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BALENOTTERA: FOSSILE

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ARGILLE PLIOCENICHE DI S. LORENZO IN COLLINA

(PROVINCIA DI BOLOGNA)

NOTA

Prof. G. CAPELLINI

BOLOGNA Tipografia di Giuseppe Vitali, Piazza S. Martino 1862

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er I’ annessione dell’ Emilia alle provincie sorelle già rette costituzionalmente , piacque al Governo del Re di destinarmi alla cattedra di geologia nella università di Bologna, ove fino a quell’epoca l’ insegnamento della sto- ria naturale (eccettuata la botanica) era stato affidato ad un professore soltanto.

Allontanato da quelle località delle quali mi era da parecchi anni occupato con predilezione, non abbandonan- do il pensiero di condurre a termine gli incominciati la- vori e proseguire lo studio di certe formazioni, delle qua- li mi era specialmente interessato, sentii però il dovere di attendere altresì alla geologia e paleontologia della nuova provincia ov’ era stato chiamato a fissar mia dimora.

Le copiose collezioni di roccie e fossili, anche di que- sti dintorni, riunite nel museo per cura specialmente dei due ultimi professori di storia naturale e di alcuni amato- ri, ed i lavori degli uni e degli altri sulia geologia bolo- gnese, ben lungi dal provarmi che nulla restasse a fare per questa parte, servirono invece d’ eccitamento ad occu- parmene appena e per quanto mi fosse possibile, certis-

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simo che le mie fatiche sarebbero state coronate da fortu- nati risultamenti.

Fino all’epoca del mio arrivo in Bologna non aveva avuto occasione di visitare questa parte tanto interessante c tanto feconda per gli studi geologici, memmeno aveva potuto realizzare un mio progetto, che era di visitare e studiare nel Piacentino le località ove il Cortesi special- mente nel 1806 riesciva a fare importanti scoperte pale- ontologiche. Falconer tornato in Italia per occuparsi dello studio dei rinoceronti fossili, venuto a visitarmi nel mag- gio del 1861 (primo anno della mia dimora in Bologna) mi esprimeva il desiderio di visitar meco i dintorni di Ga- stell’ Arquato, monte Pulgnasco, Moniezago, ecc., insom- ma que’ luoghi stessi che io pure desiderava conoscere; e poichè sentiva bisogno di abbandonare per qualche giorno il gabinetto e lavorare piuttosto in campagna, accettai la pro- posta dell'amico e partimmo per una escursione di alcuni giorni. Dopo le escursioni nel Piacentino si combinava una gita nell’Imolese, e grazie alla gentilezza dell'amico e di- slinto geologo Scarabelli, senza perder tempo visitavamo le località ove furon trovati i più bei resti di mammiferi che si conservano nel museo civico di Imola; indi tornavo a chiudermi nel mio gabinetto. Sapeva intanto nei Bolo- gnese essere sviluppatissimi i terreni terziari, il pliocene principalmente ; trovava nelle collezioni a me affidate la porzione anteriore d’ una mandibola di rinoceronte prove- niente dal Balzo del Musico, quella che il Monti aveva acquistata da un contadino di Monte Biancano per farne oggetto d’ una dissertazione in seguito tanto ricordata da rendere pregevolissimo | esemplare al quale si riferisce; non ignorava che il signor Biancani nel 1751 aveva illustra- to quattro corpi di vertebre trovati essi pure da un con- tadino nelle vicinanze del Rio Landa. |

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Per più d’ un secolo nelle numerose balze (Calanchi) di argille turchine plioceniche che si incontrano tanto fre- quentemente in queste colline, erano state raccolte sol- tanto delle conchiglie e qualche frammento di lignite; ciò non pertanto riflettendo che resti di vertebrati vi si erano trovati in epoche remote, che se ne scoprirono nel Piacen- tino finchè visse Cortesi, e nell’ Imolese dacchè se ne oc- cuparono i signori Cerchiari e Scarabelli, non dubitava che le colline bolognesi dovessero prima o poi fornirci nuo- vi materiali ad incremento della bella collezione dei mam- miferi fossili di questo regio museo universitario.

