3SH1IWS S3 1 HVd an UBRARIES SMITHSONIAN INSTITUnON NOU.nilJ.SNI nvinoshìiws 2 r* _ z r- _ 2 r~ HSONIAN- INSTITUTION N01inill$Nl~NVIN0SHllWS S3 l U VH 8 ll~LI B R AR I ES SMITHSONIAN z m 21 ^ ^ 2 < 4&.S. 2 .g - . z > ^ ^SOaj_dC^^ 5 ’ '"4^ s ^ OSHillMS^Sa I HVH a n_ LI BRAR I ES SMITHSONIAN _INSTITUTION° NOUnillSNI^NVINOSHJLIWS * «I /jSfc. ? /g|SDx I «tck ^ ^ v*v, ££ ''fffiÉijjffi t _ o 5 J/^0^ 5 f? 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Il Comitato di Redazione qualora lo giudichi necessario ha facoltà di chiedere il parere consultivo di altri, anche non soci. Art. 2. — I testi delle note devono essere consegnati al Redattore, dattiloscritti in duplice copia, nella stessa tornata o assemblea in cui vengono comunicati. Per gli alle¬ gati (Figure, tavole, carte ecc.) si richiede la consegna, oltre che degli originali destinati alla Tipografia, di una copia eliografica di tutti i disegni a china e di una seconda serie di stampa per tutte le fotografie, con l’indicazione su ciascuna di esse della figura cui si riferisce e del simbolo (numero o lettera) che ne indica la posizione nella figura stessa. Per le diapositive a colori potrà essere fornita, in luogo di una seconda copia, una stampa a colori nel formato minimo di cm 10 x 15. Art. 3. — • Ogni anno i soci hanno diritto a 10 pagine di stampa, gratuite, o al loro equivalente, oltre a 50 estratti senza copertina. Tale diritto non è cedibile né cumulabile. Art. 4. — Con le prime bozze, la Tipografia invierà al Redattore il preventivo di spesa per la stampa nel Bollettino e per gli estratti, questi lo comunicherà all'Autore per la parte di spesa che lo riguarda. Art. 5. — L’Autore restituirà con le prime bozze, gli originali ed il preventivo di spesa per la stampa, sottoscritto per conferma ed accettazione, indicando il numero di estratti a pagamento desiderati, l'indirizzo a cui dovrà essere fatta la spedizione e l’intestazione della fattura relativa alle spese di stampa del periodico e degli estratti. Nel caso che Lordine provenga da un Istituto Universitario o da altro Ente, l’ordine deve essere sottoscritto dal Direttore. Art. 6. — Modifiche ed aggiunte apportate agli originali nel corso della correzione delle bozze (correzione d’Autore), comportano un aggravio di spesa, specialmente quando richiedono la ricomposizione di lunghi tratti del testo o spostamenti nell'impaginazione. Tali spese saranno addebitate all'Autore. Art. 7. — Le bozze devono essere restituite al Redattore entro 15 giorni. Il ritardo comporta lo spostamento della nota relativa nell'ordine di stampa sul Bollettino; per questo motivo la numerazione delle pagine sarà provvisoria anche nelle ultime bozze e quella definitiva sarà apposta su esse a cura e sotto la responsabilità della Tipografia. Art. 8. — A cura del Redattore, in calce ad ogni lavoro sarà indicata la data di ac¬ cettazione da parte della Rivista. Art. 9. — Al fine di facilitare il computo dell’estensione della composizione tipografica dei lavori è necessario che il testo venga presentato dattiloscritto in cartelle di 25 righe, ciascuna con 60 battute. Art. 10. — L'Autore indicherà in calce al dattiloscritto l’Istituto o l’Ente presso cui il lavoro è stato compiuto e l’eventuale Ente finanziatore della stampa e delle ricerche. Art. 11. — Le note saranno accompagnate da due riassunti, da cui si possa ricavare chiaramente parte sostanziale del lavoro. Uno dei due riassunti sarà in italiano e l'altro preferibilmente in inglese. Art. 12. — Vengono ammesse alla pubblicazione sul Bollettino anche Note d'Autori non soci, purché presentate da due soci e preventivamente sottoposte per l’approvazione al Comitato di Redazione. La stampa di tali Note sarà a totale carico degli Autori. Art. 13. — I caratteri disponibili per la stampa sono i seguenti : maiuscolo . . . = maiuscoletto - , corsivo - , tondo; in corpo 10 e corpo 8. L’Autore potrà avanzare proposte mediante le sottolineature convenzionali prima riportate. La scelta definitiva dei caratteri è di competenza del Redattore. ISSN 0366 - 2047 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME XC - 1981 GIANNINI EDITORE NAPOLI 1982 SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VIA MEZZOCANNONE, 8 CONSIGLIO DIRETTIVO BIENNIO 1981-82 Prof. Pio Vittozzi Prof. Aldo Napoletano Prof. Teresa de Cunzo Doti. Gerardo Gustavo Doti. Angiolo Pierantoni Prof. Pietro Battaglini Doti. Giorgio Matteucig Prof. Antonio Ariani Prof. Glauco Bonardi Prof. Giuseppe Caputo Prof. Arturo Palombi - Presidente - Vice-Presidente - Segretario - Vice-Segretario - Tesoriere - Bibliotecario - Redattore delle pubblicazioni - Consigliere - Consigliere - Consigliere - Consigliere Hanno contribuito alla stampa di questo volume: LA Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ente Nazionale Cellulosa e Carta Il Ministero per i beni culturali ed ambientali La Regione Campania L’Università di Napoli comitato di redazione delle pubblicazioni È costituito dal Presidente, dal Redattore delle pubblicazioni e dai quattro Consiglieri, ma si avvale, quando lo ritiene più opportuno, della consulenza scien¬ tifica di particolari competenti italiani o stranieri. In particolare a questo numero hanno collaborato: Virgilio Botte, Romualdo Caputo, Massimo Civita, Annamaria Cita, Baldassarre de Lerma, Sebastiano Geno¬ vese, Vincenzo Leone, Massimo Libonati, Angiola Maccagno, Danilo Mainardi, Donato Matassino, Arturo Palombi, Gaetano Vincenzo Pelagalli, Alfredo Paoletti, Italo Sgrosso, Sergio Tazioli, Enrico Vannini. IN MEMORIA DI GIUSEPPE IMRÒ Non è compito agevole commemorare Giuseppe Imbò, Socio Beneme¬ rito di questa Società, per averne fatto parte per oltre un cinquantennio. Fu nel bollettino di questa Società che egli pubblicò nel 1925 il suo primo lavoro scientifico, nel quale indagò sulle cause delle variazioni degli spettri di assorbimento e della conducibilità elettrica delle soluzioni di clo¬ ruro di cobalto, al variare della temperatura e della concentrazione; al Bol¬ lettino di questa Società affidò molte altre ricerche sue o in collaborazione coi suoi discepoli, non escluso chi vi parla; di questa Società fu Presidente dal 1964 al 1966. Non potevo quindi sottrarmi a questo dovere, quale attuale indegno Presidente, io che ero stato accanto a Giuseppe Imbo ininterrottamente, fino alla sua morte, a partire dal 1942, quando, sotto la sua guida, preparai la mia tesi di laurea in uno dei campi di ricerca da lui coltivati con pas¬ sione: la radiazione solare. Erano quelli i tempi in cui cominciai a conoscere l’Uomo, che antepo¬ neva gli Istituti da lui diretti anche ai suoi interessi ed affetti personali; e 4 Commemorazione lo aiutai a mettere in salvo, nei sotterranei di San Marcellino, libri ed appa¬ recchi dell’Istituto, per preservarli dalla furia degli eventi bellici. E fu allora, come poi a distanza di tempo mi confessò, che egli, giudicando, contro i miei meriti, molto favorevolmente il mio lavoro di tesi, scoprendo in me lati del carattere che egli giudicava positivamente, decise di sce¬ gliermi come suo collaboratore. Non mi disse nulla subito, tanto più che io, appena laureato, dovetti immediatamente ripartire per Bolzano, dove prestavo servizio militare e dove fui fatto prigioniero dai Tedeschi in quel famoso, ormai lontano, otto settembre 1943. Ma, ritornato in Italia, dopo 25 mesi di durissima prigionia nei tristemente famosi «lager» tedeschi, quando lo andai a salutare, mi disse di aver tenuto libero per me il posto di Aiuto all’Osservatorio Vesu¬ viano. Giuseppe Imbò nacque a Procida (Napoli) il 6 dicembre 1899, si lau¬ reò in Fisica presso l’Università di Napoli nel 1923. Fu Assistente presso l’Istituto di Fisica Terrestre nel 1923 e poi presso l’osservatorio Vesuviano dal 1923 al 1925. Geofisico dell’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geofi¬ sica, prestò servizio prima presso l’Osservatorio Geofisico di Ischia dal 1925 al 1927, poi dal 1927 al 1934 presso l’Osservatorio Geofisico di Catania, di cui divenne Direttore dal 1928. Nel 1932 conseguì la Libera Docenza in Geofisica e nel 1934, a soli 35 anni, risultò secondo della terna nel con¬ corso alla Cattedra di Vulcanologia presso l’Università di Catania con dire¬ zione dell’Osservatorio Etneo. Nello stesso anno, vincitore del relativo con¬ corso, passò all’Osservatorio Vesuviano quale Conservatore. Nel 1935 fu proposto per la direzione dell’Osservatorio Vesuviano, che ottenne per inca¬ rico unitamente a quella dell’Istituto di Fisica Terrestre dell’Università di Napoli, diventandone poi titolare per concorso a partire dal 1936. Ha conser¬ vato le due direzioni, dell’Istituto di Fisica Terrestre e dell’Osservatorio Vesu¬ viano fino a tutto il 1970, cioè fino a quando è stato collocato fuori ruolo. Fu socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei dal 1956 e dell’Accademia Gioenia di Catania, socio nazionale ordinario dell’Acca¬ demia di Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, segretario generale dell’Accademia Pontaniana, socio benemerito e Presidente di questa nostra Società dei Naturalisti, come ho già accennato, Presidente dell’Associa¬ zione Geofisica Italiana della quale era stato uno dei fondatori, medaglia d’oro dei benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte. Il suo cuore cessò di battere a Napoli il 19 novembre 1980. Fu vulcanologo di fama internazionale e dominò il campo della Geofi¬ sica Italiana per oltre un trentennio dal 1936 al 1970, quando in tutta Italia Giuseppe Imbò 5 le cattedre di Geofisica erano soltanto due e poi soltanot tre: Genova, tenuta dal Prof. Mario Bassolasco, Roma, tenuta dal Prof. Enrico Medi e Napoli; il primo concorso a cattedra di Fisica Terrestre dopo quello del 1936 vinto da Imbò, fu quello del 1970, bandito dall’Università de L’Aquila quando Imbò andava fuori ruolo. La produzione scientifica di Giuseppe Imbò consta di circa 160 note e memorie, oltre a numerosi articoli e recensioni critiche. Essa verte princi¬ palmente, con contributi teorico-applicativi, su vari aspetti della fisica del vulcanismo (sismica, caratteristiche fisiche dei magmi, dinamica vulcanica, meccanismi eruttivi...) ma tratta anche molti altri problemi di fisica ter¬ restre (ottica atmosferica, sismologia, radiazione solare, radioattività...) ed ancora di storia, sia generica nel campo della fisica terrestre, sia specifica in relazione alla vulcanologia. In linea di massima si può dire che egli aveva sempre di mira i vulcani in genere ed il Vesuvio in particolare ed in ogni sua ricerca, in definitiva, tranne poche eccezioni, si finiva sempre per indovinare un particolare inte¬ resse vulcanologico. La sua consorte Anna Imbò, da lui teneramente amata, e sulla quale, in assenza di figliuoli, aveva concentrato tutto il suo affetto, soleva ripetere che due erano stati i grandi amori di Giuseppe Imbò: la moglie ed il Vesuvio. Entrando un po’ più in particolari e cominciando dalla vulcanologia in senso stretto, dirò che in uno dei suoi primi lavori (1924), nel fare la recen¬ sione di un volume di Roberto Almagià sulla frane in Italia, trasse spunto per occuparsi in perticolare delle frane vesuviane. Più tardi studiò a fondo l’eruzione etnea del 2-20 novembre 1928 e approfondì i sistemi eruttivi etnei. Poco dopo s’interessa di Stromboli e pubblica sul Bollettino Vulcano- logico una nota sul parossismo di questo vulcano del settembre 1930 e qualche anno più tardi altra nota sull’attività dello Stromboli successiva al detto parossismo. Ritorna poi all’Etna e sin da allora (1930) si pone il pro¬ blema di una eventuale previsione delle eruzioni studiando le variazioni cicliche nella successione dei periodi di riposo etnei e seguendo, con occhio vigile e spirito critico di indagine, le manifestazioni eruttive e sismiche del vulcano siciliano dal novembre 1928 a tutto il 1933. Da questo momento e con qualche interruzione per rivolgere ancora la sua attenzione alle caratteristiche eruttive dello Stromboli e ad alcune eruzioni etnee, si dedicò totalmente al Vesuvio. Individuò e seguì tipi particolari di agitazione microsismica vesuviana, in particolare quelle che chiamò armo¬ nica e spasmodica, mettendole in stretta relazione con le osservazioni alla 6 Commemorazione bocca del vulcano e risalendo alle cause di detti moti microsismici, e stu¬ diò inoltre le variazioni dell’inclinazione del suolo all’Osservatorio Vesu¬ viano, mettendole in relazione con l’attività del Vesuvio. Un merito particolare va attribuito a Giuseppe Imbò per la dedizione completa con la quale studiò in tutti i più minuti particolari l’eruzione vesuviana del 1944. Sprezzante del pericolo, si trasferì con la consorte all’Osservatorio Vesuviano e di persona seguì da vicino tutte le fasi dell’eruzione. Erano tempi in cui c’era, per gli eventi bellici, la più assoluta carenza di personale e unici suoi collaboratori furono la moglie che, lau¬ reata in matematica, era stata assistente del prof. Caccioppoli, ed il custode. Il Vesuvio per la sua relativamente agevole accessibilità è stato defi¬ nito «vulcano da laboratorio» e Giuseppe Imbò concepiva l’Osservatorio Vesuviano come il laboratorio ideale nel quale, man mano che potè disporre di un più nutrito stuolo di collaboratori, il vulcano potesse essere seguito, servendosi di tutti i mezzi che la geofisica metteva a disposizione. Non a caso per legge era stabilito che il titolare (allora uno solo) della Cattedra di Fisica Terrestre nell’Università di Napoli fosse di diritto il direttore dell’Osservatorio Vesuviano. E i ricercatori dell’osservatorio Vesu¬ viano venivano formati dal Maestro nell’Istituto di Fisica Terrestre. Se oggi Napoli si impone all’attenzione nazionale ed internazionale nel campo della geofisica e della vulcanologia, con un folto gruppo di profes¬ sori ordinari e prossimi associati e ricercatori, se ha potuto chiedere un dottorato di ricerca in geofisica e vulcanologia, lo deve a Giuseppe Imbò, che cominciò da zero con un unico assistente. Giuseppe Imbò fu un amministratore dei fondi ricevuti dallo Stato, di una parsimonia inaudita in tutti i campi che non fossero quelli dei libri ed apparecchi scientifici e fu precursore di molte idee moderne circa la colla¬ borazione tra l’Istituto di Fisica Terrestre e l’Osservatorio Vesuviano. L’Os¬ servatorio in genere ha sempre potuto disporre di maggiori fondi, ma c’è stato un momento in cui ne ha difettato: ebbene Imbò ottenne dall’allora Rettore dell’Università di Napoli, prof. Pontieri, un’assegnazione straordi¬ naria per l’Istituto di Fisica Terrestre, che utilizzò per acquistare due vario¬ metri magnetici, che furono ovviamente inventariati all’Istituto, ma furono adoperati all’Osservatorio Vesuviano. Nel 1967, quando si volle celebrare in modo degno il 125° anniversario dell’istituzione dell’Osservatorio Vesuviano, fu tenuto a Napoli per l’occa¬ sione il Convegno Annuale dell’Associazione Geofisica Italiana, di cui Imbò era il presidente e chi vi parla il segretario. Giuseppe Imbò 7 Fu in quella occasione inaugurata una serie di nuove opere, nuovi padiglioni per misure particolari, nuove stazioni avanzate più prossime al vulcano e quattro bunker in cemento armato distribuiti intorno al Gran Cono vesuviano, muniti di sismografi. Sin da quell’epoca l’Osservatorio Vesuviano era dotato delle apparec¬ chiature più moderne e sofisticate per poter seguire nel modo migliore l’at¬ tività del Vesuvio. Oltre ai vecchi sismografi Wiekert, Alfani e Vicentini, fu dotato di un sismografo «Osaka»; di apparecchi per la misura della radiazione solare diretta con sostegno equatoriale, per seguire automaticamente il sole nel suo moto apparente, della radiazione solare diffusa e di quella globale, con relativi particolari registratori «Spedomax». Un padiglione nel giardino dell’Osservatorio era dedicato alle misure assolute del campo magnetico terrestre ed era fornito di complesso stru¬ mentale «Sokisha»; altro padiglione era dedicato alle misure dell’elettricità atmosferica; un terzo padiglione era adibito alla graviclinometria e dotato di coppia di pendoli orizzontali «Melchior». La stazione avanzata sul Colle Margherita disponeva di accelerometro, gravimetro, apparato anemografico, registratore di scariche atmosferiche e microbarografi. La stazione avanzata sul Colle Umberto custodiva gli apparati registratori dei sismografi «Osaka» in funzione nei quattro bunker di cui ho fatto cenno sopra, un registratore di correnti telluriche e un sismografo «Benioff». Nato fisico, Giuseppe Imbò apportò notevoli contributi originali alla Fisica del Vulcanismo. Oggi abbiamo a Napoli un discepolo di Imbò, il col¬ lega Giuseppe Luongo, che è ordinario di Fisica del Vulcanismo. Studiò la nube vesuviana mettendola in relazione con la polarizza¬ zione della luce nell’atmosfera; per la prima volta evidenziò tipi particolari di registrazioni sismiche in stretta relazione con fenomeni vulcanici in genere e vesuviani in particolare; studiò le temperature delle fumarole vesuviane; misurò la velocità dei nuclei gassosi esplosivi vesuviani. Un gruppo nutrito di lavori è dedicato alle proprietà fisiche dei magmi e spe¬ cialmente alla viscosità, alla conduttività termica ed alla tensione magma¬ tica. Per la prima, attraverso l’esame delle curve di raffreddamento delle lave, viene individuato un punto di flesso, a cui corrisponde una tempera¬ tura critica, cui Imbò dà il nome di «temperatura di irrigidimento», che risulta pressoché costante per la lava della stessa origine nonché della medesima età. Detta temperatura divide due campi termici nei quali non sono eguali le velocità di raffreddamento e precisamente: per temperature minori di quelle di irrigidimento, la velocità è maggiore. Ciò viene spiegato 8 Commemorazione da Imbò nel senso che il coefficiente di viscosità del prodotto esaminato raggiungerebbe valori tanto elevati da impedire il prolungarsi del feno¬ meno cristallogenetico e pertanto la velocità di raffreddamento cresce per cessazione della somministrazione delle calorie di cristallizzazione. Particolare attenzione rivolse pure alle oscillazioni della colonna mag¬ matica nel condotto vesuviano, che pose in stretta relazione con l’agita¬ zione microsismica armonica di cui si è fatto cenno. Acuto ed attento osservatore, mise inoltre in evidenza oscillazioni a periodo semidiurno lunare nell’attività eruttiva vesuviana ed oscillazioni a periodo di lh,5 nell’andamento dell’attività parossistica vesuviana del marzo 1944, già rile¬ vata attraverso osservazioni clinografiche e mareografiche e confermata in base ad indagini sulle variazioni dell’agitazione microsismica, che accom¬ pagnavano le contemporanee variazioni dell’attività eruttiva. Anche attraverso la gravimetria Imbò cercò di seguire l’attività vesu¬ viana a scopo di previsione delle eruzioni vulcaniche ponendo in relazione le variazioni dell’accelerazione di gravità rilevata al gravimento con l’al¬ tezza della colonna magmatica nel condotto e con le sue oscillazioni di marea. A proposito di un tentativo di previsione, assume particolare impor¬ tanza uno studio dal titolo: «Il dinamico riposo del Vesuvio», pubblicato nel 1957 negli «Annali dell’Osservatorio Vesuviano». Attraverso lo studio attento dell’andamento nella successione delle durate dei corrispondenti periodi eruttivi e di riposo, Imbò rileva resi¬ stenza di una relazione di tipo esponenziale tra gli uni e gli altri giustifi¬ cata in base a considerazioni fisiche. Deduce così la durata minima, media e massima relativamente al periodo di riposo che allora attraversava il Vesuvio dopo il violento parossismo del marzo 1944 e che tuttora dura. Egli inoltre elenca e descrive le ricerche dirette (al cratere) e indirette (all’Osservatorio vesuviano) che si andavano compiendo nel corso della fase attraversata dal vulcano, per concludere che le osservazioni lasciavano rilevare una permanente attività magmatica, onde l’indovinato titolo di «Il dinamico riposo del Vesuvio». Il fatto che secondo questa legge empirica individuata sulla base dei dati storici a partire dal 1652, il Vesuvio avrebbe dovuto ormai riprendere la sua attività sin dal 1962, se da un lato dimostra quanto sia difficile una previsione certa, nei riguardi anche di un singolo vulcano, attentamente ed intensamente seguito e studiato, dal¬ l’altro nulla toglie ai meriti di Giuseppe Imbò che si è sempre sforzato di strappare i suoi segreti alle viscere della terra e di indicare agli studiosi le mille e mille vie attraverso le quali può essere affrontato il pro¬ blema. Giuseppe Imbò 9 La prima volta che conobbi, ancora studente, Giuseppe Imbò, fu nel suo studio, mentre era intento all’osservazione di un sismogramma al microscopio. Sì egli aveva grande passione per la sismologia come mezzo d’indagine dell’interno della Terra; ma principalmente egli se ne servì sempre in funzione della vulcanologia ed il primo lavoro che egli suggerì a chi vi parla fu l’analisi attenta, attraverso i sismogrammi, del periodo di riposo dopo l’eruzione del 1906, e cioè dal 1913 al 1944, per mettere in relazione le registrazioni sismiche con le osservazioni dirette al cratere da lui effettuate in quel periodo. Così, sempre alla luce delle prospettate finalità, egli analizzò i dati sismici relativi alla fase esplosiva dello Stromboli del settembre 1930, stu¬ diò i terremoti etnei in genere ed in particolare quelli della regione orien¬ tale etnea, si servì della sismologia per le sue ricerche sulla distribuzione delle formazioni geologiche nel basamento dell’Etna, analizzò le registra¬ zioni sismiche delle esplosioni vesuviane, studiò a fondo la sottostruttura flegreo-vesuviana ed in particolare la successione e gli spessori delle forma¬ zioni geologiche nel basamento del Somma-Vesuvio servendosi dei tempi di percorso delle onde sismiche. Ma se questi cui ho accennato sono i filoni principali delle ricerche di Giuseppe Imbò, non mancano in lui altri interessi nel campo della geofi¬ sica. Va ricordato il suo metodo per rappresentare le variazioni dell’intensità della radiazione solare in funzione degli spessori atmosferici attraversati dai raggi e, nello stesso campo della radiazione solare, la determinazione di una formula empirica che permette il calcolo delle percentuali di assorbimento complessivo da parte del vapore acqueo fino ad uno spessore di 8 cm di acqua ottenuta dalla completa condensazione del vapore attraversato. Degne di nota sono pure alcune ricerche di elettricità atmosferica sulle densità ioniche all’Osservatorio Vesuviano, messe a confronto con quelle nel fondo del cratere; sulla ionizzazione dell’aria a Lacco Ameno (Isola d’Ischia) e sulla misura della mobilità dei piccoli ioni atmosferici. Un settore di ricerca cui giustamente Imbò dette notevole impulso fu quello delle misure di radioattività delle acque, delle lave e in genere delle rocce. Già personalmente aveva eseguito numerose misure di radioattività delle acque nelle due zone costiere dell’Isola d’Ischia, Cetaro nel versante occidentale e Lacco Ameno in quello nord-occidentale, discutendo e giusti¬ ficando le differenze tra i due gruppi di sorgenti e l’andamento delle misure per ciascun gruppo. 10 Commemorazione Intraprese poi insieme al collega Lorenzo Casertano una serie di ricerche sulla radioattività delle rocce col metodo fotografico con lastre nucleari che all’epoca era uno dei più progrediti per le particelle a. Inoltre, in collaborazione col collega Francesco Saverio Gaeta, si occupò della determinazione dell’età della crosta terrestre coi metodi di Holmes e Jef- freys. Grande appoggio dette infine ad un filone di ricerca introdotto nell’Istituto di Fisica Terrestre di Napoli da chi vi parla e costituito dalla datazione delle rocce, e in particolare delle lave, mediante spettrometria gamma ed alfa. Si iniziò con un monocanale, per passare via via ad appa¬ recchiature sempre più sofisticate ed automatiche che potevano utilizzare un numero sempre maggiore di canali. Il laboratorio, che fu dotato anche di spettrometri di massa e, successivamente, di numerose altre apparec¬ chiature dal collega Gasparini, che tuttora magistralmente si occupa di geo- cronologia insieme ai suoi collaboratori, è oggi uno dei più moderni ed attrezzati esistenti nel mondo. Numerose sono anche le biografie, tra le quali ricorderò quelle di Padre Alfani sismologo, di Alessandro Malladra, predecessore di Imbò nella direzione dell’Osservatorio Vesuviano, di Giovan Battista Rizzo, suo Maestro e predecessore alla cattedra di Fisica Terrestre, di Macedonio Mel¬ loni, primo direttore dell’Osservatorio Vesuviano, di Francesco Stella Star- rabba, mineralogista-petrografo discepolo di De Lorenzo e di Zambonini, di Antonino Lo Surdo, direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica, di Monsignor Luigi D’Aquino, apprezzato cultore di fisica e docente a Napoli di fisica superiore, di Francesco Signore, conservatore dell’Osservatorio Vesuviano e segretario dell’Associazione vulcanologica dell’Unione Geode¬ tica e Geofisica Internazionale. Tenace assertore dell’importanza delle osservazioni di routine in un osservatorio scientifico vulcanologico o geofisico più in generale, non di¬ sdegnò egli stesso di pubblicare raccolte accurate e sistematiche di dati o brevi notizie sull’attività del Vesuvio o di riferire sulle osservazioni altime¬ triche e termiche in relazione alla discesa sul fondo craterico vesuviano insieme ai suoi più stretti collaboratori, nel 1948. Tra le numerose opere di divulgazione vanno ricordate le voci «vulca¬ nologia», «Etna» e «Vesuvio» nella II appendice dell’Enciclopedia Trec¬ cani e la collaborazione al volume «L’Italia Fisica» della collana «Conosci l’Italia» del Touring Club Italiano con un’interessante sintesi sui «Feno¬ meni endogeni in Italia». Giuseppe Imbò 11 Non trascurò la didattica: egli faceva precedere il suo corso da alcune lezioni affidate a chi vi parla sulle applicazioni della matematica alla Fisica Terrestre e su tutti quegli argomenti che non è facile per gli studenti repe¬ rire su un unico testo (Interpolazione, analisi armonica, calcolo delle pro¬ babilità, teoria degli errori, metodo dei minimi quadrati, triangolo astrono¬ mico, ecc.), ma che sono molto utili per le applicazioni alla geofisica. Pub¬ blicò inoltre vari volumi di dispense scritti con cura e precisione; il primo in ordine di tempo è uno strumento assai utile per chi voglia approfondire la sismologia teorica e sperimentale; esso raccoglie le lezioni tenute per i corsi di laurea in Fisica e in Matematica, quando ancora non esisteva il corso di laurea in Scienze Geologiche. Per quest’ultimo corso di laurea scrisse «Lezioni di Vulcanologia» e «Appunti dalle lezioni di Fisica Ter¬ restre». Scrisse pure «Appunti dalle lezioni di radiazione solare», tenute presso l’Istituto di Fisica dell’atmosfera del Consiglio Nazionale delle Ricerche e «Appunti sulla Fisica deH’aria, dell’acqua e del suolo» per il corso da lui tenuto presso la Scuola di specializzazione in Igiene della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Nel settembre 1978, Imbò quasi ottantenne, era ancora pieno di entu¬ siasmo e partecipò, in rappresentanza del Presidente dell’Accademia dei Lincei, ad un convegno-mostra sulla interazione tra biologia ed energia solare e geotermica, svoltosi sull’altopiano del Laceno, organizzato dalla Società Editrice degli Investiganti (SEDI) e presieduto dal Prof. Amedeo Ascione, Libero Docente di Patologia speciale medica e di Clinica medica. Il Prof. Ascione è stato assai cortese nel mettermi a conoscenza di questo particolare e di farmi tenere il manoscritto autografo della relazione introduttiva tenuta da Imbò. Come mi scrive il Collega Ascione, Imbò, nonostante gli anni, fu «l’animatore del prestigioso evento» ed, esaltato dallo spettacolo stupendo dell’altopiano del Laceno, e del tema del Convegno, ritornò indietro nel tempo, ricordando i suoi contributi scientifici ai problemi dell’ottica atmo¬ sferica, della radiazione solare e dell’energia endogena, di cui tanto si era occupato nei suoi giovani anni, e concluse inviando un certo qual messag¬ gio, destinato prevalentemente ai giovani, alla Scienza ed alla Tecnologia, messaggio che la Società degli Investiganti, organizzatrice del Convegno, fece proprio. E fu un messaggio di grande fiducia nel progresso scientifico e tecno¬ logico. «So già - egli dice - dell’esistenza di uno stuolo di ricercatori dediti allo studio dell’impiego dell’energia solare, in particolare nel campo bioio- 12 Commemorazione gico. Le difficoltà da superare sono spesso ingenti, ma la mia esperienza semisecolare mi autorizza ad assicurare che i ritrovati tecnici moderni, se idoneamente ideati ed utilizzati, sono in grado di consentire il raggiungi¬ mento delle mete prefissate». Negli ultimi giorni della sua vita, Giuseppe Imbò, infaticabile, atten¬ deva con cura alla stesura del suo ultimo lavoro. Era una storia del Vesu¬ vio, rimasta incompiuta, ma che, sulla scorta dei suoi numerosi e precisi appunti, sarà, a cura del prof. Lorenzo Casertano, completata e pubblicata postuma in suo onore dall’Accademia Pontaniana che lo ebbe suo diligente Segretario Generale. A Giuseppe Imbò piaceva la storia scientifica perchè egli, che era lo specchio della precisione e della meticolosità, non voleva che i posteri leggessero cose inesatte sul passato. Così di lui ricordiamo «L’Osservatorio Vesuviano e la sua attività nel primo secolo di vita», «L’Osservatorio Vesuviano e le sue vicende durante il periodo bellico (1940-1945)», e con Casertano e Bonasia «Documenti inediti sull’attività vesuviana tra il 1903 ed il 1906». Questo suo attaccamento alla verità storica lo costrinse qualche volta a scrivere, suo malgrado, per contestare le affermazioni - a suo parere ine¬ satte - anche quando si trattava di suoi amici d’infanzia e conterranei come il compianto professore Antonio Parascandola. E cosi si esprime lo stesso Imbò: «Con grande piacere ho visto risorgere la collezione di ‘Noti¬ zie vesuviane’ (sul bollettino della Società dei Naturalisti) curata oggi dal prof. Parascandola la quale, con la esposizione di osservazioni dell’autore, eseguite per lo più in occasione di escursioni al cratere, avrebbe lo scopo di dare il personale contributo nella redazione della cronistoria sull’attività del nostro vulcano». « Ma farei un torto alla Società (dei Naturalisti) di cui mi onoro far parte ed allo stesso autore, mio caro amico sin dall’infanzia, se io, per correttezza scien¬ tifica, per il dovere impostomi dalla mia carica, non cercassi di evitare che, sotto la parvenza di indiscutibili conclusioni, si difondessero e si perpetuassero interpretazioni dei fenomeni in netto disaccordo con dirette osservazioni ». Fin qui Imbò, ma di che si trattava? Parascandola aveva parlato di una fratturazione (diretta a N 12°E) del Gran Cono vesuviano in occasione dell’eruzione del 1944 con una bocca effusiva a m. 210 di distanza dall’orlo craterico vecchio ed a circa quota 1031 m, forse troppo fiducioso in alcune notizie attinte dalle guide vesu¬ viane e forse «come inevitabile conseguenza di una tacita ammissione» (come lo giustifica lo stesso Imbò) «che un periodo eruttivo vesuviano, analogamente a quanto si era verificato in antecedenza, a partire dal 1700, dovesse concludersi con una eruzione laterale». Giuseppe Imbò 13 In una nota ricca di minuti particolari pubblicata nel Bollettino di questa Società, dopo una serie di acute ed attente considerazioni ed osser¬ vazioni, Imbò riesce a dimostrare che tale bocca laterale non si era mai aperta e che l’eruzione del 1944 fu terminale. È così conclude: «Viene così giustificata pienamente l’introduzione nella nomenclatura vesuviana, accanto ai due tipi indicati dal Mercalli: ‘tipo 1760’ (cioè periodo che si chiude con eruzione eccentrica) e ‘tipo 1906’ (cioè periodo che si chiude con una eruzione laterale), di una nuova categoria di eruzioni di chiusura da me indicate come ‘tipo 1944’ corrispondente perciò ad una eruzione di chiusura di periodo con manifestazioni effusivo-esplosive esclusivamente terminali ». Giuseppe Imbò era quello che oggi si definisce un dittatore, ma al tempo stesso un timido. Chi come me gli è stato sempre vicino, sa bene però che ammetteva il dialogo: chiedeva ed ascoltava il parere, anche se diametralmente opposto al suo, ma difficilmente però se ne convinceva. Cominciava invece da quel momento una continua esercitazione dialettica per convincere l’interlocutore della bontà della propria tesi. Solo forse a distanza di molto tempo e quando a volte gli eventi gli avevano dato torto, riprendeva il discorso e faceva capire di aver mutato la sua opinione. Si potrebbe pensare da quanto detto che egli fosse stato un «barone della cattedra» e che si fosse assicurato privilegi per sé e per i suoi collabo¬ ratori: niente di tutto questo. La sua timidezza, la sua riservatezza, il senso della specchiata onestà, il non voler venire mai a compromessi di nessun genere, fecero in modo che gli ultimi anni della sua vita fossero abbastanza tormentati e che gli ultimi suoi scritti fossero prevalentemente polemici. Molti avrebbero voluto il suo appoggio e la sua collaborazione, ma egli non li concedeva facilmente, se non alle persone che veramente stimava dal punto di vista morale e culturale. Cominciò allora la lotta contro Giu¬ seppe Imbò e la sua parabola discendente. Per tradizione la segreteria dell’Associazione Vulcanologica del¬ l’Unione Geodetica e Geofisica Internazionale era stata sempre affidata all’Osservatorio Vesuviano, prima con Malladra e poi con Signore. Nel con¬ gresso di Helsinky, morto Signore, questo doveroso riconoscimento fu negato a Giuseppe Imbò. Pubblicò, perché a lui affidato, il volume sui vul¬ cani italiani, del catalogo sui vulcani attivi a cura della stessa Unione Geo¬ detica e Geofisica Internazionale ed ebbe una serie di critiche e di rilievi in massima parte in mala fede. Infine, per parlare solo degli episodi principali, le accuse infamanti di aver contribuito alla speculazione edilizia a Pozzuoli, all’epoca della crisi bradisismica del 1970. 14 Commemorazione Egli puntualmente si affannava, non a combattere velenosamente gli avversari, così come velenosamente era attaccato, ma usava l’arma della convinzione, della dimostrazione scientifica. Così nel 1967, al XVI Convegno dell’Associazione Geofisica Italiana, in risposta alle critiche mosse da Giorgio Marinelli sul catalogo dei vulcani attivi d’Italia, Imbò risponde con «Alcune considerazioni sullo studio dei vulcani attivi italiani» e, quasi scusandosi, nel 1973, negli Atti dell’Accade¬ mia Pontaniana, pubblica un lavoro dal titolo: «Precisazioni impostemi da alcune ripetute ma inesatte (!) affermazioni sul fenomeno bradisismico fle- greo e sulle eventuali conseguenze» e nel 1980, sempre negli Atti dell’Ac¬ cademia Pontaniana, una nota dal titolo: «Ancora sulla crisi bradisismica puteolana». Posso in tutta coscienza affermare che la dote più spiccata di Giuseppe Imbò fu l’onestà, intesa in tutti i sensi. Egli consultò unicamente la sua coscienza e facendo appello alle sue conoscenze ed alla sua esperienza, si decise a scrivere una lettera al Pre¬ fetto della provincia di Napoli, nella quale, come mi consta personalmente, si limitò a chiedere che fossero fatte sgomberare, per motivi di prudenza, le sole abitazioni fatiscenti. Se le autorità procedettero allo sgombero totale «ad horas», con camion militari, di tutte le abitazioni del Rione Terra, questo non fu mai chiesto o voluto da Giuseppe Imbò. Resti dunque a buon diritto in tutti noi il ricordo del cattolico con¬ vinto e praticante, specchio vivente dell’onestà, incapace di fare un torto a chicchessia, pronto al perdono ed alla riconciliazione con tutti, che tutti accoglieva sempre col sorriso. Resti a buon diritto in tutti noi il ricordo dell’uomo che dedicò una vita allo studio diretto o indiretto dei vulcani, che visse per il Vesuvio e cessò di vivere mentre era intento a scriverne la storia. Pio Vittozzi Napoli, 30 ottobre 1981 Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 90, 1981, pp. 15-27, figg. 2, tab. 1, tav. 1 Rapporto preliminare sui foraminiferi della carota 2V (Placers 78/2) (Sardegna sud-orientale) Nota di Beatrice Cozzi (*) e del socio Maria Grazia De Castro-Coppa (**) (Tornata del 30 gennaio 1981) Riassunto. — L'esame delle associazioni microfaunistiche, riscontrate nei sedimenti della carota 2V (Placers 78/2) prelevata a — 18,6 m sulla piattaforma continentale sarda (Sardegna sud-orientale) (tav. 235 IV NE-Capo Ferrato), ha permesso d'individuare un'associazione a foraminiferi abbastanza omogenea. Per essa viene confermato, in via preliminare, un ambiente di sedimenta¬ zione corrispondente a quello del top della carota, con profondità inferiore ai 40 m, foncia di tipo detritico-sabbioso, con vegetazione ad alghe é/o fanerogame, con valori della temperatura e della salinità corrispondenti all'incirca a quelli normali attuali, di età probabilmente non anteriore al Versiliano. L'occasionalità delle forme planctoniche non permette in questa sede di formulare considerazioni più approfondite di tipo climatico. Summary. — - The sediments of core 2V (Placers 78/2), picked up at — 18,6 m on thè south-eastern sardinian Continental shelf (tav. 235 IV NE-Capo Ferrato), yelded an almost omogeneous Foraminiferal assemblage. In this preliminary investigation a sedimentation environment of 40 m depth, a sandy-detrital type of bottom with algal and phanerogam vegetation, a temperature and salinity almost corresponding to thè present time and an age probably not older than Versilian, is confìrmed. It is thè same of thè 4 uppermost core centimeters. The occasionai fìnding of planktonic forms do not allows here a more detailled climatic hypotheses. Parole-chiave : Foraminiferi bentonici, Carota, Paleoecologia, Biostratigrafia, Olo¬ cene (Versiliano), Italia (Sardegna, Capo Ferrato). Key-words : Benthic Foraminifera, Core-cuttings, Paleoecology, Biostratigraphy, Holocene (Versilian), Italy (Sardinia, Capo Ferrato). (*) Beatrice Cozzi ha curato la preparazione tecnica dei campioni, il picking ed ha effettuato una determinazione sommaria dei taxa; M. Grazia De Castro- Coppa ha effettuato la stesura del rapporto, compresa la documentazione icono¬ grafica e la determinazione delle specie presenti. (**) Istituto di Paleontologia - Università di Napoli - Largo S. Marcellino 10 - 80138 Napoli. 16 Beatrice Cozzi e Maria Grazia De Castro-Coppa 1. Premessa Lo studio micropaleontologico di cui vengono forniti qui alcuni dati preliminari, costituisce parte integrante di un'indagine più ampia, avente per oggetto lo studio geologico e geomorfologico di tutta la piattaforma cohtinentale sarda. Tale indagine viene condotta dall'Unità Operativa - Istituto di Geologia di Cagliari, nell’ambito del Progetto Finalizzato C.N.R. « Oceanografia e Fondi Marini » - Sottoprogetto « Risorse Minerarie » - Tema Placers (Arca et ahi, 1979; Lecca et ahi, 1979; Ulzega et alii, 1980) \ 2. Descrizione della carota: caratteri generali e composizione microfau- NISTICA La carota 2V (Placers 78/2), oggetto di questo rapporto, è stata prele¬ vata a — 18,6 m di profondità, lungo il bordo orientale della piattaforma continentale sarda, più precisamente nel settore 1, ubicato tra Capo di Monte Santo e Capo Carbonara, al largo di Capo Ferrato (lat. 39°, 10', 50" N — long. 9°, 30', 55" E) (Arca et alii, 1979; Ulzega et alii, 1980) (tav. 235-XV NE-Capo Ferrato). Si tratta di una carota ottenuta con il sistema a vibrazione, della lun¬ ghezza di circa 550 cm: in essa sono stati prelevati 14 campioni, a distanze variabili dal top, all'incirca nei punti in cui erano evidenti variazioni lito¬ logiche e/o ammassi organogeni (frammenti di gusci, piccoli molluschi, etc.) (fig. 1). Il sedimento della carota è costituito, dall'alto verso il basso, per circa 210 cm, da sabbie grigie miste, fini e medie, cui si accompagnano succes¬ sivamente, in misura più o meno prevalente, sabbie grossolane e ghiaie. La componente organogena macroscopica, rilevata con una certa fre¬ quenza nei 220 cm superiori, si fa rara nei campioni più bassi per, poi scomparire del tutto; essa, quando presente, è costituita per lo più da gusci di lamellibranchi interi e in frammenti. Nei residui di lavaggio dei campioni (ottenuti mediante setacci di 140 mesh), e solo per i primi 164 cm, corrispondenti ai campioni C. 1 - C. 4, la componente organogena è abbastanza cospicua ed è costituita oltre che dai foraminiferi, da rare spicole di spugne, frammenti di briozoi, gaste- Contr. C.N.R. n. 80.0078788 Responsabile : Prof. A. Ulzega. Rapporto preliminare sui foraminiferi della carota 2V, ecc. 17 ropodi di piccole dimensioni ( Bittìum , Rissoa, Coecum, Phasianella, Odo- stomia, etc.) pteropodi ( Creseis ), lamellibranchi ( Syndesmia , Glycymeris, etc.), ostracodi e frammenti di echinoidi. I campioni successivi, più bassi, (C. 5 - C. 14), sono invece risultati sterili all’analisi. CAROTA 2 V ... 200 0 o. » °0 * & • 0 * e- ® Vo o 0 0 0- o °y& 0. (7- 0- o-o 0 0 ° o, oo\ o o 0 0 . *■<> >ooY'°- • 0 .0 c 0 0- 0. 0 0 • • 0 ' ® ' 0 • V.' o ■’ 0 0 0 \o • 0 ■ o °W° O ■ 0 o- o*.’ ‘o.'.'.o-'o'. 6:./: a • a. o ' o o • d :p;o- *. 0 Q :t o ■ mà ■ o o • o . , . o' • o • . 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Fra i bentonici, che costituiscono la quasi totalità dei foraminiferi, i generi dei fondi fangosi e/o quelli indicatori di batimetrie superiori ai 50-100 m, come Bolivina, Brizalina, Bulimina, Uvigerina, Cassìdulìna, Gyroi- dina, etc. sono assenti; fanno eccezione solo alcuni esemplari appartenenti ai generi Bolivina e Bulimina, presenti solo nel primo campione, peraltro non determinabili a livello specifico, a causa del loro stato di conservazione. Le specie dominanti, riscontrate nei campioni, sono le seguenti, elen¬ cate in ordine decrescente di abbondanza: C. 1 Ammonia beccarii (Linneo), Rosalina globularis d'Orbigny, Gaveli - nopsis praegeri (Heron Allen & Earland), Quinqueloculina aspera d'Orbigny, Eponides frigidus granulatus di Napoli, Cibicides lobatulus (Walker & Jacob), Elphidium advenum (Cushman). C. 2 Rosalina globularis d'Orbigny, Cibicides lobatulus (Walker & Iacob), Ammonia beccarii (Linneo), Quinqueloculina aspera d'Orbigny, Nube- cularia lucifuga Defrance, . Gavelinopsis praegeri (Heron Allen & Earland). C. 3 Quinqueloculina aspera d'Orbigny, Planorbulina mediterraneensis d'Orbigny, Elphidium advenum (Cushman), Cibicides lobatulus (Wal¬ ker & Jacob), Ammonia beccarii (Linneo), Eponides frigidus granu¬ latus di Napoli. C. 4 Quinqueloculina aspera d'Orbigny, Elphidium advenum (Cushman), Cibicicides lobatulus (Walker & Jacob), Triloculina oblonga (Mon- tagui, Rosalina globularis d'Orbigny, Nubecularia lucifuga Defrance, Eponides frigidus granulatus di Napoli, Ammonia beccarii (Linneo). Sono stati effettuati alcuni diagrammi (fig. 2, A-G), allo scopo di illu¬ strare il comportamento di alcuni generi e specie indicative di diversi ambienti secondo Blanc-Vernet et alii (1979), e secondo i dati forniti da Murray (1973). Si hanno dunque: — Specie delle sabbie fini ( Asterigerinata mamilla e Astrononion side- bottomi) (fig. 2, A); — Specie delle sabbie più grossolane ( Ammonia beccarii ) (fig. 2, B); Rapporto preliminare sui foraminiferi della carota 2V, ecc. 19 — Miliolidi a guscio agglutinante ( Quinqueloculina agglutinans e Quin- queloculina aspera), indicanti fondi a debole idrodinamismo (fig. 2, C); — Miliolidi a guscio porcellanaceo ( Quinqueloculina spp. e T riloculina spp.) (fig. 2, D). Questi generi sembrano preferire fondi sabbiosi, sabbioso- detritici o con Posidonie, non superiori ai 40 m, con salinità normale; — Specie epifite preferenzialmente su fanerogame ( Posidonia oceani¬ ca) e cioè Nubecularia lucifuga e Cibicides spp. (fig. 2, E); — Specie epifite indifferentemente sia su popolazioni algali ( Caulerpa sp.) sia su popolamenti a Fanerogame ( Cymodocea , Posidonia), come Ro¬ salina spp. e Planorbulina mediterraneensis (fig. 2, F); • — Specie caratteristiche del piano circalitorale ( Gavelinopsis praegeri) (fig. 2, G). Appare evidente da tali diagrammi, che prevalgono le specie di sabbie più grossolane come A. beccarii e le Miliolidae. Tra quest’ultime assumono un certo rilievo, nei campioni più bassi della carota, le specie a guscio agglutinante quali Q. agglutinans e Q. aspera, che preferiscono le zone a debole idrodinamismo (Blanc-Vernet et alii, 1979). È ugualmente ben rappresentato il gruppo dei foraminiferi epititi (fig. E-F). Dal confronto dei loro valori percentuali, si osserva però una certa differenza di comportamento: infatti, mentre N. lucifuga e Cibicides spp., epifite preferenziali sulle Posidonie (Blanc-Vernet et alii, 1979, tab. I, p. 177), aumentano nei campioni più bassi, Rosalina spp. e P. mediterra¬ neensis, che vivono indifferentemente su alghe e su fanerogame, diminui¬ scono negli stessi campioni. La frequenza, infine, relativamente alta, (fig. 2, G) di G. praegeri, pe¬ raltro solo nel primo campione, non sembra comunque contrastare le ca¬ ratteristiche globali dell'associazione. 4. Conclusioni Da quanto prima detto, le associazioni nel loro complesso, si presen¬ tano abbastanza omogenee. Esse sembrano avere i caratteri di una fauna costiera abbastanza spe¬ cializzata. Vi si riscontrano infatti molte specie di Quinqueloculina, fra cui in particolare fra quelle a guscio arenaceo, Q. aspera, percentuali di¬ screte di A. beccarii, E. frigidus granulatus, etc., molte specie epifite come C. lobatulus, P. mediterraneensis, Rosalina spp., etc., indicanti 1’esistenza di popolamenti ad alghe e/o a Posidonie: sono invece del tutto assenti gli arenacei. 20 Beatrice Cozzi e Maria Grazia De Castro-Coppa Questi caratteri permettono di confrontare le associazioni con quelle rinvenute da Moncharmont-Zei (1964) nel Golfo di Pozzuoli, a profondità comprese tra i 5 e ì 40 m, temperature al fondo tra i 15,1 °C ed i 16,7 °C e salinità tra il 37,29 %o-. ed il 37,71 %e. L'Autore vi riscontrò infatti, fra l'altro, molte specie di Quinquetocu - lina , fra cui quelle a guscio costato o con guscio arenaceo, alte percentuali sia delle forme epifite (C. lobatulus, etc.) sia di A. mamìlla, E. frigidus gra- nulatus, A. beccarti , etc., assenza o scarsezza delle specie arenacee, e definì tale associazione come appartenente alla « Zona a sedimentazione detri- tico-sabbiosa ®. Pur con le limitazioni dovute al numero non elevato dei campioni con foraminiferi, e in via del tutto preliminare, sembra comunque non azzar¬ dato prospettare che le associazioni esaminate rispecchiano un ambiente di sedimentazione, corrispondente a quello del top della carota, non troppo profondo (inferiore ai 40 m), con fondo di tipo detritico-sabbioso, con presenza di alghe e di Posidonie, e con valori pressoché simili a quelli normali attuali sia della temperatura che della salinità. L’occasionale presenza delle specie planctoniche non permette di for¬ nire considerazioni sul tipo di clima, purtuttavia l'assenza pressoché totale delle forme di clima freddo ed il tipo di associazione nel suo complesso, indurrebbe ad attribuire, in prima ipotesi, ai sedimenti studiati, un'età non anteriore al Versilia.no. ► Fig. 2. — - Diagrammi illustranti il comportamento di alcuni generi e specie più significative : A - Specie delle ‘sabbie fini (A, mamilla e A. sìdebottomi ); B - Specie delle sabbie più grossolane (A. beccarii ); C - Miliolidi a guscio agglutinante (Q. agglutìnans e Q. aspera ); D - Miliolidi a guscio porcellanaceo ( Quinquéloculina spp. e Trilocu- lina spp.) ; E - Specie epifite preferenziali su fanerogame (N, lucifuga e Cibici- des spp.); F - Specie epifite sìa su alghe che su fanerogame {Ro salina spp. e P. medìterraneensìs ); Rapporto preliminare sui foraminiferi della carota 2V, ecc. 21 G - Specie caratteristiche del piano circalitorale (G, praegeri). Sulle ascisse dei diagrammi sono stati riportati i valori percentuali delle specie rispetto al totale del benthos; sulle ordinate i campioni. TABELLA I In tabella vengono riportate tutte le specie rinvenute, elencate secondo Lordine sistema¬ tico; ognuna con il proprio valore percentuale, riferito al totale dei foraminiferi, per ogni campione; con X vengono indicati i valori percentuali inferiori allo, 0,5. Vengono inoltre riportate le profondità di raccolta del campione esaminato, espresse in cm, e riferite al top della carota. SPECIE CAMPIONI C, 1 C. 2 C. 3 C. 4 DISTANZA DAL TOP in cm 4 84 134 164 Nubecularia lucifuga Dbfrance 0,5 6,5 3 6 Spiroloculina depressa d’Orb. 0,5 Spìroloculina grata (Tekquem) 0,5 0,5 Spiroloculina sp. X 1 Quìnqueloculina agglutinans d'Orb. X 1 Quinqueloculina aspera d'Orb. 5,5 8 13,5 24,5 Quìnqueloculina boscìana d'Orb, 1,5 Quinqueloculina jugosa Cushman 2 1,5 Quìnqueloculina lamarckiana d’Orb. 0,5 2 1 Quinqueloculina semìnulum (L.) 0,5 X Quinqueloculina stelligera Schlumb. 0,5 0,5 2 3 Quinqueloculina vulgaris d'Orb. 1 0,5 Quinqueloculina aff, bidentata d'Orb, 1 0,5 Quinqueloculina aff. candeiana d’Orb. 0,5 Quinqueloculina aff. intricata Terquem 0,5 Quinqueloculina sp. 1 1 2,5 2 Quinqueloculina sp. 2 5 Pyrgo lucernula (Schwager) X Triloculina oblonga (Mont.) 4 3,5 7,5 7,5 Trìloculina trigonula (Làmakck) 1,5 3 3 Triloculina sp. 1 0,5 Triloculina sp. 2 1,5 6 Triloculina sp. 3 X Miliolinella circularìs (Bokn.) 0,5 Miliolinella parva (Mamgin) 0,5 Miliolinella sublineata (Bràby) X Miliolinella subrotunda (Montagu) 0,5 0,5 0,5 Articulina pacifica CUSH, 1 1,5 Miliolidae 6 4 5 3 D antalina cf. communis (d'Orb.) 0,5 Lagena semistriata Will. X Segue : TABELLA I In tabella vengono riportate tutte le specie rinvenute, elencate secondo l'ordine sistema¬ tico; ognuna con il proprio valore percentuale, riferito al totale dei foraminiferi, per ogni campione; con X vengono indicati i valori percentuali inferiori allo 0,5. Vengono inoltre riportate le profondità di raccolta del campione esaminato, espresse in cm, e riferite al top della carota. SPECIE CAMPIONI C. 1 C. 2 C. 3 C. 4 DISTANZA DAL TOP in cm 4 84 134 164 Polymorphina compressa d'Orb. X Globulina gibba d'Orb. 0,5 0,5 0,5 0,5 Globulina sp. 0,5 X Guttulina sp. X Fissurina orbignyana Seg. 0,5 Bolivina sp. X Bulimina sp. X Discorbis araucana (d'Orb.) 0,5 Discor bis sp. 0,5 Epistominella sp. X Gavelinopsis praegeri (H. A e E.) 10,5 5 3 1,5 Neoconorbina floridensis (Cush.) 0,5 Neoconorbina terquemi (Rzehak) 0,17 Neoconorbina sp. 0,5 Rosalina bradyi Cush. 0,5 2 1,5 Rosalina floridana (Cush.) X Rosalina globularis d'Orb. 14 14,5 3 6 Rosalina sp. 0,5 1,5 Cancris auriculus (Fichtel e Moll) X X Discorbidae 1 0,5 0,5 Asterigerinata mamilla (Will.) 0,5 0,5 Spir illina vivipara Ehrenb. X 0,5 Ammonia beccarii (Linneo) 18,5 9,5 4 5 Ammonia tepida (Cush.) 0,5 Elphidium aculeatum Silvestri 0,5 Elphidium advenum (Cush.) 5,5 3 8 9 Elphidium crispum (Linneo) 0,5 0,5 0,5 1,5 Elphidium macellum (F. e M.) 2 2 2,5 1 Elphidium sp. 0,5 Cribrononion incertum (Will.) 0,5 3 Cribrononion sp. 1 0,5 0,5 Segue : TABELLA I In tabella vengono riportate tutte le specie rinvenute, elencate secondo l'ordine sistema¬ tico; ognuna con il proprio valore percentuale, riferito al totale dei foraminiferi, per ogni campione; con X vengono indicati i valori percentuali inferiori allo 0,5. Vengono inoltre riportate le profondità di raccolta del campione esaminato, espresse in cm, e riferite al top della carota. SPECIE CAMPIONI C. I C. 2 C. 3 C. 4 DISTANZA DAL TOP in cm 4 84 134 164 Cribrononion sp. 2 1,5 Protelphidium granosum (d'Orb.) 0,5 X Globorotalia inflata (d'Orb.) X Globorotalia truncatulinoides (d’Orb.) X Globigerina bulloides d'Orb. X X Globigerina falconensis Blow X Globigerina pachyderma Ehrenb. X Globigerinoides ruber (d'Orb.) X X X X Globigerinoides trilobus (Reuss) X Orbulina universa d'Orb. X Globigerinita aff. glutinata (Egger) X Eponides frigidus granulai us di Napoli 7,5 2,5 4 5 Eponides sp. 2 Cibicides lobatulus (W. e J.) 6,5 11,5 8 8,5 Cibicides pseudoungerianus (Cush.) 2,5 Cibicides sp. 0,5 Planorbulina mediterraneensis d'Orb. 0,5 1 9,5 3 Nonion asterizans (F. e M.) 1 Nonion sp. 1 X Nonion sp. 2 0,5 0,5 0,5 Astrononion sidebottomi Cush. e Edw. 0,5 1 Anomalina sp. 0,5 Hanzawaia rhodiensis (Terq.) 0,5 0,5 1,5 Melonis barleeanum (d'Orb.) 1 X 0,5 Indeterminati 2 0,5 Rapporto preliminare sui foraminiferi della carota 2V, ecc. 25 BIBLIOGRAFIA Arca S., Carboni S., Cherchx A., Fais S., Ferrara C., Lecca L., Leone F. & Ulzega A., 1979 - Dati preliminari sullo studio della piattaforma continentale della Sar¬ degna meridionale per la ricerca dei placers. C.N.R. Prog. Fin. Oceanog. Fondi Marini, pp. 1-10, 7 figg. Blanc-Vernet L., Clairefond P. & Orsolini P., 1979 - Les foraminifères. In « La mer Pelagiènne. Etude des organismes. ». Geol. Med., Ann. Univ. 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W., 1973 - Distribution and ecology of living benthic foraminiferids. pp. 1-274, 103 figg-, 5 tabb., Londra. Peres J. M. & Picard J., 1964 - Manuel de bionomie benthique de la mer Méditer- ranée. Ree. Trav. Stat. Mar. Endoume, Bull. n. 31, fase. 47, pp. 1-137, 8 figg. Ulzega A., Carboni S., Coppa De Castro M. G., Cristini A., Fais S., Ferrara C., Lecca L. & Leone F., 1980 - Indagini geologiche sulla piattaforma continentale sarda per la ricerca dei placers. Atti Conv. Plac. Mar., Prog. Fin. Oceanog. Fondi Marini, 1 fig., Trieste (in stampa). Wright R., 1978 - Neogene paleobathymetry of thè Mediterranean based on ben¬ thic foraminifers from DSDP Leg 42 A. Init. Rep. DSDP Proj., 42, part I, pp. 837-846, 7 figg., Washington. TAVOLA 1 Fig. 1. — Triloculina oblonga (Moni.). Carota : 2V/C. 1. (circa 80 x). Fig. 2. — Quinqueloculina stelligera Schlumb. Carota : 2V/C. 4. (circa 80 x). Fig. 3. — Quinqueloculina jugosa Cushm. Carota: 2V/C.4. (circa 67 x). Fig. 4. — Articulina pacifica Cushm. Carota : 2V/C. 4. (circa 80 x). Fig. 5. — Quinqueloculina aspera d’Orb. Carota : 2V/C.4. (circa 67 x). Fig. 6. — Epomides sp. Carota : 2V/C. 1. (circa 80 x). Fig. 7. — Eponides frigidus granulatus. di Nap. Carota: 2 V/C. 1. (circa 120 x). Fig. 8. — Cribrononion sp. 2. Carota: 2V/C. 2. (circa 80 x). Fig. 9. — Quinqueloculina agglutinans d’Orb. Carota: 2V/C.4. (circa 67 x). Fig. 10. — Elphidium advenum (Cushm.). Carota: 2V/C. 1. (circa 80 x). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Cozzi B. e De Castro Coppa M. G. - Rap¬ porto preliminare, ecc. Tav. I Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 90, 1981, pp. 29-36, figg. 3 Su una rara malformazione cranio-facciale nella specie suina Nota del socio Mariano Nicotina (*) e di Giuseppe Paino (**) e Gaetano Scalai**) (Tornata del 30 gennaio 1981) Riassunto. - Si descrive il caso di un feto suino malformato che presenta un insieme di anomalie che riguardano il neurocranio e lo splancnocranio. La caratteri¬ stica esteriore più evidente è la presenza di un peduncolo, con attacco sulla regione frontale, a forma di proboscide il quale è percorso centralmente da un canalicolo stretto all’apice e più ampio verso la base, in cui è stato possibile evidenziare istolo¬ gicamente alcune strutture tipiche delle cavità nasali. Gli aspetti più interessanti riguardano la anomala differenziazione del prosencefalo, con mancata formazione dei due emisferi cerebrali (ciclocefalia). Nel complesso si osserva un ridotto sviluppo dell’intera massa encefalica (microcefalia) con notevole aumento del liquido cefalo- rachidiano esterno (idrocefalia). I due globi oculari risultano fusi ed allogati in un’unica cavità orbitaria. Summary. - A swine fetus is described with synophthalmous cyclocephalus having a median frontal proboscis and demonstrating other anomalies of thè splanchnocranium. Internally thè frontal proboscis presents some structures typical of thè nasal cavities such as tract of respiratory mucosa with evidence of thè pseudo- cavernous plexus in thè lamina propria. Some of thè facial bones demonstrate irre- gular conformations and such a high degree of disordered disposition that they are not identifiable. In thè encephalon thè reduced development of all structures is noted with lack of thè normal doubling into thè telencephalic hemispheres and a considerable inter¬ nai and external accumulation of thè CSF. INTRODUZIONE Le malformazioni congenite nelTuomo e nelle varie specie di animali domestici, in questi ultimi anni sono state oggetto di particolare interesse e (*) Istituto di Entomologia Zoologia - Facoltà di Agraria di Portici. (**) Istituto di Anatomia sistematica e comparata - Facoltà di Medicina Veterinaria. 30 M. Nicotina, G. Paino e G. Scala numerosi ricercatori si sono interessati al loro studio nell’intento di indivi¬ duarne la patogenesi onde cercare di prevenire la loro comparsa. A tale scopo le ricerche in argomento sono state rivolte principalmente ad inda¬ gare su cause e meccanismi capaci di interferire sulla normale evoluzione di una o più strutture. Rivestono altresì considerevole importanza le nume¬ rose descrizioni morfologiche di reperti teratologici attualmente a disposi¬ zione in letteratura, in quanto non fini a se stesse ma di aiuto per la giusta interpretazione dei meccanismi anzidetti. In una nostra precedente indagine avente il semplice scopo di descri¬ vere brevemente le principali mostruosità degli animali domestici esistenti nei Musei e negli Istituti scientifici della Campania, abbiamo avuto modo di constatare che tra le anomalie più frequenti e nello stesso tempo più eclatanti vi sono quelle che interessano la testa. Per questo motivo abbia¬ mo ritenuto opportuno descrivere un mostro appartenente alla specie suina che tra le altre deformità presenta una caratteristica e lunga protuberanza a forma di proboscide che prende attacco subito sopra l’unica cavità orbitaria contenente due globi oculari fusi. In tema di anomalie della testa la letteratura offre le descrizioni di molteplici casi che vanno dalle forme più comuni alle cosiddette sindromi, cioè anomalie associate che interessano oltre la testa, sia nello scheletro che nel suo contenuto, anche gli arti (più comunemente le estremità). I reperti segnalati, inerenti quasi esclusivamente alla specie umana, non risultano sempre facilmente identificabili nell’ambito delle classifica¬ zioni proposte da vari autori sin dal secolo scorso. Le anomalie della testa assumono diversa morfologia e gravità in rela¬ zione al periodo in cui interviene l’insulto teratogeno diretto principàV mente ad alterare la funzione degli organizzatori embrionali; infatti le più precoci risultano estremamente gravi e riguardano alterazioni delle ossa dello splancnocranio, del neurocranio e delle strutture nervose connesse. Le deformità che si instaurano più tardivamente interessano per lo più la faccia, le cavità nasali e/o la bocca, in quanto sono il risultato dell’alterata evoluzione o anomala fusione dei processi facciali. Descrizione Feto di maiale di 14 settimane circa, di sesso femminile che presenta evidenti anomalie alla testa, mentre il tronco e gli arti sono esteriormente normali. Nel complesso la testa ha un profilo di forma sferica in quanto il primo segno evidente è il difettoso sviluppo del caratteristico grugno che Su una rara malformazione cranio-facciale, ecc. 31 conferisce alla specie suina un aspetto inconfondibile. I diametri della testa sono pertanto alterati mentre non si evidenziano modificazioni per quanto riguarda le suture che risultano perfettamente normali. Della faccia e della porzione anteriore del cranio sono le anomalie che caratterizzano il soggetto in esame. Dalla regione che potrebbe essere defi¬ nita frontale , si stacca una formazione che ricorda in tutto una proboscide di elefante, all’estremità della quale si osserva una netta depressione cen¬ trale posta trasversalmente, (fig. 1 e 2). Subito sotto l’origine della predetta formazione si riscontra un’unica orbita di forma ellittica e di notevoli dimensioni, contenente due globi oculari fusi medialmente. Esistono due paia di palpebre anch’esse fuse medialmente ma che danno origine solo a due commessure laterali (fig. 2). Le inferiori contraggono intimi rapporti con una strana formazione a sviluppo asimmetrico che rappresenta la delimitazione superiore dell’in¬ gresso in cavità orale. Tale struttura, ricoperta di cute, costituisce pertanto un tratto di labbro superiore. L’estremità orale della mandibola ha una forma pressoché normale e ovviamente delimita, insieme alla struttura asimmetrica prima descritta, la rima buccale. Dalla cavità orale protrude la lingua che risulta di forma alquanto originale; infatti, essa presenta i margini laterali rialzati ed incur¬ vati medialmente e nello stesso tempo molto ravvicinati alla base e all’estremità. Tali margini sono anche fittamente frastagliati. Allo scalottamento è stato possibile constatare la grande facilità nel tagliare le ossa della volta cranica e ciò per il loro esile spessore determi¬ nato anche dall’aumento della quantità del liquido cefalorachidiano esterno. Tale situazione è caratteristica dell’idrocefalia esterna (fig. 2 c). La massa encefalica appare notevolmente ridotta e solo nel tratto più anteriore mostra un cenno di divisione nei due emisferi. Quest’aspetto, unitamente ai vari atteggiamenti osservabili nella faccia, permette di classi¬ ficare il feto come un soggetto ciclocefalo sinoftalmo con proboscide. Al taglio longitudinale della testa si osserva resistenza, nell’ambito della pro¬ boscide, di un sottile canalicolo che percorre la suddetta formazione in tutta la sua lunghezza (fig. 3). Tale canalicolo, in prossimità della radice di attacco del peduncolo sullo scheletro, si dilata alquanto in un antro a pareti anfrattuose in cui sono osservabili strutture ossee che ad un esame istolo¬ gico risultano ricoperte da mucosa nasale. Al di sotto dell’unica cavità orbitaria il labbro superiore è sostenuto da un’impalcatura ossea che rappresenta l’evoluzione anomala delle strutture del palato duro. In questa regione si riscontrano numerosi adenomeri ghiandolari dovuti al gruppo delle ghiandole buccali. 32 M. Nicotina , G. Paino e G. Scala Fig. 1 - a) feto di suino malformato; b) particolare della testa. P = Proboscide; PB - Palpebre; LS Labbro superiore, L = Lingua. Su una rara malformazione cranio-facciale, ecc. 33 Fig. 2 - Feto di suino malformato, a) particolare della testa, vista di profilo. O = Occhio; P = Proboscide; L = Labbro superiore; M = Mandibola; E = Massa encefalica. 34 M. Nicotina, G. Paino e G. Scala Fig. 3 - Feto di suino maiformato. Sezione longitudinale della testa. CV = Cavità ventricolare; O = Occhio; P = Proboscide; L = Lingua; F = Faringe; E = Epiglottide. Su una rara malformazione craniofacciale, ecc. 35 Le strutture poste al di sotto della base cranica non sono precisamente identificabili in quanto a tale livello la loro disposizione è estremamente irregolare e complessa; si osservano, infatti, tratti ossei e strutture dentarie immerse in un ammasso di tessuto connettivo. Più ventralmente i limiti della cavità faringea sono alterati, specialmente nel tratto dorsale che risulta alquanto allungato. Abbastanza ben delimitate sono le porzioni dell’orofaringe e del laringofaringe. Per quanto si riferisce alla cavità cranica, essa è solo in parte occupata dalle strutture nervose; infatti queste nel tratto prosencefalico, oltre a non presentare la divisione nei due emisferi, risultano limitatamente evolute e disposte intorno ad un’unica cavità ventricolare la cui volta dorsale è di spessore molto esile. Per contro hanno uno sviluppo sufficientemente rego¬ lare nei segmenti mesencefalico e rombencefalico; in quest’ultimo tratto si identifica sia il bulbo sia il cervelletto (fig. 3). Non si evidenzia una vera struttura ipofisaria. Conclusioni Dalla descrizione emerge che il feto di suino da noi esaminato è un ciclocefalo sinoftalmo con proboscide cui si affiancano altre alterazioni tra cui le più evidenti sono dei tratti viscerali della faccia. In particolare per quanto riguarda la proboscide, essa presenta oltre ad una impalcatura ossea, strutture tipiche delle cavità nasali quali una canalizzazione che si apre alla sua estremità apicale, l’epitelio respiratorio della mucosa ed il plesso pseudocavernoso della lamina propria. Al di sotto della base cranica si ha la presenza di diverse strutture disposte molto irregolarmente e non sempre identificabili, che costitui¬ scono nell’insieme un cuneo il cui apice si porta dorsalmente verso la base della lingua. L’aspetto più interessante, tuttavia, è quello della morfologia e della evoluzione dell’encefalo. Infatti, nel nostro caso, la mancata differenzia¬ zione del prosencefalo comporta anche il limitato sviluppo della massa encefalica (microcefalia) unitamente alla notevole ampiezza della cavità cranica, la quale risulta riempita in gran parte di liquido cefalorachidiano esterno. Non è facile stabilire se la patogenesi di tali malformazioni sia da collegarsi completamente alla ciclocefalia, dovuta ad una carenza del potere induttore della placca precordale e considerare quindi l’idrocefalia e la microcefalia come fatti secondari, oppure i diversi aspetti si sono sovrap¬ posti partendo da cause indipendenti l’una dall’altra. 36 M. Nicotina , G. Paino e G. Scala BIBLIOGRAFIA 1) Blinns W. et al - 1959 /. of Am. Med. A ss. 134, 180. 2) Cinti G., Angeli F. - 1957 Ardi. De vecchi , 26, 965. 3) Coffey V. P., Clakke N. - 1960 J. Disk Med . A ss. 46, 139. 4) Duhamel B. - 1966 - Morphogénese patoìogique des montruosites aux malforma- tion . Massom e Cie. 5) Gallippi G. B. et al 1971 Folio Hered. Path. 20, 63, 6) Grampa et al - 1961 Folla Hered. Path., 11, 61. 7) Pelagatti G. V. - 1976 Embriologia e Teratologia . Idelson. 8) Trjdon P., Thriet M. - 1966 Maìformations associées de la tète et des extrémités. Masson e Cie. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 90, 1981, pp. 37-50, figg. 3, tab. 1 Studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino) (*) Nota del socio Pietro Celico (**) e di Domenico Russo (**) (Tornata del 26 giugno 1981) 1. Premessa La Cassa per il Mezzogiorno, nell’ambito delle attività del Progetto Speciale n. 29 (Ripartizione Progetti Idrici - Div. 4), ha affrontato lo studio idrogeologico della Piana del Dragone al fine di risolvere più problemi tra loro collegati: l’inquinamento, tuttora in atto, della falda che alimenta le sorgenti di Cassano Irpino e Serino; l’allagamento sistematico della Piana, nel periodo invernale; il reperimento di acque a quota alta, per gli usi irri¬ gui della stessa Piana. Nel corso del presente lavoro vengono resi noti i risultati degli studi condotti durante le prime indagini di carattere conoscitivo; vengono inoltre evidenziati i principali orientamenti emersi e le prospettive aperte per la soluzione dei già menzionati problemi. 2. Attuali conoscenze idrogeologiche La Conca del Dragone (Fig. 1) è una delle più ampie aree a deflusso endoreico esistenti nell’Appennino carbonatico meridionale. Le sue acque di ruscellamento superficiale vengono smaltite da un unico inghiottitoio (Bocca del Dragone) posto in diretta comunicazione con la falda di base del M. Terminio, quest’ultima tributaria delle sorgenti di Cassano Irpino e Serino. (*) Studio edito a cura della Comunità Montana Terminio-Cervialto, Mon¬ tella (AV). (**) Cassa per il Mezzogiorno (Rip. Progetti Idrici - Div. 4). 38 P. Ce li co e D. Russo 2.1. Schema di circolazione idrica sotterranea all’interno del massiccio del Terminio-Tuoro Il massiccio carbonatico del M. Terminio - M. Tuoro (Fig. 1) può essere considerato un’unica unità idrogeologica in quanto, ai suoi limiti, si verifi¬ cano condizioni che annullano o comunque rendono trascurabili i travasi d’acqua verso altri domini idrogeologici; all’interno, inoltre, esiste un com¬ portamento dell’acquifero complessivamente omogeneo sia nei riguardi dell’infiltrazione che dell’accumulo e del movimento delle acque. Detta unità è delimitata, a nord-ovest e a nord-est, da importanti faglie (Civita, 1967) che pongono a contatto il massiccio carbonatico con i ter¬ reni scarsamente permeabili delle unità Irpine e delle unità Sicilidi (com¬ plesso arenaceo-argilloso-marnoso). Il tamponamento operato sulla falda di base del massiccio dai suddetti litotipi e pressoché completo. Studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino) 39 A sud-ovest l’unità idrogeologica è delimitata dalla faglia del fiume Sabato, lungo la quale dovrebbero essere trascurabili le perdite verso l’adiacente struttura carbonatica dei M.ti di Solofra. Basti osservare che a sud-ovest della faglia (in corrispondenza dell’abitato di Solofra) la piezome¬ trica si mantiene più bassa di circa 140 m (Celico, 1979) rispetto alle sor¬ genti Acquaro-Pelosi (n. 1; — 370 m s.l.m.) e che a nord-est della stessa faglia la piezometrica raggiunge quota 655 circa nei pressi di Volturara Irpina (sondaggio B in fig. 1). Esistono quindi, in corrispondenza del gra- ben del Sabato, perdite di carico di entità considerevole che fanno esclu¬ dere l’esistenza di travasi d’acqua importanti da nord-est verso sud-ovest. A sud, infine, il limite dell’unità idrogeologica è marcato dal contatto tettonico tra la serie prevalentemente calcarea del M. Terminio e le dolo¬ mie del M. Accellica. Anche in questo caso l’andamento dello «sparti¬ acque» sotterraneo sembra evidente. Infatti esiste una netta differenza di permeabilità tra le dolomie, che si rinvengono generalmente allo stato fari¬ noso, ed i calcari caratterizzati dalla presenza di un fenomeno carsico molto evoluto (Civita, 1969). All’interno del massiccio carbonatico (Celico, 1978) è possibile distin¬ guere una prima struttura (M. Tuoro) che dovrebbe alimentare le sorgenti di Sorbo Serpico e Salza Irpina (n. 3; — 470 m s.l.m.; ~ 0.2 mc/sec) e, solo in parte, la sorgente Urcioli (n. 2; —310 m s.l.m.; — 1.2 mc/s). Quest’ul- tima infatti, unitamente alla sorgente Acquaro-Pelosi (n. 1; — 370 m s.l.m.; — 0.8 mc/s), dovrebbe trarre alimentazione pure dalla struttura del M. Ter¬ minio attraverso le alluvioni del Sabato. Lo stesso M. Terminio drena le proprie acque anche verso le sorgenti di Cassano Irpino (Ponentina, Peschiera, Prete e Bagno della Regina; n. 5; — 470 m s.l.m.; — 3.1 mc/s) e verso la sorgente Beardo (n. 4; — 450 m s.l.m.; — 0.4 mc/s); quest’ultima, in particolare, trae alimentazione dalla parte nord-orientale della struttura e le sue acque, dopo aver attraversato le arenarie del Flysch di Castelvetere, scaturiscono nella galleria dell’ENEL l. Per quanto riguarda le sorgenti di Serino e Cassano è praticamente impossibile individuare, all’interno del Terminio, delle aree di alimenta¬ zione che possano essere considerate indipendenti. Probabilmente, così come sembra dimostrare anche la quota piezome¬ trica riscontrata lungo tutto il bordo meridionale della Piana del Dragone 1 II passaggio delle acque attraverso le arenarie (Celico 1979) è stato verificato durante le ispezioni eseguite nella galleria dell’ENEL successivamente al terremoto del 23-11-1980. 40 P. C elico e D. Russo (Fig. 2), esse traggono alimentazione da un unico bacino sotterraneo la cui falda perde molto carico lungo le fasce di bordo del massiccio. In tale ipotesi, la piezometrica dovrebbe perdere meno carico dal lato di Cassano Irpino rispetto alla zona posta a sud-ovest di Volturara Irpina. In quest’ultima fascia, infatti, sono visibili importanti motivi di compressione (Civita, 1967; Incoronato et al., 1978); inoltre, sotto il Terminio, le dolo¬ mie triassiche dovrebbero innalzarsi fino a quota superiore a quella piezo¬ metrica. Ciò sembra spiegare perché le sorgenti di Cassano Irpino abbiano una portata molto maggiore di quelle di Serino, nonostante affiorino a quota superiore. Tale situazione stratigrafico-strutturale sembra peraltro ripercuotersi anche sul regime delle sorgenti. Esso, infatti, è più regolare nel gruppo sor¬ givo di Serino rispetto a quello di Cassano (Civita, 1969; Celico, 1981/a). È evidente, comunque, che alla modulazione del regime delle sorgenti di Serino debba contribuire anche l’ampio e potente materasso alluvionale che le acque di falda percorrono per giungere dal bordo del massiccio alle sorgenti. Lo stesso assetto stratigrafico-strutturale e le condizioni di affiora¬ mento delle acque potrebbero essere anche la principale causa dei risultati delle prove di colorazione eseguite dall’inghiottitoio di Piana del Dragone il 25-7-1979 con fluorescina 2. Infatti, il campione di carbone attivo prele¬ vato alle sorgenti di Cassano Irpino (n. 5) in data 1-8-79 (dopo sette giorni di immersione in acqua) ha dato reazione positiva; invece alle sorgenti Acquaro-Pelosi (n. 1) i risultati sono stati sempre negativi fino all’ultimo prelievo eseguito il 21-8-79. Ciò sembra quindi avvalorare l’ipotesi delle maggiori difficoltà di deflusso esistenti verso le sorgenti di Serino; d’altro canto, però, l’altissima velocità di transito delle acque riscontrata verso Cassano sembra sia da correlare con condotti a deflusso preferenziale legati all’inghiottitoio della bocca del Dragone e non con i tempi di risposta com¬ plessivi dell’acquifero, anche se questi sono comunque abbastanza brevi. L’esito delle prove è stato negativo anche per le sorgenti di Sorbo Ser¬ pico (n. 3). Ciò sembra indicare, unitamente al dislivello piezometrico riscontrato tra il sondaggio A ed i sondaggi B, C, D,E, (~ 45 m), che la discontinuità strutturale su cui è imposta la Piana del Dragone può essere obiettivamente considerata uno «spartiacque» sotterraneo (Celico, 1978) tra le già menzionate strutture di M. Terminio e M. Tuoro. 2 Le prove di colorazione sono state eseguite dal dott. F. Mangano e dalla Dott.ssa L. Monaco, nell’ambito delle indagini condotte dalla Cassa per il Mezzo¬ giorno. Studi idrogeologia sulla Piana del Dragone (Avellino) 41 2.2. Schema di circolazione idrica nel bacino idrografico della Piana del Dra¬ gone All’interno del bacino idrografico della Piana del Dragone (Fig. 1) affiorano litotipi prevalentemente calcarei ad alta permeabilità (~ 43 Kmq), depositi prevalentemente argillosi a scarsissima permeabilità e, sovrapposti a questi ultimi, depositi detritico-alluvionali e lacustri, anch’essi a scarsa permeabilità (~ 19 Kmq). 2.2.1 Valutazione dei volumi d’acqua affluenti alla Bocca del Dragone In Tab. I sono riportati, in modo sintetico, i risultati di un primo bilan¬ cio di massima del Bacino del Dragone. TABELLA I Bilancio idrologico della Conca del Dragone LITOTIPI Kmq p E -r Q = i >-Er ip Rp AFFIORANTI mm/a io6 mc/a mm/a IO6 mc/a mm/a io6 mc/a o/o mm/a io6 mc/a o/o mm/a io6 mc/a Depositi «imper¬ meabili » 19 1420 27 573 11 847 16 - - - 100 847 16 Depositi carto¬ natici 43 1420 61 573 24 847 37 90 762 33 10 85 4 volume d’acqua mediamente smaltito dalla Bocca del Dragone 20 Si tratta di volumi d’acqua calcolati in modo prudenziale sulla base delle seguenti considerazioni: — gli afflussi (P) nel bacino (quota media q = ~ 920 m s.l.m.) sono stati valutati, sulla base dei dati forniti da Civita (1969), considerando la media delle precipitazioni annuali misurate in corrispondenza dei pluvio¬ metri di Serino (q = 351 m s.l.m.; P = 1342 mm), Cassano Irpino (q = 470 m s.l.m.; P = 1292 mm) e Montemarano (q = 855 m s.l.m.; P = 1237 mm), posti ai margini dell’area considerata. Lo spessore della lama d’acqua così 42 P. Celico e D. Russo calcolato (~ 1290 mm) non dovrebbe essere molto lontano dalla realtà in quanto, localmente, sembra non esistano marcate relazioni tra variazioni altimetriche e piovosità; esso è stato comunque aumentato di circa il 10% per tenere conto dell’influenza del M, Terminio (~ 1800 m s.l.m.) sul quale non esistono pluviometri. — L’evapotraspirazione (Er) è stata calcolata, in prima approssima¬ zione, con la formula di Ture considerando una temperatura media di 10,5°C, quale risulta dalla relazione tra altitudine (quota media del baci¬ no = ~ 920 m s.l.m.) e temperatura trovata da Civita, (1969). — Il deflusso globale (Q = P — Er) è risultato probabilmente sottosti¬ mato, anche perché i quantitativi d’acqua di evapotraspirazione sono stati complessivamente sovrastimati. Comunque bisogna considerare che gli errori di valutazione maggiori, come in tutte le aree calcaree con scarsa vegetazione, si ripercuotono in gran parte sui deflussi sotterranei, i quali trovano recapito fuori della piana. Non si è potuto invece valutare in modo corretto l’influenza degli allagamenti invernali sull’evaporazione, in quanto i dati attualmente disponibili sono insufficienti. — L’infiltrazione potenziale (Ip) è stata considerata trascurabile nei depositi «impermeabili» in quanto le poche acque di infiltrazione vengono comunque restituite in modo diffuso negli alvei tributari della Bocca del Dragone. — I deflussi superficiali (Rp) relativi agli affioramenti carbonatici sono stati cautelativamente considerati pari al 10% del deflusso globale, nell’ipo¬ tesi che solo gli eventi piovosi di maggiore intensità possano provocare fenomeni di ruscellamento. In conclusione, sulla base delle suddette ipotesi, sono stati valutati in circa 20- IO6 mc/a i quantitativi d’acqua superficiale che vengono media¬ mente smaltiti attraverso la Bocca del Dragone. Si tratta di un volume pari al 12% della potenzialità globale delle sorgenti di Cassano Irpino e Serino (~ 5,1 mc/s in media), dove il sistema carsico sembra drenare le proprie acque. 2.2.2. La circolazione idrica sotterranea nei pressi della Bocca del Dragone I sondaggi meccanici eseguiti lungo il bordo meridionale della Piana del Dragone hanno intercettato la falda a quota molto alta (~ 653 ~ 689 m s.l.m., nel periodo di magra dell’anno 1980) in relazione a quella della stessa Piana (~ 670 m s.l.m., nei pressi dell’inghiottitoio). Gli stessi sondaggi hanno inoltre evidenziato (Fig. 2) che proprio in corrispondenza dell’inghiottitoio esiste una zona di drenaggio preferenziale Studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino) 43 della falda di base. Infatti in magra, e quindi in condizioni indisturbate (vedi, in fig. 2, l’andamento della piezometrica del 5-9-80), le acque con¬ vergono verso il sistema carsico collegato all’inghiottitoio, nonostante i punti di recapito preferenziale della falda si trovino in posizione opposta (sorgenti di Scrino e Cassano Irpino). Ciò, ai fini dello schema di circolazione idrica sotterranea dell’intero massiccio, può essere interpretato ammettendo che le acque drenate o immesse nella zona dell’inghiottitoio seguano, per giungere a recapito, un percorso preferenziale probabilmente irregolare che consente l’aggiramento degli ostacoli esistenti lungo il percorso più breve (paragrafo 2.1.). Detta interpretazione , anche se indirettamente, sembra essere confermata da quanto verificato nei Monti Lepini dove gran parte delle acque di falda aggira la faglia di Carpineto prima di giungere a recapito (Bartolomei et al, 1980). 2.2.3. Capacità di assorbimento della Bocca del Dragone Che la principale causa dell’allagamento della Piana del Dragone fosse legata alla scarsa capacità di assorbimento dell’inghiottitoio era stato già ipotizzato sulla scorta dei primi risultati delle indagini (Celico, 1979). Detta ipotesi ha trovato ora conferma dopo le osservazioni di livello eseguite, nei piezometri e nella Piana, durante l’anno 1980 3. Infatti, in Fig. 3, si può innanzitutto osservare che, mentre le escursioni massime di falda misurate nei piezometri B ed E sono state molto contenute (~ 2 m), nei fori prossimi all’inghiottitoio (C e D) la piezometrica ha avuto oscilla¬ zioni dell’ordine dei 21 m tra il periodo di piena e quello di magra dell’anno 1980. Inoltre, nel periodo di svuotamento del lago e nei giorni immediatamente precedenti la comparsa dell’acqua nella Piana, le oscilla¬ zioni del livello piezometrico nei sondaggi C e D sono risultate molto veloci. Tale comportamento, così come si può peraltro osservare in Fig. 2, prova che i sondaggi C e D si trovano ubicati nell’area interessata dal cono di assorbimento delle acque della Bocca del Dragone. Quindi, la sezione del condotto carsico comunicante con l’inghiottitoio non e sufficiente a smaltire velocemente le acque della Piana, così come non lo è la trasmissi- vità verticale del mezzo carbonatico in quel punto. 3 Le misure di livello sono state eseguite dal dott. Liotti, di Volturara Irpina, nell’ambito delle indagini in corso a cura della Cassa per il Mezzogiorno. 44 P. Celi co e D. Russo 690-, Studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino) 45 Fig. 3 - Correlazione tra i livelli di falda misurati nei piezometri ed il livello de! lago del Dragone 46 P. C elico e D. Russo Prima di concludere è interessante osservare che la permeabilità dell’acquifero sembra essere complessivamente maggiore ad ovest dell’in¬ ghiottitoio rispetto ad est (Fig. 2). Infatti ad oriente la superfìcie piezome¬ trica presenta una maggiore pendenza, in accordo con la maggiore acclività del cono di assorbimento. 3. Possibilità di intervento per la soluzione dei problemi della Piana del Dragone Il principale obiettivo degli studi eseguiti è stato quello di individuare le possibilità di smaltimento rapido delle acque del bacino del Dragone al fine di recuperare alcune centinaia di Ha di terreno all’agricoltura e di migliorare le condizioni igieniche della falda del Terminio, possibilmente senza incidere in modo sostanziale sull’attuale regime delle sorgenti che alimentano l’Acquedotto Pugliese, l’Acquedotto dell’Alto Calore e l’Acque¬ dotto di Napoli. Il chiarimento dei meccanismi che regolano l’allagamento della Piana ed il rinvenimento della falda di base del massiccio del Terminio a quota relativamente alta ha effettivamente aperto nuove prospettive per la solu¬ zione dei suddetti problemi. 3.1. Opere realizzabili Le opere da realizzare devono essere finalizzate al miglioramento delle condizioni di assorbimento dell’inghiottitoio, alla riduzione dei quantitativi d’acqua che giungono allo stesso inghiottitoio ed al rallentamento della velocità di corrivazione delle acque superficiali. Il primo obiettivo sembra possa essere raggiunto aumentando in modo opportuno la sezione dell’attuale condotto carsico fino a raggiungere la falda, rinvenuta a breve profondità (Fig. 2). Altri «inghiottitoi artificiali» o «pozzi rovesci» di piccolo e/o grande diametro potrebbero essere realiz¬ zati lungo il bordo meridionale della Piana. I quantitativi d’acqua che giungono all’inghiottitoio potrebbero essere ridotti e, comunque, la velocità di corrivazione delle acque potrebbe essere rallentata con la sistemazione idraulica degli alvei. Particolare cura dovrebbe essere posta nella realizzazione delle opere di sistemazione della zona montana, dove è possibile migliorare le condi¬ zioni di infiltrazione delle acque verso la falda dei calcari. Inoltre la siste- Studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino) 47 mazione dell’area pianeggiante 4 dovrebbe essere realizzata in modo tale da raggiungere il duplice obiettivo di allungare i tempi di corrivazione delle acque e di aumentare la capacità di invaso dei canali e delle vasche. Infine, potrà probabilmente essere realizzato un laghetto collinare nella zona del torrente Sava 5 attraverso il quale potrebbero essere sottratti ulte¬ riori quantitativi d’acqua alla Piana e, quindi, all’inghiottitoio. Pure da valutare è la fattibilità di eventuali canali di guardia, posti ai margini della piana, i quali potrebbero essere direttamente collegati con l’inghiottitoio principale e/o con pozzi rovesci da realizzare in zone oppor¬ tunamente scelte. 3.2. Vantaggi derivanti dalla sistemazione della Piana del Dragone Il miglioramento delle capacità di assorbimento della Bocca del Dra¬ gone, realizzato nei termini indicati nel precedente paragrafo 3.1, dovrebbe consentire l’eliminazione o la limitazione degli attuali allagamenti della Piana 6. Sarebbero pertanto recuperabili all’agricoltura alcune centinaia di Ha di terreno con evidenti positive ripercussioni di carattere socio-economico. Inoltre, tutta la Piana potrebbe essere subito irrigata sfruttando la falda del massiccio (posta a breve profondità dal piano campagna: ~ 20 4- 25 m), anche attraverso l’utilizzazione degli stessi «pozzi rovesci» e «inghiottitoi artificiali» necessari per lo smaltimento delle acque di ruscellamento invernali. Considerata la distanza esistente tra il punto di captazione e le sor¬ genti di Serino e Cassano (6 4- 8 Km), l’emungimento di circa 4 4- 5- IO6 me (concentrato nel periodo irriguo) dovrebbe consentire il «trasferimento», alla stagione estiva (Celico et al. 1980; Celico, 1981/b), di portate sorgive invernali attualmente inutilizzate. D’altro canto l’inci¬ denza sul regime sorgivo dovrebbe essere del tutto marginale in quanto il volume indicato rappresenta il 2,5% circa della potenzialità globale della falda di base dell’intero massiccio (~ 180- IO6 mc/a); rientra, pertanto, nei limiti di approssimazione delle misure e dei bilanci idrologici. 4 L’Ufficio del Genio Civile di Avellino, con la direzione dell’Ing. Aucone, ha rea¬ lizzato un apposito progetto per conto della Comunità Montana Terminio-Cervialto. 5 II comune di Volturara Irpina, con la consulenza del prof. F. Ortolani, ha indivi¬ duato la possibilità di realizzare un piccolo invaso lungo il corso del Torrente Sava. 6 La necessità di risolvere detto problema è stata prospettata dalla Comunità Montana Terminio-Cervialto. 48 P. Celi co e D. Russo Un ulteriore vantaggio derivante dalla sistemazione del bacino del Dragone dovrebbe essere dato dalla diminuzione, certamente sensibile, del carico inquinante attualmente immesso in falda. Infatti le acque sareb¬ bero in parte intercettate prima di giungere nella Piana dove le attività agricole e zootecniche rappresentano la principale causa di inquinamento, sia chimico che batteriologico. Le stesse acque inoltre, non ristagnando più per lunghi periodi (variabili dai 5 ai 6 mesi) nella zona maggiormente inquinata, non avrebbero più la possibilità di aumentare in modo conside¬ revole il loro tasso di inquinamento. 4. Conclusioni I problemi della Piana del Dragone (allagamento invernale, reperi¬ mento di acque per l’irrigazione e diminuzione del tasso di inquinamento della falda di base del M. Terminio) sono stati affrontati con uno studio preliminare finalizzato soprattutto al chiarimento dei meccanismi che rego¬ lano la circolazione idrica sotterranea nelle adiacenze della Piana ed in par¬ ticolare dell’inghiottitoio. II principale risultato raggiunto consiste nell’avere accertato che l’alla¬ gamento invernale della zona valliva non è da mettere in relazione con l’af¬ fioramento della piezometrica del massiccio, così come ritenuto in prece¬ denza, bensì con le scarse possibilità di assorbimento delle acque da parte dell’inghiottitoio. Tale risultato ha permesso di ipotizzare soluzioni, al problema dell’al¬ lagamento della Piana, che consentono di non sottrarre acque alle sorgenti basali del Terminio (—20- IO6 me) e di ridurne, nello stesso tempo, il carico inquinante. Attraverso le indagini è stata inoltre accertata (a circa 20 -r- 25 m dal piano campagna, nella zona dell’inghiottitoio) l’esistenza di risorse suffi¬ cienti al soddisfacimento integrale dei fabbisogni irrigui della zona. Il loro sfruttamento potrebbe essere provvisorio, ovvero definitivo qualora l’invaso ipotizzato sul T. Sava risultasse di capacità insufficiente, non fattibile o economicamente inaccettabile. Attualmente gli studi continuano per affinare ulteriormente le cono¬ scenze. Comunque è già possibile individuare alcuni interventi prioritari che possono essere anticipati nel quadro di un programma ampio ed orga¬ nico, anche se quest’ultimo sarà soggetto ad inevitabili aggiornamenti. Studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino) 49 BIBLIOGRAFIA Bartolomei C, Celico P., Pecoraro A., 1980 - Sulle possibilità di alimentazione artificiale della falda di base del massiccio carbonatico dei Monti Lepini (Lazio meridionale). Atti 4 Gonv. Intern. Acque Sott. Acireale (CT). 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Celico P., Bartolomei C., Pecoraro A., 1980 - I massicci carbonatici limitrofi alla Piana di Fondi (Lazio meridionale): circolazione idrica sotterranea e possibilità di utilizzazione dell’acquifero come serbatoio naturale di compenso. Boll. Soc. Nat., 89, Napoli. In corso di stampa. Celico P., Civita M., 1976 - Sulla tettonica del massiccio del Cervialto (Campania) e le implicazioni idrogeologiche ad essa connesse. Boll. Soc. Nat., 85, Napoli. Civita M., 1967 - Alcune osservazioni preliminari sulla tettonica del Massiccio del Terminio-Tuoro (Irpinia). Boll. Soc. Nat., 75, Napoli. Civita M., 1969 - Idrogeologia del massiccio del Terminio-Tuoro (Campania). Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 11, Napoli. Cocco E., Graverò E., Ortolani F., Pescatore T., Russo M., Sgrosso I., Torre M., 1973 - Les facies sedimentaires du Bassin Irpinien (Italie Meridionale). Atti Acc. Pont, 21, Napoli. 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Napoli voi. 90, 1981, pp. 51-63, fig. 1, tabb. 9 Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europaeus L. 1758 (Insectivora) Nota dei soci Gerardo Gustato (*), Patrizia Pedata e Silvana del Gaudio (Tornata del 26 giugno 1981) Riassunto. - Dall’esame della biologia, e del comportamento di E. europaeus L. 1758 (Insectivora) è risultato che il ciclo vitale di questo mammifero ibernante, nell’arco di 12 mesi si articola in una serie di stadi. Le osservazioni condotte consentono di avere un quadro del comportamento di E. europaeus in stabulario e di delineare le suddette fasi, alla luce delle diversità di comportamento riscontrate. Avendo rilevato quotidianamente la temperatura corporea, il ritmo respiratorio e quello cardiaco ed il peso, si sottolineano i rapporti esistenti tra questi parametri ed i diversi stadi che risultano, così, chiaramente differenziati. Viene indicata la distribuzione mensile dei giorni trascorsi in ipotermia e la coincidenza di questo fenomeno per i diversi esemplari. Si evidenzia, pure, la differenza nei tempi di entrata e di uscita dall’ipotermia e che in quest’ultima fase compaiono tremori: ciò testimonierebbe la presenza di ter¬ mogenesi con brividi. Summary. - The study carried on E. europaeus L. 1758 (Insectivora) emphatizes that in thè life of this hibernating animai there are, in thè year, different activity stages. These can be discriminated looking on thè behaviour, while body temperature, respiratory rhythm cardiac rate and weight values are useful to characterize too. During thè year thè amount of days in hypothermia and its simultaneous evi- dence in two, three or four animals toghether shows that at 41°N thè hedgehog ana- biosys occours from october-november to march-april. The time spent by hedgehogs for arousal from hypothermia, is three time long than for entrance in. In thè arousal from hypothermia hedgehog has shown shivering; so thè A.A. hypothize that is present S.T. (shivering thermogenesis) too. (*) Istituto e Museo di Zoologia - Napoli. 52 G. Gustato, P. Pedata e S. del Gaudio 1. Introduzione e scopo della ricerca Si forniscono alcuni dati ricavati da uno studio condotto presso l’Isti¬ tuto di Zoologia dell’Università di Napoli su alcuni esemplari di Erinaceus europaeus L. 1758 (Insectivora). I risultati delle osservazioni confrontati con quanto ricavato da una attenta revisione bibliografica forniscono alcuni approfondimenti sulla bio¬ logia di questa specie. L’esame del comportamento dal punto di vista quantitativo e qualita¬ tivo, confermando alcuni dati precedenti, ha evidenziato, pure, aspetti nuovi nella etologia di questo interessante mammifero. 2. Materiale e metodi Quattro esemplari di Erinaceus europaeus (3 femmine ed 1 maschio) catturati in Campania ed in Puglia sono stati tenuti sotto controllo per 16 mesi; inoltre, durante il periodo maggio 1979 - luglio 1980 se ne è osser¬ vato il comportamento dalle ore 18.00 alle ore 21.00 di ogni giorno. I singoli animali, tenuti in uno stabulario a temperatura ambiente (TJ erano alloggiati in 4 gabbie metalliche di mq. 0,25 distanti l’una dall’altra circa cm. 10. Le pareti laterali non consentivano agli animali alcuna comunicazione visiva. Quotidianamente venivano rilevati su ogni animale, posto sul piatto di una bilancia fuori dalla gabbia, il Peso (P), la temperatura corporea (Tc), il ritmo respiratorio (Rr), il ritmo cardiaco (Re). Per misurare la Tc si è utilizzato un termometro a mercurio con scala centigrada -10 +40 che, inserito nell’animale appallottolato attraverso la regione ventrale, una volta a contatto con l’addome, veniva lasciato in loco finché la T registrata rimaneva costante per 30”. Tale metodica, pur se meno precisa nella determinazione della T come valore assoluto, è stata adottata invece di quella con microelettrodi per lasciare l’animale integro, volendo effettuare osservazioni comportamentali. Per lo stesso motivo è stato utilizzato un fonendoscopio per il Re, mentre il rilevamento visivo degli atti respiratori forniva il Rr. Lo scopo era quello di ridurre al minimo il fastidio all’animale per evi¬ tarne, durante le misurazioni, il risveglio, se in ipotermia. Ciò ha sconsigliato il rilevamento della temperatura rettale, meccani¬ camente impossibile, vista la posizione che l’animale assume durante la fase di ipotermia. Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europaeus, ecc. 53 Per verificare se le manipolazioni determinavano risposte indesiderate durante l’ipotermia degli animali, questi, in tale stadio, venivano lasciati indisturbati alternativamente per 24 ore. Si è constatato che i rilevamenti non modificano affatto il comportamento, che risulta identico in due diversi esemplari, entrambi in ipotermia, di cui solo uno sottoposto a misu¬ razioni. Comunque, venivano annotati ogni giorno, i valori della Ta e di quella massima e minima nelle ultime 24 ore. Nelle ciotole a disposizione di ciascun animale venivano quotidiana¬ mente distribuiti cibo ed acqua, anche se l’animale era in ipotermia. Il cibo, oltre che dal latte, fornito occasionalmente al fine di valutare alcuni comportamenti, era costituito da pietanze caratterizzanti la nostra dieta: cibi cotti e conditi, oltre a verdura o frutta fresca. Ciò, dopo aver ten¬ tato, con esiti infruttuosi, di alimentare i ricci con pellettati ad uso murino. Durante il Periodo sensibile, al fine di valutare l’attività notturna degli animali, veniva confrontata, al mattino, la posizione di ognuno rispetto a quella nella quale lo si era lasciato, in ipotermia, la sera precedente, ed inoltre si valutava la presenza di feci ed urine e la loro distribuzione sul fondo della gabbia che, pertanto, era rinnovato quotidianamente con nuovi fogli di carta. L’esame del comportamento degli animali in gruppo è stato effettuato ponendo gli esemplari contemporaneamente in una grossa gabbia. 3. Risultati ed osservazioni Le nostre osservazioni confermano che nelle manifestazioni vitali di E. europaeus sono evidenti una serie di stadi. Questi, già definiti da Kristofferson e Soivio (1964) su animali tenuti in camere termostatiche, vengono qui completati con dati relativi agli aspetti comportamentali e ad alcuni tratti della fisiologia. Pertanto, nell’arco dei 12 mesi, il ciclo di E. europaeus si articola nelle seguenti fasi: - Periodo attivo: si considera tale l’intervallo di tempo compreso tra due Periodi sensibili. - Periodo di preparazione: precede il Periodo sensibile e comprende un lasso di tempo durante il quale l’animale evidenzia alcuni cambiamenti morfologici. - Periodo sensibile: comprende il lasso di tempo durante il quale il riccio può cadere in ibernazione e si divide in: 54 G. Gustato, P. Pedata e S. del Gaudio - entrata in ipotermia che corrisponde alla fase durante la quale la Tc dell’animale si abbassa gradualmente; - ipotermia : stadio di durata variabile in cui la Tc raggiunge il suo minimo con piccole oscillazioni intorno a questo valore; - uscita dall’ipotermia : fase durante la quale la Tc dell’animale s’innalza gradualmente; - periodo di normotermia : corrisponde al lasso di tempo durante il quale il riccio è attivo e la sua Tc si mantiene pressocché costante ed a livelli superiori a 30°C. Le osservazioni condotte ed il rilevamento di alcuni dati fisiologici consentono di caratterizzare ognuno dei suddetti stadi. 3.1. Periodo attivo In tale periodo che va, alla nostra latitudine (41°N), da marzo-aprile a settembre-ottobre, E. europaeus , specie ad abitudini notturne, in laborato¬ rio esplica una certa attività anche durante il giorno. Sia nelle ore antimeridiane che in quelle pomeridiane gli animali pos¬ sono dormire anche se, molto frequentemente, nelle stesse ore si muovono vivacemente nella gabbia, esibendo, soprattutto se sollecitati dallo speri¬ mentatore, un certo comportamento esplorativo. Si mostrano ben adattati alle situazioni sperimentali, appallottolandosi solo nel momento in cui li si prende, ovvero di fronte ad un movimento brusco o ad un forte rumore, mentre poi, gradualmente, e con una certa rapidità, si rilassano consen¬ tendo di effettuare le misurazioni ed osservarne il comportamento. Non esitano a prendere dalle mani dello sperimentatore l’alimento, masticandolo, poi, rumorosamente; altrettanto avviene per i grossi bocconi prelevati dalla ciotola. Spesso, dopo le prime deglutizioni, effettuano delle pause durante le quali si immobilizzano, a volte anche col cibo fra i denti, compiendo, di tanto in tanto, dei piccoli sussulti simili a «singhiozzi». Bevono poco di frequente ma a lungo. È loro abitudine cercare un riparo dove trascorrere le ore di riposo. Dormono, perciò, in un angolo della gabbia o sotto la ciotola, leggermente appallottolati, poggiati sul ventre con il dorso arcuato e gli aculei drizzati. Durante il Periodo attivo, la Tc si mantiene intorno a valori superiori a 30°C ma con oscillazioni giornaliere e differenze individuali, fino a rag¬ giungere i 35°C. Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europaeus, ecc. 55 Il Re oscilla tra i 160 battiti /V ed 80 battiti /!’ e ciò in dipendenza anche delle manipolazioni. Anche il numero di atti respiratori/ V varia ed è compreso tra i 10 ed i 40 atti /T. Durante tale periodo E. europaeus si accoppia e partorisce e manifesta, inoltre, uno strano comportamento - l’autosputo - tuttora oggetto di accu¬ rata indagine sperimentale. 3.2. Periodo di preparazione Questo stadio inizia con l’approssimarsi dell’autunno, dura da 2 a 4 settimane ed è seguito dal Periodo sensibile. Durante questo lasso di tempo l’animale si prepara all’ipotermia: si è, infatti, osservato un infoltimento del pelo sia nella regione addominale che sugli arti ed un aumento di «irritabilità» soprattutto negli ultimi 3 o 4 giorni precedenti la prima ipotermia. E. europaeus esibisce durante il Periodo attivo l’appallottolamento come comportamento difensivo, preceduto dal «boxing» (Herter, 1938). Nel Periodo di preparazione, invece, modifica tale comportamento «boxando» di fronte al minimo disturbo senza, peraltro, appallottolarsi. Anche il peso dei singoli esemplari subisce delle variazioni giornaliere: negli ultimi 15 giorni di tale fase si registra un decremento totale compreso tra il 7,9% ed il 4,3% (tabb. 1 e 2). TABELLA 1 Variazione giornaliera assoluta e % nel peso di E. europaeus durante gli ultimi 15 giorni del Periodo sensibile gg. dalla la ipot. Riccio 1 Riccio 2 Riccio 3 Riccio 4 peso (gr.) variazione % peso (gr.) variazione % peso (gr.) variazione % peso (gr.) variazione % 15 825 710 280 585 14 850 + 3% 750 + 5,6% 330 + 17,8% 560 - 4,2% 13 830 - 2,3% 770 + 2,6% 305 - 7,6% 600 + 0,7% 12 820 - 1,2% 730 - 5,2% 320 + 4,9% 585 - 2,5% 11 780 - 4,8% 720 - 1,4% 300 - 6,2% 615 + 5,1% 10 770 - 1,2% 770 + 6,9% 305 + 1,6% 575 - 6,5% 56 G. Gustato, P. Pedata e S. del Gaudio Segue: TABELLA 1 gg. dalla la ipot. Riccio 1 Riccio 2 Riccio 3 Riccio 4 peso (gr.) variazione % peso (gr.) variazione % peso (gr.) variazione % peso (gr.) variazione % 9 770 0% 665 13,6% 285 6,5% 625 + 8,7% 8 720 - 6,5% 645 - 3,0% 305 + 7% 585 - 6,4% 7 810 + 12,5% 675 + 4,6% 305 0% 575 - 1,7% 6 780 - 3,7% 670 - 0,7% 280 - 8,2% 590 + 2,6% 5 815 + 4,5% 670 0% 295 + 5,3% 635 + 7,6% 4 770 - 5,5% 625 - 6,7% 295 0% 660 + 3,9% 3 800 + 3,9% 685 + 9,6% 300 + 1,7% 580 - 12,1% 2 785 - 1,9% 620 - 9,5% 260 - 13,3% 585 + 0,9% 1 760 - 3,2% 675 + 8,9% 260 0% 560 - 4,3% TABELLA 2 Variazione del peso di E. europaeus negli ultimi 15 giorni del Periodo di preparazione Riccio N. Variazione Variazione peso (gr.) peso (%) 1 -65 - 7,9% 2 -35 - 4,9% 3 -20 -7,1% 4 - 15 - 4,3% 3.3 Periodo sensibile Durante tale periodo è riscontrabile negli animali il fenomeno di vita latente anche se essi alternano all’ipotemia periodi di normotermia. Si considera, dunque, Periodo sensibile fintervallo di tempo compreso tra la prima e l’ultima ipotermia. Dalle osservazioni condotte è risultato che tale periodo inizia in otto¬ bre-novembre e si protrae fino a marzo-aprile. Ciò è testimoniato anche dalla mancata segnalazione da parte di cacciatori e catturatori, di esemplari di E. europaeus in zone dove frequenti sono i rinvenimenti all’infuori di questo periodo, oltre che dalla totale assenza di ricci trovati morti sulle strade. Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europaeus, ecc. 57 TABELLA 3 Periodo sensibile nei diversi esemplari di E. europaeus Riccio N. dal Periodo sensibile al durata gg. % gg. sull’anno 1 25/X 7/TV 147 40,3% 2 21/X 5/TV 150 41,1% 3 12/XI (*) 87 23,8% 4 25/X3 10/IV 122 33,4% (*) morto in data 21/11. Come si può notare dalla tabella 3, esiste una certa variabilità indivi¬ duale relativa alla data di inizio e di conclusione del Periodo sensibile, anche se il numero di giorni compreso tra la prima e l’ultima ipotermia è pressocché costante in quanto, escludendo l’esemplare N. 3, morto in feb¬ braio, lo scarto tra il min ed il max è pari al 7,7%. 3.3.1. Entrata in ipotermia In questa fase, che precede ogni ipotermia e dura all’incirca 30’, l’ani¬ male, coricato su un fianco, si apre completamente, sbarra gli occhi ed ini¬ zia a respirare profondamente con un ritmo di 20-30 atti/l’. Nel giro di pochi minuti l’animale si appallottola e chiude gli occhi; la frequenza respiratoria si riduce fino a raggiungere il limite di 1 atto/45-60”. Ciò nonostante l’animale è ancora reattivo: infatti, nei primi 15 minuti di questa fase un qualsiasi stimolo, anche solo un piccolo rumore, deter¬ mina come risposta una immediata, ma momentanea, contrazione. Dopo 20-30’ dall’inizio di questa fase l’animale è in ipotermia. Durante il Periodo sensibile i 4 esemplari osservati hanno manifestato in totale 104 entrate in ipotermia (tab. 4). TABELLA 4 Entrate in ipotermia nei diversi mesi Riccio N. Ott. Nov. Die. Gen. Feb. Mar. Apr. Totale entrate 1 2 8 5 6 9 5 1 36 2 2 6 3 8 6 5 1 31 3 0 3 0 7 3 13 4 0 2 4 5 5 7 1 24 104 58 G. Gustato, P. Pedata e S. del Gaudio L’analisi quantitativa sul totale evidenzia che nel 64% dei casi - 67 entrate in ipotermia - il fenomeno si è verificato contemporaneamente per 2, 3 o 4 esemplari. Le coincidenze delle entrate in ipotermia (tab. 5) esaminate nei diversi mesi, considerando insieme i diversi esemplari, portano ai seguenti risultati: TABELLA 5 Entrate in ipotermia Totali Coincidenti Coincidenti per Non coincidenti N. % 4 ricci 3 ricci 2 ricci N. % ott. 4 2 50% _ 1 2 50% Nov. 19 10 52,6% - - 5 9 47,3% Die. 12 7 58,3% - 1 2 5 41,6% Gen. 26 22 84,6% 3 - 5 4 15,3% Feb. 23 15 65,2% - 1 6 8 34,7% Mar. 17 13 76,4% - 1 5 4 23,5% Apr. 3 0 0% - - - 3 100% Appare evidente, quindi, che la % di coincidenze nelle entrate in ipo¬ termia passa da valori prossimi al 50% nei primi e negli ultimi mesi del Periodo sensibile, a valori nettamente superiori nei mesi più freddi. 3.3.2. Ipotermia Il fenomeno di ipotermia si manifesta più volte durante il Periodo sen¬ sibile ed ogni volta con durata variabile da poche ore ad un paio di settimane. Si riscontrano pure differenze in periodi diversi per lo stesso animale oltre che per animali diversi alla stessa epoca. Durante questo periodo l’animale, come se dormisse, coricato su un fianco, rimane semiappallottolato nascondendo solo le zampe posteriori. Gli aculei sono drizzati, gli occhi e la bocca sono chiusi ed il rinario è secco. La Tc si mantiene al di sotto dei 21°C oscillando in rapporto alle variazioni della Ta. Il Re è impercettibile e l’unico segno di vita è la respi¬ razione che assume, peraltro, un andamento particolare. Il riccio, infatti, compie un certo numero di atti respiratori intervallati da periodi di appa- Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europaeus, ecc. 59 Grafico A: Frequenza dei giorni trascorsi in ipotermia durante il Periodo sensibile ((esemplare morto il 21 feb. ) TABELLA 6 Numero e % dei giorni trascorsi in ipotermia Riccio N. 1 Riccio N. 2 Riccio N. 3 Riccio N. 4 N. gg. % N. gg. % N. gg. % N. gg. % Ott. 2,5 8% 4 12,9% 0 0% 0 0% Nov. 9,5 31,6% 13,5 45% 3 10% 4 13,3% Die. (*) 6 37,5% 8,5 53,1% 0 0% 5 31,2% Gen. 22 71% 19 61,3% 25 80,7% 28,5 92% Feb. 13 44,8% 13 44,8% 17 80,9% 21,5 74,1% Mar. 9 29% 10 32,3% - - 12 38,7% Apr. 1 3,3% 2 6,6% - - 3 10% 63 17,2% 70 19,1% 45 12,3% 74 20,2% (*) Ci si riferisce solo al periodo: 1/XII-16/XII. 60 G. Gustato, P. Pedata e S. del Gaudio rente apnea lunghi da V a 30’; la durata più frequente è compresa, comun¬ que, tra i 5’ ed i 10’. Per tutta la durata dell’ ipotermia l’animale non reagisce ad alcun rumore, anche se forte, e si chiude completamente, e solo per pochi istanti, solo se toccato. Durante il Periodo sensibile la % dei giorni in un mese trascorsi dall’animale in ipotermia passa dallo 0% in ottobre (riccio n. 3 e n. 4) al 92% in gennaio (riccio n. 4) (tab. 6 e grafico A). 