HARVARD UNIVERSITY LIBRARI OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOÒLOGY Ad Qtalo 10,1945 i RIT ASI fn? at ct ze US .OOKEZIONOGY È: i CAMINI MAIO di Serie Il - Vol. V. Anno XIII - 1904. È - Fasc.b I II. da ri ‘Aa > af: Lo Zoolog DA ; 0CT.10 1945" » — SOCIETA ZOOLOGICA. ITALIANA sa È ] Ni È 3 | « È 3 fi d | a NANI è CON SEDE UIN ROMA N i i A i entoprocto, diffuso nel Mediterraneo, Atlantico e mari settentrionali, ma nuovo per la costa romana; nel Mediterraneo, per quanto è a mia conoscenza, venne trovato a Napoli (Waters e Uljanin), nell'Adriatico (Pieper, Hincks, Hatschek), a Marsiglia (Ma- rion), e recentemente a Cette (Calvet). Roma, « R. Liceo Visconti » febbraio 1904. A. NEVIANI,. Istituto Zoologico della R. Università di Roma diretto dal Prof. A. CARRUCCIO VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORAGICO (Sistema muscolare e nervoso) RICERCHE E STUDIO DI VALENTINO BARNABÒ —_————_ Comunicazione alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Nell’adunanza generale scientifica, tenata dalla So- cietà Zoologica Italiana il 29 dicembre 1903, comunicai due varietà anatomiche, che in quei giorni avevo avuto occasione di trovare, facendo alcune dissezioni nell’Ospe- dale di S. Spirito in Roma. Già dal breve esame, consen- titomi dalla ristrettezza del tempo, di alcuni trattati e memorie da me possedute, avevo compreso che tali casi non erano forse stati ancora descritti e dovevano interes- sare lo studioso. Una tale osservazione mi determinò a fare ulteriori ricerche, dalle quali mi è risultato che real- mente le due varietà anatomiche nella forma da me ri- trovata possono considerarsi come un nuovo contributo alla scienza, e che hanno notevole importanza, tanto se si considera solamente la pura Morfologia e Anatomia de- scrittiva, quanto se si pensa o alle applicazioni pratiche di Chirurgia o alle deduzioni importantissime ricavabili dall’Anatomia Comparata. Le due disposizioni anomale riguardano una il sistema muscolare, e l’altra quello nervoso periferico dell’arto toracico. Tutte due stimo degne dello studio più accurato, VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 5 ma specialmente la seconda per le ragioni di indole onto- genetica, che addussi in un mio precedente studio a pro- posito di altre anomalie nervose, e che ora non starò a ridire per evitare ripetizioni. Ma ciò apparirà ancora più chiaro dopo aver singolarmente studiato i due casi. 1. — Fascio soprannumerario del muscolo pronatore rotondo. Quando in Anatomia Topografica si prepara la regione detta della piega del cubito, dopo aver dissecati i tre primi strati superficiali costituiti dalla pelle, dal sottocutaneo e dall’aponevrosi antibrachiale, si cade sullo strato muscolare, e il primo muscolo che si osserva dal lato radiale è il pronatore rotondo. Facendo appunto una tale preparazione sul cadavere di una vecchia, vi notai che oltre al muscolo normale esisteva un fascio muscolare soprannumerario, il quale per la sua disposizione e per la notevole robustezza delle sue fibre attirava subito l’attenzione. Ora cercherò di descriverlo il più esattamente che mi sarà possibile, ma credo utile innanzi tutto ricordare brevemente la di- sposizione normale. Il muscolo pronatore rotondo fu detto così per distin- guerlo dal pronatore quadrato ; ma ha ricevuto molti altri nomi. Il Bichat lo chiama « grand pronateur », lo Chaus- sier « épitroklo-radial » tenendo così conto delle sue inserzioni, e il Winslow « pronateur oblique » a causa della direzione delle sue fibre. Fu detto anche « pronator teres » « pronator radii rotundus », « pronator radii teres », ecc. Quando si esaminano le sue inserzioni prossimali, che il Cruveilhier raccomanda giustamente di studiare con atten- zione, si trovano due fasci, uno detto epitrocleare e l’altro coronoideo, i quali però nel maggior numero dei casi sono 6 VALENTINO BARNABÒ distinti per breve percorso. Il primo si origina con al- cune fibre dalla faccia anteriore dell’epitroclea, giacchè il muscolo pronatore rotondo appartiene al gruppo detto dei muscoli epitrocleari; e con altre fibre dalla porzione inferiore dell’orlo interno dell’omero, e dal setto fibroso che lo separa dal vicino muscolo grande palmare. Il fascio coronoideo si origina invece dall’orlo interno dell’apofisi coronoide, subito in dentro del brachiale anteriore. Il muscolo, costituito dalla fusione delle fibre dei due fasci coronoideo ed epitrocleare, si porta in direzione obliqua verso il radio, per inserirvisi con un resistente e largo tendine sopra una faccetta rugosa speciale, che l'osso pre- senta alla parte media della sua faccia esterna. In questo percorso si notano interessanti rapporti. Anteriormente e in dentro il muscolo risponde direttamente all’aponevrosi, in fuori è ricoperto dalla massa notevole costituita dal lungo supinatore e dai due radiali esterni, pur restandone diviso mediante l'arteria radiale e il ramo anteriore del nervo radiale. Ricopre poi a sua volta Vin- serzione cubitale del brachiale anteriore, le origini epitro- cleari del flessore superficiale comune delle dita e il radio. Internamente risponde in alto al grande palmare e in basso allo stesso flessore superficiale delle dita. Interessanti più di tutti sono i rapporti del suo lato esterno, il quale costituisce col lato interno del lungo supinatore il vasto triangolo del gomito che per la sua forma ricorda la parte inferiore della losanga poplitea. Vi si notano 1 più impor- tanti organi della regione : il tendine del bicipite, il bra- chiale anteriore, profondamente il corto supinatore, il nervo radiale all’esterno e all’interno le vene omerali sa- telliti dell'arteria omerale presso a dividersi nelle sue due branche terminali, la cubitale e la radiale. ll nervo me- diano non vi è però compreso perchè suole passare invece VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO I più internamente del triangolo suddetto, tra il fascio coro- noideo e quello epitrocleare. Data ora una tale disposizione di inserzioni e di di- rezione, si comprende come il muscolo rotondo pronatore, innervato da un ramo del mediano, deve, contraendosi, far girare il radio dall'esterno all’interno e determinare così la pronazione. E a questo proposito giustamente os- serva il Cruveilhier (vol. I, pag. 668) : « Son action relati- vement à la pronation est d’autant plus énergique que la supination est plus considérable, parce qu’'alors son en- roulement autour du radius est bien plus prononcé. Je ferai remarquer qu’'à raison de son obliquité, ce muscle s'insère au radius sous un angle de 45°, que conséquem- ment la direction de sa puissance est assez favorable, d'autant plus favorable que l’insertion inférieure est plus élevée, en sorte qu'il doit exister sous ce rapport de grandes differences entre les diverses individus ». Quando però si ha già la pronazione, o il radio è immobilizzato dalla contrazione dei muscoli supinatori, è naturale che il pro- natore rotondo potrà soltanto flettere lavambraccio sul braccio, rendendo così più valida l’azione del bicipite e del brachiale anteriore. Ora nel caso da me osservato (v. fig. 1), il muscolo pronatore rotondo era completamente normale nella sua posizione, nella direzione delle sue fibre, e nella sua in- serzione distale al radio ; erano pure normali le origini del fascio epitrocleare e di quello coronoideo; ma inoltre esisteva un terzo fascio di origine soprannumerario, ano- malo, che merita di essere descritto con esattezza. Innanzi tutto occorre ricordare che l’omero verso la sua estremità distale presenta i suoi bordi interno ed esterno ben più marcati di quello che non siano lungo la diafisi dell'osso, e che dalla superficie inferiore dell’aponevrosi brachiale, la quale avvolge come un manicotto tutta la massa mu: 8 VALENTINO BARNABÒ scolare del braccio, si originano due resistenti setti fibrosi intermuscolari, uno interno, che va a fissarsi sul labbro interno della doccia bicipitale, sull’orlo interno dell’omero e sull’epitroclea; e l’altro esterno che si fissa sull'orlo esterno dell’omero e sull’epicondilo. Sono appunto questi due setti quelli per i quali in Anatomia Topografica si divide la regione del braccio in una loggia anteriore e in una posteriore, e che si ritrovano anche nella parte pros- simale della regione della piega del gomito. Fig. 1. Ho voluto ricordare ciò perchè così sarà più facile comprendere come il fascio soprannumerario, della grossezza (circa 12 mm.) e della lunghezza (circa 7 cm.) quasi dello stesso muscolo pronatore ro- tondo, si inserisse mediante un piccolo tendine sull'orlo interno dell’omero esternamente all’inser- zione del setto intermuscolare in- terno, e circa a due dita trasverse al di sopra dell’epitroclea, presso a poco cioè a livello di quella linea circolare che convenzionalmente suole segnare il limite tra le regioni del braccio e della piega del cubito. Da queste corte fibre tendinee, che si potevano molto agevolmente dissecare, si originavano alcune fibre carnose ; altre invece s’inserivano mediante un’espansione tendinea alla faccia esterna del setto intermuscolare interno stesso. Dilà con un percorso leggermente obliquo dall'interno verso l'esterno e dall'alto verso il basso, questo fascio veniva a confondere le proprie fibre con quelle del pronatore rotondo, già costituito dai due fasci coronoideo ed epitrocleare riuniti, nel punto in cui simmette sotto al ventre del lungo supinatore per fissarsi, come abbiamo veduto, al radio, e cioè circa a due VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 9 da dita trasverse sotto l’epitroclea, in corrispondenza del limite inferiore della regione del gomito. Interessanti erano i rapporti di un tale fascio musco- lare, che, come si vede, si trovava insieme col tendine del bicipite, del brachiale anteriore, e col corto supinatore nel cosiddetto triangolo del gomito. Potendo anch’esso consi- derarsi come rotondo nel suo insieme, vi si potevano di- stinguere una faccia anteriore, una profonda, un bordo interno e uno esterno. La faccia anteriore era dunque ricoperta dall’aponevrosi, dal sottocutaneo e dalla pelle ; tuttavia le fibre d'origine prossimale e specialmente il corto tendine erano ricoperti in parte dal brachiale an- teriore. La faccia posteriore rispondeva, andando dall’alto al basso, successivamente all’estremità inferiore dell’omero, all’articolazione del gomito e al pronatore rotondo. Il bordo interno era in rapporto col setto fibroso intermuscolare e col pronatore rotondo; quello esterno col brachiale an- teriore, col tendine del bicipite e col flessore comune superficiale delle dita. Vediamo ora il comportamento del muscolo anomalo rispetto all’arteria omerale e al nervo mediano. Si com- prende come questi siano i rapporti che più interessano il chirurgo, il quale deve intraprendere la legatura del- l'arteria omerale. Si sa come nel braccio, a questo riguardo, sia notevole il rapporto che contrae coll’arteria il nervo mediano, che dal lato esterno passa, incrociandola a X, al suo lato interno ; e si sa pure come si deva ricordare la posizione del setto intermuscolare interno per non inciderlo e cadere nella loggia posteriore, battendo una falsa via, indotti in errore dal nervo cubitale. Ma in vi- cinanza del gomito arteria e nervo non mantengono più tali intimi rapporti, perchè l'arteria deve passare all’esterno nel triangolo del gomito per dividersi quindi nelle sue due 10 VALENTINO BARNABÒ branche terminali, e il nervo è separato, come abbiamo visto, da essa mediante il fascio coronoideo. Nel caso da me illustrato non era solo il fascio coronoideo a separare . il nervo dall'arteria, ma anche il nuovo muscolo sopran- numerario. Ecco allora come si comportavano rispettivamente arteria e nervo. Essi, a livello del tendine d’origine del fascio anomalo, passavano tra questo tendine e il muscolo brachiale anteriore; quindi sulla sua faccia anteriore, e il nervo l’incrociava per collocarsi internamente ad esso, mentre l’arteria decorreva esternamente, lungo il suo bordo esterno. L’arteria omerale dunque separava il fascio ano- malo dal brachiale anteriore, dal tendine del bicipite, e dal flessore superficiale delle dita. Un rametto speciale di essa si distaccava dal suo lato interno al di sotto dell’epi- troclea e si perdeva immediatamente nella faccia anteriore .delle fibre carnose. Il nervo mediano invece, dopo esser passato a ponte sul fascio in discorso, decorreva lungo il margine interno di esso fino alle inserzioni del fascio coronoideo, dopo di che normalmente s’insinuava tra questo fascio e l’epitrocleare. Ma quello che più importa notare è che a livello dell’epitroclea il nervo mediano mandava un filetto speciale al fascio anomalo, e questo filetto ab- bastanza grosso, giunto sul margine interno del muscolo, si divideva in due rami, uno superiore che portatosi sulla faccia anteriore si approfondiva fra le fibre carnose dopo essersi ancora suddiviso in due, e uno inferiore, il quale innervava la faccia posteriore, anch'esso dividendosi ulte- riormente. Questo fatto è di capitale importanza per aiu- tarci nell’interpretazione esatta dell’anomalia, e fin d’ora per dimostrare che come conseguenza dell’anomalia mu- scolare si riscontrava anche una anomalia nel comporta- mento dei rami dell'arteria omerale e del nervo mediano* VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO ll Dall'esame che ho fatto poi dei varii autori che trat- tano di anomalie muscolari, risulta che finora un capo soprannumerario del pronatore rotondo simile proprio a quello da me ritrovato non è stato descritto. E per per- suadersene credo sia bene ricordare brevemente le varietà anatomiche che questo pronatore può presentare secondo 1 varì autori. Frequentemente è stata notata l'assenza del fascio coronoideo, mentre pare che il fascio epitrocleare sia costante e sl possa perciò considerare come il più im- portante dei due e il vero rappresentante del muscolo pronatore nella serie animale. Rico rderò di volo che infatti il coronoideo è stato trovato solo raramente negli animali inferiori del Macalister, il quale non l'ha riscontrato nep- pure nei Ruminanti, nei. Pachidermi, nei Cetacei, nei Roditori e sembra neppure negli Sdentati. Nei Carnivori manca nel leone, nel gatto e nel cane ;: nei Quadrumani, nel Coebus capucinus e nel Macacus menestrinus. Vane riuscirono le ricerche- di un tal fascio fatte da Galton nel Dasypus sexcintus, nell’Orgcteropus capensis; dal Testut nell’orso bruno d'America; dal Maisonneuve nel Vespertilio murinus; dal Wood nel « Bonnet-chinois »; dal Champ- neys nel Cynocephalus Anubis; da Alix e Gratiolet nel Tro- glodytes Aubryi; dal Duvenoy, dallo Chapman, dall’Hepburn nel Gorilla Savagei e nell’ Hylobates syndactylus ; e final- mente dal Testut nella Simia satyrus. Per altro, mentre da tutto ciò si potrebbe concludere che il fascio coronoideo è proprio dei Primati, anzi dell’uomo, e rappresenterebbe come un perfezionamento di sviluppo, tanto il Gegenbaur come l’Humphry dicono che rappresenta nell’ uomo uno strato muscolare profondo esistente nei Marsupiali (Para- meli) e in molti Carnivori proprio a ridosso del piano osseo dell’avambraccio, dal quale deriverebbe pure il qua- drato pronatore. Ma su ciò torneremo in seguito, 12 VALENTINO BARNABÒ Da Albinus, Soemmering, Theile, Meckel, Wood, Macali- ster, Le Double, Rildinger, Testut, Romiti, Hyrtl, ecc., è notato poi il fatto della completa indipendenza delle due porzioni epitrocleare e coronoidea; dal Macalister, dal Ketty, Testut, Romiti, Hyrtl ecc., la segmentazione in due del fascio coronoideo ; il Testut riporta come possibile anche la segmentazione di quello epitrocleare mentre il Le Double non ne parla. Hyrtl e Schenzer hanno in fine riscontrato persino un osso sesamoideo nel tendine omerale. Di maggior interesse pel nostro caso sono le variazioni d’inserzione, le quali possono essere più distali per le in- feriori e più prossimali per le superiori. Questo è molto interessante, perchè si nota una certa tendenza nel muscolo a risalire lungo lomero, tant'è vero che nei casi della presenza dell’apofisi sopra-epitrocleare un fascio deriva dal legamento che la unisce all’epitroclea (Testut, Romiti ecc.) e i fasci più esterni fino dall’apofisi stessa, ossia sino da 60 mm. circa al di sopra del punto più sporgente del. l’epitroclea e a 63 al di sopra della parte inferiore della puleggia omerale (Testut). Il Nuhn ha trovato che il capo brachiale proveniva fin dalla metà inferiore del bordo in- terno dell’omero, fatto questo che ha uno speciale interesse per il nostro caso. Se ora passiamo ad esaminare i fasci soprannumerarî per stabilire con precisione se realmente il fatto anoma]o da me riscontrato è nuovo, troviamo ricordati i seguenti casi. Macalister descrive un fascio del capo coronoideo proveniente dal capo epitrocleare e un secondo dal grande palmare; Brugnone ha trovato il capo coronoideo rinfor- zato da fibre provenienti dalla faccia anteriore del radio e dal cubito. Fasci soprannumerarì si trovano appartenere al capo epitrocleare provenienti dall’omero, dal brachiale anteriore, dal grande palmare, dal flessore comune super- VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 13 ficiale delle dita (Le Double, Otto), dal /acertus fibrosus del bicipite (Testut e Romiti), dal bicipite, dal legamento di Weitbrecht (Beaunis et Bouchard), e dal coraco-brachiale (Giuria). Woss di Cristiania ha trovato un fascio prove- niente fino dal disopra dell’apofisi sopraepitrocleare del- l’omero. L’Hyrtl e il Macalister descrivono casi di prona- tore rotondo con tre capi; e precisamente l’Hyrtl parla di un capo proveniente dall’ omero a livello dell’ inserzione - del coraco-brachiale, di un secondo proveniente dal setto intermuscolare interno, e di un terzo epitrocleare; e il Macalister di un capo proveniente dal bicipite, di un altro dall’epitroclea e di un terzo dall’omero. Riassumendo, e trascurando ora i fasci soprannume- rarî provenienti da altri muscoli per tener conto solo dei casi che hanno una maggiore affinità con quello in esame, si ha il seguente prospetto : pesorisine e Epitrociea:: neon la ot e caso: normale) H. » . . Bandeletta sopra-epitrocleare . (Testut, Romiti) ID >» . . Apofisi sopra-epitrocleare . . . (Testut) Wo . Omero (metà infer. bordo int.) . (Nuhn) Me » . . Omero (faccia anteriore). . . . (LeDouble,Romiti, Testut ecc.) NE-> . . Omero (super. all’apof. sopra epitr.) (Woss) VII. » . . Aponevr. intermuscolare interna . (‘Testut) Omero (inserz. delcoraco-brachiale) VII. » . .‘(Setto intermuscolare interno . . (Hyrtl) Epitroclea |nscoo bicipite IX. i» crv pibtoglengzae iii, pe an Macalister) Omero (faccia anteriore) \Omero (bordo int. metà infer.) sal EE ‘ "lSetto intermuscol. int. (faccia estera) Barnabò) L'anomalia da me descritta, come si può agevolmente osservare dal precedente riassunto, ha una certa analogia colla IV descritta dal Nuhn, colla VII ricordata dal Testut e specialmente colla VII riportata dall’Hytl. Differisce però 14 VALENTINO BARNABÒ dalla prima perchè, oltre all’inserzione tendinea alla metà inferiore del bordo interno dell’omero, esistevano numerose fibre originantesi dalla faccia esterna del setto inter- muscolare mediante un'espansione tendinea; e una tale differenza è notevole anche dal punto di vista chirurgico, poichè in questo caso sarebbe stato ben difficile nella legatura dell’omerale di tagliare il setto fibroso stesso, percorrendo una falsa via, dopo messi in avvertenza dall’inserzione di fibre muscolari. Differisce poi dal caso VII, perchè esisteva l'inserzione all’omero. Finalmente differisce dal caso del- l’Hyrtl, anzitutto perchè l'inserzione omerale non si portava così prossimalmente fino a raggiungere l'inserzione del coraco-brachiale, ossia fino un pò al di sopra della parte media della faccia interna dell’omero ; e inoltre perchè non credo nel mio caso di dover parlare di un terzo capo proveniente dall’epitroclea, quando considererei come nor- male perfettamente il fascio epitrocleare e anomalo sol- tanto il muscolo suddescritto, il quale era tanto diverso da questo per la direzione delle fibre, e tanto distinto da ri- cevere una speciale irrorazione e innervazione. Si può dunque ritenere, almeno per quanto ho potuto esaminare nei varii trattati, ik caso da me descritto come una nuova varietà anatomica, presentata dal muscolo pronatore ro- tondo dell’avambraccio umano. E siccome in fatto di anomalie ritengo che non sia inutile fare anche alcune ricerche statistiche per stabilirne la minore 0 maggiore frequenza e per dedurne notevoli con- seguenze sia anatomiche che pratiche, ho esaminato varii soggetti a tal riguardo, e mi è risultato : Soggetti 54 (uomini e donne), casì 1. Veramente non potrei dire in quella vecchia, il cui braccio sinistro ebbi occasione di sezionare, si ritrovasse VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 15 la stessa anomalia anche nel braccio destro. Sarebbe stato certo assai interessante peterlo ricercare, ma mi è stato impossibile per varie circostanze indipendenti dalla mia volontà. Pia Passiamo ora ad esaminare ciò che l’Anatomia Com- parata c'insegna per stabilire se l'anomalia deve conside- rarsi come appartenente al gruppo delle varietà progressive o a quello delle varietà regressive ; e vediamo come si suol presentare il muscolo pronatore rotondo nel suo insieme nelle varie classi di animali. Negli Anfibi il pronatore rotondo è situato tra l’omero e l’avambraccio. Veramente di muscoli pronatori se ne trovano tre e non due come nell’Uomo ; ossia si ha oltre al pronatore rotondo anche il pronatore accessorio, che è posto tra il radio e il carpo, e il pronatore quadrato, che circonda l'estremità inferiore del radio e del cubito. (Vogt e Young). Ora mentre il terzo di questi muscoli risponde all'omonimo dell’uomo, i primi due corrisponderebbero presso a poco ai due fasci del pronatore rotondo umano, ossia il rotondo al fascio epitrocleare, e l'accessorio non proprio a quello coronoideo, ma ad un fascio di origine un po’ inferiore. E da notare che nella massa muscolare delle pinne dei Pesci non si riscontra naturalmente alcun mu- scolo per la pronazione, azione questa di già perfezionata. Negli Uccelli vi è un pronatore superficiale molto al- lungato lungo il radio, a cui si fissa, mentre si origina dall’omero. Quì le cose cominciano ad avvicinarsi alle con- dizioni dell'Uomo e dei Mammiferi. E mentre tale se- condo il Vogt elo Young è la disposizione generale di que- sto muscolo nella Classis Aves, vedremo alcune eccezioni in alcuni Ordini, che sono più dimostrative per il nostro caso. Negli Uccelli la pronazione è già più sviluppata, essendovi la funzione importantissima del volo, 16 VALENTINO BARNABÒ Nei Mammiferi, secondo lo Chauveau e l’Arloing, al- l’infuori dei Primati il pronatore rotondo esisterebbe solo nei Carnivori, nei quali esso è.posto indietro e in alto dell’avambraccio, tra il gran palmare e il flessore interno del metacarpo e l’'estensore anteriore del carpo (Canis fa- miliaris). In essi questo muscolo è grosso e corto e si ori- gina sulla piccola tuberosità epitrocleare dell’omero e ter- mina con fibre tendinee al lato interno del radio. Simile disposizione è analoga a quella dell’uomo; manca il fascio coronoideo, che abbiamo già detto esser probabilmente esclusivo dell'uomo. Ma lo stesso Chauveau mentre am- metteva il pronatore soltanto nei Carnivori, dice che an- che nel Sus scrofa esiste un pronatore rotondo lungo il bordo anteriore del legamento interno dell’articolazione del gomito. Ora veramente, pur non avendo l'intenzione di confutare l'autorevole opinione dello Chauveau, anche perchè non ho fatto ricerche personali, credo con la scorta del Vogt e Young che negli Arziodattili e quindi pure nei Bunodonti, servendo gli arti anteriori soltanto come organi di sostegno, non possa esservi una vera e propria prona- zione. Anche nei Roditori (iepus cuniculus), secondo il Vogt e lo Young esiste il pronatore rotondo, che s’inseri- sce contro la faccia posteriore o ventrale del radio presso a poco alla metà della sua lunghezza ; è il muscolo omo- logo del pronatore umano, ma la sua azione in questi Mammiferi è molto limitata non essendo il radio mobile nel cubito. Può essere quindi che nei Bunodonti (Suinidi) si tratti pure di un muscolo di azione limitata. In generale nei Mammi‘eri si deve dunque ritenere che i muscoli pronatori tanto il quadrato come il rotondo compaiano e si sviluppino dall'insieme dei flessori (Vogt e Young) solo in quegli animali che hanno il cubito mo- bile attorno al radio. Così nei Solipedi, che hanno il cubito VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 17 saldato col radio, non vi è, nè vi possono essere, pronatori, perchè l'arto ha solo la funzione di sostegno; quando in- vece l’arto serve o per la prensione o per il volo (Chirotteri) si ha una crescente mobilità nelle due ossa antibrachiali che raggiunge il massimo grado di perfezionamento nei Primati, in cui il radio gira intorno al cubito (pronazione), e da ciò la necessità di muscoli atti allo scopo, e la pre- senza dei pronatori. Da questo punto di vista si comprende come uno sguardo generale allo scheletro antibrachiale dei varì grup- pi di Mammiferi riesca molto utile per stabilire con pre- cisione la ragione dell'assenza dei muscoli pronatori. Nei Ruminanti si ha un radio bene sviluppato che in altezza supera anzi l’osso ulnare (Carruccio); ma anche in essi gli arti anteriori servono di solo sostegno e non vi è pro- nazione. Tra i Roditori mentre vi è fra gli altri il genere Lepus che ha un pronatore rotondo sviluppato, come si è detto, vi è per altro il Dipus aegyptius che ha arti toracici rudimentali. Nei Cetacei, nei Sirenidi e nei Pinnipedi dove parrebbe che gli arti fossero ridotti per la nuova funzione a cui sono adibiti, le ossa antibrachiali sono invece ben di- stinte, quantunque non vi sia pronazione possibile, e sono raccorciate e un po’ appiattìte, come si può vedere molto bene nello scheletro della Balaenoptera rostrata, conservata nel Museo di Zoologia della R. Università. Negli Ungulati, fatta eccezione pei Ruminanti, vediamo che i pezzi vengono a ridursi e a fondersi, e mentre il radio resta l'osso im- portante, si atrofizza nella parte distale l’ulna. Nei Chirot- teri il radio è molto allungato per sostenere il patagium e il cubito è invece rudimentale. Volendo ora ricercare nell’Anatomia Comparata di- sposizioni che ricordino la presenza dei fascisoprannumerari pronatori dell’uomo, si trovano alcuni fatti degni di nota. Bollettino della Società Zoologica Italiana. i 2, 18 VALENTINO BARNABÒ Nella classe degli Uccelli è stato notato (Le Double) che all'’omero s'inseriscono due fasci mediante un sol tendine nell'ordine dei Gallinacei (Meleagis, Megapodius, Lopho- phorus, Turnix, Tetras, Synaptes), oppure con due tendini negli ordini dei Columbidi (Columba livia), dei Passeracei (Fringilla carduelis), nel sottordine degli Psitfaci (Psittacus), e finalmente nell’ordine dei Rapaci (Aquila). Tra i Mammiferi un fascio del pronatore rotondo de- riva dal bordo interno dell’omero negli Aganodonti Sden- tati (Choloepus didactylus e Myrmecophaga jubata). Fibre provenienti dal brachiale anteriore sono state trovate nel Gorilla savagei; Wood ha trovato nella Simia satyrus il capo cubitale proveniente dall’apofisi coronoide insieme col grande palmare o col flessore superficiale ; finalmente Hep- burn nell’Hylobates syndactylus ha notato il capo cubitale proveniente dalla faccia anteriore e dal bordo esterno del radio. Si noti come il pronatore rotondo esista anche in alcuni Sdentati contrariamente al parere dello Chauveau ; ma anche in essi esiste solo quando è perfezionato l’atto della prensione come nel Choloepus del Brasile, che è ar- boricolo per eccellenza, o nella Myrmecophaga, animale terricolo e scavatore il quale per camminare si appoggia sui lati dei piedi anteriori, che tiene perciò costantemente in una mezza pronazione. Sarebbe interessante fare delle ricerche nell’affine genere Tamandus americano. nel quale può esservi una simile disposizione, perchè oltre che all'essere animale scavatore è anche arboricolo. Io ho voluto personalmente fare simili ricerche in rari mammiferi che ho avuto occasione di sezionare. In un Cercopithecus albogularis africano il muscolo pronatore ro- tondo molto bene sviluppato aveva le stesse inserzioni del muscolo umano ; solo s’inseriva mediante una larga fascia tendinea al radio circa alla metà della sua lunghezza, ossia er An e I TT a A VARIETÀ ANATOMICHE NELL'ARTO TORACICO 19 più distalmente che non sia nell'uomo. Il nervo me- diano contraeva gli stessi rapporti e così pure l'arteria o- merale che alla piega del gomito si divideva nella radiale e nella ulnare. Quindi si poteva agevolmente distinguere un capo epitrocleare e uno coronoideo, in mezzo ai quali pas- sava il nervo mediano. È ben vero che quest'ultimo fascio si nascondeva sotto le fibre del primo ; ma si poteva facil- mente metterlo in evidenza, contrariamente a ciò che ab- biamo visto asserire dal Macalister per il Coebus capucinus e per il Macacus menestrinus. I rapporti di tutto il muscolo erano conservati come nell’uomo ; ma il lungo supinatore ricopriva soltanto la fascia tendinea e non le fibre carnose. In un Arvicola amphybius adulto, catturato nelle vici- nanze di Pisa, ho potuto ritrovare, cercando con pazienza, delle sottilissime fibre muscolo-tendinee che avevano la stessa situazione e la stessa direzione del muscolo prona- tore rotondo. Esse si originavano dalla massa muscolare comune epitrocleare, e si portavano dall’alto in basso e dall'interno all’esterno verso il radio, sulla cui faccia an- teriore, e specialmente sul bordo interno, s'inserivano estendendosi dal terzo superiore dell'osso fino al suo terzo inferiore. Ciò che è importante si è che il nervo detto dallo Chauveau cubito-plantare, corrispondente al mediano contraeva gli stessi rapporti che in Anatomia Umana, perchè passava sotto le fibre di un tale muscolo, tra esse e la massa comune epitrocleare. Nell’ Arvicola amphybius dunque non si ha che un muscolo in via di riduzione, perchè le ossa antibrachiali, quantunque bene sviluppate e distinte nell’estremità prossimale mediante un legamento interosseo, pure sono saldate insieme nell’'estremità distale : e l’azione di un tal muscolo è forse nulla o di poca impor- tanza. Tuttavia, benchè si trattasse di un muscolo così ridotto che non ha più un aspetto rotondo ma un aspetto 20 VALENTINO BARNABÒ lamellare, con grandi cautele sono riuscito a separarlo nettamente in uno strato a sè, facendo un taglio lungo le sue inserzioni interne e prossimali, e arrovesciandolo verso l'esterno ; si mette allora allo scoperto il nervo cu- bito-plantare dello Chauveau coi suoi rami muscolari ben distinti. Non ho poi trovato traccia di altri muscoli pro- natori. Ora dai dati dell’Anatomia Comparata, lHumphry nelle sue « Observations in Myology » conclude che tanto i muscoli pronatori come i flessori dell’avambraccio hanno una stessa origine da una massa muscolare contrattile unica, da lui chiamata « pronator-flexor mass ». Si sa che nei Vertebrati la muscolatura degli arti si distingue in intrinseca ed estrinseca, la prima che è propria degli arti, e la seconda che unisce gli arti col tronco. L'’estrin- seca a sua volta è dorsale (m. latissimus dorsi) e ventrale (m. pectorales), e anche l’intrinseca è dorsale, per l’esten- sione dell'arto, e ventrale per la flessione. Queste sono le due funzioni primitive, a cui secondariamente si aggiun- gono quelle della pronazione e della supinazione, e i mu- scoli adatti derivano dalla muscolatura ventrale. Si ha dunque : | dorsale . . . M. latissimus dorsi \ estrinseca | ventrale. . . M. pectorales Muscolatura degli arti | Ù È sso orsale. . . . M. extensores intrinseca | | m. pronatores ventrale . . . M. flexores m. supinatores Nel caso speciale dell’avambraccio, quest’unica massa contrattile nei Rettili, ad esempio, nei quali, come abbiamo visto, la mano non ha movimenti d'insieme, resta indivisa sulla faccia ventrale dell'arto. A misura però che gli animali nella serie zoologica si perfezionano, essa si separa in due strati, uno profondo e uno superficiale. Lo strato profondo si differenzia nei flessori profondi e nel quadrato pro- VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TO RACICO 21 natore ; il superficiale a sua volta composto di un seg- mento cubitale, di uno mediano e di uno radiale, dà origine al cubitale anteriore, al pronatore rotondo, al grande palmare, al flessore superficiale e al piccolo pal- mare. Secondo l’Humphry dunque si avrebbero queste interessanti derivazioni dei muscoli antibrachiali : i | M. quadrato pronatore ‘strato profondo | x. fessori profondi \ Massa con- M. cubitale anteriore : x segm. cubitale trattile So \ x \ e: \ M. fiessore superficiale strato superficiale | segm. mediano i M piecolo palmare M. pronatore rotondo seem. radiale Di M. grande palmare Se ora, dopo aver esaminato ciò che risulta dall’Ana- tomia Comparata, diamo uno sguardo a come sono dis- posti i muscoli dell’avambraccio nell'uomo, non si può far a meno di riconoscere che le conclusioni dell’Humphry . sono molto convincenti. E a tale proposito riporto il se- guente prospetto dal Testut (vol. I°, pag. 872) che si può paragonare agevolmente al precedente : | f1.er Plan . . Rond pronateur — Grand palmaire | —Cubital*anterieur: >. ao f.er Plan @ 2.e Plan . . Long fléchisseur commun superficiel Q È DOSI , 2e Plan | Ù © 3.e Plan .. Long fliéchisseur propre du pouce i È Ò — Fléchisseur commun profond des S VIA BB I I ARCE 3.e Plan dei lent-/Garce:pronateubic ‘inse ae a 4e Plan | Se poi si confrontano tra di loro i vari muscoli dell’avambraccio, ci si accorge facilmente che hanno una grande affinità e che, pur non essendo analoghi gli uni cogli altri, devono essere omologhi; infatti tutti sono in- nervati dal mediano, tranne il cubitale anteriore che lo è dal cubitale, e si sa che la comunanza d’innervazione 22 VALENTINO BARNABÒ è un argomento validissimo per concludere sulla omologia di varì organi. Sono inoltre simili anche le anomalie che in essi si riscontrano : fasci soprannumerarì nei più svariati modi ne presentano con facilità il grande palmare, il cubitale anteriore, i flessori delle dita, e persino il piccolo palmare che è un organo rudimentale, il lungo flessore del pollice, muscolo che caratterizza la specie umana, e il quadrato pronatore, che pur parrebbe doversi mantenere integro per la sua speciale disposizione. E, mentre da una parte si hanno, come si vede, svariati fasci soprannumerari dei muscoli normali. si possono ritrovare anche dei vari muscoli a sè soprannumerarî nella regione anteriore dell’a- vambraccio, come un muscolo radio-carpico (Fano), un cubito-carpico (Testut), un radio-cubito-carpico (Calori e Gruber), un radio-palmare, e anche un tensore della guaina dei flessori. Così sono frequenti varie suddivisioni dei mu- scoli stessi nei propri ventri carnosi, svariate assenze di uno o dell’altro fascio, e specialmente una grande varietà nelle precise inserzioni normali, tutti fatti questi che ricordano più o meno le disposizioni notate dall’Ana- tomia Comparata. i Da questo complesso di cose si può dedurre che anche nel caso della divisione in più capi del pronatore rotondo non si ha che un ripetersi dei fatti comuni agli altri muscoli della faccia anteriore antibrachiale, tutti omologhi gli uni agli altri, tutti derivati dalla « pronator-flexor mass » delll’Humphry. Così le varie connessioni che possono pre- sentare questi muscoli tra di loro non sono che la con- seguenza di un difetto nella progressiva divisione della massa contrattile in via di perfezionamento, e la molti- plicazione dei loro fasci, sia la divisione dei fasci normali preesistenti, sia la presenza di fasci soprannumerari, non è VARIETÀ ANA1OMICHE NELL’ARTO TORACICO Co che la conseguenza di un'eccessiva segmentazione (Dareste). Questa spiegazione è molto persuasiva, ma lo sarà ancora di più quando avremo brevemente esaminato altre con- siderazioni relative all’anomalia da me riscontrata. Una simile deduzione contraddice però ciò che l’Hyrtl espone a proposito della indipendenza assoluta dei due fasci epitrocleare e coronoideo del pronatore rotondo. È credo bene fare una modesta osservazione in proposito, se pur di volo, perchè anche da ciò verremo alla conclusione del Dareste. L’Hyrtl scrive: « La piccola fenditura che il nervo produce col suo passaggio può estendersi fino alla totale divisione del muscolo in due più piccoli, ciò che è fatto costante nei Quadrumani ». L’Hyrtl danque darebbe esclusiva importanza per le divisioni muscolari al pas- saggio del nervo mediano, e non già alla segmentazione di origine assolutamente primitiva della « pronator-flexor mass ». Anzitutto è da notare che, come risulta dalle ri- cerche già esposte dei varì autori e anche dalle mie par- ticolari sul Cercopithecus, non è esatto che nei Quadru- mani sia fatto costante la divisione in due del pronatore rotondo, chè anzi alcuni han ‘concluso in senso opposto, e io ho trovato una disposizione simile a quella umana. Ma ciò che è maggiormente inesatto è l’ affermare che la divisione muscolare sia opera del mediano. Già in una mia precedente memoria ebbi occasione di confutare la stessa opinione espressa dall’ Hyrtl a proposito del capo omerale del muscolo bicipite brachiale. Non starò qui a ripetere le osservazioni che già feci, e dirò solo che si comprende come l’Hyrtl anche in questo caso sia sempre guidato nel suo giudizio dal preconcetto errato che il mu- scolo si adatti al tragitto del nervo, mentre si sa per dati di Biologia generale e di Embriologia che i nervi son quelli che « servono a narrare la storia dei territorì innervati » 24 VALENTINO BARNABÒ e che essi si modificano « nel proprio comportamento a seconda di ciò che incontrano nel loro nuovo cammino » (Barnabò, Bollett. Soc. Zool., 1903, pag. 54). Si deve dunque ritenere che « il nervo ha un tragitto anomalo soltanto perchè è anomalo il muscolo, ed è la conseguenza e non la causa dell’ anomalia, come dice bene il Le Double. L’Hervé spiega molto chiaramente il fatto: « Le tissu musculaire étant encore à l' état embryonnaire, des fibres et des faisceaux s’ y sont développés en arrière, en avant, et tout autour du nerf, englobant ce dernier par une cer- taine longueur de son parcours, et lui ménageant une sorte de canal que le nerf semble ainsi s ètre creusé dans la masse mèéme du muscle » (Barnabò, Bollett. Soc. Zoolo- gica, 1902, pag. 103). Descrivendo il comportamento normale del triangolo del gomito, ho detto che esso per la sua forma ricorda la losanga poplitea. Ebbene simile raffronto è stato fatto da altri autori, e si è cercato di spiegare le anomalie dei mu- scoli dell’avambraccio, e di comprenderne meglio il signi- ficato morfologico, stabilendo dei confronti coi muscoli omodinami della gamba. Da Vic-d’Azyr (1774), che per il primo tentò di stabilire con esattezza scientifica il parallelo tra i membri superiori e gl'inferiori, si occuparono di si- mili questioni varì autori, ma principalmente il Flourens, il Martins, autori di teorie, il Gegenbaur, il Cruveilhier, il Sappey, il Durand, l'Alexis Julien, il Sabatier, lo Stieda ; però, mentre fu facile il compito nell'esame dello scheletro, si trovarono vere difficoltà nello stabilire le omodinamie dei muscoli; e le diversità specialmente nell’irrorazione e nell’innervazione fecero cadere le ipotesi basate sulle rassomiglianze generali di alcuni gruppi muscolari. Il Ge- genbaur stesso è costretto a confessare vani gli sforzi degli scienziati e a concludere (pag. 511): « Tout cela dépend VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 2 de la diversité des fonctions des membres. Cette dissem- blance physiologique a entraîné une dissemblance dans les rapports anatomiques ». Ciò ho voluto dire per dimo- strare che sarebbe inutile cercare nelle omodinamie il si- gnificato morfologico di una anomalia come quella da me descritta. Se ora veniamo a concludere dal lungo esame che non a caso ho tentato di fare del muscolo pronatore ro- tondo nelle sue molteplici disposizioni che assume nel- l’uomo e negli animali, sforzandomi di renderne un con- cetto esatto per procedere con le maggiori cognizioni sull'argomento alla ricerca del significato morfologico del- l’anomalia da me riportata, dobbiamo dire che nè l’Ana- tomia Comparata nè le Omodinamie possono di per sé stesse darci una spiegazione convincente. Qual'è dunque il significato del fascio soprannumerario ? Anzitutto, esaminando bene questo fascio, per dir così, omerale del pronatore rotondo, si ricava la convin- zione che è un fascio muscolare a sè, bene individualizzato. La chiarezza delle sue origini, costituite anzi da un tendine distinto e da un'espansione tendinea ; la direzione delle sue fibre non simile a quella del pronatore rotondo ; la evidenza dei suoi rapporti, son tutti fatti questi che stan- no per una tale ipotesi. Ma maggiormente da considerare sono l’irrorazione e l’innetvazione. L’arteria omerale ab- biamo visto che manda un ramo muscolare a sè, ben evidente, il quale anzi si divide prima di terminarsi ; il ‘ nervo mediano, e ciò è importantissimo, manda anch'esso un filetto a sè che è pure ben distinto e che si divide pure in altri ramuscoli. Le fibre di un tal fascio sono dunque assolutamente indipendenti per la propria nutri- zione da quelle del muscolo pronatore rotondo: e l’inner- vazione anzi fa ritenere che esso sia quasi un muscolo a 26 VALENTINO BARNABÒ sè e non un fascio aberrante del pronatore rotondo. Di solito, infatti, i nervi abbandonano ai muscoli un unico ramo che può a sua volta dividersi; se non che occorre ricordare che normalmente il nervo mediano rispetto al pronatore rotondo si comporta un po’ diversamente dalla regola generale, dando tra le branche collaterali del go- mito un nervo superiore del rotondo pronatore piuttosto notevole per il suo volume, e tra i cosiddetti rami musco- lari anteriori del terzo superiore dell’avambraccio il nervo inferiore del rotondo pronatore. Non sarebbe perciò strano che oltre ai suddetti rami nervosi, ben distinti nel mio caso, ve ne potesse essere anche un terzo. In ogni modo tutto fa credere che il fascio, pur dipendendo dal pronatore rotondo per comunanza di origine ontogenetica e anche perchè le proprie fibre si confondevano con quelle del pronatore stesso, fosse da considerarsi come ben distinto e avesse una accertata indipendenza. Si vede anche che l'anomalia dell’arteria e del nervo dipendevano da quella muscolare, e anzi in questo caso il nervo mediano dava addirittura un ramo muscolare nel braccio. mentre normalmente nel braccio non dà alcun ramo, adattandosi così alle mutate condizioni di rapporti del sistema muscolare. In fondo si può ritenere che tanto il sistema vasale come il nervoso devano essere alla dipen- denza di quel sistema alla cui funzione e nutrizione sono destinati, e che si modifichino quando esso si modifica. In questo senso forse vanno interpretate molte delle ano- malie che frequentemente si osservano nel sistema vasale e più di rado nel nervoso periferico in ispecial modo de- gli arti. A sostegno di ciò stanno i dati embriologici, quantunque l’Hyrtl sostenga il contrario. Il nuovo fascio costituito di bene sviluppate fibre mu- scolari striate doveva pur avere una funzione, e lo studio VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO Zi della sua azione potrà giovarci nella ricerca del significato morfologico dell’anomalia. Si sa che il muscolo pronatore rotondo in condizioni normali, quando la pronazione è effettuata al massimo grado, oppure quando i muscoli fles- sori immobilizzano con la loro contrazione il radio, in un ulteriore tempo flette l’avambraccio sul braccio, come già ho avuto occasione di ricordare. La direzione delle fibre del fascio soprannumerario, e l’esperienza che ho potuto fare con una contrazione artificiale sul cadavere, mi fan pensare che la sua azione dovesse essere appunto di flessore dell’avambraccio sul braccio. Esso, infatti, prendendo come punto fermo l’omero, doveva validamente cooperare all’a- zione del bicipite e del brachiale anteriore, rendendo pri- maria l’azione normalmente secondaria del pronatore come muscolo flessore. Siccome però le sue fibre non erano del tutto dirette dall'alto in basso, come nel caso del bi- cipite, ma erano un po’ oblique dall'interno all’esterno, contraendosi, doveva, oltre che flettere l’avambraccio, la- teralizzarlo anche un po’ internamente ; e, unendo in terzo luogo la propria contrazione a quella del pronatore, a- vrebbe potuto in parte coadiuvarne l’azione. È notevole pure notare che quei Mammiferi nei quali si hanno pronazione e supinazione, il radio descrive un arco di cerchio, facendo pronar la mano articolata con esso (Vogt e Young), movimento questo più o meno esteso, che coincide con una torsione dell’estremità distale dell’omero (Martins) o con una deviazione della sua testa (Sabatier), il cui an- solo specialmente nei Primati e nell'uomo è molto note- vole. Questo nuovo fascio dunque doveva avere un’azione triplice : di flessore, di flessore-pronatore e di pronatore. Volendo dunque concludere sull'argomento, ritengo che il fascio soprannumerario da me ritrovato nel cada- vere di quella vecchia doveva essere in relazione di omo- 28 VALENTINO BARNABÒ logia, se non di completa analogia, col muscolo pronatore rotondo ; e che la sua presenza si deve ascrivere ad un ulteriore perfezionamento di sviluppo, classificandolo tra le anomalie progressive. A giustificare tali conclusioni, ricor- derò brevemente, che da quanto si è detto si può rilevare come il muscolo pronatore rotondo abbia una spiecata tendenza alle varietà d’inserzioni tanto distali (più di fre- quente) che prossimali, avanzando la propria origine sul- l'omero, fino a livello dell’apofisi sopra-epitrocleare quando esiste, e anche più in su; mon deve perciò meravigliare un fascio proveniente dall’omero, e tuttavia appartenente al muscolo antibrachiale. Abbiamo poi visto dallo stu- dio fatto di Anatomia Comparata come la « pronator- flexor mass » di Humphry si venga differenziando nella serie dei Mammiferi, e suddividendosi nei vari muscoli man mano che progredisce la differenziazione delle fun- zioni dell'arto a cui ‘appartiene; e come la moltiplica- zione dei fasci di questi muscoli sia conseguenza di un eccesso di segmentazione, con il quale eccesso si può be- nissimo spiegare la presenza del nuovo fascio omerale. Il Dareste dice che non si sa sotto quale influenza una tale ipersegmentazione avvenga ; io lo credo un fatto di ulteriore perfezionamento di sviluppo, perchè indubitata- mente si deve ritenere come tale un fascio che aggiunge ad un muscolo nuove funzioni, e che coadiuva le funzioni di altri muscoli vicini, contribuendo sempre più alla vali- dità delle loro contrazioni e all'efficacia della loro azione. Finalmente credo doversi classificare questa anomalia tra le progressive, perchè è pure risultato dall’Anatomia Com- parata, sia da ciò che è riportato dagli autori, sia da ciò che io stesso ho potuto verificare, che una tale disposi- zione di cose non si ritrova negli animali, e non può perciò trattarsi di un'anomalia regressiva, di un ritorno VARIETÀ ANATOMICHE NELL'’ARTO TOKACICO 29 alle condizioni primitive, di un ricordo atavico dell’orga- nismo umano. 2. Nervo soprannumerario tra il cubitale e il brachiale cutaneo interno. La seconda anomalia da me comunicata alla Società Zoologica e che ora intendo di illustrare, riguarda un nervo soprannumerario posto tra il cubitale e il brachiale cutaneo interno, ritrovato sezionando nell’Ospedale di Santo Spirito il braccio sinistro di un vecchio. E siccome si trat- tava di un ramo nervoso di una certa importanza per la sua cospicuità, per la sua lunghezza, e per isuoi rapporti, credo sia utile farne uno studio accurato più che è pos- sibile. Normalmente il nervo detto cubitale dai Francesi e ulnare dagl’Inglesi e dai Tedeschi, dopo di essersi distac- cato dalla radice interna del mediano un po’ al di sotto del brachiale cutaneo interno, segue un decorso vertical mente discendente nella doccia bicipitale interna, e lungo il lato interno del braccio, posteriormente al nervo me- diano. Arrivato all’epitroclea, vi passa dietro, tra essa e l’olecrano, e si porta lungo la faccia anteriore dell’avam- braccio fino al pugno dopo d’ aver girato il lato interno della estremità superiore della diafisi del cubito. A noi non interessano i rapporti che esso contrae nell’avam- braccio e nel pugno, mentre sono importanti quelli che ha all’ascella e al braccio. Il nervo nell’ascella decorre tra l'arteria ascellare che è all’esterno e la vena omonima che è all’interno, in avanti è ricoperto dal grande e piccolo pettorale ; in dietro passa sul sotto-scapolare e sui tendini del gran dorsale e del grande rotondo. Anche nel braccio 30 ° VALENTINO BARNABÎÒ) il cubitale decorre lungo il lato postero-interno dell'arteria, che è divenuta omerale, ma ne è separato da quel setto aponevrotico intermuscolare interno, come abbiamo no- tato anche nell’anomalia precedente a proposito della lega- gatura dell’arteria stessa. Dopo essersi messo in rapporto nella loggia posteriore del braccio col vasto interno, il cu- bitale, giunto al gomito, si immette nella doccia epitrocleo- olecranica, in cui è separato dalla pelle e dal sottocutaneo soltanto mediante la bandelletta fibrosa epitrocleo-olecra- nica, residuo di un muscolo normale di molti. Mammiferi. A proposito di tale rapporto ricorderò che perciò appunto in questa doccia si suole aggredire il nervo, quando se ne vuol vuol fare lo stiramento, sia cruento che incruento, collo schiacciamento del nervo mediante il dito contro il piano osseo. Di qui il nervo prosegue nell’avambraccio fino al pugno, dove si divide nella branca superficiale e nella profonda. | Il nervo brachiale cutaneo interno (Testut, Todaro, Hyrtl, Cruveilhier, Gegenbaur, Sappey) è pure stato chia- mato « nervo cutaneo brachiale medio » o « cutaneo me- diale dall’avambraccio » da chi, come il Soemmering, chiama « brachiale cutaneo esterno » l’accessorio del bra- chiale cutaneo interno e « brachiale cutaneo esterno = il musculo-cutaneo o perforante del Casserio (Versari). An- ch’esso nasce nei casi normali dal ramo interno del me- diano sopra all'origine del cubitale, si porta anteriormente all’arteria ascellare, si accolla alla vena basilica e perfora con lei l’aponevrosi superficiale all'unione del terzo supe- riore coi due terzi inferiori del braccio, divenendo sotto- cutaneo per distribuirsi alla pelle della regione antibra- chiale. AI braccio dunque normalmente in quel. breve tratto che il nervo è profondo, è posto al lato interno del nervo cubitale, rapporto questo che ci è molto interessante. VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 31 Ora nel caso da me ritrovato le cose erano molto diverse. Preparando la regione del braccio topografica- mente, ritrovai nel secondo strato, nel sottocutaneo, la vena basilica senza il nervo brachiale cutaneo interno, mentre notai filetti nervosi che perforavano l’aponevrosi solo al limite inferiore della regione, due dita trasverse, circa cioè al disopra della piega del gomito. Tolta l’apo- nevrosi e separando i varì organi della loggia posteriore, tra il setto intermuscolare e il vasto interno trovai tre nervi invece di uno solo. Proseguendo la dissezione de- scrittivamente, riuscii a vedere che le cose stavano in questi termini. Dalla branca interna del nervo mediano si originava anzi tutto il nervo cutaneo brachiale interno il quale seguiva il suo percorso normale, ma invece di accollarsi alla vena basilica, seguendola nel sottocutaneo, restava sottoaponevrotico ; e costeggiando il lato interno del muscolo vasto interno perforava poi l’aponevrosi a livello di quei filetti nervosi già da me notati nel sotto- cutaneo. Esso non dava alcun ramo nel braccio e soltanto dopo divenuto superficiale, dava le due branche terminali, la posteriore (nervo cutaneo palmare del Versari) e l’an- teriore (nervo cutaneo cubitale del Versari). Dal ramo in- terno del mediano si distaccava poi più in basso un se- condo ramo, e quindi il nervo cubitale più esile che. nei casi normali. Il cubitale proseguiva nel suo cammino nor- male; mentre il ramo intermedio gli si accollava subito dopo l’origine, e così, restandone diviso soltanto per mezzo di una lamella di tessuto connettivo, lo seguiva fino circa all'unione dei due terzi superiori col terzo inferiore delle fibre carnose del muscolo bicipite; poi se ne distaccava e portandosi dall'esterno all’interno, dall’alto al basso, an- dava ad unirsi al brachiale cutaneo interno poco prima che perforasse l’aponevrosi. Per questo strano comperta- 32 VALENTINO BARNABÒ mento credetti dapprima si trattasse di un anomalo tra- gitto del brachiale cutaneo interno e di una semplice ana- stomosi col nervo cubitale. Ma proseguendo la dissezione servendomi delicatamente della divaricazione colle dita, riuscii ad isolar del tutto i due nervi fino alle origini, accertandomi della loro completa individualità e d’altra parte della realtà dell’anastomosi col cutaneo interno che avrebbe potuto credersi un accollamento di fibre. Credo di aver dato un’idea sufficientemente esatta del caso anomalo; devo aggiungere che una tale dispo- sizione io non avevo mai ritrovata, e che da ricerche di poi eseguite ne ho ricavato questa media : Soggetti 57, casì |. Ho voluto naturalmente consultare sull'argomento i varîì trattati, e le memorie speciali, ma non ho trovato nulla di simile. Tuttavia sommariamente esporrò ciò che finora si era stampato e che ho potuto consultare. Il Cruveilhier dice (vol. II, pag. 631) di aver trovato un ramo del brachiale cutaneo interno « qui se détache..... à la partie supérieure du bras, longe ce nerf, passe audes- sous de la veine basilique, s'accole à l’aponévrose antibra- chiale, qu’ il traverse au voisinage de l'épitrochlée et va se perdre sur la sinoviale de l’articulation du coude ». Qui si tratta di ramo sopra-aponevrotico, e di nessuna connessione col cubitale. Sono state notate anastomosi del brachiale cutaneo interno cogl’intercostali, e diverse altre sue disposizioni di distribuzione; come pure varie anastomosi del cubitale col mediano, e altre sue anomalie. Ma a fatti analoghi al mio accennano soltanto il Testut e il Krause in ispecial modo. Il Testut dice che la « branche postérieure peut venir directement du plexus brachial » (Vol. II, pag. 162) e che VARIETÀ ANATOMICHE NELL'ARTO TORACICO 33 « la branche postérieure peut ètre fournie par le cubital ». W. Krause ha visto il cubitale « se réunir au brachial cutané interne par une anastomose ansiforme située a 6 centimètres au-dessus de l’épitrochleée ». Ora si vede chiaramente che la prima anomalia, cui accenna il Testut, era dissimile da quella che ora esami- niamo, perchè in tal caso il cutaneo interno era doppio, e non perciò il suo tragitto era sotto aponevrotico fino quasi al gomito. Per di più in quel braccio da me esaminato il cutaneo brachiale si divideva nelle sue due branche come normalmente soltanto nel sottocutaneo; lanastomosi tra il nervo intermedio anomalo e il cutaneo era proprio una vera anastomosi e non un accollamento di fibre, non avendone ottenuta la separazione. Anche il secondo caso del Testut differiva da questo da me ritrovato, in cui un vero e proprio ramo nervoso sopran- numerario, distinto alla sua origine, si univa alle fibre del cubitale, restandone sempre distinto, e non costituiva pre- cisamente la branca posteriore del brachiale cutaneo, ma si anastomizzava con tutto il ramo nervoso prima del suo passaggio traverso l’aponevrosi, e molto prima che si di- ‘ videsse nelle sue due branche terminali. Piuttosto il caso notato dal Krause si avvicina di più a quello da me de- scritto, perchè egli parla di un’anastomosi del cubitale col brachiale cutaneo a sei centimetri sopra l’epitroclea, presso a poco cioè dove io ho ritrovata l’anastomosi del ramo soprannumerario col brachiale cutaneo. Ma W. Krause notò una vera anastomosi ansiforme emessa dal cubitale e non un nuovo nervo a sè proveniente dal plesso bra- chiale È vero che egli nella sua osservazione può essersi limitato a riscontrare il filetto nervoso derivante dal cubi- tale, senza cercare se vi fosse accollamento di fibre, e ri- portando quindi la stessa impressione che a prima vista Bollettino della Società Zoologica Italiana l 3, 34 VALENTINO BARNABÒ ebbi anch'io e che poi corressi colla successiva dissezione. Soltanto in tal caso il Krause avrebbe descritto una di- sposizione di cose simile a quella da me notata; ma ciò non è che una supposizione e credo legittimo piuttosto concludere che quest'anomalia non sia ancora stata de- scritta, almeno per quanto mi consta. Ricercando ora nelle scarse notizie che offre a tal ri- guardo l’Anatomia Comparata, devo dire che tra i Mam- miferi il Chauveau e l’Arloing notano come nei Solipedi (Equus caballus) il cubitale fornisce due branche collaterali: una di esse è muscolare e l’altra sì distacca dal tronco principale un po’ al di sopra dell'arteria epicondiloidea, si porta in dietro e in basso tra l’estensore dell’avambraccio e l’aponevrosi, fornisce alcuni filetti a quest'ultimo muscolo e lo traversa presto per divenire sottocutaneo e distribuirsi alla pelle dell’avambraccio al disotto del gomito costi- tuendo il brachiale cutaneo interno. Ma questa cognizione non può in alcun modo riportarsi al ramo soprannume- rario accollato al cubitale. Le mie ricerche nel Cercopithecus albogularis e nell’Arvicola amphlybius non mi hanno nep- pure fornito disposizioni analoghe di cose. Da quanto si è finora detto, risulta che l'anomalia non riguardava soltanto il decorso dei nervi, ma essen- zialmente la loro origine dal plesso brachiale, il quale era quindi anomalo nelle sue branche terminali. Infatti esso dava origine non solo al mediano, al radiale, al muscolo cutaneo, al cubitale, al brachiale cutaneo interno e al cir- conflesso (1); ma dalla branca interna d’origine del mediano, (1) Considero colla maggior parte degli autori questo nervo come terminale quantunque Todaro lo metta come collaterale, dicendo invece terminale l’accessorio del brachiale cutaneo interno o nervo brachiale cutaneo interno del Versari. VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO dI tra il brachiale cutaneo interno e il cubitale, anche a questo nuovo ramo accessorio anomalo. (V. fig. 2). Fig. 2. Quindi per comprendere il significato morfologico dell’anomalia, che poi cer- cherò di spiegare, esaminiamo prima di tutto il reale comportamento delle fibre i 5 o /\ | nervose nell’intricato plesso brachiale, seguendo la distribuzione delle singole | branche anteriori spinali miste, dalla V? i $ j cervicale fino alla I° dorsale, che ne co- stituiscono le origini. Abbiamo sull'argomento notizie inte- ressanti tanto di Anatomia Umana come di Anatomia Comparata, che brevemente esamineremo per trarne le conclusioni necessarie. Da ciò che riferisce il Testut (Vol. III, pag 152 a 189) si può ricavare il seguente riassunto : Nervi Nervi | Radici | Radici (Br. collaterali) (Br. terminali) 1. Nervo del succlavio .