quali staccansi corti ramuscoli a terminazione libera di 5°-6° ordine. Risulta dunque per le foglie lo stesso tipo di nervazione osservata pei cotiledoni. La simmetria bilaterale può venir turbata per lo sviluppo ineguale dei fasci di 2° ordine basali. Cosi, ad esempio, nella fig. 9 (Tav. XXIV) la metà sinistra della foglia è più allargata della destra, e ciò perchè nella prima si hanno due di tali fasci, che mancano nella seconda *. Non raramente è dato riscontrare foglie a 4 fasci principali, ciò che produce un maggior allargamento del lembo (fig. 8, Tav. XXIV). Questa anomalia si spiega facilmente facendo sezioni trasversali poco al di sotto del nodo, ove una di tali foglie s'inserisce. Anzichè trovare per essa una traccia ad un sol fascio, se ne hanno due più o meno av- vicinate tra loro, come abbiamo visto a suo tempo. All’uscire dal ci- lindro centrale ciascuna di esse dividesi in due, dando così i 4 fasci principali, cui sono interposti fasci longitudinali di 2° ordine, che si distribuiscono nel modo già indicato per le foglie normali, come se si trattasse di due foglie insieme connate. Riepilogando, il sistema fascicolare negli organi studiati, procedendo basipetalmente, può esser definito come segue: Le foglie hanno nervazione a tipo reticolato; portano tre nerva- ture principali che si uniscono alla loro entrata nel cilindro centrale per dar luogo alle traccie fogliari. Queste discendono nel fusto paral- lelamente tra loro, e spesso non si uniscono ad altra traccia, formando in tal modo tanti sistemi fogliari affatto indipendenti. La lunghezza delle traccie (che percorrono 22 e più internodi) e la disposizione quinquon- ! La foglia disegnata apparteneva alla parte inferiore del fusto, e quindi, come poco sviluppata, non presentava quel numero rilevante di fasci longitudinali di 2° or- dine, che si osserva superiormente. — 172 — ciale delle foglie nella parte superiore dell’epicotile fanno si che in una sezione trasversale si abbiano numerosi fasci (22 e talora di più) e disposti in tal modo che ogni fascio al suo punto d'uscita ha sempre regolarmente, dal lato più vicino alla prima foglia soprastante, il suo riparatore, e dall'altro lato, quattro fasci compresi fra sè stesso e la traccia della seconda foglia superiore; questi quattro fasci hanno una grossezza che sta in rapporto inverso col tratto che ancora loro resta da percorrere, verso la rispettiva foglia, nell'interno del cilindro cen- trale, rapporto espresso rispettivamente, rifacendoci dal fascio attiguo all’uscente, coi numeri 13, 5, 18, 10, essendo 13, 5, 18, 10 gl’internodi che ciascuno rispettivamente deve ancora percorrere prima di entrare, nella foglia cui appartiene. Nella regione inferiore dell’epicotile varia tal legge, dovendosi i fasci adattare alla simmetria delle foglie che passano al tipo opposto decussato. Tutta la parte xilematica del sistema dei fasci fogliari termina nell’asse ipocotile liberamente, senza unirsi alle traccie cotiledonari. I cotiledoni, infine, pure con nervazione reticolata, hanno tre ner- vature principali che, alla base del piccinolo cotiledonare, si riducono a quattro fasci per lo sdoppiamento del fascio mediano. Questi quattro fasci sì anastomizzano a due a due, e dànno luogo a due cordoni va- scolari, che dopo un breve percorso nell’ipocotile si uniscono fra loro, e formano uno dei fasci della radice, che è quindi a tipo binario. Dall’Istituto Botanico dell’Università di Pavia, ottobre 1890. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tavora XXIII. Fig. 1. Sezione trasversale di asse ipocotile a circa metà altezza, nel punto ove comin- cia ad apparire la parte xilematica di una traccia fogliare (e) come un semplice vaso legnoso. 8 = traccia cotiledonare, corrispondente a {8 della fig. 7. 25. = libro. Ing. 545 diam. » 2. Sezione tangenziale di radice principale e trasversale di radice secondaria ano- mala. ct.p = corteccia della radice principale. et. s = corteccia della radice secondaria. d, a, b'a' = fasci legnosi. Ing. 67 d. »s 3. Sezione trasversale di foglia bene sviluppata. f = fascio libro-legnoso. pg. sup. = pagina superiore. py. 2f. = pagina inferiore. st = stoma. Ing. 245 d. » 4. Sezione trasversale di radice principale in una regione ancora giovane. ed = endoderma. m 7» = strato rizogeno. 77 = legno. Zb = libro. co == tessuto congiuntivo. Ing. 405 d. 5, 6,7,8,9, 10. Sezioni trasversali d’ipocotile disposte in serie e corrispondenti per le lettere allo schema della fig. 11. Sono rappresentati solo i ci- lindri centrali. Ing. 67 d. 11. Schema del percorso dei fasci nell’asse ipocotile. Per la spiegazione delle let- tere, vedi il testo. Tavora XXIV. Fig. 1. Diagramma per la disposizione delle foglie nella regione inferiore dell’epicotile. » 2. Sezione trasversale di asse ipocolile nel punto d’inserzione dei cotiledoni. (Da una pianticella più sviluppata di quella, di cui sono figurate alcune sezioni trasversali — fig. 5-10 — nella Tav. XXIII). Ing. 30 d. » 3. Sezione trasversale di epicotile dopo il distacco delle foglie del 1° verticillo. Ing. 30 d. » 4 Sezione trasversale di epicotile dopo il distacco della 5* foglia. Ing. 30 d. »s 5. Sezione trasversale d’ipocotile anomalo con tre cotiledoni. c = traccia cotile- donare. f= traccia fogliare. Ing. 59 d. 6. Schema del percorso dei fasci nella regione superiore dell’epicotile, ove la fil- lotassi ha la formola ?/;. + 7. Cotiledone per nervature. Solo la metà destra è completa. Ing. 6 d. 8. Una foglia anomala a 4 nervature principali. Delle cinque parti in cui il lembo è da quelle diviso, solo la mediana è completa. Ing. 6 d. » 9. Una foglia del 2° verticillo, per nervature. Completa solo la metà sinistra Ing. 6 d. Tavora XXV. Fig. 1-20. Sezioni trasversali di epicotile, disposte in serie e corrispondenti per le in- dicazioni allo schema della fig. 6, Tav. XXIV. Ing. 18 d, Mb vu Ì ipvtli, dfn £3: din sped wi Hip@; I TTT ; n NI] ila eraglàlo ii TAI dd blood orient po 1 VIP i Bar 0 VAI haber foi riliom Sua Dda Ri i (4) di DI e as sai, d tI) a DI] Dan TESS DON PRA) ri; aree dr f Leni die © dj (SBN bra Wo VIITTATTT ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) MUSCHI PRONVIUIEINETA<+» DIP Ave (CERZA CENTURIA) PER RODOLFO FARNETI Nelle ricerche sopra la Briologia dell'Agro Pavese venni racco- gliendo materiale e dati, per vedere quali e di che natura fossero le variazioni di certe specie a seconda delle modificazioni dell’ ambiente. Quantunque non abbia potuto fino ad ora estendere le mie indagini sopra tutto il territorio della provincia e benchè il materiale non sia del tutto completo, pure non credo privo d’interesse il pubblicare sin d’ora aleune osservazioni in proposito. Molte volte, a parer mio, il nome di genere, di specie e di varietà non ha, nei muschi, il valore sistematico che gli si attribuisce nelle fanerogame; generalmente è meno comprensivo e, più spesso ancora, basato sopra caratteri il cui valore morfologico è molto discutibile. Ciò non di meno io credo che un considerevole raggruppamento delle forme specifiche e generiche nello stato attuale della Briologia, nuocerebbe anzichè giovare alla scienza e non contribuirebbe a migliorare la co- noscenza delle piante di questa classe, nè a facilitarne lo studio. È solo da una minuziosa analisi, basata sopra scrupolose osservazioni e in rapporto alle condizioni speciali dell'ambiente, che si può giungere a conoscere quali affinità e gradi di parentela uniscono fra di loro le forme di una medesima specie e le specie di un medesimo genere. Quando poi in questo sminuzzamento non si perde di vista lo stipite principale, ma si cerca di ricondurvi le forme secondarie in ordine al Archiv. Critt 15 — 176 — loro valore sistematico e al loro grado di parentela, si contribuisce sempre all’avanzamento di questa branca della botanica. In base a questi criteri, io qui descrivo alcune forme nuove, non comprese nelle diagnosi degli autori. Tali sono: Il Pogonatum Brio- sianum, la Bartramia pomiformis var. dicraniformis, il Mnium rostratun var. integrifoliun, la Barbula squarrosa var. mitida, la B. unguiculata var. nitido-costata, la B. unguiculata var. breviseta, la B. subulata var. mucronata, la B. ruraliformis var. gigantea, la Weisia viridula var. niti- difolia, Vl Eucladium verticillatum var. penicilliforme, V Eucladium verticil- latum var. inundatum, e qualche altra di minore importanza. In questa nuova centuria di muschi della provincia di Pavia ho inserito soltanto specie e varietà appartenenti alla serie delle Acro- carpe, alcune delle quali, come la Weisia mucronata e la Barbula latifo- lia, sono anche interessanti, perchè rarissime in Italia. Gli esemplari ai quali si riferisce questo studio sono depositati presso l’Istituto Botanico di questa Università. Ho continuato ad indicare con S. Po e D. Po, come nella prece- dente centuria, la sinistra e la destra del Po, ossia il versante delle Alpi e quello degli Appennini. Pavia, dall'Istituto Botanico, ottobre 1891. RopoLro FARNETI. BRYINAE. Series I ACROCARPAE Ordo I. CLEISTOCARPAE. Tribus I. PHYSCOMITRIOIDEAE. Fam. I. Ephemereae. 1. Ephemerum serratum, (Schreb.) Hampe in Flora (1837) p. 285. S. Po. — Dintorni di Pavia; alla Sora in terreno sabbioso, siliceo, a circa 90” sul mare, esp. Nord. Boschi del Ticino. In frutto, marzo 1890. Tribus II. POTTIOIDEAE. Fam. II. Phasceae. 2. Phascum piliferum, Schreb. De Phasco p. 8 t. 1. (1770). Phascum cuspidatum © piliferum, Hook. et Tayl. Mus. Brit. p. 8 t. 5. (1818). Nei dintorni di Pavia si possono distinguere tre forme principali di questa specie. La prima (2) è frequente e caratteristica dei luoghi aprico-sabbiosi; la seconda (8) dei luoghi ombroso-sabbiosi, non costan- temente umidi; e la terza (3) dei luoghi costantemente umido-acqui- trinosi, scoperti. Forma z. — Fusticino breve, bifido o trifido, foglie superiori conniventi in una gemma bulbiforme, verde-giallastra, alta 1 !/, mm. e grossa 1 mm. Le foglie sono piccole, terminate in un cuspide giallo- verdastro, colla parte superiore del lembo fortemente papillata in ambo le pagini. La rete cellulare della foglia, nella regione superiore, .è quasi regolare, clorofillosa, composta di cellule brevemente rettangolari-o qua- drate, ad angoli un poco smussati o rotondati, col lato maggiore parallelo o perpendicolare alla nervatura, che misurano 11-11,5 x 15-15, 5p. ZI Le cellule della regione inferiore della foglia sono rettangolari o pen- tagonali allungate; alcune misurano 22 - 22 */, x 66, 5 u, ma ordina- riamente sono più brevi e più strette. La seta è breve, sigmoidea, lunga da 300 a 400 p. Le spore sono echinulate e misurano da 15, 5 a 20 pv. S. Po. — Terrapieni del Campo di Marte in terreno siliceo-sab- bioso, aprico, a circa 80.° In frutto febbraio 1888. Brughiere di Torre d'Isola e di altre località lungo il Ticino tra Pavia e Bereguardo, a circa 90 m. sul mare in terreno siliceo-sabbio- so, aprico. In frutto, gennaio e febbraio 1889. Forma 8. — Fusticino breve, semplice; foglie superiori embricate, convergenti, carenate, acuminate e terminate in un cuspide giallo-ver- dastro. La parte superiore del lembo è papillosa in ambo le pagini, formata di una rete cellulare, composta di cellule poligonali, quasi re- golari o alquanto allungate in senso parallelo alla nervatura, che mi- surano 13 —- 13, 5 x 17,5 p. Le cellule della regione inferiore del lembo sono grandi, rettangolari o poligonali allungate, di 15 - 20 x 60 — 90 u. La capsula è immersa. La seta, lunga da !/, ad 1 mm., è curvata ad S. Le spore sono echinate, di 22 a 27 p. S. Po. — Boschi alla sinistra del Ticino, in terreno siliceo, sab- bioso, ombreggiato, ma non costantemente umido, a 75.% In frutto gennaio 1888. Forma ò. — Sessile o quasi, semplicissima, con 5 a 6 foglie guai- nanti in una gemma triquetra, chiusa, ovoidale, di colore ocraceo-ter- rognolo, di 3, 2 mm. d'altezza per 1 '/, a 2 mm. di grossezza. Ha le foglie grandi, ovali, concave, naviculari, gibboso-carenate, di 3 !/, mm. di lunghezza per 2 mm. di larghezza, terminate.in un cuspide breve, robusto, semicontorto, convergente, giallo-brunastro. La regione supe- riore del lembo è pochissimo clorofillosa, poco o indistintamente papil- lata, a rete cellulare irregolare e composta di cellule grandi, poligonali irregolarmente allungate in senso diagonale o parallelo alla nervatura, di 13 — 18 x 18. - 27 p. Le cellule della regione inferiore sono rettangolari, trapezoidali o poligonali allungatissime, a pareti sottili. Misurano da 77 — 134 x 15 — 32 p ed alcune sono strette e lun- ghissime, mentre altre sono larghe e relativamente brevi. La capsula è grossa, globosa, di 854 — 854,5 x 1,084 mm. Il pedicello è sigmoi- deo, brevissimo, di 183,7 . di lunghezza! per 110,22 p. di grossezza. La vaginula è bulbiforme, alta 248 p, larga 239 gw. Le spore sono verru- cose, variabili da 33 a 38 y. di diametro. — 179 — S. Po. — Pavia lungo i canali irrigatori in posizioni soleggiate, ma continuamente umide; terreno siliceo, sabbioso a 78" circa. — In frutto, marzo 1890. San Colombano, in terreno siliceo sabbioso, costan- temente umido. In frutto, marzo 188S. Tribus IV. BRUCHIACEAE. Fam. I. Archidieae. 3. Archidium alternifolium, (Discks.) Schimp. Syn. 1° ed. p. 28. Archidium phascoides, Bridel. Br. univ. p. T47. S. Po. — Lungo il Ticino in luogo fresco e sabbioso; Torre d'Isola. In frutto, marzo 1889. Ordo I. STEGOCARPAE. Tribus I. WEISIACEAE. Fam. I. Weisieae. 4. Hymenostomum microstomum £ obliquum, (N. et B.) Hiben. — Musc. germ. p. 67 (1833). S. Po. — Pavia presso l'Orto Agrario, in terreno sabbioso siliceo. In frutto, marzo 1888. San Colombano in terreno siliceo sabbioso. In frutto, marzo 1888. 5. Gymnostomum rupestre, Schleich. Cat. p. 29 (1807). D. Po. — In val di Trebbia, presso Rovegno in luoghi rupestri e umidi, con capsule quasi mature ed altre vecchie, giugno 1889. 6. Gymnostomum rupestre f ramosissimum, Bryol. eur. I. mon. HOwro: Y j D. Po. — Val di Trebbia, oltre Rovegno, a 600”, in luogo inon- dato da stillicidio, sui fianchi ombreggiati di una cascatella. Sterile giugno, 1889. Aol: — 180 — 7. Gymnostomum rupestro y stelligerum, Br. eur. I. mon. 7 t. 6. D. Po. — Val di Trebbia, a 600", in luoghi sassosi e rupestri, non bagnati da stillicidio, ma ombreggiati e freschi; fra Rovegno e Monte Bruno a 615". Sterile e con capsule vecchie, giugno 1889. 8. Gymnostomum rupestre è compactum, Br. eur. vol. I. mon. p. 7 t.. 6. D. Po. — In val di Trebbia, fra Rovegno e Monte Bruno, in luogo acquitrinoso, soleggiato. Sterile e con capsule vecchie, giugno 1889. 9. Eueladium verticillatum, (L.) Br. eur. I. mon. 3 t. 1. D. Po. — Comune nell’ alto Appennino pavese, tanto in val di Staffora come in val di Trebbia. 10. Fueladium verticillatum f angustifolium, Jur. — Lanamsf. v. 0e- sterr. Ung. (1882) p. 17. D. Po. — Alle falde del Monte Boglelio sopra Castellazzo, a 950", in luogo acquitrinoso, ombreggiato; esp. N. N. O. In frutto, luglio 1888. Alle falde del Monte Lesima, sopra San Bonetto, a 1060”, in terreno acquitrinoso, calcareo, scoperto e soleggiato. In frutto, luglio 1888. Nell’Appennino pavese ho osservato anche le seguenti forme, che per il colore e la configurazione della foglia si potrebbero riannodare alla varietà precedente. 11. Eucladium verticillatum è penicilliforme, nob. Cespuglio condensato in zolla compatta, incrostata, di colore verde, olivastro o verde-brunastro. Pianticelle verticillato-ramose all'apice, con rametti brevi, riuniti all’estremità delle ramificazioni primarie a guisa di pennello. Le foglie sono ammucchiate, lanceolato-attenuate o lanceo- lato-subulate. Ho trovato costantemente questa forma nelle anfrattuosità e nelle nicchie delle rupi o del terreno riparate dal sole, dove vegetava, colla parte fuori terra, completamente e costantemente all’asciutto. D. Po. — Alle falde del Monte Lesima sopra San Bonetto, a 1060", esps. S. S. O. Sterile, luglio 1888. 12. Eucladium verticillatum y inundatum, nob. — 181 — Pianticelle lunghissime, da 8 a 10 cem., poco ramose. Rami denu- dati, grossi da 90 a 150 vu. Forma e colore delle foglie come nella varietà precedente. Rete jalina basilare che si spinge fin oltre la metà del lembo, ed è composta di cellule ordinariamente più grandi e a pareti più sottili. D. Po. — Alle falde del Monte Lesima, a 1100"; Val di Staffora in luoghi costantemente inondati e scoperti. Sterile, luglio 1888. 13. Weisia viridula (L.) Hedw. £ stenocarpa, Br. ger. ì S. Po. — Cava Carbonara, in terreno sabbioso siliceo. In frutto, marzo 1888. Sotto Bereguardo nelle ghiaie del Ticino, in terreno sabbioso, si- liceo. In frutto, febbraio 1889. Le foglie variano per essere più o meno mucronate e più o meno rivoltate al margine- L'infiorescenza è monoica. La capsula è stretta, quasi cilindrica, lievemente striata. Il peristoma varia moltissimo an- che nelle diverse capsule del medesimo cespuglietto. Alle volte è bene sviluppato, di colore granuloso, ferruginoso; ma altre volte invece è poco sviluppato (22 — 44,5 v d’altezza), pallido-trasparente e liscio. Le spore variano da 14 a 18 v, ma non oltrepassano questo limite. La forma seguente mi sembra abbastanza notevole e degna di es- sere distinta con un nome. 14. Weisia viridula (L.) © stenocarpa form. ticinensis, nob. Cespugli giallastri alla superficie, molto estesi. Infiorescenza mo- noica. Capsula eretta, grande, a parete sottilissima, quasi trasparente dopo la sporosi, striata o quasi crespa allo stato secco ed anche prima, di colore giallo-stramineo, ocraceo o pallido ferrugginoso, coll’ orificio rosso. Peristoma bene sviluppato, denti lunghi circa 122 v e larghi alla base 38 w. La seta è lunga da 9 a 11 mm., d’un bel giallo stramineo. S. Po. — Nelle ghiaie del Ticino sotto Bereguardo, in terreno sabbioso, siliceo. — In frutto, febbraio 1889. 15. Weisia viridula var. nitidifolia, nob. (T. 26, fig. 14 e 15). Cespuglietti densi, d'un bel verde, d'aspetto caratteristico per l’effetto che produce la nervatura bianchiccia la quale spicca brillantemente sul verde cupo della foglia. Infiorescenza monoica. Gli anteridii sono ellissoi- dei, e misurano da 155 a 178 y. per 77,7 a 88,8 1. Parafisi 220 - 290 x 11 — 17,5 v. Foglie perigoniali lunghe in media 555 e larghe 311 w, ovato- acuminate, concave, piane al margine, formate di cellule tutte rettango- Mep lari; munite di una robusta nervatura, di circa 22 p. di grossezza, la quale le sorpassa prolungandosi in un robusto mucrone. La rete basilare (Tav. XXVI, fig. 14) è composta di cellule brevemente rettangolari o rom- biche, ed è fornita di alcune cellule auriculari, facilmente scindibili, sferiche, di color giallo. Il pedicello è di color bruno-ocraceo, lungo da 2a 4 mm. La capsula è alta da 0,6 ad 1 mm. e larga da 0,25 a 0,45 mm. L'’opercolo è conico, a becco fino, obliquo, lungo circa !/, mm. I denti del peristoma sono pallidi, lanceolato-lineari, leggermente papillosi, lar- ghi circa 12 p e sporgenti dalla capsula di 100 a 120 v. D. Po. — Alta valle della Trebbia, fra Rovegno e Montebruno a 615", sopra le rupi ombreggiate e fresche. In frutto, giugno 1889. 16. Weisia mucronata, (Hedw.) Br. eur. v. 1. t. 23. Questa specie è la prima volta che viene segnalata nell’alta Italia. Si conosceva del Monte Pisano in Toscana e dell'Istria. È facilmente distinguibile dalla Weisia viridula per le foglie perfettamente piane ai margini e per le sue spore, che misurano anche nelle capsule non per- fettamente mature, dai 20 ai 26 . Ho confrontato i miei esemplari col N..607 dell’ exsiccata del Rhabenhorst * e vi corrispondono perfetta- mente. Il Limpricht, in Kyypt. Flora p. 259, dice spettarvi anche il N. 355 degli stessi essiccati; ma gli esemplari che portano questo nu- mero, nella nostra copia, appartengono in realtà alla Weisia viridula Hedw. © sfenocarpa Br. Ger.; giacchè le foglie non sono piane al mar- gine ma più o meno rivoltate, e le spore misurano da 17,5 a 18 p. senza oltrepassare questo limite. 17. Dicranoweisia crispula, (Hedw.) Lindb. in Ofvers. k. vet akad. forh. D. Po. — Monte Oramala, a 1470", fra la Trebbia e l’Aveto, so- pra le serpentine. In frutto, giugno 1890. Fam. II. Dicraneze. 18. Dichodontium pellucidnm, (L.) Schimp. Br. eur. Cor. 12. Dicranum pellucidum, Hedw. Sp. Muse. p. 142. S. Po. — Dintorni di Pavia nei boschi del Ticino, in terreno sab- bioso siliceo. In frutto, febbraio 1890. 1 Bryotheca europea. —Rlis3= D. Po. — Alta valle della Trebbia, presso Rovegno, a 600%, in luoghi sassosi e rupestri, in terreno prevalentemente siliceo, ombreggiato ed umido. Sterile, giugno 1889. 19. Dicranella varia (Hedw.) Schimp. var. callistomum, (Dicks.) Br. eur. Bryum callistomum, Dicks. fasc. III p. 5 t. 7. (1793.) Dicranum callistomum, Turn. Muse. hib. p. 63. Le capsule ordinariamente sono obovate, erette a lungo peristoma; ma non è raro osservarne di quelle che fanno passaggio alla forma ti- pica. Le foglie sono brevi e poco acuminate, a rete cellulare molto lassa. S. Po. — Dintorni di Pavia, presso l’ Orto Agrario nel margine, lambito dalle acque, del canale d’irrigazione che fiancheggia la strada. 20. Dicranella heteromalla (Dill) Schimp. var. interrupta, (Hedw.) Br. eur. Vol. I. t. 15. Dicranum interruptum, Hedw. Sp. Mus. Dicranum caducum, Brid. Bryol. univer. I. p. 425. D. Po. — Monti di Bobbio e di Varzi. Nell’alto Appennino pavese si possono distinguere le seguenti forme: Forma z. — Cespugli decombenti, di color verde-bruno-olivaceo alla superficie e bruno fuligginoso internamente; alti da 4 a 5 cm. Fo- glie flessuose appressate allo stato secco; le superiori erette, flessuose, un poco attorcigliate fra loro in punta setacea. All’ umidità sono pa- tenti, flessuose un poco omotrope. La rete cellulare della foglia è com- posta di cellule piccole a pareti ispessite. Le cellule del terzo infe- riore del lembo sono brevemente rettangolari (:: 1 !/, :3) e fanno pas- saggio alla forma quadrata appressandosi al margine, e alla forma allungata e sinuosa avvicinandosi alla nervatura. Le cellule dei due terzi superiori del lembo variano tra la forma fusoide, alquanto sigmo- idea o rombica, alla forma rombica od ellittica. D. Po. — Monte Lesima, a 1720", e Piano dei Moroni, a 1500", nelle rupi bagnate da stillicidio periodico, prodotto dallo squagliarsi delle nevi sovrastanti, esp. E. S.E. Sterile, luglio 1888. - Forma f. — Cespugli risorgenti, densi, alti da 4 a 7 cm., con rami gracili allungati, setacei, di color verde pallido, giallastro o bru- = Wig4s nastro. Foglie lungamente e finamente acuminato-subulate, lunghe da 5a 6 mm; e larghe alla base fino a ?/, di mm. Esse sono erette alla secchezza e flessuose, appressate; le superiori semiattorcigliate in una gemma filiforme setacea. Le cellule sono più irregolari di quelle della forma precedente, ma a pareti egualmente ispessite. Quelle del quinto inferiore sono un poco più allungate ed in parte trapezoidali o allun- gato-irregolari. Le cellule del quinto successivo sono più caratteristiche, essendo allungato-lineari, più o meno sinuose od angolose e misurando da 70 a 80 v in lunghezza per 3 a 7 p. in larghezza. Queste cellule si abbreviano di mano in mano che si avvicinano alla parte superiore della foglia, dove prendono la forma ellittica allungata. D. Po. — Monte Lesima, a 1720”, in luogo aprico nei cespugli di mirtillo e di ginepro; esp. N.N.E. Sterile, luglio 1888. Forma è. — Cespugli densi, a rami allungatissimi ed esili, da 8 a 10 cm., esternamente di colore verde-giallastro, internamente bruno- olivastro. Foglie lunghe da 4 a 5 cm., meno lungamente acuminato- subulate, rade; le superiori, allo stato secco, seno erette un poco fles- suose e semi-attorcigliate in gemma filiforme setacea. Tutte le cellule sono a pareti sottili; quelle del terzo inferiore sono jaline e per la forma e la grandezza rassomigliano a quelle della forma ; quelle del 2° terzo sono brevemente trapezoidali e misurano da 8 a 9 p in lun- ghezza, per 20 a 26 in larghezza e vanno degradando, verso la parte superiore, in cellule romboidali, quadrate o quasi trapezoidali, di circa 7 ad 8 p. d'ampiezza. D. Po. — Sotto il Monte Lesima alla fontana Gaggina, a 1300", in luogo inondato. Forma y. — Cespuglietti densi, di color bruno-fuùligginoso, inter - namente e superiormente di color nero-bruno. Pianticelle robuste e brevi, alte da !/, ad 1 cm. Foglie rigide, patenti od erette allo stato secco. Rete cellulare del terzo inferiore della foglia, composta di cellule ver- miculari o semitrapezoidali, anguste o sinuate, rombiche o quadrate, tutte a pareti fortemente ispessite. Queste cellule vanno gradatamente restringendosi ed allungandosi obbliquamente verso la parte superiore del lembo, ed allargandosi verso la base del medesimo e specialmente verso la regione auriculare, che però non è nettamente distinta. D. Po. — Monte Lesima a 1720", nei cigli degli scoscendimenti sassosi e rupestri, in terreno calcareo. scoperto e molto soleggiato. = Most 21. Dicranella heteromalla, (Dill.) Schimp. var. sericea (Schimp.) Miller in Verh. bot. Ver. Brand. VIII p. 65. Dicranodetium sericeum, Schimp. Br. eur. Suppl. I. II. t. 2. S. Po. — San Colombano, in terreno argilloso, sopra una carbo- naia. Sterile, marzo 1888. 22. Dicranum Biyttii, Schimp. Br. eur. p. 26. t. 16. D. Po. — Monte Lesima, a 1727%, in luoghi scoperti e gramignosi. Vi forma cespuglietti compatti, di color verde-olivaceo o verde- bruno alla superficie e nero internamente; composti di pianticelle erette od ascendenti. Le foglie sono eretto-patenti, non omotrope, bru- nastre, lanceolato-lineari, subulate, intere o con qualche breve dente all'estremità. Le cellule variano nelle loro dimensioni: quelle della re- gione inferiore del lembo, ordinariamente, sono da 4 a 7 volte più lunghe che larghe; ma alle volte sono anche più brevi. Esse hanno le pareti ispessite, ciò che distingue gli esemplari del Monte Lesima da quelli degli essiccati del Rabenhorst. La rete auriculare, in alcune foglie, è ben distinta, composta di cellule quadrate o brevemente rettangolari, lunghe da 11 a 16 y, ma colla lunghezza raramente doppia della larghezza; mentre le altre cellule sono più strette e tre o quattro volte più lunghe. In alcuni casi però la rete auriculare è poco distinta, essendo tutte le cellule della parte inferiore della foglia brevemente rettangolari o quasi quadrate, e facendosi sempre più grandi e regolari di mano in mano che si approssimano alla regione auricolare. Ciò si verifica, non solo in foglioline appartenenti a rami diversi della stessa piantina, ma anche in quelle dello stesso ramo, a seconda che si tratta di foglie inferiori o superiori. La nervatura misura, alla base della foglia, da 66 a 110 di diametro. i La grossezza della nervatura non mi sembra un carattere di molta importanza, per distinguere fra di loro il D. B?ytti dal D. Starkei Web., giacchè, negli esemplari da me osservati delle due specie, l'ho trovata variabilissima. Ho creduto di dover riferire gli esemplari del Monte Lesima al Dicranun Blyttii, Br. piuttosto che al D. Starkei, Web. et Mohr, di- videndo però l’opinione di Boulay nel ritenerli come due forme della Stessa specie. 23. Dicranum Mihlenbeckii, Br. eur. Vol. 1. t. 30. D. Po. — Monte Boglelio, a 1490", nei greppi rocciosi. Sterile, lu- glio 1889. — 186 — 24. Dicranum scoparium, Hedw. var. vulgare Bou]. for. brevis Boul. D. Po. — Ottone, a 500", nei castagneti. Monte Dego, a 1407". Sterile, giugno 1890. 25. Dicranum seoparium var. vulgare, Boul. for. recurvata, (Schimp.) Boul. Musc. de la Fran. S. Po. — Torre d'Isola. In frutto febbraio 1889. 26. Dicranum seoparium var. vulgare, Boul. for. curvala, (Br. eur.) Boul. Musc. de la Fran. D. Po. — Monte Dego, a 1407". 27. Dicranum Bonjeani, De Not. Syll. Dicranum palustre Br. eur. Vol. 1. t. 31. D. Po. — Monte Lesima, a 1727”. In frutto, luglio 1888. 