Aliorchè le mie occupazioni me lo permisero e spe- cialmente nella scorsa primavera, intrapresi delle escur- sioni, accompagnato da alcuni dei miei alunni i più ap- passionati alla geologia.

Il 17 maggio in compagnia dei signori dottori Fore- sti e Nicolai, mi recava per la prima volta a Monte Mag- giore e Monte Biancano ; il giorno dopo esaminava le balze di San Lorenzo e specialmente quella detta della Chiesa.

In geologia bisogna vedere$ rivedere, e gtornare a ve- dere; per tal modo riesce facile istituire confronti fra le località studiate e quelle che si visitano per la prima vol- ta onde farne argomento di siudio. Negli anni precedenti, | prima del Piacentino e dell’ [malese già accennati, aveva studiato i terreni pliocenici dei dintorni di Savona e Ge- nova, quelli dell’ Astigiano e della Toscana, d’ onde tante ricchezze paleontologiche si sparsero non solo nei musei d'Italia, ma per tutta Europa; in fatto di depositi plioce- | Mici poteva ormai trovare analogie con quelli d’una o d un’altra provincia precedentemente studiata.

Arrivato a San Lorenzo în Collina,trovava le stesse argille turchine (spesso un poco marnose) che aveva os-

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servate nei dintorni di Castell’ Arquato, le stesse specie di molluschi che aveva raccolti sul posto ove era stata dissotterata la balenottera scoperta dal Cortesi, frammenti di legno imperfeltamente carbonizzato spesso forato dalie teredini, e strobili del Pinus Haidingeri.

Dopo aver fatto osservare ogni cosa ai miei alunni, azzardava asserire che in quella località come nel Piacen- lino, resti di cetacei si dovessero trovare sepolti nelle ar- gille, e li invitava ad aiutarmi nelle ricerche, avvertendoli che quando incontrassero anche un piccolissimo fram- mento osseo non lo staccassero senza che io fossi sul posto.

Quante volte in quella giornata scambiarono una scheg- gia di fegno con un sospettato frammento d’ osso ? Final- mente allorchè cominciavano a disperare, una vera scheg- gia di osso si scopriva sporgente da un masso di sabbie gialle ed argille turchine miste insieme e conglutinate sal- damente, sicchè dovetti ricorrere al martello per stac- carne una parte e persuadere i miei alunvi che entro mascondevano resti di vertebre di un mammifero di grandi dimensioni.

Il pezzo non era in posto, ma una corrente di fango l'aveva trasportato, e seguendo le traccie di essa corrente si trovarono altre vertebre, sicchè sette ne riportammo il giorno dopo a Bologna.

Il 24 dello stesso mese di maggio gli studenti di geo- logia ed alcuni miei colleghi mi seguivano in una seconda escursione a San Lorenzo, allo scopo di fare nuove ri- cerche intorno al mammifero fossile di cui riteneva quasi per certo che in quella balza dovesser trovarsi le altre parti dello scheletro. Una piccola escavazione sul fondo della balza ci fornì altre tre vertebre in cattivo stato, la minuziosa perlustrazione del rimanente della località non

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lasciò scorgere traccia di quanto desiderava trovare; cio- nonostante per la natura della roccia che incrostava i pezzi raccolti e per il posto nel quale erano stati trovati, volli dedurne d’ onde reaimente fossero stati dissotterati dalle acque (1).

Precisato che quei resti provennero dal burrone che sta presso al limite delle due proprietà Grassi Marsili e Giudiccini ed è coronato da ginestre ed arboscelli, indicai anche la profondità approssimativa alla quale dovea tro- varsi il rimanente, affidando al tempo il darmi ragione o dichiararmi troppo corrivo nelle mie deduzioni. AI dottor Foresti che ha pure un casino di campagna non molto distante dalla balza della quale si parla, raccomandai di sorvegliare il burrone da me indicato e di non stancarsi di visitarlo al seguito delle pioggie dirotte frequenti in sul finire d’ autunno; intanto dalle vertebre mutilate già raccolte, credetti poterne dedurre che l’animale al quale spettavano si riferisse al genere Rorqualus, Cuv. (2).