| 5*, 6° cerv. ||l. Nervo circonflesso .| 5a e 6° cerv. (raramente 7°) 2. » » gran petto- R-or» brachiale cu- ralei ==, - taneo int. . .|8àcerv. la dors. a » » pice. pettor. — 3.» muscolo-cutaneo | 5 e 6 cerv. 4. » » Soprascapol. D* cerv. . |{. » mediano... .| 5* - 8* cerv, 5. » dell’angolare .| 4° o 5* cerv. 1* dors. 6. » del romboide .| 4* o 5a cerv.|5. » cubitale . . .|8acerv.lsdors. 7. Nervi sottoscapolari — 6:51 » radiale gi 0103)" 6a.= 8 cerv. 8. Nervo del gran dor- = (raramente 5a) Sadler: -- Di » del gran roton. — 10. » delgrandentato | 5a e 6° cerv. LI: » access. brach. cutan. int. | 8a e l» dors. Questi dati, dedotti più che dalla dissezione anatomica dalle osservazioni anatomo-patologiche nelle degenerazioni, dai fatti clinici nelle varie malattie nervose, e finalmente dagli esperimenti, non concordano esattamente con quelli che sono dati dall’Antonelli. Egli fa una distinzione tra radici variabili e costanti, distinzione questa che credo di 36 VALENTINO BARNABÒ grande utilità nelllo studio delle anomalie; e dà poi dei risultati, i quali pur essendo più completi, sono forse meno attendibili di quelli del Testut, che sono dedotti da studî più recenti. Tuttavia è senza dubbio bene riportare anche la seguente tabella dell’Antonelli : Radici Radici Radici | Radici NERVI NERVI costanti variabili costanti |variabili | Soprascapolare . . 5} 6° 4° (auscole clans) spa t9oa (i più frequen.| meno freq.||Mediano . . . (6070801?) 5o Toracicoslunso ti deo 5°-ge- ul Eubitale = dote 80010 no Toracici anteriori .| 7° 8° lo 6° \Cutaneo Interno dS:lbpo 8: Sueclavio "9 Gan 6° 7° _ 'AGGESSONII 0 cin ea pila Toracici posteriori . 60 Bo fo |\Ascellare . . . .| 5° 6o To Sottoscapolari. . .| 6° 70 50 Radiale ae e 16941600 Tralasciando il confronto delle due tabelle per ciò che riguarda gli altri nervi, mi preme fin d’ora notare che secondo il Testut si hanno le stesse radici d’origine del nervo brachiale cutaneo interno e del cubitale, come rileva anche l’Antonelli, quantunque interpreti la cosa un po’ di- versamente. Son due nervi dunque che han comunanza di origine e ciò si rileva anche meglio dagli studi di Ana- tomia Comparata. Lo Chauveau e l’Arloing dànno un pro- spetto che potrà completare le nostre conoscenze e i no- stri confronti e che è stato compilato specialmente stu- diando i Carnivori (Felis catus), nei quali i rami termi- nali del plesso brachiale si avvicinano molto a quelli del. l'uomo. Per chiarezza vi aggiungerò il nome usato in Anatomia Umana corrispondente a quello che si usa in Anatomia Comparata, VARIETÀ ANATOMICHE NELL'ARTO TORACICO 37 NERVI NERVI ì Origine (Anatomia comparata) (Anatomia umana) a) Branche destinate al tronco: Branca diaframmatica . + + [Nervo frenico (plesso cervic.)| 5° 6° 7° p. cerv. * angolare *. ... . . + «| >» del romboidee dell’ang. 62 » » toracica superiore . ala» \delcgran-dentavosno. o" OL Cilea » toracica inferiore . . . .[Nervi dei pettorali. (010 CRANE, » sottocutanea toracica. . .|Nervo access, brach. cut. (?)| 1° 2° p. dors. »iidel'gran dorsale. ... .. . .|.». del gran. dorsale... , 8° p. cerv. b) Branche destinate alla spalla : Branca ascellare . . . [Nervo circonflesso . . a 8° p. cerv. » dell’adduttore del braccio .| » del grande rotondo . S » mi ssoLioscapolare “:;.. <._..- .. .. Nervi sottoscapolari mtaa ] » » soprascapolare . . . . .|Nervosoprascapolare. . . 6° 7° » c) Branche destinate al braccio e avambraccio : Branca brachiale anteriore . . .|Nervo muscolo-cutaneo . .| 7° 8° p. cerv. Sd ra arradiale Sas AC 1° p.idors. d) Branche destinate all’avambrac- cio e piede: Branca cubito-cutanea. . . . .|Nervi cubitale, cutaneo int.| 1° 2° p. dors. malcubilo-plantare 5 5-0 Nervo mediano... -. ..-...|,:8° p. cerv.; 1° 2° dors. Ciò che dunque interessa è il comportamento dei nervi spinali, e non è che un fatto secondario il loro differente intrecciarsi nel plesso e il loro raggrupparsi nei rami ter- minali. Ogni nervo ha da innervare una determinata re- gione del corpo, e muta il suo tragitto soltanto secondaria- mente se nel suo percorso trova modificate le disposizioni normali. Così i plessi costituiti dalla riunione dei nervi, ‘come cominciano ad apparire nei Pesci e negli Anfibi, sono dovuti allo spostamento in diverso modo della musco- latura. Infatti nell’Amphioxus lanceolatum e anche nei Ciclostomi, in cui la muscolatura è tipicamente distinta dai miosetti o miocomi in miomeri dorsali e ventrali, i nervi spinali restano separati. Nelle forme inferiori il plesso bra- chiale è poi unito a quello cervicale, che innerva gli arti anteriori e dà ancora dei nervi molto importanti in rap- porto col muscolo sternoioideo e col diaframma (nervo fre- 98 VALENTINO BARNABÒ nico). Nelle forme superiori a causa della formazione se- condaria del collo, in rapporto con l'adattamento alla vita terrestre, abbiamo la distinzione dei due plessi cervicale e brachiale e i nervi che vanno agli arti anteriori sono co- stanti. Una tale distinzione anzi non è da tutti riconosciuta neppure nell'uomo e molti autori parlano di plesso cervico- brachiale; ed è perciò che lo Chauveau pone nel plesso brachiale la branca diaframmatica o nervo frenico. Si deve quindi comprendere facilmente dopo quanto si è detto, come i rami del plesso brachiale abbiano tra loro una grande vicarietà di distribuzione ; e si possono pure facilmente spiegare molte delle loro anomalie. Si è visto spesso il mediano supplire il muscolo cutaneo, ana- stomizzarsi il mediano col cubitale, il radiale col cubitale, il radiale essere rimpiazzato in alcune sue terminazioni dal muscolo-cutaneo o dal cubitale; e tanti altri casi, che indubitatamente sono dovuti all’accollamento di una ra- dice del plesso all'altra in un tronco piuttosto che in un altro, dal quale tronco si separano poi le fibre delle varie radici per i rispettivi territorii d’innervazione. Ecco la ragione per la quale nei casi di trauma di un tronco nervoso non si ha la paralisi di tutti o di parte dei muscoli che normalmente esso innerva, sintomo questo che è il più rilevante della sindrome clinica. Così pure sovente anche nei traumi manca la paralisi della sensibi- lità tattile e dolorifica, ossia manca l’anestesia nel territo- rio innervato normalmente, tanto da far erroneamente escludere la diagnosi di trauma del nervo ; oppure l’ane- stesia si presenta con distribuzione anormale. E ciò si ha, non perchè il nervo si sia rigenerato prontamente come hanno osservato molti chirurghi (Durante), ma a causa delle anomalie derivanti dalla vicarietà dei singoli nervi del plesso brachiale. E questi fatti si hanno anche nor- VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 39 malmente in alcuni Mammiferi, nei Ruminanti ad esempio, e nei Carnivori (Canis familiaris), in cui il mediano è ac- collato al cubitale. Naturalmente si capisce che queste di- stribuzioni sono maggiormente facili quando le fibre di due tronchi nervosi invece di provenire da radici differenti provengono dalle stesse, e si può quasi a priori, consultando le tabelle riportate, vedere quali saranno i nervi che più facilmente potranno accollarsi in parte o in tutto il loro percorso o sostituirsi nell'innervazione. Ora, da quanto si sa sulla distribuzione dei varii rami nervosi, sì possono stabilire i territorii tanto dei nervi mo- tori quanto dei positivi, cosa questa di grande importanza pratica nella diagnosi delle affezioni nervose di qualunque specie. A questo riguardo, mentre si è potuto stabilire che il nervo radiale è il nervo estensore dell'arto superiore e che il mediano, il cubitale e il muscolo-cutaneo rappre- sentano il nervo pronato-flessore o semplicemente flessore ; _ sì è potuto altresì stabilire i territorii sensitivi, dividendo l'arto in tante zone a seconda del nervo che presiede alla loro sensibilità. Nel nostro caso è interessante notare che il nervo cubitale e il brachiale cutaneo interno hanno ter- ritorî d'innervazione contigui l'uno all’altro ; e mentre il secondo ha sotto di sè i territorì anteriore, e interno del braccio, e l'interno dell’avambraccio; il secondo presiede al lato interno della mano e del polso, sia dorsalmente che ventralmente. Ma di maggior interesse è lo studio dei territori radi- colari anche in ciò che riguarda la spiegazione dell’ano- malia da me descritta. Abbiamo già detto che in seguito alla formazione dei plessi, ogni radice dissemina le proprie fibre in parecchi nervi; da ciò consegue che i territori radicolari, sia sensitivi che motori comprenderanno tutti i territorii di quei nervi a cui la radice ha dato le proprie 40 VALENTINO BARNABÒ fibre. Molti autori han cercato dì risolvere il problema della determinazione dei territori radicolari sensitivi e mo- torì : ma la questione non è ancora risoluta completamente malgrado le lunghe ricerche. Pel nostro caso non occorre esaminare i territorii motori, che il Thane riassume in un interessante quadro ; e mi limiterò ad accennare ciò che riguarda i territori sensitivi delle radici costituenti il plesso brachiale. I risultati finora ottenuti si sono determinati seguendo i due diversi indirizzi che sogliono guidare tutte le ricerche di Patologia generale e di Fisiologia, il metodo cioè sperimentale e il metodo anatomo-clinico. Sherringhton si è occupato del primo metodo, sezionando dapprima iso- latamente le radici posteriori dei nervi spinali e poi, per aver risultati più decisivi, le radici poste al di sopra e al di sotto di quella in esame, e controllando al tempo stesso la zona di sensibilità permanente. Thornburn, Allen Stars, Head e altri hanno studiato il quadro clinico dell’aneste- sia susseguente in modo speciale a lesioni di origine ra- dicolare o midollare. Da tutte queste ricerche risultano i seguenti dati (T. hornburn) che ci possono riguardare : RADICI TERRITORIO SENSITIVO 9* Cervicale Lato radiale dell’arto : (1° Metamero) È } ; Regione deltoidea ; faccia esterna del braccio e avambraccio. 68, =* Cervicale .Lato mediale dell'arto : (2°, 3° Metamero) É i Parte media del braccio e avambrac- cio ; parte esterna della mano ; dita tranne il mignolo. 8* Cervicale, 1* Dors. Lato cubitale dell'arto : (4°, 5° Metamero) CRE ; Faccia interna del braccio e avam- braccio ; ipotenar e mignolo, Da questo riassunto non solo si ricava il concetto e- VARIETÀ ANATOMICHE NALL'ARTO TORACICO 4l ee satto di una segmentazione (metameria) dell'arto toracico, simile a quella del corpo, esaminando la sovrapposizione sistematica e consecutiva dei segmenti innervati dalle con- secutive radici spinali; ma anche che l'8* cervicale e la 1° dorsale, radici dei due nervi cubitale e brachiale cutaneo interno, hanno un territorio radicolare unico, il che inte- ressa molto nel nostro caso per la spiegazione che ver- remo ora a dare dell’anomalia. Veramente se per spiegare il significato morfologico del nuovo nervo soprannumerario ci si rivolge all'esame comparativo dell'arto superiore con quello inferiore, non si trovano elementi tali da convalidare il concetto che da quel che ho finora esposto ci si può esser formati del fatto ; anzi da quanto dice il Sappey pare che nervo cubitale e nervo brachiale cutaneo interno non abbiano alcuna re- lazione tra di loro. Infatti mentre il primo, insieme col muscolo-cutaneo, col mediano e colla branca terminale posteriore del radiale è rappresentato, secondo sempre il Sappey, dal grande nervo sciatico ; il secondo insieme colla porzione brachiale del radiale trova corrispondenza nel nervo crurale. Ma se poi si cerca di esaminare in genere il modo di comportarsi delle branche terminali dei plessi brachiale e sacrale, si osserva che « considerato nella sua origine, il sistema nervoso dell'arto toracico ha per carat- tere distintivo la diffusione precoce delle sue branche più importanti; quello dell'arto addominale invece la coa- lescenza, o almeno la disseminazione più tardiva dei suoi » (Sappey, vol. III, pag. 496). Infatti il plesso brachiale riceve o rami afferenti e ne origina 6 efferenti; il lombo-sacro ne riceve invece 10 e ne origina 3 soltanto. Ora dopo aver esaminato la bibliografia, il plesso bra- chiale nelle sue origini e nelle sue branche, e le varie que- stioni relative ai suoi rami, credo che ci si possa essere 42 VALENTINO BARNABÒ formata un'idea esatta dell’anomalia che ho descritta, e che si possa venire a una conclusione. Se si trattasse di un’a- nastomosi tra il cubitale e il brachiale cutaneo interno come quella descritta da Krause, sarebbe facile dire che questi due nervi han comunanza di origine e presso a poco contiguità di territorio, donde la vicarietà relativamente facile della loro funzione e lo scambio reciproco di fibre. Ma qui si trattava di un vero e ben distinto ramo nervoso semplicemente accollato al cubitale, e la cosa è molto diversa e la spiegazione resta più difficile. E tanto più difficile lo è, in quanto l'Anatomia Comparata non ci offre alcun ele- mento da farci ritenere l'anomalia come regressiva. Tuttavia credo che una spiegazione si possa dare e che la più at- tendibile sia la seguente. Tenuto conto che tutti e tre i rami nervosi, il brachiale cutaneo interno, il nuovo so- prannumerario, e il cubitale si distaccavano dalla cosid- detta: radice interna del mediano ; tenuto conto d'altra parte che tanto il brachiale cutaneo come il cubitale derivano dalle stesse radici spinali, sia costantemente (Testut), sia va- riabilmente (Antonelli), tanto nell'uomo, come in altri Mammiferi (Carnivori); ricordando sia il vario comporta- mento dei nervi efferenti dal plesso, sia i loro territorì ‘ sensitivi, e in ispecial modo che tutti e due i nervi appar- tengono allo stesso segmento (metamero) dell’arto superiore ; osservando che caratteristica fondamentale dei rami del plesso brachiale è una diffusione precoce delle fibre radico- lari; io concluderei che nel caso da noi esaminato le fibre provenienti o dall’8° paio di nervi cervicali o dal 1° paio di nervi dorsali, oppure anche da tutte e due le paia, dopo esser giunte a costituire, accollandosi, la radice interna del nervo mediano, si dovevano dividere in tre gruppi: un primo gruppo superiore, costituiva il nervo brachiale cu- taneo interno, formato dalle fibre aventi per territorio VARIETÀ ANATOMICHE NELL’ARTO TORACICO 48 s&nsitivo la faccia interna dell’avambraccio ; un secondo gruppo, infermedio, costituiva appunto il ramo anomalo, formato forse dalle fibre destinate all’eminenza ipote- nar: finalmente un terzo gruppo, inferiore, che, costi- tuendo il cubitale, si portava al mignolo come territorio sensitivo. Una tale spiegazione mi pare per lo meno quella che si può dedurre più logicamente dall'esame fatto fin quì dei varî argomenti. Si sa che le fibre nel plesso si distri- buiscono non uniformemente ma con grandi modifica- zioni nei varî individui, e perciò una tale spiegazione non deve sorprendere. Così sarebbe dunque chiara l'origine del nuovo ramo nervoso anomalo; ma restano ancora al- tre questioni : perchè esso non si accollava al brachiale cu- taneo piuttosto che al cubitale, come sarebbe stato più logico dovendosi in seguito anastomizzarvisi? Perché tutti e due i nervi, il brachiale cutaneo e il soprannumerario, non perforavano l’aponevrosi colla vena basilica e il bra- chiale si allontanava tanto dal suo normale percorso ? In una parola dopo spiegata l'origine resta a spiegare il per- corso anomalo delle due branche nervose; ma a questo ri- guardo bisogna che concluda, come feci in un altro mio lavoro, che « una ragione manifesta non si può ritrovare e tanto meno si può andare a scandagliare i segreti inti- mi della natura, quando i fatti e le deduzioni non riescono a guidarci su questo scabroso cammino. » Ho da aggiungere per finire che, pur essendo il fatto degno di nota come anomalia non precedentemente de- scritta, credo che sia pure importante, perchè si sa che il valore di un'anomalia nervosa è aumentato quando si tratta di variazione o nell’origine o nell irrorazione. E voglio credere che non solo il fatto possa interessare chiun- que si occupa di Morfologia umana o di Anatomia Com- di VALENTINO BARNABÒ parata o di Biologia generale, ma anche chi studia Lle applicazioni pratiche di queste scienze nel campo della Medicina, essendo le anomalie nervose di sommo interesse per l'esame di varie forme morbose, che richiedono Vl in- tervento del chirurgo o del medico. Roma, febbraio 1904. BIBLIOGRAFIA Riassumendo sistematicamente le varie opere che ho | consultato nel compilare il mio studio, anzichè riportandole successivamente per ordine alfabetico, credo di poter of- frire una modesta, ma esatta ed utile bibliografia sull’ar- gomento. Di trattati di Anatomia Umana ho consultato i seguenti : 1. Beaunis et Bouchard. — Nouveaux éléments d’anatomie descriptive. Paris, 1894. . Cruveithier et Marc Sée. — Traité d’anatomie descriptive. Paris, 1877. . Gegenbaur C. — Anatomie des Menschen. Leipsig, 1883. 2 3 4. — Traité d’Anatomie Humaine. Paris, 1889. o. Henke W. — Topographische Anatomie des Menschen. Berlin, 1884. 6. Henle J. — Handbuch der Systematischen Anatomie. Brauvenschweig, 1876-79. “. Hyrtl. — Trattato di Anatomia dell'Uomo. Napoli, 1853. 8. Krause W. — Handbuch der menschlichen Anatomie. Hannover. 1880. 9. Meckel F. — Manuale di Anatomia dell'Uomo. 10. Potrier P. — Traité d’Anatomie Humaine. Paris, 1899. 1l. Quain J. — Elements of Anatomy. London, 1893. 12. — Trattato di Anatomia Umana. Thane G. D. — Miologia. Milano. 13. Rauber — Anatomie des Menschen. Leipsig, 1903. 14. Romiti. — Trattato di Anatomia dell’uomo. Milano. 15. Riudinger. — Topographisch-chirurgische Anatomie des Menschen. Stutt- gart, 1878. 16. Sappey. — Trattato di Anatomia descrittiva. Milano. 17. Testut L. — Traité d’Anatomie Humaine. Paris, 1901. 18. Versari R. — Anatomia topografica, Roma, VARIETÀ ANATOMICHE NELL'ARTO TORACICO 45 19. Winslow J. B. — Exposition anatomique de la structure du corps humain. Amster., 1852. Ho consultato poiiseguenti trattati di Anatomia Com- parata : E Carruccio A, — Lezioni di Zoologia. R. Università di Roma. Anno accade- mico 1901-902. (Appunti stenografici per uso proprio). 2. Cavanna G. — Zoologia. Firenze, 1893. 1 Sè ut I o 090 . Chauveau et Arloing. — Traité d’Anatomie Comparée des animaux dome- stiques. Paris, 1890. . Cuvier G. — Lecons d’Anatomie Comparée. Paris, 1835. . Lannegrace. — Myologie com parée des membres. Montpellier, 1878. . Martins Ch. — Comparaison des membres chez Homme et les Mammifères Mém. Acad. Scien., Montpellier, 1857-62. . Mechel F. — Anatomie Comparée. Tome VI. . Rapp. — Anatomische Uebersuchungen iùber die Edentaten. . Sabatier A. — Comparaison des ceintures et des membres dans la série des Vertébrés. Paris et Montpellier, 1880. 10. Vogt et Young. — Traité d’Anatomie Comparée pratique. Paris. 1894. Per l'anomalia del fascio soprannumerario apparte- nente al muscolo pronatcre rotondo ho esaminato, oltre ai precedenti trattati : k (AS) Barnabò V. — Di tre anomalie muscolari dell’arto toracico. Bollett. S. Zoo- logica, 1902. 1 . Calori. — Mem. Accad. Bologna, 1870. . Chapmann. — Procedings of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia, 1879. . Chudzinski Th. — Variations musculaires dans les races humaines. Mém., Soc., Anthropol. Paris, 1898. 5. Cutore e Fichera. — Varietà anatomiche. Catania, 1900. 6. Fleischmann. — Anatomischen Wahrnehmungen iber noch ambemerkte Varietàten der Muskeln. Frankfurt, 1810. 7. Furbringer. — Die Knochen und Muskeln der Extremitàten. Leipzig, 1870. 8. Gandzer F. L. — Dissertat. musculorum varietates sistens. Berol., 1813. 9. Giuria. — Di alcune varietà muscolari, vascolari, e nervose. Atti della Regia Università di Genova, 1886. 10. Haller A. — Observationes myologicae. Gotting., 1742. 1l. Hallet C. 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Serie IV: Vol'XV Na 19088 ati siii del L'HARPACTOGARGINUS PUNCTULATUS 2ESMAREST DBELCEOGENE=DI. PESGHIGCI nel Monte Gargano (con una tavola) > __T_—_—_—---<«--< Nota del dott, Giuseppe Checchia-Rispoli Comunicata alla Società Zoologica Italiana con Se.ie in Roma TE Gli strati eocenici dei dintorni di Peschici sono una parte della formazione nummulitica del Monte Gargano, molto più sviluppata nei dintorni di Vieste e di Mattinata e da noi complessivamente riferita all’Eocene medio (1). Nel calcare di Peschici, oltre ai foraminiferi predominanti, e a resti di coralli, echinidi, molluschi e denti di pesci, non sono rari i crostacei. Questi, sebbene molto più scarsa- mente, si rinvengono anche a Monte Saraceno presso Mat- tinata (2). I vari esemplari da me raccolti sono riferibili tutti ad una stessa specie e sebbene nessuno di essi sia perfetta- mente integro, pure nel loro insieme ci forniscono un nu- mero di caratteri generici e specifici tali da permetterci di riferire con sicurezza la specie in esame all’Harpactocarci- nus punclulatus Desmarest. Questo crostaceo, che in Italia è comune nell’Eocene del Vicentino, mostra sempre più le intime relazioni tra (1) CheccHIA-RISPOLI G. — Gli Echinidi Eocenici del Monte Gargano. (Boll. d. Soc. Geol. ital., Vol. XXI, 1902); Id. — Nuova contribuzione alla Echino- fauna eocenica del Monte Gargano (Boll. Soc. Geol. ital., vol. XXII) 1903. (2) RistoRI G. — Il T'itatonocarcinus Raulinianus M. Elvv. negli strati nummulitici del M. Gargano. (Atti d. Soc. Tose. di Sc. Nat., Proc. verb., vol. VII, 212-215) 1891-93. Bollettino della Società Zoologica Italiana, 4, 50 GIUSEPPE CHECCHIA-RISPOLI questa fauna e quella eocenica del Monte Gargano, relazioni che già abbiamo rilevate nelle precedenti Note sull’Echi- nofauna delle suddette regioni. Harpactocarcinus punctulatus Desmarest. (taval fig. 123): 1822. Cancer punctulatus Desm. — Brongniart et Dresmarest, Histoire na- turelle des Crustacés fossiles, pag. 92 tav. VIII, fig. 3-4. 1853-57. » » » — Pictet, Traité de Paléontologie, atlas, . tav. XLI, fig. 5. 1859. » » » — Reuss, Zur Kenntniss fossiler Krabben (Deakschr. d. k. k. Akad. Wien, pag. 24.0: 80, «tav. XV, fig: 1-5; tn fig. 1-4 e tav. XVII, fig. 1-4. » » brachycheilus Reuss. — Reuss, loc. cit., pag. 29, tav. XIII e tav. XVIII. 1861. » punctulatus Desm. — Michelottti, Etude sur le Miocène» in- fer ieure de l Italie semptentrionale, pag. 139. » » pachyerzilus M. Elo. — Michelotti, 702. ‘cit., pag. 149, tav. XIV feci: 1862. » punctulatus Desm. — Mayer, Terticire Decapoden aus dem Alven, von Oeningen und dem Taunus (Palaeontographica. Bd. X, pag. 165, tav. XVIII, fig. 1-4). 1862. IHarpactocarcinus punctulatus Desm. — Milne-Edwaras, Monographie des crustacés fossiles de la famille de s Canceriens. Parte 1° (Ann. des Sc. Nat. Zoologie. Serie IV, tom. 18, pag. 66, tav. VIII; fie. liotav ISS: » » rotundatus M. Elw. — Milne Edwards, loc. cil. pag. 203, tav. N Ho62, 1875. » punctulatus Desm. — Bittner, Brachyuren des virentinischen Tertiàrgebirges. Denkschr d. k. k. Akad. Wien, Bd. XXXIV, pag. 86), » » rotundatus M. Edw. — Bittner, /oc. cit, pag. 87, L'HARPACTOCARCINUS PUNCTULATUS DESMAREST DELL’EOCENE DI PESCHICI 5Ì 1883. » punctulatus Desm. — Bittner, Neue Beitrige zur Kenntniss der Brachyuren fauna des Altertidrs von Vincenza und Verona (Denkschr. d.k.k. Akad. Wien, Bd. XLVI, pag. 311). 1895. Cancer (Palaeocarpilius) Gicheliensis De Greg — De Gregorio, Note sur certains crustacés (brachyuren), éocéniques (ann. de Geol. et de Paleont. 18 livraison, pag. 14, tav, III, fig. 1-39). 1895. Cancer (Harpactocarcinus) punctulatus Desm. — De Gregorio, loc. et pag." 10: tavi I.flgvk-4. 1898. Harpactocarcinus punctulatus Desm. - Loerenthey. Beitrdige zur Decapo- den fauna des ungarischen Tertiàrs. (Termeszetrajzi Fiizetek. XXI Kéòtet, pag. 13 e 78, tav. VII). 1900-01. » » Oppenheim, Die Priabonaschichten und ihre Fauna, etc., (Palaeontographica, Bd. XLVII, pag. 180). Dimensioni. Esemplare grande. Lunghezza del cefalotorace , 3 7 . i, È mm. 70 Larghezza » » È 3 ; i 3 È ; » 84 Rapporto della lunghezza alla larghazza. 5 È 2 : LE:120 Esemplare di medio sviluppo. Lunghezza del cefalotorace ° È : 3 c i 5 mm. 50 Larghezza » » î E 2 È ; È 3 » 64 Rapporto della lunghezza alla larghezza. ; 4 ; ; 1°::21,30 Esemplare piccolo. Lunghezza del cefalotorace À ) ; : È e I; mm. 40 Larghezza » » ; i 3 3 o . 3 » 50 Rapporto della lunghezza alla larghezza. 3 3 3 = Tolo Scudo. — Specie di grandi dimensioni, spessa, medio- cremente larga, perchè il diametro antero-posteriore non sorpassa mai di molto quello trasversale. Il rapporto però tra di questi è un vò variabile, potendosi avere degli e- semplari più arrotondati ed altri più allungati rispetto al diametro trasversale. I margini latero-anteriori formano con quello frontale, che è lievissimamente troncato, una curva quasi regolare 52 GIUSEP PE CHECCEIA-RISPOLI i margini latero-posteriori alquanto più corti dapprincipio sono rettilinei e poi con una dolce curva si uniscono al margine posteriore. La carapazza presenta la sua mag- giore altezza nella direzione del diametro trasversale. Quantunque gli esemplari da noi posseduti siano privi quasi interamente del guscio, pure presso i margini latero-anteriori d’alcuni di essi si osservano i modelli di parecchi denti, corti ed ottusi. In un solo esemplare ci è dato di poter osservare le due spine laterali della fronte, essendo questa sempre rotta negli altri. Su tutta la superficie della carapazza non si distingue alcuna traccia delle varie regioni in cui si suol distinguere lo scudo, meno i solchi longitudinali, poco approfonditi, che limitano la regione cardiaca e qualche leggera depres- sione nella metà anteriore del cefalotorace. Le cavità orbitali sono grandi, profondamente scavate e presso a poco elittiche : nell'esemplare figurato (v. fig. 1 e 2) si osservano ancora le basi dei peduncoli che sor- reggevano i podoftalmi. Fosse antennulari rettangolari, trasverse, due volte più lunghe che larghe; su di esse sporge appena il margine frontale. Regioni pterigostomie non larghe, nè divise in lobi ‘ esse acuminate posteriormente, vanno slargandosi a poco a poco, si curvano quindi fortemente verso la parte ante- riore e presso il peristoma si restringono : la sutura bran- chiostega-pterigoidea che le limita è molto rilevata. Le brancheostegiti sono molto più larghe del ptesigostomio e sono limitate verso il peristoma da una curva ampia. Il peristoma è quasi trapezoidale più largo anterior- mente che posteriormente : l’epistoma e le altre parti co- stituenti la bocca sono malamente conservate e solo quasi completamente si osservano gli ischiognati, t‘a deli fatte ii ci L'HARPACTOCARCINUS PUNCTULATUS DESMAREST DELL'EOCENE 1 I PESCHICI 53 Sterno.— Un esemplare mancante dell'addome ci per- mette di osservare completamente lo sterno. Le prime tre sterniti (proto-deuto e mesosternite) sono saldate in una sola placca triangolare, col vertice rivolto avanti, grande . e solida. Essa è provvista di due protuberanze laterali, una depressione centrale e due protuberanze anteriori. La depressione centrale è ancor più profonda verso la base, ove si riunisce alla depressione più forte della tetar- tosternite. I due articoli che formano la quarta sternite sono di forma triangolare col vertice rivolto verso il solco- mediano. La pemptosternite, più grande della prece- dente, è di forma rettangolare e rigonfia verso le estre- mità. La ectosternite per forma e dimensione corrisponde alla precedente, mentre la ebdosternite è simile alla tetar- losternite, ma più piccola. Le varie sterniti sono separate tra di loro per mezzo di solchi stretti e profondi e inca- vate nel mezzo per ricevere, come è noto, l'addome. Le episterniti, raramente conservate, sono di forma triangolare. Addome. — Per lo sviluppo che l'addome ha assunto nei nostri esemplari è da ritenersi senza dubbio che essi sono individui femmine: infatti l'addome è largo e ricopre tutto lo sterno. Esso risulta composto di sette segmenti : l’ultimo è di forma triangolare, allungato, e con i lati in- curvati: la sua superficie è pianeggiante e solo verso la base presenta nel mezzo un leggero rigonfiamento : esso non ricopre interamente le prime sterniti. Il sesto segmento è di forma rettangolare e più grande di tutti: il quinto è lungo quanto il sesto e largo di meno della metà di esso, Gli altri quattro man mano si vanno facendo più stretti e più corti. La sutura che unisce i vari segmenti è quasi sempre rettilinea; nel mezzo i segmenti presentano una ottusa dî GIUSFPPE CHECCHIA-RÌSPOLI carena, lateralmente sono depressi e verso l'esterno sono nuovamente rigonfi. L’addome nel maschio, secondo Milne-Edwards, è corto e sì compone di cinque articoli: il terzo, il quarto e il quinto sono saldati fra di loro e sul terzo e sul quarto si nota una sporgenza tubercoliforme. Sistema appendicolare locomotorio.— Di questo si- stema si sono conservate appena le coxopoditi brevi e cu- boidi e le basi-ischiopoditi del primo paio dei toracopodi, le quali mostrano la sezione elittica. Osservazioni. — Il carattere della fronte non protratta in avanti e non reflessa in basso, lo spessore sempre me- diocre della carapazza, e la presenza dei solchi longitudi- nali che limitano la regione cardiaca, fanno rientrare la specie in esame nel genere Harpactocarcinus Milne-Edwards, il quale si distingue «dai Palaeocarpilius Mil.-Edw., cui del resto è molto vicino, perchè questi ultimi presentano la regione frontale bruscamente abbassata in avanti, lo scudo sempre più arrotondato, e inoltre la mancanza di ogni traccia di solchi limitanti le varie regioni. Fra le specie del gen. Harpactocarcinus quella a cui si possono riportare i nostri esemplari, è l’Harp. punctulatus Desmarest, intesa però in quella limitazione specifica che ultimamente le ha dato il Loerenthey. Infatti i nostri esemplari riguardo alla forma del cefa- lotorace e dei denti dei margini latero-anteriori s'adattano meglio alla descrizione e alle figure dell’Harp. rotundatus Mil-Edw. che a quelle dell’Harp. punctulatus Desm. Il Milne-Edwards istituì la sua specie Harp. rotundatus sulla forma del cefalotorace relativamente stretta, su quella dei denti corti ed ottusi e sulla presenza di due serie di tu- bercoli paralleli sulla mano. Il Bittner a proposito di que- stultimo carattere aveva già osservato che in taluni indi- L'HARPACTOCARCINUS PUNCTULATUS DESMAREST DELL'EOCENE DI PESCHICI DO vidui di H. punctulatus, oltre ad una serie di tubercoli disposti secondo uno spigolo ben determinato, ne compa- riva un’altra: una formazione adunque che il Milne-Edw- ards riteneva caratteristica dell’H. rotundatus (1). Il Bittner tenne però ancora divise queste due specie, pur ricono- scendo tale carattere poco adatto per separarle. Il Loerenthey, disponendo di un ricco materiale di studio, ha potuto trovare tutti i gradi di passaggio che col- legano la forma H. rotundatus all’ H. punctulatus (2). Egli confermò le indagini del Bittner ed oltre a constatare la grande variabilità di forma dell’H. punctulatus, ha concluso che nemmeno s1 poteva dare importanza al carattere delle ornamentazioni del margine frontale e di quelli latero- anteriori. Prescindendo dal fatto che l'esemplare sul quale il Milne-Edwards fondò la sua specie, fosse semplicemente un modello, il carattere delle spine lunghe ed acute nel- VVH. punctulatus non è nemmeno costante. Infatti in questa specie si possono avere individui con le spine dei margini ‘corte ed ottuse ed altri in cui tali spine si uniscono in gruppi di due o tre, separati da solchi poco profondi. All Harp. punctulatus il Loerenthey crede di poter ri- portare anche l’Harp. ovalis Mil.-Edw. Questa specie è stata distinta dalle sue congeneri per la forma più larga del cefalotorace e per la presenza di una serie di 3 e 4 tu- bercoli sul margine esterno del braccio e di un’altra serie sul principio della mano. Relativamente al valore del se- condo carattere, poichè nessun conto si può tenere del primo a causa della grande variabilità di forma dell’Harp. punctulatus, è difficile o per lo meno un po’ arrischiato per ——— ___—t— mm (2) LOERENTHEY C. — Bettrage zur decapodensauna des ungarischen Ter tidirs, pag. 78-82. (1) BITTNER A. -* Die Brachyuren des vicentinischen Tertidirgebirges, pag. 87. 50 GINSEPPE CHECCHIA-RISPOLI ora l’emettere un giudizio, non essendo facile il potersi procurare decli esemplari interamente conservati di que- st'ultima specie.. E sebbene il Bittner lascia insoluta la questione, il Loerenthey, in base alle variazioni di forma che può assumere l'H. punctulatus, riunisce le due specie, pur non avendo un punto d'appoggio per tenere uniti 0 separati i suoi esemplari alla specie del Desmarest, essendo essi tutti mancanti della mano. Età. — Questa grande e bella specie che già comparisce nell’ Eocene medio, si sviluppa specialmente nell’Eocene superiore e si rinviene ancora nell’Oligocene. Località. —. L’Harp. punctulatus si riscontra abbondante in Italia nei dintorni di Verona, Vicenza, Bologna e, secondo il dott. Oppenheim, anche a Priabona. Nel Tirolo meri- dionale comparisce presso Rovereto nell’ Eocene giacente sulla scaglia. Si trova altresì a Niederhom (Svizzera); nei dintorni di Dax e di Saint-Laurent-de-Gosse nel diparti- mento delle Lande (Francia); negli strati nummulitici di Barcellona (Spagna); in Baviera ; nell'orizzonte a Nummu- lites perforata d'Orb. di Halimba (Eocene medio) e nei più alti livelli degli scisti a briozoi di Piszhe (Ungheria) corri- spondenti alla parte superiore del Bartoniano. Dal Laboratorio di Paleontologia del R. Ufficio Geologico. Roma, aprile 1904. \ G. CHECCHIA-RISPOLI. Spiegazione della tavola. Big. 1° Harpactocarcinus punctulatus. — Desmarest. Visto superiormente. (Grandezza naturale).Loc. Peschici [Eocene medio]. RISI » » — Lo stesso esemplare visto infe- riormente. » 3° » » — Esemplare più piccolo visto su= periormente(Grandezza naturale). Loc. Peschici. [Focene medio]. 57 NE DI PESCHICI E ELL’EOC ULATUS DESMAREST D I'HARPACTACARCINUS PUNCT NOTIZIE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI ROMA comunicate alla Società Zoologica Ifaliana CON SEDE IN ROMA dal socio CHIGI Principe D. FRANCESCO Nidificazione del Pernis apivorus (Lin.) (Falco pecchiaiolo). Il Pernis apivorus (Lin.) (Falco pecchiaiolo) sia per la variabilità del piumaggio, sia per la sua distribuzione gec- grafica e per le vie tracciate rielle sue migrazioni, interessa in special modo gli ornitologi italiani; credo perciò utile render note alcune osservazioni che sulla nidificazione di questo rapace potei fare nella scorsa estate. Il Pernis apivorus è indigeno dell'Europa centrale e set- tentrionale e della Siberia occidentale, ma sverna in Africa ed emigrando attraversa anche l’Italia. Specialmente ab- bondante in primavera trovasi in Sicilia ed in Calabria, dove se ne fa attivissima caccia reputandolo un cibo preli- bato; in quella stagione passa pure in buon numero nella Liguria, mentre generalmente nel resto d'Italia è poco fre- quente in primavera, e piuttosto raro in autunno. Nè altrimenti che quale uccello di passo io credevo che potesse trovarsi nel Romano, quando, a modificare la mia opinione, il 12 agosto 1903 mi fu portato in Ariccia un giovanissimo Falco pecchiaiolo già perfettamente rive- stito di penne, ma non ancora atto al volo ; esso era stato preso nel nido non lontano dal paese, nella macchia cedua della Marchigiana, ed erano stati visti anche gli adulti. Per raccogliere il maggior numero possibile di notizie sulla nidificazione del Pernis apivorus, finora mai constatata nella provincia di Roma, ordinai al suo guardiano Ma- rinelli, notissimo in Ariccia perla fama di abile cacciatore, di fare nuove ricerche nella località indicata allo scopo di FRANCESCO CHIGI 59 catturare anche gli adulti. Egli dopo lunga e paziente at- tesa potè uccidere un bel maschio adulto. Io stesso in seguito esaminai il nido : questo, formato di ramoscelli ammonticchiati alla rinfusa e privo di con- cavità, misarava un diametro di circa 50 centimetri con uno spessore di circa 10 centimetri, ed era situato nella biforcazione di una piccola quercia ad un’altezza dal suolo non maggiore di cinque o sei metri. Al disotto dell’albero trovai sparsi numerosi nidi di vespa vuoti e disseccati. Circa la nidificazione del Pernîs apivorus in Italia si hanno poche notizie: ha però nidificato in varie regioni dell’Italia settentrionale e, secondo il signor Pistone, anche nella provincia di Messina. Della nidificazione poi del falco pecchiaiolo nell'I- talia peninsulare non parla nessun autore, ed è questa la principale ragione per cui ho voluto darne notizia alla nostra Società. Il giovane (femmina), che ora conservo nella mia col- lezione, differisce da quelli descritti dai vari ornitologi italiani. Ha bianchi il capo, la nuca, il collo e tutte le parti inferiori; le redini ed una stria dietro l'occhio cenerino cupe; la parte superiore del dorso, il soprac- coda e le cuopritrici alari superiori bruni con apici bianchi alle singole penne ; la parte inferiore del dorso ed il groppone bruni uniformi ; le tre prime remiganti pri- marie bruno-cupe; le altre primarie e tutte le seconda- rie a larghe fascie trasversali bianco-grigie e grigio-cene- rine ; tutte le remiganti con apice bianco; timoniere a larghe fasce alternate bruno-grigie e grigio chiare con fascia sub-terminale bruno-cupa ed apice bianco. L’iride era grigio-cupa, la cera ed i piedi gialli, il becco giallo-corneo alla base, nero nel resto; le unghie nero- lavagna. L’adulto (maschio), che appartiene alla forma chiara, non presenta importanti particolarità di colorito ; ha però le parti superiori d'un tono piuttosto sbiadito.” NOTIZIE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI ROMA Il Carduelis carduelis (Lin.) x Chloris chloris (Lin.). Negli ultimi giorni dello scorso novembre (1903) a Prato Carbone fuori Porta Portese fu catturato questo fringillide, che avendo insieme confusi i caratteri del Car- dellino e del Verdone, come apparisce dal quadro com- parativo che qui riporto, deve ritenersi per un ibrido di queste due specie. Redini Fronte, guancie, parte superiore della gola Tempie, lati del; collo, parte infe-, riore della gola Parte posteriore| del pileo Fascia ai lati del collo Dorso e scapolari Lati del petto e fianchi Sopraccoda Gozzo Addome Piccole cupritrici alari superiori Medie cupritrici alari superiori Grandi cupritrici primarie Grandi cupritrici secondarie Remiganti prim. (eccetto la 1°). Remiganti se- condarie Remiganti se- condarie interne Timoniere esterne è Becco Curduelis carduelisì (Lin.) adulto Nere %osso-cremisine Candidi Nera Nera Nocciuola Nocciola Bianco Nocciuola pallido Bianco Nere Nere Nere Nere alla base, giallo vivace all'apice Nere con fascia giallo vivace sul vessillo esterno Nerecon la base giallo vivace Nere con macchia a- picale bianca Nere con’ macchia bianca Bianco, sottile, ap- puntito con una li- nea nera sul culmine. ‘Grigi-noccruola Ibrido Nere Aranciato-vivaci Grigio-chiari (Come il dorso) ‘Grigio chiara appena | visibile sfumature verdi Giallo alla base, ce- nerino all’apice Grigio nocciuola con macchia centrale gialla Bianco Verdi \Base nera apice verde Nere (Base nera, apice ce- | nerino sfum. verde (Nere con fascia gialla con Nere con la base gial- lo-verdastra Nere con margine cenerino-chìaro Nere con macchia bianca, Scuro, grosso, appun- tito con una linea nera sul culmine. Nocciwvola grigiastri | con | i sul vessillo esterno | | Chloris (Lin.) maschio adulto | Grige | Verdi-giallastre Verdi-giallastri Verdi-giallastre Verdi-giallastri Verdi-gialli ‘Giallo alla base, | cenerino all’apice Giallo Giallo Verdi Verdi Grige Cenerine \Brune con marg. giallo-verdastro sul vessillo est. Brune Centro bruno, lar- go marg.cenerino Gialle alle base, brune all’ apice Scuro, grosso, non appuntitodi tin- ta uniforme, FRANCESCO CHIGI 61 Le dimensioni ai questo ibrido sono uguali a quelle del Verdone, il becco però è un poco più sottile. Ritengo che questo ibrido sia naturale, non avendo trovato in esso alcuna delle tracce di schiavitù che di so- lito si trovano su individui vissuti in gabbia. L’ibridismo del Carduelis carduelis col Chloris chloris non è certo uno dei più rari nella famiglia Fringillidae ; nei primi risultati dell'inchiesta Ornitologica in Italia ne sono stati registrati tre casi. LIE, Falco feldeggi ScA/egel (Lanario) in perfetta livrea di adulto. Nella Tribuna Sport del 14 febbraio u. s. annunziai che un bellissimo Falco feldeggi Schlegel (Lanario) in | perfetta livrea di adulto era stato ucciso il giorno 11 gen - naio all'Isola Martana sul Lago di Bolsena dal Mse. Ugo Spinola, il quale gentilmente volle farmene un graditissimo dono per la mia collezione ornitologica regionale ; ed ora ripeto alla Società Zoologica Italiana quanto già annunziai. ll Falco feldeggi fino a pochi anni fa era ritenuto come rarissimo in tutta Italia, tanto che il Conte Prof. Ettore Arrigoni degli Oddi nel recente Atlante Ornitologico 10 dice raro quanto e forse anche più del Sacro |Mierofalco cherrug (G. E. Gray)]. Ma oraè certo che nel Lazio ed in Sicilia il Lanario è meno raro che altrove e sedentario ; fra noi fu preso di tutte le età ed in ogni stagione, e nel 1894 ne fu accertata la nidificazione nel Romano dal Mse. Dr. Giuseppe Lepri (Boll. Soc. Rom. per gli studi zoologici KolstE p_.172). In varie collezioni italiane si conservano esemplari di Falco feldeggi presi nel Romano, così di giovani sei se ne trovano al Museo Zoologico della R. Università di Roma, due nella collezione Arrigoni degli Oddi a Monselice, uno 62 NOTIZIE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI ROMA nella mia collezione ; e di adulti uno nella collezione del Conte Prof. Tommaso Salvadori, due nella collezione di Firenze ed uno nella collezione privata del Conte De Lar-. derel. In Roma per quanto io sappia non si conservano altri adulti che quello donatomi dal Mse. Ugo Spinola. Quest'ultimo esemplare merita nota speciale perchè, come in molti altri rapaci, anche nel Lanario gli indi- vidui in perfetta livrea di adulto sono assai più rari dei giovani, non indossando la livrea definitiva se non dopo vari anni di vita, e molto spesso si crede di avere un adulto mentre non si ha che un individuo in abito intermedio fra quello di gioventù e quello adulto. Il Prof. Giacinto Martorelli nella Monografia illustrata degli uccelli di rapina in Italia (p. 161-166) descrive det- tagliatamente il Falco feldeggi nelle sue diverse fasi, dando anche una buona figura a colori del giovane e dell'adulto. Alla descrizione dell'adulto corrisponde il mio esemplare del quale faccio notare alcune particolarità individuali e forse dipendenti dall'età. Il vertice in questo apparisce nero con margini rosso-fulvi alle singole penne, e tale carattere è comune negli esemplari italiani, che molto raramente, secondo il Prof. Martorelli, presentano il colorito del ver- tice uniformemente rosso. Inoltre la gola, il gozzo e la parte centrale del petto sono immacolati ; i lati del petto e la sua parte inferiore hanno piccolissime macchie cuori- formi nere; i fianchi sono percorsi da grosse fascie tras- versali scure, che divengono più ristrette sui calzoni e sul sottocoda ; l'addome infine ha poche macchie trasversali grigio-scure non formanti fasce complete. IV. Sturnus unicolor La Marm. in Tem. (Storno nero). Il 7 febbraio u. s..il preparatore signor Coli mi av- vertiva di aver veduto sul mercato uno Sturnus unicolor La Marm. in Tem. (Sforno nero) che — si diceva — era FRANCESCO CHIGI 63 stato còlto da un contadino nei dintorni di Roma ; acqui- stai quell’esemplare (mas. ad.) ed ebbi la conferma di quanto al signor Coli era stato asserito. Qualche giorno dopo il preparatore signor De Dominicis, nulla sapendo del primo storno nero da me acquistato, me ne offrì altri due esemplari (maschio e femmina adulti); li aveva egli comperati nei primi di febbraio da un rivenditore di cac- ciagione che li portava in giro insieme con molti Storni comuni ; interrogato dal De Dominicis sulla provenienza dei due Storni neri, quel rivenditore affermò che insieme agli altri Storni comuni erano stati presi nella Campagna Romana. Ma nè il Coli nè il De Dominicis sì mostrarono per- suasi dell'apparizione dello Storno nero nel Romano. Il fatto non è però straordinario quanto si può credere, ed eccone le ragioni. Lo Sturnus unicolor contrariamente all’affine Sturnus vulgaris Lin.,è sedentario in parte dell'Asia sud-occidentale, nel nord-Africa, nella Penisola Iberica, in Sicilia, in Sardegna e forse in Corsica. Durante l’inverno le due specie s'incontrano nelle re- gioni meridionali e qualche volta si riuniscono per prov- vedere ai bisogni della vita in esse quasi identici; quando si avvicina la primavera, lo Sfurnus vulgaris lascia le sue stanze invernali per ritornare verso il nord, separandosi dalla specie affine, e talora alcuni Storni neri, rimasti in mezzo agli stuoli emigranti delo Storno comune vengono da questi trascinatì nel loro viaggio, e con essi approdano sulle coste della Francia meridionale e dell’Italia conti- nentale e peninsulare. L’apparizione dello Sturnus unicolor nel Romano fu già annunziata dal Bonaparte nell'Iconografia della Fauna Italica (Uccelli) essendone stato preso nelle reti un indi- viduo (femmina adulta) nel febbraio 1897. In seguito altri ornitologi. (Giglioli, Salvadori, ecc.) poterono constatare nuove apparizioni dello Storno nero in varie parti d’Italia; ed ‘anzi il Salvadori nell’Elenco degli Uccelli Italiani cita per la Liguria tre catture dello Sturnus unicolor. Di più nei Primi Risultati dell’Inchiesta 64 NOTIZIE ORNITOLOGICHE PER LA PROVINCIA DI ROMA Ornitologica in Italia il prof. Carazzi così riferisce intorno allo Storno nero : « Di comparsa accidentale nel distretto di Spezia ; giunge in tal caso assieme alla specie comune, che si prende in copia nelle reti; nella collezione Magni- Griffi a Siena si conserva un individuo preso in Val di Magra ». Nella stessa opera il prof. Dei riferisce che lo Sturnus unicolor è « di comparsa accidentale nella pro- vincia di Siena e nel Grossetano ». Tuttavia queste ragioni non bastano per dare la cer- tezza che lo Storno nero sia nuovamente capitato nel Lazio, come risulterebbe dal fatto di averne trovati tre esemplari sul mercato di Roma. Il mercato di Roma è continuamente fornito di selvaggina proveniente dalla Sardegna, e potrebbe darsi che quei tre esemplari siano stati spediti appunto da quella regione ove lo Sturnus unicolor è molto comune. Sulle terminazioni nervose nei muscoli pelliccini dorsali della TALPA EUROPAEA 1. Comunicazione preliminare fatta sella Società Zoologica Italiana dal Dott. G. ROMERO : Assistente all'Istituto di Zoologia della R. Università di Roma Avendo impreso a ricercare, col metodo del Cloruro d’oro (Ranvier-Lòwit -- modificato da Cipollone) la ma- niera onde si terminano i nervi nei muscoli pellicciai della Talpa europaea I.., mi sono trovato dinanzi ad un reperto interessantissimo che mi affretto a comunicare. Trattasi di una speciale rete nervosa di fibre provviste di guaina mielinica, la quale copre questi muscoli, lunghi e sottili, per tutta la loro lunghezza. Queste fibre nervose partendo da un grosso tronco, che si suddivide in innumerevoli tronchi minori, sì vanno di- videndo dicotomicamente, con decorso perpendicolare, obbliquo o parallelo alle fibre muscolari, avvolgendole spesso iu giri spirali; anastomizzandosi fra loro, in modo speciale. Queste fibre mieliniche, formano, nell'insieme, una rete a larghe maglie, che copre tutte le fibre muscolari : esse in certi punti si mostrano più rade, in altri, invece, sono numerosissime ma, solo dopo l'esame di moltissimi preparati, posso affermare, che non vi è fibra muscolare che non sia percorsa o avvolta da almeno una di esse. Dette fibre sono lunghissime : si possono seguire, tal- volta, senza interruzione, per parecchi millimetri: ciò, accade specialmente per quelle che, posandosi sul.bordo della fibra muscolare, ne seguono, parallelamente, il decorso. Bollettino della Società Zoologica Italiana. i O, 66 . G. ROMERO La divisione dicotomica è in queste ultime a larghi tratti, mentre è più serrata in quelle fibre che si gettano perpendicolarmente e obbliquamente sulle fibre muscolari. Dopo un lungo tragitto, le fibre nervose, che seguono parallelamente la fibra muscolare, e dopo essersi anasto- mizzate con altre fibre più o meno vicine, mandano sulla fibra muscolare una o più terminazioni a bottone. Da queste speciali fibre nervose io non ho visto emet- tere nessun'altra forma di terminazioni. Faccio qui notare, che, verosimilmente le fibre che decorrono parallelamente alla fibra muscolare, non sono che una continuazione di quelle che tagliano la fibra stess: in senso perpendicolare o obliquo. Un particolare mi ha colpito: queste fibre, staccandosi da uno dei tronchi principali, assumono un calibro di pochi v u e lo conservano fino al momento in cui si ter- minano con un bottone. La maniera di disporsi delle fibre nervose, ora de- scritte, la loro speciale terminazione, mi fa eseludere che trattisi di fibre di moto. Tale ipotesi è fortemente avvalorata dal fatto che, in questi muscoli, si trovano di tratto in tratto, dei tronchi nervosi, da cui partono gruppi di fibre micliniche, che si terminano ognuna con una piastra motrice. Le fibre micliniche che formano la rete, brevemente suddescritta, mostrano, a larghi tratti sul loro decorso degli accenni di strozzatura; il tronco da cui partono è provveduto della guaina di Heule : i rami in cui esso si divide la conservano pure: io non sono più riuscito a scorgerla, dal momento che la fibra acquista il calibro, che conserverà poi costantemente in tutto il suo tragitto. A parte il fatto di una rete nervosa mielinica, che serra nelle sue maglie un intero muscolo, dalla periferia, SULLE TERMINAZIONI NERVOSE NEI MUSCOLI DELLA TALPA EUROPAEA 67 al centro, senza rispermiare alcuna fibra muscolare, ap- pare di sommo interesse, anche l’altro fatto, che cioè terminazioni motrici e rete nervosa deuntiva sono affatti indipendenti tra di loro. Ciò almeno risulta dai preparati da me ottenuti col metodo al Cloruro d’oro. Inoltre il reperto in parola, è affatto nuovo e, per quante ricerche io abbia fatte, nulla è stato fino ad oggi rinvenuto, sia nellaTalpa europaea, sia in altri vertebrati. In molti di questi sono stati ricercati e studiati, molto accuratamente, da moltissimi osservatori, i fusi neuro-mu- scolari: questi, però, si trovano sparsi nei muscoli di tutti I vertebrati, ce ognuno di essi non comprende che poche fibre muscolari: ma il caso di un intero muscolo, di cu ogni fibra è percorsa o avvolta da una fibra nervosa e in cui due diverse specie di fibre nervose si trovino, indi- pendenti le une delle altre, che io mi sappia, non fu mai descritto. Mi sono limitato per ora a descrivere per sommi capi, quanto mi fu dato di osservare: nel lavoro per esteso. ottre alla minuta descrizione, mi riservo di esporre le con- siderazion a cui mi ha portato un accurato esame delle mie preparazioni. Dott. G, Romero, CLASSIFICAZIONE: DESCRITTIVA: DEI LEPIDOTTERI ITALIANI COMPILATA per cura del comm. FORTUNATO ROSTAGNO Consigliere della « Società Zoologica Italiana » (Ved. fasc. I, II e III, Serie II, Vol. IV, 1903). II SEZIONE” VII — “TINEINE, Le Tinee o Tineidi, volgarmente dette Tignuole, for- mano, fra le sezioni in cui noi abbiamo divisi i lepidotteri, la più numerosa, contenendo oltre millecinquecento specie soltanto in Europa: sono comprese fra le Tineidi le più piccole farfalle conosciute, delle quali alcuna quasi micro- scopica ; variatissime di forme e di costumi, sarebbe im- Possibile stabilire i caratteri generali di questa sezione così estesa, non è che pei generi fondamentali per i quali si possono dare caratteri in certo qual modo costanti. Le larve delle Tineidi sono a sedici zampe, ma alcune le hanno membranose, cortissime e talvolta rudimentali specialmente quelle che vivono chiuse entro a foderi; spesso non stanno allo scoperto ; talvolta dimorano in varie colonie sotto una tenda setosa comune ; altre minatrici sol- cano il parenchima delle foglie con gallerie o mine situate fra le due epidermidi. Queste categorie veramente appar- tengono alle False Tinee di Réamur, giacchè le sue Tinee son quelle le cui larve dimorano in sacchi od astucci for- mati dai detriti delle materie che esse divorano. Final- mente alcune si accostano molto alle larve delle Tortricidi, vivendo nei frutti, nei semi, nei fiori o nelle foglie, che ac- cartocciano e legano con fili di seta. In genere le Tinea incrisalidiscono ove hanno vissuto lo stato di larva, ad CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 69 eccezione delle minatrici, che escono dalle gallerie per in- crisalidire al di fuori. Allo stato di farfalla le Tineidi non mangiano : volano ordinariamente di sera e verso il crepuscolo, taluna però ha volo diurno, ed è smagliante dei più brillanti colori. La varietà di forme, di abitudini, di caratteri che di- stinguono le une dalle altre Tineidi, da molto tempo la- sciava intravedere prossime delle sostanziali divisioni in questa vasta sezione di microlepidotteri, in genere così nocivi all'uomo; però la più radicale fra le riforme è quella portata dallo Staudinger (Rebel) nell'ultimo catalogo, nel quale non è più compresa la sezione Tineina, ma bensì di- verse sezioni, di cui diremo in appresso, suddivise poi in varie famiglie e queste in generi. Noi crediamo bene tenere ancora questo gruppo di mi- crolepidotteri unito nella sezione Tineidi, dappoichè le grandi divisioni in categorie a seconda di criteri pur fon- dati su ragioni scientifiche, sono sempre utili pei sistema- matici classificatori ; in ogni modo però riconosciamo che le suddivisioni moderne fatte dallo Standinger hanno tutta la loro ragione di essere e le manteniamo in questo nostro lavoro. Le antenne delle Tineidi appaiono granulose o moni- liformi alla lente e sono quasi sempre semplici nei due sessi; nel genere Lemmatophila, ed in parte nei generi Euplocamus ed Incurvaria, sono pettinate o piumate nei maschi, ciliate nelle femmine. La spiritromba è quasi sempre nulla o rudimentale. I palpi soli sono ben svilup- pati, di forme variatissime ed egualmente rilevati al di sopra della testa; per eccezione i quattro palpi esistono nel genere Gracilaria. La testa è sovente vellosa. ll torace liscio, l'addome più o meno corto, generalmente cilindroide e sorpassato dalle ali nello stato di riposo. Le ali sono in- 70 FORTUNATO ROSTAGNO tiere e senza smerlature, le anteriori generalmente lun- ghe, strette, col bordo posteriore della forma più va- riata ; le ali posteriori più strette ancora, largamente fran- giate, sopratutto al bordo interno, intieramente nascoste dalle prime nello stato di riposo, senza essere piceghettate, le une e le altre assettate lungo il corpo che esse coprono a tetto più o meno arrotondito, senza avvilupparlo il più sovente sui fianchi, talvolta intieramente arrotolate in du- plice fodero attorno ad esso come negli Yponomeuti. Le zampe posteriori sono lunghissime, armate di lunghi spreni e più o meno vellose, secondo i generi. Le larve sono li- scie o soltanto guernite di qualche raro pelo appena vi- sibile ad occhio nudo ed infisso ciascuno sopra un bitor- zolo. Le une sono vermiformi, le altre sono fusiformi ; esse sono sempre munite di una placca scagliosa sul pro- torace e qualche volta d’ una seconda sull’ ultimo anello ; sono molto varie sia nel modo di vita che in quello di trasformarsi. 