3.3.3. Uscita dalVipotermia Questa fase che segue ogni ipotermia e precede ogni normotermia del Periodo sensibile dura circa 90’. L’animale si apre lentamente e rilassa gradualmente gli aculei del capo. Gran parte di questa fase è caratterizzata da forti tremiti e da una respirazione affannosa: circa 90 atti/l’ mentre il ritmo cardiaco non è diverso rispetto al periodo di normotermia. Durante i primi 5’ la Tc aumenta di 1°C e l’animale, pur rimanendo immobile, muove il rinario che insieme con le narici si presenta, ora, umido; non reagisce, peraltro, ad alcuno stimolo. Solo dopo circa 45’ quando la Tc dai valori di profonda ipotermia è salita di 8-10° C E. europaeus apre gli occhi. Subito dopo scompaiono i tremori ed il riccio resta immobile per 2’ o 3’ con gli occhi sbarrati. Da questo momento reagisce attivamente ai rumori appallottolandosi; dopo altri 45’ l’animale, raggiunta la normoter¬ mia, è normalmente attivo. Sono state osservate in totale 103 uscite dall’ipotermia (tab. 7). TABELLA 7 Uscite dall’ipotermia nei diversi mesi Riccio N. ott. Nov. Die. Gen. Feb. Mar. Apr. Totale uscite 1 2 8 5 6 8 6 1 36 2 2 5 4 7 6 6 1 30 3 0 3 0 7 2 12 4 0 2 4 4 6 7 1 24 103 Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europaeus, ecc. 61 L’analisi quantitativa sul totale evidenzia che nel 47% dei casi - 48 uscite dall’ipotermia - il fenomeno si è verificato contemporaneamente per 2, 3 o 4 esemplari. Le coincidenze delle uscite dall’ipotermia (tab. 8) esaminate nei diversi mesi, considerando insieme i diversi esemplari, non consentono generalizzazioni, pur se si riscontra un picco di coincidenze massimo in marzo (63,1%). TABELLA 8 Uscite dalPipotermia Totali Coincidenti Coincidenti per Non coincidenti N. % 4 ricci 3 ricci 2 ricci N. % ott. 4 0 0% 4 100% Nov. 18 4 33,3% - - 2 14 66,7% Die. 13 7 53,8% - 1 2 6 46,2% Gen. 24 12 50% - - 6 12 50% Feb. 22 9 31,8% - 1 3 13 68,2% Mar. 23 12 63,1% -- 2 3 11 36,9% Apr. 3 0 0% - — - 3 100% È opportuno evidenziare che l’animale impiega per entrare nell’ipoter¬ mia un tempo pari ad 1/3 di quello richiesto per uscirne: i processi di ter¬ mogenesi rispetto a quelli di termodispersione, risultano più lenti in coe¬ renza con i principi biochimici in quanto si svolgono in un medium a T più bassa. La termogenesi nella fase di uscita, oltre che in assenza di brividi (W. Wuennenberg , G. Merker, K. Bruck, 1974) può essere accompagnata da tremori, evidenti con notevole incidenza nelle nostre osservazioni, che scuotono l’intero animale. Ciò testimonierebbe, quindi, la presenza di S.T. (shivering thermoge- nesis) durante la fase di uscita. L’uscita dall’ultima ipotermia, avvenuta anch’essa secondo lo schema sopra descritto, si è verificata per tutti gli animali in aprile ed ha concluso il Periodo sensibile. 62 G. Gustato, P. Pedata e S. del Gaudio 3.3.4. Periodo di normotermìa Tale fase è discontinua durante il Periodo sensibile in quanto è pre¬ sente solo nell’intervallo di tempo tra una uscita dall’ipotermia e la succes¬ siva entrata (tab. 9) mentre è continua fuori dal Periodo sensibile e costi¬ tuisce, pertanto, una caratteristica costante del Periodo attivo. In entrambi i casi si riscontrano analoghi valori di Tc, Rr, Re, oltre ad alcune identità di comportamento. TABELLA 9 Numero e % dei giorni trascorsi in normotermìa durante il Periodo sensibile Riccio N. 1 Riccio N. 2 Riccio N. 3 Riccio N. 4 N. gg. % N. gg. % N. gg. % N. gg. % Ott. 28,5 92% 27 87,1% 31 100% 31 100% Nov. 20,5 68,4% 16,5 55% 27 90% 26 86,7% Die. (*) 10 62,5% 7,5 46,9% 16 100% 11 68,7% Gen. 9 29% 12 38,7% 6 19,3% 2,5 8% Feb. 16 55,2% 16 55,2% 4 19,1% 7,5 25,9% Mar. 22 71% 21 67,7% - - 19 61,3% Apr. 29 96,7% 28 93,4% - 27 90% 135 36,9% 128 35,0% 84 23,0% 124 33,9% (*) Ci si riferisce solo al periodo: 1/XII-16/XII. Gli animali in normotermia durante il Periodo sensibile esplicano tutte le normali attività vitali mostrando, però, notevole «irritabilità»: rea¬ giscono, infatti, prontamente, appallottolandosi anche al più piccolo rumore. Ringraziamenti Un particolare ringraziamento al Sig. Guido Ferraioli che ci ha fornito gli animali. Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europaeus, ecc. 63 BIBLIOGRAFIA Herter, K., 1938 - Die Biologie der europaischen Igei. Kleintier U. Pelrtier Leipzig 14 Hft. 6. Kristofferson, R., Soivio, A., 1964 - Hibernation in thè hedgehog (E. europaeus L.). The periodicity of hibernation of indisturbed animals during thè winter in a Con¬ stant ambient temperature. Ann. Acad. Sci. Fenn. (Ser. A IV) 80. Wuennenberg, W., 1974 - Do corticosteroids control heat production in hibernators? Merker, G. - Pfluegers Arch. Eur. J. Physiol. 352 (I). Bruck, K. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 90, 1981, pp. 65-71, figg. 2, tab. 1 Effetto della castrazione e del diidrotestosterone (DHT) sulla malato-deidrogenasi ipotalamica nel topo maschio (*) Nota dei soci Bruno Varriale(**), Mario Milone (**) e Giovanni Chieffi(***) (Tornata del 26 giugno 1981) Riassunto . - In questa nota vengono riportati i dati relativi alle modificazioni dell’attività della malato-deidrogenasi (MDH) nell’ipotalamo di maschi adulti di Mus musculus domesticus in seguito a castrazione e a trattamento con diidrotestosterone (DHT). Tali modificazioni interessano sia la frazione mitocondriale che quella cito¬ plasmatica dell’enzima. Abstract. - The authors have shown some modifications of thè malate-dehydro- genase (MDH) activity in thè male mouse hypothalamus after castration and dihy- drotestosterone (DHT) treatment. These modifications involve both thè mithocon- drial and cytoplasmic fractions of thè enzyme. Introduzione L’attività della malato-deidrogenasi (MDH) viene solitamente utiliz¬ zata come indice dell’attività metabolica cellulare. L’enzima ha un peso molecolare di circa 70.000 (Thorne and Kaplan, 1963) con due subunità da 35.000 (Devenyi et al ., 1966). È presente sia nei mitocondri che nel citoplasma, rappresentato da più forme isoenzimatiche (Kitto et al. , 1966; Kun et al , 1966; Kulick et al., 1968). (*) Lavoro eseguito nell’ambito del Progetto finalizzato del C.N.R. «Biologia della riproduzione». (**) Istituto e Museo di Zoologia, Università di Napoli - Via Mezzocannone, 8. (***) I Cattedra di Biologia e Zoologia generale, Università di Napoli - Via Mez¬ zocannone, 8. 66 B. Varriale , M. Milane e G. Chieffi Le modificazioni della malato-deidrogenasi sono state studiate, tra l’altro, anche negli organi sessuali accessori e nel sistema ipotalamo- ipofi sano di varie specie di Vertebrati. Iela et al (1974), Milone et al (1975) hanno dimostrato che nel sistema ipotalamo-ipofisario di Rana esculenta la castrazione, la cattività e la somministrazione di steroidi influenzano fattività della MDH Luine et al. nel 1974 hanno osservato un aumento dell’attività della MDH nell* ipo¬ talamo di femmine di ratto castrate e trattate con estradiolo 17(5 benzoato. Successivamente Milone et al. (1981) hanno riscontrato delle variazioni quantitative e qualitative della MDH nelfipotalamo di femmine di topo durante il ciclo estrale. Nel quadro delle nostre ricerche sulla fertilità del topo abbiamo intra¬ preso uno studio sugli eventuali rapporti tra androgeni e attività della MDH nelfipotalamo di maschi adulti di Mas musculus domesticus. Materiali e metodi Sono stati utilizzati 40 maschi adulti di Mus musculus domesticus , divisi in quattro gruppi sperimentali. Il primo gruppo è stato adoperato come controllo; il secondo è stato sotto¬ posto a castrazione. A ciascun animale del terzo gruppo, dieci giorni dopo castrazione, è stato somministrato per via intraperitoneale diidrotestosterone (DHL) (50pg/d) per quindici giorni. Al quarto gruppo, dieci giorni dopo castrazione, è stata somministrata una dose giornaliera di DHT (50 pg) e di acetato di ciproterone (CPA) (0,5 mg) per animale per quindici giorni. È stato impiegato il DHT in quanto è questo il metabolita del testoste¬ rone che, nei Mammiferi, mostra la maggiore incorporazione a livello ipo- la! ar.ru co (Lieberburg et al. , 1977). Le tecniche usate per il dosaggio dell’attività enzimatica e per l’analisi elettroforetìca della MDH sono state da noi precedentemente descritte (Milone et al. , 1981). Risultati e discussione L’analisi dell’attività enzimatica mette in evidenza variazioni significa¬ tive nei vari grappi sperimentali considerati (Tab. I). Nei controlli osser¬ viamo un rapporto di 2:1 tra attività mitocondriale e citoplasmatica dell’ en¬ zima; con la castrazione aumenta fattività totale e in particolare fattività della frazione citoplasmatica. Il trattamento dei castrati con DHT riporta fattività ai valori dei controlli sia per quanto riguarda fattività totale che Effetto della castrazione e del diidrotestosterone, ecc. 67 per quella citoplasmatica, mentre la frazione mitocondriale era e rimane invariata. Il trattamento dei castrati con DHT e CPA evidenzia un compor¬ tamento particolare: l’attività totale resta pressocché invariata rispetto ai castrati, mentre si modificano le attività nelle singole frazioni. Infatti, l’atti¬ vità mitocondriale diminuisce notevolmente, mentre la citoplasmatica si raddoppia in seguito a tale trattamento. Gruppi di a n i m a 1 i Att i vita . dell’MDH intatti cast rati c a st rat i + DHT castrati + DHT+CPA totale 1 8 5 ± 8 234 ±11 | : 1 70± 6 209 ± 9 mitocondriale 1 1 8 db 8 110 ±7 1 09± 6 74 ± 4 ci toplasmatica 6 0 ± 3 114 ±6 56 ±3 1 2 0 ± 7 Tab. 1. - Attività dell’MDH (pM NADH formato/pg di Prot./l min.) totale e fra¬ zionata nell’ ipotalamo nei vari tipi di trattamento. Passando all’analisi dei dati elettroforetici, osserviamo che il pattern isoenzimatico della MDH mitocondriale (Fig. 1) mette in evidenza cinque forme: «A» (r.f. 0,04), «B» (r.f. 0,12), «C» (r.f. 0,35), «D» (r.f. 0,52) ed «E» (r.f. 0,63). Queste forme le ritroviamo in tutti i gruppi sperimentali con differenze di tipo quantitativo. La castrazione provoca delle variazioni di tutte le bande osservate rispetto ai controlli, con un aumento delle bande «A», « B », «D» ed «E» e una diminuzione della « C ». Il profilo dei castrati trattati con DHT si rifà al profilo dei controlli. Nei castrati trattati con DHT e CPA si ottiene un profilo che si avvicina a quello dei castrati. 11 pattern isoenzimatico della MDH citoplasmatica (Fig. 2) evidenzia tre forme: «A» (r.f. 0,04), «C» (r.f. 0,35) e «D» (r.f. 0,52). Queste sono, probabilmente, le stesse che ritroviamo nel mitocondrio, in quanto presen¬ tano oltre che la mobilità anche le medesime modificazioni in seguito al trattamento sperimentale. Anche nella frazione citoplasmatica notiamo delle variazioni di tipo quantitativo. La castrazione porta a un aumento 68 B. Varriaie , M. Milane e G. Chieffi Fig. L - Profili elettroforetici delFMDH mitocondriale nei vari tipi di trattamento. Effetto della castrazione e del diidrotestosterone, ecc. 69 in n d Fig. 2. - Profili elettroforetici dell’MDH citoplasmatica nei vari tipi di trattamento. 70 B. Varriale, M. Milone e G. Chieffi delle bande «A» e «D» e a una diminuzione della «C» rispetto ai con¬ trolli. Il trattamento con DHT riporta il profilo di questo gruppo al profilo dei controlli, come avviene per la forma mitocondriale. Le modificazioni a seguito del trattamento con DHT e CPA mostrano anche in questo caso una certa somiglianza con quelle osservate nei castrati. In base ai dati raccolti si può ritenere che l’attività della MDH sia mitocondriale che citoplasmatica venga modulata dagli androgeni. Infatti, la castrazione avrebbe un effetto catabolico sulla MDH con conseguente aumento della frazione citoplasmatica, la quale non svolge nel citoplasma il ruolo fondamentale devoluto al mitocondrio nel ciclo di Krebs. Nel nostro caso, pertanto, la marcata diminuzione dell’attività a livello citoplas¬ matico, conseguente al trattamento con DHT, può avere come significato una maggiore disponibilità dei prodotti del ciclo di Krebs e quindi un mag¬ giore tasso di energia a livello cellulare. Il possibile ruolo svolto dal CPA, invece, potrebbe essere quello ben noto di competizione con il DHT a livello dei recettori per quest’ultimo con conseguente diminuzione della sintesi della frazione mitocondriale della MDH. Il ruolo svolto dagli androgeni sulla funzione ipotalamica è suffragato dagli esperimenti di Lieberburg et al. (1977) che hanno notato, nel ratto, una notevole incorporazione di DHT a livello ipotalamico. Inoltre, Denef et al. (1973) hanno dimostrato, sempre nel ratto, l’importanza del DHT e dei dioli nell’ipotalamo per quanto riguarda l’attività secernente dell’ipofisi e il successivo rilascio di gonadotropine. Gli AA. ringraziano il sig. Raffaele Auriemma per l’apporto tecnico e le cure nell’allevamento. BIBLIOGRAFIA Denef C., Magnus C. and Me Ewen B. S. - Sex differences and hormonal control of testosterone metabolism in rat pituitary and brain. J. Endocrinol., 85, 605 (1973). Devenyi T., Rogers S. G. and Wolfe R. G. - Structural studies of pig heart malate dehydrogenase. Nature, 210, 489 (1966). Iela L., Milone M. and Rastogi R. K. - Effect of testes removai and androgen repla- cement therapy on enzyme levels in hypothalamus and pituitary of frog. Experien- tia, 30, 868 (1974). Kjtto G. B., Wassarman P. M., Michjena J. and Kaplan M. - Multiple forms of mi- thocondrial malate dehydrogenase. Bioch. Biophys. Res. Comm., 22, 75 (1966). Effetto della castrazione e del diidrotestosterone, ecc. 71 Kulick R. J. and Barnes F. W, - Heterogeneity of supernatant malate dehydrogenase . Bioch. Biophys. Acta, 167, 1 (1968). Kun E. and Volfin P. - Tissue specifìcity of malate dehydrogenase isozymes. Kinetic discrimination hy oxalacetate and its mono- and di-fluoro analogues. Bioch. Biop¬ hys. Res. Comm., 22, 187 (1966). Lieberburg I., Maclusky N. J. and Me Ewen B. S. - 5a-dihydrotestosterone (DHT) receptors in rat brain and pituitary celi nuclei. Endocrinology, 100, 598 (1977). Luine V., Khylcheskya R. and Me Ewen B. S. - Oestrogen effeets on brain and pitui¬ tary enzymes activity. Neuroch., 23, 925 (1974). Milone M., Rastogi R. K. and Iela L. - Cyclic changes in thè enzymes activity of hypothalamo-hypophyseal System of thè frog, Rana esculenta. Gen Comp. Endo- crin., 62, 107 (1975). Milone M., Greco M., Varriale B. e Basile C. - La malato-deìdrogenasi ipotala¬ mi ca durante il ciclo estrale di Mus musculus domesticus. Rend. Acc. Se. Fis. e Mat. della Soc. Naz. di Se. Lett. e Arti in Napoli, 47, 123 (1981). Thorne C. J. R. and Kaplan M. - Physiochemical properties of thè pig and borse heart mithocondrial malate dehydrogenase. J. Biochem., 238, 1861 (1963). Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 90, 1981, pp. 73-81, figg. 5 Primo tentativo di ricostruzione della morfologia del basamento rigido umbro-marchigiano tra il L. Trasimeno e la dorsale M. Nerone - M. Catria Nota del socio Eros Pinna (*) e di Giacomo Giannessi (Tornata del 30 ottobre 1981) Introduzione L’area in esame è una fascia di appennino Umbro, lunga circa cento chilometri e larga una cinquantina, che si estende dal lago Trasimeno fino alPallineamento Pianello Fossato di Vico-Nocera Umbra. In questa zona si ritrovano in affioramento le formazioni della serie Umbro Marchigiana, dal calcare cavernoso alla formazione marnoso arenacea. Queste sono defor¬ mate in pieghe vergenti ad ENE con asse generalmente di direzione NE- SO. Il movimento sembra non abbia interessato il basamento cristallino che appare deformato rigidamente; si ritiene cioè che lo scollamento sia avvenuto a livello delle evaporiti, attraverso un tipico meccanismo di tetto¬ nica di copertura. L’area presenta alla sua estremità occidentale un alto strutturale, che ha la sua culminazione nella zona M. Acuto, M. Malbe, M. Tezio e mostra in affioramento terreni dal trias sup. all’oligocene sup. (cal¬ care cavernoso - scaglia cinerea), (Dessau, 1962; Centamore et al., 1972; Dallan e Nardi, 1972; De Candia e Giannini, 1977). Metodo di lavoro Obiettivo delle ricerche è la ricostruzione della morfologia della super¬ ficie di separazione «basamento -copertura», e di quella del top delle serie carbonatiche, attraverso lo studio delle isoanomale di Bouguer. È stata uti- (*) Osservatorio Vesuviano, Ercolano, Napoli e Laboratorio di Geologia Nu¬ cleare, Università, Pisa. 74 E. Pinna e G. Giannessi lizzata una carta delle isoanomale di Bouguer, in scala 1:100.000, eseguita dalla fondazione ing. C. M. Lerici per conto dell’AGIP. Ai fini dell’applica- zione del metodo gravimetrico consideriamo siano presenti tre unità, indi¬ viduate sulla base del loro comportamento cinematico e della loro densità. Si sono distinte: - una unità a letto costituita dal «basamento cristallino», dal suo eventuale tegumento e da una parte dello strato evaporitico; il tutto carat¬ terizzato dallo stile rigido di deformazione; - una unità di «copertura», meno densa del «basamento», compren¬ dente la serie Umbro Marchigiana e la parte restante delle evaporiti; - una unità a tetto costituita da «sedimenti clastici» terziario - quater¬ nari, meno densi delle unità sottostanti. Relativamente alla natura del livello evaporitico è necessaria una breve precisazione: I dati geologici noti non permettono di stabilire con sicurezza quanto dello strato evaporitico sia costituito da gesso e quanto da anidrite. In uno studio gravimetrico la distinzione è fondamentale perché, come è noto, le anidriti sono più dense dei gessi. Nel presente caso tuttavia, la mancanza di questa informazione non è determinante. Infatti, come è stato precisato sopra, lo strato evaporitico viene suddiviso fra la «copertura plastica» ed il «basamento rigido», per cui i contrasti di densità, che vengono utilizzati per il calcolo dell’effetto gravimetrico, in prima approssimazione non dipendono dal valore di densità delle anidriti. Sulla base dei parametri di elasticità forniti da prospezioni sismiche effettuate nella zona (Scarascia, 1979) sono stati attribuiti alle unità in esame i seguenti valori di densità: - 2.3 g/cc per i «sedimenti clastici»; - 2.6 g/cc per la «copertura plastica»; - 2.8 g/cc per il «basamento rigido». Le superfici separanti tali unità rappresentano quindi delle disconti¬ nuità nella densità dei materiali (con tale termine verranno sempre indivi¬ duate in seguito con la specificazione di prima e seconda per quella più superficiale e per quella più profonda). Nelle carte gravimetriche del Bouger fornite dall’ AG IP e dal modello strutturale d’Italia, rispettivamente in scala 1:500.000 e 1:1.000.000, sono state riconosciute mediante analisi spettrale componenti di lunghezza d’onda diversa, che possono essere distinte dai tagli di 215 km., 90 km. e 30 km.; queste componenti si ritengono causate dalle strutture più pro¬ fonde (Pinna e Rapolla, 1979). Primo tentativo di ricostruzione della morfologia, ecc. 75 Utilizzando poi il rilievo di dettaglio in scala 1:100.000 sono state indi¬ viduate lunghezze d'onda discriminate dal taglio di 7 km. Le lunghezze d’onda inferiori ai 7 km. e quelle comprese fra 7 km. e 30 km. sono state attribuite alle strutture crostali più superficiali. L’effetto a più alta frequenza nelle anomalie gravimetriche residue risulta connesso con il passaggio sedimenti elastici-copertura prevalente¬ mente carbonatica; esso è controllato geologicamente, in quanto si riscon¬ trano valori nulli dell’anomalia approssimativamente in corrisponenza degli affioramenti della serie carbonatica, e anomalie negative di entità crescente all’approfondirsi di detta serie. L’effetto con lunghezza d’onda compreso fra 7 km. e 30 km. appare collegabile con la seconda discontinuità. Sono stati inoltre utilizzati come controllo dei modelli quantitativi di interpretazione, gli elementi forniti dalle stratigrafie dei pozzi esistenti ed in particolare Buranol, Perugia2, Fossombronel. Il primo attraversa la serie carbonatica e si arresta nelle evaporiti ad una profondità di 2478 m, il secondo raggiunge a “1074 m degli argillocistici sericitici e cloritici con lenticelle quarzoso anidritiche (AGIP mineraria 1960), che, qualora non rappresentino il basamento cristallino, indicano tuttavia il superamento dello stato evaporitico, e danno quindi informazioni sulla profondità del basamento stesso. Fol raggiunge i -1946 m restando nelle evaporiti, indi¬ cando insieme al dato Bui l’approfondimento verso est del basamento. La separazione dell’anomalia gravimetrica residua nelle componenti dovute alle due discontinuità in esame è avvenuta mediante l’uso di «filtri lineari digitali non recursivi ». L’operazione di filtraggio come la interpretazione quantitativa è stata effettuata mediante programi di calcolo automatico (Carrara et al., 1974). Interpretazione quantitativa delle anomalie gravimetriche L’interpretazione viene effettuata mediante modelli bidimensionali che hanno il pregio di non definire a priori (Corrado et al., 1974) la forma dei corpi perturbanti. Essendo il trend delle principali strutture lineare (fig. 1), l’interpretazione è effettuata su profili perpendicolari a tale trend (fig. 2 e 3). Si impone che il profilo della poligonale rappresenti un contrasto di densità Ap = 0.3 g/cc nel calcolo del modello relativo alla prima disconti¬ nuità; un contrasto Ap = 0.2 g/cc per la seconda discontinuità. Il calcolo dell’effetto dovuto a tali poligoni viene ripetuto, cambiando ogni volta le coordinate dei vertici fino ad ottenere un ottimo accordo tra i valori gravimetrici calcolati e quelli osservati. Utilizzando i dati dei modelli 76 E. Pinna e G. Gian nessi Fig. 1 - Carta gravimetrica residue. È stata ottenuta mediante sottrazione delle componenti con lunghezza d’onda À > 90 km. Primo tentativo di ricostruzione della morfologia, ecc. 77 Fig. 3 - Interpretazione gravimetrica della sezione B tracciata nella figura 1. 78 E. Pinna e G. Giannessi Fig. 4 - Morfologia della «copertura carbonatica» ottenuta dalle componenti gravi- metriche ad alta frequenza (À < 7 km). Primo tentativo di ricostruzione della morfologia, ecc. 79 Fig. 5 - Morfologia del «basamento cristallino» ottenuta dalle componenti gravi- metriche con lunghezza d’onda intermedia (7 km > À < 30 km). 80 E. Pinna e G. Giannessi si è potuto ricavare l’andamento delle due discontinuità (figg. 4 e 5). La prima (fig. 4) presenta una grande struttura rilevata nella parte centrale, che ha il suo massimo negli affioramenti della serie carbonatica nei din¬ torni di Perugia. La superficie si approfondisce poi fino a 1800 m sul lato orientale del lago Trasimeno. Immediatamente ad est del fiume Tevere la prima discontinuità presenta un minimo di -900 m; ancora più ad oriente tale superficie risale mantenendo una profondità pressoché costante di 200-300 m. La seconda discontinuità (fig. 5) ha ad occidente un anda¬ mento simile a quello della superficie a tetto: è profonda 2200 m presso il lago Trasimeno, e sale fino a -1100 m presso Perugia. Procedendo verso est essa tende ad approfondirsi fino a 2200 m nella sua estremità più orien¬ tale dell’area studiata. A questa discesa si accompagna un inspessimento della copertura rilevata anche dai dati dei pozzi esistenti. Conclusioni Questo lavoro rappresenta un primo tentativo di ricostruzione delle isobate del basamento Umbro Marchigiano in un’area specifica. La scelta dell’area è stata dettata dalla disponibilità di carte gravimetriche di suffi¬ ciente dettaglio. I risultati si rivelano pienamente soddisfacenti; ad esempio lo scarto tra le profondità note del top carbonatico e quelle calcolate è contenuto in 300 m, ed in generale non è superiore ai 150 m. Le linee di ricerca future saranno indirizzate, da un lato, ad ottenere maggiori dettagli nell’area ana¬ lizzata, cercando di calcolare l’effetto dello squeezing delle evaporiti al nucleo delle anticlinali; e dall’altro alla ricostruzione regionale dell’anda¬ mento del «basamento rigido» nell’intero appennino Umbro Marchigiano. BIBLIOGRAFIA Carrara E., Jacobucci F., Pinna E., Ra polla A., 1974 - Interpretation of gravity and magnetic anomaiies near Naples, Italy, using computer tecniques. Bullettin Vulca- nologique Tome, XXXVI II -2, pp. 1-10. Centamore G., Jacobacci A., Martelli G., 1972 - Modello strutturale Umbro Mar¬ chigiano (correlazioni possibili con le regioni adiacenti). Boll. Geol. d’Ital., Voi. XCIII, pp. 1-64. Corrado G., Jacobucci L., Pinna E., Rapolla. 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Napoli voi. 90, 1981, pp. 83-97, fig. 1, tabb. 5 Short-range forecasting of inputs required by diffusive models(1) Nota dei soci Giovanni Adiletta (*), Adriano Mazzarella (**), Antonino Palumbo (***) and Pio Vittqzzi (***) (Tornata del 27 novembre 1981) Riassunto. - Per la previsione della concentrazione degli inquinanti dell’aria al suolo si possono utilizzare i modelli diffusionali con la introduzione di valori pre¬ visti delle emissioni e dei parametri ambientali. Il presente lavoro mostra l’alto livello di significatività della previsione di questi ultimi ottenibile mediante un modello climatologico articolato per mese e tipi di tempo. Accertato in primo luogo che 4 tipi di tempo per mese, scelti in ordine al carattere diffusivo dell’atmosfera, coprono tutto l’arco dell’anno, vengono esposti i criteri adottati per la loro previ¬ sione. Per ciascuno di essi sono stati poi determinati i cicli giornalieri di tutti gli INPUTS ambientali richiesti dagli ordinari modelli diffusionali. Si dimostra infine che con la scelta del tipo di tempo e l’ingresso nelle predisposte tabelle mensili dei residui orari si è in grado di prevedere, con un indice di confidenza dello 0,95, i dati ambientali fino a 20 ore successive e quindi estendere la validità del modello diffu¬ sionale al campo delle previsioni. Summary. - All available models describe concentration as a function mainly of meteorological INPUTS. This paper shows a viable alternative to normal practice for short-range forecasting of these INPUTS. Extensive data from Naples of such INPUTS have been analysed and found to show highly significant predictable short- range variations strongly related to weather types. The dominance of such variations for each month and weather type enables predictions of these INPUTS to be made over 20 hours ahead at 0.95 level of significance. (1) Research supported by thè Consiglio Nazionale delle Ricerche - Programma Finalizzato «Promozione della qualità dell’ Ambiente-Aria». (*) Direzione SPT ENEL Compartimento di Napoli. (**) Istituto per l’Applicazione della Matematica del CNR, Napoli. (***) Istituto di Geologia e Geofisica, Università di Napoli 84 G. Adiletta, A. Mazzarella, A. Palumbo and P. Vìttozzi INTRODUCTION In major metropolitan areas there is a growing interest in short-range forecasting of pollutant ground level concentration. When concentrations are high, a resulting decrease in respiratory efficiency and an impaired ability to transport oxygen through thè blood may be health hazards for individuals with pre-existing respiratory and coronary artery disease (pro- ceedings of Congresso Internazionale di Biologia, Napoli, 1982). In polluted areas there is thus a need for warnings to thè generai public so that sensi¬ tive individuals can take necessary precautions. Since thè ground level con¬ centration of an air pollutant mainly depends on weather parameters, it fol- lows that forecasting thè latter helps prediction of thè former. Either a phy- sical or a statistica! approach ca be employed. While thè first is thè most logicai and naturai approach, it lacks a detailed understanding of micro- meteorological processes occurring on locai basis. The second approach, which will be considered bere, is to model thè locai microclimate by means of statistical analysis of existing data. It is worth noting that often, as in this case, thè statistical approach provides more accurate predictions and is always applicable to other localities. Palumbo and Mazzarella (1981) have shown that use of a climatologi- cal model provides more accurate short-term forecasts of thè meteorologi- cal INPUTS required by diffusive models which, in turn, increase thè signi- ficance level of thè forecast ground level concentration of pollutants. It will be shown here that thè climatological diurnal cycles of thè meteorological INPUTS are strongly related to weather types and that a short-range forecast¬ ing of thè latter allows a more realistic forecast of weather INPUTS. The crite- rion followed for weather type classification is reported in Section 1, while that for their short-range forecasting is reported in Section 2. Moreover diurnal behaviours of thè residuals of meteorological INPUTS around thè mean daily curve, computed at 0.99 level of significance for each month and weather type, are reported in Section 3 together with a practical guide for thè application of thè model. The effectiveness of this model in short-range forecasting of pollut¬ ant ground level concentration will be analysed in another paper. Section 1 Data collection The hourly simultaneous series (interval: 1960-1981) of incoming radiation «R» (Watt/m2), wind speed «W» (m/sec), cloud-amount «CA» Short-range fo recasting of INPUTS requi red by diffusive model s 85 (0-10 tenth), screen temperature «T» (°C) recorded in Naples (40° 8’ N, 14° 3’ E) at thè meteorological observatory of thè Institute of Geology and Geophysics were analysed. Hourly values of all meteorological variables were checked for gross errors by plotting. Weather type : Classification Urbani (1968) showed that there is a limited number of weather types in thè Tyrrhenian area while Palombo (1979) showed that thè city of Naples acts as a climatic stabilizer Le. reveals a proper microclimate which does not vary substantially when thè city is invaded by similar weather types; therefore thè number of significanti different weather types in Naples is very limited. Since w e are dealing with thè dispersion of air pol- lutant, weather types will be classified here according to thè parameters that influence dispersion. The diffusive character of thè atmosphere depends on both buoyancy arising from thè vertical heat-flux «H» and on mechanical mixing due to thè wind. For cairn and light winds, thè weather has been classified according to values of H since thermal convection is prevalent on mechanical mixing due to W. For moderate winds both buoyancy flux and mechanical mixing influ¬ ence dispersion. Palombo (1966) showed that thè sea-breezes in Naples represent 90% of moderate winds so that thè former will be studied in thè present statistica! approach. Since mechanical mixing due to thè intensity of sea-breezes depends on thè vertical heat flux, thè weather type for moderate winds will be classified according to values of heat flux. For wind speed greater than 5 m/sec, thè weather has been classified according to values of W since thè mechanical effect is prevalent on that of H. Moreover H is related to R for day-time and to CA for night-time, so thè major parameters influencing thè dispersion of air pollution may be confmed to W, R and CA. It is worth noting that since H is due to soil heating which acts as a thermal stabilizer, it follows that thè possible quick variations in R are smoothed in H. The values of R and CA were subdivided into 3 monthly homogeneous groups according to their values equal to strong, moderate and slight. Ther¬ mal convection is, in conclusion, responsible for thè following weather types: A = bright, B = broken-cloud, C = cloudly; while mechanical mix¬ ing only is responsible for thè weather type D = neutral. It is well known 86 G. A diletta, A. Mazzarella , A. Palumho and P. Vittozzi (but we bave also experimented) that R is related to CA for day-time. Since thè same classification of weather types for day-time is obtained when values of CA or R from sunrise to sunset are used. one could more easily use mean daily values of CA for weather type classification regard- less of thè time of day or night. For practical purposes it is important to determine thè lowest time- limit in years sufficient to provide a statistically stable and reasonable estimate of thè occurrence of thè weather types. This was obtained in Naples from thè analysis of several sets of consecutive years selected ran- domly from thè complete record. The conclusion of this investigation is that a 2 year record of daily values of R, CA and W represent a minimum record lenght showing a sig- nificance level equal to 0.95. Section 2 Forecasting of thè weather type based on few initial hours of observation Since we are dealing with thè forecasting of meteorological IMPUTS that, as we shall see in Section 3, follow diurnal cycles related to weather types, thè practical problem arises of classifying thè weather type from only a few hours of observation. In case of cairn, light and moderate winds, for thè forecasting of wea¬ ther type A, B, and C, we may confine our interest to hourly values of cloud-amount which, being a continuous time series, may be statistically analysed by ordinary methods of time series. The harmonic analysis of cloud amount has evidenced significant annual and diurnal cycles. Values of amplitudes, phase angles and vector probable errors (Palumbo and Mazzarella, 1981) are reported on Table 1. The residuals of cloud amount (obtained by filtering of thè significant cycles) bave been found to be no miai and stationary at thè 0.05 level of significance according to X2 test and run test (Palumbo and Mazzarella, 1982). The computed autocorrelation coefficient was found to differ signifl- cantly from zero for lags up to 24 hours (Fig. 1) demonstrating that thè hourly residuals are noi: completely random but exhibit a persistence so that a major portion of thè variance can be explained in terms of thè Markov model. The dashed line indicates thè standard deviation of thè computed correlation coefficient from thè trae one of an infinite record (Palumbo and Mazzarella, 1982). This means that thè values of residuals Short-range forecasting of INPUTS required by diffusive models 87 cloud-amount residuals. 88 G. Adiletta, A. Mazzarella, A. Palumbo and P. Vittozzi TABLE 1 Amplitude (A), vector probable error (vpe) and phase angle (k) for thè annual and diurna 1 wave of cloud amount in Naples Wave A (tenth) vpe k (degrees) Annual 1.6 0.09 o o Diurnal 1.0 0.06 271° Mean value (tenth) = 4.5. of CA measured about 24 hours apart are completely independent of one another. It is important here also to determine thè lowest limit in hours provid- ing a stable and significant estimate of thè value of CA during thè examined 24 hours. Therefore several sets of consecutive hourly values of residuals of CA were selected randomly from thè complete record and related to daily mean value. The conclusion of these tests is that a 4 hour record of hourly values of residuals of CA represents thè minimum value sufficient to provide an estim¬ ate of thè mean daily value of thè residuals of CA at thè 0.95 level TABLE 2 Seasonal percentages of cairn, moderate and strong winds in Naples Winter Spring Summer Autumn Cairn 8 11 10 9 Moderate 78 84 88 83 Strong 14 5 2 8 of significance. This indicates that forecasts are statistically reasonable up to 20 h. Obviously thè significance level increases with thè number of ini- tial set of hourly data; a 12 h record of residuals of CA provides an estimate of thè mean daily value of thè residuals of CA at 0.99 level of significance. Short-range forecasting of INPUTS required hy diffusive models 89 It has been found that for strong winds, thè probability of forecasting of thè weather type «D » (neutral) is equal to 95% and has validity up to 20 hours ahead when, in thè 24 preceding hours, thè variation of atmosperic pressure was more than 3 mb and thè sea-breeze pattern was destroyed by thè wmd. If thè wind has been flowing for more than 10 hours, thè forecasting of its dura- tion can be performed according to thè statistica! scheme reported on Table 3. Section 3 Short range forecasting of INPUTS required by diffusive models a. Winds Calms The mean seasonal percentages of calms, reported on Table 2, show a marked diurnal cycle with a maximum at night-time and an equal to zero during sunny hours, except in conditions of overall stability. It has been shown that forecasting probability of cairn in thè t.th day is equal to 90% either when thè mean vaine of atmospheric pressure of thè (t- l).th day is greater than 1011 mb (overall stability) or when pressure variation in thè (t-l).th day is less than 2.5 mb. The forecasting probability increases to 98% when a sea-breeze or a wind less than 2 m/sec. appears for thè whole of thè (t-l).th day. It is well known that cairn is thè cause of low level nocturnal inver- sions and for thè forecasting of thè latter one can follow thè theoretical model by Anfossi et al. (1976) given by thè formula: T (z , t) - T (0 , 0) - [T (0 , t) - T (0 , 0)] Lz I — V/2ercf [ Z 2 \ Kt / L (4Kt)1/2 where T is thè air temperature, z is thè height of thè profile and K is thè heat diffusion coefficient of thè soil and shown to be equal to 3 X IO3 cm/sec. The model allows thè vertical temperature profile to be deduced from screen temperature record T(0,t). 90 G. Adiletta, A. Mazzarella, A. Palumbo and P. Vittozzi TABLE 3 Distribution of strong winds for direction and duration N NE E SE s sw W NW Percentages 3 22 1 41 10 8 2 13 Mean duration (hours) 17 22 10 24 30 19 19 18 4 - 5 5 - 6 6 - 8 > 8 (m/sec.) (m/sec.) (m/sec.) (m/sec.) N 10 - 20 h 88 20 - 30 - 30 - 40 12 NE 10 - 20 h 48 8 8 20 - 30 12 2 2 30 - 40 13 40 - 50 2 >50 5 SE 10 - 20 h 30 12 ' 10 1 20 - 30 11 7 7 1 30 - 40 6 2 4 1 40 - 50 2 1 1 1 >50 2 1 S 10 - 20 h 35 13 13 2 20 - 30 21 2 5 30 - 40 4 1 4 sw 10 - 20 h 55 5 8 20 - 30 16 2 30 - 40 7 2 40 - 50 5 W 10 - 20 h 40 18 3 20 - 30 ■ 16 10 3 30 - 40 10 40 - 50 NW 10 » 20 h 72 4 3 20 - 30 14 1 - 30 - 40 3 1 40 - 50 2 Short-range forecasting of INPUTS required hy diffusive models 91 Moderate winds The mean seasonal percentages of moderate winds are reported on Table 2. Since sea-breezes represent 90% of moderate winds (Palombo, 1966) only thè former are examined here. It has been found that thè fore¬ casting probability of sea-breezes in thè tth day is equal to 98% when either thè mean vaine of atmospheric pressure of thè (t- l).th day is great- er than 1004 mb or thè pressure variation in thè (t- l).th day is less than 3 mb. The diurnal cycle of sea-breezes for each month and weather type show an elliptic pattern which has been computed from observed mean values according to Palumbo (1966). Strong winds The mean seasonal percentages of strong winds show a low frequency of occurrence (Table 2). Since such winds do not show a regular behaviour and in order to help their statistical forecasting, thè percentages of these winds together with their mean duration and distribution both for direction and interval of intensity are reported onTable 3. The standard deviationof thè mean duration has been found to be lower than 20% of thè tabulated values. b. Air temperature The energy consumption and thè amount of pollutants due to heating and refrigeration of buildings and thè buoyancy flux of exiting stack gases depend strongly on air ambient temperature. Fair estimation can be obtained by thè knowledge of thè diurnal variation of air temperature. Hourly residuals around thè daily mean curve for each month and weather type are reported on Table 4 together with hourly residuals regardless of weather classifìcation. Each hourly value of residuals has been found to be significant at 0.99 level. A reduction in thè error/amplitude ratio has been found to be equal to 50% , 30% , 20% and 5% for A, B, C, D weather types when thè latter have been taken into account. Further refìnement may be achieved if one examines thè influence of wind speed on thè air tempera¬ ture cycle, but this has not been examined here. c. Stability parameter The stability of thè atmosphere’s lower layers was designated in thè Pasquill scheme (Pasquill, 1974) as a measure of thè rate of vertical diffu- IABLE 4 Daily variation of residuals of air temperature (°C) around thè mean daily curve for each month and weather type. The last column provides thè mean value for each month and weather type while thè last line provides daily variation of residuals without any classification 92 G. A diletta, A. Mazzarella, A. Palumbo and P. Vittozzi a « p o ov o un CO p p CN co p un o tn p p p p p un « -§ cò ■^r \Ó oo CN d A cò CN o V© r-H CN A oó p A cò S > CN CN CN CN CN CN CN CN CN r- un OO CN CO co CO CO O ov t— xf un VO r- o p p p O 1 O 1 o 1 t-=H ! 1 1 I— 1 ! ! rH i 1 o ! o 1 © 1 o 1 O 1 o 1 1 1 I I CN co o CN CN CO CN t-H CO CN CN CN t-H o CN r-H ro o 04 O 1 o o O 1 O 1 o 1 O 1 o ! o 1 O 1 O 1 O I o I O 1 © 1 o O 1 o 1 d 1 d 1 oo CO un CO p P o\ ov p p p O t"- un OS p p oq Ov oo o 1 t-H r— 1 r-H v“H CN T— 1 1 tH o o © o r-( 1 1 V© vq CO p CO CN CN CN p CO Ov V© p p p vq P r-l p p p CN co CO CO CO cò cò cò cò CN CN CN t-H CN CN CN rò rò cò cò N- p °N T— 1 oq G© 0© r— 1 G\ p p P OO p vq oq Ov Ov ,,,, cò CO ■d co cò cò rò rò rò CN CN rò cò rò cò cò N: 04 0\ o ov CN p un p un un vq p vq oq OS co p p sq CN CN co co cò cò cò cò rò CN CN CN CN cò cò cò cò T— 1 VO un CN co CN O p p-t un ro CN p p co T— 1 p Ov o o 1 o ! o r-H CN CN CN CN 1 ?=H o O © I Q 1 O T— 1 1 CN CN 7— i DO CO oo oo p O CO VQ o© © p vq p p un o\ V- CO CO OO oo 1 CN i t=H 1 O 1 O 1 o O I O 1 © 1 1 1 1 1 ! 1 o ! o 1 O 1 d 1 d 1 o\ un p p p CN CO un p r*H p p vq ov p OS p p p p MT3 1 CN ! co i cò 1 co 1 cò 1 cò 1 cò 1 cò 1 co i CN 1 CN 1 r=H 1 1 CN 1 CN 1 rò 1 rò 1 cò 1 cò 1 p p CO p °) oo p p oo T-t ov p un OS OO p p p p XT ! CN i CN ! cò 1 cò 1 cò 1 cò 1 cò 1 cò 1 CN I CN 1 1 i fH 1 s=H 1 CN 1 rò 1 rò 1 cò 1 cò 1 p r-; CN OQ <— i CO CN CN oo p OO p Ov p p p Ov p p OS Ol ! 1 CN I ri ! CO 1 cò I cò 1 cò 1 CN 1 CN ì 1 1 o ! ! i CN ! CN 1 cò 1 cò 1 CN I CO p CN p p un p p oq p un oo p OS p vq p p o ! F— i 1 i CN 1 CN ! CN I CN ! CN i CN 1 ! 1 1 o I o 1 1 I CN 1 CN 1 CN 1 CN 1 Ut Ut January February March Aprii May lune July August Septembe Oetober Novembe Decembe: January February March Aprii May lune July August < P9 Short-range forecasting of INPUTS required by diffusive models 93 co co O ^ p co O 6 h oà CN oo VO i/-> o <— < t-h o ov r-~ (N| (N M H H H t—h es co oo © o o © I I I I cn co vo oo oo vo co t-H t-H .r-H o O O O I I o o i-h co ^ io © © o o o © o I I I ! co io c-- vq 0 0-0 0.0 I I I oo xf m o o o o o o l I I I f- C~- co o o CD < o £ Q CO © © LO xj- OO © t=h Nf- VO LO VO LO o o I I o o I I CO O t— i O co © © © © © I ! I (N OO VO LO VO o o o o o co oo oo o t-H t-H t— I r— H CN o CO LO VO OV CN CN CN CN CN co lo ^ lo T-H t-H t-H CN CN CN co oo co © o o ^ O OO io H tÓ O O I I I I P IO vq O t-H hH tH rH N ci I I I I I Ov co tJ- Ov © O rH rH rH (N I I I I I t Ov co lo o © I I I I LO VO 0\ y— © © © ^ 1111 c 3 - § e | G -g c3 «? r?. ^ ^ >T 2 a =2 S >T cu X) £ ^ £ 00 -C October -1.3 -1.5 -1.7 -1.7 -0.4 0.8 1.9 1.9 1.5 0.8 0.0 -0.3 18.9 November -0.8 -1.1 -1.4 -1.7 -LO 0.3 1.9 2.5 1.8 0.4 -0.3 -0.7 16.5 December -0.7 -1.0 -1.3 -1.4 -LO 0.4 1.7 2.5 1.5 0.3 -0.2 -0.7 14.5 Daily variation of residuals of air temperature (°C) around thè mean daily curve for each month and weather type. The last column provides thè mean value for each month and weather type while thè last line provides daily variation of residuals without any classifìcation » 2 « ‘ « 10 12 H 18 20 22 »£ January -1.1 -1.4 -1.7 -1.9 -1.8 -0.1 1.9 3.4 2.6 0.8 -0.2 -0.7 13.2 February -1.3 -1.7 -2.1 -2.5 -2.3 -0.4 2.0 3.9 3.3 1.5 0.3 -0.5 14.0 March -1.7 -2.2 -2.7 -3.0 -1.8 0.6 2.9 4.1 3.4 1.3 0.0 -0.8 14.9 Aprii -2.2 -2.8 -3.3 -3.4 -0.8 1.5 3.2 4.1 3.3 1.7 -0.2 -1.1 16.0 May -2.4 -3.1 -3.7 -3.4 -0.4 2.2 3.4 3.8 3.2 1.7 -0.2 -1.2 18.5 June -2.7 -3.3 -3.9 -3.2 0.0 2.3 3.5 3.8 3.2 1.9 -0.3 -1.3 22.3 A July -2.5 -3.2 -3.8 -3.3 -0.3 2.2 3.4 3.8 3.2 1.9 -0.2 -1.3 24.4 August -2.4 -3.2 -3.7 -3.5 -0.6 2.0 3.5 4.1 3.4 2.0 -0.1 -1.3 24.0 September -2.2 -2.8 -3.4 -3.5 -0.8 1.7 3.5 4.1 3.3 1.7 -0.3 -1.3 23.2 October -1.8 -2.3 -2.8 -3.1 -1.0 1.1 3.1 3.9 2.9 1.2 -0.2 -1.0 22.8 November -1.4 -1.8 -2.1 -2.5 -1.4 0.5 2.6 3.7 2.6 1.0 -0.2 -0.9 20.5 December -ì.i -1.5 -1.9 -2.2 -1.6 0.3 2.3 3.5 2.3 0.7 -0.2 -0.7 16.5 January -0.5 *-0.9 -1.2 -1.6 -1.4 -0.1 1.6 2.5 1.7 0.5 -0.1 -0.4 11.0 February -0.8 -1.2 -1.5 -1.9 -1.4 -0.2 1.8 2.8 2.0 0.7 -0.1 -0.5 11.5 March -1.3 -1.7 -1.9 -2.2 -1.5 0.3 2.1 3.3 2.6 0.9 -o.i. -0.6 12.5 Aprii -1.9 -2.4 -2.8 -2.9 -0.9 1.2 2.9 3.6 2.7 1.2 0.0 -0.7 14.5 May -2.3 -2.9 -3.7 -3.4 -0.7 1.8 3.3 3.8 3.1 1.7 -0.2 -1.0 18.5 B ^UnS -2.6 -3.2 -3.7 -3.3 -0.3 2.1 3.5 3.9 3.3 1.8 -0.1 -1.2 21.4 B July -2.4 -3.2 -3.7 -3.4 -0.3 2.2 3.4 3.9 3.3 1.9 -0.3 -1.4 24.2 August -2.2 -2.9 -3.4 -3.4 -0.8 1.9 3.6 4.1 3.2 1.8 -0.4 -1.4 23.5 September -1.6 -2.1 -2.7 -2.9 -0.7 1.5 3.1 3.7 2.5 0.8 -0.4 -1.2 22.4 October -1.3 -1 7 -1 1 n f. il ? November -0.7 -0.9 -1-1 -1.4 -0.8 0.5 1.7 2.2 1.3 0.3 - 0.3 -0.7 17.5 December -0.7 -0.9 -1.2 -1.3 -1.1 0.2 1.8 2.2 1.4 0.3 -0.2 -0.6 15.0 January -0.4 -0.6 -0.7 -0.7 -0.6 0.1 0.8 ì.i 0.7 0.3 0.0 -0.1 10.3 February -0.6 -0.8 -0.9 -1.1 -0.9 0.0 1.1 1.7 1.2 0.5 0.0 -0.2 10.3 March -0.7 -1.0 -1.2 -1.5 -1.2 0.0 1.3 2.2 1.6 0.7 0.1 -0.3 11.0 Aprii -0.9 -1.2 -1.5 -1.8 -0.9 0.6 1.8 2.6 1,8 0.6 -0.3 -0.8 12.7 May -1.2 -1.6 -1.8 -2.0 -0.6 1.1 2.2 . 2.8 1.9 0.7 -0.4 -1.0 16.1 c June -1.5 -2.0 -2.4 -2.2 0.4 1.4 2.6 3.1 2.1 1.0 -0.5 -1.2 18.1 July -1.7 -2.3 -2.7 -2.5 -0.4 1.8 2.9 3.2 2.2 1.1 -0.4 -1.3 21.3 August -1.6 -2.1 -2.4 -2.3 -0.1 2.0 2.9 3.2 2.0 0.7 -0.8 -1.6 21.2 September -0.4 -0;9 -1.6 -1.9 -0.8 0.8 1.8 2.1 1.5 0.7 -0.4 -0.8 20.8 October -0.4 -0.8 -1.1 -1.3 -0.5 0.7 1.5 1.6 1.2 0.3 -0.5 -0.8 19.6 November -0.2 -0.6 -0.7 -0.9 -0.3 0.2 0.9 1.4 0.9 0.2 -0.3 -0.6 17.5 December -0.7 —0.7 -0.6 -0.6 -0.2 0.2 0.8 1.1 0.7 0.2 0.0 -0.3 14.0 January -0.5 -0.7 -0.9 -1.0 -0.8 1.1 1.3 2.0 1.3 0.2 -0.3 -0.6 10.3 February -0.6 -0.9 -1.3 -1.5 -1.4 -0.2 1-5 2.3 1.8 0.8 0.0 -0.5 10.4 March -0.9 -1.3 -1.4 -1.6 -1.0 0.3 1.7 2.5 1.8 0.6 -0.1 -0.6 10.5 Aprii -1.1 -1.5 -1.9 -2.0 -0.8 0.8 2.1 2.6 1.7 0.5 0.0 -0.5 11.4 May -1.6 -1.7 -2.0 -2.1 -0.5 1.3 2.5 2.9 2.0 0.6 -0.3 -1.0 14.8 June July August September October November December -1.3 -1.5 -0.8 -1.1 -0.7 -1.0 -1.7 -1.7 -1.4 -1.7 -1.3 -1.4 0.0 -0.3 18.9 -0.3 -0.7 16.5 -0.2 -0.7 14.5 Overall Short-range forecasting of INPUTS required by diffusi TABLE 5 Daily variatiom of residuals of Smith number around thè mean daily curve for each month and weather type. The last column provides thè mean vaine for each month and weather type while thè last line provides daily variation of residuals without any classification 94 G. Adiletta, A. Mazzarella , A. Palumbo and P. Vittozzi C cò cò cò CO CN CN CN CN CN CN cò cò cò cò cò CN CN CN CN CN ci B • p > D j b ! ^ i H I ! t > .0 > o I ; p ;b > J\

» b CU £> Ih O £ a OD O CD Q TH «H cd fi fi cd sd 2 S> © March Aprii May lune July August a 0) a «D LO Octobe a O Z, a © © © Q p ri U Q Overall 1.5 1.5 1.5 0.5 -0.6 -1.4 -1.8 -1.5 -1.0 -0.4 TABLE 5 Daily variation of residuals of Smith number around thè mean daily curve for each month and weather type The last column provides thè mean value for each month and weather type while thè last line provides daily variation of residuals without any classification jj 2 ‘ « 10 - t4 ts a 20 22 January 1.3 1.3 1.2 1.0 0.7 -1.1 -1.4 -1.1 -0.7 0.6 1.2 1.2 3.4 February 2.0 2.2 2.4 0.9 0.6 -1.9 -2.4 -2.1 -1.4 0.5 2.2 2.0 3.4 March 2.2 2.3 2.3 0.8 0.5 -2.2 -2.6 -2.2 -1.5 0.4 2.2 2.2 3.2 Aprii 2.4 2.6 2.7 0.6 0.4 -2.4 -2.8 -2.5 -1.6 0.3 2.5 2.3 3.0 May 2.7 2.8 2.8 0.2 -1.7 -2.5 -3.1 -2.7 -1.8 -0.1 2.7 2.5 2.7 June 2.6 2.6 2.6 -0.8 -1.7 -2.4 -2.9 -2.5 -1.7 -0.8 2.5 2.4 2.6 July 2.6 2.6 2.6 -0.7 -1.6 -2.3 -2.9 -2.5 -1.7 -0.8 2.5 2.4 2.5 August 2.3 2.3 2.3 -0.7 -1.5 -2.1 -2.6 -2.3 -1.6 -0.7 2.3 2.2 2.5 September 2.1 2.1 2.1 -0.6 -1.2 -2.0 -2.3 -2.0 -1.4 -0.3 2.1 2.1 2.6 October 1.9 1.9 1.9 0.6 -0.5 -1.8 -2.1 -1.8 -1.2 0.1 1.9 1.9 2.8 November 1.5 1.5 1.5 0.8 0.5 -1.4 -1.7 -1.5 -1.0 0.2 1.5 1.5 3.0 December 1.4 1.4 1.4 0.9 0.6 -1.3 -1.6 -1.3 -0.8 0.4 1.4 1.3 3.1 January u 1.1 1.2 0.9 0.6 -1.0 -1.4 -1.0 -0.6 0.8 1.1 1.0 3.2 February 1.2 1.3 1.3 0.8 0.5 -1.4 -1.6 -1.5 -0.8 0.7 1.2 1.3 3.0 March 1.7 1.6 1.6 0.7 0.4 -1.6 -1.9 -1.7 -1.0 0.6 1.6 1.6 3.0 Aprii 1.8 1.8 1.8 0.6 0.3 -1.8 -2.2 -1.9 -1.2 0.5 1.8 1.8 2.8 May 2.1 2.1 2.0 0.5 -0.5 -2.0 -2.4 -2.1 -1.4 0.4 2.0 2.0 2.6 B June 2.1 2.1 2.0 -0.5 -1.3 -2.0 -2.4 -2.1 -1.4 -0.2 2.0 2.0 2.4 July 2.1 2.1 2.1 -0.6 -1.4 -2.0 -2.5 -2.2 -1.4 -0.6 2.1 2.1 2.2 August 2.0 2.0 2.0 -0.5 -1.3 -1.9 -2.3 -2.0 -1.3 -0.6 2.0 2.0 2.2 September 1.8 1.8 1.8 -0.5 -1.2 -1.8 -2.1 -1.8 -1.2 -0.6 1.9 1.9 2.3 October 1.5 1.5 1.5 0.5 -0.5 -1.4 -1.8 -1.5 -1.0 0.3 1.5 1.6 2.5 November 1.0 1.1 1-1 0.7 0.2 -1.1 -1.3 “LI -0.7 0.4 1.1 1.1 2.7 December 0.9 1.0 1.0 0.8 0.4 -1.0 -1.2 -1.0 -0.5 0.4 1.0 1.0 3.0 January 0.5 0.5 0.5 0.4 0.3 -0.6 -0.8 -0.6 -0.2 0.3 0.5 0.6 2.9 February 0.7 0.7 0.7 0.3 0.2 -0.7 -1.0 -0.7 -0.4 0.2 0.7 0.8 2.9 March 0.9 0.9 0.8 0.2 0.1 -0.9 -1.2 -1.0 -0.6 0.1 0.9 0.9 2.8 Aprii 1.1 1.1 1.1 0.0 0.0 -1.2 -1.5 -1.2 -0.7 0.0 1.1 1.2 2.7 May 1.3 1.3 1.4 -0.2 -0.4 -1.4 -1.7 -1.5 -0.9 -0.2 1.4 1.4 2.5 C June 1.6 1.6 1.6 -0.4 -1.0 -1.6 -2.0 -1.7 -1.1 -0.4 1.7 1.7 2.3 July 1.6 1.6 1.6 -0.4 -1.0 -1.6 -2.0 -1.7 -1.1 -0.4 1.6 1.7 2.0 August 1.4 1.4 1.3 -0.4 -0.9 -1.4 -1.7 -1.5 -1.0 -0.4 1.5 1.6 2.0 September 1.3 1.2 1.1 -0.2 -0.8 -1.3 -1.5 -1.3 -0.8 -0.3 1.3 1.4 2.2 October 1.0 1.0 1.0 0.2 0.1 -1.1 -1.3 -1.1 -0.7 0.3 1.1 1.2 2.5 November 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 -0.6 -0.8 -0.6 -0.3 0.4 0.5 0.6 2.7 December 0.6 0.6 0.5 0.4 0.4 -0.6 -0.8 -0.6 -0.3 0.4 0.6 0.7 2.8 January 0.4 0.4 0.4 0.3 0.2 -0.5 -0.7 -0.5 -0.2 0.1 0.4 0.4 3.0 February 0.6 0.6 0.6 0.2 0.1 -0.6 -0.9 -0.7 -0.3 0.1 0.6 0.6 2.9 March 0.6 0.6 0.6 0.1 0.0 -0.7 -0.9 -0.1 -0.3 0.0 0.6 0.6 2.8 Aprii 0.7 0.7 0.7 0.0 -Q.l -0.9 -1.2 -0.9 -0.5 0.0 0.8 0.8 2.6 D May June July August September 0.8 0.8 0.8 0.0 -0.2 -1.0 -1.2 -1.0 -0.5 0.0 0.8 0.9 2.7 October 0.6 0.6 0.5 0.0 -0.3 -0.6 -0.9 -0.7 -0.4 0.0 0.6 0.6 2.6 November 0.6 0.6 0.6 0.1 0.2 -0.7 -0.9 -0.7 -0.4 0.1 0.6 0.6 2.8 December 0.5 0.5 0.5 0.2 0.1 -0.6 -0.8 -0.6 -0.2 0.1 0.5 0.5 2.9 Overall 1.5 1.5 1.5 0.5 -0.6 -1.4 -1.8 -1.5 -1.0 -0.4 1.5 1.5 2.7 Short-range forecasting of INPUTS required by diffusi 96 G. A diletta, A. Mazzarella, A. Palumbo and P. Vittozzi sion. This measure was translated by Smith (Pasquill, 1974) into a numerical scheme. Note that we have followed thè convention of reducing thè Smith number by 1.5 for thè day-time and by 0.5 (category) for thè night-time toward thè more unstable class within thè urban area (Palumbo, 1979). Hourly residuals around thè daily mean curve for each month and weather type are reported on Tabi e 5 together with hourly residuals regardless of weather classification. Each hourly value of residuals has been found to be signi ficant at 0.99 level. A reduction in thè erro r/ ampi itude ratio has been found to be equal to 50% , 40% , 20% and 5% for A, B, C, D weather types when thè latter have been taken into account. d. Urban plume A large city may be considered as a source of pollution according to thè simple model described by Palumbo and Mazzarella (1981) which relates thè total source strenght of a pollutant within a city to thè net flux across thè downwind edge. The greatest conc entra tions of pollutants are to be expected near thè center of thè city with lesser conc entra tions over thè suburbs. The height of thè Naples piume may be provided by is dependent on distance downwind from source, stability parameter and roughness length. It can be computed according to thè Smith scheme (Pas¬ quill, 1974). Because of thè dependence on thè stability parameter, such a height follows a marked diurnal cycle. The mean annual diurnal cycle at 4 km downwind from edge is reported below: 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 hours 110 110 110 160 470 640 650 650 470 160 110 110 metres e. Plume rise The calculation of fiume rise is a vital consideration in predicting dispersion of effluents into thè atmosphere, yet such a calculation is not straightforward (Briggs, 1969). Since all thè formulas reported in literature depend strongly on meteo rological parameters which follow a marked diur¬ nal cycle, such a piume rise has a daily behaviour. Short-range forecastìng of INPUTS required by diffusive models 97 Con clu sion s The procedure of application of thè present climatological model is as follows: one must set up a computer program for analysing a minimum record of 2 years of meteorological parameters and for computing their hourly residuals around thè mean daily curve for each month and weather type; as soon as thè weather type is forecast according to thè described scheme, one starts from a known value of thè INPUT required by diffusive models at a certain hour and checks whether this instantaneous value fol¬ lows thè 4 preceding ones according to thè diurnal cycle of thè computed hourly residuals; if not, one makes a smoothing of previous 4 values of thè INPUT up to fìt satisfactorily thè curve of thè hourly residuals. In this way thè examined meteorological INPUT is computed at 0.95 level of signifìc- ance for 20 hours ahead. In conclusion this paper has demonstrated that thè diurnal cycles of thè meteorological parameters required by diffusive models are strongly related to weather types. These have been classified according to thè parameters that influence thè dispersion of air pollution. It has been found that 4 weather types exhaust thè range of weather types during one year in Naples and that a minimum record of 2 years provides a statistically reasonable estimate for thè occurrence of such weather types. REFERENCES Anfossi D., P. Bacci and A. Lunghetto, 1976 - Forecastìng of vertical temperature profiles in thè atmosphere during nocturnal radiation inversions from air tempera¬ ture trend at screen height. Quart. J. R. Meteor. Soc., 102, 173-180. Briggs, G. A., 1969 - Piume rise. U.S. Atomic Energy Commission, 81 pp. Palumbo A., 1966 - Caratteristiche del vento a Napoli con nota sulla variazione gior¬ naliera del vento medio. Boll. Soc. Nat. Napoli, 75, 349-408. 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Napoli voi. 90, 1981, pp. 99-130, tab. 1 Cisalveolina fraasi (Giimbel) Reichel, Foraminiferida: diffusione geografica e problemi stratigrafici 1 Nota del sodo Piero De Castro (*) (Tornata del 27 novembre 1981) Riassunto. - Viene eseguito un esame critico dei dati della letteratura riguar¬ danti la diffusione geografica e la distribuzione stratigrafica di Cisalveolina fraasi (Gumbel), una specie di notevole interesse stratigrafico a cui gli studiosi assegnano un’età compresa complessivamente tra il Cenomaniano ed il Turoniano. In base alle indicazioni d’età, comprovate anche da altri fossili di notevole valore stratigrafico (principalmente Ammoniti e Rudiste), si è portati a concludere che Cisalveolina fraasi sia vissuta soltanto nel Cenomaniano superiore. Vengono indicati anche i microfossili che più frequentemente si associano a Cisalveolina fraasi nell’area mediterranea e nel Medio Oriente; viene accennato, in proposito, alle somiglianze tra Pseudorhipidionina casertana (De Castro), Praerhapy - dionina murgiana Crescenti e Reis sella ramonensis Hamaoui e non si esclude una loro parziale sinonimia. Inoltre, viene precisata l’età di Cisalveolina lehnerì Reichel e di Sellialveolina viallii Colalongo. Resumé. ~ On examine de fafon critique les données de la littérature concer- nant la diffusion géographique et la répartition stratigraphique de Cisalveolina fraasi (Gumbel), espèce de gran interet stratigraphique à laquelle les Auteurs confèrent un age compris globalement entre le Cénomanien et le Turonien. (*) Istituto di Paleontologia dell’Università di Napoli, Largo San Marcellino n. 10, 80138 Napoli. 1 Lavoro eseguito con i contributi del C.N.R. e del M.P.I. Ringrazio vivamente i miei colleghi dell’A.G.I.P. Mineraria e, in particolare, i Dott. Achille Balduzzi, Emilio Bellini e Guido Verdiani per l’aiuto fornitomi nelle ricerche bibliografiche e per le cortesie usatemi. I miei ringraziamenti più cor¬ diali rivolgo alla Sig.ra Dot. Rajka Radoicic dello Zavod za geoloska i geofizicka Istrazivanja di Belgrado per i chiarimenti sulle situazioni di campagna riguardanti Cisalveolina fraasi in Iugoslavia. Desidero esprimere in particolare la mia gratitudine ai Prof fi Manfred Reichel e Lukas Hoitinger del Geoologisch-palàontologisch es Institut , Bernoullianum , di Basilea per le informazioni fornitemi sui campioni a Cisalveolina di Tang-i-Moghar. 100 P. De Castro Sur la base des données plus sures, confìrmées par d’autres fossiles stratigraphi- quement très valables (surtout Ammonites et Rudistes), on est amené à affìrmer que Cisalveolina fransi a vecu pendant le Cénomanien supérieur sans en atteindre, ni vers le haut ni vers le bas, les limites. On indique également les microfossils qui sont plus frequemment associés à Cisalveolina fransi dans les régions méditerranées et du Moyen-Orient; à ce sujet on fait allusion au ressemblances entre Pseudorhipidionina casertana (De Castro), Praerhapydionina murgiana Crescenti et Re is sella ramonensis Hamaoui ce qui n’ex- clue pas une synonimie partielle entre elles. En outre, Page de Cisalveolina lehneri Reichel et de Sellialveolina viallii Colalongo est précisé. Termini chiave. Foraminiferida, Cisalveolina fraasi (biogeografìa, biostratigrafia), Pseudorhipidionina casertana , Praerhapydionina murgiana, Rei ssella ramonensis, Cisalveolina lehneri, Sellialveolina viallii. § 1. Premessa e conclusioni Questo lavoro cerca di integrare le osservazioni su Cisalveolina fraasi (Gumbel) Reichel già fornite dallo scrivente nel 1980 in una pubblicazione scritta principalmente per servire come base per discussioni sulle Alveoline più tipiche del Mediterraneo centrale ed orientale. Cisalveolina fraasi (Gumbel) è un Alveolinide del Cretacico superiore delle facies di piattaforma carbonatica (De Castro, 1966b; Brun in Hamaoui e Brun, 1974) che ai vantaggi di un’ampia diffusione areale e di una limitata distribuzione verticale aggiunge un facile riconoscimento sia nelle microfacies sia sulla roccia durante le indagini di campagna. L’inte¬ resse per questa specie è accresciuto dal fatto che anche altri numerosi microfossili riceverebbero un più esatto inquadramento cronostratigrafico, e quindi una migliore utilizzazione pratica, in seguito ad una determina¬ zione più precisa della sua età. Ricordo, a titolo d’esempio, Pseudorhapydio- nina laurinensis che sembra estinguersi in corrispondenza dell’inizio dell- acrozona di Cisalveolina fraasi ; inoltre, i numerosi Foraminiferi che si associano ad essa (Tab. 1) e soprattutto Pseudorhipidionina casertana che presenta un’acrozona approssimativamente coincidente con quella della specie in esame. Mi sembra opportuno, in proposito, richiamare l’atten¬ zione sulle perplessità cui da luogo Pseudorhipidionina casertana nei con¬ fronti di Praerhapydionina murgiana. Praerhapydionina murgiana fu istituita da CRESCENTI nel 1964 nelle facies di piattaforma carbonatica del Cenomaniano superiore-Turoniano inferiore delle Murge (Puglie); è da notare che il Turoniano inferiore di Crescenti corrisponde al Cenomaniano superiore degli Autori che attribuì- Cisalveoiéna fransi (Gùmbel) Reichei, Foraminiferida , ecc . 101 scono il livello a Cisaiveolina fraasi a questa porzione del Cretacico. Dopo ristiamone, Praerhapydionina murgiana è stata segnalata, in Italia, soltanto da alcuni Autori, talora in lavori a carattere di sintesi, e non è stata illu¬ strata quasi mai; ricordo Crescenti (1966, Appennino meridionale, Cen. sup.-Tur. ini), Crescenti et al (1969, Marche- Abruzzi, Tur.-Sen.), Cre¬ scenti e Vichi (1964, zona di Palese-Matera, Tur. inf.), Praturlom e Sirna (1975, Italia, Àlbiano-Cen.), Soltanto Lupertq-Sihhi (1966b*, Lucania, Cen. sup.) illustra un esemplare che attribuisce a questa specie e vi aggiunge alcuni cenni descrittivi in una appendice sistematica. Fuori d’Italia, la spe¬ cie è stata segnalata, per lo più dubitativamente, alla base della zona di passaggio dal Cenomaniano al turoniano, in Jugoslavia (Serbia occidentale) da Radoicic (19 72 a, ? Pseudorhipidionina murgiana ; 1972b*, ? Pseudorhipi - dìonina murgiana ; 1972 c, Pseudorhapydìonìna murgiana). L’attribuzione generica prospettata da Radoicic (19 72 ab) è di notevole interesse; se Praerhapydionina murgiana fosse veramente una Pseudorhìpì- dionina , caratterizzata perciò da una apertura multipla anzicché da una apertura unica, andrebbe accertato se essa è una specie distinta o un sinonimo di Pseudorhipidionina casertana. Ricordo, in proposito, che Crescenti (1966, p. 546) segnalò nell’ Appennino umbro-marchigiano sia Praerhapydionina murgiana sia Rhipidionina casertana (all’epoca non era stata ancora chiarita la struttura di Rhipidionina e non era stato istituito il genere Pseudorhipi- dìonina). Anche Radoicxg, nei lavori citati (1977 a, 1972b), segnala sia ? Pseudorhipidionina murgiana sia Pseudorhipidionina casertana attribuendo a quest’ultima una distribuzione stratigrafica più estesa verso l’alto nell’am¬ bito del Turoniano inferiore. Mi sembra probabile che Pseudorhipidionina casertana possa essere un sinonimo non valido dì Praerhapydionina murgiana : le due specie ricorrono in terreni della stessa facies e più o meno della stessa età; sembrano pre¬ sentare, inoltre, dimensioni, morfologia complessiva ed endoscheletro com¬ parabili (v. Crescenti, 1964 e De Castro, 1965), L’apertura unica osser¬ vata e figurata da Crescenti (1964; vedi anche didascalia di tav. I, flg. 2-3) potrebbe essere solo apparente e originatasi in realtà in seguito al riassorbi¬ mento di un’apertura multipla; questo fenomeno, peraltro, non è infre¬ quente ed è stato messo in evidenza dallo scrivente in Pseudorhapydìonìna dubia ed in Pseudorhapydionina iaurinensis (1965, p. 350,354). La sìnoninia, anche al fine di escludere l’eventuale esistenza di specie affini, andrebbe accertata sul materiale tipo. Io, qualche tempo fa, non 'ho potuto utilizzare questo materiale; nel 1980, in occasione delle ricerche da me svolte nell’ambito del progetto Evenements de la panie moyenne du Cré- tacé , ho cercato di esaminare sia le sezioni sottili del tipo e dei « parati - 102 P. De Castro poi di», sia Punico campione di roccia (9058) da cui esse furono tratte. Il prof. Samuele Sartoni dell’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Uni¬ versità di Bologna (sede indicata come deposito del materiale tipico) e lo stesso prof. Uberto Crescenti, i quali ringrazio per il cortese interessa¬ mento, mi comunicarono che, nonostante le ricerche eseguite, non avevano potuto rintracciare il materiale richiesto. Un’altra specie che presenta notevoli affinità con Pseudorhipidionina casertana è Reissella ramonensis Hamaoui, 1963, del Cenomaniano del Makhtesh Ramon (Israele). Le due specie presentano morfologia comples¬ siva, tipo d’apertura, distribuzione stratigrafica ed ecologica comparabili; esse differiscono per l’endoscheletro che è costituito soltanto da lame per¬ pendicolari ai setti in P. casertana mentre è rappresentato da lame sia per¬ pendicolari sia parallele ai setti in R. ramonensis. Quest’ultima specie è stata segnalata anche nell’isola di Creta (Leppig, 1976); le poche figure che la mostrano in sezione (Hamaoui, 1966, tav. 3, Fig. 6) si riferiscono al Cenomaniano della località tipo e sono apparentemente simili a quelle di Pseudorhipidionina casertana. Nelle pagine che seguono viene fornita la distribuzione geografica di Cisalveolina fraasi', inoltre sono riportate, per ogni paese, le segnalazioni dei vari Autori e vengono discusse quelle maggiormente indicative dell’età della specie. In base al confronto di tutti questi dati viene ritenuto, alla fine, che Cisalveolina fraasi sia vissuta soltanto nel Cenomaniano supe¬ riore. Cisalveolina lehneri Reichel compare prima di Cisalveolina fraasi ; la comparsa si verifica, al Monte Calvi in Campania, nella metà superiore dell’acrozona di Peneroplis parvus De Castro: porzione di acrozona che corrisponde approssimativamente all’inizio del Cenomaniano medio2. I dati 2 Peneroplis parvus De Castro presenta al Monte Cerreto in provincia di Caserta, una ditribuzione stratigrafica approssimativamente coincidente con quella di Sellialveolina viallii ; queste due specie vi compaiono per uno spessore considere¬ vole (circa 180 m) ed è probabile che la loro acrozona vi sia interamente rappresen¬ tata: ambedue le specie, pertanto, dovrebbero avere la stessa età. Sellialveolina viallii Colalongo sembra essere vissuta dal Vraconiano fino alla fine del Cenomaniano medio. Il limite inferiore d’età è deducibile principalmente dai dati di Bismuto (1973, p. 195-196), confermati da Bismuto et al. (1981, p. 210- 211), che la osservò nella zona di Kasserine (pozzo Kebir 1) in una formazione sicu- Cisalveolina fraasi (Gumbel) Reichel, Foraminiferida » ecc. 103 dell’Iran (vedi in seguito) mostrano che Cisalveolina lehneri raggiunge l’acro» zona di Cisalveolina fraasi ma sembra estinguersi prima di questa specie; pertanto la sua età dovrebbe estendersi approssimativamente dal Cenoma- niano medio fino alla porzione inferiore del Cenomaniano superiore. § 2. Distribuzione geografica e dati sintetici per paesi* * 3 La specie è presente nel Medio Oriente, nel Mediterraneo e in Porto¬ gallo. Più esattamente essa è stata segnalata in Algeria, Giordania, Grecia, Iran, Iraq, Israele, Italia, Iugoslavia, Kuwait, Libano, Portogallo e Tunisia. ALGERIA — Van De Fliert (1957, sub Ov alveolina ovum fide Vila 1974, p. 389; Oued Athménia), Vila (1974*, Rocher de Constantine, Cén. sup.), Vila (1980*, Algeria orientale, Cen. sup.), Vila et al. (1975, Koudiat Touachra, Cen. sup), Vila et al. (1976, Djebels Guergour e Anini, Cen. sup.). Fra i lavori citati è di particolare interesse la recente monografia di Vila (1980) dove il livello a Cisalveolina fraasi viene citato in numerose località dell’Algeria orientale per uno spessore variabile che raggiunge al massimo una cinquantina di metri (Djebels Guergour e Anini; op. cit., fìgg. 36, 46); questo livello può contenere Caprina schiosensis Boehm e strati con Praeglobotruncana stephani (Gandolfi) (Djebels Oum Settas e Mezela); nelle successioni con Ippuriti risulta sempre sottoposto a queste Rudiste (15 m al Djebel Felten, 25 al Rocher de Constantine, 50 ai Djebels Oum Settas e Mezela). ramente attribuibile al Vraconiano per la presenza di Planomalina buxtorfi (Gan- dolfi) (vedi De Castro, 1980, pp. 29-30). Il limite superiore d’età può farsi coinci¬ dere con la fine del Cenomaniano medio grazie alle osservazioni eseguite da Saint- Marc (1977b) in Siria dove la specie è presente in strati riferibili a questa età per la presenza di Ammoniti. 3 Nelle segnalazioni sono riportati, dopo il nome dell’Autore, l’anno della pub¬ blicazione, la regione del ritrovamento, l’età di Cisalveolina fraasi o - se questa non è precisata - l’età assegnata alla successione stratigrafica di cui fano parte gli strati che contengono la specie in esame. Quando Cisalveolina fraasi è stata indicata con un sinonimo poco noto, questo è stato riportato dopo l’anno della pubblicazione. Un asterisco dopo questo anno indica che l’Autore ha figurato esemplari che ha attri¬ buito alla specie in esame; un + nella stessa posizione indica che, a causa del parti¬ colare interesse stratigrafìco o biogeografico della segnalazione, sarebbe auspicabile una documentazione più ampia. 104 P. De Castro GRECIA - Bernier & Fleury (1980, dominio di Gavrovo, Cen. sup. - ? Tur. inf.), Fleury (1971, Massiccio di Gavrovo, Cen. sup.), Fleury (1980*, Massicci di Gavrovo e di Varassova, Kotroni, Mavrovouni d’Argos, Cen. sup.-Tur. inf.). In base ai dati forniti da Fleury nella sua recente monografia (1980, pp. 64, 86) lo spessore del livello a Cisalveolina fraasi non supera una ven¬ tina di metri. IRAN — Kent et al. (1951, Tang-i-Moghar, Cen.-? Tur.), Reichel (1941*, Tang-i-Moghar, Cen,-? Tur., età precisata come Cen. sup. da Ree chel in Azzaroli e Reichel, 1964), Sampò (1969*, Zagros, Cen.). Vedi pure Hamaoui (1979). Le indicazioni fornite da Reichel e da Kent et al , riguardano la por¬ zione superiore, di circa 250 m. di spessore, della successione stratigrafie di Tang-i-Moghar (Kuh-i-Bingistan). Reichel (1941, p. 254; 1947, p. 1) esaminò i preparati provenienti da nove livelli distribuiti lungo tutta la successione menzionata, contrasse¬ gnati in ordine stratigrafico discendente dai numeri 110, 114, 115, 132, 140, 160, 162, 172, 191; i campioni di questi livelli erano stati prelevati da geo¬ logi dell’Anglo Iranian Oil Company (A.I.O.C.). Secondo Reichel (1941, p. 254) il genere Cisalveolina è presente sol¬ tanto negli ultimi 60 metri della sezione di Tang-i-Moghar corrispondenti, in ordine stratigrafico ascendente, ai campioni 115, 114 e 110. In questo intervallo Cisalveolina lehneri e Praealveolina cretacea tennis compaiono prima di C. fallax nel campione 115 e, poi, si associano ad essa nel cam¬ pione 114; è da quest’ultimo che provengono i tipi di ambedue le specie di Cisalveolina, Nel campione 110 sembra che le sole alveoline presenti siano rappresentate da Multìspirina iranensis , specie che si accompagna alle Cisalveoline e che compare sensibilmente prima di esse 4. Kent et al. (1951, p. 5), all’epoca geologi dell’A.I.O.C., segnalarono Cisalveolina fraasi, Multìspirina iranensis, Ovalveolina cf. ovum nella suc¬ cessione di 250 metri indicata e precisarono che Cisalveolina lehneri è pre¬ sente soltanto negli ultimi 25 metri. Questi dati sono molto interessanti; andrebbero perciò confermati sia per quanto riguarda i rapporti stratigrafici 4 Nella mia pubblicazione sulle Alveoline del 1980 (p. 44 e 86), per un errore di stampa sfuggito alla correzione delle bozze, è detto che le Cisalveoline sono pre¬ senti nella porzione inferiore della successione di Tang-i-Moghar. Cisalveolina fransi (Gtimbel) Reichel, Foraminiferida, ecc. 105 tra C. fraasi e C. lehnerì che sono differenti da tutti gli altri noti, sia per quanto riguarda lo spessore delfacrozona di C. fraasi che è diverso da quello fornito da Reichel. L’età turoniana che, nel Medio Oriente in generale ed in Iran in par¬ ticolare, viene attribuita da alcuni Autori agli strati con Cisalveolina sembra basarsi, almeno in parte, sulla concomitanza della scomparsa di Orbito lina cf. concava Lamarck e sulla presenza di Vola alpina (D’Or- bigny) (vedi Smout, 1956, p. 336); questi argomenti, tuttavia, non sono sufficientemente significativi anche perché il Pettinide menzionato è noto p. es. anche nel Cenomaniano inferiore di Giordania (Lewy e Raab, 1978, Tab. 5) e nel Cenomaniano superiore di Israele (Hamaoui e Raab in Arkin et al. , 1965, Composite columnar sectiorì). IRAQ - Al Naqib (1967, Iraq sud-occidentale, Cen.). Brun in Hamaoui e Brun (1974) segnala Cisalveolina spp. nell’unità superiore, di età cenomaniano-turoniana, della formazione Mishrif. Dunnington in Van Bellen et al (1959, p. 188-189, zona di Bassora, Cen.), Hamaoui (1979, p. 34, 35, 117, parte inferiore della unità superiore della formazione Mishrif di età Cen.-Tur.), Owen e Nasr (1958, Zubair: metà inferiore della forma¬ zione mishrif, Tur.), Richè e Prestai (1980, Iraq settentrionale, Cen. medio e Cen. sup.), Smout (1956, Zubair, Tur.), Smout in Owen e Nasr (1958, zona di Bassora, Tur.). Cisalveolina fraasi e Cisalveolina lehneri sono segnalate da Owen e Nasr nel pozzo Zubair n. 3, nella porzione inferiore, di 70 m di spessore, della formazione Mishrif; non è da escludere, però, che questi Autori abbiano indicato globalmente i fossili presenti nella porzione inferiore ad Alveoline (. Praealveolina , Cisalveolina, Multispirina ) della formazione e che alle Cisalveoline, in particolare, spetti uno spessore minore. L’età attribuita dai vari Autori a Cisalveolina fraasi non è motivata da fossili significativi; le attribuzioni al Turoniano, in particolare, sembrano basarsi, almeno in parte, sulle considerazioni già menzionate a proposito dell’Iran. ISRAELE — Fraas (1867*, zona di Gerusalemme, limite Cen.-Tur.), Hamaoui (1961*, Galilea, Cen.-Tur.), Hamaoui (1964, Giudea, Cen. sup.- Tur. inf.), Hamaoui in Arkin et al. (1965*, zona di Gerusalemme-Bet Shemesh, Cen. e Tur. inf.), Hamaoui in Arkin e Hamaoui (1967, zona di Gerusalemme-Bet Shemesh, Cen.-Tur.), Hamaoui (1979, Galilea e zona di Gerusalemme-Bet Shemesh, Cen. sup.-Tur. sup.), Reiss (1959*, Gali¬ lea, Cen. o Tur.), Reiss in Shadmon (1959, Galilea: formazione Bi’na, età 106 P. De Castro della formazione: Cen.-Tur.), Riché e Prestai (1980, Israele, Cen. medio e sup.). In Israele sono state istituite numerose formazioni tra cui ricordo, perché utili ai fini del presente lavoro, elencandole in ordine stratigrafico ascendente, quelle di Moza, Amminadav, Kefar, Sha’ul, Weradim, Bi’na. Siccome queste formazioni non presentano gli stessi spessori nelle varie zone del paese, mi riferirò a quelli che loro competono nella zona di Geru- salemme-Bet Shemesh; qui, peraltro, esse hanno le loro sezioni tipo ad eccezione della formazione Bi’na la quale, però, vi è nota ugualmente attraverso la sezione di riferimento del Nahat Dolev. Nella letteratura israeliana queste formazioni vengono attribuite generalmente al Cenoma- niano; la formazione Bi’na, in particolare, viene attribuita in parte al Ceno- maniano e in parte al Turoniano. Recentemente Hamaoui (1979, fig. 13 b) ha adattato la successione di Ammoniti, proposta da Lewy e Raab (1978) per il Vicino e Medio Oriente, alle formazioni della zona di Gerusalemme e ai microfossili più caratteri¬ stici della stessa zona; in base a ciò, le formazioni Moza e Amminadav sono riferite al Cenomaniano medio, le formazioni Kefar Sha’ul e Weradim al Cenomaniano superiore e la formazione Bi’na in parte al Cenomaniano superiore, in parte al Turoniano e in parte al Coniaciano. Non è dimostrata, però, la corrisponenza tra le dette formazioni e la successione ad Ammoniti né tra questa ed i microfossili più caratteristici. La formazione Moza (v. Arkin et al. , 1965) è costituita da 15 metri di marne e calcari argillosi fossiliferi. Negli affioramenti della zona di Gerusalemme vi sono stati riscontrati Prealveoline del gruppo Praealveo- lina cretacea (D’Archiac), Orbitolina concava Lamarck, Ovalveolina , e dei Nautiloidi [ Angulithes fleuriausianus (D’Orbigny)]; vedi in proposito Avni- melech e Shoresh (1962) e Hamaoui e Braun in Arkin et al (1965). Muìtispirina iranensis Reichel vi era stata segnalata ma studi recenti ne escludono la presenza (Hamaoui, 1979, p. 34). Lewy e Raab (1978, p. XXXII-2, tab. 2) vi riscontrano Metoicoceras besairìei Collignon che attri¬ buiscono al Cenomaniano inferiore (CE 2). La formazione Amminadav (vedi Arkin et al. , 1965) presenta uno spes¬ sore di 96 metri ed è costituita prevalentemente da dolomie tranne che nella porzione più alta che è prevalentemente calcarea. Cisalveolina fraasi vi è segnalata, per una decina di metri, a circa 10 metri dal limite superiore della formazione. La formazione Kefar Sha’ul, costituita da circa 75 metri di calcari argil¬ losi e marne, rappresenta la successione a Cefalopodi tetrabranchiati (so- Cisalveolina fraasì (Gumbel) Reichel, Foraminiferida, ecc. 107 prattutto Ammoniti) più importante della zona di Gerusalemme; essa veniva indicata, perciò, col termine di calcari ad Acanthoceras (Avnime- lech e Shoresh, 1962, p. 529; Lewy e Raab, 1978, p. XXXII-2); nella sezione tipo, però, i macrofossili presenti sono poco significativi (Braun in Arkin et al. , 1965). I Cefalopodi riscontrativi nella zona di Gerusalemme sono i seguenti (Avnimelech e Shoresh, 1962; Hamaoui e Raab in Arkin et al. , 1965, composite columnar s e et i ori): Angulithes fleuriausianus (D’Orbigny) Turrìlites (Turrilites) costatus Lamarck Protacanthoceras judaicum (Taubenhaus) Protacanthoceras angolaense Spath Protacanthoceras aff. compressum (Jukes-Brown) Calycoceras harpax (Stoliczka) Calycoceras haugi (Pervinquiere) Calycoceras africanum (Pervinquiere) Calycoceras boulei (Collignon) Calycoceras newboldi (Kossmat) Calycoceras ? paucinodatum (Crick) Utaturiceras bethlehemensis Avnimelech e Shoresh Alcune di queste specie sono segnalate nel Cenomaniano medio (p. es. Turrilites costatus, Calycoceras boulei, Calycoceras newboldi) ed alcune altre nel Cenomaniano superiore dell’Europa occidentale (Kennedy e Han- chock, 1978; Porthault, 1978; Wiedmann, 1979); pertanto non è da escludere che la formazione Kefar Sha’ul possa estendersi in ambedue queste porzioni del Cenomaniano e che, almeno in parte, possa essere ete- ropica di altre formazioni della zona di Gerusalemme-Bet Shemesh. La formazione Weradim , di circa 25 metri di spessore, è prevalente¬ mente dolomitica. La formazione BTna è costituita da una successione calcareo-marno- so-dolomitica di 160 metri di spessore, rappresentata, soprattutto negli ultimi 60 metri, da calcari sublitografici (mi zzi hilou); il termine mi zzi hilou indica, quindi, una facies e, pertanto, può essere presente ad altezze strati¬ grafiche non identiche: p. es., in Galilea, il livello a Cisalveolina fraasì si sviluppa nel mi zzi hilou (Hamaoui, 1979, p. 20). Invece, in Giudea, al Nahat Dolev, questo livello è presente in calcari detritici ( meleke ; cam¬ pioni 61.17/315-330) al di sotto del mi zzi hilou ; ha uno spessore di 15 m ed è ubicato a circa 40 m al di sopra del limite inferiore della formazione. I vecchi Autori (Blanckenhorn, Fraas, Picard et al. , fide Arkin et al ., 1965, e fide Hamaoui e Raab in Arkin et al. , 1965, composite columnar 108 P. De Castro section ) supponevano che i calcari detritici della zona di Gerusalemme potessero appartenere al Turoniano; non risulta, però, che fossili caratteri¬ stici di questo piano siano stati riscontrati nei calcari a Cisalveolina fraasi o al di sotto di essi; pertanto, le attribuzioni di questa specie al Turoniano non risultano finora dimostrate. Se si assume come riferimento la colonna stratigrafica comprensiva della zona di Gerusalemme-Bet Shemesh fornita da Arkin et al. (1965), lo spessore interposto tra i primi strati a Cisalveolina fraasi della formazione Amminadav e gli ultimi strati che contengono questa specie nella forma¬ zione Bi’na, è di circa 170 metri. Pur tenendo conto del fatto che in uno stesso periodo di tempo gli accumuli sedimentari possano essere differenti in aree differenti, questo spessore da adito a perplessità. Esso è notevol¬ mente maggiore di quello presente nelle altre località del Mediterraneo (vedi tabella I); inoltre, dove in Israele gli strati a Cisalveolina fraasi si sono potuti osservare lungo una stessa sezione, il loro spessore non supera mai una quindicina di metri (sezione tipo della formazione Bi’na, pozzo Bi’na n. 1, sezione Bi’na di riferimento, sezione tipo della formazione Amminadav). ITALIA — Accordi, 1964, cita Cisalveolina nel Cretacico superiore del Lazio e dell’Abruzzo. Accordi et al. (1967, fogli Frosinone e Cassino, Cen. medio-sup.), Angelucci e Devoto (1966, Abruzzo: Monte Caccume, Cen.), Angelucci e Praturlon (1968, Abruzzi, Cen. sup.-Tur. inf.), Ber- gomi et al. (1969, Foglio Gaeta, Cen.), Bergomi et al. (1975, Foglio Bene- vento, in successione Cen.-Sen.), Cherchi e Schroeder (1976*, Sardegna settentrionale, Cen.), Chiocchini e Di Napoli (1966, Lazio: Monti Aurunci, Cen. sup.), Chiocchini e Mancinelli (1977*, Lazio: Monti Aurunci, limite Cen.-Tur.), Cocozza e Praturlon (1966, Lazio: Monti Lepini, Cen.), Colacicchi (1967, Marsica, Cen.), Crescenti (1969, Appen¬ nino centro-meridionale, Tur. inf.). Crescenti e Sartoni (1964, Italia meri¬ dionale, Tur.), Crescenti et al. (1969, Marche e Abruzzi, Tur. inf.), Cre¬ scenti e Vighi (1964, Puglie, Tur. inf,), Cuvillier et al. (1968+, Cisalveo¬ lina cf. fallax , Friuli: Val Cellina, Albiano-Cen.), De Castro (1965*, sub Cisalveolina e C. cf. fallax , Campania: Monti di Caserta, Cen. sup.), De Castro (1966a, Campania: Monti di Caserta, Cen. sup.), De Castro (1966b, Campania: provincia di Salerno, Cen. sup.), Devoto (1964*, Lazio e Abruzzi, Cen. sup.), Farinacci e Radoicic (1964, Lazio: Monti Lepini, Cen. sup. - ? Tur. inf.), Iannone et al. (1979, Puglie: Murge, passaggio Cen.-Tur.), Ietto (1964, Campania: Monti di Caserta, Tur. inf.), Luperto Sinni (1966a*, Puglie: Murge, Cen. sup.), Luperto Sinni (1966b*, Lucania: Cisalveolina fransi (Gumbel) Reichel, Foraminiferida, ecc. 109 Monte Raparo, Cen. sup.), Paradisi e Sirna (1965*, Marsica, Cen. sup.), Pescatore (1965*, Campania: Monte Marzano, Cen. sup.-Tur.), Pescatore e Vallario (1963, Campania: Monte Maggiore, in successione turoniano- senoniana), Praturlon (1968, Foglio Sora, Creta sup.), Praturlon e Sirna (1975, Appennino centro-meridionale, Cen. sup.), Praturlon e Sirna (1976, Abruzzo: Monte Sirente, Cen. sup.), Reichel in Azzaroli e Rei- chel (1964*, sub Cisalveolina af. fallax , Puglie, Cen. sup.), Ricchetti (1975, Puglie: Murge, limite Cen.-Tur.), Sartoni e Colalongo (1964, Campania: zona di Caiazzo, Tur.), Sartoni e Crescenti (1963, Appennino meridionale, Tur. inf.), Sgrosso (1964a, Campania: Matese, Tur. inf,), Sgrosso (1964b, sub Cisalveoline, Campania: Monti di Caserta, Tur. inf.), Sgrosso (1966, Campania: Vietri di Potenza, Cen. sup.), Sgrosso (1971, sub Cisalveolina , Fogli Salerno e Amalfi, in successione albiano-senoniana), Vallario (1967*, Campania: Monte Massico, Cen. sup.). Cisalveolina fraasi è segnalata per spessori stratigrafici variabili da 3 fno a 40 metri. Devoto, in particolare, assegna alla sua acrozona uno spes¬ sore di 10-15 metri ma precisa che essa può ridursi fino a 2-3 metri sol¬ tanto; valori così bassi vengono riscontrati da Chiocchini e Mancinelli nei Monti Aurunci mentre Praturlon e Sirna (1976) le assegnano qualche decina di metri. Gli spessori maggiori, circa 40 m, sono stati riscontrati dallo scrivente al Monte Cerreto (Caserta); qui, gli strati a Cisalveolina fraasi si succedono pressocché ininterrottamente per una ven¬ tina di metri; successivamente, per altri venti metri, sono piuttosto rari ma la specie si presenta ugualmente con una certa frequenza. Nonostante le numerose segnalazioni non si hanno indicazioni docu¬ mentate che permettano di stabilire l’età della specie in esame in base a macrofossili. In alcune pubblicazioni a carattere geologico sull’Appennino campano (Pescatore, 1965; Pescatore e Vallario, 1963), Cisalveolina fraasi viene citata assieme ad Ippuriti; in realtà nei detti lavori (comunicazione perso¬ nale del Prof. Pescatore) si sono voluti indicare i fossili osservati global¬ mente in successioni rocciose di notevole spessore prescindendo, quindi, dai loro precisi rapporti stratigrafici. Sembra, invece, che nel Lazio (Monti Lepini, Monti Ausoni e Monti Aurunci) le Ippuriti facciano la loro com¬ parsa dopo gli strati a Cisalveolina fraasi (Accordi et al ., 1967). GIORDANIA — Kock (1968, zona di Ras en Naqb, Cen.). IUGOSLAVIA — Cherchi et al. (1976, Serbia: zona di Gredina, Cen. sup.), Loncarevic et al. (1972, Serbia: Trstenik-Crnoljevo, Tur. inf), 110 P. De Castro Mamuzic et al (1976, Croazia: Monte Biokovo, Tur. inf.), Pejovic e Radoi- eie (1974, Serbia: Monte Pastrik, Tur.), Polsak (1979, Dinaridi esterne nord-occ., Ceri.- Tur. inf.), Radoicic (1977 a, Serbia: Zatiblor, Tur. inf.), Radoicic (1972b*, Serbia: Valle di Skrapez, Tur.), Radoicic (1974a, Serbia: zona di Gredina, Tur. inf.), Radoicic (1974b*, Serbia: zona di Bio¬ nica, Tur. inf.), Sliskovic (1971, Erzegovina: Monte Velez, Tur. inf.). Le segnalazioni iugoslave, in cui l’età di Cis alveolina fraasi è stata ipo¬ tizzata o è ipotizzabile in base a macrofossìli, riguardano la Valle di Skra¬ pez, la zona di Gredina, il Monte Biokovo, il Monte Pastrik e il Monte Velez. Valle di Skrapez. La sezione della valle di Skrapez cui si riferisce Radoicic (1972b) è quella stessa di cui Pasic (1957, p. 200, sezione A-A’) fornì la biostratigrafia in base ai macrofossili. In questa sezione , il livello a Cisalveolìna fraasi ha uno spessore di qualche decina di metri (certamente meno dì 50 tri); esso è ubicato nella porzione più alta di una successione (zona 3 del Tur. inf. in Radoicic; livelli 17-28 del Tur. medio pp. e del Tur. sup. pp. in Pasic) la quale è separata dai primi livelli ad Ippurìtì (. Hippurites grossouvrei) da una decina dì metri dì rocce di facies differente 5. Nei livelli 17-28 e nel successivo livello 29, ancora privo di Ippuriti, Pasic segnalò, tra P altro: Apricardia pironai Boehm, livello 29 Caprinula boissyì D’Orbigny, livelli 19, 23, 27, 29 Chondrodonta joannae Choffat, livelli 21-23, 26, 27, 29 Neithea zitteli Pìrona, livello 29 Radioììtes ìusitanicus (Bayle), livelli 17, 20, 21, 29 Sauvagesia sharpei (Bayle), livelli 17-19, 21, 25, 28 Nel livello 30, che però è una breccia, Caprinula boissyì e Chondro¬ donta joannae sono presenti assieme ad Hippurites grossouvrei . Zona di Gredina. Pejovic e Pasic (1965) fornirono la successione bio- stratigrafica della zona di Gredina in base ai macrofossìli. Successivamente Radoicic (1974a) fornì la successione dei microfossili della stessa sezione il cui spessore è di circa 160 metri. Il livello a Cisalveolina fraasi non vi compare per la sua reale potenza per questioni dì facies 5; ha lo spessore di 5 Quanto è scritto in corsivo si riferisce a precisazioni verbali della sig.ra dot. Rajka Radoicic del settembre 1981. Cisalveolina fraasi (Giimbel) Reichel, Foraminiferida, ecc. Ili soli pochi metri ed è ubicato nella porzione mediana del livello 7 di Pejo- vic e Pasic. Il livello 7 contiene anche: Caprinula boissyi D’ORBIGNY Ichty osar colite s tricarinatus PARONA Chondrodonta joannae (Choffat) Esso viene attribuito al Turoniano inferiore da Radoicic ed al Turo- niano medio da Pejqvic e Pasic. Gli strati a Cisalveolina fraasi sono sepa¬ rati dai primi livelli ad Ippuriti da una successione di circa 30 metri: i primi 10 metri hanno litofacies analoghe a quelle degli strati a Cisalveolina mentre gli altri sono costituiti da calcari marnosi con Foraminiferi plancto¬ nici; nella porzione più alta di questi ultimi Punico taxon riconosciuto sicu¬ ramente a rango specifico è Praeglobotruncana delrioensis (Plummer), spe¬ cie segnalata ripetutamente nell’Albiano-Cenomaniano e solo raramente nel Turoniano (vedi Groupe de travail europeen des foraminiferes PLANCTONIQUES). Monte Pastrik. Il livello a Cisalveolina fraasi è presente 20-30 metri al di sotto dei primi strati ad Ippuriti 5 e fa parte di una successione che con¬ tiene, tra l’altro, Caprinule e Sauvagesia sharpei. Monte Biokovo. In quest’area Cisalveolina fraasi è segnalata nella por¬ zione inferiore di una successione di 800 metri di spessore che si sviluppa, secondo Mamuzic et al., nell’intero Turoniano (porzione mediana della sezione di Kozika 1). In questa successione sono segnalate anche numerose Rudite tra cui Caprinula olisiponensis Choffat e Hippurites resectus Mat- heron. Non vengono fornite indicazioni sui rapporti stratigrafici tra il livello a Cisalveolina fraasi , che nell’area mediterranea non supera qualche decina di metri, e le Rudiste menzionate; è probabile, pertanto, che le Ippuriti (così come si verifica in altre località iugoslave) siano presenti al di sopra degli strati a Cisalveolina e degli strati a Caprinule. Monte Velez . Il livello a Cisalveolina fraasi è segnalato, prima della comparsa delle Ippuriti, nella porzione superiore della cenozona a Durania arnaudi (Sliskovic, 1971, p. 27, fig. 1 e tabella biostratigrafica); questa cenozona ha uno spessore di circa 280 metri ed è attribuita al Turoniano inferiore. 5 Quanto è scritto in corsivo si riferisce a precisazioni verbali della sig.ra dot. Rajka Radoicic del settembre 1981. 112 P. De Castro A giudicare dalla tabella fornita dall’Autore i macrofossili che possono associarsi a Cìsaiveoiina fraasi senza estendersi negli strati ad Ippuriti, sono: Actaeonelia ( Actaeonella ) cf. laevis D’Orbigny Actaeoneila (Trochactaeon) giganteus Sowerby Caprinula boissyi D’Orbigny Caprinula dì-stefanoi Boehm Caprinula sharpei (Chqffat) Caprinula sp„ Chondrodonta joannae (Choffat) Chondrodonta joannae elongatula Schubert Chondrodonta munsoni Hill Chondrodonta munsoni ostreaeformis (Futterer) Nerinea nobilis Muenster Nerinea requiem D’Orbigny Nerinea schiosensis Pirona Sauvagesia sharpei (Bayle) Schiosia schiosensis Boehm In base ai dati riportati si possono fare le seguenti considerazioni. In Iugoslavia Pacrozona a Cìsaiveoiina fraasi è sempre sottoposta alla comparsa delle Ippuriti ed ha uno spessore inferiore a cinquanta metri. La. specie in esame si accompagna frequentemente a Caprinule cui si aggiungono, in alcune località, altri macrofossili tra cui Chondrodonta joan¬ nae , Sauvagesia sharpei , Nerinea requiem, Ichtyosarcolites tricarinatus , Caprina schiosensis e Caprina carinata. Sul valore cronostratigrafico delle Caprinule vi è un consenso generale degli Autori francesi nel ritenerle più antiche del Turoniano e massimamente diffuse nel Cenomaniano superiore (Berthou e Lauverjat, 1979; Berthou e Philip, 1973; Philip, 1978; Col- loque sur le Cenomanien, 1978); gli Autori iugoslavi, invece, le attribui¬ scono al Cenomaniano o al Turoniano pur riconoscendo loro una posizione stratigrafìca sottoposta a quella delle Ippuriti (Mamuzic et ah , 1976; Pasic, 1957; Pejovic, 1957; Polsak, 1970; Sliskovic, 1971)6. Le tendenze più recenti di alcuni studiosi iugoslavi attribuiscono al Cenomaniano la specie in esame. Già da tempo Radoicic (vedi Radoicic in Cherchi e Schroeder 1976, p. 802, nota 2; comunicazione verbale allo 6 In alcune pubblicazioni iugoslave non è precisata la posizione di Caprinula olisiponensis Choffat rispetto agli strati ad Ippuriti (Polsak e Mamuzic, 1969; Mamuzic et al. , 1979). Cisalveolina fraasi (Giimbel) Reichel, Foraminiferida, ecc. 113 scrivente, settembre 1981) ritiene che in tutte le zone a lei note (Bosnia, Erzegovina, Montenegro, Serbia) il livello a Cisalveolina fraasi è da attri¬ buire al Cenomaniano superiore. Questa stessa età è confermata da Cherchi, Radoicic e Schroeder (1976) per le Cisalveoline della zona di Gredina. Pure al Cenomaniano vengono attribuiti, almeno in parte, gli strati che contengono questa specie nelle Dinaridi esterne (Polsak, 1979). KUWAIT - Dunnington in Van Bellen et al. (1959, Cen.), El-Nag- gar e Al- Rifai Y ((1973*+, Kuwait sud-orientale, Cen. sup.), Fox (1956, Kuwait nord-orientale, Tur.). Cisalveolina fraasi sviluppa la sua acrozona nella formazione Mishrif del Kuwait nord-orientale; gli Autori (Dunnington, Fox) non indicano se essa sia presente in tutta la formazione, che ha 135 metri di spessore, o in una porzione di essa. La formazione, tuttavia, sembra presentare gli stessi caratteri e lo stesso spessore di quelli presenti nel vicino Zubair delPIraq; è probabile, perciò, che anche nel Kuwait nord-orientale i calcari ad Alveo¬ line siano presenti nella porzione inferiore della formazione e non superino circa 70 metri di spessore. El-Naggar e Al-Rifaiy hanno descritto una formazione tipo Mishrif {Mishrif limestone member) anche nel Kuwait sud-orientale, nella porzione superiore della formazione Magwa; questi Autori, inoltre, segnalano nella porzione inferiore, di circa 57 metri di spessore, del Mishrif limestone mem¬ ber una successione ad Alveoline e Dicicline (lower Alveolinids/Dicyclinids member ) in cui citano Cisalveolina fraasi e numerose altre specie; alcune di queste, fra cui la specie in esame, andrebbero però documentate da illustrazioni maggiormente indicative. LIBANO — Saint- Marc (1969, regione d’Hermel, top Cen. sup.-Tur. inf.), Saint-Marc (1970, regione di Younine, Tur. inf.), Saint-Marc (1974*, 1978, Libano, top Cen. sup.-Tur. inf.). Nella sua sintesi sul Cretacico del Libano, Saint-Marc (1974) riscontra Cisalveolina fraasi per uno spessore variabile da 4 a circa 50 metri in numerose località e le attribuisce un’età estesa dal top del Cenomaniano fino al Turoniano inferiore. Sono attribuite al Cenomaniano le Cisalveoline delle sezioni di Chmistàr, dell’Ouadi el Aaràyech, di Aanjar e di Sour-Tair Harfa; sono attribuite al Turoniano quelle di Kousba (op. cit., p. 107, 109) e al passaggio Cenomaniano-Turoniano quelle di Kheurbet Raiyàne (op. cit., p. 136, 138), di Cheuabet Charaf (op. cit., p. 144) e di Qornet es Sin- diàne (op. cit., p. 124). 114 P. De Castro In particolare, a Kousba, Cisaiveolina fraasi è presente per 5 metri di spessore alla sommità del livello 7; fetà della specie è dedotta per correla¬ zione del detto livello 7 con i livelli 4 e 5, ad Ippuriti e ad Ammoniti del Turo ni ano inferiore delFOuadi Eddé. Tuttavia, nella sezione di Kousba il livello a Cisaiveolina è intercalato in successioni che per i fossili presenti non permettono di escludere la sua età cenomaniana: le prime microfaune significative che si riscontrano al di sotto di esso (circa 50 metri al di sotto) contengono Hedbergella delrioensìs (Carsey) ed Ilemieyciamm ina sigali Maync, ambedue ben note nelPAlbiano-Cenomaniano, ed una specie attri¬ buibile dubitativamente a Whitenella inornata (Bolli) del Cenomaniano superiore-Turoniano; nella stessa sezione, il livello a Cisaiveolina è sotto¬ posto ad una successione di 134 m che contiene, tra l’altro, Nerinea requiem D’Orbigny una specie frequente nel Cenomaniano o, comunque, in livelli più antichi di quelli ad Ippuriti (Berthou e Termier, 1973; Poi sak, 1965, 1979; Sliskovic, 1971). Gli strati a Cisaiveolina fraasi segnalati al Kheurbet Baiane per 40 metri di spessore, al Cheuaet Charaf e all’Ard el Kechek per 10 metri, sono attribuiti al passaggio Cenomaniano- Turoniano perché vengono correlati sia con la base del livello 13 dell’Ouàdi Jébaa che è attribuito al Turo¬ niano, sia con il livello 2 di Ta.laat Moùssa; quest’ultimo ha 10 metri di spessore, è privo di microfacies indicative e si trova circa 40 metri al di sotto di strati con Ammoniti del Turoniano inferiore. Nella sezione di Sour-Tair Harfa il livello a Cisaiveolina fraasi ha 35 metri di spessore ed è sottoposto a strati con Rotalipora greenhorensis (Morrow) specie caratteristica del Cenomaniano medio e superiore (Groupe de tra vaie européen des foraminifères planctoniques, 1979). Al Qornet es Sìndiàne il livello a Cisaiveolina fraasi ha 35-50 metri dì spessore e contiene, tra l’altro, delle Caprinule. Nella sezione di Aanjar il livello in esame, di soli 4 metri, è separato dai primi strati ad Ippuriti ( Hìppurites sp.) da una successione di circa 130 metri; nella sezione di Chmistàr, l’intervallo tra il primo ed i secondi è di soli 55 metri. In base a quanto si è detto, la presenza di Cisaiveolina fraasi nel Turo¬ niano non risulta dimostrata: le attribuzioni a questo piano si basano su correlazioni soggettive ma in nessuna delle sezioni menzionate sono stati riscontrati fossili esclusivi del Turoniano all’interno del livello in esame o al di sotto di esso. Peraltro alcune sezioni, in particolare quella di Sour-Tair Harfa e quella di Kornet es Sindiane, suggeriscono, la prima in base ai Cisalveolina fraasì (Giimbel) Reìchel, Foraminiferida, ecc. 115 Foraminiferi, la seconda per la presenza di Caprinule la loro appartenenza al Cenomaniano superiore 1 . PORTOGALLO — Berthou (1973*, zone di Lisbona e di Runa-Leiria, Cen. sup.), Berthou e Lauverjat (1978 e 1979, zone di Lisbona e di Runa-Leiria, Cen. sup.), Berthou e Poignant (1969, zona di Lisbona, Cen. sup.), Berthou e Termier (1973, Estremadura, Cen. sup.), Berthou et al (1978 e 1979, zone di Lisbona e di Runa-Leiria, Cen. sup). Berthou (1973, pp. 52, 54, 73, 74), nel suo fondamentale contributo alla geologia del Portogallo, segnala Cisalveolina fraasi per uno spessore modesto (da uno a sette metri) nella zona a Neolobites vibrayeanus di varie località (Barcarena, Cortegaqa, bacino di Runa, regione di Bombarral). Questa zona si sviluppa in una successione calcarea che non supera una diecina di metri; viene attribuita alla porzione inferiore del Cenomaniano superiore e viene correlata (Berthou e Lauverjat, 1975) con la zona a Calycoceras robustum della Francia sud-orientale: i primi strati della zona a Neolobites vibrayeanus si svilupperebbero, però, dopo un certo tempo dalPinizio del Cenomaniano superiore (Wiedmann, 1979, p. 140) anche se (Berthou et al , 1979, p. 48) possono essere assunti come l’inizio di questa porzione del Cenomaniano. Cisalveolina fraasi compare dopo l’inizio della zona a Neolobites vibrayeanus e raggiunge l’acme nella porzione più alta (Berthou e Lauverjat, 1979, p. 12, 15; Berthou et al ., 1979, p. 43-44). Nella Estremadura centrale e meridionale il Cenomaniano superiore continua al di sopra della zona a Neolobites vibrayeanus nella successione dei « Calcari a Rudiste» di circa 40 metri di spessore; in questa formazione sono presenti, tra l’altro, Caprinula boissyi, Caprinula doublieri, Caprinula 7 Nel 1970 Saint- Marc, in uno dei suoi primi studi sul Libano, fornì una «sezione di Younine» in cui il livello a Cisalveolina fraasi compariva al di sopra di strati con Ammoniti del Turoniano inferiore. Nella monografìa del 1974 dello stesso Autore non è riportata la successione descritta nel 1970 ma vengono illustrate alcune sezioni stratigrafiche della zona del villaggio di Younine (Ouàdi Jébaa, You¬ nine, Kheurbet Raiàne) che contengono, complessivamente, tutti gli elementi strati¬ grafici e paleontologici della sezione descritta nel 1970; quest’ultima rappresenta pro¬ babilmente una colonna stratigrafica comprensiva non esente da approssimazioni. Nel lavoro del 1974, il livello a Cisalveolina fraasi è presente, tra le sezioni ora citate, soltanto in quella del Kheurbet Raiyàne dove, però, non sono presenti Ammoniti; un livello ad Ammoniti del Turoniano inferiore compare, invece, nella sezione di Younine. Le Cisalveoline del Kheurbet Raiyàne sono attribuite da Saint- Marc al passaggio Cenomaniano-Turoniano per correlazione. 116 P. De Castro brevis, Caprinula orbignyi , Condronte del gruppo Chondrodonta joannae, Sauvagesia sharpei, Pseudorhipidionina casertana, Chrysalidina gradata e Pseudolituonella reicheli : soprattutto i Foraminiferi citati sono le specie più tipiche con cui si accompagna Cisalveolina fraasi nel bacino del Mediterra¬ neo. L’assenza della specie in esame da questa formazione fa ritenere, per¬ tanto, che in Portogallo sia presente soltanto la porzione più bassa della sua acrozona: ciò spiegherebbe anche lo spessore modesto complessivo degli strati che la contengono. TUNISIA — Cherchi e Schroeder (1976b*, altopiano di Dahar: Tou- jane, Cen. sup.-Tur. inf.). § 3. Distribuzione stratigrafica Discussione. Dai dati della letteratura finora esaminati si possono trarre le seguenti informazioni. — Lo spessore dell’acrozona di Cisalveolina fraasi nell’area mediterra¬ nea non supera di norma una cinquantina di metri. I dati a disposizione su alcuni paesi del Medio-Oriente (Iran, Iraq, Kuwait) danno adito a perples¬ sità poiché non è chiaro se gli spessori che vengono menzionati, compresi tra 60 e 250 metri, si riferiscono all’acrozona di Cisalveolina fraasi o a for¬ mazioni o a porzioni di formazione comprensive di essa. — Cisalveolina fraasi non è stata mai riscontrata in strati, o al di sopra di strati, contenenti fossili noti soltanto a partire dal Turoniano o partico¬ larmente diffusi in questo piano. Pertanto le attribuzioni al Turoniano della specie in esame non risultano dimostrate. — In base ai dati dell’Algeria, dell’Italia, del Libano e della Iugoslavia, sembra che in tutta l’area mediterranea l’acrozona di Cisalveolina fraasi sia sottoposta alla comparsa delle Ippuriti. — L’età non solo della specie in esame ma anche di numerosi altri fos¬ sili delle facies a Rudiste (p. es. Cenozona a Durania arnaudi di Polsak 1965 e Sliskovic 1971) risente della disparità di vedute sul limite Cenoma- niano- Turoniano. Philip (1978) ha espresso, in proposito, interessanti consi¬ derazioni che, nel rispetto degli scritti di D’Orbigny, permetterebbero di identificare l’inizio del Turoniano con la comparsa delle prime Ippuriti. Condividendo le idee di Philip, le Caprinule e, quindi, anche Cisalveolina fraasi che risulta frequentemente associata con esse (Algeria, Libano, Iugos¬ lavia) e/o sottoposta alle Ippuriti (Algeria, Italia, Libano, Iugoslavia) non supererebbero il Cenomaniano. Cisalveolina fraasi (Giimbel) Reicheì, Foraminiferida, ecc. 117 - Limite inferiore d’età. Nell’ipotesi, già espressa, che in Portogallo sia presente soltanto la porzione inferiore dell’acrozona di Cisalveolina fraasi nell’ambito della zona a Neolobites vibrayeanus ; tenuto conto che questa zona viene attribuita alla porzione inferiore del Cenomaniano superiore ma non a partire proprio dalla base di questa porzione del Ceno¬ maniano, e tenuto conto che Cisalveolina fraasi compare un po’ al di sopra dei primi strati a Neolobites ; il limite inferiore di età della specie in esame potrebbe situarsi nella porzione inferiore ma non basale del Cenomaniano superiore. — Limite superiore d’età. La modesta potenza (10-40 metri; vedi Alge¬ ria, Libano e Iugoslavia) interposta fra gli ultimi strati a Cisalveolina fraasi ed i primi strati ad Ippuriti permette di supporre che la porzione terminale dell’acrozona della specie in esame occupi una posizione abbastanza ele¬ vata nell’ambito del Cenomaniano superiore ma ancora sottoposta al limite Cenomaniano- Turoniano. Conclusioni. In base ai dati a disposizione finora sembra che Cisalveo¬ lina fraasi sia vissuta nel Cenomaniano superiore senza raggiungere però, né verso l’alto né verso il basso, i limiti di questa porzione del Cenoma¬ niano. 118 P. De Castro TABELLA I - Acrozona di Cisalveolina fraasi (Gumbel): spessori massimi e Foraminiferi più frequenti, in base alla letteratura i : I segni ? e ? indicano che una specie è stata segnalata dubitativamente, oppure che è stata segnalata una specie affine a quella indicata (p. es. se in un certo paese a Cuneolina pavonia , corrisponde un punto interrogativo, esso può indicare le seguenti segnalazioni: Cuneolina pavo¬ nia ?, C. cf. pavonia, C. af. pavonia , C. gr. pavonia). I segni O e • indicano che il taxon è stato , segnalato. Relativamente all’Italia, un asterisco associato ai simboli precedenti indica segnalazioni che vengono effettuate per la prima volta nelfacrozona a Cisalveolina fraasi della Campania. Le indicazioni in grassetto si riferiscono alfacrozona di Cisalveolina fraasi ; quelle a tratto Algeria Giordania Grecia Spessori massimi dell’acrozona di C. fraasi in metri (50) - 25 Biconcava bentori Hamaoui e Saint-marc Biplanata peneropliformis Hamaoui e Saint-Marc Broeckina balcanica Cherchi, Radoicic e Schroeder Chrysalidina conica (Henson) Chrysalidina gradata D’Orbigny Cisalveolina fraasi (Reichel) Cisalveolina lehneri Reichel Coxites zubairensis Smout Cuneolina pavonia D’Orbigny Cuneolina pavonia parva Henson Cyclorbiculina iranica (Henson) Di cy dina schlumbergeri Munier- Chalmas Dicyclina qatarensis Henson Dicyclina sp. Dohaia planata Henson Edomia reicheli Henson Hemicyclammina sigali Maync Merlingina cretacea Hamaoui e Saint-Marc Multispirina iranensis Reichel • • • • • • • • • • • • • ? • • Cisalveolina fraasi (Giìmbel) Reìcheì, Foraminìferìda , ecc. 119 più sottile si riferiscono a livelli che non contengono la specie in esame ma che, con molta probabi¬ lità, sono eorrelabili parzialmente o totalmente con la sua acrozona (strati del Cenomaniano superiore d’Israele in Hamaoui 1979, fig. 13 b; strati a Pseudorhipidionina casertana delPIstria in Bauer e Polsak 1979). Le indicazioni in parentesi si riferiscono a successioni stratigrafiche (p. es. formazioni o porzioni di esse) che contengono Cisalveolina fraasi; non è da escludere, però, che la sua acrozona costituisca soltanto una porzione della successione e, quindi, che i fossili menzionati nella stessa successione non facciano parte dell’acrozona stessa. Specie segnalate solo occasionalmente nell’acrozona di C. fraasi , o in livelli che sembrano correiabili con essa, sono: in Iraq, Qataria dukhani HensoN; in Israele, Deuterospira pseudotaxia Hamaoui e Pterammina israelensis Hamaoui; in Giordania, Meandropsina vidalì Schlumberger; in Iugoslavia, Cribrostomoides sinaica Radoicic. Iran Iraq Israele Italia Peninsulare Sardegna Iugoslavia Kuwait Libano Portogallo Tunisia 60 (250) (70) 15 (175) 40 1,20 >50 (70) 50 7 - O ?