Visitò il Foresti ripetutamente il burrone della bale- nottera, ma fino a questi ultimi tempi, a motivo della stagione asciutissima, quasi nulla era stata la denudazione delle argille. La stagione mutossi improvvisamente, acque a rovescio cagionarono grandi lavine, ed alcuni contadini ai quali aveva pure raccomandato di fare attenzione alle ossa che si fossero scoperte nella balza, venivano premu- rosamente a Bologna la mattina del 3 novembre corrente, annunziandomi averne già raccolto parecchie, ed altre aver-

(1) Vedi Bustico prof. G., Resti fossili scoperti nel Bolo- gnese. Rivista italiana di scienze lettere ed arti, 16 giugno 1862.

(2) Vedi Cuvrer, Ossements foss., 4.e ddit., tom. VIII. 2, pag. 509.

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ne lasciate in posto per la difficoltà di poterle escavare e per esser nata contesa fra loro ed il proprietario del luogo.

La pessima stagione non mi ritenne, ed accompagnato dal bravo dottor Foresti mi recai immediatamente sulla località facendo tosto intraprendere i lavori necessari per poterci avvicinare ad un osso sporgente nel burrone già ac- cennato, forse appena tre o quattro metri più basso della posizione da me precisata ; ma prima di proseguire è d’uo- po che accenni in quale stato si trovassero le cose già estratte da quei paesani.

Un masso entro il quale stavano alcuni corpi di ver- tebre era stato diviso in due, delle altre ossa tre piccole ceste erano state ripiene con frammenti di cinque a selte centimetri di lunghezza, sicchè appena potei raccapezzare che parecchi appartenevano ad un frammento di mandi- bola così miseramente ridotto.

È facile immaginarsi quanto restassi sconcertato per quella rovina. Ogni mia speranza si concentrò su ciò che restava in posto, ben contento questa volia che per un al- terco si avesse almeno potuto salvar qualche cosa.

Per chi conosce le balze che risultano dalle argille turchine, i pericoli cho si corrono per arrampicarvisi an- che nella buona stagione, non è d’uopo che io ripeta che. non si trattava soltanto di restare esposti all’acqua e pian- tati nel fango, ma che il pericolo delle lavine non ci la- sciava tranquilli un istante durante il lungo lavoro che si trattava di fare per esportare alcuni pezzi, che abbando- nati sarebbero in breve rovinati in basso, senza che fosse stato possibile ricuperarli.

Sorpresi dalla notte mentre faceva tagliare un gra- dino per poterci tenere al piano in cui trovavasi il fos- sile, dovetti far sospendere il lavoro fino al giorno ve-

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gnente, riparando alla meglio perchè | opera nostra non andasse frattanto perduta.

La mattina del giorno quattro tornai nella balza con al- cuni contadini più esperti ed intrepidi, e poichè la pioggia non era scemata durante la notte, non fui punto sorpreso, ma però dolentissimo di vedere sepolto sotto una lavina tutto il lavoro del giorno innanzi; dippiù il fango continuava a calare su quel pendio per cui dovetti provvedere ad altri lavori per non correr pericolo durante la escavazione. Un gradino tagliato quattro metri sopra il piano del fossile doveva servire a garantirci dal fango che scendeva lenta- mente, e benchè riescissi a meraviglia nel mio intento, prima che quel gradino fosse tulto tracciato, per una massa d’ argilla staccatasi improvvisamente saremmo stati precipitati in basso se non riescivamo a ripararci rannic- chiati sul primo gradino ove era il fossile, contentandoci di ricevere suile spalle una piccola parte di quella mota che scese più lentamente e quindi non fu lanciata fino in fondo alla balza. Con tutto questo persistendo nel voler salvare una porzione di mandibola lunga circa un metro e mezzo, e poichè il mio compagno e gli operai si erano non meno di me animati per condurre a buon termine quell’ intrapresa, finii coll’ avere il pezzo scoperto in tulta la sua lunghezza.