3 Le Tineidi si assomigliano di preferenza alla famiglia dei Crambidi (Piralidine), ma ne differiscono per diversi caratteri, sopratutto per la forma più o meno stretta delle ali inferiori, che non hanno bisogno di pieghettarsi a ven- taglio per essere ricoperte dalle superiori nello stato di riposo, ed inoltre per la frangia, che orla queste mede- sime ali, frangia che si allarga in proporzione del restrin- gersi della superficie di essa, a tal punto che sovente que- sta superficie si riduce alla costale o ad un semplice’ stelo guernito di barbule, il che allora fa assomigliare le ali inferiori a delle piume, come nei generi Elachista, Ornix, e Gracilaria, i quali segnano una linea di passaggio fra le Tineidi ed i Pteroforidi ed Alucitidi, di cui tratteremo in seguito (1). e E e (1) Girard, op. cit., vol. 3, pag. 719 e seg. tieniti detiene La diversità somma di costumi e di caratteri biologici riscontrati nei lepidotteri della Sezione Tineine o Tineidi, faceva prevedere, come abbiamo detto, a tutti i sistematici un prossimo radicale mutamento nella classificazione dei microlepidotteri fin qui compresi nella sezione medesima, e tale mutamento radicale si ha appunto nell'ultimo ca- talogo dello Standinger, il quale, non contempla più la Sezione, o tribù che dir si voglia, delle Tineidi (Tineina), ma di essa forma tante sezioni o tribù, a loro volta sud- divise in famiglie. Nel precedente catalogo lo Standinger suddivideva la sezione Tineina in ventidue tribù e cioè Choreutidi, Aty- chidi, Taleporidi, Lypusidi, Tineidi, Adelidi, Ochsenhei- meridi, Techobidi, Acrolepidi, Hyponomeutidi, Plutellidi, Orthotaelidi, Chimbacchidi, Gelechidi, Glyphipterygidi, Gra- cilaridi, Coleophoridi, Lavernidi, Elachistidi, Lithocolletidi, Lyonetidi, Nepticulidi. Tali tribù poi erano semplicemente suddivise in generi e specie. La medesima classificazione aveva pure seguito l’egregio lepidotterologo Ing. Curò, il cui lavoro noi abbiamo fin qui tenuto presente per la compilazione di questi cenni generali sulla classificazione dei lepidotteri italiani; ma egli già fin d’allora prevedeva la prossima riforma, della quale oggi ci occupiamo. Oggi lo Standinger (Rebel) non porta più la sezione delle Tineidi (Tineina) ma la suddivide in undici vere e proprie sezioni o tribù separate a sè, e cioè : I° Glyphipte- rygidi; II° Hyponomeutidi ; IMN° Plutellidi;IV° Gelechidi ; V° Tinaegeriidi ; VI° Elachistidi ; VII Gracilariidi ; VII° Lyo- netiidi; IX° Nepticulidi; X. Talaeporidi; XI. Tineidi. Que- st'ultima sezione ha sostituita in realtà la precedente se- zione delle Tineidi, la quale veramente comprendeva le- pidotteri, che pei loro caratteri anatomici e biologici troppo fra loro differivano, 2 FORTUNATO ROSTAGNO Noi pure, conservando tutte queste tribù create dal Rebel colle loro suddivisioni in famiglie, il che concorda col criterio da noi tenuto in tutto questo lavoro, portiamo però tutte ie tribù sotto la sezione Tineina, per seguire l'ordine costante e perchè in fondo non è inopportuno raggruppare questi piccoli lepidotteri, che allo stato per- fetto hanno tanti caratteri esterni simili, in una sezione comune, che gioverà sempre mantenere ai classificatori per facilitare il loro compito. Alle tribù diamo la nume- razione progressiva dei microeteroceri partendo dalla tribù XV fino alla XXV. Ciò premesso, passiamo ad esaminare quali sieno le varie famiglie e generi compresi nelle tribù formate dal Rebel, quando esse, il che non è per tutte, siano rappre- sentate .in Italia con certezza. Per ciò che riguarda i carat- teri principali di queste tribù non crediamo poterli esporre perchè troppo incerti in linea generale, così ci paiono sufficienti le indicazioni generiche date sulle Tineidi e per le descrizioni speciali rinviamo alla parte speciale del presente lavoro. Ciò che in questa parte generale è impor- tante si è stabilire la distribuzione delle famiglie e dei generi nella grande famiglia delle Tineidi. TrIRÙ XV. — Glyphipterygidae. — La tribù delle Gly- phipterygidi comptende tre famiglie. A. Choreutinae, che precedentemente era considerata come facente tribù a sè e comprende i due generi: 1) Choreutis Hb. 1818 e 2) Si maethis Leach 1815; B. Glyphipteryginae, che precedente- mente formava tribù a sè e non comprende per l'Italia che un solo genere: 1) Glyphipteryx. Hb. 1818: C. Dou- glasiinae, che precedentente non esisteva ed è formata coi generi: 1) Tinagma Z. 1839 e 2) Douglasia Stt. 1854, che facevano parte della tribù Lavernidae (1). —__ ——— (1) Standinger, op. cit. vol. II° pag. 129 a 131. - Curò, op. cit. vol. XV. CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 73 Trisù XVI. — Yponomeutidae. — La tribù degli Ypo- nomeutidi comprende due famiglie : A. Yponomentinae, che precedentementa faceva tribù a sè e si compone dei generi seguenti : 1) Calantica Z. 1847, 2) Scythropia Hb. 1818, 3) Yponomeuta Latr. 1796 (Hyponomeuta [Sodof. 1837] Z.), 4) Swammerdamia Hb. 1818, 5) Prays Hb. 1818, 6) Paradoxus Stt. 1869 (secondo il Curò probabile in Liguria, sebbene lo Staudinger non lo dia per l'Italia). Tutti questi generi facevano parte della tribù Hyponomeutidae. — B. Argyre- sthinae, famiglia che non esisteva precedentemente ed è formata coi seguenti generi, che facevano parte della tribù Hyponomeutidae, meno il genere 2° che non esisteva per- chè di posteriore creazione : 1) Zelleria Stt. 1849 ; 2) Hof- mannia Hein Weck. 1877; 3) Argyresthia Hb. 1818; 4) Ce- destis Z. 1839; 5) Ocnerostoma Z. 1847 (rapresentato in I- talia sulle Alpi) (1). Tribù XVII. — Plutellidae. — La tribù dei Plutellidi ha due famiglie : A. Plutellinae, che precedentemente faceva tribù a sè (Plutellidae) e comprende i seguenti generi : 1) Fidophasia Stph. 1842. Questo genere non è portato nel lavoro del Curò, ma l'accertamento di esso in Corsica si deve ad e- poca posteriore, per cui noi lo conserviamo. 2) Plutella Schrk. 1802 (Alpi-Sicilia). 3) Cerostoma Latr. 1802, Theristis Hb. 1818. Questo genere, sebbene non specificamente dato dallo Staudinger per l'Italia, è però accertato dal Curò pel Nizzardo, la Toscana ed i Camaldoli (2) per cui noi lo conserviamo. B. Orthotaeliinae. — Anche questa famiglia faceva pre- .cedentemente tribù separata a sè sotto il nome di Ortho- tailidae. Essa comprende un solo genere : Orthotaelia Stph. (1) Standinger, op. cit. pag. 131 a 137 - Curò, op. cit. vol XV, (2) Curò, op. cit., vol. XV, pag. 28, 74 FORTUNATO BOSTAGNO 1834, il quale veramente non sarebbe dato dallo Standin- ger per l’Italia, ma il Curò lo asserisce trovato dal Ghiliani in pochi esemplari nelle paludi di Stupinigi ed ai laghi di Casaletto (1). Noi perciò lo conserviamo. Trisù XVII. — Gelechiidae. — Questa tribù si com- pone di tre famiglie: A. Gelechiinae, che faceva prima tribù separata sotto la denominazione di Gelechidae, e comprende i generi seguenti: 1) Metzneria Z. 1859 (Pa- rasia Dup.) compresa da Curò nella allora tribù delle Gele- chidae sotto questo secondo nome; 2) Psoricoptera Stt. 1854. Questo genere è dato dallo Standinger per tre specie, di cui due sarebbero proprie dell'Europa centrale e me- ridionale (2), ma non indicate tassativamente per l’Italia, e così era pure nella precedente edizione del catalogo ci- tato, per cui nulla di nuovo asserisce oggi. Il Curò però avendolo portato come probabile nel Nizzardo per la specie Gibbosella Z. (3), noi la conserviamo. 3) Bryotropha Hein. 1870; 4) Gelechia (Hub. 1818) Z. In questo genere oggi lo Standinger comprende pure tutte le specie che precedente- mente formavano i generi separati Lita Tr. e Teleia Hein. — 5) Acompsia Hb. 1818 (Brachycrossata Hein), rappresen- tata sulle Alpi e precedentemente compresa in catalogo sotto la seconda denominazione. — 6) Tachyptilia Hein 1870, genere che lo Staudinger non designa specialmente per l’Italia, ma solo per l’Europa centrale e meridionale (4), mentre il Curò la dà certa per TItalia, principalmente per la specie Cinerella Cl. (5). — 7) Acanthophila Hein 1870 ; 8) Xystophora Hein 1877 (Doryphora Hein). Questo (1) Curò, op. cit., vol. XV, pag. 28. (2) Standinger, op. cit. vol. II. pag. 140. (3) Curò, op. cit. vol. XV. pag 37. (4) Standinger, op. cit. vol. II. pag. 151, (5) Curò, op. cit. vol. XV. pag. Sl, CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIA NI (60) genere, che nel precedente catatogo dello Standiger era portato sotto la seconda denominazione, comprende anche le specie che precedentemente formavano i distinti generi : Monochroa Hein, e Lamprotes Hein. 9) Anacampsis (Curt 1827) Hein. (Aproaerema Durr 1897). 10) Epithectis Meyr 1896 (Brachmia Hein). 11) Aristotelia Hb. 1818-(Ergatis Hein). 12) Recurvaria Hw. 1829) H. S. (Aphanaula Meyr 1895. 13) Phocheuusa Hein 1870. 14) Stenolechia Meyr 1894 (Poecilia Hein. pracocc.) 15) Argyritis Hein 1870. 16) Chry- sopora Clem. 1860 (Mannodia Hein 1870). 17) Apodia Hein 1870. 18) Sitotroga Hein 1870. 19) Stomopteryx Hein 1870 (Sicilia). 20) Brachmia (Hb. 1818) Meyr. Questo genere comprende ora alcune specie che nel precedente catalogo, e così nel Curò, formavano due generi a parte, cioè i ge- neri Ceratophora Hein e Cladodes Hein. 21) Rhinosia Tr. 1833. 22) Paltodora Meyr. 1894 (Cleodora Curt. Hein). 23) Mesophleps (Hb. 1818) H. S. 24) Ypsolophus (F. 1798) Z. 25) Nothris Hb. 1818. 26) Sophronia Hb. 1818. 27) Anarsia Z. 1839. 28) Paranarsia Rag. 1895. Questo genere non era compreso nel precedente catalogo dello Standinger e neanche del Curò, essendo scoperto posteriormente a quelle pubblicazioni. 29) Megacraspedus Z. 1839. 30) Ptero- lonche Z. 1847. 31) Symmoca Hb. 1818. 32) Oegoconia Stt. 1854. B. Blastobasinae. Questa famiglia non esisteva prima d’ora ed è formata da tre generi che precedentemente si trovavano collocati in altre tribù e cioè : 1) Endrosis Hb. 1818, che si trovava collocato nella tribù Elachistidae. 2) Blastobasis Z. 1855, che si trovava nella tribù Gelechidae e comprende anche il genere Macroceras, per la specie Oecophila Stgr. che il Curò porta nella tribù Lithocolle- tdae e non è portato dallo Staudinger, il quale porta in- vece la specie Oecophila Stgr. pel genere Blastobasis 2, — , FORTUNATO ROSTAGNÒO 3) Hypatima (Hb. 1818) H. S., che trovavasi nella tribù (Grelechidae (1) C. Oecophorinae. — Questa famiglia pure è di nuova creazione ed è formata per l'Italia da venti generi che si trovavano altrimenti divisi fra le varie tribù, come segue : 1) Pleurota Hb. 1818. 2) Aplota Stph. 1834. 4) Holoscolia Z. 1839. 4) Protasis HS. 1853. 5) Topeutis (Hb. 1818) HS. Questo genere non è stato dato dalla Staudiger per l'I- talia, però il Curò lo dà certo per due specie e dichiarato per una terza, per cui noi lo dobbiamo conservare (2). Il Curò porta dopo questo genere l’altro Carposina H.S. come portava pure lo Staudinger. Ora il genere Carposina è collocato nelle Tortricidi e siccome lo Staudinger non lo dà per TItalia e solo sembra che un'esemplare sia stato trovato dal Mann nel Tirolo meridionale e pochi altri in Carniola, così noi non l'abbiamo conservato tra. i ge- neri delle Tortricidi italiane. Tutti i generi fin qui citati facevano prima parte della tribù Gelichidae. 6) Dasystoma Curt. 1833. 7) Chimbache (Hb. 1818). Z.: entrambi questi ultimi due generi figuravano nella tribù Chimbacchidae. 8) Semioscopis Hb. 1818. 9) Epigraphia Stph. 1829. 10) Psecadia Hb. 1818. 11) Depressaria Hw. 1812. 12) Enico- stoma Stph. 1829. 13) Anchinia Hb. 1818. 14) Hypercallia. Stph. 1829. 15) Carcina Hb. 1818. 16) Lecithocera HS. 1893. 17) Harpella Schrk 1802 (Peltophora Meyr. 1884). 18) Ala- bonia (Hb. 1818). Wlsghm. Questo genere è nuovamente formato con alcune specie che precedentemente facevano parte del genere Harpella. 19) Oecophora Latr. 1706 (Da- sycera Hw.) Precedentemente le due specie italiane appar- tenenti oggi a questo genere erano portate invece nel ge- ———_ __—_—__—« (1) Staudinger, ant. cat. pag. 308, 309, 323. — Curò, op. cit. vol. XV. pag. 103. — Staudinger, op, cit. vol. II. pag. 164. (2) Staudinger, op. cit. vol. II, pag. 166. — Curò, op. cit. vol. XV pag. 53. CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI su nere Dasycera Hw. Oggi invece le due specie son ritor- nate a costituire il genere Oecophora Latr. più antico, e sparisce il genere Dasycera Hw. Il genere OQecophora Z. poi, che precedentemente esisteva invece di quello del Latreille, ritorna colle sue specie a formare, secondo la più antica classificazione, i®genere 20) Borkhausenia Hb. 1818 (Oecophora Auct). Trigù XIX. — Tinaegeritdae. — Questa tribù non è suddivisa in famiglie e comprende un solo genere. 1) Eretmocera Z. 1853, (Staintonia Stgr.) genere che nella precedente classificazione dello Staudinger (Wocke), era compreso nella sezione Elachistidae, e non era portato dal Curò nel suo catalogo dei lepidotteri italiani, perchè forse non assicurato allora alla nostra fauna. Oggi però lo Stau- dinger (Rebel) lo dà accertato per la Sardegna e di con- seguenza noi lo riteniamo in classificazione. TriBù XX. — Elachistidae.— Questa tribù si compone di cinque famiglie e cioè: A. Scythridinae (Butalinae); il quale comprende i seguenti generi : 1) Schreckenstenia, Hb. 1818, già appartenente alla stessa tribù Elachistidae ; 2) E- peremia Hb. 1818 (Chauliodus Tr.) già compreso sotto questo secondo nome nella tribù Lavernidae ; 3) Scythris Hb 1818 (Galanthia Hb. Butalis Tr.) già eompreso sotto quest'ul- timo nome pella stessa tribù Elachistidae. Il Curò porta anche il genere Aechmia Stt. che oggi sarebbe compreso per la nuova classificazione al primo posto di questa tribù; però siccome lo Staudinger non lo dà per TItalia ed il Curò stesso lo dà soltanto come dubbio in Istria, noi non lo conserviamo. (1) B. Momphinae (Laverninae) che comprende diciotto generi e cioè : 1) Cataplectica Wilsghm. 1894 (Heydenia (') Cnrò, op. cit. vol. XV, pag, 84, 78 FORTUNATO ROSTAGNO Hofm 1868 nom. praeoec.) sotto il quale uitimo nome questo genere era precedentemente compreso nella tribù Lavernidae ; 2) Cosmopteryx Hb. 1818; 3) Batrachedra Stt. 1804 ; 4) Stathmopoda Stt. 1854, questi ultimi tre generi erano già compresi nella tribù Elachistidae : 5) Ochromolo- pis Hb. 1818, già compreso fra le Lavernidae : 6) Cypho- phora HS. 1893 (Laverna Curt.) per la specie Idaei Z. Is. 1839 ; questa specie era precedentemente portata nel genere La- verna. Il Curò però non la darebbe per VItalia, ma noi la portiamo perchè oggi lo Staudinger la da con certezza per le Alpi (1); 7) Heinemannia Wck. 1877. Questo genere fu creato condue specie, che precedentemente facevano parte del genere Lavernia (tribù Lavernidae) e cioè con la specie Festivella Schiff e Laspeyrella Hb. (Festivella Z.) e colla nuova specie Albidorsella Stgr. Stett e Z. 1877, non por- tata precedentemente dallo Staudinger che la scoprì dopo la pubblicazione del suo catalogo. Il Curò dava la specie Laspeyrella Hb. nel genere Laverna Curt. perchè raccolta dal Mann nel Tirolo meridionale, sebbene lo Staudinger non dia quella specie per l'Italia : ciò avrebbe potuto far dubitare dell'opportunità di conservare il genere Heineman- nia Wck. nella nostra classificazione, ma il dubbio viene assolutamente risolto dal fatto che nel nuovo genere Heine- mannia Wcek. non sono comprese soltanto le due specie Festivella Schiff e Laspeyrella Hb., ma anche la nuova specie Albidorsella Stgr., data con certezza dall'autore per la Sardegna ; 8) Blastodacna Wck. 1877. Anche questo genere è creato dal Vocke con le tre specie Hellerella Dup., Vinolentella HS. e Rhamniella Z. che preceden- temente erano compresi nel genere Lavernia Curt. La specie Hellerella è data dal Curò e dallo Staudin- (1) Staudinger, op. cit. vol. II, pag. 186. RITZ TE VOTA TE ANTI E CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDO'TTERI ITALIANI 79 ger come rappresentata in Italia ; la specie Rhamniella è data pure dallo Staudinger come rappresentata in Italia, per cui è da conservarsi nella nostra classificazione il nuovo genere Blastodacna Wck.; 9) Mompha Hb. 1818 (La- verna Curt.), è formato questo genere con le altre specie che componevano innanzi il genere Laverna Curt. 10) A- scalenia Wck. 1877. Anche questo è un nuovo genere for- mato dal Wocke con la specie Vanella Frey, la quale pre- cedentemente era compresa nel genere Laverna Curt. Tale specie fu scoperta dal Millièére nelle valli delle Alpi Ma- rittime e dal Mann ad Antignano (Toscana), per cui noi conserviamo il genere nella nostra classificazione, sebbene lo Staudinger non dia l’'Ascalenia Vanella per l'Italia (1); 11) Anybia Stt. 1854 precedentemente compreso, per la specie Epilobiella Roemer. Berl. nel genere Laverna; 12) Chrysocli- sta Stt. 1854, già esistente nella tribù Lavernidae, 13) Spule- ria Hofm. 1897, genere creato colla specie Aurifrontella Hb. già compreso nel genere Chrysoclista ; 14) Psacaphora HS. 1853, formato colla specie Schrankella Hb. (Locupletella FR.) già compreso nel genere Laverna. È stata raccolta nelle Alpi dello Stelvio a circa m. 2300 in luglio (2), per cui noi conserviamo questo genere, sebbene non dato dallo Staudinger per l'Italia; 15) Stagmatophora HS. 1853, già esistente nella tribù Lavernidae. Nella precedente classificazione dello Staudinger, se- guita dal Curò, dopo il genere Stagmatophora, trovasi il genere Piroderces Z.: oggi però tal genere non figura più nella sezione delle Tinee, sibbene in quella delle Piralidi per la specie Argyrogrammos e sotto il genere Metallosticha Rag. Continuando la serie dei generi compresi nella famiglia (1) Curò, op. cit. vol. XV pag. 84 — Staudinger, op cit, vol. II. pag. 187, (2) Cucò, op. cit, vol. XV, pag. 83,’ 80 FORTUNATO ROSTAGNO = —_—_______— delle Monphinae abbiamo: 16) Heliodines Stt. 1854: 17) Pancalia Stph. 1829, entrambi questi ultimi due generi già compresi nella tribù Elachistidae; 18 Augasma HS. 1853, tratto dal genere Asychna della precedente classificazione per la specie Aeratella Z., compreso nella tribù Lavernidae. Il Curò porta nel suo catalogo il genere Asychna, ma per la specie Modestella Dup. che il Mann avrebbe raccolta in Carniola. Noi riteniamo il genere Augasma HS. per la specie Aceratella, dato dallo Staudinger per l’Italia, portando il genere Asychna fra le Coleophorinae (1) C. Heliozelinae — Questa famiglia non comprende che due generi: 1) Antispila Hb. 1818 : 2) ed Heliozela HS. 1853, generi entrambi già esistenti nella tribù Elachistidae. D. Coleophorinae — Comprende questa famiglia tre generi è cioè (1) Asychna Stt. 1854, che nella precedente classificazione, come abbiamo detto, figurava nella tribù Lavernidae per la specie Modestella ; 2) Coleophora Hb. 1818, già esistente nella tribù Coleophoridae, 3) Goniodoma Z 1849, genere già compreso, come il precedente, nella tribù Coleophoridae, ma non accertato per l'Italia: però nel 1882 è stata a questo genere aggiunta la specie Millie- rella Rag. trovato in Italia (2), per cui il genere Goniodoma deve a ragione conservarsi nella nostra classificazione. E Elachistinae, — Questa famiglia comprende solo tre generi, e cioè : 1) Stephensia Stt. 1854, che sarebbe, secondo il Curò, rappresentato in Italia per essere raccolto dal Mann sul monte Nanos e dal Zeller a Messina per la specie Magnificella Z. ; 2) Elachista Tr. 1833, 3) Urodeta Stt. 1869. Non data dallo Staudinger per TItalia, ma assicurata dal Curò, il quale la dice trovata dal signor Staiton a Mentone, ———— ——_@ (1) Curò, op. cit. vol. XV, pag. 86 (2) Staudinger op. cit vol. II. pog. 200. CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIROTTERI ITALIANI 81 per cui noi conserviamo il genere in classificazione. Tutti e tre questi generi figuravano già nella precedente classifi- cazione nella tribù Clachistidae. Trigù XXI. — Gracilariidae. — Questa tribù si suddi- vide in due famiglie, e cioè : A. Gracilariinae che com- prende i generi: 1) Gracilaria (HW 1812) Z. ; 2) Coriscium Z:1509:-3) Ornix (Tr: 1833) .Z: Tutti e tre questi. generi precedentemente esistevano nella tribù Gracilaridae. B. Lithocolletinae — che comprende i generi : 1) Be- dellia Stt. 1849 ; 2) Lithocolletis (Hb. 1818) Z.; 3) Tischeria Z. 1839. Tutti e tre questi generi già esistevano nella pre- cedente classificazione alla tribù Lithocolletidae. TRIBÙ XXII. — Lyonetiidae. — Questa tribù comprende due famiglie, cioè : A. Lyonettinae, composta del solo genere : 1) Lyonetia Hb. 1818, già esistente nella precedente classificazione alla tribù Lyonetidae. B. Pyllocnistinae, composta dai generi : 1) Phyllocnistis Z. 1848: 2) Cemiostoma Z. 1848 (Leucoptera [Hb.] Meyr); 8) Bucculatrix Z. 1849 ; 4) Opostega Z. 1839. I tre primi generi già esistevano nella tribù Lyonetidae e l’ultimo in quella Nepticulidae. Trisù XXIII. — Nepticulidae. — Questa tribù non è suddivisa in famiglie e comprende solo due generi : 1) Tri- furcula Z. 1848 ; 2) Nepticula (Heyd. 1843) Z., entrambe già esistenti nella precedente classificazione come nella presente. Tribù XXIV. — Talaeporidae. — Anche questa tribù non è distinta in famiglie e comprende i generi: 1) Ta- laeporia Hb. 1818. Questo genere esisteva già nella prece- dente classificazione, soltanto da esso sono oggi staccate alcune specie colle quali si è formato il nuovo genere ; 2) Bankesia Tutt. 1899; 3) Luffia Tutt. 1899. Anche questo Bollettino della Società Zoologica Ilaliana. 6. 82 FORTUNATO ROSTAGNO è nuovo genere pure creato dal Tutt, colla specie Lepi- della Goeze Btr., già precedentemente compreso nel genere Talaeporia Hb. e coll’altro Ferchaultella Stph. non por- tato nella precedente classificazione ; 4) Solenobia (Dup.) Z. 1852, già esistente nella precedente classificazione come nella presente. TrIiBù XXV. — Tinaidae. — La tribù delle Tineidi, la quale comprende le vere e proprie Tinee, si suddivide oggi in otto famiglie, e cioè : A. Atychiinae — che comprende un solo genere: 1) A- tychia Latr. 1809, già esistente nella precedente classifica- zione alla tribù Atychidae. B. Ochsenheimeriinae — che comprende un solo genere: Ochsenheimeria Hb. 1823, già esistente nella precedente classificazione alla tribù Ochsenheimeridae. C. Acrolepiinae — che comprende pure un solo genere: Acrolepia Curt. 1838, già esistente nella precedente classi- ficazione alla tribù Acrolepidae. D. Setomorphinae — Non rappresentate in Italia da ,alcun genere. E. Lypusinae — famiglia composta di un solo genere: Lypusa Z. 1852, compresa già nella precedente classifi- cazione alla tribù Lipusidae. F. Teichobitnae. — Non rappresentate in Italia da alcun genere. G. Tineinae che comprende i seguenii generi: 1) Na- rycia Stph. 1836 (Xysmatodoma Z. 1852) rappresentato in Italia (Alpi): 2) Diplodoma. Z. 1852, entrambi questi due generi già compresi precedentemente nella tribu Tineidae: 3) Penestoglossa Rghfr. 1875 (Psilothrix Wck. 1871) (Sar- degna, Sicilia), genere che nella precedente classificazione figurava nella tribù Lypusidae ; 4) Melasina. B 1840 : 5) Eu- plocamus Latr, 1809: 6) Scardia Tr. 1830: 7) Morophaga CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI - 83 HS. 1853; 8) Monopis Hb. 1818 Fa Z.:) 9) Tinea (L. 1758) Z. Tutti questi generi erano già compresi sotto la medesima denominazione, eccettuato Monopis Hb., che figurava sotto quello di Blabophanes Z., nella precedente classificazione alla tribù Tineidae. 10) Meessia Hofm. 1897, genere nuovamente formato con alcune specie tratte dal precedente Tinea e con qualche specie nuova ; 11) Ischnosia Meyr. 1895 (Guenea Mill. 1874) già esistente sotto questo secondo nome nella tribù Tineidae, ora accertato pel Niz- zardo e la Corsica ; 12) Tineola HS. 1853, anch'esso già esi- stente nella medesima tribù: 13) Myrmecozela Z. 1853, già esistente sotto il nome di Myrmecocela ma non portato fra la Tinee italiane del Curò, perchè allora non accertato per V'I- talia, oggi però la presenza di esso è sicura sulle Alpi per la specie Ochraccella (1) per cui noi dobbiamo portarla in questa classificazione; 14) Eriocottis Z. 1847, già esistente nella stessa tribù; 15) Incurvaria Hw. 1829, genere che , precedentemente figurava nelle Tineidi diviso in due: Lampronia Stph. ed Incurvaria Hw. ora riuniti nuovamente ; 16) Nemophora Hb. 1818, già esistente nella medesima tribù. H. Adelinae — che comprende due soli generi già e- sistenti precedentemente neila tribù Adelidae, e cioè: 1) Nemotois Hb. 1818; 2) Adela Latr. 1792. Nel seguente quadro è riassunto ciò che delle Tineidi abbiamo esposto : (1) Studi x°:, op, cit. vol. II, pag. 240, 84 Legione II - Eteroceri Divisione II - Microeteroceri SEZIONE VII - Tineidi o Tinee TRIBÙ XV Gly DoS y- gidae TRIBÙ XVI \ TRIBÙ XVII Plutellidae 2 —_—_t Yponomenti- dae TRIBÙ XVIII \ Gelechiidae AR A RORT GOT ORE NEO ROSTAGNO | I | \ A Choreutinae Î B Glyphiptery- ginae C Douglasiinae A Yponomenti- naée B Argyresthinae dea Sia RR E x _ | | PRI Genere » Genere Genere » Genere » » » Genere » Genere » » » Genere Genere » Xx % *% fd 1 2 3 puesni — Choreutis Samaetuis Glyphipteryx Tinagma Douglasia Calantica Scythropia Yponomeuta ( Hypo- nomeuta) Swammerdamia Prays © Paradoxus Zelleria Hofmannia Argyresthia Cedestis Ocnerostoma Eidophasia Plutella Cerostoma Theristis Orthotaelia Metzneria ( Parasia) Psoricoptera Bryotropha 4— Gelechia (Lita Teleia) 5 --Acompsia( Brachycros- sata) 6 — Tachyptilia 7 — Acanthophila 8 Xystophora (Dory- phora - Monochroa - Lamprotes) 9 — Anacompsis (Aproae) rema- 10 — Epithectis (Brach- 1l 12 13 14 mia) Aristotelia (Ergatis) Recurvaria (Apha- naula) Ptocheuusa Stenolechia (Poeci- lia) GLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERÌ ITALIANI 85 Legione II - Eteroceri Sezione II - Microeteroceri (segue) (segue) SezIONE VII - Tineidi o Tinee (seque) A Gelechiinae —_—_—_——_—_—_—____- e I Nei. '|;‘—! — (segue) B TRIBÙ XVII } Blastobasinae Gelechiidae fn TRIBÙ XIX o Genere » Genere » Genera » » % % XY X % © x X X * % “ % Genere 15 — Arc ‘gyrités 16 — Chrysophora (Man- nodia) 17 — Apodia 18 — Sttotroga 19 — Stomopterya 20 — Brachmia (Cerato= phora : Cladodes) 21 — Rhinosia 22 — Paltodora(Cleodora) 23 — Mesophleps 24 — Ypsolophus 25 — Nothris 26 — Sophonia 27 — Anarsia 28 — Paranarsia 29 — Megacraspedus 30 — Pterolonche sl1 — Symmoca 82 — 0egoconia 1—- Endrosis 2 — Blastobasis (Macro- ceras) 3 — Hyppatima 1 — Pleurota 2 — Aplota 3 — Holoscolia. 4 — Protasis dò — Topeutis 6 — Dasystoma 71 — Chimbache 8 — Semioscopis 9 — Epigraphia 10 — Psecadia 11 — Depressaria 12 — Enicostoma 13 — Auchinia 14 — Hypercallia 15 — Carcina 16 — Lecithocera 17 — Harpella(Peltophora) 18 — Alabonia 19 — 0ecophora(Dasycera ) 20 — Borkhausema (0eco- phora) 1 — Eretemocera (Stain- tonia) 86 FORTUNATO ROSTÀGNO ' Genere l — Schreckenstenia A » 2 — Eperemia (Chaulio- “di dus) hrid " Batalinze) È » © — Scythris (Galanthia Butalis) ” Genere 1 — Cataplectica (Heydo- nia) » 2 — Cosmopteryx » 3 — Batrachedra î » 4 — Stathmopoda » 5 — Ochromolopis » 6 — Cyphophora(Laverna) T—- Heinemannia (La- ; verna) » 8 — Blastodaena (Laver- na) » 9 — Mompha (Laverna) ) » 10 — Ascalenia (Laverna » l1— Anybia (Laverna) » 12 — Chrysoclista » 13 — Spuleria (Chrysocli- sta) » 14-- Psacaphora(Laverna) » 15 — Stagmatophora ‘ » 16 — Heliodines » -17 —*Pancalia » 18 — Augasma (Asychna? Clachistidae An (Laverninae) TRIBÙ XX Legione II - Eteroceri Sezione II - Microeteroceri Genere 1 — Antispila SR » 2 — Heliozela Genere 1 — Asychna 2 — Coleophora 3 — Goniodoma D Coleophorinae (seque) (segue) SEZIONE VII - Tineidi o Tinee E ‘ Genere 1 — Stephensia . Elachistinae » | 2 — Elachista » 3 — Urodeta ALE Genere 1 — Graciaria Gracidariinae » 2— Coriscium TRIBÙ XXI | » 8 — Ornix Gracilaridae 3 Genere 1 — Bedellia Lithocolleti- » 2 — Lithocolletis nae ». 3 — Tischeria x è (RE VO VEE TI £ à Legione II - Eteroceri Sezione II - Microeteroceri (segue) SEZIONE VII - Tineidi o Tinee (segue) CL ASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 87 A . | Lyonetiinae Genere 1 — Lyonetia | TRIBÙ XXII , Fruordtidao B | Genere 1 — Phyllocnistis | > Phvliocnisti- | » 2 — Cemiostoma (Leu= | “ nae { i coptera) | k ES 3 — Bucculatria 4 — Opostega E it DE oo qmigiie | © Genere 1 — Trifurcula Nepticulidae | 5 è L Nepficula { Genere 1 — 7alaeporia TRIBÙ XXIV \ Non suddivisa » 2 — Banckesia (Talue- ‘Talaeporidae j În famiglie poria) | » 3 — Luffia (Talaeporia) » 4.—- Solenobia | Aty is Genere 1 — Atychia SR Genere 1 riinae sortie Genere 1 — Ochsenheimeria Acrolepia Shioiar DIR — non rappresentate in Italia Lepisina I Geaere 1 — Lypusa ESE lGenere 1 = » 2 he » 3 => TRIBÙ XXV Tineidae > 3 ig » 9) — » (es » E » fo e ade » 9 -- » 10 -- » l11-- » 12 -- » 13 -- » 14 -- Woo » 16 -- H \ Genere 1 -- Adelinae | » 2 -- i non rappresentate in Italia Narycia (Xysmato- doma) Diplodoma Penestoglossa (Psi- lothrix) Melasina Euplocamus Scardia Morovhaga Monopis (Blabopha- nes) Tinea Meessia (Tinea) Ischnosia (Guenea) Tineola Myrmecozela (Myr- mecocela) Eriocottis Incurvaria (Lam- pronia) Nemophora Nemotois Adela GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 4% NOTA I RATTI E I LORO ECTOPARASSITI Comunicazione fatta alla Socieià Zoologica italiana con Sede in Roma dal Dott. CARLO TIRABOSCHI Già altre volte ho avuto l'onore di comunicare alcune osservazioni riguardanti l'argomento di cui mi sono oc- cupato per lungo tempo ; oggi sono lieto di poter riassu- mere, sia pure molto brevemente, i risultati di questo lungo e paziente mio studio, limitandomi naturalmente alla parte zoologica del lavoro. Ho già accennato nella mia 1* Nota all'importanza che nella diffusione della peste bubbonica è stata attribuita ai Ratti e ai loro ectoparassiti e specialmente alle Pulci; numerosissime sono le osser- vazioni fatte in proposito e che sono state da me raccolte in una apposita memoria di circa 50 pagine, pubblicata nella Zeitschrift fur Hygiene, 1904, XLVII, 2. Da questa rivista bibliografica risulta che in quasi tutte le recenti epidemie di peste è stato osservato che esse furono accompa- gnate e generalmente anzi precedute da morie di Topi per peste; siccome però queste osservazioni sono state fatte da medici, questi hanno generalmente trascurato di determinare o fare determinare la specie dei Ratti morti di peste, e non hanno così potuto stabilire se le diverse specie sono tutte in egual grado suscettive all’infezione spontanea (1); soltanto tre gruppi di osservazioni precise a (1) Gli autori tedeschi parlano generalmente di Ratten, i francesi di Rats, gli inglesi di Rats; solo qualche volta sono nominati separatamente i Mdause, Souris, Mice; nella lingua italiana abbiamo tre vocaboli adoperati promiscua- mente (Ratti, Topì, Sorci); io proporrei che il termine Ratti corrispondesse a Ratten, Rats, Rats e il termine Sorci a Mdause, Souris, Mice, VERE PRLIO I VT ene TO TT TOT, TI ET GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 89 in proposito ho potuto rintracciare in tutta la vasta lette- ratura consultata, e sono quelle di Santoliquido e di Zinnò a Napoli (1901), di Wernitz etc. a Odessa (1901-1902), di Nime a Formosa. Quanto alle Pulci, le osservazioni e le esperienze sono più discordi e rimando perciò al lavoro citato. Le mie osservazioni relative ai Topi e ai loro paras- siti cutanei sono state pubblicate per disteso in una me- moria lunga 200 pagine e illustrata da quasi un centinaio di figure, apparsa negli Archives de parasitologie, 1904, NOK-:NHI. x K XK Le specie di Ratti e Sorci esistenti in Italia appar- tengono quasi esclusivamente ai due generi Mus e Mi- crotus (1). Delle 177 specie enumerate dal Trouessart nel gen. Mus, solo sei o sette si trovano in Italia e sono: due del sottogen. Epimys: Mus decumanus Pall., il comune Ratto delle fogne e Mus rattus L.: alexandrinus Geoffr. (2); due del sottogen. Mus s. str.: Mus musculus L.,il comune to- polino delle case, la cui partecipazione alla diffusione della peste è stata ripetutamente constatata, e Mus silvaticus L., il comune topolino di campagna ; due o tre del sottogen. Micromys: Mus agrarius Pall. e Mus minutus Pall., limi- tati alle praterie e risaie dell'Alta Italia e Mus meridionalis Costa, che secondo (Giglioli sarebbe la stessa cosa che Mus minutus e che io non ho mai trovato in Italia. —__n ——__=—-— (1) Per quanto riguarda i topi, seguo la denominazione adottata dal TRoU= ESSART, Catalogus Mammalium tam viventium quam fossilium. Nova editio, Berolini, 1897. (2) Sui caratteri distintivi di queste due forme, sia considerate a sè, sia in confronto col Mus decumanus, vedi la mia 3* Nota ; queste due specie di Ratti sono quelle più comunemente accusate di diffondere la peste, 90 CARLO TIRABOSCHÌ Delle 199 specie citate dal Trouessart nel gen. Microtus (Arvicola) solo sei esistono: in Italia : una del sottogen. Pi- tymis: Microtus subterraneus Selys, raro in Italia, con le due varietà: Arvicola Savîi Selys, diffusissima in Italia, e Arvicola nebrodensis Mina P., limitata alla Sicilia ; tre del sottogenere Microtus: Microtus arvalis Pall, raro in Italia: Microtus agrestis L., prima non segnalato mai con sicu- rezza in nessun luogo d'Italia e da me ritrovato soltanto in provincia di Como; Microtus nivalis Martins, limitato alle regioni alpine e a quelle apenniniche dell'Italia cen- trale; una del sottogen. Arvicola: A. amphibius L., diffuso in tutta Italia. Delle 20 specie del gen. Evotomys (Hypudaeus) enu- merate dal Trouessart, una sola esiste in (talia, rarissima : Evotomys glareolus Schreber. si X SK Le Pulci appartengono all'ordine (o sottordine) degli Afanitteri, il quale attualmente comprende circa 200 specie ben determinate. Interessante dal mio punto di vista è l’apparato boccale che consta di due mascelle portanti ciascuna un lungo palpo, e diun tubo formato dal labbro inferiore e dai suci due lunghi palpi labiali, i quali rac- chiudono nel riposo le due mandibole, lunghe, finamente dentellate e acuminate, le quali alla loro volta racchiu- dono la cosiddetta linguetta, anch'essa lunga e terminante con .un piccolo rigonfiamento. Per mezzo del microscopio stereoscopico ho potuto constatare che la parte dell’appa- rato boccale che penetra attivamente nella pelle nell’atto del succhiare, è rappresentata esclusivamente dalle mandi- bole e che insieme con queste penetra passivamente anche la linguetta ; nell'interno di questa è scavato un lungo ca- nalino che serve a trasportare nella pelle il prodotto delle À » MT IO E n I EI ; | | ME (ET PRPg TO PO x 4’ . » GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 91 ghiandole salivari (1), mentre un altro canale limitato da due prolungamenti lamellari ricurvi della linguetta e dalle due mandibole serve a trasportare nel tubo digerente della Pulce il sangue succhiato ; la struttura e la funzione del- l'apparato boccale ricordano dunque quello delle Zanzare, nelle quali però sono diversi i pezzi costituenti i due ca- nali. Interessanti per la diagnosi delle diverse specie sono la struttura dell’apparato di fissazione dei maschi ; ma per tutte queste ed altre particolarità rimando al mio lavoro sopra citato. Si dice comunemente che le Pulci sono dei parassiti temporanei ; ciò è vero, fino a un certo punto, per la Pulce dell’uomo, ma le Pulci parassite degli animali pas- sano tutta la loro vita di insetto perfetto sul corpo del loro ospite, che esse non abbandonano neppure quando . devono deporre le uova ; esse sono dunque dei parassiti ‘stazionari, per quanto esse siano pronte a lasciare il loro ospite, allorquando questo ha cessato di essere perldoro un ospite conveniente, p. es. quando esso è morto. Gli animali attaccati dalle Pulci sono esclusivamente i Vertebrati autotermi e prevalentemente i Mammiferi e tra questi di preferenza quelli che si fabbricano, sia pure per breve tempo, una tana (Chirotteri, Roditori, Insettivori ecc.). Le singole specie di Pulci non sono strettamiente legate a un ospite determinato, e viceversa si possono su uno. stesso animale trovare specie diverse di Pulci; però ogni specie «di Pulce ricerca di preferenza gli individui di una deter- (1) Questo prodotto contiene, come è noto, delle sostanze irritanti, e se la Pulce ha precedentemente succhiato sangue pestoso, Bus forse contenere Anche dei bacilli della peste, - ‘le zampe e sopratutto l’ultimo articolo del tarso, e inoltre” 92 CARLO TIRABOSCHI a - e = -- et — ca vero, e dal quale essa può passare su individui di una specie affine o di una specie che abbia con la prima de- terminati rapporti ; queste altre specie possono indicarsi col nome di ospiti accidentali. Vi sono però delle specie di Pulci, parassite di determinate specie di Mammiferi, che non solo non si portano nelle condizioni ordinarie su altre specie di Mammiferi, ma trasportate sperimental- mente su queste specie non vi si trattengono e non le ‘ pungono. Per quel che riguarda l'Uomo, ho fatto su me stesso e su altre persone numerose esperienze con Pulci parassite di animali diversi, e riporterò più avanti i risul- tati relativi alle Pulci dei Ratti e Sorci. Per raccogliere da Ratti e Sorci Pulci morte, il me- todo più spiccio è di gettare l’animale in un vaso che si possa chiudere bene e al fondo del quale si sia posta un po’ di ovatta imbevuta di cloroformio ; tutti gli ectoparas- siti, ma specialmente le Pulci, muoiono subito, prima an- cora del Topo. Per fare preparazioni microscopiche belle. e durature, consiglio di disidratare a fondo con alcool as- soluto» di rischiarare con olio di legno di cedro e di mon- tare in vetrini a goccia pendente asciugando bene l’olio e lutando con mastice di Bell. Delle 200 specie di Pulci, 33 almeno sono state trovate su Ratti e Sorci; io qui enumererò solo quelle che io stesso ho potuto raccogliere sui Ratti e Sorci d'Italia, ri- mandando per il resto allavoro citato. 1. Pulex irritans L. — È questa la Pulce propria del- l’Uomo, che io ho trovato con certezza sul Mus decumanus e sul Mus alexandrinus, in regioni diverse d’Italia ; su que- sti animali è stata trovata, ma raramente, anche da altri osservatori; bisogna però osservare che secondo Rothschild sui Ratti delle Indie e dell’Africa sono frequentissime pa- recchie specie di Pulci somigliantissime fra loro e affini © GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 93 minata specie animale, che si può denominare suo ospite tutte alla Pulce dell'Uomo e che io ho riunito in un gruppo denominandolo dal suo rappresentante principale : Pulex palliuus "Tschb.; questa specie o una delle specie del gruppo è stata trovata sui Ratti di Sydney da Tidswell nella proporzione di 81 °/,, e da Gauthier e Raybaud sui Ratti delle navi del porto di Marsiglia nella proporzione del 25 °/,; secondo questi autori, gli esemplari da loro sperimentati pungono l'Uomo. Sui ratti delle navi del porto di Genova io ho raccolto nella proporzione del 40 °/, una specie nuova, appartenente al gruppo del Pulex pallidus e che ho denominato 2. Pulex murinus Tirab. — Questa specie punge l'Uomo. 3. Ctenocephalus serraticeps "Tschb. (Pulex- canis e P. felis). — Questa specie propria del Cane e del Gatto e che si attacca con grande facilità all'Uomo e che già era stata trovata da Thompson e da Tidswellin Sydney e da Wagner in Odessa sui Ratti e da Zinno a Napoli su un Topolino delle case, è stata da me osservata nella proporzione del 25 a 30 °/, sui Ratti delle diverse regioni d’Italia; alcuni esemplari appartenevano ad una varietà che io ho deno- minato var. murina, capace anch'essa di pungere l'Uomo. 4. Ceratophyllus fasciatus Bosc. — È questo il rappre- sentante principale di un gruppo, comprendente cinque o sei specie affini, diffuse tutte, secondo Rothschild, sui Ratti delle fogne di Europa. Esemplari di C. fasciatus (o di specie affini ?) sono stati trovati da diversi osservatori su diverse specie di Mus; secondo alcuni (Gauthier e Raybaud e Tid- swell) il C. fasciatus pungel’ Uomo ; secondo altri (Tiraboschi, Galli V., Nuttall e Wagner) no; forse queste divergenze de- vono dipenderé dal fatto che non sempre la specie è stata esattamente determinata. Sul Mus decumanus, Mus alexan- drinus, Mus musculus, Mus silvaticus e Arvicola Savii d’Italia 94 CARLO TIRABOSCHI —- = — —_ —-- De = n - rt io ho trovato, oltre al vero C. fasciatus, anche una nuova specie, che ho chiamata A , o. Ceratophyllus italicus "Tirab. — Anche questa specie, secondo ime, non punge l'Uomo. 6. Ctenopsylla musculi Dugès. — È questa la specie di Pulce propria dei Ratti e dei Sorci di tutte le parti del mondo, l'America compresa, dove secondo Baker non si troverebbe invece nè il Ceratopbuyllus fasciatus nè il Pulex pallidus ; Baker descrive questa specie sotto il nome di Ctenopsyllus mexicanus. Io l'ho trovata frequentissima sul Mus musculus e sul Mus alexandrinus di tutte le parti d'I- talia e sul Mus rattus delle navi di Genova, più raramente sul Mus decumanus e sul Mus silvaticus ; essa rappresenta anzi l’unica specie osservata da me sul Mus si/vaticus. A- vendo avuto a mia disposizione numerosissimi esemplari di questa Pulce, di cui i topolini bianchi del Laboratorio erano gremiti, ho fatto un’infinità di esperienze su me e su altri e ho visto che tutte Je Pulci sperimentate mori- vano dopo tre o quattro giorni di digiuno piuttosto che succhiare sangue umano: questi risultati del resto concor- dano con quelli di Galli-Valerio, Nuttall, Tidswell e Wagner e la contraria asserzione di Gauthier e Raybaud è quindi certamente sbagliata. 7. Hystrichopsylla tripectinata Tirab. — La descrizione particolareggiata di questa specie scoperta da me su un Mus musculus di Roma è stata pubblicata nella 1% Nota; probabilmente essa non punge l'Uomo. 8. Sarcopsylla gallinacea Westw. — Questa specie di Pulce, di cui la femmina fecondata resta permanentemente infissa, col suo apparato pungente e succhiatore, nella pelle dell'ospite, è stata trovata da me per la prima volta in Europa e per la prima volta sui Ratti, e precisamente su Mus alexandrinus di varie parti d’Itnlia; non solo questa » - IR IRE IO TT TO lead GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA FESTE BUBBONICA 95 specie, ma neppure le altre quattro descritte finora del gen. Sarcopsylla non sono mai state segnalate .in Europa; quanto alla specie in discorso, essa è propria degli Uccelli e più specialmente dei Polli e delle Anatre, cui reca gravi - danni. 9. Sarcopsylla rhynchopsyla Tirab — È questa una spe- cie nuova (1) interessantissima, perchè mentre per molte particolarità morfologiche si avvicina alla specie prece- dente, per la forma generale del corpo e specialmente del- l'addome si avvicina al gen. RAaynehopsylla, di cui finora sì conosce una sola specie, non osservata mai in Europa ; anche questa specie è stata da me trovata su Mus aleran- drinus di varie parti d’Italia ; si trattava sempre di fem- mine fortemente infisse nella pelle del muso. Quanto all'importanza di questo reperto, vale quello che ho detto per la specie precedente. x K K Un altro gruppo di ectoparassiti che si osservano fre- quentemente sui Ratti e sui Sorci appartiene ai Pediculini; per quanto finora è stato osservato, si tratta di specie ap- partenenti tutte al gen. Haematopinus ; questi parassiti cu= tanei succhiano anch'essi il sangue delloro ospite e perciò potrebbero a priori essere sospettati di diffondere essi pure la peste; ma siccome i loro movimenti sono lentissimi e siccome non si sa che essi, trasportati sull'Uomo, possano pungerlo, così non sono stati presi in considerazione da nessuno degli autori che si sono occupati dell'argomento. io qui mi limiterò a dire che li ho trovati frequentemente (1) La diagnosi delle quattro specie nuove di Pulce da me trovate è stata confermata dagli afamitterologi più accreditati : Wagner in Russia, Kohaut in Ingheria, Rothschid in Inghilterra e Baker in America, ai quali ho man- dato esemplari dell'una o dell’altra specie. 06 CARLO TIRABOSCHI sul Mus decumanus e sul Mus rattus-alexandrinus, più rara- mente sul. Mus musculus e sulle altre specie di Sorci ; sul Mus decumanus li ho trovati tavolta straordinariamente numerosi, x KX Un'ultima serie di parassiti cutanei che ci interessa è quella degli Acari, per i quali si può ripetere quello che ho detto riguardo ai Pediculini, aggiungendo che se da una parte alcune specie sono forse più temibili perchè dotate di movimenti relativamente più rapidi, altre lo sono meno perchè non succhiano il sangue dell'ospite, ma 0 ne assorbono le essudazioni cutanee o si nutrono dei de- triti che trovano sulla sua pelle. L'ordine (o classe secondo alcuni) degli Acari comprende, come è noto, numerosissime specie, distribuite in circa 10 famiglie (o ordini), di cui cinque comprendono specie riscontrate anche su Ratti e Sorci. Sui numerosi Topi da me esaminati, provenienti da tutte le parti d’Italia, io ho trovato soltanto specie appar- tenenti alla famiglia dei Gamasidi e sono le seguenti : 1° Laelaps stabularis Koch — Sul Mus decumanus si trovano raramente sia la forma adulta, sia le due forme di ninfe ovigere e cioè la protoninfa: Laelaps (Iphis) foe- nalis Berl. e la deutoninfa: Lae/aps (Iphis) cubicularis Berl. 2° Laelaps echidninus Berl. — La forma adulta (o la protoninfa °?) è stata da me trovata quasi sempre sul Mus decumanus, talora, e specialmente sugli individui cat- turati a Roma, in quantità enorme (fino a 200 su un solo Topo); l'ho osservata anche sul Mus rattus. La deutoninfa : Laelaps (Iphis) agilis Koch l'ho pure trovata sul Mus decumanus (ma meno spesso della forma adulta) e inoltre sul Mus musculus e Mus silvaticus. L'una e l’altra forma succhiano il sangue del loro ospite, contra- GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 97 riamente a quanto comunemente si afferma e sono rela- tivamente rapide nei loro movimenti (L. agilis). Ala forma deutoninfale credo si debbano ascrivere gli Acari osser- vati da Gauthier e Raybaud sui Ratti di Marsiglia e da loro indicati come Haemomyson musculi Mégn.; questo no- me è sinonimo di Gamasus pteroptoides Mégn., che Berlese dà come sinonimo di Lerognathus arcuatus Koch; quanto alle ragioni per cui io ritengo invece che sia sinonimo di Lae- laps aglis, rimando al mio lavoro citato. Con queste specie di Acari Gauthier e Raybaud han cercato di ottenere la trasmissione della peste da Ratto a Ratto ; le loro espe- rienze, riuscite positive per le Pulci, hanno qui avuto e- sito negativo. s° Myonyssus decumami Tirab. — Si tratta di una nuova specie, anzi di un genere nuovo, stabilito in base a un solo esemplare femmina raccolto su un Mus decu- manus : la diagnosi della specie e del genere è stata confer- mata da Berlese. Questo Acaro succhia anh'esso il sangue dell’ospite. Bollettino della Società Zoologica Italiana, UL Il nuovo MANUALE DI ORNITOLOGIA ITALIANA del Conte Prof. ErtoRE ARRIGONI DEGLI ODDI Recensione del prof. GIOVANNI ANGELINI Nella mia recensione dell'Atlante Ornitologico del Conte Arrigoni (1), io terminavo augurandomi che la prima edi- zioni di soli 500 esemplari potesse venire presto esaurita, sicuro di vedere la nuova edizione notevolmente accresciuta e perfezionata. Questo io scrivevo Vanno scorso; ed io allora mai avrei creduto che, dopo un così breve lasso di tempo, l’avi- fauna italiana, alla quale sopratutto era diretto il mio au- gurio, potesse venire nuovamente e maestrevolmente illu- strata, come nel Manuale di Ornitologia Italiana, che, grazie alla mirabile operosità dell’Arrigoni ed alla solerzia del- l'editore Hoepli, ha visto or ora la luce. Ma, appunto per la breve distanza fra la prima e la seconda pubblicazione, potrebbe sorgere in taluno l'idea, che il secondo libro non fosse che una semplice riduzione del primo : invece non è così. Naturalmente, i fatti non si possono cambiare: però l'Autore ha saputo dare al suo Manuale una fisonomia nuova, ampliandone perfino, benchè sotto più limitata mole, e perfezionandone la parte più interessante, e rendendolo sotto tutti gli aspetti proporzio- nato al'-fime; ehe ssilera prefisso; Come l'Atlante, anche il Manuale è diviso in una parte generale e in una speciale, però in questo troviamo omessi i capitoli sulla lunghezza della vita negli uccelli, sui rap- (1) Ved. Bollett. della Soc. Zool. Ital. con sede in Roma, fasc. I, II e II, An. XII, 1908, pag. 85-95, NUOVO MANUALE DI ORNITOLOGIA ITALIANA 99 _—__ porti fra gli uccelli e l'agricoltura, sulle caccie più usate in Italia, e tutta la Bibliografia, nonchè abbreviate le notizie concernenti la distribuzione geografica e le classificazioni: così questa prima parte resta notevolmente accorciata, e vi rimane solo quel tanto, che si può dire indispensabile a conoscersi intorno alla organizzazione ed ai vari feno- meni della vita ornitica, e che, dato lo scopo e l'indole popolare del libro, si suppone poter spesso mancare nel lettore. Intorn> a queste nozioni non starò a ripetere quello, che già dissi altra volta a proposito dell'Atlante: senza ve- nir meno al rigore scientifico, sono esposte con molta concisione, chiarezza e semplicità. Nella parte speciale una cosa si fa subito rimarcare, ed è la mancanza dei caratteri degli ordini, delle famiglie e dei generi, non solo, ma anche della ripartizione in classi, ordini, e famiglie, essendo appena quest'ultime in- dicate a sommità di pagina. Certo, non è questa una bella cosa, sopratutto avuto riguardo al carattere popolare del libro, scritto, come asserisce l’autore, per i principianti e i cacciatori naturalisti: però si capisce subito perchè ciò sia stato fatto, vale a dire per economia di spazio. Inoltre bisogna considerare che i generi si trovano tutti raggrup- pati sotto le rispettive famiglie nel prospetto generale di classificazione a pag. 160 e seg., e che la mancata indica- zione dei caratteri, dei generi, e delle famiglie viene atte- nuata e compensata dalle numerose incisioni intercalate nel testo, le quali più prontamente e più fedelmente rap- presentano agli occhi quello, che dovrebbe essere espresso colle parole. La descrizione di ogni specie è preceduta da una breve sinonimia, intesa ad agevolare il confronto coi principali testi di ornitologia italiani, e vi si aggiungono inoltre i nomi volgari francese, inglese e tedesco, come già fece il 100 GIOVANNI ANGELINI nostro Savi. Al nome scientifico precede, ein carattere più marcato, quello volgare, ciò che stà in relazione coll’indole popolare del manuale. Le diagnosi delle singole forme ornitiche costituiscono la parte più essenziale e perfetta del libro. Ogni specie è fedelmente descritta nei suoi diversi abiti, e talora con maggiori dettagli, che non nell’Aflante : descrizioni e figure sono del più grande valore, perchè non ricopiate su altri libri, ma ricavate dallo studio degli esemplari, anzi di un grande numero di esemplari. Un'altra parte pure ben sviluppata e più estesa che non nell’Atlante, è quella, che riguarda l'habitat, i costumi e specialmente la nidificazione : notizie che interessano assai il cacciatore ornitologo, e possono contribuire a rendere il volume più gradito ai principianti. Ma dove il Manuale manifesta la sua superiorità sull’A//ante e su tutte le pre- cedenti pubblicazioni popolari di ornitologia italiana, è nelle figure intercalate nel testo, rappresentanti le parti più essenziali del massimo numero della specie. Le inci- sioni sono nere, e certo non sì possono dir fine: la ra- gione ne è ovvia, però sono molto opportunamente scelte, ed abilmente disegnate per mettere in evidenza i princi- pali tratti distintivi dei soggetti rappresentati. H, questo è l'importante : il pregio di simili figure, in parte sempli- cemente schematiche, non si misura dalla finezza del di- segno, ma dalla loro efficacia nel dar risalto alle linee caratteristiche e differenziali delle diverse forme. Ben 400 di siffatte incisioni, tutte originali, adornano il testo, nel quale sono ìnoltre intercalate anche 36 tavole di più fine fattura, con disegni tolti in parte da altri autori, e rap- presentanti spesso anche i nidi ovvero scene della vita degli uccelli. | Dopo la pubblicazione dell’Ornitologia Italiana del NUOVO MANUALE DI ORNITOLOGIA ITALIANA 101 Savi, nessun altro libro era stato prodotto sulla nostra avi- fauna, che potesse paragonarsi a questa classica opera, e gareggiare con essa per i meriti : ora un tale libro ci ha regalato l’Arrigoni : il suo Manuale, se, come è ovvio, non può contendere a quello del Savi il primato della origina- lità, lo supera però per il numero delle specie illustrate, diverse delle quali rintracciate dallo stesso Autore, poi per la copia e la precisione delle indicazioni, e più che mai per il corredo dei disegni e delle figure, che forma il prin- cipale distintivo delle opere moderne di storia naturale. Ai pregi intrinseci, scientifici del Manuale, si aggiun- gono quelli estrinseci, o tipografici. Novecento e più pa- gine di testo formano un bel volume del solito formato dei manuali Hoepli; assai comodo a trasportarsi e a ma- neggiarsi, molto corretto, e con caratteri, se in parte mi- nuti, sempre però nitidissimi. Bisogna dire che il tanto benemerito Editore ha gareggiato coll’Autore per assicu- rare al libro, anche dal lato tipografico, la sua migliore riuscita. Nella classificazione l’Arrigoni ha seguito quella dell’ E- lenco degli Uccelli italiani del Salvadori, e secondo me ha fatto bene: una classificazione più complicata, e meno in rapporto colla conformazione esteriore degli uccelli, non sarebbe stata opportuna per un libro d’indole prevalen- temente popolare, come il presente. Del pari per i limiti dell’Orrss italiana l'Autore adotta quelli fissati dall’illustre Salvadori fino dal 1872 (Fauna d’It, — Ucc.) cioè colla esclusione del litorale ungherese croa- to e della Dalmazia ; e secondo me con piena ragione. Cosi l’Arrigoni annovera per l’Italia 473 forme diverse, portanti un aumento di 44 su quelle (428) annoverate da I Salvadori nelsuo Elenco degli Uccelli italiani (anno 1887), che si può dire la precedente pietra miliare nella via degli 102 GIOVANNI ANGELÌNI studi ornitologici in Italia. Questo aumento non indiffe- rente, e a cui il nostro Autore diede il più forte contri- buto, rappresenta l'incremento della statistica ornitica ita- liana negli ultimi 16 anni. Dissi 473 forme, perchè l'Arri- goni le suddivide in 445 specie, e 28 sottospecie, riducendo a quest'ultimo grado una ventina di specie del Salvadori. Anche questa è una novità rispetto agli altri testi di or- nitologia italiana, e che io approvo pienamente, in omag- gio al principio che i caratteri specifici. debbono essere ben determinati e costanti. Solo bisogna non eccedere nella distinzione delle sottospecie, creando nomi inutili e im- barazzanti ; e di questa sobrietà, propugnata anche dall’Au- tore, ci dà egli stesso notevole esempio col non elencare fra le sottospecie italiane le 5 forme sarde da lui prece- dentemente descritte (Avicula, fasc. 55- 56) come sotto- specie particolari. Messo poi a confronto