* • O O 9* • • • (O) • • (O) O • • • • • • • • • • • • • • • • (O) • (O) ? • * 9 • ? • • • • (O) • • (?) • • • (O) ? • • (O) o o o O • (O) • * • • (O) • 120 P. De Castro Segue: TABELLA I Algeria Giordania Grecia Nezzazzata concava (Smout) Nezzazzata conica (Smout) Nezzazzata gyra (Smout) Nezzazzata simplex Omara Nummfallotia apula Luperto Sinni Nummoloculina heimi Bonet Nummoloculina regularis Philippson Ovalveolina ovum (D’Orbigny) Ovalveolina sp. « Peneroplis cf. turonicus Saio e Kenawy» Prealveoline del gruppo P. cretacea (D’Archiac) Praealveolina cretacea tenuis Reichel Praealveolina simplex Reichel Praerhapydiomina murgiana Crescenti Pseudedomia drorimensis Reiss, Hamaoui e Hecker Pseudocyclammina rugosa D’Orbigny Pseudolìtuonella reicheli Marie Pseudorhapydionina dubia (De Castro) Pseudorhipidionina casertana (De Castro) Reissella ramonensis Hamaoui Taberina bingistani Henson Trocholina arabica Henson Trochospira avnimelechi Hamaoui e Saint-Marc Valvulammina picardi Henson • • • ? • • • • • • • • • • • • • • Cisalveolina fraasi (Giimbel) Reichel, Foraminiferida, ecc. 121 Iran Iraq Israele Italia Peninsulare Sardegna Iugoslavia Kuwait Libano Portogallo Tunisia • • (O) • (O) • • • • • • • (O) • (O) • • • • #* ? • • (?) • • (O) •* • (O) (O) o ? • (O) ? • ? • • o • (O) • • (O) o • • • • • (O) • • • • • • • • • • o (O) (O) o • • • ? • (O) o o • • • • o 122 P. 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Il primo ciclo è costituito da successioni prevalentemente argillose, di ambiente marino neritico, che evolvono verso l’alto a depositi di ambiente evaporitico; questi ultimi sono troncati dalla fase tettonica inframessiniana. Il secondo ciclo è costituito alla base da sedimenti evaporitici, con lenti minera¬ lizzate a zolfo; seguono verso l’alto forti spessori di conglomerati, con rare intercala¬ zioni di argille, arenarie e gessi. Vengono infine esposte alcune considerazioni circa l’evoluzione sedimentaria dei bacini studiati e su alcuni grandi tratti paleogeografici, che hanno caratterizzato questo settore campano dell’Appennino meridionale dal Messiniano in poi. Summary. - The lithostratigraphic and biostratigraphic characteristics of thè upper Miocene deposits, outcropping in thè west Irpinia, are described. Two sedi- mentary cycles have been recognized, upper Tortonian-Messinian and Messinian- lower Pliocene. The first cycle is composed from neritic marine environment prevalently pelitic series, which evolve upwards to evaporitic environment deposits; these ones are interrupted by messinian tectonic phase. The second cycle is composed at base from evaporitic sediments with lenticular ore sulphur bodies; upwards very thick conglomerates follow, with rare pelitic, are- naceous or sulphate layers. At last, some considerations are effected about sedimentary evolution of thè studied basins and some great paleogreographic outlines, which have characterized this campanian part of south Apennine beginning from Messinian. (*) Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Università di Napoli. 132 S. Di Nocera, F. Ortolani , M. Torre e B. Russo Precedenti conoscenze La zona compresa tra Altavilla Irpina e Tufo ha suscitato l’interesse di vari Autori fin dal secolo scorso per la presenza di alcune miniere di zolfo ancor oggi in attività; una bibliografìa alquanto dettagliata viene riportata da Minucci (1933). Tra gli Autori più recenti, Rittmann (1952) descrive depositi terrigeni miocenici con gesso che «presentano andamento lenticolare più volte ripe¬ tuto » più o meno intensamente ripiegati, sui quali trasgrediscono i sedi¬ menti pliocenici debolmente inclinati. Lo stile tettonico dei termini mioce¬ nici, affioranti tra Grottolella e Ceppaioni, sarebbe caratterizzato da una successione di anticlinali e sinclinali, orientate mediamente W-E, causate dallo scivolamento gravitativo dei terreni verso N-NE in seguito al solleva¬ mento del gruppo montuoso di M.te Vergine-M.te Vallatrone; forti com¬ pressioni dei depositi miocenici vengono osservate, in particolare, a N di Altavilla Irpina, dove lo slittamento dei terreni sarebbe stato ostacolato da blocchi calcarei rigidi, in affioramento nella zona di Chianche. Dessau (1955) descrive i depositi pliocenici dei dintorni di Ariano Irpino e confronta i sedimenti infrapliocenici, fortemente dislocati, di questa località con quelli analoghi della zona di Altavilla Irpina, attribuiti al Pontico. Brugner, Jacobacci e Martelli (1956) riconoscono in Irpinia il con¬ tatto trasgressivo tra i sedimenti del Pliocene ed i sottostanti termini mio¬ cenici; sono evidenziate, inoltre, le variazioni di facies nell’ambito del Plio¬ cene. Jacobacci e Martelli (1958) discutono sulle caratteristiche dei depo¬ siti miocenici affioranti nell’Irpinia e nel Sannio ed accennano brevemente a sedimenti molassici e conglomeratici altomiocenici nella zona di Stretto di Barba. D’Argenio (1963, 1967) riconosce un contatto trasgressivo tra il Plio¬ cene inferiore, rappresentato da conglomerati, arenarie e siltiti, ed il sotto¬ stante Miocene arenaceo; a luoghi, la trasgressione avviene sulle «Argille Varicolori ». De Castro-Coppa et al. (1969) illustrano i depositi terrigeni del Mio¬ cene e del Pliocene affioranti ad Est del Partenio e vi distinguono tre cicli di sedimentazione: 1) ciclo Langhiano-Tortoniano; 2) ciclo Messiniano- Pliocene inferiore; 3) ciclo del Pliocene medio. Gli Autori descrivono la successione dei terreni del ciclo Messiniano-Pliocene inferiore che si osserva tra Atripalda ed il T. Branete. I livelli evaporitici, presenti nella parte bassa del ciclo, sarebbero da mettere in relazione con la messa in Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 133 posto di masse alloctone («Argille Varicolori»), che avrebbero causato alte¬ razioni della circolazione nei bacini e la loro evoluzione in senso evapori- tico. La presenza di ciottoli della serie carbonatica nei conglomerati della parte alta della serie dei terreni mio-pliocenici sarebbe, inoltre, la testimo¬ nianza dell’inizio del sollevamento dei «massicci calcarei». Colalongo, Pasini e Carobene (1973) ribadiscono l’età altomiocenica della successione affiorante al T. Branete riscontrandovi sicure microfaune a foraminiferi planctonici del Messiniano. Di Nocera et al. (1975, 1979) segnalano la presenza in Irpinia di suc¬ cessioni conglomeratico-arenaceo-argillose ed evaporitiche; viene indivi¬ duata l’esistenza di due distinti cicli di sedimentazione, comprendenti sedi¬ menti evaporitici e separati da una fase tettonica messiniana. Di Nocera et al. (1976) riconoscono, successivamente alla fase tetto¬ genetica tortoniana, l’esistenza di tre fasce parallele (area tirrenica, catena, avampaese) a differente evoluzione tettono-sedimentaria, che persisteranno attraverso il Pliocene ed il Quaternario fino al recente. Le strutture di tipo plicativo, che si individuano nell’Irpinia e nel Sannio con la fase tettonica intraevaporitica messiniana, risultano parallele all’arco della catena appen¬ ninica. Nei fogli della Carta Geologica d’Italia vengono attribuite al Miocene superiore, Tortoniano-Messiniano, successioni comprendenti argille e argille marnose o sabbiose, talora con gessi, sabbie e puddinghe polige¬ niche (P 185 - Salerno) e molasse, arenarie, marne e argille, alternate con puddinghe poligeniche ben cementate e lenti di gesso macrocristallino (P 173 - Benevento). Descrizione delle sezioni Inquadramento geologico La serie dei terreni altomiocenici dell’Irpinia si è deposta in un bacino di sedimentazione, che si è impostato sulle unità stratigrafico-strutturali individuatesi in seguito alla fase tettonica del Tortoniano inferiore-medio e sulle coltri già formate dalle fasi tettogenetiche del Miocene inferiore. Non è possibile ricostruire l’andamento dettagliato dei bordi di questo bacino che doveva estendersi ampiamente verso N; tuttavia, il margine meridionale doveva essere rappresentato dall’impilamento dei terreni car- bonatici della piattaforma campano-lucana, delle Unità Irpine (Pescatore 134 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo et al., 1969) e dei depositi di provenienza alloctona («Argille Varicolori»), intercalati e sovrastanti alle Unità Irpine. In questo bacino marino ha luogo la sedimentazione di depositi peliti» co-arenacei tra il Tortoniano medio-superiore (zona a G. acostaensis - sub¬ zona a G. suterae) ed il Messiniano, probabilmente inferiore (z. a G. cono- miozea). In seguito alla fase tettonica messiniana, dopo l’arrivo di notevoli masse alloctone (prevalentemente flysch rosso), che mutano profonda¬ mente le caratteristiche fisiografìche e deposizionali del bacino, la sedi¬ mentazione riprende con depositi pelitico-evaporitici e clastici, di età com¬ presa tra il Messiniano (zona a G. conomiozea - subzona a G. multiloha) e, forse, il Pliocene inferiore (Fig. 1). Fio. 1. - Ubicazione e schema dell’area studiata. 1 = Substrato (Mesozoico e Mio¬ cene); 2 = Tufi incoerenti; 3 = Terreni alloctoni dell’Unità Lagonegrese e dell’Unità Sicilide; 4 = Depositi del ciclo Tortoniano sup. - Messiniano; 5 = Depositi del ciclo Messiniano - Pliocene inferiore; 6 = Depositi del ciclo Pliocene inferiore - Pliocene medio. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 135 Le argille ed argille sabbiose del ciclo di sedimentazione Tortoniano- Messiniano affiorano prevalentemente nelle zone orientali, presso Villa- maina, Nusco ed a SE di Lapio, dove poggiano sulle arenarie del «flysch di Castelvetere» (Pescatore et al ., 1970) e sulle «Argille Varicolori»; nelle zone più settentrionali ed occidentali, affiorano solo i depositi del succes¬ sivo ciclo di sedimentazione Messiniano-Pliocene inferiore, il cui substrato, quando visibile, è costituito ancora da terreni delle Unità Irpine, dalle «Argille Varicolori» e dall’Unità Sannitica (Brancaccio et al. , 1979). L’ap¬ poggio diretto dei terreni del ciclo più recente su quelli del ciclo Tortonia- no-Messiniano non è mai stato osservato. Gli effetti delle fasi tettoniche post-mioceniche ed i depositi terrigeni e piroclastici pi io-quaternari hanno, il più delle volte, mascherato i rapporti tra le serie alto-mioceniche ed il loro substrato. Ciclo Tortoniano-Messiniano Sezione di Lapio A S e a SE dell’abitato di Lapio, tra il F. Calore e la frazione di Aria- niello, affiora una successione di argille ed argille siltose grigie, general¬ mente ben stratificate e con sporadiche intercalazioni arenacee (Fig. 2). Le Fig. 2. - Lapio: colonna litostratigrafica schematica - a = superfìcie tettonica; 1 = argille; 2 = arenarie; 3 = flysch rosso. peliti, sottoposte ad una intensa attività erosiva, tendono ad assumere una morfologia calanchiva e sono interessate da frequenti piccoli franamenti che mascherano, in parte, la stratificazione; una diffusa patina biancastra di efflorescenze saline, presente anche sulle superfìci da poco esposte, ricopre questi sedimenti argillosi. 136 S. Di Nocera, F. Ortolani , M. Torre e B. Russo Nella parte alta della successione è presente una intercalazione, di oltre un metro di spessore, di materiale alloctono costituito da un ammasso caotico di argille nerastre e varicolori, siltiti ed arenarie a grana fine di colore scuro, piccole lenti di calcilutiti plumbee; le argille e le siltiti scure sono, a luoghi, rivestite di concrezioni giallastre. Questo livello, ben visi¬ bile sul terreno per la diversa colorazione, sembra limitato da superfìci pia¬ no-parallele e presenta una continuità laterale che si segue per un buon tratto. Il contatto inferiore con le peliti della successione miocenica non mostra evidenti strutture di carattere erosivo; al di sopra di questo livello, le argille seguono in concordanza con un contatto netto. A più altezze nella successione si notano livelli centimetrici siltoso- argillosi, poco cementati, contenenti frammenti scagliosi di marne grigie verdi e rosse, granuli di quarzo e piccoli foramiferi bentonici. L’ultima parte della successione risulta costituita da argille siltose, a stratificazione indistinta ed arenarie in straterelli. Verso l’alto, seguono con contatto tettonico ancora materiali fliscioidi alloctoni e quindi prodotti piroclastici. Lo spessore complessivo apparente della successione altomiocenica è di oltre 170-180 m; lo spessore reale dovrebbe, però, essere alquanto infe¬ riore, perché la sequenza è interessata da faglie dirette di modesta entità che provocano alcune ripetizioni nella serie. Gli strati presentano direzione SW-NE ed immergono a NW con inclinazione media di 25°-30°. Il substrato della serie ora descritta non è visibile sul terreno, ma è sicuramente costituito da una estesa coltre di «Argille Varicolori», che ha interrotto la successione conglomeratico-arenaceo-argillosa del Miocene inferiore-medio (F. di Castelvetere affiorante lungo i bordi nord-occiden¬ tali dei M.ti Picentini). Nella successione pelitica sopra descritta, sono stati prelevati numerosi campioni in serie dal basso verso l’alto; in particolare, i residui inorganici di lavaggio dei campioni prelevati nella parte bassa della successione affio¬ rante, a partire dalla base, contengono quantità variabili di granuli di quarzo, feldspati e di laminette di mica, nonché limitate percentuali di fru¬ stoli carboniosi e di pirite, a luoghi ossidata. La componente organogena risulta più o meno abbondante e, di solito, costituita unicamente da foraminiferi; soltanto in alcuni campioni, sono stati riconosciuti frammenti di aculei di echino e rarissime valve di Ostra- codi. I gusci dei foraminiferi sono per lo più di dimensioni variabili ed in genere discretamente conservati; solo in qualche caso, sono stati osservati fenomeni più o meno intensi di spatizzazione e deformazione, nonché Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 137 alcuni esemplari rotti; anche i fenomeni di nanismo sono estremamente sporadici. Il rapporto P/B è sempre nettamente a favore del plancton; in quest’ultimo, sono state riconosciute, complessivamente, le seguenti specie: Hastigerina sp. Globorotalia acostaensis Blow Globorotalia ex gr. menardii (D’Orb.) Glohorotalia obesa (Bolli) Globorotalia ex gr. scitula (Brady) Globorotalia suterae Cat & Sprov. Globigerina bullo ides D’Orb. Globigerina concinna Reuss Globigerina falconensis Blow Globigerina globorotaloidea Colom Globigerina off microstoma Cita, P. Silva & Rossi Globigerina quinqueloba Natland Globigerinoides obliquus Bolli Globigerinoides sacculifer (Brady) Globigerinoides trilobus (Reuss) Globigerinita glutinata (Egger) Praeorbulina sp. 1 Orbulina bilobata (D’Orb) Orbulina suturalis Bronnimann Orbulina universa D’Orb Tra le specie sopra elencate, quelle di Glorotalia risultano piuttosto rare. La presenza dei markers zonali G. acostaensis e G. suterae consente di correlare le associazioni rinvenute con la zona a G. acostaensis- subzona a G. suterae di D’Onofrio et al. (1976), di età Tortoniano superiore. La microfauna bentonica, che è sempre quantitativamente molto scarsa, è rappresentata complessivamente dai seguenti generi: Ammonia, B olivina, Bulimina, Cassidulina, Cibicides, Dorothia, Elphidium, Epo- nides, Gyroidina, Hap lophragm o ides, Lagena, Marginulina, Martinottiella, Nodo- saria, Nonion, Ophtalmidium, Robulus, Siphonina, Sphaeroidina, Textularia, Uvi- gerina, Vaginulina, Valvulineria. 1 II genere Preorbulina è stato rinvenuto in un solo livello, nel quale esso rap¬ presenta la maggior parte della microfauna planctonica, in cui risultano frequenti pure gli individui con bulla e quelli riferibili a 0. suturalis. In questo livello, carat¬ terizzato tra l’altro da alti tenori di pirite, anche il benthos mostra caratteri di oligo- tipia, essendo rappresentato prevalentemente dai generi Bulimina e Valvulineria. 138 S. Di Nocera , F. Ortolani , M. Torre e B. Russo Come si nota dall5 elenco sopra riportato, il benthos non è indicativo dal punto di vista ambientale, essendo rappresentato indifferentemente da forme diffuse in tutto il dominio neritico. Per quanto riguarda i campioni prelevati nella parte alta della succes¬ sione, essi hanno mostrato, nei residui di lavaggio, una frazione inorganica costantemente scarsa, costituita prevalentemente da pirite, talvolta ossi¬ data, tracce di carbone, poche laminette di mica; a luoghi si rinvengono anche rari granuli di quarzo. La componente organogena è sempre molto abbondante ed è rappre¬ sentata essenzialmente da foraminiferi, ancora in buono stato di conserva¬ zione e di dimensioni variabili, oltre che da alcuni frammenti di Lamelli- branchi, Dentalium e radioli di echino, rarissimi resti di Briozoi, di valve di Ostracodi e di Pesci (squame e denti), sporadici e piccoli Gasteropodi piritizzati. Tra i globigerinidi, compaiono alcune specie di globorotalie carenate. Il plancton è costituito complessivamente dalle seguenti specie: Hastigerina siphonìfera (D’Orb.) Globorotalia acostaensis Blow Globorotalia conomiozea Kemnet Globorotalia menardìi forma 4 Tjalsma Globorotalia aff. mìozea saphoe Bizon Globorotalia obesa Bolli Globorotalia ex gr. scitula (Bràdy) Giobigerina bulloides D’Orb. Globigerina concinna Reuss Giobigerina falconensìs Blow Globigerina globorotaloìdea Colqm Globigerinoides obliquus Bolli Globigerinoides o. extremus Bolli & Bekmudez Globigerinoides sacculifer (Brady) Globigerinoides trilobus (Reuss) Giobigerinita glutinata (Egger) Orbulina bilobata (D’Orb.) Orbulina suturalìs Bgnnimann Orbulina universa (D’Orb.) G. acostaensis è rara; altrettanto rare, ed in più presenti soltanto in alcuni livelli, sono G. ex gr. scitula , G. aff. su te me, G. menardii forma 4 e G. aff. miozea saphoe . Le associazioni rinvenute sono correlabìli con la zona a G. conomiozea di D’Onofrio et al (1976) del Messiniano, per la presenza del marker zonale. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 139 Per quanto riguarda il benthos, esso è più abbondante e più vario rispetto ai livelli sottostanti; il rapporto P/B sembra infatti essere circa uguale ad uno. Complessivamente sono stati riconosciuti i seguenti generi: Ammonia, B olivina, Bolivinoides, Bulimina, Cancris, Cassidulina , Cibicides, Den¬ ta lina, Dorothia, Elphidium, Eponides, Frondicularia, Globocassidulina, Gyroi- dina, Haplophragmoides, Lagena, Marginai ina, Martinottiella, Nodosaria, Nonoin, Ophtalmidium, Planulina, Pullenia, Quinqueloculina, Robulus, Sigmoi- lina, Sphaeroidina, Textularia, Uvigerina, Vaginulina, Valvulineria. Anche in questo caso, il benthos non è indicativo dal punto di vista ambientale. La successione dei terreni affioranti presso Lapio (già attribuita al Messiniano da Ippolito et al., 1974) indica una sedimentazione di ambiente marino neritico, con scarsi apporti terrigeni dalle terre emerse e buona circolazione delle acque; solo nella parte alta della successione, si nota una maggiore incidenza della frazione terrigena e una tendenza a con¬ dizioni di scarsa ventilazione al fondo. Sezioni di Case Paoloni - S. Lucia Pochi km ad E di Tufo, nell’area compresa tra S. Lucia e località case Paoloni, affiorano alcuni lembi di una successione prevalentemente peliti- co-evaporitica messiniana, alquanto disturbata dalla tettonica plio-quater- naria. In località Viturano - case Paoloni si osservano argille ed argille siltose di colore grigio scuro, a stratificazione poco evidente, contenenti resti fos¬ sili di molluschi (Lamellibranchi, Gasteropodi, Dentalium sp. etc.), talora piritizzati ed ossidati, e ricche microfaune. Nella parte terminale della suc¬ cessione sono intercalati alcuni strati di arenaria a grana fine a matrice cal¬ carea, che presentano laminazione parallela e convoluta. Gli strati presentano direzione NNE-SSW ed immergono ad ESE con inclinazione variabile tra i 20° ed i 45°; lo spessore complessivo è dell’or¬ dine dei 60-70 m. La successione è troncata tettonicamente alla sommità da argille policrome, marne arenacee ed arenarie quarzose del «flysch rosso»; la base è coperta da alluvioni. La frazione inorganica del residuo di lavaggio delle argille è costituita da pochi frammenti di quarzo, feldspati e rare laminette di mica; sono sempre presenti pirite (talora in apprezzabile quantità) e tracce di carbone. 140 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo La componente organogena è di solito molto abbondante ed è costi¬ tuita prevalentemente da foraminiferi, da rari frammenti di gusci di Lamel- libranchi e di radioli di echino, talvolta si rinvengono anche rarissimi resti di Pesci (squame, denti, Otoliti), rarissime valve di Ostracodi e piccoli Gasteropodi piritizzati, I gusci dei foraminiferi sono di taglia variabile ed in discreto stato di conservazione. Il valore del rapporto Plancton/Benthos, fatta eccezione per alcuni livelli dove i foraminiferi planctonici prevalgono nettamente su quelli bentomci, si aggira quasi sempre intorno all’unità. Nel plancton sono state riconosciute le seguenti specie: Hastigerìna siphonifera (D’Orb.) Globorotalia acostaensis Blow Globorotalia acostaensis humerosa Tak. & Saito Globorotalia acostaensis aff. humerosa Tak. & Saito Globorotalia conomiozea Kennett Globorotalia aff. incompta (Citelli) Globorotalia obesa Bolli Globorotalia mediterranea Cat. & Sprovieri Globorotalia miozea saphoae Bizqn Globorotalia ex gr. scitula (Brady) Globigerina bulloides D’Orb. Globigerina concinna Reuss Globigerina falconensis Blow Globigerina globorotaloidea Colom Globigerina aff. nepenthes Todd Globigerina quinqueloba Natland Giobigerinoides bollii Blow Globigerìnoides obliquus Bolli Giobigerinoides o. exiremus Bolli & Bermudez Giobigerinoides ruber (D’Orb.) Giobigerinoides sacculifer (Brady) Giobigerinoides ex gr. tri lo bus (Reuss) Globigerinita glutinata (Egger) Praeorbulina sp. Orbulina bilobata (D’Orb.) Orbulina suturalis Bromnimann Orbulina universa D’Orb. Tra le specie elencate, G. conomiozea e G. mediterranea sono molto frequenti, soprattutto nella parte alta della successione; G. acostaensis è presente in tutti i livelli campionati, sia pur rappresentata da un numero generalmente basso di individui, sia con la varietà con sole 4 logge nell’ul¬ timo giro di spira, che con quella tipica a 5 logge; infine, G. ex gr. scitula , Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 141 G. acostaensis aff. humerosa e G. a . humerosa compaiono solo sporadica¬ mente. L’associazione bentonica, di solito abbondante, è abbastanza varia. Complessivamente sono stati riconosciuti i seguenti generi: Ammonia, Amphycorina, Anomalina, Bolivina, Bolivinoides, Bulimina, Cassida - lina, Chilostomella, Cihicides, Dorothia, Eponides, Gyroidina, Lagena, Lenticu- lina, Marginulina, Martinottiella, Nonion, Ophtalmidium, Orthomorphina, Plana¬ li na, Pullenia, Sigmoilina, Sphaeroidina, Textularia, Uvigerina, Valvulineria. Tra le forme elencate nessuna prevale nettamente sulle altre, soltanto nei rari livelli in cui il benthos è nettamente subordinato esso mostra anche caratteri di oligotipia essendo rappresentato prevalentemente da Val¬ vulineria bradyana, Bulimina affinis e B. ovata. La presenza dei markers zonali consente di correlare le associazioni rinvenute con la zona a G. conomiozea - subzona a G. mediterranea di D’Onofrio et al (1976), la cui età è Messiniano. L’ambiente di deposizione è marino neritico con scarsa energia e con rari apporti detritici dalla terra emersa; le condizioni di vita al fondo dove¬ vano risentire di una insufficiente ossigenazione. Tra la fraz. S. Lucia e l’incisione del T. Zeza ad E di Castelmozzo (Fig. 3) si osserva una successione che comprende dal basso in alto: a) arenarie a 1 p50m V V V V V V ^ v v v v v v y. *-r -r -r * * T -r -r~ V V V V \ V V V V oc . > 1 > 1 > > 1 > > > T T~ T " 2 — - — - - 4 V V V V \ maYTYTVTVra ■■jtv|V|vÌVLvl) y-- Lo J. y. . l • : »/•} ®*;V£ , 1 VI VI VI VIN 3 5 Fig. 3. - S. Lucia: colonna litostratigrafica schematica. 1 = arenarie; 2 = marne; 3 = calcari evaporitici; 4 = argille; 5 = gessi. grana fine, più o meno cementate, a matrice calcarea, ben stratificate (alcuni metri); b) calcari evaporitici e marne. I calcari sono bianchi o gial¬ lognoli, per lo più compatti, a luoghi pulverulenti e mostrano abbondanti cavità prismatiche allungate (max. 1 cm) che rappresentano l’impronta di cristalli di gesso successivamente disciolti. Almeno una diecina di metri; c) argille grige, pochi metri; d ) gesso cristallino in banchi, con intercalazioni argillose. Si tratta prevalentemente di gesso selenitico, in banchi potenti 142 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo fino a 6-7 m, separati da argille fossilifere; la potenza di questi gessi è di alcune diecine di metri. Sopra l’ultimo banco di gesso poggiano ancora argille grige con foraminiferi ed uno strato di gessarenite, potente circa 50 cm, con laminazione obliqua a piccola scala. Lo spessore complessivo della serie non è ben valutabile; gli strati sono orientati NNE - SSW ed immergono ad ESE, con inclinazione varia¬ bile tra i 35° ed i 45°. La base della successione sembra poggiare, con rap¬ porti tutt’altro che chiari, su di una spessa lente di materiale alloctono delle coltri Sicilidi («Argille Varicolori»); la sommità è in contatto tetto¬ nico con il lembo di serie prima descritto di località Case Paoloni. Il residuo inorganico delle argille intercalate e sovrastanti ai gessi è sempre scarso e costituito da rari granuli di quarzo e feldspati, rare lami¬ nette di mica, carbone e pirite (a luoghi ossidata) spesse volte prevalenti sugli altri componenti; in alcuni livelli infine si rinvengono gesso e clasti calcarei probabilmente di origine organica. La componente organogena è di solito presente con percentuali più o meno elevate; solo in rari livelli essa è completamente assente. In essa figurano prevalentemente foraminiferi, oltre che frammenti di radioli di echino; a luoghi si rinvengono anche resti di Pesci (squame, denti, Otoliti) ed alcune valve di Ostracodi. I gusci dei foraminiferi, di dimensioni variabili, sono discretamente conservati. Il rapporto plancton/benthos è estremamente variabile: si alter¬ nano infatti livelli in cui il plancton è nettamente prevalente sul benthos ed altri, più frequenti, in cui il rapporto P/B è circa uguale all’unità. Tra i foraminiferi planctonici sono state determinate le seguenti specie: Hastigerina siphonifera (D’Orb.) Glohorotalia acostaensis Blow Globorotalia acostaensis humerosa Tak. & Saito Glohorotalia acostaensis aff. humerosa Tak. & Saito Globorotalia conomiozea Kennett Globorotalia continuosa Blow Globigerina bulloides D’Orb. Globigerina concinna Reuss Globigerina falconensis Blow Globigerina globorotaloidea Colom Globigerina microstoma Cita, P. Silva & Rossi Globigerina multiloba Romeo Globigerina nepenthes Todd Globigerina quinqueloba Naie and Globigerina juvenilis Bolli Globigerina sp. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 143 Glohigerinoides ohliquus Bolli Glohigerinoides o. extremus Bolli & Bermudez Glohigerinita glutinata (Egger) Orbulina suturalis Bronnimann Le associazioni mostrano tendenza all’oligotipia: infatti, G. acostaensis e G. a. aff. humerosa sono sempre presenti, talora anche con numerosi indi- vidui. G. acostaensis , inoltre, è rappresentata sia da individui, più frequenti, con sole 4 logge nell’ultimo giro di spira, che da esemplari tipici con 5 logge. Le orbuline ed i Glohigerinoides sono di solito subordinati ed in alcuni livelli sembrano essere addirittura assenti. Tra le globorotalie, G. continuosa e G. conomiozea risultano estremamente sporadiche. Nell’associazione bentonica sono stati riconosciuti i seguenti generi: Ammonta, Bolivina, Bulimina, Cassidulina, Cibicides, Discorbis, Elphidium, Epo- nides, Gyroidina, Lagena, Nonion, Ophtalmidium, Textularia, Uvigerina, Valvuli- neria. Tra le forme sopraelencate, risultano spesso prevalenti i generi Buli¬ mina e Valvulineria. Tra le Uvigerina , è presente U. siphogenerinoides. Il rinvenimento, sia pur solo alla base della successione argillosa, del marker G. multiloba che, come sempre risulta estremamente rara, consente di correlare le associazioni rinvenute con la zona a G. conomiozea - sub¬ zona a G. multiloba (D’Onofrio et al ., 1976), ultima in ordine di com¬ parsa del Messiniano. D’altra parte mancano in tutti i campioni, markers di zone di associazione più elevate stratigraficamente. La presenza di associazioni foraminiferi planctonici (e subordinata- mente bentonici), sia pur con caratteristiche oligotipiche, nelle argille intercalate in questo intervallo di serie, indica che l’ambiente di sedimen¬ tazione, normalmente evaporitico, risentiva di periodici ed irregolari rap¬ porti con i bacini marini contigui, probabilmente più vasti e in condizioni di salinità ed ossigenazione quasi normali o tutt’al più pre-evaporitiche. Ciclo Messiniano-Pliocene inferiore Sezione di Atripalda Una successione prevalentemente pelitico-arenacea è ben esposta in una cava per laterizi presso l’abitato di Atripalda, pochi km ad ENE di Avellino (Fig. 4). 144 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo La parte più bassa (circa 40 m) della serie affiorante è composta, essenzialmente, da argille ed argille debolmente siltose, di colore grigio scuro, con rare intercalazioni millimetriche di silt. La stratificazione è generalmente poco distinta e la potenza degli strati varia da alcuni dm ad oltre 1 m. Sono presenti, inoltre, alcuni livelli, dello spesssore di 20-25 cm, Fig. 4. - Atripalda: colonna litostratigrafica schematica. 1 = argille; 2 = arenarie; 3 = diatomiti; 4 calcari evaporitici. di arenaria fine giallastra, poco cementata, ricca di piccoli frustoli carbo¬ niosi, con laminazione obliqua a piccola scala, ed un livello di gessarenite di uguale potenza. Proseguendo verso l’alto, si osserva la comparsa di frequenti livelli centimetrici di siltiti ed arenarie a grana fine e a cemento calcareo; l’alter¬ nanza argille-arenarie presenta una potenza di 20-25 m circa. Gradual¬ mente si passa quindi ad argille straterellate, a luoghi fissili e diatomitiche e quindi a piccoli livelli diatomitici, contenenti scaglie e resti scheletrici di Pesci. Nella parte terminale della successione, gli straterelli siltosi ed arena¬ cei si infittiscono e diventano nettamente prevalenti rispetto alle peliti; le arenarie di colore giallo o giallo rossastro sono distintamente stratificate, con spessori variabili da alcuni cm a più dm. Questi depositi arenitici della potenza complessiva affiorante di circa 20 m presentano, talora, lamina¬ zione obliqua a piccola scala (lamine di lunghezza dell’ordine di pochi cm) e rare impronte di fondo. Infine alla sommità della serie, poco sopra il fronte di cava, si rinvengono numerosi blocchi di gesso e calcare evapori- tico. La successione ora descritta, la cui base non è visibile, presenta uno spessore complessivo di circa 85-90 m. La direzione degli strati è E-W e l’immersione a N, con inclinazione molto debole. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 145 Nei livelli pelitici della successione affiorante in cava sono stati prele¬ vati numerosi campioni in serie; i residui di lavaggio sono caratterizzati da una frazione inorganica generalmente molto scarsa, costituita da rare lami¬ nette di mica, rari granuli di quarzo e feldspati, tracce di carbone e di pirite, a luoghi ossidata. Anche la componente organogena, fatta eccezione per i primi livelli della successione esaminata, dove tra l’altro anche il residuo inorganico è relativamente più abbondante rispetto alla restante porzione della serie, è di solito molto scarsa o, a luoghi, addirittura assente. Sono state rinvenu¬ te, infatti, scarsissime microfaune a foraminiferi, oligotipiche, di solito con prevalenza di planctonici; i gusci dei foraminiferi, inoltre, appaiono spesso in cattivo stato di conservazione, essendo, di solito, spatizzati, a luoghi leg¬ germente deformati o rotti, e mostrano quasi sempre caratteri di nanismo. In alcuni campioni, inoltre, sono stati rinvenuti Ostracodi, rari frammenti di spicele di spugne silicee e di aculei di echino, rarissimi resti di Pesci (squame, denti, Otoliti), resti di piccoli Lamellibranchi, dal guscio sottile, mal conservati e di difficile determinazione. Tra i foraminiferi planctonici, sono state determinate complessiva¬ mente le seguenti specie: Globorotalia acostaensis Blow Globorotalia a. aff. humerosa Tak. & Saito Globorotalia aff. mediterranea Cat. & Sprov. Globorotalia ex gr. scitula (Brady) Globorotalia suterae Cat. & Sprov. Globigerina ex gr. bulloides D’Orb. Globigerina concinna Reuss Globigerina falconensis Blow Globigerina globorotaloidea Colom Globigerina multiloba Romeo Globigerina quinqueloba Natland Globigerinoides obliquus Bolli Globigerinoides trilobus Reuss Globigerinita glutinata (Egger) Orbulina bilobata (D’Orb.) Orbulina suturalis Bronnimann In generale, tutte le specie di Globorotalia sopra elencate risultano estremamente rare e non sono presenti neppure in tutti i livelli; altrettanto sporadica, ma presente sicuramente alla base della successione è la G. multi - ìoha, che consente di correlare le associazioni rinvenute con la zona a G. cono- miozea- subzona a G. multiloba di D’Onofrio et al (1976), del Messiniano. 146 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo Nel benthos, quando è presente, sono riconoscibili complessivamente i seguenti generi: Bolivina, Bolivinoides, Bulimina, Cassidulina, Cibicides, Gyroidina, Haplo- phragmoides, Quinqueloculina, Robulus, Spiroloculina, Uvigerina (U. siphogeneri- noides), Valvulineria. In alcuni livelli, nella parte bassa della successione, prevalgono i generi Bolivina e Bolivinoides . Infine, nelle marne tripolacee della porzione superiore della successione sono stati riconosciuti abbondanti frustoli di Diatomee, di forma prevalentemente circolare (Centrales), oltre a nume¬ rose spicole di spugne, Radiolari, Silicoflagellati e rarissimi foraminiferi. L’intervallo di serie visibile nella cava di Atripalda si è deposto in un ambiente marino non lontano dalla costa, caratterizzato da scarsa vita al fondo e da un apporto di materiale detritico (siltoso-arenaceo) sempre più frequente verso l’alto, dove si raggiungono gradualmente, condizioni di ridotta circolazione delle acque (ed isolamento del bacino) e con deposi¬ zione di calcari evaporitici. Sezione di Montefredane - Pozzo del Sale Pochi chilometri a NE della città di Avellino, in località «Pozzo del Sale», e nei dintorni di Montefredane, al di sotto della estesa copertura piroclastica affiorano siltiti argillose, arenarie, conglomerati ed evaporiti (Fig. 5). I livelli più bassi sono visibili a SE del rilievo di Montefredane e sono costituiti da arenarie e siltiti argillose, in strati e stratereìli, in cattive con¬ dizioni di affioramento. Lo spessore dell’intervallo non è ben valutabile, ma dovrebbe aggirarsi intorno ai 50-80 m. In località Pozzo del Sale, le arenarie e siltiti argillose si seguono per qualche decina di metri e contengono intercalazioni francamente pelitiche ed un livello di marne tripolacee, di esiguo spessore, pressocché totalmente mascherato dai continui franamenti, che interessano questo intervallo della serie. Seguono quindi circa 10 m di calcare evaporitico giallastro, in strati e banchi, con intercalazioni di argille e marne con manganese. La successione continua con arenarie grossolane, gessareniti e potenti livelli di conglomerati poligenici a cemento arenaceo nei quali sono, tra l’altro, presenti grossi blocchi di gesso e di calcare evaporitico; la presenza, a poca profondità, di cloruri tra le evaporiti è testimoniata dalla mineraliz- Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia , ecc. 147 zazione a NaCl che interessa una piccola falda, in cui è ubicato il «Pozzo del Sale» (ora in disuso) e dal quale prende nome la località. La successione si segue fino a N di Montati edane, dove è ricoperta dal materiale piroclastico. • 50m .25 .0 o Efrif h°oofs Oq°qCS<) o^o cDoQ 0 m O^o ó9Wq G§(§$ EH lyfy | v } 4 3 1 Fio. 5. - Montefredane - Pozzo del Sale: colonna litostratigrafica schematica. 1 = argille; 2 = arenarie; 3 = di atomi ti; 4 - calcari evaporitici; 5 = con¬ glomerati. Lo spessore complessivo affiorante non è inferiore ai 180-200 m; la stratificazione è quasi sempre distinta, con direzione a if incirca E-W e immersione a N; l’inclinazione è variabile, prevalentemente debole o media nella parte inferiore della serie, forte nei livelli più alti, conglomera¬ tici, che tendono alla verticalità. I vari termini della successione descritta sono generalmente sterili, eccezion fatta per l’orizzonte marnoso-tripolaceo, contenente abbondanti frustoli di diatomee. Durante l’analisi micropaleontologica, solo in alcuni campioni delle peliti, sono stati rinvenuti rarissimi globigerinidi, poco indicativi dal punto di vista bio e cronostratigrafìco. I residui inorganici di lavaggio risultano più o meno abbondanti e costituiti da tenori variabili di mica, quarzo e feldspati, apprezzabili quantità di gesso e tracce di carbone e di pirite. 148 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo La sequenza affiorante a Montefredane-Pozzo del Sale denota condi¬ zioni di deposizione inizialmente evaporitiche, seguite da una sedimenta¬ zione clastica, di tipo deltizio o di mare poco profondo. Sezione di Capriglia Nella zona di Capriglia, pochi chilometri a N di Avellino, si osserva una successione arenaceo-conglomeratica e argillosa della potenza di oltre 100 m (Fig. 6). — 3 E o in x-O-O -25 fpm U/n-M-n -O mmmm) Fig. 6. - Capriglia: colonna litostratigrafica schematica. 1 = conglomerati; 2 = are¬ narie; 3 = argille. La base è costituita da arenarie grossolane, in strati e banchi, sterili, cui seguono conglomerati ben stratificati, con ciottoli, per lo più arroton¬ dati, del diametro massimo di 20-25 cm; tra gli elementi, sono abbondanti i litotipi della serie carbonatica di piattaforma e alquanto subordinati, invece, quelli arenacei-siltosi e calcilutitici, provenienti dalle formazioni fli- scioidi. Lo spessore di questo intervallo arenaceo-conglomeratico, su cui pog¬ gia il paese di Capriglia, è dell’ordine dei 50-60 m. Seguono quindi argille grigie o plumbee, con sottili livelli di arenaria fine e di silt, in cui si osservano spesso la laminazione parallela e quella obliqua a piccola scala. Verso l’alto, le argille diventano, gradatamente, sempre meno siltose e contengono, a luoghi, abbondanti resti mal conser¬ vati di macrofossili (Lamellibranchi), che mostrano segni di limitato tra- Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 149 sporto intrabacinale. Sono presenti, inoltre, rare e sottili intercalazioni cal- carenitiche. A questo intervallo argilloso, potente circa 40-50 m, seguono arenarie, conglomerati e lenti di gesso, in cattive condizioni di affioramento e rico¬ perte da materiale piroclastico. La successione brevemente descritta è ben stratificata, la direzione degli strati è circa NNW-SSE e l’immersione a ENE, con debole inclina¬ zione. Al di sotto dei sedimenti altomiocenici sopra illustrati, è presente un’altra successione arenaceo-conglomeratica, in cui si rinvengono fre¬ quenti gusci di Lamellibranchi, echinidi, coralli, ecc., che presenta nella parte inferiore una spessa lente di materiali alloctoni delle «Argille Varico¬ lori»; queste ultime poggiano su terreni arenacei che sono a diretto con¬ tatto con i calcari mesozoici del bordo del M.te Partenio (Pescatore et al , 1970). Le argille grigie e plumbee del Miocene superiore affioranti in una cava per laterizi presso l’abitato di Capriglia, sono risultate all’analisi micropaleontologica completamente sterili o tutt’al più contengono raris¬ simi e piccoli globigerinidi, di scarso interesse bio e cronostratigrafico, e rari frammenti di gusci di Lamellibranchi. La componente inorganica è di solito costituita da percentuali generalmente limitate di mica, rari granuli di quarzo e feldspati, frustoli carboniosi, presenti in quantità variabili. La sedimentazione è avvenuta, con ogni probabilità, al margine di un bacino marino non molto profondo nel quale, durante i periodi di relativa stabilità dei bordi, i depositi pelitici si intercalavano al materiale clastico grossolano. Sezione di Grottolella-Altavilla Procedendo a N di Capriglia è possibile, sia pur con difficoltà, seguire la serie dei terreni del Miocene superiore fino alla valle del F. Sabato. In più punti tra Capriglia e Grottolella al di sotto della copertura vege¬ tale e dei prodotti piroclastici affiorano arenarie più o meno grossolane e conglomerati poligenici, a matrice arenacea in grossi banchi, con rare inter¬ calazioni argillo-siltose (Fig. 7). Spostandosi da S a N in località Barbella, e più ancora a Grottolella, la direzione degli strati, inizialmente NW-SE, tende a disporsi NE-SW o anche N-S e l’immersione da N-NE ad W. Localmente anche l’inclinazione può aumentare notevolmente. 150 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo Poco più a N, nei pressi del km. 46 della S.S. n. 88 seguono argille ed argille siltose, in cui si riscontrano strati e banchi di gesso e di gessareniti. La successione continua quindi con arenarie grossolane, con frequenti livelli ciottolosi e conglomerati a matrice arenacea; qualche affioramento è V V V V v V V V V 4 Op Sto o 2 Fig. 7. - Grottolella-Altavilla Irpi- na: colonnna litostratigra- fica schematica: 1 = are¬ narie; 2 = conglomerati; 3 = argille; 4 = gessi. visibile a M.te Toro. Gli elementi dei conglomerati, di dimensioni com¬ prese tra pochi cm e 40-50 cm, sono costituiti, in prevalenza, da ciottoli arrotondati di calcari e dolomie delle successioni carbonatiche di piatta¬ forma ed, in misura minore, da arenarie, marne e calcari micritici prove¬ nienti dai terreni fliscioidi. Nei livelli più fini, arenaceo-siltosi, è frequente la laminazione parallela. Nella zona di Altavilla la successione è costituita da un’alternanza di arenarie e conglomerati della potenza di 70-80 m, nella quale mancano pressocché completamente ì termini pelitici ed evaporitici, che sono invece Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 151 ben rappresentati poche centinaia di metri più a N, tra il F. Sabato e la località Arcone. A questi livelli argillosi con gessi sono associate le minera¬ lizzazioni a zolfo, coltivate fino alla profondità di circa 170-180 m, nelle miniere ubicate tra Tufo e la stazione ferroviaria di Altavilla. La potenza complessiva del tratto di serie, compreso tra Grottolella ed il F. Sabato, è difficilmente misurabile a causa della discontinuità degli affioramenti e dei disturbi tettonici che hanno interessato la successione e che hanno causato la formazione di una serie di pieghe asimmetriche, ad asse disposto all’incirca NE-SW. Le strutture plicative sono, inoltre, compli¬ cate da numerose faglie dirette e inverse, per lo più con modesti rigetti. Alcuni campioni prelevati nelle argille ed argille siltose affioranti nei pressi del km 46 della S.S. n. 88 hanno mostrato, all’analisi micropaleonto¬ logica, una componente inorganica molto scarsa, costituita da tracce di car¬ bone e di pirite, rari granuli di quarzo e feldspati; spesso si rinvengono anche rarissime laminette di mica. Anche la componente organogena risulta sempre molto scarsa ed è rappresentata unicamente da esemplari ben conservati, anche se spesso piritizzati, di Ammonia beccarii ; a luoghi, sono presenti anche rarissimi Ostracodi e altrettanto rari piccoli Gasteropodi, anche essi piritizzati. L’ambiente di sedimentazione è generalmente di transizione (deltizio) o tutt’al più marino poco profondo, con depositi grossolani pressocché completamente sterili. Le argille con Ammonia e con gesso indicano una stasi della sedimen¬ tazione clastica, con rapida evoluzione in senso evaporitico. Sezione di Tufo - T. Branete - Stretto di Barba La porzione più alta dei termini messiniani affiora con buona esposi¬ zione in destra del F. Sabato (Fig. 8). Presso il letto del fiume è possibile, talora, osservare i termini argillosi ed evaporitici nei quali, come detto poc’anzi, vengono coltivate in miniera lenti mineralizzate a zolfo dello spessore di 25-30 m. A tetto delle argille e delle evaporiti seguono per circa 250 m alternanze ripetute di puddinghe ed arenarie con rari interstrati argillo-siltosi. Gli strati immergono a N, con inclinazione compresa tra 35° e 40°. Nella successione, già descritta da De Castro-Coppa et al. (1969), si osservano (a N e ad E di Tufo) fino a cinque grossi livelli lenticolari di con¬ glomerati del tutto simili a quelli già descritti per altre località poste più a S, in sinistra del F. Sabato; questi livelli sono potenti dai 20 ai 30-35 m e sono separati da strati e banchi di arenarie, siltiti e rari livelli argillosi. 152 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo La serie continua quindi con una intercalazione di materiale fliscioide costituito da argille di vario colore, leggermente scagliose - contenenti solo rari globigerinidi indeterminabili e radiolari -, siltiti, arenarie quarzose scure, calcari marnosi, ecc.; lo spessore di questi materiali alloctoni si aggira intorno ai 70-80 m. Nella zona a N di Tufo seguono ancora, apparentemente in concor¬ danza con la successione sottostante, alcune decine di metri (che si ridU- ^SO m .25 vx/ > /xv /■xv /xv /xv /xv V /XV r\j o (Q V V V 5 3 V V V Fio. 8. - Tufo-T. Branete: colonna litostratigrafica schema¬ tica. 1 = argille; 2 = = gessi, con mineralizza¬ zioni a solfuri; 3 = con¬ glomerati; 4 = arenarie; 5 = Argille Varicolori. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 153 cono a pochi m verso W, nell’incisione del T. Branete) di argille grigie, in strati di 1-2 m di spessore, a luoghi con frustoli carboniosi e pirite, con intercalazioni di straterelli arenacei e rari livelli di conglomerati a piccoli clasti della potenza di 5-10 cm. A questi livelli argillosi seguono, con netta discordanza angolare, con¬ glomerati massicci, attribuiti al Pliocene medio. Pochi chilometri a N di Altavilla Irpina, nella zona dello «Stretto di Barba», la successione dei terreni altomiocenici mostra alcune differenze rispetto alla zona di Tufo-T. Branete. La porzione inferiore, al di sopra di qualche metro di arenarie con piccole lenti di ciottoli, è costituita, preva¬ lentemente, da argille plumbee con rare intercalazioni di siltiti ed arenarie fini a laminazione obliqua a piccola scala per uno spessore di circa 80 m. Seguono alcuni metri di arenarie grigie e quindi puddinghe a matrice are¬ nacea, molto simili a quelle già descritte per le altre zone, per 180-200 m. Questi conglomerati si presentano mal stratificati e con andamento lenti¬ forme; talora, la forma dei depositi e le strutture sedimentarie presenti (gradazione verticale diretta, embriciatura dei ciottoli, ecc.) indicano una sedimentazione in ampi canali d’erosione. I livelli pelitici della successione sopra descritta sono stati campionati sia nel vallone a N di Tufo, sia nell’incisione del T. Branete. In particolare, le argille affioranti a N di Tufo, alcune decine di metri al di sotto delle «Argille varicolori», contengono una frazione inorganica molto scarsa, costituita da basse percentuali di granuli di quarzo e lami¬ nette di mica, tracce di carbone e di pirite. Anche il contenuto organico è generalmente molto scarso o, addirittura, quasi del tutto assente; si rinven¬ gono, infatti, soltanto rari foraminiferi, essenzialmente planctonici, con gusci di taglia piccola (fauna nana) ed in discreto stato di conservazione. Il benthos è quasi del tutto assente: sono stati ritrovati soltanto rarissimi esemplari di Cassìdulina ed Anomalina. Tra i globigerinidi, sono state riconosciute le seguenti specie: Hastigerina sp. Globorotalia acostaensis Blow Globorotalia aff. incompta (Cifelli) Globigerina aff. bulloides D’Orbigny Globigerina concinna Reuss Globigerina falconensis Blow Globigerina quinqueloba Natland Globigerina multiloba Romeo Globigerina glutinata (Egger) 154 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo Come si può notare dall’elenco, la microfauna planctonica è oligoti¬ pica: i generi Orbulina e Globigerinoides sono, infatti, del tutto assenti; le globorotalie estremamente subordinate rispetto alle specie di piccole glo- bigerine. Tra queste ultime, la presenza, sia pur sporadica, di G. multiloba consente di correlare le associazioni rinvenute con la zona a G. co no mio- zeu-subzona a G. multiloba (D’Onofrio et al ., 1976), ultima in ordine di comparsa del Messiniano. Nell’incisione del T. Branete, i campioni prelevati nelle intercalazioni pelitiche al di sotto delle A.V., sono caratterizzati da un residuo inorganico più o meno abbondante, costituito da mica, quarzo e feldspati, a luoghi prevalenti sulla prima, pirite, a luoghi ossidata, tracce di carbone. La componente organogena è sempre scarsa e costituita prevalente¬ mente da foraminiferi, oltre che da rarissimi frammenti di valve di Ostra- codi. Come a Tufo, anche in questa località i gusci dei foraminiferi appaiono in buono stato di conservazione, ma spesso mostrano caratteri di nanismo. Il benthos è di solito nettamente subordinato rispetto al plancton o, addirittura, quasi del tutto assente ed è rappresentato da poche forme banali, diffuse in tutto il dominio neritico. Il plancton è costituito dalle seguenti specie: Globorotalia acostaensis Blow Globorotalia a. aff. humerosa Tak. & Saito Globorotalia aff. mediterranea Cat. & Sprov. Globorotalia ex gr. scitula (Brady) Globorotalia suterae Cat. & Sprov. Globigerina ex gr. bulloides D’Orb. Globigerina concinna Reuss Globigerina falconensis Blow Globigerina globorotaloidea Colom Globigerina microstoma Cita, P. Silva & Rossi Globigerina multiloba Romeo Globigerina quinqueloba Natland Globigerinoides obliquus Bolli Globigerinoides sp. Globigerinita glutinata (Egger) Orbulina suturalis Bronnimann Orbulina universa D’Orb. Tra le specie sopra elencate, risultano estremamente rare G. acostaen¬ sis, G.a. aff. humerosa, G. suterae, G. aff mediterranea e G. multiloba. Per la presenza del marker G. multiloba , le associazioni sopra descritte sono data¬ bili Messiniano in accordo con Colalongo et al. (1973). Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografìa, ecc. 155 I campioni prelevati nelle argille grigie, al di sopra del livello di «Argille Varicolori», a N di tufo, contengono percentuali variabili di ele¬ menti terrigeni, frustoli carboniosi, spesso presenti in apprezzabili quantità, tracce di pirite, a luoghi ossidata. La microfauna a foraminiferi presente risulta ancora più o meno scarsa; solo in alcuni campioni, essa è quantitativamente più abbondante rispetto ai livelli sottostanti. I gusci appaiono ancora in discreto stato di conservazione e, solo raramente, si osservano fenomeni di nanismo. Il benthos è senz’altro più vario e più copioso, rispetto ai campioni prelevati nell’intervallo inferiore; tuttavia, non mancano casi in cui esso è quasi del tutto assente. Il rapporto P/B rimane comunque, nettamente a favore del plancton. A luoghi infine, si rinvengono rari frammenti di spicole di spugne silicee, rarissimi otoliti e rarissimi frammenti di radioli di echino. Nei benthos sono stati riconosciuti, complessivamente, i seguenti generi: Ammonio , A nomai ina, Bolivina, Bolivinoides, Bulimina, Cassidulina, Cibicides, Gyroidina, Elphidium, Eponides, Lagena, Marginulina, Martinottiella, Nodosaria, Nonion, Planulina, Pullenia, Robulus, Rotalia, Siphonina, Textularia, Uvigerina, Vaginulina, Valvulineria. Nel plancton, sono state riconosciute complessivamente le seguenti specie: Globorotalia acostaensis Blow Globorotalia aff. humerosa Tak. & Saito Globorotalia aff. dalii Perconig Globorotalia aff. incompta (Cifelli) Globorotalia aff. obesa Bolli Globorotalia ex gr. scitula (Brady) Globorotalia suterae Cat. & Sprov. Globigerina ex gr. bulloides D’Orb. Globigerina concinna Reuss Globigerina falconensis Blow Globigerina globorotaloidea Colom Globigerina microstoma Cita, P. Silva & Rossi Globigerina aff. nepenthes Todd Globigerina pachyderma (Ehrenberg) Globigerina quinqueloba Nailand Globigerina aff. uvula (Ehrenberg) Globigerinoides obliquus Bolli Globigerinoides o. extremus Bolli & Bermudez Globigerinoides trilobus (Reuss) Globigerinita glutinata (Egger) 156 S. Di Nocera, F. Ortolani , M. Torre e B. Russo Orbulina bilobata (D’Orb.) Orbulina suturalis Bronnimann Orbulina universa D’Orb. In particolare, risultano estremamente rare le specie G. acostaensìs , che, contrariamente a quanto si verificava nei livelli sottostanti, è presente non solo con la varietà con sole quattro logge nell’ultimo giro di spira, ma anche con quella tipica a cinque logge, G. a . affi humerosa, G. suterae e G. affi, dalii. Il marker G, multiloba è assente, come pure i markers più recenti; pertanto, i livelli pelitici soprastanti alle «Argille Varicolori» sono, per posizione stratigrafica, da attribuire ad un periodo non più antico del Messiniano. I residui inorganici di lavaggio dei campioni delle argille grigie, affio¬ ranti nel vallone del T. Branete e sovrastanti alle «Argille varicolori», sono costituiti da apprezzabili quantità di mica, quarzo e feldspati, prevalenti sulla prima, tracce di carbone e di pirite, a luoghi ossidata. La componente organogena è di solito quantitativamente scarsa e rappresentata unica¬ mente da foraminiferi, di solito discretamente conservati, di dimensioni spesso piccole nel plancton. Il rapporto P/B è sempre nettamente a favore del plancton: il benthos risulta sempre scarso e rappresentato da forme banali, quali: B olivina, Bulimina, Cassidulina, Cibìcides, Dorothia, Eponides, Gyroidina, Margi¬ nali na, Martino Iteli a, Nodosaria, Nonion, Planulìna, Pullenia, Robulus, Sipho- nina, Uvigerina, Vaginulina, Valvulineria. Quanto alla composizione del plancton e alla frequenza delle specie, non si osservano sostanziali variazioni rispetto ai livelli sottostanti; insieme con le specie precedentemente elencate sono state rinvenute le seguenti: Globorotalia menar dii forma 5 Tjalsma Globorotalia obesa Bolli Globigerina aff. nepethes Tono Globigerina aff. pachyderma (Ehrenberg) Globigerinoides aff. bollii Blow Globìgerinoides o. extremus Bolli & Bermudez Sphaeroidinellopsis subdehiscens Blow Orbulina bilobata D’Orb. Le specie G. menardii forma 5 e Sphaeroidinellopsis subdehiscens sono estremamente rare. In questi livelli più alti della successione sono, inoltre, assenti G. aff. mediterranea e G. multiloba ; tuttavia mancano pure markers Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 157 più recenti di questa. Pertanto, si può ritenere, con molta probabilità che l’età delle argille sovrastanti alle Argille Varicolori sia ancora Messiniano. La maggiore ricchezza, sia pur limitatamente ad alcuni livelli, delle associazioni rinvenute nelle peliti, soprastanti il materiale alloctono, l’as¬ senza in esse di alcune forme tipiche del Messiniano, quale G. conomiozea , G. mediterranea e G. multiloba , e la presenza di U. rutila e di rarissimi Sphaeroidinellopsis potrebbero rappresentare l’instaurarsi di un ambiente francamente marino, con parziale rinnovamento faunistico, indicativo di livelli più recenti del Messiniano. De Castro-Coppa et al. (1969) attribui¬ scono al Pliocene inferiore la porzione medio-superiore della serie del T. Branete. L’ambiente di sedimentazione dopo l’episodio evaporitico basale oscilla tra il neritico poco profondo ed il deltizio. Talora le scarse oscilla¬ zioni faunistiche delle peliti mostrano segni di circolazione ristretta. Le argille (probabilmente plioceniche) soprastanti il materiale alloctono si sono deposte in ambiente marino tranquillo, non molto profondo. Considerazioni sull’evoluzione sedimentaria I più antichi terreni del I ciclo di sedimentazione, Tortoniano-Messi- niano, sono rappresentati nella serie affiorante a SE di Lapio. I livelli più bassi della successione, attribuiti al Tortoniano medio-superiore (zona a G. a. acostaensis - sub-zona a G. suterae) (Fig. 9), sono rappresentati da argille ed argille siltose con rare intercalazioni arenacee, sedimentatesi in ambiente neritico circalitorale, con buona circolazione delle acque e sali¬ nità pressoché normale. Saltuarie alterazioni dei principali fattori chimico- fisici delle acque del bacino, peraltro di limitata entità, sono testimoniati da rari livelli con fauna nana o con associazioni oligotipiche, nelle quali abbondano gusci di foraminiferi planctonici con bulla e forme ancestrali di Orbulina e Praeorbulina. Le intercalazioni di materiale detritico-arenaceo, sono molto rare e denotano quindi una relativa stabilità delle zone margi¬ nali del bacino. La sedimentazione pelitica è continua fino al Messiniano inferiore (zona a G. conomiozea) dove si verifica l’intercalazione nella successione di discrete quantità di materiale di provenienza alloctona e una concomitante scarsa ossigenazione al fondo del bacino, testimoniata dalla presenza di abbondante pirite nel residuo inorganico delle argille. Questo fenomeno non provoca tuttavia sostanziali modificazioni nell’ambiente di sedimenta- 158 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo zione, che ritorna rapidamente a condizioni di normalità, con deposizione di argille debolmente siltose, ricche di microfaune e sottili interstrati sab¬ biosi, contenenti gusci di Lamellibranchi, Gasteropodi, ecc., di cui si osser¬ vano buone esposizioni nei calanchi di Case Paoloni. Verso l’alto (zona a. G. conomiozea - subzona a G. multiloba) la serie continua con marne, calcari, calcari evaporitici, argille e gessi in grossi ban¬ chi, ben esposti nella zona Castelmozzo-S. Lucia. L’insieme delle caratteri- Fig. 9. - Tentativo di correlazione tra le sezioni stratigrafiche dei depositi altomio¬ cenici dellTrpinia occidentale. A = Lapio; B-C - Loc. Case Paoloni-S. Lucia; D = Atripalda; E = Montefredane-Pozzo del Sale; F = Capriglia; G = Grottella-Altavilla Irpina; H = Tufo-T. Branete. 1 = argille; 2 = are¬ narie; 3 = gessi; 4 = diatomiti; 5 = calcari evaporitici; 6 = conglomerati; 7 = gessi con mineralizzazioni a solfuri; 8 = Argille Varicolori. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografìa, ecc. 159 stiche della successione litostratigrafica pre-evaporitica e le associazioni di microfossili, rinvenute nelle intercalazioni pelitiche, indicano che il pro¬ cesso di isolamento del bacino non è stato rapido né continuo e che l’am¬ biente di sedimentazione ha oscillato più volte tra l’evaporitico ed il marino; probabilmente a causa di periodi alterni di chiusura e di ripristino dei collegamenti con ampi bacini limitrofi, caratterizzati da salinità pres- socché normale. La fase tettonica messiniana causa l’interruzione della sedimentazione nel bacino e i termini evaporitici rappresentano quindi i livelli più alti della serie tortoniano-messiniana. I depositi di questo primo ciclo di sedimentazione, analizzati nelle serie di Lapio e Castelmozzo-S. Lucia possono essere correlati con terreni coevi, affioranti in altre località dell’Appennino meridionale e della Cala¬ bria settentrionale. In particolare strette analogie nell’evoluzione sedimentaria sono evi¬ denti tra la parte inferiore, pre-evaporitica, del ciclo Tortoniano-Messiniano e una successione potente circa 300 m, affiorante in Irpinia nei pressi di Castelfranci e Nusco, costituita da argille, con sottili intercalazioni di are¬ narie nella porzione inferiore-media e da alternanze sabbioso-argillose nella parte alta e che risulta troncata superiormente da una superficie tetto¬ nica (« U. di Villamaina », IPPOLITO et al ., 1974). Correlazioni altrettanto sicure possono essere stabilite con le succes¬ sioni del Salernitano, dove sono state illustrate argille con intercalazioni arenacee potenti circa 100 m, seguite da diatomiti e da calcari evaporitici (Di Nocera et al ., 1979). Anche nella Calabria settentrionale la sedimentazione argilloso-arena- cea di ambiente marino neritico caratterizza il Tortoniano superiore-Messi- niano inferiore. Nelle successioni della Catena Costiera Calabra questi depositi pelitici, di ambiente relativamente profondo, sono preceduti da conglomerati ed arenarie di ambiente continentale di piana alluvionale costiera e da calcareniti di mare basso, e seguiti da diatomiti (Di Nocera et al , 1974, 1979; Ortolani et al , 1979). Dopo la fase tettonica infraevaporitica inizia un nuovo ciclo di sedi¬ mentazione rappresentato da terreni di età compresa tra il Messiniano ed il Pliocene inferiore. Nei pressi di Atripalda, la parte basale di questo II ciclo di sedimenta¬ zione testimonia un parziale ritorno a condizioni di sedimentazione marina: infatti, al di sopra di arenarie e gessareniti basali, la serie è costi¬ tuita da argille più o meno siltose, che racchiudono associazioni a foramini- 160 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo feri (per lo più affette da nanismo e/o oligotopia) databili al Messiniano (zona a G. conomiozea - subzona a G. multiloba ) (Fig. 9). Successivamente si verifica un aumento dell’apporto arenaceo e quindi la graduale riduzione della circolazione e chiusura del bacino, testimoniate dalla deposizione di calcari evaporitici e gessi al di sopra di un orizzonte diatomitico. In altre zone del bacino (Capriglia), probabilmente più vicine alla terra emersa, i depositi basali sono costituiti da conglomerati, cui seguono argille ed argille siltose con resti mal conservati di Lamellibranchi e ancor più rari foraminiferi planctonici; verso l’alto, seguono ancora arenarie, e quindi conglomerati ed evaporiti (gesso). La restante porzione della serie mio-pliocenica presenta caratteri lito- stratigrafici, biostratigrafici e deposizionali alquanto differenti tra le zone di affioramento più occidentali e quelle più orientali. Nell’area compresa tra i M.ti di Avella, Barba, Tufo e Avellino, la serie è costituita da alter¬ nanze di argille ed evaporiti e da potenti livelli di depositi clastici, di ambiente continentale o di transizione. Le argille, quasi sempre sterili, e le evaporiti (talora con zolfo) costituiscono alcune grosse lenti intercalate ai depositi clastici, specie nella porzione basale. Le strutture sedimentarie che si osservano nelle puddinghe e nelle arenarie indicano una deposizione in ambiente prevalentemente deltizio, come riempimento di ampi canali d’erosione; i resti marini sono alquanto rari. Nelle zone più orientali, da Manocalzati fino a Pratola Serra e Monta- perto, la serie è costituita da alternanze ripetute di depositi evaporitici, are¬ narie, marne e argille con abbondanti microfaune marine. I termini evapo¬ ritici sono costituiti prevalentemente da calcari e, in subordine, da marne, dolomie e rarissimo gesso, con spessori complessivi dell’ordine di pochi metri; ad essi sono per lo più associati strati irregolari di argille scure o verdi. Le arenarie sono stratificate, a grana fine, e potenti, a luoghi, alcune decine di metri; contengono inoltre rari microfossili marini. Le argille sono debolmente siltose e contengono associazioni a foraminiferi planctonici e bentonici in buono stato di conservazione. L’ambiente di sedimentazione deve aver subito oscillazioni frequenti tra il pre-evaporitico, l’evaporitico (talora anche subaereo) ed il marino, che sembra affermarsi nella porzione superiore della serie. In definitiva durante la deposizione dei terreni del ciclo Messiniano- Pliocene inferiore, l’ambiente di sedimentazione nelle aree attualmente poste ad W si è evoluto da evaporitico alla base a deltizio alla sommità; l’assenza quasi completa di termini francamente marini e l’abbondanza di depositi clastici anche grossolani indicano che queste zone erano ubicate in prossimità della terra emersa, al bordo del bacino. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc . 161 Per contro le aree poste più ad E, in destra orografica del F. Sabato, sono sede dapprima di deposizione evaporitica alternata a sedimentazione marina neritica e successivamente di sedimentazione marina non molto profonda e con scarsi apporti clastici grossolani. Tali aree con ogni probabi¬ lità occupavano una posizione più esterna rispetto alle aree precedente- mente considerate ed erano ubicate ad una maggiore distanza dalla costa. Depositi arenaceo-conglomeratici, evaporitici e subordinatamente car- bonatici appartenenti ad un ciclo di sedimentazione mio-pliocenico sono presenti in altre località poste più a nord (Molise) ed a S (Calabria) delParea studiata. In particolare nella valle del Grati è stata datata al Messi- niano-Pliocene inferiore una successione potente qualche centinaio di metri, costituita da alternanze arenaceo-siltose, gessarenitiche e argillose nelle quali sono presenti grosse lenti di evaporiti e di cloruri (Lungro) (Di Nocera et al , 1974). Successioni clastiche ed evaporitiche, di spessore generalmente limi¬ tato ed attribuite ad un ciclo di sedimentazione Messiniano-Pliocene infe¬ riore sono ancora presenti al bordo tirrenico della Catena costiera Calabra, a sud di Amantea (Ortolani et al , 1979). Conclusioni Dopo la fase tettonica traslativa del Tortoniano inferiore-medio, che determina in maniera pressoché definitiva i reciproci rapporti geometrici tra le principali unità stratigrafico-strutturali dell’Appennino meridionale, nelle aree della catena prendono origine alcuni bacini nei quali inizia una sedimentazione di ambiente marino neritico più o meno tranquillo. La sedimentazione prosegue senza sensibili variazioni fino al Messi- niano inferiore, quando progressivamente si instaurano condizioni di circo¬ lazione ristretta che portano al completo isolamento dei bacini. Durante la deposizione delle evaporiti una nuova fase tettonica a carattere regionale interrompe la sedimentazione e provoca tra l’altro rota¬ zioni e probabili traslazioni dei depositi del ciclo Tortoniano-Messiniano; nellTrpinia occidentale si verifica inoltre il sovrascorrimento su di essi di terreni alloctoni, tra i quali i termini più alti dell’unità Lagonegrese II (flysch rosso). Questi grandi tratti dell’evoluzione tettono-sedimentaria tortoniano- messiniana che sono stati individuati e descritti per le serie delflrpinia occidentale sono molto simili a quelli riconosciuti nelle coeve successioni affioranti nel Salernitano (Di Nocera et al , 1979), nella Calabria setten- 162 S. Di Nocera, F. Ortolani, M, Torre e B. Russo trionale (Ortolani et al ., 1979) ed in altre numerose località (Toscana, Sicilia, Nord-Africa, ecc.). Una caratteristica costante di questi bacini è rappresentata dalla depo¬ sizione generalizzata di peliti marine più o meno arenacee, con scarso apporto detritico dalle aree emerse tra il Tortoniano superiore e l’inizio del Messiniano: infatti dappertutto il limite tra questi due piani è stato indivi¬ duato solo in base all’analisi biostratigrafica (Fig. 9). L’analisi delle facies dei terreni del successivo ciclo Messiniano-Plio- cene inferiore indica che in tutta l’area irpina si è verificato un ritorno ad un ambiente marino, che mostra però fin dall’inizio la tendenza all’isola¬ mento e al disseccamento. Ai depositi argilloso-arenacei ed evaporitici seguono, nelle zone poste più a sud e ad ovest, potenti successioni di arenarie e puddinghe polige¬ niche a matrice arenacea con alcuni livelli di argille e gessi. Tali zone dovevano rappresentare aree marginali del bacino, prospi¬ cienti la terra emersa dalla quale provenivano abbondanti clasti che anda¬ vano a formare grandi conoidi deltizie. I ciottoli calcareo-dolomitici, che si riscontrano in quantità via via crescente nei conglomerati mio-pliocenici, provengono dalle successioni della piattaforma carbonatica campano¬ lucana. I livelli di argille e gessi rappresentano l’espressione di episodiche ingressioni marine, seguite in breve tempo - probabilmente a causa delle limitate dimensioni e delle caratteristiche fisiografiche del bacino stesso - da interruzione della circolazione (in tutto il Mediterraneo era in atto una «crisi di salinità») e ripresa della sedimentazione clastica grossolana. I termini conglomeratici mancano quasi del tutto nelle aree ubicate più a sud e ad est, ed il bacino mio-pliocenico doveva probabilmente aprirsi verso i quadranti orientali e meridionali. In queste zone le arenarie sono il litotipo prevalente e ad esse sono intercalate argille fossilifere (fora- miniferi) e limitati spessori di evaporiti e di depositi continentali. II quadro complessivo che si ricava dai risultati delle ricerche sulle serie del ciclo mio-pliocenico dell’Irpinia occidentale è quello di un bacino caratterizzato da limitata profondità e sede di attiva sedimentazione delti- zia al margine occidentale. La terra emersa era costituita dai massicci car- bonatici, in buona parte denudati della loro copertura fliscioide, definitiva¬ mente in emersione dopo la fase tettonica messiniana ed in via di rapido smantellamento. Le zone bordiere del bacino dovevano, inoltre, essere sog¬ gette a ripetute oscillazioni batimetriche causate da movimenti tettonici tardivi di surrezione delle Unità della Catena. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografia, ecc. 163 I terreni del ciclo Messiniano-Pliocene inferiore sono ampiamente dif¬ fusi nel Molise, nel Sannio, in Capitanata e in Campania, dove quelli dell’Irpinia occupano la posizione più occidentale 2. Essi si sono accumulati in alcuni bacini individuatisi sulle coltri che costituivano la parte orientale della paleocatena, ed in posizione ancora più esterna, tra questa e l’avam- paese apulo-garganico. Tali bacini hanno assunto il ruolo di avanfossa ed in essi la sedimentazione continua a luoghi fino alla successiva fase tettonica del Pliocene inferiore (Fig. 10). L’individuazione di un bacino di sedimentazione, impostato in misura maggiore o minore sulle unità più esterne della paleocatena, immediata¬ mente dopo una fase tettogenetica, rappresenta un fenomeno ricorrente nell’evoluzione geologica dell’Appennino campano-lucano e forse di tutto l’Appennino meridionale. Già dopo la fase tettogenetica del Langhiano il Bacino Irpino assume le funzioni di avanfossa e si interpone tra il fronte in affioramento della catena e l’«avampaese» rappresentato dalla piatta¬ forma carbonatica abruzzese-campana (Pescatore, Tramutoli, 1980) (Fig. 10). Solo successivamente, con le fasi tettoniche del Pliocene medio e del Pleistocene, il ruolo di avanfossa viene assunto dalla fossa bradanica (Fig. 10), nella quale si sono in parte scaricate le parti più avanzate delle coltri alloctone. I sovrascorrimenti delle coltri sulle unità paleogeografiche «esterne» avvenuti durante le varie fasi tettoniche neogeniche hanno provocato note¬ voli restringimenti dell’area di catena, che sono stati valutati dell’ordine delle diverse decine di chilometri, anche centinaia per le fasi più antiche. Contemporaneamente le fasi tettoniche pre-messiniane hanno causato importanti variazioni nella paleogeografia delle zone «interne» e dell’area di catena in senso stretto: tra l’altro, la stessa apertura del Mar Tirreno viene fatta risalire al Tortoniano o ad un momento di poco precedente (Scandone, 1979). Fino al Tortoniano, l’intera area della catena viene rifor¬ nita di abbondante materiale terrigeno e cristallino in buona parte estraneo 2 Sul versante tirrenico di questo tratto di Appennino non sono noti sedimenti coevi, né in affioramento né nelle successioni riconosciute tramite perforazioni pro¬ fonde nelle piane costiere; potenti livelli di evaporiti di età quasi sicuramente Mio¬ cene superiore sono invece presenti al fondo del mar Tirreno (Finetti & Morelli, 1974); questi ultimi si mostrano alle indagini geofìsiche pressoché indisturbati, a dif¬ ferenza dei depositi delflrpinia, che sono stati ruotati e forse traslati dalle fasi tetto¬ niche plio-pleistoceniche. 164 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo ai litotipi presenti nelle falde, che hanno fatto ipotizzare l’esistenza di una terra cristallino-metamorfica in area tirrenica, poi sprofondata in mare in seguito a tettonica distensiva. In conseguenza della fase tettonica messiniana si verifica una ulteriore avanzata verso est delle coltri e un comparabile arretramento del margine Salernitano Irpinia occ. C — a — | - b - h c — b —4 — C ■ — h— d - Fig. 10. - Profili paleogeografìci schematici attraverso l’Appennino meridionale tra il Miocene superiore e il Pleistocene. Le successive posizioni del fronte di avanzamento delle coltri alloctone sono indicate con una linea tratteg¬ giata. A - Tortoniano superiore - Messiniano: b) area emersa della paleo¬ catena; c) bacino di sedimentazione marina, impostato in gran parte sulle unità alloctone della paleo-catena; d) dominio paleogeografico della piat¬ taforma carbonatica apula. B - Messiniano-Pliocene inferiore, e C - Plio¬ cene inferiore - Pliocene medio: a) area tirrenica; b) area emersa della Catena; c) bacino di sedimentazione (depositi marini e/o di transizione) in funzione di avanfossa, impostato in gran parte sulle unità alloctone della catena; d) avampaese apulo. D - Pliocene superiore - Pleistocene: a) area tirrenica; b) Catena Appenninica; c) avanfossa (Fossa bradanica); d) avampaese apulo. Evoluzione sedimentaria e cenni di paleogeografìa, ecc. 165 tirrenico; con le fasi tettoniche del Pliocene e del Pleistocene però la zona centrale della catena (occupata dai più importanti massicci carbonatici) non sembra subire spostamenti sensibili verso l’esterno, parallelamente all’avanzamento del fronte delle coltri. I depositi dei cicli di sedimenta¬ zione pliocenici e plio-pleistocenici si sono accumulati in bacini i cui margini occidentali erano grosso modo corrispondenti a quelli dei prece¬ denti bacini messiniani: dalla fine del Miocene in poi si sarebbe così deter¬ minata una «persistenza» dei principali caratteri geografici di questa zona e la parte centrale della catena appenninica, comprendente i massicci car¬ bonatici ed i più importanti rilievi, sarebbe rimasta ad ovest dei bacini neo¬ genici e quaternari. BIBLIOGRAFIA Blow W. H. (1969) - Late middle Eocene to Recent planktonic foraminiferal biostrati- graphy. Proc. lst Intera. Conf. Plankt. Microf, Geneva, 1971, 1. Brugner W., Jacobacci A. & Martelli G. (1966) - Appunti sul rilevamento geoio - gico nel II quadrante del foglio 173 «Benevento ». Boll. Serv. Geol. d’It, 13. Colalongo M. L., Pasini G. & Carobene L. (1973) - Su alcune sezioni neogeniche presso la costa tirrenica tra Salerno e Livorno. Giorn. Geol., (2), serie 2a, 39. 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I) che tali sostituzioni influenzano l’attività ed i composti maggiormente alogenati posseggono un’attività antibatterica più elevata. Summary. - A group of N-alkylamides (I-XXI), hydroxamic derivatives (XXII- XXIII) and hydrazides (XXIV-XXX) of benzoic acids variously substituted in thè nucleus with one, two and three halogen atoms was prepared and tested in vitro for antibacteric and antimicotic activity. Antibacterial screening indicates (Tab. I) that halogen subsitution affects thè activity and more halogenated compounds possess higher antibacterial activity. In una recente sperimentazione su derivati alogenati di acidi idrossi- benzoici abbiamo preso in esame una serie di anilidi dell’acido 2-idrossi- 3,4,5-triiodobenzoico (A). I composti preparati, di formula generale (B), sostituiti nel nucleo anilinico con uno, due e tre atomi di alogeno, sono stati saggiati in vitro relativamente all’attività antimicrobica e antimicotica. Lo screening ha evidenziato una generalizzata attività antimicrobica che si manifesta in maniera più sensibile nei confronti di batteri Gram + (1). Ricerca eseguita con il contributo del Ministero della Pubblica Istruzione. (*) Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell’Università di Napoli. (**) Cattedra di Igiene della Facoltà di Scienze dell’Università di Napoli. 168 Piscopo, Diurno , Cappello, Cereti Mazza , A liberti e Cirino L’indagine è stata estesa a composti strutturalmente correlati a quelli dianzi citati. In particolare sono state esaminate ammidi N-alchilsostituite, derivati idrossamici e idrazidi, in considerazione dell’interesse presentato da tali strutture, come appare evidente anche da un esame sommario della letteratura più recente. Le ammidi N-alchilsostituite sono, infatti, oggetto di ampia sperimen¬ tazione, indirizzata alla evidenziazione di azioni biologiche diverse, quali l’attività antifungina (2-3), antiemetica (4), antiinfiammatoria (5-6), anal¬ gesica (5), antiulcera, antiasma, antiaggregante piastrinica (6), fitotossica (7-8). Lo studio di tale attività è stato particolarmente approfondito in ricerche sistematiche condotte da ricercatori italiani (9-15 e lavori loc. cit.). Anche per i derivati idrossamici la letteratura più recente registra ricerche variamente orientate, quali quelle relative allo studio dell’attività antifungina (16-17), anticolesterolemica (18), antiflogistica (19), anticoagu¬ lante (20). Le idrazidi, poi, presentano un duplice interesse in quanto allo studio delle attività biologiche si aggiunge anche quello della loro possibile utiliz¬ zazione quali «intermedi» per la preparazione di derivati d’interesse chimi- co-farmaceutico. Tra le nuove idrazidi oggetto di sperimentazione farmacologica (21) la letteratura registra quelle furossaniche e furazaniche preparate da Gasco e Coll. (22-23). Nello studio da noi condotto sono stati presi in esame composti rispondenti alle formule (C), (D) ed (E), operando comparativamente con composti analoghi meno alogenati, al fine di avere una migliore conoscenza dell’influenza esercitata dall’introduzione dell’alogeno in tali strutture. (A) X = OH (B) X = NH-arile (Q X = NH-alchile (D) X = NHOH (E) X = nh-nh2 Lo studio dell’attività biologica dei composti in oggetto, descritti in questa nota, è stato orientato verso l’evidenziazione di un’eventuale attività antimicrobica ed antimicotica in considerazione dei risultati ottenuti nello Derivati ammidici, idrossamici e idrazidici, ecc. 169 screening microbiologico delle anilidi alogenosostituite (B) e tenendo anche conto del fatto che l’acido (A) di per sé presenta attività antibatte¬ rica e atimicotica, anche se di lieve entità (24). I composti preparati sono stati saggiati relativamente all’attività anti¬ batterica e antifungina; le modalità delle indagini effettuate sono riportate nella parte sperimentale ed i risultati sono complessivamente esposti nella Tabella I. Parte sperimentale chimica (con la collaborazione di A. Cavalieri) I composti preparati sono stati controllati analiticamente mediante TLC su lastre Merck F 254. I punti di fusione sono stati determinati con un apparecchio Electrothermal e non sono corretti. Gli spettri I.R. sono stati registrati con apparecchi Perkin-Elmer mod. 177 e mod. 399 in sostanze disperse in nujol. Gli spettri R.M.N. sono stati registrati con apparecchio Perkin-Elmer R 24 usando T.M.S. come riferimento interno (5 = 0,00 p.p.m.). Viene impiegata la seguente simbologia: s = singoletto, d = dop¬ pietto, t = tripletto, m = multipletto, bs = segnale slargato, j = costante di accoppiamento. I valori trovati nell’analisi elementare (C,H,N) rientrano nell’intervallo di ±0,4% dei valori teorici. L’acido 2-idrossi-3,4,5-triiodobenzoico (A) utilizzato nelle preparazioni dei derivati descritti in questa nota è stato preparato mediante iodurazione dell’acido 2-idrossi-4-iodobenzoico con cloruro di iodio (24). L’estere metilico di (A), utilizzato per la preparazione del derivato idrossamico (D) e dell’idrazide (E), è stato preparato con la metodica descritta in una precedente nota (25). L’acido salicilidrossamico e le idrazidi degli acidi: salicilico, 4-iodosali- cilico, 3,5-diiodosalicilico, 4-idrossibenzoico, 3,5-diiodo-4-idrossibenzoico, 4-idrossi isoftalico sono stati preparati secondo letteratura. L’acido 3,4,6-triiodosalicilidrossamico è stato preparato adattando opportunamente le tecniche riportate in letteratura (26-27) per la prepara¬ zione dell’acido salicilidrossamico. L’idrazide dell’acido 2-idrossi-3,4,5-triiodobenzoico è stata preparata con una tecnica analoga a quelle descritte in letteratura per la prepara¬ zione dell’idrazide dell’acido salicilico (28-30) e dell’acido p-idrossiben- zoico (29) (31). 170 Piscopo, Diurno, Cappello, Cereti Mazza, A liberti e Cirino ■X tert. C4Hq OH H JH+ + + --++ tert. C4H9 OH J H I + ++ ++ — — ++ Derivati ammidici, idrossamici e idrazidici, ecc. 171 I I I ! I I I ! I I I I I I I I ! I I I I ! I I I I ! i I I . i 1 I +1 I I t + + + llllllll ! ! I I + + + + + + + + ~H + + + 1 1 : 1 1 1 1 1 1 1 1 1 + + + + + + + 1 1 1 1 1 I I I I I I ! I I I I ! D I I I I I \ 0\ E + + + + + + + + + + +1 + + + + + +1 + + + + + + + + + + + + + +1 + + + + + +1 + + + +1 + + + +1 + + + 1 1 1 l + + +1 +1 + + X - - X <—> ►“O E Ho - E - E E ►—9 - 1— » X Ho E Ho - E - E - E - E HO X - •— 9 X *—5 Ho X Ho Ho E - E E Ho Ho X X X X X E X E E E E E E E E 0 0 0 0 O O O O O O O O O O O X IO X io E co E X E E vo E E E E CN E CN E CN E CN E 0 0 u U 0 U u 0 U O O E E E E d d d d d d E X o o XXX H X li 1 1 X CONHNH' 172 Pi scopo, Diurno, Cappello, Cereti Mazza, A liberti e Cirino Ammidi N-alchilsostituite Le ammidi N-alchilsostituite dell’acido 2-idrossi-3 ,4,5-triiodobenzoico (composti (III), (VI), (IX), (XII), (XV), (XVIII) e (XXI), dell’acido 2-idrossi- 3 ,5-diiodobenzoico (composti (II), (V), (Vili), (XI), (XIV), (XVII) e (XX)) e dell’acido 2-idrossi-4-iodobenzoico (composti (I), (IV), (VII), (X), (XIII), (XVI) e (XIX)) di Tab. I sono state preparate per azione delle relative ammine alifatiche sul cloruro dell’acido idrossibenzoico alogenato con la metodica adottata per la preparazione delle anilidi (1); il rendimento effettivo è compreso tra il 64 ed il 70%. I caratteri analitici fondamentali delle ammidi dell’acido 2-idrossi-3 ,4,5-triiodobenzoico sono riportati nella Tab. IL Acido 3,4,5-triiodosalicilidrossamico (XXIII) Si sospendono 0,001 moli di estere metilico dell’acido 2-idrossi-3 ,4,5- triiodobenzoico in H20 (30-40 mi), si aggiungono 0,02 moli di NaOH e 0,001 moli di cloridrato di idrossilammina e si scalda il sistema a 60° C per 2 h sotto costante agitazione e.m. Si ha un sistema monofasico costituito da una soluzione di colore giallo paglierino. Si lascia raffreddare e si acidi¬ fica con acido acetico: si ha un precipitato bianco, fioccoso, del derivato idrossamico (XXIII). Si purifica per cristallizzazione da acetone-acqua; si ha così il composto puro, con p.f. 182-184°C. Il composto (XXIII) è insolubile in acqua, tetraidrofurano, cicloesano, benzene, poco solubile in etanolo, metanolo (solubile a caldo), solubile in acetone. I.R.: 3080 cm_1. IDRAZIDE DELL’ACIDO 2-IDROSSI-3 ,4,5-TRIIODOBENZOICO (XXVII) A grammi 2,1 (0,004 moli) di estere metilico dell’acido 2-idrossi-3 ,4,5- triiodobenzoico si aggiungono mi 2 di soluzione acquosa di idrato di idra- zina al 64% (p/v) di NH2-NH2 e si scalda a 80°-85°C per 2 h sotto costante agitazione e.m., operando in palloncino collegato ad un refrigerante a rica¬ dere. Al termine si travasa il sistema, formato da una soluzione gialla, in becher; si lava con poca H20 ( 20 mi) il pallone, si neutralizza con HC1 2N e si lascia in riposo in frigo per alcune ore. L’idrazide forma un precipi¬ tato fioccoso, bianco crema che, cristallizzato da metanolo, fonde a 164- 165° C con dee. Resa 70%. I.R.: 1645 cm-1. Composti di formula generale: P-CO-NH Derivati ammidici, idrossamici e idrazidici, ecc. 173 7 E e* * 8 tu, y eù o u affi u o O co' ffi W - tri co Cl ^ VO °0 fC a rt f? 4 V ffi] ts CN ^X os E V X z a N N g XX a ■1. A E c/T a a a CO CN 1 oo cn ^r ro ffi È r- 4 *n O oo | ffi ffi ±oz o E ffi oo cc a® ^ u o £ c rf E 0 CO Js". ■ Ca ro ffi 5* = „ <"■ cn ^ -oC + Z - d U U o Ò e ^ ffi'? w I CO t"- ^ X5 to' ffi- -o a x w a x> a o u a u - a ffi a ffi © a co to' m affi a c u° s~ ± a Ni" o o °0 CN io lo VO CO ffi V© io ffi io io VO CN io © CO oo © 4 Os o CO oo oo © 4 Os © o o o o o o CN o CN OS Ov Os OV OV Ov CN CN CN CN CN CN Ov O o O o o CN o i-H »— i CN o IO io io io IO io ,“l 1-1 r-< ’~H r- 1 vo oo oo OO OO io CO V© v© V© o io oo SO SO vo io CO so so SO V© VO VO Os r- o io ov r-H T-— < r- oo so -t CN T— , »— i i— i i— 1 » — 1 H oo sò OS 4 oò © r— ( r- r~~ vo r-H CN t— < 1“l H ,_H J— 1 o CO CO CO vo Ov ©X OV OV OV OS Ov v© o o o 4 oo io r- r- tr¬ oo Ov IO IO lO io io io O a ro \Q a ro U 9,25 (IH bs, NH) C6Hu C13H14l3N02 596,974 147-148 63,77 1530 2900 0,52-1,94 (10H, m, C5H10); 3,664,07 (IH, m, CH-N) 7,62 (IH, bs, OH); 8,58 (IH, s, H arom.) 8,98 (IH, bs, NH) 174 Pi scopo, Diurno, Cappello, Cereti Mazza, A liberti e Cirino Sperimentazione microbiologica I prodotti preparati sono stati sottoposti ad una indagine atta ad evi¬ denziare la loro attività antimicrobica ed antimicotica mediante prove in vitro sia su ceppi batterici Gram-positivi (Staphylococcus aureus, Bacillus subtilis, Bacillus anthracis) e Gram-negativi (Escherichia coli, Salmonella paratyphi B, Brucella abortus) che su ceppi fungini (Aspergillus niger, Sac- charomyces cerevisiae, Candida albicans). Tale indagine è stata attuata con la metodica di Kirby-Bauer (32-33) adattata alle specifiche esigenze dello studio. Per l’attività antibatterica è stato adottato, quale terreno di cultura, il Mueller-Hinton agar, pressoché privo di elementi interferenti e prescritto dal F.D.A. (34) per tale metodica, mentre per quella antimicotica si è adot¬ tato il Sabouraud dextrose agar. Per la loro scarsissima solubilità in acqua, i composti da saggiare sono stati veicolati in Eumulgin 286 allo 0,2%, che da saggi preliminari si è dimostrato inattivo nei confronti dei germi tests, e portati ad una concen¬ trazione di 1.000 p.p.m.; tali sospensioni sono state adsorbite su dischetti filtranti a costante capacità di assorbimento (0,05 mi). I germi tests, infine, sono stati fatti sviluppare prima del saggio in brodo nutritivo idoneo per 24-48 ore onde ottenere delle culture in fase di crescita logaritmica. La metodica è stata attuata preparando delle sospensioni batteriche e fungine nei terreni sciolti e portati alla temperatura di 50° C., in modo tale da ottenere un substrato contenente circa 2 miliardi di cellule per mi. Tali sospensioni sono state poi distribuite in capsule di Petri in quantità costante (12 mi) e sul terreno, a solidificazione avvenuta, sono stati deposti i dischetti contenenti le sostanze in esame. Infine le capsule sono state incubate a 37° C. per 48-72 ore. La eventuale attività antibatterica e/o antimicotica dei composti è stata dedotta dalla presenza di un alone di inibizione della crescita nelle adiacenze di ciascun dischetto. Per una valutazione del grado di attività che desse un’adeguata visione dei risultati (ved. Tab. I), anche se inevitabilmente essi risultano influen¬ zati dalla scarsa diffusibilità dei composti nel terreno di cultura, si è stabi¬ lito di rappresentare la grandezza degli aloni d’inibizione con i simboli: (-) = assenza di attività, (±) = attività molto modesta, (+) - attività moderata, (++) = attività discreta, (+++) = attività buona. Derivati ammidici, idrossamici e idrazidici, ecc. 175 Risultati e conclusioni Dall’esame dei dati riportati nella Tab. I si rileva un’assenza di attività antimicotica nella quasi totalità dei composti esaminati; i soli composti (VI), (VII), (Vili), (IX), (X) e (XII) hanno mostrato un’azione molto modesta nei confronti dello Aspergillus niger. Per quanto riguarda l’attività antimicrobica, i saggi eseguiti hanno evi¬ denziato una diffusa attività che si manifesta, in generale, nei confronti di batteri Gram-positivi. Confrontando tra loro i risultati ottenuti, in relazione al numero di atomi di alogeno- presenti nella molecola delle ammidi N-alchilsostituite, si può notare che quelle maggiormente alogenate presentano una migliore azione antibatterica; ciò si rileva anche per i derivati idrossamici e idrazidi saggiate. Le serie di prodotti esaminati hanno, in conclusione, mostrato uno spettro d’azione biologica che presenta analogie con quello delle anilidi precedentemente esaminate (1), pur se nel complesso l’attività riscontrata appare meno evidente. BIBLIOGRAFIA 1) Piscopo E., Diurno M. V., Cappello B., Cereti Mazza M. T., Aliberti F., Boll. Soc. Natur., Napoli, 89, 287 (1980). 2) Nakagawa T., Mochizuki S., Omori K, Shimano S., Koike K, (Nippon Kayaku Co., Ltd) Ger. Offen. 3,006,160 (Cl. C07C103/82), 28-8-1980, Japan. Appi. 79/ 17, 248, 19-2-1979; C. A., 94, 30389s (1981). 3) Montanari L., Pavanetto F., Mazza M., Modena T., Il Farmaco, Ed. Se., 34, 292 (1979). 4) Shionogi and Co., Ltd. Jpn. 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Tutti e due i generi sono endopunctati: il guscio è attraversato da canali subparalleli i cui diametri aumentano sensibilmente al passaggio allo strato primario. In corrispondenza dei puncta le fibre dello strato secondario si flettono verso l’esterno della valva. In Terebratula si ha una notevole uniformità nella struttura e nello spessore degli strati e delle fibre, mentre in Gryphus si ha una notevole variabilità di questi caratteri; e in particolare lo spessore del guscio e di ciascuno dei tre strati è notevol¬ mente diverso negli esemplari vivente e fossile di G. vitreus . Abbastanza uniformi in tutti i Terebratulidae studiati sono la forma, lo spessore e la disposizione delle fibre dello strato secondario. Summary - Shell ultrastructure of some species belonging to thè genus Gryphus: G. vitreus (Born), G. minor (Philippi) and thè genus Terebratula: T. ampulla (Brocchi), T. sinuosa (Brocchi) has been studied. In both Gryphus species thè shell consists of three calcitic layers: thè primary layer microgranular, thè secondary layer built up of fibers arranged almost parallel to thè shell surface, and thè tertiary layer much thicker than thè previous ones, con- sisting of calcitic prisms perpendicular to thè shell surface. In both Terebratula species only thè fìrst two layers are present. (*) Lavoro eseguito con il contributo del M.P.I. (**) Istituto di Paleontologia dellTJniversità di Napoli. 178 Emma Taddeì Ruggiero Boi r* genera are endopunctate: thè shell is crossed by subparallel canals whose diameter increase in thè primary layer. Fibers of thè secondary layer bend outward. Layer thickness as well as fiber stmcture and size are uniform in Terebratula whereas they vary greatly in Gryphus; thè thickness of thè three layers differs in thè fossil and living specimens of G. vitreus. Shape, thickness and fiber texture in Terebratulidae are almost uniform. Introduzione Lo studio della ultrastruttura del guscio dei brachiopodi sta assu¬ mendo negli ultimi anni una sempre maggiore importanza filogenetica e tassonomica (Mackinnon & Williams, 1974; Williams, 1968, 1971; et aiti); mi è sembrato quindi interessante indagare sulla struttura di alcune Terebratulidae molto diffuse nei terreni del Terziario e del Quaternario o ancora viventi nel Mediterraneo: i generi Gryphus e Terebratula. Del genere Gryphus è conosciuta in letteratura la ultrastruttura della specie G. vitreus vivente; si è voluto confrontarla con esemplari fossili della stessa specie e con un’altra specie sempre fossile G. minor. Di Terebratula è noto in letteratura solo il fatto che è priva dello strato terziario, ma non è mai stata studiata e illustrata in dettaglio. Avendo esemplari ben conser¬ vati, ho ritenuto utile dare un contributo alla conoscenza di queste forme. Tutti e due questi generi appartengono alla sottofamiglia Terebratuli- nae Cray 1840, per i caratteri morfologici esterni e per il tipo di brachidio terebratuliforme (Muìr-Wood et al li , 1965). Terebratula è un genere neogenico e quaternario; Gryphus, nella re¬ gione mediterranea, si rinviene dal Neogene all’Attuale. Materiali e metodi Per lo studio sono stati usati: Gryphus vitreus (Born) vivente Golfo di Napoli (Tav. I, fig 1); Gryphus vitreus (Born) Emiliano Corigliano Calabro (Tav. I, fig. 2a-b); Gryphus minor (Philippi) Quaternario Gallina (RC) (Tav. I, fig. 3 a-c); Terebratula ampulla (Brocchi) Plioc. Montafia (Al) (Tav. I, fig. 4a-d); Terebratula sinuosa (Brocchi) Pliocene Terreti (RC) (Tav. I, fig. 5 a-c). Gli esemplari sono stati puliti con acqua ossigenata a 36 volumi e poi con acqua distillata e trattati con ultrasuoni. Struttura del guscio dei generi Gryphus e Terebratula 179 Alcuni esemplari sono stati usati per lo studio delle superfici esterna ed interna; alcuni, che sono serviti per lo studio delle sezioni, sono stati inglobati in resina Araldite M trasparente (Ciba-Geigy). Sono state effet¬ tuate sezioni «trasversali», cioè perpendicolari al piano di commessura nella zona centrale della valva, e sezioni «longitudinali» secondo il piano di simmetria; di queste ultime è stata studiata la parte mediana. Sono state infine effettuate, con gli stessi criteri, sezioni trasversali e longitudinali mediante fratturazione. I campioni delle sezioni tagliate sono stati ridotti alle dimensioni idonee, levigati con smeriglio grana 1800, lavati, attaccati con HC1 al 10% per 10 secondi e infine lavati con acqua distillata. Tutti gli esemplari sono stati quindi ricoperti di una pellicola d’oro a 18 carati nell’evaporatore a vuoto per 7-8 minuti e quindi osservati al SEM (JEOL JSM-2) degli Istituti Geomineralogici dell’Università di Napoli. Struttura del guscio di Gryphus (Tavv. II-V) In tutti gli esemplari da me studiati appartenenti al genere Gryphus il guscio è costituito da tre strati di calcite: il primario, il secondario e il ter¬ ziario. Nel vivente esternamente è presente uno strato costituito da so¬ stanza organica, il periostraco. La conchiglia è endopunctata. La struttura del guscio del Gryphus vivente è stata già studiata da alcuni Autori: su G. vitreus da Mackinnon (1971) e Mackinnon e Wil¬ liams (1974), su G . steansi da Sass et al. (1965) e da Sass e Monroe (1967), su G. sphenoideus da Gaspard (1977). Mai erano stati studiati esemplari fossili. Strato primario. ~ E costituito da cristalliti aciculari perpendicolari alla superficie del guscio. Nel vivente tra i cristalliti si inseriscono i microvilli, proiezioni della membrana piasmatica attaccate al periostraco (Williams, 1978); la distruzione dei microvilli nei fossili dà a questo strato un aspetto microgranulare e poroso (Tav. II, figg. 3-4; Tav. IV, figg. 1,3; Tav. V, fig. 4). Lo spessore dello strato primario è esiguo: 15 pm nel G. vitreus fossile, 30 pm in quello vivente. Il passaggio allo strato secondario avviene in modo netto (Tav. II, fig. 3; Tav. Ili, fig. 4; Tav. IV, figg. 1, 3; Tav. V, fig. 4). Strato secondano. - È costituito da fibre allungate di calcite, inclinate di un angolo di circa 10° rispetto alla superficie della valva. La sezione delle fibre è spatolata e la loro disposizione è in file alterne regolari (Tav. II, fig. 4). 180 Emma Taddei Ruggiero La forma e la disposizione delle fibre è dovuta al loro modo di crescita (Williams, 1968) che avviene in involucri proteici secreti, come la fibra, dalla membrana piasmatica esterna di ogni cellula; la proteina è prodotta dalla parte anteriore, la calcite dalla parte posteriore. In una sezione trasversale del guscio si notano fasci di fibre disposte in direzioni diverse su diversi piani (Tav. II, fig. 2). Lo spessore delle fibre è molto esiguo, varia tra 3,5 pm in G. vitreus fossile e 4,5 pm in G. minor. In Anisactinelìa , Spiriferidae triassica, le fibre hanno uno spessore di circa 20 pm (Taddei Ruggiero, 1981) ma ne sono state osservate anche di spessori maggiori. Lo spessore dello strato secondario è di circa 40 pm nel G. vitreus fos¬ sile, di circa 80 pm nel vivente, di circa 100 pm in G. minor. Strato terziario. “ È costituito da grossi «prismi» di calcite perpendi¬ colari alla superficie del guscio. Questi prismi non costituiscono unità cri¬ stallografiche, ma sono formati da elementi carbonatici perpendicolari al piano dell’epitelio esterno. Essi, pur non essendo avvolti da foglietti pro¬ teici, rimangono come corpi distinti gli uni dagli altri, e ciò per cause ancora non completamente chiare. Secondo Mackinnon e Williams (1974) ciò può essere dovuto o ad un materiale organico solubile in acqua che occupa gli spazi interprismatici e che si perde nella preparazione delle sezioni o all’assenza di un allineamento cristallografico dei prismi che ne impedisce la fusione. Il passaggio dallo strato secondario a quello terziario avviene con gra¬ dualità: si nota come le ultime fibre dello strato secondario diventano più irregolari, e a volte fibre dello strato secondario si intercalano ai prismi dello strato terziario nella zona di transizione (Tav. IV, figg. 1,3). Ciò è dovuto, probabilmente (Dunlop, 1961) a retrazioni del mantello durante pause di crescita. La secrezione dello strato terziario avviene quando cessa, da parte dell’epitelio esterno, la produzione degli involucri proteici entro cui si for¬ mano le fibre dello strato secondario. Al passaggio (Tav. II, fig. 5), le fibre si ingrossano e si trasformano in prismi con un riorientamento dei costi¬ tuenti di carbonato di calcio da una posizione obliqua rispetto al piano dell’epitelio esterno, ad una normale (Mackinnon e Williams, 1974). Lo spessore dello strato terziario è molto maggiore sia dello strato pri¬ mario che di quello secondario. In G. vitreus vivente è di circa 225 pm, in G. vitreus fossile è di circa 1 100 pm. in G. minor è di circa 435 pm. Lo spes¬ sore dei prismi è piuttosto uniforme, variando dai 20 pm del G, vitreus fos¬ sile ai 33 pm del G. minor. Struttura del guscio dei generi Gryphus e Terebratula 181 Puncta. - Il guscio è endopunctato; la disposizione dei puncta sulla superficie del guscio è in quinconce (Tav. II, fig. 6; Tav. Ili, fig. 1). Lo spessore dei canali è abbastanza costante nello strato terziario, aumenta gradualmente nello strato secondario (Tav. II, figg. 2, 3; Tav. IV, fig. 3; Tav. V, fig. 4), fino ad assumere le massime dimensioni nello strato primario. Struttura del guscio di Terebratula (Tavv. VI VI II) In tutti gli esemplari qui esaminati appartenenti al genere Terebratula il guscio è endopunctato ed è costituito soltanto da due strati: il primario e il secondario. Strato primario . - Ha un aspetto microgranulare (Tav. VI, fig. 1; Tav. Vili, fig. 3): nella Terebratula ampulla i cristallai che lo costituiscono sono pressocché perpendicolari alla valva; nella T. sinuosa si notano invece in sezione longitudinale (Tav. Vili, fig. 3) i cristalliti in bande di crescita che formano un angolo di circa 35° con il limite esterno dello strato secondario. Lo spessore dello strato primario è piccolo e raggiunge in tutte e due le specie studiate i 50 pm. Strato secondario. - Il suo spessore è circa dieci volte quello dello strato primario, raggiungendo nelle due specie 500-600 pm. I fasci di fibre che lo costituiscono sono pressocché paralleli alla super¬ ficie della conchiglia e nella sezione del guscio si notano pacchi di fibre che hanno direzioni diverse su diversi piani (Tav. VI, fig. 1; Tav. VII, figg. 2, 3; Tav. Vili, figg. 2, 3). Lo spessore delle fibre è di 4-5 pm e la loro larghezza di circa 10 pm; sono di forma tipicamente spatolata e la loro disposizione è in regolari file alterne (Tav. VI, figg. 4, 5; Tav. Vili, fig. 4). È stato possibile mettere in evidenza anche il mosaico dell’interno della conchiglia costituito dalle facce libere delle fibre: in tutte e due le specie appaiono petaloidi (Tav. VI, fig. 2; Tav. Vili, fig. 5) e di dimensioni simili. Quelle di T. sinuosa sembrano meno regolari, ma ciò credo dipenda dal modo con cui sono stati eseguiti i preparati: per T. ampulla è bastato pulire la valva, per T. sinuosa , invece, si è dovuto asportare una piccola parte di concrezione calcarea. 182 Emma Taddei Ruggiero Puncta. - Il guscio delle Terebratule è endopunctato, i canali sono subparalleli e pressocché perpendicolari al guscio. Essi hanno un diametro quasi costante nello strato secondario che poi cresce rapidamente nelPul- timo tratto dello strato secondario e nello strato primario (Tav, VI, fig. 1; Tav. Vili, fig. 2). In corrispondenza del punctum le fibre dello strato secondario deviano lateralmente e si inflettono verso Pesterno (Tav. VII, figg. 3, 5). In sezione tangente la disposizione dei puncta è in quinconce. Considerazioni (Tabella I) Dallo studio dei campioni esaminati si può osservare che la struttura del guscio delle due specie appartenenti al genere Terebratula è piuttosto uniforme: il guscio ha uno spessore da 550 pm a 650 pm, con uno strato TABELLA I Spessore del guscio, degli strati primario, secondario e terziario, delle fibre dello strato secondario e dei cristalli dello strato terziario nelle specie studiate. Tutte le dimensioni sono espresse in pm.. spessore strato I spessore strato II spessore strato III spessore fibre strato II spessore cristalli strato III spessore guscio Gryphus vitreus viv. 30 80 225 4 23 320 Gryphus vitreus foss. 15 40 1100 3,5 20 1235 Gryphus minor 25 100 435 4,5 33 530 Terebratula ampulla 50 500 - 4,5 - 550 Terebratula sinuosa 50 600 - 4,5 - 650 primario piuttosto esiguo di circa 50 pm e strato secondario di 500-600 pm; sono abbastanza costanti la forma spatolata, le dimensioni (spessore 4,5 pm, larghezza 10 pm) e la disposizione in file alternate delle fibre dello strato secondario. Uniforme, nelPambito degli esemplari studiati, è anche la frequenza, la disposizione e Pandamento dei puncta . La sola differenza abbastanza evidente è che nello strato primario di Terebratula sinuosa si notano bande di crescita ad alto angolo rispetto al limite strato primario-strato secondario, mentre in T. ampulla esse non sono evidenti. Struttura del guscio dei generi Gryphus e Terebratula 183 Diversa è la situazione per quanto riguarda i rappresentanti del genere Gryphus: in questi si nota una grande variabilità soprattutto tra i due rap¬ presentanti vivente e fossile di G. vitreus. Il guscio nel vivente è, nel com¬ plesso, piuttosto sottile (320 pm); molto più spesso, considerando sempre la stessa porzione del guscio, è quello del rappresentante fossile (1235 pm). È da notare che l’enorme differenza di spessore del guscio è da ascriversi esclusivamente allo spessore dello strato terziario (HOOpm contro i 225 pm del vivente) mentre sia lo strato primario (15 pm) che lo strato secondario (40 pm) sono, nel fossile, la metà rispetto a quelli del vivente. Per quanto riguarda lo spessore delle fibre dello strato secondario (3,5-4 pm), la loro disposizione in regolari file alternate e lo spessore dei cristalli dello strato terziario (20-23 pm) non si hanno differenze degne di nota. Per quanto riguarda G. minor gli spessori del guscio (530 pm), dello strato primario (25 pm) e dello strato terziario (435 pm) hanno valori inter¬ medi rispetto a quelli dei rappresentanti viventi e fossili di G. vitreus ; mag¬ giori sono invece lo spessore dello strato secondario (100 pm), lo spessore delle fibre dello strato secondario (4,5 pm) e lo spessore dei cristalli dello strato terziario (33 pm). Conclusioni Negli esemplari appartenenti al genere Terebratula esiste una notevole uniformità relativamente alla struttura ed allo spessore degli strati e delle fibre. Viceversa in Gryphus esiste una notevole variabilità rispetto ai mede¬ simi caratteri. In particolare lo spessore del guscio e di ciascuno dei tre strati è notevolmente diverso nel G. vitreus vivente e in quello fossile: questa circostanza può far pensare che si tratti di due sottospecie diverse oppure che questa differenza sia da mettere in relazione alle diverse condi¬ zioni ecologiche dell’ambiente. La forma vivente proviene dalle secche in prossimità dell’isola di Capri, quella fossile è stata rinvenuta in sedimenti appartenenti all’Emiliano (Ruggieri e Sprovieri, 1975) piano durante il quale il mare doveva essere più freddo dell’attuale. Elementi abbastanza uniformi in tutti i Terebratulidi considerati sono la forma, lo spessore e la disposizione delle fibre che costituiscono lo strato secondario. Il genere Gryphus e il genere Terebratula differiscono in maniera sostanziale per la presenza dello strato terziario nel solo genere Gryphus. Nella grande maggioranza i generi appartenenti alla sottofamiglia Tere- bratulinae dei quali è stata studiata l’ultrastruttura posseggono lo strato ter- 184 Emma Taddei Ruggiero ziario del guscio. Alcuni generi ne sono privi: Lobothyris del Giurassico inferiore e medio, Tubìthyris del Giurassico medio e Terebratula del Neo¬ gene e Quaternario. La distribuzione quasi episodica di questi generi nel tempo impedisce di capire a cosa sia dovuto e quale sia P importanza filogenetica di questo carattere che comunque potrebbe essere abbastanza significativo da giusti¬ ficare P inserimento di Gryphus e Terebratula in due sottofamiglie diverse. Ringraziamenti Ringrazio la Prof. Maria Moncharmont Zei per la lettura critica del lavoro, il Prof. Giulio Pavia che mi ha accompagnata nella località fossili¬ fera a T. ampulla , il Dr. Franco Nobili che ha collaborato alla preparazione di alcuni esemplari per Posservazione al SEM, il Dr. Antonio Canzanella che ha eseguito le microfotografie al SEM. LAVORI CONSULTATI Dunlop, G. M. (1961). Shell development in Spirifer trigona! is from thè Carbonife- rous of Scoi land. Palaeontology , 4: 477-506, 2 tavv. Gasparo, D. (1978). Biomineralisation chez les Brachiopodes Artieulés - mieto- structure.et formation de la eoquille. Ann. Paléontol. Inv., 64: 1-25, 8 tavv. Mackinnon, D. I. (1971 a). 