28. Dicranum Bonjeani, De Not. var. polyeladum? Br. eur. Al Monte Lesima in luogo aprico ma in un avvallamento del suolo, dove le acque ristagnano a lungo per lo squagliarsi delle nevi, ho rac- colto una forma .di Dicranum che per alcuni caratteri partecipa ad un tempo del D. Bonjeani, del D. undulatum Ehrh. e del. D. scoparium Hedw. Eccone i caratteri: :Pianticelle robuste, alte da 3 a 5 cem. ri- sorgenti, semplici o biforcate, spesso strettamente affastellate a due, a tre od a quattro e completamente involte in un denso feltro tomentoso di color bruno-rugginoso, talchè ogni fastello ha l'aspetto di una grossa ed unica pianta, che superiormente si ramifichi. Formano però dei ce- spugli che nell'insieme sono poco coerenti e d'un color bruno-verdastro. Dall apice del caule sorgono frequentemente dei rametti sottili, flagelliformi, ricoperti di piccole squame, i quali possono raggiungere anche la lunghezza di due centimetri. Le foglie sono fasciculate sem- pre patenti, ma un poco flessuose allo stato secco; ovali-lanceolate, acu- minate, profondamente dentate, con tre o quattro creste dorsali e den- tellate; le superiori alquanto omotrope od erette, ma giammai undulate o striate trasversalmente. ani Tribus IV. SELIGERIACEAE. Fam. I. Seligerieae. 29. Seligeria recurvata, Br. eur. vol. 2, t. 112. D. Po. — Presso Rovegno, a 515", nelle rupi silicee bagnate da stillicidio. In frutto, giugno 1889. Tribus V. CERATODONTACEAE. Fam. I. Ceratodonteas. 30. Ceratodon purpureus, Brid. var. brevis, Milde Bot. Zeit. 1862, p. 460. D. Po. — Monte Dego, a 1407”. Fam. II. Leptotricheae. 31. Ditrichum flexicaule, (Schleich.) Hampe, Y7ora 1867. Leptotrichum fexicaule, (Schleich.) Hampe in Linnea XX p. 74. Didymodon flexicaule, Schleich. PI. er. hel. c. 4. Trichostomum flexicaule, Br. eur. Mon. t. 11. D. Po. — Monte Dego nelle rocce serpentinose. Sterile, giugno 1890. 32. Ditrichum fiexicaule, Hampe, var. densum, Schimp. Br. eur. D. Po. — Piano dei Moroni, alle falde del Monte Lesima, a 1500", nelle fessure delle rocce ombreggiate e fresche, presso la fontana Gaggina. 33. Ditrichum glaucescens, (Hedw.) Hampe in Flora 1867. Trichostomum glaucescens, Hedw. Descr. III. p. 91, t. 37. Didymodon glaucescens, Web. et Mohr. Taschenb. p. 155. Leptotrichum glaucescens, Hampe in Linnea XX p. 74. D. Po. Monte Dego nelle fessure dalle rocce serpentinose. Ste- rile, giugno 1890. Tribus VII. POTTIACEAE. Fam. I. Pottieae. 34. Didymodon rubellus, Br. eur. vol. II. t. 185. D. Po. — Monte Lesima, a 1727", Piano dei Moroni, a 1500”, nelle fessure delle rupi umide. In frutto, luglio 1888. Monteveri sopra Orezoli, a 1200"; salendo al Monte Dego, a 1120% in val d'Aveto. In frutto, giugno 1890. S. Po. — San Colombano. Sterile, marzo 1888. Gli esemplari di Orezoli e di Monteveri, sopra indicati, hanno le dentellature all'apice della foglia, quasi altrettanto prununciate quanto quelle che caratterizzano il Didymodon alpigenus Vent. Facendo il confronto cogli esemplari di D. alpigenus pubblicati nel- l’Erbario Crittogamico italiano, serie II n. 457, non vi si trovano che piccole differenze di grado per ciò che riguarda questo carattere, che del resto è variabilissimo nel Didymodon rubellus, come ho potuto ve- dere esaminando anche gli esemplari n. 412, dell’ Edario Crittogamico italiano; n. 375 a 375 6, 1033, del Rabenh. Bryoth. eur.; e 10 della Bryoth. Silesiaca del Limpricht, i quali fanno graduato passaggio agli esemplari da me raccolti a Orezoli e a Monteveri. Le foglie dei miei esemplari, malgrado le dentellature dell’apice, si distinguono però da quelle del D. a/pigenus per essere rivoltate al margine fin verso l’apice, e per essere più acute. Per questi due ultimi caratteri si approssima più al D. alpigenus l'esemplare n. 412 dell'Eyb. Critt. Italiano. 35. Didymodon luridus, Hornsch. Syst. veg. 16. p. 173. D. Po. — Cà del Matto, presso Ruino, a 515". In frutto, marzo 1888. Canevino, sopra le molasse, a 500” esp. Est. Sterile, marzo 1888. 36. Didymodon tophaceus, (Brid.) Juratz. Lanb. p. 100. Trichostomum tophaceum, Brid. Mant. p. 84. D. Po. — Alle falde del Monte !Boglelio sopra Castellazzo, a 950", in luogo acquitrinoso, calcareo; esp. Nord. Sterile, giugno 1888. =AR9— Fam. II. Trichostomeae. 37. Trichostomum crispulum, Bruch. in Flora 1829. Didymodon crispulus, Wils. in Hook. Brit. FI. II. p. 30. Mollia crispula, Lindb. Muse. scand. p. 21. D. Po. — Alta valle della Trebbia presso Rovegno, a 600". In frutto, giugno 1889. 38. Trichostomum crispulum, Bruch. var. brevifolium, Br. eur. D. Po. — Alta valle della Trebbia presso Rovegno, in luogo umido e poco ombreggiato. Sterile, giugno 1889. 39. Trichostomum crispulum, Bruch. var. elatum, Schimp. syn. D. Po. — Ottone, a 550”. Sterile, giugno 1889. 40. Trichostomum viridulum, Bruch. in Flora 1829. T. crispulum angustifolium, Br. eur. Schimp. syn. p. 172 var. y. T. crispulum è longifolium, Schimp. syn. p. 172. D. Po. — Monteveri, a 1200", in luogo roccioso. 41. Barbula caespitosa, Schw. Suppl. I. P. I. p. 120 t. 31. D. Po. — Monte Lesima, a 1700”, a ridosso delle ceppaie. In frut- to, giugno 1888. 42. Barbula inelinata, Schw. Suppl. I. P. I p. 131, t. 33. D. Po. — Piano dei Moroni, a 1550”, in luogo gramignoso. Sterile, giugno 1888. Monte Lesima, a 1727”, in luoghi aprici gramignosi. Sterile, giugno 1888. 43. Barbula inclinata, Schw. for. acuminata, nob. Alta circa !/, cm. Cespuglietto alquanto compatto, di color bruno terroso. Foglie mediocremente crespe alla siccità; patenti, un poco fles- suose od incurvate all’apice all'umidità; lunghe da 3 a 4 mm. lanceo- late, più lungamente acuminate. Pareti cellulari ingrossate. [ D, Po.- Monte Lesima, a 1720", in luogo aprico. Sterile, giugno 1888. — 190 — 44. Barbula tortuosa, (L.) Web. et Mohr, Bot. Tasc. p. 205. Monte Cesarino; Monte Boglelio; Monte Lesima; Monte Penice; Monte della Serva presso Pometo; Monteveri; Monte Dego. Spesso in frutto. 45. Barbula tortuosa var. nitida, Ju». Laubm. p. 123. Monte Lesima. 46. Barbula tortuosa for. typica, Boul. Muse. d. la Fran. p. 420. D. Po. — Val Torelli sotto il Monte Lesima. 47. Barbula tortuosa var. longifoglia, Renol. Rev. Bryol. 1882, p. 92. D. Po. — Selvazza di San Bonetto. 48. Barbula tortuosa for. dentata, nob. Foglie lunghe da 5 a 6 !/, mm.; mucrone con denti numerosi e ben distinti (fig. 22) che discendono sopra la nervatura fin verso la metà della foglia e qualche volta fino al principio dell’areola jalina, fa- cendosi però sempre più piccoli e radi. Anche il margine nella parte superiore del lembo si mostra distintamente dentato. I denti della ner- vatura sono più piccoli di quelli del mucrone, però alcuni misurano 12 !/, micromillitri d’altezza; quelli del margine vanno eradatamente confondendosi colle papille. i D. Po. — Alle falde del Monte Lesima nella Selvassa di San Bo- netto. Sterile. 49. Barbula fragilis, Br. eur. Si approssima agli esemplari raccolti da Th. Jensen nel 1864 in luogo arenoso ed umido presso Bjòrnsholm in Jutlanda e pubblicati sotto il nome di Barba Drumendi, Mitt. nella Bryotheca Europea del Rabenhorst n. 789; menire si scostano da quelli pubblicati nell’ &dario Crittogamico Italiano n. 855. Varia molto anche nello stesso cespuglio per la direzione delle fo- glie, le quali sono increspate o no alla secchezza, eretto-patenti e più o meno flessuose all'umidità. Si distingue dalla var. setacer nob. per il colore verde-scuro vol gente al brunastro dei cespugli, per le foglie un poco più larghe alla base e decisamente lanceolato-subulate, per la forma delle cellule e per la nervatura un poco più grossa e consistente. D. Po. — Piano dei Moroni in luogo umido e soleggiato. = Lol 50. Barbula fragilis var. setacea, nob. Dioica. Cespuglietti ben forniti ma non molto coerenti, alti circa un centimetro, d'un verde scuro slavato di giallo-ocraceo alla superficie, per la decolorazione d’una gran parte delle foglie, e ocraceo-terrognolo all’interno. Foglie molto fitte; quelle della chioma apicale crespe alla secchezza, flessuose e disugualmente patenti all’umidità, fragili, quasi tutte troncate, a base /anceolato-lineare, poscia lungamente lineari e subu- lato-setacee, brevemente apiculate, piegate a doccia, a margine piano o qualche volta un poco ondulato e rivoltato (Tav. XXVI, fig. 25); le più sviluppate sono larghe da 290 a 400 p. nella massima larghezza basale, e 181,6 v alla fine dell’areola, e misurano in lunghezza 5 mm. circa. L’areola basilare, poco sviluppata, lunga circa mm. 1,2485, risale con una lista marginale strettissima; il mucrone è lungo circa 113,5 p. Le cellule clorofillose, della porzione cuneiforme che discende dietro la nervatura, sono brevemente rettangolari, trapezoidali, romboidi o rombe e passano gradatamente alla forma rettangolare. Nervatura non brillante, poco apparente, grossa 45,5 {.. La fragilità, la forma delle foglie e la loro struttura la fanno di- stinguere facilmente dalle forme affini. D. Po. — Monte Lesima, a 1720", nelle screpolature delle rupi apriche. Sterile. 51. Barbula squarrosa, Brid. Bryol. univ. I. p. 833. Pleurochaete squarrosa, Lindb. De Tort. p. 253. D. Po. — Monte della Serva presso Pometo, a 500”, in terreno calcareo soleggiato ed umido; esp. N. E. Sterile, marzo 1888. 52. Barbula squarrosa, Brid. var. nitida, nob. Si distingue dalla specie tipica per essere più piccola e più gracile, alta da 1 a 3 cm. poco o punto flessuosa, di color verde più scuro e con la nervatura della foglia molto brillante, ciò che la fa distinguere a prima vista. Anche le foglie sono generalmente più squarroso-ricurve all’umi- dità, quantunque la forma e la struttura loro sia simile a quella delle fo- glie della specie tipica. L'infiorescenza è dioica, simile a quella della Bardula squarrosa. S. Po. — Pavia, comune sui bastioni di porta Milano. Quasi sempre sterile. Archiv. Critt. 16 liga 53. Barbula unguiculata (Huds.) Hedw. var. cuspidata, (Hedw.) Br. eur. D. Po. — Monte sopra Pizzo Freddo (Val di Versa), vicino a Cà Bordoni, in terreno calcareo, aprico, a 515", esp. N. O. In frutto, marzo 1888. Canevino sopra le molasse. Sterile, marzo 1888. 54. Barbula ung. var. apiculata, (Hedw.) Br. eur. p. 19 t. 6. S. Po. — Torazza, a 415” in terreno calcareo, lungo il margine delle strade. In frutto, marzo 1888. S. Po. — Pavia presso l’Orto Agrario. 55. Barbula ung. var. obtusifolia, (Schultz.) Br. eur. p. 19 t. 6. S. Po. — Rovegno. In frutto, giugno 1889. 56. Barbula unguiculata var. nitido-costata, nob. Robusta; cespugli estesi, densi, d’un bel color verde scuro. Foglie conduplicate, inflesse, e ravvolte a spira, leggermente increspate (Tav. XXVI, fig. 1), colla nervatura che spicca brillantemente, di lucentezza metallica, sul dorso della foglia, in modo da dare un aspetto caratteri- stico e facilmente distinguibile a questa forma. Le spore sono notevolmente più grosse, variabili da 12 a 18 , ma ordinariamente misurano da 14 a 15 y. D. Po. — Tra Rovegno e Monte Bruno, a 615%, in luogo rupestre, ombreggiato ed umido. In frutto, giugno 1889. 57. Barbula unguieulata var. breviseta, nob. Seta brevissima, uguale alla capsula (peristoma compreso) o poco più lunga, da 2 !/, a 4 mm. di lunghezza. S. Po. — Dintorni di Pavia, lungo i canali d’irrigazione. 58. Barbula vinealis, Brid. Br. univ. I. p. 830. S. Po. — San Colombano. D. Po. — Alta valle della Trebbia presso Rovegno. 59, Barbula Hornschuchiana, Schultz. Rec. in Nov. Act. Ac. Leop. XI, p. 217. S. Po. — Torre d'Isola, lungo il Ticino. Sterile, marzo 1889. = 198 = 60. Barbula atrovirens, Schimp. Syn. ed. 2%. p. 194. Tortula atrovirens (Smith.) Lindb. De Tort. p. 236. Desmatodon atrovirens, Jur. Laubm. p. 136. S. Po. — San Colombano. Sterile, marzo 1888. 61. Barbula muralis (L.) Hedw. var. incana, Br. eur. p. 35. D. Po. — Val di Versa al Mulino di Blolio di Sotto e a Pizzo- freddo. In frutto, marzo 1888. Val di Trebbia a Ottone. In frutto, marzo 1890. Questa forma non era stata ancora indicata per la Lombardia. 62. Barbula muralis var. rupestris, Schulz. Recen. p. 29. t. 34. D. Po — Soriasco, tra Ottone e Rovegno. In frutto, giugno 1889. S. Po. — Cava Carbonara. In frutto, marzo 1888. 63. Barbula muralis var. obcordata, Schimp. Syn. ed. 2 p. 202. D. Po. — Val di Versa prima del mulino di Blolio di Sotto. Ste- rile, marzo 1888. Val di Trebbia a Ottone. In frutto, giugno 1890. 64. Barbula subulata var. integrifolia, Boul. Mus. d. Fran. p. 412. D. Po. — Monte Penice. In frutto, giugno 1888. 65. Barbula sub. var. integrifolia Boul. forma <. Foglie di 5-6 x 1!/, — 2 mm. col lembo marginato fin verso i due terzi; rivoltate al margine, papillose, a cellule grandi. Capsula e pedicello di color nero-brunastro. D. Po. — Tra Rovegno e Ottone sopra rupi umide e soleggiate. In frutto, giugno 1889. 66. Barbula sub. var. integrifolia Boul. forma f. Foglie larghe e brevi (Tav. XXVI fig. 23), lunghe da 3 a 4 m,, larghe da 1 a 1 ?/,, papillose, quasi denticolate all'apice, con lembo rivoltato e marginato fino ai °/,. D. Po. — Tra Ottone e Rovegno in terreno sabbioso, ombreggiato ed asciutto. In frutto, giugno 1889. — 194 — 67. Barbula sub. var. subinermis, Schimp. Syn. ed. 2° p. 224. D. Po. — Rovegno in luoghi rocciosi. In frutto, giugno 1889. 68. Barbula subulata var. mucronata, nob. Piccola; foglie lineari, acuminate, (Tav. XXVI, fig. 24), lungamente mucronate (il mucrone è lungo da 150 a 400 v.), largamente marginate fino all'apice; con margine non sempre denticolato nella regione apicale, nè rivoltato alla base; conferte ed arcuate alla secchezza, in modo da for- mare una specie di cesto, a guisa di cavolo-cappuccio. D. Po. — Monte, a 1725", Lesima nei cespi gramignosi molto so- leggiati. In frutto, luglio 1888. For. x. — Al monte Lesima, nei luoghi ombreggiati, si riscontra una forma della precedente, che forma cespi verdi e crespi, ed ha le foglie lanceolato-lineari, più costantemente e distintamente denticolate all’apice. 69. Barbula mucronifolia, Br. eur. Mon. p. 38, t. 23. Corrisponde alla specie tipica per la forma e la struttura della fo- glia e dell'anello. Forma però dei cespuglietti druno-ocrace?; le cellule hanno le pareti ispessite ed un colore ocraceo, e i pedicelli e le cap- sule sono nere. D. Po. — Sopra San Bonetto in terreno calcare, acquitrinoso, molto soleggiato. In frutto, luglio 1888. 70. Barbula inermis, C. Mill. Syn. I, p. 624. D. Po. — Rovegno in luogo aprico, sopra argille galestrine. In frutto, giugno 1889. 71. Barbula latifolia. Br. eur. Mon. p. 41. t. 24. S. Po. — Dintorni di Pavia, a Travacò sugli alberi. Sterile, feb- braio 1888. Trovo ! che Pfeffer ha raccolto queste specie nella Valle del Ma- sino in Valtellina. Non mi consta che altri l'abbia segnalata in territorio italiano. - ! Limericar, Die Laubmoose in Rabenhorsts Kryptogamen-Tlora, p. 678. Mido 72. Barbula pulvinata, Jurat. Laubm. p. 144. S. Po. — Torre d'Isola, sugli alberi. D. Po. — Canneto, nelle siepi. Sterile, marzo 1888. 73. Barbula ruralis, Hedw. forme di transizione. Alla Barbula ruralis Hedw. si rannoda un gruppo di forme, da al- cuni distinte con nomi specifici, da altri considerate come semplici va- rietà. Fra queste c'è la Bardula ruraliformis Besch. Bull. Soc. bot. de France, XI, p. 334, (1864). Il carattere principale che la distingue dalla Bardula ruralis Hedw. è quello di avere le foglie caulinari acu- minate. Emilio Bescherelle ! dice che si trovano degli esemplari di Bar- bula ruralis con tendenza a prolungare il lembo lungo il pelo terminale, ma che non ha trovato degli esemplari intermediari fra le due specie, quantunque crescessero promiscue nello stesso luogo e nelle stesse con- dizioni d’ambiente. Venturi in una revisione critica sopra le Barbulae rurales ®, dice così: “ Pour ce qui regarde le B. ruraliformis et B. aciphyWla, il me reste bien peu à dire. Toutes les denx ont des feuilles acuminées, ce qui les éloigne des trois autres espèces, de manière à ne pouvoir pas les confondre. ,, Boulay * fa osservare invece che, di fianco a delle forme ben caratterizzate, si trovano tutte le transizioni possibili verso la D. ruralis. Ho cercato la Bardula ruralis, nell'alto Appennino pavese, in di- verse condizioni d’ambiente; ed ho potuto constatare le seguenti va- riazioni di transizione. Nei piccoli avvallamenti, in mezzo alle praterie argillose, molto soleggiate, del monte Lesima, dove per qualche tempo ristagna l’acqua, in seguito allo squagliarsi delle nevi, la B. ruralis forma dei cespugli poco coerenti e d’un colore rosso ferrugginoso. Le sue foglie hanno l'apice normale; sono pochissimo carenate, non rav- volte a fune intorno al fusticino alla secchezza, ma semplicemente erette, patenti o flessuose, ed all'umidità un poco ricurve (Tav. XXVI fig. 20). Ciò dipende dal vegetare completamente sommerse e dall’ ar- restarsi bruscamente del periodo vegetativo al sopraggiungere della secchezza estiva. 1 BescnereLLe Emrio, Note sur le Barbula ruralis, Hedw. ct sur une nouvelle espèce du méme genre; (Bulletin de la société botanique de France), Tome XI, p. 394 (1564). ? Venturi, Revue Bryologique, 1882, p. 85. ® Bovray, Muscinées de la France, vol. I, 1834, p. 405. io = Al Monte Boglelio, a 1600 m. circa, in luoghi scoperti, ma sopra terriccio sciolto, la B. ruralis, senza perdere del suo portamento este- riore, offre nella forma dell’apice delle foglie dei caratteri degni di nota. Nelle pianticelle dello stesso cespuglio ed anche sulla stessa piantina si osservano molte foglie che, per la forma dell’ apice, fanno graduato passaggio da quelle della 2. ruralis a quelle della 5. ruraliformis (Tav. XXVI, fig. 16, 17, 18 e 19). Quando alla predetta condizione del substrato si aggiunge l’umi- dità e la fittombra dei boschi, cambia anche il portamento; come ab- biamo potuto osservare nella Selvazza di San Bonetto, alle falde del Monte Lesima. Quivi ha un portamento più gracile; le piantine sono molto allungate, esili e a foglie rade. L’acuminarsi dell’apice delle fo- glie della B. ruralis sembra dunque inerente alla natura fisica del suolo e le variazioni nel portamento delle pianticelle, specialmente a con- dizioni di umidità e di luce. Così si spiegano le numerose variazioni della B. ruralis e della Barbula ruraliformis. Quest’ ultima non si può dunque considerare neanche come una varietà della prima, nel vero senso sistematico; ma soltanto come una forma di rappresentanza in condizioni speciali d'ambiente, ciò che viene confermato, anche dalla sua distribuzione geografica *. 74. Barbula ruraliformis, Besch. Bull. Soc. bot. de Fran. XI p. 334. D. Po. — Monte Boglelio, nei boschi ombrosi. In frutto, luglio 1888. Sotto il Monte Lesima nella Selvazza di San Bonetto. Deo | ut Barbula ruraliformis, Besch. far. gigantea, nob. Robustissima in ogni sua parte, alta da 10 a 15 cm., molto ramosa fin quasi dalla base; rami oltrepassanti quasi sempre e spesso moltissimo le capsule, le quali rimangono laterali al fusticino. D. Po. — Sotto il Monte Lesima nella Selvazza di San Bonetto, in luogo ombroso e pingue. In frutto, luglio 1888. Tribus VIII. GRIMMIACEAE. Fam. II. Grimmieae. 76. Grimmia elatior, Br. eur. Mon. p. 17, t. 10. D. Po. — Ottone sopra le serpentine. 77. Racomitrium canescens, Br. var. ericoides, Br. eur. Mon. p. 12, t. 8. D. Po. — Monte Boglelio e Monte Lesima. ! V. nota in finé. — 197 — Fam. III. Hedwigieae. 78. Hedwigia ciliata, Ehrh. Hannov. Mag. (1781). D. Po. — Ottone, sopra le serpentine. 79. Hedwigia ciliata var. leucophaea, Br. eur. v. 3. mon. p. 5, t. 2. D. Po. — Ottone, sopra le serpentine. Fam. VII. Encalypteae. 80. Encalypta contorta, (Wulf.) Lindb. Encalypta streptocarpa, Hedw. Sp. Mus. p. 62. D. Po. — Comunissima in tutto l’alto Appennino pavese. Tribus XIV. BRYACEAE. Fam. II. Bryeae. 81. Leptobryum pyriforme, (L.) Schimp. Coro2!. BH eur. S. Po. — Orto Botanico. 82. Webera albicans, (Wahlenb.) Schimp. Corol. Br. eur. D. Po. — Monte Lesima, Monteveri. 83. Bryum alpinum, L. Syst. Veg. ed. 2, p. 949. S. Po. — In riva al Ticino sotto Torre d’Isola. Sterile, marzo 1889. 84. Bryum roseum, Schreb. Spicil. Flor. lips. S. Po. — Boschi del Ticino sotto Torre d'Isola. Sterile, febbraio 1890. 85. Bryum cirratum, Hopp. et Horusch. Bot. Zeit. 1819. D. Po. — Ottone. In frutto, giugno 1890. MO Si 86. Bryum pallens, Swartz. Musc. Suec. p. 47. D. Po. — Monte Penice, a 1100". In frutto, giugno 1888. Monte Lesima, luglio 1888. (0 ©) “I . Mnium rostratum; Schrad. var. integrifolium, nob. Foglie intere o quasi, anteridì numerosi. S. Po. — Dintorni di Pavia, nei boschi del Ticino. In frutto. L'infiorescenza è sinoica, gli anteridî sono circa 22, l’opercolo ha un lungo rostro ricurvo; quindi, aggiungendosi anche la coincidenza dei caratteri degli stoloni e delle spore, questa forma indubbiamente si deve riannodare al Mnium rostratum, Schrad. 88. Mnium spinosum, Br. eur. v. 4° mon. S. Po. — Cava Carbonara e boschi del Ticino. Sterile. 89. Mnium orthorhynchum, Br. eur. v. 4° mon. D. Po. — Nei boschi sotto ii Monte Dego, a 1300”, nel versante d’Aveto. Sterile, giugno 1890. Monte Lesima. Sterile, luglio 1888. 90. Mnium serratum, (Schrad.) Brid. Spec. Muse. D. Po. — Monte Dego, a 1407”, e in Val Torelli, sotto il Monte Lesima, a 1300”. In frutto, giugno 1890. Infiorescenza sinoica ! 91. Mnium stellare, Reichardt 7. moeno-frane. (1978). S. Po. — San Colombano e Miradolo. Fam. VI. Bartramieae. 92. Bartramia pomiformis Hedw. var. dicraniformis, nob. Cespugli non molto densi, di color verde-pallido volgente al giallo- gnolo alla superficie, ed ocraceo nell'interno. Pianticelle ascendenti 0 ge- niculato-ascendenti, alte da 8 a 10 cm. Foglie omotropo-incurvate tanto alla secchezza come all’ umidità (Tav. XXVI, fig. 3); rivoltate nel mar- gine fin verso la regione mediana del lembo. Pedicello che raggiunge l’altezza dei rami o di poco la sorpassa. Nel resto come la Bardula po- miformis tipica. — Li S. Po. — Miradolo in terreno siliceo sabbioso, molto ombreggiato ed inclinato al Nord. In frutto, marzo 1888. ; 93. Bartramia pomiformis, Hedw. var. erispa Schimp. for. submersa. Br. eur. 4° mon. p. 14, T. IV.f 1. Miradolo nei boschi umidi ed ombrosi. In frutto, marzo 1888. 94. Philonotis calcarea, Schimp. Br. eur. D. Po. — A San Pietro presso Varzi e al Monte Penice. In frutto, giugno 1888. Alle falde del Monte Boglelio sopra Castellazzo; in frutto, luglio 1888. Alle falde del Monte Lesima, alla fontana Gaggina e sopra San Bonetto; in frutto, luglio 1888. Sopra Pey; in frutto, luglio 1888. Ro- vegno e prima di Montebruno in val di Trebbia; in frutto, giugno 1889. Sopra Ottone, tra Fabbrica e Orezoli, versante della Trebbia; in frutto, giugno 1890. Sotto il Monte Dego nel versante d’Aveto; in frutto, giu- gno 1890. 95. Philonotis fontana, Brid. Forma major Boul. Mus. d. Fr. D. Po. — Sotto il Monte Dego in val d’ Aveto. Sterile, giugno 1890. Tribus XV. POLYTRICHACEAE. Fam. I. Polytricheae. 96. Pogonatum Briosianum, nob. (Tav. XXVI, fig. 2-13). Latissime et conferte gregarium, cent. 1 - duo caulium altitudine me- tiens. Caulis erectus, simplex (fig. 12) vel rarius innovando bi-trifidus. Folia inferiora parva, squamacea, imbricantia, adpressa, usque ad comalia gradatim longiora, conferta; superiora cum base amplectente-subvagi- nante (fix. 7), arcuato-patula (fig. 11), lanceolato-lingulata, omnia obtusa, concava (fig. 8 et 9), superne dorsoque denticulata, in sicco constricta, adpressa, incurva, uncata, leniter torquescentia (fig. 12); parte superiore cellulis quadratis vel trasverse breviter rectangularibus chlorophyllosis composita (fig. 4), areola byalina ad marginem cellulis Breviter subrec- tangularibus texta; lamellae, circa 40, dense confertae. Capsula patulo- resupinata, oblongo-cilindracea, gibboso-inclinata, sicco sub ore maxime di- latato-constricta (fig, 10 et 12), tandem vacua leviter irregulaterque pli- — 200 — cata fig. 6. Membrana epicarpica papillis stomatoideis innumeris, mam- moso-protuberantibus instructa. Pedicellus 1-2 cent. altus, ‘/, mm. cras- sus, siccus superne destrorsum tortus. Operculum cum base convera ; bre- viter, crassiuscule adunco-decurce rostratum (fig. 13). Sporae verruculosae, majusculae (14,5-20 p), virides. Habit. — In substrato calcareo lapidoso, sabuloso, stillicidio irro- rato, prope San Bonetto valle Stafforae. Alto da 1a 2, cm. semplice o raramente 2-3 volte biforcato (fig. 12). Cespuglietti relativamente fitti e molto estesi, d’un color verde oli- vastro che volge al glauco nei luoghi riparati dal sole e passa al bruno nelle posizioni scoperte. Foglie inferiori squamiformi; le superiori al secco, sono appressate, incurve, un poco uncinate e leggermente piegate a spira intorno al fusticino (fig. 12); all'umidità patenti e um poco in- curve (fig. 11), brevemente guainanti alla base (fig. 7). Le foglie per la forma e le dimensioni (fig. 8 e 9) corrispondono a quelle del Pogonatum nanum; ma sono un poco più profondamente dentate ed hanno le creste dorsali della regione apicale della foglia, dentate come nel P. aloides. Le cellule laterali della regione apicale del lembo sono simili a quelle del P. nanum, vale a dire, quadrate o brevemente rettangolari in senso trasversale, e clorofillose (fig. 4); quelle della rete jalina, della parte inferiore del lembo, contengono qualche granulo di clorofilla e per la forma sono molto diverse da quelle del P. a/oides. In quest'ul- tima specie le cellule marginali sono lunghe 8 o 10 volte la loro lar- ghezza, e le intermedie da 2 a 4 volte; mentre nel P. Briosianun le dimensioni delle cellule marginali mantengono il rapporto :: 1:1!/, 0 1:2/, e le intermedie ::1:3 (fig. 2 e 3). Questa rete cellulare ha molto analogia con quella del P. nanwn; ma è formata di cellule mar- ginali più grandi e relativamente più brevi e spesso più regolarmente rettangolari (fig. 3), che misurano 22,5-48,5 x 15-22 p.; e di cellule in- termedie variabili da 13-55,5 x 8,8-24,5 e più generalmente da 20-50 >< 13-18 p, ma che mantengono sempre il rapporto sopra indicato. Le lamelle della faccia ventrale della foglia sono circa 40; le mediane alte circa 113,20 1, colla cellula basale di 22,2 p e l’apicale di 17,76-19,98 1. di diametro. Il pedicello è di color bruno, torto superiormente verso destra, alto da 1 !/, a 2 cm., grosso 299,7 p. alla base, e 233 |. all’apice. La capsula è di color cenere o bruno-pallido, alta da 3 a 4 mm., e larga da #/, ad 1 mm, papillata come nel P. aloides, gibboso-incurva, asimetrica, piegata a gomito sul pedicello, colla faccia ventrale rivolta _all’alto, fortemente strozzata sotto all’orificio e considerevolmente allargata in una specie di disco; ha la base attenuata e prolungata in un collo — 201 — appena sensibile (fig. 10 e 12), ed è un poco grinzosa dopo la sporosi (fig. 6). Opercolo convesso, a rostro breve e adunco (fig. 13). Cuffia bian- chiccia, ricoprente tutta la capsula, fittamente intessuta, a peli ricadenti ed eretti (fig. 5). Peristoma con 32 denti, conformato come nel P. aloides tranne la zona colorata centrale che termina quasi sempre a punta acuta. Spore verdi, granulose, più grosse che nel P. a/oîdes, misurando da 14,5-20 w di diametro, mentre nel P. aloides, secondo Juratzka e qualche mia osservazione, non misurano che da 8 a 10 p. Dedico questa specie al chiarissimo prof. Giovanni Briosi, direttore dell'Istituto Botanico dell’Università di Pavia e del Laboratorio Critto- gamico, al quale mi legano vincoli d'affetto e di riconoscenza. Alle falde del Monte Lesima, in luogo acquitrinoso, presso San Bonetto. Esp. Nord-Ovest. In frutto, luglio 1888. 97. Polytrichum gracile, Menz. Tran. of the Linn. Soc. IV t. 6. D. Po. — In val Torelli, alle falde del Monte Lesima, a 1320". In frutto, giugno 1890. Monte Dego. Sterile, giugno 1890. 98. Polytrichum piliferum, Schreb. Fl. Lips p. 74. S. Po. — Torre d'Isola. In frutto, febbraio 1889. 99. Polytrichum juniperinum var. alpinum, Br. eur. IV. D. Po. — Monte Lesima. Sterile, luglio 1888. Tribus XVI. BUXBAUMIACEAE. Fam. Buxbaumieae. 