coll’Aflante, quantunque di data così recente, per il novero delle specie e sottospecie italiane, il Manuale presenta qualche variazione, fra cui è da notare sopratutto l'aggiunta di quattro specie nuove per l’Italia, e cioè Ia Merula Naumanni, il Turtur orientalis, il Pterochles arenarius e il Colymbus Adamsi. Nè starò qui ad entrare in maggiori particolari, per non dover ripetere più cose dette già nella mia recensione all’Atlante Ornito- logico, tanto più che qualcuno mi ha già preceduto con ampia trattazione, ed altri mi seguiranno ancora nella re- visione di questo bel manuale. Finisco quindi compiacendomi ancora una volta di questa interessante pubblicazione, che onora il nostro Paese, e, che mentre per il suo prezzo mite si adatta alla borsa di ogni volenteroso ornitologo, riempie egregiamente un voto, già sentito e lamentato da tutti gli studiosi della patria ornitologia. | Roma, giugno 1904, RIASSUNTO della relazione fatta dal Presidente prof. Comm. ANTONIO CARRUCCIO nell'adunanza generale amministrativa tenuta il 17 marzo 1904 nella R. Università degli Studî di Roma DALLA Società Zoologica Italiana Il presidente dapprima dichiara che renderà conto « colla maggior fedeltà e concisione, dell’opera compiuta dalla Società durante il 1903, con cui ebbe fine il dodicesimo anno dalla fondazione ed esistenza nella Capitale, della Società medesima (i primi otto quale Soczetà Ro- mana per gli Studi Zoologici, e gii altri quattro quale Società Zoologica Italiana con sede in Roma). — Mentre poche Società puramente z0o- logiche esistevano da vario tempo all’estero, nessuna che fosse in realtà autonoma e tutta dedita agli studi zoologici, avevasi in Italia. Questa nostra, adunque, instituita in Roma coi più retti intendimenti e coi più fermi propositi, fu davvero la prima. « E per questi suoi intendimenti, per questi suoi propositi, ecco che vinse difficoltà, artificialmente rinnovate, per quanto sempre inani; ecco che vanta dodici anni compiuti senza interruzione alcuna, e con un lavoro proficuo e soddisfacente, come lo giudicarono uomini integri e rispettati per dottrina e imparzialità la più serena. È certo che la stessa Società più che mai trovasi in grado di procedere sicura nella sua dritta via; ed in questo 13° anno della sua esistenza sap- piamo di poter tenere un maggior numero di scientifiche adunanze per lo svolgimento di importanti comunicazioni, già preavvisate. Fin d'ora possiamo esser sicuri che esse permetteranno di pubblicare entro il 1904 non meno di sei nuove dispense, costituenti il 13° volume del Bollettino sociale ». Il prof. Carruccio prosegue dimostrando come anche per le scienze naturali « sia impresa molto ardua il mantenere in vita istitu- zioni sociali complesse o multiple, nelle qualicioè si annoverano cultori più o meno attivi dell’Anatomia e della Fisiologia umana e comparata, 104 RIASSUNTO DELLA RELAZIONE della Botanica e Zoologia descrittiva, della Mineralogia, Geologia, Pa- leontologia, ecc. Però risulta che anche in città sedi di celebrati Atenei, queste istituzioni non sempre poterono raggiungere intiero il primo de= cennio della loro esistenza. E ne dava prova l'egregio presidente d’una di sifffatte Società, il Laurent de Reims, accennando alle «brillantes espé- rances, sì vites decues, qu’avaient données nos Societés ainées, et comment elles étaient tombées avec fracas pour les raisons qui font disparaître » tante Società scientifiche e non scientifiche..... Fra tali ragioni il Lan- rent citò « un défaut d'entente des personnalités appelées à les diriger ». « Lasciando da parte queste ragioni, preferiamo ripetere quanto con molto spirito scrisse il collega di Francia : « Si une Societé pouvait trouver le moyen de vivre sans exiger de cotisations » aliora, secondo l’istesso Laurent, le scienze naturali avrebbero centinaia e centinaia di aderenti... « Mais il nous faut vivre » aggiunse un pò malinconicamente, « et vivre c'est pubblier un Bullettin » etc. ete. — Ora une Società che si rispetti deve mantenere promesse ed impegni, e non deve, se pubblica, far debiti. « In questo caso presto cessa ogni miglior manifestazione sociale, e per fermo ci si rimette della propria indipendenza e dignità. « Merito reale e incontestabile dell’attuale Zoologica Società Ita- liana, come della precedente Società Romana, è quello di aver sempre fatto fronte a tutti i suoi impegni regolarmente, col solo contributo dei suoi soci, e senza mai aver chiesto e quindi sanza mai aver ricevuto sussidi di sorta da chicchessia. Questa è la verità da affer- marsi da tutti, e innanzi a tutti, principalmente quando da qualche malfido gonfianuvole si tentano asserzioni alla stessa verità affatto con- trarie. Se crescerà la mole e il numero delle nostre pubblicazioni, se aumenteranno le costose tavole illustrative, perchè avremmo a tacere i nomi di quei generosi che vorranno sollevare la Società dal peso di maggiori spese? Perchè avremmo a tacere se qualcuno vorrà incoraggiare i giovani soci che si propongano utili ricerche e studi nel campo zoo- logico, che è sempre così ricco e fecondo ? « Finora, e ripetiamolo con alto sentimento di fierezza, tutti quanti operammo per favorire nel miglior modo possibile gli studi zoologici, e non soltanto in questa Capitale del Regno ; e tutto fu fatto colle sole FATTA DAL PRESIDENTE PROF. COMM. ANTONIO CARKUCCIO 105 risorse della Società. — Qui sarebbe il caso di richiamare la grande verità racchiusa in quelle nobili parole di Sallustio: « Nam fidei quidem aut concordiae quae spes est? Dominari illi volunt, nos liberi esse ». | « Tutti i soci ordinari e straordinari hanuo già avuto copia, e altre copie qui sono a loro disposizione, del bilancio consuntivo del 1903 e bilancio preventivo del 1904, compilati dal nostro Economo- Cassiere. Nell’esaminarli credo che tutti debbano aver provato la più onesta soddisfazione constatando che ci troviamo in condizioni eco- nomiche più favorevoli di quelle che risultavano nei bilanci di parecchie annate precedenti, ad esempio di quelle del 1895, 1896, 1897 e 1898. E venendo addirittura al 1903 bene rilevasi che mentre il bilancio consuntivo ci ha dato la esatta cifra di L. 1307,69, il preventivo per il 1904, fu «dal competentissimo socio Economo-Cassiere, fissato — non senza ottime basi — in una somma maggiore a quella che potè stabilirsi pel 1902 e pel 1903. « Penso che vogliate tutti unirvi meco nel dar ampia lode al ra= gioniere signor Vittorio Zambra, ed al signor Casimiro Coli che lo coadiuva attivamente nelle esazioni, per lo zelo scrupoloso con cui entrambi hanno adempiuto il loro ufficio. i | « Colle proclamazioni, che regolarmente vennero fatte nelle sin- gole adunanze generali, dei nomi dei soci ordinari e straordinari, nuo- vamente inscritti ed ammessi durante il 1903, ed annunciati nei Bol= lettini, posso con piacere affermare che il numero totale di essi è sen- sibilmente aumentato, E badisi che ciò risulta non ostante che il Consiglio Direttivo, applicando l’art. 17 dello Statuto, abbia dovuto radiare dall'albo sociale parecchi morosi. « Vorrei ora che foste tanto cortesi da richiamare alla memoria un mio desiderio: Aspettiamo — io dissi — dopo avvenuta la trasforma- zione della Società Romana per gli studi Zoologici in Società Zoc= sogica Italiana, aspettiamo che sia trascorso un triennio per avere un criterio sicuro sull'attività sociale e su tutto l’andamento, progressivo o no, del nostro sodalizio. « Sono invece trascorsi non soltanto 3, ma più di 4 intieri anni; ed a chiunque non faccia velo la passione risulterà evidente come dopo 106 RIASSUNTO DELLA RELAZIONE siffatta trasformazione, la Società nostra, sorta e proclamata in Roma fin dal 1° gennaio 1892, abbia costantemente lavorato e progredito. « Anche in questo ultimo quadriennio furono tenute molte adu- nanze scientifiche, tutte esemplari pel pieno accordo fra i disserenti, fruttuose e gradite perchè ogni socio ebbe sempre qualche cosa da osservare e da apprendere. Invero furono oltre 80 le comunicazioni che vennero fatte in una trentina di adunanze che avemmo dal 1900 al 1903, comunicazioni accompagnate da moltissime dimostrazioni sia di specie animali ben studiate, parecchie assai rare o nuove affatto per Roma, sia di preparati anatomici, macroscopici e microscopici. « Quasi tutti questi lavori trovansi inseriti nei 4 volumi del Bol- lettino dei precitati anni (serie 11). A queste ottanta e più memorie e comunicazioni devonsi aggiungere altre più numerose — circa 160 — che fanno parte degli 8 volumi pubblicati dal 1892 a tutto il 1899. « Abbiamo adunque un totale di oltre 235 lavori, nei quali so- venti sono svolti, teoricamente e praticamente, argomenti di molta im- portanza. Ed è superfluo ricordare a voi, che li avete letti, che non poche memorie sono accompagnate da numerose ottime figure inserite nel testo, o da tavole illustrative separate. « Questa rassegna, per quanto rapida, sarà più esatta facendovi conoscere che i quattro ultimi volumi comprendono un totale di 1050 pagine. Nei primi otto volumi, pubblicati dalla Soccetà Fomana per gii Studi Zoologici, dovete invece annoverare non meno di 2070 pa- gine. Le due serie adunque delle nostre pubblicazioni sociali com- prendono oltre 3120 pagine. « È forse superfluo far rilevare che tutto questo lavoro non è il prodotto esclusivo di professori ufficiali? O è forse superfluo aggiun- gere che prescelgo coloro i quali vollero e vorrebbero che una cosa dovesse essere realmente uffictale: e questa è l’efficace e- sempio di una istruzione coscienziosa, la quale, sia superiore, media od inferiore, dovrebbe esser sempre accompagnata da onesta e vera educazione. « In questo insigne Ateneo, nel quale i più dotti maestri furono e sono i più modesti e leali, mi piace proclamare un profondo mio convincimento, ed è che a rendere operosa e rispettata una Società scientifica non è menomamente necessaria la prevalenza nominale, 0, FATTA DAL PRESIDENTE PROF. COMM. ANTONIO CARRUCCIO 107 come altri disse, la pompa di'nomi diversi di professori universi= tari ed ufficiali, facilmente pur idonei a formare quantità disumite. - « E abbiamo detto i nomi, noni fatti, avendo la esperienza di mostrato che solo questi ultimi valgono e restano. Per quanto con- cerne la Società nostra avete il diritto di affermare che sono appunto fatti lodevoli quelli che devonsi e si dovranno non soltanto a parecchi professori ufficiali, ma a non pochi fedeli e indipendenti amici, i quali coltivano indefessamente buoni studi, e sono ben lontani dalle piccinerie del municipalismo. Per quei consoci che diedero larghe prove di devo- zione al Re, alla Patria, all’istruzione, ai veri interessi nazionali, è in Roma persino ridicola la taccia d’infeudamenti o di municipalismi.... E quanti amano dire tutta la verità, sanno come questa sia doveroso r'peterla colla maggiore fermezza d’animo. « A coloro che premurosamente vollero oggi trovarsi presenti, come a quanti costretti a rimaner. lontani da Roma, usarono ogni più squi- sita cortesia nello scrivere, esprimo — insieme ai più cordiali rin- graziamenti — il voto che perseverino nell’opera comune, Il loro affetto, nobile e schietto verso la scienza, valse e varrà a far superare osta- coli palesi o nascosti. « Fra i più distinti e non presenti consoci, dei quali nei precitati volumi vennero pubblicate una o più comunicazioni, o anche non brevi e belle memorie, mi è caro ricordare i nomi del cav. Arrighi-Grifoli Gia- como, del prof. Bellini Raffaello, prof. Bonomi Agostino, dott. Cecconi Giacomo, prof. Condorelli-Francaviglia Mario, prof. Damiani Giacomo, dott. De Filippi Carlo, dott. De Marassovvich Francesco, dott. De Ste- fano Giuseppe, dott. Facciolà Luigi, prof. Garneri Antonio, conte Ninni Emilio, prof. Pavesi Pietro, prof. Paolucci Luigi, dott. Testi Franc. Magg. Med., prof. nella Scuola di sanità militare in Firenze, dott. Tiraboschi Carlo, del Laboratorio centrale di Sanità, ecc. « Agli altri, dei quali affatto involontariamente ho potuto omet- tere i nomi, chiedo venia : a tutti rinnovo i meritati ringraziamenti ed augurii. | « Su’ ricordi e fatti scientifici più motevoli vorrei insistere con speciale predilezione; ma non devo dimenticare che il mio dovere è chiaramente precisato dall'art. 8 del nostro Statuto. Non posso, adun= 108 | RIASSUNTO DELLA RELAZIONE .que esporre quanto occorrerebbe per mettere in chiara luce quei ricordi . e fatti, nè per l’intiero periodo di 12 anni, e neppure - per l’ultimo quadriennio. Io debbo limitarmi a dire del lavoro scientifico compiuto nel solo anno 1903. Di questo lavoro si ha quasi uno specchio fedele nel volume già pubblicato, ch'è appunto il dodicesimo, o IV° della serie II. In esso trovate inserite 17 diverse memorie e comunicazioni sulle 22 che vennero presentate nelle diverse adunanze tenute dalla nostra Società, E ricorderete che furono autori delle medesime i con- soci prof. Giulio Alessandrini, prof. Giov. Angelini, Sig. Bernabò Va- lentino studente nella nostra Università, princ. D. Fr. Chigi, prof. Mario Condorelli, dott. Gius. De Stefano, prof. Rinaldo Marchesini, conte E- milio Ninni, comm. Fortunato Rostagno, prof. Ugo Vram; oltre tre lavori che mi appartengono, dei quali citerò soltanto il titolo : il 1° sull’Okapia (scheletro ed esempl.in pelle), splendido e generoso dono del nostro Re ; il 2° sulla Rhenelepis strigosa y il 3° sul Cygnus mi- nor, altro bel dono di S. M. il Re Vittorio Emanuele III. Dello sche- letro dell’Okapia mi sia permesso dire che la tavola colla figura illu- strativa del medesimo fu accuratamente eseguita. Nel nuovo anno sarà pubblicata la tavola rappresentante l’animale in pelle (fotografato dal dott. Alessandrini, e litografato dal rinomato stabilimento del cav. E. Calzone) colla relativa illustrazione dell’importantissimo esemplare, « Per ragione di spazio non vennero pubblicate parecchie comu nicazioni elmintologiche ed erpetologiche fatte dall’Alessandrini, ed alla sola più breve fu fatto posto nei fasc. IV, V e VI, come pari- menti rimasero da pubblicare altre mie. « E’ infatti conveniente, dirò anzi doveroso, che chi appartiene al Museo, ceda lo spazio disponibile ad altri, specialmente ai giovani seriamente operosi, che devono essere incoraggiati. E fra questi citerò un solo esempio, il consocio Barnabò, del quale pubblicammo la ela- borata memoria su due rare anomalie del sistema nervoso periferico. osservate nell’Ospedale di S. Spirito in Roma, come presto pubbliche- remo un altro suo accuratissimo lavoro anatomico. « Dovevo prima, anche per rispetto all’ordine alfabetico col quale ricordai già i nomi degli autori, dire della comunicazione del prof. Ange- lini sulla Marmaronetta angustirostris (Ménetrier) uccisa a Cande- loro, presso Foggia. pero e e e FATTA DAL PRESIDENTE PROF. COMM. ANTONIO CARRUCCIO 109 « Anche di argomento ornitologico (sul Vendrocopus Lilfordi Sharpe e Dresser, catturato presso Ardea, in provincia di Roma, per la prima volta) trattò il consocio Chigi in una sua comunicazione. < Del prof. Condorelli riferimmo l’accurato studio sul linfoangioma cistico di Wegner, e sulla sua diagnosi differenziale col vero Echinococco. « Il socio dott. De Stefano, di cui il nostro Bollettino pubblicò altre dotte comunicazioni zoo-paleontologiche, ci diede nel 1903 quella riguardante la « Fauna malacologica del pliocene superiore del Belgio e quella postpliocenica dell’Italia meridionale », « Del prof. Marchesini fu pubblicata e letta con vivo interesse la comunicazione da lui fatta col titolo : « Contributo allo studio delle capsule surrenali ». E del conte Ninni fu udita con altrettanto interesse e data alle stampe la comunicazione, accompagnata da triplice figura, sopra alcuni pesci mostruosi raccolti nelle valli dell'Estuario Veneto. « Due diverse comunicazioni dell’indefesso Lepidotterologo, com - mendatore Rostagno, videro la luce nel volume di cui troppo rapidamente sto a voi, egregi consoci, rammentando il contenuto : la prima è con- tinuazione dell'ottimo e arduo lavoro che VA. da tempo ha intrapreso sulla classificazione descrittiva dei Lepidotteri italiani ; e nel fascicolo I, 1I e III gl’intelligenti v'hanno trovato una delle sezioni più difficili a studiarsi e conoscersi, quella dei Tortricodi. Nei seguenti fascicoli dell’istesso volume vi hanno trovato la netta descrizione di due in- teressanti varietà della Saturnia pavonia e della Pieris rapae, la prima dedicata al nestore degli entomolozi viventi, il hostro esimio socio onorario prof. P. Stefanelli di Firenze « Finalmente devo ricordare le due notevoli comunicazioni fatte dal prof. Vram, accompagnate da chiare figure illustrative : la 18 ri- guarda due grosse ossa wormiane del palato duro, osservate in un gio- vanetto di Sezze (prov. di Roma); la 2° illustra un caso nuovo di saldatura dell’atlante coll’occipitale in un Cinocefalo. « Oltre le 17 memorie dei precitati autori, le quali poterono far parte del volume XII — 1903 — dovrei ricordare con parole di sin- cero compiacimento le belle riviste bibliografiche che dobbiamo ai due consoci e consiglieri, prof. Neviani ed Angelini. Il primo trattò di una rara pubblicazione del Westendorp, nella quale sono perfettamente de- 110 RIASSUNTO DELLA RELAZIONE terminate 32 specie di Briozoi ; il secondo ci ha dato una particola- reggiata e diligentissima recensione del completo Attante Ornitologico del consocio dott. conte E. Arrigoni degli Oddi, libero docente di Zoo- logia, nella R. Univ. di Padova, Il prof. Angelini, che pure è giudice così competente nel campo ornitologico, ricorda quale sia stata l’appro- vazione che incontrò in Italia il volume dell’Arrigoni, e come anche gli ornitologi esteri siano stati pronti ad occuparsi del medesimo. Ed « alla ben riuscita prova non furono avari dei loro elogi ». « Altre 5 riviste sono scritte da me, e riguardano : 1° la Fauna dei pesci marini finora conosciuti quali abitatori delle coste della Cor- sica, secondo gli studi del prof. L. Roule; 2° le varietà della Merula nigra ben studiate dal prof. Pietro Pavesi, nostro socio onorario; 3° gli Ortotteri del Cadore, della dott. Lea Mei; 4° di una nuova specie del genere Lacerta raccolta sul monte Gennagentu in Sardegna, e descritta dal conte dott. L. Peracca ; 5° un contributo alla conoscenza della drilofauna sarda del dott. Cognetti De Martis. L. — Ho esposto in questa rivista le mie sincere impressioni su lavori che hanno un reale interesse, e mi parve dover contribuire a diffondere la conoscenza dei medesimi non solo ai consoci, ma ai molti lettori del Bollettino in Italia e all’esterò. « Ho pur pubblicato (pag. 187-192) una prima rivista critica sul- l'argomento (che ha sempre una seria importanza, principalmente pei giovani zoologi) riguardante le regole della nomenclatura zoologica. Sull'argomento medesimo scriverò altre riviste e diversi commenti, col desiderio che esso sia presto trattato il più largamente possibile in speciali adunanze della nostra Società. « Sul giudizio meritatamente favorevole dato da una Commissione — di cui fece parte l’illustre prof. conte Tomasso Salvadori, altro no- stro socio onorario, — intorno alla memoria presentata dai consocì dot- tore march. Filippo Patrizi e dott. march. Giuseppe Lepri, vi prego di aver presente quanto leggesi negli ultimi fascicoli del nostro Bol- lettino, a pag. 196-198. (Continua). SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Sotto la Presidenza onoraria di S. M. il RE PROCESSO VERBALE dell’'Adunanza Generale Amministrativa 17 marzo 1904 —__—- Presidenza del pref. A. CARRUCCIO Aperta l'adunanza il presidente proclama quali nuovi Soci ordinari il signor Chiarini Gino, laureando in szienze naturali, il dott. De Luca Olderico, il prof. Palombi Attilio ed il sig. Sgrilli Cesare; ed a Socia straordinaria la signorina Antonietta Palozzi. Presenta quindi e fa distribuire copie dei Bilanci consuntivo per l’esercizio del 1903 e preventivo per quello del 1904, e si compiace dei risultati ottenuti. | Dopo che i Soci conte Guido Falconieri di Carpegna e comm. Yor- tunato Rostagno chiesero ed ebbero alcuni schiarimenti dall Economo- Cassiere, unendosi emtrambi all’encomio fatto dal Presidente, questi sot- topone alla sanzione dell'assemblea i due bilanci, che sono approvati all'unanimità. Il Presidente dà quindi lettura del resoconto sull'andamento scien- tifico-morale della Società durante l'anno 1903, facendo pur rilevare sia l’accresciuto numero dei Soci ordinari e straordinari, sia l'aumento dei cambi ottenuti da altre Società ed Accademie scientifiche, e quello dei doni di opere ed opuscoli durante il 1903}, esposti nella sala dell’adu- nanza; i quali tutti portano un considerevole incremento alla Biblio- teca sociale. Inoltre il prof. Carruccio accenna ai nuovi doni- che il Museo Zoologico Universitarin ricevette nel 1903 daila munuificenza di S. M il Ke, doni che hanno già servito a studi, e serviranno in adu- nanze successive quale argomento di utili comunicazioni. La relazione presidenziale viene accolta da unanime e viva appro- vazione. 112 PYOCESSO VERBALE Verificato il numero dei Soci presenti e delle schede suggellate pervenute per la posta (1) si ha il totale di 48 votanti. Il Presidente prega i due Soci più giovani a fungere da scrutatori. Due schede sono riconosciute incomplete e annullate, per cui i votanti sono in numero di 46. Eseguito debitamente lo spoglio di tu:te le schede per la nuova nomina o conferma triennale delle cariche sociali, resesi vacanti, si ha il seguente risultato: a Presidente effettivo il prof. comm. A Carruccio, con 45 voti; a Consiglieri il ccmm. Fortunato Rostagno e il prof. Giovanni Angelini, ognuno con 45 voti; ed il cav. prof. Giuseppe fuceimei con 44 voti. Fatta la proclamazione, il Presidente pronuncia parole di vivo rin- graziamento per la rinnovatagli fiducia da parte dei consoci residenti e non residenti in Roma. Il ff. Segretario VITTORIO ZAMBRA. N. B. I processi verbali delle adunanze scientifiche del 21 aprile, 18 giugno e 16 Juglio 1904, compilati dal nuovo Consigliere Segretario prof. Giovanni Angelini, saranno regolarmente pubblica*i nei fascicoli IV,Ve VI del presente volume, essendo mancato lo spazio in questi tre primi fascicoli. (1) Dopo terminata la votazione pervennero con ritardo, tanto nel giorno stesso, quanto nel seguente, altre 14 schede suggellate, che vennero bruciate. Roma 1904 — Tipografia di G. Balbi, Via della Mercede 28-29, »“ > — MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO ANNO Xili x va ‘a f Prof. Comm. AnToNIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia comparata, GF specialmente Vertebrati). “I D. Guipo OrAZIO FALCONIERI Conte di Carpegna — Vice-Presidente (Ornitologia). Prof. Cav. RomoLo MELI — Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia). Prof. Cav. GrusEePPE TuUCccIMEI — (Zool. e Paleont.) Rag. Sig. VITTORIO ZAMBRA — Economo-Cassiere (Ornitologia). è PN Prof. Cav. ANTONIO NEVIANI — Consigliere (Zoologia generale specialmente Briozoi) |. March. Dott. FiLippo PATRIZI — Idem (Ornitologia). 2 Prof. GIOVANNI ANGELINI — Idem (Zoologia generale, spec. Ornitologia). Segretario. Comm. ForTUNATO RosTAGNO — Idem (Intomologia, spec. Lepidotteri). March. Dott. GrusePPE LEPRI — Idem (Entomologia- Ornitologia). Pro. Cav. RINALDO MARCHESINI — Idem (Istologia generale). Prof. Cav. GIOVANNI PocHETTINO — Idem (Zoologia generale). % g° 3 — ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO | Mi) Art. 2 — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, con- sigli, appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino con- tenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo - fisiologica, embriologica, paleonto- logica e sistematica; e quelle altre notizie che possono interes- << u sare gli studiosi. | Art. 3 — La Società è composta di tre categorie di soci: 1* Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pa- gheranno lire Dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire Ji 200 in una sola volta. 2* Soci straordinari, i quali pagheranno lire Sette Pi annue: P. 8° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consi- ‘39 glio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle publicazioni sociali. d: La “ a ww! ' N e Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO - R. UNIVERSITÀ (Via della Sapienza — ROMA) "i NB. Soltanto si membri tutti della Società, residenti e non residenti, è fatta el: ‘facoltà dalla Direzione dell’Istituto di poter visitare le sale del medesimo in qualunque giorno della settimana, e di trattenersi per confronti, per studio e lettura di opere, dall’ottobre al luglio di ciaschedun anno. Roma — Tlpografia di Giovanni Balbi, Via della Mercede, 28:29, i n "TA —) % aj vs o MRE Ania +. TR: FL I RD Me, A i 4 . E? 49 AI IZ rima 34 sis sr 7 27 7 # SI ZA )° Fasc. IV, V, VI. Serie ÎlI- Vol. V. Anno XIil - 1904. BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE li SOMMARIO. IL. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE js 8. Barnabò Valenfino. Tecnica microsco- pica. Liquidi fissatori alcalini (per cellule sanguigne, nervose ecc.) Pag. 198-200 bicephalus melas preso a Porto d’An- 9. Marchesini prof. Rinaldo. Sullo stato zio (Roma). — Notizie anatomo-zo0- semi-embrionale degli organi genito- logiche (con 2 fig.) Pag. 113-126 orinari del pulcino appena nato » 201 2. Chigi princ. D. Francesco. Sul Passer hispanoliensis (Tem.), Passer italiae (Vieill.), Passer domestieus (L.). — Osservazioni » 127-146 1. Carruccio prof. Antonio. Il primo Glo- II. NOVITÀ BIBLIOGRAFICHE 3. Alessandrini prof. Giulio. Sull’ Anchylo- a e da pre Juijizn |, stoma (Uncinaria) duodenalis (Dub.). preci A Novi rth. W. saftrio- È Osservazioni sullo sviluppo e sul 1 (prof. A, Neviani) » 202-204 ciclo evolutivo (con 3 fig.) » 147 -166 4. Rostagno comm. Fortunato. Un’aberra- zione della Pieris rapae e un’ altra della Melitaca didyma (Fauna della III ATTI UFFICIALI DELLA SOCIETÀ Processi verbali delle adunanze generali carpagna romana) » 167-170 scientifiche tenute il 21 aprile ed il 5. Condorelli prof. Mario. Caso di myasis 18 giugno 7904. nell’uomo per larva cuticolare di Hy- poderma bovis (De Geer) » 171-)81 6. Carruccio prof. Antonio. Di un giovane IV. ANNUNCI SULLA COPERTINA ( AUligator selerops proveniente dall’I- y sola Trinidad, donato dal capit. me- (0 1. Prezzo di favore a chi acquisterà i XII dico della R. Marina Dott. Maran- volumi finora pubblicati, e prezzo di tonio Roberto » 182-192 | associazione pei non appartenenti alla 7. Napoli Dott. Ferdinando. Sopra alcuni ( Società. -- 2. Membri componenti il caratteri morfologici e sulle abitudini {$ Consiglio Direttivo. - 3. Articoli estratti del Birgus latro Fabr. » 193-197 | dallo Statuto. — 4, Sede della Società. 1. — Prezzo di favore e prezzo di Associazione, 1. A quanti ne faranno domanda sollecita (essendo assai limitato î1 numero dolle copie disponi - bili) accompagnata dall’importo anticipato, verranno spediti, franco di posta se in Italia, i XII vo- lumi pubblicati dalla Società dal 1a gennaio 1892 a tutto il 1903, al prezzo di favore di lire Novantasei in luogo di lire Centoquarantaquattro, come realmente importerebbe la#serie di questi volumi. Pei non Soci il prezzo d’associazione ad ogni singolo volume annuo è di L, 12 in Italia, e di L, 15 all’estero — pagamento anticipato. — Ogni fascicolo (per lo più doppio o triplo) vendesi a L. 4. — Volumi arretrati, ognuno al prezzo di L. 16. Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimensile. o TÀ its da A Ras $ Va” Ù FA Pe SI 4 ta. Gi sui Fasc. IV, V e VI. Serie Ill — Vol. I. Anno XJII. — 1904. BOLLETTINO DELLA SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA | primo GLOGICEPHALUS MELAS preso a Porto d'Anzio (Roma) Comunicazione del prof. A. CARRUCC'0 fatta alla Socictà Zoologica Italiana con sede in Roma (Adunanza generale scientifica del 21 aprile 1904) Presento una testa ossea di Cetaceo, dalla quale nel nostro laboratorio abbiamo tolto molti avanzi di parti molli in putrefazione; testa che dallo studio fattone ben ri- sulta appartenere alla fam. Delphinidae, al gen. Globice- phalus Lesson (1828), ed alla specie G. melas Traill. (1809) che è pur nota col nome di De/phinus globiceps Cuv. (1812). Questa specie fu di recente uccisa presso la spiaggia di Porto d’Anzio nelle circostanze che or ora esporrò : essa va adunque di pien diritto introdotta ed aggiunta alla classe dei Mammiferi (acquatici) ed all'ordine dei Cetacei, l quali pur si debbono annoverare nella provincia romana. Per lo passato è mai apparso questo Delfinoide nel mare che bagna le coste laziali? Non è davvero cosa facile dare una risposta sicura e coscienziosa. Mi sono provato a fare non poche ricerche bibliografiche, ma non le credo sufficienti. La sola affermazione che ora mi permetto è che un Globicefalo adulto stavolta è realmente apparso nel ‘ nostro mare, e venne catturato in località dove non mi è riuscito sapere se in epoca più o meno lontana siano apparsi altri individui della stessa specie. I vecchi e più esperti pescatori asseriscono di non averlo mai visto, 114 ANTONIO CARRUCCIO vesececeesaerecosenececeocioesaazizicerior ceco :icc rie ese —c00seseeiosieeoeeseeiioQiec—o@o.ii©—ci0eicìo0ccoecooaiceccciicicee0iccecoecconcc0coeccoccosc0cione@osò Nella bell’opera del Bonaparte, Iconografia della Fauna Italica, che per molti Vertebrati nostrani fornisce impor- tanti notizie, invano ne cercai sul Globicefalo. L’ illustre autore nella introduzione al 1° vol. si limitò soltanto a dire che i Cetacei « si rapportano alle tre famiglie dei Delphi- nidi, dei Physeteridi e dei Balaenidi.... ». E subito dopo nomina le seguenti specie, che chiama le più note, senza però aggiungere verun commento od osservazione. Esse sono: « Delphinus delphis 1., Phocaena communis e Ph. rissoana Cuv., Hyperoodon Desmaresti Raf., il Capodoglio (Physeter macrocephalus L.), e la Balena /Balaenoptera an- tiquorum Fisch., Balaena musculus? L.) ». Null’altro trovo detto dal Bonaparte, che neppure nomina il Globicefalo. Nel noto Catalogo descrittivo dei Mammiferi compi- lato dal professore Emilio Cornalia, già Direttore del Museo Civico di storia naturale in Milano, vien riassunto quanto sul Globicefalo scrisse il Risso, che cioè è di passaggio nei mari di Nizza, ove mostrasi in aprile e maggio ; ed ag- giunge: « Un individuo appartenente a questa specie credo sia quello dato in secco non è molto sulle spiagge non lontane da S. Rossore e donato dal Re d’Italia al Museo di Pisa. « Nel Museo di Napoli se ne conserva uno preso in quella vicina riva » (1). Il prof. E. H. Giglioli nel Catalogo degli Animali acqua- tici, pubblicato nel 1880, in occasione dell'Esposizione in- ternazionale di pesca in Berlino, scriveva quanto segue: « (Globicephalus melas Traill.; Orbetello. — Febbraio — Comparisce accidentalmente e sempre gregario; non so della sua cattura nell'Adriatico. Mando la fotografia, presa (1) Ved. Fauno d'Italia, Cornalia, pag. 66, IL PRIMO GLOBICEPHALUS MELAS 115 sopra il fresco, di un individuo conservato nel R. Museo Zoologico di Pisa, che arenò presso la foce dell'Arno nel 1869 » (2). Il prof. L. Camerano lo cita a pag. 27 del suo Com- pendio della Fauna d'Italia (del quale è desiderata una nuova edizione ampliata e riveduta). | Notizia precisa su altre specie possediamo per le co ste romane, ed è quella fornitaci dal prof. Vincenzo Diorio nel marzo 1866 sul Cetaceo di Santa Marinella, precisamente nel posto chiamato Salciatella. Ivi due pescatori, nel giorno 4 di quel mese, scopersero non molto discosto dal lido, un corpo immenso, che ai loro occhi apparve dapprima. come la chiglia di un vascello rovesciato.... Trattavasi invece di una Ba/aenoptera musculus, lunga 18 m. e 80 cm., le cui ossa pesavano circa 7000 libre romane. La testa era lunga 4 m. e 70 cm. colla massima largh. di 2 m.e 22cm.(Ved. Atti Accad. Pont. dei Nuovi Lincei — Ss marzo 1886). Il padre M. Alberto Guglielmotti, autore della Storia della Marina pontificia, ricorda un Cetaceo arenatosi presso Civitavecchia nel mese di febbraio del 1282; un altro il 28 gennaio 1624 fra Marinella e Capo Linaro ; e nell’ istesso anno, in febbraio, una balena lunga 91 palmi e grossa 50, arenò sulla spiaggia di S. Severa. Di due costole di « Cetaceo (Rorqual) rinvenute fra gl’interrimenti moderni del Viterbese » parla pure il Diorio. (2) Ved. pag. 68 del pred. ‘Catal. — Firenze, Stamperia Reale, 1880. | Essendomi rivolto al Dott. Empedocle Goggio del Museo Zoologico della R. Università di Pisa, egli con cartolina in data del 5 dicembre 1804 mi ha molto cortesemente dato notizia anche sullo scheletro intiero di G/obicephalus melas conservato in quel Museo, precisandomi la lunghezza del medesimo, ch'è di m. 3, cm. 83, soggiungendo che appartiene ad un individuo maschio, Rinnovo al Dottor Goggio vivî ringraziamen ti, 116 ANTONIO CARRUCCIO Trovo parimenti fatto cenno di un Physeter macrocephalus arenatosi sulla spiaggia di Civitavecchia, e precisamente a Palo. nell’anno 1833 : alla preparazione di questo Cetaceo prese parte il fu prof. senat. Ponzi. Un altro individuo fu preso nella spiaggia di Nettuno (Astura) nel 1625? (Casoni), come trovo citato nell’Elenco di Capodogli, Balene e Balenottere annesso alla importante memoria pubblicata nel 1896 dal prof. Corrado Parona (1). Il Carus nel suo Prodromus Faunae Mediterraneae cita per il Globicephalus melas le località di « Orbetello, accid., Pisa, Ostia, Fl. Arni (Giglioli); Palermo (Riggio) ». In que- st’ ultima città lo si chiama Murtaru. L’istesso autore dà, fra gli altri caratteri del gen. e della specie, questi: caput tumidum, fronte declivi; prae- maxillaria lata, maxillas supra tagentia; dentes utrinque 10-14. « Niger, stria alba a gula ad anum. — Longit. ad. 7,0 m. (2). Il Cuvier nella grand’opera: » Le Regne animal distribué d’après son organisation etc. » (3) scrive che « l’épaulard à tète ronde (Delph. globiceps Cuv.) atteint plus de vingt pieds de longueur ». E per quanto riguarda i denti aggiunge : (1) V. Notizie storiche sopra i grandi Cetacei nei mari italiani ecc. Bol- lett. dei Musei di Zool. e Anat. comp. della R. Università di Genova, N. 55, pag. 69. Nella pag. 70 del precit. Elenco, a proposito del Capodoglio, si legge: « Palo — Lazio — senza indicazione d'anno —? Museo di Roma (Scheletro) ». Credo che questa citazione il Parona l'abbia fatta togliendola dal lavoro del De Sanctis, lavoro ch’è pur ricordato nell'istesso Elenco. Trovo infatti che il prof. Leone De Sanctis in una-noterella della sua Monografia, pag. 14, così scrive : « Anche a Palo e ad Orbetello si ebbero dei Capidogli, di cui si conservano gli scheletri nei Musei di Roma (non però in quello di Zoologia) e di Firenze ». (Monografia Zootomico-Zoologica sul Capidoglio arenato a Porto S. Giorgio del Dott. LEONE DE SANCTIS — Ro na, coi tipi del Salviucci, 1881). . (2) V. pag. 714. (3) Ved, 2.me edition publiée par Victor Masson, T. 1, pag. IL PRIMO GLOBICEPHALUS MELAS Db dr « Il y a de neuf à treize dents partout, mais les perd entiè- rement avec l’age ». Il Damiani in una comunicaz. sul Prode/phinus euphro- sine (preso all'Isola d'Elba) pubblicata nel 1903, scrive che il Globicephalus melas è raro, e di comparsa accidentale. Nel Mar Tirreno fu preso a S. Rossore il 10 ottobre 1867 (Savi); a Livorno nel dicembre 1887 (Mantovani), e lo sche- letro conservasi nel Museo dell'Istituto tecnico dell’istessa città: un altro, già ricordato, fu preso a Orbetello (Giglioli): e l’ultimo che si conosce preso in Italia, lo fu precisa- mente a Genova, nel febbraio 1893 (Parona, Cattaneo). Il Riggio lo ricorda per la Sicilia. Manca nell'Adriatico (Ved. Damiani, pag. 13). Sono parecchi autori che danno al Globicephalus melas una lunghezza di 6 a 7 metri. E questo preso a Porto d’Anzio mi dissero che raggiungeva quasi gli 8 metri. Ma se non fosse stato assalito da molti con tanto accanimento, e presto ri- dotto in pezzi, si sarebbero potute prendere esatte tutte le dimensioni, particolarmente delle caratteristiche natatoie pettorali, che, data quella lunghezza totale, dovevano mi- surare oltre un metro e 60 cm., e la natatoia caudale doveva avere una larghezza almeno di un metro e 30 cm. Avverte il Van Beneden che le « nageoires pectorales ont déjà leur forme caratteristique à Vàge foetal ». Prima di procedere oltre e di dare la descrizione della testa ossea caratteristica di questo Cetaceo, voglio riportare fedelmente la lettera scrittami dal socio signor D'Antoni Domenico, il quale avendo relazioni ed interessi in Anzio, riuscì a farsi consegnare la predetta testa per farne poi consegna al nostro Museo : rendo perciò grazie vivissime al signor D'Antoni. « L'animale, creduto un pesce cane — così scriveva il nostro consocio — fu trovato semivivo la mattina presto 118 ANTONIO CARRUCCIO qreratencazeraaateze meranen nenionemeezsc ivan: ‘olonese nno RE del 16 novembre 1903, dopo una notte assai burrascosa, sulla spiaggia di S. Anastasio, presso Anzio. Era lungo approssimativamente 8 metri, aveva la pelle di color nero sul dorso, e bianco ai fianchi ed al ventre. Visse circa 3 ore. « Venne ucciso con colpi di bastone e di coltello da pastori e da pescatori (1). Quando ricevette il colpo di grazia, cioè ebbe il cuore trapassato da un'arma di punta e taglio, emise un forte ruggito quasi da toro ferito, e dette un violento colpo colla pinna caudale sull’arena della spiaggia. « Tagliato a pezzi, e tolto il grasso e la carne, le ver- tebre e le costole apparivano di una grandezza pressochè uguale a quelle proprie di un grosso bue. « Aveva un considerevole strato di grasso, da cui i pescatori estrassero un olio limpidissimo che servi a di- versi per illuminare. Da tre individui si volle far uso delle carni come alimento, ma uno fu preso da dolori viscerali. « Fu notata la somiglianza che avevano le pinne pet- torali colla falce ch'è in uso presso i contadini dell'Agro romano. « La burrasca, non ancor cessata la mattina del 17 no- vembre, e le furiose ondate portarono via gli avanzi lasciati dagli assalitori del Cetaceo sulla spiaggia ». Come dissi, fu solo grazie al signor D'Antoni che potè ricuperarsi la testa, ch'era rimasta coperta da molta sabbia, e trasportata alquanto distante dal mare. Testa ossea. Forse questa è la parte dello scheletro dei Cetacei che siasi meglio potuta studiare, perchè di molti (1) Posso citare i nomi del guardiano del signor D'Antoni, Giuseppe Con- tucci, vaccaro, e Luigi Rossi, pescatore, IL PRIMO GLOBICEPHALUS MELAS 119 arenatisi sulle diverse spiaggie, gli accaniti assalitori con scuri, accette, coltellacci, ecc., non solo ridussero molto so- venti in piccoli pezzi le parti superficiali, cutanee, muscolari ecc., ma anche i visceri interni; frammentarono poi la colonna vertebrale ed altre porzioni importanti dello stesso scheletro. La testa ossea, adunque, è forse la parte che sia stata più rispettata; ciò mi sembra poter affermare stando al numero di teste che constatai trovarsi in possesso dei Musei stranieri e di taluno in Italia. Questa testa, come bene osservate, ha forma rotondeg- giante. Il muso è ottuso e breve. La superficie superiore della regione facciale è for- mata quasi del tutto dalle ossa incisive od intermascellari, ed ai lati è completata dai mascellari superiori ; nel mezzo l’istessa superficie rimane alquanto concava. Considerazioni sulle misure del cranio. Mi abbisogne- rebbero molti crani di Globicefalo per poter venire a qual- che conclusione definitiva. Ma non parmi che allo stato attuale delle ricerche comparative neppure nei Musei me- glio forniti di preparati osteologici di Cetacei si possa af- fermare, fra le altre cose, quali siano le minime, quali le massime dimensioni dei crani di Globicefali, ecc., e quale sia il peso massimo, quale il minimo dei medesimi. Le misure, e i pochissimi dati sul peso, che troviamo in qualche opera, mi fanno credere che anche per questa specie di Cetaceo gioverebbero nuovi e più estesi studi, coi quali completare quelli già compiuti. Comunque, non essendo a mia notizia che in Italia altri abbia dato misure esatte sulla testa del Globiocefalo, io riferisco tutte quelle da me prese, anche per talune ossa cranio-facciali più importanti : 120 i ANTONIO CARRUCCIO Diametro antero-posteriore (lunghezza massima, mi- surata dal centro della cresta occipitale all’a- pice del muso, lungo la faccia superiore) cm‘ 69 Id. id. id. (lungo la faccia inferiore). i i Mia Diametro trasversale (larghezza massima, misurata | da un'apofisi zigomatica all'altra). SR Altezza massima della testa . È E Larghezza dell’apice ottuso delle ossa mascellari su- periori e intermasc. (ancora ricoperte da un tratto di pelle essiccata e dura). SR alb Diametro massimo trasversale da un’apofisi ma- stoidea all'altra . 3 1 REP) Larghezza massima dell’osso frontale (il sinistro è intatto) . i X 2 | 1-7 pts Altezza massima del medesimo. 1 i % 7 RIVA Lunghezza delle ossa intermascellari —. 5 ; ag Larghezza massima delle medesime. I E PRESE Lunghezza delle ossa mascellari superiori . . ». dd Larghezza delle medesime. 2 O Lunghezza dell’arcata zigomatica . ì Meno, Sua altezza massima . i 1° RP Le aperture nasali esterne destra e sinistra, sono un pò asimetriche, e la destra è alquanto più larga (3 cm. e 172) della sinistra (3 cm.). La loro profondità è di 10 cm. Anche l'apertura nasale interna è più larga (5 cm. e 172) della sinistra (0 cm.). Le ossa nasali, non saldate, formano una grossa sporgenza, sono asimetriche : la lunghezza di en- trambe è di cm. 9, e l'altezza di ognuna cm. 4. Larghezza delle orbite cm. 13, con una profondità di cm. 9 ed un’altezza (diam. vertic.) di cm. 10. Lunghezza massima di ciaschedun osso palatino, cm. 30 (misurando lungo il loro margine interno). — La larghezza massima è di 27 cm. all'indietro, nel centro è di 21 cm., ‘IT PRIMO GLOBICEPHALUS MELAS 121 e nell’apice di cm.8.— Quindi assai larga è la volta pa- latina formata dalle due ossa omonime. Essa era ancora coperta da pezzi di mucosa, spessa, nera, con piccoli rialzi alla superficie libera, quasi altrettanti bitorzoletti. Lunghezza massima della mascella inferiore (misurando dal punto centrale dell'angolo posteriore-inferiore al centro della sinfisi mentoniera) cm. 48. Altezza massima della stessa mandibola, cm. 15; al- tezza minima (che si ha in corrispondenza del 5° dente inferiore) cent. 3 172; spessore massimo delle branche mandibolari, cent. 3. La lunghezza della sinfisi mentoniera è di cm. 6: essa non è ancora del tutto ossificata, osservandosi bene il le- gamento interuniente. La distanza che passa da un angolo posteriore all’altro, ch'è quanto dire il divaricamento all'indietro delle due branche orizzontali delle mandibole, è di cm. 33. L'altezza (o lunghezza massima) dell’osso occipitale (al disopra del gran foro occipitale) è di 16 cm. con una massima larghezza di 45 cm. 11. Ciaschedun condilo occipitale offre un diametro tra- sversale di 5 cm. ed uno vertieale di cm. Nel disarticolare con mano inesperta, e con coltellac- cio, i condili occipitali dall’atlante, la superficie di essi fu in parte lesa: ma ben si rileva ch'è assai convessa, e quindi doveva essere pronunciata la concavità corrispondente di ciascuna cavità glenoidea della prima vertebra cervicale. Diametro antero-posteriore del gran foro occipitale, em. 6; diametro trasversale cm. 5 1]2: è adunque quasi circolare, con una lieve incisura mediana in alto. Denti. Negli alveoli della mascella superiore ed infe- riore trovo un totale di 34 denti, cioè 14 sono propri alla superiore, e 20 all’inferiore. In questa sono 10 per cia- 198 ANTONIO CARRUCCIO schedun lato, in quella si hanno 8 a destra, e 6 a sinistra, perchè taluno dei denti dell’istessa mascella superiore è rotto o caduto, trovandosi vuoto. l’alveolo. Non mancano autori che asseriscono potersi avere in questo Cetaceo, se adulto, un numero totale di 38 a 40 e più denti. Anzi nel Risso leggiamo che delle due mascelle eguali, è “ l’inferieure armée de vingt-deux dents, la:superieure‘de-vingt.de. chaque tcotes i > Si sa pure che è fatto caratteristico costante nel Glo- bicefalo l'avere i suoi denti non ravvicinati l'uno all’altro ma posti a una certa distanza : infatti nelle mascelle che abbiamo sott'occhio ogni dente, come vedete, dista dal vicino da 8 a 12 mm, e gli alveoli, non sempre, equi- distanti, come ho rilevato, togliendo provvisoriamente qual- cuno dei denti, sono poco profondi: la radice che vi si adatta ha una lunghezza che corrisponde alla porzione libera, la quale misura press'a poco 15 mm. : quindi ogni dente, fra porzione intralveolare ed estralveolare, suol avere una lunghezza di 30 mm. I denti poi dei margini delle due mascelle sono di- sposti in guisa che quando l'una è a contatto dell’altra, s’incastrano, cioè ogni dente superiore, a mandibola rial- zata, rimane compreso fra due inferiori, e viceversa. Caratteristica à pure la conformazione di questi denti, i quali sono conici, eolla punta non molto aguzza che si ricurva alquanto verso l’interno del cavo orale. La loro maggiore grossezza non supera gli 8 mm. misurando nel punto in cui ogni dente emerge dal rispettivo alveolo. Non manca qualche autore il quale asserisce che i denti ante- riori del G/obiocephalus melas s’ingrossano e si allungano prima dei posteriori, col progredire dell’età; ma, come già ho ricordato, secondo il Cuvier, raggiunta una certa età, * denti cadrebbero tutti (les perd entièrement), IL PRIMO GLOBICEPHALUS MELAS 123 Quante sono le specie da annoverarsi in questo genere ? Dovetti anch'io farmi questa domanda, dopo di aver letto quanto scrivono parecchi dei più accreditati Cetologi. È l’istesso Van Beneden (1) ebbe già a ricordare come taluno fra essi abbia voluto formare specie distinte dei G/obiceps viventi in località diverse; ed osserva che quello delle isole Feroé è evidentemente l’istesso animale che vive nel mare del Giappone. Egli avvalora il suo dire citando in una nota il giudizio del prof. Flower di Londra, il quale gli scrisse che avendo confrontato « colla più grande accura- tezza gli scheletri del G/obicephalus di Tasmania e di Ker- quelen-Laud, con quelli dei mari del Nord, non trovò tra loro la minima differenza. » Pure anche pei Globicefali mi pare che sia prudente ripetere quanto scrive il nostro Camerano a proposito del genere De/phinapterus, nel quale si sono volute riunire tutte le specie descritte in una sola, quella di D. Leucas Pallas, Ed il Camerano osserva giustamente: « La questione me- rita di essere studiata ancora... » Si sa che anche questi Glebicefali sì nutrono princi- palmente di seppie e di altri Cefalopodi, e anche di pesci. (1) Questo illustre Cetologo si occupa del Globicephalus melas in parecchi dei suoi lavori, e ricordiamo in modo particolare quello intitolato : La distri- bution geographique de quelques Cétodontes (pag. 6); quello che ha per titolo Notice sur un Cetacé èchoué devant la ville d’ Anvers (ch’era precisamente un G/obicephalus melas); ed è pure da consultarsi la memoria : Les squetlettes de Cétacés et les Musées qui les renferment, oltre altre pubblicazioni. Fra queste ho pur consultato una del D. Eug. Deslongchamps (0Observations sur quelques Dauphins etc.); altro del prof. Filhol (7ist. des Collect. cétologiques) del dott. Raull Guerin. (Etudes Zool. et paleont, sur la Fam. des Cetacès) etc. In una nota pubblicata dal C.te Emilio Ninni nel 1901 (Sulle catture di alcuni Cetacei nel mare Adriatico) si fa parola del Delphinus delphis, D. tursio, Gram- pus griseus, physeter macrocephalus e physalus antiquorum, ma non del Globicephalus melas. Anche il Trois scrisse sul Grampus Rissoanus osser- vato nell'Adriatico, 124 . ANTONIO CARRUCCIO Quando compariscono in un certo numero presso qualche costa non è difficile circondarli colle barche, e costringerli a andare a secco sulla spiaggia. E così avvenne nel 1812 per una banda composta di 70 Globicefali, che furono presi presso Paimpol (Coste nordiche). Della banda facevano parte diverse genitrici se- guite dai loro piccoli, taluni della lunghezza di 2 metri e 172. E se non pochi sono oggi i Musei Zoologici che pos- sessono crani diversi e anche scheletri intieri, di questa specie, nel Museo di Roma, come dissi già, nulla possede- vamo. Secondo il Van Beneden sarebbe quello di Parigi ch'è in possesso « des crànes de toutes les mers ». Il gen. Globicephalus Less. secondo il recentissimo ca- talogo del Trouessart, annovera oltre due specie fossili (una trovata in Brettagna e nel Belgio, ed una in Germania), 5 specie viventi, fra le quali la più diffusa e più nota è per l'appunto il G/. melas. (V. Nova editio, T. Il, pag. 1045-1046). Distribuzione geografica. Osservano a rasione parecchi scrittori, e in modo speciale il Van Beneden, che fra i Cetodonti questo è uno dei meglio noti agli abitanti delle isole Feroé ecc., dai quali è chiamato Grindewall. L’istesso autore ricorda la importanza della caccia che annual- mente si fa al Grindewall, nell'epoca cioè in cui egli, a torme, passa dai mari polari all’Atlantico ; ed a questa caccia speciale prese talvolta parte anche il Re di Dani- marca. « Ce Grindewall — soggiunge Van Beneden — est at- tendu tous les ans dans ces îles comme les grives et les bécasses sont attendues dans nos contrées ». Trovo detto che il G/. melas fu visto e preso nelle No- velle Ebridi, nella Gran Brettagna, in Irlanda, in Francia, in Ispagna, ecc. oltre che nel Giappone. Dunque è quasi immensa la distribuzione geografica di questa specie, A IL PRIMO GLOBICEPHALUS MELAS 125 Il Risso lasciò scritto : “ Ce cétacée visite annuelment nos còtes, sans jamais en trop approcher. ,, Non ho po- tuto trovare altro autore che confermi questa visita an- nuale nel mare di Nizza della specie in discorso, e l’istesso Risso non potè osservare che un unico individuo, preso in quell’anno, della lunghezza di 4 metri (1). Fra le notizie più recenti riguardanti apparizioni e catture di qualche G/obicephalus, una meglio circostanziata è quella che fu pubblicata dal Dott. A. De Zulueta, di Vilasar de Mar (prov. di Barcellona - Spagna). E con tale notizia mi affretto a dar fine al riassunto della presente comuni- cazione ; chè se avessi la fortuna di venire altra volta in possesso del corpo intiero di uno di questi cetacei, allora mi potrebbero più largamente servire le ricerche e note bibliografiche numerose, che ebbi occasione di fare dopo la cattura dell'individuo semivivo gettato sulla spiaggia di 5. Anastasio, presso Porto d’Anzio. Questo di Vilasar de Mar fu invece trovato morto sulla spiaggia la mattina del 23 maggio 1902 dal De Zulueta in compagnia dei dottori Chia e Martin. Il primo, esaminato il grosso animale, riconobbe che fra i Cetacei era indubi- tamente un (G/obicephalus, pur rimanendo in dubbio se si trattasse del G/. melas. La di lui lunghezza totale era di m. 4 e 60 cm.; e fra i diversi caratteri sono posti special- mente in rilievo quello della testa rotondeggiante e larga, quello della dentizione, delle natatoie pettorali falciformi ecc. Il Dott. De Zulueta nella sua breve nota disse che sa- rebbe stato assai riconoscente a chi gli avesse tolto ogni (1) Ved. ist. nat. des principales productions de l Europe méridionale — T, NI, pag. 23, Paris Levrault Libr, 1826, 126 ANTONIO CARRUCCIO dubbio sul cranio che aveva preparato e conservato per la sua collezione privata (1). Gli rispose il Dott. Angelo Cabrera Latorre con molta competenza e. precisione, ‘è riferisco Iesspe. parole fStaziaa muy probable que se trate del G/obicephalus melas Traill. pues la descripciòn que del cadaver hace el Sr. Zulueta està en todo conforme con cantas de esta espece he leido. « ...En cuanto à los dientes, son también come lo del G. melas, entrando perfectamente en la formula de esta 22, i 20: | espece, que varia de Dè 5 pasando raras veces de este ultimo numero. ,, Il Dott. Cabrera Latorre c'informa poi delle apparizioni di quest'unico Globicefalo nelle coste della Penisola Iberica, mentre altre specie sono proprie o del Mar della China (Globicephalus Siboldit), o dell'Oceano Indiano (GI. indicus) o del Pacifico (G. Scammonii), o della costa atlantica degli Stati Uniti e del Mar delle Antille (Gl brachypterus). E conchiude dicendo che se il G/. melas è la specie più co- mune del genere, è sempre però pei nostri mari abba- stanza rara per meritare “ la atenciòn de todos los que gustamos de los estudios zoologicos ,,. (1) V. Feuille de Jeune Naturaliste. Juill. et Aoùt 19 2, pag. 202. (1) V. Boletin de la Sociedad Espanola de Historia Natural. Octobre 1902, pag. 294-296. ANTONIO CARRUCCIO penna e —— ——- —r—————m——_——m————m————_________.