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Fig. 3a-c. - Giyphus minor , a , visto dalla valva brachiale, b , visto dalla valva pedim- colare, c, vista laterale; prov. Gallina - x 2. Fig. 4 a-d. - Terebratula amputici , a , vista dalla valva brachiale, b, vista dalla valva peduncolare, veduta frontale, d , veduta laterale; prov. Montafia - x 1,2. Fig. 5 a-c. - Terebratula sinuosa , a , vista dalla valva brachiale, &, vista dalla valva peduncolare, c, veduta laterale; prov. Terreti - x 1,5. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Taddei Ruggiero E. - Struttura del guscio Gryphus e Terebratula Tav. I Iptlfl TAVOLA II Figo. 1-5. - Gryphus vitreus (Born) vivente; prov. Golfo di Napoli; sezione trasver¬ sale tagliata di una grande valva. In tutte le figure l’esterno della valva è in alto. Camp. E 356. Fig. 1. - Sezione del guscio completo - x 175. Fig. 2. - Particolare della precedente: si notano lo strato primario e lo strato secon¬ dario completi e il passaggio allo strato terziario - x 340. Figg. 3-4. - Contatto strato primario-strato secondario; da notare l’aspetto microgra¬ nulare dello strato primario e il caratteristico contorno spatolato delle fibre dello strato secondario tagliate trasversalmente il cui lato concavo è rivolto verso l’interno della valva; fig. 3 x 680, fig. 4 x 2040. Fig. 5. - Particolare di fig. 1; contatto strato secondario-strato terziario: da notare l’irregolarità delle fibre dello strato secondario in corrispondenza del contatto - x 680. Fig. 6. - Strato secondario, grande valva, sezione tangente. Camp. E 47 - x 240. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Taddei Ruggiero E. Gtyphus e Terehratula Struttura del guscio Tav. II TAVOLA III Gryphus vitreus (Born); prov. Corigliano Calabro; età: Emiliano. Fig. 1. - Superficie esterna (in basso) e decorticata (in alto) della grande valva; notare la disposizione dei puncta in quinconce; Camp. E 213 - x 70. Fig. 2. - Particolare della precedente; superficie tangente allo strato secondario - x 680. Fig. 3. - Particolare della precedente, caecum : all’interno si notano le fibre degli strati precedentemente attraversati - x 2040. Fig. 4. - Sezione trasversale spezzata della grande valva; contatto strato primario- strato secondario; la parte esterna della valva è in alto. Camp. E 216 - x 2040. Fig. 5. - Sezione longitudinale spezzata della grande valva; contatto strato secondario-strato terziario; l’esterno della valva è in alto. Camp. E 215 - x 680. Fig. 6. - Stesso campione, particolare dello strato terziario - x 200. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Taddei Ruggiero E. - Struttura del guscio Gryphus e Terebratula Tav. Ili TAVOLA IV Gryphus vitreus (Born); prov. Corigliano Calabro; età Emiliano. Sezione trasversale della grande valva; la parte esterna del guscio è in alto. Fig. 1. - Si notano dall’alto lo strato primario, lo strato secondario e quello terzia¬ rio. Camp. E 210 - x 800. Fig. 2. - Sezione di tutto il guscio; da notare la differenza di spessore tra i tre strati. Camp. E 211 - x 70. Fig. 3. - Particolare della precedente; sono visibili interamente lo strato primario e quello secondario nonché il passaggio a quello terziario; il canale aumenta di diametro dall’ interno verso l’esterno del guscio e le fibre dello strato secondario che lo circondano si inflettono verso l’esterno del guscio in corrispondenza di esso - x 680. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Taddei Ruggiero E. - Struttura del guscio Gryphus e Terebratula Tav. IV TAVOLA V Gryphus minor (Philippi); prov. Gallina (RC); età Quaternario. Fig. 1. - Sezione trasversale spezzata della grande valva; si notano i sottili strati pri¬ mario e secondario e lo spesso strato terziario; Testerno del guscio è sito in alto. Camp. E 7 - x 70. Fig. 2. - Particolare della precedente; dall’alto in basso si notano: lo strato primario completo, lo strato secondario, completo anch’esso (spezzato lungo un piano obliquo), e l’inizio dello strato terziario - x 240. Fig. 3. - Superficie interna della piccola valva; si notano le estremità dei cristalli dello strato primario. Camp. E 27 - x 200. Fig. 4. - Sezione longitudinale tagliata della piccola valva; si notano lo strato prima¬ rio e quello secondario completi e l’inizio di quello terziario; ben evidenti i canali subparalleli che attraversano il guscio. Camp. E 63 - x 200. Fig. 5. - Sezione longitudinale tagliata della grande valva; fibre dello strato secon¬ dario. Camp. E 26 - x 800. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Taddei Ruggiero E. - Struttura del guscio Giyphus e Terebratula Tav. V TAVOLA VI Terebratula ampulla (Brocchi); prov. dintorni di Montafia (Asti); età Pliocene. Fig. 1. - Sezione trasversale tagliata della grande valva; da notare il piccolo spessore dello strato primario rispetto a quello secondario, i canali subparalleli che si ingrossano molto al passaggio nello strato primario; Pesterno della valva è in alto. Camp. E 132 - x 240. Fig. 2. - Superficie interna che mostra la faccia libera delle fibre di forma petaloide; in alto a sinistra una porzione scrostata mostra le fibre dello strato secondario. Camp. E 118 - x 800. Fig. 3. - Superficie interna e scrostata del guscio in cui si vedono più piani dello strato secondario nei quali le fibre sono disposte in diverse direzioni. Camp. E 118 - x 80. Fig. 4. - Sezione trasversale dello strato secondario mostrante la disposizione dei caeca in quinconce. Camp. E 133 - x 240. Fig. 5. - Particolare della precedente mostrante la regolare forma e disposizione delle fibre dello strato secondario; si notano due canali messi in evidenza dall’attacco con l’HCl - x 800. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Taddei Ruggiero E. - Struttura del guscio Gryphus e Terebratula Tav. VI TAVOLA VII Terebratula ampulla (Brocchi); prov. dintorni di Montafia (Asti); età Pliocene. In tutte le figure l’esterno della conchiglia è in alto. Fig. 1. - Sezione longitudinale spezzata della piccola valva: limite strato primario- strato secondario. Camp. E 119 - x 680. Fig. 2. - Sezione spezzata del guscio: si notano lo strato primario completo, parte dello strato secondario e alcuni canali subparalleli; nella parte bassa della foto si vede uno spesso strato di fibre subparallele alla superficie della valva (in questo tratto la sezione è normale a detta superficie). Si passa poi a fibre che sembrano normali rispetto alle precedenti, ma si tratta della rottura avvenuta secondo un piano inclinato (vedi la sezione dei canali); nello strato primario (in alto) la sezione torna ad essere quasi perpendicolare alla superficie delle valve. Camp. E 120 - x 200. Fig. 3. - Particolare della precedente: da notare che le fibre dello strato secondario si inflettono verso l’esterno della valva in corrispondenza del canale - x 800. Fig. 4. - Canale isolato per azione dell’HCl. Camp. E 129 - x 2040. Fig. 5. - Particolare di fig. 3: sezione di un canale; da notare la particolare disposi¬ zione e forma delle fibre che lo costituiscono - x 2040. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Taddei Ruggiero E. - Struttura del guscio Gryphus e Terehratula Tav. VII TAVOLA Vili Terebratula sinuosa (Brocchi); prov. Terreti (RC); età Pliocene. Fig. 1. - Sezione trasversale della grande valva mostrante il guscio completo; da notare il piccolo spessore dello strato primario; i canali sono subparalleli e aumentano di diametro al passaggio allo strato primario. Camp. E 109 - x 80. Fig. 2. - Sezione longitudinale della grande valva: si notano parte dello strato pri¬ mario e parte dello strato secondario. I canali sono stati messi in evidenza dall’azione deH’HCl. Camp. E 106 - x 270. Fig. 3. - Sezione longitudinale della grande valva: si notano nello strato primario bande di crescita ad alto angolo rispetto al limite con lo strato secondario - x 480. Fig. 4. - Stesso campione, strato secondario: da notare la regolare forma e disposi¬ zione delle fibre - x 1000. Fig. 5. - Superficie interna del guscio della grande valva mostrante la forma delle facce terminali delle fibre. Camp. E 258 - x 800. Fig. 6. - sezione tangente allo strato secondario di una grande valva. Camp. E 342 - x 200. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1981 Taddei Ruggiero E. - Struttura del guscio Gryphus e Terebratula Tav. Vili Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 90, 1981, pp. 203-216, figg. 6, tab. 1 Influenza delle alterazioni ambientali naturali sulla fauna fluviale del torrente «Bagni» (Valle d’Ansanto - A V) Nota dei soci Pietro Battaglimi (*) e Nadia Arcamone(*) (Tornata del 27 novembre 1981) Riassunto. - Nella nostra ricerca abbiamo cercato di individuare i possibili inse¬ diamenti di associazioni faunistiche nei torrenti che scorrono nella «Valle di Ansante», area con «mefite». Tali torrenti sono completamente essiccati durante il periodo estivo e autunnale e presentano, a circa 110 m a monte della loro confluenza, potenti fuoriuscite di gas la cui composizione è costituita prevalentemente da C02 e H2S. La ricerca è stata effettuata nell’arco di tempo compreso tra l’aprile 1980 e l’aprile 1981 in 6 stazioni poste lungo il torrente «Bagni». I 46 animali raccolti appartengono a 5 taxa: Nematodi, Tardigradi, Odonati, Coleotteri e Ditteri. La fauna fluviale è presente solo alle sorgenti, per cui l’assetto faunistico del torrente «Bagni» viene limitato solo a monte delle esalazioni di C02 e H2S, le quali agi¬ scono, con effetto di barriera, nella diffusione ed insediamento della fauna: anche 500 m dopo le suddette esalazioni non ricompare la fauna. La struttura della comu¬ nità animale, inoltre, è caratterizzata da una preponderanza di larve di Ditteri che, pertanto, risulterebbero le meglio adattate a tale ambiente. Viene quindi discussa l’influenza di un ambiente limite sulla costituzione di una comunità animale. Summary. - In our research w e tried to single out thè possible installatios of fluvial faunal associations in thè torrents flowing in thè Ansanto Valley. which is a mephitical area. These torrents have enterely dried during thè summer and autum- nal periods and moreover, at about 100 m. on upriver of their confluences, they pre- sent mighty leacks of gas whose Chemical composition prevalently consists of C02 and H2S. The research has been developed for twelve months from Aprii 1980 to Aprii 1981 in six different points sited along thè Torrente Bagni. The forty six animals picked up belong to Live taxa: Nematodi, Tardigradi, Odo¬ nati, Coleotteri e Ditteri (*) Istituto e Museo di Zoologia - Università di Napoli. 204 Pietro Battaglini e Nadia Arcamone Fìg. 0. - Localizzazione della zona della ricerca. Notare i diversi torrenti che confluiscono verso la «Mefite». Influenza delle alterazioni naturali sulla fauna 205 Fluvial fauna is present only at thè source therefore thè faunistic composition of Torrente Bagni is confined until thè gases leack of CO2 and H2S which produce barrier action to thè fauna’s spreading and settling down. The fauna does not reap- pear either at a distance of 500 m. from thè gases leack. The animai comunity’s structure, besides, is distinguished by a strong preponde- rance of Dipteron larva, which seems thè fittesh in this environment. It’s so disputed thè influences of a limit environmental factor on thè constitution of a animai community. L’assetto singolare dei torrenti della «Valle di Ansanto», sottolineato dall’aspetto desertivo e dalla scarsa vegetazione, ci ha spinti ad indagare sulle eventuali possibilità di insediamento di associazioni animali fluviali e soprattutto sulle eventuali interdipendenze tra le probabili zoocenosi e le caratteristiche della zona. Solo alcune ricerche sulla microbiologia (Totaro Aloy, 1973) e sui caratteri generali della pedofauna (P. Battaglimi, Totaro Aloy, 1973) accennano agli ambienti biotici di questo ambiente. Inoltre sono in corso di stampa i risultati di un’indagine ecologica sulla pedofauna di tale ambiente (Battaglimi, Carbone, 1981). Il «Lago di Ansanto» occupa un’area rettangolare con il lato Nord rial¬ zato, delineato ad Est e ad Ovest da due torrenti completamente essiccati durante il periodo estivo ed autunnale (SiNNO, 1969). Questi due torrenti confluiscono a lato Sud-Est e seguendo il loro percorso dal punto della confluenza si nota che dopo 500 m. circa di ripristina la vegetazione sulle sponde. Il torrente ad Ovest presenta una larghezza di circa 4 m. e scorre ad una pendenza del 63% circa (v. fig. 0). L’acqua appare abbastanta limpida alla sorgente e lungo il suo per¬ corso trasporta massi disordinati e frantumati. A circa metà del suo cam¬ mino diminuisce la sua velocità e diventa di un colore più torbido. Osser¬ vazioni effettuate da una buona angolazione fanno notare una potente fuo¬ riuscita di gas la cui composizione è costituita prevalentemente da H2S e C02. Anche le pietre che contornano i lati del torrente ed i ciottoli che vengono trasportati dalla corrente stessa acquistano qui un colore scuro, quasi nero. Dopo questo tratto, al quale è quasi impossibile avvicinarsi per le suddette emanazioni gassose, il torrente riacquista una certa limpidezza e riunisce le sue acque con quelle del torrente che scende dal lato Est creando dei piccoli vortici. Ai due torrenti si accede scendendo attraverso un pendio abbastanza ripido che presenta chiaramente una certa franosità. Infatti si notano degli evidenti cambiamenti nella configurazione del suolo che sono da attribuire al carattere franoso della zona. 206 Pietro B attagliili e Nadia Arcamone Abbiamo così effettuato dei prelievi di acqua dai due torrenti e alla loro confluenza per conoscere i possibili animali viventi in tale ambiente. Metodica dei prelevamenti Per il presente studio sono stati effettuati prelievi di fauna in sei sta¬ zioni. Tali campionamenti sono stati eseguiti: il 20-4-’80, P 1 l-l-’8 1 e PII- 4-81. La localizzazione delle stazioni (*) è la seguente: Stazione la: Alla sorgente del torrente che scorre ad ovest del lago di Ansanto. Stazione 2a: spostandosi verso il lato Sud del torrente a metà percorso a 100 metri a valle. Stazione 3a: A metà del percorso del torrente che scorre ad ovest del lago. Stazione 4a: Dopo 60 metri dalla confluenza dei due torrenti. Stazione 5a: Alla sorgente del torrente che scorre ad Est. Stazione 6a: Dopo 500 metri a valle dalla confluenza quando si ripri¬ stina il verde sulle sponde con assenza di vegetazione sommersa. I prelievi sono stati effettuati tenendo conto delle condizioni ambien¬ tali, pertanto è stata misurata sia la temperatura ambiente che quella delle acque nei punti in cui sono stati effettuati i prelievi (Tab. I). In ogni stazione è stato operato il campionamento faunistico con la metodica dell’accumulo, tramite retino (diametro di 12 cm e volume di circa 21 con maglie con apertura di 100 mm), retinando per sei volte contro corrente, lungo un tratto di 1 m lineare. Risultati e osservazioni Le risultanze di questa indagine hanno evidenziato in questo ambiente 46 individui appartenenti ai seguenti phyla animali: Nematodi, Tardigradi e Artropodi. Per il ruolo giocato nella zoocenosi fluviale sono stati indivi¬ duati cinque taxa: Nematodi, Tardigradi, Odonati, Coleotteri, Ditteri. Nel biotopo I del prelivo del 21-4-80 è stata riscontrata la presenza di 1 Nematode, 2 Tardigradi, 1 larva di Odonati, 1 larva di Coleotteri, 12 larve di Ditteri per un totale di 17 individui. Nei biotopi II, III e IV in pari data (*) Nel testo, per comodità, sono indicate: biotopi. Influenza delle alterazioni naturali sulla fauna 207 i—i &X> tu > tu bQ > 0 + O -SS e c tu d 00 NEMATODI - TARDIGRADI - COLEOTTERI - ODONATI Discussione e conclusioni Dai dati così ottenuti la prima considerazione che risulta è che i Dit¬ teri sono il taxon più abbondantemente rappresentato e che le uniche forme di vita sono state ritrovate alle sorgenti dei due torrenti che scorrono ai due lati del lago di Ansanto. Infatti lungo il loro percorso, alla loro confluenza ed anche a 500 m a valle di questa, dove si ripristina la vegetazione emersa non è stata riscon¬ trata la presenza di nessuna specie animale. Questo è un dato molto impor¬ tante in quanto ci permette di dedurre che nella zona circostante il lago di Ansanto si creano non solo dei fattori limitanti che impediscono l’insedia¬ mento della vita animale, ma addirittura questa zona si può considerare come una barriera impossibile da superare. In un ambiente così particolare con forti esalazioni di C02 e H2S i fattori limitanti devono essere quasi sicuramente dovuti ad una mancanza quasi totale di ossigeno. Sappiamo che l’ossigeno è importante per la respirazione per cui la sua assenza può diventare causa di condizioni sfavorevoli o addirittura letali. La mancanza di ossigeno è anche da mettere in relazione all’assenza di ogni forma di vegetazione sommersa. Oltre a questo principale fattore limitante se ne possono elencare degli altri tra cui il carattere torrentizio dei due corsi d’acqua. Infatti come già detto essi sono completamente asciutti durante tutto il periodo estivo ed autunnale. Nella Valle di Ansanto a differenza che nelle zone ad esse simili quali la Solfatara di Pozzuoli oppure e geysers di Jellowstone Park la temperatura non è un fattore limitante. Infatti nella Valle di Ansanto si hanno esala- Influenza delle alterazioni naturali sulla fauna 215 zioni fredde mentre nelle sorgenti di Jellowstone Park la temperatura raggiunge gli 80-85 °C e sono relativamente pochi gli organismi pecilo- termi che possono vivere permanentemente già a temperature prossime a + 45 °C. Un’altra considerazione da fare è che la assoluta dominanza delle larve dei Ditteri, alla sorgente dei due torrenti, testimonia la maggiore resi¬ stenza della specie appartenenti a quest’ordine alle non certo ottimali con¬ dizioni che si hanno in questi due biotopi, anche se certamente si risen¬ tono in misura minore i fattori limitanti prima elencati. Da quanto già detto nei risultati e osservazioni le due stazioni biotiche son la I e la V, che per questo carattere abbiamo indicato come Biotopi. L’assenza completa di fauna, durante tutti i prelievi, in tutte le altre stazioni e biotopi è così lam¬ pante e netta che evidenzia il carattere negativo di possibilità vitale di essi. Tale assetto faunistico, limitato solo a monte delle esalazioni di Co2 e H2S, conferma l’effetto di barriera di tali emanazioni per la diffusione e l’insediamento della fauna lungo il torrente «Bagni». Inoltre tale effetto barriera è così fortemente abiotico da impedire il rinstaurarsi di una comu¬ nità animale anche dopo 500-600 metri a a valle di tali emenazioni. Quindi si può riassumere che i torrenti attraversanti la Valle di Ansante subiscono gli effetti di essa in modo tale da alterare il proprio patrimonio faunistico. È pur tuttavia interessante osservare la presenza di almeno 4 taxa nel torrente a monte di tali emanazioni, anche se le stazioni ove sono stati effettuati tali campionamenti fanno parte integrante della Valle di Ansanto. Sebbene numericamente tali taxa non sono molto rappresentati è pur vero che esistono; quindi le specie, e pertanto gli individui ad esse appartenenti, hanno sviluppato un adattamento a tale ambiente. In questo sistema adat- tativo-selettivo si osserva una possibilità per i Ditteri e via via decrescendo fino agli Odonati, secondo lo schema precedentemente riportato. Questa preponderanza dei Ditteri però è legata alla presenza in essi di individui appartenenti al genere Chironomus ed in particolare sono stati trovati molti esemplari di Chironomus p/umosum e Chironomus thummi , che come specie si sono ben adattate ad ambienti poveri di 02 di ambienti for¬ temente alterati. Concludendo si può dire che la fauna pluviale torrentizia del torrente «Bagni» risente in misura notevole dell’area attraversata e che nella sua distribuzione e diffusione incontra una barriera ecologica, emanazioni di C02 e H2S, che non è riuscita superare, anche se come costituenti di questa fauna vi sono specie adattate a basse esigenze ecologiche. Sarà oggetto di una prossima nota l’analisi ecologica dell’influenza dei fattori abiotici (chimico-fisici) sulla distribuzione, della fauna fluviale del torrente «Bagni». 216 Pietro Battag/ini e Nadia Arcamone BIBLIOGRAFIA P. Battaglini - E. Totaro Aloj - Prime ricerche sulla pedofauna della mefite della «Valle di A nsanto » Avellino. Società dei Naturalisti in Napoli, voi. LXXXII (1973). Totaro Aloj E. (1973) - Il microambiente della mefite della « Valle di A nsanto». Boll. Soc. Natur. in Napoli, 82. Sinno R. (1969) - / minerali della « Valle di Ansanto». Atti Acc. Se. Fis. e Mat. Napoli, s. 3, voi. VII, n. 6. P. Battaglini - A. Carbone - La fauna del suolo di un terreno a condizioni ecologiche limiti (Valle di Ansanto, Avellino, Campania). Boll. Soc. Natur. in Napoli (in corso di stampa). Boi!. Soc. Natur. Napoli voi. 90, 1981, pp. 217-232, flgg. 5, tabb. 8 La fauna del suolo di un terreno a condizioni ecologiche limiti (Valle di Ansanto, Avellino, Campania) Nota del socio Pietro Battaglimi (*) e di Angelina Carbone (**) (Tornata del 27 novembre 1981) Riassunto - Vengono riportati i valori delle analisi granulometriche, della poro¬ sità, dell’umidità ed il pH degli orizzonti di diversi terreni mefitici della Valle di Ansanto (Avellino). La pedofauna è costituita, nella quasi totalità, dal phylum degli Artropodi mediante i gruppi dominanti degli Acari e Collemboli che coesistono in un netto rapporto di antagonismo. Le piccole e, a volte, trascurabili quantità degli Insetti non superano, comunque, il 7%. Le varie caratteristiche pedologiche del ter¬ reno ed il tempo non esercitano una effettiva influenza sui vari aspetti della popola¬ zione animale. I valori delle densità e della struttura delle popolazioni, a livello delle unità di superficie e di volume, sono bassi e risentono solo della vicinanza alle pozze. La distribuzione della pedofauna sembra essere direttamente influenzata dall’azione dei venti locali. Summary - Grain size, porosity, humidity and pH values of various soil hori- zons belonging to thè «Mefite» of thè «Ansanto Valley» (Avellino, Southern Italy) have been reported. Soil fauna is represented by thè dominance of Acari and Col- lembola which are antagonist; thè Insect population is negligible. Arthropoda distri- butions do not depend on pedological characters and time factor. The small values of thè density and thè structure of thè populations are influenced by thè distance to thè «pozze». The generai soil fauna distribution seems to be related to thè locai winds action. Introduzione La Valle di Ansanto, localizzata tra il torrente Fredane ed il fiume Ufita nel rettangolo topografico Mirabella - Grottaminarda - Guardia dei Lombardi - S. Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino, è caratteriz¬ zata nella sua area centrale da una grossa pozza mefitica detta, comune- (*) Istituto e Museo di Zoologia - Università di Napoli. (**) Istituto di Mineralogia - Università di Napoli. 218 P. Battaglini, A. Carbone mente, Lago di Ansanto, ripiena durante tutto il corso dell’anno di acque fangose gorgoglianti nel lato SW, per emanazioni gassose di H2S, C02, NH3 (Sinno, 1969). Il fondale di tale celebre mefite viene a trovarsi su di un cri¬ nale di scisti squamosi che costituisce la fondazione naturale della strada nazionale di Lacedonia. Prima di giungere alla mefite si rinvengono depo¬ siti di gesso e polle di acque nelle quali pullula gas. Tali zone vengono denominate localmente «Bagni». La mefite occupa un’area pressoché rettangolare avente il lato Nord rial¬ zato ed i restanti lati racchiusi da valloncelli. Una caratteristica principaledella località è data dal suo aspetto rovinoso e desolato. Infatti, massi disordinati e frantumati sono trasportati dal torrente che scorre lateralmente alla mefite. Ivi è assente ogni forma di vegetazione ed il verde dei campi lascia posto ad un grigiore dovuto all’abbondanza del gesso, quest’ultimo ricoprente in gran parte l’intera zona. Diverso è l’aspetto della Valle durante le varie sta¬ gioni. Nei mesi invernali essa è ricca di bocche da cui fuoriescono getti di gas; in estate, al contrario, solo il lago principale è parzialmente in attività e le cosiddette bocche laterali appaiono colmate dal fango disseccato. In genere, gli unici insediamenti biologici rinvenibili macroscopica¬ mente consistono di associazioni vegetali quali, ad esempio, gli agglomerati di latifoglie, posti ai margini del vallone a circa trecento metri dalla pozza, e di limitate proliferazioni di graminacee, queste ultime poste a non meno di cento metri dalla bocca stessa. L’unico riferimento bibliografico di carat¬ tere biologico è dato dal lavoro di Battaglini e Totàro Aloj (1973). Pertanto, tenendo presente le suddette caratteristiche ambientali e morfologiche, si è ritenuto che la pedofauna della Valle di Ansanto venisse studiata a livello delle strutture, delle composizioni e delle attività funzionali con cui essa si presenta in un così peculiare ecosistema. Descrizione ed ubicazione delle stazioni Ai fini della presente ricerca, sono state esaminate quattro zone di campionatura che, per le loro caratteristiche ecologiche, sono da conside¬ rarsi delle vere e proprie stazioni. Esse, pur presentandosi abbastanza diffe¬ renziate, hanno caratteristiche simili dovute, soprattutto, alla natura stessa del suolo, ai suoi costituenti mineralogici ed alla vicinanza della mefite . I prelievi sono stati effettuati con quasi continuità stagionale1 nei giorni 21-1-79, 10-4-79, 29-9-79 e 8-2-80. Nella fig. 1 viene riportata l’area 1 Non è stata effettuata la campionatura durante il periodo estivo a causa dei gas diffusi dai venti locali. La fauna del suolo di un terreno a condizioni ecologiche limiti 219 Fig. 1 - Area della ricerca. 220 P. Battaglini, A. Carbone di campionatura in cui le singole località appaiono poste ai quattro punti cardinali rispetto alla mefite , ciascuna con una distanza da essa compresa fra i dieci ed i venticinque metri. La variabilità di tali distanze è dovuta alla geomorfologia locale, ai venti predominanti nonché, in particolare, alla individuazione di zone più idonee, interessate o non dall’azione dei gas sprigionati dalla mefite. Le quattro stazioni, indicate con N, W, E e S, corri¬ spondono, grosso modo, ai versanti Nord, Ovest, Est e Sud dei terreni pro¬ spicienti la mefite. La stazione Nord, a quota 640 e distante venti metri dalla pozza cen¬ trale, presenta il terreno caratterizzato da un colore rossiccio e da un conte¬ nuto medio di humus. L’inclinazione è lieve ed è pari a 14° circa. La stazione Ovest, a quota 650 e distante quindici metri dalla pozza centrale, si presenta con una varia litologia, in cui si distinguono argille, marne ed elementi calcarei, e con una inclinazione di circa 10°. Ivi non si osservano fenomeni di disgregazione dello stato materiale. La stazione Est, a quota 650 e distante tredici metri dalla pozza cen¬ trale, si evidenzia per una quantità molto elevata di componenti ferrosi del terreno, che, infatti, ha un colore beige-ocra ed un contenuto di humus molto basso; le particelle non risultano, in genere, aderenti fra loro. In questo versante più vicino alla mefite , la campionatura, per la natura stessa del terreno, è risultata molto difficile e, macroscopicamente, priva di orga¬ nismi. La stazione Sud, a quota 660 e distante venticinque metri dalla pozza centrale, è una tipica stazione con terreno boschivo. Ivi è presente un manto erboso continuo e caratterizzato da arbusti ed alberi ad alto fusto. Campionatura e metodologia I campioni di terreno sono stati estratti mediante un particolare caro- tatore a doppia camera. Nell’ambito di ogni stazione i singoli campioni sono stati utilizzati sia per l’indagine faunistica sia per l’analisi pedolo¬ gica. In genere, i campioni hanno evidenziato i quattro strati riferibili pedologicamente agli orizzonti L, F, H e B0. In particolare, nella stazione Est sono assenti gli orizzonti L ed F. I criteri di campionatura e la meto¬ dologia relativa all’estrazione della fauna ed alle determinazioni di labo¬ ratorio sono quelli già riportati da uno di noi (Battaglini, 1967; 1970; 1973). In particolare, sono stati determinati i parametri relativi alla granulo¬ metria, alla porosità, alla umidità ed il pH. TABELLA I Caratteri meteoro-ambientali rilevati nelle stazioni durante i vari prelievi. La fauna del suolo di un terreno a condizioni ecologiche limiti 221 i + < O t <© I Il <© I Os r- ^r o | «O I O c e -79 8-2 -80 Stazioni cm2 cm3 cm2 cm3 cm2 cm3 cm2 cm3 N. 6.039 0.635 2.956 0.369 3.758 0.469 3.129 0.569 W. 3.066 0.383 3.522 0.469 3.695 0.369 E. 0.833 0.083 1.682 0.280 3.129 0.521 S. 5.535 0.537 5.787 1.286 2.767 0.263 TABELLA VII Densità complessiva degli Acari per unità di superficie e ; di volume. 's\^Prelievi 21- 1-79 10-4-79 29-9-79 8-2-80 StazioniN\v cm2 cm3 cm2 cm3 cm2 cm3 cm2 cm3 N. 5.016 0.528 2.532 0.316 2.453 0.306 2.028 0.368 W. 1.619 0.202 2.626 0.350 3.349 0.334 E. 0.629 0.062 1.242 0.207 1.902 0.317 S. 3.271 0.317 2.799 0.622 2.453 0.233 Densità complessiva dei TABELLA Vili Collemboli per unità di superficie e di volume. Preliev 21-1-79 10-4-79 29-9-79 8-2-80 Stazioni 2 3 cirr cnr cm2 cm3 cm2 cm3 cm2 cm3 N. 0.613 0.064 0.235 0.029 1.069 0.133 0.990 0.180 W. 0.330 0.041 0.629 0.083 0.314 0.031 E. 0.094 0.009 0.204 0.034 1.116 0.186 S. 2.201 0.213 1.383 0.307 0.204 0.019 La fauna del suolo di un terreno a condizioni ecologiche limiti 231 prelievi, ma non in maniera omogenea. Essi decrescono nella stazione Est che è caratterizzata da alti valori della granulometria, della umidità e da un pH acido, fattori questi sfavorevoli alla sopravvivenza di tali Artropodi. I Col/emboli che, come è noto, si insediano dove sono alte granulometria ed umidità, presentano, nel nostro caso, punte massime nelle stazioni Nord e Sud in cui i valori granulometrici sono rispettivamente medi e bassi. Gli Artropleoni che, in realtà, rappresentano gli individui dominanti, si rinven¬ gono, coerentemente alla loro morfologia, nei terreni a più alta granulome¬ tria che in genere, caratterizzano proprio la Valle di Ansante. Come prece¬ dentemente detto, ivi si osserva un antagonismo esistente fra Acari e Col¬ le mboli : ad una diminuizione di Acari corrisponde, quasi sempre, una abbondanza di Collemboli. Diverse ricerche effettuate su terreni di origine vulcaniche (Battaglini, 1971) hanno evidenziato non solo i taxa animali più frequentemente pre¬ senti ma, soprattutto, i fattori abiotici che influenzano le condizioni di vita di tali gruppi. In particolare, anche se un terreno, quale quello della Valle di Ansanto, caratterizzato da emanazioni di C02, H2 S e NH3, determina una notevole selezione nella Zoocenosi, i risultati sperimentali ottenuti nel presente lavoro hanno evidenziato una notevole capacità di adattamento dei vari taxa verso condizioni ambientali molto particolari che, solo per alcuni di essi, diventano ottimali in funzione di un loro specifico adatta¬ mento ambientale. Il suolo studiato della Valle di Ansanto, con le sue peculiarità geologiche, le condizioni chimico-fisiche limite e con caratteri morfologici ben marcati, ha provocato una decisa selezione nella fauna pre¬ senta attraverso un basso numero di animali e, soprattutto, una piccola varietà di taxa. In conclusione, si può affermare che: - la pedofauna è monotona ed è rappresentata dal solo phylum degli Artropodi , fra cui i gruppi fondamentali sono gli Acari e i Collemboli rappresentanti i 9/10 dell’intera comunità animale; - non si osserva una variazione quantitativa temporale; - le caratteristiche pedologiche sono molto varie nelle diverse sta¬ zioni e non sembrabo influenzare la densità, la composizione e la struttura della comunità; - si è riscontrato antagonismo fra Acari e Collemboli con valori delle singole popolazioni rapportabili al nutrimento, alla territoriabilità nonché a fenomeni di predazione; - la densità per cm2 e cm3 è bassissima, vicina, comunque, ai valori relativi ai suoli di tipo vulcanico; 232 P. B adagi ini, A. Carbone - la densità e la struttura della pedofauna è fortemente influenzata dalla vicinanza alle pozze; - le stazioni simili per composizione, struttura e densità di Zooce¬ nosi sono quelle Nord-Sud e Est-Ovest Da quanto detto sì può ipotizzare che la distribuzione della pedofauna è legata in parte ai venti preponderanti, che spirano secondo la direzione Est-Ovest, ne influenzano le proprietà vitali in maniera tale che i relativi versanti sono proprio quelli meno abitati. La stazione Nord, invece, è stret¬ tamente legata alla più o meno vicina presenza delle pozze; quella Sud pre¬ senta una comunità edafica più diversificata e meno soggetta all’ambiente ostile della Valle. In questa ricerca, pertanto, si è evidenziato che, in presenza di un ambiente molto ostile all’esistenza stessa di forme vitali - basti pensare all’emanazione di S02 e C02 che già impediscono ravvicinamento di ani¬ mali epigei e dell’uomo - la pedofauna riesce a persistere. Comunque, un siffatto habitat influenza la pedofauna limitandone la densità e la composi¬ zione. Infatti, solo gli Acari , e fra questi gli Oribatidi , sono presenti in buon numero negli strati superficiali riuscendo, a volte, a sopravvivere in zone molto spesso sottoposte ai gas venefici. BIBLIOGRAFIA Bàttaglini P., 1964 - Prime ricerche sulla fauna del suolo degli A stroni., in Campania. Ann. Ist. Mus. Zool. Univ. Napoli, XVI, n. 8. Battaglimi P , 1967 - Un nuovo procedimento per estrarre la meso e macrofauna dei suolo. Ann. Ist. Mus. Zool. Univ. Napoli, XVIII, n. 3. Battaglimi P , 1967 - Fluttuazione di una popolazione edafica e sue relazioni con le proprietà pedologiche di un suolo di origine vulcanica. Boll Zool, XXXIV, 89-90. Battaglimi P., e Gustato G , . 1968 - Studio ecologico e faunistico del lago di «La Correa» (Vairano Scalo , Caserta). Boll. Soc. Natur., Napoli, 77, 327-347. Battaglimi P., 1970 - Osservazioni sulla pedofauna degli Astroni. Boll Soc. Nat. in Napoli, 79, 77-84, 1970. Battaglimi P . et alia, 1973 - Studi ecologici sulla pedofauna di un suolo vulcanico (Vesuvio). Boll. Soc. Nat. in Napoli, 82, 255-283. Battaglimi P., Totàro Aloj E., 1973 - Prime ricerche sulla pedofauna della « Mefite » della «Vaile di Ansanto» (Avellino). Boll. Soc. Nat in Napoli, 82, 211-215. Sinno R., 1969 - 1 minerali della «Valle di Ansanto». Atti Acc. Se. Fis. Mat. Napoli, S. 3, voi. 7, n. 6, 219-258. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 90, 1981, pp. 233-259, fìgg. 8, tahb. 5 Aspetti ecologici di un fiume urbano ad alta alterazione ambientale (Fiume Sebeto) Nota del socio Pietro Battaglimi e di Maria Giovanna Valentino (*) (Tornata del 22 dicembre 1981) Riassunto - Oggetto di questo lavoro è, nei suoi aspetti ecologici, il Sebeto, un piccolo fiume che sfocia nel porto di Napoli. Lo studio del fiume è stato condotto analizzando i suoi fattori abiotici e biotici ed effettuando prove di ittiotossicità su esemplari di Carassius auratus. Sono state effettuate analisi della fauna, costituita da 219 esemplari apparte¬ nenti a 3 phila: Nematodi, Anellidi, Artropodi, nonché analisi chimico-fisiche dell’ac¬ qua prelevata. Lo scopo finale è stato la determinazione numerica del grado di inquinamento che ha permesso, altresì, di avanzare delle ipotesi di recupero. Summary - The subject of this work, is, in its ecological aspects, thè «Sebeto»: a small ri ver that flows into thè Harbour of Naples. The study of this river has been done analyzing its A biotic and biotic factors and making Icthyotoxicity test on Carassius auratus specimens. It has been done analysis of thè fauna constitudes by 219 specimens making part of 3 phila: Nematoda, Anellida Artropoda, and Chemical and physical analysis of thè water taken away. The final aim has been thè numerical determination of pollu- tion amount, which allowed to make some hypothese of recovery. Introduzione Il Sebeto è un piccolo fiume che scorre attualmente lungo la periferia di Napoli e precisamente nella così detta «Zona Industrale Orientale». Il Sebeto si presenta con un alveo per la maggior parte artificiale che scorre allo scoperto, o in condotta coperta per circa 1,5 km, dal rilevato (*) Istituto e Museo di Zoologia - Università di Napoli. 234 P. Battaglini , M. G. Valentino delle Ferrovie dello Stato, all’altezza della stazione di Gianturco, lungo via B Brio fino a sfociare nel porto all’altezza dei Silos della Dogana (Molo- Vigliena) (Scherillo, 1967). La semplice osservazione fa notare come questo corpo idrico ha pochi- simo delle caratteristiche tipiche di un fiume e presenta invece l’aspetto di una condotta di acque reflue. In esso, infatti, si versano i prodotti di rifiuto delle numerose industrie della zona. Tuttavia, poiché esiste ancora un apporto di acque di origine meteorica e probabilmente sotterranea, tale corpo idrico lo si può considerare ancora come fiume. Il Sebeto presenta notevole insediamenti algali. Le risorgenze costanti di bolle di gas (idrogeno solforato) e di olii fanno pensare ad una intensa attività biochimica dei fanghi del fondo non disgiunta da una notevole quota di attività batterica. Lo scopo del presente lavoro è quello di studiare l’assetto ecologico del fiume. Lo studio è stato fatto sulla popolazione faunistica di una determinata zona del Sebeto, osservandone le sue variazioni qualitative e quantitative in due periodi antitetici dell’anno (28-7-1980 - 16-12-1980). Da quanto premesso appare chiaro che la situazione ecologica del Sebeto non è delle più floride, pertanto è parso opportuno .approfondire l’analisi ecologica effettuando degli esperimenti di ittiotossiticità mediante ulteriori prelievi in data 19-4-1981 al fine di verificare come l’alterazione delle acque del Sebeto possa avere eventuali effetti dannosi sulla fauna ittica e sull’ambiente. Metodi e procedimenti In conseguenza di quanto detto lo studio è stato effettuato sull’am¬ biente, ovvero sull’acqua e sulla fauna. Le condizioni sperimentali sono annotate nella tabella 1. L’acqua del fiume, prelevata nelle seguenti date: 28-7-80 - 16.12.80 e il 19-4-81 alle ore 8,00; 9,30; 15,00; (questi ultimi tre prelievi sono serviti ad evidenziare le caratteristiche abiotiche, prima e dopo l’apertura delle fabbriche), è stata sottoposta alle seguenti analisi chimiche e chimico-fìsiche: OD nitriti BOD fosfati pH cloro. Aspetti ecologici di un fiume urbano 235 Tabella 1. - Caratteri meteora-ambientali 236 P. Battagliai, M. G. Valentino Dopo aver analizzato i campioni di acqua del primo e del secondo pre¬ lievo si è passati al censimento degli animali presentì in tali campioni» Per le metodiche chimico-fisiche e faunistiche sono stati utilizzati i parametri e i procedimenti riportati per il fiume Samo (Battaglini, 1979). Gli esperimenti di ittiotossicità, effettuati solo con l’acqua del 19-4-81, sono basati sulle metodiche proposte dagli «Standard Methods» (1971), che richiedono l’osservazione e la valutazione di una serie di parametri: Selezione e preparazione dei pesci ( Carassius auratus) l. Prelievo dell’acqua campione. Allestimento in doppia serie di 6 vasche della capacità di 20 1 F una. In ciascuna delle quali l’acqua prelevata è diluita rispettivamente al 10% 1 8%-32%-56%-100%-0%. L’esperimento è consistito essenzialmente nella osservazione, continua fino alle 6 ore (ore di tossicità acuta) e in seguito a intervalli di 12, 24, 32, 48, 72, 96 ore, dei pesci in esperimento. Annotando non solo il numero dei pesci morto in ciascuna vasca ma anche di quelli vivi che presentavano sin¬ tomi pronunciati di intossicazione e difficoltà vitali. Inoltre di ogni esemplare morto durante Fesperimento è sempre stato effettuato l’esame necroscopico entro un tempo non superiore a mezz’ora dalla morte, analizzando le alterazioni anato-patologiche a carico dei seguenti organi: branchie, fegato, reni, intestino e visualizzando il tutto con istogrammi (v. grafici 2, 4, 6 e 8). Ciò è stato possibile perché prima sono stati fissati i seguenti parametri, esperimenti in percentuale le altera¬ zioni degli organi. Alterazioni per branchie , fegato e reni : 0% normali 25% congeste 50% poco emorragiche 70% emorragiche 90% molto emorragiche = (obliterate solo per le branchie) Alterazioni per V intestino: 0% normale 25% lume poco ingrossato 50% lume ingrossato 70% lume molto ingrossato 90% lume in disfacimento i Specie Standard nelle prove di ittiotossicità. Aspetti ecologici di un fiume urbano 237 Inoltre ci si è serviti del metodo della media pesata, media in cui a ciascun pesce morto si attribuisce come peso la percentuale di malattia e cioè l’alterazione di un determinato organo. Risultati e osservazioni I) Fattori ecologici abiotici Dall’osservazione dei dati chimico-fisici sui cinque prelievi riportati nella tab. 2 si possono fare le seguenti osservazioni: a) per l’OD notiamo valori quasi uguali in tutti i cinque prelievi, notando però negli ultimi 3 una diminuzione del valore. Questi risultati si spiegano con l’alta concentrazione degli scarichi delle industrie e con lo sbocco delle fognature delle zone circostanti. b) per BOD si notano valori anch’essi alti che sono la conseguenza di fenomeni putrefattivi naturali causati da inquinamenti domestici e indu¬ striali. c) per i Nitriti è da notare che, i valori al di sotto dei limiti di tolle¬ ranza verificati in queste acque, sono in rapporto al processo di nitrifica- zione, processo che dall’ammoniaca porta ai nitrati, per cui diminuendo l’effetto immediato inquinante ed aumentando l’ossidazione diminuice gra¬ datamente l’NHj mentre aumentano NO2 ed NO3. d) I Fosfatoioni hanno anche essi concentrazioni quasi uniforme in tutti i prelievi. e) L’osservazione dell’andamento del Cloro-ione nei cinque prelievi fa vedere una discreta uniformità di concentrazione che risulta comunque tossica per la vita. f) La concentrazione Idrogenionica è caratterizzata da valori che vanno man mano dal neutro al lievemente alcalino e questo è sempre in rapporto agli scarichi che sono immessi in queste acque. II) Analisi qualitativa e quantitativa della fauna L’esame della fauna raccolta lungo il fiume Sebeto, ha permesso di identificare la composizione e struttura della comunità animale ivi alber¬ gante ed evidenziarne gli aspetti qualitativi, quantitativi e temporali, met¬ tendo in evidenza una certa difformità tra i due prelievi. m m r— > CO d> eo co LO CM o m i*y Si r*— p- LO p- CSI CO S L» p-’ 0 > LU • _l m co C3 ro¬ p- r— CSI LU co sa ixi 0 H m D. & eo P- 1 CSI 1X3 cr» so o 1X3 r~ CM ! co C3 «0 s@ 1 r»— G3 1X3 CO 09 r«- CSJ 1 m Osi 0 i^s CO 0 CSI \ 09 \ 0) E m 0 "u < I E LU ! h I □ « E Q h 5 < IL tn y E Z I (fi □ 0 h 0 I J < u LL 0 QJ z IL a 0 Tabella 2. - Risultati degli esami chimico-fisici Aspetti ecologici di un fiume urbano 239 Per analizzare la composizione faunistica si sono elaborate le tabelle 3 e 4 riguardanti: tabella 3 l’abbondanza e tabella 4 la dominanza degli ani¬ mali. Osservando la tabella 3 si può notare che il numero complessivo degli organismi è 219, così distribuiti nei due prelievi: 91 nel primo e 128 nel secondo. Risulta quindi evidente che non esiste uniformità nel numero delle zoocenosi nei due periodi. Si osserva ancora che l’insieme della zooce¬ nosi è costituita da tre phyla: Nematodi, Anellidi, Artropodi. Gli Artro¬ podi a causa del loro alto numero (109) e per la percentuale 49,7%, pre¬ valgono sul numero totale degli animali. Seguono: Nematodi in numero di 72 corrispondenti al 32,8% ed infine gli Anellidi in numero di 38 pari al 17,3%. Tra gli Artropodi le due specie sono ripartite una nei Crostacei (Cyclops strenuus) e l’altra in quella degli Insetti ( Chironomus thummi). Chiaramente gli insetti (84 individui) sono più abbondanti dei crostacei (26 individui). Nella tabella 4 si è fatta la ripartizione degli animali in «Taxa». Infatti secondo alcuni autori questo metodo caratterizza meglio le varia¬ zioni quantitative e qualitative della fauna. Facendo un esame compara¬ tivo dei Taxa e delle specie si può notare che il numero di specie è minore nel primo prelievo, quello dei Taxa è invece quasi eguale in tutti e due i prelievi. Se si esaminano i soli Taxa, la forma maggiormente rap¬ presentata (38,2%) dell’intera comunità e quella delle Larve di Ditteri, a cui seguono i Nematodi con 34,0% e infine con la percentuale più bassa il 7,6% i Ditteri. Osservando il prelievo del 28-7-1980 (tab. 4) chiaramente si vede che prevalgono i Nematodi (34, 0%) a cui seguono le Larve di Ditteri (29,6%), Anellidi (16,6%), Copepodi (9,8%) ed infine con un numero molto basso seguono i Ditteri (7,6%). Nel prelievo del 16-12-1980 (tab. 3) si notano in netta maggioranza le larve di Ditteri (38,2%) a cui seguono i Nematodi (32,0%), gli Anellidi (16,4%) ed infine i Copepodi (13,2%). L’analisi comparativa fra i due prelievi fa osservare che in quello del 16/12 mancano i Ditteri rispetto a quello del 28/7; però contemporanea¬ mente a ciò si ha che le larve di Ditteri nel 16/12 sono in netta maggio¬ ranza ripetto a quelle del 28/7 e che se si fa una somma fra larve di Ditteri e Ditteri del 28/7 il risultato è circa uguale alle sole larve di Ditteri pre¬ senti nel prelievo del 16/12. Tabella 3. - Abbondanza degli Invertebrati raccolti durante i due prelievi. Aspetti ecologici di un fiume urbano 241 Tabella 4. - Dominanza dei vari Invertebrati raccolti nei due prelievi. 242 P. Battaglini, M. G. Valentino III) Prove di ittiotossicità I risultati delle indagini ecologiche mediante i tests di ittiotossicità acuta sono stati dedotti dalla osservazione della mortalità e sopravvivenza dei pesci dopo: 6, 24, 48, 72, 96 ore calcolando la tolleranza minima, ovvero la sopravvivenza di almeno il 50% dei pesci, la tolleranza massima, ovvero la sopravvivenza di tutti i pesci, il TLmso e il coefficiente di Van Horn (1949), (questi valori vengono riportati nella tabella 5). Questi due ultimi elementi (TLmso e coefficiente di Van Horn) hanno lo scopo di evidenziare: il primo la sopravvivenza al 50% dei pesci; il secondo la percentuale minima di alterazione per non danneggiare la vita acquatica. I risultati relativi alla mortalità e sopravvivenza dei pesci, nei tre espe¬ rimenti, sono riportati nei rispettivi grafici (1, 3, 5). Questi sono stati redatti su carta millimetrata semilogaritmica, ripor¬ tando sulla scala lineare la percentuale di pesci sopravvissuti in ciascuna vasca dopo un determinato periodo di tempo, e sulla scala logaritmica la concentrazione percentuale dell’effluente. Lo scopo di tali grafici è stata la determinazione del così detto limite di tolleranza medio (T.L.m50). Utilizzando i valori del T.L.m_0 ricavati a 24 e 48 ore si è determinato il coefficiente di Van Horn. Esaminiamo i risultati dei tre esperimenti di ittiotossicità: 1° PRELIEVO ORE 8,00 - Dall’osservazione del grafico 1 riferito al 1° prelievo del 19-4-1981, risulta che dopo 6h, sono quelle più critiche, si ha il 90% di sopravvivenza per le concentrazioni al 32% e al 56%, mentre per tutte le altre si ha il 100% di sopravvivenza. II T.L.m50 risulta uguale al 100%, la tolleranza minima compresa tra il 10% e il 100% e la tolleranza massima con due intervalli: uno tra il 10% e 18% e l’altro al 100%. Dopo 24 h di esperimento va diminuendo la sopravvivenza che, alla concentrazione del 32% e 56%, risulta uguale al 70%, invece alla concentra¬ zione del 10% è uguale al 100%; quella del 18% è uguale al 90%; e, infine alla concentrazione del 100% è uguale all’80%. Il T.L.mso è 100%, mentre la tolleranza minima è compresa tra il 10% e 100% e quella massima è al 10%. A 48 h si nota un minimo alla concentrazione del 32% risultante da una sopravvivenza del 30%, mentre alle concentrazioni del 10% e 18% essa è del 70%; al 56%' è del 50% e, al 100% è del 60%. Tabella 5. - Tabella riassuntiva delle prove di ittiotossicità con i vari parametri utilizzati (spiegazioni, vedi testo). 244 P. Battaglini, M. G. Valentino 41 1 Aspetti ecologici di un fiume urbano 245 Grafico 1. - Dragrammi illustranti l’andamento della sopravvivenza dei Carassi dopo 6, 12, 24, 36, 48, 72 e 96 ore di immersione a varie concentrazione nell’acqua del Sebeto prelevata alle ore 8.00 del 19-4-81. Sulle ascisse sono riportati in per cento i pesci sopravvissuti, sulle ordinate le percentuali di concentrazione, in acqua potabile, dell’acqua del Sebeto. 246 P. Battaglini, M. G. Valentino Questo minimo del 32% si può spiegare ammettendo il probabile veri¬ ficarsi di fenomeni di sinergismo tra l’acqua e le sostanze organiche in essa disciolte. Il T.L.mso risulta avere due valori: uno al 24% e l’altro al 56%, così pure la tolleranza minima che è compresa tra il 56% e il 100% e anche il 10% e il 24%, mentre la tolleranza massima è inferiore al 10%. Dall’osservazione del T.L.mso a 24 e 48 h si è calcolato il coefficiente di Van Horn per questo primo prelievo, che risulta avere due valori, essendo due i valori del T.L.mso a 48 h, e cioè è uguale a 0,41 e 5,27. A 72 h. persiste ancora un minimo al 32% dove si ha una sopravvi¬ venza del 30%, però accompagnato da un massimo al 18% con sopravvi¬ venza del 60%. Al 10% la sopravvivenza risulta del 40% mentre al 56% e al 100% essa è uguale al 50%. Il T.L.mso ha tre valori 14% e 22% e uno compreso tra il 56% e il 100%. La tolleranza minima ha due intervalli: tra il 14% e il 22%; tra il 56% e il 100%; la massima è inferiore al 10%. Il grafico relativo a 96 ore presenta sempre un minimo al 32%, che quindi risulta caratteristico di questo prelievo, con una sopravvivenza del 20% e due massimi di differenti valori: uno al 18% con sopravvivenza del 60%, e uno al 56%, con sopravvivenza del 50%, mentre al 10% e al 100% la sopravvivenza è del 20%. Il T.L.mso anche in questo caso, ha tre valori: 16%, 21%, 56%; la tolleranza minima è compresa tra il 16 ed il 56%; la massima è inferiore al 10%. L’esame di tutti i 33 esemplari di Carassius auratus morti, sui 50 sag¬ giati, ha messo in evidenza come ben si vede dal grafico 2, branchie poco emorragiche con pliche respiratorie obliterate da particelle solide sospese, fegato poco alterato, reni poco congesti, intestino con dimensioni del lume poco alterato e infine desquamazione. 2° PRELIEVO ORE 9,30 - Dall’osservazione dei grafici 3 del 2° prelievo del 19-4-1981 notiamo che a 6 h, la sopravvivenza al 10%, al 18% e 32% è del 100% mentre al 56% e 100% è del 90%. Il T.L.mso è 100%, la tolleranza minima è compresa tra il 10% e il 100% e la tolleranza massima tra il 10% e il 32%. A 24 h notiamo che non varia la sopravvivenza al 10%, 18% e 32%, che quindi sarà ancora del 100% mentre va diminuendo al 56% con 80% di sopravvissuti e al 100% col 30%. Il T.L.m50 sarà uguale al 79,5%; la tolleranza minima sarà compresa tra il 10% e il 75% mentre la tolleranza massima tra il 10% e il 32%. A 48 h incomincia a delinearsi un massimo corrispondente alla dilui¬ zione del 32%, massimo che sarà caratterizzato di questa concentrazione anche alle ore successive. V I R ft N 0 1 1 E Aspetti ecologici di un fiume urbano 247 oo locn CHao in onnvq la s-ivniNsoasd Grafico 2. - Istogrammi rappresentati la valutazione quantizzata del danno subito dai vari organi nel prelievo delle ore 8.00 (per i parametri utilizzati vedi testo). 248 P. Battaglini, M. G. Valentino 48 h Aspetti ecologici di un fiume urbano 249 Grafico 3. - Diagrammi illustranti l’andamento della sopravvivenza dei Carassi dopo 6, 12, 24, 36, 48, 72 e 96 ore di immersione a varie concentrazioni dell’acqua del Sebeto prelevata alle ore 9,30 (Per spiegazioni vedi graf. 1). 250 P. Battaglini, M. G. Valentino Tale caratteristica risulta essere nettamente opposta a quella dei grafici del prelievo precedentementeo descritto, che è stato effettuato mezz’ora prima di questo, quando le fabbriche erano ancora chiuse; questo risultato, quindi, fa pensare che devono avvenire differenti fenomeni di sinergismo tra l’acqua e le sostanze organiche in essa disciolte, che presentano effetti meno mortali rispetto alle altre concentrazioni. Pertanto al 32% la sopravvivenza sarà del 90%; al 10% del 70%; al 18% dell’80%; al 56% del 60%, e al 100% si ha una sopravvivenza del 10%. Il T.L.mso è 62%, la tolleranza minima è compresa tra il 10% e il 65% di con¬ centrazione, la massima inferiore al 10% di concentrazione. Il coefficiente di Van Horn, per questo secondo prelievo è: C = 11,31, che corrisponde alla concentrazione che dovrebbe avere l’acqua del Sebeto per non essere nociva agli animali e alle piante. Tale valore risulta essere più alto rispetto a quello del prelievo prece¬ dente. Ciò è verosimilmente dovuto al fatto che gli scarichi delle industrie versano nel Sebeto, all’inizio del ciclo lavorativo maggior quota di rifiuti, derivanti da acque di raffreddamento degli impianti e non rifiuti veri e propri. Per tale ragione l’acqua del Sebeto viene paradossalmente, «diluita» e quindi diminuisce il carico inquinante trasportato dal suddetto fiume. Dal grafico relativo alle 72h vediamo ancora il massimo di sopravvivenza del 70%, alla concentrazione del 32%, al 10% corrisponde la sopravvivenza del 40%, mentre al 18% e 56% essa è del 50%, al 100% è, infine, del 10%. Il T.L.mso ha due valori: uno corrispondente al 56%, l’altro al 18%. La tolleranza minima è compresa tra il 18% e il 56%, mentre la massima è inferiore al 10%. A 96 h la sopravvivenza più alta, il 70%, corrisponde sempre al 32% di concentrazione mentre la sopravvivenza minima, il 10%, corrisponde alla concentrazione del 100%. Alle altre diluizioni abbiamo una sopravvivenza del 30% per il 10% di concentrazione e del 40% per le diluizioni al 18% e 56%. Il T.L.m5Qha anche in questo caso due valori 22% e 46%. La tolleranza minima è compresa tra il 25% e il 50% la massima è infe¬ riore al 10%. L’esame dei 31 esemplari di pesci rossi morti sui 50 saggiati ha messo in evidenza (grafico 4) branchie emorragiche, fegato edematoso e reni con¬ gesti, intestino quasi normale. Il corpo presenta anche in questo prelievo notevole desquamazione. 3° PRELIEVO ORE 15,00 - Dal grafico 5 relativo al prelievo effettuato alle ore 15,00 si ricava che a 6 h la sopravvivenza risulta massima, e cioè LEGENDA Aspetti ecologici di un fiume urbano 251 ODiDOiOddOW onnvq la 3ivn±N3oa3d Grafico 4. - Istogrammi rappresentanti la valutazione quantitativa del danno subito dai vari organi nel prelievo delle ore 9,30 (v. testo). 252 P. Battaglini, M. G. Valentino § 41 h Aspetti ecologici di un fiume urbano 253 Grafico 5. - Diagrammi illustranti ranciamente della sopravvivenza dei Carassi dopo 6, 12, 24, 36, 48, 72 e 96 ore di immersione a varie concentrazioni dell’acqua del Sebeto prelevata alle ore 15,00 (per le spiegazioni vedi grafico 1). 254 P. Battaglini, M. G. Valentino del 100% a tutte le concentrazioni, e questo implica che il T.L.mso è del 100% e la tolleranza minima e la massima saranno comprese entrambe tra il 10% e il 100% di concentrazione. A 24 h, alle concentrazioni del 56%, 32% e 18%, la sopravvivenza è del 100% mentre al 10% e 100% è del 90%. Il T.L.mso è uguale al 100%. La tolleranza minima è compresa tra il 10% e il 100%, e la massima tra il 18% e il 56%. A 48 h persiste una sopravvivenza del 100% al 56% e del 90% al 100% di concentrazione, mentre varia per le altre diluizioni; infatti al 10% è del 50%, al 18% e al 32% è del 90%. La tolleranza minima è compresa tra il 10% e il 100% mentre la mas¬ sima si ha solo al 56%. Il T.L.mso è 10%, e il coefficiente di Van Horn è: C = 0,03. Tale valore dimostra quanto affermato precedentemente a proposito della non immediata tossicità dei rifiuti industriali. A 72 h al 32% e 56% vi è massimo di sopravvivenza (90%) mentre al 10% ci è un minimo dello 0%, riscontrato per la prima volta nel corso dei tre esperimenti effettuati; al 18% la sopravvivenza è del 30%; al 100% è dell’ 80%. Il T.L.m50 è uguale al 24%; la tolleranza minima è compresa nell’inter- vallo 24%-100%, e la massima inferiore al 10%. Dal grafico delle 96 h risulta ancora un minimo, 0%, di sopravvivenza al 10% e un massimo di 90% al 56%. Al 18% la sopravvivenza è del 10%, al 32% è del 20% e al 100% è del 70%. Il T.L.mso è uguale a 41%, la tolleranza minima tra il 41% e il 100% e la massima inferiore al 10%. L’esame necroscopico del 31 Carrassii morti sui 50 saggiati ha ancora una volta messo in evidenza branchie emorragiche con pliche respiratorie obliterate da particelle solido-sospese, fegato poco congesto, mentre i reni si presentano più congesti e l’intestino quasi normale (grafico 6). Discussione Le osservazioni, compiute lungo il fiume Sebeto, hanno consentito di delineare un quadro delle comunità ivi alberganti. È da notare però, che anche in un contesto ecologico limite come è quello del fiume in questione, vi sono possibilità di insediamenti faunistici. Aspetti ecologici di un fiume urbano 255 La zoocenosi pur costituita da soli tre Phyla (Nematodi, Anellidi e Artro¬ podi) ha una certa diversità che si identifica con i 219 individui raccolti complessivamente. Nell’ambito di queste zoocenosi complessive il phylum maggiormente rappresentato è quello degli Artropodi cui segue quello dei Nematodi e degli Anellidi. Dalla tabella 3 si evidenziano in luglio 5 Taxa, mentre in Dicembre 4. Questa differenza è basata essenziamente su una notevole quota parte occupata nello spettro della dominanza, dai Ditteri adulti che invece man¬ cano nel prelievo di dicembre. Tuttavia la somma delle larve dei Ditteri e Ditteri adulti del prelievo del 28-7-80 è circa uguale alle larve dei Ditteri del prelievo del 16-12-1980, il che fa pensare che la non presenza dei Ditteri adulti sia semplicemente da collegare al ciclo biologico di essi. Per quanto riguarda gli altri Taxa si può dire: 1) I Nematodi sono presenti nei due prelievi sempre nella stessa quantità. 2) Gli Anellidi Oligocheti hanno un valore di dominanza più o meno costante. 3) I Copepodi sono aumentati di 1/3 al passaggio dal periodo estivo a quello invernale. L’esame dettagliato dei Taxa ha messo in evidenza che i Nematodi sono costituiti per quasi l’80% dai generi Rhabdomonus e Aelosoma. Gli Oligocheti per l’85% dal genere Tubifex e Chaetogaster e i Copepodi per la quasi totalità sono costituiti dalla specie Ciclops strenuus. I Ditteri appar¬ tengono tutti quanti alla specie Chironomus thummi. Da tali studi si mette in evidenza che il ruolo preponderante delle zoo¬ cenosi del Sebeto è manifestato dai Nematodi e dalle larve dei Ditteri, mentre un ruolo subordinato lo hanno gli Anellidi e i Copepodi ed infine un semplice ruolo accessorio i Ditteri adulti. Da quanto suddetto, appare molto chiaro che queste specie animali identificano tale fiume come un fiume ad alto inquinamento domestico ed industriale. I risultanti della ittiotossicità contribuiscono alla affermazione sud¬ detta. Infatti utilizzando i dati forniti dai tre valori del coefficiente di Van Horn potremo rappresentare (grafico 7), anche se in maniera molto qualita¬ tiva, l’andamento della tossicità del fiume in funzione del tempo. Sull’asse delle ascisse sono riportati i tempi dei tre prelievi, mettendo nell’origine degli assi l’ora di apertura delle fabriche (8,30), mentre sull’asse delle ordi¬ nate sono riportati i valori trovati dal coefficiente di Van Horn. BRANCHIE 256 P. Battaglini, M. G. Valentino z ® <8> 03 IDOIOdHOlAI ONNVO IG 3 1 vcun d 3 h 3 d Grafico 6. - Istogrammi rappresentanti la valutazione quantizzata del danno subito dai vari organi nel prelievo delle ore 15,00 (v. testo). Aspetti ecologici di un fiume urbano 257 Grafico 7. - Grafico illustrante l’andamento nel tempo della tossicità (coefficiente di Van Horn) delle acque del S ebete sulla fauna. (Le spiegazioni sono riportate nel testo). Tenendo conto che il grado di tossicità è inversamente proporzionale al valore del coefficiente di Van Horn (a valori alti del coefficiente di Van Horn corrispondono bassi valori di tossicità e viceversa) il grafico prece¬ dente si può facilmente interpretare. Si osserva che prima dell’apertura delle fabbriche (8,30), nell’acqua è presente un certo grado di tossicità, il quale diminuisce abbastanza rapidamente con l’apertura delle stesse, perché vi è rapporto nel fiume di acqua non contaminata, proveniente eventualmente dagli impianti di raffreddamento delle macchine, per poi acquistare valori sempre più alti non appena si incomincia a manifestare l’effetto tossico dei rifiuti. 258 P. Battaglini, M. G. Valentino Grafico 8. - Istogrammi illustranti le percentuali complessive dei danni subiti dai vari organi alle diverse concentrazioni. Aspetti ecologici di un fiume urbano 259 Queste osservazioni ci portano a ipotizzare una periodicità del feno¬ meno. Inoltre calcolando una media complessiva dei danni subiti dai vari organi di Carassius in tutte le concentrazioni utilizzate, si può notare che le branchie sono quelle presentanti maggiore alterazioni (grafico 8). Conclusione Le ricerche effettuate hanno portato alle seguenti conclusioni: a) Le acque di questo fiume sono solamente per una piccola parte di origine naturale, risorgive e meteorica, mentre la maggior parte di queste acque sono prodotti reflui degli scarichi pubblici e privati. b) Vi è nel fiume Sebeto una zoocenosi in un certo senso diversifi¬ cata, legata alla esistenza di un probabile equilibrio biologico anomalo rag¬ giunto dopo successivi stress ambientali. c) L’analisi qualitativa e quantitativa, e le prove di itti tossicità acuta sulla fauna raccolta con le peculiari specie trovate, pur senza entrare nella problematica degli indicatori biologici, ci permette di concludere dicendo che il fiume Sebeto è attualmente un fiume ad altissimo tasso di inquina¬ mento e che si trasforma a rapidi passi in una semplice condotta di acque reflue. BIBLIOGRAFIA Battaglini P , 1979 - Assetto ecologico delle comunità animali del fiume S amo (Cam¬ pania). Accad. Se. Fis. Mai Soc. Naz. Se. Lett. Art. Napoli, Ser. IV, 46, 1-34. Scherillo A., Franco E., 1967 - Introduzione alla carta stratigrafica del suolo di Napoli. Accad. Pontaniana, 16. STANDARD Methods for Examination of Water and Wastewater - 1971 - 13th Ed. APRA, AWWA, WPCF, New York. Part. 200: 231. Van Horn, 1949 - The biological indices of stream qualìty. Proc. 5th Ind. Waste Confi, Purduc University. England, Buletin, 72, 215. PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE E DELLE ASSEMBLEE GENERALI Processo verbale delPAssemblea generale del 30 gennaio 1981 Il giorno 30 gennaio 1981 alle 17h 1 5 ' si è tenuta in seconda convocazione l’as- semblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i Soci: Vittozzi, Nicotina, Napoletano, de Cuneo. Schettino, Lueini, Piscopo, Milone, Coppa - De Castro, Forgiane, Paino, Diurno. il Presidente dichiara aperta la seduta: il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità. Il Presidente comunica che, per quanto concerne le condizioni dei locali del nostro sodalizio in sistema del 23 novembre 1980 e stante l’ubicazione dei locali stessi, ha spedito due fonogrammi al Rettore Magnifico e al Provveditore O.O.P.P. In seguito però a verifica tecnica da parte di docenti universitari delegati dal Rettore, è stata dichiarata l’agibilità per la sala delle sedute. Nel quadro poi di lavori a cura del Provveditorato O.O.P.P. per la Campania, che interessano anche la Biblio¬ teca Universitaria e la Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti, sono in corso di esecuzione opere di consolidamento statico in una sala attigua. Il Presidente solleci¬ terà il Provveditore alle O.O.P.P. a pronunziarsi circa l’agibilità delle rimanenti sale. Il Presidente comunica poi la scomparsa dei soci, prof. Della Ragione e prof. Giacomi ni che saranno a suo tempo degnamente commemorati. Il Presidente legge poi il calendario delle sedute che capiteranno come sempre l’ultimo venerdì del mese, tranne, per ovvi motivi, quella del 22 dicembre. Nella prossima seduta si leggeranno, la relazione del Presidente sull’attività della Società nel corso del 1980, nonché quella dei revisori dei conti. L’Assemblea propone quali revisori dei conti effettivi, i soci Eugenio Piscopo e Mario Milone e, come revisore supplente, il socio Maria Grazia Coppa - De Castro. Il Presidente presenta le undici domande di ammissione di nuovi soci, illustran¬ done la figura di ciascun richiedente ed indicando per ognuno i due soci che lo pre¬ sentano, a norma dello statuto. Si procede alle votazioni: tutti gli aspiranti sottoelencati risultano ammessi all’unanimità. 1) Istituto di Scienze della Terra - Università degli Studi, Udine. 2) Arcamone Nadia presentata da Battaglini e Botte. 262 Processi verbali 3) Ferro Raffaele presentato da Botte e Matteucig. 4) Russo Giovanni Fulvio presentato da Botte e Matteucig. 5) Cadendo Maria Filomena presentata da Chieffi e Milone. 6) Creti Mappa Maria Teresa presentata da Cappello e Diurno. 7) Mustacchi Silvia presentata da Senatore e Diurno. 8) Varriale Bruno presentato da Chieffi e Milone. 9) Ferrara Lydia presentata da Forgione e Piscopo. 10) Russo Luigi presentato da Gustato e Battaglini. 11) Lombiare Salvatore presentato da Pescatore e Vallonio. Si passa alle comunicazioni scientifiche: l’autore a) Coppa - De Castro chiede e ottiene dall’Assemblea di poter presentare il suo lavoro per prima, modificando l’ordine del giorno, pertanto presenta il lavoro suo, in collaborazione con Cozzi, dal titolo: «Rapporto preliminare sui foromiriferi della carota 2 v (Placers 78/2 - Sardegna sud-orientale)»; interviene Napoletano; b) Mustacchi presenta il lavoro suo e di Senatore, Taiozza e Tempone dal titolo: «Prodotti di reazione dell’indandrone con a-ciano-(3-arilacrilati di etile»; intervengono Forgione e Paino; c) il socio Nicotina presenta il lavoro suo e di Paino e Seola dal titolo: «Su una rara malformazione cranio-facciale nella specie suina»; intervengono Forgione, Paino, Fucini, de Cunzo. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 18h 50m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale dell’Assemblea generale del 27 febbraio 1981 Il giorno 27 febbraio 1981 alle 17h 45m si è tenuta, in seconda convocazione, l’Assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: Vittozzi, Caputo, de Cunzo, Napoletano, Ariani, Senatore, Piscopo, Ascione, Forgione, Ferro, Russo. Il Presidente dichiara aperta la1 seduta; il Segretario legge il verbale della seduta precedente, che viene approvato all’unanimità. Il Presidente informa: che si terrà a Parma, nei giorni 26-27 marzo p.v., un Convegno Nazionale su l’Educazione Ambientale, organizzato dalla Commissione Nazionale Italiana per l’ UNESCO in collaborazione con il Centro Italiano di Ricerca ed Educazione Ambientale dell’Università di Parma; che si terrà a Torino, nei giorni 5-6 maggio p.v., il IV Seminario Interdiscipli¬ nare di Studi sulle società animali e umane, organizzato dagli Istituti di Sociologia e di Antropologia del’Università di Torino; che il Ministero dei B.B.C.C.A.A. ha inviato notizia di una lista ridotta delle Accademie sovvenzionate senza rinnovare la richiesta anno per anno; la nostra Processi verbali 263 società non è stata inclusa, per il momento; per l’anno prossimo si dovrà presentare relazione dell’attività svolta nell’anno precedente e programmare che si intende svolgere nel triennio successivo. Il Presidente legge quindi la Relazione dell’attività svolta dal nostro sodalizio, durante l’anno 1980, e che sarà inviata al Ministero B.B.C.C.A.A., e che per intero, qui vi trascrive, con lettera così intestata: «Relazione sull’attività svolta dalla Società dei Naturalisti in Napoli durante l’anno 1980 - Bilanci consuntivo 1980 e preventivo 1981 - Voi. 88° del Bollettino - Richiesta Fondi 1981». «Relazione sull’attività svolta dalla Società dei Naturalisti in Napoli durante l’anno 1980. Nel corso del 1980 è continuata l’opera di sistemazione della preziosa biblioteca e di compilazione di nuovi cataloghi. Il lavoro, a suo tempo egregiamente importato da ex funzionari della Biblioteca Nazionale, è stato continuato dal dott. Gennaro Tomasetta, ottimo collaboratore del Consiglio Direttivo della Società e si avvale, oggi, anche dell’opera delle dottoresse assegnate alla Biblioteca in attuazione della legge n. 285 sul preavviamento dei giovani al lavoro. Nel 1980 sono stati ammessi alla Società 11 nuovi Soci, che ne avevano fatto domanda, secondo le modalità prescritte dallo Statuto. Purtroppo, però, nel corso del 1980, sono deceduti i Soci benemeriti Giuseppe Imbò, già Direttore dell’Osservatorio vesuviano e dell’Istituto di Fisica Terrestre dell’Università di Napoli e Antonio Carrelli, Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, e già Direttore dell’Istituto di Fisica sperimentale dell’Università di Napoli. Sono pure deceduti tra i soci ordinari i Professori Gennaro Della Ragione e Lea Pannain in Papocchia. Nella seduta del 31 ottobre 1980, il Consigliere Prof. Arturo Palombi ha già degnamente commemorato il Socio scomparso Lea Pannain in Papocchia e la Società non verrà meno al suo dovere di fare altrettanto per gli altri al più presto. Attualmente i soci sono: Benemeriti n. 3 Ordinari n. 248 Totale n. 251 Durante il 1980 la Società si è riunita 2 volte in Assemblea generale e 4 volte in Seduta ordinaria. A causa del sisma del 23 novembre 1980, non si potette tenere la seduta ordinaria di fine novembre, mentre, per lo stesso motivo, quella di dicembre fu tenuta presso l’Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università di Napoli. Nell’Assemblea generale del 25 gennaio fu letta ed approvata la relazione del Presidente sull’attività svolta dalla Società nel 1979; inoltre, l’Assemblea, udita la relazione dei revisori dei conti, approvò all’unanimità i bilanci consuntivo 1979 e preventivo 1980. Nell’Assemblea generale del 27 giugno furono ammessi 11 nuovi Soci, molti dei quali apprezzati studiosi e docenti spagnoli, le cui domande, a norma dello statuto, erano già passate al vaglio del Consiglio Direttivo. Nel corso delle varie sedute sono stati presentati 30 lavori scientifici nelle diverse discipline naturalistiche; di essi, quelli accettati dal Comitato di Redazione, 264 Processi verbali saranno pubblicati nel prossimo volune del Bollettino della Società (voi. 89° - 1980) che vedrà la luce tra qualche settimana. Il volume 88° del 1979, di cui è già cenno nella relazione dello scorso anno, fu licenziato il 28 giugno 1980 e mi pregio allegarlo alla presente relazione. Diverse riunioni ha tenuto il Consiglio Direttivo per esaminare ed esprimere un parere preliminare sulle domande di ammissione dei nuovi soci, per esaminare i bilanci, per deliberare sulle sfere di non ordinaria amministrazione. Il Consiglio Direttivo, inoltre, nel 1980 ha ritenuto di cooptare alcuni soci (Gio¬ vanni Chieffi, Mario Covello, Baldassare de Lerma, Paolo Gasparini, Maria Mon- charmont Zei) per dar vita insieme ad essi ad un «Comitato promotore» per la cele¬ brazione del 1° centenario della Società che avrà luogo nel novembre 1981. Detto comitato promotore ha espresso dal suo seno il «Comitato organizzatore» costituito dal Presidente Vittozzi, dal Segretario de Cunzo, dal Redattore del Bollettino Mat- teucig e dal socio Abatino, particolarmente apprezzato per le sue doti organizzative. Diverse riunioni ha tenuto anche il Comitato di Redazione del Bollettino che spesso ha inviato a cultori particolarmente competenti i lavori presentati per la pub¬ blicazione, allo scopo di tenere sempre alto il buon nome ed il livello scientifico e culturale della Società. Anche il 1980 si chiude con Tamara constatazione che le relazioni relative alla Tavola Rotonda sull’inquinamento, tenuta nel maggio 1975 e che dovevano essere raccolte in un volume delle “Memorie della Società dei Natu¬ ralisti” (altra pubblicazione a carattere occasionale di questa Società), non hanno potuto ancora essere pubblicate per mancanza di fondi». Il Presidente quindi invita i revisori dei conti a leggere le relazioni dei bilanci: consuntivo 1980 e preventivo 1981; il socio Piscopo, in qualità di revisore, anche a nome del socio Milone, legge i conti di spesa effettuati nell’anno 1980 e preventivati per Tanno 1981. L’Assemblea approva all’unanimità ambedue i preventivi. Si passa dunque alle comunicazioni scientifiche: risultati assenti gli autori della nota a) si passa alla: b) il socio Ferro, anche a nome del coautore Russo presenta il lavoro dal titolo: «Biocenosi bentoniche del Lago Fusaro (Napoli) - II malacofauna », intervengono Napoletano, Onesto, Vittozzi. Esaurito l’ordine del giorno, la seduta è tolta alle 19h 15m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della seduta del 26 giugno 1981 Il giorno 26 giugno 1981 alle 17h 30m si è tenuta, in seconda convocazione, la seduta ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, Lucini, Milone, Varriale, de Cunzo, Celico, Gustato, Ferro. Dichiarata aperta la seduta, il Presidente ricorda che Tll novembre prossimo si celebrerà il centenario della Società dei Naturalisti; nel Comitato Organizzatore : Vittozzi, il presidente; de Cunzo, il segretario; Matteucig, il redattore ed il socio Processi verbali 265 Abatino, continuano di buona lena l’allestimento della manifestazione avendo a modello ciò che fu fatto per la celebrazione del 50° anniversario: quest’anno ci saranno due soci benemeriti: prof. Montalenti e prof. Parenzan. Il prof. Montalenti terrà, in occasione del Centenario, una conferenza su di un interessante argomento: la ricerca naturalistica oggi. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche: a) G. Russo riferisce la nota sua in collaborazione con E. Fresi, E. Idato dal titolo: «Distribuzione della Malacofauna di una proteina di Posidonia oceanica lungo un gradiente di profondità». b) Varriale B. riferisce la nota sua in collaborazione con M. Milone e G. Chieffi, dal titolo: «Effetto del diidrotestosterone sulla malatodeidrogenasi ipotala- mica in topi maschi castrati». c) Celico P. riferisce la nota sua in collaborazione con D. Russo dal titolo: «Gli studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino): attuali conoscenze e prospet¬ tive», interviene il socio Milone. Il Presidente chiede all’Assemblea di ascoltare ancora qualche lavoro che non è stato compreso nell’ordine del giorno odierno, pertanto il socio Gustato presenta la sua nota in collaborazione con P, Pedata ed S. Del Gaudio dal titolo: «Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europeos L. 1758 ( Insectivora )», chiedono chiarimenti il socio Russo G., Milone e Varriale. Si chiude la seduta alle 19h 15m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittqzzi Processo verbale della seduta del 30 ottobre 1981 Il giorno 30 ottobre 1981 alle 17h 40m si è tenuta in seconda convocazione la seduta straordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli, convocata in quanto all’ordine del giorno era, tra l’altro, prevista la commemorazione del socio beneme¬ rito Imbò. Il Presidente dichiara aperta la seduta e prega il prof. Palombi, socio beneme¬ rito decano della Società di presiedere la seduta; il prof. Palombi accetta. Sono presenti i soci: Palombi, Abatino, Napoletano, de Cunzo, Fondi, Matteu- cig, Palumbo, Franciosa, Mazzarella, Ioni, Schedilo, Moncharmont, Quagliariello, Vittozzi, Bonasia; oltre i soci sono presenti i familiari del prof. Imbò e personalità del mondo accademico; ha inviato telegramma il prof. Arturo De Maio, Rettore dell’Istituto Universitario Navale. Il prof. Palombi quindi dà la parola al Presidente prof. Vittozzi per dare inizio alla commemorazione. Dopo le nobili parole del Presidente, prof. Vittozzi, il prof. Mario Cutolo, Ordi¬ nario di Fisica dell’Università di Bari, ed uno dei primi discepoli dello scomparso, aggiunge poche e sentite parole anch’egli per ricordare l’illustre socio. Al termine, si interrompe la seduta per pochi minuti, quindi il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità. 266 Processi verbali Il Presidente ricorda ancora che PII novembre p.v. vi sarà la celebrazione del 1° Centenario della Società dei Naturalisti in Napoli, ed invita i presenti a partecipare alle manifestazioni indette per la circostanza. La celebrazione, continua il Presidente, ha ottenuto Paltò Patronato del Presi¬ dente della Repubblica, il Patrocinio del Ministero Pubblica Istruzione, del Mini¬ stero dei Beni Culturali ed Ambientali. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche secondo l’ordine del giorno: a) Pinna, non socio, presenta la nota sua e di Giannessi dal titolo: «Primo ten¬ tativo di ricostruzione della morfologia del basamento rigido umbro-marchigiano tra il Lago Trasimeno e la dorsale M. Nerone - M. Catria». Presentata, detta nota, dai Soci P. Scandone e P. Vittozzi, intervengono: Bonasia, Quagliariello, Vittozzi, Ugo Moncharmont, Ioni. Esaurito l’ordine del giorno il Presidente dichiata tolta la seduta alle 19h 30m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano Processo verbale della seduta del 27 novembre 1981 Il giorno 27 novembre 1981 alle 17h 45m si è tenuta, in seconda convocazione, la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Presiede l’Assemblea odierna, in assenza del Presidente, prof. Pio Vittozzi, altrove impegnato per oneri accademici, il vice Presidente, prof. Aldo Napoletano. Questi dunque dichiara aperta la seduta; sono presenti: Aldo Napoletano, de Cunzo, Forgione, De Castro, Palumbo, Celico, Quagliariello, Battaglini, Arcamone, Caputo, Nocera, Russo Bianca, Lucini, Piscopo, Torre; il segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità; il Presidente della seduta, esprime, a nome suo personale, a nome del socio Palombi assente, e di altri soci, tutto il suo compiaci¬ mento per la riuscita delle manifestazioni per la celebrazione del 1° Centenario, merito, senza dubbio della ottima conduzione del Comitato organizzatore, proff. Pio Vittozzi, Teresa de Cunzo, Giorgio Matteucig e del socio dott. Elio Abatino; in parti¬ colare volge il suo plauso, che ritiene doveroso, all’ottima relazione tenuta dal Presi¬ dente prof. Pio Vittozzi, appunto in occasione del Centenario della nostra Società. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche: a) il Socio Palumbo presenta una nota sua, in collaborazione con Mazzarella e Vittozzi dal titolo: «Previsioni a breve termine di INPUTS, richiesti da modelli diffu¬ sionali», interviene Napoletano; b) Battaglini annuncia di ritirare la sua nota; c) il Socio De Castro chiede che venga variato l’ordine del giorno e quindi anti¬ cipa la presentazione della sua nota dal titolo: « Cisalveolina fraasi (Reichel) distri¬ buzione geografica e problemi stratigrafici»; d) il Socio Battaglini presenta la nota sua e di A. Carbone dal titolo: «La fauna del suolo di un terreno a condizioni ecologiche limiti (valle di Ansanto, Avellino, Campania)», intervengono Napoletano, Celico, Palumbo; Processi verbali 267 e) il Socio Celico presenta la nota sua e di Bartolomei e di Pecoraro dal titolo: «Schema idrogeologico della Sicilia nord-occidentale», intervengono Napoletano, Forgione; f) il socio Arcamone presenta la nota di Battaglini e sua dal titolo: «Influenza di alterazioni ambientali naturali sulla forma fluviale (torrente Bagni in valle di Ansanto, Avellino, Campania)», interviene Napoletano; g) il socio Torre presenta la nota sua e di Di Nocera, Ortolani e Bianca Russo, dal titolo: «Evoluzione paleogeografica nel Tortoniano-Messiniano dellTrpinia occi¬ dentale», intervengono Battaglini e Lucini. Esaurito bordine del giorno si chiude la seduta alle 19h 30m. 11 Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale dell’Assemblea generale del 22 dicembre 1981 Il giorno 22 dicembre 1981 alle 17h 45m si è tenuta in seconda convocazione l’assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, Napoletano, Caputo, de Cunzo, Milone, Varriale, Battaglini, Taddei-Ruggiero, Richetti, Franciosa, Matteucig, Bonardi, Abatino, Piscopo, D’Argenio. Il Presidente dichiara aperta la seduta; il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato alfunanimità. Il Presidente comunica che dal 6 al 9 dicembre 1982 si terrà in Egitto, al Cairo, la conferenza nazionale di Entomologia, nel 75° anniversario della Società Entomo¬ logica di Egitto. Si passa alla nomina dei revisori dei conti; vengono proposti e l’assemblea approva all’unanimità, come revisori effettivi, i soci Piscopo Eugenio e Monchar- mont Ugo, e come revisore supplente, il socio Carannante Gabriele. Il Presidente comunica inoltre che dopo le manifestazioni per il Centenario circa le quali tutti i partecipanti hanno espresso pareri, in genere, lusinghieri. Biso¬ gnerà adoperarsi affinché siano al più resto materialmente riscossi: il contributo stanziato dal Ministero Beni Culturali ed Ambientali di L. 10.000.000, nonché il contributo di L. 2.000.000 deliberato dal Consiglio d’ Amministrazione dell’Univer¬ sità, ad integrazione del precedente di pari importo già riscosso, onde poter saldare le varie fatture ancora pendenti. Prima di procedere alle votazioni per l’ammissione dei nuovi soci, il Presidente accenna brevemente al curriculum di ciascuno dei seguenti 21 aspiranti: 1) Di Stefano Piero; soci presentatori: D’Argenio, Catalono 2) Leuci Giuseppe; soci presentatori: Barbera, de Cunzo 3) Cuneo Franco; soci presentatori: Scaramella, Matteucig 4) Mazzarella Adriano; soci presentatori: Vittozzi, Palumbo 5) Lopez Gorgé Julio; soci presentatori: Vittozzi, Pozzuoli 6) Luraschi Elena; soci presentatori: Abignente, Forgione 268 Processi verbali 7) Rossi Fortunato; soci presentatori: Napoletano, Vittozzi 8) Giglio Francesca; soci presentatori: de Cunzo, Vittozzi 9) Della Ragione Salvatore; soci presentatori: Caputo, de Cunzo 10) Berrino Giovanna; soci presentatori: Vittozzi, Corrado 11) Billwiller Arnoldo; soci presentatori: Valentini, de Cunzo 12) Tartaglione Elio; soci presentatori: Vittozzi, de Cunzo 13) Tartaglione Anna Maria; soci presentatori: Vittozzi, de Cunzo 14) Catalano Virgilio; soci presentatori: Schedilo, Vittozzi 15) Russo Antonio; soci presentatori: Moncharmont Zei, de Cunzo 16) Del Gaudio Silvana; soci presentatori: Battaglini, Gustato 17) Pedata Patrizia; soci presentatori: Battaglini, Gustato 18) Del Rio Antonio; soci presentatori: Varriale, Chieffi 19) Fraissinet Maurizio; soci presentatori: Milone, Varriale 20) Di Matteo Loredana; soci presentatori: Milone, Chieffi 21) Mezzacapo Vincenzo; soci presentatori: Palumbo, Vittozzi; distribuisce, il Segretario, le schede a ciascuno dei soci presenti; espletate le opera¬ zioni di voto, i soci Milone e Varriale procedono allo spoglio; dopo lo spoglio tutti i richiedenti risultano ammessi alPunanimità e solo per tre di essi a grandissima mag¬ gioranza. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche: a) Valentino M.G. presenta la nota sua, del socio Battaglini dal titolo: «Aspetti ecologici di un fiume urbano ad alta alterazione ambientale (fiume Sebeto, Napoli)», intervengono Franciosa, Napoletano; b) Richetti F. la sua nota, in collaborazione con Ferrara e Intrieri, dal titolo: «Studio comparativo sull’allevamento del Cinghiale Maremmano e del Cinghiale dei Carpazi - Nota 3: rilievi alla macellazione ed alla sezionatura », intervengono Napo¬ letano, Milone, Vittozzi; c) il Socio Taddei-Ruggiero E. presenta la sua nota dal titolo: «Struttura del Guscio dei Generi Gripphus e Terebratula (Terebratuloidea, Brachiopoda) »; d) il Socio Piscopo presenta la nota sua e di Diurno, Cereti-Mazza, Capello, Aliberti, Cirino, dal titolo: «Derivati ammidici, idrossamici e idrapidici di acidi ben¬ zoici sostituiti a potenziale attività biologica»; e) anche se fuori ordine del giorno, l’assemblea, a richiesta del Presidente, acconsente che si aggiunga una nota; pertanto de Cunzo presenta un suo lavoro in collaborazione con Della Ragione e Giglio dal titolo: «Schede per una Linea Palino- logica Italiana». Il Presidente invita quindi il socio Milone a presentare quanto richiesto; Milone dunque presenta relazione verbale del 1° Convegno Nazionale dell’Associazione «A. Ghigi» di recente istituita. Egli pertanto ringrazia ed espone quanto segue: «Il volume dedicato al 1° Centenario della Società dei Naturalisti in Napoli, ospita i riassunti delle relazioni e delle comunicazioni presentate al 1° Convegno Nazionale dell’Associazione “A. Ghigi per la Biologia dei Vertebrati”. È questa una giovane Associazione sorta in Parma nel 1979 con l’intento di “promuovere lo svi¬ luppo delle ricerche italiane sulla Biologia dei Vertebrati e in particolare degli Uccelli e dei Mammiferi sostenendo i lavori di buona qualità sia di interesse inter¬ nazionale sia di interesse locale che possano contribuire alla migliore conoscenza Processi verbali 269 dei Vertebrati superiori e degli ecosistemi di cui essi fanno parte” (dallo Statuto dell’Associazione). Il Comitato Organizzatore del Convegno porge il più vivo ringraziamento al Pre¬ sidente, Prof. P. Vittozzi e al Consiglio Direttivo della Società dei Naturalisti in Napoli per l’ospitalità, considerandola il migliore auspicio per il futuro dell’Associa¬ zione “A. Ghigi ”. Comitato Organizzatore: Prof. Giovanni Chieffi, Presidente; Prof. Mario Milone, Segretario; Dott. Antonio Del Rio; Dott. Maurizio Fraissinet; Dott. Bruno Varriale ». In seguito, ancora, il socio Abatino presenta una comunicazione verbale riguar¬ dante indagini sul cancro effettuate da studiosi presso l’Istituto di ricerca di Firenze. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Riassunti degli Atti del 1° Convegno Nazionale dell’ Associazione «A. Ghigi per la Biologia dei Vertebrati» Precida, 20-22 settembre 1981 Attuale situazione popolazionistica dei mammiferi selvatici nell’Italia centro-meri¬ dionale. Luigi Boitani, Istituto di Zoologia, Università di Roma. La profonda stratificazione culturale della società italiana è particolarmente evi¬ dente nella molteplicità dei comportamenti e degli atteggiamenti messi in atto nei confronti delle varie specie di mammiferi selvatici; una tradizionale assenza del mondo scientifico dallo studio di queste specie in Italia, ha poi favorito la mancanza della formazione di un approccio unico nei confronti di un gruppo che, pur conte¬ nendo valori evidentemente diversi, ha comunque sempre una sua unitarietà nell’es¬ sere la componente di maggior «peso» del mondo selvatico. In questa breve relazione verranno dapprima esaminati i diversi interessi che di volta in volta entrano in giuoco nel determinare l’approccio per questa o quella spe¬ cie e nel condizionarne poi la gestione e la sopravvivenza: interessi economici, spor¬ tivi, estetici, etici-sentimentali, ecologici, sanitari e scientifici si ritrovano da soli o in diverse combinazioni a determinare il destino e lo status delle diverse specie di mammiferi. La trattazione è ristretta alle sole specie di mammiferi di dimensioni medie e grandi, con la esclusione quindi dei micromammiferi. Dall’analisi degli interessi coinvolti ne risulta anche la considerazione per quelle strutture pubbliche e private che possiedono per legge o si sono arrogate il 270 Processi verbali diritto di gestione dei mammiferi: diritto ormai quasi stabilito dalla tradizione anche se del tutto irrazionale. Queste premesse sono necessarie a comprendere le cause dell’attuale situazione popolazionistica dei mammiferi selvatici e per poter valutare le proposte di gestione che potranno essere formulate. La relazione si occuperà quindi di esporre brevemente per tutte le specie di mammiferi selvatici dell’Italia centro-meridionale le informazioni oggi disponibili sulla distribuzione; la consistenza; lo status legale e di conservazione; la tendenza di popolazione; i problemi di gestione, sfruttamento, controllo e conservazione; lo stato delle conoscenze scientifiche e le principali ricerche svolte; le ricerche in atto e quelle necessarie o auspicabili; gli interventi di gestione necessarie. Queste informa¬ zioni e la trattazione saranno più superficiali e sommarie per le specie di minor importanza o con una problematica più ristretta per lasciare spazio a quelle specie il cui status e la cui ricerca sono più importanti alla loro stessa gestione e a quella di tutto l’ambiente. Senza trarre alcuna conclusione di sorta, la relazione vuole fornire un quadro generale ed una base per una discussione fattiva degli interventi da proporre e delle ricerche, di base e applicate, da stimolare e sostenere, alla ricerca possibile di una priorità d’azione nell’interesse di tutto l’ambiente. I determinanti ambientali nello sviluppo del comportamento F. Dessi, Dipartimento di Ecologia dell’Università della Calabria; C. Lupo; G. Ciampi, B. Musi and K. Larsson. Hypothalamic conversion of testosterone (T) to estrogens (E) appears to be essential for thè capacity of T to stimulate thè expression of male sexual behavior (see Larsson, 1979). It is well established that acute sexual stimulation can change T, LH and PRL plasma levels (Kamel et al., 1977), and Lupo et al. (1978) showed that socio-sexual deprivation of male rats influences thè processes that convert T to E suggesting thè importance of social stimulation even for thè regulation of brain T metabolism. In this communication, I will survey recent findings pertaining to fac- tors that may account for thè effects of socio-sexual deprivation on thè neuroendo¬ crine activity of male rats. To explore thè role of pheromonal cues, males housed in groups of 6, were, bet- ween weaning at 21 days and 60 days of age, exposed to soiled bedding material from cages housing adult males or females. The high rate of transformation of T into E and other metabolites of thè hypothalamic tissue, and thè low plasma T and E levels cha- racterizing socially deprived males was effectively counteracted by exposure of thè males to female and male bedding. The action of thè bedding factor seems to fit thè concept of a priming pheromone as that concept is presently applied to mammals (Whitten and Champlin, 1973), and thè results of this study suggest a role of such a substance associated with adult rats in mediating thè modulating influence of social stimuli on thè enzymatic processes involved in thè hypothalamic T metabolism. Further support of thè idea that olfaction is important for thè regulation of thè brain T metabolism is given by thè finding that anosmia induced by surgical des- truction of thè olfactory epithelium may interfere with these processes (Dessì-Ful- gheri et al., 1980). Processi verbali 271 Thus sexually experienced rats showed decreased plasma T and increased plasma DHT concentrations following anosmia. Furthermore, thè relatively low aro- matase activity characteristic to thè intact experienced male was increased signifi- cantly in anosmic rats. To evaluate thè role of sexual activity itself, male rats were housed with gona- dectomized females, part of which were made receptive by hormone treatment and thus allowed heterosexual activity, and part of which were left unreceptive. After thè end of this period, thè animals were killed. The males that had been living with receptive females showed elevated plasma T and E but no changes were seen in thè transformation of T to toher steroids. These obsevations showing that sexual activity itself influences plasma T and E but not brain T metabolism suggest that thè altera- tion in brain T metabolism caused by socio-sexual deprivation is not due to absence of heterosexual activity but rather to absence of olfactory stimulation. In two studies we adressed thè problem whether there exists a period of heigh- tened sensitivity to environmental influences. In thè first study, male rats were caged with females or other males from weaning until they were killed at either 35,45 or 60 days. Metabolic changes in thè hypothalamic T transformation related to cohabitation with females were seen in all age groups. This effect was particularly marked in thè 35-day group suggesting a heighetened sensitivity around this age. In a second experiment, thè period of female exposure was limited to 15 days, and either included thè age period of 30-45 or of 45-60 days. When killed at 70 days, males exposed to females between 45 and 60 but not between 30 and 45 days showed elevated plasma T. The results obtained in this study excludes thè possibil- ity that in adult rats, plasma T levels are elevated as a consequence of sociosexual stimulation at an early « sensitive » period, instead suggesting that such stimulation, when occurring, produce transient effects. / cicli riproduttivi nei vertebrati G. Chieffi, I Cattedra di Biologia e Zoologia Generale, I Facoltà di Medicina e Chi¬ rurgia, Università di Napoli. Uno dei fenomeni biologici più interessanti e meglio conosciuti è la ciclicità dei processi riproduttivi di numerose specie di piante e animali. La maggior parte dei Vertebrati, dai Ciclostomi ai Mammiferi, tendono a ripro¬ dursi nei periodi deiranno climaticamente più favorevoli. Numerosi sono gli espe¬ dienti messi in atto per raggiungere questo scopo. La domesticazione e talora la cattività hanno modificato il ritmo riproduttivo di molte specie, con la conseguente estensione dell’attività riproduttiva a ogni stagione dell’anno, come nella specie umana. In che modo i cicli riproduttivi si sincronizzano con le stagioni climaticamente più favorevoli? Dei fattori ambientali, il fotoperiodo è certamente quello più impor¬ tante nell’ influenzare i ritmi riproduttivi, sebbene negli eterotermi sembra operare insieme alla temperatura. Attraverso recettori specifici, la cui localizzazione in molti casi è ancora sconosciuta, gli stimoli giungono all’ipotalamo che regola, tramite l’ipofisi, la maggior parte delle funzioni riproduttive. I fattori ambientali operano in stretto rapporto con dei meccanismi fisiologici endogeni, anch’essi di natura ciclica, fissati ereditariamente, che vanno sotto il 272 Processi verbali nome di «ritmi endogeni», di cui si ignora la localizzazione. Uno di questi fattori endogeni più interessanti è «la refrattarietà», quel fenomeno per cui viene improv¬ visamente, totalmente sospesa Fattività riproduttiva nonostante le condizioni ambientali persistano favorevoli. Nonostante le numerose ricerche finora compiute sono ancora sconosciuti i meccanismi che regolano tale fenomeno di notevole inte¬ resse adattativo. «Comportamento aggressivo in Uegitglanis zammaranoi Gianferrari, pesce freatobio emoftalmo: considerazioni sul repertorio comportamentale esibito in esperimenti di laboratorio ». Berti R. e A. Ercolini, Istituto di Zoologia dell’Università di Firenze. Uegitglanis zammaranoi Gianferrari, claride anoftalmo endemico della falda freatica somala, presenta imponenti regressioni di tipo morfologico (estrema depig¬ mentazione; assenza di occhio, nervo e chiasma ottico; riduzione dell’encefalo «in toto» ed in particolare dei lobi ottici; riduzione della vescica natatoria e della tiroide), che testimoniano dell’elevato grado di adattamento alla vita ipogea acqui¬ sito. Il comportamento aggressivo presentato da tale specie, osservato dagli A.A. nei pozzi di cattura, è stato studiato ed analizzato in laboratorio. Il repertorio comporta¬ mentale esibito nel corso degli esperimenti condotti appare estremamente ricco ed articolato: sono stati individuati ben 27 «patterns» comportamentali, fra i quali sono rappresentati tutti quelli riscontrati, nel corso di esperimenti analoghi effettuati da altri A.A., nel repertorio comportamentale esibito da Ictalurus natalis Lesueur e da /. nebulosus Lesueur, pesci gatto epigei americani sistematicamente non troppo lontani da Uegitglanis. A differenza di quanto rilevato da altri A.A. su varie specie di pesci ipogei, in Uegitglanis le profonde regressioni riscontrate a livello morfologico non appaiono pertanto accompagnate da corrispondenti regressioni sul piano com¬ portamentale, per lo meno per quanto concerne il comportamento aggressivo. La causa dell’assenza di regressioni a questo livello è da ricercare, a parere degli A.A., nel probabile alto significato adattativo rivestito da tale comportamento nella biolo¬ gia di Uegitglanis. Effetto del 5 [5 DHT e del corticosterone su alcuni parametri riproduttivi della quaglia giapponese. L. Bottoni, Istituto di Farmacologia, Università degli Studi di Milano; P. Deviche, Laboratoire de Biochimie Générale et Comparée, Université de Liège. La quaglia giapponese (Coturnix coturnix japonica) è dotata di un sistema riproduttivo tipicamente dipendente dal fotoperiodo. È stato dimostrato che, non solo la secrezione degli ormoni ipofisari, ma anche il metabolismo degli androgeni nell’ipofisi, nell’ ipotalamo e negli organi androgeno-dipendenti (ghiandola cloacale) subiscono significative variazioni in seguito alla fotostimolazione degli uccelli. Negli esperimenti qui descritti si è voluto studiare il possibile effetto del corti¬ costerone (già noto per certi effetti sul sistema riproduttivo degli uccelli) e del 5 3 diidrotestosterone (un metabolita del testosterone generalmente considerato inat¬ tivo) sul alcuni parametri riproduttivi della quaglia. Due gruppi di quaglie, mante- Processi verbali 273 nute rispettivamente in giorni brevi (8 ore di luce, 16 ore di buio) e in giorni lunghi (8 ore di buio, 16 ore di luce), sono state trattate con corticosterone e sono stati quindi misurati farea della ghiandola cloacale, il peso dei testicoli, i livelli plasma¬ tici di LH e P5H, il metabolismo in vitro del testosterone. Nell’ ipofisi, l’esposizione a giorni lunghi ha aumentato la conversione del testosterone in metaboliti 5 a- ridotti, ma non quella in 5 (5-ridotti né androstenedione. Il trattamento con cortico¬ sterone ha causato un aumento della produzione dei metaboliti 5 P-ridotti e contem¬ poraneamente una diminuzione di androstenedione sia negli uccelli fotostimolati che in quelli non fotostimolati. Inoltre, negli uccelli non fotostimolati, il corticoste¬ rone ha causato un aumento dei livelli plasmatici di LH. Nella ghiandola cloacale il corticosterone ha causato un aumento della conversione del testosterone in adroste- nedione negli animali esposti a giorni lunghi e una diminuzione in quelli esposti a giorni brevi. Nell’esperimento riguardante il 5 p-diidrotestosterone è stata misurata farea della ghiandola cloacale ed è stato osservato il comportamento sessuale. I risultati indicano un leggero effetto del 5 p DHT sulla crescita della ghiandola cloacale e inoltre un effetto di potenziamento dell’azione del testosterone sul comportamento sessuale. Questi risultati suggeriscono che anche alcuni steroidi non androgeni pos¬ sono giocare un molo abbastanza importante nel ciclo riproduttivo degli uccelli. Astromenotassia cronometrica ed altri meccanismi di orientamento alla bussola negli anfibi: una revisione. Guido Chelazzi, Istituto di Zoologia dell’Università di Firenze. Meccanismi di orientamento «alla bussola» sono impiegati da varie specie di Anfibi, nei differenti stadi ontogenetici: i) per mantenere una posizione ottimale nelfecotono ripario (orientamento zonale), ii) per effettuare movimenti migratori legati all’ontogenesi o alla vicenda stagionale, iii) con ogni probabilità anche come parte di meccanismi navigazionali più complessi nelle forme capaci di homing. La capacità di orientamento mediante il sole con meccanismo ad astromenotas¬ sia cronometrica, scoperta originariamente in Acris gryllus (Ferguson, 1963), è stata successivamente dimostrata in molte specie di Urodeli ed Anuri, tramite esperi¬ menti in arene circolari o sfruttando tecniche di condizionamento. Alcuni Autori (ad esempio Ferguson & Landreth, 1966 su Bufo fowleri ) ritengono di aver messo in evi¬ denza un orientamento astronomico basato anche sulla visione della luna o delle stelle, senza però fornire prove convincenti. Più documentata è la capacità di alcune specie di utilizzare informazioni astro¬ nomiche mediate da recettori extraottici. Le ricerche più compiete sono state con¬ dotte su Acris gryllus (Taylor & Ferguson, 1970), Rana catesbeiana (lustri & Taylor, 1976) ed Amby stoma tìgrinum (Taylor, 1972; Taylor & Adler, 1978). In tutti questi casi sembra che l’organo parietale posteriore comprenda i principali recettori impli¬ cati nella astromenotassia extraottica, ma è difficile stabilire con sicurezza quale parte del complesso svolga l’effettiva funzione trasduttiva o se più parti siano tra loro vicarianti. Altri meccanismi di orientamento direzionale sono presenti almeno in forme ad ecologia particolare. È il caso della salamandra troglobia Eurycea lucifuga , capace di impiegare il campo magnetico terrestre per mantenere direzioni preferenziali (Phi- 274 Processi verbali lipps, 1977). Altre specie, come Rana catesbeiana e Notophtalmus viridescens (Taylor & Auburn, 1978) si orientano utilizzando il quadro di polarizzazione luminosa della volta celeste. Anche la geotassia è utilizzata per compiere movimenti migratori da parte di specie che vivono su pendìi accentuati (Fitzgerald & Bider, 1974, in Bufo americanus). Di particolare interesse sono le ricerche sulla acquisizione e variazione ontoge¬ netica di una direzione preferenziale di movimento: in varie specie si assiste ad inversioni delforientamento direzionale in coincidenza con la metamorfosi o legate alla periodicità stagionale. Le indagini sulforientamento negli Anfibi hanno fino ad oggi fornito una serie di spunti interessanti sotto il profilo eco-etologico, fisiologico, ontogenetico e filoge¬ netico. La soluzione dei numerosi quesiti delineati necessita di una indagine più rigorosa dal punto di vista metodologico e maggiormente attenta ai risultati acquisiti nello studio di altri gruppi di Vertebrati ed anche di Invertebrati. Molecular and bioregulatory evolution of steroid hormones in vertebrates. Lorenzo Colombo & Paola Colombo Belvedere, Istituto di Biologia animale, Univer¬ sità di Padova, Via Loredan 10, Padova. A salient feature of vertebrate endocrine systems is their use of steroid vectors for a large share o extracellular information transfers. Actually, thè progressive expansion of thè steroid signalling mode can be considered as an intrinsic trend in vertebrate evolution. The advanteges of steroid mediation are both semantic and operational. Con- trary to a common belief, species specificity in steroid secretions is produced more easily than in thè case of protein and peptide hormones. Qualitatively, it can rely not only upon mutational and duplicational changes in thè structural genes coding for steroid-biosynthetic enzymes (divergent and dicho- tomic evolution) but also, and especially, upon changes in thè regulatory portion of thè genome controlling thè expression of thè structural genes among steroidogenic endocrines (combinatory evolution). While differences in structural genes between species are related to their phylogenetic distance, differences in gene expression for steroidogenic enzymes are not or scarcely so. Quantitatively, further variability is assured by: 1) modifications of thè balance between interlocking pathways in thè steroidbiosynthetic network (even as a direct response to environmental temperature); 2) equilibrium shifts in redox reactions catalyzed by hydroxysteroid dehydrogenases and coupling active with less active molecular forms (progesterone/20 a or (3-dihydroprogesterone; corticosterone/ 11- dehydrocorticosterone; cortisol/ cortisone; testosterone/androstenedione; estradiol- 17 3/estrone); 3) release of steroids as phohormones or conjugates to be activated peripherally; 4) utilization of endogenous v. exogenous precursors such as choleste- rol. Thus, thè steroid-biosynthetic apparatus appears to be flexible enough to rapidly meet changing needs for adaptive evolution. As to thè steroid bioregulatory function, thè following organizational strategies can be recognized during vertebrate phylogenesis: 1) concentration of steroid hor- monogenesis in defined glands (gonads, adrenal and, to a lesser extent, placenta) whereas a more dispersed arrangement is postulated in deuterostome invertebrates Processi verbali 275 and, possibly, cyclostomes; 2) sexual dìfferentiation of gonadal steroid biosynthesis after thè ermergence of thè gnathostomes; 3) progressive elongation of thè commu- nication channel travelled by gonadal steroids from thè steroid-secreting to thè ste- roid-responsive sites with a sequential recruitment for control of germinai, somatic and pheromonal targets, in this order; 4) steroid diffusibility opposed in thè internai milieu by circulating proteins with high binding affinity and favored in thè external environment by thè high volatility or water-solubility of steroid pheromones; 5) temperai modulation of target response through thè adoption of. either nonnuclear or nuclear mechanisms of steroid action to induce effects with either short or long latency and duration. In conclusion, considering thè versatility, dependability and low energy demand of a communication System based on steroid messengers, it is not surprising that thè vertebrates are relying on sucfa a System for both individuai survival and species perpetuation. La conoscenza delia storia naturale dei roditori nella pianificazione sul territorio di interventi finalizzati al controllo igienico-sanìtario delle infrastrutture civili. Mauro Cristaldi, Istituto di Anatomia Comparata «G.B. Grassi», Roma; Anna Di Rienzo, Ospedale Generale Regionale «S. Eugenio», Roma; Daniele Giombi, Isti¬ tuto di Costruzioni Idrauliche della Facoltà di Ingegneria, Roma. Vengono illustrati i criteri orientativi per la conoscenza della biologia dei Rodi¬ tori infestanti finalizzata agli interventi nell’ impiantistica delle infrastrutture civili, con particolare riferimento alle condizioni degli impianti di smaltimento dei rifiuti. Vengono, pertanto, tracciati alcuni riferimenti alla storia evolutiva di alcune specie murine in rapporto alle loro abitudini commensali con la specie umana. Sono infine illustrati i criteri per l’impiego dei Roditori quali indicatori biologici ai fini del controllo mutagenetico dei sistemi territoriali tramite monitoraggi ambientali di semplice gestione decentrata. Segregazione ambientale e relative variazioni stagionali nella famiglia dei Silvidi (CI. AvesJ nell’ìsola dì Vivara (Golfo di Napoli). de Filippo G., Coppola D., Fraissinet M., Mastronardi D , Istituto e Museo di Zoolo¬ gia, Via Mezzocannone 8, 80137 Napoli. Sono state studiate le preferenze ambientali in 10 specie della famiglia dei Sil¬ vidi (, Sylvia atri capì Ila, S. borin, S. canti Hans, S. communi s, S. melanocephala , Phyllo - scopus co Uy luta, P. sibiìatrix , P. trochilus , Hyppolais icterina ) sull’isola di Vivara. Sono stati identificati 5 habitats (macchia bassa, macchia alta, olivete, bosco di roverella, ambiente antropico) nei quali le specie considerate contraggono rapporti interspecifici di tipo competitivo nell’alimentazione. Per ogni specie è stato calcolato l’indice di diversità ecologica (Power, 1971) in due differenti periodi: migrazione (marzo-aprile-maggio) e post-migrazione (giugno- luglio). I Phylloscopus sono specie altamente selettive, mentre vengono considerate poco selettive la Sylvia melanocephala e la S. atrìcapilla. Queste due specie (le 276 Processi verbali uniche nidificanti e presenti nel periodo post-migratorio con una sufficiente consi¬ stenza numerica) mostrano una maggiore segregazione ambientale nel secondo periodo. Dall’analisi delle preferenze di habitat nelle varie specie si ricava che l’au¬ mento della segregazione ambientale in queste due Sylvia è da porre in relazione con gli habitats abbandonati dai Silvidi migratori. Infine uno studio effettuato nell’ambito di ogni habitat, sulle preferenze per zone a diversa densità vegetazionale (Cody e Walter, 1976) ha evidenziato come tra le due Sylvia nidificanti non vi sia competizione alimentare, pur frequentando gli stessi habitats, poiché esse si dispongono in zone (sotto-habitat) a diversa densità vegetazionale. Identificazione di alcune componenti lipidiche del corpo giallo e dell’ ovario in femmine di Rana esculenta nel corso dell’anno. L. Di Matteo, Istituto di Zoologia, Università di Napoli. Ricerche sull’importanza esercitata dal corpo giallo degli Anfibi nella fisiologia della gonade hanno messo in evidenza il ruolo svolto dal contenuto lipidico. In fem¬ mine di Rana esculenta è stato studiato il contenuto lipidico del corpo giallo, dell’ovario e del plasma mediante tecniche di cromatografia su strato sottile, nel corso dell’anno. I periodi in cui si è operato rappresentano momenti critici della fisiologia della riproduzione in questi animali: marzo-maggio (periodo ovulatorio), luglio-settembre (periodo di ripresa), novembre-gennaio (periodo di stasi). Le classi lipidiche identificate nel corpo giallo e nell’ovario si diversificano nei tre periodi. In particolare possiamo notare la presenza di aldeidi ed esteri di acidi grassi, nel corpo giallo e nell’ovario, solo nei mesi primaverili. Questi composti si trovano nel plasma a partire dal tardo inverno. Infine, aldeidi ed esteri degli acidi grassi sono stati iden¬ tificati anche in escreti urinari di femmine del periodo ovulatorio o di femmine mantenute, durante i mesi invernali, a temperature primaverili, come pure nell’ urina di maschi trattati con estradiolo. Prime note sull’ecologia e sul flusso migratorio dell’assiolo fOtus scops) a Vivara (Napoli). M. Fraissinet, A. Del Rio, M. Kalby e R. D’Anselmo, Istituto e Museo di Zoologia, Via Mezzocannone 8, 80134 Napoli. Gli A.A. nel corso delle loro ricerche all’isola di Vivara hanno riscontrato alcune variazioni sull’ecologia, la distribuzione e il flusso migratorio dell’assiolo (Otus scops), rispetto a quanto riportato in letteratura (Moltoni, 1967-68). Hanno infatti constatato, sulla base delle catture e delle osservazioni effettuate negli ultimi tre anni, una presenza della specie sull’isola non solo di passo, ma anche di tipo stanziale. L’analisi particolareggiata delle ricatture ha permesso di affermare che gli indi¬ vidui svernanti non coincidono con quelli estivanti. Fra questi ultimi esiste almeno una coppia che da un paio di anni sembrerebbe nidificare su Vivara. Tali individui manifestano infatti nel periodo della riproduzione un tipico atteggiamento territo- Processi verbali 277 riale e, nello stesso tempo, riportano valori ornitometrici che possono essere corre¬ lati alla deposizione di uova. Si è notato altresì un aumento negli ultimi anni degli individui migratori. Il passo primaverile si attua nei mesi di marzo e aprile, quello autunnale nei mesi di ottobre e novembre. È stata elaborata, infine, una tabella delle medie ornitometriche principali: essa ha dimostrato una sostanziale convergenza con le medie riportate nella letteratura nazionale. Analisi dei fattori determinanti la struttura sociale dei primati: studio di un gruppo di Macache nemestrine (Macaco nemestrina). Giacoma Cristina, Istituto di Anatomia Comparata di Torino, V. Giolitti 34, Torino. Il gruppo, costituito da sei femmine di 5 anni, è stato osservato in 3 diverse situazioni: a) alloggiato in un recinto di circa 250 m2. b) alloggiato in una gabbia di 14 m2 x h = 3 m, dopo l’introduzione di un maschio adulto. c) alloggiato nella stessa gabbia di b), senza il maschio adulto e dopo la nascita di 2 maschi. I parametri comportamentali utilizzati sono: spostamento, minaccia, ostilità, sottomissione ricevuta, monta, grooming, competizione per il cibo. L’analisi tramite matrici a due entrate di tutti i parametri eccetto il grooming, se considerati direzio¬ nalmente, evidenziano resistenza di un solo ordine gerarchico di tipo lineare. In prima analisi il grooming appariva caratterizzato essenzialmente da un principio di reciprocità. L’analisi attuata mediante la suddivisione in sottogruppi formati da femmine di a-alto rango / co-basso rango evidenzia come il grooming, e l’attenzione sociale in genere, sia più frequente all’interno di ogni sottogruppo e come il maschio adulto, che assume la leadership, interagisca preferenzialmente con a. L’introduzione del maschio comporta inoltre una diminuzione della frequenza delle interazioni aggres¬ sive all’interno di co ed un aumento in a. Lo stesso tipo di analisi, fatto per sotto¬ gruppi distinti in femmine non gravide, femmine gravide, femmine con neonato ha dato risultati meno significativi. L’analisi dell’etogramma rivela una netta diminuzione della frequenza degli spostamenti nelle situazioni b/c rispetto ad a e la riduzione quasi totale delle monte con la nascita dei piccoli. Variazioni del titolo di vitellogenina durante il ciclo riproduttivo di Rana esculenta. Giorgi F., Istituto di Istologia ed Embriologia, Università di Pisa; Gobbetti A., Pol- zonetti-Magni A., Istituto di Zoologia ed Anatomia Comparata, Università di Came¬ rino. Durante il ciclo riproduttivo di Rana esculenta sono state messe in evidenza modificazioni del peso dell’ovario, dell’ovidutto e degli steroidi sessuali plasmatici. 