100. Diphyseium foliosum, (L.) Mohr. S. Po. — San Colombano, alla base degli alberi. In frutto, giugno 1891. E NUOVE STAZIONI PER MUSCHI GIÀ INDICATI NELLA PROVINCIA DI PAVIA Pleuridium alternifolium, Br. eur. S. Po. — Boschi del Ticino; Bastioni di porta Milano. Astomum crispum, (Hedw.) Hamp. S. Po. — Torre d'Isola. Dicranella varia, Br. eur. D. Po. — Ottone in val di Trebbia. Dicranum scoparium, Hedw. D. Po. — Monte Penice; Monte Boglelio; Monte Lesima; Bralello; Corbesassi; Ottone; Rovegno. Fissidens bryoides, Hedw. S. Po. — Torre d'Isola; San Colombano. Fissidens adiantoides, Hew. S. Po. — Torre d’Isola. Fissidens incurvus, Schw. S. Po. — Boschi del Ticino. Fissidens osmundoides, Hedw. S. Po. — Torre d'Isola; San Colombano. Barbula muralis, Hedw. S. Po. — San Colombano. D. Po. — Pizzofreddo e Blolio di Sotto, in Val di Versa; Cane- vino; Ottone. — 203 — Barbula aestiva, Schulz. D. Po. — Rocca di Broni, Caneto, Soriasco. Barbula unguicu)ata, Hedw. S. Po. — San Pietro in Verzolo, S. Colombano, Boschi del Ti- cino, Ponte dei dodici Archi, Cava Carbonara, Orto Agrario. D. Po. — Campo Spinoso, Canevino, Soriasco, Blolio di Sotto in Val di Versa, Ottone, Rovegno. Barbula fallax, Hedw. S. Po. — San Colombano; dintorni di Pavia. D. Po. — Rovegno in val di Trebbia. Barbula subulata, Brid. D. Po. — Rocca de’ Giorgi; Monte Penice; Orezoli in val d’Aveto. Barbula ruralis, Hedw. D. Po. — Torrazza, Volpara presso Campasso, Montù Berchielli, Monte Penice, Castellazzo, Monte Boglelio, Monte Lesima, Selvazza di San Bonetto, Piano dei Moroni, Pey, Corbesassi, Ottone, Orezoli. Didymodon rigidulus, Hedw. Trichostonum rigidulum, Br. eur. D. Po. — Sotto il Monte Lesima alla fontana Gaggina. Webera earnea, Schimp. D. Po. — Ottone in Val di Trebbia. Bryum pseudotriquetrum, Schwaegr. S. Po. — Orto Agrario, nel margine dei canali irrigatori. D. Po. — Ottone in Val di Trebbia. Bryum argenteum, L. D. Po. — Tra Rovegno e Monte Bruno. a ki Bryum capillare, L. D. Po. — Ottone; Orezoli. Mnium rostratum, Schwaeger. S. Po. — Presso Pavia; Rivone di Sora. D. Po. — Monte Dego, tra Val d’Aveto e val di Trebbia. Mnium cuspidatum, Hedw. S. Po. — Boscbi del Ticino; San Pietro in Verzolo; Bicocca; San Colombano. Mnium undulatum, Hedw. S. Po. San Pietro in Verzolo; San Colombano. Mnium affine, Br. eur. D. Po. — Rocca di Broni; Monte Penice. Mmnium punetatum, (L.) Hedw. S. Po. — Presso Pavia dietro un canale irrigatorio, molto ombreg- giato, lungo il viottolo che dal Borgo Ticino conduce al Ponte dei Do- dici Archi. Raro. D. Po. — Monte Boglelio; Monte Lesima; Val Torelli, alle falde del Lesima; Monte Dego. Frequente. Bartramia pomiformis, Hedw. S. Po. — San Colombano. Bartramia pomiformis var. crispa, Schimp. S. Po. -— Miradolo. Bartramia ithyphylla, Brid. D. Po. — Val Torelli alle falde del Monte Lesima; Monte Dego tra l’Aveto e la Trebbia. Philonotis fontana, Brid. D. Po. — Monte Penice nelle fonti. Atrichum undulatum, Pal. Beauv. = DU = D. Po. — Ottone in val di Trebbia. Pogonatum nanum, Pal. Beauw. S. Po. — Torre d'Isola; San Colombano. Pogonatum aloides, Pal. Beauw. S. Po. — San Colombano. D. Po. — Monte Cesarino. Poganatum urnigerum, Pal. Beauw. D. Po. — Alle falde Gel Monte Lesima nella Selvazza di San Bo- netto. Polytrichum formosum, Hedw. D. Po. — Monte Cesarino. Polytrichum juniperinum, Hedw. S. Po. — Boschi del Ticino presso Pavia. D. Po. — Monte Dego tra la Trebbia e l’Aveto. Polytrichum commune, L. S. Po. — Cava Carbonara; San Colombano. NOTA.— Il Chm. briologo Venturi, mentre questo lavoro era in corso di stampa, la pubblicato nel 4° fascicolo della Revue Bryologique, nuove ed interessanti osserva- zioni sopra le “ Barbulae rurales ,. Egli dice che in esemplari di BardDula ruralifor- mis raccolti nel lido di Venezia non è raro osservare le foglie inferiori colla punta arrotondata od anche smarginata, mentre le foglie superiori, nella stessa pianta, sono appuntite od hanno il pelo terminale dilatato e decorrente alla base. Ciò concorda con'quanto ho osservato per la Barbul1 ruralis. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXVI. — Barbula unguiculata var. nitido-costata, nob. Piantina intera ingran- dita 2 volte. . — Pogonatum Briosianum, nob. .— Weisia viridula var. nitidifolia nob. . — Variazione della Barbula ruralis. — Bartramia pomiformis var. dicraniformis nob. piantina in grandezza naturale. — Barbula tortuosa for. dentata, nob., apice della foglia molto ingrandito. — Barbula subulata var. integrifoli for. }, foglia ingrandita 6 volte. — Barbula subulata var. mucronata, nob., foglia ingrandita 6 volte. — Barbula tortuosa var. setacea, nob., foglia molto ingrandita, ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Laboratorio Crittogamico Italiano) CONTRIBUZIONE ALLA MICOLOGIA LOMBARDA DEL Dott. FRIDIANO CAVARA ‘ Scopo di questa pubblicazione è di presentare ai micologi, mate- riali raccolti in località lombarde e da me studiati in questi ultimi anni; materiali che accresciuti in avvenire e coordinati ad altri di il- lustri botanici, il cui nome è legato alla storia della micologia ita- liana, potranno, io spero, fornire patrimonio non trascurabile, ma degno anzi di più estesa e critica illustrazione. Or sono circa due anni pubblicai nella Revue mycologique* del signor Roumeguère, un primo elenco di funghi lombardi, quasi due centurie: di.specie, fra le quali alcune nuove, che vennero anche inserite nel vol. IX della grande opera del Saccardo “ Sylloge Fungorum ,. Non poche altre specie, la maggior parte raccolte in provincia di Pavia, sono state illustrate negli Exsiccata, che con altro intendimento e con speciale modo di trattazione, vengo pubblicando insieme al chiarissimo professore Briosi ?. La considerazione poi che in micologia, come in qualsiasi altro ramo della botanica sistematica, possano gli stessi esemplari in natura servire quanto e più delle descrizioni e delle figure, mi suggerì l’idea di un erbario micologico della Lombardia, idea che trovò per me lu- singhiera approvazione, da parte di autorevolissimi cultori della mico- logia; e di già un primo fascicolo venne testè liberato al pubblico *. 1 F. Cavara, Matériaux de Mycologie lombarde in Revue Mycologique. Oc- tobre 1889. ? — e G. Briosr, I Lunghi parassiti delle piante coltivate od utili. Pavia, Fase. I-VIII, 1888-1892. ® — Fungi Longobardiae ersiccati. Pavia 1892, fase. I. Arch. Critt. 17 O Scarseggiano invero simili pubblicazioni in Italia, e mentre sonvi a dovizie essiccati micologici. in Germania, in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti, ete., noi ron possediamo che la Mycotheca Veneta del Saccardo e l’ Erbario Crittogamico Italiano di cui anzi deploriamo non sia continuata la pubblicazione. Nel presente contributo comprendo le 190 specie dei Matériaua de My- cologie lombarde ed un numero superiore d’altre, raccolte e studiate di poi. Rivolsi l’attenzione anche agli Imenomiceti, de’ quali neppure una specie figurava nel primo elenco, avendo cura tanto per questi che per gli altri ordini, di notare, quando ne era il caso, le opere od i lavori ne’ quali erano state additati per specie lombarde, sopratutto la Flora ticinensis di Balbis et Nocca; la Flora Veronensis del Pollini, nel vo- lume III della quale è data la enumerazione di tutte le crittogame allora conosciute dell’ Italia settentrionale; le aggiunte a questa enu- merazione, fatte di poi da Balsamo e De Notaris, le Osservazioni mi- cologiche del Bergamaschi, le classiche opere del Vittadini, ecc. Certa- mente non ho potuto fare qui una disamina storica e critica per ogni specie, che nè lo consentiva lo spazio concesso alla presente nota, nè sarebbe stata ora opportuna. Per le specie nuove e critiche mi sono attenuto al sistema che giudico il migliore, di darne cioè la descrizione e la figura, salvo qual- che rarissima eccezione. Nelle due tavole annesse al presente lavoro sono figurate parecchie di queste specie nuove; di altre fu data la fi- gura nei Funghi parassiti essiccati, ovvero nei Fungi Longobardiae; ciò per gl’indispensabili raffronti colle specie già note e per agevolare così le ricerche a chi si dà alla determinazione di questi microscopici es- seri; e dovrebbe, invero, essere oramai convinzione generale, l'assoluta necessità di corredare di figure le specie che si descrivono per nuove. Anche i ravvicinamenti di queste con quelle già conosciute, ossia l'indicazione delle forme più affini a quelle che si descrivono, che age- volano pur tanto lo studio, non mancai di farli quando se ne offerse l'opportunità. Accennai anche, ove ero sicuro, ai nessi genetici che esistono fra forme diverse costituenti un’ entità specifica, ma fui cauto in questo campo, nel quale le seducenti apparenze di una teoria possono trasci- nare a sintesi arbitrarie, fallaci, non rispondenti alla natura dei fatti, se non sono corroborate da sperimentali osservazioni. Gli esemplari che hanno servito a questo lavoro, sono stati tutti da me consegnati all'Istituto botanico di Pavia, ove possono servire per qualunque sia ragione di confronto o di ricerca. Dal Laboratorio Crittogamico, Febbraio 1892. Dr. F. CAVARA. — 209 - MYXOMYCETEAE Wall Physaraceae Rost. 1. Badhamia utricu)aris (Bull.) Berk. Linn. Dans. XXI, pag. 153; Sace. Syl!. VII, part. I, pag. 231; Sphaerocarpus utricularis Bull. Tav. 417! Essiccati: Cavara, Fungi Longobardiae N. 1. Sul tronco quasi secco di Acer rubrum nell’Orto Botanico di Pa- via. Autunno. 2. Physarum leucopus (Link) Rost. Sluzowe. pag. 101; Sace. Sy2. VII, part. I, pag. 343; Cavara Matér. de Mycol. Lomb. pag. 4, in Revue de Mycolog. 1889 N. 44. Didymium leucopus Link. Dissert. II, pag. 42. Sopra foglie putrescenti nel bosco dell'Orto Botanico di Pavia. Autunno. 3. Physarum leueophaeum Fr. Symb. Gaster. pag. 24 var. genuinum Sace. SyU. VII, part. I, pag. 345, Cavr. Matér. pag. 4. Sopra foglie putrescenti nel bosco dell'Orto Botanico di Pavia. 4. Fuligo septica (Link) Gmel. Syst. nat. pag. 1466; Sace. Sy. VII, part. I, pag. 353; Mucor septicus Link Sp. plant. n. 1656; Fuligo vaporaria Pers., Nocca Flora ticin. II, pag. 355; Pollini Plant. Crypt. Ital. bor. in FI. Ver. III, pag. 720. Sopra un’Orchidea dell'Orto Botanico di Pavia. Estate. 5. Tilmadoche nutans (Pers.) Rostaf. Stuzowe. pag. 127, f. 129; Sace. Sylt. VII, part. I, pag. 359; Physarum nutans Pers. Syn. pag. 171. Essiccati: Cavr. Fungi Longobardiae N. 2, Sul tronco di F/eagnus angustifolius e su legni putridi. Orto Bo- tanico di Pavia. Autunno. — 210 — Stemonitaceae Rost. 6. Stemonitis fusca Roth. in May. of Botan. pag. 26; Sace. Syll. VII, part. I, pag. 397; Cavr. Matér. pag. 4. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 3. Sopra tronchi vecchi e putrescenti. Bosco dell’ Orto Botanico di Pavia. Autunno. 7. Areyria punicea Pers. Dispos. meth. Fung. pag. 10; Sace. SyMl. VII, part. I, pag. 426; Cavr. Matér. pag. 4. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 4. Sopra gli sfagni nelle serre dell’ Orto e su vari tronchi. Au- tunno. Trichiacee Rost. 8. Trichia varia Pers. Disp. meth. Fung. pag. 10; Sace. Syli. part. I, pag. 442. Su tronchi tagliati e marcescenti di Ontano. Bosco di Cà della Terra presso Pavia. Autunno. MONADINEAE cCienk. Plasmodiophoreae zZopf. 9. Plasmodiophora Brassicae Woron. in Pringsh. Jahrb. XI, pag. 548, tav. XXIX-XXXIV; Sace. SyM. VII, part. I, pag. 464. Essiccati: Briosi e Cavara, I Fung. parass. d. piant. coltiv. N. 126. Sulle radici dei cavoli a Linarolo ed alla Torretta presso Pavia. Estate e Autunno. 10. Plasmodiophora Alni (Woron.) Moller in Bericht. d. deutsch. Bot. Gesellsch. Heft. III, 1885; Sacc. Sy2. VII, part. I, pag. 464. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 5. Sulle radici degli Ontani lungo i canali irrigatorî. Presso il Gra- vellone ed a S. Genesio (Pavia). 90 — PHYCOMYCETEAE De Bary. Mucoraceae De Bary. 11. Mucor Mucedo Linn. Spec. Plant. II, 1655; Sace. Sy22. VII, part. I, pag. 191; Nocca et Balbis Flor. ticin. II, pag. 357 Sopra sostanze putrescenti varie, durante tutto l’anno. 12. Mucor caninus Pers. Observ. mycol. I, pag. 90, tav. 6, fig. 3, 4; Syn. pag. 201; Sace. Sy2. VII, part. I, pag. 191; Nocca et Balb. FI. ticin. II, pag. 357. Sopra sterco canino. Pavia. Autunno e inverno. 13. Mucor racemosus Fres. Beztr. Mycol. pag. 12, tav. I, fig. 24-31; Sacc. Syll. VII, pag. 192; Cavr., Matér. pag. 4. Sopra sterco canino. Pavia. Autunno. 14. Sporodinia Aspergillus (Scop.) Schròt. Arypt. FI. v. Schles., Pilze pag. 209; Sace. Sy. VII, part. I, pag. 207; Sporodinia grandis Link, Sace. Fungi aliquot ticinens. in Mich. I, pag. 551; Mucor ra- mosus Bull., Nocca Herb. (Collezione dell’ Orto Bot. di Padova); Cavr. Matér. pag. 4; Mucor rufus Nocca et Balbis Fl. ticin. II, pag. 351. Sopra l’Amanitopsis vaginata ed il Boletus piperatus putridi. Pavia. Estate e Autunno. 15. Thamnidium elegans Link Obsero. pag. 45, tav. IL fig. 45; Sace. Syl. VII, part. I, pag. 211; Cavr. Matér. pag. 5. Sullo sterco canino. Pavia. Autunno. 16. Rhyzopus nigricans Ehremb. De Mycetog. in Nov. Act. Leopol. X, pag. 198, tav. II; Sace. Sy. VII, part. I, pag. 212; Cavr. Matér. ” pag. 5. Sopra frutti putrescenti di limoni, e sopra diverse sostanze organiche in via di decomposizione al Laboratorio Crittogamico. Autunno. Peronosporaceae De Bary. 17. Cystopus candidus (Pers.) Lév. in Ann. Se. Nat. Ser. 3.3, T. VIII, pag. 371; Sace. Sy2. VII, part. I, pag. 234; Fungi aliquot ticinens. in Mich. I, pag. 550; Uredo candida Pers. Syn. Fung. 233; Nocca et Balbis 77. ticin. TI, pag. 363, tav. 23, fig. 2! Essiccati: Cavr. Fungi Longob. N. 6. Raccolto sulla Capsella bursa-pastoris a Linarolo, a Torre d'Isola, e sulla Brassica oleracea all’Orto Botanico di Pavia. Estate e Autunno. 18. Cystopus Portulacae (DC.) Lév. in Ann. Se. Nat. Ser. III, T. VIII, pag. 271; Sace. Sy. VII, part. I, pag. 335; Cavr. Matér. pag. 5. Sulla Portulaca oleracea, comunissimo. Pavia. Estate e Autunno. 19. Cystopus Bliti (Biv.) De-Bary in Ann. Sc. Nat. Ser. IV, T. XX, pag. 131; Sacc. Sy. VII, part. I, pag! 235; Cavr. Matér. pag. 5. Sulle foglie dell’Amarantus retroflerus. Lungo il Naviglio presso il Ticino. Estate. 20. Phythopthora infestans (Mont.) De-Bary Itesearch. on potat. Fung. in Jour. Agric. Soc. II Ser., Vol. VII, pag. 1; Sace. Sy. VII, part. I, pag. 237; Cavr. Matér. pag. 5. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. paruss. N. 25. Sulle foglie ed i tuberi delle patate e sui pomodori. Orti di Pavia. Estate e Autunno. 21. Plasmopara viticola (Berk. et Curt.) Berl. et De-Toni in Sace. Sylt. VII, part. I, pag. 239; Cavr. Muatér. pag. 5; Peronospora vi- ticola De-Bary, Ann. Se. Nat. Ser: IV, Tom. XX, pag. 125, Bo- trytis viticola Berk. et Curt. in Caspary Monat. Ber. Acad. 1855. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 1 e 26. Nella regione lombarda, ed anzi nella stessa nostra provincia di Pavia, veniva questa specie dannosissima, per la prima volta segnalata nel 1879 dal Prof. Pirotta (Comptes Rendus de l'Acad. de Se. Oct. 1879, Archiv. d. Labor. Critt. d. Pavia Vol. IV, pag. 36). Si diffuse in breve, danneggiando enormemente i fiorenti vigneti dell’ Oltrepò Pavese, col- — 008. pendo non solo le foglie ma ancora i grappoli sotto una forma spe- ciale che richiamò l’attenzione dei fitopatologi. (Veggansi in proposito i lavori di Prillieux, Millardet, Cuboni, Cavara, ecc.) 22. Plasmopara nivea (Ung.) Schròt. Die Pilze in Krypt. Flor. v. Schles. pag. 237; Sace. Syl. VII, pag. 240; Cavr. Matér. pag. 5. Sulle foglie di Pimpinella magna e di Aegopodium Podagraria. Stradella (Baccarini), dintorni di Pavia. Comunissima in Estate. 23. Bremia Lactucae Regel in Bot. Zeit. 1843, pag. 39, tav. III; Sace. Syll. VII, part. I, pag. 244; Cavr. Matér. pag. 5. Essiceati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 51. Sulle foglie di Sonehus arvensis, di Cineraria sp. colt., di Scolymus Cardunculus. Marcignago e dintorni di Pavia. Estate. 24. Peronospora Ficariae Tul. Compt. Iend. Janv. 1854; Sace. Sy. VII, part. I, pag. 251; Cavr. Matér. pag. 5. Essiccati: Cavr. Fung. Longobardiae N. 7. Sulle foglie del Ranunculus repens, bulbosus, acris a Belgioioso, Mi- rabello, Santa Sofia. Estate ed Autunno. 25. Peronospora Trifolicrum De-Bary in Ann. Se. Nat. IV, Ser. IV, Tom. XX, pag. 577; Sacc. Sy. VII, part. I, pag. 252; Cavr. Matér. pag. 5. Sulle foglie del Meli/otus officinalis. Casteggio. Estate. 26. Peronospora Lamii (Al. Br.) De-Bary in Rab. Herb. mycol. Ed. II, N. 325!; Sace. Sy. VII, part. I, pag. 256; Cavr. Matér. p. 5. Sopra le foglie del Lamium album e purpureum. Dintorni di Pavia. Estate. 27. Peronospora effusa (Grev.) Radenh. Herb. mycol. Ed. II, N. 18801; Sace. Syli. VII, pag. 256; Cavr. Matér. pag. 6. Sulle foglie del Chenopodium album e murale. Dintorni di Pavia. Estate. 28. Peronospora Schleideni Ung. Bot. Zeit. 1847, pag. 315; Sace. Sylt. VII, part. I, pag. 257. ’ Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 151. = pia Attacca ed uccide le foglie dell’ A/Zwm Cepa. Orti di Pavia. Estate e Autunno. : 29. Peronospora Rumicis Corda /con. Fung. I, pag. 20, Tom. V, fig. 273; Sace. SyMl. VII, part. I pag. 262; Cavr. Matér. pag. 6. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 153. Sulle foglie del Rumnex Acetosa e Acetosella. Lungo 1’ argine del Ticino comune. Estate. 30. Peronospora alta Fuck. Symd. myc. pag. 71; Fung. Rhen. N. 39; Sacc. SyU. VII, part. I, pag. 262. Sulle foglie di Plantago maior. Santa Sofia, Mirabello presso Pavia. Estate e Autunno. 31. Peronospora Knautiae Fuck. in Corna Enwn. Peron. Frane. Bull. Soc. Bot. Fr. 1878; Sacc. Sy2. VII, part. I, pag. 263. Sulle foglie di Anautia arvensis. Ambivere (Bergamo). Estate. (Sig. C. Massa.) USTILAGINEAE Tul. 32. Ustilago longissima (Sow.) Tul. Mém. sur les Ustil. in Ann. Se. Nat. 1847, pag. 76; Sace. Sy2. VII, part. II, pag. 451. Sopra le foglie di G/yceria sp. Sora presso Pavia. Estate. 33. Ustilago Ischaemi Fuck. Enum. Fung. Nass. pag. 22, fig. 13; Sace. Sy2l. VII, part. II, pag. 454; Cavr. Matér. pag. 6. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 52. Sulle infiorescenze di Andropogon Ischaemum. Comunissima presso Pavia, dalla primavera all’ autunno. 34. Ustilago Panici-Miliacei (Pers.) Wint. Die Pilze pag. 89; Sace. Sy0t. VII, part. II, pag. 454. |. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 53. Sulle infiorescenze del miglio (Panicum miliaceum). Brescia (Pro- fessore Sandri). Estate. 35. Ustilago Sorghi (Link) Pass. in Thiim. Herb. mye. occon. N. 63! e Fing. Parm. N. 553; Sacc. Syll. VII, part. II, pag. 456; Cavr. Matér. pag. 6. — cn Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 28. Nelle infiorescenze di Sorghum vulgare. Casteggio. Estate. 36. Ustilago segetum (Bull) Dittm. in Stww. DC. FI. III, pag. 67, tav. 33; Sace. Sy. VII, part. II, pag. 461; Nocca et Balbis #7. ticin. II, pag. 362; Pirotta, Elench. Fung. Pavia in N. Giorn. bot. Ital. Vol. VIII, pag. 391; Sacc., Fung. alig. ticin. in Michelia. 1, pag. 549. Essiecati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 54. Sulle spiche di Frumento e di Segale. Comune presso Pavia. È stata segnalata pure per l’Oryea sativa, Zea mays, Carex dal Nocca, ma sono evidentemente altre specie confuse con questa. 37. Ustilago Caricis (Pers.) Fuck. Symd. myc. pag. 30; Sace. Sy0. VII, part. II, pag. 464; Urevo urceolorum DC. Nocca et Balbis, FI. ticin. II, pag. 362; Ustilago urceolorum Tul. Pirotta, Elench. Fung. Pav. in N. Gior. Bot. Ital. VIII, pag. 991; Sacc., Fung. alig. ticin. in Michelia, I, pag. 548. Sulla Carex praecox. Brughiere di Torre d’ Isola ed altrove. Co- mune in Primavera. 38. Ustilago neglecta -Niessl. in Raden. Fung. europ. N. 1200; Sace. Syl. VII, part. II, pag. 472. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 154. Sulle spiche di Setaria glauca. Comune presso Pavia, Gravellone, Mirabello. Estate. 39. Ustilago Maydis (DC.) Corda J/con. V, pag. 3; Sace. Sy2. VII, part. II, pag. 472; Pirotta, E/ench. Fung. Pav. in N. Gior. Bot. Ital. VIII, pag. 391. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 2. Comunissima sui fiori maschili e femminili della Zea mays. Pavia. Estate. 40. Sphacelotheca Hydropiperis (Schum.) De-Bary Vergi. Morph. u. Phylog. der Pilze, pag. 187; Sacc. Syll. VII, pag. 499; Cavr. Matér. pag. 6. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 8. Sul Polygonum Persicaria. Linarolo, Gravellone presso Pavia. Estate e Autunno. — ole UREDINEAE Brongn. 41. Uromyces Fabae (Pers.) De-Bary in Ann. Sc. Nat. IV Serie, 1863, Tom. XX; Sacc. Sy. VII, part. II, pag. 531; Pirotta, Elenc. FPung. Pav. loc. cit. pag. 392; Uredo Fabae Pers., Nocca et Balbis, Fl. ticin. II, pag. 20 (in omissis); Uromyces Viciae Fabae (Pers.) Schròt.; Sace. Fung. alig. ticin. in Michelia, I, pag. 549. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 56. Sulle foglie e sui fusti della Vicia Fada. Orti e campi. Pavia, Stra- della. Estate. Forma stilosp. e teleutosporica. 42. Uromyces Polygoni (Pers.) Fuck. Symd. myc. pag. 64: Sace. SyU. VII, part. II, pag. 533, Cavr. Matér. pag. 6. Sopra le foglie del Polygonum aviculare. Dintorni di Pavia. Estate. Forma teleutosporica. 43. Uromyces Trifolii (Alb. et Schw.) Winter Die Pilze, pag. 159; Sacc. Sy. VII, part. II, pag. 534; Pirotta, Z/ench. Fungh. Fav. loc. cit., pag. 393; Puccinia Trifolit Y)C., Nocca et Balbis, FL. ticin. II, pag. 365. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 29. Sulle foglie del Trifolium repens e hybridum. Frequente nei prati attorno a Pavia ove lo raccolsi in tutte tre le forme. 44. Uromyces appendiculatus (Pers.) Link Obsero. II, pag. 28; Sace. Syl. VII, part. II, pag. 535; Uromyces Phaseoli (Pers.) Wint. Die Pilze, pag. 157; Uromyces Phaseolorum De-Bary, Pirotta Elench. Fung. Pav. loc. cit., pag. 392. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 3. Nelle foglie dei fagiuoli. Casatisma presso Pavia. Estate. Forma stilosp. e teleutosporica. 45. Uromyces Geranii (DC.) Otth. et Wartm., Schw. Krypt. N. 401; Sace. Syl. VII, part. II, pag. 535. Essiccati: Cavr. Fung. Longobard. N. 9. Sulle foglie del Geranium nodosum. Monte Tartago, Apennino pa- vese. Autunno. one = 45. Uromyces Pisi (Pers.) De-Bary in Ann. Se. Nat. Sér. IV, T. XX, Sacc. Sy. VII, part. II, pag. 542. Sulle foglie del Pisum sativum. Orti di Pavia. Estate. Forma stilosporica e teleutosporica. 47. Uromyces striatus Schrot. in A%%and/. Schles. Ges. 1869, pag. 11; Sace. SyW. VII, part. II, pag. 542. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 4. Sulla Medicago sativa. Comunissimo presso Pavia. Forma stilosp. e teleutosporica. 48. Uromyces Rumicum (Schum.) Wint. Die. Filze, pag. 145; Sace. SyU. VII, part. II, pag. 544. Sulle foglie di Rumex rupestre ed altre specie coltivate all’ Orto Botanico di Pavia. Estate. 49. Uromyces Astragali (Opiz.) Sace. Sy. VII, part. II, pag. 44; Uromyces apiculatus Lév., Pirotta, Elench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 392. Sulle foglie dell’Astragalus gIycyphyIus. Torre d'Isola presso Pavia, e sulla Colutea arborescens nell Orto Botanico di Pavia. Estate. 50. Uromyces Genistae-tinetoriae (Pers.) Fuck. Symb. mye. pag. 63; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 550; Puccinia Laburni DC., Nocca et Balbis, I. ticin. II, pag. 365, tav. 24, fig. 1; Uromyces Labuni Fuck., Pirotta, Elench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 392; Saccardo Fung. aliquot. ticin. in Michelia, I, pag. 549. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 156. Sulle foglie del Cytisus Laburnum in Val di Staffora, Monte Bo- gleglio, Monte Lesima, Selvazza, da me raccolto e dall'amico Rodolfo Farneti. L’Hariot, ! in una sua recente pubblicazione sopra gli Uromyces delle Leguminose, ritira dalla sinonimia proposta da Winter (Die Pilze, p. 146) e da De-Toni (SyUoge, loc. cit.) la forma che cresce sulla Colutea arborescens rapportandola all’ Uromyces Astragali. 51. Uromyces Lupini Sacc. in N. Giorn. Bot. Ital. 1873, pag. 274; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 554. ! Harior P., Les Uromyces des Légumineuses in Revue mycologiques. Janvier, 1892. | ol Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 55. Sulle foglie del Lupinus albus. Trovamala e Miradolo presso Pavia. Estate. Questa specie andrebbe, secondo l’Hariot (loc. cit.), riferita all’ L- romyces Anthyllidis (Grév.) Schroter. 52. Melampsora farinosa (Pers.) Scroet. Pilze von Schlesien, pag. 360; Sacc. SylI. VII, part. II, pag. 597; Melampsora salicina Tul. Ann. Sc. Nat. 1854, II, tav. VII, fig. 6-7; Pirotta Elench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 394; Sacc. Fung. aliquot. ticinenses in Michelia, I, pag. 549; Uredo Salicis DC., Nocca et Balbis Flora ticin. II, pag. 362, tav. XXV, fig. 4. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 32. Sulle foglie di. diverse specie di Salici. Casteggio. Autunno. 53. Melampsora populina (Jacq.) Lév. in Ann. Sc. Nat. 1843, p. 375; Sacc. Syll. VII, part. II, pag. 590; Pirotta Zlench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 394. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 5. Sul Populus nigra. Montubeccaria, Bormio, Val di Staffora. Estate e Autunno. 54. Melampsora Hypericorum (DC.) Schroet. Brand und Rostpilze, pag. 26; Pilze v. Schlesien, pag. 363; Sacc. Syll. VII, part. II, pag. 591. -Essiccati: Cavr. Fung. Longobard. N. 10. Sulle foglie dell’Iypericum icheri. Monte Lesima (m. 1727 sul mare). Settembre. 55. Melampsora betulina (Pers.) Tul. in Ann. Se. Nat. 1854, pag. 97, tav. VII, fig. 8-9, tav. VIII, fig. 11-12; Sacc. Sy. VII, part. II, pag. 592. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 31. Sulla Betula alba. Falde del Monte Grigna sopra Lecco. Estate. 56. Cronartium flaccidum (Alb. et Schw.) Winter Die Pilze, p. 236; Sace. Sy2. VII, part. II, pag. 598. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 57. Nelle foglie delle Paeonia dell'Orto Botanico, quasi ogni anno. Estate. — ao 57. Puceinia Asparagi DC. Flor. Frane. II, pag. 595; Sace. Sy. VII, part. II, pag. 601. Sui rami dell’Asparagus officinalis. Pavia. Estate e Autunno. 58. Puecinia Gentianae (Strauss.) ‘Link. Sp. pl. II, pag. 73; Sace. Sylt. VII, part. II, pag. 604; Cavr., Matér. pag. 6. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 158. Sulle foglie della Gentiana acaulis. Monte Penice (1400 m.), nella forma ecidiosporica. Sulla Gentiana cruciata a Bormio in Valtellina, ove raccolse il Prof. Briosi, e al nostro Orto Botanico. Forma stilo- sporica e teleutosporica. 59. Puccinia Violae (Schum.) DC. Il. Frane. VI, pag. 92; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 609; Uredo Violae Horn., Nocca et Balbis FI. ticin. II, pag. 361; Puccinia violarum Link., Pirotta E/ench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 390; Sacc. Fung. aliquot ticinens. in Michelia, I, pag. 549. Sulla Viola sylvestris e odorata a Sabbione, Carbonara, nella forma teleutosporica. Gravellone nella forma ecidiosporica sulla Viola tricolor. 60. Puccinia Convolvuli (Pers.) Cast. Obsero. I, pag. 16; Sacc. Sy2. VII, part. II, pag. 610; Cavr. Matér. pag. 6. Sulle foglie della Calystegia Saepium. Torretta presso Pavia nella forma ecidiosporica. Orto Botanico nella forma stilosporica e teleuto- sporica. j 61. Puccinia Pimpinellae (Strauss ) Link. Sp. pl. II, pag. 77; Sacc. Sytt. VII, part. II, pag. 616. Sul ChaerophyUum temulum a S. Pietro in Verzolo. Primavera. Forma uredo e telentosporica. 62. Puccinia graminis Pers. Dispos. Fung. pag. 39, tav. 3, fig. 3; Sace. Sy. VII, part. II, pag. 622; Nocca et Balbis F. ticin. II, pag. 364; Pirotta E/lench. Fung. Pav., loc. cit., pag. 388. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 33 e 59. Su frumento, orzo, segala ed altre graminacee, comunissima nella regione, nella forma stilosp. e teleutosporica. Sul Berbderis vulgaris nella forma ecidiosporica, a Torre d'Isola nelle brughiere. 