__- ——————— "x uult-=-—rr rr Sul Gliobicephalus melas. Bollett. Soc. Zool. Italiana - Fasc. IV-V-VI, 1904. Ld } è Ù) Ù Passer hispaniolensis crem.) Passer' italia criem.) Passer domestious ai. ___— Osservazioni del socio Princ. D. Franc. CHIGI comunicate alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Prima di cominciare er novo la critica delia validità specifica delle tre forme, Passer hispaniolensis (Tem.), Passer italiae ( Vieill.), Passer domesticus (L.) è bene riassumere bre- ““vemente quanto da Linneo in poi i più valenti ornitologi scrissero su questo argomento, e ricercare le ragioni che possono aver dato luogo ad erronei apprezzamenti sui reciproci rapporti tra quelle forme. Linneo (1758), ritenuto che in ogni regione vivesse la forma specifica di Passero domestico che viveva nell’ Eu- ropa settentrionale, descrisse quella forma soltanto e la chiamò Fringilla domestica: ma col progredire degli studi ornitologici nel 1818 il Vieillot distinse come buone specie la forma italiana, a cui dette il nome di Fringilla Italiae ; e due anni dopo il Temmink elevò a rango specifico la forma della Spagna col nome di Fringilla hispaniolensis. Nel 1840 Keyserling e Blasius riunirono tutte le forme del Pas- sero come semplici varietà del Passer domesticus (L.); quindi nel 1844 lo Schlegel accettò come buona specie il Passer domesticus (L.) ed il Passer hispaniolensis (Tem.) considerando la forma italiana come varietà del Passer domesticus (1L.) col nome di Passer domesticus cisalpinus. La disparità di opinioni sul valore specifico di queste forme non cessò con gli studi critici dello Schlegel, e fino ad ora non si è avuta alcuna soddisfacente soluzione ; infatti alcuni ornitologi, pure accettando, quasi in via provvisoria, 128 FRANCESCO CHIGI le tre specie accettate da Linneo, dal Vieillot e dal Tem- mink, ne mettono in dubbio la validità. Recentemente pubblicò un interessante studio sul Pas- ser hispaniolensis e sul Passer italiae il sig. Tschusi zu Schmidhoffen, e prima di lui aveva espresso il suo parere sull'identità delle due specie il Barone Erlanger ; degli studi di questi due ornitologi mi occuperò più avanti. Conviene ora ricercare e specificare quali cause si opposero e si oppongono a farci giungere a risultati scientificamente precisi e logicamente certi. Molti di tali impedimenti si possono immaginare, quasi tutti peraltro sono subordinati a questi tre principali: 1° la conoscenza troppo limitata delle serie di forme, cioè delle forme intermedie fra i tipi estremi; 2° l'abitudine illogica molto radicata di conside- rare tutte le forme che successivamente vengono a co- noscenza degli studiosi come derivate o subordinate alle forme già note e già a priori stabilite come tipiche; 3° il concetto errato che della specie si aveva in generale. Facilmente potranno essere eliminati i due primi che sono soltanto difetti formali, con l’estendere per quanto è possibile, nei limiti del necessario, le nostre ricerche e col considerare lè forme che vengono a nostra conoscenza come tutte fra loro omologhe senza stabilire in mezzo ad esse alcuna forma tipica a cui debbano subordinarsi le altre. Ma per raggiungere il fine propostoci dobbiamo pure stabilire ed esplicare quale sia il valore logico e naturale della specie, e quali siano i limiti entro i quali la specie ha un valore assoluto ed innegabile. Con l’osservazione diretta sugli individui e sui gruppi di individui da noi conosciuti, e con la scorta delle leggi generali che regolano la genesi degli esseri organizzati, riu- sciremo a formarci un concetto logico della specie, PASSER HISPANIOLENSIS, ECC. 129 Rigettata senza commenti la definizione che adottò Linneo della specie, poichè quella definizione è in aperta contraddizione con la teoria evolutiva, dobbiamo accer- tarci che il concetto di specie per sè stesso non è in con- trasto con la teoria genealogica. Vari insigni naturalisti, basandosi sulla pura interpretazione teorica della filogenesi, senza tenere conto alcuno di quanto apparisce evidente in natura, negano al concetto di specie ogni valore naturale ed assoluto. Noi però osserviamo come non coesistano at- tualmente tutte le forme che hanno dato origine alle forine attuali; mentre sopravvivono soltanto pochi gruppi discen- denti da forme primitive distinte da ciascun gruppo at- tuale e troviamo che quei gruppi sono anche fra loro ben differenziati per l'avvenuta eliminazione graduale delle forme fra essi intermedie ; a questi gruppi appunto spetta il nome di specie. Apparentemente adunque vi è contrad- dizione fra la realtà dei fatti e ia teoria che ammette la continuità delle forme, ma invece non è così, poichè le affinità considerate nella teoria della discendenza abbrac- ciano sinteticamente la serie delle forme apparse succes- sivamente in un periodo indefinito di tempo, abbracciano cioè il complesso degli individui che hanno esistito e che sì sono succeduti modificandosi gradatamente e lentamente dal primo apparire delle forme animali ai nostri giorni ; mentre le nostre attuali osservazioni si riferiscono ad un tempo brevissimo rispetto alla indefinita durata dei periodi attraverso i quali avvenne l'evoluzione delle forme ani- mali, ed a gruppi costituiti da un numero limitatissimo di individui in paragone al numero indefinito degli in- dividui che in quei periodi hanno vissuto. Le specie così concepite esistono attualmente ; ma per la ‘legge della evoluzione, nei periodi futuri potranno le attuali specie suddividersi ciascuna in varii gruppi di discendenti, i quali Bollett, della Società Zoologica Ital, Fasc, IVi V e VI, Zi 130 FRANCESCO CHIGI per la eliminazione delle forme attuali e delle forme in- termedie fra essi costituiranno altrettante vere specie. Da ciò risulta che se noi non possiamo considerare la. specie come un -gruppo di forme che si succedono in- definitamente rimanendo sempre simili fra loro, possiamo però e dobbiamo ritenere che attualmente esistono real- mente in natura gruppi di forme ai quali spetta il nome di specte. Per poter stabilire i gruppi specifici è necessario stu- diare nel complesso dei loro caratteri tutti quegli individui che si presumono appartenere ad una medesima specie e scindere poi la presunta specie, se ne è il caso, in altri gruppi che nel complesso dei caratteri differiscono costantemente fra loro. Questi nuovi gruppi che avremo formato sud- dividendo il gruppo primitivo costituiranno ciascuno per sè una specie. Riesce spesso difficile stabilire con tale pro- cedimento quali siano le vere specie, ma è questo l’unico mezzo di cui dobbiamo valerci; poichè seguendo altri metodi è assai facile cadere in errore. Ed ora basta per la parte teorica su cui forse anche troppo mi sono dilungato. (e Secondo la maggior parte degli ornitologi le tre forme del Passero domestico sarebbero distinte per i seguenti caratteri specifici : a) maschi adulti : Passer hisp. (Temm ) P. italiae (Vieill.) P. domest. (L.) pileo castagno castagno i cenerino dorso nero con mace. bian. castagno nero e bianco ceciato nocciuola e nero groppone nero grigio grigio petto nero interamente nero nel mezzo nero nel mezzo fianchi macchiati nero unicolori unicolori b) Le femmine adulte nelle tre forme presentano un tipo unico di piumaggio che varia soltanto nel tono di tinta più 0 meno grigio o più o meno rossiccio, In ogni = PASSER HISPANIOLENSIS, ECC. 131 supposta specie si trovano tutte le gradazioni di tinta fra questi estremi. c) Giovani. Simili alle femmine. Per la distribuzione geografica delle tre forme abbiamo i seguenti dati : Passer hispanitolensis (Temm.). Isole Capo Verde, Isole Canarie, Africa settentrionale (parte), Egitto, Nubia, Pale- stina, Asia Minore, Afganistan, India nord-occidentale, Spa- gna, Sardegna, Sicilia, Malta, Pantelleria, Calabria, Basi- licata e Napoli ?, Penisola Balcanica. Passer italiae (Vieill.). Italia, eccetto le regioni abitate dalla forma precedente, Corsica, Elba, Isole Baleari, Mes- sina ?, Catania’, e qualche località della Francia merid. (Nizza, Lione), del Tirolo, dell'Istria, del Nord Africa. Passer domesticus (L.) Europa al nord delle Alpi e dei Pirenei, Siberia e Dauria, Madera, parte del Nord Africa, Arabia. La distribuzione geografica delle forme /ispaniolensis e italiae è molto incerta, poichè secondo alcuni ornitologi vivrebbero colonie della specie Passer italiae (Vieill.) nella zona normalmente abitata dal Passer hispaniolensis (Temm.), e viceversa. il Passer hispaniolensis si troverebbe talora nelle località abitate dal Passer italiae (Vieill.). Peraltro il Passer hispaniolensis non abiterebbe Italia più al nord della Calabria e della Basilicata, capitando nel Napoletano solo accidentalmente. senonchè nell'inverno del 1902 fra alcune pelli di Pas- seri del Romano, appartenenti al preparatore signor Coli, trovai un esemplare molto simile agli individui tipici del Passer hispaniolensis per le larghe ed abbondanti macchie longitudinali nere dei fianchi, ma col dorso castagno e nero come negli individui meglio caratterizzati del Passer italiae. Ritenni da principio che si trattasse di un ibrido fra il 182 FRANCESCO CHIGI Passer italiae ed il Passer hispaniolensis, ma ben presto esclusi tale ipotesi considerando che nel Romano non fu mai trovata la forma tipica Passer hispaniolensis, forma che al pari del Passer italiae non emigra. Poco tempo dopo, avendo fatto nuove ricerche, ebbi altri passeri con caratteri in vario grado intermedi fra quelli della forma ifaliae e quelli della forma Aispanzolensis. Pensai allora che quegli esemplari appartenenti al Passer ifaliae potessero avere as- sunto i caratteri del Passer hispaniolensis per atavismo, sup- ponendo che la forma ?/aliae fosse derivata dalla forma hispaniolensis. Inviai uno degli esemplari di tipo intermedio in esame al Conte Prof. Ettore Arrigoni Degli Oddi, espo- nendogli brevemente la mia ipotesi e pregandolo di darmi il suo parere sull’affinità del Passer ifaliae con il Passer hispaniolensis. Egli allora con la nota sua cortesia mi in-° dicò gli studi pubblicati dallo Tschusizu Schmidkoffen sul Passer hispaniolensis e sul Passer italiae (Orn. Jahrb. 1903 p. 1-21), invitandomi in paritempo ad inviargli nuovi esem- plari. Venuto a conoscenza di quanto lo Tschusi aveva pub- blicato, raccolsi pelli di Passero di varie provenienze e trovai che gli esemplari italiani costituiscono una completa serie di forme di passaggio fra i tipi lrispaniolensis ed italiae. Mi persuasi allora che il Passer hispaniolensis ed il Passer italtae non sono altro che due forme di una medesima specie. | - barone Erlanger, il quale in un suo lavoro sull’avifauna della Tunisia (Journ fur Ornithol., 1899, p. 477-480) consi- derò il Passer hispaniolensis (Temm.) come una sottospecie questa del resto l'opinione del chiaro ornitologo ID: del Passer italiae. (Vieill.) o meglio stabilì che il Passer italiae ed il Passer hispaniolensis appartengono ad un me- desimo ciclo di forme. L’Erlanger osserva che spesso in : PASSER HISPANIOLENSIS, ECO. 133 Tunisia trovansi esemplari intermedi fra i tipici italiae ed hispaniolensis ma pìù somiglianti al Passer ilaliae ; nota che il prof. Koenig trovò a Monastir soltanto il Passer italiae e non il Passer hispanio!ensis, e riporta l'osservazione del Whitaker il quale non trovò mai in Tunisia il tipico Passer italiae ma soltanto individui molto simili a questo da at- tribuirsi però alla forma Aispantolensis. Ciò appunto di- mostra che il Passer hRispaniolensis ed il Passer italiae vanno considerati come due forme di una stessa specie, forme ‘non sempre riconoscibili. Alle stesse conseguenze, contrariamente a quanto TA. si è proposto, ci conducono le osservazioni dello Tschusi, il quale con lo studio di un gran numero di esemplari provenienti da diverse regioni potè scorgere che, a seconda delle località abitate, il Passer hispaniolensis ed il Passer italiae variano moltissimo tanto che egli distinse nella prima specie sette sottospecie e nella seconda due. Faccio però osservare che le sottospecie del'o Tschusi non sono ben caratterizzate, hanno, è vero, ciascuna una certa impronta speciale, ma spesso, come riconosce lo stesso autore, gli individui di una sottospecie non si distinguono da quelli di una sottospecie diversa! Inoltre nella serie delle sotto- specie descritte dallo Tschusi troviamo un perfetto pas- saggio graduale fra il Passer hispaniolensis ed il Passer italiae per mezzo delle sottospecie Passer hispaniolensis arrigonii, Passer hispaniolensis maltae e Passer hispaniolensis brutius. Lo Tschusi si occupò anche abbastanza diffusamente della questione trattata poco prima dall’Erlanger sul va- lore specifico delle due forme Passer hispaniolensis e Passer Italiae; egli giunse però a risultati del tutto opposti a quelli ottenuti dall’Erlanger e che debbono necessariamente otte- «nersi mediante la semplice osservazione di vaste serie di esemplari, e non è difficile comprendere come la principale 134 FRANCESCO CHIGI preoccupazione dello Tschusi fosse di voler giustificare in qualche modo la sua divisione delle due specie in molte sottospecie. E quiio debbo confutare gli erronei argomenti che lo Tschusi porta a sostegno delle sue opinioni. Lo Tschusi in generale per sostenere la sua tesi ragiona ba- sandosi sulle semplici sue opinioni, che bene spesso non sono sorrette da valide ragioni e spesso anzi stanno in evidente contrasto con la realtà dei fatti. Non potendo qui riportare il testo originale dello Tschusi, mi limito a commentarne i punti principali. Il sig. Tschusi (Orn. Jahrb, 1903, p. 3) comincia col vo- ler distruggere quanto dimostrò l'Erlanger ed asserisce che il Passer italiae assomiglia più al Passer domesticus che al Passer hispaniolensis, poichè, egli dice, la somiglianza fra Vita- liae e l’hispantolensis sta soltanto nella tinta del capo, mentre la colorazione del dorso è essenzialmente diversa nelle due specie. Vedremo in seguito come ciò sia falso e come il Passer italtae nell'Italia settentrionale assomigli moltissimo al Passer domesticus e come esso nell'Italia meridionale si confonda col Passer hispaniolensis; vedremo che la colo- razione del dorso non è essenzialmente diversa nell’'italiae e nell’hispaniolensis, che anzi in molti esemplari della Ca- labria, appartenenti secondo lo Tschusi al Passer hispanio- lensis, per la striatura dei fianchi, la colorazione ed il di- segno del dorso sono identici al disegno ed alla colora- zione degli individui tipici del Passer italiae. Il sig. italiae ed alcuni Passer hRispaniolensis nei quali la striatura dei fianchi è scarsa o nulla, dipende dall'età o dall’esser nati questi ultimi dalle cove tardive ; egli ripete questa sua idea in punti diversi del suo lavoro (p. 2, 5, 6, 8, 11), ag- giungendo che forse tali individui non assumono nep- pure più tardi la striatura dei fianchi; ma egli evita Tschusi asserisce che la somiglianza fra il Passer PASSER HISPANIOLENSIS, ECC. 135 qualunque schiarimento che possa dar valore alle sue as- serzioni. Quando poi viene a parlare di esemplari a fianchi unicolori provenienti da Malta (pag. 12), si dichiara con- vinto che quelli sono individui perfettamente adulti, ma neppure qui espone le ragioni che lo determinarono a ri- tenere per adulti questi ultimi esemplari. È questo appunto uno dei casi in cui lo Tschusi eleva una sua opinione in- fondata (o che almeno siamo in diritto di ritenere come tale) a principio di valore scientifico. Può darsi che la causa occasionale della mancata ap- parizione delle macchie sui fianchi sia in qualche caso l’e- poca della nascita dell'individuo, ma questa non è certa- mente la vera causa efficiente. È più logico ritenere che l'abito a fianchi unicolori esista allo stato virtuale nella specie costituita dalla forma ifaliae e hispaniolensis, e che tale carattere si manifesti tanto negli individui che abitano certe località quanto in quelli che sono nati dalle cove tardive, sia pure nelle regioni abitate normalmente da in- dividui a fianchi striati. Ciò sarebbe provato dalle osser- vazioni, sopra riportate, dell’Erlanger, del Koenig e del Whitaker. Secondo lo Tschusi esisterebbe una netta delimitazione fra le forme subordinate al Passer i/aliae e quelle subordi- nate al Passer hispaniolensis,, ma dalla descrizione delle serie italiane risulta evidentemente che tale delimitazione non esiste affatto. Si vedano in proposito le descrizioni degli esemplari 10, 14, 15, ece. che possono subordinarsi indifferentemente a seconda dei caratteri considerati all'una o all’altra specie. Ora, esposte le opinioni dell'Erlanger e dello Tschusi, riporto le descrizioni delle mie serie di esemplari e da queste descrizioni apparirà molto chiaramente l’unità spe- cifieca delle forme hispaniolensis ed italiae, FRANCESCO CHIGI Nella descrizione degli esemplari costituenti la serie, per brevità tengo conto soltanto di quelle parti del piu- maggio dei maschi adulti che secondo gli ornitologi offrono le differenze specifiche. N. 1. SARDEGNA (Arzana). Maggio 1903. Capo castagno-cupo, questa tinta è poco estesa verso il dorso ; dorso, grop- pone e sopraccoda neri con qualche macchia bianca sull’alto dorso e margini cenerini sul sopraccoda ; petto interamente nero, fianchi percorsi da abbondantis- sime ed allungate macchie nere. N. 2. SARDEGNA (Ilbono). Maggio 1903. Sopraccoda grigio, nel resto simile al precedente. 7ipo dominante in Sar- degna. N. 3. SARDEGNA (Lanusei). Maggio 1903. Dorso con macchie bianche più abbondanti, groppone di un nero meno profondo nella sua parte superiore, sopraccoda grigio scuro, nero del petto un pò meno esteso in basso, macchie dei fianchi più piccole e di un nero molto meno profondo che nei due precedenti esemplari. N. 4. SarpEGNA (Arzana). Maggio 1903. Tinta del capo N. N. molto più pallida, dorso abbondantemente macchiato di bianco, nero del petto molto limitato in basso e raggiungente appena le spalle, fianchi con pochissime e piccole macchie brune ristrette e poco decise. 5. SiciLia (Palermo). Maggio 1903. Tinta del capo ca- stagno-rossiccia, estesa verso il dorso oltre la nuca, dorso nero con marginature ceciate e bianche e qual- che sfumatura castagna, parte superiore del groppone nera, parte inferiore e sopraccoda grigi; nero del petto non esteso molto in basso, fianchi percorsi da mac- chie tondeggianti, non molto estese ma ben delimitate, di un nero profondo; tipo dominante in Sicilia. 6. Sicilia (Palermo). Maggio 1903. Tinta del capo un po’ più cupa, meno estesa verso il dorso, parte superiore del groppone grigio-cupa, parte inferiore e sopraccoda grigi, nero del petto pochissimo esteso tanto verso il basso quanto verso le spalle, fianchi percorsi da rare e poco visibili strie grigio scure. N. 7. Sicizia (Palermo). Maggio 1903, Tinta del capo molto più pallida ed estesa verso il dorso, dorso con abbon- dantissime marginature ceciate, groppone nero con margini grigi nella parte superiore, grigio nella parte inferiore, nero del petto limitatissimo raggiungente ap- PASSER HISPANIOLENSIS, ECC. 137 pena le spalle e non prolungato in macchie sui lati verso il basso: qualche penna dei fianchi è un poco più scura al centro che sui margini, mancano vere strie. N. 8. CaraBriIa (Reggio). Aprile 1903. Capo castagno scuro N N N N fino alla nuca, dorso nero con marginature bianche e poche tinte castagne; groppone nero con margini grigi nella parte superiore, grigio nella parte inferiore come il sopraccoda; nero del petto poco esteso in basso, ma raggiunsente le spalle, fianchi percorsi da strie sottili ma ben marcate. . 9. CaLABRIA (Reggio). Aprile 1903. Tinta castagna del capo estesa oltre la nuca; dorso con più abbondanti marginature castagne; fianchi percorsi da numerose Psrbosse’strie: nere. . 10. CaraBrIA (Reggio). Maggio. 1903. Tinta del capo più pallida, marcinature chiare sul dorso più abbondanti, tinte castagne scarse : fianchi senza strie ; regione delle cosce con qualche stria nera (molto simile agli esem- plari chiari di Sicilia). . 11. CaraBrIia (Reggio). Maggio 1903. Maggior numero di marginature castagne. . 12. PuGLiE (Foggia). Giugno 1903. Dorso nero con poche macchie bianche e scarsi margini castagni, groppone grigio-nero nella parte superiore, nella parte inferiore grigio come il sopraccoda ; nero del petto poco esteso in basso ma raggiungente le spalle, fianchi percorsi da strie brune piccole ma abbastanza marcate. . 13. PuaLie (Foggia). Giugno 1903. Tinta del capo più estesa verso il dorso; dorso castagno con macchie nere e ceciato-castagne ; groppone nero-bruno con margini grigi nella sua parte superiore, grigio nel resto; fianchi unicolori, cosce striate di nero. Nota. Ho veduto un passero vissuto in schiavitù appar- tenente alla Signora Prof.sa Verri e proveniente da Foggia, il quale aveva il dorso a grandi macchie nere e ceciato-scure, groppone e sopraccoda neri con mar- gini grigi, petto interamente nero e fianchi abbondan- temente macchiati di nero, somigliante perciò assai più al tipo della Sardegna che al tipo dell'Italia Meri- dionale. N. 14. Lazio (Dint. Roma). Gennaio 1900. Tinta del capo castagno-cupa estesa oltre alla nuca, dorso castagno con macchie ceciate e nere, parte superiore del grop- pone nero-grigia con margini grigi, parte inferiore € sopraccoda grigi; petto nero per intero; fianchi per- N. N; N. N. FRANCESCO CHIGI corsi da grosse strie nero-grigie ben delimitate e mar- catissime. 15. Lazio (Dint. Roma). Marzo 1902. Dorso a grandi macchie nere e bianco-ceciate con poche marginature castagne, tinta nera ristretta alla sola parte superiore del petto ma estesa fino alle spalle, formante così un sottile collare, fianchi percorsi da poche strie nere ben marcate ed abbastanza estese. 16. Lazio (Cast. Fusano). Luglio 1902. Tinta del capo piuttosto scura, confondentesi gradatamente con quella del dorso che è castagno con poche macchie nere ;. groppone e sopraccoda grigi, . petto interamente nero, fianchi uricolori. 17. Lazio (Cast. Fusano). Luglio 1902. Maggior numero di macchie nere e bianche sul dorso; groppone ne- rastro nella parte. superiore, scarse e piccole strie bruno-nere ben visibili sui fianchi. 18. Lazio (Carroceto). Marzo 1903. Tinta del capo più pallida, dorso nero, castagno e ceciato; petto nero fino alle spalle, fianchi unicolori: qualche macchia nera ben distinta alle coscie. — La forma rappresentata da questo esemplare e dai. precedenti sembra la più fre- quente nel Romano ; spesso mancano le strie anche sulle cosce, ma nella massima parte degli esemplari la tinta nera del petto raggiunge le spalle. 19. Lazio (Cast. Fusano). Aprile 1903. Tinta del capo piuttosto scura ed estesa verso la nuca, dorso a mac- chie castagne, bianche, nere e ceciate, petto nero solo al centro, fianchi immacolati. — E questo il tipo del Passer italiae, tipo che nel Lazio può dirsi molto raro. 20. Toscana (Vecchiano). Maggio 1903. Tinta del capo alquanto scura ed estesa verso il dorso: dorso nero nel mezzo con macchie bianche e castagne ai lati, groppone grigio -bruno superiormente, nel resto grigio ; tinta nera del petto poco estesa in basso, ma giun- gente alle spalle: fianchi immacolati. 21. Toscana (Pisa), Giugno 1903. Tinta del capo più chiara, dorso castagno con piccole macchie nere, grop- pone e SOpr accoda grigi, petto nero fino quasi alle spalle; fianchi immacolati. . 22. Toscana (Pisa). Giugno 1903. Fronte e vertice neri (forma aberrante) tinta del capo chiara; dorso nero con macchie ceciate; | groppone grigio; petto nero solo al centro della parte superiore con poche macchie al- lungate nere ai lati; fianchi immacolati. PASSER HISPANIOLENSIS, ECC. 139 Nei passeri avuti dalla Toscana noto una grande uniformità, le variazioni sono leggerissime ed 4! tipo dominante è quello dell'esemplare N. 21. N. 23. MARCHE (Ancona), Aprile 1904. Tinta del capo piut- tosto scura ed estesa verso il dorso; dorso castagno, nero e ceciato ; petto nero al centro, fianchi imma- colati. N. 24. MarcHE (Ancona). Aprile 1904. Tinta nera limitata alla parte superiore del petto. N. 25. LomBarpia (Cremona). Maggio 19053. Tinta del capo piuttosto scura, molto estesa oltre la nuca; dorso nero e cecialo con qualche marginatura castagno-cupa; parte inferiore del dorso nera con margini grigi; grop- pone e sopraccoda grigi; petto nero al centro, fianchi immacolati. N. 26. LomBarpia (Cremona). Maggio 1904. Tinte castagne più abbondanti sull’alto dorso: basso dorso, groppone e sopraccoda grigi : petto nero soltanto al centro; fianchi unicolori. — , questo il tipo dominante nell’ Italia Set- tentrionale ove il Passer italtae raggiunge il massimo della somiglianza col Passer domesticus ed il massimo della sua differenziazione dalla forma Passer hispanio- lensis. Caratteristica nei Passeri dell’Italia Settentrio- nale è l'estensione delle tinte castagne sull’alto dorso e delle tinte grigie sul basso dorso, in modo che la parte macchiata del dorso è ristrettissima, mentre che negli esemplari dell'Italia Centrale e Meridionale il dorso ha disegno a macchie nella sua totale estensione. Inoltre negli esemplari dell’Italia Settentrionale come nel Passer domesticus la tinta castagna delle macchie del dorso è in gran parte ridotta ad una tinta ceciato- castagna. Dalle sopra riportate descrizioni risulta chiaro il pas- saggio graduale dei passeri italiani dalla forma detta Passer hispaniolensis a quella detta Passer italiae, poichè i carat- teri che si ritengono generalmente propri all'una o al- l’altra forma si possono trovare frammisti e confusi in esemplari provenienti da varie regioni d'Italia. Dagli esem- plari di Sardegna più somiglianti nell'insieme al tipo spa- gnuolo si passa a quelli di Sicilia, 1 quali spesso mancano assolutamente di macchie sui fianchi o ne hanno pochis- 140 FRANCESCO CHIGI sime e spesso hanno tinte castagne sul dorso; dalla Sicilia passando in Calabria troviamo esemplari con abbondanti tinte castagne sul dorso e forniti o no di strie sui fianchi, quindi a poco a poco progredendo verso il Nord troviamo che si eliminano nella massa degli individui le macchie dei fianchi, tanto che nel Lazio sono rari, ma non mancano, gli individui a fianchi striati, e sono comuni quelli col petto interamente nero; al Nord del Lazio può dirsi che non si trovano più esemplari a fianchi striati e che il nero sì restringe sempre più verso il centro del petto nella maggioranza degli esemplari. Nell’Italia Settentrionale poi le tinte castagne del dorso sono in generale assai pallide, abbondando invece le tinte ceciate, e non si trovano esem- plari che abbiano la tinta nera del petto estesa fino alle spalle. Risulta da questo che non si possono stabilire sot- tospecie o varietà locali ben caratterizzate, poichè in Sicilia si trovano esemplari somiglianti al tipo Passer ctaliae, pur avendo essi certi caratteri propri al tipo lispaniolensis che domina nell'isola: similmente nel Lazio si trovano indi- vidui che, pur somigliando moltissimo al tipo hispaniolensis, hanno tuttavia alcuni caratteri propri al tipo ifaliae. In altre parole possiamo concludere che il: maggior numero dei caratteri nell'insieme degli individui meridionali ap- partiene al tipo hispaniolensis, e progredendo verso il Nord i caratteri del tipo Aispaniolensis vengono gradatamente eliminati nella massa degli individui per esser sostituiti dai caratteri del Passer Italiae. Il tipo Passer italiae italiae dello Tschusi si trova in ogni parte dell’Italia continentale e peninsulare, ma non costituisce se non in alcune regioni la forma dominante. A queste considerazioni aggiungendo quelle dell’Erlanger, e- sposte più sopra, e quelle che lo stesso Tschusi introdusse nel suo citato lavoro, essere cioè, secondo lui, la sotto- PASSER HISPANIOLENSIS,. ECC. 141 specie Passer hispaniolensis maltae la forma intermedia fra il Passer hispaniolensis hispaniolensis ed il Passer hispanio- lensis brutius (op. cit. pag. 14) ed essere gli individui del Nord Africa somiglianti al Passer italiae ed al Passer hispanio- lensis vere forme intermedie piuttostochè ibridi (pag. 7), si può facilmente concludere ritenendo provata l’unità specifica del Passer italiae e del Passer hispaniolensis. A questa unica specie spetterebbe per la legge di prio- rità il nome di Passer zitaliae (Vieillot 1818). Ora occorre ricercare le relazioni che esistono fra. il Passer italiae ed il Passer domesticus. Procedendo con lo stesso metodo fin quì tenuto, consi- dero i singoli individui che appartengono alle forme Passer domesticus e Passer italiae come appartenenti ad una specie unica. Abbiamo già visto che la minore differenziazione degli esemplari italiani da quelli d'oltr'Alpe si trova nell'Italia settentrionale, delimitiamo quindi con esattezza fino a qual punto giungano le somiglianze fra il colorito del capo proprio agli individui di questa regione, ed il colorito pro- prio agli individui d'oltr Alpe. In questi varia alquanto l'estensione della tinta cenerina : così ho due esemplari di Nizza in cui la tinta grigia si estende oltre la nuca fino all'alto dorso, mentre in un esemplare di Trieste ed in uno di Ginevra, la nuca è attraversata nella sua parte in- feriore da una fascia castagna, ed in due altri esemplari, uno di Trieste ed uno di Ginevra, la nuca è interamente castagna. Questa variabilità nella tinta della nuca indica per sè stessa la tendenza delle forme domesticus ed italiae a confondersi gradatamente fra loro. Negli esemplari del- l’Italia Settentrionale le marginature grigie autunnali del capo spariscono più tardi che negli esemplari dell’Italia Centrale e Meridionale; infatti in un esemplare del Marzo 142 FRANCESCO CHIGI avuto da Torino le marginature del capo sono tanto e- stese da coprire interamente la colorazione fondamentale. Anche questa persistenza dei margini grigi indica la ten- denza della forma italiana a confondersi con la forma d’oltr'Alpe. Prescindendo dalla colorazione del pileo, abbiamo una completa serie di forme di passaggio fra il tipo dell’Italia Meridionale ed il tipo d’oltr Alpe, tanto che se porremo vicini un esemplare della forma domesticus, uno dell’Italia Settentrionale, uno dell’Italia Centrale ecc., qualunque pro- fano rileverà che il secondo esemplare è di gran lunga più somigliante al primo che non al terzo ecc. Considerando ciò, per il solo carattere, per quanto costante, della di- versa colorazione del pileo, siamo autorizzati a scindere in due buone specte il gruppo costituito dalle for me d'Italia e d’oltr Alpe? Secondo me, no ; io credo che la colorazione del pileo sia un carattere di secondaria importanza pel quale può ammettersi tutt'al più una divisione sottospeci- fica. Se sì pensa che il Passer italiae è semplicemente una forma in cui abbondano le tinte castagne, tanto che molto spesso in alcuni individui maschi adulti il nero del petto ed il grigio del groppone sono sostituiti dalla tinta castagna, sorge spontanea l’idea che anche il pileo nella forma ita- liana abbia assunta e fissata per eredità la tinta castagna, mentre nella forma d’oltr' Alpe, in cui le tinte castagne in generale scarseggiano, il pileo avrebbe assunta e fissata per eredità la tinta grigia. Questa ipotesi non è assurda, e per quanto propriamente non valga da sola come solido argomento per dimostrare che la diversità nelle tinte del capo delle due forme in parola non è essenziale, tuttavia l'appoggio di altre considerazioni può condurci a risultati di qualche valore. Più sopra ho detto che negl'individui dell’Italia Set PASSER HISPANIOLFNSIS, ECC. 143 tentrionale le marginature proprie dell'abito autunnale per- sistono più a lungo che negli individui dell’Italia Centrale e Meridionale, ed ho assunto questo fatto come indizio dell’affinità fra le due forme d'Italia e d’oltr’Alpe. Si potrà obbiettare che le marginature autunnali nel Passer ilaliae spariscono meccanicamente per consunzione (muta ruptila) e che per conseguenza la loro persistenza non vale ad in- dicare l'affinità fra le due forme, essendo tale persistenza puramente casuale ed assolutamente indipendente dalla colorazione caratteristica della specie. L'obbiezione però non regge: i Passeri assumono l'abito di primavera per un vero e proprio processo di intensificazione del colorito delle diverse parti, processo accompagnato dal fatto, del tutto secondario, della consunzione della marginatura. Che nei Passeri avvenga in primavera una intensificazione del colorito è provato dal seguente fatto: in autunno non esi- stono mai sul dorso tinte pure, ma esistono tinte nerastre, castagno-ceciate, o bianco-ceciate; in primavera poi tutti i colori divengono puri e brillanti: se il cambiamento nel colorito delle penne dipendesse soltanto dalla consunzione dei bordi non si potrebbe avere l'apparizione di tinte bianco-pure, nè di tinte castagno-pure, ecc. Questa sosti- tuzione o sovrapposizione di tinte è evidentissima negli individui tutti, sì dell’Italia continentale che delle Isole. Come nelle penne del dorso, anche nelle penne del pileo avverrà dunque in primavera una intensificazione del colorito castagno, tale da far sparire la *inta chiara degli apici, e questa intensificazione avverrà appunto in ragione diretta della tendenza che hanno gli individui ad assumere nelle altre parti del corpo le tinte castagne. È spiegata così la ragione per cui negli individui dell’Italia centrale, nei quali generalmente abbondano in primavera le tinte castagne, i margini grigi del capo spariscono ben 144 FRANCESCO CHIGI presto, e negli individui dell’Italia Settentrionale, nei quali le tinte castagne generalmente anche in primavera scar- seggiano, le marginature grige del capo persistono più a lungo. Considerando adunque la colorazione grigia del pileo, propria agl’'individui d’oltr’' Alpe, dobbiamo attribuirla alla mancata colorazione castagna di questa parte del capo, colorazione che, pur essendo quasi costante negli indi- vidui italiani, non è un buon carattere specifico, poichè non è necessario ed essenziale. La distinzione specifica delle forme domesticus ed i- taliae non è dunque possibile. Peraltro un carattere non essenziale può servire di base ad una distinzione sottospe- cifica, e come due sottospecie di una specie unica vanno considerate le forme domesticus ed italiae. Questa specie per la legge di priorità dovrà avere il nome di Passer do- mesticus (Linn. 1758) e le due sottospecie saranno : 1° Passer domesticus domesticus (L.), corrispondente alla specie Passer domesticus (L.) degli autori contempo- ranei. 2° Passer domesticus italiae (Vieill.) comprendente le specie Passer hispaniolensis (Temm.) e Passer italiae (Vieill.) degli autori contemporanei. . . . . . Queste due sottospecie hanno una distribuzione geo- grafica ben distinta. Dalla 2° sottospecie dipendono molte varietà che non sono strettamente dipendenti dalla re- gione abitata : esse fra loro si distinguono per alcuni ca- ratteri secondari. In Italia abbiamo le seguenti : a) var. Arrigoni (istituita come sottospecie dallo Tschusi), caratterizzata da una grande abbondanza di tinte nere sul dorso e sul groppone, dal petto per intero nero e da grosse strie nere sui fianchi. È la forma dominante in Sardegna ; RE © ORO PASSER HISPANIOLENSIS, ECC. 145 b) var. Maltae (istituita come sottospecie dall’Hartert), distinta per il colorito generale piuttosto chiaro, con scarse tinte nere; per il petto nero per intero, per le strie dei fianchi più piccole e più scarse che nelle varietà DICO denti. Forma dominante in Sicilia e Malta : c) var. Brutti (De Fiore), distinta per le tinte ca- stagne sul dorso e nere sul groppone, pel petto interamente nero e per le strie dei fianchi più o meno marcate. Do- mina in Calabria ; d) var. Romae (che denomino così soltanto perchè trovasi frequente nel Romano), caratterizzata dalle abbon- danti tinte castagne sul dorso, e nere sul groppone, dal petto nero per intero, dai fianchi unicolori o parzialmente striati di nero ; e) var. Italiae (Vieill.), ritenuta tipica della specie Passer italiae (Vieill.), distinta per la tinta castagna domi- nante sul dorso, pel groppone grigio. pel petto nero solo al centro e per i fianchi unicolori ; f) var. subalpina (che denomino così perchè domina nella regione subalpina), distinta per avere la sola parte superiore del dorso con disegno a macchie e con tinte castagne scarse, pallide e generalmente sostituite da colo- rito ceciato-castagno, per la parte inferiore del dorso e sopraccoda grigi; pel petto nero solo al centro e per i fianchi unicolori. In questa varietà le marginature autun- nali del piumaggio persistono più a lungo. Resta ora da ricercare quale fra le varie forme del Passer domesticus sia quella che verosimilmente più asso- miglia alla forma primitiva da cui la specie attuale è de- rivata. A prima vista sembrerebbe che le forme a fianchi striati debbano essere le più simili alla forma primitiva poichè senza dubbio, come osserva anche lo Tschusi (op. cit., p. 3) la striatura dei fianchi è un carattere antichis- Bollett. della Soc. Zool. Ital, Fasc. IV, Ve VI. dI simo che trovasiin molti fringillidi (gen. Serinus, Chryso: mitris, giov. Cannabina, alcune Emberiza ecc.). Ma consi- derando pure che la striatura non solo manca in molte forme di fringillidi, ma non apparisce nel P. domesticus che in certe date condizioni, e non si trova neppure nelle specie del gen. Passer più somiglianti alla specie in pa- rola, e considerando che la striatura dei fianchi è sempre. accompagnata da una maggiore abbondanza di tinte nere sul petto e sul dorso, abbondanza che certo non è un carattere. primitivo, dovremo piuttosto ritenere che la striatura dei fianchi riapparisce in certe determinate con- dizioni per atavismo, mediante un processo di ipercro- matismo sia delle penne dei fianchi, sia delle penne del petto e del dorso. D'altra parte è innegabile che la macchia nera limitata al centro della gola sia un carattere più antico della co- lorazione nera dell'intero petto: infatti noi troviamo una semplice macchia nera alla gola in molti fringillini (Coc- cothraustes coccothraustes, Chrysomitris spinus, tracce nella Cannabina linota, ecc.), il che indicherebbe che le forme più somiglianti alla forma primitiva sono quelle con il petto nero solo al centro (confr. Passer montanus), cioè le varietà lialiae e Subalpina. Riguardo alla tinta del capo ritengo che la colorazione castagna sia la più antica, poichè anche nel Passer montanus, tanto simile al nostro Passer domesticus italiae, il capo ed il dorso sono castagni ; sicchè in conclusione è da ritenersi che quest'ultima forma sia la più somigliante alla forma primitiva. Ciò del resto è di secondaria importanza e non teglie valore alle conclusioni sulla identità specifica del Passero domestico, col Passero italiano, e col Passero spa- gnuolo. : 3 è i b è ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA’ DI ROMA diretto dal Prof. A. CARRUCCIO BIevi osservazioni sullo sviluppo e cielo evolutivo dell’ Anchylostoma (Uncinaria) duodenale (Duò.) pel Dott. Giulio Alessandrini Libero docente di Parassitologia medica nella R. Università di Roma 1° Aiuto e Conservatore nel predetto Istituto Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana. Basta osservare l’ovaio di una femmina di Anchylo- stoma per convincersi della sua straordinaria fecondità. Le uova, che si scorgono già abbastanza bene attraverso la cuticola, vengono emesse continuamente, e la loro presenza nell'intestino umano si rileva con facilità dall'esame delle feci. Fortunatamente per l’uomo esse non si sviluppano mai entro l'intestino, ma al massimo giungono fino allo stato di morula, quantunque si riscontrino all'osservazione più abbondanti quelle con due, quattro, sei ed. otto segmentazioni. È dimostrato (Perroncito) che le uova non si schiudono se tenute ad una temperatura superiore ai 39° centigradi ed è quindi logico che l'intestino, presentando un’elevazione maggiore di temperatura, non offra per esse un ambiente adatto. L’uovo è di forma elittica, ugualmente arrotondato ai 148 GIULIO ALESSANDRINI due poli, ma non è raro di riscontrarlo nel campo del microscopio sotto forma perfettamente rotonda, e questo avviene quando uno dei poli è rivolto verso l’osservatore. Una volta vedutolo è impossibile confonderlo con altre uova di elminti, nemmeno con quello dell’Oxyuris, che, pur somigliando, è più piccolo ed asimetrico. Il suo guscio è sottile, liscio, trasparentissimo ed ol- tremodo resistente: per quanto possa premersi il vetrino copri-oggetti non lho mai veduto rompersi. Misura da « 52 a u. 65 per una larghezza di « 32 a 43. Lo sviluppo di esso non è difficile ottenersi, purchè coltivato opportunamente ed a conveniente temperatura. Furono dai vari sperimentatori adoperati molti mezzi di coltura. Il Perroncito, consiglia di mettere le materie fecali, con- tenenti le uova, in un vaso a larga apertura, coperto da carta forata, e mantenuto alla temperatura di 25°-30° cent. Il Grassi e Parona ottengono facilmente lo sviluppo in vaso coperto, tanto conservando le feci pure, quanto aggiungendovi albume, commischiandovi terra o diluendole in acqua: ma il migliore resultato, cosa che ho potuto e- sperimentare io stesso più volte, lo hanno ottenuto tenendo delle feci in un tubetto ben tappato, tenuto nel taschino del panciotto. Il Looss suggerisce di mescolare alle feci una quantità pressochè uguale di polvere di carbone animale, e ricoprire la massa, ottenuta da questa miscela, con piccola quantità di acqua. Ho voluto provare tutti questi metodi e li ho riscon- trati tutti buoni: ma ho sempre ricorso con successo ad un metodo mio speciale, che, avvicinandosi più degli altri all'ambiente naturale, mi ha dato sempre ottimi risultati. Esso consiste nel riempire una bacinella di porcellana TE CE E e een ANCHYLOSTOMA (UNCINARIA) DUODENALE 149 (quelle da fotografia sono le migliori) di argilla, resa pastosa per aggiunta di acqua. Scavo nel centro di essa una cavità larga e poco profonda ove pongo le feci, ed all’intorno, con- centricamente a questa, ne pratico un’altra più stretta a guisa di fossato di cinta, il cui fondo però si trovi (Fig. 1} ad un livello più basso di quello della prima. In questa scanalatura esterna “verso di quando in quando un poco di acqua, la quale, filtrando attraverso la creta, mi mantiene sufficientemente e costantemente inumidito il materiale di studio che si trova più all’interno e più alto. (fig. 1). Confesso però che le prime volte questo sistema mi presentava un in- conveniente molto dannoso per le mie colture; la formazione cioè di una tale quantità di muffe che, cominciando dal- argilla, poco a poco si mischiavano alle feci ed impedivano lo sviluppo delle uova. Rimossi presto e facilmente questo ostacolo coll’impastare l’argilla in acqua bollente e col man- tenere l’umidità per mezzo dell’acqua distillata e bollita piuttosto che con quella di fonte. Se la temperatura si mantiene costante fra i 25° e i 33° è facile seguire tutte le fasi di segmentazione dell'uovo. Terminato il processo di segmentazione e raggiunto lo stato di morula, vediamo formarsi una depressione ad uno dei lati; dapprima leggerissima essa diviene a poco a poco più profonda; la porzione superiore si ripiega a cap» puccio e costituisce così l’abbozzo della coda, mentre l’altra porzione sì assottiglia, si allunga e verrà a formare in se- guito la porzione cefalica. Già dopo poche ore d’incubazione, si vede l'embrione più o meno abbozzato attraverso il suo guscio ed esso cresce con una rapidità straordinaria. Ricordo di avere 150 GIULIO ALESSANDRINI più di una volta seguito, stando quasi di continuo al mi- croscopio, lo svolgersi rapido di questo sviluppo, e di a- verlo veduto, in breve, passare per tutti gli stadi. Que- sto rapido e graduale passaggio da una fase a quella successiva non mi è sembrato privo di interesse. Man mano che va delineandosi la forma embrionale, cominciano a farsi vedere i movimenti: dapprima rari e torpidi, divengono in seguito più frequenti e decisi, fino a che la forma è nettamente stabilita e la bocca, il faringe, l’esofago sono ben trasparenti. Allora sembra che il guscio diventi per lui un carcere insopportabile ; si muove, si agita attorcigliandosi in tutte le maniere più strane, strisciando contro la parete interna di esso sempre con la porzione anteriore, quasi in cerca del luogo di minor resistenza. Se la testa viene a premere con- tro la parete superiore, in modo da offrire il suo apice allo sguardo dell’osservatore, si scorgono distintamente le tre papille che circondano la bocca. I movimenti, dapprima di semplice svolgimento e strisciamento, divengono poi mo- vimenti di contrazione e si traducono in scatti che fanno alle volte cambiare di forma al guscio, rendendolo allun- ] gato e irregolare. A questi scatti sì al- ternano momenti di tregua, finchè, dopo qualche minuto secondo di ri- poso, come per raccogliere tutte le sue forze, si vede premere la testa contro uno dei poli, facendo punto di appoggio la parete del, polo opposto, e, con una ‘rapidità straordinaria, sì vede il guscio rompersi e scattarne fuori l'embrione per quasi tutta la sua lunghezza. A (Fig. £) questo movimento rapido di uscita se- gue un breve periodo di torpore, nel quale la coda resta ancora entro il guscio. Questo ben presto però viene ab- OI SIONI O TT TTT O nr dieta bandonato, e l'embrione, reso libero, si allontana con mo- vimenti anguilliformi rapidi e vivaci. L'uscita di esso dal- l’uovo si effettua quasi sempre per la testa e ad uno dei poli: ma non raramente mi è occorso di vederne uscire per la coda e dalle parti laterali del guscio. (fig. 2). Il quale, abbandonato, è perfettamente trasparente e ben manifesta appare, nel punto di uscita, la lacerazione che è avvenuta sulla sua superficie. La larva, appena uscita dall’uovo, è lunga 200-210 per circa x 14 di larghezza : assottigliata posteriormente, ha una coda a forma di lesina. L’estremità anteriore, leg- sermente ottusa, termina con una bocca triloba, alla quale fa seguito un canale a margini paralleli, che sbocca in un faringe muscoloso a pa- reti spesse e che occupa una quinta parte del corpo. Dopo essersi nuovamente ristret- to, il faringe sbocca in un rigonfiamento sferico, provvisto nell'interno di tre denti chitinosi, che limitano uno spazio triango- lare. Il lume intestinale ci si dimostra ser- MOR peggiante a zig-zag e questa disposizione, LIA. che, secondo il Perroncito e quanti altri at- Y&\| . tinsero da lui, forma sette od otto rilievi e } depressioni ad angoli convessi più o meno grandi, è dovuta al fatto, da nessuno fino ad | ora ossservato, che il tubo digerente, molto \ più lungo di quanto sia la larva, è compresso ed irregolarmente ravvolto a spirale dentro (Fig. 3) la cuticola. Una brusca e forte pressione, che inavvertitamente, ma fortunatamente l’obbiettivo del mio microscopio fece sul copri-oggetti, fu causa di rottura della cuticola di una giovane larva, appena schiusa; l'intestino fece ernia e al mio sguardo si dimostrò in tutta la sua forma, 152 GIULIO ALESSANDRÌNI che, come le altre figure, volli riprendere con l’aiuto della camera lucida del Nachet. (fig. 3). L'apertura anale è situata alla base della coda sopra una papilla laterale; già fin da questo periodo ed a circa la metà del corpo, si nota il rudimento degli organi ge- nitali, rappresentato da un piccolo corpicciuolo ovoide, si- tuato dallo stesso. lato della papilla anale. Non ho potuto definire quante sieno le mute che su- bisce la larva prima di raggiungere il massimo del suo sviluppo : mute che furono dimostrate dal Grassi e Parona, i quali le seguirono nello stesso modo che il Leuchart a- veva seguito quelle delle larve del Dochmius trigonocephalus. Se già il fatto delle mute non fosse dimostrato, basterebbe la mia osservazione, che cioè la cuticola racchiude un tubo intestinale molto più lungo e più largo di quanto essa possa contenere, per ammetterlo. Appena dopo un giorno lo schiudimento delle uova, si osservano delle larve lunghe mm. 0,250 e che guada- gnando ogni giorno da w 80 a 100 in lunghezza e « 2 in larghezza, dopo la prima settimana raggiungono un mas- simo di mm. 0,55 a 0.56 per 0,020 a 0,024. Giunte a questo periodo di svilupppo, l'intestino non ci si presenta più a zig-zag, ma corre diritto, il bulbo faringeo perde la sua ar- matura e la sua struttura muscolosa. I rudimenti degli organi genitali sono maggiormente sviluppati e due papille vengono a mostrarsi sulla cuticola ai lati dall’esofago. Que- sta fase di sviluppo rappresenta lo stadio larvale perfetto. In questo periodo, secondo il Perroncito, Leichtenstern e Trossat avviene alla superficie di essa una secrezione ab- bondante di una sostanza chitinosa e jalina, la quale finisce per inviluppare tutta la larva e formare intorno ad essa una vera capsula, che, a guisa di doppia membrana, ne segue tutti i movimenti. ANCHYLOSTOMA (UNCINARIA) DUODENALE 153 Non so spiegarmi in vero come ed a spese di chi si formi questa capsula esterna, mentre, e per quello che ho veduto e per quello che generalmente accade negli altri Nematodi, mi è sembrato più logico ammettere che la larva subisca una specie di coartazione nell'interno della sua cuticola, e che a spese di questa, per contribuzione del suo strato tegsumentario (matrice della cuticola, hypoderma), si venga a formare la nuova. Comunque sia, è certo che in questo periodo avven- gono nuove modificazioni. La bocca presenta i rudimenti degli uncini ; il canale faringeo si perfeziona, l'intestino diviene più trasparente, bene sviluppato si vede il rudi- mento genitale e ben manifeste si vedono le papille nella parte anteriore del corpo. Questo è il massimo di sviluppo a cui può arrivare la larva, ed è sotto questa forma o sotto quella di larva che ha subito un processo di calci- ficazione, che essa si trova nelle acque, nel fango e nelle feci, ed è sotto questa forma che essa direttamente, cioè senza ospite intermedio, può giungere nell'intestino del- l’uomo. E dico direttamente, perchè le ricerche del Giles (1) sul ciclo vitale dell’Archylostoma, secondo le quali esisterebbero due stadi diversi e completi di sviluppo, uno cioè di vita parassitaria, l’altro di vita libera e che dalle uova ed em- brioni dello stadio parassitario si generi la forma libera e viceversa, non hanno trovato conferma. Egli senza dubbio è incorso in un errore di osservazione ed ha confuso, come aveva supposto fin dal 1892 il Macdonald, questo con al- tro nematode e molto probabilmente con la Rhabdonema ———_ —___ (1) GILES G. The life history of the free stage of Ankylostoma duodenale Brit. med. Journ. London. vol. 2° pag. 660. 1899. 154 GIULIO ALESSANDRINI intestinalis, la cui dimorfobiosi è nota da tempo, sopra tutto per i lavori del Golgi e Monti, Perroncito, Leuchart e Grassi. E furono nello stesso modo confutate le conciusioni a cui giungeva il Rathonyi, (1) il quale, avendo trovato nello sterco dei cavalli adibiti ai lavori delle miniere, delle larve strongiloidi, simili a quelle dell’Archylostoma, ammise che, prima di poter giungere nell'uomo, queste dovevano pas- sare per un ospite intermedio, il cavallo. Evidentemente commise un errore interpretando per larve di Uncinaria quelle che altro non erano se non larve di Sclerostoma equinum (0. F. Muller). Non mi fermerò qui a parlare, desiderando farne delle esperienze, di quelle sostanze, che agendo più o meno su- gli ovali, sugli embrioni, o sulle larve, ne arrestano lo svi- luppo o ne producono la morte, impedendo in tal guisa l’infezione nell'uomo ; dirò solo che le larve siano libere, siano incapsulate, non resistono che pochissime ore alla siccità. i II Perroncito ha fatto delle esperienze in proposito ed afferma che esse ritornano ancora in vita dopo aver subito un essiccamento per 24 ore continue. Io non ho potuto mai raggiungere questo tempo, e, per quante prove abbia fatto, non ho mai veduto ridare il benchè minimo segno di vita alle larve che, tolte dall'ambiente umido ove vive- vano, erano tenute a temperatura favorevole (30°-33° ma esposte ad un essiccamento perfetto per 15 ore. Solamente mi sono garantito circa la perfezione del- l'essiccamento, e le ho lasciate sopra i vetrini porta-oggetti (privi di copri-oggetti), mantenuti dentro un termostato a doppia parete e dentro una vaschetta a coperchio smeri- (1) RATHONYI (von). Anchilostomiasis des Pferdes. Deutsche Mediz. Wochen- schrift. N. 41. 1896. ANCHYLOSTOMA (UNCINARIA) DUODENALE 155 gliato. La maggiore resistenza avuta dal Perroncito, non potrebbe forse dipendere da un incompleto essiccamento ? Con l’ammettere quindi che le larve non resistono al- l'essiccamento resta esclusa la possibilità, sostenuta da vari autori, che il parassita possa essere trasportato dal vento insieme alla polvere, e possa andare ad infettar luoghi, che prima ne erano completamente immuni. L'infezione nell'uomo avviene quindi direttamente ed esclusivamente per via umida. Ora vediamo quali sono le vie ‘che percorre la larva per giungere fino all’intestino umano. Le ricerche del Parona, del Grassi e del Perron- cito dimostrarono in modo inconfutabile che la via della bocca è quella che seguono le larve d’'Anchylostoma per infettare l’uomo. Ciò accade, sia per mezzo dei cibi, sia per mezzo delle acque inquinate, sia, più facilmente, por- tando le mani sporche ed infette sulle labbra. Tutte le os- .servazioni posteriori non hanno che confermato questo fatto. Ma il Looss, (1) accidentalmente dapprima, poi con una serie di esperimenti, dimostrò che le larve possono giungere all’intestino penetrando attraverso alla pelle. Lavorando egli nel suo laboratorio, una goccia d’ac- qua, contenente moltissime larve, cadde inavvertitamente sulla sua mano. Non pose sul momento attenzione a questo fatto, ma poi, sorpreso da un forte bruciore simile a quello che produce una Medusa (Pelagia, ecc.), (1) Looss. A. Ueber das Eindringen der Ankylostomalarven in die mensch- liche Haut, Centralblatt fin Bakteriologie ecc. XX1X, pag. 733, 739, CEST PI Id Weiteres iber die Finwanderung der Ankylostomen von der Haut. Cen- tralbl. Bakter. Paras. Abt. I. Bd. XXXIII. p. 330-343 — 1903. Id. Einige Bemerkungen Zu Pieris « kurzer Erwiderung » ecc. Centralblatt. fùr Bakteriologie, Parasit. XXXV. Bd., pag. 602-605 — 1904. 156 GIULIO ALESSANDRINI se durante un bagno nel mare essa viene a toccare la nostra pelle, si domandò se questo non potesse essere prodotto dalle larve; tanto più che noto era a lui il comportamento di esse con la carta da filtro, la quale viene attraversata con grande facilità. Provò allora con un’altra goccia di acqua, presa però dalla superficie di un vaso, dove al fondo egli manteneva la larve vive, e ‘se la lasciò cadere sulla mano. Non ebbe alcun disturbo. Tornò a ripetere l'esperimento con l’acqua del fondo ed i sintomi di rossore e bruciore si ripeterono intensi. Prima ancora che la goccia fosse completamente asciugata egli raschiò con un coltello la sua pelle ed esa- minò il liquido raccolto al microscopio. Vide delle larve in quantità scarsissima ed invece moltissime spoglie di esse. Rimaste le spoglie sulla pelle, dove erano andate le larve se non penetrate sotto di essa? Certo non potevano essersi risolute in nulla. Circa tre mesi dopo questo fatto egli riscontrò in se stesso sintomi di spossatezza e, esami- nate le feci, rinvenne numerose uova del parassita. Fece in seguito esperienze su diun uomo, poi su di una gamba di un bambino di 15 anni, che doveva dopo poco essere amputata, e, come controllo, su cani coll’ Uncinaria canina. Usate tutte le precauzioni che simili ricerche consi- gliano ed impongono, è giunto alla conclusione che le larve penetrano attraverso la pelle, ed egli con una serie di prepa- rati microscopici ne dimostrò il cammino attraverso di essa. Era logico che questa scoperta di così grande impor- tanza suscitasse delle diffidenze e che altri si occupasse del- l'argomento. Infatti il Pieri (1) sperimentò su se stesso, sul (1) PrERI G. Sul modo di trasmissione dell’Archilostoma duodenale. Atti Accad. R. dei Lincei (4) Rd. CI. Sc. fis. mat. vol. XI. 1° sem. pag. 217-220. Id. Kurze Erwiderung auf Dr. Loos ecc. Centralbl. fur Bakteriol. Parastt. vol. XXXIV, pag. 531 — 1903. Id. Nuove ricerche sul modo in cui avviene l’infezione da Ankylostoma. Rend. R. Accad. deî Lincei. Cl. Sc. fis. mat. vol. XII, fasc. 9. Nov 1903. ANCHYL STOMA (UNCINARIA) DUODENALE 157 Prof. Grassi e sul Dott. Noè, ma sempre con esito negativo, giacchè l'infezione, da cui egli stesso fu colpito, la ritenne come infezione da laboratorio. Più tardi rinnovò espe- rienze su cani con l'Uncinaria canina e poi nuovamente sul Prof. Grassi, sempre con esito negativo. Da ciò concluse ‘che l’unica via per cui avviene l'infezione è quella orale per l'ingoiamento delle larve mature. I resultati negativi del Pieri non mi sembrarono troppo persuasivi e non nascondo che le sue conclusioni mi par- vero un pò affrettate, specialmente se si tien conto del- l'esattezza e dello scrupolo con cui furono descritte le esperienze dal Looss e se si considera che la nuova teoria non era poi basata sull’impossibile. Il fatto più impor- tante, a mio avviso, sta appunto nella possibilità o no delle larve di penetrare sotto la pelle, sia pure seguendo la via del follicolo del pelo. Ma, essendo dimostrato in modo inconfutabile che ciò avviene e che esse arrivano fino al derma, non stupisce più che da qui, seguendo la via dei vasi sanguigni o quella dei linfatici, oppure un’al- tra qualunque, che essi troveranno più facile, possano emigrare verso il luogo di elezione, come avviene per molti altri animali parassiti. È vero che, seguano l’una o Valtra strada, molte ne andranno perdute; ma cosa sono queste perdite in confronto al numero straordinario ed alla mag- giore facilità con cui esse possono in questo modo venire in contatto dell'uomo e quindi infettarlo? Del resto il Bentley (1) aveva, qualche tempo prima, accennato a questa teoria quando, avendo trovato nel liquido estratto da una vescicola di quella forma di eczema che va col nome di (1) BENTLEY. On the causal relations hip between ‘ Ground-itch ,, or ‘* Pani- ghao ,, and the presence of the Anchylostoma duoderale in the soil. Br:- tish. Med. Iourn. N. 2143, pag. 190-193 — 1902, 158 GIULIO ALESSANDRINI « ground-itch » o + pani-ghao », comune nei paesi tro- picali, un embrione strongiloide, ch'egli identificò per quello di Uncinaria duodenalis, suppose che questa malattia fosse dovuta esclusivamente a questo verme. Inoltre il fatto che eruzioni cutanee possano accompagnare l’Anchy- lostomiasi era noto da tempo e ne fanno menzione il Bozzolo, (1), il Perroncito, (2), lo Stapff, (3). Indipenden- temente da ciò potrebbero servire a convalidare la teoria emessa dal Looss: il trovare spesse volte i vermi incistati nella sottomu- cosa, senza rinvenire alterazioni nella mucosa (Bilharz, Griesinger, Grassi): l'insorgere acutissimo, improvviso e grave del male, ciò che, secondo quanto dimostrò il Leichtenstern, è con- seguenza di una infezione avvenuta con un grandissimo numero di larve ed in una sol volta, cosa in. vero poco ammissibile se si pensa alla infezione per via della bocca : e da ultimo anche un altro fatto che, a mio avviso, può avere uua certa importanza: la tendenza e direi quasi l'istinto ehe hanno le larve di non sfuggire o girare gli ostacoli che sbarrano il loro cammino, ma di cercare con ogni sforzo di attraversarlo. È questo un fatto che, seb- bene sia stato tenuto in nessun conto non può non essere sfuggito ai numerosi osservatori. L'argomento si presentava del massimo interesse ed io avevo già tutto il materiale pronto per farne con le massime cautele delle esperienze sull'uomo, giacchè non —_—_— ———+——_—_—_—__—__——€€ (1) BozzoLo. L’anchilostomiasi e l’anemia che ne conseguita (Auchilostomo-ane- mia) Giorn. Internaz. Sc. Med, fas. 10-11 — 1879. (2) PERRONCITO. L’anemia dei contadini, fornaciai e minatori. ìn rapporto con l’attuale epidemia negli operai del Gottardo. — Torino 1881. (3) StAPFF. Studien ueber den Einflussden Erdwarme auf die Ausfùrbarkeit von Hochgebirgstunnels. Archiv. fur. Anatom. und. Physiologie 1879, ANCHYLOSTOMA (UNCINARIA) DUODENALE 159 mi fu possibile farne su cani con TU. canina, ma, per quanto abbia cercato e promesso non ho trovato chi vo- lesse prestarsi e servirmi da vittima. Avrei esperimentato su me stesso, ma il dubbio che avrebbe suscitato questo auto-esperimento, mi distolse dal metterlo in esecuzione. Però posso affermare con tutta . sicurezza che al giorno d'oggi, dopo tre anni circa che son sempre a maneggiare feci, uova, larve, non ho ancora contratto la benchè mi- nima infezione; quantunque non abbia poi ecceduto in modo straordinario nelle cautele per premunirmi. Ciò non toglie che, ove mi si presenti l'occasione, desideri ripetere le esperienze del Looss, sebbene ora, dopo quelle del Sandwith (1) dell’Austregesilo (2), del De Me- nezes (3), esse siano ulteriormente inconfutabili. Ultima mente poi lo Schaudinn (4) in una memoria pubblicata questi ultimi giorni riporta due risultati positivi di infe- zione per larve di Anchylostoma che egli ha” potuto otte- nere attraverso la pelle di due scimie. (Inuus sinicus). Con ciò resta quindi definita, a mio parere, tale que- stione e la teoria del Looss, dimostrata e controllata, entra stabilmente nel campo della scienza. D'altra parte, ammettendo la possibilità d’infezione per le larve attraverso la pelle, non si viene ad escludere o a menomare l’importanza di quella orale. — —_—__—_ (1) SANDwITH F. M. Note on the entrance of Ankylostoma embryos into the human body by means of the skin. British. med. Journ. London, Vol. 2, pag. 690-691-1901. (2) AUSTREGESIL» A. Infestagào da ankylostomiasis pela pelle. Brasit. Med, Rio Janeiro 1903. (3) De MENEzES M. Contribuicao ao estudo da uncinariose ; penetracae-da larva da Uncinaria (Ankylostoma duodenale) atravé da pelle. Rrazil. Med. Rio Janeiro 1904. i (4) ScHAUDINN FRITZ. Ueber die Einwanderung der Ankylostomum larven von des Haut aus. Dowtsche Mediz. Wochensch N. 37. 