278 Processi verbali Tali modificazioni sono probabilmente controllate anche da fattori ambientali quali temperatura, fotoperiodo e disponibilità di cibo. Dal momento che uno dei para¬ metri più caratteristici dell’accrescimento ovarico è rappresentato dall’accumulo di vitello, abbiamo ritenuto opportuno analizzare questo processo attraverso la deter¬ minazione del titolo della vitellogenina (VTG) in femmina catturate in diverse loca¬ lità. La VTG purificata secondo il metodo di Wiley e Wallace, 1978 è stata impiegata per la preparazione di un antisiero monospecifico; il titolo ematico di VTG è stato quindi determinato mediante la tecnica di immunoelettroforesi quantitativa. I risultati indicano che la VTG di Rana esculenta è strutturalmente simile a quella di altri Anfibi esaminati. Nelle tre popolazioni onsiderate il titolo della VTG segue variazioni stagionali ed il suo aumento precede quello del peso ova¬ rico. La stretta correlazione tra l’aumento del peso ovarico e il livello ematico di VTG ben si evidenzia nelle diversità del ciclo dipendenti dalle condizioni ambien¬ tali. Alcuni aspetti della biologia e del comportamento di Erinaceus europaeus L. 1758 (Insectivora). A) Periodo attivo. G. Gustato, P. Pedata e S. del Gaudio, Istituto di Zoologia, Napoli. Dalle osservazioni condotte su 4 esemplari di E. europaeus tenuti in stabulario è risultato che il ciclo di attività di questo mammifero ibernante nell’arco dei 12 mesi si articola in tre periodi: Periodo attivo, Periodo di preparazione, Periodo sensibile. Questi sono caratterizzati dai valori dei parametri: temperatura corporea (Tc), ritmo respiratorio (Rr), ritmo cardiaco (Re), oltre che da differenti achemi comportamen¬ tali. L’esame del comportamento ha evidenziato che Erinaceus europaeus alla nostra latitudine (41° N) è attivo nel periodo compreso tra marzo-aprile e settembre- ottobre. Durante tale intervallo di tempo la Tc varia tra i 30°C ed i 35°C, il Re tra i 160 battiti/ 1' e gli 80 battiti/ T ed il Rr tra i 10 atti/ 1' ed i 40 atti/l'. Gli animali, che generalmente dormono durante le ore diurne possono, tuttavia, esibire nelle stesse ore, se sollecitati dallo sperimentatore, un certo comportamento esplorativo. Si «appallottolano» solo nel momento in cui li si prende per poi rilas¬ sarsi gradualmente e con una certa rapidità, consentendo di effettuare le misura¬ zioni ed osservarne il comportamento. Non esitano a prendere dalle mani dello sperimentatore l’alimento costituito da pietanze caratterizzanti la nostra dieta. Solo durante il Periodo attivo E. europaeus , a contatto con particolari sostanze, dopo averle annusate, le lecca o le mastica producendo, così, una saliva schiumosa di cui, poi, si cosparge il dorso con la lingua, esibendo «l’autosputo». Stimolando gli animali con sostanze organiche ed inorganiche sia solide che liquide, abbiamo provocato sperimentalmente questo comportamento che può es¬ sere anche conseguente a nuove situazioni come il cambiamento di ambiente e rin¬ contro o la lotta con un nuovo conspecifico. Processi verbali 279 Alcuni aspetti della biologia e del comportamento di Erinaceus europaeus L. 1758 (Insectivora). B) Periodo di preparazione e Periodo sensibile. G. Gustato, P. Pedata e S. del Gaudio. Le osservazioni condotte hanno evidenziato che alla nostra latitudine (41° N), E. europaeus manifesta il fenomeno di vita latente durante il periodo compreso tra ottobre-novembre e marzo-aprile - Periodo sensibile -. Inoltre, all’ approssimarsi dell’autunno, si riscontrano negli animali alcuni cam¬ biamenti morfofisiologici che consentono, così, di localizzare anche il Periodo ài preparazione. Durante quest’ultimo, gli animali mostrano un netto infoltimento del pelo ed una spiccata «irritabilità»; inoltre, per tutti gli esemplari in osservazione, si è registrato un decremento del peso tra il 7,9% ed il 4,3% negli ultimi 15 giorni pre¬ cedenti la prima ipotermia. Durante il Periodo sensibile l’animale manifesta più volte l’ipotermia attraver¬ sando ripetutamente una serie di stadi, vincolati come successione ma privi di anda¬ mento ciclico: entrata in ipotermia - Questa fase dura all’incirca 3(f ed è caratterizzata dalla riduzione graduale della temperatura corporea (Tc), ritmo respiratorio (Rr), ritmo cardiaco (Re). nel 64% dei casi il fenomeno si è verificato contemporaneamente per 2, 3 o 4 esemplari ed in gennaio per ben tre volte l’entrata in ipotermia è stata simultanea per 4 animali; ipotermia - Durante questo stadio, che può durare da alcune ore ad un paio di settimane, l’animale non reagisce ad alcun rumore. La Tc si mantiene tra i 0°C ed i 2 1°C, oscillando in rapporto alle variazioni della temperatura ambientale ed il riccio compie un certo numero di atti respiratori intervallati da pariodi di apparente apnea lunghi da T a 30'. In ottobre, il numero dei giorni trascorsi in ipotermia è stato il più basso; il più alto, invece, si è registrato in gennaio; uscita dall’ipotermia - Questa fase, che dura all’incirca 9 (f, è caratterizzata dall’innalzamento graduale della Tc accompagnata da tremori che testimonierebbero la presenza di termogenesi con brividi. Nel 47% dei casi il fenomeno si è verificato contemporaneamente per 2, 3 o 4 esemplari ed a marzo si è riscontrato il massimo delle coincidenze per il maggior numero di esemplari; normotermia - Durante questo stadio il valore dei parametri Tc, Rr, Re ed il comportamento degli animali concordano con quanto rilevato ed osservato durante il Periodo attivo, ad eccezione dell’« autosputo» mai osservato in questa fase. Effetto del fotoperiodo su alcuni enzimi della prostata del criceto siriano (Mesocricetus auratus). Valeria Lucini e Renato Massa, Istituto di Farmacologia, Università degli Studi di Milano, Via Vanvitelli 32, Milano. Il criceto siriano è noto come mammifero tipicamente fotoperiodico. La sua maturazione sessuale si verifica più rapidamente in «giorni lunghi» e, in queste 280 Processi verbali condizioni, i livelli plasmatici degli ormoni gonadotropi si innalzano e inizia la pro¬ duzione di testosterone da parte delle cellule di Leydig. È noto che nella prostata del ratto, cane e uomo, il testosterone viene convertito in vari metaboliti attivi. Nel caso della prostata di ratto è stato anche dimostrato che la conversione è influenzata dalla castrazione e dal trattamento con steroidi ormonali. Il metabolismo «in vitro» del testosterone è stato ora studiato nella prostata di criceti siriani intatti e castrati mantenuti rispettivamente in «giorni brevi» (8 ore di luce e 16 di buio, 8L 16D) e in «giorni lunghi» (16L 8D). Sono stati identificati cinque diversi metaboliti: androstenedione, 5 a-diidrote- stosterone, 5 a-androstane-3 a, 17 p diolo (5 a-3 a-diolo), 5 a-androstane-3,17-dione e 5 p-androstane-3 a, 17 (3 diolo (5 3-3 a-diolo). Negli animali intatti mantenuti in «giorni brevi», i principali metaboliti formati sono il 5 a-diidrotestosterone (5 a-DHT) (7,7%), 5 a-3 a-diolo (6,5%) e androstene¬ dione (6,2%). Molto più bassa è la conversione a 5 a-androstane-3, 17-dione (l,2%)e a 5 3-3 a-diolo (0,3%). In «giorni lunghi» si ha un fortissimo aumento della conversione in 5 a-DHT (37,8%) e una netta diminuzione di quella in androstenedione (2,4%); non si hanno, invece, variazioni per gli altri metaboliti. Negli animali castrati e mantenuti in «giorni brevi» si nota, rispetto ai controlli intatti, una netta diminuzione sia dell’androstenedione (4,2%), sia di tutti i Sa¬ ridotti (5 a DHT: 4,5%; 5 a-3 a-diolo: 3,8%; 5 a-androstane-3, 17-dione: 0.6%). Si ha invece un modesto aumento della conversione in 5 3-3 a-diolo. Castrando gli animali mantenuti in «giorni lunghi» si nota, rispetto ai controlli intatti, una diminuzione di 5 a-DHT (13,2%) e un netto aumento di 5 a-3 a-diolo (18,9%). Varia¬ zioni minori si hanno anche per gli altri metaboliti. Questi risultati indicano che il metabolismo degli androgeni nella prostata del criceto siriano dipende dal fotoperiodo e dalla presenza di steroidi ormonali nel sangue. Immobilità indotta in Triturus cristatus carnifex; aspetti comportamentali e ormonali. Concetta Lupo, Istituto di Zoologia e Anatomia Comparata, Università di Messina; Graziano Paluffi, Istituto di Fisiologia Umana, Università di Siena. L’immobilità negli animali è stata osservata in natura come reazione alla pre¬ senza di un predatore, sperimentalmente è stata indotta con numerosi metodi (inversione, pressione, stimoli visivi o sonori). Nel nostro laboratorio abbiamo usato la pressione cutanea (applicazione di fermagli) per indurre f immobilità nel coniglio. Modificando leggermente il metodo per il tritone abbiamo usato dei piccoli morsetti al posto dei fermagli e li abbiamo applicati alla parte basale della coda. Esemplari di Triturus cristatus carnifex (9 maschi e 6 femmine) del peso medio di 7,4 gr., catturati nel periodo riproduttivo, sono stati sottoposti a 3 sessioni di immobilità a iniziare da 2 giorni dopo la cattura con intervallo di 3-4 giorni tra una sessione e l’altra. In seguito alla applicazione del morsetto l’animale rimaneva immobile o immediatamente o dopo una serie di movimenti: come durata dell’im¬ mobilità si considerava l’intervallo di tempo tra l’inizio deH’immobilità e il primo movimento attivo significativo. Tale durata variava da individuo a individuo e anche Processi verbali 281 nello stesso individuo tra le varie sessioni (media di tutti gli episodi = 678 ± 370 sec.). Nel gruppo dei maschi abbiamo osservato che 3 su 9 erano poco suscettibili, presentavano cioè un’immobilità molto breve (130 + 45) significativamente più bassa degli altri 6 (866 + 90; t Test p < 0.001). Le femmine erano tutte suscettibili (759 ± 332) e avevano un tempo di latenza significativamente più basso dei maschi (Mann-Whitney U Test p < 0.01); nella seconda sessione di immobilità le femmine erano inoltre significativamente più suscettibili dei maschi (M.W. U Test p < 0.02). A 12 giorni dalla cattura gli animali sono stati sacrificati dopo 3 minuti di ane¬ stesia con etere. È stato prelevato il cervello e il sague. Sul plasma sono stati deter¬ minati testosterone ed estradiolo per radioimmunodosaggio, sul cervello è stato stu¬ diato il metabolismo in vitro del testosterone. Il testosterone piasmatico e il rapporto testosterone/estradiolo sono risultati significativamente più alti negli animali insu¬ scettibili rispetto ai suscettibili (M.W. U Test p < 0.05). L’aromatizzazione nel cer¬ vello (trasformazione del testosterone in estrogeni) è risultata maggiore nelle fem¬ mine, mentre il metabolismo totale è maggiore nei maschi (M.W. U Test p < 0.05). Il rapporto testosterone/estradiolo nel plasma è risultato correlato direttamente col tempo di latenza medio (r = 0.58 n = 15 p < 0.02) e inversamente con la durata delfimmobilità (r = -0.53 n = 15 p < 0.05), inoltre nelle femmine Faromatizza- zione è risultata direttamente correlata con la durata dell’immobilità (r = 0.88 n = 6 p < 0.05). Questi dati suggeriscono che il comportamento del tritone nell’immobilità può essere prevedibile in base a certi parametri endocrinologici. Primi dati sul controllo della riproduzione stagionale e del comportamento del frin¬ guello (Fr ingill a coelebs). Renato Massa e Stefano Cervini, Istituto di Farmacologia, Università degli Studi di Milano. Il ciclo riproduttivo del fringuello è legato a variazioni stagionali e, in partico¬ lare, dipende dal fotoperiodo: in «giorni lunghi», gli uccelli sviluppano le proprie gonadi e i maschi iniziano a cantare. Gli esperimenti qui descritti sono stati effettuati per a) misurare le variazioni della concentrazione di ormone luteinizzante nel san¬ gue in rapporto al fotoperiodo; b) accertare se il fotoperiodo, oltre che sull’attività riproduttiva, abbia anche una influenza sulle attività di mantenimento. Cinquantasei fringuelli maschi catturati in ottobre sono stati ingabbiati singolar¬ mente e, a partire dal mese di gennaio, divisi in due gruppi: 16 uccelli sono rimasti in «fotoperiodo naturale» e altri 40 sono stati trasferiti in un ambiente a «giorni brevi» (8L 16D). Gli uccelli sono stati poi ulteriormente suddivisi in 7 gruppi da 8 (2 in fotoperiodo naturale e 5 in 8L 16D). Due gruppi (uno in fotoperiodo naturale e uno in 8L 16D) hanno subito, ogni due settimane, un prelievo di sangue; gli altri 5 gruppi (uno in fotoperiodo naturale e 4 in 8L 16D) sono stati utilizzati per un test comportamentale sulla motilità. Dai dosaggi dell’ormone luteinizzante, effettuati con un metodo radioimmuno- logico, è risultato che le concentrazioni dell’ormone negli uccelli ingabbiati si innal¬ zano da 3 a 4 volte dal 21 aprile al 4 maggio e cadono rapidamente nella seconda 282 Processi verbali metà di maggio. Nessun aumento si riscontra invece, nello stesso periodo, negli uccelli mantenuti in 8L 16D. Il test della motilità è stato effettuato per quattro volte, dalla fine di aprile alla fine di maggio su (a) un gruppo di uccelli in fotoperiodo naturale, (b) un gruppo di 8L 16D, (c) 8L 16D + testosterone, (d) 8L 16D + 5 a-diidrotestosterone, (e) 8L 16D + androstenedione. La motilità dei fringuelli in 8L 16D non è variata nel periodo preso in esame; si è avuto invece un netto aumento e una successiva diminuzione della motilità degli uccelli in fotoperiodo naturale. L’ androstenedione e il 5 a-diidro¬ testosterone (ma non il testosterone) hanno provocato pure un transitorio aumento della motilità. Questi risultati suggeriscono che il fotoperiodo non influenza soltanto l’apparato riproduttore del fringuello, ma anche certi comportamenti di manteni¬ mento. Mediatori di tale effetto potrebbero essere alcuni steroidi ormonali. Lo studio dell’ organizzazione sociale dei primati. Patrizia Messeri, Centro di Studio per la Faunistica ed Ecologia Tropicali, CNR, Via Romana 17, Firenze. Il crescente interesse per lo studio del comportamento sociale dei Primati ha recentemente consentito di raccogliere una grande quantità di notizie, che rivelano la complessità delle relazioni e delle organizzazioni sociali di questi animali, sia allo stato libero sia in cattività. Di conseguenza si sono andati affinando gli schemi con¬ cettuali e pratici con cui sistematizzare la ricchezza delle informazioni. In questa sede prenderemo in esame le metodologie connesse con lo studio dei più evidenti aspetti del comportamento sociale dei Primati non-umani: gerarchie sociali, matrici sociometriche, sociogrammi, relazioni spaziali, schemi di attrazione- repulsione, analisi multivariate dei repertori sociali. Si noterà come questi metodi e questi concetti, in gran parte derivati dalle scienze sociali umane, anche se raffinati e complessi, spesso si rivelino strumenti puramente descrittivi, la cui utilità dipende dalla possibilità di confrontare i fatti così ordinati con una teoria adeguata a fornirne una spiegazione causale o funzionale. Prenderemo dunque in esame alcuni esempi di come tali concetti siano stati utilmente messi a confronto con teorie specifiche sviluppatesi negli ultimissimi anni. Gli Osservatori ornitologici delle Prealpi lombarde. Giuseppe Micali e Vittorio Vigorita, Associazione «Alessandro Ghigi» per la Biolo¬ gia dei Vertebrati. Gli « Osservatori ornitologici regionali » della Lombardia sono stati istituiti con legge 31 luglio 1978, n. 47. Gli impianti attualmente utilizzati come Osservatori sono 14 «roccoli» e «bre¬ sciane» adibiti, nel passato, a scopo venatorio. Su cinque di questi impianti, il nostro gruppo di lavoro sta attualmente ponendo in atto nuovi criteri di gestione che dovrebbero stimolare la piena attuazione della legge n. 47 (sviluppo dello studio della biologia degli uccelli). Tali criteri di gestione si possono così riassumere: 1) Standardizzazione dei sistemi di cattura. 2) Misure biometriche per tutti gli uccelli catturati. Processi verbali 283 3) Registrazione giornaliera di «Osservazioni sul campo». 4) Introduzione di un sistema integrato di registrazione dei dati: Registro gior¬ naliero, censimento giornaliero, registro delle migrazioni, registro di inanellamento, schede, note speciali. 5) Pubblicazione annuale di un rapporto del lavoro di ciascun Osservatorio. 6) Messa a punto di nuove proposte legislative per la futura gestione. Entro la fine del 1982, gli Osservatori ornitologici delle Prealpi lombarde dovrebbero risultare in grado di assolvere i seguenti compiti: a) Garantire un moderno servizio di registrazione di dati ad uso del sistema FURINO. b) Collaborare a progetti di ricerca nazionali e internazionali. c) Promuovere la formazione di nuovo personale specializzato attraverso corsi, «stages», settimane di studio etc. d) Collaborare con l’Amministrazione regionale per la pianificazione della atti¬ vità venatoria nella Regione. Possibili analogie tra il corpo giallo degli Anfìbi e il tessuto adiposo periepididimale dei Mammiferi nel controllo della fisiologia testicolare. M. Milone e G. Chieffi, Istituto e Museo di Zoologia e I Cattedra di Biologia Gene¬ rale, Università di Napoli. Il corpo giallo (c.g.) degli Anfibi è una struttura adiposa, disposta cefalicamente alle gonadi. Esso deriva dalla trasformazione dei primi gonomeri. La sua asporta¬ zione provoca l’atrofia delle gonadi (Chieffi et al., 1978). Organi simili sono stati osservati negli altri Vertebrati. Nei Mammiferi esiste un tessuto adiposo periepididi¬ male (t.p.e.). Ricerche sperimentali sembrano indicare che il c.g. degli Anfibi e il t.p.e. dei Mammiferi svolgano una funzione analoga nel controllo della fertilità. I trigliceridi, gli steroli, i fosfolipidi (o loro metaboliti) sembrano essere le classi lipidiche maggiormente interessate. A livello proteico risultano finora coinvolti in tale controllo enzimi quali la malto-deidrogenasi e la glucosio-6-fosfato-deidroge- nasi. Ricerche preliminari sulla popolazione di Podarcis sicula sicula Raf dell’isola di Vivara (Procida). Picariello O., De Simone G., Istituto e Museo di Zoologia, Università di Napoli. Sull’isola di Vivara vive una sottospecie di Podarcis sicula che è peraltro diffusa in Italia Meridionale. Poiché trattasi di popolazione insulare è probabile che l’isola¬ mento abbia portato all’affermazione di caratteristiche morfologiche particolari. Per accertare la validità di questa ipotesi, esemplari di lucertola di Vivara sono stati con¬ frontati, da un punto di vista tassonomico, con la stessa sottospecie di altre tre zone della Campania: Acerra, Scafati, Avellino. Le lepidosi non mostrano sostanziali differenze statisticamente valide. Il feno¬ tipo «concolor», caratterizzato dall’assenza di striature e bandeggiature, invece, è presente solo su Vivara con media del 20%. 284 Processi verbali Mediante tecniche di cattura-ricattura si è stabilito che la densità di popolazione a Vivara è di circa 3000 esemplari per ettaro, mentre nelle altre tre zone della Cam¬ pania è molto minore. La sex-ratio a Vivara, inoltre è 1.8, cioè fortemente spostata verso il sesso maschile, mentre nelle altre tre zone ci si avvicina molto alla ratio teorica. L’incremento in peso e lunghezza nei due sessi presenta un’ascesa dalla prima¬ vera all’autunno con successiva stasi nel periodo invernale. L’incremento in lun¬ ghezza e in peso è molto più marcato negli individui subadulti (2-5 g) rispetto agli adulti in entrambi i sessi, ma con particolare riferimento ai maschi. Allorché il maschio raggiunge il peso di 12-14 g il suo ritmo si rallenta intorno ai 7-8 g. I maschi subadulti hanno una crescita in lunghezza nettamente superiore al loro aumento in peso, che si mantiene sostanzialmente simile nelle due classi di età. L’attività giornaliera è direttamente proporzionale all’interazione fotoperiodo- temperatura, con un massimo durante il mese di giugno. Podarcis s. sicula effettua a Vivara due deposizioni all’anno (aprile, giugno) con una media di due uova per volta. Circa il 42% della popolazione di Vivara è infestato da Acari mentre nelle altre zone campane da noi esaminate tale percentuale si riduce nettamente. Dai dati di incremento in lunghezza delle code si osserva che durante il periodo invernale la crescita di tale organo è ridotta. Il ritmo di crescita della coda intatta è di circa 30 mm all’anno negli individui subadulti di entrambi i sessi. Ambiente e processi riproduttivi negli Anfibi anuri. Livelli plasmatici degli ormoni ses¬ suali e ciclo delle gonadi in Rana esculenta, vivente nel laghetto di Colfiorito (Marche, 900 metri sul livello del mare). Alberta Polzonetti-Magni, Anna Gobetti, Istituto di Zoologia e Anatomia Compa¬ rata, Università di Camerino; Virgilio Botte, Istituto di Zoologia dell’Università di Napoli. Nell’anfibio anuro Rana esculenta le differenze climatiche legate alla latitudine o all’altitudine si riflettono sulla lunghezza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. In pianura (ad es. Lago di Lesina) la precocità della primavera comporta le prime depo¬ sizioni di uova in marzo mentre l’autunno mite permette un più lento periodo di recupero. Non così in montagna dove la brevità della primavera e dell’estate confi¬ nano le deposizioni a pochi giorni in aprile-maggio ed impongono un rapido periodo di recupero (terminato entro l’autunno). Queste ultime condizioni si evidenziano bene in una piccola popolazione di rane viventi ai margini del laghetto di Colfiorito (Foligno, Marche) posto a 900 metri sul livello del mare. In questi anfibi le modificazioni dei livelli ematici dell’estradiolo e del progeste¬ rone nel corso dell’anno sono simili a quelli osservati in esemplari della stessa specie viventi in zone climaticamente differenti, ma non mancano di offrire aspetti peculiari. Entrambi gli ormoni aumentano in correlazione con la ripresa della gonade e dell’ovidutto in autunno, convalidando l’ipotesi che essi (specialmente l’estradiolo) siano implicati nella regolazione del periodo di recupero. I livelli ormonali sono ancora alti in marzo, alcune settimane prima della deposizione, ma stranamente diminuiscono nel corso di quest’ultima fase. Nostre osservazioni preliminari, però, lasciano supporre che significative variazioni, soprattutto del livello degli estrogeni, Processi verbali 285 avvengano in concomitanza con le fasi terminali dell’accrescimento degli ovociti, forse poco apprezzabili con il semplice peso della gonade. In questo periodo, perciò, il peso della gonade ha scarsa importanza come valore di riferimento dello stato di sviluppo dell’organo. Mai osservato in precedenza è un rapido e temporaneo incremento di entrambi gli ormoni (soprattutto dell’estradiolo) nel periodo postriproduttivo quando gli organi bersaglio (ovidutto e fegato come produttore di vitellogenina) sono del tutto silenti. Se convalidato, questo fenomeno potrebbe prospettare l’intervento della gonade nel blocco dei processi riproduttivi in estate quando le condizioni climatiche appaiono ancora favorevoli. Questa funzione che potrebbe essere esercitata mediante feed-back negativo sull’asse ipotalamo-ipofisario e/o con un’inibizione diretta sugli organi bersaglio, ha una certa rilevanza ecologica in quanto impedisce la presenza di larve o di animali neometamorfosati in epoche prospetticamente poco favorevoli (autunno). Indagine preliminare sulla migrazione del Fringuello (Fringilla coelebs, L.) in Italia. Gloria Savigni, Borsista presso Istituto Biologia Selvaggina; Ozzano Emilia. Renato Massa, Istituto di Farmacologia dell’Università di Milano. Il Fringuello {Fringilla coelebs , F.), oltre a nidificare in tutta Italia, è un tipico migratore a doppio passo. Numerosi esemplari ne vengono catturati soprattutto tra settembre e novembre, nei vari punti di inanellamento distribuiti nel nostro Paese. Allo scopo di verificare quali siano le principali zone dei Fringuelli che giungono in Italia, sono state prese in considerazione le schede relative a 182 esemplari di Frin¬ gilla coelebs inanellati all’estero e ripresi in Italia tra il 1970 e il 1979. È stato con¬ statato che le principali località di provenienza di questi uccelli sono: Mosca (40 riprese), Praga (39 riprese), Sempach (33 riprese). Altre località di provenienza sono risultate: Helsinki (Finlandia), Lituania (U.S.S.R.), Varsavia (Polonia), Budapest (Ungheria), Praga (Cecoslovacchia), Zagabria e Lubiana (Iugoslavia), Radolfzell (BDR), Helgoland (BDR), Hiddensee (DDR), Arnhem (Olanda), Bruxelles (Belgio) e Parigi (Francia). La rappresentazione grafica della distribuzione delle catture nei vari mesi dell’anno relative ai Fringuelli inanellati in ciascun Osservatorio straniero ha per¬ messo di mettere in evidenza due picchi nettamente distinti, il primo con un massimo nel mese di settembre, relativo agli Osservatori di Mosca e Praga, il secondo con un massimo relativo al mese di ottobre riguardante l’Osservatorio di Sempach. Analizzando le riprese avvenute entro un periodo non superiore ai 180 giorni, è risultato che le aree Euring italiane interessate sono la n. 30 (Area al¬ pina), n. 31 (Po), n. 32 (Nord Tirreno), n. 33 (Nord Adriatico) e n. 34 (Sud Tir¬ reno). Dalla distribuzione delle catture nelle diverse aree Euring risultano confer¬ mati due punti di passaggio, uno rappresentato dai valichi alpini, un altro dalla costa nord-adriatica. La distribuzione bimodale del passo del Fringuello risulta anche confermata dai dati quantitativi sulle catture nei punti di inanellamento della Lombardia. 286 Processi verbali Alcune considerazioni sull’ ecologia del Merlo in tre ambienti tipo urbano , suburbano, a macchia mediterranea insulare , della costa napoletana, L. Scala, S. Gfainis, G. Rinaldi, Istituto e Museo di Zoologia, Università di Napoli. Gli A. A, hanno studiato il flusso annuale di maschi, femmine e immaturi di Turdus merula unitamente ad alcuni aspetti di comportamento alimentare e territo¬ riale in tre aree con differenti caratteristiche ecologiche e antropiche. Quale ambiente urbano si è scelto un giardino alberato piuttosto antropizzato; l’ambiente suburbano è rappresentato da un’area in periferia coltivata a ortaggi e agrumeti; farea a macchia mediterranea è stata individuata nell’isola di Vivara. In tutti gli ambienti l’analisi dei diagrammi di flusso fa supporre la presenza di una popolazione nidificante cui si sovrappone un fenomeno migratorio. I tre flussi comunque seguono nel corso dell’anno andamenti differenti. Nelle tre aree sono probabili almeno due covate. Il comportamento alimentare è funzione di una diffe¬ rente stratificazione verticale e di una diversa superficie territoriale. Osservazioni preliminari sul comportamento alimentare , morfologico e biochimico , nel pettirosso. B. Varriale e R. Mineo, Istituto e Museo di Zoologia, Università di Napoli, Napoli. Nel quadro delle nostre ricerche in campo aperto, finalizzate, allo studio della biologia della riproduzione nei vertebrati, descriviamo alcune osservazioni prelimi¬ nari sul comportamento alimentare e su alcuni parametri relativi in una specie orni- tica tipo quale il pettirosso ( Erithacus rubecola rubecola). Lo studio è stato svolto sull’isola di Vivara nei mesi autunnali, periodo in cui si osserva un elevato afflusso di individui solitamente svernanti. Le popolazioni dell’isola mostrano un comportamento alimentare differente a seconda della regione considerata. Ove esiste una maggiore ricchezza di cibo, non si nota alcun comporta¬ mento territoriale degli individui; viene però rispettata, a livello di posatoi, una distanza minima. Una territorialità viene riscontrata, anche sul suolo, in regioni adi¬ bite a temporanea residenza. Il pettirosso si nutre durante tutto il giorno prevalente¬ mente a terra, raramente su rami bassi, mai su quelli alti della macchia mediterra¬ nea esistente. L’esame del contenuto stomacale ha messo in evidenza una alimentazione di tipo vegetale percentualmente elevata (circa il 70%), rispetto a quella animale. Tra il materiale vegetale si riscontrano particolarmente semi e bacche; tra quello animale sono stati ritrovati principalmente Insetti (Form iddi e Ditteri). A livello intestinale aumenta del 20% il ritrovamento di materiale vegetale. Sono stati effettuati, inoltre, i dosaggi dei possibili targets ematici del metabolismo di base di questi individui. Non si notano differenze nelle varie regioni considerate per quanto riguarda il con¬ tenuto proteico e di azoto. I lipidi, invece, e in particolare il colesterolo e i triglice- ridi, mostrano dei valori abbastanza singolari ma che comunque sembrano coinci¬ dere col tipo di zonazione da noi adottato. Infatti, nelle regioni alimentarmente più ricche si osserva un tenore più basso sia in colesterolo che in trigliceridi, mentre in quelle residenziali il titolo di questi metaboliti tende ad essere significativemente più elevato. ELENCO DEI SOCI AL 31 DICEMBRE 1981 con la data di ammissione SOCI BENEMERITI 1) 31-12-922 2) 29- 4-923 3) 16- 3-924 4) 2- 5-931 5) 2- 5-931 Palombi Arturo - Via Carducci, 19 - 80121 Napoli. Torelli Beatrice - Via Bracciano, 2 - Roma. Viggiani Gioacchino - Via Posillipo, 281 - 80123 Napoli. Montalenti Giuseppe - Istituto di Genetica - Città Universitaria - 00185 Roma. Parenzan Pietro - Stazione di Biologia Marina - Porto Cesareo (Lecce). 1) 26- 2-971 2) 28- 3-963 3) 29-12-976 4) 29-12-974 5) 23-12-975 6) 26- 7-975 7) 7- 2-938 8) 25- 6-976 9) 30- 1-981 10) 29-10-971 11) 27- 6-980 12) 30- 1-959 13) 23-12-975 14) 27- 6-980 SOCI ORDINARI Abatino Elio - C.N.R. - Centro di Microscopia elettronica I. M. - Piazza Barsanti e Matteucci - 80125 Napoli. Abignente Enrico - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Accordi Giovanni - Via Grossi Gondi, 46 - Roma. Amodeo Giovanni - Via Fava, 33 - 80014 Nocera Inferiore. Anastasio Antonio - Via M. Piscitelli, 29 - Napoli. And ilo ro Filippo - Campo Sperimentale Contrada «Bettina» - 89013 Gioia Tauro. Antonucci Achille - Via Girolamo Santacroce, 19/c - 80129 Napoli. Aprile Francesco - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università di Napoli - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Arcamone Nadia - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Ariani Antonio - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Ascione Aniello - Via s. Michele, 76 - Ponticelli (Napoli). Badolato Franco - Via Pantelleria, 3 - Roma. Balsamo Giuseppe - Istituto di Biologia Generale e Genetica dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Barahona Fernàndez Enrique - Estación Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Professor Albareda, 1 - Granada (Spagna). 288 Elenco dei soci 15) 25- 6-976 16) 27- 3-964 17) 27- 6-980 18) 31- 5-968 19) 22-12-981 20) 22-12-981 21) 27- 6-975 22) 26- 5-972 23) 30- 1-959 24) 30-11-973 25) 31- 5-968 26) 30-12-960 27) 3-12-971 28) 28- 2-969 29) 26- 5-972 30) 20-12-974 31) 27- 6-980 32) 27- 3-964 33) 21-12-979 34) 23-12-975 35) 23-12-975 36) 30- 1-981 37) 31- 3-972 38) 28-12-951 39) 29-10-971 40) 27- 4-973 41) 30-12-962 42) 21-12-979 43) 27- 3-964 44) 29-10-971 Barattolo Filippo - Corso Italia, 11 - 04024 Gaeta. Barbera Carmela - Istituto di Palentologia delPUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Barone Guido - Via Gemito, 70 - Napoli. Battaglimi Pietro - Istituto di Zoologia delPUniversità - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Serrino Giovanna - Via Plinio il Vecchio, 75 - Castellammare di Stabia. Billwiller Arnoldo - Piazza Cavour, 146 - Napoli. Biondi Augusto - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Boenzi Federico - Via Lucano, 122, 75120 Matera. Boisio Maria Luisa - Distacco Piazza Marsala, 3/6 - 16122 Genova. Bolognese Bianca - Via Posillipo, 47/ A - 80123 Napoli. Bonardi Glauco - Istituto di Geologia e Geofisica delPUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Bonasia Vito - Istituto di Geologia e Geofisica delPUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Boni Maria - Istituto di Geologia e Geofisica delPUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Borgia Giulio Cesare - Geologo - Via Luigi Guercio, 145 - 84100 Salerno. Botte Virgilio - II Cattedra di Anatomia Comparata delPUniver¬ sità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Bova-Conti Marcello - Piazza s. Giovanni Bosco, 1/8 - 90143 Palermo. Boza Lopez Julio - Estación Experimental del Zaidin G.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Brancaccio Ludovico - Istituto di Geologia e Geofisica delPUni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Buccino Gerardo - Via C. Rossi, 13 - 84043 Agropoli. Buretta Paolo - Corso Garibaldi, 142d - 84100 Salerno. Cagliozzi Anna - Istituto di Zoologia delPUniversità - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. C alien do Maria Filomena - Istituto di Zoologia delPUniversità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Cannavale Giuseppe - Via Madonna di Fatima, 98 - 84100 Salerno. Capaldo Pasquale - Traversa Giacinto Gigante, 36 - 80128 Napoli. Capasso Giuseppe - Via S. Eustacchio, 51 - 84100 Salerno. Capolongq Domenico - Via Roma, 8 - 30030 Roccarainola (Napoli). Capone Antonio - Via Cilea, 136 - 80127 Napoli. Cappello Brunella - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicolo¬ gica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Caputo Giuseppe - Istituto di Botanica - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. Cà pannante Gabriele - Istituto di Geologia e Geofisica delPUni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Elenco dei soci 289 45) 31- 5-968 46) 28-12-940 47) 23-12-975 48) 24- 6-977 49) 23-12-975 50) 3-12-971 51) 22-12-981 52) 28-12-969 53) 23-12-975 54) 23-12-975 55) 28- 2-969 56) 29-10-971 57) 31- 5-968 58) 26- 5-972 59) 27- 1-978 60) 31- 5-968 61) 21- 5-968 62) 24- 6-977 63) 28- 2-969 64) 28-12-949 65) 28-12-932 66) 27- 6-975 67) 28- 3-963 68) 26- 1-949 69) 22-12-981 70) 29-11-974 71) 29-10-971 72) 30- 1-959 73) 27- 6-973 74) 29-12-961 75) 31- 5-968 Carrara Eugenio - Istituto di Geologia e Geofisica delPUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Casertano Lorenzo - Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Castaldo Chiara - Via Ugo Niutta, 22 - 80128 Napoli. Castellano Giovanna - Corso Vittorio Emanuele, 175 - 80121 Napoli. Castellano Maria Cristina - Via Manzoni, 63 - 80123 Napoli. Catalano Raimondo - Istituto di Geologia dell’Università - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Catalano Virgilio - C.so Vitt. Emanuele, 539 - Napoli. Catenacci Vincenzo - Geologo - Via A. Regolo, 12/d - 00192 Roma. Ceccoli Annamaria - Via Piscicelli, 29 - Napoli. Celico Pietro - Piazza Pilastri, 17 - 80125 Napoli. Chiaromonte Ferdinando - Parco Grifeo, 38 - 80121 Napoli. Chieffi Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Ciaranfi Neri - Parco Domingo, scala j - Via C. Rosalba, 46 F - 70124 Bari. Ciardiello Valle Anna Maria - Via Caldieri, 147 - 80128 Napoli. Cimino Antonio - Via Carmelo Trasselli, 9 - 90129 Palermo. Cippitelli Giuseppe - Via Morandi, 13 - 20097 S. Donato Mila¬ nese. Cocco Ennio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Corniello Alfonso - Corso Umberto, 98 - 81012 Alvignano (Caserta). Corrado Gennaro - Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Cotecchia Vincenzo - Corso Alcide De Gasperi, 384 - Bari. Co vello Mario - Parco Grifeo, 38 - Napoli. Cozzolino Angela - Via Garibaldi, 9 - Tufino (Napoli). Crescenti Uberto - Via Gioberti, 44 - 65100 Pescara. Cucuzza Silvestri Salvatore - Casella Postale 345 - 95100 Catania. Cuneo Franco - Viale Kennedy, 70 - Giardino zoologico - 80125 Napoli. D’Alessandro Assunta - Via G. Grande, 12 - Lecce. Damiani Alfonso Vittorio - Lungotevere Meliini, 30 - 00193 Roma. D’Argenio Bruno - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Dazzaro Luigi - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ateneo - 80121 Bari. De Castro Piero - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Castro Coppa Maria Grazia - Istituto di Paleontologia del¬ l’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 290 Elenco dei soci 76) 30- 1-959 77) 30- 1-959 78) 20- 1-932 79) 3-12-971 80) 22-12-981 81) 22-12-981 82) 22-12-981 83) 31- 5-968 84) 29-11-974 85) 28- 6-975 86) 27- 1-978 87) 31- 5-968 88) 25- 6-976 89) 26- 2-971 90) 25- 6-976 91) 29-10-971 92) 27- 6-975 93) 25- 6-976 94) 27- 3-964 95) 20-12-960 96) 21-12-979 97) 27- 6-975 98) 22-12-981 99) 20-12-974 100) 29-10-971 101) 22-12-981 102) 21-12-979 103) 27- 6-973 104) 28- 2-969 105) 27- 6-980 106) 30- 1-981 107) 21-12-979 108) 30- 1-981 De Cunzo Teresa - Istituto di Geologia e Geofìsica delPUniver- sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Leo Teodoro - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Lerma Baldassarre - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Delfino Vincenza - Via Pietro Castellino, 88 - 80131 Napoli. Del Gaudio Silvana - Via Giuseppe Orsi, 50 - Napoli. Della Ragione Salvatore - Via Cerillo, 57 - 80070 Bacoli. Del Rio Antonio - Via Floriano del Secolo, 4 - Napoli. De Medici Giovanni Battista - Via Beisito, 13 - 80123 Napoli. De Miranda Renato - Via Chiatamone, 60/B - 80123 Napoli. D’Erricq Francesco Paolo - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria dell’Università - Portici (Napoli). De Riggi Angelo - Via Cavour, 2 - 80133 Cicciano (Napoli). De Riso Roberto - Istituto di Geologia Applicata dell’Università. De Rosa Ciro - Via Costantinopoli, 25 - Aversa. De Simone Bruno - Parco Comola Ricci, 120/c - 80122 Napoli. De Simone Francesco - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossi¬ cologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. De Stasio Laura Maria - Istituto di Geologia e Geofìsica del¬ l’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Vivo Benedetto - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Di Benga Felice - Calata S. Francesco, 12/B - 80127 Napoli. De Girolamo Pio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Di Leo Lucia - Via Lepanto, 21 - 80125 Napoli. Di Luise Giancarlo - Via Carlo Ravizza, 7/ A - 20100 Milano. Di Maio Ferdinando - Via G. Poli, 70 - Portici (Napoli). Di Matteo Loredana - Via Consalvo, 138 - Napoli. Dini Antonio - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Di Nocera Silvio - Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Di Stefano Piero - Via Tricomi, 16 - Palermo. Diurno Maria Vittoria - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossi¬ cologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Esposito Vincenzo - Via Bonito, 27/c - 80129 Napoli. Fantetti Vincenzo - Via Napoli, 107 - 71016 S. Severo (Foggia). Fenoll Hach-Ali Purificación - Departamento de Cristalografìa y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna). Ferrara Lydia - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell’Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Ferreri Vittoria - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Ferro Raffaele - Via Diano, 27 - 80078 Pozzuoli. Elenco dei soci 291 109) 29-10-971 110) 26- 6-976 111) 27- 6-980 112) 29-12-961 113) 21-12-979 114) 24- 6-977 115) 21- 5-968 116) 28- 2-969 117) 23-12-975 118) 18-12-959 119) 22-12-981 120) 23-12-975 121) 28-12-951 122) 3-10-971 123) 30-12-960 124) 22-12-981 125) 15-12-978 126) 31- 3-972 127) 15-12-978 128) 31- 3-972 129) 26- 2-971 130) 21- 5-968 131) 27- 6-980 132) 31- 3-972 133) 30-12-936 134) 28- 1-972 135) 27- 4-973 136) 26- 5-972 137) 26- 1-973 Fimiani Pellegrino - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Fin amore Ester - Via Posillipo, 239 - 80123 Napoli. Fiorito Graziano - Via G. Gigante, 39 - Napoli. Fondi Mario - Istituto Geografia dell’Università - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli. Forgione Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossico- logica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Forlani Marcello - Via Libertà, 218/bis - 80055 Portici. Fon Lidia - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Franciosa Nicola - Istituto di Edilizia - Facoltà di Architettura - Via Monteoliveto, 3 - 80134 Napoli. Franco Anna Rita - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Franco Enrico - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Frassinet Maurizio - Via Recanati, 51 - S. Giorgio a Cremano. G alassi Leone - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Galgano Mario - Istituto di Antropologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Galiano Giovanni - Viale Mellusi, 40/ c - 82100 Benevento. Gianfrani Alfonso - S. Giacomo dei Capri, 41 - Parco Pica - Napoli. Giglio Francesca - Via S. Maria Apparente, 4 - 80132 Napoli. Gioffrè Domenico - Istituto di Coltivazioni Alboree - Facoltà di Agraria - Portici (Napoli). Giunta Giuseppe - Via Passaggio dei Poeti, 22 - Palermo. Guadagno Francesco Maria - Via Tasso, 305 - Napoli. Guglielmotti Eugenio - Via G. Seripando, 14 - Salerno. Gustato Gerardo - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Honsel Edmondo - Istituto di Botanica - Via Valerino - 34100 Trieste. Huertas Garcia Francisco - Estación Experimental del Zaidin - C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Ioni Lamberto - Via Luca Giordano, 6 - 80127 Napoli. Ippolito Felice - Istituto di Geologia - Città Universitaria - Roma. Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università - Palazzo Ate¬ neo- 70121 Bari. Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia Fisica dell’Univer¬ sità - Via Trentino, 51 - 09100 Cagliari. Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Università - Largo S. Marcel¬ lino, 10 - 80138 Napoli. Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 292 Elenco dei soci 138) 30- 1-981 139) 6- 2-939 140) 14- 6-945 141) 27- 1-956 142) 30- 1-981 143) 29-10-971 144) 20-12-974 145) 29-10-971 146) 28- 2-969 147) 29-10-971 148) 27- 6-973 149) 29-10-971 150) 15-12-978 151) 22-12-981 152) 31- 3-972 153) 27- 6-980 154) 27- 6-980 155) 22-12-981 156) 26- 5-971 157) 22-12-981 158) 22- 2-963 159) 26- 4-974 160) 27- 1-956 161) 20-10-971 162) 25- 6-976 163) 23-12-975 164) 27- 4-973 165) 30-11-973 166) 30- 1-981 167) 22-12-981 168) 29-10-971 Istituto di Scienze della Terra - Viale Ungheria, 43 - Udine. Jovene Francesco - Via Acquedotto, 107 - 80070 Ischia (Napoli). La Greca Marcello - Istituto di Biologia animale dell’Università - Via Androne, 81 - 95124 Catania. Lambertini Diana - Istituto di Chimica Industriale delPUniversità - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Lambiase Salvatore - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Landi Aldo - Via Tito Angelini, 25 - 80129 Napoli. Landi Ernesto - Piazza Carità, 6 - 80134 Napoli. Lapegna Ulisse - Via G. Bonito, 27/E - 80134 Napoli. Lapegna Tavernier Amalia - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. La Rotonda Maria Immacolata - Corso Garibaldi, 129 - 80055 Portici. Laureti Lamberto - Via Nievo, 84 - 80122 Napoli. Lavorato Giovanni - Via S. Matteo, 5 - 84090 Montecorvino Pugliano (Salerno). Lazzari Silvestro - Via mantova 32/6 - 85100 Potenza. Leuci Giuseppe Istituto di Paleontologia - Napoli. Liguori Vincenzo - Istituto di Geologia - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Linares Gonzalez José - Estación Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Lopez Aguayo Francisco - Departamento de Geologia y Geoqui- mica - Facultad de Ciencias - Universidad de Valladolid (Spagna). Lopez Gorge - Via Puente verde, 2 - Granada (Espana). Lucini Paolo - Via Cammarano, 19 - 80129 Napoli. Luraschi Elena - Via Tasso, 480 - Parco Materazzo, 80123 - Napoli. Maccagno Angiola Maria - Piazza Zama, 19 - Roma. Maglione Costantino - Via Cilea, 280 - 80127 Napoli. Mancini Fiorenzo - Via Gino Capponi, 18 - 50121 Firenze. Manna Fedele - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Manzo Sergio - Via Terracina, 368 - 80125 Napoli. Marmo Francesco - Istituto di Biologia Generale e Genetica dell’Università di Napoli - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Maxia Carmelo - Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia fisica - Via Trentino, 51 - 09100 Cagliari. Matteucig Giorgio - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Mazza Cereti Maria Teresa - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell’Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Mazzarella Adriano - Via Petrarca, 119 - Napoli. Merenda Luigi - C.N.R. - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza). Elenco dei soci 293 169) 31- 3-972 170) 22-12-981 171) 29-10-971 172) 28-12-949 173) 27- 1-978 174) 27- 1-978 175) 7- 2-938 176) 27-11-947 177) 30-12-960 178) 22-12-976 179) 26- 6-976 180) 30- 1-981 181) 27- 1-978 182) 31- 5-968 183) 27-11-947 184) 24- 6-977 185) 26- 1-949 186) 25- 6-976 187) 27- 4-973 188) 30-12-960 189) 25- 6-976 190) 27-11-947 191) 27- 6-980 192) 29-10-971 193) 30-12-960 194) 30-12-960 195) 29- 3-963 Meucci Nardella Anna Maria - Via Domenico fontana, 95 - 80128 Napoli. Mezzacapo Vincenzo - Via G.B. Novelli, 34 - Marcianise. Micieli De Biase Leandro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Migliorini Elio - Via Vitelleschi, 26 - 00193 Roma. Milito Pagliara Severina - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Milone Mario - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Moncharmont Ugo - Via A. Falcone, 88 - 80127 Napoli. Moncharmont Zei Maria - Istituto di Paleontologia dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Montagna Raffaele - Via Domenico Cimarosa, 2/A - Napoli. Moretti Aldo - Istituto di Botanica - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. Morrica Schirru Patrizia - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologia dell’Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Mustacchi Silvia - Via Mariano d’Ayala, 6 - Napoli. Muzzo Carlo - Via Amendola, 2 - 81055 S. Maria Capua Vetere (Caserta). Napoleone Giovanni - Istituto di Geologia - Università di Firenze. Napoletano Aldo - Via Rodolfo Falvo, 20 - 20127 Napoli. Nicoletto Pier Giorgio - Via Fuori Porta Napoli - 81043 Capua. Nicotera Pasquale - Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Nicotina Mariano - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - Portici. Nota D’Elogio Ernesto - Parco Mergellina, 3 - 80122 Napoli. Oliveri del Castello Alessandro - Istituto di Geologia e Geofì¬ sica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Orio Franco - Via G. De Jacobis, 3 - Salerno. Orrù Antonietta - Via Monte Pollino, 2 - Quartiere Montesacro - Roma. Ortega Huertas Miguel - Departamento de Cristalografìa y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna). Ortolani Francesco - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità di Napoli. Pagella Maria Luisa - Via Girolamo Santacroce, 5 - 80129 Napoli. Palmentola Giovanni - Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Palumbo Antonino - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 294 Elenco dei soci 196) 28- 2-969 197) 30-12-960 198) 29-10-971 199) 24- 6-977 200) 22-12-981 201) 22-12-976 202) 27-12-957 203) 29-12-961 204) 31- 1-951 205) 27- 6-980 206) 29-10-971 207) 28-12-951 208) 27- 4-973 209) 31- 5-968 210) 29-10-971 211) 18-12-959 212) 21-12-979 213) 27- 6-980 214) 29-10-971 215) 21-12-979 216) 28-12-956 217) 30-12-960 218) 28-12-969 219) 20-12-974 220) 27- 3-964 221) 21-12-970 222) 31- 5-968 223) 28-12-949 224) 3-12-971 225) 27- 6-980 Paoletti Alfredo - Istituto d’igiene - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 16 - 80134 Napoli. Parenzan Paolo - Via Roma, 12 - 74100 Taranto. Parisi Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Pasquarella Carmelo - Via 4 Orologi, 29/A - Ercolano. Pedata Patrizia - Via Nuova S. Rocco, 73 - Napoli. Pellecchia Maria - Via Francesco Saverio Correrà, 222 - Napoli. Pericoli Sergio - Via del Porto, 151 - 47033 Cattolica (Forlì). Pescatore Tullio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pescione Messina Adelia - Via Fleming, 89 - 00196 Roma. Picariello Orfeo - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Piciocchi Alfonso - Parco Comola Ricci, 9 - 80122 Napoli. Pierantoni Angiolo - Galleria Umberto I, 27 - 80132 Napoli. Pierattini Donatella - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pieri Piero - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Pinna Eros - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Piscopo Eugenio - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Placella Bianca - Corso Umberto, 35 - 80138 Napoli. Pozzuoli Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Priore Rosa - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Pugliese Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Quagliariello Teresa - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Radina Bruno - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Radoicic Raika - Juli, 7, 38 - Belgrado. Ramundo Eliseo - Via Cesare Rossaroll, 174 - 80139 Napoli. Rapolla Antonio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Righetti Francesco - Istituto di Zootecnica - Via F. Delpino, 1 - 80137 Napoli. Richetti Giustino - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Rippa Anna - Piazzetta Marconiglio, 4 - 80141 Napoli. Roda Cesare - Istituto di Scienze della Terra - Viale Ungheria - Udine. Rodriguez Gallego Manuel - Departamento de Cristalografìa y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna). Elenco dei soci 295 226) 27- 3-964 227) 22-12-981 228) 27- 6-975 229) 15-12-978 230) 27-11-947 231) 22-12-981 232) 30- 1-981 233) 30- 1-981 234) 29-10-971 235) 27- 1-978 236) 31- 5-968 237) 3-12-971 238) 28- 3-963 239) 20-12-974 240) 30-12-941 241) 29-10-971 242) 30-11-973 243) 27- 3-964 244) 27- 3-964 245) 25- 6-967 246) 15-12-978 247) 31- 1-951 248) 21-12-979 249) 28- 3-963 250) 29-10-971 251) 31- 1-951 252) 30-12-960 253) 23-12-975 254) 26- 5-972 255) 31- 5-968 Rodriguez Antonio - Via Pietro Castellino, 179 - 80131 Napoli. Rossi Fortunato - Via Montedonzelli, 48/d - Napoli. Rosso Andrea - Via Ferrara, 14 - Caserta. Rotondo Antonio - Istituto di Coltivazioni Arboree - Facoltà di Agraria - Portici (Napoli). Ruffo Sandro - Lungadige Porta Vittoria, 9 - 37100 Verona. Russo Antonio - Viale Muratori, 225 - Modena. Russo Giovanni - Via Galatina - III trav. - S. Maria Capua Vetere. Russo Luigi - Via Cilea, 171 - Napoli. Russo Luigi Filippo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Salvati Gerardo - Via Pisa, 1 - 85100 Pisa. Sarpi Ernesto - Via S. Aspreno, 13 - 80133 Napoli. Sartori Samuele - Istituto di Geologia - Via Zamboni, 63-67 - 40127 Bologna. Scandone Paolo - Istituto di Geologia e Paleontologia - Univer¬ sità di Pisa. Scaramella Domenico - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - Portici. Scherillo Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Schettino Oreste - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Scipparella Sergio - Centro di Calcolo Elettronico Interfacoltà - Pad. 17 - Mostra d’Oltremare - Napoli. Scorziello Raffaele - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Scotto Di Carlo Bruno - Stazione Zoologica - Villa Comunale - 80121 Napoli. Senatore Felice - Via Balziro - Traversa Bottiglieri, 17 - Salerno. Serra Virginia - Dipartimento di Biologia Cellulare - Università - Arcavacata Rende (Cosenza). Sersale Riccardo - Istituto di Chimica Applicata - Facoltà di Ingegneria - 80125 Napoli. Sgarrella Franca - Via Cilea, 250 - 80127 Napoli. Sgrosso Italo - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Simone Lucia - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Sinno Renato - Via Scudillo, 20 bis - Napoli. Sorrentino Pappalardo Albino - Via S. Giovanni Bosco - 33028 Tolmezzo. Spagnuolo Gabriella - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Speranza Antonio - Via Tommaso Caravita, 29 - 80134 Napoli. Stanzione Damiano - Via Nicolardi (Parco Arcadia, is. 5) - 80131 Napoli. 296 Elenco dei soci 256) 257) 258) 259) 260) 261) 262) 263) 264) 265) 266) 267) 268) 269) 270) 271) 272) 273) 274) 275) 276) 277) 27- 6-975 Steri Stefano - Istituto di Matematica dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. 31- 5-968 Taddei Roberto - Orto Botanico - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. 31- 5-968 Taddei Ruggiero Emma - Istituto di Paleontologia dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 26- 3-942 Tarsia in Curia Isabella - Corso Umberto I, 106 - 80138 Napoli. 22-12-981 Tartaglione Anna Maria - Via S. Donato, 20 - Caserta - Sala. 22-12-981 Tartaglione Elio - Via G. Santacroce, 3 - Napoli. 31- 5-968 Torre Mario - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 29-12-961 Torre Zamparelli Valeria - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 27- 1-978 Tramutoli Mariano - Largo Aurelio Saffi, 11 - 8500 Potenza. 19- 10-971 Tremblay Ermenegildo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. 20- 12-974 Vacatello Michele - Istituto Chimico - Via Mezzocannone, 4 - 80134 Napoli. 15-12-978 Valentini Giovanni - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 29- 12-961 Vallario Antonio - Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 30- 1-981 Varriale Bruno - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. 25- 6-976 Verniani Franco - Istituto di Fisica «A. Righi» - Università - Via Irnerio - 40126 Bologna. 29- 10-971 Viggiani Gennaro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. 21- 12-979 Villanis Gabriella - Via Gugliemo Sanfelice, 24 - 80134 Napoli. 27- 1-978 Villari Anna - Via Nausan, 36 - 80121 Napoli. 31- 3-972 Vitagliano Paolo Augusto - Via S. Giacomo dei Capri, 125 - Palazzo Seca - 80128 Napoli. 30- 12-960 Vitagliano Vincenzo - Via A. Manzoni, 30 - 80123 Napoli. 26- 1-949 Vittozzi Pio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 25- 6-976 Zampino Carlo - Via S. Baratta - Salerno. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti 1) Acta Borealia. Serie scientia. Tromso-Oslo. 2) Acta Botania Fennica. Helsinki. 3) Acta Entomoligica Fennica. Helsinki. 4) Actba Faunistica Entomoligica Musei Nationalis Pragae (Sbornik Faunistikych Praci...). Praha. 5) Acta Facultatis rerum naturalium Universitatis Comeniane. Ser. Anthropologia. Botanica. Chimica. Mathematica. Physica. Physiologia plantarum. Zoologia. Bratislava. 6) Acta Geologica et geographica Universitatis Comenianae. Bratislava. 7) Acta Palaentologica Sinica. Nanking (China). 8) Acta Societatis Botanicorum Poloniae. Warszawa. 9) Acta Societatis prò fauna et flora fennica. Helsinki. 10) Acta Universitatis Lundensis. Lund. 11) Acta Zoologica Fennica. Helsinki. 12) Allan Hancock Monographs. Los Angeles. 13) Anales del Instituto de biologia. Universidad Nac. de México. Mexico. 14) Anales del Instituto Botanico a. J. Cavanilles. Madrid. 15) Anales de Sociedad Cientifica Argentina, Buenos Aires. 16) Animalia Fennica. Helsinki. 17) Annalen der K. K. Naturhistorischen (Hof-) Museum. Wien. 18) Annales Botanici Fennici. Helsinki. 19) Annales Entomologici Fennici (Soumen Hyonteistieteellinen Alika Kauskirija). Helsinki. 20) Annales Musei Goulandris. Contributiones ad historiam naturalem Greciae et Regionis Mediterraneae a Museo Goulandris historiae naturalis editae. Kifisia (Atene). 21) Annales de la Sociètè Royale Zoologique de Belgique. Bruxelles. 22) Annales historico-naturales Musei Nationalis Hungarici. Budapest. 23) Annales Universitatis Mariae Curie Slodowska. Sectio B: geographia, geologia, mineralogia et petrographia. Sectio C: Biologia. Lublin. 24) Annales Zoologici Fennici. Helsinki. 25) Annali della Facoltà Agraria. Università Cattolica del Sacro Cuore. Piacenza. 26) Annali della Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università degli Studi di Napoli. Portici. 27) Annali del Museo Civico di storia naturale «G. Doria» di Genova. Genova. 28) Annali dell’Università degli Studi de L’Aquila. L’Aquila. 29) Annals of thè Missouri Botanical Garden. St. Louis. 298 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 30) Annuario della Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di scienze fisiche. Bologna. 31) annuario della Accademia delle Scienze di Torino. Torino. 32) Annuario delle Biblioteche italiane. Minestero Pubbl. Istr. Roma. 33) Annuario dell’Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Napoli. Napoli. 34) Annuario del Ministero della P. I. Roma. 35) Annuario de Sociedad Broteriana... Coimbra. 36) Archiv de Fruende der naturgeschichte in Mecklenburg. Rostock. 37) Archivio di oceanografia e limnologia. Roma. 38) Archivio per l’antropologia e la etnologia. Firenze. 39) Arkiv for Botanik. Uppsala-Stockholm. 40) Archiv for Zoology. Stockholm. 41) Arxius de la Sección de Ciencias. Barcelona. 42) Astarte. Tromso Museum Zoological Department. Tromso. 43) Atti dell’Accademia Ligure di Scienze e Lettere. Genova. 44) Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania. Catania. 45) Atti dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Rendiconti. Classe di scienze fisiche. Bologna. 46) Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Atti. Atti Generali e Verbali delle Classi riunite. Torino. 47) Atti dell’Accademia di Scienze Mediche di Ferrara. Ferrara. 48) Atti dell’Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche della Società Nazio¬ nale Scienze Lettere ed Arti. Napoli. 49) Atti dell’Accademia Pontaniana. Napoli. 50) Atti dell’Accademia Properziana del Subasio. Assisi. 51) Atti dell’Istituto Botanico della R. Università, r. Laboratorio Crittogamico. Pavia. 52) Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di Genova. Genova. 53) Atti del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. Trieste -Udine. 54) Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. Modena. 55) Atti della Società italiana di scienze naturali e del Museo Civico di Storia natu¬ rale di Milano. Milano. 56) Atti della Società Peloritana di Scienze fìsiche e matematiche. Messina. 57) Atti della Società Speleologica Italiana. Alessandria. 58) Atti della Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa. 59) Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura, scienze, lettere ed arti. Verona. 60) Atti e rendiconti dell’Accademia di Scienze lettere ed arti degli Zelanti (e dei PP. dello Studio). Vedi Memorie e Rendiconti. 61) Berich der Oberhessischen Gesellschaft fur Natur-und Keilkund... Giessen. 62) Biblioteca Statale di Cremona - «Bollettino della Società Medico Chirurgica e degli Ospedali - Provincia di Cremona». 63) Biological Bulletin published by Marine Biological Laboratory. Lancaster. 64) Biological Review of thè Cambridge Philosophical Society. Cambridge. 65) Boletin de Sociedade Broteriana. Coimbra. 66) Boletin de la Sociedad Espanola de historia naturai. Madrid. 67) Bollettino del Laboratorio di Entomologia agraria «Filippo Silvestri». Portici. 68) Bollettino dell’Istituto Botanico dell’Università di Catania. 69) Bollettino dell’Istituto di Entomologia della R. Università di Bologna. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 299 70) 71) 72) 73) 74) 75) 76) 77) 78) 79) 80) 81) 82) 83) 84) 85) 86) 87) 88) 89) 90) 91) 92) 93) 94) 95) 96) 97) 98) 99) 100) 101) 102) 103) 104) 105) 106) 107) 108) 109) 110) 111) Bollettino dell’Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Torino. Bollettino dei Musei e degli Istituti Biologici dell’Università di Genova. Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Venezia. Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Verona. Bollettino del Servizio Geologico d’Italia. Roma. Bollettino della Società Adriatica di Scienze. Trieste. Bollettino della Società Entomologica Italiana. Firenze. Bollettino della Società Geografica Italiana. Roma. Bollettino della Società Italiana di Biologia sperimentale. Napoli. Bollettino di zoologia agraria e di bachicoltura. Milano. Bollettino Società Sarda di Scienze Naturali. Sassari. Bulletin de l’Institut de Geologie du Bassin d’Aquitaine. Talence. Bulletin of thè British Museum. Naturai History. London. Bulletin of thè Entomological Society of Egypt (U.A.R.). Cairo. Bulletin of Geological Institute. Ser. Petroleum and coal geology. Ser. Paleon- tology. Sofia. Bulletin of thè Geological Institution of thè University of Uppsala. Bulletin of thè Illinois State Natura History Survey. Urbana. Bulletin de l’Institut Royal des Sciences naturelles de Belgique. Biologie Ento¬ mologie. Bruxelles. Bulletin de la Societé Entomologique d’Egypte. Le Caire. Bulletin de la Societé des Sciences naturelles de l’Ouest de la France. Nantes. Bollettino dell’Orto Botanico di Napoli. Vedi Delpinoa. Casopis Ceské Cek... (Acta Societatis Entomologicae Bohemiae). Praha. Cheapeake Science. A regional Journal of Research and Progress on naturai resources. Solomons. Ciencia biologica (1 Biologia, 2 Ecologia). Dep. de Zoologia Universidade de Coimbra. Colloquis. Sociedad Catalana de Biologia... Commentari dell’Ateneo di Brescia. Decheniana. Bonn. Decheniana. Beihefte. Bonn. Delpinoa. Nuova serie del Bollettino dell’Orto Botanico di Napoli. Doriana. Supplemento agli Annali del Museo Civico di Storia naturale «G. Doria». Genova. Ekologia Polska. Warszawa. Endeavour. Rassegna del progresso scientifico... Entomologische Arbeiten aus dem Museum G. Frey. Munchen. Entomologisk Tidckrift ut given av Entomologiska Foreningen i Stockholm. Journal entomol publé par la Société Entomol. Stockholm. Fauna Fennica. Helsingfors. Flora Fennica. Helsinki. Fragmenta Entomologica. Roma. Geoloski Viesnik. Zagreb. Giornale botanico italiano. Firenze. Gorteria Riyksherbarium. Leiden. Illinois biological monographs. Urbana. Il Naturalista Siciliano. Palermo. 300 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 112) Journal of thè Marina Biological Association. Cambridge. 113) Leopoldina. Mitteilungen der Deutschen Akademie der Naturgoscher Leopol¬ dina. Halle/Salle. 114) Madoqua. Scientific papers of thè Namib Desert Research Station Wetenska- plike... 115) Man. The Journal of thè Royal Anthropological Institute. London. 116) Marine studies of San Pedro Bay. 117) Mediterranea. Departamento de Biologia. Alicante. 118) Memoranda Societatis prò Fauna et Flora Fennica. Helsinki. 119) Memorias de Sociedad Broteriana. Coimbra. 120) Memorie e rendiconti dell’Accademia di Scienze, lettere e belle arti degli Zelandi e dei Dafnici di Acireale. 121) Memorie fuori serie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 122) Memorie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 123) Memorie del Museo Tridentino di Scienze naturali. Trento. 124) Memorie e note dell’Istituto di Geologia applicata dell’Università di Napoli. 125) Memorie della Società Entomologica Italiana Supplemento al Bollettino della Società Entomologica It. Genova. 126) Mitteilungen aus dem Hamburgischen Zoologischen Institut und Museum. Hamburg. 127) Mitteilungen der Bayerischen Staatssammlung fiir Paleontologie und histor. Geologie. Monaco. 128) Monographiae Botanicae. Warszawa. 129) Natura. Rivista di scienze naturali. Milano. 130) Natura bresciana. Brescia. 131) Note fitopatologiche per la Sardegna. Sassari. 132) Notiziario del Circolo Speleologico Romano. Roma. 133) Nova Acta Leopoldina. Leipzig. 134) Novos Taxa Entomologicos... Lourenqo Marques. 135) Ohio (The) Journal of Science. Columbus. 136) Periodico di mineralogia. Roma. 137) Pescaport. Genova. 138) Proceedings of K. Nederlands Akademie van Wetenschappen. Ser. Physical Sciences. Ser. Biological und medicai Sciences. Amsterdam. 139) Proceeding of thè Nova Scotian Institute of Sciences. Halifax. 140) (Publications) United States Geological Survey. Department of thè Interior. Washington. a) Abstracts of North American geology; b ) Bulletin; c) Earthquake information bulletin; d) Geophysical; e) Journal of Research; f) Professional paper; g ) Tecniques; h) Topographic; /) Water supply paper. 141) Pubblicazioni dell’Istituto di Botanica dell’Università di Catania. 142) Pubblicazioni della Stazione Zoologica di Napoli. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 301 143) Publicaciones del Centro Pirenaico de Biologia Experimental. Barcelona, poi Jaca. 144) Publicaciones de Departamento de Zoologia. Universidad de Barcelona. 145) Publicafoes de Instituto de Zoologia «Dr. Augusto Nobre». Porto, poi COIMBRA. 146) Quaderni dell’Istituto Botanico delPUniversità. Laboratorio Crittogamico. Pavia. 147) Redia. Giornale di zoologia (già Redia. Giornale di Entomologia). Firenze. 148) Rendiconti dell’Istituto Lombardo... Milano. 149) Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche della Società di Scienze Lettere e Arti. Napoli. 150) Report on scientifìc activities... Warszawa. 151) Revista de Entomologia de Mofambique. Lauren^o Marquez. 152) Revista de la Sociedad Cientifica del Paraguay. Asuncion. 153) Ricerche, Contributi e Memorie del Centro di Studi su l’Isola d’Ischia - Biblio¬ teca Antoniana. Ischia Ponte. 154) Risveglio del Molise e del Mezzogiorno. 155) Riviera scientifìque. Bulletin de l’Association des Naturalistes de Nice et des Alpes Maritime. Nice. 156) Rivista di Biologia normale e patologica. Messina. 157) Rozpravi Ceske Akademie véd a Umeni. Praze. 158) Sbornik Slovenskeho Nardneo Muzea... Bratislava. 159) Scripta Facultatis Scientiarum naturalium. Universitatis Purkynianae Brunen- sis. Brne. 160) Selezione veterinaria... Brescia. 161) Senckenbergischen Naturforschenden Gesellschaft. Helsinki. 162) Smithsonian Year. Washington. 163) Sottoterra. Bollettino informativo del Gruppo Speleologico Bolognese C.A.I. e dello Speleo Club di Bologna E.N.A.L. Bologna. 164) Spisy Prirodovedecke Fakulty University J. E. Purkiné, Brno. 165) Struktur und Mitgliederbestand. Deutsche Akademie der Naturforscher Leo¬ poldina su Halle/Saale. 166) Studi geologici Camerati. Camerino. 167) Studi Sassaresi. Sassari. 168) Studi trentini di scienze naturali. Sez. A. Abiologica. Sez. B. Biologia. Trento. 169) Thalassia Jonica. Istituto Sperimentale Talassografico. Taranto. 170) Thalassia salentina. Stazione Biologica Marina di Salento. Porto Cesareo. 171) Trabajos del Departamento de Botanica y Fisiologia vegetale. Madrid. 172) Transactions of thè Wisconsin Academy of Sciences arts and letters. Madison. 173) Travaux biologique de l’Institut J. B. Carnoy. Louvain. 174) Travaux sur le géologie de Bulgarie. Trudove Varhu... Sofia. 175) University of California publications in geological Sciences... 176) Verhandlungen der K. K. Zoologisch - botanischen Gesellschaft. Wien. 177) Vesnik Zavod za Geoloska j Geofizicka Intrazivanija. Serie A Geologija. Serie B Hidrogeologia. Serie C Geofìzicka. Beograd. 302 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino Recensioni 1) Centre de Documentation du C.N.R.S. - 26, Rue Boyer, 75971 - Paris Cedex 20. 2) Library Chemical Abstracts Service - P.O. Box 3012 - Columbus, Ohio 43210. 3) Libri e Riviste d’Italia - Ministero per i Beni Culturali e Ambientali - Divisione Editoria - Roma. 4) Literature Resources Department Biosciences Information Service. 2100 Arch Street - Philadelphia, Pennsylvania - 19103 U.S.A. INDICE In memoria di Giuseppe Imbo . . . . . pag. 3 Cozzi B., De Castro-Coppa M. G. - Rapporto preliminare sui forami- niferi della carota 2V (Placers 78/2) (Sardegna sud-orientale) » 15 Nicotina M., Paino G., Scala G. - Su una rara malformazione cranio¬ facciale nella specie suina . » 29 Celico P., Russo D. - Studi idrogeologici sulla Piana del Dragone (Avellino) . » 37 Gustato G., Pedata P., del Gaudio S. - Primi dati sulla biologia e sul comportamento di Erinaceus europaeus L. 1758 (Insectivora) . » 51 Varriale B., Milone M., Chieffi G. - Effetto della castrazione e del di idrotestosterone (DHT) sulla malato-deidrogenasi ipotalamica nel topo maschio . » 65 Pinna E., Giannessi G. - Primo tentativo di ricostruzione della morfo¬ logia del basamento rigido umbro-marchigiano tra il L. Trasimeno e la dorsale M. Nerone - M. Catria . » 73 Adi letta G., Mazzarella A., Palumbo A., Vittozzi P. - Short-range forecasting of INPUTS required by diffusive models . . » 83 De Castro P. - Cisalveolina fraasi (Gumbel) Reichel, Foraminiferida: diffusione geografica e problemi stratigrafici . . . » 99 Di Nocera S., Ortolani F., Torre M., Russo B. - Evoluzione sedi¬ mentaria e cenni di paleogeografia del tortoniano-messiniano del- ITrpinia occidentale . . » 131 Piscopo E., Diurno M.V., Cappello B., Cereti Mazza M.T., Aliberti F., Cirino G. - Derivati ammidici, idrossamici e idrazidici di acidi benzoici sostituiti, a potenziale attività biologica . . » 167 Taddei Ruggiero E. - Struttura del guscio dei Generi Gryphus e Tere- bratula (Terebratulidae, Brachiopoda) . » 177 Battaglini P., Arcamone N. - Influenza delle alterazioni ambientali naturali sulla fauna fluviale del torrente «Bagni» (Valle d’ Ansante - AV) . » 203 Battaglini P., Carbone A. - La fauna del suolo di un terreno a condi¬ zioni ecologiche limiti (Valle di Ansante, Avellino, Campania) » 217 Battaglini P., Valentino M. G. - Aspetti ecologici di un fiume urbano ad alta alterazione ambientale (Fiume Sebeto) . » 233 Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali ........ » 261 Elenco dei soci al 31 dicembre 1981 » 287 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti . . » 297 TERMINATO DI STAMPARE OGGI XXXI DICEMBRE MCMLXXXII NELLE OFFICINE GRAFICHE NAPOLETANE «FRANCESCO GIANNINI & FIGLI» Direttore responsabile: Prof. MICHELE FUIANO Autorizzazione della Cancelleria del Tribunale di Napoli - n. B 649 del 29-11-1960 Art. 14. — Nel dattiloscritto, si raccomanda di indicare con doppia sottolineatura (maiuscoletto) i nomi degli Autori e con la sottolineatura semplice (corsivo) i titoli dei periodici nella bibliografia, i nomi scientifici latini ed i termini stranieri. Art. 15. — Le illustrazioni che corredano il testo saranno accompagnate da brevi esaurienti didascalie nelle stessa lingua del testo. Art. 16. — Dato il tipo di carta adottato per la stampa del Bollettino la maggior parte delle figure andranno inserite come tali nel testo, con numerazione progressiva. Al termine del testo, in continuità con rimpaginazione precedente, potranno essere in¬ serite delle tavole contrassegnate da numeri romani progressivi, fermo restando che le dimensioni — inclusa la didascalia — non oltrepassino quelle del formato standard di cm 11 x 18. È consigliabile che gli originali per le illustrazioni siano di dimensioni su¬ periori a quelle definitive (1 !4 o 2 volte quelle definitive). Salvo indicazioni contraria, le illustrazioni saranno riprodotte in modo da utilizzare al massimo il formato standard e, in ogni caso, in conformità con il parere espresso in merito dal Redattore. Art. 17. — Le tabelle andranno contrassegnate con una numerazione indipendente e progressiva. Per eventuali tabelle con dati numerici o elenchi di nomi con segni o grafici è consigliabile preparare un originale ad inchiostro di china o dattiloscritto da cui possa essere ricavato uno zinco. Salvo casi di impossibilità, dette tabelle non dovranno superare le dimensioni di cm 11 x 18. Art. 18. — Le note a piè pagine devono portare una numerazione indipendente e progressiva dall'inizio del lavoro. Nel dattiloscritto esse vanno presentate a parte, tutte riunite in successione e numerate. Art. 19. — La bibliografia sarà raccolta alla fine del testo e dovrà comprendere solo i lavori effettivamente citati nel testo stesso, in una delle forme seguenti Gray (1824); (Gray, 1824); (Gray, 1824: 73); va pertanto esclusa una numerazione progressiva dei ri¬ ferimenti bibliografici. Nell'elenco alfabetico degli Autori il cognome dovrà essere riportato prescindendo dai prefissi di casato (p. es. de, von ecc.) che, se presenti saranno indicati subito dopo il nome. Se di uno stesso Autore vengono citati più lavori, questi saranno elencati cro¬ nologicamente facendo seguire alla data di pubblicazione, nell'ordine, le lettere a, b, c. ecc. Le stesse lettere dovranno essere riportate nelle citazioni nel testo. Per lavori pub¬ blicati da più Autori, tutti gli Autori dovranno essere riportati in Bibliografia, mentre nel testo — qualora gli Autori siano tre o più — si riporterà solo il primo con l'aggiunta di et al. Al cognome dell’Autore o degli Autori seguiranno, dopo una virgola, l'iniziale o le iniziali del nome, quindi la data di pubblicazione del lavoro, tra parentesi, e punto. Il titolo del lavoro dovrà essere riportato per esteso, sottolineando le eventuali pa¬ role in corsivo. I titoli dei periodici dovranno essere riportati in corsivo (sottolineatura semplice) ed abbreviati attenendosi alla Word List of Scientific Periodicals, IV Ed. (1963-65). Il numero del volume sarà sottolineato con una linea semplice ed una ondulata onde sia riprodotto in grassetto; esso sarà eventualmente preceduto, tra parentesi, dal numero della serie e seguito, pure tra parentesi, da qullo del fascicolo; quindi due punti e indi¬ cazione della prima e dell'ultima pagina dell'articolo. Qualora il periodico sia articolato in numeri, questi saranno indicati col simbolo N°; analogamente la parte si indicherà con P., la sezione con Sez., il supplemento con Suppl. una nuova serie con N. Ser., una edizione con Ed. In ogni altro caso il riferimento dovrà essere riportato per esteso (per es. nella citazione di una tesi, di un simposio ecc.). Per i lavori non pubblicati su periodici si indicheranno dopo il titolo, nell’ordine, l'Editore e la relativa Città; quindi dopo il punto, il numero complessivo delle pagine (pp-), le eventuali figure (figg.), tavole (tavv.) , e tabelle (tabb.). Gli esempi seguenti potranno servire da guida per la compilazione della bibliografia: Aist, S. & Riggs, R. D. (1960). Amino acids from Heterodera glycines. J. Nematol. 1: 254-259. Goodey, J. B. (1963), Soil and freshwater Nematodes. Methuen and Co., London, XV + 544 pp., 298 figg. Art. 20. — Di eventuali errori e/o omissioni nella compilazione della Bibliografia sono responsabili gli Autori delle note. ISSN 0366-2047 QH 7 S62A2Z NH 1 N]\ BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME XCI - 1982 GIANNINI EDITORE NAPOLI 1984 NORME PER LA STAMPA DI NOTE NEL BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI DI NAPOLI Art. 1. — La stampa delle note è subordinata all’approvazione da parte del Comitato di Redazione che è costituito dal Presidente del Consiglio direttivo, dai quattro Consiglieri e dal Redattore delle Pubblicazioni. Il Comitato di Redazione qualora lo giudichi necessa¬ rio ha facoltà di chiedere il parere consultivo di altri, anche non soci. Art. 2. — I testi delle note devono essere consegnati al Redattore, dattiloscritti in tri¬ plice copia, nella stessa tornata o assemblea in cui vengono comunicati. Per gli allegati (figure, tavole, carte ecc.) si richiede la consegna, oltre che degli originali destinati alla Tipografia, di una copia eliografica di tutti i disegni a china e di una seconda serie di stampa per tutte le fotografìe, con l’indicazione su ciascuna di esse della figura cui si rife¬ risce e del simbolo (numero o lettera) che ne indica la posizione nella figura stessa. Per le diapositive a colori potrà essere fornita, in luogo di una seconda copia, una stampa a colori nel formato minimo di cm 10x15. Art. 3. — Ogni anno i soci hanno diritto a 10 pagine di stampa, gratuite, o al loro equivalente, oltre a 50 estratti senza copertina. Tale diritto non è cedibile né cumulabile. Art. 4. — Con le prime bozze, la Tipografìa invierà al Redattore il preventivo di spesa per la stampa nel Bollettino e per gli estratti, questi lo comunicherà all’Autore per la parte di spesa che lo riguarda. Art. 5. — L’Autore restituirà con le prime bozze, gli originali ed il preventivo di spesa per la stampa, sottoscritto per conferma ed accettazione, indicando il numero di estratti a pagamento desiderati, l’indirizzo a cui dovrà essere fatta la spedizione e l’intesta¬ zione della fattura relativa alle spese di stampa del periodico e degli estratti. Nel caso che l’ordine provenga da un Istituto Universitario o da altro Ente, l’ordine deve essere sotto- scritto dal Direttore. Art. 6. — Modifiche ed aggiunte apportate agli originali nel corso della correzione delle bozze (correzione d’Autore), comportano un aggravio di spesa, specialmente quando richiedono la ricomposizione di lunghi tratti del testo o spostamenti nelfimpaginazionè. Tali spese saranno addebitate all’Autore. Art. 7. — Le bozze devono essere restituite al Redattore entro 15 giorni. Il ritardo comporta lo spostamento della nota relativa nell’ordine di stampa sul Bollettino; per questo motivo la numerazione delle pagine sarà provvisoria anche nelle ultime bozze e quella definitiva sarà apposta su esse a cura e sotto la responsabilità della Tipografia. Art. 8. — A cura del Redattore, in calce ad ogni lavoro sarà indicata la data di accet¬ tazione da parte della Rivista. Art. 9. — Al fine di facilitare il computo dell’estensione della composizione tipogra¬ fica dei lavori è necessario che il testo venga presentato dattiloscritto in cartelle di 25 righe, ciascuna con 60 battute. Art. 10. — L’Autore indicherà in calce al dattiloscritto l’Istituto o l’Ente presso cui il lavoro è stato compiuto e l’eventuale Ente finanziatore della stampa e delle ricerche. Art. 11. — Le note saranno accompagnate da due riassunti, da cui si possa ricavare chiaramente parte sostanziale del lavoro. Uno dei due riassunti sarà in italiano e l’altro, più ampio ed esauriente, preferibilmente in inglese. Art. 12. — Vengono ammesse alla pubblicazione sul Bollettino anche Note d’Autori non soci, purché presentate da due soci e preventivamente sottoposte per l’approvazione al Comitato di Redazione. La stampa di tali Note sarà a totale carico degli Autori. Art. 13. — I caratteri disponibili per la stampa sono i seguenti: maiuscolo -- maiuscoletto ==, corsivo - , tondo; in corpo 10 e corpo 8. L’Autore potrà avanzare proposte mediante le sottolineature convenzionali prima riportate. La scelta defi¬ nitiva dei caratteri è di competenza del Redattore. ISSN 0366 - 2047 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI GIANNINI EDITORE NAPOLI 1984 SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VIA MEZZOCANNONE, 8 CONSIGLIO DIRETTIVO BIENNIO 1981-82 Prof. Pio Vittozzi Prof. Aldo Napoletano Prof. Teresa de Cunzq Doti. Filippo Barattolo Prof. Eugenio Piscopo Prof. Gabriele Carannanie Dott. Giorgio Matxeucig Prof. Pietro Battàglini Prof. Giuseppe Caputo Prof. Gennaro Corrado Prof. Mario Torre Presidente Vice-Presidente Segretario Vice-Segretario Tesoriere Bibliotecario Redattore delle pubblicazioni Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere Hanno contribuito alla stampa di questo volume: La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ente Nazionale Cellulosa e Carta Il Ministero per i beni culturali ed ambientali La Regione Campania L’Università di Napoli COMITATO DI REDAZIONE DELLE PUBBLICAZIONI È costituito dal Presidente, dal Redattore delle pubblicazioni e dai quattro Consiglieri, ma si awale, quando lo ritiene più opportuno, della consulenza scien¬ tifica di particolari competenti italiani o stranieri. In particolare a questo numero hanno collaborato: Antonio Ariani, Augusto Azzaroli, Romualdo Caputo, Massimo Civita, Brano D’Argenìo, Iginio Dìeni, Vittorio D’Uva, Claudio Èva, Giuseppe Liaci, Angiola Maria Maccagno, Alfredo Paoletti, Gio¬ vanni Parisi, Antonio Praturlon, Giuliano Ruggieri, Antonio Vallano, Letterio Villari. Boll. Soc. Natur. Napoli voi 91, 1982 , pp. 3-19, lav. 1 Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro li - Malacofauna Nota dei soci Raffaele Ferro1 e Giovanni Fulvio Russo2 (Tornata del 27 febbraio 1981) Riassunto. — Si fornisce un elenco sistematico dei Molluschi presenti nel lago Fusaro (laguna salmastra presso Napoli); considerazioni sull’ecologia e la distribu¬ zione di ciascuna specie permettono di individuare due componenti del popola¬ mento, cioè uno lagunare permanente ed un altro occasionale. Abstract, — A sistematic lisi: of Mollusks from Fusaro lake (a brackish-water lagoon near Naples) is given; considerations on thè ecology and distribution of each species lead to individualize two components of thè population, namely a pei ma¬ ne tu: brackish-water fauna and an occasionai one. Introduzione Oggetto della ricerca è stato lo studio del popolamento a Molluschi presente nel lago Fusaro. Sulla base dei dati ottenuti dai prelievi e delle indagini riguardanti l’ecologia del lago (Russo e Ferro, 1980), si è cercato di individuare le specie meglio adattate e più diffuse in esso, quelle pre¬ senti con una popolazione stabile e, infine, quando è stato possibile, si è cercato di individuare l’andamento stagionale delle popolazioni. Lo studio dell’ecologia e della faunistica del lago Fusaro rientra in quello più generale delle lagune salmastre, ambienti di transizione tra mare ed acque dolci, con caratteristiche ecologiche peculiari. Tali ecotoni sono ambienti molto produttivi, a cui l’uomo ha sempre rivolto una parti¬ colare attenzione al fine di sfruttarne le risorse; ma lo sfruttamento può essere razionale solo a partire da un’adeguata conoscenza dei parametri 1 Gruppo Malacologico Campano, sezione locale della Società Italiana di Mala- cologia - Via Aniello Falcone, Napoli. 2 Stazione Zoologica di Napoli, Laboratorio di Ecologia del Benthos, P.ta San Pietro, Ischia Porto (Napoli). 4 R. Ferro e G.F. Russo ambientali, delle loro oscillazioni e dell’effetto che hanno sulle popolazioni presenti. Da questo punto di vista, lo studio dei Molluschi del lago Fusaro riveste particolare interesse per il loro ruolo rilevante nelle reti alimentari, per la notevole frazione di biomassa da essi costituita e per la loro importanza economica, in quanto fanno parte di catene alimentari che giungono al pesce bianco e sono essi stessi oggetto di allevamento e commercio. Il lago Fusaro, come le altre lagune salmastre, risente di notevoli stress ambientali, dovuti alle grandi e brusche oscillazioni dei parametri idrolo¬ gici (temperatura, salinità, ossigenazione, contenuto di nutrienti, ecc.). Tale situazione permette la vita a poche specie ad ampia valenza ecologica, organizzate in reti trofiche estremamente semplici. Fauna e flora sono pre¬ senti quindi con poche specie stabili, ognuna rappresentata da molti indivi¬ dui, essendo il substrato trofico abbondante e la competizione interspeci¬ fica ridotta. Il popolamento a Molluschi rispecchia questo stato di cose: esso è costituito da poche specie stabili, diversamente distribuite nei vari livelli della rete trofica, con popolazioni numerose. Durante tutto l’anno si osser¬ vano comunque variazioni rilevanti nel numero di individui e nel rapporto adulti/giovani di ciascuna popolazione. Per alcune specie si assiste inoltre al fenomeno della notevole amplifi¬ cazione della variabilità fenotipica; anche questo è un fenomeno che si riscontra in ambienti nei quali le poche specie presenti occupano nicchie più ampie («realized niche» sensu Hutchinson, 1958), essendoci scarsa competizione interspecifica (Ferro e Russo, 1981). Il Fusaro è un ambiente dal trofismo molto elevato, con imponenti fio¬ riture del placton e abbondanza di detrito organico; la verifica di ciò si ha nel constatare che gran parte delle specie di Molluschi sono fìltratrici o detrivore; ad esse è collegata la presenza delle poche specie predatrici. Nell’ambito delle tre associazioni faunistiche osservate nel lago Fusaro (Russo e Ferro, 1980), in quella insediata sul fondo i Molluschi costitui¬ scono la maggior parte della biomassa, in quella a Balani e Mitilidi ne sono una parte cospicua; in quella a Serpulidi la biomassa dei Molluschi è note¬ volmente ridotta, ma pur sempre rilevante. Per quanto riguarda l’andamento stagionale del numero di individui delle singole popolazioni, sono state riscontrate due tendenze: le specie di Molluschi meglio adattate, e perciò più abbondanti, hanno massimi nelle stagioni estreme; le altre specie hanno invece i loro massimi nelle stagioni intermedie. Questo probabilmente si verifica perché il sopraggiungere di condizioni più limitanti favorisce le specie meglio adattate. Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 5 Nel giudicare l’importanza di una specie per l’economia lacustre, abbiamo ritenuto indice principale non tanto la sua presenza costante o la sua riproduzione nel lago, quanto la frazione di biomassa costituita sul totale dell’intero popolamento, secondo un criterio dimensionale oltre che numerico. Elenco sistematico dei molluschi del lago Fusaro La nomenclatura è secondo Piani (1980). La legenda dei simboli adottati è la seguente: ** = Specie di cui sono stati trovati individui viventi numerosi o comun¬ que descrivibili come popolazioni. * = Specie di cui sono stati trovati individui viventi, ma in numero scarso e occasionalmente. = Specie di cui sono state trovate solo conchiglie. CLASSE GASTEROPODI Sottoclasse Prosobranchi Ordine Archeogasteropodi Famiglia Fissurellidi Fissurella nubecula (Linneo, 1758) Patellidi Trochidi Diodora graeca (Linneo, 1758) ** Patella caerulea Linneo, 1758 ** Gibbuta adansoni (Payeaudèau, 1826) Gibbuta varia (Linneo, 1758) Monodonta turbinata (Born, 1780) Ordine Mesogasteropodi Famiglia Littorinidi ** Littorina neritoides (Linneo, 1758) Hydrobia cornea (Risso, 1826) Peringia elongata (Philippi, 1836) Rissoidi ** Turboella lineolata (Michaud, 1832). Turritellidi Rissoa oblonga De smare st, 1814 Turrite! la communis Risso, 1826 6 R. Ferro e G.F. Russo Ceritidi Epitonidi Aporraidi Naticidi Cassidi Cerithìum vulgatum (Bruguiere, 1792) Bittium reticulatum (Da Costa, 1778) Epitonium lamellosum (Lamarck, 1822) Aporrhais pespelecani (Linneo, 1758) Neverita josephinia (Risso, 1826) Cassidaria echinophora (Linneo, 1758) Ordine Neggasteropodi Famiglia Muricidi Buccinidi Nassaridi Fasciolaridi Marginellidi Conidi Bolinus hrandaris (Linneo, 1758) Phyllonotus trunculus (Linneo, 1758) Ocinebrina edwardsi (Payradeau, 1826) Thais haemastoma (Linneo, 1758) ** Pisania striata (Gmelin in L., 1797) Cantharus dorbignyi (Payradeau, 1826) Nassarius corniculus (Olivi, 1792) Nassarius cuvierii (Payraudeau, 1826) Nassarius mutabilis (Linneo, 1758) Cyclope neritea (Linneo, 1758) Hinia reticulata (Linneo, 1758) Hinia incrassata (Strom, 1768) Fusinus syracusanus (Linneo, 1758) Gibberula miliaria (Linneo, 1758) Conus ventricosus (Gmelin in L., 1791) Sottoclasse Opistobranchi Famiglia Piramidellidi Bullidi Atiidi Odostomia rissoides (Hanley, 1844) Bulla striata (Bruguiere, 1789) Haminoea hydatis (Linneo, 1758) Sottoclasse Polmonatt Famiglia Elicòidi ** Ovatella myosotis (Draparnaud, 1801) Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 7 CLASSE BIVALVI Sottoclasse Tassodonti Famiglia Arcidi * Glicimeridi Sottoclasse Disodonti Famiglia Arca noe Linneo, 1758 Bar balia barbata (Linneo, 1758) Siriarca lactea (Linneo, 1758) Glycymeris insubricus (Brocchi, 1814) Mitilidi Pectinidi Spondilidi Timidi Anomidi Ostreidi ** Mytilus galloprovincialis Lamarck, 1819 ** Mytilaster minimus (Poli, 1795) ** Mytilaster lineatus (Gmelin, 1790) Modiolus barbatus (Linneo, 158) Musculus subp ictus (Cantraine, 1835) Lithophaga lithophaga (Linneo, 1758) Chlamys varia (Linneo, 1758) Aequipecten opercularis (Linneo, 1758) Spondylus gaederopus Linneo, 1758 Lima infiala (Chemnitz, 1784) * Anomia ephippium Linneo, 1758 ** Ostrea edulis Linneo, 1758 Sottoclasse Desmodonti Famiglia Solenidi Tellinidi Donacidi Scrobicularidi Solen marginatus Pennant, 1777 Ensis minor (Chenu, 1843) Tellina nitida Poli, 1795 Tellina planata Linneo, 1758 Macoma cumana (Costa, 1829) Tellina tennis Da Costa, 1778 G astrana fragilis (Linneo, 1758) Donax trunculus Linneo, 1758 Donax venustus Poli, 1795 Donax semistriatus Poli, 1795 Scrobicularia rubiginosa (Poli in Scacchi, 1836) 8 R . Ferro e G.F. Russo Sottoclasse Eterodonti Famiglia Lucinidi Camidi Cardidi Veneridi Petricolidi Loripes lacteus (Linneo, 1758) * Chama gryphoides (Linneo, 1758) ** Cerastoderma glaucum (Bruguiere, 1789) Parvicardium exiguum (Gmelin, 1790) ** Tapes decussatus (Linneo, 1758) ** Venerupis aurea (Gmelin, 1791) Venerupis geographica (Chemnite, 1784) Dosinia lupinus (Linneo, 1758) Chamelea gallina (Linneo, 1758) Notirus irus (Linneo, 1758) ** Petricola lithophaga (Retzius, 1786) Specie indicative del metabolismo lacustre Per tali specie, appartenenti a diversi livelli della catena alimentare, è stato possibile seguire l’andamento stagionale delle popolazioni; i grafici relativi sono già stati pubblicati, (Russo e Ferro, 1980), così come le illu¬ strazioni fotografiche (Ferro e Russo, 1981), Nassarius corniculus - questa specie detritivora è particolarmente abbondante dove lo strato di fango è maggiore, probabilmente perché è qui che vi è più disponibilità di nutrimento a causa del maggior accumulo di sostanza organica. La sua popolazione, pur mostrando oscillazioni stagionali notevoli, è sempre costituita da un numero rilevante di individui (fino a 1200/mq). Le conchiglie di questa specie nel Fusaro appaiono particolarmente globose e pesanti e nettamente distinte per morfologia da quelle di altre popolazioni presenti in zone vicine, tanto marine che salmastre (Ferro e Russo, 1981). Questa specie manifesta un minimo di individui nei prelievi invernali, una ripresa in quelli primaverili, un massimo in quelli estivi ed una rica¬ duta in quelli autunnali; questo andamento si manifesta in tutte le stazioni tranne che in quella di Foce di Mezza Ghiaia in cui è stato osservato un andamento opposto dovuto forse alle caratteristiche più marine che lacustri di questa foce. Ocinebrina edwardsi - questo carnivoro è particolarmente comune dove abbondano i Mitilidi di cui si nutre. Il Casino Reale è la stazione dove esiste la popolazione più rilevante, congiuntamente ad una popolazione notevole di Mytìlaster , ed è qui che Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 9 più volte sono stati osservati individui durante la predazione; la gran parte delle conchiglie vuote di Mytilaster nei prelievi presenta infatti fori prodotti da questa specie. Nel Fusaro gli esemplari raggiungono dimensioni notevoli rispetto a quelli presenti in mare (fino a 20 mm. di lunghezza). Come già detto, la popolazione che è stato possibile studiare meglio è quella del Casino Reale, che presenta massimi nei prelievi delle stagioni estreme, particolarmente in quelli estivi, e minimi in quelli delle stagioni intermedie; nelle altre stazioni l’andamento è simile, sempre con l’ecce¬ zione della Foce di Mezza Ghiaia. Turboella lineolata - questa specie erbivora è abbondante nel lago, ma si trova molto raramente nelle zone costiere limitrofe. Confrontando i dati morfometrici delle conchiglie di Turboella raccolte con quelli di Verduin (1976), si è giunti alla conclusione che nel lago Fusaro esiste la sola specie T. lineolata cui non si accompagna, come invece si era creduto (Ferro e Russo, 1981), T. sarsi. In definitiva sembra trattarsi di due morfotipi di un’unica specie. Questa specie nel Fusaro vive di preferenza su alghe Rodoficee del genere Gracilaria che forma intricate matasse trasportate un po’ dovunque dalle correnti. Quando, durante l’estate, si è avuta una notevole prolifera¬ zione di Enteromorpha compressa , anche sui suoi talli abbondavano le Tur¬ boella. In questa occasione è stato riempito un acquario con questa associa¬ zione e si è assistito, oltre che alla riproduzione del Rissoide, al graduale disfacimento delle alghe con formazione di fango simile a quello che abbonda nel lago. Interessante è stato osservare in acquario la deposizione delle uova, racchiuse in capsule ©vigere biancastre, di forma discoidale del diametro di circa mm. 1,5. Il numero di individui ritrovati nei prelievi non rispecchia l’entità effettiva del popolamento. Le alghe su cui sono abbondanti questi Rissoidi, infatti, non crescono sulle pareti su cui sono stati fatti i prelievi, ma soprat¬ tutto in ammassi sparsi sul fondo. Questa specie sembra comunque essere particolarmente abbondante durante la stagione primaverile, quando la biomassa aigaie è maggiore. Haminoea hydatis - è una specie erbivora (Thompson e Brown, 1976) ampiamente diffusa e abbondante nel lago. Il numero di individui raccolti nei prelievi non indica con precisione l’effettiva abbondanza perché la distribuzione degli esemplari è irregolare in quanto essi vivono soprattutto sul fondo fangoso e sugli ammassi di alghe. 10 R. Ferro e G.F. Russo Sia in acquario che in natura gli individui di questa specie hanno deposto le uova in tutti i periodi dell’anno, ma particolarmente in prima¬ vera, periodo in cui si è registrato il massimo sviluppo della popolazione. Le uova sono deposte in nastri di colore giallastro avvolti circolarmente; quelle deposte in acquario non si sono mai sviluppate. Da un’osservazione fatta durante una immersione e da numerose osservazioni lungo le sponde, è apparso evidente che nel lago vengono deposte preferenzialmente entro i primi decimetri al di sotto della superfi¬ cie dell’acqua. È questa la specie che mostra nel lago la maggiore variazione fenotipica (Ferro e Russo, 1981). Petrìcola lithophaga (Tav. I, fig. 8) - questa specie filtratrice vive di solito in cavità scavate nelle rocce calcaree; è stata trovata nel Fusaro all’interno delle concrezioni formate dai tubi dei Serpulidi, che del resto sono l’unico substrato calcareo disponibile. La specie sembra sensibile alle alte temperature, infatti in estate sono state trovate soltanto conchiglie vuote, in autunno solo esemplari giovani, nelle stagioni successive anche adulti. Sembra improbabile che la riproduzione avvenga nel lago in quanto la popolazione non è stabile; la presenza di tale specie è ciclica e stagionale, probabilmente in seguito all’insediamento di larve provenienti dalle zone costiere limitrofe e trasportate in laguna dalle correnti di foce. Specie di interesse particolare Saranno considerate alcune specie molto interessanti per la loro ecolo¬ gia o per la loro importanza economica di cui tuttavia non è stato possibile seguire l’andamento stagionale delle popolazioni; la loro presenza nel lago è comunque certa. Cyclope neritea (Tav. I, fig. 4) - vive sul fondo fangoso del lago assieme a Nassarius corniculus , ma è molto meno abbondante. Nel Fusaro è da segnalare la presenza esclusiva di esemplari di colorazione nera, una forma presente anche in altre località. Epitonium lamellosum (Tav. I, fig. 3) - nel corso degli ultimi anni è stato accertato che la sua presenza è legata a quella di Anemonia sulcata (Spada, 1979); sono state trovate alcune conchiglie di questa specie nel detrito proveniente dalla secca situata di fronte alla Foce di Mezza Ghiaia in cui è peraltro presente una notevole popolazione di Anemonia sulcata . Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 11 Odostomia rissoides (Tav. I, fig. 5) - di questa specie sono state trovate solo alcune conchiglie in qualche prelievo; non si sa molto della biologia di queste forme, parassite probabilmente di Policheti e Molluschi (Fretier e Graham, 1949). Ovatella myosotis (Tav. I, fig. 6) - è noto che questo Polmonato vive nel piano mesolitorale di lagune salmastre (Cesari, 1973); nel Fusaro esiste una popolazione presso la Grotta dell’Acqua ove un accumulo di laterizi e sfratti di demolizione ha creato un ambiente ideale per questa specie; su di esso cresce una fitta vegetazione aigaie popolata da Turboella lineolata mentre al di sotto si trovano gli individui di Ovatella myosotis in tutti gli stadi di accrescimento. Lo studio delle popolazioni di Mitilidi è stato di particolare interesse, anche per le implicazioni storiche ed economiche: è nota infatti la rino¬ manza assunta dalle « cozze » del Fusaro come prodotto pregiato e richiesto, sostegno dell’economia locale e termine di paragone, per qualità, di questo prodotto. È stato accertato che il gran numero dei Mitilidi presenti nel lago è costituito da individui di Mytilaster minimus (90%); molto meno numerosi sono Mytilaster lineatus (9%) e Mytilus galloprovincialis (1%). Mytilaster minimus (Tav. I, fig. 12 a) - è diffuso lungo tutti i banchina- menti, sia nel mesolitorale che nell’orizzonte superiore dell’infralitorale; spesso la popolazione è tale da formare tappeti di individui strettamente addensati che ricorprono il substrato solido; ad esempio, nel prelievo pri¬ maverile del Casino Reale (su di un’area di 0,5 mq), sono stati ottenuti circa 7 litri di materiale costituito in massima parte da individui di questa specie in tutti gli stadi di accrescimento. Mytilus galloprovincialis (Tav. I, fig. 12 b) - al di fuori degli impianti su cui è allevato, non è molto comune forse a causa di una notevole competi¬ zione con i Mytilaster nei primi stadi di sviluppo; probabilmente la «cozza» coltivata riesce a prosperare perché l’allevamento è praticato anche in modo da annullare la competizione per il substrato con qualsiasi altra specie. La produzione delle cozze del Fusaro non ha attualmente l’importanza che potrebbe avere in proporzione all’estensione e alle caratteristiche del lago: infatti il suo ciclo vitale, pur essendo breve, è ugualmente disturbato dalla crisi distrofica la cui durata aumenta ogni anno, anticipando l’inizio in primavera e ritardando la fine in autunno (Carrada, 1973). 