63. Puccinia coronata Corda Jcon. Fung. I, pag. 6, tav. 2, fig. 96; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 623; Pirotta Zlench. Fung. Pav., loc. cit., pag. 388. — 220 — Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 125. Sull’Avena, Bromus, la forma uredosporica, nei pressi di Pavia; su Festuca, specie varie coltivate all’Orto Botanico, la forma teleutospo- rica, e su diversi R/amnus gli ecidî pure all’Orto Botanico ed a Torre d'Isola nelle brughiere. Il Pirotta trovò le telentospore anche sullo Sparganiam ramosum. 64. Puccinia Rubigo-vera (DC.) Wint. Die Pilze, pag. 217; Sace. Sylt. VII, part. II, pag. 624; Garovaglio Ruggine del grano, p. 10; Pirotta Elench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 388. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 60. Sul frumento e su altre graminacee abbastanza frequente, nella forma uredo e teleutosporica, nei dintorni di Pavia. Gli ecidî si svi- luppano sull’ Anchusa officinalis, Cerinthe minor, ove li raccolsi presso Pavia ed a Casteggio. Estate. 65. Puccinia Rubigo-vera (DC.) Wint. varietà simplex Kérn. in Landw. i. Forst. Zeitung, 1865, N. 50; Sace. SyMt. VII, pag. 625. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 159. Sull’Hordeum distichon. Bormio (Valtellina). Raccolse il Prof. Briosi. 66. Puccinia Caricis (Schiim.) Rebent. FI. Neom. pag. 356; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 626. Sopra Carex maxima le teleutospore a Pavia; sull’Urtica divica gli ecidî, a Stradella (P. Baccarini). 67. Puccinia Phragmitis (Schiim.) Korn. in Hedw. 1876, pag. 179; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 630; Pwccinia arundinacea Hedw. ; Pirotta loc. cit., pag. 388. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 34. Sul Phragmites communis le teleutospore, sul Rumer crispus, obtusi- folius ed altre specie, gli ecidî. Estate e Autunno. Pavia. 68. Puecinia Acetosae (Schiim.) Korn. in Hedwigia, 1876; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 638; Cavr. Matér. pag. 6. Sulle foglie del Rwmex Acetosa. Dintorni di Pavia. Estate. Negli acervuli uredosporici vi trovammo spesso la Dar/uca Filum, che vi si sviluppa parassiticamente. le 6 9. Puecinia Hieracii (Schiim.) Mart., EF. Mosq. pag. 226; Sacc. Sy0. VII, pag. 623; Puccinia compositarum Link, Pirotta Elench. Fung. Pav., loc. cit., pag. 388; Puccinia Flosculosorum ‘Rohel., Cavr. Matér. pag. 7. Sui Tararacum, Leontodon, Centaurea, nella forma stilosp. e teleu- tosporica; comune a Pavia, Montubeccaria (L. Montemartini), Val di Staffora sotto Cencerate. Estate e Autunno. 70. Puccinia Cerasi (Béreng.) Cast. Obs. I, pag. 13; Sacc. Sy2 VII, part. II, pag. 640; Pirotta E/eneh. Fung. Pavia, loc. cit., p. 390. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 35. Sulle foglie del Ciliegio. Torre d’Isola, Casteggio, Montubeccaria. Estate e autunno. 71. Puccinia Balsamitae (Strauss.) Rabenh. DC. IZ. N. 228; Sacc. Sylt. VII, part. II, pag. 647. Sulle foglie del Tanacetum Balsamita. Orto Botanico di Pavia. Estate. 72. Puccinia Pruni Pers. Syn. Lung. pag. 226; Sace. SyU. VII, part. II, pag. 648; Puccinia Prunorum Link, Pirotta loc. cit., p. 390. Sulle foglie del Prunus spinosa a Canneto e del Prunus domestica a Pavia. Estate e Autunno. 73. Puccinia Iridis (DC.) Wallr. in Rabenh. Krypt. Flor. N. 211, Sace. Syll. VII, part. II, pag. 657. Essiccati: Br. e Cavr. Funghi parass. N. 36. Sviluppasi ogni anno sopra alcune specie di Iris dell'Orto Botanico di Pavia; è per altro sempre sotto la sola forma uredosporica che si manifesta, ed anche esaminate nel tardo autunno le piante attaccate, non mi venne fatto ancora di rinvenire le teleutospore. 74. Gymnosporangium clavariaeforme (Jacq.) Rees in Wint. Die Pilze pag. 223; Sace. Syl2. VII, part. II, pag. 737; Cavr. Matér. pag. 7. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 39 e 161. Forma ecidiosporica sul Crataegus Oxyacantha a Varzi e Pornago Val di Staffora, a Corbesassi Val di Trebbia; sul Sordus Aria al Monte Lesima. Estate. SONE 75. Gymnosporangium juniperinum (L.) Fr. Syst. mye. III, p. 506; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 738; Cavr. Matér. pag. 7. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 162, 163. Forma spermogonifera isolata, nelle foglie del Sordus torminalis, a Casteggio; forma ecidiosporica sul Sordus aucuparia, a Como, e sul- l’Amelanchier vulgaris a Bormio (Valtellina, Prof. Briosi). Forma teleu- tosporica sul Juniperus communis a Barrostro, a Corbesassi, nell’Apen- nino pavese. Comune in Estate e Autunno. 76. Gymnosporangium Sabinae (Dicks.) Wint. Die Pilze, pag. 232; Sacc. Syll. VII, part. II, pag. 739; Pirotta Elench. Fung. Pav., loc. cit., pag. 394; Bergamaschi Gita bot. agli Apenn. Boglelio e Lesima, Lett. 2.2, pag. 28; oestelia cancellata Reb., Sace. Fung. alig. ticin. in Mich. I, pag. 550 (Erb. Nocca). Sulle foglie e sui frutti di Pirus communis a Como e Pavia. Sul Pi- rus Cydonia ed altre specie, secondo Bergamaschi, ma non è precisata la località. 77. Phragmidium Rubi (Pers.) Wint. Die Pile, pag. 230; Sace. SyW. VII, part. II, pag. 745; Puccinia Rosae DC., Nocca et Balbis PI. ticin. pag. 364; Phragmidium bulbosum Schlecht., Pirotta Elench. Fung. Pavia, loc. cit,, pag. 387; Phragmidium asperum Sacc. Fung. aligq. ticin. in Michelia I, pag. 386. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 164. Sul Rubus fruticosus e caesius. Torre d'Isola, Mezzana Corte (Pa- via). Bormio (Valtellina, Prof. Briosi). 78. Phragmidium subcorticium (Schrank) Wint. Die Pilze, pag. 228; Sace. Sylloge, VII, part. II, pag. 746; Phrugmidium mucronatum Link, Pirotta Z/lench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 387; Phragmi- dium rosarum Sacc. Fung. alig. ticin. in Michelia, I p. 550; Pucecinia Rosae DC. e Uredo Rosae DC., Nocca et Balbis FM. #ein., II, pag. 363, 364. ; Essiccati: Br. e Cavr. Yungh. parass. N. 8 e 63. Comunissimo sulle rose coltivate, la forma ecidiosporica in prima- vera, la uredo e teleutosporica in estate e autunno. 79. Phragmidium Rubi-Idaei (DC.) Karst. Myc. Fenn., N. 4; Sace. Syll. VII, part. II, pag. 748; Cavr. Matér., pag. 7. — 223 — Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass., N. 64. Sulle foglie del Rubus Idaeus all'’Orto Agrario di Pavia. Autunno. so. Coleosporium Enphrasiae (Schiim.) Wint. Die Pilze, pag. 246; Sace. Sy2. VII, part. II, pag. 752; Cavr. Matér., pag. 7. Sulle foglie e le brattee fiorali del Mel/ampyrum pratense a Montu- . beccaria (Pavia). Raccolse il Dott. Carlo Pollini. Estate. 81. Coleosporium Campanulae (Pers.) Lév. in Ann. Se. Nat. 1847; Sace. Sy2. VII, part. II, pag. 753; OC. campanulacearum Fr., Pi- rotta Zlench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 394. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass., N. 102. Sulla Campanula Trachelium, S. Sofia presso Pavia (Pirotta), sulla Campanula Rapunculus, Orto Botanico di Pavia e dintorni, e sulla Cam- panula rotundifolia, Monte Boglelio e sopra Castellazzo in Val di Staf- fora (R. Farneti). 82. Thecopsora Vacciniorum (Link) Karst. Myc. Fenn., IV, pag. 58; Sacc. Syl. VII, part. II, pag. 765. Essiccati: Cavr. Fungi Longobard., N. 11. Sul Vaccinium uliginosum e Myrtillus. Monte Lesima. Settembre. Prevalentemente nella forma uredosporica. 83. Endophyllum Sempervivi (Alb. et Schwein.) De-Bary Morph. und Biolog. d. Pilze, pag. 304; Sacc. Syl!. VII, pag. 867. Nelle foglie radicali del Sempervivum tectorum. Orto Botanico di Pavia e Monte Lesima. Primavera ed Estate. 84. Aecidium Aquilegiae Pers. con. pict., IV, pag. 58, tav. 23, fig. 4! Sace. SyU. VII, part. II, pag. 777. Sulle foglie dell’Aquzlegia vulgaris. Monte Calenzone e Penice. Estate. 85. Aecidinm Fediae Bergamaschi Gita Bot. agli Apenn., Lett. 2.2, pag. 29!; Balsamo e De Notaris Enumeraz. d. piant. critt. non deser. n. FI. Critt. del Pollini, N. 92!; Pirotta Elench. Fung. Pa- via, loc. cit., pag. 396. Sulle foglie della Valerianelia olitoria. Comune presso Pavia. Il De-Toni, in Sy/l. Sace., VII, pag. 797, ascrive con dubbio questa Arch. Critt. 18 — 224 — specie all’ Aecidium Valerianellae Biv. Bernh. Non potendo io su esemplari autentici stabilire l'identità delle due specie, preferisco adottare il nome di chi, in Lombardia per primo, la descrisse, tanto più che si tratta di matrice diversa. 86. Aecidium Leucanthemi DC. Fl. Frang. VI, pag. 94; Sace. Sy0l. VII, part. II, pag. 804. Sul Leucanthemum atratum. Monte Boglelio (R. Farneti). 87. Aecidinm nymphoidis DC. I. Frane. II, pag. 597; Sace. Sy0I. VII, part. II, pag. 209; Nocca et Balbis 7. ticin., II, pag. 359; Pirotta E/ench. Fung. Pavia, loc. cit., pag. 396; Sacc. Fung. alig. ticin. in Mich., I, pag. 550. Sulle foglie del Lymnanthemum nymphoides. Lanche del Ticino presso Pavia. Estate. 88. Aecidium Leucoji Bergamaschi, Gita Bot. agli Apenn. Boglelio e Lesima, Lett. 2.*, ecc., pag. 29!; Balsamo e De Notaris, Enumeraz. d. piant. critt. in Bibl. Ital., 1832, Cent. I, N. 90! Pirotta, Elench. Fung. Pav., loc. cit., pag. 396; Sacc. SyU. VII, part. II, p. 827. Sul Leucojum aestivum, Boschi del Ticino in estate. 89. Uredo Polypodii (Pers.) DC. FI. Frang. VI, pag. 81; Sace. SyU. VII, part. II, pag. 857. Sulle foglie di diversi Adianthum del gruppo del Capillus Veneris, nelle serre dell'Orto Botanico di Pavia. Estate e Autunno. HYMENOMYCETEAE Fr. Tremellineae Fr. 90. Auricularia mesenterica (Dicks.) Fr. Epier., pag. 655; Sace. Sy. VI, pag. 762. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 12. Sopra tronchi decorticati, nell’Orto Botanico di Pavia e sui legni del Ponte sul Terdoppio a Zinasco. Autunno e Inverno. 91. 93. 94. De 93. SS Exidia glandulosa (Bull.) Fr. Syst. mye., II, pag. 224; Tremella Bull. tav. 420, fig. 1!; Sace. Sy2. VI, pag. 774. Sopra rami secchi caduti di quercia. Boschi del Ticino. Estate. Thelephoreae Pers. . Stereum hirsntum (W.) Fr. Epier. pag. 549; Hym. Eur. pag. 639; Sace. Syll. VI, pag. 563; Telephora hirsuta Witt., Bergam. Os- servaz. micol., pag. 31. Sopra tronchi e legni vecchi. Pavia. Autunno e inverno. Corticium caeruleum (Schrad.) Fr. Epicr. pag. 562; Letell. Supp!- tav. 630!; Sacc. Sy2. VI, pag. 614. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 13. Su legni decorticati umidi all’Orto Botanico di Pavia. Inverno. Corticium incarnatum (Pers.) Fr. Epier. pag. 564; Sace. Sy22. VI, pag. 625. Su rami di Robinia tagliati. Mirabello, Cava Carbonara. Inverno. 5. Peniophora quercina (Fr.) Cooke in GreviZlea, VIII, pag. 20, tav. 125!; Fr. Epicr. pag. 563. Sopra rami secchi di quercia. Boschi del Ticino. Estate e autunno. . Coniophora puteana (Schiim.) Fr. Hymen. Europ. pag. 657, Sace. Syll. VI, pag. 647. Essiccati: Cavr. Fung. Longobard., N. 14. Sopra tronchi vecchi fracidi. Orto Botanico di Pavia. Autunno. Polyporeae Fr. Boletus granulatus Linn. Suec., N. 1249; Fr. Syst. Mye., I, pag. 307; Sverig. Atl. Swamp, tav. 23!; Sace. Syll. VI, pag. 5. Nei boschi del Ticino al Rotone. Autunno. Boletus piperatus Bull. tav. 451, fig. 2!; Fr. Syst. Myc., I, pag. 388; Sverig. Atlas. Swamp., tav. 67!; Sace. Sy0l. VI, pag. 8. — 226 — Raccolto nel bosco dell’ Orto Botanico e nei boschi del Ticino. Estate e Autunno. 99. Boletus edulis Bull. tav. 60 e 494!; Fr. Syst. Mye., I, pag. 382; Sverig. Atlas. Svamp., t. 13!; Vittad. Fung. mang., 168, tav. 22, fix. 5; Bergamaschi Osservaz. micolog., 1822, pag. 38; Nocca et Balbis 77. ticin., II, pag. 335; Sace. Sy2. VI, pag. 29. È la più ricercata fra le specie mangereccie dell'Agro Pavese ed è assai comune nei boschi del Ticino alla fine di estate ed in autunno. 100. Boletus scaber Fr. Syst. Myc., I, pag. 293; Hym. Eur., p. 515; Sverig. AH. Swamp., tav. 14!; Gonn. et Raben. tav. II, fig. 3!; Vittadini Fungh. mang., pag. 212, tav. 28; Bergamaschi Osserv. micol., pag. 45; Sace. Sy0l. VI, pag. 41; Nocca et Balbis £. #- cin., II, pag. 334. Assai meno frequente della specie precedente, si trova qua e là nei boschi del Ticino specialmente al Rotone, in estate e in autunno. 101. 102. via. 103. Fistulina hepatica Fr. Syst. Myc., pag. 396; Hym. Eur., p. 522; Sverig. Atl. Swamp., tav. 25!; Boletus Huds., Schaeff., tav. 116- 120!; Bergamaschi Osserv. micol., pag. 42. Sul tronco di una quercia. Torre d’Isola (Pavia). Autunno. Polyporus sulphureus (Bull.) Fr. Syst Mye., I, pag. 357; Sverdg. Atlas. Swamp., tav. 88!; Sacc. Syl. VI, pag. 104; Boletus Bull. tav. 429! Sopra di un tronco vecchio putrescente nell’Orto Botanico di Pa- Autunno. Polyporus hispidus (Bull.) Fr. Syst. Myc., I, pag. 352; Hym. Europ., pag. 551; Sace. Syt. VI, pag. 129; Boletus Bull. tav. 210, 493!; Bergamaschi Osservo. micol., pag. 41; Nocca et Balbis F7. ticin., II, pag. 337. Comunissimo sui tronchi dei gelsi nell’Agro Pavese. Estate e Autunno. 104. Fomes lucidus (Leys.) Fr. N. S., pag. 61, Syst. Myc, I, p. 353; Hymen. Europ., pag. 537; Krombh. tav. 4, fig. 22-24! B. obliqua- tus Ball. t. 7, 459!; Sacc. Sy. VI, pag. 157. Monte Cesarino sopra Casteggio. Estate. = ago — 105. Fomes ulmarius Fr. Syst. Mycol., I, pag. 365; Hym. Eur., pag. 562; Sace. Sy2. VI, pag. 166. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 167. Alla base del tronco di un secolare Olmo in Pavia. Ho richia- mato altrove! l’attenzione dei micologi sul parassitismo di questo ime- nomicete e sulle dimensioni enormi ch’ esso può raggiungere. Difatti mentre che Fries ed altri micologi gli assegnano appena 10 a 12 cm. di diametro, io ne raccolsi un esemplare di circa 70 cm. Il pileo è di color bianco-giallastro di consistenza suberosa, ed a superficie gros- samente tubercolata; bianca ne è la tessitura interna, mentre i tubuli sono di color cannella chiaro; fra uno strato e l’altro di questi, vi è quasi sempre una striscia di carne bianca. Le ife del contesto attorno aitubuli sono estremamente esili e dànno luogo a basidî ringonfi, globosi che portano quattro sterigmi conici, brevi. Spore, di forma globosa, in- colori, di 7-8 & di diametro. 106. Fomes igniarius (L.) Fr. Syst. Myc, I, pag. 375; Hym. Eur. pag. 559; Sace. SyZ. VI, pag. 180; Boletus Bull. tav. 454! Sopra i tronchi dei Salici. Comune nell’Agro Pavese. 107. Fomes fomentarius (L.) Fr. Syst. Myc., I, pag. 374; Hym. Eur., pag. 558; Sverig. Atl Swamp.,, tav. 62!; Boletus ungulatus Bull. t. 491!; Bergamaschi Osservo. micol., pag. 37; Nocca et Balbis #7. ticin., II, pag. 338. Sopra i tronchi di faggio e di quercia. Selvazza sotto il Monte Lesima e boschi presso Pavia. 108. Polystictus 'perennis (Linn.) Fr. Syst. Mye., I, pag. 350; Hym. Europ., pag. 351; Sacc. SyM. VI, pag. 210; Boletus coriaceus, Bull. tom. 28 e tav. 449, fig. 2!; Bergamaschi Osservo. micol., pag. 39; Nocca et Balbis 7. ticin., II, pag. 336. Raccolto a S. Colombano, nei boschi di Castagno. Estate. 109. Polystictus versicolor (Linn.) Fr. Syst. Mye.. I, pag. 368; Hym. Europ., pag. 568; Sace. Sylt. VI, pag. 253; Boletus Bull. tav. 86!; Bergamaschi Osservo. micol., pag. 36; Sacc., Fung. aliquot. ticinenses in Michelia, I, pag. 548; Nocca et Balbis /Y. ticin., II, pag. 339. 1 Cavara F.. Note sur le parasitisme de quelques champignons in Revue My- cologyque. Oct. 1891. — 228 — Essiccati: Cavr. Fwng. Long., N. 15. Su tronchi di Salice e di altre piante. Comune presso Pavia. Estate e Autunno. 110. Polystietus hirsutus Fr. Syst. Mye., I, pag. 367; Hym. Eur., pag. 507; Sacc. Syll. VI, pag. 257. Sui tronchi di Ontano. Gravellone presso Pavia. Autunno. (L. Pol- lacci). 111. Poria vulgaris Fr. Syst. Myc., I, pag. 381; Hym. Eur., p. 477; Sacc. Syll, pag. 292. Sopra legni vecchi nelle serre dell'Orto Botanico di Pavia. 112. Trametes suaveolens (L.) Fr. Epicr., p. 491; Hym. Eur., p. 384; Krombh. tav. 4, fig. 25!; Tratt. Fung. Austr., tav. 4, fig, 4!; Sacc. Sy22. VI, pag. 338; Bergamaschi Osservo. micol., pag. 37; Sacc. Fung. aliquot. ticin. in Mich., I, pag. 548. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 16. Comurissimo sui Salici presso Pavia. Autunno. 113. Trametes hispida Bagl.? in Ed. Oritt. Ital., sec. Fr. Hym. Eur., pag. 583; Sacc. Sy2. VI, pag. 246; Mycol. ven., p. 54; Mycoth. ven., 21 e 822; Massal. Contr. a. Micol. ver., pag. 49. Sopra pali secchi di Salice. Autunno. Questa specie non si sa se veramente sia del Baglietto o di Fries. Il Saccardo nella Mycologiae Venetae Specimen e nella SyMoge, il Mas- salongo nella Contribuzione alla Micologia Veronese la danno di Ba- glietto colla indicazione: Erd. Critt. Italiano seguendo il Fries che fa tale citazione; ma quale numero dell’Edario Critt. Italiano? mentre non è citata da Hoffmann nel suo Index Fungorum, nè la trovo negli indici a stampa pubblicati per l’ Erbario Critt. Italiano! 114. Daedalea quercina (L.) Pers. Syn., pag. 500; Fr. Syst. Mye., I pag. 333; Hym. Eur., pag. 586; Sacc. SyQ. VI, pag. 370; Nocca et Balbis 77. #cin., II, p. 333; Bergamaschi Ossere. micol., p. 49. Sulle travi del Ponte sul Terdoppio a Zinasco. Agro pavese. In- verno. — 999 Agaricineae Fr. 115. Amanita phalloides Fr. Syst. Mye., I, pag. 13; Hym. Eur., pag. 18; Sverig. Atlas. Swamp., tav. 2!; Sacc. SyMi. VI, pag. 9; Agaricus virosus Vitt. pag. 135, tav. 17!; Agaricus viridis Pers. e A. solitarius DC. Raccolto nei boschi del Ticino al Rotone. Estate. 116. Amanita verna Fr. Hym., pag. 14; Sacc. Sy2. V, pag. 10 (var. della precedente); Agaricus dulhosus vernus Bull. tav. 108!; Vittad. t. 44!; Nocca et Balbis P7/. ticin., IT, pag. 306. E specie assai comune nei boschi del Ticino presso Pavia e per unanime consenso velenosissima. Primavera e principio dell’ Estate. 117. Amanita pantherina DC. Fl. Frane, VI, pag. 52; Fr. Hym. Eur., pag. 21; Vittad. Fung. mang., pag. 304, tav. 39!; Krombh. tav. 29, fig. 10-13!; Viv. t. 26!; Cooke Hym., Ill. tav. 2!; Sace. Syll. V, pag. 14. Ne trovai numerosa famiglia nei boschi del Ticino al Rotone, presso Pavia. Ottobre. 118. Amanita rubescens Fr. Syst. Myc.I, pag. 18; Hym. Eur. p. 23; Krombh. tav. 10!; Vittad. Fung?. mang. pag. 316, tav. 41, fig. 51; Fr. Sver. Atl. Swamp., tav. 74!; Viv. Fung. ital. tav. 22!; Sace. Syll. V, pag. 16. Comunissima nei boschi del Ticino. Pavia. Estate e Autunno. 119. Amanitopsis vaginata (Bull.) Roz. Karst. Huttsw. I, pag. 6; Sace. Syll. V, pag. 21; Agaricus vaginatus, Bull. t. 98 e 512!; Fr. Syst. myc. I, pag. 14; Hym. Eur. pag. 27; Vittad. pag. 126, tav. 16; Nocca et Balbis F/. tie., II, pag. 305; Bergamaschi Osservo. mic., pag. 91. Comunissima nei boschi del Ticino presso Pavia. Raccolsi anche la varietà gialla. 120. Lepiota procera Scop. FI. Carniol., pag. 418; Schaeff. t. 22 e 23!; Bull. t. 78 e 583!; Viv. Fung. it., tav. 8; Vittad. pag. 152, tav. 24! Sacc. SyIl. V, pag. 28; Nocca et Balbis Yor. ticin., II, pag. 308; — 230 — Bergamaschi Ossere. micol. pag. 37; Sace. Fung. Alig. tie. in Mich. I, pag. 547. Grandissimi esemplari raccolti a Santa Sofia presso Pavia. Au- tunno. 121. Lepiota excoriata Schaeff. t. 18 e 19; Viviani Yung. ital. tav. 491; Vittad. pag. 275, tav. 7!; Fr. Sver. Atl. Swamp., t. 18!; Sace. Syll. V, pag. 31. Frequente nei prati e lungo i canali d’irrigazione a Santa Sofia, Boschetti presso Pavia. Autunno. 122. Lepiota cristata Alb. et. Schwein Consp. Fung. Lusat., pag. 145!; Fr. Syst. Myc. I, pag. 22; Hym. Eur., pag. 32; Cooke Ill tav. 29!; Berk. Outl. tav. 3, fig. 7!; Patouill. Tad. anal. 504! Nei campi a Mairano sopra Casteggio in Ottobre, e sul terreno nel nostro Orto Botanico. Novembre. 123. Armillaria mellea Wallrh. Y dar. tav. 1013; Krombh. tav. 43, fig. 2-6!; Fr. Sverig. Atlas Swamp., tav. 36!; Viv. Fung. it. tav. 51!; Vitt. Fung. manger. pag. 16, tav. 3!; Sacc. SyM. pag. 80; Agaricus annularius Bull. tav. 377 e 450, fig. 3!; Nocca et Balbis Fl. Tic. II, pag, 310; Agaricus caudicinus Bull., Bergamaschi Os- serv. mic. pag. 36. Essicati: Br. e Cavr. Fungh. parass., N. 166. Volgare, specialmente alla base dei gelsi, dei pioppi, dei salici nell’ Agro pavese ed in tutta la regione. Autunno. 124. Collybia velutipes Curt. Lond., 4, tav. 70; Sacc. Sy22. V, p. 212; Fr. Hym. eur., pag. 115; Krombh. tav. 44, fig. 6-9! Nocca et Balbis /2. tie. II; pag. 313; Bergamaschi Osservo. mic. pag. 71. Essiccati: Cavr. Fung. Long. N. 17. Sul tronco secco di un olmo. Orto botanico. Autunno. 125. Mycena galericulata Scop. Carr. pag. 555; Agaricus Schaeff. tav. 52!; Bull. tav. 518!; Gonn. et Rab. tav. VII!; Sacc. Sy. V, pag. 268; Pollini Critt. it. bor. in Flor. Ver. pag. 664. Sopra un tronco di pioppo nell’Orto botanico di Pavia. Autunno. — 231 — 126. Pleurotus ostreatus Jacq. Yi. Austr. tav. 288; Fr. Syst- Mycol. 1, pag. 182; Hym. Eur. pag. 173; Sverig. Atl. Swamp. tav. 46!; Vit- tadini Fungh. mang. pag. 25, tav. 4!; Sace. Sy22. V, pag. 355. Sopra legni vecchi non infrequente a Pavia. Estate e Autunno. 127. Pleurotus acerinus Fr. Epicr. pag. 134; Hym. Eur. pag. 175; Sace. Sy2. V, pag. 360. Sul tronco vecchio e quasi secco di Acer rudrum, nel bosco del- l'Orto botanico di Pavia. Autunno. È rara questa specie, nè sono state date, ch'io sappia, figure, talchè la identificazione affidata ai soli caratteri diagnostici mi riescì ma- lagevole. Anche per le dimensioni delle spore vi ha incertezza, trovasi nella Sy/Zoge indicato: sporae minutae 4 mm. diam. subglobosae, e secondo Quélet sarebbero invece, 10-12 y long.; io riseontrai da 7-9 in lun- ghezza, 4-6 in larghezza, forma ellittica ad estremi arrotondati e Vin- feriore brevemente e sottilmente pedicellato. Fries dà per dimensioni del pileo 1-4 une. cioè da 2,5 a 10 cm.; gli esemplari da me raccolti non toccavano mai il massimo di questi estremi, mentre tanti non rag- giungevano il minimo. Si ravvicina al Pleurotus limpidus Fr. (Icon. t. 88, fig. 3!; Cooke IU. tav. 276!), dal quale per altro differisce per essere Vvilloso-sericeo nel pileo e non igrofano, e per le spore le quali sono in questa ultima specie subcilindracee e più piccole. 128. Pleurotus septicus Fr. Syst. Mic. I, pag. 129; Hym. Eur. p. 179; Létell. t. 706!; Cooke IU., t. 259!: Sacc. Sy. V, pag. 375. Sopra rami secchi caduti, nell Orto botanico di Pavia. Estate. 129. Russula virescens (Schaeft.) Fr. Epier. pag. 355; Hym. Eur. pag. 443; Sace. Syll. V, pag. 460; Agaricus Schàff. tav. 94!; Vitt. Fungh. mang. pag. 241, tav. 31; Nocca et Balbis FI. ties. II, pag. 327. Comunissima nei boschi del Ticino in Estate. Per quanto eccellente non è raccolta a Pavia. 130. Russula fragilis (Pers.) Fr. Ep. pag. 359; Hym. Eur. pag. 450; Sacc. Syll. V, pag. 472. Cresce in famiglie numerose nei boschi del Ticino presso Pavia. Autunno. pon P 131. Russula cyanoxantha (Schiiff.) Fr. Monogr. II, pag. 194; Hym. Eur. pag. 446; Patouill. tav. 320! Sace. Syl. V, pag. 465. Non frequente nei boschi del Ticino presso Pavia. Estate. 132. Cantharellus cibarius Fr. Syst. Myc. I, pag. 317; Sverig. Atl. Swamp. tav. 71!; Vittad. pag. 189, tav. 25!; Sacc. Sy. V, p. 482. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 18. Raccolto nei castagneti a S. Colombano e ne’ boschi del Ticino presso Pavia. Estate. 33. Marasmius Oreades Fr. Epicr. pag. 375; Sverig. Atl. Swamp. t. 31!; Sace. SyM. V, pag. 510; Agaricus Bolt.; Vittad. pag. 65, tav. 10, fig. 1! Essiccati: Cavr. Fung. Longobard. N. 19. Cresce in quantità ne’ luoghi erbosi presso Pavia, Argine del Ti- cino, fuori Porta Cairoli. Autunno. 134. Marasmius Rotula (Scop.) Fr. Epicr. pag. 385; Hym. Eur. pag. 477; Gonn. et Rabenh. Myc. Eur. tav. 8, fig. 8!; Sace. Syll. V, pag. 540; Agaricus Scop. Fl. Carn. pag. 456; Bull. tav. 64, 569, fig. 3! Essiccati: Cavr. Yung. Longobard. N. 20. Alla base di grossi tronchi d’alberi ed anche su fuscelli e foglie cadute di quercia. Orto botanico e Boschi del Rotone presso Pavia. Estate e Autunno. Specie variabilissima per le dimensioni del cappello, del gambo e pel numero delle lamelle. Le forme che sviluppansi sui tronchi hanno in generale cappello più grande, gambo più corto e più grosso e molte lamelle, mentre le forme foliicole e ramulicole sono più esili, a piede lunghissimo filiforme, ed a poche lamelle (Vedi Ed. Crett. Ital. N. 1132). Rabenhorst nota 20 lamelle per gli esemplari che dà nei suoi Fungi Eu- ropaei al N. 606, mentre fa osservare che la forma tipica ne ha solo 6a gs. A parte queste diversità di forma, il Marasmius Rotula Scop. di- stinguesi assai bene dagli affini M. epiplyWlus Fr. e Androsaceus L. pel modo d’inserzione delle lamelle sul gambo. * ! V. Horrmann, Beitrige z. Entwickel. u. Anatom. d. Agaricinen in Bot. Zett. 1860, pag. 389, t. XIV. — 233 — 135. Panus stypticus (Bull.) Fr. Epicr. pag. 399; Hym. Eur. p. 489; Agaricus Bull. tav. 140 e 557!; Schaeff. t. 208!; Krombh. t. 44!; Sacc. Syll. V, pag. 623; Nocca et Balbis 7. ticin. II, pag. 331; Enchir. pag. 200; Bergamaschi Osserv. micol. pag. 51. Essiccati: Cavr. Fung. Long. N. 21. Sopra tronchi tagliati di Alnus glutinosa. Bosco di Ca della Terra presso Pavia e sul salice a Zinasco. Autunno e Inverno. 136. Lenzites betulina (L.) Fr. Epicr. pag. 405; Hym. Eur. pag. 493; Sacc. SyU. V, pag. 638; Daedalea Fr. Syst. mycol. I, pag. 335; Nocca et Balbis 7. tic. II, pag. 332. Sopra le assi di una cateratta. Santa Sofia. Autunno. 137. Schyzophyllum commune Fr. Syst. Myc. I, pag. 333; Hym. Eur. pag. 492; Krombh. tav. 4, fig. 14-16! Sacc. Sy2. V, pag. 655; Agaricus alneus Linn. Bull. tav. 346, 581, fig. 1! Nocca et Balbis FI. ticin. II, pag. 331; Enchir. pag. 201; Bergamaschi Osservo. micol. pag. 50. Sopra vecchi tronchi nell’Orto botanico di Pavia. 138. Volvaria parvula Weinm. Ross. pag. 238; Fr. Hym. Eur. p. 184; Patouill. Tad. anal. 332!; Cooke Hym. IU. tav. 300 b; Sacc. Syl2. V, pag. 663; Agaricus volvaceus minor Bull. tav. 330!; Nocca et Balbis Y?. ticin. II, pag. 306; Amanita pusilla Bergamaschi Os- serv. micol. pag. 91. Ne trovai un solo esemplare in un viale dell'Orto botanico di Pavia. E già stato notato, del resto, dagli autori che questo funghetto cresce sporadico negli orti. 139. Pholiota terrigena Fr. in Vetes. Akad. Forh. 1851, pag. 49; Hym. Eur. pag. 215; Icon. tav. 103, fig. 1!; Cooke I. Brit. Fungi tav. 349! Sace. Syll. V, pag. 737. Fra i muschi in terreno umido ne’ boschi del Vicino, Pavia. Nella SyMloge del Saccardo sono date per le spore le dimensioni 10 © 4-6 y; nei miei esemplari, i cui caratteri morfologici esterni li fanno ascrivere a questa specie, riscontrai invece 12-14 = 5-7 p. 140, Pholiota mutabilis Schaeff. tav. 9! (sub. Agarie.) Fr. Hym. Eur. pag. 225; Sverig. Atl. Sw. tav. 47!; Cooke II. tav. 355; Sace. Syll. V, pag. 758: Agaricus caudicinus Pers., Nocca et Balbis 141. 142. — 294.— FI. ticin. II, pag. 310; Agaricus annularius Bull., Bergamaschi Osserv. micol. pag. 89. Nei boschi del Ticino al Rotone. Estate. Agaricus arvensis Schaeff. t. 310, 311!; Fr. Hym. Ew. p. 278: Sverig. Atl. Swamp. tav. 4!; Cooke IU. tav. 523!; Sacc. Syll. V. pag. 994; Agaricus exquisitus Vitt. Fung. mang. pag. 146, tav. 18! Nel margine dei campi presso il Cimitero di Pavia. Autunno. Agaricus campestris Linn. Spec. n. 1205; Fr. Syst. mye. I p. 281; Hym. Eur. pag. 279: Sverig. Atl. Swamp. tav. 5!; Cooke IU. t. 5264; Sace. Syll. V, pag. 997; Vittad. Fungh. mang. pag. 41, tav. 6-8! Bergamaschi Ossero. micol. pag. 66; Agaricus edulis Pers., Nocca et Balbis II, pag. 322. Comune nei prati, lungo le vie presso Pavia, ove peraltro non è affatto raccolto. Autunno. 143. Hypholoma fasciculare Huds. /. Angl. pag. 615: Sace. Sy22. V. pag. 1029, Fr. Hym. Eur. pag. 290: Cooke 17. t. 561!; Patouill. Tab. anal. N. 116!; Sacc. Fung. aliq. ticin. in Michelia I, p. 547; Agaricus pulverulentus Bull., Nocca et Balbis II, pag. 323; Berga- maschi Osservo. micol. pag. 68. Essiccati: Cavr. Fung. Long. N. 22. E comunissimo alla base degli alberi ed anche sul terreno. Lo raccolsi nei boschi del Ticino, a Mirabello e nell’Orto botanico. 144. 145. Coprinus atramentarius (Bull.) Fr. Epicr. pag. 243; Hym. Eur. pag. 322; Sacc. Sy. V, pag. 1081; Cooke 7. t. 663!; Patouill. Tab. anal. 452!; Agaricus Bull. tav. 164!; Nocca et Balbis F7. tie. II, pag. 318; Bergamaschi Osserv. micol. pag. 62. E assai frequente nei luoghi erbosi umidi presso Pavia. Autunno. Coprinus Digitalis (Batsch.) Fr. Epicr. pag. 249; Hym. Eur. pag. 227; Sace. Syll. V, pag. 1095; Agaricus deliquescens Bull. tav. 437!; Nocca et Balbis #7. ticén. II, pag. 320; Enchir. p. 192; Bergamaschi Osservo. micol. pag. 64. Essiccati: Cavr. Fung. Longobard. N. 23. Cresce copioso nel bosco dell’Orto botanico di Pavia ed anche nelle stesse serre, sulla sabbietta. E specie affine assai al Coprinus mi- — 235 — caceus (Bull) Fr., dal quale si distingue per l'assenza delle squamette sul pileo e per le spore assai più grandi, come anche affinissimo è al C. congregatus il quale distinguesi per avere stipite assai più corto e per essere più gregario. Questo è forse a considerarsi una varietà del precedente. 