8 Sept. 1904. 160 GIULIO ALESSANDRINI Vi sono oltre queste altre possibili vie di infezione? Credo di si; ed anzi dirò subito che agli insetti è affidato anche questo spiacevole compito, di portare cioè sia sulla pelle dell'uomo, sia direttamente nella bocca di esso, spe- cialmente durante il sonno all'aria aperta, larve di An- chylostomi vive ed in qualsiasi periodo di sviluppo. L’infe- zione che ne deriva può essere più o meno grave a seconda del numero delle larve trasportate. Ho voluto rare dell’esperienze in proposito (1) e perciò mi son servito di mosche (Sarcophaga, Musca) e: di una zanzara (Culex pipiens L.) e sono giunto alle seguenti con- clusioni: 1° Le uova e le giovani larve di Anchylostomi attra- versano il canale digerente delle larve di mosche e di zanzare senza punto alterarsi: conservano la loro vitalità e seguitano nel loro sviluppo. 2° Giovani larve di Anchylostomi si riscontrano vive od incapsulate entro le pupe di mosche che nel periodo larvale le ingoiarono. 3° Nella cavità interna (celoma) di mosche e zan- zare che, durante il periodo larvale, hanno ingoiato gio- vani larve di Anchylostomi, si trovano larve vive, mature ed incapsulate di questo parassita. 4° Larve di Anchylostomi, in qualunque periodo di sviluppo si trovino, si rinvengono vive entro il canale di- gerente e nelle feci di mosche e zanzare senza subire alterazioni. Conservano tutta la loro vitalità e non subi- scono ritardi nell’ulteriore sviluppo. Nelle mie esperienze ho curato in tutti i modi di {1) Queste esperienze cominciate nel 1901 furono in seguito ripetute e controllate nell'estate degli anni successivi. Una grave malattia mi impedì di pubblicarle allora. ANCHYLOSTOMA (UNCINARIA) DUODENALE 161 garantirmi contro i possibili errori e quindi contro le false interpretazioni. Che larve di mosche possano albergare nel loro inte- stino ed emettere con le feci uova e giovani larve di An- chylostomi è cosa troppo facile a pensarsi ed ad ammet- tere, dato che esse molte volte vivono precisamente in quell’ambiente e di quelle sostanze si cibano. In ogni modo ho voluto assicurarmi che le larve e le uova venivano proprio emesse dall’intestino c per far ciò ho avuto sempre l'avvertenza di lavare accuratamente e stropicciare con un pennello le larve di mosche. Poi ie collocavo sotto ad una campana di cristallo e facevo in modo che il piano infe- riore fosse formato da vetrini porta-oggetti. Ogni qual volta avveniva una deiezione toglievo il vetrino insudi- ciato e lo sottoponevo al microscopio, sostituendolo con uno pulito. Negli escrementi ho sempre trovato uova in tutte le fasi di sviluppo, embrioni appena usciti, e larve vive. Tutti gli escrementi venivano poi raccolti con un pennello e messi in una miscela di carbone animale e d’acqua, diguisachè, esaminando più tardi questa miscela, potessi, come infatti lo è stato, persuadermi che continua- vano nel loro sviluppo. Molte larve di mosca infette si incrisalidarono: di quando in quando ne venivo aprendo qualcuna e esami- navo attentamente il contenuto delle ninfe. Ho sempre rinvenuto larve di Anchylostoma vive, molte con movimenti vivaci, qualcuna che già aveva subito il processo di incap- sulamento. Attesi che molte ninfe si schiudessero ed esaminai poi con la massima attenzione l'intestino delle giovani mosche. Ad eccezione di una sol volta, non rinvenni nulla nell'intestino, che avevo, prima di esaminarlo, accurata- mente isolato. Bollet. dèlla Soc. Zoolog. Ital. Fasc. IV, Ve VL 4, 162 GIULIO ALESSANDRINI Dove erano finite le larve che si trovavano prima nelle pupe ? Erano state forse distrutte dal processo di istiolisi. che avviene entro di esse? Sebbene ciò sarebbe potuto benis- simo accadere, non mi detti per vinto, e volli attenta- mente esaminare se si potessero trovare sia nella cavità celomatica, sia fra i muscoli. Aperto l'insetto, toglievo tutto intero il tubo digerente, avendo cura di non lacerarlo, e dapprima lavavo la parete interna della cavità celomatica con un pennellino nuovo e poi la raschiavo delicata- mente con una specie di spatolina, che volta per volta mi costruivo con delle bacchettine di cristallo fuso. Cen- trifugavo l'acqua nella quale lavavo il pennellino ed il residuo veniva poi esaminato attentamente, come pure attentamente esaminavo ciò che raccoglievo con la spatolina, e, tanto nell’un caso, come nell’altro, molto spesso ho rinvenuto larve di Uncinaria mature ed incap- sulate. Del resto alcune volte, dopo lavata con pennello la parete interna del celoma, ho voluto esaminarla per in- tero con il microscopio binoculare del Zeiss ed ho potuto vedere delle larve, che erano direi quasi incistate sotto l'e- pitelio che tappezza la cavità celomatica. Restava a persua- dermi che potevano trovarsi entro i muscoli e ciò mi fu facile osservarlo con la dilacerazione. Sebbene solo due volte mi fu dato vederle fra le fibre muscolari, pure ho po- tuto notare che in tutte due i casi esse erano disposte nel senso della lunghezza delle fibre stesse. Nessuna larva mo- strava la’ capsula calcificata, ciò che mi fa supporre che fossero vive e capaci di infettare ove si trovassero in con- dizioni opportune. Fu questo fatto che mi spinse a provare anche sulle zanzare. Raccolsi molte larve di queste e molte me ne fu- rono inviate da Grosseto. Le collocai in recipienti larghi, O RETE 9 ET TA PR I TE n N PETE a TT 3 ANCHYLOSTOMA (UNCINARIA) DUODENA LE 163 che contenevano piccola quantità di acqua, in guisa che la testa di esse potesse trovarsi il più vicino possibile al fondo del vaso. Infettai abbondantemente l’acqua e cominciai le mie osservazioni. Ebbi uguali resultati e larve di Anchylo- stomi vive, e che seguitarono nel loro sviluppo, rinvenni quasi costantemente in tutte le larve di zanzare. Quando poi queste, passato lo stato ninfale, cominciarono a schiu- dersi, le venivo esaminando ad una ad una con lo stesso sistema usato per le mosche. Rinvenni anche nel celoma di esse larve di Anchylostoma vive ed incapsulate. Nessuna delle larve di Anchylostoma che io ho osservato aveva subito processo di calcificazione. Volli fare ancora un’altra prova : se cioè mosche e zan- zare adulte possono succhiare insieme alle feci od all’ac- qua larve giovani o mature di Anchylostomi. Per far ciò adoperai mosche e zanzare che per controllo tenevo in un luogo appartato e molto lontano dalla stanza dove io la- voravo e che, sviluppate in laboratorio, senza dubbio erano perfettamente immuni. Ponevo le mosche, ap- pena nate dal bozzolo, sotto campana, nella ‘quale era un vetrino da orologio ripieno di acqua zuccherata in- fetta con larve di Anchylostoma ; aspettavo che ne aves- sero succhiata, poscia togliendole da quella campana le ponevo sotto di un’altra, il cui piano inferiore era pa- vimentato con vetrini porta-oggetti, ed avevo cura di osservare al microscopio solamente la gocciolina che la mosca, come escremento, depositava su di essi. Le prime osservazioni furono sempre negative, ma a poco a poco co- minciarono a manifestarsi nelle feci le larve vive e vitali. In qualche escremento di mosca ho potuto contare fino a tre larve di Anchylostoma. Per le zanzare, maschi e femmine, appena schiuse e digiune, usavo le stesse precauzioni, solamente invece di 164 GIULIO ALESSANDRINI acqua zuccherata ponevo nel vetrino da orologio del mu- schio bagnato con acqua ricca di larve. Ho ottenuto sempre lo stesso resultato positivo, però in queste non ho trovato mai più di una sola larva per ogni escremento. Da queste mie osservazioni credo dover trarre intanto una conclusione: le mosche e le zanzare, e forse molti altri insetti, possono infettare l'uomo servendo, direi quasi, di trasporto meccanico alle larve, ma specialmente alle uova di Anchylostoma. In questo modo credo che avvenga il dilagamento della infezione, e credo che questo, e non la polvere, sia uno dei mezzi per portare uova e larve in centri anche lontani da quello di origine. Ulteriori esperienze mie o di altri potranno farci co- noscere se le larve di Anchylostomi possono trovarsi anche nel celoma delle Anopheles malarifere e se, messe in libertà con la morte ed il disfacimento di queste, possano, date determinate condizioni, farsi attraverso la pelle umana, pas- sive trasportatrici di sporozoiti malarici, rendendosi causa di malaria, che è così frequentemente concomitante con l’Anchylostomo-anemia. | Circa il metodo da me seguito per raccogliere gran quantità di uova e larve e per calcolare il numero ap- prossimativo di esse nelle feci ecco come ho preceduto. Diluisco, le feci che contengono uova o larve di An- chylostoma, in una grande quantità di acqua avendo cura che le materie fecali si sciolgano completamente : decanto poi il liquido. Il residuo viene filtrato attraverso ad un velo molto fitto. Io soglio adoperare quello che serve per passare il fior di farina del N. 000 od anche quello che si usa comunemente per i retini da plank/on. Alla filtra- zione faccio seguire un abbondante lavaggio del velo con I I ANCHYLOSTOMA (UNCINARIA) DUODENALE 165 acqua di fonte o meglio di acqua distillata a getto for- zato. Decanto nuovamente tutto il liquido filtrato ed il re- siduo viene contrifugato. Il deposito, costituito da una fitta poltiglia, è quasi esclusivamente composto di uova o di larve e solo in mi- nima quantità vi si trovano detriti fecali. Se voglio poi determinare, sempre però in modo ap- prossimativo, il numero delle uova o delle lave che si possono trovare nelle feci, dopo averle mescolate, ne prendo una piccola quantità: ad es: un centimetro cubo. Isolo le uova e le larve col metodo suindicato e al residuo ottenuto, dopo averle centrifugate, aggiungo tanta acqua da ridurre il totale ad uno o due centimetri cubici. Agito ben bene questa specie di vivaio e con un conta- goccie normale ne prendo una piccola quantità e ne verso una goccia sopra un vetrino porta-oggetti. A questo, per fa- cilitare l’enumerazione, sovrappongo, invece di un comune copri-oggetti, il porta-oggetti reticolato del contaglobuli del Malassez, che rappresenta 1 centimetro quadrato diviso in 100 millimetri quadrati. Conto il numero delle uova o delle larve che esistono in questa goccia e siccome ogni centimetro cubo di acqua è all'incirca costituito da sedici goccie è facile calcolare il numero delle uova o larve che sì contengono in un centimetro o millimetro cubo di materia fecale. Basta cioè moltiplicare il numero delle larve contenute in una goccia per 16 o per 8 a seconda che la diluzione del deposito, ottenuto con la centrifuga, fu rispettivamente di uno o due centimetri cubici. Ripetendo più volte la numerazione si può arrivare ad una cifra media molto vicina al vero. Questo metodo può applicarsi anche con vantaggio alla semplice ricerca delle uova nelle feci, giacchè anche 166 GIULIO ALESSANDRINI quando siano in numero scarsissimo si riscontreranno sempre nel fondo del liquido centrifugato. Chi se poi non si avesse a disposizione la centrifuga, credo che sia molto più semplice ricorrere alla sola filtrazione e decantazione piuttosto che adottare il metodo suggerito ora dal Nissl! e Wagerer (1) di fare con le uova delle culture in una so- luzione all’1/100 di agar. Non ho avuto occasione di spe- rimentare questo metodo, ma, dalla descrizione che ne danno gli autori, pur sembrandomi buono, non credo sia molto pratico e comodo. (1) NissL et WAGERER. Technique pour la recherche des oeufs et des larves de l’Ankylostome : (Hygienische Rundschau XIV, pag. 57, 1904) Presse Medicale, 24 Aoit 1904. N. 68. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLA FAUNA ROMANA Una aberrazione della PIERIS RAPAE L. ed un'altra della MELITAEA DIDYMA 0. attinenti alla fauna della campagna romana presentate nella adunanza scientifica della Società Zoologica Italiana del 16 luglio 1904 : dal socio consigliere comm. FORTUNATO ROSTAGNO Da vari anni, nello attendere allo studio dei Lepidot- teri italiani ed in specie a quelli della campagna romana, della quale particolarmente mi occupo, ho avuto campo di fare alcune osservazioni più o meno importanti, le quali riserbava di porre in luce allorchè fossi giunto colla parte speciale del mio lavoro di sistematica generale (1) alle varie famiglie cui le osservazioni medesime riguardano. Ma attesa la mole del lavoro a cui mi sono accinto e la pur troppo non sicura durata della esistenza, mi è sorto il dub- bio, ben perdonabile ad una certa età, di non poter giun- gere col lavoro generale fino a render conto di quelle spe- ciali osservazioni che ritengo più meritevoli di essere se- gnalate; per cui, seguendo il consiglio datomi dai colleghi della Società Zoologica italiana, ed in specie dall’ ottimo amico il Presidente Comm. Antonio Carruccio, ho delibe- rato di pubblicare in antecedenza alcune apposite note entomologiche che, Dio volendo, ripeterò poi nel lavoro generale. In un altro fascicolo pubblicai già due nuove aberra- zioni da me scoperte, una della Saturnia pavonia L. che chiamai Ab. Stefanellii e l’altra della Pieris rapae L. che chiamai Ab. Carruccii: ora rendo conto di due altre non toni rina (1) Classificazione descrittiva dei Lepidotteri italiani, 168 FORTUNATO ROSTAGNO meno interessanti aberrazioni, una della Pieris rapae L. e l’altra della Melitaca didyma O. pure da me rinvenute nella ‘ampagna romana. Pieris rapae L. Ab. longomaculata m. Questa aberrazione, che non può assolutamente con- fondersi nè col tipo nè colle varietà od aberrazioni finora descritte, almeno per quanto a me è noto per i lavori più recenti dello Staudinger e dello Stefanelli, ne differisce pei seguenti caratteri. Colore generale delle quattro ali alla pagina superiore bianco giallognolo accentuato, specie nelle seconde ali, e tale da non confondersi assolutamente col tipo nè colle aberrazioni o varietà finora descritte. Statura sensibilmente inferiore al tipo, circa i due terzi. Le macchie nere della pagina superiore delle prime ali molto allungate e sfumate nella parte inferiore in modo da congiungersi luna col- l’altra sì che l’apicale tocca la mediana e questa raggiunge la marginale inferiore, formando così come una sola lunga striscia nerastra alquanto accidentata che partendo dal- l'apice giunge, seguendo quasi parallela la curva delle ali ed a distanza di circa 3 mm., fino al bordo inferiore delle ali stesse. Pagina inferiore — manca assolutamente traccia delle macchie nere: le prime ali sono ornate di una macchia apicale giallo-paglierino carico ben decisa, e le seconde ali sono completamente di questo colore molto simili a quelle della Ab. Carruccii da me già descritta. Di questa bellissima farfalla ho trovato un esemplare l’anno scorso ed uno quest anno, però meno perfetto, in UNA ABERRAZIONE DELLA PIERIS RAPAE L. 169 territorio di Oricola sul confine della provincia romana con quella di Aquila, territorio che geograficamente appar- tiene alla campagna romana, a circa 1000 m., nei primi di agosto. Ho però ragione di ritenere che questa forma aberrante più o meno decisa sostituisca in quella località il tipo verso quell'epoca. Per varie ragioni non ho avuto agio quest'anno di assicurarmene, ma mi propongo senza fallo di farlo l’anno prossimo recandomi in quella re- gione per qualche tempo. A causa della lunghezza delle macchie nerastre pro- pongo denominarla: Pieris rapae L. ab. longomaculata m. % Xx k Melitaea didyma Var. Ala Stgr.? I caratteri di questa pure bellissima Melitaea maschio sono i seguenti: Statura di poco inferiore a quella della var. meridionalis Stgr. Colore generale leggermente più chiaro di questa. Pagina superiore — prime ali: dopo la fascia nera marginale ben marcata mancano assolutamente le due striscie di punti neri che seguono nella var. meridionalis Stgr. la curva dell’ala. Si ha quindi partendo dal bordo nero: mancanza della prima striscia di punti neri, appena accennati i due punti che la seguono, mancanza della se- conda fascia di punti neri, esistenza delle altre macchie alla base dell’ala, per cui fra la fascia nera del bordo e le macchie della base si ha una larga area immacolata. Seconde ali: fascia nera marginale ben decisa come nella var. meridionalis Stgr. Mancanza della striscia di punti neri che segue in questo la curva dell’ala per cui anche in dette seconde ali esiste una larga area senza macchie; dopo quest'area si trova una fascia di lineette nere allungate che seguono in curva il taglio dell’ala, 170 FORTUNATO ROSTAGNO seguite da una forte macchia nera alla base dell’ala che si prolunga per quasi tutto il bordo interno. Pagina inferiore — prime ali: quasi assolutamente man- cante la linea nera punteggiata del bordo esterno, man- canza assoluta dei punti neri corsispondenti al disegno della pagina superiore. Seconde ali. - Mancanza della prima linea di punti neri esistente dopo la linea punteggiata del bordo esterno, mancanza della seconda linea dei punti arcuati che segue immediatamente nella var. meridionalis Stgr. questa prima linea. -- Striscia giallo-scuro come nella var. meridionalis Stgr. seguitasempre verso la base dell'ala non da tre linee di punti neri, ma da una soltanto appena accennati su fondo quasi bianco; larga fascia arancione e quindi lar- chissima fascia nera alla base dell’ala. Per mancanza di materiale di confronto non posso con sicurezza asserire che questa aberrazione non. sia ancora descritta. Secondo però le descrizioni dello Stau- dinger dovrei ritenere, come con quasi certezza ritengo, trattarsi della var. Ala, finora data per l'Asia centrale, dap- poichè i suoi caratteri collimano con quelli dati dallo Stau- dinger a questa var. e cioè; mas. ante limbum nigrum latum area immaculata. Ho catturata questa farfalla nei pressi di S. Agnese, bassa collina, fuori porta del Popolo a circa tre chilometri da Roma, alli 11 giugno dello scorso anno. Sebbene ne abbia fatta attiva e diligente ricerca in quest'anno, non mi fu più possibile di rinvenirne alcun altro esemplare. . È ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA Caso di “ mylasis, nell'uomo per larva calicolare di ZZypoderma bovis (De Geer) PEL Prof. MARIO CONDORELLI Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Il prof. Paolo Berretta (1), nel 1879, pubblicava, negli Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali, una nota sul rinvenimento d’una larva di estro bovino sotto la pelle del collo d'un ragazzo di quattro anni. Tale osservazione era molto interessante, non soltanto per la poca frequenza, onde il parassitismo di tale dittero si osserva nell'uomo, ma anche, e sopratutto, perchè costituiva il primo caso sicuramente constatato in Italia. Altra interessantissima pubblicazione è quella del Dott. Giulio Alessandrini (2), riguardante il rinvenimento della larva della Sarcophaga affinis Meig. nel cuoio capelluto. Nel mese di febbraio del 1902 ebbi anch'io l’occasione di osservare un caso simile in persona di S. Carmelo del fu Salvatore, di anni 19, di Motta S. Anastasia (Catania), che faceva il mestiere di guardiano di bovi. Egli si presentava n — — — — 6 (1) P. BERRETTA GIUFFRIDA : Nota sopra una larva di estro bovino nell’uo- mo. Atti della Accademia Gioenia di Scienze Naturali. Serie III, Vol. XIV, 1878, pag. 145. (2) G. ALESSANDRINI : Raro caso di parassitismo nell'uomo. in : Bollettino della Società Romana per gli Studi Zoologici, Vol. IV, N. V e VI, anno IV, Roma. 1895, pag. 278-288. 172 MARIO CONDORELLI alla mia osservazione per una piccola intumescenza dolo- rosa al collo. Alla regione della nuca, e precisamente sulla linea mediana, si notava un tumoretto della di- mensione di un uovo di piccione, ricoperto in alto dai peli del cuoio capelluto e libero in basso, ove esisteva un forellino, ampio quanto la capocchia d’un grosso spillo, e dal quale usciva, mediante leggera pressione digitale qual- che goccia di liquido torbido siero-purulento ed inodoro. La pelle sovrastante non era arrossata, meno ai pressi dell'orifizio, ove notavasi lieve rossore ed un pochino di aumento della temperatura locale. Mediocre dolorabilità esacerbantesi spontaneamente a fitte passeggiere e fugaci, o colla pressione o collo strofinio del bavero della giubba. Introdotto per la piccola apertura lo specillo, constatai la presenza di una piccola cavità, ovoide, contenente un corpo spostabile tondeggiante, di resistenza quasi coriacea, a superficie ineguale, come bernoccoluta. Non vi era flut- tuazione ; nessuna reazione febbrile : stato generale ottimo. Avuto riguardo alla dimensione del tumoretto, alla poca entità dei fenomeni infiammatori locali, alla pre- senza di quel forellino, da cui colla pressione usciva fuori qualche goccia di liquido siero-purulento, e più ancora alla constatazione fatta collo specillo, nell'interno della ca- vità, di quel corpicciuolo tondeggiante mobile, di consi- stenza quasi coriacea, feci, senza difficoltà alcuna, la dia- gnosi di tumoretto parassitario per larva cuticolare di Dittero. Infatti è caratteristico l'aspetto di tale lesione : somiglia ad un foruncolo senza calore e senza dolore, secondo Mégnin (1); io dico invece senza calore, poichè il dolore, per varie circostanze, dipendenti, ad esempio, dalla sede 1) P. MÈGNIN : Les parasites articulés. Paris, 1895, pae. 22. ] pag CE) CASO DI ‘ MYIASIS ” NELL'UOMO Jagie: anatomica, dal periodo di evoluzione parassitaria, e dai movimenti del parassita nel piccolo cavo ascessuale, può essere lieve, oppure intenso. Praticai, a cominciare dal forellino, un'incisione estesa al punto culminante del tumoretto, e, mediante leggiera pressione, vidi uscir fuori un corpicciuolo a forma di un ovale allungato, che subito riconobbi per una larva ancor viva di Dittero. Eccone la descrizione zoologica. Larva di colorito giallo-brunastro, di forma ovoide, più spessa ìndietro che in avanti; però l'estremità poste- riore termina a punta ed è oscura, mentre l'anteriore è arrotondata e della stessa tinta generale giallo-brunastra. Le dimensioni variano. col variare dei movimenti del parassita ; il quale, esposto all’aria, si contrae mediocre- mente ; ma le sue congiunzioni si fanno più vivaci, ove esso sì stimoli mediante punture praticate con uno spillo. In questo caso la larva si contrae rapidamente, e diviene quasi sferica, poco più lunga che larga, con un diametro maggiore di mm. 15 e minore di mm. 13; nello stato di riposo invece essa si distende, ed acquista una lunghezza di mm. 18 ed un'ampiezza di mm. 9. Nello stato di esten- sione, ossia di rilasciamento, essa larva assume la forma di una barchetta, fortemente convessa alla faccia dorsale e pianeggiante alla ventrale. Ha 12 anelli, guarniti di numerose e impercettibili punte. L'anello cefalico mostra una fossetta boccale infun- dibuliforme sormontata da due antenne rudimentali, appena visibili; gli anelli seguenti, dal 2° al 9°, presentano tre grossi tubercoli laterali per ciascun lato, e sulla faccia dorsale due piccole verruche splendenti di colore un po- chino più oscuro. Cortissime spine esistono al bordo an- teriore della faccia dorsale ed in corrispondenza dei tu- 174 MARIO CONDORELLI bercoli superiori e medî del 2°, 3°, 4° e 5° anello; come pure altre se ne notano al bordo posteriore del 2°, 7° ed 8° anello. Alla faccia centrale, dal 2° al 9° anello si os- servano più ordini di spinuzze, che occupano entrambi i margini. Soltanto gli ultimi due anelli sono inermi, nudi, cioè sprovvisti di spine. All'estremità posteriore si notano due stigmate, di co- lore bruno-oscuro, in forma di due pieghe in croce. I caratteri zoologici sopradescritti non lasciano dubbio alcuno che trattasi di una larva di Hypoderma bovis non ancora matura ; poichè, a grado completo di maturità, essa è di colorito bruno-nerastro, lunga da 22 a 28 mm. ed ampia da 11 a lo mm. Tentai inutilmente lo sviluppo della larva, la quale, messa sotto uua campana di vetro, ma in modo da non impedire la penetrazione dell’aria, morì senza prima tra- sformarsi in pupa. I casi di myiasis, così si chiama il parassitismo dovuto alla presenza di larve di Ditteri, non sono rari nella pa- tolosia umana, e la letteratura ne cita molti dovuti a larve di specie diverse, appartenenti alle famiglie Oestridae e Muscidae. Jsse possono annidarsi nelle diverse parti del corpo, come in tutto il tratto digerente, nelle cavità nasali, nei seni mascellari e frontali, nell'occhio, nell'orecchio, nelle vie urinarie, nella vagina, sotto la pelle e, per emigrazione da questo sito, anche nel periostio. Anzi l’invasione alla pelle si è avuta talvolta in numero così straordinario nello stesso individuo da offrire, secondo la descrizione dataci da Roulin e da Cloquet, un orribile spettacolo. Tale è il caso osservato dal mio amico prof. Antonio Carruccio, quando era Capo-interno nell’Ospedale civico di Cagliari, nella gamba di un contadino, trasportato in esso ospedale PA ata 9 CASO DI °° MYIASIS NELL’ UCMO Io eotto un accesso di febbre perniciosa comatosa. Questo caso sd altri il prof. Carruccio ricordò periodicamente nelle sue lezioni di parassitologia, e fu pure citato nello Spal lanzani (1). Della famiglia Muscidae sono state rinvenute in paras- sitismo nell'uomo larve cuticole di Lucilia hominivorax, di Camptomya macellaria, di Ocromya anthropophaga, di Sar- cophaga latifrons, di S. Wolforti, di S. affinis, di Calliphora vomitoria e perfino della Musca domestica, come risulta da un lavoro di Fourcault, che la rinvenne sotto la pelle di un bambino : oltre a più specie di dubbia diagnosi, come quella tolta dal collo di un bambino nel Canadà ed in- viata in studio ad Hagen (2), il Verme di Cayor, di cui si occuparono Bérenger-Feraud (3), Railliet (4) e Lenoir (9), la larva di Dittero, che si sviluppa sotto la pelle dell’uomo a Natal quella che il Dott. Kirk estrasse dalla gamba del- l'esploratore inglese Livingstone (6). Non è infrequente il parassitismo di larve cuticole di, Estridi, appartenenti alla specie Dermatobia noxialis, Hy- (1) Ved. Lo Spallanzani, Rivista di Scienze mediche e naturali, diretta dal Prof. A. Carruccio, anno XV, 1887, fasc. V. pag. 256. In questo fascicolo — quinto, da pag. 258 a 259, vengono riferiti dai dottori Michele De Rosa e Giu- seppe Iannuzzi, altri importanti casi, con opportune considerazioni sul parassi- tismo accidentale nell'uomo per larve di dittero e di altri artropodi. (2) H. A. HAGEN. Note on a sarcophagous larva found in a girl’s neck, in: Proceedings of the Boston Society of Natural history, Vol. XX, pag. 409, 1881. (3) BERENGER-FERAUD. EÉtude sur les larves des Mouches qui se développent dans la peau de l'homme au Senegal, in: Comptes rendus de l Académie des Scwences de Institut, tom. LXXV, pag. 1113, an. 1871. (4) RarLLIET. La Mouche de Cayor. in: Bulletin de la Société centrale de Médecine Vétériniire, pag. 77, an. 1884. (9) LENOIR. Mouche et Ver du Cayor, in: Archives vétérinaires, pag. 207 an. 1884. (6) B. BLANCHARD. Contribution à l’étude des Diptères parasites, in: Bu? letin de la Société entomologique de France, N. 4 e 5, pag. 120, an. 1893. “ 176 MARIO CONDORELLI — poderma diana, e, per quel che riguarda la patologia del nostro paese, MH. bovis, ch'è cosmopolita. I casi di myiasis per larva d’ H. bovis, a mio avviso, non debbono essere così rari, come appare dal riscontro della letteratura relativa ; credo che il maggior numero di essi passi inosservato per il fatto che si verificano in persona di individui nei quali la guarigione si fa spontanea senza l'intervento del chirurgo, cui quasi mai essi ricorrono per mali che, a loro criterio, giudicano di poco conto. In ogni modo il maggior numero dei casi, stando alle osservazioni di Humboldt, Houship, Baulin e Crib, si ha nell'America Meridionale; ma anche altrove parecchi se ne sono osservati. Secondo le ricerche fatte da R. Blanchard (1) Eschricht rinvenne tre volte la larva d’H. bovis sotto la pelle della fronte d'una donna; Hoegh, in una pubblicazione, com- parsa nel 1869, riferì su 17 casi da lui osservati in 16 anni di sua dimora a Sondmore e Nordfiord sulla costa occi- dentale della Norvegia, e in altri cinque venuti a sua co- noscenza: in tutto sono 22 casì osservati in 7 uomini e in 15 donne, tutti dai 3 ai 34 anni; Joseph, nel 18759, da un contadino della Carniola, ne estrasse quattro da altrettanti tumoretti della parte sinistra della nuca. Walker (2) a Shetland nel 1859, estrasse una larva d’H. bovis da un tumore dolorosissimo che una donna di 22 anni portava dietro la spalla sinistra. Spring (3) nel Belgio, estrasse da tumoretti di aspetto (1) R. BLANCHABD. Traité de Zoologie Medicale, Tom. II, Paris 1890, pa- gina 514-516. (2) R. WALKER. On case of parasitic disease produced by the larva of Oestrus bovis, in: British medical Journal, I, pag. 151, 1870. (3) A. SPRING. Sur des larves d'Oestre développées dans la peau d'un enfant, in: Bu". de l’Acad. de Belgique, IV, pag. 172, 1861. e O ROTTO ver ‘den di retina % *. CASO DI ‘° MYIASIS ” NELL’UOMO 177 foruncoloso, che una bambina di tre anni portava al capo, delle larve di Ditteri, che da Lacordaire furono riconosciuti I appartenere all’H. bovis. Boek (1) nel 1872, la rinvenne due volte alla spalla ed al cuoio capelluto di un bambino. Mac Colman (2) a Glascow, nel 1879, la estrasse dalla pelle del braccio di una ragazza a 9 anni. E, dice Perroncito (3), tumori foruncolari circoscritti della grossezza d'una noce moscata, che danno esito a marcia saniosa da una piccola apertura vennero osservati e descritti da Duncan, da Spence e da Berretta (4), il quale a Catania nel 1879 tolse dal collo di un ragazzo una larva di estro bovino, ricordata da Calandruccio (5) in una sua memoria sugli Insetti parassiti dell'uomo. Come fanno le larve dell’Ipoderma a rendersi sotto- cutanee e divenire parassite ? Il fenomeno biologico del parassitismo è intimamente collegato col ciclo evolutivo della specie, per la conoscenza del quale rimando il lettore all'opera di Railliet (6); quì mi limito, in base ai fatti noti in Patologia comparata, ad esporre quanto si verifica nell'uomo. | La femmina dell’insetto alato è armata d'un lungo ovi- scatto, mediante il quale essa depone le uova, accidental- mente nell'uomo, sulla pelle delle parti scoperte del corpo. (1) W. Boexk. Oestruslarver under Huden, in: Norsk mag. I, lagevidenk. Selskabsforhandlingar, II, p. 89, 1872. (2) Mac CoLmMan. Dipterous larvae, from the arm of a girl agel mine years, in: British medical journal. II. pag. 92, 1879. (3) E. PeRRONCITO. I parassiti dell’uomo e degli animali utili, Milano p. 185, (4) P. BERRETTA GIUFFRIDA. Lav. citato. (5) S. CALANDRUCCIO. Insetti parassiti dell'uomo, in: Gazzetta degli Ospitati, pag. 667 e 674, 1884-85. (6) A. RAILLIET. Traité de Zoologie medicale et agricole, Paris 1895, pa- gine 767-772. Bollett. della Soc. Zoolog. Ital. Fasc. IV, V e VI. 9, 178 MARIO CONDORELLI L'uovo, bianco, ellittico, prolungato indietro da una ap- pendice fissatoria di tinta brunastra, lungo mm. 1,75, con- tiene nel suo interno una larva rivestita di piccole spine.. La larva, che ne esce, perfora la pelle, e penetra nel tes- suto connettivo sottocutaneo ; ove, nel mentre si sviluppa, agendo da corpo estraneo, provoca una irritazione nei tes- suti circostanti, un processo infiammatorio circoscritto con esito in suppurazione. Questi tumori da Estri bovini, che da Joly, per la loro forma e maniera di prodursi, furono chiamati col nome espressivo di galle animali, rag- giungono la dimensione di un uovo di piccione o di una noce moscata. “ssi, osservati attentamente, sono provvisti d’un’aper- tura tondeggiante (punto di penetrazione della larva) più o meno ampia, secondo lo stadio di sviluppo del parassita, e situata o nella parte culminante del tumorretto o in un punto eccentrico : per tale carattere essi tumoretti acqui- stano l'aspetto foruncolare. Schoyen, Boeck e Walker hanno richiamato l'atten- zione sul fatto, spesse volte constatato, che le larve, prima di formare i tumori, scavano nell'uomo delle gallerie sot- tocutanee più o meno lunghe; ma ciò, a mio avviso, si verifica più facilmente in quelle regioni in cui la pelle aderisce lentamente ai tessuti sottostanti per abbondante connettivo lasso. Interessante a tale riguardo è il caso ri- ferito da Boeck (1), il quale in un, fanciullo constatò alla superficie del corpo un cordone a zig-zag estendentesi dalla spalla sinistra alla regione ombelicale, e da questa rimontante alla mammella sinistra, ove esisteva un tu- moretto, da cui fu estratta la larva vivente. Lo stesso (1) W. BoEcK. Lav. cit. n E e miete eo Co I TC TO nr ———-ros- sitter i data deli l'egida li die sibegh CASO DI ‘° MYIASIS ” NELL’'UOMO 179 autore cita ancora l'osservazione di un altro fanciullo, in cui, la larva, penetrata attraverso il cuoio capelluto, sorti spontaneamente dietro l'orecchio sinistro (1). _ La larva si nutre a spese delle materie purulente, che si accumulano attorno ad essa : e nella cavità ascessuale si colloca in una posizione obliqua, con l'estremità cefa- lica immersa nella parte più profonda e la posteriore di- retta verso l'esterno, con le piastre stigmatiche circumanali in rapporto con l'apertura, in maniera da permettere la respirazione e l'espulsione degli escrementi. Infine la larva, spostandosi all'indietro, ed esercitando una continua pres- sione sull’orifizio del tumoretto, già divenuto più ampio e cedevole, fuoriesce per l'estremità posteriore e cade per terra, oppure resta fra il materiale di medicatura, onde l’ammalato ha protetta la parte lesa. La pelle, che ricopre il tumoretto, ordinariamente non è infiammata, soltanto diviene un pochino rossa in corri- | spondenza del foro di apertura ; la temperatura locale non è cresciuta ; anche il dolore ordinariamente è lieve, meno nei momenti in cui il parassita si contrae nell'interno del cavo ascessuale, o viene in contatto e stimola un qualche piccolo ramo cutaneo, già messo allo scoperto dal lieve processo suppurativo. Per tali caratteri Mégnin rassomigliò il tumoretto, l’ascesso da estro bovino, ad « un foroncle présentant ni douleur ni chaleur » (2). Negli ultimi due o tre giorni, che precedono la fuoruscita spontanea del parassita, il dolore si fa intenso, sopratutto se la sede del tumoretto è il capo, si accentua ancor più nelle ultime ore, ed il paziente è e der aj (1) B. BLANCHARD. Op. cit., pag. 575. (2) P. MEGNIN: Op. cit. pag. 22, 80 MARIO CONPORELLI allora assalito da un’ansia, da una smania insopportabile, che lo costringe a liberarsi dalla fasciatura ; tutto ad un tratto vien fuori la larva ed il paziente ritorna calmo e tranquillo, come se nulla abbia mai sofferto. Durante l’ evoluzione del tumore parassitario non si manifesta alcuna reazione febbrile: e l'individuo, a meno che non sia sofferente per altra malattia, presenta tutti i segni della buona salute. Ma non sempre il decorso è così lieve; imperocchè talvolta a manifestazioni locali più accentuate si accom- pagna una reazione generale. La pelle si fa tesa, lucida ed elastica ; la pressione digitale, poco dolorosa alla base del tumoretto, si rende sensibilissima all’ apice, ove pure si nota manifesta fluttuazione; le ghiandole linfatiche pros- simiori sì ingorgano e divengono dolenti. A tale processo morboso locale si consocia la febbre, la quale può rag- giungere i 39 gradi. Questo decorso a reazione febbrile è poco frequente; ed esso, a mio avviso, non è dovuto al parassitismo della larva, ma invece ad una infezione da comun piogene, facile a verificarsi per la loro penetrazione attraverso l’ ampia porta d'entrata del forellino esistente alla pelle del tu- moretto parassitario. Ordinariamente vanno incontro a questo male i guar- diani dei bovi, sui quali l’insetto alato è attratto dall’odor del latte a deporre le uova; e sono colpiti ugualmente uomini e donne, appunto perchè individui di ambo i sessi si occupano di tale custodia, anzi in taluni paesi più le donne che gli uomini. Il maggior numero dei casì sì 0s- serva in individui dai 13 ai 16 anni. È raro che il paziente si presenti al chirurgo nei pri- mordi della malattia, ma, quasi sempre, quando il tumo- retto, raggiunto il maximum della sua evoluzione, cagioni CASO DI ‘‘ MYIASIS ’” NELL’UOMO _181 molestia e dolore tale, che lo consiglino a chiedere un rimedio. La guarigione, il più delle volte, avviene spontanea, quando spontanea è la fuoruscita del parassita ; e se v'ha intervento del chirurgo non si riduce ad altro che ad am- pliare, mediante piccola incisione, la primitiva apertura, e premere leggermente per fare venire fuori la larva. L'in- fermo subito diviene libero da ogni molestia, ed in tre o quattro giorni una piccolissima cicatrice si forma in corri- spondenza della soluzione di continuo. Viaggio di cireumnavigazione della R. Nave CALABRIA Di un giovane ALLIGATOR SCLEROPS proveniente dall'Isola TRINIDAD DONATO AL MuSsEO ZooLoGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA Comunicazione del prot. A. CARRUCCIO (1) Mantenendo la promessa fatta nell'adunanza generale scientifica tenuta il 21 aprile di quest'anno, posso dare oggi sufficienti notizie sovra. l’Alligatore giovane appar- tenente alla collezione donata nel trascorso marzo dal- l’egregio capitano medico della R. Marina, Dott. Roberto Marantonio. In altre successive nostre riunioni sarà possibile, dopo di averli studiati, illustrare parecchi vertebrati (Uccelli, An- fibi e Pesci, raccolti pure durante il viaggio della Calabria o nei Mari della Cina, o nel Brasile, o nell'Oceano Atlan- tico all'altezza del Rio delle Amazzoni, ecc.), oltre diversi Artro podi, parimenti donati dal Dott. Marantonio. Mi com- piaccio nel far rilevare che anche questo lungo viaggio di una delle navi dello Stato, durato dal 1902 ai 1904, sia riuscito utile agli studi scientifici: è mio obbligo graditis- simo riaffermare che diversi e distinti Ufficiali della R. Marina sono assai benemeriti del Museo Zoologico della R. Università degli studi della Capitale. Vi prego di rammentare che nell'adunanza del 21 aprile mi occupai quasi esclusivamente dei Crostacei che dal (1) Adun. gen. scient. della Soc. Zoologica Italiana con sede in Roma — 18 giugno 1904. DI UN GIOVANE ALLIGATOR 183 Perù, dallo Stretto di Magellano, dalle Isole Marchal, Tahiti, ecc., portò seco il Marantonio ; ed in particolar modo ebbi a trattenermi sul bellissimo e gigantesco esemplare di Ma- crocheira Kaempferi De Haan dei mari del Giappone, e pre- cisamente dell'Isola Enoscima. La specie, prima mancante affatto al nostro Museo, è pur essa dovuta al Dott. Maran- tonio, che, così per mò di dire, chiamo antico, ma più esattamente ricordo quale distinto allievo della Università Romana. Oggi, come dissi, posso soltanto presentarvi e de- scrivere il rettile catturato in acque fluviali dell’ Isola Trinidad, il quale, come tutti ben rilevate, appartiene agli Emydosauri o Crocodilini, ed è in perfetto stato di con- servazione. Debbo premettere che anche per questa categoria di forme animali potei nel nostro Museo in questi ultimi anni, fare notevoli aggiunte, sia per doni, sia per acquisti. Ma la maggior parte dei Crocodilini che presentemente pos- sono bene osservarsi, perchè tutti disposti in una delle sale superiori del nostro Museo, conservati a secco, e parecchi gio- vaniin alcool (fra i quali 3 piccolissimi individui) proviene da offerte fatte da generosi donatori. Citerò prima quella del Crocodilus porosus dei dintorni di Sarawak (Borneo) donato dal compianto Re Umberto I nel 1898 ; poscia gli esemplari giovani e adulti portati colla R. nave Caracciolo dal defunto e valoroso contrammiraglio De Amezaga ; quelli del conte Pietro Antonelli di Roma, morto ambasciatore in America ; altri dei medici della R. Marina Dottori Patella e Moscatelli, di ritorno in Italia a bordo della nave Flavio Gioia ; ai quali pur dobbiamo due uova di Alligator, prese dai bravi colleghi trovandosi colla predetta nave a Guayaquil. | Tutti questi nuovi esemplari appartengono ai due ge- neri Alligator Cuv. e Crocodilus Cuv., e sono diversi per 184 ANTONIO CARRUCCÎO specie, per sesso, età e patria. Nessuno fra essi, proviene dall’Isola Trinidad, ma soltanto questo, che fu preso e donato dal capitano medico R. Marantonio. Se per gli Alligsatori la provenienza, citata da non pochi scrittori, è, in generale, l'America meridionale e taluni più competenti indicano con esattezza le località (es. Ca- ienna, Bolivia, Luigiana, S. Domingo, Florida, Brasile, Ca- rolina, Georgia e via dicendo, insieme ai fiumi o laghi in cui vivono le diverse specie americane), non trovo però che veruno di tali scrittori finora da me consultati annoveri anche l'Isola Trinidad come patria di questa specie di Alli- gatore (1): tale provenienza mi viene precisata in una assai (1) Anche il Bocourt (Sur quelques Reptiles de l° isthme de Tehuantepec ecc. — pag. 15 — Emidosauriens) scrive: « Jusqu'è present les Alligatoridae n’avaient été trouvés, les uns, qu'aux Etats-Unis; les autres, que dans les ma- récages ou les nombreux cours d’ eau qui baignent la Guayane, le Bresil, le Pérou et l'Uruguay. Aussi avait-on le droit de supposer que l'espace considé- rable qui sèpare la première de. ces contrées, de celles situées dans la partie meridionale du continent, n’était habité que par de crocodiles ». E continua dicendo che dopo il dono fatto nel 1896 al Museo di Storia Naturale di Parigi dal sig. Sumichrast, risulta che gli Alfigatori si trovano pure in tutta la re- gione intertropicale ; e quelli donati provenivano dalla vallata di Tonala, pro- vincia di Chiapas. Questa provenienza, aggiunge il Bocourt, offre un fatto « de géographie zoologique très-interessant ...... ». Se adunque l’isola Trinidad fosse regione o non ancor citata dagli Erpetologi, o poco citata e nota, da que- sto punto di vista, l'esemplare portato dal capit. med. Marantonio avrebbe mag- giore importanza. Non credo superfluo, fra gli altri autori consultati, ricordare che il Cope (Jeventh contribution to the Herpetology uf tropical America (1869) nulla serive in proposito. Del pari nella grand’opera del Dr. H. G. Brown’s (Klassen und Ordnungen des Thier-Reichs ete. — Sechster Band 1%90, pag. 1061) troviamo che vien detto : « Il genere Alligator è del tutto circoscritto al Nuovo Mondo ». E dopo d'aver fatto cenno della specie più grussa /A. niger) e della più piceola (A. trigonotus}, l’autore precisa i limiti della distribuzione geografica degli Alligatori (in numero di 8 specie) « fino a tutta l'America tropicale; all’incontro sembrano mancare alle Antille ». Queste ultime parole dello scrittore (prof. Hoffmann) dimostrano che « con sicurezza » egli non può affermare essersi trovata alcuna specie di A/ligator vivente nelle Antille. Anche il Boulanger (Catalogue of the Chelonians. Rhynckocephalians and Crocodiles in the British Museum — New Edit., pag. 294-295) citando tutti gli esemplari di questa specie posseduti dal pred. Museo, colle rispettive prove - nienze, non ne nomina alcuno che appartenga all’Isola Trinidad. DI UN GIOAANE ALLIGATOR 185 cortese lettera del Dott. Marantonio. E dato anche che con nuove ricerche bibliografiche trovi le desiderate indicazioni sulle specie di Alligatori viventi nelle acque di questa isola, certo è che nessuno degli individui esistenti in Museo pro- viene dalla medesima. Perciò più volentieri presento questo esemplare e ne tengo parola, essendo mia consuetudine costante, e dir dovrei adempimento di un mio dovere, di sdebitarmi il meglio che posso verso i singoli donatori, Cui è dovuto il notevolissimo sviluppo del Museo Zoolo: ico Romano. La Geografia c'insegna che l'Isola Trinidad forma la maggiore e la più meridionale delle Isole note col nome di Piccole Antille, oppure d'Isola del Mar dei Caraibi. Essa, con altre isole, appartiene fin dal 1797 all'Inghilterra ; è montuosa ed annovera parecchi fiumi navigabili, dei quali taluno assai pericoloso per la presenza dei Caimani. Così è ben noto ai cultori della scienza zoologica uno dei generi ben distinti, annoverati nella sub-class. Croco- dilia, è il gen. Alligator Cuvier, instituito da questo insigne naturalista nell’anno 1819 (Ann. Mus. Hist. Nat. Tom. 10, pag. 31). Ed è pur noto che la denominazione, resa latina, la si crede proveniente o da Legater, o da Allegatur, oppure dalla parola portoghese Logarto, che corrisponderebbe a quella latina di Lacerta; e furonvi scrittori (quali ad es. Hawkins e Sloane) che scrissero A/legator. Sinonima di questa è la ‘denominazione di Caiman, citata dai più antichi illustra- tori della Fauna Americana. Inoltre da epoca remotissima trovansi citati i veri Crocodili dell’Africa, e precisamente da Erodoto, il padre della Storia ed il più vecchio fra gli storici, come lo chiamò Cicerone; come pure è antichis- sima per l'Asia la conoscenza dei Gaviali del Gange. Gli scrittori che vennero dopo Cuvier hanno assai poco mo- 186 È ANTONIO CARRUCCIO dificato la formula con cui egli precisò i caratteri del gen. Alligator. Fra questi caratteri Cuvier fece rilevare comela testa sia d'un 3° più larga che lunga, ed il cranio p. es. rappresenti il 4° della lunghezza totale della testa mede- sima, ch'è più lunga nelle specie appartenenti al gen. Cro- codilus, e relativamente lunghissima è quella del gen. Ga- vialis. Naturalmente che le dimensioni variano secondo la diversa età propria a questi rettili. Altri caratteri differenziali furono messi in vista dal Gray, che credette ripartire in 3 generi distinti (chiaman- doli Jacare, Caiman e Alligator p. d.)il gen. Al'igator Cuv.; ma questa divisione non fu accettata da tutti; l’ha però accettata il Boulanger. Comunque, certo è che i caratteri principali che il Gray ha dato al suo gen. Jacare corri- spondono al giovane individuo portato dal Dr. Marantonio. Altre differenze, riguardanti il cranio, sono state osservate da diversi autori fra le specie del gen. Crocodilus e quelle del gen. A/ligator, taluna pur da me rilevata. Ma non è questo il luogo nè il momento per occuparsene, perchè il riassunto della presente comunicazione non si estende alla parte anatomica. Ricorderò soltanto, e di passaggio, che una delle differenze si ha forse più manifesta nel cranio dell’A/ligator palpebrosus, per la piccolezza di al- cuni fori, oltre altre particolarità che concernono il vo- mere, le ossa palatine ecc. Ma le differenze maggiori si hanno non già fra i due preindicati generi, ma fra questi e il gen. Gavialis, oltre le dimensioni cui accennai, in di- pendenza dell’allungamento dei mascellari ecc. Il muso degli Alligatori è corto e largo, principalmente in tre delle specie del genere, cioè nell’A. sclerops, A. cy- nocephalus e A. punctulatus, come pur ebbe a notare Cuvier. I denti sono ineguali fra loro, ed in numero di 10, 15, 22 o anche 24, a destra e a sinistra, e per ciascuna ma- DÎ UN GIOVANE ALLIGATOR 187 scella : dunque in totale da 60 a 76, 88 o poco più negl’indi- vidui adulti. Il 4° dente inferiore è il più lungo, e penetra in una fossetta scavata nella mascella superiore quando la bocca è chiusa. Il primo dente della mascella inferiore, oltre il 4° già menzionato, suol offrire una maggior lunghezza in confronto agli altri. I quattro arti, compresi i piedi, sono rotondeggianti e privi di creste marginali o quasi frange cutanee. Le dita sono riunite per una sola metà da una mem- ‘brana, per cui gli Alligatori possono chiamarsi a zampe semipalmate. Ma talvolta la membrana interdigitale è limi- tata solo alla base delle dita. Anche i prof. Dumeril e Bibron insistono sul carattere differenziale, che chiamano « essenziale » delle fossette nelle quali si nascondono i precitati denti inferiori, a bocca chiusa. Ricorderò alcuni altri caratteri di secondaria impor- tanza : I fori post-orbitari del cranio dei Caimani sono assai piccoli. i Della palpebra superiore destra e sinistra fa parte una laminetta ossificata la quale si trova nella metà anteriore, Oppure si estende quanto è grande ciascuna palpebra. Varia il numero e la forma delle piastre ossee che sil dispongono all’indietro sul collo, le quali non formano uno scudo così largo come lo si vede nei Coccodrilli: è però sovente un pò più lungo. La cresta caudale dei Caimani è più resistente, ma meno unita di quella ch'è propria agli altri due generi Gavialis e Crocodilus. L'esemplare di Alligator selerops, che presento ben preparato, è lungo dall’apice del muso alla punta terminale della coda cm. 54; cioè la testa è lunga 7 cm. e 172,il 188 ANTONIO CARRUCCIO collo ‘5 cent. e 112; il'tronco 19 cent.; ela coda 28*centala testa è meno appiattita di quella dell’A. cynocephalus. Il muso è alquanto convesso ed ottuso, e trasversal- mente misura cent. 1 e 1]2, dietro ai primi denti supe- riori; questa però è la sua maggior lunghezza, mentre al- l'apice il diametro trasversale è di 7 mill. — Tali dimen- sioni debbono variare sensibilmente coll età. — Dietro al muso si ha una lieve concavità. Davanti alla fronte vediamo una cresticciuola abbastanza rilevata, disposta in senso trasversale in modo che colle due estremità destra e sinistra si congiunge colle altre due cresticciuole curvilinee, più pronunciate, che stanno l’una al margine interno di un occhio, l’altra al margine pure interno dell’ altro occhio. In mezzo ai due occhi esiste un’altra cresticciuola. La superficie esterna convessa di ciascuna palpebra, massime se guardasi con una lente, la si vede non solo fornita di più striature tortuose, ma di una quantità di piccoli rialzi, quasi noduletti. — Anche sul vertice della testa si vedono diverse striaturee. A misura che dalla regione occipitale ci avanziamo all'estremità delle mascelle, i due lati della testa si vanno riavvicinando, in modo da dare alla medesima quasi la fisura di un triangolo isoscele, ottuso all'apice; e la ottusità deriva dalla curva che essi lati, dapprima rettilinei, co- minciano a formare verso il 9° dente. Sulla nuca osservansi sei serie di piastre piane, ma quasi tutte carenate nella linea mediana, di forma qua- drata ed in numero di oltre una ventina: esse formano una specie di scudo cervicale (1). Le indicate serie non sono —_—___m—mnmtt_1] "———s (1) Il Boulanger scrive a pag. 292 : « Snout longer than wide at the base ; four or five transverse rows of large nuchals . ...». Ma in questo esemplare sono sei, come dissi. DI UN GIOVANE ALLIGATOR 189 però formate dall’istesso numero di piastre, nè queste hanno la stessa grandezza: le più piccole sono quelle dei 3 primi ordini. | In totale sulla faccia dorsale p. d. abbiamo 15 serie tra- sversali di piastre carenate, di forma quadrilatera, e quasi tutte più grandi di quelle nuccali. Le piastre dorsali della serie longitudinale e centrale sì presentano alquanto più elevate delle piastre formanti le altre serie collaterali. Le scaglie dei fianchi sono ovali e offrono una debo- lissima carena, che finisce per rendersi invisibile. Queste scaglie sono eguali fra loro e più piccole delle ventrali, che hanno forma rettangolare, mentre le altre che si avanzano e cuoprono inferiormente il collo sono quadrate. Nella faccia inferiore degli arti le scaglie sono per lo più piccole, liscie e romboidali ; nella faccia superiore sono invece più grandi e con una carena ben rilevata. Esaminando ora la dentatura di questo esemplare trovo che è costituita da 58 denti, 28 nella mascella superiore, e 50 nella inferiore: ma in realtà qualcuno è rotto o man- - cante affatto. Questi denti sono tra loro disuguali, non tanto per forma, quanto per grandezza, sia nell’una come nell’altra mascella. I più lunghi non oltrepassano io mm.; e i più piccoli appena 1 mm. 1]2, s'intende nella loro porzione apparente od estra-alveolare. Si sa che i margini delle due mascelle mentre sono quasi regolari e rettilinei nei giovani individui, diventano irregolari e sembrano quasi frastagliati negl individui adulti della specie in discorso. Gli arti anteriorì hanno una lunghezza minore dei posteriori : infatti i primi misurano 8 cm. ed i secondi 190 ANTONIO CARRUCCIO + 11 cm, e sono quasi quattro volte più grossi degli ante- riori. | Le dita del paio anteriore sono fra loro appena con- giunte da una membrana posta verso la base della mede- sima : le dita posteriori più lunghe sono unite pure da una membrana interdigitale che si estende un po’ oltre la base di ciaschedun dito : il più lungo misura 10 mm. Le unghie sono nere e forti. La coda è sormontata da una cresta interrotta, for-. mata cioè da rialzi cutanei frangiformi, in numero di 20, quasi uniformi, equidistanti, a margini sovraposti e col- l'apice libero. Colore: questo anche nei giovani è quasi nero nella. faccia dorsale o superiore, con un gran numero di macchie gialliccie, disposte irregolarmente sulle carene e sul rima- nente della superficie delle singole piastre. Quelle ventrali in- vece hanno un colorito bruno intenso con macchie di un giallo più chiaro, ma più larghe delle dorsali. Dimensioni della specie: è una di quelle che raggiunge lunghezza maggiore, conoscendosi esemplari adulti di oltre 5 metri e 1[2:; come se ne conoscono assai giovani lunghi appena da 20 a 30 cm. e anche meno. Questo donato dal Marantonio è lungo, come dissi, cm. 54. Ma, data questa dimensione, qual'è la sua età? Non credo che per questo gruppo di vertebrati si posseggano tutte le nozioni neces- sarie per dare una risposta soddisfacente. Habitat. Il maggior numero degl’individui posseduti nel Museo di storia naturale di Parigi ed in altri Musei, della Francia proviene dai laghi e fiumi della fatale Ca- jenna. A Londra ne hanno di Tonala Valley, Tapana, De- merara. Surinam, ecc. Altri provengono dal Brasile, dal Paraguay (secondo DI UN GIOVANE ALLIGATOR 191 d'Azzara ecc.). Nel Museo di Londra ho visto esemplari che forse hanno le maggiori dimensioni finora indicate. Abitudini. Da parecchi scrittori apprendiamo che que- sti Caimani durante le più forti siccità, facili in quelle re- gioni caldissime, si ritirano nei punti dove l’acqua. vi rimane scarsa, o dove almeno vha un grosso strato di fango. Quivi attendono la stagione delle piogge per ripren- dere le loro scorrerie. Se trovansi all’ asciutto sono timidi e mal destri nel muoversi, in acque abbastanza profonde si avanzano spe- ditamente arditi e pertinaci contro l’uomo, che seguono e attaccano spesso in molti. Il barcaiuolo è quindi costretto a farli indietreggiare a colpi di remo o di grossi bastoni, non essendo facile colpirli a palla. Occorrerebbero molti uomini con scelte armi da fuoco e che fossero abili tira- tori, per uccidere tanti voraci Caimani. Quando questi possono afferrare un'estremità umana, 0 se avvicinandosi alle spiagge riescono a ghermire colle po- tenti mascelle un animale domestico, si affrettano a trarlo in fondo alle acque, non usando divorarli se prima non sono annegati. I Caimani sono predatori notturni, e, come narra lo Schemburgh e ripetono il Brehm ed altri, si cibano principal- 5mente di pesci, uccidendoli con un tormidabile colpo di coda, e spingendoli alla superfice dell’acqua per poterli facil- mente introdurre nell'ampia