12 R. Ferro e G.F. Russo Ostrea edulis (Tav. I, fìg. 7) - le ostriche erano una volta la produzione più rilevante del Fusaro (Figuier, 1894); col regolare ricorrere del feno¬ meno distrofico però tale coltura divenne precaria e dovette essere abban¬ donata richiedendo tempi troppo lunghi (2 anni). Attualmente si trovano ostriche nei canali di foce, ma in numero ridotto e dimensioni altrettanto modeste; Tunica foce in cui esiste una vera popolazione è quella di Mezza Ghiaia che è maggiormente vivificata dalle acque marine. Altre specie Le restanti specie sono state suddivise in gruppi ad ecologia simile. 1) Pascolatori di substrato solido sopralitorale: Littorìna neritoides - sono stati trovati solo pochi esemplari vivi, nei prelievi fatti al Casino Reale; probabilmente questa stazione è Tunica a presentare condizioni di substrato e di turbolenza delle acque che permet¬ tano Tinsediamento di questa specie, tali condizioni non sono però ottimali a giudicare dalle dimensioni ridotte degli individui (non più di 3 mm). 2) Pascolatori di substrato solido mesolitorale: Fissurella nubecula, Patella caerulea, Monodonta turbinata - dai dati ricavati sulla presenza di queste specie nel lago è stata constatata la quasi totale assenza di una fauna vagile mesolitorale a Molluschi. I pochi esem¬ plari rinvenuti sono di dimensioni cospicue o addirittura enormi (una con¬ chiglia di Monodonta alta mm. 35, Tav. I, fig. 2); ciò fa escludere una influenza limitante dei fattori chimico-fìsici; la scarsità di queste specie potrebbe essere dovuta in parte alTinsolita asperità del substrato che rende il pascolo difficoltoso ma soprattutto all’esigua estensione della frangia mesolitorale; i pochi esemplari viventi di Patella caerulea si trovano su scogli dalla superfìcie regolare e dove meno accentuata è la colonizzazione da parte di organismi sessili (Balanidi, Mitilidi, Serpulidi, ecc.). 3) Pascolatori principalmente di substrato solido infralitorale: Diodora graeca - di questa specie è stata trovata solo qualche conchiglia nei prelievi. Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 13 Gibbula adansonì (Tav. I, fig. 1) - questa specie nel lago è presente solo in inverno allorquando lo sviluppo della popolazione è esplosivo; si assiste anche ad una massiccia deposizione di uova in masse bianchiccie; ciononostante questa specie non sembra essere presente stabilmente nel lago. Durante la stagione calda sono assenti in tutte le stazioni individui vivi mentre in inverno si registra il massimo dello sviluppo numerico della popolazione (si raggiungono densità di 1000 esemplari/mq); ciò è partico¬ larmente evidente al Casino Reale. Pur non esistendo una popolazione stabile, fimportanza di questa spe¬ cie è grande se si considera che in inverno costituisce una frazione rile¬ vante della biomassa dei Molluschi. Gibbula varia - di questa specie è stata trovata solo qualche conchiglia nel detrito raccolto presso il Casone e presumibilmente non è presente sta¬ bilmente nel lago. Rìssoa oblonga - questa è una tra le poche specie di Rissoidi che riesce a prosperare nelle lagune salmastre, perché legata spesso ad ambienti eutrofici, e che stranamente non è stata trovata vivente anche se nel detrito raccolto presso il Casone e in quello proveniente dalla secca vi erano molte conchiglie. Hydrobìa cornea, Peringia elongata - fhabitat preferenziale di questi Idrobidi è costituito proprio dalle zone lagunari; ciononostante sono state trovate solo alcune conchiglie nei prelievi e non è stato possibile indivi¬ duare delle popolazioni di tali specie. Bittium reticulatum - anche di questa specie sono state trovate nume¬ rose conchiglie detrite ma nessun individuo vivente nei prelievi. Cerithium vulgatum - è stato rinvenuto un gran numero di conchiglie di questa specie nel detrito del dragaggio della secca. Essa abbonda in mare su fondi infralitorali ricchi di detriti vegetali e tale sembra essere la situazione del Fusaro in primavera e inizio estate (Leccese e Speziale, 1967). Bulla striata - per questa specie vale quanto detto per la precedente con la quale spesso si trova associata in mare. Sono stati raccolti alcuni esemplari vivi nei prelievi e molte conchiglie nel detrito della secca. 14 R. Ferro e G.F. Russo 4) Predatori principalmente di substrato solido infralitorale: Phillonotus trunculus - pur essendo una specie dalla notevole valenza ecologica non sembra esservi nel lago una popolazione stabile; in alcuni periodi manca completamente, in inverno invece è alquanto comune. Thais haemastoma - non sono stati trovati individui vivi o conchiglie di questa specie, ma il rinvenimento di numerose capsule ovigere nella Foce di Mezza Ghiaia fa presumere l’esistenza in essa di una popolazione. Pisania striata - la sua presenza sembra limitata alla Foce Vecchia, lato canale, ma, per l’esiguo numero di esemplari raccolti, è diffìcile dire se si tratta di una popolazione stabile. Cantharus dorbignyi, Minia incrassata, Nassarius cuvierii, Fusinus syra- cusanus - di queste specie sono state trovate solo poche conchiglie nei detriti del Casone e del dragaggio della secca; probabilmente fanno parte della fauna del lago ma costituiscono una frazione trascurabile della bio¬ massa. Conus ventricosus - vive sicuramente nel lago, ove raggiunge dimen¬ sioni e fisionomia caratteristica per la colorazione viva e la forma regolare. Sono stati raccolti durante l’estate diversi individui vivi nella Foce Vecchia; anche le conchiglie di questa specie sono risultate comuni nel detrito della secca. 5) Filtratori di substrato solido infralitorale: Striarca lactea, Arca noe , Barhatia barbata, Musculus subpictus, Spondy- lus gaederopus, Modiolus barbatus, Lithophaga lithophaga, Lima inflata, Notirus irus, Parvicardium exiguum, Anomia ephippium, Chama gryphoides - nei prelievi su substrato solido e nel dragaggio della secca di fronte la Foce di Mezza Ghiaia sono stati rinvenuti solo alcuni esemplari viventi o conchi¬ glie di queste specie. È possibile che qualcuna di esse sia limitata alle foci e qualche altra sia presente nel lago solo in alcuni periodi o anche per tutto l’anno, ma comunque sempre con un numero irrilevante di individui. Da ciò risulta evidente che in ogni caso si tratta di specie che hanno impor¬ tanza pressoché nulla per le reti trofiche del lago, rappresentando una fra¬ zione del tutto trascurabile della biomassa. Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 15 6) Filtratori tipici di substrato mobile lagunare: Gastrana fragilis (Tav. I, fig. 9), Loripes lacteus (Tav. I, fig. 10) - sono state rinvenute centinaia di conchiglie di queste specie, ed anche alcuni individui viventi, nel sedimento proveniente dalla secca di Mezza Ghiaia. Sembrano costituire una parte rilevante della popolazione di Bivalvi del fondo; non si trovano nella zona di mare antistante. Scrobicularia rubiginosa - nel Fusaro sono state trovate solo alcune conchiglie prive di periostraco che potrebbero appartenere a questa specie. Cerastoderma glaucum (Tav. I, fig. 1 1) - questa specie ha una notevole valenza ecologica poiché si trova in mare, in acque salmastre e in acque quasi dolci, ove raggiunge il massimo delle dimensioni con conchiglie for¬ temente rostrate e allungate posteriormente. Gli esemplari del Fusaro si collocano per morfologia tra quelli tipici di ambiente marino (conchiglie piccole e tondeggianti) e quelli tipici di acque salmastre, sia per forma che per dimensioni. Nelle raccolte effettuate sul fondo fangoso sono state tro¬ vate centinaia di conchiglie di questa specie: dovrebbe perciò trattarsi del bivalve si substrato mobile più abbondante nel lago. Tapes decussatus, Venerupis aurea - sono state raccolte sulla secca cen¬ tinaia di conchiglie di queste specie ed alcuni esemplari viventi; prima dello sbancamento della secca vi erano raccolti e messi in commercio. 7) Altre specie di substrato mobile infralitorale: Turritella communis, Aporrhais pespelecani, Neverita josephinia, Cassi¬ daria echinophora, Bolinus brandarìs, Nassarius mutabilis, Hinia reticulata (Gasteropodi); Chlamys opercularis, Solen marginatus, Ensis minor , Tellina nitida , Tellina planata, Macoma cumana, Tellina tennis, Donax trunculus, Donax venustus, Donax semistriatus, Dosinia lupinus, Chamelea gallina (Bivalvi) - queste specie sono legate ai fondi sabbiosi o fangosi e sono tutte abbondanti nella zona di mare antistante il lago; per ognuna sono state rinve¬ nute solo poche conchiglie molto consunte, tutte nel detrito del dragaggio della secca, sembra pertanto da escludere la loro presenza nel lago e da sup¬ porre invece il trasporto delle conchiglie attraverso la Foce di Mezza Ghiaia. Conclusioni Dai tempi di Costa (1860) e di Bellini (1902), la situazione del popo¬ lamento a Molluschi presente nel lago Fusaro non sembra essere cambiata per 16 R. Ferro e G.F. Russo quanto riguarda il numero ed il tipo di specie presenti, quello che è cambiato notevolmente è tuttavia l’andamento stagionale del metabolismo lacustre e quindi la stabilità in scala temporale delle popolazioni di tali specie. Indice evidentissimo di tale cambiamento è il verificarsi periodico di crisi distrofiche durante le quali il lago è assolutamente improduttivo a causa della moria pressoché totale della fiora e della fauna, quella malaco- logica inclusa. La comparsa della distrofia e l’incremento delle sue manifestazioni, collegate ad una sempre maggiore presenza antropica lungo le sponde del Fusaro, hanno alterato un sistema che ha reagito spostandosi su equilibri diversi da quelli di un secolo fa e sicuramente più precari, tali da giustifi¬ care però solo in parte il timore per la salute del lago: attualmente infatti è ancora possibile pescare il pesce bianco, allevare i mitili e trovare una fauna relativamente ricca e interessante, la qual cosa lascia per ora ben sperare in un completo recupero del bacino, senza interventi drastici ed eccessivamente dispendiosi. Il destino di questo specchio d’acqua è in definitiva legato anche e soprattutto ad equilibri di interessi socioeconomici e politici più che bio¬ logici. BIBLIOGRAFIA Bellini, R. (1902) - 1 Molluschi del lago Fusaro e del Mar Morto nei Campi Flegrei. Boll Soc. Natur. Napoli, 16: 20-27, 8 figg. Carrada, G. C. (1973) - Profilo ecologico di una laguna salmastra flegrea: il lago Fusaro. Archo Oceanogr. Limnol, 18: 145-164, 5 figg., 4 tabb. Cesari, P. (1973) - Le specie mediterranee d’acqua salmastra della fam. Ellobiidae: sistematica mediterranea ed ecologia lagunare veneta. Conchiglie , Milano, 9 (9-10): 181-210, 2 figg., 4 taw. Costa, O.G. (1860) - Del Fusaro, delle sue industrie, alterazioni avvenute, de’ mezzi per allontanarle e de’ miglioramenti da introdurvi. Descrizione e proposte. Napoli, 65 pp., 4 taw. Ferro, R. & Russo, G.F. (1981) - Aspetti di particolare interesse nella malacofauna del lago Fusaro. Boll Malacologico , Milano, 17 (7-8): 191-198, 2 taw. Figuier, L. (1894) - L’ostreicoltura e il lago Fusaro. In «Molluschi e Zoofiti», Fra¬ telli Treves Editori, Milano: 39-51, 2 figg. Fretter, V. & Graham, A. (1949) - The structure and mode of life of thè Pyramidel- lidae, parasitic opistobranchs. J. Mar. Biol. Ass. U. K., 28: 493-532, 12 figg. Hutchinson, G.E. (1958) - Concluding remarks. Colà Spring Harbor Symp. Quant. Biol ., 22: 415-427. Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 17 Leccese A. & Speziale, V. (1967) - 1 laghi Fusaro e Miseno e l’inquinamento delle loro acque. Ionica Editrice, Taranto, 82 pp., 22 figg., 8 taw. Piani, P. (1980) - Catalogo dei Molluschi conchiferi viventi nel Mediterraneo. Boll. Malacologico, Milano, 16 (5-6): 113-224. Russo, G. F. & Ferro, R. (1980) - Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro. I - Osservazioni faunistiche. Boll. Soc. Natur. Napoli, 89: 35-45, 4 figg. Spada, G. (1979) - Biocenosi delle Sabbie grossolane e delle Ghiaie fini Battute dalle Onde. In: «Guida pratica alla formazione di una raccolta di conchiglie marine». Boll. Malacologico , Milano, 15 (1-2), Suppl.: 79-80, 1 fig. Thompson, T.E. & Brown, G.H. (1976) - British Opisthobranch Molluscs. Synopses of thè British Fauna N. 8, Academic Press, London, 203 pp., 105 figg., 1 tav. Verduin, A. (1976) - On thè systematic of recent Rissoa of thè subgenus Turboella Gray, 1847, from thè Mediterranean and European Atlantic coasts. Basteria , 40: 21-73, 12 figg., 9 taw., 2 tabb. TAVOLA I MOLLUSCHI DEL LAGO FUSARO Gasteropodi Fig. 1 - Gibbula adansoni (x 3,5). Fig. 2 - Confronto tra un esemplare lacustre «gigante» (a) ed uno marino «nor¬ male» (b) di Monodonta turbinata (x 0,4). Fig. 3 - Epitonium lamellosum (x 1,6). Fig. 4 - Cyclope neritea (x2,6). Fig. 5 - Odostomia rissoides (x 10,0). Fig. 6 - Ovatella myosotis (x3,0). Bivalvi Fig. 7 - Ostrea edulis var. lamellosa (0,4). Fig. 8 - Petricola litophaga (x 1,3). Fig. 9 - Gastrana fragilis (x0,7). Fig. 10 - Loripes lacteus (x 2,0). Fig. 11 - Cerastoderma glaucum (x 1,0). Fig. 12 - Confronto tra un esemplare adulto di Mytilaster minimus (a) ed uno gio¬ vane di Mytilus galloprovincialis (b) (x 2,0). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Ferro R., Russo G. F. - Le biocenosi bentoniche del Lago Fusaro Tav. I Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 91, 1982, pp. 21-31, tabb. 4 Studio comparativo sull’allevamento del cinghiale Maremmano e del cinghiale dei Carpazi. 3. Rilievi alla macellazione e alla sezionatura Nota del socio Francesco Righetti (*) e di Beniamino Ferrara!*), Ferdinando Intrieri(*), Dalia Richetti(*) (Tornata del 22 dicembre 1981) Riassunto. — Dopo avere accennato ai recenti orientamenti sulPallevamento industriale del cinghiale, considerato sia dal punto di vista venatorio sia zootecnico, vengono riferiti i risultati di prove di macellazione e di sezionatura eseguite su 6 maschi castrati e 6 femmine intere di cinghiali di razza Maremmana e di altrettanti di razza dei Carpazi. La resa alla macellazione e la qualità delle carcasse sono state nettamente infe¬ riori nei Maremmani rispetto ai soggetti dei Carpazi. Il rapporto carne/grasso è risultato sempre più elevato nelle femmine che nei maschi, indipendentemente dalla razza di appartenenza. Summaiy. - The authors tackes into account thè recent views abouth thè indu¬ striai breeding of thè wild bear, from thè hunting and zootecnica! point of view. The a refers on thè slauthering of 6 castrated males and 6 females, both Maremmani and Carpazi. The slautering results showed a much lower carcass quality in thè Maremmana. The relationship meat/fat was alwais higher in thè females than in thè males, no matter thè breed they belonghed to. Introduzione In Italia, negli ultimi tempi, molti allevatori di sevaggina hanno in¬ crementato la produzione di cinghiali di provenienza rumena, soprattutto (*) Istituto di Zootecnia della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Napoli, via F. Delpino, 1 - 80137 Napoli. 22 F. Richetti, B. Ferrara, F. Intrieri, D. Richetti in considerazione della prolificità e del precoce sviluppo somatico che caratterizzano tali soggetti. In linea di massima, gli ambienti venatori si sono mostrati riluttanti all’introduzione di cinghiali di ceppi esteri per il timore di veder alterato il patrimonio genetico del «brinato Maremmano», che, particolarmente dif¬ fuso nelle regioni centro-meridionali (Sardegna esclusa), rappresenta un selvatico ungulato di grande interesse cinegetico. Tuttavia, l’allevamento del cinghiale dei Carpazi si è affermato in tutta l’Italia continentale senza modificare apparentemente le caratteristiche somatiche del nostro Maremmano, grazie alla netta delimitazione delle aree destinate a ciascuna delle due entità etniche, proprio allo scopo di impedirne la promiscuità. A quanto ci risulta, anche la consistenza nume¬ rica del cinghiale Maremmano non ha subito contrazioni e l’allevamento di ambedue i tipi genetici manifesta una progressiva tendenza ad intensifi¬ carsi. Si è consolidata, infatti, la commercializzazione della carne fresca e dei salumi di cinghiale e sono divenuti più consistenti i ripopolamenti fau¬ nistici che gli Enti competenti effettuano periodicamente con cinghialotti acquistati presso i centri di produzione. In due note precedenti (Richetti e Intrieri, 1978a e 198 lb) è stato riferito sui principali parametri produttivi e riproduttivi del cinghiale Maremmano e di quello dei Carpazi ed è stata sottolineata la possibilità di conciliare lo sfruttamento dell’attitudine alla produzione della carne di quest’ultimo con la sua utilizzazione in campo venatorio. Intendiamo ora valutare, in entrambi i tipi genetici, la resa alla macel¬ lazione, l’incidenza dei singoli componenti il quinto quarto alimentare sul peso vivo, e la qualità della carcassa, con particolare riferimento al rapporto carne/grasso. Materiali e metodi Per notizie riguardanti l’impostazione della ricerca ed i rilievi eseguiti in vivo sui cinghiali in esperimento (12 Maremmani e 12 dei Carpazi sud¬ divisi in 6 maschi castrati e 6 femmine intere per ciascun gruppo etnico, sottoposti tutti allo stesso regime alimentare, in ricoveri situati presso una riserva di montagna del Cosentino) rimandiamo alle note sopracitate. Per motivi indipendenti dalla nostra volontà e dovuti soprattutto a fat¬ tori ambientali, i cinghiali della nostra indagine (di peso diverso, ma della stessa età) sono stati macellati mentre erano ancora in fase di pieno accre¬ scimento. Ci riserviamo di estendere le ricerche a cinghiali di peso più eie- Studio comparativo sul f allevamento del cinghiale , ecc. 23 vate allorché ci sarà possibile tenerli in esperimento per un • periodo di tempo più lungo. Quando raggiungevano l’età prefissata per la macellazione (15 mesi), gli animali - previo digiuno di 12 ore - venivano pesati e subito dopo mat¬ tati secondo la tecnica comunemente praticata per i suini domestici (abbat¬ timento con pistola a proiettile captìvo, j ugni a zione, sbollentatola, asporta¬ zione meccanica del manto setole-peloso, evìscerazione). Si procedeva, quindi, alla suddivisione della carcassa in mezzerie, cia¬ scuna delle quali veniva pesata a caldo, previa recisione della testa in corri¬ spondenza dell’articolazione occipìto-atlantoidea e degli arti anteriori e posteriori rispettivamente all’articolazione radio-carpica e tarso-metatarsica. Successivamente, si pesavano testa, zampetti, corata 1 e tubo digerente pieno e vuoto. La testa, dopo il prelievo del cervello, veniva destinata, con gola e guanciale in sito, alla preparazione in gelatina, confò consuetudine locale per i suini macellati ad uso familiare. Il peso morto era dato dalla carcassa «in canale», comprensiva di testa, zampetti, reni, grasso perirenale e pelvico; quello vivo netto dal peso alla macellazione, dedotto il contenuto gastro enterico riscontrato «post mortem ». Sulla mezzena destra di ciascun soggetto veniva rilevata la distanza tra il margine craniale della sinfisi pubica ed il margine craniale della prima costola toracica, nonché lo spessore del lardo in tre punti diversi che corri¬ spondevano, lungo la lìnea mediana del dorso, alla spalla (seconda vertebra toracica) ed all’ultima costola; nella regione del fianco, al terzo medio del gluteo superficiale. Sì dissezionava quindi la mezzena nelle seguenti parti: coppa, spalla, costato, lombata, prosciutto, lardo sottocotenna, pancetta e sugna. I primi cinque tagli venivano considerati carnosi, gli ultimi tre adiposi ed il peso di ciascuno veniva riferito percentualmente a quello della mezzena di cui si calcolava il rapporto carne/grasso. Si prelevavano, infine, campioni di carne e di grasso per le analisi chi- mico-bromatologiche e per determinare il potere di ritenzione idrica nelle masse muscolari, di cui riferiremo in altra nota. Tutti i dati ottenuti venivano sottoposti ad elaborazione matematico-stati¬ stica utilizzando il «t» di Student per il confronto delle differenze tra le medie. 1 In Calabria, la corata di conghiaie («campanaro») è costituita dal seguente complesso anatomico: lingua, faringe, laringe, trachea, polmoni, cuore, diaframma, fegato, pancreas e milza. 24 F. Ri eh etti, B. Ferrara, F. Intrieri, D. Richettì Risultati e discussione Nella tabella 1 sono riportati i dati medi relativi ai rilievi effettuati alla macellazione dei cinghiali maschi (castrati). Dal loro esame si evince che: 1) il peso alla macellazione, il peso vivo netto, il peso della carcassa, la resa lorda e la resa netta risultano significativamente maggiori nei cin¬ ghiali dei Carpazi (rispettivamente kg 89,16; kg 85,91; kg 70,16; 78,63% 81,02% contro kg 49,10; kg 47,50; kg 33,60; 67,95%; 71,01% nei Marem¬ mani) con un campo di variabilità abbastanza contenuto in entrambi i tipi genetici; TABELLA 1 Rilievi sulla carcassa dei 12 maschi (castrati) dei due tipi genetici di cinghiali. Tipo genetico VOCE gruppo ) dei Carpazi gruppo Maremmano «t» di Student x ± a c.v. % x ± o c.v. % Peso alla macellazione, kg 89,16 3,11 5,7 49,10 5,28 10,7 * * Peso morto, kg 70,16 5,18 7,3 33,60 5,48 16,3 * * Peso vivo netto (p.v.n.), kg 85,91 4,74 5,5 47,50 4,88 10,3 * * Resa lorda a caldo, % 78,63 1,54 1,9 67,95 4,32 6,3 sfs * Resa netta a caldo, % 81,02 1,62 2,0 71,01 5,10 7,1 * * Testa peso, kg 7,61 0,32 4,2 4,93 0,55 11,2 * * % sul p.v.n. 8,86 0,37 4,2 10,38 1,17 11,2 * * Corata e omento peso, kg % sul p.v.n. 4,90 5,70 0,38 0,44 7,8 7,8 3,37 7,86 0,30 0,64 8,2 8,2 * * * * Tubo digerente peso, kg % sul p.v.n. 5,23 6,09 0,35 0,41 6m7 6,7 4,10 8,63 0,43 0,91 10,5 10,5 * * * * Zampetti e coda peso, kg % sul p.v.n. 1,54 1,79 0,11 0,12 7,1 7,1 1,38 2,91 0,12 0,08 7,9 2,7 * * Lunghezza mezzena, cm 72,05 2,07 2,8 61,25 2,04 3,3 * * spalla, mm 23,50 3,40 14,6 22,80 7,40 32,5 (-) Spessore lardo dorso, mm 15,60 2,50 15,7 14,60 4,90 33,5 (-) fianco, mm 18,80 2,40 12,7 17,80 5,90 33,1 (-) * = P < 0,05; * * - P < 0,01; (-) = P > 0,05. Studio comparativo sull’ allevamento del cinghiale , ecc. 25 2) il peso della testa, della corata, del tubo digerente vuoto e degli zampetti incide in misura minore sul peso vivo netto nei soggetti dei Car¬ pazi (rispettivamente 8,86%; 5,70%; 6,09%; 1,79% contro 10,38%; 7,86%; 8,63%; 2,91% nei Maremmani), mentre il coefficiente di variazione risulta più elevato nei Maremmani) con un indice di variabilità abbastanza basso nell’ambito di ciascun gruppo etnico; 4) per lo spessore del lardo, misurato nei tre punti da noi prescelti (massimo alla spalla, mìnimo al dorso e medio al fianco) non si rilevano differenze significative nel confronto tra i due gruppi etnici e, nell’ambito di ciascuno dì questi, gli scostamenti individuali sono appena apprezzabili. TABELLA 2 Rilievi sulla carcassa delle 12 femmine (intere) dei due tipi genetici di cinghiale. Tipo genetico VOCE grappe > dei Carpazi gruppo Maremmano « t » di Student x ± o c.v. % x ± o c.v. % Peso alla macellazione, kg 78,41 4,38 5,5 46,50 4,12 8,8 * * Peso morto, kg 59,91 3,99 6,6 30,10 3,42 11,3 * * Peso vìvo netto (p.v.n.), kg 75,28 4,20 5,2 44,35 4,12 8,5 * * Resa lorda a caldo, % 76,37 1,21 1,5 64,61 1,92 2,9 * * Resa netta a caldo, % 79,64 1,31 1,6 67,74 2,26 3,3 * * Testa peS0? kg 6,46 0,33 4,9 5,25 0,43 8,2 * # o/o sul p.v.n. 8,43 0,35 4,1 11,84 0,97 8,2 * * Corata e omento peso’ kg % sul p.v.n. 4,36 5,76 0,42 0,50 9.6 8.7 3,75 8,46 0,30 0,68 8,9 8,0 * * * Tubo digerente peso* kg % sul p.v.n. 5,31 7,06 0,22 0,29 4,1 4,1 4,08 9,21 0,11 0,26 2,8 2,8 * * * * Zampetti e coda peso?5 % sul p.v.n. 1,54 2,04 0,08 0,11 5,5 5,5 1,22 ' 2,74 0,09 0,20 7,6 7,6 * * Lunghezza mezzena, cm 72,83 2,78 3,8 61,66 2,33 3,7 * * spalla, mm 16,10 2,70 17,2 15,30 5,60 37,0 H Spessore lardo dorso, mm 10,60 2,50 23,4 10,10 4,20 41,4 (-) fianco, mm 12,80 2,40 19,3 12,84 4,77 37,1 (-) * = P < 0,05; * * = P < 0,01; (-) = P > 0,05, 26 F. Richetti, B. Ferrara, F. Intrieri, D. Richetti Dalla tabella 2 si rileva che i valori del peso alla macellazione, della carcassa e del peso vivo netto, nonché della resa lorda e di quella netta, risultano notevolmente più elevati (P < 0,01) nelle femmine dei Carpazi (rispettivamente kg 78,41; kg 59,91; kg 75,28 e 76,37%; 79,64% contro kg 46,50; kg 30,10; kg 44,35 e 64,61%; 67,74% nelle Maremmane), analoga¬ mente a quanto constatato nei maschi. Anche il peso della testa, della corata e del tubo digerente incide sul peso vivo netto in misura notevol¬ mente minore nelle femmine dei Carpazi che nelle Maremmane, così come nei maschi (rispettivamente 8,43%; 5,66% 7,06% contro 11,83%; 8,45%; 9,20%). Meno marcata è la differenza relativa all’incidenza degli zampetti (2,04% contro 2,74%). Sempre maggiore (P < 0,01), come nei maschi, risulta la lunghezza della carcassa delle femmine dei Carpazi (cm 72,05 contro cm 61,25). Priva di significatività statistica è la differenza di spes¬ sore del lardo nei tre punti indicati per i rilievi di calibratura. Analogamente a quanto riscontrato nei maschi, sempre modesto ri¬ sulta il grado di variabilità per ciascuno dei suddetti parametri in entrambi i gruppi etnici. I valori relativi alla sezionatura ed alla distribuzione dei tessuti nella mezzena dei maschi (castrati) sono riportati nella tabella 3 e mettono in evidenza quanto segue: a) nei cinghiali dei Carpazi la lombata ed il prosciutto incidono sul peso della mezzena in misura molto più elevata che nei Maremmani (rispettivamente 16,54% e 19,43% contro 8,60% e 15,57%), mostrando valori pressocché simili a quelli che normalmente si riscontrano nel suino leggero maschio castrato (Mordenti et al., 1968); b) per contro, l’incidenza della coppa e del costato nei Maremmani supera i valori dei corrispondenti tagli forniti dai soggetti dei Carpazi (rispettivamente 12,06% e 8,60% contro 8,28% e 5,24%), mentre in quest’ul- timi l’incidenza della spalla risulta di poco più elevata rispetto ai Marem¬ mani (14,58% contro 13,63%). Tali reperti lasciano ritenere che il cinghiale Maremmano è più predisposto di quello dei Carpazi a sviluppare le masse muscolari delle regioni anteriori del tronco; c) l’incidenza del grasso perirenale e pelvico risulta decisamente superiore nei Maremmani rispetto ai soggetti dei Carpazi (12,72% contro 8,81%), mentre per il lardo i valori si riducono sensibilmente (18,18% contro 17,54%) e scendono al disotto di quelli dell’altro gruppo per quanto riguarda la pancetta (8,18% nei Maremmani e 9,35% nei soggetti dei Car¬ pazi); d) il rapporto tagli carnosi/tagli adiposi risulta sempre a favore dei soggetti dei Carpazi rispetto ai Maremmani (1,77 contro 1,50). Studio comparativo sui f allevamento del cinghiale , ecc . 27 TABELLA 3 Distribuzione dei tessuti nella mezzana destra dei 12 maschi (castrati) dei due tipi genetici di cinghiale. Tipo genetico VOCE gruppo dei Carpazi gruppo Maremmano « t » di Student x ± o c.v. % X ± 0 c.v. % Mezzena, kg Tagli carnosi: Coppa, kg % Spalla, kg % Costato, kg % Lombata, kg % Prosciutto, kg % Tutti, kg Tagli adiposi: Lardo sottocotenna, kg % Grasso pelvico e perirenale, kg % Pancetta, kg % Tutti, kg Rapporto tagli carnosi/ tagli adiposi 30,16 1,58 5,2 2,49 0,41 16,6 8,29 1,37 16,6 3,96 0,15 3,7 14,58 1,89 12,7 1,57 0,18 11,4 5,24 0,60 11,4 4,96 0,24 4,8 16,54 0,80 4,8 5,83 0,62 10,3 19,43 2,08 10,7 18,83* 7,96 5,26 0,71 13,5 17,54 2,38 13,5 2,53 0,38 15,0 8,43 1,27 15,1 2,80 0,09 3,2 9,35 0,30 3,2 10,60 5,28 1,775 13,75 0,38 2,7 1,65 0,34 20,5 12,05 2,48 20,5 * * 1,79 0,09 5,0 13,63 0,66 5,0 * 1,18 0,10 0,7 8,60 0,75 8,7 * * 1,18 0,08 7,3 8,60 0,63 7,3 * * 2,14 0,22 10,4 15,57 1,63 10,4 * * 2,50 0,39 15,7 18,18 2,87 15,7 1,65 0,02 3,1 12,26 0,30 2,4 1,12 0,08 7,8 8,18 0,64 7,8 1,506 * = P < 0,05; * * = P < 0,01. 28 F Richetti, B. Ferrara, F. Intrieri, D. Richetti TABELLA 4 Distribuzione dei tessuti nella mezzena destra delle 12 femmine (intere) dei due tipi genetici di cinghiale. Tipo genetico VOCE gruppo i dei Carpazi gruppo Maremmano « t » di Student x ± a c.v. % x ± o c.v. % Mezzena, kg 25,80 0,45 1,74 11,81 0,72 5,3 Tagli carnosi: Coppa, kg 1,89 0,15 4,4 1,20 0,27 23,0 % 7,33 0,61 8,4 10,15 2,34 23,1 * * Spalla, kg 3,79 0,16 4,2 1,62 0,18 11,6 % 14,69 0,62 4,2 13,75 1,60 11,6 * Costato, kg 1,48 0,10 6,9 1,11 0,18 16,6 % 5,74 0,40 6,9 9,53 1,75 18,4 * * Lombata, kg 4,55 0,16 3,5 1,10 0,10 9,9 % 17,63 0,62 3,5 9,30 0,92 9,9 * * Prosciutto, kg 5,39 0,36 6,8 2,06 0,28 13,8 % 20,89 1,43 6,8 17,48 2,43 20,5 * * Tutti, kg 17,10 7,10 Tagli adiposi: Lardo sottocotenna, kg 4,34 0,20 4,6 2,23 0,25 12,1 % 16,82 0,78 4,6 17,90 2,18 11,5 * * Grasso pelvico e perirenale, kg 1,68 0,15 9,3 1,06 0,06 5,6 % 6,52 0,60 9,3 9,02 0,51 5,6 * * Pancetta, kg 2,19 0,21 9,5 1,05 0,05 5,1 % 8,49 0,81 9,6 8,88 0,46 5,2 (~) Tutti, kg 8,215 4,349 Rapporto tagli carnosi/ tagli adiposi 2,082 1,634 * = P < 0,05; ** = P < 0,01; (-) = />> 0,05. Studio comparativo sull’ allevamento del cinghiale, ecc. 29 La tabella 4 riporta i valori ottenuti alla sezionatura della mezzena delle femmine e mette in evidenza una migliore distribuzione delle masse muscolari nelle regioni posteriori del tronco rispetto a quelle anteriori in ambedue i gruppi etnici, ma particolarmente nei soggetti dei Carpazi. Il prosciutto, infatti, nelle femmine di questo gruppo etnico incide in miura sensibilmente superiore (20,89% contro 17,48%) e la lombata raggiunge valori ancora più elevati (17,63% contro 9,30%) in dipendenza della mag¬ giore lunghezza della mezzena del gruppo dei Carpazi rispetto a quello Maremmano. In quest’ultimo, l’incidenza della coppa e del costato risulta sempre più elevata (10,15% e 9,53%) di quella dei corrispondenti tagli for¬ niti dall’altro gruppo etnico (7,33% e 5,74%); anche la percentuale di grasso risulta significativamente più elevata che nelle femmine dei Carpazi (9,02% contro 6,52%), ma sensibilmente inferiore a quella riscontrata, per entrambi i tipi genetici, nei maschi, nei quali, per effetto della castrazione, si è accentuata la formazione di sugna. Il rapporto tagli carnosi/tagli adi¬ posi è notevolmente maggiore nelle femmine dei Carpazi (2,02 contro 1,63) e risulta sempre più favorevole che nei maschi, indipendentemente dal gruppo etnico di appartenenza. Conclusioni I risultati della presente indagine dimostrano che le performances pro¬ duttive dei cinghiali dei Carpazi risultano nettamente migliori di quelle dei cinghiali Maremmani. Premettiamo che non disponiamo di informazioni bibliografiche che consentano riferimenti a ricerche eseguite in questo settore. Tuttavia, volendo tentare un accostamento con il suino domestico, potremmo dire che la differenza di attitudine alla produzione carnea esistente tra i due tipi genetici di cinghiali da noi studiati risulta più accentuata di quella che nor¬ malmente si riscontra tra alcune razze suine precoci (. Large White) ed alcune nostre popolazioni suine rustiche come la Casertana, la Calabrese e la Cavallina lucana (Di Lella et al., 1979; Piccolo et al., 1979). Inoltre, le caratteristiche della carcassa dei cinghiali dei Carpazi pre¬ sentano punti in comune con quelle del suino leggero da cui, invece, il Maremmano si differenzia sensibilmente per la scarsa incidenza dei tagli magri ed in particolare di quelli più pregiati. Infatti, «l’arista» (lombata) ed il prosciutto del Maremmano sono sempre di limitata pezzatura, proprio perché, in corrispondenza del tratto lombo-sacrale e della coscia, la ridotta impalcatura scheletrica riduce l’area di espansione del tessuto muscolare 30 F. Richetti, B. Ferrara, F Intrieri, D. Richetti rendendo il «brinato maremmano» tozzo e sretto di groppa, come è facil¬ mente rilevabile nell’animale vivo. La percentuale di lardo e di sugna, nell’ambito di ciascun gruppo etnico, risulta sempre più elevata nei maschi (castrati) che nelle femmine (intere), le quali forniscono carcasse merceologicamente superiori proprio perché dotate di minore quantità di grasso e di un maggiore sviluppo delle masse muscolari, analogamente a quanto si riscontra nella specie suina (Mordenti et al, 1968; Russo, 1975; di Lella et al, 1977; Santoro et al., 1980; Quadri et al., 1981). L’ipotesi che nel cinghiale la castrazione, oltre al meccanismo adipo- genetico influenzi anche la struttura scheletrica è avvalorata dal fatto che, contrariamente a quello che è il dimorfismo sessuale della specie, la mez- zena, nell’ambito dello stesso tipo genetico, è risultata apprezzabilmente più lunga nelle femmine (intere) che nei maschi (castrati). La castrazione del maschio prima del raggiungimento della maturità sessuale si rende, però, necessaria per evitare che le carni assumano «odore di verro». Nelle femmine, invece, tale problema non si pone perché le carni dei soggetti non ovariectomizzati, così come costatato nella specie suina (Di Lella et al., 1977; Santoro et al., 1980; Quadri et al., 1981), presentano proprietà organolettiche apprezzate dal consumatore. Va ricordato, infine, che l’allevamento del cinghiale, quando è finaliz¬ zato allo sfruttamento della produzione carnea, non può prescindere - dato il lento sviluppo somatico della specie - dalla oculata scelta di genotipi con ciclo biologico il più breve possibile: la razza dei Carpazi, a preferenza della Maremmana, può rispondere molto meglio a tale requisito. BIBLIOGRAFIA Di Lella T., Intieri F. e De Franciscis G., 1977 - Effetti deU’ovariectomia nella pro¬ duzione del suino pesante ottenuto mediante l’impiego di un particolare piano di razionamento. «Acta Med. Vet. », 23 (1-2): 59-73. Di Lella T., Zicarelli L., Piccolo V. e Nizza A., 1979 - L’incrocio tra verri di tre popolazioni meridionali e scrofe Large White . Atti Conv. Naz. «Salvaguardia genetica e recupero zootecnico delle popolazioni autoctone italiane»: 327-337. Mordenti A, Manfredini M., Monetti P. G., Barbieri L., Santoro P., 1968 - La castrazione del suino maschio . Risultati ottenuti in soggetti macellati al peso di 95 e di 125 kg. «Suinicoltura», 9, 1-16. Piccolo V., Zicarelli L., Perrucci G. e Righetti F., 1979 - Impiego di diete ad ele¬ vato tenore in fibra in soggetti di tre popolazioni suine meridionali in via di estin¬ zione. Nota II: Rilievi alla macellazione ed alla sezionatura. Atti Conv. Naz. «Salvaguardia genetica e recupero zootecnico delle popolazioni autoctone ita¬ liane», 313-323. Studio comparativo sull’ allevamento del cinghiale, ecc. 31 Quadri G., Bergonzini E., Zullo A., Cosentino E. e Matassino D., 1981 - Studio di alcuni tipi genetici di suino «da salumifìcio » allevati con un piano alimentare «medio». IV: Aspetti quanti-qualitativi ed economici del prosciutto stagionato . «Suinicoltura», 5: 21-49. Righetti F. e Intrieri F., 1978 - Studio comparativo sull’allevamento del cinghiale Maremmano e del cinghiale dei Carpazi. Nota 1: indagini su alcuni parametri riproduttivi. «Zoot. Nutr. Anim. », 4, 443-447. Richeth F. e Intrieri F., 1981 - Studio comparativo sull’allevamento del cinghiale Maremmano e del cinghiale dei Carpazi. Nota 2: Velocità di accrescimento nei primi 15 mesi di vita. «Acta Med. Vet. », 27: 207-215. Russo V., 1975 - Ricerche sulla utilità della castrazione delle femmine per la produ¬ zione del suino pesante. «Zoot. Nutr. Anim.», 1 : 199-209. Santoro R, Mordenti A. e Ricci BittiF., 1980 -Ricerche sulle caratteristiche delle car¬ casse e delle carni del suino pesante da salumifìcio , «Riv. Zoot. Vet.»: 177-187. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 91, 1982, pp. 33-41, figg. 2, tab. 1, tav. 1 Ulteriore segnalazione di corallofaune in argille pleistoceniche nella provincia di Reggio Calabria (*) Nota del socio Bianca Placella (**) (Tornata del 29 gennaio 1982) Riassunto. — È stato eseguito uno studio su corallofaune provenienti da cave di argilla ubicate nei pressi di Archi, Vito superiore e Croce di Valanidi in provincia di Reggio Calabria, cui seguirà uno studio dettagliato sulla fauna associata. Una precedente raccolta effettuata nella cava presso Archi è già stata studiata in dettaglio e le conclusioni cui si è giunti sono servite come base di confronto per questo studio. Le specie rinvenute risultano per la maggior parte simili tra loro e confrontabili con specie batiali attualmente viventi nell’Atlantico e non più presenti nel Mediterraneo; sono state rinvenute, inoltre, due specie in precedenza non citate per la zona, ancora viventi nel Mediterraneo in ambiente circalitorale. Summary. — Has been carried out a study on thè coral faunae coming from clay quarries located near Archi, Vito superiore and Croce di Valanidi in thè Reggio Calabria province, a detailed study of thè whole fauna will be carried out later. Another detailed study has been carried out on material collected previousily in thè same quarrie near Archi. The issues achieved bave been used as base of compa- rison for thè present work. The species found are mostly similar and comparable with bathial species at present living in thè Atlantic ocean and not any more present in thè Mediterranean sea; also two species, previously apparently unknown in thè area, bave been found stili living in thè Mediterranean sea in circalittoral environ- ment. Introduzione Nell’ambito degli studi svolti da ricercatori dell’Istituto di Paleontolo¬ gia di Napoli, tendenti alla caratterizzazione ed alla ricostruzione dei (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. (**) Istituto di Paleontologia dell’Università di Napoli. 34 Bianca Placella depositi Plio-Pleistocenici affioranti sul versante tirrenico della provincia di Reggio Calabria, è stata eseguita una raccolta di coralli in cave di argille azzurre nella località di Croce di Valanidi (254 III SE long 3° 14' lat. 38° 4'), Vito superiore (254 III NE long 3° 13' 30" lat 38° 8') ed una ulteriore ad Archi (254 III NE long 3° 13' lat 38° 8' 30"). (Fig. 1). Fig. 1 - Ubicazione della località. Infatti la corallofauna di quest’ ultima località è stata oggetto di un pre¬ cedente studio dettagliato che costituisce una base di confronto con i coralli esaminati nel presente lavoro. Per quanto riguarda la descrizione dei terreni affioranti ad Archi si rimanda ai precedenti lavori (Flagella B., 1978 e Guadagno F. M. ecc., 1979). La successione dei sedimenti di Croce di Valanidi (Fig. 2) consta, dal basso verso l’alto, di argille sabbiose giallastre di spessore non precisabile che poggiano, probabilmente, su di un substrato, non visibile, costituito da conglomerati sabbiosi affioranti nelle vicinanze; seguono poi sabbie Ulteriore segnalazione dì corallofaune in argille pleistoceniche 35 limose con abbondanti Terebratulidae (T. sciliae e Griphus minor1) e sabbie gialle a stratificazione incrociata per uno spessore complessivo di circa 8 metri. Le sabbie passano poi ad argille grigio-azzurre marnose, a frattura concoide, contenenti la corallofauna raccolta, di circa 35 metri di spessore. Croce di Valanidi Vito superiore A varie altezze si riconoscono livelli più sabbiosi spessi 10-20 crii Verso Fallo le argille divengono più sabbiose e prive di coralli. La successione è tagliata in discordanza da un conglomerato poligenico terrazzato. Gli strati immergono verso ovest con 15° circa di inclinazione. La successione Le determinazioni sono state fatte dalla prof. E. Taddei. i 36 Bianca Placella argillosa può essere attribuibile ad età quaternaria (Pleistocene) per la pre¬ senza di Hyalinea baltica. Anche a Vito sup. (Fig. 2) la successione è di età pleistocenica ed è costituita da argille grigio-azzurre a coralli di circa 50 metri di spessore, il cui substrato non affiora. Anche qui le argille sono troncate in sommità da un conglomerato poligenico terrazzato. L’immersione degli strati è verso Ovest con un’inclinazione di 15° circa. Composizione della corallofauna Viene riportato l’elenco delle specie determinate e la loro relativa fre¬ quenza per ciascuna località (Tab. 1). I coralli sono per lo più in buono stato di conservazione. TABELLA 1 Distribuzione delle specie nelle tre località considerate (*). Archi I Archi II Vito sup. Croce di Valanidi Keratoisis peloritana (Seguenza) 15 74 7 67 Madrepora miocenica (Seguenza) 8 - - - Phyllangia mouchezii (Lacaze-Duthiers) - 1 - Caryophyllia communis (Seguenza) 83 95 43 91 Caryophyllia polyedra (Seguenza) 20 27 35 67 Caryophyllia smithii (Stores e Broderie) - 1 - - Stephanocyathus elegans (Seguenza) 3 3 5 2 Stephanocyathus variabilis (Seguenza) 1 1 - - Stephanocyathus zancleus (Seguenza) 4 4 2 19 Stephanocyathus sp. - - 1 - Conotrochus typus (Seguenza) 3 12 11 49 Lophelia pertusa (Linné) 8 24 7 8 Javania sp. 1 - 1 - Flabellum bertii (Simonelli) 5 5 3 5 Dendrophyllia ramea (Linné) 3 23 - 1 Enallopsammia scillae (Seguenza) 10 12 12 5 (*) In questo elenco sono comprese anche le specie della precedente raccolta di Archi per dare un quadro più completo della zona. Ulteriore segnalazione dì corallofaune in argille pleistoceniche 37 Ad eccezione di Phyiiangia mouchezii che allo stato attuale delle nostre conoscenze non è mai stata citata come fossile, tutte le specie sono note dal Miocene, Di queste Caryophyllia smithii è ancora vivente nel Mediter¬ raneo. Tutta la corallofauna, ad eccezione di Keratoisis peloritana che ap¬ partiene agli Ottocoralli, è costituita da specie ahermatipiche di SderattinL Sono stati raccolti 305 esemplari a Croce di Valanidi, 126 a Vito Supe¬ riore e 316 ad Archi. Da questo elenco si nota che la maggior parte delle specie è comune alle tre località, Stephanocyathus sp. è presente solo a Vito Superiore e Madrepora miocenica è stata ritrovata solo nella prima. raccolta effettuata ad Archi. In quest’ultima località sono state rinvenute due altre specie, rispetto alla precedente raccolta, e precisamente Caryophyllia smit¬ hii e Phyiiangia mouchezii. Le specie predominanti sono C. communis e C, poìyedra anche se tutte sono ben rappresentate. Conclusioni Le specie Caryophyllia communis , C. poìyedra , Stephanocyathus eiegans, S. varìabilis , S. zancleus , Stephanocyathus sp., Conotrochus typus , Javania sp., Flahellum berta ed Enallopsammia scillae sono paragonabili a specie attuali di ambiente tipicamente batiale, mentre C. smithii e Phyiiangia mouchezii vivono attualmente in ambiente circalitt orale. La loro presenza in associazioni tipicamente batiali è probabilmente da attribuire a fenomeni di rimaneggiamento. Tale affermazione può essere avvalorata anche dalla presenza di livelle tti sabbiosi intercalati nelle suc¬ cessioni argillose considerate. Benché vi siano delle lievi differenze nelle faune delle tre successioni, si può ritenere che esse appartengano ad una stessa formazione. Lo studio particolareggiato della fauna associata potrà avvalorare o meno questa ipotesi. Descrizioni paleontologiche Phyiiangia mouchezii (Lacaze-Duthiers) (tav. 1, figg. 6 e 7). Sinonimia: vedi Zibrowxus, 1980. Materiale a disposizione: 1 esemplare» Dimensioni: La colonia misura 60 mm di altezza. 38 Bianca Placella Descrizione: Coloniale, incrostante con coralliti corti e ravvicinati. Il calice profondo e circolare; nel maggiore si contano 48 setti ricoperti di dentelli; quelli dei 2 cicli principali sono di dimensioni simili. Nei calici minori si riconoscono soltanto i primi due cicli di setti. La columella, di piccole dimensioni, occupa la parte centrale del calice ed è direttamente attaccata ai setti. La superficie esterna è ricoperta di coste ben evidenti. Osservazioni: P. mouchezii si rinviene nel Mediterraneo e nell’Atlan¬ tico ad una profondità massima di — 100 metri circa (vedi Zibrowius, 1980). Secondo Zibrowius questa specie non è mai stata segnalata fossile. Caryophyllia smithii Stores & Broderip (tav. 1, figg. 3, 4 e 5). Sinonimia: vedi Zibrowius, 1980. Materiale a disposizione: 2 esemplari. Dimensioni: L’esemplare rinvenuto ad Archi ha gli assi che misurano 9 mm e 7 mm ed è alto 8 mm, mentre quello rinvenuto a Croce di Valanidi ha l’asse maggiore di 11 mm, il minore di 8,5 mm ed è alto 12 mm. Descrizione: Corallo solitario con forma a calice, ellittico, curvato secondo l’asse maggiore, con la base allargata. Setti ravvicinati ed un po’ sporgenti sul bordo; quelli dei primi tre cicli sono di dimensioni simili. Pali presenti. Sia i setti che i pali sono ricoperti di granuli. Columella ben svi¬ luppata ed allungata secondo l’asse maggiore. La superficie esterna è rico¬ perta di coste ben evidenti. Nel secondo esemplare (fig. 3) a circa metà altezza si nota una strozzatura dovuta forse ad un arresto della crescita. Questo esemplare inoltre si presenta un po’ rovinato. Osservazioni: C. smithii vive nel Mediterraneo e nell’Atlantico in ambiente circalittorale (vedi Zibrowius, 1980). Stephanocyathus sp. (tav. 1, figg. 1 e 2). Materiale a disposizione: 1 esemplare. Dimensioni: Gli assi del corallo misurano 27,5 mm il maggiore e 25 mm il minore e l’altezza è di 11,5 mm. Descrizione: Solitario, quasi circolare, con una forma a scodella. La base d’attacco è costituita da un peduncolo che sporge dalla parte centrale inferiore appiattita. Si contano 34 setti, i 12 principali sporgenti; 12 pali ben sviluppati e ricoperti di granuli evidenti. La columella occupa la parte centrale della fossetta calicinale. La superficie esterna è ricoperta da coste Ulteriore segnalazione dì coraiiofaune in argille pleistoceniche 39 corrispondenti ai setti dei cicli principali. L'esemplare descritto potrebbe rappresentare una nuova specie che tuttavia non si ritiene opportuno isti¬ tuire disponendo dì un unico esemplare. Osservazioni: L'habitat di Stephanocyathus sp. può essere paragonato a quello delle altre specie del genere Stephanocyathus che attualmente vivono in acque fredde e profonde (— 1000 —2000 metri) (vedi Zibrowius, 1980). Desidero esprimere i miei ringraziamenti al Dott. H. Zibrowius della Stazione Marina d'Endoume-Marsiglia, alla Prof. M. Moncharmont Zei ed al Prof. A. Russo dell’Istituto di Paleontologia di Napoli per gli utili con¬ sigli fornitimi durante la stesura del manoscritto e per la lettura critica del testo. Ringrazio, inoltre, il sig. Bruno Pastore per F accurata esecuzione dei disegni e delle fotografie. BIBLIOGRAFIA Di Geronimo L, 1979 -■ lì Pleistocene in facies batiale di Valle Pallone ( Grammichele , Catania). Boll. Malac., Milano, 15 (5-6), pp. 85-156. Grasshoff M , 1980 - Isididae aus dem Pliozan und Pleìstozàn von Sizilien ( Cnidaria : Octocorallia). Seekenberg. leth., 60 (4/6), pp. 435-447. Guadagno F. M., Taddei Ruggiero E., De Blasio L Flagella B., e Sgàrrrlla F., 1979 - La sezione pleistocenica di Archi (RC). Boll Soc. Natur. Napoli, voi. 88, 1979, pp. 57-85. Flagella B . 1978 - Nuove osservazioni sulla corailofauna delie argille pleistoceniche di Archi (RC). Boll. Soc. Natur. Napoli, voi. 87, 1978, pp. 221-251. Sequenza G., 1878/79 - Le formazioni Terziarie della Provincia di Reggio (Calabria). Mem. R. Acc. Lincei, 6, Roma, pp. 1-46. Wells J, W., 1956 - Scleractinia . In Treatìse on Invertebrate Paleontology . F. F328 F444 R.C. Moore, Geol. Soc. Amen, Lawrence, U.S.A. Zibrowius H., 1980 - Les Sdéractinìares de la Mediterranée et de TAtlantique nord- oriental Mém. Inst. Océanogr., Monaco, 11, pp. 1-284 (107 pi). TAVOLA I Fig. 1. — Stephanocyathus sp. - Veduta dalla parte superiore - x 1,5. Fig. 2. — Stephanocyathus sp. - Veduta laterale - x 2,5. Fig. 3. — Catyophyllia smithii (Stokes & Broderip) - Esemplare visto dall’esterno - x 5. Fig. 4. — Caryophyllia smithii (Stores & Broderip) - Altro esemplare visto dall’esterno - x 5. Fig. 5. — Caryophyllia smithii (Stores & Broderip) - Fossetta calicinale dello stesso x 5. Fig. 6. — Phyllangia mouchezii (Lacaze-Duthiers) - particolare di un calice - x 3. Fig. 7. — Phyllangia mouchezii (Lacaze-Duthiers) - Parte esterna della colonia - x 1,5. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Bianca Placella, Ulteriore segnala¬ zione di corallofaune, ecc. Tav. I Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 91, 1982, pp. 43-65, fìgg. 4, tab. 1 La falda in rete dei Monti di Venafro: ipotesi di captazione e prevedibili ripercussioni sul regime idrologico delle sorgenti Nota del socio Pietro Celico (*) (Tornata del 29 gennaio 1982) Riassunto. — Nel progetto dell’acquedotto della Campania occidentale (Italia meridionale) è previsto l’attraversamento del massiccio carbonatico di M. Sammucro con una galleria lunga 19,36 Km e di sezione variabile tra 20 e 45 mq. Essa servirà per il trasporto di 6 mc/s d’acqua provenienti dalle sorgenti di Cas¬ sino e per la captazione di altri 3.5 mc/s dalla falda che alimenta le sorgenti del F. Peccia. La falda del Feccia sarà captata in parte a gravità, perché i primi 8 Km circa di galleria attraversano dolomie acquifere sotto un carico piezometrico che può supe¬ rare le 10 atm. In parte sarà invece captata tramite pozzi, perché, nel tratto succes¬ sivo, la superficie piezometrica si trova a pochi metri di profondità rispetto alla base della galleria. L’autore ricostruisce lo schema di circolazione della falda di M. Sammucro. Inoltre stima le riserve idrogeologiche che dovrebbero essere depauperate per effetto dello scavo e i volumi d’acqua che dovrebbero defluire a gravità, in galleria, nel futuro equilibrio idrogeologico. Infine, valuta i quantitativi d’acqua che dovreb¬ bero essere emunti tramite pozzi (ubicati nel punto in cui la galleria attraversa una zona di drenaggio preferenziale della falda) ed avanza delle ipotesi circa le possibili ripercussioni sul regime delle sorgenti. Résumé. — Dans le pian de l’aqueduc de la Campanie occidentale (Italie du sud) été prévu de traverser le massif calcaire du M* Sammucro avec une galerie de 19,36 Km de long et à section variable entre 20 et 45 mq. Cette dernière servirà au transport de 6 mc/s d’eau venante des sources de Cas¬ sino et à capter les 3,5 mc/s de la nappe qui alimente les sources du fleuve Peccia. La nappe du Peccia sera captée en partie par gravité puisque environ les huit premiers Km de la galerie traversent des dolomies acquiferes sous une charge piézo- métrique qui peut dépasser les 10 atm. D’autre part l’eau de cette nappe sera captée gràce à des puits, piusque dans la partie de la galerie qui suit la surface piézométrique se trouve à peu de mètres de profondeur par rapport au fond mème de la galerie. (*) Cassa per il Mezzogiorno (Ripartizione Progetti Idrici - Progetto Speciale n. 29). 44 Pietro Celico L’auteur reconstruit le schèma de la circulation de la nappe de base du Ml Sam- mucro. Il évalue aussi les réserves hydrogéologiques qui devraient ètre appauvries en conséquence des creusements et les volumes d’eau qui devraient défluer par gravité dans la galerie, une fois le nouvel équilibre hydrogéologique atteint. Enfin, il détermine les quantités d’eau qui devraient ètre captées gràce aux puits (construits au point où la galerie traverse une zone de dreinage préférentielle de la nappe) et il suppose des probables répercussions sur le régime des sources. 1. Premessa Nel progetto dell’acquedotto della Campania occidentale, eseguito a cura della Cassa per il Mezzogiorno (Ripartizione Progetti Idrici - Div. 4), è tra l’altro prevista la realizzazione di circa 48 Km di canali in galleria (fig. 1) per il trasporto di oltre 10,5 mc/s di acqua per uso potabile. Una delle gallerie, lunga più di 19 Km e di sezione minima pari a 20 mq, attraverserà il massiccio carbonatico dei Monti di Venafro in corri¬ spondenza di M. Sammucro-M. Cesima. Essa servirà per il trasporto di circa 6 mc/s d’acqua provenienti dalle sorgenti del Gari (Cassino) e per la captazione di altri 3,5 mc/s dalla falda che alimenta le sorgenti del Peccia (Rocca d’Evandro). Nel corso della presente memoria viene descritta una delle soluzioni ipotizzabili per la captazione della suddetta falda. Inoltre, in base alle conoscenze acquisite sulla circolazione idrica sotterranea dei Monti di Venafro (Celico, 1976; Celico-Stanganelli, 1976; Celico, 1978/a; Celico, 1979) e sulla scorta delle esperienze maturate durante i lavori di costruzione di altre gallerie poste in situazioni idrogeologiche analoghe (Monjoie, 1975; Celico et al, 1977; Celico, 1978/b), vengono ragionevol¬ mente previste le ripercussioni che il tipo di captazione proposto potrà avere sul regime idrologico delle sorgenti. Ringrazio l’ing. V. Stanganelli per la lettura critica del manoscritto e per le numerose chiarificanti discussioni. 2. Schema idrogeologico dei Monti di Venafro In fig. 2 è stato sintetizzato lo schema di circolazione idrica sotterra¬ nea dei Monti di Venafro, definito attraverso gli studi precedentemente citati e tramite le indagini eseguite (paragrafo 3) per la progettazione della galleria di M. Sammucro-M. Cesima. La falda in rete dei Monti di Venafro, ecc. 45 Depositi detritici , alluvione li e piroclastici Lave e piroclastiti Arenarie , argille e marne Massicci carbonatici Sorgenti principali Tracciato del tronco principale dell ' Acquedotto Tratti in galleria (a pelo libero) Tratti in condotta (in pressione) I. d 1 Ischia Fig. 1. --- Acquedotto della Campania occidentale. 46 Pietro Ce li co Fio. 2. — Schema idrogeologico dei monti di Venafro. La falda in rete dei Monti di Venafro, ecc. 47 L’unità idrogeologica, i cui limiti sono ormai noti (fig. 2), è costituita essenzialmente da una successione calcarea e calcareo-dolomitica (della potenza massima di circa 500 600 m) poggiante stratigraficamente su dolomie triassiche, il cui spessore non supera i 700 m. Il tutto è tettonica- mente accavallato a depositi argilloso-marnoso-arenacei (praticamente impermeabili) appartenenti al «Flysch di Frosinone» ed alle «Unità Sici- lidi ». La parte alta della serie, permeabile per fratturazione e carsismo, affiora estesamente nell’area centro-orientale della struttura; invece le dolomie, complessivamente meno permeabili, affiorano lungo la fascia occidentale. La falda di base della parte di massiccio a prevalente componente dolomitica trova recapito preferenziale ad ovest, nelle sorgenti del Feccia ( ~ 5,2 mc/s; — 30 m s.l.m.) e nei gruppi sorgivi del Rio Secco e del Rapido (—1,8 mc/s; 100 200 m s.l.m.). Lo stesso Peccia trae gran parte della propria alimentazione dalla parte nord-orientale della struttura. Infatti le acque di falda, parzialmente tampo¬ nate dall’innalzamento delle dolomie (fig. 2), traboccano solo in parte a Venafro (Sorgente S. Bartolomeo: — 1,3 mc/s; — 175 m s.l.m.) ed in corrispon¬ denza della sorgente Capodacqua di Pozzilli ( — 0,5 mc/s; — 207 m s.l.m.). Il complesso dolomitico frappone il maggiore ostacolo al libero deflusso delle acque verso le sorgenti del Peccia, nelle zone di disturbo tet¬ tonico. In corrispondenza di esse, infatti, alla minore permeabilità comples¬ siva delle dolomie (dovuta anche all’assenza di un marcato attacco carsico) si aggiunge la presenza di ampie fasce cataclastiche e milonitizzate dove la roccia assume un caratteristico aspetto farinoso; in corrispondenza delle zone di accavallamento tettonico, inoltre, sono presenti argille strappate al sub-strato di sovrascorrimento. Sul ruolo idrogeologico esercitato dalle dolomie triassiche sono state acquisite prove anche nel corso delle ultime indagini (paragrafo 3). Ciò ha consentito di avanzare l’ipotesi che la zona di Vallecupa, dove una stretta fascia calcarea risulta tettonicamente delimitata da ampi affioramenti dolo¬ mitici, possa rappresentare una zona di drenaggio preferenziale per le acque che, dalla parte nord-orientale della struttura, defluiscono verso il Peccia (fig. 2). 3. Risultati delle indagini geognostiche Le indagini (consistenti soprattutto nello scavo di cunicoli e nella per¬ forazione di pozzi e piezometri) sono state finalizzate alla verifica del com- 48 Pietro Ce li co portamento idrogeologico di alcune discontinuità strutturali, all’individua- zione dei livelli di falda in alcuni punti-chiave ed alla localizzazione delle zone di drenaggio preferenziale eventualmente esistenti lungo il tracciato della galleria. 3.1. / cunicoli di S. Vittore A nord di S. Vittore, a circa 1 Km dall’abitato (fig. 2), sono stati scavati tre cunicoli di lunghezza variabile tra i 75 ed i 120 m. La loro sezione oscilla tra 6 e 15 mq circa; le quote di imbocco sono state fissate a 224, 230 e 264 m s.l.m. In essi, per tutto lo sviluppo, sono state rinvenute dolomie saccaroi- di molto tettonizzate, dall’aspetto spesso farinoso o addirittura pulveru- lento. Nel cunicolo più basso, in particolare, lo scavo ha messo a giorno alcuni nuclei di argille varicolori strappati al sub-strato di sovrascorri- mento. Sempre all’interno dei cunicoli è stata riscontrata una scarsa percola¬ zione di acqua, in accordo con la presenza di limitati incrementi di portata lungo tutto il fosso sottostante (inciso nel complesso dolomitico). Dal punto di vista strutturale è quindi risultata evidente la presenza del sub-strato di sovrascorrimento a breve profondità. Inoltre è emersa l’esistenza di un’efficace azione di tamponamento delle dolomie sulla circolazione idrica sotterranea, lungo tutto la zona di disturbo tettonico. Ciò è infatti dimostrato dalle difficoltà di drenaggio riscontrate in cunicolo e nel fosso, nonostante che nel vicino sondaggio n. 1 (fig. 2) il livello di falda sia stato rinvenuto a ben 307 m s.l.m. 3.2. / sondaggi meccanici In una precedente campagna di indagine (Celico -Stan ganelli , 1976), nella zona di M. Sammucro-M. Cesima sono stati eseguiti alcuni sondaggi meccanici finalizzati alla verifica delle direzioni preferenziali di deflusso della falda. Nel sondaggio P, ubicato a monte della sorgente S. Bartolomeo, è stato riscontrato un livello piezometrico ( ~ 183 m s.l.m.) superiore alla quota di sbocco sorgivo ( ~ 175 m s.l.m.). La falda in rete dei Monti di Venafro , ecc. 49 In altri sondaggi (per es.: S9, in fìg. 2) sono stati misurati livelli pie¬ zometrici decrescenti da Venafro verso Vallecupa ( — 157 m s.l.m., nel pozzo V). Ulteriori sondaggi ubicati ai margini di M. Cesima hanno evidenziato (per es.: C14, in fìg. 2) che il deflusso preferenziale della falda è orientato verso le sorgenti del Peccia. Per verificare i livelli di falda nell’area compresa tra San Vittore e Val¬ lecupa, la precedente campagna di indagine è stata integrata con 4 nuovi sondaggi meccanici (1, 2, SP e V). Le quote piezometriche riscontrate (rispettivamente, — 307, ~ 223, ~ 158 e - 157 m s.l.m.) denunciano anch’esse l’esistenza di un verso di deflusso delle acque orientato preferenzialmente verso la zona di Valle¬ cupa. Bisogna infatti considerare che la falda non può defluire direttamente verso le sorgenti del Peccia perché, a monte di S. Pietro Infine, è tampo¬ nata dall’innalzamento del substrato impermeabile (fìg. 3). 3.3. Le prove di pompaggio Come si è detto in precedenza, dall’esame dei dati strutturali, dei dati litologici e dall’andamento dei livelli di falda, è emerso che la zona di Val¬ lecupa può rappresentare un punto di convergenza di gran parte delle acque di falda dei Monti di Venafro. Pertanto, soprattutto per verificare la validità di questa ipotesi, sono state eseguite delle prove di pompaggio su due stazioni di prova costituite essenzialmente da un pozzo e da un piezo- metro. Il primo pozzo (SP), ubicato in corrispondenza del sondaggio omonimo (fìg. 2), è stato perforato in dolomie. Il secondo (V in fìg. 2) è stato invece perforato in calcari. Dall’esame dei diagrammi di fìg. 4 e dalla Tab. I risulta evidente la dif¬ ferenza di comportamento esistente tra l’acquifero calcareo e quello dolo¬ mitico, nei riguardi della circolazione idrica di base del massiccio. Ciò ha avvalorato l’ipotesi del parziale tamponamento esercitato dalle dolomie sulla circolazione idrica dei calcari, anche in assenza di dolo¬ mie farinose. Queste ultime, infatti, non sono state rinvenute nel pozzo SP né sono visibili sul fronte di cava ubicato a poca distanza dallo stesso pozzo. Inoltre, l’altissima produttività del pozzo V (portata specifica = — 0,068 mq/s) ha confermato che la zona di Vallecupa può obiettivamente essere considerata un punto di drenaggio preferenziale della falda. (SEZIONI GEOLOGICHE) 50 Pietro Celico % Fig. 3. - Galleria di M. Sammucro-M. Cesima. La falda in rete dei Monti di Venafro, ecc . 51 « 8 etì C! © O * & af g §.§ § &-2 S o J» 3 g n q a.® li! 8 © © §:-g e* Do© ■& a s ® © &§§ © 93 © 1 m fn ! O ©©' v© mT <*> I o ve' cs O cT o o\ to' o OS o' IT) (N cf o ■I* o ro O o© ■I- o r « ro i o od' m cT m o' t»- o' o t=H o" o© o' in o' o °\ o' o P', in fig. 2) rappresenta un confine oltre il quale la già menzio¬ nata perturbazione non dovrebbe propagarsi. Infatti Pallineamento è marcato da affioramenti dolomitici che, tra Viticuso ed Acquafondata (fig. 2), superano i 1100 m s.l.m. Si tratta di un ostacolo che attualmente consente alla falda di traboc¬ care parzialmente (circa 1,8 mc/s) in corrispondenza delle sorgenti della Piana di Venafro, mentre le rimanenti aliquote d’acqua continuano il loro deflusso verso il Peccia. Per quest’ultimo motivo, evidenti ragioni di sicurezza hanno consi¬ gliato di valutare quale potrebbe essere 1’influenza delle captazioni in gal¬ leria sul bacino di alimentazione della sorgente S. Bartolomeo, nell’ipotesi cautelativa che il suddetto ostacolo sia inesistente (paragrafo 5.2). 4) Il tratto di galleria drenante (L) è lungo circa 6 Km. La lunghezza del tratto drenante (fig. 3) è stata calcolata considerando innanzitutto che per qualche centinaio di metri dopo il contatto argille- dolomie, nei pressi di S. Vittore (fig. 3), l’afflusso di acqua in galleria debba essere trascurabile per la presenza di dolomie farinose e «trucioli» di argille varicolori (paragrafo 3.1). È stato inoltre considerato che tra i periodi di magra e quelli di piena la falda possa avere oscillazioni massime valutabili intorno ai 6 ~ 7 m, così come è stato riscontrato in alcuni piezometri tenuti sotto osservazione da aprile ’76 a maggio ’77. Pertanto, in base alla pendenza piezometrica media riscontrata lungo le direttrici individuate dai fori 1-3 e 2-3 (i = 0,015; vedi il successivo punto 6), è stato previsto che il tratto drenante possa avere, in magra, un ulteriore accorciamento di circa 300 m dal solo lato di Vallecupa. 5) Il tratto di galleria drenante (L) capta le acque della sola area (A) indicata in fig. 2. L’ipotesi, verificata nei paragrafi successivi, è da ritenere valida perché l’alimentazione proveniente da nord-est (lungo la porzione nord-occiden¬ tale della direttrice p-p') dovrebbe essere compensata dalle uscite lungo la spezzata y-y'. Infatti i tratti di acquifero interessati dai travasi hanno sostanzialmente la stessa lunghezza e le stesse caratteristiche idrogeolo¬ giche l. 1 La falda defluisce quasi esclusivamente in dolomie perché lo spessore della copertura calcarea è limitato. La falda in rete dei Monti di Venafro, ecc. 55 È importante sottolineare che il limite y-y' dell’area summenzionata è stato tracciato in base a valutazioni sull’assetto idrostrutturale locale (innal¬ zamento di dolomie, presenza di faglie, giacitura del contatto dolomie-cal¬ cari, ecc.) ed in base alla considerazione che le acque, a parità di quota di recapito (vedi le quote della galleria e le quote piezometriche nei fori S9 e V), dovrebbero defluire preferenzialmente verso il punto più vicino. Detto punto, per le acque dell’area posta a SE di y-y', dovrebbe essere rappresen¬ tato dalla direttrice Venafro-Vallecupa. 6) La pendenza piezometrica media (i) della falda , nell’area A, è pari all’Ufo . Detta pendenza nasce dalla media dei gradienti misurati tra i fori 1-V (2,0%), 2-V (1,0%) e P-V (0,5%). Non è stato invece considerato il gradiente esistente tra i fori 1 e 2 (5,6%) perché, contrariamente alle precedenti diret¬ trici, questa non si trova lungo i presumibili assi di deflusso preferenziale della falda (fig. 2). 7) La trasmissività media (T) dell’acquifero saturo dell’area A è pari a 1,4 ■ 10~2 m2/s. Detto valore è quello calcolato con la prova di pompaggio eseguita nel pozzo SP ubicato nelle dolomie, di cui è costituito preferenzialmente l’ac¬ quifero saturo dell’area A (vedi precedente nota a pie’ di pagina). In considerazione della presenza a breve distanza di una zona di dre¬ naggio preferenziale della falda, probabilmente detto valore è sopravvalu¬ tato rispetto a quello reale medio. Ciò dovrebbe consentire una valutazione prudenziale dell’influenza che il dreno operato dalla galleria ha sul bacino di alimentazione della sorgente S. Bartolomeo (Venafro); inoltre dovrebbe portare ad una valutazione delle portate emungibili a gravità in galleria (Q) superiore a quella che potrà essere in realtà. 8) Il coefficiente di immagazzinamento (PJ dell’acquifero saturo del¬ l’area A è pari al 2,6%. Detto valore è stato considerato uguale a quello dei monti dolomitici di Salerno (Celico et al., 1977), il cui calcolo è stato eseguito con una metodologia che tiene conto di tutti i fattori che condizionano la porosità efficace di un intero massiccio. 9) Alla falda dell’area A è applicabile la legge di Darcy. L’ipotesi è valida perché trova riscontro in controlli eseguiti in altri massicci carbonatici dell’ Appennino centro-meridionale (Celico, 1981/a e 1981/b). 56 Pietro Celico 4.1.2. Calcolo della portata (Q) potenzialmente emungibile per gravità In base alle ipotesi e ai dati riportati nel precedente paragrafo, la por¬ tata Q mediamente emungibile in galleria può essere valutata in: Q = T • L • i = — 1,0 mc/s essendo: T = 1,4 . IO"2 m2/s L= 6000 m i - 0,012. Al fine di verificare la validità dell’ordine di grandezza di Q, è stata calcolata la potenzialità globale media (Ip) dell’area A ( — 50 Kmq) indicata come futuro bacino di alimentazione della galleria di M. Sammucro. Poiché la potenzialità unitaria del massiccio dei Monti di Venafro è di circa 0,025 mc/s • Kmq (Celico-Stanganelli, 1976; Celico, 1982), si ottiene: Ip = 50 Kmq • 0,025 mc/s • Kmq = ~ 1,2 mc/s Dal confronto tra i due risultati si ha una prova indiretta della validità delle ipotesi formulate nel precedente paragrafo 4.1.1. In particolare sembra trovare una prima conferma l’ipotesi che il drenaggio della galleria non debba influenzare l’equilibrio delle sorgenti della Piana di Venafro (S. Bartolomeo e Capo d’Acqua). 4.2. Captazione delle acque tramite pozzi La potenzialità globale della falda ubicata a N di Vallecupa può essere valutata in circa 3,9 mc/s, essendo pari a — 155 Kmq l’estensione del bacino posto a NE della direttrice p-p' e a SE di y-y'. La portata che confluisce verso il dreno di Vallecupa e: Q = 3,9 mc/s — 1,8 mc/s = — 2,1 mc/s essendo pari a 1,8 mc/s la portata media delle sorgenti S. Bartolomeo e Capo d’Acqua. La portata di — 2,1 mc/s potrà essere intercettata nella già menzionata zona di drenaggio preferenziale tramite pozzi ubicati all’interno della stessa La falda in rete dei Monti di Venafro, ecc. 57 galleria di trasporto. Il sollevamento delle acque sarà di appena qualche metro (fig. 3). In pratica la portata emungibile sarà maggiore perché essa è stata pru¬ denzialmente sottostimata; infatti è stata calcolata in base alla resa unitaria media dell’intera unità idrogeologica, senza tener conto che nell’area consi¬ derata l’infiltrazione potenziale è superiore alla media per la preponderante presenza di litotipi calcarei in affioramento. C’è inoltre da considerare che l’emungimento tramite pozzi farà confluire verso la zona di Vallecupa anche acque provenienti dal massiccio di M, Cesima, posto più a sud. Bisogna infine aggiungere altri 0.2 mc/s, pari alla differenza tra la potenzia¬ lità dell’area A (1,2 mc/s) e le portate che sono state considerate captabili per gravità (1,0 mc/s) (vedi paragrafo precedente). Ulteriori quantitativi d’acqua possono essere captati, sempre tramite pozzi perforati dall’interno della galleria di trasporto, nel tratto di acquifero compreso tra Vallecupa e Presenzano. La portata emungibile può essere valutata in circa 0,4 mc/s ammettendo, per prudenza, che sia captabile sol¬ tanto la falda della fascia calcarea nord-orientale della struttura del M. Cesima (fig. 2). In conclusione si può prevedere di captare, tramite pozzi, una portata minima complessiva di 2,7 mc/s. 4.3. Alcune considerazioni sulle captazioni A fronte di una disponibilità idrica complessiva di 3,7 mc/s (in corri¬ spondenza della galleria), la richiesta di acqua per l’acquedotto è di 3,5 mc/s. Quest’ultima portata può quindi essere captata in parte a gravità (-1,0 mc/s) ed in parte per sollevamento tramite pozzi ( — 2,5 mc/s). Bisogna però considerare che i quantitativi d’acqua che si prevede di captare per gravità non sono sempre disponibili, perché soggetti ad escur¬ sioni stagionali. Per valutare tali escursioni si è fatta l’ipotesi (in accordo con la legge di Darcy) che la falda debba avere lo stesso regime delle sorgenti del Fec¬ cia, di cui è tributaria. Pertanto le portate minime in galleria dovrebbero avere, rispetto alla media, uno scarto percentuale pari a quello sorgivo ( - 15%). Le portate minime dovrebbero quindi oscillare, mediamente, intorno a valori prossimi a 0,85 mc/s. Ai fini del dimensionamento delle opere ciò significa che dai pozzi bisogna poter emungere almeno una portata di 2,65 mc/s, pari alla diffe- 58 Pietro Ce li co renza tra i fabbisogni (3,5 mc/s) e le portate di magra. È evidente che per sopperire anche alle magre eccezionali, la potenzialità del campo-pozzi dovrà essere ulteriormente aumentata. Se si prevede di voler emungere una portata massima di 3,0 mc/s, si potrà far fronte con la perforazione di n. 20 pozzi (di portata pari a 0,15 mc/s cadauno) posti ad una distanza non inferiore agli 80 m (vedi raggio fittizio del pozzo V in Tab. I). L’abbassamento massimo della piezometrica, in corri¬ spondenza del campo-pozzi, dovrebbe essere di 2,2 m circa (fig. 4; Tab. I). 5. Influenza delle captazioni sull’attuale equilibrio idrogeologico È evidente che la captazione delle acque in punti diversi da quelli di recapito naturale debba indurre delle variazioni nell’attuale equilibrio idro¬ geologico dei Monti di Venafro. Il problema, attentamente valutato, viene qui di seguito trattato nei suoi vari aspetti. 5 A. Influenza sul regime delle sorgenti del F. Rapido Sulla base di quanto esposto in precedenza (paragrafo 4.1.1, punto 1) circa le caratteristiche idrogeologiche dello «spartiacque» a-a', il bacino delle sorgenti del Rapido non dovrebbe risentire del drenaggio operato né dalla galleria né dai pozzi. Dette opere, d’altro canto, si trovano ad una distanza media dalle sca¬ turigini di oltre 15 Km e ad una quota (fìg. 3) pressocché coincidente con quella media del gruppo sorgivo. Le sorgenti, infatti, sono dislocate lungo il corso del Rapido a quote variabili tra i 100 ed i 200 m s.l.m. Non è quindi ipotizzabile alcuna diminuzione della portata sorgiva per effetto del drenaggio di falda legato alla costruzione delle opere in progetto. È comunque evidente che le considerazioni fatte nel successivo para¬ grafo 5.2 per le sorgenti di Venafro sono estrapolagli anche a quelle del Rapido. 5.2. Influenza sul regime delle sorgenti S. Bartolomeo Già dal confronto tra la potenzialità idrica dell’area A e la portata media emungibile in galleria (paragrafo 4.1.2) è risultato evidente che l’in¬ fluenza della galleria non dovrebbe superare l’allineamento p-p'. La falda in rete dei Monti di Venafro, ecc. 59 Al fine di avere ulteriori conferme circa la validità questa ipotesi, si è ritenuto opportuno eseguire altre verifiche con la seguente metodologia: — Si è supposto che l’azione drenante della galleria ~ 1 mc/s in 6000 m di lunghezza) corrisponda al drenaggio che opererebbero n. 40 pozzi dai quali si emungono 0,025 mc/s (portata coincidente con quella di esercizio del pozzo SP, perforato in dolomie (Tab. I)2. — È stata poi calcolata (con la formula di Theis) la depressione (A) che dovrebbe aversi in falda, nel punto y\ a causa del drenaggio della gal¬ leria: A - 0,183 . Qp T log 2,25 • T . t X2 - Pe 0,01 m essendo: Qp = 0,025 mc/s = portata dei pozzi. T — 1,4 * IO-2 m2/s = trasmissività media dell’acquifero (paragrafo 4.1.1; punto 7); t = 31.536.000 s = tempo di propagazione della perturbazione indotta in falda (si è supposto, per prudenza, che essa possa propagarsi indisturbata per un intero anno di magra eccezionale in cui la ricarica dell’acquifero sia nulla o trascurabile). X ----- 6000 m = distanza minima tra la galleria ed il punto y' (quest’ultimo è il punto, più vicino alla galleria, comune anche al bacino della sorgente di S. Bartolomeo). Pe = 0,026 = coefficiente di immagazzinamento dell’acquifero (para¬ grafo 4.1.1, punto 8). Come si può osservare, l’influenza lungo il limite p-p7 risulta trascura¬ bile nonostante la depressione sia stata calcolata ponendo condizioni limite di estrema prudenza, diffìcilmente riscontrabili in realtà. Analogamente è stata verificata l’influenza dei pozzi di Vallecupa sul regime della sorgente S. Bartolomeo (Venafro). La depressione (A) che 2 In tal caso ogni pozzo, poiché sostituisce un tratto di galleria lungo 150 m, avrebbe un raggio d’azione di 75 m (coincidente con il valore del raggio fittizio cal¬ colato per il pozzo SP, in Tab. I). 60 Pietro Ce li co potrà essere indotta in falda nei pressi delle scaturigini è risultata anche in questo caso trascurabile: A - 0,183 • Qv T 2,25 • T • t 0,13 m essendo: Qv = 0,15 mc/s = portata del singolo pozzo. T = 2,8 • IO-1 rn2/s = trasmissività media dell’acquifero (poiché lungo la direttrice Venafro-Vallecupa le acque defluiscono per metà percorso in dolomie e per metà in calcari, è stata fatta la media tra le trasmissività calcolate nei pozzi SP e V: vedi Tab. I). t = 31.536.000 s = tempo di propagazione della perturbazione indotta in falda (valgono le stesse considerazioni fatte in prece¬ denza). X = 5000 m -- distanza minima tra il campo pozzi di Vallecupa e la sorgente S. Bartolomeo. Pe = 0,033 = coefficiente di immagazzinamento dell’acquifero (poi¬ ché le acque defluiscono per metà percorso in dolomie e per metà in calcari, è stata fatta la media tra il coefficiente Pe = 0,026 indicato in precedenza per le dolomie e quello cal¬ colato per l’intero acquifero, prevalentemente calcareo, dei M. Lepini) (Pe = 0,04 in Celico, 1981/a). Prima di concludere è necessario sottolineare che, in entrambi i cal¬ coli, non si è tenuto conto che la perturbazione viaggia da SW verso NE e, quindi, in senso contrario al verso preferenziale di flusso della falda. Per¬ tanto, per effetto della continua alimentazione proveniente da NE, essa sarà sempre complessivamente inferiore a quella indicata. 5.3. Influenza sul regime delle sorgenti del Peccia Si è visto in precedenza che le sorgenti del Rapido e di Venafro non possono subire decrementi di portata per effetto della captazione di 3,5 mc/s d’acqua lungo il tracciato della galleria di M. Sammucro-M. Cesima. Detto quantitativo, infatti, rientra nel bilancio globale delle acque che defluiscono all’esterno dei bacini di alimentazione di dette scaturigini; La falda in rete dei Monti di Venafro , ecc. 61 inoltre il punto di prelievo è a distanza di sicurezza rispetto agli stessi bacini. L'unica sorgente basale che verrà influenzata in modo marcato è, quindi, quella del Feccia. Infatti la sua portata media dovrebbe ridursi a circa 1,7 mc/s. Questo, d'altro canto, è l’obiettivo della captazione. Infatti detta por¬ tata avrebbe dovuto essere prelevata direttamente alle sorgenti, con un maggiore onere economico dovuto alla costruzione di almeno 6 Km di con¬ dotte adduttrici ed alla necessità di sollevare 3,5 mc/s d’acqua per circa 130 m. 5.4. influenza sulle pìccole sorgenti La galleria di M. Sammucro-M. Cesima e la falda dei Monti di Venafro (fìg. 3) si trovano, rispettivamente, ad una profondità media di 330 e 310 m circa dal piano campagna. Pertanto, di norma, le piccole sorgenti legate ad eventuali falde superficiali non possono essere interessate dal drenaggio delle opere di captazione. Solo le acque delle scaturigini ubicate nei pressi di S. Vittore dovreb¬ bero subire un abbassamento di quota. Comunque, trattandosi di pochi litri al secondo, non sarà difficile trovare una soluzione alternativa per- l’ali¬ mentazione degli acquedotti locali che da esse hanno origine. 6. Calcolo delle riserve idriche potenzialmente depauperabili L’abbassamento della piezometrica lungo il tratto di galleria drenante compreso tra S. Vittore e M. Sammucro comporterà la perdita di un certo volume dì acqua attualmente immagazzinato nell’acquifero. Il calcolo delle riserve idriche (V), che potranno essere presumibil¬ mente liberate prima del raggiungimento del nuovo equilibrio idrogeolo¬ gico, è stato eseguito ammettendo che lo svuotamento debba interessare la falda dell’area A (fìg. 2), L’ipotesi è basata sull’esperienza vissuta nei Monti di Salerno (Celicq et al, 1977) e su quanto è stato già esposto in merito allo schema di circo¬ lazione idrica sotterranea, con particolare riferimento alle difficoltà di deflusso esistenti lungo lo «spartiacque» a-af e lungo la direttrice S. Vit¬ tore -S. Pietro Infine. Poiché, per ovvi motivi, non è possibile prevedere nei particolari come la piezometrica si disporrà all’interno dell’acquifero, anche in questo caso 62 Pietro Celìco si è preferito fare un'ipotesi più semplice rispetto a quella che potrebbe essere la realtà, ma ugualmente valida per un calcolo realistico del volume di acquifero che dovrebbe svuotarsi. Infatti, si è ammesso che lungo l’asse della galleria si abbia l’abbassa¬ mento piezometrico massimo (50 m circa, in media) (fig. 3) e che questo vada gradualmente annullandosi man mano che ci si avvicina ai margini dell’area A, dove si trovano i maggiori ostacoli al libero deflusso della falda. Ne dovrebbe risultare un abbassamento medio generalizzato del livello di falda pari a circa 25 m (h) per un’area di circa 50 Kmq (A). Il volume di acqua potenzialmente depauperabile (V) dovrebbe per¬ tanto essere uguale a: V = A • h • Pe = ~ 32 • IO6 me essendo Pe (0,026) il coefficiente di immagazzinamento dell’acquifero dolomitico (paragrafo 4.1.1, punto 8) nel quale circola preferenzialmente la falda. Tutto ciò dovrebbe influenzare soprattutto le sorgenti del Feccia appiattendone, entro certi limiti, le punte di portata e, quindi, miglioran¬ done il regime. Bisogna infatti considerare che la potenzialità globale media annua del bacino rimarrà immutata perché è legata all’infiltrazione efficace e non all’altezza piezometrica. La minore altezza media di quest’ultima dovrebbe incidere, invece, sulla distribuzione delle portate nel corso dell’anno. Basti considerare che aumentano i tempi di percolazione delle acque in falda e che queste giun¬ gono, poi, su una superfìcie piezometrica posta, mediamente, a quota più bassa di quella attuale. Ne deriva, per la legge di Darcy, una diversa risposta delle sorgenti che si traduce in una migliore distribuzione delle portate tra periodi di magra e di piena. Il fenomeno, d’altro canto, è stato già verificato nei monti di Salerno, in una situazione idrogeologica analoga. 6. Conclusioni Le indagini idrogeologiche eseguite sui monti di Venafro hanno consentito di accertare che è possibile intercettare, attraverso la galleria di M. Sammucro-M. Cesima (dell’acquedotto della Campania occidentale), la falda che attualmente defluisce verso le sorgenti del Peccia. La falda in rete dei Monti di Venafro, ecc. 63 La portata necessaria all’acquedotto (3,5 mc/s) potrà essere captata in parte a gravità (l’ordine dì grandezza delle portate è stato valutato in circa 1 mc/s) ed in parte tramite pozzi da ubicare all* interno della stessa galleria. Si avrà così il vantaggio di evitare la costruzione di oltre 6 Km dì condotte adduttrici e di risparmiare circa 130 m di sollevamento. Il valore attualiz¬ zato di tali risparmi può essere valutato in circa quaranta miliardi di lire. La portata da derivare per gravità è stata calcolata in base ad una serie di considerazioni di carattere idrogeologico che hanno consentito di preve¬ dere un apporto medio di poco superiore ai 15 l/s per ogni 100 m di galle¬ ria, anche se in effetti le venute di acqua risulteranno soprattutto concen¬ trate in corrispondenza di fratture. Sulla valutazione della portata globale da captare per gravità esistono- comunque delle incognite legate alla proba¬ bile presenza, in vicinanza della galleria, del substrato di sovrascorrimento del massiccio (fig. 3). Ciò, infatti, potrebbe comportare l’attraversamento di zone a scarsissima permeabilità che potrebbero non consentire il drenaggio dei volumi dì acqua previsti. Tale eventualità si tradurrebbe essenzialmente in un minore risparmio energetico perché le portate mancanti potranno essere comunque captate nella zona di Vallecupa, dove è stata individuata la fascia di drenaggio pre¬ ferenziale di tutta la falda proveniente dalla porzione di massiccio posto a N della galleria (oltre 3,3 mc/s). In detta zona è infatti prevista la captazione, tramite pozzi poco pro¬ fondi (fig. 3), di circa 2,1 mc/s d’acqua; altri 0,4 mc/s potranno essere’ cap¬ tati nel tratto di galleria compreso tra Vallecupa e Presenzano. Pure nei pressi di Vallecupa è previsto il prelievo delle acque necessa¬ rie a coprire il deficit di eventuali periodi di magra delle risorse captate a gravità. Il tipo di captazione descritto risulta tecnicamente ed economicamente valido anche nell’ipotesi che, per cause impreviste, non si possa intercet¬ tare tutta la portata necessaria all’acquedotto. Infatti si potrà sempre ricor¬ rere alle sorgenti del Feccia (punto di recapito naturale della falda) per il prelievo della sola differenza tra la portata prevista in progetto e quella effettivamente captata a quota alta. Nel nuovo equilibrio idrogeologico, in accordo con gli obiettivi della captazione, le uniche sorgenti che dovrebbero risentire in modo marcato dell’esistenza degli emungimenti in galleria sono quelle del Feccia. Con i bacini delle altre scaturigini non dovrebbero esservi interfe¬ renze. Infatti, per le sorgenti di Venafro (le più vicine alla galleria), è stato calcolato che l’influenza dovrebbe essere trascurabile anche nell’ipotesi che l’infiltrazione efficace, nel massiccio, risulti nulla per un intero anno. 64 Pietro Celico Per quanto riguarda l’aspetto ambientale, infine, la captazione non potrà apportare modificazioni di rilievo. Essa, infatti, intercetta una falda che attualmente sta ad una profondità media di oltre 300 m dal piano cam¬ pagna. BIBLIOGRAFIA Accordi B., 1962 - Lineamenti strutturali del Lazio e dell’Abruzzo meridionali. Mem. Soc. Geol. It., 4, Bologna. Accordi B., 1966 - La componente traslativa nella tettonica dell’Appennino Laziale- Abruzzese. Geol. Rom., 5, Roma. Accordi B., Angelucci A. e Sirna G., 1967 - Note illustrative della carta geologica d’Italia alla scala 1 : 100.000, fogli 159 e 160 (Frosinone e Cassino). Serv. Geol. d’It., Roma. Boni C. 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Celico P., 1979 - Considerazioni sull’idrogeologia di alcune zone dell’Italia centro¬ meridionale alla luce dei risultati di recenti indagini geognostiche. Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 15, Napoli. Celico P., 1981/a - Metodologia di calcolo e possibilità di utilizzazione dei principali parametri idrodinamici dell’acquifero carbonatico dei Monti Lepini (Lazio meri¬ dionale). Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 16, Napoli. Celico P., 1981/b - Relazioni tra idrodinamica sotterranea e terremoti in Irpinia (Campania). Rend. Soc. Geol. It. (Sed. Se. sul tema: «Il terremoto del 23 no¬ vembre del 1980 » - Napoli, 2-3-4 aprile 1981) (in corso di stampa). Celico P., 1982 - Le risorse idriche sotterranee dell’Appennino carbonatico centro¬ meridionale (in corso di stampa su «Idrotecnica»). Celico P., 1982 - Idrogeologia dei massicci carbonatici, delle piane quaternarie e delle aree vulcaniche dell’Italia centro-meridionale (Marche e Lazio meridionali, Abruzzo, Molise e Campania) (in corso di stampa sui «Quaderni» della Cassa per il Mezzogiorno). La falda in rete dei Monti di Venafro, ecc. 65 Celico P., Civita M., Macchi A. e Nicotera P., 1977 - II sistema idrogeoìogico dei Monti calcareo-dolomitici di Salerno : idrodinamica , riserve globali e loro degrada¬ zione a seguito dello scavo della galleria ferroviaria «S. Lucia». Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 13, Napoli. Celico P. e Stanganelli V., 1976 - Sulla struttura idrogeologica dei Monti di Venafro (Italia Meridionale). Boll. Soc. Nat., 85, Napoli. Cocco E., 1971 - Note illustrative della carta geologica d’Italia alla scala 1 : 100.000, foglio 161 (Isernia). Serv. Geol. d’It., Roma. D’Argenio B., Pescatore T. e Scandone P., 1972 - Schema geologico dell’Appennino meridionale (Campania-Lucania). Acc. Naz. Lincei, Quaderni di Scienza e Cul¬ tura, Roma. Devoto G., 1965 - Lacustrine Pleistocene in thè Lower Liri Valley. Geol. Rom., 4, Roma. Ministero LL.PP., 1942 - Servizio idrografico, pubblicazione n. 14. Le sorgenti ita¬ liane, volume VII (Campania). Ist. Poi. dello Stato, Roma. Monjoie A., 1975 - Hydrogeologie du massif du Gran Sasso (Apennin Central). Coll. Pubbl. Fac. Se. Appi. Univ., 53, Liège. Pescatore T., 1979 - Caratteri stratigrafici e strutturali delle unità geologiche attraver¬ sate dalla galleria dell’Acquedotto della Campania Occidentale. Relazione ine¬ dita, Napoli. Pescatore P. e Ortolani F., 1973 - Schema tettonico dell’Appennino Campano- Lucano. Boll. Soc. Geol. It., 92, Roma. Servizio Geologico d’Italia 1970 - Carta Geologica d’Italia - scala 1:100.000. Foglio 160 (Cassino) e foglio 161 (Isernia). Ist. Poi. dello Stato, Roma. Zalaffi M., 1962 - Su alcune piccole strutture affioranti nella Piana di Cassino. Mem. Soc. Geol. It., 4, Bologna. • Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 91, 1982, pp. 67-74, tab. 1 Implicazioni delle variazioni del livello medio del mare nella progettazione delle opere di difesa Nota del socio Antonino Palumbo (*) (Tornata del 29 gennaio 1982) Riassunto. - Si dimostra che i rilievi batimetrici e la conseguente determina¬ zione della linea di riva, eseguiti senza l’appoggio topografico a terra, senza tener conto delle norme tecniche e non corretti in base ai dati mareografici sono marcata- mente errati, non collaudabili e né utilizzabili per scopi scientifici ed applicativi, quali lo studio dell’erosione e la progettazione delle opere di difesa del litorale. Summary . - It is shown that a bathymetric map obtained without a topographic support on thè land and without thè corrections due to thè variation of thè sea level is marcately uncorrect and has therefore no scientifìc nor practical use, such as thè study of thè shore erosion protection. È noto che gran parte del litorale del nostro Paese è soggetto ad intensa azione erosiva in prevalenza attribuibile ad interventi antropici (CNR 1976-81). Per una valutazione quantitativa del fenomeno, la calibra¬ zione di modelli sui meccanismi genetici e previsionali della evoluzione dell’equilibrio geormofologico litoraneo ed il conseguente suggerimento di opere di difesa, è indispensabile poter esaminare, tra l’altro, le serie sto¬ riche di topografìe della spiaggia sommersa ed emersa ottenute con meto¬ dologie omogenee. Per la spiaggia sommersa occorre cioè poter disporre di mappe batimetriche rilevate nel tempo secondo i criteri standard seguiti da decenni nel mondo dai diversi Istituti idrografici nazionali. Per l’interpreta¬ zione e l’utilizzazione di una mappa batimetrica occorre però che il rilievo, secondo la risoluzione A 2.5 dell’I.H.O. (1976), sia riferito ad un valore pre- (*) Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Università di Napoli. 68 Antonino Palumbo fissato del livello del mare (*), che va poi segnato su ogni carta batimetrica, (risoluzione B 2.9 delPI.H.O.) (1976). Occorre anche apportare le correzioni mareografiche e che il rilievo sia appoggiato a picchetti a terra (di cui va fornita monografia) collegati a caposaldi della rete planoaltimetrica nazio¬ nale. Senza tali elementi, indicazioni e correzioni la mappa stessa perde ogni significato non solo scientifico ma anche applicativo. Lo zero del- l’IGM (Istituto Geografico Militare) costituisce un valido riferimento in quanto, ciascun mareografo della rete nazionale del Ministero dei LL.PP. è collegato alla rete altimetrica nazionale e le registrazioni mareografiche, rilevate presso tali stazioni, forniscono i valori orari del livello del mare rispetto allo zero dell’IGM. Altri riferimenti sono poi sempre riconducibili a quello IGM e così rilievi successivi risultano confrontabili. Per fornire l’ordine di grandezza dell’errore che si può compiere sulle letture osservate all’ecogramma, dovuto all’omissione delle correzioni mareografiche, in tabella I sono riportati i valori delle escursioni tipiche nel livello medio del mare risultanti da un’analisi eseguita da Palumbo e Mazzarella (1982) sulla serie storica dei dati mareografici della stazione di Napoli della rete mareografica nazionale del Min. dei LL.PP. Risultando i dati di Napoli rappresentativi del «clima» mareografico del bacino del basso e medio Tirreno, le presenti considerazioni valgono per tutto il lito¬ rale del predetto bacino Polli (1956), Polli (1957), Tenani (1935), Lisitzin (1974). Un profilo batimetrico, di alcune centinaia di metri, viene rilevato da un’imbarcazione in una diecina di minuti. Se le letture dell’ecogramma non vengono corrette delle variazioni nel livello del mare, il rilievo, ripe¬ tuto in un secondo tempo, fornirà valori diversi dai precedenti con diffe¬ renze che possono al limite anche raggiungere il metro. Le variazioni del livello del mare hanno anche effetto nella determinazione della posizione della linea di costa che, per una spiaggia a pendenza dell’1%, danno luogo a spostamenti di diecine di metri (secondo la risoluzione B 3.7 delPI.H.O. (1976) la linea di costa è quella corrispondente all’acqua alta). Invero gli spostamenti della linea di battigia sono molto più influen¬ zati dagli effetti geomorfologici connessi col moto ondoso che danno luogo a variazioni, a ciclo stagionale, dell’ordine delle diecine di metri, ed a variazioni transienti, legate alle intense ondazioni, di diverse diecine di (*) Secondo la risoluzione A 2.5 delPI.H.O. (1976) il «chart datum» è quel piano la cui quota solo raramente viene raggiunta dal minimo dell’onda di marea. Esso va poi sempre collegato al «datum» IGM. Implicazioni delle variazioni del livello medio del mare ecc. 69 metri. Per la determinazione delle modifiche della linea di riva il mancato riferimento dei singoli rilievi a caposaldi plano altimetrici della rete nazio¬ nale e l’omissione delle correzioni di cui alla Tab. I invalida perciò macro¬ scopicamente il rilievo. Per seguire le variazioni della linea di riva ci si può anche avvalere di rilievi aereofotogrammetrici. Perché essi servano allo scopo è indispensa- ile, nella restituzione fotogrammetrica, oltre all’integrazione topografica a terra, anche l’apporto delle correzioni dello spostamento della linea stessa, spesso superiore a 100 metri, dovute alle cause suddescritte e presenti al momento del rilievo. Dal punto di vista scientifico l’osservanza delle pre¬ dette indicazioni (Appendice) consentendo la ripetibilità delle rilevazioni della topografia della spiaggia sommersa ed emersa, conducono alla valuta¬ zione della variazione nei volumi di sabbia trasportati. Dal punto di vista fiscale esse, rendendo possibile il collaudo dei rilievi, assicurano che gli stessi siano stati effettivamente eseguiti e quindi garantiscono il committente da eventuali frodi. Recenti studi di idraulica marittima (Coastal structures 1979) suggeri¬ scono soluzioni di difesa costituite da strutture, orientate anche in base ai piani d’onda, di altezza variabile rispetto al livello del mare, a seconda dei casi, nella misura dei diecimetri, impostate ad una distanza dalla linea di battigia, pure variabile a seconda dei casi, nell’ordine delle diecine di metri. Atteso che i dati batimetrici costituiscono un INPUT essenziale per il tracciamento dei piani d’onda, segue che l’inesattezza dei primi vanifica la validità dei secondi. All’atto dell’esecuzione delle opere poi, un rilievo batimetrico eseguito senza tener conto delle predette correzioni non è più utilizzabile, per la mutata posizione della linea di battigia e del livello del mare, che si riferi¬ scono alle condizioni al tempo del rilievo. Sicché il costruttore non sarà in grado di misurare la distanza dalla battigia ove il progettista voleva impo¬ stare l’opera. D’altra parte, egli partendo dalla posizione della battigia al momento dell’esecuzione dei lavori troverà certamente, alla distanza fissata dal progettista, una profondità. diversa da quella risultante dalle carte bati- metriche. Giova infine ricordare che la omissione delle predette correzioni, il mancato appoggio topografico a terra e la inosservanza delle norme che regolano l’esecuzione dei rilievi topografici e batimetrici comportano errori pianimetrici dell’ordine delle centinaia di metri e di quota dell’ordine del metro e perciò i rilievi non risultano utilizzabili dal punto di vista scienti¬ fico ed applicativo. In tali condizioni sono più attendibili i dati delle carte nautiche. I rilievi non sono collaudabili, in quanto il collaudatore al momento in cui esegue la verifica, troverà un diverso livello del mare e 70 Antonino Palumbo mancherà degli elementi che gli potranno mostrare se il rilievo sia stato effettuato e se sia stato eseguito in maniera corretta. Tenuto anche conto delPalto costo di questi rilievi è bene che il com¬ mittente accerti non solo l’effettiva avvenuta esecuzione degli stessi, ma anche l’osservanza delle norme attraverso l’esame della ricca documenta¬ zione (Appendice) che deve corredare i rilievi. Al lettore esperto la presente esposizione appare per qualche aspetto quasi ovvia, ma nel momento in cui il litorale del Paese subisce tanto danno e si continua a spendere in Calabria il pubblico danaro per rilievi, (propedeutici a studi e progettazioni) non utilizzabili perché non eseguiti secondo rigorose norme tecniche, ho sentito il dovere di segnalare agli ope¬ ratori quanto precede. Per facilitare il compito di questi ultimi ho riportato in appendice le principali prescrizioni per la esecuzione dei rilievi celerimetrici-batimetrici dedotte dalle vigenti norme nazionali (I.I.M. 1978) ed internazionali (I.H.O. 1976) (Gosset, 1959) (Rattley, 1948). Tab. I: Valori delle escursioni del livello medio del mare a Napoli dovuti a cause diverse tipiche del Tirreno. Principali componenti Escursioni (cm) Periodo astronomiche m2 23 12h • 42 S2 9 12h n2 5 12h • 66 Kj 5 23h • 93 Chandler 3 14 mesi Densità 10 12 mesi marine Correnti marine 5 Diversi giorni Moto ondoso 8 Diversi giorni Pressione atm. 20 Diversi giorni meteorologiche Vento 5 Onde di Shelf 2 7 giorni Onde di bacino 10 30 minuti Implicazioni delle variazioni del livello medio del mare ecc. 71 APPENDICE Indicazioni per una esecuzione dei rilievi celerimetrici-batimetrici della linea di riva e della topografia della spiaggia emersa e sommersa ido¬ nea agli studi sull’erosione del litorale. Determinazione della linea di costa Il rilievo topografico deve essere ancorato ai punti trigonometrici della rete pianimetrica nazionale dell’IGM. Stante la insufficienza di tali punti è necessario interporre «stazioni di topografia» al limite della spiaggia emersa in zona protetta lato monte. Per una valutazione dell’errore sulle determinazioni dei punti è neces¬ sario che il rilievo venga eseguito per «poligonale chiusa». Il rilievo va corredato dei libretti di campagna, delle monografie dei «punti trigonometrici» e delle «stazioni di topografia», dei dati mareogra- fici, meteorologici (pressione atmosferica e venti) ed ondametrici relativi al tempo di esecuzione del rilievo, delle caratteristiche degli strumenti utiliz¬ zati, degli errori di chiusura e delle correzioni apportate. Un rilievo aereo¬ fotogrammetrico fornisce una soddisfacente rappresentazione della linea di costa se è integrato da rilievo topografico a terra, ancorato alla rete piani¬ metrica nazionale e corretto dalle variazioni illustrate nella presente nota. Topografia della spiaggia emersa È noto che i fenomeni erosivi comportano anche delle modifiche nella topografìa della spiaggia emersa che, a loro volta, forniscono utili informa¬ zioni nella prognosi dell’evoluzione del fenomeno (Bagnino et al. 1975). È utile pertanto eseguire dei profili altimetrici, trasversali alla spiaggia emersa, partendo dalle «stazioni di topografia» che vanno perciò collegate ai caposaldi della rete altimetrica nazionale dell’IGM. Conviene sistemare due stazioni di topografia in modo che l’allinea¬ mento dei due pilastrini dia la direzione lungo la quale eseguire i profili topografici e batimetrici per consentirne poi la ripetizione. Nell’esecuzione di tale rilievo dovrà battersi un numero di punti tali da riprodurre fedel¬ mente il profilo altimetrico stesso. 72 Antonino Palumho I profili dovranno stendersi verso il mare fino a determinare la posi¬ zione dello zero dell’IGM, del punto della linea di riva al momento del rilievo e della forma della scarpa. Rilevamento batimetrico sottocosta mediante ultrasuoni Lo scandagliamento sottocosta va eseguito preferibilmente col sistema misto ottico-radioelettrico e subordinatamente con il solo sistema radioe¬ lettrico oppure ottico per intersezione diretta. Ai valori letti dalle strisce di scandagliamento vanno apportate le cor¬ rezioni per remissione: per tener conto della effettiva profondità del tra¬ sduttore; per la velocità del suono (correzioni notevolmente significative alla foce dei corsi d’acqua e nello strato termoclino) ottenibile mediante scandagliamento alla sbarra o mediante batisonda e di quelle esposte nella presente nota. I profili batimetrici vanno integrati da profili trasversali di controllo (uno ogni 7.5 cm grafici da eseguirsi prima del rilievo) che forni¬ scono, attraverso il contronto tra i due diversi valori osservati in ciascun punto d’incrocio, (raccordo interno) l’errore complessivo commesso, dovuto alle varie imprecisioni (punto nave, strumentali, di lettura, di calibrazione, di correzione, di marea, etc.). Secondo le norme internazionali per misura di fondali fino a 30 metri, le differenze nei punti d’incrocio sono ammissi¬ bili se non superano i 30 cm e presentano una distribuzione di tipo nor¬ male (B.H.I. 1968). Va comunque accertata la presenza di errori sistematici. Un rilievo va sempre raccordato con quello/i precedente/i. In mancanza dei raccordi il rilievo non può essere valorizzato. Per l’impossibilità pratica di portare il trasduttore fino alla linea di riva e per i noti cospicui errori che ne deri¬ verebbero, lo scandagliamento del tratto compreso tra il punto dove va fermata l’imbarcazione, variabile a seconda del tipo di imbarcazione e di ecoscandaglio utilizzati, e la riva si esegue mediante scandaglio a mano. Tale operazione si può e si deve svolgere con infìttimento dei punti, in modo da ottenere una dettagliata rappresentazione di questo tratto ove hanno luogo le più intense correnti di deriva. È auspicabile il rilevamento di profili trasversali comprendenti la spiaggia sommersa ed emersa. In questo caso il raccordo tra i due profili: topografico e batimetrico si ottiene battendo con la stadia l’ultimo punto (verso terra) scandagliato a mano. Si raccomanda la ripetizione nel tempo di questi profili in modo da ottenere utilissime informazioni sulle variazioni connesse con le forti ondazioni, su Implicazioni delle variazioni de l livello medio del mare ecc. 73 quelle stagionali e quindi, previo filtraggio di queste, su quelle a lungo periodo. Solo così si potranno computare i volumi di sabbia trasportati nel tempo. I rilievi batimetrici vanno consegnati corredati: a) dei libretti di campagna riguardanti le operazioni geodetiche e topografiche e dei grafici di base eseguiti su reticoli di topografia, con riporto delle coordinate piane (o Gauss-Boaga) dei punti trigonometrici costieri, delle «stazioni di topografia», della linea di costa, etc.; h ) dei dati strumentali, di calibrazione, delle correzioni e degli errori; c ) della documentazione e cioè: - tipo di imbarcazione, suo pescaggio; - frequenza, potenza e cadenza dell’impulso ultrasonoro, ampiezza del lobo di emissione, possibilità di stabilizzare il trasduttore, velocità di scorrimento della carta; - calibrazione della emissione e della velocità del suono (quest’ul¬ timo va eseguita ogni giorno, e poi, sempre in corrispondenza di apporti fluviali); - velocità di scandagliamento ed intervalli tra gli stop; - correzioni apportate per l’emissione, la velocità del suono, etc.; - differenze dei valori osservati agli incroci, studio degli errori, valu¬ tazione dell’accettabilità del rilievo rispetto alle norme internazionali; - brogliacci, tavolette, strisciate, mareogrammi, barogrammi, anemo- grammi. Per l’importanza, sottolineata in letteratura (CNR 1981), della correla¬ zione tra i profili della spiaggia sommersa e le caratteristiche tessiturali dei sedimenti, è consigliabile prelevare campioni di sabbia lungo ciascun pro¬ filo, secondo i criteri suggeriti da Cortemiglia et al. (1981), e calcolare i corrispondenti indici sedimentologici. Allo scopo è stato messo a punto un programma di calcolo (la cui uti¬ lizzazione è a disposizione di chi ne faccia richiesta) per la determinazione, mediante computer, dei predetti indici. BIBLIOGRAFIA B.H.I. (1968) Special Publication n. 44 Bureau Hydrographique Internationale Monaco Pr. CNR (1981) Ricerche sulla dinamica dei litorali della Calabria Pubblicazione n. 127 del progetto finalizzato «Conservazione del suolo» - Sottoprogetto «Dinamica dei litorali», CNR, Roma. 74 Antonino Palumbo CNR (1976-81) - Pubblicazioni del progetto finalizzato «Conservazione del suolo» - Sottoprogetto «Dinamica dei litorali», CNR, Roma. Coastal Structures (1979) - American Society of Civil Engeneers, voi. 1, 2, New York. CORTEMIGLIA G.C., FABBRI P., LAMBERTI A., LIBERATORE G., LUPIA PALMIERI E., Stura S., Tomasicchio U., (1981) - Raccomandazioni tecniche per la protezione delle coste. Progetto finalizzato «Conservazione del suolo». Sottoprogetto «Dinamica dei litorali», CNR, Roma. Dagnino I., Palau C., Bozzo E., La Mantia A. (1975) - Bilancio e variazioni morfo- metriche della spiaggia di Lupara di Arenzano. Ist. Idr. Marina Genova. Gosset F. R. (1959) - Manual of geodetic triangulation. Special publication 247. U.S. Coast and Geodetic Survey. I.H.O. (1976) - Technical Resolution of thè International hydrographic Organization con aggiornamenti al 1981. Monaco Pr. I.I.M. (1978) - Norme di massima per i rilievi idro-oceanografici, 2a edizione, Istituto Idrografico della Marina Genova. Lisitzin E. (1974) - Sea-Level Changes «Elsevier Sci. Pubi. Co., Amsterdam. Palumbo A., Mazzarella A. (1982) - Mean sea level variations and its practial applications», Journ. Geoph. Res. Voi. 87. Polli S. (1956) - Le maree nei porti di Milazzo, Lipari e Cagliari. Geofìsica e Meteo¬ rologia. Voi. IV, n. 3. Polli S. (1957) - Le maree nei porti di Napoli e Civitavecchia, «La Ricerca Scienti¬ fica», Anno 27, n. 2. Rattleye H. S. (1948) - Manual of Geodetic levelling. U.S. Coast and Geodetic Sur¬ vey, Voi. 239. Tenani M. (1935) - Maree e correnti di marea. Ist. Idrografico della M.M. Genova. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 91, 1932, pp. 75-88, figg. 4, tabh. 5 Ulteriori dati sulla distribuzione di Holothuria tubulosa, Holothuria polii e Holothuria stellati nel golfo di Napoli Nota dei soci Gerardo Gustato (*), Anna Villari, Silvana Del Gaudio (*) e Patrizia Pedata (*) (Tornata del 26 febbraio 1982) Riassunto — Dall’esame della distribuzione complessiva di Holothuria tubulosa, H. polii e IL stellati per mq e di quella per le singole specie, insieme con lo studio del peso medio, della distribuzione per classi di peso e quindi della biomassa/mq totale e per singole specie, è stato possibile caratterizzare, per le stesse, un ordine di preferenza per quanto riguarda i diversi fondali del Golfo di Napoli. Summary — The value of density of thè species Holothuria tubulosa, H. polii , H. stellati on square meter and on different types of bottom in thè Gulf of Naples, is compared with thè distribution of thè specimens for eacfa species in 11 different weights classes, their average weight and biomass on square meter. So thè AA. can define thè preferences of these species for thè different types of bottom. L — Introduzione e scopo della ricerca Questa nota, visti i lavori di J.M. Lawrence (1979-1980), integra quanto già pubblicato da Gustato Villari (1978) considerando la distribu- zione sui diversi tipi di fondale di Holothuria tubulosa Gmelin (1790), H. polii Delle Ghiaie (1823), IL stellati Delle Ghiaie (1823) in rapporto al peso medio degli esemplari ed alf ammontare della biomassa per le singole specie e complessivamente. 2. - Materiali e metodi Per il riconoscimento degli esemplari si rimanda a Gustato Villari (1977), mentre per le tecniche di raccolta, la localizzazione e la profondità dei fondali ed il mantenimento degli animali in acquario, a Gustato Villari (1978). Istituto e Museo di Zoologia - Napoli 76 Gerardo Gustato e coll. Sono stati misurati e pesati in recipienti tarati, 212 esemplari di cui 160 appartenenti alla specie H. tuhulosa , 32 ad H. polii e 15 a H. stellati. Questi rappresentano P80,6% delle 263 oloturie della stessa specie raccolte sui diversi fondali del Golfo di Napoli, nei diversi periodi dell’anno. Delle oloturie pesate, 196 risultano integre, le altre, completamente eviscerate, avevano eliminato gli organi interni per un loro peculiare comportamento difensivo o durante il trasporto, o nelle vasche di mantenimento della Sta¬ zione Zoologica o durante la pesata. Per quest’ultime e per le singole specie, noto il peso degli esemplari e la loro lunghezza, si è tentato, confrontandole con esemplari integri delle stesse dimensioni, di valutare il peso degli organi interni. Per confermare i dati così ottenuti, si è indotta l’eviscerazione in esemplari precedentemente pesati e misurati; si sono ottenuti, però, risul¬ tati estremamente variabli ciò chiaramente in dipendenza della spiccata capacità, di questi animali, di variare la loro lunghezza. L’ammontare dell’acqua contenuta nei polmoni acquiferi, è risultata, invece, pari a circa il 10% del peso dell’animale integro. A tali risultati si è giunti valutando l’acqua espulsa dall’animale durante la pesata, ovvero lasciando gli esemplari nel recipiente fino a che, senza eviscerarsi, non espellevano acqua. La biomassa per mq è stata ottenuta, visto quanto sopra, utilizzando solo le oloturie integre e non tutte quelle raccolte. I mq corrispondenti per un certo tipo di fondale, agli esemplari pesati ed utilizzabili (animali integri), sono stati calcolati proporzionalmente rispetto ai mq sui quali era stato raccolto il totale degli esemplari per ogni specie. 3. - Risultati ed osservazioni La densità delle oloturie per ogni mq è diversa nelle tre specie consi¬ derate; quella più frequente è H. tubulosa (v. Tab. I) che va da 0,17 a 0,34 esemplari a mq, segue H. polii (v. Tab. II) i cui valori, però, vanno da 0,03 a 0,104 H/mq; infine H. stellati (v. Tab. Ili) con valori compresi tra 0,027 e 0,048 esemplari a mq. Il peso medio delle singole specie è altrettanto variabile; quello più elevato è riscontrabile in H. stellati con un valore calcolato sul totale pari a 242,2 gr e valori che vanno da 210,25 gr a 324 gr se lo stesso viene conside¬ rato sui diversi fondali. Segue H. tubulosa con un peso medio di 238,3 gr e valori compresi tra 205,3 e 354,8 gr, quindi H. polii con 163,4 gr e pesi medi relativi ai diversi substrati compresi tra 141 gr e 199 gr. TABELLA I Distribuzione e relativi pesi di H. tubulosa sui diversi fondali Ulteriori dati sulla distribuzione di Holothuria tubulosa, ecc. 77 ro CN OS io" cn" os" t"' ©" co oo io r- QO OS oo CO^ SO ©" lo so" co" IO 1— 1 IO o O so CO CN co CN cn CN cn 10^ OS oc CN OS CN io cn *o OC r~- CN cn "Sf- CN OS 'd- N- cn N- N" SO CN OC oc r;-- CN s©^ r- IO r DO CN so" rH CN «o rH io o o 1— 1 rH i-H rH T— 1 co^ o io t> o r- co" o oc Os oc OS oo rH CN n- CN CN io CN rH co CO CO co csr t-H io o" t—T io" o cn" CN s© CN s© rH CN l—H rH rH T— » CO^ cn^ cn^ co^ o oo" Nr r-" io" co" r" o OS s© t" Os rH IO m CO CN CN rH CO rH CO t'- CO Os CO N- CN CN CN^ co CO o" o" o" o" o" o" io io IO O o so CN CN CN o io CN I— H T— ( T—i 1— ( 1— 1 i-H rH Os SO CO io CO rs CN CO CN N" N- .2 ’S .2 o 3 3 43 cd o <75 » • —1 -< CD CD cd 03 Cd 03 T3 CD X Wì o CN CN IO CN o o o io CTs OS CN t-» cn CN cn SO cn so Roccia e alghe 53 125 0,42 51 96,2 120,3 43 84,3 101,4 9741 Ulteriori dati sulla distribuzione di Holothuria tubulosa, ecc. 83 Gli esemplari di H stellati hanno un peso medio di 324 gr che è il valore più alto in assoluto per questa specie anche se essa è presente con 0,02 esemplari per mq. H. polii è invece presente con un solo esemplare del peso di 199 gr. La distribuzione di queste ultime specie e il relativo peso medio, con¬ sentono di confermare quanto già riportato da Gustato Villari (1978) e cioè che esiste una forma di competizione tra H. polii da una parte e H. sanctori, H. forskali e H. stellati dall’altra. Questa situazione avvantaggia evidente¬ mente H. tubulosa visto che la sua biomassa per mq è pari all’83,95% della bio¬ massa totale con 79 gr/mq uno dei valori più alti in assoluto per questa specie. Roccia e alghe Su questo substrato il valore complessivo di 0,42 H/mq è il più alto in assoluto e così quello di 0,34 H/mq e 0,048 H/mq rispettivamente per H. tubulosa e H. stellati , viceversa H. polii è presente con 0,032 H/mq che è uno dei valori più bassi in assoluto (v. Grafico C). Il peso medio di H tubulosa , pari a 235 gr, deriva dalla equa distribu¬ zione degli esemplari nelle riverse classi di peso: tra i 60 e i 460 gr; il 40% di questi è compreso tra i 181 e i 260 gr. La biomassa a mq di H. polii è la più bassa in assoluto con 5,4 gr/mq e una distribuzione di 0,032 H/mq e ciò a conferma dei rapporti di competi¬ zione già evidenziati. La biomassa/mq di 10,1 gr/mq per H. stellati , che è il massimo valore per questa specie, non è dovuto al peso medio degli esemplari in realtà poco elevato, ma alla densità di 0,048 H/mq che è il massimo assoluto e ciò conferma ulteriormente i rapporti di competizione già indicati. La biomassa complessiva per mq è la più alta in assoluto con 96,1 gr/ mq, come lo è anche il valore della frequenza complessiva delle oloturie al mq. Attribuendo, poi, alla presenza, sullo stesso substrato, anche di H. fors¬ kali e H. sanctori il motivo della riduzione del peso medio degli esemplari, delle specie esaminate, possiamo definire il substrato Roccia e alghe quello più «ospitale» nel Golfo di Napoli. Conclusioni Holothuria tubulosa è la specie più frequente con il peso medio più elevato e con il valore più alto di biomassa per mq; il substrato è diverso TABELLA V Distribuzione dei diversi esemplari di H. tubulosa (Ht), H. polii (Hp), e H. stellati (Hst), nelle diverse classi di peso e sui diversi fondali. 84 Gerardo Gustato e coll. O O ir* X >< ® oo co co | 1 I 1 | 1 1 1 \ 1 1 ’-J, 1 1 1 1 o. I/o CO** cn" CN d 1 1 1 co 1 1 1 1 1 1 1 1 X 1 1 1 1 1 N- io so 1 i i co i i i i i 1 1 i 1 co. 1 i ©, l i i OO*' i i i i i 1 1 i SO 1 co" irT 1 i co" CO d 1 1 1 1 1 1 1 I 1 1 1 CN | CN 1 1 so CN # | I i co 1 1 1 1 1 1 1 I r-A | | ! 1 I o. oo co" d 1 1 1 C-H 1 i 1 1 1 1 1 1 -H | 1 1 1 1 CN # SO in CN , oo. in. 1 1 1 ve' 1 1 1 1 1 1 1 1 so" 1 1 CN 1 1 cn" d ! 1 1 CN 1 1 1 1 1 1 1 1 CN | 1 - 1 1 m CO, ©o. CO, SO CO„ co. CN, 1 1 1 OO 1 1 oo OS 1 oor 1 1 io" 1 co" N“" i ri 1 OS T—l CO T-l CN d ! ! ! - ! 1 co - 1 — I ! m 1 so - 1 oo *n^ co s©. CO co. so CN CO CN # OS 1 1 oo*' C-" | CO oo*' j I so" 1 1 ! in o" 1 o i— H CO T— 1 1 ' CN r-H 1—1 d CN 1 ! - 1 - so 1 - 1 1 «N | 1 IO 1 - 20 # n so^ <- CO^ CO, CO, CO^ OS, co" ! ! so o 1 ot-" C-" CO*' co*' 1 co" 5— T | 1 t— r 1 I/o oo" co 5= 1 CN CN CO CO co CN CN '"N d f" 1 1 CN - 1 in CO - N" 1 t- | 1 N" 1 36 N" <0 i/O CO, in. H CO^ SO, N- CO, so. # OS t-~" i co oo"' 20 SO*' CN Os co" CO 25 oo*' CN 1 Os"§ T— 1 co" CO oo" CN 1 1 o" CN d CO I - - 1 Os - - CO CN 1 CO '—1 - O 1 1 40 r-A SO, CN^ co. SO, so. N" SO oo. # OO 1 1 1 o 1 r-" OO 1 oo oo*' so*' Os I 1 oo" 1 o in" CO tj- T— 1 CN SO I/O 1 d oo 1 ! 1 CN | SO CN 1 CN CN ^ 1 1 co 1 CN CO 1/0 OS CN OO f- so. CN, # 1 t'" 1 1 O 1 CN od' 1 ! CN 1 oo" 1 1 oo" I/O 1 t— r CO CN T— 1 N" T_l t- 1 d ! CO I I - ! -H CN 1 1 CO 1 ^ ! 1 CO CO 1 22 25 OO, CN O- C- ! 1 1 1 t— r 0©*' 1 so' 1 1 1 1 1 so" 1 1 so" T— 1 d 1 CN | 1 1 1 N- CN 1 CN 1 1 1 1 1 CN 1 1 CN P Vi Pi Cd P cn P m P P m x x e X X X X X X X X X XXX X X X cA da ... a Sabbia fine Sabbia grossa Sabbia sassi Sabbia rad. pc Roccia alghe sabbia Roccia alghe Totale OD co i n ò Vi CU * Ulteriori dati sulla distribuzione di Holothuria tubulosa, ecc. 85 o«oturie/mq 0.5, a 4 02 H. tubulosa - H. polii ....... grafico C H. stellati - - totale - sabbia fine sabbia' grossa sabbia e sassi «Sci elite, „9?„ Grafico A : Grafico B : Grafico C : Biomassa/mq sui diversi fondali Peso medio degli esempiaridi H. tubolosa, H. polii e H. stellati sui diversi fondali Frequenza totale e delle singole specie sui diversi fondali Grafico D : Frequenza totale e delie singole specie di oloturia nelle classi di peso Ulteriori dati sulla distribuzione di Holothuria tubulosa, ecc. 87 considerando i diversi parametri; due risultano, comunque i substrati più graditi e cioè: Roccia e alghe e Sabbia grossa. Holuthurìa polii è la specie con frequenza intermedia mentre è quella col peso medio più basso; risulta preferire Sabbia e sassi dove c’è un coe¬ rente aumento sia della frequenza che del valore gr/mq. Holuthurìa stellati , infine, che è la specie meno frequente ma con peso prossimo a quello riscontrato negli esemplari di H. tubulosa , è assente su Sabbia fine, mentre risulta preferire Roccia e alghe e Roccia alghe e sabbia. Considerando che la distribuzione delle tre specie e la relativa prefe¬ renza ecologica, può essere esaminata tenendo conto del numero di olotu¬ rie su mq, del peso medio degli esemplari e della biomassa a mq, non è possibile sempre legare una specie ad un determinato substrato anche se per ognuno dei parametri citati, c’è la possibilità di evidenziare una gradua¬ toria di preferenza. I dati qui esposti, dunque, sono attualmente esaminati statisticamente così da poter fornire, utilizzando questa via, in una nota in allestimento, un ordine di preferenza globale per ognuna delle singole specie. I dati sono stati raccolti utilizzando un tavolo di studi in godimento da parte di G. Gustato fino al 1980, presso la Stazione zoologica di Napoli. Si ringrazia pertanto il Direttore, il personale tecnico e subalterno per la loro collaborazione ed ospitalità. Un ringraziamento va pure alla Dr G. Villanis che ha collaborato nel riordino dei dati durante la fase iniziale di questo lavoro. 88 Gerardo Gustato e coll. BIBLIOGRAFIA Gustato, G., Villari, A. 1977. Sulla sistematica e frequenza di specie del genere Holothuria in una zona del Golfo di Napoli , Boll. Soc. Natur. Napoli 86, pp. 283- 414. Gustato, G., Villari, A. 1978. Sulla distribuzione delle specie del genere Holothuria nel Golfo di Napoli , Boll. Soc. Natur. Napoli 87, pp. 413-426. Gustato, G., Villari, A. 1979. «On thè ecology and species frequency of thè genus Holothuria in thè Gulf of Naples », in Proceedings of European Colloquium on Echinoderms , Brussels 3-8 sept. 1979; in Echinoderms: Present and past A.A. Balkema Rotterdam 1980. Gustato, G., Villari, A. 1979, «About thè question of thè taxonomic status of Holothuria stellati Delle Ghiaie », in Proceedings of The European Colloquium on Echinoderms Brussels , 3-8 sept. 1979 in Echinoderms: Present and past A.A. Balkema Rotterdam, 1980. Lawrence, J. M., Kafri, J. 1979. Numbers, biomass and calorie content of thè Echino- derm fauna of thè Rocky Shores of Barbados , Marine Biology 52 pp. 87-91. Lawrence, J. M. 1980 Numbers and biomass of thè common Holothuroìds of thè Windward Reef at Enewetak, atoll Marshall Islands , in Echinoderms Present and past A.A. Balkema Rotterdam. Boll. Soc. Natm. Napoli voi. 91, 1982, pp. 89-123, flgg. 8, tabb. 2, tavv. VII Osservazioni su Triploporella steinmanniì n. sp. (alghe verdi, Dasicladali) del Cretacico del Messico (*) Nota del socio Filippo Barattolo (') (Tornata del 28 maggio 1982) Riassunto . — Viene istituita Triploporella steinmanniì n. sp. (= Triploporella fraasi Steinmann in Steinmann 1899) un’alga verde Dasicladale del Cretacico infe¬ riore (Albiano) del Messico (Stato dì Veracruz); vengono fomite indicazioni sui caratteri fondamentali del tallo (disposizione, forma e dimensioni dei rami primari e secondari, numero di pori per verticillo ecc.), sulla variabilità dei caratteri biometrici più significativi e sull’ecologia; viene fornita, infine, una ricostruzione del tallo. Termini chiave . — Paleobotanica, taxon nuovo , Dasycladaceae ( Triploporella steinmanniì n. sp.), (biometria, riproduzione, ecologia, ricostruzione paleontologica), Formazione Orizaba , Albiano , Messico (Veracruz). Summary. — Triploporella steinmanniì n. sp. (= Triploporella fraasi Steinmann in Steinmann 1899) a dasycladacean green alga from thè Lower Cretaceous (Albian) of Mexico (State of Veracruz) is established; some data are given on thè main cha- racters of thè thallus (arrangement, shape and sizes of thè primary and secondary branches, number of pores in a wfaorl etc.), on thè variability of thè most significant biometrica! characters and on ecology; finally a reconstruction of thè thallus is given. Intmduction. — In 1898 Georg Bòhm studied some moli use remains contained eitfaer in row samples or polished plates; they had been acquired by thè geologists Felix and Lenk from a marble-industry near Nogales, a town placed at about 10 km from thè Western part of Orizaba in Mexico. All thè samples carne from thè Cerro Escamela, a mount situated very near Orizaba at NE, Boom instituted Caprina ramosa , Sphaerucaprina felixi and Sphaerucaprina lenki and found also Caprina cf. adversa D’Orbigny, Caprina sp., Sphaerucaprina sp., Nerinea cf. fomjuliensis PlRONA, Nerinea sp. and some dasycladacean algae that he sent to Gustav Steinmann in (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. e del M.P.L (*) Istituto dì Paleontologia - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 90 Filippo Barattolo order to study them. The samples sent by Bòhm to Steinmann were thè same con- taining Sphaerucaprina lenti (Bòhm, 1898, p. 325). Steinmann ascribed thè dasycla- dacean algae partly to a new species {Neomeris cretacea) and partly to Triploporella fraasi a species that he himself had instituted about twenty years later (1880) and coming from thè Cenomanian of Lebanon (see Barattolo 1981). Nevertheless thè Mexican Triploporella differs from Triploporella fraasi because of its calcified cyst- containers. It seems right to ascribe thè former to another species, for which w e already suggested (Barattolo 1980) thè name of Triploporella steinmannii, accor- ding to thè possibility and degree of calcifìcation of thè cyst-containers that have been considered important characters of specifìc differentiation (Barattolo 1980). Steinmann did not indicate thè deposit of thè studied samples. Therefore I am particularly grateful to Prof. Rolf Schroeder of thè Geologisch-Palàontologisches Institut of Frankfurt for his favour and effective interest that led him to find thè Bòhm’s samples containing Sphaerucaprina lenti and Triploporella steinmannii at thè Geologisches Institut of Freiburg (W.-Germany). I express my best thanks to Prof. G. Thorbecke, Director of thè Geologische Institut of Freiburg, as he allowed thè cut of some thin sections in a Bòhm’s samples with Sphaerucaprina lenti in order to study thè Dasycladaceae contained in it. Diagnosis. Simple thallus, slightly club-shaped. Primary branches arranged in verticils dose together and alternating, their inclination is of about 80-90° as to thè axis of thè thallus except in thè highest region of thè skeleton where it assumes smaller values. The primary branches are very stout and straight; their vertical sec- tion has a quite uniform width or it slightly widens outwards; on thè contrary their whorly section widens gradually outwards; their transversai sections are made proxi- mally of rather compressed elliptical, subrectangular, subsquared or circular sections in thè distai part. Secondary branches, three per tuft, rarely four or Five, rather long, stout and phloi'ophorous. Calcified reproductive organs by cyst-containers placed inside thè primary branches (cladosporate-type); every cyst-containers has generally 4 cysts, rarely 5-7. The calcifìcation is formed by a stout calcareous skeleton pro- bably closed upwards; it touches thè primary branches entirely and thè secondary branches for a good part of their lenght. The most signifìcant biometrica! values are in thè table I. Premessa Nel 1898 Georg Bòhm studiò i Molluschi contenuti in pezzi di roccia sia grezzi che in lastre lucidate acquistati dai geologi Felix e Lenk da una industria per la lavorazione del marmo di Nogales, centro abitato a circa 10 km ad Ovest di Orizaba in Messico; i campioni provenivano dal Cerro Escamela, un rilievo posto subito a NE di questa ultima città. Bòhm istituì Caprina ramosa, Sphaerucaprina felixi e Sphaerucaprina lenti e riscontrò anche Caprina cf. adversa D’Orbigny, Caprina sp., Sphae¬ rucaprina sp., Nerinea cf. forojuliensis Pirona e Nerinea sp. ed alcune Dasi- Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp ecc. 91 cladali che inviò per lo studio a Gustav Steinmann. I campioni inviati da Bòhm a Steinmann erano quegli stessi che contenevano Sphaerucaprina ienki (Bòhm 1898, p. 325). Quest’ultimo autore attribuì le Dasicladali pre¬ senti in parte ad una nuova specie (Ne o me ri s cretacea) ed in parte a Triplo¬ porella fraasi , una specie che lui stesso aveva istituito una ventina di anni prima (1880) nel Cenomaniano del Libano (vedi Barattolo 1981). La Triploporella messicana tuttavia differisce da Triploporella fraasi per essere provvista di contenitori calcificati. Avendo ritenuto (Barattolo 1980) che la possibilità ed il grado di calcificazione dei contenitori di cisti abbiano importanza a rango di differenziazione specifica, sembra oppor¬ tuno attribuire le Triploporelle messicane ad una specie differente per la quale già proposi (Barattolo, 1980, p. 106, nota 1) il nome di Triplopo¬ rella steinmannii. Steinmann non indicò il luogo in cui era depositato il materiale stu¬ diato. Pertanto sono particolarmente grato al prof. Rolf Schroeder del Geologische-Palaeontologisches Institut di Frankfurt per la sua benevo¬ lenza ed il fattivo interessamento che hanno permesso di rintracciare presso il Geologisches Institut di Freiburg, in Germania, il materiale a Sphaerucaprina lenki e Triploporella steinmannii di Bòhm. Un vivo ringra¬ ziamento rivolgo anche al prof. G. Thorbecke, Direttore del Geologisches Institut di Freiburg, per aver consentito l’esecuzione di alcune sezioni sot¬ tili nel materiale a Sphaerucaprina lenki di Bòhm, al fine di permettere lo studio delle Dasicladacee presenti. Inquadramento stratigrafico della regione di Orizaba La zona di Orizaba è stata oggetto di numerosi studi geologici e strati- grafici a partire già dalla fine del secolo scorso (vedi per es. Bòse 1899; Stanton 1900; Burckhardt 1930; Imlay 1944; Mùllerried 1947; Mac- beth 1956). Recentemente Bonet (1971) prendendo in considerazione soltanto i livelli calcarei della regione di Cordoba-Orizaba ha individuato dal basso verso l’alto le seguenti formazioni apparentemente concordanti tra di loro ed estendentesi complessivamente dall’Albiano inferiore al Campaniano: Formazione Orizaba , di circa 800 m di spessore, costituita da calcari compatti di colore variabile dal grigio scuro al crema chiaro, ben stratificati o massicci, da 50 a 250 cm di spessore. I macrofossili presenti sono costi¬ tuiti soprattutto da Lamellibranchi Pachiodonti e Nerinee (vedi al riguardo 92 Filippo Barattolo Mullerried, 1947, pp. 366-371, 374-376). Sulla base dei microfossili pre¬ senti è possibile individuare in questa formazione quattro biozone (Bonet, 1971, pp. 6-7) che dal basso verso l’alto sono: - zona ad Orhitolina , ascrivibile all’Albiano inferiore; contenente Orbitolìna sp. - zona a Dictyoconus , ascrivibile all’Albiano medio; contenente Dic- tyoconus walnutensis (Carsey), Coskinolina sunnilandensis Maync, Coski- nolinoides texanus Keijzer e Nummoloculina beimi Bonet. - zona a Nummoloculina , ascrivibile all’Albiano superiore; contenente Nummoloculina beimi Bonet. - zona a Riammalino, contenente Planomalina buxtorfi (Gandolfi) e Nummoloculina beimi Bonet; questa zona è ascritta da Bonet al Cenoma- niano, ma dovrebbe appartenere verosimilmente, per la presenza di Plano¬ malina buxtorfi , al Vraconiano. Formazione Mal trota, di 90-100 m di spessore; costituita principal¬ mente da calcari neri e scuri con liste e noduli di selce, ben stratificati, di spessore variabile da 10 a 40 cm. I fossili presenti sono: Calcisphaerula innominata Bonet, Pitbonella ova/is Kaufmann, frequenti Hedbergella (o Ticine Hai), rare Heterohelix e probabili Globotruncane. L’età della forma¬ zione dovrebbe essere compresa, secondo Bonet, tra il Cenomaniano supe¬ riore e il Turoniano. Formazione Guzmantla, di 900-1200 m di spessore; costituita da calcari stratificati o più o meno massici, di colore variabile dal grigio al crema chiaro. I fossili riscontrati sono costituiti essenzialmente da Molluschi (vedi Mullerried, 1947, pp. 380-414) e da Valvulammina picardi Henson, Ammobaculites sp., Calcisphaerula sp. e Milioidi. La formazione viene rife¬ rita al Turoniano-Coniaciano. Formazione Atoyac, di 370-430 m di spessore e forse anche più; costi¬ tuita da calcareniti e calciruditi in strati massicci. I fossili riscontrati sono costituiti da: Calcisphaerula innominata Bonet, Pitbonella ovalis Kauf¬ mann, Stomiosphaera gigantea, Calcisphaerula gigas, Pitbonella grandis, «Lagena» gracillima (Seguenza), Stomiosphaera diffrigens (Lapparent), Stomiosphaera cordiformis (Ayala & Seiglie), Globotruncana rosetta (Car¬ sey), Globotruncana lapparenti Brotzen, Globotruncana subcircumnodifer Gandolfi & al, Sulcoperculina globosa De cizancourt, Lepidorbitoides minima (Schlumberger), Sulcoperculina dickersoni (Palmer), Lepidorbitoi¬ des planasi Rutten, Aktinorbitoides browni Bronniman, Pseudorbitoides rutteni BròNNIMANN, Pseudorbitoides trechmanni DouviLLÉ, Orbitoides ti so ti Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc . 93 Schlumberger, Vaughania cubensis Palmer, Vaughania barberi Brònni- mann e Torreina terrei Palmer. La formazione viene riferita al Campa¬ vano superiore-Maestrichtiano inferiore. Triploporella steinmannii n. sp. 1899 a Triploporella fraasì ; Steinmann: pp. 137-142, figg. 4-9, 12. 1899 b Triploporella fransi '; Steinmann: pp. 189-193, figg. 32-37, 40. 1980 Triploporella steinmanni nom. nud.; Barattolo: p. 106, nota 1. Origine del nome. La specie, conformemente a quanto proposto in Barattolo (1980), è dedicata al Prof. Gustav Steinmann che per primo ne illustrò i caratteri essenziali. Olotipo. Esemplare in sezione obliqua del preparato n. 9 del campione a Sphaerucaprina lenki della collezione Bòhm illustrato alla tav. Ili fig. 1 del presente lavoro. Isotipi. Esemplari dei preparati n. 1-9 del campione a Sphaerucaprina lenki della collezione Bòhm. Deposito. L’olotipo e gli isotipi sono conservati presso il Geologisches Institut dell’Università di Freiburg (Repubblica Federale Tedesca). Località-tipo. Il materiale a Triploporella steinmanii fu acquistato da Felix & Lenk presso una grossa industria per la lavorazione del marmo nei pressi del centro abitato di Nogales (Bòhm, 1898, p. 325); esso proviene da una grossa cava posta sul lato meridionale del Cerro de Escamela (Mul- lerried, 1947, p. 373), rilievo a NE della città di Orizaba nello Stato di Veracruz nel Messico (vedi fig. 1). Livello tipo. Calcarenite passante a calcirudite con clasti costituiti essenzialmente da fossili, subordinatamente sono presenti peloidi ed inca¬ ciasti; localmente il fango, normalmente scarso, può diventare prevalente. Il cemento si presenta in due generazioni nettamente separate; la prima con cristalli aciculari, che chiaramente costituisce una fase di cementa¬ zione precoce ed una seconda costituita da cemento a blocchi. I fossili sono costituiti da alghe, Foraminiferi, Molluschi e radioli di Echinoidi. Le alghe sono costituite da Dasicladacee ( Triploporella stein¬ mannii n. sp. e Neomeris cretacea Steinmann) e subordinatamente da Cia- noficee nodulari tipo Cayeuxia ; i Foraminiferi sono rappresentati da orbito- linidi e occasionalmente da piccole Quinqueloculina sp. Tra i Molluschi 94 Filippo Barattolo sono presenti Caprìnuloidea (?) lenki (= Sphaerucaprina lenki Bòhm) e pic¬ coli Gasteropodi. Spesso i gusci delle Rudiste risultano intensamente perfo¬ rati da minute gallerie meandriformi che per la loro forma sembrano riferi¬ bili all’azione di alghe endolitiche; essi sono costituiti frequentemente da Fig. 1. - Cerro de la Escamela presso Orizaba nello Stato di Veracruz (Messico) alla scala 1:50000, dalia «Carta de la Republica Mexicana à la 100000a» (la serie, Hoja 19 II (V) e Hoja 19 II (Q); pubi. 1907, 2a ed.) modifi¬ cata. La località segnata con un asterisco rappresenta, probabilmente, quella di provenienza del campione a Triploporella stein ma unii n. sp. Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp ecc. 95 calcite spatica precipitata dopo la loro dissoluzione completa; altre volte i gusci si presentano ricristallizzati. La presenza di gusci disciolti, la distribuzione della frazione sottile del sedimento essenzialmente nei punti di contatto dei clasti ed infine la natura dei cementi sembra lasciare ipotizzare una diagenesi precoce in ambiente vadoso. L’età del livello-tipo sembra desumibile principalmente dagli Orbitoli- nidi presenti che il prof. Schroeder attribuisce (comunicazione personale) all’Albiano medio. Ciò concorda con l’età assegnata da Bonet (1971) agli unici calcari ad Orbitolinidi da lui accertata nella regione di Cordoba-Ori- zaba (zona a Dictyoconus : contenente Dictyoconus walnutensis (Carsey), Coskinolina sunnilandensis Maync, Coskinolinoides texanus Keijzer e Nummoloculina he imi Bonet). Diagnosi. Tallo semplice, lievemente claviforme. Rami primari disposti in verticilli ravvicinati ed in alternanza, la loro inclinazione è di circa 80- 90° rispetto all’asse del tallo tranne che nella regione più alta del mani¬ cotto dove assume valori minori. I rami primari sono molto robusti e dritti; la loro sezione verticale presenta un’ampiezza pressocché uniforme o lieve¬ mente crescente verso l’esterno; la sezione verticillare è, invece, gradual¬ mente crescente verso l’esterno; le sezioni trasversali dei rami sono costi¬ tuite, in posizione prossimale, da ellissi verticali piuttosto compresse late¬ ralmente che passano gradualmente a sezioni ellittiche meno compresse o di forma subrettangolare, sub quadrata o circolare nella parte distale. Rami secondari in ciuffetti di tre, raramente quattro o cinque, relativamente lunghi, robusti e floiofori. Organi riproduttori calcificati, costituiti da conte¬ nitori di cisti posti all’interno dei rami primari (tipo cladosporo); ogni con¬ tenitore di cisti presenta generalmente 4 cisti, raramente 5-7. La calcifica¬ zione è costituita da un robusto manicotto probabilmente chiuso verso l’alto; esso interessa i rami primari per intero ed i rami secondari per buona parte della loro lunghezza. I valori biometrici più significativi sono riportati in tabella I. Osservazioni generali sul campione studiato ed indagine statistica. Il materiale utilizzato per la descrizione della specie in esame è costituito da un piccolo campione calcareo di colore grigio scuro tendente al marroncino con clasti contornati di materiale scuro. Il campione è di forma irregolare: lungo circa 8 cm ed ampio circa 4 cm, avente un lato parzialmente segato e levigato sulla cui superfìcie sono visibili due gusci di Caprionuloidea (?) lenki (= Sphaerucaprina lenki Bòhm), un esemplare di Triploporella stein- manni n. sp., in sezione obliqua e diversi Orbitolinidi. Dal lato opposto 96 Filippo Barattolo a quello levigato sono state ricavate nove sezioni sottili, numerate con numeri progressivi da 1 a 9. TABELLA I Triploporella steinmannii n. sp. Valori dei caratteri biometrici più significativi. Gli intervalli di variabilità sono scritti in neretto, i valori medi e la deviazione standard sono scritti in caratteri normali; fra parentesi, in corsivo, è indicato il numero delle misure effettuate. Tutti i valori dimensionali sono espressi in millimetri. ( d = dia- etro interno del manicotto; D = diametro esterno del manicotto; w = numero dei pori per verticillo; p'w = ampiezza verticillare dei pori primari; p'v = ampiezza verti¬ cale dei pori primari; p" = ampiezza dei pori secondari; l" = lunghezza dei pori secondari; h = altezza tra i verticilli; d\ d = rispettivamente diametro assiale ed equatoriale dei contenitori di cisti). 0,9 - 1,5 d 1,21 ± 0,230 (5) 3,2 ~ 4,2 D 3,96 ± 0,250 (5) 26 - 34 w 30,7 ± 3,40 (4) 0,28 - 0,37 p'v 0,33 ± 0,0374 (4) Pw 0,28 - 0,41 (5) p" 0,13 - 0,16 (4) /" 0,16 - 0,23 (4) 0,32 - 0,40 (4) d' x d 0,07-0,11 x 0,10-0,19 (15) (25) Tutti gli esemplari di Triploporella steinmannìii osservati mostrano traccia di organi riproduttori all’intemo dei rami primari; questi ultimi pos¬ sono, però, rinvenirsi sparsi nel sedimento. A causa dell’esiguo numero di esemplari a disposizione (nove) lo stu¬ dio statistico deve ritenersi valido solo con larga approssimazione; nella tabella I vengono fornite le medie e le deviazioni standard di alcuni fra i principali caratteri biometrici. Per mettere ulteriormente in evidenza le dif¬ ferenze tra la specie in esame e Triploporella fraasi , con cui era stata con- Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. 97 fusa, si è applicato a questi due taxa il test, F, di varianza riferito al dia¬ metro interno del manicotto (d), e i test di covarianza riferiti al diametro esterno del manicotto (D) ed al numero di pori per venticelo (w) in fun¬ zione di d (vedi tab. II); dai test di covarianza si evince che i parametri si TABELLA II Triploporella steinmannii n. sp. e Triploporella fraasi Steinmann. Risultato del test di varianza, F \ applicato al diametro interno del manicotto (d) e dei test di covarianza applicati al diametro esterno del manicotto (D) ed al numero di pori per verticillo (w) in funzione del diametro interno del manicotto (d). I valori non contrassegnati da asterischi non sono significativi, quelli contrassegnati da due asterischi sono alta¬ mente significativi. (S d = somma dei valori del diametro interno del manicotto; S d2 = somma dei valori del diametro interno del manicotto elevati al quadrato; S D ■ D = somma dei prodotti dei valori del diametro interno per i valori del dia¬ metro esterno del manicotto; SD = somma dei valori del diametro esterno del manicotto; SD2 = somma dei valori del diametro esterno del manicotto elevati al quadrato; S d • w = somma dei prodotti dei valori del diametro interno del mani¬ cotto per i valori del numero di pori per verticillo; S w = somma dei valori del numero di pori per verticillo; S w2 = somma dei valori del numero di pori per verti¬ cillo elevati al quadrato; n = numero di individui). Triploporella fraasi STEINMANN Triploporella steinmannii n.sp. Test F Test di di varianza covarianza S d 218,91 S d = 6,05 S d 2 = 346,995 S d2 = 7,5326 n = 147 n = 5 S d = 218,91 S d = 6,05 S d2 = 346,995 S d2 = 7,5326 § d D = 763,33 S d-D = 23,9883 S d = 489,61 S d = 19,78 SD2 - 1725,997 SD2 - 78,50 n = 147 n = 5 S d - 183,44 S d - 5,05 S d2 292,37 S d2 6,5326 S d • w - 8521,25 S d • w = 157,26 S w = 5410 S w = 123 S w2 = 251871 S w2 = 3817 n - 122 n 4 98 Filippo Barattolo discostano in modo significativo per cui, conseguentemente a quanto indi¬ cato dagli organi riproduttori (calcificati in Triploporella steinmannii, non calcificati in Triploporella fraasi) i due taxa sono da ritenersi specie diffe¬ renti. Nelle figg. 3-4 alcuni valori dimensionali maggiormente indicativi di Triploporella steinmannii vengono comparati con quelli degli isotipi di Tri¬ ploporella fraasi al fine di mettere in evidenza le differenze tra le due specie. Caratteri generali del manicotto calcareo. Il manicotto calcareo è lieve¬ mente claviforme, privo di articolazione, ondulazione ed intusannulazione. Esso interessa i rami primari per intero ed i rami secondari per quasi tutta la loro lunghezza. Si possono osservare infatti alcuni esemplari in cui il poro primario nella porzione più prossimale è estremamente sottile mentre al tempo stesso la superficie interna del manicotto risulta netta, liscia e pressoché continua (tav. I e fig. 2 c); l’ampiezza del manicotto calcareo, tut¬ tavia, può risultare apparentemente inferiore a quella reale in seguito ad usura della superficie esterna o di quella interna del manicotto. Per quasi tutta la lunghezza dei pori primari la calcificazione è sottile ed uniforme; il suo spessore tra i pori di uno stesso verticillo è lievemente inferiore di quello fra i verticilli successivi. I pori secondari sono ben distinti e svasati verso l’esterno, ciò lascia supporre che la calcificazione si estendesse per la maggior parte della loro lunghezza; essa inoltre si sviluppa sia tra ciuffi contigui che tra i rami di uno stesso ciuffo (fig. 2d). II diametro esterno (D) del manicotto varia, nei pochi esemplari osser¬ vati, tra 3, 2-4, 2 mm; il diametro interno (d) del manicotto varia tra 0,9- 1,5 mm (fig. 3 A); lo spessore della calcificazione (( D-d)/2 ) varia tra 0,9- 1,5 mm; il rapporto (D/d) tra diametro esterno ed interno del manicotto varia tra 2, 7-4, 2. Inclinazione e distribuzione dei rami primari. I rami per la maggior parte dello sviluppo longitudinale del manicotto presentano una inclina¬ zione di circa 90°; tuttavia si sono osservati dei casi di esemplari, uno in sezione obliqua (tav. II fig. 2) ed un altro in sezione tangenziale (tav. IV) in cui sembrano diminuire gradualmente di dimensioni ed inclinazione verso l’alto; nella regione inferione del manicotto i rami conservano la loro incli¬ nazione perpendicolare o tendono ad inclinare lievemente verso il basso (tav. IV). I rami primari sono disposti in verticilli semplici (tipo euspondilo) e sono alterni in verticilli successivi (tav. IV). I verticilli sono piuttosto ravvi- Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. 99 cinati, la loro altezza (h) varia tra 0,32-0,40 mm. Il numero di pori per ver¬ ticillo (w) varia tra 26-34 (vedi fig. 3 B). Forma e dimensioni dei rami primari. I pori primari sono approssima¬ tivamente subcilindrici, più esattamente mentre la sezione verticale ha Fig. 2. — Triploporella steinmannii n. sp. a: porzione di un verticillo in sezione tra¬ sversale (Steinmann, 1899a, fig. 3). b: particolare di una sezione tangen¬ ziale (Steinmann, 1899a, fig. 4). c: particolare di una sezione longitudi¬ nale, con s è stata indicata la cavità centrale, con p è stato indicato il punto di attacco dei pori primari al sifone centrale; sono evidenti gli organi riproduttori aH’interno dei rami primari (Steinmann, 1899a, fig. 5). d: porzione di sezione tangenziale che mostra i rami secondari e gli organi riproduttori all’interno dei rami primari (Steinmann, 1899a, fig. 6). e: porzione di sezione longidudinale che mostra i contenitori di cisti alPinterno dei rami primari, con s è stata indicata la cavità centrale (Steinmann, 1899a, fig. 7). f: contenitori di cisti in sezione equatoriale ( a-c ) ed assiale ( d ) (Steinmann, 1899a, fig. 8). Fig. 3. ~ Triploporella steinmannii n. sp. ( O) e Tripioporeìla fraasi Steinmann (•). Variabilità del diametro esterno del manicotto (D) (A) e del numero di pori per verticillo (w) (B) in funzione del diametro interno del manicotto (d). Ad ogni cerchietto del diagramma corrisponde un unico esemplare. Tutti i valori dimensionali sono espressi in millimetri. La figura mostra che a parità di diametro interno (d), i valori del diametro esterno (D) di Triploporella steinmannii sono generalmente maggiori di quelli di Triplo¬ porella fraasi mentre quelli del numero di pori per verticillo (w) sono sempre minori. Fig. 4. h (mm) i i « « Triploporeila fraasi STEINMANN ° Triploporeila steinmannii n.sp. 1 1 1 • t» 9 m 9 9 o Q • • 9 9 # i • ® • ì 9 * • • • C i r 0,2 0.3 P'v (mm) « ! ® « • o t © A « 9 9 i # i fi £ il 9 m -® J99 m 9 9 i ► 99999 IW m m 99 m ^ * $«§§ fc * « mat. • B » m 9 • 1 1 \ 1 1 ! 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La figura mette in evidenza che a parità di diametro interno (d) i valori dell’ampiezza verticillare (prw) e di quella verticale (pfv) dei pori primari di Triploporeila steinmannii sono generalmente maggiori di quelli di Triploporeìla fraasì mentre quelli dell’altezza dei verticilli (h) sono mediamente gli stessi. 102 Filippo Barattolo un’ampiezza pressoché costante, invece, la sezione verticillare cresce gra¬ dualmente e lentamente verso l’esterno; conseguentemente le sezioni tra¬ sversali del ramo sono costituite da ellissi piuttosto compresse lateral¬ mente nella porzione prossimale (tav. IV) le quali diventano via via meno compresse fino a diventare circolari o subrettangolari nella regione distale (tav. Ili fig. 1; tav. II figg. 1-2). L’ampiezza verticale del ramo {p'v) varia tra 0,28-0,37 mm; la lun¬ ghezza dei rami (/') è di 1,0- 1,3 mm (fig. 4). Il punto di attacco del ramo al sifone centrale, analogamente a quanto si verifica in Triploporella fraasi , anche in questa specie sembra essere variabile rispetto all’ampiezza iniziale del ramo: da superiore fino ad inferiore (figg. 5-6). Fig. 5. - Triploporella steinmannii n. sp. Stereogramma di un ramo primario che mostra una porzione della sezione verticale ed una porzione della sezione verticillare del ramo. Rami secondari. Su ogni ramo primario si impianta un ciuffetto di pori secondari. Negli esemplari da me studiati non è ben osservabile il numero dei rami secondari per ciuffetto; in base a quanto affermato da Steinmann (1899a) e da quanto si deduce dalle illustrazioni fornite da questo autore esso è di 3, oppure, ma raramente, di 4 o 5. I pori secondari sono relativamente lunghi, robusti e tozzi; essi si sva¬ sano gradualmente e moderatamente verso l’esterno il che lascia pensare che ospitassero dei rami floiofori. L’ampiezza distale dei rami secondari (/?") è di circa 0,13-0,16 mm mentre la loro lunghezza (/") è di 0,16- 0,23 mm. I pori secondari di ogni ciuffetto sono disposti secondo i vertici di un triangolo ed in modo tale che una delle altezze di questo triangolo giaccia sul piano verticillare (fig. 2d e fig. 8). La distribuzione dei pori secondari appena illustrata sembra essere osservabile finora solo in questa specie. Osservazioni su Triploporella steinmannii n . sp ecc. 103 Organi di riproduzione. Gli organi di riproduzione sono costituiti da contenitori di cisti. Questi, però, nei preparati studiati, la maggior parte delle volte sono interamente spatizzati per cui lasciano incerti sulla loro vera natura; tuttavia in diversi casi si sono potute osservare le singole cisti alPinterno dei contenitori (tav. IV fig. 2) e si è potuta accertare, così, la loro vera identità. I contenitori di cisti sono di forma lenticolare (ellissoide con asse di rotazione corto); si presentano, perciò, ellittici in sezione assiale e circolari in sezione trasversale. In base a misure eseguite su una trentina di contenitori di sette manicotti differenti si è accertato che il loro asse minore (altezza) ( d ') varia tra 0,07-0,11 mm; il diametro equatoriale (larghezza) (d) misura circa 0,10-0,19 mm; il rapporto tra l’altezza e la lar¬ ghezza ( d'Id ) varia tra 0,53-0,72. Fig. 6. - Triploporella steinmannii n. sp. Visualizzazione della sezione verticale (parte superiore della figura), verticillare (parte mediana della figura) e trasversali (parte inferiore della figura) del ramo primario. p'v = ampiezza verticale del ramo; p'w = ampiezza verticillare del ramo. In ogni contenitore (fide Steinmann, 1899a, Ip. 141) sono presenti da 4 a 7 - forse 8 - cisti subsferiche od ovoidi con la porzione meno dilatata rivolta verso l’interno del contenitore e tutte disposte su di uno stesso piano (fig. 2 0; il diametro delle cisti, misurato nel senso della larghezza del contenitore, è di circa 0,05 mm. I contenitori di cisti sono stati osservati sempre all’interno dei rami primari; essi si dispongono prevalentemente con il piano equatoriale pa¬ rallelamente alla sezione verticale o a quella trasversale del ramo; sono stati osservati, però, diversi casi in cui i contenitori di cisti sono disposti 104 Filippo Barattolo con il piano equatoriale parallelamente al piano verticillare del ramo pri¬ mario. Ricostruzione del tallo. Alla massima parte dei caratteri del tallo si è già accennato nei paragrafi precedenti. Nella ricostruzione fornita si è sup¬ posto che i rami secondari terminassero poco oltre la porzione calcificata determinando un cortex a maglie esagonali. I manicotti calcarei non sembrano presentare, nella loro porzione infe¬ riore, verticilli sterili e di dimensioni minori di quelli soprastanti; conse¬ guentemente non è escluso che il tallo, in vivo , potesse spingersi con un certo numero di tali verticilli al di sotto del manicotto calcareo. La calcifi¬ cazione, quindi, probabilmente, si instaurava soltanto nella porzione supe¬ riore fertile del tallo (figg. 7-8). Ecologia. Il tipo di roccia, la scarsezza della micrite associata ad una relativa abbondanza del cemento spatico, il tipo di granuli costituito es¬ senzialmente da bioclasti, lasciano ipotizzare che la specie in esame sia vissuta in zona di piattaforma carbonatica caratterizzata da energia ambien¬ tale relativamente elevata; le tracce di alghe endolitiche che si rinvengono frequentemente attorno ai gusci dei molluschi confermerebbero questa ipotesi di un ambiente relativamente agitato (vedi Roger & Fatton, 1968, pp. 16-17). L’interpretazione concorda con l’ipotesi di Mullerried (1947, pp. 415-416) secondo cui le Rudiste del Cerro de Escamela non sono da riferire ad un ambiente recifale in senso stretto per la mancanza di Coralli hermatipici e per la perfetta stratificazione della roccia che li contiene. A questa interpretazione non si oppongono le Neomeris presenti che nella natura attuale prediligono le formazioni coralline dove popolano mi¬ croambienti protetti delle piane recifali (Valet, 1979, p. 865) ma non man¬ cano nemmeno specie che vivono su rocce moderatamente esposte {Neo¬ meris mucosa) e in pozze di marea ( Neomeris coke ri ) (Taylor, 1972, pp. 100-101). II tipo di associazione ed in particolare l’abbondanza delle Dasicladali calcificate consentono inoltre di precisare ulteriormente che la specie in esame sia vissuta in un ambiente di mare poco profondo (non superiore a 40-50 m) ed un clima tropicale o subtropicale. In conclusione sembra che Triploporella steinmannii sia vissuta in un clima tropicale o subtropicale ed in condizioni di bassa profondità nelle porzioni esterne delle piattaforme carbonatiche. Rapporti e differenze. Triploporella steinmannii differisce da Triplopo¬ rella fraasi con cui era stata confusa da Steinmann, principalmente per la Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. 105 presenza di organi riproduttori calcificati; inoltre ne differisce anche per un numero di pori per verticillo notevolmente minore ed inoltre per le dimen¬ sioni generalmente maggiori sia del diametro esterno del manicotto (D) sia dell’ampiezza verticale e verticillare (p'v e pw) dei pori primari. c Fi Fig. 7. - Triploporella steinmannii n. sp. Ricostruzione del tallo in veduta trasver¬ sale. - A. Porzione di un verticillo che mostra il sifone centrale, i rami pri¬ mari ed i rami secondari privati della calcificazione. C. Porzione di un verticillo che mostra il sifone centrale, i rami primari, i rami secondari e la calcificazione; sono stati disegnati anche i contenitori di cisti. D. Por¬ zione di un verticillo che mostra, in sezione, la calcificazione (Ingrandi¬ mento: circa 20 x). Fx e F2: rispettivamente sezione equatoriale ed assiale di un contenitore di cisti. Le pareti del contenitore e delle cisti non si rin¬ vengono fossili. (Ingrandimento: circa 80 x). 106 Filippo Barattolo A B C D Fig. 8. - Triploporella steinmannii n. sp. Ri¬ costruzione del tallo in veduta longitudina¬ le. - A. Veduta pro¬ spettica dei rami pri¬ mari, dei rami secon¬ dari e del sifone cen¬ trale privati della cal¬ cificazione; frontal¬ mente sono disegnati soltanto i punti di in¬ serzione dei rami. Su¬ periormente è stato ri¬ costruito l’apice del tallo. Sul lato destro della figura sono stati disegnati solo i rami che giacciono sul pia¬ no del disegno. Sul lato sinistro, invece, anche quelli che, es¬ sendo l’alga con ver¬ ticilli in alternanza, giacciono immediata¬ mente oltre lo stesso piano. B. Veduta pro¬ spettica del cortex dei rami secondari dise¬ gnati a maglie esago¬ nali; a sinistra è stato omesso per mostrare i punti di inserzione dei rami secondari sui ra¬ mi primari. C. Sifone centrale, rami secon¬ dari, rami primari e calcificazione in sezio¬ ne assiale. In questa porzione della figura i rami primari sono sta¬ ti disegnati in conti¬ nuità contrariamente alla situazione reale in cui sono in alternanza. D. Manicotto calcareo in sezione assiale; sono stati omessi i rami primari, i rami secondari ed il sifone centrale allo scopo di evidenziare la calcifi¬ cazione. (Ingrandi¬ mento: circa 20 x). Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp ecc. 107 Altre triploporelle affini alla specie in esame sono quelle che presen¬ tano, come essa, contenitori di cisti calcificati ( Triploporella minor, Triplo¬ porella apenninica, Triploporella duplicata, Triploporella matesina, Triplopo¬ rella decastroi e Triploporella praturlonii). Triploporella steinmannii diffe¬ risce dalle altre Triploporelle citate (eccetto Triploporella apenninica ) perché l’ampiezza della sezione verticale dei rami primari è pressoché costante o lievemente crescente verso l’esterno mentre nelle altre specie i rami primari presentano due porzioni, una più interna sottile e ad am¬ piezza costante, un’altra più esterna, rigonfia. La specie messicana diffe¬ risce da Triploporella duplicata e Triploporella decastroi soprattutto per le dimensioni notevolmente minori del manicotto mentre differisce da Triplo¬ porella apenninica e Triploporella minor principalmente per le dimensioni notevolmente maggiori del manicotto calcareo. Distribuzione crono stratigrafica e geografica. La specie è nota, finora, soltanto nell’Albiano medio della località-tipo dove fu descritta per la prima volta {sub Triploporella fraasi da Steinmann in Bòhm 1898 e Stein- mann 1899 a, b). Le altre segnalazioni {sub Triploporella fraasi) riportate in seguito non riflettono ricerche originali ma si riferiscono ai dati già noti: Bòhm (1898 p. 326), Bòhm (1899 p. 154), Bòse (1899 p. 10), Steinmann (1900 p. 323-324), Oltmanns (1922, fig. 243 n. 2), Burckhardt (1930 p. 199), Fritsch (1935 pp. 399-400 fig. 129 a sub T. Tetraploporella remesi ), Moret (1943, fig. 16 n. 1), Mùllerried (1947, pp. 366-367, 369, 374), Baussolet& al. (1978 tav. 36 fìg. 1), Barattolo (1980 p. 106), Barattolo (1981 p. 42). Ringrazio vivamente l’Ing. Carmen Pedrazzini dell’Instituto Mexicano del Petroleo, Subdireccion de Tecnologia de Esploracion di Città del Mes¬ sico per l’aiuto fornitomi nella ricerca della letteratura geologica più recente sulla zona di Orizaba. Un ringraziamento cordiale rivolgo anche ai proff. Lucia Simone e Gabriele Carannante dell’Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Università di Napoli per le indicazioni sui caratteri petrogra- fici del campione a Triploporella steinmannii ; esprimo anche la mia ricono¬ scenza al prof. Lamberto Laureti dell’Istituto di Geografia (Facoltà di Let¬ tere) dell’Università di Napoli e all’Istituto Geografico Militare di Firenze per le indicazioni e l’aiuto fornitomi nella ricerca delle carte topografiche della zona di Orizaba nel Messico. 108 Filippo Barattolo BIBLIOGRAFIA Barattolo F., 1980 - Su alcune nuove Triploporelle (alghe verdi , Dasicladacee) del Cretacico inferiore dell’ Appennino Campano. Boll. Soc. Natur. Napoli; 89, pp. 91- 167, 10 figg., .11 tavv., 2 tabb. Barattolo F., 1981 - Osservazioni su Triploporella fraasi Steinmann 1880 (alghe verdi, Dasicladali). Atti Acc. Pontaniana; 30, 41 pp., 16 figg., 16 tavv., 3 tabb. (Napoli). 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Fig. 2. - La sezione mostra, nella parte inferiore, diversi contenitori di cisti alPin¬ terno dei rami primari. Fig. 1. - preparato n. 1 Fig. 2. - preparato n. 9 Per tutte le figure Età. Albiano medio. Località. Versante meridionale del Cerro de Escamela presso Orizaba (Messico). Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Barattolo F. - Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. Tav. I | TAVOLA II Triploporella steinmannii n. sp. Isotipi in sezione obliqua Fig. 1. - Esemplare eroso nella parte inferiore. I primi tre verticilli al di sopra della cavità interna del manicotto presentano pori disposti in alternanza; il secondo e terzo verticillo presentano, invece, pori disposti prevalentemente in continuità. I pori primari presentano, in prossimità della cavità interna, sezioni ellittiche piuttosto compresse lateralmente mentre distalmente presentano sezioni subcir¬ colari. La superficie esterna del manicotto, infine, piuttosto erosa, non mostra tracce evidenti di pori secondari. Fig. 2. - Sezione obliqua che decorre in prossimità della porzione superiore del tallo. Notare il contorno irregolare della superfìcie interna del manicotto. Fig. 1. - preparato n. 1 Fig. 2. - preparato n. 8 Per tutte le figure Età. Albiano medio. Località. Versante meridionale del Cerro de Escamela presso Orizaba (Messico). Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Barattolo F. - Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. Tav. II TAVOLA III Fig. 1. - Triploporella steinmannii n. sp. Olotipo. Sezione obliqua (vedi tav. V fig. 1). (Ingrandimento: circa 20 x). Fig. 2. - Neomeris cretacea Steinmann. Sezione longitudinale. Sono ben visibili i pori secondari ed in qualche punto (vedi frecce) anche le ampulle. (Ingrandi¬ mento: circa 30 x). Fig. 3. - Contenitore di cisti in sezione equatoriale rinvenuto sparso nel sedimento ed appartenente forse a Triploporella steinmannii. (Ingrandimento: circa 80 x). Fig. 1. - preparato n. 9 Fig. 3. - preparato n. 7 Fig. 2. - preparato n. 8 Per tutte le figure Età. Albiano medio. Località. Versante meridionale del Cerro de Escamela presso Orizaba (Messico). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Barattolo F. - Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. Tav. Ili TAVOLA IV Triploporella steinmannii n. sp. Isotipo in sezione tangenziale La figura mostra verticilli inclinati leggermente verso il basso nella parte inferiore e tronca del manicotto e verticilli sempre più inclinati verso l’alto nella parte supe¬ riore del manicotto; quest’ultima, più rastremata di quella inferiore, è, probabil¬ mente, prossima alla zona apicale del tallo. Nella parte centro-superiore la sezione decorre in prossimità della cavità interna del manicotto; in questa zona i pori pri¬ mari a causa dell’elevata costipazione nell’ambito di un verticillo, spesso non calcifi¬ cano per cui simulano una confluenza laterale. Preparato : n. 3. Età. Albiano medio. Località. Versante meridionale del Cerro de Escamela presso Orizaba (Messico). Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Barattolo F. - Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. Tav. IV TAVOLA V Triploporella steinmannii n. sp. Isotipi Fig. 1. - Particolare di tav. Ili fig. 1 che mette in evidenza i pori primari, in sezione prevalentemente verticale, contenente alcuni contenitori di cisti in sezione equatoriale (lateralmente a destra) ed assiale (lateralmente a sinistra, porzione mediana ed inferiore) della figura. Gli organi riproduttori, però, non mostrano tracce evidenti di cisti nel loro interno. (Ingrandimento: circa 29 x). Fig. 2. - Particolare di tav. II fig. 1 che mostra (vedi frecce) due contenitori di cisti in sezione assiale; all’interno di essi sono riconoscibili le cavità di colore scuro, occupate dalle cisti. (Ingrandimento: circa 47,5 x). Fig. 3. - Particolare di tav. I fig. 2 che mostra numerosi organi riproduttori disposti con il piano equatoriale parallelamente alla sezione verticale del ramo primario (lateralmente a sinistra) o alla sezione trasversale del ramo primario (lateral¬ mente a destra). (Ingrandimento: circa 29 x). Fig. 1. - preparato n. 9 Fig. 3. - preparato n. 9 Fig. 2. - preparato n. 1 Per tutte le figure Età. Albiano medio. Località. Versante meridionale del Cerro de Escamela presso Orizaba (Messico). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Barattolo F. - Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. Tav. V TAVOLA VI Microfacies a Triploporel/a steinmannìi n. sp. In associazione Caprinuloidea (?) lenki (Bòhm), Neomeris cretacea Steinmann e numerosi Orbitolinidi. Preparato : n. 9. Età. Albiano medio. Località. Versante meridionale del Cerro de Escamela presso Orizaba (Messico). Ingrandimento. Circa 10 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Barattolo F. - Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. Tav. VI TAVOLA VII Microfacies a Triploporella steinmannii n. sp. In associazione Caprinuloidea (?) lenki (Bòhm), Neomeris cretacea Steinmann e numerosi Orbitolinidi. Preparato : n. 8. Età. Albiano medio. Località. Versante meridionale del Cerro de Escamela presso Orizaba (Messico). Ingrandimento. Circa 10 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1982 Barattolo F. - Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp., ecc. Tav. VII Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 91, 1982, pp. 125-144, figg. 10 Anomalie Gravimetriche e Noise sismico a Pantelleria* Nota del socio Giovanna Berrino(**) e di Mario Castellano (***), Carlo Del Gaudio (***), Vincenzo D’Errico (***), Antonio Franchino (***), Marino Grimaldi (***) e Ciro Ricco (***) (Tornata del 28 maggio 1982) Riassunto. — Vengono presentati e discussi i risultati di un rilevamento gravi- metrico e sismico, effettuato nell’isola di Pantelleria, nel quadro degli interventi pro¬ mossi dal Progetto Finalizzato Geodinamica (Sottoprogetto «Sorveglianza vulcani attivi e rischio vulcanico ») del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nelle aree vulca¬ niche attive dell’Italia meridionale. Il rilevamento gravimetrico, condotto su una rete di 124 stazioni, ha portato ad individuare una struttura con densità di circa 3.0 g/crn3, dislocata in più punti, il cui tetto ha una profondità variabile da 3000 m circa a NW per risalire poi rapidamente a profondità meno elevate nella rimanente parte dell’isola; le dislocazioni indivi¬ duate risultano in corrispondenza di faglie la cui presenza è stata rilevata in superfi¬ cie. Inoltre, la presenza di tre forti massimi, ubicati sul bordo della caldera, testimo¬ nia l’esistenza di masse ad elevata densità ed a piccola profondità. L’indagine sismica è stata effettuata utilizzando una stazione temporanea fissa, posizionata quasi al centro dell’isola, ed una stazione mobile che ha operato in 19 punti ubicati, per la maggior parte, nelle zone nord-occidentale e settentrionale, dove si è manifestata la più recente attività vulcanica; per tutta la durata delle osser¬ vazioni non è stato registrato alcun evento locale. L’analisi dei dati ha permesso di individuare un’area ad attività anomala, nella parte settentrionale dell’isola, dove vengono registrati valori più alti della velocità del moto del suolo (v. > lp/sec); per la genesi di tali valori viene avanzata l’ipotesi della presenza di fluidi geotermali risalenti attraverso il locale sistema di faglie. (*) Lavoro svolto con il contributo del Progetto Finalizzato Geodinamica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Sottoprogetto «Sorveglianza vulcani attivi e rischio vulcanico»). (**) Istituto di Geologia e Geofisica, Università di Napoli. (***) Osservatorio Vesuviano, Ercolano (Napoli). 126 Benino et al. Summary The results obtained by gravity and seismic surveys, carried out in thè island of Pantelleria (Sicily Channel, Italy), are reported. This research was promoted by thè Italian Geodynamic Project (Subproject « Surveillance of active volcanoes and volca- nic risk») of thè National Research Council, in thè framework of thè surveillance of active volcanoes of southern Italy. The gravity network is composed by 124 stations and was surveyed using a Worden Master gravity meter. The Bouguer map in thè area has been obtained by thè present measurements in addition to those already existing (Gantar et al., 1961), on land and at sea, and utilizing a density of 2.5 g/cm3. The interpretation of thè gravity anomalies has been performed, by inverting thè values along three profiles (Fig. 3), in terms of two-dimensional models of arbitrary shape, using a least square iterative algorithm. The results suggest thè presence of a body, having a density of about 3.0 g/cnr’, whose top is at different and rapidly changing depths: it is, in fact, about 3000 m deep in thè NW side of thè island and at shallow depth in thè remain- ing part; thè dislocations are in good agreement with thè observed surface faults. Three maxima, on thè caldera rim, show thè presence of high density and shallow bodies. The seismic survey was carried out using a vertical component mobile station. The records were obtained in 19 sites; moreover, a reference station, composed by a three components seismograph and located in thè centrai part of thè island, worked for a week in order also to detect locai earthquakes. The most part of thè stations are located in thè NW and N parts of thè island where thè recent volcanic activity happened. No locai earthquake was recorded during thè survey. Data analysis shows an anomalous, higher then normal, value of thè ground velocity (v. > lp/ sec), in thè northern part of thè island, probably due to thè presence of geothermal fluids rising through thè locai fault System. Premessa L’isola di Pantelleria (Fig. 1) è situata nel Canale di Sicilia, una delle aree vulcaniche attive deH’Italia meridionale, i cui eventi più recenti sono stati l’eruzione del Banco di Graham nel 1831 e quella sottomarina del vul¬ cano Foerstner nel 1891; quest’ultima, avvenuta a pochi chilometri a NW dell’isola, ha prodotto un innalzamento della costa settentrionale con mas¬ simo di 1 m in corrispondenza di Punta Spadillo (Butler, 1891; Perry 1891; Baratta 1892; Ricco 1892). Nel programma di sorveglianza delle aree di vulcanismo attivo dell’Ita¬ lia meridionale, promosso dal Progetto Finalizzato Geodinamica del Consi¬ glio Nazionale delle Ricerche (Sottoprogetto «Sorveglianza vulcani attivi e rischio vulcanico»), nel 1980, allo scopo di avere informazioni sulla dina¬ mica dell’area, è stata istituita nell’isola una rete altimetrica di precisione per rilevare, con la ripetizione delle misure nel tempo, eventuali movi- Anomalie gravimetriche e noise sismico a Pantelleria 127 12° Fig. 1 - Morfologia submarina della regione di Pantelleria (da Gantar et al., 1961). menti verticali, e contemporaneamente è stata effettuata una indagine di si¬ smica preliminare utilizzando sia una stazione temporanea fissa che stazioni mobili. Nello stesso periodo, per una interpretazione corretta degli eventuali movimenti in atto, è stato effettuato un rilevamento gravimetrico, a comple¬ mento di quello a carattere regionale già esistente (Gantar et al., 1961), per disporre di un quadro geologico-strutturale quanto più completo possibile. Quadro geologico-strutturale dell’isola di Pantelleria L’isola di Pantelleria rappresenta la parte emersa di un grosso rilievo sottomarino localizzato nel Canale di Sicilia, lungo la zona assiale di una fossa tettonica che prende appunto il nome di Fossa di Pantelleria. Quest’ultima si estende in direzione NW-SE per 135 km, 45 dei quali sono occupati dal rilievo sottomarino, la cui parte emersa misura 13.7 km. 128 Benino et al. Nello zoccolo di Pantelleria si riconoscono due zone (Fig. 1): una, compresa tra le isobate 1200 e 600 m, a debole pendenza; l’altra, compresa tra le isobate 600 e 100 m, più ripida. Secondo alcuni Autori (Gantar et al., 1961) la parte superiore dello zoccolo è formata dalle vulcaniti più antiche giacenti su un basamento metamorfico e cristallino, che forma i pendìi inferiori di Pantelleria, immergente sotto i sedimenti recenti della piana abissale; inoltre, i dati magnetici (Agocs, 1959) indicano che il sedi¬ mentario è rappresentato solo da qualche residuo o è addirittura assente al di sotto delle formazioni vulcaniche. Le vulcaniti presenti nell’isola sono rappresentate prevalentemente da lave e piroclastiti di composizione iperalcalina, tra cui abbondano i prodotti di tipo ignimbritico. Vulcaniti basiche di composizione transizionale sono presenti nella zona nord-occidentale dell’isola e sono costituite da colate di piccolo spessore e da conetti di scorie allineati lungo fessure parallele orientate in direzione NW-SE. La parte centrale dell’isola è occupata da una caldera il cui asse mag¬ giore è lungo circa 7 km; l’ultima eruzione pre-calderica è quella che ha formato il duomo di Montagna Grande (Villari, 1970). L’assetto strutturale (Fig. 2) è caratterizzato da una tettonica di impo¬ stazione regionale e da una propria del sistema vulcanico (Villari, 1974). Alla tettonica d’impostazione regionale si può riferire il sistema di frat¬ ture orientate NW-SE, parallele all’allungamento della Fossa di Pantelleria, lungo le quali si è sviluppata l’attività eruttiva basica e sul cui prolunga¬ mento si è verificata l’eruzione sottomarina del 1891, pochi chilometri a NW dell’isola. Fa parte della tettonica propria del sistema vulcanico, invece, la grande depressione calderica, all’interno della quale si osserva un sistema di fratture con andamento più o meno concentrico ed in relazione diretta con il collasso calderico. A tale sistema di fratture appartengono le faglie a gradinata che hanno interessato la cupola centrale di Montagna Grande smembrandola in vari blocchi dislocati a quote diverse. Rilevamento gravimetrico (G. Berrino, M. Grimaldi) Misure di campagna La rete gravimetrica (Fig. 3) consta di 124 caposaldi, 56 dei quali coin¬ cidenti con quelli della rete altimetrica, le cui quote sono state determinate Anomalìe gravimetriche e mise sismico a Pantelleria 129 mediante livellazione geometrica di precisione con un errore medio chilo- metrico non superiore a + 1 mm/fen. Le quote dei rimanenti caposaldi sono state determinate mediante livellazione barometrica utilizzando una coppia di altimetri Paulin System mod. MDM5 (sensibilità 0,5 m/div), effettuando frequenti e rapidi collegamenti ai caposaldi della rete altime¬ trica e correggendo i valori letti dell’effetto delle variazioni temporali della pressione atmosferica, registrata mediante un microbarografo Lambicchi tenuto in funzione nell’isola per tutta la durata del rilevamento; con tale procedimento Terrore nella determinazione delle quote, per tali caposaldi, è risultato non superiore a 1 -f 2 m. Le misure di gravità sono state effet¬ tuate mediante il gravimetro Worden mod. Master, n. 783 (costante di scala 0.09467 mgal/div) e sono state collegate ai caposaldì n. 1 (molo principale) e 3 (Chiesa di Scauri) del rilievo effettuato nel 1959 dall’Osservatorio Geo¬ fisico Sperimentale di Trieste (Gantar et al, 1961); tali caposaldi hanno 130 B errino et al costituito, insieme a quello istituito presso l’abitato di Khamma (cs. 34), la rete base del rilevamento. Dai valori misurati della gravità sono state calcolate le anomalie di Bouguer, computate per una densità di 2.5 g/cm3, adottando per il calcolo della gravità normale la Formula Internazionale del 1930 (Telford et al., 1978). La scelta di tale valore di densità è scaturita dall’opportunità di uni¬ formare i dati dell’attuale rilievo con quelli del precedente effettuato dall’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste a terra e a mare (Ciani, 1960; Cantar et al, 1961). Anomalìe gravimetriche e mise sismico a Pantelleria 131 Mappa delie anomalìe di Bouguer La mappa di Bouguer così ottenuta (Fig. 3), tracciata con equidistanza di 2,5 mgal, presenta un valore medio dell’anomalia che ben si inserisce nell’andamento regionale (Medi, Morelli, 1952; De Bruyn, 1955); quest’ultimo (Fig. 4) evidenzia che la regione del Canale di Sicilia è com¬ presa fra due grandi anomalie: quella della soglia Tirrenica a Nord, indivi¬ duata dalla isoanomala dei 50 mgal, e quella localizzata nella piana abis¬ sale Ionica ad est, con un forte massimo di oltre 168 mgal a NE di Sira¬ cusa. La depressione centrale del Canale di Sicilia è delimitata dalla isoano¬ mala dei 75 mgal e farea di massimo si estende al grappo delle Fosse di Pantelleria e Linosa; tenendo conto delle correzioni isostatiche, tale mas¬ simo si riduce in corrispondenza della fossa,. dove i caratteri fisiografici del fondale si avvicinano a quelli oceanici, per una probabile risalita degli strati profondi della crosta per effetto isostatico (Harrisom et al, 1954), mentre permane nell’area ricoperta dall’isola, dove un profilo sismico a rifrazione rivela una crosta a carattere continentale dello spessore di circa 20 km (Colombi et al, 1973). Nell’area dì Pantelleria, tutta caratterizzata da un’anomalia positiva, si evidenziano due zone ben distinte: la prima, che copre la zona nord-occi¬ dentale, è rappresentata da un minimo decrescente gradatamente verso il mare; la seconda è rappresentata da una zona di massimo chiusa dalla isoa¬ nomala degli 80 mgal che segue verso NW il supposto limite pre caldera dell’isola (Villa Ri, 1974), mentre risoanomala degli 82.5 mgal segue verso Sud Torlo della caldera (Fig. 3). Il limite tra le due zone cade in corrispon¬ denza di una faglia ubicata sull’orlo NW della caldera (Fig. 2). Mentre la prima zona appare abbastanza regolare, la seconda è acci¬ dentata per la presenza di massimi e di minimi localizzati. In particolar modo è da notare l’esteso minimo che cade in corrispondenza del bordo di Montagna Grande e tre massimi, il primo dei quali (circa 90 mgal) cade sul bordo Nord-Est della caldera in corrispondenza di Cuddia Maccotta dove sono presenti le lave del Khaggiar. Gli altri due massimi, di circa 100 mgal, il primo ubicato in Piano del Barone, dove sono presenti pomici sciolte, ed il secondo situato in Contrada Kania, in corrispondenza di formazioni ignimbritiche, sono allungati lungo una linea preferenziale ad andamento NE-SW che non coincide con alcuna delle direttrici riferibili alla tettonica; inoltre il primo massimo cade lungo il bordo SE della caldera. Si rileva ancora la presenza di un mìnimo di piccola entità nella parte sud-orientale dell’isola. 132 Benino et ai Interpretazione e discussione Per un’interpretazione quantitativa delle anomalie gravimetriche sono stati scelti tre profili, la cui ubicazione è riportata in Fig. 3. Il primo (A- A’) si sviluppa lungo la direttrice NW-SE e attraversa l’isola in tutta la sua lun¬ ghezza; gli altri due, che si sviluppano in direzione NE-SW, attraversano il minimo di Montagna Grande ed il massimo di Cuddia Maccotta (profilo B- B’) ed i due massimi di Piano del Barone e di Contrada Kania (profilo C- C). L’anomalia gravimetrica lungo tali profili è stata interpretata in termini di modelli bidimensionali di forma arbitraria, utilizzando un algoritmo ite¬ rativo per la definizione dei parametri del modello (Talwany et ah, 1959; Marquardt, 1963; Corbato, 1965; Rapolla, 1980). Quale contrasto di densità esistente tra il corpo producente l’anomalia ed il mezzo circostante, è stato adottato il valore di 0.5 g/cm3 . Tale valore scaturisce dalla presenza, nell’isola, di lave basiche, e dalla considerazione che la parte sommersa di Pantelleria è costituita da vulcaniti più antiche; Anomalie gravimetriche e mise sismico a Pantelleria 133 tale valore del contrasto di densità, peraltro già adottato nello studio gravi- metrico a carattere regionale (Gantar et al., 1961), è quello che fornisce risultati geologicamente più significativi ed in accordo con le osservazioni di superficie. Un profilo sismico a rifrazione, lungo la direttrice Gargano- Salerno-Palermo-Pantelleria (Colombi et ah, 1973), avendo carattere regio¬ nale, non ha fornito indicazioni sulle velocità sismiche relative alla parte più alta della crosta, e pertanto non è stato utilizzabile ai fini della deter¬ minazione della densità da adottare. Nella Fig. 5 sono riportati i modelli interpretativi lungo i profili considerati; i valori calcolati dell’anomalia concordano bene con quelli osservati presentando uno scarto quadratico medio dell’ordine dell’1%. In base a tale interpretazione l’anomalia risulta prodotta da una massa avente il tetto a profondità che varia, in alcuni punti, anche brusca¬ mente. Infatti, tale struttura risulta avere il tetto alla profondità di circa 3000 m nella parte nord-occidentale dell’isola, risalente rapidamente a circa 2000 m nella parte centrale e a circa 1000 m nella parte sud-orien¬ tale. Prendendo in considerazione il profilo NW-SE, e confrontandolo con la sezione geologica di Fig. 6, si rileva che le brusche variazioni di profondità cadono in corrispondenza di faglie riscontrate in superficie; ciò è particolarmente evidente nella zona nord-occidentale dell’isola dove il tetto della massa è ribassato di circa 1500 m rispetto alla rimanente parte, e questa rapida variazione di profondità avviene in corrispondenza di una faglia ubicata alle falde di M. Gelfiser e attraversante l’orlo della caldera (Figg. 2 e 6). I tre massimi presenti nella mappa di Bouguer, in corrispondenza dei quali il tetto della massa è molto superficiale (praticamente al livello mare) non trovano riscontro nella presenza, in superficie, di vulcaniti o lave ad elevata densità; a tali massimi, perciò, non si può dare una precisa inter¬ pretazione perché essi potrebbero essere dovuti ad intrusioni locali o potrebbero essere connessi al bordo della caldera in quanto, come detto precedentemente, essi cadono in corrispondenza di tale limite, quale deli¬ neato dalla geologia di superficie; essi, comunque, testimoniamo l’esi¬ stenza di masse ad elevata densità e a piccola profondità. La prima ipo¬ tesi potrebbe essere avvalorata dalla presenza di più dicchi osservabili nella zona compresa tra Punta dell’Arco e Punta del Curiglielo (Villari, 1974). 134 B errino et al. mgal 100. 90 80 70é> o ® ® ® ® ® NW ■ osservati • perequati o calcolati ♦ vertici modello Profilo AA' 0= ± 0.4 mgal ■ m m m • • sf9 q 9 ® à 9 9.£ ® o { ■ ■ S SE 1. 2 10 15 km ^=0.5 ( Profilo B B' 0= ±1 mgal *■ ■ ■ d ® 9£f&mà fe.® 9 SW NE 1 5 '*\ Ì0 km / N' * * a^s0.5 mgal 100 90 80 Profilo C C' 9-9 sw 9 £ o£ • >ò o f j?* i° 4°/ \ 0= ± 3 mgal NE /*\ 5 7*\ è km / \ / \ 4@=0.5 4. km Fig. 5 - Modelli interpretativi delle anomalie di gravità. Anomalie gravimetriche e mise sismico a Pantelleria 135 Rg • 6 - Sezione geologica di Pantelleria (da Viìlari, 1974) Rilievo sismico (M, Castellano, C. Del Gaudio, V, D’Errico, A. Franchino, C. Ricco). Acquisizione dati e strumentazione Per un’analisi preliminare del livello di sismicità di Pantelleria è stata installata, all’incirca in posizione centrale nell’isola in località Sibà, una stazione fissa a tre componenti; è stata impiegata inoltre, per evidenziare eventuali sorgenti di noise legate ad attività vulcaniche e geotermali, una stazione mobile a sola componente verticale (Fig. 7). La stazione fìssa consisteva in una tema di geofonì Geotech S-13 a corto periodo (1 secondo), un registratore Geotech 17373 a sette canali, tre amplificatori Geotech M4221 utilizzabili in alto e basso guadagno, una radio Patek-Philippe T-80 sintonizzata sul segnale del tempo DCF ed un Portacorder Geotech RV-320 espletante funzioni di monitor; tale apparec- chiatura ha funzionato ininterrottamente dal 15-5 al 24-5-1980 durante il quale periodo non è stato registrato alcun evento locale. La stazione portatile comprendeva un geofono Mark L 4C a corto periodo, un modulatore Lermartz 1030/12 con frequenza di 1050 Hz ed un registratore magnetico UHER. È stato usato per la stazione portatile un guadagno di 30 db (segnale amplificato 32 volte); la stazione fissa invece funzionava in alto e basso guadagno, regolando gli amplificatori ad una attenuazione di 34 db ed una separazione di 30 db, in modo da ottenere un utile confronto della stessa traccia ad amplificazioni diverse. Sono state ricoperte in totale 19 stazioni per la misura del noise, usando per ogni registrazione un intervallo di cinque minuti, concentran¬ dole per la maggior parte nella zona nord-occidentale dell’isola dove più 136 Benino et al Fig. 7 - Ubicazione della stazione centrale e dei punti stazione del rilievo sismico. recentemente si sono avute manifestazioni delPattività vulcanica e sismica (eruzione del 1891). In aree vulcaniche e geotermali si registra una vibrazione continua del suolo (Goforth et al, 1972) con un ampio spettro di frequenze (0.1 - 100 Hz) e con le massime ampiezze nel range 1 - 10 Hz (Douze, 1967). La sor¬ gente del tremore o noise non è definita univocamente e sono stati pro¬ posti a riguardo diversi modelli (Steinberg e Steinberg, 1975; Aki et al., 1977; Riuscetti et al., 1977). Per quanto riguarda l’impiego delle misure di noise nello stesso studio dei campi geotermali, le informazioni finora ottenute hanno dato risultati contraddittori. In certe aree è stato riscontrato un elevato livello del noise in corri¬ spondenza delle basse frequenze (minori di 3 Hz), interpretato come mani- Anomalie gravimetriche e mise sismico a Pantelleria 137 festazione dell’azione di fluidi ad alta temperatura presenti nel sottosuolo; in altre zone, invece, tale azione viene mascherata dalla presenza di altre sorgenti di rumore, come vento e «cultural noise », per cui l’interpreta¬ zione dei dati ai fini di una localizzazione della riserva geotermale risulta molto complessa (Douze e Laster, 1979). Nonostante queste difficoltà le misure di noise sono state ampiamente impiegate, insieme ad altre tec¬ niche d’indagine, nello studio di aree in cui è possibile la presenza di fluidi geotermici (Douze e Sorrells, 1972). I dati ottenuti dalle registrazioni di campagna sono stati elaborati ese¬ guendo un filtraggio elettronico analogico degli intervalli rappresentativi delle 19 misure, nonché delle contemporanee registrazioni effettuate dalla stazione fissa che operava al centro di Pantelleria, trattando il noise come fenomeno stazionario e non considerando eventi transienti. II filtraggio è stato eseguito considerando sei intervalli di frequenza con larghezza di banda di 0.2, 0.5, 1.2, 2, 2.5, 5 Hz e frequenze centrali rispettivamente di 0.6, 0.95, 1.85, 3.5, 5.75, 9.5 Hz; all’uopo è stato usato un filtro elettronico KRON-HITE 3343 in passa banda con una velocità di attenuazione di 48 db/ottava. Risultati e discussione Per le misure di noise sono stati ottenuti, sia per le stazioni mobili che per la stazione fissa, spettri di frequenza, considerando i valori della velo¬ cità del moto del suolo in micron/secondo, nonché i relativi spettri di potenza (p2/sec2/Hz). Per la stazione fìssa l’intervallo di osservazione non copre l’intero periodo di registrazione effettuato con la stazione mobile per il cattivo funzionamento del registratore. Successivamente alla realizzazione degli spettri di potenza sono stati correlati nello stesso grafico i valori ottenuti per una singola misura di noise con quelli relativi alla contemporanea registrazione eseguita dalla stazione fissa (Fig. 8 a e 8b). Da tale comparazione si nota, per le misure di noise effettuate in punti situati all’incirca alla stessa distanza dal mare della stazione centrale (n. 5, 13 e probabilmente 18), un andamento degli spettri corrispondente a quelli ottenuti per la stazione fìssa. Per quanto riguarda gli spettri relativi agli altri punti stazione si nota una generale differenza dei valori dell’ampiezza del moto del suolo rispetto a quelli della stazione di riferimento. 138 Benino et al. IO2! 10°l 10\ 10' St.1 1 10 hz IO2 -j 10' 10“ 2J IO' _4 St. 3 \ / 1 10 hz 10‘ 10° -I 10 - 1 o 4-j St.4 10 10 r2 10‘ WsVhi 10 -2 10 10“4- \ / v/ 10 10“4 "ì IO hz St. 7 102J 10° -I i-2 \ / i / \ / IO' _4 10 . 1 10 hz St . 5 \ / \ / v/ 1 10 hz St, 8 10 10° J 10' ,-2 \ i 10' -4 1 10 hz 1 10 hz St. 9 v / V/ 1 io hz Fig. 8 a - Spettri di potenza del « noise » registrato nella stazione centrale (curva trat¬ teggiata) e nei punti stazione (curva intera). Anomalie gravimetriche e mise sismico a Pantelleria 139 ì 10 hz 1 io hz 1 10 hz~ 1 10 hz 1 10 hz Fig. 8 b - Spettri di potenza del «noise» registrato nella stazione centrale (curva trat¬ teggiata) e nei punti stazione (curva intera). L’andamento generale dei 22 spettri di potenza segue una parabola asimmetrica con la concavità rivolta verso Paltò e caratterizzata da due picchi rispettivamente alle basse ed alle alte frequenze (minori dì 1 Hz e maggiori di 10 Hz) e da un minimo oscillante tra 3 e 5 Hz. Soltanto quattro misure (stazioni n. 6, 14, 15, 10) danno spettri differenti, evidenziando un minimo alle alte frequenze. Inoltre le stazioni n. 1,2, 17, 16 (le prime tre poste in prossimità della costa) mostrano spettri con un secondo picco intorno ai 7-8 Hz. È stata effettuata quindi una rappresentazione grafica degli andamenti delle velo¬ cità relativi alle 19 stazioni per le sei bande di frequenza utilizzate durante il filtraggio (Fig. 9); gli stessi valori sono stati posti in grafico in funzione delle rispettive distanze azimutali da un asse N-S passante per il centro geometrico dell’isola (Fig. IOa). Sono stati correlati, a questo punto, tali dati con l’influenza del mare sui rispettivi punti stazione: a tale proposito è stata considerata per ognuno di essi la minima distanza dal mare, proiettandola poi azimutalmente in grafico (Fig. lOb). Dalla sovrapposizione di quest’ ultimo con quelli rappresentativi dei sei intervalli di frequenza (Fig. IOa-b) si evince una proporzionalità tra ampiezza dal noise ad un determinato punto stazione e la sua prossimità al mare per quasi tutte le stazioni. Per ognuno dei sei grafici considerati, però, alcune stazioni non seguono il trend generale e di queste, cinque (stazioni n, 7, 17, 8, 9, 10) 140 Benino et al Anomalìe gravimetriche e mise sismico a Pantelleria 141 Fig 10 a - Variazione della velocità del moto del suolo, per diversi intervalli di fre¬ quenza e per ogni stazione, in funzione della distanza azimutale. Fio. lOb - Minima distanza dal mare dei punti di stazione in funzione della rispet¬ tiva distanza azimutale. 142 B errino et al presentano per tutti gli intervalli di frequenza ampiezze del noise in forte disaccordo con la loro distanza dalla costa. Si nota quindi, per quanto riguarda il livello del noise, una vasta area il cui comportamento si discosta da un andamento generale fortemente condizionato dall’azione del mare. Inoltre i valori della velocità del moto del suolo più elevati per tutti gli intervalli di frequenze (valori maggiori di 1 p/sec.) sono relativi alle stazioni concentrate nella zona settentrionale dell’isola (stazioni n. 8, 9, 10, 11, 12), in vicinanza di alcuna faglie ad anda¬ mento radiale rispetto al centro della caldera, del bordo della caldera stessa, e di centri eruttivi. Questi valori particolari potrebbero essere determinati da migliori caratteristiche del mezzo e quindi da una migliore trasmissione delle onde sismiche, ma misure effettuate in altri settori dell’isola, simili come costi¬ tuzione geologica, non hanno dato gli stessi risultati. L’area interessata da quest’andamento è stata sede della più recente attività effusiva del complesso vulcanico, a testimonianza della quale sono rimaste oggi fumarole e sorgenti d’acqua calda, in particolare nella zona del Bagno d’Acqua (Rittmann, 1967). L’esistenza di tali manifestazioni vulcaniche e geotermali indica che in profondità dovrebbero essere pre¬ senti masse ad elevata temperatura che influenzerebbero la tavola d’acqua sovrastante. Sulla base di queste informazioni una possibile interpretazione è che le anomalie del noise osservate in quest’area siano determinate da sorgenti legate a fluidi ad alta temperatura sub-superficiali. I valori più elevati della velocità del moto del suolo possono essere messi in relazione alla struttura tettonica dell’area investigata: infatti la presenza di faglie che interessano più o meno profondamente l’apparato può favorire la risalita dei fluidi geotermici con conseguente aumento del livello del noise. Conclusioni Il rilevamento gravimetrico effettuato, a completamento di quello a carattere regionale già esistente, ha permesso di definire con maggior det¬ taglio il quadro delle anomalie di Bouguer e di meglio delineare le strut¬ ture che producono le anomalie. In particolare, l’estesa anomalia positiva interessante l’isola risulta attribuibile ad una massa dislocata in corrispon¬ denza di particolari lineazioni tettoniche riscontrabili in superficie; ciò dimostra una buona concordanza tra i risultati forniti dai dati geofìsici e Anomalie gravimetriche e mise sismico a Pantelleria 143 quelli geologici. Inoltre tre forti massimi, ubicati sul bordo della caldera, testimoniano resistenza di masse molto superficiali e ad elevata densità. I dati del rilievo sismico hanno rivelato 1’esistenza di un’area anomala ubicata nella parte settentrionale dell’isola, ai bordi della caldera e in corri¬ spondenza di faglie e centri eruttivi secondari. In tale zona vengono regi¬ strati valori più alti della velocità del moto del suolo (v > Ip/sec) e ciò viene interpretato come dovuto alla presenza di fluidi geotermali che risal¬ gono attraverso il locale sistema di faglie. BIBLIOGRAFIA Agocs, W B. (1959) Profondità e struttura dell’orizzonte igneo fra Catania e Tunisi dedotte da un profilo aeromagnetico. Boll. Serv. Geol. IL, 80 (1958), n. 1, pp. 51-61. Aki, K., Fehler, M., Das, S. (1977). Source mechanism of volcanic tremor: fluid dri- ven crack model and their application to thè 1963 Kilauea eruption. I. Volc. Geoth. Res. 2, pp. 259-287. Baratta, M. (1892) Sulle bombe esplodenti dell’eruzione sottomarina di Pantelleria. R. Uff. Centi. Meteor. e Geodinam., s.2, 11, p.te 3 a, Roma. Builer, G.A. (1891) The october eruption NW of Pantelleria. Nature, 45, pp. 154, 251, 584, London. Ciani, A., Gantar, C., Morelli, C. (1960). Rilievo gravimetrico sullo zoccolo epiconti- nentale dei mari italiani. Boll. Geof. 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È stata inoltre analizzata l’influenza delle precipitazioni sulla distribuzione di alcuni componenti della pedofauna, mettendo in luce anche gli effetti negativi cau¬ sati dall’acidità dell’acqua meteorica. Summary. — In this work, thè pluviometrie data inside and outside thè town of Naples are examined. A considerable increment of thè precipitations in thè city area is shown, caused by increase of urbanization and industrialization. The influence of precipitation on vertical distribution of soil animals is also ana- lized and some negative effeets produci by «acid rain» are shown. 1. Introduzione Lo strato limite atmosferico, o strato di mescolamento, è quella regione della bassa troposfera che risente degli effetti diretti del suolo. In tale strato il mescolamento è tanto efficace da determinare, in tutto lo (*) Istituto e Museo di Zoologia - Laboratorio di Ecologia Animale - Università di Napoli. 146 Nadia Arcamone strato, una omogeneità nella composizione dei gas e delle particelle pre¬ senti nell’aria. La conoscenza dell’altezza dello strato di mescolamento è indispensabile per la soluzione delle equazioni della diffusione. Il mescolamento dell’aria viene causato, sia dai moti convettivi indotti dal riscaldamento del suolo, sia dal «drag» meccanico dovuto all’attrito esercitato dalla rugosità del suolo che si oppone al flusso del vento. La determinazione dell’altezza dello strato di mescolamento si esegue mediante sondaggi in quota, oppure utilizzando apparecchiature più sofisti¬ cate del tipo «Lidar» o «Sodar». Tali rilievi sono comunque di gestione onerosa, per cui, solitamente si ricorre a formule teoriche che consentono il calcolo di tale quota a partire dalle categorie di stabilità dell’atmosfera (Pasquil, 1974). L’accentuata rugosità del suolo e la presenza dell’isola di calore urbana rendono lo strato di mescolamento in città più spesso rispetto all’area rurale e tanto elevato da raggiungere spesso l’altezza delle nubi. È noto che un fenomeno piovoso è favorito dalla presenza di nuclei di condensazione e dall’intensità dei moti verticali che trasportano verso l’alto masse di aria umide. In area urbana, specie se in prossimità del mare, l’ac¬ centuazione della turbolenza verticale oz, prodotta dai più elevati valori della rugosità del suolo z0 e dei moti convettivi, da una parte, e l’incremen¬ to della concentrazione dei nuclei di condensazione di origine antropica dall’altra, favoriscono il destarsi e l’intensificarsi di un fenomeno piovoso allorquando un corpo nuvoloso passa attraverso lo strato di mescolamento. 2. Risultati ed osservazioni Dall’esame delle serie storiche dei dati pluviometrici dell’Osservatorio di Metereologia dell’Istituto di Geologia e Geofisica di Napoli, (Palumbo, 1979) ha mostrato il recente intensificarsi della piovosità in area urbana, attribuito all’incremento della urbanizzazione e della industrializzazione verificatesi negli ultimi decenni nella città di Napoli. Allo scopo di ottenere ulteriori elementi a sostegno della precedente indagine e per mettere in evidenza una correlazione tra altezza e mescola¬ mento e fenomeni piovosi che possano anche fornire utili informazioni sull’altezza dello strato di mescolamento in area urbana sono stati esami¬ nati i dati della rete pluviometrica dell’Ufficio Idrografico del Ministero O.O.P.P. di Napoli. La genesi di un fenomeno piovoso è particolarmente complessa per cui la formulazione richiede un numero elevato di informazioni che sono Altezza dello strato di mescolamento , ecc . 147 quasi sempre indisponibili. La comparazione dei fenomeni che generano le precipitazioni in zone diverse è ancora più difficoltosa, per cui è preferibile un’indagine di ordine statistico rispetto a quella deterministica. Nella presente ricerca si è appunto perseguito l’approccio stocastico. Sono stati esaminati i dati di precipitazione particolarmente intense, di tipo continuo (di durata superiore a 5h) associate alla presenza di nubi basse facenti* parte di un corpo nuvoloso compatto, omogeneo ed esteso, con¬ nesso ad una vasta e profonda area depressionaria. I dati sono stati suddivisi in due grappi: quelli relativi alle stazioni urbane (Capodimonte, Ist. di Fisica Terrestre, Servizio Idrografico) e quelle extraurbane (Trentola, Villa Literno, Licola, Scafati, Castellammare, Sor¬ rento, Capri, Ischia, Portici), prossime al tratto di litorale a partire dai Regi Lagni ed esteso all’intero golfo di Napoli (Tab. I). 3. Implicazioni sulla pedofauna Numerosi studi compiuti sulla fauna del suolo hanno messo in evi¬ denza come le precipitazioni atmosferiche possano giocare un ruolo impor¬ tante nella distribuzione degli organismi della pedofauna (E. Rogers T., 1959, P.W. Murphy, 1966). Tali organismi, generalmente, sono distribuiti nei vari strati del suolo in dipendenza dei numerosi fattori biotici ed abio¬ tici, e tra questi ultimi appunto le precipitazioni atmosferiche e la conse¬ guente umidità del suolo. Ciò dipende dalla valenza ecologica che alcuni gruppi faunistici presentano in relazione al tenore di umidità del suolo. Secondo Battaglini (1973), uno dei gruppi che maggiormente è legato all’umidità del suolo è quello dei Collemboli Poduromorfi che necessitano una considerevole percentuale di umidità per il loro insediamento. La loro abbondanza, come quella degli Acari, aumenta al crescere dell’umidità, l’inverso vale invece per gli Arcari Oribatidi che decrescono all’innalzarsi dell’umidità, aumentando però proporzionalmente alla porosità. Quindi tra Collemboli ed Acari quelli che hanno una escursione di tollerabilità ecolo¬ gica più ampia, per quanto concerne il fattore ecologico umidità, sono i Collemboli. Tra gli Acari, gli Oribatidi per le loro peculiari caratteristiche morfologiche, presentano linee di fuga verticali all’andamento di umidità. In dipendenza della maggiore o minore valenza ecologica, quindi, gli organismi della pedofauna, opponendosi a condizioni di tenore di acqua nel terreno a loro favorevoli compiono migrazioni verticali tra gli strati del suolo. In generale è stato osservato che si verifica un movimento a partire 148 Nadia Arcamone TABELLA I (Pioggia mm.) Data Area Urabana Area Extraurbana A % 16- 2-60 16.28 15.13 7 12- 3-60 44.05 35.71 19 21- 4-60 19.56 3.02 85 20- 9-60 25.64 22.79 11 12-10-60 26.78 18.48 31 14-11-60 14.6 27.49 41 2- 3-61 35.85 32.86 8 24- 4-61 28.1 27.34 6 11- 5-61 19.35 15.26 21 8-10-61 81.5 27.17 67 4-11-61 21.37 17.17 20 14-10-62 18.52 13.09 29 27-12-62 24.87 17.01 32 19- 1-63 17.47 25.12 -31 17- 2-63 31.17 37.95 -18 16- 5-63 30.15 26.34 13 26- 9-63 24.9 24.61 30 8-10-63 64.65 41.56 36 27-11-63 ro 4^ oo 10.91 44 1- 3-64 34.62 21.8 37 3-12-64 45.2 21.27 53 24- 2-65 33.57 31.06 8 11-11-65 31.82 19.48 39 4-12-65 19.4 31.11 33 2- 9-65 29.57 27.54 7 12- 1-66 33.5 18.92 44 18- 2-66 24.6 11.4 54 2-11-66 27.3 13.36 51 13-10-66 27.6 8.52 69 5- 9-67 34.35 17.86 48 14- 9-67 27.42 23.58 14 29-11-67 29.3 24.67 16 27-12-67 21.3 26.85 -21 25- 4-67 18.37 11.21 39 15- 3-68 18.25 18.27 -1 17-10-68 21.82 12.57 42 5-11-68 44.05 19.91 55 17-12-68 37.87 22.32 41 15- 2-69 17.85 15.45 28 6- 3-69 22.3 14.92 33 Altezza dello strato di mescolamento, ecc. 149 dagli strati più superficiali verso quelli più profondi (Edwin Rogers T., 1959). Per verificare tali migrazioni in dipendenza delle precipitazioni sono stati effettuati dei campionamenti di pedofauna in due biotopi diversi sulla collina dei Camaldoli (Napoli): Si sul versante Sud-Est e S2 sul versante Sud. Il primo prelievo è stato compiuto fi 1-1 1-80, giorno di discreta piovo¬ sità, per cui il terreno si presentava bagnato, ed il secondo P8-9-81 nel quale il suolo era abbastanza arido. In tabella sono riportati i valori fauni¬ stici per ogni strato (Tab. Il e III). Le metodiche di campionamento e di estrazione sono quelle riportate da Battaglini (1973). TABELLA II Prelievo 11-11-80 Biotopo Sj Biotopo §2 Strati 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° Profondità in cm. 1 2 2 2,5 1 2 3 4 Umidità 88% 88% 90% 93% 98% 98% 100% 100% Taxa Acari 40 20 3 48 41 18 18 51 Acari Oribatidi 9 4 2 5 20 7 14 19 Collemboli Poduromorfi 39 3 44 98 — 2 31 21 TABELLA III Prelievo 8-9-81 ') Biotopo S] Biotopo S2 Strati 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° Profondità in cm. 1 2 2 2 1 2 1,5 3 Umidità 84% 84% 84% 84% 90% 90% 90% 90% Taxa Acari 28 144 212 18 184 191 33 40 Acari Oribatidi — 23 11 2 45 66 57 41 Collemboli Poduromorfi 162 138 225 168 36 79 18 48 150 Nadia Arcamene Dai valori riportati per il prelievo delPl 1-1 1-80 si può notare che i massimi numerici degli Acari e dei Collemboli Poduromorfi si osservano tra il 3° e 4° strato (profondità 7,5 - 12 cm.), mentre il massimo degli Acari Oribatidi si verifica nel 1° strato. Situazione inversa si ottiene, invece, nel prelievo dell’8-9-81, dove sia gli Acari che i Collemboli Poduromorfi pre¬ sentano il loro massimo nel 3° e 2° strato (profondità 3-5 cm.), mentre gli Acari Oribatidi sono più abbondanti nel 2° strato. Bisogna tener presente comunque che non solo l’intensità ma anche la composizione chimica delle precipitazioni influisce sulla distribuzione ver¬ ticale della pedofauna. La composizione chimica delle precipitazioni naturali è una soluzione quasi neutra a pH 5,6, in quanto contiene C02 disciolta, Negli ultimi anni si è assistito però ad un aumento di acidità nelle acque piovane in prossi¬ mità di grossi centri urbani e di grandi impianti industriali per la immis¬ sione nell’atmosfera di ingenti quantità di composti dello zolfo (H2S, S02) e subordinatamente dell’azoto (N02, N03), provenienti dall’utilizzazione dei combustibili fossili. Tali composti si trasformano nell’atmosfera in acidi forti (solforico e nitrico) e precipitano sul terreno con la pioggia e la neve (Likens, 1979). Le precipitazioni acide esercitano effetti molto dannosi nei confronti della vita animale e vegetale in quanto inducono un aumento dell’acidità del terreno influenzando l’abbondanza di diverse specie. Hàgvar Sigmund (1981) ha potuto osservare gli effetti indotti da una pioggia artificialmente acida (contenente H2S04 diluito) sull’abbondanza di Acari in una foresta di conifere scandinava. Uno dei risultati più interessanti di Hàgvar è stato che Tacidificazione cambia il modello di distribuzione verticale e che la relativa proporzione numerica degli animali diminuisce negli strati supe¬ riori. Inoltre gli Acari Prostigmati (stigmi in posizione anteriore) mostrano una riduzione quantitativa, effetto che si nota anche negli Acari complessi¬ vamente, mentre i Mesostigmati (Oribatidi) aumentano sui terreni acidifi¬ cati sia nel 1° strato (da 0-3 cm.) che nel 2° e 3° strato (da 3 a 6 cm.), gli Acari a respirazione cutanea come gli Astigmati non mostrano alcun cam¬ biamento significativo. Conclusioni Sia i dati delle singole stazioni pluviometriche che quelli medi dei due raggruppamenti (area urbana ed extraurbana) mostrano l’incremento della pioggia in area urbana (Tab. I). Altezza dello strato di mescolamento, ecc. 151 Il valore medio di tale incremento per tutti i giorni esaminati è del 25,7%. Il maggiore valore delle precipitazioni riscontrato in città rispetto alla periferia può essere giustificato solo assumendo che il corpo nuvoloso, almeno nella parte inferiore, abbia attraversato, in corrispondenza della città, lo strato di mescolamento. Ciò in quanto in seno a detto strato, come è noto, si hanno moti turbolenti ed elevate concentrazioni di nuclei di con¬ densazione che favoriscono il verificarsi del fenomeno piovoso. È da presu¬ mersi poi che, contrariamente alfarea rurale, l’altezza dello strato di mescolamento in città, per il fatto di aver dovuto raggiungere almeno la quota della base delle nubi, sia molto più elevato di quello dalle formule teoriche (Pasquill, 1974) e ciò dimostra appunto la inadeguatezza di queste ultime per l’area urbana. Per quanto concerne poi il rapporto precipitazioni-pedofauna^ si è notato che all’aumentare della prima si ha una rarefazione selettiva di den¬ sità dei componenti della mesofauna del suolo. In particolare gli Artropodi del suolo ricercano zone più profonde per poter superare lo stres ambien¬ tale creatosi con la precipitazione. Dai dati in nostro possesso si può inoltre asserire che l’acidità dell’acqua meteorica, così come avviene in foreste di conifere (Hàgvar, 1981), crea nelle zone boschive vicino Napoli, un decre¬ mento complessivo di densità pedofaunistico. Oltre a ciò, seppure in modo selettivo, l’acidità della pioggia agisce maggiormente sui Collemboli Podu- romorfi che scendono nel suolo anche di 3-4 cm. BIBLIOGRAFIA Asharaf M., 1969 - Studies on thè hiology of Collemhola , Ecol. Biol. Sol., 6: 337- 347. P. Battaglini, 1973 - Osservazioni sulla valenza ecologica della pedofauna in un suolo vulcanico . Vesuvio (Napoli), Boll. Soc. Natur. Napoli, 82: 255-282. Hàgvar S. and Amundsen T., 1981 - Effects of liming and artificial rain on thè mite (Acari) fauna in coniferous foresi , Oikos 37: 7-20. Likens G., Wright R., Galloway J., and Butles T., 1979 - Acid rain , Se. Am., 241: 39-47. Murphy P.W., D. Phil, 1966 - Progress in soil zoology , London, Butterworth. 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Ergosterol was found to occur in a percentage higher than 78% in both thè species examined. Gli acidi grassi e gli steroli sono attivi nella crescita e nella riprodu¬ zione dei funghi (Taber, 1957; Yusef, 1963; Weete, 1973) e la conoscenza dei costituenti chimici dei Basidiomiceti è importante dal punto di vista della fisiologia vegetale e della biochimica. Da tempo il nostro gruppo si sta interessando allo studio della composizione chimica di Basidiomiceti (De Simone et al , 1979; Senatore et al., 1980; G. Cordella et al., 1981) e in questa breve nota riferiamo sugli acidi grassi e gli steroli di due specie di Agaricales e, precisamente, VHygrophorus olivaceoalbus Fr. e VHygropho- rus hypothejus Fr., funghi commestibili che crescono nei boschi di pini all’inizio dell’autunno. Come per gli altri Basidiomiceti esaminati, anche in questi lo sterolo più abbondante è l’ergosterolo. Ad esso si accompagnano altri steroli correlati; si sono trovate anche tracce di colesterolo. Tra gli acidi grassi prevalgono il paimitico, l’oleico, lo stearico ed il linoleico in buon accordo con i risultati ottenuti da altri autori (Nes, 1980; Senatore et al., 1980; Yokokawa, 1980). (*) Istituto di Biorganica, Facoltà di Farmacia, Via L. Rodino, 22, Napoli. (**) Istituto di Chimica Organica, Facoltà di Farmacia, Via Muroni, 23/b, Sassari. 154 Patrizia Monica et al. Nella tabella I riportiamo i dati relativi all’estrazione dei due funghi mentre nelle tabelle II e III riportiamo i valori percentuali in acidi grassi e steroli. Parte sperimentale I funghi, raccolti nei boschi vicino Salerno, sono stati puliti e tagliati in piccoli pezzi, quindi estratti con acetone a temperatura ambiente per tre giorni, rinnovando il solvente ogni 12 ore. Gli estratti, concentrati sotto vuoto, hanno dato una sospensione acquosa che è stata dibattuta con acqua ed etere. La fase eterea, concentrata sotto vuoto, è stata saponificata con KOH al 10% in EtOH all’80% (12 ore a ricadere, sotto N2). Allontanato al rotavapor l’EtOH, il residuo è stato ripreso con acqua ed etere. Dalla fase acquosa, dopo acidificazione con HC1 2N, sono stati recuperati, per estrazione con CH2C12, gli acidi grassi. L’insaponificabile è stato passato su gel di silice (Kieselgel 60,70-230 mesh ASTM) eluendo con CH2C12. Si è così ottenuta la frazione sterolica che è stata acetilata (Ac20 e piridina 12 ore a t. amb.) e poi purificata per PLC eluendo con C6H6. Gli acidi grassi ottenuti sono stati trasformati nei loro esteri p- bromo- fenacilici e successivamente determinati per HPLC secondo Borch (Borch, 1975) con una colonna RP8 Hewlett-Packard a fase inversa montata su un cromatografo liquido connesso con un detector U.V., con azzeramento automatico della linea di base, leggendo a 254 nm. L’eluente usato è stato CH3CN/H20, programmato 70/30 per i primi cinque minuti dopo l’iniezione e poi da 70/30 a 100/0, arrivando alla com¬ posizione finale in 90 minuti. Il flusso è stato di 0.75 ml/min. Gli steroli acetilati sono stati separati per TLC su lastre impregnate con AgN03 al 20% eluendo 2 volte con esano-benzene 1/1. Gli steroli così separati sono stati riconosciuti per GC su OV-1 al 2.5% (2 m x 3 mm d.i.), N2a 50 ml/min (RRt e per coiniezione standard) e dal confronto dei loro spettri NMR e MS con quelli riportati in letteratura (Rubinstein et al. , 1976; Zaretskii, 1976). In ordine di polarità crescente sono risultati es¬ sere: ergost-7 -en-3 (3-/7 acetato : RRt, 1,43: IR Ymax *3 cnf1: 1730; MS m/e 442 (M+, picco base) 4427, 382, 367, 288, 255, 229, 213; ]H-NMR: 5 0.54 (s, C-18), 0.78 (d, J = 6.6 Hz, C-28), 0.79 (d, J = 6.6 Hz, C-27 o C-26), 0.82 (s, C-19), 0.87 (d, J = 6.6 Hz, C-26 o C-27), 0.93 (d, J = 6.6 Hz, C-21), 2.03 (s, MeC02), 4.73 (m, C-3), 5.18 (m, C-7); Acidi grassi e steroii in due specie di Hygrophorus 155 ergosta-7,22-dien-3 15 -il acetato: RRt 1,24; IR yS?3 cm 1; 1730, 972 (À22-trans); MS m/e 440 (M+, picco base) 425, 397, 380, 365, 342, 315, 313, 288, 255, 229, 213: 'H-NMR: 5 0.54 (s, C-1S), 0.81 (s, 019), 0.82 (d, J = 6.6 Hz, 027 o 026), 0.83 (d, J= 6.6 Hz, 026 o 027), 0.91 (d, J = 6.6 Hz, 028), 1.01 (d, J = 6.6 Hz, 021), 2.03 (s, MeC02), 4.68 (m, 03), 5-16 (m, 07), 5.21 (m, 022 e 023); ergosta-5,7-dien-3 P-;7 acetato: RRt 1,43: IR ySP3 cm-1: 1730. U.V. À®£H nm: 273, 283, 294: MS m/e: 440 (M+), 425, 380 (M+-H0Ac, picco base, 365, 313, 253, 211, 158, 143: 'H-NMR: 6 0.62 (s, 018), 0.78 (d, J = 6.6 Hz, 028), 0.79 (d, J = 6.6 Hz, 027 o 026), 0.86 (d, J = 6.6 Hz, 026 o 027), 0.95 (d, 3 = 6.6 Hz, 021), 0.96 (s, 019), 2.04 (s, MeC02), 4.72 (m, 03), 5.39 (s, 07), 5.57 (m, 06); ergosterolo: RRt 1.22: IR ySP3 cm-1: 1730, 972 ( A’ '-trans): UV AmaT nm: 273, 283, 294: MS m/e: 438 (M+), 423, 378 (M+-HOAc, picco base), 363, 335, 313, 253, 251, 211, 158, 143: 'H-NMR: 6 0.63 (s, 018), 0.83 (d, J= 6.6 Hz, 027 o 026), 0.84 (d, J = 6.6 Hz, 028), 0.96 (s, 019), 1.04 (d, J = 6.6 Hz, 021), 2.04 (s, MeC02), 4.71 (m, 03), 5.21 (m, 022 e 023), 5.39 (m, 07), 5.57 (m, 06). BIBLIOGRAFIA Borch. R. F. (1975) - Separation of long chain fatty acids as phenacyl esters by HPLC. Anal. Chem., 47, 2437-2439. De Simone, F., Senatore, F., Sica, D., Zollo, F. (1979) - Sterols from some Basidio- mycetes. Phytochemistry, 18, 1572-1573. Mes, R. W., Nes, D W. 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Israel University Press, Jc ra¬ sai em. 194 pp. 156 Patrizia Monica et al. TABELLA I Dati relativi all’estrazione (g) Farri, gen. Specie Peso secco Fase Eterea estr. Acet. Saponif. Insap. Hygrophoraceae Hygrophorus H. hypothejus Fr. 170 3.48 2.10 0.160 H. olivaceoalbus Fr. 205 3.72 2.58 0.175 TABELLA II Composizione in acidi grassi (%) Acido grasso H. hypothejus H. olivaceoalbus Pentadecilico 0.6 0.3 Paimitico 15.2 17.6 Palmitoleico T 0.4 Stearico 12.1 11.8 Oleico 13.5 7.8 Linoleico 56.3 60.1 Non Determ. 1.6 1.9 T: minore dello 0.2% TABELLA III Composizione sterolica (%) Fungo i il in IV H. hypothejus 9.5 12.6 6.6 70.2 H. olivaceoalbus 1.8 8.7 10.6 78.5 I: ergost-7-en-3p-olo; II: ergosta-7,2-dien-3 p-olo; III: ergosta-5,7-dien-3 P-olo; IV: ergosterolo. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 91, 1982, pp. 157-171, figg. 9, tab. 1 Ittiotossicità e prime osservazioni istologiche sulle modificazioni dell’epitelio respiratorio di Carassius auratus L. esposto ad acque inquinate da olii greggi. Un problema di autoecologia acquatica (*) Nota del socio Pietro Battaglimi (**) e di Giuliana Andreozzi (***), Rosanna Antonucci (***), Nadia Arcamone (**), Luciana Castaldo (***) e Giuliana Gargiulo (***) (Tornata del 25 giugno 1982) Riassunto. — Gli Autori hanno studiato le modificazioni indotte da varie con¬ centrazioni di petrolio greggio su Carassius auratus L. Sono stati effettuati tests ittiotossicologici ed eseguiti esami istologici, istochi- mici ed ultrastrutturali sulla branchia. Lo studio tossicologico ed anatomo-patologico ha messo in evidenza la notevole azione del greggio a carico dei vari organi ed in particolare delle branchie le quali presentano danni di una tossicità più acuta che cronica. Tali risultati vengono confermati dall’analisi istologica, istochimica ed ultra¬ strutturale che evidenzia un aumento dell’azione distruttiva del greggio sull’epitelio respiratorio via via che aumenta la sua concentrazione ed il periodo di esposizione dei Carassi. Inoltre è da notare che forti concentrazioni di greggio inducono l’epite¬ lio branchiale di copertura a distaccarsi mentre l’epitelio germinativo subisce una spoliazione progressiva. Si conclude affermando che la branchia è un modello ideale per le ricerche di ecotossicologia in ecosistemi acquatici. Summary. — Influence of different concentrations of crude oil were studied on goldfìsh, Carassius auratus L. Toxicological and anatomo-pathological examinations were made. Evidence shows that crude oil produces damage in various organs, especially in thè gills. The effects of toxicity on thè gills are more acute than chronic. These results are consistent with histological, histchemical and ultrastructural findings, which clearly (*) Lavoro eseguito con contributo M.P.I. 40%, anno 1981. (**) Istituto di Zoologia e Museo - Università di Napoli. (***) Cattedra di Istologia Generale e Speciale - Università di Napoli. 