146. Psathyrella disseminata Pers. Sym. pag. 403 (sub Agarie ); Sace. Syll. V, pag. 1134; Fr. Hym. Europ. pag. 316; Patouill. Tab. anal. 351! Cooke IQustr. tav. 657! Poll. Crittog. Ital. bor. pag. 652. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 24. Nel bosco dell’ Orto botanico e nelle serre, sul terreno e sui vecchi tronchi. Comunissima. Gasteromyceteae wWilld. 147. Tulostoma mammosum (Mich.) Fr. Syst. mycol. III, pag. 42; Corda Icon. VI, tav. III, fig. 39!; Sace. Sy. VII, part. I, p. 60; Lycoperdon mammosum Bull. tav. 294 e 471, fig. 2!; Tulosloma bru- male Pers., Nocca et Balbis 77. ticin. II, pag. 352; Bergamaschi Osserv. micol. pag. 101. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 25. In prati e campi sabbiosi. Torre d’Isola (Pavia). Autunno. 148. Geaster fornicatus (Huds.) Fr. Syst. Myc. III, pag. 12; Gre- villea II, tab. XV, fig. 2! Sacc. Sy. VII, part. I, pag. 73: Geaster quadrifidum DC., Poll. Critt. Ital. bor. in FI. Ver. III, pag. 717. Esiste nella collezione dell’ Orto botanico un esemplare raccolto nei dintorni di Pavia senza’ altra indicazione. Il Pollini poi lo nota della provincia di Brescia raccolto dal Zantedeschi. 149. Geaster fimbriatus Fr. Syst. Mye. III, pag. 16; Sace. Sy2. VII, pag. 82; Thiim. Mycoth. Univers. 411!; Cooke Brit. Pumg. Exsice. 213!; Fuck. Fung. Ihen. 1266! Ne raccolsi diversi esemplari in un bosco di robinie a Santa Sofia in Autunno. Sono stato alquanto incerto se riferirlo al G. rufescens Pers., perchè le lacinie erano piuttosto rossastre, ma questa specie ha colu- mella, per quanto piccola, mentre il G. fimbriatus ne è privo. Di più, come in quest’ ultimo, la boccuecia non è dentata ma frastagliata irre- golarmente. o 150. Geaster hygrometricus Pers. Syn Fung. pag. 135; Sace. Syl8. VII, pag. 90; Vittad. Monogr. Lycop. pag. 168, t. 1, fig. 8! Nocca et Balbis Fl. Tic. II, pag. 252; Bergamaschi Osservo. micol. p. 100. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 26. Lo trovai abbastanza copioso nelle brughiere di Santa Sofia (Pavia). Autunno. 151. Lycoperdon gemmatum Batsch. Elench. Fung. pag. 147; Sace. Syll. VII, pag. 106. Lycoperdon proteus Bull. tav. 435!; Nocca et Balbis £7. ticin. II, pag. 353; Bergamaschi Ossero. micol. p. 103. E comunissimo nei boschi del Ticino presso Pavia. 152. Lycoperdon excipuliforme Scop. MI. Carn. pag. 488; Sace. Sy2. VII, pag. 108; Fr. Sverig. Atlas. Swamp. tav. 73!; Bull. Champ. tav. 450!; Nocca et Balbis 7. zicîn. II, pag. 711; Bergamaschi Osserv. micol. pag. 102. Nei boschi umidi e nei prati presso Pavia. Estate e Autunno. 153. Lycoperdon Bovista Linn. Spec. Plant. N. 1653; Sace. Sy2. VII, pag. 109; Lycoperdon gigantewm Batsch., Nocca et Balbis PU tie. pag. 353; Bergamaschi Ossero. micol. pag. 102. Boschi della Cascina del Sale presso Pavia. Primavera. Un enorme esemplare raccolse il sig. G. Traverso. 154. Lycoperdon furfuraceum Schaeff. Icon. tav. 294!; Sace. Sy2. VII, pag. 110; Bovista pusilla Pers. Comune assai nei campi e prati sabbiosi. Mirabello, S. Sofia, Torre d'Isola. Estate e autunno. 155. Lycoperdon saccatum Wallh. 7. Dan. t. 1139; Sace. Sy2. VII, pag. 128; Fr. Syst Myc. III, pag. 35; Cooke Fung. Britt. Ess. 213!. Ne raccolsi un esemplare a S. Lanfranco che confrontato con quello dei Fungi Britannici di Cooke coincide tanto pei caratteri esterni che per le spore le quali sono verruculose, misurano 3, 5 - 4, 5L e sono di color bruno-chiaro. 156. Seleroderma vulgare Horn. F/. Dan. t. 1969; Sace. SyU. VII, pag. 134; S. spadiceum Pers. Syn. pag. 155; Nocca et Balbis r2. ticin. II, pag: 355. ui Cavr. Fung. Longob. N. 27. Cresce in famiglie all'orto botanico e lo raccolsi anche presso Mi- rabello, a Torre d’Isola nei canali sabbiosi all’ asciutto. Autunno. 157. Seleroderma Geaster Fr. Syst. Mye. III, pag. 46; Sace. Sy. VII, pag. 138; Sorok. Matér. Fl. As. tav. 4, fig. 47, 48! Un solo esemplare, della grossezza di un pugno, trovai ai Boschetti di Torre d’Isola (Pavia). Autunno. Phalloideae Fries. 158. Ictyphallus impudicus (L.) Fr. Syst. Mycol. II, p 283; Sace. Sylt. VII, part. I, pag. 8; Phallus. Linn. Suec. n. 1261; Balbis et Nocca F7. tic. II, pag. 304. i E abbastanza frequente nei campi sabbiosi e all’ Orto botanico di Pavia. Autunno. 159. Clathrus cancellatus Tourn. Instit. t. 329; Sacc. Sy2. VII, p. 19; Balbis et Nocca 7. tic. pag. 304. Anche questa specie la raccolsi lungo le strade presso Pavia e nell’ Orto Botanico. Autunno. Nidulariaceae Fr. 160. Cyathus vernicosus (Bull.) DC. F, Frane. II, pag. 270; Sace. Sylt. VIII, part. I, pag. 38; Balbis et Nocca £/. Ticin. II, p. 304. Essiccati: Cavr. Fung. Longo). N. 28. Raccolto a Santa Sofia presso Pavia e all’Orto botanico. Molti esemplari si avvicinano alla varietà agrestis (Pers.) Tul. DISCOMYCETEAE Fr. Gymnoasceae Baranet. 161. Taphrina caerulescens (D. et M.) Tul. Ann. Se. Nat. 1866, pag. 127!; Sace. Sy. VIII, pag. 814; Eroascus Sadeb. Unters. iiber. d. Pilzgatt. Eroascus 1884, pag. 111, tav. 4, fig. 24! Briosi e Cavr. Fung. parass. N. 67. — (9981 — Sulle foglie della Quercus Cerris a Bralello, Apennino pavese (R. Farneti). 162. Exoascus aureus (Pers.) Sadeb. Pil2gatt. Eroascus pag. 118, tav. IV, fig. 23!; Erineum Pers. Syn. pag. 700; Ascomyces Magn. in Hedw. 1875, pag. 2! Sacc. Hung. Ital. N. 1281! Taphrina aurea Fr. Obs. pag. 217; Tul. Ann. Sc. Nat. 1866, pag. 126; Sacc.. SyU. VIIL pag. 812. Essicc. Br. et Cavr. Fungh. parass. N. 168. Sulle foglie del Populus nigra. Val di Staffora Apennino pavese; Bormio (prof. Briosi). La presenza di una cellula basilare negli aschi ci fa riferire questa specie al genere Exoascus di Fuckel. Tale cellula basale, osservata anche dal Frank (Handbuch der Krankheiten der Pflanzen pag. 523, dove anche sono date due figure), si può mettere in evidenza coi rea- genti, specialmente il jodio, da solo o coll’acido solforico e sopratutto il cloralio. È molto piccola in confronto dell’asco ed ha forma conica coll’apice ottuso e rivolto verso il mesofillo. Non la osservò nè la figurò lo stesso Sadebeck nel sopracitato la- voro (sebbene abbia egli riferita questa specie al genere Eroascus), ma il Frank la chiamò processo radiciforme (wurzelartige Fortsatze) pro- veniente dalla formazione di un sepimento trasversale nell’ asco. Molta incertezza vi è poi a riguardo del numero delle spore per ogni asco e dirò anzi intorno alla presenza di queste spore; dappoichè quasi tutti quelli che hanno descritta e figurata questa specie danno per spore di essa le formazioni conidiche saccaromicetiformi che si rinvengono negli aschi a maturanza. Lo stesso Sadebeck loc. cit. non osserva altro che le ascospore hanno un diametro di 4, e germinano già fin nello stesso asco con specie di conidii saccaromicetoidi che poi in numero più o men grande riempiono l’asco; ma non dice quante siano le spore, nè le sue figure sono di più esplicative. Io osservai di questi aschi dall’ estate fino all’ autunno, ma nel maggior numero di essi non trovai, in principio, che la sostanza omo- genea colorata in giallo aranciato la quale poi diminuisce poco a poco fino che si presentano a maturanza le numerose sporicine di forma simile a quella de’ funghi fermenti. Solo in qualche caso potei scorgere qualche più grossa massa di plasma, a contorno non ben definito che non saprei ben paragonare alle spore di altre specie, per es. dell’ Eroascus Pruni, deformans, Ulmi, Taphrina Ostryae, ecc. Credo perciò che ulteriori investigazioni siano necessarie intorno allo sviluppo di questo micete. — 239 — 163. Exoascus Pruni Fuck. Enum. Fung. Nassov. pag. 29; Sadeb. Exosc. pag. 111, fig. 16!; Sace. Sy. VIII, pag. 817. Essiccati: Brios. e Cavr. Fung. Parass. N. 105. Lo raccolsi sopra i frutti del Prunus domestica nell'orto botanico di Pavia e del Prunus spinosa a Corbesassi sotto il Monte Lesima. Prima- vera ed estate. 164. Exoascus deformans (Berk.) Fuck. Symd. pag. 252; Sadebeck Exoascus pag. 119, fig. 19; Sace. Sy. VIII, pag. 816. Essiccati: Briosi e Cavr. Fungh. parass. N. 104. Comune sulle foglie dei Peschi negli orti di Pavia. Primavera. 165. Exoascus Ostryae Massal. Herd.; Sace. Sy. VIII, pag. 818, Br. e Cav. Fung. parass. N. 169; Taphrina Ostryae Mass. Contrib. alla Micol. Veronese, pag. 58, tav. 5, fig. 31! Sull’Ostrya carpinifolia sotto a Bralello Apenn. pavese. Settembre. 166. Exoascus Ulmi Fuck. $ymd. Nactr. II, pag. 149; Sadeb. Exroa- scus pag. 120, f. 14-15! Sace. Sy. VIII, pag. 819. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 133. Raccolto sulle foglie dell’Ulmus campestris nell’Orto botanico di Pavia ed a Montubeccaria. (L. Montemartini). 167. Ascodesmis nigricans Van Thieghem. Bull. d. Za Soc. bot. de France 1876, pag. 271; Cavr. Matér. de Myc. Lomb. pag. 7; Sace. Syli. VIII, pag. 825. Sopra escrementi umani secchi, sull’argine del Ticino presso Pa- via. Settembre. Ascoboleae Bond. 168. Ascobolus furfuraceus Pers. Obser. I, pag. 33, tav. 4, fig. 3-61; Boud. Ascob. pag. 26, tav. 6, fig. 6-10!; Sace. Sy. VIII, pa- gina 516. Sul fimo di vacca. Nei campi a S. Lanfranco presso Pavia. Au- tunno. 169. Ascobolus immersus Pers. Sym. pag. 677; Sace. Syll. VIII, pa- gina 523; Cavr. Matér. pag. 7. Arch. Critt. 19 i) Sul fimo di cavallo. Dintorni di Pavia. Estate. 170. Ascobolus macrosporus Crouan. Ann. d. Sc. Nat. 1857, VIII, tav. 4, fie. B.; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 8; Sacc. SyUl. VIII, pag. 525. Sul fimo vaccino. Torre d’Isola presso Pavia. Estate. Ebbi già occasione nel primo mio contributo (loc. cit.) di accennare ai caratteri che distinguono questa specie dalla precedente e sopratutto alla forma ed alle dimensioni delle spore che sono più piccole e più de- cisamente ellittiche. Nella SyZoge del Saccardo Vol. VIII p. 523, ove pure sono riportate le mie osservazioni, l’ Ascobolus macrosporus è de- signato quale varietà della precedente specie. 171. Saccobolus neglectus Boud. Ascod. pag. 41, tav. IX, fig. 20!; Sace. Syti. VIII, pag. 526. Nel fimo vaccino al Monte Lesima. Estate. 172. Saccobulos Kerverni Boud. Ann. Sc. Nat. V, Ser. T. X, pag. 229, tav. 8, fig. S!; Sace. Sy2. VIII, pag. 524; Cavr. Matér. pag. 9. Sul fimo di vacca. Dintorni di Pavia. Estate. 173. Aseophanus Aurora (Cr.) Boud. in Ann. Se. Nat. V Ser., T. X. pag. 248, tav. 11, fig. 36! Sace. Sy. VIII, pag. 529; Peziza Crouan. Fl. Finist. pag. 13. Sul fimo di vacca insieme a Sporormia intermedia e Saccobolus Kerverni. Monte Lesima. Sul fimo di cavallo nei dintorni di Pavia. Istate. Bella specie questa, facilmente distinguibile per la piccolezza de- gli apotecii ('/,-'/, mm. di rado 1 mm.) che sono di colore giallo-aran- ciato. Gli aschi misurano 60-70 y in lunghezza e le spore solo 10 5-6; le parafisi sono spesso bi-trifurcate, clavulate e adunche all'apice, con minute gocciolette aranciate. 174. Ascophanus carneus (Pers.) Boud. Ascob. in Ann. Se. Nat. Ser. V, Tom. X, pag. 250, tav. 12, fig. 38!; Sacc. Sy2. VIII, pag. 534. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 29. Sul fimo di vacca secco, insieme a Sporormia minima. S. Sofia presso Pavia. — o 175. Ascofanus subfuseus Boud. loc. cit. pag. 242, tav. 10, fig. 18; Cavr. Matér. pag. 9; Sace. SyM. VIIL Sopra escrementi umani. Bastioni di Pavia. Estate. 176. Lasiobolus pilosus (Fr.) Sacc. Sy. VIII, pag. 537. Ascophanus Boud. loc. cit. pag. 252, tav. 12, fig. 42 a 44!: Peziza stercorea Fr. Syst. II, nag. 87; Poll. Critt. Ital. bor. in FI. Ver. III, pag. 507. Sul fimo vaccino al Monte Lesima. Estate. È alla varietà equinus di Boudier che i nostri esemplari vanno ri- feriti, per quanto il Boudier faccia la varietà vaccinus che pei suoi caratteri si scosta alquanto dalla nostra. I concettacoli misurano da '/, a 1 mm. e sono di color giallo-rossastro, talora verdognoli, come os- serva il Boudier, per intrusione di Profococcus.. Quando sono chiusi hanno forma globosa o conica, gli aschi sono clavati o saccati, più o meno ristretti all’apice e le parafisi esilissime, semplici o di rado forcute, con granulazioni giallastre; spore jaline volgenti un po’ al giallo 20-24 è 10-16 v, spesso avvolte da una zora di muco, e le setole del ricetta- colo gialliccie, un po’ rigonfie e curve alla base. Pezizeae Fr. 177. Acetabula vulgaris Fuck. Symb. Mycol. pag. 330; Sace. Syli. VIII, pag. 58; Peziza acetabulum Linn. Sp. pt. II, pag. 1650; Bull. t. 485!; Patouill. Vad. anal. 162!; Vittad. Fungh. mang. pag. 236, tavola 30, fig. 2!; Bergamaschi Osservo. micol. pag. 24; Poll. FY. Ver. III, pag. 562. In un’aiuola di un orto privato di Pavia. Autunno. 178. Peziza luteo-nitens B. et Br. Brit. Fung. N. 255; Cooke Mycogr. fig. 205!; Sace. Sy. VIII, pag. 74. Sulla terra argillosa a S. Alessio in provincia di Pavia. Autunno. Questa specie, tanto nel Catalogo dei Funghi italiani dei prof. Sac- ‘cardo e Berlese, quanto nella Sy/vge, non è indicata per l’Italia. Io ne trovai numerosi esemplari sul margine argilloso di un canale irrigatorio, nè credo di essermi ingannato nel riferimento. È una peziza appariscen- tissima, di un bel giallo aranciato, risplendente, a cupolette per lo più piane, fittamente gregarie, talora concave e ripiegate irregolarmente. Le spore, gli aschi e le parafisi coincidono perfettamente colle figure del Cooke (loc. cit.). = papi 179. Pyronema subhirsutum Schum. /?. Dan. 1787, fig. 2 et 1788, fig. 1 (Peziza); Sace. Syll. VII, fig. 108; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 9. Sopra sterco umano. Alla Sora presso Pavia. Autunno. 180. Laenea scutellata Linn. Suec. pag. 458; Sace. SyW. pag. 173; Peziza Bull. tav. 10!; Cooke Mycogr. fig. 131!; Patouill. Tav. anal. 81!; Nocca et Balbis FY. ticin. II, pag. 349; Bergamaschi Ossero. mycol. pag. 26: Sace. Fung. aliq. ticin. in Mich. p. 551. Su tronchi secchi di Alnus glutinosa. Bosco di Ca della Terra presso Pavia. Autunno. 181. Lacnea umbrorum Fr. Syst. mycol. II, pag. 85 e 612 (Sub. Pe- ziza); Cooke Mycoygr., fig. 138!; Patouill. Tad. 168!; Sace. Sy2. VIII, pag. 174. Sopra muschi in una vaschetta dell'Orto botanico. Autunno. Apotecii non mai superiori a 5 o 6 mm. nei miei esemplari. 182. Lacnea setosa Nees Sysf. pag. 260, fig. 275 (Sub. Peziza); Fr. Syst. Mye. II, pag. 87; Cooke Mycogr. fig. 133!; Sace. SyM. VIII, pag. 182. Sopra vecchi tronchi nelle Serre dell'Orto botanico di Pavia. Estate e autunno. 183. Ciboria ciliatospora Fuck. Symb. pag. 311, tav. IV, fig. 36; Sace. Sy2l. VIII. pag. 205, Var. minor Sace. et Berl. Miscell. Mycol. II, pag. 29, tav. 8, fig. 8; Helotimn Verbenae Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 8, Planch. I, fig. 3. Sopra rami secchi di Verdena officinalis. Sui bastioni di Pavia in autunno. 184. Helotium vitigineum De Not. Rettif. al profil. d. discom. in Comm. Soc. Critt. Ital. I, pag. 377!; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 8; Sace. Syll. VIII, pag. 229. Sopra sarmenti secchi di vite. Orto botanico di Pavia. Autunno. 185. Helotium salicellum Fr. Summa Veget. Scand. pag. 356; Sace. Fung. Ital. N. 1344! Syll. VITI, pag. 230; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 8. — e Sopra rami morti di Sali» «lda e triandra. Dintorni di Pavia. Au- tunno. 186. Dasysceypha clandestina (Bull.) Fuck. Symb. pag. 305; Fung. Ehen. 1202!; Sace. Sylt. VIII, pag. 458; Peziza Bull. Champ. pag. 251!; Patouill. pag. 126, tab. 283! Sopra rami secchi di Corylus alle falde dei Monte Penice, alto Apennino pavese. Estate. Ricettacoli più grandi di quelli degli esemplari di Fuckel. (Fungi Rhenanî). 187. Nyptera longiasca Cavara; Pyrenopeziza longiasca Cavr. Mater. d. Mycol. Lomb. pag. 8, tav. 1, fis. 1. Apotheciis gregariis, breviter stipitatis, nigris, verticaliter erimie ru- goso-plicatis, *|,-1 mm. diam., poro, primo exiguo, demum amplo, pertusis; disco concavo albido; ascis cylindraceis, gracilibus 100 = 3-4 f, basi le- niter constrictis, apice obtusatis, octosporis, paraphysibus filiformibus continuis commixtis; sporulis cylindraceis vel ellipticis, obtusiusculis, rectis vel obso- lete curvulis, uniseptatis, utrinque nueleolo polari auctis, Iyalinis 10-12 a 23 u. Sopra rami secchi di Rosa spinosissima. Monte Lesima, alto Apen- nino pavese. Estate (R. Farneti). Seguendo la Sy//oge Fungorum del Saccardo porto nel genere Nyp- tera di Fries, questa specie da me precedentemente descritta sotto il genere Pyrenopeziza di Fuckel, (al quale invero spetterebbe pei carat- teri offerti dal concettacolo fruttifero), per avere spore bicellulari. Phacidiaceae Fr. 188. Pseudopeziza Trifolii (Biv. Bernh.) Fuck. Symb. pag. 290. Sace. SyU. VIII, pag. 723, Cavr. App. Patol. veget. pag. 4, tav. VI, fig. 7-10; Matér. Mycol. Lomb. pag. 8; Ascobolus Biv. Bernh. Mamnip. pag. 27, tav. 6, fig. 5. Essiccati: Br. e Cav. Fung. Parass. N. 68. Abbastanza frequente sulle foglie di Tyjfolium repens. Dintorni di Pavia. 189. Pseudopeziza Trifolii forma Medicaginis Cavr. App. d. Patol. veget. p. 6, tav. I, fig. 7-10; Perizia Lib. Fung. Ard. N. 90! P. Me- = dee dicaginis Sace. Sylt. VIII, p. 724; Cavr. Matér. Mycol. Lomb. p. 8; Phacidium Medicaginis Lib., Sacc. Fung. alig. ticin. in Mich. I, pag. 551; Puccinia Trifolii Nocca et Balbis F/. ticin. II, pag. 365. Sulla Medicago sativa e falcata. Dintorni di Pavia e Stradella (P. Baccarini). Estate. 190. Rhytisma acerinum (Pers.) Fr. Syst. mye. II, pag. 569; Tul. Car- pol. III, pag. 116, t. 15, fig. 9-12!; Sace. Sy. VIII, pag. 753; Pung. alig. ticin. in Michelia I, pag. 551; Xyloma Pers. Nocca et Balbis FY. ticin. II, pag. 301, tav. 25, fig. 5!. Sulle foglie dell’ Acer campestre. Nei boschi del Ticino presso Pavia. Estate e Autunno. 191. Rhytisma salicinum (Pers.) Fr. Syst. Mye. II, pag. 568; Sace. Syli. VIII, pag. 753. Xyloma salicinun Pers. Disp. meth. pag. 5, t. 2, fig. 4; Pollini Critt. Ital. Bor. in FI. Ver. III, pag. 752. Sopra il Salixr alba, purpurea e migricans. Torre d'Isola presso Pavia; Fosso dei Cagnassi in Val di Staffora. Autunno. Patellarieae Fr. 192. Heterosphaeria Patella (Tode) Grev. Scott. Cryph. FI. tav. 103; Sace. Fung. Ital. N. 136; SyM. VIII, pag. 775; Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 7. Sopra varie ombrellifere. La raccolsi presso Pavia ed al Monte Penice, alto Apennino pavese. PYRENOMYCETEAKE Fr. p. p. Perisporiaceae Fr. 193. Sphaerothaeca pannosa (Wallr.) Lév. Ann. Se. Nat. 1851, XV, pag. 138. tav. 6, fig. 8!; Sacc. SyU. I, pag. 3; Cavr. Matér. Mye. Lomb. pag. 9. Forma conidica. Essiccati: Br. e Cavr. Hung. parass. N. 10. Sulle rose coltivate, delle quali attacca le foglie, i giovani rami, i bottoni; e sulle foglie dei peschi (Lodi). Orto botanico di Pavia. ue 194, Sphaerothaeca Castagnei Lév. in Ann. Se. Nat. 1851 XV, p. 139, tav. 6, fig. 9 e 10! Sacc. SyZ. I, pag. 4; Pirotta Fung. d. Pavia in N. Giorn. bot. It. VIII, pag. 397; Cavr. Matér. Mycol. Lomb. p. 9. Essiccati: Br. e Cavr. /ung. parass. N. 41. Forma conidica sull’ Humus Lupulus, Cucurbita specie coltivate. Forma ascospor. sullo XantRixm Strumarium. Dintorni di Pavia. Estate. 195. Sphaerotheca Epilobii (Link) De Bary Syst. ue. d. Erysiph. in Beitrig III, pag. 48, ed in Hedw. 1871, pag. 68; Sace. Sy2.I, p. 4; Wint. Die Pilze p. 27. Essiccati: Cavr. Fung. Longobard. N. 30. . Sulle foglie, sui rami e sui frutti di Epwobawm Nirsutum. Sopra Varzi, lungo la Staffora. Settembre. Specie rara, dal Fuckel considerata come varietà o forma della Sph. Castagnei (Symb. pag. 79, Fung. Rhen. N. 713!). Ne differirebbe per il micelio densissimo, il quale ricopre d'un feltro grosso bianca- stro, gli organi che affetta. I peritecî fittamente aggregati sono glo- boso-depressi, giallo-bruni, con appendici ascendenti, cilindracee, gial- lastre, qua e là settate. Gli aschi misurano 70 a 80 » in altezza, 50 a 60 in larghezza, sono ovali, ristretti in alto, con breve peduncoletto asimmetrico e con parete assai grossa tranne all'apice ov’ è più sottile assai. Le otto spore sono ellittiche od ovali e misurano 15-18 = 8-10 w. 196. Phyllactinia suffulta (Reb.) Sace. Mich. II, pag. 50; Sacc. Sy. I, pag. 5; Cavr. Mater. pag. 9, Pl. guttuta (Wallr.) Lév. in Ann. Se. Nat. 1851 T. VI, p. 144, t. 7, fig. 11; Pirotta L/. Hung. Pavialoc. cit. pag. 397. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 11. Salla pagina inferiore dell’Alnus glutinosa e del Frawinus excelsior. Comune. Estate e autunno. 197. Uncinula adunea (Wallr.) Lév. in Ann. Se. Nat. 1851 T. XV, pag. 151, t. 7, fig. 15! Sace. Syd. I, pag. 7; Pirotta Eench. Fung. Pavia loc. cit. pag. 397, U. Salicis (DC.) Wint. Die Pilze II, p. 40. Essiccati: Br. e Cavr. £ung. parass. N. 69. Sulle foglie del Populus nigra. Pavia. Autunno. 198. Uneinula Aceris (D. C.) Sace. Sy. I, pag. .8; Pirotta Z/ench. Pumg. Pavia loc. cit. pag. 397. ol Sulle foglie dell’ Ace» campestre. Boschi del Ticino. Pavia. Au- tunno. 199. Microsphaera penicillata (Wallr.) Lév. in Ann. Se. Nat. 1851, T. XV, pag. 155, t. 8, fig. 21; Sace. SyW2. I pag. 13. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 40. Sulle foglie di A/nus glutinosa. Pavia. Autunno. 200. Microsphaera Lonicerae (DC.) Wint. Die Pilze II pag. 36; M& crosphaera Dubyi Lev. in Ann. Se. Nat. III Ser. Tom. 15 pag. 158 e 381; Sace. Sy. I pag. 10. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 71. Sulle foglie di varie specie di Lonicera, coltivate all’ Orto bota- nico di Pavia. Estate e autunno. 201. Erysiphe communis (Wallr.) Fr. Sum. Veg. Scand. pag. 406; Sace. Sy22. L pag. 18; Pirott. Elench. Fung. Pavia loc. cit. pag. 397. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 173. Sui Delphinium dell'Orto botanico di Pavia. Estate e autunno. 202. Erysiphe graminis DC. For. Frane. VI pag. 106; Sace. SyM. I pag. 19; Cavr. Matér. pag. 9. Frequentissima, specialmente nella forma conidica (0Oidium moni- liodes Link.) sull’Avena e sull’Agropyrum. Dintorni di Pavia. 203. Eurotium herbariorum (Wigg.) Link. Sp. plant. I pag. 79; Sace. Sylt. I, pag. 27; Cavr. Matér. pag. 27. Sopra fusti di ceste marcite nella cantina dell'Orto botanico e so- pra foglie di diverse piante negli erbarii. 204. Meliola Camelliae (Catt.) Sacc. Sy. I pag. 62. Cavr. Matér. pag. 9. Essiccati Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 106. Sviluppasi costantemente sulle foglie e sui rami delle Camellie dell'Orto botanico, ma sono sempre le forme conidiche e picnidiche che s'incontrano. 205. Valsa translucens Ces. et De Not. Schem. d. celassif. d. Sferiac. Ital. in Comm. Soc. Critt. Ital. I pag. 208; Sace. SyM. I pag. 142; Cavr. Mater. pag. 9. — ill Associata alla forma spermogonifera (Cytospora translucens Sacc., sui rami secchi di Salye alba, dabylonica, ecc. Pavia. Estate e autunno. 206. Diatrype disciformis (Hoftm.) Fr. Sum. Veget. Scand. pag. 385: Sace. SyZ. I, pag. 191; Cavr. Matér. pag. 9; Nocca et Balbis F7. ticin. II, pag. 298 (sub. Sphaeria). Sui rami secchi di Faggio. Monte Lesima. Estate (R. Farneti). 207. Diatrype bullata (Hoffm.) Fr. Sum. veg. Scand. pag. 385; Sace. Syli. I pag. 192; Cavr. Matér. p. 10; Sphaeria bullata Pers., Nocca et Balb. FI. ticin. II pag. 298. Sui rami corticati, secchi di Salice. Pavia Stradella ed altrove ; comunissima. Estate e autunno. 208. Diatrype stigma (Hoffm.). Fr. Sum. Veg. Scand. pag. 385; Sacc. Syll. I pag. 191; Cavr. Matér. pag. 9. Sopra rami secchi di Faggio. Piano dei Moroni presso il Monte Lesima (Farneti) e sotto Cencerate in Val di Staffora. Estate e Au- tunno. 209. Chaetomium Kunzeanum Zopf. Entwickl. d. Ascomye. Chaetomiun pag. 278, tabl. 1-4; Cavr. Matér. pag. 10; Chaetomium chartarum Ehr. Sylv. 15, 27; Sace. Syli. I pag. 223. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 31. Si è sviluppato sopra frustuli di Asclepias sp. tenuti sotto le cam- pane da coltura, ed ancora sulla carta bibula delle medesime. Specie molto polimorfa e sotto la quale Zopf accoglie varie specie degli autori. 210. Chaetomium elatum Kunze. Deutsch. Schwam. N. 184; Zopf. Entwickl. d. Ascom. pag. 276; Cavr. Matér. pag. 10; Chaetomium comatum (Tode) Fr. Syst. myc. III pag. 253; Sace. SyW. p. 221. Colla specie precedente sugli stessi frustuli di Asclepias e nelle stesse condizioni. Non vi può essere argomento a confusione, poichè questa specie ha peritecii con ciuffi di peli rigidi ramificati ed inero- stati all’ estremità, mentre nella specie precedente sono esilissimi, sem- plici, contorti. Nella parte rigonfia poi il C%. elatum, ha peli semplici rigidi, diritti, mentre inferiormente tali appendici sono molli e tor- tuose. Spesso i peritecii si presentano lageniformi, ma anche qui vi è un grande polimorfismo. — Mg — 211. Hypocopra fimicola (Rob.) Sace. Sy. I, pag. 240; Cavr. Mater. pag. 10. Sullo sterco di cavallo. Dintorni di Pavia. Estate. 212. Hypocopra humana Fuck. Symd. wmyce. pag. 241; Kung. Rhen. N. 1801! Sace. Sy. I, pag. 240; Cavr. Matér. pag. 10. Sopra escrementi umani secchi. Pavia. Estate. 213. Hypoxylon fuscum (Pers.) Fr. Sum. Veget. Scand. pag. 384; Sace. Sy01.1I, pag. 361; Fung. alig. ticin. in Michelia I, pag. 551; Sphaeria melogramma Pers., Nocca et Balb. IT. ficin. II, pag. 297. Sopra rami corticati secchi di A/nus g2utinosa. Gravellone, Ca della Terra presso Pavia. Zinasco. Autunno e inverno. 214. Sphaerella puncetiformis (Pers.) Radenh. Herb. mycol. II, N. 64! Sacc. Sy0l. I, pag. 476; Sphaeria Pers. Syn. pag. 90; Nocca et Balbis F/ ticin. II, pag. 300. Sulla pagina inferiore delle foglie di Quercus Robur. Carbonara al Ticino. Primavera. 215. Sphaerella hedericola (Desm.) Cooke in Greci. III, pag. 96; Sacc. Syll. I, pag. 481; Cavr. Matér. pag. 10. Sulle foglie vive della Hedera Helix. Carbonara al Ticino presso Pavia. Primavera. 216. Sphaerella Molleriana Thiim. Contrib. Mic. Lusit. N. 537; Sace. SyM. I, pag. 491. Sulle foglie di Eucalyptus globulus. Nell’Orto botanico di Pavia. Estate. 217. Sphaerella Epimedii Sacc. Syl. Lung. pag. 500. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 32. Sulle foglie di £pimediwm alpinun coltivato all’ Orto botanico di Pavia. Estate. 218. Sphaerella Malinverniana Catt. in Arc. Labor. Critt. II, pag. 127, tav. 14, fig. 6. Sacc. Sy. I, pag. 527. Sulle guaine e le foglie languenti di riso. La riscontrai non in- frequentemente nelle risaie presso Pavia ed a Secugnago (Lodi). Estate autunno. ae 219. Sphaerella Oryzae (Garov. e Catt.) Sace. Sy2. I, pag. 527. P/eo- spora Gar. e Catt. Arch. trienn. Lab. Critt.I, pag. 181 tav. 15 e 16. Snlle foglie del riso. Secugnago (Lodi). Settembre. A questo micete fu attribuita da Garovaglio e Cattaneo la causa della malattia nota sotto il nome di drusone del riso. Le nostre osser- vazioni ci portano a ritener però eventuale o conseguente la sua presenza sulle guaine e sulle foglie di questo cereale. 220. Venturia Alchemillae Ces. et De Not. Schem. Sfer. Ital. in Comm. Soc. Crittog. Ital. pag. 225; Sacc. Syl. I pag. 10; Cavr. Matér. pag. 10. Sulle foglie di A/chemilla vulgaris. M. Lesima (R. Farneti). Estate. ho bo ari Diaporthe ambigua Nitz. Pyren. Germ. pag. 311: Sace. Syl. pag. 669. Nei rami giovani del pero. Orti di Pavia (G. Traverso). Inverno. 