- Allora mi avvidi quanto fosse stato guastato dalle a- cque e forse dagli urti sofferti per la'lavina della notte precedente; se il tempo lo avesse permesso, | avrei rive- stito di gesso per tenere ogni frammento al suo posto du- rante il trasporto, ma invece una nuova massa di sabbie gialle si staccava in alto, e se si fosse tardato poco più tutto era perduto!

Il pezzo fu tirato sopra una tavola non però intero,

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ciononostante presto sarà quasi completamente restaurato insieme agli altri resti scavati in questa occasione.

Secondo le mie previsioni, il cranio, le ossa mascel- lari ed una delle mandibole, probabilmente una natatoia e porzione delle coste e delle vertebre trovansi tuttavia sepolte e protette dalle argille sovraincombenti.

Per i lavori fatti spero che nulla correrà pericolo du- rante il verno, ed a primavera sono deciso di intrapren- dere una regolare e sufficientemente estesa escavazione per avere quanto resta di quello scheletro, possibilmente in uno o due pezzi al più, e quindi nella stessa posizione in cui fu seppellito.

Quanto ho potuto ricavare da questa escursione pre- sto figurerà nel museo insieme alle vertebre raccolte nel maggio scorso; intanto dalle vertebre, porzioni di coste, e gran parte d’ una mandibula già raccolte, credo poter de- durre che lo scheletro intero doveva avere sette ad olto me- tri di lunghezza.

Con quanto resta sotterra spero potrò ricavare l’ e- satta forma e precise proporzioni dell’ animale, allora ne farò una completa illustrazione, parlerò anche della pro- fondità approssimativa nella quale quel cadavere venne ca- lato a fondo, della posizione in cui si trovò relativamente al fondo stesso, e delle vicende alle quali andò soggetto lo scheletro prima di esser sepolto dai sedimenti, |

In seguito coll’ aiuto di quelli fra i miei alunni che già incominciano ad occuparsi della perlustrazione di que- sti dintorni, probabilmente si riescirà a scoprire altri scheletri di balenottere non solo, ma eziandio di delfini, rinoceronti, elefanti ed altri mammiferi che vissero durante il periodo pliocenico, e i cui cadaveri dopo aver galleggiato finirono sul fondo di quel mare nei cui sedimenti oggi ne dissotteriamo gli avanzi. 3

11 APPENDICE

Il 19 dello stesso mese di novembre scoprii i resti di un delfino nella stessa balza di S. Lorenzo a piccola di- stanza dalla chiesa.

La signora contessa Grassi Marsigli proprietaria della località ha gentilmente acconsentito che si intraprendano escavazioni per avere quei resti e sono lieto di potere. attestare pubblicamente la mia riconoscenza.

NOTA

Nelle collezioni del museo della regia università di Bologna, oltre il resto di mandibola di rinoceronte già accennato; per quel che riguarda i mammiferi fossili del Bolognese, si osserva un bel- lissimo molare di Elephas antiquus proveniente dalla Crovara e che faceva parte dei fossili riuniti per cura del prof. Alessandrini.

Piccolo frammento riferibile alla stessa specie e proveniente dalla medesima località lo trovai nei magazzini ove si conscer- vava anche un resto di mandibola in cattivo stato, la quale dai. denti che ancor vi si trovano si sospetta essere di Delfino. Que- st ultima fu trovata nella molassa in una proprietà del dottor Cesari, fuori porta San Mamolo: ambi gli esemplari portavano un cartellino di mano del prof. Bianconi.

Un omero di Bue fu trovato negii spacchi che sono nelle masse gessose di monte Donato, ed il museo ne va debitore al professore Santagata.

Estratto dalla Rivista Italiana di scienze, lettere ed arti,

N. 144 e 445, 24 novembre e 1.° dicembre 1862

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