158 Pietro B attagliili e coll. show thè destructive action of crude oil on thè respiratory epithelium. The entity of these negative effects seems to be proportional to thè concentration of petroleum and to thè lenght of time for which thè fish is exposed to thè noxius agent. It is proposed that thè fish gill is a good model for ecotoxicological research in acquatic ecosystems. Introduzione L’inquinamento da petrolio greggio è stato associato essenzialmente con i disastri spettacolari avvenuti nel mare. Basti pensare ai danni causati sulle coste della Bretagna nel 1967 dalla nave Torrey Canyon che versò in mare 116.000 m3 di greggio ed al disastro ecologico presente lungo le nostre coste tirreniche ed adriatiche, a causa degli scarichi delle petroliere che trasportano olii greggi. Nell’ambiente dulciacquicolo una significativa origine di inquinamento è determinata dagli scarichi diretti o mediati di prodotti petroliferi utilizzati per il trasporto o per l’agricoltura. È stato calcolato che, perfino negli Stati Uniti, dove la lotta all’inqui¬ namento è fortemente sentita ed effettuata, l’immissione nell’ambiente di prodotti petroliferi o di loro derivati si aggira tra i 2,27 ed i 5,03 x IO9 litri ogni anno (Environmental Protection Agency 1974). Per quanto concerne l’alterazione dell’ambiente dulciacquicolo, se¬ condo Freestone (1972), pare che gli scarichi derivino per il 15% dall’uti¬ lizzazione di prodotti petroliferi per la costruzione di strade limitrofe a corsi d’acqua, per il 70% dagli scarichi di officine, opifici e industrie che utilizzano prodotti petroliferi nei loro processi lavorativi e per l’altro 15% da materiali di varia origine. Nonostante un notevole volume di ricerche, studi di ecotossicologia da petrolio greggio nelle acque dolci sono del tutto assenti o molto rari. Hedtke e Puglisi (1980) sono gli unici che hanno tentato di esaminare l’azione di inquinanti di origine petrolifera sul ciclo biologico di un pe¬ sce d’acqua dolce, Giordanella floridae. Tali Autori arrivano alla conclu¬ sione che probabilmente gli olii greggi da loro utilizzati sono tossici, non come tali, ma per la presenza in essi di composti dello zinco, piombo e cadmio. La nostra regione, per la particolare concentrazione urbana e indu¬ striale in zone circoscritte, è soggetta alla possibilità reale di inquinamento dell’ambiente dulciacquicolo per opera di scarichi di prodotti petroliferi o loro derivati. Pertanto è opportuno intraprendere uno studio di autoecotos- sicologia, utilizzando come inquinante il petrolio greggio e come materiale biologico il Carassìus auratus L. Ittiolo ssicità e prime osservazioni istologiche, ecc. 159 Precedenti ricerche sulle modificazioni delle branchie di Teleostei trat¬ tati con acque fluviali fortemente inquinate da scarichi domestici ed indu¬ striali (Battaglini 1981, 1982; Andreozzi et al. 1982) hanno messo in evi¬ denza che la branchia, essendo uno degli organi che per primi vengono a contatto con gli inquinanti, rappresenta il bersaglio tipico di qualsiasi danno ambientale e, per conseguenza, il campanello di allarme di varia¬ zioni ambientali eventualmente anche minime. La presente ricerca pertanto evidenzia la letalità a breve e a lungo ter¬ mine del petrolio su Carassius auratus L. e riporta i primi risultati istolo¬ gici, istochimici ed ultrastrutturali sulle alterazioni subite dalle strutture respiratorie in presenza di questo tossico. Procedimento e metodi Per la ricerca in oggetto si è proceduto con tests statistici di ittiotossi- cità seguendo la metodica degli «Standard Methods » (1971). In cinque vasche con 20 litri di acqua potabile è stato aggiunto petro¬ lio greggio1 rispettivamente nelle concentrazioni di 0.05; 0.1; 0.25; 1; 5 per cento. Dopo che con un mescolatore a mano si è omogeneizzato il tutto, sono stati immersi in ogni vasca 10 esemplari di Carassius auratus L. Tale scelta di concentrazioni è stata effettuata per ottenere un effetto tossico incrociato. Infatti il rapporto di diluizione tra la prima e la seconda vasca è di 1:2, tra la terza e la quarta di 1:4, inoltre il rapporto tra la quarta e la quinta è il doppio di quello esistente tra la seconda e la terza. L’ittiotossicità è stata valutata, per ogni vasca dopo 6, 24, 48, 72, 96 ore. A tali intervalli si prelevavano, da ciascuna vasca gli esemplari di Carassius auratus L.2 in condizioni fortemente critiche di sopravvivenza. Ad essi si prelevavano le branchie, il fegato, la cistifellea, i reni e Pinte- stino per la valutazione anatomo-patologica delle alterazioni. Tale valuta¬ zione è stata quantizzata utilizzando particolari parametri (Battaglini et al. 1981). Contemporaneamente da ciascuna branchia venivano allestiti preparati per le osservazioni in microscopia ottica (MO) e in microscopia elettronica 1 II petrolio greggio usato per gli esperimenti è stato fornito da Mobil Oil Ita¬ liana S.p.A. e la dizione precisa è Olio greggio Arabian Light. 2 Gli esemplari prelevati in condizioni critiche di sopravvivenza, per conven¬ zione (Standard Methods), vengono considerati morti e come tali riportati nella Tabella I. 160 Pietro Battaglini e coli (ME). Per quanto riguarda la MO, le lamelle, fissate in formalina al 10% o in Bouin, erano incluse in paraffina e sezionate serialmente a 7-9 p; veni¬ vano poi colorate con i seguenti metodi: 1) ematossilina-eosina; 2) colorazione tricromica di Van Gieson; 3) reazione PAS; 4) alcian blu a pH 2.7 e pH 1. Per la ME una coppia di lamelle per ogni branchia, dopo fissazione in glutaraldeide al 2.5% in tampone fosfato pH 7.4, era inclusa in Epon 812. Sezioni fini erano osservate, dopo colorazione con Piombo citrato e Uranile acetato al microscopio Philips 201. Risultati e discussione Lo studio degli effetti su Carassìus auratus L. delle varie concentra¬ zioni di petrolio greggio in acqua è stato effettuato in un’ottica ecotossico¬ logica con prove di ittiotossicità, esami anatomo-patologici dei vari organi e con indagini istologiche, istochimiche ed ultrastrutturali delle branchie. Le prove di ittiotossicità effettuate alle concentrazioni di 0.05, 0.1, 0.25, 1 e 5% sono riportate nella tabella I e illustrate graficamente nella figura 1. Come si può notare la sopravvivenza dopo 6 h, è del 100% a tutte le concentrazioni; dopo 24 h si ha sopravvivenza del 50% alle concentrazioni dello 0.05, 0.1, 1%, mentre è del 60% allo 0.25% ed infine è dell’80% al 5% di concentrazione. La sopravvivenza dopo 48 e 72 h dall’inizio dell’esperimento è del 50% a tutte le concentrazioni; solo i pesci immersi nella vasca all’1% sopravvi¬ vono per il 20%. Dopo 96 h solo la vasca con concentrazione pari allo 0.25% di petrolio greggio presenta sopravvivenza (40%); tutte le altre concentrazioni determi¬ nano una mortalità del 100%. Il minore effetto di letalità a 0.25% è proba¬ bilmente dovuto ad una situazione «ottimale» di concentrazione tra costi¬ tuenti del petrolio ed acqua. Il H503 a 24 h è 0.38%, il H50 a 48 h è di 1.35%, mentre il n50 a 96 h è 3 II H5o rappresenta la concentrazione ideale per la sopravvivenza di almeno il 50% di esemplari sperimentati. Fig. 1. - Diagramma illustrante l'andamento della sopravvivenza a varie concentra¬ zioni di greggio dei pesci dopo 24, 48, 72, 96 h dall’inizio dell’esperimento al fine della identificazione del n50. C% = percentuale di concentrazione di greggio. P.S. = percentuale pesci sopravvissuti. 162 Pietro Battaglini e coll. dello 0%. Dai dati su riportati si può dire che il coefficiente di Van Horn4 è pari allo 0.28%. Le osservazioni anatomo-patologiche sono relative alla percentuale di danno riscontrato a carico delle branchie, cistifellea, reni, fegato ed inte¬ stino degli esemplari sottoposti a varie concentrazioni per 6, 24, 48, 72 e 96 h (fig. 2). L’esame macroscopio degli organi prelevati mette in evidenza che gli esemplari dissezionati dopo 24, 48 e 72 h, appartenenti a vasche con per¬ centuali dello 0.05, 1, 5% di greggio, hanno riportato danni di forte entità alle branchie ed alla cistifellea, mentre gli esemplari di altre vasche hanno riportato una percentuale di danno mediamente inferiore. Per quanto riguarda gli esemplari dissezionati dopo 96 h si osserva un generale aumento dell’entità del danno per ciascun organo osservato, con un particolare incremento negli esemplari tenuti ad una concentrazione del 5%. Per evidenziare globalmente le alterazioni anatomo-patologiche in fig. 3 è riportato un grafico illustrante le percentuali medie di alterazione degli organi ottenute complessivamente per ciascuna concentrazione di greggio. Dall’esame di tale istogramma risulta evidente che i maggiori danni sono a carico delle branchie, le quali si presentano di norma anossiche e solo in qualche caso emorragiche. Infatti sulle branchie, specialmente degli esem¬ plari esperimentati ad alte concentrazioni, si sono notati grumi di petrolio che probabilmente obliteravano le lamelle per cui tutti gli esemplari soffri¬ vano visibilmente di difficoltà respiratorie. Forti danni sono stati riscontrati anche a carico della cistifellea che appariva aumentata di volume. Le per¬ centuali di greggio che maggiormente determinano alterazioni anatomo- patologiche sono dello 0.05% e del 5%, mentre la percentuale di greggio dello 0.25% è quella che meno delle altre produce alterazioni. Tale risultato è da sottolineare in quanto coincide con quello ottenuto dalle prove ittio- tossicologiche e può, forse, essere dovuto ad una sorta di equilibrio ambientale chimico-fisico creatosi tra greggio e diluente. All’esame microscopico si è potuto osservare come, anche a basse con¬ centrazioni (0.05-0.25%), a carico delle branchie siano riscontrabili netti segni di alterazione. Infatti, nei pesci tenuti nella vasca con una percentuale di petrolio greggio dello 0.05% si possono notare segni di sofferenza a carico dell’epi- 4 II coefficiente di Van Horn (1949) esprime la percentuale di inquinamento che può essere immesso nell’ambiente senza disturbare la vita animale e vegetale. TABELLA I Tests della ittiotossicità a 6, 24, 48, 72 e 96 h in Carassius auratus L. sottoposto a varie concentrazioni di greggio Ittiotossicità e prime osservazioni istologiche, ecc. 163 sopravvivenza ONNVtl 164 Pietro Battagiini e coli. & JC (£> 03 03 o 3 ^ 3 I -o ’-H » . o o'' 4) (N fi . „ 3 JD Cd ’o a •o i.i e S ° ed fi O 59 o fi o « ° ■§ o *G 3 _ jd o ìj cd 'g > u o ■« ^ o fi ri 43 -fi O D -m -tJ C s « 3 e 60 .fi 60 3 ^ 2 ^2© o « «j ^ fi in a og § 2 cd ii cd 60 qq 3 Vi > I 60 O 3 0 fe o 60 O fi ifi — 1 © d;oo i—9 © tqCM o s-P© © ©o © CM t-H hcìo © H © © oCt-T hH O -H CdO\H CM cm e in cm h i oo c~ 00 d CM CO PQ d-HOs PQ © 1-H t-H PQ m m c- PQ Hiccn PQ © so © t-H © OHO0 © © © © H Cd © ^H © d CM © © © © © © © © © © © © © © © © © t-H C- OS Os d io OO C-' CM © e~ CM d H C' CM "si- os d . . 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I ^ -t-H a tì Vh ® G dS « o o o o o cd a) o o 03 0 0 cd p > 0.01, riferito al diestro), mentre nelfipotalamo le variazioni non sono significative. In entrambi gli organi non si osserva nessuna variazione significativa del contenuto in DNA. Il rapporto Proteine/DNA segue lo stesso andamento del contenuto proteico. L’attività della MDH non mostra alcuna variazione ciclica significativa, sia se riferita al contenuto proteico che a quello in DNA. Nella tabella II sono riportati i dati relativi al trattamento col CPA, paragonati a quelli di animali in diestro non trattati. Per quanto riguarda il contenuto proteico osserviamo un effetto opposto nei due organi: inibente per l’ipofisi (p < 0.01), stimolante per Fìpotalamo (dose-dipendente) (p < 0.01). Non si nota alcun effetto sul DNA. Per il rapporto Proteine/ DNA di conseguenza osserviamo lo stesso quadro che si riscontrava per il contenuto proteico (p < 0.01 per entrambi gli organi). L’attività della MDH riferita al contenuto proteico è inibita dal CPA in entrambi gli organi (per l’ipofisi l’effetto è dose-dipendente) (0.02 > p > 0.01 per la I concen¬ trazione; p < 0.01 per le altre due). D’altra parte l’inibizione dell’attività della MDH ipotalamica, riferita al contenuto proteico è solo apparente, in quanto il trattamento con CPA provoca un aumento del contenuto proteico totale. L’attività della MDH riferita al contenuto in DNA viene inibita dal CPA nell’ipofisi e stimolata nelfipotalamo (0.02 > p > 0.01 per le prime due concentrazioni e p < 0.01 per la terza nell’ipofisi; p < 0.01 per tutte le concentrazioni delfipotalamo). 212 Maria Filomena Caliendo e Mario Milone TABELLA I proteine a =3. e m d p proteine/dna o u (0 ut GC IL □ I- □ 0) tfl tu h (3 I 13 a. □ h □ z l < z □ (3 a. l z “1 - 1 - 1 - — r- e m d p e m d p — ipofisi - ipotalamo e estro m metestro d diestro proestro Effetto del ciproterone acetato sulla malato deidrogenasi , ecc. 213 TABELLA II 214 Maria Filomena Caliendo e Mario Milone Discussione Le variazioni cicliche del contenuto proteico ipofisario corrispondono a quelle osservate per la secrezione delle gonadotropine da Moguilevsky e Christot (1972). D’altra parte gli stessi autori hanno anche osservato una ciclicità nella sintesi dei fattori di rilascio variabile da area ad area ipotala- mica: il che potrebbe spiegare l’assenza di modificazioni cicliche del conte¬ nuto proteico da noi riscontrata nell’ipotalamo. L’andamento del DNA con¬ ferma la tesi per cui l’aumento proteico è dovuto esclusivamente a una più attiva biosintesi. Secondo Convey e Ree ce (1969), tale incremento potrebbe esser limitato a certe proteine (tra cui la MDH) che esercitano un ruolo notevole nella fisiologia di alcuni organi bersaglio degli estrogeni, quali l’ipofisi e l’ipotalamo (Hegedus e Endroczi, 1974). Inoltre sembra che la MDH nella femmina di topo non venga controllata dai soli estro¬ geni, ma anche dai progestinici. In particolare la forma mitocondriale della MDH durante il ciclo estrale sembra essere controllata dagli estrogeni, mentre quella citoplasmatica subisce l’influenza del progesterone (Milone et al , 1981). Secondo Moguilevsky e Malinow (1964) nell’ipotalamo di ratto gli estrogeni sono in grado di controllare entrambe le forme, agendo positivamente o negativamente a seconda della fase del ciclo. L’effetto, da noi osservato, inibente o stimolante sull’attività della MDH operato dal CPA nei due organi può dipendere da due serie di fenomeni variamente interdipendenti. Infatti il CPA può esercitare un’azione tempo e/o dose dipendente nei confronti di markers enzimatici operando in modo antago¬ nista o sinergico verso gli androgeni, competendo coi siti recettoriali di tali ormoni nel primo caso (Baulieu, 1973) e mostrando un effetto progesti- nico nel secondo (Bullock e Bardin, 1977; Milone et al ., 1979). Pertanto l’effetto del CPA sull’attività della MDH, da noi riscontrato in modo diffe¬ rente nei due organi studiati, può esser interpretato in entrambi i modi. Infatti nell’ipofisi e nell’ipotalamo è stata dimostrata la presenza di alcun enzimi, quali la 5-a-reduttasi e la 17-p-idrossisteroidodeidrogenasi (Rom- mert e Van der Molen, 1971). D’altra parte è stata osservata la capacità del CPA di competere con l’androstenedione a livello ipotalamico (Edwards, 1970). Ciò può far supporre che l’azione del CPA si esplichi mimando o competendo con più di un metabolita steroideo. È probabile, inoltre, che il CPA eserciti questo tipo di azione anche verso un altro mar¬ ker enzimatico ipotalamico, la p-GLR (Milone et al. , 1979). Effetto del cìproterone acetato sulla malato deidrogenasi, ecc. 215 BIBLIOGRAFIA Baulieu E.E., 1973 » A 1972 survey of thè mode of action of steroid hormones. In «Endocrinology », Excerpta Medica/ American Elsevier, Amsterdam, R.O. Scow (ed.), pp. 30-62. Bullock R., Bardin C.W., 1977 - Androgenic, synandrogenic and antiandrogenic action of progestins. Annals N.Y. Acad. Sci., 286, 321-328. 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Dal più piccolo al più grande, ognuno di essi, è un memoriale dell’Umanità, un «non omnis moriar» del contributo di ciascun essere. È la storia dell’amore dell’Uomo per quanto lo circonda. Molti Musei sono dediti, più degli altri, in senso stretto, all’evoluzione umana; ma il loro ruolo è sempre quello di ricordare alle generazioni suc¬ cessive uno spaccato di una situazione, di una presenza, di un momento, in ogni caso irrepetibili. Nell’ambito di queste considerazioni «presentiamo» un Museo ben noto a tutti noi dell’Università, il Museo annesso all’Istituto di Antropolo¬ gia. Anche se ha già compiuto un secolo di vita (1881-1981), non presenta rughe, ma mette bene in evidenza la freschezza della sua composizione. Fondato da G. Nicqlucq, primo Cattedratico di Antropologia della Uni¬ versità di Napoli (secondo, solo in termini cronologici, a P. Mantegazzà che fu l’Antropologo di Firenze), conserva le collezioni raccolte, accettate in dono o acquistate dagli Studiosi che si sono susseguiti alla sua direzione, riflettendone gli interessi scientifici e la problematica del momento. Di qui (*) Istituto di Antropologia dell’Università di Napoli. 218 Concetta d’ Amore e Mirella Schiano Di Zenise la varietà delle collezioni, talora l’unicità e, indirettamente, il filo logico che le collega. Eventi contrari all’Antropologia hanno privato il Museo e le collezioni di una sede propria e di un registro generale. Così abbiamo pensato a una gestione diversa, a uno stile museale nuovo, che mediante pubblicazione presentasse le raccolte, dando a ciascuna di esse un tema determinante il contenuto ed una cornice commemorante l’interesse scientifico di Chi la volle. Non siamo eclettici e pertanto non riteniamo di esaurire, per ogni insieme, la problematica inerente; tutt’altro. Il nostro scopo è solo quello di ricordare le collezioni, presentarle a un pubblico il più ampio possibile, suscitare intorno ad esse tutto l’interesse che meritano. A questo scopo abbiamo già pubblicato, oltre a uno scritto, ampio, di carattere collettivo (1982), quattro articoli: due molto approfonditi, sulla sezione craniologica (1980 e 1981), uno su quella calcografica (1980), un altro sulla primatolo¬ gica (1981). Il livello scientifico di Chi le promosse fu tale che oggi, a distanza di decenni, siamo in grado, senza l’apporto di note esplicative, di rilevare in ognuna il soggetto che la incentra. Per questo incontro abbiamo scelto un inedito: la.jsezione fotografica. Essa è, forse, l’unica che presenti un filo cronologico ininterrotto, in quanto, iniziata da Giuffrida-Ruggeri, si è continuata fino a Galgano. Non sarebbe stato possibile presentarla tutta, anche perché ci auguriamo che sia il Prof. Galgano a illustrare, una volta o l’altra, la parte essenziale, da lui acquistata e a lui intitolata. Noi abbiamo preferito il gruppo di 35 diapositive, tratte generalmente dalla pubblicistica germanica. In apparenza eterogenee, in realtà poliedriche, esse permettono l’estrinsecazione di più elementi: costituzionalistici, razziologici, anatomici, culturali, anche se il nucleo fondamentale è quello delle deformazioni intenzionali, ossee e tegumentarie. Non abbiamo rinvenuto il nome di Chi orgamizzò l’insieme, anche se vi si intravede la personalità scientifica e umana di Ugo Vram, direttore dell’Istituto dal 1924 al 1925. Forse triestino, «mitteleuropeo» del tempo, di lui sappiamo ben poco, a parte l’ampia bibliografìa gentilmente inviataci dal Prof. Corrain di Padova. Pertanto ci è gradito menzionare Ugo Vram in questa sede e ricordare che sua fu la recensione, affidatagli da G. Sergi (1894) sulla Rivista di Antropologia, alla prima pubblicazione, tedesca, di Dubois (1894) sul Pitecantropo di Giava. Non è inutile ricordare la risonanza che in quel momento ebbe la scoperta di Dubois e correlativa¬ mente l’avere, G. Sergi, affidato a Ugo Vram, allora molto giovane, la recensione su di una Rivista agli albori, è indice del valore riconosciuto dello Studioso. Le collezioni de l Museo annesso all'Istituto di Antropologia , ecc. 219 Classificazione delle diapositive La maggior parte delle diapositive della collezione (vedi elenco alle¬ gato), 23, riguardano le deformazioni corporee intenzionali, 4 la costituzio¬ nalìstica, 3 la razziologia in senso stretto, altre 3 argomenti vari. Il gruppo più numeroso, anche se pone gli elementi morfologici della tassonomìa umana, tratta quindi le deformazioni. La tematica è molto ampia ed è sin¬ tetizzabile così: deformazioni ossee: deformazioni tegumentali: deformazioni cutanee in senso stretto altre deformazioni cefaliche dentali podaliche auricolari nasali labiali incisioni tatuaggi In termini etnico-razziali sono presenti soggetti italiani, francesi, indiani, cinesi, giapponesi, negri, pigmei, peruviani, etc.: una ventina di razze, ma in complesso quasi tutta l’umanità nei suoi aspetti morfologici e geografici, nell’ambito dì una fecalizzazione culturale ben definita. Non mancano argomenti di embriologia (cellule germinali) e dì anatomia umana (encefalo). Appaiono numerate con cifre latine, da 1 a 5, le diaposi¬ tive che presentano tatuaggi; con cifre romane da I a VII quelle che riguar¬ dano le perforazioni, le incisioni e le legature. Per ognuna riportiamo in elenco fuori testo una didascalia. Deformazioni ossee Motivi di ampiezza ci impediscono di trattare le deformazioni ossee in questa sede. Deformazioni tegumentali Numerose deformazioni intenzionali riguardano ì tegumenti e cioè padiglione auricolare, naso e labbro. Di questi la posizione ha provocato 220 Concetta d* Amore e Mirella Schiano Di Zenise l’intendimento estetico, la struttura istologica ha facilitato la pratica. Infatti sia per la struttura del padiglione auricolare (dal sostegno in cartilagine ela¬ stica rivestita di cute perfettamente aderente), sia per quella del lobulo (dove l’adiposità è ricoperta da una duplicatura della cute) le perforazioni non dovrebbero incontrare i muscoli e dar luogo a problemi. Allo stesso modo per le pinne nasali, dove le perforazioni, talora multiple, incontrano cartilagine e cute e, solo più in alto, anche le mucose. Fa eccezione il lobulo dell’ orecchio che, in casi estremi, si allunga a fettuccia sfiorando la spalla. Fin qui modificazioni di piccola relativamente scarsa entità. L’alterazione dà luogo a fastidi fisiologici quando, invece, interessa il labbro. Questo è ricoperto all’ esterno dalla cute e alf interno dalle mucose, mentre nello strato più profondo ospita le ghiandole. L’impalcatura musco¬ lare è formata dai fascetti del muscolo orbicolare. Sullo sfìancamento di questi fascetti è basata la rimodellazione del labbro, che mediante dischi, sempre più grandi, viene allargato e allungato, mentre facoltativa è raggiunta di una struttura perforante. Sconosciuta in Asia e in Oceania tale moda era viva in America e in Africa equatoriale. Questa particolare distribuzione geografica farebbe pensare a un rapporto con il clima, se la presenza tra gli Eschimesi dell’Artide non ne riportasse l’uso anche ai climi freddi. In genere queste deformazioni si accompagnano all’uso del colore, per cui tutto il volto ne risulta interessato. Tali gli esempi delle diapositive 17 e 18. Le diapositive relative a questi argomenti sono indicate con i numeri romani, da I a VII. Così le deformazioni nasali di due signore indiane, Funa, 15 (II) di casta elevata, bramina, l’altra, 14 (I) dai caratteri tenden¬ zialmente equatoriali. E ancora, una deformazione auricolare è presente nella donna Papua della diapositiva 16, indicata con il numero IV. Deformazioni cutanee Né mancano le scarificazioni e i cheloidi, disegni cicatriziali dovuti a tagli più o meno profondi nella cute, tali da ottenere, con accorgimenti opportuni, cicatrici concave (scarificazioni) o convesse (cheloidi) formanti complessi geometrici. Così quelli presentati dalla diapositiva 4, raffigurante una ragazza sudanese N? aro Ni am. Non va dimenticato il tatuaggio, conservatosi in Giappone fino ad epoche recenti (vedi fig. 1), ma non assente in Europa. L’origine è senza Le collezioni del Museo annesso all'Istituto di Antropologìa , ecc . 221 dubbio legata alle pitturazioni cutanee, rese stabili mediante penetrazione del colore nel derma. Esso assurse, in alcuni momenti, a dignità di arte, prova ne siano le cinque diapositive che presentiamo, numerate con cifre latine. Indicano l’ubiquità della moda, dal Giappone, dove raggiunge le Fio. 1. — Tatuaggio di scuola giapponese (N. 20 e N. 21). I numeri tra parentesi fanno riferimento all’elenco allegato. vette della raffinatezza stilistica, alle isole Marshall, in Micronesia, dove manifesta la singolare semplicità di motivi costituenti disegni imitativi, all* Africa bianca, alFEuropa. Altre deformazioni Infine vogliamo ricordare qualcosa che non è una vera e propria defor- mazione, ma una moda che ritocca un carattere razziale. La diapositiva 25 mostra gli arti inferiori di una Amerinda, Amazzonica. Il muscolo del pol¬ paccio è reso più evidente dalle legature fissate sotto il ginocchio e sopra la caviglia. La razza amazzonica è di costituzione brevilinea, pertanto il 222 Concetta d’ Amore e Mirella S chiana Di Zenise disegno muscolare è reso più forte dall’essere i segmenti distali del corpo relativamente corti rispetto ai prossimali. La moda pone l’accento su questo carattere mediante le due legature che definiscono il muscolo. Per¬ tanto non si tratta di una vera e propria deformazione, ma soltanto della rivalutazione di un carattere, forse, in alcune donne, poco evidente. Conclusioni Potremmo chiederci se le 35 diapositive servano, ancora oggi, a cor¬ redo visivo di un corso di Antropologia. Diremmo di sì, e non come sem¬ plice curiosità. Attualmente i programmi in uso nei nostri Atenei vedono parte essenziale del corso nella evoluzione dell’uomo, nello studio delle razze. Le metodologie antropologiche fanno riferimento a caratteri dimen¬ sionali, morfologici, serologici, e, in più, oggi, agli aspetti culturali. Tra questi, espressione da non trascurare è, pertanto, l’armonia estetica del sin¬ golo, che si riflette nella ricerca dell’eleganza e nell’affermazione dello spi¬ rito, in tempi e luoghi diversi. Tutto ciò è nella collezione U. Vram. Elenco numerato delle didascalie da noi tradotte o attribuite alle diapositive della collezione Ugo Vram 1. Culla scavata in un unico pezzo di legno, di circa 90 cm di lunghezza, con accorgimenti per l’appiattimento cefalico (da Crania Americana). 2. Posizione del bambino in una culla appositamente deformante (Sud- America). 3. Uomo peruviano, con tavoletta nucale tenuta «in loco» da cinghie. 4. Bambino francese con deformazione cefalica di tipo provenzale. Occi¬ pite alto e prominente. 5. Donna francese con bende da testa a soggolo, serrate da un nodo all’al¬ tezza della sutura coronale. 6. Donna del Dipartimento della Senna, con bende nucali. 7. Cranio normale, alto. 8. Cranio deformato, simile nel profilo al precedente. 9. e 10. Crani incompleti in norme diverse. 11. Deformazioni dentali (Malesia). 12. Deformazioni podaliche: piedi di donne cinesi; l’uno nudo, l’altro con pantofolina a tacco alto. Le collezioni del Museo annesso all'Istituto di Antropologia , ecc. 223 13. Deformazioni podaliche: piede di donna cinese in norme diverse; con¬ fronto con le parti scheletriche analoghe di donna europea. 14. (I). Perforazione di pinna nasale, in donna indù di Bombay. 15. (II). Perforazione di pinna nasale, in donna indiana di casta bramina. 16. (IV) Perforazione auricolare, in donna papua. 17. (III). Deformazioni varie e pitture in soggetti diversi (Oraon, Andarne. - nese, Missu, Mauri, Ainu, Australiano, anacoreta forse Indiano, Lernbu). 18. (V). Deformazioni varie e pitture in soggetti diversi (Gaudi. a, Eschi¬ mese, Foibe, Bongo, donna ridente, Bongo). 19. (2). Tatuaggio in soggetto delle isole Marshall. 20. e 21. (3 e 4). Tatuaggio anteriore e posteriore in soggetto giapponese. 22. Ragazza di Tunisi con tatuaggio. 23. (5). a) Donna contadina della Bosnia con tatuaggi al petto e alle mani, b) Ragazza del Natal con leggiadre cicatrici. 24. (VII). Ragazza Miam-Miam (Africa centrale) con cicatrici ornamentali al petto e al ventre. 25. (VI). Donna amerinda della Guyana, ventenne, con ingrossamento arti¬ ficiale del polpaccio. 26. 27. 28. Pigmei Ab ha. 29. Cellule germinali. 30. Spaccato cefalico. 31. Sìndattilia. 32. Tavola X. Evoluzione del corpo femminile, da 10 a 18 anni. 33. Misure uguali o divergenti dalle misure normali, dalla nascita a 12 anni, in rapporto al f unità. 34. Crescita dell’arto superiore, dalla nascita a 2 anni. Crescita dei piedi in differenti momenti: veduta laterale e anteriore. 35. Tavola XI. Crescita dalla nascita a 12 anni. Presentazione di misure metriche riassuntive. BIBLIOGRAFIA d’Amore G, Schianq Di Zenise M., 1980 - Le collezioni del Museo annesso alVIsti- tuto di Antropologia delVUniversità dì Napoli. IL Calcografica. La collezione Cipriani. Quaderni di Scienze Antropologiche, 4, 239-250, Padova. d’Amore C,, Radice A., Schiano Di Zenise M., 1980 - Le collezioni del Museo annesso all'Istituto di Antropologia delVUniversità di Napoli. I. Craniologica. Le deformazioni craniche. Quaderni di Scienze Antropologiche, 4, 150-163, Padova. 224 Concetta cl’ Amore e Mirella Schiano Di Zenise d’Amore C., Federico A., Schiano Di Zenise M., 1981 » Le collezioni del Museo annesso all'Istituto di Antropologia dell’Università di Napoli. I. Craniologica. Morfologia del cranio cerebrale in gruppi dell' Italia centro-meridionale. Archivio per l’Antropologia e la Etnologia, CXI, 177-183, Firenze. d’Amore C., Schiano Di Zenise M., 1981 - Le collezioni del Museo annesso all’Isti¬ tuto di Antropologia dell’Università di Napoli. III. Primatologica. La collezione scheletrica di Sera. Archivio per l’Antropologia e la Etnologia, CXI, 187-195, Firenze. d’Amore C., Schiano Di Zenise M., 1982 - Il Museo annesso all’Istituto di Antropo¬ logia dell’ Università degli Studi di Napoli. Appunti di storia e di cronaca. Archi¬ vio per l’Antropologia e la Etnologia, CXII, 467-478, Firenze. Vram U.G., 1894 - Dubois V.E., 1894, Pithecanthropus erectus. Eine menscheahn- liche Uebergangsform aus Lava, Atti della Società Romana di Antropologia, II, 299-301, Roma. PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE E DELLE ASSEMBLEE GENERALI Processo verbale dell'Assemblea generale del 29 gennaio 1982 Il giorno 29 gennaio 1982 alle ore 17h45m si è tenuta, in seconda convocazione, l’Assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: VIttozzi, de Cunzo, Napoletano, Caputo, Forgione, Celico, Cata¬ lano, Abatino, Rossi, Cuneo, Del Rio, della Ragione, Piscopo, Palumbo, D’Argenio, Torre, Mazzarella, Pia cella, Billwiller. Il Presidente dichiara aperta la seduta e il Segretario legge il verbale della seduta precedente, che viene approvato alfunanimità. Il Presidente informa che nei giorni 5-6-7 febbraio 1982 si terrà un convegno nella Villa Diego Aragona Pignatelli Cortes, indetto dal Centro Studi Carlo Pisacane. Il Presidente poi legge la Relazione dell’attività svolta dal nostro sodalizio durante l’anno 1981 che sarà inviata al Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, che, per intero, qui si trascrive, con lettera, così intestata: «Relazione sull’attività della Società dei Naturalisti in Napoli durante fanno 1981. Nel corso del 1981 è continuata l’opera di sistemazione dei libri della preziosa Biblioteca e di compilazione dei nuovi cataloghi. Hanno all’uopo prestato la loro opera con competenza, scrupolosità e diligenza le due Dottoresse Liliana Calabrese e Silvia Gargiulo assegnate a suo tempo alla nostra Biblioteca, tramite la Vallicel- liana di Roma in applicazione della legge 285. Nel 1981 sono stati ammessi alla Società, secondo le modalità previste dallo Statuto, 32 nuovi Soci che ne avevano fatto domanda. Purtroppo però, nel corso del 1981, sono deceduti i Soci Giuseppe Catalano, Professore fuori molo di Botanica, e Mario Covello, già Preside della Facoltà di Far¬ macia delfUniversità di Napoli. Nella seduta del 30 ottobre 1981 il Presidente Prof. Pio Vittozzi commemorò il socio benemerito Prof. Giuseppe Imbò, già Direttore dell’Osservatorio Vesuviano e dell’Istituto di Fisica terrestre e fece altrettanto per gli altri soci scomparsi. Attualmente i soci sono: soci benemeriti 3 soci ordinari 277 Totale 280 226 Processi verbali Durante il 1981 la Società si è riunita 3 volte in Assemblea generale, 2 volte in tornata ordinaria ed 1 volta in tornata straordinaria. Nell5 Assemblea generale del 30 gennaio 1981 furono nominati i Revisori dei conti e furono ammessi i nuovi soci. Nell’Assemblea generale del 27 febbraio il Presidente illustrò la sua relazione sul¬ l’attività svolta dalla Società nel 1980 e furono approvati il bilancio consuntivo 1980 e preventivo 1981, dopo la Relazione dei Revisori dei conti. Nella seduta straordinaria del 30 ottobre il Presidente commemorò, come ac¬ cennato sopra, il socio benemerito Giuseppe Imbò. Nell’Assemblea generale del 22 dicembre si sono tenute le votazioni per l’am¬ missione di nuovi soci e si è proceduto alla nomina dei Revisori dei conti. Nel corso delle varie sedute sono stati presentati 20 lavori scientifici nelle diverse discipline naturalistiche; di essi, quelli accettati dal Comitato di Redazione, saranno pubblicati nel prossimo volume del “Bollettino della Società dei Na¬ turalisti” (voi 90°, 1981), che vedrà la luce nei prossimi mesi. In detto volume saranno ospitati anche i riassunti delle relazioni e delle comu¬ nicazioni presentate al 1° Convegno nazionale dell’Associazione aA. Ghigi per la Biologia dei Vertebrati”, che non ha ancora un proprio organo di stampa. Una relazione sui risultati di tale convegno fu tenuta dal socio Milone nella seduta del 22 dicembre. Infine il volume 90° del Bollettino avrà una particolare importanza perché con¬ terrà, come parte integrante, un’appendice tutta dedicata alle manifestazioni svoltesi per la celebrazione del primo centenario della Società dei Naturalisti, come da pro¬ gramma accluso. Il volume 89° del 1980, di cui è già cenno nella relazione dello scorso anno, fu licenziato il 20 ottobre 1981 e mi pregio allegarlo alla presente relazione. Diverse riunioni ha tenuto il Consiglio Direttivo per esaminare ed esprìmere un parere preliminare sulle domande di ammissione dei nuovi soci, per esaminare i bilanci, per deliberare sulle sfere di non ordinaria amministrazione e ratificare via via le iniziative in merito alle manifestazioni celebrative del centenario della Società proposte dal Comitato organizzatore. Diverse riunioni ha tenuto anche il Comitato di Redazione delle pubblicazioni che spesso ha inviato a cultori particolarmente competenti i lavori presentati nelle varie sedute per la pubblicazione nel “Bollettino” allo scopo di tenere sempre alto il buon nome ed il livello scientifico e culturale della Società». Il Presidente quindi invita i Revisori dei conti a leggere le relazioni dei bilanci consuntivo 1980 e preventivo 1981; il socio Piscopo, in qualità di Revisore, anche a nome del socio Carannante, legge i conti di spesa effettuati nell’anno 1981 e preven¬ tivati per Fanno 1981. I Bilanci verranno anch’essi inviati al Ministero Beni Culturali e Ambientali. L’assemblea approva all’unanimità ambedue i bilanci: preventivo e consun¬ tivo. Si passa dunque alle comunicazioni scientifiche: a) Place Ila presenta il suo lavoro dal titolo: «Ulteriore segnalazione di coral- lofauna in argille pleistoceniche della provincia di Reggio Calabria»; b) Celico presenta la sua nota dal titolo: «La falda idrica dei monti di Venafro: ipotesi di captazione e prevedibili ripercussioni sul regime idrologico delle sorgenti »; Processi verbali 227 c) Palumbo presenta il suo lavoro dal titolo: «Applicazioni delle variazioni del livello medio del mare». Eseguito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 19h 15m. Il Segretario: Teresa de Gonzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale dell’Assemblea generale dei 26 febbraio 1982 Il giorno 26 febbraio 1982, alle 17h45m si è tenuta, in seconda convocazione, l’Assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: Vittozzi, de Cunzo, Caputo, Napoletano, Matteucig, Catalano, Del Rio, Gioffrè, Barattolo, Tartaglione E., Tartaglione A.M., Taddei, Moncharmont Zei M., Barbera, Gustato, del Gaudio, Forgione, Fraissinet, Franciosa, Giglio, Rossi, Ferreo, Pozzuoli, Carannante, Moncharmont U., Sgrosso, Quagliariello, Di Nocera, Laureti, Battaglini, Milone, Arcamene, Billwiller, Benino, Celico, Piscopo, Fimiani, Della Ragione, Piciocchi. Il Presidente dichiara aperta la seduta, il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità. Il Presidente comunica che quanto prima la Società adempirà al dovere di com¬ memorare il socio Covello recentemente scomparso. Il Presidente informa che il 5 e 6 marzo 1982 si terrà a Forlì un convegno indetto dalla Regione Emilia Romagna su il «Parco è... orientamenti per una legge regionale sui parchi». Il convegno sarà articolato In tre seminari su: 1) Il parco perché; 2) Il parco come; 3) Il parco e il territorio. Il Presidente quindi sollecita l’Assemblea a nominare tra i soci presenti i com¬ ponenti del seggio elettorale per l’elezione del Consiglio Direttivo per il biennio 1982-83; vengono proposti ì soci Napoletano, Presidente, e Rossi Fortunato e Arca- mone Nadia, scrutatori. Si dà inizio alle votazioni e, quindi, lasciando aperte le urne si passa alla pre¬ sentazione delle comunicazioni scientifiche: a) il socio del Gaudio presenta il lavoro suo e di Gustato, Villari, Pedata, dal titolo: «Ulteriori dati sulla distribuzione di: Holoturia tubulosa , ff oloturia polii , Holoturia stellati nel Golfo di Napoli». Si continuano le operazioni di voto. A spoglio ultimato il Presidente del seggio legge i risultati: Presidente: Pio Vittozzi Vice-Presidente: Aldo Napoletano Segretario: Teresa de Cunzo Vice-Segretario: Filippo Barattolo Tesoriere: Eugenio Piscopo Bibliotecario: Gabriele Carannante Redattore: Giorgio Matteucig Consiglieri: Giuseppe Caputo , Pietro Battaglini , Mario Torre, Gennaro Corrado 228 Processi verbali Il verbale relativo alle operazioni di seggio è riportato qui di seguito e fa parte integrante del presente verbale. Verbale del seggio «26 febbraio 1982, Napoli. Il giorno 26 febbraio 1982 alle ore 18 si è aperto il seggio per la elezione del nuovo Consiglio Direttivo della Società dei Naturalisti in Napoli. L’Assemblea dei soci elegge; Componenti il seggio che., risultano così: Presidente Aldo Napoletano, 1° Scruta¬ tore Fortunato Rossi, 2° Scrutatore Nadia Arcamene. Sono state consegnate al seggio n. 129 schede. Hanno votato sia per votazione diretta sia per delega 115 soci per cui rimangono 14 schede siglate che vengono con¬ segnate alla Segretaria. Dallo spoglio delle schede risultano così distribuite le cariche: Presidente: Prof. Pio Vittozzi voti 110 Prof. B. De Lerma » 2 Prof. B. D’Argenio » 3 Vice-Presidente: Prof. A. Napoletano » 115 Segretario: Prof. T. de Cunzo » 112 Prof. U. Moncharmont » 1 Vice-Segretario: Prof. F. Barattolo » 104 Prof. C. Barbera » 1 Prof. U. Moncharmont » 1 Prof. G. Gustato » 1 Prof. F.M. Guadagno » 5 Prof. A. Moretti » 1 Tesoriere: Prof. E. Piscopo » 108 Prof. G. Carannante » 6 Prof. A. Pierantoni » 1 Bibliotecario: Prof. G. Carannante » 107 Prof. G. Matteucig » 3 Prof. P. Battaglini » 1 Prof. N. Arcamene » 1 Prof. E. Piscopo » 1 Redattore: Prof. G. Matteucig » 100 Prof. E. Piscopo » 3 Prof. A. Ariani » 6 Prof. R. Taddei » 1 Prof. G. Gustato » 1 Consiglieri: Prof. G. Caputo » 114 Prof. M. Torre » 107 Prof. A. Ariani » 6 Prof. G. Corrado » HO Prof. P. De Castro » 3 Prof. P. Battaglini » 114 Prof. U. Moncharmont » 4 Prof. L. Casertano » 1 Prof. L. Laureti » 1 Processi verbali 229 Pertanto risultano eletti: Presidente: Pio Vittozzi Vice-Presidente: Aldo Napoletano Segretario: Teresa de Cunzo Vice-Segretario: Filippo Barattolo Tesoriere: Eugenio Piscopo Bibliotecario: Gabriele Carannante Redattore: Giorgio Matteucig Consiglieri: Giuseppe Caputo, Pietro Battagliai, Mario Torre Gennaro Corrado Alle 20h45m si sono chiuse le operazioni per le elezioni. Hanno votato personalmente 40 soci e per delega 75 soci. Il presente verbale consta di tre fogli. Il seggio elettorale: Il Presidente, firmato: Aldo Napoletano Gli scrutatori: firmato: Fortunato Rossi e Nadia Arcamone ». Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 21h15m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della seduta del 28 maggio 1982 Il giorno 28 maggio 1982 alle 17h40m si è tenuta in seconda convocazione, la seduta ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli, nell’aula G2 dell’Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Università, Largo San Marcellino, 10. Sono presenti: Vittozzi, de Cunzo, Sgrosso, Rossi, Battaglini, Arcamone, Napo¬ letano, Forgione, Piscopo, Mezzacapo, Melito Pagliara, Paolo Vitagliano. Il Presidente dichiara aperta la seduta ed esprime il suo rincrescimento per non aver potuto tenere la seduta nei locali della Società per i lavori di consolidamento in atto a seguito del terremoto. Il Presidente inoltre comunica che è pervenuta una lettera inviata dal Comitato Grotte di Castellana, per richiedere un parere da parte della Società dei Naturalisti in Napoli, sull’opportunità di aprire un nuovo ingresso nelle grotte stesse; il Consi¬ glio Direttivo ha ritenuto interpellare i proff. Brancaccio, Rossi e Bartoli, per compe¬ tenza, ed in seguito alla relazione da loro presentata, ha stabilito di convocare, per la prossima seduta, i rappresentanti del Comitato Castellana Grotte affinché si possa aprire un dibattito in Assemblea. Il Presidente legge poi la delibera del Consiglio Direttivo di consentire una serie di conversazioni tenute da esperti, atte ad illustrare i vari musei napoletani. Quanto sopra per accogliere specifica richiesta del dott. A. Nazzaro dell’Osser¬ vatorio Vesuviano, addetto alle pubbliche relazioni, sezione di didattica. Il Presidente assicura inoltre che, quanto prima, saranno tenute le commemora¬ zioni dei soci defunti: Lazzari, Pasquini, Covello, Carrelli, Della Ragione. 230 Processi verbali Comunica ancora che si terrà a Cetraro (Cosenza) una riunione congiunta di Società diverse, dal 26 al 27 settembre 1982, organizzato dall’Università di Calabria- Rende-Cosenza ed un congresso satellite organizzato dalla Società della Nutrizione umana. Il Presidente rende noto all’Assemblea che in questo momento si è venuti a conoscenza della scomparsa del prof. Carlo Miranda, Titolare di Analisi matematica, decano della Facoltà di Scienze dell’Università di Napoli, pertanto chiede all’Assem¬ blea che si osservi un minuto di silenzio in onore dell’insigne scomparso e dà man¬ dato al Segretario di stilare necrologio per il giornale. Si passa dunque alle comunicazioni scientifiche: a) il socio Barattolo presenta la sua nota dal titolo: «Osservazioni su Triplo- porella steinmannii (alghe verdi, Dasicladali del Cretaceo del Messico)»; interven¬ gono: Rossi, de Cunzo; b ) il socio Berrino presenta la nota sua e di Grimaldi, Castellano, del Gaudio, D’Errico, Franchino, Ricco: «Anomalie gravimetriche e “ noise ” sismico a Pantelle¬ ria»; intervengono: Rossi, Napoletano, Palumbo; c ) il socio Berrino presenta gli autori non soci della nota, detta da Ricciardi, dal titolo: «Relazione tra mainshock e massimi aftershocks nell’area dell’appennino centro-meridionale»; in collaborazione con Castellano, Del Gaudio, Franchino, Ricco; intervengono: Rossi e Napoletano. Fuori ordine del giorno, il Presidente chiede all’Assemblea di consentire la pre¬ sentazione di una comunicazione verbale dei soci Arcamone e Palumbo dal titolo: «Altezza dello stato di mescolamento e implicazioni sulla pedofauna dei fenomeni piovosi in un’area urbana»; intervengono: Napoletano, Battaglini, Berrino. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 19h. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della seduta del 25 giugno 1982 Il giorno 25 giugno 1982 alle 16h25m si è tenuta in seconda convocazione la seduta ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti: Vittozzi, Caputo, Napoletano, de Cunzo, Battaglini, de Lerma, Fucini, Mustacchi, Senatore, Morrica, Rossi, Ariani, Corrado, Berrino, Arcamone, Brancaccio, Forgióne, Franciosa, Scaramella. Il Presidente dichiara aperta la seduta ed invita il segretario a leggere il verbale della seduta, che viene approvato e sottoscritto. Il Presidente invita la prof. Concetta D’Amore a presentare la relazione dal titolo: «La collezione Museo annesso all’Istituto di Antropologia dell’Università di Napoli», in collaborazione con M. Schiano di Zenise. Conversazione tenuta nell’am¬ bito dell’iniziativa di relazioni, sui diversi musei napoletani proposta dal dott. Naz- zaro dell’Osservatorio Vesuviano ed accettata dal Consiglio Direttivo della Società stessa. Processi verbali 23 1 Si passa al punto n. 3, il Presidente, constatata l’assenza dei membri del Comi¬ tato per la difesa delle Grotte di Castellana, peraltro regolarmente invitati a parteci¬ pare all’ odierna nostra Assemblea, invita il socio Brancaccio affinché illustri anche a nome di Rossi e Bartoli la relazione da lui presentata riguardante l’opportunità di aprire un altro ingresso nelle Grotte stesse di Castellana, a chiusura della lettura e del dibattito con gli interventi di Napoletano, Lucini, de Lerma, Caputo, il Presi¬ dente legge la lettera del Comitato di ringraziamento alla Società per quanto riterrà intervenire nel merito della questione. La relazione nella sua definitiva stesura, sarà allegata in calce al verbale della odierna seduta. Prima che si proceda con il punto n. 4 all’ordine del giorno, il Presidente chiede all’Assemblea che sia consentita, fuori ordine del giorno, una comunicazione ver¬ bale del socio Gennaro Corrado e che, avutone assenso, viene qui di seguito tra¬ scritta: Comunicazione verbale dei soci Giovanna Berrino e Gennaro Corrado Deformazioni verticali e variazioni di gravità NELL’AREA VESUVIANA Nel gennaio, nell’area vesuviana, sono state effettuate misure di quota e di gra¬ vità. Il confronto con i dati ottenuti nel 1962 dall’Istituto di Topografia dell’Univer¬ sità di Roma e dal Servizio Geologico d’Italia, ha mostrato che l’area è interessata da un sollevamento e da un aumento di gravità con valori massimi riscontrati tra 600 m e 700 m di quota; una prima ripetizione delle misure di gravità, effettuata nel mese di giugno dello stesso anno, ha confermato tale risultato. L’eventuale evoluzione del fenomeno sarà seguita mediante periodiche campagne di misure allo scopo di avere informazioni più dettagliate sulla dinamica in atto. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche: a) il socio Mustacchi presenta la nota sua e di Morrica P., Santagada V., Senatore A., Serra D., dal titolo: «Fatty acids and sterols from some Basidio- mycites »; b ) il socio Ariani presenta la sua nota dal titolo: «Una nuova stagione a Typhlocaris salentina Ceroli ( Crustacea , Decapoda ) in Puglia. Note biologiche e bio¬ geografiche »; intervengono: Rossi, Franciosa, Scaramella, Battaglini, de Lerma; c ) il socio Battaglini legge il riassunto del lavoro di Richetti, in assenza del¬ l’autore, dal titolo: «Indagini sul tasso di vitamina C libera e combinata nel sangue di vacche, capre e pecore allevate a sistema semibrado»; il Presidente chiede e ottiene dall’Assemblea che si presenti un’ulteriore nota, fuori ordine del giorno, per¬ tanto il socio Battaglini riferisce nota verbale sua e di Andreozzi, Antonucci, Arca- mone, Castaldo, Gargiulo, dal titolo: « Ittiotossicità e prime osservazioni istologiche sulle modificazioni dell’epitelio respiratorio di Carassius amatus L. esposto ad acque inquinate da olii greggi. Un problema di autoecologia acquatica»; intervengono: Napoletano, Franciosa. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 18h40m. Il Segretario: Teresa de Cunzo Il Presidente: Aldo Napoletano 232 Processi verbali Brevi note relative ALL’APERTURA DI UNA NUOVA VIA D’ACCESSO alle Grotte di Castellana Il «Comitato per la difesa delle Grotte di Castellana» sta cercando di opporsi, con l’appoggio di associazioni culturali e protezionistiche, all’iniziativa comunale di aprire una nuova via d’accesso alle Grotte di Castellana per rendere più agevole e razionale il percorso dei visitatori e favorirne l’afflusso. Invero non tutte le motivazioni addotte dal Comitato a sostegno della posizione assunta appaiono probanti e soprattutto condivisibili. In particolare quelle che vor¬ rebbero privilegiare l’aspetto solo scientifico delle grotte e subordinare la visita turi¬ stica ad una ristretta élite di «addetti ai lavori». Questa visione particolaristica e un po’ settaria contrasta decisamente con l’abito culturale nel quale il Comitato si pone, come associazione naturalistica e culturale oltre che protezionistica. Per la verità ci sembra che la vera protezione della natura si attui facilitando e consen¬ tendo l’approccio culturale e conoscitivo di masse sempre più ampie di visitatori e di turisti ai quali queste associazioni, coadiuvate dall’Amministrazione comunale, pos¬ sono offrire il contributo prezioso della loro conoscenza scientifica, favorendo la fruizione dei beni ambientali in maniera corretta e rispettosa ed elevandone la mera curiosità ad appagamento culturale. Né ci sembra inoltre possibile addurre valide motivazioni scientifiche ad una eventuale posizione positiva o negativa rispetto all’apertura di una nuova via di accesso od uscita alle Grotte di Castellana. Fermo restando infatti che una nuova apertura possa alterare l’attuale microclima delle Grotte favorendo l’instaurarsi di processi climax-evolutivi, non è pensabile prevedere il trend di tali processi e delle relative implicazioni morfogenetiche. Tali previsioni infatti vanno realizzate sulla base della conoscenza pluriennale e quantitativa di fondamentali parametri spe¬ leoambientali quali, ad esempio, il tenore di carbonati e di anidride carbonica com¬ binata nelle soluzioni carsiche e la sua distribuzione spazio-temporale nel complesso carsico, una precisa valutazione del contenuto di gas carbonico e di umidità nell’at¬ mosfera della Grotta e della sua variazione nel tempo, una serie dettagliata di osser¬ vazioni speleometeorologiche, etc. È solo sulla base di questi parametri che in altre cavità carsiche si è proceduto a drastici provvedimenti, persino alla chiusura; per tutti valga l’esempio delle grotte di Lascaux, nel Perigord (Francia), dove la crescita del tasso di anidride carbonica nel¬ l’atmosfera legata all’elevato numero di visitatori ed alla scarsa areazione in grotta poteva indurre pericolosi fenomeni di aggressività nei riguardi dei mirabili dipinti parietali realizzati dall’uomo preistorico. Pertanto, in mancanza di determinazioni e misure accurate condotte per un arco di tempo sufficientemente lungo, non ci è possibile esprimere un parere favore¬ vole o contrario alla nuova apertura che il Comune di Castellana vorrebbe praticare nelle Grotte. Ludovico Brancaccio Processi verbali 233 Processo verbale della seduta del 26 novembre 1982 Il giorno 26 novembre 1982 alle 17h55m si è tenuta in seconda convocazione la seduta straordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Il Presidente prof. Aldo Napoletano dichiara aperta la seduta e prega il Segreta¬ rio di leggere il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità. Sono presenti: Napoletano, Caputo, de Cunzo, Scaramella, Barattolo, Matteucig, Forgione, Luongo, Barbera, Battaglini, Carannante, Lucini, Benino, Arcamone, Ariani. Il Presidente annuncia la scomparsa del prof. Pio Vittozzi e ne ricorda la nobile figura con commosse parole, ponendo in rilievo quanto lo scomparso ha con vera abnegazione dato per la Società che ha presieduto per anni. Indi il Presidente dà la parola al socio Matteucig che terrà una conversazione sul tema: «Il museo di Zoologia dell’' Università di Napoli». Prima di riprendere l’ordine del giorno, il Presidente dichiara che la seduta viene sospesa per qualche minuto. Si passa quindi alle comunicazioni scientìfiche: a) la dottoressa Carla Lucini riferisce sulla nota sua e di Battaglini dal titolo: «Struttura e migrazioni di una comunità animale edafica in un suolo di origine vul¬ canica (Camaldoli, Napoli)»; interviene Napoletano; b ) Barbera presenta la nota sua e di Leuci dal titolo: «Mammofauna delle piroclastiti del Nolano»; interviene Napoletano; c ) Ariani riferisce sulla nota, presentata insieme al socio de Cunzo, dì G. Voicu, dal titolo: «Idées nouvelles sur la stratigraphie et la paléogéographie du “Badenien” de la Parate tfays Centrale». Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 19h 10m. Il Segretario: • Teresa de Cunzo II Presidente: Aldo Napoletano Processo verbale della seduta del 22 dicembre 1982 Il giorno 22 dicembre 1982 alle 17h50m si è tenuta in seconda convocazione l’Assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Il Presidente dichiara aperta la seduta e prega il Segretario di leggere il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità. Sono presenti: Napoletano, Battaglini, Catalano, Ferro, Ioni, Taddei, Ariani, Barbera, de Lerma, Scaramella, Nicotina, Moncharmont Zei, Forgione, Del Rio, Caliendo, Capolongo, Rossi, Coppa, de Cunzo, Caputo, Corrado, Ugo Moncharmont, Barattolo, Matteucig, Piscopo, Lucini. Il Presidente comunica che il Ministero BB. CC. e AA. ha inviato alla Società contributo ordinario di L. 5.000.000. Il Presidente poi, a nome suo personale ed interpretando il pensiero di tutti i soci rivolge al prof. Baldassarre de Lerma un saluto augurale per il conseguimento dei 50 anni di associazione al sodalizio e il suo passaggio così nella categoria dei Soci benemeriti; formula al prof, de Lerma i migliori complimenti per la sua labe- 234 Processi verbali riosa attività svolta e gli auguri più sentiti per l’avvenire, e per l’occasione, gli con¬ segna una medaglia ricordo. Il prof, de Lerma con gentili, sentite parole ringrazia e ricambia voti augurali al Sodalizio, al Presidente, e ai soci tutti. Il Presidente concede quindi la parola al prof. Maurizio de Gennaro che terrà una conversazione sul Museo di Mineralogia dell’Università di Napoli, Facoltà di Scienze. Al termine della conversazione il Presidente ringrazia l’oratore; apre la discus¬ sione quindi sull’aumento della quota sociale, l’Assemblea delibera di portare la quota sociale a lire quindicimila. Il Presidente propone all’Assemblea l’ammissione di nuovi soci nelle persone presentate da: 1) Aliotta Giovanni (Taddei, Caputo); 2) Pollio Antonino (Taddei, Caputo); 3) Capasse Leonilda (Taddei, Caputo); 4) Pinto Gabriele (Taddei, Caputo); 5) Albertano Patrizia (Taddei, Caputo); 6) Andreozzi Giuliana (Battaglini, Ariani); 7) Antonucci Rosanna (Battaglini, Ariani); 8) Gargiulo Giuliana (Battaglini, Ariani); 9) Carrano Alma (Moncharmont-Zei, Barbera); 10) Nazzaro Antonio (Rapolla, Matteucig); 11) Lucini Carla (Battaglini, Matteucig); 12) Palomo del Gado Inmaculada (Pozzuoli, Franco). Si procede alla votazione, con tutti i voti favorevoli, si astiene il socio Lucini per il nominativo del candidato Lucini, pertanto tutti i richiedenti sono ammessi quali nuovi soci. Il Presidente propone all’Assemblea di suggerire i nominativi dei soci che deb¬ bono eseguire la revisione dei conti del bilancio 1982, all’unanimità vengono eletti revisori effettivi i soci Lucini e Barbera e il socio Fortunato Rossi quale revisore supplente. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche: a) Caliendo presenta a nome suo e di Milone la nota dal titolo: «Effetto del Ciprosterone acetato sulla malato deidrogenasi del sistema ipotalamo-ipofìsario durante il ciclo estrale di Mus musculus domesticus »; b) Barbera riferisce la nota sua e di Carraro: «Rincoliti giurassici dei dintorni di Bolognola (Sibillini meridionali) »; c) Nicotina presenta la nota sua e di Scaramella: «Le collezioni dell’Istituto di Entomologia agraria dell’Università di Napoli (Portici)». Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 19h 45m. Il Segretario: Teresa de Cunzo Il Presidente: Aldo Napoletano ELENCO DEI SOCI AL 31 DICEMBRE 1982 con la data di ammissione 1) 2) 3) 4) 5) 6) 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) SOCI BENEMERITI 31-12-922 Palombi Arturo - Via Carducci, 19 - 80121 Napoli. 29- 4-923 Torelli Beatrice - Via Bracciano, 2 - Roma. 16- 3-924 Viggiani Gioacchino - Via Posillipo, 281 - 80123 Napoli. 2- 5-931 Montai. enti Giuseppe - Istituto di Genetica - Città Universitaria - 00185 Roma. 2- 5-931 Parenzan Pietro - Stazione dì Biologia Marina - 73010 Porto Cesa¬ reo (Lecce). 20- 1-932 De Lerma Baldassarre - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. SOCI ORDINARI 26- 2-971 Abatino Elio - C.R.R. - Centro di Microscopia elettronica LM. - Piazza Barsanti e Matteuccì - 80125 Napoli. 28- 3-963 Abignente Enrico - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. _j29-12»976 Accordi Giovanni - Via Grossi Gondi, 46 - Roma. 22-12-982 Alberiamo Patrizia - Via Santa Teresella degli Spaglinoli, 58 - 80132 Napoli. 22- 12-982 Aliotta Giovanni - Via Stadera, 86 - 80143 Napoli. 29- 12-974 Amodeo Giovanni - Via Fava, 33 - 80014 Nocera Inferiore. 23- 12-975 Anastasio Antonio - Via M. Pisciceli!, 29 - Napoli. 26- 7-975 Amdiloro Filippo - Campo Sperimentale Contrada «Bettina» - 89013 Gioia Tauro. 22-12-982 Andreqzzi Giuliana - Istituto di Anatomia Sistematica e Compa¬ rata - Via Delpino, 1 - 80100 Napoli. 7- 2-938 Antonucci Achille - Via Girolamo Santacroce, 19/c - 80129 Napoli. 22-12-982 Antonucci Rosanna - Istituto di Anatomia Sistematica e Compa¬ rata - Vìa Delpino, 1 - 80100 Napoli. 25- 6-976 Aprile Francesco - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università dì Napoli - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 30- 1-981 àrcàmgme Nadia - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. 236 Elenco dei soci 14) 29-10-971 15) 27- 6-980 16) 30- 1-959 17) 23-12-975 18) 27- 6-980 19) 25- 6-976 20) 27- 3-964 21) 27- 6-980 22) 31- 5-968 23) 22-12-981 24) 22-12-981 25) 27- 6-975 26) 26- 5-972 27) 30- 1-959 28) 30-11-973 29) 31- 5-968 30) 30-12-960 31) 3-12-971 32) , 28- 2-969 33) 26- 5-972 34) 20-12-974 35) 27- 6-980 36) 27- 3-964 37) 21-12-979 38) 23-12-975 39) 23-12-975 40) 30- 1-981 41) 31- 3-972 Ariani Antonio - Istituto di Zoologia dell’Università - Vìa Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Ascione Aniello - Vìa S. Michele, 76 - Ponticelli (Napoli). Bado lato Franco - Via Pantelleria, 3 - Roma. Balsamo Giuseppe - Istituto di Biologia Generale e Genetica del¬ l’Università - Vìa Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Barahona Fernàndez - Estación Experimental del Zaidin C.S.LC. - Professor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Barattolo Filippo - Istituto di Paleontologia - Largo S. Marcel¬ lino, 10 - 80138 Napoli. Barbera Carmela - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Barone Guido - Via Gemito, 70 - Napoli. Battaglimi Pietro - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Berlino Giovanna - Via Plinio il Vecchio, 75 - 80053 Castellam¬ mare di Statua.. Billwiller Arnoldo - Piazza Cavour, 146 - Napoli. Biondi Augusto - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologia - Mia Leopoldo Rodino, 22 - 00134 Napoli. Boenzi Federico - Via Lucano, 122 - 75120 Matera. Eoisio Maria Luisa - Distacco Piazza Marsala, 3/6 - 16122 Genova. Bolognese Bianca - Vìa Posillipo, 47/A - 80123 Napoli. Bonardi Glauco - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Bonasia Vito - Istituto di Geologia e Geofìsica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Boni Maria - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Borgia Giulio Cesare - Geologo - Vìa Luigi Guercio, 145 - 84100 Salerno. Botte Virgilio - II Cattedra di Anatomia Comparata dell’Univer¬ sità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Bo va. Conti Marcello - Piazza S. Giovanni Bosco, 1/8 - 90143 Palermo. Boza Lopez Julio - Estación Experimental del Zaidin C.S.LC. - Professor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Brancaccio Ludovico - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Buccino Gerardo - Via C. Rossi, 13 - 84043 Agropoli. Budetta Paolo - Corso Garibaldi, 142d - 84100 Salerno. Cagliozzi Anna - Istituto dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Calienbo Maria Filomena - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Cannavate Giuseppe - Via Gaetano Quagliarteli©, 6 - 84100 Salerno. Elenco dei soci 237 42) 28-12-951 43) 29-10-971 44) 22-12-982 45) 27- 4-973 46) 30-12-962 47) 21-12-979 48) 27- 3-964 49) 29-10-971 50) 22-12-982 51) 31- 5-968 52) 28-12-940 53) 23-12-975 54) 23-12-975 55) 24- 6-977 56) 3-12-971 57) 22-12-981 58) 28-12-969 59) 23-12-975 60) 23-12-975 61) 28- 2-969 62) 29-10-971 63) 31- 5-968 64) 26- 5-972 65) 27- 1-978 66) 31- 5-968 67) 21- 5-968 68) 24- 6-977 69) 28- 2-969 70) 28-12-949 71) 28-12-932 72) 27- 6-975 73) 28- 3-963 Capaldq Pasquale - Traversa Giacinto Gigante, 36 - 80128 Napoli. Capasso Giuseppe - Via S. Eustacchio, 51 - 84100 Salerno. Capasso Leonilda - Via Giacinto Gigante, 204 - 80128 Napoli. Capolongo Domenico - Via Roma, 8 - 80030 Roccarainola (Napoli). Capone Antonio - Via Cilea, 136 - 80127 Napoli. Cappello Brunella - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicolo¬ gica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Caputo Giuseppe - Istituto di Botanica - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. Carannante Gabriele - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Capuano Terrore Alma - Via Petrarca, 47/B - 80122 Napoli. Carrara Eugenio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’ Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Casertano Lorenzo - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Castaldo Chiara - Via Ugo Niutta, 22 - 80128 Napoli. Castellano Maria Cristina - Via Manzoni, 63 - 80123 Napoli. Castellano Cornìello Giovanna - Via Balducci, 10 - 81100 Caserta. Catalano Raimondo - Istituto di Geologia dell’Università - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Catalano Virgilio - C.so Vitt. Emanuele, 539 - Napoli. Catenacci Vincenzo - Via A. Regolo, 12/d - 00192 Roma. Ceccoli Annamaria - Via Pisciceli!, 29 - Napoli. Celi co Pietro - Piazza Pilastri, 17 - 80125 Napoli. Chiaromonte Ferdinando - Parco Grifeo, 38 - 80121 Napoli. Chieffi Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Ciakanfi Neri - Istituto di Geologia e Paleontologìa - Palazzo Ate¬ neo - 70121 Bari Ciardiello Valle Anna Maria - Via Caldieri, 147 - 80128 Napoli. Cimino Antonio - Via Mariano Stabile, 110 - 90139 Palermo. Cippitelli Giuseppe - Via lannozzi, 38 - 20097 S. Donato Mila¬ nese. Cocco Ennio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Cornìello Alfonso - Istituto di Geologìa Applicata - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Corrado Gennaro - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Cotecchia Vincenzo - Istituto di Geologia Applicata - Via Re David, 200 - 70100 Bari. Co vello Mario - Parco Grifeo, 38 - Napoli. Cqzzolino Angela - Via Garibaldi, 9 - Tufino (Napoli). Crescenti Uberto - Vìa Gioberti, 44 - 65100 Pescara. 238 Elenco dei soci 74) 26» 1-949 75) 22-12-981 76) 29-11-974 77) 29-10-971 78) 30- 1-959 79) 27- 6-973 80) 29-12-961 81) 31- 5-968 82) 30- 1-959 83) 30- 1-959 84) 3-12-971 85) 22-12-981 86) 22-12-981 87) 22-12-981 88) 31- 5-968 89) 29-11-974 90) 27- 1-978 91) 31- 5-968 92) 25- 6-976 93) 28- 6-975 94) 26- 2-971 95) 25- 6-976 96) 29-10-971 97) 27- 6-975 98) 26- 6-976 99) 27- 3-964 100) 20-12-960 101) 21-12-979 102) 27- 6-975 103) 22-12-981 104) 20-12-974 105) 29-10-971 106) 27- 4-973 Cucuzza Silvestri Salvatore - Casella Postale 345 » 95100 Catania. Cuneo Franco - Viale Kennedy, 70 - Giardino zoologico - 80125 Napoli. D’Alessandro Assunta - Via G. Grande, 12 - Lecce. Damiani Alfonso Vittorio - Lungotevere Melimi, 30 - 00193 Roma. D’Argenio Brano - Istituto di Geologia e Geofisica delL Universi¬ tà - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Dazzaro Luigi - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ateneo - 80121 Bari. De Castro Piero - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Castro Coppa Maria Grazia - Istituto di Paleontologia del¬ l’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Cunzq Teresa - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Leo Teodoro - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Delfino Vincenza - Via Pietro Castellino, 88 - 80131 Napoli. Del Gaudio Silvana - Via Giuseppe Orsi, 50 - Napoli. Della Ragione Salvatore - Via Cerììlo, 57 - 80070 Bacoli. Del Rio Antonio - Via Floriano del Secolo, 4 - Napoli. De Medici Giovanni Battista - Via Beisito, 13 - 80123 Napoli. De Miranda Renato - Via Oliatamene, 60/B - 80123 Napoli. De Riggi Angelo - Via Cavour, 2 - 80133 Cicciano (Napoli). De Riso Roberto - Istituto di Geologia Applicata dell’Università. De Rosa Ciro - Via Costantinopoli, 25 - Aversa. D’Errico Francesco Paolo - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria dell’Università - Portici (Napoli). De Simone Bruno - Parco Comola Ricci, 120/c - 80122 Napoli. De Simone Francesco - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossi¬ cologica • Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. De Stasio Laura Maria - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Vivo Benedetto - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Di Benga Felice - Calata S. Francesco, 12/B - 80127 Napoli. De Girolamo Pio - Istituto di Mineralogìa dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Di Leo Lucia - Via Lepanto, 21 - 80125 Napoli. Di Luise Giancarlo - Via Carlo Ravizza, 7/A - 20100 Milano. Di Maio Ferdinando - Via G. Poli, 70 - Portici (Napoli). Di Matteo Loredana - Via Consalvo, 138 - Napoli. Dini Antonio - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Di Nocera Silvio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Dipartimento di Scienze della Terra - Via Trentino, 51 - 09100 Cagliari. Elenco dei soci 239 107) 22-12-981 108) 21-12-979 109) 27- 6-973 110) 28- 2-969 111) 27» 6-980 112) 30- 1-981 113) 21-12-979 114) 30- 1-981 115) 29-10-971 116) 26- 6-976 117) 27- 6-980 118) 29-12-961 119) 21-12-979 120) 24- 6-977 121) 21- 5-968 122) 28- 2-969 123) 23-12-975 124) 18-12-959 125) 22-12-981 126) 23-12-975 127) 28-12-951 128) 3-10-971 129) 22-12-982 130) 30-12-960 131) 22-12-981 132) 15-12-978 133) 31- 3-972 134) 15-12-978 135) 31- 3-972 Di Stefano Piero - Via Tricomi, 16 - Palermo. Diurno Maria Vittoria - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossi¬ cologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Esposito Vincenzo - Via Bonito, 27/c - 80129 Napoli. Fanteth Vincenzo - Via Napoli, 107 - 71016 S. Severo (Fog¬ gia). Fenoli. Hach-Ali Purificación - Dipanamento de Cristalografia y Mineralogia » Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna). Ferrara Lydia - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica deU’Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Perreri Vittoria - istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Ferro Raffaele - Via Diano, 27 - 80078 Pozzuoli. Fimiami Pellegrino » Istituto di Entomologìa agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Fimamqre Ester - Via Posillipo, 239 - 80123 Napoli. Fiorito Graziano - Via G. Gigante, 39 - Napoli. Fondi Mario - Istituto Geografìa dell* Università - Largo S. Marcel¬ lino, 10 - 80138 Napoli. Forgione Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicolo¬ gica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Forlani Marcello - Via Libertà, 218/bis - 80055 Portici. Fon Lidia - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Franciosa Nicola - Traversa Ponticelli, 24 - 80100 Napoli. Franco Anna Rita - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Franco Enrico - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Prassinet Maurizio - Via Recanati, 51 - S. Giorgio a Cremano. Calassi Leone - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Galgano Mario - Istituto di Antropologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Galiano Giovanni - Viale Meliusi, 40/c - 82100 Benevento. Gargiulo Giuliana - Istituto di Anatomia Sistematica e Compa¬ rata - Via Delfino, 1 - 80100 Napoli. Gianfrani Alfonso - S. Giacomo dei Capri, 41 - Parco Pica - Napoli. Giglio Francesca - Via S. Maria Apparente, 4 - 80132 Napoli. Gioffrè Domenico - Istituto di Coltivazioni Alboree - Facoltà dì Agraria - Portici (Napoli). Giunta Giuseppe - Via Passaggio dei Poeti, 22 - Palermo. Guadagno Francesco Maria - Via Tasso, 305 - Napoli. Guglielmotti Eugenio - Via G. Scopando, 14 - Salerno. 240 Elenco dei soci 136) 26- 2-971 137) 21- 5-968 138) 27- 6-980 139) 31- 3-972 140) 30-12-936 141) 28- 1-972 142) 26- 5-972 143) 26- 1-973 144) 30- 1-981 145) 6- 2-939 146) 14- 6-945 147) 27- 1-956 148) 30- 1-981 149) 29-10-971 150) 20-12-974 151) 29-10-971 152) 28- 2-969 153) 29-10-971 154) 27- 6-973 155) 29-10-971 156) 15-12-978 157) 22-12-981 158) 31- 3-972 159) 27- 6-980 160) 27- 6-980 161) 22-12-981 162) 22-12-984 163) 26- 5-971 164) 22-12-981 165) 22- 2-963 166) 26- 4-974 Gustato Gerardo - Istituto di Zoologia dell’ Università - Vìa Mez- zoeannone, 8 - 80134 Napoli. Honsel Edmondo - Istituto di Botanica - Via Vaiermo - 34100 Trieste. Huertas Garcia Francisco - Estación Experimental del Zaidin - C.S.I.C. - Professor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Ioni Lamberto - Via Luca Giordano, 6 - 80127 Napoli. Ippolito Felice - Istituto di Geologia - Città Universitaria - Roma. Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università - Palazzo Ate¬ neo - 70121 Bari. Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcel¬ lino, 10 - 80138 Napoli. Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marce lliho, 10 - 80138 Napoli. Istituto di Scienze della Terra - Viale Ungheria, 43 - Udine. Io vene Francesco - Via Acquedotto, 107 - 80070 Ischia (Napoli). La Greca Marcello - Istituto di Biologia animale dell’Università - Via Androne, 81 - 95124 Catania. Lambekuni Diana - Istituto di Chimica Industriale dell’Universi¬ tà - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Lambiase Salvatore - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Landi Aldo - Via Tito Angelini, 25 - 80129 Napoli. Landi Ernesto - Piazza Carità, 6 - 80134 Napoli. Lapegna Ulisse - Via G. Bonito, 27/E - 80134 Napoli. Lapegma Tàvernier Amalia - Istituto di Geologia e Geofisica del¬ l’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. La Rotonda Maria Immacolata - Corso Garibaldi, 129 - 80055 Portici. Laureti Lamberto - Vìa Nievo, 84 - 80122 Napoli. Lavorato Giovanni - Via S. Matteo, 5 - 84090 Montecorvino Pugliano (Salerno). Lazzari Silvestro - Via Mantova, 32/6 - 85100 Potenza. Leuci Giuseppe Istituto di Paleontologia - Napoli. Liquori Vincenzo - Istituto di Geologia - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Linases Gonzales José - Estación Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Lopez Aguayo Francisco - Departamento de Geologia y Geoquì- mica - Facultad de Ciencias - Universidad de Valladolid (Spagna). Lopez Gorge - Via Puente verde, 2 - Granada (Espagna). Lucini Carla - Via Cammarano, 19 - 80129 Napoli. Lucimi Paolo - Via Cammarano, 19 - 80129 Napoli. Lub àschi Elena - Via Tasso, 480 - Parco Materazzo, 80123 - Napoli. Maccagno Angiola Maria - Piazza Zama, 19 - Roma. Maglione Costantino - Via Cile a, 280 - 80127 Napoli. Elenco dei soci 241 167) 27- 1-956 168) 20-10-971 169) 25- 6-976 170) 23-12-975 171) 30-11-973 172) 27- 4-973 173) 30- 1-981 174) 22-12-981 175) 29-10-971 176) 31- 3-972 177) 22-12-981 178) 29-10-971 179) 28-12-949 180) 27- 1-978 181) 27- 1-978 182) 7- 2-938 183) 27-11-947 184) 30-12-960 185) 22-12-976 186) 26- 6-976 187) 30- 1-981 188) 27- 1-978 189) 31- 5-968 190) 27-11-947 191) 22-12-982 192) 24- 6-977 193) 26- 1-949 194) 25- 6-976 195) 27- 4-973 Mancini Fiorenzo - Via Gino Capponi, 18 - 50121 Firenze. Manna Fedele - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Manzo Sergio - Via Terracina, 368 - 80125 Napoli. Marmo Francesco - Istituto di Biologìa Generale e Genetica delFUniversità di Napoli - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Matieucig Giorgio - Istituto di Zoologia delFUniversità - Facoltà dì Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Maxia Carmelo - Dipartimento di Scienze della Terra - Via Tren¬ tino, 51 - 09100 Cagliari. Mazza Cereh Maria Teresa - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologia dell’Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Mazzarella Adriano - Via Petrarca, 119 - Napoli. Merenda Luigi - C.N.R. - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza). Meucci Nardella Anna Maria - Via Domenico Fontana, 95 - 80128 Napoli. Mezzacapo Vincenzo - Via G.B. Novelli, 34 - 81025 Marcianise. Miceli De Biase Leandro - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Migliorini Elio - Via Vitelleschi, 26 - 00193 Roma. Milito Pagliara Severina - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, . 8 - 80134 Napoli. Milome Mario - Istituto di Zoologìa delFUniversità - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Moncharmont Ugo - Via A. Falcone, 88 - 80127 Napoli. Moncharmomt Zei Maria - Istituto di Paleontologia delFUniver¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Montagna Raffaele - Via Domenico Cimarosa, 2/A - Napoli, Moretti Aldo - Istituto di Botanica - Via Fona, 223 - 80139 Napoli. Morrica Schirru Patrizia - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell’Università - Vìa Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Mustacchi Silvia - Via Mariano d’Ayala, 6 - Napoli. Muzzo Carlo - Via Amendola, 2 - 81055 S. Maria Capua Vetere (Caserta). Napoleone Giovanni - Istituto dì Geologìa - Università di Firenze. Napoletano Aldo - Via Rodolfo Falvo, 20 - 20127 Napoli. Nazzaro Antonio - Osservatorio Vesuviano - 80056 Ercolano, Nicoletto Pier Giorgio - Via Fuori Porta Napoli - 81043 Capua. Nicoiera Pasquale - Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria' - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Nicotina Mariano - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Nota D’Elogio Ernesto - Parco Mergellina, 3 - 80122 Napoli. 242 Elenco dei soci 196) 30-12-960 197) 25- 6-976 198) 27-11-947 199) 27- 6-980 200) 29-10-971 201) 30-12-960 202) 30-12-960 203) 22-12-982 204) 29- 3-963 205) 28- 2-969 206) 30-12-960 207) 29-10-971 208) 24- 6-977 209) 22-12-981 210) 22-12-976 211) 27-12-957 212) 29-12-961 213) 31- 1-951 214) 27- 6-980 215) 29-10-971 216) 27- 4-973 217) 31- 5-968 218) 29-10-971 219) 22-12-982 220) 18-12-959 221) 21-12-979 222) 22-12-982 223) 27- 6-980 224) 29-10-971 Oliveri del Castillo Alessandro - Istituto di Geologia e Geofì¬ sica deirUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Orio Franco - Via G. De Jacobis, 3 - 84100 Salerno. Orrù Antonietta - Via Monte Pollino, 2 - Quartiere Montesacro - Roma. Ortega Huertas Miguel - Departamento de Cristalografia y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna). Ortolani Francesco - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità di Napoli. Pagella Maria Luisa - Via Girolamo Santacroce, 5 - 80129 Napoli. Palmentola Giovanni - Istituto di Geologia e Paleontologia del¬ l’Università - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Palomo Delgado Inmaculada - Estación Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Palumbo Antonino - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Paoletti Alfredo - Istituto d’igiene - Facoltà di Scienze - Via Mez¬ zocannone, 16 - 80134 Napoli. Parenzan Paolo - Via Roma, 12 - 74100 Taranto. Parisi Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Pasquarella Carmelo - Via 4 Orologi, 29/A - Ercolano. Pedata Patrizia - Via Nuova S. Rocco, 73 - Napoli. Pellecchia Maria - Via Francesco Saverio Correrà, 222 - Napoli. Pericoli Sergio - Via del Porto, 151 - 47033 Cattolica (Forlì). Pescatore Tullio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Universi¬ tà - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pescione Messina Adelia - Via Fleming, 89 - 00196 Roma. Picariello Orfeo - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Piciocchi Alfonso - Parco Comola Ricci, 9 - 80122 Napoli. Pieratttni Donatella - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pieri Piero - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ate¬ neo - 70121 Bari. Pinna Eros - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Finto Gabriele - Via Nicolardi, Parco Arcadia, 5 - 80131 Napoli. Piscopo Eugenio - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Placella Bianca - Corso Umberto, 35 - 80138 Napoli. Pollio Antonino - Via Kerbaker, 86 - 80129 Napoli. Pozzuoli Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Fa¬ coltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Priore Rosa - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Elenco dei soci 243 225) 21-12-979 226) 28-12-956 227) 30-12-960 228) 28-12-969 229) 20-12-974 230) 27- 3-964 231) 31- 5-968 232) 21-12-970 233) 28-12-949 234) 3-12-971 235) 27- 3-964 236) 27- 6-980 237) 22-12-981 238) 27- 6-975 239) 15-12-978 240) 27-11-947 241) 22-12-981 242) 30- 1-981 243) 30- 1-981 244) 29-10-971 245) 27- 1-978 246) 31- 5-968 247) 3-12-971 248) 28- 3-963 249) 20-12-974 250) 30-12-941 251) 29-10-971 252) 30-11-973 253) 27- 3-964 Pugliese Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica delfUniver- sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Quagliarmelo Teresa - Istituto di Geologìa e Geofisica delPUni- versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Rabina Brano - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Radqicic Raika - Mi, 7, 38 - Belgrado. Ramundo Eliseo » Via Cesare Rossaroll, 174 - 80139 Napoli. Rapolla Antonio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer- sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Riccheth Giustino - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Righetti Francesco - Istituto di Zootecnica - Via F. Delpino, 1 - 80137 Napoli. Riffa Anna - Piazzetta Marconiglio, 4 - 80141 Napoli. Roda Cesare - Istituto di Scienze della Terra - Viale Ungheria - Udine. Rodriguez Antonio - Via Pietro Castellino, 179 - 80131 Napoli. Rodriguez Gallego Manuel - Departamento de Cristalografia y Mineralogia - Facultad de Cìencìas - Universidad de Granada (Spagna). Rossi Fortunato - Via Montedonzelli, 48/d - Napoli. Rosso Andrea - Via Ferrara, 14 - Caserta. Rotondo Antonio - Istituto dì Coltivazioni Arboree - Facoltà di Agraria ■ Portici (Napoli). Ruffo Sandro - Lungadige Porta Vittoria, 9 - 37100 Verona. Russo Antonio - Viale Muratori, 225 - Modena. Russo Giovanni - Via Galatina - III trav. - S. Maria Capo a Va¬ lere. Russo Luigi - Via Cilea, 171 - Napoli. Russo Luigi Filippo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Salvati Gerardo - Via Pisa, 1 - 85100 Pisa. Sarpx Ernesto - Via S. Aspreno, 13 - 80133 Napoli. Sartoni Samuele - Istituto di Geologìa - Via Zamboni, 63-67 - 40127 Bologna. Scandone Paolo - Istituto di Geologia e Paleontologia - Università di Pisa. Scaramella Domenico - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Scherillg Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Schettino Oreste - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Universi¬ tà - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Scippacercqla Sergio - Centro di Calcolo Elettronico Interfacol¬ tà - Pad. 17 - Mostra d’Qltremare - Napoli. Scorziselo Raffaele - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 244 Elenco dei soci 254) 255) 256) 257) 258) 259) 260) 261) 262) 263) 264) 265) 266) 267) 268) 269) 270) 271) 272) 273) 274) 275) 276) 277) 278) 279) 280) 281) 27- 3-964 25- 6-967 15-12-978 31- 1-951 21- 12-979 28- 3-963 29- 10-971 31- 1-951 30- 12-960 23-12-975 26- 5-972 31- 5-968 27- 6-975 31- 5-968 31- 5-968 26- 3-942 22- 12-981 22-12-981 31- 5-968 29-12-961 27- 1-978 19- 10-971 20- 12-974 15-12-978 29- 12-961 30- 1-981 25- 6-976 29-10-971 Scotto Di Carlo Bruno - Stazione Zoologica - Villa Comunale - 80121 Napoli. Senatore Felice - Via Balziro - Traversa Bottiglieri, 17 - Salerno. Serra Virginia - Dipartimento di Biologia Cellulare - Università - Arcavacata Rende (Cosenza). Sersale Riccardo - Istituto di Chimica Applicata - Facoltà di Inge¬ gneria - 80125 Napoli. Sgarrella Franca - Via Cilea, 250 - 80127 Napoli. Sgrosso Italo - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Simone Lucia - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Sinno Renato - Via Scudillo, 20 bis - Napoli. Sorrentino Pappalardo Albino - Via S. Giovanni Bosco - 33028 Tolmezzo. Spagnuolo Gabriella - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Speranza Antonio - Via Tommaso Caravita, 29 - 80134 Napoli. Stanzione Damiano - Via Nicolardi (Parco Arcadia, is. 5) - 80131 Napoli. Steri Stefano - Istituto di Matematica dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Taddei Roberto - Orto Botanico - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. ' Taddei Ruggiero Emma - Istituto di Paleontologia dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Tarsia in Curia Isabella - Corso Umberto I, 106 - 80138 Napoli. Tartaglione Anna Maria - Via S. Donato, 20 - Caserta - Sala. Tartaglione Elio - Via G. Santacroce, 3 - Napoli. Torre Mario - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Torre Zamparelli Valeria - Istituto di Geologia e Geofisica del¬ l’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Tramutoli Mariano - Via Caserma Lucana, 23 - 85100 Potenza. Tremblay Ermenegildo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Vacatello Michele - Istituto Chimico - Via Mezzocannone, 4 - 80134 Napoli. Valenttni Giovanni - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Vallario Antonio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Varriale Bruno - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Verniani Franco - Istituto di Fisica « A. Righi » - Università - Via Irnerio - 40126 Bologna. Viggiani Gennaro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Elenco dei soci 245 282) 2142-979 283) 27- 1-978 284) 31- 3-972 285) 30-12-960 286) 25- 6-976 Villanis Gabriella - Via Guglielmo Sanfelice, 24 - 80134 Napoli. Villari Anna - Via Nausan, 36 - 80121 Napoli. Vitagllano Paolo Augusto - Via S. Giacomo dei Capri, 125 - Palazzo Seca - 80128 Napoli. Vitagllano Vincenzo - Via A. Manzoni, 30 - 80123 Napoli. Zampino Carlo - Via S. Baratta - Salerno. - ■ Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti 1) Acta Borealia. Serie scientia. Tromso-Oslo. 2) Acta Botania Fennica. Helsinki. 3) Acta Entomologica Fennica. Helsinki. 4) Acta Faunistica Entomologica Musei Nationalis Pragae (Sbornik Faunistikych Praci...). Praha. 5) Acta Facultatis rerum naturalium Universitatis Comeniane. Ser. Anthopologia. Botanica. Chimica. Mathematica. Physica. Physiologia plantarum. Zoologia. Bratislava. 6) Acta Geologica et geographica Universitatis Comenianae. Bratislava. 7) Acta Palaentologica Sinica. Nanking (China). 8) Acta Societatis Botanicorum Poloniae. Warszawa. 9) Acta Societatis prò fauna et flora fennica. Helsinki. 10) Acta Universitatis Ludensis. Lund. 11) Acta Zoologica Fennica. Helsinki. 12) Allan Hancock Monographs. Los Angeles. 13) Anales del Instituto de biologia. Universidad Nac. de Mexico. México. 14) Anales del Instituto Botanico a. J. Cavanilles. Madrid. 15) Anales de Sociedad Cientifica Argentina, Buenos Aires. 16) Animalia Fennica. Helsinki. 17) Annalen der K. K. Naturhistorischen (Hof-) Museum. Wien. 18) Annales Botanici Fennici. Helsinki. 19) Annales Entomologici Fennici (Soumen Hyonteistieteellinen Alika Kauskirija). Helsinki. 20) Annales Musei Goulandris. Contributiones ad historiam naturalem Greciae et Regionis Mediterraneae a Museo Goulandris historiae naturalis editae. Kifisla (Atene). 21) Annales de la Sociètè Royale Zoologique de Belgique. Bruxelles. 22) Annales historico-naturales Musei Nationalis Hungarici. Budapest. 23) Annales Universitatis Mariae Curie Slodowska. Sectio B: geographia, geologia, mineralogia et petrographia. Sectio C: Biologia. Lublin. 24) Annales Zoologici Fennici. Helsinki. 25) Annali della Facolta Agraria. Università Cattolica del Sacro Cuore. Piacenza. 26) Annali della Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università degli Studi di Napoli. Portici. 27) Annali del Museo Civico di storia naturale «G. Doria» di Genova. Genova. 28) Annali dell’Università degli Studi de L’Aquila. L’Aquila. 29) Annals of thè Missouri Botanical Garden. St. Louis. 248 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 30) Annuario della Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di scienze fisiche. Bologna. 31) Annuario della Accademia delle Scienze di Torino. Torino. 32) Annuario delle Biblioteche italiane. Ministero Pubbl. Istr. Roma. 33) Annuario dell’Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Napoli. Napoli. 34) Annuario del Ministero della P.I. Roma. 35) Annuario de Sociedad Broteriana... Coimbra. 36) Archiv de Fruende der naturgeschichte in Mecklenburg. Rostock. 37) Archivio di oceanografia e limnologia. Roma. 38) Archivio per l’antropologia e la etnologia. Firenze. 39) Arkiv for Botanik. Uppsala-Stockholm. 40) Archiv for Zoology. Stockholm. 41) Arxius de la Sección de Ciencias. Barcelona. 42) Astarte. Tromso Museum Zoological Department. Tromso. 43) Atti dell’Accademia Ligure di Scienze e Lettere. Genova. 44) Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania. Catania. 45) Atti dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Rendiconti. Classe di scienze fisiche. Bologna. 46) Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Atti. Atti Generali e Verbali delle Classi riunite. Torino. 47) Atti dell’Accademia di Scienze Mediche di Ferrara. Ferrara. 48) Atti dell’Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche della Società Nazio¬ nale Scienze Lettere ed Arti. Napoli. 49) Atti dell’Accademia Pontaniana. Napoli. 50) Atti dell’Accademia Properziana del Subasio. Assisi. 51) Atti dell’Istituto Botanico della R. Università. R. Laboratorio Crittogamico. Pavia. 52) Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di Genova. Genova. 53) Atti del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. Trieste-Udine. 54) Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. Modena. 55) Atti della Società italiana di scienze naturali e del Museo Civico di Storia natu¬ rale di Milano. Milano. 56) Atti della Società Peloritana di Scienze fìsiche e matematiche. Messina. 57) Atti della Società Speleologica Italiana. Alessandria. 58) Atti della Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa. 59) Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura, scienze, lettere ed arti. Verona. 60) Atti e rendiconti dell’Accademia di Scienze lettere ed arti degli Zelanti (e dei PP. dello Studio). Vedi Memorie e Rendiconti. 61) Berich der Oberhessischen Gesellschaft fur Natur-und Keilkund... Giessen. 62) Biblioteca Statale di Cremona - «Bollettino della Società Medico Chirurgica e degli Ospedali - Provincia di Cremona». 63) Biological Bulletin published by Marine Biological Laboratory. Lancaster. 64) Biological Review of thè Cambridge Philosophical Society. Cambridge. 65) Boletin de Sociedade Broteriana. Coimbra. 66) Boletin de la Sociedad Espanda de historia naturai. Madrid. 67) Bollettino del Laboratorio di Entomologia agraria «Filippo Silvestri». Portici. 68) Bollettino dell’Istituto Botanico dell’Università di Catania. 69) Bollettino dell’Istituto di Entomologia della R. Università di Bologna. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 249 70) Bollettino dellTstituto e Museo di Zoologia delPUniversità di Torino. 71) Bollettino dei Musei e degli Istituti Biologici delf Università di Genova. 72) Bollettino del Museo Civico dì Storia naturale di Venezia. 73) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 74) Bollettino del Servizio Geologico d’Italia. Roma. 75) Bollettino della Società Adriatica di Scienze. Trieste. 76) Bollettino della Società Entomologica Italiana. Firenze. 77) Bollettino della Società Geografica Italiana. Roma. 78) Bollettino della Società Italiana di Biologia sperimentale. Napoli. 79) Bollettino di zoologia agraria e di bachicoltura. Milano. 80) Bollettino Società Sarda di Scienze Naturali. Sassari. 81) Bulletin de ITnstitut de Geologie du Bassin d’Aquitaine. Talence. 82) Bulletin of thè British Museum. Naturai History. London. 83) Bulletin of thè Entomological Society of Egypt (U.A.R ). Cairo. 84) Bulletin of Geological Institute. Ser. Petroleum and coal geology. Ser. Paleonto- logy. Sofia. 85) Bulletin of thè Geological Institution of thè University of !J pesala. 86) Bulletin of thè Illinois State Natura History Survey. Urbana. 87) Bulletin de flnstitut Royal des Sciences naturelles de Belgique. Biologie Ento¬ mologie. Bruxelles. 88) Bulletin de la Societé Entomologique d’Egypte. Le Caire. 89) Bulletin de la Societé des Sciences naturelles de l’Ouest de la Franca. Nantes. 90) Bollettino dell’Orto Botanico di Napoli. Vedi Delpinoa. 91) Casopis Ceské Cek... (Acta Societatis Entomologicae Bohemiae). Praha. 92) Cheapeake Science. A regional Journal of Research and Progress on naturai resources. Solomons. 93) Ciencia biologica (1 Biologia, 2 Ecologia). Dep. de Zoologia Universidade de Coimbra. 94) Colloquis. Sociedad Catalana de Biologia... 95) Commentari dell’Ateneo di Brescia. 96) Decheniana. Bonn. 97) Decheniana. Beihefte. Bonn. 98) Delpinoa. Nuova serie del Bollettino dell’Orto Botanico di Napoli. 99) Donarla, Supplemento agli Annali del Museo Civico di Storia naturale « G. Do¬ na:) Genova. 100) Etologia Polska. Warszawa. 101) Endeavour. Rassegna del progresso scientifico... 102) Entomologia che Albe iteri aus dem Museum G. Frey. Munchen. 103) Entomologisk Tidckrift ut given av Entomologiska Foreningen i Stockholm, Journal entomol. publé par la Société Entomol. Stockholm. 104) Fauna Fennica. Helsingfors. 105) Flora Fennica. Helsinki. 106) Fragmenta Entomologica. Roma. 107) Geoloski Vlesnik. Zagreb. 108) Giornale botanico italiano. Firenze. 109) Gorteria Riyksherbarium. Leiden. 110) Illinois bìological monographs. Urbana. 111) Il Naturalista Siciliano. Palermo. 250 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 112) Journal of thè Marina Biologica! Associati»:-!). Cambridge. 113) Leopoldina. Mitteilungen der Deutschen Akademie der Naturgoscher Leopol¬ dina. Halle/Salle. 114) Madoqua. Scientific papers of thè Namib Desert Research Station Wetenska- plike... 115) Man. The Journal of thè Royal Anthropological Institute. London. 116) Marine studìes of San Pedro Bay. 117) Mediterranea. Departamento de Biologia. Alicante. 118) Memoranda Societatis prò Fauna et Flora Fennica. Helsinki. 119) Memorias de Sociedad Broteriana. Coimbka. 120) Memorie e rendiconti dell’Accademia di Scienze, lettere e belle arti degli Zelandi e dei Dafni ci di Acireale. 121) Memorie fuori serie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 122) Memorie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 123) Memorie del Museo Tridentino di Scienze naturali. Trento. 124) Memorie e note delf Istituto di Geologia applicata dell’Università di Napoli. 125) Memorie della Società Entomologica Italiana Supplemento al Bollettino della Società Entomologica It. Genova. 126) Mitteilungen aus dem Hamburgischen Zoologischen Institut und Museum. Hamburg. 127) Mitteilungen der Bayeriscfaen Staatssammlung fur Paleontologie und histor. Geologie. Monaco. 128) Monographiae Botanicae. Warszawa. 129) Natura. Rivista dì scienze naturali. Milano. 130) Natura bresciana. Brescia. 131) Note Fitopatologìche per la Sardegna. Sassari. 132) Notiziario del Circolo Speleologico Romano. Roma. 133) Nova Acta Leopoldina. Leipzig. 134) Novos Taxa Entomologicos... Louremco Marques. 135) Ohio (The) Journal of Science. Columbus. 136) Periodico di mineralogia. Roma. 137) Pescaport. Genova. 138) Proceedings of K. Nederlands Akademie van Wetenschappen. Ser. Physical Sciences. Ser. Biologica! und medicai Sciences. Amsterdam. 139) Proceedìng of thè Nova Scotian Institute of Sciences. Halifax. 140) (Publications) United States Geological Survey. Department of thè Interior. Washington. a) Abstracts of North American geology; b ) Bulletin; c) Earthquake Information bulletin; d) Geophysical; e) Journal of Research; f) Professional paper; g) Tecniques; hi) Topographic; 0 Water supply paper. 141) Pubblicazioni dellTstituto di Botanica dell’Università di Catania. 142) Pubblicazioni della Stazione Zoologica di Napoli. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 251 143) Pubiicaciones del Centro Pirenaico de Biologia Experimental. Barcelona, poi Jaca. 144) Pubiicaciones de Departamento de Zoologia. Universidad de Barcelona. 145) Publicafoes de Instituto de Zoologia «Dr. Augusto Nobre». Porto, poi Coimbra. 146) Quaderni dell’Istituto Botanico dell’Università. Laboratorio Crittogamico. Pavia. 147) Redia. Giornale di zoologia (già Redia. Giornale di Entomologia). Firenze. 148) Rendiconti dell’Istituto Lombardo... Milano. 149) Rendiconto dell’ Accademia delle Scienze fisiche e matematiche della Società di Scienze Lettere e Arti. Napoli. 150) Report on scientific activities... Warszawa. 151) Revìsta de Entomologia de Mopambique. Lauren^o Marquez. 152) Re vista de la Sociedad Gentili ea del Paraguay. Asuncion, 153) Ricerche, Contributi e Memorie del Centro di Studi su l’Isola d’Ischia - Biblio¬ teca Antoni an a. Ischia Ponte. 154) Risveglio del Molise e del Mezzogiorno. 155) Riviera scìentifique. Bulletin de FAssociation des Naturalistes de Nice et des Alpes Maritime. Nice. 156) Rivista di Biologia normale e patologica. Messina. 157) Rozpravi Ceske Akademie véd a LJmeni. Praze. 158) Sbornii Slovenskeho Nardneo Muzea... Bratislava. 159) Scripta Facultatis Scientiarum naturalium. Universitatis Purkynianae Brunensis. Brne. 160) Selezione veterinaria... Brescia. 161) Senckenbergischen Naturforsehenden Gesellschaft. Helsinki. 162) Smithsonian Year. Washington. 163) Sottoterra. Bollettino informativo del Gruppo Speleologico Bolognese C.A.I. e dello Speleo Club di Bologna E.N.A.L. Bologna. 164) Spisy Prirodovedecke Fakulty University I. E. Purkiné, Brnq. 165) Struktur und Mìtgliederbestand. Deutsche Akademie der Naturforscher Leo¬ poldina su Halle/Saale. 166) Studi geologici Camerati. Camerino. 167) Studi Sassaresi. Sassari. 168) Studi trentini di scienze naturali. Sez. A. Abiologica. Sez. B. Biologia. Trento. 169) Thalassìa Ionica. Istituto Sperimentale Talassografico. Taranto. 170) Thalassia salenti na. Stazione Biologica Marina di Salente. Porto Cesareo. 171) Trabajos del Departamento de Botanica y Fisiologia vegetale. Madrid. 172) Transaction of thè Wisconsin Academy of Sciences arts and letters. Madison. 173) Travaux biologique de Flnstitut J. B. Carnoy. Louvain. 174) Travaux sur le géologie de Bulgarie. Tradove Varhu... Sofia. 175) University of California publications in geological Sciences... 176) Verhandlungen der K. K. Zoologisch - botanischen Gesellschaft. Wien. 177) Yesnik Zavod za Geoloska j Geofizicka Intrazivanija. Serie A Geologija. Serie B Hidrogeologia. Serie C Geofizicka. Beograd. . ■ ' INDICE Ferro R., Fulvio Russo G. - Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro. II - Malacofauna ........................................... pag. 3 Righetti F., Ferrara B., Intrieri F., Righetti D. - Studio comparativo sull’allevamento del cinghiale Maremmano e del cinghiale dei Car¬ pazi. - 3. Rilievi alla macellazione e alla sezionatura . » 21 Placella B. - Ulteriore segnalazione di corallofaune in argille pleisto¬ ceniche nella provincia di Reggio Calabria . . . » 33 Celico P. - La falda in rete dei Monti di Venafro: ipotesi di captazione e prevedibili ripercussioni sul regime idrologico delle sorgenti » 43 Palumbo A. - Implicazioni delle variazioni del livello medio del mare nella progettazione delle opere di difesa . . » 67 Gustato G., Villari A., Del Gaudio S., Pedata P. - Ulteriori dati sulla distribuzione di Holothuria tubulosa , Holothuria polii e Holothuria stellati nel golfo di Napoli . . » 75 Barattolo F. - Osservazioni su Triploporella steinmannii n. sp. (alghe verdi, Dasicladali) del Cretacico del Messico . » 89 Berrino G., Castellano M., Del Gaudio C, D’Errico V., Franchi¬ no A., Grimaldi M., Ricco C. - Anomalie Gravimetriche e Noise sismico a Pantelleria . . » 125 Arcamone N. - Altezza dello strato di mescolamento ed implicazioni sulla pedofauna dei fenomeni piovosi in area urbana . » 145 Morrica P., Mustacchi S., Santagada V., Senatore A., Serra D. - Acidi grassi e steroli in due specie di Hygrophorus . » 153 Battaglini P., Andreozzi G., Antonucci R., Arcamone N., Castal¬ do L., Gargiulo G. - Ittiotossicità e prime osservazioni istologiche sulle modificazioni dell’epitelio respiratorio di Carassius auratus L. esposto ad acque inquinate da olii greggi. Un problema di autoeco¬ logia acquatica ............ . » 157 Battaglini P., Lucini C. - Struttura e migrazioni di una comunità ani¬ male edafica in un suolo di origine vulcanica (Camaldoli - Napoli) » 173 Voicu G. - Idées nouvelles sur la stratigraphie et la paléogéographie du «Badénien» de la Paratéthys Centrale. Présentation synthétique » 193 254 Indice Caliendo M. F., Milone M. - Effetto del ciproterone acetato sulla ma¬ lato deidrogenasi del sistema ipotalamo-ipofisario durante il ciclo estrale di Mus musculus domesticus . . . . pag. 209 d’Amore C., Schiano Di Zenise M. - Le collezioni del Museo annesso all’Istituto di Antropologia dell’Università di Napoli. - VI. Fotogra¬ fica: 35 diapositive . . . » 217 Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali . » 225 Elenco dei soci al 31 dicembre 1982 . . . ....... » 235 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti . . . . . » 247 * TERMINATO DI STAMPARE OGGI XXII GIUGNO MCMLXXXTV NELLE OFFICINE GRAFICHE NAPOLETANE «FRANCESCO GIANNINI & FIGLI» Direttore responsabile : Prof MICHELE FUI ANO Autorizzazione della Cancelleria del Tribunale di Napoli - n. B 649 del 29 11*1960 Art. 14. — Nel dattiloscritto, si raccomanda di indicare con doppia sottolineatura (maiuscoletto) i nomi degli Autori e con la sottolineatura semplice (corsivo) i titoli dei periodici nella bibliografia, i nomi scientifici latini ed i termini stranieri. Art. 15. — Le illustrazioni che corredano il testo saranno accompagnate da brevi esaurienti didascalie nella stessa lingua del testo. Art. 16. — Dato il tipo di carta adottato per la stampa del Bollettino la maggior parte delle figure andranno inserite come tali nel testo, con numerazione progressiva. Al termine del testo, in continuità con rimpaginazione precedente, potranno essere inserite delle tavole contrassegnate da numeri romani progressivi, fermo restando che le dimensioni - inclusa la didascalia - non oltrepassino quelle del formato standard di cm 11 x 18. È con¬ sigliabile che gli originali per le illustrazioni siano di dimensioni superiori a quelle defini¬ tive (1 V2 o 2 volte quelle definitive). Salvo indicazioni contrarie, le illustrazioni saranno riprodotte in modo da utilizzare al massimo il formato standard e, in ogni caso, in confor¬ mità con il parere espresso in merito dal Redattore. Art. 17. — Le tabelle andranno contrassegnate con una numerazione indipendente e progressiva. Per eventuali tabelle con dati numerici o elenchi di nomi con segni o grafici è consigliabile preparare un originale ad inchiostro di china o dattiloscritto da cui possa essere ricavato uno zinco. Salvo casi di impossibilità, dette tabelle non dovranno superare le dimensioni di cm 11x18. Art. 18. — Le note a piè pagine devono portare una numerazione indipendente e progressiva dall’inizio del lavoro. Nel dattiloscritto esse vanno presentate a parte, tutte riu¬ nite in successione e numerate. Art. 19. — La bibliografia sarà raccolta alla fine del testo e dovrà comprendere solo i lavori effettivamente citati nel testo stesso, in una delle forme seguenti Gray (1824); (Gray, 1824); (Gray, 1824: 73); va pertanto esclusa una numerazione progressiva dei rife¬ rimenti bibliografici. Nell’elenco alfabetico degli Autori il cognome dovrà essere riportato prescindendo dai prefissi di casato (p. es. de , von ecc.) che, se presenti saranno indicati subito dopo il nome. Se di uno stesso Autore vengono citati più lavori, questi saranno elencati cronologica¬ mente. Si faranno seguire alla data di pubblicazione, nell’ordine, le lettere a, b, c, ecc. quando i lavori abbiano lo stesso anno di edizione. Le stesse lettere dovranno essere ripor¬ tate nelle citazioni nel testo. Per lavori pubblicati da più Autori, tutti gli Autori dovranno essere riportati in Bibliografìa, mentre nel testo - qualora gli Autori siano tre o più - si riporterà solo il primo con raggiunta di et al. Al cognome dell’Autore seguirà l’iniziale o le iniziali del nome, quindi la data di pub¬ blicazione del lavoro, tra parentesi e punto. Nel caso di più Autori, questi saranno separati da una virgola. Il titolo del lavoro dovrà essere riportato per esteso, sottolineando le eventuali parole in corsivo. I titoli dei periodici dovranno essere riportati in corsivo (sottolineatura semplice) ed abbreviati attenendosi alla Word List of Scientifìc Periodicals, IV Ed. (1963-65). Il numero del volume sarà sottolineato con una linea semplice ed una ondulata onde sia riprodotto in grassetto; esso sarà eventualmente preceduto, tra parentesi, dal numero della serie e seguito, pure tra parentesi, da quello del fascicolo; quindi due punti e indicazione della prima e dell’ultima pagina dell’articolo, delle eventuali figure (figg.), tavole (tavv.), tabelle (tabb.) ed infine la città tra parentesi. Qualora il periodico sia articolato in numeri, questi saranno indicati col simbolo N°; analogamente la parte si indicherà con P., la sezione con Sez., il supplemento con Suppl. una nuova serie con N. Ser., una edizione con Ed. In ogni altro caso il riferimento dovrà essere riportato per esteso (per es. nella citazione di una tesi, di un simposio ecc.). Per i lavori non pubblicati su periodici si indicheranno dopo il titolo, nell’ordine, l’Edi¬ tore e la relativa Città; quindi dopo il punto, il numero complessivo delle pagine (pp.), le eventuali figure (figg.), tavole (tavv.), e tabelle (tabb.). Gli esempi seguenti potranno servire da guida per la compilazione della Bibliografia: Crescenti U., Crostella A., Donzelli G. & Raffi G. (1969). Stratigrafia della serie calca¬ rea dal Lias al Miocene nella regione marchigiano-abruzzese. Mem. Soc. geol. ital. 8: 343-420, 64 figg., 3 tavv. (Pisa). Goodey J. B. (1963), Soil and freshwater Nematodes. Metheum and Co., London, XV + 544 pp., 298 figg. Art. 20. — Di eventuali errori e/o omissioni nella compilazione della Bibliografìa sono responsabili gli Autori delle note. SONIAN INSTITUTION NOIinJLlISNII NVINOSHXIWS S3IHVHBn LIBRARIES SM1THSONIAN z c o Z _ _ _ co 2: >' v» co 2 > *tW/* 2 g ’W ^ > SHillMS^SB lava 9 n LIBRAR IESWSMITHSONIAN INSTITUTION NOIXnilXSNI NVINOSHXIWS co ^ <0 zz _ co (O o ^ o _ XOiiu^X Q ISONIAN^INSTITUTION^ NO 1 -LOUIS NINNIVI N0SH1I WS ^S3 lavaail^LlBRARI E SMITHSONIAN iz /£SS£^ W 2 5 o *A I — /vMfrJkA -n H* /A«vr>^A _ * ^ \ fj^ A~| 0/ — fVASV^X m CO ~ co — co ►SHillAIS S 3 I avvali LIBRARI ES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIiniUSNI NVIN0SH1IWS co 2 ^ ^ 2: co z . 0,/ ^ ^ ? s m ato' ± 'ffiààXffl tz ^ / ' tr V38 tALW^ 2 CO ‘ 2 CO •■A‘ Z CO SONIAN INSTITUTION NOIifUllSNI_NVINOSHXIWS SBiaVaaM LIBRARIES SMITHSONIAN CO _ Z \ CO _ _ ~ co Ci-J X^T,)r0/X co CP- CO ^ co Z CO *2 SH1IIAIS S3IBVBBI1 LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION N0I-L0U1SNI NVINOSHJLIWS co ^ _ _ co r; _ co _ — O _ _ _ IS0NIAN~* INSTITUTION N0liniliSNI~"NVIN0SHil WS SaiBVBBH^LIBRARI ES^SMITHSONIAf' r~ z r* * z r* z O ,Xi?tìt77>n. ~ a O yf^vnrT?^ O 23 > 70 m m rn CO £ co £ co )shii ws saiavaan libraries smithsonian institution NioiiruiiSNi nvinoshiiws CO z •„ CO _ Z V co z s: x^vTir^ < A s: JTION NOIifllIXSNI NVINOSHXIWS SSIdVaail LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION C/5 2 W 2 ^ 2 v ~ jf'à/4 **- H . 21 — j ^Urttwxì\ s^w \ b> 2 co o 2 S > «P'"' 2 > a a n2 LI B RARI ES^SMlTHSONIAN^INSTITUTION^NOIXfUiXSNI MVIKI0SHXIWSWS3 l d va a 11 c/5 r; _ _ co _ ~ co Ui <'itiZ'4W 3 IIF 38IJ < IsF 3 ®iN « “ ^Ma 5 'GkàiwS) “ vraiAs/ h «* m «Olir 5 \s&f$y “ m )TI0NzN0IXnilXSNI~NVIN0SHllWS^S3 I ava SH^UBRAR I ES2SMITHS0NIAN~INST1TUTI0N O ^SwC^ “ 2 m - -<8^» w =**- -^tì> > v «llk 3 (se 3el > l|fc 31) p JzwJr/'1- > m | | I' V ,V" | ua n LI B RAR I ES SMITHS0NIAN-|N$riTUTI0N‘ON0IXnxlXSNI-NIVIN0SHlllAIS1”s3 I BVB 8 11 2 \ ^ 2 v CO 2 CO | ^ | | ^ |-* | §•*- tion l/5NoixnxixsNi_NviNosHxiiMsa’s3 1 ava a II^LI BRAR I ES^SMITHSONIAN^INSTITUTION co _ -> \ 2 ^ ^ yan^lB RAR I E $ ^SMITHSONIAN _ INSTITUTION NOIlfUllSNI^NVINOSHlllAIS^Sa I d Vd 8 il ^ ^ 4p|^ ^ /^%\ 2 ^||6 1 ^ m | | « TION N0IXnXIXSNI-JNIVIN0SHXIWSZS3 I a va a n ""li B RARI eszsmithsonian~jinstitution SMITHSONIAN JNSTUUUUN NUi in J.U.5XM » N^iiNUbhiim 5Jia?aai i vioftartltb SM J irlSONIAN INSTITUFIUN NOIirUUSNi NVINOSH.