222. Mamiania fimbriata (Pers.) Ces. et de Notar. Schema d. classif. Sfer. Ital. in Comm. Soc. Crit. Ital. 1 pag. 210; Winter Die Pilze II pag. 669; Gnomoniella Sacc. SyM. I pag. 419; Br. e Cavr. Lung. parass. N. 176; Sphaeria Pers. Obser. I, pag. 70; De Notar. Micromie. ital. V pagina 1; cum. icon.! Essiccati: Cavr. Hung. Longob. N. 33. Sulle foglie del Carpinus Betulus. Lungo la Staffora sotto Cence- rate (Apennino pavese). Settembre. La presenza di un setto presso l'estremo inferiore di ogni spora, che ho riscontrato costantemente nei miei come in altri Ewsiccota, mi fa seguire il Winter, che conservò il genere Mamiania di Cesati e De No- taris, il quale, almeno per questa e qualche altra specie, avrebbe potuto prender posto nella sezione /yalodidymae delle Sferiacee nella Sy/Zoge Fungorum. È vero che il Saccardo fa osservare (Sy2. pag. 561) che il genere Gnomoniella, a cui ascrive questo fungo, presenta alle volte spe- cie a sporidii biloculari e che però sarebbero tali specie da rapportarsi alla Gnomonia. Ma parmi che non alle Gnomonia ma sibbene alle Ma- miania dovrebbero riferirsi per l’esimio carattere dello stroma determi- nato, verrucaeformi* nel quale stanno annidati più peritecii. 223. Gibellina cerealis Pass. in Rev. Mycol. 1886, pag. 177; Sace. Sylt. IX pag. 740; Cavara in Ital. Agr. 1891 con tav. cromolit. Br. e Cavr. Fung. parass. N. 179 con figure. ! De Norar:s, Loc. cit. Lio — Sopra culmi secchi di frumento. Raccolse presso Como, il signor J. Loverdo. 224. Leptosphaeria conoidea (De Not.) Sace. Sy. II pag. 14; L. Do- liolum. var. conoidea, De Not. Microm Ital. Dec. IX fig. 7! Erb. Critt. Ital. 1° Serie N. 879! Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 34. Sopra fusti secchi di Angelica sylvestris. Boschi del Ticino sotto Torre d'Isola. Autunno. Differisce ben poco dalla L. DoZiolum della quale era anzi consi- derata dal De Notaris mera varietà. I solchi concentrici del peridio si osservano in ambedue egual- mente e dipendono spesso dallo stato di turgidezza del peritecio, come anche l’essere più o men conici, tanto che in peritecii svuotatisi dalle spore si ha forma depressa, avvallata. Gli sporidii sono in realtà più piccoli e sorpassano di rado i 20 y, mentre nella L. Doliolum superano anche i 25 p. 225. Leptosphaeria Aconiti Sacc. Lung. Ven. Ser. II, 315; Sy. II, pag. 24. ® Insieme a Mazzantia Napelli nei cauli morenti di Aconitum Na- pellum. Sopra Bormio in Valtellina (prof. Briosi). 226. Leptosphaeria Phytolaccae Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. pag. 11; Planch. 1, fig. 3; Sace. Sy2. vol. IX (Suppl. univ.) pag. 763. Sui fusti di /Yytolacca Decandra. Torre d'Isola (Pavia). Primavera. (Tav. 21 fig. 2). Peritecî gregarî dapprima coperti dalla epidermide poi liberi, glo- boso-depressi, alla fine avvallati, rugosi, forniti alla base di filamenti fungini bruni; misurano da 300 a 350 v di diametro e sono perforati da un ostiolo prominente ampio (55-65 v); aschi cilindraceo-elevati, ar- rotondati all’apice, con membrana piuttosto grossa, senza pedicello lun- ghi 65-90 v, larghi 9-11; spore cilindracee o fusoidi, diritte o legger- mente curvate, 3-settate, cogli articoli di mezzo più grossi e verdicci, gli ultimi conici, ottusi più pallidi, tutti con 2 o più gocciolette plas- mari; 28-36 = 5-6, 5 v.; parafisi filiformi, numerose, della lunghezza de- gli aschi. 227. Leptosphaeria Rusci (Wallr.) Sace. Sy. II pag. 74. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 35. = tgp Sui cladodii e sui rami del Ruscus aculeatus e R. Hippoglossus. San Colombano e Pavia. Estate. 228. Leptosphaeria sparsa (Fuck.) Sacc. Sy22. II, pag. 77; Cavr. Ma- tér. Myc. Lomb. pag. 10; Pleospora Fuck. Symb. pag. 138 e II Beitr. fig. 5; Winter Die Pilze II, pag. 199. Sopra i culmi di un’ Agrostis. Monte Cesarino sopra Casteggio (Pavia). Estate. Negli esemplari raccolti i peritecii misuravano fino 150 e 160 y. di diametro e non solamente 128 come notano Fuckel e Winter. Le spore sono fusiformi, leggermente curvate, ottuse alle estremità, con 6 a 10 loggie, non ristrette in corrispondenza dei setti. Osservai in pochi casi filamenti brunastri alla base dei concettacoli. 229. Caryospora putaminum (Schw.) De Notaris Microm. Dec. IX, pag. 7! Sace. Sy. II, pag. 122; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 11; Spaeria Schwein. Syn. Fung. Carol. sup. N. 163! Sul guscio dei semi di pesco putrescenti. Nell’Orto botanico di Pa- via. Estate. 230. Sporormia minima Auersw. in Hedwigia, 1878, pag. 661; Sace. Syll. II, pag. 124. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 36. Sul fimo secco di vacca. S. Sofia presso Pavia. Autunno. 231. Sporormia intermedia Auersw. in Hedw. 1868, pag. 67; Sace. Syll. II, pag. 268; Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 11. Nello sterco vaccino. Monte Penice (Alto Apennino pavese). Estate. 232. Sporormia octomera Auersw. Medw. 1868, pag. 67; Sacc. Syll. pag. 130; Grevill. tav. 94! Nello sterco di pecora sul Monte Lesima. Settembre. 233. Aglaospora profusa (Fr.) De Not. Mier. ital. Dec. V, pag. 5 N. 3! Sacc. Sy. II, pag. 133; Sphaeria Fr. Syst. Myc. II, pa- gina 392; Pseudovalsa profusa (Fr.) Wint. Die Pilze II, pag. 785. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 37. Sui rami secchi di Robinia. Pavia. Autunno. 234. Lasiospaeria ovina (Pers.) Ces. et De Not. Schem. Sfer. ital. loc. cit., pag. 229; Sace. Sy. II, pag. 199. — 252 — Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 38. Su tronchi putrescenti di Quercia. Orto botanico. Pavia. (ino) I 35. Pleospora herbarum (Pers.) Rabh. Herd. mye. Ed. II N. 5471; Sacc. SyW?. II, pag. 247; Sphacria Pers. Syn. Fung. pag. 79. Forma Gentianae. Sugli steli secchi di Gentiana lutea. Monte Lesima. Estate. 236. Pleospora Asparagi Raben. £y5. Mycol. Ed. II! Sace. Sy2. II, pag. 268; Cavr. Matér. Lomb. pag. 11. Essiccati: Br. e Cavr. Lung. parass. N. 180. Sui rami languenti di Asparagus officinalis. Orto botanico di Pavia. Autunno. 237. Pleospora Allii (Rabenh.) Ces. et de Not. in Comm. Soc. Oritt. Ital. I, pag. 218; Sacc. Sy. II. pag. 268; Cavr.. Matér.. Lomb. pag. 11. Sui culmi secchi di varii A/Xm. Orto botanico di Pavia. 238. Cucurbitaria Berberidis (Pers.) Grays Natur. Arrang. I, 519; Sace. Syll. TI, pag. 308; Cavr. Matér. pag. 11; Sphaeria Pers. Syn. Fung. pag. 52. Sopra rami secchi di Berbder:s. Orto botanico di Pavia. Autunno. 239. Cucurbitaria Laburni (Pers.) De Not. 40. Critt. Ital. N. 875! Sace. Sy. I, pag. 208; Cavr. Matér. Lomb. pag. 11. Sopra rami verdi e secchi di Oytisus Laburnum. Monte Boglelio Alto Apennino pavese (Farneti). Estate. Sotto Cencerate in Val di Staffora. Settembre. 240. Ophiobolus porphyrogonus (Tode) Sace. Sy2. II, pag. 338; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 11; Sphaeria Tode Fung, Meklemb. II, pa- gina 12, tab. 9, fig. 72! Sopra fusti marcescenti di P7ytolacca. Brughiere di Torre d’Isola presso Pavia. Estate. 241. Ophiobolus Sarmenti (Pass.) Sace. Sy2. II, pag. 348; Raphido- spora Sarmenti Pass. in Thiim. Pilze d. Weinst. pag. 128, t. IV, fig. 7! In sarmenti secchi di vite, all’orto agrario presso Pavia. Estate. Hypocreaceae De Not. 242. Polystigma rubrum (Pers.) DC. Mém. Mus. pag. 237, tav. 3, fio. 7; Sacc. Syl2. II, pag. 458 Cavr. Matér. p. 11; Sacc. Fung. alig. ticin. Mich. I, p. 5513; Nocca et Balbis F7. tie. II, pag. 301 Sulle foglie del Prunus domestica. Pavia, Bormio in Valtellina (G. RI. Briosi). 243. Nectria cinnabarrina (Tode) Fr. Sum. veg. Scand. pag. 388: Sace. Sy. II, pag. 471; Cavr. Matér. pag. 11; Sphaeria Tode Yung. Meklemb. II, pag. 9, fig. 68! Sopra rami secchi di gelso e di pioppo. Pavia. Autunno. 244. Nectria ditissima Tul. Carp. III, pag. 73, tav. 13, fig. 1-41; Sacc. Syl. II, pag. 482. Sopra gusci di frutto d’ Ippocastano e sopra rami e tronchi di- versi. Orto botanico di Pavia. Autunno. 245. Gibberella moricola (De Not.) Sacc. Mick. I pag. 317 (ut subsp.); Sylt. II, pag. 553; Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 72. Sui rami languenti o secchi dei gelsi. Ambivere presso Bergamo (sig. C. Massa) e Pavia. Estate e autunno. 246. Gibberella Saubinetii (Mont.) Sacc. Mich. I, pag. 513; Sy2. II, pag. 554; Cavr. Matér. pag. 11. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 39. Sopra i fusti, le foglie, le guaine del riso secco e sui rami secchi di Robinia. Pavia, Torre d'Isola. 247. Claviceps purpurea (Fr.) Tul. in Ann. Se. Nat. 1853, XX, tav. 1 a 4; Sace. SyU. II, pag. 564; Sphaeria Fr. Syst. Myc. II, pag. 235 p. p. Selerotium Clavus DC., Nocca et Balb. 7. tie. II pag. 303; Pollini F. Ver. III, pag. 750. Essiccati: Br. e Cavr. Lungh. parass. N. 181. Sul Lolium perenne, Agropyrum pratense presso Pavia, sulla Secale cereale. Dintorni di Pavia e Bormio in Valtellina, (prof. Briosi), sul Triticum vulgare Milano (Fratelli Ingegnoli). = 248, Epichloe typhina (Pers.) 7"u/. Select. Carp. III, pag. 24!; Sace. SyU. II, 578; p. Sphaeria Pers. Syn. pag. 29; Nocca et Balbis FI. ticin. TI, pag. 301; tav. 25, fig. 1! Sacc. Fung. alig. ticin. loc. cit. p. 551. Essiccati: Br. et Cavr. Fungh parass. N. 109. Sul Bromus mollis e sull’ Holcus lanatus. Boschi del Ticino presso Pavia. Estate ed autunno. Dothideaceae Nits. et Fuck. 249. Mazzantia Napelli (Ces.) Sacc. Fung. Ven. Ser. IV, pag. 25; Sy. II, pag. 592. Dothidea Cesat. in Rab. Fung. europ. N. 1272! Sui fusti morenti di Aconitum Napellus insieme a Leptosphaeria Aconiti. Monti sopra Bormio in Valtellina (prof. Briosi). 250. Phyllacora graminis (Pers.) Funck. Symd. Myc. pag. 216; Sace. Syll. TI, pag. 602; Cavr. Matér. pag. 12; Noce. et Balb. I. ticîn. pag. 299. Sopra culmi e foglie di varie graminacee. Dintorni di Pavia. Lio) (,i _ . Phyllachora Cynodontis (Sacc.) Niessl. Not. Pyren. pag. 54; Sace. Sy. II, pag. 602; Cavr. Matér. pag. 12. Essiccati: Brios. e Cavr. Fungh. parass. N. 74. Sopra le foglie di Cynodon Dactylon. Comunissima nell’agro pavese. Estate e autunno. 252. Euryachora stellaris (Pers.) Fuck. Symbd. mye. pag. 220; Sace. Sy0l. II, pag. 625. Sulle foglie del Plyteuma Scheuchzeri al Monte Boglelio (Farneti) ed al Monte Cesarino (Apennino pavese). Estate. 253. Euryachora Stellariae (Lib.) Fuck. Symb. mye. pag. 220; Sace. SyU. TI, pag. 625; Dothidea Lib. Exsice. Arden. N. 172! Sulle foglie della Stelaria Holostea. Falde del Monte Lesima, Apennino pavese. Estate. 254. Dothidella Ulmi (Duv.) Winter Die Pilze II, pag. 904; Sphaeria Ulmi Duv. in Hoppe's Tascenb. pag. 105; Phylacora Ulmi Fuck. Symb. pag. 218; Sacc. Syll. pag. 594; Fung. alig. ticin. loc. cit. pag. 551; Sphaeria Xylomoides DC., Noce. et Balb. FI. tic. p. 298, tab. 18, fig. 1. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 73. — 255 — Sulle foglie dell’ Ulmus campestris. Pavia e Montubeccaria (L. Mon- temartini). Autunno. 255. Rophographus filicinus (Fr.) Fuck. Symbd. Mye. pag. 219; tav. 6 fig. S1; Sacc. Sy2. II, pag. 648; Cavr. Matér. pag. 12; Sphaeria Fr. Syst. Myc. II, pag. 427. Sui fusti della Pteris aquilina. Carbonara al Ticino. Inverno. Lophiostomaceae Sace. 256. Lophiostoma maerostomoides De Not. Schem. Sfer. ital. pag. 219; e Mycr. Ital. VII, N. 6! Sacc. Sy2l. pag. 694; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 12 Sulla scorza di vecchi Salici. Torretta presso Pavia. Autunno. Hysteriaceae Corda. 257. Hysterium pulicare Per. Syn Fung. pag. 98; Sacc. Sy. II pa- gina 743; Cavr. Malér. pag. 7. Sulla corteccia di Quercia. Gravellone presso Pavia. Autunno. SPHAEROPSIDEAE Lev. Sphaerioideae Sace. 258. Phyllostieta Laurocerasi Sacc. et Spegaz. Mich. I, pag. 153; Sace. Sy. III, pag. 4. Sulle foglie del Lauroceraso. Pavia. Orto botanico. Estate. 259. Phyllosticta prunicola (Opiz.) Sacch. Mich. I, pag. 157; Sy2. III pag. 4. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 141. Salle foglie del Prunus domestica. Orti di Pavia. Estate. 260. Phyllostieta erataegicola Sace. Sy. III pag. 6; Phyllostieta Cra- taegi Speg. Mich. I pag. 483. Arch. Critt. II 20 —25650— Nelle foglie del Crataegus Oxyacantha insieme a Septoria Crataegi Kicks, S. Pietro in Verzolo presso Pavia. 261. Phyllosticta pirina Sace. Mich. I pag. 134; Sy. III pag. 7; Cavr. Matér. pag. 17. Sulle foglie del Pirus communis. Montubeccaria, provincia di Pavia (dott. Carlo Pollini). Estate. 262. Phyllosticta Aucupariae Thiim. Beitr. Pile. Sibir. N. 511; Sace. Sy. III pag. 7; Cavr. Matér. pag. 17. Sulle foglie del Sordus Aucuparia. Orto botanico di Pavia. 263. Phyllosticta Persicae Sace. Mich. I pag. 146; Sy22. III pag. 8. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 88. Sulle foglie dei peschi. Orti di Pavia. Estate. 264. Phyllosticeta Platanoidis Sacc. Mich. I pag. 360; Sy. III pa- gina 13; Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 17. Forma Citri Penzig. Stud. bot. s. Agrum. pag. 363 tav. 21 fig. 3. Sulle foglie cadute dei Citrus. Nelle serre dell'Orto botanico di Pavia. 265. Phyllosticta Rhamni West. in Sace. ,Sy2. III pag. 14; Ply0. Frangulae KRichx Flandr. I, 418. Sulle foglie di RXamnus Frangula. Orto botanico di Pavia. Estate. 266. Phyllosticta Opuli Sacc. Mich. I pag. 146; Sy. II pag. 17. Sulle foglie del Vidurnum Opulus. Boschi del Ticino presso Pavia. Estate (Farneti). 267. Phyllostieta Magnoliae Sace. Mich. I, pag. 139; 570. III pag. 28; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 17. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 19. 268. Phyllosticta sycophyla Thiim. Contr. Fung. Littor. N. 212 fig. 26; Sacc. SyU. III pag. 32. Sulle foglie del Ficus carica. Secugnago (Lodi), Marcignago (Pavia). Estate. — 257 — 269. Phyllosticta osteospora Sacc. Mich. II pag. 331; Sy. III pa- gina 34; Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 17. Sulle foglie secche del Populus nigra. Torretta presso Pavia. 270. Phyllostieta maculaeformis Sacc. Mich. II pag. 538; Sy7. pag. 35; Cavr. Matér Myc. Lomb. pag. 17. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 18. Sulle foglie del Castagno. Brughiere di Torre d’Isola presso Pavia. Estate e autunno. 271. Phyllostieta Brassicae (Curr.) West. in Bul!. Acad. Brux. 1851 pag. 397; Sace. Sy2. III pag. 38; Cavr. Matér. pag. 17; Depazea Curr. Simpl. Sphaer. N 392. Sulle foglie della Brassica oleracea. Orti di Pavia. Estate e au- tunno. 272. Phyllostiecta Jacobaea Sace. Mich. I pag. 149; Sy. III pag. 44. Sulle foglie del Senecio coriaceus Orto botanico di Pavia. Estate. 273. Phyllostieta Glechomae Sacc. Mich. I pag. 151; Sy. IIT, pag. 50, Sulle foglie della G/echoma hederacea. S. Sofia (Pavia) Estate. 274. Phyllostieta cruenta (Fr.). Kichx, Fland. 1, 422; Sace. Sy22. ITI pag. 58: Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 58. Sulle foglie del Polygonatum officinale. Brughiere di Torre d'Isola. Primavera. 275. Phoma Sophorae Sacc. Fung. Ven. Ser. V pag. 202; SyM2. III pag. 67; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 17. Sui rami secchi di Sophora japonica. Orto botanico di Pavia. Estate. 276. Phoma onchostoma Thim. Mycoth. Univers. N. 877; Sace. Sy. III pag. 69. Sui rami secchi di Robinia. Pavia. Estate. 277. Phoma eryptica (Nits.) Sacc. Mich. I pag. 521; Sy. ITI pag. 69; Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 17. Sui rametti delle Tonicere. Orto botanico di Pavia. Estate. — 258 — 278. Phoma lenticularis Cavr. in Atti Ist. Bot. Pav. II Ser. T. I pag. 314 tav. 5 fig. 4; Matér. Mycol. Lomb. pag. 17. Negli acini in via di maturazione. Stradella e Codevilla (Pavia). Estate. 279. Macrophoma salicaria (Sacc.) Berl. e Vogl. in Atti Soc. Veneto- Do _ Lio) (N97 Trentina 1886, pag. 175; Phoma salicaria Sace. in Mori Enumeraz. dei Funghi Moden.in N. Giorn. bot. Ital. 1886, n. 1, pag. 22, e Sy/l. III, pag. 307. Sulla corteccia di rami secchi di Salice. Inverno. S. Lanfranco. . Macrophoma Laburni (West.) Berl. et Vogl. in Atti Soc. Ven. Trent. 1886, pag. 175; Cavr. Matér. pag. 17; Phoma Sace. Syll- III, pag. 68. Sui rami secchi di Cytisus Weldenii. Orto botanico di Pavia. Au- tunno. . Maecrophoma Taxi (Berk ) Berl. et Vogl. in Atti Soc. Ven. Trent. 1886, pag. 178 e Additam. ad vol. 1-4 SyM. Sace. pag. 308; Phoma Taxi (Berk.) Sacc. Sy. III, pag. 102; Sphaeropsis Berk. Outl. pa- gina 336. Essiccati: Br. e Cavr. Funghi parass. N. 192 Sulle foglie languenti del Taxus daccata. Orto botanico di Pavia. . Macrophoma Candollei (Berk. e Br.) Berl. et Vogl. loc. cit. pag. 178 e Addit. ad vol. 1-IV SyMl. Sace. pag. 303; Cavr. Mater. pag. 17; Roma Sace. SyU. INI, pag. 105; Sphaeropsis Berk. et Br. in Outl. pag. 316. Sulle foglie languenti del Buwus sempervirens. Orto botanico di Pavia. Autunno. 283. Macrophoma reniformis (Vial. et Rav.) Cavr. in Atti Istit. dot. di Pavia II serie, t. I, pag. 315, tav. V, fig. 5, 8, 9, 10; Matér. d. Mycol. Lomb., pag. 17. Sopra acini secchi. Stradella, Casteggio, Codevilla (Apennino pa- vese). Estate. 284, Macrophoma flaccida (Vial. et Rav.) Cavr. in Atti Ist. bot. Pav. loc. cit. pag 317, fig. 11 e 12; e Matér. Mycol. Lomb. pag. 18. 259 = Sopra acini secchi. Stradella, Voghera. Estate e autunno. 285. Dendrophoma Marconi Cavr. in Afti Ist. dot. Pavia. loc. cit. pa- gina 425, tav. VI, fig. 11-13; Revue mycol. 1888 N. 40; Cavr. Matér. pag. 18. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 20. Sugli steli languenti di Cannabis sativa. Pavia. Estate. 286. Dendrophoma Convallariae Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. pag. 18, tav. II, fig. 6. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 89. Sulle foglie vive della Convallaria majalis. Orto botanico di Pavia. I peritecii minutissimi (80-100 p di diametro) si presentano in macchie rosso-bruno allungate; sono subepidermici, senza ostiolo (Vedi tav. nostr. XXI, fig. 4a-d) e per lo più in corrispondenza degli stomi, ciò che favorisce l’uscita delle spore, in seguito a rottura o riassorbi- mento della parete del concettacolo. Tutta la superficie interna è ri- vestita di -basidii esilissimi, jalini, ramosi, che producono sporicine ba- cillari, un po’ ingrossate agli estremi 4-5 a 1-1 !/, v. 287. Cicinnoholus Cesatii De Bary Morph. und Phys. d. Filze, p. 71; Sacc. Sy. III, pag. 216. Sui Delphinium in concomitanza dell’ Erysiphe communis. Orto bo- tanico di Pavia. Estate. 288. Caetophoma Oryzae Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb pag. 18, Planch. II, fig. 6. Sui peduncoli, le guaine, le glume di 0ryza sativa. Carbonara al Ti. cino presso Pavia. Autunno. Forma peritecî superficiali disposti in serie lineari, globoso-de- pressi, incavati nel mezzo a maturità, ma con ostiolo alquanto sporgente Tali peritecî sono in principio di sviluppo tutti ricoperti da fila- menti olivacei, lassamente contesti, poco ramosi e settati, i quali solo a protratta maturità del concettacolo scompaiono nella parte superiore di esso. Piccoli basidî, a forma di papille brevissime, portano spore oblunghe, ellittiche od ovali, di color oliva-chiaro, che misurano 10-13 24-5 p. ('Cav. nostra XXI, fig. 3 «a, bd, c.) 289. Pyrenocheta Rubi-Idaei Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. pag. 18, Planch. II, fig. 18. — 260 — Essiccati: Br. et Cavr. Fungh parass. N. 90. Sulla pagina inferiore delle foglie del Iubdus Idaeus. Orto Agra- rio di Pavia. Autunno. Macchie olivacee, rotondeggianti, piuttosto grandi; peritecî super- ficiali globoso-piriformi, dapprima di color giallo-ambra, poi bruno-oli- vacei, con setole rigide, brune, scarsamente settate che rivestono la parte superiore ristretta del concettacolo, nel quale non vidi ostiolo, ma la parete è tanto sottile e fragile che la deiscenza delle spore av- viene certamente per rottura del peridio. Spore bacillari diritte o cur- vate, incolore, bi-triguttulate. 5, 5 - 6,5=1-!/,-2v (V. tav. nostra XXI, fig 1). 290. Vermienlaria compacta C. et E. Grevillea V, pag. 54; Sace. SyIl. III, pag. 222; Pirotta Fung. vitig. in Arch. Labor. Critt. 1-2, pa- gina 192. Sopra sarmenti secchi. All’Orto Agrario presso Pavia. Estate. 291. Vermicularia trichella Fr. in Grev. Scott. FI. t. 345; Sace. Syll. III, pag. 224. Sulle foglie dell’Medera Helix. Orto botanico di Pavia. Autunno. 292. Vermicularia Dematium (Pers.) Fr. Sum. Veget. Scand. pag. 420; Sacc. Syll. III, pag. 225; Cavr. Matér. Lomb. pag. 18. Sopra rami secchi di molte piante. Pavia. Estate e autunno. 293. Vermicularia herbarum Mart. Ers. N. 393!; Sace. Sy. III, pa- gina 226; Cavr. Matér. Lomb. pag. 18. Sui picciuoli di Agudegia vulgaris. Monte Calenzone (Apennino pa- vese). Estate. 294. Cytospora translucens Sacc. Sy. III, pag. 261; Cavr. Matér. pag. 18. Sui rami morti di Salix alba, babylonica, ecc. insieme alla Valsa translucens, di cui è ritenuta forma spermogonifera. Pavia. Estate e autunno. 295. Sphaeropsis Ellisii Sacc. Sy. III, pag. 300; Cavr. Matér. Lom. pag. 19; Sphaeropsis Pinastri C. et Ell. in Grevillea. Sulle squame degli strobili di Pinus Sylvestris. Orto botanico. Torre d'Isola. Primavera e autunno. — A 296. Coniothyrum Hederae (Desm.) Sacc. Mich. I, pag. 204 e Syl. III, pag. 307; Phoma Desm. in Cooke Handbuch. pag. 418. Sui rami secchi di HMedera Helix. Mirabello presso Pavia. Coniothyrium Diplodiella (Speg.) Sace. Sy. III, pag. 310; Cavr. Matér Myc. Lomb. pag. 19. [S0) o I Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 48. Sviluppasi sui peduncoli, i racimoli e le bacche della Vitis vinifera. Erba (Como), Stradella, Casteggio (Pavia), Voghera. Estate. 298. Coniothyrium concentricum (Desm.). Sacc. Mick. I, pag. 204 e Sy. III, pag. 317; Phoma Desm. Ann. Se. Nat. 1840, XIII, pa- gina 189. Sulle foglie di Chamaerops humilis. Orto botanico. Primavera. 299. Coniothyrium Oryzae Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 19. Sulle foglie secche dell’Oryza sativa. Carbonara al Ticino. Au- tunno. Peritecî sparsi, immersi, globosi, bruni, con ostiolo prominente ; spore nascenti da uno strato proligero che tappezza il concettacolo, di forma cilindrica od elittica, ottuse agli estremi, biguttulate, di color oliva chiarissimo; 11-13 © 5-6 p. Differisce dal Phoma vaginarum Catt. (Sphaeropsis Sace.) sopratutto per la forma e le dimensioni delle spore. : 300. Diplodia Celtidis Roum. in Fung. Gall. N. 19; Sace. Mich. II, p. 108 e Sy2/. III, pag. 349. Sui rametti secchi di Celtis occidentalis nell’ Orto botanico. Au- tunno. 301. Diplodia melaena Lév. Ann. Sc. Nat. 1846, p. 292; Sacc. Syll. III, pag. 349. Sui rami corticati di Ulmus campestris. Alla Sora presso Pavia. Au- tunno (R. Farneti). 302. Diplodia vineae Pass. et Beltr. lung. Sicul. N. 27; Sace. Sylt. III, pag. 332. Sui sarmenti secchi di vite. Orto agrario presso Pavia. Estate. = ope 303. Ascochyta Eleagni Sace. Mick. TI, p. 109 e Sy. III, pag. 392; Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. p. 19. Sulle foglie di Eleagnus Gussonit. Orto botanico di Pavia. Estate. 304 Ascochyta Pisi Lib. Exs. Ard. n. 12! Sace. Sy. III, p. 397. Essiccati: Br. e Cav. Fungh. parass. N. 119. 305. Actinonema Rosae (Lib.) Fr. Sum. Veg. Scand. pag. 424; Sace. Sy0i. III, p. 408; Asteroma Rosae Lib. in Ann. Socce. Linn. 1826; Dicoccum Rosae Bon. Bot. Zeit. 1853, p. 282, t. VII, fig. 2; Cavr. Matér. pag. 14. Essiccati: Briosi e Cavr. Fungh. parass. N. 97 (sub Marsonia). Sulle foglie delle rose coltivate. Orto botanico di Pavia. Estate. Riunisco a questa specie il Dicoccum Rosae Bon. il cui concet- cettacolo poco differenziato indusse a rapportarlo al genere Mar- sonia. Il chiarissimo prof. Saccardo facevami, in proposito, osservare che il Dicoccum Rosae Bon. può essere considerato come uno stadio di sviluppo dell’ Actinonema Rosae, ed invero, mentre non presenta veri peritecî e macchie ben distinte sulle foglie, coincide perfettamente col- l’Actinonema Rosae per le spore. Ma poi esaminando molti esemplari di foglie di rose infette e seguendo anche lo sviluppo della malattia si possono osservare stadî che fanno graduato passaggio fra le due forme. 306. Darluca Filum (Biv.) Cast. Catal. Plant. Mars. Sup. p. 53; Sace. Sytt. III, pag. 410. Nei sori uredosporiferi di diverse urdinee: Mel/ampsora Salicina (Casteggio, autunno), Puccinia Menthae, Puccinia Acetosae, Puccinia graminis (Pavia. Estate). 307. Septoria Citri Pass. in Flora 1877, n. 13; Sacc. Sy. III pa- gina 477; Cavr. Matér. Lomb. p. 19. Sulle foglie e sui frutti dei Cztr2s. Orto botanico di Pavia. 308. Septoria Aesculi (Lib.) West. Bull. Acad. Brux. 1851, p. 394; Sace. Sy2. III, p. 479. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 120. Sulle foglie dell’ Aesculus Hippocastanum. Pavia. Estate. 309. Septoria Cercidis Fr. in Lév. Anni Se. Nat. 1848, p. 251; Sace. Sy. III, pag. 484. — His, Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 91. Sulle foglie del Cercis siliquastrum. Villa d'Adda (Bergamo). Estate. Dal signor C. Massa. 310. Septoria enrvata (Rab. et Br.) Sacc. Sy. III, pag. 484; Septo- sporium curvatum Rab. et Br. Krankh. d. Pflanz. p. 14, t. 1, A. Essiccati: Br. et. Cavr. Fungh. parass. N. 142. Sulle foglie delle Robinie. Bastioni di Pavia. Estate. 311. Septoria Cytisi Desm. 14 Not. 6, p. 24; Sace. Sy2. III p. 485. Sulle foglie vive del Cytisus Ladurnum. Ambivere (Bergamo) dal signor C. Massa. 312. Septoria Rubi West. Zrs. n. 938; Kickx or. Fland. pag. 433; Sace. Sy22. III, pag. 486. Sulle foglie del Rudùs fruticosus. l'orre d'Isola (Pavia). Estate. 313. Septoria Crataegi Kickx. PZ. Crypt. FI. II, pag. 433, Sace. Syll. III, pag. 486. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 194. Sulle foglie del Crataegus Oxyacantha. S. Pietro in Verzolo, Mezza- nino Po (Pavia). Estate. 314. Septoria piricola Desm. 18"® Notice. p. 8; Sace. 5y22. III, pag. 487; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 19. [a Essiccati: Br. € Cavr. Fungh. parass. N. 21. Sulle foglie del pero. Corenno Plinio presso Como (C. Andreani), Ranzanico Val Cavallina (Bergamo) e Pavia. 315. Septoria cornicola Desm. Exsic. n. 342; Sace. Sy. III, p. 492; Cavr. Matér. pag. 19. Sulle foglie del Cormus sanguinea. Canneto prov. di Pavia. Estate. 316. Septoria didyma Fuck. Symd. pag. 390; Sace. Sy. III, pag. 501. Essiccati: Br. e Cavr.. Fungh. parass. 122. Sul Salic triandra a Villa d'Adda su quel di Bergamo (Sig. C. Massa) e sul Salir alba a Montubeccaria (L. Montemartini). 317. Septoria populi Desm. X Notice. p. 11; Sace. Sy. III, pag. 492; Cavr. Matér. Lom!. pag. 19. — 264 — Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 46. Sulle foglie del Populus nigra. Dintorni di Pavia. Settembre. 318. Septoria castanaecola Desm. Ann. Se. Nat. 1847, VIII, pag. 26; Sace. Sy. III, pag. 505; Cavr. Matér. pag. 11. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 47. Sulle foglie della Castanea vesca insieme a PhyMosticta maculiformis. Torre d'Isola presso Pavia. Autunno. 319. Septoria quercina Desm. XIV Notice. pag. 25; Sace. Sy2l. III, pag. 594. Sulle foglie della Quercus Rodur. Boschi del Ticino presso Pavia. Estate. 320. Septoria Theae Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 20, tav. II fig. 8. Peritecî sparsi minutissimi, bruno-foschi, dapprima piriformi, non bene sviluppati, poi alla fine aprentisi con larga spaccatura dalla quale escono a fascio le spore di forma cilindrica, tortuose, unicellulari od oscuramente settate, di colore olivaceo chiaro; 60-90 = 2 w. (V. Tav. nostr. XXII, fig. 7). Sulle foglie della Thea viridis all’Orto botanico di Pavia. Fa tran- sizione evidente alle P//eospora Wallr. 321. Septoria Trifolii Cavr. Matér. Mycol. Lomb.-pag. 20; Phleospora Cavr. in Atti Istit. Bot. Pavia, II Ser., vol. I, pag. 429, tav. VI, fig. 5-6 e Lew. Mycol. 1888, N. 40. Sul Zy;folium repens. Dintorni di Pavia. Estate. 322. Septoria Oenotherae West. Bull Acad. royal. e belg. Ser. II, t. XII, n. 7; Sacc. Sy. III, pag. 513. Sulle foglie dell’Ocnothera diennis. Torre d'Isola, Agro pavese. Set- tembre. 323. Septoria Dictamni Fuck. Enumn. Fung. Nass. n. 330; Sace. Syll. III, pag. 514. Sulle foglie del Dictamus albus. Brughiere di Torre d'Isola, agro pavese. Estate. a) 324. Septoria Chelidonii Desm. in Ann. Se. Nat. 1842, XVII, pa- gina 110; Sace. Sy. III, pag. 521. Sulle foglie del Chelidonium Majus. Dintorni di Pavia. Primavera. 325. Septoria Clematidis Rob. et Desm. in Ann. Se. Nat. 1853, XX, pag. 93; Sace. Sy2. III, pag. 524. Sulle foglie della Clematis Vitalba. Sopra Varzi lungo la Staffora. Settembre. 326. Septoria Cucurbitacearum Sace. Fung. Ven. V, pag. 205; Sace. Syl1. pag. 527; Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 19. Sulle foglie di Cucurdita Pepo. Orti presso Pavia. Estate. 