bocca. Le loro mascelle scric- chiolano in un modo particolare, e coi ripetuti. colpi di coda sulle acque, producono un forte rumore, sì da echeg- giare lontano nel silenzio delle notti tranquille. Ma già scrittori più antichi avevano notato la vigoria della lunga coda dei Coccodrilli e Caimani, coda compressa lateral- mente, sormontata da creste, le quali, come scrissero an- che Dumerile Bibron, « font l’office d’un aviron ou d’une 192 ANTONIO CARRUCCIO rame flexible mais robuste, mise en jeu par un appareil de muscles vigoureux. ». Della forza fisica della specie non si può naturalmente giudicare da questo giovane esemplare che ho presentato, bensì da individui relativamente enormi, perchè lunghi più metri. Invero dei Caimani adulti chiamati Jacaré, l’Azara, il principe di Wied ed altri scrittori ci narrano tali accanite lotte sostenute fra loro, o coll’uomo, da far inorridire. Ma in questi rettili, che sempre furono e sono fra i più antipatici animali, si osservò come le madri diventino ostinate e in- stancabili nel difendere la loro prole, mostrando in caso di pericolo coraggio e tenera premura, non già da bassi. predoni, ma quali possiamo ammirare nelle più nobili e intelligenti specie del regno zoologico. Sinonimia. Fra i vecchi Faunisti americani citerò lo Spix che ripetutamente fece parola di questo Caimano col nome di Jacare nero, Jacquare, Jacquarem. Anche d’Azzara lo chiamò Jacaré, Seba lo denominò Crocodilus junior Cey- lonicus; Schneider Crocodilus sclerops; Daudin Crocodilus gacare. Il nome di A/ligator sclerops, dato da Cuvier, lo troviamo successivamente ripetuto da molti autori ; mentre pochissimi, ad es. Gray, Boulanger ecc., già da me citati, sono quelli che lo chiamano Caiman sclerops. Istituto Zoofogico della R. Università di Roma diretto dal prof. Axroxnro CARRUCCIO Sopra alcuni caratteri e sulle abitudini del GIRGUS LATRO Faor = __—__c__r——__ Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma dal socio dott. FERDINANDO NAPOLI A questo crostaceo vien dato il nome di Granchio del cocco o ladro delle palme. Per la gentilezza del chiar. Prof. Carruccio ho avuto agio di studiare il bellissimo esemplare di Birgus donato al Museo di Zoologia della R. Università Romana, dal Cap. medico Dott. Roberto Mariantonio della Regia Nave Calabria di cui già si fece cenno in questo Bollettino. Ecco ora le mie osservazioni, e quanto ho potuto raccogliere dagli studi anteriori fatti su queste curioso crostaceo. L’esemplare in discorso è di proporzioni molto grandi. Dall’apice delle chele sino al termine dell'addome, misura 50 cm. ; dalla punta del rostro invece ne misura 32. Lo scudo cefalotoracico è lungo 15 cm., nella parte cefalica è largo 8 cm., mentre nella toracica la larghezza è di 17 cm. L'addome è lungo 18 cm. La chela di maggior gran- dezza, essendo disuguali, arriva a 29 cm. di lunghezza. Esso appartiene al genere Birgus della famiglia dei Birgidae, importante gruppo fra i Decapodi, essendo l’a- nello di congiunzione tra i Macruri propriamente detti e gli Anomuri. Si avvicina ai primi per aver l'addome rico- perto da piastre calcaree, mentre se ne allontana per la mancanza del telson. Quest'ultimo carattere lo spinge verso 'Bollcit. della. Soc. Zoolog. Ital. Fasc. IV, V, e VI. Pec) 194 | FERDINANDO NAFOLI venvrveverrrrerevervvveveivet verrei oviò vv vevvvrveceirvt6@e6Éicrisie:vcvusvrcisirerciuveòiQe roc veeoseerze cennlonevose gli Anomuri, all'incontro il primo lo distacca da questi che hanno l'addome nuto. Un carattere al tutto speciale rende degno di studio il Birgus, ed è la sua vita completamente terrestre o quasi. Possiede bensì le branchie in numero di quattordici per parte, ma esse sono ridotte assai. di dimensione ed occu- «pano un piccolo spazio nella cavità branchiale, mentre la parete di questa cavità è tappezzata da una membrana co- perta da una fitta rete vascolare che funziona per lo scambio gazzoso. I caratteri esterni dell'esemplare concordano con quelli che del Birgus latro ce ne lasciarono scritto Cuvier, Milne Edwards, Dana, ecc. Lo scudo cefalotoracico o carapace termina con un rostro orizzontale sollevato e diviso in due da un solco ; è poi chiaramente separato in due porzioni, la cefalica e la toracica, da una depressione trasversale. La parte toracica è di forma subovale e molto più dilatata della cefalica che è arrotondata. Ai lati esterni di questa si distingue la regione branchiale segnata da suddivisioni in piastre quadrilatere dello scudo, e si estende molto sui fianchi in modo da dare al carapace la forma di uno scudo semicircolare che si estende al di sopra della base delle zampe. La linea mediana è occupata da due stretti coni opposti che si congiungono con i loro apici al di sotto del centro dello scudo. L’addome è formato da cin- que segmenti, il primo dei quali è ricoperto da una lista cornea, mentre gli altri quattro sono coperti da piastre calcaree grandi, alquanto accavallate l'una sull’altra. Da ciascun lato di questi quattro segmenti si vedono uno o due pezzi cornei, che pare rappresentino le piastre epi- merialìi. Futta la parete inferiore dell'addome e membra- nosa, solamente nella parte posteriore si vede una placca quadrilatera, seguita da una seconda arrotondata che ri- DEL BIRGUS LATRO FABR. 195 copre lano, La prima di queste porta da ciascun lato un falso piede addominale rudimentale composto da un pezzo basale e di due tubercoli mobili, che richiamano la dispo- sizione delle appendici del sesto anello addominale dei Paguri, ma che è simmetrico dai due lati del corpo. In- fine la placca terminale rappresenta il settimo anello ad- dominale. Nelle appendici noi vi scorgiamo il tipo forcuto ab- bastanza chiaramente. Gli occhi stanno sopra un pedun- colo arrotondato. Le antenne esterne sono lunghe circa due terzi dal corpo, il peduncolo è lungo, ma non sor- passa l’estremità del secondo articolo delle antenne in- terne, ed il palpo non è rappresentato che da un tuber- colo rudimentale. Le antenne interne sono inserite un po all'indietro delle esterne e sono molto grandi. Il primo articolo grosso alla base e cilindrico nei due primi terzi, sorpassa gli occhi e porta un secondo articolo ancora più lungo ; il terzo articolo è più lungo del secondo e porta due filamenti, dei quali l'uno è corto e setiforme, l altro grande ed ottuso. Il primo paio di piedi ambulatori sono molto grossi, di lunghezza mediocre e disuguali, e terminano con delle forti pinze armate nell'interno di denti, che somigliano a molari seghettati nell’orlo esterno alquanto sporgente. Le due paia seguenti sono lunghe e robuste e terminanti in un grande articolo cilindrico. Il quarto paio è meno lungo dei precedenti ed è fornito di un'appendice cheliforme, for- mata da due pezzi lunghi e cilindrici. Il quinto paio è molto corto e cilindrico, s'innalza sopra le parti laterali del ca- rapace e termina con una pinza rudimentale molto ottusa. . Nella femmina al secondo, terzo e quarto anello ad- dominale del lato sinistro vi è un'appendice {pleiopodo) formato da.un.pezzo piccolo basale e da due grandi ap- 196 FERDINANDO NAPOLI pendici strette e ciliate. Nel lato destro mancano queste appendici; nel maschio poi non ve ne sono affatto. L'’e- semplare del Museo Romano non presentando queste ap- pendici si dovrà quindi ritenere come maschio. Il colore varia alquanto. Lo scudo è di colore arancio passante ad una forte tinta bruna nella parte posteriore per la femmina; di colore rosso bruno o cremisi e con la depressione trasversale bianchiccia nel maschio (Dana). Tutta la superficie dello scudo è marcata da un gran nu- mero di cresticciuole lineari precedute da una depressione, posta trasversalmente e guarnita da nna fila di peli molto corti. I piedi sono guarniti da simili linee, ma spesso in- vece dei peli essi portano delle spine. Le pinze ed i tarsi sono armati d'un gran numero di spine corte, d’apparenza cornea. L’addome nella superficie inferiore è verrucoso, specialmente nelle parti laterali, e con verruche coperte da setole corte di aspetto speciale. Le abitudini di questo crostaceo furono in modo dif- ferente descritte dai vari naturalisti. Tolgo da una nota del Dott. R. Horst del Museo di Leiden alcune belle osser- vazioni in proposito e di una grande importanza. lI Birgus è largamente distribuito nelle isole degli oceani Indiano e Pacifico. La quasi nessuna conoscenza delle abitudini di questo animale dipende dall'essere egli un animale notturno. Certo ebbe molta diffusione l’asserzione del Darwin essere il Birgus un animale diurno nei suoi costumi e che ogni notte va al mare. Queste visite al mare furono variamente interpretate: alcuni asserivano che vi andasse per deporre le uova, altri dicevano per umettare le branchie, ed altri an- cora per dissetarsi. Che egli vada al mare per bagnare le sue branchie è molto improbabile, perchè, come abbiamo detto avanti, le branchie sono molto piccole e la respira- | I o | I I | a DEI BIRGUS LATRO FABR. 197 zione si effettua per mezzo della membrana della cavità branchiale, che funge da polmone. Rumphius ha dimostrato che il Birgus nel mare presto morirebbe. Un'altra questione molto agitata a proposito di questo decapode è se possa veramente arrampicarsi sugli alberi, e se lo faccia per andarvi a mangiare le noci del cocco o per altro scopo. A conchiudere qualche cosa il Dott. Horst cita alcune esperienze ed osservazioni del Dott. Sluiter. Questi nel suo laboratorio di Batavia teneva un Birgus vivo. Ora in questa sua prigione il granchio del cocco stava tutto il giorno rincantucciato in un angolo ; solo la notte si faceva vispo, ed uno degli istinti più notevoli era l’arrampicarsi sulle gambe del tavolo od anche ad una colonna alta sino a 5 metri. Di notte egli mangiava volentieri le giovani noci di cocco, mentre le vecchie noci le prendeva di mala voglia, nè fu mai visto aprirne alcuna, mentre le giovani noci le apriva con facilità. Lo stesso Dott. Sluiter asserisce di averlo visto spesso nell'isola di Duizend e nella costa di Bomtam. Di giorno egli stava preferibilmeute sotto blocchi di corallo lanciati sulla costa e spesso lontano dal mare. Alla notte veniva fuori dal suo nascondiglio, con movi- mento piuttosto lento e si arrampicava sopra la cima delle palme di cocco e degli alberi di Mangrove dell’altezza di 20 metri. Ciò che il Birgus faccia sull'albero non lo potè vedere, ma con molta probabilità si può inferirne che vi stava mangiando le giovani noci. Conchiude quindi il Dott. Horst che il Birgus latro è animale notturno, raramente o mai si porta al mare, e si arrampica sugli alberi. Il nostro R. Museo di Zoologia possedeva sino dal 1889 un altro esemplare di Birgus latro donato dal capit. med. Dottor Pace della regia nave Staffetta, ma è di proporzioni molto più piccole e non in così buone condizioni come quello da me studiato ; per cui il nuovo esemplare viene a supplire la deficienza del primo, ed ha maggiormente arricchito la collezione carcinologica del predetto Museo, Tecnica Microscopica LIQUIDI FISSATORI ALCALINI Comnnicazione preventiva del socio VALENTINO BARNABÒ alla Società Zoologica 4taliana con sede in Roma L'intento del lavoro è stato di trovare un liquido fis- satore che, evitando gl'inconvenienti di quelli già in uso per la tecnica microscopica, desse risultati tali da esser consigliato e preferito. Perciò ho preso ad esaminare i migliori fissatori, notandone i difetti e l’azione più o meno favorevole sui tessuti: e da tale studio è risultata l’osser-. vazione che tutti i liquidi finora usati sono di reazione acida contenendo acidi in forti dosi. Ho pensato allora che migliori risultati si sarebbero dovuti ottenere con liquidi a reazione alcalina, che avrebbero così mantenuto l’ambiente chimico in cui vive la cellula e che perciò l’a- vrebbero meno facilmente alterata, evitando possibili errori . d’interpretazione sia dal punto di vista dell’Istologia Nor- male, che dell’Istologia Patologica. Le mie ricerche hanno portato così alla formazione di quattro soluzioni alcaline fissatrici diverse, in cui il cloruro mercurico è variamente combinato col carbonato acido di sodio e colla formal- deide. Le formole sono le seguenti : SOLUZIONE A. SOLUZIONE B. Pr. sublimato;tp 0 PArbi g Pr.‘ isublimato:rereeeeee cloruro sodico . . » 3 cloruro sodico . . . » 5.0 bicarbonato sodico bicarbonato sodico . ì » i fai » 1.0 (soluz. aquosa) (soluzione aquosa) acqua distillata . —» 100 acqua distillata . . » 60.0. LIQUIDI FISSATORI ALCALINI 199 SOLUZIONE C. SOLUZIONE D. Pr. soluzione B. . . . parti 4 Pr. soluzione A__. . . parti 4 formalina 10:°/,.. . meu il formalina10/0/;\-. to Questi liquidi di reazione alcalina danno luogo in primo tempo a precipitati dovuti a combinazioni chimiche che mi sono studiato d’interpretare nel modo migliore. Ne ho poi esaminato l'azione fissatrice sperimentando sul sistema nervoso centrale come quel tessuto che per l’e- strema sua delicatezza avrebbe potuto servirmi meglio in questo caso. Dai vari preparati ottenuti posso dire che tutte e quattro le soluzioni alcaline rispondono perfetta- ‘mente ai requisiti voluti per i fissatori, sia per il breve tempo di fissazione, sia per la conservazione perfetta del tessuto, sia per la facilità con cui si possono poi fare le colorazioni con qualsiasi metodo di tecnica. Ora siccome il mio scopo era di trovare un fissatore che ledesse il meno possibile la costituzione cellulare, ho voluto far seguire a questo studio l'esame diretto dell’azione di queste quattro soluzioni sulle cellule, seguendo al microscopio ciò che avviene quando cellule libere vi vengono messe a contatto, e scegliendo a tale scopo i globuli sanguigni. Ottenni anche qui risultati che confermarono quelli ottenuti sulle cellule nervose. Pensai poi che se avessi trovato anche una solu- zione isotonica sarei stato maggiormente garentito sull’in- tegrità della forma cellulare, e cercai stabilire soluzioni isotoniche al sangue di rana; ma siccome anche le solu- zioni all’1 °/, erano sufficienti a fissare i globuli rossi, non riuscii col metodo di Hamburger, da me scelto in questa ricerca, a ottenere una soluzione limite che mi corrispon- desse. Mettendo perciò da parte questa idea, pensai che qualora con questi liquidi avessi potuto ottenere la conser- vazione perfetta delle figure cariocinetiche, avrei avuto un qualche cosa che avrebbe equivalso ad un’isotonia per un 200 VALENTINO BARNABÒ BRESCIANI IDA LATI I AE O ERI III IA fissatore. Queste ultime ricerche le intrapresi sul testicolo di topo, e devo dire che ho ottenuto felicissimi preparati coll’uso di tutte e quatiro le soluzioni alcaline. Devo quindi concludere che l’uso nella tecnica istologica dei liquidi alcalini da me composti come fissatori è da consigliarsi, | sperando così di portare un modesto contributo alla tecnica microscopica che deve seguire un indirizzo scientifico, abbandonando ormai quello aprioristico finora adottato. Sullo stato semiembrionale degli organi genito-orinari del pulcino appena nato _ ——_— ———— Nota preventiva comunicata alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma dal socio Prof. R. MARCHESINI nell'adunanza del 18 luglio 1904. Il pulcino appena nato non presenta completamente evoluti gli organi genito-urinari. | Questo stato di cose potrebbe spiegare la possibilità non di un cambiamento di sesso a piacere, ma per la na- ‘tura della glandola germinativa non bene evoluta, di una trasformazione dei maschi in femmine. È ciò potrebbe es- sere possibile solo per questi animali ovipari provvisti di cloaca, e non per esseri più o meno evoluti, e sempre per un fatto operatorio che attenuasse lo sviluppo della glan- dola testicolare, rispetto all’ovarica. Nei gallinacei è facile : l'osservazione delle attitudini di galline nei galli capponati ai quali spesso viene affidata la cura dei pulcini. Su questo tema è il lavoro che spero di comunicare quanto prima alla Società Zoologica. A. NEVIANI NOVITÀ BIBLIOGRAFICHE La letteratura sopra i Briozoarî viventi si è in quest'ultimi tempi arricchita di due importantissime e voluminose memorie ; cioè quella di Jullien J. et Calvet L. sui « Bryozoaires provenant des campagnes de VHi- rondelle, 1886-88 » e quella del Waters Arth. W. sui « Bryozoa du STESA du S. Y. Belgica, 1897-99 ». Il primo lavoro pubblicato nel fascicolo XXIII (Monaco 1903) dei | « Résultats des campagnes scientifiques accomplies sur son yacht par Albert Ie prince souverain de Monaco » è un’opera di gran lusso, in-4 | gr., comprendente 188 pag. di testo e 18 tav. splendidamente disegnate dagli autori, ed inappuntabilmente eseguite, talvolta a colori, dalla li- tografia Werner et Winter di Francoforte s. M. Il materiale a briozoi era stato dal principe di Monaco affidato dap- prima per lo studio all’eminente zoologo J. Jullien, ma questi mancò presto ai vivi, e venne degnamente sostituito dal dott. L. Calvet, vicedirettore della stazione zoologica di Cette. Il Calvet ha, con rara delicatezza, pubblicato per intiero quanto fu la- sciato manoscritto dal Jullien, e separatamente quanto esso ha creduto opportuno di aggiungere. Le specie descritte sono 184, delle quali 108 provengono dal golfo di Guascogna, dragate sino alla profondità di 300 m.; 83 sp. prese nelle vicinanze delle Azorre furono dragate sino a 1557 m.; e 23 sp. al Banco di Terranova furono prese dalla profondità di 150 m. a quella di 1267 m. Le specie nuove sono 76, e 17i generi nuovi (Sarsiflustra, Sertella, Nim- bella, Jaculina, Strophiella, Marguetta, Cribella, Cryptella, Posterula, Dakaria, Nimba, Galeopsis, Malleatia, Phoceana, Cyclopora, Biidmonea, Diplopora). La divisione in gruppi comprende: 8 entoprocti, ò ctenostomi, 137 cheilostomi e 34 ciclostomi. Circa alla distribuzione geografica dirò — solo che delle 108 sp. già conosciute, ben 86 sono a comune con il Me- È diterraneo. Oltre alle suaccennate 76 sp. devesi tener conto della Ogiva | ogivalis Seg. (Membranipora), per la prima volta trovata vivente, mentre da tempo era nota allo stato fossile nei terreni terziarii della provincia di Reggio Calabria. La memoria. è corredata, come si disse, di 18 tavole, che illustrano — 106 sp., e di un elenco bibliografico di 152 memorie, i NOVITÀ BIBLIOGRAFICHE . 203 enon a ronson atar osano za node innanzi ini ranna L'introduzione, scritta da Jullien, contiene due capitoli interessanti ; l'uno generale sulla classificazione dei briozoari, l'altro di tecnica sulla preparazione loro per collezioni. La memoria del signor Waters appartiene ai « Résultats du voyage du S. Y. Belgica, ecc., 1897-1899» della « Expédition antarctique Belge » (Anvers 1904, in-4 gr., pag. 103, con 9 tav.), e deve ritenersi come una memoria importantissima, sia per la rara competenza dell'Autore, sia perchè vi si fanno conoscere buon numero di specie di quelle regioni antartiche assai meno esplorate delle artiche, e che nascondono delle vere sorprese agli studiosi. Anche questa memoria del Waters è un colpo alla ormai vieta teoria della bipolarità, che pur ha avuto per qualche anno non pochi seguaci. Le specie descritte sono 99, delle quali 87 veramente antartiche, e le altre subantartiche. Le prime furono dragate a, profondità variabili da 410 a 500 metri, con una temperatura di + 0,9 a — 0,3 centg. tra le latitudini 709,00’ e 71°,24 S. e le longitudini 800,45’ e 919,54 W. Le subantartiche provengono per lo più dai dintorni della Terra del fuoco. BILE specie nuove sono 54, con 3 nuovi generi (Systenopora, Cellari- nela e Orthopora) ; delle rimanenti specie già note, 17 si trovarono nel- l'emisfero settentrionale, e solo 8 nel Mediterraneo. 86 specie sono illu- strate da ben 320 disegni dei quali molti intorno a particolari anatomici. Di particolare interesse è la introduzione che contiene osservazioni sulla distribuzione delle specie e sulla loro classificazione. Per quanto con un poco di ritarao faccio presente agli studiosi anche due molto interessanti memorie del dott. L. Calvet innanzi citato. Esse sono riunite sotto l’unico titolo di « Matériaux pour servir a l’histoire de la faune des bryozoaires des cotes frangaises » e la prima porta il titolo speciale « Bryozoaires marins de la région de Cette », la seconda è in- titolata « Bryozoaires marins des cotes de Corse »; queste pubblicazioni fanno parte dei « Travaux de lInstitut de zoologie de 1’ Université de Montpellier et de la station zoologique de Cette ». I briozoi dei mari di Cette sono rappresentati da 115 sp. delle quali 7ò cheilostomi, 38 ciclostomi e 2 entoprocti; le specie nuove sono 6, e 3 le nuove varietà; la fauna del Mediterraneo acquista con questo lavoro 21 specie. La memoria è accompagnata da tre splendide tavole. I briozoi delle coste della Corsica sono 98 specie, di cui 75 cheilo- stomi, 19 ciclostomi e 4 ctenostomi, con 2 sp. nuove e 1 nuova varietà. La fauna del Mediterraneo si accresce di altre sei specie. Due tavole accompagnano questa memoria, SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA sotto la presidenza onoraria di S. M. il Re Processo verbale dell’ adunanza generale Spera tenuta il 21 aprile 1904 Presidenza del prof. A. Carruccio. Aperta l’adunanza, il presidente comunica alcune lettere di ringraziamento di nuovi soci ordinari e straordinari, e presenta molte importanti pubblicazioni pervenute in omaggio alla Società od in cambio. Dà quindi la parola al socio consigliere prof. A. Neviani che riferisce su notevoli forme di Briozoi del Mediter- raneo. Il socio principe D. Francesco Chigi fa vedere ed illustra al- cune rare specie di uccelli della provincia romana. Segue la presentazione di una breve comunicazione del dott. Romero su talune terminazioni nervose nei muscoli della Talpa. In una memoria trasmessa dal dott. G. Checchia Rispoli ven- gono illustrate specie fossili di Crostacei trovate sul Monte Gar- gano. — Nell’ assenza del socio Checchia la memoria vien pre- sentata e riassunta con parole di lode dal presidente. Il socin Neviani chiede in proposito la parola per far « ri- levare tutta l’importanza di questo lavoro, che pure ha appa- renza tanto modesta. La constatazione certa della parte superiore del Miocene medio nelle montagne del Gargano, fatta dal Dott. Checchia, segna un’ èra nuova negli studî geologici di quella re- gione. Quei terreni erano confusi con altri e riportati nientemeno che al Giurassico. Tutto questo fa profondamente modificare quanto sinora si è detto sul sollevamento del Gargano, il quale è quindi assai più recente di quanto sì fosse creduto. « Tutte le teorie riguardanti lo scomparso continente Adria. debbono essere rivedute e modificate secondo la importante sco- ‘ perta del Checchia ». SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 205 Il presidente presenta altra memoria del socio Dott. Giulio Alessandrini, che non potè intervenire all’odierna adunanza. La memoria è accompagnata da molte figure, e tratta dello « Sv: luppo e ciclo evolutivo dell’ Anchylostoma (Uncinaria) duodenale Dub. -- Siccome oltre al lavoro manoscritto già consegnato, l’ autore desidera di far vedere ai consoci non pochi preparati mierosco - pici, così il presidente crede sia meglio rimandare tanto lo svol- gimento della importante memoria, quanto la presentazione dei preparati, alla prossima adunanza, alla quale il dott. Alessan- drini non mancherà d’intervenire. Il prof. Carruccio riferisce alla sua volta sulla recente ap- parizione e cattura di un raro Cetaceo (Globicephalus melas Traill.) presso Porto d’Anzio, dove non mai — stando alle notizie accu- ratamente raccolte finora — lo si era osservato. Di questa specie presenta la grossa testa ossea in buone condizioni di conserva- zione (che il Museo Zoologico potè avere grazie alle premure del consocio sig. D'Antoni); e della testa medesima dà le dimensioni ed illustra alcune particolarità anatomiche. Espone quindi quanto si sa intorno alle rarissime apparizioni fatte in Italia da questo mammifero acquatico, e riassume quanto si è detto dal Van Be- neden e da altri distinti Cetologi per diverse località straniere. L’istesso presidente presenta una non numerosa ma interes- sante serie di Artropodi, e sovratutto di Crostacei dei mari del Giappone e della Cina, trattenendosi sovra un esemplare gigan- tesco di Macrocheira Kaempferi De Haan, specie notevolissima, prima affatto mancante al Museo di Roma. Anche questa specie fa parte della bella collezione di Vertebrati, Artropodi ecc. for- mata dall’ egregio capitano medico dott. Roberto Marantonio a bordo della R. Nave Calabria, e donata al Museo Zoologico Uni- versitario; della quale collezione, a misura che verrà studiata, ver- ranno date opportune notizie alla Società. L’adunanza è sciolta alle ore 6 314 pom. Il Segretario Prof. GIOVANNI ANGELINI. 206 PROCESSO VERBALE Adunanza generale scientifica del 18 giugno 1904 presidenza del prof. A. CARRUCCIO | Dichiarata aperta l’adunanza alle ore 5 e 1[2 pom.,11 presi- dente proclama dapprima i nuovi soci signori Frenguelli Gioac- chino, Dott. Ferdinando Napoli e Dott. Rossi Carlo, . Presenta dopo alcuni nuovi doni ‘fatti al Museo Zoologico delia nostra Università da S. M. il Re VirtorIo EmanUELE III, fra i quali due feti (uno di Mustela martes ed uno d’ Hystrix cristata di Castel Porziano), una testa di Cervus capreolus e altra di (‘apra ibex. Presenta pure un bell’esemplare di Arctomys marmotta adul. del Piemonte, preparato dal sig. Coli, oltre un Myozus glis ed una Talpa romana, varietà albina, di San Rossore. Fra gli Uccelli, pure donati da S. M. il Re, presenta prepa- rati belli esemplari di Phasianus colchicus (varietà), di Haemato= pus ostralegus, Squatarola helvetica, Crex pratensis in abito di nozze, un Actochelidon Sandwicensis ecc. E finalmente fra i Rettili, quasi tutti della tenuta reale di Castelporziano, presenta esem- plari di Callopeltis, Elaphis, Zamenis, Tropidinotus e Vipera ed una varietà di Podarcis muralis. — Questi doni, sono novella prova della benevolenza e generosità del Sovrano verso un Isti- tuto scientifico della Capitale e forniscono nuove occasioni di studio alla ‘nostra Società. — Dà poi notizia di alcuni nuovi e pregevolissimi cambi di Accademie e Società di scienze naturali, e presenta 32 pubblicazioni testè pervenute in omaggio alla So- cità Zoologica Italiana con «sede in Roma, segnalando quelle dei signori conte E. Arrigoni degli Oddi, di Brancroft Franck, Ago- stino Bonomi, Crema Camillo, Damiani Giacomo, Davenport U. B. Bean Bashford, De Stefano Gius., Goeldi, Hilgendorf F. e P, Pappenhein, Mbebius K., conte Emilio Ninni, P. Pavesi, Picaglia L., Scrofani P., Smallword Mabel, Tiraboschi G., Harry Beal Tor rey e von Thurea F. SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA 207 Il presidente, facendo osservare tutte queste pubblicazioni scientifiche, ed i cambi di gran valore, nota che del fatto devono compiacersi tutti i consoci, essendo prova molto evidente del cre - scente favore che ottiene anche all’estero la Società nostra. — Annuncia che l’ufficio di segreteria si è fatta gradita premura di spedire i 12 volumi già pubblicati in Roma a tutte le illustri Società ed Accademie che tanto gentilmente li richiesero, e che prestissimo saranno trasmessi i fascicoli che formano il 13° vo- lume (1904). Avuta la parola il prof. G. Alessandrini, espone largamente le risultanze dei suoi studi e delle sue osservazioni sullo sviluppo e sul ciclo evolutivo dell’ Anchylostoma (Uncinaria) duodenale Dub., e dimostra una serie di figure benissimo disegnate e di prepara- zioni microscopiche. — A parecchi soci che domandano schiari- è menti, vengono dall’autore prontamente dati. Il prof. G. Angelini fa una particolareggiata recensione del nuovo Manuale di Ornitologia Italiana del socio conte prot. E. Arrigoni degli Oddi (1). _ Il presidente presenta e riassume una dotta memoria del prof. Mario Condorelli dell’ Università di Catania, sovra un caso di myiasis nell'uomo per larva cuticolare d’ Hypoderma bovis. Il prof. Neviani fa noti i suoi studi sovra diverse specie di Briozoari del Mediterraneo, e specialmente dell’ isola di Strom- boli (2). Il prince. D. Francesco Chigi espone le sue osservazioni sulla nidificazione del Pernis apivorus nella provincia di Roma, sovra un ibrido di Carduelis e Chloris, sul Falco Feldeggi e sullo Stur- nus unicolor. L'’istesso socio Chigi presenta pure un Astur palumbarius non ancora annunziato come vivente nella provincia romana, ed accenna agli studi fatti su gran numero dì esemplari del gen. Passer 8). (1) Ved. il fasc. I, II e III di questo Bollettino (1904) da pag. 98 a 108, (2) Ved. i fasc. pred. (3) Pubblicasi in questo stesso triplo fagc. 208 PROCESSO VERBALE Il presidente presenta e riassume una comunicazione mano- > scritta trasmessa dal Dott. Rossi Carlo sovra un Caso di psoriasi parassttaria nell’uomo. — Presenta pure altra comunicazione in- viata dal socio corrispondente prof. E. Santoro-Silipigni, nella quale tratta dell’Atavismo sessuale nel Dasypus tricinctus (2). Data la parola al Dott. C. Tiraboschi, viene dal medesimo e- sposta la continuazione dei suoi studi sugli animali propagatori della peste bubonica, e tratta specialmente degli ectoparassiti (fra i quali trovò parecchie nuove specie) viventi sui Ratti e Sorci, che potè avere da tutte parti d’Italia (1). Il presidente ringrazia gli autori delle fatte comunicazioni, di taluna delle quali fa in modo speciale rilevare il pregio. Il vice-presidente Conte Guido di Carpegna prende la parola a proposito dell’annunciato disegno di legge sulla caccia, facendo qualche considerazione sul modo e sui limiti con cui saranno concessi i così detti licenzini scientifici. — Alle considerazioni del socio Carpegna si uniscono altri fra i presenti, e principalmente il presidente ed il prof. Angelini. In fine il presidente prof. Carruccio presenta un giovane e- semplare di Caimano dell’Isola Trinidad, donato dal capit. med. dott. Marantonio, e fa rilevare alcuni caratteri della specie (AL ligator sclerops). Alle ore 7 pom. viene sciolta l'adunanza. Il Segretario Prof. G. ANGELINI. (1) Ved. i primi 8 fascicoli di questo volume, pag. 38-97. (Nel prossimo fascicolo verranno dati i processi verbali - delle altre recenti adunanze scientifiche). È a n —_T_r__rn mr OL SNLIL DXN_TTT<—-><-*«-£_-_-*_-*-**-£*<-=<“*<*-*--<*------*--*-7T_r*r----<* - ni = rd fall Comm. Prof. Antonio CarruccIio — Direttore responsabile Roma 1904 — Tipografia di G. B: bi. Via della Mercede. 23-29. ANNO XIHI Prof. Comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia comparata, _ specialmente Vertebrati). De. D. Guinpo Orazio FALCONIERI Conte di Carpegna — Vice-Presidente- (Ornitologia). UE Prof. Cav. RomoLo MELI — Vice-Presidente (Paleozeclogia e Malacclogia). “o Prof. Cav. GiusEPPE TyUCCIMEI — (Zoni, e Paieont.) Rag. Sig. VITTORIO'ZAMBRA — Economo-Cassiere (Ornitotogia). Prof. Antomio NEVIANI — Consigliere (Zoologia generale specialmente Briozot). March. Dott. FiLippo PATRIZI — Idem (Ornitologia). - Prof. GIOVANNI ANGELINI — Idem (Zoologia generale; spec. Ornitologia). Segretario, — bi Comm. FortuNATO RostAGNO — Idem (Entomologia, spec. Lepidotteri). Si March. Dott. Giuseppe LEPRI — Idem (Entomologia-Ornitologia). Pro. Cav. RinaLDo MARCHESINI — Idem (Istologia generale). Prof. Cav. Giovanni PocHETTINO — Idem (Zoologia generale). ea a a a a a a a I i E E EE 3. - ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO. _— ___—_—_—"TT—_- -z es Art. 2 — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, conse sigli, appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori | della biologia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino con- | tenente i resoconti delle adunanze, Te comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo - fisiologica, embriologica, paleonto- | logica e sistematica: e quelle altre notizie che possono interes- — sare gli studiosi. i Art. 3 — La Società è composta di tre categorie di soci: _ 1° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pa- | sheranno lire Dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire | 200 in una sola volta. | bi: 2* Soci straordinari, i quali pagheranno lire Sette annue! . È 3* Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consi- | glio direttivo. scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli | studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle publicazioni sociali. MANSON NNA LS NNNSNSMS ANAS MSSISIEÈ SSN SMS SONS SSNANNSA SME Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO - R. UNIVERSITÀ {Via della Sapienza — ROMA) 1 NB. Soltanto zi membri tutti della Società, residenti e non residenti, è fatta. x “È Ned: facoltà dalla Direzione dell'Istituto di poter visitare le sale del medesimo in. qualunque giorno della settimana, e di trattenersi per confronti, per studio e lettura di opere, dall’ottobre al luglio di ciaschedun anno. ce ca TA Rn ae Roma — Tipografia di Giovanni Balbi, Via della Mercede, 28-29. rieti I Ni I, Nr > 5, 3 scicolo: 26 GENNAIO 1905. 00 | Data della pubblicazione di questo doppio fa n if { Fasc. VII e VIII. Serie it - Vol. V. Anno XIII - 1904. — BOLLETTINO. È SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA = CON SEDE IN ROMA wo Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill 5 SOMMARIO. I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE Fam. Irodidae e di una "nuova spe- er cie descritta dal Dott. L. Lavarra. (a 1. Carruccio prof. Antonio. Note anatomo- — 8. Annunzio della prima cattura ‘ Neri zoologiche sopra un Oryeteropus ae- di una Sula bassana avvenuta presso FS thiopieus ora introdotto nella collez. Civitavecchia, del prof. G. Angelini. Sa gen. dei Mammiferi del Museo Zoo- —. 9. Ricerche del Dott. Gino Chia- di logico della R. Univ. di Roma. Pag. 209-217 $ rini sui Linguatulidi, ein particolare 2 2. Tuccimei prof. Giuseppe. Sopra i Dit- ) sul Porocephalus erotali. — 10. Con- 2 teri della provincia Romana. (Nota di siderazioni e ricerche del socio V. 198 preventiva) » 218-222 ì 0 Barnabò sulla conformazione dello j 3. Chigi prince. D. Francesco. Contributo ) stomaco dei Mammiferi a propesito di sa allo studio dell’ Avifauna Romana » 223-226 $ una rara anomalia osservata in un _4. Barnabò Valenfino. Brevi considerazioni è) Lepus cuniculus. — 11 Nota pre- e ricerche sulla conformazione dello È ( ventiva sui Protozoî in rapporto alle FMI stomaco umano e di altri Mammiferi $ infezioni, del Dott. U. Ferretti. — dh (a proposito di una rara anomalia ri- ) 12. Differenze fa alcuni caratteri del Pal scontrata in questo viscere nel Lepus Ù Coniglio di S, Rossore e quello Ro- Za cunieulus) » 227-240 ) | mano, del Dott. B. Bianchini. - st 5. Bianchini Dott. Bruno. Differenze fra 3, 13. Sopra i Ditteri della prov. di Ro- se alcuni caratteri morfologici del Co- 4 ma. Nota preventiva del prof. Gius. È niglio di S. Rossore e quelli del Co- Tuecimei. — 14. Anomalia riscon- "95 niglio Romano » 241-254 trata in un uovo di Psittacula cana, des 6. Lavarra Dott. Leonardo. Sopra una del Dott. T. De Felice- — 15. Presen- dpr nuova specie di Haemaphysalis tro- tazione di nuove specie di Vertebrati A vata sopra un Tragulus meminna » 255-258 e Artropodi introdotte nelle collezioni SURE 7. Ferretti Dott. Uberto. Di alcuni Pro- del Museo Universitario, e illustra- : tozoi e dei loro agenti di trasmis- zione di un Oryeteropus aethiopieus, A sione » 254-264 del prof. A. Carruccio. Pag. 265-272 -> ARE a: 0 N. B. Parecchie di queste comunicazioni ni II. ATTI UFFICIALI DELLA SOCIETA. $ poteronsi pubblicare in questo du- ca plice fascicolo ; altre faranno parte Lr Resoconto speciale dell'adunanza generale dei fascicoli del vol. XIV (1905). "AA scientifica tenuta il 28 dicembre 1904. TSO 1. Soci presenti all’adunanza — 2. Pro- III clamazione di nuovi soci. — 3. Com- ; a x - ce ped i di: dati GS a, Indice generale delle materie contenute n BE blicazioni zoologiche italiane, fatta nel vol. XIII (1904) » 273-274 AE da) Presidente. — 5. Studio del prof. Di G. Alessandrini su ectoparassiti e) ) IV. ANNUNCI SULLA COPERTINA Na sull’ecteroacariasi riscontrati in un Ù I Lepus cunieulus.- 6. Ricerche somato- 1. Prezzo di favore a chi acquisterà i XII Cagli metriche del socio Dr. Guido Paoli per volumi finora pubblicati, e prezzo di -; ae la determinazione delle variazioni di associazione pei non appartenenti alla us rapporto fra la lunghezza dell’Ovopo- ò Società. -- 2. Membri componenti il SN sitore e quella del corpo di alcuni Or- Consiglio Direttivo. - 3. Articoli estratti ica totteri, — 7. Studio di più generi della dallo Statuto. — 4. Sede della Società. var — SEL >__ i 1. — Prezzo di favore e prezzo di Associazione. Rot. 1. A quanti ne faranno domanda sollecita (essendo assai limitato îl1 numero delle copie disponi- i a bili) accompagnata dall'importo anticipato, verranno spediti, franco di posta se in Italia, i XII vo- Mt lumi pubblicati dalla Società dal 1a gennaio 1892 a tutto il 1903, al prezzo di favore di lire Novantasei ii in luogo di lire Cantoquarantaquattro, come realmente importerebbe la serie di questi volumi. co Pei non Soci il prezzo d’associazione ad ogni singolo volume annuo è di L. 12 in Italia, e di sa L. 15 all’estero — pagamento anticipato. — Ogni fascicolo (per lo più doppio o triplo) vendesi a Ari: __L. 4. — Volumi arretrati, ognuno al prezzo di L. 15. “N S) LOS Conto corrente colla Posta — Pubblicazione trimensile, fata Fasc. VII e VIIL Serie III - Vol. V. Anno XJII, — 1904. BOLLETTINO DELLA SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Pror. A. CARRUCCIO NOTE ANATOMO-Z00LOGICHE sovra un ORYCTEROPUS e due MANIS non ha guari introdotti con altri animali nel Museo Zoologico della R. Università di Roma. (Adunanza generale scientifica della,,Società Zoologica Italiana del 28 dicembre 1904) I. Di uno dei Pangolini. regalato al nostro Musco dal sempre compianto Re Umberto ebbi soltanto a fare una rapida menzione allorquando presentai alla nostra Società la collezione assai importante dei Vertebrati provenienti da Borneo (Sarawak), donata dall’istesso Re poco prima del- ‘ Vorribile eccidio avvenuto in Monza. Dissi allora che in- tendevo riservarmi a giorni in cui fossi meno occupato ‘per poter illustrare l'esemplare, veramente bello e perfetto, di Manis javanica maschio, Desm., insieme ad altro, più grosso, non meno interessante, ma alquanto guasto nei piedi, precedentemente ottenuto dall’illustre collega ed a- mico prof. P. Pigorini, Direttore del R. Museo preistorico ed etnografico /Manis gigantea lliger). L'interesse che desta quest'ultimo esemplare è anche maggiore perchè ricorda uno dei più valorosi viaggiatori italiani, il capitano Romolo Gessi di Ravenna, il quale 10 ANTONIO CARRUCCIO dpr __—_—_—_—_ —-—r set riuscì a catturarlo : e fu l’unico che potè vedere presso la regione dei grandi laghi equatoriali (1). L’ottimo esemplare di Orycteropus, che ora qui vedete per la prima volta (ed è probabilissimo che questo genere non abbia mai avuto nella nostra grande capitale verun rappresentante nelle collezioni pubbliche o private), lo potei acquistare da pochi giorni, essendomisi presentata un'occasione assai favorevole. Dopo che ricevetti due individui del genere Mantis, dei quali parimenti il Museo mancava affatto, più forte era in me il desiderio d'introdurvi anche quest'altra notevole forma di formichicre. E così dei Maldentati vermilingui potei avere la serie dei principali rappresentanti delle due famiglie Myrmecophagidae e Orycteropidae; come avevo ottenuto quelli della serie dei Loricati per le altre due fami- glie Manidae e Dasypodidae, compresa la sottofamiglia assai più difficile a essere rappresentata nelle collezioni di non pochi Musei, ch'è la CAlamydophorinae. Potei infatti acqui- stare, alcuni anni or sono, un bellissimo esemplare di Chlamydophorus truncatus Harlan, preso a Mendoza. Oggi adunque, oltre i diversi Vertebrati, Artropodi e Vermi, testè introdotti in Museo, e che ho qui fatto tra- sportare perchè possiate osservarli, e sui quali verrà fatta speciale relazione da altri consoci, non poche di esse forme animali presentando speciale interesse, comincio dal presentare un esemplare assai ben conservato e preparato di Orycteropus, esponendone parecchi caratteri distintivi. Strana e curiosa è davvero questa scarsissima famiglia —_———————_—___ (1) Il compianto mio concittadino ed amico, marchese Pietro Amat di S. Filippo in una delle sue dotte pubblicazioni avente il titolo « Gli illustri viag- giatori italiani ,, così chiude il capitolo dedicato al Gessi : « Pochi uomini unirono a corpo di acciaio una mente svegliata come la sua ed un coraggio a tutta prova; nessuno più di Romolo Gessi ha onorato il nome italiano nel suolo fatale dell’Africa » (Ved. pag. 471). Me ist ee ERO E 7 i ia 0 RT _ ra ate em ni tdi ? o NOTE ANATOMO-ZOOLOGICHE 211 di mammiferi viventi e fossili compresa nell'ordine dei Maldentati. Fra i fossili abbiamo il genere Palaeorycteropus . Filhol, con una specie della Francia merid., edil genere Plesiorycteropus pure del Filhol, con una spec. del Mada- gascar. Fra i viventi abbiamo il solo genere Orycteropus E. Geoff. (1795). Questa denominazione scomposta nei due vocaboli che la formano suona scavatore col piede: vedremo ch’'essa è molto ben scelta. Nel genere Orycteropus sono annoverate dal Troues- sart e da altri 4 specie, delle quali 3 viventi (0. capensis Gm., 0. aethiopicus Sundev. e O. Senegalensis Less.), ed una fossile (0. Gaudryi F. Major — di Samos e Persia — tro- vata nel Mioc. sup.) (1). Negli Orycteropus sono assai sviluppati i padiglioni uditivi, che finiscono in punta. Nell’esemplare che avete sott'occhio la lunghezza di ciascun padiglione è di cm. tore12: Devo avvertire che YO. capensis ha il profilo del muso più rettilineo, mentre questo, ch'è VO. aethiopicus, lo ha alquanto convesso verso la base, e si va abbassando e restringendo verso la parte mediana della sua lunghezza ; e finalmente il profilo dell'O. Senegalensis si presenta nella regione mediana frontale ancor più convesso; alla linea di rialzo succede una depressione pure mediana, corri- spondente alla sutura delle due ossa frontali. — Iprema- scellari sono piccoli assai, ma meno rudimentali che in altri Maldentati. E sonvi alcune altre particolarità osteologiche che meriterebbero di essere menzionate, costituendo differenze —— _—___—_—_&6 (1) Il D. P. Matschie nella sua opera : Die Siwgethiere Deutsch-Ost-Afrikas, Berlin, 1895, a pag. 144 brevemente ricorda le due specie: 0. capensis e 0. . aethiopicus. 212 ANTONIO CARRUCCIO fra le tre specie. Nel Formichiere del Capo le ossa parie- tali, che si estendono all'indietro fino alla cresta occipitale, sono più lunghe, come lo sono anche le ossa frontali in confronto alle altre due specie. Il gran foro occipitale nel Formichiere abissinico od etiopico è rotondo, mentre appare più largo che lungo, e quindi coll’apertura maggiore diretta trasversalmente, nel- lO. capense; nel quale si osserva che tutta la faccia occi- pitale esterna è più larga. Tacerò, quasi affatto, per ragione di brevità, di alcune altre differenze osteologiche riguardanti la mandibola, le cui branche orizzontali sono più allungate nell’0. capense, mentre sono più larghe le due branche ascendenti. Duvernoy ebbe ad osservare che per la forma di esse branche ascendenti nell’Orycteropus senegalensis questo offre caratteri che lo avvicinano ai mammiferi carnivori, anche perchè ha più pronunciate le impressioni degli attacchi muscolari. Ma le abitudini « plus carnassiéres » di questa specie erano state già notate dal D'Abbadie, il quale ri- corda che gli Abissini lo chiam mo eon parole che tradotte in francese suonano: deéterreur de cadavres, perchè non soltanto si ciba di formiche, ma anche di carni putrefatte. I Ricordo un’altra particolarità che concerne le vertebre sacrali: è stato infatti notato che mentre nella specie del Capo si trovano 6 di esse vertebre, solo cinque ne presenta. quello abissinico. — Le dorsali sono in numero di 13 e le lombari di 7. — La clavicola è ben sviluppata. — Il femore offre una 3% prominenza trocanterica. L’O. del Capo ha più sviluppato il secondo dito della zampa anteriore, mentre nell’abissinico il dito più grosso è il primo. Tutti gli Oriteropi hanno 4 dita anteriori, e 5 poste- riori. Sono adunque plantigradi eterodattili, perchè tetra- NOTE ANATOMO-ZOOLOGICHE 213 dattili nelle zampe toraciche, mancando il pollice; penta- dattili nelle addominali o posteriori. Ben vedete che le unghie sono fortissime, robuste, e circondano la falange terminale o unghiale : sono roton- deggianti quelle delle zampe posteriori, e quelle del 3° e 4° dito hanno la larghezza maggiore (16 mm.), e quella del 5° o dito esterno ha l'unghia meno larga (12 mm.). Il dito più lungo, unghia compresa, misura 75 mm. ed è il mediano. Le unghie dei piedi anteriori sono più grosse e più lunghe di quelle dei piedi anteriori, e di forma non ap- pena convessa come le posteriori, ma triquetre e con cresta mediana assai pronunciata, quasi, conformata ad artiglio. Il dito più lungo è il mediano (74 mm.) ma Funghia più sviluppaia (42 mm.) appartiene al 2° dito esterno. Pelame — Lunghezza — Spessore — Colorito. Rari sono in generale i peli che cuoprono questi mammiferi, e per ruvidezza, grossezza e lunghezza variabili secondo le specie, Yetà e la sede. Infatti un po’ più sottili, corti, bianco-gial- lognoli e scarsi si vedono sulla testa, sulla fronte e sul collo ; più intensamente coloriti, anzi quasi affatto neri sulle gambe, più copiosi, ruvidi, più lunghi e di colorito fra il brunastro « il nericcio sui fianchi del corpo e sul ventre, e princi- palmente sul davanti degli arti anteriori e posteriori fino alla base delle dita. Sulla coda i peli (riferendomi sempre all’esemplare ‘ora acquistato pel Musco Romano) sono scarsi, brevi, bruno-giallastri. Non manca qualche scrittore, e fra i più recenti citerò il Franc Evers Beddard (1), che asserisce essere la specie meridionale, O. capensis, più pelosa della settentrionale, (1) Ved. The Cambridge Natural History, Mam nalia, Vol. X, p. 183-190. London, 1902. 214 ANTONIO CARRUCCIO O. aethiopicus. Altri avvertono che quest’ultimo ha le orec- chie prive di peli ed offre peli neri più copiosi sulle coscie e sulle antibraccia, al loro lato esterno. Questi caratteri però non mi sembra abbiano gran valore. E prima di proceder oltre dirò delle dimensioni proprie a questo nostro esemplare. Lunghezza totale. Misurando dall’apice del muso fino all'estremità della coda, l'individuo che presento ha una lunghezza di 1 m. e 54 e 172, e cioè 29 cm. e 172 appar- tengono alla testa; 10 cm. al collo; 74 cm. al tronco fino alla base della coda, e 39 dalla base della medesima fino all'estremità apicale. L'altezza massima, corrispon- dente alla convessità della porzione mediana del dorso, è di 42 cm. La lunghezza degli arti posteriori è di 47 cm., quella degli anteriori di 26 cm., non compreso nè il tarso nè il carpo colle loro rispettive dita. Il muso comincia a formarsi e restringersi dal disotto degli occhi in giù, misurando 14 cm. circa, con un’aper- tura boccale di 6 cm. La lunghezza massima che viene attribuita da pa- recchi scrittori all’O. capensis è di 2 metri, e la lunghezza media venne fissata in 1 m. e 15 cm., dalla quale circa 99 cm. appartengono alla coda. Sistema dentario. È in questo che troviamo uno dei caratteri più notevoli degli Orycteropus appartenenti alle 3 specie che ho già menzionato, avendo tutti i rispettivi denti molari d'una forma singolare. Anche questi non hanno nè radice nè corona distinta, ma risultano da una serie nu- merosa di canalicoli longitudinali e rettilinei, disposti quindi parallelamente fra loro nella sostanza ossea cui apparten- gono, in guisa che la denominazione di tubulidentata, che pur venne data a questi Mammiferi, è pienamente giusti— ficata. NOTE ANATOMO-Z00LOGICHE 215 Ciaschedun molare resta alquanto distante dall'altro, ed offrono dimensioni diverse: il 1° è il più piccolo, il 2° è meno, il 3° e 4° sono più grossi, il 5° e più grosso, il 6° un po’ più grande, ed il 7° è quasi eguale al 4°. — Dei due primi denti molari, quello della mascella superiore è anche più piccolo di quello dell’inferiore, tanto che rima- nendo spesso rudimentale, o non sporgendo sulla gengiva, fu per svista omesso da taluni nel dare la formula dentaria. Anche la conformazione di questi molari varia: ad es. ha una forma elittica più regolare il 4°, ed il 5° e 6° pre- sentano ai loro lati esterni ed interni una solcatura lun- gitudinale, da farli apparire quasi risultanti da due metà cilindriche fra loro incollate. Sono molto pregevoli le notizie che sulla siruttura mi scroscopica di questi denti ci ha dato il Duvernoy prima d’altri. Quest’'autore inoltre, tenendo conto della forma e delle dimensioni, bene distingue i premolari da’ postmo- lari nelle 3 specie di Orycteropus. Secondo Federico Cuvier ed altri, i molari preindicati raggiungono un totale di 26, e quindi si dovrebbe adot- tare la seguente formula (26. Slbigpero-senfra essi ; 3 —d l’Huxley, ci danno per formula completa quest'altra : 6 6’ ; E a. sono caduti i piccoli molari la formula di- venta TE di Rion per cui secondo l’età degli Orycteropits che vennero portati in Furopa si trovarono più o meno numerosi e sviluppati i loro denti molari, dei quali si è anche detto che il loro modo di accrescimento è più lento che in altri maldentati. La lingua degli Orycteropus è abbastanza estensibile, quasi conformata a sottile laminetta che può raggiungere una lunghezza di mm. 30 a 40, e forse più. Essa è ricoperta 216 ANTONIO CARRUCCIO sulla faccia superiore da una sostanza vischiosa molto ag- slutinatrice che si fa più abbondante quando deve nutrirsi. L'animale tante volte la manda fuori e la ritira, quante occorrono per ben saziarsi di formiche o termiti, di cui è ghiottissimo. Le zampettine di questi insetti rimanendo come invi- schiate, essi non possono più sfuggire, e quindi la lingua per lo più finisce coll’aver fatto una preda copiosissima ogni volta che vien ritirata nel cavo ovale per poterli de- olutire comodamente. I La sostanza che ricopre la lingua pare sia tutta for- nita dalle sole ghiandole sotto-mascellari, che sono rela- tivamente molto grosse. Stomaco. Questo rimane diviso in due scompartimenti, uno destro l’altro sinistro, che ha pareti muscolari meno spesse del primo. Il destro, pur chiamato stomaco pilorico, appunto per tale spessore, venne rassomigliato nei Mal- dentati entomofagi al ventriglio d'altri Vertebrati. Vuolsi che, dato il genere di nutrizione, gli Oriteropi abbiano le carni dotate di un gusto pronunciatissimo di acido formico, gusto che non impedisce agli indigeni ed anche agli europei di nutrirsene, ‘trovando anzi queste carni assal gradite. Le mammelle sono, per sede, toraco-addominali. I due uteri della femmina nella triplice specie nota a- pronsi separatamente nel canale vaginale. La placenta è decidua e discoidea. Ogni femmina pare che parterisca non più di un solo piccolo, entro il mese di maggio o di giugno. Il neonato tarda a coprirsi di peli, e la madre lo allatta per non breve tempo, ma dopo l’anno, ricoprendosi di peli più o meno abbondanti, non abbisogna di essere scaldato dalla geni- trice, e si agita contro le pareti delle buche sotterranee, NOTE ANATOME-Z0O0OLOGICHE ‘ 211 per cui i peli presto si logorano. Taluni, che furono por- tati vivi in Europa, mal sopportarono la schiavitù, e dopo appena un anno o poc oltre soccombettero. _ Recentemente il Museo Civico di Storia Naturale di Milano ebbe dall’Eritrea un esemplare della specie di cui mi sono oggi brevemente occupato (1). Qualche altro dei Musei in Italia possiede pure talun esemplare di Orycte- ropus. Credo di non sbagliare asserendo che il più bello mi è sembrato quello esistente nel Museo Zoologico di Pisa, ed .;anche il più grosso. -Ed.il Dott. E. Goggio, in data del 3 gennaio 1905, rispondendo con gentilezza e premura alla mia domanda, mi conferma che questo 0. capensis ha una lunghezza totale di m. 2, e oltre la lun- ghezza della testa (cm. 35), della coda (cm. 57), mida al- cuni altri dati che per brevità ometto. Siccome mi dice che il Museo possiede da oltre 50 anni questo per/etto esemplare, c'è da credere che sia stato acquistato dall’ il- lustre Direttore e quasi fondatore dell’istesso Museo pisano, il fu senatore prof. Paolo Savi, di diletta memoria per quanti lo conobbero. In una seconda comunicazione, che farò in altra adu- nanza, vi parlerò dei .Manis, e potrò pure insistere su qualche particolarità morfologica dell’Orycteropus. (1) L’egregio prof. Ferdinando Sordelli di Milano in una sua pubblicazione del 1992 {Materiali per la conoscenza della Fauna Eritrea raccolti dal dott. Paolo Magretti) a pag. 51 scrive : « Mentre questa mia nota è in corso di stampa. ricevo in dono un bell’e- semplare di Oritteropo o Formichiere africano, degno coronamento dell’opera scientifica spiegata dal dott. Magretti e dai suoi bravi collaboratori a vantaggio di questo nostro Museo. « È un maschio adulto, e proviene dalle vicinanze del villaggio Umberto I fra Godofelassi e Adi-Ugri. Esso fu preso da Ascari della regione Baria, dello squadrone di cavalleria indigena, al comando del cap. Vittorio Fioccardi ». Ed aggiunge : « Esso è raro nel territorio della nostra Colonia ; solo îi Baria Conoscono e cacciano questo animale ». (Questa ultima notizia fu fornita al pcof. Sordelli dal teneate cav. Zambonelli). Non sono date le dimensioni. . NOTA PREVENTIVA sopra i Ditteri della provincia di Roma Coma cani na fatta alla SOCIETÀ ZOOLOGICA con sele in Roma nell'adunanza generale del 28 dicembre 1904 dal: Prof GIUSEPPE TUCCIMEI _—_— ).-_ Da almeno dieci anni nelle mie escursioni geologiche cominciai a raccogliere i ditteri che il caso mi poneva sotto mano, e lo faceva anche con lo scopo di preparare uno studio di alcune impronte di ali di questi insetti, che ricordavo di aver veduto nelle marne plioceniche di più di una località dei dintorni di Roma. Cominciata una volta la collezione, la proseguii in modo che raccolto un. ricco materiale, dovetti occuparmi della determinazione e della formazione del catalogo. Nella determinazione fui a più riprese aiutato dal chiaro entomologo prof. Mario Bezzi, del R. liceo Alfieri di Torino, che mi onora della sua ami- cizia, e che in qualcuno dei suoi pregevoli lavori (1) ebbe a citare qualcuna delle specie più rare che io ed altri ve- nivamo trovando. Ho cominciato solo da poco il catalogo regolare, per- chè le mie occupazioni scolastiche fino ad ‘ora mi lascia- rono appena il tempo di classificare il materiale raccolto, e che veniva crescendo a vista. Finalmente, stimolato da benevoli amici che desideravano conoscere il materiale (1) M. BEzZI: Ditteri delle Marche e degli Abruzzi. Boll. della Soc. ento- mol. ital. — Firenze 1898, 1899, 1900. NOTA PREVENTIVA SOPRA I DITTERI 219 ditterologico della provincia di Roma, finora quasi del tutto sconosciuto (1), risolvetti di non più raccogliere per dedicare tutto il mio tempo alla pubblicazione del mate- riale stesso. Non fa meraviglia che i ditteri sieno tra tutti gli or- dini degli insetti i più trascurati e perciò 1 meno cono- sciuti. Perchè non offrono generalmente alcun aspetto at- traente, e perchè la loro ricerca spesso è necessario farla in circostanze e in località ripugnanti. Tuttavia la loro importanza biologica supera forse quella degli altri ordini d’insetti, quando si pensi alla loro cooperazione nella tra- smissione di molte malattie parassitarie e infettive, al loro parassitismo presso l’uomo e una quantità di animali, e perfino alle rilevanti applicazioni alla medicina legale, che ha recentemente portato il loro studio. Il presente non è che un cenno preventivo di ciò che ho nella mia coliezione, che posso dire della provincia romana, perchè vi sono rappresentate le località più disparate di quella. Vi fisurano anche molte località della Sabina, che confina con la provincia di Roma, e di cui è il naturale complemento, per ragioni geografiche, geolo— giche, storiche ed etnografiche, quantunque amministrati- vamente ne sia separata. Devo dire ad onore del vero che molti tra i miei al lievi da me stimolati, hanno concorso ad arricchire la rac- (1) Nella tornata del 26 maggio 1892 della Società romana per gli studi zoo- logici, il chmo prof. A. Carruccio, presidente, ricordava oltre una sessantina di specie di ditteri della provincia di Roma da lui raccolte e studiate (20/2. della Soc. romana per gli studi zoologici. Proc. verb. Anno I, pag. 206 — Roma 1892). Vanno poi particolarmente ricordati i due lavori seguenti. del dott. G. Ales- sandrini : Raro caso di parassitismo nell'uomo della larva di una mosca (Sar- cophaga affinis Meig). Bol?. d. Soc. rom. per gli studi zoologici. Anno IV, 1895. — Id. Sulla cattura della Pyrrhosia aurea Fall. in Roma, Boll. d. Soc. zool. ital. Anno IX — Roma 1900. 