327. Septoria aegopodina Sacc. Mick. I, pag. 185 e Sy22. III, pag. 529; Cavr. Matér. Lomb. pag. 19. Sulle foglie di Aegopodium Podagraria. Torre d'Isola (Pavia). Estate. 328. Septoria Petroselini Desm. Exsice. n. 674; Sacc. SyW. III, pa- gina 530. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 143. Sulle foglie del Petroselinum sativum. Montubeccaria (L. Monte- martini). Var. Apii Br. e Cavr. Fungh. parass N. 144 Venne distinta questa varietà la quale differisce dalla prece- dente forma per avere concettacoli più piccoli, ad ostiolo più ampio e spore più corte, diritte e non settate. Si avvicina alla Septoria Stisonis Sacc., che ha spore di eguale forma e dimensioni, ma trisettate. Sulle foglie dell’Apium graveolens che uccide. Orti di Pavia. Estate. 329. Septoria Cyelaminis Dur. et Mont. Sy2/. pag. 279; Sace. Sy22. III, pag. 533; Cavr. Matér. pag. 19. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 92. Sulle foglie del Cyclamen europaeum. Orto botanico di Pavia. Pri- mavera. 330. Septoria Acanthi Sacc. et Magnus Miscell. mycol. II, n. 151; Berl. et Vogl. Addit. ad vol. TIV Syll. Sacc. pag. 345. Salle foglie dell’Acanthus mollis. Orto botanico di Pavia. Estate. 2008—- 331. Septoria Lycopersici Speg. Fury. Argent. Pag. IV, n. 289; Sace. Sylt. III, pag. 535. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 93. Sulle foglie del Solanum Lycopersicum, negli orti di Pavia, ove ha preso grande diffusione. La forma da noi studiata e data anche nei Funghi parassiti abbiamo distinta come varietà (B. europaea Br. e Cavr.), perchè differisce dalla specie descritta dallo Spegazzini per presen- tarsi con macchie piccolissime ove i peritecî non sono sparsi nè di pre- ferenza ipofilli, ma fittamente gregarî e su ambe le pagine della foglia. Tali differenze erano state notate anche dal chiarissimo prof. Passerini in Boll. d. Comiz. Agr. di Parma 1889. 332. Septoria Convolvuli Desm. Ann. Se. Nat. 1842, XVII. pag. 108; Sacc. SyU. III, pag. 537; Cavr. Matér. pag. 19. Sulle foglie del Convolvulus arvensis. Dintorni di Pavia. Estate. 333. Septoria Villarsine Desm. in Act. Lil. 1842, III, pag. 106; Sacc. Sy. III, pag. 541; Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. pag. 541. Sulle foglie del Lymnanthemum nymphoidis. Stagni presso Pavia. Estate. 334. Septoria Chrysanthemi Cavr. Fng. Longob. Exsiccati N. 40 cum ic. Maculis orbicularibus, magnitudine varia fusco-rubris, centro areola ochracea; peritheciis innato-prominulis, globosis, 100-110 1. diametro, in 0s- tiolum conicum productis; peridio tenui, membranaceo, flavescente ; sporulis hyalinis, filiformibus vel flagelliformibus, apicibus attenuatis, continuis, mi- nutissime guttulatis; 55-65 = 1!/;-2 v. Fra le specie di Septorza che sono state segnalate per le Compo- site, ce ne sono, invero parecchie, cui questa forma si potrebbe ravvi- cinare ad. Es. Sept. Centaurecola, Cirsii, Virgaureae, Tanaceti, atropur- purea, ecc., ma niuna però offre identità di caratteri colla nostra, onde, trattandosi anche di un fungo imperfetto, preferisco denotarlo col nome della matrice. Sulle foglie del Chrysantemum indicum nei giardini privati e nel- l'Orto Botanico di Pavia. 335. Septoria Senecionis West. Bul/. Acad. Roy. Belg. t. XIX, n. 9; Sacc. Sy. III, pag. 549; Cavr. Matér. pag. 20. Sulle foglie del Senecio coriaceus. Orto botanico di Pavia. Estate. oe 336 Septoria Polygonorum Desm. in Ann. Se. Nat. 1842, XVII, pa- gina 108; Sace. Sy. III, pag. 555; Cavr. Matér. Lomb. pag. 20. Sulle foglie dei Poligonum, presso Pavia. Estate. 337. Septorhia Chytolaccae nov. sp. Peritheciis epiphyllis, minutis (90- 120 u diametro), nigris, in maculis lutescentibus, ochraceo-zonatis, or- bicularibus; peridii contesti laxo, flavescente; sporulis filiformibus, curvulis, 45-55 <= 2 1 continuis vel spurie 1-3 septatis, guttulatis , hyalinis. Sulle foglie della P7ytolacca Decandra. Santa Sofia presso Pavia. Estate. 338. Septoria Rhapontici Thiim. Pi: /l. Sidir. n. 813; Sace. Sy22. III, pag. 555. Sulle foglie del R7ewn Rhaponticum. Orto Botanico di Pavia. Autunno. 339. Septoria Cannabis (Lasch ) Sace. Sy. III, pag. 557; Ascochyta Cannabis Lasch. in K/otsch. Herb. Mycol. n. 1059; Cavr. Matér. Lomb. pag. 20. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 94. Sulle foglie di Cannabis sativa. Orto Botanico di Pavia. Estate. 340. Septoria Graminum Desm. Ann. Se. Nat. 1843, pag. 339; Sacc. Syll. III, pag. 565; Br. e Cavr. 2g. parass. N. 197. Sulle foglie del Frumento. Montubeccaria (L. Montemartini). 341. (e Septoria Gladioli Pass. in Radenh. Fung. Europ. n. 1956!; Fung. Parm. N. 127; Sacc. Sy. III, pag. 564; Cavr. Matér., pag. 20. Sulle foglie del G/adiolus segetum e GI. Pistacinus. Orto Botanico di Pavia. Estate. 342, Rhabdospora persica Sace. Sy2. III, pag. 581; Cavr. Puwng. pomic. II, pag. 8; Septoria persica Sace. Mich. I, pag. 174. Sopra giovani rami secchi Ci Pesco. Orto agrario presso Pavia. Estate. 343. Rhabdospora Falx (B. et C.) Sace. Sy2. III, pag. 582; Septoria Falx. B. et ©. Notice. of North. Amer. Fung., pag. 76, n. 446 dis; Sace. Mich. II, pag. 436. Sopra rami secchi di vite. Orto Agrario presso Pavia. Estate. — 265 — Nectrioideae Sace. 344. Polystigmina rubra (Desm.) Sace. Sy2. III, pag. 622; Septoria rubra Desm. X Notice. pag. 8. Sulle foglie del Prunus domestica e P. spinosa. Pavia. Montubec- caria e Bormio (Prof. Briosi). È, come si sa, la forma spermogonifera del Polystigma rubrum e più spesso presentata dal fungo. Leptostromaceae Sace. 345. Leptothyrium alneum (Lév). Sacc. Mich. I, pag. 202 e Sy. III, pag. 627; Cavr. Matér. Myc. Lomb. pag. 20. Sulle foglie dell’Almus glutinosa. Dintorni di Pavia. Estate. 346 Leptothyrium acerinum (Kunze) Corda Zeon. IT, pag. 25, tab. XII, fio. 92!; Fuck. Symb. II, fig. 30!; Sacc. Sy. III, pag. 630; Cavr. Matér. pag. 20; Pilidium acerinum Kunze Mich. Hefl. II, pag. 92, Iii Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 49. Sulle foglie di Acer opulifolium e platanoides. Orto Botanico di Pa- via. Autunno. 347. Pigottia astroidea B. et Br. Ann. N. H., n. 503, t. V, fig. 3; Sacc. Sy. III, pag. 637; Asterona Ulmi Grev. Fung. Edimb. pag. 368. Sulle foglie dell’Ulmus campestris. Orto botanico di Pavia e Mon- tubeccaria (Dott. L. Montemartini). 348. Labrella Coryli (Desm. et Rob.) Sacc. Sy. III, pag. 648; Cavr. Matér. Lomb. pag. 20; Oheilaria Coryli Desm. et Rob. Ann. Se. Nat. 1853, pag. 226. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 23. Sulle foglie del Carylus Avellana. Orto Botanico e Orto Agrario di Pavia. Autunno. — 269 — 349 Discosia Theae Cavr. Matér. d. Myc. Lomb. pag. 20, Planch. II, fig. 2. Sulle foglie della Thea viridis. Orto Botanico. Autunno. Peritecì sparsi, superficiali, appianati, neri, opaci, rugosetti, con ostiolo prominente; spore cilindracee, un po’ curve, ottuse agli estremi e ivi con ciglio obliquo; tre setti che dividono la spora in 4 loggie, delle quali le due mediane sono di un verde chiaro, le estreme inco- lore. Dimensioni delle spore, 18-20 = 2-3 u; delle ciglia, 6-8 vu. (V. Tav. nostr. XXI, fig. 5 a, db; c.) 350. Entomosporium Mespili (DC.) Sacc. Mick. II, pag. 115; Sy. III, pag. 657; Xy/oma DC., FI. Frane VI, p. 158; Entomosporium bra- chiatum Léveil. in Bull. Soc. bot. d. France T. III, pag. 31, e in Moug. Stirp. Crypt. Vog. N. 1457!; E. maculatum Lév. Ibid. e Moug. Stirp. Vog. N. 1458!; Morthiera Mespili Fuck. Symb. p. 382 tav. II, fig. 24!; Fung. RPhen. N. 557!; M. Mespili Sacc. Mycoth. Ven. N. 525!; Passer. in Thiim. Myc. Univ. N. 894!; Stigmarea Me- spili Sorauer Handb. d. PAanzenkrankh. Ed. II, vol. II, pag. 374. Essiccati: Br. e Cavr. Funghi parass. N. 146. Sulle foglie del Mespilus germanica. Orto Agrario di Pavia. Estate. Melanconieae Berk. 351. Gleosporium Hesperidearum Catt. Mic. Agrum. pag. 12; Sace. Fung. \Ital. N. 1186; Penzig. Stud. bot. s. Agrum. pag. 381, ta- vola XXXVII, fig. 3! Sacc. SyU. III, pag. 702; Cavr. Matér. pa- gina 20. Sulle foglie dei limoni. Serre dell'Orto Botanico. Inverno. 352. Gleosporium Helicis (Desm.) Oud. Fung. Neerl. 196; Sace. Fung. It. N. 1026 e Sy. III, pag. 707; Cavr. Matér. p. 20. Sulle foglie di Hedera Helic. Orto Botanico. Estate. 353. Gleosporium Rhododendri Br. et Cav. Fung. parass. N. 198 cum. icon. Maculis permagnis irregularibus, arescentibus, zonatis; acervuvulis ni- gris, rugolusis, mitidis, concentrice dispositis, margine elevato; sporulis oblongis, cylindraceis, rectis vel curvulis, utrinque obtusis, oblique truncatis, basidiis obsoleti». o E Sulle foglie di alcune varietà di 7odondrum ornamentali, del- l'Orto Botanico di Pavia. Estate e Autunno. 354. Gloeosporium nervisequum (Fuck.) Sace. Mic4. II, pag. 381, Fung. Ital., N. 1051!; SyMt. III, pag. 711; Br. e Cav. Fungh. parass. N. 124. Salle nervature e sul lembo delle foglie languenti di P/atanus oc- cidentalis. Bastioni di Pavia. Estate. 355. Gloeosporium Populi-albae Desm. XXIV Notice. pag. 3; Sace. Sy0t. III, pag. 712. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 147. Sulle foglie del Populus alba. Boschi del Ticino a Torre d'Isola (Pavia). Autunno. 356. Gloeosporium Robergei Desm. in Ann. Se. Nat. 1853 XX, p. 214; Sacc. Fung. Ital. N. 1049 e Syll. III, pag. 712. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 148. Sulle foglie del Carpinus detulus. Orto Botanico di Pavia. Autunno. 357. Gloeosporium ampelophagum (Pass.) Sacch. Mich. I, pag. 217; Sy. III, pag. 719; Cavr. Matér. Lomb. pag. 21; Ramularia, Pass. Nebb. d. Moscat. 1876. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 96. Sulle foglie, sui picciuoli, i rami, le bacche della Vite. Comunis- simo a Pavia e sui colli d’oltre Po. Estate. 358. Gloeosporinm Physalosporàe Cavr. in Att. Istit. bot. Puvia, II Sér. pag. 317, Tav. I, fig. 7; Rev. de Mycol. 1888, n. 40. Sopra acini d'uva attaccati ancora da Plysalospora ‘baccae Cavr., della quale è forse la forma conidica. Stradella, Estate. 359. Colletotrichum gloeosporioides Penz. in MicheZia II, pag. 450; Stud. bot. sugli Agrumi pag. 384, tav. XXXVIII, fig. 3 et 4! Sacc. Sy0t. III, pag. 735; Cavr. Matér. Lomb. pag. 21. Sulle foglie degli Agrumi nelle serre dell'Orto Botanico di Pavia. Estate e Autunno. 360. Colletotrichum oligochaetum Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. p 21. Planch. IT, fig. 4. — Will Essiccati: Br. e Cavr. Lungh. parass. N. 99. Sui cotiledoni, sulle foglie, sui rami e sui frutti di diverse cucur- bitacee coltivate megli Orti di Pavia. Forma macchie che si presentano diversamente secondo gli organi infetti: nei cotiledoni sono rotondeggianti od angolose, giallastre con zone più scure concentriche; nelle foglie sono brune, indeterminate; negli steli, giallo-rossastre, allungate; nei frutti rotonde, rosso-carnee; gli sporodochî sono piccoli, sparsi sessili, bianco-carnei; in sezione si ve- dono forniti di poche setole rigide, bruno-olivacee, con 1 a 3 setti tra- sversali e con un lieve rigonfiamento alla base; 60-70 4 5-7 uv; basidî riuniti strettamente fra loro, brevissimi, 10-12 v, portanti all’apice co- nidî cilindrici od ovali, unicellulari, ottusi agli estremi, incolori, 13-15 © 4-5v (Tav. nostr. XXII, fig. 7 a-d). 361. Colletotrichum Lindemuthianum (Sacc. et Magn.) Br. et Cavr. Fung. parass. d. piant. colt. N. 50; Gloeosporium Sace. et Magn. Mich. I, pag. 29; Fung. Ital. tav. 1032! Sy. III pag. 717. Sui giovani steli e sulle foglie dei fagiuoli. Orti di Pavia. Prima- vera ed estate. 362. Colletotrichum ampelinum Cavr. Matér. d. Mye. Lomb. pag. 21, Planch. II, fig. 5. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 100. Sulle foglie di Vitis Labrusca var. hardfortprolifie coltivata nel- l'Orto Botanico di Pavia. Estate e autunno. La singolare alterazione provocata da questo funghetto nelle foglie della Vitis Labrusca, lo fa subito distinguere da qualsiasi altro paras- sita. Si formano nelle foglie delle macchie giallo-brune rotondeggianti od angolose, le quali confluendo insieme invadono poco a poco il lembo fogliare sì da distruggerne interamente il parenchima fra le nervature secondarie, in modo che la foglia rimane tutta irregolarmente frasta- gliata. Gli acervuli fruttiferi sono minutissimi, sparsi, erompenti dalla epidermide della pagina: superiore, costituiti di setole rigidette, sottili, diritte o curve, bruno-olivacee e più chiare verso l'apice, fra le quali sorgono alla base, spore o conidî cilindracei, jalini, unicellulari, con due nucleoletti agli estremi e misurano 13-14 © 4-5 .; basidî brevis- simi. (V: tav. nostr. XXII, fig. 6, a, d, c.) Gloeosporiella nov. gen. Acervuli fusci sub-epidermici, erumpentes, sporulac didymae, utrinque ciliatae. Arch. Critt, 1I. 21 Or bo 363. Gloeosporiella rosaecola nov. sp. Acervulis prominulis, conicis, pun- ctiformi-irregularibus, fuscis, erumpentibus; stromate imperfecte evoluto brunneo, nucleo albido; conidus e strato proligero ovientibus, didymis, hyalinis, loculo singulo sphaerico vel subovoideo, 3 vel 4 ciliis medio insertis praedito, 4,5-6,5 |. Essiccati: Cavr. Fungi Longobardiae N. 41 con figure. Sugli aculei della Rosa spinosissima. Cencerate Val di Staffora. Au- tunno. Questo fungillo che designo per nuovo ha qualche rassomiglianza cogli Entomosporium di Leveillé, per le spore che ricordano anche qui degl’insetti, con le ciglia divaricate che partono in punti diversi e sulla linea mediana di ogni loggia. Senonchè ne differisce principalmente per la forma e la struttura del ricettacolo sporifero, il quale non è affatto un peritecio a forma depressa o di scudetto, ma uno stroma abbastanza poco differenziato, che sviluppasi di sotto l'epidermide e la rompe a ma- turanza; le spore stesse poi differiscono da quelle degli Entomosporium per avere solo due articoli i quali sono di eguale grandezza e di forma sferoide pressochè uguale, senza cellulette minori al loro istmo; onde non potrebbe affatto la (G/oeosporiella trovar posto nella sezione delle Phragmosporae nella Sylloge Saccardiana, ma sibbene fra le Didymosporae, ove ron c'è alcun genere al quale si possa riferire. Negli acervuli non bene maturi si osservano anche spore unicellulari, che non hanno an- cora ciglia, ovvero spore a gruppetti di 2 a 3, pure senza ciglia, ma la forma tipica, definitiva è quella data nelle figure de’ Fungi Longobardiae. Il nome di G/oeosporiella sta a dire che questo fungo tiene molto ai Glocosporium; ed infatti esso pure ha uno stroma che sviluppasi entro i tessuti corticali della pianta ospite ed una massa di spore densa- mente agglutinate fra loro; ma differisce essenzialmente per la forma. di queste. 364. Marsonia Populi (Lib.) Sacc. Fung. Ital. tav. 1062; Sy. III, pag, 767; Cavr. Matér. pag. 21. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 147. Sulle foglie del Populus tremuta, nigra, alba. Dintorni di Pavia, Montubeccaria. Estate (Dott. Carlo Pollini.). 365. Marsonia Juglandis (Lib.) Sacc. Fung. Ital. tav. 1065; Sy. III, pag. 768; Cavr. Matér. Lomb. pag. 21. Essiccati: Br. e Cavr. Fungl. parass. N. 24. — 273 — Sulle foglie del Juglans nigra all’ Orto Botanico di Pavia e del J. regia all’Orto Agrario di Pavia ed a Stradella (Baccarini). Autunno. 366. Coryneum foliicolum Fuck. Symd. myc. pag. 372; Sace. Sy. III, pag. 780; Pestalozzia Saccardoi Cavr. Matér. pag. 22. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 199. Sulle foglie secche, languenti di Quercus Suder. Orto botanico di Pavia. Autunno. Nell’esaminare il materiale pei Funghi parassiti essiccati, mi sono dovuto persuadere che trattavasi di questa specie, anzichè della Pesta- lozzia Saccardoi, per l'assenza quasi costante del ciglio all’ estremità superiore delle spore. Può darsi che le due specie si trovino qualche volta associate, ovvero che possano talora queste Pestal/ozzia svilupparsi . con soppressione delle ciglia e restare dei veri Coryneum. Osservazione di tal genere ha fatto pure il Cooke a proposito del Coryneum Camel- liae Massee 1. 367. Pestalozzia pezizoides De Not. Micr. ital Dec. III, pag. 28, fig. 9! Sace. Sy02. III, pag. 789; Cavr. Matér. pag. 22. Sopra sarmenti di vite. Orti di Pavia. Estate. 368. Pestalozzia funerea Desm. in Ann. Sc. Nat. XIX, 1843, p. 235; Fung. Ital. tav. 1115; Sy. III, pag. 791. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 200. Sulle foglie languenti di Araucaria Bidwellii, di Podocarpus, di Ta- rus, ecc. all’Orto Botanico di Pavia. 369. Pestalozzia Guepini Desm. Ann. Sc. Nat. 1840, pag. 182, tav. 4, fig. 1-3; Sace. Sy02. III, pag. 22; Cavr. Matér. Lomb. pag. 22. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 150. 370. Pestalozzia viticola Cavr. in Atti Ist. dot. Pavia II serie, Tom. I, pag. 318, tav. III, fig. 15 e 16; Few. mycol. 1888, N. 40; Matér. Myc. Lomb. p. 22. Sopra acini d’uva in via di disseccamento. Stradella. Estate. 371. Septogloeum Ulmi (Fr.) Br. e Cavr. Fungh. parass. dell piante coltiv. N. 98; Septoria Fr. Nov. FI. Suec. V, pag. 75; Phleospora Walr. Comp. Fl. Crypt. Germ. n. 1545; Sacc. Syli. III, pag. 578. 1 Cooxe M. C., New british Fungi in Grevillaea, vol. 20, pag. 8. ona Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. paruss. N. 98. Sulle foglie dell’olmo. Pavia e Montubeccaria (C. Pollini). E verisimilmente la forma conidica della DotRidella Ulmi. 372. Phleospora Mori (Lév.) Sace. 777. III, pag. 577; Septoria Lev. in Ann. Se. Nat. 1846, V, pag. 279; Septogloeum Br. e Cavr. Fung. parass. N. 22. Matér. d. Mycol. Lomb. pag. 22, Sulle foglie del Gelso in Estate; comunissimo in tutta la regione lombarda. Colloco nell'ordine dei Me/anconiei questo genere, per l'assenza di un peritecio ben definito. Forse molte specie del genere Septoria po- tranno trovar posto nelle PA/eospora quando venisse fatta una revisione critica generale. Nei nostri Funghi parassiti ci eravamo indotti a cam- biare il genere per la Ph/eospora Mori portandola nei Septogloeum; il chiarissimo Prof. Saccardo, peraltro, facevami osservare che il genere Phleospora con quasi tutte le sue specie doveva collocarsi nei Melanco- nici. Ciò che, ossequente al distinto micologo, faccio ora, per la P/leo- spora Mori, mentre per la specie precedente che pure trovavasi sotto il genere PAleospora, parmi tuttavia meglio a posto fra i Septogloewn per la forma degli acervuli e delle spore. La differenza fra i due ge- neri sarebbe a mio avviso marcata e cioè: acervuli conici, aprentisi con ostiolo determinato, formazione di cirri, spore allungate ellittiche o falcate, con 2 o più setti per il genere Septogloeum ; acervuli appia- nati senza ostiolo, aprentisi irregolarmente, spore, bacillari o filiformi, settate o no, pel genere PW/eospora; il quale, astrazion fatta dalla natura del concettacolo, corrisponderebbe alla Septoria dell'ordine dei Sferopsidei. HYPHOMYCETEAE martius p. p. Mucedineae Link em. 373. Mierostroma album (Desm.) Sace. Mich. I, pag. 273; Fung. Ital. t. 863; Sy22. IV, pag. 9; Br. e Cavr. Fung. essice. N. 75. Sulle foglie del Quereus Robdur. Monti sopra Varzi. Autunno. Schroeter, nei suoi Pilze von Scehiesien, p. 414, colloca questo fungo nella famiglia degli Exodasidiacei, ordine degli Imenomiceti. Nei no- stri Muwmghi parassiti delle piante coltivate, dopo aver disegnato i suoi acervuletti sporiferi, ne abbiamo data interpretazione diversa e cioè ch'essi stiano a rappresentare una forma d’ifomicete che fa transizione tag alle T'uderculariee od alle Stilbee jalospore. Riserbandomi di fare uno studio più profondo in proposito, lascio ora provvisoriamente la spe- cie al posto assegnatole nella Sy//oge del Saccardo. 374. Oospora crustacea (Bull.) Sacc. Mich. II, pag. 545; Hung. Ital. t. S71; SyU. IV, pag. 20; Mucor Bull. Champ. t. 100! Sviluppasi sulla crosta del formaggio a Tremezzo sul lago di Como. (G. Traverso). 375. Monilia fructigena Pers. Sym. pag. 593; Sacc. Fung. It. t. 848; Sylt. IV, pag. 34; Cavr. Matér. pag. 12. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 182. Sui frutti del Susino, del Pero, del Cotoeno, del Lazeruolo, assai frequente negli Orti di Pavia. 376. Oidium Tuckeri Berk. in Gard. Chron. 1847. pag. 679; Sace. SyM1. IV, pag. 41; Cavr. Matér. Myc. Lomb. p. 12. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 137. Negli Orti a Pavia e ne’ vigneti de’ colli d’Oltrepò. Estate. 377. Sterigmatocystis nigra Van Tiegh. BuZ/. Soc. Bot. Fr. 18577; Sace. SyUi. IV, pag. 75; Cavr. Matér. pag. 12. Sopra limoni, fichi ed acini d’uva putrescenti nel nostro Laboratorio. 378. Sterigmatocystis ochracea Wilhelm. Beitr. e. Kenntn. Aspergillus. pag. 66. i Mi fu communicato dall’egregio l)ott. Monti assistente alla Catte- dra di Patologia generale, ed erasi sviluppato sull’agar delle colture bacteriologiche del suo Laboratorio. Questa specie che è stata desi- gnata dal Wilhelm ed alla quale egli riunisce, non so con quanta ra- gione, la St. sulfurea Fr.; St. lutea Van Tiegh., St. lutea Bain, parmi una mera forma della precedente, nella quale è facile osservare gra- dazioni di colore, dal bruno fosco al giallo marrone od ocraceo. 379. Physospora elegans Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. pag. 12, Planch. Modippi4 ir .di È un elegantissimo ifomicete che raccolsi sopra legni putridi nelle cantine dell'Orto botanico. Si presenta in ciuffettini o cuscinetti molli, quasi globosi, riuniti in gruppi estesi, di colore carneo o volgente ta- — 276 — lora all’aranciato; le ife sterili sono ramose settate, giallognole; le fer- - tili, sono pur esse striscianti, ma più colorate e portano rami opposti od alterni che s'ingrossano là dove si fanno generatori di spore, le quali si staccano da piccoli denti e spesso sono riunite in catene talora rami- ficantisi. Questi conidî hanno forma di limone, pedicellati o no alla base, ‘ con parete liscia e plasma granuloso, giallastro. (Vedi Tav. nostr. XXII, fig. 1). 380. Sporotrichum angulatum Cattan. Contrib. allo Stud. dei Miceti, che crescono sul Riso in Arch. Lab. Oritt. di Pavia. Vol. II e III, pag. 124, tav. XIV, fig. 1 a, d. Questa specie, così singolare per la forma irregolarissima e strana delle sue spore, è sfuggita al censimento Saccardiano. Sviluppasi per entro i tessuti delle foglie del Riso, con micelio rado rado, da cui qua e là sorgono brevi rametti che traversano le cellule epidermiche ed danno subito luogo a spore tavolari angolose e a contorno sinuoso. Lo raccolsi due volte nelle risaie presso Pavia. Estate. 381. Botrytis carnea Schum. Mich. II, pag. 285 Sace. SyU. IV, pa- gina 119. Sulla terra sotto alle Peonie, nell’Orto Botanico nostro. Per i conidî ho riscontrato le dimensioni 8-9 in luogo di 6-7; ma vi è perfetta coincidenza negli altri caratteri. 382. Botrytis vulgaris Fr. Syst. Myc. III, pag. 398; Sacc. Fung. Ital. t. 693; Sy. IV, pag. 128; Cavr. Matér. p. 12. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass., N. 183. Comunissima sopra organi in via di decomposizione, fiori di rose, frutti di Datura, ed anche su organi viventi che attacca: rami giovani di Citrus, foglie di Dahlia, etc. Orto Botanico. 383. Botrytis parasitica Cavr. Atti Ist. bot. di Pavia Ser. II, vol. I, pag. 429-433, tav. VI, fig. 1-4; Revue myc. N. 40, 1888; Matér. d. Mycol. Lomb. fig. 12. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass., N. 13. Parassita dannoso dei Tulipani, di cui attacca foglie, scapi fiorali, petali, frutti producendovi poi lo Sclerotium Tulipae Lib. Primavera ed estate. 384. Botrytis epigaea Link. Sp. Plant. Fung. I, pag. 53; Sace. Syll. IV, pag. 136; Fung. ital. 689; Cavr. Matér. p. 13 var. rosea Sace. — 277 — Nei vasi da fiori nell’Orto Botanico nostro. Estate e autunno. 385. Ovularia necans Passer. in Thiim. Myc. Univers. N. 1669 ed Erd. Critt. Ital. Ser. II, N. 997 (sub. Ramularia), Sace. et Berl. Catal. Fung. Ital. 96. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 110. Sulle foglie vive del Mespilus germanica all’ Orto agrario e sulla Cydonia vulgaris all’Orto Botanico. Estate. 386. Ovularia obliqua (Cooke) Oud. in Hedw. 1883, pag. 85; Sace. Sy. IV, pag. 145; Fung. ital. 881; Cavr. Matér. p. 13. Sulle foglie di Rumex crispus, obtusiforus, presso Pavia, a Cava Carbonara, a Montubeccaria (C. Pollini). Estate e autunno. 387. Ovularia pulchella (Ces.) Sacc. Sy. IV, pag. 145; Ltamularia Ces. in Bot. Zeit. 1853, pag. 238. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 76. Nelle foglie del Lollium italicum. Torretta presso Pavia. Estate. 388. Sepedonium chrysospermum (Bull.) Fr. Syst. myc. III, pag. 438; Sace. Sy. IV, pag. 146; Cavr. Mater. pag. 13. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 42. Frequente sui Boletus putrescenti. Boschi del Ticino. Orto Bota- nico, Autunno. 389. Pachybasium pyramidale (Bon.) Oud., Cavr. Fung. Long. N. 43; Verticillium pyramidale Bon. Handb. pag. 97, fig. 179!; Sace. Syll. IV, pag. 157. Sul terreno e su frustuli marcescenti nell’ Orto botanico *!. 390. Verticillium Laetarî Peck, in Sacc. Sy2. IV, pag. 153; Cavr. Matér. pag. 18. Si sviluppò sopra un Lactarius nel nostro laboratorio. Non differisce quasi dalla forma disegnata da Plowright in Grevillea XI, tab. 153! la quale rappresenta lo stato conidico dell'/7ypomyces terrestris; tuttavia, qui la ramificazione sarebbe monopodiale, mentre è distica o verticil- lata nel V. Lactarî. 1 Aveva io stesso riferito al genere Pachybasium il Verticillium pyramidale di Bonorden; ma il prof. Saccardo gentilmente m’ avvertiva che ciò era già stato fatto dall’Ondeman in una memoria di qualche anno fa e che io non possedevo. = oasi 391. Verticillium Buxi (Link) Auersw. et Fleisch in Hedw. 1867, pa- gina 9; Sace. Fung. Ital. 644, Syli. IV, pag. 155; Cavr. Matér. pag. 13. Sulla pagina inferiore delle foglie languenti di Buxus sempervirens all’Orto Botanico di Pavia. Autunno. 392. Verticillium lateritinm Berk. in Cooke Handbuch p. 635; Sace. Syl. IV, pag. 156. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 44. Su frammenti di varie piante putrescenti. Orto botanico. Autunno. Molto affine al? Acrostalagmus cinnabarrinus Corda, il quale ha peraltro spore raccolte in specie di vescichette mucillagginose. 393. Nematogonium aurantiacum Desm. in Ann. Sc. Nat. 1834, II, tav. II, fig. 1!; Sace. Sy. IV, pag. 170; Fung. Ital. 870. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 45. Sulla corteccia di un Olmo morto. Orto Botanico. Autunno. 394. Trichotecium roseum (Pers.) Link. Obsero. mycol. I, pag. 16, fio. 27!; Sacc. Fung. ital. N. 956, Syli. IV, pag. 178. Su rami putrescenti di piante varie. Pavia. Estate e autunno. 395. Didymaria Ungeri Corda An/. t. B, fig. 9, 1; Sace. Fung. Ital. 969, Sy2. IV, pag. 184. Sulle foglie dei Ranuncoli a fiore doppio. Orto Botanico. Estate. 396. Didymaria Salicis Cavr. Matér d. Mycol. Lomb. pag. 13, Plancl. E sit dl È parassita delle foglie del Saliz Caprea e fu inviato in esame da Colico sul lago di Como (Rag. Andreani). Induce nelle foglie delle macchie grandissime, da occupare anche metà e più del lembo fogliare, di colore livido, mentre forma nella pagina inferiore una specie di fel- tro cotonoso di dove si staccano i filamenti fruttiferi che sono esili, diritti od ascendenti, divisi dalle ife vegetative da un unico setto alla base (V. tav. nostr. XXII, fig. 3, a, 3) e misurano 100-160 = 2-3 p. All'estremità di questi si formano le spore che sono bicellulari ovoidee, asimmetriche e troncate alla base, arrotondate all’apice, jaline, 14-16 p. lunghe, 8-9 v larghe. Sulle foglie più attaccate ed in via di disseccamento notai la in- — 279 — cipiente formazione dello stroma caratteristico della Linospora Capreae Fuck., onde a me viene il dubbio che la Didymaria possa essere lo stato conidico della Linospora. Non potei fare in proposito ricerche sperimentali, non avendo qui presso il Salir Caprea su cui inoculare conidî germinati della mucedinea descritta. 397. Didymaria prunicola Cavr. Contributo alla conoscenza dei Funghi pomicoli in Agric. Ital. 1890, con figure. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 111. Sulle foglie vive del Prunus domestica all’Orto Agrario di Pavia. Primavera. Il Prof. Saccardo mi esprimeva il dubbio che questa specie po- tesse coincidere col Trichotecium roseum (Pers.) Link. Se pure vi è una grande somiglianza ne’ caratteri, la distinzione che fa il chia- rissimo micologo, nella SyZoge (vol. IV), basata sull’ azione parassi- taria esercitata dalle Didymaria e sul saprofitismo dei Trichotecium, basterebbe, io credo, a tenere separata la forma da me segnalata, poi- chè non su foglie cadute o marcescenti di Pruno, osservai e raccolsi tal fungo, ma sibbene su foglie che aderivano alla pianta, ed in piena primavera, e le cui macchie speciali non potevano attribuirsi all’azione di altro parassita qualsiasi. D'altronde in questa Didymaria sonovi ca- ratteri che permettono di distinguerla e dal Tichotecium roseum e dalle altre specie del genere. Non forma sulle foglie dei cespuglietti o cu- scinetti polverosi, confluenti, vellutati e visibilissimi come accade pel Trichotecium che lo si riconosce a distanza, ma anzi quasi nemmeno colla lente è dato avvertire gli organi fruttiferi e vegetativi di questa Didymaria e solo in sezioni al microscopio, e convenientemente trat- tate, è dato metterli in evidenza. Le ife sporifere sono qui assai lun- ghe (120-220 v.), estremamente esili e costantemente 1-settate nel loro mezzo, ciò che non ha luogo con costanza nel Trichotecium. Le spore hanno parete assai più spessa, ed un contenuto granuloso, nè bianco, nè roseo, ma di un verde assai diluito. Non potei poi riprodurre artificialmente la infezione, poichè non avevo soggetti adatti nell’Orto Botanico, mentre le piante che ven- nero attaccate all’Orto Agrario si trovavano in speciali condizioni: erano piante giovani coltivate a spalliera a settentrione e lungo prati irri- gati; condizioni tutte da favorire lo sviluppo di un fungo parassita. 398. Ramularia rosea (Fuck.) Sace. Mick. II, pag. 550; Fung. Ital. 1001, Sy. IV, pag. 199. — 280 — Essicc.: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 77. Sulle foglie del Salix andra. Boschi del Ticino. Autunno. 399. Ramularia Tulasnei Sacc. Fung. Ital. 1006, Sy2. IV, pag. 203; Cavr. Matér. Lomb. pag. 14. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 14. Sulle foglie di Fragaria vesca. Orti di Pavia. Estate e autunno. 400. Ramularia Lampsanae (Desm.) Sace. Sy2. IV, pag. 207; Cavr. Matér. Lomb. pag. 14; Forma Taraxaci. Sacc. Sulle foglie del Tarazacum officinale. Dintorni di Pavia. Estate. Osservai conidî, talora 1-2 settati. 401. Ramularia Cynarae Sacc. Mich. I, pag. 536, Fung. Ital. 597, SyUl. IV, pag. 208. Sulle foglie del Cynara Scolymus. Orto Botanico di Pavia. Estate. 402. Ramularia Coleosporii Sacc. Mych. II, pag. 170; Fung. It. 983. Sugli acervuli del Coleosporium Campanulae in Campanula Rapun- culus. Orto Botanico di Pavia. Autunno. 403. Piricularia Oryzae n. sp. Foliicola; maculis oblongis, arescentibus, fusco-cintis, teretibus vel tereti-subulatis, basi paullum incrassatis, ibi - que septatis, sursum septis nullis vel obsoletis; 60-120 p. longis, 4-5 p. latis; conidiis obclavatis, apice attenuatis, basi truncatis vel in brevem denticulum productis, 2-septatis, fuscidulis, diaphanis, 20-22 = 10-12 v. Essiccati: Cavr. Fung. Long. N. 49 ; Cavr. e Br., Fung. parass. N. 188. Sulle foglie di Oryza sativa. Trovamala Marcignago (Pavia), Se- cugnago (Lodi). Estate. 404. Cercosporella cana Sacc. Mich. II, p. 374, SyU. IV, p. 218, Fung. Ital. 68; Cavr. Matér. pag. 14. Sulle foglie dell’Erigeron canadensis. Torretta presso Pavia. Estate. 405. Cercosporella pantholenca Sacc. Fung. Ital. 679; Mich. 1, p. 268; Sy0l. IV, pag. 219. Sulla pagina superiore delle foglie di P/antago lanceolata. Dintorni di Pavia. Primavera. i ioni — 406. Septocylindrium aromaticum Sace. Mick. II, pag. 639; Sy2. IV, pag. 224. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 138. Sulle foglie dell’Acorus Calamus, Orto Botanico di Pavia. Estate e autunno. Dematieae Fr. 407. Coniosporium Arundinis (Corda) Sace. Mich. II, pag. 124; Sy2. IV, pag. 124; Mycol. Ven. Sp. 179, t. XVI, fig. 49-51; Gymno- sporium Arundinis Corda Icon. Fung. II. fig. 1! Sui culmi secchi di Phragmites communis. Boschi paludosi lungo il Ticino. Pavia. Estate. 408. Coniosporium Bambusae (Thiim. et Bolle) Sacc. Mich. II, p. 124; Syll. IV, pag. 244; Cavr. Matér. pag. 14; Gymnosporium Thiim, et Bolle. Fung. littor. pag. 6, fig. 12. Sui culmi di Bambusa nigra ed altre specie dell'Orto Botanico. 409. Torula Rhododendri Kunze in Sturm. Pilz. II, pag 95, t. 44; Sacc. Syll. IV. ‘pag. 254. Sulla pagina inferiore del &/hododendrum ferrugineum coltivato al- l'Orto Botanico di Pavia. 410. Periconia pycnospora Fres. Beitr. pag. 20, tab. IV, fig. 1-9!; Sace. Sy. IV, pag. 271; Cavr. Matér. pag. 14. Sui fusti secchi di Phytolacca decandra. Brughiere di Torre d’I- sola presso Pavia. Primavera. i 411. Periconia pulla (Fr.) Sacc. Sy2. IV, pag. 272; Cavr. Matér. pa- gina 14; Haplotrichum pullum Bon. Handb. pag. 164; Botrytis pulla Fr. Syst. myc. III, pag. 395; Catt. I miceti del Riso in Arch. Lab. Critt. II, pag. 132. Sulle glume del Riso. Carbonara al Ticino. Autunno. 412. Synsporium biguttatum Preuss. Fung. Hoyersw. N. 74 in Lin- naca XXIV! Sturm. Deuts. Flor. tav. 52! Raben. Fung. Eur. 275! Sacc. Syll. IV, pag. 278; Cavr. Matér. pag. 14. Essiccati: Cavara, Iungi Longob. con figure. N. 46. — (gg9i-— (13. Hadrotrichum Populi Sace. Mich. I. pag. 264; Sy. IV, p. 303; Cavr. Matér. pag. 14. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 139. Sulle foglie del Populus nigra. S. Lanfranco presso Pavia. Au- tunno. , È ubiquitario questo funghetto, lo riscontrai su parecchie matrici: Rosa, Rubus, Sorbus e Pyrus. 414. Haplographium chlorocephalum (Fres.) Grev. in Sace. Sy. IV, pag. 306; Cavr. Matér. pag. 14; Periconia chlorocephala Fr. Beitr. pag. 21, tav. IV, fig. 10-15! Sacc. Yung. Ital. 889! Sopra steli secchi di Phutolacca decandra. Brughiere di Torre d'I- sola presso Pavia. Primavera. Questa specie era associata alla Periconia pycnospora sugli stessi esemplari, onde fa supporre che tra le due forme ci sia un nesso ge- netico. 415. Myxotrichum chartarum Kunze Myco?. Hefl. II, p. 110; Cord. Icon. VI, fig. 23! Sacc. Syl IV, p. 347; Cavr. Mutér. p. 14. Essiccati: Cavr. Fung. Longobard. N. 47. Sopra carta umida applicata ai vetri nelle cantine dell’ Istituto Botanico di Pavia. 416. Passalora bacilligera Mont. et Fr. in Ann. Se. Nat. II Ser. T. VI, pag. 31, tav. 12, fig. 5!; Fres. Beîtr. t. XI, fig. 55-58!; Sacc. Fung. tav. 788; Syll. IV, p. 345; Cavr. Matér. p. 14. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 42. Sulle foglie viventi dell’ Almus gIutinosa. Santa Sofia e Torre d'I- sola presso Pavia. Autunno. 417. Fusicladinm dentriticum (Wallr.) Fuck. Symd. mycol pag. 337; Sace. Fung. Ital. 782, Syll. IV, pag. 345. Essiccati: Br. e Cavr. Yung. parass. N. 140. Sulle foglie del Melo negli Orti privati di Pavia. Estate. 418. Fusicladium pirinum (Lib.). Funck. Symd. Mycol. pag. 357; Sace. Mich. II, pag. 555; SyU. IV, pag. 346; Cavr. Matér. p. 15. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 43. Sulle foglie del Pero. Pavia, Como. (Andreani). Estate ed au- tunno. = -PRaro 419. Polythrincium Trifolii Kunze Mycol. Hefl. I, p. 13, t. 1, fig. 8!; Corda Icon. IV, fig. 25; Sacc. Sy. IV, pag. 350; Cavr. Matér % pag. 15. Essiccati: Br. e Cavr. Fungl. parass. N. 15. Comunissimo sulle foglie del 7/foliwn repens fragiferum, ne’ campi e prati presso Pavia. Estate. 420. Cladosporium herbarum (Pers.) Link. Obsero. Mye. II, pag. 37; Sacc. Mich. II, pag. 472; Fung. Ital. 1202, SyUl. IV, pag. 350. Sviluppasi generalmonte come saprofita, alle volte come parassita su diverse piante. In quest’ultimo modo lo rotai sopra le Agave le Cycas nel nostro Orto Botanico e sulle foglie del Rudus Idaeus a Mon- tubeccaria (L. Montemartini). Estate e autunno. 421. Cladosporium Asteroma Fuck. Symd. pag. 355, t. IV, fig. 49!; Sace. SyU. IV, fig. 357. Sulle foglie del Populus alba a Como. Estate. 422. Cladosporium Scribnerianum Cavr. in Br. e Cavr. Fung/. pa- rass. N. 187 con figure. Maculis epiphyllis, orbicularibus, olivaccis, magnis, hyphis fertilibus continuis simplicibus vel parce ramosis, tortuosis, sursum subulatis; coni- diis fusiformibus, obtusiusculis, medio septatis, leviter constrictis, intus gra- nulosis, dilute olivaceis 24-28 © 5. Si è sviluppato in una Betula americana coltivata nel nostro Orto Botanico (Betula populifolia Ait.). Il micelio del fungo si sviluppa alla superficie delle foglie, mandando rametti nella grossa cuticola delle cel- lule epidermiche, entro le quali non penetrano d’ordinario; nella pagina superiore sono olivacee e vellutate, gialle e globose nella inferiore. Le ife fruttifere sono d’ordinario tortuose ed assottigliate in alto, e portano spore fusiformi, unisettate; ad articoli eguali o poco diversi, .a .conte- nuto granulare verdastro. Dedicai questa specie al chiarissimo professore F. Lamson Scribner della Università di Knoxville (Stati Uniti) in segno di verace stima e di amicizia. 423. Cladosporium Paeoniae Pass. in Just. Jahr. 1876 et Myc. amivers. N. 670; Sace. Sylt. IV, pag. 362. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 78. Sulle foglie delle Peonie. Orto Botanico di Pavia. — 284 — 424. Clasterosporium Amygdalearum (Pass.) Sace. Mich. IT, pag. 557: Sy. IV, pag. 391; Cavr. Matér. pag. 391; Sporidesmius Pass. in Thiim. Mye. Univers. N. 474. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 113 e 189. Sulle foglie di Amygdalus communis e Persica, sul Prunus Cerasus. Orti di Pavia. Lo rinvenni anche sui rami giovani di pesco. 495. Helminthosporium sigmoideum Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. pag. 15, Planch. I, fig. 5. secchi. Sulle guaine, le foglie e i culmi di Oryza sativa. Estate e autunno. Forma delle macchie effuse, ampie, nere, vellutate; le ife frutti- fere sono sparse, diritte ad 8 o 10 setti, qua e là nodulose, semplici, olivacee, 100-150 = 5 u; conidî grandissimi, 55-65 = 11-14y, di forma falcata od a S con torsione elicoide, ottusi agli estremi, 3-settati, con gli articoli mediani più grossi, olivacei ed a contenuto granuloso, gli estremi jalini (V. tav. nostr. XXII, fig. 2 a-c). Si avvicina questa specie all’Helminthosporium hyalophlaeum Sace. (Fung. Ital. 814), il quale ha però ife fascicolate e conidî più piccoli inversamente clavati. 426. Helminthosporium teres Sacc. Furg. ital. t. 833. Mich. II, pag. 558; Sylt. IV, pag. 412. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 80. Sulle foglie dell’Avena sativa presso Pavia. Questa forma venne data come varietà nei nostri essiccati, per avere ife fruttifere isolate non fascicolate come nella specie, e più lunghe, mentre le sue spore: sono alquanto più piccole. 427. Helminthosporium turcicum. Pass. in Boll. Comiz. Agr. di Parma 1876 e Rabenh. Fung. Eur. 2271! Essiccati; Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 81. Sulle foglie vive della Zea Mays. Dintorni di Pavia. Estate. 428. Cercospora Cheiranthi Sacc. Fung. Ven. Ser. V, pag. 187, Fung. Ital. t. 660, SyU. IV, pag. 432. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 82. Sulle foglie vive del Cheirantus Cheiri. Orto Botanico di Pavia. Estate e autunno. 429. Cercospora Violae Sacc. Fung. Ven. Ser. V, pag. 187; Fung. Ital. t. 651; Syll! IV, pag. 434. — 285 — Sulle foglie della Viola odorata fl. pleno. Orto Botanico di Pavia. 430. Cercospora Violae-tricoloris Br. e Cavr. Fung. parass. N. 185. Maculis suborbicularibus, magnis, cinereis; hyphis e tuberculo paren- chimatico, subepidermico ortis, 60-100 u. longis, cylindraceis, flexuosis, den- ticulatisque, septatis, olivaceis; conidiis clavulatis, pluriseptatis, dilute chlo- rinis 100-200 = 3-4 p. Sulle foglie vive della Viola tricolor all’Orto Botanico di Pavia. Differisce dalla precedente per avere ife fruttifere di molto più lun- che, settate e per il tubercolo scleroziiforme che forma di sotto all’ e- pidermide. 431. Cercospora Resedae Fuck. Symd. myc. p. 353; Sace. Syll. IV, pag. 435; Cavr. Matér. pag. 15. Essiccati Br. e Cavr. Fungh. parass. 83. Sulle foglie vive della Keseda odorata. Orto Botanico di Pavia. Estate. 332. Cercospora Capparidis Sace. Fung. Ven. Ser. V, pag. 189; Fung. Ital. t. 653, Syll. IV, pag. 435; Br. e Cavr. Fung. parass. N. 84. Sulle foglie del Capparis spinosa. Tremezzo sul lago di Como. Estate. 433. Cercospora Mercurialis Pass. in Mycoth. Univ. N. 783; Sace. Syli. IV, pag. 456; Fung. Ital 673; Cavr. Matér. pag. 15. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 48. Sulle foglie di Mercurialis annua. Torretta presso Pavia. Estate e. Autunno. 434, Cercospora beticola Sacc. Yung. Ven. Ser. V, pag. 189; Fung. Ital. 669; Syll. IV, pag. 456. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 86. Sulle foglie vive della Beta vulgaris. Orto botanico di Pavia. Estate. 435. Cercospora viticola (Ces.) Sace. Sy2. IV. pag. 458; Br. e Cavr. Fung. parass. N. 114; Cladosporium Ces. in Klotsch. Herb. Mycol. N. 1877 e in Flora 1854, pag. 206. Cercospora vitis Sacc. Fung- Ital. t. 671; Helminthosporium vitis Pirot. Fung. Vit. pag. 75; Cavr. Mater. pag. 15. — 286 — Sulle foglie della Vitis Isabella e V. aestivalis. A Orto botanico di Pavia, a Mirabello e Linarolo nell’Agro pavese. Estate. 436. 437. 438. 439. 440. 441. (an via. Cercospora microsora Sacc. Mich. II, pag. 128; Fung. ital. t. 662; Sy. IV, pag. 459. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 44. Sulle foglie di Zia curopaea. Da Como. (C. Andreani.) Cercospora cerasella Sacc. Mich. I, pag. 266; Fung. Ital. t. 663; SyM. IV, pag. 460; Cavr. Matér. p. 15. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 16. Sulle foglie del ciliegio a Pavia e Montubeccaria. (C. Pollini). Cercospora rosaecola Pass. in Thiim. Mycoth. Univers. N. 1086!; Sace. Syll. IV, pag. 460; Cavr. Matér. pag. 15. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 45. Comunissima sulle foglie delle rose. Pavia. Estate e Autunno. Cercospora depazeoides (Desm.) Sacc. Fung. Ven. Ser. V, p. 187, Fung. Ital. t. 645; Syll. IV, pag. 469; Cavr. Matér. pag. 15. Sulle foglie del Sambducus nigra. S. Mauro presso Pavia. Estate. Cercospora Neriella Sacc. Mich. II, pag. 294; Fung. Ital. t. 678; Syll. IV, pag. 473. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 184. Sulle foglie del Nerium Oleander. Orto botanico di Pavia. Estate. Cercospora bolleana (‘Thiim.) Speg. in Mich. I, pag. 475; Sace. Syll. IV, pag. 475; Cavr. Matér. pag. 15; Septonema Thiim. Contr. Mic litortn. Bitto 22] Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 85. Sulle foglie del Ficus Carica. Orto botanico di Pavia. Autunno. . Heterosporium gracile (Wallr.) Succ. Sy2. IV, pag. 480; Hel- minthosporium Wallr. FI. Crypt. n. 1503 (2); Heterosporiwn echinu- latum Sacc. Mich. II, pag. 364, Fung. Ital. t. 834! Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 115. Sulle foglie dell’ Iris germanica e florentina. Orto botanico di Pa- Estate. 443. Napicladium pusilium Cavr. in Atti Ist. bot. Pavia II Ser., Tom. I, pag. 319, Matér. de Mycol. Lomb. pag. 15 e Lev. Mycol. Och. 1888. Sopra acini d'uva in via di disseccamento. Stradella. Estate. 444. Sporoschisma mirabile Berth. et Br. Gard. Clroniel. 1847, pag. 540; Fres. Beitr. VI, fig. 26-28; Sacc. SyM. IV, pag. 486, Var. attenuatum Cavr. Matér. Mycol. Lomb. pag. 15, Planch. I, fio. 6. Sopra legni putridi nelle cantine dell'Orto botanico. Estate. Distinsi questa varietà per la forma delle ife fruttifere, assai atte- nuate alla base, e per le spore che sono più piccole e sprovviste del disco jalino che notasi all’ estremità nella specie tipica, ed infine per le ife sterili che terminano a forma di clava incolora, la quale, sotto l’azione dell’acqua, staccasi per mezzo di un’ incisione circolare. (Vedi tav. nostra XXII, fig. 5 a-c.). 445. Macrosporium Sarcinaeforme Cavr. in Difesa dei parassiti. Mi- lano, 1890, N. 4. Essiccati: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 116 con figure. Hyphis sterilibus in parenchimate foliaceo repentibus, hyalinis, ra- mosis, septatis: hyphis fertilibus e stomatibus egredientibus, brevibus, ere- ctis, rigidiusculis, parce septatis nodulosisque, brunneo-olivaceis : sporis sarcinaeformibus, medio constrictis, tranverse et longitudinaliter septatis, concoloribus, levibus 24-28 = 12-18 w. Sulle foglioline del 7yifoliwm pratense. Villa Flavia presso Pavia. Estate. 446. Macrosporium Solani Ell. et Mart. Amer. Natur. 1882, pag. 1003; Sacc. SyM. IV, pag. 530. Essiccati Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 190. Sulle foglie vive della Datura Stramonium e dell’ Hyosciamus niger. Orto botanico di Pavia. Estate e Autunno. 447. Macrosporium parasiticum Thiim. Mycoth. Univ. N. 667! Essiccati: Br. e Cavr. Pungh. parass. N. 152. Sulle foglie dell’A/lium Cepa attaccato da Peronospora Scheideni. Orti presso Pavia. Autunno. Arch. Critt. II. (SS) Lo TOSSE Secondo Miyabe '' questa specie va identificata col Macrosporium Sarcinulae Berk. che come questo è una mera forma della comune 7Yeo- spora herbarum; osserva inoltre questo autore che contrariamente a quanto si crede tale fungillo è un vero parassita e capace di svilup- parsi entro tessuti di piante le quali non sieno state prima attaccate da fanghi e da altre cause. Lo Schipley ® invece assevera che non gli venne fatto mai di trovare piante affette dal Macrosporium parasiticum se prima non lo erano state dalla Peronospora Sehleideni. Il Thiimen poi lo ritenne parassita di quest’ultima e sarebbe bene invero potere investi- gare le ragioni di questa speciale e costante simbiosi. 448. Maerosporium Calycanthi Cavr. Mater. d. Myc. Lomb. pag. 16, NEDO et Zi Sulle foglie vive del Calycanths praecor. Orto botanico di Pavia. Estate. Forma macchie subcircolari, mediocri, bianche, lucide a margine ocraceo; cespuglietti fruttiferi sulla pagina superiore, sparsi, bruni; ife fascicolate, irraggianti dagli stomi, rigide, ascendenti, ineguali, semplici o rarissimamente ramificati, a fitti sepimenti trasversali e di colore ocraceo, 40-80 = 4-6 1; conidî clavati, ristretti in breve peduncoletto 3-5, a sepimenti traversali ed altri longitudinali, olivacei, pellucidi 50-70 v 11-13 U. 449. Macrosporium Vitis Cavr. Matér. d. Mycol. Lomb. pag. 16; Al- ternaria vitis Cavr. in Atti Ist. bot. d. Pavia Ser. 2°, T. I, pag. 319- 321, tav. III, fig. 8-11 e ev. mycol. Oct. 1888. Sulle foglie di vite a Stradella, Casteggio, Godiasco prov. di Pavia. Estate. 450. Mystrosporium polytrichum Cooke in Lav. Amer. Fung. N. 610- 611, Grevillea XII, pag. 33; Sacc. Sy2/. IV, pag. 541. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 191. Sulle foglie dei gladioli all’Orto botanico di Pavia. Estate. 451. Alternaria Brassicae (Berk.) Sace. M'ch. II, pag. 172: Fung. Ital. 736; SyUi. 1V, pag. 546. ! Mivane, On the life history of Macrosporium parasiticum Thiim, in Annals of Botany. Febbr. 1889. Riass. in Journ. of Mycol. 1889, pag. 102. ? ScHirLey A. E., On Macrosporium parasiticum, in Ann. of Botan. May, 1889. Riass, in Jowmn. of Mycol, 1889, p. 178. — 289 — Essiccali: Br. e Cavr. Fungh. parass. N. 87. Sulle foglie di Brassica oleracea. Comunissima negli Orti di Pavia. Estate e Autunno. 452. Fumago vagans Pers. Mycol. europ. I, pag. 9; Sace. Sy2. IV, pag. 547. Sopra foglie di salice. Como (C. Andreani) e Pavia. Estate e Autunno. Tubercularieae Ehrh. 453. Volutella Buxi (Corda) Berk. Out. pag. 340; Sace. Fung. Ital. 731; SyU. IV, pag. 685. Sulle foglie del Bosso, all’Orto botanico. Autunno. 454. Coremium glaucum Fr. in Liljeb. Sr. 27 III, pag. 678; Sace. Sylt. IV, pag. 581. Coremium vulgare Corda Pracht. FI. 53, t. 25!; Penzig in Sacc. Fung. Ital. t. 1209! Si sviluppò in Laboratorio, sopra limoni e acini di uva putre- scenti. 455. Isaria felina (D.C.) Fr. Syst. Mye. III, pag. 271; Sace. Sy2. IV, pag. 587. Sopra sterco di gatto nell’ Orto botanico di Pavia. (G. Traverso). Autunno. 456. Stysanus Veronicae Pass. in Hedwigia 1877, p. 123; Rabenh. Fung. Europ. N. 2208!; Sacc. Sy. IV, pag. 633; Cavr. Matér. pag. 16. Essiccati: Cavr. Fung. Longob. N. 50 con figure. Sulle foglie di Veronica longifolia coltivata nel sistema dell’ Orto botanico di Pavia in Autunno. 457. Briosia ampelophaga Cavr. in Atti Ist. dot. di Pavia Ser. 2, T. I, pag. 321, tav. V, fig. 1-3; Rev. Mycol. Oct. 1888; Matér. d. Myc. Lomb. pag. 16. Sugli acini d’ uva, associata a Peronospora viticola (forma larvata). Stradella. Estate. — 290 — 458. Isariopis griseola Sace. Mich. I, pag. 273; Fung. Itat. N. 838; Syt. IV, pag. 630; Cavr. Matér. pag. 16. Essiccati; Br. e Cavr. Fung. parass. N. 17. Comunissima sulle foglie del /Waseolus vulgaris, multiflorus ete. Orti di Pavia e dintorni. Estate e Autunno. 459. Tubereularia vulgaris Tode or. Meck2. I, pag. 18, t. IV, fig. 30! Tul. Sel. Carp. III, pag. 79, t. XII, fig. 13 e 14 c!; Sace. Sy. IV, pag. 638, Cavr. Matér. pag. 16. Comunissima sui rami secchi di Rodinia, Gleditschia, Sophora, Pru- nus. Dintorni di Pavia ed a Montubeccaria. (L. Montemartini.) 460. Tubercenlaria acinorum Cavr. in Att Istit. bot. d. Pavia. Ser. IT, vol. I, pag. 322, t. 5, fig. 6-7; Matér. d. Myc. Lomb. pag. 16. Sugli acini d'uva secchi. Stradella. Estate. 461, Fusarium roseum Link. Sp. plant. Fung. Ii, p. 105; Corda, Zeon. I, pag. 3, fig. 55!; Sacc. Syll. IV, pag. 699; Cavr. Matér. pag. 16. Sulle glume di Oryza sativa. Carbonara al Ticino. Autunno. 462. Fusarium heterosporum Nees. N. A. Cur. IX, p. 135; Sacc. Syll. IV, pag. 707. Sulle glume e sui cornetti di Claviceps purpurea raccolta a Bormio dal prof. Briosi in Autunno. Il fungo si sviluppò però in Laboratorio, nei mazzetti di spiche affette da secale cornuta ed esclusivamente nelle spiche del centro dei mazzi, onde in me la persuasione che non sia a ritenersi una forma della C/aviceps, come da alcuni si opina, ma che sia un saprofita qualunque. 463. Fusarium pirinum (Fr.) Sace. Sy2. IV, pag. 720; Fusisporium candidum Fr. Syst. Mycol. III, pag. 445. Sopra frutti giovani putrescenti di pero. Como. (C. Andreani.) Pri- mavera. FORME STERILI. 464. Ectostroma Liriodendri Fr. Syst. Mycol. II, pag. 602; Westend. Exsicc. 480!; Sace. Mich. II, pag. 134; Cavr, Matér. d. Myc. Lomb. Sulle foglie del Livodendron Tulipifera. Orto botanico di Pavia. Estate. 465. Selerotium Oryzae Catt. in Arch. Lador. COrittog. II, pag. 76, tav. VII, fig. 1-8; Cavr. Matér d. Mycol. Lombard, pag. 22. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass, N. 25. Nei culmi, nelle guaine e nelle foglie del riso. Frequente nelle risaie della regione. Autunno. 466. Sclerotium Tulipae Lib. Crypt. Ardenn. N. 36! Sace, Malphighia II, p. 240; Cavr. in Atti Ist. dot. Pavia Ser. II, T. 1, pag. 431, t. IV, fim. 3 a 4; Matér. pag. 22. Essiccati: Br. e Cavr. Fung. parass. N. 13. Sulle foglie, gli scapi fiorali, le capsule del 7u/ipa Gesneriana, va- rietà a fiore doppio, dell’ Orto botanico di. Pavia che vengono attac- cate in primavera dalla Botrytis parisitica Cavr. di cui è la forma iber- nante. Germinando, nella successiva primavera, questi sclerozî sul ter- reno, dànno di nuovo la forma conidica e non osservai fino ad ora alcuna produzione di concettacoli ascofori. Lo SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TaverXXI, Pyrenochaeta Rubi Idaei. a) peritecio, 0) basidi con spore, c) spore staccate Leptosphaeria Phytolaccae. a) frammento di fusto con peritecî, 4) peritecio sezionato, c) spore isolate, d) aschi e parafisi. Chaetophoma Oryzae. a) peritecî con filamenti demaziacei, 0) peritecio se- zionato, c) spore isolate. Dendrophoma Convallariae. a) pezzo di foglia con un peritecio, 0) basidî con spore, c) spore isolate. Discosia Theae. a) frammento di foglia con periteci, 0) peritecio sezionato, c) spore isolate. Nyptera longiasca. a) frammento di rosa con apotecì, 2) apotecio sezionato, c) aschi e parafisi, d) spore isolate. Septoria Theae. a) periteci, 0) spore. Tav. XXII. Physospora elegans. a) frammento di legno con cespuglietti del fungo, vb) rametto fruttifero, c) spore isolate. Helminthosporium sigmoideum. a) due culmi di riso con macchie prodotte dal fungo, 0) ife fruttifere con spore, c) spore isolate. Didymaria Salicis. a) ife fruttifere con spore, c) spore isolate. Macrosporium Calicanthi. Gruppetto di ife fruttifere uscenti da uno stoma e portanti spore in diverso grado di sviluppo. Sporoschisma mirabile var attenuatum. a) ife fruttifere, %) ife sterili, c) spore isolate. Colletotrichum ampelinum. a) frammento di foglia con acervuletto frutti- fero visto dall’ alto, 6) acervuletto visto in sezione di foglia, c) spore isolate. Colletotrichum oligochaetum. a) foglia cotiledonale di Lagenaria con mac- chie prodotte dal fungo, 4) frammento di foglia con acervuli fruttiferi, c) acervulo sezionato, d) spore isolate. INDICE DEL PRESENTE VOLUME Parte I. Rapporti, rassegne e lettere di maggiore importanza. Parte II. Contributo allo studio dell'anatomia comparata delle Cannabinee (G. Briosi e F. Tognini) . Su la composizione chiszica, e la cid disiollica del frutta del De modoro, Lycopersicum esculentum Mill. (G. Briosi e T. Gigli) Per difendersi dalla Peronospora della vite (G. Briosi) . Ancora sul come difendersi dalla Peronospora (G. Briosi) . Alcune erborizzazioni nella Valle di Gressoney (G. Briosi) Intorno alla anatomia delle foglie dell’Eucalyptus dt Labil. cn 23 tavole litog. (G. Briosi) . 7 Sopra il percorso dei fasci libro-legnosi Sa negli ica sini dei Lino, Linum usitatissimum L. Con 3 tavole lito. (F. Tognini) Muschi della Provincia di Pavia. Terza centuria. Con 1 tavola litog. (R. Farneti) . . . a Contribuzione alla ola Dalai 06m! 2 Due ice E. Cavara). Pag. I-XCII (n IO IPIAHERLAT d00 MDIOZI tieni <> p @ bacia N L'rcid I ua Pace cn re î 010 rsa ai VET o (N N NESS led BS n È Lit Varesina 0 © TIRA VET VI. 2 BE \Ì JA da Fr N Nea ZAN (1 42 LI Y si 7, 7, ce % À a È, A INI) CIPRZONKITO de TRPP sui maubO v per. n | ul nayb NI * IR W = =>. d AG ) : / COSTO AIAR » ‘3° } Tad = =—=S3 LIS e Tratto £ iu To N (1) DOT UIL) SRL li va =: EF = gip a \ Po urti vr ip Sa a (di (I PA 240 VO dia) 4 SS P Ue TUO ves TO FRAU i mau 100 v DE 37 3. s 4a DS I A; 0 ghe vi he. a bf i de dei ì SI 7 ge! PUD A x ° Vanni ro j Lav. i} ANI di nn > SI LAS e ORIO " AA 17 \ iS VB. O ; A Zar >@ pa _ "Tit Vavesina , A: Dgiteri toe: duel Ù (Ar Ù i A li e amiata | “i i ee” A LAI IV EFP! i LS AA dè Ge RT NA L Autbre delin 906 Lit Varesina i A x A Ogheri 1 Tur." XVI” DO0N 3 3, OD po sh Jaehtt 1 Hi tn Lit Varesina bell. Len Di | A Qgheri inc; ) (REN TODD? Pi DOO ; Rita Ùi Li ti) i ; : Mi y Vi vl "4 , A ni d n “ ) VETRO O. da L'Autore de ci sa 1 Bi suit Ficia iso "| SAS Istit®Botan dell'Università di Pavia Tay 21. ; D'FCavara adnatdel. ve al fe Tav #2 dell Università di Pavia o Istit® Botan® Lit Bruni Pavia D'F Cavara adnat del Tav. XXI. A_Oghert ine. Lit. Var Botan® della Università di Pavia. ISE Ist° Botan® della Università di Pavia Tv NA i a * ,4 ©: cid Se =; " SO A LAI $ dI Zia ® | i 0 î J i \ / ri \ 9 | | i i | \ toy [61 Î $ I I | I | | \ | Ist® Botan® della Università di Pavia. (9° A Ogheri ine Lat Varesiha,9 tai le * Ù OTT TRAE DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA REDATTI DA GIOVANNI BRIOSI ProFESsoRE DI BoTaNnICA NELL’ UNIVERSITÀ E DIRETTORE DELLA STAZIONE DI BoranicA CRITTOGAMICA. II SERIE Volume Secondo Con 29 tavole litografate. Seguito dell’ Archivio Triennale del Laboratorio di Botanica Crittogamica. MILANO: ‘ | TIP.BERNARDONI DI C. REBESCHINI E €. 1892. ISTITUTO BOTANICO DELL’ UNIVERSITÀ DI PAVIA REDATTI DA GIOVANNI BRIOSI II Serie - Volume primo, con 6 tavole, 1888. Prezzo Lire 20. _I FUNGHI PARASSITI DELLE PIANTE COLTIVATE OD UTILI ESSICCATI, DELINEATI E DESCRITTI per G. ‘BRIOSI e F. CAVARA USS di già. oa 8 fascicoli. $ da Per l'abbonamento rivolgersi al prof. Giovanai BRIOSI dn Pavia. SIL prezzo per le poche copie complote ‘ancora disponibili è di bre “per RIT e di Ho? n per Tostero. Franco di porto: { È ‘ . deg 3 KS 5 ( Ai = @ D ia a DIS (TESE A ti Per A LA Il Il 3 5185 00297 4671 5 É 3 8 E ì 3 _—- = EI = e e—= ATENEA 3} c DIP ar sex