220 GIUSEPPE TUCCIMEI colta, la quale poi potei notevolmente impinguare acqui- stando le collezioni di due miei egregi allievi, il conte A. Barbiellini, e il sig. D. Vita. Tanto gli esemplari. rac- colti da me quanto quelli del conte A. Barbiellini sono notati con la località precisa, l'epoca in cui vennero cat- turati, e le circostanze nelle quali furono catturati, il nome cioè della pianta sulla quale erano, o se a volo, sull'acqua, sulla sabbia, ecc. In modo da formare un buon elemento per poter ricostruire quando che sia la storia naturale di ciascuna specie. Sul materiale raccolto dagli altri, ho le lo- calità, ma non sempre le altre indicazioni. Nella presente nota, che potrà costituire come la pre- fazione del catalogo, cerco di dare alcune notizie generiche sui ditteri romani, anche perchè si possa apprezzare l’im- portanza del lavoro che sto preparando. Il numero totale della specie contenute nella mia col- lezione differisce di poco da 5050, alcune rappresentate da più varietà e da molti individui. Scarseggiano, come ognuno può immaginare, le specie minute perchè difficili a cer- care, e più difficili a conservare. Già questa della conser- vazione dei ditteri è la maggiore di tutte le difficoltà, per- chè piccoli e delicati, quando sono disseccati perdono, col più leggero urto dato alla cassetta che li contiene, le zampe, e specialmente la testa, che per la sistematica è la parte più interessante. La raccolta delle specie minute si fa fal- ciando delicatamente col retino sull'erba fresca, poco alta, ombreggiata. Per numero di generi e di specie primeggiano nella collezione, come del resto in tutti i ditteri, le famiglie dei Syrphidae, Muscidae e Anthomidae. I generi più ricchi sono : Tabanus, Anthrax, Syrphus, Cheilosia, Musca, Asilus, Merodon. Alcune specie sono assai importanti per la loro rarità, ed anche per non essere state ancora trovate in Italia. Fi- . NOTA PREVENTIVA SOPRA I DITTERI 221 gurano tra queste ultime lo Scellus notatus della famiglia dei Dolicopidae, trovato nei giardini del Vaticano e ai prati di Castello, quindi quasi nell'interno di Roma ; il Rhirnoe- strus purpureus (fam. Oestridac) proprio delle montagne, e che ho raccolto sul monte Scalambra (1420 m.), sul monte Gennaro (1271 m.) e sul monte S. Cosimo presso Poggio Mirteto, non più alto di 650 m. Assai rare sono la Laplystia sabulicola (fam. Asilidae) trovata in gran quantità sulle rive del Tevere dal Barbiellini; il Gastropliilus equi (fam. Oestridae), il comune estro del cavallo, trovato sulle stesse montagne del /thinoestrus purpureus ; il Conops pusilla, che ho trovato esclusivamente alle falde del M. Artemisio presso Velletri: la Volucella pellucens un solo. esemplare trovato dal Barbiellini; l’Argyromoeba etrusca (fam. degli Antracidae) che si rinviene ad annate, ora del tutto man- cante, ora abbondante, in genere nei luoghi soleggiati du- rante i mesi più caldi. Le piante che ho trovato più ricche di ditteri sono V'e- dera, la pastinaca, il sambuco, il salice, la vitalba, la men- tuccia, tutte meno il salice, durante la fioritura. La parie- taria è ricca di specie minute (Dolychopus ete.), che vi si prendono facilmente falciando con la reticella. Sopra tutte è ricca l'edera verso la metà di settembre, quando ap- punto è in fiore, avendovi catturato nelle località le più disparate almeno venti specie in numerosi esemplari. Evi- dentemente anche i ditteri concorrono al trasporto del polline per la fecondazione, ma è strano che sia più visi- tata di tutti l'edera, la quale ha fiori né vistosi nè odorosi ; laddove altre piante a fiori, per esempio assai vistosi, come la saponaria, sono pochissimo visitate. Le specie più grosse e vistose sono nei generi: Asz/us, Tabanus, Atylotus, Volucella, Milesia, Tipula, Echinomyta. Per quanto i ditteri in genere sieno poco appariscenti, » 222 GIUSEPPE TUCCIMEI pur tuttavia alcune specie colpiscono per la vivacità del colore e l'eleganza del loro aspetto. È un fatto singolare che queste sono anche mimetiche con le più comuni specie dei generi: Vespa, Polystes, Pelopaeus, Ammophila, Scolia. Lo indica il nome specifico crabroniformis, che è dato ad un Asilus, e ad una Milesia, che presentano più spiccata quella rassomiglianza. Ma offrono lo stesso mimetismo “anche le Volucella zonaria e inanis, la Myiatropa florea, la Milesia fulminans, la Xanthogramma ornata, la Pachyrhina imperialis. Non sono mimetiche, ma pur degne di esser notate per il bell'aspetto, Volucella pellucens, Cheilosia ca- nicularis, Callicera Spinolae, Chrylochlamys aurea. E tutte appartengono alla famiglia dei Syrphidae, che è certamente la più elegante. Vengono poi alcune specie dei Tabanidae, e talune £chinomyia, del gruppo delle Tachinarie che si fanno rimarcare pei riflessi rossi del loro addome. Invece della vecchia classificazione del Latreille, che divide i ditteriin nemoceri, brachiceri e pupipari, seguo la classificazione più recente di Brauer, Osten Sacken ed altri in Ortorhapha e Cyclorhapha. I primi sono suddivisi in Ort. nemocera, e Ort. brachicera; i Cyclorhapha sono suddivisi in Aschiza e Schizophora. Per lo studio di tutto il materiale, mi servo più spesso delle opere di Linneo, Fabricius, Schiner, Macquart, Rondani, ‘ Bezzi, Lioy, e dei due grandi cataloghi in corso di pub- blicazione, uno dei ditteri paleartici, che si pubblica a Bu- dapest sotto la direzione di vari ditterologi, specialmente del Bezzi, giunto al secondo volume; l’altro che comprende i ditteri di tutto il mondo, e si sta pubblicando a Lipsia, sotto la direzione del Kertesz, giunto anch'esso al secondo volume. RE STE SEE St sit tei CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELL'AVIFAUNA ROMANA Comunicazione del socio principe D. FRA\.CESCO CHIGI alla Società Zoologica ltatiana con sede in Roma. Pel nuovo impulso dato in Roma agli studi zoologici dal Prof. Comm. Antonio Carruccio, con la formazione di una raccolta regionale, di pei aumentata dai preziosi doni dei Msi. Patrizi e Lepri e di altri, e con l'istituzione della nostra Società, in questi ultimi anni la conoscenza della fauna laziale, in special modo per quel che riguarda l’or- nitologia, ha tanto progredito che ora ben può dirsi essere zoologicamente la nostra regione una delle più note d’Italia. Tuttavia, anche dopo le recenti pubblicazioni ornitolo- giche, credo che possa riuscire gradito il segnalare alcune catture, che, pur non avendo uno speciale interesse per se stesse, possono assumere qualche importanza quando ven- gano poste in relazione con altre osservazioni. Non ripeterò qui quanto già dissi su alcuni esemplari presentati a questa Società, nè su altri di cui tenni parola nelle mie Note al Manuale di Ornitolosia Italiana del Conte Prof. Ettore Arrigoni degli Oddi, pubblicate nel giornale ornitologico Avicula. Nell’Ordine Accipitres noto: Aquila chrysaétus (Lin,) Aquila reale. a)-Un masch. — S. Marinella, maggio 1901. — Manca il bianco alla base delle timoniere, delle remiganti e delle penne del petto (adulto). b) Una femm., Maccarese, dicembre 1900. — Base delle remiganti, delle timoniere e delle penne del petto bianca (giovane). 224 FRANCESCO CHIGI Aquila pomerana (Brehm). Aquila anatraia minore. — Un es. acquistato presso. il preparatore L. De Dominicis che la disse uccisa a Castel Porziano. Haliaétus albicilla (Lin.) Aquila di mare. a) Una giov. femm., Maccarese, dicembre 1901; b) Un giov. da me acquistato presso il De Dominicis che lo disse prove- niente da Castel Porziano. Falco feldeggi (Schlegel) Lanario. Oltre les. adulto (Lago di Bolsena, 11 gennaio 1904) già presentato alla Società, una femm. giov. — dintorni di Roma novembre 1900. Circus aeruginosus (Lin.) Falco di palude. Nella serie : a) Un masch., Maccarese, marzo 1900, in abito di adulto, b) Una femm., Maccarese, novembre 1902, colorito gene- rale bruno-nero uniforme a riflessi porporini, interrotto soltanto da una macchia bianco-giallastra sulla nuca. Circus macrurus (S. Gmel) ‘Albanella pallida. Notevole una femm. — Bocca di Leone, settembre 190t — per le tinte vivaci specialmente nelle parti inferiori. Bubo bubo (Lin.) Gufo reale. Due adulti. Nell’Ord Passeres: Aegithalus caudatus (Lin.) XA. c. irbyi (Sharpe e Dres- ser)) — Un es. femm. Ariccia, marzo 1904. — Ha le fasce ai lati del capo bruno-rossicce, ed un’ ampia macchia bianca sulla nuca, limitata verso il dorso da una sottile fascia nera; nel resto è come TA. c. irbyi. Insieme con questo individuo colsi un tipico irbyt. Anche l’Arrigoni, al quale inviai in esame il sudde- scritto esemplare, ritiene che la macchia bianca della nuca sia appunto un carattere intermedio piuttosto. che un'anomalia di colorito. Turdus musicus (Lin.) Tordo. Nella serie un adulto di piccolissime dimensioni: lung. tot. cm. 21; ala 10,9; coda ‘8; becco 1,5; tarso 2,7; la. coda) è-piùssalup= pata a destra che a sinistra. Merula merula (Lin.) Merlo. Vari maschi del tipo Mene- gazzianus; due maschi semi-adulti con livrea simile a quella delle femmine, ma senza tinte rossigne sul petto, un maschio della varietà detta montana con sà Mr E PET e en e _____v CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELL’AVIFAUNA ROMANA 24 mento e gola rosso-fulvi vivaci a macchie allungate scure e tinte fulve sparse nelle parti inferiori. Non ho mai avuto altri maschi di questa varietà. Una femm., novembre 1899, presenta nella parte inferiore del petto, sull'’addome e sul sottocoda il disegno proprio e caratteristico della Merula torquata alpestris (C. L. Brehm). Anche altre femmine del Merlo comune presentano un disegno simile, ma di solito è meno marcato che nell’es. indicato. È bene notare che le macchie allungate, chiare al centro delle penne dell'addome e del sottocoda, sebbene a contorno mal definito, esistono sempre nei giovani del Merlo, sono anzi un vero carattere giovanile. Ruticilla phoenicurus (Lin.) Codirosso. Nella serie una femm. marzo 1901 — che riveste un abito simile a quello appena mutato del mas..: parti superiori ce- nerino-rossicce, gola e gozzo neri variati di bianco specialmente lungo la linea mediana, petto e fianchi rosso-rugginosi poco più pallidi che nel maschio ad. Motacilla melanope (Pallas) Ballerina gialla. Nella serie una femm. — 23 marzo 1901— nell’abito nuziale pro- prio del maschio con qualche macchietta bianca sul campo nero della gola. Si tratta evidentemente di una femm. vecchia, caso simile al precedente. Budytes flavus (Lin.) Cutrettola gialla. Nella serie un es. con sopracciglio giallo (V. Arrigoni degli Oddi Prof. Ettore. Manuale di ornitologia italiana, p. 339). Anthus richardi (Vieill.) Calandro maggiore. Due esem- plari (femm. La Fossa, febb. 1902 — femm. Maccarese, ottobre 1902). Si credeva assai più raro di quanto é realmente nel Romano: ricordo un es. della coll. Al- dobrandini, due della coll. Lepri-Patrizi (ora R. Uni- versità), una della coll. Whitaker (Palermo) ed uno ° della coll. Arrigoni, tutti presi nella nostra campagna. Plectrophenax nivalis (Lin.) Zigolo della neve. Due es. uno del dicembre 1901 semi-adulto in abito autunnale ed un secondo adulto bellissimo del 1° dicembre 1904 gentilmente donatomi dal Mse. Filippo Patrizi. Bollett. della Società Zoologica Ital. Fasc. VII e VIII — Vol, V PA 226 FRANCESCO CHIGI Passer domesticus italiae (Vieill.) Passera nostrale, var. Brutit.:(\..-Bollssae- DIFFERENZE NELLO SCHELETRO DEL CONIGLIO FAZI fittando dei ricoveri già preparati dalla mano dell’uomo, i sensi divengono gradatamente ottusi, la testa si allunga senza allargarsi in proporzione, i muscoli auricolari che non più debbono tener tese le cartilagini uditive per rac- cogliere i minimi rumori del nemico, si atrofizzano, la conca s’ingrandisce, diviene floscia e pendente. — Lo sche- letro pure, seguendo il nuovo indirizzo preso dall'organismo intero, s'ingrandisce in lunghezza, offrendo inserzione a mu- scoli marezzati di adipe, che li rende deboli e scoloriti. Invece il coniglio selvatico, mercè gli sforzi funzionali giornalieri a cui è costretto per la lotta dell’esistenza, per- feziona i suoi organi, e più che tutto l'armatura ossea in- terna, ed i sistemi a cui questa dà sostegno diretto e pro- tezione, vale a dire il muscolare ed il nervoso. Ed ora, pur essendo intenzionato di trattare diffusa— mente dei caratteri esterni in una prossima pubblicazione, non posso far a meno di riassumere qui alcune note ti- piche, sul mantello di due conigli perfettamente simili, favoriti, oltre altri 5, per delicatissimo dono da S. M. il Re, al nostro Museo Universitario, e che rispecchiano fedel- mente la razza boschereccia di San Rossore. Gli esemplari si presentano piccoli di mole, di forme svelte e raccolte, con i reni corti. Il pelame in questi due tipici soggetti ha laspetto generale fulvo grigiastro, con una linea bianca mediana e inferiore, che partendo dalla regione mentoniera, si prolunga all'indietro lungo la gola, il petto ed il ventre, fino all'estremità caudale. Durante il suo tragitto, questa linea si spande alla faccia interna deglà arti anteriori e posteriori, rivestendoli fino alla regione fa- langea. È data da pelo sottile, fitto e morbido, perfetta mente di color bianco, con qualche raro filamento nero sparso qua e là, e di lunghezza inferiore alla media. 252 BRUNO BIANCHINI Il resto del corpo è coperto da peli nerastri cortissimi e grigi, i quali ultimi sono più lunghi del doppio, e verso la loro metà acquistano una tinta diversa, cambiando il colore grigio in fulvo-giallastro. Le orecchie, nella faccia interna sono tappezzate da lanuggine biancastra, che va a confondersi lungo i margini esterni, con il resto del man- tello. La coda inferiormente di un bianco candido, pre- senta nella faccia superiore una bellissima macchia nera per tutta la sua estensione. Questi caratteri generali del rivestimento cutaneo dei conigli tipici di S. Rossore, in- sieme alle mezze tinte diverse in alcune parti del corpo, li ravvicinano, come abbiamo detto, molto alla varietà de- scritta dal Wagner col nome di Lepus cuniculus var. me- diterraneus, ed a quella chiamata dal Cornevin .. cuni- culus var. albipecius. Degli altri cinque esemplari pure della medesima R. Tenuta, di pari mole e forme esterne dei precedenti, uno è poco diverso da quelli testè descritti, salvo a dif- ferirne per una larga macchia bianca che si estende dal gerrese fino alla spalla sinistra, confluisce con la linea in- feriore e risale lungo la spalla destra. In esso l’estremità del muso è altresì bianca, e così pure le regioni falangee. Un quarto esemplare, poco dissimile da questo, rappre- senterebbe insieme al compagno il Lepus cuniculus vulgaris. Il quinto coniglio, è perfettamente albino, con l' iride pigmentata in roseo e somigliante al coniglio polacco ; il sesto è completamente nero ed unicolore; questi due po- tremo chiamarli L. cuniculus var. albus Vuno e I. cuni- culus var. unicolor seu nigro l’altro. L'ultimo esemplare che ci rimane a descrivere si accosta assai al L. cuniculus var. callidermis, e per conseguenza alla razza fondamentale in- trodotta in S. Rossore circa cinquant'anni fa. Ed infatti il suo mantello è srigio-argentato od a fourrure, come dicono x DIFFERENZE NELLO SCHELETRO DEL CONIGLIO 253 i francesi, con peli dorsali corti bianco-grigiastri frammisti a peli lunghi dai riflessi azzurrognoli metallici. Dal miscu- glio di queste due qualità di peli a parti uguali, ne risulta. quel magnifico mantello argentino, che tanto attrae l'occhio dell’osservatore. Tale fenomeno si deve certamente ascrivere all’atavismo, mediante il quale sono ricomparsi i caratteri di un suo antenato domestico di mezzo secolo addietro. Pure alla retrocessione vanno attribuite le modificazioni, specialmente accadute nel coniglio boschereccio tipo at- tuale di S. Rossore, che è ritornato ad accostarsi alle ca- ratteristiche dell’antico genitore selvaggio, in virtù delle condizioni di vita, molto prossime alle naturali, in cui è stato posto per parecchie generazioni e per lunga serie di anni. BIBLIOGRAFIA, l. Albini G. — Cause probabili delle varietà del colore del mantello dei Conigli e delle Cavie (Rend. dell’Acc. Scienz. fis. e mat. Napoli, Anno XV, 1876, p. 209-212). 2. Bartholinus Thom. — Leporis anatome (Histor. anatom. cent. 2. 1654 — p. 324-327), 3. Brehm A. E. — La vita degli animali. II Ed. It. trad. III ed. or. dal prof. Lessona. Torino 1896. 4. Buffon. — Storia naturale. trad. Lacépède. Venezia 1820. 9. Chaveau, Arloing et Lesbre. — Anatomie comparée des animaux domesti-- ques. V. Ed. Paris. 1905. 6. Cornevin Ch. — Traité de Zootechnie spéciale. Paris 1897. T. Darw n Ch. — De la variation des animaux et des plantes. Trad. Moulinié. Paris 1868. 8. Demarchi G. — Allevamento razionale del Coniglio. II Ed. Torino 1865. 9. De Voogt Gos. — Les animaux domestiques. Paris E. Flammarion. 10. Geoffroy Saint-Hilaire. — Remarques sur les principaux caractères des espèces du Genre Lepus, consideré dans leurs rapports avec les circo- stances locales; suivies de la description de trois nouvelles éspèeces (Magas. de Zool., 2° année, 1832). BRUNO BIANCHINI 11. Id. id. — Mém, sur les dents antér. des Mammiféres rongeurs, dans le quel on se propose d’établir que ces dents, sont les analogues des dents ca- nines (Mém. Acad. Sc. Paris, T. XXII (1833). p. 181-222). . Krause. — Die Anatomie des Kaninchens. Leipzìg, 1884. . Licciardelli &G. — Coniglicoltura pratica. Milano, Hoepli 1903. . Papa Fr — Allevamento e governo del Coniglio. (Memoria premiata dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). Milano 1880. . Sanson A. — Traité de Zootecnie. Paris 1874. (T. I. E. II). . Wagner A. — Gruppirung der Gattungen der Nager in natùrlichen Fa- milien, nebst Beschreibung einiger neuen Gattungen u. Arten. (Arch. f. Naturg. Jahrg. 7, 1841. Bd. 1, p. 111-138). 17. Waterhouse G. R. — Observations on the Rodentia, with a vieuw to an arrangement of the group founded upon the structure of the crania (Charlesworth’s mag. Nat. Hist. Vol. III, 1839). 18. Wilhelm Hochstetter. — Das Kaninchen, dessen Beschreibung, rationelle Bekamdlung und ziichtung. Dritte verbesserte Auflage. Stuttgart. 19. Vogt et Yung. — Traité d'Anatomie comparée pratique. T. II. Paris 1894. le _"cE ae Istituto ZooLocico. peELLaA R. UnIveRrsITÀ DI Roma diretto dal prof. A. CARRUCCIO Sopra una nuova specie di HAEMAPRYSALIS Comunicazione fatta alla Soc. Zool. Italiana dal socio Dr. L. LAVARRA il 23 dicembre 1904 Del mio recente studio sulla Fam. {wodidae — comu- nicato già per intiero alla nostra Società — traggo per ora la parte che riguarda la descrizione di una specie nuova del Gen. Haemaphysalis, trovata sopra un Tragulus meminna Bodd. delle Indie orientali, morto in un serraglio ed acqui- stato dal Direttore del R. Museo Zoologico Romano per la collezione generale dei Mammiferi. | Haemaphysalis aculeata — n. sp. Maschio. — Corpo ovale, di un bel giallo più o meno carico, e trasparente, lungo mm. 1,5-2,6, largo mm. 1,2-1,7: Lo scudo dorsale è liscio, convesso, col margine posteriore arrotondato e diviso in 11 festoni ottangolari, separati da un solco color marrone che giunge alla faccia ventrale. I solchi cervicali sono corti, i marginali incominciano in di- rezione del 2° paio di zampe, e giungono al solco che se- para il 2° dal 3° festone marginale. La faccia ventrale è di un giallo più chiaro. Apertura genitale in direzione delle anche del 2° paio di zampe, con 2 profondi solchi sessuali. Apertura anale in direzione del solco che separa il 1° dal 2° festone ; è circondata po- steriormente da un solco anale a semicerchio aperto in 256 L. LAVARRA avanti, con un solco ano-marginale. Mancano scudi anali. Stimmate obovali. Rostro. — La base è rettangolare, e presenta agli an- soli posteriori esterni 2 robuste spine color marrone un po’ ricurve all’indentro. I palpi sono lunghi 415 4. di cui successivamente 69, 208, ‘138 per.il 1°) 2°, 3° articolo de articolo è molto schiacciato, e presenta una sporgenza acu- minata all'angolo posteriore esterno. Il 2° è tozzo, a mar- gine esterno irregolare. Il 3° presenta alla sua base 2 grossi aculei caratteristici, uno alla faccia dorsale e uno alla faccia ventrale : sono lunghi 107 rivolti verso l’ interno, e giun- gono oltre la metà del 2° articolo. Il 4° è piccolissimo, in- serito alla faccia interna del 3°, ed è coperto da numerosi peli. Vi sono setole sparse su tutti gli articoli. Le mandibole sorpassano di poco l’ipostoma ; sono ri- vestite da una guaina membranosa zigrinata, che avvolge in parte anche il dito terminale. Questo presenta un’apofisi esterna a 3 uncini, e 2 uncini terminali, tutti rivolti al- l'esterno. Il dardo è provveduto di numerosi dentellini al suo apice, seguiti su ciascuna metà da o file longitudinali di denti più grossi (8-9 per fila). Zampe. — Le anche del 1° paio sono provviste di una grossa spina volta all'indietro; quelle delle altre paia inermi. Il 2° articolo del 1° paio presenta due forti spine distali. I tarsi sono provveduti di grossi ambulacri con 2 uncini ricurvi al loro apice: quelli del 1° paio sono den- tellati al loro margine esterno. Questa descrizione è fatta su 16 individui tutti maschi. La femmina resta per ora sconosciuta. I caratteri sopra descritti distinguono nettamente que- sta specie dalle altre congeneri. Prima di tutto non va confusa con l’' H. bispinosa Neu. che pure presenta due spine al 3° articolo dei palpi. Queste due spine sono assai pre” SOPRA UNA NUOVA SPECIE DI ‘° HAEMAPHISALIS ,, 25 corte, e di più l’H. bispinosa Neu. presenta solo 9 festoni al margine posteriore, l’orifizio sessuale è in direzione del- l'intervallo tra il 2° e 3° paio di zampe ecc. L’H. aculeata si distingue poi dalla H. cornigera Neu. (la quale presenta pure 2 spine al 3° art. dei palpi) perchè questa, oltre un colorito bruno-rossastro in tutto il corpo, presenta una forte sporgenza acuta al 2° articolo dei palpi, il suo ipostoma ha 5 file longitudinali di 12-13 denti cia- scuna, le anche del 4° paio hanno 2 lunghissime spine ecc. | L’H. aculeata si distingue dall’ H. spinigera Neu. perchè questa oltre il colore bruno ha una sola spina al 3° arti- colo, una lunghissima spina alle anche del 4° paio ecc. Si distingue inoltre dall’H7. Birmaniae Sup. perchè questa ha una sola spina al 3° art. dei palpi, non ha solchi la- terali allo scudo dorsale ecc. Per tutti questi caratteri distintivi ho creduto farne una specie nuova, e per i grossi aculei del 3° art. dei palpi le ho dato il nome di H. aculeata. A maggiore garanzia poi ne ho inviato 2 esemplari al prof. Neumann della Scuola Vet. di Tolosa, il quale peri suoi studi e per le sue pubblicazioni (Mem. de la Soc. Zool. de France, ecc.) può attualmente dirsi il più competente e profondo conoscitore della Famiglia: egli ha pienamente approvato la creazione della nuova specie. Per la sistemazione nel genere dell’H. aculeata maschio dò il seguente quadro sinottico : 2° art. dei palpi arrotondato o poco sporgente all’in- dietro 1 con una spina tanto lunga che larga H. punctata Can. e Fanz. 1 — anche del 4° paio È Pi con una spina assal corta 0 nulla 2 258 :L. LAVARRA 1 i inerme H. papuana Thorell. 2 — 3° art, dei palpi | sergio ( coni1o2spine volte all’indietro 3 senza solchi marginali - una spina ventrale al 3° art. H. birmaniae 3 -— scudo dorsale Sup con solchi e 2' spine al 3° art. 4 \ | spine assai corte H. bispinosa Neu. (otite spine assai lunghe H. aculeata Lavarra. | spine lunghe, sporgenza al 2° articolo, 2 spine alle anche del 4° paio H. cornigera Neu. ecc. . I PROTOZOI IN RAPPORTO ALL'INFEZIONE Nota preventiva per lo studio di alcuni Protozoi patogeni e dei loro agenti di trasmissione. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma nella seduta del 28 dicembre 1904 DAL SOCIO DOTTOR UBERTO FERRETTI Il capitolo già lungo delle malattie da infezione si è, in questi ultimi tempi, arricchito di una sezione assai in- teressante di morbi, i quali sono dovuti ad agenti, che, pure facendo parte del mondo microscopico, si sottraggono alla grande classe dei microbì, ed appartengono decisa- mente al regno animale, di cui formano una delle grandi divisioni, cioè i Protozoi. Mentre la maggior parte sembrava, fino ad ora, non ayere alcuna dannosa» influenza sulla vita degli esseri su- periori, gli studi recenti di zoologia medica, hanno portato invece alla classifica di molti di essi come patogeni per l’uomo e per gli animali. I protozoi sono organismi unicellulari, che possono essere costituiti da cellule o da colonie inscindibili, in cui gli individui sono indipendenti. Sebbene la maggior parte Bollett. della Società Zoologica Ital. Fasc. VII e VIII — Vol. V di 269 UBERTO FERRETTI non sia visibile ad occhio nudo, vi sono però delle forme abbastanza grandi, che misurano 1-2 mm. e di quelle grandissime che raggiungono anche qualche centimetro. Rispetto alla struttura essi hanno la caratteristica della cellula, essendo il loro corpo costituito da protoplasma. I protozoi godono di una certa stabilità, dovuta al proto- plasma, e pare che in qualche forma vi siano degli appo- siti piccoli organi destinati a ricevere anche le sensazioni luminose. La riproduzione avviene sia per sessiparità, sla per gemmazione, che per endogenia; sempre però per di- visione cellulare. I protozoi patogeni che producono nell'uomo e negli animali le malattie dette malaria nell'uomo, e piroplasmosi negii animali, si rasgruppano tutti sotto la comune deno- minazione di « Ematozoari », la quale si riferisce all’am- biente in cui si sviluppano e dove trovano gli elementi di vita; giacchè estrinsecano nel sangue la loro azione patogena e vi trovano il mezzo di riprodursi e moltiplicarsi. Secondo le ultime classificazioni, essi presentano principal- mente le diverse forme seguenti : « Plasmodium maloriae e vivax » cagione rispettivamente della febbre quartana e terzana, e « Laverania precox » causa delle febbri estivo- autunnali negli individui della nostra specie: « Piroplasma » o « Pirosoma bigenum » che produce la piroplasmosi od ematinuria dei bovini — « Piroplasma ovis » della pecora — « Piroplasma canis » del cane — « .Piroplasma equi » del cavallo. A queste forme sono poi da aggiungersi : 1’ « Halte- ridium Danilewcki », causa della malaria negli uccelli, l « Haemogregarina Stepanovii » della tartaruga, ecc. Spetta ai nostri tempi la fortuna di avere scoperto il modo mercè il quale questi protozoari compiono il loro ciclo di vita, il quale ci dà ragione delle varie forme di infezione che da essi derivano. Da questa scoperta sono I PROTOZOI E L'INFEZIONE 26I provenuti immensi vantaggi per il modo di poter combat- tere la malaria nei luoghi dove sono più gravi le sue ma- nifestazioni, potendosi così esplicare una seria ed efficace profilassi che, mentre da un lato mira a risanare l’orga- nismo, dall'altro ha lo scopo di proteggerlo contro gli a- genti, mercè i quali gli ematozoari dell'uomo possono essere introdotti. nella economia animale. Rammento però che fin dai tempi di VARRONE, che se ne occupa nel suo libro « De Agricoltura » e di Lancisi, che ne tratta nella sua opera « De Noxiis paludum effluvis eorumque » era già stata intuita la causa di queste affezioni, la cui sco- perta era devoluta alla nostra epoca, che può, fortunata- mente, disporre di numerosi ed efficaci mezzi di indagine. Mentre dunque si è concluso che gli sporozoari della mialaria nell'uomo si riproducono e trasmettono per mezzo di talune specie di zanzare — culici — del genere degli « Anofeli »; gli studi dei patologi veterinari, massime in America, hanno provato che la ematinuria dei nostri ané- mali domestici si trasmette per mezzo di zecche; e sia che riferiscasi all'uomo che agli animali, il ciclo è lo stesso: l’ematozoaro compie nel sangue degli animali e dell’uomo la sua riproduzione sessuale ed in quella delle zanzare e delle zecche quella gametica. E così dall'organismo infetto all'ospite intermedio e da questo all'organismo sano, è un’alterna vece di reciproca influenza, mediante la quale la malattia si trasmette e si perpetua. E, come ho accennato, solo la profilassi, intesa ed applicata secondo i dettami della scienza. ed i risultati della -pratica, può essere im- piegata nella lotta contro queste malattie, che mietono a migliaia le vittime ed indeboliscono gli organismi, e di fronte alle quali la terapia ha poco valore, se ad essa non sì accompagnano tutti quei mezzi che valgano a rimuo- verne la causa. 262 | UBERTO FERRETTI Il nostro paese è oggi alla testa delle nazioni che della profilassi malarica hanno fatto una legge dello Stato, ed è gloria per la nostra Italia, che in essa siasi verificata una “mirabile ed armonica intesa fra la scienza che, scoprendo: l'intimo legame che unisce la causa della malaria alla presenza delle zanzare, indicava i mezzi per combatterla e vincerla, ed il Governo che ha saputo e voluto, colla sanzione legislativa, fare contro questo morbo fatale una profilassi di Stato accorta e vigorosa. Ai protozoi patogeni, causa di malaria, e di cui abbiamo dato questo rapido accenno, la patologia aggiunge ora altre forme, sia negli animali che nell'uomo, prodotte da infusori flagellati detti « Tripanosomi ». Fino dal 1841 se ne era notata la presenza nell’India, da parecchi osservatori, nella trota e nel salmone: enel 1878 a Calcutta si era costatato che si trovavano nei ratti ed in una specie gigante era così frequente fino a dare la media di circa il 33 per cento. Fino a questi ultimi tempi si era ritenuto che queste forme fossero innocuamente parassitarie, sia perchè i soggetti os- servati non mostravano risentirne alcun danno, sia perché non presentavano lesioni”od alterazioni patologiche. In se- guito agli studi che MesNIL e LAveRAN facevano sulla mala- ria degli animali, Bruce ed Evans credettero opportuno di studiare coi medesimi criteri, due malattie, che in qualche modo si ravvicinavano per alcuni loro caratteri alle piro- plasmosi animali, la « Surra » cioè e la « Nagana »; e da questo studio appunto emerse che l’agente infettivo della Surra era un Tripanosoma;. a' cui Steel nel 18854dettensi nome di « Yrypanosoma Evansi »; e della Nagana uno consimile, chiamato da CLimmer e Braprorp (1899) « Try- panosoma Brucei =: e questi venivano inoculati agli ani- mali mercè la puntura della mosca tsè-tsè « (alossina morsitans » per la Nagana (Africa). e di un tafano — « Ta- banus tropicalis » per la Surra (India). La Dourine è una malattia degli equidi, che si mani- festa sotto forma contagiosa in quasi tutti i paesi caldi e quindi la troviamo in America, in Asia, in Africa e solo raramente in Furopa: essa è pure dovuta all’azione di un tripasonoma, il « 7. equiperdum » (D@rLEIN 1901) e l'infezione sembra che non si possa trasmettere che col coito. Il « mal de Cadera » è una malattia caratteristica del cavallo nell’A- merica del Sud a forma enzootica, la quale venne studiata da Ermassian e Voges e più completamente da LIGNIERES, la quale è data dal « Tripanosoma equinium » (Voges 1901), che si trasmette agli animali per mezzo di una mosca e- matofaga, « mosca. brava » (Stomoxys calcitrans), e produce dei profondi disturbi nella economia — anemia — dima- gramento — alterazione degli organi locomotori — ecc. — e può condurre a morte i colpiti in brevissimo tempo. Abbiamo veduto che, per quanto giunte ultime nella letteratura dei morbi da infezione, a cui sono state colle- gate, le malattie prodotte da protozoi offrono un esteso campo di studio e richiedono i più larghi provvedimenti profilattici, come quelli che principalmente varranno a ri- durne la portata in più stretti confini e in un tempo non lontano, forse, a farle scomparire del tutto. E prima di chiudere questa rapidissima rassegna dei protozoi patogeni, debbo ricordare. come la « malattia del sonno » nell’ U- ganda e in altri distretti dell’Africa equatoriale, sia prodotta ‘da un tripanosoma scoperto nel liquido cefalo-rachidiano degli indigeni — che finora sembrano esserne i soli col- piti — dal dott. ALpo CASTELLANI — italiano — professore di Batteriologia nel collegio medico di Colombo (Cevylan). Questa malattia, che fino da un secolo fa, nel 1806, era stata notata da WINTERBROTTOM, che ne lasciò una breve 264 UBERTO FERRETTI descrizione, fu osservata in seguito nella Gambia e nel Congo, e per l'esito letale a cui conduce pur troppo e per la notevolissima diffusione che da dieci anni a questa parte è andata prendendo, preoccupa grandemente, sia per il danno che arreca nella sua area di elezione, quanto per il timore che possa estendersi anche ai bianchi, che ora fortunatamente sembrano immuni. Senza entrare in una descrizione dei sintomi e del decorso clinico della malattia. che si svolge in un periodo di 3-12 mesi, e che conduce il malato a morte, in mezzo a fenomeni di esaurimento e di invincibile sonnolenza, ricorderò che oltre all’essersi studiato l'agente del male nei mezzi in cui si sviluppa ed avere concluso nel senso assolto per la sua azione pato- gena, come causa unica della malattia ; si è anche potuto stabilire che l'ospite intermedio che la trasmette, non è, come ritenevasi, la comune mosca tsè-tsè, che è invece il veicolo di altri morbi, come abbiamo veduto, ma un’altra forma del genere, la « Glossina palpalis », colla quale si sono fatte esperienze che hanno condotto alla sua identi- ficazione rispelto alla trasmissione dell'agente infettivo, e alla possibilità di riprodurre la malattia negli animali da esperimento, fra cui la scimmia sembra aver dato prova di un certo grado di ricettività. La cura disgraziatamente contro questo nuovo flagello sembra che sia del tutto inutile: e per combatterla non c'è da sperare altro che sulle misure profilattiche che eli Europei potranno adottare nelle loro colonie dell’Africa centrale, onde proteggere la loro opera di civilizzazione ;. il che ci auguriamo, sia nei riguardi della protezione della ©) vita umana, sia rispetto all'incremento sempre maggiore che occorre venga dato alla profilassi nella lotta contro le: malattie contagiose. Come si vede da questa brevissima esposizione dei più importanti protozoi patogeni, in rapporto alla loro azione infettiva, l'argomento è dicapitale importanza, tanto per il patologo, quanto per il zoologo, il quale ultimo deve interessarsene per uno studio maggiore e più detta- gliato, sia in relazione ai protozoi medesimi, quanto ri- spetto agli ospiti intermedii, che sono i veicoli del contagio e attraverso i quali quelli compiono il ciclo più importante della loro riproduzione. Lo studio che io spero di poter fra non molto presen- tare a codesta Società Zoologica, riguarderà appunto alcuni protozoi infettivi, non ancora perfettamente studiati in tutti i loro caratteri, ed i loro agenti di trasmissione, i quali hanno la maggiore importanza, sia nella patogenesi, che nella profilassi dei morbi da quelli prodotti. RESOCONTO DELL'ADUNANZA GENERALE SCIENTIFICA tenuta il 28 dicembre 1904 DALLA SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA nella R. Università di Roma Sono presenti i soci: professori Giulio Alessandrini e Giov. Angelini, Barnabò Valentino, prot. Fr. Businelli, Dott. B. Bianchini, prof. A. Car- ruccio, prot. M. Carruccio, Prince. Chigi D. Frane., Coli Casimiro, Dott. De Felice Tito, Falconieri D. Guido Conte di Carpegna, Dott. Ferretti Uberto, Dott. Leonardo Lavarra, Dott. Ferd. Napoli, prot. Maruccì C., prof. A. Neviani, Palozzi A., Dott. Rosati A., Dott. Paoli Guido, prof. Gius. Tuccimei, nob. de Wagner L., Zapelloni Lorenzo. — Vengono presentate parecchie lettere che scusano l’assenza di altri soci, impediti per ragioni d'ufficio o di salute dall’intervenire all’adunanza. Il presidente prof. A. Jarruccio invita il segret. prof. Angelini a leggere il processo verbale della precedente adunanza, che viene approvato senza veruna osservazione. Il presidente subito proclama î nuovi soci ordinari e straor- dinari: signori De Felice, Ferretti, Lavarra, Paoli, Rosa, Sabatucci, Soldaini e Zapelloni, dando il ben venuto a quelli che trovansi presenti. Riserva ad altra prossima adunanza la proclamazione di altri nuovi soci, le cui domande sono in corso. Commemora con sentite parole di cordoglio la perdita prematura dei due giovani consoci, Santoro-Silipigni e Nardi. Presenta poi numerosi RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE SCIENTIFICA 267 doni e nuovi cambi, ringraziando gli autori e le Società scientifiche a nome della Società Zoologica Italiana con sede in Roma. Col far quindi cenno particolareggiato di diverse pubblicazioni ricevute direttamente, e già da lui lette, il presid. crede di poter così soddisfare un desiderio altre volte manifestato, che cioè torni sem- pre gradito e utile a molti soci di essere informati di quelle memorie, specialmente se dovute a zoologi italiani, le quali oltre ad avere merito scientifico, possono destare particolare interesse. I pregiati lavori dei quali il presidente espone sommariamente il contenuto appartengono ai proft. Ariola (1), Camerano (2), Carazz i (3), Gestro e Parona (4), Pavesi Pietro (5) e Silvestri Filippo (6). Egli rac- comanda ai consoci che secondo le opportunità e le tendenze dei loro studi comunichino impressioni e giudizi, senza dubbio sereni, anche in forma di recensioni bibliografiche che potranno pubbli- carsi nel Bollettino sociale, come già si è fatto non poche volte nei tredici volumi dell’istesso Bollettiuo. Su altre memorie, testè pervenutegli, e che non potè tutte ancora leggere, potrà riferire in altre adunanze (7). Dà poscia la parola ai consocì inseritti A —_—___ _—1—_——_——-} (1) Due pesci abissali del Mediterraneo, con tav. Milano 1904. — Pesci nuovi o rari per il Golfo di Genova. (Ann. d. Mus. Civ. di St. Nat. di Genova. Serie 3a Vol. I, 1904). (2) Ricerche intorno alla variazione del Bufo viridis Laur., del Bufo mau- ritanicus Schl. e del Bufo regularis Reuss. (Mem. d. Acc. R. d. Sc. di Torino. Ann. 1903-904). — Ricerche intorno alla variazione del PhyZlodactylus euro- paeus Genè (Boll. dei Mus. di Zool. ed Anat, comp. della R. Univ. di Torino. N. 471. 1904). — Nuova specie di Chordodes del Guatemala (Ann. d. Mus. Civ. di St. Nat. di Gen. Vol, pred.) — Nuova specie di Gordio dell'alta Birmania (Boll. dei pred. Mus.) — Imanoscritti di Franc. Andrea Bonelli (Atti del Cong. Internaz. di Sc. storiche. Vol. XII). (3) Sovra una Selache maxima presa nel Golfo di Alghero (Zool. Anzeig. 1904). (4) Leonardo Fea ed i suoi viaggi. Cenni biografici con ritr. e tav. d. Birmaaia -(Gestro — Ann. del Mus. Civ. di S. N. di Gen. Vol, pred. — Leonardo Fea (Pa- rona — Atti di Soc. Lig. di scienze nat. Vol. XIV 1903). (5) Esquisse d’une Faune valdòtaine Milano, 1904 (At. de Soc. It. di scienze nat. Vol. XLII). — Il Persico—Sole (Pomotis auritus Gunth.) nel Basso-Ticino {Atti d. Conv. di Aquicult. italiana in Brescia — 1904), (6) Nuovi generi e specie di Machilidae (Dal Redia. Vol. II. 1904) — Intorno ad una nuova risposta del dott Giovanni Luigi Rossi. Portici 1904, (7) Si accenna ai lavori recentissimi pubblicati dai dottori: Arcangeli, Co- gnetti-De Martiis, Ferretti U., Goggio E., Peracca M. G, prof. Sacco Fed., dottor Tiraboschi, C. Valle A. e prof. A, Veneziani. Deli ORSI 208 RESOCONTO DELL'ADUNANZA GENERALE SCIENTIFICA nell’ordine del giorno per fare comunicazioni nell’odierna adu- nanza. Il Dott. Alessandrini, dopo aver fatto una breve rassegna di tutti gli ectoparassiti che fino ad ora si sono riscontrati nel Coni- glio sia allo stato domestico che in quello selvaggio, passa a dare i caratteri di quei parassiti che egli ha potuto osservare in un co- niglio proveniente da S. Rossore, donato da S. M. il Re Vitto- rio Emanuele III al Museo Zoologico della R. Università. Fa notare come sullo stesso individuo si siano riscontrati più ectoparassiti tutti appartenenti agli Acaridi, Lestrophorus gibbus Pagenot, larve di Trombidium holosericeum (Lin.), esem- plari adulti di Irodes reduvius de Geer, Gamasus pteroptoides Mégn., ninfa di Symbiotes spathiferus Mèguin; e da ultimo molti esemplari di Lipeurus variabilis Nitzich, i quali vivono general- mente sui fagiari e sui polli. Prende occasione da questo caso di eteroacariasi per parlare della facilità con cui gli ectoparassiti possono variare di ospite, e possono adattarsi al nuovo ambiente, ma fa osservare che que- sto caso, trattandosi di troppa diversità fra l’ ospite abituale e l’accidentale, debba riferirsi ad una pura combinazione ed al- l'abitudine forse del coniglio di recarsi nei gallinai, dove più fa- cile era per lui trovare l'alimentazione, Il socio Dott. Paoli ha la parola per fare una comunicazione preventiva riguardante un lavoro comparativo che nell’ Istituto Zoologico di questa Università ha intrapreso sugli Ortotteri. Dopo aver parlato della Dolchopoda Linderi Duf. e del suo singolare modo di vivere, presenta in una speciale tabella i dati somato- metrici raccolti su un certo numero di esemplari di questa specie. Presenta poi altre tabelle ricavate dall'esame somatometrico del Decticus albifrons Fab. e della Locusta viridissima L., e dal con- fronto dei dati raccolti su queste tre specie rileva le variazioni di rapporto fra la lunghezza dell’ovopositore e quella del corpo, e fra le lunghezze del femore e della tibia delle zampe posteriori, accennando all’importanza di questo secondo rapporto per la fa- coltà di saltare. Termina dicendo che compirà questo studio ap- iii di iti FLIP e DI RESOCONTO DELL'ADUNANZA GENERALE SCIENTIFICA 269 pena la stagione propizia gli permetterà di fare abbondanti e variate catture di Ortotteri, in aggiunta a quelle copiose, con- servate in alcool od a secco. specialmente fatte nei passati anni dal Direttore dei Museo, prof. Carruccio, in molte escursioni com- piute in più regioni della provincia romana; e la maggior parte delle specie raccolte furono studiate da uno degli assistenti che precedettero il Paoli, il Dott. Messea. Il socio Dr. Leonardo Lavarra riprendendo lo studio già da lui compiuto, per la sua tesi di laurea, che versò sulla Fam. Ixodidae, ridimostra con importanti osservazioni la conformazione generale di questi parassiti; e trattiensi sulle appendici cecali dello stomaco (che sono 15 e non 12, come riferiscono diversi scrittori), sull'apparato genitale, sull’accoppiamento (il dardo del maschio penetrando nella vulva serve di guida all’ organo copu- latore, che emerge dall’orifizio situato alla base del rostro), sul parto (la vescica biloba serve a segregare un umore chitìnoso destinato a rinforzare le pareti dell’uovo), sui costumi, ecc, ecc. Fa noto poi alla Società di aver trovato e studiato una specie nuova d’Issode, la Haemaphysalis aculeata, la cui descrizione sarà pub- blicata nel « Bollettino » della nostra Società. Le altre specie note, tatte trovate dal Lavarra e studiate nel R. Museo Zaoologico Universitario, sono il A'hipicephalus pulchellus. Rh. simus, Rh. bursa e annulatus, lo Jrodes frontalis e I rici- nus, lAponomma Gervaisi e VA. erornatum, V Amblyomma Goldii,, A. moreliae, A. variegatum e V Ornythodes Savigny; de’ quali pa- rassiti descrive i caratteri e gli animali nei quali ebbe a rinve- nirli. Il prof. Giov. Angelini annunzia la cattura di una Sula (Sula bassana L. (1) avvenuta presso Civitavecchia ai primi dello scorso dicembre. Si tratta di un maschio giovane dell’anno in cottimo stato, nel suo magnifico abito nero scuro, tutto tempestato di mac- chie bianche triangolari allungate. ——— (1) Inviato per la preparazione al tassidermista sig. Bertoni, presso il quale il prof. Angelini potè esaminarlo. 270 RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE SCIENTIFICA Non presento tracce di ferite: disgraziatamente non sì po- ‘ferono finora avere particolari della cattura. Quasi contemporaneamente un altro esemplare di Sula, pure «giovane, sarebbe stato colto in Sicilia, e giunto nelle mani del- l’ornitologo sig. Whitaker di Palermo. Una trentina di anni ad.lietro questa specie non figurava an- «cora negli elenchi ornitologici italiani: nell’ultimo trentennio una «diecina d’individui furono catturati sulle nostre coste, e il sopra- «itato è il primo per la regione romana. È la Sula un pelecanide pelagico, che soggiorna e si ripro- duce in abbondanza sulle coste ed isole dell'Atlantico Settentrio- nale, e, nel migrare in autunno più al Sud, penetra talora nel Mediterraneo : in Italia è uccello accidentale. Il socio Dott. Gino Chiarini riferisce sui Linguatulidi in ge- nerale, ed in particolar modo sul Porocephalus crotali. — Egli ricorda come il prof. Carruccio nelle sue lezioni del corso speciale citi sempre ed illustri il caso, accennato da pochi autori, fra i quali il Blanchard, del Dr. Fulvio Angelini di Venezia che questi ha fatto conoscere nel 1622: è quindi il più antico fatto di Lingua- tula rhinaria nell'uomo. Le altre notizie che gli autori ci forniscono dei Linguatulidi rimontano al 1779, quando £'umenbach descrisse un parassita, sotto il nome di lasciola catuli, che secondo il &udolphi sarebbe la Zuenia ‘anceolata (Linguatula taenioides) che Chab:rt scoprì nei seni frontali di un cavallo a Parigi nell’anno 1787. In seguito molti autori, fra i quali il udolphi, il Cuvier ed il Diesing si occuparono dello studio dei L'nguatulidi, facendone an gruppo del tipo dei Vermi. Spetta a van Beneden (1848-19) ìl merito di averli ricono- sciuti per veri Artropodi, e ciò egli concluse dopo aver sottoposto tutte le parti dell'apparato sessuale feraminile (contenenti uova mei diversi periodi di sviluppo) ad un esame microscopico. Anche il Blanchard si occupò dello studio di questi animali € propose che formassero un gruppo della classe dei Crostacei e ‘li definì come anello di passaggio fra gli Artropodi ed i Vermi. uit inn crt tnt ooo gen PP | n e °_° RESOCONTO DELL'ADUNANZA GENERALE SCIENTIFICA ZIE Altri autori, fra i quali il nostro Parona, si occuparono di questi parassiti, che il Chiarini prese ad esaminare ed allo studio dei quali ha cercato di portare il suo contributo. Il Chiarini credette conveniente premettere, dopo aver svolta la. parte storica più sopra riassunta, i/caratteri generali dei Lingaatu-- lidi, che sono animali regrediti in seguito al parassitismo, Hanno. essi corpo allungato, vermiforme, appiattito o cilindrico, e per lo più anellato. La bocca circolare od ellittica, è circondata da due paia di uncini, che alcuni autori considerano come i rudimenti dei pezzi boccali, altri come i resti delle due paia di zampe pos- sedute dall’embrione. Nel gruppo dei Linguatulidi sono compresi due generi: A. — Gen. Linguatula con 4 specie. Corpo appiattito, cavità del corpe- che spinge dei prolungamenti nelle parti laterali degli anelli. B. — Gen. Porocephalus con 21 specie. Corpo cilindrico, cavità del corpo- senza diverticoli. Dopo aver brevemente descritto tutte le specie contenute nei due suddetti generi, l’A. è passato allo studio particolare del Po-- rocephalus crotali, avendone potuti avere dalla cortesia dell’ ill. Prof. Carruccio molti esemplari di ambedue i sessi. A tale scopo ha innanzi tutto preparato un maschio ed una femmina in modo da rendere evidenti gli organi interni. Dopo di ciò è passato allo studio dei tegumenti nei quali nulla di nuovo ha riscontrato,. tranne la disposizione delle fibre muscolari striate disposte in senso longitudinale e circolare, ed altre fibre in senso oblique che vanno da un anello all’altro e si incrociano ad X. Trattando dell’apparato digestivo, dopo aver descritto la bocca. e l’intestino, il Chiarini fermò la sua attenzione sugli uncini, che in numero di 4 circondano la bocca. Questi uncini, che, come ha detto, da alcuni autori sono considerati come un avanzo dei pezzi boccali, sono da altri invece ritenuti come i rudimenti delle zampe. Chiarini per suo conto dichiara che la prima ipotesi debba as- solutamente scartarsi, sopratutto per una sua osservazione perso— 272 RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE SCIENTIFICA E E ES ER E NPI MOON A RAD ONORATO NOR TOO P FC GN Root A Ono O n nale. Infatti ha esaminato una giovane femmina, che, pur pre- sentando tutti i caratteri della specie, invece di avere 4 uncini ne presentava 8, disposti però due a due nella stessa cripta. Si potrebbe pensare ad un'anomalia, ma a lui sembra più logico ammettere che in questo esemplare le unguicole terminali delle zampe dell’embrione si erano mantenute tutte e due, mentre nello stato adulto una viene a mancare. Assai più brevemente si occupa del sistema nervoso, essendo questo abbastanza ridotto in seguito alla vita parassitaria di questi animali: da un anello periesofageo partono diversi cordoncini ner- vosi che vanno a tutte le direzioni del corpo. L’A. ha diretto le sue osservazioni in special modo al sistema riproduttore, ed in quello maschile ha determinato la forma degli spermatozoi ch» presentano Ja testa che può paragonarsi ad un mezzo uovo, tagliato nel senso della maggior lunghezza, con coda lunga e sottile. Descritto il testicolo, la vescicola seminale a forma di U, il pene nastriforme e la prostata, si occupa ‘della descrizione dell’ apparato genitale femminile, costituito da due ghiandole ovariche di cui una sola si sviluppa. Dopo aver parlato dell'utero e della modificazione che esso subisce, ha trattato del modo secondo il quale, a suo avviso, avviene la fecondazione ed ha descritto le uova. Ha terminato il suo lavoro facendo rilevare come i Lingua- tulidi per i Joro caratteri devono formare un ordine speciale della classe degli Aracnidi da porsi dopo gli Acari. Data la parola al Dott. Tito De-Felice, questi presenta ed illustra una curiosa anomalia di un uovo di Psittacula, e preci- samente di Agapornis cana, descrivendone i caratteri, e facendo conoscere il reperto anatomo-patologico di alcuni visceri. Il presidente, dopo di essersi vivamente congratulato coi consoci, autori di studi e comunicazioni interessanti, espone la prima parte di una serie di note anatomo-zoologiche sovra un Orycteropus e due Manis che potè introdurre nella collezione dei Mammiferi del Museo. E prima di sciogliere l’adunanza presenta a nome del consocio prin. D. F. Chigi, l'omaggio di una pubbli- | | rta RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE SCIENTIFICA Va: cazione, che ha un grande interesse d'attualità. Questa pregevole pubblicazione, fatta in questi ultimi giorni di dicembre, ha per titolo : « Intorno al Disegno di legge formulato dalla Commis= sione Regia per la Caccia e presentato da S, E. Rava Ministro di Agric. Ind. e Comm. alla Camera dei Deputati ». Il presidente propone che in un’adunanza speciale della So- cietà, che annovera membri competentissimi sulla questione, questa venga opportunamente discussa. La proposta è accettata, e i soci sì separano ripetendosi i migliori auguri per il nuovo anno, i Il Segretario prof. G. ANGELINI. INDICE GENERALE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME xMI (1904) sERIE Il dcl Bollettino della Società Zoologica Italiana con sede in Roma I. Memorie originali e comunicazioni scientifiche. 1. ALESSANDRINI prof. GIULIO. — Sull’ Anchy/ostoma (Uncinaria) Pagine duodenatlis (Dub.) Osservazioni sullo Ra e sul ciclo evolu- tivo (con 3 fig.) 7 : 147-166 °2. IDEM ID. — i ua ich iasì sn in un Lepus cuniculus. (Ved. Resoconto spec.) . 267 ‘3. ANGELINI prof. GIOVANNI. — Prima cattura d' una ‘Sha De sana nella provincia di Roma (presso Civitavecchia) — Ved. Resoconto spec. ; 208 4. BARNABÒ VALENTINO. —_ vinci ii hall: arto o cico (sistema muscolare e nervoso) osservate nell’Ospedale di S. Spirito in Roma (con 2 fig.) . : 4-48 5. IDEM ID. — Tecnica microscopica. Liquidi Li DE cellule sanguigne, nervose ecc. : 198-200 -6. IDEM ID. — Considerazioni e ricerche su ; 49-57 12. CHIARINI dott. GINO. — Sui ilinguatulidi in generale, ed in particolar modo sul Porocephalus crotali (Nota riassuntiva — O Ved. Resoconto spec.) . ; i 5 ; - ; ; z 269-271 216 INDICE GENERALE 13. CHIGI prince. D. FRANCESCO. — Note ornitologiche per la pro- Pagine vincia di Roma (Nidificaz. del Pernis apivorus, Falco Feldeggi in perfetta livrea di adulto ecc.) . 3 58-64 14. IDEM ID. — Sul Passer hispanolensis, De Tuglige e P. Pr mesticus. Osservazioni comparative : 127-146 15. IDEM ID. — Contributo allo studio dell'Avifaina Lomani Duel cipitres, Passeres, Grallae, Anseres) 16. CONDORELLI-FRANCA VIGLIA prof. MARIO. a di a nell'uomo per larva cuticolare di Hypoderma bovis (De Geer) . 171-181 17. FERRETTI dott. UGO. — Di alcuni E ia e dei loro agenti di trasmissione . — RO9-264 18, LAVARRA dott. LEONARDO. — RR una nuova a di Haemaphysalis trovata in un Tragulus meminna Bodd. nel R. Museo Zoologico Universitario di Roma . 7 241-244 19. MARCHESINI prof. RINALDO. — Sullo stato Re degli organi genito-orinari del pulcino appena nato . 201 20. NÀPOLI dott. FERDINANDO. — Sopra alcuni caratteri rate logici e sulle abitudini del Birgus litro Fabr 21. NEVIANI prof. ANTONIO. — TA sui Briozoi del Ru raneo (Nota 2°) . 3 x x È 3 1-3 22. ROMERO dott GIUSEPPE. — salle RO, nerv. nei musc. pellic. dors. della Talpa europaea (Comunicaz. prelim.) , è 65-67 23. ROSTAGNO comm. FORTUNATO. — Classificazione descrittiva dei Lepidetteri italiani (Sezione VII. — Tineinae) . s A 68-87 24. IDEM ID. — Un’aberrazione della Pierîs rapae e un’altra della Melitaea didyma (Fauna della campagna romana) . ; 167-170 25. TIRABOSCHI dott. CARLO. -—— Gli animali propagatori della peste bubonica. — I Ratti e i loro parassiti ; È 88-97 26. TUCCIMEI prof. GIUSEPPE. — Sopra i Ditteri della covaiari romana (Nota preventiva) 3 ; 5 3 4 ? , n II. Atti ufficiali della Società. 1. Sull’andamento scientifico-morale-economico della Società Zoolo- gica durante il XII anno della sua esistenza (1903) , : È 703-110 2. Nomina e conferma triennale di alcuni membri del Consiglio Di- rettivo ò 7 7 A 5 5 ; , 4 È x 3 111-112 8. Processi verbali di due adunanze scientifiche generali , P 3 204-208 4. Resoconto speciale dell’ ultima adunanza generale scientifica te- nuta nel 1904 (28 dicembre) , È ; 5 k 5 - È 265-273 III. Novità e Recensioni Bibliografiche. 1. Il nuovo Manuale di Ornitologia Italiana del conte prof. ETTORE ARRIGONI DEGLI ODDI. — Recensione del prof. GIOVANNI ANGELINI ; 4 . , , , , , , , , 98-102 2.-Memorie pubblicate dai sigg. JUOLLIEN I., CALVET L. e WA- i TERS ARTH. W. sui Briozoî. — Recensione del prof. A. NE- VIANI 5 ; ; ; 5 : : : 3 ; - ; 202-204 Comm. Dro; ANTONIO STR Direttore responsabile. o —_ n _ NINNI“ *-*-£ * **< «<-<£ <<“ Roma 1905 —_ Tip. G. . Balbi, Via della Mercede, 28-29 — Roma 2. — MEMBRI COMPONENTI ÌL CONSIGLIO DIRETTIVO ANNO XIII Prof. Comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia comparata, - specialmente Vertebrati). D. Guipo Orazio FALCONIERI Conte di Carpegna — Vice-Presidente (Ornitologia). Prof. Cav. RomoLo MELI — Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia). Prof. Cav. GrusePPE TUCCIMEI — (Zool. Ditteri e Paleont.) Rag. Sig. VITTORIO ZAMBRA — Economo-Cassiere (Ornitologia). Prof. AnTONIO NEVIANI — Consigliere (Zoologia generale specialmente Briozot). March. Dott. FiLirPo PATRIZI — Idem (Ornitologia). ì Prof. GIOVANNI ANGELINI — Idem (Zoologia generale, spec. Ornitologia). Segretario. Comm. ForTtuNATO RostAGNO — Idem (Entomologia, spec. Lepidotteri). March. Dott. Gruseppe LEPRI — Idem (Entomologia-Ornitologia). Pro. Cav. RinaLDO MARCHESINI — Idem (Istologia generale). Prof. Cav. GiIovANNI PocHETTINO — Idem (Zoologia generale). 3. — ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO Art. 2 — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, con- sigli, appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino con- tenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo - fisiologica, embriologica, paleonto- logica e sistematica; e quelle altre notizie che possono interes- sare gli studiosi. Art. 3 — La Società è composta di tre categorie di soci: 1° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pa- gheranno lire Dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta. 2% Soci straordinari, i quali pagheranno lire Sette annue: 38 Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consi- glio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle publicazioni sociali. STTTYXYYY TTT TY ]Yx:YXTXTTXr:*--r-<*---<--s